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Full text of "La Civiltà cattolica"

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LA 

CIVILTA  CATTOLICA 

•   ANNO  DECIMOQUINTO 


16  SeUeuibre  1864, 


LA 


CIVILTA  CATTOLICA 


ANNO  DECIMOQUINTO 


Beatus  populus  cuius  Dominus  Deus  eiut+ 

PSALItt.  CXLIII,^8. 


1  \ 

'  "' 


VOL.  XII. 
BELLA  SEME  QDINTA 


ROMA 

CO!  TIP!  DELLA  CIVIlfA  CATTOLICA 
1864. 


1957 


PROPRIETA  LETTERARIA  secondo  le  Convenz-ioni  del  varii  Stati, 


GLI  ARRESTI 

NEL  TIROLO    E   NEL    VENETO 


I. 

II  pianlo  del  coccodrillo. 


N 


ello  scorso  mese  di  Agosto ,  la  Polizia  austriaca  scopri  una  co- 
spirazione,  ordita  nel  Tirolo  italiano,  a  fine  di  suscitare  una  insurre- 
zione  nel  Veneto;  e  seguendo  sicure  tracce  giunse  ad  inapossessarsi 
di  armi,  di  polvere,  di  carlucce,  di  divise  garibaldine;  e,  quel  che 
piu  e,  dei  capi  ancora  e  slromenti  principali  della  congiura. 

Come  era  naturale ,  questo  caso  feri  aspramente  i  liberali  di  To- 
rino ,  i  quali  ne  menarono  alii  lamenti ,  come  di  svcntura  inopi- 
nata  e  lacrimevole.  «  Nelle  tenebre  della  nolle  del  18  al  19  corren- 
le ,  i  sicarii  venduli  di  quest'  odialo  Goverao  alia  stess'  ora  e  con 
iscorta  forte  di  poliziolti,  di  gendarmi  e  di  spie,  si  recavano  a  portare 
1'angoscia  ad  oneste  famiglie;  ed  oggi  1'inleropaese  piange  i  dilelli 
tralli  in  catene,  ed  impreca  agli  assassini.  »  Cosi  il  Diritto  nel  suo 
foglio  del  26  Agoslo.  E  la  giudaica  Opinions  esce  in  lai,  nienlemeno 
dolenti:  «  Le  nolizie,  che  riceviamo  dal  Veneto  e  dal  Tirolo  italiano, 
sono  assai  dolorose!...  Quante  famiglie  nella  desolazione !  Quanta  in- 
quietudine  e  quanti  timori  1 !  »  E  maledicendo  all'  improv\ida  im- 

1  L'  Opinione,  n.  241. 


6  GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO 

presa,  soggiunge:  «  Come  mai,  malgrado  le  iterate  e  durissime  le- 
zioni,  vi  banno  ancora  uomini  disposti  a  cospirare  col  Mazzini !  . . . 
Dovrebberoinoltrerifletlere  come  i  tentalivi,  che  essi  potessero  pro- 
muovere,  non  promeUerebbero  alcun  bene  alia  causa  nazionale.  Una 
seria  iiisurrezione  nel  Veneto  e  nel  Tirolo  e  un  sogno  l.  »  Son  cer- 
tamente  da  deplorare  gli  sciagurati ,  cbe ,  dando  ascolto  ad  insinua- 
zioni  non  meno  inique  cbe  malle,  gittano  se  e  le  loro  famiglie  in  dure 
strelte  e  rovinosi  cimenli.  Ma  quanto  alle  nenie  e  alle  commisera- 
zioni  del  liberali,  esse  ci  sembrano  propriamente  le  lagrime  del  coc- 
codrillo.  Si  favoleggia  di  questo  animale  cbe  uccide  1'uomo,  e  dopo 
averlo  ucciso  ne  piange  la  morle.  Cos!  costoro  spargono  ora  guai  e 
querele  sulla  sloltezza  del  tentative  e  sulla  tristizia  delle  conseguen- 
ze ;  mentre  essi  appunto  farono  quelli  cbe  sospinsero  al  duro  passo 
i  male  arrival!.  Per  cerlificarsene,  il  letlore  non  ba  a  fare  altro,  cbe 
tornarsi  alia  menle  i  falli  cbe  precede  ttero. 

Sul  principio  del  corrente  anno  i  liberali  d'  ogni  colore  ricomin- 
ciarono  con  novello  ardore  i  maneggi  e  gl'  iritrigbi,  per  commuovere 
i  loro  fralelli  del  Yenelo.  II  Garibaldi  islilui  un  Cornitalo  centrale 
unitario ,  nomino  suoi  rappresentanli ,  ufticiali  e  tesoricri ;  deputo 
come  suo  vicario  un  fanalico  per  nome  Cairoli,  e  da  Caprera  mando 
agl'Ilaliani  un  bando,  cbe  il  Diritlo  si  affrello  a  pubblicare  nelle  sue 
colonnc.  In  esso  bando  il  celebre  agitalore,  dopo  d'aver  delto  cbe  gli 
evenli  sovrastavano,  e  dopo  le  solile  ciance  dei  popoli  oppressi,  del 
despolismo  debaccante,  del  prossimo  compimento  dei  voti  nazionali, 
soggiunge :  « lo  non  bo  creduto  nieglio  provvedere  a  quest!  biso- 
gni ,  cbe  scegliendo  un  nucleo  eletto  di  amici  dell'  Ilalia  e  miei ,  coi 
quali  bo  cosliluilo  un  Comitato  cenlrale  unitario.  II  nome  ne  defini- 
sce  lo  scopo.  Raccogliere  mezzi  pecuniarii,  prindpalmente  colla  col- 
letta  da  me  iniziata,  preparare  gli  animi  alia  concordia  del  sacrificio 
e  del  dovere ,  tutlocio  alia  santa  meta  del  riscalto  nazionale  e  del 
fralerno  aiuto  alle  province  schiave  nel  giorno  invocalo  delle  balla- 
glie ;  questo  e  non  allro  e  il  suo  mandato. . . .  Invito  pertanto  gli 
amici  e  le  sociela  esistenli ,  e  quanli  Italian!  sdegnano  rimanersi 

1  L'  Opinione,  n.  241. 


GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO  7 

spcltalori  passivi  nel  gran  dramma  che  decide  della  loro  esislenza  e 
del  loro  dirilto,  a  riordinarsi  inlorno  a  quell'  unico  centro,  a  ricono- 
scere  la  sua  aulorila  e  a  rilenere  per  mie  le  istruzioni  che  da  esso 
comitalo  e  dai  suoi  delegali  saranno  impartite  1.  » 

Obbediente  al  comando  del  gran  capitano ,  il  Goraitato  d'  azione , 
stabilito  nel  Veneto,  mando  altorno  un  suo  proclama,  riportato  altresl 
dal  Dirilto,  nel  quale  s  ingiunge  a'  giovarii  veneli  e  tirolesi  di  armar- 
si,  di  ordinarsi  a  drappelli,  di  tenersi  in  pronto  per  iniziare  il  prossi- 
mo  movimento  :  «  Ricordatevi ,  cosi  il  detto  proclama,  che,  se  dopo 
le  prime  viltorie  della  guerra  lombarda ,  una  insurrezione  veneta 
avesse  potuto  aver  luogo  per  opera  voslra,  la  pace  di  Yillafranca  sa- 
rebbe  stala  impossibile  e  il  suolo  nostro,  sul  quale  nasceste,  sarebbe 
libero  da  quattro  anni. . . . 

«  Oggi  il  campo  delle  prime  mosse  e  Ira  noi.  Chi  lo  abbandona, 
deserta.  Qui,  dove  siamo,  deve  combattersi.  Qui  deve  sorgere  1'ini- 
ziativa,  della  quale  1'  Italia  ha  bisogno  per  accorrere.  Noi  siamo  la 
vanguardia  dell'esercito,  chiamata  ad  aprirgli  la  via.  Ouei  che  abban- 
donassero  il  nostro  terreno ,  andrebbero  a  collocarsi  nella  riserva. 
E  in  quella  riserva  ciascun  di  voi  non  sarebbe ,  che  un  semplice 
soldato.  Qui  ciascun  di  voi  rappresenta  una  influenza  locale,  un  ele- 
mento  collellivo,  un  nucleo  d'  azione.  E  fmalmente  voi  rimanendo 
ove  siele,  di  fronte  al  nemico,  rimanete  padroni  di  rendere  il  moto 
d'  Italia  inevitable  e  di  suonarne  1'  ora.  Partendo,  abbandonando  il 
centro  dell'azione  per  andare  a  collocarvi  sopraun  punto  della  circo- 
ferenza,  voi  rassegnate  il  moto  all'  assoluta  altrui  volonta,  che,  oggi 
propizia,  puo  mutare,  per  influenza  straniera,  domani.  I  giovani  ve- 
neli  non  preferiranno  la  riserva  alia  vanguardia.  Essi  risponderanno 
ai  suggerimenli :  a  noi  tocca  di  rimanere,  a  voi  di  accorrere  quan- 
do  vi  additeremo  aperta  la  via.  Ordinarsi,  come  gia  dicemmo,  in 
piccoli  nuclei  indipendenti,  ma  legati  in  un  solo  pensiero;  armarsi; 
studiare  i  punti  deboli  del  nemico  nella  loro  zona ;  affratellarsi  col 
popolo ;  preparare  i  migliori  modi  d'  oflesa  pel  momento  supremo ; 
aspeltarlo ;  cautamenle  operare ,  cerli  che ,  per  opera  del  Comilato, 

lIlDirttto,  n.17. 


I 

8  GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO 

1'azione  di  tutli  quei  nuclei  sara  coordinata  in  un  subito ;  e  queslo  il 
dovere  dei  giovani  veneli  1.  » 

Poco  dopo  YOpinione,  nei  suoi  numeri  del  20  Aprileedel  3  Mag- 
gio,  rinfocolo  gli  animi  col  predicare  1'  urgenza  di  risolvere  la  qui- 
stione  venela,  e  si  fece  complice  del  partilo  d'  azione.  Nel  primo  dei 
delti  numeri  riporta  per  inlero  un  opuscolo  ,  scritto  sopra  la  neces- 
sila  di  liberare  la  Venezia  dallo  straniero  e,  raccomandatolo  all'atten- 
zione  degl'  Italiani ,  afferma :  E  quistione  urgente,  che  riguarda  non 
solo  i  Veneli,  ma  noi  tulli  2.  Nel  secondo  poi,  per  fare  concepire 
speranze  d'aiuli  perparle  della  Francia,  riporta,  coll'epitelo  dlcon- 
fortante,  la  lellera  di  risposia,  che  il  Principe  Napoleone  indirizza  al 
Comitato  venelo.  La  lellera  dice  cosi :  «  Parigi  28  Aprile  1864  -  Si- 
gnori  -  Ho  ricevuto  F  opuscolo,  che  il  vostro  Comilato  ha  pubblicato 
e  che  voi  avele  volulo  offrirmi  in  nome  suo.  lo  yi  prego  di  riceverne 
i  miei  ringraziamenli.  Voi  conoscete  assai  bene ,  o  Signori ,  i  miei 
sentimenli  sopra  la  necessita  dell'  Uriila  ilaliana;  sicche  io  non  ho 
bisogno  di  qui  esporveli.  Io  penso,  come  voi,  che  la  quislione  vene- 
ziana  richiede  una  pronta  soluzione;  ed  io  fo  voli  ardenti,  acciocch& 
preslo  1' Italia,  secondo  la  parola  dell'  imperatore  Napoleone  III,  sia 
libera  dalle  Alpi  all'  Adrialico.  Ricevele,  o  Signori,  1'  allestato  della 
mia  singolare  considerazione.  —  Napoleone  (Girolamo).  Ai  signori 
membri  del  Comitato  centrale  veneziano  a  Torino  3.  » 

Qual  meraviglia  che  i  miseri  allocchi  si  lasciassero  adescare  da 
tali  apparenze,  e  muovere  da  si  forli  incilamenli !  Essi  in  somma  non 
fecero  altro  che  credere  a  quanlo  veniva  loro  asscrilo :  gli  evenli  in- 
calzanti ,  1'  urgenza  di  risolvere  la  quislione ,  1'  Italia  chiedente  da 

1  IJ  Diritto,  n.  24. 

2  L'  Opinione,  n.  110. 

II  detlo  opuscolo  e  un  tessuto  di  sofismi  da  capo  a  fondo.  Esso,per  som- 
muovere  i  Veneti,  si  serve  principalmente  di  due  argomenti.  II  primo  e  ilri- 
cordo  delle  avite  glorie  dell'  antica  repubblica ;  quasi  che  si  trattasse  di  ri- 
slabilir  la  Venezia  donna  di  se,  e  non  di  farle  cangiar  padrone  sottomelten- 
dola  al  Piemonte.  L' altro  e  la  gravezza  delle  iraposte  austriache;  quasiche 
mutandole  colle  piemontesi  non  verrebbero  a  crescersi.almeno  del  doppio. 
Ben  sel  sanno  le  province  annesse  del  resto  d'  Italia. 

3  L'Ojwwme,  n.  123. 


GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VEKETO 

loro  il  destro  per  accorrerc ,  conforli  di  Francia.  Ouanto  poi  all'  a- 
zione ,  non  fecero  altro  che  eseguire  cio  chc  veniva  lor  comandalo : 
inlendersi  insieme ,  procacciarsi  armi ,  dividers!  in  gruppi  nelle  di- 
verse citta  e  tenersi  pronti  alia  chiamata.  So  1'impresa  era  folle,  la 
colpa  dee  cadere  principalmente  sopra  chi  la  propose  da  principio, 
e  riscald6  gli  animi  a  darvi  opera.  Cio  ban  fatto  i  rivoluzionarii  di 
Torino  d'ambidue  i  partili,  moderali  ed  esaltali.  Con  qual  fronte 
adunque  vengono  ora  a  riprovare  il  fatto  e  rimpiangerne  1'  infelice 
riuscita?  Essi  imprecano  all*  Austria  e  la  chiamano  idra  furente. 
Ma  1'idra  furente  siele  voi,  che  aizzasle  gl'  improvvidi ,  non  un  Go- 
verno  che  difende  se  stesso  e  reprime  conati  di  ribellione.  Che  cosa 
fareste  voi  ,  anzi  che  cosa  avete  falto  per  simiglianle  motive  nelle 
province  meridionali?  Per  semplice  sospetlo  di  cospirazione,  trova- 
to  poscia  bene  spesso  insussistente ,  avete  sparsa  la  desolazione  in 
inlere  cilia ,  ammiserite  famiglie ,  adoperate  atrocila  da  vergognar- 
sene  ogni  nazione  piii  barbara.  Ma  e  principio  di  logica  liberalesca 
aver  due  pesi  e  due  misure ,  una  per  se  ed  una  per  gli  allri :  come 
pure  e  principio  di  morale  per  essi  applaudire  al  falto  e  dichiarar- 
sene  autori,  se  ben  riesce ;  se  per  contrario  fallisce,  maledirlo  e  chia- 
marsene  fuora.  Cosl  il  Cavour  ingiungeva  segrelamenle  al  Persano 
di  proleggere  colla  sua  squadra  lo  sbarco  di  Garibaldi  in  Marsala 
fingendo  di  volerlo  impedire ;  e  F  onorevole  Ammiraglio  ,  che  ben 
conosceva  il  costume  dei  suoi  consorli,  rispondeva  in  questa  senten- 
za :  Sarete  obbedilo,  ben  inteso  che  se  la  gherminella  non  riesce,  mi 
manderete  a  Fenestrelle. 

II. 

L  iniquita  smentita  da  se  medesima. 

Salta  agli  occhi  d'ognuno  la  contraddizione,  in  che  la  ministeriale 
Opinions  di  Torino  si  gitla  da  se  medesima,  colle  querele  che  muove 
conlro  1'Austria  pei  recenli  arresli  del  Venelo.  Essa  deplora  non  pur 
la  sorte  degli  arrestali,  ma  di  quelli  altresi,  i  quali,  temendo  che  la 
Polizia  fosse  per  istendere  su  loro  i  suoi  arligli,  se  ne  fuggirono  1. 

'"  .  .  X  J 

1  L*  Opinion*,  n.  241. 


10  GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  YENETO 

Ne  cio  per  dubbio  che  abbia  sopra  la  colpabilta  degli  impulati,  ma 
unicamente  pel  fatlo  stesso  della  cattura.  Imperocche  ,  sebbene  da 
prima  affermasse ,  le  autorila  procedono  a  casaccio ,  nondimeno , 
senza  volerlo,  confessa  poscia  il  conlrario.  «  Una  corrispondenza  del 
Veneto,  essa  dice ,  pubblicata  in  im  giornale  di  Milano ,  annunziava 
che  nelle  moHeplici  perquisizioni  fatte  nel  Tirolo,  1'autorHa  austriaca 
non  ha  ma!  posto  ii  piede  in  fallo.  Qual  piu  irrefragabile  prova  che 
essa  era  ragguagliata  d'ogni  cosa  colla  massima  esaltezza  1?»  Or, 
chi  il  crederebbe?  Y Opinions  in  quegli  slessi  numeri,  in  cui  lamenta 
gli  arresli  del  Yeneto,  parla  del  processo  della  reazione  d'  Isernia , 
pel  quale  piu  di  seltanta  individui  giacquero  per  quattro  anni  nello 
squallore  delle  career! ,  senza  essere  giudicali ,  con  danno  infmito 
delle  loro  famiglie ;  e  in  cambio  di  sfolgorare  il  Governo  per  tanta  ini- 
quila,  si  duole  che  non  sia  toccata  a  quei  miseri  una  sorte  peggiore. 
«  La  soverchia  indulgenza ,  ella  dice,  usata  in  quesla  causa  gravis- 
siraa  viene  considerala  come  un  callivo  precedente  ed  un  pericolo 
per  1'  avvemre  2.  »  E  qual  e  stata  colesta  soverchia  indulgenza  usa- 
ta con  quegl'  infelici?  Che  di  72  imputali ,  55  sono  stati  condannali 
a  severissime  pene,  e  17  rimessi  in  liber  la,  perche  dichiarati  al  tutla 
innocent!  dai  giurali.  Questa  seconda  parte  del  verdetto,  come  ci  fa 
sapere  1'  Opinions,  produsse  una  dolorosa  impressions  3.  0  viscere 
veramente  giudaiche !  Si  sentono  \ivamenle  commosse  al  primo  ar- 
resto  di  persone,  la  cui  colpabilila  non  e  cerlo  infondala,  e  per  con- 
trario  non  provano  che  dolorose  impression!  per  la  liberta  data,  dopo 
quattro  anni  di  prigionia,  a  persone  dichiarate  innocenli  dagli  stessi 
tribunali  del  partilo  rivoluzionario !  L'  Opinions  aggiunge,  esser  voce 
che  sia  stata  aperta  un'  inchiesta  sopra  ii  sospetto  che  i  giurati  sieno 
stati  corroiti  in  favore  dei  17  assoluti ,  e  manifesta  il  suo  deside- 
rio  che,  se  veramente  venne  isliluita  un* inchiesta,  quesla  sparya  la 
luce  sui  fatti  che  si  lamentano  4.  Or  fmgiamo  che  gli  arreslati 
del  Yeneto,  non  dopo  quattro  anni  (che  quest!  orrori  sono  privilegio 
dei  liberale  Governo  d' Italia)  ma  dopo  quattro  mesi  soltanto  ven- 
gano  dichiarali  innocenti ,  e  che  I'Austria,  per  sospetto  di  suborna- 
zione  dei  giudici,  instituisca  un'inchiesta.  Gome  non  griderebbe  ella 

1  L'Opinione,  n.  241.  -  2  Luogo  cit.  —  3  Ivi,  n.  242.  —  A  Luogo;cit. 


GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO  11 

1'  Opinions  al  tirannico  arbitrio  del  Governo,  alia  violata  liberta  dei 
giudizii?  Pertanlo  un  tal  sopruso  ode  ella  esercitarsi  da'suoi  e  non 
solo  non  Irova  molivo  di  riprovazione ,  ma  implicitamente  lo  loda 
come  alto  utile  e  giusto! 

Ma  a  che  fermarci  sopra  i  proeessati  d'  Isernia ,  mentre  questo 
non  e  che  una  piccola  scena  del  dramma  nefando,  che  il  parlilo  rivo- 
luzionario  sta  rappresentando  nelle  infelici  province  meridional!?  Ci 
dical'Opwuwe  quante,  non  gia  decine,  ma  centinaia  e  migliaia 
languiscono  nelle  carceri  del  regno  di  Napoli  e  di  Sicilia,  per  accusa 
simile  a  quella  dei  Veneti !  Quanii,  dopo  lunga  prigionia  e  minulissi- 
me  indagini  sono  stali  trovati  innocent!  e  rilasciati ,  ma  col  guasto 
della  sanila  e  colla  rovina  degli  affari  domestici !  Quanti ,  per  non 
essersi  rinvenuto  a  loro  carico  indizio  di  colpa ,  sono  slali  iniqua- 
mente  strappali  dalle  loro  famiglie  e  mandali  a  domicilio  coalto !  II 
Paese,  giornale  di  Torino,  a  lei  certamente  non  sospetto,  fa  ascen- 
dere  il  numero  di  quesli  ultimi  nientemeno  che  alia  cifra  di  trenta- 
mila  l ;  e  spesso  i  giornali  riferirono  che  in  lS7apoli  le  carceri  erano 
si  slivate  di  detenuli ,  che  se  ne  trovavano  talora  due  o  tre  per  mat- 
Una  asfissiali  e  morli.  Qui,  si,  avrebbero  luogo  con  verila  le  pietose 
descrizioni  di  vedovo  spose ,  di  figli  orfani ,  di  padri  plangent! ,  di 
famiglie  desolate.  Ci  noveri  1'  Opinione ,  se  puo ,  i  fucilali  finora ,  i 
condannati  alia  galera  e  all'  ergastolo ,  i  detenuti  tuttavia  nelle  car- 
ceri, i  villaggi  inleri  e  le  borgate  incenerile  dalle  fiamme,  per  la 
stessa  ragione  per  cui  T  Austria  ha  fatto  teste  alcuni  arresli  nel  Ve- 
nelo.  Le  sole  sevizie  esercitate  in  Sicilia  dal  Governo  piemontese  , 
per  iscovare  i  renitenti  alia  Leva ,  non  dovrebbero  bastare  per  rac- 
capricciarne  ogni  animo,  che  non  abbia  del  tulto  spogliato  ogni  sen- 
so  di  umanita?  Lasciando  stare  1'  assedio  messo  alia  cilia  e  le  enor- 
mi  mulle  imposte  alle  famiglie,  per  costringerle  a  consegnare  i  lati- 
ianti ;  non  ricolma  d'  orrore  il  fatto  d'  imprigionare  i  vecchi  genitori, 
le  spose ,  le  sorelle  per  indurre  cos!  i  fuggilivi  coscrilti  a  presen- 
tarsi  sponlaneamente? 

Ne  varrebbe  il  ricorrere  alia  qualita  della  causa ;  perciocche ,  se 
s'islituisce  un  tal  paragone,  esso  tornera  a  beneficio  dell' Austria. 

1  Yedi  VOsservatore  romano,  a.  205. 


12  GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO 

Per  fermo ,  se  i  Veneti ,  come  i  liberal!  soslengono ,  abborriscono 
il  dominio  tedesco ;  assai  maggiore  e  1'  orrore  che  i  popoli  delle  Due 
Sicilie  sentono  del  dominio  piernontese.  Prova  evidente ,  la  resi- 
stenza  armata  che  da  quattro  anni  stanno  esercitando  per  mezzo 
de'  cosi  detti  briganti,  e  la  necessita  in  che  si  e  Yedulo  il  Governo  di 
porre  e  ritener  lungamente  in  istato  d'assedio  quasi  tulte  le  prince 
del  Regno ;  per  nulla  dire  del  conlinuo  bisogno  che  ha  di  sciogliere 
or  qua  or  la  Guardie  nazionali  e  i  Municipii,  siccome  avversi  al  nuo- 
TO  ordine  di  cose.  E  questo  un  punto  che  il  sig.  Conte  di  Saint- Jo- 
rioz,  ufliziale  piemontese,  ha  messo  in  tanta  luce,  come  teslimonio 
oculare  dei  fatli,  che  niun  sofisma  puo  oggimai  piu  rivocare  in 
dubbio  l. 

L'  Opinione  lamenta  che,  merce  degli  arresti  fatli  nelVeneto,il 
parlito  liberale  e  scoraggiato  e  vinto.  « II  partito  liberale  e  ora  nel  Ye- 
neto  e  nel  Tirolo  abbattuto ,  oppresso ,  disperse.  Giorni  difficili  ri- 
cominciano  per  lui.  Intanto  che  avevamo  piu  che  mai  d'  uopo  della 
sua  atlivila  e  solerzia  e  facevamo  assegnamenlo  sulla  sua  estesa  in- 
fluenza, conlrarii  eventi  paralizzano  la  sua  azione  e  lo  costringono 
all'  inerzia ,  per  lasciar  passare  la  bufera  che  minaccia  di  travel  ger- 

10  2.  »  Non  si  accorge  lo  smemorato  giornale  che  ogni  parola  di 
questo  passo  sbugiarda  le  sue  precedent!  asserzioni ,  con  le  qua- 

11  sosteneva  che  tutte  le  popolazioni  del  Veneto  e  del  Tirolo  sow 
impazienti  di  scuotere  il  giogo  che  le  opprime ,  in  altri  termini , 
che  sono  liberal!  e  nemiche  dell'Austria?  Esso  ora  confessa  che  il 
liberalismo  cola  non  e  altro  se  non  un  parlito ,  e  che  pochi  arresti 
sono  bastali  a  disanimarlo  e  disperderlo.  Vorremmo  sapere,  se  par- 
tito potrebbe  dirsi  1'  universalila  di  un  paese ,  e  come  si  farebbe  a 
dispergere  lutto  un  popolo  in  mezzo  a  se  stesso !  Oltre  a  che  qual  bi- 
sogno ci  sarebbe  d'altivila  ed  influenza  per  propagare  un'  idea,  che 
fosse  nella  rnente  di  tulli?  Se  non  vogliamo  rinnegare  il  senso  co- 
mmie, conviene  dire  che,  a  giudizio  dell'  Opinione ,  i  liberal!  veneti 
son  propriamentc  si  poca  cosa,  che  un  semplice  alto  energico  dell'au- 
torila  governaliva  e  per  ess!  una  bufera  che  li  travolge  3.  Puo  dirsi 

1  //  Brigantaggio  alia  frontiera  pontificia ,  Milano  1864. 

2  U Opinions,  n.  241.  —  3  Luogo  citato. 


GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  YENETO  13 

il  medesimo  di  coloro  die  avversano  la  dominazione  piemonlese  nel 
regno  di  Napoli?  Quivi  non  i  semplici  arresli,  ma  le  deporlazioni  in 
massa ,  le  fucilazioni  a  migliaia ,  le  arsioni  delle  citl5,  sono  state  ado- 
perate  per  domare  la  reazione.  Eppure,  non  ostante  tutto  questo  si- 
sterna  di  terrorism*)  alia  Robespierre,  puo  consolarsi  il  Governo  di 
Torino  d'  avere  dissipato  il  parlito  contrario  alle  sue,  quanto  inique, 
altreltanlo  odiate  annessioni?  Se  do  fosse,  non  avrebbe  uopo  di  ave- 
re quivi  centomila  uomini  in  arme  .per  tener  dome  le  fremenli  po- 
polazioni  e  stritolarle  con  leggi,  di  cui  non  ci  e  memoria  negli  annali 
dei  paesi  inciviliti.  Mitighi  un  po'  la  ferocia  e  faccia  la  prova  di 
richiamar  le  milizie,  che  quivi  sono  slimate  piu  straniere  die  non  i 
tedeschi  a  Yenezia ,  e  lasd  que'  popoli  in  cuslodia  alle  sole  guardie 
nazionali  o  al  piu  alle  milizie  indigene  solto  uffiziali  indigeni.  Ponia- 
mo  cento  contro  uno ,  che  basterebbe  un  sol  giorno  a  fare  che  tutto 
il  Regno  si  sollevasse ,  come  un  sol  uomo ,  contro  1'  abborrito  giogo 
dei  suoi  esosi  padroni. 

fiitafVilafl  jjhr..!?7  ')  -fri:1  J;!:M.J  \-        -.-,  ...  U 

III. 

Falsa  posizione  del  Governo  di  Torino. 

Cio,  di  cui  piu  si  querela  Y  Opinions,  si  e  la  falsa  posizione  in  cui 
i  predetti  arresli  ban  collocato'il  Governo  di  Torino.  «  Mai  si  serve 
all'  Italia ,  essa  dice ,  metlendo  il  Governo  nel  bivio  o  di  abbandona- 
re  al  rigore  dell'Austria  (Je'  giovani  generosi ,  o  di  compromettere 
le  sorti  del  paese.  Deve  essere  anzi  studio  di  tutti  di  evitargli  un'  al- 
ternaliva  cosi  penosa.  Se  da  un  lato  lo  speltacolo  di  giovani,  che 
soccombono  in  una  lotta  disuguale  col  nemico  d'  Italia ,  strazia  il 
cuore ,  1'  inleresse  nazionale  richiede  daH'allro  che  si  resisla  al  sen- 
timento  ed  agli  affelli  ove  si  corra  rischio  d'  una  guerra ,  impresa  in 
circostanze  a  noi  sfavorevoli  si  politicamente ,  che  militarmenle  1.  » 
Oui  YOpinione  non  manifesta  pienamente  il  suo  pensiero.  Cio  che 
pone  in  imbarazzo  il  Governo  di  Torino  non  e  tanto  il  dover  abban- 
donare  al  rigore  dell' Austria  i  trovali  colpevoli ,  quanto  il  doverli 

.i'/ > '  d'^-^iilL  £'  if  .b'lVi/i      'l'T>  b  i'-'i'n(V:'.'\  I' 

1  Numero  241. 


II  GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO 

abbandonare  dopo  aveiii  aizzall  esso  stesso  a  cospirare.  Per  Inten- 
dere  cio ,  convien  farsi  un  passo  indietro. 

La  contesa  colla  Danimarca  faceva  credere  imminente  in  Europa 
una  guerra,  in  ciii  la  Germania  avrebbe  avuto  contro  di  se  tultojl 
Nord  e  1' Occidents  di  Europa.  Nei  disegni  del  liberalismo  era  quello 
II  momenlo  propizio  per  compiere  Y  opera  dell'  unificazione  d'  Italia  7 
col  conquisto  della  Venezia.  Cio  e  assai  chiaramente  espresso  dal- 
Y  Opinions  9  la  quale  dice  che  1' Italia,  per  allaccare  1' Austria,  aspetta 
che  la  situazione  generate  deU Europa  lo  consenla  1.  Or  qual  situa- 
zione  piu  opportuna ,  che  trovar  1'  Austria  impegnata  in  guerra  si 
formidabile  ?  Questo  significavano  quelle  parole  del  bando  del  Gari- 
baldi :  Gli  avvenimenti  incalzano.  Per  apparecchiare  poi  il  terreno 
ed  assicurarc  meglio  Y  impresa ,  niente  di  piu  acconcio ,  che  ordire 
una  sollevazione  nell'  interno ,  la  quale  fosse  di  poderoso  aiulo  agli 
assalli  esterni.  Quinci  la  trama,  di  cui  ora  sono  scoperte  le  fila ,  nel 
Tirolo  e  nel  Veneto.  Quinci  gli  arrolamenti  e  lecollette,  ordinatedal 
Garibaldi ,  i  viaggi  di  lui  prima  in  Inghilterra  e  poscia  nell'  Isola 
d'Ischia,  e  i  macchinamenti,  poscia  sventati,  di  misleriose  spedizio- 
ni  per  termine  ignoto.  Ora  a  tulli  questi  apparecchi  e  incredibile,  che 
fosse  estraneo  il  Governo  di  Torino,  sotto  i  cui  occhi  essi  si  esegui- 
vano.  Ne  la  mostra  di  volervisi  opporre,  di  cui  con  tanta  prosopopea 
fe'  pompa  il  Ministro  Rouher ,  asserendo  che  i  tenlativi  di  guerra  in 
Italia  erano  vigorosamente  repressi  dal  Governo  di  Torino  2,  avea- 
no  forza  d'  illudere  chicchessia.  Questa  vigorosa  repressione  non  si 
riduceva  ad  allro  che  ad  alcune  circolari  spedile  ai  Prefetti ,  al  se- 
questro  d'alcuni  numeri  cle'  diarii  mazziniani ,  e  d' alcune  centinaia 
di  lire  a  un  certo  Memmi ,  cassiere  del  Garibaldi ,  e  a  un  processo 
inlentato  al  Diritlo,  con  imputazione  di  tentative  per  abbaltere  1'  au- 
torita  del  Re  e  delle  leggi.  Ma  le  circolari  restarono  lettera  morta, 
del  processo  non  fu  piu  nulla,  e  perfino  le  lire  si  reslituirono  al  Mem- 
mi.  Fraltanto  il  Comitato,  istituito  dal  Garibaldi ,  conlinuava  le  sue 
operazioni,  e  gli  arrolamenti  di  volontarii,  da  tenersi  pronti  alia  pri- 
ma chiamata,  si  facevano  quasi  alFaperto.  In  somma  era  una  ripeti- 

1  Numero  241. 

2  Nel  cliscorso  di  risposta  a  Jules  Favre,  nella  tornata  del  32  Maggio  del 
Corpo  Legislativo  di  Francia. 


GLI  ARRESTI  KEL  TmOLO  E  NEL  VENETO  1J> 

zione  della  sozza  commedia ,  onde  ncl  60  il  Cavour  comandava  che 
s'impedisse  1'  imbarco  del  Garibaldi,  e  segretamente  gli  forniva  armi 
e  mezzi  da  trasporto ;  e  spedendo  1'  armala  navale  nelle  acque  di  Si- 
cilia  ,  dava  al  Persano  un  duplice  incarico  ,  1'  uno  palese  e  1'  allro 
occullo.  II  palese,  di  attraversare  la  calata  del  Garibaldi  nell'Isola; 
T  occulto  di  favorirla  e  proteggerla.  Le  rivelazioni  di  Nicomede  Bian- 
chi  sopra  questi  e  coasimili  falti  del  Governo  di  Torino,  per  riuscire 
alle  sue  famose  annessioni,  ban  gittata  tanla  infamia  sul  Governo  li- 
beralesco  d'  Italia,  che  niuna  piu  delle  sue  lustre  puo  gabbare  alcun 
gonzo. 

Ma  senza  lanli  ragionamenti  e  congetture,  la  medesima  Opinione, 
la  quale  vorrebbe  ora  rovesciare  sopra  i  Mazziniani  tutta  la  colpa 
della  mal  riuscita  congiura  del  Tirolo ;  la  medesima  Opinione,  dicia- 
mo ,  prima  che  ricevesse  questa  nuova  imbeccata  dal  Ministero ,  di 
cui  e  serva ,  non  si  perito  di  confessare  la  cosa  assai  chiaramente. 
Imperocche ,  parlando  appunto  dei  recenti  arresti  del  Veueto ,  dice : 
«  Mal  si  appongono  i  fogli  auslriaci  a  gridar  contro  gl'  intrighi  ita- 
liani.  E  una  novita  per  loro  che  1'  Italia  e  nemica  dell' Austria,  e  che 
conlro  1'Austria  cospirino  gl'  Italiani,  la  liberta,  il  principio  naziona- 
le,  tutto  insomma  che  e  civilta  e  progresso  1?  » 

Senonche  mutato  il  vento  per  la  Germania ,  terminata  la  quislio- 
ne  danese  con  vantaggio  e  gloria  dell' Austria,  allontanato  il  pericolo 
di  una  guerra  europea,  e  raffermala  1'alleanza  delle  tre  grandi  Po- 
tenze  nordiche  ,  le  concepile  speranze  della  ri\7oluzione  sparirono  e 
le  cose  pelGabinetto  di  Torino  cangiarono  interamented'aspetto.  La 
condolta  politica  dell' Inghilterra ,  a  rispetto  della  Danimarca,  lo  ha 
certamente  convinto,  che  quella  polente  regina  dei  mari  a  niun  palto 
sMngaggerebbe  in  una  guerra  per  T  Italia,  quando  1'ha  ricusala  per 
soccorrere  la  Danimarca,  a  cui  pareva  che  la  obbligassero  e  i  vincoli 
della  famiglia  regnante,  e  le  speranze  fatte  da  lei  concepire,  e  i  suoi 
stessi  interessi  nel  Baltico.  La  consolidazione  della  potenza  auslria- 
ca,  per  le  recenti  vittorie  nello  Schleswig  e  piu  per  le  rinnovale  al- 
leanze,  ha  accresciuto  immensamente  ii  pericolo  che  gli  sovrasta 
dalle  forze  nemiche;  e  dair  altra  parte  1'  isolamento,  in  che  e  rimasa 
'.7#0(]<|f:n  •  '•;ioi(5i5tyA'filnii  ;i/r •'.•  ,x\i'Mbl(>iu, 
1  Numero  239. 


16  GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO 

la  Francia ,  gli  ha  resi  sempre  piu  improbabili  gli  aiuli  clie  potesse 
Impromeltersene  in  caso  di  lolta.  Ma  sopraltutto  il  risultamento  della 
causa  danese,  nella  diplomazia  europea,  gli  ha  dovuto  far  compren- 
dere  la  trista  condizione  die  e  1'avere  sospesa  conticuamente  sul  ca- 
po, quasi  spada  di  Damocle,  la  violazion  d'un  traltato.  La  Danimarca 
possedeva  i  Ducati  sotto  la  guarenligia  dell'  intera  Europa  ,  e  come 
requisito  all'  equilibrio  della  bilancia  polilica  negli  Stati  del  Nord. 
Tuttavia  1'aver  mancato  a  palli,  non  del  lulto  chiari,  di  un  trattato, 
riraaso  ineseguito  per  ben  dodici  anni,  e  stato  cagione  perche  si  ye- 
desse  assalita ,  vinta  ,  smembrala  ,  senza  che  alcuna  delle  Potenze 
amiche  ,  e  da  lei  vivainente  invocate  ,  le  prestasse  soccorso ;  anzi 
senza  neppure  la  consolazione  di  vedersi  compalita ,  ma  per  contra- 
rio  col  rimprovero  d'  essere  stata  testarda  e  d'  aver  meritalo  il  danno, 
a  cui  soggiace.  Ora  se  in  viridi  ligno  hacc  faciunt ,  in  arido  quid 
fet  ?  Che  sarebbe ,  se  1' Austria ,  rassieurata  dall'  alleanza  prussiana 
e  dalla  rinnovata  amicizia  col  Russo  ,  intorno  ai  suoi  possedimenti 
d'  Ungheria  e  di  Galizia  ,  movesse  le  sue  formidabili  forze  contro  il 
Piemonte  ,  sotto  il  litolo  evidente'mente  giusto  ed  incontrovertibile 
della  violazione  del  trallato  di  Zurigo?  E  sperabile  che  1'Inghillerra 
faccia  per  1'Italia,  in  condizioni  tanto  piu  indifferenti  per  lei,  cio  che 
non  ha  fatto  per  la  Danimarca,  in  condizioni  lanto  piu  determinate? 
E  restando  inerte  1'  Inghilterra ,  e  credibile  che  si  nraova  la  Fran- 
cia ,  con  evidente  pericolo  di  vedersi ,  ad  un  semplice  scambielto 
della  sua  rivale ,  tutla  1'  Europa  addosso?  E  prescindendo  anche  da 
cio,  son  forse  ora  le  interne  condizioni  della  Francia,  le  convinzioni 
de'  Frances! ,  le  relaziorii  colla  Russia  e  colla  Prussia ,  quelle  stesse 
che  erano  nel  59?  Basta  un'  occhiata  sul  presente  stato  delle  cose  in 
Europa ,  per  persuaders!  che  1'  Austria  potrebbe  con  lutta  sicurezza 
chiedere  i  conli  all'  Italia ;  e  se  nol  fa,  cio  e  doYUto  o  alia  sua  longa- 
mmita  o  alia  sua  dabbenaggine. 

Ecco  la  falsa  posizione  in  che  si  trova  il  preteso  regno  d'  Italia. 
Ecco  quello  che  propriamente  impensierisce  i  suoi  amici  con  salario 
e  senza  salario.  L'  Opinione  ne  da  un  cenno  la  dove  dice:  « L'allean- 
za  nordica  slabilita ,  1'  alleanza  occidental  piu  un  desiderio  che  una 
realta,  le  Potenze  a  noi  amiche  concordi  nell'  avvisarci  che  la  respon- 
sabilita  di  una  guerra,  da  noi  dichiarala  all' Austria,  peserebbe  esclu- 


GH  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO  17 

sivamcnle  ed  interamentc  su  di  noi,  e  che  delle  sue  conseguenze  esse 
si  laverebbero  le  mani ,  non  vi  pare  queslo  un  momenlo  veramente 
propizio  per  provocare  nel  Veneto  e  nelTirolo  una  insurrezione  1?» 
A  tutto  questo  si  aggiunge  la  recenle  scoperta  della  congiura  nel  Ve- 
nelo,  i  cui  arresli  potrebbero  svelare  parlecipazioni,  da  compromet- 
ter  gravemente  il  Gabinetto  di  Torino,  e  porgere  pretesto  all'Austria 
di  cooneslare  in  faccia  all'  Europa  Y  acceleramenlo  di  do ,  che  essa 
certamente  dovii  fare  in  un  tempo  piu  o  meno  prossimo.  Ma  via  po- 
tesse  almeno  il  pericolante  regno  fare  assegnamenlo  sulle  proprie 
forze  per  una  valevole  resislenza.  Sarebbe  imperdonabile  errore  rim- 
prometlerselo.  La  slessa  Opinione  confessa  a  mezza  bocca  1'  impossi- 
bilit£ ,  in  cui  versa  1'  Italia  per  questo  capo ,  dicendo  che  la  guerra 
presentemente  s  imprenderebbe  in  circostanze  sfavorevoli  air  Italia 
non  solo  politicamente  ma  ancora  militarmente  2.  E  gia  piu  aperta- 
mente  il  Generale  Bixio  avea  esposto,  sopra  un  lal  punto,  il  suo  sgo- 
mento,  in  una  leltera  al  Depulato  Lanza,  nella  quale  esorta  a  provve- 
dere  sollecitamente ,  se  si  vuol  salvo  il  regno  d'  Italia  dal  disonore 
d'una  sconfilta  3.  Ma  i  provvedimenli  baslevoli ,  quanlo  son  facili  a 
richiedersi ,  ianto  sono  difficili  ad  apprestarsi.  Abbiamo  sopra  tale 
materia  un  ragionatissimo  discorso  del  Generale  Ulloa,  in  una  leltera 
da  lui  diretta  a  Lord  Rokely,  Tenente  Generale  degli  esercili  britan- 
nici ;  nella  quale ,  dopo  aver  dimostrato  coi  docujnenti  alia  mano, 
pubblicali  dal  Torre,  lo  stato  sconfortevole  delle  milizie  ilaliane,  con- 
chiude  cosi :  «  Ove  dunque  la  guerra  scoppiasse ,  schiere  non  gran 
fatto  piu  nuraerose  di  quelle  dell'  antico  Piemonte  si  ordineranno. 
Ma  non  vi  sarebbero  la  stessa  ed  ugual  fede  e  la  stessa  concor- 
dia;  a  caso  vi  sara  disciplina,  ma  mancheranno  al  nuovo  esercito 
consislenza  e  spirito  militare.  I  soldali ,  o  Mylord  ,  di'  Ella  ebbe  a 
yedere  e  lodare,  combatlendo  Ella  stessa  in  Crimea ,  piu  non  si  ve- 
dranno.  L'  esercilo  perdeva  i  bravi  e  buoni  Savoiardi ;  invece  ebbe 
Parmensi,  Toscani,  Modenesi  e  Romagnuoli,  rioltosi  d'indole  e  d'a- 
nimo  diversi.  Conta  segnatamente  80  e  piu  mila  Napolitani  inquieti, 

1  L'  Opinione,  n.  239.  —  2  Luogo  citato. 

3  La  lettera  venne  inserita  nel  giornale  officiale  di  Napoli  del  13  Lu- 
glio  1864. 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  349.  2  16  Settemlre  1864. 


18  GLI  ARREST!  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO 

irosi  della  patria  perduta  ,  impazienti  dell'  imposto  reggiracnto  poli- 
tico. Oual  pro  dell'aver  nello  esercito  giltati  2,099  uffiziali  garibal- 
deschi ,  usi  anzi  a'  tumulti  cittadini ,  che  a  guerre  ordinate?  In  mo- 
menti  supremi  sara  chiaro  il  fallo  di  avere  in  10  reggimenti  di  Ar- 
tiglieria  spinti  uffiziali  di  scienza  e  di  esperienza  digiuni ,  e  di  aver 
messo  a  capo,  ed  in  alti  gradi ,  uomini  di  ogni  arte  di  guerra  ines- 
perti.  Dalle  quali  cose,  Mylord,  son  di  credere  che,  posto  ogni  altra 
considerazione  da  canto,  che  railitare  non  sia,  1' aggregamento  del 
reame  di  Napoli  anzi  scenio  che  accrebbe  le  forze  della  sabauda 
monarchia.  » 

Stando  cost  le  cose,  s'  intende  benissimo  la  cagione  del  tanto  svo- 
ciarsi  dei  giornali  ufficiosi  di  Torino  in  proteslare  che  il  Governo 
non  ebbe  alcuna  parle  in  quei  ten  tali  vi  d'  insurrezione  ,  e  che  tutto 
il  carico  pesa  in  capo  al  Mazzini.  E  la  paura  che  1'  Austria  ne  tolga 
occasione  per  affrettarsi  ad  una  guerra  ,  che  ,  secondo  la  medesima 
Opinione ,  e  per  lei  inevitabile.  «  La.  lotta  tra  1' Italia  e  1' Austria  e 
aspettata  e  preveduta  dall'  Europa.  Non  v'  ha  forza  che  possa  evi- 
tarla  1.  » 

Corse  anche  voce,  che  il  Gabinetlo  di  Torino  avesse  esso  stesso 
avvertita  1'  Austria  di  cio  che  tramavasi  nel  Tirolo  2.  Per  quanto  di 
schifezza  presenti  un  tal  fatlo ,  non  e  niente  inve  risimile  per  la  co- 
scienza  liberalesca  dei  presenli  padroni  d'  Italia.  Per  loro  lulto  e  le- 
cito,  purche  meni  allo  scopo,  Non  giunsero  essi,  per  via  di  tradimen- 
ti  o  di  spergiuri  verso  i  legit  timi  Principi,  alia  presente  forluna?  E 
perche  dovrebbero  essere  impediti  di  eslendere  il  diritto  del  tradi- 
mento  anche  a  rispetto  dei  loro  partigiani?  L'  importante  nel  caso 
presente  era  di  rimuovere  presso  T  Europa ,  e  1'  Austria  in  ispecie , 
1'  idea  di  complicity  del  Governo  torinese  in  una  congiura  ,  che  non 
era  probabile  che  piu  a  lungo  si  tenesse  celata.  Qual  mezzo  piu  ac- 
concio  che  farsene  spontaneamente  rivelatore?  Cosi  si  avrebbe  un 
mezzo  da  elidere  le  prove  di  colpabilita ,  che  altronde  polrebbero 

1  L' Opinione,  num.  241. 

2  «  E  notizia  molio  accreditata  che  il  Governo  italiano  abbia  trasmesso 
alle  autorita  austriaclie  delle  informazioni  talmente  positive  intorno  alia 
cospirazione,  che  ha  perfmo  indicati  i  luoghi,  che  contenevano  depositi 
di  armi.  »  Gazzetta  di  Bolzano  del  2o  Agosto. 


GLI  ARRESTI  NEL  TIROLO  E  NEL  VENETO  19 

ricavarsi.  Vedete ,  essi  direbbero,  se  siamo  innocenti!  Noi  slessi  vi 
abbiamo  manifestata  la  Irama,  che  preparavasi.  Ma  dove  anche  a  tan- 
ta  turpiludine  fosse  disceso  il  Governo  di  Torino,  esso  avrebbe  fatto 
male  i  suoi  conli ;  perciocche  il  tradimenlo  anche  a  chi  lo  accella 
come  utile,  nulla  diminuisce  dell'  orrore  pel  tradilore ;  e  quando  si  sa 
il  versipelle  scopo,  per  cui  esso  fu  perpelrato,  neppur  otliene  1'  effello 
di  sottrarre  1'  Autore  al  danno,  ch'  egli  voleva  per  tal  nequitosa  via 
cansare.  Sicche  il  Governo  lorinese  avrebbe  tradito  gli  amid  senza 
ammansire  i  nemici.  Ed  e  questo  il  frutto ,  che  ordinariamente  si 
coglie  da  chi  giuoca,  come  suol  dirsi,  all'  altalena. 

Conchiudiamo  :  il  vagiente  regno  d'  Italia  si  trova  presenlemente 
alia  merce  dell'Austria.  Se  questa  Potenza  volesse  domani  aggredir- 
lo,  ella  non  inconlrerebbe  efficace  opposizione  ne  nella  Diplomazia, 
ne  nelle  armi.  Non  nella  Diplomazia;  la  quale,  col  fatto  della  Dani- 
marca,  ha  dalo  chiaramenle  ad  intendere  che  presso  di  lei  e  sufficien- 
te  motivo  non  pure  di  guerra,  ma  di  smembramenlo  di  un  regno  la 
inosservanza  di  un  trattato.  Non  nelle  armi ;  giacche  le  forze  interne 
non  reggerebbero  all'  urlo  ,  e  gli  aiuli  esterni  e  certo  che  manche- 
rebbero.  L'Inghilterra,  piuttosto  che  far  guerra,  si  e  contenlata,  con- 
tro  i  suoi  inleressi,  che  1'Alemagna  iniziasse  il  suo  dominio  nel  BaHi- 
co;  quanto  piu  tollererebbe  che  il  Piemonte  fosse  costrelto  a  restituire 
le  rubate  province?  LaFrancia  poi,  nelle  sue  mutate  relazioni  interne 
ed  esterne,  non  sarebbe  si  matta,  da  esporsi  cosi  a  un  repentaglio , 
che  potrebbe  riuscirle  fatale.  Sicche,  ben  considerate  le  cose,  il  Go- 
verno di  Torino  dee  saper  graclo  air  Austria  del  suo  star  tuttavia; 
certo  per  altro  che  la  cuccagna  per  lui  non  polra  aver  lunga  dura- 
ta,  e  che  presto  o  tardi  gli  converra  rientrare  negli  antichi  confmi, 
con  la  perdita,  la  quale  al  certo  non  sara.  piu  riparata ,  della  Savoia 
e  di  Nizza.  Ecco  il  guadagno  che  han  reeato  alia  patria  nostra  gli 
stolti  restauratori  d'  Italia ;  mentre  se  avessero  avuto  ,  se  non  senso 
di  religione  e  di  giustizia  ,  almen  senno  pratico ,  avrebbero  potuto , 
rispeltando  gli  antichi  dirilli,  provvedere  ai  vantaggi  materiali  e  alia 
comune  difesa  della  Penisola  per  via  di  confederazione ,  risparmian- 
dole,  oltre  ai  danni  patili,  una  nuova  ed  inevitabile  cataslrofe.  Ma  essi, 
piu  che  ristorare  1'  Italia,  inlesero  rislorare  se  stessi;  ed  un  tale  scopo 
£  stato  gia.  conseguito. 


IL  PATRIZIATQ  ROMANO 

DI  CARLOMAGNO1 


x. 


Se  Carlomagno  Patrizio  avesse  I'alto  dominio  in  Roma 
e  nell*  Esarcalo. 

Nei  due  precedenli  articoli  abbiamo  esposta  e  sviluppata  la  prin- 
crpale  dclle  ragioni,  con  cui  provasi,  Carlomagno  Patrizio  non  essere 
stato  Sovrano  di  Roma  ne  delle  altre  cilia  di  S.  Pietro;  e  prima  di 
andar  oltre,  non  sara  inulile  il  raccoglicrne  qui  in  poclie  parole  tul- 
te  le  membra  sparse,  affinche  il  Icltore  possa  d'  un  solo  sguardo  phi 
agevolmenle  comprenderne  la  sostanza  e  senlirne  la  forza. 

Noi  dicevamo  dunque :  se  Carlomagno  Patrizio  fu  veramenle  So- 
yrano  di  Roma  e  dello  Stato  di  S.  Pielro,  cio  dee  dimoslrarsi  soprat- 
tulto  dagli  atti  proprii  della  Sovranita ,  hi  da  lui  esercitati.  E  quali 
sono  quesli  alii?  Sono  il  dar  leggi  o  imporre  comandi  ai  suddili,  il 
nominare  governatori  e  ufficiali  nei  diversi  ordini  della  pubblica  am- 
minislrazione,  il  levare  tributi  e  imposte,  il  batter  moneta  in  proprio 
nome,  il  soprintendere  alia  giustizia  e  senlenziare  in  ultimo  appello 
delle  cause ;  1'  esercilare  insomnia  i  dirilti  supremi  di  quella  tripli- 
ce  polesla,  legislaliva,  amministraliva  e  giudiziaria ,  in  cui  consiste 
1'essenza  di  ogni  autorila  sovrana  nei  governo  degli  Slati.  Or  bene: 

1  Vedi  il  volume  precedente  pag.  413  e  segg. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO  DI  CARLOMAGNO  M 

i  monuraenli  storici  del  sccolo  VIII  ci  dimostrano  die  Carlomagno 
nello  Slalo  dfS.  Pietro  non  esercilo  mai,  e  nemmeno  pretese  di  e- 
sercilare  niuno  di  quesli  atli  sovrani :  non  detto  leggi ,  non  impose 
comandi ,  non  creo  governatori  ne  ufficiali ,  non  riscosse  imposte  , 
non  conio  monete ,  e  quanto  alia  poteslSt  di  giudice,  non  la  esercit6 
altrimenti  che  dentro  tai  limiti  e  con  tal  dipendenza  dal  Papa ,  die 
escludono  ogni  idea  di  sovranita.  Come  dunque  puo  egli  affermarsi 
di'  ei  possedesse  1'  autorila  sovrana  ?  Bel  Sovrano  in  verita ,  a  cui 
mancano  tulti  i  caratteri  e  tutte  le  prerogative  della  maesl&  regia, 
e  che  si  moslra  nell'esercizio  del  sommo  potere  eziandio  da  meno  di 
quel  che  erano  stati  in  Francia  quegli  ultimi  Merovingi ,  ch'  ebbero 
nella  storia  il  litolo  di  Rois  faineants  I  E  coleslo  fantoccio  di  Sovra- 
no sarebbe  staloun  Carlomagao! 

Ma  ben  altrimenti  veggiamo  compor tarsi  il  gran  Re  nel  governo 
de'suoi  veri  Stati  di  Francia  e  Germania,  e  del  regno  italico;  al  pa- 
ragone  dei  quali  vie  meglio  risplende  la  nullita  di  quel  sovrano  domi- 
nio,  che  certi  storici  si  avvisarono  di  allribuirgli  nelle  terre  di  S.  Pie- 
tro. In  quegli  Stati  infalti  la  presenza  e  1'opera  di  Carlomagno,  come 
Monarca,  apparisce  continua,  universale,  potenlissima  in  ogni  cosa; 
I'autorita  di  lui  e  come  1'anima  che  da  mossa  e  vita  a  lutti  gli  organ! 
del  reggimento  pubblico  ;  egli  inlima  e  tiene  le  assemblee  di  Stato  e 
le  frequenli  Diele,  in  cui,  coll'  intervento  de'Vescovi  e  dei  Magnati, 
risolve  i  pubblici  negozii  e  decrela  i  famosi  Capitolari,  doe  le  leggi 
da  osservarsi  da  lutli  i  suddili ;  egli  dislribuisce  i  governi  delle  pro- 
vince ai  Duchi  e  ai  Conli  da  lui  nominali,  e  da  lui  dipendono  tutli  gli 
ufficiali  pubblici ;  egli  ad  ogni  tralto  invia  i  suoi  missi  dominici  a 
render  giuslizia  per  le  citta,  a  riveder  le  sentenze  de'  giudici  ordi- 
narii,  a  sindacar  la  condotta  dei  regii  ministri ;  in  nome  di  lui  i  Con- 
ti  palatini  decidono  in  ultimo  appello  le  cause  ;  da  lui  son  prescriite 
e  riscosse  le  pubbliche  imposte  ;  della  sua  impronla  van  segnale  tut- 
te le  monete,  e  del  suo  nome  lulti  gli  alti  pubblici ;  in  ogni  cosa  in- 
somma,  in  ogni  appartenenza  governativa  s'  incontra  il  nome  e  la  po- 
tesla  di  Carlo,  in  alto  di  primo  e  sovrano  motore  di  quella  gran  mac- 
china  sociale  ch'  erano  gli  Stati  del  suo  imperio.  Ma  nello  Stalo  di 
S.  Pietro  non  si  vede  piu  nulla  di  tulto  questo  :  appena  valicate  le 


22  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

frontiere  del  Po  e  degli  Apennini,  che  dal  Regno  italico  mettono  nel- 
le  terre  della  Chiesa,  cessa  ad  un  tratto,  per  dir  cosi,  la  presenza  e 
1'azione  sovrana  di  Carlomagno  ;  qui  egli  veste  tutt'  altro  personag- 
gio  e  non  apparisce  phi  che  nella  qualita  subordinata  di  Palrizio. 
II  vero  Sovrano,  cioe  colui  che  si  vede  esercilare  lutli  gli  atti  poc'an- 
zi  enumerali  di  Sovranita ,  ed  esercitarli  con  potesta  tulta  propria , 
con  poles  la  indipendente  e  suprema ,  qui  e  il  Pontefice ;  men  Ire 
solto  di  lui  il  Patrizio  non  interviene  che  a  quando  a  quando  ,  non 
Interviene  che  a  richiesta  di  lui,  e  non  interviene  mai  per  comanda- 
re  da  Principe  ,  ma  si  per  aiulare  ,  difendere  e  servire  il  Pontefice 
nei  piu  rilevanli  interessi  della  Chiesa  e  dello  Stato.  Tal  e  il  fatto, 
che  da  tutti  i  monument!  slorici  di  quel  tempo  emerge  con  evidenza 
tanto  piu  luminosa  ed  incontrastabile,  quanto  piu  altri  si  fa  da  vici- 
no  ad  esaminarli  con  attenzione.  Ora ,  posto  questo  fallo ,  chi  non 
vede,  la  pretesa  Sovranita  di  Carlomagno  nello  Stato  della  Chiesa 
Bon  esser  altro  che  una  prelta  chimera,  un  sogno,  un  errore  da  vo- 
lersi  oggimai  eliminare  per  sempre  dal  campo  della  storia? 

Se  non  che  potrebbe  qui  taluno  ripigliare :  le  ragioni  e  i  fatti  so- 
pra  esposti  valgono  bensi  per  avventura  a  provare  che  nello  Stato  di 
S.  Pielro  il  Sovrano  immediate  altri  non  era  che  il  Papa ;  ma  cio  non 
toglie  che  Carlomagno,  come  Patrizio,  non  avesse  1'  alto  dominio,  la 
soprasovranita,  in  virtu  di  cui,  lasciando  pure  al  Papa  libero  e  intero 
I'esercizio  di  tutli  i  dirilti  immediati  ed  ordinarii  della  Sovranita,  egli- 
a  se  nondimeno  ne  riserbasse  T  autorila  suprema.  II  Papa  era  Re , 
ma  Re  vassallo  e  dipendente  ;  egli  regnava  nella  Italia  di  mezzo,  ma 
a  quella  guisa  che  regnava  nell'  alta  Italia  il  giovane  Pipino,  figlio  e 
luogotenente  di  Carlomagno,  o  piuttosto  come  nell' Italia  meridionale 
regnava  il  Duca  di  Benevento ,  Grimoaldo ,  a  cui  Carlomagno  avea 
concesso  di  ripigliare  lo  Stato  paterno ,  ma  con  obbligo  di  fedelta  e 
vassallaggio  verso  la  Corona  di  Francia ,  al  cui  supremo  dominio 
quello  Stato  apparteneva,  siccome  parte  dell'  antico  regno  longobardo 
da  lei  conquistato. 

E  questa  infatli  fu  1'  opinione  del  Sigonio  ;  questa  piacque  singo- 
larmente  al  Maratori ,  benche,  tra  le  molte  incerlezze  e  oscurita  in 
che  a  lui  apparve  avvolta  la  presente  quistione,  ei  non  Tolesse  riso- 


DI  CARLOMAGNO  23 

lutamente  definir  nulla ;  e  qucsta  in  generate  e  la  sentenza  di  colo- 
ro,  i  quali,  mentre  da  ima  parle  pur  vogliono  ad  ogni  palto  dare  a 
Carlomagno  la  sovranita  dello  Stato  romano,  dall'allra  ben  veggono 
esser  Iroppo  ripugnante  a  tutli  i  dati  storici  il  supporre  ch'  ei  re- 
gnasse  qui  e  governasse  al  modo  slesso  che  negli  altri  suoi  Stall , 
eppercio  si  contentano  di  riserbargli  queU'alto  dominio  che  abbiamo 
or  ora  esposto,  col  quale,  come  a  lor  sembra,  oltimamenle  si  accon- 
cia  e  si  spiega  ogni  cosa. 

Ma,  a  dir  vero,  eglino  s'  ingannano  in  cio  a  gran  parlito,  ed  evi- 
tando  alcuni  sconci ,  cadono  in  altri  non  meno  gravi ;  imperocche  il 
concetto  di  questa  polilica  supremazia  di  Carlomagno  Palrizio  sopra 
gli  Stali  della  Chiesa  o  sopra  una  parte  qualsiasi  di  essi ,  non  solo 
manca  di  fondamenlo  storico ,  ma  viene  anch'  esso  dai  monumenli  e 
dalle  ragioni  storiche  positivamente  conlraddetto  e  dis.trutto. 

Diciamo  in  prima ,  che  manca'di  fondamenlo  storico ;  e  infatli , 
se  voi  chiedeste  agli  aulori  medesimi  di  lal  sentenza  una  prova ,  un 
atlo ,  un  documenlo ,  una  testimonianza  diretta ,  che  possa  far  fe- 
de  chiara  e  sicura  di  quella  pretesa  soprasovranila  di  Carlomagno, 
voi  la  chiedereste  indarno.  Eglino  quindi,  o  ne  parlano  solo  per  va- 
ghe  e  incerle  congellure,  ovvero  si  contentano  di  affermarla  gratui- 
tamenle  senza  darsi  niuna  briga  di  provarla ,  o  se  pure  fan  qualche 
mostra  di  provarla ,  vi  si  affalicano  invano ;  e  vedrem  tosto  quanlo 
siano  insussistenli  e  fallaci  le  prove  da  loro  addolte,  allorche  ci  fare- 
mo  piii  solto  ad  esaminarle.  Intanto  giova  qui  recare  i  documenli  e 
le  ragioni  contrarie ,  che  facendo  toccare  con  mano  la  falsila  di  tal 
opinione,  confutano  anlicipatamente  tutte  le  prove  ,  che  altri  potesse 
a  favor  di  lei  immaginare. 

Risalendo  adunque  alia  prima  epoca  del  Patriziato ,  cioc  ai  tempi 
di  Pipino  ed  al  celebre  Patto  di  Quiersy,  nel  quale  furono  stabilile  Ira 
la  S.  Sede  e  i  Re  franchi ,  creati  Patrizii  dei  Roman! ,  le  poliliche 
relazioni  che  da  indi  innanzi  doveano  siringere  le  due  parli  palleg- 
gianti ;  noi  troviamo  aver  Pipino ,  in  nome  proprio  e  de'  suoi  suc- 
cessor!, espressamente  rinunziato  ad  ogni  dominio  sopra  gli  Stall, 
i  quali,  dopo  la  sperata  vittoria  conlro  i  Longobardi,  doveano  es- 
sere  reslituiti  e  confermati  in  perpetua  ed  interissima  signoria  alia 


24  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Chiesa  Romana.  Infalti  nel  Frammento  Fantuzziano,  dove  quel  Pat- 
to  e  riferito,  Pipino  promelte  e  concede  al  Papa  i  predelti  Stall  sub 
omni  inlegritats  aeternaliler,  e  soggiunge  immediatamente  :  nullam 
nobis  nostrisque  successoribus  infra  ipsas  terminations  (cioe  dentro 
i  confini  degli  Slali  medesimi)  potestalem  reservatam  etc.  1.  Poleva 
egli,  di  grazia,  esprimere  con  formole  piu  chiare  ed  efficaci  la  nega- 
zione  appunto  di  quell' alto  dominio,  che  il  Sigonio  ed  altri  prelendo- 
no  essersi  cgli  riservato  riella  celebre  Donazione?  E  riotisi,  cheque- 
ste  formole  corrisponclono  con  mirabil  consenso  a  quel  generoso  dis- 
interesse ,  cen  cui  Pipino  ed  in  parole  ed  in  falli  sempre  proteslo 
di  non  aver  assunta  1'  impresa  d'  Italia  conlro  i  Longobardi,  altdmen- 
li  che  per  dcvozione  a  S.  Pietro,  per  1'  esaltazione  della  Chiesa  Ro- 
mana, e  per  rimedio  e  mercede  deH'anima  propria. 

Carlomagno  poi,  nel  774,  confermando,  ad  istanzadi  Adriano,  Tat- 
to  del  padre  ,  giuro  e  depose  sulla'tomba  di  S.  Pielro,  come  allesta 
Anastasio  Bibliotecario  2,  la  formola  del  Pallo  e  della  Donazione  col 
tenore  medesimo  di  quella  ch'era  slata  stipulata  aQuiersy  da  Pipino, 
e  percio  colla  medesima  esclusione  e  rinunzia  di  ogni  dominio.  Ag- 
giungasi ,  che  Lodovico  Pio  imperatore  le  medesime  clausole  ripele 
con  istile  eziandio  piu  copioso  nel  suo  Diploma ;  confermando  alia 
S.  Sede  tulle  le  province,  cilia  e  terre  ivi  enumerate,  sicche  elle  ri- 
mangano  perpeluamenle  sollo  la  giurisdhione,  il  principato  e  il  do- 
minio dei  Ponlefici ,  la  polesla  dei  quali  non  dovra  mai  venire  in 
milla  diminuita ;  e  prometlendo  di  difenderle  in  modo  tale,  che  essi 
ne  abbiano  sempre  saldo  e  inlero  il  possesso,  non  solo  ad  utendum  et 
fruendum,  che  sarebbe  il  dominio  ulile,  ma  anche  ad  disponendum, 
cio  che  importa  dominio  assoluto  e  indipendenle ;  e  protestando  in- 

1  FANTUZZI,  Monumenti  Ravennati,  T.  VI;  TROIA,  Codice  diplom.  lon- 
gobard.,  num  DCLXXXl. 

2  Cumque  ipsam  promissionem,  quae  in  Francia  in  loco  qui  vocatur  Ca- 
Tisiacus  factaest,  sibi  relegi  fecisset  (Carolus),  complacuerunt  illi  et  eius 
iudidbus  OMNIA  quae  ibidem  erant  adnexa,  et  propria  voluntate,  bono  ac  li- 

benti  ammo,  aliam  donationis  promissionem  AD  INSTAR  AXTERIORIS  ipse 

Carolus  Francorum  rex  ascribi  iussit  per  Etherium,  etc.  Yita  Hadriani, 
num.  318. 


DI  CARLOMAGNO  25 

fine  di  non  pretendere  in  esse  per  s5  niuna  parlc  e  niuna  polesla  di 
disporre,  giudicare,  sotlrarre  o  minorare ,  se  non  in  quanlo  cgli  ne 
venisse  espressamente  richiesto  dal  regnanle  Ponlefice  1.  Le  quali 
forraole  di  Lodovico  leggonsi  del  pari,  copialepressocheinleramente 
a  verbo,  nei  diplomi  di  Ottone  I,  di  S.  Enrico  II  e'dei  seguenti  Im- 
peralori  2. 

Or  qui  pongasi ,  di  grazia ,  ben  allenzione  alia  forza  dell'  argo- 
mento  cbe  questi  diplomi  imperiali ,  benche  apparienenli  a  tempi 
posteriori  al  Patriziato,  nondimeno  ci  porgono  in  favore  dell'assunto 


1  Omnta  supenus  nominata  ita  ad  noslram  (vestram)  partem  per  hoc  no- 
sire  confirmacionis  decretum  roboramus,  ut  in  vestro  vestrorumque  successo  • 
rum  permaneat  IURE,  PRINCIPATU  ATQUE  DICIONE,  ut  necanobis,  nee  a  fillis 
vel  successoribus  noslris  per  quodlibet  argumenlum  sive  .  machinacionerti  QUA- 
CVMQUE  PARTS  MwuATCR  VESTRA  POTESTAS,  aut  vobis  de  suprascriplis  omnibus, 
vel  successoribus  vestris.inde  aliquid  sublraliatur,  de  suprascriplis  videlicet 
provinciis,  urbibus,  civitalibus,  oppidis,  castris,  mills,  territories  atque  pa- 
trimoniis,  necnon  et  pensionibus  atque  censibus,  ita  ut  neque  nos  ca  sub- 
trahamus,  neque  quibuslibet  subtraliere  volentibus  conscnciamus ,  sed  poclus 
omnia,  que  supenus  leguntur,  idest  provincias,  cimlates,  urbesf  oppida, 
castclla,  terriioria,  patrimonia  atque  insulas,  census  et  pensiones  Ecdesie 
beati  Petri  apostoli  et  Pontijlcibus  in  sacralissima  illlus  Sede  IN  PERPETUUM 
residentibus  in  quantum  possumus  nos  de/fendere  promictimus.  Ad  hoc^  ut 
omnia  ea  in  illius  ditione  AD  VTENDUM  ET  FRVENDUM  ATQUE  DISPONENDUM  fir- 
miter  valeat  obtineri.  Nullamque  in  els  nobis  partem,  aut  potcstalem  dispo- 
nendi,  vel  iudicandi,  subtrahendive  aut  minorandl  vendicamus,  nisi  qualenus 
ab  illo,  qui  extempore  huius  sancte  Ecdesie  regimen  tcnucrit,  rogali  fueri- 
inus.  Diploma  Ludov.  Pii,  presso  il  CENM,  Monum.  domin.  pontif.  T.  II, 
p.  130;  MARLM,  Nuovo  esame,  ecc.  p.  107;  THEINER,  Codex  dlplom.  domlnli 
temporally  sanctae  Sedis,  T.  I,  p.  3.  9 

2  Veggansi  il  CENNI  e  il  MARINI  nelle  Opere  cltate,  e  specialmente  il 
THELNER,  T.  I,  Docum.  4,  7,  con  lutta  la  lunga  seric  del  Documenli  impe- 
riali da  lui  enumcrati  nella  prima  pagina  della  Prefazione,  e  stesamente 
arrecati  nel  corpo  del  Volume.  Quanto  a1  diploma  di  Lodovico  Pio,  ben 
sappiamo  che  alcunl  negano  o  mettono  in  clubhio  la  sua  autorita ;  ma  per 
costoro  a  noi  basta  allegare  i  diplomi  dei  seguenti  Imperatori,  1'autenticita 
de'  quali  non  e  ne  puo  essere  recata  in  forse;  giacche  questi  soprabbastano 
al  presente  nostro  assunto,  e  con  essi  anche  soli  rimane  inlera  la  forza  del- 
Targomento  qui  da  noi  addotto. 


26  1L  PATRIZIATO  ROMANO 

che  abbiamo  per  le  mani.  In  quesli  diplomi,  gl'Imperatori  professano 
innanzi  tulto  di  confermare  alia  S.  Sede  le  liberalila  di  Pipino  e  d! 
Carlomagno,  e  i  patti  con  essa  siipulali  dai  due  primi  Caroling! ;  e 
cio  e  indicato  dai  titoli  stessi  di  Pactum  confirmationis  ,  Decretum 
confirmationis,  che  i  diplomi  portano  in  fronie.  Inoltre  e  noto,  e  lo 
dimoslra  il  loro  tenore  medesimo  ,  che  essi  furono  tulti  modellati 
sopra  un  medesimo  tipo,  cioe  sopra  quello  di  Carlomagno,  il  quale, 
come  abbiamo  teste  veduto,  fu  esemplato  alia  lettera  sopra  la  prima 
Donazione  di  Pipino ,  ossia  sopra  il  Patio  di  Quiersy.  Se  adunque 
nei  diplomi  imperiali  viene  ai  Pontefici  con  tanta  gagliardia  di  for- 
mole  assicurata  la  pienezza  del  dominio  e  1'  assoluta  sovranila  sopra 
gli  Slati  della  Chiesa ;  egli  e  forza  dire  che  1'  assicurazione  medesi- 
ma  si  trovasse  gia  espressa  nel  primo  diploma  di  Pipino,  che  fu  il 
fondamenlo  e  modello  di  tulli  i  seguenti :  laonde  rimane  mirabil- 
mente  confermata  ed  autenticata  dai  suffragio  Concorde  di  colesti  alii 
imperiali  la  verita  di  quelle  formole  del  Frammento  Fantuzziano,  m 
virtu  delle  quali  Tien  negato  ai  Re  Patrizii,  non  pure  1'alto  dominio , 
ma  ogni  ombra  di  sovranila  nelle  terre  di  3.  Pietro.  Che  se  nei  tem- 
pi imperiali  ii  titolo  d'  Imperatore  dei  Roniani  non  dava  ai  Cesari 
mun  dirillo  di  sovranila  sopra  ii  Papa  nello  Stato  della  Cbiesa , 
molto  piii  facilmente  dee  credersi  che  tal  dirilto  mancasse  al  Patri- 
zio  dei  Romani ,  titolo  inferiore  all'imperiale  ,  ed  involgente  nel  suo 
concetto  medesimo  1'idea  di  dipendenza  da  un  altro  Sovrano. 

Per  quanto  adunque  puo  rilrarsi  dai  Documenti  diplomalici ,  che 
sono  la  base  piu  autorevole  della  storia  ,  egli  e  cosa  manifesta  ,  che 
mentre  dall'una  parte  non  puo  allegarsi  nulla  a  provare  1'alto  domi- 
nio del  Patrizio  sopra  gli  Stati  della  Chiesa,  questo  dominio  dall'al- 
tra  parte  viene  espressanfente  negato  dai  Patio  autentico  di  Quiersy 
e  da  tulta  la  serie  dei  seguenli  'Patti  imperiali ,  che  in  quel  primo 
Patto  ebbero  radice. 

Se  poi  dairaulorila  dei  diplomi  ci  volgiamo  a  quella  del  falti,  tro- 
veremo  che  quesli  interamente  s'  accordano  a  darci  la  medesima 
condusione.  Di  Pipino  egli  e  cosacerta  e  coufessata  dai  silenzio  me- 
desimo dei  nostri  awersarii,  ch'egli  mai  non  esercilo,  ne  pretese  di 
esercilare  niun  atto  di  alto  dominio  nella  Italia  papale.  Dopo  che  egli 


DI  CARLOMAGNO  27 

cbbc  fatta  la  celebre  Donazione  ,  e  posto  i  Papi  nel  possesso  delle 
province  da  lui  rilolle  ad  Aslolfo  ,  ai  Papi  ne  lascio  inlerissima  la 
signoria  sovrana,  secondo  che  avea  promesso  in  Ouiersy ;  e  duranle 
i  qualtordici  anni  del  suo  Patriziato  romano ,  egli  presto  bensi  sem- 
pre  pronta  1'opera  sua  in  servigio  della  Sanla  Sede  e  in  difesa  delle 
giuslizie  di  S.  Pietro,  ma  fu  lontanissimo  dall'arrogarsi  mai  sopra  i 
Papi  niun'ombra  di  polilica  supremazia.  L'attribuire  pertanto  siffalta 
supremazia  al  Re  dei  Franchi,  come  dirilto  proprio  del  suo  Palrizia- 
to,  non  puo  esser  allro  che  un  sogno  di  scrittori,  usi  a  scambiare  per 
realla  le  visioni  del  proprio  cervello. 

Ed  altrettanto  dee  dirsi  del  Palriziato  di  Carlomagno  ;  si  perche 
iiemmeno  di  lui  non  puo  arrecarsi  un  sol  falto,  il  quale  chiaramenle 
provi  e  ponga  fuor  di  contrasto  aver  egli  esercilata  o  essersi  arro- 
gata  cotal  supremazia  ;  si  perche  lo  veggiamo  al  contrario  in  tutti 
gli  atti  della  sua  polesta  palriziale  apparire  come  ministro  e  aiulatore 
devolo  ,  non  gia  come  Sovrano  del  Papa,  secondo  che  abbiamo  piu 
innanzi  inostrato.  Ne  poteva  accadere  alt rimenli;  poiche  Carloma- 
gno, succedendo  a  Pipino,  altro  non  fece  che  sottentrare,  ne  piu  ne 
meno,  nei  medesimi  diriili  e  doveri  che  gia  legavano  il  suo  genitore 
alia  S.  Sede;  la  dignila  di  Patrizio  che,  nel  774,  fu  solennemente 
confermala  a  Carlo,  era  la  medesima  ond'  era  stato  invest! to  Pipino ;  e 
il  Patto  palriziale  che  Carlo  allora  rinnovo  col  Pontefice,  fu  lo  stessis- 
simo,  come  attesta  Anastasio,  che  quello  giurato  da  Pipino  a  Quiersy 
nel  754.  Se  dunque  in  Pipino  mai  non  fu  quella  supremazia  di  alto 
dominio  che  tesle  dicevamo  ,  ella  non  pole  dover  essere  neppure  in 
Carlomagno ,  erede  e  conlinuatore  del  Patriziato  di  Pipino.  Anzi  in 
Carlomagno  e  tanto  piu  difficile  rammelterla,  quanto  che  in  lui  1'osse- 
quio  e  la  devozione  alia  S.  Sede  si  mostro  eziandio  piu  cospicua  che 
per  avventura  non  fosse  in  Pipino ;  eppero,  ben  lungi  dallo  stremare 
in  nulla  i  diriili  sovrani  del  Papato,  si  adopero  piu  presto  ad  ampli- 
ficarli ,  accrescendo  con  nuove  donazioni  di  cilia  le  larghezze  del 
padre,  e  1'opera  sua  preslando  piu  che  mai  assidua  e  volonlerosa  in 
difesa  di  quei  medesimi  dirilti. 

Dair  altra  parte,  se  ci  facciamo  a  contemplare  i  Papi  e  il  conte- 
goo  da  essi  serbato  verso  i  Re  Palrizii ;  ci  si  rende  sempre  piu  im- 


28  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

possibile  a  credere  in  quesli  1'esistenza  di  queiralto  dominio  che  altri 
ha  loro  attribuito.  Cerlo  e  che  nel  reggimento  dello  Stato  romano  e 
nell'esercizio  di  tulli  quei  diritli  proprii  della  Sovranila,  che  abbia- 
mo  sopra  enumerati,  i  Papi  si  governarono  come  Principi  indipen- 
denti  ed  assoluli,  senza  mai  dar  seniore  ch'ei  si  tenessero  per  sudditi 
o  vassalii  di  altra  potesta  superiore.  Essi  creavano  i  pubblici  ufficia- 
li,  distribuivano  i  governi  e  le  cariche,  nominavano  gli  adores  e 
davan  loro  i  diplomi  (praecepta  actionum,  praecepta  de  civilatibus), 
regolavano  e  risolveano  i  piu  alii  affari  di  Stato,  riscuotevano  lepub- 
bliche  imposte,  batlevano  moneta,  decidevano  le  cause,  provvede- 
vano  alia  sicurezza  e  alia  difesa  pubblica ;  ogni  cosa  in  nome  proprio 
e  con  polesla  somma,  senza  niun  segno  di  dipendenza  o  di  egua- 
glianza  verso  altro  Polenlato  maggiore  o  collega.  In  prova  di  che 
basla  riandare  ad  uno  ad  uno  tutti  i  fatli  e  i  documenti  che  abbiamo 
arrecato  nei  due  precedenti  arlicoli,  esponendo  in  qual  modo  fossero 
dai  Papi  esercitali  cotesti  diritti  sovrani.  Egli  e  ben  vero  che  i  Papi 
spesso  invocavano  la  potesla  del  Palrizio,  ma  la  invocavano  come 
potesla  ausiliare,  come  potesta  ministra,  come  polesla  specialmenle 
devota,  in  virtu  di  giuramenti  solenni,  alia  difesa  di  quei  dirilti ,  ed 
obbligata  per  debilo  di  promesse  sanlissime  a  mantenere  inviolate  le 
giuslizie  di  S.  Pietro;  la  invocavano  in  quella  guisa  che  il  Principe 
invoca  nelle  baltaglie  ii  braccio  del  capilano  che  ha  posta  in  servi- 
gio  di  lui  la  sua  spada,  o  come  un  Signore  terriloriale  invoca  nei 
litigi  1'avvocato,  a  cui  ha  commesso  la  difesa  delle  sue  ragioni.  No 
questa  e  gia  una  nostra  arbitraria  interprelazione ;  ma  e  il  significato 
che  si  legge  a  chiarissime  note  espresso  in  ogni  pagina  del  Codice 
Carolino ;  nel  quale,  menlre  questo  caraltere  di  Difensore  e  di  Av- 
vocato  della  S.  Sede  risplende  ad  ogni  tralto  nella  persona  del  Re 
Palrizio,  egli  e  impossible  al  conlrario  trovare  una  sillaba,  la  quale 
riveli  in  lui  il  Sovrano  di  Roma,  ovvero  mostri  aver  mai,  o  i  Papi 
riconosciuto  nei  Re  Patrizii,  o  i  Re  Patrizii  preteso  niun  diritto  di 
alto  dominio  sopra  lo  Stato  di  S.  Pietro. 

Del  rimanente,  a  tor  di  mezzo  ogni  dubbio  in  tal  questione,  basla 
richiamare  alia  menle  dei  lettori  quei  che  abbiamo  fin  da  principio 
spiegato  intorno  alia  nalura  e  all'  origine  del  Patriziato  dei  Re  Caro- 


DI  CARLOMAGNO  29 

lingi;  imperocche  ianto  all'una  quanlo  all'  altra  nulla  puo  cssere  piu 
ripugnante  die  coteslo  altodominio,  o  soprasovranila  die  vogliadir- 
si.  E  vaglia  il  vero :  se  dall'  una  parte  e  certo  die  la  dignita  di  Pa- 
trizio  non  era  per  se  dignila  sovrana,  ma  subordinate  e  suddita  al 
Sovrano  il  quale  conferivala,  e  che  al  solo  Sovrano  dello  Stato  appar- 
teneva  il  conferirla,  siccome  dignila  prindpalissima;  e  se  dall' altra 
e  provato  che  ai  Re  Carolingi  la  dignila  Palriziale  fu  conferila  non 
da  altri  che  dai  Papi,  e  non  per  altro  fu  conferita  se  non  che  per 
difesa  e  prolezione  della  Chiesa  Romana:  se  quesle  premesse, 
diciamo,  si  hanno  per  certe,  chi  non  vede  scalurirne  chiarissima  ed 
inevilabile  la  conseguenza,  che  adunque  non  il  Palrizio  al  Papa,  ma 
il  Papa  al  Patrizio^era  guperiore  e  sovrano?  chi  non  iscorge,  essere 
assurdo  il  pjdende're  che  Pipino  o  Carlomagno  avessero,  o  in  Roma 
o  nell'  Esarcalo  o  in  qualsivoglia  terra  degli  Stati  di  S.  Pielro,  alto 
dominio  sopra  il  Papa,  mentre  ivi  altra  dignila  non  aveano  che  di 
Palrizii  dd  Papa,  ne  altra  potesta  o  giurisdizione  fuorche  quella  che 
abbiamo  vedulo  essere  compresa  neH'ufficio  del  Palriziato,  loro  con- 
ferito  dal  Papa?  Colal  prelensione  sarebbe  altrettanto  assurda,  quan- 
to  il  supporre  che  gli  aniidri  Esarchi  e  Patrizii  imperiali ,  in  luogo 
d'essere  subordinali  all' Imperalore  da  cui  eran  creali,  avessero  so- 
pra T  Imperalore  medesimo  allo  dominio  nelle  province  imperiali 
alia  loro  custodia  affidale.  Insomnia,  o  egli  bisogna  smentire  e  di- 
slruggere  in  un  fascio  tulle  le  autorila  e  ragioni  che  dai  monument! 
storici  abbiamo  nei  precedent!  capitoli  recate  in  mezzo,  per  mostrare 
qual  fosse  1'  indole  e  la  origine  vera  del  Patriziato  romano  dei  Carolin- 
gi; ovvero  confessare  che  I'alto  dominio,  atlribuito  da  cerli  scriltori, 
quanto  si  voglia  autoftvoli,  ai  medesimi  Carolingi  sopra  il  Papa  negli 
Slali  di  S.  Pietro,  e  da  relegarsi  fra  le  lante  favole  e  chimere,  onde 
la  sloria  e  stata  da  gran  tempo  sventuratamente  conlaminata. 

Dopo  il  finqui  delto,  par  quasi  superfluo  Taggiungere,  quanlo  sia 
vana  e  fallace  la  comparazione,  che  di  sopra  udimmo  allegarsi  dagli 
avversarii,  col  paragonare  che  fanno  il  Papa  regnanle  nell' Ilalia  ro- 
mana,  al  principe  Grimoaldo  signoreggiante  net  vasto  Ducalo  Re- 
nevenlano  sollo  il  vassallaggio  di  Carlomagno.  Nondimeno,  siccome 
u  prima  fronte  la  parila  ha  dello  specioso  e  pu6  trarre  altrui  in  in- 
ganno,  non  sara  un  fuor  d'  opera  T  indugiarci  alquanto  ad  esaminar- 


30  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

la:  tanto  piu  che  da  tal  esame vedremo  uscire nuova luce ed  eviden- 
za  a  vie  meglio  confermare  la  esposta  dottrina. 

II  Muratori,  giovandosi  di  qualche  passo  del  Codice  Carolino,  si 
argomenlo  di  provare  la  verila  di  cotesto  paragone,  per  quindi  de- 
durne  che  Carlomagno  avea  nell'  Esarcalo  e  in  altre  citta  supreraa 
padronanza  sopra  il  Papa,  come  1'avea  nel  Beneventano  sopra  Gri- 
moaldo.  Infatti,  dall'Epistola  XGVIII  del  Codice  si  rileva  che  Adria- 
no,  a  proposilo  di  certi  Ravennali  e  Pentapolilani  iti  in  Francia, 
avea  chieslo  a  Carlo  che  glieli  rimandasse,  siccome,  dic'egli,  faceste 
col  Duca  Beneventano  in  casi  simili  1 :  la  qual  richiesta,  dice  il  Mu- 
ratori 2,  puo  servire  d'  esempio  a  provare  che  Carlo  continuasse  ad 
essere  Sovrano  dell'Esarcato,  siccome  egli  continuava  ad  essere  tale 
nel  Ducato  di  Benevento.  E  nell'  Epistola  XCIII,  (Juer^ndoslAdria- 
no  die  i  messi  di  Carlo,  nel  fare  ai  messi  pontificii  la  consegna  di 
Capua  e  delle  allre  citta  beneventane,  recentemente  offerte  dal  Re  a 
S.  Pietro,  avessero  solo  consegnato  gli  episcopii,  i  monasteri,  lecorti 
pubbliche  e  le  chiavi  delle  cilia,  ma  non  gia  gli  abitanli,  i  quali  re- 
stavano  in  lor  liberta,  rendendo  in  tal  guisa  illusoria  la  promessa  e 
donazione  regia ;  «  Noi  percio  vi  preghiamo,  soggiunge  il  Papa,  di 
non  tollerare  che  niun  mortale  ardisca  impedire  1'  adempimento  dei 
voslri  sacri  voli,  e  di  non  fare  Grimoaldo,  figlio  d'Arigiso,  dappiu 
del  vostro  proteltore  S.  Pielro,  clavigero  del  regno  de'  cieli ;  poiche 
lo  stesso  Grimoaldo  in  Capua,  alia  presenza  de'  voslri  messi,  vanta- 
vasi  dicendo,  avere  il  Re  ordinato  che  chiunque  esser  volesse  suo 
suddito,  tale  fosse  senzaniun  contrasto  3.  »  Sopra  di  che,  osservan- 

1  Interea  reperimus  in  ipsis  regalibus  apitibusbestris  exaratum ,  sicut 
praelcrito  anno  vobis  direximus,  pro  hominibus  Ravennatibus  et  Penlapolen< 
sibus  de  quibus  scripsimus,  ut  eos  nobis  dirigeretis,  SICVT  BENEVENTANO  DUCL 
FECISTIS.  COD.  CAROL.  Epist.  XCVIII,  secondo  1'edizione  del  CENNI. 

2  Piena  esposizione  dei  diritti  Imperiali  ed  Estensi,  ecc.  Capo  II. 

3  Unde  pelimus  vestram  excellentiam ,  ut  nullus  hominum  sit  qui  vestra, 
sacra  vota  impedire  valeat,  et  NE  MELIOREM  FACIATIS  GRIMVALDVM  FILIVM  ARJL- 
GISI  CCAM  FAVTOREM  VESTRUM  BEATVM  PETRVM  clavigerum  regni  coelorum ;  eo 
quod  ipse  Grimualdus  in  Capua,  pracsentibus  missis  vestris  laudabat  se  di- 
cens:  quia  dominus  Rex  praecepit ,  ut  qui  voluerit  homo  meus  esse,  tarn 
magnus  quam  minor,  sine  dubio  est  tarn  meus,  quam  vel  cuius  voluerit- 
Epist.  XCIU. 


DI  CARLOMAGNO  31 

do  il  Muraiori,  come  «  Grimoaldo  era  Duca  di  Benevento,  ma  suddi- 
to  di  Curlomagno,  e  il  Pontefice  Adriano  non  richiedea  gia  d'  aver 
piu  gius  e  miglior  Irallamento  di  lui,  ma  cbiedea  solamente  di  Don 
essere  Iraltato  da  mcno  di  Grimoaldo;  »  ne  inferisce  che  «  un  cosi 
falto  parlare  del  Papa  ci  fa  intendere  che  Carlo  reslo  Sovrano  delle 
stesse  citlA  donate,  e  ci  conduce  ancora  a  congetlurare,  in  che  potes- 
se  consislere  il  dono  dell'Esarcato  fallo  alia  Chiesa  romana,  cio& 
che  sul  dono  stesso  rimanesse  illeso  1'alto  dominio  del  concedente  l.» 
II  raziocinio  a  prima  vista  pare  giusto  e  calzante ;  ma  esso  perde 
a  un  trallo  ogni  vigore,  se  si  osserva  che  Adriano  qui  in  realla  non 
argomenta  a  pari,  ma  bensi  a  minori  ad  mains.  E  che  sia  cosi,  ap- 
parisce  chiaramente  dal  senso  di  tulto  il  contesto,  e  sopratlulto  da 
quel  signiflcante  contraslo  che  fa  il  Papa  di  Grimoaldo  figlio  di  Ari- 
giso  con  S.  Pietro  proletiore  di  Carlo  e  clavigero  del  regno  de  deli. 
L'ironia,  contenuja  in  questo  contraslo,  vela  tin  rimprovero  delicato, 
col  quale  in  sostanza  Adrjano  vuol  dire :  Se  voi,  re  Carlo,  tanto  con- 
cedete  a  un  Grimoaldo  vostro  vassallo,  al  figlio  di  quell' Arigiso  che 
fu  gia  vostro  nemico  e  ribelle,  quanto  piu  non  dovete  mostrarvi  gene- 
roso  verso  S.  Pietro,  vostro  Signore,  il  quale  tanto  vi  ha  finqui  favo- 
rilo  e  protetto,  ed  ha  in  mano  le  chiavi  del  cielo  per  guiderdonare, 
disserrandovelo,  con  eterna  mercede  la  vostra  devozione !  Ma  deh ! 
fate  almeno  che  non  paia  essere  S.  Pielro  da  voi  posposto  a  Grimoal- 
do; do  che  avverrebbe  pur  troppo,  se  fossero  vere  le  vanterie  che  il 
Duca  va  menando  in  Capua,  e  se  nelle  cilia  da  voi  donate  a  S.  Pie- 
tro, S.  Pietro  non  ricevesse  che  il  dominio  degli  edificii  e  delle  terre 
pubbliche,  ed  a  Grimoaldo  fosse  lasciato  libero,  come  nelle  altre  dt- 
ta  del  suo  Ducato,  il  dominio  degli  abilanli.  Date  dunque  intiera  a 
S.  Pietro ,  come  la  prometleste ,  la  signoria  delle  citta  e  degli  ab£r 
tanti,  e  fate  che  i  voslri  messi  fedelmente  adcmpiano  la  vostra  tfbla- 
zione  —  Tal  e  il  vero  senso  della  domauda  e  della  rimostranza  di 
Adriano.  Posto  il  quale,  chi  non  vede  riuscir  vanissime  le  deduzioni 
che  ne  trae  il  Muraiori?  E  falso,  che  il  Papa^chiedesse  qui  parita  di 
dirilli  con  Grimoaldo,  quasi  che  lal  parita  fosse  il  maximum  ch'egli 
potesse  giustamente  pretendere;  egli  la  chiedea  piulloslo  come  il  mi- 

1  Plena  esposisione,  ecc.  Cap.  cit. 


32  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

nimum,  che  Carlo  dovesse  concedere,  al  disolto  del  quale  egli  avreb- 
be  fatlo  onta  a  S.  Pietro,  posponendolo  a  Grimoaldo.  Ora,  chi  chiede 
intal  guisa  il  meno,  esclade  egli  forse  il  piu,  o  nega  egli  d'aver  di- 
rilto  a  quel  piu  che  tace  ?  chi  domanda ,  per  la  men  trista ,  di  non 
essere  posposlo  ad  aUrui,  ricusa  egli  forse  di  essergli  anteposto  e  di 
venir  trattato  meglio  ?  anzi  egli  inchiude  tacitaraente  e  significa  co- 
teslo  piu  e  colesto  meglio  nell'alto  stesso  che  sembra  pretermelterlo. 
Benche  adunque  sia  yerissimo  che  Grimoaldo  era  yassallo  di  Carlo- 
magno,  non  piio  dalle  citale  parole  per  niuna  guisa  dedursi  che  an- 
che  Adriano  fosse  e  si  conlenlasse  di  essere  in  egual  condizione,  anzi 
vien  dalle  medesime  insinuate  iullo  il  conlrario. 

Tulle  qucsto  discorso  risguarda  il  dominio  delle  sei  cilia  beneven- 
tane,  di  cui  sole  parla  qui  Adriano.  Ma  quand'  anche  si  volesse  gra- 
tnitamente  ammellere,  che  Carlomagno,  nell'  aggiungere  quesle  cilia 
agli  antichi  dominii  della  S.  Sede ,  ne  avesse  a  se  riserbato  1'  alto 
dominio  1 ;  sarebbe  poi  ad  ogni  modo  grave  fallacia  il  Irarne  col  Mu- 
ratori  la  congellura  che  altreltanto  debba  dirsi  dell'  Esarcato :  impe- 
rocche  troppo  maggiori  erano  i  tiloli  di  signoria  che  gia  ab  antico 
avea  sopra  1'  Esarcato  la  S.  Sede  2 ,  c  Iroppo  manifesto  il  fallo 
delF  assoluto  e  inlero  dominio  che  i  Papi  ne  aveano  tenuto  gia  fin 
dai  tempi  di  Pipino. 

Se  non  che  il  Muratori  medesimo  ci  porge  in  mano  Targomento 
diretto,  che  basla  ei  solo  a  mostrare  inleramenle  falsa  la  pretesa  pa- 
rila  tra  Grimoaldo  e  il  Papa,  siccome  ambedue  yassalli  di  Carloma- 
gno. Avvertasi  innanzi  Iralto,  essere  assioma  indubitalo  presso  i  po- 
lilici  e  fondato  nella  nalura  stessa  della  cosa  e  nel  falto  coslanle  del- 
la  storia ,  che  il  vassallaggio  d'  un  Principe  yerso  un  altro  Principe 

1  Ad  escludere  tale  ipotesi,  ci  basti  qui  1'indicare,  che  queste  sei  citla 
doe  Capua,  Teano,  Arpino,  Aquino,  Arce  e  Sora,  nei  diplomi  di  Lodovico 
Pio,  di  Ottonc  I  e  degli  altri  Imperatori ,  trovansi  enumerate  di  paro  colle 
altre  citta ,  sopra  le  quali^  e  ivi  confermata  ai  Papi  quella  plena  e  assoluta 
signoria,  di  cui  abbiamo  sopra  parlato. 

2  Le  sei  predette  citta  aveano  fatto  parte  ab  antico  del  Ducato  di  Bene- 
vento,  soggetto  ai  Re  Longobardi  e  quindi  a  Carlomagno  ;  laddove  1' Esar- 
cato non  eramai  stato  sotto  lo  stabile  dominio  dei  Longobardi;  ma  bensi 
degl' Imperatori,  ai  quali  erano  sottentrati  i  Papi. 


Dl  CARLOMAGNO  3$ 

come  Sovrano  ha  due  caratteri  essenziali ,  a  cui  e  sempre  facile  il 
ravvisarlo.  II  primo  carattere  e  1'  investitura  l,  cio5  il  riccvere  che 
fa  il  Principe  vassallo  1' immediate  e  ulile  dominio  del  suo  State  dal 
Sovrano ,  presso  il  quale  sempre  rimane  il  dominio  supremo  e  con 
esso  il  diritlo  d'  intervenire  nello  Stato  medesimo  in  certi  alii  mag- 
giori  di  giurisdizioue ,  e  sopraltutto  nei  casi  di  successione  e  di  de- 
voluzione,  al  morire  del  Principe  o  all'estinguersi  della  suadinastia. 
II  secondo  caratlere  e  1*  omaggio  che  il  vassallo  dee  rendere  al  So- 
vraiio,  giurandogli  fcdella  e  prestandogli  ai  prescritti  periodi  un  tri- 
buto,  un  censo  comeche  tenue,  un  determinato  sussidio  o  servigio  ia 
guerra,  o  qualsivoglia  altra  significazione  pubblica  di  vassallaggio , 
secondo  le  condizioni  da  principio  stabilite. 

Or  bene,  venendo  al  caso  nostro,  egli  e  certo,  e  il  Muratori  mede- 
simo 2  ce  ne.assicura  sopra  la  fede  di  Erchemperto,  che  Grimoaldo 
fu  vero  vassallo  di  Carlomagno ;  imperocche  da  lui  ricevette  il  .pos- 
sesso  del  Ducato  di  Benevenlo  che  per  dritlo  di  conquista  era  venuto 
solto  la  sovranita  della  Francia,  e  nel  riceverlo  obbligossi  di  osserva- 
re  le  condizioni,  da  Carlo  impostegli  in  segno  di  vassallaggio :  met- 
tere  cioe  il  nome  del  re  Carlo  nelle  monete  e  negli  Atti  pubblici, 
(che  tale  era  1'uso,  nola  qui  il  Muratori  3,  degli  altri  Principi  vas- 
salli),  radere  il  mento  a'suoi  Longobardi  secondo  lafoggia  de'Fran- 
chi,  e  smantellare  le  forlificazioni  delle  tre  cilia,  Acerenza,  Salerno 
e  Consa  4.  E  di  falto  Grimoaldo,  venuto  che  fu  al  possesso  del  suo 

1  Avvertail  letter  e,  clie  il  nome  &' investilura  non  e  qui  adoperatonel 
senso  rigoroso  del  sistema  feudale,  clie  piii  tardi  invalse  in  tutta  Europa, 
ma  bensi  nel  significato  generico,  che  puo  avere  in  tutti  i  tempi,  cioe  di 
concessione  di  dominio  sotto  qualsiasi  condizione. 

2  Annali  d' Italia,  a.  788.  —  3  Ivi. 

4  Narra  Erchemperto,  che,  morto  Arigiso,  i  Beneventani  chiesero  a  Car- 
lomagno, che  desse  loro  per  Principe,  Grimoaldo,  il  quale  trovavasi  presso 
di  lui  in  qualita  di  ostaggio.  Quorum  pctitionibus,  ei  soggiunge,  Rex  an- 
nucns,  illic  continuo  praedictum  contulit  mmm,  simulque  lus  REGEXDI  pmx- 
CIPATUM  LARGITUS  EST ;  sed  prius  pAciis  (al.  eum  sacramento)  HCIVSMODI  VIN- 
xir:  ut  Langobardorum  mentum  tonderi  faceret,  chartas  vero  nummosque 
sui  nominis  characteribus  superscribe  semper  iuberct,  ac  muros  Salerni, 
Acherentiae  et  Consiae  fundilus  everteret.  Acccpla  denique  licentia  repe- 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  349.  3  19  Settembre  1864. 


34  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Ducato,  moslrossi  in  sulle  prime  buon  vassallo;  segno  il  nome  di 
Carlo,  come  suo  Sovrano,  nei  diplomi  e  nelle  monete,  alcune  delle 
quali  leggonsi  pubblicate  nelle  Anlichita  ilaliane  del  Muratori  1,  e 
Don  esito  eziandio  di  congiungere  coi  Franchi  le  sue  armi  per  com- 
batlere  il  proprio  zio  2  Adelchi,  allorche  questi  approdo  coi  Greciin 
Calabria  per  ritentare  la  conquista  del  regno  ilalico.  Che  se  piu  lar- 
di  manco  alia  fede  giurata  ed  aspiro  a  farsi  indipendenle  dai  Fran- 
chi ;  percio  appunto  fu  trattato  qual  ribelle  e  fu  travagliato  dalle  armi 
di  Carlo  e  del  giovane  Pipino. 

Ma,  mentre  dall'un  canto  appaiono  cosi  manifest!  in  Grimoaldoi 
caratleri  del  suo  vassallaggio  verso  Carlomagno,  noi  li  cerchiamo 
indarno  nel  Ponlefice.  Dove  son  qui  le  condizioni  imposle,  dov'e 
1'omaggio  prescritto  dal  Sovrano  e  prestato  dal  vassallo?  Si  legge 
egli  mai  che  il  Papa  dovesse  a  Carlo  pagar  censi  e  tribuii,  o  fargli 
giuramenlo  di  fedelta  come  suddito,  o  prestargli  un  segno  qualsiasi 
di  pubblico  ossequio  per  riconoscerlo  qual  suo  Sovrano?  II  Muratori 
ci  ha  testc  avvertilo,  essere  stalo  1'uso  a  que' tempi  de' Principi  vas- 
salli  di  porre  il  nome  del  Sovrano  nelle  monete  e  nei  diplomi :  or 
bene,  hassi  egli  alcun  indizio  che  il  Papa  a  colal  uso  si  conformas- 
se  a  riguardo  di  Carlomagno  o  di  chicchesia?  Anzi  egli  si  ha  la 
prova  autenlica  del  contrario;  giacche  in  tutta  1'epoca  appunto  del 
Palriziato,  come  gia  nolammo  altrovc,  le  monete  pontificie  non  por- 
tano  impronte  di  altro  nome  ne  di  altra  potesla,  che  del  Papa,  e  ne- 
gli  Atli  papali  mai  non  trovasi  segnato  il  nome  di  Carlomagno  Patri- 

dandi,  a  Benevenii  civibus  magno  cum  (/audio  acceptus  est.  In  suis  aurcis 
tiius  nomen  aliquandiu  fgurari  placuit ;  scliedas  similiter  aliquanto  iussit 
tempore  exarari;  reliqua  autem  pro  nihilo  duxit  observanda.  Mox  rebellio- 
nisiurgium  initiavit.  Historia  Principum  Langob.  c.  4,  presso  il  MURATORI, 
Eer.  Ital.  SS.,  T.  II,  p.  238,  e  il  PERTZ,  Monum.  Germ.  Hstorica,  Scripto- 
rum  T.  III.  Cf.  EGINHARDI  Annales,  a.  788.  Non  dices!  che  Grimoaldo  fosse 
anche  obbligato  a  pagar  tribute  a  Carlo ;  ma  e  certo  che  Arigiso,  suo  padre, 
a  tal  patto  aveva  ottenuto  da  Carlo  di  conservare  pacificamente  la  signoria 
(collects  Arichi  pace  sub  focdere pemionis.  EUCHEMPERTO,  c.  2) ,  e  che  a  simil 
patto  il  medesimo  Carlo  e  Lodovico  Pio  obbligarono  poi  Grimoaldo  Storesaiz, 
jsuccedulo  al  figlio  di  Arigiso  (EGINHARDI  Annales,  a.  812  e  814). 

1  Tom.  II,  Dissert.  27. 

2  Grimoaldo  era  figlio  di  Adelberga,  sorella  di  Adelchi. 


DI  CARLOMAGNO  3S 

zio.  Di  niodo  che,  volcndo  pure  altenerci  alle  norme  mcdeshne  dal 
Muratori  prescritle,  dobbiam  non  solo  negare  che  il  Papa,  al  par! 
del  Principe  di  Benevento,  fosse  vassallo  di  Carlomagno,  ma  avero 
al  contrario  per  cosa  dimostrata,  che  la  Sovranita  del  Papa  era  al 
tutto  assoluta  e  indipendente. 

Tuttavia,  dir&  qui  taluno,  voi  dovete  pure  ammettere  un  evidente 
riscontro  fra  Grimoaldo  e  il  Papa,  per  cio  che  riguarda  T  inveslitura 
degli  Stali ;  poiche  come  Grimoaldo,  cosi  anco  il  Papa  riceve  dai 
Re  franchi  il  possesso  dei  proprii  Stati,  in  virtu  della  notissima  Do- 
nazione  di  Pipino,  confermata  da  Carlomagno.  Rispondiamo,  la  pa- 
rita  essere  falsa  anche  da  questo  lato ;  anzi  aggiungiamo,  risullar  di 
qui  un  nuovo  argomento  a  conferma  della  nostra  dotlrina.  Infalli  os- 
servinsi,  di  grazia,  le  capitali  differenze  che  per  lal  rispetto  correano 
tra  il  caso  di  Grimoaldo  e  quel  dei  Papi. 

In  primo  luogo,  il  Ducato  di  Benevento  era  veramente  sotto  il  le- 
gittimo  dominio  di  Carlomagno,  siccome  successore  dei  Re  longobar- 
di,  dai  quali  quel  Ducato  ab  anlico  dipendeva :  e  questo  dominio  era 
stato  riconosciuto  da  Arigiso,  il  quale,  nel  787,erasi  arreso  vassallo 
e  tributario  di  Carlo,  e  dai  Beneventani,  i  quali,  morto  Arigiso, 
aveano  pregato  Carlo  che  concedesse  loro  Grimoaldo  per  Signore. 
Adunque ,  in  virtu  di  tal  dominio ,  era  in  polesta  di  Carlo  il  conce- 
dere  la  signoria  del  Ducato  a  chi  piu  gli  talentasse ;  e  se  ei  1'avesse 
negata  a  Grimoaldo ,  secondo  che  il  Papa  Adriano  consigliavalo ;  e 
datala  invece  a  un  Duca  franco,  siccome  poi  fece  del  Ducato  di  Spo- 
leto,  egli  avrebbe  operato  con  pienissimo  diritto.  Ma,  quanto  allo 
Stato  di  S.  Pietro ,  la  cosa  andava  tutto  allrimenti.  Roma  non  era 
stata  mai  occupata  dai  Longobardi ;  nell'  Esarcato  poi  e  nella  Penla- 
poli  essi  aveano  bensi  posto  il  piede,  con  temporanee  invasioni,  ma 
non  mai  ottenutone  stabil  dominio  e  tranquillo ;  e  quando  Pipino  ven- 
ue a  cacciarneli ,  altamente  proleslo ,  non  voler  egli  altro ,  se  non 
che  reslituire  a  Roma,  a  cui  appartenevano,  quelle  province  poc'  anzi 
occupate  ingiustamente  da  Astolfo.  Laonde  in  niuna  guisa  poteano 
quesle  province  riguardarsi  come  spettanti  al  Regno  longobardo , 
conquistalo  poi  da  Carlomagno ;  in  esse  mancavagli  interamente  quel 
titolo  di  dominio,  ch'  ei  possedea  senza  contrasto  sopra  il  Ducato  di 
Benevento :  eppercio  non  era  in  sua  potesta  di  darne  a  suo  talento  o 


36  IL  PATRIZIATO  ROMANO  DI  CARLOMAGNO 

di  negarne  altrui  il  ppssesso ,  ossia  In  altri  termini ,  die  non  erano 
nelle  sue  mani  materia  legittima  d'investilura. 

Se  poi  si  considera  T  atto  medesimo  della  cosidetta  Donazione  di 
PIpino ,  cadrebbe  in  grand'  errore  chi  lo  riguardasse  come  un  diplo- 
ma d' investitura.  Pipino  in  quell' atto,  secondo  che  abbiamo  altrovo 
ampiamente  spiegato  l,  non  intese  gia,  nepoteva  inlendere,*di  con- 
ferire  per  autorita  propria  ai  Papi  il  diriUo  di  signoria  sopra  1'  Italia 
romana,  quasi  che  anteriormente ,  e  per  altri  titoli ,  essi  tal  diritto 
gia  non  avessero  ;  ma  egli  intese  bensi  di  rivendicar  loro  e  confer- 
mare  quel  diritto,  di  restituir  loro  i  domiriii  e  le  giustizie  di  S.  Pie- 
tro,  cacciandone  gl'ingiusti  invasori,  e  di  difenderne  ed  assicurarne 
loro  per  1'  avvenire  il  pacifico  possesso.  E  questa  Donazione,  in  lal 
modo  intesa ,  egli  la  fece  non  solo  a  Stefano  II ,  ma  espressamente 
a  tulti  i  Pontefici  suoi  successori  in  perpetuo;  e  nel  farla ,  rinunzio 
espressamente,  per  se  e  pe'  suoi  eredi ,  ad  ogni  pretendenza  di  pote- 
sta  o  signoria  sopra  le  terre  hi  comprese  :  tutte  clausole ,  le  quali 
diametralmente  ripugnano  alle  condizioni  e  alle  forme ,  onde  un  So- 
prano suole  inveslire  di  qualche  Stato  un  Principe  vassallo ,  e  son 
del  tutto  opposte  al  modo  lenuto  da  Carlomagno  nel  concedere  a  Gri- 
moaldo  il  Ducato  di  Benevento. 

0  si  guardi  pertanto  la  materia,  o  la  forma  di  cotesta  pretesa  in- 
Yeslitura  de'  Papi ,  da  ogni  lato  apparisce,  la  Donazione  di  Pipino , 
confermata  da  Carlomagno,  non  potersi  a  niun  patto  pareggiare  colla 
Yera  investitura,  data  da  Carlomagno  a  Grimoaldo;  e  mentre  questa 
dimostra  che  il  Duca  di  Benevento  era  veramente  vassallo  del  Re 
franco,  la  Donazione  al  conlrario  attesta,  per  la  bocca  medesima  di 
Pipino  e  di  Carlo,  che  i  Pontefici  erano,  nello  Stato  di  S.  Pietro,  So- 
yrani  liberi  da  ogni  vassallaggio  e  indipendenti. 

Alia  questione  adunque ,  proposta  in  capo  a  questo  articolo ,  pos- 
siamo  dalle  cose  fin  qui  discorse  conchiudendo  rispondere,  che  Car- 
lomagno Patrizio,  ne  in  Roma,  ne  in  Ravenna,  ne  in  altra  parte  dello 
Stato  pontificio  ebbe  mai  Y  alto  dominio ;  e  che  percio  il  titolo  di 
Sovrano,  in  qualunque  significato  vogliasi  prendere ,  non  puo  a  lui 

per  niuna  guisa  in  queslo  Stato  attribuirsi. 

; ".  .  t  -i 

1  Origin*  della  Somnitb  temporale  del  Papi,  Parte  II,  Cap.  V. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

RACCONTO  STORICO 

•  ,     '  (. 

DEL  1860  E  1861 


LVIII. 

—  Sia  quel  eke  e ;  ma  persuadetevi,  che  niuno  degli  amid  si  aspet- 
tava,  che  anche  voi  avresle  battuta  la  ritirata  in  questo  modo.  So 
andiamo  innanzi  cosi,  il  nostro  partito  si  sbandera  come  la  polvere  al 
venlo,  e  ci  ridurremo  a  zero.  Ah,  signor  Traiano,  pensateci  un  poco 
meglio ! 

—  Ci  ho  pensato,  vi  dico;  e  voi  non  mi  state  piti  a  rompere  gli 
stivali.  Che  serve?  Oggi  non  e  giornala  da  discorrermi  di  queste 
faccende. 

— '  Dunque  rispondero  agli  amici,  che  voi cos'  ho  da  rispom 

dere,  in  somma? 

— -  Che  i  tre  soliti  scudi  non  posso  pagarli,  perche  gli  affari  miei 
si  sono  sconciali,  e  non  me  ne  avanza  da  buttar  via. 

—  Oh,  oh,  bultar  via?  Ouel  che  si  spende  per  la  patria,  non  6 
mai  danaro  buttato. 

—  Si,  per  la  patria  eh?  Corpo  di  mia  nonna,  uhm!  anche  un 
po*  eio  sbotto.  Fatemi  tanto  piacere:  non  mi  sluzzicate  a  dire  quello 
che  non  vorrei  dire. 

—  Ben  bene ;  m'  accorgo  che  questa  matlina  avete  la  luna  a  rove- 
scio :  pazienza!  E  poi  che  altro  debbo  io  riferire? 

—  E  poi  riferite  il  resto  che  avete  inteso  da  me:  voi  non  siete 
sordo,  e  io  nou  v'  ho  parlato  in  tedesco. 


38  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

—  Al  caffe  nostro,  diro  che  noa  tornate  piu,  perche  ne  avete  tro- 
vato  uno  migliore :  esempligrazia,  quello  del  Yeneziano  a  piazza  di 
Sciarra,  che  e  la  bolgia  di  tulti  i  codini  di  Roma ,  no  ? 

—  Che  Veneziano  o  non  Veneziano  ?  Cospetto  di  Bacco !  io  vo 
dove  mi  pare  e  piace ;  e  non  ho  bisogno  di  render  ragione  dei  falti 
miei  al  vostro bel  mostaccio,  capite?  Or  sapete  che?  prendete subito 
la  via  dell'  uscio  e  baciatene  la  campanella,  se  no  sarete  pigliato  a 
bravi  calci  di  dietro  e  ruzzolato  giu  per  le  scale. 

—  Bum!  tarita  collera?  Percarila,  signer  Traiano,  placatevi.  Alia 
fin  fine  io  non  sono  venuto  qua  di  mio.  Considerate,  che  chi  mi  ha 
mandate,  e  persona  di  gran  merito.  Cappiterina!  il  nostro  sor  Peppe 
non  e  uomo  die  se  n'  abbia  a  far  calze  e  scarpe,  siccome  fate  voi 
ora  di  me.  Egli  e  im  ingegno  superlativo,  un  letteratone  a  cui  lutta 
Roma  fa  di  berrelta ,  una  testona  politica,  che  il  conte  di  Cavour,  ii 
gran  Ministro  d' Italia,  si  pregierebbe  d'averlo  a  fianco  in  Torino 
per  suo  collega. 

—  Ed  egli  vada  in  Torino  sulle  corna  di  Satanasso,  che  ve  Io  por- 
li !  e  vi  lecchi  le  zampe  al  gran  Ministro  d' Italia  ;  e  lasci  vivere  in 
pace  chi  ci  vuol  vivere.  Io  m'  infischio  di  lui,  di  voi  e  di  tutli  li  bir- 
boni  vostri  pari ;  ill  finiamola ! 

—  Ah  Traiano,  Traiano !  basta.  Se  voi  foste  quel  galantuomo  che 
tutti  noi  vi  stimavamo,  diresie  senza  tanti  complimenti  che  si,  avete 
voltata  casacca,  vi  siete  picchiato  il  petto  d'essere  stato  mezzo  libe- 
rate, e  ora  mettete  su  il  nastro  biancogiallo  e  vi  siete  fatto  papalino 
an  che  voi.  Che  monta  infmgersi?  Quel  fratacchione ,  che  bazzica 
sempre  in  casa  vostra,  vi  ha  arreticato  nelle  sue  maglie,  e  inscrit- 
tovi  tra  i  sagrestani  del  terz'  Ordine ,  e  adesso  vi  mena  pel  naso 
come  un  buacciuolo.  Ya  benone !  Evviva  le  maschere  e  le  banderuo- 
le!  Addio. 

—  Ya,  va,  scimmia,  e  provati  a  rimettere  in  casa  mia  questo  tuo 
grugnaccio  da  gatto  mammone !  Te  ne  sonero  tante  io  delie  busse , 
che  davvero  non  ne  uscirai  co'  tuoi  piedi. 

Cosi,  la  matlina  della  Domenica  quattordici  Aprile,  nello  scriltoio 
di  Traiano,  terminava  un' altercazione  assai  burrascosa,  fra.lui-ed 
un  ridicolo  personcino  sbarbatello  ,  con  le  gambe  a  balestruzzi ,  col 
nasetto  camoscio  e  con  gH  occhi  birci,  il  quale,  a  vederlo  lutto  liu- 


BACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  39 

do,  altillato  e  cascante  di  leziosaggine,  pareva  una  bcrtuccia  in  zoc- 
coli.  Egli  era  un  certo  cotale  scapolo,  verde  ancora  di  eta,  ma  scio- 
perato,  senza  sale  in  zucca  e  buono  a  nuirallro  che  a  divorarsi,  in 
compagnia  di  goditori  lecconi,  la  rendita  di  un  suflicienlissimo  Yita- 
lizio:  e  intanto,  per  darsi  aria  d'uomo  da  qualche  cosa  e  accattarsi 
gloria  dai  liberalastri  suoi  parassiti  chc  gli  succhiavano  le  midolla 
delle  ossa,  erasi  dato  anima  e  corpo  ai  servigi  del  Comitato :  e  il 
«  sor  Peppe  »  ,  cioe  il  famoso  ditlatore  che  cosi  nominavasi ,  facealo 
adoperare  per  ispia,  per  cursore,  per  procaccino  e  per  simili  uffizii, 
de'  quali  il  barbalacchio  teneasi  onoratissimo.  Costui  era  noto  come 
T  orlica  a  parecchi  di  quelli  che  egli  disdegnosamente  scherniva  di 
«  sanfedisti  arrabbiati  » :  e  uno  di  loro,  che  1'avea  bell'e  pesato  fin 
da  quando  andavano  a  scuola  insieme,  da  quel  capo  ameno  ch'  egli 
e,  resegli  pan  per  focaccia,  appiccando  a  un  suo  ritratlino  in  foto- 
grafia  un  vecchio  sonello  di  autore  toscano,  che  sollazzo  molto  alcu- 
ni  crocchi  e  alle  prime  non  si  voile  credere  che  fosse  antico,  si  cal- 
zava  bene  al  gradasso.  Sareste  curioso  di  conoscerlo  anche  yoi,  lettor 
nostro?  Eccolo:  ed  abbiate  per  fermo  ch'  egli  e  una  sua  miniatura, 
falla  proprio  con  1'alito. 

lo  son  Geppin,  figliuolo  di  me'  ma', 

E  son  nel  mondo,  perch'  ella  mi  fe : 

A  che  fare  io  ci  sia,  non  so  il  perche, 

E  mangio  perch' e'  c'e  chi  me  lo  da. 
Del  cervello  ce  n'  e  gran  quanlita ; 

Ma  del  giudizio  punto  non  ce  n'e: 

E  mi  ricordo  sol  che  di  anni  tre 

A.  chiamar  cominciai  me'  ma'  e  me'  pa'. 
Ho  studiato  di  molto  notte  e  di; 

Imparato  pero  nulla  non  ho, 

Non  avendo  passato  il  b,  u,  bu. 
Ne  YO'  stare  a  cercar  piii  di  cosi : 

Fino  alia  morte  io  so  ch'  io  campero : 

Ora,  che  occorre  stare  a  impazzar  piii? 
tf'u;          'lf 

Questo  fu  il  pezzo  da  sessanta  che  il  «  sor  Peppc  »,  dopo  rovista- 
te  ben  bene  da  un  capo  aH'altro  il  suo  arsenale  liberalesca,  giudico 
di  dover  metlere  in  balteria,  per  espugnar4  Vanimo  di  Traiano.  Impe- 


10  LA  POVERELLA  DI  CASAMAR1 

rocche  egli  da  due  mesi  non  si  faceva  piu  rivedere  nei  circoli  dei  fra- 
telli,  ne  schifava  anzi  con  mal  coper  ta  disinvoltura  gl'  incoutri,  e  nou 
rispondeva  piu  al  consueto  pagamento.  Ma,  quel  ck'  era  peggio,  con 
Iscandalo  intollerabile  alle  delicate  coscienze  de'piu  pusilli,  nei  Vener- 
di  del  Marzo  s'  era  mostrato  assiduo  con  la  moglie  e  con  le  figliuole 
alia  Basilica  di  san  Pietro,  nell'ora  clie  il  Papa  vi  scendeva  tra  un'  im- 
jnensa  folia  di  nobili ,  di  cittadini  e  di  forestieri ,  che  in  bello  studio 
vi  convenivano,  per  unire  le  orazioni  loro  a  quelle  del  Santo  Padre ; 
supplicando  Iddio  che  campasse  la  sua  diletta  Roma  dal  flagello  ter- 
ribilissimo  di  diventare ,  ancorche  per  breve  tempo ,  sede  visibile 
di  Lucifero  e  citla  capitale  del  suo  regno'in  terra.  Quanto  questa 
Toltata  di  faccia  scotlasse  ai  caporali  della  congrega ,  glielo  avean 
fatto  intendere  prirna  con  crucciose  ambasciate  di  confidenza ,  poi 
con  ammonizioni  severe,  appresso  con  lelterine  cieche  frizzanti  di 
pepe ;  nei  condire  le  quali  non  c'  e  chi  vinca  in  fmezza  il  liberalolto 
romano :  e  da  ullimo  con  ghigni,  con  beffe,  con  motteggiamenti  cue 
gli  erano  scoccati  alle  spalle,  e  che  lo  cocevan  sul  vivo,  ma  che  egli 
dissimulava  con  fare  a  meraviglia  orecchie  di  mcrcante. 

—  Ah !  ci  sentiamo  interrompere  da  un  giovanetto  lettore ;  dun- 
que  Traiano  aveva  detto  propriamente  sul  serio ,  ed  era  stato  uorno 
di  proposito  ? 

LIX. 

Si,  caro  giovanetto :  ma  non  vi  deste  a  pensare  che  questa  costan- 
za  fosse  tutta  merito  dell'  ottima  sua  volonta.  Ci  ebbe  la  sua  parte 
anche  un  po  di  amor  proprio,  e  un  altro  poco  di  quella  natural  timi- 
dezza,  che  nei  deboli  di  cuore  facilmente  suol  convertirsi  in  ira ,  in 
dispetto,  in  ostinazione.  Per  lui  il  punto  forte  non  era  gia  di  dare  i 
primi  due  o  tre  passi  addietro ,  e  di  mendicare  scuse  per  rifiutarsi 
1'  un  mese  o  1'altro  a  sborsare  la  patlovita  imposizione:  ma  era  nei 
reggere  alle  noie,  alle  lusinghe,  agli  assalli  d'  ogni  maniera  che  gli 
avrebbon  fatlo  gli  amici,  per  impaniarlo  di  nuovo  nei  loro  vischio  a 
riguadagnarlo  a'  loro  vantaggi.  E  non  v'  ha  dubbio  che,  se  dalla  vo- 
glia  di  far  troppo  presto  non  fossero  stati  gabbati ,  quesli  scaitris- 
i  uccellatori  avrebbon «ripreso  il  merlotlo  no' loro  lacci,  Clie  egli 


RACCGNTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  41 

BOD  era  di  lal  tempera  cT  ammo ,  che  avesse  potato  a  lungo  durarla 
contro  il  solletico  delle  adulazioncelle ,  dei  blandimenti  e  di  quelle 
carezzuole ,  con  cui  i  liberal!  pratici  del  mestiere  sanno  baronesca- 
mente  allettare  i  parvoli  dispirito  e  serbarseli  docili,  amorosi  e  trat- 
tabili  come  cuccioletti  da  vezzo.  Ma  nel  caso  di  Traiano  si  avver6  a 
capello  il  proverbio  della  gatta  fretlolosa ,  che  fa  i  micini  ciechi. 
Eglino  poco  o  nulla  si  curarono  di  usare  con  lui  le  buone,  di  lisciar- 
lo,  di  palparlo,  d'  indolcirselo  con  graziosita :  e  in  quel  cambio  mi- 
sero  subito  mano  alle  sgridate ,  alle  rampogne  e  quindi  agli  sbef- 
feggiamenti  e  alle  villanie;  di  modo  che  esso,  adontalosene  al  piii 
alto  segno ,  tenne  per  punliglio  d'  onore  il  proponimento ,  che  forse 
avrebbe  smesso  per  un  riguardo  di  falsa  condiscendenza. 

E  la  moglie  sua  Maddalena,  avvedutasi  di  questo  esacerbamento, 
che  ella  chiamava  un  tiro  della  misericordia  di  Dio,  non  fu  no  pigra 
a  battere  il  ferro  mentr'  era  caldo :  ma  con  quella  sua  eloquenza,  che 
neir  opera  di  sfolgorare  i  framassoni  non  avea  la  simile,  veniva  inge- 
rendo  al  marito  un  cosi  fatto  abborrimento  delle  loro  ipocrisie,  delle 
loro  massime ,  dei  loro  disegni  e  di  tutte  le  scelleratezze  da  loro 
compile  nella  rivoluzione  d'  Italia  contro  il  Papa  e  la  Chiesa,  che  e- 
gli  fumavane;  ed  avea  gran  pena  a  schiacciare  tra  i  denti  e  ingoia- 
re  certe  parolacce  che  gli  nascevano  in  bocca ,  ma  che  non  islava 
bene  dirle,  perche  putivano  d'imprecazioni.  —  Uff !  guai  al  primo  di 
quei  birbanti,  che  mi  si  accoslera  per  toccarmi  un  pelo !  S'  io  non  gli 
fiaccoil  collo,  non  sia! 

—  Non  tanto,  no !  rispondeva  la  donna ;  ma  peslargli  il  muso  con 
due  pugni  appoggiati  a  dovere,  oh  fatelo ,  che  ne  avrele  indulgenza 
plenaria !  Quella  e  gentaglia,  che  non  bisogna  lasciare  che  ci  calchi 
sotlo  de'  piedi. 

In  questo  sopraggiunse  la  Pasqua ,  e  Traiano ,  secondo  il  costu- 
me, fece  cristianamente  1*  obbligo  suo:  ma,  con  1'aiuto  delle  nuove 
disposizioni  d'anima  in  cui  era,  il  fece  assai  meglio  che  per  lo  pas- 
sato.t  Confer!  piu  volte  con  un  probo  e  dotto  sacerdote,  il  quale ,  in 
sustanza,  gli  ripete  le  medesime  lezioni  che  egli  avea  ascoltate  da 
suo  fratello  Eusebio ;  e  ancora  molte  di  quelle  verita  prette  prette , 
che  si  era  sentite  intonare  da  Maddalena  nelle  sue  solite  predicoz- 
ze.  Ed  essole  riconobbe  con  evidenza  maggiore,  nefu  persuaso, 


42  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

dimando  e  ricevette  bellissimi  consigli,  rinnovello  le  sue  promesse  e 
tanto  si  riforlifico  ne'  suoi  generosi  propositi,  che  dove,  prima  di  far 
la  Pasqua,  teneva  il  broncio  a'  liberal!  per  risentimento  vendicalivo, 
appresso  la  ruppe  del  tutto  con  loro  per  debilo  di  coscienza. 

—  Benedetto  Iddio  e  san  Francesco,  che  v'  ispirarono  le  due  gite 
a  Yeroli  e  a  Casamari !  sono  proprio  slate  la  salute  vostra !  gli  dice- 
va  un  giorno  la  donna  in  presenza  del  padre  Eusebio.  Se  delle  vo- 
stre  carita  a  quella  famigliuola  napoletana  non  aveste  otlenuto  altro 
compenso  che  questo ,  io  me  ne  direi  contentissima.  Oh  che  grazia 
vi  ha  fatto  il  Signore !  che  consolazione  per  tutti  noi ! 

—  Eh  si !  indegnamente,  mi  si  sono  aperti  gli  occhi;  replicava  Tra- 
iano  con  voce  alquanto  pia  e  commossa ;  e  io  sarei  una  gran  bestia, 
se  non  confessassi  che  e  stato  premio  del  po'  di  bene  che  feci  a  quel- 
la sforlunata  famiglia.  Ma  mi  duol  tanto  della  ragazzina,  la  quale  noa 
lio  potuto  salvare,  che  io  non  so  quello  che  sarei  pronto  a  spendere, 
per  ricuperarla  e  coronar  1'  opera,  giusta  i  desiderii  del  povero  Ca- 
pitano. 

-—  Lasciam  fare  alia  Provvidenza !  soggiungeva  il  frate ;  essa  che 
La  cura  dellc  formiche,  certo  non  abbandonera  quella  tapinelia.  Chi 
dice  a  voi  che  1'abbiano  veramente  rapita?  Colesta  fu  una  congetlu- 
ra  della  paesana  che  1'  albergava ,  e  polrebb'  essere  benissimo  una 
fantasia. 

—  Dio  Io  faccia !  rispondeva  1'  allro ;  ma  io  phi  penso  alia  gran 
canaglia  die  porta  abito  di  soldato,  la  oltre  la  frontiera,  e  piu  incli- 
no  a  credere  che  sia  pur  troppo  cosi. 

—  Avete  ragione,  Traiano  mio!  riprendeva  Maddalena;  quandosi 
tratta  di  settadi,  a  credere  sempre  il  peggio  non  si  sbaglia  mai. 
Sono  capaci  di  tutto :  e  se  oggi  vivesse  in  terra  Nostro  Signore,  co- 
storo  Io  ricrocifiggerebbero,  non  allrimenti  che  s'abbian  fatto  i  giu- 
dei.  Uh  Vergine  mia  dolcissima !  basta  intendere  quel  che  dicono  e 
quel  che  scrivono  del  suo  Yicario,  che  e  il  Santo  Padre !  Bestemmie 
da  anime  dannale ,  orrori....  che  serve?  sono  ossessi  dal  demonio, 
veri  precursor!  dell'Anticristo ! 

—  Dillo  a  me!  soggiungeva  il  marito ;  tu  non  ti  puoifigurare  Tun 
mille  delle  infamita  che  ho  udite  io  trescando  con  loro.  Iddio  me  Io 
perdoni !  Eppure  io  non  mi  sono  voluto  arrolar  mai  nella  setta,  e 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  4£ 

Bon  aveva  giuramenti  e  nessun  impegno ,  altro  cbe  quello  di  buttar 
loro  nel  gozzo  tre  scudi  al  mese.  E  lultavia  si  fidavano  di  bisbigliar- 
mi  a  un  orecchio  cose,  che  me  ne  venivano  i  riprezzi. 

—  Infelici!  esclamava  il  frale ;  sono  da  compatire,  perche,  come 
i  crocifissori  di  Crislo,  ignorano  quel  che  fanno. 

—  Da  compalire?  slrilla\7a  la  donna  con  viso  di  scandolezzata ;  da 
compatire?  Oh  questa  e  bella !  da  impiccare ,  dite ,  e  purgarne  il 
mondo,  che  ne  sono  la  peste. 

—  Ah,  ah,  adagio  un  poco !  la  correggeva  quegli.  Non  vorrei 
che  1'abbominio  del  male  vi  trascinasse  ad  abbominare  anche  i  mal- 
vagi.  Questo  sarebbe  contrario  alia  carita  cristiana,  che  c'insegna 
di  odiar  il  peccato ,  ma  non  il  peccatore.  E  poi  ricordatevi  che  mm 
c'e  furfante,  il  quale,  con  la  grazia  di  Dio,  non  possa  diventar  santo, 
e  gran  santo ! 

—  Furfante  si,  ma  settario  ?  Padre  Eusebio  nostro,  io  ci  ho  i 
miei  dubbii ;  rispondeva  ella ;  dicono  che  i  framassoni  non  si  con- 
vertono  mai,  perche  rinnegano  il  battesimo,  vendono  1'anima  al  dia- 
volo,  e  giurano  di  non  ripigliarsela  piu  nemmeno  al  lelto  di  morte: 
e  questo  si  vede  chiaro  nei  condannali  dalla  giusiizia :  i  masnadieri, 
gli  assassini,  i  parricidi  sempre  tornano  a  Dio  e  muoiono  penitenti ; 
e  i  settarii  invece? 

—  Quel  che  non  e  accadulo  puo  accadere ;  insisleva  il  religioso ; 
e  ad  ogoi  modo  anche  i  settarii  sono  prossimi  nostri,  e  come  tali  ci 
e  obbligo  di  amarli  e  di  pregare  per  loro. 

—  0  questo  poi  si !  conchiudeva  la  donna ;  amarli  solo  perche 
prossimi,  e  perch&  Domeniddio  ce  ne  fa  precetto :  non  per  altro  e  non 
di  piu  ve',  Traiano.  Tu,  anche  tu  li  hai  da  amare  per  questa  cagione ; 
alia  larga  pero,  alia  larga !  Tu  devi  diportarti  coi  liberal!  come  con 
le  tue  bufale ;  amarli  per  prossimi ,  ma  slarne  lontano  il  piu  che  sia 
possibile. 

Abbiara  recato  a  disleso  questo  boccone  di  dialogo ,  perche  il  no- 
stro giovanetto  lettore  si  formi  un'  idea  del  cambiamento  singolare 
faltosi  nella  raente  e  nelle  affezioni  di  Traiano ;  ed  altresi  per  dare  un 
accenno  dello  zelo  attentissimo,  con  cui  la  solerle  Maddalena  studia- 
vasi  di  ritenerlo  in  sul  buon  sentiero,  pel  quale  egli  erasi  incammi- 
nato  con  un'  alacrita  cosi  portentosa.  Che  se  qualche  altro  lettore , 


44  IA  POYERELLA  DI  CASAMARI 

tion  giovanetto,  ma  grave  e  adulto,  trovasse  a  ridire  sopra  le  parole 
di  lei  e  le  appuntasse  di  troppo  ruvide  ed  acerbe  sul  conto  del  libe- 
ral!; noi  pregheremmo  il  censore  umanissimo,  di  non  fame  piu  capl- 
iale  di  quel  che  si  avvenga  a  parole  di  una  donna,  che  nori  aveva 
mai  studialo  nel  vocabolario  dei « moderati »  di  oggidi ;  ma  che  sem- 
plicissimamenle  chiamava  le  cose  coi  loro  nomi  proprii,  dicendo  pane 
al  pane  e  sasso  al  sasso ,  conforme  aveva  imparato  anch'  ella  dalla 
sua  mamma,  dal  suo  babbo  e  dalla  sua  maestra  quand'era  piccina. 
II  resto  si  deve  apporre  non  a  malignita  di  cuore,  che  lo  aveva  anzi 
eccellente,  ma  alia  sua  maniera  di  pensare;  in  virtu  della  quale  giu- 
dicava  che  i  ladroni  della  Chiesa,  i  vituperatori  del  Papa,  gli  assassi- 
nator! dei  Re  e  dei  popoli,  fossero  gente  pessima  e  daforca;  ne  piu 
He  meno  di  quello  che  certe  monne  liberalesse  li  giudichino  una  fio- 
rita  di  galantuomini  da  far  tutti  cavalieri.  In  un  tempo,  qual  e  que- 
sto  nostro,  in  cui  tanto  si  gracchia  di « liberla  »  e  di  « tolleranza  », 
con  ci  pare  gran  fatto  se  noi  presumiamo  tal  grado  di  «  tolleranza  » 
nel  mondo,  che  niuno,  sia  pur  liberale  o  liberalessa,  abbia  da  im- 
permalirsi  della  «  liberta  »  con  cui  una  donna,  in  casa  sua,  favellan- 
do  tutto  alia  domestica  col  marito  e  col  cognato,  dice  quello  che  pen- 
sa,  e  lo  dice  con  naturalezza  molto  spontanea  di  linguaggio.  0  che! 
signore  garbatissimo,  non  siete  pago  di  vedere  stravolto  gia  1'antico 
vocabolario  nei  pubblici  Parlamenti,  nelle  note  diplomatiche,  nei 
diarii  politici,  che  pretendiate  di  vederlo  stravolgersi  anche  nell'uso 
comune  delle  famiglie  ? 

Ora,  tornando  al  nostro  carissimo  giovanetto,  seguiteremo  a  con- 
iargli  che  le  sollecitudini  della  moglie ,  per  fermare  Traiano  e  sta- 
bilirlo  solidamente  in  questa  sua  conversione,  le  aguzzaron  1'inge- 
gno  ad  investigare  altresi  tutti  i  mezzi  che  sembravano  piu  efficaci 
di  perseveranza.  Procuro  quindi  che  enlrasse  in  casa  V  Armenia  di 
Torino,  martello  implacabile  della  Rivoluzione  d' Italia;  e  avutala 
di  seconda  mano,  la  scorreva  da  cima  a  fondo:  poi  a  Flaminia  indi- 
cava  i  tratli  piu  salali  e  piccanli  che  essa  dovea  leggere  ad  alta  voce, 
quando  la  sera  si  faceano  due  chiacchiere  o  avanti  o  dopo  la  cena. 
E  perocche  Maddalena  sapeva  1'  umore  della  bestiolina ,  e  come  vo~ 
lentieri  Traiano  sentisse  tutto  quello  che  proveniva  da  lei ;  perci6  con 
destro  accorgimento,  spesso  fra  Y  un  periodo  e  Taltro  inzuccherava  la 


RACCONTO  STORICO  DEL  I860  E  1861  45 

Cgliuola  di  paroluzze  lodalive,  e  scagliava  1&  ccrte  ammirazioni  del- 
la  sua  valcnlia  nel  leggere,  chc  Y  albagiosetta  se  ne  impettoriva,  riz- 
zava  la  cresta  e  infiammavasi  a  declamare  con  tal  vecmenza  que'po- 
derosi  articoli  del  giornale,  che  il  padre  ne  andava  in  estasi ,  tra  di 
meraviglia  per  la  gagliardia  degli  scrittori,  e  di  contentezza  per  la 
spiritosita  della  lettrice. 

Ma  questo  era  anche  poco  alia  donna,  per  sicurare  1'  uomo  suo 
dai  pericoli  d'  una  ricaduta.  Si  avviso  dunque  che  il  preservative 
migliore  fosse  quello  di  fargli  spiegar  bandiera  contro  de'  liberal!, 
sospingendolo  che  passasse,  dalla  prudente  difesa  in  cui  tenevasi, 
ad  una  offesa  ardita  e  scoperta.  Con  questo  inlendimento  lo  condusse 
a  partecipare,  nei  Venerdi  del  Marzo,  alia  bellissima  dimostrazione 
di  piela  e  d'  ossequio,  che  la  eletta  de'  Romani  e  degli  stranieri  por- 
gevano  al  Santo  Padre  nella  Basilica  Vaticana.  Appresso  ando  anco- 
ra  piu  innanzi,  e  gli  fe  portare  in  sul  petto  la  spilla  con  la  croce 
delta  di  san  Pietro,  intorniata  dal  cerchiellino  avente  il  motto  mede- 
simo  della  celebre  medaglia  Pro  Petri  Sede,  che  il  Papa,  dopo  la 
invasione  dell'  Umbria  e  delle  Marche,  avea  fatta  coniare  per  1'eser- 
cito  ponlificio:  ed  a  quei  di  era  spilla  usitatissima  in  Roma,  da  tutti 
coloro  che,  con  un  simbolo  manifesto,  si  pregiavano  di  professarsi 
fedeli  e  devoti  alia  triplice  corona  del  Vicario  di  Gesu  Cristo.  Se  non 
che,  nel  meglio  di  questo  suo  aguzzamento  d'  ingegno,  si  offerse  a 
Maddalena  una  congiuntura  sopra  modo  propizia,  all'  uopo  d'  impe- 
gnare  Traiano  contro  la  fazione  liberalesca :  e  fu  quella  che  cagion6 
poi  1'aspro  suo  diverbio  col  cagnotto  mandatogli  dal  «  sor  Peppe  ». 
Della  qual  congiunlura  e  del  quale  diverbio ,  a  quest'  ora  avremmo 
gia  narrato  quello  che  bisognava,  se  il  nostro  giovanetto  lettore  non 
ce  n'  avesse  distolto  con  la  sua  curiosa  domanda. 


LX. 


Fra  i  giorni  memorabili  per  insigni  avvenimenti  occorsi  nel  Pon- 
lificato  del  Papa  Pio  IX,  quello  dei  dodici  Aprile,  che  ricordail  trion- 
fale  suo  ritorno  dal  breve  esiglio  di  Gaeta  sul  trono  del  Vaticano,  e 
insieme  la  salvazione  sua  mirabile  nel  crollamento  dell'  edifizio  di 
sant' Agnese  fuor  delle  mura ,  sino  dali'  antecedente  anno  1860  era 


46  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

stato  prescelto  dal  popolo  romano  ,  qual  giorno  da  festeggiarsi  con 
segni  di  straordinaria  allegrezza,  per  protestare  solennemente  con- 
tro  tutta  quella  lorma  di  mentitori  grand!  e  piccoli ,  i  quali  volean 
far  credere  al  mondo  che  esso  popolo,  abborrendo  il  mite  giogo  del 
Santo  Padre ,  smaniasse  per  la  brama  di  farsi  dominare  da  un  Re ; 
e  supplicasse  a  mani  giunte  1'Europa,  che  questo  Re  non  fosse  altri 
che  il  desideratissimo  Vittorio  Emmanuele  di  Carignano.  Questa 
protestazione,  in  onta  di  si  ridicola  e  stolta  calunnia,  i  Romani  si  ap- 
parecchiavano  di  rinnovare  anche  nel  seguenle  anno  1861 :  e  1'ar- 
dore  del  popolo,  acciocche  riuscisse  sfolgorantissima,  era  stato  incitato 
dal  Governo  medesimo  di  Torino,  il  quale  poc'anzi  aveva  decretato, 
che  tutle  le  province  e  gli  Stati  da  lui  rapiti  al  Papa  ed  ai  Principi 
Italiani,  dovessero  formare  un  unico  «  Regno  d'ltalia »,  sotto  lo  scet- 
tro  ereditario  del  suo  prenominato  Re  «  Galantuonio  » ;  e  che  Roma 
avesse  da  diventarne  cilta  capitale  :  non  gia  subilo  ,  ma  quando  lo 
slraniero,  che  avea  dato  1'  essere  a  cotesto  mostro  di  Regno  ,  si  fos- 
se degnato  di  far  le  cose  a  compimenlo  ,  aggiungendogli  il  capo. 
Ond'e  che  all' approssimarsi  del  summemoralo  giorno,  anniversario 
tanto  glorioso  per  la  sovranita  e  fausto  per  la  incolumila  del  supremo 
Gerarca ,  tutta  Roma  era  in  un  molo  insolito  per  apprestare  archi, 
tele,  iscrizioni,  apparati,  trofei,  e  quanto  puo  immaginarsi  di  arlifi- 
ciosamente  vago  nella  composizione  di  una  luminaria  universale, 
splendida  e  sontuosissima  :  e  tutto  questo  senz'  altro  impulso  ed  in- 
telligenza,  che  I'affetto  dei  cittadini  e  la  concordia  dcgli  animi  loro, 
Bel  voler  espresso  a  lettere  di  fuoco,  sopra  ogni  angolo  della  eterna 
loro  cilta ,  il  popolare  suffragio  acclamante  Pio  IX  Ponlefice  della 
Chiesa  e  Re  de'suoi  Stati. 

Questa  pertanto  fu  la  occasione  che  Maddalena  colse  a  volo  ,  per 
meltere  il  suo  Traiano  in  contrarieta  sempre  piu  piccosa  coi  satelliti 
del  Comitato.  I  quali,  a  dir  vero,  digrignavano  i-denti  e  scoppiava- 
BO  a  veder  preparazioni  cosi  magnifiche ,  per  una  festa  che  dovea 
Tolgersi  tutta  in  iscorno  loro  e  della  causa  spallata  che  promoveva- 
BO.  Ma  era  inutile  ogni  loro  industria  per  frastornarla.  Alle  minac- 
ce  che  spacciarono  sotto  mano  in  foglietti  a  stampa,  il  popolo  rispo- 
se  con  le  risate  e  con  fare  ad  essi  capire,  che  mat  per  loro,  se  si  av- 
Tenlurassero  a  disturbare  come  che  fosse  la  pubblica  illuminazione! 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  47 

Ne  mancarono  begli  umori  che  a  questo  o  a  quell'altro,  ben  noto  per 
la  sua  liberality ,  fecero  la  giarda  di  spedire  in  casa  le  cinque  e  le 
otto  volte  alia  fila  copiosi  assorlimcnti  di  lantcrnoni  con  le  armi  e  i 
colori  ponlificii ;  dono  che  ne  sempre  ne  da  tutli  si  ricuso ,  giacche 
alia  fine  dei  conti,  anche  i  liberali  (e  ce  lo  alteslo  Filodemo)  in  que- 
ste  conlingenze  non  avean  caro  di  farsi  troppo  scorgere :  e  percio  an- 
ch'essi,  lasciati  da  banda  gli  scrupoli,  adornavano  poi  le  loro  finestre 
con  fiaccole  o  lanternoni.  E  il  « sor  Peppe  » ,  che  era  tutto  viscere  di 
compassione,  chiudeva  un  occhio  sopra  queste  umane  debolezze,  ed 
anzi,  a  un  bel  bisogno,  scusavale  col  pretesto  che  non  erano  peccali 
politici,  ma  rispetti  di  civilta. 

In  grazia  di  tale  indulgenza  del  dittatore  e  della  generale  consue- 
tudine  che,  coine  luUi  sanno,  prende  vigore  di  legge,  Traiano,  Tan- 
no  decorso  in  parecchie  simili  congiunture ,  s'era  fatto  lecito  di  con- 
sentire  alia  moglie ,  che  avesse  pur  esposti  due  lanternoni  sui  da- 
vanzali  delle  finestre  di  casa  sua ;  ma  due  per  ogni  fmestra  e  noa 
piu.  Questa  volta,  pel  ricorrimento  di  un  anniversario ,  la  cui  cele- 
brazione  aveva  tanta  imporlanza,  egli  diede  carta  bianca  alia  donna. 
—  Fa  tu,  le  disse,  che  te  ne  inlendi  meglio  di  me.  Ouel  che  farai 
tu  sara  ben  fatto. 

Maddalena  non  se  lo  fece  ridire.  Avuto  a  se  un  certo  signer  Tom- 
masino,  che  era  il  gran  faccendiere  della  contrada  nell'  impresa  di 
quesla  illuminazione ,  gli  commise  un  disegno  per  le  sue  finestre, 
e  soprattutto  pel  balconcino  di  mezzo,  che  sporge  con  una  ringhiera 
davanti.  —  Mi  raccomando,  signer  Tommasino ;  gli  ripele  con  istan- 
ze  assai  vive ;  sia  cosa  da  far  fjgura ,  ma  grande  figura !  Costi  ci& 
che  vuol  costare :  quello  che  preme  a  noi ,  e  che  la  illuminazione 
nostra  spicchi  molto  per  questa  slrada. 

—  Lasci  fare  a  me ,  signora  Maddalena. 

—  I  lanternoni  sieno  tutli  di  quelli  che  portano  slampato :  Viva 
il  Papa  Re.  A  me  piacciono  piu  quesli ,  che  gli  altri  con  le  armi  o 
col  rilratto  del  Santo  Padre. 

—  Sara  servila. 

—  I  palloncini  poi  hanno  da  essere  bianchi  e  gialli :  e  guardi  che 
siano  d'  un  giallo  carico ,  perche  di  nolle ,  a  lume  di  candela,  il  pa- 
glierino  diviene  sbiadato  e  par  bianco. 


48  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

—  Si  signora ,  adopreremo  un  color  zafferano ,  che  sembrera  un 
oro  fuso.  Si  lasci  servire. 

E  in  verita  il  signor  Tommasino  la  servi  si  a  modo  e  a  verso,  che 
ella  non  potea  desiderar  meglio.  La  sera  della  festa  otto  erano  i  lan- 
ternoni ,  che  sul  davanzale  d'  ognuna  delle  fmestre  faceano  bella 
mostra.  Elegant!  ricascate  a  doppio  filare  di  palloncini  bianchi  e 
gialli  pendevano  solto  i  medesimi  davanzali ;  i  cui  sporti  riluceva- 
110  d'  un  listello  di  brillanlissime  fiaccolette.  II  balcone  poi  era  cor- 
so  da  un  fregio  a  bicchierini  fiammanti  dei  due  colori,  il  quale  gira- 
va  intorno  allo  stemma  del  Pontefice ,  collocato  nel  mezzo  della  rin- 
ghiera  e  trasparente  come  crislallo.  Sopra  di  questo  si  leggeva  il 
motto :  Papa  e  Re,  in  lettere  arrubinate ;  e  sott'esso,  in  una  cartella 
tenuta  da  due  angioletti,  era  questa  iscrizione  :  Ponam  inimicos  iuos 
scabellnm  pedum  tiiorum;  suggerita  dal  padre  Eusebio. 

—  Ma  bravo  il  nostro  signor  Traiano !  gli  disse  un  Canonico  suo 
tenevolo  che  si  accozzo  in  lui,  raentre  usciva  di  casa  con  Maddalena 
e  con  le  figliuole  a  dare  una  giravolta  per  la  citta ,  e  godersi  i  piu 
tei  punti  della  illuminazione ;  questo  e  farsi  onore!  poffare,  che 
scialo ! 

—  Debolmenle ,  Monsignore  mio ,  si  fa  quel  poco  che  si  puo  per 
venerazione  del  nostro  Santo  Padre ,  e  per  darla  sulle  corna  a  tutta 
la  canaglia  che  gli  vuol  male. 

In  quell'  istante  alcuni  gruppi  di  passeggeri  s'eran  fermali  a  con- 
templare  la  leggiadra  decorazione  :  e  Maddalena  ,  udendo  le  belle 
cose  che  ne  dicevano  ,  si  sentiva  nuolar  il  cuore  nel  miele,  e  indu- 
giava  a  dilungarsi  dal  portone  ?  tanto  le  sapean  dolci  quelle  meravi- 
glie  del  pubblico.  Ma  Traiano,  sorbitisi  con  modestia  i  complimentl 
del  Monsignore  e  i  mirallegro  di  un  altro  suo  vicino,  ruppe  la  calca, 
si  tiro  dietro  la  moglie  e  con  essa  e  con  le  figliuole  sail  in  una  car- 
rozza,  noleggiata  apposta  per  visitare  con  comodo  lo  speltacolo  della 
luminaria. 

Roma,  in  quella  gioconda  sera ,  da  qualunque  parte  si  fosse  ri- 
guardata ,  sfavillava  tutta  di  variatissima  luce.  Le  sue  vie ,  le  sue 
piazze ,  i  suoi  ponti  straboccavano  di  un'  onda  sempre  crescente  di 
popolo  o  a  piedi  o  in  file  interrainabili  di  velture ;  e  questa  immensa 
folia  andava  e  veniva  e  s'inlraversava  e  s'incrociava  con  una  quiete, 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  49 

con  un  ordine ,  con  un  decoro  che  vi  rendea  scmbianza  di  una  sola 
famiglia ,  intcsa  a  deliziarsi  nella  fesla  del  comun  padre.  Ad  ogni 
angolo  vcdevate  le  iminagini  della  Beata  Yergine,  che  sono  cosi  fre- 
quenti  per  le  strade  di  questa  citta  di  Maria,  ornate  con  profusissimi 
lumi  di  raille  forme ,  disposti  con  una  grazia  ineslimabile  in  tem- 
pietti,  in  corone,  in  emblemi ;  e  soitovi  leggende  che  lutte  esprime- 
vano  un  concetto  unico,  un  unico  voto,  cio6  la  pace  d'ltalia,  il  rifio- 
rimento  della  giustizia ,  il  trionfo  e  la  conservazione  diuturna  alia 
Chiesa,  al  mondo,  a  Roma  di  Pio  IX  Pontefice  e  Re. 

Da  per  lutto  poi  simboli  ed  allegoric,  stendardi  e  trofei,  croci  e 
tiare,  scherzi  di  fontane  pioventi  gemme  ,  prospettive  bizzarre,  ca- 
pricci  di  verdure,  accendimenti  gioiosi  di  fuochi  del  Bengala,  sinfo- 
nie  lietissime  di  bande  militari.  All'  imboccatura  della  via  Frattina, 
si  ergeva  un  quadro  figurante  il  sonno  misterioso  del  Salvatore,  nel 
colmo  della  procella  che  travolgea  la  barchetta  ov'  erano  gli  Apo- 
stoli  sgomcntali.  Nella  piazza  del  Pantheon ,  facea  vista  bellissima 
un'altra  tela  di  assai  vasta  composizione,  che  rappresentava  le  cin- 
que parti  del  mondo,  in  alto  di  offerire  al  Pontefice  1'Obolo  di  san  Pie- 
tro.  Nella  piazza  Pia  di  la  dal  Castello  sant'  Angelo ,  splendeva  la 
copia  della  celebre  liberazione  di  Pietro  dal  carcere ,  che  Raffaele 
d'Urbino  dipinse  in  una  delle  aule  del  Vaticano.  Nella  strada  del 
Corso  la  luce  pareva  gareggiare  con  quella  del  sole ,  tanto  era  il 
brillamento  delle  fiammelle  del  gasse,  che  si  sprigionavano  in  tripli- 
cate ghirlande  dai  candelabri.  La  quale  irradiazione  continuandosi 
fmo  alia  grande  piazza  del  Popolo  e,  con  ismisurato  prolunga- 
mento  di  faci ,  per  lutlo  il  girtre  dei  viali  del  Monte  Pincio  ,  avea 
quasi  il  centro  ncll'  Obelisco  di  Sesostri ,  che  scinlillava  come 
un  miracoloso  diamante  sfaccettato.  Sopra  il  piedistallo  di  questa 
mole  si  ammirava  uno  sfarzosissimo  stemma  del  Santo  Padre  ,  retto 
da  due  Fame  e  circondato  da  bandiere ,  da  serti  d'  alloro  ,  da  fasci 
d'armi  e  da  volumi,  con  1'epigrafe :  A  Pio  IX  isuddili  devoti:  e  piu 
basso,  fra  un  riquadro  di  tarsie  e  rabeschi,  1'altra:  Scriui  o  Roma 
negli  eterni  tuoi  fasti  —  1  nomi  di  quei  magnanimi  —  Cheilsenno 
e  la  mano  consecrarono  —  A  serbarti  il  Pontefice  Re  —  Tua  som- 
ma  gloria.  Nobile  e  gentile  tributo  di  gratitudine,  che  i  Rornani  por- 
Serie  7,  vol.  XII,  fasc.  349.  4  19  Settembre  1864. 


50  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

gevano  a  quella  scbiera  di  valorosi  Cattolici,  i  quali  col  sangue,  con 
la  penna,  con  1'oro  avevano  propugnali  grimmortali  dirilti  della  pon- 
tificia  regalita,  e  con  essi  la  salute  di  Roma. 

Dire  con  quanta  compiacenza  Traiano  e  la  moglie  sua,  e  special- 
mente  le  due  figliuole ,  trapassassero  da  una  via  ad  un'  altra  e  va- 
gheggiassero  le  avvenevoli  scene  eke  ad  ogni  voltar  di  canto  si  apri- 
vano  loro  agli  occbi ,  non  lo  potremmo.  Flaminia  non  dava  un  mo- 
mento  di  requie  al  padre  :  ma  senza  posa  lo  invitava  ad  osservare 
qua  una  iscrizione  atraforo,  laun  ritralto  del  Papa  in  abiti  pontifical!, 
dove  una  piramide  a  lumicini  biancbi  e  gialli,  dove  una  raggiera  in- 
torniante  una  divota  pitfura  della  Immacolala :  e  spesso,  menlr'  egli 
volgevasi  per  badare  a  costei,  Lucilla  urtavalo  col  gomito,  percbe  av- 
vertisse  a  qualcbe  altra  cosa ,  e  Maddalena  lo  chiamava  cbe  facesse 
mente  a  ccrli  suoi  utili  commentarii  sopra  la  magnificenza  e  religio- 
sita  di  questa  illuminazione.  —  Ob  cbe  belle  parole  si  leggono  solto  le 
Madonne!  sclamava  essa  con  gran  senlimento;  non  si  vede  altro  cbe 
preghiere,  benedizioni  ed  augurii  pel  nostro  Santo  Padre.  Pensa  che 
consolazione  ne  avra  egli  quando  lo  sapra!  Ab  ,  Dio  ce  lo  conser\l 
ancbe  cent'anni !  E  tanto  buono !  Guarda,  guarda !  Viva  il  Papa  Re; 
Viva  Pio  IX  Pontefice  e  Re  di  Roma,  delF  Umbria,  delle  Marche  e 
delle  Romagne !  Bene,  bene !  queste  sono  iscrizioni  cbe  parlan  chia- 
ro !  Uh  come  ne  vorranno  scbiattare  di  rabbia  quegli  scomunicatacci 
la  in  Torino  cbe  hanno  rubate  queste  province,  e  credevan  di  strap- 
pare  ancbe  noi  al  Papa  e  farci  diventar  piemonlesi!  si  eb?  toglierci 
il  Santo  Padre,  e  darci  in  suo  scambio  quel  bel  zitello  di  .  .  . 

Oui  un  botto,  e  poi  un  altro  botto,  e  poi  un  terzo  botto  sparati  in 
un  vicoluccio  poco  distante  dalla  cbiesa  di  san  Luigi  de'  Francesi , 
presso  cui  trascorrevano  con  la  carrozza,  le  sospesero  il  fiato.  —  0 
Dio,  mamma,  cbe  e?  grido  Lucilla  aggrappandolesi  paurosamente  a 
un  braccio. 

• —  Sta  a  vedere;  brontolo  Traiano  rizzandosi;  cbe  quei  birbaccloni 
del  Comitato.  .  .  . 

—  Son  loro ,  son  loro ,  ecco  i  gendarmi !  strillo  il  coccbiere  vol- 
tandosi  a  lui  e  allentando  il  passo  ai  cavalli. 

E  fu  vero.  I  gendarmi  spuntavano  dal  \icolo,  e  si  tenevano  in  mez- 
zo due  giovinastri  presi  in  sul  fatto,  e  scaricavano  loro  una  tal  tern- 


MCCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  1)1 

pcsta  di  pugna  e  di  scapezzoni,  che  i  poveracci  urlavano  e  guaivano 
peggio  che  due  cani  frustati.  E  il  popolo  a  strillare :  —  Dalli  ai  bir- 
Loni !  dalli !  —  e  a  batter  le  inani  ai  gendarmi ,  e  a  far  la  baiala  ai 
due  eroi,  che  d'  indi,  sempre  al  suono  di  quella  musica,  furono  con- 
dotti  nel  serbatoio  de'  mariuoli  in  Montecitorio. 

Ma  che?  a  quel  parapiglia  d'urli,  di  fischi,  di  gendarmi,  di  busse, 
Lucilla  s'era  tanto  spaurila  che  piangeva,  ead  ogni  patto  voleva  tor- 
nare  a  casa.  La  madre,  sdegnata  di  tanla  \igliaccheria  de'  liberali,  e 
venuta  anch'ellain  un  po'd'apprensione,  per  quietare  la  figliuoletta : 
—  A  casa,  a  casa !  comandava  al  cocchiere.  Flaminia  pero  diceva 
slizzosamente  :  —  No,  e  troppo  presto ;  avanti,  avanti !  non  e  milla  ; 
andiamo  a  vedere  I'illuminazione  della  Sapienza.  Cocchiere,  lira  di- 
ritto  per  sant'Eustachio. 

Ondeche  fra  madre  e  figliuola  nacque  subito  una  delle  solite  con- 
lenzioni.  II  padre  sarebbesi  ritirato  assai  volentieri  e  sottrattosi  al 
pericolo  d'intoppare  in  altri  tafferugli.  Ma  come  tener  testa  a  Flami- 
Dia  che  s'era  imbizzita,  e  smaniosamente  lo  scongiurava  che  no,  non 
la  facesse  rientrare  in  casa  tanto  di  buon'ora? 

—  Oh  sai  che?  disse  finalmente  Traiano  alia  moglie,  per  non  dis- 
gustare  in  tutlo  quel  caro  vezzo  di  figliuola ;  arriviamo  sino  alia  Sa- 
pienza, e  poi  giii  da  Torre  Argentina  e  a  casa. 

Maddalena  gitto  un  sospiro,  si  morse  le  labbra,  si  mise  ad  acca- 
rezzare  Lucilla  e  dissimulatamente ,  per  amore  di  Dio  e  per  non  far 
scene  ,  inghiolli  la  pillola ;  awegnache  si  sentisse  gran  prurito  alia 
lingua  di  sbottoneggiare  conlro  la  caparbia. 

D'  ivi  a  poco  giunsero  dunque  rimpetto  all'  ampio  edificio  della 
Sapienza,  che  i  giovani  studenti  in  quella  University  avevano  abbel- 
lito  con  una  pompa  sfoggiatissima  di  fiaccole,  di  festoni,  di  cornu- 
copie,  dimeandri,  di  vessilli,  adattaticon  arte  piena  di  eleganza  in- 
torno  a  un  maestoso  busto  del  Santo  Padre,  sotto  la  cui  base  legge- 
vasi :  Incolumi  -  Pio  IX  Ponlifice  et  Recje  -  Incolumis  Roma. 

Or  la  carrozza  si  era  appena  fermala,  che  ecco  un  bolli  bolli,  un 
correr  di  zerbinotti  con  le  canne  in  aria ,  un  fuggire  precipitoso 
di  mascalzoni ,  un  armeggio  e  un  trapeslio  terribile  dietro  la  porta 
dell'  atrio,  Che  e?  che  non  e?  Lucilla  ricomincia  a  stridere  col  capo 
in  grembo  a  Maddalena ,  la  quale  si  leva  per  balzare  a  terra  con  la 


52  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

sua  povera  piccolina  in  braccio ;  Traiano  impallidisce ,  la  rattiene  e 
con  la  voc6  tremula  ordina  iinperiosamenle  al  cocchiere  di  toccar 
via  e  galoppare  verso  casa ;  Flaminia  si  scompone,  pesta  coi  piedi  e 
piglia  a  insolentire  protervamente  contro  la  madre.  Questa  prega  Dio 
eke  la  pazienza  non  le  scappi ,  e  si  sfoga  in  pie  giaculatorie  a  tutti  I 
Santi  del  Paradiso.  Ma  quando  la  viperetta,  nell'  impeto  della  sua  fu- 
ria,  voile  scagliar  due  calci  alia  sorellina,  la  madre  non  si  freno  piii : 
e  sopr'  ira  le  aggiusto  un  paio  di  schiafFi  cosi  pesanti ,  che  alia  cat- 
livella  fecero  uscir  sangue  dal  naso.  Fu  finita.  Addio  allegrezze  I 
addio  gioie  della  illuminazione !  Rientrato  il  padre  lutto  adiraticcio, 
per  non  dar  torto  alia  moglie  e  ragione  alia  figliuola,  si  serro  a  chia- 
ve  nello  scrittoio  :  Maddalena  si  chiuse  con  Lucilla  in  un'  altra  came- 
ra; e  Flaminia,  ruggendo  e  arrovellandosi  come  una  tigre  scalena- 
ta,  andossene  a  letto  senza  cena. 

LXI. 

Quantunque  i  nostri  signori  liberali,  a  tutti  gl'  indizii,  gia  si  fossero 
accorti  che  il  dodici  Aprile  1861 1'  aria  di  Roma  non  era  per  niente 
favorevole  a  cerli  loro  macchinamenli ;  e  lo  avesse  provato  loro  il  ge- 
nerale  di  Goyon,  passando  quel  giorno  a  rassegna  s.olenne  la  guarni- 
gione  francese  in  onore  del  Papa,  e  lo  avesse  riprovato  loro  la  intera 
citta,  acclamando  con  indicibile  festa  il  Pontefice  nell'  andata  e  nella 
tornata  sua  dalla  basilica  di  saiit'  Agnese ;  nondimcno,  appresso  lun- 
ghe  e  squisite  ponderazioni,  si  deliberarono  di  compiere  per  1' « Ita- 
lia »  qualclie  gran  cosa,  nel  tempo  della  pubblica  luminaria.  Filode- 
rno,  che  e  il  loro  Tito  Livio,  storieggia  cosi :  «  Nella  sera  si  aspettava 
in  Roma  un  qualclie  fatto  del  Comitato  che ,  spaventando  i  clericali 
(leggi  i  Romani),  rialzasse  lo  spirito  dei  liberali. . .  Roma  splendeva 
di  faci,  ed  uno  straniero  avrebbe  riso  di  cuore,  se  alcun  liberate  gli 
avesse  detto  in  quella  sera:  Questo  popolo,  che  illumina  oggi  le  sue 
case,  e  nemico  giurato  de'  suoi  governanti.  Non  v'  ha  dunque  alcun 
dubbio  che,  a  riavere  il  disopra,  i  capi  del  parlito  liberate  avrebbero 
dovuto  intimidire  i  reazionarii  (leggi  sempre  i  Romani)  e  risvegliare 
nel  popolo  (leggi  nei  settarii)  gli  spiriti  patrii  miseramente  sopiti. 
Ora  ecco  che  si  fece  dai  nostri  uomini.  II  Comitato,  dopo  mature  ri- 
flessioni ,  ordino  che  in  varii  luoghi  della  citta,  e  specialmente  nella 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  53 

adiacenze  della  via  del  Corso,  si  esplodessero  innoccnli  pedardi.  Av- 
venne  da  do  quel  che  sarebbe  dovuto  prcvedersi.  I  sanfedisli  ( doe 
i  Roman!)  parte  non  si  avvidero  dell' opera  nostra,  e  credeltero  che 
gli  spari  fossero  altretlanli  segui  di  gioia  faiti  da  loro,  parte  se  ne 
avvidero  e  risero  della  nostra  puerilita,  mostrando  un  sangue  freddo 
che  loro  costava  ben  poco  e  noi  umiliava  grandemente  » . 

Ne  queslo  fu  tutto.  II  Comitato  aveva  suU'anima,  e  non  si  potea 
dar  pace,  che  la  scolaresca  della  Sapienza  si  fosse  dichiarala  osse- 
quiosissima  al  Santo  Padre ,  fedele  al  suo  doppio  Principato  ed  av- 
versa  all'abbietta  politica,  onde  i  veri  barbari  d'  Italia  dominatori  in 
Torino,  maneggiavansi  di  slrappargli,  con  la  lemporale  corona  di  Re, 

10  scellro  spirituale  di  Pontefice  della  Chiesa  cattolica.  Percio  in  quel- 
la  sera  il  nerbo  delle  sue  forze  «  nazionali »  fu  principalmente  volto  ai 
danni  dell'  Universila,  e  in  ruina  degli  addobbi  e  della  leggiadra  il- 
luminazione,  di  che  tuttala  nobil  fabbrica  sfolgorava.  Ma  ilsucces- 
so  loro  fu  appunto  quello  dei  pifferi  di  montagna  che ,  come  dice  la 
favola,  andarono  per  sonare  e  furon  sonati.  I  lauzichenecchi  del  Co- 
mitato ,  gentame  razzolato  nel  fango  e  compro  a  un  tanto  per  testa , 
fecero  impeto  contro  il  portone  del  palazzo  e,  capitanati  da  pochi  sca- 
vezzacolli  studenti,  si  sparsero  per  gli  ambulacri  con  animo  di  dare  il 
guasto  alle  ornature,  di  spegner  le  fiaccole  e  di  atterrare  il  busto  del 
Papa :  al  qual  effetto  erano  armati  di  sassi ,  di  mazze  e  di  slili.  Se 
non  che  tre  famigli  dell'  Universita  e  un  pugno  di  intrepidi  giova- 
Botti  scolari,  che  qua  e  la  sopravvegliavano  lefinestre,  bastarono  a 
mettere  in  isbaraglio  que'  trisli  marrani :  e  con  attrezzi  di  muratore, 
che  per  avventura  trovavansi  nel  cortile ,  picchiarono  addosso  dei 
piu  tardivi  colpi  si  ben  calcati,  che  parecchi  n'andarono  con  le  ossa 
rolte :  e  due  dei  pochi  studenti  capisquadra  che  vollero  braveggiare, 
incapparono  ne'gendarmi,  che  preserli  e  menaronli  in  un'altra  Uni- 
versila piu  confacentesi  a  loro. 

Questo  fu  il  trambusto,  nel  quale  la  famiglia  di  Traiano  ebbe  la 
mala  sorte  d'  imbattersi ,  mentre  arrivava  nella  piazza :  e  queslo  5 

11  genuino  racconlo  del  caso ,  esponendo  il  quale ,  il  buon  Filodemo 
si  e  lasciato  invasar  troppo  dallo  spirito  liberalesco,  ossia  di  menzo- 
gna.  Di  falto  egli  verbigrazia  asserisce,  che  « piu  di  100  »  erano  gli 
assalitori  «  sludenli » :  col  che  aggiunge  soltosopra  uno  zero  alia 


M  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

cifra,  e  viene  a  regalare  la  pagella  di  «  studenti»  al  branco  degli  al- 
tri  cialtroni ,  i  quali  non  aveano  forse  ottermta  mai  altra  pagella  in 
Yita  loro,  che  la  piastra  de'  galeotti.  Similmente  li  fa  «  ritirare  gri- 
daudo:  viva  1'  Italia,  viva  Yittorio  Emmanuele!  »  mentre  la  verila  e 
che  se  la  svignarono  a  gambe ,  e  manco  loro  persino  il  fiato  di  gri- 
dare:  —  Misericordia!  Ma  per  uno  storico  liberale  della  suarisma, 
coteste  bugiuzze  sono  minimi  nei  e  fiorellini  retlorici  piii  che  altro. 
Conciossiache  in  somma  egli  riesce  a  conchiudere  che  il  Comitato,  in 
quella  funesta  sera,  dopo  tanto  sbracciarsi ,  rimase  con  bel  pugno  di 
mosche  in  mano ;  che  anzi  nell'  impresa  della  Universila ,  il  solo  e 
durabile  frutto  che  raccogliesse ,  fu  di  fame  smorbar  le  scuole  dei 
putridi  membri,  i  quali  occultamente  ancor  vi  restavano ;  che  con  le 
salve  de'  suoi  « innocenti  pelardi  » ,  non  che  lurbasse  la  festa  della 
luminaria,  ma  ne  duplico  Tallegiia,  a  scapilo  de'  petardieri ,  che 
quasi  tulli  consumaron  la  nolle  o  a  piangere  in  gattabuia,  o  a  medi- 
carsi  le  coslole  ammaccale  lor  dai  basloni ;  e  che  in  soslanza  il  do- 
dici  x\prile  di  quell'anno,  fu  pel  Comitato  Nazionale  Romano  giorno 
di  passaggio  dall'ela  del  ferro  a  quella  del  loto ,  come  il  diciannove 
Marzo  dell'  anno  avanli ,  era  slalo  giorno  di  passaggio  dall'  eta  del- 
1'orpello  a  quella  del  ferro. 

A  questo  rovescio  di  disastri  che  affogarono  il  cuore  del  «  sor 
Peppe »  in  un  mare  di  assenzio,  si  sovraccrebbe  il  dolore  dello  scan- 
dalo  di  Traiano,  il  quale  adornando,  siccome  avea  fatto,  la  casa  sua 
con  si  ricercala  prodigalita  di  lumi  e  di  molli  papeschi,  avea  colma 
la  misura  e  gillato  il  guanlo  di  sfida  agli  anlichi  suoi  confratelli  del 
lerz'ordine  dei  liberali.  II  perche,  qual  amoroso  paslore  che  niuna  di- 
ligenza  Irasanda  pel  racquislamenlo  della  fuggiliva  pecorella,  diviso 
di  fare  anche  un' ultima  prova,  mandandogli  un  sincere  amico,  che  in 
Borne  suo  gli  avesse  parlato  parole  di  soavita,  e  destatogli  rimorso  di 
tanta  prevaricazione.  E  Fangelo,  o  per  dir  meglio,  il  diavolo  tentatore, 
da  lui  scello  nel  mazzo,  fu  quel  buon  mobile,  col  quale  noi  lo  vedemmo 
a  colloquio  ,  ed  il  quale ,  se  non  che  fece  presto  a  baltersela  dal  suo 
scriltoio,  sarebbe  tomato  al «  sor  Peppe  »  con  le  grucce  solto  le  ascelle. 

Pensate  voi !  Traiano  la  mattina  di  quella  Domenica  si  sarebbe 
dato  a'canl,  tanl'  era  inasprito  per  cagione  di  Flaminia ;  la  quale,  con 
le  sue  impertinenze,  avea  falto  disperar  lui  e  Maddalena  tutto  il  Sa- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  55 

bato:  e  pur  allora  so  n'  era  ila  ad  ascoltar  mcssa  in  compagnia  della 
serva,  per  non  doverci  andare  con  lui  o  con  la  madre. 

—  Or  guarda  uu  po'  che  pezzacci  sono  tulti  costoro!  mormorava 
egli  seco  stesso,  quando  quel  caltivo  arnese  inviatogli  dal  «sor  Peppe* 
si  fu  dileguato;  io  una  maschera?  io  una  banderuola?  E  dirmelo  in 
faccia!  e  io  lasciarmi  insultare  da  quel  lorso  di  cavolo!  da  quella 
bruUa  figura,  che  pare  una  mummia  d'  Egitto !  Ah  sciocco  me,  che 
non  gli  ho  spezzata  una  sedia  in  lesta,  o  rotolalolo  giu  per  le  scale 
come  una  cucuzza !  Ma  quel  che  non  si  e  falto,  si  fara.  Oh  rivenga, 
riveuga !  Mi  si  schianli  I'anima,  s'  io  non  Io  fo  portar  via  col  cala- 
letto!  Si,  rivogliono  i  tre  scudi  al  mese !  Veniteveli  a  ripigliare,  ghiot- 
toni  de'  miei  stivali !  Traiano  nori  s'  infinocchia  piu.  Ne  ho  fatto  il  volo 
a  san  Pietro,  e  que'  tre  scudi  hanno  da  andare  al  Papa,  hanno  da 
andare.  Uhm!  un  allro  poco  che  mi  rompano'la  divozione,  io  faro 
spialtellare  con  tanto  di  leltere  anche  il  mio  nome  e  cognome  nella 
lista  che  stampa  il  giornale,  e  vedranno  essi  i  buffoni,  s  io  ho  paura 
deile  loro  spacconate.  Ma  1'  infamita  di  venirmi  a  dir  corna  denlro 
casa  mia,  ah  questa  io  non  la  tollerero  due  volte !  Rivenga  quella 
scimmione,  torni,  torni !  E  in  do  dire  aperse  violentemente  la  porta 
e  passo  nella  saletta,  ove  stava  la  moglie  a  struggersi  di  rammarico 
per  le  capestrerie  della  figliuola  maggiore. 

Noteremo  per  inciden^a ,  che  quel  mammalucco  dell'  ingiuriatore 
non  duro  molto  ad  essere  un  pruno  negli  occhi  di  Traiano:  che  la  po- 
lizia,  nel  giorno  slesso,  diedegli  Io  sfratlo  da  Roma.  D'  onde  essendo 
subito  volato  a  beccarsi  la  corona  civica  nel  Regno  d'  Italia,  in  breve 
tempo  tanlo  vi  liberaleggio  da  figliuol  prodigo  e  vi  s'indebilo  che, 
cedule  ai  creditori  le  rendile  di  dieci  anni  del  suo  vitalizio,  per  non 
morir  «  martire  »  affatto ,  gli  fu  forza  aggreggiarsi  con  una  truppa 
di  commedianti,  che  Io  impiegano  nella  parte  dello  scimunito:  e  chi 
Io  ha  inteso  in  un  lealro  di  Napoli ,  dice  ch'  egli  e  una  statua  nella 
sua  nicchia.  A  quanle  simili  nicchie  potrebbero  i  liberali  nostri  for- 
nire  simili  statue ! 

—  Oh  si  tornera,  non  dubitate,  tornera  per  nostra  disperazione ! 
e  voi  le  rifarete  smorfie,  ed  ella  vi  allunghera  tanto  di  muso.  Eh , 
ci  vuol  allro  che  moine  con  quella  birba !  sclamo  la  donna  credendosi 
che  il  marito  bronlolasse  per  la  figliuola. 


36  IA  POVERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC. 

—  Non  parlo  di  lei ;  rispos'  egli,  meltendosi  a  camminare  gagliar- 
damente  su  e  giu  pel  salolto  e  sbuffando;  quella  ingrata  imparera  a 
conoscere  chi  sia  suo  padre ;  se  sia....  ma  non  parlo  di  lei.  lo  non 
me  ne  voglio  curare  piii  piu  di  quella  insolente.  Vadapure  a  nascon- 
dersi  tra  le  sepoltevive;  suo  padre  non  versera  una  lagrima.  Ci  resta 
la  nostra  piccola,  e  noi  I'ameremo  per  due:  di  quella  slrega  non  mi 
ricordero  piii.  Dobbiamo  scordarcene,  come  se  non  1'avessimo  avuta 
mai,  e  dare  tutto  1'amore  a  Lucilla.  Ma  io,  ripeto,  non  parlo  di  lei: 
si  faccia  pur  monaca,  entri  nelle  cappuccine,  e  oggi  piuttosto  che  do- 
mani :  presto,  presto !  ci  si  levi  dai  piedi,  e  ringrazii  suo  padre,  se 
non  le  ha  cavati  i  denli  di  bocca  a  furia  di  rovescioni. 

—  Io  mi  sarei  contentata  di  molto  meno ;  replico  la  moglie  ter- 
gendosi  gli  occhi ;  mi  sarei  contentata  che  non  1'  avesle  fatta  insu- 
perbire  con  tante  carezze,  e  aveste  lasciato  che  la  domass'  io. 

—  Gia !  per  fmire  di  rovinarmela  e  farmela  intisichire.  Ma  non 
ne  parliamo ,  che  e  meglio.  Ora  ho  altro  pel  capo  :  quei  bricconi 
del  Comitato...  ben  bene,  basta!  se  ella  oggi  non  e  voluta  venire  a 
messa  con  yoi ,  sono  persuasissimo  che  Domenica  ci  verra  con  suo 
padre ;  perche  alia  line  dei  conti  ha  un  gran  buon  cuorc  ,  e  quando 
i  figli  sono  di  una  natura  com'e  Flaminia,  con  essi  val  piu  una  stilla 
di  miele  die  un  bigoncio  di  fiele. 

—  E  per  questo  la  vi  ha  tanto  rispetto,  cho  ieri  vi  ha  serralo  1'u- 
scio  in  faccia ,  e  v'  ha  tirata  giu  quella  litania  di  rispostacce  che ,  a 
senlirle,  mi  venivan  le  convulsion:  per  yoglia  di  smascellarla ;  e  voi 
li,  a  farle  I'occhielto  e  a  piagnucolare  come  un  bamboccione. 

—  Che  vuoi,  Macldalena  mia?  Parliamo  di  quello  che  importa.  Io 

sono  qua  per  dirli  che  quegli  scrocconi si  sa,  le  son  padre,  e  1'a- 

guzzino  io  non  lo  faro  mai  e  poi  mai  con  una  figliuola,  la  quale,  e  vero 
pur  troppo !  ha  i  suoi  difetti :  ma  ha  tante  altre  belle  qualita,  un  in- 
gegno  si  bello,  un  tratto  cosi  geniale,  uno  spirito  si  colto. . . 

—  Uh  fede  santa !  non  lo  diceva  io  che  subito  ch'  ella  torni ,  e 
voi  da  capo  le  rifarete  lo  sdolcinato  '  ed  ella  s'  incapriccera  sempre 
peggio,  e  quella  che  ci  andra  di  mezzo  saro  io? 

Ma  in  questo  punto  ecco  aprirsi  la  porta  e  comparire  proprio  essa 
Flaminia :  la  quale,  fattasi  di  mille  colori  e  con  gli  occhi  umidicci : 
—  Sapete?  disse  tulta  allenante ;  e  venuta  la  poverella  di  CasamarL 


LA  B.  MARGHERITA  ALACOQUE 

SANTA  NEL  SECOLO  XVII 
GLORIFICATA  NEL  SECOLO  XIX 


Uno  degli  atli  piu  solenni  e  piu  sublimi  della  Chiesa  callolica  e  il 
deputare,  che  essa  fa,  il  culto  di  Santo  o  di  Beato  ad  alcuno,  eke  in 
sua  vita  morlale  si  sia  segnalato,  in  modo  affatto  straordinario,  nel- 
1'  esercizio  delle  virtu  crisliane.  Son  pochi  giorni  e  quest'  onore  sin- 
golarissimo  e  toccato  ad  una  verginella ,  gia  da  presso  a  due  secoli 
partita  di  questo  mondo ,  e  \1ssuta  il  piu  gran  tempo  della  sua  vita 
nelle  ombre  di  un  monislero ,  o  ignorata  o  disprezzata  dal  mondo 
stesso.  Questa  e  Margherita  Alacoque,  la  quale,  dopo  i  lunghi  e  se- 
yerissimi  esami ,  istituiti  sopra  le  sue  opere ,  dopo  i  varii  decreli 
pronunziati,  sia  in  confermazione  delle  sue  virtu,  sia  in  approvazione 
de'  suoi  miracoli ,  e  servate  le  altre  leggi  per  questi  casi  stabilite, 
il  di  diciotto  di  Settembre,  fra  lo  splendore  delle  solenni  cerimonie, 
ed  al  cospetto  di  popoio  immenso ,  c  stala  decorata  dal  Sovrano 
Pontefice  del  titolo  di  Beata.  Questa  parola,  come  fu  udita  rive- 
rentemente  da'  presenli,  quasi  cara  ambasciala,  che  la  Chiesa  trion- 
fante  spediva  alia  militante,  dell'essere  colassu  a  regnare  con  Cristo, 
Ira  le  piu  ragguardevoli  della  corte  celeste ,  quell'  anima  avventu- 
rosa;  cosi  la  stessa  parola,  diffusa  colla  velocila  del  baleno  per  la 
terra  universa,  e  raccolta  con  eguale  riverenza  e  docilita  da  quanti 
sono  figliuoli  della  Chiesa ,  i  quali  applaudiscono  alia  nuova  Beata, 
e  le  fanno  onore  e  le  mandano  calde  preghiere ,  fidenti  che  essa  le 


S8  LA  B.  MARGHERITA  ALACOQUE 

fi  un  fatto  questo  ,  il  quale ,  non  meno  che  altri  e  per  ventura 
piu  gagliardamenfe,  de\e  percuotere  di  ammiraz?one  coloro  che  non 
credono  nella  divinita  della  Chiesa.  E  donde,  diranno  essi,  cosi  stra- 
na  potenza  della  parola  di  un  uomo .,  che,  abbia  la  forza  d'  inchinare 
milioni  e  milioni  d'  intellelti  a  credere  fermamente  un  falto,  rimoto 
da  ogni  senso  umano,  e  che  essa  altesta  come  indubitato,  senz'  allro 
testimonio,  chequello  della  sua  semplice  aulorila?  Imperocchei  pre- 
giudizii  del  volgo,  gli  error!  dell'cducazione,  la  superslizione  ed  al- 
trellali  vocaboli ,  a  cui  costoro  ,  per  non  ammeltere  la  divina  virtu 
della  Chiesa,  fanno  mostra  di  ricorrcre  ,  sarebber  cagioni  di  lunga 
mano  inferior!  all'effello;  sicche,  per  non  confessare  una  causa  sopra 
la  nalura,  dovrebbero  acccltare  achiusi  occhi  assurdila  e  contraddi- 
zioni  a  cui  ripugna  la  natura.  Laddove  la  medesima  cosa  non  solo 
non  arreca  meraviglia  ai  credenti ;  ma  piullosto  farebbe  scandalo  e 
stupore,  se  in  qualcheduno  delia  famiglia  cattolica  si  notasse  alcuna 
ombra  didubbio  o  di  esitanza,  nell'acccllare  la  leslimonianza  della 
Chiesa.  Imperciocche  agli  occhi  del  fedele  la  Chiesa,  o  piu  semplice- 
mente  colui  che  ne  e  il  Capo  visibile,  non  pure  e  1'oracolo  infallibile 
della  Fcde,  perche  forma  e  cenlro  della  eattolica  unila,  ma  e  dippiii 
maestro  irrefragabile  della  vita  crisliaaa  ,  perche  costituito  pastore 
universale  di  lutlo  il  gregge  de'  fedeli,  per  doverlo  guidarc  ai  pascoli 
sicuri  di  \ila  elerna.  Ora  qual  cosa  piu  nalurale  per  chiunque  ha  una 
tale  credenza,  che  quel  medesimo,  II  quale  puo,  con  infallibile  auto- 
rila,  definire  i  punli  da  credere,  e  giudicare  de'  coslumi,  possa  altre- 
si  definire  con  certezza  di  giudizio,  che  quesll  o  quell'  allro,  il  quale 
costi  indubitalamente  avere  tenuto  un  genere  di  ^ita  di  squisita  per- 
fezione,  e  di  piu  avere  in  pruova  della  eccellenza  di  sua  virtu  il  suf- 
fragio  di  Dio  stesso  col  linguaggio  de'  miracoli,  sia  pervenulo  di  fat- 
to  al  porto  di  elerna  bealitudine?  Sicche,  essendo  quest' atto  del  Ro- 
mano Pontefice  una  conseguenza  della  sua  infallibility  inquanto  giu- 
dice  della  fede,  inquanlo  maestro  della  vita  cristiana;  tanto  un  Calto- 
lico  non  puo  revocarne  in  dubbio  il  valore ,  quanto  un  uomo  ragio- 
nevole  non  puo  negare  una  conseguenza ,  la  quale  discende  per  im- 
mediata  illazione  da  due  premesse  indubitate. 

Ma  se  la  possanza  di  cosiffatte  rivelazioni  della  Chiesa  non  fa  al  fe- 
dele la  meraviglia ,  che  dee  naturalmente  apportare  al  discredente ; 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORIFICATA  NEL  SECOLO  XIX  59 

oh  quanta  invcce  e  la  soavita  ond'  e  commosso  il  suo  ammo ,  spe- 
cialmenle  se,  col  cuore  purgalo  degli  affetli  profani,  si  reca  ad  assi- 
stere  all'augusta  ceiimonia ,  la  quale ,  nella  pienezza  dello  splendore 
e  della  maesla  del  cullo  caltolico,  si  suole  celebrare  in  questa  Roma, 
nel  maggior  lempio  del  mondo!  Noi  ci  rivolgiamo  a  que'  forlunali, 
che  con  animo  pio  vi  stetter  presenli  quesrultima  volta  ,  e  ne  hanno 
ancor  fresche  nella  menle  le  reminiscenze  e  palpitanti  nel  cuore  i  sen- 
timenti.  Dicano  essi ,  se  non  parve  loro  di  esser  per  poco  assort! 
fuori  del  mortal  corpo :  di  vedere  nelle  fad,  onde  ardeva  il  ternpio 
del  Signore ,  quasi  un  riverbero  di  quella  luce  interminabile ,  di 
che  rifulge  la  celeste  Gerusalemme;  di  ascollare  ne'  sacri  canti  quasi 
un'eco  delle  celesli  melodic;  di  scorgere  in  quell'atto  solenne,  quan- 
do,  rimosso  il  velo  del  quadro,  la  novella  Beata  fu  proposta  alia  ve- 
nerazione  de'  fedeli,  come  una  ripetizione  del  solenne  ricevimento, 
cheessaebbe  nelcielo,  della  festa  con  cui  fu  locata  dallo  Sposo 
celeste  nel  suo  seggio  di  gloria ;  e  degli  applausi  e  della  festa  che 
le  veniva  rinnovellata ,  nell'atto  di  essere  glorificata  sulla  terra.  la 
soslanza  dovea  sembrare  quella  pompa  un  avvicinamenlo ,  benchc 
arcano ,  una  comunicazione ,  benche  in  ispirito ,  e  quasi  una  mede- 
simezza  di  senlimenli  e  di  affetli  de'  cittadini  del  cielo  e  de'  viatori 
della  terra.  II  che  non  si  creda  gioco  semplicemenle  di  fantasia.  Se 
la  fantasia  vi  ha  la  sua  parte ,  essa  si  fonda  nella  realta  della  cosa ; 
nell'essere  cioe  una  la  Chiesa  di  Cristo ,  o  che  militi  sulla  terra ,  o 
che  trionfi  nel  cielo ;  cotanto  slrelti  sono  i  vincoli ,  che  ne  adunano 
i  membri  in  un  sol  corpo,  o  sia  che  nell'uno  stato  si  trovino,  o  sia 
che  neH'altro. 

Di  che  si  puo  inferire  di  quanto  immenso  vantaggio  debbano  riu- 
scire  al  Crislianesimo  cotesli  solenni  alii ,  onde  1'aulorila  ponlificia 
saol  consecrare  la  memoria  di  alcuni  piu  eroici  figliuoli  della  Chiesa 
cogli  onori  della  sanlita.  Ne  i  sentimenli,  che  ne  rampollano  negli  ani- 
mi,  di  fede  piu  viva,  e  i  desiderii,  che  se  ne  accendono,  di  meglio 
esercitare  le  virtu  cristiane  ( perciocche  per  quella  e  per  queste  pote 
un  uomo  mortale  sublimarsi  a  tanta  gloria  innanzi  aDio),  sono  affelti 
passaggieri,  o  proprii  di  un  popolo  solo.  Essi  si  spandono  nella  im- 
mensa  moltiludine  de'  fedeli,  a  misura  che  la  nolizia  del  nuovo  Santo 


60  I A  B.  MARGHERITA  ALACOQUE 

o  del  nuovo  Beato ,  festeggiato  in  Roma ,  si  propaga  pel  mondo,  e 
gli  si  rendon  gli  onori.  Tutti  allora  lo  ammirano,  tulti  lo  glorifi- 
cano ,  tutll  ne  vogliono  sperimentare  la  potenza ,  coir  iirvocarne  il 
patrocinio ;  e  quali  piu  e  quali  meno  si  sentono  rinnovare  nell'airimo 
la  pieta  cristiana.  Donde  addiviene  che  cotesti  esaltamenti  mm  tan- 
to  riescono  a  gloria  de'  Santi ,  quanto  a  stimolo  de'  fedeli  di  vieme- 
glio  sanlificarsi.  Che  e  appunto  cio  che  ha  in  mira  la  Provvidenza; 
la  quale  dirige  la  Chiesa  per  irifallibile  via ,  sicche  essa  le  debba 
tornare  in  seno  il  numero  intero  degli  eletli ,  seriza  che  vi  manchi 
niuno.  Che  pero  la  stessa  Provvidenza,  siccome  suole  comune* 
mente  regolare  la  vita  de'  Santi ,  per  guisa  che  profitti  a  bene  della 
societa  cristiana ,  secondo  le  peculiari  condizioni  ed  i  bisogni  di 
que'  tempi ,  in  che  dispone  che  vivano ;  cosi  parimente  suol  ordi- 
nare ,  che  sieno  al  mondo  manifestati  per  que'  grandi  che  furono 
in  terra  in  opere  di  virtu ,  e  sono  ora  in  cielo  per  gloria,  quando, 
atteso  il  carallere  speciale  dclla  lor  santila ,  quella  manifestazione 
possa  provenire  piu  vanlaggiosa  al  mondo. 

II  che  ci  pare  che  siasi  verificato  in  un  modo  assai  luculento  per 
rispetto  alia  beata  Margherita.  Ouanclo  ella  visse  fu  elotta  da  Dio, 
come  strumento  principalissimo  da  ravvivare  nella  Chiesa  lo  spirito 
del  suo  divino  fondatore ,  menlre  ardeva  una  terribile  guerra  contro 
il  medesimo  spirito.  Ora  che  ella  riapparisce  nel  mondo,  si  manifesta, 
merce  di  quesla  sua  glorificazione,  come  il  piu  perfetto  contrappo- 
sto  alia  rea  indole  del  secolo  presente.  Donde  noi  possiamo  inferire 
che  appunto  per  cio  ha  disposto  Dio ,  che  fosse  in  quesli  tempi  glo- 
rificala ,  perche  ha  inteso  di  opporla  al  mondo  di  adesso,  e  fame  ai 
fedeli  un  esempio  da  imitare,  opportunissimo  nelle  presenti  condizio- 
ni. Noi  faremo  opera  di  chiarire  brevemente  1'una  e  1'altra  verita. 

II  mondo  e  Cristo  sono  due  termini  opposti,  secondoche  il  concetto 
del  mondo  inchiude  il  concetto  di  quelle  cose,  che  sono  conformi  al- 
ia guasta  natura ;  e  Cristo,  col  suo  divino  ammaestramento  e  "cogli 
esempii  della  sua  santissima  vita,  e  la  norma  di  cio  che  devesi  crede- 
re e  operare,  in  opposizione  ai  desiderii  ed  alle  tendenze  del  senso. 
Pero  il  mondo,  anche  quello  che  si  genera  nel  bel  mezzo  della  Chie- 
sa, in  ogni  secolo  ha  fatto  guerra  a  Cristo,  e  contrariato  alle  sue  mas- 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORIFICATA  NEL  SECOLO  XIX  61 

simc ,  c  perseguitato  i  suoi  veraci  adoratori :  ma  non  sempre  della 
slcssa  maniera,  no  co'  medesiini  intendimenti.  Nel  secolo  XVII,  nel 
quale  tocco  all'  Alacoque  di  vivere ,  si  accese  nel  scno  stcsso  della 
Chiesa  una  guerra  contro  di  Cristo,  di  genere  affalto  diverso  da  tut- 
te  le  precedent!,  e  con  asluzia  infmitamente  piu  fina.  Ne' tempi  innan- 
zi  era  sempre  stata,  anche  nelle  file  degli  adoratori  di  Cristo,  una  op- 
posizione  a  Cristo :  ma  questa  si  restringeva  alia  vita  e  ai  costumi;  ne 
faceasi  con  animo  determinato  di  oppugnare  la  fede,  e  di  distruggere 
il  regno  di  Dio  sulla  terra.  Accadeva  per6  anche  spesso ,  che  dalla 
vita  e  dai  costumi  si  trapassasse  alle  credenze  ;  e  qui  e  cola  susci- 
tavansi  ereliche  sette ,  col  malvagio  proposito  di  sradicare  dal  mon- 
do  la  fede  degli  Apostoli.  Appena  un  secolo  innanzi  ai  tempi ,  che 
ora  stiamo  contemplando ,  si  era  compiuta  quella  grande  apostasia , 
la  quale  scevero  dal  seno  della  Chiesa  quasi  tutto  il  Settentrione 
dell'Europa  cattolica ,  e  minacciava  di  occupare  il  rimanente.  Non- 
dimeno  queste  guerre ,  benche  nrvinose,  benche  micidiali  di  anime, 
erano  guerre  aperle,  guerre  palesi :  e  ci6  stesso  melleva  in  ri- 
guardo  almeno  coloro,  die  non  amassero  volontariamente  gittarsi 
allo  sbo.raglio.  Ne  aveano  gran  largo  i  seitarii  di  operar  celatamen- 
te ,  tessendo  insidie  alia  fede  degl'  incauti.  A  questi  provvedeva  la 
vigilanza  della  Chiesa  ed  i  presidii,  che  alia  Chiesa  fornivano  comune- 
mente  i  Governi  caltolici.  Sicche  se  1'eresie  polerono  ne'  tempi  ante- 
riori  fare  di  gran  guadagni :  primieramente  cotesli  guadagni  erano 
per  ordinario  del  rifiuto  del  crislianesimo ;  secondariamente ,  chec- 
che  avessero  acquistato,  non  poteano  pero  allettarc  ragionevole  spe- 
ranza  di  corrompere  lo  spirito  stesso  della  Chiesa ,  perchc  separate 
recisamente  dal  gran  corpo  de'  fedeli. 

Ma  nel  secolo  dell' Alacoque  la  setta  anticristiana  si  appiglio  ad 
una  foggia  tutta  nuova  di  combatlere;  la  quale  fu  di  armeggiare  non 
solamente  col  simularsi  cattolica  a  tutta  pruova,  ma  di  una  tanta  ec- 
cellenza  di  santita  da  fare  gabbo  eziandio  ai  piu  accorti.  I  leltori  gia 
inlendono  che  noi  parliamo  de'  Giansenisti ;  il  fine  de'quali  fu  quello 
di  corrompere  soslanzialmente  lo  spirito  del  crislianesimo ,  per  riu- 
scire  da  ultimo  a  distrugger  la  Chiesa;  e  mezzo  a  questo  fine  la  piu 
cupa  dissimulazione  e  la  piu  sottile  ipocrisia.  Eccoli  dunque  tutto 


62  LA  B.  MARGHERITA  AIACOQUE 

zelo  per  la  purita  della  fede,  tutti  ardore  per  la  illibatezza  della  mo- 
rale catiolica ,  tulti  fervore  di  solida  pietci ,  traforarsi  in  ogni  ordine 
del  consorzio  cristiano ;  e  colle  apparenze  di  mentita  virtu  propagara 
largamente  il  veleno  nel  volgo  de'  credenti.  Ai  quali  danni  era  dif- 
ficile alia  stessa  Chiesa  apprestare  un  pronto  rimedio.  Imperoc- 
che  siccome  niuna  cosa  avrebbe  tanto  scorapigliato  i  loro  disegni , 
quanto  essere  discoperti  e  condannati  come  erelici;  cosi  di  niuna  co- 
sa facevano  tanto  spaccio  a  parole ,  quanto  della  loro  osservanza  e 
docilita  al  supremo  Paslore  in  quanto  tale.  Percio  essi  i  primi  con- 
dannare  le  dottrine  condannate  dal  successore  di  Pietro :  ma  non 
esser  le  loro,  ne  del  loro  Giansenio.  Che  se  cio  stesso  era  definite  da 
Roma;  non  falliva  un  altro  ripiego:  essere  controversia  sopra  un  fat- 
to  ;  e  intorno  ai  fatti  non  avere  la  Chiesa  ne  '  Pontefici  aulorila  in- 
fallibile.  Con  quesli  e  mille  altri  artifizii  essi  si  schermivano,  se  non 
dinanzi  alia  coscienza,  di  clie  a  loro  non  caleva,  almeno  dinanzi  alia 
universita  de'  fedeli,  dai  fulmini  del  Vaticano.  Con  die  aveano  lulta 
il  bisogno  per  seguitare  a  dilungo  il  trislo  gioco ,  facendosi  anche 
merito  della  ingiusla  persecuzione,  siccome  calunniati  nelle  loro  san- 
te  opere  e  dirilte  intenzioni. 

Or  non  sembri  ai  leltori  una  vana  esagerazione  quello  die  teste 
proponevamo :  avcre  cioe  Dio  suscitata  la  sua  Serva  Margherita 
Alacoque,  per  opporre  nella  sua  Chiesa  ,  collo  spirito  di  santila ,  di 
die  venivala  informando ,  una  difesa  efficacissima  contro  la  invasio- 
ne  del  Giansenismo.  Non  gia  die  1' Alacoque  avesse  mai  combattuto 
il  Giansenismo  direltamente ,  sludiando  per  queslo  nella  Scritlura  e 
ne'  Padri ,  armandosi  di  ragioni  teologiche ,  stampando  libri  in  con- 
fulazione  di  quegli  errori.  Chi  sa  anzi,  se  nella  sua  umile  dimora  di 
Paray  fosse  mai  giunta  la  fama  di  quelle  baltaglie ,  o  anche  il  sem- 
plice  nome  di  Giansenio  e  de'  suoi  setlalori  ?  Ball'  altro  canto  non 
mancavano  allora  dotlissimi  uomini  e  sanlissimi ;  i  quali  sin  dal 
principio,  avvisato  il  lupo  che  cosi  bene  si  mantellava  della  pelle  di 
agnello,  levarono  alia  la  voce  per  fare  accorta  la  gregge  di  Cristo 
delle  insidie  ond'era  circondala,  ed  invocare  il  presidio,  che  mai  non 
manco  di  chi  era  suprema  difesa  dj  Israele.  Ma  era  da  fare  con  una 
selta  proteiforme ,  la  quale ,  quando  sembrava  gia  colta  nei  lacci  f 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORTFICATA  NEL  SECOLO  XIX  63 

improvvisamente  si  dileguava ,  per  ricominciare  1'assalto  sopra  di 
un  altro  campo ,  e  con  forme  diverse.  E  tanto  piu  riusciva  malage- 
vole  slringerla ,  inquantoche  la  sua  arma  usuale  non  era  gia  la  ma- 
irifesla  eresia.  Per  questa  comunemente  riserbava  gli  ullimi  colpi: 
le  prime  pruove  erano  apparenze  di  otlimo  fine ;  come  quello  di  ri- 
formare  i  coslumi,  riducendoli  da  que'  pessimi,  che  erano,  essi  di- 
cevano ,  per  la  colpa  di  lassi  moralisli ,  a  quegli  ottimi  che  esser 
dovevano,  secondo  1'  insegnainento  del  Vangelo.  Con  che  venivano, 
senza  destare  sospetlo,  ed  anzi  avendo  nome  di  buoni  e  fama  di  san- 
ti ,  a  mescolarsi  tra  fedeli ,  a  tener  campo  nella  Chiesa,  ad  occupare 
cariche  anche  cospicue  pel  Santuario,  e  inlanlo  spargere  a  piena  si- 
curta  i  loro  errori,  senza  che  umano  accorgimento  sopperisse,  a  po- 
tere  diradicare  si  funesta  zizania  di  mezzo  al  buon  grano. 

Sicche  oltre  ai  mezzi  di  esterna  disciplina ,  soliti  adoperarsi  con 
tanto  discernimenlo  e  sempre  opporlunamente  dai  Romani  Pontefici, 
era  da  provvedere  da  quel  Padre  amorosissimo  della  Chiesa ,  che  e 
Dio ,  di  un  mezzo  tutto  iriterno  nel  cuore  de'  fedeli ,  il  quale  accop- 
piato  col  magislero  eslerno  de'  legittimi  pastori ,  mettesse  in  sicuro 
il  vero  spirito  del  crislianesimo  contro  le  arti  di  cosi  astuli  nemici. 
A  quest' uopo  per  1'appunlo  egli  elesse  Margherila. 

E  qui  non  e  mestieri  veriir  raccontando  le  sue  virtu  singolaris- 
sime,  i  suoi  egregi  fatti ,  le  sue  mirabili  qualita.  Sono  cose,  delle 
quali  a  questi  giorni  ogni  nostro  leltore  avra  contezza,  o  puo  averne 
quanto  noi ;  essendo  gia  in  migliaia  e  migliaia  di  esemplari  propa- 
gata  la  storia  della  sua  vita.  Vogliamo  solo,  che  chi  ci  legge  ricordi 
con  noi  in  che  finalmente  si  venne  assommando  il  lungo  lavorio,  con 
che  la  grazia  condusse  a  cosi  alta  perfezione  quell'  anima  elelta ; 
o  in  altri  termini  quale  fu  il  caratlere  speciale  della  santila  di  que- 
sla  beata  donzella.  II  suo  Sposo  celeste  fin  dalla  sua  piu  lenera  eta 
la  elesse  per  se ,  se  la  venne  immediatamente  educando ,  e  condu- 
cendo  quasi  per  mano  dalle  piu  facili  e  soavi  virtu  alle  piu  difllcili 
ed  aspre :  e  cio  per  fame  un  modello  di  una  divozione,  nuova  quan- 
lo  alia  forma ,  benche  antica  nella  soslanza :  e  questa  era  il  culto 
speciale  al  suo  Cuore  divino. 


64  I A  B.  MARGHERITA  ALACOQUE 

Una  tale  divozione ,  risultante  dalle  pratiche  piu  sode  delle  virlii 
cristiane,  avente  per  obbietto  il  Cuore  adorabile  del  Verbo  incarnato, 
attinta  immediamente  a  questa  fonle  medesima,  fu  lo  spirito  che  Bio 
intese  eccilare  nella  sua  Chiesa  in  contrasto  del  nuovo  spirito ,  che 
si  stava  propagando  da'  novatori ;  e  prima  ne  infiammo  questa  sua 
serva  fedele ,  perche  essa  ne  fosse  apostola  e  banditrice ,  non  gia 
collo  strepito  esterno  delle  parole ,  ma  colla  inlerna  insinuazione 
della  grazia. 

Abbiamo  delto,  che  la  sostanza  di  questa  divozione  era  antica  nella 
Chiesa.  Imperciocche  ii  suo  scopo  adequate  e  il  riconoscimento  della 
Infinita  carita  del  Verbo  umanato  per  noi,  la  corrispondenza  da  par- 
te  nostra  a  tanto  ainore,  e  lo  zelo  di  riparare  alia  generale  dimenti- 
canza,  che  e  nel  mondo,  di  tanti  suoi  benefizii,  ed  alle  offese  che  sono 
fatte  continuamente  a  cosi  amabile  oggetto.  Or  chi  non  vede  che  in 
queste  cose  si  compendia  tulta  quanta  e  la  piela  crisliana ,  potendo 
ad  esse  ridursi  tutte  le  virtu  proprie  del  Cristiano  ;  le  quali ,  la  Dio 
merce ,  non  sono  venute  mai  meno  nella  Chiesa ,  da  che  il  Figliuolo 
di  Dio  si  acquisto  questa  sua  sposa  col  prezzo  del  suo  Sangue?  Ma 
abbiam  detto  ancora,  che  fu  nuova  quanto  alia  forma ;  conciossiache 
non  fosse  stata  pralicata  giammai,  almeno  generalmente,  con  quella 
individuazione  di  obbietto,  e  con  quelle  specialita  di  riguardi.  Essa, 
considerata  secondo  queste  sue  determinazioni ,  era  stata  riservata 
da  Dio  pei  pcssimi  tempi ,  quando  sarebbe  necessario  uno  stimolo 
piu  sensibile,  e  pero  piu  efficace,  per  rawivare  nel  cristianesimo  lo 
spirito  del  suo  divino  Fondatore. 

Imperocche  il  cuore  e  come  la  fonte  della  vita ;  e  in  quello  hanno 
essere  sensibile  le  affezioni  dell'animo ,  e  prendono  calore  e  vee- 
menza  gli  affclti.  Pero,  anche  nel  linguaggio  comune,  viene  adope- 
rato  quasi  come  sinonimo  del  principaiissimo  fra  gli  affotti ,  qual 
&  1'amore ,  e  come  simbolo  di  cio  che  e  primario  intento  di  un  ani- 
mo,  e  ne  costituisce  in  certo  modo  la  vita  morale.  Pertanlo  in  que- 
sta divozione,  di  cui  fu  istrutta  divinamente  la  Beata  Margherita,  e 
rappresentato  all'adorazione  del  Cristiano  il  divin  Cuore  del  Ver- 
bo, nel  suo  essere  sensibile,  che  vive  per  noi  e  di  noi ;  facendoci 
oggetto  dell'amor  suo,  delle  sue  solleciludini ,  delle  sue  ansieta,  del 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORIFICATA  NEL  SECOLO  XIX  65 

suoi  dolori,  delle  sue  allegrezze.  Cosi  tulle  le  azioni  dell'  Uomo  Dio 
sulla  terra,  i  travagli  della*  sua  vita  mortale,  specialmenle  lasua  do- 
lorosissima  Passione:  che  piu?  la  stessa  amorosissima  provvidenza, 
che  ha  ora  della  sua  Chiesa  e  di  ciascheduna  delle  anime,  redenle 
col  suo  Sangue ;  in  modo  particolare  Y  arcana  vita,  che  tultavia  con- 
linua  in  mezzo  ai  suoi  nel  Sagramenlo  eucarislico,  sono  ridotti  a 
questo  principio  della  sua  vita  umano-divina,  che  ell  suo  santissi- 
mo  Cuore. 

Or  chi  non  vede  quanta  efficacia  ha  per  se  un  tal  simbolo  di  ca- 
rila,  proposlo  alia  contemplazione  ed  al  cut  to  de'  fedeli,  per  riaccen- 
dere  in  essi  1'  amore  verso  Cristo  e  ritemprare,  col  fuoco  celeste  del- 
le sue  vampe  divine,  lo  spirito  cristiano?  II  che  appunto  intendeva  di 
fare  il  Salvatore  del  mondo  in  quelle  orribili  strette,in  cui  fu  messa 
la  sua  Chiesa  per  opra  de'  Giansenisti.  Che  pero,  senz'  altro  mezzano, 
si  tolse  da  se  medesimo  a  coltivare  I'-anima  della  sua  Serva,  a  ri- 
purgarla  di  ogni  affetlo  terreno,  a  fiorirla  di  tutte  le  virtu :  e  quan- 
do  fu  pervenuta  ad  alto  grado  di  perfezione,  la  condusse  al  fonte  stes- 
so  del  suo  Cuore;  ed  ora  con  siniboli,  co'quali  le  veniva  significan- 
do  le  sue  divine  qualila,  ed  ora  con  apposite  istruzioni,  la  fece  non 
pure  fedele  discepola,  ma  esperta  maestra  di  questo  culto. 

Cristo  fa  duqque  che  istitui  nella  sua  Chiesa  la  divozione  al  suo 
Cuore  divino ;  e  la  istitui  secondo  un  modello  perfeltissimo,  qual  egli 
stesso  con  lungo  lavoro  si  formo  nella  verginella  Margherita.  Fu  in- 
tenzione  del  divino  Maestro ,  che  da  lei  si  venisse  propagando  nel 
-gran  campo  della  Chiesa,  e  percio  le  impresse  un  caratlere  di  sanli- 
&  amabile,  diffusiva,  incantevole,  com'  era  il  divino  oggetlo  di  quel 
culto,  di  cui  la  fece  banditrice.  Nello  slesso  tempo  suscito  lo  zelo  di 
parecchi  de'  suoi  ministri ,  spettabili  per  virtu  apostoliche ,  i  quali 
non  solamente  dessero  credito  a  questa  si  pia  e  solida  pratica,  ma 
con  ardore  infaticabile  la  propagassero  da  per  lutto;  operando  intanto 
egli  stesso,  dall1  una  parte  che  venisse  approvata  e  favorita  dalle  le- 
gitlime  autorila,  e  dall'  altra  che  soavemente  s'  insinuasse  nelle  ani- 
me e  le  riscaldasse  di  fuoco  celestiale.  Cosi  la  divozione  del  divin 
Cuore ,  che  pole  sembrare  dapprima  divota  fantasia  di  una  donnic- 
duola,  si  venne  dilatando  in  un  vasto  incendio ,  che  si  apprese  pri- 

Serie  7,  vol.  XII,  /tec.  3i9.  5  21  Settembre  1864. 


66  LA  B.  MARGBERITA  ALACOQUE 

mieramente  alle  anime  piu  pure ,  e  da  queste  riverbero  nel  comune 
de'fedeli,  a  rinnovamento  del  fen  ore  e'ristaurazione  del  vero  spi- 
rito  di  Crislo. 

Intanto  chi  potrebbe  dubitare,  che  in  quelle  condizioni  della  Chie- 
sa ,  nelle  quali  la  stessa  essenza  del  Cristianesimo  era  si  astulamen- 
te  insidiata  da'  Giansenisti,  questo  mezzo  si  proprio  di  ravvivamen- 
to  di  pieta  non  fosse  in teso  da  Cristo ,  che  1'introdusse,  come  ri- 
paro  e  conlrasto  alia  corrente  distruggitrice ,  die  minacciava  in- 
ondare  tutta  quanta  la  Chiesa?  Imperocche  lo  spirito  di  quella  selta 
era  gelo  di  morte,  che  tendeva  a  disseccare  nella  Chiesa  ogni  germe 
di  vita.  Gelo  nella  fede  pel  fatalismo  che  predicava :  la  grazia  neces- 
sitare  I'arbitrio;  1'arbitrio  non  essere  libero  ad  altro  che  al  male;  la 
eterna  salute  essere  opera  esclusivamente  di  Dio ,  a  cui  1'  uomo  si 
porge  come  strumento  necessario.  Gelo  nella  speranza :  perche  il 
Dio  cle'  Giansenisti  impone  una  legge  impossibile  a  compiere ,  e  in- 
tan  to  ncga  i  presidii  adequati  per  compierla.  E  quel  padrone  che 
esige  dal  servo  il  frutto  del  talento ,  senza  che  gli  abbia  dato  il  ta- 
lento  da  far  fruttare.  Gelo  nella  slessa  carila  :  perche  Iddio  e  fatto 
apparire  non  gia  come  padre  amoroso,  ma  come  esaltore  implacabi- 
le ;  il  quale  non  si  conlenta  di  qualunque  ossequio,  ma  vuole  il  puro 
amore ;  amore  senza  mescolanza  di  proprio  interesse ,  senza  ri- 
guardo  al  proprio  bene  ,  senza  rispetto  a  ricompensa  nessuna.  Gelo 
ne*  gran  mezzi  di  salute,  che  sono  i  Sagramenli.  Chi  ha  peccato  pu6 
sperare  il  perdono  ariche  dal  Giansenista ;  ma  a  quali  patti  ?  Se  abbia 
concepito  un  dolore  informato  da  carita  perfettissima.  E  guai  se  ri- 
cade  !  Non  fia  ammesso  a  penitenza,  se  con  lunghissime  pruove  non 
abbia  dimostrato  lal  fermezza  di  proposilo,  da  rendere  quasi  impossi- 
Lile  il  ritorno  alia  colpa.  Chi  poi ,  secondo  que'  settarii ,  si  potrebbe 
appressare  alia  fonte  della  sanlita  essenziale  ,  che  e  Cristo  in  Sagra- 
mento ,  salvo  se  avesse  una  mondezza  di  anima  ,  da  emulare  la 
purezza  degli  Angeli  ?  Sicche  que'  tristi ,  a  forza  di  esagerare  i  pre- 
cetti  della  legge  divina,  e  fame  concepire  impossibile  la  pratica ,  si 
per  1'  arduita  della  cosa ,  come  per  la  mancanza  de'  presidii  della 
grazia ,  venivano  a  ingenerare  odio  alia  santissima  legge  di  Dio,  e 
avversione  da  Dio  medesimo,  principio  e  fine  di  essa  legge. 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORIFICATA  JsEL  SECOLO  XIX  67 

Effetti  in  tutto  conlradi  naluralmente  scaluriscono  dalla  divozione 
al  Cuore  SS.  del  Redenlore.  Al  riverbero  di  quelle  fiamme  divine, 
onde  si  dimostra  avvampante,  si  disfa,  anche  da  lungi,  ogni  gelo  di 
scoraggianli  doltrine*.  Chi  credera  al  Giansenista  die  asserisce  esse- 
re  Cristo  morto  solamente  per  gli  elelli,  nel  contemplare  quanto  de-. 
siderio  lo  affatica  della  salute  delle  anime?  Chi  puo  pensare,che  egli 
nieghi  i  necessarii  aiuti  a  salvarsi,  quando  considera  come  ogni  ani- 
ma  parlicolare  fu  1'oggetlo  de'suoi  dolori,  delle  sue  pene,  de'suoi 
amori,  nello  sborsare  che  fece  il  prezzo  della  salute  coraune?  Ne  so- 
lamente le  bestemmie  ereticalisi  dissolvono  da  $e,  alia  vista  di  quei 
santissimo  simbolo ;  ma  gli  stessi  ragionevoli  timori,  che  ispirano 
certe  terribili  verita  della  Fede,  cedono  il  luogo  ai  dolci  affelli  della 
speranza  e  deiramore,  che  fluiscono  con  vena  indefetlibile  da  quesla 
fonte  divina.  E  qual  ragione  di  temere  per  un'  anima,  se  giugne  a 
sentire  1'  alito  di  quella  carita  infinita,  e  ad  esserne  tocca  ?  Come  an- 
zi  non  avra  somma  fiducia  di  avere  il  meno  da  chi  per  lei  ha  data 
non  solo  il  piu,  ma  tutto  se  slesso  ? 

Le  quali  naturalissime  conseguenze  di  questa  nuova  divozione 
previdero  assai  per  tempo  i  Giansenisli,  e  percio  e  incredibile  a  di- 
re quanto  si  travagliassero  per  farla  venire  in  discredito  e  frastor- 
narla.  II  che,  quando  ancora  mancassero  gli  argomenti  dire  Hi,  sa- 
rebbe  indizio  bastevole  a  fare  intendere,  che  il  cullo  del  divin  Cuore 
era  il  presidio,  suscitato  dalla  Provvidenza  nella  Chiesa  catlolica, 
per  opporre  conlrasto  a  quel  reo  loro  spirito,  ed  impedirne  gli  effetti. 

Dissero  dunque  che  questa  divozione  era  nuova  nella  Chiesa ,  e 
percio  stesso  da  doversi  sbandire.  Che  se  vi  aveva  alcun  che  di  lo- 
devole,  inquanlo  per  essa  si  adorava  Cristo;  colesto  culto  gia  forma- 
va  la  sostanza  del  Crislianesimo ;  ne  era  bene  alterarlo.  Ma  essi  vi 
scorgevano  altre  mire,  altre  intenzioni.  E  che  era  quel  separare  una 
porzione  del  Corpo  di  Crislo,  e  fame  oggelto  di  un  culto  speciale,  se 
non  iscindere  Cristo?  E,  perocche  il  Cuore  di  lui  intanto  e  degiio  di 
adorazione  di  latria,  inquanto  e  unito  colla  divinita,  e  la  diviuila  si 
unisce  al  corpo,  mediante  i'anioiajquel  disceverare  il  Cuore  dal  cor- 
po,  per  adorarlo  separatamente,  altro  non  essere  che  adorare  il 
Cuore,  falta  precisione  dairanima  e  cUHa  divinila:  e  questo  non  po- 
tersi  fare  senza  superstizione,  anzi  peccato  d'  idolatria. 


68  I A  B.  MARGHERITA  ALACOQUE 

A  mandare  in  dileguo  cosi  erronea  e  sofistica  argomentazione, 
hasta  negare  il  supposto,  che  cioe  nella  divozione  .al  sacro  Cuore  si 
faccia  precisione  della  sua  divinita.  Or  quante  volte  fa  ricantato  cio 
stesso  ai  Giansenisti  dai  Teologi  cattolici?Ma,  *senza  le  apologie  dei 
Teologi,  chi  non  vedeva  la  fatuita  della  opposizione;  mentre  a  niuno 
roai  era  venuto  in  mente  di  separare  il  Cuore  di  Cristo  dalla  sua  di- 
vinita; ed  anzi  si  faceva  esplicita  professione  di  adorare  quel  Cuore, 
come  unito  ipostalicamente  col  Yerbo,  e  come  fonte  degli  affelti 
umano-divini  del  Figliuolo  di  Dio?  Nondimeno  questo  sofisma  fu 
Tunica  arma  di  quei  settarii,  e  ne  usarono,  atteggiandola  in  mille 
guise,  per  un  secolo  e  piu,  senza  mai  darsi  briga  delle  risposte  dei 
Cattolici. 

Ma  i  Giansenisti  non  si  avvedevano  che  essi,  oppugnando  la  divo- 
zione  al  sacro  Cuore,  davano  mano,  non  volendo,  perche  si  propa- 
gasse  dove  ancora  non  era  giunta  e ,  dove  appena  incominciava  a 
spuntare,  mirabilmenle  crescesse.  Imperocche  questo  e  1'uso  di  Dio, 
dare  balia  ai  suoi  nemici  di  combattere  accanitamenle  le  sue  opere, 
acciocche  quel  germe  di  vivacita,  che  egli  v'  inchiude,  si  agili  col 
contraslo  che  gli  e  fatto,  si  spieghi,  e  svolga  tulta  la  sua  forza.  Se  i 
Giansenisli  avessero  lasciato  in  pace  coloro  che  essi,  per  istrapazzo, 
chiamavano  Alacoquisti  e  Cordicoli,  poteano  forse  sperare  di  vederli 
ristrelti  in  piccolo  loco ;  almeno  non  si  sarebbero  tanto  propagati  per 
quel  piu  vivo  desiderio,  che  ispira  ne'buoniuna  pratica  di  pieta,  se  e 
combaltula  da'  trisli :  dall'altra  parte  la  Chiesa  non  avrebbe  avuta  si 
gran  ragione  di  esaminare  con  tanto  rigore  la  divozione  al  sacro 
Cuore;  la  quale  poi,  trovata  non  solo  sanla,  ma  utilissima  al  profitlo 
spiriluale  e  divinamente  ispirata,  accolse  amorosissimamente  tra  gli 
esercizii  piu  cari  del  culto  crisliano  e  voile  che  si  allargasse  dap- 
pertulto. 

Sara  stata,  dira  forse  taluno,  provvidenza  per  que'  tempi,  che 
fosse  istituita,  mediante  la  Beata  Alacoque ,  la  divozione  al  sacro 
Cuore,  cosi  efficace  contro  il  reo  spirito,  che  era  diffuso  da'  Gianse- 
nisti.  Ma  ora  qual  connessione  di  provvidenza  si  puo  scorgere  tra  la 
beatificazione  della  istitutrice  di  questo  culto,  e  i  nostri  tempi?  Mag- 
giore,  diciamo  noi,  di  quello  che  possa  imraaginarsi. 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORIFICATA  NEL  SECOLO  XIX  69 

E  prima  vogliamo  premeilere ,  che  assai  piu  grave  addiviene , 
per  quest'  atto  solenne  della  Cbiesa,  I'autorita  di  questa  vergine ,  e 
della  divozione  inlrodolla  da  lei,  che  non  era  nel  suo  viver  mortale. 
Secondariamenle,  se  1'azione,  che,  quando  ella  vivea,  pole  esercita- 
re  in  pro  della  Chiesa ,  fu  di  molta  efficacia  per  la  santita  de'  suoi 
esempii,  e  il  valore  delle  sue  infocate  preghiere;  e  indubitato  che  ora 
questa  stessa  sua  azione  dev'  essere  assai  piu  possente  e  piu  univer- 
sale,  si  perche  le  sue  virtu  son  predicate  da  per  tutto  e  riconosciute, 
per  1'oracolo  pontiflcio,  perfettissime ;  si  perche,  con  do  sles'so  che 
viene  proposla  al  pubblico  cullo,  e  costituita,  per  divino  ordinamen- 
to,  avvocata  e  interceditrice  in  favore  degli  uomini. 

Ondeche,  se  abbiamo  dimostrato  per  evidenti  argomenti,  che  ella 
colla  sua  speciale  santita  fu  opposta  da  Dio  al  reo  spirito,  che  al  se- 
colo  in  cui  visse  travaglkva.  la  Chiesa ;  vi  ha  ogni  ragione  d'inferire, 
che  se  il  secolo  nostro  e  pur  esso  travagliato  da  uno  spirito,  a  cui 
la  santita  dell'  Alacoque  sia  contrapposto  adequate,  Iddio  abbia  or- 
dinato  che  venisse  a  questi  tempi  glorificata,  appunto  perche  i  fede- 
li  avessero  nella  santita  di  lei  un  presidio  valevole  contro  alia  cor- 
ruzione  presenle.  Or  non  e  uopo  di  molto  discorso  a  far  rilevare 
la  singolarissima  opposizione  che  corre  fra  i  due  termini. 

Che  e  il  mondo  di  oggi?  E  quello  che  e  stato  sempre,  il  nemico 
di  Cristo;  ma,  per  comune  sventura,  in  cosiffatte  condizioni,  che 
egli  puo  fare  la  guerra  a  Crislo,  non  di  lontano,  come  in  tempi  piu 
remoti,  ne  celatamente,  come  sempre;  ma  nel  mezzo  della  sua  Chie- 
sa, a  viso  aperto  e  contra  tutto  che  e  lui  o  e  da  lui,  la  fede,  la  mo- 
rale, la  disciplina.  L'  arte  di  condurla  e  stata  si  scaltra,  si  lunga  e 
perlinace,  che  non  puo  essere  par  to  di  umano  intelletto,  ma  inven- 
zione  di  Lucifero  stesso,  che  e  il  Capo  naturale  de'  nemici  di  Dio. 
Sarebbe  qui  da  fare  la  storia  del  Crislianesimo,  se  noi  volessimo 
svolgere  adequatamente  gl'  ingegni  di  questa  baltaglia,  che  durera 
sino  alia  fine  del  mondo.  Ma  bastera  un  rapido  sguardo  alia  con- 
dizione  attuale  di  cotesta  milizia  infernale,  per  intendere  quanto 
e  uopo.  Qual  e  il  presente  slalo  del  mondo?  Non  vedele?  Esso 
sta  quasi  tutto  alia  balia  ed  alia  merce  di  una  pessima  setta,  la  qua- 
le  e  inviscerata  colla  societa,  e  pure,  in  quanto  e  tale  setta,  non  e 


70  LA  B.  MARGHERITA  ALACOOJCE 

niuna  cosa  della  sociela ;  non  esiste  in  nessun  luogo,  e  nondimeno  e 
dappertutto  ed  opera  per  ogni  dove :  melte  capo  nelle  tenebre,  nei  si- 
lenzio  e  nel  mistero ;  e  luttavia  sta  sotto  gli  occhi  di  ognuno  e  se  ne 
scorgono  le  ree  intenzioni  e  se  ne  veggono  le  pessime  opere:  osteggia 
i  principi ,  e  non  pertanto  e  loro  collegata ;  non  ha  autorila ,  e  pur 
comanda  e  si  fa  ubbidire  da  chi  1'ha:  non  assolda  eserciti,  e  cio 
non  ostante  combatle  e  vince  e  trionfa  cogli  eserciti  altrui.  Or  come 
e  divenuta  a  cosi  grande  potenza,  in  mezzo  a  principal!,  e  a  princi- 
pal! caltolici;  i  quaii,  cosi  solto  il  rispetto  politico,  come  sotto  il  ri- 
guardo  religioso,  non  avevano  ne  potevano  avere  un  nemico  maggio- 
re?  Vi  e  pervenuta  col  lavorio  lungo  e  paziente  di  secoli,  incedendo  a 
piccoli  passi,  e  cosi  lenti  e  dissimulati,  da  non  parere  il  termine,  al 
quale  precede va ,  neppure  alle  viste  piu  acute.  Ora  la  sintesi  di 
quesli  passi  e  la  condizione  attuale  del  mondo;  dalla  quale  retroce- 
dendo  a  mano  a  mano  per  iscoprire  la  lunga  via,  non  si  puo  non 
ammirare  la  vastita  del  disegno,  1'ordinato  collegamento  di  element! 
svariatissimi,  la  oslinatezza  del  condurlo,  a  malgrado  die  mille  vol- 
te sia  slato  frastornato.  Cose  che  soprastanno  d'immensurabile  altez- 
xa  alia  umana  inlelligenza  ed  alia  operosila  di  esseri  morlali,  ne  si 
possono  allrimenti  spiegare  che  colla  occulta  intervenzione  di  Satana. 
Qui  a  noi  non  tocca  indagare ,  perche  Iddio  voglia  a  quando  a 
quando  consentire  al  suo  Nemico  di  grandi  trionfi,  e  perche  ora 
gliel'  abbia  in  oltre  permesso  cosi  uuiversale.  Noi  aspetliamo  che 
venga  a  confonderlo  con  mezzi,  da  rivelare  tan  to  piu  la  sua  infinita 
sapienza  ,  quanto  e  maggiore  la  malizia  che  egli  adopera  contra  il 
suo  Creatore.  Ma  certo  e  che  la  setta,  che  e  sua  rappresentante , 
precede  adesso  colla  testa  in  alto,  sfidando  il  cielo  e  la  terra.  La 
potenza  dei  Re  e  caduta  dinanzi  ai  suoi  piedi :  essa  in  gran  parte 
a  regolare  i  consigli  nelle  aule  ministerial! ;  essa  in  gran  parte  a 
dettare  le  leggi  ne'  Parlamenti.  La  potenza  dei  popoli ,  che  sta  nel- 
le passioni  e  negli  interessi ,  o  soggiogata  da  lei  con  satanica  op- 
pressione,  o  governata  da'  suoi  sofismi,  da'  suoi  inganni  e  dalla  cor- 
ruzione  che  suscila  e  fa  dilagare  dappertutlo.  La  potenza  della  Chiesa 
ridotta  ad  essere  la  potenza  de'Martiri,  perche  non  1'e  lasciata  altra 
balia,  che  quella  che  non  puo  esserle  tolta,  cioe  di  patire  con  divi- 
no  coraggio  per  la  verita  e  per  la  giuslizia. 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORIFICATA  NEL  SECOLO  XIX  71 

Ora  in  lanlo  scempio  della  religione,  in  mezzo  aquesta  gucrra  che 
arde  contro  la  piela  cristiana,  in  questo  si  patente  trionfo  do'  ministri 
di  Lucifero ,  non  e  singolarissima  miscricordia  di  Dio  ai  fedeli ,  fare 
riapparire  in  certa  guisa  nella  Chiesa  la  sua  Serva,  coll*  aureola  di 
Beala,  per  conforlarne  lo  spirilo ,  che  lo  regga  intanto  nella  durissi- 
ma  pruova  e  lo  conservi  robuslo,  perche  meglio  debba  godere  la  gioia 
del  trionfo,  nel  giorno,  per  lo  quale  Egli  ha  segnato  la  sua  piena 
inisericordia  ? 

Imperciocche  la  odierna  persecuzione  contro  alia  Chiesa  non  & , 
almeno  rispetto  al  volgo  dei  fedeli,  di  ergasloli  e  di  mannaie,  ma  di 
beslemmie  e  di  corruzione.  La  novella  civilla  non  si  vuole  far  largo 
principal mente  col  sangue ;  ma  si  col  convincimento  e  colla  persua- 
sione.  Secondo  il  quale  proposito,  senza  che  noi  il  diciamo,  vede 
ognuno  come  si  travaglia  la  setla  con  quel  suo  mezzo  onnipotenle 
che  e  la  stampa,  che  a  furia  di  sofismi  e  di  violenze  si  e  giunla  a 
guadagnare  dove  che  sia.  Col  quale  si  poderoso  istrumento ,  quando 
a  lei  conveniva  di  tenersi  ancora  ne'  riguardi,  si  era  per  ogni  guisa 
industriata  di  alterare  nelle  menti ,  con  apparenza  di  cattolicita ,  la 
soslanza  stessa  del  concetto  cattolico.  Ma  ora  che  essa  si  reputa  gia 
padrona  del  campo ,  ha  rivolte  manifestamente  le  sacrileghe  armi 
conlro  T  Autore  stesso  del  Cristianesimo ,  e  il  fondamento  di  questo, 
rinnegando  la  divinita  di  Gesu  Salvatore,  e  contendendosi  che  la  in- 
fernale  bestemmia  fosse  da  tulto  il  mondo  raccolta.  E  non  si  dica 
che  uno  e  slato  lo  scellerato  bestemmiatore.  Uno ,  si ,  il  principale 
strumento  dello  seandalo  ;  ma  perche  si  sapesse,  che  il  mandate  gli 
proveniva  da  Colei,  che  ha  scritto  in  sulla  fronte:  BESTEMMIA;  essa 
medesima  gli  mandava  con  ufficiale  deputazione  una  penna  di  oro. 
E  poi  quanta  briga  si  e  data,  per  mezzo  de'  suoi  minislri ,  perche  il 
maledetlo  libro  fosse  per  ogni  dove  diffuso?  Ci  piange  il  cuore  a 
pensare,  come  nelle  citta  piu  colte  di  questa  nostra  Italia,  nelle  pub- 
bliche  piazze,  nelle  vetrine  piu  cospicue,  apparisse  agli  occhi  de'  re- 
denli  da  Cristo  Dio  il  titolo  del  libro ,  che  il  rinnegava ;  e  niuno  in- 
tanto polesse  impedire  cotanto  oltraggio ;  perciocche  le  autorita  erano 
o  della  selta,  o  ligie  della  seita;  e,  tra  i  librari ,  coloro  i  quali  non 
credono  ad  altra  divinita ,  che  a  quella  del  dio  quattrino ,  si  erano 


72  LA  B.  MARGHERITA  ALACOQUE 

persuasi  di  divenlare  altrettanti  Cresi,  facendo  mercimonio  della  be- 
stemmia  francese,  Iradolta  in  pessimo  italiano. 

Ma  se  ai  credenti  non  fu  data  facolta  di  fraslornare  lo  scandalo: 
seppero  ritrovare  pero  infinite  guise  di  ripararlo.  Di  soli  libri ,  falli 
correre  nella  Francia  e  nell'  Italia,  non  tanlo  a  confulare  la  beslem- 
mia,  che  cade  di  per  se,  quanto  a  ribadire  la  caltolica  verila,  si  con- 
tano  a  centinaia  di  migliaia  gliesemplari.  Che  diremo  poi  deglialtri 
mezzi  adoperali  per  risarcire  1'onore  del  divin  Yerbo  incarnato?  Fu- 
rono  frequenlissimi  e  splendidi  i  Tridui  di  riparazione  ;  molte  e  so- 
lenni  le  supplicazioni  di  penitenza  ;  infinili  gli  allri  ossequii  di  ogni 
ragione  ,  in  significazione  di  dolore  di  si  sformata  empiela  ,  ed  in 
ammenda  di  si  sacrilego  oltraggio.  Sicche,  a  trarre  le  ragioni,  si 
puo  affermare,  che  da  quesla  empieta,  piuttosto  che  patirne,  ne  ha 
guadagnato  la  Fede.  Imperocche  di  coloro  che  per  quesla  tentazione 
si  sono  aggregati  palesemente  alia  bandiera  della  incredulila,  de'mil- 
le  i  novecento  novanlanove  si  puo  contare  che  gia  erano  increduli  e, 
senza  sospetto  di  giudizio  temerario ,  comunemente  di  tai  costumi  da 
non  doversene  tenere  onorato  il  cristianesimo.  Laddove  nella  gran 
maggioranza  de'fedeli  quell*  onta  cosi  villana  al  loro  Dio  ,  quell'  in- 
sulto  si  burbanzoso  alia  lor  fede,  ha  provocato  in  contrario  una  tanlo 
gagliarda  reazione,  da  rimanerne  rinvigorile  mille  tanti  le  loro 
credenze. 

Ma  se  in  queslo  fatto  e  uopo  riconoscere  la  speciale  provvidenza 
di  Dio,  il  quale  rafforza  co'  superni  aiuli,  conlro  gli  assalli  dei  ne- 
nrici,  le  anime  de'fedeli;  non  e  da  reputare  eziandio  sua  provviden- 
za ,  che  presso  il  medesimo  tempo,  che  si  e  confermata  si  potenle- 
mente  la  loro  fede,  sia  offerto  un  mezzo  efficacissimo  da  rinfiam- 
mare  la  carila?  Ecco  che  menlre  i  nemici  di  Cristo,  con  si  oltracota- 
ta  impudenza,  mandano  atlorno  la  loro  bestemmia;  e  daH'allro  canto 
i  fedeli  compresi  di  santo  orrore  si  raccolgono  intorno  al  loro  Dio, 
a  protestargli  la  lor  fede,  a  rifarlo  con  pubbliche  onoranze  della  pub- 
blica  offesa,  vien  collocata  sugli  allari  questa  vergine  fervorosa  e 
proposta  alia  loro  imilazione.  Imperciocche  la  imitazione  delle  vir- 
tu de'Santi  e  cio  che  ha  in  mira  principalmente  la  Chiesa  negli  ono- 
ri  che  loro  fa,  e  impone  ai  fedeli  che  loro  rendano. 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORIFICATA  NEL  SECOLO  XIX  73 

E  qui  ci  valgano  le  cose  poco  innanzi  discorse,  inlorno  all'  indole 
particolare  della  santita  dell'  Alacoque,  che  puo  essere  compendia- 
ta  in  queste  poche  parole:  « 1'Amante  fedele  del  SS.  Cuore  di  Crislo 
Dio».  Deh  qual  pruova  maggiore  dell'avere  Iddio,  con  provvidenza 
particolare,  riservata  a  questi  tempi  la  glorificazione  di  lei,  per  dare 
un  modo  ai  credenti  di  risarcire  compiulamente  I'oltraggio,  che  in 
questi  tempi  farebbe  il  mondoal  suo  divino  Fgliuolo  ?  Conciossiachd, 
gran  cosa  sono  state  le  proteslazioni  di  fede  e  gli  altri  ossequii  di 
venerazione ,  renduti  daperlutto  al  Divino  maestro  :  ma  se  sono  da 
stimare  assai  in  paragone  della  incredulita  di  molti,  della  indifferen- 
za  di  tanti,  della  freddezza  d' 'innumerabili  altri ,  son  presso  che  un 
nulla  in  comparazione  del  merito  infmito  del  Dio  umanato.  II  quale, 
se  da  nuovi  Giudei  e  messo  a  questa  croce  del  pubblico  improperio 
e  deriso  e  bestemmiato  ,  egli  e  perche  per  amore  degli  uomini  si 
Tolle  fare  rultimo  degli  uomini,  Novissimus  virorum.  Sicche  1'amor 
suo  verso  di  noi,  e  1'avere  voluto,  a  si  gran  costo  della  sua  dignila, 
procurar  la  nostra  salute ,  gli  e  valso  il  discredit  e  il  dilegio  degli 
empii,  che  non  sanno  farsi  capaci,  come  un  Dio  fosse  potuto  discen- 
der  si  basso.  In  sostanza,  cio  che  sembro  scandalo  ai  giudei,  stolti- 
zia  ai  pagani ,  e  simigliantemente  scandalo  e  stoltizia  a  coloro  che 
non  sappiamo  se  sieno  phi  giudei  o  piu  pagani ,  posciache  in  essi  e 
raccolto  iutto  il  peggio  che  fu  negli  uni  e  negli  altri. 

Or  se  T  amore  sviscerato  di  Crislo  inverso  gli  uomini  e  stata  la 
occasione  di  si  snalurata  disconoscenza,  qual  modo  piu  acconcio  di 
ripararla,  che  1' amore  con  larghezza  retribuitogli  da  suoi  pii  e  fede- 
li  adoratori?  Perciocche  qualunque  altra  ristaurazione,  senza  di  que- 
sta, sarebbe  inadequata.  Pel  quale  fine  non  sappiamo  qual  mezzo 
piu  opporluno  avrebbe  potuto  oflerire  il  Signore,  che  la  glorificazio- 
ne dell'  Alacoque,  la  fedele  Amante  del  Cuore  di  Cristo  Dio.  Essa, 
riapparendo  nella  Chiesa,  circondata  de'raggi  di  una  gloria  immor- 
tale,  frutto  della  sua  pieta  verso  il  divin  Cuore,  meglio  che  non  sep- 
pe  fare  in  prima  vita,  infiammera  del  suo  fuoco  celeste  i  petti  di  mol- 
li ;  e  quelli  che  poco  innanzi  protestarono  la  loro  fede  nell'  Uomo 
Dio,  in  si  diverse  maniere,  da  compensare  abbondanlemente  1'ollrag- 
gio  delle  bestemmie,  scagliate  contro  di  lui,  ne  saranno  compresi  di 


71  LA  B.  MARGHERITA  ALACOQUE 

tanta  carita,  da  ripagarlo  di  buon  vantaggio  dell'odio  de'suoi  nemi- 
ci.  Di  questo  almeno  ci  fa  segno  Iddio ;  il  quale  avvegnache  operi 
nel  segrelo  delle  anime  i  carismi  della  sua  grazia,  suole  pero  dare 
alcuni  indizii  esieriori,  quando  vuole  diffonder  su  molti  le  sue  mise- 
ricordie  spiriluali. 

Ma  se  il  secolo  reo  non  riconosce  Cristo  per  suo  Dio ,  si  &  scelio 
invece  un  altro  dio,  a  cui  e  largo  del  suo  culto  ,  delle  sue  adora- 
iioai,  de'suoi  amori.  Queslo  e  la  Iriplice  concupiscenza,  cioe  quel- 
la  della  came,  quella  delle  ricchezze,  quella  dell'  eccellenza :  trini- 
ta  detestabile  del  pessimo  idolo  de'  mondani,  che  e  ii  Mondo ,  sta- 
ta  sempre  in  opposizione  all' adorabile  e  divina  Trinita,  rivelata  dal 
Vangelo.  Ma,  se  cotesto  idolo  mostruoso  fu  in  ogni  tempo  1'  amore  dei 
seguitatori  del  secolo,  raramente  pero  gli  si  e  levato  trono  cosi  sfog- 
giato  ,  come  adesso,  ne'  luoghi  slessi  in  cui  si  adora  la  Croce.  Non 
e  questa  una  nostra  esagerazione :  in  buona  sostanza,  tutte  le  dottrine 
liberalesche  non  sono  che  il  Credo  della  religione  del  senso ;  e  la 
guerra  spielata,  che  ora  si  fa  alia  Ghiesa,  altro  non  e  che  1'  iufernale 
apostolato  di  quel  culto  nefando. 

In  tanta  e  si  fitta  caligine  di  sensualita  e  pure  un  conforto  ai  fe- 
deli  scandaiizzati  questo  raggio  di  luce  celestiale ,  che  e  la  mistica 
apparizione  di  una  vergine  glorificata.  Deh  non  era  quella  tenera 
donzelletta  di  carne  anch'essa?  Non  avea  pronto  ingegno,  vivace 
fantasia,  cuore  sensibile,  fibre  dilicate?  E  nondimeno  nel  bel  fioro 
degli  anni  e  delle  speranze,  non  ostante  i  soavi  inviti  del  mondo,  le 
carezze  de'parenti,  lelusinghe  di  splendide  nozze,  con  animogene- 
roso  si  separa  da  tutto  il  mondo,  per  seppellirsi,  tutta  sua  vita,  nella 
celletta  di  un  monislero.  I/  uomo  animate  abbrividisce  a  questa  pa- 
rola.  Non  ci  fa  meraviglia  ;  conciossiache  non  sappia  concepire  idea 
di  altro  piacere  ,  che  non  sia  fango  e  lordura :  e  pero  compatisce  di 
cuore  a  quelle,  che  ei  chiama  vitlime  infelici  del  fanatismo,  le  quali 
da  se  medesime  si  condannano  ad  una  vita ,  come  a  lor  sembra ,  di 
morte,  senza  un  amore,  senza  un  affetto,  senza  una  speranza. 

Miserabili !  se  vi  avanza  almeno  lanto  di  senno,  sopra  la  condizio- 
ne  de'bruti,  da  estimare  ,  che  1'  uomo  e  capace  di  assaporare  qual- 
che  altro  bene,  che  i  bruti  non  possono;  contemplate  alquanto  le  de- 


SANTA  NEL  SECOLO  XVII  GLORIFICATA  NEL  SECOLO  XIX  7& 

lizie  soavissirae ,  in  cbe  nuola  quell'  anima  verginale ,  sol  perch5  ha 
saputo  rinunziare  a  tutt'in  fascio  que'  beni,  senza  molti  do'quali  a  voi 
sembra  che  sia  morte  la  vita.  Che  se  a  tan  to  non  assorgete ,  soffrile 
almeno  che  dell'esempio  di  Margherita  si  avvalorino  i  credent!  a  dis- 
prezzare  i  vostri  sofismi,  a  rinunziare,  se  non  altro,  alle  illecite  con- 
cupiscenze,  a  riputare  beate  quelle  anime,  che  sieno  di  tanlo  invigo- 
rite  dalla  grazia ,  che  possan  far  senza  de'  piaceri  anche  innocenli 
del  mondo. 

Ma  i  piagnistei  del  secolo  tristo ,  sopra  la  infelicita  delle  vergi- 
ni  religiose,  o  in  generate  de'  Clauslrali ,  non  sono  compianti  di  a- 
nirai  generosi,  avvegnache  illusi ;  ma  ipocrilo  velo  alia  satanica  per- 
secuzione,  contro  la  vita  di  pcrfezione,  consigliata  dal  Vangelo.  Per6 
veggendo  che  que'loro  compatimenli  non  riuscirebbero  a  nulla;  per- 
ciocche  alle  anime  consacrate  a  Dio  e  cara  ,  piu  che  ogni  tesoro , 
quella  lor  vita  di  privazione  di  qualsivoglia  bene  mondano ;  vengono 
a  vie  di  fatto,  sbaraltando  violentemente  monisteri  e  convenli.  II  che 
essi  dicono  di  fare  per  una  ragione  di  altissimo  peso;  conciossiache  i 
frati  e  le  monache  sieno  esseri  inutili.  Oh  si !  esseri  inutili  non  solo, 
ma  perniciosissimi  al  mondo  che  bestemmia  Cristo,  e  ne  vuole  can- 
cellar  la  memoria  e  gli  esempii.  Perocche  questo  e  cio  che  cuoce 
principalmente  ai  nemici  di  Dio,  che  sieno  in  terra  di  tali,  che  colla 
lor  vita  di  annegazione ,  di  poverta ,  di  umiliazione  vadano  perpe- 
tuando  la  vita  di  Cristo  tribolato  ,  povero ,  umiliato.  Del  rimanente 
essi  predicatori  della  dignila  dell'  uomo  non  vedono  enorme  offesa 
che  recano  a  quesla ,  per  volerne  fare  per  forza  uno  strumento  di 
altrui  utilita?  0  come  si  concilia  cosi  slrana  pretensione  col  domma 
della  liberta,  di  cui  essi  son  tanto  larghi  a  lutli  i  paltonieri,  ai  bari, 
alle  meretrici ,  purche  non  facciano ,  essi  dicono  ,  ingiuria  ai  dritli 
altrui?  Che  piu?  Se  tanla  sete  e  in  essi  dei  beni  del  mondo ,  non 
dovrebbero  essere  consolati ,  che  sieno  molti  a  rinunziarvi ;  giacchd 
con  cio  ne  resterebbe  tanto  piu  da  parleciparne  a  quelli  che  ne  bra- 
mano?  Ma  no:  e  Todio  contro  a  Crislo  che  li  fruga ,  sicche  non 
vorrebbero  a  niun  prezzo  vederne  nel  mondo  praticata  la  dottrina 
e  rinnovati  gli  esempii. 


76  LA  B.  MARGHERITA  ALACOQUE  ECG. 

II  perche  gran  consolazione  e  de'  fedeli ,  specialmenle  delle  umili 
religiose,  si  barbaramente  perseguitate,  senza  un  perche,  se  non 
fosse  la  loro  innocenza  verginale,  troppo  amaro  rimprovero  alia  in- 
continenza  del  secolo,  vedere  in  una  povera  e  disprezzala  verginella 
beatificata-la  vita  del  Chioslro,  e  si  solennemenle  condannala  la  in- 
giusta  persecuzione  del  mondo. 

Concludiamo  adunque.  Se  Iddio  suscilo  con  quella  si  peculiare 
provvidenza,  nel  secolo  XVII,  Margherila  Alacoque,  per  opporre, 
colla  specialita  della  sua  santita,  un  riparo  nella  Chiesa  ai  funeslis- 
simi  effetti  della  eresia  di  Giansenio;  non  emen  chiaro,  che  il  mede- 
simo  Iddio,  per  fornire  ai  fedeli  un  presidio  proporzionato  ai  tempi 
correnti,  abbia  disposlo  che  la  stessa  sua  Serva  fosse  glorificata  ap- 
punto  in  quesli  tempi.  Imperoche  come  lo  spirito  di  carita,  attinta 
dall' Alacoque  dal  Cuore  di  Cristo ,  era  un  antidoto  efficacissimo 
contro  il  gelo  morlale  del  Giansenismo ;  cosi  ora  il  medesimo  spiri- 
to e  un  contrapposto  alia  incredulita  del  secolo,  uno  stimolo  ai  fede- 
li di  ricompensare  al  loro  Dio,  coll'amore,  1'odio  che  gli  profes- 
sano  i  tristi,  un  trionfo  sopra  il  mondo  della  vita  religiosa,  cosi  be- 
stialmente  perseguitata  dal  mondo. 

Rimane  solo  che  i  fedeli  facciano  loro  pro  di  questo  mezzo  per  se 
tanto  efficace,  che  e  loro  offerto,  e  compiano  i  disegni,  i  quali  ha 
intesi  la  Provvidenza,  nel  volere  sollevata  agli  onori  degli  altari 
Margherita,  rinnovando  il  fervor  cristiano  sul  modello  delle  sue  eroi- 
che  virtu  ,  specialmente  della  sua  infiammata  carita  verso  il  Cuore 
del  divin  Verbo.  II  quale  invito  pare  che  la  slessa  Chiesa  abbia  in- 
teso  di  fare  espressamente ,  mettendo  in  mostra ,  nella  facciata  del 
tempio  di  S.  Pietro ,  non  la  immagine  della  Beata  solamente ,  come 
e  I*  uso,  ma  quella  insieme  del  sacro  Cuore :  volendo,  crediamo  noi, 
indicare  con  cio ,  che  come  la  Serva  di  Dio ,  merce  di  quella  divo- 
zione,  santifico  se  medesima,  e  rinfervoro  la  carila  de'  fedeli  dal  gelo 
de'  tempi  in  che  vivea ;  cosi  della  stessa  divozione  si  debbano  avva- 
lere  anche  i  fedeli  di  questi  tempi ,  per  ritemprare  il  loro  spirito 
[contro  le  tentazioni  del  secolo. 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 


Idea  slorica  e  razionale  della  diplomazia  ecclesiastica,  per  GUGLIEL- 
MO  AUDISIO  —  Roma,  stabilimento  lipografico  Aureli  e  C.  1864. 

Questo  volume  del  chiarissimo  Canonico  Audisio  e  come  compi- 
pimento  e  corona  dei  Ire ,  da  lui  poco  innanzi  deltati  intorno  al  di- 
rillo  pubblico  della  Chiesa.  Cercare  I'  origine  della  Diplomazia  apo- 
slolica  e  vederne  il  corso ,  per  disegnarne  quindi  1'  ufficio  ,  e  questo 
il  compito  che  1'Autore  si  assume.  Slaremo  content!  a  fame  un  pic- 
colo cenno,  per  darne  alcuna  contezza  ai  nostri  leltori. 

Diplomazia  e  voce  derivata  dal  greco  ofoXw^a ,  in  latino  duplex  ; 
col  qual  nome  si  solevano  significare  gli  atti  principeschi  o  pubblici, 
di  cui  si  ritiene  e  custodisce  1'originale.  Diploma  adunque  vale  altret- 
lanto  che  duplicato ,  ed  un  tempo  lo  scrittore  di  tali  duplicati ,  doe 
dire  chi  avea  ufficio  di  trarre  dagli  atti  original!  le  rispondenti  co- 
pie  ,  dicevasi  diplomatico  o  duplicatore.  Da  si  lenue  principio  il  no- 
me di  diplomazia  progredi  poscia  a  significare  1'  arte  d'  interpretare 
le  anzidette  scrilture ;  e  da  ultimo  venne  sollevato  ad  esprimere  la 
scienza  o  anche  la  perizia  di  maneggiare  gli  affari  pubblici  ed  inter- 
nazionali  tra  i  diversi  Stati  sovrani.  Diplomatici  adunque ,  secondo 
quest'  ultimo  senso  ,  vengon  chiamali  quelli  che  esercilano  il  grave 
ufficio  di  rappresentare  la  maesla,  i  diritti ,  gl'  interessi  delle  nazio- 
ni.  In  questo  senso  altresi  cotesta  denominazione  viene  a  compren- 
dere  coloro ,  i  quali  rappresentano  la  maesta  del  Ponlefice  Massimo 
dei  Crisliani,  le  discipline  e  le  utilita  della  Chiesa  universale  presso 
le  Chiese  particolari  o  i  Principi  del  secolo.  Imperocche «  se  la  Chiesa 
ha  un  potere  centrale ,  vivificante  e  non  assorbente  gli  altri  poteri ; 
e  necessario  che  un'azione  mutua  e  un  flusso  e  riflusso  di  vita  si  pe- 
renni  fra  quello  e  quesli.  E  se  la  cristianila  dal  piccolo  lago  di  Ti- 
beriade  come  onda  si  dilatava  per  1'  universe ;  era  pur  naturala 
che  il  pescalore  di  Tiberiade ,  posta  la  Sede  in  Roma ,  da  questa 
reggesse  tutto  quel  movimento  di  cui  esso  era  il  centre.  Ma  infme, 
se  la  Croce  saliva  sul  diadema  degl'  Imperalori ;  era  indispensabile 
che  il  pescalore,  iDgentilile  le  forme,  con  Cesare  trattasse  gli  affari 


78  RIVISTA 

esterni  della  Religione  l.  »  E  questo  un  necessario  effetlo  e  un  di- 
ritto  inerente  del  principato  sacro  dei  Roman!  Pontefici.  «  Perche 
ogni  Principe,  avendo  ufficio  di  mantenere  dentro  ordinato  e  saldo 
lo  Stato  e  vegliar  di  fuori  alia  concordia  e  alia  pace ;  cosi  il  Princi- 
pato spiriluale  ha  debilo  di  mantenere  nella  Chiesa  ordinata  e  sal  da 
in  ogni  dovere  la  dipendente  gerarchia  ecclesiastica ,  e  coltivare 
presso  le  autorita  civili  la  concordia  della  Chiesa  e  dello  Stato  2.  » 

Di  qui  agevolmente  s'  intende  che  cosa  e  diplomazia  sacra ,  la 
quale  puo  definirsi :  //  diritto  centrale  della  Chiesa  applicato  o  in 
azione  nella  grande  sfera  della  Cristianita  B.  Essa  e  scienza  ed  ar- 
te  ad  un  tempo ;  e  riguarda  due  specie  di  relazioni :  altre  interne,  ed 
altre  esterne.  Interne  son  quelle  che  concernono  i  Pastori  inferior! 
e  le  Chiese  particolari;  esterne  quelle  che  hanno  per  termine  1'impe- 
ro  civile.  Per  le  prime  il  Pontefice  non  esce  fuori  del  proprio  regno; 
giacche ,  come  capo  supremo ,  egli  presiede  all'  inlero  corpo  mistico 
di  Gesu  Cristo ,  che  e  la  Chiesa  sparsa  e  diffusa  per  tutto  il  mondo. 
Per  le  seconde  esce,  in  certa  guisa,  fuori  del  proprio  giro,  in  quanto 
la  sovranita  laica  e  di  sua  nalura  eslerna  alia  giurisdizione  ecclesia- 
stica; ma  solto  un  altro  aspello  vi  resta  lutoia,  in  quanto  il  Prin- 
cipe stesso ,  se  e  cattolico ,  e,  come  figlio  della  Chiesa ,  suddito  del 
Pontefice ,  e  se  e  acattolico ,  e  tenulo  a  lasciargli  libero  il  governo 
spirituale  dei  fedeli,  a  lui  soggetti.  Anche  in  tal  caso  «  piu  che  la 
persona  del  Principe,  giuridicamente  si  ha  da  considerare  la  fede 
della  sua  gente,  alia  quale  la  sovranila,  o  colleUiva  o  personale, 
e  debi  trice  di  ordinamenti  civili  e  crisliani  4. » 

L'  uso  di  spedire  in\iati  per  Y  uno  o  1'altro  scopo ,  ovvero  per 
amendue,  e  antichissimo  nella  Chiesa.  II  primo  esempio  ne  fu  dato 
dagli  stessi  Apostoli ,  allorche  dopo  il  Concilio  gerosolimitano  spe- 
dirono  alia  Chiesa  di  Antiochia  Giuda  e  Sila ,  come  aggiunti  di  Pao- 
lo e  Barnaba ,  per  recarvi  le  decision!  del  sinodo  5.  Nei  tre  secoli 
posteriori ,  sotto  la  persecuzione  degli  Imperatori  pagani ,  i  Ponlefi- 
ci,  or  dal  Vatieano  ed  or  dalle  Catacombe,  non  intermisero  mai  di 
pnmedere  per  lettere  o  per  messi  ai  sopravvegnenti  bisogni  delle 
Chiese  particolari.  Son  piene  le  istorie  delle  corrispondenze,  che  da 
Roma  partivano  per  quelle,  o  da  quelle  venivano  a  Roma. 
1  Pag.  9.  -  2  Ivi.  -  3  Pag.  lo.  -  4  Pag.  12.  -  5  Act.  XV. 


DELIA  STAMP  A  ITALIAN!  79 

Senonch6  cristianeggiato  1'  Impcro  per  la  conversione  di  Costanli- 
no,  fu  d'uopo  che,  per  la  concordia  del  due  poteri,  una  vicendevole 
diplomazia  desse  forma  alle  loro  relazioni.  Quinci  1'  istituzione  degli 
Apocrisiarii,  latinamenle  responsales,  la  quale  da  Incmaro  di  Reims 
e  appunto  riportata  all'epoca  del  trasferimento  della  Sede  imperials 
in  Bizanzio.  II  De  Marca  ne  rilira  1'  ongine  al  tempo  che  segui  im- 
mediatamenle  il  Concilio  di  Calcedonia.  Ma  sia  che  1'  una  o  1'  altra 
sentenza  si  abbracci ,  certo  e  che  quella  istiluzione  e  antichissima. 

L'Audisio  discorre  ampiamente  dei  Yicariali  apostolici ,  dei  Pri- 
mati,  delle  Legazioni  ordinarie  e  fisse  alle  sedi  vescovili ,  maniere 
luite  diverse,  onde  venne  esercitata  in  gran  parte  la  diplomazia  ec- 
clesiastica.  Senonche,  come  si  esprime  Pio  VI  nella  risposla  super 
Nunciaturis  p.  258:  «  Per  adempiereall'  ingiunto  uificio  dell'Aposto- 
lato,  dal  millecinquecento  fino  alia  presente  eta  i  Papi  farono  costret- 
ti  di  provvedere  alle  disserisioni  interne  dei  Primali,  col  rilogliere  a 
quesli  le  delegate  giurisdizioni  e  mandare  a  proprio  lalere  in  Germa- 
nia,  Francia,  Spagna,  Lusitania  ed  altri  Stati,  Nuncii  stranieri,  a 
oiuna  parte  inclinati ,  chiari  per  ecclesiastica  dignila  e  graditi  ai  So- 
vrani ;  e  cosi  presso  le  Corli  cattoliche  e  nclle  citta  principi  furono 
istituite  le  ordinarie  Nunciature  l.  »  Di  che  si  vede  che  non  solo 
nell'  idea  ma  eziandio  nel  tempo  la  Chiesa  precedetle  la  Societa  ci- 
vile in  si  nobile  e  proficuo  trovato.  Le  permanent!  legazioni  tra  gli 
Stali  laici,  affine  di  procurare  di  presenza  presso  gli  altri  So  vrani 
gl'  interessi  dei  Governi  che  rappresentano ,  non  vennero  islituite 
che  nel  principio  del  decimoseltimo  secolo.  «  Dopo  il  fine  del  seco- 
lo  XVI,  scrive  il  De  Garden  citato  dall'Audisio,  le  ambascerie  di- 
Vennero  permanenti ;  e  questa  permanenza,  che  nelle  grandi  citta 
metle  a  riscontro  simultaneo  gl'inviali  di  lutle  le  Polenze,  fece  na- 
scere  una  diplomazia  nuova ,  sempreanimata,  semprevivenle,  iden- 
tica  nel  fine  e  secondo  i  negozii  e  le  diversita  dei  Governi  e  dei  loro 
rappresenlanti  ancora  di  versa  2.  » 

L'Audisio  elegge  a  campo  di  controversia,  per  dimoslrare  la  le- 
gitlimila  e  i  diritli  e  1'  ulilila  delle  ponlificie  nunciature,  la  celebre 
discordia  sorta  sopra  tal  punlo  colla  Germania,  solto  il  Ponlificalo  di 
Pio  VI.  Egli  con  vigoria  di  ragioni  e  di  stile  discorre  a  lungo  que- 

1  Pag.  127.  —  2  Pag.  12i. 


80  KIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

st'argomento,  e  ribatte  e  riduce  al  niente  tutti  i  cavilli  degli  av- 
versarii ,  scoprendo  i  loro  error!  in  fatto  di  storia ,  di  leologia,  di 
diritto.  Risalendo  quinci  alle  epoche  anleriori  vittoriosamente  com- 
Lalte  ogni  sorta  di  nemici ,  che  per  ispirito  piu  o  meno  scismatico 
oppugnarono  1'  influenza  ponliflcia  nelle  Chiese  e  nei  popoli  per 
mezzo  di  stabili  rappresentanti.  Nel  che  veramente  1'Autore  mostra 
un'  ampia  erudizione.  Ma  in  ordine  all'  uso  che  ei  ne  fa  nel  libro,  ci 
sembra  di  vedervi  qualche  eccesso  di  ricordi  storici  e  citazioni  piu 
di  quello  che  a  un  breve  trattalo  si  aflacesse,  e,  se  non  erriamo,  con 
poco  vantaggio  di  chi  legge.  E  forse  era  meglio,  in  un  libro  di  sole 
320  pagine  in  dodicesimo,  non  riportar  per  disteso  tutta  quella  lor- 
dura  di  bile  ghibellina  o  gallicana,  e  lanla  farragine  di  sofismi  e  di 
menzogne  febroniane,  e  talvolta  esagerazioni  ancora  di  uomini  zelan- 
ti,  ma  non  sempre  secundum  scientiam.  Da  cio  e  avvenuto  che  il  libro 
paia  opera  piu  apologclica  che  dotlrinale ;  e  talvolta ,  piu  che  am- 
maestrare ,  sembri  stancare  alquanto  il  leltore.  A  noi  sarebbe  assai 
piu  piaciuto,  che  1'Autore  fosse  ito  innanzi  con  metodo  piu  didascalico 
e  positive,  e  solo  avesse  accennato,  a  maniera  di  difficolla  e  bre- 
vemente,  le  diverse  opposizioni  degl'  illusi  o  malevoli  verso  la  Santa 
Sede,  soggiuntavi  una  breve  e  dilucida  risposta  per  confutarle.  Cos! 
il  libro,  secondo  che  pare  a  noi,  avrebbe  serbato  piu  lucidezza  e  pift 
ordine,  e  sarebbe  riuscito  piu  pieno  di  conoscenze  sostanziali  per  cio 
che  si  altiene  al  subbietto  precipuo.  Ci  pare  ancora  che  V  Autore 
accolga  forse  troppo  facilmente  le  accuse  date  ad  alcuni  Pontefici , 
per  esempio  Alessandro  VI  e  Giovanni  XXIII,  le  quali,  a  nostro  pa- 
rere,  richieggono  esame  piu  accurate,  e  la  mole  del  piccolo  libro  noi 
comporlava.  Pero  non  potendole  discutere  a  fondo,  sarebbe  stato  mi- 
glior  consiglio  il  passarsene.  Del  resto  benche  quest'operetta  non  ci 
yada  cosi  pienamente  a  versi ,  come  gli  altri  egregi  scritli  dell'  illu- 
stre  A. ;  nondimeno  essa  e  degna  di  enlrare  in  ischiera  cogli  altri 
suoi  dotti  lavori,  siccome  pregevole  per  molti  capi,  quali  sono  la  sa- 
nita  dei  principii,  la  forza  del  discorso,  1'  ampiezza  delle  vedute.  E  se 
noi  abbiamo  creduto  accennarne  alcuni  nei,  puo  ben  darsi  che  questo 
nostro  giudizio  si  discosli  dal  vero.  Noi  tuttavia  abbiamo  voluto  ma- 
nifestarlo  per  debito  di  quell'  imparzialita  e  schiettezza,  che  ben  sap- 
piamo  non  essere  1'  ultimo  dei  pregi,  di  cui  si  onora  1'illustre  Autore. 


BIBLIOGRAFIA 


1NONIMO  —  Coroncina  di  preghiere,  con  appendice  per  udire  la  S.  Messa  ed 
accostarsi  ai  SS.  Sacraraenti.  Modena,  tip.  dcll'Immacolata  1864.  Un  vol. 
inbL'dipag.HQ. 

—  Corso  d'istruzione  religiosa,  ad  uso  delle  class!  ginnasiali  inferiori  delle 
Scuole  reali  e  di  altri  istituti  di  educazione.  Udine ,  tipografia  Jacob 
e  Colmegna  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  372.  Prezzo  austr.  fior.  1  -  Soldi 
25,  pari  a  fr.  3. 


Lo  scopo  che  s'  e  proposto  il  dotto  Autore  di 
questo  Corso  d'istruzione  reiigiosa  si  e  di  fornire 
alia  giovenlu  che  sludia,  una  spiegazione  della 
dottrina  della  Chiesa,  adatla  alia  loro  capacity  ed 
ai  loro  bisogni.  Esso  ha  preso  per  guida  la  Dot- 
trina cristiana  del  Vencrabile  Card.  Bellarmino, 
prescelta  dal  Concilio  provinciate  dei  Yescovi 
feneti  per  testo  nell'insegnamenlo  del  Catechismo, 
e  ne  ha  seguitato  la  spartizione  e  gl'insegna- 
monti ;  aggiugnendovi  quanto  di  meglio  ha  tro- 
Trato  negli  antichi  Trattati,  e  di  suo  molte  parti 
e  molte  dilucidazioni  necessarie  oggidi  alia  gio- 
Tenlii  italiana.  Cos!  qual  debba  essere  la  cre- 
denza  dei  cattolici  inlorno  al  potere  temporale  dei 
Papi,  qual  giudizio  debba  portarsi  del  Mesme- 
rismo,  quali  risposte  farsi  alle  obbiezioni  dei  Pro- 
teslanti,  qual  condotta  Icnersi  nei  tempi  di  ri- 
Tolture,  quali  contratli  eyitarsi  come  ingiusti 


acconciamente  sciolte.  L'esaltezza  teologica  della 
dotlrina ,  per  nulla  offesa  dalla  breyita  rigorosa 
dell'esposizione ,  Tiene  confortata  utilmente  dalle 
non  rare  citazioni  della  storia  biblica  ed  ecclesia- 
slica,  e  delle  autorita  dei  Concilii  e  dei  PadrL 
Le  note  frequenti  che  yi  sono  seryono  assai  ben« 
a  chiarire  qualche  punlo  accessorio,  che  nel  corso 
del  testo  gioyava  di  accennare  appena  :  e  tra 
queste  note  abbiam  letlo  alcuna  di  grande  im— 
portanza,  e  che  nel  corlissimo  suo  spazio  del  la 
sostanza  di  qualche  libro  intcro ,  recentemente 
pubblicato.  Questo  Corso  adunque  sia  pel  fonda- 
mento  della  dottrina  che  e  schieltamenle  la  cat- 
tolica  ,  sia  per  la  scelta  della  maleria  che  6  la 
piu  confacente  ai  nostri  te-ipi,  sia  per  1'ordine 
che  e  il  piu  schielto  e  il  piu  usato,  sia  flnalmenta 
per  lo  syolgimento  che  e  breye,  chiaro  ed  eru- 
dito ,  ci  pare  attissimo  all'  uso  delle  classi  gin- 


da  chi  allende  al  traflico,  e  molte  altre  quistioni    nasiali,  per  lo  quali  1'  anonimo  suo  aulore  lo  ha 
dommatiche  e  morali  yengono  breyemente  si,  ma    dettato. 

—  De  vita  Nicolai  Bane  adolescentuli,  Gommentarium,  cum  italica  interpre- 
tatione.  Venefiw,  typis  Aemilianis  impr.  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  27. 


narrazione.  Speriamo  che  come  la  bonta  del  del* 
tato  potra  inyogliare  assai  gioyani,  studios!  delle 
latino  eleganze ,  a  leggerlo  con  piacere ;  cosi  il 
racconto  della  yita  ediflcante,  e  della  piissima 
morte  di  quel  gioyaaeUo  debba  incorare  parecchi 
a  yolerlo  imitare. 


Proporzionato  al  soggetto  e  lo  stile  di  questo 
Commentario,  scritto  e  messo  alia  stampa  per 
ftegiarne  la  memoria  di  un  caro  gioyanetto  che, 
nel  flore  degli  anni  e  delle  speranze,  manco  ai 
Tivi,  con  pieti  esemplare,  assistilo  da  quel  mede- 
simo  che  ora  ha  curato  che  se  ne  scriyesse  la  yita. 
La  lingua  e  pura  e  facile,  semplice  ed  elegante  la 

—  II  Curato  d'Ars.  Genni  biografici.  Bologna  1864,  presso  la  Direzione  delle 
Pice.  Lctture  Cattoliche,  via  Larga  di  S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in  8.°  di 
pag.  62. 

In  Ars,  piccolissimo  yillaggio  presso  Lione,  li  di  ayer  ayuto  cura  di  quella  parrocchia  per  qua- 
4Agostol859,  morl  il  parroco  Gioyan  Batlista  rantuno  anno  conlinui.  La  sua  yita  fu  yeramente 
Maria  Viauney,  nel  seltantesimo  anno  di  eta,  dopo  slraordiiiaria,  ossia  per  lo  penitenzo  ondc  macero 

Serie  f,  vol.  Ill,  fasc.  349.  6  21  Settembre  1864. 


82  BIBLIOGRAFU 

il  proprio  corpo  ,  ossia  per  le  fatiche  sostenute  e  stata  sette  volte  e  sempre  copiosamente  ristam— 

nella  predicazione  e  nel  confessionale  con  una  pata  ;  la  bella  vereione  che  una  penna  due  volte 

lena  istancabile  e  veramente  prodigiosa,  ossia  pel  gentile  ne  ha  f;Uta  in  ilaliano  fa  pubblicata  nella 

frutto  delle  conversioni  die  ei  fece  copiosissime,  tipografia  Marini  di  Cremona.  Questo  compendio 

ossia  flnalmenle  per  gli  spiritual!  combattitnenti  ne  fa  un  ritratlo  quasi  in  miniatura  ,  che  vor— 

che  ei  sostenne  contro  1'  inferno.   Egli  vivo  era  remrao  veder  nelle  mani  del  Clero  e  dei  laid 

1'apostolo  della  Francia  ,  dai  piu  remoli  punti  ugualmente  ma  per  diverso  fine  ;  del  Clero  per 

della  qtiale  movea  ogni  sorta  di  persone  per  con-  imitarlo,  secondo  il  talenlo  che  il  Signore  ha  af- 

sigliarsi  nogli  affari  deH'anima  col  modeste  curato  fldato  a  ciascuno  ;  dei  laici,  perche  veggano  quai 

di  Ars;  egli,  benche  morto  ora,  segue  ad  essere  tipi  possa  proporre  all'  ammirazione  del  mondo 

pel  clero  il  modello  piu  vivo  di  sanlita  e  di  zelo.  questo  clero  caltolico,  che  ora  tanto  avversano  i 

La  sua  vita,  scritta  in  francese  dall'Ab.  Monnin,  nemici  della  santa  Chiesa. 

ANONIMO  —  II  terremoto  del  1861  in  Romagna.  Racconto  contemporaneo 
con  appendice.  Bologna  1864,  Direzione  delle  Pice.  Lett.  Catt.  via  larga 
S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  32. 

—  II  tesoro  dei  giovinetti  divoti  di  Maria,  coll'  aggiunta  di  31  Meditazione 
per  ciascun  giorno  del  mese.  Bologna,  tip.  di  S.  Maria  Maggiore  1864. 
Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  64. 

—  L'anima  santa  accesa  d'amore  verso  Gesu  e  Maria,  e  di  tenerissima  divo- 
zione  verso  i  loro  SS.  Cuori  ;  ossia  riflessioni,  preghiere,  pratiche  e  riso- 
luzioni  eflicacissirae  per  acqulstarela  santita,  distribuiteper  ciascun  gior- 
no deH'anno,  per  cura  di  un  sac.  dell'  Ordine  di  S.  Brunone.  Torino,  tip. 
ponlificia,  Pietro  di  G.  Marietti,  piazza  B.  V.  deyli  Angeli  1864.  Un  vol. 
inU.'dipag.in, 

Difficilmento  polremmo  dare  un'idea  di  questo  culalorie,  indulgcnze,  istruzioni  ,  preparazioni  e 

libro  migliore  di  quella  ,  ch«  il  p.  Supries,  de-  ringraziamenti  per  la  comunione,  novene,  esami, 

Btinalo  daU'Ordine  Certosino  a  rivederia,  ne  form,  tulto  vi  si  Irova  raccolto  solto  un  punlo  di  vista 

dicendo  che  essa  puo  considerarsi  come  una  pic-  universale  ,  che  e  1'amore  a  Gesu  e  Maria.  Ogni 

cola  Encidopedia  ascetica  per   alimentare  nelle  giorno  dell'  anno  ha  le  sue  pratiche  special!  e 

anime  cristiane  il  fervore  della  pieta.  Riflessioni  adaltate.  II  libro  dunque  e  certamente  ulile  alle 

pie,  sentiment!  affetluosi,  preghiere,  esempii,  gia-  anime  divote. 

—  L'esempio  di  S.  Caterina  da  Siena.  La  scuola  di  S.  Caterina  da  Siena:  per 
un  sacerdote  delle  Scuole  Pie.  Modena,  tip.  dell'lmmacolata,  Roma,  Gio- 
vanni Bencivenga,   Venesia,  Giovanni  Bat  list  a  Merlo.  Due  vol.  in  8.°  di 


Nella  precedcnte  bibliografia  dicemmo  quanlo  delle  cogli  scritti  e  colla  voce  viva.  Cosi  Caterina 

Bia  pregevole  questo   lavoro  ,    e  per   la  sua  so-  ci  vien  ritratta  tutta  intera  qual  fu:    gran  mo- 

etanza,  e  per  la  disposizione  delle  parti,  e  per  to  dello  e  gran  maestro  insieme  di  santila.  Noi  non 

Stile,  e  per  la  devota  piela  die  istilla  nei  leltori,  troviamo  parole  che  bastino  ad  encomiare  quanto 

e  per  le  maschie  virtu  alle  quali  anima.  Allora  merita  lo  scrittore  di  questa  vita  ,  col  quale  un. 

non  era  uscila  in  luce  die  lal.a  parte  soltanto,  sol  lamento  vorremmo  fare,  e  si  e  di  averci  per 

intilolata  L'  esempio  :  ora  ne  annunziamo  la  sc-  troppa  modestia  celalo  il  nome.  Diciamo  soltanto 

conda  che  e  la  Scuola.  Bel  divisamento  e  coteslo.  che  questo  libro   vorremmo   vederlo  in  mano  di 

Narrarci  prima  qual  fu  la  vita  della  Santa  c  for-  tutli,  poiche  e  degno  che  sia  dagl'ltaliani  accolto 

tissima  Vergine  di  Siena,  e  poi  svolgerci  gl'inse-  con  gran  favore,  come  libro  bello,  dilettoso,  uti- 

gnamenli  che  Ella,  illuminata  da  celestiale  luce,  lissimo. 

—  Manuale  dei  devoti  di  S.  Giuseppe,  ossia  il  modello  dell'uomo  giusto  ela 
guida  feclele  delle  famiglie  cristiane.  Bologna  1864,  tip.  Mareggiani  al- 
I'insegna  di  Dante,  via  Malcontenti  N.°  1797.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  232. 

La  prima  parte  del  Manuale  contiene  1'  opu-  tiene  un  altro  opuscolo,  che  ha  per  titolo  :  San 

ficolo  pregiatissimo    del  P.  Fierard  d.  C.  d.  G.  Giuseppe,   guida  fedele  alle  famiglie  cristiane. 

ifltilolato  :  La  vita  e  la  morte  dell'  uomo  giu-  V  ultima  parte  propone  divote  pratiche  di  pietk 

sto,  proposta  negli  esempii  di  san  Giuseppe  ,  per  venerare  il  santo  Patriarca  Giuseppe. 
Sposo  di  Maria  Verging.  La  seconda  parle  con- 


BIBLIOGIUFIA  83 

ANONIMO  —  Maria  1'Orfanella.  Un  profanalore  punito.  Racconti.  Bologna,  tip. 
S.  Maria  Maggiore  1864.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  32. 

—  Maria  salute  degli  infermi.  Fatti  slorici  contemporanei.  Bologna,  tip.  di 
S.  Maria  Maggiore  1864.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  31. 

—  Novene  e  preghiere  ad  uso  degli  ascritti  aH'Arciconfraternila  di  Maria  SS. 
sotto  il  titolo  della  Buona  Speranza,  stabilita  in  Roma,  per  decreto  di  S.  S. 
Papa  Pio  IX,  nella  chiesa  de'  RR.  PP.  Cappuccini,  sacra  all'  Imm.  Conce- 
zione.  Roma  1864,  lip.  Monaldi.  Un  opusc.  in  12.  di  pag.  64. 

La  pia  unione  sotlo  il  titolo  della  SS.  Vergine  il  Cenlro  nella  chiesa  de'  PP.  Cappuecini  di  Ro- 
della  Buona  Speranza,  islituita  canonicamenle  per  ma,  sacra  all'  Immacolata  Concezione  di  Maria  SS. 
la  prima  volta  nella  diocesi  di  S.  Brieue,  fu  con-  Cosl  eretto  il  pio  Sodalizio ,  con  facolta  al  Rmo 
fermala,  con  Brere  di  S.  S.  Papa  Pio  IX,  degli  P.  Generate  pro  tempore  di  aggregare  confratelli, 
8  Agosto  1859,  ed  arricchita  di  molte  indulgenze.  il  numero  degli  ascrilti  e  presto  salito  a  qua- 
il fine  principale  di  questa  pia  unione  si  fu  1'im-  rantamila.  Per  fomentare  la  pieta  di  quesli  ascritli 
plorare  il  potenle  soccorso  della  Madre  di  Dio  nei  alia  santa  unione,  e  per  diffonderne  la  notizia  si 
bisogni  della  Francia.  Essendosi  propagala  rapi-  e  stampato  questo  libretto,  che  noi  raccomandia- 
damente,  e  con  gran  frutto,  quest'associazione  in  mo  a  tutti  i  zelanti  della  gloria  di  Maria  Vergine 
quel  yasto  Impero,  il  Santo  Padre  si  e  degnato  e  della  difesa  ed  esaltazione  della  Chiesa  tatto- 
disporro  che  venisse  estesa  non  solo  in  Italia,  do-  lica  apostolica  e  romana  e  del  Pontificate,  esposto 
TC  tanta  guerra  si  fa  alia  Religione  callolica,  ora  agli  assalti  di  tutto  1' inferno,  alleato  della 
ma  in  tutto  il  mondo;  e  ne  ha  stabilito  come  Rivoluzionc. 

—  Pia  pratica  dei  nove  tlffizii  ad  onore  del  SS.  Cuore  di  Maria,  coll'aggiunta 
della  novena  in  preparazione  alia  fesla  del  medesimo  ed  altre  pratiche 
divote.  Bologna,  tipografia  di  S.  Maria  Maggiore  1864,  Un  opusc.  in  32.° 
di  pag.  32. 

—  Racconti  edificant!  ad  uso  della  gioventu.  Bologna  1864,  Direzione  delle 
Pice.  Letture  Cattoliche.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  30. 

—  Tre  Racconti.  Martirio  del  sac,  polacco  Stanislao  Iszora.  Eroica  fede  di 
un  giovane  artiere.  La  vendetta  dei  Cristiani.  Bologna  1864,  Direzione 
delle  Pice.  Letture  Cattoliche.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  30. 

—  Un  protestante  a  Roma.  Frammeriti  di  memorie  inedite  di  un  giovane  in- 
.  glese:  Prima  versione  italiana,  seconda  edizione.  Bologna,  Direzione  del- 
le Pice.  Letture  Cattoliche  1863.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  62. 

ANTONELL1  GIOVANNI  —  Un  pensiero  filiale  sulla  Concezione  Immacolata  di 
Maria  Yergine  Madre  di  Dio,  rispettosamenle  offerto  al  Sommo  Pontefice 
Pio  IX,  in  argomento  di  devozione  particolare  e  di  perfetta  adesione  alia 
Santa  Sede,  di  Giovanni  Antoiielli  delle  Scuole  Pie  —  Firenze,  tip.  Cala- 
sanziana,  diretta  da  A.  Baracchi  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  28. 

II  Pensiero  annunzialo  in  queslo  opuscolo  e  un  al  corpo.  Ma  rispetlo  al  corpo  la  Vergine  SSma 

miovo  argomento,  dcdollo  dagli  Evangeli,  per  di-  non  si  differenzio  dalle  altre   donne :  dunque  la 

mostrare  che  la  Concezione  della  B.  Vergine  fu  diflerenza  cadde  rispetto  aH'anima;  la  quale  es- 

veramente  immacolala.  Esso  parte  dalle  parole  di  sendo  nella  natura  non  disuguale  da  tutle  le  al- 

S.  Matteo  XI,  11:  Amen  dico  vobis:  non  surrexit  tre  anime  umane,  dove  essero  da  loro  differente 

inter  natos  mulierum  maior  Joanne  Baptisla,  le  nell'  ordine  della  grazia.  Ma  quesla  differenza  nel- 

quali  ripetonsi  da  S.  Luca  VH,  28.  Or  posta  quella  1'  essere  concepita  e  partorila  non  puo  porsi  che 

testimonianza,  il  dolto  e  arguto  autore  argomen-  solo  nell'essere  libera  dalla  colpa  originale.  Adun- 

la  cosl:  Perche  sia  vero,  com' 6  infallibilmente  que  il  concepimento  di  Maria  SSiiia  fu  veramenU 

•vero,  queldetto  del  dnrin  Redentore,  e  necessa-  immacolalo.   A  queslo  riducesi  1' argomento  del 

rio  che  la  B.  Vergine  Maria  non  sia  stata  conce-  P.  Antonelli,  quanto  nuovo  altrettanlo  probabile, 

pita  nc  partorita,  secondo  lutte  lo  leggi  comuni  che  vien  da  lui  svolto  con  molta  flnezza  e  so- 

alla  specie  umana  o  rispetto  all'anima,  o  rispetto  dezza  di  dottrina. 

ANTON  MARIA  (P.)  DA  VICENZA  —  Compendio  della  vita  e  del  martirio  dei  sei 
Protomartiri  della  Riforma  francescana,  conosciuti  sotto  il  nome  dei  santi 


84  BIBLIOGRAFIA 

Martiri  Giapponesi,  composto  dal  P.  Anton  Maria  da  Vicenza,  Minor  ri- 
formato  della  provincia  di  S.  Antonio  di  Venezia.  Quinta  edizione  con 
correzioni  ed  aggiunte.  Bologna  1863,  Direz.  delle  Piccole  Letture  Catto- 
liche,  via  Larga  S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  64. 
ATTI  AlESSANDRO  —  Delia  munificenza  di  Sua  Santita  Papa  Pio  IX  felicemen- 
te  regnante,  per  il  sacerdote  Alessandro  Atti ,  professore  di  belle  lettere, 
dottore  in  ambo  le  leggi  ecc.  ecc.  ecc.  Roma  1864,  fratelli  Pallotta  ti- 
pografi  in  piazza  Colonna.  Volume  unico,  dispensa  prima  e  seconda  in  8>° 
dapag.  1  a  pag.  160. 

II  rev.  sacerdote  Alessandro  Atti  e  scriltore  puro  si  lungo,  lasciano  dimenticare  i  piu  antichi  per 

cd  elegante,  e  noi  molte  volte  abbiamo  dovuto  la  impressione  che  fanno  i  piu  recenti.  Oltimo  e 

fodare  le  sue  prose  ed  i  suoi  versi.  Questa  volta  ancora  lo  spartimenlo  del  libro.  L' autore  distin- 

alle  lodi  che  ripeliamo  assai  volentieri  per  la  ca-  gue  le  opere  di  munificenza  fatle  da  Pio  IX  come 

Stigalezza  e  forbitezza  dello  stile,  aggiugniamo  al-  Pontefice  da  quelle  fatte  da  lui  come  Sovrano:  e 

tresi  quelle  per  Targomento  preso  a  tratlare.  Con  di  ciascun  genere  forma  un  paragrafo  speciale, 

altri  Principi  questo  suggelto  e  questo  titolo  po-  sotlo  il  quale  raggruppa  ordinatamente  i  singoli 

trebbe  parere  o  lusinga  o  piagenteria:  con  Pio  IX,  falti.  I  quali  esigono  assai  spesso  da  lui  che  dia 

Ponlcflce  e  Re,  esso  non  e  che  una  mera  verita.  contezza  di  molte  opere  pubbliche  e  di  molte  isti- 

IVoi  ne  siamo  tutlodi  lestimonii ;  e  spesso  abbia-  tuzioni  esistenti  in  Roma,  e  che  dalla  Santita  di 

mo  dovulo  far  conoscere  ai  noslri  lettori,  Ion-  Pio  IX  sono  state  o  promosse,  o  ampliate,  o  ri- 

lani  da  Roma ,  cio  che  in  Roma  e  da  tulti  TO-  storale.  Puo  dirsi  che    questa  sia  una  sloria  del 

duto  e  sperimentato.  Lo  Scriltore  adunque  di  que-  Pontificato  di  Pio  IX,  solto  il  rispetlo  d'una  sola 

sto  libro  si  e  proposto  un  tema,  che  trovera  let-  di  quelle  grandi  qualita,  che  lo  rendono  tanto  il- 

tori  parati  a  credcrgli,  e  da  questo  canto  non  puo  lustre.  L'  opera  esce  in  luce  a  dispense  di  cinque 

Irovare  che  buona  e  grata  accoglienza.  Ma  que-  fogli  di  rnagnifica  stampa  ciascuna,  e  ogni  di- 

•ti  stessi  gradiranno  molto  a  vedersi  ricordarc  nei  spensa  non  costa  che  baiocchi  20.  In  tullo  saran- 

particolari  quei  tanti  e  tanli  atli  di  munificenza,  no  fogli  poco  piu  di  30.  Le  associazioni  si  rice- 

che  pel  loro  continue  succedersi  in  un  pontificate  vono  nel  negozio  Bianchi,  via  de'  Cesarini  n.°  20. 

BALDINI  UBALDO  —  Istruzioni  per  le  Opere  dell'Immacolata.  Roma  1864.  Un, 
opusc.  in  8.°  dipag.  34. 

Sollo  il  nome  di  Opere  dell'  Immacolata  Ten-  deU'Immacolala  ;  Figli  dell'  Immacolata  si  chia- 

gono  quelle  Pie  Unioni,  canonicameute  erelte  Ira  mano  le  unioni  dei  giovanetti ;  Fratelli  quclle  dei 

i  fcdeli  sotto  quel  litolo.  Ve  ne  ha  molte  per  le  maritati  e  dei  vedovi.  Qucsle  istruzioni  riguar— 

fliverse  classi  delle  persone.  La  unione  delle  zi-  dano  direttamente  le  unioni  delle  donne,  ma  pos- 

telle  prende  il  nome  di  Figlie  dell'  Immacolata ;  sono  agevolmente  servire  ancora  alle  altre  degli 

<iuella  delio  coniugate  e  delle  vedovo  di  Sorelle  uomini. 

BARTOLINI  DOMENICO  —  Sull'autenticita  del  capo  di  S.  Lorenzo  Levita  e  Mar- 
tire,  che  si  custodisce  nella  Lipsanoteca  di  Monsignor  Sagrista  al  Qui- 
rinale,  lettera  di  Moris.  Domenico  Bartolini,  Segretario  delia  S.  G.  dei 
Riti,  a  Mons.  Calisto  Giorgi,  Cameriere  d'  onore  di  Sua  Santita  e  Can.  della 
Basilica  Damasiana.  Roma,  tip.  Salviucci  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  22. 

BERCHIALLA  G.  Nove  discorsi  ad  onore  di  Maria  SS.  in  appareccliio  alle  sue 
feste,  del  sac.  G.  Berchialla,  prof,  di  Teologia.  Torino,  tip.pontificia  Pie- 
tro  di  G.  Marietti  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  80. 

In  qucstinove  discorsi  si  ha  come  una  somma  culto  e  la  mediazione  di  Maria,  contro  cut  pift 

del  catechismo   inlorno   a  Maria  Santissima  da  svelenisconsi  i  protestanti.  Essi  son  dunque  oppor- 

opporre  ai  delrallori  delle  sue  lodi :  poiche  in  tunissimi,  ma  oltre  a  cio  utili  per  la  buona  ma- 

essi  trattansi  questi  tre  punti :  la  verginita ,   il  niera  come  sono  ideati  e  scrilti. 

BERTOCCI  G.  —  Testi  per  la  lingua  italiana  e  latina,  e  per  la  Storia,  da  servire 
nelle  scuole.  Se  ne  trova  un  deposito  a  Firenze,  presso  il  libraro  Felice 
Poggi,  e  uno  in  Romaj  presso  G.  B.  Marini,  in  piazza  del  Collegia  Romano* 


BIBLIOGRAFIA  85 

BERTOCCI  G.  —  Appunti  grammatical!  perlgiovan!  che  studiano  praticamente 
la  lingua  Haliana.  P.  G.  Bertocci.  Prato,  tip.  FF.  Giachetti.  Un  opusc. 
in  16.°  dipag.  24.  Prezzo  cent.  15. 

—  La  Sintassi  latina,  esposta  in  lavole  sinotliche  dal  P.  G.  Bertocci.  Prato, 
tip.  FF.  Giachetli  1860.   Un  opusc.  w8.°  di  tav.  21;  le  pagine ,  che  non 
sono  numerate,  giungono  a  44.  Prezzo  L.  1.  20. 

—  L'  Etimologia  latina,  esposta  in  tavole  sinoltiche  dal  P.  Giuseppe  Bertocci. 
Prato,  tip.  FF.  Giachetli.  Un  opusc.  in  8.°  di  tav.  XXXIII;  le  pagine,  che 
non  sono  mumerate,  giungono  a  70.  Prezzo  L.  2. 

—  Tracce  per  servire  di  guida  allo  studio  della  Storla  anlica  d' Italia  peri 
giovani  delle  scuole  elementari,  proposte  dal  P.  Gius.  Bertocci  Pratot 
tip.  FF.  Giachetti  1804.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  12.  Preszo  cent.  20. 

—  Tracce  per  servire  di  guida  allo  studio  della  Storia  del  vecchio  e  nuovo 
Testamento,  per  i  giovani  delle  scuole  elementari,  proposle  dal  P.  G.  Ber- 
tocci. Prato,  tip.  FF.  Giachetti  1864,  e.presiso  Felice  Poggi  a  Firenze, 
Cent.  20.  Un  opusc.  in  16.'  dipag.  12. 

BERTOLOZZI  PAOLO  —  Tobia.  Dramma  in  2  atli,  di  Mons.  Paolo  Bertolozzi,  Ye- 
scovo  di  Montalcino.  Modena,  tip.  dell'Imm.  Concezione  1864.  Un  opusc. 
in  16.°  dipag.  91, 

E  messo  in  iscena  il  ritorno  di  TobLa  dal  suo  di  poi  la  vista  ridonala  al  cieco  Tobia  cresce  le 

Tiaggio  in  Rages.  La  tessitura  del  Dramma  e  gioie  della  famiglia ,  e  prepara  la  conchiusione 

semplicissima,  poiche  la  desolazione  e  gli  aflanni  del  Dramma,  quando  si  svela  agli  occbi  di  tutti 

dei  due  genitori,  esposti  nelle  prime  scene,  Ten-  1'Arcangelo  Raffaele.  In  quanlo  allo  slile  esso  e 

gono  nelle  seguenti  consolati  dagli  abbraccia-  molto  facile,  tullo  Haliano,  e  nel  verseggiare  se 

menli  del  flglio  che  mena  in  casa  il  denaro  ri-  la  parle  lirica  e  piii  felice ,  la  parte  recitativa  non 

scosso,  e  di  piu  una  sposa  bella ,  ricca  e  virtuosa  ;  e  ignobilc. 

BETTINI  FEDERICO  —  L'uomo  oltre  i  confini  del  cielo  stellato,  per  Federico 
Bellini,  aiulo  nella  specola  delle  Scuole  Pie,  seguito  alle  brevi  nozioni 
scientifiche  gia  pubblicate  dal  medesimo.  Firense,  tlpogr.  all\  insegna  di 
S.  Antonino  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  108. 

BULLARIUM  DIPLOMATUM  ET  PR1VILEGIORUM  sanctorum  romanorum  Pontifi- 
cum,  taurinensis  editio,  locupletior  facia  collectione  novissima  plurium 
Brevium,  Epistolarum,  Decrelorum,  Actorumque  S.  Sedis,  a  S.  Leone 
Magno  usque  ad  praesens,  cura  et  studio  collegii  adlecti  Romae  virorum 
S.  Theologiae  et  SS.  Ganonum  peritorum,  quam  SS.  D.  IN.  Pius  PP.  IX  apo- 
slolica  Benediclione  erexit.  Augustae  Taurinorum,  Seb.  Franco  ct  Den- 
rico  Dalmazzo  editoribus  1 863.  Tomus  Villa  Gregorio XIII  (an.  MDLXXII) 
ad  Sixtum  V  (an.  MDLXXXVIII)  in  L°  dipag.  1102. 

L'edizione  torinese  delle  Bolle  pontificie,  in-  seguasi  con  maggiore  alacrita,  afflnche  compiu- 

trapresa  dal  sig.  Dalmaz«),  e  da  noimolte  volte  tosi  di  esemplare  1'edizione  del  Mainaldi,  possiamo 

lodata  per  la  correttezza  del  leslo,  e   la  bouta  avere  la  grande  giunta,  che  gli  editor!  promet— 

della  stampa,  e  giunta  al  tomo  ottavo,  che  ab-  tono  di  farle  in  line ;  e  che  ne  formera  il  com- 

braccia  il  Pontificalo  di  Gregorio  X11I  e  i  primi  pimento  indispensabile. 
tre  anni  di  Sislo  V.  Noi  speriamo  che  essa  pro- 

CAPPELLETTI  GIUSEPPE  —  Le  chiese  d' Italia  dalla  loro  origine  sino  ai  giorni 
nostri,  opera  di  Giuseppe  Cappelletti,  prete  veneziano.  Fasc.  304-310. 
Ediz.  in  8.°  dapffg.  721  a  pag.  756,  in  cui  termina  il  volume  XVII  delfO" 
pera,  e  da  pag.  1  a  pag.  240  del  vol.  XVIII. 


86  B1BLIOGRA.FIA 

CARAGeiOLO  DI  BRIENZA  IICHELE  —  Lungi  dalle  mie  coliiae,  del  Duea  Miebff* 
le  Caracciolo  di  Brienza.  I7n  opusc.  in  32.°  di  pay*  16. 


Picciolo  ma  grazioso  e  questo  libretto ,  che  in    sospira  alia  sua  patria,  non  tanto  per 
Tersi  quinarii,    d'una  rara  facilila  congiuata  a    lontano,  quaato  per  vederla  cosl  mal  concia,  dalla. 
molta  eleganza,  esprime  i  sensi  d'un  esule,  che    rivoluzione  che  la.  desola, 

CARDONI  GIUSEPPE  —  Epistola  pastoralis  ad  clerum  populumque  universnm 
lauretanum  et  recinetensem.  Romae,  typis  S.  Congveg.  de  Propag.  lids 
1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipaa.  62. 

Questa  Lettera  pastorale  ,  che  Mons.  Giuseppe  naturale.  Essa  per  conseguente  §  adallatissima  ai 

Cardoni,  VCSCOYO  di  Lorelo  e  Recanali ,  dirige  ai  tempi  che  corrono,  e  a  tutti   i   fedeli:  ;e  per  la. 

suoi  diocesani,  e  tutta  rivolta  a  metterli  in  guar-  forza  degli  argomenti,  e  la  gravila  delle  ammo- 

dia  coatro  gli  errori  modern!,  che   si  originano  nizioni  efficacissima  e  salutare. 
specialmenle  dalla  negazione  dell'  ordine  sopran- 

CASONI  GIAMBATTISTA  —  La  sovranita  dei  Papi  prima  di  Carlo  Magno :  lette- 
ra  ad  un  amico,  dell'avv.  Giambattista  Casoni.  Bologna  1864,  dalla  tip- 
Mareggianij  via  Malcontenti  1797.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  50. 

—  II  Papa-Re:  studii  pel  popolo,  dell'avv.  Giambattista  Casoni  Bologna  1863? 
direzlone  delle  Pice.  Lett.  Catt.,  via  larg.a  S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in 
32.°  dipag.  62. 

—  Reminiscenze  dei  miei  viaggi^  per  1' aw.  Ciambattlsta  Casoni.  Bologna 
186i,  Direzione  delle  Pice.  Lett.Catt.  via  Larga  S..GiorgioT11.  Un  opuse* 
in  32.°  di  pag.  32. 

CENATIEMPO  —  Lettera  di  Mons.  Cenatiempo  al  Deputato  di  Atripa'da,  Fran- 
cesco Catucci,  in  confutazione  del  progetto  di  legge  contro  il  danaro  di 
S.  Pielro  e  1'influenza  clericale,  estratta  dal  giornale  1'  Eco  delle  Alpive- 
tiche,  Trento  4  Ayosto  1864,,  IV.  91.  Roma,  tip.  di  Filippo  Cairo.  Un  opusc. 
in  8.°  dipag.  16. 

CHANTREL  G.  —  Bonifacio  VIII  e  il  suo  tempo,  Secolo  XIII.  I  Papi  in  Avigno- 
ne  e  il  grande  scisma,  Secolo  XIV.  Opera  di  G.  Chantrel.  2.a  edizione  vol- 
garizzata  da  A.  Somazzi.  Modena.,  lipi  dcirimm.  Concezlone.  Roma,  Gio- 
vanni Bcndvcnga,  via  di'Pie  di  Mar-mo  N.°  4.  Venezia,  Giovanni  Bat  list  a 
Merlo.  Vol.  XIV  e  XT  della  storia  dei  Papi.  Ed.  in  16.°  di  pag.  237  e  246. 

CICCOUNI  ANTONIO  —  Raccolta  di  medilazioni  e  document!,  secondo  la  ma- 
teria  e  la  forma  proposta  da  S.  Ignazio  di  Loiola,  nei  suoi  SS.  Esercizii? 
onde  facilitarne  la  prattica,  per  il  P.  Antonio  Ciccolini  d.  C.  d.  G.  pel 
terzo  anno  Direttore  degli  Esercizii  nella  casa  di  S.  Eusebio.  Con  privi- 
legio  personale.  Roma  1864,  dalla  tip.  Forense.  Un  vol.  in  8.°  grande  di 
pag.  V/7/-716. 

Gli  Esercizii  spirituali  di  S.  Ignazio  di  Loiola  e  dall' altro  canto  glr  interprets,  commentatori,  o 
sono  riputati  il  mezzo  piu  efflcace  e  piu  ragio-  svolgitori  di  quegli  Esercizii,  che  sono  verame»te 
nevole  per  condurre  le  anime  al  Signorc,  o  dallo  moltissimi,  si  divariano  1'  un  dall'altro  assai  nota— 
stalo  di  peccato  alia  conversione ,  o  dalla  Tita  bilmente,  e  pochi  son  rimasi  fedeli  al  concetto 
tiepida  alia  feryente.  11  perche  sono  essi  univer-  pri  mitivo  e  vero  di  quegli  Esercizii. 
salmente  adoperati  con  profltlo  grande  delle  ani-  In  quesli  ullimi  tempi  in  Roma,  tre  Padri  deHa 
me,  e  tanto  maggiore,  quanto  e  maggiore  la  pe-  Compagnia  di  Gesu,  nella  quale  1'  uso  e  la  COBQ- 
Tizia  di  chi  li  dirige.  Or  questa  perizia  non  o  scenza  di  quella  pia  pratica  si  son  mantenuti  in- 
facile  ad  acquistarsi:  poiche  dall' un  canto  la  teri,  hanno  applicato  il  loro  studio  a  ristorarli. 
guida  che  ne  lascio  lo  slesso  Santo,  e  si  breve  Sommo  fra  gli  allri  fu  il  P.  GiOTanni  Roothaan, 
e  concisa,  che  senza  1'aiuto  della  tradizione  yiva,  GeneralB  deila  medesima,  che  colle  dichiarazioni 
introdollasi  dall'  uso  fatto  di  quegli  Esercizii  da  apposte  alia  nuova  -versione  letterale,  per  lui  fatta, 
S,  Ignazio  medesimo,  male  basterebbe  all'  uopo;  dal  testo  spagnuolo  di  S.  Ignazio, 


BIBLIOCRAFIA 


87 


tulto  I'artifl/.io  si  ragionafo  di  quegli  Esercirii: 
cut  il  SUO  Hbro  e  nniramcntc  fatto  per  <-bi  li 
propone  e  li  dirige.  U  P.  Tommaso  Mass*,  infor- 
niato  ai  modesimi  principii,  stese  alnini  fo-Ii-Ki 
pregevolissimi,  in  <-ui  adatto  alJa  capacila  di  tulti 
la  prima  scltimana  degli  Esercieii;  tollogli  da  nior— 
le  il  poter  fare  lo  stosso  Aelle  aJtre  tre  sellimane. 
Questo  compile  scl  tolsc  il  P.  Antonio  Yigitello,  cho 
cebbene  non  giunsc  a  compiere  la  stampa  del  suo 
lavoro,  il  (ompic  nondimeno  sapra  H  medeslwo 
diSfigno  del  P.  Massa.  Le  fatiche  di  tutli  questi 
iusieme,  unitamcnte  a  moltc  altrc  dei  piti  antkhi 
trattatori  di  tal  materia,  tongiunsu  ora  allc  sue 
proprie  il  P.  Ciccoltni,  e  da  in  queslo  volume  uno 
STOlgimcnLo  copiesissimo  di  lutti  gli  Escrcizii  di 


S.  Ignazio,  olBe  e  a  <*i  dee  proporti,  e  a  chi  dee 
farli.  Esso  c  opporluno  a  chi  voglia  consccrarvi 
un  mese  inttro,  e  a  chi  si  contenta  di  una  sola 
settimana.  E  spartilo  in  due  Parti.  La  I."  die 
serve  partieolarmente  a  chi  fa  gli  Esercirii,  con- 
liene  le  Meditazioni  delle  quatlro  setlimane:  la  11.* 
che  serve  principalmenle  a  clii  li  dirige,  contiene 
documents  si  general!  per  tutli  gliEsercizii,  e  si 
parlicolari  per  oiascuna  settimana,  e  pei  varii 
slati  delje  persone.  11  libro  e  assai  voluminoso, 
contenendo  piu  di  700  grosse  pagine  di  caraltere 
minuto:  c  cio  mostra  che  la  maleria  vi  abbonda. 
Essa  e  nondimeno  elella,  e  dark  molto  aiuto  a 
quanta  saran  per  dare  o  in  pubblico  o  in  pxivalo 
questi  Esercizii. 


CIPRIANI  PIETRO  —  Elogio  di  Mons.  Antonio  Ligi-Bussi,  Arcivescovo  d'Ico- 
nio,  Viceg^rente  di  Roma,  letlo  n^ll'  Accademia  di  Arcadia,  il  28  Luglio 
1864,  dal  Dott.  Pietro  Cipriani,  giudice  proeessante  del  tribunale  crirmna- 
ie  del  Vicariato,  fra  gli  Arcadi  Tereaio  Termopileo.  Yeltetri,  tip. 
1864.  Un  opu&c.  in  8.°  dipag.  36. 


Wel  Settembre  del  1862  moriva  nel  sessantesimo 
terio  anno  di  sua  eta  Consignor  Antonio  Ligi- 
Bussi,  Vice-Gerente  di  Roma,  ornamcnlo  del  cle- 
ro  romano,  padre  piu  che  proteltore  delle  vedove, 
degli  orfani,  dei  poverelli ,  custode  integerrimo 
della  ghistizia,  moddlo  di  virtu  cristiane.  La  sua 
raorle  adanque  fa  da  tulti  compianta  come  una 
perdita  irreparabile,  quale  appunto  la  rhianio  la 
Sanlita  medesima  di  Noslro  Signore,  Papa  Pio  IX  : 


e  la  sua  memoria  non  si  estlnguera  facilmente 
ucl  petto  dei  Romani ,  che  la  benedkono  ognidl 
«  la  dkono  meritameBte  santa,  11  bel  discorso , 
che  nell'accademia  Arcadica  recilo  il  sig.  Cipriani, 
e  un  manifesto  teslimonio-  di  queslo  affelto ,  si 
per  quelh)  che  del  defunto  Vescovo  esso  fedel- 
mente  narra,  s\  per  quello  che  1'orazion  medesima, 
rccitala  dopo  due  anni,  manifeslamente  significa. 


DALLA  VECCHIA  LUIGI  —  La  morte  del  Conte  Tgolino,  versione  in  versi  esa- 
jnetri  lalini  di  Mons.  Luigi  Cav.  Dalia  Yecchia,  vicentino.  Yenezia,  tip. 
Melchiorre  Fontana  1864.  Un  opusc,  in  4.°  dipag.  8. 


H  SacerdoteD.  Alessandro  Piegadi  ha  teste  pub- 
Wicate  sei  versioni  diverse  di  autori  differenti  in 
esametri  latini  del  canto  danlesco  del  Conte  Ugo- 
iino:  una  settima  se  ne  e  stampata  dal  giovane 
Messicano  tlguccione  Wen-Yrai :  questa  otlava, 
veramente  bella,  appartiene  a  Mons.  Dalla  Vec- 


chia.  L'  utile  tftic  da  queste  versioni  si  ricava,  sf 
e  di  vedere  come  la  lingua  latina  diversamenle 
si  atteggi  in  mano  a  diversi  scrittori  per  espri- 
mere  i  medesimi  concetti,  cio  che  giova  Jion  poco> 
per  infondere  uei  giovani  il  gusto  vero  della  schiel- 
ta  latinita. 


D.  A.  I.  —  Tl  Prete.  Accuse  e  risposte  popolari  con  appendke,  per  D.  A.  M, 
Bologna  1864^  Dirczione  delle  Pice.  Lett.  Cattoliche,  via  larga  S.  Giorgio 
777.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  32. 

D'  AVIKO  VIN€ENZO  —  Enciclopedia  dell'Ecclesiastico,  compilata  dall' Abate 
Vincenzo  d'  Avioo.  Edizione  secon<:la,  riveduta,  aumen(ata  «  in  parte  ri- 
fusa.  Torino,  Pietro  di  Giacinlo  Marietti,  tipografo  editors  1864.  Volume 
<secondo  in  4.°  dapag.  1  a  pag.  200,  ove  V ultimo  arlicolo  e  FILONE  EBREO. 


Nella  Dispensa  1'G."  troviamo  qucsto  avviso  del- 
r«dilore  Cav.  Pietro  di  €.  Marie-tli,  che  ci  fac- 
ciamo  un  debito  di  qui  copiare:  «  Siamo  lieti  di 
poter  annunziare  ai  signori  associati  di  aver  non 
ha  -guari  personalme  nte  deposto  ai  piedi  del  re- 
gnante  ponteflco  Pio  IX  il  primo  volume  di  que- 
zta  End-  lopedia.  II  Sauto  Padre  ci  ha  espresso  il 
suo  gran  compiacimenlo  per  tale  intraprcsa,  e  I'Jia 
tenedettacon  grande  effusione  di  cuore.  Com«  se- 


gno poi  di  sua  speciale  soddisfazionc,  alle  molte 
grazie  precedentemente  impartiteci  ha  aggtunto  in 
tale  ciircostanza  la  maggiore  che  per  noi  poteva 
desiderarsi,  concedendoci  1'alto  onore  di  dichiarar- 
ci  Tipografo  Pontiflcio,  ddUa  quale  qualita  ci  6 
etata  data  cotminicazione  ton  Vi-glietto  delta  Se— 
greteria  di  Slain,  in  data  del  2  spiranle  mese. 

«  Adcmpiamo  ora  .con  piacere  ad  un  iucarico 
datoci  dal  Compilalpre  di  quesla 


88  BIBL10GRAFIA 

tfnello  cioe  di  offerire  molti  ringraziamenti  agli  assicura  die  non  manchera  di  tenerne  conto  quan- 

scrittori  de''varii  periodic!  religiosi  d'  Italia,  che  do  all'  Opera  compiuta  fara  seguire  un  piccolo 

ban  fatto  buon  yiso  alle  sue  fatiche.  Lungi  dal  Supplemento,  il  quale,  oltre  1'aggiunzione  di  que- 

credere  di  aver  fatto  tutto  bene  ,    nessuna  delle  gli  articoli  che  potessero  essere  sfuggili  alia  sua 

cose  umane  cssendo  perfetta,  egli  accetta  le  loro  diligenza,  comprendera  la  reltificazione  di  qua- 

lodi  unicamente  come  stimolo  a  far  meglio  nella  lunque  cosa  che,  dietro  esame  che  egli  stesso  fa- 

continuazione  dell'  Opera.  Gratissimo  poi  a  chiun-  ra  del  suo  lavoro,  meritera  di  essere  riformata  o 

que  lo  ha  reso  e  lo  rendera  avvisalo  di  qualche  corretla.  » 
Inesattezza  in  cui  avesse  poluto  o  potra  incorrere, 

DEL  FRATE  PACIFICO  —  Due  commedie  ad  uso  degli  educandati,  rappresen- 
tate  la  prima  volta  dalle  alunne  delle  Suore  della  Carita  in  Ravenna.  FOT- 
II 1860,  col  tipi  del  Casali.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  144. 

Senza  voler  fare  di  queste  due  Commedie  un  le  difflcolta  che  presenta  un  teatro  in  una  casa 
capo  lavoro  d'arte  drammatica,  dobbiamo  pero  religiosa  di  educazione  per  fanciulle ,  un  merito  e 
confessare  che  esse  hanno  grandi  prcgi ,  e  poste  un  inleresse  non  comune. 

DE-VIT  VINCENZO  —  Lexici  Forcelliniani  pars  altera,  slve  Onomasticon  totius 
latinitalis,  opera  et  studio  Doct.  Yincentii  De-Yit  lu.cubratum.  Tamil.  Di- 
stributio  V.  ANNIUS-AQUILINA.  Prati,  apud  Albergheltum  et  Socc.  in  typo- 
graphia  aldlna  1864.  Unfasc.  in  4.°  da  pag.  321  a  pag.  400. 

—  Novena  in  onore  di  S.  Giuseppe ,  sposo  di  Maria  Yergine,  scritta  dal  sac; 
Yincenzo  De-Yit,  seconda  edizione,  rivecluta  dall'Autore.  Bologna,  tip. 
di  S.  Maria  Maggiore,  stabil.  deir  Immacolata  1863.  Un  opusc.  in  32.° 
dipag.  100. 

D.  F.  C.  —  Conforto  ragionato  allo  spirito  del  credente,  nelle  attuali  tribola- 
zioni,  discorso  di  D.  F.  C.  Torino  1864,  tip.  pontificia  Pielro  di  G.  Jtfo- 
rietti,  piazza  B.  V.  degli  Angeli  N.°  2.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  30. 

DI  PIETRO  STAMSLAO  —  i .  lesu  Dulcedo  cordium  — -  Memoriam  fecit  mirabi- 
lium  suorum.  2.  Ex  altari  tuo,  Domine  —  Rex  Christe  clementissime.  3. 
Salutis  humanae  sator  —  Dlscite  a  me.  Mottetti  posti  in  musica,  con  ac- 
compagnamento  d'organo,  dal  P.  Stanislao  di  Pietro  d.  G.  d.  G.,  Diretto- 
re  della  Cappella  Gregoriana  nel  Collegio  Romano.  Edizione  in  foglio. 
Ciascuna  coppia  si  vende  per  paoli  due,  presso  Alessandro  Befani,  via  del 
Seminario  123 ;  e  nel  deposito  di  slampe,  ma  di  S.  Chiara  47. 

DRACH  PAOLO  —  La  Cabale  des  Hebreux ,  vengee  de  la  fausse  imputation  de 
Pantheisme,  par  le  simple  expose  de  sa  doctrine,  d' apres  les  livres 
cabalistiques  qui  font  autorite,  par  le  chev.  Paul  L.  R.  Drach.  Rome,  im- 
primerie  de  la  Propagande  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  72- 

L'ebraica  parola  CABALA  TUO!  dire  tradizione  ri-  panteisti ,  e  che  il  fondo  della  Cabala  6  il  pan- 

cevuta;  e  con  essa  i  Rabbini  indicano  la  legge  teismo;  e  cio  per  procacciare  a  queslo  sistema  un 

tramandata  oralmente  agl'  israelili  fln  dagli  an-  soslegno  non  dispregeyole.  Nel  libro  del  signer 

tichissimi  tempi.  Piu  particolarmente  poi  questa  Drach,  orientalista  insigne,  si  dimostra  eTidente- 

parola  e  riservata  a  quel  complesso  d'insegna-  mente  che  quell'impulazione  e  onninamente  falsa, 

menti  mistici  o  ascetici,  che  dirigono  gP  israeliti  e  che  essa  pole  essere  sostenuta  dal  Dott.  Franck, 

nelle  loro  preghiere  e  nelle  loro  meditazioni.  II  perche  in  luogo  di  ricorrere  ai  lesti  ebraici  piu 

piu  splendido  maestro  di  Cabala  fu  nel  secondo  accreditati  dei  libri  cabalistici ,  ricorse  a  tradi- 

secolo  dell'era  cristiana  il  Rabbino  Simeone  Ben-  zioni  errate  e  a  citazioni  difettose.  Questo  opu- 

Yohhaii :  e  le  sue  lezioni  vennero  raccolte  nel  li-  scolo  del  Dott.  Drach  nella  sua  brevita  ha  grande 

tro  intitolato  lo  ZOUAR,  che  TUO!  dire  Chiarezza.  forza  di  raziocinio,  e  suppone  una  conoscenza  pro*- 

Dal  1843  il  Dolt.  Franck  nel  suo  llbro  La  Kabbale  fonda  della  lingua  e  della  erudizione  ebraica. 
pretese  di  mostrare  che  i  cabalisti  ebrei  son  tutti 

DUPANLOUP  —  II  Rarcaiuolo  della  Galilea,  per  M.  Dupanloup.  Bologna  1864, 
Direzione  delle  Pice.  Lett.  Catt.  via  Largo,  S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in 


BIBLIOGRAFIA  89 

EVANGELISTA  (P.)  DA  PISTOJA  —  Un  Rore  a  Maria  nel  mese  di  Maggio,  sonetti 
del  P.  Evangelista  da  Pistoja,  Lettore  cappuccino,  con  aggiunta  di  laudi  e 
divoti  pensieri.  Milano,  tip.  e  libr.  arcivescovile,  Ditta  Boniardi-Pogliani 
i   di  Ermen.  Besozzi  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  23. 

Fra  i  dodici  sonctli,  che  trovansi  unili  in  que-  per  mostrarne  la  bellezza.  Essa  cosl  conchiude  Ie 

sto  euro  opuscolo,  ve  n'ha  piu  d'uno  che  merila  lodi  del  seno  caslissimo  di  Maria : 
veramente  il  nome  di  Fiore  di  poesia:  tal  e  per  E  quando  il  cielo  agli  uomini  s'aprio 

ragion  d'esempio  il  1.°  intitolalo  11  Sacrario  del  Quel  seno,  o  angelicala  creatura 

Verbo,  del  quale  ci  basli  il  citare  i'ultima  terzina,  Fu  il  Irono  elelto  al  Figliuol  di  Dio. 

FABIANI  ENRICO  —  Sull'  antichissimo  e  forse  primitivo  Alfabeto  di  sole  died 
lettere,  divinazione  proposta  neH'Accademia  dell'Immacolata  Concezione 
il  1  Giugno  1864,  da  Enrico  Fabiani  sac.  rom.  Roma,  coi  lipi  delta  S.  C. 
di  Prop.  Fide  1864.  Vn  opusc.  in  8.°  dipag.  27. 

FRANCESCO  (S.)  DI  SALES  —  II  Direttore  spirituale  delle  religiose  e  di  chiun- 
que  desidera  camminar  sicuro  e  con  fnitto  nella  via  dello  spirito,  ricava- 
to  dalle  Opere  di  S.  Francesco  di  Sales.  Torino  1864,  coi  lipi  di  Pietro 
di  Giacinto  Marietti.  Un  vol.  in  32.°  dipag.  192. 

GANOT  A.  —  Lezioni  di  fisica  sperimentale  per  uso  delle  persone  estranee  al- 
le  scienze  matematiche,  degli  alunni  di  scuole  di  Belle  lettere,  delle  di- 
re ttrici  delle  case  di  educazione,  e  delle  fanciulle  che  frequentano  i  piu 
rinomati  istituti,  Prima  edizione,  tradotta  da  F.  Camni  su. I'ultima  data 
allalucadal  Prof.  A.  Ganot,  corredata  di  350  vignette,  incise  da  Ales- 
sandro  Foli,  ed  aumentata  di  osservazioni  e  di  note.  Roma,presso  rind- 
sore,  editore,  21,  passcggiata  di  Ripetla,  1864.  Dispensa  l.a  e  2.a  in  8.°  di 
pag.  168. 

GIAMBATTISTA  (P.)  DA  MISTRETTA  —  Esame  critico  sul  pro  gramma  demagogi- 
co:  Libera  Chiesa  in  libero  Stato,  per  il  P..  Giambattista  da  Mistretta,  ex 
Def.  Gen.  Min.  Oss.  Rif.  2.a  edizione  (estr.  dalla  V.  B.  Novella).  Firenze, 
tip.  di  F.  Forti,  via  Laura,  n.  26,  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  V-102. 

In  tre  parti  e  divisa  quesla  trattazione ,  per  e  per  la  saldezza  delle  pruove,  per  la  copia  dei 

dimostrare  che  quel  Programmae  l.°un  concetto  falti,  e  per  la  sicurezza  dei  principii  la  riputiamo 

erroneo  ;   2.°  un  detto  mendace  ;   3.°   una  pro-  degna  di  essere  attentamente  studiata  da  quanti 

messa  subdola.  E  essa  il  migliore  scritto  che  ab-  s'  occupano  seriamenle  della  quistione  religiosa 

biamovedutointornoaquestaimportantequistione,  che  ora  si  dibatle  in  Italia. 

LICCARO  VALENTINO  —  Manuale  di  Predicazione  ad  uso  del  Clero  curato,  del 
sac.  Valentino  Liccaro,  gia  cooperatore  parrocchiale  di  Tarcento,  poi  Se- 
gretario  e  Cancelliere  arcivescovile  di  Zara,  indi  prof,  di  sacra  Scrittura 
nel  Seminario  di  Udine.  Parte  prima.  Le  feste  del  Signore.  T.  I.  Natale, 
Capo  d'anno,  Epifania.  Venczia,  dalla  tip.  di  F.  A.  Perini  Ed.  1864.  Un 
ml.  in  8.°  dipag.  446. 

Un  vero  e  buon  Manuale  di  Predicazione  ad  tullo  queslo  si  Irova;  ma  con  due  particolarila, 

uso  del  Clero  curato ,  deve  piu  che  le  prediche,  che  il  differenziano  dagli  allri.  La  prima  che  y'e 

fornire  bella  e  pronta  la  maleria  di  farle:   cio  scelta  nella  maleria,  sicche  la  soprabbondanza , 

ruol  dire  le  dimostrazioni  delle  verita  domma-  che  spesso  e  imbarazzo  invece  di  ricchezza,  e  so- 

tiche  e  morali,  le  testimonianze  della  santa  Scrit-  stiluita  dalla  giusta  e  conveniente  parsimonia:  il 

tura,  i  luoghi  dei  SS.  Padri,  le  applicazioni  mo-  perche  si  fa  risparmiare  gran  tempo  a  chi  devo 

rali ,  le  parabole ,  le  simililudini ,   i  falli  della  servirsene  ;  e  non  si  fa  correre  il  pericolo  di  ap- 

sloria  ecclcsiastica,  e  quanto  altro  puo  servire  ad  pigliarsi  a  frivolezze  o  vanita.  La  seconda  qua- 

un  Parroco  per  preparare  i  discorsi  che  dee  fare  lilk  si  e  che  quesle  materie  vi  si  trovano  disposte 

al  popolo.  Nel  Manuale ,   di  sopra  annunziato ,  con  ordine,  e  non  raccozzate  alia  rinfusa :  Tale  a 


0  BIBLIOGRAFIA 

dire  che  sopra  ogni  argomentoson  fatti  pareccW  ste  del  S ignore,  doe  il  Natale  ia  dfciassette  dl- 

discorsi,  con  molta  regolarita  e  buona  composi-  scorsi ,  il  Capo  d'anno  in  dodici  e  1'Epifania  in 

zione;  ma  cosi  pingui  e  polputi  die  ciaseuno  pad  diciasselte.  Per  compiere  questa  1."  Parte  man- 

dar  materia  a  pareecbie  prediehe.  L'ordine  gene-  cano ,  come  ayverte  1'Au.tcre,  altri  tre  tomi,  i 

rale  del  Manuale  e  semplicissimo ,  essendo  esso  quali  vedranno  la  luce  saccessivamente  di  dtae  la 

distribuito  in  quattro  Parti,  lal.a  delle  quali  com-  due  mesi  circa.   Ogni   torno  componesi  di  fogU 

prendera  le  Feste  di  N.  Signore  ,    la  II. a  quelle  25  o  poco  pin,  e  per  ogni  foglio  pagansi  o  soldi, 

della  B.  Vergine,  la  IH.a  quell  e  deiSanti,  la  IV.a  e  altri  5  per  la  covertina  e  legatura  d'ogni  tomo. 

le  Domeniche  fra   1'  anno.   E   nscilo  alia  luce  il  Dirigersi  al  Bibliotecario  arcivescovile  in  UdiBe* 
Toino  1  delta  l.a  Parle,  che  svolge  tre  delle  Fe- 

KANARA  ACHILLE  —  Atti  di  riparazione  alia  offesa  maesta  di  Gesii  Cristo,  pro- 
posti  dal  G.  AcMlle  Manara.  Seconda  edizione,  corretta  ed  aumentata: 
aggiuntevi  praliclie  di  pieta ,  coll'Indulgenza  cM  S.  S.  PIo  IX.  Rologna 
1864,  tip.  diS.  Maria  Maggiore.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  72. 

KANISCALCHI  ERIZZO  FRANCESCO  —  Memoria  del  Conte  Maniscalchi  Erizzo , 
membro  effettivo  dell' imp.  reg.  islituto  veneto  di  scienze,  lettere  ed 
arti  ecc.  ecc.,  intorno  all'  Evangeliario  gerosolimi[ano,  tratto  da  un  co- 
dice  siriaco  Vaticano,  e  da  lui  edito ,  latinamente  tradotto  ed  illuslrato. 
Estratto  dal  vol.  IX,  serie  III^  degli  Atti  dell'Istituto  stesso.  Jenezia,  priv. 
slab.  Naz.  di  G.  Antonelli  edit.  1864.  Un  opuscolo  in  8.°  di  pag.  24. 

Nel  fascicolo  342  annunziammo  la  slampa  del-  tiamo  che  la  Memoria,  qui  sopra  annunziata,  si 

V  Evangeliariumllierosolymitanum,  fatta  sopra  il  rifcrisce  a  quella  medesima  stampa ,  perche  da, 

famoso  codice  siriaco  della  Vaticana  con  bellis-  sebbene  molto  breyemen-te,  conle/.za  della  forma, 

sinii  caralteri  Estrangbeli,  coi  tipi  vevoncsi  dei  dell'idioma,  del  rito  e  della  faniiglia  del  Codice 

Yicentini  e  Franchini,  per  cura  e  studio  dell' il-  stesso,  c  dice  le  norrac  seguite  dall' editore  per 

lustre  orientalist;!,  sig.  Conle  Maniscalchi  Erizzo:  fame  la  yersione.   Non  bastando  pcro,  a  nostro 

c  diccmmo  cbe  a  dare  un  giudizio  adeqnato  aspet-  parere,  queste  notizie   per  potcr  adequatamente 

tayamo  la  pubblicazione  del  secondo  yolume,  die  ragionare  del  layoro  del  sig.  Conte,  ci  riserbia- 

conterra  i  Prolegomeni  e  il  Giossario.  Ora  ayver-  rao  a  farlo  ad  opera  compiula., 

KANUZZI  GIUSEPPE  —  Yocabolario  della  lingua  italiana,  gia  compilato  dagli 
Accademici  della  Crusca,  ed  ora  novamenle  corretto  ad  accresciuto  dal 
cavaliere  Abate  Giuseppe  Maiiuzzi.  Seconda  edizione,  riveduta  e  notabil- 
mente  ampliatadalcompilatore.  Dispensa49.a  e  5€.a  Fvrenze,  nella  stam- 
peria  del  Yocabolario  e  del  tcsli  di  UngualWi.  Due  fasc.  in  4.°  dapagi- 
na  391  a  pag.  486  del  vol.  3,  fmo  alia  parola  PFETA. 

1HELANDR1  G.  --  Della  devozione  a  Maria  Vergine,  per  G.  Melandri  d.  C.  d.  G. 
Bologna,  lip.  Maregyiani  all'insegna  di  Dante,  18G3.  Un  opuscolo  in  32.° 
di  pag.  39. 

18EMORIE  PER  LA  STORIA  de'  nostri  tempi  dal  Congresso  di  Parigi  nel  1856  al 
giorni  nostri.  Stamperia  dell'  Unione  tipografico-editrice  lormese.  S"c- 
conda  Serie,  6.°  Quaderno,  18.°  della  Raccolta.  Un  fasc.  in  8.  da  pag.  321 
a  pag.  383,  con  cui  termina  il  volume  L°  della  seconda  Serie. 

KONTUORI  GIUSEPPE  GAETANO  —  Orazione  funebre  del  sacerdote  napoletano 
Pasquale  Musto,  Cameriere  di  onore  di  S.  Santita,  letta  da  Giuseppe  Gaeta- 
no  Montuori,  parroco  della  chiesa  di  S.  Liborio  in  Napoli,  il  di  10  Giugno 
1864,  nella  chiesa  di  S.  Maria  Egiziaca  a  Pizzofalcone.  Napoli  1864^  stabiL 
tip .  di  G.  Gioia,  vicoletto  Mezzocannone  n.k,p.p.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.%1. 

Pasquale  Musto  fu  yero  ornamenlo  del  clero  na-  ro ,  lascio  desiderio  grande  e  stiraa  ancor  naag- 

poletano,  zelanle  apostolo  di  quel  popolo,  fedele  giore  di  lui  in  ogni  classe  di  persone.  Quant'  essa 

servitore  del  Signore;  e  la  morte,  ehe  nella  sua  fosse  nieritata,  dimoslralo  in  questa  eloquente  Qra- 

Terde  yirilita  il  tolse  alle  faticlie  del  ministe-  zione  funebre  il  ca.  parroco  Moaluori. 

(Sara  continuata  nelprossimo  fascicolo.) 


GRONACA 

OONTEMPORANEA 


Roma  24  Settembre  1864. 


I. 

Ai  YENERABILI  FRATELLI  ARCIYESCOTI  E  VESCOYI,  E  AGLI  ALTRI  ORDINARII 

LOCALI,  DIMORANTI  NEL  REAME  DI  POLONIA  E  NELLE  REGIONI  DELL'  iMPE- 
H0  RUSSO  ,  I  QUALI  HANNO  LA  GRAZIA  E  LA  COMUNIONE  BELLA  SfiDE 
APOSTOLICA. 

PIO  PAPA  IX. 

VENERABILI  FRATELLI, 
Salute  e  apostolica  Benedizione. 

Gia  nello  scorso  mese  di  Aprile,  il  giorno  24  sacro  all'  inyitto  martire 
S.  Fedele  da  Sigmaringa ,  allora  che,  o-Yenerabili  Fratelli,  nell'  urbano 
Coltegio  di  Propaganda  Fide ,  di  questa  Nostra  alma  citta ,  moyemmo 
alte  lamentanze,  sopra  la  infelice  e  non  mai  abbastanza  compianta  condi* 
ztoae  del  Reame  di  Polonia,  e  sui  mal  consigliati  moti  cola  destatisi  con- 
tro  quel  potentissimo  Soyrano,  significammo  altresi,  ayere  noi  letto  nei 


YENERABILIBVS  FRATRIBVS  ARcniEPiscons  ET  EPISCOPIS,  ALIISOVE  LOCORVM  ORDI— 

KAR1IS  IN  POLOMAE  REGNO,   ET  RySSICI  IMPERII  REGIOMBVS  MORANTIBYS  GRA— 
TIAM  ET  COMMVMONEM  CVM  APOSTOLICA  SEDE  HABENTIBVS. 

PIVS  PP.  IX. 

VENERABILES  FRATRES, 
Salutem  et  apostolicam  Bcnedictionem. 

i'bi  Urbaniano  in  Collegio  christianae  fidei  propagandae  huius  almae  No- 
strae  urbis  die  24  proximi  mensis  Aprilis  invicto  Christi  martyri  S.  Fideli  a 
Slgmaringa  sacro  vehementer  lamentati  sumus,  Venerabiles  Fratres,  mise- 
ram ,  et  nunquam  satis  deplorandam  Poloniae  Regni  conditionem ,  et  male 
cousultum  motuin  ibi  contra  Potentissimum  Principem  excitatum ,  significa- 


92  CRONA<fA 

giornali  i  provvedimenti,  al  certo'  seyerissimi,  presi  dal  Governo  russo  non 
pure  ad  attutare  que'moti,  ma  ben  anco  ad  estirpare  insensibilmente  dal 
medesimo  regno  la  cattolica  Religione.  E  nello  stesso  tempo  vi  manife- 
stammo,  essere  d'  uopo  tuttavia  che  siffatte  tristissime  notizie  venissero 
con  piu  certi  modi  e.con  maggiore  autorila  comprovate,  non  potendosi 
ai  pubblici  fogli  sempre  aggiustar  piena  fede.  Ma  oggimai  da  molte  e 
svariate  testimonianze  fededegne  a  Noi  pervenute,  abbiamo,  o  Venera- 
bili  Fratelli,  con  incredibile  dolore  dell'animo  Nostro,  riconosciuto  trop- 
po  vere  essere  le  sevizie,  onde  il  Governo  russo  vessa  e  tormenta  la  Chie- 
sa  cattolica  e  i  ministri  e  fedeli  suoi.  Posciache  di  certo  sapemmo,  che 
quel  Governo,  gia  da  gran  tempo  sommamente  avverso  alia  cattolica 
Chiesa  e  bramoso  di  tutti  trascinare  al  suo  funestissimo  scisma,  colto 
pretesto  delle  sedizioni  insorte,  acremente  e  con  tulti  i  mezzi  perseguita 
la  nostra  santissima  Religione  e  tutti  quelli  che  la  professano.  Quindi,  il 
Concorclato  stretto  con  Noi  e  colla  S.  Sede  non  fu  mai  pienamente  ese- 
guito,  i  pubblici  patti  di  difendere  la  Religione  cattolica  nelReame  polac- 
co  interamente  spregiati,  e  moltissime  leggi  e  decreti  contrarii  affatto  al 
bene  dei  Cattolici  furono  sanciti ;  il  Governo  non  cesso  mai  dall'interdire 
gli  scritti  cattolici,  e  dal  disseminare  in  vece  libri  e  giornali  al  tutto  osti- 
li  alia  dottrina  cattolica,'  e  acerbamente  oltraggiosi  al  Vicario  di  Cristo  in 
terra  e  a  questa  apostolica  Sede,  e  acconci  a  pervertire  soprattutto  il 
popolo  polacco ;  il  Goyerno  non  cesso  mai  dal  porre  impediment!  alle 


vimus  etiam ,  Nos  in  publicis  ephemeridibns  legisse  severissima  sane  con- 
silia  a  Russico  Gubernio  suscepta,  non  solum  ad  eumclem  motum  compri- 
mendum,  verum  etiam  ad  catholicam  Religionem  eodem  in  Regno  sensim 
extirpandam.  Atque  eodem  tempore  manifestavimUs,  oportere,  huiusmodi 
trislissimos  nuncios  indubitato  modo,  ac  maiore  auctoritate  comprobari, 
quandoquidem  publicis  ephemeridibus  plena  fides  adhiberi  semper  nequit. 
Nunc  vero  ex  pluribus  variisque  fide  dignis  testimoniis  ad  Nos  perlatis  cum 
incredibili  animi  Nostri  dolore  agnovimus,  Venerabiles  Fratres,  verissimas 
esse  acerbitates,  quibus  a  Russico  Gubernio  catholica  Ecclesia,  eiusquemi- 
Bistri,  et  cullores  magis  in  dies  divexantur  ac  lacerantur.  Etenim  certo  scl- 
vfmus,  idem  Gubernium  iamdiu  calholicae  Ecclesiae  summopere  infensum , 
omnesque  ad  fuuestissimum  schisma  pertrahere  exoptans,  excilatae  pertur- 
bationis  praetexlu  sanctissimam  nostram  Religionem,  omnesque  Catholicos 
quibusque  modis  aciiter  insectari.  Hinc,  Conventione  cum  Nobis,  et  hac 
Sancta  Sede  inita  nunquam  plenae  execution'!  mandata,  ac  publicis  pactis  de 
catholica  Religione  in  Poloniae  Reguo  tuenda  plane  despectis,  plurimisque 
editis  legibus  et  decretis  rei  catholicae  maxime  adversis,  Gubernium  idem 
nunquam  intermisit  catholica  scripta  interdicere,  et  libros,  ephemefidesque 
catholicae  doctrinae  omnino  repugnantes ,  et  in  Christi  hie  in  terris  Vica- 
rium ,  et  Apostolicam  hanc  Sedem  summopere  iniuriosas,  alque  ad  Polonum 
praesertim  populum  depravandum  accommodatas  disseminare,  et  communica- 


CONTEMPORANEA  93 

comunicazioni  con  Noi  c  con  quesla  Sede  apostolica ,  e  dal  prescrivere 
un  giuramento  contrario  alle  leggi  divine,  e  dal  sohillare  il  popolo  contro 
i  sacerdoti  cattolici,  e  dal  divietare  che  si  predicasse  e  s'insegnasse  qua- 
le  divario  passa  tra  la  cattolica  verita  e  lo  scisma,  e  dall'  impedire  con 
gravissime  pene  che  alcuno  potesse  dallo  scisma  infelice  emergere  e  al 
seno  della  Chiesa  cattolica  ritornare.  Quinjii  i  Religiosi  discacciati  dai 
conventi,  e  i  loro  monasteri  tramutati  in  caserme,  e  i  Vescovi  cattolici 
strappati  dalle  loro  Diocesi,  e  conclannati  all'  esiglio,  e  pressoche  innu- 
merabili  cattolici  di  rilo  greco,  con  maliziosi  e  molteplici  arlifizii,  trasci- 
nati  prima  contro  loro  volere  nello  scisma,  e  impediti  poi  dal  rientrare, 
come  pure  bramerebbero,  nel  seno  della  cattolica  Chiesa,  e  innummera- 
bili  cattolici  di  rito  latino  altresi  rapiti  alia  Chiesa,  specialmente  col  mez- 
zo de'  matrimonii  misti,  e  orfanelli  cattolici,  sotto  pretesto  di  tutela,  in- 
yiati  in  lontane  contrade,  dove  divelti  dal  culto  cattolico  cadessero  nei 
pericoli  dello  scisma.  Quindi  cattolici  senza  numero  di  qualsivoglia  rito, 
eta,  sesso,  condizione,  acerbamente  travagliati,  etradotti  in  remotissime 
terre,  e  le  chiese  loro  mandate  a  ruba,  e  pollute,  e  convertite  in  alloggi 
militari  o  in  templi  di  culto  acattolico;  e  i  sacerdoti  caltolici  in  miseran- 
de  guise  vessali,  e,  rapiti  i  loro  beni,  ridotti  a  trista  mendicita,  e  quali 
cacciati  in  esilio,  e  quali  in  carcere  trascinati,  e  quali  eziandio  messi  a 
morte,  per  cio  solo  che  non  avevano  negato  i  soccorsi  e  i  conforti  del  lo- 
ro ministero  ai  feriti  in  battaglia  e  ai  moribondi.  Arroge  che  cosi  ai  che- 


lionem  cum  Nobis,  et  bac  Apostolica  Sede  praepedire,  et  iuramentum  divi- 
nis  legibus  contrarium  praescribere,  et  populum  contra  catholicos  Sacerdo- 
tes  excitare,  et  prohibere,  ne  praedicari  ac  doceri  queat  discrimen,  quod 
inter  catholicam  veritatem  et  schisma  intercedit,  et  gravissimis  constitulis 
poenis  impedire,  quominus  aliquis  ex  infelici  schismate  emergere,  et  ad  ca- 
tholicae  Ecclesiae  sinum  redire  possit.  Hinc  Religiosi  viri  ex  suis  Coeno- 
biis  deturbati,  eorumque  Monasteria  militarlbus  stationibus  destinata,  et  ca- 
tholici Episcopi  a  sua  Dioecesi  abrepti ,  et  exilio  multati ,  et  innumeri  fere 
Catholici  graeci  ritus  subdolis  quibusque  macbinationibus  iamcliu  in  schisma 
violenter  tracti,  et  impediti  ad  redeundum  in  catholicae  Ecclesiae  gremium, 
veluti  exoptarent,  ac  innumeraUiles  etiam  latini  ritus  Catholici  per  mixta 
praesertim  matrimonia  calholicae  Ecclesiae  erepti ,  et  pueri  catholicis  paren- 
tibus  orbati ,  sub  tutelae  praetexto,  in  longinquas  regiones  amandati ,  a  ca- 
tholico  cultu  avulsi ,  et  in  schi small s  discrimen  adducti.  Hinc  innumeri  cu- 
iusque  generis,  aetatis,  sexus  et  conclitionis  Catholici  summopere  afllicti,  et 
in  remotissimas  terras  transducti ,  et  Catholicorum  templa  direpta,  polluta, 
ac  in  cultum  acatholicum ,  vel  in  mllitares  stationes  conversa ,  et  catholici 
Sacerdotes  miserandum  in  modum  vexati ,  suisque  bonis  spoliati  ad  tristem 
paupertatem  redacti ,  ac  vel  in  exilium  pulsi ,  vel  in  carcerem  detrusi,  vel 
etiam  necati,  proptereaquod  in  acie  vulneratis,  morientibusque  sacri  mini- 
stcrii  Opem ,  auxiliumque  ferre  baud  omiserunt.  Accedit  etiam ,  ut  cum  Pre- 


94  CRONACA 

rici  come  ai  laici  esigliati  e  tolto  ogni  sollievo  e  presidio  della  nostra 
santissima  Religione,  e  che  ai  Cattolici  della  Lituania  fu  data  la  scelta,  o 
di  partire  per  1'esiglio  diremotissimo  paese,  o  di  apostatare  dalla  Religio- 
ne cattolica.  Questi  ed  altri  sono  i  fatti  certo  deplorabili  contro  la  Chiesa 
cattolica  dal  Governo  russo  incessantemente  perpetrati.  Noi,  non  ha  dub- 
bio,  da  smisurato  cordoglio  qppressi  non  possiamo  le  lacrime  trattenere, 
in  veggendo  yoi,  Yenerabili  Fratelli,e  diletti  Figliuoli  nostri  i  fedeli  cat- 
tolici,  fatti  segno  a  tutte  quelle  gravissime  persecuzioni,  onde  il  predetto 
Governo  si  sforza  di  condurre  alle  ultirae  estremita  la  Fede  e  Religione 
cattolica,  cosi  nel  Regao  di  Polonia,  come  e  piu  specialmente  nelle  altre 
regioni  dell'Impero. 

Senon  chej  YenerabiliFratelli,in  questa  fierissima  guerra  dal  Goyerno 
riisso  contro  alia  Chiesa  cattolica,  ed  ogni  suo  diritto,  e  ministri  e  cose 
sante  combattuta,  occorre  ancora  un  altro  attentato  ,  miovo  affatto  negli 
annali  ecclesiastic!  e  fmo  ad  oggi  non  piu  inteso ,  sul  quale  ci  e  forza  di 
fare  dogHanze  e  rimproveri.  Perciocche  quel  Governo  non  solamente 
strappo  dal  suo  gregge,  e  rilego  in  rimote  contrade  il  Fratello  nostro  Si- 
gismondo,  egregio  uomo  ,  e  Arcivescovo  Varsaviense  d'  ogni  laude  de- 
gnissirno,  ma  non  dubito  altresi  di  formare  decreto,  per  cui  quel  Yenera- 
bil  nostro  Fratello  fosse  privo  d'  ogni  autorita  e  giurisdizione  vescovile 
nella  Diocesi  di  Yarsavia  ,  e  tolto  fosse  a  ciascuno  de'  diocesani  di  co- 
municare  con  lui ;  e  inoltre  tento  di  collocare  in  sua  vece  ,  come  ammi- 
nistratore  della  Diocesi,  il  diletto  Figlio  nostro  Paolo  Rzewuski,  Yicario 


sbyteri,  turn  laici  in  exilium  missi  omni  sanctissimae  nostrae  Religionis  so- 
latio,  praesidioque  carere  debeant,  utque  Litlinaniae  Catholicis  optio  data 
fuerlt  vel  exsules  abeundi  in  dishmctissimas  regiones,  vel  deficiendi  a  ca- 
tholica  Religione.  Haec  et  alia  sane  lugenda  a  Russico  Gubernio  contra  ca« 
tholicam  Ecclesiam  iudesiiienter  patrantur.  Equidem  nos  immenso  moerore 
confecli  lacrimas  continere  non  possumus,  cum  videamus,  Yos,  Yenerabiles 
Fratres,  ac  dilectos  filios  ficleles  Catholicos  omnibus  illis  gravissimis  insecta- 
tionibus  obnoxios,  quibus  commemoratum  Gubernium  catholicam  Fideni  et 
Religlonem  turn  in  Poloniae  Regno,  turn  in  aliis  praesertim  illius  Imperil  re- 
gionlbus  ad  ultimum  discrimen  adducere  conatur. 

At  etiam  in  hoc  acerrimo  bello  a  Russico  Gubernio  catholicae  Ecclesiae, 
eiusque  sacris  iuribus ,  ministris ,  rebusque  illato ,  alium  novum  prorsus  in 
Ecclesiae  fastis,  et  ante,  hunc  diem  inauditum  ausum  lamentari,  et  expro- 
brare  cogimur,  Yenerabiles  Fratres.  Siquidem  Gubernium  idem  non  solum 
Yenerabilem  Fratrem  Sigismundum  egregium ,  omnique  laude  dignum  Yar- 
saviensem  Archiepiscopum  a  suo  grege  divulsum  in  longinquas  regiones 
amandavit;  verum  etiam  non  dubitavit  decernere,  eumdem  Venerabilem 
Fratrem  episcopal*!  in  Yarsaviensem  DSoecesim  auctoritate  et  iurisdictione 
esse  privatum,  et  neminem  e  sua  Dioecesi  cum  ipso  posse  communicare,  et 
in  eius  locum  sufficere,  veluti  Dioecesis  Adniinistratorem,  dilectum  Filium 


CONTEMPORANEA  95 

generate  di  lui,  e  gia  da  Noi  eletto  Vescovo  di  Prusa  nelle  parti  degli  Infe- 
deli,  e  disegnato  suffraganeo  dello  stesso  Arcivescovo  Yarsaviense.  Ci 
mancano  le  parole,  o  Venerabili  Fratelli ,  a  riprovare  e  condegnamente 
detestare  un  simil  fatto .  E  chi  infatti  non  restera  altamente  attonito,  uden- 
do  che  il  Governo  russo  e  giunto  a  cotesto  di  credere  senzauna  ragione 
al  mondo,  e  osare  di  ritogliere  ai  Yescovi,  cui  lo  Spirito  Santo  pose  al  reg- 
gimento  della  Chiesa  di  Dio,  1'autorita  sa  era  da  Dio  loro  conferita  e  indi- 
pendente  aflatto  da  tutte  laicali  potesta  ;  e  dopo  cio  rimuoverli  dal  go- 
verno  e  dalla  cura  delle  proprie  Diocesi?  Mentre  tali  disordini  riprovia- 
mo  e  condanniamo,  al  tempo  islesso  dichiariamo,  in  modo  aperto  e  palese, 
che  nessuno  puo  obbedire  al  detto  ord  ine  ,  e  che  tutti  i  fedeli  della  Dio- 
cesi Varsaviense  sono  tenuti  di  prestare  sollecita  obbedieaza  allo  stesso 
Venerabile  Fratello  nostro  Sigismondo,  il  quale  e  il  vero  e  legittimo  Ar- 
civescovo  di  Yarsavia. 

Non  dubitiamo  poi ,  che  lo  stesso  dilelto  Figliuolo  nostro  Paolo  Rze- 
wuski,  ben  consapevole  del  suo  dovere,  resistendo  al  detto  ordinaniento 
del  Governo  russo,  non  sia  per  continuare  nell'  ufficio  di  Vicario  gene- 
rale,  commessogli  dal  Yenerabile  Fratello  nostro  Sigismondo  Arcivesco- 
TO  Varsayiense  suo  legittimo  Prelato,  e  a  lui  in  tutte  cose  prestare  pienis- 
sima  obbedienza. 

Mentre  poi,  o  Venerabili  Fratelli,  invochiamo  e  cielo  e  terra  a  testimo- 
nio  di  quanto  si  opero  e  si  opera  nel  Regno  di  Polonia,  e  in  altre  region! 
dell'  Impero  russo,  a  danno  della  Chiesa  cattolica,  e  de'  suoi  Yesco\i,  e 


Paulura  Rzewuski  eius  Yicarium  Generalem ,  et  Episcopum  Prusensem  in 
partibus  Infidelium  iam  a  Nobis  electum,  ac  SuiTraganeum  eiusdem  Yarsa- 
viensis  Antistitis  designatum.  Yerba  quidem  desunt,  Yenerabiles  Fratres, 
ad  huiusQiodi  factum  reprobandum  ac  detestandum.  Ecquis  enim  non  ve- 
hementissime  mirabitur,  cum  sciat  eo  devenisse  Russicum  Gubern'mm ,  ut 
perperam  autumet  et  audeat,  Episcopos,  quos  Spiritus  Sanctus  posuit  regere 
Ecclesiam  Dei,  sacra  eorum  auctoritate  ipsi  a  Deo  tradita,  et  nullo  prorsus 
modo  laicae  potestati  unquam  obnoxia  privare,  eosque  a  propriae  Diocesis 
regimine  et  procuratione  amovere?  Dum^autem  haec  reprobamus  et  danma- 
mus,  eodem  tempore  clare  aperteque  declaramus,  neminem  memoratae  or- 
dinationl  posse  obedire,  omnesque  Varsavlensis  Dioeceseos  fideles  debere 
eidem  Yenerabili  Fralri  Sigismundo  sedulo  obtemperare,  qui  verus,  legiti- 
musque  est  Yarsaviensis  Antistes. 

Nihil  vero  dubitamus,  quin  idem  Dilectus  Filius  Paulus  Rzewuski,  sui  offi- 
cii  probe  memor,  huiusmodi  Russici  Gubernii  mandato  minime  obsequens 
pcrgat  Vicarii  Generalis  munere  fungi,  sibi  commisso  a  Yenerabili  Fratre  Si- 
gismundo Archiepiscopo  Yarsaviensi,  suo  legitimo  Antistite,  eique  in  omni- 
bus cliligentissime  obedire. 

Iam  vero ,  Venerabiles  Fratres ,  dum  caelum  ac  terram  testes  invocando, 
de  omnibus,  quae  in  Poloniae  Regno ,  aliisque  Russici  Imperil  regionibus 
contra  catholicam  Ecclesiam,  eiusque  sacrorum  Autistites,  ministros,  iura, 


96  CKONACA 

ministri,  e  diritti,  e  patrimonio,  e  contro  i  diletti  figliuoli  suoi,  e  ne  fac- 
ciamo  alte  doglianze,  e  con  tutte  le  nostre  forze  ci  lamentiamo  della  per* 
secuzione  die  ii  Governo  russo  non  cessa  di  muovere  alia  Chiesa  ;  tolga 
il  cielo  che  in  conto  alcuno  vogliamo  approvare  i  moti  mal  consigliati 
miseramente  eccitati  in  Polonia.  Poiche  ognuno  sa  con  quanto  studio  la 
Chiesa  cattolica  sempre  ha  insegnato  e  inculcato,  che  ciascun'anima  e  sot- 
toposta  alle  potesta  piu  elevate,  etutti  sono  soggetti  all'autorita  chile,  e 
obbligati  onninamente  di  loro  prestare  obbedienza,in  tutto  cio  che  non  ri- 
pugna  alle  leggi  di  Dio  e  della  sua  Chiesa.  Egli  e  per  certo  grandemente 
da  rimpiangere ,  che  cotali  movimenti  abbiano  al  Goyerno  russo  data 
ansa  di  tormentare  ogni  di  peggio  e  opprimere  la  Chiesa. 

Se  non  che  nell'atto  che  riproviamo  e  condanniamo  siffatti  torbidi,  che 
funestissimi  riescono  alia  cristiana  e  alia  civile  repubblica,  non  possiamo 
a  meno  di  non  inculcare  energicamente  a  tutti  i  Sovrani  dei  popoli ,  che 
facciano  ogni  opera  affinche  in  loro  non  ricadano  quelle  gravissime  parole 
della  divina  Sapienza  ai  Re :  «  Poiche  a  voi  fu  data  la  potenza  da  Dio  e 
la  forza  dall'  Altissimo,  il  quale  esaminera  le  opere  vostre  e  le  vostre  co- 
gitazioni  scrutera ;  poiche  essendo  Ministri  del  reame  di  lui  non  giudica- 
ste  direttamente,  ne  osservaste  le  leggi  della  giustizia ,  ne  camminaste 
secondo  la  volonta  di  Dio :  orrendamente  e  presto  a  yoi  apparira ;  perche 
giudizio  severissimo  slfara  di  coloro  che  presiedono,  essendo  che  al  me- 
schino  si  concede  misericordia,  laddoye  i  potenti  potentemente  patiranno 


patrimonium,  ac  dilectos  ipsius  Ecclesiae  filios  gesta  sunt  et  gertmtur,  ve- 
hementer  expostulamus,  et  etiam  atqueetiam  querimur  persecutionena,  quara 
Russicum  Gubernium  contra  Ecclesiam  gerere  non  desinit,  absil,  ut  ullo 
modo  probare  velimus  male  consultos  molus  in  Polonia  misere  excitatos. 
Omnes  enim  norunt  quanto  studio  catholica  Ecclesia  semper  inculcaverit, 
ac  docuerit,  omnem  animam  subditam  esse  potestatihus  sublimioribus,  o- 
mnesque  civili  auctoritati  subiectos  esse,  debitamque  obedientiam  praestare 
omnino  debere  in  iis  omnibus ,  quae  Dei ,  eiusque  Ecclesiae  legibus  non  ad- 
versaotur.  Equidem  summopere  dolendum,  huiuscemodi  motus  Russico  Gu- 
bernio  ansam  dedisse  ad  calholicam  quotidie  magis  divexandain ,  et  oppri- 
meiiclam  Ecclesiam. 

Dum  autem  eiusmodi  christianae ,  civilique  reipublicae  funestissimos  motus 
xeprobamus  ac  damnamus ,  baud  possumus,  quin  omnibus  summis  populorum 
Principibus  vehementer  inculcemus,  ut  quantum  in  ipsis  est,  omnia  conen- 
tur,  ne  in  eos  gravissima  ilia  cadant  divinae  Sapientiae  ad  reges  verba:  «Quo- 
«  niam  data  est  a  Domino  potestas  vobis ,  et  virtus  ab  Altissimo ,  qui  inter- 
«  rogabit  opera  vestra,  et  cogitationes  scrutabitur;  quoniam  curn  essetis 
«  ministri  regni  illius,  non  recte  iudicastis,  nee  custodistis  legem  iustitiae, 
«  neque  secundum  voluntatem  Dei  ambulastis ;  horrende  et  cito  apparebit 
«  vobis ,  quoniam  iudicium  durissimum  his ,  qui  praesunt ,  fiet:  exiguo  enini 
«  conceditur  misericordia,  potenles  autem  potenter  tormenta  patientur.  y> 


CONTEMPORANE.l  97 

i  supplizii  *.  »  Col  maggiore  calore  deiranimoNostro  esortiamo  e  suppli- 
chiamo  i  Sovrani  tutti ,  perche  pure  una  volta  intendano  e  riflettano  e 
riconoscano  che  quando  yiene  a  mancare  la  nostra  santissima  Religione, 
e  la  salutare  sua  dottrina,  e  la  obbedienza  a  Dio  dovuta  e  alia  Chiesa,  e 
la  libera  comunicazione  con  questa  santa  Sede,  allora  i  popoli  cadono 
nella  corruzione  di  ogni  fatta  error!  e  vizii  perniciosissimi :  e  quindi  av- 
Yiene,  che  quesli  popoli,  tolto  di  mezzo  la  pieta  e  il  tirnore  di  Dio,  riget- 
tato  il  giogo  soave  della  religione  e  scossa  1'  obbedienza,  per  tutto  diritto 
dovuta  a  Dio  e  alia  Chiesa ,  si  gittano  ad  ogni  piu  sfrenata  licenza  di  vi- 
vere  e  di  operare;  e  cosi  secondando  i  proprii  appetiti  nell'empieta,  e 
dispregiano  i  governanti,  e  la  maesta  bestemmiano,  e  insorgono  contro  i 
Principi  e  loro  dinegano  la  sudditanza. 

In  mezzo  alia  profonda  tristczza  deH'animo,  che  ne  cagiona  il  cumulo 
si  grande  de'  mali  che  opprimono  Voi,  Yenertfbili  Fratelli,  e  i  Fedeli  alia 
yostra  cura  aflidati,  non  e  tuttavolta  piccola  la  consolazione  e  il  conforto 
cui  Ci  arreca  1'  esimia  virtu  e  costanza  vostra  nel  difendere  la  Chiesa,  e 
nel  tollerare  fatiche  e  travagli  per  la  cattolica  fede.  E  poiche,  come  ben 
sapete,  beati  sono  quelli  che  soffrono  persecuzione  per  la  giustizia,  e  nulla 
T'ha  di  piu  nobile  e  di  piu  glorioso  che  il  patire  ignominia  pel  Nome  di 
Gesu ;  e  coloro  arrivano  a  salute  che  perseverano  sino  alia  tine ;  per  que- 
sto  ci  confidiamo,  che  Voi,  Yenerabili  Fratelli ,  confortati  nel  Signore  e 


Atque  etiam  omnes  summos  Principes  maiore,  qua  possumus,  animi  Nostrl 
contentione  hortamur  et  rogamus,  ut  aliquaudo  intelligere,  animadvertere , 
ac  noscere  velint,  quod  populi,  cum  a  sanctissima  nostra  religione,  eiusque 
salutari  doctrina,  atque  a  debita  erga  Deum,  eiusque  Ecclesiam  ,  et  leges 
obedientla ,  et  a  libera  cum  hac  S.  Sede  communicatione  amoti  fuerint ,  turn 
perniciosissimis  quibusque  erroribus ,  vitiisque  depravantur ,  et  iccirco  eve- 
nit ,  ut  iidem  populi  timore  et  pietate  erga  Deum  sublata ,  suavique  religio- 
nis  iugo  exuto,  et  plane  abiecta  obedientia,  quae  Deo,  ejusque  Ecclesiae  et 
legibus  omnlno  debelur,  in  effrenatam  vivendi ,  agendique  licentiam  misere 
prolabantur,  et  ambulantes  secundum  sua  desideria  in  impietatibus  domina- 
tionem  spernant,  maiestatem  blasphement,  et  contra  Principes  insurgant, 
eisque  obedire  recusent. 

In  summa  vero  animi  Nostri  moestitia  ob  tantam  malorum  congeriem,  quae 
Yos,  Venerabiles  Fratres,  et  fideles  curae  vestrae  commissos  premit,  non  pa- 
rum  certe  Nos  reficit  et  consolatur  egregia  vestra  in  Ecclesia  tuenda ,  tan- 
tisque  in  laboribus,  aerumnisque  propter  catholicam  fidem  perferendis  vir- 
tus et  constantia.  Et  quoniam  optime  nostis ,  beatos  esse ,  qui  persecutio- 
nem  patiuntur  propter  iustitiam ,  ac  pulcherrimum  et  gloriosissimum  esse  pro 
nomine  lesu  contumeliam  pati,  eumque  salvum  fieri,  qui  perseveravit  usque 
in  finem;  iccirco  nihil  dubitamus,  quin  Yos,  Yenerabiles  Fralres,  confortati 

\  SAP.  c.  6,  v.  4,  3,  6,7. 

Serie  Y,  vol.  XII,  fasc.  349.  7  24  Seltembre  1864. 


D8  CRONACA 

nella  potenza  della  virtu  sua,  non  cesserete  dal  combattere  con  animo  for- 
te ed  inyitto  per  la  gloria  di  Dio  e  per  la  difesa  della  sua  Chiesa,  e  per  la 
salyezza  delle  anime :  rammentando  «  che  non  sono  pareggiabili  i  pati- 
menti  di  questa  vita  con  la  futura  gloria,  che  in  noi  si  ha  da  rivelare  *.  » 
Per  colesto  appunto  yi  scriviamo  le  presenti  lettere,  colle  quali  piu  e  piu 
bramiamo  stimolare  la  vostra  episcopale  fortezza  nel  tollerare  si  grayi 
angustie,  e  la  vigilanza  sul  gregge  afiidatoyi ;  affinche  a  nitina  cura  per- 
doniate  giammai,  a  niuna  diligenza,  a  niun  travaglio,  acciocche  i  fedeli 
a  Yoi  commessi ,  si  astengano  da  ogni  apparenza  di  male,  e  da  niun  pe- 
ricolo  atterriti,  ogni  di  piu  saldi  e  immobili  dimorino  nella  professione 
della  cattolica  fede  e  religione,  e  non  si  lascino  mai  indurre  all'  errore, 
dai  nemici  della  stessa  fede  e  religione.  E  cotesti  stessi  fedeli  a  Yoi  con- 
fidati,  carissimi  a  Noi,  avyisiamo  con  tutto  1'affetto  e  il  feryore  del  Nostro 
cuore ,  e  li  esortiamo  e  li  scongiuriamo  che  con  tutta  costanza  professino 
la  cattolica  fede  e  religione  e  dottrina,  cui  per  singolare  bonta  divina  ri- 
cevettero,  e  anteponendola  a  tutte  cose,  battano  yigorosamente  la  strada 
de'divini  comandamenti,  econfervore  si  esercitino  nelle  operedi  carita 
diyina  e  fraterna,  e  che  al  tutto  si  convengono  ai  figliuoli  della  Chiesa 
cattolica. 

Siate  intanto  persuasi,  che  Noi  nell'umilta  del  Nostro  cuore  non  ces- 
siamo  ne  di  ne  notte  di  porgere  feryentissime  preghiere  al  clementissimo 


In  Domino,  et  in  polentia  virtutis  eius,  pergatis  animo  invicto  pro  Dei,  eius- 
que  sanctae  Eccleslae  defensione,  animarumque  salute  fortiler  dimicare,  me- 
moria  repetentes  «  quod  non  sunt  condignae  passiones  huius  temporis  ad  fu- 
«  luram  gloriam ,  quae  revelabitur  in  nobis. »  Atque  iccirco  has  Yobis  scri- 
bimus  Litteras,  quibus  Episcopalem  vestram  in  tantis  tolerandis  angustiis 
fortitudinem,  et  in  s;rege  vestrae  curae  concreclito  vigilantiam  magis  magis- 
que  in  Domino  excitamus,  ut  nullis  curis,  nullis  consiliis,  nullisque  labori- 
bus  parcere  unquam  velitis,  quo  fideles  Yobis  commissi  abstinentes  se  ab 
omni  specie  mali,  nullisque  deterriti  periculis  in  catholicae  fidei  et  religionis 
professione  quotidie  magis  stabiles  et  immoti  permaneant,  et  nunquam  ab 
eiusdem  fidei,  religioaisque  hoslibus  se  decipi,  et  in  errorem  incluci  patian- 
tur.  Ac  ipsos  iideles  Yobis  concreditos,  Nobisque  carissimos  omni  paterni 
animi  Nostri  affectu  et  studio  monemus,  exliortamur,  et  obtestamur ,,  ut  ca- 
tholicam  fidem,  religionem  ac  doctrinam,  quam  singular!  Dei  beneficio  acce- 
perunt,  constantissime  profitentes,  et  cetera  omnia  posteriora  existimantes, 
per  semitas  mandatorum  Dei  sedulo  ambulent^  iisque  omnibus  instent  ope- 
ribus,  quae  caritatem  vel  in  Deurn,  \Q\  in  proximum  praeseferunl^  quaeque 
catholicae  Ecclesiae  filios  omnino  decent. 

Persuasisslmum  autem  Vobis  sit,  Nos  in  humilitate  cordis  Nostri  ferventis- 
simas  diu  noctuque  sine  intermissione  clementissimo  misericordiarum  Paid  ? 

*  EOM.  c,  8,  v,  HIS. 


CONTEMPORANEA  9$ 

Padre  delle  raisericordie,  e  Dio  di  tutte  consolazioni ,  affinche  egli  degni 
riTestirvi  di  yirtii  dall'alto,  e  proteggervi  colla  sua  destra  divina,  e  cu- 
stodirvi  e  difendervi ;  e  aflinche  si  lievi  oggimai  a  giudicar  la  sua  causa, 
e  salvi  la  sua  Chiesa  dalle  gravissime  calamita  che  costi  la  travagliano,  e 
abbatta  1'  orgoglio  dei  nemici  suoi ,  e  la  loro  contumacia  atterri  colla  sua 
Yirtu  onnipotente ,  e  Yoi  infine  e  i  fedeli  vostri  diocesani  ricolmi  ognora 
benignamente  de'  doni  copiosissimi  di  sua  Bonta.  E  ad  augurio  di  lali 
heni,  e  a  pegno  indubitato  della  benevolenza,  onde  nel  Signore  yi  strin- 
giamo  al  seno,  dall'  intimo  del  Nostro  cuore  e  con  tutto  1'  afietto,  a  Yoi 
stessi ,  o  Yenerabili  Fratelli ,  e  a  tutti  i  Cherici  e  Fedeli  laici  alia  yostra 
vigilanza  affidati,  irapartiamo  1'aposlolica  Benedizione. 

Data  a  Castel  Gandolfo,  a  di  30  Luglio,  1'anno  1864,  del  Pontificato 
Nostro  I'anno  decimonono. 

P10  PAPA  IX. 

II. 

ROMA   E   IL    GOVERNO   DI   TORINO 
RIYELAZIOM 

DI  UN  NCOVO  PROCESSO  COMPILATO  DAL  TRIBUNALS  SUPREMO 
DELLA  SACRA  CONSULTA. 

Coi  tipi  della  Rev.  Camera  Apostolica  si  e  stampato  in  questi  giorni 
il  Sommario  del  processo  di  una  nuoya  causa  di  piu  delitti  compresi 
nel  titolo  di  Lesa  Maesta,  teste  agitalasi  nel  Tribunale  supremo  della 
S.  Consulta  di  Roma.  Quantunque  tutto  il  mondo  sappia  oggimai  che 
questa  Metropoli  della  Cattolicita,  Sede  del  Yicario  di  Cristo ,  e  il  punto 


et  Deo  totius  consolationis  offerre  preces,  ut  Yos  induat  virtute  ex  alto,  ac 
divina  sua  dextera  protegat ,  custodial,  defendat,  et  exurgens  iudicet  cau- 
sam  suam,  et  Ecclesiam  suam  sanctam  a  tantis,  quibus  Istic  divexatur,  cala- 
mitatibus  eripiat  et  inimicorum  suorum  superbiam  elidat,  eorumque  contuma- 
ciam  omnipotenti  sua  virtute  prosternat,  et  uberrima  quaeque  suae  Bouitatis 
dona  super  Yos  et  fideles  Yobistradilospropitius  semper  effundat.  Atque  ho- 
rum  auspiccm,  et  certissimuna  peculiaris,  qua  Yos  in  Domino  complectimur, 
benevolentiae  pignus,  Apostolicam  Benedictionem  ex  intimo  corde  deprom- 
ptam  Yobis  ipsis,  Yenerabiles  Fralres,  cunctisque  Clericis  Laicisque  fidelibus 
vestrae  vigilantiae  concreditis,  peranfanter  imperlimus. 

Datum  ex  Arce  Gandulphi,  die  30  lulii  Anno  18G4, 

Pontificatus  Nostri  Anno  Decimonono. 

PIYS  PP.  IX. 


.100  CRONACA 

di  mira  della  rivoluzione  europea ,  che  si  serve  del  Governo  di  Torino 
per  farle  una  guerra  la  piii  scellerata  e  sacrilega  che  si  sia  veduta  mai ; 
nondimeno  e  bene  mettere  in  pubblico  sempre  nuovi  argomenti ,  i  quali 
dimostrino  da  una  parte  i  nei'andi  mezzi  che  usa  ed  i  perfidi  disegni  che 
ha  in  animo  essa  rivoluzione,  e  dall'altra  la  Provvidenza,  con  cui  Dio 
yeglia  sopra  questa  sua  diletla  Cilia,  e  manda  a  vuoto  gl'iniqui  sforzi  de- 
gli  empii.  Percio  daremo  ai  leltori  qualche  breve  nolizia  delle  cose  che, 
con  irrepugnabile  cerlezza,  risullano  dal  presente  processo,  il  quale  gio- 
yera  molto  a  quesla  dimoslrazione. 

11  primo  delilto ,  del  quale  si  espone  la  causa  ,  e  quello  commesso  la 
sera  dei  12  Aprile  di  quest'  anno  1864,  con  lo  scoppio  di  una  bomba  al- 
1'  Orsini  nella  via  della  Polombella ;  scoppio  che  feri  due  innocenti  gio- 
yani  donne,  e  che  era  direlto  a  turbare  la  magnifica  luminaria,  con  che 
tulla  Roma  celebrava  spontaneamente  due  gloriosi  anniversarii  del  Pon- 
tificato  di  Pio  IX.  II  reo,  che  rimase  ferilo  dalla  sua  slessa  bomba,  fu  su- 
hito  arrestato,  e  consta  sovrabbondantemente  ch'egli  e  uno  degli  addetli 
alia  «  selta  cosi  chiamata  Nazionale  Piemontese.  »  Le  prove  giuridiche 
poi  meltono  in  evidenza,  che  «la  causa  impulsiva  a  delinquere »  fu  in  es- 
so  reo  «  la  sua  avversione  al  Governo  pontificio,  e  il  dispiacere  che  si 
eseguisse  in  onore  del  Sovrano  Ponleiice  una  festa  cosi  solenne.  »  Me- 
desimamenle  complice  di  coslui  fu  un  allro,  pure  addello  alia  setta  stessa 
col  titolo  di  Caposquadra ,  come  si  ricava  da  allra  prova  di  un  valore 
inconlrastabile. 

Ma  la  parle  del  processo,  che  spiega  meglio  questo  infame  delitlo  e  le 
trame  con  le  quali  si  collegava ,  e  quella  che  e  inlilolata :  Cospirazione 
contro  il  Governo  pontificio,  non  senza  I'  annuenza  dell'  usurpatore  Go- 
verno piemontese. 

«  La  Direzione  generale  di  Polizia,  narra  il  processo,  con  Rapporlo 
del  22  Aprile  p.  p.  partecipava  a  Sua  Eccellenza  Reverendissima  Monsi- 
gnor  Minislro  dell'Interno,  aver  polulo  rilevare  che  da  qualche  giorno  e- 
lansi  condolli  in  Roma  alcuni  emissarii,  con  ordini  direlli  a  sollevare  le 
masse ,  e  si  diceva  che  tali  ordini  avessero  derivazione  da  un  cenlro 
dipendente  dall'  inlruso  Governo  piemontese;  chepiu  specificate  riserva- 
tissime  notizie  erano  venule  ad  istruire  la  stessa  Direzione  generale,  che 

IL  MANDATO  FOSSE  DIRETTO  ANCIIE  CONTRO  LA  PREZIOSA  VITA  DEL  SOVRANO 
PONTEFICE,  MED1ANTE  SCAGLIO  DI  BOMBE  ALL'  ORSINI,  dopO  che  era  Venilta 

meno  la  speranza  sulla  di  lui  morte  per  la  sofferla  breve  indisposizione 
di  salule ;  pel  che,  ponendo  in  tal  modo  in  disordine  la  popolazione,  con 
strage  casuale  che  si  sarebbe  otlenuta  dallo  scaglio  inconsiderato  di  al- 
tre  simili  bombe,  ne  sarebbe  nato  un  allarme  non  debole,  un  ardire  nei 
cospiratori,  una  sfiducia  nel  Governo  legittimo  ed  una  violenza  nelle  ar- 
mi  tutelanti,  che  portasse  la  scusa  di  una  necessita.  »  Ne  1'  esistenza  di 
tali  bombe  nella  cilia  di  Roma  si  poteva  piu  mettere  in  dubbio,  dopo  lo 


CONTEMPORANEA  101 

scoppio  di  quclla  gittata  nella  -via  della  Palombella  la  sera  del -12  Aprile; 
come  non  era  da  dubitare  dell'  audacia  del  partito  cosi  detto  Piemontese, 
che  s'  era  gia  mostrato  capace  d'  ogni  piii  incredibile  scelleratezza. 

Cio  posto,  si  venne  ad  indagini  per  Farresto  del  suddetti  emissarii,  e 
riusci  di  fatto  quello  di  Cesare  Filibeck  «  che,  per  le  carte  che  gli  furona 
trovate  nella  persona,  chiaro  appariva  essere  uno  dei  cercati  emissarii, 
non  che  uno  degli  autori  della  violenta  sottrazione  delle  carte,  avvenuta 
al  Commendator  Niccola  Merenda  ed  al  Barone  Cosenza.  » 

Tra  le  cose  «  specificate  »  da  questo  Filibeck  nel  costituto,  dopo  il  suo 
arresto,  si  leggono  queste:  «  Che  dopo  essersi  da  circa  due  anni  indietro 
condotto  in  Napoli,  tornasse  in  Roma  in  epoca  di  circa  un  anno  e  mezzo 
indietro ,  per  trovare  un  impiego  nella  ferrovia :  ma  nulla  avendo  potu- 
to  ottenere ,  ayeva  fatto  ritorno  in  quella  citta ,  doye  esistendo  molti 
emigrati,  tanto  Romaniche  Veneti,  fu  da  questi  pregato  di  assumere  la 
Presidenza  dell' emigrazione,  stanteche  un  tal  Felice  Ferri,  che  ne  era  il 
loro  Capo,  non  bene  li  rappresentaya  ,  sia  presso  il  Goyerno  di  Yittorio 
Emmanuele,  sia  presso  il  Comitato  Romano :  ed  esso  Filibeck ,  aderendo 
a  tali  preghiere,  assunse  la  suindicata  Presidenza  e  la  sostenne  a  tutto 
il  mese  di  Decembre  1863,  nella  qual  epoca  lascio  il  detto  incarico  pei 
dissapori  insorti  fra  esso  Filibeck  ed  il  Comitato  Nazionale  Romano,  coi 
quale  ebbe  continuate  corrispondenze :  ed  esponendo  quali  erano  i  dis- 
sapori interceduti  disse,  che  questi  proyenivano ,  perche  non  potendo 
gli  emigrati  yivere  con  una  sola  lira  al  giorno,  quanto  appunto  riceve- 
yano  dal  Governo  piemontese,  faceyano  istanza  al  Comitato  Nazionale 
Romano  per  essere  aiutati ;  e  d'  altronde  questo  rispondeva  alle  loro 
istanze ,  che  non  erano  yeri  patriotti  coloro  che  si  lagnayano  di  essere 
caduti  in  cattiva  fortuna  per  motivi  politici :  per  cui  non  ayeya  mai  po- 
tuto  ottenere  dallo  stesso  Comitato  Nazionale  un  sollieyo  qualunque,  me- 
no  che  la  speranza  che  dayagli  di  attendere  in  pace  il  giorno  del  riscat- 
to  che,  al  suo  dire ,  non  era  molto  lontano ,  ed  allora  gli  emigrati  avreb- 
bero  ayuto  il  compenso  di  cio  che  materialmente  e  moralmente  ayeyano 
perduto. 

«  Dichiaro  che  yarie  yolte  ayeya  potuto  ottenere,  ora  dal  Prefetto  di 
Napoli,  ora  dal  Sindaco,  ora  da  quella  Polizia,  qualche  sussidio  alii  stes- 
si  emigrati,  ma  pero  insuliiciente  pei  loro  bisogni.  Tale  contegno  percio 
del  Comitato  Nazionale  Romano  era  stato  quello  che  lo  ayeya  indotto  a 
lasciare  la  suindicata  Presidenza.  » 

Ecco  pertanto  la  esposizione  di  tutta  1'orditura  settaria,  di  cui  il  Tri- 
bunale  ha  in  mano  le  prove  e,  lo  ripetiamo ,  prove  superiori  ad  ogni  ec- 
cezione,  che  gia  erano  note  al  Ministero  dell'  Interno.  Sapevasi  adunque 
che  «  realmente  trovavasi  in  Roma  talun  cospiratore,  onde  attentare  alia 
sicurezza  dello  Stato,  avendo  all'oggetto  estese  relazioni,  non  solo  con  le 
autorita  dell'usurpatore  Governo  piemontese  residente  in  Napoli,  ma  an- 


102  CRONACA 

che  con  altri,  NON  ESCLUSO  QtALCHE  MINISTRO  stesso  del  ripetuto  Gover- 
no  di  Torino. 

«  Fin  dal  Marzo  1863  fu  comunicata  tale  cospirazione,  proveniente  da 
Torino,  a  tutti  i  Capi  settarii  e  si  stabili,  che  alia  morte  del  S.  Padre  o 
prima,  se  si  fosse  presentata  favorevole  occasione,  dovevansi  invadere  le 
attuali  province  soggette  alia  S.  Sede.  All'oggetto  il  Comitato  Naziona- 
le  Romano,  che  doveva  essere  dei  primi  a  sapere  la  morte  del  S.  Padre, 
doveva  con  gerghi  telegrafici  gia  convenuti  avvertirne  Torino,  Firenze, 
Napoli  e  Rieti :  ed  ayvertite  cosi  queste  principal!  citta,  doyeya  tutta  la 
emigrazione  sparsa  nelle  medesime,  segretamente  sparpagliata,  penetra- 
re  da  tutte  le  frontiere  dentro  le  province  ancor  soggette  al  Gover- 
no  pontificio ;  quivi  armarsi  con  le  armi  che  le  sarebhero  state  som- 
ministrate  alle  frontiere  stesse  in  luoghi  che  si  sarebbero  conyenuti,  co- 
stituirsi  in  bande  ed  in  squadriglie,  avendo  seco  la  bandiera  italiana  con 
la  insegna  della  Lupa  Romana  e  yelata  a  nero,  fregiata  pero  dallo  Stem- 
ma  di  Savoia.  Erano  stabiliti  i  Capi  Squadriglie,  i  rappresentanti,  i  Di- 
rettori  e  le  rappresentanze  generali ;  erano  stabilite  le  regole  ed  il  tem- 
po da  tenersi  in  campagna;  era  stato  stabilito  che,  cosi  divisi  in  bande  e 
squadriglie  di  quaranta  o  cinquanta  individui  per  cadauna,  dovessero 
avanzarsi  nel  cuore  delle  province  di  Marittima  e  Campagna,  senza  di- 
scostarsi  mai  troppo  dalle  montagne  o  macchie,  onde  aver  sempre  aper- 
ta  una  ritirata ;  di  tenere  le  squadriglie  stesse  in  relazione  fra  loro  e  coi 
Comitati  Nazionali  Romano,  Frosinonese  e  Yelletrano ;  di  entrare  cosi  a 
mano  armata,  ma  possibilmente  con  pace  e  con  ordine,  nei  paesi  ove  non 
fossero  state  le  truppe  francesi ;  abbattere  i  Gendarmi  e  Militi  pontifi- 
cii;  rovesciare  e  dichiarare  caduto  il  Govern'o  del  Papa;  proclamare  il 
Governo  provvisorio,  e  stabilirvi  quei  cittadini  che  fossero  stati  indicati 
dal  Comitato  Nazionale  Romano  ,  o  dai  rappresentanti  in  Napoli ;  di  al- 
lontanare  rubamenti  e  latrocinii ;  di  armare  in  ogni  paese  individui  del- 
la  gioventu  a  sicurezza  del  medesimo,  e  lasciarvi  anche  per  maggior  rin- 
forzo  qualclie  squadriglia,  e  dopo  costituitovi  un  Commissario  rappre- 
sentante  per  atlendere  agli  ulteriori  provvedimenti ,  proseguire  1'  opera- 
zione  negli  alfcri  paesi,  ove  non  eravi  la  guamigione  francese,  dalla  qua- 
le  dovevano  possibilmente  tenersi  sempre  lontani,  e  qualora  questa  fatal- 
mente  fosse  sopraggiunta,  si  fosse  lasciata  liberamente  entrare  evitando- 
ne  ogni  possibile  scontro:  ma  se  anche  il  medesimo  si  fosse  reso  inevita- 
bile,  cedergli  il  paese  e  terreno  e  ritirarsi  nei  monti  o  nei  boschi,  per  poi 
piombare  sopra  altro  paese  nello  stesso  modo,  tenendo  cosi  in  isgomen- 
io  e  fastidio  non  mai  interrotto  le  forze  papaline ;  furono  anche  stabili- 
ti gli  individui  che  avevano  1'  incarico  di  somministrare  il  danaro  neces- 
sario  alia  riuscita:  e  mentre  tutlo  do  operavasi,  il  Governo  piemontese 
avrebbe  dato  REALMENTE  tutto  il  suo  favore,  mentre  APPARENTEMENTE  a- 
webbe  fatto  conoscere  che  per  parte  sua  adoperava  tutti  i  mezzi,  per  im- 
pedire  la  penctrazione  degli  emigrati  nello  Stato  pontificio. 


CONTEMPORANEA  103 

«  Si  era  anche  stabilito  il  modo  da  poterc  invadere  la  stessaDominante, 
e  si  previde  che,  per  affrontare  la  rivoluzione  in  quei  luoghi  che  erano 
stati  invasi  dagli  emigrati  eyolontarii,  avrebbe  il  Governo  pontificio  co- 
la spedite  quasi  tutte  le  sue  truppe,  rimanendo  cosi  sguarnita  la  Capitale: 
ed  allora  il  Comitato  Nazionale  Romano  avrebbe  pubblicato  un  ardentissi- 
moproclama,  col  quale,  rispettando  i  Francesi  ed  appellandoli  anzi  ami- 
ci  ed  alleati,  avrebbe  invitato  il  popolo  romano  ad  armarsi  e  riunirsi  a 
mano  armata  al  clivo'del  Campidoglio,  e  quivi  pronunciarvi  il  Plebiscite, 
ponendo  a  viva  forza  sulla  cima  della  torre  la  bandiera  nazionale  trico- 
lore;  al  quale  alto,  se  i  Francesi  resident!  in  Roma  si  fossero  mostrati  pas- 
sivi,  ne  avessero  atteso  che  a  mantenere  Vordine,  che  gli  si  sarebbe  rac- 
comandato,  dovevano  subito  richiamarsi  dentro  Roma  tutte  le  bande  e 
squadriglie  formate  dalla  rivoluzione  dei  paesi  invasi  e  dagli  emigrati 
e  volontarii,  e  dichiarare  in  modo  piu  solenne  il  decadimento  del  Gover- 
no pontificio,  e  con  piu  solenne  Plebiscite  rannessione  al  Governo  italia- 
no  ;  se  pero  le  truppe  francesi  avessero  sciolto  con  la  forza  la  riunio- 
ne,  allora,  dopo  uno  scambio  di  poche  fucilate  per  far  conoscere  di  aver 
dovute  cedere  alia  violenza ,  cedere  e  protestare  nel  modo  piu  solenne 
presso  tutti  i  Gabinetti  di  Europa,  contro  \atto  violento  dei  Francesi. 

«  Erano  stati  stabiliti  gli  specchi  dei  volontarii  ed  emigrati  suddetti 
che  figuravano  in  otto  o  nove  mila ;  e  si  ordinarono  le  bandiere  che  cia- 
scun  Capo  di  spedizione  doveva  tener  pronte. 

« In  fine  nella  recenle  e  breve  indisposizione  di  salute,  a  cui  fu  soggetta 
la  preziosa  vita  dell' immortale  Pontefice  Pio  IX,  gia  eran  sicuri  i  set- 
tarii  della  di  lui  certa  morte  :  per  cui  gia  in  Napoli  erasi  acceso  un  for- 
midabile  entusiasmo  nella  speranza  di  mandare  ad  effetto  la  suindicata 
cospirazione :  e  siccome  trovavansi  scissi  i  partiti  settarii ,  cioe  il  nazio- 
nale e  quello  di  azione ;  cosi  fu  convocata  in  Napoli  stessa  una  generale 
assemblea,  e  quivi,  fondendosi  i  partiti  suddetti,  si  promisero  a  vicenda 
aiuto  e  fratellanza  per  riuscire  nello  intento. 

«  Ne  qui  si  fermo  il  proposito  dei  cospiratori:  poiche,  infrattanto  che  si 
attendeva  la  propizia  occasione  d'  invadere  lo  Stato  pontificio,  si  penso 
al  rapimento  di  Sua  Maesta  il  Re  di  Napoli,  Francesco  II,  che  trovavasi  in 
Roma,  per  consegnarlo  all' usurpatore  Governo. 

«  A  tale  oggetto  gia  erano  ben  disposte  le  cose,  ne  altro  mancava  che  la 
venuta  del  danaro  ripromesso  da  talun  Minis tro  del  Governo  di  Torino, 
di  concerto  con  le  Autorita  di  Napoli ,  per  pagare  coloro  che  dovevano 
operare. 

«  Altro  progetto  fu  pure  fatto  da  taluno  dei  cospiratori,  con  la  succes- 
siva  approvazione  dello  stesso  Ministro  di  Torino,  d' invadere  la  fortezza 
di  Paliano,  e  render  liberi  quei  detenuti  polilici  che  ivi  trovansi  rinchjusi; 
a  tale  effetto  gia  erano  predisposti  gli  uomini,  gia  erano  pronte  le  armi, 
gia  taluni  emigrati  da  Napoli  erano  pronti  a  passare  le  frontiere  per  assi- 


104  CRONACA 

curare  la  riuscita  del  progetto,  e  gia  erasi  ottenuta  la  promessa  della  di- 
serzione  ed  aiuto  insieme  di  una  parte  della  guarnigione  di  guardia  a 
quella  fortezza :  tanto  che  pel  compimento  di  tal  delitto ,  non  allro  si  at- 
tendeva  die  una  somma  di  danaro,  che  pur  doveva  giungere  per  parte 
del  Ministero  di  Torino,  necessario  in  tali  urgenti  circostanze. 

«  E  mentre  tuttocio  operavasi  ( il  che  aveva  luogo  in  Roma  dagli  ul- 
timi  del  1863  fmo  ai  primi  dell'Aprile  18G4  corrente)  non  si  manco,  per 
tenere  continuamente  in  ardore  gli  addetti  a  tali  parti  ti,  far  sentire  e  pro- 
curare  far  conoscere  esservi  nella  Dominante  un  forte  partito  avverso  al 
pontificio  Regime,  sia  con  accendere  bengala,  sia  con  far  troyare  iscri- 
zioni  nei  muri,  allusive  alia  sospirata  liberta  (in  apparenza),  sia  infine 
col  procurare  lo  scoppio  di  bombe.  » 

Nella  specificazione  poi  delle  prove,  che  il  Tribunale  ha  nelle  mani, 
si  mostra,  che  «  Cesare  Filibeck  nei  Marzo  1863  si  condusse  da  Napoli 
a  Torino  in  compagnia  di  tal  A.  .  .  .  G.  .  .  .  e  quivi  gli  fu  comuni- 
cato  da  G.  ...  C.  ...  rl  progetto  di  cospirazione ;  nei  qual  progetto 
di  essa  cospirazione  il  Filibeck  aveva  da  rappresentare  una  delle  parti 
primarie,  come  altre  parti  primarie  dovevano  rappresentare  altri  indi 
vidui :  cioe  ogni  emigrazione  doveva,  come  si  e  visto  nella  parte  ge- 
nerica,  avere  i  suoi  rappresentanti.  Ed  infatti  per  1'  emigrazione  di  Torino 
e  Genova  erano  deslinati  M.  .  .  .  T.  .  .  .  S.  .  .  .  0.  .  .  .  e  talun  altro; 
per  1'  emigrazione  di  Firenze  e  Livorno  e  volontarii  della  Provincia  di 
Yiterbo,  il  Cav.  C.  .  .  .  L.  .  .  .  F.  .  .  .  G.  .  .  .  S.  .  .  ;  per  1'e- 
migrazione  di  Rieti,  Marche  ed  Umbria  A.  .  .  .  L.  .  .  .  G.  .  .  .  C.  .  ; 
per  la  emigrazione  delle  province  meridionali  esso  Cesare  Filibeck , 
Egidio  Bruschi,  B.  '.  .  N. . .  R.  .  .  B.  .  .  F. . .  S.  .  .  S.  .  .  S.  .  .  mentre 
il  Rappresentante  generale  e  Direttore  era  G.  ..  C.  ...» 

Medesimamente  il  Tribunale  sa,  che  «  dopo  avere  il  Filibeck  avuto  in 
comunicazione  il  progetto  di  cospirazione  suddetto,  si  condusse  a  Firen- 
ze e  quivi  parlo  con  altro  individuo,  che  pure  nella  cospirazione  aveva 
una  parte  da  rappresentare  delle  primarie :  e  questo  in  seguito  gli  man- 
do  in  Napoli  il  quadro  di  tutto  cio  che  apparteneva  a  lui  nella  parte  sud- 
detta,  e  che  tale  quadro  fu,  per  equivoco  del  Filibeck,  dato  con  altre 
carte  ad  un  certo  T.  .  .  .  che  maliziosamente  lo  trasmise  al  M.  .  .  E.  . . 
in  Roma.  Infatti  in  verifica  di  tale  assertiva,  essendo  stato  interpellate  il 
suddetto  M.  .  .  .  E.  .  .  .  il  medesimo  lo  ha  essenzialmente  confer- 
anato. »  Parimenti  il  Tribunale  ha  altri  argomenti,  dai  quali  si  ricava , 
che  «  allorquando  trovavasi  in  Napoli,  nei  Novembre  1863,  Vittorio 
Emmanuele  re  di  Piemonte ,  fu  il  Filibeck  chiamato  dal  Ministro  del 
Governo  di  Torino,  Peruzzi,  gia  da  lui  conosciuto  nell' andata  a  To- 
rino nei  1863,  e  col  medesimo  parlando  degli  affari  di  Roma,  e  della  iner- 
zia  del  Comitato  Nazionale  Romano  :  ne  ebbe  in  risposta  che  il  riscatto 
di  Roma  non  dipendeva  ne  da  lui  ne  dal  suo  Governo  (mentre  egli 


CONTEMPORANEA 

faceva  tutto  cio  che  era  in  suo  poterc),  ma  sibbene  una  tal  soluzione 
era  riposta  nei  Gabinetti  di  Europa ;  gli  aggiunse,  non  avere  ne  anche 
trascurato  nulla  per  indurre  il  Comitato  Nazionale  Romano  ad  agire  piu 
energicamente;  ed  avendo  il  Filibeck  richiesto  al  MINISTRO  PERVZZI  ilper- 
messo  di  tentare  egli  stesso  qualche  cosa  in  Roma,  onde  gettare  sgomento 
e  terrore  fra  i  Rorbonici  e  Reazionarii  ivi  esistenti,  il  Ministro,  acconsen- 
tendo  a  tale  proposta,  per  mezzo  del  Questore  di  Napoli,  gli  dispose  i 
mezzi  necessariit  con  che  pero  si  fossero  evitati  assassinii,bande  armate, 
ed  urto  coi  Francesi,  e  si  fosse  usata  prudenza  e  segretezza;  ed  infatti,  il 
Questore  concerto  col  Filibeck  il  modo  di  somministrargli  le  somme  ne- 
cessarie,  e  gli  indico  i  principali  autori  della  Reazione  Rorbonica  inRoma.» 

Ed  inoltre  «  che  il  Ministro  Peruzzi  suddetto  lo  incarico,  in  tale  collo- 
quio,  di  condursi  sulle  spiagge  marine  del  territorio  pontiticio ,  e  qui- 
vi  fare  delle  dimostrazioni  nel  momento  del  passaggio  per  mare  innan- 
zi  la  suddetta  spiaggia  pontificia  del  suo  re  di  Piemonte ,  allorche  da 
Napoli  tornava  a  Torino  ;ed  infatti  avendolo  il  Filibeck  promesso,  e  sa- 
puta  la  partenza  prossima  di  qucl  Regnante  per  mezzo  del  ridetto  Que- 
store di  Napoli,  che  gli  somministro  molti  bengala  e  seicento  franchi, 
parti  da  Napoli  con  due  altri  suoi  compagni  settarii,Egidio  Rruschi  e 
S.  .  .  .  S.  .  .  ,  e  giunto  in  Roma,  quivi  assunto  altro  individuo  della 
stesso  loro  partito  R.  .  .  .  e  con  1'  uso  di  un  carrettino  somministrato- 
gli  da  altro  loro  compagno  G.  .  .  .  R.  .  .  yenne  eseguita  la  missione 
sulle  spiagge  marine  pontificie,  accendendo,  nel  passaggio  suddetto  per 
mare,  il  bengala  suindicato.  » 

Similmente  il  Tribunale  conosce  «  essersi  il  Filibeck  in  tale  occasione 
trattenuto  in  Roma  fino  quasi  al  Natale  successivo,  in  cui  ebbe  dei  col- 
Joquii  col  Presidenle  del  Comitato  Nazionale  Romano;  col  quale  essendo 
nato  dissapore,  per  1'  eccitamento  che  il  primo  dava  al  secondo  di  agire 
energicamente,  avvenne  che  lo  stesso  Comitato  Nazionale,  portando  i 
suoi  reclami  al  Ministero  di  Torino,  fu  al  Filibeck  ordinato  di  ritirarsi : 
ma  cio  nonostante  non  solo  il  Filibeck  non  voile  obbedire,  ma  sibbene  in 
quell'  epoca  progetto  il  rapimento  di  Sua  Maesta  il  Re  di  Napoli,  per 

consegnarsi  al  Governo  piemontese  con  un  tale  C L.  . .  .che  si  di- 

chiarava  potente  presso  la  Corte  reale  di  Napoli:  e  di  tale  suo  proposi- 
to  dette  ragguaglio  alle  Autorita  piemontesi,  le  quali  m  convennero 
pienamente,  promettendogli  anche  delle  somme. » 

Ed  ancora  «  che  nell'  approssimarsi  le  feste  Natalizie  del  1863,  il  Fi- 
libeck coi  compagni  torno  in  Napoli,  da  dove,  dopo  aver  preso  i  relativi 
concerti  con  quelle  autorita,  ne  ripartiva  nel  primo  Gennaio  1864,  rice- 
vendo  dalle  medesime  una  somma  di  danaro  alquanto  vistosa,  che  doveva 
servirgli,  parte  pel  suo  mantenimento  in  Roma,  parte  per  erogarla  a  be- 
neficio  del  C.  .  .  L.  .  .  ,  colui  cioe  che  avevagli  promesso  mandare  ad 
effetto  il  rapimento  del  Re  di  Napoli. 


106  CRONACA 

cdnrealta  ando  tanto  oltre  la  proposta,  che  se  ne  diede  anche  parte  al 
Ministero  di  Torino,  il  quale,  espandendo  degli  elogi  al  Filibeck,  promise 
una  vistosissima  somma  a  cosa  completa.  » 

Finalmente  «  che  il  Filibeck,  dopo  avere  consumato  in  Roma  Y  ulti- 
mo giorno  di  Garnevale  1864,  commettendo  delitti  di  cui  si  parlera 
in  altro  titolo,  net  primo  di  Quaresima  parti  per  Napoli,  da  dove,  dopo 
poco  trattenimento,  ando  a  Torino.  Quivi  ebbe  un  lungo  colloquio  non  solo 
col  ridetto  Ministro  Peruzzi,  ma  sibbene  anche  col  Segretario  generale 
del  Ministero  G.  .  .  .  S.  .  .  .  e  con  altro  individuo  appartenente  pure 
alia  setta  V.  .  .  .  M.  .  .  ,  e  dopo  avere  il  Ministro  anzidetto  fatto  a 
lui  degli  elogi  in  ispecie,  per  la  lusinga  di  potere  ottcnere  prigioniero  il 
Re  di  Napoli,  pel  che  si  mostro  sempre  pronto  a  dare  a  cosa  completa  un 
vistoso  compenso,  regalo  ad  esso  Filibeck  una  somma  a  titoio  d'  inden- 
nizzo  di  viaggio  ed  ulteriore  suo  mantenimento;  e  cosi  tomato  a  Napoli 
fece,  verso  i  primi  del  Marzo  1864,  ritorno  in  Roma;  quivi  non  solo  pro- 
segui  il  proposito  sul  rapimento  del  Re ,  ma  formo  anche  altro  progetto 
per  1'  invasione  della  fortezza  di  Paliano,  ed  anche  qucsto  comunicato  al 
Ministero  di  Torino  e  di  Napoli,  ottenne  non  solo  la  loro  plenaria  appro- 
vazione,  ma  la  promessa  eziandio  di  somministrazione  di  somme ,  onde 
mandarlo  in  esecuzione,  e  gia,  come  si  e  detto  in  narrativa,  altro  non  ri- 
maneva  che  Farrivo  dei  danari  per  parte  del  Ministero  torinesc.  » 

Ne  minore  imporianza  di  questc  rivclazioni,  hanno  i  document!  che 
si  leggono  stainpati  ncl  processo  medesimo.  Curiosa,  yerbigrazia,  e  la 
lettcra  di  un  Maggiorani  al  Filibeck  in  Roma,  nella  quale  si  legge: 
«  Quirino  oggi  mi  ha  detlo  che  Flavio  (Presidente  del  Comitato  na- 
zionale  romano)  gli  ha  scritto,  essere  io  causa  di  cio  che  fai,  e  che 
sono  intermediario  fra  te  ed  il  Banchiere  (Ministro  Peruzzi)  poiche 
tu  lo  vai  spargendo.  Io  non  credo  che  tu  dica  la  seconda  parte  di  delta 
accusa.  »  Donde  si  trae  che  veramente  il  Peruzzi,  ministro  in  Torino, 
ayeva  le  due  mani  in  questa  fetida  pasta,  ma  che  doyeva  cio  essere 
secretissimo  lino  tra  gli  stessi  settarii.  Del  resto  il  Tribimale  ha  le 
chiavi  del  linguaggio  di  convenzione  usato  nelle  lettere  che  riporta  il 
processo  :  «  I  settarii  dayaosi  un  nome  conyenzionale,  e  ad  esso  in- 
quisito  (cioe  al  Filibeck)  era  conyenuto  il  nome  di  Cesare  Torquato,  co- 
me al  ministro  Peruzzi  si  dava  il  titolo  di  Banchiere,  al  Gommendatore 
Spayenta,  segretario  generale  del  Ministero ,  1'  altro  di  Gassier e^  al 
Presidente  del  Comitato  nazionale  romano,  quello  di  Flavio  ». 

Qui  terminiamo,  per  non  essere  infiniti.  Ma  terminando  non  possiamo 
fare  a  meno  di  notare  che  questo  nuoyo  processo,  degno  di  essere  dif- 
fuso  per  tutta  1'Europa  e  meditato  dai  Gabinetti,  mostra:  1.°  Come  sia 
certo  che  il  popolo  romano  non  vuole  la  rivoluzione,  non  vuole  Tan- 
nessione,  non  vuole  sul  collo  il  giogo  tirannico  della  fazione  gover- 
nante  in  Torino ;  e  che  quindi,  per  agitarlo,  e  necessario  mandare  dal 


CONTEMPORANEA  107 

Governo  stesso  di  Piemonte  emissarii,  bombardier!  e  malandrini  prez- 
zolati.  2.°  Come  i  faziosi  intendano  il  suffragio  del  Plebiscite  ;  giacche, 
per  farlo  in  Roma  e  in  nome  del  popolo  romano ,  si  proponevano  di 
introdurre  nella  cilta  una  truppa  di  sozza  canaglia  d'ognt  paese,  che 
fosse  venuta  a  gridare  la  solenne  promulgazione  di  tal  Plebiscito  «  sul 
clivo  del  Campidoglio  ».  3.°  Come  la  Riyoluzione  italiana  sia  ben  dis- 
posta  yerso  il  Goyerno  francese,  a  cui  deye  tulte  le  sue  vittorie :  ciofe 
disposta  a  metterlo  al  bando  delle  nazioni,  se  non  consente  ch'ella  rubi 
Roma  al  Papa  e  al  mondo  cattolico.  4."  Per  ultimo  come  sia  vitupe- 
reyole  per  1'Europa  sostenere  nel  suo  seno  un  Governo  che,  nato  dalla 
feccia  delle  congiure  piu  abbiette ,  cresciuto  pel  latrocinio  e  per  1'ec- 
cidio  di  cinque  Stati  indipendenti  d' Italia ,  anela  a  farsi  anche  piu  gran- 
de  con  le  armi  dei  masnadieri  e  dei  sicarii ;  non  rigettando  dalla  sua  gra- 
zia  e  da'  suoi  stipendii  veruna  specie  di  assassini  e  di  malfattori ,  non 
abborrendo  dall'  appigliarsi  a  qualunque  sorta  di  mezzi  ancora  che  sata- 
nici;  purche  arriyi  al  supremo  fine  impossibile  di  spiantare  da  Roma  la 
Santa  Sede  di  Pietro,  di  annientare  il  Papato  e  di  sterminare  dal  mondo 
la  Chiesa  cattolica.  E  questo  e  il  Goyerno  alia  cui  fede  e  lealta,  si  dice, 
debban  fra  due  anni  esser  dati  dalla  Francia  in  custodia  i  confini  dell'  o- 
dierno  Stato  pontiticio  I  E  questo  e  il  Goyerno  che,  si  dice,  abbia  giurato 
solennemente  ai  15  dello  scorso  Settembre  in  Parigi,  di  non  mai  \iolar 
egli  questi  confini,  e  di  non.  mai  lasciarli  yiolare  da'  suoi  I 

III. 
COSE  ITALIANE. 

STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  della  Beatificazione  della  Yen.  Serva  di  Dio  , 
Maria  Margherita  Alacoque  —  2.  Gita  del  Santo  Padre  a  Monte  Porzio  ed 
alia  villa  Taverna  del  Principe  Borghese  —  3.  Ritorno  di  Sua  Santita  in 
Roma  —  4.  Oggetti  preziosi  ed  Obolo  di  S.  Pietro,  spediti  dalla  Direzione 
dell'  Armenia  di  Torino  al  Santo  Padre  —  5.  Notificazione  sopra  la  lassa 
de'  telegrammi. 

1.  Nel  giorno  di  Domenica,  18  Settembre,  ebbero  luogo  col  rito  con- 
sueto,  nella  Rasilica  Vaticana,  le  splennita  della  Beatificazione  della  Ven. 
Serva  diDio,  Suor  Maria  Margherita  Alacoque,  Monaca  professa  dell'Or- 
dine  della  Yisitazione  di  Maria  Santissima  ,  islituito  da  S.  Francesco  di 
Sales.  Alia  sacra  cerimonia  assisterono  in  luoghi  distinti  rilluio  e  Ruio 
Monsignor  de  Marguerye,  Vescovo  di  Autun,  con  molti  del  suo  clero, 
essendocheinquella  diocesi  la  novella  Beata  soni  i  natali.  Ad  essi  s'ag- 
giunsero  in  grande  numero  i  sacerdoli  mandati  da  ciascun  Monastero 
delle  Religiose  della  Yisitazione,  le  quali  amarono  di  avere  una  rappre- 
sentanza  all'aUo  solenne  che  dichiarava Beata  colei,  che,  professando  1'os- 
servanza  della  medesima  regola,  avea  toccato  la  perfezione  evangelica. 
Inoltre  moltissimi  altri  del  clero  di  Francia,  desiderosi  di  partecipare  alia 


108  CRONACA 

gloria  deriyata  alia  loro  nazione  dall'  esaltazione  agli  onori  del  culto  di 
questa  umile  Yerginella.  Eranvi  poi  gallerie  apparlate,  una  delle  quali  la 
Postulazione  avea  riserbata  ai  capi  degli  Ordini  religiosi  ed  a  cospicui 
personaggi  del  clero;  un'  altra  a  S.  E.  il  sig.  confe  de  Sartiges,  Amba- 
sciatore  di  S.  M.  1'Imperatore  dei  Francesi  presso  la  Santa  Sede,  il 
quale  v'intervenne  con  tutli  gli  addetti  alia  imperiale  Ambasciata;  ed  una 
terza  avea  destinata  alia  npbilla  romana  ,  ed  un'  allra  ad  illustri  dame 
straniere.  A  costqro  si  aggiunse  un  cpncorso  straordinarip  di  fedeli,  si 
nostrani  che  stranieri,  i  quali  dalle  prime  ore  mattutine  si  erano  avviaii 
al  sacro  tempio  per  trovarsi  presenti  all'augusta  cerimonia. 

Alle  ore  quattro  e  mezzo  ppmeridiane  la  Santita  di  Nostro  Signore  , 
insieme  col  sacro  Collegio  dei  Cardinali  ed  alia  sua  nobile  Corte,  discese 
nella  Basilica  per  venerare  la  Beata.  E  dopoche  Sua  Santita  ebbe  pregatp 
dinnanzi  airaltare  e  si  fu  ritirata  nei  suoi  appartamenti ,  ebbe  luogo  il 
canto  solenne  dei  Vespri.  La  immensa  Basilica,  per  tutto  il  dopo  pranzo, 
particolarmente  nell'pra  della  yisita  fatta  dal  Santo  Padre,  fu  ripiena  di 
straordinaria  moltitudine ,  concorsayi ,  come  nella  mattina,  per  yenerare 
la  Beala,  e  fare  acquisto  della  plenaria  Indulgenza. 

L'apparato  fatto  al  sacro  tempio  per  la  circostanza  solenne,  fu  immagi- 
nato  e  dirctto  dal  cav.  prof.  Yirginio  Yespignani ;  il  quale  pose  pgni  stu- 
dio perche  la  decorazione  temporanea  a  bene  intesa  semplicita  accop- 
piasse  un  carattere  maestoso  e  grave,  da  armonizzare  colla  grandiosita 
della  Basilica.  L'occhio  per  ogni  parle  girava  senza  oflesa;  e  la  disposi- 
zione  e  1'  ordine  degli  ornamenti  soprapposli  ad  abbellire  1'abside  e  la 
nave,  che  ad  essa  sta  innanzi,  si  godevano  nella  loro  pienezza:  I1  archi- 
tettura  dell'ediiicio  non  fu  puntp  alterata  ,  sia  nelle  linee  principali,  sia 
negli  sporti.  La  immensa  raggiera  che  circonda  la  Cattedra  era  stata 
novamenle  posta  ad  oro,  e  spiccaya  nobilmente  per  il  riflesso  dei  lumi, 
che  in  copia  singolare  empiyano  di  splendore  il  luogp.  Nella  grande  cap- 
pella  si  posero  ,  secondo  il  rito  ,  le  pitture  ritraenti  i  tre  miracqli  della 
Beata,  che  avevano  seryito  alia  sua  Causa;  e  quivi  ed  in  altri  luoghi 
della  Basilica  altre  pitture  esprimenti  alcuni  fatti  della  sua  vita  e  la  sua 
gloriticazione.  E  i  suggetti  di  esse  dichiarayansi  con  epigrafi ,  dettate 
dal  ch.  P.  Antonio  Angelini,  della  Compagnia  di  Gcsu. 

2.  II  Santo  Padre  che,  durante  tutto  il  tempo  della  sua  dimora  in  Ca- 
stel  Gandolfo,  npn  cesso  mai  di  godere  ottima  salute,  benche  attendesse 
ognora,  con  1'indefessa  sollecitudine  che  gli  e  propria,  alia  spedizione 
degli  affari  della  Chiesa  e  dello  Stato  ,  dando  percio  numerose  udienze 
anche  straordinarie;  destino  il  giorno  5  di  Settembre  per  fare  una  gita 
a  Monte  Porzio,  e  per  far  paghi  i  voti ,  coi  quali  il  Principe  D.  Marcan- 
tonio  Borghese  1'ayea  pregato  di  onorare  di  sua  sovrana  presenza  la  vil- 
la Taverna,  posta  in  ameno  sito  tra  Frascati  e  Monto  Porzio.  Sua  San- 
tita, dopo  celebrata  la  santa  Messa,  parti  da  Castel  Gandolfo  in  sulle  ore 
otto  antimeridiane,  e  trovando  a  Marino  ed  a  Frascati  affollata  la  plau- 
dente  moltitudine,  che  sfidava  rimperversare  della  pioggia,  alle  ore  nove 
e  mezzo,  tra  un  popolo  concorso  straordinariamente  numeroso  dai  circo- 
stanti  castelli ,  entro  in  Monte  Porzio  ,  e  ando  a  discendere  alia  cbiesa; 
dove  fu  ricevuta  dall'  Emo  e  Rmo  signer  Cardinale  Cagiano  ,  Yescovo 
diocesano  ,  e  dall'Emo  e  Rmo  signor  Cardinal  Pentini ,  nonche  dal  Clero 
e  dalla  Magistratura  del  luogo;  e  vi  ascolto  la  Messa  chefu  celebrata  da 


CONTEMPORANEA  109 


un  suo  Cappellano  segretq.  Uscita  di  chiesa,  Sua  Santita  ando  alia  casa 
di  villeggiatura  del  Collegio  inglese,  e  vi  si  fermo  per  buqno  spazio  di 
tempo,  ayendo  ammesso  al  bacio  del  piede  non  solo  quegli  alunni ,  ma 
eziandio  i  convitlori  del  nobile  Collegio  Ghislieri.  Fece  quindi  passag- 
gio  al  palazzo  del  Comune ,  ove  similmente  ammise  allo  stesso  indicate 
onore  il  Clerq  e  la  Magistratura  di  Monte  Porzip  ,  di  Monte  Cpmpatri  e 
di  allri  luoghi  circostanti ,  come  ancora  quanti  si  troyano  in  quei  dintorni 
a  villeggiare.  Nell'aula  comunate  erano  pure  i  convittori  del  nobile  Col- 
legio Cleuienlino,  che  quivi  pressq  stanno  a  feriare  nel  casino  di  villa 
Lucidi,  il  quale ,  trqvandqsi  sulla  via  percorsa  dal  Santo  Padre,  aveano 
ornato  in  ogni  miglior  guisa  con  bandiere ,  festoni  ed  epigrafe ,  e  furono 
ammessi  al  bacio  del  piede  del  Santo  Padre.  Alia  chiesa  di  Monte  Por- 
zio  la  Santila  Sua  lascio  in  memorevole  dono  un  ricco  calice,  e  larga  li- 
mosina  ai  poveri,  della  quale  fece  ancora  partecipi  i  bisognosi  del  villag- 
gio  della  Colonna,  che  sorge  alle  falde  di  quei  monti  Tusculani. 

Gli  apparecchi  festiyi,  coi  quali  1'amore  e  la  devozione  dei  Monte- 
porziani  erano  entrati  in  gara  di  manifestarsi  pel  fausto  avvenimento, 
gli  archi ,  le  bandiere ,  gli  addobbi  di  ogni  maniera  in  arazzi  ed  in. 
damaschi ,  le  iscrizioni ,  tutto  avea  guasto  la  pioggia.  Ma  quanto  i 
segni  esteriori  di  queste  opere  pqterono  venir  detVaudati  della  loro 
mostra ,  che  avrebbero  fatta  vaghissima  ,  altrettanto  si  raddoppiarono 
quelli  che  sono  proprii  delle  persone;  le  quali,  reggendo  forti  alia  prova 
deH'intemperie,  porsero  argomento  paragooato  di  quanto  abbiano  in  ve- 
nerazione  ed  affetto  il  loro  Padre  e  Sovranq. 

Accompagnato  da  coteste  manifestaziooi  di  entusiasmo  fino  a  lungo 
tratto  da  Monte  Porzio,  il  Santo  Padre  col  suo  corteggio  discese  in 
villa  Taverna ,  e  vi  giunse  sulle  ore  undici  e  mezzo.  Descrivere  gli 
addobbi  e  le  opere,  con  le  quali  il  munificentissimo  Principe  avea  accre- 
sciuta  la  magaificenza  del  luogo  ,  e  riferire  le  singolarita  accumulateyi 
dalla  piu  raffinata  industria,  che  voleva  far  palese  ijii  quanto  pregio  si  ri- 
putasse  dall'ospite  la  degnazione  sovrana,  anziche  in  un  articolo  potreb- 
tesi  soltaato  esporre  con  opera  lunga  e  bene  elaborata.  Noi  riepiloghiamo 
il  da  dire  in  queste  brevi  espressioni.  Quanto  una  famiglia  romana,  sto- 
ricamente  devota  al  seggio  di  Pietro  ,  fra'  cui  antenati  furonvi  di  coloro 
che  cinsero  il  Triregno,  ed  altri  che  divennero  qrnamento  del  sacro  Col- 
legio, ed  altri  che  andarono  segnalali  per  servigi  resi  alia  Santa  Sede  e 
per  onoriticenze  che  da  essa  riportarono  ,  poteva  e  si  credeva  in  debito 
adqperare  in  somigliante  circostanza ,  tutto  venne  posto  in  opera  nella 
guisa  piu  splendida  e  decorosa. 

Fra  coianto  sfarzo  di  grandiosita,  i  Bqrgbesi  fecero  cqndegna  acco- 
glienza  al  Santo  Padre.  Dal  luogo  ove  il  Sqmmp  Pontefice  discese  di 
carrozza  fino  al  palazzo  ,  durando  ancor  la  pioggia  ,  i  giovani  Principi 
distesero  ed  allargarono  un  baldacchino  improvvisato  a  largli  opportuna 
schermo.  Nella  sala  ammise  al  bacio  del  piede  tutti  i  componenti  la  prin- 
cipesca  famiglia,  ed  i  parenti  che  ad  essa  sono  piu  prossimi,  e  con  loro 
s'intrattenne  a  familiare  colloquio.  Intanto ,  toccate  le  ore  due,  Sua  San- 
tita si  fu  assisa  a  mensa  ,  alia  quale  parted parono  i  due  ricordati  Eiui 
Porporati,  i  Borghesi,  gli  Aldobrandini ,  i  Sora,  la  Corte  pontificia,  la 
Principessa  Daremberg  ed  altri  personaggi. 

Durante  il  conyito  le  nubi  si  yennero  dissipando  e  ricomparve  il  sole. 
Allora  la  popolazione  di  Frascati  parve  si  riversasse  tutta  nella  villa ,  e 


110  CRONACA 

la  gioia  dal  palazzp  si  diffuse  per  ogni  intorno.  Alternavano  melodiose 
sinfonie  i  concert!  dei  Gendarmi  e  dei  Carabinieri  pontificii  e  quello 
Tusculano.  Frale  armonie  delle  musiche  innalzavansi  globi  areostatici,  e 

tli  evviva  e  gli  applausi  della  moltitudioe  ecbeggiavano  fra  quei  colli. 
ua  Santita,  dopo  avere  ancora  ammesso  al  bacio  del  piede  molti  signo- 
ri  e  sigoare  villeggianti  in  Frascati ,  benedetta  con  tutta  la  eiFusione  del 
cuore  la  principesca  famiglia  dell' ospite,  riparti  per  Castel  Gandolfo  , 
ove  arrive  sul  cadere  del  giorno. 

La  matlina  del  di  8  Seltembre  il  Santo  Padre  discese  alia  chiesa  par- 
xocchiale  di  Castel  Gandolfo,  yi  celebro  la  S.  Messa,  e  distribui  il  Pane 
eucaristico  a  grande  numero  di  fedeli,  fra  i  quali  trovayansi  molti  Belgi, 
arrivati  nel  di  precedente  in  Roma,  i  quali  aveano  ambito  quella  conso- 
lazione.  Quindi,  risalito  a'  suoi  appartamenti,  concedette  udienza  a  molte 
persone  che  ne  aveano  implorato  1'onore;  e  nelle  ore  pomeridiane  cqn- 
discese  a'  voti  degli  abitanti  di  Castel  Gandolfo  ,  assistendo  a'  festeggia- 
menti,  con  che  essi  solennizzavano  la  memoria  del  loro  Santo  Patrono. 

Nel  giorno  10  giunse  al  santuario  della  Vergine  delle  Grazie,  nella 
Basilica  Catiedrale  di  Velletri,  il  dono  d'  una  ricchissima  collana  di  pro, 
con  pendent!  ed  una  spilla  da  petto  dello  stesso  metallo  e  di  squisitis- 
mp  lavoro.  II  Santo  Padre,  prima  di  lasciare  Castel  Gandolfo,  yolle  coa 
cio  rinnovare  1'omaggio  della  sua  devozione  alia  Vergine  Santissima,  e 
incaricp  il  Conte  Baldassarre  Negrone  di  presentare  al  Santuario  quella 
splendida  offerla.  II  di  seguente  una  Deputazione  del  Capitolo  fu  poi  am- 
messa  a  rassegnare  a'  piedi  di  Sua  Santita  gli  attestati  di  viva  ricono- 
scenza  e  di  fedella  di  quel  Clero  e  popolo. 

3.  Nelle  ore  pomeridiane  del  Lunedi  12  Settembre  tutta  Roma  esulto 
ricevendo  novamente  tra  le  sue  mura  la  persona  dell'amatissimo  Padre  e 
Soyrano.  Sua  Santita,  fra  le  dimostrazioni  di  riverenza  e  di  ail'etto  e  tra 
i  piu  lieti  augurii  delle  popqlazioni  di  Castel  Gandolfo  e  di  Albano,  arri- 
TO  alia  stazione  della  Cecchina  quando  scoccavano  le  ore  cinque.  II  bat- 
taglione  dei  Zuavi  pontificii,  con  il  suo  musicale  concerto,  erasi  da  Fra- 
scati recato  a  Castel  Gandolfo  per  fare  gli  onori  militari ;  i  quali  in  Alba- 
no  furono  resi  dalla  truppa  francese  che  vi  tiene  guarnigione.  La  sopra 
ricordata  stazione  della  via  ferrata  vedevasi  in  addobbo  di  festeggiamen- 
to,  e  molto  popolo  eravi  concorso  dai  luoghi  circostanti  per  fare  atto  di 
ossequio  al  Soyrano  Pontefice.  S.  E.  il  signor  barone  cpmmendatore  Co- 
stantini-Baldini,  ministro  del  Commercio  e  dei  Lavori  pubblici ,  come 
pure  la  Commissione  direttiva  delle  vie  ferrate,  ebbero  1'onore  di  riceve- 
re  il  Santo  Padre  e  di  accompagnarlo  fino  alia  stazione  di  Roma.  Nei  luo- 
ghi intermedii,  alle  Frattocchie,  alia  siazione  di  Marino,  a  quella  di  Ciani- 
pino,  erasi  affollata  eziandio  moltitudine  di  gente  per  ricever  1'apostolica 
benedizione. 

II  grande  locale,  che  si  allarga  altorno  alia  stazione  romana  di  Termi- 
ni, era  tulto  ripienp  di  cittadini  di  ogni  ordine  e  di  ogni  eta,  che  per  pgni 
guisa  di  dimostrazione  facevaiio  palese  1'  allegrezza  dell'  animo  nel  rive- 
dere  il  loro  venerato  Padre  e  Sovrano  tprnare  alia  sua  metrppoli  in  otti- 
mo  stato  di  salute.  Simigliante  straordinario  concorso  empiya  la  vasta 
piazza  e  le  ampie  contrade  circostanti,  ove  le  truppe  francesi  e  pontifi- 
cie  con  i  loro  conceni  musicali  erano  schierate  per  gli  onori  militari.  II 
Senatore  di  Roma  coi  Conservator}  si  trovarono  alia  stazione  per  psse- 
<juiare  la  Santita  Sua.  Erano  eziandio  a  compiere  lo  stesso  ufficio  i  Ge- 


CONTEMPORANEA  111 

nerali  della  truppa  francese,  e  molti  allri  cospicui  pcrsonaggi.  La  Beati- 
tudine  Sua ,  salita  quindi  nel  treao  ordinario ,  travcrso  la  cilia  in  mezzo 
alle  riverenti  significazioni  deli'  affetto  delpopolo,  che  per  ogni  parte 
accalcavasi. 

Arrivato  sulle  ore  sei  e  mezzo  alia  residenza  Yalicana  ,  11  Santo  Pa- 
dre trovo  gli  Etui  e  Rim  signori  Cardinal!  Palatini,  i  Prelati  e  gli  altri 
della  Corte  pontillcia,  nonche  i  suoi  Ministri  di  Stato,  che  attendevanlo- 
per  fargli  alto  di  omaggio.  Nelja  sera  la  facciata  della  Basilica  del  Prin- 
cipe degli  Apostoli  e  le  case  dei  borghi  della  citta  Leonina  furono,  in  se- 
gno di  giubilo,  yagamente  illuminate. 

4.  «  La  Direzioue  deli'Armonia  ( leggeasi  nel  Giornale  di  Roma  del  16 
Settembre),  giornale  che  da  diciasette  anni  corabatte  virilmente  in  Tqrina 
a  sostenere  i  dirilti  della  societa  cattolica  e  civile  contro  gli  attacchi  dei 
suoi  nemici,  nel  num.  200,  pubblicato  il  di  28  Agosto,  dichiarava  avere 
il  proposito  di  far  si  che  alia  Santita  di  Nostro  Signore,  appena  tornata 
in  Roma  da  Castel  Gandolfo  ,  yenissero  umiliati  gli  oggetti  preziosi  che 
pel  Denaro  di  S.  Pietro  era  essa  yenuta  raccogliendo  in  questi  ultimi 
mesi  dalle  diverse  parti  d'  Italia.  Profittando  di  cotale  straordinaria  oc- 
casione,  avvisava  di  render  piu  graditalasignificazione  deH'amore  iilia- 
le  testificata  da  quei  donativi.  E  per  yerita  fu  delicato  pensiero  quello, 
che  certo  non  isfuggi  alia  considerazione  del  Santo  Padre,  il  quale  da 
gran  tempo  avverte  come  i  fedeli,  a  mandargli  i  soccorsi  della  carita,  pre- 
scelgano  or  la  ricorrenza  di  una  o  di  altra  festa  della  Chiesa,  ora  ii  ritor- 
no  di  questa  o  di  quella  memoria  dei  fasti  gloriosi  del  suo  sacro  e  civile 
Principato. 

«  L'  iutento  dal  giornale  yoluto  e  stato  raggiunto.  Gli  oggetti  sono 
stati  al  tempo  prefinito  presentati  alia  Sautita  Sua,  cbiusi  nel  cofano  assai 
nobile,  nel  quale,  come  il  giqrnale  stesso  annunziava,erano  siati  con  sa- 
gace  industria  disposti.  E  quivi  dentro,  con  accorta  economia  dello  spa- 
210,  avvinti  a  nastri  stavaao  gioielli,  monili,  bracciaietti,  anelli  in  gran- 
de  copia;  oggetti  che  al  valore  assai  cospicuo  della  materia  e  deir  opera 
accoppiano  i'  inestimabile  pregio  del  signilicar  che  fanao  riverenza,  af- 
fetto, pieta  yerso  il  Yicario  di  Gesu  Gristo,  e  della  protesta  che  ciascunq 
di  essi  rinnova  contro  gli  attentati  commessi  a  danno  dei  sacrosanli  diritti 
di  lui  e  della  Sede  aposlolica. 

«  Insieme  ai  preziosi  oggelti  la  Direzipne  medesima  ha  fatto  perveni- 
re  la  somma  di  franchi  diecimila,  raccoHi  eziandio  per  I'Obolo  di  S.  Pie- 
tro. Sensibile  oltremodo  il  Beatissimo  Padre  a  queste  nqvelle  dimostra- 
zioni,  aggiunte  dagV  Italiani  alle  altre  che  non  cessa  mai  di  riccvere,  sia 
direttamenle,  sia  col  mezzo  di  altri  periodic!,  dalla  Penisola,  ed  a  quelle 
che  al  suo  trqno  arrivano  da  ogni  parte  del  niondo,  sopra  gli  obla- 
tori  e  i  raccoglitori  invoca  ogni  bene  dal  cielo ,  e  vuole  che  di  tanto  sia 
arra  la  benedizione  apostolica,  che  loro  di  tutto  cuore  impartisce.  » 

5.  Nello  stesso  giorno  12  Settemhre,  incui  il  Santo  Padre  rieutrava  ia 
Roma ,  fu  pubblicata  la  seguente  Notificazione  dal  Cardiuale  Segretario 
di  Stato: 

«  La  Santita  di  Nostro  Sjgnore,  yolendo  sempre  piu  facilitare  Tuso  del- 
la  corrispondenza  telegralica  nelP  interno  dellq  Stato ,  sul  rapporto  del 
Miuistro  del  Gommercio  edeiLa^ori  pubhlici,  intesa  la  Consulta  di  Slato 
per  le  Finanze  ed  il  Consiglio  de'  Miuistri ,  ci  ha  ordiiiato  di  pubblicare 
quanto  segue : 


CRONACA 

«  E  ridotta  a  bai.  20  la  tassa  del  telegramma  semplice,  cioe  di  venti 
parole,  da  trasmettersi  a  qualsivoglia  stazione  dello  Stato.  Per  ciascima 
serie  di  dieci  parole,  o  frazione  di  tale  serie  oltre  alle  venti,  la  tassa  sa- 
ra  aumentata  della  meta  del  prezzp  del  telegramraa  semplice. 

«  La  presente  disposizione  avra  effetto  a  datare  col  primo  Ottobre 
prossimo. 

«  Dalla  Segreteria  di  Stato,  il  di  10  Settembre  1864. 

G.  Card,  Antonelli.  » 

IV. 

COSE  STRANIERE. 

FRANCIA  1.  Decisione  arbitrate  di  Napoleone  III  nella  lite  fra  il  Vicere  d'Egit- 
to  e  la  Compagnia  pel  taglio  dell'Istmo  di  Suez  —  2.  Causa  di  matrimonio 
dibattuta  innanzi  alia  Corte  imperiale  di  Bordeaux  ;  giustificazione  di 
quanto  erasi  fatto  dalle  autorita  civili  ed  ecclesiastiche  di  Roma—  3.  Fe- 
sta  del  15  Agosto;  incendio  a  Limoges  —  4.  Ricevimento  del  Re  di  Spa- 
gna;  feste  a  Gorte  —  5.  Arrive  del  principe  Umberto  di  Savoia,  che  va 
coll'  Imperatore  al  campo  di  Chalons;  viagglo  tlella  famiglia  Murat;  1'im- 
peratrice  Eugenia  va  in  Alemagna,  ed  e  visitata  dal  Re  di  Prussia  — 
6.  Nuovo  sollevamento  di  Arabi  in  Aleria. 


1.  Tra  il  Vicere  d'Egilto  e  la  Compagnia  pel  taglio  dell'istmo  di  Suez 
eransi  levati  gravissimi  contrasti,onde  sembrava  pericolare  1'effettuazip- 
ne  di  quella  gigantesca  intrapresa,  avversata  a  tutto  potere  dall'  Inghil- 
terra  ;  la  quale  co'suoi  intrighi  avea  sospinto  il  Governo  otlomano  a  cre- 
scere  ancora  le  diflicolta,  valendosi  deU'mfluenza  che,  per  1'alto  dpminio 
sull'Egitto,  pqtea  esercitare  sopra  le  decisioni  di  quel  Vicere.  I  principa- 
li  punti  del  litigio  yersavano:  1.°  Sopra  i'  obbligo  assunto  dal  Governo 
egiziano,  il  quale  ora  rifiutavasi  di  continuare  ad  osservarlo,  di  sommi- 
pistrare  parecchie  decine  di  migliaia  di  manovali  per  lo  scavo  de'canali; 
il  che  faceasi  con  le  cosi  dette  corvees  ,  ossia  cerne  forzate  di  lavoranti  , 
yietate  dalla  Turchia  ad  istigazipne  dell'Inghilterra.  2.°  Sopra  la  proprieta 
del  canale  d'acqua  dolce,  di  cui  una  parte  gia  era  stata  retroceduta  dalla 
Compagnia  al  Vicere,  ma  1'  altra  voleasi  da  quella  conservare,  alraeno  fm- 
che  fosse  cpmpiutp  il  canale  marittimo.  3.°  Sopra  la  proprieta  dei  terre- 
iii  adiacenti  alle  rive  del  canale,  che  dapprima  eransi  ceduti,  entro  certi 
limiti,  alia  Compagnia  stessa,  e  che  ora  si  rivendicavano  dal  Governo 
egiziano. 

II  Vicere  d'Egitto  avea,  come  riferimmo  a  suo  tempo  (vol.  X,  p.  377) 
richiesto  1'  imperatore  Napoleone  III  di  yoler  troncare  egli  medesimo  il 
litigio  con  sentenza  da  aroitro,  rimettendosi  alia  sua  giustizia  ed  impar- 
zialita.  L'  Imperatore  accetto,  ed  alii  28  di  Aprile  fu  firmata  da  Nubar 
Fascia,  rappresentante  del  Vicere,  e  dal  sig.  Ferdinando  di  Lesseps  per 
la  Compagnia  del  taglio  dell'istmo,  una  convenzione,  in  cui  si  definivano 
limpidamente  i  punti  del  litigio,  e  si  accettava  anticipatamente  la  deci- 
sipne  che  sarebbe  emanata  dall'arbitro  augusto.  Napoleone  III  fece  disa- 
minare  e  discutere  accuratissimamenle  dalla  Commissione,  che  abbiani 
mentovato,  i  document!  e  le  ragioni  allegate  da  ambe  le  parti  ;  ed  egli 


CONTEMPORANEA  113 

stesso  ne  yolle  studiare  a  fondo  i  punti  capital! ;  poscia,  alii  2  d'Agosto, 
mando  pubblicare  nel  Moniteur  la  fermata  decisione. 

Pronunzio  pertanto  Napoleone  III,  che  il  regolamento  del  20  Luglio 
1856,  in  yirtu  del  quale  il  Goyerno  e'giziano  doyea  fornire  quelle  tante 
migliaia  di  manoyali,  era  un  yero  contralto  obbligatorio;  e  che  percio, 
dovendosi  quello,  a  richiesta  del  Vicere,  annullare,  ed  essendo  accettata 
da  ambe  le  parti  1'  abolizione  delle  corvees,  ragion  yolea  che  il  Goyerno 
egiziano  risarcisse  con  una  competence  indennita  la  Compagnia,  pel  dis- 
pendio  che  doyrebbe  fare  onde  supplire  agli  operai  che  le  si  toglieyano. 
Questa  indennita  fu  [issata  nella  somma  di  38  milioni  di  franchi. 

Quanto  alia  questione  pel  canale  d'acqua  dolce,  Napoleone  III  senten- 
zio  che  allo  scopo  dell'  impresa  non  era  necessario  che  quello  rimanesse 
in  proprieta  della  Compagnia,  baslando  che  a  lei  ne  fosse  cqmmessa  1'e- 
secuzipne  e  lasciato  il  godimento  esclusiyo,  finche  sia  compiuto  il  canale 
roarittimo,  e  senza  che  sia  lecito  a  nessuno  di  derivarne  le  acque  altri- 
menti  che  col  consenso  della  Compagnia  stessa.  Ma  alia  Compagnia  fu 
imposto  1'  obbligo  di  condurre  a  termine  e  manlenere  in  ottimo  stato  il 
canale  stesso,  nelle  pattoyite  dimensioni,  a  spese  pero  del  Goyerno  egi- 
ziano, e  di  guernire  le  dighe  con  pianlagioni  capaci  di  rassodarle  ed  im- 
pedire  le  frane.  Quando  il  canale  marittimo  sara  compiuto,  la  Compagnia 
non  ayra  piu  sopra  quello  d'  acqua  dolce  che  i  diritti  comuni  a'sudditi 
egiziani ;  allora  le  sue  nayi  non  pagheranno  tasse  di  nayigazione,  ma 
essa  pure  cessera  dal  percepirne.  E  per  compenso  della  retrocessione  e 
come  indennita  dei  yantaggi  a  cui  rinunzio  la  Compagnia,  il  Goyerno 
egiziano  le  paghera  10  milioni  di  lire ,  qual  prezzo  dei  layori  gia  fatti  q 
che  restano  a  fare  pel  canale  d'acqua  dolce ;  ed  altri  6  milioni  a  titolo  di 
compenso  dei  diritti  di  nayigazione  e  di  altre  rendite,  che  le  si  erano  con- 
ceduti,  ed  a'quali  ora  rinunziaya. 

Per  ultimo  Napoleone  III  determino  i  limiti  precisi  delle  zone  di  terre- 
ne che  doveano  rimanere  in  possesso  della  Compagnia,  come  necessarii 
allo  scavamento  ed  alia  conservazione  dei  due  canali,  fissandoli  in 
10,264  ettari  pel  canale  marittimo,  e  9,600  ettari  per  quello  d' acqua 
dolce,  da  prendersi  sopra  le  ripe  laterali.  II  rimanente  dei  terreni  adia- 
centi  sara  retroceduto  al  Governo  egiziano ,  die  doyra  pagare  alia 
Compagnia,  come  indennita  corrispondente,  la  somma  di  30  milioni  di 
franchi.  Sicche,  al  trarre  de'  conti,  la  Compagnia  riceyera  una  indennita 
totale  di  84  milioni  di  franchi,  da  riscuotersi  ad  annate  e  quote  prefisse; 
il  Goyerno  egiziano  non  potra  piu  lagoarsi  di  ayer  in  casa  una  specie  di 
padrone  straniero  ed  indipendente ;  e  le  gelosie  della  Turchia,  suscitate 
dall'Inghilterra,  non  ayranno  piu  pretesti  da  opporre  al  compimento  del- 
1  impresa.  II  testo  della  sentenza  leggesi  pur  anche  nel  Debats  del  3  Ago- 
sto,  e  fu  molto  commendato  da'giornali  d'ogni  partito.  11  Vicere  d'Egitto 
I'accetto  subito;  ma  il  Gabinetto  di  Costantinopoli,  aizzato  dall'  Inghil- 
terra,  accennaya  di  yoler  accattare  nuoye  brighe:  se  non  che  le  spiega- 
zioni  date  da  Nubar  Pascia,  e  la  nota  fermezza  di  Napoleone  HI,  consi- 
gharono  gli  oppositori  a  desistere  e  ad  acconciarsi  con  buon  garbo  all'e- 
secuzione  del  placito  imperiale. 

2.  Splendido  trionfo  fu  riportato  dalla  giuslizia  in  una  causa  di  matri- 
raonio,  dibattuta  innauzi  alia  Corte  imperiale  di  Bordeaux.  Un  tale  Giulio 
Balmette,  gia  maggiorenne,  figliuolo  ad  un  ricco  e  democratico  francese, 
Serie  7,  vol.  XII,  fasc.  349.  8  24  Settembre  1864, 


114  CRONACA 

venuto  a  Roma  per  istudio  di  pittura,  s'invaghi  perdutamente  d'  una 
vane  popolana,  e  contrasse  con  lei  impegni  da  dover  condurre  al  matri- 
monio.  II  padre  di  lui,  ayutane  contezza,  volo  a  Roma,  e  pose  in  opera 
ogni  mezzo  per  rimovere  il  figliuolo  da  quel  proposito;  ma  questi,  persi- 
stendp,  si  sottrasse  alia  vigilanza  del  padre ,  e  si  fuggi  con  la  giovane. 
llaggiunto  dal  padre,  fu  ricondotto  con  la  rapita  sua  fidanzata  a  Roma, 
e  die  vista  di  volerla  abbandqnare;  ma,  partito  il  padre  alia  volta  della 
Francia,  rannodo  le  sue  relazioni,  tinche,  a  cessare  ogni  scandalo,  fu  in- 
yitatp  autorevolmente  a  dichiararsi,  e  sposo  in  buona  forma  colei,  che 
gia,  in  quella  maniera  che  Renzo  e  Lucia  avean  tentato  di  fare  innanzi  a 
Bon  Abbondio,  a  lui  erasi  disposata.  11  Balmelte  padre  richiamo  il  tigliuo- 
lo  in  Francia ;  ma  questi  poco  appresso  voile  aver  cola  la  moglie ;  la 
quale,  per  la  durezza  inflessibile  del  suocero,  fu  ridotta  aU'estremp  del- 
1'indigenza,  ma  si  condusse  in  modp  di  yita  si  onesta,  che  merito  il  suf- 
fragio  e  la  protezione  di  personaggi  ragguarde-volissimi. 

II  Balmelte  padre  intento  presso  al  Tribunale  di  Cognac  un  processo 
per  nullita  di  quel  malrimonip;  ma  il  Tribunale  ne  riconobbe  la  perfetta 
fegalita  e  validita,  e  sentenzio  contro  quella  ingiusta  pretensione.  Ri- 
corse  quegli  in  appelio  presso  la  Corte  imperiale  di  Rordeaux,  e  cornmise 
le  sue  parti  al  sig.  Giulio  Favre  ;  il  quale  tolse  a  proyare  che  il  Ralmette 
figlio  era  incapace  di  contrarre  yalido  matrimonio,  perche  pazzo;  che  era 
stato  circonvenuto  con  male  arti  dalla  gioyane  e  da  parecchi  altri  suoi  com- 
plici;  e  che  ad  ogui  modo,  non  essendo  il  matrimonio  compiuto  colle  for- 
malita  prescribe  dalla  legge  francese,  non  si  dovea  guardare  come  yali- 
do. Per  corroborare  i  suoi  argomenti,  il  Favre  allego  certe  lettere  d'ua 
tale  Relot  de  La  Digne,  che  fu  piu  anni  in  Roma  Gran  Preyosto  e  coman- 
dante della  Gendarmeria  francese;  il  quale  non  si  perito  di  scrivere  con- 
tumelie  nefandissime  contro  il  Governp  pontilicio,  contro  il  Tribunale  del 
Vicariato,  contro  i  Cardinal! ,  i  Mpnsignori  ed  i  preti ,  con  linguaggio 
che  appena  sarebbe  compprtabile  in  bocca  ai  piu  viii  mascalzoni.  Ala 
niun  peso  ebbe  quella  testimonianza  ad  infermare  la  legalita  dell' opera- 
tosi  in  Roma  per  quel  matrimonio,  sapendosi  che  il  Relot  de  La  Digne 
ayea  con  quelie  lettere  dato  sfogo  all'odio  suo  contro  il  Governo  pontifi- 
cip,  di  cui  aveva  gia  dato  molte  prove  quand'  era  qui  in  Roma,  onde  fu 
poi  rimqsso  con  suo  gran  cruccip.  Rasti  dire  che  costui  aveva  avuto  una 
Lruttissima  parte,  narrata  o"ai  diarii  riyoluzionarii ,  in  quelie  schifose  in- 
venzioni  di  pretesi  attentati  d'  assassinio  contro  Napoleone  III ,  e  contro 
FAmbasciadore  francese  La  Vallelte,  di  cui  abbiamo  esposto  quanto  basta- 
ya  nella  Serie  IV,  vol.  XI,  pag.  104,  e  nella  Serie  V,  vol.  I,  pag.  738-39. 

L'avvocato  difenspre  del  matrimonio  elostessp  Procuratore  imperiale 
respinsero  con  alto  disdegno  la  lestimonianza  di  cotest'uomo  ,  e  dimo- 
strarono  come  non  meritasse  la  menpma  fede;  posero  in  sodo  con  fortis- 
simi  argomenti  la  retlitudiae  e  giuslizia  di  quanto  erasi  operate  dalle  au- 
tprita  civili  ed  ecclesiastiche  di  Roma ;  e  la  Corte  con  sua  sentenza  riget- 
to  tutti  i  motivi  addotti  da  Giulio  Favre,  condanno  le  pretensioni  del  Ral» 
mette  padre,  e  pronunzio  validp  il  matrimonio  contralto  in  Roma.  Di  che 
abbiam  voluto  fare  ampia  menzione,  perche  i  giornali  rivoluzionarii,  con 
1'usata  loro  lealta,  stamparono  le  diatribe  di  Giulio  Favre  e  le  sporcizie 
del  Relot  de  La  Digne,  ma  si  guardarono  bene  dal  ristampare  le  rispo- 
ste  del  difensore  del  matrimonio,  le  conclusion}  del  Procurator  imperia- 
le, e  la  sentenza  del  Tribunale ;  giacche  queste  sfatavano  tutte  le  loro  im- 


CONTEMPORANEA  '115 

posture  e  calunnie,  con  die  aveano  voluto  provare  che  in  Roma  tutlo  e 
oppressione,  venalita,  corruzione  edarbitrio.  II  rendiconto  per  intero^di 
quest!  importanti  dibattimenti  trovasi  nel  Deba'ts  del  12,  13 ,  14, 15  e 
25  Agosto. 

3.  La  festa  nazionale,  istituita  da  Napoleone  I ,  e  ristaurata  da  Napo- 
leone  111  pel  giorno  15  d'  Agosto,  fu  compiuta  quest'  anno  in  Parigi  con 
la  slessa  sonttiosita  e  magnificenza  di  apparato  ,  che  gli  anni  addietro. 
Percio,  oltre  al  Tedeum  nella  Cattedrale  ed  alia  rassegna  delle  truppe  e 
della  Guardia  nazionale ,  furono  offerti  a'  Parigini  gli  spassi  tanto  gra- 
diti  di  giocolieri ,  saltimbanchi  e  buffbni ,  pagati  dal  Municipip  perche 
co'  loro  lazzi  intrattenessero  viva  1"  allegria ;  onde  teatri  in  piazza,  ed 
alberi  di  cuocagna  ,  e  lotterie  e  simiii  argomenli  da  baloccare  la  plebe. 
Ma  che?  Ai  Parigini  piacque  invece  di  tripudiarein  tult'altra  forma.  Dal 
levarsi  del  sole  iino  a  nolle  buia  ,  dal  momenlo  della  gran  rassegna  fino 
a  quello  in  che  si  spense  V ultimo  razzo  de'  fuochi  artificial!,  da  per  lullo, 
sulle  piazze ,  per  le  Tie ,  dalle  bolteghe ,  da'  balconi ,  sui  terrazzi  e  nei 
pubblici  passeggi,  anche  menlre  passava  in  tulla  la  sua  maesta  il  corteg- 
gio  imperiale,  fu  un  conlinuo  gridarsi  1'  un  Y  altro:  Lambert!  Ohe  Lam- 
bert ^Si  gitlavano  a  Ticenda  quesla  cbiamala,  dalle  carrozze,  dalle  pan- 
che  dei  Caffe  e  delle  osterie,  sui  mercati  e  fin  dai  telti ,  con  tal  frasluo- 
no  musicale,  che  n'ando  soffocato  ne  pole  farsi  udire  il  concerto  dei  Vive 
I'  Empereur,  che  piu  o  meno  risuonaya  gli  anni  iudietro.  I  giornali  uffi- 
ciosi  ne  rimasero  sbalorditi,  e  s'  affacendarono  a  pubblicare  almeno  una 
Tentinadi  spiegazioni  diverse  di  tal  fatto,  concbiudendo  concordemente 
che  quella  era  slata  una  pura  cervellinaggine  di  que'  buontemponi  di 
Parigini,  i  quali  in  quel  giorno  s'  erano  dimenticati  che  la  loro  citta  e 
la  testa  della  Francia,  e  percio  avean  dato  in  quelle  pazzie. 

II  yero  si  eche  la  Polizia,  con  tutti  gli  arresli  falli,  e  con  le  piu  se- 
Tere  inquisizioni,  o  non  venne  a  capo  di  scoprir  nulla,  oyvero  ebbe 
ordine  di  fare  come  se  non  avesse  Irovalo  nulla;  percio  ,  come  pose 
in  liberla  i  gridalori  piu  indiscreti,  che  da'zelanti  ufficiali  di  Polizia 
erano  slaliarrestati,  cosi  fegittar  yoce  che  quella  era  stata  una  ragaz- 
zala  da  non  curarsene.  Tultayia  ando  su  pei  giornali  non  devoli  al 
Governo,  che  a  Corle  si  proyo,  se  non  paura,  cerlo  un  senso  di  stu- 
pore  sgradevole  per  quello  strimpellare  Ohe  Lambert,  sotlo  di  cui  potea 
celarsi  un  qualche  cosa  di  piu  serio. 

La  sera  di  quello  stesso  giorno  riusci  funesta  alia  citta  di  Limoges, 
doye,  mentre  sopra  una  gran  piazza  il  popolo  slipatp  dilellayasi  di 
yeder  incendiali  fuochi  arlificiali ,  un  incendio  dislruggitore  appiccaya- 
si  in  casa  ad  un  cappellaio,  e  quinci ,  portato  dalla  ifuria  del  venlo, 
slendeasi  alle  circqslanli,  sicche  in  breve  ora  lutto  un  quartiere  del- 
la  citta  n'  ebbe  a  divampare,  ardendo  ben  piu  che  duecento  case,  con 
rovina  di  mollissime  famiglie  che  vi  perdettero  ogni  cosa.  Sapulosi 
cio  dall'  Imperalore,  s'affreilo  di  mandare  10,000  franchi  per  sovveni- 
re  ai  prirhi  bisogni  de'  poveri  danneggiali.  E  si  seppe  che  il  Santo 
Padre,  benche  costrello  dalla  rivoluzione  e  dai  Iradimenli  deH859  e 
del  1860  a  vivere  poco  meno  che  delle  limosine  offerlegli  da'fedeli, 
pur  voile  trarre  da  queste  un  5,000  franchi,  e  spedirli  subilo  a  sus- 
sidio  de'  danneggiali  di  Limoges. 

4.  II  giorno  seguente,  16  di  Agosto,  verso  sera,  giunse  a  Saint  Cloud, 
e  fu  accolto  con  lutla  la  pompa  dovuia  al  suo  grado,  il  Re  di  Spagna.  Si 


116  CRONACA 

sa  che  1'anno  scorsq  V  imperatrice  Eugenia  avea  visitato  la  Regina  di 
Spagna,  e  ne  avea  ricevuto  una  ospitaiita  degna  di  quella  Corte  sovra- 
na.  La  cortesia  yolea  che  quest'  anno  vi  fosse  un  ricambip ;  ma  la  regi- 
na  Isabella  non  si  mosse,  e  si  contento  di  mandare  a  Parigi  il  suo  marito, 
che  ha  in  Ispagna,  e  quantp  a  cose  politiche,  quella  stessa  importanza 
che  1'  imperatrice  Eugenia  in  Francia.  Le  accoglienze  fatte  al  Re  di  Spa- 
gna, benche  paressero  alquandp  fredde  ed  irrigidite  per  le  minute  forma- 
Jita  di  etichelta,  furono  splendide  assai.  L' Imperatore  gli  diede  lo  spet- 
tacolo  d'una  gran  rassegna  di  truppe;  eda  Versailles  ebbe  luogo  un  ban- 
chetto,  con  festino  e  luminaria  si  straordiaariamente  fastosa,  che  dicesi 
aver  costato  qualche  milione.  Quindi  il  Re,  alii  20,  prese  commiato  e  fece 
ritorno  a  Madrid.  Con  questo  viaggio  fu  inaugurata  la  ferrovia  che,  a  tra- 
verso  de'  Pirenei,  mette  in  comunicazione  diretta  e  continua  le  capitali 
de'  due  Stati ,  e  che  fu  poi  aperta  al  pubblico  servizio  appuntp  alii  20. 
La  distanza  da  Parigi  a  Madrid  e  di  280  leghe ,  e  si  percorre  in  35  ore, 
a  prezzo  di  165  franchi  nelle  carrozze  di  prima  classe,  di  122  in  quelle  di 
seconda,  e  di  83  in  quelle  di  terza  classe.  Fu  notato  che  ai  grandi  ricevi- 
menti ,  agli  spettacoli  teatrali  ed  alle  altre  pubbliche  mostre  fatte  pel  Re 
di  Spagna,  assistette  tutta  la  famiglia  Murat ,  ma  fu  assente  il  Pnncipe 
Napoleone  (  Girolamo  ),  il  genero  di  Vittorio  Emmanucle  ;  forse  perche, 
spYvenendogli  di  quel  che  1'anno  scorso  ayea  detto  contro  i  Rorboni,  sen- 
tiva  di  non  potersi  scontrare  con  un  de'  piu  cospicui  rappresentanti  e  ca- 
pi  di  quell'  augusta  famiglia. 

m  5.  Pertanto  il  Principe  Napoleone  di  que'giorni  credette  di  dover  yiag- 
giare  fuor  di  Francia ;  ma  fu  sollecito  di  tornarvi  appena  ne  fu  partitq  il 
Re  di  Spagna,  per  fare  le  amoreyoli  accoglienze  al  suo  cognato,  il  Prin- 
cipe Umberto  di  Savoia,  fratello  alia  Principessa  Clolilde.  Questi,  partito 
alii  10  d'Agosto  da  Milano,  per  la  Svizzera  ando  in  Germania,  yisito  al- 
cuni  de'  Sovrani  che  si  mostrarono  piu  benevoli  verso  il  nuovo  regno 
d'  Italia,  e  si  condusse  fmo  a  Copenhagen,  dove  offeri  al  re  Cristiano  IX 
il  tributo  delle  simpatie  italiane.  Quindi  volto  in  giu  verso  la  Francia, 
e  giunse  a  Parigi  il  giorno  26.  L'  Imperatpre  destino  ad  andargli  incon- 
tro,  e  fargli  servigio  d'  pnore,  due  ufficiali  superiori ,  1'  un  de'  quali  fu  il 
Generale  Mollard,  Savoino,  stato  gia  Generole  sotto  le  bandiere  del  Re 
di  Sardegna,  prima  che  questi  cedesse  la  culla  della  sua  dinastia  a  Na- 

Eoleone  III  in  compenso  delle  annessioni  del  1860.  11  Principe  Umberto 
i  ospitato  da  suo  cognato  al  Palais  Royal,  ma  s'ebbe  cortesissimp  rice- 
Yimento  dall'  Imperatore,  col  quale  fu  a  caccia,  ando  al  campo  di  Cha- 
lons, rimanendovi  un  tre  o  quattro  giorni  per  assistere  alle  grandi  eserci- 
tazioni  militari ;  quindi  torno  con  1'  Imperatore  a  Parigi ,  che  voile  visi- 
tare  da  capo  a  fondo. 

Corse  voce  che  codest'  andata  del  Principe  Umberto  a  Parigi  avesse 
per  iscopo  di  stringere  le  pratiche  avviate  dal  Pepoli  per  un  matrimpnip 
tra  1'erede  di  Vittorio  Emmanuele  e  la  Principessa  Anna  Murat.  Anzi  gia 
si  spacciavano  le  condizioni  del  connubio ,  tutte ,  si  capisce ,  favoreyoli 
all'ampliazione  ed  al  rassodamento  dell'wmifd  italiana,  a  detrimento  de'So- 
vrani  abbattuti  dalle  perfidie  e  dalle  piraterie  del  1859  e  1860.  Ma,  o 
tali  npvelle  fossero  non  fondate ,  o  si  volesse  per  ora  tener  celata  la  cosa, 
certo  e  che  la  famiglia  Murat  nego  palesemente  che  esistessero  tali  pra- 
tiche ,  ed  anzi ,  alia  fine  d'Agosto ,  appunto  quando  il  Principe  Umberto 
era  a  Parigi ,  quella  s'  imbarco  sopra  una  nave  da  guerra  della  marina 


CONTEMPORANEA  117 

imperiale ,  per  fare  un  viaggio  di  diporto ,  chc  diccasi  indirizzato  a  Na- 
poli  in  prima ,  quindi  in  Palestina.  Ma  i  Mural  non  loccarono  Napoli,  do- 
ve la  loro  prescnza  potea  dar  luogo  a  disturb! ;  e  per  contro  v'ando  una 
divisione  della  arraata  navale  inglese ,  sotto  colore  di  farvi  le  consuete 
esercitazioni  annue.  Tullavolta  in  questo  frallempo  fu  un  continue  audi- 
rivieni  di  messaggieri  ufficiosi  Ira  Parigi  e  Torino  ,  ed  i  piu  operosi  fu- 
rono  il  Peppli  edil  Menabrea.  Diceasi  che  non  ayessero  oltenuto  nulla 
di  quanlo  richiedeano  all'  Imperatore ,  circa  la  quistione  romana,  benche 
gli  dimostrassero  che,  senza  far  un  passo  innanzi  in  questa  parle,  il  Mi- 
nislero  non  potrebbe  reggere  al  cozzo  de'  partiti.  Ma  Y  Opinions  del  17 
Settembrc  aununzio  poi  ufficiosamente,  che  una  convenzione  fu  stipula- 
ta,  e  firmata  alii  15  dal  Drouyn  de  Lhuys,  dal  Nigra  e  dal  Pepoli,  per 
la  quale  Napoleone  III  obbligavasi  a  ritirare  da  Roma  le  truppe  francesi 
entro  due  anni ,  ed  il  Governo  di  Torino  guarenliva  che  niuna  maniera 
di  forze  regolari  od  irregolari  assalirebbe  gli  Stati  che  restano  alia  Santa 
Sede.  II  resto  si  sapra  a  suo  tempo. 

Se  il  viaggio  del  Principe  Umberto  die  argomento  a  fantasticaggini 
de' giorualisti,  e  quelli  del  Menabrea  e  del  Pepoli  fruttarono  davvero 
1'accordo  annunziato  daWOpinione,  e  da  dire  altresi  che  non  meno  fecon- 
do  di  congetture  per  I'a-vvenire  parve  il  viaggio  repentinamente  impreso 
daH'imperatrice  Eugenia,  sotto  nome  di  Contessa  di  Pierrefonds,  alle 
acque  di  Schwalbach  nel  Ducato  di  Nassau.  Noi  non  istaremo  a  riferire 
le  ciance  mandate  sopra  cio  attorno  da'  corrispondenti  parigini ,  perche 
sono  cosi  svariate,  da  non  potervi  sceverare  il  verosimile  dal  falso ;  ci 
basti  dire  che  il  re  di  Prussia  Guglielmo  I  si  condusse  anch'  egli ,  in- 
cognito, a  Schwalbach,  e  yisito  1'Imperatrice,  intrattenendosi  con  essa 
a  colloquio  per  una  lunga  ora.  Puo  darsi  che  questo  sia  come  un  supple- 
mento  al  colloquio  che  dovea  aver  luogo  a  Baden  fra  Napoleone  III  e 
Guglielmo  I;  il  quale  colloquio,  a  delta  de'giornali  ufficiosi,  fu  richie- 
sto  a  grande  istanza,  ma  ritiutato.  Ma  il  curioso  a  sapersi  e  questo :  che 
mentre  in  Francia  si  stampa-che  il  sollecitalore  fu  Guglielmo  1,  e  che 
nulla;pole  ollenere,  dall'allra  parte  dal  Reno  si  dice  precisamente  il  con- 
trario ;  come  se  Napoleone  III  avesse  fallo  di  tullo  per  aver  un  intimo 
colloquio  col  re  Guglielmo,  ma  questi  vi  si  ritiutasse  per  non  dare  ca- 
gione  di  sospetli  e  gelosia  all' Austria. 

6.  Coatro  la  comune  espellazione ,  1' Imperalore  rimase  al  campo  di 
Chalons  soli  quattro  giorni,  benche  vi  fossero  convenuti,  spediti  da'  lo- 
ro Sovrani,  molti  uiliciali  superiori  stranieri,  e  tra  quesli  il  Generate  de 
Roon,  Ministro  della  Guerra  in  Prussia.  Fu  atlribuilo  il  pronlo  rilorno  di 
Napoleone  III  a  Parigi  al  suo  stato  di  salule,  un  poco  affralilo  pel  rincru- 
dire  di  reumalismi  assai  dolorosi ,  onde  gli  era  increscioso  il  lenersi  a 
cavallo.  Allri  pero  credelle  di  poler  affermare  che  cio  avvennne  pel  bi- 
sogno  di  sciogliere  piu  preslo  il  campo  di  Chalons,  affine  che  il  suo  co- 
mandante,  il  Maresciallo  MacMahon,  nominato  Governalore  generale 
dell' Algeria ,  potesse  pi'bntamente  condursi  cola,  dove  la  sua  presenza  e 
richiesla  dallo  slalo  non  troppo  rassicurante  delle  cose,  dallagitarsi  che 
fanno  molle  tribii  poco  devole  alia  Francia,  e  dal  nuovo  sollevamenlo 
armato  di  parecchie  di  esse;  onde  fu  d'uopo  rimetlere  in  marcia  le  trup- 
pe, e  ricominciare  la  guerra  viva;  anzi  spedire  di  Francia  un  10,000 
uomini  di  rinforzo.  Ma  questa  volta  la  repressione  fu  si  pronta,  il  castigo 
si  severo ,  e  la  qualila  dei  provvedimenli  presi  da'  General!  francesi  tan- 


118  CRONACA 

to  efficace,  che  la  lotta  dovra  fmire  in  breve.  Difatto  il  Moniteur  annun- 
zio  che  una  grossa  mane  di  ribelli,  incalzata  da  pin  parti,  avendo  cercato 
riparo  in  certi  burroni  e  nelle  gole  d'aspre  montagne,  vi  fu  circondata  e 
soccombette;  il  che  vuol  dire  che  furono  tutti  messi  al  taglio  delle  spade 
od  abbattuti  a  colpi  di  carabina. 

IMPERO  m  RUSSIA  1.  Nuovi  rigori  in  Lituania;i  Polacchi  sono  inabilitati  a 
comperare  i  beni,  demaniali  o  confiscatl,  post!  in  vendita  —  2.  Abolizio- 
ne  delle  biblioteche  polacche;  multe  bandite  conlro  clii  parla  in  questa 
lingua  —  3.  Nuovi  ordini  della  Polizia  circa  il  vestire  a  lutto,edil  cavar- 
si  il  cappello  —  4.  Notificazione  ufficiale  per  la  confiscazione  dei  beni 
degli  assent!  e  fuorusciti  —  5.  Deportazioni  e  supplizii  capiiali;  mltigazlo- 
ni  approvate  dal  Senate  per  gli  esiliati  in  Siberia  —  6.  Chiusura  di  chie- 
se  e  scuole  cattoliche;  Yescovadi  e  Seminarii  cattolici  trasferiti  a'scisma- 
tici;  Encicllca  del  Santo  Padre  Pio  IX  all' Episcopate  della  Polonia  — 
7.  Conseguenze  del  sollevamento  della  Polonia— 8.  Relazione  allo  Czar 
sopra  1'  osservanza  del  precetto  Pasquale  —  9.  Come  precede  1'  emanci- 
pazione  dei  servi,  omai  compiuta. 

1. 1  fatti,  i  docnmenti  ed  atti  ufficiali  da  noi  allegati,  1'uUima  voltache 
abbiam  potuto  discorrere  delle  cose  dell'Impero  di  Russia  (vol.  X,  pag. 
628-40),  erano  piu  che  bastevoli  a  mettere  in  sodo,  che  quel  Governo 
intendeva  sollecitamente,  e  con  mezzi  efficacissimi,  a  cessare  ogni  peri- 
cole  avvenire  di  nuovi  mod  in  Polonia,  trasformandola  in  prqvincia  rus- 
sa,  non  pure  quanto  alia  Jegislazione  ed  amministrazione  civile,  ma  si 
ancora  quanto  agli  abitanti  ed  alia  religione.  Questo  lavorio  di  russifica- 
zione  fu  applicato  specialmente  alia  Lituania,  con  si  aspra  e  particolareg- 
giata  cura,  che  nulla  potesse  sfuggire  aH'influenza  di  tal  sisteuia,  che  sa- 
rehbe  gran  miracolo,  se  di  qui  a  un  decennio,  continuandosi  di  quel 
passo  che  si  ya  al  presente,  vi  rimanesse  traccia  di  nazione  polacca  o 
di  religione  cattolica.  Ogni  complicita,  anzi  pure  la  presunzione  di  com- 
plicita,  diretta  od  indiretta,  co'sollevati,  reca  ivi  seco  la  pena  del  bando 
e  della  deportazione ,  che  si  trae  dietro  la  confiscazione  delle  proprieta, 
le  quali  si  vendono  esclusivamente  a'russi  o  scismatici.Con  cio  si  prece- 
de speditamente  verso  il  cangiamento  della  popplazione  de'proprietarii  e 
mercanti.  Ma  resterebbero  la  plebe,  i  manqvali,  i  contadini  ed  artetici, 
che  manterrebbero  viva  la  lingua  e  la  religione ;  e  giova  vedere  come 
facciasi  per  islerminare  ancor  queste. 

Nel  giornale  parigino  il  Siecle  del  20  Giugno  fu  pubblicata  una  corris- 
pondenza  da  Wilna,  in  data  del  10, che  specificava  i  mezzi  adoperati  per 
far  dimenticare  la  lingua  polacca,  e  sostituirle  a  poco  a  poco  la  russa;  e 
sono  i  seguenti :  1.°  Le  -stamperie  e  litografie  in  lingua  polacca  furo- 
no chiuse.  2.°Fu  vietato  di  stampare,  far  venire  di  fuora  e  vendere  abe- 
cedarii  polacchi.  3.°  Le  biblioleche  pubbliche,  composle  di  libri  in  tal 
lingua,  tutte,  dovunque  esistevano,  furono  chiuse  e  sequestrate.  4.°  L'in- 
segnamento  della  lingua  polacca  nei  ginnasii  fu  abolito.  5.°  Le  scuole 
primarie  stabilite  nelle  parrocchie  furono  chiuse,  e  se  ne  istituirono  altre 
dirette  da  Seminaristi  e  Popi  tratti  dal  fondo  della  Russia.  6.°  Vietato  al 
Clere  cattolico  1'insegnare  il  proprio  catechismo  altrimenti  che  in  lingua 
russa.  7.°  Proibito  per  ultimo,  solto  pene  severissime,  d'usare  la  lingua 


CONTEMPORANEA  119 

polacca  negli  annunzii  privati  o  commercial!,  e  persino  il  parlarla  nelle 
Lotteghe,  nelle  scuole  ene'  pubblici  luoghi.  Laonde  si  fecero  cancellare 
tutte  le  insegne  in  tal  idioma,  che  si  vedeano  per  le  vie  di  Wilna  e  del- 
le  altre  citta  di  tal  provincia,  e  vennero  pubblicati  esclusivamente  ja 
lingua  russa  i  giornali  e  gli  atti  ufficiali,  che  per  1'  addietro  uscivano  in. 
lingua  polacca. 

Se  queste  cose  leggessimo  solamente  nel  Siecle ,  non  ne  faremmo  ve- 
nm  capitale,  tanto  e  notorio,e  senza  rattento  alcunp  di  vergogna,  il  mer- 
cato  die  codesto  giornale  ya  facendo  di  bugie  e  d'imposture  d'ogni  fatta 
contro  i  Governi  che  non  gli  piacciono,  e  specialmente  contro  quello  della 
Santa  Sede,  da  lui  costauteinente  calunniato  con  arti  scellerate  e  modi 
nefandissimi.  Ma  pur  troppo  nel  caso  presente  non  gli  si  puo  dar  taccia 
di  bugiardo,  essendo  le  sue  aflermazioni  comprovate  da  document!  uffi- 
ciali russi,  e  dalla  concorde  testimonianza  di  molti  altri  giornali  autore- 
voli  ed  onesti.  Cosi  al  Monde  del  24  Giugno  fu  scrilto  da  Wilna,  in  data 
del  15,  che  «  le  scuole  polacclie  stabilite  nelle  parrocchie  sono  chiuse,  e 
Tennero  sostituite  certe  scuole  comunali  ^  dirette  da  Seminaristi,  tratti 
dal  centre  della  Russia.  L'  uso  degli  abecedarii  polacchi  proibito  perfinO' 
nel  recesso  intirnp  della  famiglia,  e  permessi  esclusivamente  i  russi.  Vie- 
tato  alclero  cattolico  d'insegnare  il  catechismo  in  lingua  polacca.  Gli  spe- 
dali,  le  case  di  ricovero  pei  poveri  e  per  gli  orfanelli  erano  dappertutta 
amministrateedirelteda  Suore  della  Carita.Ora  quesle  sante  \ergini  fu- 
rono  espulse  da  cpdeste  case,  anzi  pure  dalla  Lituania,  e  surrogate  da 
femmine  venute  di  Russia  ed  educate  da  Seminaristi  ortodossi.  Gii  orfa- 
notrofii  posti  tutti  sotto  la  cura  di  ortodossi,  che  allevano  nelle  credenze 
e  nelle  pratiche  della  scisma  gli  orfanelli,  ancorche  quasi  tutti  cattolici.  » 

Queste  cose,  per  quanto  paiano  esagerazioni  di  corrispondenti  passio- 
nati,  sono  comprovate  da  document!  uiliciali. 

Tra  questi,  non  pptendone  qui,per  ditetto  di  spazio,recitare  molti,  e  de- 
gno  di  attenta  considerazione  il  seguente,  pubblicato  dal  Capo  della  Po- 
lizia  di  Wilna,  sotto  il  di  7  di  Maggio,  e  riferito  dalla  Corrispondenza 
austriaca;  dal  quale  risulta  manifesto,  che  si  riguarda  la  Lituania  come 
provincia  di  nazione  russa,  a  cui  sia  interamente  straniera  la  Polonia,  e 
che  pero  vi  si  tratta  come  reato  criminale  1'uso  delia  lingua  polacca. 

«  La  polizia  urbana  di  Wilna  e  avyertita,  che  al  minimo  disordine  ay- 
verato,  specialmente  per  riguardi  politici,  in  una  partequalunque  della  cit- 
ta, il  commissario  del  quartiere  e  il  suo  aggiimto,  cheavranno  tollerato 
questo  disordine,  saranno  immediatamente  cassi  d'ufficio  e  consegnati  ai 
tribunali.  I  commissarii  di  quartiere  e  i  loro  aggiunti  hanno  a  dichiarare 
che  ricevettero  comunicazione  della  presente  ordinanza.  Per  la  prima 
volla  ordino  che  1.°  Tutti  i  permessi  di  portar  gramaglie  saranno  assog- 
gettati  a  revisione;  quelli  che  saranno  scaduti,  o  vicini  a  scadere,  mi  ver- 
ranno  presentati,  e  si  avra  somma  cura  perche  le  persone,  non  munite  di 
permesso,  non  portino  il  lutto,  e  che  al  caso  siano  tratte  al  mio  cospetto. 
2.°  Si  fara  una  nuova  revisione  in  tutte  lebotteghe,  nei  magazzini,  nelle 
osterie,  trattorie,  pasticcerie,  farmacie  e  negli  alberghi,  e  se  vi  sara 

\  Queste  novelle  scuole  scismatiche  sono  gla  apcrte,  da  poco  tempo,  in  nuniero  di  235  nei 
Governi  di  Wilna  e  di  Grodno 5  e  siccome  si  difeltava  di  maestri  ortodotsi  die  avessero  capa- 
cita  a  talc  ufficio,  si  chiamarono  dalla  Russia  non  mcno  di  200  Popi  e  Seminaristi,  che  furono 
disseminati  a  tener  le  scuole  primarie  ne'villafti,  obbligando  gli  alitauti  cattolici  a  mandarvi 
loro  figliuoli  per  essere  educati  ed  istruiti  nelia  fede  ortodossa. 


120  CRONACA. 

comproyata  la  esistenza  di  conti  stesi  in  lingua  polacca,  o  se  vi  si  incon- 
treranno  persone  che  parlino  questa  lingua  straniera  (sic  I),  se  ne  fara 
a  me  tosto  dichiazione.  3.°  Le  insegne  che  non  saranno  state  ancora  cam- 
hiate  (intendo  quelle  che  portavano  inscrizioni  polacche  estranee  al  pae- 
se,  o  che  saranno  state  difeltosamente  corrette) ,  saranno  distrutte  al  mo- 
inento ;  le  fabbriche  od  i  magazzini,  che  se  ne  servivano,  verranno  chiu- 
si  e  messi  sotto  suggello,  lino  a  che  non  si  esponga  una  nuova  insegna. 
4.°  Si  sopraveglieranno  le  chiese  e  le  passeggiate,  e  siimpedira  che  ven- 
ga  portata  alcuna  veste  che  abbia  la  menoma  apparenza  di  rassomiglia- 
re  ad  un  segno  rivoluzionario.  5.°  Ogni  individuo,  proveniente  dal  regno 
di  Polonia  o  dall'esterno,  dovra  sottoporre  le  sue  carte  e  le  robe  sue  ad 
una  revisione ,  da  cui  sono  eccettuati  spltanto  quelli  che  occupano  un 
postp  elevato  nell'  esercito  o  nell'  amministrazione  civile.  » 

Vietatp  il  parlare  o  lo  slender  conti  in  polacco,  e  renduta  obbligatoria 
negli  atti  pubblici  la  lingua  russa,  lo  scopp  inteso  non  sarebbe  ottenuto 
pienamente,  linche  il  grosso  della  popolazione  fosse  di  Polacchi.  A  dira- 
dar  questi,  ed  impedire  che  tornino  a  far  corpo  sotto  1'  antica  bandiera 
nazionale,  si  giudico  spediente  il  disseminare  tra  loro  in  gran  numero 
famiglie  russe,  che  prendessero  stanza  nel  paese,  e  vi  trapiantassero  gli 
usi  e  le  costumanze  moscovite.  Percio,  come  da  Wilna  fu  scritto  ,  sotto 
il  29  Giugno,  alia  Gazzetta  nazionale  di  Berlino  ,  un  ukase  dello  Czar 
dichiaro  che  i  beni  de'  Polacchi ,  confiscati  in  Lituania  e  nella  Rutenia 
-bianca ,  non  potranno  in  avvenire  essere  comperati  e  posseduti  che  da 
Russi,  abitanti  delle  province  baltiche,  i  quali  non  siano  cattolici.  I  cat- 
tolici  tutti,  di  qualsiyoglia  nazione,  ed  i  Polacchi,  sono  formalmente  ina- 
hilitati  a  tali  contratti.  Al  tempo  stessp,  per  rendere  piu  spedita  la  confi- 
scazione  dei  beni  e  delle  terre  spettanti  a  Polacchi,  involti  nel  sollevamen- 
to  o  sospetti  d'  esserne  complici,  il  Senato  di  Pietroburgo  annullo  tutti 
gli  atti,  pe' quali  i  proprietarii  polacchi  trasferirono  i  loro  diritti  di  prp- 
prieta  sui  loro  beni  ad  altre  persone,  o  per  titolo  di  pagamento  di  debiti, 
oper  altro  qualsiasi. 

2.  Questo  sostituire  Russi  a'  Polacchi  ha  per  iscopo  manifesto  di  spe- 
gnere  al  tutto  le  reliquie  di  quel  gran  popolo,  che  per  piu  secoli  fu  il  ba- 
luardo  deU'Europa  contro  la  barbaric;  ma  il  Generale  Mourawieff,  tutio 
al  contrario,  pretende  che  questo  procedere  non  e  che  un  provvedimen- 
to  di  pura  difesa,  per  impedire  che  le  raene  de'  Polacchi  riescano  a  sof- 
focare  la  nazionalita  russa  della  Lituania.  Pare  incredibile,  ed  e  veris- 
simo ;  e  ne  abbiamo  la  dimostrazione  nel  seguente  documento  ufficiale 
pubblicato  sul  Corriere  di  Wilna. 

f  «  E  venuto  a  notizia  del  Generale  Mourawieff ,  Governatore  di  Litua- 
i)ia,  che  esistono  in  gran  numero  di  citta  delle  biblioteche  composte  di 
libri  polacchi,  istituite  da'  nobili  e  da  pubblici  ufficiali  d'origine  polacca; 
e  che  alcune  di  queste  biblioteche  erano  state  fondate  e  sono  tuttavia 
mantenute  ad  insaputa  deH'autoriia.  Sembra  egualmente  certo,  che  es- 
se  hanno  per  iscopo  di  propagare  lo  spirito  polacco  e  di  soffocare  la  na- 
zionalita russa.  Pertanto  il  Governatore  Generale,  considerando  che  il 
lasciar  sussistere  queste  biblioteche  torna  pericoloso,  massime  nelle  pre- 
senti  condizioni  del  paese,  m'  incarico  di  bandire  un  ordine,  pel  qua- 
le  e  decretato  che  si  chiudano  immediatamente ,  e  lino  a  nuovo  ordine, 
codeste  biblioteche.  II  Governatore  militare  di  Grodno:  Skwartsoff.  » 


CONTEMPORANEA  121 

II  Siecle  dissc  vietato  persino  il  parlare  polacco  in  Lituania !  Puo  cs- 
sere  che  quest'  affermazione,  cosi  generate,  sia  esagerata.  Ma  dee  avere 
pure  qualche  fondamento  di  yero ,  poiche  da  Wilna,  sotto  il  5  Luglio,  fti 
scritto  al  Monde  del  14,  che  « i  proyvedimenti,  banditi  per  interdire  1'uso 
della  lingua  polacca,  scendono  ogni  giqrno  piu  a'  minuti  particolari ,  sic- 
che  diventano  impossibili  ad  osservarsi.  Chiunque  usa  1'antica  forma  di 
saluto,  che  fu  in  uso  in  tutta  la  Polonia :  Gesii  sia  lodato  1  incorre  una 
multa  di  5  rubli.  Un'  altra  mulla  molto  piu  grave,  cioe  di  300  rubli ,  e 
incorsa  da  chiunque  sia  accusato  d'  aver  parlato  in  polacco  ad  un  fami- 
glio.  Cosi  la  malvagita  d'un  servitore  basta  per  far  condannare  il  padro- 
ne a  1,200  franchi  di  ammenda!  » 

La  Gazzetta  di  Wilna  pubblicava  altresi ,  come  e  riferito  nel  Monde 
del  29  Agosto,  una  lunga  lista  di  confiscazioni  di  poderi;  il  cui  prodotto 
sara  volto,  per  ispeciale  facolta  ottenuta  dal  Mourawieff,  a  ristaurare  e 
fabbricare  chiese  pe'  scismatici  in  Lituania ;  e  la  somma  di  400,000  rubli 
gia  fu  destinata  a  tal  uso.  Poi  recaya  una  serie  di  altri  simili  proyvedi- 
menti, tutti,  gia  s'intende,  con  intimazione  di  multe  e  taglie  gravissime 
pe',trasgressori. 

E  da  presumere  che  il  ftkwrawieff  ed  i  suoi  satelliti  in  Wilna  non  sia- 
BO  punto  meno  zelanti  nel  riscuotere  le  multe ,  di  quello  che  il  degno  suo 
emulo,  Generale  Berg,  in  Yarsavia.  Or  se  si  vuple  far  ragione,  da  atti 
ufficiali,  della  generosita  con  che  sono  dal  Berg  imposte,  senza  pur  in- 
comodarsi  a  dime  il  perche,  taglie  e  multe  esorbitanti ,  basta  leggere 
questa  nota  del  Giornale  ufficiale  di  Varsavia  del  9  Aprile :  « In  forza 
d'una  decisione  del  Luogotenente  del  reame,  in  data  dell'  8  A.prile,  fu- 
rono  condannati  apagare  le  seguenti  multe:  il  proprietario  Felice  Kadlu- 
bowski,  4,500  rubli  (fr.  18,000)  ;  i  proprietarii  Teofilo  Skrzynski,  Ro- 
dolfo  Janiszewski,  MaUeo  Sikorski,  e  Leopoldo  Sokolowski,  ciascu- 
no  1,500  rubli  (fr.  6,000)  ;  i  fratelli  Giovanni  ed  Enrico  Bonnes,  stu- 
denti  all'universitadi  Pielroburgo,  ciascuno  500  rubli  (fr.  2,000 ) ;  il  pro- 
prietario Roberto  Hirszenfeld,  100  rubli  (fr.  400);  ecc.  ecc.  La  somma 
delle  multe  inflitte  in  questa  sola  giornata  dell'  8  Aprile  e  di  13,100  ru- 
bli, ossia  52,000  franchi.  »  Tutto  questo  e  ufliciale,  e  ci  pare  che  sia 
anche  eloquente.  Posto  che  i  titoli  da  riscuotere  cotali  multe  si  moltipli- 
chino  con  prescrizioni  minutissime  circa  i  piu  ordinarii  atti  della  vita  ci- 
vile ed  ancora  domestica .  ognuno  vede  come  il  Governo  debba  trovare 
agevole  lo  spogliare  legalmente  quelli  da  cui  teme  molestia,  per  ridurli 
cosi  ad  assoluta  impotenza,  e  costringerli  ad  accettare,  per  gran  merce,  la 
grazia  di  andar  a  coltivare  alcuni  ettari  di  lande  sterili  nelle  piu  rimote 
province  della  Siberia  (^entale. 

3.  Ora,  che  la  Polizia  sia  sollecita  di  provvedere,  che  nessuno  possa 
movere  manum  aut  pedem  absque  imperio ,  e  neppure  yestire  panni  di 
quel  colore  che  gli  talenti ,  fu  manifesto  dai  bandi  pubblicati  1'anno  scor- 
sp,  in  cui  si  vietavano  rigorosamente,  e  sotto  pena  di  nmlte  rilevantis- 
sime,  massime  alle  gentildonne,le  vesti  e  gli  ornamenti  incuiapparisse- 
ro  accoppiati  comechessia  i  colori  bianco  e  nero.  La  conseguenza  fu  che 
quelle,  le  quali,  per  non  incorrere  quelle  pene,  lasciavano  persino 
di  usare  uu  bavero  bianco  che  girasse  toro  attorno  al  collo ,  furono  guar- 
date  come  colpevoli  di  vestire  a  lutto  senza  licenza,  e  percio  castigate 
senza  riguardo.  Le  cose  per  questa  parte  procedettero  tant'oltre ,  che 
parve  ingiustizia  persino  al  Colonnello  Barone  Frederiks ,  Gran  Maestro 


CRONACA 

della  Polizia  di  Yarsavia ;  laonde  fece  pubblicare  pel  diario  ufficlale  una 
nota,  nella  quale,  ricordando  in  prima  i  mentoyati  bandi  circa  le  fogge 
ed  i  colori  degli  abbigliamenti,  e  giustificando  in  generale  la  seyerita 
della  Polizia,  yenne  alia  seguente  dichiarazione : 

«  Ho  ricevuto  a  tal  proposilo  molte  lagnanze  per  1'ingiustizia,  con 
cui  avrebbe  proceduto  la  Polizia  ,  ed  alcune  di  queste  querele  paryero 
anzi  ben  fondate,  e  percio  alcune  multe  furono  condonate.  Per  ischiyare 
in  ayyenire  siraili  fatti,  la  Polizia  esecutiva  ha  ricevuto  nuoye  istruzioni 
ed  altro  non  resta  che  il  dichiarare  a  tulti,  in  cbe  si  faccia  consistere  il 
Testire  a  lutto.  Si  considerera  come  tale :  1.°  ogni  abbigliamento  tutto  di 
color  nero,  quand'anche  yi  si  soprapponesse  uno  scialledi  colore;  come 
pure  pgni  cappello  nero  ,  ancorclie  ornato  di  iiori  e  riastri  di  colore;  ed 
altresi  e  da  lutto  un  cappello  bianco  guarnito  di  nero;  2.°  ogni  abbiglia- 
mento di  color  grigio  scuro  con  mantiglia  di  lana  nera ;  3.'  ogni  yeste  ne- 
ra  di  lana  ed  ogni  gonna  di  mussolina  aggirata  nel  lembo  da  un  nastro  di 
colore, 'come  si  costuma.  Per  consegueuza  niun  altro  colore  nelle  yesti, 
cei  cappelli,  nelle  mantiglie  ed  altre  parti  della  toletta  delle  gentildon- 
ne  doyra  considerarsi  come  da  lutto.  Tuttayolta,  malgrado  di  questi 
schiarimenti,  affinche  le  signore  non  siano  falsamente  accusate  di  usare 
le  proibite  gramaglie,  acconsento  yolontieri  che  qualuhque  di  esse  ripu- 
tasse  di  esserea  torto  accagionata  dalla  Polizia,  si  presenti  immediata- 
mente  a  me  in  persona,  senza  cangiar  toletta,  e  mi  metta  cosi  in  grado 
di  troncare  col  mio  giudizio  i  maliatesi  che  polrebbero  accadere.  Firma- 
to,  Colonnello  Barone  Frcderiks.  » 

Questo  per  le  donne.  Per  gii  uomini  si  troyo  un  altro  spediente  a  te- 
nerli  sempre  sotto  1'impressione  d'  un  timore  riyerenziale  yerso  1'autori- 
ta.  Un  ordine  del  giorno,  dello  stesso  Gran  Maestro  della  Polizia,  impose 
a'  suoi  ufficiali  di  vigilare  attentissimamente,  comcyedesi  nella  Gazzetta 
di  Breslau,  affinche  per  le  yie  tulti  si  scoprano  ii  capo  quandp  passa  il 
Generale  Berg  in  yettura ,  di  arrestare  immediatamente  quariti  mancas- 
sero  di  farlo,  soprattutto  se  questo  delitto  fosse  commesso  da  gioyani;  e 
di  condurli  al  piu  yicino  ufficip  di  Polizia ,  dove  saranno  sostenuti  e  sot- 
toposti  a  seyerissima  inquisizione. 

4.  La  moHiplicita  e  la  minutezza  di  tali  ordinamenti  polizieschi,  che 
reggono  tutti  gli  atti  esterni  della  persona,  in  casa,  per  le  yie,  nelle  chie- 
se,  ne'giardini  pubblici,  rendendo  obbligatorio  poco  men  che  il  plaudire 
e  tripudiare  quando  la  fanfara  de'  lancieri  cpsacchi  strimpella  1'inno  im- 
periale,  doyea  rendere  moltp  fastidiosa  la  yita  in  Polonia;  di  che  molli 
preferirono  un  yolontario  esilio  dalla  patria,  ed  iinpresero  yiaggi  o  posero 
stanza  in  terra  straniera.  Ma  neanche  questo  %arbaya  al  Goyerno  dello 
Czar.  Percio  la  Gazzetta  ufficiale  di  Varsama  pubblico,  sotto  il  di  8  di 
Giugno,  la  notiricazione  seguente,  che  noi  traduciamo  alia  letlera: 

«  Secondp  il  prescritto  dell'  ukase  imperiale  del  1850,  i  sudditi  polac- 
chi,  rifuggiti  in  paese  straniero,  sono  sottooosti  a  giudizio  per  contumacia, 
ed  i  loro  beni  sono  confiscati.  Al  presente  il  numero  considerevole  d'abi- 
tanti,  designati  nei  registri  della  popolazione  come  assenti  senza  motivo 
conosciuto,  rende  necessaria  una  scrupolosa  yerificazione,  per  accertare 
se  le  persone  cosi  poste  in  nota  non  debbanp  essere  considerate  come 
forusciti,  e  se  esse  non  cadano  solto  1'applicazione  dei  rigori  dell'  ukase 
mentoyato.  Per  conseguenza  il  Gran  Maestro  della  Polizia  di  Varsavia,  in 
un  ordine  del  giorno,  indirizzato  quest'  oggi  stesso  a  tulto  il  corpo  della 


CONTEMPORANEA 

Polizia,  prescrive  che  una  inquisizione  severa  abhia  luogo  in  tutte  le  case 
circa  le  condizioni  delle  persone  assent!,  fondandosi  in  prima  sui  registri 
della  popolazione,  poi  interrogando  i  parent!  ed  i  famigli.  Per  tal  modo 
Terra  in  chiaro  se  realmente  la  persona,  indicata  come  assente,  non  & 
tornata,  dove  si  trova  al  presente ,  quali  sono  e  dove  posti  i  suoi  beni, 
quali  possono  essere  i  motivi  della  sua  assenza,  e  se  per  cagione  di  que- 
st! falti  quella  deve  essere  sottoposta  ai  rigori  della  legge  del  1850.  » 

Difatto  e  noto  che,  non  ha  molto,  le  Legazioni  russe  presso  le  Potenze 
straniere  fecero  pubblicare  avvisi  per  intimare  a'Polacchi  ed  eziandio  ai 
Russi,  1'obbligo  di  giustificare  la  loro  lontananza  dalla  palria,  e  rientrarvi 
immediatamente,  se  non  avesserp  speciale  facolta  di  prolungare  1'assenza, 
sotto  pena  d'  incorrere  le  comminate  pene. 

5.  Non  sappiamo  quanto  efficaci  tornassero  queste  minacce  di  confi- 
scazione  per  allettare  al  rilorno  i  fprusciti;  roa  ben  si  sa  che  non  pochi 
di  essi  preferirono  di  perdere  i  beni,  anziche  andarsi  a  cacciare  nel  peri- 
colo  di  perdere  con  essi  anche  la  liberta  e  la  vila;  poiche  a  rassicurarli 
contro  questi  tiraori  certo  non  dpveano  giovar  molto  le  deportazioni  pe- 
riqdiche  ed  i  supplizii  capital! ,  di  cui  si  vien  dando  luttupso  spettacolo, 
principalmente  a  Varsavia  ed  a  Wilna.  « leri ,  scriveano  il  5  Giugno  da 
Varsavia,  come  vedesi  nel  Debats  del  14,  ieri  un  nuovo  convoglio  di  200 
deportati  fu  fatto  partire  verso  il  fondo  della  Russia;  e  questo  era  il  ses- 
santesimoterzo  che  cosi  partiva  da  Yarsayia  nello  spazio  d'  un  anno  e 
mezzo.  La  maggior  parte  di  questi  convogli  cpntava  da  400  a  500  per- 
sone; tuttavia  se  si  calcola,  come  cifra  media,  il  numero  di  300,  si  ha  una 
somma  di  20,000  deportati  di  qui  in  questo  corto  spazio  di  tempo  -* .... 
Quanto  ai  deportati  della  Lituania,  affermasi  che  il  loro  numero,  nello 
stesso  intervallo  di  tempo,  tocca  i  120,000.  » 

Alii  12  Luglio,  come  leggesi  nel  Monde  del  27,  un  altro  convoglio  di 
200  deportati  usciva  da  Yarsavia  alia  volta  della  Siberia.  «  Quindici  di 
quegli  infelici,  condannati  a'  lavori  forzati,  erano  carichi  di  catene.  La 
sorte  di  que'  che  sono  condannati  solo  all'  internamento  (domicilio  coattp 
degli  italiani)  non  e  gran  fatto  migliore  che  quella  degli  altri  condannati. 
Nelle  citta  provincial!  della  Russia  sono  istituite  Commission!  inquisito- 
rial!, innanzi  alle  quali  deyonp  essere  presentati  e  di  bel  nuovo  giudicati 
i  miseri  gia  condannati  dai  Tribunal!  militari  di  Varsavia.  Inoltre  tutti  i 
deportati,  senza  distinzione  fra  i  semplicemente  interwti  ed  i  condannati 
a' lavori  forzati,  si  lamentano  che  da'  Russi  si  tolga  loro  tutto  il  denaro 
ond'eransi  provveduti,  e  non  si  diano  loro  che  10  kopecks ,  ossia  40  cen- 
tesimi  di  franco,  al  giorno  per  sostentarsi  e  fornirsi  di  tutto  il  necessario 
alia  vita.  »  A, 

Tuttavolta  e  vero  che  lion  sempre  si  procede  con  questa  pompa  di  se- 
verita ,  e  verso  qualche  personaggio  piu  ragguardevole  si  procura  di  evi- 
tare  che  la  pubblicita  della  pena  inflitta  non  porga  occasione  a  disturbi. 
Difatto  pel  Cpnte  Stanislao  Zamoyski ,  figliuolo  del  celebre  Conte  An- 
drea ,  che  alii  24  del  passato  Agosto  fu  fatto  partire  per  1'  esilio  in  Sibe- 
ria ,  si  ebbe  la  cautela  di  condurlo  via  dalla  cittadella  di  Varsavia  nel 

4  II  Governo  di  Torino  va  in  questa  parte  innanzi  a  qnello  del  Bcr^.  In  men  d'  un  an- 
no, i  deportati  dal  solo  Regno  delle  Due  Sicilie  sono  piu  di  42,000,  ed  i  cam-rat  i  che  nelle 
prigioni  aspettano  sorte  simigliante,  sono  piu  di  20,000.  La  rosa  fu  posta  in  sodo  nel  Par- 
lamento;  onde  si  vcde  che  la  Icgge  Pica  e  ancor  piu  efficace  che  il  despotismo  russo,  e  la 
civilta  del  ristaurutori  dell'  ordine  morale  non  ha  iiulla  che  invidiare  alia  ciyilta  dc'Cosacchi. 


124  CRONACA 

buio  della  notte,  in  carrozza ,  con  alquanti  compagni  di  syentura.  I  no- 
stri  lettori  non  avranno  dimenticato  quel  che  avvenne  contro  il  Generate 
Berg,  or  fa  circa  un  anno,  presso  al  palazzo  Zamoyski  in  Varsayia ,  da 
noi  narrato  nel  yol.  VIII,  pag.  637-38.  11  giovane  Conte  Stanislao  fu  al- 
lora  carcerato,  come  complice  di  quell'attentatq ;  ma  1'  iuquisizione  dili- 
gentissima  fatta  dal  tribunale  roilitare  non  riusci  a  trovare  indizio  yeruno 
di  prova  del  supposto  reato.  Tuttavia,  dopo  quasi  un  anno  di  carcerazio- 
ne,  il  Conte  fu  condannato  al  contine  nel  fondo  della  Russia  orientale,  senza 
che  si  pubblicasse  yeruna sentenza  o  si  allegasse motivo  alcuno  di  tal  pena. 

Per  andare  piu  spedilamente,  certe  yolte  si  fa  la  deportazione  di  tutti 
in  un  colpo  gli  abitanli  d'una  intera  borgata,  che  si  spediscono  in  Sibe- 
ria. Cosi  appunto  accadde  al  borgo  di  Pruszinski,  e  giovayederne  il  co- 
me ed  il  perche,  narrato  nel  Monde  del  14  Luglio:  «  Un  quattro  mesi  ad- 
dietro  alcuni  slranieri  giunsero  improvvisamenle  in  codesto  yillaggio, 
s'  impadronirono  d'un  cotale,  noto  come  spia  de'  Russi,  che  colle  sue  de- 
lazioni  ayea  gia  cagionato  la  desolazione  di  piu  famiglie,  la  royina  e  la 
rnorle  di  parecchi  suoi  cornpaesani ;  ed  a  colpi  di  bastone  gl' iuflissero 
aspro  castigo,  ma  lasciandolo  in  yita.  L'  autorita  militare  si  die  ad  inse- 
guire  quesli  giustizieri  di  nuovo  genere,  ma  non  Ji  pole  raggiungere,  e 
perche  il  fatto  di  quest!  non  rimanesse  senza  castigo,  condanno  gli  abi- 
tanti  di  Pruszinski,  che  di  tutto  eranp  innocenti ,  a  pagar  ciascuno  25 
rubli  di  multa,  e  quelli  de' yillaggi  yicini  a  13  rubli.  Tutto  parea  cosi 
acconciato,  qnando  il  mese  scorso  (in  Giugno)  una  squadra  di  soldati  e 
di  Cosacchi  piombo  sul  villaggio.  Gli  abitanti  furono  conyocati  ad  adu- 
nanza  presso  la  chiesa ,  ed  ivi  un  ufficiale  bandi  loro  che,  per  castigo  del 
trattamento  inflitto  a  quel  cotale  da  persone  sconosciute,  e  non  impeditq 
da'paesani,  tutti  doveano  essere  trasportati  in  Siberia,  ed  i  loro  beni 
contiscati.  La  sera  stessa,  in  fatti ,  que'  miseri,  a'  quali  s'  erano  lasciate 
a  mala  pena  alcune  ore  per  disporsi  alia  dipartita,  erano  condotti  a  Bielsk, 
e  la  domane  a  Wilna,  d'onde  furono  spediti  alia  tinale  loro  destinazione, 
senza  eccelluarne  il  sig.  Prusziuski ,  che  era  proprietario  di  gran  parte 
del  yillaggio.  » 

Frequentissimo  era  il  caso  in  cui  la  sposa  ed  i  figli  del  condannato  al- 
1'esilio  ed  ai  lavori  forzati  supplicassero  di  poterlo  accompagnare ;  e  que- 
sto  si  concedea  facilmente,  massime  alle  spose.  Ma  il  trattamento  che  loro 
yeniva  inflitto  dovea  essere  ben  crudele,  posciache  il  Senato  di  Pietrq- 
burgq  ebbe  a  preoccuparsene,  ed  ordinare  che  yi  si  recasse  qualche  mi- 
tigazione.  Difatto  una  circolare,  fatta  di  pubblica  ragione  sui  giornali, 
reco,  che  «  non  essendo  ancora  fermate  precise  disposizioni  intorno  al 
trattamento  dei  membri  delle  famiglie  degli  esiliati  in  Siberia,  che  inten- 
dono  seguirli  yolontariamente,  il  Senato  ordina  che  le  mpgli  non  debba- 
no  essere  trattate  cosi  rigorosamente,  durante  il  yiaggio,  come  i  loro 
consorti,  e  che  non  debbano  essere  incatenate.  Siccome  pero  sono  mante- 
nute,  durante  il  yiaggio,  a  spese  dello  Stato,  cosi  ne  esse  ne  i  loro  tigli 
potranno  allontanarsi  e  tornare  addietro  senza  speciale  permesso.  Esse 
possono  anche  portar  seco  denaro  ed  altre  cose.  Tali  oggetti  pero  sono 
sottoposti  al  sindacato  degli  ufficiali  di  yigilanza,  nel  caso  che  il  yiaggio 
si  faccia  col  conyoglio  stesso  de'condannati.  »  II  che  yuol  dire  che  si  se- 
questrano  denari  ed  ogni  altra  cosa,  come  yedemmo  piu  sopra,  e  si  dan- 
no  agli  infelicissimi  proprietarii  un  40  centesimi  di  franco  al  giorno,  che 
debbono  bastare  a  tutto. 


CONTEMPOMNEA  /1 25 

Di  mano  in  mano  che  i  tribunal!  militari  procedono  nelle  lorp  inquisi- 
2ioni,  e  yengono  scoprendo  nuoyi  complici  del  solleyamenlo,  si  chiarisce 
ancora  il  modo  con  che  era  organizzalo  il  famoso  Governo  nazionale,  e 
si  riesce  a  catturare  i  capi  ed  ufficiali  piu  operosi  di  esso,  che  poi,  a  po- 
chi  per  volta,  ad  esempio  di  terrqre,  si  impendono  alle  forche.  Ma  que- 
sto  supplizio  tronca  pure  la  vitadi  preti  ereligiosi,  i  quali,  tidati  nel  ban- 
do  pubblicalo  dal  Governo  al  princinio  della  rivoluzione,  ond'era  permes- 
so  recare  i  soccorsi  religiosi  ai  feriti  ne'  comballimenli ,  esercitarono  i 
ministeri  sacri  presso  i  solleyali.  Cosi  il  19  Luglio  fu  impiccato  a  Konin 
il  cappuccino  Max  Terejwa,  il  quale  ayea,  e  vero,  assistito  a  molte  bat- 
taglie  contro  i  Russi,  ma  non  ayea  mai  impugnato  armi,  e  solo  ayea  pre- 
stato  1'opera  sua  a  confprto  dei  feriti  e  moribondi.  Quando  le  ultimeban- 
de  furono  disperse,  egli  pole  riparare  di  celato  nel  conyento  di  Londa. 
Ma  nel  Giugno  yi  fu  scoperto,  arrestato  e  messo  poi  a  morte.  I  suoi  cor-,, 
religiosi,  per  ayerlo  tenuto  nascoslo,  furono  carcerati  ed  aspettano  la  de- 
portazione.  II  conyento  di  Londa  fu  confiscate  ed  incorporate  a'beni  che 
son  destinati  a  seryigi  militari.  Quattro  altri  infelici,che  portarono  le  ar- 
mi contro  i  Russi,  stayano  nelle  carceri  di  Konin,  condannati  ancor  essi 
alle  forclie. 

II  giorno  4  di  Agosto  fu  gran  festa  ufficiale  a  Yarsayia,  in  onore  del- 
I'lmperatrice,  e  la  notte  si  tenne  festino  e  ballo  nel  parco,  ton  luminaria 
generale  dnlla  cilia,  comandala  da)  Goyernotore  sotto  pene  seyerissime. 
La  mallina  seguente  sulla  spianata  della  ciltadella  sorgeyano  cinque  pa- 
tiboli,  ai  quali  vennerp  impesi  per  la  gola  cinque  famosi  capi  o  complici 
del  solleyamenlo,  cioe:  il  Jezioranski,  gioyane  sui  30  anni  e  che  ayea 
fatto  prodigi  di  yalore:  Romano  Zulinski,  della  slessa  eta,  e  che  era  sta- 
,to  Professore  nel  primo  Liceo  di  Yarsayia:  Giuseppe  Tocryski,  che  era 
slato  gia  condannalp  nel  1848, per  delilli  polilici,alla  deportazione  in  Si- 
beria :  Raffaele  Krajewski,  archilcllo  di  professione,  molto  stimato  a  Var- 
sayia,  e  in  eta  di  29  anni :  da  ultimo  Romualdp  Trangutt,  che  era  stato 
Tenente  colonnella  nell'  esercilp  russo,  poi,  chiesto  congedo,  ayea  co- 
mandalo  molte  bande,  ed  era  diyenulo  membro  del  Goyerno  nazionale. 
Altri  11  erano  slali  condannati  a  morte,  ma  fu  loro  comrnulata  la  pena. 
La  Gazzetta  ufficiale  di  Varsavia  in  lal  congiuntura,  conie  fu  scriilo  al 
Journal  de  Bruxelles  del  15  Agoslo,  pubblicando  i  motiyi  di  que'suppli- 
zii,  inflilli  perche  i  colpeyoli  avean  fatto  parte  del  Goyerno  occulto  e  na- 
zionale, «  fece  noto  ancora  e  diyiso  parlitamenle  tutto  1'  ordine  con  cui 
quello  era  organato.  Qualunque  sia  il  modo  ond'  ella  otlenne  lali  infor- 
mazioni,  e  cerlo  che  sono  generalmenle  esatte.  »  II  che  proya  che  il 
Governo  russo  dee  ayer  Ira  le  mani  mollo  piu  di  (|uel  che  moslra,  e  che 
probabilmenle  conosce  assai  bene,  non  solo  chi  si  adoperaya  di  dentro, 
ma  eziandio  chi  sommovea  di  fuori.  E  cio  potrebbe  spiegare  il  suo  ray- 
•vicinamenlo  all'Auslria  ed  alia  Prussia. 

6.  Abbiamo  accennalo  piu  sopra  come  si  precede  per  la  russificazione 
dei  fanciulli,  quanlo  a  religioue,  pbbligandoli  a  scuole  ortodosse ,  ossia 
scismaliche.  Yero  e  che,  come  puo  yedersi  nella  Revue  contemporaine , 
dei  780  gioyanetti,  i  cjuali  frequenlano  il  ginnasio  di  Wilna,  soli  70  so- 
no ortodossi ,  ossia  scismalici ;  il  che  dimoslra  che  il  grosso  della  popo- 
lazione  e  di  callolici.  Ma  il  Mourawieff  li  yuol  tulli  ortodossi,  e  percio 
fece  in  modo  che  in  Liluania  ormai  non  yi  e  piu  una  sola  chiesa  di  rito 
greco-unito,  che  sia  ufficiata;  e  le  381,  che  si  contano  nella  Diocesi  di 


126  CRONACA 

Lublino,  si  sfasciano  e  yanno  in  royina.  L'apostata  Siemaczko ,  per  rin- 
graziarne  il  Mourawieff,  canto  il  Tedeum  e  spedi  una  Pastorale,  in  cui  lo 
paragona  all'Arcangelo  S.  Michele.  Quanto  agli  adulti  la  cosa  torna  piu 
difficile,  ma  pur  ya  innanzi  ed  importa  sapere  con  quali  spedienti.  Ec- 
coli.  In  prima  un  ukase  imperiale  yieto  la  costruzione  di  nuoye  chiese 
cattoliche,  o  il  ristaurare  in  qualsiasi  modo  le  esistenti.  Or  cheaccade? 
Molte  di  queste  farono  royinate  e  guaste  nel  sollevamento ,  o  private  di 
parroco  per  le  deportazioni :  le  prime  si  lasciano  sdrucire  a  pezzi ,  le  al- 
tre ,  perche  non  ufficiale ,  si  destinanp  al  culto  scismaticb ,  e  si  yoltano 
in  parrocchie  ortodosse.  Per  giunta  si  alzano  nuoye  chiese  scismatiche 
a  spese  del  Governo,  che  teste  assegnaya  36,000  rubli  per  la  fabbrica 
di  tre  di  esse  nel  Goyerno  di  Mohileff ,  a  Klimowice,  a  Czezykqw  ed  a 
a  Sieund.  A  Mohileff,  una  popolazione  di  18.800  scismatici  possiede  31 
chiesa,  mentre  i  caltolici,  c.hfc  sono  ancora  4,000 ,  non  n&  banco  che  tre. 
I  36,000  rubli,  che  si  deyono  spendere  a  far  le  nuoye  chiese  pe'  scis- 
matici, yolie  il  Mourawieff  che  si  togliessero  da'tributi  straordinarii  im- 
posti  ai  proprietarii  cattolici.  La  chiesa  dei  Carmelitani  di  Bielpk  fu 
trasformata  in  tempio  scismatico.  A  Woznie  1'autprita  militare  s'  impa- 
droni  della  Cattedrale,  del  Vescovado,  del  Seminario  e  d'una  scuola 
fondata  dal  Vescovp ;  e  tutto  fu  dato  ad  un  Arcivescoyo  scismatico.  II 
Vescoyo  cattolico  di  Samogizia,  Mpnsignor  Wolonczewski,  fu  relegate  a 
Kowno.  In  sostanza,  per  ogni  minimo  pretesto ,  si  carcera,  si  esilia,  si 
discaccia  almeno  il  parroco  dalla  parrocchia;  poi  questa,  come  abban- 
donata ,  si  consegna  a'  Popi ,  ed  i  parrocchiani  si  riguardano  come  ascrit- 
ti  al  culto  ortodosso.  E  cosi  si  spiegano  le  conversioni  trionfalmente  an- 
nunziale  dalla  Gazzetta  di  Mosca  e  dall'  Invalido  di  Pietroburgo. 

Qualche  volta  pero  si  ya  anche  piu  speditp,  henche  con  modi  che  al- 
trove  si  direhbero  illegali  e  yiolenti.  Eccone  in  prova  un  fatto ,  descrittq 
da  piu  giornali,  ed  anche  dal  Monde  del  2i  Giugno,  sopra  document! 
ufficiali  e  tralto  dal  testo  d'  una  supplica  indirizzata  al  Concistoro  cattoli- 
co di  Wilna  da  una  Confratemita  di  Sielce,  parroccliia  del  distretto  di 
Proujeany  nel  Goyerno  di  Grodno.  E  la  storia  di  una  di  cotali  conversio- 
ni, operata  dal  Luogotenente  Antonoff,  assistito  da  un  Commissario  di  Pp- 
lizia:  «  La  missione  comincio  col  carceraraento  del  Vicario  P.  Baykowski ; 
poi  tutti  gli  abitanti  di  Sielce  ascritti  a  quella  Confratemita  furono  radu- 
nati  alia  presenza  del  Commissario  di  Polizia  e  dell' Antonoff ,  che  fecero 
circondare  di  soldati  edi  cpsacchi  armati  di  fruste  tuttal'asseffiblea.Quan- 
do  tutti  gli  aditi  furono  chiusi  e  guardati  bene,  1' Antonoff  trasse  di  tas- 
ca  una  dichiarazione,  per  la  quale  i  sottoscritti  si  separavanp  dalla  Chie- 
sa cattolica  per  passare  alia  ortodossa :  ed  intimo  agli  astanti  di  doyerla 
sottoscrivere.  Allora  i  confratelli  ad  uno  ad  uno  furon  tratti  da  un  cosacco 
innanzi  al  Luogotenente,  che  con  le  promesse,  le  minacce,  le  percosse 
e  le  frustate  a  sangue,  riusci  a  smovere  parecchi,  sicche  firmassera 
quella  dichiarazione ,  o ,  non  sapendo  scrivere ,  la  facessero  in  nome  lo- 
ro  firraare  da  un  altrq.  Poi  tutti  insieme  furono  condotti ,  a  colpi  di  fru- 
sta sui  ricalcitranti ,  in  una  chiesa  scismatica,  per  professarvi  solenne- 
mente  la  loro  conyersione.  II  simigliante  avyenne  a  Dobuczyn,  nel  di- 
stretto di  Pruzany ,  doye  il  Sindaco  e  tredici  contadini  cogli  stessi  mezzi 
furono  convertiti. » 

Onde  si  par  manifesto  con  quanta  ragione  il  Sommo  Pontefice  Pio 
Papa  IX,  il  di  24  del  passato  Aprile,  come  abbiam  riferito  a  suo  tempo* 


CONTEMPORANEA  127 


(Vol.  X,  pag.  484),  desse  sfogo  all' alto  suo  dolorc  per  la  persecuzione 
che  intieriva  contro  il  cattolicismo  in  Polonia,  dove  1  Episcopate,  il  cle- 
ro,  il  popolo  tutto,  per  varie  guise  erano  posti  al  cimento  o  d'  incpnlrare 
durissime  pene  o  di  rinnegare  la  I'ede  cattolica,  spingcndosi  la  violenza 
lino  al  pretenderc  di  dare  o  togliere  la  giurisdizione  episcopale.  Le  cose 
da  noi  qui  sopra  riferite  non  sono  che  poca  parte  del  mollo  piu  che  si 
potrebbe  narrare ;  e  certo  altri  e  piu  funesti  attentati  vi  si  compierono, 
posciache  il  Santo  Padre,  avutane  piena  contezza  per  autorevoli  relazio- 
ni,  giudico  di  doyer  novellamente  denunziare  al  mondo  catlolico  lo  stra- 
zio  che  della  Chiesa  si  fa  in  Polonia,  ed  indirizzare  agli  Arcivescovi  e 
ai  Vescovi  di  cola  quella  fortissima  Enciclica,  inspiratagli  dai  suo  zelo  pa- 
storale e  piena  di  apostolica  virtu,  che  noi  abbiain  recata  in  questo  stes- 
so  quaderno  a  pag.  91. 

7.  Andando  le  cose  di  questo  passo,  la  Chiesa  cattolica  ivi  mietera  ben 
molte  palme  di  martirio,  ma  come  potrebbe  a  lungo  durare  tra  que'  po- 
poli?  E  la  perdita  della  fede  sarebbe  il  supremo  de'  danni  per  la  misera 
Polonia,  a  petto  del  quale  poco  si  dovrebbero  computare  tutti  gli  altri 
d'ordine  materiale  e  temporaneo  che  1'  aftlissero  e  desolarono  in  questi 
due  anni,  pel  funesto  sollevamento,  a  cui  fu  anche  sospirita  di  fuori  da 
tali,  che  si  mostravano  disposti  a  rivendicarne  i  diritti  ad  ogni  costo,  e 
che  poi,  come  fece  1'Inghilterra,  1'abbandonarono  ad  ogni  strazio.  Le 
conseguenze  di  questi  moti  sono  cosi  riassunte  dalla  Gazzetta  ufficiale  di 
Yenezia:  «  Trenta  mila  insorti  morirono  o  lurono  feriti  combatterido ;  361 
furono  giustiziati  per  condanna  de'  tribunal!  militari ;  83,000  Polacchi  fu- 
rono  deportati  in  Siberia,  o  neH'interno  della  Russia.  Dieci  mila  Polac- 
chi emigrarono  all'estero,  sei  mila  sono  tuttavia  in  carcere,  e  gli  arresti 
continuano  ancora.  Novecento  quarantacinque  persone,  la  maggior  parte 
impiegati  o  contadini  devoti  od  ausiliarii  al  Governo  russo,  furono  assas- 
sinati  dai  partigiani  della  rivoluzione  o  dai  gendarmi  nazionali.  Le  con- 
tribuzioni  straordinarie  e  le  multe,  imposte  al  regno  di  Polonia,  alia 
Lituania,  alia  Vplinia,  alia  Pqdolia  e  al  Governo  di  Kiew,  ascendono 
^i  piu  di  82  milioni  di  franchi.  OJtre  cio,  nel  rcgno  di  Polonia  e  nei 
Governi  suddetti,  sono  state  sequestrate  piu  di  2700  propriela  fondia- 
iie.  Finalmente ,  la  popolazione  pago  al  Governo  nazionale  quasi  60 
milioni  di  franchi  per  tasse,  e  sottoscrisse  per  otto  milioni  di  franchi 
al  cosi  dettp  prestito  nazionale.  Questi  sono  i  danni  material},  cagio- 
nati  dalla  rivoluzione ;  ma  chi  potrebbe  enumerare  i  mali  morali  e  re- 
ligiosi,  che  ne  seguirono?  » 

8.  Di  pari  passo  con  lo  studio  d'  infiacchire  e  sterminare  il  cattolicismo 
in  Polonia  procede  la  cura  di  ringagliardire  e  metlere  in  onore  il  culto 
scismatico.  L'antico  collegio  de'  Gesuiti  a  Kowno,  che  fin  qui  avea  ser- 
Tito  di  ginnasio ,  divenne  residenza  del  Yescovo  ortodosso ,  come  il  Con- 
Tento  di  Helianow,  a  Kozaczyna ,  fu  dato  a'monaci  Basiliani ,  e  la  chie- 
sa  greca  cattolica  dello  stesso  luogo  fu  deputata  ad  uso  degli  scismalici. 
Inoltre  1'Assemblea  del  clero  scismatico  di  Lituania,  tra  molte  altre,  fer- 
ino  le  seguenti  risoluzioni:  1.'  Introdurre  nel  popolo  1'uso  yigente  in  Rus- 
sia di  leggere,  prima  delle  feste  Pasquali,  i  santi  Vangeli  nellecase  pri- 
Tate.  2.°  Vigilare  che  niuno  tralasci  la  confessione  pasquale,  obbligandq- 
Ti  in  ispecie  i  vecchi.  3.°  Imporre  a'  bambini ,  al  momento  del  battesi- 
mp,  la  croce,  che  poi,  come  i  Russi,  dpyranno  portare  tutta  la  vita.  4.° 
Rinnovare  la  perduta  usanza  di  amministrare  1'estrema  unzione.  Per 


1 28  CIIONACA  CONTEMPOIUNEA 

ciunta,  affinc  di  obbligare  i  fanciulli  a  frcqucntarc  Ic  scuolc,  fu  dcciso 
Ji  non  hi'iinim-  j  rnalrhnonii  Ira  persone  che  non  avesscro  I'  usanza  di 
rccilare  le  loro  prcghiere.  Si  dovranno  pure  stimolarc  specialmcnte  le 
domic  a  dcporre,  sugli  altari  do'Santi  protcttori ,  lorq  oiler  Ic  di  cana- 
pe, tcla  o  ecra;  e  si  isliluiranno  confraternite  sccondo  i  principii  pubbli- 
cali  nclla  (iazzaUa  del  (iovarno.  Da  ultimo  il  clero  grcco-cattolico  dovra, 
adoperare  abbigliamenti  conform!  a  quclli  del  dcro  russo  ,  e  dcporre  il 
suo  kaftan  e  la  suaberretta  troppo  somigliaote  aquella  dclClcro  romano. 

La  vigilan/a  inlorno  ali'adempinicnto  di  cosillajtc  prcscrizioni  e  som- 
ma ,  poidie  luiio  <•  cola  disciplinato  in  qudla  forma,  a  dir  cos),  militarc, 
dice  propria  dell'lmpero;  e  di  lalto  si  inandano  rapporti  allo  Czar  inlor- 
jio  ai  pin  iniiiui!  parlicoiari.  Itasli  cjlarnc/  uno,  Irasincsso  all'  impcratorc 
Alc.ssandro  II  dal  (iiMicralc  Akhmalof,  die  c  conic  a  dire  il  Prpcuratorc 
<ldla  r.osi  dclla  Santa  Sinodo.  II  (Ic-ncralc,  1'acendo  Ic  parti  di  Canccl- 
lierc  dcJIa  (Ihicsa  scismalica ,  rompilo  uno  Speech io  particolarGggiato  di 
i^.ssa,  nd  (|iial(k,  c  accuralanHMitc  indicalo  il  nuincro  w\\  fadcli,  cJic  feco- 
ro  o  non  Iccjiro  la  I'asqua.  Sopra  !)2,0!)l,G.rJO  OTtodossi,  dice  il  (iencra- 
1(5 ,  I'urono  '24/iil  ,(>742  die  non  s'acc.oslarono  alia  sacra  incnsa  nell'an- 
lio  I  Nil  I  ;  in.i  di  (jiH-sio  nuiiKM'o,  lurono  !l,  1  :;<>,:',. i.S  ijudli  die  se  ne  ri- 
jnasc.ro,  ptM'dic,  ancor  troppo  ^iovani;  allri  1,0:12,180,  per  inotivi  legit- 
liini ;  c  H,:2,'i!i,lM,  per  pura  negliccnza  o  per  incredulila. 

(\\\(\  cosa  direhhe  la  russofila  e,  liheralissinia  Independence  flelge  sc  co- 
tali  slalislidic,  I'osscro  ,  per  eseinpio  ,  eompilatc  dalla  curia  ccdesiastica 
(^  Irasmessc  al  (iovcrno  dc,lla  Santa  Sede? 

!).  Soito  ras|»e,l,io  <le'  progress!  civili  c,  d'ordincniQtcrialc  la  Russia  pro- 
(•cilctlr  inollo  innan/i  in  (jiiesli  due  anni ,  inal^rado  del  sollcvamcntq 
della  I'olonia.  hi  sc  nc,  ha  un  ar^omenlo  assai  luininoso  ncH'csserc  oinai 
coiuJolla  a  tenniiK^  la  ^rnvti  I'accenda  deU'cinancipazione  del  scrvi,  an- 
die,  nella  |>arle  sua  pin  difficile,  die.  era  di  re;;olare  con  le^rali  contratti 
Je  loro  olmligazioni  verso  ^li  anlidii  padroni  e  Io  Slalo,  C(l  i  loro  diritti 
siille  terrc.  (ih  slali,  prescritli  da1  rcgolnmcnti ,  Ira  i  Si^nori  ed  i  conta- 
'!ir:i,  I'lirono  coinpiiiti  da  per  tiillo;  poichc  non  rimangono  pin,  in  lulla 
la  Kussia,  die,  sole  olio  grandi  propric.la ,  ne' Govern!  di  koskoina  e 
Wovo^orod,  dim;  non  sono  ancora  lenninati.  II  lunnci'o  de' coinpiuli  e 
di  1 1  l,;;iiS,  die  ritfuanlano  10,010,220  ronlaclini ,  ossia  !)!).!)7  per  cen- 
to ddla  popolazione  lolale  csislenlc  ne'  territorii  a  cui  dchhono  csscre 
opplicali  que' regolamenli.  II  dehilo  de'conladini  verso  Io  Slato,  pci 
terreni  da  essi  coinnerati  in  piena  propricla,  sino  al  i::  Luglio,  sale 
a  i:t(»,OI  l,7,r;s  ruhli.  I  servi  addc.lli  a' piccoli  poderi ,  die  non  aveano 
pin  di  20  conladini  niasdii,  ('nrono  liherali  in  allra  Ibrnia  ;  cioc  si  slcscro 
registri  parlicolari  (de/  quali  17,11'iS  sono  lenninali,  e  4(>  soli  rcslano  a 
iare) ;  c  Io  Slalo  si  ohhligo  di  conipeiare  un  gran  nuincro  di  <jue'  poderi, 
pagandone  il  valorc  a'  propriclani.  I  rrgisiri  gia  coinpilaii  riguarda- 
no  ISO/iH  conladii'.i ,  ossia  il  I)!). 70  per  cento  del  loro  nuinero  lolale. 
Dei  l7,,ri.rJ8  piccoli  poderi,  gia  ^,.ri:M)  con  :I2,8V1  conladino  sono  passati 
sollo  rainininistra/ione  dello  Slalo,  die  ne  pagft  il  valorc  a'  propriclarii 
ron  la  soimna  di  ri,7:(S,277  ruhli.  Laoiule  la  cosa  locca  oinai  al  lerminc, 
e  vnolsi  die  (in  d'ora  se  ne  ricolga  il  IVullo  in  uuu  rilevante  miglioria 
quanlo  alia  collivaziouc. 


LA  REAZIONE  CLERICALE 

IN  ITALIA1 


II. 
V 

Una  nufcva  scoporla,  c  fmo  a  qucslo  giorno  inaudila,  lianno  ora 
falla'i  noslri  giornali  IVaniassoni:  csistcro  in  Italia  una  rcaziono 
clcricalo.  IScssuno  sapova  qucsto.  Tulli  crcdcvamo ,  callolici  c  fra- 
massoni, cho  ci  fosso  bcnsi  in  Italia  un'  aziono  massonica  anliclcri- 
calc;  ma  cho  ci  dovcsso  csscrc,  per  la  slcssa  nuluru  dcllc  cose,  uua 
rcaziono  clcricalc  conlro  la  IVaniassoncria ,  ncssuno  so  lo  sarcbbo 
mai  immaginato;  so  i  framassoni ,  da  quci  volponi  furbi  chc  sono, 
non  1'  avcsscro  iinalmonto  odoralo.  L'  lianno  sonlilo  un  po  lardi ,  6 
vcro,  qucsl'odoro  di  roazionc.  Mai' lianno  scnlito  (inalmcnto.  E  ap- 
pcna  iiulalolo,  bisogncrcbbo  aver  vcdulo  con  qual  inaraviglia,  con  • 
<|ualc  sluporc,  con  qual  aria  balorda  no  lianno  data  ai  loro  adcpli  la 
spavcntosa  noti^ia. 

Balordi  voramcnlo ,  c  prove  ambulanli  di  quol  gran  doilo  cho 
la  maraviglia  o  (igliuola  doll'  ignoranza!  (iiacche  insomma  ci  volc- 
va  poi  tanlo,  o  framassoni ,  ad  inlcndcro  a  priori  cho ,  poich^  voi 
agivalo  si  da  orbi  o  da  dispcrali  conlro  la  Cliicsa,  la  Chicsa  ncces- 
sariamcnlc  dovca  rcagiro?  E  so  gli  argomcnli  a  priori  supcrano  ogni 
vostra  capacity  inlollclliva,  ci  volcva  lanlo  a  capiro  a  posteriori  cho 

• 

1  Veili  vol.  XI  di  qucsiu  Scric,  pag.  641  e  seg. 
Serb  V,  vol.  Xll,  fasc,  3^0.  0  30  Settcmbre  1864. 


130  IA  REAZIONE  CLEIUCALE  IN  ITALIA 

il  diavolo,  di  cui  siete  figliuoli  secondo  lo  spirilo,  ha  sempre  avute 
le  corna  rolte  nelle  sue  guerre  contro  Cristo?  E  se  la  voslra  erudizio- 
ne  storica,  per  1'odio  che  vi  rode  conlro  ogni  retrogradume,  non  si 
spinge  piu  oltre  che  agli  anni  da  voi  vissuti,  come  non  avele  alme- 
no  capilo  a  simultaneo  che  lull'  il  vostro  agilarvi  indiavolato  in  que- 
sti  slessi  ultimi  anni  non  ha  recato  alia  Chiesa  che  glorie  e  trionfi,  ed 
a  voi  non  altro  che  danni  ed  onle  sempre  peggiori  ?  La  voslra  re- 
pubblica  del  43  in  Francia  che  altro  fece  che  restituire  il  suo  al  Pa- 
pa, e  condurre  voi  altri  a  Caienna  ?  E  i  voslri  moti  d'  Italia  del  48 
e  49  che  altro  produssero  se  non  che  uno  slerminio  generate  dei  vo- 
slri, cbe  nella  lotta  perdeltero  perfino  la  camicia  dell'impostura,  che 
ancor  li  velava  presso  alcuni  scimuniti?  Ed  ora  vi  slupite  della  rea- 
zione  che  ingigantisce  contro  di  voi?  Slupite\i  piultosto  di  aver  po- 
tuto  durar  cotanto. 

I  framassoni ,  poverelli ,  credevano  poco  fa  di  aver  trionfato  per 
sempre  in  Italia,  senza  timore  piu  di  chi  polesse  neanche  imma- 
ginarsi  di  contrastare  il  loro  regno  assoluto.  I  framassoni  erano, 
poco  fa,  come  sarebbe  a  dire,  gli  sterpi  e  le  zucche  portate  al  mare 
in  trionfo  da  un  torrente  straripato.  Quegli  slerpi  e  quelle  zucche 
galleggianli  compativ7ano  come  a  slazionarii  ed  a  retrogradi  ai  gran- 
di  alberi,  cbe  ben  pianlati  colle  loro  radici  profonde,  sfidavano  suite 
rive  le  ire  del  torrente.  E  correndo  al  precipizio  porlati  dall'on- 
da  fangosa  del  progresso  rivoluzionario,  credeano,  come  la  mosca  del 
carro,  di  condurre  essi  e  guidare  il  corso  della  fiumana.  Ora,  presso 
ad  esser  travolli  nel  fondo ,  marciti  e  disfatti ,  senza  danari  e  senza 
credito,  senza  radici  e  senza  frulti,  si  volgono  indielro  e  guatano 
con  lena  affannata  il  torrente  che  si  sgonfia,  il  cielo  che  si  rasserena, 
i  retrogradi  e  gli  stazionarii  inaffiati  e  rafforzali  dall'  onda  che  tra- 
volse  gli  sterpi  e  le  zucche;  e  prevedendo  il  memento  in  cui,  dalia 
punta  del  flulto  orgoglioso,  dovranno  ridursi  al  fango  ed  alia  mel- 
ma  del  fondo,  non  sapendo  far  altro,  gridano  da  disperali  alia  rea- 
zione  clericale. 

Chi  strilla  piu  alto  e  il  Diritlo,  giornale,  com'  egli  s'  intitola,  della 
democrazia  ilaliana:  «  Abbiamo,  egli  dice ,  da  uomini  fededegni  di 
ogni  parti  to  e  di  ogni  provincia  che  il  lavoro  della  reazione ,  ripreso 


LA  REAZIONE  CLERIC  ALE  IN  ITALIA  131 

con  zclo  c  ardore  singolari,  e  condotto  dovunque  con  molta  scallrezza, 
operosila  ed  efficacia.  Uomini  ricchi  di  relazioni  sociali  ci  hanno  falto 
sapere,  che  esistono  ed  operano  alacremenle  qui  a  Torino,  come  altro- 
ye,  comitati  reazionarii ;  i  quali,  fra  gli  altri  fmi,  si  propougono  an- 
che  quello  di  assicurare  L*"O  prossime  elezioni  il  trionfo  della  parle 
clericale,  sulle  rovine  uei  r"^^Ta<?suno  e  piu  nemico  di 

noi  della  setta  clericale ;  e,  nun  csiuamo  a  dirlo ,  se  risorgesse ,  per 
impossible  ipotesi ,  un  delirio  di  guelfismo  in  Italia ,  noi  saremmo 
con  chiunque,  conlro  le  nostre  piu  profonde  e  piu  care  persuasioni, 
per  pur  essere  contro  il  prete.  Ma  il  paese  e  generalmente  troppo  dis- 
ordinato  e  troppo  nuovo  della  vita  polilica ,  per  sapere  di  per  se 
stesso  prendere  un'efficace  risoluzione  a  contrastare  il  lavoro  dei  cle- 
ricali.  Ouesli  hanno  in  mano  un  fortissimo  ordinamento ;  nessuna  i- 
slhuzione  politica  o  sociale  offre  un  modello  di  disciplina ,  di  armo- 
nia,  di  consislenza  cosi  perfetta  come  1'associazione  cattolica.  E  per 
qualche  cosa  che  il  caltolicismo  ha  resislito  e  resisle  alia  crilica,  alia 
scienza,  alia  liberta.  La  societa  lo  combatte  a  furia  di  popolo,  tumul- 
tuariamente;  esso  le  resiste,  come  esercifco  bene  ordinato,  serrato 
nelle  file,  disposto  in  bella  ordinanza,  diretto  e  condolto  nelle  sue 
inosse  dalla  volonla  dei  capi,  a  cui  tulti  obbediscono  con  meraviglio- 
sa  disciplina.  Che  possiamo  noi  opporre  a  cotesla  forza?  II  nostro 
Slato  e  nuovo,  debole,  senza  autorila;  gl'  individui  sono  ancora  in- 
capaci  di  sentire  e  praticare  1'  efficacissima  \1rtu  dell'  associazione. 
Ciascuno  ha  troppo  alia  stima  di  se,  nella  parte  liberale,  per  sog- 
gettarsi  alia  disciplina  de'  partili  e  de'  capi.  Ci  vuole  proprio  il  gio- 
go  soave  dell'  ignoranza  e  della  paura  del  fuoco  penace,  per  ischiac- 
ciare  le  superbe  cervici ,  e  tulle  sottometterle  al  cenno  di  un  uomo. 
Questo  ha  il  catlolicismo ;  questo  non  abbiamo  noi.  E  poi,  a  che  gio- 
"verebbe?  Noi  dobbiamo  ancora  islituire  e  ordinare  comitati  eletto- 
rali,  associazioni  liberali,  sodalizii;  e  il  cattolicismo  gli  ha  gia.  Noi 
non  sappiamo  neppure  quanto  dobbiamo  risalire  nei  secoli  per  tro- 
varne  1'origine.  Forse  a  Gregorio  VII,  ma  forse  anche  prima.  Certa 
il  caltolicismo  ha  tulto  quanto  gli  bisogna:  confessionali ,  pergami, 
il  lelto  del  moribondo,  il  talamo  nuziale,  la  cuna  del  bambino^,  I'o- 
spedale,  la  prrgione,  le  associazioni  di  ogni  forma,  di  ogni  qualila, 
per  i  baccheltoni  come  per  la  genie  mondana,  per  1'  ascelico  come 


132  LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA 

pel  liberlino,  per  1' arislocrazia  come  per  I'lnfim^  plebe.  Che  phi? 
Perfino  nel  tribunale,  perfmo  nel  Parlamento  il  prete  ha  steso  lefila 
delle  sue  trame;  e,  se  non  mente  la  fama,  esso,  deposta  la  zimarra 
e  il  collare  e  veslilo  di  insegne  militari ,  Irovo  modo  di  comandare 
reggimenti  e  di  assidersi  perfmo  talvolta;oei  Consigli  della  Corona. 
Dunque  1'  ordinamenlo,  le  .associazioni  ci  sono.  Basta  che  la  supre- 
ma  mente  regolatrice  imponga-il  fine :  i  mezzi  sono  gia  pronti.  Tut- 
to  1'esercito  armato  di  menzogne ,  di  agnusdei,  d'  indulgenze  e  di 
danari,  disciplinato ,  compatto ,  opera  e  vince.  Se  ci  lasciarono  per 
un  momento  prevalere ,  fu  che  rimasero  sbigolliti  e  tremanti  di  es- 
sere,  in  quei  primi  bollori  della  rivoluzione,  soverchiali  dall'  impeto 
popolare,  se  si  mostravano.  Era  opportuno  cogliere  quel  momento 
e  stritolarli ,  sicche  non  se  ne  trovassero  i  frammenli.  Non  si  fece  ; 
che  si  temelte  piu  la  rivoluzione  che  la  reazione ,  e  tutte  le  forze  si 
adoperarono,  mirabile  insania,  a  combaltere  gli  amici  piu  caldi  del- 
la  liberla. . 

«  La  reazione,  scaltra  edavveduta,  conobbe  il  suo  tempo.  Nasco- 
seil  capo,  s'acquatlo ,  lascio  passare  la  tempesta;  ma  ora  ravvisa- 
tasi,  ripreso  animo,  riannodate  le  trame,  rialza  la  cresla  e  congiura 
e  prepara  1'eccidio  della  nostra  liberta.  I  giornali,  anche  i  moderali, 
anche  i  governalivi ,  sono  pieni  delle  improntitudini  e  delle  trislizie 
clericali.  Non  mai  il  prete  fu  piu  impudente  mellitore  di  scandali  e 
seminatore  di  discordie.  E  il  lavoro  palese  e  nienle  al  confronto  del- 
le trame  segrele.  E  dunque  meslieri  che  la  parte  sana,  culta,  libe- 
rale  del  paese  provvegga  a  se  stessa;  tutta  la  nostra  diligenza,  tut- 
ta  la  nostra  operosila  non  possono  ancora  essere  adeguate  a  combat- 
tere  il  mirabile  ordinamento  della  reazione.  Ma  che  sara  poi  di  noi, 
se  inerti  e  trascurati,  mentre  i  nostri  nemici  intendono  sollecitamen- 
te  all'  opera  per  toglierci  la  liberta ,  noi  neppure  pensiamo  ai  modi 
di  difenderla  ? » 

Abbiam  voluto  citar  a  lungo  questo  articolo  del  Diritto  perche , 
nella  sua  ingenua  ed  imperlinente  melensaggine,  scopre  ad  eviden- 
za  la  paura ,  onde  tremano  i  framassoni  per  la  reazione  clericale. 
Gia  pare  che  si  veclano  presso  al  precipizio  e  yicini  a  ritornare,  dal 
sogli  dorali  delle  cariche  dello  Stato,  alle  native  capanne  e  alle  acqui- 
site  galere,  Di  simili  articoli  potremmo  citarne  a  dozzine,se  portas- 


LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA  133 

sc  il  pregio  di  concedere  tanlo  spazio  alle  stollc  bestemmie  ed  alia 
sgraramalicata  reltorica  del  framassoni.  Ma  si  abbiano  ancora  i  let- 
iori  qucsto  altro  tcslo  aulenlico  dell'  Opinione  dci  12  Seltembre;  la 
qualc,  «  di  fronte  alle  insidie  delle  selle  relrive  (dice)  si  osserva  non 
senza  qualche  spavenlo  che  il  nostro  stato  e  nuovo ,  debole,  senza 
autorita. »  E  quella  brocca  di  malva,  che  e  la  Discussione,  anche  essa 
bolle  di  spavento  al  fuoco  del  Diritto ;  si  che  «  non  possiamo  negare 
(confessa  nel  suo  n.°deglill  Seltembre)  che  ora  il  parlito  reaziona- 
rio  siasi  posto  con  maggior  alacrita  a  creare  proseliti  e  a  guadagnar 
lerreno.  Esso  tenta  di  raccogliere  tulto  il  suo  vigore  e  di  combaltere 
le  ultime  batlaglie;  e  se  ora  riesce  in  qualche  modo  ad  organizzarsi, 
e  se  otlerra  qualche  parziale  trionfo ,  dobbiamo  in  parte  incolparne 
il  Governo ,  che  si  e  raoslrato  verso  il  clero  e  i  suoi  adepli  troppo 
mite,  troppo  facile  al  perdono.  Esso  non  doveva  usare  colla  reazione 
nessun  mezzo  termine,  ma  procedere  con  quella  energia  che  si  esige 
per  reprimere  un  accanilo  ed  asluto  avversario ,  che  non  conosce 
altro  mezzo  d'  agire  che  la  cospirazione  e  1'  insidia,  che  ha  per  suo 
motto  —  guerra  al  proyresso,  —  e  che  a  raggiungere  il  suo  fine  pro- 
clama  sanlo  ogni  mezzo.  Le  concession!  e  le  deboli  misure  usate 
dair  alluale  Ministro  Guardasigilli  verso  i  preti ,  hanno  persuaso  il 
clero  di  essere  ancora  potente  e  terribile :  hanno  accresciuto  il  suo 
coraggio,  rinvigorite  le  sue  speranze.  Bisognava  renderlo  impotente 
e  trattarlo ,  non  come  un  leale  avversario,  ma  come  un  pericoloso 
nemico.  »  Vede  ognuno  che ,  senza  uiio  spavento  straordinario ,  la 
Discussione,  che  e  giornale  privo  affatlo  di  ogni  malizia  e  scimunito 
quanto  puo  essere  un  giornale,  non  avrebbe  mai  avuto  questo  urto  di 
collera  che  le  tolse  il  senno  fmo  a  dire,  che  il  Governo  italiano  ha  fin 
ora  troppo  favorito  la  Chiesa  e  il  clero.  Scempiaggini  di  lal  calibro 
non  si  possono  dire  a  sangue  freddo  neanche  da  una  Discussione. 

Or  per  dare  un  po'  di  conforto,  secondo  il  poler  nostro,  a  quest! 
poveri  spaventali,  noi  spiegheremo  qui  loro,  il  piu  chiaramente  che  ci 
sara  possibile ,  che  essi  si  spaventano  ,  come  Bucefalo  ,  dell'  ombra 
propria.  Ci  adopereremo,  cioe,  a  far  qui  intendere  ai  framassoni,  se 
ci  sara  possibile,  che  la  reazione  clericale  e  fattura  delle  loro  mani, 
frulto  de'  loro  sudori,  figlia  delle  loro  opere/conseguenza  delle  loro 
premesse,  ombra  del  loro  corpo.  Da  quei  Bucefali  che  certamente 


134  LA  REAZIONE  CLERIC  ALE  IN  ITALIA 

sono,  non  puo  fare  che  essi  non  si  debbano  cosi  alquanto  rincorare, 
o  almeno  inlendere  che,  se  non  vogliono  piu  avere  dinanzi  agli  ocelli 

10  speltro  della  reazione  clericale  pronla  sempre  a  divorarli,  non  han- 
tio  che  andarsi  a  riporre,  lasciando  1'  inutile  opera  di  calcitrar  contro 

11  muro,  inlendendo  una  volta  quel  proverbio  che  dice :  che  chi  fa 
alle  capate  col  muro,  il  dolore  e  suo. 

E  ii  primo  ingegnoso  trovato ,  onde  i  framassoni  fabbricano  a  va- 
pore  la  reazione  clericale,  si  e  il  loro  modo  di  trattare  coi  popoli 
quando  vogliono  indurli  a  porsi  sotto  ii  loro  giogo.  I  framassoni, 
quanclo  SOQO  in  paese  ben  governato  a  giustizia  ed  a  religione,  non 
hanno  altro  modo  di  tirar  il  popolo  dalla  loro,  che  1'imposlura  e  Fipo- 
crisia.  Essi  lodano,  a  modo  di  esempio,  la  giuslizia,  e  ne  predicano 
la  necessila.  Solameate  trovano  che  non  si  osserva  abbastanza  dal 
Governo,  sollo  cui  vivono,  che  Ve  favorilismo,  che  vi  e  accettazione 
di  persone,  che  v'  e  disuguaglianza ,  che  i  nobili  hanno  de'  privilegi 
e  che  il  popolo  e  oppresso.  Prcdicando  la  giustizia  coli'  irilenzione  di 
pralicar  poi  ringiustizia,  i  framassoni  la  fanno  da  quegli  ipocriti  e  da 
quegli  imposlori  che  sono.  Ma  le  inteimoni  le  vede  Iddio  solo.  Quello 
che  vedono  i  popoli ,  sono  i  panegirici  della  giuslizia,  eloquent!  e 
fervorosi.  E  chiaro  che  il  popolo  si  scalda  sempre  piuinfavore  della 
giustizia.  Ii  buon  senso  popolare  ,  lungi  dall'  essere  guastato  e  cor- 
rotto  dai  framassoni ,  ne  riesce  anzi  cosi  sempre  piu  perfezionato. 
Chiesa  e  framassoni ,  gesuiti  e  liberali ,  parroci  e  liberlini  predicano 
cosi  le  siesse  verita.  Gii  uni  a  maggior  gloria  di  Pio,  con  retta  inlen- 
zione  e  con  nierito  per  la  \'ila  elerna :  gli  altri  a  maggior  profilto 
del  diavolo,  con  malo  fine  e  con  frutto  di  eterna  dannaziune.  Ma  1*  ef- 
felto  nel  popolo  e  lo  stesso ;  quello  cioe  di  infervorarlo  nell'amore  del 
ret  to  e  del  giusto. 

Diciamo  lo  stesso  della  morale,  della  religione ,  della  beneficenza 
e  di  ogni  \irtu.  Chi  e  quel  framassone  che,  trovandosi  in  Governo 
savio  e  paterno,  predichi  al  popolo  che  sarebbe  meglio  che  i  poveri 
morissero  di  faaie,  che  le  case  di  mal  affare  si  molliplicassero,  che 
la  morale  e  la  religione  fossero  perseguitale?  Tutt'allro!  11  framas- 
sone, che  YUO!  arrivar  al  potere,  dislruggendo  1'  ordine  presente,  van- 
la  una  morale  piu  strelta  che  non  quella  della  Chiesa,  una  carila  piu 
squisita,  una  beneficenza  piu  universale.  Tutto  questo  per  ipocrisia, 


LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA  135 

'per  imposlura  e  coll'  intenzione  di  far  poi  1'opposto.  Ma  intanto  il 
buon  popolo  che  ode  predicarsi  si  eloquentemente  1'  clogio  di  tutte 
le  virtu ,  non  impara  1'  amor  del  vizio ,  come  intende  il  framassone, 
ma  1'amor  della  virtu,  secondo  che  suoriano  le  parole. 

Cbe  diremo  poi  del  ben  essere  sociale ,  della  rictfhezza  comune , 
della  retta  amminislrazione  delle  finanze,  della  diminuzione  delle  in** 
poste ,  di  quanto  insomma  concerne  il  savio  governo  dello  Slato? 
Non  v'  e  paese  si  ben  regolajo,  non  finanza  si  prospera,  non  ben  es- 
sere si  universale ,  che  i  framassoni  non  compaliscano  come  ad  un 
governo  di  Turchi,  purche  sia  un  Governo  di  crisliani.  « Oh  se  go- 
vernassimo  noi ;  dicono  sollovoce  a  chi  li  vuol  udire.  Oh  se  un  Gover- 
no liberale  succedesse  a  questo  avanzo  di  medio  evo !  Vedresie  allora 
che  prosperita  di  coramercio,  che  felicita,  che  cuccagna!  Non  ci 
sarebbero  piu  poveri ;  le  imposte  sarebbero  poche  e  ben  distribuite ; 
le  arli  protelle,  gli  studii  in  progresso.  »  Tutto  questo  dicono  i  fra- 
massoni quando  non  comandano ;  ben  sapendo  che,  quando  comande- 
ranno,  le  finanze  faranno  bancarolta,  le  imposte  vuoleranno  le  bor- 
se,  e  la  ricchezza  comune  colera  tutta  negM  scrigni  dei  Deputati  e  dei 
Minisiri,  ladri  lulti,  siccome  ora  si  dice  in  Italia,  e  del  pubblico  e  del 
privato.  Questo  sanno  i  framassoni.  Ma  questo  non  sa  il  buon  popo- 
lo, che  credendo  alle  belle  parole,  s'  innamora  naturalmente  sempre 
piu  della  Gnanza  ben  regolata,  della  giustizia  ben  amministrala,  degli 
sludii  fiorenti ,  delle  arli  protetle.  Tulle  cose  naturalmente  buone  e 
desiderabili  onestamenle.  Sicche  anche  in  questo  i  framassoni,  cre- 
dendo lavorar  per  se,  lavorano  in  verila  per  educar  sempre  meglio 
il  buon  senso  e  il  retto  senlire^opolare. 

Dicasi  lo  stesso  della  pubblica  quiele  e  sicurezza.  Dio  liberi  che, 
in  uno  Stato  ben  governalo,  in  cui  i  framassoni  sono  sorvegliali  dalla 
polizia,  accada  un  furto  o  un  omicidio !  Non  finiscono  allora  le  lamen- 
tazioni  massoniche  sopra  la  niuna  cura  che  il  Governo  ha  della  vita 
e  delle  borse  dei  suddili. «  A  che,  dicono,  tanla  polizia?  A  che  tanti 
gendarmi?  II  popolo  ha  dirillo  di  andar  sicuro  per  le  sue  vie,  di 
giorno  e  di  nolle.  Perch£  paga  tanle  imposle ,  se  non  perche  il  Go- 
verno procuri  la  pubblica  sicurezza?  »  Quesle  cose  dicono  i  framas- 
soni anche  adesso,  ogniqualvolla  nello  Stato  ponlificio,  per  esempio, 
si  ruba  una  borsa,  o  due  ubbriachi  fanno  alle  collellate.  A  che  fine 


136  LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA 

dicono  queste  cose  ?  Per  eccitare  nel  popolo  desiderio  di  miglior  go- 
yerno ;  il  che  spesso  ottengono.  Ma  perche  1'ottengono?  Perche  han- 
no  eccitato  in  ognuno  un  sempre  maggior  amore  alia  sicurezza  pub- 
blica,  educando  cosi  il  popolo,  senza  volerlo,  e  formandolo  all' amore 
dell'ordine  e  della  giuslizia. 

I  poveri  framassoni  non  vorrebbero  questo  effetto.  Etanto  nol  vor- 
rebbono  che  neanche  si  accorgono  di  otlenerlo.  E  noi  siam  certi  che 
piii  d'  un  framassone ,  leggendo  quesie.pagine  ,  si  dara  dclle  pugna 
In  fronle  e  dira :  «  Miseri  noi ;  che  abbiam  fatlo !  E  proprio  vero  che, 
volendo  un  fine,  ne  abbiamo  ollenuto  un  allro.  E  noi  non  ci  avevamo 
pensato !  » 

Infatti  che  e  nato  da  questo  ipocrito  procedere  dei  framassoni?  E 
nata  la  reazione  clericale  piu  forte  che  mai.  E  in  verila  che  cosa 
volele  che  dica  adesso  il  Toscano ,  il  Napolelano,  il  Romagnuolo,  il 
Modenese,  ai  quali  i  framassoni  ispirarono  si  scioccamenle  sempre 
piu  grande  amore  alia  giuslizia  ed  al  benessere,  quando  vedono  quel- 
lo  che  i  framassoni  loro  diedero  in  cambio  di  quello  che  avevano?  Se 
prima  essi  erano  stali  dai  framassoni  eccitali  contro  i  loro  Principi, 
perche  le  imposte  eran  troppe ;  come  non  si  devono  ora  eccitare  a 
mille  doppii  conlro  i  framassoni ,  che  quelle  imposte  hanno  cotanto 
moltiplicate?  Se  prima  erano  dai  framassoni  sollevati  contro  i  Sovra- 
ni  legittimi  per  qualche  inosservariza  della  giustizia  comune ,  come 
non  debbono  ora  essere  sollevali  contro  i  framassoni ,  che  non  ren- 
dono  giuslizia  che  a  se  medesimi  contro  tutti  ?  Se  prima  i  popoli 
erano  stati  educati  dai  framassoni  ad  odiare  la  pena  di  morte  per 
delilti  specialmecle  politici,  come  non  debbono  ora  odiare  i  framas- 
soni, che  hanno  cambiata  ormai  mezza  Italia  in  una  carcere  di  domi- 
cilio  coatto,  e  1'altra  meta  ia  un  pubblico  macello? 

Se  i  framassoni  avessero  prima  francamenle  detto  ai  popoli : 
«  Yoi  errate  nel  credere  che  il  buon  Governo  ed  il  benessere  con- 
sislano  nelle  tenui  imposle,  nella  giuslizia  ben  amministrata,  nella 
morale  pubblica,  nel  commercio,  nelle  arti,  negli  studii  fiorenti.  La 
vera  beatitudine  di  un  popolo  sta  nell'  ignoranza ,  nell'  immoralita , 
nella  bancarolta,  nell'ingiustizia  trionfanle  e  specialmente  nel  pagare, 
pagare  e  sempre  pagare  » ;  se  i  framassoni  avessero  predicate  que- 
sto ,  e  chiaro  che  non  sarebbero  mai  venuli  al  potere ,  o  \enutici  ci 


LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA  137 

sarebbero  arrivati  per  mezzo  del  perverlimento  del  buon  senso  nel 
popolo.  II  quale,  persuaso  che  il  bene  e  il  male  e  il  male  c  il  bene, 
non  avrebbe  poi  potuto  che  applaudire  come  a  bene  al  male  dai  fra- 
massoni  procurato.  Ma  avendo  essi  predicata  ipocritamente  (nd  po- 
tevano  far  allrimenti)  la  bellezza  della  virtu,  e  chiaro  che  hanno  cosi 
fabbricata  colle  loro  mani  una  terribile  reazione  clericale ,  nutrendo 
e  avvalorando  nei  popoli  il  culto  a  quello  stesso  che  essi  doveano  poi 
necessariamente  abbaltere ,  e  1'amore  a  quello  che  essi  doveano  poi 
necessariamente  odiare ;  e  procurando  cosi  necessariamente  che  i 
popoli  da  loro  stessi  scaldati  all'amore  e  al  cullo  del  bene,  del  vero 
e  del  retto,  dovessero  poi  ribellarsi  contro  il  male  e  il  falso  e  il  torto 
da  loro  portato  ora  in  trionfo. 

Non  vogliamo  certamente  dire  con  questo  che  i  framassoni  abbia- 
no  predicate  al  popolo  le  sante  Missioni.  Hanno  anzi  sparso  infiniti 
error!  ed  equivoci.  Ma  e  vero  parimente  cbe  questi  loro  errori  ed 
equivoci  si  faceano  da  loro  correre  pel  mondo  come  conseguenze  ed 
applicazioni  di  molti  buoni  principii  ed  otlime  massime.  Si  che,  con- 
tro la  propria  intenzione,  riuscirono  spesso  a  promuovere  nel  popolo 
piu  forse  1'  amore  dei  buoni  e  relti  principii,  che  non  quello  delle  ree 
e  storte  conseguenze. 

Ma  ci  e  ancora  una  seconda  ragione  per  la  quale  i  framassoni 
debbono  dire  ii  mea  culpa  per  la  reazione  clericale  che  tanto  li  alter- 
risce.  La  quale  non  sarebbe  certamente  si  gagliarda,  se  i  framassoni, 
oltre  all'  aver  popolareggiato  ipocritamente  si,  ma  efficacemcnte ,  il 
cullo  di  quelle  virtu  che  essi  non  hanno ,  non  avessero  ancora  falto 
luccicare  agli  occhi  del  popolo  ,  solto  un  aspelto  diverso  dal  gia  ac- 
cennato  qui  sopra ,  le  piu  belle  e  care  speranze  di  prosperita  mate- 
riale  che  si  possono  sognare  da  un  ebbro  d'  oppio. 

Mirisi  la  differenza  del  modo  onde  coi  popoli  adopera  la  Chiesa 
e  la  framassoneria ,  e  si  vedrci  quanto  da  questa  diversita  di  agiro 
debba  nascere  necessariamente ,  con  un  po'  di  tempo,  la  reazione 
conlro  i  framassoni,  e  la  confldenza  verso  la  Chiesa.  Infatli  che  cosa 
dice  ai  popoli  la  massoneria?  Essa  dice  loro  che^essi  sono  fatli  per 
istar  bene  in  questo  mondo:  che  se  non  istanno  bene,  la  colpa  e  della 
Chiesa  e  de'  Governi,  i  quali  li  opprimono  e  li  vessano  in  mille  gui- 
se. Facciano  i  popoli  che  i  framassoni  vengano  al  comando,  e  ve- 


138  LA  REAZIONE  CLERIC  ALE  IN  ITALIA 

dranno  che  cuccagna !  Questo  e,  in  compendio,  il  lambiccato  di  lutta 
i'arte  del  libertini  per  sedurre  i  popoli  e  renders!  loro  accetli,  quando 
sono  nell'  opera  delle  congiure  e  delle  cospirazioni. 

Invece  la  Ghiesa  dice  ai  popoli  che  essi  non  sono  fatti  per  istar 
benc  necessariamente  quagghi;  che  in  questo  raondo  sempre  si  avra 
a  patir  qualche  cosa;  che  solto  ogni  Governo  ed  ogni  lalitudine  sem- 
pre vi  saranno  abusi,  oppression!,  vessazioni,  disgrazie;  che  il  tullo 
sta  nel  persuadersi,  che  bisogna  aver  pazienza.  Giacche  e  cosa  nola 
persino  ai  pagani  che  levius  fit  patientia,  quidquid  corrigere  est  ne- 
fas.  Certamente  e  dover  di  ogni  Governo  il  provvedere  al  benessere 
morale  e  materiale  dei  popoli.  Ma  e  ancora  dovere  dei  popoli  il  sof- 
frire  con  pazienza  i  mali  inseparabili  dalle  condizioni  di  questo  mon- 
do  maligno  e  di  quesli  Govern!  fallibili.  La  vera  felicila  e  cosa  che 
si  avra  soltanto  nell'  allra  vita,  se  essa  si  sara  saputa  guadagnare  in 
questa,  colla  virtu  e  coll  a  pazienza. 

E  natural  e  che,  tra  chi  predica  al  popolo  la  pazienza  e  la  rasse- 
gnazione,  e  chi  ne  eccita  invece  1'  ira  contro  le  vere  o  false  oppres- 
sion! e  vessazioni,  facendo  insieme  brillare  la  speranza,  anzi  la  eertez- 
za,  di  una  prosperity  avvenire,  enalurale,  diciamo,  che  gli  sciocchi, 
dei  quali  e  infinite  il  nutnero,  si  lascino  sedurre  dalle  sobbillazioni  e 
dalle  promesse  massoniche;  e  si  geltano  cosi  nelle  rivoluzioni,  colla 
certa  aspetlazione  delia  felicita  in  questo  mondo.  Ma  che?  Vengono  i 
fraraassoni  al  comando ;  e  invece  della  prosperita  giunge  la  desola- 
zione.  Per  un  poco  si  tollera,  dando  la  colpa  dell' insperato  evento  a 
quello  che  ora  si  chiama  il  momenta  di  transizione.  Ma  quando  il 
momenlo  di  transizione  comincia  a  diventare  il  corso  regolare  delle 
cose,  quando  le  cose  volgono  anzi  di  male  in  peggio  e  dal  peggio  nel 
pessimo;  quando  non  si  ha  phi  un  soldo  in  saccoccia  sicuro  dalle 
adunche  unghie  del  fisco  e  dalle  delicate  dita  dei  ladri ;  quando  non 
si  ha  phi  un  figliuolo  assicurato  contro  la  leva  forzata,  ne  una  fi- 
gliuola  che  possa  uscire  a  spasso  senza  rischio  di  imbaltersi  o  in  pit- 
ture  oscene  o  in  pericoli  anche  peggiori ;  quando  il  brigantaggio  in- 
vade mezza  Ilalia,  le  prepotcnze  e  1'ingiustizie  regnano  nei  tribunal!; 
quando  dei  Depulati  e  dei  Minislri  si  puo  dire,  senza  sospetlo  temera- 
rio,  quel  sono  tutli  ladri  che  ora  e  famoso  in  Italia;  quando  insomma 
si  vede  che  dai  framassoni  in  fuori ,  ai  quali  la  rivoluzione  ha  fatto 


LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA  139 

un  lelto  di  rose  ed  un  forziere  d'  oro,  tutli  gli  altri  sono  considerati 
come  pecore  da  tosarc,  vacche  da  mungere  e  buoi  da  macello;  allora 
£  nalurale  che  il  popolo  si  volga  colla  memoria  indietro,  e  ripensi 
sedamenie  al  vero  che  gli  predicava  la  Chiesa  ed  al  falso  che  gli 
promisero  i  framassoni.  Qual  maraviglia  che  accada  allora  una  rea- 
zione  clericale?  La  maraviglia  sta  piultosio  in  queslo,  che  i  framas- 
soni non  abbiano  capito  che  colle  loro  bugie  1'andavano  preparando. 

Che  sarebbe  poi  se,  essendosi  i  framassoni  italiani  fabbricata  cosi 
da  se,  colle  loro  proprie  mani,  quesla  reazione  clericale,  di  cui  lanto 
scioccaraente  si  maravigliano ;  essi  poi  andassero  ora  accresccndola 
ed  ingigantendola  coi  mezzi  medesimi ,  onde  credono  sminuirla  ed 
allontanarla  ?  E  pure  la  cosa  e  cosi ,  ne  piu  ne  meno.  Giacche  qual 
credono  essi  che  debba  esser  I'effetto  nalurale  dei  loro  spaventati 
arlicoli  e  delle  loro  rabbiose  declamazioni ,  conlro  la  rcazione  cleri- 
cale, che  invade  1'Ilalia?  Tult'allro  da  quello  che  si  pensano;  se- 
condo  che  noi ,  persuasissimi  come  siamo  che  essi  non  sono  al  caso 
di  profiUare  dei  nostri  buoni  consigli ,  andremo  qui  spiegando  alia 
perspicacia  loro. 

Noi  sappiamo  benissimo  che  doppia  e  la  causa  dei  loro  arlicoli 
tremanli  e  delle  loro  rabbiose  bestemmie  conlro  la  reazione  clerica- 
le. La  prima  e  principale  causa  e  la  vera  paura,  che  li  fruga,  di  dover 
presto  passare  dal  Campidoglio  alia  Rupe  Tarpea ,  cacciali  giu  per 
le  scale  gemonie  dallo  scoppio  imminente  delle  ire  del  popolo  da 
loro  gabbalo.  Ma  non  si  pensa  cerlamente  male  dei  framassoni,  sup- 
ponendo  come  cosa  cerlissima  che,  nello  sfogo  clamoroso  di  questa 
loro  paura,  ci  enlri  anche  un  poco  di  malizia :  cioc  il  pio  desiderio  di 
denunziare  alle  ire  del  fisco  e  dei  seltarii  loro  devoli  il  clero  e  i  buoni. 

Ora  badino  bene  i  framassoni,  e  capiscano,  so  possono,  la  scioc- 
chezza  di  questo  loro  procedere.  Giacche  a  chiunque  rifletla  alquan- 
to  appare  evidente  che  essi ,  tanto  per  la  parle  con  cui  mostrano 
paura ,  quanto  per  1'  allra  con  cui  mostrano  voglia  di  sperdere  quel 
poco  che  ancora  hanno  lasciato  al  clero  ed  alia  Chiesa ,  non  fanno 
che  scavarsi  piu  profonda  la  fossa  sotto  i  piedi,  e  rafforzare  appunto 
quella  reazione  di  cui  tremano. 

E  col  mostrar  paura  e  in  primo  luogo  evidenle  che  essi  spargono 
lo  spavento  nelle  loro  file ,  e  fanno  seriamente  riileltere  a  molti  dej 


140  LA  REAZIONE  CLERICALS  IN  ITALIA 

loro  adepli,  se  non  sia  forse  giunto  novamente  il  momento  opportuno 
di  voltare  un'  altra  volla  casacca ,  come  si  dice ,  e  cominciare  a  far- 
si  dei  merili  colla  reazione.  Si  sa  che  i  framassoni  professi,  non 
meno  che  i  novizzi,  tirano,  anzi  tulto,  al  quallrino.  Ma  se  i  professi 
possono  avere  speranza  di  trovar  qualche  ricapito  anche  in  uno  sfra- 
cellamento  generate  dell'  unila  d'  Italia ,  pei  novizzi  e  un  altro  affa- 
re.  Per  quesli ,  in  simil  frangente ,  non  ci  sarebbe  altra  prospetliva 
che  il  poco  proflcuo  meslier6  di  emigralo  forzalo ,  o  di  inquilino  in 
domicilio  coatlo.  Oual  meraviglia  percio  che  costoro,  vedendo  lo  spa- 
Ten  to  dei  loro  capi,  pensino  segretamente  alia  defezione?  Per  poco 
giudizio  che  i  framassoni  avesscro ,  non  dovrebbero  dunque  mo- 
strar  tanta  paura.  Dovrebbero  fare  gli  spacconi  e  i  capilani  fracas- 
sa ,  cantando ,  come  Arlecchino ,  vittoria  ad  ogni  bastonala.  Che 
se  mostrano  tanla  paura ,  come  fanno  si  palcsemenle ,  do  e  segno 
che  hanno  perduta  la  testa  e  non  pensano  alle  conseguenze.  E  ,  se 
abbiam  a  dire  chiaro  il  noslro  parere,  noi  cominciamo  a  vedere  i  pri- 
mi  segni  della  diserzione  dalle  file  libertine ,  nei  cosi  delti  presbite- 
ri,  primi  sempre,  secondo  chedaessi  richiede  la  loro  esperimentala 
erudizione,  ad  odorare  da  lungi  il  venlo  infido.  Essi  cominciano  a 
pensare  al  pane  che  abbondava  nella  casa  del  padre  ed  alle  ghiande 
onde  ora  neanche  si  possono  sfamare  pei  troppi  che  sono  a  cavar- 
sele  di  bocca.  La  Pace  ha  gia  fatta  bancarotta,  imprecando  pedan- 
tescamcnte  al  Governo  che  non  la  proteggeva  ed  al  popolo  che  non 
la  curava.  II  Carroccio ,  da  sciocco  milanese ,  e  morlo  di  fame 
la  seconda  volta,  secondo  il  noto  verso:  Cadde,  risorse  e  yiacque. 
Tutto  questo  ci  ha  1'  aria,  non  gia  di  conversione  ,  ma  di  reazione. 
Del  resto  non  e  maraviglia,  che  i  primi  ad  abbandonar  il  campo  ab- 
biano  ad  essere  costoro.  I  quali ,  quando  vedono  che  le  chiavi  dei 
canonicati  e  dei  beneflzii  sono  stale  rubale  dal  Governo  liberale ,  si 
bultano  al  Governo  liberale.  Per  la  stessa  ragione  e  nalurale  che  si 
abbiano  a  buttare  pei  primi  alia  reazione,  quando  cominciano  a  ve- 
dere, che  le  chiavi  dei  canonicati  e  dei  benefizii  sono  per  ritornare  a 
S.  Pielro. 

Ecco  dunque  il  bel  frullo  che  ricavano  i  framassoni  dalla  paura, 
che  mostrano  della  reazione  clericale.  Essi  non  fanno  cosi  che  raf- 
forzarla,  staccando  dalle  loro  file  i  pusillanimi,  i  presbiteri,  i  codar- 


LA  REAZ10NE  CLERICALE  IN  ITALIA  141 

di,  il  meglio  insomma  dclla  brigata.  E  chi  sa  che  non  anche  qual- 
che  capoccione  ?  Giacche  non  sarebbe  mica  la  prirna  volla  che  i 
Taillerand  ed  i  Fouch5  pigliano  le  paghe  dall'  Imperatore  e  servono 
alia  santa  allcanza.  E  stato  sempre  osservato  cbe,  dove  sono  tre  li- 
berali,  ci  e  in  mezzo  almeno  una  spia.  Ed  e  perfmo  accaduto  che  di 
due  cospiratori  1'uno  era  spia  dell'aUro.  Non  ci  sarebbe  dunque  nulla 
da  slupire  se  questa  paura  framassonica  facesse  germogliare  nel 
loro  campo  le  spie,  come  i  funghi  dopo  la  pioggia. 

Ma  i  framassoni  non  mostrano  sollanto  Tislinlivaloro  paura  della 
reazione  clericale.  Essi  mostrano  ancora  1'  islintiva  loro  rabbia  con- 
tro  il  clero  e  la  Chiesa  cui  minacciano  ora,  piu  che  mai,  sterminio  e 
morte.  Col  che,  anche  senza  volerlo,  non  fanno  che  rafforzar  la  rea- 
zione e  indebolir  se  medesimi.  Giacche  si  sa  che,  fmo  a  tanto  che 
altri  ha  la  speranza  di  esser  lasciato  vivere ,  puo  indursi  a  soffrire 
con  rassegnazione  le  oppressioni  discrete  e  le  noie  tollerabili.  Ma 
se  vede  che  sempre  si  va  di  male  in  peggio,  che  T  un  colpo  non  a- 
spetta  1'allro,  si  che  dopo  essere  stato  privato  de'privilegi,  e  spogliato 
ancora  dell'  uguaglianza  ,  e  dopo  essere  spogliato  dell'  uguaglianza 
non  e  lascialo  quieto  neanche  nell'oppressione  ed  e  minacciato  perfmo 
nell'  esistenza  e  nella  vita ;  e  naturale  che  in  quella ,  diciamo  cosi , 
disperazione,  rauni  le  sue  forze,  raccolga  ogni  suo  potere,  e  poiche 
vede  che  non  gli  si  lascia  ne  pace  ne  tregua ,  accetti  la  guerra  e 
la  faccia  del  suo  meglio.  Or  chi  non  vede  che  questa  e  la  necessaria 
condizione  in  cui  i  framassoni  posero  ora  in  Italia  la  Chiesa,  il  clero 
e  tutti  i  buoni?  1  quali  perfmo  nella  loro  vita  privata  sono  spiati,  in- 
quisiti,  vessati,  si  che  ormai  per  loro  eun  delitlo  il  far  unalimosina 
o  il  visilar  un  malato  ?  Giacche  insomma  queslo  e  non  allro  e  il  de- 
lillo  di  cui  sono  accusali  i  cosi  detli  dai  framassoni  Paolotli,  e  vogliam 
dire  i  membri  laici  delle  Conferenze  di  S.  Yincenzo  de  Paoli.  I  quali 
neanche  possono  fare  le  opere  di  misericordia,  senza  essere  denun- 
ziati  all* Italia  massonica  come  rei  di  Stalo.  II  clero  poi  e  minacciato 
nella  sua  stessa  esistenza  colla  legge  sospesa  sul  suo  capo  della  leva 
de'  clerici.  Tutti  i  buoni  ilaliani  sono  inoltre  sempre  nel  timore  di 
vedersi  condannati  al  baslardume  generale,  colla  legge  sempre  mi- 
nacciala  del  matrimonio  civile.  Legge  voluta  dai  framassoni  per  pura 
gelosia  ed  invidia.  Giacche,  non  conoscendo  molti  di  essi  il  loro  pa- 


142  LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA 

dre  e  la  loro  madre,  fanno  come  le  volpi  scodate  della  favola,  che 
esortavano  le  sorelle  a  mozzarsi  quell' inutile  arnese.  Or  minacciando 
cosi  i  framassoni  sempre  peggio  ai  cattolici  ed  ai  clerical! ,  dovreb- 
bero  capir  che  essi  sforzano  cosi  anche  i  piu  imbelli  e  i  piu  pacifici 
a  star  sulle  difese,  e  a  porsi  anche,  se  fia  possibile,  sulle  offese. 

E  ben  si  debbon  accorgere  i  framassoni  di  questa  naturale  e  comu- 
ne  reazione  clericale ,  dal  vedere  con  quanto  gusto  gl'  Italiani  si  di- 
verlono  a  fare  appunto  il  contrario  di  quello  precisamente,  onde  i  fra- 
massoni mostrano  maggior  disguslo.  Del  che  e  un  bell'esempio  il  de- 
naro  di  S.  Pielro,  che  cresce  in  ragione  del  dispetlo  che  ne  mostrano 
i  framassoni.  E  non  appena  essi  presero  ne'  loro  giornali  a  beffare 
le  processioni ,  queste  sorsero  nella  Liguria  come  per  incaulo ,  rin- 
novandosi  anche  le  an  liquate  e  le  disusate.  E  quando  i  framassoni 
presero  a  proteggere  la  propaganda  prolestante,  i  prolestanli  furono 
subito  presi  a  sassate  in  tutte  le  citta  e  le  terre  dove  andarono,  come 
i  ciarlalani ,  a  piantar  le  loro  botleghe.  Del  che  quanto  arrabbino  i 
framassoni  e  inveleniscano,  non  e  a  dire.  Ma  non  v'  e  rimedio.  Essi 
si  sono  fatti  oonoscere  ormai  per  tradilori  del  popolo;  e  il  popolo  na- 
turalmenle  li  odia  e  li  disprezza. 

In  mezzo  a  lutle  queste  disgrazie  i  poveri  framassoni,  per  colmo 
di  sventura,  vedono  Roma  capitale  sempre  piu  allontanarsi  dai  loro 
occhi,  colla  fuga  rapidissima  di  un  convoglio  di  slrada  ferrata.  Giac- 
che ,  se  i  sei  mesi  del  conte  di  Cavour  produssero ,  colla  morte  di 
Cavour ,  un  allontanamento  di  Ire  anni  e  piii :  vede  ognuno  che 
due  anni  della  Convenzione  di  adesso ,  debbano  produrre  un  neces- 
sario  allontanamenlo  di  almeno  tredici  anni,  colla  morte  niun  sa  dire 
di  quanli  per  F  appunto ,  ma  certo  di  moltissimi ;  se  pure  il  nurnero 
tredici  non  ha  perdute,  in  favore  dei  framassoni,  le  sue  note  mali- 
gne  qualila. 

E  vedete  se  Roma  non  e  fatale?  Appena  torna  in  campo  lavoglia 
di  avvicinarsele,  il  turbamento  invade  1'  Italia,  Torino  e  minacciata 
di  ruina,  i  liberali  si  dividono  sempre  piu,  Francia  si  fa  sempre  piu 
padrona  deir  indipendenza  d'  Italia ,  le  sole  popolazioni  affezionate 
alia  casa  regnanle  si  vedono  tradite  e  gabbale ,  il  credito  pubblico 
si  sbilancia  sempre  peggio  ,  e ,  cosa  orribile  a  dirsi,  le  stesse  fran- 
chigie  costiluzionali  si  vedono  minacciate  di  'un  secondo  colpo  apo- 


LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA  113 

plelico.  Senza  parlare  dclla  ragionc  slrategica,  die  si  porta  per  con- 
solazione  e  che  invece  fa  rabbrividire  i  liberal!.  Giacche  se  da  Tori- 
no si  lia  da  andare  a  Firenze  per  ragione  slralegica,  questo  significa 
che  si  prevede  una  guerra  piu  difcnsiva  che  offensiva :  e  die  inoltre 
Torino  e  il  Piemonte  banno  da  essere  abbandonati  almeno  per  a  tem- 
po o  all'  invasione  o  alia  prolezione  forastiera.  Tra  le  quali  due  even- 
lualilti,  chi  conosce  un  po'  di  storia  non  sa  veramente  intendere  qual 
debba  riputarsi  per  la  peggiore.  Giacche  e  noto  che  in  questo  secolo 
le  idee,  anche  le  piu  generose,  hanno,  non  si  sa  come,  mutalo  na- 
tura,  e  da  spir-iluali  sono  diventate  materiali,  con  confini  territorial!, 
e  con  appartenenze  stralegiche. 

Ci  e  occorso  piu  volte  di  vedere  un  asino  legato  ad  una  corda,  che 
faceva  lull!  i  suoi  sforzi  per  arrivar  a  un  ghiotlo  boccone  che  non 
era  alia  sua  portala.  Piu  si  sforzava  di  avvicinarglisi  e  piu  la  corda 
lo  stringeva  al  collo.  Ecco,  dicemmo,  1'apologo  della  quistione  Ro- 
mana !  I  framassoni  sono  1'  asino ;  Roma  e  il  ghiotto  boccone ;  c  la 
corda  e  la  Provvidenza. 

In  quesle  tristi  condizioni  della  framassoneria  italiana,  in  quesla 
spavento  dei  liberal!,  in  questo  turbamenlo  generale  dei  scttarii,  elm 
debbono  fare  i  buoni  e  cattolici  italiani  ? 

Non  abbiamo  cerlamenle  la  presunzione  di  voler  qui  dar  norma 
di  condolta  e  consigli  di  governo  ad  uomini ,  che  sono  il  fiore  e  il 
nerbo  d-  Italia  e  della  Chiesa.  Ma  non  ci  sara  disdello  il  ricordar  ad 
alcuni  di  loro  quel  gran  testo  evangelico :  Quaerite  primum  regnum 
Dei  et  iustiliam  ems,  et  haec  omnia  adiicientur  vobis.  Una  tentazione 
puo  ora  sedurre  alcuni ;  ed  e  di  farsi  prestare,  diremo  cosi ,  per  un 
momento,  le  coma  dal  Diavolo,  coll'intenzione  di  reslituirgliele  quan- 
do  sia  oltenuto  lo  scopo.  E  cosi  ci  pare  che  adoperino,  senza  forse 
accorgersene,  alcuni  che  noi  chiameremo  cattolici  diplomatic],  poli- 
lici,  utilitarii.  I  quali,  colla  relta  inlenzione  di  sincere  i  framassoni, 
si  servono  dei  mezzi  e  delle  idee  massoniche,  credendo  di  far  cosi  un 
bel  colpo.  I  framassoni  parlano  di  libertei  e  di  tolleranza.  Ed  ecco  al- 
cuni cattolici  far  loro  coro,  e  vantar  anch'essi  la  liberta  e  la  tolleranza. 
I  framassoni  non  finiscono  di  parlare  dei  grandi  principii  dell'  89  e 
del  gran  progresso  maraviglioso,  non  che  dei  diritti  imprescriUibili, 
della  sociela  moderna.  Ed  ecco  alcuni  cattolici,  credendo  di  far  bene, 


144  LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA 

gridar  piu  alto  dei  framassoni  la  innocenza  del  principii  dell' 8 9  e  le 
glorie  del  progresso  e  della  sociela  moderna.  Yituperano  i  framas- 
soni il  medio  evo?  Ed  essi  subito  \iiuperarlo.  Maledicono  all'  Inqui- 
sizione?  Ed  essi  subito  maledirla.  Lodano  essi  la  separazione  dello 
Stato  dalla  Chiesa?  Ed  essi  subito  lodarla.  Palpano  essi  il  popolo? 
Ed  essi  palparlo  piu  di  loro.  Credono  questi  cattolici  utilitarii  di 
disarmar  cosi  i  framassoni ,  ed  anzi  di  armarsi  delle  loro  armi.  Ma 
s'  ingannano.  I  framassoni  sono  ben  contenti  di  vedere  i  cattolici  far 
loro  coro  nel  lodar  il  male  e  nel  biasimare  il  bene.  Ouando  poi  s! 
yerra  al  punto  dell'operare,  quei  cattolici  s' accorgeranno  che,  lungi 
dall'  essersi  resi ,  come  essi  credono  e  come  ora  si  dice,  possibiU,  si 
saranno  resi  anzi,  piu  che  mai,  impossibili.  E  cio  perche  gli  uomini 
arnano  le  posizioni  nelle,  come  si  dice;  e  da  nessuno  si  rifugge  piu 
cue  da  coloro- che  o  non  hanno  ,  o  non  pare  che  abbiano  convinzioni 
chiare  e  ferme,  e  una  bandiera  di  colore  ben  dcterminato.  II  che  si 
yede  anche  nel  giornalismo.  Giacche  quali  sono  i  giornali  in  Italia 
e  fuori  che  hanno  piu  credito  e  piu  associati?  I  dubbii  forse?  I  con- 
cilialori  ?  Quelli  che  hanno  una  tinta  mezza  cattolica  e  mezza  libera- 
le?  No,  per  fermo.  Ouesti  sono  anzi  giornali  poco  noti  e  meno  letti. 
II  grosso  e  il  meglio  degli  associati  corre  ai  giornali  francamente  e 
schiettamente  catlolici. 

Mirino  i  cattolici  e  si  specchino  nel  loro  capo  e  padre  e  maestro , 
il  Sommo  Pontefice  Pio  IX.  Ouando  mai  egli  patteggio  coll'  errore 
per  voglia  di  amicarsi  gli  erranli?  Ouando  mai  fece  la  piu  piccola 
concessione  alle  esigenze  della  diplomazia  ,  o  della  sociela  moderna 
per  ottenerne  un  elogio  o  la  protezione  ?  Quando  mai  egli  rifuggi 
dall'  incontrare  qualunque  siasi  anche  piu  forte  odiosita,  per  iimore 
di  non  rendersi  forse  impopolare  ?  Per  difendere  un  bambino  ebreo, 
povero  e  abbandonato  da  tutli,  il  Sommo  Pontefice  Pio  IX  non  euro, 
ne  sla  curando  le  ire  massoniche  ,  o  siano  veslile  alia  democratica, 
o  alia  diplomatica,  o  alia  teatrale.  Non  risparmia  Egli  le  pubbliche 
ammonizioni  e  le  riprovazioni  ai  potenti  della  terra.  E  non  si  cura  di 
sapere  se  quei  potenti  son  quelli  che,  umanamente  parlando,  possono 
restituirgli  il  rubalo  o  rubargli  ancora  quei  che  gli  resta.  Anzi  tutto, 
il  dovere ,  la  verita ,  la  giuslizia.  Del  resto  non  si  prende  pensiero. 


LA  REAZIONE  CLERICALE  IN  ITALIA  liii 

Or  bene,  che  accade?  Accade  che,  avendo  il  So»rao  Ponlefice 
Pio  IX  cercato  appunto  anzi  tutlo  regnum  Dei  et  iusliliam  eius ,  il 
resto  gli  e  slato  aggiunto  in  misura  slraordi&aria. 

Solo  Ira  i  Principi  d'  Italia,  conserva  in  faccia  alia  framassoneria 
invano  fremente  il  suo  regno,  colla  speranza  ferma  e  ognor  piu  pro- 
Labile  di  riavere  il  perdulo.  Solo  e  ammirato  ed  encomiato  per  lutlo 
il  mondo,  come  il  sostegno  delle  vere  dollrine  e  la  rocca  ferma  con- 
tro  cui  si  spezzano  i  vani  flutti  degli  errori  e  delle  congiure  settarie. 
La  sua  polizia  e  onesta :  e  nonostante  questo  difelto,  che  renderebbe 
ridicola  quasi  ogni  altra  polizia  di  questo  mondo,  essa  riesce  sempre 
a  sventar  tutte  le  mene  dei  framassoni.  La  sua  diplomazia  e  sempre 
retta ;  e  nonostante  queslo  abuso  del  medio  evo ,  che  manderebbe  a 
fondo  in  due  giorni  moll!  Governi  d'Europa  ,  essa  e  rispettata  e  in- 
fluente  piu  di  qualunque  altra.  La  sua  prolezione  e  la  sua  ospitalila 
$  sempre  per  il  debole  e  per  1'  oppresso :  e  nonostante  questo  proce- 
dere  antipolitico ,  essa  trionfa  di  ogni  opposizione  e  di  ogni  impopo- 
larita,  Pio  IX,  privo  delle  sue  rendite,  paga  fedelmente  i  suoi  debit] . 
Questa  sua  lealla ,  compatita  dai  politic!  come  semplicila ,  invece  di 
impoverirlo ,  V  arricchisce  molto  piu  che  non  farebbero  i  venali  pat- 
teggiamenli  offertigli  dalla  umana  politica. 

Mirino  in  questo  faro  i  dabben  cattolici  erranti  nei  flulti  tenebrosi 
delle  idee  moderne  e  della  polilica  utililaria.  Si  persuadano  che,  vo- 
lendo  riuscire  alia  liberalesca ,  non  riusciranno  ne  come  cattolici  ne 
come  liberali.  Non  transigano  coll'  errore.  Non  concedano  nulla  alia 
politica,  Si  fidino  della  sola  verila.  Lodino  quella  sola  liberta  qua 
Christus  nos  liberavit.  Non  temano  1'  impopolarilL  Non  corrano 
dietro  gli  elogi  del  mondo  perverso.  Si  persuadano  che  Dio  e  la  sua 
Chiesa  non  hanno  bisogno  di  nessuno,  e  molto  meno  di  chi  vuol  di- 
fenderla  con  mezzi  troppo  umani.  Non  defensoribus  istis  tempus  egel. 
Non  cerchino  vanamente  illuminar  la  Chiesa  e  il  Papa.  La  Chiesa  ha 
il  suo  sposo  Cristo,  e  il  Papa  ha  il  suo  maestro  lo  Spirito  Santo.  Alia 
Chiesa  e  al  Papa  obbediscano.volentieri,  non  solo  nelle  cose  di  fede, 
ma  ancora  in  tutto  il  resto,  ove  il  loro  magistero  si  mostra  anche  indi- 
rettamente.  Subiuyaleintellectum  vestrum.  Cosi  solamente  si  former^ 
quell'unita  perfetta  e  santa  che  5  pegno  cerlissimo  del  trionfo  avvenire. 
Serie  Vt  vol.  XII,  fasc.  350.  10  30  Settembre  1864. 


ON 0 RIO  I.      ; 

SECONDO    IL   DOLLINGERi 


§.  v. 

Quanta  malamente  il  Dollinger  accusi  Onorio  di  avere  in  opera 
di  error e  oltrepassato  il  Tipo.  Esame  di  questo  documento. 

Nel  fatto  del  monotelismo  sembra  che  il  Dollinger  siasi  proposto  di 
acconciare  ad  Onorio  la  parte  piu  rea.  Ed  in  vero  si  spande  in  Orien- 
te  per  opera  di  suddoli  Prelali  la  pestilenza  della  eresia  monolelitica ; 
la  colpa,  secondo  il  Dollinger  e  di  Onorio,  perche  assent!  all'errore, 
perche  lo  predico  recisamente ,  perche  lo  sostenne  dalla  Sede  Ro- 
mana  colle  sue  leltere.  Muore  1'accusato  Pontefice,  ed  in  Coslantino- 
poli  si  promulga  1'empio  bando  imperiale  della  Ettesi,  dal  quale, 
come  da  munito  riparo,  e  saeltato  crudelmente  il  dorama  cattolico ;  e 
questo  ancora  si  pone  a  carico  di  Onorio ,  affermando  che  le  lettere 
di  lui  hanno  condotto  a  tanla  scelleralezza.  Venula  meno  all'  intento 
la  Etlesi,  s'immagina  )a  iniquita  del  Tipo,  ed  Onorio  perlasenten- 
za  del  Dollinger  oltrepassa  di  lunga  raano  la  tristizia  di  questo  se- 
condo ordigno  della  eresia.  In  somma  nella  promulgazione  e  nel 
rassodamento  dell'errore,  nella  nequizia  delT/Rfeft,  nella  empieta 
del  Tipo,  primeggia  sempre  la  opera  potente  di  Papa  Onorio.  Quanto 

1  Vedi  il  volume  precedents,  pag.  673  e  segg. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  147 

alle  due  prime  col pe,  gli  slrazii  fatli  allalogica,  gli  storpiamenti 
arrecali  ai  concelli  di  Onorio ,  e  gli  errori  presi  nel  giudicare  la 
dottrina  del  medesimo  sono  argomenli  piu  che  bastevoli  a  prova- 
re ,  che  esse  debbonsi  tenere  in  conlo  di  un  giuoco  di  rappresenta- 
zione,  iraposlo  con  somma  indegnita  ad  Onorio.  Procediamo  ollre  e 
Iroveremo  doversi  conchiudere  parimente  percio  che  gli  si  appone 
a  paragone  del  Tipo. 

Riferiamo  il  capo  di  accusa  colle  stesse  parole  dell'  Autore :  « II 
«  Tipo  non  ando  tan  to  ollre,  quanto  lo  scritto  di  Onorio;  poicM 
«  questo  si  dichiara  esplicitamente  per  1'errore  dell'wwa  volonta; 
«  laddove  il  Tipo  impone  soltanto  il  silenzio  sopra  lulta  la  qui- 
«  stiorie  1  ».  In  questa  sentenza  voi  avete  bensi  Onorio  percosso 
chiaramente  da  crudo  biasimo,  ma  non  la  conlroversia  rappresentata 
nella  debita  ampiezza.  Onorio  ,  come  leggesi  nelle  sue  lettere ,  ap- 
provo  e  confermo  1'ordine  del  silenzio  sopra  tutta  la  quistione.  II 
Dollinger  ne  qui ,  ne  altrove,  fa  cenno  di  quesla  circostanza.  Essa 
avrebbegli  dato  non  piccolo  impaccio,  in  quanto  il  ch.  Dottore  sa- 
rebbe  stalo  costrello  a  provarvi  da  un  lato,  Onorio  banditore  della 
eresia  monolelitica,  non  ostante  dall'altro  1'ordine  del  silenzio  impo- 
sto  dal  medesimo  e  la  protesta  di  non  definire  comechessia  la  qui- 
slione  insorta.  Tutto  questo  avrebbe  per  lo  manco  gittato  alcuna 
ombra  intorno  al  personaggio  di  piu  che  schietlo  monotelita ,  che  ii 
Do'llinger  volea  in  tutta  verila  far  giuocare  ad  Onorio.  Quello  che  per 
qual  che  siasi  motivo  fu  intralasciato ,  facciamo  noi.  Ecco  adunque 
in  qual  modo  vuolsi  esporre  nella  sua  interezza  1'accusa :  «  Onorio 
non  solo  pareggio  la  empieta  del  Tipo,  ordinando  il  silenzio  sopra 
la  quislione  dell'wwa  o  duplice  operazione,  ma  la  vinse  predicando 
esplicitamente  1'errore  MYuna  volonta  ».  Due  sono  i  punli  da  con- 
siderare  in  questo  concetto :  un'  eguaglianza  ed  una  disugitaglianza 
per  eccesso.  Laonde  trattandosi  di  eguaglianza  e  disuguaglianza , 
perche  la  wila  sprizzi  in  lulto  il  suo  fulgore ,  adoperiamo  come  i 


1  Der  Typus  ging  aber  nicht  so  welt,  als  das  Schreiben  des  Ilonorius, 
denn  wahrend  dieses  sich  ausdrucldich  fur  die  Lehre  von  Einem  Willen  er- 
kliirte,  gebot  der  Typus  bloss  schweigen  uber  die  ganze  Frage.  Pag.  136. 


148  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

matematici  quando  cercano  i  rapporli  di  piu  triangoli;  esaminiamo, 
cioe,  le  propriela  inlrinseche  del  discorso  del  Tipo  e  di  Onorio,  con- 
frontiamo  e  deduciaino  irrepugnabilmente. 

Pigliamo  in  primo  luogo  il  Tipo.  II  tenore  di  questo  decreto  impe- 
riale  e  in  senlenza  ii  seguenle  :  «  II  nostro  popolo  ortodosso  e  forte- 
niente  turbalo,  essendoche  altri  affermano  trovarsi  in  Crislo  una  vo- 
lonla  ed  una  operazione,  stante  la  unila  di  persona,  ed  altri  per  lo 
contrario  sostengono  avervi  due  yolonta  e  due  operazioni ,  allesa  la 
doppia  nalura,  divina  ed  umana.  Onde,  per  amore  della  pace  e  senza 
delrarre  al  domma,  ordiniamo  ad  ambedue  le  parli  di  non  metlere 
disputa  sopra  colale  quislione,  pena  la  degradazione,  il  bando,  la  con- 
fisca  ed  altre  condanne,  secondo  la  qualila  ed  il  grado  degli  inobbe- 
dicnli.  »  Tanto  senlenzia  Costante  autore  del  Tipo,  sedendo  giudice 
tra  le  due  parti  contendenli.  Nulla  diciamo  della  disonesla  ond'  e 
improntato  cosiffatto  divieto,  non  essendo  allro  che  un  sacrilego  at- 
tentato  dell'uomo  laico  contra  la  credenza  catlolica  a  cui  prescrive 
ia  legge ,  e  1'effetto  di  svergognata  suggestione  fatta  all'  Imperatore 
dal  primo  Prelalo  dell'  Oriente.  Non  e  questo  il  riguardo  sotto  del 
quale  lo  vogliamo  considerare.  Le  nostre  osservazioni  cadono  sopra 
la  giustizia  ed  il  domma. 

1.  Scorrendo  il  discorso  del  Tipo  Ti  si  affaccia  di  tratto  la  ini- 
quila  del  processo  in  tutta  la  sua  laidezza.  Che  fa  I'Aulorc  in  esso? 
Banna  le  due  parti  a  perpetuo  silenzio  intorno  alia  loro  contesa ,  e 
determina  le  pene  piu  gravi  conlro  chi  non  1'osserva.  E  queslo 
sopra  qual  fondamento  ?  Sopra  quel  dell'  arbilrio ;  dacche  proposti  i 
termini  della  causa  non  solamente  non  si  dibaltono  le  ragioni  del  pro 
e  del  contra ,  ma  nemmanco  se  ne  gitta  alcun  motto.  Una  sentenza 
che  venisse  pronunziata  da  qual  che  si  fosse  tribunale  con  questo 
procedimento ,  chi  non  la  riputerebbe  un  amarissimo  scherno  della 
giustizia,  anziche  un  atlo  della  medesima?  Cosi  e:  ed  il  Concilio  di 
Laterano  da  rilievo  a  tale  iniquila  e  ne  move  querela  1. 

1  Nam  siquidem  per  approbationcm  scripturae,  lioc  cst  patcrnae  doctri- 
nae,  reprehensibile  pariter  aut  laudabile  ulrumque  ostenderet,  bene  quidem 
ntique  fuissct  typus  expositus,  propter  utriusque  approbatam  per  spiritales 
seymones  reprchensionem ,  aut  per  spiritales  palrcs  utriusque  taciturnitalem 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  149 

2.  Pognamo  die  un  tribunale  conosca  oUimamenle  da  quale  dei 
due  conlendcnli  slia  la  ragione.  Non  commellerebbe  una  solcnnc  in- 
giuslizia ,  sc  nella  sentenza  li  pareggiassc  ?  Chi  ne  pu6  dubitare  ? 
Tant'  e  del  Tipo:  lo  testificano  i  Padri  del  Concilio  allegalo  1.  Ne  e 
difficile  ricavarlo  dai  documenli,  che  ancor  ci  rimangono  si  nelle  let- 
tere  e  nei  decreli  dei  Ponlefici,  come  negli  indirizzi  di  varii  sinodi  2. 
Valga  per  lutlo  il  fallo  istorico  dell'  essersi  i  monotelili  di  Costan- 
linopoli  trincerali  prima  nell'edillo  imperiale  dell'Ellesi,  e  poscia  con 
nuova  malizia  in  quello  del  Tipo,  perche  sire  Hi  da  ogni  banda  dalla 
forza  della  verila  3.  A  questo  atlo  di  conosciuta  iniquila  va  congiunto 
ancor  quello  della  piu  ribalda  tirannia ,  stanleche  si  voglia  aspra- 
menle  punita  la  parte  catlolica  nel  caso  che  professasse  apertamente, 
conforme  al  precello  dato  dal  Redentore,  il  domma  conlraslato.  Del 
che  non  e  a  dire  se  siansi  uditi  alti  lagni  jn  Laterano ,  come  di  una 
scelleratezza  sommamenle  abbominevole  4. 


definiens,  ant  e  contrario  pro  eorum  laudabilitate  utriusque  professionem. 
Si  autcm  nihil  horum  penilus  demonstramt ,  sed  taciturnitati  pariter  pcrhi- 
buit  unam  ant  duas  dicere  in  Christo  Deo  operationes  et  vohtntates,  sufficit 
nobis  patriarchae  voce  serenissimum  Principem  alloqui,  etc.  MAASI,  Coll. 
Cone.  T.  X,  col.  1034. 

1  Eaec  autem neque  ipse  Paulus,  neque  hi  qui  cum  eodem  scntiunt, 

Cyrus,  Pyrrlms,  et  Sergius  cogitaverunt  ad  refraenalionem  aut  correctionem 
suorum  malorum,  pro  nihtlo  habentcs,  cum  omni  liccntia  divina  catholicae 
Ecclesiae  mysteria  deludere,  et  contra  patcrnas  traditiones  absque  limore 
inccdere,  ac  si  eorum  sit  in  potestate  ct  esse  ct  non  esse  nostrae  salutis 
cvangelium.  Ibid.  col.  1035. 

2  Cf.  Apologtam  HONORII  ad  Constantinum  Imp. ;  Epist.  TIIEODORI  Pont, 
ad  Paulum  Ep.  Cp.;  Libr.  diurnum  PP.  et  Cone.  Later.  Seer.  II. 

3  Veracitcr  sicut  de  eo  (Paulo  Palriarcha  Cp.)  suggestiones  ct  accusalio- 
ncs  pronunciant  et  incipiens  acriter  novitatem  (Ecthcsim)  defendere  studuit, 

ct  perfitiens  DOLOSE  typum  fieri  persuasit Qui  dcrelinqucntcs  catholicae 

Ecclesiae  paternas  synodalesque  dcfinitiones  ac  scrmones  ad  sacculares  ty- 
pos CALLIDE  proper  a  vcrunt,  pariter  quidcm  tarn  suam  obcclantes  perfidiam 
quamque  aliisinique  irrogantes  qucrelas.  MAKSI,  Coll.  Cone.  T.  X,  col.  1018. 

4  Nullo  modo  oportet  contra  cos  qui  minime  dcnegant  pariter  utrumque, 
id  est,  unam  aut  duas  dicere  in  Christo  operationes  et  wluntatcs,  sine  di- 
scretione  indignalionem  infligerer  sed  iuste  contra  cos  tantummodo  hanc 


150  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

3.  Insieme  coi  dirilti  dei  contendenli  e  gravemente  offesa  anche 
la  fede.  Difatto  se  osservate  il  Tipo  dal  lato  della  teorica,  esso  vi  pa- 
reggia  la  eresia  al  domma,  dispetta  la  tradizione,  calpesla  1'autorila 
contraria  dei  Concilii :  se  invece  lo  mirate  dal  lalo  della  pratica,  es- 
so contraddice  alia  Scritlura,  la  quale  ordina  di  avversare  sollanto  il 
male  e  non  mai  il  bene ;  va  contro  all'  insegnamento  dell'  Aposlolo, 
il  quale  vuole  1'esercizio  di  una  pura  credenza  senza  mischianza  di 
errore ;  non  cura  il  precelto  di  Cristo ,  il  quale  ha  inlimato  di  con- 
fessare  e  sostenere  ad  ogni  patto  i  dommi  rivelati  l. 

1.  No  vale  il  dire,  che  nel  Tipo  non  si  nega  il  domma,  ma  sol  tan- 
to  si  vieta  di  parlarne  in  pubblico  e  cio  per  amore  della  pace.  Giac- 
che,  come  saviamente  rispose  S.  Massimo  al  Vescovo  Teodosio,  il  di- 
vietare  la  professione  di  un  domma  torna  a  un  medesimo  che  negar- 
lo.  Tanto  piu  che  nel  casp  presenle,  proibendosi  il  soslenere  la  du- 
plice  volonla  e  la  duplice  operazione  in  Cristo,  si  veniva  a  corrompere 
e  ad  annientarc  lutto  intero  il  mislero  delia  Incarnazione  2. 

5.  A  questo  Tuolsi  aggiungerc,  come  ultima  cagione  di  quel  som- 
mo  abbominio  in  che  e  da  lenersi  il  Tipo,  la  pertinacia  erelicale  on- 
de  proviene.  Quel  Paolo  Patriarca  diCostantinopoli,  che  lo  immagi- 
no  e  suggeri,  venne  a  tanta  nequizia  dopo  di  essere  stato  ammonito 
e  corrcllo  benignamente  dai  Papi  in  iscritto  ed  a  voce  per  mezzo 
degli  apocrisiarii,  e  corifortato  dalle  leltere  sinodali  dei  Vescovi  afri- 

proferre,  qul  non  confitcntur,  quas  probctbilcs  Ecclesiae  pains  con/iten- 

tur qvflniam  omnino  est  inconveniens  cathollcae  Ecclesiae  reyulac,  in 

qua  utiquc  adversa  tantummodo  iiibcntur  merilo  sepcliri  silenlio:  non  cnim 
orthodoxa  cum  contranis  confitcri  omnino,  aut  quoquomodo  dencgare. 
Ibid.  col.  1034. 

1  Vedi  le  osservazioui  fattc  dai  Padri  del  Concil.  Later,  sopra  il  Tipo ;  il 
Canone  XX,  uel  quale  si  pronunzia  la  condanna  dello  stesso,  e  S.  MASSIMO, 
in  relations  motionis  in  Secretario. 

2  Kal  sTira?*    OOx.  avatfsotv  TWV  ispwv  TUTTO;  9wvwv ,   aXXa  aicoTTr, ,   tva  TT.V  stprjVYiV 

oi"xovoaxawa£v.  Kal  slircv'   "Ecn  T^apa  Tr,  Osia  Fpaovi  (nwir/i  y.at  avaipsat; IIoo- 

^pavwc  TO  X.KT'  aurov  oXov  v&6cUct  a'jarrv'piov ,  6  [xvj  6ac).:*^wv  aurov  slva*.  07:sp  ian 

TWV  -poGo'vTwv  a'jTw  xa6'  Ix.arspov,  lv  d;  7£  y.al  CXTTSP  ia~i,  TTSWT 

•roiv.  In  relatione  cit. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

cani  a  professare  la  verila  catlolica  1.  Ci  e  pervenula  una  sua  epi- 
stola  a  Papa  Teodoro  e  trovasi  negli  alti  del  Concilio  di  Laterano, 
nella  quale  non  si  sa  se  debbasi  dare  il  primo  luogo  alia  petulanza, 
o  alia  ipocrisia,  od  alia  caparbiela,  con  che  sosliene  il  suo  errore.  I 
Padri  del  Concilio,  a  cui  si  lesse ,  ne  furono  stomacati  2.  Ecco  la 
sozza  origine,  donde  sorse  il  Tipo ! 

Raccogliendo  ora  il  risultalo  del  nostro  esame,  abbiamo  iniquity 
nella  forma,  iniquilSt  nella  sentenza,  empiela  erelica  nella  sostanza  e 
perlinacia  profondaraenle  radicata  nell'errore,  quali  note  o  propriela 
particolari  del  Tipo.  Onde  qual  meraviglia,  che  da  S.  Massimo,  dai 
Padri  del  Concilio  di  Laterano  e  da  Papa  S.  Martino  esso  \enga 
detestato  quale  scrilto  empissimo,  quale  conato  pin  scelleralo  del- 
f  Ettesi  contro  la  fede,  quale  nefanda  bestemmia ,  quale  annienta- 
mento  della  credenza  catlolica  3?  Un'opera  colanlo  moslruosa  e  ben 
meritevole  di  lutti  questi  nomi  e  di  altri  somiglianti. 


VI. 


Paragonala  la  sentenza  di  Onorio  con  quella  del  Tipo,  si  conchiude, 
esser  la  prima  il  contrapposlo  della  seconda. 

Venendo  ora  agli  scrilti  di  Onorio  ,  eliminiamo  in  prima  la  dis- 
uguaglianza  per  eccesso ,  ossia  1'  accusa  che  Onorio  abbia  vinlo  in 
malignila  il  Tipo,  predicando  esplicitamente  una  volonta  in  Cristo. 

.  1  Ecce  igitur  ut  lam  fati  sumus  per  ca  quae  scripsit,  m&nifestavit,  quo~ 
nlam  canonice  admonilus  est,  tarn  per  apostolicas  praeceptiones,  quamque 
per  reverendissimos  apocrisiarios  summac  sedis  vestrae.  MANSI,  loc.  cit. 
col.  1027.  Cf.  et  Epistolam  Episcop.  Africae,  col.  930. 

2  Ibid.  1027. 

3  Et  non  sohim  hoc  facere  nullatenus  voluerunt:  sed  et  nunc  successor  eius 
Paulus,  temerator  fidei,  episcopus  Constanlinopolilanus,  allud  nequiiis  exco- 
gitamt  in  praehidicium  catholicae  fidei  conamen,  quasi  quae  a  decessoribus 
suis  haeretice  exposita  fuerunt  dcstruens;  et  imperialem  typum,  sacrilego 
ausu,  totius  plenum  per fidiae,  a  dementissimo  principe  nostro  fieri  persuasit, 
in  quo  promulgatum  estf  ut  omnes  populi  Christiani  credere  debuissent.  Cos! 
il  Papa  S.  Martino  in  epist.  ad  Amandum  Episc.  Traiectensem. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

Essa  e  affare  di  conto  si  lieve  che  si  disbriga  ia  poche  parole.  Ab- 
biamo  dimostrato  nel  paragrafo  secondo  che  il  Dollinger  prese  nel 
senso  di  unica  volonta  divino-umana,  quella  che  nel  concetto  di 
Onorio  non  e  che  la  volonta  umana  in  Cristo.  Piu,  riel  paragrafo  ter- 
zo  abbiamo  fatto  vedere,  che  1'  errore  del  Dollinger  e  in  gran  parte 
originate  dall'  aver  lui  confuso  il  simpliciter  velle  col  tali  modo  velle. 
Adunque  questa  accusa  e  assolutamente  priva  di  fondamento.  Pas- 
siamo  all'  ultra  della  eguaglianza  in  opera  di  reita,  che  si  suppone 
tra  1'ordine  del  Tipo  e  quello  che  incontrasi  nella  leltera  di  Onorio. 
A  chi  senza  idea  preconcetta  legge  il  discorso  di  Onorio,  sfolgora 
tanto  vivace  la  equita  del  processo  e  la  giustezza  della  conchiusione, 
quanto  rileva  e  spicca  la  iniquila  e  la  ingiustizia  per  1'uno  e  Kaltro 
rispetto  nel  Tipo.  Onorio  pone  il  principio,  vi  discorre  sopra  e,  se- 
condo il  ragionato,  deduce  le  conseguenze.  Egli  piglia  la  voce  ope- 
razione  od  eneryia,  siccome  abbiamo  provato  altrove  e  il  Dollinger 
loconsente,  nel  significato  di  opera  estrinseca  dell'individuo.  Onde- 
che,  avendovi  molle  e  svariate  maniere  di  opere  estrinseche  indivi- 
duali,  rettamente  inferiscc,  1.°  esser  vano  il  disputare,  se  propter 
opera  divinitatis  el  humanitatis  debbano  dirsi  derivate  una  o  due 
operazioni:  2.°  non  avervi  canone  di  Concilio,  che  lo  defmisca,  anzi 
la  Scrittura  insegnare  il  conlrario.  Cio  posto,  apparendo  per  Tuna 
parte  nuovo  1'  uso  della  voce  una  o  duplice  operazione,  e  per  T  altra 
potendo  riuscire  di  scandalo  ai  semplici ,  in  quanto  sotto  il  nome  di 
duplice  operazione  avrebbono  potulo  inlendere  1'errore  della  duplice 
personalila  in  Cristo  predicate  da  Nestorio,  e  sotio  quello  di  una  ope- 
razione, 1'altro  della  unita  di  natura  sostenuto  da  Euliche,  conchiu- 
de  doversi  dismetlere  cotali  voci  per  cessare  le  perlurbazioni  e  gli 
scandali ,  che  da  tal  novila  sarebbono  cagionati  nella  Chiesa.  Che 
Ve  da  riprendere  in  queslo  discorso,  sia  nel  suo  processo  logico, 
sia  nelle  sue  conseguenze  teoriche  o  pratiche?  Pigliando  il  vocabolo 
operazione  nel  senso  datogli  da  Onorio,  esso  corre  si  limpido  e  dirit- 
to,  che  nulla  piu.  La  voce  una  e  duplice  operazione,  egli  dice,  non 
avendo  in  suo  pro  alcuna  definizione  di  Concilii,  e  standole  piultoslo 
contro  1'autorita  della  Scrittura  e  1'uso,  riesce  per  giunla  nuova  e  di 
rischio  alia  fede.  Adunque  non  si  adoperi :  pognamo  che  non  disdica 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  153 

in  grammalica  il  ridurrc  le  operazioni  eslrinseche  di  Cristo  AYunita 
in  riguardo  della  persona  onde  Iraggono  la  individuazione,  ovvero 
alia  duplicita  per  rispetlo  della  doppia  qualila  or  divina  ed  ora  uma- 
na ,  che  moslrano  secondo  die  provengono  dalla  divinita  inabitante 
in  Cristo  o  dalla  umanita  assunta  dal  Verbo ,  e  che  in  queslo  senso 
da  qualche  scriltore  siano  slate  usate  tali  voci ,  parendogli  di  espri- 
mere  viemeglio  il  suo  concetto  1.  Esaminate  pure  quanto  volete  que- 
sto  decreto ;  sempre  vi  comparira  splendida  colla  giustizia  della  for- 
ma la  equil^t  dell'  ordine  irnposto  :  giacche  prima  di  sentenziare  si 
pesano  le  ragioni  delle  due  parti ,  e  non  si  viene  al  divieto  priraa  di 
averne  librato  la  onesta  e  la  convcnienza  dell'  imporlo. 

Ne  dubitate  che  pel  silenzio  ordinato  ne  scapiti  il  domma.  La  dol- 
trina  di  Onorio  si  accorda  pienamente  con  quella  del  Concilio  di  Cal- 
cedonia,  rovesciata  dal  Tipo.  Facciamone  in  prova  un  breve  confron- 
to  circa  il  punto  da  noi  disputato :  Sequentes  sanclos  patres,  definisce 
il  Concilio  citato,  confileri  docemus. . . .  unum  eumdemqiie  Christum 
filium  Dominwn  unigenitum  in  duabus  naturis  inconfuse,  immutabili- 
ter,  indivise,  inseparabiliter  agnoscendum,  nusquam  sublata  natura- 
rum  differentia  propter  unitionem,  magisque  salca proprietate  utrius- 
que  naturae,  etin  undm  personam  alque  subsistenliam  concurrenie  %. 
Un  solo  Cristo  in  due  nature,  niuna  mischianza  sostanziale  o  permu- 
tazione  di  queste,  interezza  delle  proprieta  dell'una  e  dell'  altra  con- 

1  Non  oportet  ad  dogmata  ecclesiastica  retorquerc,  quac  neque  synodales 
apices  super  hoc  examinantes,  neque  auctoritatcs  canonicae  visae  sunt  ex- 
planasse,  ut  unam  vel  duas  energias  aliquis  praesumat  Chris ti  Dei  praedi- 
care;  quas  neque  evangelicae  vel  apostollcae  litterae,  neque  synodalls  exa- 
vninatio  super  Ms  habila  visae  sunt  terminasse:  nisi  fortassis,  sicut  prae- 

fati  sumus,  quidam  aliqua  balbutiendo  docuerunt Nos  enim  non  unam 

operationem  (energiam)  vel  duas  Dominum  lesum  Christum,  ciusque  San- 
ctum Spiritum  sacris  lilleris  percepimus,  sed  MULTIFORMITER  cognoscmtts 
operatum.  —  Et  nos  quidem  secundum  sanctiones  divinorum  eloquiorum 
oportet  saperc,  vel  spirare,  ilia  videlicet  refut.mtes,  quae  quidem  novae  vo- 
ces noscunlur  sanctis  Dei  Ecclesiis  scandala  gcnerarc,  ne  parvuli  aut  dua- 
rum  operationum  vocabulo  offensi,scctantcs  Nestoridnos,  nos  vesana  sapere 
arbitrcntur:  aut  eerie  si  rursus  unam  operationem  Domini  nostri  lesu  Chri- 
sli  fatcndam  csse  censuerimus,  stulta  Eutychianistarum  attonilis  auribus 
dementiam  fatcri  putaremur.  Epist.  I. 

2  MANSI,  Coll.  Cone.  T.  VI. 


154  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

correnli  in  una  sola  persona :  ecco  la  professione  di  fede  promulgafa 
in  Calcedonia.  Ne  si  trova  punto  dissomigliante  quella  predicata  da 
Onorio.  Confileri  debemus,  egli  scrive  nella  seconda  leltera  a  Sergio, 
utrasque  naturas  in  uno  Christo  unilate  naturali  copulatas  (eccovi  un 
solo  Cristo  in  due  nature),  cum allerius  communions  operantes,  et  di- 
vinam  qiiidem  quae  Dei  sunt  operantem ,  et  humanam  quae  carnis 
sunt  exequentem  ( eccovi  salvata  la  proprieta  dell'una  e  deH'allra 
natura  in  una  sola  persona )  non  divise,  neque  confuse,  aut  conver- 
tibiliter  Dei  naturam  in  hominem  et  humanam  in  Deum  conversam 
edocentes,  sed  naturarum  differentiam  integram  confitentes  ( eccovi 
la  integrita  delle  due  nature  senza  miscbianza  sostanzitle  o  permu- 
tazione  dell'una  neH'altra}. 

Ne  si  dica,  che  nel  Tipo  ancora  si  fa  solenne  professione  del  dom- 
ma ,  quando  nel  fatlo  si  annienta.  Imperocche  indicandosi  nel  Tipo 
per  la  voce  operazione  od  energia,  la  propriela  intrinseca  delle  na- 
ture, di  cui  favella  il  Concilio  mentovalo,  e  chiaro  che,  divietandosi 
poscia  il  professarne  la  credenza ,  si  viene  con  turpe  conlraddizione 
a  togliere  di  mezzo  quel  domma  che  diceasi  voler  salvo.  Non  cosl 
Onorio  ;  avendo  egli  preso  la  voce  energia  nell'  altro  significato  di 
operazione  individuate ,  polea  francamente  e  senza  la  menoma  con- 
traddizione  proibire,  che  in  questo  senso  si  predicasse  la  una  o  la 
duplice  energia,  in  quella  che  asseriva  doversi  confessare  in  Cristo 
la  interezza  della  proprieta  inlrinseca  dell' una  e  dell'altra  natura. 
La  ragione  e  di  per  se  evidenle,  essendo  lecitissimo  in  logica  affer- 
mare  e  negare  un  predicate  intorno  ad  un  medesirao  soggelto  soito 
riguardi  soslanzialmerite  diversi. 

Passiamo  dallo  scrillo  alia  persona.  Se  giudicanclo  a'  fatti ,  dove- 
le  condannare  il  consigliatore  del  Tipo  quale  astuto  ed  arrabbiato 
erelico ;  per  lo  contrario  la  equita  domanda  che  abbiate  Onorio  in 
conlo  di  uomo  acceso  di  grande  zelo  per  la  purezza  della  fede  e  per 
la  unita  cattolica ,  ed  in  istirna  di  savio  conoscitore  dei  dommi  san- 
citi  dal  quarto  e  dal  quinlo  Concilio  ecumenico  ed  annullali  dai  mo- 
notelili  col  loro  errore.  Lo  scisma  dell'  Islria ,  occasionalo  dalla 
condanna  dei  Ire  Capiloli  e  spento  merce  la  dottrina  e  la  saviezza 
di  Onorio,  dopo  settant'anni  di  durata ;  la  pubblica  slima  fti  Roma 
che  dicealo  dopo  morte  emulatore  di  S.  Gregorio  Magno  per  virtu 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  155 

e  per  sapere  1 ;  la  commendazione  del  domma ,  e  la  ferma  volonta 
di  conservarlo  inlalto ,  esprcssa  in  parecchi  luoghi  delle  leltere  ac- 
cusate,  ce  ne  pongono  la  prova  piu  lampante.  Di  qui  una  doppia 
ragionevole  conseguenza,  vale  a  dire,  la  necessita  di  dare  una  sana 
interpretazione  a'  suoi  scritli,  se  pure  vi  occorresse  qualche  concetto 
oscuro,  e  la  certezza  che,  durante  la  sua  vita,  non  si  ebbe  il  meno- 
mo  sospetlo  di  qualche  suo  errore  formale  o  maleriale  in  fede,  co- 
mecche  fra  la  data  delle  due  lellere  a  Sergio  e  la  sua  morte  fosse 
corso  lo  spazio  di  circa  qualtro  anni. 

Da  do  che  abbiamo  sin  qui  ragioualo  non  e  mestieri  il  dire  qual 
sia  il  risultato  del  nostro  esame.  I  lettori  1'  harmo  dinuanzi :  iniqui- 
ta,  eresia,  furba  pertinacia  nel  Tipo  ;  equita,  giuslezza  di  ragioni, 
professione  indubitata  del  domma  nelle  letlere  di  Onorio.  Ecco  le 
qualita  dei  due  document!  tolti  ad  esaminare !  Giudichisi  ora,  se  la 
dottrina  di  Onorio  vinca  in  nequizia  il  Tipo,  oppure  se  il  Tipo  non 
sia  un  reissimo  contrapposto  della  medesima.  Ma  essendo  vero  che 

Segnius  irritant  animos  quae  sunt  demissa  per  aures, 
Quam  quae  sunt  oculis  subiecta  fidelibus; 

1  Le  belle  doti  e  gli  egregi  fatti  di  Onorio  si  trovano  espressi  nella  se- 
guente  epigrafe,  posta  sopra  il  suo  sepolcro  : 

Pastorem  magnum  laudis  pia  praemia  lustrant 

Qui  functus  Pctri  hac  vice  summa  tenet; 
E/fulgit  tumults  nam  pracsul  Honorius  istis 

Cuius  magnanimum  nomen  honorque  manet. 
Sedis  apostolicae  meritis  nam  iura  yubernans 

Disperses  revocat,  optima  lucra  refert, 
Utque  sagax  animo  divino  in  carmine  pollens 

Ad  mtam  pastor  duccre  nomt  ovcs. 
Histria  nam  dudum  saevo  sub  schismate  fessa 

Ad  statuta  patrum  tcque  moncnte  redit 

Quern  doctrina  polens,  qucm  sacrae  regula  vitae 

Pontificum  paritcr  sanxit  habere  dccus, 
Sanctiloqui  semper  in  te  commenta  magistri 

Emicuere  tui  lamque  fecunda  nimls. 
Namque  Grcgorii  lanti  vestigia  iusti 

Dum  sequeris  cupiens  et  meritumque  geris, 
Aeternae  lucis  Christo  dignante  perennem 

Cum  patribus  sanctis  posside  iamque  diem 


156  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

poniamo  di  fronte  1'uno  all'altra.  II  divieto  in  quello  ed  il  comando 
in  questa  circa  la  professione  di  uno  stesso  domma  rendera  sensibil- 
mente  manifesta  la  mostruosa  contraddizione ,  in  che  si  trovavano 
gli  uomini  di  Costanlinopoli  colla  credenza  cattolica  per  rapporto  ad 
Onorio. 


Divieto  del  Tipo 

Cognoyimus  in  multa  perturba- 
tione  esse  nostrum  orthodoxum  po- 
pulum,utpote  dicentibus  quibusdam 
(i  monoteliti )  unam  Yoluntatem  in 
dispensatione  raagni  Dei  et  salvato- 
ris  nostri  lesu  Christi  et  eumdem  ip- 
sum  operari  divina  et  humana ;  aliis 
autem  dogmatizantibus  (i  cattolici) 
duas  yoluntates  et  duas  operationes 
in  eadem  dispensatione  incarnati 
Verbi:  et  illis  quidem  in  satisfactio- 
ne  propter  unam  personam,  esse 
dominum  nostrum  lesum  Christum 
in  duabus  naturis  inconfuse  et  indi- 
yise  yolentem  et  operantem  (ecco 
Verrore  monotelico  che  attribuisce 
la  virtu  naturale  del  volere  e  dell'o- 
perare  alia  persona) :  aliis  autem 
propter  convenientes  naturas  indivi- 
se  in  ipsa  una  pepsona,  et  ut  salve- 
tur  et  maneat  earum  differentia  se- 
cundum  naturas,  eumdera  ipsum  u- 
num  Christum  naturaliter  operari 
divina  et  humana  (eccovi  la  verita 
cattolica  che  da  la  virtu ,  o  la  ope- 
razione  alle  nature  e  I'uso  alia  per- 
sona). Quapropter  sancimus,  nobis 

subiectos non  habere  licentiam 

inyicem  a  praesenti  de  una  yolun- 
tate  aut  una  operatione,  aut  duarum 
operationum  qualemcumque  prefer- 


Comando  di  Onorio 

Ceterum  quantum  ad  dogma  ec- 
clesiasticum  pertinet ,  quae  tene- 
re,  yel  praedicare  debemus  propter 
simplicitatem  hominum ,  et  ampu- 
tandas  inextricabiles  quaestionum 
ambages,  sicut  superius  diximus, 
non  unam  yel  duas  operationes  in 
mediatore  Dei  et  hominum  definire, 
sed  utrasque  naturas  in  uno  Chri- 
sto  unitate  naturali  copulatas,  cum 
alterius  communione  operantes  at- 
que  operatrices  confiteri  debemus : 
et  diyinam  quidem,  quae  Dei  sunt, 
operantem :  et  humanam ,  quae 
carnis  sunt,  exequentem  (eccovi  due 
operazioni  o  virtu  attive  secondo  il 
numero  delle  nature  giusta  la  cre- 
denza cattolica,  ed  il  comando  di 
professarle) . 

Pro  una  quam  quidam  dicunt,  o- 
peratione  ,  oportet  nos  unum  ope- 
ratorem  Christum  dominum  in  u- 
trisque  naturis  yeridice  confiteri 
( I'uso  delta  virtu  naturale  predica- 
to  della  persona) :  et  pro  duabus 
operationibus....  ipsas  potius  natu- 
ras, id  est,  diyinitatis  et  carnis  as- 
sumptae  in  una  persona  unigeniti 
Dei  Patris,  inconfuse,  indiscrete  at- 
que  incontroyertibiliter  nobiscum 
praedicare  propria  operantes  (eccovi 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  157 

re  allercationem ,  ant  contenlionem    di  huovo  il  comando ,  e  ribadita  la 
aut  rixam  (ecco  il  divieto)  '.  verita  che  le  nature  hanno  la  pro* 

pria  operazione)  2. 

II  Tipo  distingue  in  termini  recisi  la  dottrina  eretica  dalla  catloli- 
ca ,  e  con  quel  suo  sancimus  non  habere  licentiam  vieta  la  confes- 
sione  tanto  dell'una,  quanto  dell'altra.  Onorio  per  1'oppostoreca 
soltanto  il  domma  calto'lico,  ed  ordina  colle  gravi  parole  confiteri  de- 
bemus,  oportet-  veridice  confiteri,  nobiscum  praedicare,  che  il  mede- 
simo  si  profess!  altamente  da  ognuno.  Non  vuole  che  si  adoperino 
le  voci  una  o  duplice  operazione,  ma  abbiamo  gia  veduto  in  qual 
senso.  Non  parla  della  doppia  virtu  voliliva ,  perche  nella  lettera  di 
Sergio,  a  cm  rispondeva ,  la  questione  era  mossa  direltamente  circa 
la  unita  di  operazione,  unum  existit  capitulum  de  UNA  OPERATIONS 
Christi  magni  Dei  et  salvaloris  nostri :  Sophronius  contradixit  ad 
VNWS  OPERATIONS  capitulum  i  senza  che  1'atto  del  volere  e  com- 
preso  da'  Greci  sdtto  la  voce  generica  energia  3.  Adunque  il  Tipo 
\1eta,  comanda  Onorio  :  quello  confonde  la  verila  colla  menzogna , 
questi  le  dispaia :  e  percio  quanto  e  perverso,  erelico  ed  ipocrita  il 
primo ;  tanto  e  retlo,  catlolico  ed  esplicito  il  secondo. 


VII. 


Un  entimema  ed  uri  asserzione  del  Dollinger.  Si  dimostra  come 
luno  e  lallra  pecchino  di  falsita  per  confusione  di  concetti  nel 

loro  autore. 

i 

II  Dollinger  tornando  alle  prese  non  \i  dimostra  Terrore  di  Ono- 
rio, sia  citando  le  parole  di  questo  e  quel  trallo  delle  sue  lettere  a 
Sergio,  sia  paragonando  la  doltrina  dello  stesso  Pontefice  con  quella 
dell'  Ettesi  e  del  Tipo.  Pigliata  un'altra  yia,  \i  propone  il  discorso 
che,  secondo  lui ,  trasse  il  povero  Papa  al  monotelismo,  acconcian- 
dogli  in  bocca  il  seguente  entimema :  «  E  uno  colui  che  yuole ;  dun- 

1  MANSI,  T.  X,  col.  1031. 

2  Ibid.  T.  XI. 

3  At  manuum  opera  ct  velle  et  dicere:  Yolo,  mundare,  humanitatis  ipsius 

(Tttt 


153  ONORIO  I.  SECONDO  IL  BuLLIN&ER 

que  in  Cristo  evvi  una  volonta  sola :  giacche  la  volonta  e  appartenen- 
za  della  persona  e  non  delle  nature  1.  »  Ma  questo  argomento  e  fie- 
ramente  magagnato  sotto  piu  riguardi.  II  Dollinger  in  pruova  di  esso 
cita  in  genere  la  seconda  lettera  di  Onorio  a  Sergio,  e  due  altre  so- 
miglianli  iriviate  a  Giro  ed  a  Sofronio,  nella  medesima  soltanto  men- 
zionate.  Eppure  chi  lo  crederebbe?  in  queslo  documento  non  s'in- 
conlra  nemmanco  la  voce,  volonla.  Ciononostante  si  cita  quale  fonda- 
mento  deH'enlimema  1  Sc  non  si  narla  della  volonta,  si  potrebbe  sog- 
giungere,  ragionasi  distesamenle  della  operazione.  L'  atto  della  vo- 
lonta non  e  egli  compreso  nel  concetto  di  energia  od  operazione? 
Oltimamente:  e  perehe  non  avvertirne  il  leltore?  Lalealtalorichie- 
deva  per  torgli  la  credenza  insinuata  dalla  citazione,  cbe  Targomen- 
to  proposto  si  trovasse  in  termini  nel  documenlo  nominate ,  quando 
invece  esso  e  ca\7ato  da  voce  erroneamente  intesa ,  come  vedremo 
poco  appresso.  Intanto  domandiamo  :  per  qual  motivo,  o  sopra  quale 
fondamenlo  il  ch.  Dottore  invoca  a  suo  pro  cotesta  letlera?  Onorio 
confessa  pure  altarnenie  in  essa ,  che  le  due  nature  in  Crislo  sono 
OPERAXTES  et  OPERATRICES:  ne  contento  di  aver  cio  confessato  una 
volta,  torna  a  ripetere,  che  oporlet  praedicare  duas  naluras  id  est, 
divinilalis  et  carnis  assumptae  in  PERSONA  unigeniti  Dei  Palris  pro- 
pria  OPERANTES.  Di  cosiffatta  confessione  non  esce  egli  spontanea 
la  conseguenza:  dunque,  secondo  Onorio,  e  la  natura  cbe  ha  la  \1rlu 
dell'operare,  nella  persona  del  Verbo,  e  non  viceversa;  dunque  egli 
dice  tullo  1'  opposto  di  cio,  cbe  gli  fa  dire  il  Doliinger  nel  suo  enti- 
mema?  La  cosa  parla  da  se. 

Ma  come  accadde  la  citazione  di  un  documento  si  poco  a  propo- 
sito  ?  Fu  egli  inavverlenza  ?  Fu  cieca  imitazione  di  allri  ?  Fu  infe- 
delta?  Niuna  di  queste  supposizioni.  Se  non  vogliamo  soslenere  la 
somma  improbabilita  che  egli  abbia  citato  il  documento  a  fidanza 
senza  averlo  letto,  cio  che  gli  porse  la  ragione  del  suo  entimema, 
fu  la  seguente  sentenza  di  Onorio ,  proposta  ripelutamente  sotto  va- 

1  Vielmehr  war  sein  Schluss  und  die  Ursachc  seines  Intlmms  Imrz  aus- 
gedruckt  diese.  Ein  Wollender,  also  auch  Bin  Wille;  denn  der  Wille  ist 
Sadie  dcr  Person  und  nicht  der  Naturen.  Honorms  hatte  im  gleichen  Sinne 
noch  einmal  an  Sergius,  so  wie  an  Cyrus  und  Sophronius  geschricben. 
Pag.  134. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  D6LLINGER 

rie  forme  di  parole  :  Oportet  nos  unum  operalorem  Christum  Do- 
minum  nobiscum  in  utrisque  naluris  veridice  confiteri.  Piu  sotto  : 
Unum'  Christum  Dominum  nobiscum  in  utrisque  naluris  divina  vet 
humana  praedicent  operantem.  La  medesima  si  legge  nella  prima 
lettera  :  Quia  Dominus  lesus  Christus  Fitius  et  Verbum  Dei,  per 
quern  facta  sunl  omnia  ,  ipse  sit  unus  ed  idem  operans  divina  et 
humana  plene  ,  sacrae  litterae  luculenter  demonstrant  ;  ed  in  fine 
della  stessa  ;  hortantes  vos  ____  ut  unum  nobiscum  Dominum  lesum 
Christum  Filium  Dei  vim,  Deum  verissimum  in  duabus  naturis 
operatum  divinilus,  atque  humanitus,  fide  orlhodoxa  et  imitate  ca- 
tholica  praedicelis.  In  queste  senlenze,  disse  il  Bellinger,  si  parla 
apertamenle  della  persona  ;  dunque  Onorio  mette  nella  persona  la 
operazione  od  energia.  Con  tale  persuasione  in  capo,  eccovelo  por- 
re  in  bocca  di  Onorio  I'enUmema  sopra  riferito,  senza  avvedersi  del 
gravissimo  abbaglio  che  prendeva. 

In  questo  fatlo  e  uopo  aver  limpidi  concetti.  Percio  giova  distin- 
guere  col  Damascene  il  vario  senso  delle  voci  ,  operazione  ,  opero- 
so,  opera  odeffetto,  operante.  Operazione  (evspvsia)  significa  la 
virtu  efficace  e  sostanziale  della  natura:  operoso  (Ivsp^abv)  la 
stessa  natura,  donde  sgorga  cotale  ^7irtu  :  opera  od  effetto  (ivi^wz} 
1'alto  compito  merce  della  energia  ;  operante  (  Ivsp^wv  )  chi  si  vale 
della  medesima  in  ordine  all'atlo,  cioe,  la  persona  l.  Applichiamo. 
La  sentenza  di  Onorio  :  c  Dobbiamo  confessare  un  solo  Crislo  in 
ambidue  le  nature,  operante  le  cose  divine  e  le  umane,  »  deve  equi- 
valere  a  quest'  altra  :  «  Dobbiamo  confessare  un  solo  Cristo  ,  che 
sussistendo  in  due  nature  si  vale  della  virtu  rampollante  dalla  na- 
tura divina,  o  deH'altra  provegnente  dalla  umana,  secondo  la  qualit^ 
delle  opere  or  divine  ed  or  umane  da  compiere.  »  Onorio  stesso  ci 
detta  questa  esplicazione.  Perocche  avendo  egli  delto  due  volte  che 
Cristo  e  operanle  (SvepfGv)  in  utrisque  naluris,  ed  allreltanlc  affer- 
mato  che  le  due  nature  sono  operanti  (sv£pY°^(jaO  *n  uno  Chrislo, 
chi  non  capisce  averci  voluto  indicare,  che  1'aggiunto  operante  de- 


JASV  ouv  ecrtv  r,  £pa<rrf/ai  jcal  CUCTWO^VI;  r«;  ouosw^  XIVYKTI;' 
^8,   -n  <puoi?  &,  f^  evsf^sia  Trpo'sotv'    £vjj>y/i{xa  Si  ,   TO  rr,s  evcf^si 
•ywv  ^e,  6  x.expY)«J.e'vo;  TV;  tvsjrfe'.a,  T.TSI  -r\  unoa-raoi;.  De  OTthodoxa  Fide,  Lib.  Ill, 

c.  15. 


160  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

vesi  pigliare  o  nel  senso  che  conviene  a  colui  che  si  vale  della  vir- 
tu efficace  e  sostanziale,  ovvero  nell'altro  che  si  addice  a  quello  che 
ministra  cotale  virtu ,  secondoche  e  congiunto  col  soggetto  Cristo 
o  natura  ?  Come  poi  cosiffatto  parlare  sia  schiettamenle  caitolico , 
vedetelo  nel  seguente  Iratto  del  Damasceno  :  Quoniam  igilur  duae 
Christi  naturae  sunt,  duas  proinde  eius  nalurales  voluntates  el 
duas  nalurales  operationes  dicimus.  Quia  vero  una  duarum  natu- 
rarum  ipsius  est  hypostasis,  UNUM  et  EUMDEM  esse  dicimus,  qui  iux- 
ta  eas  naluras,  ex  quibus ,  et  IN  QUIBUS  et  quae  est  Christus  Deus 
noster  naturaliter  YELIT  el  AGAT  1.  Col  che  e  facile  discoprire  la 
magagna  del  proposto  enlimema.  E  uno  colui  che  vuole;  si  concede. 
Adunque  evvi  una  volonla  sola  in  Crislo ;  si  nega,  e  cio  per  la  sem- 
plice  ragione ,  che  in  questa  conseguenza  si  aUribuisce  alia  persona 
la  virtu  volitiva ,  quando  essa  nella  dollrina  di  Onorio  e  riferita 
apertamente  alle  nature.  E  percio  siccome  e  un  assurdo  altribuire 
a  chi  attinge  al  fonte  lo  zarapillare  dell'  acqua,  cosi  e  una  falsita 
altribuire  alla^  persona  di  Cristo,  che  si  vale  della  virtu  volitiva 
propria  delle  due  nature ,  la  scaturigine  della  medesinaa.  Una  la- 
menlevole  confusione  dei  termini ,  eccovi  la  causa  del  grave  errore. 
La  memoria  delle  due  formolette ,  principium  quod ,  esprimente  la 
persona;  principium  quo,  dinotanle  la  natura;  usitate  nella  teologia 
scolaslica,  avrebbe  giovato  non  poco  per  iscansarlo. 

Non  altrimenti  accade  al  ch.  Dollore  in  una  sua  asserzione.  Uno 
degli  artificii  storici  da  lui  adoperali  si  e  per  Tuna  parle  di  ampli- 
ficare  al  sommo  Terrore  immaginato  in  Onorio,  e  per  1'allra  scema- 
re ,  quanto  era  possibile  il  colpevole  Iraviamento  degli  autori  del 
inonolelismo.  Ond'  e  che  non  potendo  conchiudere,  esser  Onorio  ca- 
duto  nella  colpa  formale  della  eresia,  assolve  liberalmenle  della  me- 
desima  anche  i  capiselta.  «  E  certo,  egli  scrive,  che  Onorio  non  fa 
eretico  nello  stretto  significato  del  vocabolo ;  ma  e  parimente  chiaro, 
che  Giro ,  Sergio ,  Pirro  e  Paolo ,  non  furono  eretici  ne  piu  ne  meno 
di  lui  2.  »  E  per  provarlo,  sapete  che  fa?  Vi  conia  solto  i  vostri 

1  De  Fide  orthodoxa,  Lib.  Ill,  c.  14. 

2  Und  dennoch  ist  es  gcwiss,  dass  er  nicht  hacrelisch  im  eigentlichen 
Sinnc  war,  frcilich  aber  auch  eben  so  klar,  dass  Cyrus,  Sergius,  Pyrrhus, 
Paulus  es  nicht  mehr  und  nicht  ivenigcr  war  en  als  Hoyorw.  Pag.  136. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  161 

occbi ,  un  principio  tutto  suo ,  alia  stregua  del  quale ,  come  polele 
pensare,  gli  erelici  nominati  \i  compaiono  purissimi  di  ogni  labe 
erelica.  Ma  ognua  vede  csser  questa  pessima  via.  La  regola,  da  se- 
guitarsi  in  questo  affare ,  non  e  quella  del  proprio  cervello ,  ma  sib- 
bene  quella  osservata  comunemente  nella  Chiesa.  Pigliamo  adunque 
tale  regola  e  giudichiamo. 

Eccovi  i  termini  coi  quali  ci  vien  data  dal  Suarez :  Est  tertia 
sentenlia ,  quae  docet  haeresim  non  esse  sine  voluntate  direcle  eli- 
gendi  privatam  doclrinam  contra  doctrinam  Ecclesiae,  ideoque  non- 
posse  esse  haeresim  cum  ignorantia ,  quae  talem  voluntatem  exclu- 
dit;  posila  autem  sufficienti  scientia,  per  talem  voluntatem  sen  ele- 
ctionem,  statim  consummari  haeresim  absque  temporis  mora  vel  alia 
admonitione.  Haec  est  sententia  communis  theologorum ,  canonista- 
rum,  expresse  Dim  Thomae,  etc.  1.  Yolonta  e  cognizione  di  tenere 
una  dotlrina  conlraria  a  quella  della  Cbiesa  e  adunque  quel  tanto 
cbe  occorre  per  cadere  nella  eresia ,  o  per  rendersi ,  colla  manife- 
stazione ,  reo  convinto  di  pertinacia  ereticale.  Concorre  colale  \o- 
lonta  e  cognizione  nei  capiselta  del  monotelismo  Giro,  Sergio,  Pirro 
e  Paolo ,  siccbe  debbano  portare  la  condanna  di  erelici  formali  ? 
II  Concilio  di  Lalerano,  sotto  Papa  S.  Martino,  non  e  allro  cbe 
uno  splendido  processo  giudiziale  contro  cotesti  uomini ,  formato 
sopra  accuse  e  document!  irrefragabili.  Or  bene  da  questo  risulta , 
cbe  essi  per  amore  del  loro  errore  corruppero  un  testo  di  S.  Dio- 
nigi  Areopagita,  falsarono  la  sentenza  di  S.  Leone,  menlirono  libri 
del  Palriarca  Menna  cbe  non  esistevano.  Affermarono  cbe  la  loro 
dottrina  era  quella  dei  Padri,  e  cio  con  secento  testimonianze  davanti, 
offer le  da  S.  Sofronio ,  dicenti  il  contrario ;  la  dissero  conforme  ai 
Concilii ,  non  ostante  la  definizione  opposta  di  quello  di  Calcedonia. 
Sergio  vario  in  cenlo  modi  il  suo  errore ;  Pirro  lo  disdisse  in  Roma 
c  poi  vi  ricadde.  Giro  predico  la  transazione  eretica  coi  Severiani  in 
Alessandria  e  la  distrusse  coll'  Eltesi ,  Paolo  professo  1'Ellesi  e  po- 
scia  il  Tipo :  tutli  e  quattro  si  mostrarono  in  perpetua  contraddi- 
zione.  Furono  ammonili  dai  Vescovi ,  ammoniti  e  autorevolmente 

1  De  Fide,  Disp.  XIX,  Sect.  3,  n.  8. 
Serie  7,  vol.  XII,  fasc.  350.  11  3  Oltolre  1864. 


162  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

eorrelli  dai  Papi;  ma  indarno,  Calpestarono  invece  i  decreti  di 
condanna  usciti  dalla  Sede  apostolica ,  dispeltarono  le  sentenze  di 
deposizione,  e  dandola  per  mezzo  carcerarono ,  balterono,  esiglia- 
rono  coloro ,  clie  teneano  apertamente  pel  clomma  caltolico.  Ouindi 
la  sentenza  del  Canone  XVIII  li  condanna  e  anatematizza  quali  ere- 
tici ,  die  OBSTINATE  sapuerunt  in  vita  ed  in  morte ,  come  Giro  e 
Sergio ,  e  che  in  sua  PERFIDIA  permanent ,  come  Pielro  e  Paolo 
ancora  in  vita  al  tempo  del  Concilio.  E  il  Dollinger  manda  asso- 
luti  da  ogni  colpa  formale  di  eresia  cotesta  genie ,  eretica  dichia- 
rala  per  tanti  capi?  1'addita  al  mondo  come  innocente?  la  eguaglia 
ad  Onorio?  Basta  egli  il  dire,  che  siagli  mancato  il  vero  concello 
di  do  die  forma  1'uomo  eretico?  Oppure  e  mestieri  aggiungere  che 
egli  non  considero  i  fall! ,  die  non  lesse  i  document!,  che  non  si 
accorse  della  grave  ingiuria  che  recava  al  Concilio  ?  Noi  non  sap- 
piamo  che  dire  :  se  sia  in  colpa  del  suo  giudizio  si  lontano  dal  vero, 
o  la  oscurila  dei  concetti,  o  1' ignoranza  del  fatlo,  o  1' amore  sover- 
chio  di  qualche  sistema,  giudichino  i  nostri  leltori. 

Chiudiamo  1'esame  degli  argomenti  intrinseci.  Che  cosa  sono  le 
lettere  di  Onorio  secondo  il  Dollinger?  Uno  scrilto  die  pule  del  piu 
fino  monotelismo  ,  che  condusse  all'  Ellesi ,  che  vinse  in  opera  di 
errore  il  Tipo.  Ma  nel  fatto  che  sono?  La  espressione  di  una  fede 
immacolata,  le  condannatrici  &e\YEttesi,  la  contradditoria  dd  Tipo. 
S'  inlenda  reltamente  la  una  volonta  affermata  da  Onorio ;  si  pigli 
la  voce  operazione  nel  senso ,  in  cui  fa  usata  dal  niedesimo ;  si  ap- 
plichi  in  rnodo  acconcio  la  dislinzione  AelYoperante  e  deWoperoso, 
ossia  del  principium  quod  e  del  principmm  quo ;  in  fine  si  raffronti 
la  doltrina  della  Ettesi  e  del  Tipo  con  quella  corrispondenle  delle 
leltere  sopraddette ,  e  si  avra  infallantemente  per  risultato  la  con- 
chiusione  diretlamente  opposta  a  quella  del  Dollinger,  come  noi  ab- 
biamo  fatto  vedere,  cioe,  un  Onorio  ortodosso  invece  di  un  Onoria 
maestro  di  errore. 


I  NUOYI  ACCORDI  DI  PARIGI 

ILLUSTRATI 

DA  DODICI  ANNI  DI  CONGIURE 


I. 


Mentre,  per  cagione  del  miovi  accord!  slipulali  in  Parigi  ai  15 
dell'andato  Settembre,  Ira  i  due  Govern!  di  Francia  e  (1!  Torino,  lut- 
ta  1'  Italia  e  in  bollimento  ,  e  i  parlili  polilici  o  municipal!  si  acca- 
pigliano ,  e  1'  uno  in  danno  dell'  altro  e  ciascuno  in  giustificazio- 
ne  propria  fa  process! ,  epiloghi  e  ricapitolazioni ;  slimiamo  pregio 
dell'  opera  compilare  anche  noi  una  tal  quale  ricapitolazione ,  che 
ci  par  utile  all'uopo  di  crescer  la  luce,  in  tanta  copia  di  schiarimen- 
li  che  si  vengono  adunando ,  sopra  il  presente ,  il  passato  e  il  fulu- 
ro  della  questione  roraana.  Avverta  pero  il  letlore,  che  la  nostra  ri- 
capitolazione sara  differente  assai  da  quelle  degli  altri.  Noi  non  ab- 
biamo  in  animo  di  epilogare  uua  storia  pubblica  di  pubblici  fall!  e 
di  pubblici  document!;  ma  invece  una  sloria  secrela  di  fatti  e  di  do- 
cument! in  parte  pubblici  e  in  parte  secret!.  E  diremo  subito,  senza 
tanli  preamboli,  che  intendiamo  epilogare  il  midollo  de'piii  importan- 
ti  Process!  politici,  in  quesli  ultimi  anni  agitatisi  dal  supremo  Tribu- 
nale  della  sacra  Consulla  di  Roma,  che  meritamenle  gode  si  alto  cre- 
dito  di  sapienza,  di  rettiludine  e  di  sagacila  presso  il  fiore  della  ma- 
gistralura  d'Europa.  ,,:y  , 

—  Or  a  che  proposito  quesla  ricapilolazione  ?  c'interroghera  forsc 
qualcuno.  La  queslione  romana  non  e  si  fatla  che  s'abbia  da  trattare 


161  I  NUOYI  ACCORDI  DI  PARIGI 

col  codice  criminale.  Ella  e  questione  di  gius  pubblico,  di  gius  in- 
ternazionale,  di  gius  religiose;  e  i  process!  de5  crimenlesi  di  lutti  i  tri- 
bunali  del  mondo,  non  si  vede  quale  altinenza  possano  mai  avere  col 
suo  risolvimento. 

Eppure  non  e  cosi.  L'  atlinenza  clie  corre  Ira  i  suddetli  Process! 
della  sacra  Consulta,  e  i  termini  a'  quali  c  ridolta  ora  la  queslione 
romana  dagli  accord!  di  Parigi ,  e  tanto  intima ,  che  nulla ,  per 
giudizio  nostro  ,  diviene  oggi  piu  opportuno  a  conoscersi  e  piu  ne- 
cessario  ad  illustrarsi.  E  in  vero ,  a  che  punlo  sta  egli  1'  ineslrica- 
bil  nodo  di  questa  queslione,  che  niuno  indovino  e  riuscilo  a  sgrop- 
pare ,  niun  Alessandro  a  recidere  ?  Se  abbiamo  da  prestar  fede  agli 
atti  ufficiali  ed  ufficiosi  che  si  son  divulgali  intorno  agli  accord! 
summentovati ,  egli  sta  in  questo :  che  il  Governo  della  rivolu- 
zione  italiana  ,  ossia  che  riscgga  in  Torino ,  ossia  che  risegga  in 
Firenze ,  deve  abbandonare  ogni  sua  prelensione  al  possesso  di  Ro- 
ma e  del  territorio  che  costiluisce  Y  odierno  Slato  ponlifido ;  ed 
impegnarsi  con  formal!  promesse  a  non  usurparlo  direttamenle  da 
se  con  le  sue  truppe  regolari ,  e  a  nomconsenlire  che  sia  usurpalo 
in  pro  suo  dalle  sue  bande  irregolari ,  quando  il  presidio  francese , 
che  lo  difende ,  abbialo  sgomberato.  Di  guisa  che  il  nuovo  ripie- 
go,  escogitato  per  asseltare  comechessia  la  queslione  romana ,  cioe 
la  questione  dell'  indipendenza  della  Santa  Sede ,  viene  ad  essere  di 
farla  tutta  dipendere  quindi  avanli  dalle  «  moral!  guarenligie  pub- 
bliche  »  del  Governo  della  rivoluzione,  e  dall'onesta,  probila  e  lealla 
di  chi  ne  abbia,  o  sia  per  averne  in  mano  le  redini  moderatrici. 

Posto  cio,  se  no!  con  un  epilogo,  tutto  sostanza  di  falti  autentici  e 
di  rivelazioni  giuridiche,  verremo  a  provare  che  il  Goyerno  della  ri- 
yoluzione  italiana  non  puo  dare  queste  promesse ,  o  se  le  da  non  pud 
attenerle;  noi  certo  avremo  chiarita  questa  nuoya  condizion  delle  co- 
se ,  meglio  assai  che  non  ayremmo  fatto  con  un  prolisso  ragiona- 
mento  dimostrativo  dell'  assunto  medesimo.  Adunque  lasciando  in 
disparte  quella  farraggine  di  argomenli,  che  si  potrebbero  togliere 
dalla  storia  pubblica  dei  cinque  anni  decorsi ,  e  che  mirabilmente 
confermerebbero  quest*  assoluta  incapacila  di  tale  Governo  a  pren- 
dere  impegni  morali  di  qualsivoglia  specie,  risguardanti  la  conser- 
yazione  della  Sovranita  ponlificia  in  Roma  o  qualunque  altra  cosa; 


ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANSI  DI  CONGIURE  165 

lasciando  in  disparte  le  sue  furfanlerie  diplomaliche,  le  sue  violazioni 
dei  Iraltali,  i  decreli  del  suo  Parlarnento,  le  prodezzc  delle  sue  « an- 
nessioni »,  le  braverie  delle  sue  armi  neU'lInibria  e  nelle  Marche,  la 
perfidia  degli  scribi  suoi  salariali  dentro  1' Italia  e  fuori,  la  protervia 
dell'  accanitissima  sua  guerra  alia  Chiesa,  al  clero,  ai  dirilti  piu  sa- 
crosanti  del  Pontificate  supremo ,  il  laceramento  dei  Concordati  gi& 
vigenli  in  piu  regioni  d'  Italia :  in  somma  lasciando  in  disparte  tutto 
ci6  che  e  notoria  cronaca  contemporanea ,  noi  ci  ristringeremo  ai 
semplici  ragguagli ,  che  ci  forniscono  i  Processi  del  Tribunale  della 
romana  Consulta ,  e  con  quesli  soli  ^edremo  quale  sorta  di  dimostra- 
zione  ne  risulti,  in  prova  della  sopra  memorata  incapacila. 

Vero  e  che  tempo  addietro  abbiamo  un'  altra  volta  fatta  parola  di 
uno  di  quesli  Processi,  ed  anche  neH'antecedenle  quaderno  abbiamo 
esposte  le  rivelazioni  contenute  in  uno  dei  recentissimi.  Ma  ollreche 
ci  studieremo  di  abbreviare  il  poco  che  ci  e  bisogno  ripetere,  il  let- 
tore  trovera  tante  particolarila  aggiunte  a  quelle,  le  quali  per  avvenlu- 
ra  conosce,  che  speriamo  non  gli  debba  rincrescere  del  fatto  nostro. 


II. 


fi  ora  certificato  da  incontrastabili  monument! ,  da  aperte  confes- 
sion! propalate  nella  Camera  dei  Depulati ,  da  fogli  e  da  libri  messi 
a  stampa,  che  il  Governo  di  Torino,  il  quale,  sino  dal  1848,  si  fece 
rappresentante  della  rivoluzione  in  Italia,  erasi  a  mano  a  mano,  negli 
anni  successivi,  costituito  aniina  e  centro  di  tutle  le  occulte  consor- 
terie  della  Penisola,  collegate  in  una  col  titolo  di  Sociela  Nazionale, 
di  cui  divento  poscia  cuore  e  testa  il  conte  Camillo  di  Cavour,  presi- 
dente  dei  Minis tri  sardi :  e  che,  con  tali  forze  adunate,  quel  Governo 
scavava  e  allestiva  le  mine  da  sbalzare  in  aria  i  troni  italiani  e  segna- 
lamente  quello  di  san  Pietro ,  osteggiato  a  morte  dall'  odio  satanico 
delle  sette.  II  celebre  Processo  di  Ancona,  che  e  il  primo  in  ordine  di 
tempo  che  ci  si  fa  innanzi  1 ,  narra  di  falto  come  verso  il  1852  da 

1  Questo  e  intltolato  cosi:  Commissaria.  Anconetana,  ossia  II  parte  della 
processura  Ascolana  di  gravissime  delinquenze,  comprese  tutte  nel  titolo  di 
Lesa  Maesta.  Roma,  tipi  della  Rev.  Cam.  Apostolica  1861.  Volume  in  4.°  di 
pag.  614. 


166  I  NUOVI  ACCORDI  DI  PARIGI 

Torino  si  era  gia  trapiantata  in  Bologna,  col  titolo  di  partilo  deUal- 
ta  Italia,  ossia  piernontese,  una  societa  clandestina,  creata  e  anima- 
ta  dal  fiore  dei  Carbonari  del  Piemonte ;  e  fu  poi  quella  die  indi  ap- 
presso  ebbe  novello  vigore  ed  accrescimento  amplissimo  dal  conte 
di  Cavour,  servito  in  cio  a  meraviglia  bene  da  varii  suoi  provvisio- 
nati.  Che  questa  societa  mirava,  come  a  lermine  finale,  «  all'unila  » 
e  alia  « liberla  »  d'  Italia :  il  eke  e  quanto  dire  ,  e  lo  nola  avvisata- 
mente  il  compilatore  del  Processo,  mirava  allo  sterminio  degli  or- 
dini  civili,  delle  corone,  della  fede  e  del  Pontificalo  romano  dal  no- 
stro  bel  paese.  die  nel  1855  la  guerra  d'  Oriente  avendo  imbaldan- 
zito  i  congiuratori,  i  quali,  perocche  le  grandi  Monarchic  erano  av- 
viluppale  in  region!  cosi  remote,  si  confldavano  di  polere  oggimai 
scapestrare  a  lor  bell'agio ;  costoro  si  affaticarono  per  ogni  via  e  mo- 
do  di  addomeslicarsi  negli  Slati  della  Cbiesa ,  e  si  spartirono  rego- 
latamenle  in  Ire  larghissimi  rami,  o  «  Comitali  centrali »  solto  1'addi- 
rizzamento  di  un  unico  capo:  Bologna  comprendeva  le  Romagne, 
Ancona  le  Marche,  Roma  il  Patrimonio,  1'  Umbria,  la  Marittima  e  il 
Lazio.  Che  ognuno  di  questi  tre  nidi  raccolse  le  sue  leghe,  addestro 
I  suoi  faccendieri,  coslitui  i  suoi  maestri,  assoldo  i  suoi  arrolatori  e 
specialmente  i  suoi  procacci  in  gonna  ed  in  farsetto,  per  tenersi  con 
rapidila  e  sicurezza  in  islrellissimo  commercio  con  tulti  i  membri 
della  Irafila :  di  qualila  che  i  possedimenti  del  Papa  furono  lulti  ser- 
rali  nella  sottilissima  rete ,  dal  Promontorio  Circello  al  Po  e  dal- 
1'Apennino  ai  due  mari. 

Nel  185G  essendosi  fondata  da  Giorgio  Pallavicino  Trivulzio  e  da 
Panicle  Manin  la  predetta  Societa  Nazionale  Italiana,  d'accordo  col 
Conte  di  Cavour ,  il  quale  la  ingrosso  del  gran  nerbo  della  sua  fa- 
zione  «  piemontese  1  »  ,  la  congiura  prese  ad  allargarsi  oltremodo : 

1  Francesco  Carrano  a  pag.  167-69  del  suo  Racconto  popolare,  preceduto 
da  alcuni  cennl  sulla  vita  di  Giuseppe  Garibaldi  ( Torino,  Unione  tipografi- 
co-editrice  1860)  non  solo  reca  la  lettera  di  costui,  con  la  qnale  ai  5  Luglio 
1856  si  ascrisse  alia  Societa  Nazionale ;  ma  porta  iltesto  dei  quattro  articoli 
costitulivi  di  essa  Societa  in  queste  parole  :  «  1.°  Che  intende  anteporre  ad 
ogni  predilezione  di  forma  politica  e  d'  inleresse  municipalee  provinciale,  il 
gran  principio  dell'Indipendenza  ed  Unificazione  italiana;  2.°  Che  sara  per  la 
€asa  di  Savoia,  finche  la  Casa  di  Savoia  sara  per  I' Italia,  in  tutta  Festensio- 


ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANN1  DI  CONGIURE  167 

stanteche  il  Governo  di  Torino  comincio  a  valersi  de'  suoi  agenti, 
de'  suoi  legati  e  ministri  plenipotenziarii  presso  le  corti  d' Italia,  per 
ribellare  i  soggelli  ai  Principi,  appo  cui  cosloro  erano  accredilati :  e 
questi  modclli  di  cavalleria  diplomatica  correvano  i  borghi  e  le  citla 
guaslando  popoli,  corrompendo  uffidali,  islituendo  Comilati,  mercan- 
teggiando  cosdenze,  sollevando  gli  animi  ad  ire  di  parli.  E  il  Pro- 
cesso,  accennali  questi  maneggi  attivissimi,  seguita  narrando  che  in 
tale  anno,  per  assodare  1'ordinamento,  ed  aggregare  nella  consorle- 
ria  il  piu  ed  il  meglio  che  venisse  fatto  dei  Carbonari  affigliuolati  al 
Mazzini,  un  diplomatico  secondo  il  cuore  ed  il  senno  del  Cavour, 
cio  fu  il  marches^ Giovanni  Antonio  Migliorati,  « investito  dell'  uffi- 
zio  di  Incaricato  del  Governo  sardo  presso  la  Corle  romana  » ,  corse 
le  terre  del  Santo  Padre ,  facendola  da  apostolo  della  congiura  pie- 
montese ,  stabilendo  «  commissarii  » ,  e  rivocando  a  se  la  condotta 
primaria  di  tutta  1'abbominevole  tratna.  Che  nella  sollevazione  popo- 
lare  di  Pesaro  per  la  tassa  delle  arti ,  sollevazione  attizzata  dai  ri- 
belli,  il  nostro  diplomatico  sardo  trovavasi  in quella cilia,  esempre 
accompagnato  dai  capisetta,  co' quali  banchettava  sfarzosamente. 
Che  egli  alia  fiera  di  Scnigaglia  aecaloro  1'adunanza  di  un  sinedrio 
seltario ,  e  promosse  le  offerte  per  la  medaglia  d'oro  da  coniarsi  al 
Cavour ,  in  premio  de'  suoi  atti  nel  Congresso  di  Parigi ,  dove  avea 
sostenula  la  «  liberla  »  dell'  Italia. 

Ancora  fa  conoscere  che  nel  Seltembre  dell'anno  predelto ,  il  me- 
desimo  signor  Marchese  enlro  in  Ancona ,  piglio  stanza  all'osliere 
della  Pace ,  fe  subito  ricerca  dei  caporioni  del  «  Comitato  »  e  con- 
gregalili,  siccome  avea  fatlo  in  Roma  e  fece  poi  in  Bologna,  parl<> 
senza  velami  dei  piu  reconditi  intendimenti,  ai  quali  aspiravail  Pie- 

ne  del  ragionevole  e  del  possibile;  3.°  Che  non  predilige  tale  o  tal  altro  Mi- 
nistero  sardo,  ma  che  sara  per  tutti  quei  Minister!  che  promoveranno  la 
causa  italiana ,  e  si  terra  estraneo  ad  ogni  questione  interim  e  piemonte- 
se ;  4.°  Che  crede  ,  alia  indipemlenza  ed  uuificazione  dell'  Italia  sia  necessa- 
ria  1'azione  popolare  italiana ;  utile  a  quesla  il  concorso  governativo  pie- 
montese.  »  Da  cio  si  ha  un  nuovo  argomento  che  il  Governo  piemontese 
congiurava  contro  tutti  i  Principi  d'  Italia,  unito  ad  una  setta.  Nel  resto  il 
Carrano,  poco  dopo,  asserisce  che  « il  Conte  di  Cavour  prese  a  proteggere  e 
dlro  quasi  a  governare  la  Societa  Nazionale  Italiana ». 


168  I  NUOVI  ACCORDI  DI  PARIGI 

monte.  Incomincio  ( riepiloghiamo  il  leslo  del  Processo)  dichiaran- 
do  chi  egli  fosse ,  di  che  grado  ornato ,  di  qual  sentimento  e  di 
quanto  viva  «  fede  italiana.  »  Proemio  con  mille  proteslazioni  di  svi- 
scerato  affelto  all'  Italia  « unita  »  ;  e  passo  ad  eccitare  tutti  che  fos- 
sero  di  un  solo  volere ,  aspettando  la  propizia  opportunila  di  effet- 
tuare  Topera  gloriosa.  Quindi  si  diffuse  in  elogi  infmili  e  sfoggiali 
al  suo  Piemonte ,  die  egli  disse  stare  sempre  con  1'  occhio  deslo  a 
cogliere  la  congiuntura  di  invadere  1'  Italia  e  « liberarla » :  ma  es- 
ser  mestieri  innanzi  tulto  che  le  varie  unioni  massoniche  si  «  rifon- 
dessero  »  nella  unione  capiianata  dal  suo  Governo.  Ball'  unita  la  for- 
za.  Allora  i  Subalpini,  avvalorati  dal  nerbo  e  dalls^  possanza  di  tanti 
prodi ,  sarebbero  scesi  nel  centro  della  Penisola,  e  con  gli  eserciti  e 
con  le  armate  vinlolo ,  sarebbero  progrediti  nel  Regno  di  Napoli 
«  porlando  per  ogni  dove  la  necessaria  rivoluzione.  »  Tutto  queslo 
richiedere  tempo:  intanto  ciascuno  dei  fratelli  dovere  adoperarsi 
animosamcnte  all'  impresa,  e  non  convenire  che  gli  slessi  repubbli- 
cani  negassero  1'aiuto  loro. 

Dopo  cio  prosegui  a  manifeslare  che  tulta  1'orditura  della  infame 
tela  faceva  capo  in  Torino ,  e  proferi  il  nome  di  colui  che  la  guidava 
e  dei  principal!  suoi  cooperatori.  Ragiono  degli  emissarii  sparsi  in 
ogni  contrada  dell' Italia:  certified  che,  per  sua  diligenza  ,  negli 
Stati  papali  si  erano  formati  gruppi  di  persone  operosissime  che  se 
la  inlendevano  con  esso  lui ;  che  il  meclesimo  si  era  fatto  nella  Lom- 
bardia ,  il  cui  focolare  di  ribellione  era  Milano ;  lo  stesso  in  Toscana 
che  riceveva  gl'  impulsi  da  Firenze ;  per  simil  modo  essersi  brigato 
nei  Ducali  di  Modena  e  di  Parma  e  neli'  isola  di  Sicilia ;  ma  che  ia 
Napoli ,  cagione  la  vigilanza  e  la  fermezza  del  re  Ferdinando  II , 
non  s'era  ancora  pervenuto  a  bene  avviare  le  matasse ;  che  pari  dif- 
ficolta  erano  a  superare  nelle  lerre  pontifical!.  E  da  ultimo,  rinco- 
rati  i  suoi  uditori  e  confortatili,  e  aifermato  che  da  Torino  proveniva 
ogni  ordinazione,  e  che  ivi  era  la  cassa  nella  quale  versavano  le  al- 
tre  citta  italiane ;  fece  fine  alia  sua  arringa  con  una  rabbiosa  invelli- 
va  contro  1'  imperatore  Napoleone  III ,  cui  disse  villania  mordendo- 
lo  con  quella  stizza  serpentina,  con  la  quale  in  quei  di,  prima  del- 
1'alleanza,  lo  laceravano  gli  scribi  e  gli  oratori  piemontesi. 


9  ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANSI  DI  CONGIURE  1C9 

Tulla  questa  lunga  diccria  e  distesamenle  slampata  nel  Proccsso, 
il  quale  va  oltre  riferendo  che  nel  Gennaio  del  1857,  il  detto  signer 
marchesc  Migliorali ,  dalla  sua  residenza  di  Roma,  invio  in  Ancona 
un  nuovo  «  comraissario  »  per  allre  pratiche:  che  nel  Maggio  e  nel 
Giuguo  seguente  ivi  si  saldo  il  pallo  di  fralellanza  dei  demagoghi 
mazziniani  col  partito  piemontese;  e  che  la  concordia  divenlo  pienis- 
sima,  conl'andata  in  Torino  di  un  agente  mislerioso,  chiamatovi  «per 
conoscere  sopra  luogo,  e  toccare  con  mano  certe  cose,  che  non  si 
potevano  mettere  in  iscritto  ». 

Racconta  poi  che  nella  conlingenza  del  viaggio,  che  in  quell'anno 
medesimo  fece  il  Santo  Padre  Pio  IX,  per  le  province  de'  suoi  Stati, 
si  diramarono  «  ordini  generali »  perche  gli  si « presentassero  islan- 
ze  »,  delle  quali  si  disseminarono  gli « esemplari »,  acciocche  fossero 
tutte  «  uniformi » ;  e  cosi  apparisse  che  i  popoli  «  non  felici »  diman- 
davano  con  unanime  lamento  le  stesse  cose. 

Ma,  per  verita,  ne  uno  pure  di  questi  ipocriti  fu  ardito  nel  fatto  di 
porgere  in  niuna  cilia  veruna  delle  dette  suppliche.  Molli  di  essi  pre- 
garono  bensi  di  essere  accolli  in  privata  udienza  dal  Papa ,  il  quale 
graziosamente  non  isdegno  di  ammellerli  nel  suo  cospetto.  Senon- 
che  cosloro,  quando  furono  alia  presenza  dell'  augusto  ed  angelico 
Yicario  di  Cristo,  perdula  la  burbanza  e  posta  giu  la  boria,  si  arieg- 
giarono  a  divozione :  e  v'  ebbero  tali  in  Bologna,  che  non  vergogna- 
rono  di  mendicare  umilmente  una  croce  cavalleresca  da  Pio  IX,  in 
quella  che  sottomano  macchinavano  contro  di  lui,  per  accattarsene 
un'  altra  dal  re  Vitlorio  I 

Finalmente  il  Processo,  dopo  riportalele  arli,  onde  da  cotesti  set- 
tarii  si  traraesto  per  raccogliere  in  quell'anno  pure  un'altra  adunanza 
in  Rimini,  valendosi  delle  feste  per  1'aprimento  di  un  teatro;  scende 
a  narrare  cose  piu  minute,  sopra  le  quali  non  abbiamo  spazio  di  al- 
lungarci  piu  avanti.  Ricapitoleremo  avvertendo  che  le  scrilture,  le 
relazioni,  le  lettere  circolari,  gli  avvisi,  i  disegni  piu  cupi  di  questo 
parlito  sozzo  e  malvagio,  lutto  e  ivi  sommariamente  disvelato.  Dalle 
deposizioni  de'  rei  e  dalle  carte  venule  in  potere  del  fisco,  si  ha  che 
erasi  fermato  di  « trucidare  1'  Imperatore  dei  Francesi ,  d'  uccidere 
il  Re  di  Napoli  e  gli  altri  dello  stipile  Borbonico  di  Parma,  e  il  Du- 
ca  di  Modena  ».  II  Ponlefice  pero  «  si  sarebbe  lasciato  in  vita  », 


170  I  NUOVl  ACCORDI  DI  PARIGI 

per  «  rispettare  la  forte  opinione  »  dei  Cattolici.  ADZ!,  dice  il  testo 
di  un  deponente ,  che  «  secondo  il  partito  dell*  alta  Italia,  si  doveva 
traltare  la  cosa  relativamente  al  Papa  con  piii  moderazione,  perche, 
essendo  Capo  di  tutta  la  Chiesa  catlolica,  conveniva  aspettare  che 
la  civilta  europea  distruggesse  prima  per  questo  iprincipii  di  devo- 
zione:  die  si  voleva  pero  obbligato  a  dare  ima  Costiluzione  concilia- 
bile  con  quella  piemontese:  in  ogni  modo  Guardia  civica,  liberta  di 

stampa,  cariche  ai  laici,  adozione  del  codice  napoleonico e  che 

poi  a  suo  tempo  si  sarebbe  ridolto  a  solo  Vescovo  di  Roma.  »  Deposi- 
zione  in  vero  singolarissima,  che  sembra  siasi  ricopiata  in  certe  note 
diplomatiche  e  in  certi  opuscoli  misleriosi,  che  apparvero  piu  tardi, 
per  conciliare  il  Papa  con  la  «  civilla  europea  »,  sahare  «  i  principii 
di  devozione  »  alia  Santa  Sede,  e  impedire  che  esso  Papa  «  non  fosse 
ridotto  a  solo  Vescovo  di  Roma.  »  Ultimamente  si  ricava  che  le  famo- 
se  bombe  di  Felice  Orsini  «  corrispondevano  con  le  sue  leltere » ;  e 
che  la  mala  fazione,  pur  sempre  condotta  dal  Cavour,  « teneva  le  vie 
ben  dirette  per  conseguire  1'  intento  ».  II  qual  era  di  menare  Napo- 
leone  a  essere  conlenlo ,  o  per  amore  o  per  forza ,  che  tulta  1'  Italia 
cascasse  Ira  gli  imghioni  dello  sparviero  vorace  della  Carboneria. 

In  questo  sommario  il  leltore  ha,  quattr'anni  innanzi,  tulta  la  sloria 

che  si  vide  poi  svolgere  solto  degli  occhi  nel  1860  e  nel  1861,  e 

quella  che  rimane  a  svolgersi  in  avvenire  per  rispelto  a  Roma,  se 

Dio,  memore  delle  sue  misericordie,  non  tronchera  le  fila  di  questa 

tela  infernale.  Gl'  intendimenti  secreti  della  selta  Irionfante  e  gover- 

nante  ora  in  Ilalia ,  sono  qui  chiari  e  manifestissimi ;  ed  all'  autore- 

vole  veracila  di  questo  Processo,  non  e  mancalo  pur  troppo  nemme- 

no  il  suggello  dei  falti ,  sopravvenuti  a  confermarlo  in  ogni  sua 

pagina.  Ma,  dimandianio  noi,  il  Governo  della  rivoluzione  italiana 

il  quale  ha  ereditato,  insieme  con  lo  spirilo  seltario  e  coi  propositi 

della  polilica  del  conte  di  Cavour,  anche  ilsuo  grande  assioma:  «che 

chi  vuol  giugnere  al  fine,  dee  aver  buono  ogni  mezzo  »,  potra  mai 

persuadere  il  mondo  che  le  formali  promesse,  tesle  da  lui  giurate  in 

Parigi,  di  non  abbattere  la  Sovranila  pontificia  in  Roma,  dopo  allon- 

tanalisi  i  Frances! ,  sieno  altro  che  lustre  e  finzioni  da  gabbare  i 

semplici?  Chi  si  rendera  a  credere,  che  queste  formali  promesse  val- 

/    gano  almeno  la  carta,  su  cui  si  sono  scritte  e  ralificate? 


ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANNI  DI  CONGIURE  171 

III. 

Di  falto  appena  si  polrebber  conlare  le  innumerabili  macchinazioni 
e  le  codarde  perfldie,  guidate  piu  o  meno  direilamenle  da  quel  Go- 
verno medesimo  in  Roma,  anche  appresso  i  suoi  forlunali  latrocinii 
delle  Legazioni,  dell'Umbria  e  delle  Marche,  per  compir  1' opera  e 
raggiungere  lo  scopo  finale,  di  «  ridurre  il  Papa  a  solo  Vescovo  » 
di  questa  cilt&,  capo  dell'orbe  cattolico.  AH'  effello  di  darne  pure  un 
sunto  compendiosissimo,  ricorreremo  al  voluminoso  Processo  di  una 
allra  causa,  giudicata  dallo  stesso  Tribunale  della  sacra  Consulla,  lo 
scorso  anno  1863,  e  che  tutto  si  aggira  intorno  a  queste  macchina- 
zioni  e  perfidie  1. 

La  Relazione  delle  risultanze  processuali  esordisce  molto  giusta- 
jnenle,  rannodando  le  nuove  scoperte  con  quelle  venute  gia  in  evi- 
denza  nella  traltazione  del  Processo  di  Ancona  : 

«  A  questo  Tribunale  supremo  della  sacra  Consulta  non  e  ignoto,  mol- 
to piu  pel  risultaii  della  processura  Anconitana,  come  le  occulte  associa- 
zioni  della  Massoneria,  dei  Cugini  Carbonari,  della  Giovine  Italia,  del- 
Y  Italia  del  Popolo  ,  sebbene  di  diversi  intendimenti ,  facendo  momenta- 
neamente  tacere  la  loro  individuality,  si  fondessero  nel  partito  cosi  detto 
dell'  Alta  Italia ,  il  quale  per  essere  diretto  e  capitanato  dal  Governo 
piemontese  ,  che  col  mezzo  de'  suoi  Incaricati  ed  aderenti  ne  regolava 
ogni  andamento,  fu  causa  di  tutte  quelle  evenienze,  delle  quali  tuttora  si 
deplorano  gli  effetti.  Conobbe  fin  d'allora  il  supremo  Tribuuale  come 
questo  partito ,  se  vinse  tutti  gli  altri  che  lo  precedettero  nella  forza  che 
gli  comunicava  il  Governo  protettore  ,  li  vinse  ancora  nei  conati  della 
corruzione  che  ovunque  tentava  di  diffondere  e  propagare,  come  mezzo 
a  raggiungere  gli  stolti  suoi  divisamenti.  Mentre  visto  come  un  ostacolo 
per  loro  insuperabile  si  trovasse  nel  principio  religioso  cattolico ,  si  fe- 
'ce  ad  attaccarlo  con  ogni  maniera  di  sforzi ,  insinuando  massime  cor- 
ruttrici,  ponendo  in  discredito  la  religione  e  i  suoi  ministri,  proclamando 
la  liberta  delle  coscienze  ,  ed  accennando  a  principii  distruttori  d'  ogni 
moralita  ». 

1  Questo  Processo  ha  nel  froiitispizio :  Romana,  di  cospirazione  ed  altri 
delitti  anche  di  tilolo  comune  per  ispirito  di  parte.  Relazione  fiscale.  Roma", 
tip.  della  Rev.  Cam.  Apost.  1863.  Volume  in  4.°  di  pag.  573. 


172  I  NUOVI  ACCORDI  DI  PARIGI 

Esordio  sensatissimo,  che  ritrae  con  pennellate  maestre  il  vero 
sembianle  di  questa  odierna  rivoluzione,  che  e  tutta  marciume  d'ogni 
corrultela  piu  faslidiosa  !  Dopo  di  che  ecco  come  precede  alia  espo- 
sizione  della  storia: 

«  Si  e  giunto  a  conoscere  come  anche  in  Roma  s'impiantasse  il  partilo 
piemontese  dal  marchese  Giovanni  Antonio  Migliorati,  mentre  era  vesti- 
to  della  qualifica  d'Incaricato  interino  degli  affari  della  Corte  sardapresso 
la  Santa  Sede  ,  e  fu  questo  che,  per  riuscirvi,  manifesto  apertamente  il 
piano  rivoluzionario ,  cui  si  era  gia  dato  mano  sotto  1'  apparente  lusinga 
di  rendere  una  e  libera  1' Italia  ,  mentre  con  tal  mezzo  s'  ingrandivano  le 
possidenze  del  Piemonte,  e  facevano  i  loro  interessi  le  persone  costituite 
in  alto  a  rappresentarlo. 

«  Perche  venisse  apostolato  con  effetto,  istitui  un  Comitato ,  che  chia- 
mo  Nazionale  Romano,  e  creo  a  membri  di  esso  persone  di  ceto  elevato, 
che  si  conoscono  tutte. 

«  Partito  da  Romail  Migliorati,  altri  due  estranei  allora  dal  Comitato, 
che  son  pur  noti,  lo  surrogarono  Tun  dopo  1'altro  nella  sua  rappresentan- 
za  presso  il  partito  ;  e  si  dicono  autorevolmente  confermati  dalla  Corte 
di  Torino  in  tale  qualifica.  Ma  essendo  dovuti  anche  questi  partire  da 
Roma,  ed  offertasi  la  direzione  del  Comitato  ad  alcuni  dei  membri  che 
gia  la  componevano  ;  e  datane  questi  ricusa  motivata ,  se  ne  afiido  fi- 
nalmente  la  direzione  in  uno  anche  ad  altra  persona  clie  pur  ne  faceya 
parte,  e  die  nel  tempo  medesimo  teneva  posto  distinto  nella  Carhoneria. 
Amante  questo  troppo  delle  forme  carboniche,  ridusse  a  poco  a  poco  il 
partito  piemontese  sull'  andamento  della  Carboneria  stessa ;  cosa  pero 
che  sembra  avvenuta  per  ogni  dove  egualmente. 

<(  Questo  Comitato  pertanto  nella  sua  forma  ed  esistenza  settaria,  de- 
stinava  altri  agli  scritti  e  corrispondenze,  altri  a  depositario  degli  oboli  e 
somme  che  s'incassavano,  altri  in  fine  aH'andamento  di  azione.  Sceglieva 
individui  fra  i  dipendenti,  ai  quali  conferiva  una  giurisdizione  sopra  tutti 
gli  altri  in  rappresentanza  del  Comitato  medesimo  ,  i  quali  erano  in  nu- 
mero  di  dieci,  e  chiamavansi  Capi-Sezione  in  primo.  Tmmediatamente  a 
questi  soggetti,  si  scelsero  quindici  individui,  che  assunsero  la  qualifica 
di  semplici  Capi-Sezione;  a  quattordici  dei  quali  si  aitribui  la  direzione 
suH'esecuzione  degli  ordini ;  mentre  1'  altro  ebbe  1'  ingerenza  sugli  esat- 
torati.  Si  nominarono  cinquantasei  Capi-Squadra  in  primo,  poiche  ne 
Tennero  stabiliti  e  prescelti  quattro  per  Rione.  Per  Capi-Squadra  sem- 
plici non  vi  fu  prefissione  di  numero ,  perche  si  lascio  nella  facolta  degli 


ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANN!  DI  CONCIURE  173 

stessi  Capi-Squadra  in  primo  di  norainarli :  ond'  e  che  furono  conosciuti 
col  nomc  di  solto  Capi-squadra,  c  sla  in  fatto  ,  che  mostrata  capacita  e 
zelo  da  qucsti  dipendenti,  si  e  tcnuto  in  uso  dai  loro  capi  di  porli  anche 
a  parte  delle  loro  azioni ,  comunicando  anche  ad  essi  gli  ordini  da  ese- 
guirsi ;  e  servendosi  all'  occorrenza  or  dell'imo  or  dell'altro.  Erasi  fissato 
che  i  dipendenti  di  ogni  sezione  non  dovessero  oltrepassare  i  cento  cin- 
quanta  uomini ,  ma  questa  legge  si  e  -veduta  inosservata ,  e  per  abuso, 
eper  negligenza,  come  per  mancanza  di  adepti.  Cosi  ogni  Capo-Sezione 
avrebbe  dovuto  avere  1'ingerenza^nei  rispettivi  Rioni ,  ma  1'  inettitudine 
e  la  mancanza  di  coraggio  in  molti,  la  svogliatezza  che  anche  nelle  mene 
settarie  riesce  notevole ,  ha  fatto  si  che  non  essendo  risultati  attivi  nelle 
assunte  attribuzioni,  i  piu  zelanti  cercassero  riparare  alle  ommissioni  de- 
gli  altri. 

«  Inoltre  il  partito  piemontese  cosi  organizzato,  lasciaya  aperto  un  al- 
tro  modo  di  addivenire  affigliato,  formando  una  classe  non  diretta  al- 
Fazione,  ma  per  la  sola  contribuenza.  In  una  parola  questi  ulteriori  affi- 
gliati  sono  semplici  socii  solventi,  che  quelli  del  partito  hanno  tenuti  ap- 
pagati  con  ciance  e  con  notizie  fra  le  piu  inconcludenti,  come  sarebbero 
quelle  di  una  passeggiata  popolare  e  di  qualche  altra  cosa  consimile ; 
senza  che  sia  stato  ad  essi  in  alcun  tempo  manifestato  cio  che  era  anda- 
mento  della  Societa  o  dell'alta  politica. 

«  Costituito  in  tal  modo  il  partito  piemontese  con  forme  settarie  in  Ro- 
ma, non  era  supponibile  che  se  ne  stesse  inoperoso ,  aspettando  che  per 
evento  naturale  potesse  trovarsi  a  far  parte  attiva  della  rivoluzione  ita- 
liana.  E  quantunque  la  sua  creazione,  qui  in  Roma ,  altro  scopo  non  a- 
•yesse  avuto  se  non  quello  di  secondare  gli  eventi ,  dei  quali  si  doveva 
stare  in  aspettativa,  col  cercare  frattanto  la  persuasiva  negl'  intendi- 
menti ,  col  propagare  la  corruzione ,  col  bandire  massime  contrarie  alia 
legittimita  ed  alia  religione;  col  venire  disponcndo  il  popolo  a  ricevere 
una  nuova  forma  di  Governo,  ed  a  desiderarlo  sotto  1'aspetto  di  una  se- 
gnalata  miglioria;  pure  composto  Telemento  settario  di  persone  gia  ad- 
dette  alia  Carboneria,  ed  abituate  conseguentemente  ad  azioni  spinte  e 
smodate,  non  hanno  saputo  contenersi ;  ed  a  fronte  di  una  posizione  im- 
peditiva  di  questa  libera  azione,  hanno  dato  di  mano  con  ogni  artilizio  a 
raaneggiarsi  nel  senso  piii  avverso  al  Governo  pontificio ,  cercando  con 
tutti  i  modi  la  turhazione  deU'ordine,  la  diffamazione  ed  il  discredito, 
per  quanto  le  loro  forze  il  comportavano.  » 


174  I  NUOVI  ACCORDI  DI  PARIGI 

E  passando  a  nuraerare  le  imprese  e  gl'  impresari!  di  questo  paN 
tito,  dice  esser  nolo  come  e  per  opera  di  chi,  sino  dal  1859, 

«  Si  cominciassero  ad  eccitare  ed  a  subornare  militi  e  borgesi,  perche 
emigrassero  da  Roma  e  si  unissero  alle  file  rivoluzionarie ;  come  e  per  o- 
pera  di  chi  nel  Luglio  del  1860  si  affiggessero  in  diverse  caserme  di  bri- 
gata  della  Gendarmeria ,  avvisi  antipolitici,  con  cui  si  consigliavano  i 
militi  a  non  battersi  e  a  prestar  mano  alia  rivoluzione ;  come  in  odio  di 
massime  contrarie  a  tali  insinuazioni,  si  attentasse  alia  vita  di  un  solt'uf- 
ficiale  della  detta  arma ;  chi  abbia  tentata  la  seduzione  dei  Tiragliori  a 
san  Giovanni ;  chi  siasi  adoperato  per  la  emigrazione  di  altri  Dragoni 
nella  state  del  1861.  Si  ebbero  poi  nomi  di  chi  favoriva  la  fuga  dei  com- 
promessi  e  de' gia  colpiti  dal  braccio  della  punitiva  giustizia;  di  chi 
si  distingueva  riel  dirigere  dimostrazioni  antipolitiche;  di  chi  si  occupa- 
ya  della  costruzione  di  emblemi  di  eguale  specie,  e  ne  dimandava  perfi- 
no  la  privativa  al  Comitato  ,  esibendone  i  modelli ;  di  chi  curava  la  cir- 
colazione  di  fogli  antipolitici,  die  solevansi  far  credere  redattied  impres- 
si  in  Roma,  mentre  invece  provenivano  dalle  Province  nsurpate  ,  come 
DC  fan  prova  gli  slessi  rendiconti  della  Societa.  Si  conobbero  parimenti 
i  luoghi  di  recapito,  stabiliti  per  la  pronta  circolazione  epistolare  fra  set- 
tarii  nell'  interno  di  Roma,  non  che  i  luoghi  ed  i  tempi  destinali  alle  or- 
dinarie  adunanze  della  setta;  come  pure  le  cifre  settarie,  ed  i  segni  di 
convenzione  per  la  secreta  loro  intelligenza  ;  ed  i  modi  co'  quali  questo 
Comitato  romano  teneva  corrispondenza  direttamente  con  Torino,  » 

Yengono  poi  le  collette  o  di  danaro  o  di  firme,  promosse  come  di- 
mostrazioni faziose:  e  quanto  alle  firme,  si  sa  con  indubilala  certez- 
za,  che  « la  maggior  parle  di  esse  eran  carpile,  sotlo  falsi  pretesli, 
si  di  associazione  ad  opere  letterarie ,  come  di  elemosine  a  vedove 
dereliltc  e  a  famiglic  depauperate  per  disavventura.  » 

<(  Le  accensioni  dei  Bengala  e  le  passeggiate  al  Corso;  la  delittuosa 
manifestazione  seguita  il  giorno  di  san  Giuseppe  del  1860;  quella  seguita 
nell'  Universita  Romana  li  12  Aprile  1861;  1'affissione  di  emblemi  antipo- 
litici in  piu  punti  di  Roma;  le  dimostrazioni  in  varii  teatri  che,  per  quanto 
si  ha  dagli  atti,  vennero  eseguite  al  fine  di  costringere  il  Governo  pon- 
tificio  a  far  chiudere  i  teatri,  e  potere  smentire  esteri  giornali  sulla  di- 
chiarata  plena  tranquillita  che  si  godeva  in  Roma ;  le  molteplici  affissioni 
di  bandieruole  o  fettucce  tricolori,  scagliate  con  creta  sulle  pareti  nelle 
pubbliche  vie ;  1'  inalberamento  di  bandiera  tricolore  nella  chiesa  di 


ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANNI  DI  CONGIURE  173 

S.  Carlo  al  Corso;  le  significazioni  ostili  al  Governo  del  Carnevale  1862, 
avvenute  al  foro  romano  e  sue  adiacenze,  per  ordine  del  Comitato,  die 
ne  faceva  circolare  e  distribute  ordine  corrispondente.  » 

Vengono  apprcsso  gli  oltraggi  contro  la  Famiglia  reale  di  Napoli, 
i  maneggi  per  sottrarre  carte  dallo  scrigno  di  Sua  Maesta  France- 
sco II,  e  molte  altre  sozze  e  vilissime  mene  per  diffamare  il  Re  e  la 
Regina  e  gli  allri  Principi  dell'esule  Famiglia. 

«  Si  era  pure  in  animo  di  attentare  alia  vita  del  Re  e  della  Regina 
nella  sera  di  Pafcqua  1861,  al  momento  della  girandola  ,  ed  erasi  gia  di- 
segnato  il  concetto  di  esecuzione,  che  ando  a  vuoto,  perche  reso  impos- 
sibile  dalle  provvidenziali  ed  accorte  misure  di  chi  reggeva  1'armata  di 
occupazione.  Altri  due  progetti  di  esecuzione  contro  la  sicurezza  perso- 
nale  del  Re,  che  restarono  similraente  frustrati ,  ebbero  luogo  in  questo 
tempo;  1'  uno  nel  Decerabre  1861,  nella  circostanza  in  cui  egli  recavasi 
in  Caprarola,  e  il  disegno  fu  di  appostarlo  lungo  la  via  con  armi  da  fuoco 
da  esplodersi  contro  di  lui :  e  1'altro  nel  Gennaio  1862,  nell'occasione  ia 
cui  sarebbe  uscito  dal  Palazzo  del  Quirinale  dalla  parte  della  Panetteria. 
Si  hanno  di  entrambi  in  alti  le  deduzioni,  e  sul  primo  si  ha  puranco  un 
rapporto  scritto,  rinvenuto  fra  le  carte  della  setta.  » 

Per  osteggiare  poi  sempre  piii  il  Governo,  non  si  lasciava  nulla 
intentato.  «  Si  facevano  larghe  promesse  a  chi  avesse  potuto  esibire 
document! »  che  lo  provassero  «  complice  della  reazione  »  nel  Regno 
di  Napoli.  Ma  invano. 

«  D' ordine  del  Comitato  si  faceva  ogni  sforzo  per  impedire  le  dimo- 
strazioni  in  onore  del  Santo  Padre ,  col  disaffiggere  le  iscrizioni  ed  altro 
relative,  non  senza  anche  minacciare  persone  attaccate  al  Governo  le- 
gittimo.  Numerose  istanze  facevansi  pervenire  alia  Prefettura  francese 
in  via  di  reclaim  contro  1'  amministrazione  pontiticia,  e  mentre  da  un  lato 
s'insinuava  al  popolo  di  far  ricorso  a  dette  autorita  francesi  in  ogni  eve- 
nienza,  dall'  altro  non  si  risparmiavano  neppur  queste;  giacche  festeg- 
giandosi,  la  sera  del  15  Agosto  1861,  nel  Casino  francese  la  ricorrenza 
onomastica  di  S.  M.  I1  Imperatore,  nell'epigrafe  e  nelle  iniziali,  che  furo- 
tio  posle  con  luminaria  all'esterno  del  Casino  (N.  III.  E. ),  sembro  al  Co- 
mitato  di  Jeggere  ed  intendere  «  Napoleone  e  Vittorio  Emmanuele  ».  Si  ha 
quindi  da  un  rapporto,  rinvenuto  fra  le  carte  del  Venanzi,  come  per  tal 
cagione  si  ordinasse  istantaneamente  far  dispetto  alia  stessa  guarnigione 
francese,  col  partire  da  quella  piazza  tutti  i  settarii. 


176  I  NUOVI  ACCORDI  DI  PARIGI 

«  Altra  istanza  quindi  in  via  d'  indirizzo  all'  Iraperatore  de'  Frances!  e 
a  Yittorio  Emraanuele  veniva  formulata,  contenente  reclaim  di  ogni  ma- 
niera  contro  I'amministrazione  pontificia,  cui  veniva  aggiunta  una  de- 
scrizione  molto  estesa  ed  esagerata  delle  prigionie  ed  emigrazioni ,  ter- 
minandosi  col  domandare  il  ritiro  delle  truppe  francesi ,  perche  potesse 
II  popolo  redimersi  da  se  stesso.  Questo  indirizzo  dopo  piu.  mesi  si  riusci 
a  farlo  ricuoprire  di  circa  6,000  firme :  ma  si  ha  su  questo  proposito  in 
atti,  come  non  meno  di  17  individui  addetti  al  partito  scrivessero  allalo- 
ro  volta  i  nomi  di  molti ,  procurando  di  yariare  e  modificare  per  ognuno 
il  proprio  carattere.  Si  conosce  quindi  come  e  da  chi  si  ifocesse  1'  inyio  al 
Comitato  di  questi  fogli ,  in  uno  alia  busta  che  doyeya  contenerli ;  ed  e 
pur  nota  la  persona  che  lavoro  la  busta  medesima ,  come  quella  che  reed 
1' indirizzo  al  suo  destino,  nel  Noyembre  1861. 

«  Sono  pur  palesi  i  luoghi  destinati  aH'occultazione  di  armi,  e  in  ispe- 
cie  fucili,  acquistate  per  yilissimo  prezzo  da  militi  napoletani,  rifugiati 
nello  Stato  pontificio,  e  ridotti  ad  un'  estrema  miseria.  E  palese  chi  com- 
mettesse  la  fabbricazione,  e  chi  fabbricasse  armi  bianche  e  revolvers  per 
persone  del  partito.  Si  ha  inoltre  che  per  una  di  queste  ordinazioni  venis- 
se  1'armiere  bendato,  posto  in  legno,  condotto  in  luogo  sconosciuto,  oye 
fu  incaricato  della  fabbricazione  di  molti  revolvers:  ed  esiste  un  rapporto 
settario  a  cio  relative.  Si  commise  anche  la  fabbricazione  di  ordigni  in- 
cendiarii,  e  nel  totale  si  sa  che  se  ne  siano  introdotti  in  Roma  non  meno 
di  3o.  Si  sa  egualmente  come  nell'  Aprile  1861  venissero  adoperati  que- 
sti ordigni  per  incendiare  trasparenii  esposti  in  onore  del  Sommo  Ponte- 
fice.  Si  ha  in  atti  che  ii  Comitato,  a  sernpre  piii  avversare  il  Governp 
pontificio  ed  a  farlo  decadere  dall'opinione  pubblica ,  ordinasse  ai  suoi 
dipendenti  gl'incendii  di  fienili ;  e  molti,  come  palesemente  enoto,  sene 
yerificarono  nell'anno  anzidetto  col  mezzo  di  tali  ordigni. 

«E  neppure  da  progettie  da  macchinazioni  sanguinarie  si  asteneya  la 
setta.  Imperocche  e  emerso  nella  compilazione  dei  present!  atti,  che  un 
ordine  corse  di  sacrificare  tutti  quegli  infelici ,  che  per  malattie  fossero 
-stati  costretti  recarsi  agli  ospedali ;  quando  si  trattasse  d'  individui  che 
avessero  dato  prova  di  attaccamento  al  Governo  pontificio ,  o  che  appar- 
tenessero  alia  reazione  napoletana ,  o  fossero  persone  fuggite  dalla  leva 
militare  coattiva  italiana.  Risulta  dalle  tavole  processuaii  che  eccitamen- 
ti  a  questo  scopo,  con  larghe  promesse  siensi  fatte  ad  un  ufficiale  sanita- 
rio ,  in  un  luogo  ad  uso  di  retrocamera  di  caffe :  che  apertamente  siensi 
pur  fatte  letali  minaccie  a  questi  mal  capitati  infelici.  Si  e  dedotto  peril- 
no  che  si  esponessero  i  loro  cadaveri  seduti  nella  tavola  settaria,  faceri- 


ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANNI  DI  CONGIURE  177 

done  star  ritto  il  fusto  con  uno  sgabello  posto  al  di  dietro ,  sfogando  poi 
su  di  essi ,  atti  che  sono  stall  descritti  per  eccesso  di  rabbia  con  pugna- 
late  ed  esplosioni  di  pistole.  Ed  e  nelle  rnani  appunto  della  giustizia  un 
pugnale,  servito  a  quest'  uso,  ancor  lordo  di  sangue. 

«  D'altro  lato  poi  un  sistema  del  tutto  opposto  si  teneya  con  quei  mi- 
liti  piemontesi ,  che  imprigionati  dalla  truppa  pontificia  furono  caritate- 
Tolmente  portati  all'  ospedale  di  S.  Giacomo,  ove  trovarono  le  piii  cor- 
diali  assistenze,  ed  ebbero  visile  dei  prirai  qualificati  del  partito ,  e  soc- 
corsi  in  danaro ;  soccorsi  e  dimostrazioni  che  vennero  anche  ripetuti 
generosamente  nel  momento  della  loro  libera  dimissione.  » 

Finalmente  : 

«  Si  era  stabilito  di  colpire  la  circostanza  del  29  Gingno  1861,  in  cui 
si  sarebbe  adunato  il  popolo  al  divertimento  della  girandola,  solita  ad 
incendiarsi  in  quella  ricorrenza ,  onde  effettuare  una  miova  dimostrazio- 
ne  in  onta  al  Governo  pontificio ,  e  si  era  nel  preordinato  intendimento 
di  uccidere  non  solo  i  Gendarmi,  ma  chiunque  si  fosse  opposto  a  questa 
sediziosa  manifestazione.  » 

Tal  el'epilogo  delle  «risuHanze»  piu  capital!  di  questo  famoso 
Processo,  che  nell'anno  decorso  levo  tanto  romore :  coiitro  del  quale 
si  scaglio  con  tanta  ira  tutlo  il  giornalismo  prezzolato  dal  Ministero 
di  Torino ,  e  per  impossibilitare  la  conclusione  del  quale ,  la  setla 
venne  sino  all'  espediente  disperatissimo  di  far  involare  una  parte 
degli  atti  dalla  stanza  del  giudice  processante.  II  che  quanto  giovi 
a  crescere  il  peso  delle  sue  rivelazioni,  non  e  chi  nol  vegga.  Or  non 
basterebbe  quest' unico  Processo,  a  metlere  nella  piu  sfolgorante  e- 
videnza  che  si  possa  desiderare ,  il  vero  e  ostinato  proposito  che  il 
partito,  capitanato  dal  Governo  della  rivoluzione  italiana,  nutre  d'im- 
padronirsi  di  Roma  e  di  «  ridurvi  il  Papa  »  alia  condizione  di  « solo 
Yescovo  » ?  E  si  avra  oggi  da  credere,  che  gli  accordi,  strelti  in  Pa- 
rigi  ai  15  di  Settembre,  abbian  fatto  mutare  volonta,  animo  e  disc- 
gni  a  questo  Governo  ? 

IV. 

Ma  di  questi  giorni  due  altri  se  ne  sono  compilati  dal  supremo 
Tribunale  medesimo,  di  rilevanza  niente  inferiore,  per  1'assunlo  no- 
Serie  Y,  vol.  XII,  fasc.  35*0.  12  3  Ottobre  1864. 


178  I  NCOVI  ACCORDI  DI  PARIGI 

stro,  ai  due  precedent!.  II  primo  e  sopra  la  causa  dei  pugnalalori  dei 
sacerdoti,  che  cominciarono  a  imperversare  dentro  Roma,  nell'Ago- 
sto  e  nel  Settembre  del  1862  1.  Cio  che  e  piu  strano  in  questo  Pro- 
cesso,  e  che  il  parti  to  piemontese,  il  quale  si  suole  dare  aria  di  mo- 
derato ,  si  servisse  di  sicarii  scelli  fra  gl'  immoderati  del  partito  di 
azione,  e  li  movesse  a  perpelrare  assassinii  vilissimi. 

Infatli  la  condizione  dei  malfattori ,  che  risulta  dagli  alti  essere 
tulti  discoli,  o  ladri  e  uomini  sanguinolenti ,  bollali  dalla  polizia 
ponlificia  o  francese ,  innodali  da  precetti,  garibaldini  della  Repub- 
blica  del  1849  e  di  pessimo  norae,  li  moslra  vera  marmaglia  inde- 
gna  della  buona  grazia  di  qualsiasi  onest'uomo.  Eppure  ii  Comitato 
die  aveva  lanta  aulorila  dal  Governo  di  Torino,  per  congiurare  in 
Eoraa  contro  il  Potere  del  Sanlo  Padre ,  non  isdegno  valersi  di 
questa  canaglia,  e  soldarla  e  aizzarla  all'  impresa  di  trafiggere  inno- 
cenli  vittime,  pel  solo  scopo  «  di  lurbare  la  tranquillita  pubblica  ». 
Di  fatlo  «  il  Capo-squadra  P.  ...  ne'  giorni  prossimi  al  ferimenlo 
di  un  sacerdote,  avea  delto  al  C. . . .  (1'assassino)  che  vi  era  Yordine 
di  menare  ad  un  prete  o  ad  una  persona  di  Governo.  »  Ed  a  queslo 
medesirno  G.  .  .  ,  che  desiderava  uscire  dallo  Slato,  un  allro  seltario 
paleso,  che  «  se  voleva  reslare  in  Roma,  vi  era  chi  gli  avrebbe  dato 
da  mangiare,  da  here  e  danari  giornalmente,  ma  che  quando  vi  era 
foisogno  di  puncicare,  bisognava  puncicare.  »  E  piu  espressamente 
gli  fu  dichiarato  :  «  che  dal  partito  rivoluzionario  non  si  accordava 
piu  ad  alcuno  di  partire  da  Roma  qual  emigrate,  se  non  avesse  com- 
messo  qualche  fatlo  in  favore  della  rivoluzione ;  aggiungendogli  che 
in  allora  era  venuto  un  or  dine  y  che,  per  essere  ammesso  all'emi- 
grazione,  bisognava  menare  ad  un  prete,  o  almeno  ad  una  persona 
del  Governo,  volendo  intendere  di  menare  col  collello  o  pugnale.  » 
E  da  cbi  era  venulo  quest1  or  dine  ?  Non  da  altri  che  dai  capi  del 
parlito,  a  cui  questi  ribaldi  si  erano  o  venduti  o  imprestali :  e  cote- 
sto  da  tutli  gli  argomenti  giuridici  si  ricava  ,  essere  stato  il  partite 
piemontese.  Giacche  il  G.  verbigrazia  «  era  molto  azzardoso  e  lesto 

1  Esso  e  cosi  intitolato:  Romano,  di  piu  ferimenti,  anche  con  qualche  pe- 
ricolo  di  viia,  per  {spirit o  diparte,  ed  altri  delitti  di  Lesa  Macsta.  Relazio- 
ne  delle  risultanze  processuali.  Roma,  tip.  della  Rev.  Cam.  Apostolica  1864. 
Volume  in  4.°  di  pag.  215. 


ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANNI  DI  CONCRTRE  179 

ncll'  eseguire  le  commission!  che  gli  si  davano  dalla  sella ,  cio£  di 
attaccare  le  bandiere  per  Roma,  d'incendiare  i  bengala  e  di  lingere 
i  muri  col  la  vernice  bianca  rossa  e  verde ;  cosa  che  il  medesimo  fa- 
ceva  con  tirare  al  muro  tre  boccelle ,  piena  ognuna  rispeltivamente 
di  vernice  dcgli  enunciati  tre  colori.  »  Or  le  commission!  per  tali 
prodezze  non  precede vano  mai  da  altri,  che  dai  caporioni  del  Comi- 
tato  piemontese.  Senza  che  allora  il  partilo  d'  azione  era  in  buoni 
termini  di  fratellanza  col  moderate.  E  appunto  fra  questi  assassin! 
si  conlavano  alcuni  de'  piu  fervidi  arrolatori  di  gioventu  romana,  per 
1'esercito  piemontese.  Ma  di  cio  bastino  questi  cenni  l. 

1  Fra  i  molti  argomenti  che  provano  la  lega  di  questi  scherani  col  par- 
tito  satellite  del  Governo  torinese,  ne  riporteremo  un  altro  solo,  il  quale  mo- 
stra  I'incredibile  fiducia  che  costoro  avevano  di  trovare,  non  solo  protezione 
da  esso  Governo,  ma  persino  premii  dallo  stesso  Re,  in  guiderdone  dei  loro 
misfatti.  Ecco  la  minuta  di  una  istanza  ridicola,  che  un  di  costoro,  schiuma 
di  furfante,  ebbe  la  temerita  di  indirizzare  al  Re  di  Piemonte.  Noi  la  trascri- 
viamo  a  verbo  dal  Processo ;  mariferenclola,  protestiamo  allamentc  contro 
1'ingiuria,  che  la  supplica  di  questo  mascalzone  recava  alia  maesta  reale ,  a 
cui  noi  ci  professiamo  sempre  devoti  ed  ossequenti ,  qualunque  sia  la  per- 
sona  che  n'e  investita.  A  Sua  Maesta  I'Imperatore  Vittorio  Emmanuele  — 
Alle  inesaus te  fonti  di  Ciustizia  che  perennementescaturiscono  dalla  Vostra 
Sovrana  Gcnerosita,  ricorre  in  quesli  giorni  il  disgraziato  A.  B.  di  Roma  di 
anni  60,  il  quale  invcce  di  godere  le  blandizie  deWamato  Augusto  nostro  So- 
vrano,  va  sofferendo  itcrribili  effetli  cagionati  dai  despoil  gcndar mi  pon lifi~ 
ciiper  tntto  il  tempo  della  sua  vita.  Nella  sera  del  19  Marzo  1860  verso  le 
9 pomeridiane,  stando  nella piazza  Colonna  affollati  per  fare  una  dimostra- 
zione  aU'Augustissimo  Nostro  Impcratore  la  Maesta  Vostra,  e  al  giorno  ono- 
mastico  del  gran  generate  Giuseppe  Garibaldi,  alia  venuta  di  molti  gendarmi 
pontificii  a  cavallo  e  senza,  V  esponente,  trovandosi  nclla  mischia,  ricevette 
da  un  gendarme  apiedi  un  calcio  nella panda,  die  cadde  in  terra,  e  gli  so~ 
pravvenne  un'  ernia,  della  quale  non  e  stalo  possibile  di  piu  guarire:  ed  d 
percib  che  essendo  di  professione  cbanista ,  che  richiede  uomini  sani ,  e  non 
potendo  lavorare  senza  seffrire  molto  incomodo,  faumile  preghiera  alia  Mae- 
sta Vostra  onde  ordinare  per  il  suddetlo  qualche  piu  adalto  lavoro  o  impiego 
qualunque,  onde  lucrare  un  pezzo  di  pane  con  minor  stento  (che  per  lo  pas- 
sato  Governo  lo  hanno  fruito  quei  molto  peggiori  dell'  esponente )  tanto  per 
coslumi  facendo  riflettere  che  sa  discrelamente  leggere  e  scrivere  e  conti ;  ed 
e  percib  sperando  per  abilita  nella  generosita  della  Maesta  Vostra,  non  isde- 
gncrete  i  voli  di  confidcnza,  che  alia  grandezza  vostra  innalzaun  infclice  svd- 
dito  ingiustamcnte  avvilito.  Questo  offlcio  di  carita  che  PAltesza  Voslra  vorra 


180  I  WJOVI  ACCORDI  DI  PARIGI 

II  secondo  Processo  e  quello  di  cui  abbiamo  dato  larga  conlezza 
nel  prossimo  passato  fascicolo  1 ,  e  comprende  la  causa  di  varii  cri- 
menlesi,  ma  segnatamente  quella  del  Filibeck,  che  e  di  Cospirazione 
contro  il  Governo  pontificio,  non  senza  I'annuenza  dell'  usurpatore 
Governo  piemontese.  Sarebbe  soverchio  distenderd  a  ripetere,  an- 
corche  sommariamente,  quella  relazione,  che  il  lettore  puo  rivedere 
da  se  con  ogni  agio  suo.  In  iscambio  dunque  di  riprodurla,  ci  terre- 
mo  paghi  di  osservare,  che  questo  Processo  e  caduto  grandemente  a 
proposito,  per  mostrare  quale  e  quanto  assegnamento  s'abbia  a  fare 
sulle  guarentigie  del  Governo  della  rivoluzione,  di  non  tentar  nulia 
contro  la  sicurezza  di  Roma.  Perocche  ivi  sono  indizii  che  si  medila- 
va  « da  un  centro  dipendente  da  esso  Governo  »  di  attentare  «  alia 
preziosa  vita  del  Sovrano  Pontefice,  mediante  bombe  aH'Orsini»;  e 
che  ad  ogni  modo  si  aspettava  «  con  certezza  »  la  morle  del  San- 
to Padre.  Ivi  poi  e  narrate  tulto  il  disegno  ordilo,  per  una  invasione 
a  mano  armata  del  terrilorio  pontificio  e  della  stessa  cilta  di  Roma; 
e  sono  esposte  tutte  le  intelligenze  e  le  pratiche  che  correvano  per 
la  sua  esecuzione  col  Minis  tero  di  Torino,  che  «  apparenlemenle  » 
avrebbe  conlrastato  e  «  realmente  »  avrebbe  favorito  il  latrocinio. 
Ivi,  oltre  il  tramato  rapimento  del  Re  di  Napoli,  promosso  dal  mini- 
slro  Peruzzi,  e  la  tramata  occupazione  del  forte  di  Paliano,  commessa 
dal  medesimo ,  si  rivelano  per  minuto  tutti  i  piu  scellerati  proponi- 
menti  della  setta,  per  insignorirsi  della  Gitla,  per  promulgarvi  il  Ple- 
biscite e  per  coronar  Fopera  della  unila  d' Italia,  costituendo  Roma, 
a  dispetto  dei  Romani,  capitale  del  nuovo  Regno.  Onde  non  ci  pare 
che  possa  farsi  commento  piu  luminoso  agli  accordi  slipulati  in  Pa- 
rigi  ai  15  di  Settembre,  di  quello-che  lo  fa  lore  tale  Processo.  Que- 
sto si  ha  da  riguardare  come  pegno  splendidissimo  della  lealla,  con 
cui  il  Governo  della  rivoluzione  cuslodira  inviolata  la  frontiera  de- 
gli  Stali  papali ,  tostoche  i  Frances!  se  ne  sieno  slontanati :  e  per 

tributare  all'esponente ,  sara  di  somma  gloria  come  alle  altre  e  lante  belle 
operc,  di  cui  vi  va  debitrice  la  Storia  d' Italia,  si  aggiungeranno  iplausi  del- 
Vesponente,  riconoscendovi  per  il  Ristoratore  de'suoi  affanni.  Che  eccetera* 
Questo  capolavoro  di  supplica ,  affermasi  nel  processo  che  «  effettlvamente 
fu  inviato  a  Vittorio  Emmanuele  come  eaierge  dagli  atti.  » 
1  V.  questo  Volume  pag.  99  segg. 


ILLt  STRATI  DA  DODICI  AKNI  DI  CONGIURE  181 

quietarc  le  apprensioni  dei  limidi  e  dci  poco  crcduli ,  non  si  ricer- 
chera  allro  piii  che  metier  loro  innanzi  un  tale  Processo,  e  dir  loro: 
-  Leggete,  e  imparate  a  fidarvi ! 

V. 

Qual  conclusione  inferire  da  queslo  epilogo  storico  delle  congiure 
di  dodici  anni  contro  la  cilia  dei  Papi,  messo  a  riscontro  con  le  sti- 
pulazioni  teste  rogale  in  Parigi,  fra  il  Governo  che  « si  gloria »  d'es- 
serne  «  protellore  »,  e  il  Governo  che  se  nebandisce  acerrimo  perse- 
culore?  La  conclusione  sgorga  da  se  medesima,  e  salla  agli  occhi  di 
chi  non  e  cieco.  Procedendo  le  cose  come  son  procedule  finora,  non 
appena  1'  ultimo  soldato  della  Francia  fosse  sparito  da  questo  piccolo 
Stato,  e  subito  si  rinnoverebbe  la  commedia  o  di  Bologna  nelGiugno 
del  1859 ,  o  piu  facilmenle  quclla  del  Settembre  del  1860,  quando 
sessanta  mila  Piemonlesi  invasero  1'Umbria  e  le  Marche,  prima  ezian- 
dio  che  1'  apportatore  della  dichiarazione  di  guerra  fosse  approdato 
nel  porlo  di  Civitavecchia.  Un  Governo,  com'  e  colesto  della  rivolu- 
zione  d'  Italia,  non  e  povero  di  mezzi  termini  diplomatic!,  per  coglier 
preteslo  d'infrangere  le  convenzioni,  ch'egU  ha  palteggiate  solenne- 
menle  nel  nome  della  Sanlissima  Trinita,  qualora  gli  diano  impaccio, 
e  non  gli  torni  conto  il  serbarle.  Eppero  con  la  slessa  destrezza  con 
la  quale  ha  saputo  stracciare  il  Trattato  di  Zurigo,  saprebbe  lacerare 
altresi  gli  accordi  parigini  del  15  Setlembre:  e  cio  lanto  piu  baldan- 
zosamente,  quanlo  che  conoscerebbe  di  averla  a  fare  con  un  alleato, 
che  per  lui  e  pieno  di  amichevole  condiscendenza  e  di  dolcezza  piu 
che  paterna.  E  questo  gia  si  compiacciono  di  cantare  e  di  ricantare 
in  ogni  metro  i  giornali  salariati  da  chi  governa  la  rivoluzione  ila- 
liana :  sebbene  invece  i  loro  fratelli  di  Parigi  li  contraddicano,  e  li 
rampognino,  e  se  ne  sdegnino  crucciosamente.  Irae  amantium ! 

Nulladimanco  badi  il  lettore,  che  noi  parliamo,  non  punlo  dal  tetto, 
ma  dal  primo  piano  in  giu.  Perocche  se  dobbiamo  enlrare  a  discor- 
rerla  anche  dal  solo  letto  in  giu,  pensiamo  che  molto  ragionevol- 
mente  sia  lecito  discorrerla  in  quest' altro  modo:  — Signori,  voi 
v'  ingannate  a  partito,  se  v'  immaginate  che  i  freschissimi  accordi 
del  15  Sellembre  abbiano  da  riuscire  per  voi  come  un  passavia,  il 
quale  v'  introduca  in  Roma  a  goderci  il  frulto  delle  vostre  congiure 


182  I  NUOVI  ACCOEDI  DI  PARIGI 

di  dodici  anni.  A  voi  pare  d'  aver  lirali  i  conti  giuslissimi.  II  Papa, 
con  1'  anclala  de'  Frances! ,  rimarra  senza  presidio  valido;  1'  inlima- 
zione  del  non-intervento  alzera  un  baluardo,  conlro  chiunque  voglia 
accorrere  in  sua  difesa;  il  tesoro  suo  oberalo  non  gli  rendera  possi- 
bile  di  formare  un  esercito  di  qualche  polso;  noi  lo  circonderemo  da 
terra  e  da  mare,  lo  serreremo  in  un  vero  cerchio  di  ferro,  e  rinfoco- 
leremo  nel  suo  Stato,  a  mantici  rioforzati,  1'incendio  della  ribellione. 
L'oro  c'  e:  gli  emissarii,  le  spie,  i  sensali  di  cosclenze  non  ci  ver- 
ranno  raai  raeno :  ne  abbiamo  un  armento.  Se  1'  occasione  ci  si  porge 
propizia  presto,  spacceremo  al  Sanlo  Padre  un  bravo  ullimalo,  e 
faremo  bravamente  irruzione  nelle  sue  terre:  nei  dinlorni  del  Ponte 
Milvio  o  del  Nomentano,  darerao  una  brava  ballaglia  simile  a  quella 
di  Castelfidardo ,  e  inghirlandati  di  questi  allori,  saliremo  sul  Cam- 
pidoglio  e  Roma  sara  nostra.  Se  poi  quest'  occasione  non  si  offre , 
aspettererao  che  il  Papa  sia  volalo  ai  riposi  eterni ,  e  quindi,  con 
1'aiuto  del  nostro  Comitato,  opereremo  una  rivoluzione  paclflca,  e  un 
bel  mallino  ci  troveremo  alle  mura  di  Roma,  porlativi  come  per  in- 
canto,  e  ci  entreremo  coronali  d'  ellera  e  di  ulivo. 

Quesli  sono  i  conli  tirati  da  voi.  Ma  sono  conti  di  sognatori.  Siete 
voi  bene  assicurati  die  i  Frances!  disgombereranno  Roma ,  proprio 
nel  termine  di  due  anni?  Non  giugnete,  col  vostro  sguardo  perspi- 
cacissimo ,  a  prevedere  nessuno  di  quegli  sconci ,  che  sogliono  na- 
scere  con  tanta  facilita  da  quella  che  in  Parigi  chiamano  « forza  delle 
cose »? E  poi,  ammessa  ancora  la  ritirata  della  guarnigione,  siele  ben 
cerli  che  il  Governo  della  Francia  chiuderaun  occhio  indulgentemen- 
te  sopra  le  vostre  capestrerie  alle  porte  di  Roma,  come  li  chiuse  lutte 
e  due  quando  vi  avventaste  alia  presa  di  Perugia  ed  a  quella  di  An- 
cona?  Ignorate  forse  che  la  nazione  francese  ,  in  tulli  i  modi  che  gli 
sono  stati  consenlili,  ha  espresso  un  volo  quasi  universalein  favore 
del  Irono  regio  di  Pio  IX  e  conlro  di  voi?  Ignorate  forse  che,  eccelto 
i  giornali  stipendiati  da  voi,  in  tutta  la  Francia  non  ve  n' ha  uno 
solo,  che  si  abbassi  a  patrocinare  i  vostri  deliramenti  satanici  intor- 
no  a  Roma?  E  posto  cio ,  come  potete  adularvi  al  segno  di  crede- 
re ,  che  un  Governo ,  il  quale  vantasi  d'  esser  fondato  sul  voto  della 
nazione,  rinneghi  se  e  la  sua  origine  per  dare  il  Campidoglio  a  voi? 
Se  il  Campidoglio  fosse  venale  o  conseguibile  per  qualche  via ,  fuo- 


ILLUSTRATI  DA  DODICI  ANNI  DI  CONGIERE  183 

ri  dell'  iniquita  c  del  sacrilegio,  la  Francia  se  lo  lerrebbe  per  se,  non 
lo  abbandonerebbe  a  voi.  Chi  siete  voi  per  la  nazione  francese,  che 
clla  dcbba  immolare  alle  vostre  libidini  settarie  i  suoi  interessi  piu 
nobili,  e  la  indipendenza  del  Capo  della  sua  religione?  Per  quali  ti- 
toll  vi  confidate  voi  d'  indurre  quella  nazione  magnaniraa ,  a  rinno- 
Tare  per  voi  il  traffico  scelleralo  di  Cristo  nel  suo  Vicario?  Voi  po- 
tete  bensi  ambire  1'infamia  di  novelli  giudei  della  Cristianila,  e  1'am- 
bizione  e  degna  di  voi :  ma  presumere  che  la  Francia  si  assuma  per 
voi  le  parti  dell'  Iscariote,  e  oltraggio  d'  intollerabile  Iracotanza.  Que- 
sta  e  una  considerazione  che  avele  bisogno  di  fare ,  perche  giudi- 
cale  Iroppo  alia  leggiera  la  Francia ,  e  confondete  troppo  alia  grossa 
gli  abbietti  vostri  desiderii,  co'suoi  sensi  generosi  e  catlolici:  i  qua- 
li ,  come  v'  insegna  la  storia,  sopravvivono  alle  sue  dinaslie,  ai  suoi 
Governi,  alle  sue  rivoluzioni  ed  a' suoi  medesimi  traviamenti.  Ed 
inoltre,  siete  bene  cerlificati  che  il  baloardo  del  non-intervento  sariH 
inespugnabile  ai  cannoni  di  qualche  altra  Potenzad'Europa?  Ne  ave- 
te  forse  in  tasca  la  sicurt&?  Ed  anche,  senza  ricorrere  a  supposizio- 
ni  che  vi  fanno  tremare  le  viscere ,  non  vedele,  o,  per  dir  meglio, 
non  toccate  con  mano,  che  Roma  vi  e  stranamente  «  fatale  »?  II  con- 
te  di  Cavour  per  la  prima  volta  vi  addito  in  pubblico  il  Campido- 
glio ,  solto  simbolo  di  slella  benaugurata  d'  Italia :  e  si  ardi  perfi- 
no  promettervi,  che  «  forse  dentro  sei  mesi »  ella  rifulgerebbe  sui 
voslri  capi  e  sul  suo.  Ma  eran  appena  trascorsi  i  sei  mesi ,  ed  egli 
scendeva  nella  tomba,  lie  voi  montavale  sul  clivo  capilolino.  Un  anna 
appresso  si  levo  il  vostro  Garibaldi  a  gridare :  «  0  Roma  o  morle !  » 
ed  appresto  armi  ed  armati,  e  si  avvio  dalla  Sicilia  al  conquisto  dei 
selte  colli.  Ma  tra  le  serre  di  Aspromonle  fu  arrestato  daunavostra 
palla,  che  azzoppo  lui  per  sempre  e  spezzo,  irreparabilmente  sino- 
ra,  ii  fascio  della  voslra  unione.  Due  anni  dopo  sono  all'  improvviso 
calali  da  Parigi  gli  accordi  del  Sellembre ,  che  paiono  ridestare  le 
vostre  dissennale  speranze  su  Roma.  Ma  Dio  buorio  !  che  gioie  vi 
hanno  eglino  recato  que'  begli  accordi?  Subito  giunti  in  Torino,  sono 
siati  intrisi  in  un  sangue  che  li  ha  lordati  indelebilmente;  ed  hanno 
gittato  per  tutta  T  Italia  discordia ,  terrore ,  confusione  desolatrice. 
Cos!  che  quegli  accordi  sembrano  aver  avulo,  con  le  ratificazioni  di 
chi  li  soltoscrisse,  il  marchio  della  maledizione  di  Dio.  Or  quesli  fatll 


184  1  NtlOYI  ACCORDI  DI  PARIGI  ILLUSTRATI  ECC. 

\ivi,  lampanti,  molteplici,  continual!,  che  altro  dimostrano  in  verita 
se  non  che  Roma  vi  e  « falale»,  e  che  ne  voi  siele  deslinali  per  lei, 
ne  ella  e  deslinata  per  voi  ?  Ed  ecco  perche,  argomentando  dal  letto 
in  giu,  i  voslri  conli  si  hanno  a  deridere  per  conli  di  sognatori. 

Ma  se  invece  passiamo  ad  argomentare  dal  tetto  in  su ,  allora 
dovrem  dire  francamente :  —  Signori ,  smetlete  ogni  pensiere  di 
Roma,  perocch'ella  e  occupata  da  tale,  che  o  non  ve  ne  aprira  1'ac- 
cesso ,  o  ve  lo  aprira  per  distruzion  vostra.  Leggetene  il  nome  scol- 
pito  nel  vivo  di  un  granito  il  pm  eccelso  del  Valicano :  CHRISTUS  RE- 
GNAT,  CHRISTUS  IMPERAT.  Questi  e  il  formidabile  occupalore  di  Roma. 
Egli  vi  regna ,  e  v'  impera  Egli  nella  persona  del  suo  Yicario ;  il 
quale  meglio  che  lulti  i  re  e  gl'  imperatori  del  mondo,  puo  ripetere 
e  spiritualmente  e  temporalmenlc :  Ego  constitutes  sum  Rex  ab  Eo. 
Suo  propriamente  e  il  diadema  di  Pio  IX,  suo  ne  e  lo  scettro,  suo 
ne  e  il  Principato.  Per  far  vostro  questo  incomparabil  diadema, 
forza  vi  e  strapparlo  dalle  sue  mani :  per  infrangere  questo  scettro 
divino,  forza  vi  e  romperlo  nel  suo  pugno :  per  entrare  voi  nel  pos- 
sesso  di  questo  Principato  di  Roma,  forza  vi  e  sloggiarne  la  onnipo- 
tente  maesta  sua.  Ve  la  senlite  d'ingaggiar  baltaglia  con  esso  Lui? 
E  voi  ingaggiatcla.  Siele  gia  in  buoni  termini  di  guerra  con  Lui , 
fin  da  quando  stendeste  la  sacrilega  deslra  sulle  tre  altre  gemme  di 
questa  sua  corona.  Ma,  se  cosi  vi  place,  passale  oltre;  animo!  Po- 
tra  essere  che,  in  quanto  dura  il  conflilto,  Egli  rimuova  il  suo  Yica- 
rio dalla  gran  Cilia,  divenuta  campo  del  combaltimento.  Piu  di  trenta 
volte,  in  dodici  secoli,  ne  lo  ha  rimosso ,  e  piu  di  trenta  volte  ve  lo 
ha  ricondotto  fra  gli  osanna.  Potra  essere  che  Egli ,  per  istritolarvi 
piu  vergognosameute  ,  vi  conceda  anche  un'  ora  di  viltoria  ingan- 
nevole.  L'ha  concessa  a  molti  altri.  Per  mentovar  solo  i  piu  pros- 
simi  a  noi  di  tempo ,  1'  ha  concessa  alia  Repubblica.  del  Direttorio , 
1'  ha  concessa  air  Impero  del  primo  Bonaparte ,  T  ha  concessa  alia 
Repubblica  del  Mazzini.  Ma  poi,  scorsa  quell' ora ,  tulti  e  sempre  e 
inesorabilmente  son  iti  in  perdizione ;  e  il  Papa  e  lornalo  a  regnare 
glorioso  nel  soglio  del  Yaticano.  Quesli  esempii  non  vi  sbigotlisco- 
no?  Yoi  dunque  baltagliale  da  prodi  e  godelevi  1'ora  voslra.  Noi  in- 
lanto  apparecchieremo  i  funerali  per  voi ,  e  gli  archi  di  Irionfo  pel 
Sovrano  Ponlefice. 


LO   SPIRITISMO 

NEL  HONDO  MODERNO1 


IN  CHE  GONSISTA  LO  SPIRITISMO 

XXL 

Compendia  delle  rayioni  che  provano  la  realta  del  fenomeni. 

II  principal  punto  che  fu  necessario  di  rassodare ,  si  e  che  i  fatti 
attribuili  allo  Spirilismo,  non  si  possono  altribuire  alia  menzogna  ed 
alia  irnposlura.  Noi  promeltemmo  di  dimostrarlo  ad  evidenza,  e  ci 
sembra  di  aver  mantenuta  la  parola  nell'  ultimo  articolo  uscilo  alia 
luce.  Diamone  qui  un  compendio.  Trallandosi  di  fatti,  che  cadono 
sotlo  lo  sperimento  dei  sensi ,  non  v'  era  allra  \ia  di  dimostrazione 
che  arrecare  testimonianze  autorevoli :  tali  cioe  che  per  la  loro  scien- 
za  non  potessero  illudersi,  per  la  loro  onesla  non  volessero  ingannare, 
e  per  la  conlrariela  degF  inleressi  sperassero  vera  e  grande  utilita 
dallo  smascherare  la  frode,  se  frode  \i  fosse  stata.  Or  lulte  queste  con- 
dizioni  si  trovano  riunite  insieme  nei  testimonii  da  noi  citali.  Novanla 
anni  d'  uso  sempre  crescente ,  quantunque  pur  sempre  conlrastato, 
di  quesla  pratica  ban  generate  scrillori  a  migliaia ,  giornali  in  ogni 
lingua,  istituzioni  d'  ogni  genere.  Gli  uomini  piu  dolli  nelle  varie 
scienze  sperimentali  hanno  teslificata  la  sincerita  e  realla  dei  falli : 
e  T  hanno  tesliflcata  dopo  di  averla  in  prima  o  negata  o  messa  in 

1  V,  Serie  V,  Vol.  XI,  pag.  555  e  segg. 


186  LO  SPIRIT1SMO 

dubbio,  e  dopo  di  essere  stati,  per  testificarla,  obbligati  a  ricredersi 
dalla  troppo  manifesta  evidenza  delle  pruove  da  loro  medesimi  tenla- 
te.  Nella  qual  condizione  noi  dobbiamo  collocare  le  medesime  Acca- 
demie  di  Scienze  fisiche  e  di  Medicina.  Oueste,  sbalordile  dapprima 
dalla  novila  e  dalla  meraviglia  dei  falli ,  cui  non  sapevano  spie- 
gare  colle  ordinarie  leggi  della  nalura ,  ne  Yolevano  spiegare  col  ri- 
correre  a  forze  superiori  o  estranee  alia  natura  fisica ,  pensarono  di 
negarne  recisamenle  1'  autenlicila,  attribuendoli  ad  illusion!  e  ad  in- 
ganni.  Dopo  parecchi  anni  di  pertinace  costanza  in  tal  giudizio,  ven- 
nero  obbligale  a  riformarlo:  e  una  tale  ritraltazione,  piu  che  qualsi- 
voglia  altra  teslimonianza,  autentica  i  fenomeni  prestigiosi,  siccome 
quelia  che  fu  ad  uomini  espertissirai  strappata,  direm  cosi,  per  viva 
forza  dalla  ccrtezza  dei  loro  lungbi  spcrimenli,  contra  ogni  spirito  di 
corpo  ed  ogni  amore  d'interesse.  Finalmcnte,  ad  escluderc  ogni  pos- 
sibilila  di  ciurmeria ,  valgono  moltissimo  i  documenti  dei  varii  atli 
governativi,  emanati  sia  nell'  Europa,  sia  neir America,  or  sollo  for- 
ma di  seutenza  di  tribunal!,  or  sotto  forma  d'  inquisizioni  e  d'istru- 
zioni,  or  sotto  forma  di  rapporti  o  di  rirorsi;  e  tulli  o  fondali  sopra 
la  certezza  dei  falli,  o  conducenti  a  confer marla  del  loro  aulorevole 
suggello. 

Non  crediamo  adunque  che  possa  trovarsi  un  uomo  di  senno  e  di 
buon  senso ,  il  quale  rifiuti  il  suo  assentimento  a  tali  teslimonianze. 
Se  quesle  non  conchiudono ,  non  vi  potrebbe  piu  essere  un  sol  falto 
storico  che  merilasse  fede  umana.  Qualche  dubbio  puo  cadere  sopra 
queslo  o  quel  fallo  speeiale ,  ma  non  puo  ragione\7olmente  ammet- 
tersi  sopra  il  complesso  o  la  massa,  per  cosi  dire ,  dei  fatti,  che  si 
aHribuiscono  allo  Spiritismo.  Possiamo  clurique  entrare  con  sicurezza 
nel  secondo  esame,  che  ci  siamo  proposti  fin  dal  principio  di  que- 
sta  traltazione ,  qual  sia  cioe  la  cagione  produtlrice  di  quesli  falli. 

XXII. 

Del  nome  e  dell'  obbietto  proprio  dello  Spiritismo. 

Questa  nostra  seconda  indagine  pero  non  polrebbe  mai  condurre  a 
\eruna  esatta  conchiusione,  se  prima  non  usciamo  da  quel  non  so  che 


NEL  HONDO  MODERNO  187 

di  vago  e  d'  incerto ,  ove  ci  siamo  finora  intrattenuli.  Cio  che  noi 
chiamarnmo  ,  nella  sposizione  storica,  ora  Mesmerismo,  ora  Magne- 
tismo,  ora  Spiritismo,  a  qual  cosa  fioalraente  si  riduce?  come  puo 
definirsi?  in  quali  condizioni  opera?  quali  effelti  riconosce  per  proprii? 
come  si  diversifica  e  si  distingue  dalle  altre  forze  esistenti  nella  natu- 
ra,  od  operanli  nel  mondo?  A  lulte  queste  dimande  bisogna  dare  una 
risposta  chiara  e  precisa ,  la  quale  poi  ci  serva  come  di  punlo  di  par- 
tenza  nelle  discussioni  e  nelle  ricerche  che  dovremo  farvi  intorno. 

Cominciamo  in  primo  luogo  dal  nome.  II  piu  anlico  e  il  nome  di 
Mesmerismo :  esso  ricorda  il  primo  eccitatore  o  propagatore  di  quest! 
fatti,  1'uomo  che  scopri ,  dicono  alcuni,  quesla  forza,  esistente  bensi 
nella  natura,  ma  non  ancora  rivelata  alle  moltiludini,  ne  affidata 
alle  scienze  umane.  Esso  dunque  e  un  ricordo  storico ,  alieno  da 
qualsivoglia  sislema,  vuoto,  per  cosi  esprimerci,  d'ogni  senso,  e  che 
puo  essere  acceltato  da  tulti,  senza  ripudiare  nessuna  idea  che  allri 
s'  abbia  intorno  alia  vera  cagione  da  attribuire  ai  falti.  Gli  altri  due 
nomi  si  debbono  dire  sistemalici ,  siccome  quelli  che  sono  altribuiti 
a  quel  complesso  di  fatti  da  due  sislemi  opposti ,  messi  innanzi  per 
ispiegarli.  Poiche  comparsi  al  mondo  quei  falti ,  nell'opinione  degli 
uomini  si  stabilirono  quasi  due  correnti  opposte  :  1'una  che  tutti  li 
arreca  a  cause  meramente  natural! ,  senza  nessun  ricorso  o  inter- 
venimento  dispirili;  1' allra  che  ripudia  le  cause  naturali  e  rico- 
nosce solo  negli  spiriti  i  veil  autori  di  quei  fenomeni.  Per  la  prima 
si  rilrova  essere  invalso  il  nome  di  Magnetismo ,  per  la  seconda 
quello  di  Spiritismo.  L'uso  di  quesli  due  ultimi  nomi  non  puo  dirsi 
indifferenle  ,  siccome  1'  uso  del  primo  ;  poiehe  essi  non  significant 
soltanto  un  aggregato  qualsivoglia  di  fatti,  ma  altresi  una  ipolesi 
che  li  unisce  insierne.  Egli  e  ben  vero  che  piu  d'  una  volta  e  in  piu 
d'uno  scriltore  si  trovano  adoperati  alia  rinfusa :  ma  non  volendo 
cio  atlribuire  a  poca  esaltezza  di  favella,  devesi  spiegare  per  1'  uso 
ammesso  di  adoperare  quei  nomi,  non  come  espressivi  d'  un'  idea  si- 
stemalica  ,  ma  come  piu  o  meno  frequentemenle  adoperati  in  cerli 
tempi,  o  come  usati  per  mera  convenzione  di  linguaggio.  Noi  prefe- 
rimmo  la  voce  di  Spiritismo,  perche  era  conforme  al  concetto,  che  ci 
siamo  formati  intorno  alia  origine  di  quest!  fenomeni :  ma  spesso 


188  LO  SPIRITISMO 

adopriamo  ancora  quella  di  Mesmerismo,  poiche  essa  e  scevra  d'ogni 
sospetto,  e  puo  dirsi  a!  lulto  innocente.  Saremo  pero  costrelti  di  va- 
lerci  non  di  raro  ancor  del  nome  di  Magnetismo ,  coi  suoi  derivati , 
quando  dovremo  esporre  le  opinion!  altrui  col  linguaggio  di  chi  cosi 
chiamollo. 

Dalla  parola  passiamo  alia  cosa.  In  che  modo  potra  defmirsi  con 
breve  e  chiara  formola  il  Mesmerismo?  Noi  indarno  cerchiamo  nei 
parleggiani  suoi  definite  qual.sia  1'oggelto  precise, "intorno  al  quale 
esso  si  aggira.  Frasi  vuote  di  senso,  o  stranamenie  sconvolte  le  tro- 
"viamo  presso  di  tulli :  una  proposizione  limpida  e  distinta  non  v'  e, 
per  quanlo  1'abbiamo  cercata.  Le  piu  precise,  quali  sono  quelle  che 
ripoila  il  ch.  p.  Caroli,  nella  sua  delta  e  assennatissima  opera  intor- 
no al  Mesmerismo  1,  sono  si  assurde,  che  debbonsi  dal  buon  senso, 
non  che  dalla  logica  rigeltare.  Lasciarao  da  banda  quelle  fanciulle- 
sche  inezie  che  sono  le  definizioni  del  Guidi  2 ,  die  or  dice  il  Mes- 
merismo :  «  Una  scicnza  di  progresso ,  anzi  il  complemento  di  ogni 
migliore  progresso  »;  eel  ora  il  chiama:  « II  piu  polente  motore  del- 
la  natura  »  ;  e  quando  1'appella  :  «  L'  onnipolenza  della  volonla  nel- 
1'  imposizione  di  una  mano  caritatevole  e  pura  su  di  un  misero  sof- 
ferente  » ;  e  quando  lo  nomina :  «  Un  proleo  inesplicabile ,  ora  visi- 
bile,  ora  invisibile,  lalora  calmante,  e  in  allre  circostanze  sopraecci- 
iante  »;  e  quando  lo  definisce  :  «  La  proprieta  d'ogni  essere  vivente 
d'  allirare  una  parte  del  fluido  etereo  ed  universale ,  e  di  agire  con 
esso,  quante  volte  si  voglia,  sui  suoi  simili,  sopra  se  stesso,  ed  an- 
che  sopra  cerli  corpi  inorganic].  »  Noliamo  soltanlo  le  assurdita  di 
quelle  che  meno  ripugnano ,  ed  hanno  una  forma  meno  disonesta  e 
scompigliata.  II  Delausanne  3  definisce  il  Magnetismo  :  « L' action 
de  r  intelligence  sur  Us  forces  conservatrices  de  la  vie»;  ma  cosl 
in  luogo  di  assegnare  al  Magnetismo  1'oggetto  suo  proprio  e  specia- 
le,  gli  atlribuisce  tutti  i  pensieri,  tutte  le  volizioni,  tulti  gli  atti  delle 

1  Del  Magnetismo  animale,  ossia  Mesmerismo  in  ordine  alia  ragione  ed 
alia  rivelazione;  per  G.  M.  C\ROLI  3VI.  G.  Bologna  1858. 

2  Nella  Luce  Magnelica^.  del  10  Genn.  1837. 

3  Ap.  CH\RPIGNON^  Physiologic,  Medecine  et  Metaphysiyue  du  Magnetisme, 
Bruxelles  1851,  p.  45 


NEL  MOXDO  MODERNO  189 

inferior!  potenzo  dcll'uomo.  Incerta  del  pan,  ma  piu  assurda  ancora 
e  la  dcfmizione  del  Ricard  1,  die  cosi  dice*.  «  Le  Maynclisme  est  la 
manifestation  de  la  faculte  volitive  que  possedent  tons  les  etres  » : 
egualmente  incerta,  perche  ogni  alto  di  volere  ci  renderebbe  o  rna- 
gnelizzali  o  magnetizzatori :  assai  piu  assurda,  perche  attribuisce 
a  tutti  gli  esseri,  senza  eselusione  di  alcuna  sorla,  la  facolla  voli- 
tiva.  Dello  stesso  vizio  e  guasla,  ma  in  un  grado  ancor  piu  super- 
lative, la  definizione  del  Gaulhier  2  :  « On  entend  par  Magnelisme 
r  action  qu  un  homme  peut  exercer,  non  seulement  sur  ses  sem- 
llables,  mats  encore  sur  lui  meme ,  sur  les  animaux ,  les  vege- 
taux  et  la  matiere » ;  poiche  per  lui  non  v'  e  piu  nell'  uomo  atto,  o 
gesto,  omo\imento  che  non  sia  generate  dal  Magnetismo.  Laquale 
assurdita  trovasi  con  parole  different,  ma  alia  stessa  misura,  nel- 
la  definizione  del  Charpignon  3  ,  il  quale,  rigellate  le  formole  al- 
trui,  cosi  poi  conchiude,  piu  infelicemente  forse  degli  altri :  «  Nous 
tenons  a  comprendre  sous  la  denomination  de  Maynetisme  humain 
toute  influence,  qui  a  son  centre  d' action  dans  I'  homme.  »  Ma  qua- 
si che  una  tale  esagerazione  sia  poca,  e  piaciulo  al  Chardel  4  d'al- 
largare  ancor  piu  il  campo  e  1'eificacia  del  Magnetismo,  denominan- 
dolo:  «  Una  proiezione  o  trasmissione  che  della  yita  propria  fa  I'uomo 
negli  esseri  che  a  se  soltopone,  e  che  fa  cosi  divenire  suoi  soggelli». 
Se  non  che  cio  che  il  Chardel  restringe  nella  sua  efficacia  all'  uomo 
soltanto,  eslende  il  Du  Potet,  piu  ardito  di  lui ,  a  tutti  gli  esseri  \i- 
yenti,  asserendo  che « si  da  il  nome  di  Maguelismo  a  queirinfluenza 
occulla  che  tutti  gli  esseri  organizzati  esercitano  da  vicino  o  da  lon- 
tano  gli  uni  sopra  gli  altri  5.  » 

Ecco  dunque  come  per  costoro,  a  forza  di  magnificare  la  propria 
professione ,  si  e  condotta  1'  amplificazione  fino  al  punto  cosi  incre- 
dibile,  di  ridurre  tulle  le  forze  della  natura  organica  a  non  essere  al- 
Iro  che  puro  magnetismo.  Anzi  non  solo  le  forze  della  natura  orga- 

1  Almanack  populaire.  Paris  1846,  pag.  2. 

2  Introduction  au  Magnetisme.  Paris  1840,  pag.  7. 

3  Oper.  cit.  pag.  46. 

4  Essai  de  psychologic  physiologique.  Paris  1831,  pag.  205. 

5  Manuel  de  V  ctudiant  magneliseur.  Bruxelles  1850,  pag.  13. 


190  LO  SPIRITISMO 

nica,  ma  le  facolta  altresi  ineramente  spirituali  dell'uomo  vengono, 
per  queste  Jefinizioni,  ridotte  a  puro  Magnetismo.  II  pensare,  il  vo- 
lere,  il  parlare,  1'udire  e  fmo  il  digerire,  il  muoversi,  il  dormire  , 
tutte  le  operazioni  della  menle  ,  tulte  le  funzioni  del  corpo ,  lutte 
le  percezioni  dei  sensi,  tutte  le  relazioni  dell'uomo  cogli  esseriester- 
ni,  anzi  fin  tutte  le  relazioni  reciproche  degli  animali  fra  loro, 
in  forza  dell'una  o  dell'allra  di  queste  defmizioni,  sarebbero  oggetto 
proprio,  attenenza  speciale  del  Magnetismo.  Un  tale  assurdo  non  si 
confuta  ne  si  discule  :  basta  il  riferirlo,  perche  venga  dal  semplice 
fouon  senso  rigettato. 

Esso  pero  dinioslra  che  questa,  cui  voglion  dare  il  vanto  di  scien- 
za nuova,  dev'  essere  lutt'altro  che  una  scienza.  Se  fosse  scienza , 
sarebbe  egli  mai  possibile  che  da  tanti  anni  che  se  ne  parla,  se  ne 
discute  ,  se  ne  fa  oggelto  di  studii  e  di  sperimenti,  non  siasi  riusci- 
to  da  persone ,  ne  leggere  ne  volgari ,  a  riconoscersene  1'  obbiet- 
lo  proprio,  distinguendolo  dagli  altri  e  determinandolo  con  termi- 
ni slabili  e  cerli?  E  pur  tanl'e  :  e  noi,  luugi  dal  mera\Tigliarcene,  di- 
ciamo  che  questa  medesima  nostra  discussione  dimoslrera  die  cosi 
dovea  avvenire.  Poiche  quando  avremo  studiata  la  cagione  del  Mes- 
inerismo,  vedremo  che  la  causa  efficiente  dei  fenomeni  mesmeric! 
non  ha  verun  limite  fisso  nel  suo  obbietto,  e  porge  per  conseguenza 
Foccasione  agevoiissima  a  tali  generalila.  II  difello  adunque  di  quel- 
le  defmizioni  si  e  di  aver  volulo  cercarne  una,  entro  la  cerchia  delle 
ipotesi  meramenle  fisiche  o  fisiologiche.  Fuori  di  questa  cerchia  so- 
iamerite  e  possibile  una  definizione ;  poiche  allora  soltanto  si  sta 
nel  vero.  E  noi  la  daremo :  ma  siamo  obbligati  a  tramandarla  a  mi- 
glior  luogo ,  quando  cioe  il  nostro  discorso  ci  condurra  a  una  con- 
chiusione  evideule  e  irrepugnabile.  Per  ora  non  volendo  parere  di 
assumere  di  gia  come  certo,  quello  che  dobbiam  dimostrare  ancora 
per  tale ,  ci  contenleremo  non  di  defmire  Y  intima  essenza  del  Mes- 
merismo,  ma  di  circoscriverne  la  parte  eslerna ;  in  guisa  che  qual- 
sivoglia  sia  1'  ipotesi  che  si  formi  per  ispiegarlo ,  possa  una  tale  de- 
scrizione  servire  a  riconoscerlo  e  distinguerlo.  II  P.  Caroli,  tesle  da 
noi  citato,  ce  ne  porgerebbe  una  acceltabile,  se  non  fosse  la  neces- 
sita  di  allargarla  ancora  di  piu ,  per  inchiudervi  quei  fenomeni  pu- 


NEL  MONDO  MODERNO  191 

ramente  meccanici  e  fisici ,  che  fuori  d'ogni  dubbio  sono  da  ascri- 
versi  al  Mesmerismo ,  come  gia  vedemmo  per  lo  innanzi ,  c  come 
meglio  ancora  noleremo  nell'av venire.  Per  indicar  dunque  al  giusto 
la  materia  propria  del  Mesmerismo,  noi  solto  una  tale  denominazione 
abbracceremo  :  «  Tulti  quei  fall!  or  meccanici ,  or  fisici ,  or  fisiolo- 
gici ,  ora  psicologici ,  i  quali  si  producono  fuori  le  ordinarie  leggi 
della  nalura,  merce  1'apparente  influenza,  piu  o  meno  diretta,  della 
volonta  d'un  uomo,  che  si  repuli  naluralmente  dotato  di  una  tale 
facolla.  »  Noi  crediamo  che  non  siavi  fatto,  dai  Mesmerisli  narrate, 
che  non  venga  incluso  entro  i  confini  di  questa  descrizione ,  e  che 
non  vi  si  possa  per  lo  contrario  includere  alcuno ,  die  non  abbla 
un'origine  evidenlemenle  mesmerica.  Ce  ne  assicura  1' applicazione 
che  ne  abbiam  falio  sopra  molli  casi,  e  piu  che  tal  pruova  il  ragio- 
namento.  Parrebbe  troppo  lunga  opera  il  venirlo  dichiarando  :  e,  piu 
ancora  che  lunga,  inutile,  essendo  agevole  ai  noslri  leltori  lo  speri- 
menlarne  da  per  loro  stessi  la  giustezza.  Definizione  propriamente 
non  e  :  ma  volendo  omettere  qualsivoglia  allusione  ad  un'  ipolesi ,  o 
ad  una  spiegazione ,  non  e  possibile  addurre  altro  che  una  semplice 
descrizione. 

XXIII. 

Quali  condizioni  si  richiedano  per  proditrre  i  fenomeni  mesmerici* 

Ogni  causa ,  nell'applicarsi  al  proprio  oggetto ,  vuol  essere  de- 
terminata  all'atto  suo  proprio  per  la  presenza  di  quelle  condizioni , 
che  stabiliscono  la  capacita  prossima,  nella  causa  di  emeltere  la  pro- 
pria azione,  nell'  oggetlo  di  riceverla.  Non  doveano  dunque  mancar 
queste  al  Mesmerismo ,  e  gli  vennero  assegnate  con  tanto  maggior 
cura ,  quanto  piu  grande  era  lo  studio  di  farlo  ammeltere  tra  gli 
agenti  ordinarii  della  nalura.  Non  v'  e  tra  coloro,  che  siensi  occupati 
di  Mesmerismo,  un  solo,  che  non  conosca  le  selte  famose  condizio- 
ni ,  che  il  celebre  magnetizzatore  francese,  sig.  Alfonso  Tcsle  1 ,  ri- 

1  Manuel  pratique  du  Magnetisme  animal.  Bruxelles  1850,  pag.  38. 


192  LO  SPIRITISMO 

chiede  nel  soggelto,  per  la  produzione  del  fenomeni  mesmeriani.  Per 
servigio  del  novelli  in  questa  materia  ,  diamo  qui  in  compendio  cio 
ch' egli  insegna.  1.°  Pel*  sesso,  maggior  capacila  hanno  ad  essere 
magnelizzate  le  femmine  eke  non  i  maschi.  2.°  Per  Yeta,  la  gio- 
vinezza  e  1'adolescenza  sono  piu  disposte ;  piu  avverse  sono  Y  in- 
fanzia  e  la  veccliiaia.  3.°  Pel  temperamento ,  I  nervosi ,  i  dilicati,  i 
sensibili  ubbidiscono  piu  facilmente  alle  influenze  magneticbe ,  che 
non  i  sanguigui ,  e  i  robusli.  i.°  Per  lo  slato  fisiologico,  la  ma- 
grezza,  1' indebolimento ,  1'isterismo  e  1'epilessia  sono  le  disposi- 
zioni  migliori  cbe  possono  desiderarsi.  5.c  Per  le  qualita  morali, 
e  indispensabile  una  viva  simpatia  ,  e  molto  ulile  una  fede  piena , 
ed  e  desiderata  la  totale  passivita  di  spirito  e  di  corpo.  6.°  Per  le 
condizioni  frenologiche,  «  i  volumi  relalivi  delle  masse  cerebrali  e 
dei  centri  nervosi  non  possono  non  avere  gran  parte  nelle  magneti- 
che  operazioni,  »  dice  il  Teste  l,  che  potea  passarsene,  perche  que- 
ste  son  parole  che  non  dicono  nulla.  7.°  Per  le  circostanze  estrin- 
seche,  \oglionsi  luoghi  quieti,  Iranquilli ,  solitarii :  voglionsi  testi- 
monii  pochissimi ,  bene  affetti,  non  increduli,  non  distralli. 

A  queste  sette  condizioni,  volute  dal  Tesle,  cinque  altre  ne  aggiu- 
gne  il  dott.  Tommasi  2 ,  come  attissime  a  senlir  meglio  Y  influenza 
magnetica.  Esse  sono:  1.°  L'abuso  di  qualche  funzione  fisiologica. 
2.°  L'astinenza  da  certe  sostanze  medicinali ,  quali  inarcotici,  i 
prcparati  d'arsenico,  di  mercurio,  di  rame,  ecc.  3.°  La  lontananza 
da  persone  molto  sensitive  ncR'alto  della  magnetizzazione.  4.°  L'as- 
senza  dal  luogo  dello  sperimento  di  persone,  altre  volte  dallo  stesso 
individuo  magnctizzate.  8.°  II  desiderio  di  assoggettarsi  al  Magnetis- 
mo,  unito  alia  persuasione  deirutilila  che  esso  arreca. 

Siccome  per  chi  dev'  essere  magnetizzato  si  domandano  tutte 
queste  condizioni;  cosi  per  chi  deve  magnetizzare  si  adducono  an- 
cor  le  sue.  Noi  arrecheremo  in  compendio  quelle  che  il  medesima 
sig.  Tommasi,  il  piu  esigente  di  tutti  i  parteggiani  del  Magnetismo, 

1  Ivi  pag.  46. 

2  11  Magnetismo  animate  considerate  sotto  un  nuovo  punto  di  vista.  Sag- 
glo  scientifico  per  M.  TOMMASI  dottor  fisico  e  magnetizzatore.  Torino  1841, 
pag.  7(K 


NEL  MONDO  MODERNO  193 

annovera  nella  mcdesima  opera  1.  Ei  dunque  prelcndenel  magneti- 
sta  il  temperameuto  sanguigno,  la  salute  perfetla,  il  vilto  soslanzio- 
so.;  vuole  die  non  si  ponga  all'  opera  se  non  quando  la  digestione  & 
fatta  per  mela;  impone  che  scelga  un  luogo  appartato,  scarso  di  lu- 
ce, con  aria  pura,  e  con  grato  lepore;  ricbiede  1'ela.  virile,  1'abitu- 
dine  di  fuggire  1'  uso  smoderato  delle  funzioni  organiche ,  la  calma 
nello  spirito,  la  flessibilila  negli  arli,  1'  umidita  nelle  dita,  e  il  mode- 
rato  esercizio  nel  Magnelismo;  e  fmalmenle  reputa  onninamente  in- 
dispensabile  una  disposizione  benevola  verso  il  proprio  soggelto,  ed 
una  volonla  risoluta  ed  energica.  A  queste  condizioni  il  conte  Gia- 
como  D.  Mami  aggiugne  qualche  altra  ck'ei  reputa  di  somma  impor- 
tanza :  vale  a  dire :  la  capacita  di  fissare  V  atteuzione  senza  ne  di- 
strazioni  ne  affievolimenti  sopra  il  proprio  soggetto ;  la  confidenza 
nel  proprio  potere ;  la  pazienza  e  la  riflessione  2.  II  Rostan  esige  di 
piu  un  qualche  grado  di  superiorila  o  sociale ,  o  intellettuale,  o  mo- 
rale del  magnctista  sopra  il  magnelizzalo. 

Non  puo  negarsi  che  lutta  quesla  farragine  di  condizioni  sia  tale, 
che  se  fosse  realmente  richiesta ,  molto  difficile  riuscirebbe  1'  eser- 
cizio del  Mesmerismo  :  poiche  ora  ne  mancherebbe  una  nel  sogget- 
to, ora  una  nell'attore,  ora  una  nel  tempo,  ora  una  nel  luogo,  e  via 
discorrendo.  Ma  egli  e  da  dire  la  verita :  esse  sono  arrecate  dai  piu 
schifiltosi  soltanto  per  soverchia  sicurezza ,  o  dai  piu  pomposi  per 
lustra  ed  apparato.  Nel  falto  si  puo  dire,  che  nessuna  di  esse  e  on- 
ninamente necessaria ,  perche  gli  sperimenti  riescano.  Al  presente 
si  accordano  tulti  ad  ammetlere  che  la  manifeslazione  'dei  fenomeni 
magnetici  si  consegue  sopra  ogni  sorta  di  persone ,  in  ogni  luogo  , 
innanzi  a  qualsivoglia  testimonio  ,  in  qualsiasi  stato  fisico  o  morale. 
Vi  sono  sonnambuli  al  paro  di  sonnambule.  II  Guidi ,  1'  Husson ,  il 
Garcin,  il  du  Potet,  il  Cahagnet,  il  Puysegur,  il  Loubert,  il  Charpi- 
gnon  e  infiniti  altri  parlano  di  sonno  e  di  estasi  magnetica,  ingenerati 
in  uomini  robusli ,  di  eta  piu  o  meno  matura ,  e  lino  in  vecchi  con- 

1  Id.  ivi  pag.  65. 

2  Trattato  teorico-pratico  del  Magnetlsmo  animate.  Torino  1850,  pag. 
108  e  seg. 

Serie  Y,  vol.  XII,  fasc.  350.  13  5  Ot Loire  1864. 


194  LO  SPIRITISMO 

tadini.  Si  faimo  gli  sperimeoli  cosi  bene  nei  gabineiii  soliiarii,  come 
nelle  pubbliche  sale  di  accademie.  In  Francia  sono  e  furono  mollo 
usati  i  convegni  pubbiici  di  Mesmerismo ,  dandosi  facolla  ad  ogni 
fatta  persone  d'  inter vcnini.  Per  citarne  unat  nolissima  in  Parigi, 
nel  luogo  delto  Waux-Hall  si  lennero  sedule  magnetiche,  due  volte 
ogni  mese  ,  innanzi  ad  una  folia  di  uoraini  d'  ogni  grado  e  d'  ogni 
disposizione ,  prendendovisi  a  soggelti  da  magnelizzare  i  primi  che 
s'offrivano  spontaneamenle.  Sedule  pubbliche  si  son  lenule  a  Torino 
dal  Guidi,  e  altrove  in  Italia  da  allri;  e  quelle  dell' In  ghil  terra,  del- 
la  Germania,  deli' America  sono  si  usuali,  che  ormai  neppur  si  pen- 
sa  piu  a  questa  condizione  del  riliro  e  della  soliludine.  Le  pruove 
mesmeriche  riescono  sopra  soggetti  debili ,  malaticci ,  nervosi ,  al 
modo  stesso  che  sopra  le  piu  \igorose ,  le  piu  sanguigne ,  le  piu 
jnuscolose  complessioni.  Bartolommeo  Raviolo,  di  anni  30,  persona 
grossoccia  e  tarchiata,  e  facchino  di  professione,  fu  magnelizzato  fe- 
licemente  in  Torino  dal  Guidi.  II  sonnambulo  del  Marchese  di  Puy- 
segur  era  un  certo  Yitlore,  valido  e  fatticcio  campagnuolo.  Filassier 
preferiva  pel  sonuo  magnetico  i  contadini  e  i  soldati.  La  sonnambula 
del  Cahagnet  e  una  donnona  tant'  alia ,  e  compressa ,  e  atticciala, 
E  di'  lo  slesso  di  cent'  alii  i.  La  condizione,  che  un  di  era  predicata 
come  la  piu  assolutamenle  necessaria,  e  tale  che  senz'  cssa  indarno 
si  spererebbe  nessun  effetlo  ,  cioe  una  viva  simpatia  tra  il  soggelto 
e  il  magnetista,  ela  voloiita  ferma  nell'uno  di  ricevere,  nell'aHro  di 
comunicare  il  Magnelismo;  questa  condizione,  diciamo,  ora  e  ripu- 
tata  tutlo  al  piu  come  utile,  ma  si  confessa  che  anche  senz'  essa  si 
possono  conseguire  i  medesirai  effetti.  Ed  in  verita  e  nolo,  fra  mille 
altri,  come  il  Dottor  Robouam  inducesse  il  sonno  magnetico  in  un 
cerlo  Stario,  che  giacea  infermo  nell'  Hotel-Dieu  di  Parigi  e  in  una 
certa  Leroy,  donna  altempata,  contro  la  piii  assoluta  volonta  di  loror 
che  indarno  fecero  ogni  sforzo  per  opporvisi.  Di  guisa  che  il  Lafon- 
taine  elirnina  oramai  ancor  quest'  ultima  condizione ;  ii  Berlrand  dice 
espressamente  che  quei  fenomeni  mesmeriani  si  oUengono  egual- 
mente  avec  la  volonic,  sans  la  volonte,  avec  la  volonte  contraire; 
e  1'Husson  giugne  perfmo  a  negare  la  necessila  di  questo  buon  vo- 
lere  nello  stesso  magnetizzalore,  atlestandoci  che  «  Men  des  fois  des 


NEL  MONDO  MODER1VO 

phenomenes  magneliques  ont  ete  produits  par  des  experimentateurs, 
non  settlement  defiants,  mais  prevenus  de  favor  ab  lenient. 

Di  guisa  che,  conchiudendo,  possiamo  dire  che,  a  propriaraente  par- 
lare,  non  si  puo  dai  parteggiani  del  Mesmerismo  arrecare  una  sola 
condizione,  come  requisite  indispensabile  e  necessario  a  metterlo  in 
opera :  e  quelle  condizioni  che  prima  solevansi  arrecare ,  debbono 
essere  tutt'  al  piii  stimate  come  mezzi  che  ne  facilitano  in  qualche 
modo  1'uso,  se  non  vogliono  rimandarsi  tra  le  anlicaglie,  con  cui 
una  volta  solevasi  il  Mesmerismo  abbigliare ,  per  illuder  meglio  la 
gente. 

XXIV. 

Con  quai  processi  si  soylin  eccitare  il  Mesmerismo. 

Un'  eguale  riflessione  dobbiamo  fare  intorno  ai  mezzi  che  si  ado- 
perano  per  eccitare  il  Mesmerismo  nelle  persone,  e  che  con  linguag- 
gio  tecnico  soglionsi  appellare  Processi  magnetici.  Essi  da  principio 
erano  molto  ammodali ,  e  si  reputarono  necessarii :  ma  poscia  son 
iti  a  mano  a  mano  semplificandosi ,  fino  a  sparire  del  lutto.  Se  cosi 
e,  perche  adunque  fame  qui  menzione?  II  perche  e  semplice.  Biso- 
gna  formarsi  un'  idea  ben  chiara  del  modo  come  il  Mesmerismo  sia 
proceduto  finora ;  e  per  questo  e  pur  necessario  il  fame  rapidamen- 
te  un  cenno ,  indicando  nei  sommi  lor  capi  i  principal!  Processi  sug- 
gerili  ed  usati. 

II  primo  metodo  e  quello  delle  passate,  cosi  chiamato  dal  passar 
che  si  fa  la  mano,  con  varia  disci  plina,  sopra  la  persona  del  magne- 
tizzato.  Si  comincio  cosi,  o  perche  si  volcano  imitare  gli  strofinii  elet- 
trici,  o  perche  si  volea  far  finta  d'imitarli.  Mesmer  comincio,  Puy- 
scgur  semplifico,  Roslan  fisso,  direm  cosi,  la  pralica  che  pur  ora  co- 
munemenle  si  segue.  Una  parola  per  ciascuna  di  queste  diverse  for- 
me del  medesimo  processo. 

Metodo  di  Mesmer.  Una  tinozza ,  entro  cui  chiudevansi  frantumi 
di  vetro,  limature  di  ferro,  bottiglie  d'acqua,  collocate  simmetrica- 
mente ,  e  il  cui  coverchio  era'trapassato  da  spranghe  di  ferro ,  pie- 


196  LO  SPIRITISMO 

gate  a  gomito,  collocavasi  nel  mezzo  di  una  gran  sala.  I  malati,  unili 
Insieme  con  doppia  catena ,  Tuna  formata  da  una  semplice  corda  che 
li  avviluppava  tulti,  Faltra  dai  pollici  d'ogni  mano  stretti  tra  il  polli- 
ce  e  1'indice  del  compagno  vicino,  si  ponevano  attorno  alia  tinozza, 
facendosi  ognuno  toccare  nella  parte  inferma  da  una  delle  sue  spran- 
ghe  di  ferro.  Cos!  disposti  gl'  infermi,  un  pianoforte  sonava  sopra 
Yarii  tempi  varie  melodie ,  accompagnate ,  se  occorresse ,  da  soavi 
e  melanconiclie  canzoni.  Allora  il  magnetizzatore ,  colla  sua  bacchet- 
la  di  ferro  in  mano  ,  fisava  i  suoi  sguardi  negli  occbi  del  malato , 
da  cui  cominciava  lo  sperimento ,  faceva  scorrere  il  suo  dito ,  oppur 
la  punta  della  bacchetta  innanzi  al  viso ,  sopra  o  dietro  la  testa ,  e 
lungo  le  parti  malate :  e  se  cio  non  bastava,  prerneva  colle  dita  gli 
ipocondrii  e  il  basso  venire  dell'  infermo,  e  proseguiva  quest'  in- 
comodo  giuoco ,  finche  1'  infermo  iion  cadesse  in  crisi. 

Metodo  di  Puysegiir.  Ouesto  zelantissimo  spguaee  di  Mcsmer  git- 
to  via  linozze,  spranghe,  bacchelta,  corda ,  e  suoni  e  canti ;  perchc 
no  vide,  come  forse  vedeane,  il  suo  maestro  la  vanita,  ed  ebbe,  piii 
die  il  suo  maestro  ,  il  coraggio  di  confessarlo.  EgH  procedeva  alia 
buona.  «  Consideratevi ,  dice  egli  stesso ,  come  unacalamita,  di 
cui  le  vostre  braccia,  e  sopraltutlo  le  mani  siano  i  poli :  toccale  in  se- 
guito  un  malato,  ponendogli  una  mano  sulla  sclriena  e  1'altra  in  op- 
posizione  sullo  stomaco :  immaginatevi  in  seguilo  che  un  fluido  ma- 
gnelico  tenda  a  circolare  da  una  mano  all'allra,  Iraversando  il  corpo 
del  malalo.  Potete  variare  questa  posizione,  ponendo  una  mano  sullo 
stomaco  e  1'altra  sulla  testa  ,  conlinuando  ad  aver  sempre  la  medesi- 
ma  intenzione....  L'attrito  non  e  punto  necessario :  basta  toccare  con 
attenzione,  fmo  a  che  si  manifesti  un'impressione  di  calore  nel  cavo 
della  mano.  » 

Metodo  del  Deleuze,  del  Delausanne ,  del  Rostan,  ecc.  II  magne- 
tizzatore siede  di  fronte  al  suo  soggetto,  e  coi  ginocchi  ne  preme  i 
ginocchi,  coi  piedi  i  piedi.  Pone  poi  in  contalto  i  pollici  rispellivi, 
finche  non  si  ragguaglino  nel  calore:  lo  che  ollemito  poggia  per  due 
o  tre  minuti  le  mani  sulle  spalle ,  e  poi  le  fa  discendere  lungo  le 
braccia  fmo  ai  pollici  di  colui  che  magnetizza.  Ouindi  ne  preme  col- 
le mani  lo  stomaco,  e  poi  discende  stropicciandofmoalleginocchia, 


NEL  MONDO  MODERNO  107 

o  anclic  ai  piedi.  Ripigliansi  cotali  passate  dalla  testa  ai  ginocchi , 
sempre  discendcndo,  inflno  a  lanto  che  non  incomincino  le  crisi  ma- 
gneliche. 

Questi  tre  melodi  contengono  tutli  e  tre  il  medesimo  sistema  di 
pressioni  o  passate  di  mano  sopra  la  persona  dell'infermo.  Ma  que- 
sle  possono  sopprimersi ,  o  facendole  solo  a  qualcbe  distanza  dalle 
membra  sopra  indicate  l,  o  sostituendo  alia  passata  della  mano  gli 
spruzzi  dell'acqiia,  che  dicesi  Processo  di  spruzzamento  2,  o  adope- 
rando  invece  degli  spruzzi  il  soffio  del  fiato ,  cbe  dicesi  Processo 
d'insufjpazione  3.  Ancor  piu  semplice  di  questi  due  processi  e  quel- 
lo  indicate  la  prima  volta  dall'  Husson ,  cbe  vide  il  Foissac  ma- 
gnetizzare  fino  al  sonnambulismo  il  suo  soggetto  Cazot  col  sem- 
plice fissamento  degli  occbi.  Da  quel  tempo  in  qua  e  cosa  molto 
usata  dai  magnetizzatori  il  tenersi  a  questo  solo  sguardo ,  special- 
mente  quando  i  soggetli  siano  gia  abiluati  da  piu  o  meno  tempo  al 
Magnetismo.  Ma  ancor  questo  sguardo  si  puo  sopprimere ,  ba- 
slando,  a  indurre  le  piu  notevoli  crisi  magnetiche ,  un  semplice 
atto  di  volonta,  manifestato  con  una  parola  o  recisa  di  comando,  o 
affetluosa  di  suggerimento.  Allorche  la  prima  volta  in  Parigi  il  Faria 
ne  die  pubblico  sperimento,  lo  si  reputo  cerretano :  ma  poscia  fu 
cosi  frequenle  quest' uso,  che  omai  tutti  lo  nolano,  quanli  trattano  di 
questa  maleria,  indicandolo  colle  denominazioni  di  Processo  di  sor- 
presa,  e  di  Processo  di  suygestione  4.  Anzi  vl  e  ancor  di  vantaggio. 
Neppur  quella  parola  esterna  di  comando  e  necessaria :  basta  alcune 
volte  «  ii  solo  atto  interno  della  volonta,  non  manifestata  con  verun 
segno  di  gesti  o  di  parole  5.  »  E  percbe  si  giugnesse  airultimo  con- 
fine d'esclusione  d'ogni  processo  determinalo,  neppur  quel  sempli- 
ce atto  di  volonla  e  stato  sempre,  od  e  ora  richiesto  per  ottenere  i 
piu  certi  fenomeni  del  magnelismo.  La  semplice  presenza  d'un  ma- 

1  MAMI,  Op.  cit.  pag.  164. 

2  TOMMASI,  Op.  cit.  pag.  86. 

3  TESTE,  Op.  cit.  pag.  168. 

4  Vedi  fra  gli  altri  LOUBERT,  Du  POTET,  SEGONIN,  GUIDI,  TOMMASI,  MAMI, 
LAFONTAINE,  e  il  Journal  du  Magnetism?,  torn.  XIV,  pag.  389. 

5  LOUBERT,  Op.  cit.  pag.  172.  TOVMASI,  Op.  cit.  pag.  85. 


198  LO  SPIRITISMO 

gnetizzatore  e  bastata  spesse  volte  a  far  entrare  nel  sonnambulismo 
le  persone  circostanti,  seaza  che  quegli  o  il  volesse  o  anclie  sol  vi 
badasse.  Cio  e  piu  voile  intervenuto  al  Du  Potet,  al  Beaux,  al  Gar- 
cin,  all'  Home  ed  a  cento  allri :  sicche  il  suddetto  Garcin  1  dice 
espressarnente,  che  nulla  v'ha  di  cosi  chiaramenle  dimostrato.,  quan- 
to  cotesto  potere,  ch'  ei  chiama  d'irraggiamento  nel  Magnelismo. 

Fin  qui  e  stata  almeno  richiesta  la  semplice  presenza  di  un  ma- 
gnelizzatore  per  ottenere  i  fenomeni  desiderati.  Ma  questa  ancora 
puo  togliersi,  in  quanlo  che  possono  interporsi  tra  lui  e  il  magne- 
lizzato  degl'  intermedii ,  die  senza  veruna  cooperazione  def  prirao 
seguano  certamenle  ad  operare  sopra  il  secondo.  Non  vi  e  oggelto 
animato  o  inanimato  che  non  possa  servire  d' intermedio.  II  Puyse- 
gur  si  valse  di  alberi;  Loeventhal  e  Reuss  di  bicchieri ;  Besson  di 
anelli ;  Charpignon  di  fcrri  da  calza  ;  Teste,  Koreff,  Guidi,  Georget, 
Segonin  di  acqua,  ed  allri  di  altri  oggelti,  fra  i  quali  i  piu  frequen- 
li  sogliono  ora  essere  le  malile,  i  deschelti,  i  piccoli  scrittoi,  i  vi- 
glietli  scrilli  dal  magnelista ,  e  molli  altri  ulensili  o  da  tolelta  o  da 
tavolino. 

Di  guisa  che  in  conchiusione  dal  Mesmer  all'  Home  gli  apparati 
scientific!,  e  la  cooperazione  diretta  dell'  uomo  sono  iti  a  poco  a  po- 
co  disusandosi,  fino  a  ridursi  a  presso  che  nulla;  quasi  per  isvela- 
re  alle  persone  di  buon  senso  che  fuori  dell'uomo  si  debba  cercare 
la  cagione  di  falli,  percui  produrre  non  che  1'operazione,  ma  nep- 
pur  la  preseaza  stessa  dell'  uomo  e  richiesta  come  indispensabiie. 

XXV. 
Le  quatlro  classi  di  fenomeni  magnetici. 

Yedute  le  condizioni  richieste,  esposti  i  processi  adoperati  per 
ottenere  i  fenomeni  del  Mesmerismo,  e  necessario  ora  raggruppar 
questi  in  varie  classi,  e  ordinarli  insieme,  affine  di  potercene  valere 
nella  nostra  traltazione.  Siccome  ne  abbiamo  qua  e  cola  dati  nonlie- 
vi  indizii,  e  dovremo  poi  nel  corso  di  queslo  scritto  inlraltenercene 

1  Le  Maynetisme  etc.  Paris  18o5,  pag.  18. 


I 
NEL  MONDO  MODERNO  199 

piu  parlicolarmenlc,  qui  bastera  il  semplicemcnte  nominarli.  Noi  di- 
slingucremo  quallro  class!  different!  di  falli:  1.  /  meccanici,  raggrup- 
pando  insicme  lulli  quelli  che  si  altengono  a  semplice  moyimento. 
2.  1  fisici,  unendo  sot  to  quesla  classe  lutli  quelli,  che  nelle  ordinarie 
condizioni  della  natura  si  riferircbbero  alia  luce,  al  calorico,  al  ma- 
gnetismo.  3.  /  fisiologici,  radunando  solto  una  medesima  categoria 
tulli  i  fenomeni,  che  il  Mesmerismo  eccita  nell' organismo  del  pazien- 
te.  4.  /  psicologici,  congiungendo  in  tal  classe  tutti  i  fenomeni  d'in- 
telligenze,  di  visioni  e  di  rivelazioni,  che  si  osservano  nei  soggelli 
sotloposti  al  Mesmerismo,  ossia  inducendovi  lo  staio  sonnambolico  , 
o  senz'  esso. 

l.a  CLASSE.  Fatti  meccanici.  In  questa  classe  si  debbono  colloca- 
re  le  tavole  giranli,  danzanti,  camminanli:  le  tavole  e  gli  arnesi  do- 
mestic! che  si  sollevano  in  aria,  che  aderiscono  da  se  sotlo  le  volte, 
che  si  manlengono  ferme  sul  suolo,  benche  male  appoggiate,  anzi 
bilicale  contro  ogni  legge  di  equilibrio,  che  mutano  sito  nelle  stanze 
0  si  traslocano  di  luogo  in  luogo.  Le  porle  che  da  per  se  si  aprono, 

0  da  per  se  si  chiudono :  gli  armadii  cbe  lasciati  chiusi  a  chiave  si 
Irovano  aperli ,  senza  nessun  segno  di  sforzo  o  di  violenza  esterna ; 
gli  oggelli  che  dentro  i  tiratori  e  le  valige  si  scompongono  da  loro  > 
si  sciorinano,  cangian  silo,  s'  arrovesciano ,  trovan  qui  il  loro  posto 
naturale.  Qua  pure  noteremo  le  carezze  e  le  percosse ,  provenienti 
or  da  invisibile  ,  or  da  \isibile  mano ;  i  bad  che  stampan  la  rosa,  e 

1  morsi  che  lasciano  1'  impronla  ,  senza  che  siavi  bocca  che  li  dia : 
qua  le  pietre  lanciate  da  lungi,  e  che  fracassano,  spezzano,  ammac- 
cano,  feriscono  :  qua  le  folale  di  venlo  impetuosissimo,  che  mentre 
Varia  di  fuori  e  eheta  com'  olio ,  si  gcnerano  tutlo  da  se  entro  una 
sala ,  o  un  appartamento  che  ha  le  porte  e  le  finestre  tulte  chiuse. 
In  questa  classe  fmalmenle  poniamo  tulti  i  cosl  svariali  suoni ,  dalla 
semplice  picchiala  di  un  di'to  al  fragoroso  rimbombo  del  tuono, 
dall'  incondito  schioppettar  neH'aria  alle  piu  soavi  melodic  dei  clavi- 
cembali ,  che  vedemmo  anooverarsi  dagli  American!  nella  Memoria 

da  loro  presentala  al  Congresso  degli  Stali  Uniti  1. 

• 

1  Civillu  Cattolica,  Quad.  347,  pag.  572. 


200  LO  SPIRITISMO 

II.a  CLASSE.  Fatti  fisici.  Spesso  nelle  sale,  destinate  alle  sedute 
mesmeriche,.  sono  comparsi  lampi  come  di  folgori,  o  fiamme  come 
di  fiaccole,  o  bagliori  come  di  fosforescenza,  senza  che  vi  fosse  nes- 
sun  apparecchio  e  nessuna  cagione  che  potesse  generare  ne  luce  ne 
elettricita.  Non  di  raro  un  notabile  aumento  di  temperatura ,  o  un 
molto  sensibile  raffreddamento  si  e  avverato  si  nelle  persone,  si  ne- 
gli  oggetti  e  nell'aria  circostante:  e  pur  non  v'  era  nessuna  causa, 
che  potesse  naluralmente  destarli.  Riferisconsi  fatti  di  disseccamento, 
or  lento  ora  repentino,  di  piante  o  di  frutti,  prodotto  dal  Mesmeri- 
smo  ;  come  per  lo  contrario  di  subito  o  graduale  ravvivamento  della 
vita  vegetale  in  pianle,  o  morte  o  semispente.  Se  questi  fatti  non  sono 
fiabe,  dobbiamo  collocarli  in  questa  classe,  per  non  confonderli  po- 
sda  con  quelli  che  sono  proprii  dell'  uomo. 

III.a  CLASSE.  Fatti  fisiologici.  Le  funzioni  del  corpo  vengono  ora 
sospese,  ora  accelerate,  ora  modificate  stranamente.  Le  sensazioni 
sono  interrolte,  sospese,  intervertite,  trasferite  ad  organi  non  fatti 
per  loro,  com'  e  per  esempio  il  vedere  col  piede.  La  circolazione  del 
fluido  animale  viene  sospesa,  facendo  abbassare  la  temperatura  delle 
membra  e  delle  parti  del  corpo,  sino  alia  rigidezza  del  cadavere.  II 
respiro  viene  sospeso  anch'  esso  duranle  lunghe  ore,  e  perfmo  alcuni 
giorni,  senza  die  poscia  la  persona  se  ne  sia  trovata  inferma  o  inco- 
modata.  Spasimi  dolorosissimi  hanno  sentito  i  magnelizzati  in  varie 
parti  del  loro  corpo,  spesso  rimanendo  illese  d'ogni  infermila,  enon 
di  raro  contraendone  delle  pessime,  che  furono  cagion  di  morte.  Le 
paralisi  ora  parziali,  ora  totali,  e  le  catalessi  piu  o  meno  estese  s'in- 
contrano  assai  sovente  tra  i  fenomeni  mesmerici.  Le  danze  cataletti- 
che  piu  violent!  si  producono  e  si  fermano  al  cenno  del  magnetizza- 
tore,  o  anche  senza  esso.  La  persona  s'  irrigidisce,  e  quasi  impielrita 
diviene  statua  immobile ,  nelle  positure  piu  stravaganti  che  possano 
immaginarsi,  contra  ogni  legge  di  slatica.  II  tessuto  cellulare  si  ac- 
crebbe  con  rapido  aumenlo,  piu  o  meno  parzialmente,  in  una  persona 
magnetizzata,  al  semplice  comando  del  magnetizzatore,  triplicando  il 
proprio  volume,  senza  che  la  pelle  ne  fosse  lacerata  sotto  quello  sfor- 
zo  istantaneo,  e  cessala  quella  enorme  gonfiezza,  senza  che  mostras- 
se  poi  ne  grinze  ne  floscezza.  II  cranio  della  Dama  di  Gorres  or  si 


NEL  MONDO  MODERNO  201 

apriva,  or  si  chiudeva ,  or  si  gonfiava,  or  s'  impiccioliva.  A  questa 
classe  pure  appartengono  i  fenomeni  chc  si  riferiscono  al  sonno  ma- 
gnetico,  i  quali  si  debbono  distinguere  in  due  categoric :  segni  pre- 
cursori  del  sonnt,  e  sono  svariatissimi  e  molteplici :  fenomeni  del 
sonno  semplice ,  *che  per  numero  e  per  varied  non  la  cedono  ai 
primi.  Finalmenle  sono  qui  da  riferire  quelle  guarigioni  mediche , 
che  sonosi  col  Mesmerismo  ottenute,  senza  che  vi  abbia  avulo  parte 
II  Sonnambulismo,  per  le  quali  fu  al  Mesmerismo  atlribuito  un'azio- 
ue  terapeutica  direlta,  che  il  fece  da  principio  tanto  studiare  e  tanto 
proteggere. 

IV. a  CLASSE.  Falli  psicologici.  II  primo  e  principal  fatto  da  qui 
registrare  si  e  il  Sonnambulismo  magnetico,  o  sia  il  semplice,  ossia 
il  lucido,  ossia  anche  1*  estatico ;  nel  quale  1'  anima  esercila  in  modo 
piii  o  meno  straordinario,  e  fuori  d'  ogni  uso  le  naturali  facolta  sue, 
la  sensibility  la  memoria.  I'intelligenza,  la  volonta,  con  tutte  le  spe- 
ciali  loro  applicazioni.  Quindi  quella  serie  intera  di  fenomeni  specia- 
li,  che  in  tali  stali  different!  si  osservano,  e  chenoi,  registrali  aven- 
doli  parlitamenle  in  altro  luogo  1,  lasceremo  di  qui  particolareggia- 
re.  L'allro  fatto,  che  va  poslo  sotto  questa  classe,  consiste  nelle  ma- 
nifestazioni  spiritiste ,  che  avvengono  fuori  del  Sonnambulismo,  e 
dimorano  principalmente  nel  comunicare  che  la  persona  fa  con  es- 
seri  puramente  spiriluali.  Una  tal  comunicazione  si  e  finora  ottenuta 
in  quattro  gradi  differenli.  II  primo  e  stato  per  via  d'  interprelazione 
dei  segni  convenzionali,  che  quegli  esseri  danno  ora  con  colpi,  ora 
con  movimenti.  II  secondo  per  via  di  scrittura,  quando  la  mano  della 
persona  e  sforzata  da  forza  irresislibile  a  scrivere  le  loro  risposto, 
senza  sapere  cio  che  si  scriva.  II  terzo  per  via  di  audizione,  e  allora 
gli  spiriti,  senza  farsi  aHrimenle  scoprire,  parlano  un  linguaggio  sen- 
sibile  e  chiaro.  II  quarto  finalmente  per  via  di  visione:  poiche  alcune 
volte  quesli  esseri  spiriluali  si  mostrano  in  forma  umana,  piu  o  me- 
no aerea  e  trasparente,  e  cosi  favellano,  e  conversano  a  loro  grado. 


1  Yedi  Civilta  Cattolica,  Quaderno  344,  pag.  180. 


RIVISTA     "* 


BELLA 


STAMPA   ITALIANA 


I. 


Del  maraviglioso  vincolo  di  amore  e  di  rispetto ,  die  unisce  ora 
Ira  se  in  Italia  i  giornalisti  liber lini  e  i  loro  associali. 

DIALOGO 

Tra  il  Diritto  di  Torino,  giornale  delta  Democrazia  italiana, 
e  la  Civilta  Cattolica. 

Le  parole  del  Diritto  poste  tra  due  virgolette  sono  fedelmenle  co- 
piate  dal  suo  N.°  dei  M  Settembre  di  quest' anno. 

Diritto  (solo) :  «  In  Italia  general  men  te  (forse  in  parte  per  colpa 
«  nostra)  noi  giornalisti  siamo  considerati  o  come  pubblici  nemici  a 
«  come  giullari,  obbligali  a  far  lazzi  e  a  dir  facezie  per  diverlire  il 
a  pubblico.  » 

Civilta  Cattolica.  Condannati ,  in  una  parola,  al  mestiere  di  Pul- 
cinella. 

Diritto.  E  chi  sei  tu  che  vai  cosi  subito  al  fondo  delle  question!? 

Civ.  Call.  Bastili  sapere  die  io  sono  un  giornalista  come  te. 

Diritto.  Non  mi  maraviglio  allora  che  tu  abbi  cosi  subito  toccata 
il  punio.  E  come  stai  ad  associati? 

Civ.  Catt.  Tanto  da  campare  senza  le  spese  del  Ministero. 


KIVISTA  BELLA  STAMP  A  ITALIANA  203 

Dirilto.  Non  occorr'altro.  Con  le  posso  parlare  a  fidanza;  giacche 
sci  un  giornale  indipcndenle.  Ma  e  pero  un  brutlo  mesliere  questo 
del  far  1'indipendente.  Danari  pochi,  processi  assai.  Chenedici  tu? 

Civ.  Catt.  E  pero  sempre  un  bell'onore. 

Diritto.  Ci  fosse  almeno  1'onore.  Ma,  secondo  che  io  andava  testd 
dicendo:  «  Noi  giornalisli  siamo  considerali  come  giullari.  E  questo 
«  uno  dei  segni  principal!  della  poca  intelligenza  che  di  liberta  ha 
«  ancora  il  paese  » . 

Civ.  Call.  Pochi  anni  fa  il  paese  era  tanto  maturo ! 

Dirilto.  Che  vuoi  che  io  li  dica?  Ora  si  e  smaturato.  «  La  stampa 
«  dovrebb'  essere  considerata  come  un  bene  pubblico :  ciascuno  do- 
«  vrebbe  reputarsi  obbligato  ad  aiularla  dell'  opera  sua :  ciascuno 
«  dovrebbe  reputare  offesa  e  danno  falto  al  commie  ,  quello  che  si 
«  faccia  alia  stampa,  e  dovrebbe  riputare  materia  di  pubblica  utilila 
«  il  serbarla  in  credilo  ed  in  repuiazione  1.  » 

Civ.  Call.  In  una  parola,  i  giornalisli  dovrebbero  essere  trallali 
come  le  vacche  nell'  India.  Ogni  loro  produzione  dovrebbe  racco- 
gliersi  come  preziosa. 

Diritto.  Tu  mi  fai  venire  1'acquolina  in  bocca.  Ma  pur  troppo  non 
e  cosl.  «  Pare  che  in  Italia  si  repuli  un  bel  piacere  ed  un'  opera 
«  leggiadra  il  trarre  in  inganno  la  stampa.  E  una  cosa  curiosa  il 
«  vedere  la  pertinacia,  I'impronlitudine,  gli  arlificii,  i  raggiri  che  si 
«  meltono  in  opera  per  potere  ,  profiltando  della  stanchezza  o  della 
«  cortesia  o  della  trascuranza  o  della  buona  fede  di  un  giornalista, 
«  far  pubblicar  una  menzogna.  » 

Civ.  Catt.  Non  credeva  poi  che  ci  volesse  tanto  per  ottener  una 
menzogna  dalla  cortesia  o  dalla  buona  fede  di  un  giornalista. 

Diritto.  Bisogna  distinguere.  Le  bugie  che  stampiamo  da  noi  ap- 
posla ,  quelle,  si  sa ,  si  dicono  con  gusto.  E  non  fanno  torto,  perch6 
una  mano  lava  l'altra  ed  ambedue  il  viso.  Ma  quello  che  non  posso 
sofTrire  si  e  di  dir  la  bugia  credendo  di  dir  la  verila.  «  E  cosa  lurpe 

1  Abbiamo  sottoscrltte  tutte  le  ripulazioni  die  si  trovano  in. questo  pe- 
rlodo  ,  perche  si  veda  che,  in  difettp  della  cosa,  non  manca  la  parola  nei 
fogli  liberlini. 


204  RIVISTA 

«  ed  ignominiosa  che  non  ci  sia  menzogna  che  in  Italia  non  trovi 
«  testimonianze  e  document!  per  sostenerla.  II  pubblico  si  serve 
«  della  stampa  col  proposito  di  trarla  in  inganno  per  fmi  privati  di 
«  odio  o  di  amicizia:  tulti  si  fanno  un  dovere,  non  di  dire  il  vero,  ma 
«  di  trovar,  coll'  inganno  e  colla  frode,  una  via  di  far  pubblicare  in 
«  un  giornale  una  menzogna  die  loro  giovi.  » 

Civ.  Call.  Cosi  bugiardi  fai  gli  italiani? 

Diritto.  Non  so  che  far  ci.  Gl'  italiani,  coi  quali  io  ho  Y  onore  di 
essere  in  qualche  relazione  ,  sono  tulli  cosl.  Sai  che  io  m'  intitolo  il 
giornale  della  democrazia  italiana. 

Civ.  Call.  Merie  rallegro  tanto  con  te  e  colla  democrazia  italiana. 

Diritto.  Tu  poi  conosci  il  nostro  costume.  Noi  professiamo  di  non 
riconoscere  per  .italiani  che  i  nostri.  I  noslri  sono  tutti  bugiardi. 
Dnnque  non  ci  sono  in  Italia  che  bugiardi.  La  cosa  e  chiara. 

Civ.  Catt.  Evidentissima. 

Diritto.  Ne  vuoi  una  prova  ?  «  Noi  giornalisti  non  possiamo  mai 
«  esser  sicuri,  se  non  di  quello  che  vediamo  qui  in  Torino  coi  nostri 
«  occhi.  » 

Civ.  Catt.  Buon  avviso  ai  leltori  delle  notizie  estere. 

Diritto.  «  Non  si  e  mai  sicuri  di  nessuna  affermazione  ;  non  si 
«  puo  mai  riposare  sopra  nessuna  testimonianza.  Qaal  e  1'effelto  di 
«  questo  strano  e  turpe  capriccio  d'  ingannare  la  stampa?  I  giorna- 
«  listi  devono  perdere  ogni  credito.  » 

Civ.  Catt.  E  naturale. 

Diritto.  «  E  poi  ci  e  il  danno  evidente.  Lasciamo  da  parte  la  ver- 
«  gogna  che  porla  ad  una  nazione  ...» 

Civ.  Catt.  Alia  democrazia  ilaliana. 

Diritto.  «  ...  ad  una  nazione  il  fatto  che  non  ci  sia  verita  che  in 
«  essa  possa  mettersi  in  chiaro,  e  non  vi  sia  menzogna  che  non  possa 
«  presen tarsi  munita  di  testimonianze  e  di  prove.  Ma  vi  e  il  danno 
«  evidente.  Perche  la  stampa  sia  ulile,  dee  essere  autorevole.  Ma 
«  perche  sia  autorevole  dee  esser  veridica.  » 

Civ.  Catt.  Capisco  quel  che  vuoi  dire.  Nonpotendo  essere  veridi- 
co,  intendi  di  non  esser  autorevole.  Non  essendo  autorevole,  capisci 
di  esser  inutile.  Percio  hai  deciso  di  chiudere  bottega  e  butlarti  ad 
altro  mesliere. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  201> 

Diritto.  Non  dico  questo:  «  Diciamo  queste  cose,  perche  sen'ab- 
«  bia  a  vcrgognare,  a  pentirc  c  ad  emendarsene  il  paese.  » 
Civ.  Call.  Ma  so  il  paese  non  ti  crede  e  ti  ha  anzi  per  un  giullare. 

Dirillo.  Queslo  lo  so.  Ma  mi  consola  il  pensiero  che  siamo  ia 
molti  ad  avero  qucsta  riputazione.  «  Suppongo  che  quesle  mie  mi- 
«  serie  siano  anche  sofferle  da  tutli  i  miei  colleghi.  » 

Civ.  Call.  Tienlo  pure  per  certissimo. 

Diritlo.  Dunque  lo  capisci  anche  tu!  Del  resto  noi  giornalisti  ab- 
biamo  faccia  losta.  E  ti  dei  ricordare  di  quel  mio  periodo,  che  e  di- 
venlalo  celebre  in  Italia :  «  Noi  liberali  (scriveva  nel  mio  num.  dei 
«  2  Febbraio  di  quest'  anno  ) ,  noi  liberali  andiamo  da  quatlro  anni 
«  ingannando  il  paese,  secondoil  poter  nostro,  lulli ».  E  bene?  For- 
se  che  per  queslo  il  paese  si  e  ofieso  ?  Forse  che  per  questo  abbiamo 
perdu  to  un  associalo?  L'associato  e  merce  gabbabile. 

Civ.  Call.  Dunque  'perche  tante  lamentazioni  per  qualche  bugia 
di  piu  che  li  e  stata  falta  stampare  ? 

Diritlo.  II  caso  fu  un  po'  serio.  Figurali  che  un  bel  giorno  mi 
arriva  da  Paola  in  Calabria  ,  da  Gallipoli,  da  Sciacca,  da  che  so  io, 
un  fascio  di  document!.  Da  buon  direttore  di  un  giornale  della  de~ 
mocrazia  italiana  ,  stampo  subito  ,  riservandomi  a  leggere  poi  con 
comodo.  Poco  dopo,  ecco  altri  document!.  Stampo,  e  vedo  (mirabile 
vista!)  che  sono  la  confutazione  dei  primi.  Arriva  un  terzo  fascio.  fi 
la  confutazione  dei  secondi.  Qui  ho  perduta  la  pazienza.  Ma  ora  mi 
sono  tranquillizzato  ;  e  capisco  che  bisogna  saper  sopportare  le  con- 
suetudini  della  stampa. 

Civ.  Call.  Anche  1'esser  preso  per  giullare? 

Diritto.  Anche  queslo.  Del  resto  ,  poiche  Ira  noi  giornalisti  indi- 
pendenli  possiamo  parlar  in  confidenza ,  io  credo  che  i  nostri  lettori 
ed  associati  ci  slimano  anche  troppo.  Se  conoscessero  la  nostra 
vita  eh? 

Civ.  Call.  Dormire  fino  a  mezzogiorno.  * 

Diritlo.  Studiar  la  polilica  al  caffe. 

Civ.  Call.  L'economia  polilica  al  Ghetto. 

Diritto.  La  morale  al  decimo  uffizio. 

Civ.  Call.  Che  cos'e  questo  decimo  ufflziot 


206  BIVISTA 

Diritto.  Come?  Non  sai  che  cos'e  il  decimo  uffizio? 

Civ.  Catt.  No,  davvero.  Di'  un  poco. 

Diritto.  II  decimo  uffizio.  .  . ,  Ma,  did  da  senno  phe  non  sai  che 
cosasia? 

Civ.  Catt.  Dico  da  senno. 

Diritto.  Sei  un  giornalista  singolare!  Saprai,  suppongo,  cheiDe- 
putati  nella  Camera  sono  divisi  in  nove  uffizii. 

Civ.  Catt.  Questo  lo  so. 

Diritto.  Or  bene;  quando  i  Deputali  (parlo  dei  nostri)  uscendo 
dalla  Camera,  yogliono  darsi  un  appunlamento ,  un  convegno,  si 
dicono  a  vicenda :  «  Ci  rivedremo  al  decimo  uffizio  » .  Questo  lo  sa 
tulta  Torino. 

Civ.  Call.  Ma  dove  e  queslo  decimo  uffizio? 

Diriilo.  Tu  mi  fares ti  impazzare.  Dov'e  il  decimo  uffizio?  Lo  san- 
no  tutli. 

Civ.  Catt.  Ma  io  non  lo  so. 

Diritto.  Tel' ho  dunque  da  dire  alettere  di  scalola?  II  decimo  uf- 
fizio e  ,  come  sarebbe  a  dire  ,  una  casa  di  mat  affare,  una  casa  di 
tolleranza. 

Civ.  Catt.  E  cola  si  danno  gli  appuntamenti  i  Deputali? 

Diritto.  Gia.  Cioe  i  noslri. 

Civ.  Catt.  E  cola  apprendorio  morale  i  giornalisti? 

Diritto.  Gia.  Son  cose  nuove  eh? 

Civ.  Call.  Ne  sapeva  molle  di  voi  altri.  Ma  questa  poi .  .  .  .  Del 
resto,  non  fa  maraviglia. 

Diriilo.  (da  se  solo)  Quesla  ignoranza  ,  questa  maraviglia  mi  fa 
seriamente  sospettare.  Mi  fossi  imbatluto  in  un  clericale?  Gia  me  lo 
dicono  anche  troppo  che  io  parlo  e  scrivo  con  poca  prudenza ;  si  che 
i  clerical!  ne  profiltano.  Ma  verro  ben  io  in  chiaro  subilo  con  chi  ho 
il  piacere  di  parlare.  (Alia  Civilla  Catlolica).  E,  dimmi  un  poco.  I 
tuoi  associati'U  fanno  mai  di  questi  scherzi? 

Civ.  Catt.  Quali  scherzi? 

Diritto.  Di  farli  stampar  documenti  falsi ,  di  prenderti  per  un 
giullare,  di  Irattarli  insomnia  da  buon  giornale  liberale. 

Civ.  Catt.  No,  davvero.  lodei  miei  associati  sono  edificatissimo. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  207 

Diritlo.  E  li  rispellano? 

Civ.  Catt.  Piu  di  quel  che  merito. 

Diritto.  E  ti  crcdono  ? 

Civ.  Catt.  Sulla  parola,  per  bonta  loro. 

Diritto  E  pagano? 

Civ.  Catt.  Appuntino. 

Diritto.  (da  so  solo)  Associati  rispeltosi ,  veritieri ,  ben  educali , 
buoni  pagatori;  ignoranza  del  decinio  uffizio.  Coslui  e  un  clericale 
senz'  altro.  (Alia  Civilta  Cattolica).  Senti,  bisogna  che  io  parta  subito. 
Sono  aspellato  al  mio  uffizio. 

Civ.  Catt.  Al  decimo? 

Diritto.  Al  diavolo  che  ti  porti.  (Parte). 


II. 


Sopra  la  Vita  del  Marchese  Giuseppe  Molza ,  Memoria  del  Padre 
VINCENZO  STOCCHI  d.  C.  d.  G.  —  Venezia ,  tipografia  Emiliana 
impr.  1864.  Un  volume  in  8.°  di  pagg.  110. 

Se  ai  pitlori  viene  gran  lode  per  avere  sapulo  rilrarre ,  con  esat- 
tezza  di  verila  e  perfezione  di  arte ,  i  lineament!  di  alcun  illuslre 
personaggio :  non  e  minore  la  lode  che  e  dovuta  al  chiaro  Aulore  di 
quesla  Memoria ;  il  quale ,  con  i  colori  di  una  schielta  ,  purgata  e 
colla  narrazione,  ha  delineato  cosi  al  vivo  i  costumi  e  la  vita  del  no- 
bilissimo  e  gravissimo  uomo,  che  fu  il  Marcbese  Giuseppe  Molza  che, 
a  leggerla  ,  ognuno  che  Y  ha  conosciuto  e  obbligato  di  esclamare : 
«  Egli  e  desso.  » 

Se  non  che  i  pittori ,  quanto  si  vogliano  esperti  dell' arte  del  pen 
nello ,  non  possono  altro  che  rappresenlare  agli  occhi  le  fattezze  del 
corpo.  Che  se  cio  stesso  puo  avere  un'azione  nell'animo,  risveglian- 
do  in  coloro  che  vi  rimirano  qualche  soave  affezione  ;  qucsto  accade 
quando  la  persona,  die  e  figurata,  sia  altrimenli  conosciuta  e  tenuta 
cara  per  le  sue  amabili  qualit^.  Laddove  il  morale  ritratto  ,  che  il 
bravo  scriltore  ha  fornito,  con  tanf  aggiustatezza,  deU'egregio  Mar- 
chese,  non  tocca  solamenle  i  congiunti  di  lui,  gli  amici,  i  conoscenli; 


208  RIVISTA 

ma  quelli  eziandio,  che  non  ne  ebbero  altra  contezza,  ne  rimangono 
compresi  di  ammirazione  e  si  senlono  come  forzali  ad  amarlo. 

II  perche  noi  vorremmo  che  gran  giro  avesse  questo  libricciuolo  ; 
e  do  non  tanto,  perche  alia  memoria  di  si  grand'uomo  fosse  rendulo 
il  premio,  che  in  questo  mondo  si  avviene  alia  virtu,  che  e  di  essere 
conosciuta  ed  apprezzata ;  quanto  perche  il  lume  de'  suoi  esempii 
potesse  a  raolti  chiarire  I'intellelto,  in  mezzo  alle  lenebre  fra  le  quali 
si  aggira  la  presente  Sociela,  e  avvalorarne  i  desiderii  al  berie 
verace. 

Ne  questo  diciamo  ,  quasi  supponendo  che  sia  mancata  nel  bel 
mezzo  della  Chiesa  la  pratica  delle  virtu  :  ve  ne  ha,  e  luminosissime, 
e  in  grandissima  copia.  Neppure  vogliamo  intendere  che  il  Marchese 
Giuseppe  Molza  sia  stato  un  lipo  di  cosi  alta  perfezione,  da  riuscire 
im  miracolo  di  santita  non  punto  ordinaria.  Anzi  nella  sua  vita  non 
s'  incontra  esempio  di  virtuose  azioni,  il  quale  non  possa  e  piu  spes- 
so  non  debba  essere  imitato  da  quanti  si  ritrovano  nelle  medesime 
cjrcostanze.  Che  e  dunque  do  che  ci  fa  pregiare  a  si  alto  segno 
le  opere  di  lui,  che  noi  le  vorremmo  conosciute  da  tutti,  perche  di- 
yenissero  luce  e  guida  di  molli?  E  appunto  1'  essere  opere  di  virtu, 
piane  si  veramente  a  praticare  ,  considerate  in  se  stesse ;  ma  che 
nondimeno  raramente  hanno  luogo  ne'  gradi  piu  elevati  della  odier- 
na  societa.  Al  che  mirando  noi ;  ne  potendo  per  altro  rilessere  tulta 
la  storia  della  sua  vita;  almeno  ne  toccheremo,  colla  scorta  di  questa 
Memoria ,  alcuni  punti  principali ,  a  profitto  ,  siccome  speriamo ,  di 
non  pochi  de'  nostri  lettori. 

II  chiaro  Autore  da  sul  principio  una  breve  contezza  della  fanii- 
glia  Molza,  che  e  delle  piu  nobili,  non  di  Modena  solamente,  dove  ha 
secle,  ma  di  tutta  1'  Italia;  e  fu  in  ogni  tempo  feconda  di  personaggi 
ragguardevolissimi ,  o  sia  per  merilo  di  preclare  azioni ,  o  sia  per 
farna  di  sapienza  civile  e  di  cultura  letteraria.  Ricordiamo  con  lui  que- 
sto pregio,  acciocche  si  scorga  che  tanto  lustro  di  casato  non  fu  occa- 
sione  al  Marchese  Giuseppe  di  trascurare  le  piu  solide  virtu,  conten- 
tandosi  delle  vane  apparenze,  di  che  il  mondo  si  facilmente  si  appa- 
ga.  Piultosto  dallo  splendore  del  suo  nome  egli  prese  argomento  di 
animarsi  a  divenire  sempre  migliore,  per  non  ismenlirlo  in  se  stesso. 


DELLA  STAMPA  ITALIAN!  209 

Di  che  egli,  dopo  Dio,  fu  obbligato  alle  amorevoli  cure  de'  suoi  ge- 
nitori ,  i  quali  sin  da'  primissimi  anni  lo  vennero  educando  a  nobili 
sensi,  faccndo  pero  di  quest!  principalissimo  fondamenlo  la  pieta  cri- 
sliana  e  il  timor  santo  di  Dio. 

La  quale  educazione,  iniziata  cosi  bene  nelle  domesliche  mura,  fa 
poi  compiuia  nel  Convitto  de'PP.  delle  Scuole  Pie  in  Correggio;  e 
tanto  felicemente,  che  quando  il  giovinetlo  Giuseppe  ne  venhe  fuori, 
fu  uno  de'  piu  specchiati  lestimonii  dell'  ottima  istituzione  cbe  \igeva 
in  quel  luogo,  si  quanto  a  collivare  Y  animo  colle  cristiane  virtu,  si 
quanto  a  ingentilirlo  con  ogni  buona  disciplina.  Perciocche  i  buoni 
semi  accolti  nell'  animo  egli  non  lascio  inlristire  per  inerzia  o  diva- 
gamento  di  spirito :  ma  come  da  quel  riliro  usci  pio  e  aflezionato 
agli  studii,  cosi  anche  tra  gli  agi  della  casa  paterna  niuna  cosa  ebbe 
piu  a  cuore ,  quanto  avanzare  il  meglio  che  sapesse  nella  verace 
piela  e  nelle  utili  cognizioni.  Di  questa  duplice  cura  di  Giuseppe, 
negli  anni  piu  pericolosi  della  vita,  il  chiaro  Autore  ci  reca  luculen- 
tissimi  document!  in  due  capitoletti,  co'  quali  eel  dimoslra  tanto  vir- 
tuoso giovane,  quanlo  si  convene  a  chi  e  profondamente  cristiano  ; 
e  tanto  colto  ed  istrutto,  quanto  appena  si  puo  sperare  in  una  eta  si 
iinmatura. 

Di  che  non  facciamo  meraviglia,  considerate  1'indole  di  lui  natural- 
mente  temperata  al  bene,  la  perspicacia  del  suo  ingegno ,  la  gravita 
e  costanza  dell'  animo.  Le  quali  doli,  collivate  a  tempo ,  perche  non 
doveano  rendere  il  frutto  lor  proprio,  che  e  1'  arnore  alia  \irtu  e  alia 
sapienza,  e  lo  studio  indefesso  di  acquistarle?  Ma  ben  ci  duole  che 
in  tanti  allri  nobili  giovanetti ,  ai  quali  la  Provvidenza  non  fu  men 
larga  de'  suoi  doni ,  fallisce  cosi  di  frequente  una  buona  riuscita  ; 
perciocche  il  modo  di  educarli  par  proprio  inventato  per  distruggere 
in  loro  ogni  germe  di  bene.  Noi  qui  non  facciamo  un  tratlalo  di  edu- 
cazione, e  pejo  non  ci  conviene  discendere  in  particolarila.  Non  vo- 
gliamo  pero  farci  sfuggire  quesla  occasione  ,  per  indicare,  o  meglio 
ricordare  ai  padri  di  famiglia,  il  vizio  'radicale  della  moderna  educa- 
zione, che  6  una  specie  di  naturalismo,  con  cui  da  molli  si  pretende 
di  condurla.  Questo  consiste  nell'  escludere  da'  mezzi  di  educazione  i 
motivi  e  la  pratica  della  nostra  santa  religione;  e  guidare  invece  i 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  350.  14  5  Ottobre  1864. 


210  RIVISTA 

giovanelli  cogli  allettamenti  naturali  del  bene  morale.  Che  se  anche 
si  da  una  parle  alia  religione  ;  questa ,  nell'  intendimento  di  chi  la 
porge,  riguarda  la  semplice  istruzione;  ma,  quanto  all'  effelto  in  quel- 
li  che  la  ricevono,  si  riduce  ad  esscre  una  materia  di  erudizione ,  o 
poco  piu.  Ora  qual  efficacia  possono  avere  gli  argomenti  prellamen- 
te  naturali,  contro  le  inclinazioni  dell'animo  per  se  tanto  gagliarde , 
e  di  piu  afforzate  negli  anni  giovanili  dail'  ardore  del  sangue  e  dalla 
vivacita  della  fantasia?  Se  mancassero  le  altre  ragioni  positive,  sol 
questa  negaliva  basterebbe  a  spiegare  il  tanto  guasto  che  e  nella  gio- 
ventu.  Ma  le  stesse  ragioni  positive  si  raccolgono  in  quest'  una,  e  da 
quest' una  dipendono.  Imperciocche  qual  concetto  possono  avere  dei- 
le  virtu  stesse  morali  quegli  educatori ,  che  non  hanno  amore  alia 
loro  religione  ,  che  e  fondamento  e  tulela  della  vera  morale?  E  se 
non  hanno  in  se  questo  concetto ,  come  potranno  non  solo  ispirarlo 
teoricamente  ne'  loro  alunni,  ma  fare  che  sia  incarnato  ne'  loro  co- 
stumi?  Pero  a  niuna  cosa  dovrebbero  badare  meglio  i  genitori,  mas- 
simamente  se  nobili,  quanto  a  provvedere  a' loro  figliuoli  cosiffalti 
educatori ,  die  sapessero  istillare  per  tempo  ne'  loro  animi  i  senti- 
menti  religiosi,  e  formarli  alle  cristiane  virlu.  Se  il  giovine  e  buono 
e  pio,  si  puo  esser  sicurissimi,  che  meftera  tulto  il  suo  ingegno  allo 
studio  ;  ed  il  profitlo  sara  sempre  proporzionato  alle  sue  forze  intel- 
lelluali. 

Ma  tornando  al  Marchese ,  ognuno  puo  argomentare  da  si  felici 
cominciamenti,  qual  egli  addivenisse,  col  progresso  degli  anni,  nella 
eta  piu  matura.  L'Aulore  della  Memoria  eel  dimostra,  nella  qualita 
di  uomo  private,  un  tipo  di  signore  esemplarmente  cristiano:  avare 
dispensalore  del  suo  tempo ,  che  partiva  con  giusta  misura  tra  i 
doveri  religiosi ,  le  obbligazioni  de'  suoi  ufficii,  e  lo  studio  die  gli  fu 
sempre  carissimo.  Le  pratiche  poi  di  pieta,  che  si  era  stabilito , 
non  le  trasandava,  quanlo  era  da  se,  ma  piutloslo  le  cresceva.  Ogni 
di  alia  messa  e,  ne' giorni  massimamenle  di  concorso  maggiore , 
mcscolato  col  popolo;  ogni  di  la  sua  era  alia  lezione  di  libri  spiritua- 
li,  e  ad  altri  esercizii  di  pieta,  specialmente  del  sanlo  Rosario ,  che 
soleva  recitare  in'  comune  colla  famiglia.  Divolissimo  del  divin  Sa- 
gramento ,  che  si  recava  a  visitare  con  edificante  raccoglimento , 


DELL  A  STAMPA  ITALIANA  211 

massime  nello  esposizioni  delle  quaranta  ore,  e  fu  assiduo  sempre  a 
ricevcre  nel  suo  petto,  ma  piu  assiduo  ancora  negli  ullimi  anni.  Fre- 
quenle,  come  poleva,  ad  ascoltare  la  parola  di  Dio;  e  talvolta  di  ci6 
che  udiva  faceva  lulto  solo  in  sua  stanza  un  picciolo  sunlo,  per  ri- 
cavarne  profillo  piu  stabile.  Mantenitore  de'  precelli  della  Chiesa , 
de'  quali  fu  lenacissimo ,  eziandio  se  dispensato :  ne  umano  rispetto 
lo  indusse  raai  a  Irasandarli  in  tempi  anche  difficilissimi ;  e*volle  os- 
servare  la  legge  del  digiuno  e  del  magro  nella  stessa  decrepita  eta 
di  otluagenario. 

Ognuno  iutende  qual  si  dovesse  dimoslrare  ,  nelle  sue  relazioni 
coi  domestic!  e  cogli  esterni,  im  uomo  di  si  rari  pregi  di  animo, 
e  con  tanlo  ampio  capilale  di  virtu  morali  e  religiose.  II  chiaro  Au- 
tore  eel  descrivo  ottimo  marito :  nel  die  se  dobbiamo  lodare  il 
merito  di  lui ,  non  possiamo  frodare  della  lode  dovuta  la  sua  egre- 
gia  consorle,  la  Marchesa  Luigia  Cortese  ;  la  quale  non  gli  fu  solo 
ollima  e  amorosa  compagna ,  ma  aiulatrice  ancora  e  conforto  in 
ogni  opera  di  virtu.  Una  coppia  cosi  bene  appaiala  non  polea  certa- 
meute  fallire  agli  altissimi  fini,  pe' quali  Iddio  istilui  il  malrimonio, 
e  Cristo  Signore  lo  elevo  alia  veneranda  dignila  di  Sagramento.  Si 
consullino  i  capitoli  XX,  XXI ,  XXII ,  XXIII  della  Memoria ,  e  ve- 
drassi  con  quanto  amore ,  accorgimento  e  savia  disciplina  si  1'uno 
come  1'  altra  governassero  i  figliuoletli,  di  che  Iddio  allieto  il  loro 
connubio :  come  li  provvedessero  di  ogni  mezzo  di  cristiana  e  savia 
islituzione,  dapprima  nelle  domestiche  pareti,  e,  falli  piu  grandicelli, 
In  nobili  e  ben  disciplinali  Collegi ;  di  qual  felice  esito  fmalmente 
furono  rallegrate  le  loro  cure  per  la  egregia  riuscita  di  ciascuno 
di  loro. 

Quanlo  al  conlegno  cogli  estranei,  ecco  in  breve  clie  ci  e  falto  ri- 
levare  dalla  Memoria.  Cogl'inferiori  amorevole;  ma  sempre  grave  e 
dignitoso :  ne  tollerava  i  difelli,  dove  fallissero  per  umanafiacchezza; 
ma  li  voleva  buoni  per  prindpio ,  anianli  de'  loro  doveri ,  agevoli  a 
riconoscersi,  se  colpevoli,  ad  ammendare  il  mal  fatto.  Abbondava  in 
benignita:  ma  se  la  col  pa  meritasse  di  esser  correlta  coll' asprezza, 
sapea  spiegare  tulta  1'  autorita  sua  e  con  essa  opprimere  salutar- 
menle  il  delinquenle.  Nondimeno  mal  avrebbe  giudicato  di  lui  chi , 


212  KIVISTA 

per  vederlo  cosi  tramutato  da'suoi  modi  ordinarii,  avesse  argomen- 
talo  nel  suo  animo  soperchiamenlo  di  collera.  Conciossiache  appena 
gli  si  toglieva  dinanzi  quel  comunque  reo,  ed  egli  losto  ripigliava  il 
suo  consueto  tenore  di  atli  e  di  parole,  come  se  nulla  fosse  accadu- 
to.  II  che  vien  recalo  da'  filosofi  morali  a  cerlo  argomenlo  di  piena 
slgnoria,  clie  uomo  abbia  di  se  e  delle  proprie  passioni. 

Ma  pfu  forse  dell'autorila  trovo  in  lui  ampio  luogo  quella  virtu,  di 
cui  menano  taiito  rumore  i  nostri  umanitarii ;  ma  clie,  a  doverla  pra- 
licare,  non  si  puo  apprendere  al trove  che  nella  scuola  di  Crislo. 
Essa  e  la  carita  del  prossimo,  la  quale  si  e  voluta  sbaltezzare,  con 
darle  il  nome  di  filantropia ;  ma  ingieme  col  primo  nome  ha  perduta 
ogni  sua  efficacia,  ed  anzi  il  suo  essere  stesso,  riducendosi,  ne'cosi 
detli  filantropi ,  a  vana  apparenza  di  beneficenza ,  a  sostanza  di 
egoismo.  II  Marchesc  pero  la  intendeva  col  Vangelo :  largo  coi  po- 
veri ,  liberale  co'  luoghi  pii ;  profuso  poi  sino  all'  eccesso  ,  se  cosi 
puo  dirsi,  co'  piu  indigent!,  massime  se  colpili  da  pubbliche  o  pri- 
vate calamita.  Ma  egli,  provveduto  largamente  de'beni  di  for  tuna, 
tanto  polea  esser  piu  benefico  cogli  altri,  quanlo  era  piu  economo  in 
casa  sua,  loglicndo  al  soverchio  lusso  ed  ai  non  necessarii  diverti- 
menti  do  che  deslinava  alle  altrui  necessita.  Sol  di  una  cosa  egli 
si  dimostrava  sollecito  nelle  slraordinarie  larghezze;  ed  era  che  non 
si  sapcsse  da  cui  venissero.  Argomento  della  diritta  intenzione,  per 
la  quale,  conlenlo  di  avere  Dio  testimonio  delle  sue  azioni,  nori  bri- 
gava  di  accattarsi,  ed  anzi  respiogeva  sdegnosamente  da  se  la  glo- 
ria, mondana. 

Che  se  consideriamo  il  Marchese  nelle  relazioni  della  vita  civile , 
il  suo  contegno  era  grave,  ma  non  affettato ;  il  Iralto  amabile,  ma  non 
lezioso ;  la  conversazione  utile,  ma  non  pesante.  Per  quesli  suoi  pre- 
gi  era  egli ,  anche  nella  eta  giovanile ,  non  solo  slimato  assai ,  ma 
ancora  ambito  nelle  nobili  sociela;  perciocche  tanto  collo  era  in  ogni 
sorta  di  svarialissime  erudizioni,  e  sapeva  cosi  a  proposilo  innestarle 
ne'  discorsi,  che  il  diletto,  in  chi  udivalo,  non  era  minore  della  ulili- 
ta  che  gliene  veniva.  Nondimeno ,  cio  che  piu  e  da  ammirare  nella 
sua  conversazione ,  e  1'  amore ,  di  cui  die  pruove  luminosissime , 
per  la  noslra  santa  religione.  Perciocche  non  di  rado  gli  accadde , 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  213 

specialmente  in  sul  principle  cd  in  quo'  Icrapi  di  si  lutltioso  perver- 
(imento  ,  di  ascollare  or  qui ,  or  cola  insulti ,  belle ,  sarcasmi ,  con- 
tro  questo  o  quel  domma ,  contro  questa  o  quella  pratica  religiosa. 
Egli  si  era  premunilo  a  tempo ,  e  con  isludii  non  leggeri ,  contro  a 
siffatle  occasioni ,  mollo  bene  anlivedute  da  lui.  Per6,  con  quella 
franchezza  di  animo  che  fa  sua  propria  ,  sostenuta  dalla  scienza  e 
avvalorala  da  naturale  facondia  ,  era  il  primo  in  que'  casi  a  levarsi 
con  aperto  viso  in  difesa  della  sua  fede  :  e  1'  efictlo  piu  frequente  a 
segiiirne  era  I'ammulolirsi  a  poco  a  poco  e  confondersi  de'  suoi  con- 
Iraddittori.  Queste  pruove  alcune  volte  ripetute  gli  fruttarono  tanla 
autorita,  che  in  sua  presenza  niuno  piu  ,  di  quanti  lo  conpscevano  , 
fu  mai  ardito  di  offendere  con  motli  ingiuriosi  la  religione. 

Un  uomo  di  si  antica  nobilta ,  di  tanti  pregi  di  natura,  cosi  ricco 
di  scienze  e  di  leltere,  e,  cio  che  piu  monta,  di  cosi  specchiata  reli- 
gione, qual  fu  il  Marchese  Molza  da' suoi  anni  piu  verdi,  non  potea 
rimanere  ignorato  alia  Corte  di  Modena ,  la  quale  per  antica  tradi- 
zione  fu  come  la  sede  de'dirilti  principii,  ed  il  richiamo  degli  uomi- 
ni  veramente  saggi  e  virtuosi.  Appena  dunque  fu  ristorata  la  dina- 
stia  Estense,  dopo  la  malaugurata  iiivasione  francese,  quel  Principe 
impareggiabile,  che  fu  il  Duca  Francesco  IV  di  Modena ,  voile  tprre 
sperimento,  in  faito  di  pubbliche  amminislrazioni,  del  giovine  Molza; 
e  dapprima  lo  nomino  Consultore  di  Governo  presso  il  Governatore 
Marchese  Coccapam ,  e  dopo  alcun  tempo  Governatore  nella  Garfa- 
gnana.  Le  pruove  ,  che  di  se  diede  il  Marchese  Molza  nell'  uno  e 
nell'  allro  carico,  furono  cosi  soddisfacenti,  che,  corsi  appena  pochi 
anni ,  il  Duca  lo  voile  presso  di  se ,  confidandogli  il  Ministero  degli 
affari  eslerni ;  net  quale  perduro  per  lo  spazio  di  29  anni,  cioe.dai 
1819  insino  al  1818,  solto  Francesco  IV  col  litolo  d'Incaricato,  sol- 
to  Francesco  V  col  titolo  di  Ministro. 

Quesla  porzione  della  vita  del  Marchese  fu  la  piu  luminosa,  si  per- 
che,  posto  in  cosi  alto  grado,  le  sue  virlii  erano  in  vista  di  tutti ,  si 
perchc  con  queste  virtu  egli  offeriva  uno  speltacolo  assai  raro  in  ogni 
tempo,  ma  rarissimo  ai  di  noslri,  diun  uomo  di  Stato,  non  pure  pro- 
fondamentc  cristiano,  in  quanto  privato,  ma  profondamentfe  crisliano 
in  quella  qualila  di  uomo  di  Governo.  Imperoc.che  la  celebre  formola 


214  RIVISTA 

della  Rivoluzione  «  Lo  Stato  e  ateo  »  non  e  stata  lanciata  in  mezzo 
cosi  cli  botto  collo  scoppio  de'  rivolgimenli  polilici:  ma  come  tulle 
le  altre  massime  antisocial!,  cosi  parimenli  questa  si  e  venuta  appa- 
recchiando  da  gran  tempo,  con  un  lungo  layorio,  che  hanno  fatto  le 
sette  in  mezzo  ai  Governi  anche  legittimi.  Di  fatto,  1'ateismo  dello 
Stato  alia  moderna  si  risolve,  conforme  alia  spiegazione  che  ne  dan- 
no,  nella  totale  separazione  di  esso  Stato  dalla  Chiesa :  in  quanto  lo 
Stalo,  non  riconosce  la  Chiesa  cattolica  piu  che  1'anglicana ,  o  qual- 
sivoglia  altra  selta ,  e  si  professa  di  avere  nel  medesimo  conto  tutte 
le  religioni ;  benche  poi  a'  fatti  la  pessimamente  trallata  e  sempre 
la  cattolica.  Or  chi  sludii  con  qualche  accuratezza  nelle  slorie  pas- 
sale  ,  scorgera  che  da  gran  tempo  a  questa  parte  si  era  universal- 
mente  diffuso  nci  Gabinelti  di  Europa  un  ardore ,  che  ando  sempre 
crescendo  ,  cli  separare  gl'interessi  de'  Governi  dagli  interessi  della 
Chiesa,  con  procurare  di  guadagnar  sempre  di  mano  sopra  di  que- 
sta, oceuparne  i  diritlied  incepparne  1'azione.  Questa  lenla  separa- 
zione, che  era  non  tanlo  calcolo  di  ambizione,  quanto  consegaenza 
di  falsi  principii ,  ha  fmalmenlc  avuto  il  suo  ultimo  svolgimento  col 
trionfo  della  Rivoluzione;  la  quale,  usurpalo  tutto  alia  Chiesa,  in  ul- 
timo si  e  proleslala  di  non  conoscerla. 

Non  e  dunque  meraviglia  ,  se  anche  prima  che  dominasse  il  prin- 
cipio  dello  Stato  ateo,  non  fosse  agevole  molto  conciliare  insieme  i 
doveri  di  buon  caltolico  e  la  pralica  di  sagace  Minislro.  Sappiamo 
bene  die  la  Corte  di  Modena,  sic-come  quelia  che  fiulo  sempre  da 
lungi  1'  odor  del  settario,  e  da  ogni  arte  di  selta  si  guardo  sempre, 
quanlo  era  possibile  ad  umano  accorgimenlo,  non  offeriva  quegll 
oslacoli,  che  tanti  altri  Governi,  a  poler  metlere  in  buon'armonia  1'una 
e  1' altra  qualila.  Ma  se  a  quelia  Casa  e  gloria  segnalalissima  1'aver 
saputo  riguardarsi  del  comune  contagio,  sicche  a  servir  lei  non  si 
metlesse  in  pericolo  il  miglior  bene ,  che  e  quello  della  propria  co- 
scienza;  grandissima  lode  e  altresi  dovuta  al  Molza,  il  quale  si  sep- 
pe  cosi  bene  approfittare  della  buona  congiuntura  di  operare  secon- 
do  coscienza.  Conciossiache  quel  lorto  degli  altri  Governi  pel  pes- 
simo  vezzb  di  sopraffare  con  isludiata  prepotenza  la  Chiesa,  BOD 
tanlo  era  torto  de'  Principi,  quaato  de'loro  Minislri;  alcuni  de'quali, 
settarii,  e  i  piu,  sobillali  da'  settarii. 


DELLA  STAMPA  ITALIAXA  215 

Sarcbbc  opera  lunga  se  noi  ci  volessimo  trallenere  a  descrivere 
della  vita  politica  del  Marchese  solo  quel  lanto,  che  ci  espone  la  Me- 
moria;  la  qualc  tultavia  non  e  che  un  compcndio  delle  sue  opere. 
Bicorderemo  sollanto  le  qualita  principali  che  reconel  geloso  nfllzio, 
che  furono  poi  la  norma  delle  sue  operazioni.  In  primo  luogo  e  da 
porre  «  un  animo  (come  dice  il  chiaro  Autore)  e  una  coscienza  cri- 
stiana  a  lulla  pruova  ».  Fu  seguace  di  questa  la  fedeliSt  al  suo  Prin- 
cipe; fedelta  di  principio,  e  pero  scevera  di  qualsivoglia  interesse; 
fedelta  di  affelto,  e  percio  araorosa;  fedella  di  opera,  e  quindi  frut- 
tuosissima  allo  Stato:  la  quale  peraltro,  non  fu  mai  menomamente 
tocca  di  corligianeria  e  assenlazione ;  in  che  e  tanto  facile  cadere 
co*  grand!  ne'  prosper!  tempi ;  e  per  contrario  sfavillo  piu  che  mai 
nelle  avversita  ,  da  cui  fu  colpita  nelle  politiche  rivolture  la  Casa  di 
Modena.  Sopra  quesli  quasi  due  perni,  la  religione  cioe  verso  Dio, 
e  la  fede  al  suo  Principe  ,  si  aggirarono  ed  ebbero  gioco  le  altro 
abilila,  che  ebbe  il  Marchcse,  come  uomo  di  Governo:  e  furono,  co- 
me dice  1'Autore :  «  una  rara  capacila  di  mente,  molta  sagacila,  mol- 
ta  deslrezza  nelle  cose  di  Stato.  » 

Pe'  quali  pregi  se  egli  soddisfece  pienamenle  ad  ogni  suo  debito, 
si  di  cristiano,  si  di  politico;  se  riusci  carissimo  ai  due  Franceschi, 
ii  IV  e  il  V;  i  quali,  piu  che  in  luogo  di  fedele  servitore,  lo  lennero 
in  conlo  quasi  di  amico ;  non  polea  non  divenire  odiosissimo  alle 
selle,  che  come  nella  Casa  di  Modena,  benche  di  si  ristretta  signo- 
ria ,  trovavano  uno  de'  piu  gravi  ostacoli  ai  loro  divisamenti ,  cosi 
s*  immaginavano,  che  anima  di  una  lal  guerra^sse  il  Minislro  piu 
intelligent  e  autorevole  di  essa  Casa.  Gli  effetti  di,  quest'  odio  rive- 
larono  sempre  piu  la  nequizia  setlaria ,  che  e  qualche  cosa  d'  incon- 
cepibile;  ma  misero  ancora  in  mostra,  meglio  che  non  erano  prima, 
le  virtu  del  Marchese  Ministro.  Per  la  contezza  de'  fait!  in  partico- 
lare  rimetliamo  il  lettore  a  quanto  ne  reca ,  avvegnaohe  in  rislret- 
to,  la  Memoria.  Noi.,  sopra  i  falti  mcdesimi,  concludererao,  che  la 
divina  Provvidenza  si  e  contentata  di  moslrare  alia  Italia  un  lipo  di 
Governo ,  veramente  crisliano ,  nella  augusla  Casa  di  Modena ,  e  un 
lipo  di  Ministro  in  tutto  degno  di  una  tal  Casa  nel  Marchese  Giu- 
seppe. E  cerlo  se  la  Dinastia  modenese  avesse  avuta  maggiore  po- 


216  BIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

tenza ;  se  almeno  si  fosse  prestato  orecchio  ai  suoi  savii  consigli , 
secondo  quella  gran  proposta,  clie  il  Duca  Francesco  IV  mando 
fare  per  mezzo  del  Molza  al  Congresso  di  Lubiana ,  ed  egli  stesso 
presento  poi,  nell'aHro  di  Verona  l,  ai  Sovrani  cola  convenuti, 
non  avremmo  ora  a  lamentare  i  mali ,  che  fanno  si  tristo  scempio 
della  povera  Italia.  Ma  Italia  non  era  degna  di  tan  to.  Impari  alme- 
no, col  riscontro  de'danni,  che  gli  hanno  apparecchlati  altri  Governi 
ed  altri  Minislri ,  quali  dovrebbero  essere  i  suoi  reggilori.  Essa  ne 
ha  un  insigne  esemplare  nella  Vita  del  Marchese  Giuseppe  Molza ; 
e  la  Provvidenza  ha  disposto  che  presso  il  medesiino  tempo ,  che  e 
uscita  alia  luce  questa  Memoria,  che  ne  fa  veclere  la  pratica,  venisse 
pubblicata  (almeno  in  gran  parte)  quella  grand'  Opera  del  Conte  So- 
laro  della  Margherita ,  intilolata  «  1'  Uomo  di  Stato  » ,  che  ne  som- 
mimstra  1'  idea. 


1  Certo  chi  consideri  ( cosi  1'Aulore  della  Memoria)  le  proposte  fatte  dal 
Duca  Francesco  IV  nel  Congresso  di  Lubiana,  e  la  scritlura  che  presento  ai 
Potentate  convenuti  in  Verona,  e  insieme  quello  che  fece  ne  suoi  Stati  dove 
aveva  le  mani  libere,  e  impossible  che  non  inarchi  le  ciglia  per  islupore,  e 
non  desideri  che  parijalla  gran  merit  e  avcsse  il  dominio  e  lapotenzaper  sa- 
lute delVuman  gencrc.  Tutti  i  Sovrani  e  i  diplomatici  convenuti  in  quei  fa~ 
inosi  congressi  ammirarono  tanta  sapienza;  e  come  die  ilrimedio  che  propo- 
neva  sirisolvesse  nello  sciogiiere  le  braccia  alia  Chiesa  e  nel  secondarne  /'a- 
zione,  gli  stessi  eretici ,  i  Prussian},  i  liussi,  e  gl'lnglesi  applaudirono  ;  ma 
nonpiacque  a  Dio,  che  quello  che  lanto  si  lodava  colle  parole,  si  eseguisse 
coir  opera.  Piii  sagace  del  Sovrani  la  rivolusione,  alia  quale  tut  to  fu  noto, 
ne  tremd  e  ne  sbigottt ,  e  conccpl  contro  Francesco  IV  un  odio  furibondo,  che 
sfogo  con  quei  torrenti  di  calunnie  e  di  contumelie  che  senza  posa  ne  fine  vo- 
milo  nei  libelli  e  nel  giornali  contro  di  lui:  calunnie  e  contumelie  che  insieme 
colle  insidie  tese  alia  sua  vita  sono  ilpanegirico  piu  eccelso  di  questo  gran- 
d'uomOj  cmostrano  evidentemente  che  i  suoi  colpi  ferivano  lamalabestia 
nel  cuore. 


BIBLIOGRAFIA 


AMBROSI  ALESSANDRO  —  Elogio  funebre  di  Domenico  Patrizi,  avvocato  della 
romaua  Curia  e  Socio  dell'  Accademia  dei  Quirili,  letto  nella  tornata  del 
15  Settembre  1864  dell' Accademia  stessa,  dal  suo  affezionatissimo  disce- 
polo,  avvocato  Alessandro  Ambrosi,  Giudice  nel  Tribunale  collegiale  di 
Bcnevento,  e  Socio  di  varie  accademie  ilaliane.  Roma,  slabilmento  tipo- 
grafico  Aurcli  e  C.  piazza  Borghese  n.°  89,  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  p.  15. 

ANONIMO  —  Gartilla  de  Doctrina  cristiana  para  uso  de  los  ninos  americanos 
de  la  Guyana  Inglesa.  Roma,  imprenta  de  la  S.  C.  deProp.  Fide  1864.  Un 
opusc.  in  16.°  dipag.  35. 

—  Consacrazione  della  propria  famiglia  alia  sacra  famiglia  di  Gesu,  Maria, 
Giuseppe.  Venezia,  lip.  Perini  impr.  1864.  Un  opusc.  in  64.°  dipag.  32. 

—  II  dodici  Aprile.  Poemetto  lirico.  Italia  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  53. 

Una  delle  pruove  della  liberla  di  stampa  e  di  crcdiamo  che  derivi   dal  parlarvisi  con   quella 

opinione  chc  si  gode  in  Italia  I'ahbiamo  in  quc-  chiarezza ,  chc  era  in  uso  presso  i  buoni  noslri 

sto  Poemetlo.  Esso  non  ha  nulla  di  che  far  ver-  vecchi,  vissuti  sollo  la  lirannia  del  medio  evo, 

gogna  al  suo  aulore  :  ottimi  e  santi  i  principii :  allorquando  era   lecito    di  chiamare   ingiustizia 

piena  di  fuoco  la  poesia ;  mediocre  lo  stile ;  ri-  1'ingiustizia ,   e  furto   il  furto  ,   chi  che  se  ne 

dondanza  piultosto  the  searse/za  d'immagini  e  di  fosse  il  reo.  Ora  la  nuova  era  di  liberta  esige 

concetti.    Pur  luttavia   1'  Aulore  ha  creduto  per  che  chi  vuol  parlare   cosi  si  nasconda ,  perche 

lo  suo  meglio  di  nascondere  i!  proprio  nome,  e  non  sia  accoppato  o   dai  bastoni  della  piazza  o 

per  fino  il  luogo  della  stampa.   Quesla   cautela  dalle  inquisizioni  del  fisco. 

—  Lettera  di  un  Missionario  svilla  schiavitii  domestica  degli  Stati  Confede- 
rati  di  America.  Roma  1864,  tipografia  di  Giovanni  Cesaretti.  Un  opusc. 
in  8.°  di  pag.  83, 

Qual  c  il  vero  e  giuslo  giudizio  della  schia-  Cosi  sono  riusciti  ad  altirare  dalla  loro  il  libera- 

vilu  negli  Slati  Confederati  dell'  America  ?   Po-  lismo  del  mondo  intero,  che  facendo  grande  slre- 

chissimi  nell'  Europa   il  sanno  :  perche  gli  Stati  pito  ha  sofl'ocata  ogni  difesa  possibile  degli  Stati 

federali  del  Nord,  volendo  deprimere  la  ricchezza  Confederati.  Or  quale  sia  la  vera  condizione  della 

e  la  prosperita  sempre  crescente  dei  loro  avver-  schiavitu   nell'  America  del  Sud ,   quali   lc  vere 

sarii,  hanno  travisalo  il  motivo  per  cui  si  guer-  piaghe  che  1'afliiggono,  quali  le  cagioni  che  lo 

reggia,  che  e  veramente   1'indipendcnza  propria  produssero  e  le  producono ,  quali  i  rimedii  che 

di  ciascuno  Slalo  paltovita  nella   lega  federale ,  veramenle   possano   guarirle ,   viene   esposlo   iu 

ed  hanno  messo  innanzi  un  altro  motivo,  1'abo-  questa  lettera,  scrilta  da  persona  imparziale,  in- 

lizione  della  schiavitu,  che  ne  fu  solo  1'oocasione.  formatissima  e  di  larghe  e  giusle  vedute. 

—  Norme  per  la  fondazione  generale  nelle  citta  e  nelle  campagne  della  Pia 
associazioiie  della  famiglia,  consacrate  alia  sacra  famiglia  di  Gesii,  Ma- 
ria, Giuseppe.  Venezia,  lip.  Perini  imp.  1864.  Un  apusc.  in  8.°  di  pag.  8. 

—  Novena  in  onore  di  sauta  Sinforosa  e  dei  suoi  sette  figliuoli  MM.,  protet- 
tori  della  citta  di  Tivoli.  Roma,  tipografia  di  JJ.  Morini  1864.  Un  opusc. 


218  BIBLIOGRAFIA 

BIBLIA  SACRA  vulgatae  editionis,  Sixti  V,  Pontificis  Maximi,  iussu  recognita, 
et  Clementis  YIII  auctoritate  eclita.  Edilio  stereotypa  a.  1851 ,  omnium  e* 
mentlatissima,  S.  Indicis  Congregationis  decreto  probata.  Taurini,  ex  off. 
stereolyp.  flyacinlhi  Marielli.  Un  vol.  in  8.°  dipaq.  XVI,  843. 

CRECCHIO  (da)  ALESSANBR'Q  —  Pio  eserclzio  della  via  dolorosa  del  Nostro  SI- 
gnore  Gesii  Crislo,  corredato  di  prenoziohi  storico-legali-pratiche  dal 
Padre  Alessandro  da  Crecchio,  Francescano  M.  0  ,  L.  G.  della  P.  di  san 
Bernardino,  e  cronologo  dell'  Ordine.  Roma  1864,  tipografia  Monaldi, 
via  dellc  Botteghe  osciirit,  25.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  336, 

Qucslo  libro  puo  dirsi  il  piu  compiuto  Manuale  ticare  queslo    devoto  esercizio.   Da  cio  si  vede 

che  possa  desideravsi  inlorno  alia  divozione  della  che  nulla  manca  alia  devota  curiosila  ed  al  pit> 

Via  Crucis.    Esso  ha  due  parti,  die   il  dolto  e  fervore  dei  lellori  in  quanto  alia  maleria.  Ma  eid 

diligentissimo  suo  autore  chiama  Parte  Preno-  e  il  minor  pregio  del  libro.  II  maggiore  e  la  sna 

zionale  e  Parle  Formale.  Nella  l.a  da  1'originc  csatlezza.   Esso  e  approvato  dal  Procuratore  Ge- 

e  1'idea  della  Via  Crucis ,  enumcra  e  riporla  i  nerale  dei  Minor!  riformati ,  da  un  ex-Definitore 

Decreti   pontificii    che  la  riguardano,   espone  i  Generate  dei  Minor!  Osservanti  e  dal  Ministro  Ge- 

dubbii  pratici  e  le  soluzioni  che  successivamente  nerale  dei  Minori :  c  cio  che  piu  ancora  importa, 

loro  furono  dale,  espone  il  privilegio  conceclulo  daU'Emo'Card.  Prcfelto  della  sacra  Congregazione 

agl'infermi,  il  modo  di  applicara  ai  crociQssi  Tin-  delle  Indulgcr.zc,  il  quale  fatlo  esaminare  il  libro 

dulgenza  della  Via  Crucis  e  il  metoiio  di  visitare  da  due  Consuitori  della  medesima  Congregazione, 

le  sacre  Stazioni  per  guadagnare   le  indulgenzc.  allesla  che  le  sing  old  Imlulyenze,  mentovate  net 

Nella  2.a  Parte  suggerisce  ,    spicga  e  commenta  libro,  sono  conform  ai  documenti  autentici. 
cinque  Formole  diverse,  colle  quali  si  puo  pra- 

D.  C.  S.  —  Compendio  di  amore  della  B.  M.  Margarita  Alacoque ,,  al  Cuore 
adorabile  di  Gesii,  per  risvegliare  i  peccatori  a  penitenza  e  il  loro  amore 
al  S>.  Cuore  di  Gesii:  operetta  uiilisslma  e  molto  di  profitto  per  la  salu- 
te da'  pcccatori  e  peccatrici  e  delle  anime  pie,  per  cura  di  I).  C.  S.  Uo- 
ma,  tipoyrafta  til  Filippn  Cairo  1861.  Un  opwc.  in  8.°  di  par,.  V///-70. 

TREIYOT  DI  CHANTAL  FRANCESCA  —  Dircitore  spirituale  delle  religiose,  ca~ 
vato  dalle  opere  della  B.  M.  Giovauna  France-sea  Fremyot  di  Chantal, 
fondalrice  deH'Ordiue  della  Yisitazione,  dedioato  aquelle  anime  che  de- 
sidcraDO  d'  incamminarsi  con  dolcesza  per  la  via  della  virtu,  per  giunge- 
re  in  breve  alia  perfezione.  Torino  1864,  coi  lipi  di  Pielro  di  G.  Mariet- 
ti,  piazza  B.  V.  dcgli  Amjcli  n.°  2.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  2oO. 

MARCHSSS  YIIJCSNZO  —  Saggio  di  conferenze  religiose,  ad  uso  dei  glovani 
con  altrl  scritii  per  la  piu  parte  inediti,  pel  P.  Yincenzo  Marchese  Dome- 
nicano.  Geneva,  tip.  della  GiovcnlU  1864.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  438. 

Tre  giovani  piu  che  di  ela,  diversi  di  indole  le  Cagioni  per  le  quali  questa  e  combattuta,  la 
c  di  sludii  imprendono  a  discorrcre  tra  loro  del-  Y.a  dello  Spirito  di  sacrificio  nella  Chiesa  catto— 
la  condixione  presenle  dell' Italia,  lor  dolce  pa-  lica,  e  la  VI. a  dei  Misteri  della  Cilia  di  Dio.  J 
tria ,  aifine  di  porgersi  mano  a  vicenda  per  far  quali  argomenti  sebbene  scmbrano  dispaiati,  si 
front  c  alia  dura  lolta,  che  le  male  setle  ban  mos-  collegr.no  tutli  in  un  eoncetlo  unico,  e  questo  si 
sa  alia  religions  e  alia  societa.  Propongonsi  a-  c  che  nella  Chiesa  cattolica,  yiva  immngine  di  Ge- 
dunque  a  ragionnre,  in  varie  Confercuze,  della  su,  yero  Dio  e  vero  uomo,  e  quindi  in  tutto  ci» 
Ecligione  considerata  nelle  sue  attenenze  colla  so-  che  da  lei  proccde  ed  ha  essere  e  Tila,  uniea- 
cieta,  e  ad  esaminare  il  vero,  ii  buono  e  il  bel-  mente  si  consertano  i  due  principii,  il  sopranna— 
le  in  ordine  al  sopranaaturalc.  Questo  e  1'argo-  turale  della  fede ,  e  il  nalurale  della  ragione,  i 
menlo,  diciam  cosi,  generico  di  quesle  sei  Con-  quali  fuori  di  essa  o  si  conibattono,  o  si  esd«— 
ferenze,  ciascuna  delle  quali  ha  poi  il  suo  proprio  dono,  o  si  confondono.  Laonde  la  guerra  che  si 
e  peculiare;  poiche  la  l.a  Iratta  della  Somiglianza  fa  e  alia  Chiesa  e  alia  civilla  cattolica,  muove 
tra  Gesii  Cristo  e  la  Chiesa  caltolica,  la  II. a  del-  radicalmenle  dall'odio  che  1' inferno  col  suo  sa- 
le Cagioni  per  le  quali  e  avversafa  la  Chiesa  cat-  tellizio  ,  che  sono  gli  empii ,  nulre  contro  del 
loUca.,  la  111."  della  Civilla  cattolica,  la  IV. a  del-  Verbo  i'alto  came.  E  dall'altro  canto  la  venera- 


BIBLIOGRAFU  219 

iuio  dei  fedeli  TCISO  la  C.hiesa  cat-  nissimi  Dialojrhi  morali:  1'uno  della  Solitudtne, 

le  sue  isliluzioni,  chc  giugne  al  sacrili-  1'allro  del  Dolore,  e  il  terzo  della  Morte :  lavo- 

cio  anclie  piu  eroieo,  originasi  appunlo  dall'ele-  ri  quanto  genlili  per  la  forma ,  altrellanto   ulili 

mcnlo  divino  che  in  lei  vive,  in  modo  che  il  ve-  pel  concetti ;  e  ancor  piu  1'  ultimo  scritto  che  e 

ncrar  la  Chiesa  non  c  allro  chc  amar  Dio.  Que-  inlilolalo :  Due  povere  cieche  del  secolo  Kill.  Rac- 

stoeoncello  cosi  vero  e  cos'i  maschio  Informa  tut-  conto ;  ove  dei  fatli  di  due  Vergini  crislinne,  la 

le  quesle  Conferenze,  nelle  quali  loccansi  di  mol-  Beata  Margherila  da  Cilia  di  Castello,  e  la  Bea- 

fe  e  svariale  quislioni ,  che  al  principio  esposto  ta  Sibillina  da  Pavia,  intesse  unico  e  continnato 

si  riferiscono.  Cio  basta  a  dar  un'  idea  del  sog-  racconto,  e  si  grazioso  che  e  una  dclizia  a  leg- 

getlo  dellc  Conferenze:  a  gustare  tu'tlo   il  bello  gerlo. 

fcUcrario  che  la  pcnna  maeslra  del  P.  Marchese  Del  valore  del  P.  Marchese,  come  scriltore  ele- 

Ti  ha  sapulo  inlrodurre,  a  giovarsi  delle  dottri-  gante ,  genlilo  e  coltissimo,  allra  volla  dicem- 

nc  che  con  molta  chiarezza   vi  svolge,   tulloche  mo :    qui  dunque  invece   di  ripetcre  il  detlo  ci 

siano  profonde,  e  qualche  volla  ardue,  ad  acceu-  congraluliamo  con  lui  che  abbia  fornito  alia  gio- 

dcrsi  di  quell'  amore  che  esso  ispira  verso  il  cat-  ventu  italiana  un  libro,  che  nientre  colle  grazie 

folicismo,  non  valgon  couipendii,  no  oiolto  meno  dello  stile  1'alletlera,  colla  sanlilu   dei  principii 

ceuni:  bisogna  leggere  il  libro.  e  delle  dotlrine  1'  aiuterii  a  mantencrsi  fedele  a 

Oltre  le  delle  Conferenze  vi  sono  altri   scritti.  Dio  e  alia  Chiesa. 
Fra  essi  ci  son  piaciuli  a  preferenza  i  tre  ame- 

10LIN  AGOSTINO  MARIA  —  De  Vita  et  Lipsanis  S.  Marci  Evangelistae  libri 
du  >  Augustini  Mariae  Moliri,  Basilicae  Patriarchalis  Venetae  Canonic! 
Theologi.  Edebat  Sanctes  Pieralisi,  praefectus  Bibliothecae  Barberinianae. 
Romae,  typis  Colleyii  Urbani  1864.  Un  vol.  in  4.°  di  pag.  JJ/F-411. 

Nei  1819  surse  nei  Veneziani  il  pio  pensiero  dire,  non  esservi  nei  sacri  e  profani  aulori,  nei 

di  trasferire  le  reliquie  di  S.  Marco  Evangelista  cattolici  e  negli  eretici,un  luogo  che  si  riferisca 

ia  un  piii  nobile  sepolcro  e  porle  sollo  un  piu  al  suo  Icina ,  che  ei  non  discula,  non  mella  in 

maestoso  allare.  Monsig.  Milesi,  Patriarca  di  Ve-  luce,  noa  coordini.  Le  quistioni  piu  ardue  della 

uezia,  vi  si  dichiaro  disposto,  purche  il  canonico  cronologia  aposlolica ,  della  crilica  evangelica, 

teologo  rev.  sig.  Molin  assumesse  di  provare  si  della  sloria  ecclesiaslica ,  delle  n  emorie  palrie  , 

frrepugnabilmente  1'aulenliciladi  quelle  reliquie,  sono  in  quesl'opera  risolute  con  niano  maeslra.  Ai 

«he  non  fosse  piii  luogo  a  dubbio.  11  dolto  leo-  quali  pregi   se  si  aggiungano  quelli  della  sposi- 

logo  assunse  il  carico ;   ma   non    si  restrinse  a  zione  ordinata  e  chiara,  e  dello  slile,  se  non  ^e- 

<juel  solo  lenia:  il  voile  ampliare.   Espose  adun-  ganlc  cerlo  correlto,  vedrassi  che  quesla  e  ojrera 

«jae  colla  crilica  della  piu  sicura   enulizione  la  di  cui  non  solo  la  fama  dell'illustre  aulore,  mail 

vita,  le  geste,  gli  scrilti  e  il  martirio  del  santo  merito  del  clero  venelo  s'illuslra.  Essa  si  giacque 

ETaagelista,  nei  1.°  libro  del  suo  lavoro ;  e  nei  finora  nei  suo  manoscrillo  originale  nella  Diblio- 

2.°  rifacendo   la  sloria  delle  sue    reliquie  e  del  teca   Barberiniana ,    alia  quale  aveala    lasciala 

<«lto  che  esse  ebbero   in  Venezia,   riferisce  la  morendo  lo  stesso  Aulore,   tra   tanti   altri  suoi 

traslazione  venela  di  S.  Marco,  il  doppio  scopri-  manoscritli.  Ora  vede  la  luce  per  opera  del  ch. 

primenlo   delle  sacre  reliquie   e  la  storia  tulla  abate  Pieralisi  ,   bibliolecario   della  medesima , 

iDtera   della   insigne  Basilica.  Un  argomento  si  amicissimo  dell'Aulore  ;  il  quale  vi  aggiunse  una 

vasto  fu  dal  Molin  svollo  con  una  copia  veramente  elegante  prefazione,  ove  espone  la  ragione  dell'o- 

amuurabilo  di  documeuti ,    in  guisa  che  si  puo  pera  e  la  vita  dello  scrittore. 

OLMI  GASPARE  —  Canzoniere  per  le  figlie  dell'Immacolala,  di  Gaspare  Olmi 
sacerdote  senese.  Bologna,  lip.  Maregyiani  all'insegnadi  Dan  le,  1864. 
Un  opmc.  in  32.°  di  pag.  59. 

—  Farsette  e  Favole,  dedicate  alle  cristiane  donzelle  dal  Direttore  del  gior- 
nale  la,  Figlia  dell' Immacolata.  Seconda  edizione.  Bologna,  libreria  del- 
rimmacolata.  Roma,  Direzione  del  giornale  L'Osservatore  Romano,  1864. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  84. 

—  Gli  Angeli  della  compassione:  Pratiche  devote  per  la  Quaresima,  di  Ga- 
spare Olmi,  sacerdote  senese.  Bologna  1864,  libreria  dell' Immacolata 9 
via  Larga  di  S.  Giorgio  777,  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  48. 

—  II  Giardino  dell'  Immacolata,  per  le  giovinette  cristiane,  di  G.  Olmi.  #o- 
logna,  presso  la  libreria  dell  Immacolata.  Roma,  Direzione  del  Giornale 
L*  Osserv.  Romano,  1864.  Un  opusc.  in  32.°  di  pay.  41. 


220  B1BLIOGRAFIA 

OLMI  GASPARE  —  I  trionfi  della  Yirginith  in  san  Luigi  Gonzaga,  meditati  nei 
giorni  della  Novena,  per  Gaspare  Olmi,  sacerdote  senese.  Bologna  1864, 
libreria  dell'  Immacolata ,  via  Larga  S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in  32.°  di 
pag.  20. 

—  La  Vergine  Madre  di  Dio,  onorata  nelmese  diMaggio,  colla  considerazio- 
ne  della  sua  vita  e  delle  sue  virtu  e  con  varie  ])oesie,  per  Gaspare  Olmi, 
sacerdote  senese.  Bologna  1864,  libreria  dell'  Immacolata,  via  Larga 
S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  79.' 

—  Manuale  di  pi  eta,  offerto  alle  giovinettc  cattoliche,  e  specialmente  alle 
figlie  dell'  Immacolata ,  per  Gaspare  Olmi,  sacerdote  senese.  Bologna 
1884,  libreria  dell' Immacolata,  via  Larga  S.  Giorgio  777.  Un  vol.  in  32.* 
di  pag.  192. 

—  Renan.  Poesie  di  Gaspare  Olmi,  sac.  senese.  Bologna,  presso  la  libreria 
dell'  Immacolata.  Roma,  Direzione  del  giornale  L'Osserv.  Romano,  1864. 
Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  14. 

—  Trionfi  di  Maria  nella  sua  Annunziazione.  Pensieri  ed  affetti  di  Gaspare 
Olmi,  sac.  senese,  Bologna  1864,  libreria  dell'  Imrnacolata,  via  Larga 
S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  16. 

PAPALINI  FRANCESCO  —  Sul  Dizionario  Moroniano,  discorso  di  Francesco  Pa- 
palini,  letto.  neU'Accademia  de'  Quirili,  uclla  tonwta  del  5  Luglio  1864, 
Roma,  tip.  Chiassi  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  50. 

I  centotre  volumi  del   gran  Dizionario  Moro-  spazio,  da  un  uoir.o  solo  e  questo  laico,  ragiona 

niano  costituiscono   una  miniera  ricchissinia  di  il  ch.  signer  Papalini  in  questo  Discorso  actade- 

erudizione  slorica-ecclesiastica  d'ogni  genere,  alia  mico,  mostrando  1'ulilita,  la  vastita,  i  pregi  del- 

quale  non  manca  oramai,  perche  lutii  vi  possano  1'Opcra  e  I'istancabilita,  il  disintercsse,  la  since- 

ampiamenlc  alligncre  cio  die  loro  piii  servo,  se  rita  dell'Aulore.  Noi  ci  uniamo  a  lui  nelle  lodi 

non  solatnenlc  una  facile  enlratura,  che  il  Mo-  di  questo  Dizionario  ,  die  non    ci   peritiamo  di 

roai  proniclle  di  aggiugncrvi  negl' Indict  rariio-  dire  esserc  la  pia  vasta  iinpresa  letteraria,  con- 

nati   che  sta  prcparando.  Or  cli  un'opera  si  va-  cepita  ed  eseguita-ncll' eta  moderna  da  un  uo- 

sta,    intrapresa  e  condolta    a    tennine   in  breve  mo  solo. 

PERRONE  GIOVANNI  —  San  Pietro  in  Roma,  ossiala  verita  storica  del  viaggio 
di  san  Pietro  in  Romn,  dimostrnta  da  Gio.  Perrone  d.  G.  d.  G.  Torino,  P. 
di  G.  MarieHi,  lipografo  pontiftcio  1864.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  152. 

PIERALISI  SANTE  —  Yedi  J/o/in  Agostino  Maria. 

PITTO  ANTONIO  —  Storia  del  Santnhrio  di  N.  S.  del  Garbo,  con  notizie  sul 
culto  e  patrocinio  di  Maria  SS.  nelln  Lignria,  scritta  da  Antonio  Pitto 
della  societa  ligurc  di  sioria  patria.  Genova  1863,  libreria  di  Giovanni  Fas~ 
si-Como,  piazza  S.  Malteo  23.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  374.  Prezzo  L.  2. 

Se  v'  e  parte  d'  Italia,  in  cui  la  Yergine  Sanlis-  del  Garbo,  che  e  il  soggetto  principale  del  libro. 

sima  e  venerata  piii  che  altrovc,  questa  dee  dirsi  Da  qucslo  punlo  sino  alia  fine,  per  tutti  i  nove 

la  Liguria,  lulta  posla  ah  anlico  sotto  la  prole-  capi  seguenti,  1'autore  intraltienesi  esclusivamente 

zione  della  Vergine,  ricca  piu  che  altra  contra-  di  questo  Santuario,  e  ne  indaga  1'origine  che  e 

da  di  Santuarii  a  lei  dedicali,  di  tempii  magni-  antichissima,  ne  descrive  1'  immagine  che  vuolsi 

fici  eretti  in  suo  nome,  ed  usa  a  professarle  un  di  grcco  pennello,  memora  i  benefattori  che  piu 

culto  di   specialissimo  affello   in  ogni  sorta  di  largheggiarono  nelle  loro  offerte  ,  e  racconta  le 

pie  praliche.  Di  una  tal  devozione  dei  Genovc-  piii  eerie  e  fra  le  certe  le  piii  insigni  grazie  che 

si  verso  Maria  parla  il  I.°  capo  di  questo  libro.  la  Vergine  ha  quivi  fatte  ai  suoi  devoti.  Jn  fine 

II  11.°  capo  discorre  della  protezione,   onde  la  del  volume  trovasi  una  raccolta  di  preziosi  docu- 

Vergine  Santissima  ha  guiderdonati  i  Genovesi  di  menti,  i  quali  sebbene  risguardino  propriamenle 

tal  pieta  verso  di  lei.  II  capo  III.0  viene  ai  par-  il  Santuario  del  Garbo,  nondimeno  servono  a  ri— 

ticolari,    ed  e  consecrato  ai  Santuarii   di  Maria  schiarare  molli   punti  della  Storia  ecclesiastica 

nella  valle  di  Polcevera,  trai  quali  noverasi  quello  della  Liguria.  Questa  e  la  conteneuza  del  libro> 


BIBLIOGRAFIA  221 

cd  cssa  baslercbfoe  a  invogliarno  i  dcvoti  di  Ma-    gi  chc  il  rcndono  non  solo  ulile,  ma  anchc  pia- 
ria  :  ma  con  essa  si  conjsriungc  discernimcnto  cri-    cevole. 
tiro,  buono  slile  italiano,  e  piela  atlctluosa;  prc- 

PROTO  FRANCESCO  —  Lucilla,  tragedia  di  Francesco  Proto,  Duca  di  Madda- 
loni.  Roma  1864,  tipografia  deir  Osservatore  Romano.  Un  volume  in  8.° 
<lt  pag.  136. 

11  ch.  Buca  di  Maddaloni  (il  cui  casalo  e  Pro-  marilo,  che  veramente  era  slato  eslinlo  dal  ve- 
to c  non  gia  Prota,  come  per  crrore  scrivemmo  leno  di  Ccsonia,  madrc  di  Lucilla,  e  aspirante 
altra  volta)  detto  questa  Tragedia  col  nome  di  prima  della  flgliuola  alle  nozze  di  Frisco.  Que- 
Danaide,  pel  teatro  dei  Fiorenlini  di  Napoli :  ma  sta  calunnia ,  creduta  verace  accusa ,  avea  fatto 
essa  non  fu  potuta  recitare  prima  dcll'invasiono  dare  alia  tragedia  nel  primo  concetto  il  nome  di 
piemontcse,  perche  la  censura  d' allora  tcmeva  Danaide,  che  vuol  dire  femina  appunlala  di  avve- 
che  le  scene  non  profanasscro  1'  argomento  cri-  lenare  altrui.  Popra  qucsla  trama  si  tcsse  la  te- 
sliano  che  cssa  svolgeva ;  ne  dopo  1'  invasione ,  la  tragica  con  grande  contraslo  di  affetti  e  di 
perche  avendo  gli  astanti  fischiato  1'  Achimelee  passioni ;  1'anlico  amorc  divenulo  odio,  anzi  fu- 
nd Saulle  d'  AlQeri,  perche  saccrdote,  molto  piu  rore  in  Cesonia ;  1*  amoro  flgliale  e  maritale  di 
avrebbero  flschiato  il  Massimo  della  Danaide,  Ye-  Lucilla,  1'  innocenza  e  la  generosita  di  accettaro 
scovo  cristiano.  Non  potcndo  dunque  farla  com-  la  morte  immeritala ;  la  nobile  dignila  del  Ge- 
parire  sulle  scene,  la  fa  ora  il  nobile  suo  A.  com-  nerale  Romano ,  che  cade  per  tossico  propinalo- 
parirc  per  la  stampa,  corredandola  di  note  di-  gli  dalla  propria  Suoccra ;  il  Vcscovo  Massimo, 
chiaralive  degli  usi  a  cui  si  allude  nel  suo  svol-  che  conforla  nella  lolla  inlerna  la  pia  Lucilla ;  i 
gimento,  e  dellc  parole  che  vi  si  acloperano.  Di-  pajani  che  trionfano  nel  condurre  a  morte  una 
cemmo  che  1'argomento  e  tutlo  crisliano;  per-  cristiana,  imputata  di  si  orrido  misfatto.  Vi  so- 
che  vi  si  rappresenla  la  Lucilla,  Malrona  crislia-  no  delle  scene  commoventi  <al  sommo,  e  come  i 
na,  e  sposa  di  Caio  Prisco  Romilio  gentile,  con-  caratleri  vi  sono  mantenuti ,  cos!  1'  interosse  e 
dotla  a  morto  quale  avvelenatrice  del  proprio  vivo  sino  al  termine  della  Iragedia. 

RHORBACHER  —  Storla  nniversale  della  Chiesa  cattolica,  dal  principle  del 
mondo  fino  al  di  nostri,  dell' Abate  Rohrbacher,  dottore  in  Teologia 
dell'Universita  cattolica  di  Lovanio;  professore  nel  Seminario  di  Nan- 
cy, ecc.,  prima  traduzione  italiana,  sopra  la  terza  edizione ,  contenente 
moltissime  aggiunte  e  correzioni  dell' Au  tore,  in  seguito  agli  appuntifatti 
alle  due  precedent!  edizioni.  Seconda  ediz.  riveduta  ecorrelta.  Vol.1, 
II  e  III.  Torino  1864 ,  per  Giatinto  Marietti,  tipografo-libraio.  Trc  vol, 
ui8/»<Kj»a0.-880,  847  e  91G. 

Fra  le  Storie  ecclesiastiche  la  piu  dotta ,  la  ne  intraprende  una  nuova,  cercando  di  migliorare 

,  piii  ortodossjv,  la  piu  compiuta,  giudicasi  comu-  si   la  versione  medesima ,    si  la  stampa.  Questa 

nemenle  che  sia  questa   dell'  abate   Rohrbacher.  sara  in  beU'ollavo  a  due  colonne,  con  isceltissima 

Segno  certo  ne  e  che  essa  e  stata  nel  breve  corso  carta  e  con  lipi  nitidissimi.  Tulta  1'  opera  verra 

di  pochi  anni   stampata  piu  volte  nel  suo  testo  compresa  in  16  volumi,  ciascuno  dei  quali  conterri 

originate  in  Francia  e  tradolta  in  tutle  le  lin-  da  800  a  1000  colonne,  e    costera  L.  it.  6,  50 

gue  colte   dell'Europa;  tultoche  la  grossa  sua  franco  per  lutto  il  Regno.   Si  comincio  dal  Lu- 

mole  dovesse  fare  qualche   ostacolo  alia  pronta  glio   a  pubblicarsene  un  volume  al   mese  e  noi 

sua  propagazione.  Testc  ne  fu  fatta  un'  edizione  ne  abbiamo  gia   ricevuti  i  primi  tre.  Chi  paga 

ilaliana ;   ma  essa  fu  subito   spacciata.    Ora  il  anticipatamente  tutla  1'opera,  avra.  il  10  per  100 

benemerito  tipografo  lorinese ,  Giacinlo  Marielti,  di  sconto. 

RODRIGUEZ  ALFONSO  —  Exercitium  perfectionis,  iuxta  evangelicam  Chrisli 
doctrinam,  absolutlssimam  virtutum  cliristianarum,  maxime  religiosarum, 
praxim  complectens,  in  tres  paries  distributum,  auctore  V.  P.  Alphonso 
Rodericio  e  Societate  lesu,  interprete  Mathia  Martinez.  Editio  VI,  priori- 
bus  emendatior  et  ad  hispaniciun  exemplar,  aliasque  patrum  Soc.  lesu 
translationes  recognita.  Taurini,  ex  offtcina  stereotypographicallyacinthi 
Marietli  1864.  Un  vol.  in  8.°  dipay.  1104. 

II  teslo  spagnuolo  di  questa  famosa  opera  del  stato  traslatato  in  lulte  le  lingue  di  Europa  :  ma 
cclcbre  padre  Alfonso  Rodriguez  d.  C.  d.  G.  e  la  versione  lalina,  che  ora  ne  ristampa  il 


BIBLIOGRAFIA 


Giacinlo  Marielti  in   Torino   ha  il  vantaggio  di    cosi  s'accosta  assai  al  principal  prcgio  dello  stile 
servire  essa  sola  al  clero  catlolico   di  tulto  il    originate,  che  6  la  limpidezza  dei  concetti, 
mondo.  Essa  e  poi  fatta  con  molta  semplicila,  e 

ROSSI  ANTONIO  —  Opuscoli  filosofici  scelti  di  S.  Ansefmo  d'Aosta,  di  S.  Tom- 
maso  d'Aquino,  di  S.  Bonaventura  di  Bagnorea,  e  .di  Giovanni  Gersone, 
tradotti  da  Antonio  Rossi,  prof,  di  filosofia  razionale  e  morale,  e  Diretto- 
re  uel  Liceo  di  Montepulciano.  Firenze,  Felice  Le  Mounter  18G4.  In  vol. 
in  8.°  dipag.  V///-595. 


Prima  di  dare  la  nota  degli  opuscoli  volgariz- 
zati ,  vogliamo  dire  questo  solo  della  versione 
faltanc ,  che  essa  6  mollo  elegante  quanto  allo 
stile  italiano,  di  fattura  nobile  e  molto  rispon- 
dente  al  gusto  della  favella  latina ,  o  con  lutto 
cio  ne  slcntata,  ne  affetlala.  Della  fedelta  non 
dubitiamo ,  perchc  il  ragguaglio  falto  di  alcuni 
luoghi  ci  aflicla  degli  altri,  da  noi  non  verificati. 
Le  note  le  abbiamo  trovale  generalmenle  oppor- 
tune e  giuste.  Ora  diamo  qui  la  lista  degli  opu- 
scoli che  vi  sono  tradotli.  I.  Monologio  di  san- 


mente.  Questione  di  san  Tommaso  d'Aquino.  - 
VIII.  Del  maestro.  Questione  di  S.  Tommaso  d'A- 
quino. -  IX.  Delle  polenze  dell'  anima.  Opuscolo 
di  san  Tommaso  d'Aquino,  -  X.  Del  senso  ris- 
pelto  a'  singolari  e  dell'intelletto  rispetto  agli 
universali.  Opuscolo  di  S.  Tommaso  d'Aquino.  — 
XL  Dell'intelletto  e  deU'inlelligibile.  Opuscolo  di 
S.  Tommaso  d'Aquino.  -  X».  Della  dilTerenza  del 
Verbo  divino  ed  umano.  Opuscolo  di  S.  Tommaso 
d'Aquino.  -XUI.  Della  natura  del  verbo  dell'in- 
tellelto.  Opuscolo  di  S.  Tommaso  d'Aquino.  -XIV. 


t'Anselaio  d'Aosla.  -II.  Proslogio  di  sant'Anselmo    Degli  Universali.  Trallato  primo  di  S.  Tommaso 
d'Aosta.  -  III.  Libro  di  Gaunilone  Monaco  in  fa-    d'Aquino.  -  XV.  Degli  Universali.   Trattato  se— 

condo  di  san  Tommaso  d'Aquino -XVI.  Hinerario 
della  mente  in  Dio  di  S.  Bonaventura  di  Bagno- 
rea. -XVII.  De'  concetti.  Ccntilogia  di  Giovanni 
Gcrsone.  -XVIII.  Dell'occhio.  Truttalo  di  Giovanni 


vore   dell'  insipiente  ,    conlro    r  argonaentazione 

d'Anselmo  nel  Proslogio.  -  IV.  Libro  apologelico 

di  sant'  Anselmo    d'  Aosta  conlro   Gaunilone  che 

rispose  per  1'  insipiente.  -  V.  Delia  verita.  Dialogo 

di  sanl'  Anselmo   d'Aosla.   -   VI.    Delia   vcrila.     Gersone. 

queslione  di  S.  Tommaso  d'Aquino.  -  VII.  Delia 

ROTQNDI  NICOLA  —  Esame  critico  della  lettera  di  Nunziata  Cefarelli,  per  Ni- 
cola Arcidiacono  liotondi.  Un  npuse.  in  32.°  di  pag.  89. 

ROTUNDO  ANTONINO  —  Rimedio  per  ogni  tempo:  Opuscoletto  del  sac.  Anto- 
nino  Rotundo.  Torino  1801,  (ipografia  pontificia,  Pietro  di  G.  Marielli, 
piazza  B.  V.  degli  Angeli  n.  2.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  112. 

II  litolo  e  giusto:  perche  veramenle  alle  anime 
cristiane,  il  rimedio  per  ogni  tempo  e  per  ogni 
sventura  e  la  conoscenza  e  1'amore  di  Gesu  Cristo: 
non  il  rimedio  che  allonlana  la  pena,  ma  il  ri- 


medio che  la  santifica  e  la  rende  cara  non  che 
toHerabile-.  Tratlasi  dunque  in  queslo  libricino 
divoto  dell' unione  dell' anima  con  Gesu  Reden- 
lore,  e  se  ne  tralta  con  pia  unzione  di  affetto. 


RUSSELL  GUGLIELMO  —  Vila  del  Cardinale  Giuseppe  Mezzofanti ,  e  Memoria 
dei  piii  chiari  poliglotti  antichi  e  moderni,  opera  del  Prof.  Guglielmo  Rus- 
sell, Presid.  del  Collegio  di  S.  Palrizio  a  Maynootk,  ora  claH'inglese  re- 
cata  in  italiauo  e  accresciuta  di  document!.  Bologna,  lip.  di  G.  Monti  al 
sole,  1839-60.  Un  bel  vol.  in  4.*  di  pag.  18  non  numerate,  £1/7-444;  con 
ritratto  al  principio  e  tavola  in  fine  della  forma  del  caratteri  scrilli  dal 
Mezzofanti. 


Di  quest' opera,  dcgna  per  tanti  titoli  d'ornare 
la  privata  libreria  d'ogni  erudito  italiano,  ren- 
demmo  gia  conto  nella  Serie  Quarta,  Vol.  VII, 
pag.  713  seg.  Altora  dimoslrando  il  merilo  del 
Russell  in  questa  doppia  scrillura,  mentovammo 
che  la  Memoria  era  stata  volta  in  acconcio  ita- 
liano dal  si?.  Conte  Ercole  Malvasia  Tortorclli, 
e  la  Vita  dal  sig.  d.  Alessandro  Fantelli,  parroco 
di  santa  Caterina  in  Bologna.  Qui  aggiungeremo 
che  I'Appendice  e  opera  del  cay.  Prof.  Bianconi, 


tanto  illustre  in  quella  sua  patria  universita  per 
la  eccellenza  del  sapere,  e  benemerito  della  buo- 
na  causa  del  giuslo  e  del  Tero.  Ne  rinnoviamo 
poi  1'annunzio  per  notiflcare  che  di  quest'  edizio- 
ne  unica  rimane  ancora  un  deposito  in  Bologna 
ali'wUiIicio  delle  Piccole  Letture  Cattoliche,  e  in. 
Roma  all'  Ufficio  dell'  Osservatore  Romano,  doye 
le  copie  si  possono  acquislare  al  prezzo  di  paoli 
12  r  una. 


BIBLIOGRAFU  223 

SCIENZE  ED  ARTI  sotto  il  Pontificalo  di  Pio  IX.  Edizionein  foglio  grande, 
composta  di  tavole  incise  iu  rame,  con  dichiarazioni  e  illustrazioui.  /&o- 
ma  1864. 

II  valore  artistico  delle  lavole  incise,  la  prc-  N.  26,, ultimo  piano,  nella  libreria  Spithover  in 

«isione  delle  notizie  che  riguardano  ciascuna  ta-  piaxza  di  Spagna,  c  ncl  deposilo  di   stampe  in 

Tola  ,   c    1'  imporlanza  dell'  argomenlo  ban  fallo  via  di  S.  Chiara  N.  47.  Fuori  di  Roma  presso  i 

accoglierc   quesla   supcrba  edizione,    con  plauso  segucnti  librari :  Torino,  Pielro  di  G.  Mar  tell  i ; 

grande  per  lutlo  :   niolto  piii  chc  il  prezzo  del-  Venezia ,  Tipografia  Em  Hi  ana ;  Bologna,  Dire- 

rassociazione  e  relatirameute  tcnuc,  non  pagan-  z/one  (Idle  Piaole  Lettu  e;  Macerata,  Alessandro 

dosi  che  bai.  £0  ogni  fascicolo,  in  cui  sono  due  Maucini;  Padova,  Giovan  Batlisla  Massarelti; 

grand!  tavole  incise,  e  due  o  piu  fogli  di  illu-  Verona,  Giovanni  Ponzani ;  Yicenza,  Angela  Cri- 

strazioni.    Le  associazioni  si  ricevono   in  Roma  vellari ;  Trenlo,  Eugenia  Bermrdi ;  Treviso,  Pie- 

presso  la  Direzione  dell'  opera ,    -via  dei  Prefetti  tro  Zuppelli ;  Udine,  Antonio  Nicola. 

SCOLARI  FILIPPO  —  Nuova  raccolta  de'piu  ce'ebri  ed  eccellenti  Sonetti  ita- 
liani  d'ogni  secolo  e  d'ogni  genere,  con  prospetti  di  classificazione,  note 
ed  indici,  pel  Dotl.r  Fiiippo  Scolari.  Venrzia ,  tip.  Mclchiorre  f  ontona 
illDCCCLXI-MDCCCLXIll.  \ol.  5  in  16.°  di  pag.  complessivamente  18oO. 

Al  litolo  che  c  messo  in  fronte  a  quesla  Rac-  un  ordine  lucidissimo ,  e  le  cose  piu  notevoli  ha 
colta  corrisponde  a  perfezione  il  fatlo  ,  perche  illustrate  con  brevi  e  acconcissime  annotazioni. 
cssa  veramente  contiene  1  piii  repulati  sonetti ,  Perche  poi  riuscisse  irmocente,  ne  ha  csclusi  tutti 
cho  vanti  la  Lirica  italiana.  Ne  poteva  essere  altri-  i  soggelli  che  potessero  coa  immagini  disoneste 
menti ;  perciocche  il  Dolt.  Scolari  che  1'ha  compila-  o  pericolose  maculare  il  buon  costume.  Solo,  per- 
ta,  c  uno  de'piu  valenti  lellerati  d'  Italia,  va  fornito  che  fosse  compiula,  ha  giudicalo  opportune  di  dar 
di  lanto  gusto,  dapoter  discernere  il  meglio  ;  ed  e  luogo  ad  alcuni  sonetti  milologici,  e  ad  una  in- 
uomo  di  tanlo  buona  fecle,  che  non  vorrebbe  fi^-  tera  classe  di  Erotici,  i  quali,  benche  non  con- 
lire  per  cosa  del  mondo  alia  data  parola.  Con'd6  lengano  ncssuna  turpiludine,  pure  hanno  alcuna 
solo  la  prcsenle  Raccolta  va  innanzi  a  tutle  le  al-  volta  qualche  soveri'hia  tenerezza,  che  avrebbero 
Ire  di  simile  genere,  pubblicate  sinora.  Ma  a  ren-  poluto  farli  escludere  dal  novero  di  tanli  allri,  non 
dcrla  piu  perfella,  il  chiaro  Editore  vi  ha  messo  solo  innocui,  ma  morigerati  e  integri. 

SCOTTI-PAGLIARA  DOIENICO  —  Cattolicismo  e  protestantesimo.  Conferenze 
predicate  nella  chiesa  di  Montecalvario  di  Napoli,  ne'  mesi  di  Novembre, 
Dicembre  e  Gennaio  1863-64,  per  Domenico  Scotli-Pagliara,  prete  napo- 
letano.  Napoli  1864,  Gabriele  Kondinella  eclitore.  S.  Anna  de  Longobardi 
num.  8.  Un  vol.  in  8."  dipag.  383. 

Le  prime  quallordici  conferenze,  del  ch.  e  dolto  sentano  la  difcsa  del  Sacramento  dclla  confessione 

sacerdote  Scolti-Pagliara,  slampate  precedenle-  contro   tulti  gli  assalti   dei  Protestanli.  Noi  sia- 

mente,  furono  da  noi  molto  lodale  per  1'oppor-  mo  persuasi  che  a  salvare   dal  pervertimenlo  Je 

tunita  ilcgli  argomenli  tratlati,  e  per  la  sodezza  anime  di  buona  fede,   basla  il  leggere  con  at- 

del  loro  svolgimento.  Ne  vengono  ora  in  luce  al-  tenzione  queste  conferenze :   perche  qui  gl'  inse- 

tre  unJici,  delle  quali  le  prime  tre  son  dedicate  gnamenli  della  Chiesa  catlolica  sopra  questi  due 

all'esame  dell'  aulorila  che  deve  attribuirsi  alia  punti  son  porti  con  tanta  luce,  chc  6  impossibile 

Bibbia,  come  regola  di  fede:  e  le  altre  otto  pre-  non  vederne  lutta  la  verita  e  la  sautita. 

SEGNERI  PAOLO  —  Risposte  popolari  alle  obbiezioni  piu  comuni  contro  la 

Religione,  estralle  dalle  opere  del  P.  P.  Segneri  d.  C.  d.  G.  Parte  prima. 

Boloya  186i,  direzlone  delle  Piccole  Lett.  Catt.  via  La,ga  S.  Giorgio  777. 

Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  32. 
SEGUR  (DE)  —  Consigli  pralu-i  intorno  alia  Confessione,  seguiti  da  un  csame 

di  coscienza,  per  Mons.  De  Segur.  Bologna  1864,  Direzione  delle  Pice. 

Lett.  Catt.  via  Larga  S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  31. 
SENSI  DOMINICI  —  De  Fastis  Tarquiniorum  nunc  Gorneti :   Garmiua  Dominici 

Sensi  Canon.,  cooptati  inter  Collegas  instiluti  romani,  ad  mouumenta  ve- 

terum  evulganda  et  a  Collegio  Sodal.  Quirilium,  ordiiii  populoque  Yeru- 


BIBLIOGRAFIA 

lano  dicata.  Romae ,  ex  o/ficina  libraria  Bernard!  Morini,  anno  1864.  Un 
opusc.  in  4.°  di  pag.  21. 

La  non  breve  e  non  inelegante  Elegia  del  ch.  gli  Etruschi  ebbero  non  picciola  fama,  e  dai  qnali 
Can.  Sensi,  e  diretta  a  ramrnemorare  ed  illustrare  Roma  fin  dalla  sua  fondazione,  tanta  parte  tolse 
le  memorie  antichissime  del  Tarquinii,  che  fra  delle  sue  piu  stabili  istiluzioni. 

SERVANZI-COLLIO-SEVERINO  —  Gli  oggetti  di  Arte  dentro  la  chiesa  di  S.  Ma- 
ria delle  Grazie  in  Sanseverino ,  dove  si  venerano  le  spoglie  di  san  Paci- 
fico,  iadicatl  al  forastiere  dal  Conte  Severino  Servanzi-Gollio ,  Cavaliere 
di  Malta  e  Commendatore  dell'  Ordine  di  S.  Gregorio  Magno.  Macerata, 
tip.  di  Alessandro  Mancini  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  29. 

SOL1MANI  DOMENICO  —  Gonsiderazioni  iiitorno  ai  doveri  e  ai  diritti  degli  uo- 
mini,  dedotte  dal  lume  del  natural  discorso  per  Domcnico  Solimoni  della 
G.  diG.,  prof,  di  Teologia  Dogmatica  triennale  nel  Gollegio Romano.  Bo- 
logna 1864,  Alessandro  Mareggiani  tipografo-editore,  via  Malcontent* 
n.  1797.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  579.  Prezzo  L.  3,25. 

Non  6  possibilc  restringere  in  breve  la  vastita  un  lutto  unito  e  compiuto,  e  come  ciascun  d'essi 

della   maleria  che  qucslo   volume  abbraccia :  e  comprenda  una  mollitudine  svarialissima  di  qui- 

dobbiamo  contentarci  di  farla  comprendere  coll'in-  slioni  tulte  important!,  e  pei  nostri  tempi  oppor- 

dicarc  i  litoli  dci  eapiloli  nei  quali  si  spartisce.  lunissime  ;    sicche    ognuno  di   qucsli  capi  pud 

Come  il  titolo   stesso   accenna ,  divides!  in  due  dirsi  un  Tratlato  speciale.  Se  non  che  a  racchiu- 

parti,  la  prima  dcllc  quali  parla  dei  Doveri,  la  dere  cotanta  materia  in  una  non  grande  mole  di 

seconda   dci  Dirilti.  La  prima  parte  ha  cinque  volume,  siccome  e  queslo,  e  necessario  una  grande 

capi,   che  si  succedono  con  questo  ordine  :  1.°  sceUs^  ricllo  svolgimento,  e  una  grande  concisione 

Realta  dei  doveri;  2.°  Fondamcnlo  della  mora-  OJJK  slile  :  due  proprieta  che  1'autore  possiede  a 

lila,  libero  volere;  3.°  Principio  del  dovere;  4.°  meraviglia.   Alle  quali  se  si  aggiugne   dall' un 

Divisione  dci  doveri;  b.°  Della  Yirlii.  La  secon-  lato  la  sodezza  della  dottrina,  dall'altro  1'elegan- 

da  parle  sfendesi   anch'  essa  per  cinque  capi  die  za  schietta  e  semplicissima  dello  slile,  s'intendera. 

sono  :  1.°  Diritli  individual!;  2.°  Diritti  coaiu-  come  queste  Considerazioni  intorno  ai  doveri  e  ai 

gali ;  3.°  Diritti  palerni ;  4.°  Dirilti  principeschi;  dirilti    degli  uomini   debbano  annoverarsi  tra  i 

o.°  Dirilli  delle  nazioni.    Chi  e  per  poco  sperto  libri  piu  soslanziosi  e  piu  belli  che  vedano  ora 

degli  sludii  del  natural  dirilto  vede  come  questi  la  luce  in  Italia.  . 

capi  si  collegium)  mirabilmenle  insieme  a  formare 

ULLOA  PIETRO  —  Lettere  napolitane  del  Marchese  Pietro  C.  Ulloa,  Presiden- 
te  del  Gonsiglio  de'  Ministri  di  Sua  Maesta  il  Re  delle  Due  Sicilie,  tradotte 
dal  francese  j)el  cav.  Teodoro  Salzillo,  Socio  corrispondente  di  varie  Ac- 
cademie.  Seconda  edizione  della  prima  versione  italiana,  con  note  inte- 
ressanti.  Roma  1864,  tip.  di  Angelo  Placidi,via  di  S.  Elena  n.  71.  UnvoL 
in  16.°  di  pag.  258.  Prezzo  paoii  5. 


CRONAGA 

CONTEMPORANEA 


Roma*  QttobnlML 


I. 

COSE  ITALIANS. 

%. 

STATI  PONTIFICH  1.  Solenne  ricevimenlo  di  nuovi  Cardinal!  —  2.  Concistoro 
pubblico  e  segreto ;  nomine  di  Yescovi  —  3.  Consecrazione  di  Yescovi 
fatta  dal  Santo  Padre  —  4.  Elenco  di  libri  inscritti  neir  Indice  de'  proibiti 
—  5.  Anniversario  funebre  pei  morti  a  Castel  Fidardo  —  6.  Offerta  de'Bo- 
lognesi  al  Santo  Padre  —  7.  Dispute  di  Teologia  e  Filosofia. 

1.  Nelle  ore  pomeridiane  del  17  Settembre  1'Emo  Cardinale  Antonelli, 
Segretario  di  Stato ,  introdusse  negli  appartamenti  pontificii  del  Vatica- 
no  V  Eilio  Cardinale  de  Bonnechose,  Arcivescovo  di  Rouen ,  che  la  San- 
tita  di  Nostro  Signore  Papa  Pio  IX  degnossi  riceyere  in  formale  udienza 
nella  Camera  del  Trono.  Dopo  di  che  1'  Emo  de  Bonnechose  passo  a  far 
•visita  all'  Emo  Cardiuale  Segretario  di  Stato.  Nelle  ore  pomeridiane  del 
di  seguente,  1'  Emo  Cardinale  Trevisanato,  Patriarca  di  Yenezia  ,  giunta 
alii  17  in  questa  metropoli  del  mondo  cattolico ,  compi  le  stesse  ccrimo- 
nie,  con  ]e  prescritte  formalita. 

Nei  giorni  19  ,  20  e  21  Settembre  gli  Emi  de  Bonnechose  e  Treyisa- 
nato  riceyettero  le  congratulazioni  de'Porporati,  del  Corpo  diplomatico, 
della  Prelatura ,  della  Nohilta  e  di  altri  personaggi ,  per  la  loro  promo- 
zione  alia  romana  porpora ;  ed  il  solenne  ricevimento  ebbe  luogo ,  con 
grande  splendidezza,  pel  primo  al  Palazzo  Colonna,  doye  ha  stanza  1'Ain- 
basciata  francese,  e  pel  secondo  al  Palazzo  di  Yenezia,  doye  risiede  1'Am- 
basciata  austriaca. 

2.  Nella  mattina  del  22  Settembre  la  Santita  di  Nostro  Signore  Papa 
Pio  IX  ha  tenuto  pubblico  Concistoro  ,  in  cui  con  le  prescritte  formalita 
Serie  7,  vol.  XIJ,  fasc.  350,  15  8  Ottobre  1864. 


226  CRONACA 

diede  il  Cappello  cardinalizio  all'Emo  Giuseppe  Luigi  Trevisanato,  crea- 
to  e  pubblicato  nel  Concistoro  segreto  del  16  Marzo  1863,  ed  aU'Emo 
Enrico  Maria  Gastone  de  Bonnechose,  creato  e  pubblicato  nel  Concistoro 
del  21  Dicembre  dello  stesso  anno.  Durante  il  Goncistoro ,  il  signor  Fi- 
lippo  Massani,  Avvocato  concistoriale ,  ba  perorato  per  la  priraa  volta.la 
causa  di  Beatificazione  della  Yen.  Maria  Rivier  ,  Fondatrice  delle  Snore 
della  Presentazione. 

Terminato  il  Concistoro  pubblico,  Sua  Santita.  ha  tenuto  il  Concistoro 
segreio,  riel  quale,  cbiusa,  giusta  il  costume ,  la  bocca  agli  Efiii  e  Rini 
signori  Cardinali  Trevisanato  e  de  Bonnechose  ,  ha  proposto  le  seguenti. 
Chiese :  Chiesa  Metropolitana  di  Tarragona  nclla  Spagna ,  per  Monsi- 
gnor  Francesco  Fleix  y  Solans,  promosso  dal  Yescovado  di  S.  Cristoforo 
d'Avana.  Chiesa  Arcivescomle  di  Cartagine  mile  'parti  degl'infedeli,  per 
Monsignor  Lodovico  Haynal,  gia  Yescovo  di  Transilvania.  Chiesa  Arci- 
vescovilc  di  Damasco  nelle  parti  deffFinfedeli,  per  Monsignor  Pier  Fran- 
cesco Meglia,  Sacerdote  diocesano  di  Ventimiglia,  Uditore  della  Nunzia- 
tura  apostolica  di  Farigi ,  Cameriere  segreto  soprammmerario  di  Sua 
Santita  e  Dottore  nell'una  e  1'altra  legge.  Chiesa  Caitedrale  di  Almeria 
nella  Spagna,  per  Monsignor  Andrea  Rosales  y  Munoz  ,  traslato  dal  Ye- 
scovado di  Jacn.  Chiesa  di  Gozo,  presso  Fisola  di  Malta,  crctta  in  Cat- 
iedrale  da  Sua  Santita,  per  Monsignor  Michele  Francesco  Buttigieg,  tras- 
lato dalla  Chiesa  Yescovile  di  Lita  in  partibus.  Chiesa  Cattedrale  di 
Bruges  nel  Belgio,  per  Monsignor  Giovanni  Giuseppe  Faict ,  Sacerdote 
diocesano  di  Bruges  ,  Yicario  Capitolare  di  quella  Sede  ,  Prelato  dome- 
stico  di  Sua  Santita  e  Dottore  in  sagra  Teologia.  Chiesa  Vescooile  di 
Negro  nelle  parti  degf  infcdcli,  per  Monsignor  Giacinto  Yera,  Sacerdote 
diocesano  di  S.  Sebastiano  di  Rio  laneiro  ,  Prelato  domestico  di  Sua 
Santita ,  e  Vicario  apostolico  di  Montevideo.  Chiesa  Yescovile  di  Ebron 
nelle  parti  deg I' in fedeli,  pel  R.  D.  Gaspare  Mermillod,  Sacerdole  dioce- 
sano di  Ginevra  ,  Missionario  apostolico  ,  Parroco  di  quella  citta  ed  ivi 
deputato  Ausiliare  di  Monsignor  Stefano  Marilley  ,  Yescovo  di  Losanna 
e  Ginevra.  Chiesa  Vescovile  di  Olene  nelle  par li  degl'infedeli ,  pel  R.  1). 
Agostino  Carpena,  Sacerdote  di  Messico,  Abate  nella  Collegiata  di  santa 
Maria  di  Guadalupe  e  Doltore  in  sagra  Teologia. 

Dopo  cio  ii  Santo  Padre  ha  notilicato  le  elezioni  seguenti,  effettuate 
daH'ultimo  all'odierno  Concistoro,  per  organo  della  sagra  Congregazione 
di  Propaganda  Fide.  Chiesa  Metropolitana  di  Nuova  York,  per  Monsi- 
gnor Giovanni  Mac-Closkey,  promosso  dal  Yescovado  di  Albany.  Chiesa 
Metropolitana  di  Baltimora,  per  Monsignor  Giovanni  Martino  Spolding, 
promosso  dal  Yescovado  di  Pulati.  Chiesa  Arcivescomle  di  Amida  nelle 
parti  degl'  in  fedeli,  pel  R.  P.  Augusto  Yan-Heule,  della  Coinpagnia  di 
Gesii,  deputato  Yicario  apostolico  del  Bengala  occidentale  nelle  Indie 
orientali.  Vicariato  apostolico  della  Cochinchina  occidentale,  per  Monsi- 
gnor Giovanni  Claudio  Miche,  Yescovo  di  Dansara  in  partibus ,  traslato 


CONTEMPORANEA  227 

dal  Vicariato  apostolico  di  Cambodia.  Vicariato  apostolico  di  Lassa  nella 
Cina,  per  Monsignor  Giuseppe  Maria  Chauveau,  Vescovo  di  Sebastopoli 
in  partibus,  assoluto  dalla  Coadiutoria  di  Monsignor  Giuseppe  Ponsot, 
Vescovo  di  Filomelia  in  partibus,  e  Vicario  apostolico  di  Yun-nan.  Vica- 
riato apostolico  di  Nan-Kino  nclla  Cina,  per  Monsignor  Adriano  Lan- 
guillat,  della  Compagnia  di  Gesii,  Vescovo  di  Sergiopoli  in  partibus, 
trasferito  dal  Vicariato  apostolico  del  Pe-Kino  orientale.  Chiesa  vesco- 
vile di  Dioclezianopoli  nelle  parte  degli  infedeli,  per  Monsignor  Giacomo 
Whelan,  gia  Vescovo  di  Nashville.  Chiesa  vescovile  di  Abila  nelle  parti 
degTinfedeli,  pel  R.  D.  Giovanni  Strain,  Rettore  del  collegio  di  S.  Maria 
di  Blairs,  eletto  Vicario  apostolico  nel  distretto  orientale  di  Scozia. 
Chiesa  vescovile  di  Azoto  nelle  parti  degV  infedeli,  pel  R.  D,  Ferdinando 
Dupont,  alunno  del  Seminario  di  Parigi  per  le  Missioni  estere,  destinato 
Vicario  apostolico  del  Siam  orientale.  Chiesa  vescovile  di  Domiziopoli 
nelle  parti  degl' infedeli,  pel  R.  D.  Eugenio  Stefano  Charbonnier,  alunno 
del  Seminario  di  Parigi  per  le  Missioni  estere ,  deputato  Vicario  aposto- 
lico della  Cochinchina  orientale.  Chiesa  Vescovile  di  Canata  nelle  parti 
degl' infedeli,  pel  R.  P.  Eduardo  Dubar,  della  Compagnia  di  Gesu,  eletto 
Vicario  apostolico  del  Tche-ly,  o  Pe-Kino  orientale.  Chiesa  vescovile  di 
Centuria  nelle  parti  degl' infedeli,  pel  R.  D.  Tommaso  Nulty,  parroco  di 
Trim ,  e  Yicario  Foraneo  nella  Diocesi  di  Meath  ,  designate  Coadiutore 
di  Monsignor  Giovanni  Cantwell,  Vescovo  di  Mcath  in  Irlanda.  Chiesa 
vescovile  di  Danaba  nelle  parti  degl' infedeli,  pel  R.  D.  Edmondo  Fran- 
cesco Guierry,  della  Congregazione  della  Missione  di  S.  Vincenzo  de'Pao- 
li,  prescelto  a  Coadiutore  con  futura  successione  di  Monsignor  Giuseppe 
Marziale  Mouly,  Vescovo  di  Fussola,  e  Vicario  apostolico  del  Tche-ly,  o 
Pe-Kino  Settentrionale. 

Quindi  Sua  Beatitudine  ha,  secondo  il  consueto,  aperto  la  bocca  agli 
Eim  e  Rini  signori  Cardinal!  Trevisanato  e  de  Bonnechose.  In  seguito  si 
€  fatta  a  Sua  Santita  i'istanza  del  sacro  Pallio  per  le  enunciate  Chiese 
Metropolitane  di  Tarragona,  Nuova-York,  Baltimora,  Scopia,  della  Me- 
tropolitana  di  Naxos  a  favore  di  Monsignor  Lorenzo  Bergeretti,  succe- 
duto  per  coadiutoria  a  quel  defonto  titolare,  non  che  per  Monsignor  Pie- 
tro  Marco  Le  Breton,  Vescovo  della  Sede  cattedrale  di  le  Puy,  in  Francia, 
conceduto  al  medesimo  per  atto  di  speciale  benignita  dalla  Sabtita  Sua. 
Finalmente  il  Santo  Padre  ha  posto  1'anellocardinalizio  ai  novelli  Por- 
porati,  ed  ha  assegnato  all'  Effio  e  Riuo  signer  Cardinale  Trevisanato 
il  titolo  presbiterale  dei  SS.  Nereo  ed  Achilleo,  e  P  altro  consimile  di 
.S.  Clemente  all'Emo  e  Rmo  signer  Cardinale  de  Bonnechose;  e  ritira- 
tosi  ne'suoi  appartamenti  haricevuto  privatamente  i  suddetti  Porporati. 
.1  quali ,  alle  quattro  ore  pomeridiane  dello  stesso  giorno ,  portaronsi  ia 
gran  treno  alia  Patriarcale  Basilica  Vaticana  per  venerare  la  Tomba  de- 
gli Apostoli :  e  quindi ,  giusta  il  costume ,  a  far  visita  all'  Euio  Cardinale 


CRONACA 

Mattel ,  Decano  del  sacro  Collegio ;  e  nelja  sera  ricevettero,  con  le  for- 
malita  di  uso,  il  Cappello  cardinalizio. 

3.  La  migliorata  condizione  del  Cattolici  nel  Cantone  di  Ginevra,  della 
Confederazione  svizzera,  come  leggesi  nel  Giornale  di  Roma  del  26  Set- 
tembre  ,  faceva  sentire  a  quei  fedeli  il  bisogno  di  aver  fra  loro  im  Mini- 
stro  di  Gesu  Cristo,  il  quale,  nella  pienezza  del  carattere  sacerdotale,  oc- 
corresse  alle  necessita  ed  urgenze  che  fra  di  quelli  potessero  insorgere. 
La  Santita  di  Nostro  Signore  pertanto,  nella  sua  vigilanza  e  premura  uni- 
versale  pel  gregge  di  Gesu  Cristo,  provvide  al  riconosciuto  bisogno,  sta- 
bilendo  die  in  Ginevra  risiedesse  mi  Prelate  che ,  rivestito  del  carattere 
episcopale,  fosse  quivi  Ausiliare  del  Yescovo  titolare  di  essa  cilta,  il  quale 
tiene  pure  la  sede  di  Losanna.  Con  questo  intendimento  nell' ultimo  Con- 
cistoro  preconizzo  al  Yescovado  di  Ebron  in  partibus  il  rev.  D.  Gaspare 
Mermillod,  Sacerdote  e  Parroco  della  stessa  citta  di  Ginevra. 

II  Santo  Padre  poi,  a  dimostrar  la  consolazione  che  tal  felice  progress© 
della  nostra  santa  Religione  gli  ha  destato  nell'  animo ,  ha  voluto  colle 
sue  mani  concedere  la  consacrazione  episcopale  al  personaggio  che  avea 
prescelto  in  ausiliare  di  Ginevra.  E  siccome  degli  eletti  nell' ultimo  Con- 
cistoro  trovavansi  present!  in  Curia  i  preconizzati  alia  Sede  arcivescovile 
in  partibus  di  Damasco  ,  ed  all'  altra,  similmenle  in  partibus,  di  Abila, 
cosi  la  Santita  Sua  voile  estendere  a  quest!  eziandio  gli  effetti  della  sua 
degnazione,  ammettendoli  allo  stesso  onore.  leri  adunque,  domenica  XIX 
dopo  la  Pentecoste,  25  di  Settembre,  Sua  Beatitudine,  nella  Cappella  pri- 
vata  del  Palazzo  Apostolico  Yaticano ,  consacro  i  Monsignori  Pier  Fran- 
cesco Meglia,  Gaspare  Mermillod  e  Giovanni  Strain,  che  nel  Concision), 
tenuto  addi  22  di  questo  mese,  la  stessa  Santita  Sua  avea  preconizzati,  il 
primo  alia  Sede  arcivescovile  di  Damasco,  il  secondo  a  qtiella  di  Ebron, 
destinandolo  Ausiliare  in  Ginevra  a  Monsignor  Yescovo  di  Losanna  e 
Ginevra,  ed  il  terzo,  per  organo  della  S.  Congregazione  di  Propaganda, 
alia  Sede  di  Abila,  dichiarandolo  Vicario  apostolico  del  Distretto  orientale 
della  Scozia.  Nell'  augusta  cerimonia  assisterono  il  Supremo  Gerarca 
Monsignor  Giuseppe  Berardi,  Arcivescovo  di  Nicea,  e  Monsignor  France- 
sco Marinelli ,  Vescovo  di  Porfirio,  Sagrista  pontificio.  Oltre  alia  nobile 
anticamera,  trovaronsi  presenti  alia  cerimonia  alcune  illustri  persone. 

4.  Con  decreto  del  20  Settembre,  stampato  anche  nel  Giornale  di 
Roma  del  27,  vennero  inscritli  nell'/ndice  de'  proibiti  i  seguenti  libri, 
che  percio  non  si  potranno  ne  ristampare,  ne  leggere  ne  ritenere  in  nes- 
sun  luogo  ed  in  verun  idioma : 

La  Judia  errante,  Novella  filosotico-social ,  por  Ceserino  Tressera.  — 
Madrid ,  libreria  de  Antonio  San  Martin  1862. 

Almanaque  democratico  para  el  aiio  bisiesto  de  1864 ,  por  varies  so- 
cios  del  Ateneo  Catalan.  —  Barcellona,  J.  Lopez  editor,  libr.  espafiola. 

Die  Romische  Index  Congregation  und  Ihr  Wirken.  Ilistorisch  Kri- 
tische  Betrachtungen  zur  Aufklarung  des  Gebildeten  Publikums.  — 


CONTEMPORANEA  229 

Miinchen  1863  ;  —  Mine  vcro  —  Romana  Indicts  Congregatio  ciusque 
acta.  Animadversiones  Itistonco-cnticae ,  etc.  —  Monachii  1863. 

Risposta  del  Senatore  Giovanni  Siotto  Pintor  alia  lettera  dell'Arcive- 
scovo  di  Cagliari,  intorno  al  Dominio  temporale  dei  Pontefici.  —  Mi- 
lano  1864. 

Vita  ed  avvcnture  galanti  del  cavaliere  Faublas  de  Louvet.  —  Livor- 
no,  Sociela  editrice  1862. 

Vita  di  Gesii  Cristo,  messa  a  confronto  con  Napoleone  I,  Garibaldi  e 
col  Papato,  alia  portata  dell'  intelligenza  popolare,  per  R.  Vella.  —  Na- 
poli,  tipogratia  di  Luigi  Gargiulo  1864.  —  Deer.  S.  Officii  Fer.  IV.  die 
U  Mii  1864. 

Come  si  possa  difendere  la  Chiesa  cattolica  nelle  sue  preghiere  pei 
Defonti,  incriminata  dagli  eterodossi.  Memoria  del  Sacerdote  Yincenzo 
De  yjt.  _  Prato,  lipografia  F.  Alberghetti  e  C.  1863.  —  Deer.  S.  Offi- 
cii Fer.  IV.  die  7  Septemb.  1864.  —  Auctor  laudabiliter  se  subiecit,  et 
opus  reprobavit. 

5.  La  mattina  del  19  Settembre  si  celebro  con  gran  pompa  nella 
chiesa  di  S.  Carlo  al  Corso  il  consueto  funebre  Anniversario  per  suffra- 
gare  le  anime  dei  prodi  che,  militando  sotto  la  bandiera  pontificia,  in- 
contrarono  la  morte  nella  battaglia  di  Castel  Fidardo,  e  nelle  altre  fazio- 
ni  guerresche,  sostenute  nel  1860  contro  gl'  invasori  sacrileghi  del  Pa- 
trimonio  della  santa  Chiesa  roraana.  1  cittadini  accorsero  in  gran  folia 
fin  dalle  prime  ore  del  giorno  a  suffragare  le  anime  di  que'  fedeli  e  va- 
lorosi,  che  per  si  nobile  causa  aveano  dato  il  sangue  e  la  vita. 

6.  «  La  Santita  di  Nostro  Signore,  dice  il  Giornalc  di  Roma  del  28  Set- 
tembre ,  ebbe  ieri  una  testimonianza  novella  dell'  affetto  e  dell'  interesse 
col  quale  la  sua  diletta  citta  di  Rologna  prende  parte  agli  aiuti,  che,  nel- 
la strettezza  dell'  erario  pontificio ,  i  fedeli  mandano  da  ogni  parte  al  Vi- 
cario  di  Gesu  Cristo,  neli'  offerta  di  sc.  romani  Cinquecento ,  che  al  suo 
Trono  depose,  in  nome  dei  Rolognesi,  il  loro  Arcivescovo,  1'  Euio  e  Rflio 
signer  Cardinale  Guidi.  La  Beatiludine  Sua,  sensibile  a  questa  dimostra- 
zione  di  fedella  e  di  amore,  che  Bologna  ha  voluto  aggiungere  alle  allre 
fattele  precedentemente,  in  attestato  della  paterna  sovrana  sua  soddisfa- 
zione  impartisce  di  tutto  cuore  a  quei  cittadini  1'apostolica  Benedizione. » 

7.  Nel  di  29  Agosto  il  chierico  romano  Ettore  Valeri ,  studente  di 
Teologia  presso  il  Liceo  del  pontificio  Seminario ,  si  espose  a  sostener 
la  prova  di  un  atto  pubblico  in  quella  sacra  facolta,  difendendo  centoset- 
tantasette  tesi  di  Scrittura,  di  Dogmatica  e  di  Storia  ecclesiastica ,  per 
le  ore  antimeridiane  nell'aula  massima  di  esso  Seminario,  e  per  le  pome- 
ridiane  nella  chiesa  di  S.  Apollinare. 

II  secondo  degli  enunciati  scientific!  esperimenti  ebbe  luogo  con  ap- 
parato  di  molta  solennita.  Scelto  e  numeroso  fu  1'  uditorio.  II  difendente 
fece  mostra  di  penetrante  ingegno,  di  estesa  dottrina  e  di  facile  e  chiaro 
eloquiOj  si  che  ne  ando  assai  lodato,  e  ne  riceve  general!  congratulazioni. 


230  CRONACA 

L'  alunno  del  Seminario  Vaticano  Pietro  Pietroboni ,  studente  di  Fi- 
losotia ,  nel  giorno  26  di  Settembre,  si  espose  a  sostenere  cinquanta  te- 
si,  cavate  principalrneute  faftk'Logica  critica,  da\YOntologia  e  dalla  Teo- 
logia  naturale.  L'  esperimeato  ebbe  luogo  in  tina  delle  sale  del  palazzo 
dell'  Emo  Arciprete  della  Patriarcale  Vaticana  ,  prossimo  alia  Basilica. 
Bel  saggio  dell  ingegno  penetrante  e  del  molto  studio,  posto  nell'  ardua 
disciplina  die  il  Pietroboni ,  che  ne  colse  grande  lode  ed  ebbe  incorag- 
giamento  a  coltivare  con  alacrita  le  felici  disposizioni  sortite  verso  le 
scienze  metafisiche.  Di  che  il  Capitolo  Vaticano  lo  voile  premiato  con 
medaglia  d'argenlo  di  gran  dimensione,  ecol  dono  delle  seguenti  opere: 
Taparelli,  Saggio  teoretico  di  diritto  naturale;  Pianciani,  Cosmogonia 
naturale  comparata  col  Genesi,  e  Saggi  Filosofici ;  SecchiA.,  Unita  delle 
forze  fisiche.  Inoltre  nel  giorno  1.°  di  Ottobre  fu  ammesso  all'onore  di 
baciare  il  piede  al  Santo  Padre,  che  lo  dono  pure  di  una  niedagfia  d'ar- 
gento,  incoraggiandolo  a  vantaggiarsi  sempre  piu  negli  studii  delle  scien- 
ze superiori. 

STATI  SAUDI  1.  Lcltera  del  Yescovi  delle  Romagne  al  re  Vitlorio  Emmanuele, 
sopra  la  legge  che  suggetta  i  chierici  alia  coscrizione  militare  —  2.  Elen- 
co  di  convent!  e  monasteri  rubali  dal  Governo  a'  legittimi  loro  possesso- 
ri  —  3.  i^ozze  di  Marco.  Minghetti  —  4.  Iiisulli  mandati  dal  Generale  Bi- 
xio  al  a  Francia  —  S.  Rivelazioiii  ufficiose,  e  polemiche  tra  i  varii  par- 
lit),  circa  ia  convenzione  stipulala  con  la  Francia  per  lo  sgombro  di 
Boma  —  6.  Dimostrazione  popolare ,  avvenuta  la  sera  del  20  Settem- 
bre, centre  Lai  convenzione  —7.  Aclunanza  straordinaria  del  Municipio ; 
contegno  del  Sindaco ;  dichiarazioni  del  Menabrea;  esempio  di  rara 
foriezza  dato  dal  Co  rite  Prospero  Balbo  —  8.  Conflilto  avveniUo  nel 
pomeriggio  del  21  Settembre  suila  piazza  di  S.  Carlo  —  9.  Tumulto  e  stra- 
ge  in  piaz/a  Castello  la  sera  dello  stesso  giorno  —  10.  Provvedimenti  mi- 
iitari  del  Governo;  strage  fatta  in  piazza  di  san  Carlo  la  sera  del  22  Set- 
tembre — 11.  Formidabili  apparecchi  di  repressions ;  per  ordine  del  Re  il 
Ministero  eforzato  a  presentare  la  sua  dimissione  —12.  Ultima  Circolare 
del  Pisanelli  contro  i  Seminarii  diocesani  —  13.  Processo  criminale  in- 
tentato  alPeruzzi  ed  allo  Spaventa  — 14.  Risultato  della inquisizione  mu- 
nicipale  circa  i  fatti  del  21  e  22 —  15.  Le  Gamere  convocate  pel  24  Otto- 
bre —  16.  Rapprcsentanza  del  Muiiicipio  di  Torino  al  Governo  coiHro  il 
trasfevimento  della  Capitale  altrove  die  in  Roma  — 17.  II  nuovo  Ministe- 
ro e  costituilo  (lal  Generale  La  Marmora ;  bandisce  di  voler  mantenuta 
la  Convenzione  con  la  Francia ,  con  la  pattovita  condizione  di  trasporta- 
re  altrove  la  Capitale. 

1.  II  re  Vittorio  Emmanuele  II  di  Casa  Savoia  e  il  capo  legale  di  quel 
Governo  che,  nel  1859  e  nel  1860,  sotto  1'egida  del  non  intervento  ban- 
dito  dalla  Francia,  pote  con  ogni  maniera  di  pertidie,  di  tradimenti  e  di 
sanguinosi  eccidii  sottoporre  al  giogo  tirannesco  della  Framassoneria 
quasi  tulti  gli  Stati  d' Italia,  e  specialmente  le  Romagne,  le  Marche  e 


CONTEMPORANEA  231 

ITmbria,  sopra  le  quali  V  Tmperatore  di  Francia  avea  pur  dichiarato 
solennemcnte,  essere  incontrastabili  i  diritti  sovrani  della  Santa  Sede. 
Malgrado  del  divieti  diplomatici  e  delle  minaccie  del  Governo  francese, 
che  poi  si  dichiaro  impotente  ad  impedire  gli  eccessi  della  rivoluzione 
italiana,  queste  province  furono  a  viva  forza  occupate,  e  sono  ancora  te- 
nute  dalle  armi  di  Vittorio  Emmanuele  II. 

A  questo  Re  pertanto  furono  costretti  di  ricorrere  anche  i  Vescovi  di 
Romagna,  come  a  colui  che,  sebbene  solo  di  fatto  c  contro  ogni  diritto, 
ha  in  suo  potere  quel  territorio,  per  tentare  se  un  franco  richiamo,  falto 
con  apostolica  liberla  e  con  mitezza  evangelica  ,  potesse  indurre  questo 
Principe  a  mettere  qualche  rattento  alia  sacrilega  prepotenza  de'suoi  Mi- 
nistri  risponsabili,  ed  impedire  la  sanzione  dell'iniqua  legge,  per  la  quale 
i  chierici  debbono  essere  strappati  dal  Santuario,  con  iuiqua  violazione 
dei  sacrosanti  diritti  della  Chiesa,  e  correre  la  sorte  della  milizia. 

II  benemerito  Stendardo  Cattolico  di  Genova  del  15  Settembre  stam- 
po  per  intero  qnesto  importante  documento,  in  cui  si  combattono  ,  con 
piena  conformita  di  sensi  e  di  argomenti  con  quanto  gia  avcac  rappre- 
sentato  i  Vescovi  delle  altre  regioni  d'  Italia,  i  pretest!,  sotto  i  quali  si 
propose  dal  Ministro  della  guerra,  e  si  approve  dalle  Gamere  dei  Depu- 
tati,  anzi  pure  dalla  Commissione  del  Senato,  quella  legge  si  brutta  e 
crudele.  L'ampiezza  e  la  gravita  dei  fatti,  che  dobbiamo  narrarc  nclla 
presente  cronaca,  ci  rende  impossible  il  recitare  qui  quella  bellissima 
lettera,  firmata  dall'Arcivescovo  di  Ferrara,  dai  Vescovi  d'  Imola,  di  Ce- 
sena,  di  Faenza,  di  Forli,  di  Comacchio,  di  Bertinoro ,  e  dai  Vicarii  Ca- 
pitolari  di  Cervia,  di  Rimini,  di  Bologna  e  di  Ravenna.  Ma  non  possia- 
mo  omettere  la  conclusione,  perche  ci  mostra  come  sia  in  petto  a  quei 
Vescovi  lo  spirito  apostolico  de'  primi  tempi  della  Chiesa :  «  La  M.  V. 
dimostri ,  dicon  essi ,  la  scongiuriarno  ,  che  non  indarno  ha  il  dirit- 
to e  il  dovere  di  negare  la  sua  sanzione  a  leggi  contrarie  alle  ordinazio- 
ni  divine  ed  al  vero  bene  dei  popoli.  Tale  e  la  legge,  di  cui  ora  alia  M.  V. 
ci  richiamiamo,  tali  le  altre  sulla  soppressione  degli  Ordini  religiosi,  sul- 
FAsse  ecclesiastico,  sul  Matrimonio  civile,  che  gia  ne  pendono  sul  capo, 
e  contro  le  quali  rinnoviamo  le  proteste  e  le  querele,  che  nel  passato  No- 
vembre  alia  M.  V.  indirizzammo.  No ,  Maesta ,  non  licet  dare  vigore  a 
leggi  di  tal  sorta.  Se  i  Ministri  valgono  a  proporle  e  le  Camere  adappro- 
varle,  pensi,  o  Sire,  che  non  varranno  pero  ne  a  difendere  V.  M.  al  tri- 
bunale  di  Dio  ,  ne  ad  impedire  le  rovine  ch'  esse  apportano  alia  sociale 
convivenza.  » 

2.  Deh  fosse  in  piacer  di  Dio  cbe  Vittorio  Emmanuele  II  potesse  vede- 
re  a  qual  termine  vogliono  condurre  lui  e  la  sua  Dinastia  i  Ministri  ris- 
ponsabili,  che  gli  sonposti  al  lianco  dalla  rivoluzione  trionfante  e  da  ma- 
neggi  settarii  I  Certo,  ne  siam  couvinti,  egli  non  sopporterebbe  che  in 
suo  nome  si  continuassero  ad  accumulare  delitti,  rapine  e  violenze  sacri- 
leghe  in  onta  ed  oppressione  di  santa  Chiesa ,  a  cui  furono  si  devoti  i 


232  CRONACA 

suoi  maggiori.  Che  vantaggio  puo  venire  al  suo  regno  dal  pianto  e  dallo 
strazio  di  tante  centinaia  di  Vergini  consacrate  a  Dio,  strappate  a'  loro 
sacri  asili,  e  poste  al  cimento  o  di  languire  per  fame  ne'miseri  abituri  in 
cui  sono  amraucchiate  senza  distinzione  d'ordine  e  d'  istituto,  ovvero  di 
farsi  spergiure  a  Cristo?  Che  pro  viene  alle  Finanze  dal  latrocinio  dei 
beni  di  Chiesa,  onde  sono  spogliati  Preti  e  Religiosi?  L'  Unitd  cattolica 
del  2  Settembre  ,  continuando  a  pubblicare  1'  elenco  dei  Conventi  e  dei 
Monasteri ,  onde  furono  barbaramente  discacciati  i  religiosi  e  le  mona- 
che,  e  registrandone  11  luogo  ed  i  legittimi  proprietarii,  perviene  al  nume- 
ro  di  479,  che  ora  saranno  volti  in  magazzini,  in  caserme,  in  prigioni, 
in  case  di  toller  anza. 

3.  Le  yoci  d'esecrazione  degli  uomini  onesti  contro  tali  nefandezze, 
e  le  supplicazioni  de'  Yescoyi  e  del  Clero,  non  trovano  ascolto  presso  i 
Ministri  di  Yittorio  Emmanuele,  che,  sebbene  avvoki  nel  trameslio  della 
piu  scellerata  politica,  troyano  tempo  e  modo  di  provvedere  a'  loro  in- 
teressi ,  d'  impinguare  i  loro  patrimonii ,  e  di  attendere  a  procacciarsi 
doviziosi  connubii.  II  sig.  Marco  Minghetti  anzi,  benche  sia  tutt'altro 
che  un  Adone,  ha  saputo  far  tanto  da  inyogliare  di  se  una  dama  napo- 
letana,  la  signora  Laura  Acton,  Principessa  di  Camporeale,  cbe  gli  di- 
Yenne  sposa.  In  una  cappella  delia  chiesa  di  S.  Francesco  di  Paola  in 
Torino  si  celehrarono,  la  sera  del  5  Settembre,  le  gioconde  nozze ;  e  gli 
sposi  partirono  subito  appresso  alia  yolta  del  castello  reale  di  Stupinigi, 
che  il  re  Yittorio  Emmanuele  pose  gentilmente  a  loro  servigio,  per  go- 
deryi  la  luna  di  miele.  Ma  questa  yenne  di  li  a  non  molto  coperta  di 
neri  nugoli,  pei  fatti  che  diremo  a  suo  luogo;  come  si  dice  chequeste 
nozze  servissero  a  colorare  certi  ingenti  acquisti  di  poderi  amplissimi , 
fatti  dal  Minghetti  fuori  d'  Italia ,  e  che  certo  non  sono  altro  che  frutto 
dell'onesta  sua  industria. 

i.  Al  yedere  1'apparente  quiete  del  Goyerno  di  Torino  sul  principio  del 
Settembre,  pareva  che  egli  si  fosse  acconciato  alia  pratica  dell' tnerft'a 
sapientia,  che  diceasi  essere  il  programma  di  Napoleone  III.  Anzi  percio 
si  mettevano  in  canzone  i  yiaggi  e  gli  andiriyieni  del  Menabrea  e  del 
Pepoli ,  e  si  parlava ,  con  grasse  risate,  dei  fiascM  portati  a  Torino  da 
Yichy  e  da  Parigi.  E  da  credere  che  anche  i  piu  iidi  ed  ardimentosi  sa- 
telliti  della  riyoluzione  ignorassero  quel  che  intanlo  si  yenia  apprestan- 
do  per  far  paga  1' Italia  de'  suoi  desiderii  contro  Roma  e  la  Santa  Sede. 
Senza  di  che  sarebbe  inconcepibile  1'audacia  del  generate  Bixio ;  il  qua- 
le,  accomiatando ,  con  un  Ordine  del  giorno,  riferito  dall' Opinion*  del 
7  Settembre,  le  truppe,  che  sotto  il  suo  comando  formayano  il  campo 
d' istruzione  di  San  Maurizio,  a  poche  miglia  da  Torino,  dopo  ampli 
elogi  a'  soldati ,  usci  in  queste  enfatiche  parole :  «  II  Re  nostro,  che  e  il 
Re  piu  grande  che  ricordi  lastoria,  e  la  patria  italiana  tutta  quanta 
sieno  la  vostra  religione.  La  Provvidenza  non  yorra  permettere  lunga- 
inente  che  noi  abbiamo  i  fucili ,  la  yolonta  ed  il  sapere,  e  che  gli  stra- 


CONTEMPORANEA  233 

meri  cinsuUino  col  loro  dominio  a  Roma  ed  a  Yenezia,  le  due  citta  piu 
illustri  della  patria  nosira  ;  ma  il  giorno  della  lotta  verm.  »  La  sbardel- 
lata  adulazione  al  Re  mostra  che  lo  spaccamontagne  Bixio,  quanto  e 
morbido  in  tramutarsi  di  garibaldino  o  mazziniano  puro  in  realista,  per 
potersi  godere  gli  onori  e  lo  stipendio  di  Tenente  Generale,  altreltanto  e 
ignorante  di  storia.  Ma  la  sua  arroganza  contro  gli  slranieri  che  insul- 
tano  gli  italiani  a  Roma,  e  aggravata  da  bestiale  ingratitudine.  Oh  Bixio 
insolente  !  Mentre  voi  aizzavate  i  vostri  soldati  contro  i  francesi ,  1'im- 
peratore  Napoleone  III  elaborava,  d'  accordo  col  Nigra  e  col  Pepoli , 
quella  convenzione,  che  da  tutti  i  giornali  di  Francia  e  d' Inghillerra, 
da  tutti  gl' italiani,  pochi  soli  eccettuati,  e  qualificata  come  1'atlo  solen- 
ne  di  consegna  di  Roma  all' Italia !  Ingrato  ! 

5.  Ma  sara  poi  yeramente  cosi  ?  Questo  lo  sa  Dio ,  ne  noi  pretendia- 
mo  leggerc  cio  che  sta  scritto  nei  decreti  della  Provvidenza  per  1'avve- 
nire.  Ci  basta  il  compito  doloroso  di  esporre  i  fatti  gia  posti  in  sodo ;  e 
questo  faremo  succintamente,  lasciando  i  commenti  a'  letlori  ed  a  chi 
non  sia  astretto  a  que'  seyeri  riguardi ,  onde  ognuno  capisce  che  noi 
siamo  yincolati. 

L'  Opinione  di  Torino,  diario  ufficioso  e  stipendiato  di  quel  Goyerno, 
stampo,alli  14,  una  sua  corrispondenza  parigina  dell'll  Settembre,  nella 
quale  si  annunziaya  chiaro  chiaro,  essere  omai  sul  punto  di  conchiuder- 
si  le  pratiche  ayyiate  per  risolvere  la  quistione  romana  «  sulle  stesse 
basi  che  erano  gia  stabilite  col  Conte  di  Cavour.  »  E  queste  erano  lo 
sgombro  di  Roma,  per  parte  dei  francesi  enlro  un  tempo  determinato,  e 
la  promessa  per  parte  del  Goyerno  di  Torino,  che  egli  non  assalirebbe 
e  non  lascerebbe  assalire  le  province  rimaste  alia  Santa  Sede.  Intanto 
penserebbe  il  Papa  a  formarsi  un  esercito  per  difendersi.  Ed  indicava 
che  lo  spazio  fissato  era  di  due  anni. 

Due  giorni  dopo  1'  Opinione  alzo  un  pocolino  di  piu  il  velo  che  co- 
priva  il  negozio,  assicurando  che  le  trattative  «  progredirono  tanto  da 
porgerci  la  fiducia  d'un  favorevole  successo.  »  E  li ,  con  garbo  e  lealta 
giudaica ,  prese  ad  esporre  le  fasi  diverse  di  tal  pratica ,  e  perche  an- 
dasse  a  vuoto  dopo  la  morte  del  Cavour,  e  gl'  incagli  sopravvenuti  per 
la  pazza  impresa  che  riusci  alia  catastrofe  d'Aspromonte,  ed  i  motivi 
per  cui  il  Droiiyn  de  Lhuys  e  Napoleone  III  si  mostravano  disposti  a  ri- 
pigliarle,  fondandosi  sul  principio  di  non  intervento.  Questo  dovea  far 
sentire  anche  a'  sordi  e  vedere  a'  ciechi ,  che  dunque  1'abbaudono  di 
Roma,  per  parte  di  Napoleone  III,  non  incontrava  piu  quei  ritiuli  decisi, 
che  veniva  decantando  il  Memorial  diplomatique. 

II  ferro  si  dovea  battere  mentre  era  caldo,  cioe  1'  espettazione  pubblica 
cosi  preparata  dovea  satisfarsi  presto,  in cosa  di  tanta  rilevanza;  e  V Opi- 
nione fu  cortesissima.  Alii  17,  con  tono  di  chi  sa  che  non  coglie  in  fallo , 
annunzio  firmata  gia  la  sera  del  15  Settembre  una  convenzione,  appunto 
in  quel  senso  cbe  le  avea  scritto  il  suo  corrispondente.  Ognuno  puo  ca- 


234  CRONACA 

pire  qual  commozione  di  gioia  cio  destasse  in  tutti  i  rivoluzionarii ,  e  qua* 
le  stupore  ne'  devoti  ai  principii  di  giuslizia,  che  non  sapeaoo  capire  co- 
me mai  lo  sgombero  di  Roma  si  dovesse  trattare  dalla  Francia  col  Go- 
verno  di  Torino,  e  non  con  quello  della  Santa  Sede,  appunto  come  se  il 
primo  e  non  il  secondo  avesse  diritto  e  possesso  di  sovranita  su  Roma. 
Tuttavia,  sapendosi  che  in  questa  sorta  di  contratti,  e  fra  cotali  contraen- 
ti ,  v'  e  sempre  qualche  condizione  segreta ,  qualche  compenso  per  1'at- 
tuazione  delle  idee  generose,  la  curiosita  pubblica  di  penetrare  tal  segreto 
divenne  intensissima.  E  qui  o  1'  Opinione  ,  o  chi  le  dava  Y  imbeccata,  la 
fece  grossa,  stampando  cio  che  segue,  alii  19  Settembre:  «Niun  uomo 
politico  ha  mai  potuto  credere  che  1'  imperatore  Napoleone  fosse  per  con- 
cedere  al  Coverno  italiano  di  mandar  a  Roma  i  suoi  soldati  ad  occupar 
i  posti  di  guardia  che  le  truppe  francesi  abbandonerebbero.  Sarebbe  stato 
consegnare  Roma  all' Italia  direttamente,  senza  transizione.  Era  assurdo 
lo  sperarlo,  eccessivo  il  pretenderlo.  L'occupazione  straniera  d'uno  Stato 
non  puo  cessare,  che  consegnando  il  territorio  occupato  alle  truppe  del  So- 
Trano  che  vi  esercita  il  suo  dominio  reale  o  nominate. ...  La  Francia 
adunque,  se  mai  poteva  indursi  a  ritirare  le  sue  truppe  da  Roma,  doveva 
essere  soltanto  per  rimeltere  il  territorio  romano  alle  autorita  militari 

pontificie Dopo  qualtro  anni  1'  imperatore  Napoleone  si  risolve  a  con- 

cedere  cio  che  non  ha  ottenuto  il  conte  Cavour,  che  la  morte  ha  colpito 
durante  i  negoziati ;  cio  che  non  hanno  conseguito  il  ministero  Ricasoli 
ne  il  ministero  Rattazzi.  Egli  si  e  obbligato  a  ritirar  da  Roma  le  sue  trup- 
pe nel  termine  di  due  anni.  Ma  in  pari  tempi  ha  chiesto  al  Governo  ita- 
liano una  speciale  guarentigia  morale,  la  quale  si  risolve  in  una  conces- 
sione,  e,  in  piii  che  in  una  concessione,  in  un  sacrificio.  Questa  guaren- 
tigia consisterebbe  nell'  impegno  di  trasferire  la  sede  del  Governo  da  To- 
rino in  ultra  cilia  importante.  Sarebbe  stata  scelta  Firenze.  » 

Toccato  poscia  di  a! ire  ragioni  che  consigliavano  ad  accettare  tal  im- 
pegno, e  delle  difficolta  che  vi  si  opponevano,  credette  di  dare  un  colpo 
maestro,  e  scrisse  quanto  segue  :  «  li  Governo  del  Re,  posto  neH'allerna- 
tiva  di  trasferire  la  Gapitale  a  Firenze,  come  una  tappa  prima  di  ctndar 
a  Roma,  ovvero  di  rinunciare  alia  convenzione  per  lo  sgombero  di  Roma, 
poteva  egli  esitare?  Se  la  convenzione  e  un  passo  importante  fatto  nella 
quistione  roinana,  se  la  convenzione  ci  togliedall'  immobilita,  nella  quale 
siamo  stati  per  quattro  anni,  e  ci  avvicina  a  Roma,  chi  avrebbe  osato  con- 
sigliar  il  Governo  per  respingerla?  II  rifiuto  avrebbe  potuto  compromet- 
terc  per  sempre  le  sort't  d'  Italia.  Con  qual  animo  si  sarebbe  piu  tardi  cer- 
cato  di  riappiccar  le  trattative  coll'  imperator  Napoleone,  il  quale  avrebbe 
potuto  dire  all'  Italia  ed  all'  Europa:  lo  aveva  aderilo  a  ritirare  le  mie 
truppe  da  Roma,  lasciar  il  Papa  solo  in  faccia  ai  suoi  sudditi,  ed  a  rico- 
noscere  per  ta!  guisa  il  dirilto  dei  Romani  non  meno  che  deli'Italia,  ed  il 
Goyerno  italiano  ha  riiiutato?  » 


CONTEMPORANEA  2  3 '5 

T)i  qui  potea  inferire  che  1.°  Y  Imperatore  de'  Frances!  non  potea,  ne 
voleva  diretlamente  consegnare  Roma  al  Governo  di  Torino ,  ma  si  la- 
sciarla  alia  difesa  dellc  forze  miiitari  pontificie;  dunque  esso  rifiutavasi 
a  riconoscere  il  preteso  dirilto  dell'  Italia  ad  aver  Roma  per  sua  Capita- 
Je.  2.°  Che  Napoleone  III,  di  cio  non  pago,  avea  imposto  al  Governo  di 
Torino,  come  condizione *fne  qua  non,  di  non  assalire  e  non  lasciare  as- 
salire  gli  Stali  pontificii;  dunque  gli  avea  implicitamente  imposto  di  ri- 
conoscerne  !a  inviolabilita  e  1'  indipendenza,  e  per  conseguenza  di  rinun- 
ziarc  alle  sue  pretensioni  sopra  Roma.  3.°  Che  Napoleone  III  avea  yoluto 
una  guarentigia,  chel'assunto  impegno  sarebbe  mantenuto,  e  percio  avea 
imposto  il  trasferirnento  della  Capitale  in  altra  cilta  d'  Italia;  dunque,  ob- 
bligando  il  Governo  italiano  ad  incontrare  dispendii  enormi,  ed  a  supera- 
re  difficolta  politicheassai  pericolose,  intendea  provareche  1'assunto  ini 
pegno  e  la  data  guarentigia  non  si  guarderebbe  come  il  Trattato  di  Zu- 
rigo,  ne  la  corivenzione  del  15  Seltembre  avrebbe  soltanto,  come  qucllo, 
il  valore  del  foglio  di  carta  su  cui  sta  scritta.  Queste  cose  saltavano  agli 
occbi  di  tutti. 

Difatto  la  Gazzetta  del  Popolo  ,  appellando  vera  mistificazione ,  ossia 
trappoleria  quella  Convenzione,  con  quella  sua  facoridia  tribunizia,  che  si 
fa  capire  fin  dall'intima  plebe,  venne,  alii  19  Settembre,  svolgendo  le  ra- 
gioni  per  le  quali,  a  suo  avviso,  il  trasi'erimento  de!!a  Capitale  era  una 
simzione  dell' abbandono  assoluto  delle  quistioni  di  Roma  e  di  Yenezia. 
Ed  ecco,  in  sentenza,  le  sue  ragioni :  1.°  Per  fare  questa  traslazione  si 
dovranno  spendere  qualche  centinaio  di  milioni ;  per  sopperire  a  tale  spe- 
sa  si  dovra  diminuire  1'esercito ;  c  questo  vale  quanto  rinunziare  a  Ye- 
nezia. 2.°  Inoltre  dovremmo  addossarci  il  pagamento  di  grossa  parle  del 
debito  pontificio ;  e  questo  renderebbe  anche  piu  grave  il  dissesto  delle 
nostre  Finanze,  e  percio  piu  difficile  il  compiere  con  1'armi  la  nostra  uni- 
ta  nazionale.  3.°  I  Frances!  non  se  ne  andrebbero  da  Roma  che  entro  due 
anni ;  or  in  questo  frattempo  molte  cose  possono  accadere  ,  vuoi  di  tor- 
Lidi  interni,  vuoi  di  pericoli  esterni ,  che  diano  a  Napoleone  III  motivo 
di  dirci :  Non  siete  ancora  bastevolmente  forli,  ne  cosi  costituiti ,  che  io 
possa  fare  assegnamento  sulla  vosira  guarentigia  per  ia  sicurezza  del 
Papa;  e  percio  resto  a  Roma. 

Queste  ragioni  erano  lampanti,  e  stavano  sulla  bocca  di  tutli,  c  peril- 
no  la  Stampa,  diario  ufficioso  e  tutto  cosa  del  Peruzzi ,  fu  costretto ,  co- 
nic il  cliavolo  dagli  esorcismi ,  a  riconoscere ,  senza  forse  avvedersenc , 
F  inviolabilita  del  Governo  pontificio  e  1'  impossibility  di  abbatterlo  con 
la  forza ,  altrimenti  che  per  iniquo  abuso  di  prepotenza ;  e  disse :  «  Ne 
Francia  ne  Italia  si  fanno  arbitre  delle  sort!  del  Papato  politico  (ossia 
della  Sovranita  temporale  del  Papa) ;  ne  quella  ne  questa  si  arrogano 
il  diritto  cli  abbatterlo,  ne  tampoco  quello  di  giudicarlo:  essc  lo  ricono- 
scono  eguale  a  quahmque  altro  Governo ,  lo  fanno  rientrare  nel  diritto 
comune.  »  Oiide  consegue  che,  riconoscendosi  esplicitamente  il  Papa 


236  CRONACA 

come  soyrano  legittimo  ed  indipendente  di  Roma,  si  rinunziava  implici- 
fcamente  a  Roma ,  come  a  Gapitale  del  regno  fondato  dai  latrocinii  e  dai 
tradimenti  del  1859  e  del  1860.  La  gente  onesta  in  cuor  suo  se  ne  ralle- 
grava  e  taceva :  i  Mazziniani  e  Garibaldini,  con  tutto  il  codazzo  de'Fra- 
massoni,  fremeano  irosi,  credendosi  traditi  e  delusi  de'  loro  voti  contro 
la  Santa  Sede  ed  il  cattolicismo.  l.moderati  e  ministeriali  pensavano  a 
rwovi  inganni:  e  questi  furono  degni  di  loro. 

Cominciarono  adunque,  in  coro,  1'  Opinione,  la  Stampa,  la  Gazzetta 
di  Torino ,  la  Perseveranza ,  e  piu  altri  cotali  trombettieri  prezzolati ,  a 
gittar  voce  die  la  convenzione  era  solo  la  corteccia  esteroa  del  frutto 
che  ci  stava  sotto;  che  era  imminente  la  guerra  contro  1'Austria,  viribus 
unitis  di  Francia  ed  Italia,  per  redimere  Venezia  ;  e  che  percio  un  Con- 
siglio  di  difesa,  tenutosi  da'  Generali  dell'esercito,  avea  riconosciuto  ne- 
cessario  mettere  la  Capitale  al  sicuro  da  una  invasione  repentina  del  ne- 
mico,  trasportandola  a  Firenze ,  dove  le  farebbero  schermo  una  linea  di 
fortezze  di  primo  ordine  e  gli  Apennini.  Di  che  il  Diritto  del  22  Settem- 
hre  prcse  argomento  a  fiera  ma  giusta  filippica  contro  il  Governo,  o  co- 
me ignorante,  sc  avea  sconosciuto  fin  qui  si  grave  pericolo,  o  come  tra- 
ditore  dello  Stato,  se  conoscendolo  non  avea  provveduto  al  riparo,  o  co- 
me bugiardo  e  perfido ,  se  cotal  ragione  (la  quale  del  resto  il  Diritto  ri- 
fiutava  gagliardamente )  recava  in  mezzo  solo  come  pretesto  da  velare 
la  rinunzia  a  Roma. 

L'  Opinione  pero,  affine  di  sedare  i  bollori  de'  Mazziniani,  non  ebbe  onta 
di  promulgare  che  quella  convenzione,  in  quanto  sembrava  involgere  una 
rinunzia  a  Roma,  non  era  che  una  pretta  impostura,  e  die  1'impegno  as- 
sunto  di  non  andarc  a  Roma  sarebbeosservato  come  il  Trattato  di  Zurigo. 
Ecco  le  sue  parole  nel  numero  del  20  Settembre:  «  Trattasi  di  una  qui- 
stione,  la  quale  non  si  puo  risolvere  con  equivoci.  L'  Italia  non  rinun- 
cierd  mai  a  Roma  come  sua  Capitale.  II  voto  del  Parlamento  e  incancel- 
labile:  esso  e  diventato  un  dogma  politico  della  nazione.  INiun  Ministero 
adunque  potrebbe  pensare  a  trasferire  la  Capitale  altrove.  Che  significa 
pertanto  il  trasporto  della  sede  del  Governo  a  Firenze?  »  E  qui  propo- 
neva  1'obbiezione,  che,  se  i  Francesi  da  qui  a  due  anni  sgombreranno  da 
Roma,  perche  non  si  aspetta  fino  a  tal  termine,  per  andare  difilato  cola? 
E  perche  incontrare  enormi  spese,  per  andare,  nel  breve  periodo  di  qual- 
che  anno,  prima  a  Firenze,  e  poi  a  Roma?  Lasciando  senza  risposta  que- 
ste  ohbiezioni,  il  diario  del  sig.  Minghetti  spiattello  quello  che  dovea,  a 
parer  suo,  bastare  per  tutto:  «  L'  impegno  assunto  dai  Governo  del  Re 
verso  la  Francia,  non  potrebbe  quindi,  in  niun  caso,  significare  un  vero 
e  completo  traslocamento  della  Capitale.  Si  dovrd  intcndcre  come  la  pace 
di  Villafranca?  Molti  lo  credono,  e  ci  sembra  facile  1'indovinarlo.  »  Puo 
egli  con  maggior  cinismo  professarsi  un  assoluto  dispregio  pel  diritto  in- 
ternazionale  ?  Questo  e  un  dire:  come  la  pace  di  Yillafranca  fu  una  beffa, 


CONTEMPORANEA  237 

come  il  Trattato  di  Zurigo  fu  yiolato,  prima  che  seccasse  I'inchiostro  con 
cui  fu  scritto  e  ratificato ;  cosi  faremo  quanto  all'  impegno  di  non  assalir 
Roma.  Ecco  la  lealta  di  costoro,  a  cui  doyrebbe  essere  affidata  la  sicurezza 
ed  indipendenza  del  Papal 

Altri  giornali,  anche  piu  cinicamente,  svelarono  il  resto  de'disegni  del 
Minghetti,  del  Peruzzi  e  del  Pepoli.  Non  si  assalirebbe  cerlo  Roma  con 
forze  regolari,  ne  si  farebbero  passare  bande  armate  di  Garibaldini.  Ma, 
mentre  si  dovrebbero  lentamente  avviare  yerso  Firenze  gli  ufficii  della 
Capitate,  yerrebbe  il  prefisso  termine  del  due  anni.  Allora,  come  gia  a 
Bologna,  a  Parma,  a  Firenze,  a  Napoli ,  si  farebbero  troyare  in  Roma, 
incaricate  di  rappresentarvi  il  popolo,  le  solite  compagnie  di  comparse  e 
di  professor i  di  chiassi  e  di  tumulti,  come  le  appello  Massimo  d'Azeglio; 
le  quali  un  bel  di  si  leverebbero  a  rumore,  farebbero  il  plebiscito,  e  buo- 
na  notte !  E  egli  credibile  che  il  Papa  farebbe  mitragliare  il  popolo,  come 
pur  si  fece  a  Parigi  ed  a  Torino?  Mai  no.  Ed  ecco  fatto  il  becco  all'  oca. 
II  plebiscito  coronerebbe  la  restituzione  di  Roma  aRomani,  secondo  che 
fu  preconizzato  dal  De  Morny  al  Senate  francese;  durando  fermo  il  prin- 
cipio  del  non  intervenlo,  niuna  Potenza  ayrebbe  facolta  di  mescolarsene; 
il  Papa,  ridotto  alle  sue  sole  forze,  non  potrebbe  impedire  che  i  Romani 
acclamassero  Yittorio  Emmanuele  re  d'  Italia ;  e  questi  non  avrebbe  piu 
che  da  montare  a  cayallo  e  salire  al  Campidoglio.  II  Papa  sarebbe  lasciato 
in  Vaticano  a  pregare  e  benedire.Ecco  fatta  1' Italia!  Perche  dunque  sgo- 
mentarsi  del  trasporto  a  Firenze,  non  essendo  questo,  anche  nell'  ipotesi 
che  si  effettuasse,  che  una  sosta,  una  tappa  yerso  Roma? 

Cosi  si  venne  predicando  in  Torino  da'Ministeriali,  e  scriyendo  da'cor- 
rispondenti  ai  prezzolati  giornali  di  Francia  e  Belgio  ed  Inghilterra,  per 
ispiegare  il  yero  senso  e  scopo  dello  sgombero  de'  Francesi  da  Roma,  e 
della  traslazione  della  Capitale  d'  Italia  a  Firenze. 

6.  Dunque  la  pretesa  guarentigia  morale,  chiesta  da  Parigi  e  consenti- 
ta  da  Torino,  sarebbe  una  lustra  da  gabbare  i  gonzi?  L'Opinione  gar- 
batamente  1'  insinuo  nel  foglio  del  21  Settembre:  «  Questa  guarentigia  la 
Francia  non  chiedeva  al  certo  per  se,  ma  per  poterla  presentare  al  partito 
cattolico,  nella  speranza  di  rassicurarlo.  »  II  cbe,  in  buon  yolgare,  e 
quanto  dire  agli  unitarii:  Oh  buona  gente  1  E  non  yedete  che  questo  e 
un  puro  spediente  diplomatico,  una  indoratura  della  pillola,  un  trovato  di 
prudenza  per  rassicurare  chi  potrebbe  recar  disturbo,  e  per  far  la  faccen- 
da  con  buon  garbo ,  e  potersi  poi  layar  le  mani ,  e  dire :  Vos  mderitis , 
innocens  ego  sum !  Ma  i  Mazziniani ,  i  Garibaldini ,  e  quei  che  ne  indos- 
sarono  la  diyisa,  per  coprire  gl'interessi  proprii  o  municipali  ond'erano 
mossi ,  non  si  tennero  paghi  dicio,  e  yollero  mettere  il  Governo  alle 
strette  di  dichiarare  formalmente,  sc  ayesse  si  o  no  rinunziato  a  Roma,  e 
se  il  trasporto  a  Firenze  doyesse  in  yerita  guardarsi  come  guarentigia  del 
mantenimento  della  Soyranita  temporale  del  Papa. 


238  CRONACA 

Percio  la  sera  del  20  una  folia,  che  fu  calcplata  essere  di  circa  5 
o  6,000  mila  persone,  ma  in  cui  erano  mescolati  per  certo  molti  Mazzi- 
niani  e  Garibaldini,  si  radunarono  con  bandiere  in  piazza  Caslello,  e  per- 
corsero  piu  vie  di  Torino,  urlando  a  squarciagola :  Abbasso  il  Ministero, 
abbasso  la  convenzione  francese,  viva  Garibaldi !  II  Ministero,  che  fin 
dal  pomeriggio  vedea  addensarsi  i  rmgoloni,  fece  schierare  sulla  piazza 
uno  squadrone  di  cayalieria ;  ma  ppco  dopo  lo  fece  ritirare,  surrogando- 
lo  con  una  squadra  di  Guardie  di  sictirezza  pubblica.  La  moltitudine  do- 
po aver  gridato  quanto  voile,  ando  in  piazza  Carignano,  dove  e  il  pa- 
lazzo  delta  Camera  dei  Depulati.  Quiyi  un  sergente  della  Guardia  nazio- 
nale,  spintp  dallo  zelo.per  1'ordine,  si  lascio  sfuggire  di  bocca  a  voce 
alta,  che  bisognava  chiamare  dal  campo  di  S.  Maurizio  le  truppe,  e  re- 
primere  que'tumulti.  Questo  basto  perche  molti  gli  si  precipitassero  ad- 
dosso  a  tempestarlo  di  pugni  e  calci ;  e  solo  dai  Carahinieri ,  ossia  Gen- 
darmi,  pole  essere  sottratto  a  quella  furia.  Di  che  la  Questura  procedet- 
te  nelle  forme  legal!  a  scioglierc  quell'adunanza. 

I  dimostranti  si  divisero  in  due  bande;  1'  una  delle  quali  recossi  in 
piazza  d'Armi,  dove  i  caporioni  di  essa,  e  parecchi  eran  Deputati  ai 
Parlamento,  si  posero  d'accordo  per  rinnovare  il  di  appresso,  ma  senza 
uscire  dalle  forme  legal!  e  pacitiche,  la  dimqstrazione ,  dandosi  la  posta 
per  le  ore  otto  di  sera  in  piazza  Castello ;  di  che  si  vuol  prender  nota  , 
per  quello  che  diremo  dell'avvemito  iyi  la  sera  del  21.  L'altra  delle 
hande  ando  in  piazza  san  Carlo ,  e  quivi  con  iischiate  sonore  fece  quello 
che  i  Frances!  dicono  un  charivari,  innanzi  alle  oflicine  della  Gazzelta, 
di  Torino,  diario  minisleriale,  che  avoa  fat  to  plauso  alia  convenzione 
del  15  Settembre,  e  decantato  il  trasferimento  della  Carjitale  a  Firenze. 
Pertaulo  ia  questa  sera  non  ebbero  luogo  gravi  disorclini ,  tranne  lebus- 
se  toccafce  a  quel  zelanle  sergente;  etuttofini  con  grida  c  tischiate.  Chi 
mai  avrebbe  poluto  peiisare,  che  si  poca  scintilla  avrebbe  fatto  poi  divam- 
pare  grande  incendio? 


7.  Andrebbe  tuttavia  errato  chi  pensasse  die  queste  fossero  scene,  ar- 
hitettate  solo  da  pochi  rnestatori,  alia  foggia  dei  plebisciti  per  le  annes- 
ioni.  Erano  uu  primo  sfogo  dell'immenso  cruccio,  onde  rodeansi  la  mas- 


chitett 
sio 


malaugurata  convenzione  essere  solo  i!  prologo  di  miove  guerre,  die  ar- 


recherebbero  nuove  sciagure,  e  parle  per  ispiritp  settario  o  per  rivaiita 
inunicipale.  II  depulatp  Pier  Carlo  Boggio  scrivea:  «  In  fin  dei  conti 
Torino  e  rovinata ;  Torino  6  rovinata  in  premio  deir  avere  voluta  e  pro- 
mossa  Vunita  e  1'indipendenza  d'llalia  ;  Torino  e  rovinata  per  aver  failo  i 
piu  larghi  sacrin'zii  di  danaro  e  d'uomini ;  Torino  e  rovinaia,  perche  sono 
cinquecento  milioni  di  proprieta  fondiaria,  che  scapiteranno  almeno  del 
quaranta  per  cento;  sono  centinaia  di  nuove  costruzioni  in  corso,  che  si 
risolvcranno  nelia  bancarotta  dei  loro  intraprenditori ;  soup  trentamila 
opera!  die  d'  un  tratto  si  veggono  mancar  il  lavoro  e  sono  gittati  sul  la- 
slrico,  e  non  vuoi  che  gridino?  E  r.on  vnoi  che  1'abbiano  amara  con  quei 
Ministri  che,  a  sangue  freddo,  con  larga  premeditazione,  al  solo  scopo  di 
conservare  un  portafbglio,  di  cui  li  ha  chiariti  indegni  la  loro  inettitudi- 
ne,  rovinano  Torino. . . .  ?  »  Se  nuesto  si  vuole  appellare  grettezza  di 


CONTEMPORANEA  239 

municipalismo  da'  Napoletani,  da'  Fiorentini ,  da'  Milancsi,  faccian  pure. 
Certo  e  che  ai  Torincsi  coceva  forte,  e  chi  si  sente  scottare,  stride. 

II  Municipio  era  stato  convpcato  dal  Sindaco  per  le  ore  due  del  pome- 
riggip  del  giornp  21,  affine  di  provvedere  alle  gravissime  congiunlure, 
in  cui  sarebbe  gittala  la  citta  per  la  convenzione  stipulata  con  la  Francia; 
e  si  era  adunato  in  assemblea  numerosissima.  Qui  ci  serviremo  della 
narrazione  fatta  dalla  Gazzctta  del  Popolo  del  22,  chedovette  essere  ab- 
bastanza  fedele,  poiche  ristampata  da  tutti  i  diarii  di  Torino,  e  non  im- 
pugnata  in  alcuna  parte. 

«  La  seduta  e  aperta  alle  ore  due.  II  Consiglio  e  numerosissimo.  II  Sin- 
daco espone  lo  stato  dclle  cose.  Egli  ha  conosciuta  la  notizia  della  con- 
venzione colla  Francia  edel  trasferimento  della  Capitale,  percomunicazio- 
ne  di  uno  amico  privato.  Solo  piu  tardi  fu  officiosamente  informato  da  per- 
sone,  che  yennero  per  esarainare  con  lui  la  quistione  dei  compensi.  Non 
ayendp  egli  tempo  in  quel  momento  di  consultare  la  Giunta  ne  il  Consi- 
glio, rispose  come  gli  dettaya  il  cuore.  Se  il  trasferimento  e  necessario 
al  bene  della  patria,  a  che  si  parla  di  compensi?  Se  invece  e  funesto, 
come  lo  crediamo,  Torino  pensa  troppp  altamente  dell'  Italia,  di  se,  per 
yendersi  (applausi  generali,  mvissimi,  prolungati).  Ora  la  questionesi 
e  aggravata  in  seguito  alia  dimostrazioue  di  ieri  sera.  Imporla  che  il 
Consiglio  municipale  si  rivolga  alia  popolazipne,  per  invitarla  ad  aspetla- 
re  con  calma,  e  non  porgere  ai  nostri  nemici  il  pretesto  di  calunniarci  e. 
di  dire  impossible  il  mantenimento  deii'ordine  in  questa  citta. 

«  Menaorea,  che  aveva  desiderato  di  dare  schiarimenti  come  consi- 
gliere,  prende  la  parola,  e  fa  una  lunga  esposizione,  da  cui  risulterebbc 
in  complesso:  che  il  Governo  francese,  dopo  grandi  dillicolta,  si  mostro 
pronto  ad  acconsentire  alia  convenzione,  a  patto  che  il  Governo  italiano 
desse  una  guarentigia  morale,  che  avrebbe  rispettato  e  fatto  risnettare  il 
non  intervento  a  Roma.  Questa  guarentigia  morale  Pepoli  la  trovo  nel 
trasferimento  della  Gapitale  a  Firenze.  Sicche  }'  idea  di  questo  trasferi- 
mento e  di  un  plenipotenziario  italiano  e  non  di  Napolepne;  e  quindi  6 
falso  che  essa  sia  stata  imposia,come,  aflermanp  alcuni  giornali  (Oh !  oh ! ) 

«  Questi  schiarimenti  esseudo  di  naiura  politica,  sorge  quistione  se 
debbano  essere  consegnati  nel  verbale,  oppure  tralasciati,  come  vorrebba 
1'oratore,  che  dice  aver  parlatp  in  senso  otficioso.  Revel  opina  che,  nel 
Consiglio,  e  Menabrea  consigliere,  e  non  Menabrea  ministro  che  ha  par- 
lato.  Le  sue  parole,  come. parole  di  consigliere,  sono  acquislateal  verba- 
le. Sclopis  prende  atto  degli  schiarimenti  ottenuti,  e  del  fatto  che  1'idea 
del  trasferimento  della  Capitale  e  scaturita  non  da  Napoleone,  e  nemme- 
np  dal  nostro  Governo,  ma  dal  plenipotenziario  Pepoli.  Ponza  di  San  Mar- 
tino,  dopo  aver  risposto  con  autorita  di  parola,  e  con  fma  ironia  alle  psser- 
vazioni,  con  cui  Menabrea  aveva  appoggiata  la  convenziooe  franco-ita lia- 
na; dopo  aver  derise  le  pretcse  ragioni  strategiche,  conchiude  chicden- 
do,che  il  Consiglio  mandi  il  discorso  stesso  di  Menabrea  alle  Camere  a 
guisa  di  petizione.  Egli  e  convinto,  cue  cio  sara  il  migliore  argomento 
per  ben  edificare  i  rappresentanti  della  Nazione!  » 

Qui  la  sedutft  fu  interrolta  e  divenne  agitatissima,pel  rimbouibo  delle 
grida  del  popolo  stipato  sulla  piazza,  e  pel  concitato  parlare  di  cittadini 
che  si  prescnlarono  a  chiedere  protezione  contro  le  violenze,chele  Guar- 
die  di  sicurezza  pubblica  stavano  allora  commettendo  in  piazza  S.  Car- 


240  CRONACA 

lo ;  di.che  parleremo  piu  sotto.  Chi  vuole  legga  i  parlicolari  ed  i  docu- 
ment! riferiti  anche  hell'ffoftd  Cattolica  del  23  Settembre.  Si  deputarono 
membri  della  Giunta  municipale,  perche  s'interponessero  presso  la  Que- 
stura  e  facessero  cessare  i  tumulti.  La  seduta  municipale  rimase  percio 
sospesa  buona  pezza ;  le  yie  erano  affollatissime,  le  botteghe  chiuse.  Fi- 
nalmente  la  seduta  si  ripiglio.  II  Sindaco  lesse,  ed  il  Consiglio  munici- 
pale approve)  la  seguente  deliberazione : 

«  II  Consiglio,  udite  le  comunicazioni  del  Sindaco,  considerando  che 
se  il  Municipio  torinese  fu  sempre,  nella  sfera  della  sua  azione,  coopera- 
tore  agli  atti,  che  potevano  condurre  aH'unita  italiana,  e  se  lacura  degli 
intercssi  municipali  non  lo  trattenne  dall'essere  il  primo  ad  applaudire  al 
Ministro  che  proclamava  Roma  Capitale  d'  Italia :  ora  pero  deve  grande- 
jnenle  commoversi  aH'annunziq  di  una  proposta,  la  quale,  senza  rispon- 
dere  a  quel  grande  concetto,  viene  a  colpire  in  moclo  cosi  doloroso  ed 
inaspettato  quella  condizione  di  fatto,  che  tante  dichiarazioni  delle  pode- 
sta  legittime  ayevano  pronunziato. 

«  II  Consiglio,  faccndosi  sicuro  interprete  di  quei  seniimenti  di  anti- 
ca  fede  nelle  sort!  nazionali ,  che  stanno  nel  cuore  di  questa  popolazio- 
ne,  delibera  si  debbano  usare  tutti  i  mezzi,  che  la  legge  accorda,  per  an- 
tivenire  ai  danni  ed  ai  pericoli  da  cui  trovansi  minacciati  gli  interessi 
jnunicipali,  tanto  connessi  colic  sorti  della  patria  italiana. 

<(  Intanto  incarica  la  Giunta,  acciocche,  dopo  aver  chiesto  al  Governo 
del  Re  categoriche  spiegazioni  sullo  stato  della  questione  attuale,  stencla 
una  relazione  particolarizzata  sulla  condizione  e  sull'  attitudine  della  cit- 
ta  di  Torino  a  fronte  degli  avvenimenti,  che  si  preparano ;  e  di  sottopor- 
la  quindi  nel  piu  breve  termine  possibile  alle  deliberazioni  del  Con- 
siglio ». 

A  noi  fece  raccapriccio  codesto  vantarsi  d'  aver  sempre  fatto  a  potere 
per  attuare  il  gran  concetto  dell'  unit  a  italiana,  a  prezzo  dell'assassinio 
del  Papa  e  dell'  usurpazione  di  Roma  al  suo  legittimo  soyrano !  Sono 
questi  concetti  degni  della  citta ,  che  per  antonomasia  chiamavasi  del 
Santissimo  Sacramento?  E  un  Municipio  che  bandisce  doyersi  spogliare 
del  suo  dominio  il  piu  angusto  de'  Sovrani ,  il  Yicario  di  Gesu  Cristo, 
puo  credersi  capace  di  inspirare  rispetto  aH'autorita?  II  gridare :  Andate 
ad  itsurpare  Roma ,  e  fprse  un  hello  spediente  per  accendere  nel  popolo 
Famore  della  giustizia,  il  rispetto  per  le  leggi  e  1'ordine? 

Siamo  persuasi,  che  molti  di  quei  che  approvarono  tal  deliberazione, 
il  facessero  solo  per  assentire  ad  uno  spediente  da  guadagnar  tempo,  ed 
impedire  che  la  Capitale  si  trasferisse  a  Firenze.  Ma  anche  questo,  se 
fatto  con  cpscienza,  e  brutto  ed  iniquo.  La  honta  del  fine  non  giustifica 
la  reita  dei  mezzi.  E  questo  senti  il  conte  Prospero  Balbo,  uno  de'  Con- 
siglieri ,  anzi  F unico  che  rifiutasse  il  suo  votp  a  quella  deliberazione: 
lo  sono  cattolico ,  grido  egli  forte  e  con  intrepidezza  di  cittadino  cattoli- 
co ,  e  percio  non  voylio  fir-mare  nissuna  ingiusta  proposta  per  tone  da 
Torino  la  Capitale.  Non  dubitiamp,  die  chiunque  ha  in  petto  una  scintilla 
di  amore  a  santa  Chiesa  ,  plaudira  a  questa  coraggiosa  protestazione , 
che  per  altro  non  desto  stupore  in  veruno  di  quei  che  conoscono  il  conte 
Prospero  Ralbo.  Egli,  anziche  contribuire  con  la  sua  presenza  e  co'  suoi 
ufficii  alia  usurpazione  della  Romagna ,  rassegno  un  alto  grade  nella  mi- 
lizia ,  ottenuto  con  isplendidi  servigi  allo  Stato,  e  si  ritrasse  alia  vita 
j)rivata. 


CONTEMPORANEA. 

8.  Frattanto  chc  cosa  era  accadulo  in  piazza  san  Carlo?  La  Gazzclta 
di  Torino  ayea  avuto  la  temerita  di  fare  una  descrizione  beffarda  della 
dimostraziqne  avvenuta  la  sera  precedente,  e  gia  da  noi  raccontata  ;  e 
di  yoltare  in  beffa  la  chiassata  falta  alle  proprie  qfficine:  di  che  irntati 
i  dirnostranti ,  vollero  pigliarsi  una  riscossa.  E  di  qui  tumulti  e  sangue. 
Tra  le  narrazioni  del  fatto  niuna  ci  parve  piu  moderata  nella  forma ,  o 
piii  conforme  ai  documenti  ed  alle  testimonianze  deposte  al  Municipio, 
che  la  scguentc  fatta  dall'  Unitd  Cattolica  del  23  Setterabre,  la  quale  ri- 
feriremo  per  intiero : 

«  Verso  le  ore  due  pomeridiane,  movendo  da  Porta  Nuova  con  bandie- 
re  spiegate,  una  certa  quantita  di  gente,  che  secondo  il  solito  ingrossava 
a  mano  a  mano  che  procedeva  ,  recayasi  sotto  i  portici  di  S.  Carlo.  La 
|)rese  a  vociferare  e  iischiare  senza  piu  la  Gazzetta  di  Torino.  La  gente 
calcava  in  modo  straordinario,  e  potevano  essere  giaqualche  migliaia. 

[ando  tutto  ad  un  Iratto  si  apre  la  porta  dell'ufficio  del  giprnale,  e  di  la. 

acanq  e  da  ogni  parte  accorrono  guardie  di  pubblica  sicurezza  ,  che 
Icolle  sciabole  sguainate  menano  colpi  a  diritto  ed  a  rovescio.  Ecio  senza 
essere  provocate  e  senza  dare  verun  avviso  alia  folia.  Ne  si  contentarono 
di  dar  piattonate,  ma  ferironq  di  punta  e  di  tagjio,  a  segno  che  yi  furono 
dei  grayemente  feriti.  Questi,  insieme  con  otto  o  dieci  arrestati,  furono 
condotti  alia  vicina  Questura,  accanto  alia  chiesa  di  santa  Cristina.  Unq 
dei  feriti  mori  alia  Questura  poco  dopq.  Questo  intimqri  i  dimostranti ,  i 
quali  si  sbandarono.  Ma  tornati  un  paio  d'  ore  dopo  piu  compatti  e  riso- 
luti  alia  Questura,  ne  tempestarono  la  porta  con  una  terribile  sassaiuola. 
Le  guardie  di  pubblica  sicurezza  chiuse  dentro  non  osavano  uscire.  For- 
tunatamente  dal  Municipio  vennerq  tre  assessori  a  togliere  d'impiccio  la 
Questura.  Feccro  meltere  in  liberta  gli  arrestati. 

a  Intanto,  divulgatasi  per  Torino  la  voce  di  questo  fatto  delle  guardie 
di  pubblica  sicurezza  ,  ed  esagerandosi  (come  intravviene)  il  numero  dei 
morti  e  dei  feriti,  si  suscito  una  fierissima  irritazione.  Varii  correvauq  per 
tutte  le  yie  gridando :  Chiudete  le  botteghe,  chiudete  le  botteghe,  minac- 
ciando  sassate  e  rjeggio.  In  men  che  non  si  dice  tutte  le  botteghe  di  via 
Nuqva,  dei  porlici  di  piazza  Castellq  ,  di  Dora  Grossa  furono  chiuse  a 
furia.  In  altre  -vie  piu  remote,  come  in  via  Milano,  un  droghiere  che  non 
voile  chiudere  ebbe  tutte  le  vetrine  sfracellate.  II  Ministero,  prevedendo 
serii  eventi,  aveva  chiamato  da  san  Maurizio  le  truppe  che  vi  stanno  a 
campo.  Verso  le  due  arrivava  il  primo  conyoglio  di  soldati.  La  popola- 
ziqne,  costernata  per  cio  che  yedeya  e  per  cio  che  prevedeva,  era  cupa, 
trista,  silenziosa  .  .  .  riempiva  le  yie,  massime  quelle  di  Dora  Grossa,  di 
Po,  yia  Nuova,  affollandosi  sulla  piazza  Castello.  Intanto  i  dimostranti, 
vedendo  che  il  Gqverno  dava  di  mano  alle  armi,  pensarono  a  fare  altret- 
tanto.  Trovandosi  tutti  disarmati ,  corsero  a  saccheggiare  tutle  le  botte- 
ghe di  spadai  e  tutte  quelle  oye  si  trovano  armi,  che  non  furono  a  tempo 
a  chiudere  le  porte.  Quelli  che  non  poterqno  aver  armi  si  armarqno  di 
bastoni.  Entrarono  anche  in  qualche  spaccio  di  tabacchi  per  pigliare  la 
polvere  da  fucile.  .  .  .  Non  dobbiamo  pero  omettere  che  verso  le  otto  la 
folia  irruppe  di  nuoyo  contro  1'uffizio  della  Gazzetta  di  Torino.  Pare  che 
il  guasto  aato  alia  tipogratia  sia  stato  considerevole  ,  non  essendo  stato 
pubblicato  che  un  mezzo  foglio  del  giornale  nel  di  seguente.  I  tumul- 
tuanti,  fatta  incetta  di  ciottoli,  con  cui  si  sta  acciottolando  la  via  vicina, 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  350.  16  10  Ottobre  1864. 


242  CRONACA 

fecero  un  mal  governo  della  porta  dell'  ufficio ,  che  il  mattino  si  vedeva 
tutta  improntata  dei  colpi  di  pietra  lanciati  la  sera. 

«  In^yarii  ufficii  deila  Questura  furono  tolte  le  insegne  e  lo  stemma 
reale  d'in  sullc  porte,  e  porta te  come  in  trofeo  al  palazzo  di  citta.  Dire- 
mo  anche,  .che  innanzi  al  Municipio  si  fece  falo  divarii  giornali  della  ca- 
pitale  /  come  la  Gazzetta  di  Torino  ,  la  Stampa,  YOpinione ,  la  Discus- 
sione,  ecc.  » 

La  Gazzetta  del  Popolo  narro,  il  di  seguente,  questo  fatto  con  molti  al- 
tri  particolari,  che  rnostravano  quanfo  fosse  stata  improvvida  e  violenta 
I'irruzioae  delle  guardie  di  sicurezza  pubblica.  Alcuni  soggiacquero  poi. 
alle  ferite  ivi  riportate.  11  deputato  Yegezzi  Ruscalla  non  si  perito  di. 
manclare  alle  stampe  una  lettera,  in  cui  testitico  d'aver  veduto  co'proprii 
occfai,  quando  gia  tutti  erano  sbandati  ,  parecchie  di  quelle  guardie,  at- 
terrato  uno  dei  fuggiascbi,  percuoterlo  con  le  daghe  sul  capo  e  sulla  per- 
sona, in  modo  da  coprirlo  di  ferite  e  di  sangue ;  ed  aggiunse  che,  avendo 
ioro  intimato  di  desistere,  e  mostrata  percio  la  sua  piastra  di  Deputato  r 
gli  fu  risposto  con  oscena  viliania ,  che  andasse  a  farsi  far  ragione  alia 
Questura ;  ed  il  misero ,  che  stavano  battendo,  ^vi  fu  trascinato  prigione. 

Certo  e  che  lo  stesso  Governo  doyette  riconoscere  qualche  grave  torto 
In  quelle  guardie  ,  o  temette  forse  di  vederle  diventare  vittima  di  terri- 
foile  vendetta  popolare  ;  poiche  la  notte  seguente  le  fece  uscire  tutte  da 
Torino,  e  pubblico  poi  im  Decreto,  che  dichiarava  sciolta  quella  compa- 
gnia,  ed  avviata  una  inquisizione  giudiziaria  sul  falto. 

9.  Ma  questo  fu  nulla  ,  a  confronto  della  sanguiaosa  tragedia  che  ay- 
venne  a  sera  tarda  in  piazza  Castello ,  dove ,  come  abbiain  narrate  piu 
sopra ,  molto  popolo  la  sera  precedente  erasi  dato  la  posta  di  convenire, 
per  una  dimostrazione  pacitica  e  legale.  E  qui  lascieremo  parlare  prima 
di  tutti  la  Gazzetta  ufficiale  del  22  Settembre: 

«  Gravi  disordini  perturbarono  ieri  la  tranquillita  della  citta  di  Tori- 
no. Verso  le  due  pomeridiane  varii  assembramenti  si  vennero  formando 
in  alcuni  pimti  della  citta.  Essendo  stata  tentata  una  aggressione  all'uffi- 
cio  della  Gazzetta  di  Torino,  in  piazza  san  Carlo,  im  drappello  di  guar- 
die di  pubblica  sicurezza  disperdeva  rassembramento,  facendo  uso  delle 
sciabole.  Per  questo  fatto  deplorevole  il  Governo  ha  irmncdiatamente  or- 
dinato  una  inchiesta  giudiziaria  sulla  condotta  degli  agenti  di  pubblica 
sicurezza. 

«  Piu  tardi  il  tumuHo  in  quella  piazza  divenne  piu  minaccioso  con- 
tro  F  ufficio  di  Questura,  che  ivi  ha  sede.  Oltre  a  parecchi  soldati  ed  a 
tre  niliciali  feriti  a  colpi  di  pietra,  si  avevano  gia  a  deplorare  tre  ucci- 
sioni,  di  due  agenti  e  di  una  guardia  di  pubblica  sicurezza;  quando 
sventuratamente  una  folia  di  persone,  armate  di  hastoni,  di  sassi  ed  al- 
cune  di  pistola,  avendo  voluto  sforzare  uno  squadrone  di  allievi  carabi- 
nieri,  situato  fino  dal  principio  della  sera  in  piazza  Castello,  tentando  di 
dtsarmarii  ed  investendoli  violentemente,  questi  fecero  per  propria  difesa 
e  senza  comando  una  scarica  di  fila  delle  loro  armi.  La  folia  si  disperse 
iiiimediatamente. 

«  Si  rinvennero  dieci  morti  e  varii  feriti  tra  i  cittadini.  Venti  carabi- 
Bieri  crano  stati  feriti  con  bastoni  e  pietre,  fra  i  quali  cinque  gravemen- 
te.  Finalmente  la  calma  si  ristahili  dopo  la  mezzanotte,  anche  col  concorso 
di  alcuue  pattuglie  e  di  un  drappello  di  guardia  nazionale,  che  fu  lascia- 


CONTEMPORANEA  243 

ta  a  difesa  della  Questura.  Se  non  che  piu  tardi  una  banda,  cbe  sembra 
fosse  una  parte  di  quella  che  avea  aggredito  i  reali  Carabinieri,  forzava 
una  bottega  di  armaiolo,  vi  prendeva  del  fucili,  di  cui  iece  uso  contro  la 
truppa  che  la  raggiunse,  pperando  1'arresto'di  dieci  individui,  e  racco- 
gliendo  una  ventina  di  fucili  ed  un  tamburo. 

«  Questa  mattina  1'  ordine  non  fu  turbato.  Molla  truppa  e  venuta  dal 
campo  di  S.  Maurizio  ed  e  sotto  gli  ordini  di  S.  E.  il  Generate  d'armata, 
conte  Della  Rocca.La  Guardia  nazionale,  cheieri  non  si  pole  raccogliere 
numerosa,  e  novamente  chiamata  sotto  le  armi.  Giova  sperare  che  la 
saggezza  e  la  temperanza  tradizionali  della  patriottica  popolazione  tori- 
nese,  cui  si  indirizzo  il  Sindacp  della  citta  col  proclama  che  riportiamo 
qui  sotto,  varra,  insieme  alle  misure  adottate  dal  Governo,  ad  imporre  a 
coloro  che,  profittando  della  dplorosa  concitazione  degli  animi,  si  atten- 
tassero  rinnovare  le  deplorabili  scene  del  giorno  scorso.  » 

Riferita  questa  narrazione,  il  Diritto  del  24  esclamo  furihondo:  «  Ope- 
ra d'un  Ministero  raentitore,  questo  articolo  e  una  infame  menzogna.  Non 
e  vero  che  i  Carabitiieri  ibssero  in  piazza  Castello  aggrediti  e  delle  armi 
facessero  uso  a  difendersi...  II  fuoco  fu  tanto  improyviso  ,  che  furono  fe* 
rite  persone  paciriche,  che,  se  avessero  preveduta  possibile  una  scarica, 
si  sarebbero  certo  allontanate.  Se  fu  per  difesa  delle  pe  rsone,  perche  i  Ca- 
rabinieri non  adoperarono  ie  baionette  ?  Oueste,  adoperate  sbltanto  a  di- 
fesa, feriscpno,  non  uccidono;  spaventano,  non  fanno  strage  ecc.  » 

E  ['Unita  Cattolica  va  d'accordo,  in  quanto  dice  che  bensi  la  folia  ac- 
calcavasi  e  brontolava  perche  trovava  cniuso,  senza  saperne  il  perche,  il 
passaggio;  ma  che  le  fucilate  vennero  di  subito. 

Per  quanto  si  facesse  battere  a  raccolta  ,  la  guardia  nazionale  non  si 
aduno;  e  ppchi  militi,  che  diedero  mano  alle  armi  ed  uscirono  per  le  Tie, 
furono  fatti  tornare  alle  loro  case  dalle  tischiate  e  dalle  minacce  del  po- 
polo.  Certo  e  che  i  feriti ,  e  quelli  che  dalle  ferite  morirono  poi  alle  case 
loro,  furono  troppi  piu  del  numero  datp  dalla  Gazzetta  ufjiciale;^  dall'in- 
q'uisizione  giudi/.iaria  istituita  dal  Municipio  risulto  ,  come  diremo  a  suo 
luogo,  che  le  cose  procedettero  ben  diversamente  da  quel  che  raccontas- 
se  la  Gazzetta  ufficiale.  Tra  i  morti  cadde  una  signora  che  ,  giunta  per 
la  via  ferrata  pur  allora,  afliinaavasi  di  passare  a  traverso  quella  folia, 
per  riparare  alia  sua  casa. 

10.  II  Governo  si  affretlo  di  proyvedere  per  la  domane.  Furon  levali 
cadavcri ;  portati  feriti  agli  spedali ;  lavato  con  gran  cura  il  sangue  di 
terra.  Poi,  mentrc  per  la  via  ferrata  si  facevano  venire  piu  Reggimenti 
di  linea,  e  baiterie  d'  artiglieria  ,  grosse  pattuglie  di  300  uomini  comin- 
ciarono  a  percorrere  le  vie ,  e  tutto  il  presidio  ,  accampato  sulle  piazze 
principali,  vi  ebbe  a  serenare  fino  alia  mattina  seguente,  quando  truppe 
fresche  presero  il  luogo  di  quelle  che  aveano  vegliato.  La  gran  piazza 
d'anne  fu  cangiata  in  campo  di  baltaglia,  adunandovisi  una  diyisione  in 
tutto  punto  di  guerra,  con  le  micce  accese  a'cannoni.  Un  reggimento  fu 
ppsto  a  guardia  dell'  Arsenale.  Grossi  battaglioni  assicurarono  le  polye- 
riere.  II  palazzo  reale  ed  i  giardini  adiacenli  furono  muuiti  da' Carabinie- 
ri. La  Questura  circondata  da'Bersaglieri.  Tulto  spirava  lutto,  tutto  facea 
presentire  nuovi  orrori.  Le  botteghe  quasi  tutte  chiuse.  Ma  che?  Lascia- 
mo  parlare  la  Gazzetta  iifficiale  del  23  Settembre: 

«  La  giornata  diieri  passava  tranquilla,  e  cosi  pure  le  prime  ore  della 
sera.  Nelle  piazze  d'Armi,  Castello,  san  Carlo  e  Carlo  Enmianuele  II 


244  CRONAGA 

stanziavano  delle  truppe.  Forti  pattuglie  yenivano  poste  in  giro  nelle 
principali  strade,  onde  cpnservar  liberala  circolazione.  Tutto  progrediva 
bene,  e  sembrava  potersi  sperare  che  non  si  rinnovassero  disgustosi  av- 
venimenti.  Ma  verso  le  ore  nove  da  alcune  parti  convenivano  in  piazza 
san  Carlo  diversi  gruppi  di  sehiamazzatori.  Verso  le  ore  nove  e  mezzo 
una  gran  folia  di  popolo  trovavasi  radunata  in  tal  piazza,  nella  quale  era- 
no  disposte,  lungo  i  portici,  le  truppe,  con  una  compagnia  davanti  alia 
casa  della  Questura,  onde  proteggerla  contro  le  aggressioni  del  popolo 
che  appunto  contro  di  essa  riyolgeva  le  sue  minacce. 

«  Ad  un  certo  momento,  siccome  venivano  scagliati  sassi  nell'interno 
del  portone  della  Questura,  il  questore  si  decise  a  far  sgombrare  la  piazza 
coll'uso  della  forza,  facendo  precedere  le  tre  intimazioni  e  squilli  di  trom- 
ba  in  conformita  della  legge.  Fece  in  conseguenza  uscire  fuori  del  por- 
tone, oltre  la  compagnia  di  fanteria  che  gia  vi  era,  alcuni  Carabinieri  che 
stavano  nell'interno  della  Questura,  e  fatto  avanzare  sulla  porta  un  as- 
sessore  munito  della  sciarpa  tricolore,  scortato  da  due  Carabinieri,  fece 
eseguire  la  prima  intimazione  ed  il  primo  squillo.  Appena  eseguito  que- 
sto  e  mentre  continuavasi  a  scagliar  pietre,  i  due  Carahinieri,  che  scor- 
tavano  I'assessore,  caddero  feriti  da  due  colpi  di  fuoco  partili  dalla  folia. 
Allora  i  Carabinieri  cominciarono  il  fuoco  contro  il  gruppo  degli  aggres- 
sori,  senza  che  finora  siasi  potato  venire  in  chiaro  se  il  comando  di  far 
fuoco  sia  stato  dato. 

«  Per  la  disposizione  che  avevano  le  altre  truppe  nella  piazza  suddet- 
ta,  alcune  delle  palle  tirate  colpirono  parecchi  soldati  ed  il  Colonnello 
Colombini ,  comandante  del  17°  che  appunto  guerniva  la  piazza  dal  lato 
di  levante.  Alcuni  soldati  del  17°vedendo  colpiti  i  loro  cpmpagai,  spara- 
roao  instintiyamente  qualche  colpo,  dei  quali  alcuno  ando  a  ferire  soldati 
di  un  battaglione  del  06  reggimento,  situato  dirimpetto  sul  lato  opposto 
della  piazza,  e  che  teneva  le  armi  al  fascio.  Lo  stesso  effetto  si  produsse 
anche  sopra  varii  soldati  di  questo  battaglione,  i  quali,  impugnate  le 
arrai,  le  caricarono  pur  cssi.  I  comanrlanti  dei  battnglioni  fecero  cessare 
tosto  questo  disqrdine;  ma  le  conseguenze  furono  clie  caddero  morte  26 
persone  e  66  ferite,  fra  le  quali  2  soldati  morti  e  14  feriti,  compresi  al- 
cuni colpiti  gravemente  da  sassi. 

«  II  rapporto  di  questa  mattina  del  medico  militare,  capo  del  serviziq 
del  dipartiinento,  informa  che  i  dei  soldati  feriti  lo  furono  da  quadrettoni 
e  pallette  da  caccia,  sicuraraente  tirati  dagli  aggressori.  II  Ministero  ha 
ordinato  una  pronta  inchiesta  su  questi  fatti,  diretta  principalmente  a 
ehiarire  se  il  comando  di  far  fuoco  sia  o  no  stato  dato.  Dopo  questo  do- 
loroso  avvenimento,  nessun  altro  disordine  si  e  avuto  da  lamentare.  » 

La  folia  si  disperse,  fuggendo  a  rotta  per  le  vie  adiacenti.  Ma  accor- 
sero  subito  sacerdoti ,  che,  senza  curare  il  pericolo  in  cui  si  esponeyano, 
diedero  bel  saggio  della  carita  evangelica,  apprestando  i  supremi  con- 
forti  agli  agomzzanti,  ed  aiutando  a  levare  i  feriti.  Ognuno  capira  di 
leggieri  che  il  nurnero  di  questi ,  non  pochi  de'  quali  soggiacquero  poi 
nelle  case  loro ,  fa  molto  maggiore  che  il  dichiarato  dalla  Gazzetta  uffi- 
ciale.  Un  fuoco  incrociato  da  tre  parti,  in  una  folia  cosi  stipata  ,  dovea 
essere  micidialissimo.  Fu  sventura,  forse,  piii  che  colpa;  ma  il  macello 
fu  orribile.  Mold  de'  feriti,  che  a  botta  calda  aveano  aucora  forza  di  cam- 
minare,  trassero  alle  farmacie  vicine  ed  ebbervi  le  prime  cure.  Molti  altri 


CONTEMPORANEA  245 

si  trascinarono  alle  case  loro.  I  cadaver!  furono  da'  soldati  accumulati 
sui  gradini  del  monumento  equestre  di  Emmanuele  Filiberto,  che  la  mat- 
tina  seguente  erano  impprporati  del  sangue,  die  ne  scorreva  a  rivi  sul 
lastrico  della  piazza.  Quiyi  appunto  era  stato  il  grosso  della  strage,  per- 
che  i  piu  timidi  s'  erano  ivi  collocati,  credendosi  piu  sicuri  perche  piu, 
lontani  dalle  truppe.  Tra  tanti ,  morli  e  feriti,  che  furono  visitati,  un 
solo  fu  trpvato  con  armi ;  gli  altri ,  i  piu  giovani  operai,  qualche  donna 
e  parecchi  fanciulli ,  erano  curiosi  che  volcano  vedere,  e  portarpno  la 
pena  dovuta  ai  pochi  tristi  provocalori  della  strage.  Riferircmo  poi  a  sup 
luogo  cio  che  fa  posto  in  sodo  dalla  Giunta  municipale,  circa  la  legalita 
del  contegno  del  Questore;  che  fu  poi  subito  dopo  invitato  a  prendere 
un  congedo  di  qualche  mese,  e  surrogate  da  un  snpplente. 

11.  La  mattina  seguente  il  popplo  trangosciato  correva  a  vedere  il 
luogo  del  macello ,  e  la  vendetta  si  leggeva  negli  occhi  di  molti ,  che 
contemplavano  gli  spazzini  della  citta  occupati  in  lavare  i  gradini  del 
monumento,  ed  il  lastrico  della  piazza  e  de'  portici.  11  Municipio,  come 
gia  avea  fatto  il  di  innanzi ,  avea  pubblicato  caldi  inviti  a  pace  e  quiete; 
un  Cpmitato  dichiarava  nemico  della  patria  chi  partecipasse  ad  affolla- 
nienti  tumultuosi,  onde  potessero  nascere  nuovi  disordini ;  il  Prefetto  ed 
il  Sindaco  erano  in  affanno  per  quietare  la  citta,  e  molti  buoni  cittadini 
andavano  attorno  per  esortare  i  mercanti  ad  aprire  le  botteghe. 

Ma  questo  non  rimovea  il  pericolo  di  nuovi  e  forse  piu  aspri  conflitti. 
La  Gazzettadelpopolo  tenendosi  nellastretta  legalita,  bandiva  il  da  farsi. 
«  Sia  parola  d'ordine :  il  Minislero  in  istato  d'accusa.v  Un  fremere  cupo, 
un  imprecare  rabbioso  udivasi  d'ogni  parte  contro  i  ministri  Minghetti  e 
Peruzzi.  «  Noi  crediamo,  stampo  il  Diritto  del  24 ,  ripetendo  cio  che  tut- 
ti  diceano  il  di  precedence,  noi  crediamo  che  nessuno  abbia  fomentato, 
nessuno  eccitato  i  disordini ,  nessuno  cercato  di  rendergli  piu  gravi ; 
nessuno,  eccetto  il  Governo  e  la  Polizia.  I  soli  responsabili  degli  infami 
eccessi,  che  funcstarono  non  Torino  soltanto,  ma  tutta  1' Italia,  sono  i 
Ministri ;  sono  quei  pochi  disgraziati ,  che  dopo  aver  rubato  quanto  ci 
era  a  rubare  al  paese(e  qui  omettiamo  un  inciso  che  in  Roma  non  si  dee 
trascrivere ) , •  haano  bisogno  di  un  colpo  di  Stato....  II  sangue,  onde 
hanno  bruttate  le  mani ,  gli  rivela  traditori.  II  Parlamento...  li  mandera 
alia  Corte  d'Assise,  come  volgari  malfattori....  L' Italia  non  puo  essere 
governata  da  spregevoli  assassini ,  molto  piu  tristi ,  molto  piu  infami  di 
Caruso  o  di  Crocco.  Che  questi  alle  opere  di  sangue  si  trovarpno  di  per- 
sona, e  misero  a  repentaglio  la  vita.  Costoro  invece,  mentre  il  popolo  si 
assassina  per  ordine  loro  nellevie,  stanno  affacciati  al  balcone  del  Mini- 
stero,  fumando  il  sigaro  e  godendo  il  truce  spettacolo,  sicuri  nella  pro- 
pria  villa.  E  mestieri  che  1' Italia  non  soffra  piu  un  giorno  siffatti  uomini 
al  potere....  A  Torino  non  e  vero  che  si  sgozzi  il  piemontesismo,  si  assas- 
sina 1'  unita  e  liberta  d'  Italia.  » 

Si  badi  bene  che  gli  scrittori  del  Diritto  non  sono  piemontesi ;  lo  di- 
chiararono  essi  medesimi,  ed  a  questo  attribuirpno  la  poca  popolarita  del 
Joro  giprnale  in  Torino.  Or  facciasi  ragipnc  di  quel  che  dovean  dire  i 
Torinesi!  Ognuno  stava  in  angoscia,  trepidando  che  la  sera  del  23  do- 
vesse  essere  funestata  da  nupve  e  piu  orrende  stragi. 

Ne  i  Ministri  erano  irnmuni  da  tal  timore.  La  piazza  di  san  Carlo  pa- 
reva  un  campo  di  battaglia,  tanto  era  assiepata  di  truppe  da  ogni  lato. 
Dal  campo  di  S.  Maurizio  eran  giunti  piu  di  28,000  uomini ,  con  oltre  a 


M6  CRONACA 

100  cannoni.  In  vetta  al  colle  de'Capuccini,  che  domina  )a  citta,  erano 
appostate  grosse  artiglierie.  Pattuglie  d'un  intero  battaglione  percorreano 
le  vie  priucipali,  mentre  la  piazza  Castello  era  guardata  da'  Bersaglieri. 
Tanto  apparato  perche?  Perche  il  Ministero  volea  vincer  la  prova,  pronto 
a  bombardare  Torino,  ad  affogare  nel  sangue  ogni  resistenza  a'  suoi  pro- 
positi.  Per  buona  Centura  un  personaggio  pote  penetrare  presso  il  Re, 
ed  esporgli  il  vero  stato  delle  cose.  Dicono  che  Vittorio  Emmanuele  ne 
inorridisse,  al  sapere  che  gia  sommessamente  gli  si  dava  nome  di  Re 
Bomba,  e  che  un  piu  lungo  indugio  avrebbe  tratto  a  qualche  scempio 
spaveatoso.  Fece  dunque  iavitare  i  Ministri  a  dare  le  loro  dimissioui. 
Rifiutarono;  e  ripregati,  si  ostinarono  in  voler  restare,  dicendo  che  non 
doveano  cedere  alle  violenze  plebee  e  non  si  rimoverebbero  dal  proposito, 
che  per  ordine  precise  e  formale  del  Re.  Yittorio  Emmanuele  capi  dove 
stava  F  ultima  speranza  di  ricomporre  a  quiete  la  sua  Ga  pi  tale  provviso- 
ria,  e  loro  mando  1'ordine  di  rassegnare  la  carica.  Al  che  i  Ministri  eb- 
bed irono. 

La  notizia  di  cio,  cominciata  prima  a  diffondersi  vagamente  sul  mez- 
zogiorno,  poi  pubblicata  ufficialmenle  verso  sera,  e  bandita  anche  dal 
Siadaco  in  apposite  proclaim,  giovo  molto  a  sedare  le  ire;  e  1'annunzio 
che  il  Re  avea  affidatp  al  Generate  Alfonso  La  Marmora  1'  incarico  di 
formare  un  nuovo  Gabinetlo,  fmi  di  calmare  1'esasperata  popolazione  ; 
forse  per  uua  se^reta  lusinga,.  che  ando  poi  delusa,  che  questi ,  piemon- 
tese  di  razza  aulica,  non  vorrebbe  dar  mano  ad  imnaolare  la  patria  sua  ai 
disegni  di  Napoleone  III;  posciache  cominciava  a  prevalere  I'  opinions, 
diflusa  ad  arte  dai  caduti  Ministri,  che  1'imminenza  delia  guerra  contro 
1'Austria,  per  la  redenzione  di  Venezia,  rendea  necessaria  la  traslazione 
della  Capitale.  Ed  intanto  si  buccinava  daaltri,  che  prezzo  del  nuovo  in- 
tervento  di  Francia  per  1'  Italia  sarebbe  la  ccssione  della  Valle  d'Aosta  e 
di  buoii  tratto  dt'll'antico  Piemoiite,  fino  alia  Sesia  od  al  Po ;  ovvero  la 
cessione  deila  Sardegna  o  di  buon  tratto  della  Liguria  fino  a  Geneva.  Di 
che  erano  troppo  inaspriti  gli  animi,  e  inchinati  a  giudicar  felloni  e  tra- 
ditori  i  caduti  ASinistri,  e  disposti  a  sperar  meglio  dal  La  Marmora. 

12.  S' ingannavano  a  partite  i  Torinesi,  credendo  che,  col  mutare  di 
uomini,  si  verrehbe  a  capo  di  Tar  mutare  le  risoluzioni  fermate  da  Napo- 
leone III,  il  quale  e  il  vero  sovrano  d'  Italia.  Egli  avea  stipulata  la  con- 
venzione  del  13  Seltembre,  ed  era  cosi  interessato  a  vederla  effettuata, 
che  alii  20  si  scarabiarone  le  ratitiche.  II  che  fece  credere  che  veraraen- 
te,  ceine  diedero  a  intendere  la  Patrie  e  la  France,  giornali  ufficiosi  del 
Gabinetto  delle  Tuileries,  si  tralti  di  ben  altro  che  del  solo  assetto  delle 
cose  di  Roma.  E  questa  credcnza  fu  raffermata  dal  programma,  che  ri- 
feriremo  a  sue  luoge,  del  nuovo  Ministero.  Ne  la  Chiesa  ha  molto  a  ral- 
legrarsi  per  la  discacciata  del  Pisanelii,  uno  clei  piu  scellerati  ed  ipocriti 
persecutor!,  che  la  setta  Fchhroniana  abbia  generati;  imperoccbe,  se  noa 
e  da  teniere  che  egli  torni  al  Ministero,  almeno  par  certo  che  debba  a 
lui  sottentrare  un  degno  sue  emolo  nell*  impresa  di  osteggiare  con  ogni 
maniera  di  angherie  I' Episcopate  ed  il  Clero. 

Dieci  giorni  prima  di  essere  cestrette  a  lasciare  la  carica,  alii  13  Set- 
tembre,  il  Pisanelii  avea  spedito  una  delle  sue  melliflue  circolari,  riferita 
nell'  Unitd  Cattolica  del  28;  ed  in  essa,  tutta  sugo  e  distillate  di  gianse- 
nisme  sopraflino,  il  diligente  imiratore  di  Tanmicci  volgeva  I'occhio  be- 
nigno  a'Seminarii  dioccsani.  Si  protestava  del  sue  arnore  per  essi,  li  vo- 


CONTEMPORANEA  217 

lea  riaprire,  volea  provvederli  di  sussidio,  giurava  chc  farcbbc  di  tulto 
perche  la  gioventu  vi  fosse  ben  istruita  ed  educata  nello  spirito  ecclesia- 
stico;  ma. . .  E  qiii  veniva  il  resto.  In  10  articoli,  da  digradarne  la  pid 
disonesta  Polizia,  vpleva  che  per  filo  e  per  segno  i  Vescoyi  gli  dessero 
cpnto  del  numero  dei  Scminarii,  del  Profcssori,  degli  scolari,  se  soli  chie- 
rici  od  anche  laici  frequentassero  quelle  scuole;  qual  pensione  vi  si  pa- 
gasse;  quale  la  dptazione  d'ogni  Seminario  ed  in  quali  specie  di  rendite, 
se  di  beni  immobili  o  di  censi;  come  composta  I'amministrazione;  quali 
gli  atti  di  fondazipne,  i  titoli,  i  patti  di  reversibilila,  le  condizioni  tutte 
onde  sono  coslituiti ;  come  procedette  per  ogni  rispetto  ciascun  Seminario 
dalla  sua  fondazipne  fino  ai  di  presenti;  e  da  ultimo  quale  il  numero  me- 
dio  delle  prdinazioni  in  un  decennip.  Questo  pretendea  dai  Vescovi  quel 
tristo  curiale,  per  trarne  poi  cagioni  ossia  pretesti  di  abolire  chi  sa  quanti. 
Seminarii,  od  almeno  suggettarli  aH'arbitrio  del  Governo  laico. 

13.  Per  queste  sue  nefandezze  il  Pisanelli  non  avra  certo  da  rendere 
conto  alia  giuslizia  degli  uomini,  oggimai  troppo  avvezzi  a  tar  buon  mer- 
cato  delle  cose  di  Dio  e  di  santa  Chiesa.  Non  cosi  parve,  che  dovesse  ac- 
cadere  ad  uno  de'  suoi  colleghi,  e  ad  un  suo  compaesano,  amendue  suoi 
cpmplici  nei  fatti  di  Governo.  II  Peruzzi  e  Silvio  Spaventa,  suo  Scgreta- 
rio  gcnerale  nel  Ministero  per  gli  affari  interni,  furpno  fprmalmente  de- 
nunziati  al  Procuratore  del  Re  presso  il  Tribunale  di  Torino,  con  quere- 
)a  firmata  da  molti  Deputati,  avvocati  e  cittadini,  come  rei  d'avere,  fal- 
siftcando  telegrammi  spediti  nelle  province,  voluto  provocare  al  disordi- 
ne,  all'pdio  fra  cittadini,  alia  guerra  civile.  II  Peruzzi  e  Silvio  Spaventa 
furono  in  chiari  termini  accusati  d'aver  di  proprio  capo,  e  per  loro  iirii, 
commesse  tali  alterazioni  di  verita,  e  percio  fu  chiesto  che  dpvessero  es- 
sere  messi  a  disposizione  deirautorita  giudiziaria.  L'atto  di  denunzia  , 
coi  nouii  dei  sottoscritti,  leggesi  nell'  Unitd  Cattolica  del  27  Settembre. 
Ma  come  il  Menabrea  si  ritiro  in  Francia,  il  Cugia  in  Sardegna ,  il  Min- 
ghetti  con  la  dolce  sposa  non  si  sa  dove ;  cosi  il  Peruzzi  si  trafugo  via 
da  Torino,  e  lo  Spaventa,  niente  meno  di  lui  atterrito  dalle  orrenae  mi- 
nacce  di  cui  era  bersaglio  per  parte  del  popolo  infuriato ,  si  trasse  an- 
ch'  egli  in  salvo.  Ne  il  Procuratore  del  Re  in  tali  casi  puo  essere  troppo 
zelanlc  in  perseguitare  tali  uomini.  Ad  ogni  modo  si  sa  che  molli  testi- 
monii  gia  si  presentarono,  o  furono  indicati  al  Fisco,  per  recare  le  prove 
legali  e  materiali  contro  que'  due  falsarii;  e  tra  i  testimonii  v'  ha  qual- 
che  rappresenlante  di  Potenze  straniere,  viha  Senatori,  Deputati  e  cit- 
tadini ragguardevolissimi. 

14.  La  denunzia  criminale  contro  il  Peruzzi  e  lo  Spaventa  viene  con- 
fortata  dalla  relazione,  fatta  al  Municipio  dalla  Giunta,  incaricata  di  pro- 
cedere  ad  una  inquisizione  sopra  i  faiti  deplorabili  dei  giorni  20,  21  e  22 
Settembre.  Da  questa,  il  cui  processo  verbale  si  legge  per  disteso  nel- 
F  Unitd  Cattolica  del  28  Settembre,  risulto :  1.°  Che  circa  i  fatti  avvenu- 
ti  nel  pomeriggio  del  21  in  piazza  san  Carlo,  la  guardia  nazionale  non 
falli  al  dover  suo,  poiche  si  presento  quando  e  come  fu  chiamata,  e  che 
«  le  violenze  rnossero  illegalmente  dalle  guardie  di  sicurezza  pubblica  e 
Bpn  dalla  popolazione.  »  2.°  Pei  fatti  avvenuti  la  sera  di  quel  giorno  in 
piazza  Castello,  fu  posto  in  sodo  «  che  le  tre  intimazioni  legali  non  ven- 
nerp  fatle,  e  di  piu  gli  allievi  Carabinieri,  non  solo  tirarono  quando  i  cit- 
tadini gia  fuggivano,  ma  cambiarono  ancora  il  tiro  per  seguirli  col  fuo- 
co,  come  risulta  dalle  palle  andate  a  colpire  fuori  di  piazza.  »  3.°  Intor- 


248  CRONACA 

no  al  fatto  del  22  in  piazza  san  Carlo,  fu  chiarito  «  die  gli  allieyi  Cara- 
binieri  pltrepassarono  i  soldati  di  linea  che  erano  davanti  la  Questura,  e 
fecero  fuoco  senza  le  intimazioni  legali.  »  Tulte  le  quali  cose  furono  ac- 
certate  per  deposizipni  di  testimonii,  non  piemontesi  solo  o  torinesi,  ma 
«  ancbe  fprestieri,  cioe  polacchi,  inglesi,  prussiani.  »  Cosi  rifcriva  il  Con- 
sigHere  signer  Ara. 

Sprgeva  poi  il  Consigliere  Tecchio  (da  Yicenza) ,  ed  aecennaya  alia  vo- 
ce  diffuse,  che  in  quei  giorni  il  Questore  fosse,  a  dircpsi,  messo  dapar- 
te,  facendosi  le  sue  parti  da  «tre  irapiegati  ministerial}  scelti  dallp  Spa- 
•yenta.  »  Ed  in  eonfermazione  di  cio  allegavasi  un  fatto  molto  significati- 
ve; cioe  che  il  Capitano  degli  allievi  Carabinieri,  che  quella  sera  fecero 
fuoco  sul  popolo  in  piazza  san  Carlo,  dichiarassc  «  aver  avuto  1'ordine 
dal  Questore;  ma  poi,  condotto  avanti  il  Questore,  ayesse  scoperto  d'es- 
sere  stato  zimbello  d'un  altro  agente  che  ,  o  gli  avea  parlato  a  nome  del 
Questore,  o  gli  si  era  dato  come  Questore  egli  stesso.  » 

15.  In  questo  mezzo  il  Generale  La  Marmora  si  trayagliaya  per  trpya- 
re  Colleghi  nei  Ministerp,  e  da  molte  parti  incontrava  ritiuti;  perche  gli 
era  pur  forza  dichiararsi  circa  il  mantenimento  della  conyenzione,  e  li 
sorgevano  le  difficolta.  Yedendosi  per  altra  parte  che  V  agitazione  popo- 
lare,  se  non  prprorapea  in  tumulti,  diveaiva  pero  piuminacciosa,  perche 
assumeva  indirizzo  e  forrae  legali,  il  lie,  ad  istanza  del  La  Marmora,  an- 
nul] 6  un  Decreto ,  col  quale  il  giorno  20  ayea  conyocate  le  Caraere  pel 
giorno  5  di  Ottobre,  ed  ordino  che  questa  riapertura  della  Sessione  par- 
lamentare  abbia  luogo  nel  giorno  24,  per  dar  tempo  al  Ministero  di  co- 
stituirsi  e  pprsi  in  assetto.  .Da  Parigi  era  accorso ,  al  primp  scoppiare 
de'torbidi,  il  Nigra,  depositario  degli  arcani  napoleonici,  e  rimase  a  To- 
rino per  confortare  il  La  Marmora,  tinche  fu.  formato  il  Ministero.  Alii  30 
torno  a  Parigi. 

16.  Guadagnar  tempo  in  tali  congiunture  ,  e  dare  campp  alle  passioni 
di  sbollire  e  calmarsi,  e  certamente  savio  cpnsiglip.  Ma  i  Piemontesi  ban- 
no  riputazione  di  tenacita  nei  loro  propositi.  No  diede  proya  il  Mutiicipio 
di  Torino,  che,  messosi  una  yolta  sulla  yia  indicata  da  qualche  italiams- 
simo,  di  attenersi  all'alternatiya :  o  Torino,  o  Roma,  indirizzo  al  Gover- 
no  un  richiamo,  recitato  fedelraente  dall'  Unild'Caltolica  del  29  Settem- 
bre,  per  averlo  a  tal  fine  ricevuto  dal  Sindaco.  In  quest'atto,  che  lo  spa- 
zio  non  ci  permetle  di  riferire,  il  Municipio  torna  a  ricordare  i  sacrifizii 
fatti,  a  rammentare  i  disegni  del  Cavour  quanto  al  trasferire  la  Capitale 
del  regno  nell'  eterna  citta,  ed  il  yoto  della  Camera;  poi  dichiara  che, 
agli  occhi  di  tutti,  in  Italia  come  fuori,  cio  che  fu  pattuito  nella  Conven- 
ziprie  del  13  Settembre  «  significa  rinunzia  a  Roma  Capitale  d'  Italia,  e 
minacciata  1'  integrita  nazionalc.  »  Quindi,  non  senza  una  certa  ferrnezza 
di  parole,  fa  intendere  che  Torino  non  e  disposta  a  lasciarsi  sacrificare, 
se  non  a  patto  di  cedere  a  Roma  Capitale  d'  Italia. 

Questi  voti,  sacrileghi  perche  riescono  a  bandirc  guerra  contro  il  Pa- 
pa, ed  usurpazipne  del  piu  sacro  fra  i  diritti  di  Sovranita  temporale  che 
si  conosca,  meritavano  un  castigo,  e  gia  cominciarono  ad  ayerlo. 

17.  II  giorno  30  di  Settembre  la  Gazzetta  ufpciale  del  Regno  pubbli- 
cava  i  nomi  dei  nuovi  Ministri,  e  promulgaya  i  loro  intendimenti,  con 
parole  da  far  sentire  che,  come  non  s'  era  ceduto  a'  moti  popolari ,  cosi 
non  si  terrebbe  conto  di  richiami  legali,  perche  a  Parigi  stava  scritto:  Sic 
volo,  sic  iubeo;  e  percio  la  conyenzione  del  15  Settembre  sarebbe  attuata. 


CONTEMPOIUNEA  210 

Alia  formazione  del  Minislero  s'  adopero,  con  La  Marmora ,  anche  il 
Baronc  Ricasoli,  ma  pare  che  non  andassero  troppo  d'accordo.  Fatto  sta 
che  finalmente  il  nuovo  Gabinetto  fu  costituito  dai  seguenti  personaggi : 
Generate  Alfonso  La  Marmora,  presidenie  del  Cqnsiglio,  Ministro  per 
gli  affari  esterni,  ed  anche  ad  interim,  per  la  Marina;  Lanza,  per  gli  af- 
i'ari  intcrni ;  Jacini,  pei  Lavori  pubblici ;  Generate  Petitti,  per  la  Guerra; 
Sella,  per  le  Finanze;  Torelli,  pel  Commercio;  Naloli,  per  V  istruzione 
pul)blica.  Per  decreto  del  1.°  Ottobre,  un  Yacca,  napolitano,  succedera 
al  Pisanelli  nel  Ministero  di  Grazia  e  Giustizia. 

Questo  nuovo  Gabinetto  fece  subito  pubblicare  il  seguente  suo  pro- 
gramma:  «  Assumendo  il  governo  degli  affari  pubblici  in  circostanze  tanto 
gravi,  il  nuovo  Ministero  si  crede  obbligato  a  far  conoscere  alia  nazione, 
nel  modo  piu  chiaro  e  piu  esplicito,  le  sue  intenzioni  sulla  questione  pre- 
dqminante,  la  quale  cosi  vivamente  preoccupa  gli  animi  ed  agita  la  pub- 
blica  opinione.  il  Ministero  accetta  la  conyenzione  colla  Francia  per  lo 
sgombro  delle  truppe  francesi  dal  territorio  pontilico,  in  un  colla  condi- 
zione  del  trasporto  della  Capitale  ad  altra  sede.  Con  tale  proposito,  ed  a 

2uesto  tine,  sottoporra  alle  Camere,  al  primo  riaprirsi  di  esse,  un  progetto 
i  legge.  Porta  poi  il  convincimento  che  ragioni  di  alta  convenienza  po- 
litica,  e  stretta  equita,  impongano  al  Governo  il  debito  di  proporre  al 
Parlamento  tutti  i  temperament!  piu  acconci  ad  alleviare  i  danni  della 
citta  che  cesserebbe  di  essere  Capitale,  senza  allontanare  tuttavia  il  ter- 
mine  fissato  dalla  conyenzione  per  lo  sgombro  delle  truppe  francesi  dal 
territorio  pontidcio.  »  Questo  annunzio,  che  in  sostanza  manteneva  tutto 
il  fatto  dal  Pepoli,  dal  Minghetti  e  dal  Peruzzi,  o  per  meglio  dire  da' set- 
tarii,  era  quiudi  cosperso  e  condito  di  melliilue  parole  di  esortazione 
alia  citta  di  Torino ,  perche  desse  «  in  questa  circostanza  lo  splendi- 
do  esempio  di  quella  degna  calma,  che  ha  sempre  mantenuto  in  tutte 
]e  fasi  del  risorgimento  italiano ,  e  che  le  ha  procacciato  le  simpatie  e 
Tapprovazione  di  tutta  la  penisola  e  del  mondo  incivilito. »  Conchiudevasi 
con  invito  alia  concordia,  alia  fede  nelia  Corona,  e  col  resto  degli  argq- 
menti  oratorii,  consueti  ad  usarsi  in  tali  congiunture.  Si  consolino  i  Tqri- 
nesi.  Saranno  rovinati,  ma  avranno  le  simpatie  di  quel  mondo  incivilito , 
che  manda  alia  galera  un  ladro  per  poche  castagne  rubate,  ma  glorifica 
le  anncssioni  e  mitria  come  eroi  quelli  che  le  procacciarono  piu  col  tra- 
dimento  e  con  le  perfidie,  che  con  1'  armi. 

II. 

COSE  STRAN1ERE. 

FRANCIA.  1.  Senlenza  della  Corte  di  Cassazione  di  Parigi  in  favore  di  duescrit- 
lori  di  corrispondenze  ai  giornali  di  provincia  —  2.  Gondanna  di  tredici 
membri  d'un  Gomitato  elettorale —  3.  Trattati  di  pace  con  la  Goncincina  — 

4.  Richiamo  delle  truppe  dal  Messico ;  il  Bazaine  creato  Maresciallo  — 

5.  Sospetti  ecciiati  dalla  Convenzione  per  lo  sgombero  di  Roma  —  6.  Pri- 
me insiuuazioni  iiHiciose  del  Pays  circa  lo  scopo  di  essa  —  7.  Arlicolo 
inTicioso  <\Q[Constitutionnel,  ristampato  nel  Moniteur,  e  corredato  d'una 
lettera  di  INapoleone  111  —  8.  Giudizii  dei  giornali  francesi. 

1.  Nel  passato  quaderno  abbiam  riferito  il  risultato  d'  una  causa  trat- 
tata  presso  la  corte  imperiale  di  Bordeaux,  dalla  quale  i  nemici  della 


250  CRONACA. 

Santa  Sede  avean  procacciato  con  arti  bruttissime  di  derivare  infamia 
ed  odio  alia  Curia  roraana  ed  al  Goyerno  pontificio.  Que'tristi  furopo 
seontitti  e  svergognati,  e  la  sentenza  della  Corte  imperiale  riusci  a  pie- 
no  trionfo  del  la  giustizia.  Ma  priraa  dicio,  un' altra  causa  levo  molto 
rurnore  in  Francia,  ed  e  ben  degnache  qui  se  ne  faccia  menzione.  Nel 
3863  e  nel  corrente  1864  i  signori  Saint-Cheron  e  Clairbois  spedivano 
ogni  settimana  a'  molti  giornali  degli  S  parti  men  ti  una  stessa  loro  corri- 
spondenza  politica,  la  quale  certamente  esercitava  qualche  influenza, 
che  parve  tornare  poco  graciita  al  Governo  imperiale.  Di  che  il  Pisco, 
acceso  di  purissimo  zelo,  trasse  innauzi  alia  Camera  correzionale  della 
Corte  di  Parigi  i  due  scrittori,  sotto  imputazione  d'aver,  seriza  la  debita 
facolla,  pubbiicalo  un  periodico,  pareggiando  cosi  le  corrispondenze  e- 
pistolari,  solo  perche  indirizzate  ai  direttori  di  piu  giornali,  alia  stam- 
pa  d'  un  periodico.  La  Corte  die  ragione  al  Fisco,  e  condanno  i  due 
Scrittori,i  quali  appellarono  presso  la  suprema  Corte  imperiale  di  Cassa- 
zione.  Questa,  sotto  ii  30  di  Luglio,  die  sua  sentenza,  riferita  m\  Debate 
del  6  Agosto,  e  con  esempio  assai  lodevole  di  imparzialita,  annullo  la 
sentenza  della  Corte  correzionale,  dichiarando  falsamente  applicati  da 
essa  gli  articoli  invocati  per  quella  condanna,  e  rirnando  la  causa  alia 
Corte  imperiale  di  Rouen.  Quanti  seppero  il  vivo  impegno  con  cui  si  era 
dato  opera  per  otteaere  quella  condanna,  applaudironoalla  fermezza  della 
Corte  di  Cassazionc,  e  ne  guarclarorio  la  sentenza,  come  un  felice  prono- 
stico  di  veder  viemeglio  ajfrancata  la  Magistratura  dalle  influenze  del 
Governo,  in  cause  spetlanti  all'  ordine  politico. 

2.  Pin  rilevante  assai  fu  un  altro  processo  politico,  ispirato  dallo  stesso 
zelo  tiscale,  e  che  Corse  riuscira  allo  stesso  termine.  L'  anno  scorso,  ay- 
Ticinaiidosi  1'  epoca  delle  clezioni  pel  Corpo  legislative,  erasi  costituito 
una  specie  di  Comitato  elettorale  di  parte  democratica,  i  cui  membri  piii 
cospicui  erano  il  Gamier  Pages  ed  il  Carnot,  per  tentare  di  pur  influire 
neila  scelta  de'  candidati.  In  realta  non  vennero  a  capo  di  gran  cosa.  Ma 
il  Governo  si  commosse  di  quell'ardimentoso  tentative,  procedette  ad  in- 
quisizioni  severe  nel  domicilio  d'  un  gran  numero  degli  ascritti  a  quella 
Societa,  ne  sequestro  il  carteggio  e  le  corrispondenze ;  poi  avvio  un  pro- 
cesso contro  tredici  di  essi,  innanzi  alia  sesta  Camera  del  Tribunale  cor- 
rezionale di  Parigi.  Parve  stranissimo  a  tutti  che  la  principale  imputazio- 
ne fosse  questa,  del!'  aver  cioe  quei  tredici  partecipato  ad  una  associaziq- 
ne  di  piu  che  venli  persone,  contro  il  prescritto  della  legge  dell' 11  Apri- 
le  1834.  Se  furono  piu  di  venti  gli  associati,  perche  soli  tredici  i  proces- 
sali?  Questi  scelsero  a  loro  difesa  i  piu  valenti  oratori,  e  gli  atti  delSa 
Causa  sono  riferiti  nel  Debats  del  6,  7  ed  8  Agosto.  Parlo  con  grande 
eloquenza  e  liberta  Giulio  Favre,  pel  sig.  Gamier  Pages,  e  la  sua  arringa 
fu  tale,  che  il  Berryer  e  tutti  gli  altri  avvocati  difensori  rinunziarono  a 
perorare  pe' loro  clienti,  nulla  trovando  che  aggiungere  alle  ragioni  al- 
legate  dal  Favre.  Ma  la  Corte  non  ne  i'u  paga,  e  condanno  i  tredici  ia 
800  fraachi  di  multa  e  nelle  spese.  Di  che  quelli  appellarono  presso  la 
Corte  di  Cassazione. 

3.  L' Algeria  puo  dirsi  una  colonia  che  comincia ,  perche  in  tanti  anni 
che  vi  si  spesero,  passando  d'uno  in  altro  esperimento,  non  si  riusci 
quasi  ad  altro  che  a  riconoscere  1'improprieta  de'  mezzi  adoperati  al  fine 
di  darle  o  forma  speciale,  in  tutto  adatta  alle  idee  ed  alle  costumanze  di 
quei  popoli,  o  quanto  si  potesse  somigliante,  negli  ordini  civili,  a  quel 


CONTEMPORANEA  2ol 

che  vigorisce  nel  rimanente  degli  Stati  suggetti  alia  Francia.  Forse  que- 
sto  speitacolo  spinse  il  Governo  trancese  a  mutar  disegni,  quanto  alia  Con- 
ciuciria.  La  guerra  cola  condotta,  in  compagnia  degli  Spagnuoli,  dopo 
raolte  stragi  e  con  eflelto  di  una  spaveulosa  e  micidialissima  persecuzio- 
ne  del  Governo  Annamita  contro  i  cristiani,  avea  finalmente  ridoilo  a  sug- 
geziorie  della  Francia  tre  fertilissime  province,  che  i'urono  incorporate  al- 
i'impero.  Ma  Tu  Due,  imperatore  delia  Coucincina,  vedea  con  doloretal 
perdita,  e,  non  potendo  con  1'armi,  si  provo  di  riacquistarle  con  trattati 
e  con  denaro.  Percio  spedi,  due  anni  addietro,  un'ambasceria  a  Parigi. 
Ora  si  seppe  che  il  Console  Generale  di  Francia  a  Bangkok,  sig.  Auba- 
ret,  usando  forse  troppo  largamenle  le  facolta  a  Jui  date  per  orcline  del- 
1'Imperatore,  stipulo  un  nuovo  trattato,  in  virtu  del  quale,  pagandosi  da- 
gli  Annamiti  un  riscatto  di  alquante  decine  di  milioni,  e  Jasciandosi  ai 
Francesi  Saigon  con  due  o  tre  altri  porti ,  liherta  di  commercio,  ed  altri 
vantaggi ,  la  Francia  restituirebbe  loro  le  conquistate  province.  Di  che 
dicesi  che  i  bravi  marinai  francesi  siano  dolentissimi ,  vedendo  cosi  per- 
<Jere  il  frutto  di  tante  lor  fatiche  e  di  tanto  sangue  sparso ;  e  che  abbiano 
fatto  pervenire  a  Napoleone  III  vivi  richiami,  per  distoglierlo  dal  rati- 
ticare  il  trattato  dell'Aubaret. 

4.  Ma  se  i  disegni  che  va  seco  ,  nel  profondo  dell'animo,  ravyolgen- 
go  e  mnturando  Napoleone  III,  richiedesseroper  avventura  ch'egli  aves- 
se  riunito  tra  non  molto  in  Francia  il  meglio  delle  sue  Ibrze  militari,  per 
qualche  grande  impresa,  e  probabile  che  non  si  rijnoyerebbedalS'abban- 
donare  la  rimota  Concincina,  sommamente  dispendiosa  e  non  priva  di 
pericoli.  Dif'atto  e  notevole  la  premura  con  cui  Napoleone  III  sollecita  il 
ritorno  in  Francia  deile  milizie,  che  avea  impiegate  in  lontane  spedizioni. 
Ne'primi  giorni  del  Settembre  sferrarono  da'  porti  di  Francia  nove  gran 
vascelli,  che  da  Vera  Cruz  devono  ricondurre  entro  quest'  anno  circa  dieci 
mtla  uomini;  sicche  tra  qualche  mese  resteranno  cola,  a  guardia  del  nuo- 
TO  Irnpero,  i  soli  otto  mila  Francesi  della  legione  straniera.  II  Generale 
Bazaine  fu,  in  ricqmpensa  de'  suoi  servigi,  nominato  maresciallo  dell'Im- 
pero  francese,  ed  in  tale  qualita  non  puo  piu  rimanerealcoinando  di  poco 
piu  che  una  Divisione ;  che  tanto  e  non  piii  rimarra  di  Francesi  al  M«s- 
sico.  Dicesi  tuttavia  che  egli  vi  restera  tanto  quanto  basti  ad  eilettuare 
un  suo  disegno,  secondo  il  quale  le  truppe  francoraessicane  darebbero 
il  tracollo  ai  Juarez,  e  finirebbero  di  suggettare  o  disperdere  le  bande  ar- 
mate  de'  suoi  aderenti. 

5.  Tra  le  cose  degli  Stati  sardi  abbiam  riferito  quel  che  accadde  in 
Torino  per  la  certezza  dell'essere  stata  sottoscritta  il  15  Settembre,  e 
ratiiicata  alii  20,  una  convenzione  tra  il  Governo  di  Napoleone  III  e 
quello  di  Vittorio  Emmanuele  II,  per  lo  sgombero  delle  truppe  francesi 
dallo  Stato  pontiiicio.  Questa  occupazione  militare  erasi  ellettuata  per 
rispondere  alia  chiaraata  del  Santo  Padre,  indirizzata  da  Gaeta  alle  Po- 
tenze  cattoliche,  e  di  pieno  accordo  con  queste.  Parea  dunque  accerlato 
che  il  mettervi  lermine  dovesse  pur  dipendere  dal  consenso  del  Santo 
Padre,  e  da  accordi  tra  le  Potenze  cattoliche.  Difatto  il  Moniteur  uffi- 
ciale  del  30  Settembre  1860,  nell'annunziare  la  spedizione  d'una  divi- 
sione  di  fanteria ,  con  cavalleria  ed  artiglieria ,  a  rinlbrzare  il  Corpo 
d 'occupazione  degli  Stati  pontiticii ,  aggiungeya  queste  precise  parole: 
«  Nan  potrebbe  spettare  ad  altri  che  alle  grandi  Potenze  riunite  in  Con- 
gresso  il  pronunziare,  quando  che  sia ,  sulle  quistioni  suscitate  in  Italia 


252  CRONACA 

dagli  avvenimenti ;  ma  fin  la  il  Governo  dell'  Imperatore  continuera  a 
compiere,  conforme  all'  incarico  ch'egli  si  prese,  i  doveri  a  lui  imposti 
dalle  sue  simpatie  pel  Santo  Padre,  e  dalla  presenza  della  nostra  ban- 
diera  nella  Capitale  della  cattolicita.  » 

In  quesla  dichiarazione  ufficiale  spontanea ,  due  cose  saltano  agli  oc- 
cbi :  l.a  II  diritto  delle  graridi  Potenze,  raunate  in  Congresso,  di  rati- 
ficare  i  cangiamenti  territorial!  avvenuti  per  la  rivoluzione  italiana. 
2.a  La  formale  promessa  che,  finche  tal  soluzipne  per  via  di  Congresso 
non  fosse  ottenuta,  il  Governo  francese  continuerebbe  a  difendere  la 
Santa  Sede  e  terrebbe  a  Roma  le  sue  truppe.  Ora ,  checche  sia  di  quei 
diritto  attribuito  al  Congresso  (e  per  nostro  avviso  niuna  sentenza  di 
Congresso,  sia  pure  di  grandi  Potenze,  pup  rendere  giusto  quello  che 
e  ingiiisto),  certo  e  che  il  Congresso  non  si  tenne  ;  e  si  sa  chi  lo  ren- 
dette  impossibile.  Dunque?...  Inoltre,  a  tacere  di  tante  altre  anche  piu 
esplicite  promesse  fatte  e  rifatte  a  Roma,  quella  del  Monitcur  spvraci- 
tato  era  chiarissima  ;  ed  in  fatti  i  moluzionarii  ne  faceano  le  dispera- 
zioni.  Or  come  va,  che,  senza  intendersela  col  Governo  ponlificio,  ne- 
goziando  direttamente  col  Governo  di  Torino,  ne  piii  ne  meno  che  se 
si  fosse  trattatp  di  roba  sua ,  fu  deciso  lo  sgombero  di  Roma  ?  Da  que- 
ste  considerazioni,  che  non  rampollarono  solamente  dal  nostro  cervello, 
ma  vanno  stampate  in  moltissimi  giornali  anche  parigini,  e  specialmente 
BC!  Debate,  nel  Siecle,  e  simiglianti,  sorge  naturalmente  il  dubbio  che  la 
convenzione  del  15  Settembre  non  sia  che  una  specie  di  accessorio  di 
qualche  altro  Trattato  segreto,  a  simiglianza  di  quello  clie  fu  pattoyito 
fra  il  Cavour  e  1'  imperatore  Napoleone  111.  E  tal  dubbio  e  si  dift'uso, 
che  tutti  i  diarii  piii  accrcditati  d'Europa  sono  intesi  a  divinarne  la  na- 
tura,  loscopo,  i  risultati. 

G,  Checche  sia  di  cio,  il  testp  della  mentoyata  Conyenzione  e  fin  qui 
ignoratq,  ed  a  fortiori  sono  chiusi  in  impenetrable  recesso  gli  articoli 
segreti  in  essa  stipulali.  II  Goyerno  di  Torino  pero  accenno  in  sustanza 
quattro  sommi  capi  di  essa,  doe :  1.°  la  partenza  delle  truppe  francesi 
da  Roma  ;  2.°  la  guarentigia  data  dal  Governo  italiano  di  non  attaccare 
ne  lasciar  attaccare  di  fuori  il  presente  Stato  pontilicio;  3.°  la  piena  fa- 
colta  al  Governo  della  santa  Sede  di  arrolare  un  esercito  di  volontarii 
cattolici ,  anche  stranieri ;  i.°  1'  impegno  ftdX Italia  di  entrare  in  tratta- 
tive  colla  Santa  Sede  per  pigliare  a  suo  carico  una  quota  del  Debito 
pontilicio,  rispondente  alle  usurpate  province.  Inoltre  venne  poi  chiarito 
che  il  trasferimento  della  Capitale  da  Torino  in  altra  citta  d'  Italia,  era 
stata  posta  come  condizione  sine  qua  non  della  tirmata  convenzione. 

Quando  queste  notizie,  spacciate  dai  diarii  italiani,  giunsero  in  Fran- 
cia ,  destarono  negli  upmini  onesti  una  specie  di  sbalordimentp,  che  de- 
generava  in  incredulita;  ma  nei  rivoluzionarii  e  liberalastri  d'ogni  setta 
eccitarono  una  gioia,  un  trionfo  da  non  potersi  dire.  La  curiosita  fran- 
cese poi  era  stimolata,  e  volea  pure  sapere  qualche  cosa  piu  in  la. 
I  diarii  ufficiosi  tacquero,  e  questo  si  guardava  come  prognostico  di 
difficolta  insprte,  e  le  istanze  al  Governo,  perche  pur  parlasse,  diveni- 
yano  piu  insistent!. 

Finalmente  usci  fuora,  alii  22  Settembre,  il  Pays,  journal de  I' Empire, 
cbe  e  universalmente  riconosciuto  come  portavoce  ufficioso  del  signor 
Drouyn  de  Lhuys;  e,  con  quel  riserbo  che  gli  si  addiceva,  ccmincio  ad 
alzare  un  lembo  del  velo  che  copriva  la  convenzione.  Accennato  a  quel 


CONTEMPORANEA 

chcne  diceano  i  diarii  italiani,  ed  alle  ciance  che  fa^eansi  sopra  i  molivi 
di  essa,  tocco  del  pretesto  di  mettere  al  sicuro  da  un  attacco  esterno  la 
Capilale  d'llalia.  «  Noi  non  entreremo  qui  nella  slrategia.  Noi  non  afier- 
raeremo  che  non  yi  sara  mai  guerra  tra  1'  Austria  e  1'ltalia  per  la  posses- 
sione  della  Venezia ;  nia  sicuramente  in  questo  momento  nulla  fa  preve- 
dere  un  caso  simile.  A  Torino  non  si  pensa  ad  assalire  pimtp  piii  di  quel 
che  in  Vienna  a  difendersi.  Non  vi  ha  dunque  ne  urgenza  ne  opportunity 
di  preoccuparsi  di  tali  possibili  eventi.  »  Queste  parole  (vedete  fede  che 
si  ha  nei  portavoce  utliciosi ! )  produssero  effetto  contrarip  a  quello 
che  sembrava  inteso ;  e  ognuno  si  persuase  che  dunque  si  macchina 
guerra  all'  Austria.  Ma  1'  importante  era  di  sapere  se  per  quella  conven- 
zione  il  Governo  di  Torino  avesse,  esplicitaraente  od  implicitamente,  ri- 
nunziato  alle  sue  pretensioni  sopra  Roma.  Or  eccp  le  parole  del  Pays: 

«  Voltando  gli  sguardi  verso  Firenze,  Tltalia  ci  fa  credere  che  ella  ha 
fmalmente  la  saviezza  di  rinunciare  alia  presa  di  possesso  di  Roma,  e 
sarebhe  questo  1'alto  piu  grande  d'intelligenza  politica  che  essa  potrebbe 
fare.  Sotto  tulti  gli  aspetti,  la  scelta  di  Roma  per  Capitale  sarebbe  una 
scelta  infelice.  Le  memorie  della  stpria  e  le  tradizioni  del  cattolicismo  fe- 
cero  della  citta  eterna  una  citta  universale  che  appartiene,  per  cosi  dire, 
pel  suo  passato  al  mondo  intiero.  Del  resto,  la  situazione  strategica  di 
homa  e  svanlaggiosa.  Inoltre,  i  suoi  contorni  sono  malsani  e  infecondi , 
e  sotto  questo  triplice  punto  di  vista,  la  sede  del  Governo  vi  sarebbe  mal 
collocata.  E  una  capitale  che  si  conserva  quando  si  ha,  ma  che  non  si 
sceglie  quando  non  si  ha. 

«  I/  Italia  possiede  definitivamente  le  Marche  e  le  Rpmagne,  che  e 
quanto  vi  era  di  piu  importante  e  di  piu  vivace  negli  antichi  Stati  roma- 
ni.  Ella  avrebbe  gran  torto  invidiando  al  Sovrano  Ponteiice  i  tre  o  quat- 
trocento mila  sudditi  che  gli  restano  ancora.  Cio  che  ha  di  meglio  a  fare, 
e  sicuramente  di  lasciarglieli  senza  rincrescimento,  tanto  piu  che  essi  co- 
stituiscono  una  popolazione  quasi  eccezionale  pe'  costumi  e  per  le  abitu- 
dini,  e  forse  tanto  assuefatta  alia  dominazione  ecclesiastica,  che  non  po- 
trebbe acconciarsi  facilmente  a  un  reggimento  laico.  L' Italia  nulla  o  ben 
poco  guadagnerebbe  impadronendpsi  del  Dominio  di  S.  Pietro.  All'  pppo- 
sto,  questo  possesso  poco  invidiabile  le  creerebbe  difficolta  insolubilicon 
tutte  le  Potenze  cattpliche  delTEuropa.  Essp  sarebbe  una  sorgente  inces- 
sante  e  perpetua  d'  imbarazzi  ed  anche  di  pericoli,  che  non  potrebbero 
fare  a  menp  d'  indebolirla  al  di  dentro  come  al  di  fuori. 

«  II  Gabinetto  di  Torino  deve  certamente  avere  tutto  cio  presentito  da 
un  gran  pezzo.  Da  un  gran  pezzo  deve  avere  persuaso  se  stesso,  che  non 
e  1'occupazione  francese  a  Roma  che  1'obbliga  al  mantenimento  di  300,000 
uomini  sotto  le  armi ;  necessita  rovinosa  e  senza  compenso  possibile.  Noi 
non  saremmo  adunque  maravigliati  che  abbia  fmalmente  avuto  il  corag- 
gio  e  il  senno  di  tentare  qualche  via  per  alleggerire  questo  peso,  senza 
nuocere  alia  sicurezza  del  paese.  In  ogni  caso,  noi  non  crediamo  che  la 
Francia  stia  a  Roma  per  propriopiacere.  Rinunziare  al  sostituirsi  al  Papa, 
provare  che  non  si  pensa  a  crollare  la  sua  tranquilla  e  pacih'ca  domina- 
zione; che  (inalmente  il  suo  potere  temporalenon  e  minacciato,  e  il  mez- 
zo miglipre  di  fare  che  essa  ne  parta,  procurando  che  la  sua  presenza 
non  vi  sia  piu  inp"ispensabile.  » 

7.  Con  altro  stile,  ed  in  forma  piu  adatta  all'  uso  del  Gabinetto  di  Pa- 
rigi  in  simili  congiunture,  avea  parlato  alii  21  il  Constitutionnel ,  e  non 


251  CRONACA 

solo  dava  una  nebulosa  spiegazione  degl'  intendimenti,  onde  fu  inspirata" 
la  Gonyenzione,  ma  eziandio  ne  accennava  i  capi  piu  rilevanti.  Ecco  que- 
sto articolo  per  intero  e  fedelmente  tradottp: 

«  La  stampa  italiana  da  alcuni  giorni  si  occupa  grandemente  d'una 
convenzione,  che  sarcbhe  stata  conchiusa  tra  la  Francia  e  1' Italia  per  re- 
golare  le  condizioni,  alle  quali  potrebbero  le  truppe  francesi  abbandonar 
lloma.  In  question!  tanto  important!,  e  cosa  saggia  il  premunirsi  contro  le 
prime  impression!,  che  sovente  risultano  da  notizie  incompiute  od  inesat- 
te,  e  crediamo  sia  nostro  dovere  il  recare  il  nostro  contingente  d'informa- 
zioni  per  illuminare  1'opinione  pubblica,  per  cio  che  da  noi  dipende,  intor- 
DO  ai  fatti  che  sembrano  dovere  inaugurare  in  Italia  una  nuova  situazione, 

«  Tutto  e  stato  detto  intorno  all'  occupazione  francese  di  Roma.  Son 
note  le  possenti  ragioni  che  vi  hanno  condotto  la  bandiera  della  Fran- 
cia,  e  determinate  il  Governo  dell'Imperatore  a  mantenervela  fino  ad  ora. 
Destinata  a  provvedere  ad  imperiose  necessita  ,  questa  occupazione  e 
serapre  stata  considerata  come  un  fatto  eccezionale  e  passeggero,  che  Tin- 
teresse  comune  del  Papato,  della  Francia  e  dell'  Italia  consigliava  di  far 
cessare,  appena  le  circostanze  lo  permettessero.  Questo  e  stato  in  diver- 
se occasion!  anche  1'  avyiso  del  Governo  del  Santo  Padre;  e  se  inaspet- 
lati  avvenimenti  hanno  impedito,  sovratutto  nel  1859  e  nel  1860,  Tat- 
tuazione  degli  accord!  presi  colla  Santa  Sedeperla  partenza  delle  nostre 
truppe,  quegli  accordi  provano  die  il  Governo  romano  stesso  apprezza- 
Ta  ia  propria  conveuienza  e  la  necessita  di  rientrare  nelle  condizioni 
normal!  d'  un  Governo  indipendente,  appena  la  sua  sicurezza  fosse  gua- 
renlita.  Tutti  gii  sforzi  del  Governo  francese  hanno  mirato  a  questo  ri- 
sultato.  L'linperatore  scriveva,  il  12  Luglio  1861,  al  Re  d'ltalia:  «  lo  la- 
scero  le  rnie  truppe  in  Roma,  fmche  V.  M.  non  sara  riconciliata  col  Papa, 
e  iinchc  il  Santo  Padre  sara  minacciato  di  vedcre  gli  Stati ,  che  gli  ri- 
maagoao  ,  invasi  da  una  forza  regolare  od  irregolare.  »  Gonfonnemente 
a  questo  programma,  il  Governo  francese  ha  dovuto  aspettare  o  che  lo 
acquietarsi  degli  animi,  ch'egli  si  e  sempre  adoperato  ad  ottenere,  agevo- 
Sasse  un  riavvicinainento  tanto  necessario  alia  conciliazione  de'due  gran- 
di  interessi  che  dividorio  1'  Italia  ,  o  che  le  circostanze  permettessero  di 
stipulare  in  favore  del  Santo  Padre  e  de'suoi  Stati  delle  guarentigie,  che 
li  ponessero  a!  sicuro  da  ogni  pericolo. 

«  Fermo  nel  respingere  qualunque  trattativa  die  avesse  per  punto  di  par- 
tenza la  rivendicazi'one  di  Roma  come  Capitate  d  Italia,  secondo  cio  che 
ha  detto  formalmente  il  signer  Drouyn.  de  Lhys  nel  suo  dispaccio  del 
26  Ottobre  1862  all'  incaricato  d'  affari  di  Francia  a  Torino,  il  Gover- 
no francese  si  era  sempre  dichiarato  pronto  a  prendere  in  considera- 
zione  qualunque  suggerimento,  che  gli  paresse  tale  da  condurre  allo  sco- 
po  che  desideraya  di  raggiungere.  Golpito  da!  felici  cambiamenti  avve- 
nuti  da  due  anni  nella  penisola,  dalla  calma  o  dalla  repressione  delle  pas- 
sion! anarchiche,  dal  progresso  delle  idee  moderate ,  che  tendono  ognor 
piu  a  prevalere  e  che  assegnano  aH'attivita  dell' Italia  uno  scopo  diverso 
dali'attiiazione,  per  mezzo  della  forza,  d'un  disegno,  al  quale  avevamo 
deciso  di  opporci,  il  Governo  francese  era  pronto  a  cogliere  la  prima  oc- 
casione  che  gli  si  presentasse,  per  cercare  i  mezzi  di  metier  tine  ad  una 
si  tuazione  imbarazzante  e  gravosa  per  tutti. 

«  Quindi  e  che  quando  il  Governo  italiano,  preoccupato  dai  bisogni  del- 
i'  ordinamento  del  nuovo  Stato  e  delle  considerazioni  strategiche  ,  poli- 


CONTEMPORANEA  255 

tiche  e  amministrative  che  devono  determinare  la  scelta  d'una  Capitale, 
gli  ha  partecipata  la  sua  risoluzione  di  trasl'erire  in  una  citta  diversa  da 
Torino  la  sede  deH'autprita  centrale  del  regno,  il  Governo  dell'Imperatore 
ha  pensato  che  fosse  giunto  il  momenta  di  esaminare  e  di  discutere  le  con- 
dizioni,  che  gli  permetterebbero  di  lasciar  Roma  con  intiera  sicurezza. 

«  Se  siamo  bene  informal! ,  dalle  trattative  su  questo  argomento  sa- 
rebhe  risultata  una  convenzione,  che  cpntiene  le  seguenti  stipulazioni. 
L'  Italia  si  obbligherebbe  a  rispettare  il  territorio  attuale  del  Santo  Pa- 
dre, e  ad  impedire  colla  forza  qualunque  aggressione  dell'  estero  contro 
il  territorio  stesso.  La  Fraucia  rilirerebbe  le  sue  truppe  da  Roma  grada- 
tamente,  a  misura  che  si  andrebbe  ordinando  1'esercito  del  Santo  Padre. 
Lo  sgombro  sarebbe  compiuto  nel  termine  di  due  anni.  L'esercito  pon- 
lih'cio  composto  ,  se  cosi  convenisse  al  Governo  romano  ,  di  volontarii 
cattolici  stranieri,  sarebbe  sufficiente  per  mantenere  1'  autorita  del  Santo 
Padre  e  la  tranquillita  all'  interne  e  ai  confmi  de'  suoi  Stati,  senza  che  il 
Governo  italiano  potesse  muovere  alcun  ricbiamo  contro  il  modo  di  com- 
posizionc  o  la  cifra  di  quest'  esercilo,  purche  non  degenerasse  in  un  mezzo 
d'attacco  contro  1'  Italia.  Finalmente  i' Italia  prenderebbe  a  suo  carico  la 
parte  del  debito  romano,  apparlenente  alle  antiche  province  della  Chiesa. » 

Per  quanto  sia  grande  1'  autorita  del  Constitutionml,  le  sue  dichiarazio- 
ni  non  poteano  equivalere  ad  una  frase  del  Moniteur.  Ma  siccome  questa 
yolla,  non  essendo  ancpra  spediente  pubblicafe  il  testo  ufliciale  della  con- 
Tenzione,  pur  credeasi  opportune  di  fame  conoscere  la  sustauza,  eccp 
uscir  ristampato,  in  capo  al  Moniteiir  stesso,  codesto  articolo  del  Consti- 
tutionnel,  aflinche  tulli  capissero  che  quelia  era  proprio  una  rhelazione 
fatta  dal  Governo.  Ma  per  crescerle,  non  sappiam  bene  se  luce  od  oscu- 
rita,  il  Moniteur  la  corredo  d'  un  importanle  documento  ufficiale,  che  fu 
ia  lettera  scritta  il  20  Maggio  1862  da  Napoleone  III  al  sig.  Thouyenel, 
allora  Ministro  per  gli  afiari  esterni,  appunto  circa  la  soluzione  della  Qui- 
stione  romana.  Avendpla  noi  riferita  per  intero  in  questa  serie,  Vol.  IV, 
pag.  241-44,  non  crediamo  necessario  ristamparla  altra  volta.  Solo  fare- 
mo  osservare  che,  adesso  come  allora,  quando  per  la  prima  volta  fustam- 
pata  nel  Moniteur,  alii  25  Settembre,  una  breve  frase  di  Napoleone  III 
avea  porto  il  tema  a  commentarii  non  pure  diversi,  ma  contraddittorii, 
secondo  che  si  dava  piii  valore  al  primo  od  al  secondo  inciso  di  essa. 
L'  Imperatore,  dopo  aver  detto  die  il  Papa  dovea  essere  indipendente,  e 
percio  padrone  in  casa  sua,  ma  in  buon  accordo  con  1' Italia,  avea  sog- 
giunto:  «  perche  sia  padrone  in  casa  sua?  deve  essergli  assicurata  Vin- 
dipendenza,  e  deve  il  suo  notere  essere  liberamente  acceltato  da'  suoi 
sudditi.  »  I  sensi  che  si  atlribuivano  a  tal  frase,  e  le  conseguenze  che  se 
ne  traevano,  difterivano  tra  loro,  come  la  Sovranita  legittima  del  princi- 
pe  e  la  facolta  assicurata  a'  sudditi  di  riconpscerla  o  no. 

Cio  che  v'  ha  di  piu  chiaro,  dicea  n  gli  uni,  si  e  che  Napoleone  111  vuole 
il  Papa  padrone  in  casa  sua,  e  percio  dotato  d'indipendenza  da  qualsivo- 
glia  autorila,  il  che  implica  spyranita  temporale  in  Roma;  il  resto  e  solo 
un  omaggio  ai  principii  del  diritto  nuovo,  che  si  puo  bandire  giadichia- 
rato  dallo  stesso  contegno  pssequioso  e  devoto  de  Romani.  No,  ripiglia- 
yano  altri,  Napoleone  dichiara  solo  che,  ammettendp  pure  la  necessita 
d'indipendenza  pel  Papa,  la  vuole  subprdinata  alia  libera  accettazione  , 
ossia  ad  un  formale  plebiscite  dei  sudditi :  or  facciasi  questo,  e  vedrete 
se  1' Italia  sapra  adoperarsi  perche  il  plebiscito  de'  Romani  riesca  come 


256  CRONACA  CONTEMPORANEA 

quello  de'  Fiorentini,  de'  Bolognesi,  de'  Modenesi,  de'Palermitani,  de" 
Napolitani,  e  di  tutto  il  resto  del  popoli  annessi ! 

La  conclusione  e  die  se  ne  sa  pra  presso  a  poco  quanto  due  anni  ad- 
dietro ,  e  bisogna  aspettare  che  i  fatti  parlino  con  quel  loro  Jinguaggio 
che  non  ammette  interpretazioni. 

8.  Puo  sorgere  desiderio  ne'  nostri  lettori  di  sapere  qual  giudizio  si 
recasse  sopra  tal  faccenda  dai  giornali  francesi.  A  tal  uopo  non  e  bisogno 
ristampare  limghi  articoli  di  molti  fra  essi,  diversissimi  di  opinipni  poli- 
tiche,  e  che,  per  caso  raro,  quesla  volta  si  dividono  in  due  schiere  hen 
definite.  Una  di  queste  e  costituita  da'  soli  diarii  ufficiosi,  i  quali  levano 
a  cielo  la  convenzione,  dichiarando  che  per  essa  sono  salvi  i  diritti  d'lta- 
lia,  ma  e  altresi  rassodata  e  guarentita  la  sovranita  temporale  del  Papa 
sugli  Stati  che  gli  restano,  e  percio  messa  in  sicuro  la  sua  indipenden- 
za.  L'  altra  schiera  e  dei  giornali  liberal!,  protestanti,  conservator!  o 
republican!  d'ogni  tinta,  che  a  coro  unisono  cantano  il  requiem  aeter- 
nam  alia  sovranita  temporale  del  Papa,  con  tanta  gioia,  quanta  e  1'affli- 
zione  con  cui  i  diarii  cattolici  e  religiosi  riconoscpno  la  vittoria  di  che  si 
vantano  i  settarii.  Ci  bast!  trascrivere  alcune  righe  del  De'bats  del  2(> 
Settembre: 

«  Per  quanto  il  Constitutionnel  si  sfiati  a  svolgere  con  compjacenza 
questo  tema,  che  il  Pptere  temporale  e  raffermato  e  posto  in  sicuro,  il 
giornalismo  francese  ricaya  dal  Trattato  franco-italiano  una  conclusione 
al  tutto  contraria.  Non  v'e  un  giornale,  quali  che  ne  siano  per  altra  parte 
i  sentiment!  ond'e  animate,  dal  Monde  sino  al  Phare  de  la  Loire,  dal- 
1'  Union  fino  a\[' Opinion,  che  non  sia  dispostp  a  considerare  il  Potere 
temporale  come  abbandonato  ed  abbattuto;  se  il  Trattato  ha  sup  effetto, 
la  cosa  si  riduce  a  compute  di  tempo.  Chi  s'inganna  qui,  dove  il  Consti- 
tutionnel sta  da  una  parte,  e  tutti  gli  altri  dall' altra?  » 

Mentre  il  Debats  cosi  stampava,  riceyea  nptizia  che  a  Torino  si  tu- 
multuaya,  che  correva  il  sangue,  e  che  il  parlito  d'azione  si  gridava  tra- 
dito  dai  Ministri ,  perche  la  convenzione  equivaleva  ad  una  rinunzia  di 
Roma.  Or  ecco  come  risponde:  a  Senza  veruna  preoccupazione  contro  il 
partito  d' azione,  non  potremmo  in  questo  caso  tener  conto  delle  sue 
collere,  perche  queste  sonp  piu  fattizie  che  sincere,  e  perche  queste  non 
derivano  tanto  da  un  giudizio  mature  dci  fatti,  quanto  dal  desiderio  di 
non  perdere  veruna  pccasione  d'  accusare  il  Gpverno  di  Vittprio  Emma- 
nuele.  Trattandosi  di  trasferire  la  Capitale  a  Firenze,  il  partito  d'azione 
&  interessato  ad  essere  di  mala  fede,  anche  senza  avvedersene.  »  E  quasi 
per  sempre  piu  attenuare  le  speranze  de'  Cattolici,  e  rassicurare  i  rivolu- 
zionarii  circa  la  vantata  guarentigia  di  Roma,  la  France  mostra  che  il 
trasporto  della  Capitale,  come  guarentigia,  era  perfettamente  inutile,  e  si 
dee  fare  per  altro  scopo.  «  Questa  guarentigia  poteva  essere  data  a  To- 
rino ugualmente  che  a  Firenze.  Sarebbe  bastato  far  disdire  dal  Parla- 
mento  il  voto  che  proclamava  Roma  Capitale.  Le  stipulazioni  del  Tratta- 
to, che  fu  teste  conchiuso,  e  per  le  quali  il  Governo  italiano  si  obbliga, 
non  solo  a  rispettare  1'  indipendenza  e  il  territorio  della  Santa  Sede ,  ma 
all'occorrenza  a  difenderlo,avrebbero  avutoun'uguale  efficacia,  quand'an- 
che  la  sede  del  Governo  fosse  restata  a  Torino.  »  Questo  val  come  dire : 
e  una  guarentigia  illusoria,  e  sotto  ci  cova  ben  altro,  cioe,  come  poi  insi- 
nua  con  garbo,  la  guerra  per  Venezia;  la  quale  richiede  che  la  Capitale 
stia  in  luogo  sicuro.  Ci  pare  che  questo  basti. 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 


L 

Nosire  anliche  previsioni. 

Son  $w  compiersi  appunlo  adesso  due  anni,  che  noi  detlammo 
in  questo  nostro  periodico  un  articolo,  intitolato :  Un  nuovo  disegno 
di  scioglimento  delta  questions  romana,  nel  quale,  senza  bisogno  di 
lume  profetico,  premmziammo  la  convenzione  del  15  Settembre ,  e 
senza  bisogno  di  lunghe  meditazioni  ne  discorreramo  gli  effetti  e 
T  atlitudine  che  avrebbe  presa  la  stampa  ufficiale  e  ufficiosa  dei 
rispettivi  paesi  l.  Per  alcuni  sprazzi  di  luce,  gittati  qui  e  cola  da 
qualche  giornale ,  anlivedemmo  che  il  Governo  di  Torino,  affine  di 
ctonseguire  il  tanto  da  lui  sospirato  sgombero  delle  truppe  francesi 
da  Roma,  avrebbe  accetlate,  in  carta  s'  inlende,  le  seguenti  condi- 
zioni,  che  se  gl'imporrebbero^dalla  Francia:  I.  Di  rinunziare  all'i- 
dea  di  avere  Roma  per  Capitale;  II.  Di  riconoscere  i  possessi  pre- 
senti  della  Santa  Sede ,  negli  slretlissimi  limili  a  che  li  ha  ridotti 
colla  sua  usurpazione;  III.  D'impegnarsi  a  non  invaderli  colle  sue 

1  Questo  articolo  fu  pubblicato  nel  terzo  Sabbato  di  Novembre  del  1862 
e  si  trova  nella  CIVILTA  CATTOLICA,  vol.  IV  della  quinta  Serie,  pag.  513. 
Serie  Y,  vol.  XII,  fasc.  35L  17  21  Ottobre  1861. 


S58  IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 

milizie  ne  lasciarli  invadere  dalle  sue  masnade.  Ragionando  poi  so- 
pra  un  tal  disegno  ,  ci  movemmo  questa  duplice  dimanda :  cioe  se 
mm  convenzione  cosi  fatla  convenisse  al  Governo  rivoluzionario  del 
nuovo  regno,  e  se  conyenisse  alia  Santa  Sede  e  potesse  da  lei  con- 
sentirsi.  Ouanto  alia  prima  parte  di  tal  dimanda  rispondemmo  af- 
fermaiivamenle,  e  le  ragioni  si  epilogavano  in  questo  concetto:  Se 
si  tralfasse  con  un  Governo  onoralo  e  leale,  e  evidente  che  tal  con- 
yenzione  sarebbe  ad  esso  rovinosa  ed  inacceltablle,  perche'impli- 
dierebbe  il  disiacimen'to  di  lullo  cio  che  esso  ha  finora  edificalo  ; 
giacche  tulta  la  fabbrica  del  nuovo  regno  e  tutte  le  sue  annessioni 
si  fondano  ncl  presupposto  di  aver  finalmente  Roma  per  Capilale. 
Ma  trattandosi  con  un  Governo ,  il  quale  ha  per  primo  principio 
della  sua  elica  la  fnrfanteria  e  la  menzogna ,  non  cade  dubbio  che 
3a  predetta  oonvenzione  non  solo  gli  conviene ,  ma  media  di  essere 
da  lui  aceolla  a  braccia  apertc.  Imperocche  tut  to  1'inieresse  suo 
sta  in  questo,  che  Roma  ccssi  d'csser  difesa  da  forza  insuperabile : 
quanlo  poi  a  beccarsela  ,  senza  gran  resistenza ,  non  nianchcranno 
ingaimi  e  gherminelle,  che  finora  riuscirono  si  felicemcnlc  per  allre 
imprese.  Godiamo  di  trovarci  d'accordo  sopra  quest'  ultimo  punto, 
Indovinate  con  chi?  col  Mazzini;  il  quale  sgridando  coloro,  che  si 
solluccherariO  del  coachiuso  trattato,  rinfaccia  ad  essi  1'andar  dicen- 
do  sommessamente :  Lasciate  fare;  da  cosa  nasce  cosa;  se  i  soidati 
dell'  hiperatorevlasciano  Roma,  sorgeranno  casi,  che  ci  apriranno 
la  via  di  molar  e  le  nostre  promesse  1.  II  famoso  agitatore  soggiun- 
ge:  «  Questa  politica  di  raggiro,  di  vie  torluose,  d'agguali,  sara, 
come  fu,  la  rovina  d' Italia.  Disonora,  corrompe,  uccide.  Le  grandl 
nazioni  si  fondano  su  principii  altamente  professali,  sopra  un'  idea 
di  sovrana  giuslizia,  d'eterno  diritlo,  rappresentala  in  ado  dai  phi 
sull'  esl  cst  non  non  degli  uomini  e  dei  popoli  liberi.  Tra  1'  essere 
Iloti  e  il  diventar  Giuda  non  corre  divario  ,  se  non  quello  che  corre 
tra  la  morle  del  corpo  e  quella  deU'anima  2.  »  Ma  ii  suo  cimvero 
predicare  al  deserto.  Egli  non  intende  o  almeno  mostra  di  non  in- 

1  L'UmiA  CATTOLICA,  n.  288. 

2  Luogo  citato. 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 

lendere  la  nalura  dell'  Italia  rigenerata  e  quella  do'  suoi  rigencra- 
tori.  Non  capisce  o  moslra  di  non  capire,  che  le  volpine  arli  ban  dalo 
nascimento  al  nuovo  regno,  e  le  medesime  debbono  perfezionarlo. 
Ogni  cosa  si  compie  e  mantiene  per  le  slesse  cagioni  da  cui  e  nata. 
La  nuova  Italia  dee  acceltare  la  convenzione,  come  a  lei  convenevo- 
lissima,  e  se  nol  fa,  contraddice  a  se  slessa. 

Quanto  poi  alia  seconda  parle  di  quella  nostra  dimanda,  la  rispo- 
sta  da  noi  data  fu  negativa ;  e  le  ragioni  di  cio  furono  molle  e  varie. 
La  natura  evidentemente  illusoria  del  contralto ;  V  obbligazione.  nel 
Pontefice  di  mantenersi  consenziente  a  se  stesso,  e  fedele  alle~giu- 
rale  promesse,  in  cosa  massimamente  che  tocca  non  semplici  fatti, 
ma  principii  di  moralita  e  di  giustizia ;  la  necessita  di  non  porsi  ia 
conlraddizione  coir  universa  Gliiesa,  la  quale  per  1'  autorevole  orga- 
no  di  tulti  i  suoi  Vesco\i  lo  ha  supplicato  a  persistere  irremovibile 
nel  sostenere  I'integrila  di  quel  principalo,  di  cui  egli  e  depositario 
in  bene  dell'  intera  sociela  de'  credenti ;  il  dovere  di  non  permellere, 
almeno  con  implicito  consenso ,  che  una  si  gran  parte  dei  sudditi , 
commessigli  da  Dio,  resti  sotto  1'oppressione  di  un  Governo  tirannico 
ed  immorale ;  la  condizione  violenta  della  stessa  Roma,  la  quale  reste- 
rebbe  quasi  isolata  in  mezzo  a  un  vaslo  regno,  che,  circondandola  da 
tutli  i  lali,  del  continuo  la  minaccia  e  polrebbe  ad  ogni  stanle  affa- 
marla  col  solo  impedirne  le  comunicazioni ;  queste  ed  allre  conside- 
razioni  di  simil  fatla  facevano  presentire  assolutamente  inaccettabile 
alia  Santa  Sede  una  convenzione ,  che  mentre  dall'  un  de'  lati  era  in 
aperlo  contrasto  colla  sua  dignita  e  colla  sanlita  de'  principii  da  lei 
professali ,  non  porgeva  dall'  altro  nessuna  sicurezza  per  qualsiasi 
maleriale  inleresse.  Infme  prevedemmo  che  la  stampa  e  la  tribuna 
avrebbero  imboccate  le  bugiarde  loro  trombe  per  magnificare  come 
eccellente  trovato  e  vanlaggioso  alia  Chiesa,  un  partito,  che  moslrava- 
mo  ingiusto  in  se  stesso,  insipiente- ne'  suoi  temperamenti,  vano  ed 
illusorio  ne'  suoi  effetti. 

Noi  non  sapremmo  presentemente  aggiungere  nulla  di  sostanziale 
a  questo  nostro  ragionamento ;  e  pero  al  predetlo  articolo  rimettia- 
mo  i  lettori  per  conoscere  il  giudizio ,  che  noi  portiamo  sopra  un 
trattato,  che  forma  oggimai  1'  argomento  obbligato  di  lulli  i  giornali 


260  IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 

d'  Europa  e  tra  breve  formera  il  tema  precipuo  delle  diatribe  parla- 
menlari.  Omessa  dunque  ogni  altra  considerazione  sull' intrinseco 
merito  del  trattato,  ci  volgiamo  piultosto  a  discorrrere  di  due  cose, 
cbe  a  noi  allora  non  cadde  neppure  in  pensiero  di  sospeltare  e  cho 
nondimeno  vediamo  avverale.  Esse  ci  apriranno  la  via  a  confermare 
ua  punlo  gravissimo ,  col  quale  concbiudevamo  quel  nostro  articolo. 

II. 

ft 

Due  opposte  interpretaziom. 

La  convenzione  del  15  Seltembre  e  accornpagnata  da  due  docu- 
ment! esplicalivi  di  essa  per  parle  d'  ambidue  i  Govern!  contraenti ; 
e  salta  subito  agli  occbi  di  tutti  1'  apcrta  opposizione,  in  che  1'  urio  si 
trova  coll'  altro.  Per  parte  delta  Francia  si  ha  il  dispaccio,  inviato  dal 
sig.  Drouyn  de  Lhuys  al  sig.  De  Sarliges,  ambascialore  in  Roma; 
per  parte  del  Governo  di  Torino  si  ba  il  decreto  di  convocazione  del 
Parlamento.  Nel  primo  documento  il  Ministro  francese  da  per  moven- 
te  delia  convenzione  1'aver  il  Governo  di  Torino  rinunzialo  all'  idea 
di  avere  Roma  per  Capitale.  Egli  dice  cbe  Tunica  ragione  per  cui,  non 
ostaute  gl'  inconvenienii ,  da  lui  sludiosarnente  enumerati ,  le  armi 
francesi  erano  rimase  in  Roma,  si  era  il  pericolo  a  cui  questa  Sede 
del  cattolicismo  era  esposta  da  parle  del  Piemonle,  il  quale  reclama- 
vala  per  Capitale  del  nuovo  regno,  al  cbe  la  Francia  non  poleva  con- 
sen  tire.  «  Le  disposizioni  piu  inquietanli  regnavano  nella  Penisola  a 
riguardo  del  possesso  di  Roma,  cbe  il  Governo  italiano,  per  bocca  dei 
Ministri  nel  Parlamento,  come  pure  per  via  delle  comunicazioni  di- 
plomatiche,  reclamava  come  Capilale  dell' Italia.  Fino  a  cbe  quest!  di- 
segni  occupavano  la  mente  del  Gabinelto  di  Torino,  noi  dovevamo 
iemere  cbe  se  le  nostre  truppe  fossero  state  ricbiamale,  il  lerritorio 
della  Santa  Sede  sarebbe  stato  esposto  ad  assalti ,  cbe  il  Governo 
ponlificio  non  sarebbe  stato  in  grado  di  respingere.  Noi  abbiamo  vo- 
luto  conservare  il  nostro  appoggio  armato ,  fmo  a  tanto  cbe  il  peri- 
colo di  questi  voli  spensierati  non  fosse  stato  allontanalo.  »  Or  egli 
avverte  die  questa  sospirata  ipolesi  si  e  fmalmenle  avverata.  «  Noi 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE  261 

siamo  oggidi  maravigliali ,  cosi  proscgue ,  de'  felici  cambiamenli , 
manifcstalisi,  sotto  quesio  aspelto,  nella  situazione  generate  dclla  Pe- 
nisola.  II  Governo  ilaliano  si  sforza  da  due  anni  di  fare  scomparire 
gliullimi  avanzi  di  quelle  associazioni  spaventose,  che  col  favore 
delle  circostanze  s'  erano  formate  indipendentementc  dalla  sua  azio- 
ne,  e  i  cui  disegni  erano  principalmente  direlti  contro  Roma.  Dopo 
averle  combaltute  alia  scoperta,  pervenne  a  sciorle ;  e  quante  volte 
tentarono  ricomporsi ,  dissipo  con  facilila  le  trame  lore.  Questo  Go- 
verno  non  si  limilo  ad  impedire  che  veruna  forza  irregolare  noj 
tesse  ordinarsi  sopra  il  suo  territorio,  per  aggredire  le  provim 
ste  solto  la  sovranita  pontificia,  ma  essa  delte  alia  sua  politica  verso 
la  Santa  Sede  un  indirizzo  phi  in  armonia  co'  doveri  internazionali. 
IJsso  cesso  di  porre  innanzi  nelle  Camere  il  programma  assoluto,  che 
proclamava  Roma  Capitale  dell'  Italia,  e  d'indirizzare  a  noi  in  pro- 
posito  dichiarazioni  perenlorie,  per  1'addietro  cosi  frequenti.  Altre 
idee  presero  luogo  negli  spirili  mlgliori,.e  lendono  sempre  piu  a 
prevalere.  »  Menzionando  poi  la  risoluzione  del  Governo  di  Torino  , 
di  trasportare  la  Capitale  in  un  pimto  piu  centrale  del  nuovo  Stato , 
soggiunge  che  essa  e  un  nuovo  pegno  di  sicurezza  per  Roma,  e  che 
al  S.  Padre  non  res ta  allro  bisogno,  che  quello  di  formarsi  un  suffi- 
cienle  esercito  per  la  sola  quiele  interna  de'  suoi  Stali.  «  Agli  occhi 
nostri  questa  eventualita  e  d' un' impor.lanza  maggiore,  per  la  Santa 
Sede,  come  pel  Governo  dell' Imperatore ;  perche  effetluandosi,  essa 
coslituirebbe  una  situazione  nuova ,  che  non  presenterebbe  piu  gli 
stessi  pericoli.  Dopo  aver  otlenule  dall' Italia  le  guarenligie  che  noi 
crederemmo  dovere  stipulare  in  favore  della  Santa  Sede  contro  gli 
assalti  esleriori,  non  ci  rimarrebbe  piu  che  ai.utare  il  Governo  ponti- 
ficio  a  formare  un  esercito  abbastanza  bene  ordinalo  e  abbastanza  nu- 
meroso,  per  fare  rispeltare  la  sua  autorila  all'inlerno.  »  Quindi  con- 
chiude:  <(  Difeso  al  di  denlro  da  un  esercilo  devoto,  protelto  al  di 
fuori  dagr  impegni  che  noi  avremmo  domandalo  all' Italia,  il  Governo 
pontificio  si  troverebbe  in  condizioni ,  che  assicurando  la  sua  indi- 
pendenza  e  la  sua  sicurezza,  permelterebbero  a  noi  di  assegnare  un 
termine  alia  presenza  delle  nostre  truppe^iegU  Stati  romani.  Cosi  si 
avvererebbero  le  parole  indirizzate  dall' Imperatore  al  Re  d' Italia,  in 


262  IL  TRATTATO  BEL  15  SETTEMBRE 

tma  lettera  del  12  Luglio  1861 :  lo  lascero  le  mie  truppe  a  Roma, 
fmo  a  tanto  che  Vostra  Maesla  non  sara  riconciliata  col  Papa,  e  che 
11  Santo  Padre  sara  nrinacciato  di  vedere  gli  Stall,  a  lui  rimasti, 
Invasi  da  una  forza  regolare  o  irregolare.  » 

Lasciando  stare  1'  indirizzo  in  armonia  co'  doveri  internazionali, 
dato  dal  Piemonte  alia  sua  politica  verso  la  Santa  Sede,  del  quale 
da  luculenti  prove  il  processo,  di  cui  parlammo  nel  penultimo  qua- 
derno  1;  e  lasciando  stare  la  riconciliazione  di  Vittorio  Emmanuele 
col  Papa,  della  quale  fa  evidenle  leslimonianza  il  conlegno  che  il  Go- 
vcnB  di  Torino  tiene  verso  la  Chiesa  e  i  suoi  Ministri ;  noi  supponia- 
mo,  come  deve  supporsi,  che  il  linguaggio  del  Governo  francese  sia 
leale  e  che  esprima  colla  bocca,  cio  che  veramenle  pensa  coH'amma. 
In  tal  supposizione,  di  cui  niuno  polrebbe  rivocafe  in  dubbio  la  legit- 
timila,  si  vede  chiaro  che  tutte  le  parole  di  questo  documento  espri- 
mono  questo  concetto :  che  il  Governo  di  Torino  ha  rinunzialo  final- 
rnente  all' idea  di  avere  Roma  per  Capitale,  e  che,  a  pubblica  confer- 
ma  di  cio,  va  a  cercarsene  un'  altra,  che  poi  si  e  saputo  essere 
Firenze.  Laonde  il  Papa  e  tutli  i  Catlolici  possono  dormire  tranquilli 
per  questo  capo ;  giacche  Roma  restera  al  Ponlefice,  e  ne  son  gua- 
rentigia  gl'  impegni  che  la  Francia  ha  domandati  all'  Italia.  Cosi  e 
spiegata  la  convenzione  dal  Governo  francese. 

Vediamo  ora  come  e  spiegata  dal  Governo  torinese  per  bocca  degli 
stessi  Ministri  che  la  conlrassero.  Essi  dichiarano  apertamente  che 
non  ci  ha  nulla  di  tutto  cio;  perocche  la  convenzione  del  15  Settem- 
bre,  conchiusa  colla  Francia,  non  cambia  in  nessun  modo  le  prece- 
denli  aspirazioni  del  nuovo  regno  d'ltalia,  rispetto  a  Roma-  Essi  di- 
cono  che  le  intenzioni,  manifestate  si  dal  Governo  e  si  dalle  Camere, 
ftirono  sempre  che  si  dovesse  giungere  al  possesso  di  Roma  coi  soli 

1  Gli  arresli,  fattl  il  12  Aprile  del  corrente  anno,  di  persone  che  gitta- 
vano  bombe  all'  Orsini  per  impedire  la  dimostrazione  d'  affetto  del  popolo 
romano  verso  il  Pontefice,  apn  la  via  a  scoprire  una  congiura,  coll'annuen- 
xa  ed  aiuto  del  Governo  piemontese,  per  una  invasione  di  bancle  armate  in 
quelle  parti  dello  Stato  pontificio,  dove  non  fossero  truppe  francesi,  e  per 
promuovere  una  sollevazioire  in  Roma  che  menasse  a  un  plebiscite  d'an- 
aessione  al  Piemonte.  Vedi  Cimlta  Cattolica,  Serie  V,  vol.  XII,  pag.  99. 


IL  TRATTATO  BEL  15  SETTEMBRE  263 

mezzi  morali,  esclusa  la  forza;  e  cbe  questo  intendimento  resta  in- 
tero  dopo  la  convenzione,  giacche  essa,  benche  incliiuda  1'  obbligo 
di  non  usare  la  forza  materials  per  venire  al  possesso  di  Roma , 
lascia  libero  1'  adoperare  a  lal  fine  la  forza  morale  e  lulti  i  mezzi 
che  la  Civilla  odierna  offre  al  trionfo  delle  idee  liberal!  e  nazionali  1. 
Ecco  le  parole  del  documento :  «  Dalle  discussioni  e  dalle  delibe- 
razioni  del  Parlamenlo ,  rispelto  alia  quistione  romana  due  concet- 
li  scaluriscono ,  i  quali  ci  sembrano  sovrastare  a  tutli  gli  altri  e 
dover  servire  di  norma  alia  conclotta  del  Governo.  L'  uno  e  che  la 
quislione  romana  doveva  sciogliersi  per  mezzi  morali  e  non  per 
mezzi  material!,  imperocche  la  violenza  in  queslo  caso  non  togliereb- 
be  punlo  la  difiicolla.  L'  allro  che,  bisognava  procedere  d'  accordo 
colla  Francia,  per  conseguire  che  anche  in  quesla  parte  il  principio 
del  non  intervento  avesse  la  sua  esecuzione...  A  conseguire  pertanlo 
il  fine  che  i  Frances!  sgombrassero  il  territorio  ponlificio,  bisognava 
rassicurarli  e  mostrare  all'Europa  che  possono  farlo  senza  venir  me- 
no  ai  sentiment!  che  nutrono  verso  il  Papato.  Ora  che  poteva  fare  il 
Governo  (di  Yiltorio  Emmanuele)  a  questo  fine?  II  Governo  non, 
poteva  fare  altro  che  promettere  di  non  assalire  quel  terrilorio  che 
le  truppe  francesi  occupavano,  ed  impedire  eziandio  che  bande  ir- 
regolari  lo  assalissero  movendo  dal  territorio  del  Regno.  Una  tale 
promessa  lealmenle  data  e  fermamente  mantenuta ,  a  nostro  avviso, 
non  distrugge  ne  menoma  i  diritti  e  le  aspirazioni  della  nazione,  ma 
tien  fermo  il  concetto,  che  colle  sole  forze  morali  si  debba  operare  e 
con  Mli  i  mezzi  che  la  Civilta  odierna  offre  al  trionfo  delle  idee  li- 
berali  e  nazionali.  »  Venendo  poi  a  dir  dell'  affare  della  traslazione 
della  Capitale  a  Firenze,  dichiarano  che  tanto  e  lungi  che  cio  import! 
una  conferma  di  rinunzia  a  Roma,  che  anzi  spiana  la  via  per  venire 
a  capo  di  un  tal  possesso.  «  Un  allro  risultato  di  questo  fatto  ( del- 
1'  andata  cioe  del  Governo  a  Firenze )  sara  che  1'  efficacia  dei  mezzi 
morali  si  far&  sentire  a  Roma  tan  to  piu  rapidamente,  quanto  mag- 

1  Quali  sieno  i  mezzi  che  la  Civilta  odierna  offre  al  Governo  di  Torino 
pel  trionfo  delle  idee  nazionali,  fu  esposto  da  noi  nell'articolo  intitolato :  / 
nuovi  accordi  di  Parigi  illustrati  da  dodici  anni  di  congiure.  Vedi  Civilta 
Catlolica,  Serie  Y,  vol.  XII,  pag.  163. 


261  IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 

giore  e  la  vicinanza  della  sede  del  Governo,  phi  frequenli  i  rapporli, 
piii  anlica  ed  inlima  la  comunicazione  d'  interessi  e  di  abitudini  1.  » 

Da  questi  due  document!  esplicalivi  del  traltato,  messi  cosi  a  fron- 
te  1'  uno  dell'  altrp ,  risulta  nella  piu  chiara  evidenza  questo  curioso 
conlrasto :  che  il  Governo  francese  afferma,  esser  esso  una  sanzione 
dell'  abbandono  dei  voti  intorno  al  possesso  di  Roma ;  il  Governo 
torinese  per  conlrario  afferma,  che  questi  voli  sussistono  interi,  e  il 
Iraitato  non  li  dislrugge  ne  li  menoma.  II  Governo  francese  afferma 
che  la  traslazione  del  Governo  a  Firenze  e  una  guarentigia  che  Roma 
reslera  al  Papa;  il  Governo  di  Torino  afferma  che  anzi  e  un  passo 
che  si  da  per  toglierla  al  Papa  piu  presto,  adoperando  a  tal  fine  le 
forze  morali  e  lulti  quei  mezzi  che  la  Civilla  odierna  offre  al  trionfo 
delle  idee  liberali  e  nazionali.  Convenzione  veramente  ammirabile 
e  degna  al  tutto  dei  tempi  nostri  I  Delle  due  parti  conlraenti  1'  una 
intende  bianco ,  e  1'  altra  nero ;  1'  una  intende  si ,  e  1'  allra  no  !  Non 
poiea  esser  peggio,  se  la  convenzione  fosse  stata  redatla  dal  famoso 
oratore  E-NON-E  della  commedia,  da  noi  intilolata:  L'  Autocrazia 
dell'EnteZ. 

Senonche  non  potendo  esser  vere  amendue  le  predette  inlerpre- 
tazioui,  per  la  conlraddizion  che  no'l  consente;  con  vien  dire  che 


1  Alia  maniera  onde  il  Ministero  di  Torino  spiega  il  senso  della  con- 
venzione,  fa  eco  il  sig.  Pepoli,  che  n'  e  stato  lo  stipulatore  e  il  soscrittore. 
Egli  in  un  solenne  banchetto,  datogli  a  Milano,  dichiaro  altamente  che  il 
programma  nazionale  non  fu  laccrato  in  nessuna  sua  parte  dal  nuovo  tralta- 
to, ma  che  solo  il  predetto  trattato  spezza  I'  ultimo  anello  di  quella  catena 
che  teneva  la  Francia  legata  ai  loro  nemici.  Vedi  L'  UNITA  CATTOLICA,  n.  290 
neir  articolo  intitolato :  La  Convenzione  Pepolina  giudicata  a  Milano  nel- 
rOsteria. 

2  Yedi  Civilta  Cattotica,  Serie  II,  Vol.  Ill,  pag.  353. 

Un' altra  curiosissima  prerogativa  di  quesla  convenzione,  secondo  che 
giustamente  vien  notato  dal  Contemporaneo  di  Firenze,  si  e  che  vi  si  contrae 
1'  obbligazione,  per  parte  del  Piemonle,  di  non  rapire  1'  altrui.  Yedete  se 
non  siamo  giunti  ad  un  sublime  grado  di  civilta !  Ci  e  bisogno  di  un  so- 
lenne traltato  tr'a  Potenza  e  Potenza  per  indurre  una  delle  alte  parti  con- 
traenti  a  non  rubare  1  I  nostri  avi  avrebber  mai  sognato  possibile  un  tanto 
progresso  ? 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE  265 

1'idea  intesa  nel  traltalo  o  sia  quella  che  vien  espressa  dal  Governo 
francesc,  o  sia  quella  che  \7ien  espressa  dal  Governo  piemontese ,  e 
che  per  conseguenza  1'uno  o  1'altro  Governo  si  professi  sleale.  E  per- 
ciocche  tulte  le  ragioni  persuadono  che  tale  taccia  debba  allontarsi 
dal  Governo  francese ;  uopo  e  che  ella  cada  necessariamente  sul  Go- 
verno piemontese,  conlro  cui  stanno  tutle  le  ragioni  e  tulli  i  fatli  da 
molli  anni  a  questa  parle.  E  se  a  tal  conclusione  ci  mena  necessa- 
riamenle  1'inesorabile  forza  della  Logica,  che  cosa  deve  pensarsi  di 
un  Governo,  il  quale  nell'atto  stesso  che  stipula  un  trattato,  dichiara 
di  voler  fare  il  contrario  di  cio  che  con  esso  s'  inlende  di  stipulare? 
Non  e  questo  1'estremo  grado  a  cui  puo  esser  condotta  la  mala  fede? 
Finora  si  era  veduto  questo  Governo  italiano  congiurare  e  tramare, 
contro  Potenze  amiche ,  per  mezzo  de'  suoi  rappresentanti  diploma- 
tic!. Ricordi  il  lettore,  Boncompagni  a  Firenze,  Villamarina  a  Napoli, 
Bligliorati  e  Della  Minerva  a  Roma.  Si  era  veduto  altresi  allestire 
spedizioni  di  Filibustieri  per  invadere  gli  Stali  altrui,  protestando  che 
facea  di  tutto  per  iscioglierle ,  e  mandare  la  propria  flotta  per  pro- 
teggerne  lo  sbarco,  fingendo  che  si  mandava  perimpedirlo.  Ricordi 
il  lettore  i  falli  del  Cavour  nella  calala  del  Garibaldi  in  Sicilia,  mess! 
Jn  luce  dai  documenti  pubblicati  da  Nicomede  Bianchi.  Si  era  veduto 
infine  giurare  nel  sacrosanto  nome  di  Dio  pubbliche  convenzioni , 
coll'animo  di  violarle  il  giorno  appresso.  Ricordi  il  lettore  i  preli- 
minari  di  Villafranca  e  il  Traltato  di  Zurigo.  Tuttavia  restava  1' ulti- 
mo grado  d'  improntitudine,  di  abbietlezza,  d'  infamia;  ed  era  quello 
di  professare  pubblicamente  la  propria  mala  fede ,  nell'  alto  stesso 
che  s'impegnava  la  parola.  Queslo  grado  ultimo  non  meno  di  slealt& 
che  di  sfrontatezza  e  slato  tocco  dal  Governo  di  Torino  neir  ultima 
convenzione  fatta  colla  Francia,  e  comentata  dal  decreto  di  convoca- 
zione  del  Parlamento. 


266  IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 

III. 

Mutazione  di  concetto  nett  occupazione  di  Roma. 

L'  aUra  cosa,  che  noi  non  antivedemmo,  si  e  clie  volendosi  venire 
all'  effeltuazione  di  quel  disegno  ,  T  affare  si  sarebbe  Irattato  Ira  la 
Francia  e  ii  Piemonte.  Ma  a  nostra  escusazione  valgano  le  seguenti 
considcrazioni.  L'  occupazione  di  Roma  per  le  armi  francesi  non  era 
un  fatto  isolato  che  si  riferisse  alia  sola  Francia.  Esso  era  1'effelto 
di  un  appello  del  Pontefice,  e  di  una  eonvenzione  tra  diverse  Polen- 
ze  caltoliche,  nella  quale  in  nessun  raodb  era  cnlralo  il  Piemonle  1. 
Ecco  le  parole,  colle  quali  il  Santo  Padre  Pio  IX,  nel  conclstoro  lenuto 
in  Gaeta ,  nolifieo  al  mondo  cattolico  questo  suo  appello  :   «  Dopo 
avere  implorato  il  soccorso  di  tulli  i  Principi,  dall' Austria,  che  con- 
fma  a  Sellentrione  col  nostro  ponUficio  Dominio,  tanto  piu  volentieri 
chicdemmo  aiuto  ,  in  quanlo  che  non  solamente  ella  slessa  presto 
sempre  1'egregia  opera  sua  a  proteggere  ii  temporale  dominio  della 
Sede  aposlolica,  ma  inoltre  risplende  ora  ccrla  spcranza  che,  secon- 
do  i  nostri  ardentissirni  desidcrii  e  le  giuslissime  nostre  richieste, 
si  elimineranno  da  quell'  Impero  certi  notissirai  principii,  perpetua- 
mente  riprovati  dalla  Sede  apostoiica ;  e  che  percio  la  Chiesa  sara 
ivi  reslituiia  alia  sua  libeila  ,  con  massimo  bene  ed  utilila  di  quei 
fedeii.  Laqual  cosa  mentre  vi  significhiamo  con  non  mediocre  con- 
solazione  deli'  ammo  noslro ,  teniam  per  fermo  che  allresi  a  voi  sia 


1  Chi  volesse  sapere  la  vera  cagione,  per  la  quale  il  Piemonte  fu  formal- 
mente  escluso  dal  numero  clelle  Potenze  cattoliche,  chiamate  ad  aiutare  la 
ristaurazione  del  Pontetice  nei  suoi  Stati,  basterebbe  che  la  cercasse  nei  do- 
cumenti  pubblicati  dal  Farini,  nella  sua  opera  suecilata  Lo  Siato  Romano  ecc. 
Ouesti  documenti,  ed  altri  clie  egli  lace  ,  si  riferirono  da  noi  nelFarticolo 
intltolato  :  La  Confederations  Italiana  e  TUrdta  Piemonlese  (V.  Civilla  Cat- 
tolica,  Serle  Quarta,  vol.X,  pag.  250),  col  quale  articolo  dimostrammo  che 
lino  dal  1849  il  Governo  piemoatese  ripudiava  la  Confederasione ,  perche 
ambiva  F  Unit  a  della  Penisola  sotlo  il  suo  dominio;  e  per  questo  scopo  gia 
congiurava  sino  da  quel  tempo  conlro  la  Sovranita  del  Pontefiee  in  Iloma. 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE  261 

per  apportarc  non  lieve  gaudio.  II  medesimo  aiuto  chiedcmmo  dalla 
Nazione  francese,  la  quale  araiamo  con  singolare  bcnevolenza  ed  af- 
ietlo  del  paterno  animo  nostro,  posciachd  il  Clero  ed  il  popolo  fedele 
di  quella  nazione  con  tulli  e  d'ogni  maniera  i  segni  di  figliale  devo- 
zione  e  riverenza  si  studi6  di  alleggerire  e  consolare  le  nostre  cala- 
mila  ed  anguslie.  Anche  della  Spagna  invocammo  il  soccorso  ,  la 
quale  delle  noslre  angustie  fortemente  addolorala  e  sollecita  ,  eccit& 
prima  le  altre  nazioni  cattoliche ,  affinche  slrelta  fra  loro  una  come 
figliale  alleanza  ,  s  adoperassero  a  ricondurre  nella  propria  Sede  il 
Padre  comune  dei  fedeli  e  supremo  Pastor  della  Chiesa.  Questo  soc- 
corso chiedemmo  finalmente  dal  regno  delle  Due  Sicilie ,  ove  Noi 
ospiliamo  appresso  il  suo  Re,  il  quale  attendendo  con  tutte  le  forze  a 
promuovere  la  vera  e  solida  felicila  de'  suoi  popoli ,  rifulge  di  tanta 
religione  e  piela,  che  agli  stessi  suoi  popoli  puo  essere  di  esempio. 
Sebbene  poi  con  niuna  parola  possiamo  esprimere  con  quanta  cura 
ed  amore  il  medesimo  Principe  goda  di  testificare  e  confermare  as- 
siduaraente  con  ogni  maniera  di  officii  e  con  egregi  falti  la  sua  esi- 
mia  e  figliale  devozione  verso  di  Noi ;  pure  niuna  oblivione  cancel- 
lerci  mai  i  preclari  meriti  dello  slesso  Principe  verso  di  Noi.  Ne  per 
Terun  modo  possiamo  tacitamente  passare  le  significazioni  di  pieta  r 
di  amore  e  di  ossequio ,  le  quali  il  Clero  ed  il  popolo  del  medesimo 
regno  non  cesso  mai  di  tributarci,  appena  toccammo  lo  slesso  regno. 
Per  la  qual  cosa  siamo  levati  alia  speranza  ,  che  bene  aiutandone 
Iddio,  quelle  genii  caltoliche,  tenendo  avanli  gllocchi  la  causa  della 
Chiesa  e  del  suo  Sommo  Ponlefice,  Padre  comune  di  tutli  i  fedeli,  si 
affrelleranno  ad  accorrere  quanlo  prima  a  proteggcre  il  civile  Prin- 
cipalo  della  Sede  aposlolica,  ed  a  restituire  ai  nostri  sudditi  la  pace  e 
la  tranquillity ;  e  confldiamo  che  i  nemici  della  nostra  santissima  Re- 
ligione e  della  civil  societa  saranno  allontanati  dalla  citla  di  Roma  e 
da  tullo  lo  Stato  della  Chiesa  1.  » 

II  santo  Padre  adunque  chiedeva  1'aiuto  massimamente  di  quattro 
Potenze  cattoliche,  una  delle  quali  era  la  Francia,  acciocche  di  co- 

1  Allocuzlone  della  Sanlita  di  Nostro  Signore  Papa  Pio  IX,  pronuuciata 
nel  Concistoro  segreto,  tenuto  a  Gaeta  il  di  20  Aprile  dell' anno  1849. 


268  IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 

mime  accordo  accorressero  a  rimelterlo  ed  assicurarlo  nel  possesso 
de'  proprii  Stati ,  inondati  dal  torrente  rivoluzionario.  Tale  fu  1'  idea 
dell'  intervento  armato  negli  Stati  ponlificii ,  e  come  tale  fu  inteso  e 
proposto  altresi  dall'Austria,  come  apparisce  dalla  nota  del  Principe 
Schwaiizenberg,  della  quale  riporteremo  un  brano:  «  II  mondo  cat- 
tolico,  essa  dice,  e  in  diritto  di  reclamare  pel  Capo  visibile  della 
Chiesa  la  pienezza  di  liberta,  indispensabile  pel  Governo  della  socie- 
la  caltolica,  di  quest' antica  monarchia  che  ha  sudditi  in  tutte  le  par- 
ti del  mondo.  I  popoli  cattolici  non  permetteranno  che  il  Capo  della 
loro  Chiesa  sia  spogliato  della  sua  indipendenza,  e  divenli  il  suddito 
di  un  principe  straniero.  Essi  non  soffriranno  che  sia  degradato  da 
una  mano  di  faziosi,  che,  sotto  1'  egida  del  suo  nome  venerando,  la- 
vora  a  scalzare  e  a  distruggere  il  suo  potere.  Perche  il  Vescovo  di 
Roma,  che  enel  tempo  stesso  il  Capo  sovrano  della  cattolica  Chiesa, 
possa  esercitare  le  sue  grandi  funzioni,  e  necessario  che  sia  sovrano 
di  Roma.  In  tal  modo  gli  Stali  caltolici  riunili  hanno  lutti  il  maggio- 
re  interesse  a  sostenere  la  Sovranita  temporale  del  Papato.  D'  altra 
parle  i  paesi  -limilrofi  agli  Stati  della  Chiesa  hanno  il  maggiore  inle- 
resse  di  vegliare,  perche  quesli  Stati  non  si  faccian  nido  di  una  anar- 
chia  flagrante,  che  potrebbe  meltere  in  pericolo  la  sicurezza  loro  pro- 
pria.  Apparliene  pereio  senza  alcun  dubbio  all'  Austria  e  alia  Fran- 
cia,  nella  loro  qualita  di  Potenzc  cattoliche  di  prim'  ordine,  d'  alzare 
la  Yoce,  e  di  proteslare  conlro  i  delitti,  ond'e  villima  il  santo  Padre. 
Noi  crediamo  inollre  che  il  Re  di  Napoli,  pel  doppio  rispetto,  di  So- 
vrano  caltolico  e  di  confinante  cogli  Slati  della  Chiesa,  abbia  il  di- 
ritto d'entrare  in  una  combinazione  per  ristabilire  il  sommo  Pontefi- 
ce  nella  Metropoli  della  cristianita,  e  rislorarlo  ne'suoi  diritti  sovra- 
ni.  Nel  mentre  che  gli  altri  Principi  della  Penisola  furono  piu  o  me- 
no  scossi  dalla  fazione  che  ha  gradatamente  indeboliti  i  lor  troni,  il 
Re  di  Napoli  ha  poluto  difendere  la  sua  indipendenza  conlro  gli  as- 
salti  della  rivoluzione.  Lo  stesso  Santo  Padre ,  scegliendo  per  asilo 
il  regno  di  Napoli,  ha  dato  a  S.  M.  Siciliana  una  chiara  pruova  della 
fiducia  personate  che  riponeva  in  lui,  sia  per  rispetto  alia  sua  qua- 
lita, sia  per  rispetto  alia  forza  del  Governo  del  re  Ferdinando.  E  de- 
bilo  di  giustizia  il  riconoscere  quesli  fatti ,  e  rispondere  a  questa 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE  269 

fiducia  con  una  condolta  onorevole.  Da  tal  punto  noi  fummo  convinti 
che  sarebbc  ingiusto  e  conlrario  a'voti  di  S.  S.  il  riflutare  il  nostro 
conscnso  al  Re  di  Napoli,  che  ha  diritto  per  tanli  lali  di  partecipare 
a  questa  impresa  1.  » 

Che  poi  1'occupazione  francese  venisse  continuata  secondo  la  stes- 
sa  idea,  onde  ebbe  principio,  ne  abbiamo  V  esplicita  confessione  del 
conle  Walewski  nel  Congresso  di  Parigi,  come  si  legge  nel  Prolocol- 
lo  al  numero  XXII.  Esso  dice  cosi :  «  II  primo  plenipotenziario  per 
la  Francia  ricorda  che  gU  Stati  ponlificii  sono  in  uno  slato  anorraa- 
te ;  che  la  necessita  di  non  lasciar  il  paese  libero  all'anarchia  ha  de- 
terminate si  la  Francia ,  come  1'  Austria  a  rispondere  alia  domanda 
della  Santa  Sede,  facendo  occupare  Roma  dalle  sue  truppe,  mentre  le 
austriache  occupavano  le  Legazioni.  Espone  che  la  Francia  avea  un 
doppio  motivo  di  deferire  senza  esitazione  alia  domanda  della  Santa 
Sede,  come  Pontenza  caltolica  e  come  Potenza  europea.  II  titolo  di 
figlio  primogenito  della  Chiesa,  di  cui  il  Sovrano  della  Francia  si  fa 
una  gloria,  fa  un  dovere  all'Imperatore  di  prestare  aiuto  e  sostegno 
al  sommo  Ponlefice.  » 

Le  cause  adunque  che  aveano  prodotta  e  mantenevano  1'  occupa- 
zione  di  Roma  per  parle  delle  armi  francesi,  erano  la  domanda  del 
Santo  Padre ,  a  cui  il  sovrano  di  Francia ,  come  figlio  primogenito 
della  Chiesa,  sentiva  il  dovere  di  deferire ;  e  1'intesa  scambievole  con 
altre  Potenze  cattoliche,  massimamente  coll'  Austria.  Parea  dunque 
che  dalle  medesime  cause  dovesse  dipendere  la  cessazione  di  essa, 
e  che  pero  lo  sgombro  delle  armi  francesi  da  Roma  non  potesse  trat- 
tarsi,  senon  col  Ponteflce  e  colle  anzidette  Polenze.  II  Piemonte,  che 
vi  era  rimaso  del  tutto  estraneo,  non  avea  verun  litolo  per  entrarci. 
Operando  alfcrimenti  veniva  di  necessita  a  snaturarsi  il  concetto  di 
delta  occupazione ;  la  quale,  benche  eseguita  dalla  Francia,  non  era 
lultavia  in  nome  della  sola  Francia,  ma  bensi  dell'Europa  caltolica. 


1  Vedi  Documenti  istorici  religiosi.  Modena,  per  gli  eredi  Soliani  tipo- 
grafi  reali,  1849.  Dichiarazione  del  Gabinetto  austriaco  in  ordine  alia  Qui- 
stione  romana.  Contrasegiiato  Schwartzcnbcrg . 


270  IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 

TraUandosi  un  tale  sgombero  dalla  sola  Francia  ,  ed  oltre  a  do 
col  Piemonte,  ne  veniva  di  necessita  che  1'  occupazione  si  riguardas- 
se  come  un  fatlo  dipendente  dalla  sola  Francia,  e  relalivo  ad  inte- 
resse  non  piu  callolico  ed  europeo ,  ma  bensi  piemonlese  o  al  piu 
francese.  Infatli ,  a  tacere  di  aliri ,  cosi  la  convenzione  del  15  Set- 
tembre  e  stata  giudicata  dalla  Gazzetta  di  Mosca,  benche  redatta  da 
penne  acaUoliche.  Essa  si  esprime  in  questi  termini :  «  Una  delle  piu 
gravi  quislioni  europee  vi  si  risohre,  come  se  fosse  quislione  pura- 
mente  italiana,  che  non  riguardi  se  non  gl'  interessi  delle  due  Po- 
tenze  contraenti.  Se  e  vero  che  la  Francia  e  1'  Italia  si  sieno  vicen- 
devolmenle  impegnate  a  non  permettere  nessun  intervento  negli  Sta- 
tipontificii,  esse  si  sono  arrogato  un  diritto,  il  quale  appartiene,  a 
quanto  ci  scmbra,  a  tutta  1'Europa  cattolica.  La  difficolta  della  qui- 
stione  romana  sta  nel  potere  temporale.  L'annessione  di  Roma  all'  I- 
talia  distrugge  un  ordine  di  cose,  died  volte  secolare,  nonche  1'in- 
dipendenza  del  Capo  della  Chiesa  caltolica  1.  » 

IV. 

Conclusione. 

Le  due  cose  dianzi  esposte,  come  da  noi  non  prevedute,  sono 
-appunlo  quelle,  che  concorreranno  ad  avverare  il  pronostico,  col  qua- 
Ie  noi  terminavamo  quel  nostro  articolo.  Noidicevamo:  «  Pongano 
mente  ( i  cattolici )  che  le  nuove  magagne,  a  cui  ora  ricorrono  1'  ipo- 
crisia  e  la  frode,  sono  1'  ultimo  armi  di  questo  combattlmento.  Spez- 
zute  ancor  queste,  la  piena  viUoria  e  assicurata  alia  Chiesa  2. » II  Pie- 
monte, per  giungere  al  sospirato  possesso  di  Roma,  avea  tentato  ogni 
mezzo  dai  manifest!  assalii,  fino  ai  tradimenli  piu  neri.  Impediti  gli 
uni  e  sventati  gli  altri ,  si  appiglia  ora,  come  a  tavola  nel  naufragio, 
al  presente  trattalo,  speranclo  di  accelerare  con  esso  raclempimento 
degl'iuiqui  suoi  voli.  Ma  che?  Per  giusto  giudizio  di  Dio,  egli  si 

1  Ycdi  Y Osservatore  romanOj  n'231. 

2  Luogo  citato. 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE  271 

accieca  ad  accompagnarc  quell*  alto  con  una  pubblica  dichiarazlone 
della  mala  fecle  con  clie  intende  adcmpirlo.  Con  cio  csso  si  c  dalo  da 
se  medesimo  della  scure  sui  piedi ,  si  e  gitlalo  nel  fango  al  cospello 
della  civile  Europa ,  e  profondatovisi  si  faltamenle,  che  niuna  mano 
potra  piu  rilevarnelo.  Cosi  esso  ha  pienamenle  liberato  la  Santa  Sede 
da  ogni  ulteriore  insislenza,  che  se  le  sarebbe  potato  mai  fare ,  per 
pressarla  ad  accordi ,  non  possibili  per  altri  capi ;  non  essendo  veri- 
simile  che  si  trovi  quinci  innanzi  chi  \7oglia  piu  meltere  avanti  partita 
di  conciliazione  con  un  Governo ,  che  non  soltanlo  c  slcale,  ma  con 
fronle  infrunita  non  dubita  di  professare  pubblicamenle  di  voler  es- 
sere.  Per  qucsto  capo  adunque  la  cosi  delta  quistione  romana  ha 
guadagnato  immensamenle  in  favorc  della  Chiesa;  e  il  Piemonte  per 
parte  sua  si  e  chiusa  la  via  ad  ulleriori  tranelli. 

Per  quel  che  poi  spelta  aU'allro  capo ,  ognun  vede  che  la  mula- 
zion  di  concetto  nell'occupazione  di  Roma  scioglie  le  mani  alle  Po~ 
tenze  europee,  inleressaie  alia  indipendenza  politica  del  Sommo  Pon- 
tefice.  II  concepir  possibile  il  Capo  universale  della  Chiesa  callolica 
suddito  del  Re  d'  Italia ,  e  un'  idea  cosi  baroeca,  che  non  potra  raai 
penetrare  in  nessun  cervello,  non  del  tutlo  insano.  Neppurc  i  libera- 
li  piu  sfegalati  se  Y  hanno  mai  proposla  sul  serio.  Se  alcuni  Ira  loro 
I*  hanno  creduta  alluabile,  cio  e  stato  in  quanlo,  come  increduli  in- 
ilno  all'  ossa ,  erano  persuasi  die  la  Chiesa  e  il  Papato  fossero  di- 
slruttibili.  Ma  chiunque  crede  in  Cristo  e  credo  per  conscguenza 
all' immortalita  della  Chiesa;  non  puo  fare  che  non  vegga  1'asso- 
lulo  nesso  che  passa,  nella  presente  condizione  della  sociela  uma- 
na,  tra  1'esistenza  della  Chiesa  e  la  sua  indipendenza,  tra  la  sua  in- 
dipendenza e  la  sovranita  politica  del  suo  Capo.  11  pensar  poi  che  il 
Pontefice  possa  stabilmente  restare  Sovrano  col  microscopico  teni- 
torio,  che  gli  e  rimaso ;  e  anch'esso  un  concetto  stranissimo.  A  pre- 
scindere  dalle  insuperabili  ragloni ,  per  cui  il  Ponlefice  non  potreb- 
be  mai  condiscendere  alia  iattura  di  diriili  e  di  possessi ,  di  cui  e 
mallevadore  in  faccia  all'  universa  Chiesa;  uno  Statuccolo  impiantalo 
in  mezzo  aun  polenlc  regno,  che  lo  circonda  da  tulle  parti,  che 
in  poco  d'  ora  polrebbe  invaderlo,  e  se  non  lanto  ha  sempro  in  mano- 
i  mezzi  di  amniiscrirlo  e  vessarlo ;  uon  puo  coslituire  che  una  Sovra- 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE 

ttila  illusoria,  ma  in  sostanza  una  real  dipendenza.  In  tal  caso  fia 
minor  male  perderla  del  iulto ;  che  cosi  al  danno  non  si  aggiunge- 
rebbe  la  beffa,  e  1'  imbarazzo  d'una  condizione  di  cose  innaturale  e 
tugiarda.  Or  non  essendo  sperabile  che  il  Governo  piemontese  rin- 
savisca,  si  renda  in  colpa  e  resliluisca  da  se  medesimo  il  mal  lolto; 
e  necessario  che  vi  yenga  forzato  dalle  Potenze ,  quali  che  siano ,  le 
quali ,  essendo  cattoliche  o  avendo  sudditi  caltolici ,  non  possono  e 
non  debbono  tollerare  che  alle  coscienze  di  questi  imperi  un  dipen- 
dente  da  allra  Potenza.  A  do  le  astringe ,  se  non  fosse  altro ,  il  do- 
yere  slesso  di  tulela  yerso  i  diritti  de'  proprii  sudditi ,  la  cui  liberty 
di  coscienza  reclama  la  notoria  e  reale  indipendenza  di  Colui ,  che 
n'  e  il  supremo  moderatore.  Questo  e  si  vero  che  1'  imperador  Niccolo 
di  Russia ,  benchc  scismatico ,  diceva  cosi  in  una  sua  nota ,  quando 
nel  49  il  Papa  esulava  in  Gaeta :  «  Gli  affari  di  Roma  meltono  in 
grave  pensiero  il  Goyerno  di  S.  M.  1'Imperadore  delle  Russie,  e  s'in- 
gannerebbe  grandemente  chi  supponesse  che  Noi  prendessimo  parle 
meno  yiva  dei  Governi  cattolici  alia  situazione ,  in  cui  si  trova  Sua 
Santila  il  Papa  Pio  IX.  Egli  e  fuor  di  dubbio  che  il  S.  Padre  trovera 
in  Sua  Maesta  1'Imperatore  un  leale  aiuto  per  farlo  rislabilire  nel 
suo  polere  temporale  e  spirituale  ,  e  che  il  Goyerno  russo  si  asso- 
ciera  francamenle  a  tulti  i  proyvedimenli  che  potranno  condurre  a 
questo  fine  1.  » 

Ora  perdurando  le  armi  francesi  ad  occupar  Roma  per  lutela  del 
Romano  Pontefice,  in  norae  della  Cattolicila ;  e  cbiaro  che  le  allre  Po- 
tenze o  cattoliche  o  ayenti  sudditi  catlolici ,  restano  in  certa  guisa 
legate  dal  comune  accordo ,  per  cui  tocco  alia  Francia  un  tal  posto 
di  onore ,  secondo  che  continua  a  chiamarlo  il  signor  Drouyn  de 
Lhuys.  Ma  tosto  che  un  tal  concetto  yiene  cambiato,  sottenlra  libero 
il  diritto  delle  anzidette  Polenze  ad  inlervenire  pel  ristabilimenlo 
conyeniente  e  pacifico  della  indipendenza  politica  del  Capo  spirituale 
del  Cristianesimo.  E  questo  un  diritto  che  a  loro  compete  come  Po- 
tenze e  come  tutelatrici  della  liberta  di  coscienza  dei  loro  sudditi 


1  Lo  Stato  romano  daWanno  1815  air  anno  1850,  per  LUIGI  CARLO  FARINF, 
Vol.  terzo,  pag.  215. 


IL  TRATTATO  DEL  15  SETTEMBRE  273 

cattolici.  Ne  il  fitlizio  principle  del  non  intcrvento  pud  in  guisa  alcu- 
na  impedirle;  giacchS  qui  non  si  tratta  ne  di  mera  polilica ,  ne  di 
affari  estranei  e  puramente  interni  di  un  altro  Stato.  Qui  si  tralla  di 
affare  religioso;  di  affare  legato  strettamente  con  gVinteressi  e  colle 
ragioni  interne  di  ciascuna  Potenza,  che  sia  caltolica  o  almeno  abbia 
suddili  cattolici;  di  affare  insomma,  che  riguarda  1' assestamento  di 
un  ordine  universale ,  richiesto  al  regolare  e  pacifico  corso  dei  sin- 
goli  ordini  parlicolari.  Diresle  voi  per  avventura  inlervenlo  stra- 
niero  quello  delle  province  di  uno  Stalo ,  che  accorrono  in  difesa 
della  loro  Capitale?  Direste  inlervento  straniero  quello  dei  figliuo- 
li,  che  accorrono  a  ristabilire  e  sostenere  il  proprio  padre  nel  pos- 
sesso  della  sua  casa?  Ora  figliuoli  per  rispetlo  al  Pontefice  son 
tulti  i  cattolici ;  province  per  rispelto  a  Roma,  atteso  il  vincolo  reli- 
gioso, son  tulti  gli  Stali,  dove  son  ciltadini  a  lei  legati  di  fede.  Non 
ha  il  senso  comune  consacrato  la  formola ,  che  chiama  Roma  Capi- 
tale del  mondo  caltolico?  Chi  puo  dunque  impedire  che  il  mondo 
catlolico  accorra  a  difenderla?  Sicche  il  Governo  piemontese  colla 
celebre  convenzione ,  invece  di  fare  un  passo  innanzi  verso  Roma , 
avrebbe  falto  un  gran  salto  indietro ;  licenziando  le  Potenze ,  inte- 
ressate  nella  quistione  romana ,  ad  operare  piu  liberamenle  cpntro  i 
suoi  latronecci  eseguiti  o  da  eseguire.  Ed  e  questo  il  fato,  a  cui  so- 
venle  la  Giustizia  di  Dio  condanna  i  furfanli ,  di  riuscire  cioc  al  ter- 
mine  opposto  ai  loro  iniqui  disegni,  per  quelle  stesse  vie  per  cui 
s'  impromeltevano  di  conseguirne  1*  intenlo ;  sicche  con  lo  stesso  loro 
peccato  si  procaccino  il  meritato  gastigo :  Per  quae  peccaverit  ho- 
mo, per  haec  el  punietur. 


Serie  F,  vol.  XII,  fasc.  351.  18  21  Ottobre  1864. 


DELL'  UNITA  DI  TIPO 

NEL  REGNO  ANIMALE 


I. 

Teorica. 

La  generazione  umana  non  e  ne  per  isvolgimenlo  di  un  essere,  che 
si  Irovi  come  in  minialura  gia  delinealo  nel  germe ,  ne  per  subita 
formazione  e  Irapasso  istantanco  clalla  polcnza  all'  alto  compiuto  e 
perfetlo.  Essa  precede  per  verace  producimento  d'un  essere  nuovo, 
che  sol  virtual mente  preesiste  neli'atlivila  del  seme,  comunicata  dal 
generanle,  e  per  successiva  Irasformazione  del  subbietto  potenziale. 
Questa  vcrila,  che  la  Filosofia  richiede  a  priori,  e  la  Fisiologia  dimo- 
stra  a  posteriori,  fu  sufficientemente  da  noi  chiarita  nell'arlicolo  pre- 
cedenle  1.  Oui  dobbiamo  allontanare  un  errore,  che  da  tal  verila  ap- 
punto  ha  tolto  occasionc  e  pretesto.  Imperocche  non  mancarono  di 
naturalist! ,  i  quali  opinarono  che  uno  fosse  il  tipo  in  tutto  il  regno 
animate,  cioe  a  dire  1'uomo;  siccome  quegli,  che  assomma  in  se  nel 
grado  piu  elevato  la  perfezione  dell'  organismo  e  la  squisitezza  dei 

1  Vedi  GIVILTA  CATTOLICA,  Serie  V,  vol.  XI,  pag.  289. 


DELL'  UNITA  DI  TIPO  NEL  REGNO  ANIMALE  275 

scnlimenli ;  e  lulte  lo  specie  degli  animali  inferior!  non  fossero  che 
fermate  e  arrestamenti  (des  arrels)  di  quel  perfettissimo  tipo. 

Cotesta  opinione  viene  narrala  in  questi  termini  da  Milne  Edwards 
nelle  sue  pregiatissime  lezioni  sopra  la  Fisiologia  e  I'Analomia  com- 
parata  dell'uomo  e  degli  animali:  « Ciascun  essere  organizzalo,  egli 
dice ,  prova ,  nello  svolgersi ,  modificazioni  profonde  e  svariate.  II 
caratlere  della  sua  struttura  anatomica ,  non  meuo  che  le  facolla  vi- 
tali,  di  cui  e  dotato ,  cambiano,  secondochc  esso  passa  dallo  stato  di 
embrione  nascente  allo  stalo  di  animale  perfelto  nella  propria  specie. 
Ora  tulti  gli  animali,  cbe  derivano  da  un  medesimo  lipo,  camminano, 
durante  un  certo  tempo ,  nella  stessa  via  embriogenica ,  ed  essi  si 
rassomigliano,  durante  un  periodo  tanlo  piu  lungo,  in  siflatlo  lavoro 
d'  organizzazione ,  quanto  essi  banno  tra  loro  una  piu  slretta  paren- 
tela  zoologica :  poscia  essi  deviano  dalla  strada  coraune  e  ciascu- 
LO  acquista  i  caralteri  che  gli  son  proprii.  Ouelli  che  debbono  avere 
la  piu  perfelta  costrutlura  s'avanzano  in  tal  cammino  piu  in  1&,  che 
quelli  il  cui  organismo  si  compie  con  meno  spesa  :  e  da  do  risulla 
che  sovente,  sotto  cerli  aspetli,  lo  stalo  transitorio  o  embrionale  d'un 
animale  superiore  rassomiglia ,  d'  una  maniera  piu  o  meno  meravi- 
gliosa,  allo  stato  permanente  d'un  allro  animale,  meno  ele\7ato  nella 
stessa  serie  zoologica. 

«  Alcuni  Autori  hanno  creduto  poterne  conchiudere  che  dunque 
la  diversita  delle  specie  risulti  da  una  serie  di  fermate  di  queslo  ge- 
nere ,  effettuantisi  a  diversi  gradi  dell'  esplicamento  embrionale ;  e 
questi  scrittori ,  cadendo  in  quelle  esagerazioni ,  a  cui  gl'  imitatori 
sono  tanto  propensi ,  hanno  ammesso  che  ogni  animale  superiore, 
per  giugnere  alia  sua  forma  deflnitiva ,  passa  per  la  serie  delle  for- 
me proprie  degli  animali ,  che  gli  sono  inferior!  nella  gerarchia  zoo- 
logica :  sicche  1'uomo,  per  esempio,  avanli  di  nascere  ,  e  da  princi- 
pio  una  sorla  di  verme  ,  poi  un  mollusco ,  poi  ancora  un  pesce  ,  o 
qualchecosa  di  simile,  prima  di  rivestire  nel  seno  materno  i  carat- 
teri  proprii  della  sua  specie.  Recenlemenle  un  eminente  professore 
ha  espresso  in  formola  netta  quesie  vedute,  dicendo  che  1'embriono- 
logia  del  piu  perfelto  tra  gli  esseri  e  un'  anatomia  comparata  transito- 
ria,  e  che  il  quadro  anatomico  del  Regno  animale  tut  to  intiero  e  alia 


276  DELL' UNIT!  DI  TIPO 

sua  voltalarappresentazione  fissa  e  permanente  degli  aspetti  mobili 
dell'organogenia  umana  l.  » 

Cosi  uno  sarebbe  il  tipo  della  vila  animate,  I'  uomo;  e  ogni  altra 
specie  inferiore,  non  sarebbe  che  una  imitazione  piu  o  meno  imper- 
fetla  del  medesimo  ,  una  incoazione  arrestata  nel  suo  cammino  in 
lontananza  maggiore  o  minore  dal  termine,  acui  1'opera  della  natura 
tendeva  nel  suo  lavoro  organogenico  dell'  embrione  umano ,  in  som- 
ma  un  entoma  in  difelto  per  usare  il  linguaggio  di  Dante. 


1  Chaque  etre  organise  eprouve,  en  se  developpant,  des  modifications  pro- 
fondes  et  variees;  le  caractere  de  sa  structure  anatomique ,  ainsi  que  les  fa- 
culle's  vitales,  dont  il  est  done,  change  amesure  qu'il  passe  de  I'etat  d'embryon 
naissant  a  I'etat  d' animal  par  fait  dans  son  espece.  Or,  tons  les  animaux  qui 
derivent  d'un  meme  type  fondamental  mar  client ,  pendant  un  certain  temps, 
dans  la  meme  voie  embryogenique ,  et  Us  se  ressemblent  pendant  une  periods 
cFautant  plus  lonque  de  ce  travail  d* organisation ,  qu'ils  ont  entre  eux  une 
parente  zoologiqueplus  etroite;  puis  Us  dement  de  la  route  commune  et  acquie- 
rent  chacun  des  caracteres  qui  leur  sont  propres.  Ceux  qui  doivent  avoir  la 
structure  la  plus  parfaite,  s'avancent  dans  cette  voie  plus  loin  que  ceux  dont 
r  organisms  setablit  a  moins  de  frais,  et  il  en  resulte  que  souvent,  a  certains 
fyards,  retat  transltoire  ou  embryonnaire  d'un  animal  supericur  ressemble 
d'une  manicre  plus  ou  moins  frappante  a  retat  permanent  dun  autre  animal, 
moins  eleve  dans  la  meme  serie  zoologique. 

Quelques  auleurs  ont  cm  pouvoir  en  conclure  que  la  diversile  des  especes 
resultait  d'une  serie  barrels  de  ce  genre,  s'effectuant  a  divers  degres  de  I'e- 
tolution  embryonnaire,  et  ces  ecrivains,  tornbant  dans  ces  exageralions,  aux- 
quelles  les  imitateurs  sont  si  enclins ,  ont  admis  que  tout  animal  superieur, 
pour  arriver  a  sa  forme  definitive,  passe  par  la  serie  des  formes  propres  aux 
animaux  qui  lui  sont  infe'rieurs  dans  la  hierarchie  zoologique;  que  I'homme, 
par  exemple,  avant  de  naltre,  est  d'abordunesortedever,  puisuninollusque, 
puis  encore  un  poisson  ou  quelque  chose  de  pareille ,  avant  que  derevetir> 
dans  le  sein  de  sa  mere ,  les  caracteres  propres  a  son  espece.  Recemment  un 
professeur  eminent  a  formule  nettement  ces  vues }  en  disant  que  I'cmbryo- 
logie  de  I' etre  le  plus  par  fait  est  une  anatomie  comparee  transitoire,  et  que  le 
tableau  anatomique  duRcgne  animal  tout  entier  est  a  son  tour  la  representa- 
tion fixe  et  permanente  des  aspects  mobiles  de  I'organogenie  humaine.  Lemons 
sur  la  Physiologie  et  I'Anatomle  comparee  de  1'homme  et  des  animaux ;  par 
H.  MILNE-EDWARDS.  Introduction,  pag.  28. 


NEL  REGNO  ANIMALE  277 

Colcsta  dollrina  non  c  nuova  nel  mondo  scicnlifico.  Essa  fu  gia 
annunziala  nel  secolo  scorso  da  Robinet ;  il  qualc  pretese  che  tutti 
gli  esseri  inferiori  non  fossero  che  come  tanti  abbozzi,  in  cui  la  natu- 
ra  si  esercitasse  per  imparare  a  formare  1'  uomo.  «  Un  verme,  egli 
dice,  una  conchiglia ,  un  serpente  ,  sono  come  altreltante  crisalidi 
del  Prototipo  (Y uomo),  che  passa  dallo  slato  di  pianta  a  quello  di 
scarafaggio ,  dallo  stato  di  scarafaggio  a  quello  di  crustaceo ,  dallo 
stato  di  crustaceo  a  quello  di  pesce  1.  » 

Al  cominciare  del  corrente  secolo,  in  Gcrmania  il  Lamarck ,  pre- 
mendo  le  orme  ,  poco  innanzi  impresse  del  Kielmayer ,  riprodusse 
questa  teorica.  Secondo  lui  tutte  le  specie  animali,  inferiori  all'uomo, 
non  sono  che  gradi  piu  bassi,  a  cui  si  e  fermalo  1'  embrione  umano 
nel  suo  graduate  esplicamenlo.  L'uomo  per  conlrario  e  il  termine  ul- 
timo, a  cui  e  pervenuta  la  natura,  dopo  avere  percorsa  tutta  la  scala 
zoologica  nell'addestrarsi  a  quel  suo  lavorio  2. 

Circa  ii  medesimo  tempo  il  celebre  naturalista  Stefano  Geoffroy 
Sainl-Hilaire  comincio  a  disseminare  in  Francia-analoghe  idee,  sotto 
il  nome  di  fermate  di  svolgimento  (amis  de  developpement )  ;  le 
quali  idee,  in  virtu  dell'  esagerazione  ,  fatlane  da  alcuni  de'  suoi  di- 
scepoli,  riuscirono  in  mano  a  costoro  alia  medesima  dotlrina  del  La- 
marck, dianzi  accennata.  Tra  quesli  primeggia  il  professore  Serres, 
a  cui  alludeva  il  Milne-Edwards  nel  testo  citato  piu  sopra.  Costui 
si  esprime  cosi :  «  L'  organogenia  umana  e  un'  anatomia  comparata 
transitoria,  come  alia  sua  volta  I'analomia  comparata  e  lo  slalo  fisso 
e  permanente  dell'organogenia  dell'uomo  :  e  per  contrario  se  si  con- 
verle  la  proposizione  o  il  metodo  d'invesligazione,  se  si  osserva  1'a- 
nimalita  dal  basso  in  alto,  invece  d'assoggetlarsi  a  considerarla  dal- 

1  Un  ver,  un  coquillage,  un  serpent,  sont  comme  autant  de  chrysalides  du 
prototype,  qui  passe  de  I'etat  de  plante  a  celui  de  scarabee,  de  l'etat  de  sea- 
rabee  a  celui  de  crustace,  de  l'etat  de  cruslace  a  celui  de  poisson.  Considera- 
tions philosophiques  sur  la  gradation  naturelle  des  formes  de  1'etre,  ou  des 
Essais  de  la  nature  qui  apprend  a  faire  1'homme. 

2  Itecherches  sur  I organisation  des  corps  livants  (1802;  e  Philosophic 
zoologique. 


278  DELL'  UNIT!  DI  TIPO 

Talto  in  basso,  si  veggono  gli  organismi  della  serie  riprodurre  senza 
posa  quelli  deH'embrione  e  fissarsi  in  quello  stato,  che  divieneper  gli 
animali  il  termine  del  loro  svolgimento.  La  lunga  serie  dei  cangia- 
menti  di  forma,  che  offre  il  medesimo  organismo  nell'anatomia  com- 
parata,  non  e  che  la  riproduzione  della  serie  numerosa  delle  trasfor- 
mazioni,  a  cui  quest'organismo  soggiace  nell'  embrione  nel  corso  dei 
suoi  esplicamenti.  Nell'  embrione  il  passaggio  e  rapido  ,  a  cagione 
della  potenza  della  vita  che  1'  anima ;  nell'  animale  la  vita  dell'orga- 
nismo  e  esaurita,  ed  essa  si  ferma  la ,  perche  non  le  e  dato  di  per- 
correre  il  corso  traccialo  all'  embrione  dell'  uomo.  Fermata  dall'ima 
parte,  cammino  progressive  dall'  altra ;  ecco  il  segrelo  dello  svolgi- 
mento ,  ecco  la  differenza  fondamentale ,  che  lo  spirilo  umano  puo 
apprendere  tra  1'anatomia  comparata  e  1'organogenia.  La  serie  ani- 
male, considerata  cosi  ne'  suoi  organismi,  non  e  che  una  lunga  ca- 
tena d'embrioni,  che  si  succedono  gradatamente  ad  intervalli  ed  ar- 
rivanti  infine  all'  uomo  ,  il  quale  trova  cosi  il  suo  svolgimento  fisico 
nell'organogenia  comparata  1.  » 

1  L'organogenie  humaine  est  une  anatomie  comparee  transitoire,  comme  a, 
son  tour  I'anatomie  comparee  cst  I'etat  fixe  et  permanent  de  I'organogenie  de 
I'homme ;  et  par  contre,  si  Von  retourne  la  proposition  ou  la  methode  ^inve- 
stigation., si  I'on  observe  I'ammalite  de  bas  en  haut,  au  lieu  de  s'assvjetlir  a 
la  considerer  de  haut  en  bas  ,  on  voit  les  organismcs  de  la  serie  reproduire 
sans  cesse  ceux  de  Yeinbryon,  et  se  fixer  a  cet  eta!  qui  devicnt  pour  les  ani- 
inaux  le  (erme  de  leur  developpement.  La  longue  serie  des  changements  de 
forme,  qu'offre  le  meme  orqanisme  en  analcntie  c^wpareejn'est  que  la  repro- 
duction de  la  serie  nombreuse  des  transformations,  que  cet  organisme  subit 
chez  I'embnjon  dans  le  cours  de  ses  developpements.  Chez  I'embryon,  le  pas- 
sage est  rapide,  a  cause  de  la  puissance  de  la  vie  qui  Vanime ;  chez  I'animal , 
la  vie  de  I'organisme  est  epuisee  et  il  sarrvte  laparce  qu'il  ne  lid  est  pas 
donne  de  parcourir  la  course  tracee  a  I'embryon  de  I'homme.  Arret  d'une 
party  marche  progressive  de  I'autre,  voila  tout  le  secret  du  developpement , 
voila  la  difference  fcndamcntale,  que  I' esprit  h  umain  pent  saisir  entre  I' ana- 
tomie comparee  et  I'organogenie.  La  serie  animale  ,  considcree  ainsi  dans  ses 
organismcs,  n'est  qu'une  longue  chaine  d'ewbryons  jalonnesd'espace  en  espace, 
et  arrivant  enfin  a  I'homme ,  qui  trouve  ainsi  son  explication  physique  dans 
I'organogenie  comparee.  Precis  d'anatomie  traoscendante,  appliqueeala  phy- 
siologic, parM.  SERRES.  Paris  1842,  pag.  90. 


NEL  REGNO  AMMALE  273 

Cosi  il  Serres.  Ed  allrove:  «  II  Regno  animale  lullo  inlcro  noa 
apparisce  altrimenli  in  qualclie  modo ,  che  come  un  solo  animale,  il 
quale ,  in  via  di  formazione  nei  diversi  organismi ,  s'  arresta  nel  suo 
svolgimenlo  qui  piu  presto,  lapiutardi,  edeiermina  cosi,  in  ciascun 
tempo  di  tali  interruzioni,  per  lo  slato  slesso  nel  quale  esso  allora  si 
irova,  i  caralleri  distiulivi  e  organic!  delle  classi ,  dclle  famiglie , 
dei  generi,  delle  specie  1.  » 

II. 

Si  rigetta  con  ragioni  filosofiche. 

La  vanil§,  della  sovraesposta  dottrma  si  manifesta  primieramente 
dalla  debolezza  del  fondamento ,  a  cui  essa  unicamenle  si  appoggia. 
Questo  fondamento  non  e  allro,  che  una  tal  quale  somiglianza  che  si 
scorge  a  prima  vista  tra  le  forme  rudimentali ,  che  nei  primi  passi 
del  suo  svolgimento  1'cmbrione  umano  rivesie,  con  le  forme  d'alcuni 
animali  inferiori.  Imperocche  il  germe,  per  questo  slesso  che  non 
ha,  come  si  pretendeva  una  volta,  in  proporzioni  microscopiche, 
tutto  1'organismo  del  corpo  umano,  ma  ad  acquislarlo  dee  passare 
dalla  polenza  all'  alto;  per  questo  stesso,  diciamo,  ccoslretlo  a  sog- 
giacere  per  qualclie  tempo  a  una  conlinuata  metamorfosi,  doe  a  Iras- 
formazioni  successive,  che  gli  danno  di  verso  aspelto,  da  quello  di 
semplice  nocciolo  o  piccolo  disco  fino  alia  perfetla  configurazione 
umaua.  Or  egli  e  chiaro  che  in  questo  graduate  trapasso  dalla  mera 
polenza  all'  atlo  d'  un'  orgamzzaziono  cosi  perfelta,  puo  e  deve  avve- 
rarsi  nelle  forme  mediane  ed  incompiute  qualche  analogia  c  quasi 
convenienza  con  alcuna  delle  iunumcrevoli  forme  degli  organismi 

1  Le  Regne  animal  tout  cntier  n'apparait  phis  en  quelque  sorle  que  comme 
un  seul  animal,  qui,  en  voie  de  formation  dans  Us  divers  organismes,  sarrete 
dans  son  developpement  id  plus  lot,  la  plus  tard,  et  determine  ainsi  a  chaque 
temps  de  ces  interruptions,  par  I'elat  mume  dans  le  quel  il  se  Irouve  alors,  les 
caracteres  dislinctifs  et  organiques  des  classes  f  des  families ,  des  genres,  des 
especes.  Opera  citata,  pag.  19. 


280  BELL*  UNITA  DI  TIPO 

inferior!  del  Regno  zoologico.  Ma  evidentemente  tra  Tanalogia  e 
1'  identita  ci  ha  immenso  divario;  e  1'analogia  con  alcune  di  tali 
forme  non  da  verun  dirilto  ad  inferirla  con  tutte.  II  perche  merita- 
mente  la  leorica,  di  cui  tratliamo,  \ien  disprezzata  da'  piu  nominati 
naturalisli,  e  ienuta  in  con  to  di  un  mero  giuoco  di  fantasia  forviata. 
«  Secondo  il  Lamarck,  cosi  di  essa  parla  il  Fredault  nella  pregiatissi- 
ma  sua  opera,  tulti  gli  animali  non  sono  che  gradi  inferior! ,  nei  quali 
si  e  arrestato  un  germe  umano  nello  svolgere  se  stesso ,  e  1'  uomo 
non  e  che  il  risultalo  degli  sforzi  ultimi  d'una  nalura,  che  ha  percorso 
successivamenle  i  gradi  del  suo  noviziato,  ed  e  arrivalo  all'  ultimo 
limite  della  sua  perfezione.  Presentata  sotto  questo  aspetto  Yepigenesi 
sollevava  contro  di  se  il  piu  semplice  buon  senso  scientifico,  siccome 
quella  che  si  chiarisce  manifestamente  erronea.  Numerosi  lavori  in- 
torno  allo  svolgimento  del  germe  han  dimoslrato  che  si  erano  scam- 
hiate  le  apparenze  colla  realla,  e  che  1'  immaginazione  avea  falto  un 
yero  romanzo.  Egli  resta  provato  che  se  a  certe  epoche  del  suo  espli- 
camento  il  germe  umano  rassomiglia  da  lontano,  vuoi  a  un  verme, 
Tuoi  a  un  retlile,  queste  rossomiglianze  son  mollo  rimote ;  e  che  con- 
Tien  credere  sopra  un  lal  punto  do  che  si  crederebbe  d'un  uomo,  il 
quale  guatando  le  nubi  dicesse  che  egli  yi  scopre  di  palagi ,  i  giar- 
dini  d'Armida ,  di  cavalieri,  di  armale  e  lutlo  che  una  fantasia 
sommamente  riscaldata  puo  concepire  J .  » 

1  Suivant  Lamarck,  tons  Us  animauxnc  sont  quedes  degres  inferieurs,  aux- 
qucls  s'  est  arrete  un  cjerme  humain  en  se  developpant,  et  V  homme  n'est  que 
le  resultat  des  efforts  acheves  d'  une  nature,  qui  aparcoitru  successivemcnt  les 
dcgres  de  son  apprentissaye,  et  est  arrivee  a  la  derniere  limite  de  saperfe~ 
ction.  Sous  cette  maniere  de  se  presenter,  Vepigenese  revoltait  le  plus  simple 
*bon  sens  scientifique;  il  etait  evident  qu'  il  y  avait  erreur.  Des  travaux  nom- 
tireux  sur  le  developpement  du  germe  ont  montre  que  V  on  avait  pris  de& 
apparences  pour  la  verite,  et  que  I" imagination  avait  fait  un  vrai  roman.  R 
demeure  prouve  que  si,  a  certaines  epoques  de  son  evolution,  le  germe  humain 
ressemble  de  loin,  soit  a  un  ver,  soit  a  un  tdtard,  cesont  la  des  ressemblances 
fort  lointaines;  et  qu'  il  ne  faut  croire  sur  ce  point  que,  ce  qtf  on  croirail 
d*  un  homme  qui,  V  oeil  fixe  sur  les  nuages,  dirait  qu'  il  apercoit  des  palais, 
les  jardins  d'Armide,  des  chevaliers,  des  armees,  et  tout  ce  qu'  une  imagination 
echaufjfee  pent  concevoir.  Physiologie  generale  etc.  Pag.  366. 


NEL  REGNO  ANIMALE  281 

Senonche,  prescind  endo  cziandio  da  tullo  do,  I'opinione,  da  noi  qui 
combaltuta,  nascc  ne'  suoi  difensori  da  lolale  mancanza  di  concelli 
fllosofici;  ed  e  qucsla  una  novella  prova  della  necessity  che  ci  ha  in 
qualunque  scienza  dei  detlami  della  scienza  principe  e  dominalrice 
delle  altre.  Ouella  slranezza  dell'  unita  di  Upo  e  delle  sue  fermale  per 
coslituire  le  forme  dcgli  animali  inferiori,  non  sarebbe  potuta  sorgere 
in  capo  a  nessuno,  il  quale  avesse  poslo  mente  alia  immutabilila  delle 
essenze  e  alia  ragione  di  formazione  d'  una  cosa.  II  farsi  non  si  dif- 
ferenzia  dal  fatto,  se  non  come  via  dal  termine.  Ambidue  sono  nello 
stesso  ordine;  1'  uno  dice  movimenlo,  l^altro  riposo.  La  loro  diver- 
sita  e  riposta  in  cio  solo,  die  quello,  che  nel  lermine  si  Irova  svolto 
e  compiuto,  nel  promuoversi  verso  un  lal  termine  si  trova  abbozzato 
e  in  tendenza  a  formarsi.  Quinci  conseguita,  che  qualunque  sia  il 
punto,  in  cui  voglia  considerarsi  1'embrione  di  ciascun  animale,  esso 
non  e  altro  che  1'  organismo  lotale  del  medesimo  in  via  di  formazio- 
ne;  e  pero  diflerisce  sostanzialmerile  da  ogui  altro.  organismo,  come 
ne  differisce  il  termine,  verso  cui  precede.  E  quel  che  diciamo  dell'in- 
tero  organismo,  vuol  dirsi  proporzional  mente  di  ciascuna  sua  parle, 
la  quale  per  essenza  sua  e  relaliva  al  tullo,  e  segue  la  natura  del 
tulto.  II  primo  rudimenlo,  verbigrazia,  delle  mani  deH'uomo  slolla- 
mente  si  agguaglierebbe  alle  ali  dell'  uccello  o  .alle  pinne  de'  pesci. 
Esse  come  sono  mani  dopo  fatle,  cosi  sono  mani  nel  farsi ;  e  come 
&  diversa  la  loro  coslrultura,  cosi  e  incommulevole  il  loro  essere. 

Quale  che  sia  la  simiglianza  tra  le  prime  apparenze  deirembrione 
umano  e  le  forme  degli  animali  piii  bassi;  esse  non  sono  effetto  di 
una  esistenza  stabile,  ma  di  un'  esistenza  transitoria  e  passaggiera; 
la  quale  non  costiluisce  veruna  specie,  ma  solo  ed  essenzial mente  e 
in  movimento  alia  formazione  d'  una  specie.  Per  conlrario  le  forme 
che  presentano  gli  animali,  gia  costiluili  nel  proprio  essere,  sono  ap- 
parlenenli  a  un'  esislenza  stabile  e  permanente,  che  diversified  1' una 
specie  dall'allra.  La  diffcrenza  dunque  tra  la  prima  e  la  seconda  di 
tali  esislenze  e  intima  e  sostanziale ;  ne  puo  converlirsi  in  eslerna 
ed  accidental,  come  sarebbe  se  consistesse  nel  fermarsi  o  cammina- 
re  piii  innanzi.  II  movimento  o  la  tendenza  a  divenire  un'  altra  cosa, 
che  si  avvera  nel  germe,  finchd  esso  non  sia  giunlo  all'  organizzazio- 


282  DELL'  UNIT!  DI  TIPO 

DC  perfelta,  relativa  al  vivente  che  dee  produrre ,  non  e  qualita  die 
possa  rimuoversi,  perche  si  confonde  coll'  essenza  stessa  del  subbietio 
in  cui  si  Irova.  L'  essenza  slessa  adunque  bisognerebbe  cambiare  in 
lui  per  otlenere  che  per  conlrario  vi  si  avverasse  slabilita  e  consi- 
stenza.  Ma  se  1'  essenza  slessa  si  cambia,  siamo  fiiori  della  quistione  ; 
giacche  non  piu  1'embrione  umano,  fermalo  a  tale  o  tal  punto  del  suo 
carnmino,  bensi  un  altro  essere  verrebbe  sostiluilo  al  primo,  pogna- 
nio  di  analoga  apparenza  esteriore  ,  ma  sostanzialmente  diverse- ,  il 
qualc  cosiHiiirebbe  1'  animale  di  grado  inferiore.  Insomma  ciascun 
aniniale  e  circoscriUo  nella  propria  specie  ,  come  ogni  altro  essere 
della  natura.  Se  per  giugnere  alia  perfezione ,  richiesta  per  la  sua 
indipendenle  esistenza,  ha  bisogno  di  svolgimenlo,  ogni  grado  dital 
cammino  e  un'  incoazione  del  scguenlc,  e  non  puo  stare  che  come  ta- 
le. Snaturarlo  e  converlirlo  in  essere  permanente  c  tanto  impossible, 
quanto  e  impossible  ii  mulare  un' essenza  in  un'aHra. 

1)1  pii\ ,  nella  scntenza  die  rifiuliamo  ,  converrebbe  dire  che  tutfi 
gli  animali ,  salvo  1'  uomo ,  non  sono  che  altrettanti  mostri ;  perche 
non  sarcbbero  die  deviazioni ,  per  difetto  d'  ulteriorc  svolgimen- 
to ,  da  do  che  la  uakira  intende  propriamente  di  fare  come  vero 
tcrmine  della  sua  azione.  Cos!  Tanomalia  si  convertirebbe  in  legge, 
II  disordine  in  ordinc  ,  1'  avvenimento  accidcntale  in  fatto  costante. 

Inlioe,  nella  predelta  ipotesi  converrebbe  aifermare,  che  non  solo 
sieno  apparse  success! vamenle  sulla  terra  dapprima  le  specie  inferior! 
e  piu  imperfelle,  e  dappoi  le  piu  nobili  e  piu  vicine  al  tipo  unico  e  per- 
fetio,  die  si  dice  essere  Tuomo;  ma  inollre  dovrebbe  sostenersi,  che 
all'apparire  di  una  specie  piu  perfella  sia  scomparsa  la  precedente, 
la  cui  gradual  perfezione  era  minore.  Imperciocche  qual  altra  ragio- 
ne  si  potrebbe  addurre  del  fermarsi  che  fa,  per  esempio,  all'uccello 
la  natura,  la  quale  pur  intende  di  far  nascere  1'uomo,  se  non  questa, 
che  doe  le  cause  non  soiio  ancora  debitamente  disposte  a  dare  T  es- 
sere all'  uomo ,  ovvero  che  le  circostanze  non  sono  al  tullo  favorevo- 
li  alia  produzione  di  queslo  animale  perfello?  Adunque  pronte  cho 
sieno  le  cause  e  propizie  le  circostanze,  forza  e  che  nasca  1'  uomo 
e  che  riello  slesso  tempo  si  estingua  1'  uccello.  Ma  tulto  cio  contrad- 
dice  alia  osservazione  ed  all'  esperienza.  Poiche  tulle  le  specie  insie- 


NEL  REGNO  ANIMALE  283 

me  col  tipo  sono  della  stessa  data,  e  veggonsi  nascere  coslanlemen- 
le  insiemc  nolle  circoslanze  medesime,  che  sono  comuni  a  tulle,  sia 
di  temperatura,  sia  di  almosfera,  sia  di  laliludine  e  simili.  Dunque 
la  teorica  dell'  unita  di  tipo  nel  regno  animale ,  e  delle  fermate  di 
svolgimento,  perispiegare  le  specie  inferior!  all'uomo,  cade  per  ter- 
ra,  lanto  solo  che  si  guardi  sollo  aspelto  filosofico. 

III. 

Si  rigetta  con  ragioni  fisiologiche. 

Ma  piu  che  le  ragioni  filosofiche  varranno  in  questa  maleria  le 
fisiologiche  ,  siccome  quelle  che  piii  da  vicino  si  attengono  al  sub- 
bietto,  ed  hanno  in  loro  favore  la  palpabile  evidenza  del  fatlo.  Per 
ollenere  tali  ragioni  ci  volgeremo  a  tre  celebralissimi  naturalist!, 
che  saranno  come  rappresentanli  deli'  immensa  schiera  degli  allri, 
che  non  possono  per  brevila  allegarsi. 

II  Flourens  dimostra  erronea  1'unita  di  tipo  e  di  disegno  nella  co- 
strutlura  dei  diversi  animali,  ricorrendo  alia  diversita  del  sistema  ner- 
veo e  della  scambievole  rispondenza  delle  parti  tra  loro.  Fondamento 
dell'  organismo  animale  e  certaraente  il  sistema  nerveo,  strumento 
generate  delle  funzioni  della  vita,  del  sentimento,  del  moto.  Se  dun- 
que  una  sola  idea  archetipa  presiede  alia  formazione  dei  diversi  or- 
ganismi,  un  solo  sistema  nerveo  dovrebbe  apparire  in  ciascuno,  piu 
o  meno  svollo  o  arrestato.  Ora  1'esperienza  ci  manifesta  il  conlrario; 
cioe  sislemi  nervei  diversi  nei  diversi  animali ,  ordinal!  a  diverse 
funzioni ,  e  lull!  e  singoli  perfelti  nel  proprio  genere.  « Ci  ha  egli , 
cosi  1'  illuslre  naluralisla,  unilh  di  tipol  Dire  che  non  ci  abbia  cho 
un  solo  tipo ,  e  dire  che  non  ci  ha  se  non  una  sola  forma  di  sistema 
nerveo  ;  poiche  e.  la  forma  del  sistema  nerveo  quella,  che  decide  del 
tipo ,  vale  a  dire  della  forma  generale  dell'  animale.  Or  si  puo  dire 
che  non  ci  ha  se  non  una  sola  forma  di  sistema  nerveo?  Si  puo  dire 
che  il  sistema  nerveo  dello  zoofito  sia  lo  stesso ,  che  quello  del  mol- 
luscol  II  sislema  nerveo  del  mollusco  sia  lo  stesso,  che  quello  dell'ar- 


284  DELL'  UNIT!  DI  TIPO 

ticolatol  II  sistema  nerveo  dell'  articolato  sia  lo  stesso ,  che  quello 
del  vertebrate  ?  E  se  non  si  puo  dire  che  ci  abbia  un  sol  sistema  ner- 
Teo,  come  puo  dirsi  che  ci  abbia  un  sol  lipo  .1?  » 

II  medesimo  discorso  egli  fa  per  T  unita  di  disegno.  Ciascun  cor- 
po  animale  e  architetlato  diversamenle ,  in  ispezie  quelli  che  appar- 
tengono  air  una  o  all'  altra  delle  grandi  classi ,  in  cui  si  ripartisce 
il  Regno  animale.  II  disegno  dunque  di  ciascuno  e  diverso;  e  diver- 
sa  I*  idea  esemplare ,  che  ne  prescrive  la  norma.  Nessun  animale 
adunque  puo  considerarsi  come  1'  abbozzo  di  un  allro  :  « Ci  ha  egli 
unita  di  disegno  ?  II  disegno  e  la  posizione  relaliva  delle  parti.  Si 
concepisce  benissimo  Y unita  di  disegno,  senza  Y unita  di  numero;  e- 
gli  basla  che  le  parti,  qual  che  ne  sia  ii  numero,  conservino  sempre 
le  une  per  rispetlo  alle  altre  le  medesime  posizioni.  Ma  si  puo  dire, 
che  il  vertebrate,  di  cui  il  sistema  nerveo  e  collocato  sopra  il  cana- 
le  digestive,  sia  falto  sul  medesimo  disegno  cbe  il  mollusco  ,  di  cui 
il  canale  digestivo  e  collocato  sopra  il  sislema  nerveo?  Si  puo  dire 
che  il  croslaceo,  di  cui  il  cuore  e  collocato  al  di  sopra  della  midolla 
spinale  ,  sia  falto  sul  medesimo  disegno  che  il  vertebrate,  di  cui  la 
midolla  spinale  e  collocata  al  di  sopra  del  cuore  ?  La  posizione  rela- 
tiva  delle  parti  e  ella  mantenuta?  Non  e  ella  per  contrario  evidente- 
mente  rovesciata  ?  E  se  vi  ha  rovesciamento  nella  posizion  delle 
parti,  come  puo  esservi  unita  di  disegno  2?» 

1  Y  a-t-il  unite  cle  type?  Dire  qu'il  n'y  a  qu'un  seul  type,  c'  est  dire  qu'il 
fiy  a  qiCune  seule  forme  du  systeme  nerveux;  car  c'est  la  forme  du  systems 
nerveux  qui  decide  du  type,  c'est-a-dire  de  la  forme  generale  de  V animal.  Or 
peut-on  dire,  quil  ny  a  quune  seule  forme  du  systeme  nerveux?  Peut-on  dire 
que  le  systeme  nsrveux  du  zoophyte  soil  le  mem*  que  celui  du  mollusque?  Le 
systeme  nerveux  du  mollusque  le  meme  que  celui  de  I'  articule  ?  Le  sysleme 
nerveux  de  I'  articule  le  meme  que  celui  du  vertebre?  Et  si  Von  ne  pent  pas 
dire  qu'il  n'y  ait  qu'un  seul  systeme  nerveux ,  peut-on  dire  qu'il  n'y  ait  qiiun 
seul  type?  Hist,  des  travaux  de  CUVIER  pag.  274. 

2  Y  a-t-il  unite  de  plan?  Le  plan  est  la  position  relative  des  parties.  On 
concoit  Ires  bien  I' unite  de  plan  sans  V  unite  de  nombre:  il  suffit  que  Us  par- 
ties^ quel  qu'en  soit  le  nombre,  gardent  toujours ,  les  unes  par  rapport  aux 
autres,  les  memes  positions  donnees.  Mais  peut-on  dire  que  le  vertebre,  dont 
le  systeme  nerveux  est  place  sur  le  canal  digestif,  soit  fait  sur  le  meme  plan 


NEL  REGNO  ANIMALE  285 

H  Mftller  si  fa  piu  da  presso  a  considerare  lo  svolgimento  deirem- 
brione  umano  e,  coll'osservazione  alia  mano,  dichiara  la  falsita  del- 
la  pretesa  teorica:  «  Non  ha  gran  tempo,  egli  dice,  che  si  sosteneva 
con  raolta  seriet5,  che  il  felo  umano ,  prima  d'  arrivare  al  suo  stato 
perfelto,  percorre  successivamente  i  diversi  gradi  di  svolgimento, 
che  permangono  durante  1*  intera  vita  presso  gli  animali  delle  infe- 
riori  classi.  Quest'  ipotesi  non  ha  il  menomo  fondamento,  come  Baer 
T  ha  fallo  vedere.  L'embrione  umano  non  rassomiglia  raai  a  un  ra- 
diato,  a  un  insetto,  a  un  mollusco,  a  un  verme.  II  disegno  di  forma- 
zione  di  questi  animali  e  al  tutto  differente  da  quello  degli  animali 
vertebrati.  L'  uomo  dunque  potrebbe  al  piu  rassomigliare  a  questi 
ultimi,  poiche  egli  ancora  e  vertebrato,  e  la  sua  organizazzione  5 
costruita  secondo  il  tipo  comune  a  quesla  gran  divisione  del  Regno 
animale.  Ma  esso  ne  pur  rassomiglia  in  un  dato  tempo  a  un  pesce, 
in  un  allro  a  un  retlile,  a  un  uccello,  eccetera.  L'analogia  non  c  mag- 
giore  tra  lui  e  un  reltile  o  un  uccello :  essa  non  oltrepassa  quella  che 
nanno  tra  loro  tutti  gli  animali  vertebrati.  Durante  i  primi  tempi  della 
loro  formazione  tulli  gli  embrioni  degli  animali  vertebrati  offrono  in 
lutla  la  loro  purezza  i  tratti  piu  general!  e  piu  semplici  del  tipo  d'un 
animale  verlebrato,  e  cio  fa  che  essi  si  rassomiglino  per  guisa,  che 
si  dura  sovente  falica  a  dislinguerli  tra  loro.  II  pesce,  il  rettile,  l'uc- 
cello  ,  il  mammifero  e  1'  uomo  sono  da  principio  1'  espressione  piu 
semplice  del  tipo  comune  a  tutti ;  ma  essi  se  ne  allontanano  a  poco 
a  poco,  secondo  che  essi  si  svolgono,  e  le  loro  estremita,  per  esem- 
pio,  dopo  essersi  mostrate  simili  per  qualche  tempo,  prendono  i  ca- 
ratleri  di  pinne,  di  ali,  di  mani,  di  piedi  e  va  dicendo.  Ecco  perche 
tulti  gli  embrioni  hanno  da  principio  al  collo  degli  archi  separati 
per  alcune  fessure ,  ai  quali  si  da  impropriamente  il  nome  d'  archi 
branchiali ;  poiche  non  ci  ha  quivi  che  1'  espressione  d'  un  disegno 

que  le  mollusque ,  dont  le  canal  digestif  est  place  sur  le  systeme  nerveux  ? 
Peut-on  dire  que  le  cruslace,  dont  le  coeur  est  place  par-dessus  la  moelle  e- 
piniere,  soit  fait  sur  le  meme  plan  que  le  vertebre,  dont  la  moelle  epiniere  est 
placce  par-dessus  le  coeur,  etc.?  La  position  relative  des  parlies  est-elle  gardee? 
N' est-elle  pas,  au  conlraire ,  evidemment  rcnversee?  Et  silya  renverse- 
went  dans  la  position  des  parties,  y  a-t-il  unite  deplan?  Luogo  citato,  p.  275. 


286  DELL' UNIT!  DI  TIPO 

generate,  senza  nienle  di  cio  che  caralterizza  una  branchia  propria- 
mente  delta.  Presso  tutti  i  verlebrati  quest!  archi  sono  percorsi  da- 
gli  archi  aortici,  che  si  riuniscono  in  dietro  per  produrre  V  aorta.  I 
pesci  sono  i  soli,  presso  cui  si  compie  qui  una  metamorfosi  progres- 
siva?  avente  per  risultato  1'apparizione  di  regoletti  branchiali  sopra 
alcuni  degli  anzidelti  archi ,  e  la  conversione  degli  archi  vascolari 
in  un  sistema  di  vasi  pettiniforrai,  composli  di  tronchi  arteriali  e  di 
tronchi  venosi,  presso  i  quali  quelli  si  riuniscono  per  produrre  1'aor- 
ta.  La  stessa  cosa  ha  luogo  presso  i  rettili  nudi;  ma  le  loro  bran- 
chie  dispariscono  al  tempo  della  metamorfosi,  i  loro  vasi  branchiali 
si  riducono  ad  archi  primilivamente  indivisi,  e  i  loro  archi  branchia- 
li si  cancellano  in  gran  parte  egualmente  che  presso  i  reltili  scaglio- 
si,  gli  uccelli,  i  mammiferi  e  1'uomo ;  essi  si  convertono  tosto  in  al- 
tre  formazioni,  destinate  a  persistere  lulla  la  vita.  Qui  parimente  i 
inolliplici  archi  aortici ,  espressione  del  disegno  piu  generale  e  piu 
semplice  degli  animali  vertebral! ,  svaniscono  e  non  ne  reslano  che 
qualtro  o  due  presso  i  rellili  scagliosi,  ed  un  solo  presso  gli  uccelli  i 
mammiferi  e  1'  uomo  *.  » 

Alia  medesima  considerazione  della  genesi  embrionale  si  appog- 
gia  il  sig.  Milne-Edwards ;  il  quale  dice  cosi :  «  lo  ammeilo  con 
Geoffroy  Saint-Hilaire  che  sovente  si  trova  una  grande  analogia  tra 
lo  stato  finale  di  alcune  parti  del  corpo  di  cerli  animali  inferior!  e  lo 
stato  embrionale  di  queste  stesse  parti  presso  altri  animali  apparte- 
nenti  al  medesimo  tipo,  dei  quali  pero  1'  organismo  si  perfeziona  ul- 
teriormente ;  e  chiamero  volentieri  con  questo  filosofo  fermata  di 
svolglmento  la  causa  di  questo  slato  d'  inferiorita  permanenle.  Ma  io 
mi  guarclero  bene  d'ammeltere  con  alcuni  de'suoi  discepoli  che  1'em- 
brione  deH'uomo  o  d'un  mammifero  qualunque  rappresenti  ne'  suoi 
diversi  gradi  di  formazione  le  specie  meno  perfette  della  Creazione 
animata.  No ;  un  mollusco  o  un  anelide  non  e  un  embrione  d'  un 
mammifero,  arrestato  nel  suo  svolgimento  organico ,  nientemeno  di 
quello  che  il  mammifero  stesso  non  e  per  certo  un  pesce  perfeziona- 
to.  Ciascun  animale  porta  con  se  fin  dalla  sua  origine  il  principio 

1  Manmle  di  Fislologla  tradotto  dal  tedesco,  tomo  11^  pag.  723. 


NEL  REGNO  ANIMALE  287 

dclla  propria  individual! ta  spccifica,  e  lo  svolgimento  del  suo  orga- 
nismo,  conformemente  all'abbozzo  generale  del  disegno  di  struttura 
propria  alia  sua  specie ,  e  serapre  per  esso  lui  una  condizione  della 
propria  esistenza.  Non  ci  ha  mai  parita  corapiula  ne  Ira  un  animale 
adulto  e  un  embrione  d'allro  animale,  ne  tra  uno  de'suoi  organi  e  lo 
stalo  transitorio  del  medesimo  in  via  di  formazione ;  e  la  moltiplici- 
ta  dei  prodotli  della  Creazione  non  potrebbe  spiegarsi  per  una  simi- 
le Irasmutazione  di  specie.  Noi  vedremo  in  processo  che  in  ciascun 
gruppo  zoologico,  composto  di  animali  che  sembrano  essere  deriva- 
zioni  d'  un  tipo  fondamcnlale  comune,  le  diverse  specie  non  presen- 
lano  da  principio  tra  loro  alcuna  differenza  apprezzabile ;  raa  tosto 
cominciano  a  poco  a  poco  a  distinguersi  per  varie  pariicolarila  di  co- 
strutlura  sempre  piu  crescenti  e  numerose.  Or  ciascuna  specie  acqui- 
sla  cosi  un  carattere  tutlo  suo  proprio  ,  die  la  scpara  da  ogni  allra 
specie  in  via  di  svolgimento,  e  ciascuno  de'  suoi  organi  diviene  dif- 
ferente  da  do  cbe  sono  le  parli  analoghe  presso  un  embrione  qua- 
lunque.  Ma  i  cangiamenli  che  1'organo  o  1'essere  intero  riceve,  dopo 
che  essi  son  deViati  dalla  forma  genesiaca  comune,  sono  in  generale 
tanto  meno  considerevoli,  quanto  Tanimale  e  destinaio  ad  acquistare 
un  organismo  meno  perfelto,  e  per  conseguenza  essi  conservano  so- 
vente  qualche  rassomiglianza  con  queste  forme  transitorie  1.  » 

1  J'admets  avec  Geoffroy  Saint-Hilaire,  que  souvent  II  existe  une  grande 
analogic  entre  letat  final  de  quelques  parties  du  corps  de  certains  animaux 
inferieurs  et  I'etat  embryonnaire  de  ces  mcmes  parties  chez  d'auires  animaux 
appurtenant  an  ineme  type,  mais  dont  I'organisme  se perfections  davantage, 
etfappellerai  volontiers  avec  ce  philosophe,  arret  de  developpement,  la  cause 
de  eel  etat  d'inferiorile  permanente;  mai  je  me  garderai  bien  d'admetlre  atec 
quelqnes-uns  de  ses  disciples,  que  Vcmbryon  de  rhomnie  ou  d'un  mammifcrc 
quelconque  represente,  a  ses  divers  degres  de  developpement,  les  especes  moins 
parfailes  de  la  Creation  animee.  Non;  un  mollusque  ou  un  annelide  n'estpas 
plus  un  embryon  de  mammifere  arrete  dans  son  developpement  organique  que 
le  mammifere  n'est  un  poisson  perfections.  Chaque  animal  porte  en  lui,  dcs 
son  origine,  le  principe  de  son  individualite  specifique,  et  le  developpemenl 
de  son  organismej  con formement  au  trace  general  duplan  de  structure propre 
A  son  espece,  est  toujours  pour  lui  une  condition  de  son  existence.  11  riy  a  ja- 
mais  parite  complete,  ni  cntre  un  animal  adulte  et  un  embryon  d' outre  animal, 


288  DELL*  UNITA  DI  TIPO  NEL  REGNO  ANIMALE 

La  ragione  dunque  e  1'  esperienza ,  T  idea  ed  il  fatto ,  la  Filosofia 
e  la  Fisiologia ,  s'  accordano  insieme  a  protestare  contro  quell'  arbi- 
traria  doltrina  dell'  unila  di  iipo  nel  regno  animale,  la  quale  non  ha 
altra  origine  se  non  la  mancanza  di  buone  nozioni  scientifiche  e  la 
superflcialc  osservazione  dei  fenomeni  della  nalura.  Pel  prirao  difet- 
to  non  si  e  considerate  che  se  diverso  e  il  fine  di  ciascuna  specie 
animale ,  diverso  ne  e  1'  essere  ;  e  quindi  diverso  e  il  Iipo  che  pre- 
siede  come  norma  e  legge  suprema  alia  formazione  dell'  essere.  Pel 
secondo  difetto  si  sono  scambiate  in  identita  e  universalita  di  feno- 
meno  alcune  parziali  e  tenuissime  analogic ,  e  la  realta  colle  mere 
apparenze. 


ni  entre  un  de  ses  organes  et  I'elat  transitoire  du  mcme  organe  envoie  de  for- 
mation, et  la  multiplidle  des  produils  de  la  Creation  ne  saurait  s'exphquer 
par  une  pareille  trasmulalion  des  especcs.  Mais  nous  verrons  par  la  suite  que 
dans  chaque  groupe  z-oologique,  compose  des  animaux  qui  semblent  elre  des 
derives  d'un  type  fondamentale  commun,  les  diverses  espcces  ne  presentent 
d'abord  enlre  elles  aucune  difference  appreciable;  tnais  ensuite  se  dislinguent 
peu  a  pen  par  des  parlicularites  de  structure  de  plus  en  plus  nombreuses.  Or, 
chaque  espece  acquiert  ainsi  un  caraclere  special  qui  la  separe  de  tout  autre 
espcce  en  voie  de  dcvcloppement,  et  chacun  deses  organes  dement  different  ds 
ce  que  sont  les  parties  corrcspondantes  chcz  un  embryon  quelconque;  mais  les 
changemenls  que  I'organe  ou  I'ctre  tout  entier  eprourent  apres  qu'ils  se  sont 
devies  ainsi  de  la  forme  genesique  commune  sont  en  general  d'autant  moins 
considerables,  que  I 'animal  cst  destine  a  acquerir  une  structure  moinsparfaite, 
et  par  consequent  Us  conservent  souvent  quelque  ressemblance  avec  ces  formes 
transitoires.  Lecons  sur  la  physiologic  et  Y  anatomic  comparee  etc.  Paris 
1857.  Tom.  Jf  pag.  31-33. 


LA  CONVENZIONE 

DIALOGO 
DI  TORINO  E  DI   ROMA 


Torino.  Posciache  la  scienza,  secondo  che  ora  si  dice,  ha  sop- 
presse  le  distanze ,  mi  pare  che  noi  potremrao  profiltare  di  questa 
soppressione  per  dirci  due  parole  direttamente. 

Roma.  Oh  !  Torino!  Ti  riconosco  alia  tua  diriltura.  Dirittura  del- 
le  tue  vie ,  intendiamoci. 

Torino.  Intendo,  intendo.  Ma  lasciamo,  se  ti  piace,  per  im  poco, 
gli  epigrammi ;  e  facciamo  di  accordarci ,  se  e  possibile.  Non  do- 
vresti  ignorare  che  in  eadem  damnatione  sumus. 

Roma.  Di  te  mi  rimetlo  al  tuo  buon  giudizio.  Ma,  quanto  a  me , 
grazie  a  Dio,  non  credo  di  essere  in  istato  di  dannazione. 

Torino.  Vedo  che  non  mi  so  spiegare.  Voleva  dire  che  siamo  nel- 
lo  stesso  caso  di  Capitali  minacciale  fieramente  di  scapilare ;  tu  per 
un  lato,  io  per  tutti.  Non  sarebbe  bene  che,  fmche  siamo  a  tempo, 
facessimo  di  provvedere? 

Roma.  Troppo  tardi  pensi  alle  provvidenze.  Del  resto,  per  me  io 
non  lemo  niente.  Roma  e  la  citta  eterna.  Ne  ho  visli  a  passare  del 
barbari!  Ma  enlravano  per  la  porta  Trionfale,  ed  uscivano  per  la 
Stercoraria.  Non  so  se  mi  inlendi. 

Torino.  Una  cosa  intendo :  ed  e  che  non  mi  vuoi  intendere.  Ma 
ti  faro  ben  intendere  io.  Dimmi  un  poco ,  o  Roma ,  ti  ricordi  del 
quarantotto  ? 
Serie  Y,  vol.  XII,  fasc.  351.  19  24  Ottobre  1864. 


290  LA  CONVENZIOSE 

Roma.  Se  me  ne  ricordo!  Basla  guardare  su  Ponle,  Y  Angelo  del 
Yollo  Santo ,  die  ancora  ne  porla  il  piedestallo  schiaccialo  a  tondo 
e  screpolalo  da  una  palla  di  cannone  di  allora. 

Torino.  Or  chi  ti  attiro  qaelle  cannonate  fuorche  la  tua  fellonia? 
Le  tue  iulenzioni ,  o  Roma ,  non  erano  allora  piu  dirilte  delle 
tue  vie. 

Roma.  Le  mie  intenzioni !  La  mia  fellonia !  Mi  maraviglio  di  te. 
lo  fui  sempre  fedele  al  Papa.  CM  infelloni  allora  fu  la  canaglia  pio- 
Yutami  di  faori ,  c  chi  sa  che  non  anche  da  Torino. 

Torino.  Ed  io  ne  bo  pochi  dei  tuoi,  piovulimi  di  qui,  eh?  E  li  as- 
sicuro  che,  al  vederli  e  provarli,  ho  capilo  benissimo  quel  detto  che 
corruptio  optimi  pessima.  I  presbileri  specialmenle ...  Ma  non  vo- 
glio  toccar  ora  questo  tasto.  Voglio  solamente  farti  osservare  che 
anch'  io  posso  dire ,  come  te ,  che  sono  i  foraslieri  quelli  che  mi 
fanno  perdere  il  credito.  Del  resto  io  non  ho  ancor  arsi  i  confessio- 
nali,  ne  macellati  i  preti. 

Roma.  E  dalli  col  calunniarmi !  Che  ci  enlrava  io  allora  con  un 
branco  di  furfanti,  impadronitisi  dello  Slalo? 

Torino.  E  che  ci  enlro  io  adesso  con  un  Governo  di  framassoni, 
che  hanno  piantata  la  loro  baracca  sovrana  in  piazza  Castello?  Sen- 
xa  dire  che  io  non  ho  ancor  caccialo  il  mio  Re ,  che  poi  non  e 
un  Papa ! 

Roma.  La  vuoi  fmire  con  queste  calunnie?  Quando  vorrai  inten- 
dere  che  io  non  debbo  rispond  ere  delle  furfanlerie  dei  miei  padroni 
di  allora? 

Torino.  Ed  io  dovro  rispondere  delle  furfanlerie  dei  miei  padroni 
di  adesso? 

Roma.  Ma,  in  somma,  che  pretendi? 

Torino.  Pretendo  anzi  tutto  che  m'  invili  a  sedere,  da  quella  cor- 
lese  Roma  ospitale,  che  sei  con  tulti  i  forastieri. 

Roma.  Or  sediamo  in  buon'  ora  qui  al  Pincio,  in  prospetto  della 
Cupola  di  S.  Pielro.  Ed  ora  che  vuoi  da  me? 

Torino.  Yoglio  in  secondo  luogo  che  non  mi  guardi  cosi  in  ca- 
gnesco,  come  se  io  fossi  qui  venuta  a  rubarli  il  Carnpidoglio.  Sai  in 
con  chi  parli  ? 


DIALOGO  DI  TORINO  E  DI  ROMA  291 

Roma.  Con  Torino. 

Torino.  Ma  con  quale  delle  due?  Giacche  ci  ha  la  Torino  mitica, 
idcale  ,  rivoluzionaria  e ,  se  vuoi ,  cartacea ;  poiche  non  si  Irova  Yi- 
venle  fuorche  nelle  sucide  carlacce  dei  giornalisti  libertini,  eke  come 
si  sognano  un'  Italia  a  loro  uso ,  cosi  dipingono  una  Torino  a  loro 
servizio.  Ma  -vi  ha  ancora  la  Torino  reale,  la  \era  Torino,  quella  che 
La  fatle  le  dimostrazioni  del  Settembre.  Con  questa  li  trovi  ora  a 
discorrere. 

Roma.  Ah!  Tu  sei  la  Torino  delle  dimostrazioni?  Eccoli  colla  in 
folio.  Tulli  i  giornali  hanno  detto  che  il  luo  nioto  fu  falto  al  grido  di: 
Vocjliamo  Roma.  Ora  io  li  assicuro  che  Roma  non  vuol  Torino. 

Torino.  Ed  io  ti  assicuro  che  Torino  non  vuol  Roma.  Torino  vuol 

Torino ,  e  nienie  altro.  Appena  sapulosi  della  Convenzione ,  colla 

clausola  del  trasporto  della  Capitale  a  Firenze,  il  duolo,  la  costerna- 

zione  fu  in  me  universale.  I  giornali  fecero  quello  che  polerono,  po- 

verelti,  per  tenermi  tranquilla.  Quei  giornalisti,  che  ora  dicono  che 

il  mio  fu  un  moto  italiano ,  tremavano  a  verga  pel  venlo  municipale 

che  soffiava.  Se  il  mio  moto  fosse  stato  italiano ,  non  vedi ,  o  Roma, 

che  ci  avrebbero  soffialo  dietro  anch'essi?  In  vece  fecero  ii  possibi- 

le  per  chiuderlo  nei  loro  sacchi  di  Eolo.  Ma  si !  Chi  bada  in  Torino 

ai  giornalisli  nei  momenti  d'  imporlanza?  Noi  li  conosciamo  quesli 

giullad ,  questi  scappati  di  casa ,  questi  mercanti  di  vento  parlalo. 

Dunque  ho  fatte  le  mie  gloriose  giornate.  Giornate  municipali,  gior- 

nate  torinesi,  giornate  reazionarie  e  codinesche.  Tanto  e  vero  che  i 

framassoni  le  riceveltero  a  fucilate.  Infamacci !  Ricevere  a  fucilale  un 

popolo  inerme  e  pacifico !  Ma  1'  hanno  pagata  cara!  Minghetti,  il  Ira- 

ditore  di  Pio  IX ,  il  grande  economista  di  casa  sua ,  che  empi  i  for- 

zieri  suoi  vuotando  quelli  dello  Stato,  Minghetti  e  scappato  come  una 

saelta,  e  ora  non  si  sa  dove  sia.  Ma  dovunque  sia,  ode  il  concerto  di 

\ituperii  che  gli  si  suona  dielro  in  tutta  Italia.  Peruzzi  che  non  avea 

lascialo  senza  pingue  impiego  nessuno  dei  lacche  di  sua  famiglia, 

Spavenlail  poliziolto,  Pisanelli  il  sacrestano,  e  tulta  la  masnada, 

chi  di  qua ,  chi  di  la ,  credeltero  aver  falto  il  buon  \ iaggio  abban- 

donando  i  portafogli  e  me ,  colle  ossa  sane.  Genie  avvenlurata  sono 

questi  Ministri  che  hanno  tutti  1'  arle  di  sopravvivere  alia  loro  fama! 


£92  LA  CONVENZIONE 

Or  bene ;  che  cosa  voleva  io  significare  con  quel  brutlo  tiro  che  fed 
al  Ministero?  Quello  clie  tulli  intesero.  Volli  doe  significare  che  io 
Intendeva  rimanere  Capitale,  e  conservare  il  Re  e  la  Corte. 

Roma.  E  il  Parlamento. 

Torino.  II  Parlamenlo  Io  lascierei  volontieri  a  chi  Io  vuole.  Che  mi 
ha  portalo  di  buono  il  Parlamento?  Non  vi  e  Deputato  che  non  si  sia 
impinguato,  dilatato,  ingrassato,  arricchilo.  L' impoverito  e  il  po- 
polo,  carico  di  debili  e  d'  imposle.  E  io  ti  assicuro  ,  o  Roma,  che 
se  venisse  un  colpettiuo  di  Stalo ,  che  rnandasse  a  casa  tulle  queste 
sanguisughe  del  tesoro  e  cicale  di  state,  i  soli  a  lamentarsene  sareb- 
bero  le  cicale  e  le  sanguisughe. 

Roma.  E  non  faresti  rivoluzione  per  questo? 

Torino.  La  rivoluzione  in  lal  caso  la  farebbero  i  giornalisli.  Ve- 
dresti  allora  che  arlicoli  furibondi!  Che  figure  relloriche  di  calibro ! 
Che  fremitil  Che  minacce!  Tullo  venlo  sprecato  che  non  farebbe  al- 
zar  una  mano  a  nessuno.  La  Torino  milica,  la  Torino  carlacea  sa- 
rebbe  in  bollimenlo.  La  Torino  reale  riderebbe  de' giornalisli,  con- 
dannali  a  non  aver  piu  le  chiacchiere  del  Parlamenlo  per  zavorra  del- 
le  loro  bar  che  di  carta. 

Roma.  Ma  intanto  e  cerlo  che,  menlre  tu  eri  in  movioiento,  si 
udirono  le  grida  di :  Vogliamo  Roma  e  simili.  Ouelle  non  erano  grida 
cartacee. 

Torino.  E  possibile.  Io  avea  allora  altro  da  fare  che  slar  allenta 
a  tulle  le  grida  che  si  proferivauo.  Ma  quelle  grida  doveltero  essere 
come  le  lue  bombe  del  dodici  Aprile.  Sai  bene,  o  Roma,  che,  do- 
yunque  v'  e  folia,  vi  sono  i  tagliaborse. 

Roma.  Questo  Io  so. 

Torino.  Or  bene  i  mazziniani,  i  garibaldini,  erano  in  quei  gior- 
ni  in  mezzo  a  me,  come  i  tagliaborse  e  i  bombardier!  exgaleolli  nelle 
folle.  Nessuno  pensava  a  Roma  allora  in  Torino.  Tulli  pensavano  a 
Firenze.  Finite  le  mie  grandi  giornale,  la  parola  venne  natural men- 
te  in  bocca  ai  giornalisli.  I  quali  ora  dicono  che  il  mio  molo  fu  un 
moto  italiano,  tanlo  per  coprir  il  fallo  e  veslirlo  a  modo  loro.  Giac- 
che  i  giornalisti  non  possono  inghioltirla  questa,  che  si  sia  falto  in 
Torino  un  molo  reaziooario  e  municipale  si  clamoroso.  Percio  pro- 


DIALOGO  DI  TORINO  E  DI  ROMA 

curano  di  traveslirlo.  Ma  questc  loro  frollole  le  possono  credere  a 
Milano  o  a  Firenze.  lo  so  bene  quello  die  e  slalo. 

Roma.  Ma  che  sar&  poi? 

Torino.  Appunto  per  saper  queslo  sono  venuta  a  visitarti.  Ho  det- 
to  tra  me.  A  Torino  nessuno  sa  capire  un'  acca  di  questa  Convenzio 
ne.  Piu  ne  parliamo  c  meno  ne  intendiarao.  D'allra  parte,  e  mio  in- 
leresse  di  capirne  qualche  cosa  a  tempo  per  \Tedere  poi  che  sia  a 
fare.  Perche  non  farei  segretamenle  un  viaggetto  a  Roma?  Chi  sa 
che  cola  non  si  sappia  qualche  cosa  di  chiaro  ?  Dimmi  un  poco ,  o 
Roma,  che  si  pensa  qui  di  quesla  Convenzione  ? 

Roma.  Poco  o  nieale. 

Torino.  Dunque  ne  capite  niente  anche  voi  altri? 

Roma.  Pensandoci  sopra,  forse  qualche  cosa  se  ne  potrebbe  ca- 
pire. Ma  porta  egli  il  pregio  di  perdere  il  tempo  a  pensar  a  queste 
cose?  Tra  due-anni,  come  diceva  colui,  o  1'asino  e  morto  o  la  cavez- 
za  5  rotta. 

Torino.  Tu  te  la  pigli  molto  consolata.  Ma  non  vorrei  essere  io 
1'asino  o  la  cavezza.  Sai  che  si  tratta  per  me  di  vita  o  di  inorte.  Ro- 
ma sara  sempre  Roma.  Ma  Torino  che  diventera? 

Roma.  Una  citta  di  provincia. 

Torino.  E  Dio  non  voglia  che  non  anche  una  misera  sede  di  un 
Prefetto  francese. 

Roma.  Anch'  io  sono  slata  sede  di  un  Prefetto  francese.  Ma  vedi 
la  Provvidenza !  Quella  Prefettura  duro  appunto  il  tempo  necessario 
perche  il  sig.  Prefetto  francese  avesse  lullo  1'agio  di  scrivere  un  bel 
libro  sopra  la  sapienza  della  legislazione  ponlificia,  intorno  alia  col- 
tivazione  dell'  agro  romano.  Finito  il  libro  fu  fmita  la  Prefettura.  E 
Pio  VII  torno  a  tempo  per  porre  la  sua  iscrizione  sopra  alcuni  lavori 
fatti  qui  dai  Francesi. 

Torino.  Lo  so.  Roma  sara.  sempre  Roma.  Ma  io  non  sono  Roma.  E 
poiche  non  sono  Capitale  del  mondo,  vorrei  almeno  continuare  ad  es- 
sere la  Capitale  del  Piemonte.  Possibile  che  tunon  abbi  un  consiglio 
da  darmi  ? 

Roma.  Potresti  dire  le  tue  ragioni  ai  Depulali. 


294  LA  CONVENZIONE 

Torino,  Quella  non  e  gente  capace  di  udir  ragioni.  E  lo  dovresti 
ben  sapere  lu  per  tua  sperienza.  Hanno  essi  udite  le  tue  nel  qua- 
rantotto? 

Roma.  No  davvero.  Hanno  sempre  parlato  e  deciso  a  nome  mio, 
isenza  die  io  ne  sapessi  nulla ,  ed  anzi  a  mio  dispetto.  E  mi  ricordo 
ohe  un  bel  giorno  quei  mascalzoni  pubblicarono  un  loro  proclama  in 
cui  dicevano :  Abbiamo  arse  le  nostre  case  e  le  nostre  mile.  Furfanti 
matricolati !  Le  nostre  case  e  le  nostre  mile  I  Essi,  che  non  aveano  di 
proprio  qui  neanclie  la  pelle,  condannata  gia  damolti  tribunal! :  essi, 
dopo  aver  atterraia  la  villa  Patrizi,  devastata  la  villa  Borghese,  ar- 
se molte  altre  ville  e  case  altrui ,  si  vanlarono  che,  per  amor  di  pa- 
tria,  aveano  arse  le  loro  case  e  le  loro  ville  ! 

Torino.  Cos!  faranno  i  miei  Deputati.  Venderanno  quel  d'altri,  e 
poi  diranno :  «  Abbiamo  rinunziato  al  nostro  ! »  E  vorranno  ancora 
^sser  pagati  di  questa  loro  magnanimita.  E  tocchera  forse  ancor  a 
me  a  pagare  a  buoni  contanti  la  mia  ruina. 

Roma.  Sicche  non  hai  speranza? 

Torino.  Nei  Deputati  no.  Ma,  se  ho  a  dirtela,  mi  da  qualche  spe- 
ranza la  Convenzione. 

Roma.  Come  puoi  sperare  in  cio  che  e  la  cagione  di  tutti  i  tuoi 
timori  ? 

Torino.  Spero  nella  Convenzione  appunto  perche  vedo  che  niuno 
ne  e  conlento.  Qui  che  cosa  se  ne  dice? 

Roma.  Gia  li  ho  delto  che  non  se  ne  dice  gran  cosa.  Mi  fu  assi- 
curato  pero  ,  non  so  con  qual  fondamento  ,  che  quattro  disperati  ne 
avevano  moslrata ,  una  sera ,  al  Corso  ,  favorevole  opinione  j  e  che 
ne  erano  stati  castigati  dai  gendarmi  francesi. 

Torino.  E  curiosa  davvero  questa  Convenzione ,  di  cui  non  pare 
lecito  mostrare  ne  piacere  ne  dispiacere. 

Roma.  Percio  io,  che  sono  savia,  ho  lasciato  toccar  le  busse  a  To- 
dno  che  n'  era  malcontenta,  ed  ai  qitattro  sullodali  che  n'  erano  con- 
ienli.  Io  sto  a  vedere,  ed  aspetto  gli  avvenimenti :  e  della  Conven- 
zione fo  lo  stesso  caso  come  se  non  esistesse. 

Torino.  Tra  noi  pero  potremmo  dime  due  parole. 

Roma.  Purche  siano  brevi ;  giacche  non  mi  vorrei  compromettere. 


DIALOGO  DI  TORINO  E  DI  ROMA  295 

Torino.  Non  temer  nulla.  Parlcr6  io.  E  prima  di  tulto  dico  che, 
non  senza  ragione,  spero  nclla  Convenzione  medesima.  La  qualc  es- 
sendo  stata  fatta  in  modo  che  niuno  ne  rimane  contento,  e  molto  pro- 
babile  che  lulti  si  accorderanno  a  non  volerla  escguire.  Si  capisce, 
in  primo  luogo,  che  non  ne  sono  conlenti  i  piemontesi.  Ma  non  per 
questo  se  ne  rallegrano  i  fiorentini.  I  quali,  o  sono  retrogradi,  e  non 
vogliono  in  casa  quella  Babilonia;  o  sono  framassoni,  e  vogliono  Ro- 
ma. Le  altre  grandi  cilta  d'  Italia  non  sono  contente  della  perdita 
d'  ogni  speranza  di  diventar  Capilali.  Se  poi  dividiamo  1' Italia,  non 
geograficamente ,  ma  per  partiti ,  si  sa  che  i  mazziniani  bestemmia- 
no  la  Convenzione  e  chi  1'ha  fatta,  lanto  che  il  Mazzini  indirizzo  una 
sua  lettera  gratulatoria  a  me  che  protestai  la  prima.  I  costiluzionali 
temono  un  colpo  di  Stato  e  una  nuova  sconnessione  di  qualche  pro- 
vincia  italiana  da  cedersi  alia  Francia.  Dei  cattolici  non  occorre  par- 
lare.  Sicche  chi  e  conlento  in  Italia  della  Convenzione? 

Roma.  I  miei  quattro  del  Corso. 

Torino.  E  gli  altri  quatlro  che  1'hanno  falta,  credendo  di  far  una 
bella  cosa.  Ma,  al  concerto  di  fischiate  con  cui  fu  ricevuta  in  Italia, 
il  Pepoli  ed  il  Menabrea  non  debbono  ora  essere  meno  mortificati 
del  Peruzzi  e  del  Minghelli.  Sicche  vedi  bene  che  vi  e  cento  a  porre 
conlro  uno  che  la  Convenzione  non  si  eseguira. 

Roma.  Ma  dunque  perche  1'  hanno  fatta  una  Convenzione  simile  ? 

Torino.  Queslo  e  il  mistero  che  niuno  arriva  a  intendere.  In  Fran 
cia  dicono  che  fu  fatta  per  assicurar  Roma  al  Papa.  In  Italia  dicono 
che  fu  fatta  per  assicurar  Roma  all'  Italia.  I  liberaJi  dicono  che  fu 
fatta  per  ruinare  la  rivoluzione  italiana.  I  Cattolici  dicono  che  fu  falta 
per  ruinare  1'  indipendenza  del  Papa.  Ed  ognuno  prova  bene  la  sua 
opinione. 

Roma.  Come  si  possono  provar  bene  opinioni  si  contrarie? 

Torino.  Ne  faro  giudice  te  stessa.  In  Francia  si  dice  che  la  Con- 
venzione fu  fatta  per  assicurar  Roma  al  Papa.  E  si  prova  benissimo. 
Giacche  nella  Convenzione  si  stabilisce  che  1'  Italia,  non  solo  non  dee 
combattere ,  ma  dee  anzi  difendere  Roma  contro  ogni  aggressione. 
Non  &  egli  chiaro  che  Roma  cosi  resta  assicurata  al  Papa  ? 

Roma.  E  chiarissimo* 


296  LA  CONVENZIONE 

Torino.  D'altra  parte  in  Italia  si  dice  che  la  Convenzione  fu  fatta 
per  assicurar  Roma  all'  Italia.  E  si  prova  benissimo.  Giacche,  parliti 
una  volta  i  Francesi,  le  truppe  ilaliane  verranno  difilato  a  Roma  e  la 
dichiareranno  di  buona  presa.  Sai  che  i  principii  del  non  intervento 
e  dei  fatti  compiuti  sono  ora  principii  grandi  ed  inviolabili.  Non  e 
egli  evidenle  che  Roma  cosi  sara  assicurata  all'Italia? 

Roma.  E  evidenlissimo. 

Torino.  Ancora  si  dice  dai  liberali  che  la  Convenzione  e  fatta  per 
ruinare  la  rivoluzione  ilaliaua.  E  si  prova  benissimo.  Giacche  la  ri- 
voluzione italiana  e  fondata  sopra  Roma  Capitale.  Tolto  questo  fon- 
damento,  ruina  la  rivoluzione.  La  cosa  e  chiara. 

Roma.  E  chiarissima. 

Torino.  Ma,  per  conlrario,  dicesi  dai  Cattolici  che  la  Convenzione 
fa  fatta  per  ruinare  1'indipendenza  del  Papa.  E  si  prova  benissimo. 
Giacche  1'  indipendenza  del  Papa  e  fondata  sopra  la  sua  sovranila 
temporale  in  Roina.  Tolta  Roma  al  Papa,  sara  dunque  tolta  a  lui  ogni 
Indipendenza.  La  cosa  e  certa. 

Roma.  E  certissima. 

Torino.  Provano  dunque  benissimo  la  loro  opinione,  e  i  Francesi 
che  trovano  nella  Convenzione  1'  assicurazione  di  Roma  al  Papa,  e 
gli  Italiani  che  vi  trovano  invece  1'assicurazione  di  Roma  all'  Italia  ; 
i  liberali  che  vi  scorgono  dentro  la  ruiria  della  rivoluzione  italiana  e 
i  Cattolici  che  vi  scorgono  invece  la  ruina  dell'indipendenza  del  Som- 
xno  Pontefice.  Mi  fanno  ridere  i  giornali  francesi  officiosi,  la  France, 
il  Constilulionnel  e  compagni,  i  quali  non  finiscono  di  dimostrare  che 
il  Papa  dee  essere  contenlo  della  Convenzione.  Chi  puo  dubitare  di 
questo  dovere  in  cui  e  il  Papa  di  essere  contento?  Quando  egli  e  as- 
sicurato,  dee  esser  contento. 

Roma.  Contentissimo. 

Torino.  E  vice  versa  mi  fanno  ridere  i  giornali  francesi  non  offi- 
ciosi, come  V Opinion  nationals,  il  Debats  e  simili,  i  quali  non  finisco- 
no di  dimostrare  che  T  Italia  dee  esser  contenta  della  Convenzione. 
Chi  puo  dubitare  di  questo  dovere  in  cui  e  ]' Italia  di  essere  conten- 
ta? Quando  le  e  assicurata  Roma  Capitale,  dee  essere  soddisfatta. 

Roma.  Soddisfattissima. 


DIALOCO  DI  TORINO  E  DI  ROMA  297 

Torino.  Or  come  va  che  niuno  c  soddisfallo? 

Roma.  Odi ,  Torino.  Tutto  sla  nelle  cose  a  guardare  lo  scopo.  In 
omnibus  respice  finern.  Se  noi  riusciremo  a  trovare  lo  scopo  vero 
della  Conyenzione,  avremo  falto  il  becco  all'  oca. 

Torino.  Questo  appunto  vado  cercando:  lo  scopo,  lo  scopo. 

Roma.  Nulla  vi  e  di  piu  facile  che  scoprire  lo  scopo  di  questa 
Convenzione.  Basta  leggerla. 

Torino.  L'ho  letta  tanle  voile !  Ma  piu  la  leggo  e  meno  ne  intendo. 

Roma.  Hai  letto  bene  il  preambolo? 

Torino.  II  preambolo? 

Roma.  Gia:  il  preambolo.  Tutto  sla  a  legger  attentamenle  il  pream- 
bolo. Sai  che  non  ci  e  Irallato  a  queslo  mondo  che  non  abbia  il  suo 
preambolo. 

Torino.  Bene.  Or  che  scende  da  questo? 

Roma.  Ne  scende  lo  scopo.  Giacche  nel  preambolo  diogni  Iratta- 
tostasempre  determinate  lo  scopo,  preceduto  daun  gerundio.  L'ar- 
te  diplomalica  di  trovar  lo  scopo  di  una  Convenzione  sta  nello  sco- 
prire il  primo  gerundio  del  preambolo.  Dopo  il  gerundio  vien  subito 
lo  scopo.  Consulta  pure  tutli  gli  Archivii  diplomatic!,  e  troverai  sem- 
pre  che  le  Convenzioni  cominciano  col  determinare  gerundivamente  il 
proprio  scopo.  Cosi,  per  esempio,  il  traltato  di  Zurigo  diceva :  «  Le 
loro  Maestri  volendo  (ecco  il  gerundio)  volendo  metlere  un  termine 
alle  calamita  della  guerra  e  prevenire  il  rilorno  delle  complicazioni 
che  T  hanno  fatta  nascere.  »  Ecco  lo  scopo. 

Torino.  Non  istarmi  a  recar  altri  esempii.  Consultiamo  subilo  il 
testo  della  Convenzione ,  leggiamo  il  preambolo ,  troviamo  il  gerun- 
dio, e  scopriamo  lo  scopo. 

Roma.  Puoi  leggere,  se  vuoi,  la  raccolla  dei  trattali  del  Martens 
da  capo  a  fondo,  e  troverai  sempre  per  prima  cosa  il  preambolo  col- 
T  inevitable  gerundio  seguito  dallo  scopo. 

Torino.  Ora  mi  ricordo,  per  esempio,  che  anche  la  Convenzione 
tra  la  Francia,  I'lnghilterra  e  la  Spagna  per  gli  affari  del  Messico, 
Convenzione  che  poi  ando  a  monte  come  lante  altre,  cominciava  co- 
si  :  «  Le  loro  Maesta  volendo  esigere  dal  Messico  maggior  protezio- 


298  LA  CONVENZIONE 

ne  ecc.  »  La  cosa  e  chiara.  Ogni  Trattato  ha  il  suo  scopo  nel  pream- 
bolo.  Or  bene  che  dice  il  nostro  preambolo? 

Roma.  Ecco  il  preambolo:  «  Le  loro  Maesta,  il  Re  d'ltalia  e  1'Im- 
peratore  dei  Francesi,  avendo 

Torino.  Avendo:  ecco  ilgerundio! 

Roma.  «  Avendo  deciso.  ...» 

Torino.  Che  cosa? 

Roma.  «  Avendo  deciso  di  conchiudere  una  Convenzione.  » 

Torino.  Deciso  di  conchiudere  una  Convenzione!  Questo  poi  non 
ci  era  bisogno  di  dirlo.  Si  sa  che,  quando  si  fa  una  Convenzione,  si  e 
deciso  di  conchiudere  una  Convenzione.  Questo  e  un  mero  pleonasmo, 
un  mero  soprappiu,  un  ornamento  rettorico.  Ma,  poco  male.  Ya  in- 
nanzi. 

Roma.  «  Avendo  deciso  di  conchiudere  una  Convenzione,  hanno 
nominati  loro  plenipotenziarii  ecc.  I  quali  dopo  avere  ecc.  hanno 
convenuto  negli  arlicoli  seguenti.  »  Seguono  i  noli  articoli. 

Torino.  E  lo  scopo? 

Roma.  E  non  Thai  udito?  Lo  scopo  della  Convenzione  e  di  far 
una  Convenzione.  E  uno  scopo  come  un  altro.  «  Le  loro  Maesla,  a- 
vendo  deciso  di  conchiudere  una  Convenzione,  hanno  convenuto  ne- 
gli arlicoli  seguenli. »  E  come  se  dicessero:  «  Abbiamo  falta  una  Con- 
venzione per  far  una  Convenzione. »  II  che,  nello  slile  giornalistico 
di  adesso,  si  direbbe,  con  phi  eleganza,  cosi:  «  Avendo  sentito  il  bi- 
sogno di  far  una  Convenzione,  abbiamo  fatta  una  Convenzione. »  Che 
pretenderesti  di  piu?  Che  le  loro  Maesta  avessero  spiattellate  al  pub- 
blico  tutte  le  loro  ragioni? 

Torino.  Potevano  dire  «  Avendo  deciso  di  assicurar  Roma  al 
Papa.  » 

Roma.  Ma  allora  non  1'avrebbe  sottoscritta  1'Ilalia. 

Torino.  Poleano  dunque  dire :  « Avendo  deciso  di  assicurar  Roma 
all'  Italia. » 

Roma.  Ma  allora  non  F  avrebbe  solloscritta  la  Francia. 

Torino.  Poteano  dunque  far  a  meno  della  Convenzione. 

Roma.  No :  perche  « Aveano  deciso  di  conchiudere  una  Convenzio- 
ne ».  Quando  una  cosa  e  decisa,  bisogna  farla. 


DIALOGO  DI  TOBINO  E  DI  ROMA  299 

Torino.  6  una  Converizione  singolarc  ! 

Roma.  Unica  nel  suo  genere  :  nello  scopo  come  nel  reslo.  Puoi 
leggere  tutto  il  Marlens  da  capo  a  fondo ,  che  non  ne  troverai  una 
simile.  Vedi  che  io  avea  ragione  di  dirti  che  non  portava  il  pregio 
che  io  me  ne  ocupassi  mollo.  Tanto  piu  che  io  non  sono  stata  con- 
sultata. 

Torino.  E  me  chi  mi  ha  consultala  ? 

Roma.  Tutto  effetto  d'indipendenza,  di  suffragio  universale,  di  ple- 
biscito,  di  pubblica  opinione.  Poiche  ci  sono  quesli  grandi  principii, 
bisogna  bene  yederli  praticati.  E  vedi ,  Torino !  Se  mai  la  lua  dis- 
grazia  vorra  che,  in  qualche  altra  Convenzione,  si  decida  che  tu  sia 
terra  francese,  sta  pur  certa  che  la  lua  sconnessione  accadra  al  rim- 
bombo  dei  grandi  principii  dell'  indipendenza ,  del  suffragio  univer- 
sale, del  plebiscite  e  della  pubblica  opinione. 

Torino.  Tu  mi  fai  pensare  che  e  tempo  che  io  torni  a  casa.  Non 
vorrei  che ,  menlre  son  qui ,  mi  si  manipolasse  dietro  le  spalle  un 
qualche  plebiscito.  So  come  vanno  queste  cose  io !  Addio,  Roma. 

Boma.  Addio,  Torino. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

RACCONTO  STORIGO 

DEL  1860  E  1861 


LXIL 


Quell'  annunzio ,  dato  cosi  di  subito  e  con  tanta  ansieta  e  con  tale 
sommessione  di  modi,  fu,  per  Traiano  e  per  Maddalena ,  come  uno 
sprazzo  di  sole,  altraverso  un  aggruppamento  dinuvoli  turbinosi.  — 
Che?  sclamo  il  padre  ,  mutandosi  in  vollo  e  guardando  la  figliuola 
tra  sdegnoselto  e  meravigliato. 

-  Si ,  vi  dico ,  e  venuta ;  rispose  costei  molto  mansuetamente  ; 
1'ho  raggiunla  io,  ch'ella  saliva le scale  insieme  conun'altra  donna; 
e  tutte  due  stanno  di  la. 

—  Andiamo  e  vediamo  ;  disse  allora  con  una  certa  impazienza  la 
madre,  levandosi  da  sedere. 

Traiano,  non  sapendosi  che  pensare,  s'inoltro  freltolosamente  ap- 
presso  Flaminia  ,  e  toslo  si  ebbe  incontro  la  buona  Caterina  che , 
avanzatasi  verso  lui :  —  Scusale,  signore ;  comincio  a  dire  con  bassa 
voce  inchinandolo. 

—  Voi?  ah,  mi  pare  di  riconoscervi !  ripiglio  I'aHro;  e  dov'e  ella 
dunque? 

—  Sissignore,  an  cor  io  riconosco  voi,  perche  vi  vidi,  se  vi  ricor- 
da,  quella  sera  che,  bonta  vostra,  in  Veroli  .  .  . 

—  Me  ne  ricordo,  si  oh  me  ne  ricordo !  ebbene  dov'e  ella? 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC.         301 

-  Nella  stanza  qui  a  canto ;  replico  la  donna  tulta  umile  e  impac- 
ciala  di  se ;  povcra  figliuola !  ha  grandissima  soggczionc  :  e  sc  non 
era  quesla  bella  signorina  che  ci  ha  introdotte,  noi  forse  non  ci  sa- 
rcmmo  ardite  di  entrare  ad  incommodarvi. 

Mentre  questa  cosi  parlava,  gia  Traiano  era  passato  nell'  altigua 
camera ,  e  dietrogli  Maddalena  e  Flaminia  e  anch'essa  la  piccola  fi- 
gliuolelta,  che  era  corsa  al  romore.  Noi  non  istarerao  a  narrare  la 
pielosa  cordialila  di  quelle  prime  accoglienze,  ne  i  rossori  della  mi- 
serella  Maria.  La  quale  ,  a  vedersi  tan  to  ben  ricevuta  e  compatita 
cosi  teneramente,  languiva  di  conftisione;  e,  per  la  natura  sua  rispet- 
tosissima,  a  pena  osava  alzar  gli  occhi  da  terra  e  mws7erli  in  faccia 
or  a  Maddalena,  che  la  prendeva  per  le  mani  facendole  animo,  e  or 
a  Traiano  che  a  piena  bocca  si  protestava  di  volere  ch'ella  fraltanto 
rimanesse  in  casa  sua ,  e  vi  si  considerasse  ne  piu  ne  meno  che  co- 
me sorella  delle  sue  medesime  figliuole.  Ella  era  vestita  di  lanelta 
da  duolo  ,  e  aveva  in  capo  un  zendado  nero  :  ogni  cosa  con  sempli- 
cila,  ma  con  acconcezza  non  inelegante. 

Questo  cosi  inaspeltato  avveniraento  della  poverella  di  Casamari , 
fu  proprio  un'iride  nel  colmo  della  tempesta:  giacche,  conrappari- 
zion  sua  nel  seno  di  quell'agitata  famiglia,  ella  rimise  a  un  tratto  in 
bonaccia  gli  spiriti  di  ciascuno.  Traiano,  deposto  ogni  crucciamento, 
aperse  il  cuore  ad  una  mesta  ilarita ,  che  procedeva  dalla  consola- 
zione  di  vedere  fmalmente  quella  tapina  giovane  fuori  dei  pericoli 
immaginali ,  e  di  potere  dar  opera  al  compimenlo  dei  desiderii  es- 
pressigli  dal  Capitano  moribondo.  Maddalena  si  sentiva  disfare  di 
commiserazione  airaspetto  diuna  creatura  cosi  gracile,  cosi  gentile, 
cosi  oppressa  dagl'  infortunii  e  ridotta  ad  una  tal  macilenza,  ch'  ella 
pareva  un  bello  scheletro  animato :  e  oltraccio  una  secreta  voce  di- 
ceale  dentro,  che  questa  fanciulla  doveva  essere  un  angiolo  di  bene- 
dizione  per  la  sua  casa ,  e  che  Dio  non  senza  qualche  disegno  della 
sua  misericordia,  con  modi  cotanto  singolari,  ve  Taveva  guidata ;  e 
in  somma  sperava  non  sapea  che ,  ma  certo  alcun  gran  vantaggio 
dalla  sua  presenza,  e  la  rimirava  come  cosa  da  fame  altissimo  conto. 
Flaminia  poi,  indolcitasi  lilta,  sembro  dimenticar  se,  le  sue  stizze,  i 
suoi  punligli,  e  non  curarsi  piu  d'allro  che  di  addimostrare  afiezione 


302  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

caldissima  e  di  fare  amorevolezze  veramente  sorellevoli  a  queir  in- 
felice ;  la  quale  pure  le  corrispondeva  con  rilrosia  minore  che  non  la 
ml  casolare  di  Vito,  la  prima  volla  che  si  abboccarono  da  sola  a  so- 
la. Del  che  Traiano  era  in  un  solluccheramento  meraviglioso  ,  e  fat- 
tosi  a  un  orecchio  della  moglie:  -—  Yedi ,  che  cuore  ha  Flaminia? 
le  susurrava;  non  le  lo  dicli'io  sempre,  che  sarebbe  una  pasta  di 
zucchero,  chi  la  sapesse  pigliare  pel  verso  suo? 

—  Vogiia  Dio ,  che  questa  poverina  ce  la  faccia  diventar  buona 
davvero  !  soggiungeva  essa  rintenerita ;  chi  sa?  basta  :  speriamo ! 

Ma  la  curiosita  aveva  gran  luogo  in  quella  concilazione  degli  ani- 
mi :  e  pero  chi  interrogava  la  giovane  di  una  cosa,  chi  gliene  diman- 
dava  un'  allra.  Tulti  erano  bramosissimi  di  udire  da  lei  i  suoi  fatti , 
e  per  1'appunto,  e  con  ogni  phi  minuta  parlicolarila ;  il  dove  sinora 
fosse  slata  ;  il  come,  il  quando  ,  il  perche  si  fosse  dilungata  da  Ca- 
samari,  dopo  la  incursione  de'  Piemonlesi ,  e  via  discorrendo.  Ne  si 
accorgevano  che,  in  quel  momenlo,  le  piudi  tali  quislioni  erano  fuor 
di  proposito  e  incliscrele  ;  ne  badavano  che  gliene  movean  di  quelle 
a  cui  ella  non  potea  soddisfare ,  senza  che  o  per  onesla  vergogna  le 
s'imporporassero  le  guance  ,  o  per  acerbita  di  dolorc  le  spuntassero 
lagrime,  ch'  ella  non  avea  virtu  di  frenare  ,  ma  che  penava  somma- 
mente  a  farsi  cadere  dagli  occhi.  Se  non  che ,  per  liberarla  da  quel 
marlirio,  Calerina  s'  intromise  con  molta  opportunila,  chiamando  in 
disparte  Traiano  e  la  moglie  sua7  ed  esponendo  loro  tutlo  il  successo, 
dal  giorno  della  morte  del  Capitano  fino  all'ora  presente.  —  Povera 
figliuola!  usciva  ella  a  ripetere  ogni  lanto,  interrompendo  la  esposi- 
zione ;  non  la  fate  parlare  delle  sue  passate  anguslie,  perche  troppo 
soffre.  Bisogna  anzi  distrarnela  piu  che  sia  possibile,  e  non  ricordarle 
inai  ne  padre ,  ne  madre ,  ne  fratelli ,  ne  nessun  allro  de'  suoi :  al- 
trimenti.  .  .  . 

-  Oibo,  vi  par  egli?  soggiungeva  Maddalena ;  non  se  gliene  fia- 
iera  punto ,  e  le  si  procureranno  tutte  le  dislrazioni  che  si  polra  da 
pan  nostri.  Questa  per  ora  e  figliuola  mia:  e  non  dubilale  che  fm 
ch'ella  siara  meco,  non  le  lascero  desiderar  sua  madre. 

—  Dio  ve  rie  paghera  il  merito,  buona  signora. 

E  cio  delto,  Caterina  ripigliaTa  il  filo  della  narrazione,  e  seguitava  il 
suo  racconlo  con  brevila  di  parole,  ma  con  gagliardia  di  senlimenlo. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  303 

I  lettori  noslri  sanno  gia  tanto  di  quest!  success*! ,  inlervenuli  dal 
Gennaio  in  qua  all'  orfana  di  Pellegrino,  che  lor  ne  avanza.  Quindi 
riman  solamente  che  noi  li  iuformiamo  di  cio  che  occorse  dopo  il 
trasporto  di  Felice,  dalla  grolta  del  boscaiuolo,  nello  squallido  abi- 
luro  di  Collepardo.  E  il  faremo  contenlandoci  di  nolificar  loro,  che 
Felice  spiro  circa  due  setlimane  appresso ,  munito  di  lulli  i  conforli 
della  santa  Chiesa,  e  con  piena  remissione  di  se  nelle  mani  di  Dio; 
die  fino  all'  estremo ,  ebbe  al  suo  capezzale  1'  amico  don  Pippo ,  il 
quale  gli  chiuse  gli  occhi  e  ne  disegn6  poscia  le  fattezze  in  un  pro- 
filelto,  che  offerse  in  dono  alia  desolata  sorella;  e  che  1'amoroso  gar- 
zone,  poco  avanti  che  rendesse  1'anima  al  Creator  suo,  si  accomialo 
da  Maria  Flora  die,  quasi  stupida  per  1'ambascia,  gli  lergeva  i  su- 
dori  dell'agonia,  stringendole  la  destra,  additandole  il  cielo  e  dicen- 
dole  con  placida  asseveranza:  — A  rivederci  lassu,  e  preslo!  Saluto 
che  a  lei  scolpissi  cosi  vivameate  nella  fantasia,  che  di  continuo  poi 
1'ebbe  in  memoria. 

Questo  ultimo  colpo  deU'invisibil  braccio,  che  rapivale  ad  uno  ad  uno* 
i  pegni  piu  dolci  dell'  amor  suo,  non  le  abbatle  1'animo,  no ;  che  ella 
accettava  coteste  percosse  terribili,  quali  disposizioni  di  una  superna 
giustizia,  che  inseveriva  inquesto  mondo  per  premiare  nell'altro:  ma 
compie  di  staccarglielo  da  tutto  cio  che  la  circondava,  e  glielo  sciolse 
cosi  fattamente  da  qualunque  si  fosse  legame  altenenlesi  alia  vita, 
che  ella  si  riguardava  qui  giu,  come  cosa  che  non  avesse  piu  ragio- 
ne  di  essere:  e  non  si  sapea  figurare,  che  Dio  la  facesse  ancor  soprav- 
vivere  lungamente  allo  sterminio  di  lutli  quanti  i  suoi  cari.  Per  ia 
che  ne'  suoi  intimi  colloquii  con  Catcrina,  ella  non  s' interteneva  piu 
di  altro  negozio,  ma  in  ogni  suo  detto  moslrava  d'  essere  compresa 
dell'  unico  pensiero  di  avere  da  volar  presto,  e  assai  presto,  dielro  a 
Felice.  —  E  chi  ti  assicura  che  sara  cosi  presto ,  come  lu  dici?  le 
dimandava  quella. 

—  L'  ultimo  addio  di  Felicetlo ;  quel  «  presto  »  egli  me  lo  ha  pro- 
ferito  con  una  veemenza,  e  me  lo  ha  accompagnato  con  un  occhio, 
che  io  ho  inleso  ch'  egli  non  parlava  di  suo  motivo. 

—  Oh!  smetli  una  >7olta,  figliuola  mia,  quesli  pensieracci  neri,  che 
sono  superstizioni  e  sciocchezze  da  lasciare  a  noi  contadine  ignorant!; 
e  ti  faranno  tanto  male,  che  potresti  morirne  davvero ;  sai? 


304  1A  POVERELLA  DI  CASAMARI 

—  E  allora  beata  me !  non  sospiro  altro.  0  che !  vi  avvisate  forse 
che  io  abbia  paura  d'andare  dove  sta  mia  madre,  mio  padre,  Guido, 
Felice,  Otello? 

—  Ma  in  somraa  con  te,  figlia  mia  benedella,  non  si  puo  proprio 
ne  vincerla  ne  pattarla.  Che  serve?  Non  li  basta  che  il  Signore  abbia 
chianiato  a  se  questi  che,  pur  troppo,  ha  chiamati;  no,  non  ti  basta. 
Tu  hai  da  pretendere  che  egli  abbia  fatto  morire  anche  quel  buon 
figliuolo  di  Otello ;  e  guai  a  chi  te  ne  faccia  dubbio !  e  per  giunta 
adesso  ti  sei  fitto  nel  capo  che  ancora  tu  li  debba  seguire ,  e  pre- 
sto. Ah  santa  Vergine  delle  Cese !  E  prorompeva  in  pianti  e  in  sin- 
ghiozzi. 

Di  questa  sorta  erano  per  lo  piii  i  ragionamenti  che  avevan  seco, 
mentre,  secondo  la  volonta  ultima  di  Pellegrino,  deliberavano  di 
apparecchiarsi  al  viaggio  di  Roma.  La  fanciulla  che  prima  dava  mo- 
stra  di  tanta  ripugnanza  a  questo  passaggio  nella  casa  di  gente  a  lei 
poco  men  che  ignota ;  inorto  Felice,  porgeasi  facilissima  ali'andata, 
e  quasi  la  sollecilava,  perocche  diceva  ella:  —  E  una  bella  grazia 
cotesta  di  morire  in  Roma  ,  vicino  a  san  Pietro  che  tiene  le  chiavi 
del  Paradiso.  Non  per  altro. 

Di  maniera  che  Galerina,  la  quale  amavala  con  tenerezza  di  madre, 
slava  molto  impensierita  di  lei :  e  per  questo  si  affretto  di  condurla, 
per  lentare  se,  svariandola,  con  farle  cambiar  paese  e  consueludini, 
le  si  potessero  sgomberare  dalla  mente,  quelle  che  essa  credeva  ma- 
linconie.  Ma  non  pero  tanto  si  affrettarono,  che  non  soprassedessero 
parecchi  giorni  per  procurarsi  notizie  del  giovane  Olello.  Le  quali 
tutlavolta  non  vennero  mai :  giacche  chi  n'  era  in  cerca ,  torno  e  ri- 
Iorn6,ridicendo  sempre  che  di  lui  non  si  aveva  odore,  ne  tra  i  Realisti 
dell'Alonzi,  ne  in  verun  punto  del  prossimo  confine N0ndeche  la  don- 
zella  arrivo  in  Roma  piu  che  mai  ferma  nella  sua  opinione  tristissi- 
ma,  che  egli  eziandio  fosse  miserabilmente  periio. 

LXIII. 

—  Lo  vedi  ?  questa  volta  io  sono  stato  profela ;  diceva  Traiano 
alia  moglie,  un  venti  giorni  dopo  che  la  giovanetta  napoletana  s  era 
stabilita  in  sua  casa.  Quello  che  io  pronosticava,  si  e  avverato.  Io  mi 


BACCONTO  STORICO  DEL  I860  E  1861  305 

sentiva  sicurissimo,  che  Flaminia  migliorerebbe  di  molto,  corner- 
sando  con  quesla  buona  fanciulla ,  per  la  qualc  mi  diceva  di  avere 
una  siitipatia,  che  mai  la  simile.  Tu,  da  incredula,  mi  facevi  bocca 
da  ridere.  Eppure  1'  ho  o  non  1'  ho  io  azzeccata  giusta? 

—-  Eh,  si  non  polrei  negare,  senza  dir  bugia,  che  Flaminia  sia 
meno  diavolessa,  da  che  tralta  con  questa  cara  figliuola. 

—  0,  o,  meno  diavolessa !  queslo  e  troppo:  devi  dire  meno  schiz- 
zinosa,  meno  permalosa,  meno....  che  so  io?  Non bisogna essere  poi 
incontenlabile. 

—  Bene,  bene ;  come  vi  piace :  io  non  intendo  di  conlraddirvi. 
Ringraziamo  il  Signore  di  questo  pochello  che  si  e  ollenuto,  e  faccia 
egli  che  la  cosa  non  resti  li. 

—  Aspetta,  da  tempo  al  tempo ;  e  yedrai  tu  che  scuola  sara  per 
Flaminia  la  compagnia  e  1'  esempio  di  quest'  angelo:  che  io  non  sa- 
prei  nominarla  altrimenti. 

—  Avete  ragione.  Oh,  qui  si  che  io  sono  con  voi!  Questa  Fiorelta 
e  un  vero  fiore  di  cielo ;  un  angelo  in  ispecie  umana.  Che  pazienza! 
che  garbo!  checivilla!  chemodeslia!  che  divozione!  che  compitez- 
za  in  ogni  atto  suo !  Mai  che  le  esca  di  bocca  una  paroluzza  meno 
che  misurata!  Mai  che  yi  faccia  un  occhiolino  lorto,  una  smusatura, 
una  mala  creanza!  Tutto  riceve  in  buona  parte,  vi  ringrazia  di  tulto, 
e  non  dimanda  mai  nulla,  fuorche  lavoro,  lavoro  e  lavoro.  Non  fini- 
see  mai  di  lavorare ;  e  come  lavora  bene !  cuce  e  ricama  che  Flami- 
nia uon  1'arriva  a  gran  pezza.  Oh,  il  pane  ch'ella  mangia,  se  Io  gua- 
dagna  per  bene !  E  poi  quello  che  proprio  m'  incanta,  in  una  giovane 
cosi  nobilmente  nata  ed  allevata  con  tanta  fmezza  com'  e  lei ,  quello 
che  m' incanta,  dico,  e  vedere  che  non  ha  una  prelensione  al  mondo. 
Ella  si  mette  sempre  all'  ultimo  posto ,  e  si  considera  a  diritlura  co- 
me T  inflma  della  casa  e  serva  di  lutli  noi :  e  se  non  fosse  che  io 
glieV  ho  proibito,  ella  vorrebbe  scopare  le  stanze,  aiutare  in  cucina, 
rifare  i  letti ,  spolverare  i  mobili  e  perflno  lustrare  le  scarpe  mie  e 
delle  nostre  ragazze. 

—  Guarda,  per  carita,  Maddalena  mia,  che  non  Io  faccia  mai!  Que- 
sto poi  non  s'  ha  da  permetterglielo  a  nessun  conto.  Pensa  tu  che 
mortificazione  sarebbe  per  me  e  per  te,  quando  quella  gran  dama 

Serie  7,  vol.  XII,  fasc.  351.  20  24  Ottobre  1864. 


30 f>  LA  POVERELLA.  DI  CASAMAR1 

sua  parenle,  venendo  a  riprendersela,  risapesse  che  1'abbiamo  ado- 
perala  in  casa  per  servicella.  Dio  ce  ne  liberi !  Ricordali  sempre 
che  le  si  kanno  da  avere  moltissimi  riguardi,  perche  di  qui  a»un  an- 
no, ella  puo  essere  qualche  gran  cosa.  Quella  dama  suazia,  ricchis- 
sima  e  senza  eredi,  puo  farle  im  dotone  di  migliaia  e  migliaia. 

—  Sia-te  pur  tranquillo,  che  io  le  sto  sopra  con  cent'  occhi,  e  non. 
le  iascio  fare  servizii  bassi  di  qualsiasi  forma.  Gia ,  da  quella  sua 
eameretta,  ove  gode  di  star  sempre  sola  e  applicatissima  a'  suoi  la- 
vori,  non  puo  meltere  fuori  un  piede  che  io  non  la  vegga. 

—  Questo  suo  genio  di  solitudine  mi  ha  dello  strano. 

—  Poverella !  forse  vorra  esser  libera  di  piangere  e  di  sfogare 
il  cuor  suo  senza  toslimonii:  e  si  che  piange  in  secrelo!  ha  sempre 
gli  occhi  urnidi  e  rossicci.  E  come  potrebb'  essere  altrimenti ,  dopo 
tante  disgrazie?  lante  perdite  cosi  crudeli?  Uh,  io  la  riguardo  come 
una  marlire!  Non  so  esprimere  la  venerazione  che  io  provo  dentro 
di  me,  tulte  le  volte  che,  tenendo  ell  a  T  uscio  socchiuso,  mi  metto  a 
contemplarla,  sedula  in  quella  seggiola,  tutta  intesa  a  cucire  vicino  a 
quel  suo  tavolinelto,  sopra  del  quale  ha  sempre  in  un  vasello  quelle 
cinque  rose,  che  m'  ha  pregala  in  grazia  di  rinnovarle  ogni  tre  gior- 
ni.  Mi  fa  tanla  commozione,  che  le  lagrime  mi  corrono  per  la  faccia. 
E  le  cinque  rose ,  ve  1'  ho  detto  perche  ella  desideri  di  averle  con- 
tmuamente  dinanzi  a  se? 

—  Non  me  ne  sovviene.  Io  poi  non  fo  gran  capilale  di  tulle  le 
inezie  di  voi  altre  donne. 

—  Inezie?  va  benissimo!  Piacesse  a  Dio  che  la  Flaminia  voslra 
fosse  capace  del  succo  di  queste  inezie!  Quelle  cinque  rose,  mi  disse 
che  amava  di  averle,  per  ricordo  dei  cinque  suoi  morti ;  la  memoria 
de'  quali,  die'  ella,  mi  ricrea  1'  occhio  e  1'odoralo  dell'  anima,  come 
la  bellezza  e  la  fragranza  di  queste  rose  dile llano  quelli  del  corpo. 
Che  pensiero  delicato  eh  ? 

—  Per  Bacco  !  ve'  com'  e  ingegnoso  1'  amore  ! 

—  E  io,  dopo  che  la  mi  ha  mauifesiato  questo  suo  desiderio  bel- 
lissimo,  non  ogni  tre,  ma  ogni  due  giorni  le  procuro  queste  cinque 
rose ,  e  le  cappo  io  Ira  le  piu  fresche ,  e  gliele  fo  portare  da  Lucil- 
la,  che  essa  abbraccia  per  gratitudine  ,  e  le  da  cinque  baci  in  fron- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  301 

Ic.  All,  questc  sono  squisilezze  di  senlimenli,  chela  nosira  Flaminia 
non  si  sogna  nemmeuo  di  avere ! 

-  E  tu  fa  che  ella  pralichi  con  lei  il  piu  che  si  possa.  Imparera. 
Ma  voleva  dir  io :  come  raai  seguila  a  contare  Ira  i  suoi  morli  il 
quinto,  cioc  il  suo  giovane ,  mentre  io  mi  sono  sfiatato  a  persuader- 
la  ,  che  egli  era  piu  probabile  che  vivesse,  di  quello  che  fosse  stato 
ucciso  ? 

—  Eh ,  Traiano  mio ,  il  cuore  non  ragiona ,  e  poco  bada  a  certe 
probabilita,  che  rassomigliano  a  quelle  speranze  che  danno  i  medici, 
quando  il  malato  e  con  la  slola  ai  piedi  del  lelto.  Se  veramente  quel 
bravo  giovinotto  e  intoppalo  nelle  unghie  de'  Piemontesi,  addio !  non 
c'  e  probabilila  che  valga:  senza  dubbio  gli  hanno  fatta  la  festa,  ed 
egli  e  bello  e  spacciato.  Ma  poniamo  ancora  che  non  foss6  cosi ,  io 
non  veggo  modo  di  capacitarnela.  Questa  creatura  e  lanto  abbevera- 
ta  di  amarezze,  e  le  sopporta  con  si  quieta  rassegnazione,  che  io  in- 
vidio  le  sue  lagrime,  e  alle  volte  m'auguro  d'essere  io  ne'suoi  panni. 

—  Ognuno  ha  i  suoi  gusti.  Comunque  sia,  lu  devi  invigilarla  che 
non  si  abbandoni  ad  una  tristezza  eccessiva,  e  studiarti  ch'  ella  slia 
disinvolta  e  di  buon  umore,  quanto  e  possibile.  Mandale  spesso  Fla- 
minia nella  stanza  e  falla  uscire  teco,  che  prendasi  unpo'di  svario: 
in  fine  tocca  a  te  pensare  di  lenerla  sollevata  e  di  procacciarle  quel- 
le consolazioni,  che  voi  donne  vi  sapete  dare  Y  una  all'  altra. 

Questa  era  la  condizione  di  Maria  Flora  in  casa  de'  suoi  ospili , 
non  ancor  trc  settimane  dappoiche  ella  ci  era  venula  :  e  noi  abbiamo 
stimalo  che  non  ne  potessimo  ritrar  meglio  le  principal!  circostanze, 
che  riportando  in  compendio  questo  discorso  tutto  inlimissimo  di 
Maddalena  con  1'  uomo  suo.  Per  istringere  il  mollo  in  poco  ,  ella  vi 
era  traltata  con  compassione  benevolissima  e  con  quelle  tali  osser- 
\anze,  che  in  una  costumata  famiglia  si  sogliono  usare  a  persona  fo- 
restiera,  ma  riguardabile  pel  doppio  tilolo  d'  una  straordinaria  infe- 
licila  sostenuta  virluosamenle ,  e  di  una  gentile  nascila  dissimu- 
lata  con  nobile  demissione.  Or  questa  maniera  di  trattamento  vinse 
a  gran  lunga  1'  espeltazione  della  giovinetta,  la  quale  si  era  divisata 
che,  enlrando  in  quesla  casa,  vi  sarebbe  stata  raccolta  per  carita ,  e 
lollerata  per  servicciuola ,  al  prezzo  di  non  sapeva  quali  e  quante 

.  iol  iboo&'j;hti<{ 


308  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

umiliazioni.  Per  lo  che  non  e  malagevole  argomenlare  la  grata  sod- 
disfazione  che  ne  sperimentava,  e  insieme  la  vivezza  della  sua  rico- 
noscenza  inverso  benefattori ,  che  la  careggiavano  come  idolo  della 
famiglia  e  pupilla  de'  lor  occhi.  Di  qui  lo  studio  suo  di  contraccam- 
biare  tanta  bonla  con  1'  opera  indefessa  delle  sue  mani ;  che  non  si 
Irovava  mai  la  via  di  strapparla  a'  suoi  lavoruzzi,  i  quali  erano  tutti 
pel  servigio  di  Maddalena  e  delle  sue  figliuole. 

Cio  quanto  allo  slalo  suo  estrinseco.  Imperocche  Y  interno  di  lei 
sarebbe  cosa  difficilissima  a  volerlo  anche  solamente  adombrare.  II 
cuore  che  senza  intermissione  le  sanguinava ,  per  le  ferite  di  tanto 
irremediabil  natura,  con  cui  la  morte  quattro  volte  glielo  aveva  pia- 
gato  in  quattro  mesi :  1'  angoscia  tormentosissirna  di  non  avere  un 
Indizio  benche  minimo  di  Olello ,  a  cui  nondimeno  si  collegavano 
tutte  le  risoluzioni  che  s'avevano  a  pigliare  di  lei,  per  provvedere  al 
suofuluro:  la  necessita  estrema  di  doversi  gittare  per  abbandonata 
nelle  braccia  d'  una  cugina  che  le  faceva  riprezzo ,  e  dalla  quale,  se- 
condo  1'  umano  senso ,  volentieri  si  sarebbe  tenuta  discosto  le  mille 
miglia,  come  da  perditrice  del  suo  casato :  la  vergogna  di  stare  alia 
merce  di  ospitatori,  i  quali  da  un  giorno  all'altro  le  avrebbon  potulo 
rinfacciare  il  pane  che  le  donavano  :  lo  sforzo  incessante  che  le  era 
mestieri  fare  a  se  stessa ,  per  comprimere  i  disfogamenti  spontanei 
delle  anguslic  che  le  travagliavano  1'  anima:  le  perplessita,  le  dub- 
biezze,  le  strette  affannevoli,  dalle  quali  era  soprassalila,  ogniqualvol- 
la  la  niente  correvale  tra  le  nebbie  confuse  deH'avvenire  :  per  ultimo 
la  privazione  di  un  cuor  confidente  ,  nel  quale  potesse  versare  alia 
libera  tulte  quesle  agrezze,  tutte  quesle  sconsolazioni ,  tutti  quest! 
martorii  del  suo ;  la  esulceravano  e  la  opprimevano  con  si  perpeluo 
scempio,  che  ella  non  aveva  requie,  ecceltoche  nella  speranza  che  Dio 
la  farebbe  consumar  presto  nel  fuoco  di  queste  pene ,  e  la  tirerebbe 
a  se  nel  riposo  eterno  della  sua  beatitudine.  E  in  questo  «  presto  », 
annunziatole  da  Felice  sull'  atto  di  trarre  il  supremo  anelito ,  che 
sempre  le  risonava  agli  orecchi ,  come  ultima  ragione  d'  ogni  suo 
conforto,  ella  pacificava  raiflitto  spirito,  e  prendea  lena  e  vigore  per 
durare  in  tanta  tribolazione. 

Ma  intorno  a  quel  giorno  appunfco ,  nel  quale  Traiano  e  la  moglie 
*  parlavano  di  lei ,  come  abbiamo  scrilto  dianzi ,  acuadde  che  una 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  309 

nuova  spina  si  aggiunse  al  fascio  gia  quasi  incomportabile  di  quel- 
le  che  la  trafiggevano.  E  questa  fu  una  mal  celata  avversione  d'umo- 
re  che  Flaminia  comincio  a  mostrarle  ;  la  quale  s'  inaspriva  ogni  di 
piu ,  minacciando  di  converlirsi  in  aperta  nimisla  e  roltura.  Queslo 
spirilello  bizzarre  da  principio  era  lulto  blandizie  ,  tutto  smorfie , 
tulto  svenevolezze  e  teneritudini  inverse  di  lei;  e  quantunque  ,  con- 
forme  notammo  in  addietro,  Maria,  lino  dal  primo  suo  inconlro  con 
coslei ,  senlisse  un  certo  che  di  nalurale  abborrimento  per  la  sua 
persona ;  nulla  di  manco  aveva  saputo  coprire  queslo  involontario 
contraggenio  con  tanta  deslerita  e  discrezione ,  che  non  ne  era  ap- 
parso  cenno.  E  per  cio  Flaminia ,  riputando  d'  essere  la  gioia  sua  e 
ogni  sua  delizia,  per  qualche  tempo  le  slette  appiccata  alle  coslole 
come  una  sanguisuga,  e  la  satollo  di  se  e  delle  sue  leziosaggini  al 
segno,  che  la  poverella  n'  era  proprio  in  croce  e  non  ne  poteva  piu. 
Ma  poscia  ,  trascorso  questo  intervallo  ,  che  fu  come  dire  la  luna  di 
miele  della  nuova  amicizia,  la  volubile  farfallelta  si  raltepidi  alquan- 
lo ;  sebbene  non  cessasse  al  tulto  di  farle  viso  dolce  e  alcun  vezzo : 
e  questa  tepidita  venne  poi  declinando  pian  piano  a  tale  freddura , 
che  a  capo  dei  venli  giorni ,  quasi  piu  non  traltava  seco  in  parlico- 
lare;  e  favellando  di  lei,  or  con  Maddalena  ora  con  altri,  non  profon- 
deva  piu  gli  usati  termini  di  affettuosila  smancerosa ,  de'  quali  per 
innanzi  aveva  la  bocca  plena  e  stillante.  La  madre ,  il  padre,  la  so- 
rella  minore  non  se  ne  addiedero ,  o  non  ne  fecero  caso.  Maria  per 
altro  avverli  questa  mutazione,  e  gliene  dolse  forte:  non  perche  sli- 
masse  di  perdere  assai ,  perdendo  la  buona  grazia  di  questa  mosca 
cavallina ;  ma  perche  sospettava  d'  averle  essa  data  forse  cagione  di 
dispiacere,  contuttoche,  esaminando  sollilmente  la  coscienza,  non  si 
trovasse  in  colpa  di  niun  mancamento.  Cio  non  ostanle  penso  al  modo 
di  riguadagnarsene  tosto  la  benevolenza  ,  e  per  questo  effello  prese 
occasione  da  un  veslito,  ch'  ella  stava  imbastendo  per  lei,  e  che  dovea 
provarle.  Flaminia,  invitata  a  far  questa  prova,  ci  si  rendelte  con  un 
po'  di  muffa :  e  mentre  1'  altra ,  con  bella  graziosita ,  le  assettava  al 
dosso  i  pezzi  dell'abito,  e  la  lisciava  e  seco  amorevoleggiava,  la  mal- 
creata ,  tolta  cagione  da  cento  difelli  che  scoperse  nella  vita ,  nella 
scollatura,  nelle  maniche  e  via  la,  s'indispetti  fieramente  e  le  scocco 


310  I A  POVERELLA  DI  CASAMARI 

motti  cosi  villani  e  ingiuriosi ,  che  Maria  resto  attonita  per  lo  sba- 
lordimento.  Se  non  che ,  riscossasi ,  cerco  di  placarla.  Fu  invano. 
Quesla  vipera,  strappatosi  d'  attorno  1'  abilo,  ne  disfece  1'  imbastitu- 
ra,  glielo  butto  in  terra,  lo  pesto  eo'  piedi,  e  si  protesto  ch'  ella  non 
lo  porterebbe  mai ,  se  non  si  dava  da  cucirlo  a  buono  ad  una  mo- 
disla.  E  cosi  la  pianio  asinescamenle ,  non  senza  frecciarle  contro 
alcune  altre  insolenze ,  che  punsero  al  vivo  la  innocente  Maria :  la 
quale  se  ne  accoro  sopra  ogni  credere,  e  ne  lagrimo  a  cald'occhi. 

—  Ma  qual  torto  aveva  ella  fatto  a  Flaminia ,  che  costei  1'  avesse 
da  bistraltare  con  durezze  si  sconce? 

Nessuno;  rispondiamo  noi  alia  umana  lettrice,  che  ce  neinterroga, 
offesa  da  questa  barbarie  di  procedimenli.  Yi  abbiamo  gia  detto,  che 
la  povera  Maria  Flora  ,  dopo  uno  scrupoloso  esame  della  coscienza , 
non  s'era  conosciuta  colpevole  di  verun  fallo. 

— -  Dunque  che  sorta  di  figliuola  era  ella ,  per  vita  vostra,  questa 
Flaminia,  che  non  finite  mai  di  dipingercela  quasi  nata  fra  le  roveri 
delle  selve,  e  nutricata  proprio  in  un  covacciolo  di  serpenti  ? 

LXIV. 

Avete  ragione.  E  tempo  che  ci  sdebitiamo  dell'  obbligo  accollatocl 
un  pezzetlo  addielro,  di  ragguagliarvi  un  po'piu  per  agio,  dell'indole 
e  dello  allevamenio  di  questa  donzella :  nel  dipingervi  i  meriti  o  i  de- 
merili  della  quale ,  voi  errereste ,  se  vi  desle  a  credere  che  noi  ab- 
biamo caricata  la  mano.  Oibo !  al  contrario  anzi,  nello  stendere  i  co- 
lori,  siamo  slali  cauli  di  smorzarli  un  pocolino,  per  tenerci  piuttosto 
di  qua  che  di  la  dal  vero  dell'  originale.  Ma  cio  non  monla.  Passia- 
moci  delle  scuse ,  ed  entriamo  a  pie'  pari  nell'  argomento. 

Oui  pero  sull'  ingresso,  contentatevi,  o  madri  di  famiglia,  che  a  voi 
facciamo  la  dedica  di  questo  capitolo :  e  medesimamente  vogliale  per- 
metterci,  che  non  appaghiamo  in  tulto  e  per  tutto  la  curiosita  vostra, 
per  quello  che  si  attiene  ad  aggiunti  di  luoghi,  di  nomi  e  a  specialila 
simiglianti,  intorno  alle  quali  vieta  prudenza  che  noi  siamo  phi  chiari 
di  quello  che  conviene.  Poslo  cio,  dovete  sapere  che  questa  Flaminia, 
cosi  come  ve  1'  abbiamo  rappresentata  fmora,  non  e  gia  una  prelta  in- 


RACCONTO  STORICO  DEL  I860  E  1861  311 

vcnzione  del  noslro  cervello,  che  male  presuraercsle  dotato  della  crea- 
tiva  polenza,  di  trarre  in  corpo  e  in  anima  dal  mondo  dclle  idee  quesla 
falta  di  personaggi :  ma  e  veramente  figliuola  di  Traiano  suo  babbo  e 
di  Maddalena  sua  mamma,  die  1'  ebbero  dal  Signore  in  primo  frut- 
to  del  lor  santo  e  oneslissimo  matrimonio.  Ne  ella  era  frulto  trali- 
gnalo  ab  ingenilo  dall'albero  onde  nacque,  o  lasciato  per  trascurag- 
gine  inagreslirc  sul  ramo.  Non  punto.  Conciossiache,  per  lempera- 
mento  di  carattere ,  ella  aveva  il  suo  buono  e  il  suo  cattivo ,  come 
1'hanno  di  legge  ordinaria  tutli  i  figliuoli  di.Adamo  e  lulte  le  figliuo- 
le  di  Eva :  e  inoltre,  subito  venuta  alia  luce  di  questo  sole,  ricevette  il 
sacro  battesimo,  e  con  esso  la  infusione  della  carila  divina  e  i  carismi 
della  salutifera  redenzione ,  siccome  ricevonli  tutti  i  cristiani ,  am- 
messi  a  partecipare  la  sovranaturale  figliuolanza  di  Dio.  La  madre 
sua  poi  col  latte  le  diede  a  suggere  anche  quella  piela  Candida ,  di 
cui  era  si  doviziosamente  fornila,  e  colprimi  baci  le  stampo  nell'a- 
nimar  semplicelta  le  soavissime  impressioni  di  quel  non  si  sa  che  di 
celeste,  le  quali  sono  impossibili  a  definire,  ma  per  altro  si  sentono 
da  chiunque  ricordi  d'essere  stato  nelle  braccia  d'-una  madre  pura, 
amorosa  e  fedele;  e  si  sentono  tanto,  che,  a  sol  rimembrarle,  spesso 
inteneriscono  il  cuore  e  gli  muovono  compiacenzao  rimorso,  secon- 
doche  da  quelle  si  vede  cohforme  o  disforme. 

Flaminia  dunque  ebbe  1'  infanzia  custodita  gelosamente  dall'occhio 
materno ,  e  nudrita  con  1'  alimento  saluberrimo  e  sustanzioso  di 
egregi  dettami  e  di  eccellentissimi  esempii  di  cristiana  virtu.  Sino 
da  piccolelta  avea  la  mente  svegliatissima ;  perspicacia  d'  intelli- 
genza  sopra  1'  eta;  brio ,  fuoco,  vivezza  tanta ,  che  non  istava  mai 
ferma.  Ma  queste  leggiadre  qualita  dell'  ingegno  erano  accoppiate , 
in  presso  che  ugual  dose ,  con  tulte  le  passioncelle  che  gli  antichi 
morali  riducevano  all'  irascibile :  superbiola  ,  albagia,  caparbiela , 
stizza,  invidiuccia,  arroganza  e  che  altra.  Nelle  quali  viziose  inclina- 
zioni ,  il  padre ,  che  era  cieco  d'amore  per  questa  sua  primogenila , 
non  iscorgeva  se  non  germi  d'  ineslimabili  pregi :  e  invece  Madda- 
lena ,  piu  assenlila  e  sagace ,  ravvisava  segni  di  un  naturale  biso- 
gnoso  in  eslremo  di  cullura,  di  vigilanza  e  di  freno.  E  la  savia  ma- 
dre ,  fino  a  lanto  che  cbbela  essa  nelle  mani ,  non  le  risparmio  n6 


312  LA  POVERELLA  DI  (USAMARI 

1'agro  del  castighi  e  delle  riprensioni,  ne  il  dolce  dei  premii  e  delle 
carezze  per  tirarsela  su  pia ,  mile ,  docile ,  ammodata  :  e  questo  con 
profitto  grandissimo,  giacche  la  fanciulla,  toccati  i  nove  anni,  piglia- 
ya  un'  oitima  piega ,  si  emendava,  si  ricomponeva  e  incominciava  a 
portare  con  agevolezza  il  giogo  amabile  della  materna  disciplina. 

Senonche  Traiano,  solleticato  da  un  cerlo  parente  die  gli  offeriva 
un  posto  quasi  di  grazia  per  la  figliuola  ,  in  un  convilto  femminile 
da  poco  innanzi  apertosi  nella  Toscana ,  e  del  quale  facevagli  elogi 
non  piu  udili ,  invaghissi  di  afferrare  pe'  capegli  quesla  che  giudi- 
cava  buona  fortuna  :  ed  espugnate  le  ritrosaggini  della  moglie  ,  che 
resisteva  quanto  era  in  poter  suo ,  condusse  la  figliuolelta  in  quel- 
1'educatorio,  e  soltrassela  per  tal  guisa  alle  cure  cosi  efficaci  e  solerli 
di  Maddalena.  Non  diremo  nulla  delle  querimonie  e  dei  rammarichi 
di  lei :  come  altresi  non  ci  allargberemo  a  cbiarire  la  ragion  vera  di 
cotesto  proposito  di  TraianO ;  cbe  fu  una  sciocca  ambizione  di  procu- 
rare  a  questa  sua  gemma  un  allevamenlo  signorile ,  cioe  superiore 
al  grado  suo,  e  con  poca  spesa.  Errore  madornale,  ma  errore  co- 
mune  a  molli  paclri  e  a  molte  madri  dei  nostri  tempi.  Contullocio 
questo  errore  fu  tenue  ,  a  petto  di  quello  ben  piu  massiccio ,  di  non 
aver  considerate,  in  tulta  questa  faccenda,  che  le  ragioni  dell' inle- 
resse  e  di  un  frivolo  amor  proprio.  Gli  altri  riguardi,  circa  la  conve- 
nienza  della  istituzione ,  circa  le  qualita  delle  istitutrici ,  circa  la 
bonta  dei  metodi  e  degl'  insegnamenli ,  non  considero  ne  tanto  ne 
quanto ;  lieto  lielissimo  di  avere ,  come  diceva  egli ,  una  si  bella  oc- 
casione  di  formare  della  sua  Flaminia  una  fenice  di  giovanetta ,  la 
cui  mano  un  giorno  avrebbe  avuli  piu  pretendenti,  che  non  ne  ebbe 
quella  di  una  tale  altra,  ch'  ei  nominava.  Ahi  padre  milenso ! 

II  convitto,  nel  quale  fu  collocata  questa  ancora  ingenua  fanciullina, 
era  lulto  laicale,  vale  a  dire  guidato  da  maeslre  secolari  di  professio- 
ne,  ed  aveva  per  iscopo  di  dare  alle  alunne  una  educazione  tulta  « na- 
zionale  »  e  acconcia  «  allo  spirito  moderno  » .  Lo  governava ,  con 
lilolo  e  carica  di  Direttrice,  una  signora  Erminia,  donna  attempa- 
tolla  e  di  poca  avvenenza ,  ma  di  seven  costumi ,  erudita  in  varie 
discipline ,  poetessa  lodata  molto  nella  sua  gioventu  da  certi  gior- 
nali  letterarii ,  sperta  nel  latino  e  nel  greco ,  parlatrice  elegante  di 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  313 

Ire  linguc  vive ,  infarinata  di  un  po'  di  filosofia  tedesca  e  inlendilri- 
ce  di  belle  arti.  Ella  aveva  gran  mondo,  ed  era  fama  che  lo  avesse 
acquistalo  nel  settentrione  d'Europa,  dovefuaia  di  due*  Principessi- 
ne ,  la  minore  delle  quali  fu  poi  imparentata  con  sangue  regio ;  e  le 
scriveva  ogni  lanto  lettere ,  ch'  ella  non  isdegnava  comimicare  alle 
piu  favorite  fra  le  sue  conviltrici.  Riputazione  godeva  ottima,  e  in 
materia  di  onoratezza  mai  non  fa  poluta  appuntare  d'  un  neo  qual 
che  si  fosse.  Andava  pero  la  voce  che  ancor  essa ,  negli  anni  suoi 
piu  fiorenli ,  avesse  avulo  il  suo  romanzo ;  ma  lale  che  sarebbe  sla- 
to  di  edificazione  a  sapersi :  e  anzi  si  buccinava  che  ella  avesse  in 
animo  di  esporlo,  a  maniera  di  memorie,  in  un  bel  volume,  il  quale 
tuttavia  non  sappiamo  che  sia  per  anco  uscito  alia  luce. 

Con  lei  e  solto  di  lei  erano  quattro  maeslrine,  le  quali,  ne'  sei  an- 
ni che  stette  cola  Flaminia,  si  rinnovarono  quallro  volte :  ed  aveano 
quasi  tutle  certi nomi  capricciosissimi  di  Fanny,  di  Elvire,  di  Em- 
me,  di  Clorinde,  di  Orette  e  persino  di  Nini :  ma  tulle  coppe  d'oro 
di  damigelle  altillale,  spiritose,  gaie,  argute ,  familiari  col  francese 
quasi  altrellanlo  che  col  materno  linguaggio;  sonatrici  incomparabi- 
li  di  pianforle,  cantatrici,  disegnatrid,  ricamatrici  e  polilichessema- 
iricolale ;  perile  poi  in  geografla ,  in  aritmelica ,  in  istoria ,  in  elno- 
grafia,  in  bolanica,  in  ornitologia,  in  itliologia,  in  conchiliologia; 
ed  alcune  anche  geologhesse  e  fotografe ;  ed  altre  filologhesse  e  filo- 
sofesse  di  cartello.  D'  onde  fossero  sbucale,  e  come  capitate  ad  apdre 
i  peregrini  tesori  della  loro  scienza  in  questo  convilto ,  mai  non  si 
diceva  alle  alunne.  Era  sufficiente  il  sapere  ch'  ell'  erano  « ilalianis- 
sime  »,  e  lulto  spasimi  per  1'  Italia  «  da  rigenerarsi ». 

Capital  fondamento  della  educazione  che  davasi  costa  dentro,  si 
leggeva  negli  avvisi  a  stampa  essere  la  religione  e  la  morale.  Ma 
nel  fatlo  non  si  discerneva  troppo  qual  fosse  codesla  religione ;  se 
la  caltolica  o  la  protestanlica :  no  di  che  specie  codesta  morale ;  se 
la  evangelica  o  la  socratica.  Vero  e  che  callolico  era  il  cullo  che  \i 
si  professava  le  sole  feste,  e  non  piu,  con  la  celebrazione  della  san- 
ta  messa,  in  una  cappellina  ornala  di  un  semplicissimo  altaruccio 
di  leguo,  innanzi  a  un  quadretto  raffigurante  la  sacra  Famiglia:  ma 
ell'  era  una  messa  corta  corta,  come  quella  che  suol  chiamarsi  dei 


311  IA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

cacciatori.  La  celeb rava  un  tal  signer  abate,  di  presenza  grave  e 
In  pel  bianco,  il  quale  vestiva  mezzo  da  cherico  e  mezzo  da  laico,  e 
faceva  da  confessore,  da  calechista  e  da  padre  spirituale  delle  con- 
villrici  e  delle  maestre.  Notisi  tuttav ol la  ,  che  questo  signer  abate 
non  era  in  odore  di  santita  per  le  sue  massime,  che  putivano  di  no- 
vita  in  politica  e  di  poco  di  buono  in  teologia;  e  non  vi  eranemme- 
no  per  le  brighe  che  teneva  accese  col  Vescovo  e  co'  prelati  eccle- 
siastici;  e  merio  ancora  per  la  sua  domeslichezza  co'  liberali,  che  lo 
levavano  a  cielo  e  mostravanlo  a  dilo,  qual  modello  di  prete  schiet- 
tamenle  «  ilaliano  ». 

Fuori  di  quesla  messa  nei  di  feslivi,  della  osservanza  pasquale, 
della  prima  comunione ,  a  cui  si  facevano  ammeltere  le  piu  grandi- 
celle,  e  di  qualche  rarissimo  caso,  nel  quale  o  questa  o  quella  edu- 
canda  accoslavasi  tra  1'anno  alia  Eucaristia;  indarno  avreste  quivi 
cercato  alcun  altro  esercizio  di  pieta  caltolica.  II  signor  abate  ragio- 
nava  si  bene  di  religione  nelle  sue  seltiraanali  «  conferenze  »  :  ma 
i  suoierano  ragionamenli  falli  sui  trampoli,  verbosi,  freddi,  affetta- 
li;  gcneralila  eel  aslruserie  che  stancavano  1'altenzione  e  non  isfio- 
ravano  il  cuore.  Guarda,  die  scendesse  giammai  dalle  nuvole  delle 
sue  astrattezze,  per  insegnare  pianamente  gli  alii  pratici  delle  virlu, 
del  fervore ,  della  vera  e  operosa  vita  crisliana!  Guarda,  che  incul- 
casse  giammai  un  ossequio  alia  Beala  Vergine,  un  ricorso  ai  Santi, 
un'  invocazione  agli  Angeli  custodi!  che  esortasse  all'orazione  oalla 
frequenza  dei  sacramenti ;  che  suggerisse  pie  Industrie  per  conser- 
vare  e  crescere  nell'  anima  la  grazia  di  Dio ;  che  porgesse  un  docu- 
mento  per  cornbattere  le  tentazioni,  per  vincere  i  pravi  moti  del 
cuore,  per  snperare  gli  ostacoli  d'ogni  sorta  che  s' intraversano  a 
chi  vuol  compiere  il  bene !  Costui  era  un  padre  spirituale,  che  avreb- 
be  poluto  declamare  le  sue  «  conferenze  »  nella  Stoa  o  nel  Peripato 
di  Atene,  senza  pericolo  di  indurre  sospetlo,  ch'egli  fosse  ministro 
d'uoa  religione  rivelata  e  sacerdote  di  un  Dio  crocifisso.  Ma  era  un 
prcte  «  ilaliano  »,  benvoluto  dai  liberali  e  nemico  delle  lemporalila 
della  Chiesa:  e  cio  bastava.  La  signora  Erminia  non  vedeva  lume 
per  altri  occhi ,  che  per  quelli  di  questo  signor  abate.  Egli  era  il 
quinto  Evangelista  della  sua  cristianita. 


RACCONTO  STORICO  BEL  1860  E  1861  315 

Serralasi  a  chiave  la  cappellina,  si  ponevano  in  un  cantuccio  i 
pcnsieri  di  religione,  fino  alia  seguente  domenica;  salvoche  la  mat- 
lina  e  la  sera  facevansi  abbaiare  dalle  alunne  certe  filastroccole  in 
versi,  dettati  dalla  Direttrice,  i  quali  erano  una  parafrasi  dilavata  del 
Paternostro,  dell'Avo  e  del  Credo.  Povere  fanciulle !  Neppure  si  tol- 
lerava  che  recitassero  piu  le  preghiere,  che  da  bambine  aveano  ap- 
prese  nel  grembo  delle  lor  madri !  Fraltanto  pero  le  predicozze  con- 
trole  «  superstizioni »,  contro  la  «  bacchelloneria  »,conlro  i  «  pre- 
giudizii »  delle  monache,  dei  frati  e  delle  pinzochere  non  rifinavana 
mai.  Le  giovani  convittrici  n'avean  sorde  le  orecchie  e  rintronata  la 
testa.  Qualunque  oggetto,  qualunque  libro,  qualunque  simbolo  che 
sapesse  di  divoziooe,  era  sbandilo  come  fomento  d'ipocrisia.  Ad 
un'alunna  di  Genova  fu  sequeslrata  la  immagine  di  santa  Teresa, 
perche  1'abito  monacile  di  Carmelitana  disluonava  dallo  «  spirito  del 
secolo  » .  A  Flaminia  non  fu  concesso  di  leggere,  e  serbare  fra  le  sue 
taltere,  la  vita  della  Beata  Marianna  di  Paredes,  di  fresco  sublimata 
all'onor  degli  allari ,  perche  le  austerila  di  questo  bel  giglio  d'illi- 
batezza  erano  «  un  oltraggio  ai  sentimenti  della  natura  » .  E  sicco- 
me  la  gioviiiella  s'era  affezionata  a  quel  libro,  che  le  avea  mandate 
in  dono  sua  madre  ,  ed  era  garbatissimamenle  legato ;  per  cio  una 
maeslrina  gliene  diede  un  altro,  in  iscambio  di  questo,  con  vaga  le- 
gatura  air  inglese,  e  conteneva  i  racconli  di  Pietro  Thuar. 

E  i  precetti  della  morale  ?  Non  ardiamo  asserire  che  fossero  ma- 
gagnati:  diremo  bensi  che  non  si  alzavano  un  palmo  oltre  quell' or- 
dine  umanissimo,  che  gli  stessi  pagani  conobbero  ed  illustrarono  am- 
mirabilmente.  Aggiungeremo  poi,  che  tutla  la  morale  di  queste  dot- 
toresse  muschiate  mirava  secretamente  piu  a  vani  inlenti  politici  che 
ad  altro.  La  patria  e  T  Italia  erano,  in  bocca  loro,  la  ragione  finale, 
per  cui  le  alunne  dovevano  sludiare  a  virtu  e  farsi  buone.  II  merito 
della  vita  elerna,  il  possesso  del  paradiso ,  il  beneplacito  di  Dio  e 
1'amore  di  Gristo,  o  non  vi  aveano  luogo,  o  ve  Tavevano  soltanlo  di 
sghembo :  quesle  erano  ragioni  accessorie.  Eppero  gli  esemplari  che 
piu  comunemente  si  proponevano  da  emulare  a  queste  creature  tra- 
dite ,  si  loglievano  dalle  storie  greche  e  romane  e  persino  dai  mitL 
Le  invilte  eroine  del  crislianesimo,  le  martiri  forlissime  della  Chie- 


316  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

sa,  lasciavansi  in  sagreslia.  Appena  si  faceva  a  qualcuna  1'  onore 
di  nominarla,  non  gia  perche  sarita  e  perche  marlire ;  ma  perche 
si  era  segnalata  in  servigio  de'miseri  e  degl'mfermi.  Questa  la 
morale  dottrina ,  che  cotidianamente  s'  instillava  dalle  inslilutrici  a 
quelle  tenere  auimucce. 

Ma  gli  esempii  che  lor  offerivano  di  se  medesime ,  erano  un  ben 
piu  splendido  commento  di  cosi  fatte  dottrine.  Tacciamo  delle  gare, 
dei  ripicchi,  delle  gelosie,  delle  detrazioni ,  dei  brontolamenti,  delle 
bugle,  delle  fmziorii,  delle  rabble,  delle  leggerezze  e  di  tutlo  il  cor- 
teggio  di  simiglianti  venialila,  che  ingioiellavano  1'aureola  magistrate 
di  queste  Elvire  e  di  queste  Nini.  Le  convittrici  avevano  proprio  di 
che  specchiarsi  a  dilelto  ,  in  tali  pei  le  di  civilla ,  di  yerecondia ,  di 
mansueludine,  di  pazienza,  di  annegazione!  Passiamo  avanti,  e  toe- 
chiamo  un  capo  unicissimo :  quello  della  mondanita.  Coteste  fraschet- 
te,  come  sapete,  non  erano  mica  suorine  consecrate  a  Dio  con  \7oti, 
sigillate  dalla  clausura  nel  loro  educatorio,  sottoposte  a  regole  comuni 
e  tenule  a  porlare  un  medesimo  taglio  d'  abito  positive  e  neglelto. 
Maino !  Dalla  signora  Erminia  in  fuori,  ell'erano,  qual  piu  qual  meno, 
giovanolle  di  primo  sboccio ,  che  la  pretendevano  ancor  esse  nel  far 
la  loro  ligura  ;  sciolte  da  qualsiasi  pastoia  e  vogliose  di  divertirsi. 
Elleno  adunque,  giusta  la  loro  possibilila,  amavano  di  stare  su  tutle 
le  mode  e  mutavano  fogge  ,  e  mutavano  cappelluzzi ,  e  mutavano 
crinolini,  e  mutavano  scialli,  mantiglie,  nastri,  merlelli  a  loro  talen- 
to :  e  con  le  alunne  di  niuna  cosa  cicalavano  piu  saporosamente,  che 
delle  mode  e  de'figurini  di  Parigi.  D'  onde  in  queste  si  originava  un 
mortal  tedio  delle  veslicciuole  di  conviltrid,  sempre  d'un  colore,  sem- 
pre  d'una  forma,  sempre  invariabili :  e  quindi  una  smania  acutissi ; 
jna  di  ricuperare  la  liberla  al  piu  presto,  per  fare  anch'elle  comparsa 
come  le  lor  maestrine  galanti.  Che  piu?  Le  vezzose  istitulrici  usavano 
ai  balli,  alle  veglie,  agli  spettacoli,  a  lutli  i  pubblici  sollazzi :  ne  di 
cio  facevan  mistero  con  le  discepole,  allequali  anzi  gustavano  di  farsi 
vedere  ,  tutte  alteggevoli  e  rifronzile  ,  uscir  dal  convilto  ,  pavoneg- 
giandosi  in  quelle  loro  acconcialure  da  lealro  e  in  que'  loro  abbi- 
gliamenti  da  feslino.  Di  che  le  educande  morivano  di  secretainvidia 
e  non  avean  bene,  se  non  allora  che  o  la  maestra  Emma,  o  la  mae- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  317 

stra  Fanny,  o  la  maestra  Orelta  avesse  lor  contalo ,  dall'  a  sino  alia 
zela ,  la  cronaca  del  proscenio ,  de'  palcbi  c  della  platea ;  ovvero 
delle  quadriglie,  delle  coppic  e  della  contraddanza  di  chiusa ;  con  un 
tale  venir  loro  1'acquolina  in  bocca,  che  da  se  da  se  imprecavano  al 
collegio  ed  agli  spictali  geniloii,  che  le  aveano  sepolle  in  quest'  erga- 
slolo  esecrato.  Ne  la  signora  Erminia  aveva  polso  tanlo  fermo,  che 
polesse  tener  in  briglia  coleste  sue  puledrelle,  o  tanta  autorita,  che 
osasse  inlerdir  loro  tali  ricreazioni ,  che  seminavano  la  sconlentezza 
tra  le  alunne.  Ella  stavasi  paga  di  vivere  riliratissima  da  tutte  le  dis- 
sipazioni.  Ma  del  vielarle  allesue  maeslrine  carissime,  non  si  sentiva 
la  forza.  E  perocche,  a  cagione  che  una  di  esse  era  scappata  d'  im- 
provviso  con  un  cominedianle,  provo  di  impedire  che  le  altre  quin- 
di  innanzi  frequenlassero  piu  il  tealro;  scoppio  un  tale  subbuglio, 
che  una  delle  tre  che  restavano  dimando  furiosamenle  il  commiato : 
e  non  oltenulolo  subito,  si  laseio,  come  1'Elena  della  favola ,  rapire 
da  un  Teseo  che  la  trafugo  in  Inghillerra.  Dal  che  provenne  uno 
scandalo  si  clamoroso  ,  che  il  convilto  «  nazionale  »  fu  a  un  pelo  di 
sciogliersi,  e  il  numero  delle  alunne  scemo  incontanenle  ,  da  quello 
non  grande  di  trenlasei,  al  piccolissimo  di  quatlordici.  Eppure  Traia- 
no  non  fu  dei  padri ,  che  corsero  a  salvare  le  figliuole  da  questa  fu- 
cina  ignobile  di  liberalita  femminesca! 

Indovinale  voi ,  o  lettrici ,  che  deliziosi  fiori  e  che  frutli  preliba- 
tissimi  di  bonta,  questa  maniera  di  istituzione  dovesse  far  germina- 
re  negli  animi  delle  educande.  E  voi ,  che  conoscete  ora  un  poco  le 
scorrelte  disposizioni  del  nalurale  di  Flaminia,  congellurate  voi, 
qual  ii'to  vepraio  di  ogni  erba  selvatica  dovesse  diventare  il  cuor 
suo  abbandonalo  cosi  a  se  medesimo  ,  senza  nutriraento  di  pieta  so- 
lida,  senza  coltivamenlo  di  religione,  senza  guida  di  buoni  consigli, 
senza  niuno  sliruolo,  niuno  indirizzamento  a  quelle  virtu  piu  pregiate 
che  sono  lume,  grazia  e  splendore  d'  ogni  ben  coslumala  donzella. 
Traiano ,  quando  veniva  da  Roma  per  riabbracciarla ,  cotto  com'  era 
di  lei,  non  vedeva  altro  che  meraviglie,  non  iscorgeva  altro  che  stu- 
pori.  Quell'  udirla  ciaramellare  di  tanle  cosucce  che  egli  ignorava  ; 
e  di  storia,  e  di  cronologia,  c  di  piante  esotiche,  e  di  uccelli  d' Ame- 
rica, e  di  conchiglie,  e  di  pesci,  e  di  sfera  armillare,  e  di  rettili,  e 


318  LA  POVERELLA  DI  CASAMAR1 

di  quadruped! ,  e  di  altrettali  ciancioline  spilluzzicale  ne'  dizionarii ; 

10  faceva  trasecolare  e  andar  in  brodo  di  sueciole ,  dal  gaudio  che 
questa  luce  degli  occhi  suoi  si  avvantaggiasse  cosi  rapidamente , 
per  su  tutli  i  rami  del  grand'  albero  della  scienza.  Poi  quella  bella 
parlata  toscana  in  bocca  roinana ;  poi  quelle  amorevolezzine,  que'  fan- 
falecchi ,  que'  baducehi  che  la  non  si  saziava  mai  di  chiedergli  e 
di  rendergli  ogni  quarlicello  d'  ora ;  poi  quegli  attucci ,  que'  lezii , 
que'  modi  pieni  di  scede,  ch'  egli  scambiava  con  la  quinlessenza  della 
ui  banila  piu  leggiadra  ;  poi  que'  lavorietti  ad  ago  e  a  rnaglia  di  che 
presentavalo ;  poi  que'  premiuzzi  datile  dalla  Direttrice,  o  dalla  mae- 
stra  di  arilmetica ,  o  da  quella  di  lingua  francese ,  che  lo  incaricava 
di  portare  alia  mamma,  alia  soreliina  o  alle  amiche  di  Roma;  tutto 
in  soinma,  tutto  lo  traeva  di  se  e  lo  sollevava  a  loccare  col  dito  sino 

11  terzo  cielo.  E  le  adulazioni  che  egli  le  spiattellava  in  faccia ,  e  i 
regali  di  die  le  empiva  le  mani,  non  avean  mai  termine ;  e  da  ulti- 
mo si  parti va  com'  uomo  che  avesse  le  selte  allegrezze  nel  cuore. 

Talvolta,  ma  raramente,  lo  accompagnava  Maddalena:  ederasin- 
golare  il  contrasto  degli  affetti  di  questo  padre  e  di  questa  madre, 
innanzi  alia  figliuola,  che  non  aveano  riveduta  da  dieci  o  da  quindici 
mesi  addietro.  Conciossiache,  dopo  stuzzicatala  a  sfringuellar  giii 
tutto  quello  che  aveva  sulla  punta  della  lingua,  e  spremuto  il  sugo 
di  tutte  le  sue  cianciafruscole,  ambedue  si  commovevano  sopra  di 
lei.  Ma  mentre  il  padre  attondava  le  ciglia  e  faceva  i  lucciconi ,  pel 
giubilo  di  senlirla  cosi  amena  parlatora  e  saccente ;  la  madre  si  co- 
priva  il  volto  e  slruggevasi  in  pianto,  pel  crepacuore  di  trovarla 
cosi  vanarella  e  fumosa :  e  dove  1'uno  non  ristava  di  ammirarla  per 
area  di  sapienza ;  1'altra  non  cessava  di  compatirla  per  zucca  vuota. 
Senonche  a  nulla  giovavano  i  piagnistei  e  i  rammaricamenli  della 
madre.  Traiano  era  idolatra  della  fanciulla,  eslatico  delle  maestre, 
arcicontentissimo  del  convitto :  quindi  alia  moglie  non  rimaneva  se 
non  che  avere  pazienza,  guardare  in  alto,  chinare  la  testa  e  dire :  — 
Amen! 

Ma  allorche ,  sullo  scrosciare  della  rivoluzione  in  Toscana ,  il  pa- 
dre si  ebbe  ritirato  in  casa  questo  suo  vaso  di  grazie,  non  indugio  a 
battersi  in  fronte  e  a  riconoscere  come  le  maestrine  della  signora  Er- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  319 

minia  lo  avessero  trappolalo  a  modo,  c  allcvatagli  una  serpelta  In 
luogo  della  colomba  che  gli  avevan  promessa:  e  allora  dicde  ogni 
ragione  alia  moglie.  Allora  pero  il  rimediare  al  male  era  tardi: 
quantunque  non  cosl  tardi  per  Maddalena,  che,  se  il  marito  non  la 
disarmava  con  le  stolide  sue  debolezze  verso  la  iigliuola,  non  avesse 
potulo  ella  rommorbidirle  1'  animo  e  ristamparglielo  in  buona  forma. 
II  perchc  quando  Traiano  faceva  le  disperazioni  della  catiiveria  di 
Flaminia,  la  povera  madre  non  era  poi  da  riprendere,  se,  in  cambio 
di  ammansarlo,  gliene  giltava  addosso  lutta  la  colpa,  con  un  perpe- 
tuo  rimproverargli : 

Chi  e  causa  del  suo  mal,  pianga  se  stesso. 

E  tale,  o  madri  di  famiglia,  sia  la  conclusione  che  v'  invitiamo  a  de- 
durre  da  questo  capiloletto.  II  quale ,  e  verissimo ,  non  fa  molto 
onore  alia  educazione  liberalesca  delle  Erminie,  delle  Elvire  e  del- 
le  Nini,  che  in  questi  giorni  si  affaccendano  di  tirar  nell'  aiuolo  di 
certi  loro  ginecei  e  di  certi  loro  convitti ,  quanle  fanciulle  ilaliane 
piu  possono.  Ma  speriamo  che  riesca  di  qualche  utile  a  voi ,  met- 
tendovi  appunto  in  guardia  da  questa  sorta  di  maestresse,  nelle  cni 
mani  vi  campi  il  Signore  dal  porre  giammai  le  vostre  figliuolific 
innocenti!  se  pero  non  aveste  caro  che  vi  lornassero  altretiante  Fla- 
minie;  il  che  non  crediamo.  E  cio  sia  abbastanza ,  se  non  e  ancor 
troppo. 


LXV. 


Dopo  la  impertinenza  \illana  di  buttare  sul  pavimenlo  e  di  calpe- 
stare,  fra  mille  smanie  e  rimbrotti,  i  pezzi  del  vestito,  che  Maria 
con  si  gentile  affabilila  le  provava,  Flamioia  comincio  assumere  con 
lei  un  contegno  di  boria  e  di  faslidiosaggine,  che  mai  la  piu  pelu- 
lanle.  Guardavala  d'ordinario  con  isprezzatura,  alle  voile  bieco  e  in 
cagnesco,  non  di  raro  daH'alto  in  basso  e  con  queU'aria  di  protezio- 
ue,  che  parea  dicesse :  —  Ah !  se  non  era  io,  lu  saresti  ancora  a 
chiedere  la  limosina  in  Casamari,  o  a  pitoccare  nei  dinlorni  di  Col- 
lepardo.  E  questo  divario  che  passava  tra  se,  regina  in  casa  sua,  e 


320  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

lei,  raccaltalavi  per  1'amor  di  Dio,  si  prendeva  il  barbaro  gusto  di 
farglielo  sentire,  se  non  espressamente  coi  detli,  almeno  con  tacite 
malizie  di  tratto.  Non  degnavasi  poi  di  appiccare  quasi  piii  un  do- 
mestico  ragionamenlo  con  lei :  e  ove  talora  le  rivolgesse  quatlro  pa- 
role, s'ingegnava  che  una,  se  non  altro,  fosse  mordace:  e  quando 
no,  suppliva  al  difetto  della  punlura,  con  un  risolino  sardonico  o  con 
un' occhialella  piu  trafiggenle  di  un  dardo.  Che  se  Maria,  per  ricon- 
ciliarsela ,  si  faceva  cuore  d1  usarle  un  qualche  terraine  di  sorelle- 
vole  confidenza,  la  bisbetica  montava  subito  in  allura,  s'impettiva  e 
le  saettava  in  faccia  quella  sua  lingua  di  biscia,  con  tale  fierezza  che 
la  poverina,  tulta  umiliata,  si  nascondea  il  viso  nel  seno,  per  ce- 
lare  le  lagrime  che  queste  feroci  soperchierie  le  cavavan  dagli  oc- 
chi.  —  Dilemi  in  grazia,  che  v'ho  io  fatto  di  male,  che  abbiate  sem- 
pre  da  mostrarvi  inquieta  con  me?  le  dimando  un  giorno  che  Taltra 
sembrava  un  po'  in  buona. 

—  Niente  di  male ;  rispose  coslei  secco  secco ;  oh ,  mancherebbe 
anche  questa ,  che  voi  mi  faceste  del  male  !  si !  provateci ! 

-  Ma  dunque ,  perche  non  ridivenliamo  amiche  come  prima  ?  Se 
io  ho  dei  lorti  con  voi ,  sono  pronta  a  farvene  le  mie  scuse.  Via 
Flaminia,  facciani  pace;  eccovi  un  bacio. 

—  Uh ,  questo  poi  no !  slrillo  respingendola  dispetlosamente  da 
se ;  voi  mi  siele  divenula  cosi  antipatica ,  che  io  non  vi  posso  sof- 
frire  ;  i  vostri  baci  serbateli  per  Lucilla ;  a  lei  piaccion  molto ;  io 
non  so  che  fame. 

Verso  la  meta  del  Maggio ,  la  madre ,  il  padre  e  segnatamenle  la 
sorella  piccola ,  si  avvidero  di  questo  cambiamento  d'  umore  in  Fla- 
minia :  e  a  lulti  ne  rincresceva ,  e  Traiano  in  ispecial  guisa  n'era 
atlediato.  —  Che  vuol  dire  questa  sostenutezza  di  Flaminia  con  la 
nostra  orfanella?  ricercava  egli  da  Maddalena. 

—  Lo  dimandate  a  me?  interrogatene  un  poco  lei.  Io  non  leggo 
ne'  suoi  lunarii.  Ma  questo^vi  so  dir  io ,  che  se  le  fa  uno  sgarbo  in 
presenza  mia,  non  glielo  mandero  buono. 

—  Manco  male !  e  io  ti  terro  spalla.  Voglio  che,  in  casa  mia,  que- 
sla  povera  crealura  sia  rispeltata  da  tutti :  e  guai  a  chi  le  torce  un 
capello !  Flaminia,  ehm !  se  Flaminia  fara  la  pazza  con  lei,  oh  questa 
sara  la  Tolta  cue  io  le  mellerb  il  cervello  a  partito. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  18G1  321 

Ma  non  occorse  altro.  La  catlivella  si  addiede  dclla  lurbazione  del 
padre,  il  quale  sapeva  cssa,  che  in  questo  punto  di  volcr  ben  tral- 
tala  Maria  Flora  diceva  da  sodo :  percio  al  di  fuori  le  s'  infinse  rap- 
patlumata ,  vegghio  sopra  di  so,  contenne  il  veleno  clie  covava  con- 
tro  di  lei,  e  stctle  guardinga  di  non  fame  raostra  scopertamenle ;  av- 
vegnache,  quando  era  seco  a  tu  per  tu  e  senza  risico  d'esser  \isla 
o  intesa,  se  ne  ricattasse  ben  bene,  mortificandola  con  beffe  amare 
e  con  mollcggi  taglienli.  E  I'allra  a  tacere,  a  sopportare  le  costei  im- 
pronliludini  e  a  logorarsene  di  un  cordoglio ,  che  tanlo  piu  le  coce- 
va  quanto  raeno  lo  palesava.  E  tuUavia  essa  non  aveva  raemoria  di 
averle ,  con  deliberazione ,  recato  il  menomo  dispiaceruzzo  :  ma  in- 
vece  le  pareva  di  averla  allagata  di  cortcsie ,  non  ostante  la  secreta 
sua  contrarieta  di  genio  e  lo  schifo  che  le  facea.  A  che  dunque  tan- 
ta  disaffezione?  tanto  livore? 

In  queslo  essere  delle  cose,  cadde  la  fesla  di  san  Filippo  Neri, 
nella  quale  il  Papa  quell'  anno  ,  per  la  prima  volta  dopo  i  rivolgi- 
menti  del  1849  ,  si  conduceva  con  Ireno  di  grandissiraa  gala  dal 
Vaticano  al  letopio  di  santa  Maria  in  Vallicella,  dove  riposano  le  ce- 
neri  di  quest' Apostolo  esimio  di  Roma.  Puo  dirsi  in  vero  che  la  cit- 
1&  tutta  quanta  fosse  in  moto,  per  venerare  il  Pontefice  sul  suo  pas- 
saggio,  e  per  ammirare  la  ripristinata  magnificenza  di  quel  suo  cor- 
teo,  che  non  ha  1'  uguale  in  inaesta  e  in  decoro.  E  il  popolo  e'i  cit- 
tadini  d'ogni  ordine  coglievano  con  esultanza  quesla  congiuntura  di 
rinnovare  al  Santo  Padre  una  di  quelle  pubbliche  dimostrazioni  di 
ossequio  e  d'amore,  per  le  quali  Roma,  in  quesli  ullimi  tempi,  e  sa- 
lita  in  cosi  chiara  nominanza  di  fedella  impareggiabile  alia  doppia 
corona  e  spirituale  e  lemporale  del  Yicario  di  Gesu  Cristo. 

A  Maddalena  non  bisognarono  stimolanti,  per  fare  che  il  marito 
intervenisse  con  la  famiglia  al  sontuoso  c  devoto  spetlacolo  di  quel- 
la  pompa.  Che  egli  la  durava  saldo  ne'  suoi  belli  proponimenti :  e 
co'  liberali  del  Comitalo  1'  aveva  rolla  si'daddovero ,  che  quelli  gia 
gli  avean  falla  la  croce  sopra,  come  a  membro  perduto.  Ed  egli  non 
si  curava  piu  nulla  di  loro,  se  non  fosse  per  iscornarli  ostentando 
piena  adesione  al  Papa  ed  alia  sua  causa.  Merito  insigne  di  perse- 
veranza,  dovuto,  almen  per  tre  quarti,  alia  solerzia  della  sua  donna. 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  351.  21  2G  Ottobre  1864. 


322  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

Non  e  di  queslo  luogo  descrivere  a  minuto  il  trionfo  di  quella  o- 
Tazione ,  cbe  tale  fu  propriainenle  1'  andala  e  la  tornala  del  Sovrano 
Ponlefice,  con  1'  accompagnatura  nobilissima  della  sua  corte.  Per 
tulto  il  girare  di  quel  tratto  della  via  papale ,  che  dalla  piazza  di 
santa  Marta  dielro  al  Yaticano  fa  capo  a  quella  di  santa  Maria  in 
Yallicelia,  le  fmestre ,  i  balcorn ,  i  fondachi  erano  ornati  da  arazzi, 
•  da  setini,  da  festoni,  e  cosi  gremili  di  genie  che,  anche  a  caro  prez- 
zo,  era  malagevole  procacciarvisi  un  posto.  Una  innumerabile  folia 
stipa^/asi  per  ogni  dove:  ne  i  raggi  del  sole  che  ferivano  poderosi, 
valsero  a  rimuoverla  od  a  scemarla.  Nel  passare  che  lentamenle  fa- 
ceva  il  ponlificio  corleggio ,  lo  sventolare  di  cento  e  cento  fazzoletli, 
e  bandiere  biancogialle,  vi  davano  similitudine  d'un  turbine  di  neve 
e  oro  che  s'avvolgesse  inlorno  al  fulgenlissimo  cocchio,  entro  il  quale 
procedeva  i!  Sanlo  Padre,  affabile  in  vollo  e  sereno  d'aspello,  be- 
nedicendo  amanlissimamente  il  suo  popolo.  Ma  le  grida  di  —  Viva  il 
Santo  Padre !  Viva  il  Pontefice  Re  !  Viva  Roma  sede  del  Vicario  di 
Crislo  !  Viva  il  Papa  salute  d'  Italia !  Viva  il  Vaticano !  Santo  Padre, 
la  vostra  benedizione  salvi  Roma!  e  mille  allre ;  si  alzavano  ad  assor- 
dar  1'aria  per  tale,  che  il  mormorio  di  queste  acclamazioni,  udilo  da 
lungi,  vi  rendcva  il  suono  di  un  mare  percosso  da'venii :  e  di  mare 
in  verita  avea  sembianza  1'onda  delle  turbe  ,  che  in  alcuni  pun li  ir- 
Tompevano  fra  il  drappello  dclle  Guardie  Nobili  e,  quasi  ebbre  di 
pio  enlusiasmo  ,  intorniavano  osamiando  la  carrozza  papale. 

—  Ah,  queslc  sono  scene  che  consolano  il  cuore !  allro  che  i  bac- 
canali  del  quarantasettte  e  del  quarantolto  ,  provocati  dai  bricconi 
seltarii,  per  dare  noia  al  Santo  Padre  ,  e  gabbare  la  buona  fede  dei 
semplici!  Ouesie  sono  dimostrazioni  popolari !  Ouesti  sono  applausi 
da  cristiani!  Questa  e  Roma  ,  la  vera  Roma  che  grida  al  mondo  di 
•volere  star  solto  il  Papa  e  col  Papa,  e  non  volere  altro  Re  che  Pio  IX 
e  i  suoi  Successor!.  Lo  intendano  o  non  lo  inlendano  i  briganti  di 
Torino,  queslo  e  il  suffragio  nostro:  viva  il  Papa  Re ! 

Colui  che,  dopo  sfilato  I'accompagnamenlo  ponlificio  entro  il  Borgo 
Kuovo,  con  un  vocione  affiochito  e  col  petto  ansante  dal  grande  urla- 
re,  e  con  le  ciglia  piovenli  lagrimoni  grossi  come  pan  londi ,  snoc- 
ciolava  queste  sonore  verila  allo  sbocco  della  piazza  Rusticucci,  fra 


RACCOXTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  323 

un  gruppodi  civili  persone  che  gli  assentivano,  craTraiano,  il  quale 
non  capiva  piu  in  se  per  la  commozione  di  tanta  gioia.  Quella  mat- 
tina,  ollre  la  sua  spilla  con  la  croce  di  san  Pietro,  aveva  al  collo  una 
cravalta  coi  colori  papeschi ,  e  teneva  in  pugno  un  simil  fazzuolo , 
scolendo  il  quale  salutava  tulti  gli  amici  che  incontrasse.  La  moglie 
e  le  figliuole  eran  con  lui,  e  portavano  elleno  altresi  fellucce  candide 
e  ranciale  ai  cappelli ,  e  nelle  mani  fazzoletti  di  sela  canarina  listala 
in  bianco,  da  agitare  verso  il  cocchio  del  Santo  Padre.  Maddalena 
conduceva  poi  seco  la  sua  orfana,  tulta  abbrunata  ;  e  1'  avea  diretta 
apposta  all'  ingresso  di  tale  piazza  ,  acciocche  potesse  vedere  a  bel- 
1'agio  i  Reali  di  Napoli,  affacciati  alle  finestre  della  casa  de'  Mazzoc- 
chi ,  nella  quale  erano  convenuti.  E  la  donzella  gradi  assai  questa 
scelta  del  sito,  ritraendo  singolare  conforto  dalla  vista  dei  Principi  e 
delle  Principesse  della  esule  Famiglia ,  che  non  ristette  mai  di  afFis- 
sare  con  occhio  compassionevole ;  insino  a  tanlo  che  la  cavalleria  e 
il  baltistrada  e  il  crocifero  sopra  la  mula  bianca,  non  sopravvennero 
a  dislorla  dalla  sua  mesla  contemplazione. 

Dette  quelle  calde  parole,  Traiano  si  licenzio  dai  circostanti ,  die- 
de  il  braccio  a  Flaminia ,  e  seguito  dalla  moglie  e  da  Maria  Flora, 
che  teneva  per  mano  Lucilla ,  saltellanle  di  Iripudio  che  il  Papa 
avesse  guardato  proprio  lei  menlre  benediceva  dallo  sportello  della 
carrozza,  si  avvio  alia  chiesa  della  Vallicella,  per  allendervi  il  ritor- 
no  del  Santo  Padre ,  e  ossequiarlo  di  nuovo  strepitosamente.  II  che 
fatto,  s' incamminarono  verso  casa.  Ma  esso  avviso,  che  la  figliuola 
non  era  piu  gaia  come  quando  erano  usciti ;  anzi  sembrava  adiratella 
e  ombrata.  — -  Che  ti  e  succeduto,  che  sei  un  po'  strana?  le  diman- 
d6  egli. 

—  Niente :  rispose  1'  altra,  e  si  mordette  le  labbra. 

—  Ma  tu  hai  qualche  cosa  che  li  dk  fastidio ;  incalzo  il  padre. 
-  Niente  vi  dico ;  ripele  essa,  allungando  un  palmo  di  muso. 

Ouegli  scrollo  la  testa,  fe  spallucce  e  non  la  stuzzico  piu  avanli. 
Entrati  nelVatrio  e  salendo  lutti  insieme  le  scale,  Traiano  si  congra- 
tulo  con  1'ospite  giovanetta  che  la  fesla  le  fosse  piaciuta,  e  il  bonac- 
doso  uomo  godeva  di  cuore  a  mirarla  piu  ilare  e  rinfrancata  del  so- 
lito,  in  quello  che  Maddalena,  sorridendole,  con  alto  dolcemente  ma- 


3M  LA  POYERELLA  DI  CASAMARI  RACeONTO  ECC. 

terno  1'accarezzava.  Flaminia,  vedendo  farsi  queste  amorosita  a  Fio- 
retta,  divenlo  verde  come  imramarro,  e  le  scaglio  un  occhiataccia  di 
iena.  Quindi,  dispersosi  ognuno  per  le  camere,  essa  corse  in  un  su- 
bito  dielro  la  poverella,  le  sprango  clue  calci  agli  stinchi,  e  ringhian- 
do  con  islizza  di  aspide  :  —  0  Yia  te ,  o  via  me  !  si  ritrasse  a  de- 
porre  gli  abiti  festerecci. 

Questo  fa  il  principio  di  una  guerra ,  con  la  narrazione  della  qua- 
le  non  ci  basta  I'ammo  di  conturbare  i  lettori.  Gli  strapazzi  onde 
Flaminia  prese  da  quel  di  innanzi  a  malmenare  la  sventurata  fan- 
ciulla,  non  sono  da  figurarsi.  No  le  minacce  del  padre,  ne  le  rampo- 
gne  della  madre  valevano  piu  a  tenerla  che,  per  ogni  lieve  pretesto, 
ella  non  desse  in  precipitose  beslialita  conlro  la  poverina.  La  quale, 
per  riscattarsi  fmalmenle  da  questa  non  piu  soffribile  persecuzione , 
supplico  il  padre  Eusebio,  che  la  facesse  ricoverare  in  un  conserva- 
torio  di  onesle  zitelle ,  nel  quale  essa  aveva  sufficienle  monela  per 
sustentarsi  almeno  due  anni  a  sue  proprie  spesc :  col  die  si  plache- 
rebbe  Flaminia ,  e  si  ridonerebbe  la  pace  a  lutta  la  famiglia  ,  scon- 
volla  per  sua  cagione.  — Oh  questo  non  sara  mai!  esclamo  Traiano 
arrovellandosi  in  udire  tale  proposia. 

-  Ma  che !  pretendete  forse  che  questa  creatura  abbia  a  morir 
mar  tire  dei  ghiribizzi  di  colei? 

—  lo  le  ammacchero  il  grugno ,  io  le  peslero  le  ossa  a  quella 
strega  !  ma  non  sara  detto  giammai,  che  ho  fallilo  al  giuramento  da- 
to  al  signer  Pellegrino.  Questa  iigliuola  ha  da  stare  qui  in  casa  mia, 
capite?  per  ora  io  sono  suo  padre,  e  Maddalena  e  sua  madre.  Non 
YOglio  sentir  altro. 

E  Maria  Flora,  tribolata  cosi  fra  1'  ancudine  di  questa  irremovibi- 
le  Yolonta  di  Traiano  e  il  martello  del  rancore  indomabile  di  Flami- 
nia, si  rimise  in  Dio,  che  non  abbandona  mai  chi  in  lui  si  assegna, 
e  aspetto  da  lui  solo  quel  proYvedimenlo  a'suoi  mali,  che  non  pote- 
Ya  piu  sperar  dagli  uomini. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA  ITALIANA 


I. 


11  Purgalorio  del  ReproU  sostenuto  dal  Rev.  Sac.  D.  VINCENZO  DE- 
VIT,  impugnato  dal  P.  F.  MARIANO  SPADA  ,  maestro  in  sacra 
Teologia  e  Procurator e  generale  dc' Predicatori  —  Roma  1864, 
tipografia  di  Giuseppe  Cesarelti.  Vol.  unico  di  pag.  1G8. 

II  Rev.  Sac.  Yincenzo  De-Yit  in  una  sua  Memoria,  inlitolata: 
Come  si  possa  difendere  la  Chiesa  cattolica  nelle  sue  preghiere  pel 
Defunti,  incriminate  dagli  Elerodossi,  propose  la  quistione :  c<  se  la 
credenza  in  una  remissione  de'  peccati  anche  mortali  nella  vita  fu~ 
tura  sia  doltrina  della  Chiesa  »  ,  e  la  risolse  in  senso  affermativo. 
Una  soluzioue  di  questo  genere  cosi  grave  in  se  medesima,  cosi  im- 
portante  ne'  suoi  effetti  e  tanto  contraria  all'  insegnamento  seguilalo 
fin  qui ,  non  potea  passare  inosservata.  II  R.  P.  F.  Mariano  Spada 
del  chiarissimo  Ordine  de'  Predicatori  sorse  a  combalterla  slrenua- 
mente  collo  scritto  annunciato ,  ed  avendo  incontralo  doglianze  e 
proteste  da  parte  del  De-Yit,  a  cagione  del  litolo  posto  in  fronte  alia 
sua  confutazione ,  come  se  in  esso  fosse  rappresentalo  allrimenti  il 
dirilto  concetto  della  Memoria,  rispose  tosto,  difendendone  la  conve- 


326  RIVISTA 

aienza.  Proteste  e  difese  corrono  per  le  stampe  l.  Intanto  la  Memo- 
via  era  messa  ad  esame  nella  Congregazione  del  S.  Offizio,  ed  usci- 
vane  condannata  con  pubblico  decreto,  addi  Venti  del  passalo  Sel- 
lernbre.  II  De-Vil  avea  gia  fatto  antecedentemenle  una  nobile  pro- 
fessione  circa  la  rettiludine  del  suo  sentire  e  la  ossequiosa  sommes- 
sione  del  suo  giudizio  all'  autorita  della  Chiesa.  Ne  la  smenll  all'  uo- 
po:  dacche  nel  riferito  decreto  leggesi,  die  1' Autore  laudabiliter  se 
subiecit  et  opus  reprobavit.  Avvegnache  un  tale  alto  sia  di  obbligo 
rigoroso  per  ogni  scriltore  cattolico,  in  caso  somiglianle ;  contutlocio 
e  degno  di  speciale  commendazione  a  questa  nostra  ela ,  in  cui  la 
piu  sbrigliata  intemperanza  degl'  ingegni  si  predica  e  si  esalla  stol- 
tamente,  come  un  dirilto  inalienabile  deH'uomo.  Satisfatlo  cosi  all'av- 
veniinento  islorico,  passiamo  senza  piu  alia  confutazione  della  dottri- 
na,  falla  dal  R.  P.  Spada. 

In  essa  il  ch.  Autore  non  segue  1'ordine  osservato  nella  Memoria, 
ma  presi  di  mira  i  punti  precipui  della  controversia  a  cui  si  ranno- 
dano  gli  altri,  e  dispostili  secondo  il  processo  logico,  si  mette  adop- 
pugnarli  con  tutta  la  forza  degli  argomenli  che  offre  la  teologia  so- 
pra  la  mossa  quislione.  Quindi  e  die  siccome  la  Memoria  dall'  aver 
negato  il  Giudizio  partieolare  deduce  la  incertezza  delle  anime  pu- 
rificanlisi  intorno  alia  loro  condizione  futura ,  e  da  questa  inferisce 
la  capacita  in  esse  di  merilare,  e  dal  merilo  la  sentenza  erronea  della 
remissione  dei  peccali  anclie  mortal!  neU'allra  vita,  additando  quale 
causa  motiva  e  fondamentale  della  discussione  le  preghiere  usate 
dalla  Chiesa  in  pro  dei  trapassati;  cosi  il  ch.  Autore  della  confuta- 
zione prova  ad  evidenza,  1'uno  appresso  dell'  altro,  i  fatti  del  Giudi- 
zio partieolare ,  della  certezza  in  che  sono  le  anime  del  Purgatorio 
circa  il  loro  stato  fuluro ,  della  incapacila  di  meritarvi  comechessia 
e  della  colpa  mortale  irremissibile  appresso  la  morle ;  terminando 
Sa  pertrattazione  col  dimostrare  che  le  preghiere  della  Chiesa  in  pro 
dei  defonti  non  porgono  alcuna  ragione  di  tenere  il  contrario.  A  que- 

1  Leggesi  la  protesta  del  De-Vit  in  una  lettera.  stampata  nel  num.  201 
dell'  Osservatore  Romano  ed  in  un'  altra,  che  dalla  Correspondance  de  Rome 
riporta  il  Monde  nel  num.  216;  a  questa  risponde  il  R.  P.  Spada  nel  numero 
257  dello  stesso  giornale. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  327 

sli  cinque  punti  corrispondono  altrettanti  capi  nei  quali  e  parlito 
tullo  il  libro.  Per  do  che  spelta  al  merito  intrinseco  dello  scritto 
diremo  tulto  in  due  parole:  il  ch.  Autore  svolge  la  conlroversia  in 
ogni  sua  parto  da  dollo  e  profondo  leologo.  Le  teslimonianze  della 
Scrittura  e  le  aulorita  del  Padri  non  vi  souo  mica  infilzale  per  vana 
pompa,  ma  esaminate  con  diligenza,  discusse  con  acutezza,  riscbia- 
rale  con  opporluni  raffronti  sicche  rilievino  quali  sono;  le  ragioni 
leologiche  compaiono  messe  nel  proprio  lume  con  limpidezza  di  con- 
cetli ;  pesate  le  obbiezioni  con  coscienza  e  dimoslrate  di  niun  valore ; 
in  tutlo  il  processo  del  libro  brevita,  ordine,  cbiarezza. 

Rimetlendo  alia  lettura  del  medesimo  chi  braraasse  di  vedere  per 
disteso  il  filo  di  questa  savia  e  robusta  confulazione ,  noi  ci  conten- 
teremo  di  trarne  un  saggio  di  quallro  inconvenient!,  ne' quali  come 
in  altreltanti  scogli  va  ad  urtare  la  Memoria  sopraddetta.  Teniamo 
per  fernio ,  che  qucsti  soli  debbono  r-iuscire  piu  cbe  bastevoli  a  di- 
moslrare  aUenissirna  dal  vero  la  dollrina  della  remissione  di  qual 
cbe  siasi  peccato  morlale  nell'  altra  vita. 

I.  Queslo  insegnamerito  non  e  error  nuovo;  messo  in  campo  ab 
antico  nella  piu  grande  ampiezza ,  poscia  a  mano  a  mano  digrado 
infino  agli  ullimi  ristringimenti.  Ma  non  gli  venne  mai  falto  di  scan- 
sare  le  censure  piu  gravi  della  Teologia.  Ecco  in  pruova  la  sentenza 
del  Suarez:  «  Origene,  egli  scrive,  penso  clie  tanlo  i  demonii,  quan- 
«  to  gli  uomini  peccatori  dovessero  alia  fine  rimanere  purificati  pel 
«  fuoco  da  ogni  colpa.  AHri  affermarono  lo  stesso  soltanto  degli  uomi- 
«  ni  rei.  Altri  1'asserirono  dei  soli  baltezzali,  coraeche  fossero  morli 
«  nella  infedella  o  nella  eresia.  Altri  restrinsero  un  tanto  benefizio  agli 
«  uomini  trapassati  colla  fede  morta  quanto  alle  opere.  Altri  fmalmente 
«  lo  dissero  de'  solifedeli,  colti  dalla  morte  in  peccato,  ma  stali  mise- 
«  ricordiosi  in  vita....  Questa  dottrina,  conclude,  s' impugna  dai  Teo- 
«  logi  come  eretica  ed  aperlamenle  contraria  alia  fede  1  » .  Cilali 

1  Principio  hie  referri  possunt  varii  err  ores  eorum ,  qui  dixernnt  per 
igncm  PLRGARI  ETIAM  cos,  qui  in  mortali  peccato  post  hanc  vitam  invemuntur. 
Quod  de  omnibus  tarn  daemonibus  quam  pravis  hominibus  sensisse  Oriyenem 
refert  Epiphanius  etc.  Alii  non  quidem  de  daemonibus,  sed  de  omnibus  pra- 
vis hominibus  id  dixerunt.  Alii  non  de  omnibus  hominibuSjSed  de  omnibus  ba- 


328  RIVISTA 

quindi  i  principii,  sopra  de'  quali  si  fonda  questa  sentenza,  halla  per 
cosi  chiaram ente  convinta  di  eresia ,  che  non  la  reputa  meritevole 
nemmeno  di  una  quale  che  siasi  dimostrazione.  L'  Autore  della  Me- 
moria  non  ignora  di  avere  contro  di  se  1'  aulorila  della  scuola  dei 
Teologi ,  anzi  lo  confessa  schiettaniente,  dicendo  che  slando  ad  essa, 
la  controversia  sarebbe  gia  stata  decisa  contro  di  lui  da  molto  tempo 
ed  anzi  da  qualche  secolo.  Or  bene  ecco  quello  che  sentenzia  il  Cano  a 
questo  proposito :  Concordem  omnium  Theologorum  scholae  de  fide, 
aut  moribus  sententiam  contradicere,  si  haeresis  non  est,  at  haeresi 
proximum  est  1.  Ed  in  vero  che  importa  il  contraddire  in  questo 
caso?  Nullameno  che  il  dire  aun  S.  Tommaso,  ad  un  S.  Bonaventu- 
ra,  ad  un  Bellarmino,  ad  un  Suarez  ed  a  tutti  gli  allri  valorosi  ingegni 
della  loro  schiera :  «  questa  sentenza  che  yoi  condannate  di  eresia, 
e  invece  una  bella  credenza  cattolica.  Voi  tutti  avete  preso  un  gran- 
ciporro  solenne.  »  Che  la  yerita  stia  da  chi  si  presenla  con  tale  pro- 
posta,  e  1'errore  dalla  parte  degliuomini  sopraddetli,  ognuno  lo  vede, 
e  cosa  che  \1nce  la  morale  credenza. 

Ecco  il  primo  scoglio  che  inconlrala  dottrina  MhMemoria:  1'au- 
torita  gravissima  della  scuola  intera  de'  Teologi.  Nella  quale  a  voti 
unanimi  e  censurata  come  eretica  ed  apertamente  contraria  alia  fede. 

II.  Negate  il  giudizio  particolare  coll' intervento  di  Crislo,  qual 
base  di  tutta  V  argomentazione ,  glien'  e  sostituito  un  altro  a  capric- 
cio  nei  termini  seguenti :  «  Su  quesle  tracce  noi  possiamo  dunque 
«  ora  meglio  intendere,  e  in  qualche  modo  anche  descrivere  questo 
«  giudizio  :  poiche  supponendo,  che  ciascun'  anima  uscita  appena  di 
«  yita,  si  trovi  in  faccia  di  quella  yerila  eterna ,  o  si  senlira  di  ab- 
«  bracciarla  tosto ,  troyandosi  pienamente  ad  essa  conforme  negli 
«  abiti  suoi. . .  e  volera  diritla  in  seno  a  quel  Dio  ultima  meta  e  su- 

ptizatis,  etiamsi  postea  In  infidelitatc  sen  haeresi  moriantur.  Alii  de  his  tan- 
turn  hominibus  qui  cum  fide  Chris ti  ctiam  mortua  decedunt.  Alii  nee  de  his 
omnibus,  sed  de  his,  qui  cum  fide  habuerunt  opera  misericordiae,  etiamsi  alia 
habuerint  peccatamortalia,  in  quibus  mortui  fuerunt.  Haec  doctrina  variis 
in  locis  a  Theologis  impugnatur,  ut  HAERETICA  et  aperte  fidei  contraria.  —  De 
Sacramentis,  P.  II,  Disp.  XLVII,  Sect.  1. 
1  De  loc.  Theol.  lib.  Y1II,  cap.  4,  concl.  3. 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  329 

«  premo  sospiro  di  lulli  i  voli  del  suo  cuore.  Ovvero  posta  dinanzi 
«  a  quella  luce  di  verila,  non  ne  potra  soslenere  i  vivi  raggi,  che  da 
«  quella  \ibrano  sopra  di  lei  a  rischiararne  le  tenebre ,  fra  le  quali 
«  e  tulta  compresa,  c  fuggira  inorridita  di  se  medesima,  precipilan- 
«  dosi  losto  in  quel  fuoco  che  conoscera  allora  di  aver  merilato,  e  da 
«  se  pronunciando ,  prima  ancora  di  udirla  da  allri  quella  sentenza, 
«  ctie  al  fuoco  eterno  la  danni.  Ovvero  fmalmenle  trovandosi  in  fac- 
et cia  di  quella  verila  si  risconlrera  in  parte  ad  essa  conforme ,  ma 
«  in  parle  ancora  difforme  per  brulture  contratte  su  questa  terra,  e 
«  si  ritrarra  da  se  stessa  da  quella  luce  alia  quale  si  sente  pur  tratta, 
«  e  che  pur  vorrebbe  abbracciare,  e  dentro  a  quel  medesimo  fuoco  si 
«  geltcra  da  se  stessa  in  purgazione  dei  suoi  peccati  » .  Tanto  si  ri- 
ferisce  dalla  Memoria  nel  Capo  I,  §.  2  della  confutazione.  II  teologo 
non  si  piace  delle  tinte  poetiche  nel  linguaggio,  ma  della  severita. 
Onde  c  che  al  suo  sguardo  la  descrizione  riferila  apparisce  una  sca- 
turigine  di  varie  inesaltezze.  Eccone  alcune :  1.°  Davanti  a  chi  e  po- 
sta 1'anima  appena  sciolta  dal  corpo?  Davanli  una  verita,  che  e  delta 
eterna;  davanli  ad  una  verila  estrinseca  all'anima  peccalrice,  per- 
che  questa  allrimenti  non  potrebbe  allonlanarsene ,  giltandosi  nel 
fuoco;  davanli  una  verita  sussistente,  perche  altrimenli  1'anima giu- 
sta  non  potrebbe  abbracciarla  beatlficandosi.  Ma  una  verila  eslrin- 
seca  all'anima,  sussislente  ed  elerna  non  e  appunto  colui  che  ha 
teslificato  di  se :  Ego  sum  veritas,  cioe,  Crislo  figliuol  di  Dio,  giu- 
dice  dei  vivi  e  dei  morti?  Adunque  nella  descrizione  con  palese 
allernativa  dialetlica  si  suppone  T  intervenlo  di  Cristo ,  che  si  nega 
altrove  nella  Memoria.  2.°  Una  delle  tracce,  sopra  delle  quali  elavo- 
rata  la  riferita  descrizione,  sono  due  testi,  1'  uno  dell'  Ecclesiastico : 
In  fine  hominis,  denudatio  operum  ems,  ma  CORAM  DEO  (XI,  29), 
1'  altro  di  S.  Paolo :  Omnes  enim  nos  manifestari  oportet  ad  TRI- 
BUNAL CHRISTI,  ut  referat  unusquisque  propria  corporis  sive  bonum, 
sive  malum  (II.  Cor.  V,  10).  Si  potea  egli  recare  con  termini  piu  re- 
cisi  una  confermazione  dell'  intervento  di  Crislo  nel  giudizio  parlico- 
lare?  Anoi  pare  che  no.  Quel  CORAM  DEO,  quel  TRIBUNAL  CHRISTI  ce 
lo  dice  aperlamente.  3.°  L'uomo  essendo  tratto  in  modo  irresislibile  al 
possesso  di  quella  eterna  felicila  a  cui  e  deslinalo,  ripugna  intrinseca- 


330  RIV1STA 

mente,  che  egli  tutto  da  se  e  per  propria  elezione  si  gilti  nella  eterna 
infelicita;  eppure  voi  leggete  nella  descrizione  il  conlrario  come  ve- 
rita  evidenle.  4.°  La  bealitudine  dell'  altra  vita  ha  ragione  di  merce- 
de,  la  riprovazione  di  pena ,  eel  entrambi  devono  essere  applicale  a 
misura ,  secondo  le  opere  porlate  dal  mondo.  Ora  essendo  questo 
un  ordinamento  sovrano  del  Greatore  poslo  alle  sue  creature,  e 
chiaro  che  a  lui  spelta  esclusivamente  di  giudicare  cio  che  risguarda 
la  intcrezza  della  esecuzione.  Difatto  nell'  Evangelic  non  e  il  servo 
fedele,  che  dice  al  padrone  :  ecco  le  prove  di  mia  fedelta ;  entro  nel 
vostro  gaudio:  ma  il  padrone  che  esamina  e  giudica,  concludendo: 
intra  in  gaudium  Domini  lui.  Non  e  il  servo  reo  ,  che  alia  vista  del 
padrone  si  gitta  neile  tenebre  esteriori  lullo  da  se ,  ma  il  padrone 
che  ve  lo  fa  cacciare  con  imperio.  Ragione  adunque  e  Scrittura  por- 
gono  una  solenne  smentila  al  supposlo  che  ci  presenta  1'  anima  qual 
giudice  di  se  medesima. 

Ecco  il  secondo  scoglio :  contraddizione  logica,  ripugnanza  fisica, 
eonlrariela  morale. 

III.  Pigliamo  il  capo  III  delta  conmtazione.  Nella  Memoria  si  af- 

ferma  che  separata  I'  anima  dal  proprio  corpo  per  cagione  delta 

morte,  mancando  dello  STROMENTO  ESSENZIALE  alia  sua  libera  azio- 

ne,  viene  anche  a  perdere  la  sua  liberta  bilaterale  (vuol  dire  di  speci- 

ficazione)  e  che  deve  quindi  in  lei  cessare  ogni  ragione  dimeritare  e 

demerilare.  Se  non  che  dovendosele  pure  concedere  una  qualche  ma- 

niera  di  liberta,  onde  caduta  nel  purgalorio  valga  a  trarsene  merce 

di  alcun  merito,  ecco  1'espediente  immaginato :  le  sara  offerto  inso- 

stituzione  del  corpo  perduto  altro  mezzo  sul  quale  possa  distendere 

qitella  sua  attivita.  Un  errore  trae  nell'allro.  II  grande  onore  faito  al 

corpo,  dichiarandolo  stromenlo  essenziale  nell' esercizio  della  liberla, 

quando  e  soltanto  1'esecutore  degli  alii  estrinseci  deliberali  dalla  vo- 

lonta,  gitta  di  botto  1'  A.  della  Memoria  nell'  asserzione  gratuila  che 

sia  dato  come  in  prestanza  all'  anima  dopo  morte  un  altro  mezzo,  non 

si  sa  quale,  in  sostituzione  del  corpo.  Senza  die  come  mai  puo  1'ani- 

ma  guadagnare  alcun  merito  nel  Purgatorio?  Ecco :  essa  lo  pub  con- 

seguire  con  quegli  aiti,  che  e  in  grado  ancora  di  fare  nell'altra  vita, 

i  quali  non  sono  ne  piu  ne  meno ,  die  legiltime  conseguenze  come 

effetto  da  causa,  di  quegli  abiti,  che  essa  stessa  liberamente  si  e  fab- 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  331 

bricata,  e  che  ha  recall  e  secondo  iquali  soltanlo  le  e  dato  oraeper 
sua  grande  venlura,  di  esplicare  necessariamenle  si ,  ma  non  meno 
liber amente  tulta  la  sua  altivila.  Se  conlro  di  quesla  leorica  movele 
la  difficolla,  in  qual  modo  possa  un  anima  meritare  in  islato  di  pec- 
cato  morlale :  la  Memoria  ve  la  scioglie  dicendo ,  che  le  sue  azioni 
hanno  per  queslo  che  sono  libere  una  ragione  di  merilo  dinanzi  a 
Dio;  ed  eccovi  negatala  condizione  dello  slalo  di  grazia,  necessaria 
per  meritare.  Che  se  invece  propoiiete  1'altra  obbiezione  non  meno 
grave,  che  1' anima  dopo  morte  e  in  termine:  la  stessa  Memoria  vi 
risponde  che  se  la  parola  termine  si  conlrappone  al  merito ,  si  pud 
dire,  che  conserva  interamente  il  suo  valore;  se  si  contrappone  agli 
allri  avvenimenli,  che  spettano  ad  esse  anime  sino  al  giorno  del  giu- 
dizio,  si  pub  dire  che  quel  termine  non  e  ancora  appieno  raggiunto, 
e  che  tutlora  sono  in  via  a  pienamente  raggiungerlo.  E  un  termine 
come  direbbero  gli  Scolastici  non  terminato.  Ed  eccovi  falsato  il  con- 
cetto degli  Scolaslici :  dacche  essi  colla  ^7oce  termine  non  terminato 
intesero  lo  stalo,  per  cosi  dire,  non  compito,  in  cui  giacciono  le  ani- 
me del  purgatorio ,  in  quanto  non  sono  ancora  al  possesso  di  quella 
gloria  eterna  a  cui  furono  destinate.  Ouali  poi  siano  gli  allri  avve- 
nimenti  che  spettano  ad  esse  anime  sino  al  giorno  del  giudizio,  indo- 
\1nili  chi  puo.  Cosi  pure  lasciamo  a  chichessia  1'  incarico  di  comporre 
questo  doppio  concetto ,  che  le  anime  esplichino  necessariamenle  ed 
insieme  liberamente  tutla  loro  atlivila.  Vero  e,  che  per  iscansare  la 
censura  della  Chiesa  contro  la  dottrina  di  chi  afferma  potersi  meritare 
nell'  allra  vita,  la  sopraddelta  Memoria  insegna,  trovarsi  due  ragioni 
di  merilo:  I' una  che  costituisce  per  I'  anima  un  nuovo  lilolo  a  mag- 
gior  dono  di  grazie,  e  quindi  a  suo  tempo  a  maggior  retribuzione  di 
gloria;  1'  allra  che  /'  anima  consegue  con  quegli  atti  che  c  in  grado 
di  fare  nell'  allra  vita.  Eccovi  una  distinzione  di  conio  novissimo, 
ignorata  da  lulta  la  scuola  leologica.  Un'  allra  sentenza  di  simil  ge- 
nere.  Si  afferma  che  un  peccalo  mortale  non  sempre  affelta  tutla  la 
essenza  dell'  anima,  come  se  cotale  essenza,  semplice  di  sua  nalura, 
potesse  corrompersi  in  parte  si  e  in  parte  no  alia  maniera  dei  corpi. 
Non  basta,  si  trasforma  per  giunta  in  un' infezione ,  appigliantesi 
all' anima,  la  macchia  del  peccato,  la  quale,  secondo  i  teologi,  non  e 
altro  che  la  privazione  della  grazia.  Appresso  cosiffalto  travolgimenlo 


332  RMSTA 

di  concelli  sapele  a  che  si  perviene?  A  questo  solo :  esser  possibile 
che  colle  anime  ree  di  colpa  grave  si  usi  da  Dio ,  nell'  altra  vita,  la 
misericordia  della  remissione.  Eppure,  chi  lo  crederebbe  ?  nella  sen- 
tenza  della  Memoria  si  afferma  aversi  in  tale  possibilita  quel  tanto 
che  e  bastevole  a  provare  il  fatlo,  slanteche ,  secondo  essa,  provare 
la  possibility  della  verita  di  un  fallo  divino  e  provarne  ad  un  tempo 
la  sua  esistenza.  Se  non  che  trallandosi  qui  di  un'  opera  di  Dio  ad 
extra  e  percio  dipendenle  dalla  libera  volonta  divina,  e  facile  vedere 
che  la  possibilita,  scnza  il  decreto  deiraltuazione,  a  nulla  giova  quan- 
to  alia  realila  della  esistenza. 

Ecco  il  terzo  scoglio :  rovesciamento  di  concelti  teologi  e  nullita 
di  conclusione. 

IV.  In  fine  urta  contro  due  documenti  dommatici.  L'  uno  e  di  Papa 
Leone  X ,  il  quale  fra  le  proposizioni  condannate  di  Lutero  anno- 
vero  ancor  questa: 

Animae  in  purgatorio  non  siml  securae  de  earum  salute ,  saltern 
omnes:  nee  probatum  estullis  aitl  rationibus  ant  scripturis  ipsas  es- 
se  extra  statum  merendi  vel  agendae  caritatis. 

Adunque  si  condanna  patentemcnte  la  doUrina  che  sostiene  1.°  tro- 
varsi  nel  Purgatorio  anime ,  le  quali  sono  incerle  della  loro  salute. 
2.°  non  esscre  le  medesime  fuori  dello  stato  di  meritare. 

L'  altro  e  il  decreto  del  Concilio  di  Firenze,  in  cui  leggcsi : 

Definimus....  si  vere  poenitentes  in  Dei  caritale  decesserint,  an- 
tequam  dignis  poenilentiae  fructibus  de  commissis  satisfecerint  et 

omissis,  eorum  animas  poems  purgatonis  post  mortem  purgari 

illorum  autem  animas,  qui  in  actuali  mortali  peccato  vel  solo  ori- 
ginali  decedunt,  in  infernum  descendere,  poenis  tamen  disparibus 
puniendas. 

Adunque  e  conlro  la  fede  asserire  che  nel  purgatorio  trovansi  ani- 
me non  in  grazia,  o  che  non  cadono  nell'  inferno  quelle  che  sono 
gravate  di  colpa  morlale. 

Concludendo,  una  dotlrina,  che  ha  contro  di  se  tulta  la  scuola  teo- 
logica ,  che  si  appoggia  sopra  un  fondamento  crollante  da  ogui  lalo, 
che  si  leva  merce  di  falsi  concetti,  che  urta  dirittamenle  contro  de- 
fmizioni  evidenti  della  Chiesa ,  e  chiaro ,  che  non  solo  non  deve  es- 
sere  ammessa,  ma  nemmeno  posta  in  dispula  da  un  cattolico. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  333 

II. 

Le  nuove  opere  dell' Archispedale  di  S.  Giacomo  in  Augusta ,  de- 
scritle  dal  Sac.  STEFANO  CICCOLINI  —  Roma,  tipografia  della  Re- 
verenda  Camera  Apostolica  1864.  Un  vol  in  8.° 

II  ch.  sig.  Lefebvre,  professore  di  Medicina  nell'  Universila  cal- 
tolica  di  Lovanio ,  nel  bel  libro  da  lui  stampato  col  tilolo :  Des  Ela- 
Uissements  charilables  de  Rome ,  fa  un  confronlo  1  tra  gli  ospedali 
di  Londra  e  di  Roma ;  c  per  via  di  cifre  esattissime ,  e  di  documen- 
ti  autenlici ,  viene  a  quesle  Ire  conchiusioni.  Per  1'  antichita  delle 
istituzioni,  mentre  in  Londra  non  vi  e  ospedale  che  preceda  il  seco- 
lo  decimoltavo,  eccelto  un  solo  che  risale  al  decimosesto,  in  Roma 
vi  sono  due  ospedali  che  cominciarono  nel  secolo  decimoterzo ,  uno 
nel  decimoquarto  ,  uno  nel  decimoquinto ,  quattro  nel  decimosesto , 
e  gli  altri  dipoi :  lo  che  dimostra  che  da  Roma  e  parlilo  1'  impulso  e 
1'esempio  di  queste  islituzioni  cosi  benefiche  pel  popolo.  Pelnumero 
dei  lelli ,  Londra  per  la  sua  popolazione  di  due  milioni  e  mezzo  in 
circa  di  abitanti,  ne  ha  5,445  ,  nei  quali  sono  annualmente  cura- 
ti  45,291  malato:  mentre  in  Roma  pei  duecenlomila  abitanli  cho 
contiene,  vi  sono  4,531  letto,  ove  vengono  curati  ogni  anno  37,115 
malati :  e  cio  vuol  dire ,  che ,  fatto  il  ragguaglio  delle  due  popola- 
zioni,  Roma  ha  undici  volte  phi  diletti,  e  cura  nei  suoi  ospedali 
undici  volte  phi  di  malali  che  non  Londra.  Finalmente  se  quanto  a 
politezza ,  a  decenza ,  a  caulele  gli  ospedali  di  Roma  nulla  hanno  da 
iiwidiare  a  quelli  di  Londra ,  quanto  all'  affetto  nell'  assistenza ,  alle 
premure  nella  cura ,  alia  dolcezza  nel  trattamento ,  i  romani  tanto 
soprastanno  agl'  inglesi ,  quanto  il  ghiaccio  della  beneficenza  officia- 
le  e  amminislrativa  sottosta  al  fuoco  della  carita  cattolica.  Le  quali 
conchiusioni  riduconsi  a  questa  sola ,  che  cioe  Roma  e  nel  folio , 
quale  dee  considerarsi  nell'  idea,  il  centro  non  solo  della  fedc,  ma 
eziandio  della  carila  crisliana ;  e  che  da  lei ,  come  appunto  dal  cen- 

1  CHAP.  VIII.  Considerations  sur  F  hospitalite  romaine.  Art.  IV  et  V. 


334  RIV1STA 

tro  i  raggi ,  si  diffuse  sempre  per  via  dell'  insegriamento  e  deU'esem- 
pio  T  impulse  alle  opere  piu  segnalate  della  beneficenza  umana. 

Non  vi  e  in  effetto  una  sola  istituzione  per  sollievo  della  indigcn- 

za  che  non  abbia  avula  in  Roma  il  primo  suo  modello,  i  primi  suoi 

inizii.  Dal  [empo  degli  Apostoli  comincio  presso  i  crisliani  di  Roma 

T  esercizio  della  carila ,  le  cui  prime  Ire  forme  furono  1'  ospilare  i 

peregrini ,  il  curare  gl'inferrm,  il  nutricare  i  poveri.  I  Pontefici 

Romani  considerarono  sempre  come  la  gemma  piu  preziosa  della 

eredila  apostolica  la  cura  dell'  indigenza:  e  nei  fasti  della  Chiesa  di 

Roma  nori  v'  e  esempio,  die  di  qualche  Papa  si  Iralasci  di  mentova- 

re  fino  a  die  punto  fosse  generoso  verso  i  poverelli.  Non  il  loro  pa- 

irimonio  soltanto,  ma  i  loro  pensicri,  e  spesso  la  loro  opera,  si  ri- 

Tolsero  costantemente  a  sollievo  delle  miserie  e  dei  palimenti.  Questo 

esempio  cosi  augusto  trove  numcrosi  imitatori  nel  clero  e  nella  cit- 

tadinanza  di  Roma :  e  la  carila  doi  Romani  non  e  rneno  nota  al  mon- 

do  della  lor  fede.  Ouindi  gl'  Istiluli  di  BeneOcenza  non  solo  ebbero 

in  Roma  1'origine ,  ma  la  durata  e  1'  incremento ;  sicche  puo  con  ve- 

rita  dirsi,  che  Roma  per  quesla  parteestata  sempre  in  progresso.  II 

sig.  Lefebvre,  teste  da  noi  citato  ,  visile  e  studio,  or  sono  presso  a 

duelustri,  gl'  istituli  di  Bcneficeaza,  esistenli  in  Roma;  e  ne  diede 

un  giudizio,  quanto  imparziale,  aliretlanto  vantaggioso.  Se  li  visi- 

tasse  ora ,  noi  siamo  certi  che  le  sue  lodi  sarebbero  molto  piu  splen- 

dide :  lanli  sono  i  miglioramenti  che  in  questo  decennio  si  sono  ar- 

recati  a  ciascheduno  diloro  !  Noi  spesso  ne  abbiamo  fallo  menzione, 

secondo  che  le  circostauzc  ce  1'hanno  suggerito.  Ora  dobbiamo  spe- 

ciflcarneuno,  che  merita  una  specialissima  menzione,  per  le  sue 

drcoslanze.  Le  notizie  le  desumeremo  dal  libro  die  ne  tratla  ex  pro- 

fesso,  scritto  senza  esagerazione  di  lodi,  e  con  piena  conoscenza  della 

materia ,  clalla  penna  valorosa  del  ch.  sig.  Abate  Ciccolini.  Questa 

nostra  rivista  adunque  si  studiera  di  restringerc  in  brevi  cenni ,  cio 

che  diffusamente  espone  1'aulore  nel  corso  del  suo  libro. 

VArchiospedole  degl'  inciirabili  fu  fondato  nel  1339  per  volonta 
del  Card.  Giacomo  Colonna,  che  morendo  ne  lascio  1'  incarico  ai  suoi 
eredi.  Fu  per  memoria  di  lui  denominate  di  S.  Giacomo ,  e  vi  fu 
aggiunto  1'  appellative  di  S.  Giacomo  in  Augusta  per  la  prossimita 


BELLA  STAMFA  ITALIAN!  335 

del  Mausoleo  di  Augusto.  Essendo  nel  14ol  dato  ad  araruinistra- 
re  alia  Compagnia  di  S.  Maria  del  Popolo ,  si  comindo  a  chiamare 
allresi  col  nome  di  S.  Maria  del  Popolo  e  di  S.  Giacomo.  Ollre  lo 
malallie  propriamcnle  ineurabili,  esso  accoglie  i  poveri  dei  due  ses- 
si,  affetli  di  malallie  chirurgiche.  Dopo  molli  cangiamenli,  che  i  co- 
slumi  e  i  tempi  recarono  nella  sua  direzione  e  al  suo  servigio,  gli  uo- 
mini  vi  sono  era  assisliti  dai  Religiosi  di  S.  Giovanni  di  Dio :  le  donne 
dalle  Sorclle  della  Misericordia.  Ai  tempi  del  Fanucci  (1601 )  che 
scrisse  il  Traltato  di  tutte  le  opcre  pie  dell'  alma  cilia  di  Roma ,  vi 
erano  circa  centoventi  lelli  fmiti ,  fra  uomini  e  donne,  in  due  appar- 
tamenli  separati.  Nel  1842,  quando  il  ch.  Morichini,  allora  Prelate, 
ora  Cardinale  di  S.  Chiesa,  pubblico  la  sua  opera  AegYIslituti  dipub- 
Uica  Carita,  il  numero  dei  lelli  era  quasi  triplicate,  poiclie  nella  sala 
degli  uomini  poteano  slare  in  iulto,  e  spesso  stavano  200  lelti  fmili, 
e  in  quella  delle  donne  156.  Ma  si  nell'un  tempo,  come  neH'altro,  i 
malati  che  ne  riceveano  soccorsi  erano  in  mollo  maggior  numero  che 
non  i  lelli.  Poiche,  del  suo  tempo  diceva  il  Fanucci  «  ogni  due  anni 
nella  primavera ,  fassi  grande  spesa  nella  decozione  del  legno  detto 
sanlo  ,  ovvero  salsapariglia ,  perquelli  poveri  che  vogliono  curarsi, 
dal  male  detlo  franzese,  in  Francia  chiamato  mal  di  Napoli ,  e  si  da 
con  quelle  preparazioni  di  medici  e  medicine  che  si  conviene :  opera 
veramenle  di  somma  carita  e  rara ». 

II  qual  sislema  di  aiutare  con  medicine  e  consiglio  di  medici  i  po- 
veri a  curarsi  in  casa  propria,  fu  sempre  seguilalo  ;  di  guisa  che  il 
Morichini  atlesta  del  suo  tempo,  cio  che  lutlora  e  in  costume  di  far- 
si,  che  «  molti,  special  men  (e  affetli  di  sifilide,  vengono,  ad  ore  sta- 
tuile ,  a  curarsi  all'  ospedale,  in  luogo  destinato  a  cio,  presso  della 
sala  di  Medttkeria  » . 

Oltre  le  due  corsie  per  gV  infermi  e  le  inferme,  v'era  ai  tempi  del 
Morichini  la  scuola  clinica  con  tredici  lelti ;  la  stanza  delta  di  S.  Ca- 
millo  ,  con  Ire  letli  per  gli  operati ,  o  per  le  persone  di  civil  condi- 
zione ;  quella  di  S.  Gaetano  con  tre  letli  pei  frenelici ;  e  lo  spedalelto 
per  la  famiglia,  capace  di  sei  lelli. 

Talche  S.  Giacomo  potea  curare  a  un  tempo  368  infermi  d'  ambo 
i  sessi ;  ed  oltre  a  cio  avea  due  couveutini  per  i  Religiosi  e  le  Reli- 


336  RIVISTA 

giose  assistenti,  T  abitazione  per  la  famiglia  ,  una  farmacia  col  suo 
laboratorio  e  giardino,  una  biblioteca  per  comodo  degli  student!  chi- 
rurgi,  un  vago  teatro  anatomico,  la  camera  incisoria,  i  bagni  e  tutie 
le  altre  comodila  che  per  un  ospedale  ben  sistemato  occorreyano. 

Con  tutto  cio  una  cosa  desideravasi  a  rendere  quest'Ospedale  vera- 
mente  acconcio  alia  guarigione  delle  malattie  per  cui  eradestinato,  e 
si  e  Fampiezza  nelle  sale  e  la  circolazione  dell'aria,  la  cui  mancanza 
non  le  rendeva  pienamente  salubri.  Questo  difetto  era  notato  dal- 
1'  EiTio  Moricliini  con  queste  parole  :  «  Se  poco  acconce  ad  uso  di 
spedale  sono  le  sale  delle  donne ,  ridotte  da  granaio  a  corsie  nel 
1825,  la  sala  degli  uornini  e  del  tutto  infelice  ,  perclie  umida,  nulla 
ariosa,  e  manchevole  di  molte  comodita. »  Cio  egli  stampava  sul  co- 
minciamento  del  1842,  e  nel  Maggio  di  queslo  stesso  anno  fu  posta 
mano  all'  opera  della  riforma  delle  dette  corsie  o  per  dir  meglio  al- 
ia coslruzione  delle  nuove.  Cosicche  nel  1819  fa  aperto  all'  uso  del- 
1'  infermeria  do'  maschi  la  nuova  sala,  che  non  solo  lolse  Y  inconve- 
niente  dell'  antica ,  ma  riusci  veramente  splendida  e  magnifica. 

Lasciamo  darne  il  giudizio  al  medesimo  signor  Lcfebvre  che  nel 
1856  la  visilo,  e  cosi  la  descrisse  nella  Revue  Catholique  di  Lova- 
nio  :  «  Lo  spedale  di  S.  Giacomo  e  forse  il  piu  bello  degli  ospedali 
di  Roma.  Gregorio  XVI  ne  avea  ordinalo  i  restauri  sopra  un  super- 
bo  disegno;  il  suo  illustre  Successore  vi  lia  posto  1' ultima  mano.  lo* 
non  conosco  in  altre  contrade  una  corsia  che  sia  magnifica,  come  la 
sala  maggiore  di  questo  stabilimento.  Essa  e  lunga  550  palmi  archi- 
teltonici,  e  con  tale  lunghezza  armonizzano  convenientemente  1'altezza 
che  e  di  47  ,  e  la  larghezza  che  e  di  42.  Dall'  un  capo  all'  altro  cor- 
re  nella  sala  un  pavimento  di  bianco  marmo,  che  separa  i  letti,  col- 
locaii  sulla  driita  e  sulla  sinistra  di  questo  immenso  corridoio.  Due 
fmestre,  grandi  come  quelle  delle  nostre  Cattedrali  gotiche,  occupa- 
no  tutto  lo  spazio  di  altezza  dei  due  muri  estremi ,  e  le  inondano  di 
luce,  e  le  danno  una  inesprimibile  fisonomia  di  allegrezza.  Le  fine- 
stre  dei  due  lianchi  sono  a  quatlro  melri  dal  suolo.  Air  altezza  di 
queste  fineslre  avvi  una  galleria,  vero  balcone  interno,  che  fa  il  giro 
della  sala.  Sfiatatoi,  che  sono  slaliaperli  sotto  i  letti,  Yi  fanno  pene- 
trare  1'aria  fresca  dal  di  fuori,  mentre  degli  occhi  ad  aperture  mobili,. 
posti  nel  soffilto,  ne  fanno  incessantemente  uscire  Taria  alterata ». 


DELIA  STAMPA  ITALIAN  A  337 

Provvedulo  cosi  alia  salubrila  della  corsia  dci  masclu  ,  rimaneva 
a  fare  allreltanlo  per  quella  delle  donne.  L'  impulse  a  por  mano  an- 
cora  a  questo  secondo  restauro  venne  dall' inesauribile  carit5,  del 
Sommo  Pontefice  Pio  IX.  Udito  il  disegno  che  yf  era  di  compiere  una 
lal  opera,  deslinandovi ,  dopo  le  convenient!  modificazioni ,  i  piani 
terreni,  sotloslanti  alia  sopraddelta  sala  degli  uoraini,  rimosse  con  la 
sua  aulorita  gli  ostacoli  che  vi  si  opponevano,  ed  animo  Y  ammini- 
strazionc  dell' ospedale  a  cominciar  1'impresa,  largendo  del  suo  pri- 
yato  peculio  uiia  generosa  so\venzione  di  denaro  da  impiegarsi  al- 
Fuopo.  Cio  valse  un  ordinamento  compiio  di  tutto  1'intero  spedale, 
sotto  1'  a\7vedula  e  zelanle  amminislrazione  del  Prelate  che  vi  e  pre- 
posto,  MODS.  Girolamo  Mallei,  e  coi  disegni  dell' inlelligente  e  va- 
loroso  architello  Cav.  Morichini,  nel  modo  cheverremo  indicando. 

II  pian  lerreno  soltoposlo  alia  corsia  degli  uomini  e  un  immense 
corridoio  di  52o  palmi  dilunghezza,  41  di  larghezza,  e48  di  altez- 
za.  Esso  e  slalo  diviso  in  due  parli  molto  disuguali  tra  loro ,  e  il 
punlo  della  divisione  cosliluisce  una  magnifica  sala  d'ingresso  e  di 
ricevimento ,  nobilmenle  ornata  di  statue  e  di  pitture.  A  destra  di 
questa  sala  slendesi  la  grande  corsia  per  le  donne,  che  misura  384 
palmi  nella  sua  lunghezza,  e  puo  conlenere  molli  piu  lelli  che  non 
1'anlica.  A  sinistra  V  e  la  clinica  delle  donne,  che  per  mezzo  della 
sala  d'ingresso  comunica  con  la  grande  corsia  delle  inferme.  Dopo 
la  clinica  delle  donne  v'  e  la  Scuola  della  clinica ;  e  finalmente  la 
nuova  clinica  degli  uomini ,  che  ha  ingresso  eslerno  e  lullo  da  se,  e 
trovandosi  separata  dairinfermeria  maschile,  e  stala  fornita  di  tutte 
le  comodila  ,  che  la  rendono  indipendenle  da  qualsivoglia  comuni- 
cazione  colla  corsia  delle  donne. 

A  yoler  dire  lulli  i  piu  minuli  provvedimenti  perche  queste  sale 
riescano  liele,salubri,  decenli,  anzi  decorose,  avremmo  bisogno  di 
ben  piu  largo  spazio,  che  non  ci  e  consentilo.  Non  possiamo  che  ac- 
cennarne  alcuni  dei  piu  importanli.  L'aria  entra  copiosamente  nella 
grande  corsia  da  Iredici  grandi  finestre  che  ciascuna  delle  due  pareti 
laterali  novera :  e  perche  1'aria  guasla  possa  continuamenle  uscirne, 
sonovi  sul  pa\imento  ad  ogni  lanli  pie  di  distanza  delle  aperture  a 
graliccia  che  la  incanalano  in  lubi  di  scolo,  e  le  danno  uscita,  regolata 
Serb  V,  rol  Xll,  fasc.  351.  22  26  Ottobre  1864. 


338  RIVISTA 

da  valvole.  II  pavimento  e  lasiricato  di  gross!  mattoni  quadri,  detli 
maltesi,  preparali  con  lal  magislero  digluline  oleosoche  mm  danno 
polvere  stropicciaudosi,  ne  bevono  acqua  o  liquid!  che  vi  si  versino, 
cio  die  grandernenle  giova  ad  evitare  ogni  male  odore.  Oltre  a  cio 
esso  ha  nel  mezzo  una  larga  fascia  di  marmo  bianco ,  listala  agli 
orli  da  guide  di  bardiglio,  che  toccano  i  pie  dei  lelti.  Simiglianlemenle 
le  pareti  sono  inverniciate  ad  olio ,  di  modo  che  a  purgarle'  d'  ogni 
brutlura  basla  lavarle.  Sopra  esse  gira  la  cornice  d'irnposta  della 
volta,  tutta  a  marmo.  La  tinta  e  molto  gaia  nelle  pareli :  dal  suolo 
all'altezza  d'un  uomo  e  di  cipollino  chiaro,  e  dipoi  sino  alia  cornice 
d'imposla  d'  incarnate  pallido:  la  volla  col  suo  colore  aerino  ricorda 
i!  cielo;  di  forma  che  la  sala  dalla  moita  luce  che  vi  enlra,  piglia  tale 
gaiezza,  che  rallegra  gli  sguardi.  Accanto  ogni  letto  visono  mensole 
di  marmo  ,  sorrelte  da  volute  di  ferro,  e  queste  mensole  servono  alie 
inferme  per  posarvi  stoviglie  e  utensili :  i  lelli  sono  tutti  di  ferro, 
leggiadramerite  disegnati,  e  verniciali  a  fuoco.  In  una  parola  nulla 
si  e  trascuralodi  tutto  cio  chel'  arte  in  servigio  della  scienza  medica 
e  della  carila  cristiana  potea  praticarvi :  sicche  un  illustre  viag- 
giatore,  che  or  sono  poche  sellimane  la  \isilava,  asseri  che  una  sala 
si  beila  non  aveala  egli  fin  aliora  vedula  in  nessuno  dei  piu  grandi 
Stabilimenli  di  Benelicenza,  da  lui  visitati  nell'Europa. 

Nel  fondo  eslremo  di  quesla  sala  v'e  una  grande  abside,  ove  si  e 
allogalo  1'altare  per  la  celebrazione  dei  divini  misleri.  0  si  couside- 
rino  le  pilture  ,  o  si  considerino  i  marmi  e  il  loro  lavorio ,  o  si  con- 
sideri  1'  archiletlura  ,  questa  cappella  e  di  gran  pregio  ,  e  potrebbe 
parere  ancor  soverchio ,  per  una  infermeria  di  poverelle  ,  a  chi  non 
sapesse  una  circostanza  che  merita  d'essere  menlovala.  Tutta  la  spe- 
sa  che  questa  cappella  e  costata,  non  gravita  punto  sopra  1'ammini- 
strazione  dello  spedale.  Essa  e  un  dono  fattole  dai  capi  d'arte,  ado- 
perati  nella  restaurazione ,  di  che  parliamo :  e  dono  non  palliate  ma 
vero,  perche  falto  dopo  regolali  pienamente  i  conti  a  tulto  rigore  di 
giuslizia. 

Con  cio  fu  tolto  1'  ultimo  incomodo  che  v'  era  nello  spedale  di 
S.  Giacomo  ,  dandogli  la  corsia  delle  donne  ariosa  e  salubre  al  pari 
di  quella  degli  uomini.  Ma  posta  la  mano  ai  reslauri,  MODS.  Girolamo 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  339 

Mallei,  clic  in  qualita  di  Dcpulalo  presiede  a  qncsto  spcdale,  non  si 
fermo  a  quello  solo  che  era  piu  urgente,  ma  voile  aggiungervi  quan- 
to  vi  si  polea  desiderare  ancora  di  piu  ulile.  Allato  dunque  a  questa 
corsia  edifice  convenienlemenle  quallro  allre  sale.  La  prima  d'  esse 
serve  per  le  Operazioni  cliirurgiche,  affine  di  sollrarre  allo  sguardo 
delle  allre  malale  la  vista  dei  ferri  e  del  sangue,  e  offrire  ai  chirur- 
ghi  operator!  maggior  luce  e  maggior  comodita.  La  seconda  chia- 
masi  delle  Oflalmie,  dal  genere  di  malallia  che  vi  si  dovr&  curare , 
la  quale  esigendo  di  sotlrarre  1'  inferma  alia  luce  viva  e  diretta,  di- 
manda  camera  separata  e  misuratamenle  illuminata.  La  terza  e  desli- 
nata  alle  Cancrene,  le  quali,  oltre  che  ingenererebbero,  nella  Corsia 
comune,  felore  ed  infezioni ,  han  bisogno  di  speciali  condizioni  nella 
stanza  delle  infer  me.  L' ullima  sala  finalmente  e  fatta  pei./%m, 
sieno  d'  acqua,  sieno  di  vapori. 

Oltre  a  cio  e  stala  migliorata  e  riabbellita  la  Farmacia ,  aggiu- 
gnendovisi  un  laboratorio  alto  a  qualsivoglia  preparazione  cbimica, 
un  magazzino  per  conservarvi  le  provvigioni,  e  un  giardino  per  col- 
tivarvi  le  piante  medicinali.  E  slata  allo  spedale  aggiunla  una  came- 
ra per  gli  Asfissiali,  fornita  di  tutli  gli  strumenti  necessarii  per  rav- 
vivare  la  respirazione,  dono  del  Municipio  romano.  E  slata  coslrutla 
e  adornata  convenientemenle  una  Sala  di  riunione,  per  le  molle  pie 
confraternite  che  sogli  ono  andare  in  quello  Spedale  ,  per  assistere  e 
servire  ai  malali.  S'  e  edificato  il  conventino,  ove  possono  abitare  le 
Snore  della  Misericordia ,  islitulo  romano ,  la  cui  antica  abitazione 
&  destinata  ad  altro  uso.  Tulto  e  stato  o  ri forma lo  ,  o  ricostrutto,  o 
riabbellito:  di  guisa  che  oramai  il  S.  Giacomo  del  1864  non  ha  piu 
nulla  del  S.  Giacomo  del  1842. 

Noi  non  ci  fermiamo  a  indicare  tulto  cio  che  in  tale  ristaurazione 
risguarda  la  decorazione,  ossia  delle  facciate  esterne,  ossia  delle  in- 
terne sale.  La  descrizione  minula  che  il  rev.  sig.  Ciccolini  ne  fa,  e 
esatiissiraa,  ecorrisponde  alia  realila  del  fatto,  che  noi  abbiamo  pu- 
re verificata.  A.  noi  qui  basti  il  dire,  che  essa  e  veramenle  nobile  , 
senza  essere  soverchiamenle  sontuosa:  tale  cioe  che  mostra  1'amore, 
e  quasi  dircmmo  il  rispetlo,  che  la  carila  cristiana  porla  ai  poveri ; 
ed  esclude  ogni  pensiero  di  vanita  che  voglia  del  denaro  destinato 


340  RIVISTA 

ai  poveri  cercare  piu  un  abbellimento  agli  sguardi  dei  cittadini , 
che  un  sollievo  all'  indigenza. 

Neppure  entreremo  nei  particolari  che  risguardano  la  ristaurazio- 
ne  della  chiesa  di  S.  Giacomo,  annessa  allo  spedale,  e  fatta  in  que- 
sto  medesimo  tempo.  La  maesta  in  lullo  quello  che  risguarda  ii  cul- 
to  e  la  cosa  piu  comune  che  sia  nelle  tradizioni  e  negli  amori  dei 
Romani :  e  lungi  dal  negarlo  i  nemici  di  Roma  le  ne  fanno  una 
colpa,  quasi  di  eccessiva  prodigalila,  giudicando  non  da  uonlini  cri- 
stiani,  ma  da  sensual!  e  da  razionalisli.  Pensano  al  contrario  costoro 
che  tanlo  spendendosi  nella  magnificenza  delle  chiese,  nulla  poi  non 
restl  o  non  si  voglia  spendere  nei  bisogni  dei  poverelli.  Per  questo 
fine  ci  siamo  intraltenuti  a  parlare  un  po'trilamente  dello  spedale  di 
S.  Giacomo,  per  quello  che  principalmente  risguarda  i  malali.  Que- 
sta  non  e  1'  unica  opera  di  tal  genere  che  ora  siesi  falta ;  e  bensi  una 
delle  ullime  che  siensi  in  questi  di  compiute.  Nei  tempo  del  Pontifi- 
calo  glorioso  di  Pio  IX,  la  stessa  opera  di  ristaurazione  si  e  fatta  in 
quasi  lulti  gli  ospedali  di  Roma ,  o  almeno  si  e  cominciata.  Non  ha 
molto  dicemmo  del  Manicomio,  rifatto  quasi  da  capo  con  ingenti  spe- 
se,  e  tutle  soslenute  dal  peculio  private  di  Sua  Santita.  Per  tutte  le 
altre  ristaurazioni  il  S.  Padre  ha  concorso  colla  sua  generosila  e  col 
suo  impulso.  In  questa  particolare  di  S.  Giacomo  e  stala  tale  e  tanla 
la  sollecitudine  da  lui  moslratane,  che  tre  volte  in  un  anno  solo  vi  si 
e  recato  a  visitarne  i  lavori ;  e  1'  ultima  del  di  17  di  quest'  Ottobre 
che  la  \7ide  compiuta,  il  suo  cuore  di  padre  dei  poverelli  rimase  con- 
solatissimo  divedere  reso  non  solo  salubre,  non  solo  vasto,  ma  ezian- 
dio  gaio  e  pulilissimo  1'  asilo  per  sua  cura  preparato  alle  inferme 
indigenti.  Sappiamo  che  al  tempo  stesso  ha  dati  nuovi  ordini  per 
nuovi  reslauri,  e  nuovi  edificii  dello  stesso  genere,  e  fra  gli  altri  per 
una  clinica  delle  partorienti :  di  guisa  che  dei  frulti  della  sua  carila 
puo  dirsi  realmente ,  do  che  di  certi  alberi  fortunati  canto  il  poela : 
E  mentre  spunta  Inn,  I'  altro  matura.  Fara  dunque  meraviglia  che 
a  Ian  to  affetto  paterno  corrisponda  il  popolo  romano  con  affezione 
veramente  figliale? 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  341 

III. 

Syuardo  politico  del  Conle  SOLARO  BELLA  MARGARITA,  Minislro  di 
Stato,  sulla  Convenzione  italo- franca  del  75'  Settembre  4864. 
-  Torino,  tip.  di  Giulio  Speirani  1864.  , 

Con  questo  breve  ma  sugoso  opuscoletto  I'illustre  conle  Solaro 
Delia  Margherita  prende  ad  esaminare  la  famosa  Convenzione  del  15 
Seltembre,  non  sotto  aspelto  municipale,  per  1' immense  danno  doe 
clie  ne  proviene  a  Torino,  ma  sotto  aspetlo  nazionale,  per  1'  interesse 
cioe  relative  a  tutto  il  regno.  Egli  stabilisce  questa  doppia  proposi- 
zione :  che  per  la  famosa  Convenzione  la  dignita  del  paese  e  corn- 
promessa,  e  la  sua  indipendenza  in  pericolo.  La  prima  parte  si  chia- 
risce  principalmente  dall'  obbligo  assunto  del  trasferimento  della 
Capitale.  Una  tal  condizione  del  trattato  fu  onerosa,  umiliante,  impo- 
litica.  Se  ci  a  affare  interno  a  uno  Stato,  e  appunto  quello  della  Re- 
sidenza  del  suo  Governo.  II  farsi  imporre  intorno  a  cio  determina- 
zione  veruna  da  altro  Stato,  o  richiederne  almeno  il  consenso,  costi- 
liiisce  un  intervento  dLmiovo  genere,  di  cui  non  ci  e  esempio  negli 
annali  della  diplomaziav «  Se  conveniva  al  Governo,  egli  dice,  corn- 
piere  quest' alto  d'interna  amministrazione,  doveva  compierlo  senza 
neppur  parlarne,  senza  trattare  colla  Francia,  non  piu  che  con  qua- 
lunque  altra  Potenza,  e  se  di  ci6  si  e  con  essa  trattato,  lo  fu  perche 
si  riconobbe  che  essa  voleva  e  poleva  opporvisi.  Nessun  vantaggio, 
per  tanta  arrendevolezza  promesso,  compensera  mai  il  danno  di  aver 
sottoposto  ad  una  Potenza  straniera  una  questione ,  che  non  doveva 
mai  essere  discussa  oltre  i  conflni  del  proprio  Stato  1.  » 

Ma  che  sarebbe,  se  ragionevolmente  fossero  a  temere  patli  se- 
greti,  pei  quali  in  un  avvenire  piu  o  meno  prossimo  o  remoto  doves- 
sero  allre  terre  italiane  esser  cedute  alia  Francia?  «  Si  sono  gia  tol- 
ti,  egli  esclama,  all' Italia  i  suoi  baluardi;  si  sono  conscgnate  le 
chiavi  delle  Alpi,  di  cui  era  il  Sardo  Re  custode,  alia  Francia,  e  puo 

1  Pag.  8. 


312  RI  VISTA 

lemersi  che  con  miovo  dissennato  pensiero  non  le  sia  conteso  il  pos- 
sesso  delle  terre  da  essa  sempre  vagheggiate.  »  Una  tale  idea  e  si 
stolta,  si  perniciosa,  si  Iraditrice  della  patria,  che  per  ammellerne  il 
semplice  sospelto,  e  forza  averne  irrefragabili  prove.  Tultavia  chi 
puo  negare  esserci  nella  nalura  stessa  delle  cose  e  dell'operare  uma- 
lio  bastpvole  fondamento  per  impensierirsene?  Lo  sgonrbero  delle 
Iruppe  francesi  da  Roma  non  puo  considerarsi  seriamente,  come  un 
vanlaggio  corrispeltivo  per  Napoleone  III  all'  onere  imposto  al  Go- 
verno  di  Torino.  «  Sarebbe  far  torto  all'imperalor  Napoleone,  sa- 
rebbe  giudicarlo  ben  poco  accorto  il  supporre  che  non  tenda  in  un 
modo  o  neH'allro  negli  alti  suoi  ad  un  fine  motto  phi  perlui  impor- 
tante.  Ben  sa  che  e  in  suo  polere  sgombrare  la  Cilia  elerna,  quando 
gli  convenga,  senza  esservi  mosso  da  pallo  alcuno;  e  tutli  compren- 
dono  che  se  malgrado  la  Convenzione  non  gli  convenisse  abbando- 
narla,  gli  sara  assai  agevole  inlerpretarne  ed  eluderne  le  condizio- 
ni ;  quando  anche  F  abbandonasse  custodira  da  Civitavecchia  Roma. 
Chi  puo  prevedere  gli  evenli  tutti  del  corso  di  due  anni  in  questi 
tempi,  in  cui  le  mutazioni  succedono  rapidissimamente  piu  che  non 
fosse  innanzi  all'  era  nostra  nel  corso  di  secoli  ?  Napoleone  III  non 
ha,  siamone  certi,  abbandonata  1'  idea  di  ricuperare  alia  Francia 
quanto  piu  polra  delle  conquisle  del  gran  guerriero,  di  cui  eredito  lo 
scettro  e  il  nome.  Menlre  volge  lo  sguardo  alia  deslra  sponda  del 
Reno,  lo  volge  di  qua  delle  Alpi  a  quelle  lerre  che  bagnano  il  Po, 
la  Sesia  ed  anche  il  Ticino.  Sara  forse  un  Irislo  sospelto,  ma  non  in- 
giuslo,  non  senza  fondamento,  ne  da  rigeltarsi  in  cosa  di  tanto  rilie- 
vo.  Qual  meraviglia  se  in  cdpo  a  due  anni  prima  di  ritirare  le  armi 
francesi  da  Roma,  ponesse  per  condizione  il  possesso  di  qualche  al- 
tra  terra  italiana?  Non  potrebbe  Egli  chiedere  1'Isola  di  Sardegna, 
per  agevolare  la  preponderanza  marittima  delSa  Francia  nel  Medi- 
terraneo?  Non  polrebbe  Irovar  troppo  eslesa  la  spiaggia  del  Regno 
italiano  sul  mare,  e  con  conlenlo  di  quell'  Isola  chiedere  anche  la 
Liguria?  Forse  anche  reslituire  alia  Francia  del  primo  Napoleone  la 
vigesima  setlima  e  la  vigesima  ollava  divisione  militare  1  ?  » 

1  Pag.  8-9. 


BELLA  STAMPA  ITALIAN  A  343 

Lc  considerazioni  di  un  uomo  di  tanlo  senno  cd  cspcricnza  politi- 
ca,  quale  c  queslo  antic.o  Ministro  di  Carlo  Alberto,  non  puo  fare 
che  non  abbiano  grandissimo  peso  sull'animo  del  veri  Italian!  in  una 
materia  si  grave,  da  cui  dipende  nou  pur  1'  onore,  ma  i  deslini  an- 
cora  futuri  della  penisola.  Gl'improvvidi,  che  si  arrogano  presente- 
mente  di  deciderne  le  sorli,  par  che  non  abbiano  dinanzi  agli  occhi 
che  1' Austria;  eppure  se  non  mirassero  le  cose  con  la  vedula  cor  la 
d'una  spanna,  dovrcbbe  presentarsi  alia  loro  vista  qualche  cosa  an- 
che  piu  perigliosa  agli  stessi  inleressi ,  da  cui  essi  si  moslrano  co- 
tanto  compresi.  «  Mi  guardi  Iddio  ,  cosi  conchiude  il  Conle  Solaro , 
da  ogni  paragone  odioso ;  ma  impossible  e  che  considerando  la  si- 
tuazione  in  cui  si  trova  atlualmente  1'  Italia,  non  mi  venga  al  pensie- 
ro  qual  fu  1'  antica  Grecia  al  cospelto  di  Filippo  Re  di  Macedonia, 
qual  fu  al  cospetto  de'  Romani ,  priva  di  liberta ,  di  gloria  e  di  pos- 
sanza  1.  » 

Non  si  contenta  pero  1'  antico  Ministro  di  far  toccar  con  mano  in 
questo  suo  giudizioso  lavorietto  i  mali ,  che  da  si  falla  Convenzio- 
ne  sovrastanno  all' Italia:  egli,  da  quell' uomo  accorto  e  pralico  che 
&,  suggerisce  ancora  il  rimedio.  «  Comprendo,  dice  egli  (pag.  16), 
che  i  Minislri ,  i  quali  hanno  acceltato  1'  ufficio  con  un  tratlato  gia 
ralificato ,  non  trovino  mezzo  di  trarsi  d'  impiccio ,  ed  io  stesso  non 
vedo  che  una  sola  via,  difficile  assai,  ma  pero  vorrci,  se  fossi  a  luo- 
go  loro,  tentarla.  Allo  stesso  imperatore  Napoleone  si  esponga  qua- 
li sono  le  condizioni  dell'  Italia ,  quali  i  timori ,  quali  sospelti  si 
sono  destati  non  in  pochi ,  ignari  di  cose  di  Stato ,  ma  in  tutli  co- 
loro  che  degli  andirivieni  della  politica  hanno  contezza.  Ouei  timori, 
quei  sospelti  o  sono  veri  o  falsi.  Se  falsi,  non  vorra  sostenere  una 
Iransazione  che  a  quelli  diede  amplissimo  fondamento,  e  di  lanli  mali 
umori  e  cagione  in  Italia ,  senza  alcun  vanlaggio  per  la  Francia.  Se 
sono  veri,  si  affreltcra  certo  a  smenlirli  abbandonando  la  Convenzio- 
ne,  ne  potrebbe  in  altro  modo  agire  senza  detrimenlo  di  sua  gloria, 
e  senza  palesare  al  mondo  inliero,  che  non  lo  spingeva  a  conchiu- 
derla  simpatia  od  interessamenlo  per  1' Italia,  ma  1'idea  di  ricalcar 


1  Pag.  20. 


344  BIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

colle  sembianze  di  pace  le  orme  del  primo  Napoleone :  gia  quella 
esiste;  la  Convenzione  del  15  Settembre  produrra  ogni  giorno  piu 
in  tutta  Europa  una  profonda  impressione ;  sara  inlerpretata  come 
una  sfida  a  lulte  le  Potenze,  cui  puo  offendere Tidea  clie  la  Francia 
pretenda  dar  legge  agli  Stall  indipendenli.  Napoleone  I  entro  vit- 
torioso  in  molte  Capital!,  dello  la  legge  a  molti  Sovrani,  ma  in  guer- 
ra  e  come  vincitore;  ben  diversa  cosa  e,  mentre  si  e  in  pace,  im- 
porre  ad  un  Principe  alleato  di  mutare  la  sede  del  Governo,  e  di  ri- 
nunciare  a  ogni  pensiero  di  trasferirla  altrove.  Tanto  piu  sorprende- 
ra  che  quel  Governo,  il  quale  riguarda  come  fondamento  del  suo  nuo- 
TO  dirilto  ptibblico  il  principio  del  non  inter'vento,  non  s'avveda  che 
non  puo  esservi  intervento  maggiore  di  quello  che  esercita  colla  pre- 
sente  Convenzione.  « Se  riuscisse  il  tenlalivo,  sarebbero  tolti  aH'Ita- 
lia  il  disdoro  e  il  damio,  al  Parlamento  il  fastidio  di  disculere  sopra 
cosi  funesto  argomento.  Non  riuscendo  spelterebbe  al  Senato,  alia 
Camera ,  di  provvedere  al  ben  pubblico.  Non  so  qual  sara  il  conte- 
gno  de'  Ministri  che  ora  assunsero  le  redini  del  Governo  italiano ;  ma 
pensino  che  se  sono  vinti  in  quesla  politica  battaglia,  dir  non  po- 
tranno,  come  Francesco  I  dopo  la  sconfilta  di  Pavia:  tout  est  perdu 
hors  I'  honneur.  » 

Ma  noi  temiamo  forte  che  dell'  Italia  rigenerala  non  si  debba  tra 
non  mollo  dire  appunto  queslo:  Tutto  e  perduto  compreso  Fonore. 
E  questo  sara  il  fruUo  che  la  giovane  e  pazza  Italia  avra  ricavato 
dall'  aver  non  curato  i  consigli  della  vecchia  e  savia  Italia. 


ARCHEOLOGIA 


I  tre  sepolcri  Santambrosiani,  scoperti  nel  Gennaio  1864. 

Non  e  gran  tempo  che  noi  demmo  contezza  ai  nostri  lettori  dell'  insi- 
gne  scoperta ,  fatta  questo  medesirao  anno ,  in  Milano ,  de'  Sepolcri  di 
S.  Ambrogio,  e  de'  due  santi  Martin  Gervaso  e  Protaso  *.  Poco  pero  ne 
potemmo  dire,  attesa  la  moltiplicita  di  altri  soggetti  archeologici,  che  al- 
lora  ci  premeva.  Ora  che  abbiamo  alquanto  piu  agio,  e  il  chiaro  Sacerdo- 
te  Luigi  Biraghi  ha  pubblicato  un  dotto  opuscolo,  col  titolo  messo  in  fron- 
te  a  questa  nostra  Appendice,  noi  volontieri  ci  torniamo  sopra,  compen- 
diando  le  cose  principali  esposte  da  lui. 

E  in  primo  luogo  e  da  ricordare  un  fatto  assai  celebrate  della  -vita  del 
S.  Dottore ,  quello  cioe  della  invenzionc  de'  corpi  de'  santi  Geryaso  e 
Protaso.  Essi  erano  stati  deposti  nel  Cimitero  detto  di  Caio,  luogo  di  ri- 
poso  de'  martiri  e  de'  primi  fedeli  di  Milano.  II  Biraghi  pone  il  tempo  del- 
la  loro  passione  sotto  1'  imperio  e  durante  la  persecuzione  di  Nerone.  II 
de  Rossi  non  osa  affermarlo  con  ogni  certezza :  pruoya  pero  con  effica- 
cissimi  argomenti,  che  il  loro  martirio  non  puo  essere  riferito  alia  perse- 
cuzione di  Diocleziano  come  alcuno  yorrebbe,  e  che  ad  ogni  modo,  se 
non  patirono  solto  Nerone,  la  loro  morte  dovette  essere  separata  di  gran 
distanza  dalla  eta  di  Ambrosio  2.  II  modo  poi  della  scoperta  e  riferito  da 
Paolino  nella  yita  del  Santo  3,  e  dal  Santo  medesimo  nella  epistola  a  Mar- 
cellina  sua  sorella ,  ed  in  una  omelia  che  tenne  al  popolo  per  questa  oc- 


1  Civ.  Catt.  Serie  V,  vol.  IX,  pag.  COS. 

2  DE  Rossi  Bullelt.  di  Arch.  cm.  an.  486$,  num. 
5  PALL.  Vit.  Amb.  C.  XIlL 


346  ARCHEOLOGIA 

casione.  Noteremo  col  ch.  Biraghi  alcune  particolarita,  espresso  da  S.  Am- 
brogio  intorno  ai  santi  corpi,  e  al  modo  com'  egli  li  fe  chiudere  ne'nuovi 
sepolcri.  II  che  ci  varra  assai  per  autenticare  la  scoperta  fatta  ultima- 
mente  de'  medesimi  sepolcri. 

Dice  adunque  che  trovo  del  sangue  assai  nel  luogo  in  cui  erano  depo- 
sti,  Sanguinis  plurimum:  ed  ei  lo  ricorda  come  chiarissimo  testinionio 
del  martirio  de'due  eroi  cristiani  e  del  loro  trionfo.  «Di  quel  sangue  (sog- 
giunge  il  Biraghi)  nell'  attuale  scoperta  si  rinvennero  deile  tracce  ,  forse 
Belle  materie  colorate,  miste  a  ossido  di  ferro,  certamente  nel  fondo  di 
im'ampolla  e  in  un  piccolo  sepolcrino  quadrate,  copcrto  di  una  tavoletta 
di  bianco  mar  mo  ben  ceraentata  all'  ingiro  ;  in  esso  era  nel  mezzo  un 
fondo  di  ampolla  di  vetro  con  materia  rosso- turchina,  e  due  porzioni  di 
una  colonnelta  scanalata  di  marmo  bianco....  Su  questi  pezzi  ancora  si 
vedono  delle  macchie  rosso-vermiglie,  in  alcuni  punli  piu  cariche  a  sem- 
bianza  di  sangue,  in  altri  giallastre  e  grommose:  macchie,  che  dali'ana- 
lisi  chimica  risultarono  essere  depositi  di  ferro  (base  del  sangue}  e  d'in- 
ceaso  e  di  altre  resine.  » 

Nota  di  piu  il  santo  Dottore  di  aver  curato  i  sacri  corpi,  adoperando  la 
parola  condwimus,  colla  quale  si  soleva  si  gnil:care  il-pio  ufficio  diunge- 
re  con  preziosi  unguenti  i  cadaver!  de'  cari,  ed  involgerli  con  varie  sor- 
tc  di  aromi  eatro  drappi  piu  o  mcno  preziosi.  La  quale  usanza,  passaia 
dagli  Ebrei  ne'  Cristiani,  fu  da  questi  massiraamente  servata  co' Martin; 
ne' sepolcri  de'quali  solevano  eziandio  gittare  delle  monete,  per  testimo- 
niaoza  di  devozione  e  di  fiducia.  Ora  di  una  simile  pieta  di  Ambrogio  e 
divozione  de'  fedeli,  per  rispetto  a  que'due  Martiri,  rimangono  i  vestigi 
nel  terriccio  del  loro  sepolcro,  in  mezzo  al  quale  si  sono  scoperli  grani 
d'  incense  ed  altre  spezie,  avanzi  di  stoffe  preziose  e  filament!  di  oro,  con 
delle  particelle  inerenti  ai  minuzzoli  delle  ossa.  II  cbe  e  segno  non  essere 
stati  que' drappi  adoperati  per  involgere  i  corpi  ancora  interi,  poco  ap- 
presso  al  martirio  ;  ma  si  le  ossa.  Le  monetine  poi  sono  divise  dal  Biraghi 
in  due  class! ;  1' una  di  quelle  che  appartengono  al  secolo  IV  cadente, 
1'altra  die  si  riferiscono  al  secolo  V,  anch'  esso  cadent  e. 

II  santo  Arcivescovo  determine  ancora  nella  stessa  omelia  il  site  che 
assegnava  a  quelle  sacrereliquie:  Cedo  dexter  am  portionem  Martyribus. 
Perocche  il  suo  prime  intendimento  era  stato  di  riservare  per  se  quel  po- 
sto  di  sotto  aH'aitare  della  gran  Basilica  da  lui  edificata :  or  lo  divide  coi 
•nuovi  ospiti;cedendopero  adessi  la  parte  piu  degna,  che  e  la  destra.Quin- 
di  conchiude :  Condamus  ergo  sacrosanctas  reliquias ,  et  dignis  aedibus 
invehamus;  volendo  denotare  colla  parola  aedibus  noalachiesa,  nella 
quale  gia  erano  stati  trasportati  i  santi  corpi ,  e  stavano  in  presenza  del 
popolo,  ma  il  prezioso  altare,  sotto  cui  doveano  essere  collocati. 

Questa  solenne  deposizione  avvenne  nell'  Aprile  del  386,  poco  dopo  il 
ritroYamento  de'  santi  corpi,  benche  1'annuale  commemorazione  fosse  di- 


ARCHEOLOGIA  347 

poi  fissata  ai  19  di  Giugno.  Sopravvisse  Ambrogio  altri  undid  ami,  cioe 
sin  presso  alia  Pasqua  del  397  ;  nel  quale  tempo,  yolata  la  sua  grand' a- 
nima  in  cielo,  a  ricevere  il  premio,  con  tante  insigni  opere  di  zelo  raeri- 
tato,  il  corpo  suo  fu  senza  dubbio  deposto  in  quel  luogo  ,  che  si  era  egli 
stesso  destiiiato,  alia  sinistra  de'Martiri.  «  Alia  sinistra  infatti,dice  ilBi- 
raghi,  ossia  in  cornu  cpistolae,  si  trovo  un  sepolcro  della  stessa  foggia  e 
materia  e  direzione  delfaltro  a  destra :  la  stessa  lunghezza  e  altezza ,  gli 
stessi  marmi  preziosi ;  con  questa  diversita,  che  il  sinistro  e  meno  largo, 
ha  i  pezzi  secondarii  di  marmo  meno  preziosi,  ha  il  terriccio  piii  grasso  e 
piu  nericcio  di  quello  del  destro,  e  conteneya  delle  monetine  coniate  dopo 
deposti  e  chiusi  i  due  Martiri.  »  Di  queste  monetine  yien  quindi  facendo 
1'  enumerazione,  dichiarandole  con  acconcia  erudizione.  Noi  gia  le  ricor- 
damnio  ' ,  se  non  tutte,  almeno  le  principal! :  pero  seguiteremo  1'Autore 
nella  storia,  che  esso  ordina  di  questi  santi  sepolcri,  da  quel  tempo  anti- 
chissimo  insino  alia  ultima  scoperta,  che  se  n'e  fatta ;  non  fermandoci  su 
tulte  le  particolarita ,  ma  in  quelle  solamente,  che  possono  yie  meglio 
dimostrare  la  verita  della  loro  scoperta. 

Morto  che  fu  Ambrosio,  gia  non  piu  pe'  soli  Martiri,  ma  anche  per  lui 
comincio  ad  essere  onorato  quel  luogo.  Perocche  si  propagava  ogni  di 
piu  la  fama  di  segnalati  miracoli  e  singolari  fayori  ottenuli  dal  sauto  Ar- 
ciyescovo  e  da'suoi  compagni  di  riposo.  Pero  gran  cura  ebbero  sino  da 
que'principii  i  fedeli,  e  specialmente  i  Successori  di  Ambrogio,  di  tenere 
nel  debito  splendore  que'  sepolcri.  Ci  ha  memoria  segnatamente  di  S.  Lo- 
renzo, yissuto  il  secolo  appresso,  e  stato  Vescoyo  di  Milano,  il  quale  (co- 
me attesta  S.  Ennodio  suo  discepolo )  dopo  i  guasti  dati  a  Milano  da  0- 
doacre  e  la  vittoria  di  Teodorico,  ritornato  in  citta,  e  «trovando  i  tempi! 
di  Dio  convertiti  in  stalle  di  bestie,  e  specialmente  le  basiliche,  poco  pri- 
ma  si  splendide  (dudum  splendidissima) ,  deformate  dalle  sordidezze,  e- 
gli  non  solo  restitui  ogni  cosa  al  pristine  splendore,  ma  anche  a  condizio- 
ne  migliore 2.  »  E  da  credere  che  il  santo  Prelato  in  questa  occasione  ri- 
staurasse  eziandio  i  due  sepolcri ,  non  si  potendo  supporre  che  in  quella 
si  universale  profanazione  delle  piu  illustri  basiliche  essi  soli  venissero 
rispettati.  Certo  eche  sonoevidenti  gli  argomenti  dell'essere  stati  intor- 
no  a  que'  tempi  aperti;  giacche  si  sono  rinyenute  in  fondo  all'uno  ed 
all'altro  alquante  monete,  di  quell'  epoca  appunto,  cioe  tra  la  line  del  se- 
colo V  ed  il  principio  del  VI,  ne  piu  oltre.  Ecco  le  principali. 

La  prima  e  piu  importante  ha  nel  dritto  la  scritta :  VLavius  RECIw^- 
RUS;  nel  royescio  VIcTOna,  e  la  effigie  di  una  nave  guidata  da  un  ge- 
nio,  e  sopra  la  nave  una  Vittoria  con  corone  in  mano.  Questo  Flavio  Re- 
cimero  fu  generale  dell' imperatore  Avito,  dal  quale  ricevuto  il  comando 


-I  Ved;  luog.  cit. 

2  ENNOD.  in  Nalal.  cath.  Laur.  med.  Ep. 


348  ARCHEOLOGIA 

della  flotta  romana,  debello  i  Yandali :  dipoi  create  console  e  Patrizio,  e 
divenuto  genero  dell'imperatore  Antemio  riusci  ad  usurpare  1'impero, 
spogliatone  Ayito,  e  poco  dopo  ucciso  lo  stesso  Antemio,  con  cui  ayea  di- 
yiso  1'Occidente.  Tenne  per  due  anni  la  suprema  signoria,  e  gli  onori  e  i 
distintivi  d' Imperatore ,  tranne  il  nome.  «  Questa  moneta  (dice  il  Bira- 
ghi) ,  che  ci  presenta  il  ritratto  di  questo,  barbaro  ma  illustre  generale  e 
principe,  e  forse  la  prima  che  sia  yenuta  in  luce:  ne  il  marchese  di  Lagoy 
nel  1843  ,  ne  Friedlander  nel  1844,  ne  altri  che  io  sappia,  non  poterono 
troyarne  una  di  Recimero ,  benche  tutti  fossero  persuasi  che  ye  ne  doye- 
ya  essere. » 

Una  seconda ,  anch'  essa  di  Recimero  ,  nel  royescio  presenta  il  mono- 
gramma  del  suo  nome  ;  nel  dritto  dovea  essere  improntata  della  effigic 
dell'imperatore  di  quel  tempo ;  ma  non  e  discernibile. 

La  terza  ha  il  ritratto  di  Zenone  con  mezza  barba  ,  come  presso  il  Ta- 
nini,  e  d'intorno  al  ritratto  la  scritta  ZENO  :  nel  royescio  ODOACAR  in 
monogramma,  entro  ghirlanda  di  palme  e  di  allori.  Questo  Odoacre,  du- 
ce  degli  Eruli ,  avea  seguito  1'  esempio  di  Recimero  ,  yista  1'  imbecillita 
degli  ultirni  Imperatori ;  dapprima  usurpandone  il  comando,  di  poi  facendo 
improntare  il  suo  monogramma  dietro  le  monete  di  Zenone  imperatore  di 
Oriente,  e  da  ultimo  dichiarandosi  re  dell'Italia.  Questa  moneta  se  non  e 
unica,  e  certo  rarissima. 

Yi  ha  tre  monete  d'  argento  col  nome  a  lettere  in  senso  inyerso  e  col 
ritratto  dell'imperatore  Anastasio,  e  ayendo  nel  royescio  il  monogramma 
di  Teodorico  con  croce  e  Stella.  Questi  riuscito  yincitore  di  Odoacre  fon- 
do  nel  493  il  regno  de'  Goti  nell'  Italia. 

Un'altra  moneta  di  bronzo,  anch'  essa  di  Teodorico  ,  e  improntata  nel 
dritto  di  un  busto  femminile  di  Roma  galeata,  coll'  epigrafe  inviclk  RO- 
MA S.  G. ,  nel  rovescio  del  monogramma  di  Teodorico. 

Di  queste  monete ,  le  due  di  Recimero  ed  una  di  Teodorico  furono  ri- 
troyate  nel  sepolcro  de' SS.  Martiri  adestra;  le  altre  nel  sepolcro  di 
S.  Ambrogio  a  sinistra. 

Ne'secoli  appresso  seguito  ad  esser  yiya  la  diyozione  yerso  S.  Ambro- 
gio ed  i  SS.  Martiri.  Di  che  yi  ha  memoria  si  ne'  document!  scritti,  si 
nelle  dipinture  e  ne'musaici,  come  si  puo  yedere  nel  Biraghi.  Tocchere- 
mo  solamente  della  magnificenza  di  Pietro  Arcivescoyo  di  Milano,  yerso 
la  tine  del  secolo  VIII ,  e  di  Angilberto  ,  suo  successore,  nel  principio 
del  IX.  II  primo  fe  tutto  di  nuoyo  la  basilica,  ritenuta  pero  1'antica  pianta  ; 
ele  diede  il  titolo  principale  di  S.  Ambrogio,  insieme  coH'antico  de'mar- 
tiri  Geryaso  e  Protaso.  II  Diploma  fu  sottoscritto  da  lui  e  da  yentuno 
tra  preti  e  diaconi  piu  ragguardevoli  per  dignita.  Ne  di  questo  fu  con- 
tento  lo  zelante  Arcivescoyo.  Perocche  a  meglio  proyyedere  al  culto  di- 
yino,  che  era  cominciato  a  riuscire  troppo  grayoso  al  Capitolo,  chiamo  i 
monaci  Benedettini,  e  loro  edifico  un  magnifico  monastero;  affinche, 


ARCHEOLOGIA  349 

com'egli  dice  nel  citato  Diploma,  ante  sancta  eonim  corpora  (di  S.  Ambro- 
gio e  de'martiri  Gervaso  e  Protaso)  continuatim  et  publice  officia  et  di- 
mnas  laudes  concelcbrent.  Con  chc  fa  intendere  che  i  sacri  corpi  seguita- 
vano  ad  aver  luogo  sotto  1'  altare  maggiore ;  giacche  i  divini  officii  e  le 
lodi  divine  sogliono  essere  celebrate  appunto  all'  altare  maggiore.  II  fat- 
to  di  Pietro  fu  approvato  da  Carlo  Magno  ,  il  quale  nel  seguente  anno, 
cioe  nel  790  ,  confermo  la  fondazione  del  monastero,  e  1'assegnamento 
de'fondi,  all'uopo  del  monastero  e  de'monaci. 

Angilberto  II,  che  successe  a  Pietro  nell'824,  rivolse  tutte  le  sue  cure 
all'altare  ed  ai  sepolcri  de'tre  Santi,  i  quali  da  si  gran  tempo  vi  riposava- 
no.  Apri  dunque  quelle  urne  venerande  ,  e  giacche  il  nome  di  Ambrosio 
era  quasi  uniticato  con  quello  de'Martiri,  penso  di  raccogliere  insieme  le 
reliquie  di  tutli  loro  ,  e  deporle  cosi  congiunte  in  un'  area  sola.  Ne  avea 
una  di  grand!  dimension*!,  e  preziosissima,  perche  tutta  di  porfido.  Dentro 
questa  pertanto  compose  i  venerati  avanzi  di  quegli  eroi  ,  sceverate  pri- 
ma  le  ossa  di  ciascuno  di  loro,  e  formaline  alia  meglio  gli  scheletri,  i  qua- 
li adorno  di  ricchissime  vesti,  locando  Ambrogio  nel  mezzo,  come  atte- 
sta  1'antica  tradizione.  Ma  egli  non  crede  di  dover  distruggere  gli  antichi 
sepolcri.  Li  lascio  dunque  dov'  erano  col  fondo  del  terriccio  mischiato  a 
particelle  di  ossa,  ed  altri  rimasugli,  come  notammo,  per  memoria  di  cio 
che  erano  slato  ,  e  come  oggetto  ancor  essi  di  venerazione  ai  fedeli.  La' 
imova  urna  poi  situo  a  traverso  di  quelli,  la  ricinse  di  grosso  muro,  qua- 
si pozzo  quadrato,  la  ricopri  di  doppia  tavola,  1'una  di  marmo,  1'altra  di 
porfido,  incastrando  1'  estremita  di  amendue  entro  il  muro,  e  di  sopra  e- 
resse  il  grande  altare  di  argento,  di  oro  e  di  pietre  preziose. 

E  che  questo  insigne  lavoro  sia  opera  di  Angilberto,  risulta  da  tre  do- 
cumenti,  che  noi  appena  accenneremo.  II  primo  e  un  clipeo  o  tondo  effi- 
giato  nel  pallio  di  argento  ,  e  rappresenta  Angilberto  in  atto  di  offrire  a 
S.  Ambrogio  1'  altare,  1'  uno  e  Y  altro  con  a  fianco  il  proprio  nome.  II  se- 
condo  e  la  iscrizione  scolpita  nell'argento,  nella  quale  e  detto  avere  An- 
gilberto dedicate  a  Dio  quel  lavoro  in  onore  di  S.  Ambrogio,  che  vi  ri- 
posa,  ed  essere  quell'arca  preziosa  di  fuori  per  oro  e  per  gemme,  ma  piii 
preziosa  neU'interno,  pel  tesoro  che  contiene  delle  sacre  ossa.  II  terzo  e 
il  diploma,  con  cui  lo  stesso  Angilberto  affida  il  nuovo  altare.  ad  un  Gau- 
denzio,  da  lui  costituito  Abate. 

Anche  quesla  seconda  deposizione  ebbe  la  sua  festa  commemorativa, 
e  il  solerte  canonico  Biraghi  1'ha  potuto  dimostrare  con  autorevoli  testi- 
uionianze.  Essa  cadeva  ai  25  di  Marzo.  II  documento  piu  antico  che  il 
pruova,  e  un  codice  del  secolo  IX ,  in  cui  sono  contenuti  varii  opuscoli 
di  Padri,  ed  ultimamente  il  martirologio  del  Beda,  con  aggiunte  in  di- 
verso  carattere  di  alcuni  Santi  milanesi ;  le  quali  pero  non  si  estendono  ad 
altri  Santi  che  furono  introdotti  in  quella  liturgia  dopo  I'SoO.  Ivi  a'  25 
di  Marzo  ( VIII  kal.  April.)  e  posta  la  seguente  postilla  :  In  Mediolano 


350  ARCHEOLOGIA 

Exaltatio  corporum  sanctorum  Gervasii  et  Protasii  Marly  mm  et  Con- 
fessoris  Ambrosii.  Ne  si  puo  dubitare  che  la  cornmemorazione  ron  fosse 
istituita  appunto  per  memoria  di  questa  piu  splendida  deposizione,  si 
per  essere  celebrati  congiuntamente  i  tre  Santi,  come  perche  gli  altri 
giorni  festivi  di  S.  Ambrogio  sono  notati  nel  medesimo  martirologio 
a'proprii  luoghi ,  cioe  il  suo  Battesimo  a'  30  Novembre,  la  sua  Ordina- 
zione  a'  7  Decembre,  il  suo  natale  al  cielo  a'  5  di  Aprile.  La  stessa  me- 
inoria  si  rileva  da  altri  docuraenti  liturgici  di  tempi  posteriori. 

Ma  le  particolarita  della  Deposizione,  esposte  piu  sopra  da  noi,  si  de- 
ducono  ancor  chiaramente  da  una  bellissima  miniatura,  scoperta  dal  chia- 
ro  Autore  in  un  codice  del  secolo  XIII,  ma  che  egli  dimostra  essere  slata 
copiata  da  un  altro  del  secolo  X  o  XI.  Tra  i  varii  opuscoli  e  tutti  imper- 
fetti,  che  contiene,  vi  e  un  martirologio  milanese ,  Don  pero  intero,  fre- 
giato  di  preziose  dipinture.  In  due  di  esse  e  rappresentato  S.  Ambrogio: 
la  prima  volla  nella  festa  dell'Ordinazione  (a'  7  di  Decembre)  ;  e  vi  sono 
figurati  alcuni  fatti  principal!  della  sua  vita  sino  alia  morte:  la  seconda 
volla  nella  festa  della  Deposizione;  e  vi  e rappresentata,  nel  primo  piano 
del  campo,  la  morte  del  Santo,  con  al  fianco  il  Yescovo  di  Lodi  S.  Bas- 
siano,  che  lo  assiste,  e  in  alto  il  divin  Salvatore,  apparitogli  in  quell' e- 
stremo,  come  narra  la  sua  vita :  nel  piano  secondo  e  ritratto  nel  suo  ricco 
sepolcro,  vestito  di  abiti  pastorali,  giacente  in  mezzo  ai  due  martiri  Pro- 
taso  e  Gervaso,  sopra  un  fondo  a  colore  di  portido  e  cosperso  di  varie 
monete  di  oro,  di  argento,  di  rame,  e  di  altri  donatw.  Cio  che  forse  piu 
importa  in  queste  rappresentanze  sono  i  due  cartelli,  che  si  nell'una,  si 
nell'altra  sono  messi  in  mano  di  Ambrogio :  il  primo  e  iscritto :  Depositio 
AmBROXlI;  il  secondo  Depositio  AwBROXlI  Secundo ,  ossia  per  la  se- 
conda volta:  ed  e  parola  liturgica  che  si  trova  segnata  ora  per  disteso 
ed  ora  abbreviata  so,  scdo,  sdo,  colla  lettera  S  talvolta  tagliata  a  mezzo. 

Ma  oltre  alle  miniature,  nella  stessa  basilica  e  in  luogo  pubblico  e  so- 
lenne,  cioe  nel  sotterraneo  e  sopra  il  muro  a  cui  poggiava  1'  altare,  detto 
altare  Depositionis  S.  Ambrosii ,  era  espressa  in  un  alfresco  la  immagine 
de'  Santi,  nella  maniera  che  furono  deposti  da  Angilberto,  e  presso  a  poco 
come  sono  rappresentati  nella  miniatura.  Secondo  la  descrizione,  che  di 
tali  immagini  si  trova  in  parecchi  documenti  ( specialmente  in  un  atto 
giuridico  del  1333,  che  si  conservanell'archivio  della  basilica)  e  conforme 
i  tipi  di  alcune  monete  milanesi  (coniate  dopo  1'anno  1300  ),  il  Biraghi 
ha  potuto  fame  eseguire  una  incisione,  che  ha  pubblicata  nel  suolibro. 

Pe'  quali  monumenti  e  indubitata  la  Deposizione  fatta  per  Angilberto, 
ed  il  modo  di  essa. 

Ne  dopo  quel  tempo  fu  piu  aperto  per  qualunque  cagione  il  luogo  del 
riposo  di  que'  tre  insigni  patroni  di  Milano.  Vero  e  che  alcuni  vorrebbero 
sostenere ,  che  nell'  epoca  di  Federico  Barbarossa,  quando  la  citta  di  Mi- 
lano fu  da  capo  a  fondo  manomessa  e  saccheggiata,  con  altre  sacre  reli- 


ARCIIEOLOGIA  351 

quie  nc  furono  ancora  rapili  i  corpi  de'  santi  martiri  Gervaso  e  Protaso. 
Ma  cio  si  aflerma  non  solo  senza  fondamento,  ma  contro  alle  piu  certe 
memorie  di  que'  tempi.  Perciocchc  il  Barbarossa  non  solamerite  yoile  ri- 
spettata  la  Basilica  ambrosiana,  ma  anzi  la  favori  in  vane  guise,  e  i  mo- 
naci  benedettini,  che  erano  nelle  sue  buone  grazie,  tennero  per  sua  vo- 
lonta  tutto  quel  tempo  le  chiavi  dell'altare,  del  tesoro,  della  basilica;  ed 
ogni  cosa  fu  salva. «  Di  tali  cose,  dice  il  Biraghi,  oltre  agli  storici  di  allo- 
ra,  eallri  tali  document!,  si  trovano  le  piu  evidenti  prove  in  un  Processo 
fatto  da  tre  delegati  apostolici,  dopo  la  mortc  del  Barbarossa,  negli  anni 
1199  e  1*200  ;  processo  in  c.ui  furono  sentiti  in  gran  numero  teslimonii 
di  ogni  classe.  Questo  documento,  cbe  tuttora  si  conserva  nell'archivio 
della  basilica  in  molte  pergamene,  cucite  insieme,  formanti  un  rotolo  lun- 
go  piu  metri,.  mentre  fornisce  le  piii  curiose  e  important!  cose  suila  basi- 
lica, sulle  funzioni ,  sulle  consuetudini,  ofl're  la  maggior  sicurta,  cbe  in 
tutti  i  tre  anni  di  quella  imperiale  oppressione,  non  fu  dai  tedeschi  portato 
via  dalla  basilica  nienteaitro  che  un  tappeto,  e  questo  pure  di  nascosto. 
Dei  tre  santi  Martiri  involati  nessun  cenno;  anzi  non  v'era  quistione, 
non  dubbio.  » 

Sicche  non  altro  cbe  favola  e  da  giudicare  il  trasporto  de'  corpi  di 
questi  Martiri  a  Brisacb,  piccola  citta  del  Granducato  di  Baden  a  poche 
legbe  sopra  Basilea;  perche  non  si  fonda  sopr'  altra  testimonianza  cbe 
quelia  del  Fabri ,  frate  tedesco  di  nessuna  autorita  *,  il  quale  propago  la 
peregrina  novella  nel  1189,  cioe  tre  secoli  dopo  1'avvenimento  del  Bar- 
Larossa.  Le  circostanze  poi,  secondo  le  descrive  il  canonico  Moreau,  fu- 
rono le  seguenti.  Rainoldo  cancelliere  di  Federico  ed  eletto  Arcivescovo 
di  Colonia,  in  mercede  de'  grandi  servigi  resi  a  quel  principe,  avea  otte- 
Diito  per  la  sua  cbiesa  di  Colonia  parecchie  insigni  reliquie,  che  si  vene- 
ravano  in  Milano,  e  tra  esse  i  corpi  de'  tre  Magi,  e  quelli  de'  santi  Protaso 
e  Gervaso.  Con  questo  si  prezioso  tesoro  si  era  messo  in  via  per  la  sua 
chiesa.  Ma  traversando  il  Reno,  il  battello  cbe  il  trasportava  disceso  per 
la  corrente  sino  a  Brisach,  quivi  si  arresto.  Rainoldo  allora,  non  si  sa 
dire,  se  per  fatto  miracoloso  che  manifestasse  il  divino  volere,  o  per  vio- 
lenza  del  popolo,  o  per  qualsivoglia  altra  cagione,  fu  obbligato  di  lasciar- 
vi  i  corpi  de'  SS.  Gervaso  e  Protaso. 

La  migliore  confutazione  di  questa  diceria  e  una  lettera  dello  stesso 
Rainoldo  al  Clero  e  al  popolo  di  Colonia ,  la  quale  egli  scrisse  mentre 
viaggiava  verso  quella  citta,  e  fu  pubblicata  dal  Labbe  2.  Eccone  il  trat- 
to  che  ci  riguarda: 


\   MELCH.  HAIMEXSPELD  nella  sna  opera  Rerum  Suevicarum  Scriptorcs,  chiama  qucsto 
Tabri  uomo  senza  giucli/io  e  sen/a  riflessione. 
2  Ada  Condi,  in  vita  Alexand.  ///. 


352  ARCHEOLOGIA 

«  Facciamo  sapere  (cosi  egli)  a  tutti  voi,  o  carissimi,  che  preso  com- 
miato  dal  serenissimo  imperatore  Federico,  veniamo  a  yoi  ricolmi  dalla 
di  lui  benignita  di  tali  doni,  ai  quali  in  terra  non  e  pregio  eguale.  Gi  dono 
i  Corpi  insigni  dei  tre  Re  Magi,  i  quali  erano  riposti  inMilano  nella  chie- 
sa  di  sant'  Eustorgio  confessore  e  yescovo,  e  avuti  in  grande  onore.  Oltre 
di  questi  vi  portiamo  pure  i  Corpi  de'  santi  martiri  Naborre  e  Felice. 
E  poiche  ci  e  sospetta  la  via  per  mezzo  a'  nostri  e  vostri  nemici,  noi  il 
nostro  yiaggio  disponemmo  per  la  Borgogna  e  per  le  Gallic  sino  a  voi ; 
e  il  messo  portatore  di  questa  lettera  vi  indirizziamo  da  Yercelli  ai  dodici 
di  Giugno,  nel  quale  giorno  stesso  noi  coi  predetti  sacri  Corpi  ci  avan- 
ziamo  con  gran  fretta  per  Torino,  e  per  1'  alpi  del  Cenisio.  Or  noi  vi 
invitiamo  e  pregbiamo  che  vi  prepariate  a  ricevere  siffatti  doni  e  ci  otte- 
niate  felice  ritorno  a  voi.  » 

In  questa  lettera  in  primo  luogo  non  si  fa  nessuna  menzione  de'  santi 
Protaso  e  Gervaso ;  ma  si  de'  tre  Magi  e  de'  santi  Naborre  e  Felice  (che 
non  erano  pero  i  milanesi) .  Segno  e  dunque  che  Rainoldo  non  avea  con 
se  i  corpi  di  que'  due  Martiri.  In  secondo  luogo  Rainoldo  non  prese  la 
via  cbe  gli  fa  percorrere  il  Fabri  e  il  Moreau ,  ma  tutt'  altra ,  e  sempre 
per  terra.  E  dunque  da  conchiudere  che  ne  Rainoldo  tolse  dal  duomo  di 
Milano  quelle  reliquie,  ne  passo  pel  Reno,  ne  per  Rrisach  nel  suo  viag- 
gio  per  Colonia.  Solo  si  puo  credere  che  quella  citta ,  comeche  sia  e  in 
qualimque  tempo,  avcsse  ottenuta  qualche  piccola  reliquia  di  que' Santi, 
e  loro  intitolata  alctma  basilica.  Intanto ,  com'  e  accaduto  altre  volte,  si 
sara  applicato  il  loro  nome  ai  corpi  di  altri  Santi  anonimi,  che  poteano 
que'  buoni  paesani  aversi  procurati,  secondo  la  usanza  comune  del  medio 
evo,  o  sia  da  Lione  o  sia  da  Roma  ovvero  da  Gerusalemme. 

Queste  sono  le  cose  principal!,  e.piu  prossimamente  congiunte  al  sog- 
getto ,  che  noi  abbiamo  creduto  dover  rappresentare  ai  nostri  lettorL 
Quanto  alle  circostanze  del  ritrovamento  de'  due  antichi  sepolcri ,  e  della 
preziosa  urna,  in  cui  furono  trasmutati  i  sacri  corpi  da  Angilberto,  non 
crediamo  dovercene  occupare;  avendolo  fatto,  quanto  era  necessario, 
i' altra  volta  che  toccammo  di  questo  stesso  argomento. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Ottobre 


L 

COSE  ITALIANS. 

STATT  PONTIFICII  1.  Visile  di  SuaSantita  agli  Ospedali  di  Roma  —  2.  II  nuovo 
Ministro  dell'  Equatore,  residente  presso  la  Santa  Sede  —  3.  Liberazione 
d'un  napolelano  ricattalo  dai  briganti,  eseguita  dai  Gendarmi  pontificii. 
—  4.  Dn  nuovo  Organo  alia  chiesa  della  SSfiia  Trinita  de'  Monti. 

1 .  Nel  mese  di  Ottobre  e  costume  di  tutte  le  Corti  di  torsi  qualche  onesta 
ricreameiito,  che  suol  d'ordinario  consistere  in  cacce,  in  gite  di  piacere, 
in  viaggi  sollazzevoli.  Sua  Sanlila,  Papa  Pio  IX,  in  yece  di  questi  diver- 
timenti,  occupa  qualche  ora  della  settimana,  che  la  sospensione  di  una 
parte  delle  consuete  udienze  gli  lascia  libere ,  in  yisitare  alcune  di  quelle 
istituzioni  o  costruzioni ,  che  o  stanno  eseguendosi  o  sono  gia  compiute. 
Nel  togliere  che  noi  faremo  dai  Giornale  di  Roma  le  circostanze  princi- 
pali  di  tali  visile ,  noi  intendiamo  di  far  osservare  due  cose :  quanto  cioe 
si  slia  ogni  di  piii  promovendo  in  Roma  ii  miglioramento  dei  pubblici 
Istiluli  d'ognisorle,  e  quanla  cura  ne  prenda  personalmenle  Sua  Sanlita, 
che  pone  la  sua  ricreazione  appunlo  nel  dar  loro,  colla  sua  augusla  pre- 
senza,  impulso  ed  incoraggiamenlo.. 

La  Sanlila  di  Nostro  Signore,  nella  maltina  del  giorno  10  di  questo 
mese,  lasciata  1'  aposlolica  residenza,  in  Ireno  ordinario,  si  porto  alia  pa- 
triarcale  Arcibasilica  Laleranense,  ove  fermossi  per  buon  Irailo  di  lempo 
ad  orare  dinnanzi  1'  augustissimo  Sagramento,  e  venero  le  preziose  reli- 
liquie  delle  Tesle  dei  Principi  degli  Apostoli.  Uscita  dalla  Patriarcale,  la 
Santila  Sua,  nella  premura  che  pone  in  migliorare  le  condizioni  degli 
oppressi  da  qualsivoglia  infermila  ,  degnossi  di  onorare  con  breve  visita 
TArcispedale  del  SSmo  Salvalore,  deslinalo  alia  cura  delle  donne,  per 

Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  331,  23  29  Ottobre  1864. 


354  CRONACA 

osservare  se  quello  stabilimento  sia  capace  di  venir  ampliato  di  una  gran- 
de  sala  clinica  da  giovare  alle  partorienti.  Quindi  si  porto  al  Manicomio 
di  S.  Maria  della  Pieta,  per  osservare  la  sisteuiazione  di  quella  gran  par- 
te  del  meclesimo,gia  condottaa  totale  compimento,  e  il  progresso  dei  la- 
vori  che,  a  forma  del  piano  generale  di  riforma,  vengono  sempre  eseguili 
con  le  generose  elargizioni,  che  la  Beatitudiae  Sua  non  cessa  mai  di  pro- 
digare  a  favore  del  pio  Stabilimento.  II  Santo  Padre  fu  ricevuto  all' in- 
gresso  del  Manicomro  dall'Illmo  e  Rmo  Monsignor  Domenico  Giraucl,  Vi- 
sitatore  apostolico,  dal  Direttore,  Cav.  Dolt.  Viale  Prela,  dal  Prof.  Fran- 
cesco Azzurri  architetto,  e  dagli  addetti  aH'ammiaistrazione  dello  Sta- 
bilimento. Sua  Santita,  dopo  avere  orato  nell'interna  cappella,  e  dopo 
avere  ammesso  al  bacio  del  piede  i  sopra  ricordati ,  e  i  due  medici  assi- 
sted, Fiordespini  e  Solivetti,  si  condusse  nel  quartiere  delle  donne,  e  pre- 
cisamente  nellanuova  area,recentemente  acquistata  dal  Yen.  archiospeda- 
Je  di  S.  Spirito,  e  destinata  alia  sezione  delle  Agitate,  ad  ulteriore  ingran- 
dimento  del  quartiere  suddetto ;  vide  iniziate  le  fondazioni  della  fabbrica 
e  si  degno  gradire  gli  opportuni  schiarimenti  sulla  interim  disposizione 
della  medesima.  Percorsa  la  sezione  delle  TranquiUe,  e  indirizzate  pa- 
role di  sollievo  alle  raalate,  che  si  erano  prostrate  ai  suoi  piedi,  si  reco  alia 
nuova  Farmacia,  che  Mons.  Yisitatore  ha  voluto  istituire,  con  immenso 
vantaggio  dello  Stabiiimento,  fornita  di  tutli  i  medicinali  occorrenti,  ea 
cui  presiedono,  sotto  le  cure  del  solerte  Direttore,  le  iufalicabili  Suore 
di  S.  Carlo.   Qaindi  entrato  nel  quartiere  degli  uomini,  percorrendo  il 
lungo  corridoio  di  servizio,  ebbe  agio  di  osservare  le  tre  distinte  sezioni 
dei  Tranquilli ,  dei  Sucidi,  e  degli  Agitati ,  abitate  dai  malati  a  norma 
della  classificazione  eseguita  dai  medici.  Traversando  poi  il  corridoio  dei 
Bagni,  che  si  collega  con  1'altro  di  servizio,  lungo  la  via  pubblica, osser- 
vo  nella  sezione  degli  Agitati,  il  Refettorio  e  le  Caraere  di  sorveglianza 
dei  medesimi,  e  le  nuove  celle  d'isolamento,  costruite  fra  un  corridoio 
ove  si  apre  la  porta  a  una  galleria  che  prospetta  il  giardino,  essendosi 
avuto  cura  di  bandire  dalle  medesime  tuttocio  che  caratterizza  la  prigio- 
ne.  Ammiro  il  sistema  di  chiusura  delle  medesime,  il  sistema  del  rinno- 
vamento  e  della  circolazione  dell'  aria ,  la  nettezza  delle  pareti  e  del  pa- 
vimento,  e  tuttocio  che  contribuisce  a  renderle  una  dimora  sana  per  i  ma- 
lati. Montata  la  scala  di  questa  sezione,  percorse  i  dormitorii,  forniti  di 
di  letti  di  ferro,  e  degnossi  manifestare  piii  >rolte  1'alta  sua  soddisfazione 
per  la  esattezza  e  nettezza  in  ogni  parte  osservata,  che  inducono  mera- 
viglia  nei  numerosi  stranieri  d'ogni  nazione,  i  quali  continuamentesi  re- 
cano  a  visitare  il  riformato  stabilimento.  Per  il  passaggio  interno  si  con- 
dusse quindi  il  Santo  Padre  alia  Villa  ,  che  la  sua  geuerosa  muniiicenza 
ha  voluto  annettere  allo  stabilimento,  e  che,  oltre  alia  dimora  dei  pensic- 
Barii,  e  destinata  a  porgere  mezzo  di  passeggio  ed  occupazione  di  coltura 
a  tutti  quei  malati  di  ogni  classe,  che  possono  profittarne  a  seconda  delle 
prescrizioni  mediche.  Tra  i  vaghi  serpeggiamenti  dei  giardini ,  abbelliti 


CONTEMPORANEA  355 

da  gruppi  di  fiori  di  ogni  specie,  Sua  Santitk  si  ricondusse  alia  dimora 
dei  pensionarii  di  prima  classe,  la  quale,  merce  delle  cure  attivissime  e 
incessanti  di  Monsi^nor  Visitatore,  e  stata  gia  fornita  di  tutto  ci6  che  pud 
renderla  gradevole  alia  classe  agiata,  ed  oggi  e  definitivamente  aperta 
ad  accogliere  i  malati.  Sua  Santita,  avendo  orato  prima  nell'interna  cap- 
pella,  si  condusse  a  visilare  le  camere,  fornite  di  tutti  i  mobili  e  di  tutte 
le  comodita  desiderabili ,  i  gabinetti  d'acconcio,  le  sale  di  sorveglianza, 
e  quindi  la  sala  da  pranzo  per  la  tavola  rotonda,  posta  al  piano  del  giar- 
dino,  d'onde  si  apreuna  delle  piii  incantevoli  vedute  sino  ai  colli  Albani 
e  al  mare.  Ascesa  poi  la  Santita  Sua  nelle  sale  di  trattenimento,  osservo 
la  sala  del  giuoco  del  bigliardo  ,  la  sala  di  lettura,  corredata  di  elegant! 
armadii,  ove  figurano  i  libri  di  amena  letteratura,  e  il  gran  salone  della 
musica,addobbato  con  gusto  squisito  di  elegante  mobilia,  ove  le  ar- 
monie  del  piano  si  ripercuotono  sulla  volta  e  sulle  pareti  abbellite  dai 
frescbi  del  Roraanelli.  Quindi  si  condusse  all'  esterna  ringhiera,  ove  lun- 
gamente  ammirava  la  vista  sorprendente  che  si  gode  da  questa  amena 
collina ;  ed  abbracciando  con  uno  sguardo  1'  cstensione  dell'  intero  Stabi- 
limento,  pole  osservare  quanto  la  sua  immensa  e  straordinaria  generosita 
avea  dona  to  a  Roma  per  sollievo  di  una  classe  infelice.  Sul  piazzale,  che 
e  dinnanzi  al  casino,  con  grande  soddisfazione  videi  malati,  che  allegri 
ritornavano  dalla  campagna  e  si  conducevano  al  refettorio,  e  molti  di  essi 
prostraronsi  a'suoi  piedi,  iraplorando  la  S.  benedizione;  e  il  Santo  Padre, 
con  affabilita  straordinaria,  si  degno  confortarli  con  dolci  parole.  Mani- 
festata  piu  volte  la  sua  sovrana  soddisfazione  per  1'ordine,  la  nettezza 
e  la  sistemazione  dello  Stabilimento,  che  oggi  puo  reggere  al  paragone 
dei  piu  rinomati  di  Europa,  godeva  la  Santita  Sua  nell'  udire  il  vantag- 
gio  immense  che  ne  ritraevano  i  malati,  e  le  guarigioni  frequenti  che  se 
ne  oltengono.  Discese  quindi  Sua  Santita  alia  nuova  biblioteca,  arric- 
chita  di  voluminose  opere,  dono  prezioso  della  Santita  Sua,  e  quivi  as- 
sisa  le  furono  fatti  atntnirare  dal  Direttore  alcuni  oggetti  col  microsco- 
pio.  Quindi  si  degno  ammettere  al  hacio  del  piede  i  religiosi  della  Mise- 
ricordia,  confortandoli  con  dolci  ed  amorevoli  parole,  e  le  Suore  di  san 
Carlo,  alle  quali  il  Santo  Padre  si  piacque  tributare  elogi  per  lo  spirito 
di  cristiana  carita  e  abnegazione  che  mettono  nell'assistenza  delle  infer- 
me.  Da  ultimo,  impartita  a  tutti  1'  apostolica  benedizione,  tra  le  dimo- 
strazioni  riverenti  della  moltitudine  che  affollavasi  nei  dintorni,  si  ricon- 
dusse alia  residenza  del  Yaticano.  <;-;.  ;! 

II  lunedi  della  seguente  settimana,  il  17  cioe  di  Ottobre,  sulle  ore  10 
antimeridiane,  la  Santita  di  Nostro  Signore,  col  suo  treno  ordinario,  re- 
cossi  all'Arcispedale  e  chiesa  di  S.  Giacomo  in  Augusta,  ad  onorare  di 
una  visita  le  nuove  opere,  quivi  condotte  a  finale  compimento,  e  che  nel 
di  12  Ottobre  del  passato  anno  1863  ,  avea  vedute  assai  bene  avviate. 
II  Santo  Padre  fu  ricevuto  all'ingresso  principale  da  Monsignor  Narducci- 
Boccaccio,  presidente  della  Commissione  degli  Ospedali,  da  Monsignor 


356  CRONACA 

Mattel,  deputato  locale,  da  Monsignor  Bruti,  dal  can.  Mastrozzi,  dall'avv. 
cav.  Merolli,  e  dal  prof.  cav.  Costantini,  i  quali  alia  medesima  Commis- 
sione  appartengono.  Entro  nella  sala  destinata  al  riceyimento,  che  coa 
ricchezza  e  decorata,  primeggiandovi,  bene  ed  al  yero  modellata,  e  scol- 
pita  in  marmo  dallo  Spanelli,  la  effigie  in  busto  della  Santita  Sua,  quiyi 
posta  come  all'  insigne  benefattore  del  pio  ricoyero.  Yide  poi  le  due  cli- 
niche  per  gli  uomini  e  per  le  donne ;  e  quindi  passo  nella  maestosa  cor- 
sia,  oye  saranno  accolte  le  inferme  di  malattie  ordinarie,  non  piii  confuse 
insieme,  ma  separate  in  sezioni,  a  seconda  delle  infermita  che  o  natural! 
o  acquisite  si  ricevono  in  quest' Ospedale,  che  dalla  rea  qualita  delle  me- 
desime  s'  intitola  degl' Incur aMli.  Da  questa  passo  nelle  sale  delle  Oftal- 
mie,  delle  Cancrene,  in  quella  per  le  Operazioni,  e  nei  locali  da  seryire 
ai  Bagni  freddi  e  a  vapore.  Tutte  opere  nuoye,  modellate  sui  piu  recenti 
progress!,  che  1'arte  salutare  ha  adottati  per  procurare  le  guarigioni  degli 
inferrni.  La  Santita  Sua,  dopo  yeduta  ed  asarainata  ogni  cosa  nei  locali 
dell'  Ospedale,  fece  passaggio  alia  chiesa,  nella  quale  eziandioyide  esser 
tutto  disposto,  perche  yenga  riaperta  al  culto  ed  all'  uso  della  parrocchia. 
E  mostrando  la  soyrana  approyazione  a  quanto  lo  zelo  di  Monsignor  De- 
putato  del  luogo  avea  fatto,per  yenire  a  capo  del  radicale  miglioramento, 
introdotto  nella  cura  delle  inferme ,  e  nei  crescere  il  decoro  della  casa  di 
Dio,  dopo  ayere  ammessi  al  bacio  del  piede  i  component!  la  Commissio- 
ne,  il  reyerendo  Parroco  col  clero  addetto  alia  chiesa  e  all'  Ospedale,  i 
medici  e  chirurgi  primarii,  i  religiosi  di  S.  Gioyanni  di  Dio,  le  Snore 
Ospitaliere,  e  quanti  altri  formano  parte  della  direzione  ed  amministra- 
zione  di  quel  grande  Istituto,  ne  usci  tra  le  benedizioni  degl'infermi,  che 
dall'  impulse  della  sua  carita  riconoscono  la  migliorata  loro  condizione. 
Di  quiyi  Sua  Santita  recossia  piedi  alia  chiesa  parrocchiale  dei  SS.  Roc- 
co  e  Martino  sul  porto  di  Ripetta,  a  yederyi  i  bei  restauri  e  le  nobili  de- 
corazioni  in  marmo,  in  iscagliola,  in  affreschi  e  in  dipinlure,  che  1'egregio 
Parroco  D.  Niccola  Frediani,  animatoyi  dalla  generosita  de'soccorsi  da- 
tigli  del  suo  peculio  priyato  da  Sua  Santita ,  intraprese  e  continue  col 
concorso  eziandio  delle  offerte  della  Confraternita ,  delle  Pie  Unioni,  dei 
Patroni  delle  cappelle,  e  dei  fedeli,  che  in  quella  chiesa  hanno  sede  o 
riconoscono  la  loro  parrocchia.  Dopo  che  il  S.  Padre  ehbe  ogni  cosa  ye- 
duta, e  mostratosene  altamente  sodisfalto ,  benedicendo  a  tutti ,  e  la- 
sciando  larga  limosina  ai  poveri,  tra  le  acclamazioni  degli  accorsi ,  risali 
nei  suo  treno,  e  portossi  al  monastero  delle  Orsoline ,  a  consolare  di  sua 
presenza  e  dell'  apostolica  benedizione  quelle  Suore.  Le  quali  con  im- 
mense gaudio  del  loro  cuore,  dalla  yoce  del  Santo  Padre  yennero  con- 
fermate  nei  santi  propositi  della  yita  di  perfezione  cui  attendono ,  be- 
neliche  principalmente  alia  societa  coll'  educare  una  eletta  di  donzelle  di 
ciyil  condizione,  e  col  dare  istruzione  a  numero  grande  di  gioyinette  che 
yi  si  recano  a  scuola.  Lasciato  il  Monastero,  Sua  Santi  la  fece  ritorno  al- 
1'apostolica  residenza  del  Yaticano, 


CONTEMPORANEA  337 

2.  II  di  12  Oltobre,  la  Santita  di  Nostro  Signorc  ha  ricevuto  in  udienza 
Sua  Eccellenza  il  signor  dottore  Antonio  Flores,  che  ebbe  1'onore  di  pre- 
sentare  alia  Santita  Sua  la  lettera  dell'  onorevolissimo  sig.  Presidente 
della  Repubblica  dell'  Equatore,  colla  quale  viene  accreditato  come  Mi- 
nistro  residente  presso  la  Santa  Sede.  II  Santo  Padre  lo  accolse  coll'usala 
benignita.  L'  Eccellenza  Sua  si  reco  quindi  a  fare  visita  all'  Eino  e  Riiio 
sig.  Cardinale  Antonelli,  Segretario  di  Stato,  die  la  ricevette  coi  riguardi 
dovuti  alia  sua  rappresentanza. 

3.  In  un  conflitto  abbastanza  grave,  che  ebbe  luogo  vicino  ad  Arsoli  li 
11  Ottobre  corrente,  fra  una  banda  di  malviventi  e  la  Gendarmeria  pon- 
tificia,  venne  liberato  il  figlio  di  un  possidente  del  regno  di  Napoli,  ri- 
cattato  nello  stesso  regno,  e  venne  ricupcrata  una  parte  delle  sue  masse- 
rizie.  Dei  due  gendarmi,  Battisti  e  Mecconi,  che  erano  stati  gravemente 
leriti  in  questa  circostanza,  il  Battisti,  trasportato  a  Camerata  e  quindi  a 
Subiaco,  da  uu  contadino  che  lo  trovo  giacente  nella  macchia,  mentre  du- 
ravail  combattimento,  passo  a  miglior  vita  nella  notte  dei  19  Ottobre, 
con  tutti  i  conforti  della  nostra  santa  Religione  e  le  assistenze  le  piu  pre- 
nmrose  del  chirurgo  locale.  11  Mecconi,  trasportato  da'suoi  compagni  ad 
Arsoli,  ove  e  egualmente  1'  oggetto  di  cura  assidua,  rimane  ancora  in 
istato  di  grave  pericolo.  Ambedue  vennero  yisitati  dal  chirurgo  maggiore 
dell'  Ospedale  militare  pontiiicio  di  Roma,  professore  Ceccarelli,  man- 
dato  appositamenle.  Questo  semplice  fatto,  che  non  e  unico,  ma  e  re- 
centissimo,  dimostra  quanto  sia  falsa  la  connivenza,  che  si  yuole  per 
forza  attribute  al  Governo  della  Santa  Sede  coi  briganti,  che  infestano 
le  province  meridionali. 

4.  Nella  cantoria  sopra  la  porta  principale  della  Santissima  Trinita  dei 
Monti  e  stato  in  questi  giorni  collocato  un  nuovo  Organo ,  che  le.  Reli- 
giose del  sacro  Cuore  ban  fatto  appositamente  fabbricare  dalla  Societa 
Anonima ,  stabilimento  Merklin-Schiitze,  che  ha  vasle  officine  in  Parigi 
ed  in  Brusselle.  Questa  societa  ha  acquistato  nell'  Europa  e  nell' America 
una  ben  meritata  celebrita :  perche  il  gran  numero  d'organi  di  ogni  di- 
mensione  da  lei  costrutti,  per  la  sonorita  e  la  dolcezza  delle  sue  canne, 
per  la  cedevolezza  delle  sue  tastiere,  per  la  varieta  dei  suoi  registri,per 
la  solidita  delle  sue  costruzioni ,  per  la  leggiadria  dei  suoi  disegni  e  per 
la  relativa  modicita  dei  suoi  prezzi,  le  ha  fatto  conseguire  il  suffragio 
dei  piu  perili  professori  di  organo  della  Francia,  del  Belgio,  della  Spa- 
gna,  deH'Olanda,  della  Russia  >  della  Svizzera  ,  dell'lughilterra,  e  di 
yarii  Stati  di  America.  Questa  fama  non  e  stata  smentita  nell'Organo  co- 
strutto  per  Roma.  Esso  ha  due  tastiere,  e  una  pedaliera,  le  quali  pon- 
gono  in  movimento  le  combinazioni  di  venti  interi  registri ,  che,  se- 
condo  1'autico  sistema  ,  dimanderebbero  quarantaquattro  manubri ,  giac- 
che  il  ripieno  e  tirato  da  un  solo  movimento.  La  selva  delle  canne 
&  disposta  in  leggiadrissimo  aspetto ,  con  tre  scompartimenti  in  aggetto, 


358  CRONACA. 

e  due  in  rincasso.  Queste  canne  appartengono  all'Organo  principal : 
dentr'  esse  e  celato  un  secondo ,  il  quale  si  puo  adoperare  dall'organista 
a  risposta  o  a  rincalzo  nelle  complicazioni  delle  gradi  senate.  A  fame  co- 
noscere  tutti  i  pregi  specialissimi,  giova  qui  riportare  il  giudizio  datone 
dal  ch.  professore  Gav.  Salvatore  Meluzzi,  Maestro  della  Cappella  Giulia 
al  Yaticano ,  scelto  ad  esaminarlo  e  a  provarlo ;  giudizio  sottoscritto  da 
benaltri  sette  professori  peritissimi  di  musica  italiani  e  stranieri,  e  da  mol- 
ti  altri  somrai  personaggi,che  assistettero  in  Roma  allo  sperimento  che  se 
ne  fece  pubblioamente.  II  rapporto  del  prof.  Meluzzi  dice  dunque  cosi : 
«  L'aria  e  ben  chiusa,  ed  equilibrata  in  modo  che  da  alle  canne  un'  in- 
tonazione  perfetta.  II  suono  delle  canne  ad  anima  e  forte,  rotondo  e  dol- 
ce.  I  contrabassi  di  sedici  piedi  sono  buoni,  ed  i  bassi  di  otto  piedi  buo- 
nissimi.  Squisito  e  il  suono  de'  flauli  e  della  yoce  celeste.  II  salicional  e 
pure  di  bell'effetto,  e  le  viole,  quantunque  istromento  assai  difficile  a 
f'arlo  suonar  bene,  pure  si  prestano  benissimo,  e  producono  anche  esse 
1'effetto  desiderate.  Gl'  istromenti  a  lingua  hanno  il  suono  bellissimo, 
specialmente  il  clarinetto,  1'oboe,  la  troraba  ed  il  fagotto;  ottima  e  pu- 
re la  bombarda.  I  raeccanismi ,  benche  coraplicati ,  sono  eseguiti  con 
molta  precisione;  sicche  si  prestano  leggerissimi  all'uopo  i  movimenti 
dei  registri ,  delle  due  tastiere  e  della  pedaliera,  che  di  meglio  non  si 
puo  desiderare.  I  pedali  di  combinazioni  sono  della  piii  grande  utilita  e 
di  molta  semplicita  per  usarne ,  e  facilitano  d'assai  all'organista  1'esecu- 
zione  delle  grandi  suonate.  II  materiale  che  si  e  adoperato ,  e  del  piu 
scelto,  cio  che  assicura alia  macchina  lunga  durata.  11  second'  Organo, 
che  e  rinchiuso  entro  una  cassa,  da  aprirsi  col  comodo  di  un  pedale 
d'espressione,  e  di  ottimo  risultato,  per  la  ben  marcata  gradazione  dal 
piano  al  forte.  L'effetto  che  si  ottiene  dal  tremolo  e  buono,  ma  ei  sem- 
bra  che  se  1'aria  fosse  interrotta  con  maggior  lentezza,  sarebbe  assai  mi- 
gliore.  Tutto  1'  insieme  dell'Organo  e  riuscito  di  soddisfazione  generale, 
e  noi,  nel  rilasciare  questo  nostro  giudizio,  ci  congratuliamo  colla  So- 
cieta  Merklin-Schutze  per  1'intelligenza  e  per  1'esattezza  dimostrata  in 
questo  lavoro.  La  cassa  che  racchiude  i  due  Organi,  e  molto  graziosa, 
e  serve  di  bell'ornamento  alia  spaziosa  cantoria,  in  cui  e  stata  collocata. 
Roma,  questo  di  1."  Ottobre  1864.  » 

A  questo  rapporto  di  cosi  autorevole  giudice  noi  non  abbiamo  da  ag- 
giugnere  altro ,  che  una  parola  di  congratulazione  colle  Religiose  del  sa- 
cro  Cuore ,  per  avere  aggiunto  alia  bella  loro  chiesa  un  si  prezioso  or- 
namento,  edi  desiderio  di  yedere  accettati  in  altre  chiese  di  Roma  quei 
notevoli  miglioramenti,  che  1'ingegno,  la  pratica  e  la  perseveranza 
dei  sigg.  Merklin-Schiitze  son  riuscite  ad  introdurre  nella  costruzione 
dei  piu  grandi  organi. 


COMEMPORANEA  359 

STVTI  SAUDI  1.  Teslo  clclla  Convcnzlone  del  IS  Settembre,  tra  i  Govern!  di 
Parijd  c  dl  Torino,  per  lo  sgombero  di  Roma;  Protocollo  annesso  e  Di- 
cliiarazione  —  2.  Dispaccio  del  Drouyn  de  Lhuys  al  Ministro  francese 
pivsso  la  Corte  di  Torino  sopra  tal  Convenzione  —  3.  Relazione  del  Mi- 
nistero  sardo  al  re  Vittorio  Emmanuele,  per  la  convocazionc  del  Parla- 
iiiento  —  4.  Agitazlone  pel  trasporio  del  Governo  a  Firenze;  timori  pel 
giorno  del  riapriraento  delle  Camere ;  provvedhnenti  del  Ministero  — 
5.  Relazioiie  e  document!  presentali  al  Municipio  circa  le  stragi  del  21  e 
22  Settembre  —  6.  1)  pranzo  dei  Ministri  in  tali  giornate  costo  900  fran- 
chi  —  7.  Lettera  di  Vincenzo  Ricci  e  scritture  del  Conte  della  Margarita 
circa  la  Convenzione ;  lettera  del  Garibaldi  contro  Napoleone  III  —  8.  II 
Conte  Sclopis  depone  la  carica  di  Presidente  del  Senate  ;  gli  succede  il 
Manno  —  9.  Diminuzione  dell'  armata  di  terra  e  di  mare  —  10.  Apertura 
del  Parlamento. 
•"  (•  */  '. 

1.  Le  apparenze  e  le  dicerie,  -forse  non  infondate,  fors'anche  al  tutto 
fallaci ,  d'una  rinnovata  alleanza  fra  le  grand!  Potenze  alemanne  e  la  Rus- 
sia, aveano  gettato  lo  sgomento  nelle  varie  sette  della  framassoneria  eu- 
ropea;  le  quali,  sebben  discordi  fra  loro  in  varii  punti  secondarii ,  sono 
sempre  unanimi  nell'odio  contro  i  Governi,  che  osano  mantenere  o  riven- 
dicare  in  vigore  il  principio  di  autorita  sovrana  nel  Principe;  e  percio 
temeano  di  vedersi  sfuggire  di  mano  il  predominio  da  esse  esercitato  in 
quasi  tutti  i  Gabinetti  europei,  piu  o  meno  foggiati  alia  moderna  e  secon- 
do  le  leggi  del  diritto  nuovo.  Si  grido  forte  alia  reazione,  e  si  rappresen- 
t6  la  fantasima  della  coalizione  nordica  contro  la  civilta  e  specialmente 
contro  la  Francia,  che,  a  delta  di  costoro,  era  minacciata  da  nuova  e  piu 
funesta  invasione,  se  non  corresse  pronta  al  riparo.  La  Francia,  sicura 
nella  sua  forza,  mostro  di  non  curare  punto  quegli  spauracchi ;  ma  seb- 
Lene  bandisse  il  famoso  inertia,  sapientia,  lascio  intendere  che  avrebbe 
gradito  un'  alleanza  poderosa,  per  essere  pronta  ad  ogni  cimento;  e  la 
framassoneria  europea  le  si  proferi  disposta  a  tulto,  purche  nello  sgom- 
bero  di  Roma  le  si  desse  pegno  di  voler  condurre  a  compimento  1'  opera 
cominciata  nel  1859. 

Tale  pretendesi  che  sia,  a  delta  eziandio  di  corrispondenti  e  giornali 
ufficiosi  assai  accredftati,  Torigine  della  Convenzione  d.el  15  Settembre 
1864,  fra  i  Gabinetti  di  Parigi  e  di  Torino ,  in  virtu  della  quale  il  Gover- 
no del  nuovo  regao  d' Italia  dee  tramutare  altrove  la  sua  sede,  abbando- 
nando  1'antica  e  fedele  Torino ;  e  la  Francia,  senza  consultare  ne  il  Santo 
Padre,  ne  le  Potenze  cattoliche,  s'impegno  a  richiaraare  da  Roma  lesue 
truppe,  abbandonando,  come  cantano  in  coro  i  giornali  de'  framassoni, 
all' incerta  sorte  degli  eventi  (e  tulti  sanno  come  questi  si  procacciano 
conformi  ai  fatti  disegni !)  la  Santa  Sede  ed  il  centre  della  cattolicita.  Sa- 
remmo  infiniti,  se  volessimo  anche  solo  riepilogare  i  comenti  e  le  dichia- 
razioni  officiose  uscite,  circa  tal  Convenzione,  nei  diarii  dei  Govern!  che 
stipularono  que'  patti ;  e  cio  faremmo  inoltre  senza  pro  veruno.  Imperoc- 


360  CRONACA 

che  se  la  Francia  si  trovo  impotente  a  far  rispettare  gl'  impegni  assunti 
Terso  la  Santa  Sede  al  momento  di  calare  in  Italia  per  combattere  1' Au- 
stria ;  se  fu  impotente  a  far  osservare  i  patti  di  Yillafranca  ed  il  Trattato 
di  Zurigo,  da  lei  firmati  e  ratificati ;  se  fu  impotente  nel  1860  a  tenere  in- 
dietro  le  schiere  del  Fanti  e  del  Cialdini,  spedite  all' usurpazione  delle 
Marche  e  dell'Umbria,  chi  ci  assicura  che  sarebbe  potente  a  far  rispettare 
rinviolabilita  di  Roma  e  delle  province  rimaste  alia  Santa  Sede,  nel  caso 
che  il  Governo  di  Yittorio  Emmanuele,  smesso  un'altra  volta  ogni  ritegno 
di  lealta ,  volesse  anche  con  la  forza  impadronirsene?  A  nulla  giovano 
pertanto  ne  le  assicurazioni  della  France,  del  Pays,  della  Patrie  e  del 
Constitutionnel,  che  si  sfiatano  in  giurare  guarentita  efficacemente  la  so- 
yranita  e  1' indipendenza  del  Papa,  ne  le  calcolate  indiscrezioni  deH'O^- 
nione,  della  Perseveranza,  della  Stampa,  che  ogni  giorno  ribadiscono  ii 
chiodo :  non  volersi  per  certo  conquistare  Roma  a  forza  d'  armi ,  ma  es- 
sere  infallibile  il  compimento  del  voto  nazionale,  che  la  proclamava  Capi- 
tale  d'  Italia,  perche  questo  si  effettuera  per  mezzi  morali,  in  grazia  del 
non  intervento. 

2.  Quando  questi  impegni  gia  erano  assunti  e  ratificati  da  ambe  le 
parti,  il  sig.  Drouyn  de  Lhuys,  ministro  di  Napoleone  III  per  gli  affari 
esterni,  giudico  a  proposito  di  spiegarne  il  senso,  i  motivi  ed  i  risultati 
che  se  ne  riprometteva ;  e  che,  secondo  lui,  mentre  appagano  in  ginsta 
misura  i  voti  d'  Italia,  accertano  la  sicurezza  del  Santo  Padre  e  de'  siioi 
possedimenti.  E  questo  fece  col  seguente  dispaccio ,  spedito  al  Earone 
Malaret,  ministro  di  Francia  presso  la  Gorte  di  Torino  : 

«  Parigi,  il  23  Settembre  1864.  Signor  Barone.  Yoi  sapete  che  il  Go- 
verno  dell'  Imperatore  si  e  deciso  di  entrare  in  un  accomodamento  col 
Gabinetto  di  Torino  per  determinare  le  condizioni,  con  le  quali  potesse 
essere  effettuata  1'  eyacuazione  di  Roma  dalle  nostre  truppe.  Ho  1  onore 
d'  inyiarvi  qui  acchiuso  il  testo  della  Conyenzione,  che  fu  segnata  a  tale 
effetto,  il  15  di  questo  mese,  fra  i  Plenipotenziarii  di  S.  M.  il  Re  d'  Italia 
e  me;  questa  Conyenzione  ha  ricevuto  le  ratifiche  dell' Imperatore  e  del 
re  Yittorio  Emmanuele. 

«  lo  credo  utile  di  ricordare  brevemente  alcune  delle  circostanze  che 
hanno  preceduto  la  conchiusione  di  questo  importante  atto,  ed'indicarvi. 
nel  tempo  stesso  i  motiyi  che  determinarono  il  Goyerno  dell' Imperatore 
a  dipartirsi  dall'  eccezione  perentoria,  ch'  egli  ha  dovuto  opporre  sino  ad 
ora  sulle  suggestioni  del  Governo  italiano. 

«  Chiamato  a  dichiararmi  nel  mese  di  Ottobre  1862,  sopra  una  comu- 
nicazione  del  Gabinetto  di  Torino,  che,  nell'affermare  il  diritto  d' Italia  su 
Roma,  reclamava  la  restituzione  di  questa  Capitale,  e  lo  spodestamento 
del  Santo  Padre,  ho  dovuto  ricusare  di  seguirlo  su  questa  via,  e  dichia- 
rare,  a  nome  dell'  Imperatore,  che  non  potevamo  preslarci  ad  alcun  ne- 
goziato,  che  non  avesse  per  iscopo  di  tutelare  i  due  interessi,  che  si  rac- 
comandano  egualmente  alia  nostra  sollecitudine  in  Italia ,  e  che  siamo 


CONTEMPORANEA  361 

decisi  a  non  sacrificar  punto  1'  uno  all'  altro.  Dopo  di  avere  cosi  franca- 
mente  esposto  a  quali  condizioni  era  a  noi  possibile  di  prendere  in  con- 
siderazione  le  proposte,  che  si  fosse  creduto  di  poterci  fare  ulteriormente, 
noi  abbiarao  aggiunto,  cbe  saremmo  stati  serapre  disposti  a  prenderle  in 
esame,  quand'  esse  ci  serabrassero  di  tal  natura  da  avvicinarci  allo  scopo 
che  volevamo  raggiungere.  E  in  questo  senso  che  ci  furono  fatte  in  se- 
guito,  abbenche  esse  non  rispondessero  abbastanza  pienamente  alle  no- 
stre  intenzioni,  per  servir  di  base  ad  un  accomodamento  accettabile. 

«  Noi  abbiamo  seguito  nel  tempo  stesso  con  grande  interesse  il  pro- 
gresso  che  si  manifestava  nella  situazione  generale  d' Italia.  II  Governo 
italiano  coraprimeva  con  risoluzione  e  perseveranza  le  passioni  anarchi- 
che,  di  gia  affievolite  per  eftetto  del  tempo  e  della  riflessione.  Delle  idee 
moderate  tendevano  a  preyalere  nelle  migliori  menti  e  ad  aprire  la  via  a 
serii  tentatiyi  di  accomodamento.  E  in  queste  favorevoli  circostanze  che 
il  Governo  del  re  Vittorio  Emmanuele  s'  e  deciso  di  prendere  una  grande 
risoluzione.  Preoccupato  dalla  necessita  di  dare  maggiore  sviluppo  all'or- 
ganizzazione  dell'  Italia ,  esso  ci  ha  messo  a  parte  dei  motivi  politici, 
strategici  e  amministrativi,  che  lo  determinavano  a  trasferire  in  un  punto 
piu  centrale,  che  non  fosse  Torino,  la  Capitale  del  regno.  L'  Imperatore, 
apprezzando  tutta  1'  importanza  di  cotesta  risoluzione ,  e  tenendo  conto 
eziandio  delle  considerazioni  che  ho  ricordate,  e  delle  disposizioni  piu, 
conciliative,  manifestate  dal  Gabinetto  di  Torino,  ha  pensato  ch'  era  ve- 
nuto  il  momento  di  regolare  le  condizioni ,  che  gli  permettevano,  accer- 
tando  la  sicurezza  del  Santo  Padre  e  de'  suoi  possedimenti,  di  metter  fine 
all'  occupazione  militare  degli  Stati  romani.  La  Convenzione  del  15  Set- 
tembre  risponde,  a  nostro  avviso,  a  tutte  le  necessita  della  situazione 
rispettiva  dell'  Italia  e  di  Roma. 

«  Essa  contribuera,  lo  speriamo,  ad  affrettare  una  rlconciliazione,  die 
noi  speriamo  di  tutto  cuore,  e  che  V  Imperatore  medesimo  non  ha  cessato 
di  raccomandare  nell'  interesse  comune  della  Santa  Sede  e  dell'  Italia. 

«  Non  appena  il  progresso  del  negoziato  permise  di  sperarne  un  buon 
esito,  ho  avuto  cura  di  comunicare  alia  Corte  di  Roma  le  condizioni,  alle 
quali  noi  abbiamo  obbedito  in  questa  circostanza,  ed  ho  indirizzato  al- 
I'Ambasciatore  di  S.  M.  il  dispaccio,  di  cui  troverete  qui  acchiusa  copia. 
lo  mi  sono  fatto  premura  di  fargli  conoscere  le  clausole,  affinche  egli  ne 
renda  informato  il  Governo  di  Sua  Santita. 

«  lo  spero  che  la  Corte  di  Roma  apprezzera  i  nostri  motivi  e  le  garan- 
zie  che  noi  ahbiamo  stipulate  nel  suo  interesse.  Se,  a  bella  prima,  essa 
era  disposta  a  vedere  con  occhio  poco  favorevole  i  progetti  che  noi  ab- 
biamo conchiuso  con  una  Potenza,  da  cui  la  separa  ancora  la  memoria  di 
danni  recenti,  la  firma  della  Francia  le  dara  almeno ,  non  ne  dubitiamo 
punto,  la  certezza  della  leale  e  sincera  esecuzione  degli  impegni  del  15 
Settembre. 

Droityn  de  Lhuys.  » 


362  CRON^CA 

3.  Se  in  yerita  1' Italia,  per  questa  Conyenzione,  viene  esclusa  da 
Roma,  ed  obbligata  efficacemeate  a  non  adoperare  la  forza  per  imposses- 
sarsene,  cbe  proviene  a  lei  dallo  sgombero  de'  Francesi?  Che  importa 
ai  settarii  italiani  di  veder  tutelata  la  sicurezza  ed  indipendeoza  del  Papa, 
phittosto  da  un  esercito  pontificio,  che  dalle  baionette  di  Napoleone  III, 
se  davvero  sta  fermo  clie  la  sovranita  del  Pontefice ,  anche  ridotta  alle 
condizioni  sue  presenti,  dee  durare?  E  perche  la  Francia  pose  tanto  im- 
pegno  nell'  esigere  il  trasporto  della  Capitale,  a  segno  di  riguardare  cio 
come  condizione  sine  qua  non  della  yalidita  della  Convenzione?  Questi 
sono  quesiti,  a'  quali  si  potrebbe,  ma  da  noi  non  si  dee  rispondere;  ma 
ben  rispose,  per  indiretto  e  chiaramente,  il  Moniteur  ufficiale  del  Goyer- 
no imperiale,  ristampando,  alii  7  di  Ottobre,  non  solo  i  riferiti  atti  diplo- 
matic! del  15  Settembre  e  3  Ottobre,  ma  anche  la  relazione  fatta  dal 
Ministero  di  Torino ,  presieduto  gia  dal  Minghetti,  al  re  Vittorio  Em- 
manuele  II,  circa  la  Conyenzione  medesima.  Ora  i  Ministri  italiani  nella 
loro  relazione,  firmata  da  tutti  i  membri  del  Gabinetto,  cioe  dal  Minghet- 
ti, dal  Pemzzi,  dal  Cugia,  dal  Pisanelli ,  dal  Menabrea,  dal  Yisconti- 
Venosta,  daU'Amari,  dal  Minghetti  pel  Manna  assente,  e  dal  della  Roye- 
re,  affermano  riciso  e  con  manifesta  contraddizione  a  quanto  affermasi 
Bel  testo  della  Convenzione  e  nel  citato  dispaccio  del  Brouyn  de  Lhuys, 
che  «  tal  Conyenzione  non  distmgge  ne  menoma  i  dirilti  e  le  aspirazioni 
della  Nazione,  nella  quistione  romana  ».  A  chi  si  dee  credere?  Al  Drouyn 
de  Lhuys  od  al  Minghetti?  Agii  atti  del  15  Settembre  od  alia  Relazione 
pubblicata  nella  Gazzetta  ufficiale  del  i  Ottobre? 

Questo  documento  ha  due  parti  ben  distinte.  Nella  prima  si  espongono 
i  motiyi  e  la  natura  degli  impegni  assuoti,  circa  Finyiolabilita  di  Roma 
e  del  presente  territorio  degli  Stati  pontificii ;  nella  seconda  si  ragionano 
le  cause  che  indussero  il  Goyerno  a  deciders!  pel  trasferimento  della  Ca- 
pitale a  Firenze.  Per  cio  che  spetla  -agr  impegni  yerso  Roma,  e  degno 
d'essere  riferito  a  verbo  i!  tratto  seguente : 

«  Dalle  discussioni  e  dalle  deliberazioni  del  Parlamento  rispetto  alia 
quistione  romana,  due  concetti  scaturiscono,  i  quali  ci  sembrano  soyra- 
stare  a  tutti  gli  altri,  e  dover  seryire  di  norma  alia  condotla  del  Goyerno 
di  V.  M.  L'imo,  che  la  quistione  romana  doyeya  sciogliersi  per  mezzi 
morali  e  non  per  mezzi  material!,  imperocche  la  yiolenza  in  questo  caso 
non  toglierebbe  punto  la  difficolta.  L'altro  che  bisognaya  procedere  d'ac- 
cordo  colla  Francia,  per  conseguire  che  anche  in  questa  parte  il  principio 
del  non  interyento  abhia  la  sua  esecuzione. 

«  L'  Imperatore  dei  Francesi  ha  desiderato  ognora  di  poter  ritirare  le 
sue  truppe  da  Roma,  non  solo  perche  cio  e  conforme  a  quei  principii  di 
diritto  pubblico,  in  virtii  dei  quali  egli  regna,  e  che  colle  armi  e  colla 
politica  ha  sostenuto  in  Europa,  ma  eziandio  perche  il  risorgimento 
d'  Italia,  al  quale  la  nazione  francese  ha  potentemente  cooperate,  sara 
una  delle  glorie  maggiori  del  suo  regno. 


CONTEMPORAXEA  363 

«  Ma  1'  Imperatore  credeva  di  non  potere  abbandonare,  ritirandole  ad 
un  tratto  il  suo  aiuto,  quella  potesta  che  da  quindici  anni  aveva  protetto 
colic  sue  armi.  A  conseguire  pertanto  il  fine  che  i  Frances!  sgombrassero 
il  territorio  pontificio,  bisognava  rassicurarli,  e  mostrare  a  loro  ed  all'Eu- 
ropa,  che  possono  farlo  senza  venir  meno  ai  sentimenti  che  nutrooo  verso 
il  Papato.  Ora,  che  cosa  poteva  fare  il  Governo  di  V.  M.  a  questo  fine? 

«  II  Governo  di  V.  M.  non  poteva  far  altro  che  promettere  di  non  as- 
salire  quel  territorio  che  le  truppe  francesi  occupavano,  ed  impedire 
eziandio  che  bande  irregolari  lo  assalissero  movendo  dal  territorio  del 
Regno. 

«  Una  tale  promessa,  lealmente  data  e  fermamente  mantenuta,  a  no- 
stro  avviso,  non  distrugge  ne  menoma  i  diritti  e  le  aspirazioni  della 
Nazione,  rna  lien  fermo  il  concetto  che  colle  sole  forze  morali  si  debba 
operare,  e  con  tutti  i  mezzi  che  la  civilta  odierna  offre  al  trionfo  delle 
idee  liberali  e  nazionali. 

«  Noi  abbiamo  pertanto  consigliato  francamente  la  M.  V.  di  accettare 
questo  impegno,  come  correspettivo  della  partenza  dei  Francesi  dall' Ita- 
lia, e  siarao  pronti  ad  assumere  la  responsabilita  della  relativa  stipula- 
zione  dinanzi  al  Parlamento  e  dinanzi  alia  Nazione. 

«  Un  tale  impegno,  mentre  non  e  in  contraddizione  coi  nostri  princi- 
pii,  ha  per  effetto  di  far  cessare  quella  aspettativa  ansiosa  ed  irrequieta 
che  agitava  gli  animi;  e  di  stabilire  un  intervallo  fra  la  situazione  pre- 
sente  e  quella  che  deve  avere  per  risultalo  finale  la  riconciliazione  fra  la 
Chiesa  e  1' Italia.  » 

Riguardo  al  trasferimento  della  Capitale,  il  Ministero  prende  le  mosse 
dalle  condizioni  del  Governo  austriaco,  che  dice  accampato  nella  Vene- 
zia,  dalla  formidabilc  polenza  del  suo  esercito  e  delle  sue  forlezze,  con- 
tro  di  cui  e  opportune  munirsi ;  perche  se  1'Austria  «  in  questo  momen- 
to  non  minaccia  il  regno  d'  Italia,  pur  tuttavia  alleanze  possono  formar- 
si,  ed  eventualita  possono  sorgere,  ai  pericoli  delle  quali  e  necessario 
ed  urgente  il  provvedere.  »  E  percio  fu  scelta  Firenze  a  citta  sede  del 
Governo,  come  quella  che  e  guarentita  da  due  fortissime  barriere,  il  Po 
e  1'  Apennino.  Ma  siccome  sapeasi  che  questa  non  era  la  vera  ragione 
del  tramutamento,  i  Ministri  ne  allegarono  un'  altra  non  meno  illusoria, 
ma  studiata  apposta  per  alloppiare  i  sempliciani,  e  gabbare  gli  uomini 
di  buona  fede,  dicendo  che  da  tale  trasferimento  «  apparisce  un  argo- 
mento  ed  un  pegno  della  fermezza  dei  nostri  propositi  nel  rinunziarc 
all'uso  di  mezzi  violenti  verso  il  Papato  ».  Ma  perche  di  qui  poteasi  in- 
ferire  che  dunque  si  pigliava  Firenze  come  Capitale  stabile,  e  non  sola- 
meute  temporanea,  si  affrettarono  di  soggiungere:  «  Un  altro  risultato 
di  questo  fatto  sara  che  refficacia  dei  mezzi  morali  si  fara  sentire  a  Ro- 
ma tanto  piu  rapidamente,  quanto  maggiore  e  la  vicinanza  della  sede  del 
Governo,  piu  frequenti  i  rapporti,  piu  antica  ed  inthna  la  comunione 
d'interessi  e  d'abitudini  ». 


364  CRONACA 

4.  Cio  che  v'  ha  di  piii  chiaro ,  fin  qui ,  in  questa  faccenda ,  si  e  1'agi- 

tazione  suscitata  in  Italia  tra  i  varii  partili,l'aspettazione  destata  in  tutta 

Europa ,  il  malcontento  delle  province  piii  devote  alia  monarchia  ed  alia 

Casa  di  Savoia,  il  ringalluzzire  della  democrazia,   e  la  rovina  di  innu- 

merevoli  famiglie,  alle  quali  il  traspprto  del  Governo  da  Torino  a  Firen- 

ze  impone  la  necessila  di  importabili  sacrifizii ,  per  nulla  dire  del  com- 

mercio  e  del  credito  pubblico ,  che  gia  ne  risentirono  danniincalcolabili. 

La  pitta  di  Torino,  che  sta  oggimai  per  cadere  in  quel  profondo  ,  in  cui 

essa  contribui  a  gettare  Parma  e  Modena  e  Napoli,  ridptta  allo  stato  di 

capoluogo  di  provincia,  e  apertamente  divisa  in  due  fazioni;  V  una  di 

coloro  che,  o  davvero ,  o  come  spediente  da  indugiare  il  momento  del 

colpo  fatale,  gridano  doversi  il  Governo  restare  in  Torino,  finche  non 

sia  giunta  ropportunita  di  andare  difjlato  a  Roma;  1'altra  di  quelli  cheq 

per  interesse  proprio,o  per  servitu  di  sette  vogliono  fare  i  generosi,  e  si 

offrono  parati  ad  ogni  sacrifizio  per  1'  Italia,  ben  sapendo  pero  di  non 

doverne  fare  alcuno.  I  mercanti  e  bottegai,  i  proprietarii  di  case,  gli 

appaltatori  di  edifizii  ed  ppere  pubbliche  sommessamente  rimpiangono 

la  loro  sciagura,  perche  si  vedono  a  due  dita  dall'abisso  del  fallimento 

od  alme.no  di  perdite  gravosissime ;  e  fatti  oggknai  consapevoli  che  a 

nulla  non  gioverebbe  il  cpntrasto  ,  si  rassegnauo  alia  loro  sorte ,  impre- 

cando  ai  fratelli,  da  cui  riccvqno  tale  ricambio  dei  sacrifizii  ingenti  di  pe- 

cunia  e  di  sangue,  fatti  da  quindici  anni  in  qua  pel  loro  riscatto.  I  porti- 

ci  di  Po  in  Torino  eraiio  in  qucsti  ultimi  giorni  seminati  di  caricature, 

mcmGianduja,  personaggio  caratteristico  del  Piemonte,  sopraffatto 

dalle  sassate,  che  a  gara  gli  scagliano  addosso  una  turba  di  Pukinetti, 

Meneghini,  Arlecchini ,  Pantaloni ,  persqnaggi  caratteristici  del  Napole- 

tano,'  Lombardo  e  Veneto,  soccombe  gridandq:  «  Ah  se  v'ayessi  conp- 

sciutq  primal...  E  tu  specialmenle,  o  Meneghino!  »  Ma  le  querimopie 

spnq  inutili ,  ed  il  sacritizio  e  omai  inevitabile.  II  Piemonte  ,  che  appli- 

co  si  crudamente  a'  Principi  e  popoli  d'  Italia,  da  lui  soggiogati  con  ar- 

ti  nefande,  il  principio  de'  fatti  consiimmati ,  dee  alia  sua  volta  saggiar- 

ne  raruarp,  e  portarne  la  pena. 

Gravi  timori  preoccupavano  Governo  e  popolo,  per  la  prossima  riaper- 
tura  delle  Camere  ,  intimata  pel  di  24  di  Ottobre.  Grandissimo  numerq 
di  mercanti  ricevettero  letterc,  quali  a  stampa  e  quali  manoscritte,  in  cui 
s'intimava  loro,  pena  la  perdita  delle  sustanze  e  della  vita,  di  tener  chiu- 
se  in  quel  giorno  e  nei  seguenti  le  botteghe.  L'  epigrafe  di  tali  lettere,  e 
ne  abbiamo  certezza  assoluta  ,  era  questa:  Viva  Garibaldi,  Morte  a  Vit- 
torio  Emmanuele,  Viva  la  Repubblica.  E  per  spttoscrizione  era  disegna- 
to  un  traliero  od  un  pugnale  a  larga  lama.  II  Sindaco  di  Torino  pubbSicq 
bandi  per  invitare  tutti  all'  ordine  ed  alia  quiete  ;  una  Societa  di  operai 
tenne  adunanza,  e  proclamo  traditore  della  patria  chi  desse  mano  a  tu- 
multi  o  disordini,  onde  fosse  menomaia  la  libera  discussiqne  in  Parlamen- 
to  ;  i  diarii  del  Governo  fecero  sentire  che  ,  se  Torino  si  movesse  punto 
in  tali  giorni ,  darebbe  ragione  a  chi  spacciava ,  che  essa  obbediva  a 
grettezza  di  spirito  municipale,  sacrificando  a  quesla  gli  interessi  supre-, 
mi  della  comune  patria,  1'Italia;  ed  il  Ministero  fece  accostare  di  bel  nuo- 
YO  a  Torino  buon  nerbo  di  truppe,  che  in  poco  d'ora  possonp  d'ogni  par- 
te  penetraryi  e  raffrenare  i  malcontenti.  Tuttavia  la  Guardia  Nazionale 
ebbe  il  precipuo  incarico  di  mantenere  la  quiete  pubblica  ,  appunto  per- 


CONTEMPORANEA  365 

che  tra  cittadini  e  cittadini  fosse  minore  il  pericolo  di  conflitti,  ed  impos- 
sibilc  il  rinnovamentq  delle  crudelissime  stragi  del  21  e  22  Settembre. 

Fu  certamente  savio  consiglio  quello  che  detto  cotali  provvedimenti 
efficaci  per  tutelare  la  quiele  pubblica  ,  poiche  i  soramoyitori  certo  non 
mancavano.  Giuseppe  Mazzim ,  solito  in  tali  casi  a  dar  il  tono  della  mu- 
sica,  mando  a  stampare  \\t\VUnita  italiana,  dell'8  Ottobre,  nota  di  fuoco 
contro  il  Governo,  perche  immolava  Torino  senza  conquistar  Roma,  aiz- 
zando  i  suoi  satellili  col  metier  loro  sott'  occhio  che  «  il  fatto  e  1'  obbe- 
dienza  allo  straniero...  la  promessa  di  ferire  novamente  Garibaldi ,  la 
promessa  di  cinque,  di  dieci  Asproraonti ,  ove  occorre.  lo  so  pur  troppo 
quello  che  molti  fra  voi,  sommessamente,  a  guisa  di  schiavi,  nspondono: 
Lasciate  fare,  e  un  mutamento  per  sempre ,  c  da  cosa  nasce  cosa ;  e  se  i 
soldati  dell' impero  lasciano  Roma  ,  sorgeranno  casi  che  ci  apriranno  leu 
via  di  violare  le  nostre  promesse.  Che  !  Siete  cosi  guasti  dall'  antico  ser- 
vaggio  e  dal  materialismo  delle  nuove  dottrine ,.  da  non  arretrarvi  da- 
vanti  al  bivio  di  decretare  una  Italia  acefala  ,  federalista...o  una  Italia 
cakolatamente  sleale?  SlQ\(l  e  codardi!...  Yoi  tradirete  dunque  delibera- 
tamcnte  le  vostre  proraesse ;  direte  all'Europa:  Non  fidate  in  noi,  I' Ita- 
lia e  una  menzogna  vivente !  »  Con  buona  licenza  del  signer  Mazzini , 
questo  si  sta  dicendo  da\Y Italia  gia  da  cinque  anni.  Ma  se  il  suo  menti- 
re  torna  a  conto  di  chi  se  ne  serve,  chi  la  puo  impedire  dal  tirare  innan- 
zi?  Tuttayia  siamo  pienamente  d'accordo  con  lui  in  credere  che  i  questa 
politica  di  raggiro,  di  vie  tortuose,  di  agguati,  sara,  corae  fu  ,  la  rovina 
d'ltalia...  Tra  1'essere  Iloti  e  il  diventar  Giuda  non  corre  divario,  se  non 
quello  che  corre  tra  la  morte  del  corpo  e  quella  dell'  anima  ». 
_  11  Governo  ebbe  sentore  di  molti  facinorosi  che  si  radunavano  in  To- 
rino; e  negli  ultimi  giorni,  che  precedettero  la  riapertura  del  Parlamento, 
ne  fece  di  buone  relate  ,  sicche  Torino  alii  21 ,  22  e  23  Ottobre  ne  vide 
sfilare,  custoditi  da  Gendarmi,  gruppi  di  4  e  6  alia  volta,  che  si  manda- 
vano  a  ricettare  nelle  carceri,  perche  non  ayesserq  la  malinconia  di  voler 
rappresentare,  a  servigiq  del  sig.  Mazzini,  i  dolori  ed  il  malcontento  del 
popolo  torinese,  con  pericolo  di  nuove  stragi. 

5.  Ma  oltre  alia  vigilanza  del  Governo,  avra  certamente  giovato  aces- 
sare  il  pericolo  di  gravi  disordini  la  pubblicazione,  fatta  a  spese  del  Mu- 
nicipio,  della  relazione  compilata  dal  consigliere  Casimiro  Ara,  circa  i 
fatti  del  21  e  22  Settembre  *.  Da  questo  importante  documento,  che  ine- 
rita  d'essere  meditato  seriamerite  anche  dai  diplomatici,  che  fingeano  di 
credere  alle  imposture  spacciate  dal  Governo  di  Torino  sopra  le  stragi  di 
Perugia,  mette  in  sodo  che:  l.°I  disordiui  furono  prodotti  da  gente  ye-  . 
nuta  di  fuori,  non  vigilata  dal  Governo,  ed  alia  (juale  erano  frammisti 
agenti  provocatori;  2.°  Che  sopra  il  caduto  Ministero  dee  ricadere  la 
malleveria  come  la  colpa  diritta  dei  luttuosi  avvenimenti,  onde  fu  insan- 
guinata  Torino;  3.°  Che  le  vittime  registrate  ascendono  a  187,  delle 
quali  181  sono  mashi,  e  6  femmine,  variando  1'eta  loro  dai  12  ai  75  anni, 
senza  che  nessuno  dei  caduti  si  trovasse  munito  d'  armi.  Le  ferite  erano 
quasi  tutte  dirette  dalla  parte  posteriore  all'interiore  della  persona,  onde 

\  Inchicsta  amministrativa  sui  fatti  arvenuti  in  Torino  nei  giorni  %l  e  2$  Settem- 
Ire  186  f,  dalla  Giunta  Municipale  aflldata  al  Consigliere  comunale ,  Avtocalo  Casimiro 
Ara^  U/ficiale  ecc.  — Torino  -18(51,  per  gli  eredi  Botta,  tipografi  del  Municipio,  nel  palaxzo 
Carignano.  LQ  vol.  iu  -i.0  grandc,  di  pag.  -103. 


366  CRONACA 

si  fa  chiaro  che  furono  fatte  mentre  la  folia  fuggiva,  e  non  in  atto  di  di- 
fesa  contro  violenti  aggressor!.  Inoltre  fu  accertato  che  il  numero  de'fe- 
riti  trasportati  al  proprio  domicilio,  e  non  registrati  pero  nella  statistica 
muuicipale,  e  di  gran  lunga  maggiore;  sicche  il  popoio,  avendo  impara- 
to  a  sue  spese  quanto  costi  cara  ia  curiosita  in  certecircostanze,  si  guar- 
dera  bene  in  avvenire  dal  concorrere  a  far  numero  co'  mestatori  e  cogli 
impresarii  di  tumulti,  per  non  averne  a  portare  la  pena. 

6.  Ognuno  puo  capire  I'impressione  prodotta  da  tal  documento,  che  e 
avvalorato  dalle  deposizioni  autentiche  di  testimonii  oculari,  cheattesta- 
rono  essersi  fatto  fuoco  sul  popoio,  senza  che  precedessero  le  intimazioni 
legali  ,  e  senza  che  la  truppa  fosse  assalita.  Ma  1'indignazione  contro  i 
Ministri,  cbe  cagionarono  tali  atrocila  con  la  loro  ostinazione,  se  non  an- 
che  con  direlte  provocazioni,  come  disse  e  ridisse  in  tulte  le  forme  la 
Gazzetta  del  popoio,  crebbe  ancora  piu  al  sapersi  che  in  quei  giorni  fu- 
nesti  i  Ministri  la  scialayano  in  lauti  pranzi,  che  costarono  allo  Stato 
iina  somma  relatiyamente  eiiorme.  Ed  ecco  quanto  sopra  cio  leggesi  nel- 
1'  Unitd  Cattolica,  da  niuno  appuntata  di  menzogna  od  esagerazione,  del 
di  18  Oltobre:  «  II  nuoYO  Ministro  deU'inlerno,  il  signer  Lanza,  la  ye- 
dere  un  documento  da  cui  risulla,  quali  fossero  le  ultime  operazioni  del 
Ministerp  Minghetii  e  Peruzzi!  Questo  documento  consiste  in  un  conto 
del  Cafe  de  Paris.  Bisogna  sapere  che  negli  ultimi  tre  giorni ,  in  cui  i 
cessati  Ministri  restarono  al  potere,  sole\7ano  pranzare  al  "Ministero,  TUOI 
perche  nonavevano  il  coraggio  di  uscire  per  le  strade ,  Tuoi  perche  si  era- 
no  dichiarati  in  permanenza,  vuoi  perche  amavano  di  trincare,  in  quegli 
ultimi  momenti,  a  spese  d'ltalia.  II  padrone  del  Cafe  de  Paris  ha  mandato 
il  conto  al  Ministero,  e  da  queslo  risulta  che  i  tre  pranzi  costarono  trecen- 
to lire  ciascuno,  insieme  lire  900,  donde  si  \'ede  che  la  baltisoftia  non  a- 
Tea  toltoai  nostri  Ministri  1'appetito.  E  mentre  lanle  famiglietorinesi  pian- 
geyano  sui  proprii  parenti  o  morti  o  ferili,  i  Minghetti  ed  i  Peruzzi  tran- 
quillamente  scosciavano  pollastri  e  propinavano  alia  Convenzione  del  15 
di  Settembre.  Tocchera  alia  Camera  di  decidere  se  la  povera  Italia  deb- 
ba  pagare  gli  ultimi  tre  pranzi  dei  passati  Ministri.  Quanto  a  noi  ci  te- 
niamo  paghi  di  avvertire  che  essi  nacquero  mangiando,  Tissero  man- 
giando,  e  morirono  mangiando.  Sublime  epitaiiio  da  scriversi  sulla  loro 
tomba ! » 

7.  Mentre  il  Governo  studiavasi  di  acquetare  queste  ire  e  mitigare  gli 
animi  esacerbati,  pioveano  in  Torino  i  libelli  sopra  la  malaugarata  Gon- 
yenzione  del  15  Settembre.  I  piu  son  cosa  che  non  merita  veruna  men- 
zione.  Ma  due  sono  da  nolare,  come  improiUati,  sotto  diversi  risguardi, 
d'un  caraUere  splendido  I'  uno  di  \T5rtu  civile  e  1'  aliro  di  sapienza  diplo- 
matica  e  di  coraggio  cristiano.  La  prima  di  tali  scritture  e  una  leltera  di 
Yincenzo  Ricci ,  ristampata  nell'  Unitd  Cattolica  dell'  11  Oltobre  ,  nella 
quale  e  degno  di  molta  considerazione  il  trallo  seguente:  «  II  partito 
d'azione  non  e  morto,  ed  acquisla  in  Firer.ze  la  possibilita  ,  anzi  la  faci- 
lita  di  eseguire  cio  che  sa  per  esperienza  impossibile  a  Torino.  E  percio 
discute  con  caima,  ma  sorride  ail'andata  a  Firenze,  e  la  T'  attende,  e  la 
Ti  mostrera  la  sua  forza. 

«  Un  amico  cliceyami,  pochi  di  sono:  La  Casa  di  Savoia  e  una  yec- 
chia  quercia  ancor  robusta ,  ma  non  ha  piu  che  una  sola  radice  maestra 
nel  suolo  piemontese.  Iniettate\i  uno  spiliuzzico  di  mercurio  e  tosto  ina- 


CONTEMPORANEA  367 

ridisce.  Di  fatto,  fuori  delle  antiche  province  ,  tutti  i  conservator!  e  piii 
tutte  le  persone  e  famiglie  tranquille  hanno  piu  o  meno  qualche  simpatia 
per  le  loro  vecchie  dinastie  e  Govern! ,  e  talune  odiano  personalmente 
Vittorio  Emmanuele  qual  usurpatore.  La  gioventu  ,  tulle  le  societa  libe- 
ral! ed  afligliazioni  segrete  lo  tengono  come  una  necessita  momentanea, 
ma  non  credono  certo  la  monarchia  roltimo  del  Governi.  Alia  prima  que- 
stione  die  insorga,  al  primo  desiderio  non  appagato,  bastera  una  voce 
che  gridi,  1'impiego  di  Re  e  un  officio  che  costa  troppo,  per  render  po- 
polare  1'idea  di  effettuare  anche  questa  ecouomia  ».  Che  e  quanto  dire  al 
He :  Badate!  ora  vi  tengono  come  struinento ;  poi  vi  getteranno  via  come 
peso  inutile,  anzi  costqso ! 

L'altra  di  queste  scritture ,  piena  di  alto  senno  ,  e  dettata  dell'illustre 
Gpnte  Solaro  della  Margarita,  col  titolo:  Sguardo  politico  sulla  Conven- 
tion^ Halo- franca  del  15  Seltembre  ecc.  In  essa  il  perspicace  diploma- 
tico  fa  intravedere  il  pericolo  che  il  Piemonte  debba  essere  ceduto  in 
buona  parte  alia  Francia  ,  dimostra  quanto  sia  fallace  1'  apparenza  di  li- 
ierta  e  di  indipendenza  onde  va  si  borioso  ,  e  si  sludia  di  rimuoyere  il 
Re  dal  pendio  fatale,  su  cui  e  strascinato  da'suoi  Ministri  e  dalla  rivolu- 
zione,  ricordandogli  la  fedelta  a  tutta  proya  delle  province  ora  immolate 
ai  calcoli  perfidiosi  de'  mestatori  venuti  di  mezzo  a'  nuovi  sudditi. 

t  Questi  consigli  saranno  ascoltati?  Dio  lo  vogl»ia.  Certo  eche  \\partito 
d'azione  e  ringagliardito  d'  assai ,  e  se  ne  ha  indizio  nell'  arroganza  con 
che  il  Garibaldi  si  scateno  controla  Convenzione  del  15  Settembre,  nel- 
la  seguente  breve  lettera  ,  scritta  per  ismentire  le  voci  mandate  attorno 
da'  Ministeriali,  ch'esso  le  si  fosse  chiarito  favprevole: 

«  Caprera,  10  Ottobre.  Che  i  colpevoli  vogliano  trovare  dci  complici, 
e  cosa  naturale.  Ma  che  si  voglia  tuffarmi  nel  fango  degli  no  mini  che 
]>ruUarono  1' Italia  con  la  Convenzione  del  15  Settembre  ,  non  lo  aspet- 
tava.  Col  Bonaparte  una  Convenzione  sola :  purificare  il  nostro  paese 
dalla  sua  presenza,  non  in  due  anni,  ma  in  due  ore.  G.  Garibaldi ». 

Questa  lettera,  pubblicata  nel  Diritto  del  22  Ottobre  ,  era  piu  che  un 
insulto  al  Governo  ;  era  una  provocazione  a  disordini,  era  una  minaccia 
diretta  contro  Napolepne  III,  e  potea  dar  luogo  a  guai.  II  Governo  man- 
do  sequestrare  il  Diritto  ,  e  dopo  lui  anche  I'  Opinions  ,  la  Gazzetta  del 
popolo,  e  piu  altri  giornali  che  T  aveano  ristampata.  E  fece  bene  a  non 
Jasciar  cadere  oglio  sulle  brace.  Ma  ora  che  i  momenti  pericolosi  sono 
passati ,  noi  crediamo  opportuno  registrarla  ,  perche  sia  di  prova  della 
gratitudine  professata  dalla  rivoluzione. 

;  8.  Fu  molto  diffusa  per  Torino  la  voce,  chiarita  poi  ben  fondata  ,  che 
il  passato  Ministero,  di  cui  erano  capi  il  Minghetti  ed  il  Peruzzi,  avesse 
§ia  fermato  di  procedere  ad  un  colpo  di  Stato  per  vincere  ogni  opposi- 
zione.  L'  Unita  Cattolica  del  9  Ottobre  accenno  la  diceria  che  si  fossero 
trovate  al  Ministero  le  bozze  dei  decreti  da  pubblicarsi  a  tal  fine.  Col 
primo  si  metteva  Torino  in  istato  d'assedio ;  col  secondo  si  scioglieva  la 
Camera  dei  Deputati;  col  terzo  erasciolto  il  Municipio  di  Torino;  un  quar- 
to ordinava  il  trasporto  del  Governo  a  Firenze.Fu  trovata  la  nota  di  colo- 
ro  che  doveano  essere  arrestati,  fra  i  quali  il  doputato  Boggio,  il  Cassinis 
Presidente  della  Camera  elettiva,  ed  il  Rora  Sindaco  di  Torino.  La  mina 
fu  sventata  dalla  violenza  stcssa  del  Ministero.  Ma  1'indignazione  risen- 
tita  dal  Conte  Federigo  Sclopis,  Presidente  del  Senato,  pel  contegno  te- 


368  CRONACA 

nuto  dal  Goyerno  nello  stipulare  la  Conyenzione  del  15  Settembre,  fu 
tale ,  ch'  egli  non  yolle  piii  a  yerun  patto  ritenere  tal  carica ;  di  che  la 
Gazzetta  iifflciale  del  14  Ottobre  annunzio  aver  il  Re  accettate  le  sue  di- 
imssioni,  e  sostituitp  a  lui,  nell'ufficio  di  Presidente  del  Senato,  il  Barone 
Manno,  primo  Presidente  della  Corte  di  Cassazione  di  Milano. 

9.  Quando  il  nuoyo  Minislero,  presieduto  dal  La  Marmora  ,  fu  costi- 
tuito  ,  e  comincio  ad  indagarc  lo  slato  delle  cose  ,  ebbe  ad  accorgersi 
della  dura  impresa  a  cui  s'era  accinto.  Imperocche,  a  tacer  d'altro,  tro- 
TO  yuqte  le  casse  dell'  erario  ,  sicche  appena  potea  disporre  di  200,000 
franchi  per  le  spese  correnti  di  prima  necessita  ,  e  doyette  di  fretta  pro- 
cacciarsi ,  a  rjatti  rovinosi,  un  due  milioni  ad  imprestito  da  iisurai  pari- 
gini.  Andare  innanzi  di  questo  passo  era  impossibile;  e  percio  siyenne 
subito  al  solo  spediente  utile  che  si  offeriva  ,  cioe  di  fare  economia  nel- 
1'esercito.   Si  possono  yedere  recitati  per  intero  nel  Dintto  del  23  Olto- 
bre  due  document!,  che  dimostrano  ben  fondate  le  notizie  date  da'  gior- 
nali ,  che  si  yeniva  ad  una  diminuzione  dell'  arraata  di  terra  e  di  mare. 
Difatto  una  circolare  del  Ministro  della  Guerra,  Generale  Petitti ,  ordino 
si  mandassero  in  congedo  i  militari  di  piu  categoric;  tantoche  saranno 
poco  meno  che  90,000  i  soldati  cosi  rimessi  in  liberta ,  con  notevole  ris- 
parmio  dello  Stato;  e  con  Decretq  reale  del  12  Ottobre  ,  la  squadra  di 
cvoluzione  ,  composta  di  due  Divisiqni,  venne  ridotta  ad  una  sola  Drvi- 
sione  di  nayi  da  guerra.  E  egli  da  dire  percio  che  siasi  fermato  il  disar- 
mamento ,  per  yolgersi  di  proposito  a  pensieri  di  pace?  Fin  qui  non  e 
certo;  e  il  fatto  del  licenziare  i  soldati  non  proya  nulla,  perche  in  15 
giorni  questi  possono  essere  tutti  riordinati  sotlo  le  bandiere.  Ma  ben  e 
certo  che  cosi  si  otterra  una  parte  delle  necessarie  economic  ,  per  cam- 
pare  finche  il  Parlamento  abbia  approyato  un  nuoyo  imprestito,  che  di- 
cesi  dover  eccedere  i  500  milioni  di  franchi ! 

10.  11  di  24  yenne  riaperto  il  Parlamento.  I  dispacci  telegrafici  ci 
annunzianq  che  la  citta  fu  pienamente  tranquilla  :  e  noi  desideriamo 
che  tale  si  mantenga ,  quando  il  feryqre  della  discus sione  eccitera  le 
passioni  dei  partiti.  Poichein  questa  prima  tornata  nessuna  discussione 
yi  fu.  Annunziatosi  dal  La  Marmora  la  fqrmazione  del  nuoyo  Gabinettq, 
il  ministro  Lanza  presento  il  progetto  di  legge  ,  con  cui  si  dichiara  Fi- 
renze  Capitale  d'  Italia  ,  e  si  domanda  un  credito  straordinario  di  sette 
milioni,  per  eseguire  il  trasporto.  II  progetto  e  accompagnato  dal  testo 
della  Conyenzione,  dai  Protocolli  relatiyi ,  dalla  Relazione  al  Re  dei  ces- 
sati  Ministri,  e  da  alcune  Note  scambiatesi  insicme  tra  Venosta  e  Nigra. 
Ai  Deputati ,  che  yoleano  muoyere  interpellanze  e  proporre  inchieste 
parlamentari,  Lanza  rispose  che  il  Ministero  accetterale  interpellanze,  ma 
dopo  la  votazione  del  Trattatto,  e  accettafin  d'oral  inchiesta  parlamentare 
a  patto  che  si  eyili  qgni  discussione  dolorosa.  L'inchiesta  e  yotata  quasi 
all'unanimita,  e  subito  dopo  yengono  dal  Presidente  della  Camera  nomi- 
nati  a  farla  nove  commissarii.  Cio  fatto,  il  Presidente  annunzia  ai  Deputali 
che  fino  a  nuoyo  ayyiso  debbonsi  radunare  negli  ufficii  e  non  pel  Parla- 
mento. Questo  proyvedimento  e  mqlto  qpportuno;  perche  cosi  i  Deputati 
avran  tempo  di  apprendere  dai  Ministri  il  yero  scopo  della  Convenzione, 
per  indursi  ad  approyarla,  senza  1'inopportuna  presenza  di  orecchie  stra- 
Diere,  ed  impareranno  il  sensq  yerq  che  dovran  dare  alle  parole  ufficiali, 
che  saran  dette  ad  uso  ed  edificazione  del  buon  pubblico. 


CONTEMPORANEA  369 

II. 
COSE  STRANIERE. 

FBANCIA  1. 11  giornalismo  francese  e  la  Convenzlonc  —  2.  Teslo  della  Con- 
venzione — 3.  Ragioni  arrecate  per  giustificave  la  Cunvenzione  del  15 
Settembre  —  i.  Dispaccio  del  sig.  Drouyn  de  Lhuys  al  conte  di  Sarti- 
ges  —  5.  Smentita  imprudente  data  da  due  JMinistripiemontesial  Dispac- 
cio suddetto. 

1.  II  giornalismo  francese  persiste  nella  medesima  attitudine,  che  noi 
mdicammo  nel  passato  quaderno  aver  esso  assunto  rispettq  alia  Conven- 
zione  italo-franca.  Tutta  la  stampa  francese,  se  ne  ecceltui  quella  che  e 
vincolata  strettamente  al  Governo,  interpreta  quel  Trattato,  come  una 
rinunzia  da  parte  della  Francia  a  qualsivoglia  protezipne  della  Soyranita 
temporale  dei  romani  Pontelici.  Una  sola  difl'erenza  vi  e :  i  giornali  cat- 
tolici se  ne  dolgono  vivamente ,  i  giornali  libertini  se  ne  rallegrano.  I 
giornali  cattolici  se  ne  dolgono,  non  perche  pensino  che  1'abbandono  del- 
la  Francia  assicuri  la  vittoria  della  rivoluzione  sopra  la  Chiesa,  perche  il 
trionfo  della  Chiesa,  dopo  le  tra'versie  passeggere  di  questa  o  quella  per- 
secuzione,  e  per  essi  piu  che  certissimo;  ma  perche  essi  pensano  che 
queirabbandono  siapercagionaremaggipri  sciagure  alia  Francia  dell'Im- 
pero,  che  alia  Roma  dei  Papi.  I  giornali  libertini  poi  se  ne  rallegrano  , 
non  perche  loro  veracemenle  importi  che  1'  Italia  si  stabilisca  sodamente 
in  un  grandeStato,  con  opportuna  Capitale,  e  con  membra  contente  o  al- 
men  rassegnate ;  ma  perche  cosi  essi  yeggono  finalmente  abbattuta  V  in- 
dipendenza  dei  Papi,  e  snervata  ogni  efficacia  d'azione  nella  Chiesa,  che 
e  t'unico  oggetto  vero  dei  loro  odii  e  dei  loro  assalti.  Questo  contegno 
della  stampa  libera  irrita  fortemente  la  dipendente.  1  giornali  ufficiosi , 
che  debbono  a  ogni  cpsto  difendere  la  politica  del  Goyerno  che  li  retri- 
buisce  e  li  tiene  in  yita,  yeggono  che  questa  interpretazione  dei  gior- 
nali  cattolici  e  libertini  commove  troppo  gli  animi  dei  Francesi ,  ai  quali 
tanto  importa  il  far  credere  che  la  Francia  imperiale  continua  la  tradizip- 
ne  della  Francia  caltolica,  nella  difesa  dei  Papi.  Quindi  s'arrabbattano  in 
ogni  miglior  forma  che  sanno  per  dimostrare,  che  la  Conyenzione  dei  15 
Settembre  si  e  nel  fondo  la  migliore  sicurta  che  possa  desiderarsi  per 
guarentire  al  Papa  la  sua  Soyranita :  che  essa  e  il  piii  possente  colpo  che 
siesi  recato  alia  rivoluzione  italiana,  che  aspira  a  Roma,  obbligandola  a 
rinunziaryi  e  cangiarla  con  Firenze :  che  essa  ageyola  al  Papa  il  modo 
di  riordinare  le  sue  finanze  e  il  suo  esercito,  che  sono  i  due  grandi  so- 
stegni  di  ogni  Sovranita:  che  infme  quand' anche  il  Piemonte  avesse 
qualche  secreto  disegno  di  non  mantenere  i  patli ,  dopo  lo  sgombro  dei 
Francesi  da  Roma,  la  Francia  puo  anche  da  lungi  prote^gere  Roma,  per- 
che la  firma  da  lei  posia  a  quella  Convenzipne  non  sia  presa  in  gioco. 
E  poiche  queste  ragioni  non  bastano  a  conyincere  i  loro  avyersarii ;  ed 
essi  si  sdegnano,  e  pieni  d'ira  rimproyeranp  ai  partiti  estremi  la  loro  ca- 
parbieta  a  non  lasciarsi  cpnvincere  da  cosi  chiari  argomenti,  e  la  loro 
diffidenza  della  sincerita  di  un  Governo  cosi  forte  e  cosi  leale.  In  queste 
parole  si  compendia  tulto  il  tenore  della  polemica,  piu  che  un  poco  viva- 
ce, che  da  un  mese  a  questa  parte  empie  le  colonne  dei  giornali  francesi. 
Campioni  del  Governo  sono  da  un  canto  la  France,  il  Pays,  la  Patrie  e  il 

Serie  V,  vol.  XII,  fate.  351.  24  29  Ottobre  1864. 


370  CRONACA 

Constitutionnel,  ai  quali  fa  tiepidamente  eco  il  Memorial  diplomatique: 
dall'altro  canto  troyansi  tutti  gli  altri  giornali,  dal  Monde  all'  Opinion  na- 
tionale,  da\[' Union  ai  Debats. 

2.  Dal  principio  la  discussione  ingaggialasi  tra  i  giornali  batteva  al- 
quanto  sul  yuoto,  giacche  credevasi  che  il  testo  della  Conyenzione  do- 
yesse  contenere  qualche  dichiarazione,  che  desse  un  po'  di  lume  sopra 
1'interpretazione  da  farsene.  Quel  testo  yenne  fmalmente  pubblicato ,  ma 
lascio  tutti  nello  stesso  buio ,  in  che  erano  innanzi :  e  quindi  le  due  in- 
terpretazioni  seguilarono  a  darsi  dalle  stesse  persone  colla  stessa  asseve- 
ranza  di  prima.  Nulla  infatti,  ueppure  una  parola,  leggesi  nel  preambolo 
che  chiarisca  il  yero  scopo  del  Trattato  ;  nessuna  menzione  yi  si  fa  del 
consenso  della  S.  Sede,  neppure  per  yia  d'  ipotesi:  nulla  yi  si  stabilisce 
intorno  al  modo  della  esecuzione  ne  per  parte  della  Francia,  ne  per  parte 
dell'ltalia.  Tutto  yi  rimane  nel  yago  e  nell'incerto.  Basta  leggerlo,  quale 
qui  il  daremo,  yolgarizzato  in  italiano,  per  persuadersene. 

«  Le  Loro  Maesta  il  Re  d'ltalia  e  I'lmperatore  dei  Frances!,  ayendo  de- 
ciso  di  conchiudere  una  Conyenzione,  hanno  nominate  i  loro  Plenipotenzia- 
rii,  doe :  Sua  Maesta  il  Re  d'ltalia.  il  signor  cayaliere  Costantinq  Nigra, 
gran  croce  dell'ordine  dei  SS.  Maurizio  e  Lazzaro,  grande  ufficiale  del- 
1'ordine  imperiale  della  legione  d'onore,  ecc.  ecc.,  suo  Inyiato  straordi- 
nario  e  Ministro  plenipotenziario  presso  Sua  Maesta  I'lmperatore  dei 
Francesi:  ed  il  signor  marchese  Gioachino  Pepoli,  gran  croce  dell'ordine 
dei  SS.  Maurizio  e  Lazzaro,  cayaliere  deli'  ordine  imperiale  della  legione 
d'onore,  ecc.,  suo  Inyiato  straordinario  e  Ministro  plenipotenziario  pres- 
so Sua  Maesta  I'lmperatore  di  tutte  le  Russie.  E  sua  Maesta  I'lmperatore 
dei  Francesi  il  signor  Drouyn  de  Lhuys,  senatore  dell'Impero,  gran  croce 
deli'ordine  imperiale  della  fegione  d'onore  e  dell'qrdine  dei  SS.  Maurizio 
e  Lazzaro  ecc.  ecc. ,  suo  Ministro  e  Segretario  di  Stato  degli  affari  stra- 
nieri.  I  quali  dopo  essersi  comunicati  i  loro  pieni  poteri  rispettivi ,  tro- 
vati  in  buona  e  doyuta  forma,  sono  conyenuti  negli  articoli  seguenti : 

«  Art.  1.°  L'  Italia  si  obbiiga  a  non  attaccare  il  territorio  attuale  del 
Santo  Padre,  e  ad  impedire  anchc  colla  forza  ogni  attacco  proveniente 
dall'estero  contro  il  detto  territorio  degli  Stati  pontificii. 

«  Art.  2.°  La  Francia  ritirerale  sue  truppe  gradatamente  a  misura  che 
S'esercilo  del  Papa  sara  organizzato.  Ad  ogui  modo  la  eyacuazione  dovra 
compiersi  entro  due  anni. 

«  Art.  3.°  11  Governo  italiano  non  reclamera  contro  1'organizzazione  di 
un  esercito  pontificio,  anche  se  composto  di  volontarii  catfolici  stranieri, 
sufficiente  per  mantenere  1'autorita  del  Papa  e  la  tranquillita  tanto  all'in- 
terno,  quanto  sulla  frontiera  dello  Stato  ,  purche  questa  forza  non  possa 
degenerare  in  un  mezzo  d'attacco  contro  il  Goyerno  italiano. 

«  Art.  4.°  L'  Italia  si  dichiara  pronta  a  entrare  in  trattative  per  pren- 
dere  a  suo  carico  una  parte  proporzionata  del  debito  degli  aritichi  Stati 
della  Chiesa. 

«  Art.  5.°  La  presente  Convenzione  sara  ratificata. 

«  Le  ratifiche  saranno  scambiate  nel  terraine  di  15  giorni,  e  piu  pre- 
sto se  sara  possibile.  In  fede  e  testimonianza  di  che  i  Plenipotenziarii 
rispettiyi  harino  segnato  la  presente  Conyenzione  e  rivestita  del  sigillo 
delle  loro  armi.  Fatto  in  doppio  originate  a  Parigi,  il  15  del  mese  di  Set- 
tembre,  1'anno  di  grazia  1.804. 

Nigra  —  Pepoli  —  Drouyn  de  Lhmjs. 


CONTEMPORANEA  371 

«  PROTOCOLLO,  che  fa  seguito  alia  Convenzione  firmata  a  Parigi  tra 
1' Italia  e  la  Francia,  riguardo  allo  sgorabro  degli  Stati  pontificii  perparte 
delle  truppe  Frances!. 

«  La  Convenzione  firmata  in  data  di  questo  giorno  tra  le  loro  Maesta  il 
Re  d'  Italia  e  1'Imperatore  dei  Frances! ,  non  avra  valore  esecutorio,  se 
DOD  quando  Sua  Maesta  il  Re  d1  Italia  avra  decretato  la  traslazione  della 
Capitale  del  Regno,  nel  luogo  che  sara  ulteriormente  determinate  da  delta 
Sua  Maesta.  Questa  traslazipne  dovra  essere  fatta  nel  termine  di  sei  mesi 
a  datare  da  delta  Convenzione.  II  presente  Protocollo  avra  la  stessa 
forza  e  yalore  che  la  Convenzione  su  menzionata.  Sara  ratificata  ,  e  le 
ratificazipni  saranno  scambiale  nello  stesso  tempo  che  quelle  di  delta 
Convenzione. 

«  Fatlo  in  doppio  originale  a  Parigi,  il  15  Settembre  1864. 

Nigra  —  Pepoli  —  Drouyn  de  Lliwjs. 

«  DICIIIARAZIONE.  Secondo  i  termini  della  Convenzione  del  15  Settem- 
bre 1804  e  del  Protocollo  annesso,  il  lermine  per  la  traslazione  della  Ca- 
pitale del  Regno  d'  Italia  era  stato  fissato  a  sei  mesi,  a  datare  dalla  della 
Convenzione,  e  1'evacuazione  degli  Stati  Roman!  per  parte  delle  Iruppe 
francesi  doveva  esbere  etlVttuata  nel  lermine  di  due  anni,  a  partire  dal!a 
dala  del  decreto  che  ayrebbe  ordinalo  la  Iraslazione. 

«  I  Plenipotenziarii  italiani  supponevano  allora  che  questa  misura  po- 
trebbe  essere  presa  in  virtu  d'un  decrelo,  che  sarebbe  sancito  immedia- 
tamenle  da  Sua  Maesta  il  Re  d'ltalia.  In  quest'ipotesi  il  punto  di  partenza 
dei  due  termini  sarebbe  stalo  quasi  simultaneamente,  ed  il  Governo  ita- 
liano  avrebbe  avuto  ,  per  trasferire  la  sua  Capitale,  i  sei  mesi  giudicati 
necessarii.  Ma  da  un  altro  lato ,  il  Gabinetto  di  Torino  ha  pensalo  che 
una  misura  cosi  importanle  reclamava  il  concorso  delle  Camere  e  la  pre- 
sentazione  d'una  legge;  dall'  altro  il  cangiamento  del  Minislero  italiano 
ha  i'atto  differire  dal  5  al  24  Ottobre  la  riunione  del  Parlamento.  In  tali 
circoslanze  ,  il  punto  di  partenza  primitivamente  convenuto  non  lasce- 
rebbe  piu  un  termine  sufficiente  per  la  traslazione  della  Capitale. 

m  «  II  Governo  dell'Imperatore  desideroso  di  porgersi  a  qualunque  com- 
binazione  che,  senza  alterare  gli  assestamenti  del  15  Settembre,  fosse 
propria  ad  agevolarne  1'esecuzione,  acconsente  che  questa  dilazione  di  sei 
mesi  per  la  traslazione  della  Capilale  dell'  Italia  cominci,  come  allresi  la 
dilazione  di  due  anni  per  1'  evacuazione  del  territorio  pontiticio  ,  dalla 
data  del  decreto  reale  che  sancira  la  legge,  la  quale  sara  presentata  ai 
Parlamento  italiano. 

«  Fallo  in  doppio  originale  a  Parigi,  il  3  Ottobre  1864. 

Nigra  —  Drouyn  de  Lhuys.  » 

3.  Nel  partecipare  al  Governo  della  Santa  Sede  il  testo  della  Conven- 
zione, voile  il  Ministro  degli  allari  ester!  di  Parigi  accompagnarlo  da  un 
Dispaccio,  diretto  all'  Ambasciatore  francese  in  Roma.  Questo  dispaccio 
fu  reso  toslo  di  pubblica  ragione,  e  gli  uomini  polilici  1'hanno  oramai 
giudicato.  Esso  e  destinato  a  far  accogliere  dai  Caltolici  la  Convenzione 
del  15  Settembre  ,  come  una  necessita  inevitabile  per  la  Francia ,  posta 
in  attpcolle  maggiori  precauzioni  che  erano  possibili  per  tulelare  la  So- 
vranita  del  Sanlo  Padre;  ma  considerandolo  si  nelle  ragioni  che  arreca, 
si  nelle  conseguenze  che  ne  deriva,  dimostra  appunlo  le  due  cose  oppo- 


372  CRONACA 

ste ,  che  cioe  necessita  non  ve  n'  era,  guarentige  non  ne  da.  E  di  fatto 
tutti  sanno  che  la  presenza  del  Frances!  in  Roma  non  dovea  essere  per- 
petua  ;  ma  tutti  sanno  altresi  che  la  necessita  di  quella  presenza  non  e 
cessata.  Se  nel  1859  il  Governp  della  Santa  Sede  non  temea  dal  ritiro 
dej  Frances!  nessun  danno ;  cio  proveniva  dal  possesso  intero  che  avea 
dei  suoi  Stati,  e  dalla  vicinanza  di  Governi  amici  e  leali,  che  ne  circon- 
davano  i  confini.  Nel  1860  una  parte  delle  province  pontificie  era  stata 
usurpata  e  vero,  ma  il  resto  non  era  minacciato,  e  il  trattato  di  Zurigo , 
firraato  dalla  Francia,  prometteva  che  fra  breve  1'  usurpazione  cessereb- 
be:  potea  dunque  il  Governo  anche  allora  rassegnarsi  con  pace  a  quella 
parlenza.  Ora  non  e  una  derisione  1'  invocare  nel  1864  queste  due  me- 
morie?  0  forse  s'invocano  per  dimostrare  1'  opposizione  che  corre  tra  le 
condizioni  di  allora  e  le  present!  ? 

Ma  il  Dispaccio  assicura  che  F  indirizzo  dato  dal  Governo  alia  sua  po- 
litica,  nulla  lascia  a  temere  intprno  a  Roma.  Non  y'  e  in  Italia  una  sola 
persona  che  creda  cio  potersi  dire  sul  serio.  I  Ministri  nei  loro  discorsi, 
i  Deputati  nel  Parlamento,  i  giornali  di  tutti  i  colori  null'  altro  han  fatto 
sinora,  null'aHro  fannp  oggidi,  che  aspirare  al  possesso  di  Roma.  A  qual 
dura  necessita  debbasi  il  cplpo  ardito  di  Aspromonte,  lo  sa  meglio  d'ogni 
altro  il  Gabinetto  di  Parigi.  Noi  poi  sappiamo  che  se  il  Piemonte  ha  ri- 
nunziato  per  necessita  all'  uso  della  fprza,  non  ha  rinunziato  a  quello  dei 
mezzimorali,  come  neli'analisi  da  noi  fatta  di  alcuni  processi  dimostram- 
mo  nei  due  passati  quaderni. 

Che  se  non  giova  inyocare  in  sostegnp  della  Convenzione  dei  15" 
Settembre  1' essere  ora  cessata  la  necessita  dell'occupazipne  di  Roma, 
molto  menp  giovera  invocare  a  suo  favpre  gl'inconvenienti  che  da  quel- 
la occupazione  si  pretende  che  ne  derivino.  L'  occupaziorie  si  dice  e  un 
intervento  straniero:  e  1'  intervento  e  una  lesione  del  dritto  internazio- 
nale.  Ma  perche  allora  si  e  lasciato  intervenire  in  Napoli  al  Piemonte,  e 
gli  si  lascia  godere  il  frutto  del  suo  intervento?  Perche  si  e  intervenuto 
in  Grecia,  perche  si  e  intervenuto  nel  Messico ;  e  in  quella  e  in  questo 
perche  si  riconoscono  due  monarchie,  partorite  da  tale  intervento  ?  II  non 
intervento  non  e  dunque  un  dritto  riconosciuto :  ne  puo  essere,  perche 
sarebbe  una  ingiustizia  ed  una  vigliaccheria.  Moltp  meno  si  puo  ammette- 
re  per  Roma.  Roma  e  la  Capitale  del  mondo  caltolicp,  e  cio  vuol  dire  che 
nessuna  nazione  cattolica  le  e  straniera :  la  Sovranita  del  Papa  in  Roma, 
cui  tutela  1'  esercitp  francese,  e  d'  interesse  universale,  e  cio  vuol  dire 
che  risguarda  tutti  i  Governi  ove  sono  Cattolici,  la  cui  liberta  di  coscien- 
za  e  da  tutelare. 

Molto  minor  forza  ancora  ha  1'altro  inconveniente,  cui  accenna  il  si- 
gnor  Drquyn  de  Lhuys ;  che  cioe  sia  impossibile  prolungare  piu  oltre 
1  occuoazione ,  perche  e  impossibile  la  coesistenza  in  Roma  di  due  So- 
vranita  sullo  stcsso  terrenp.  Questo  inconveniente  sparisce  innanzi  alia 
dichiarazione  che  fa  sul  principio  del  suo  Dispaccio  il  sig.  Ministro.  Esso 
dice  che  quel  posto  di  onore  e  stato  iinora  occupato  dalla  Francia  nel  no- 
bile  scopo  di  tutelare  la  Sovranita  del  Papa.  Dunque  la  Francia  non  ha 
i  suoi  eserciti  in  Roma  per  esercitarvi  verun  dritto  di  Sovranita  propria, 
ma  per  tutelare  i  dritti  della, Sovranita  p1el  Papa.  Ove  sorib  dunque  le 
due  Sovranita  cpesistenti?  E  vero  bensi  che  spesso  vi  sono  state  colli- 
sion! tra  le  autorita  della  Santa  Sede,  e  i  comandanti  dell'esercito  fran- 
cese :  ma  queste  sono  difficolta  non  maggiori  al  certo  delle  collision! , 


CONTEMPORANE4.  3"?  3 

che  s'incontrano  in  ogni  dipartimento  di  Francia,  p.  e.,  neH'Algeria, 
Ira  i  comandanti  militari  e  gl'  impiegati  civili.  Sarenbe  ingeneroso  in 
questo  momento  Pindicare  da  parte  di  chi  e  per  qual  ragione  queste  colli- 
sioni  sieno  sorte  in  Roma:  basta  dire  che  esse  non  meritarono  mai  che  un 
Governo  ne  prendesse  motive  di  si  grave  determinazione.  Che  se  e  pia- 
ciuto  al  sig.  Drouyn  de  Lhuvs  attribuire  quelle  collision!  alia  differenza 
sostanziale  della  politica  della  Francia  dalla  politiea  di  Roma ,  tal  sia  di 
lui.  Dovra  egli  allora  difendere  innanzi  ai  Cattolici  una  politica,  che  so- 
stanzialmente,  cioe  dire  nei  grandi  principii  che  hi  infprmano,  e  in  con- 
traddizione  colla  politica  professata  dal  Capo  della  Chiesa. 

Nessuna  dunque  delle  ragioni ,  che  arreca  questo  Dispaccio ,  lo  giu- 
stificanq:  e  cosi  pure  nessuno  dei  patti  che  svela  conchiusi  col  Piemonte, 
mostrasi  proporzionato  al  fine,  che  si  attribuisce  alia  Convenzione.  Ma 
di  questo  essendosi  discorso  bene  a  lungo  in  questo  stesso  quaderno,  e 
inutile  di  trattenerci  ora  a  dimostrarlo. 

In  quello  dunque  che  il  Dispaccio  dice ,  non  convince  veruno.  la 
quello  poi  che  esso  non  dice,  lascia  la  convinzione  appunto  contraria. 
Tutti  aspettavano  che  fosse  syelato  il  motivo  perche ,  trattandosi  di  (are 
una  Convenzione,  il  cui  subbietto  era  la  Sovranita  medesima  della  San- 
ta Sede,  e  il  cui  scopo  dicesi  che  sia  stato  1'assicurarla  in  perpetuo,  non 
le  sia  stato  richiesto  il  concorso ,  anzi  neppure  le  ne  sia  stata  fatta  co- 
municazione  per  cortesia,  prima  che  il  mondo  lo  sapesse.dai  giornali, 
come  fatto  omai  compiuto.  Sopra  cio  il  Dispaccio  si  tace:  e  tal  silenzio 
e  piu  eloquente  di  qualsivoglia  scusa  che  se  ne  arrecasse.  A  noi  basti 
farlo  notare. 

Ma  egli  e  tempo  di  arrecare  per  disteso  il  testo  medesimo  del  Dispac- 
cio irancese.  I  lettori  noteranno  forse  una  differenza  di  gusto  :  aspretto 
anzi  che  no  verso  la  Santa  Sede ,  mellifluo  verso  il  Governo  piemontese. 
Chi  da  questo  deducesse  qual  sia  lo  spirito  che  anima  la  Convenzione 
stessa,  si  troverebbe  d'accordo  col  giudizio  che  ne  hanno  fatlq  i  giornali 
libertini  in  Francia  e  fuori  di  Francia.  Ma  poiche  un  tal  giudizio,  fondato 
specialmente  sopra  una  simile  bagattella ,  e  stato  dichiarato  una  esage- 
razione  di  partiti  estremi ;  cosi  bisogna  guardarsene  per  conservare  ii 
Tanto  di  moderazione. 

4.  Dispaccio  del  sig.  Drouyn  de  Lhuys  al  sig.  De  Sartiges  a  Roma. 

«  Parigi,  12  Settembre  1864. 

«  Signor  Conte.  La  situazione  da  noi  occupata  a  Roma  e  da  gran  tem- 
po il  soggetto  delle  preoccupazioni  piu  serie  del  Governo  dejl'Impera- 
tore.  Le  circostanze  parvero  a  noi  favprcvqli  per  esaminare  di  nuovo  lo 
stato  reale  delle  cose ,  e  crediamo  utile  di  comunicare  alia  Santa  Sede 
il  risultato  delle  nostre  riflessioni. 

«  lo  non  ho  bisogno  di  rieordare  le  cpnsiderazioni  che  condussero  a 
Roma  la  bandiera  della  Francia  e  che  ci  determinarono  a  mantenervela 
fin  qui.  Noi  eravamo  risoluti  a  non  abbandonare  questo  posto  di  onore 
fino  a  tanto  che  non  si  fosse  ottenuto  lo  scopo  dell'  occupazione.  Intanto 
noi  non  abbiamp  mai  pensato  che  questa  situazione  dovesse  essere  per- 
manente ;  1*  abbiamq  sempre  considerata  come  anormale  e  temporanea. 
Sono  questi  i  termini  con  cui,  otto  anni  fa,  venne  essa  qualiticata  dal  pri- 
mo  Plenipotenziario  dell'  Imperatore  al  Congresso  di  Parigi.  Questi  ag- 
giugneva,  conformemente  agli  ordini  di  Sua  Macsta,  che  noi  invocavamo 
ardentemente  il  momento,  in  cui  avremmo  potuto  ritirare  le  nostre  trup- 


374  CRONACA 

pe  da  Roma,  senza  arrischiare  la  tranquillita  interna  del  paese  e  Y  auto- 
rita  del  Governo  pontificiq.  Ad  ogni  occasione  abbiamo  rinnovate  le 
stesse  dichiarazioni.  Al  principio  del  1859,  il  Santo  Padre  aveva  da 
parte  sua  fatta  la  proposta  di  fissare  alia  fine  dell'anno  slesso  lo  sgombro 
del  territorio  custodito  dalle  nostre  truppe.  La  guerra  rottasi  in  Italia 
avendo  determinato  1'Imperatore  a  rinunziare  al  loro  richiamo,  lo  stesso 
pensiero  fu  ripreso  non  appena  gli  avvenimenti  parvero  autorizzare  la 
speranza,  che  il  Governo  pontificio  sarebbe  stato  in  grado  di  provvedere 
con  le  proprie  forze  alia  sua  sicurezza.  Quindi  1'accordo  stabilito  nel  1860, 
in  virtu  di  cui.Ja  partenza  delle  truppe  francesi  do\eva  essere  effettuata 
nell'Agosto.  Le  ag-itazioni  sopravvenutea  quella  stessa  epoca  impedirono 
ancora  una  volta  1'esecuzione  d'un  provvedimento  dalla  Santa  Sede  de- 
siderato  tanto  quanto  danoi.  Ma.il  Governo  deil'Imperatore  non  continuo 
meno  a  scorgere  nella  presenza  deile  nostre  truppe  a  Roma  un  fatto  ec- 
cezionale  e  passeggero  al  quale,  per  interesse  reciproco  ,  noi  dovevarao 
niettere  un  termine  dal  memento  che  la  sicurezza  e  1'  indipendenza  della 
Santa  Sede  sarebbe  stata  al  sicuro  da  nuovi  pericoli. 

«  Quante  ragioni,  di  fatto,  non  abbiamo  noi  per  desiderare  che  1'occu- 
pazione  non  si  prolunghi  indefinitamente?  Essa  costituisce  un  atto  d'inter- 
vento  contrario  a  uno  dei  principii  fondamentali  del  noslro  dintto  pubbli- 
co,  e  tanto  piu  difficile  ad  essere  per  noi  giustifieato,  in  quanto  che  lo 
scopo  nostro,  nello  aiulare  colle  nostre  armi  il  Piemonte,  e  stato  fraucare 
1  Italia  da  ogni  interverito  straniero. 

<f  Questa  situazione  ,  di  piu,  ha  per  conseguenza  di  collocare  faccia  a 
foccia  ,  sopra  lo  stesso  lerreno,  due  sovranila  distinte  e  di  essere  cosi 
ffequentemente  una  causa  di  grayi  difficolta.  La  natura  delle  cose  e  qui 
piu  forte  che  il  buon  volere  degli  uomini.  Numerosi  carnbiamenti  ebbero 
Juogo  nel  comando  superiore  dell'esercitp  francese,  e  i  medesimi  dissen- 
si,  i  medesimi  conflitti  di  giurisdizione  si  sono  riprodotti,  in  tutti  i  tempi, 
tra  i  nostri  General!  in  capo  ,  di  cui  il  primo  dovere  e  evidentemente  ii 
vegliare  alia  sicurezza  del  loro  esercitp,  e  i  rappresentati  dell'autorita 
pontiticia,  gelosi  ai  mantenere  negli  atti  di  amministrazione  interna  1'indi- 
pendenza  del  sovrano  territoriale. 

«  A  questi  inevitabili  inconvenient],  che  non  si  poterono  cansare  dagli 
agenti  francesi,  sinceramente  piu  devoti  alia  Santa  Sede,  si  aggiungono 
quelli  che  fatalmente  risultano  dalla  differenza  della  politica.  1  due  Go- 
Terni  non  obbediscono  alle  stesse  ispirazioni,  e  non  procedono  secondo 
gli  stessi  principii.  La  nostra  coscienza  ci  obbliga  troppo  spesso  a  dare 
consigli  che  troppo  spesso  anche  la  Corte  di  Roma  crededoyer  ritiutare. 
Se  la  nostra  insistenza  prendesse  un  carattere  troppo  vivo,  noi  sembrerem- 
mo  abusare  della  forza  della  nostra  situazione,  e,  in  tal  casp,  il  Governo 
pontificio  perderebbe,  neH'opinionepuhblica,  il  merito  delle  risoluzioni  piii 
sagge.  D'altra  parte,  assistendo  ad  atti  in  cpntraddizione  col  nostro  stato 
sociale  e  colle  massime  della  nostra  legislazione,  uoi  sfuggiatno  diflicil- 
raente  la  risponsabilita  d'una  politica  che  noi  non  potremmo  approvare. 

«  La  Santa  Sede,  per  ragione  della  sua  propria  natura,  ha  i  suoi  codi- 
ci  ed  il  suo  diritto  particolare,  che  in  molte  occasion!  si  trovano  disgra- 
ziatamente  in  opposizione  con  le  idee  di  questo  tempo.  Allonlanati  da 
Roma,  noi  saremmo  certamente  ancora  addolorati  di  vederla  a  fame  1'ap- 
plicazione  rigorpsa,  e  guiclati  da  una  devozione  filiale,  noi  non  crederem- 
ino  senza  dubbio  poter  osservare  il  silenzio,  quando  fatti  di  tale  natura 


CONTEMPORANEA  37 1> 

si  presentassero  a  dare  pretest!  alle  accuse  del  suoi  avversarii ;  ma  la  np- 
stra  presenza  a  Iloma,  die  sotto  questo  aspelto  ci  crea  obbligazioni  piu 
imperiose,  rende  altresi  in  queste  circostanze  le  relazioni  del  due  Go- 
verni  piu  delicate,  ed  inoltre  eccita  le  susceltivila  reciproche. 

«  Benche  questi  inconvenient?  sieno  manifest!,  noi  noncisiamo  lasciati 
svolgere  dalla  missione  addossat^ici.  II  Santo  Padre  non  aveva  esercito 
per  proteggere  la  sua  autorita  all'  interno  contro  i  progetti  del  partito  ri- 
voluzionario,  e  dall'altra  banda  le  disposizioni  piiiinqnietanti  regnayano 
nella  Penisola  a  riguardo  del  possesso  di  Roma,  che  il  Governo  ilaliano 
stesso,  per  bocca  de'Ministri  nel  Parlamento,  come  pure  per  via  delle  co- 
municazioni  diplomatiche,  reclamava  come  la  Capitale  dell'ltalia.  Fino  che 
quesli  disegni  occupavano  la  mente  del  Gabinetto  di  Torino,  noi  doveva- 
mo  temere  che,  se  le  nostre  truppe  fossero  state  richiamate,  il  territorio 
della  Santa  Sede  sarebbe  stato  esppsto  ad  attacchi,  che  il  Governo  pon- 
tificio  non  sarebbe  stato  in  grado  di  respingere.  Noi  abbiamo  voluto  con- 
seryargli  il  nostro  appoggio  armato,  lino  a  tanto  che  il  pericolo  di  questi 
voti  spensierati  non  fosse  stato  allontanato. 

a  Noi  siamo  oggidi,  signor  Conte,  marayigliati  de'  felici  cambiamenti 
manifestatisi,  sotto  questo  aspetto,  nella  situazione  generale  della  Peni- 
sola. II  Governo  italiano  si  sforza  da  due  anni  di  far  scomparire  gli  ulti- 
mi  avanzi  di  quelle  asspciazioni  spaventose  che,  col  favore  delle  circo- 
stanze, Sv'eranp  formate  indipendentemente  dalla  sua  azione,  ed  i  cui  pro- 
getti erano  principalmente  diretti  contro  Roma.  Dopo  averle  combattute 
alia  scoperta,  pervenne  a  sciorle,  e  quante  volte  tentarono  ricomporsi, 
dissipo  con  facilita  le  trame  lorp. 

«  Questo  Governo  non  si  limito  ad  impedire  che  veruna  forza  irrego- 
lare  non  potesse  ordinarsi  sopra  il  suo  territorio  per  attaccare  le  provin- 
ce poste  sotto  la  sovranita  pontificia,  ma  esso  dette  alia  sua  politica  ver- 
so la  Santa  Sede  un  indirizzo  piu  in  armpnia  co'  doveri  internazionali. 
Esso  cesso  di  porre  innanzi  nelie  Camere  il  programma  assoluto  che  prp- 
clamava  Roma  Capitale  dell'  Italia,  e  d'  indirizzare  a  noi  in  proposito  di- 
chiarazioni  perentorie,  per  1'  addietro  cosi  frequenti.  AHre  idee  presero 
luogo  negli  spiriti  migliori  e  tendonp  semprepiu  a  prevalere.  Rinunzian- 
do  a  proseguire  con  la  forza  1'attuazione  d'un  progetto,  al  quale  eravamo 
risoluti  di  opporci,  e  non  potendo  d'altra  parte  mantenere  a  Torino  la 
sede  di  un'autorita,  la  cui  presenza  e  necessaria  sopra  un  punto  piu  cen- 
trale  del  nuovo  Stato,  il  Gabinetto  di  Torino  avrebbe  esso  stesso  1'inten- 
zione  di  traspprtare  la  sua  Capitale  in  un'altra  citta. 

«  Agli  occhi  nostri,  signor  Conte,  questa  eventualita  e  d'un'importan- 
za  maggiore  per  la  Santa  Sede  come  pel  Governo  dell'  Imperalore ;  per- 
che,  effeltuandosi,  essa  costituirebbe  una  situazione  nuova,  che  non  pre- 
senterebbe  piu  gli  stessi  pericoli.  Dopp  avere  ottenute  dall'Italia  le  gua- 
rentigie,  che  noi  credemmo  dover  stipulare  in  favore  della  Santa  Sede 
contro  gli  attacchi  esteriori,  non  ci  rimarrebbe  piu  che  aiutare  il  Governo 
pontificio,  a  formare  un  esercito  abbastanza  bene  ordinato  e  abbastanza 
numeroso  per  far  rispettare  la  sua  autorita  all'  interno.  Esso  ci  trovereb- 
be  disposti  a  secpndarne  il  reclutamento  con  lutto  il  nostro  potere.  I 
suoi  mezzi  attuali,  noi  lo  sappiamo,  non  gli  permetterebbero  punlo  di 
sovvenire  al  mantenimento  di  un  effettivo  considerevole;  ma  accomoda- 
menti  da  farsi  scaricherebbero  la  Santa  Sede  di  una  parte  del  debito,  di 
cui  ha  creduto  della  sua  dignita  continuare  a  servire  tin  qui  gli  interessi 


376  CRONACA 

«  Rientrato  cosi  nel  possesso  di  somme  important'!,  difeso  al  di  dentro 
da  un  esercito  devoto,  prptetto  al  di  fuori  dagli  irapegni'  che  noi  avrem- 
mo  domandato  all' Italia,  il  Governo  pontiiicio  si  troverebbe  collocato  ia 
condizioni,  che,  assicurando  la  suaindipendenza  e  la  sua  sicurezza,  per- 
roetterebbero  a  noi  di  assegnare  un  terrnine  alia  presenza  delle  nostre 
truppe  negli  Stati  romani.  Cosi  si  avvererebbero  le  parole  indirizzate 
dall' Imperatore  al  Re  d' Italia  in  una  lettera  del  12  Luglio  1861:  «  lo 
lasciero  le  mie  truppe  a  Roma  tino  a  tanlo  che  Ypstra  Maesta  non  sara. 
riconciliata  col  Papa,  o  che  il  Santo  Padre  sara  minacciato  di  vedere  gli 
Stati  a  lui  rimasti  invasi  da  una  forza  regolare  o  irregolare  ». 

«  Tali  sono,  signor  Conte,  le  osservazioni  a  noi  suggerite  da  un  esa- 
me  attento  e  coscienzioso  delle  circoslanze  attuali,  e  di  cui  il  Governo 
dell' Imperatore  crede  opportune  fare  parte  alia  Corte  di  Roma.  La  Santa 
Sede  invoca  senza  dubbio  come  noi  coi  desiderii  piiisinceri  il  momento, 
in  cui  la  prptezione  delle  nostre  armi  npn  sara  piii  necessaria  alia  sua  si- 
curezza, e  in  cui  essa  potra,  senza  pericolo  per  i  grandi  interessi  da  lei 
rappresentali,  rientrare  nella  situazioue  normale  d'un  Governo  indipen- 
dente.  Noi  abbiamo  dunque  la  fiducia  che  essa  fara  piena  giustizia  ai 
sentimenti  che  ci  guidano,  ed  e  con  questa  persuasione  che  io  yi  auto- 
rizzo  a  richiamare  1'  attenzione  del  Gardinale  Antonelli  sopra  le  conside- 
razioni  che  io  vi  ho  esposte. 

«  Yoi  potete  dare  a  Sua  Eminenza  leltura  di  questo  dispaccio. 

«  Gradite,  ecc.  —  Drouyn  de  Lhuys.  » 

5.  II  sig.  Drouyn  de  Lhuys  termina  il  suo  Dispaccio  con  una  confidenza 
che  ei  sembra  dinutrire,  e  chevorrebbe  ispirare  in  altrui.  Egli  forsecon 
questa  contidenza  ha  sottoscritto  il  trattato:  ma  accanto  alia  sua  v'eun'al- 
tra  tirma,  quella  del  conte  Pepoli,  il  quale  avea  la  confidenza  opposta.  A 
smentire  adunque  il  Dispaccio  del  Ministro  francese  e  yenuto  fuori  un 
Brindisi  del  Ministro  italiano.  In  un  banchetto  offertoglisi  in  una  osteria 
in  Milano,  il  Pepoli  indirizzo  un  saluto  a  Torino,  nel  auale  fra  le  altre 
cose,  disse  queste  parole :  «  Io  vivo  sicuro  che  quel  nobile  popolo  tori- 
nese,  quando  sara  convinto  che  il  programma  nazionale  non  fu  lacerato 
in  yeruna  sua  parte  dal  imovo  trattato,  e  che  anzi  spezza  V ultimo  anello 
di  quella  catena  che  tencva  congiunta  la  Francia  ai  nostri  nemici,  sara  il 
primo  ad  accogliere  con  prgoglio  i  sacrificii ,  che  gli  si  domanderanno 
in  nome  d' Italia  ».  La  chiarezza  di  queste  parole  e  troppo  manifesta  si 
che  non  ahbisogna  di  commenti.  E  se  abbisognasse  ancoradi  un  com- 
mento,  doyrebhe  valere  per  tutti  quello  fattoglidal  Peruzzi,  membro  del 
Ministero,  sotto  il  cui  indirizzo  la  Conyenzione  fu  sottoscritta.  II  quale 
cosi  fa  eco  al  Pepoli :  «  I  nostri  nemici  soltanto  possono  travedereil  con- 
trario  (cioe  dire  che  si  perdera  Roma  dall'  Italia)  nella  Conyenzione  ,  ed 
io  conosco  troppo  le  intenzioni  delle  due  parti  segnatarie  di  quesf  atto, 
per  dubitare  un  sol  momento  che  fra  breve  noi  non  saremo  a  Roma,  sola 
e  yera  Capitale  d'  Italia ».  Dicesi  che  il  Ministro  francese  se  ne  sia,  in  un 
Dispaccio  indirizzato  al  sig.  Di  Malaret  in  Torino,  altamente  doluto,  e 
abbia  imposto  ai  Ministri  di  Piemonte  di  non  contraddire  in  Parlamento 
ai  sensi  da  lui  manifestati  nel  Dispaccio  al  Sartiges.  Ed  in  Parlamento 
non  si  contraddira.  Cio  lo  attesta,  nel  suo  num.  dei  23  Oil.,  \&Gazzetta  di 
Torino,  che  sa  bene  dove  il  diavolo  abbia  la  coda.  «  Si  riconpsce  che  i 
riguardi  dovuti  ai  rapporti  internazionali  e  la  dilicatezza  diplomatic^ 
possano  esigere  per  parte  del  Gabinetto  italiano  anche  la  esplicita  dicbia- 


CONTEMPORANEA  377 

razione  che  Firenze  vennc  scelta.  per  Capitale  definitiva  del  Regno  d'lta- 
lia:  ma  nessuno  ammette  che  il  fatto  ppssa  seguire  conforme  a  questa 
dichiarazione  ».  In  altri  termini :  II  Gabinetto  promettera,  ma  non  atterra 
la  promessa.  Non  si  crederebbe,  se  il  fatto  non  fosse  si  chiaro,  che  si 
possa  scendere  tanto  basso  dalla  dilicatezza  diplomatica! 

GERMANIA.  1.  Progresso  religioso  nelle  Province  Renane  della  Prussia  — 
2.  Progresso  scienlifico  e  industriale  nelle  medesime  Province  —  3.  Op- 
posizione  ai  Cattolici  nel  Ducato  di  Baden,  e  nel  Regno  di  Wiirtemberg  — 
4.  Pace  colla  Danimarca  —  5.  Quistione  dello  Zollverein  —  6.  Acco- 
glienza  fatla  alia  Convenzione  italo-franca. 

1.  (Da  nostra  corrispondenza)  Nell'antica  Colonia  fu  celebrata  una  fe- 
sta  ecclesiastica  nei  giprni  24-31  Luglio,  che  non  fu  mai  superata  da 
nessuna  in  Germania,  cioe  il  settimo  Giubileo  secplare  della  traslazione 
delle  relrqtiie  dei  tre  Re  Magi.  I  facili  mezzi  di  viaggiare  condussero  a 
Colonia  un  numero  ben  grande  di  Pellegrini ;  la  ferrovia  renana  sola  tras- 
porto  piii  di  43,000  in  questi  pochi  giorni;  la  ferrovia  di  Colonia-Minde- 
ner,  quantunque  1'  Ammioistrazione  aggiungesse  due  treni  straordinarii, 
dovette  lasciar  dietro  piii  di  mille,  che  volevano  venire  da  Essen  in  pro- 
cessione.  Durante  1'  ottavario  Colonia  pompeggiava  con  festivi  ornamen- 
ti,  quanlunque  nessuna  autorita  ne  avessedato  1'ordine.  Dalla  processio- 
ne  finale  per  la  troppa  folia  fu  d'uopo  escludere  gli  scolari  e  le  donne, 
giacche  gli  uominl  soli  erano  gia  da  7  in  8000.  Questa  solennita  era  tan- 
to  piii'Sorprendente,  quanto  che  dal  tempo  della  rivoluzipne  francese  il 
culto  di  queste  reliquie  si  era  scemato  di  assai.  Nei  tempi  anterior!  sole- 
vano  i  pellegrini  recarvisi  perfino  dall'  Ungheria,  e  gli  Imperatori  roma- 
ni,  appena  coronati  in  Aquisgrana,  venivan  al  Dupmo  de'tre  Re  per  vene- 
rarne  le  reliquie.  Questa  venerazione  cesso  per  i  guasti  religipsi  cagio- 
nati  dal  Febronianismo  cesareo,  dall'  incredulita  della  rivoluzione  fran- 
cese, dalla  propaganda  protestante  e  dall'  Ermesianismo.  Non  son  dieci 
anni,  che  anclje  i  buoni  cattolici  in  Colonia  si  vergognayano  di  mostrarsi 
publicamente  in  una  processione,  se  non  vi  erano  obbligati  per  impiego 
od  altra  ragione.  Ora  la  cosa  e  ben  diversa,  come  mostro  questa  testa. 
Cio  si  deve  in  gran  parte  alle  Congregazioni  Mariane ;  la  sola  Congrc- 
gazipne  degli  operai  in  Colonia  conta  circa  1700  membri;  ed  in  tale 
nioltitudine  ogni  benche  pusillamine  cattolico  si  fa  coraggio  di  comparire 
in  pubblico.  Ma  il  movimento  religioso  generate  ne  fu  la  cagione  princi- 
pale,.e  di  questo  ne  abbiamo  gl'  indizii  manifest!.  Le  Missioni  si  fanno 
dappertutto,  e  con  frutto  encomiato  pertino  dai  Protestanti  stessi ;  i  con- 
yeuti  e.mpnasteri,  che  la  rivoluzione  francese  aveva  annientati  affatto, 
risorgono  in  piedi,  e  si  moltiplicano,  sicche  ora  non  vi  euna  citta  quan- 
tunque piccola  ,  che  non  ne  abbia  qualcuno ;  nelle  citta  grandi  poi,  come 
Colonia,  Aquisgrana  e  Miinster,  se  ne  troyano  grandiose  fondazioni.  In 
Aquisgrana  dal  1848,  tre  Congregazioni  si  diramayano  sino  in  America. 
Con  cio  va  del  pari  il  fabbricare  molte  chiese  ed  il  contribuire  genero- 
samenle  ad  intenti  rcligiosi.  In  cima  a  questo  deve  porsi  ilDuomo  di  Co- 
lonia, che  1'  anno  passato  fu  compiuto  e  consacrato.  Siccome  la  naye  di 
mezzo  di  questa  cattedrale  e  la  piu  alia  del  mondo,  cosi  si  voglipno  ah 
2are  anche  le  due  torri  all'  altezza  maggiore  di  qualunque  fabbrica  del 
mondo,  cioe  a  510  piedi.  Con  feryore  pien  di  coraggio  si  comincia  que- 
sto lavoro  gigantesco,  che  il  medio  evo  con  tutta  la  sua  energia  religio- 


378  CRONACA 

sa  non  ebbe  I'animp  di  eseguire.  E  dove  mai  altrove  si  spendono  piu  mi- 
lioni  per  un  paio  di  campanili?  Oltre  il  Duomo,  negli  ultimi  20  anni  nelia 
sola  diocesi  di  Golonia  si  fabbricarono  150  chiese  ecappelle,  la  maggior 
parte  ia  istile  gotico;  si  fondarono  62  parrocchie  e  19  Vicariati,  e  le 
spese  per  questo  e  per  gli  annessi  Orfanotrofii,  Ospedali  e  Scuole  per 
i  poyeri  e  per  le  fabbriclie,  ed  il  mantenimento  de'  conventi  e  mona- 
.steri  in  gran  parte  sono  fatte  dai  privati.  Or  se  si  riflette  ,  che  Colpnia 
conta  tra  le  5  diocesi ,  le  quali  contribuiscono  piu  per  la  Propagazione 
della  Fede,  e  per  1'Associaziorie  della  S.  Infanzia  ,  e  piu  di  tulte  le  akre 
manda  all'  Unionedi  S.  Bonifacio  per  le  Mission!  settentrioriali  della  Ger- 
mania  (ogrii  anno  25,000  tiorini),  e  forse  anche  piu  per  1'  Unione  del  san- 
to  Sepolcro,  fondata  qui  in  Golonia,  sara  difficile  trovare  un'altra  diocesi 
che  la  super!  in  generosita  per  chiese  e  Missioni.  Anche  1'aumento  delle 
procession!  mostra  1'accrescimento  della  pieta.  Sul  conline  della  Prussia 
reoana  si  trova  Stevelaer,  unodei  Santuarii  piu  frequentati  della  Germa- 
nic. Una  statua  di  legno,  fatla  senz'  arte  e  gusto,  della  Madre  di  Dio  at- 
trae  cola  ogni  anno  migliaia  di  pellegrini,  per  lo  che  ambe  le  cbiese  de! 
villaggio  non  erauo  capevoli  della  folia.  In  pochi  anni  vi  eresseuna  nuo- 
va  ed  ainpia  cbiesa  per  la  iiberalita  de'pellegrinauti,  la  quale  fu  consa- 
crata  ai  2  Luglio  in  presenza  di  5  Vescovi. 

2.  Ho  esposto  Uitto  questo  per  i'ar  vedere  quanto  hene  I'avvantaggio 
dello  spirito  religioso  stia  in  armonia  con  un  progresso  grandiose  intellet- 
tuale  e  materiale.  Nella  passata  distribuzione  de'  premii  nell'  Universita 
di  Bonna,  che  vieri  frequenlata  anche  da  mold  Proiestanti,  i  soli  Cattolici 
ottennero  i  premii ;  il  premio  nella  botanica  eximia  cum  laude  se  1'ebbe  un 
giovane  studente,  che  appartiene  aun  Ordine  religioso.  Alcuui  altri  gio- 
"vaai  sul  loro  lavoro  scrissero  il  motto  0.  A.  M.  D.  G.  (omnia  ad  maio- 
rcm  Dei  Gloriam).  Sol  progresso  poi  materiale  delle  Province  renane  di- 
ce Marshal  (autor  inglese  protestante)  nel  3.°  vol.  della  Storia  delle  Mis- 
sioni, che  queste  province  superano  tulte  le  altrc  della  Prussia.  Secondo 
la  relaziqne  della  Camera  di  Commercio  di  Colonia  i'  importo  annuo  delle 
mere!  dali'anno  1848,  in  cui  fu  di  4  milioni  di  libbre,  si  accrebbe  sino  a 
14  milioni,  e  1'esportazione.da  16  milioni  crebbe  sino  a  69  milioni.  Sulla 
sola  ferrovia  di  Colonia-Mindener  il  trasporto  di  merci  nel  1863  fu  di  95 
milioni  di  libbre,  cioe  11,400,000  piu  del  1862.  Colonia,  oltre  di  esser 
centro  di  una  gran  rete  di  strade  ferrate,  possiede  20  bastimeuti  a  vapo- 
re;  dalle  sue  raifinerie  di  Zucherp  passarono  per  le  dogane  90,000,000 
libbre.  NeH'industda  lutlavia  viene  stiperata  da  Aquisgrana,  la  quale 
pure  e  in  fama  di  citta  la  piu  devota  della  Germania.  11  piu  numeroso  e 
splendido  gruppo  pero  per  la  fes!a  dei  tre  Re  Magi  mando  Essen,  paese 
conosciutissimo  per  le  fabbriche  in  acciaio  di  Kruppe,  e  per  i  cannon!  ri- 
gati,  che  ivi  si  fondono.  I  lavori  in  questa  fabbrica  eseguiti  ottennero  in 
tutte  le  esposizioni  d'  Europa  i  premii ;  essa  conta  a  quest'ora  8,000  ope- 
rai.  Da  cio  risulta,  che  le  Province  renane,  ayvantaggiate  nello  spirito 
religioso,  hanno  ugualnaente  accresciuto  i  loro  interessi  industrial!.  L'  o- 
rigine  pero  di  questo  eccitaraento  cattolicomanifestamente  deve  ripeter- 
si  dalla  catturazione  dell'eroico  Vescovo  Clemente  Augusto.  Allora  vi  e- 
ra  imminente  pericolo  di  cadere  dalTindifTereoza  nell'  apostasia  ed  ere- 
sia ;  quell'  incarceramento  desto  i  cattolici  dal  sonno.  Oggidi  accade  1'  i- 
stesso  nel  Ducato  di  Baden.  Speriamo  che  cio  avvenga  anche  in  Italia, 
ove  la  Chiesa  di  Dio  e  si  fierauiente  perseguitata,  In  crucesalus. 


CONTEMPORANEA  379 

3.  Nel  Ducato  di  Baden  il  conflitto  tra  il  Governo  ed  i  Cattolici  pren- 
dc  UQ  aspetto  minaccioso.  Quanlunque  1'Arciduca,  in  un  Proclama  del 
1860,  avesse  promesso  un  movimenlo  assai  libero  del  ciltadini  in  tutte 
le  sfere  della  vita  pubblica,  ed  una  assai  estesa  autonomia  del  popolo; 
con  tulto  cio,  per  la  legge  del  9  Ottobre  1860,  tutto  il  regolamento  delle 
scuole,  anche  religiose,  la  sotloposlo  al  Governo,  e  istiluito  un  Consigliq 
supcriore  dell'  insegnamento.  In  capo  a  questo  fu  posto  uno  Svizzero  di 
nome  Koies,  il  quale  mostro  ben  presto  il  suo  spirito  anticattolico,  col 
suo  progelto  di  riforma  delle  scuole,  mentre  pretendeva  di  rendere  inde- 
pendenti  tutte  le  scuole  elementari  da  qualunque  direzione  ecclesiastica. 
Contro  (jueslo  scrisse  subito  il  prof.  Albano  Stolz,  uno  degli  scrittori  po- 
polari  piu  insigni  di  Germania  ,  e  nel  Caiendario  assai  divulgato  Per  il 
tempo  e  /'eterw7«,sferzava  severaraente  il  progetto  di  questo  primo  Con- 
sigliere  dell'  insegnamento. 

Quando  in  seguitq  anche  il  Rmo  Arcivescovo  di  Friburgo,  quell'  An- 
tisigaano  della  liberta  ecclesiastica,  da  tulto  il  mondo  cattolico  applaudi- 
dito,  si  dichiaro  contro  quel  progetto,  si  schierq  intorno  al  suo  Pastore 
di  92  anni  anche  unanimamente  il  Clero.  L'  Arcivescovo  fu  percio  dal 
Consigliere  di  Stato  Lamey;  vituperate  nelle  Camere,  e  si  comincio  a  rac- 
cogliere  tirmeper  un  indifizzo  di  approvazione  della  diceria  di  Lamey, 
ma  con  un  successo  miserabile.  In  una  delle  primarie  citta  di  Baden,  a 
dispetto  di  ogni  sorta  d'  insislenza,  soltanto  37  Cattolici  si  lasciarono  in- 
durre  a  sottoscrivere.  Non  ostante  1'  irritazione  del  popolo  ,  il  Governo 
ha  gia  proposto  alle  Camere  il  progetto  di  Knies ,  quantunque  un  poco 
moditicato,  e  la  Camera  1'approvera,  essendone  la  massima  parte  impie- 
gati  liberal!.  Questo  sara  poi  il  principio  di  serie  complicazipni :  speria- 
mo,  che  serviranno  a  vantaggio  della  Chies'a  del  Reno  superiore.  Al  buoa 
popolo,  quantunque  dotato  di  eccellenti  prerogative,  manca  tuttavia,  ap- 
punto  per  la  sua  bonarieta,  la  destrezza,  e  questa  s'acquista  soltanto  nella 
pugna  e  nell'  irritamento.  Materia  a  cio  non  manca  pur  troppo  nella  Ger- 
mania meridionale.  Non  e  gran  tempo,  che  il  Governo  Wiirtembergese 
ricusq  la  domanda  del  Vescovo  di  Rottenburg,  di  istallare  i  Padri  Reden- 
toristi,  oppure  iCappuccini  nel  Santuario  di  Schonenberg,  presso  Ellwan- 
gen,  campo  gia  della  mirabile  operosita  del  P.  Jennigen  d.  C.  d.  G.  In 
questa  guisa  giustilica  il  Governo  le  speranze  gia  prima  date  ai  Cattoli- 
ci. Nei  moti  del  184S,quando  parecchi  Cattolici  hanno  ialto  inlendere  es- 
ser  tempo  ormai  di  esercitare  liberamente,  come  in  Prussia,  la  liberta 
Hovuta  alia  Chiesa,  si  cerca  di  acquistarli  colla  promessa  di  un  Concor- 
dato,  assicurandoli  delle  leali  intenzioni  del  Governo.  Quel  che  avven- 
ne,  si  sa  da  tutti.  II  Concordato  fu  fatto  e  messo  da  parte,  e  quando  ora 
per  grazia  si  doraandano  concessioni  giustissime,  che  in  forza  della  li- 
berta d'associazione  ed  autonomia  ecclesiastica,  garantita  dallo  Statuto, 
si  potrebbono  pretendere  con  pieno  diritto ,  si  hanno  da  aspettare  delle 
negative.  (Fin  qui  la  nostra  corrispondenza.) 

4.  Cotali  quistioni  pero  religiose  cedono  il  campo  agli  avvenimenti  poli- 
tici.  Due  principalmente  sqno  gli  oggetti  dell'  interessamento  pubblico,  la 
quistione  schleswig-holsteinese  e  quella  dello  Zollverein  prussiano.  Circa 
la  prima  il  convegno  dei  Monarchi  in  Kissingen  e  dei  Ministri  in  Karls- 
bad avendo  prodotto  una  maggior  unione  tra  i  Principi  tedeschi,  ne  e 
seguito,  che,  per  conchiudere  la  pace  cqlla  Danimarca,  han  potuto  pro- 
cedere  di  assai  buon  accordo.  Per  istabilirla  defiiiitivamente  doveaoo  de- 


380  CRONACA 

terminarsi  nei  loro  particolari  le  due  basi  generiche,  che  erano  state  fis- 
sate  fin  dal  principio :  cioe  dire  la  linea  del  contini ,  e  la  parte  del  debito 
pubblico  daaese,  che  rimarrebbe  addossata  ai  Ducati.  Per  fissare  la  pri- 
ma  vi  sono  state  difficolla  minori,  che  per  fissare  la  seconda.  Si  e  dunque 
conchiuso  che  la  linea  delle  frontiere  sia  quella  che  discende  dalla  rivie- 
ra  Koningsaa  fmo  a  Wedsted,  passando  al  sud  di  Ribe.  Essa  lascia  alia 
Danimarca  questo  distretto ,  come  pure  la  "piccola  isola  di  Manoe  nel 
mare  del  Nord.  All'est,  questa  linea  parte  da  Venstruga  sulla  Koningsaa 
e  passando  alquanto  al  Nord  di  Christiansfeld,  sbocca  nel  piccolo  goltb  di 
Halsniinde.  L'antica  frontiera,  che  separava  il  Jutland  dallo  Schleswig,  fu 
dunque  rettiticata  con  vantaggio  della  Danimarca,  come  ne  era  stata  fatta 
promessa  nei  preliminarii ;  all1  ovest,  il  distretto  di  Ribe  e  rimasto  ai  Da- 
nesi ;  all'  est ,  essi  hanno  ottenuto  la  restituzione  di  una  zona  che  lascia 
al  di  fuori  della  loro  frontiera  tutto  il  golfo  di  Kolding  e  cuopre  per  tal 
maniera  il  distretto  di  Fredericia  ed  i  passi  piii  esposti  che  separano  il 
continente  danese  dall'isola  di  Fionia. 

Tolta  da  questo  lato  la  difficolta ,  le  trattative  si  son  rivolte  all'  altro, 
ove  e  stato  necessario  piu  tempo  per  accordarsi.  Da  principio  vole- 
yasi  ottenere  dalla  Danimarca  che  consentisse  a  spartire  in  giusta 
proporzione  non  solo  i  debiti  dello  Stato,  ma  ezianuio  la  proprieta, 
che  lo  Stato  avea  acquistata  contraendo  quei  dehiti:  in  una  parola  YO- 
leasi  lo  spartimento  proporzionale  non  solo  del  passivo,  ma  eziandio  del- 
Yattivo  danese.  Sopra  tal  modo  di  divisione  la  Danimsrca  oppose  sempre 
il  piu  assoluto  rifiuto.  Fu  dunque  dalle  Potenze  tedesche  abhandonato 
questo  progetto,  e  invece  yenne  da  loro  proposto  alia  Danimarca,  che, 
assuntasi  dai  Ducati  la  porzione  del  puhblico  debito  danese,  doyessero 
essi  poi  ricevere  una  dala  somma  a  titolo  d'indennita,  pel  fatto  della  loro 
esclusione  daH'antica  agglomerazione  danese,  a  cui  formare  aveano  essi 
concorso  col  loro  denaro.  Questa  combinazione  ,  che  nel  fondo  conduce 
al  medcsimo,  ma  nella  forma  e  di  piu  facile  esecuzione,  venne  finalmente 
accettata  dai  Plenipotenziarii  della  Danimarca.  Ma  qui  ancora  nuove  ca- 
gioni  di  prolungameati  nelle  trattatiye.  Poiche  i  Tedeschi  dimandavano 
trentanove  milioni  di  talleri,  i  Danesi  ne  oiTrivano  solo  ventuno.  Sembra 
che  all' Austria  debbasi  principalmente  I'essersi  potute  le  due  parti  accor- 
dare  sopra  una  cifra  media,  che  dicesi  fissata  oramai  a  yentinove  milioni. 
Cosi  e  stata  rimossa  1' ultima  difficolta  che  ancora  s'  opponeva  alia  con- 
chiusione  delinitiva  della  pace  ,  la  quale  per  conseguenza  ha  potuto  an- 
nunziarsi,  come  oramai  stabilmente  tissata.  Con  sola  questa  esposizione 
cadono  tutte  le  conghietture  dei  giornalisti,  i  quali  andavano  fdbbricandq 
cento  castelli  in  aria  sopra  questo  solo  fondamento  ,  che  la  pace  non  si 
segnaya  in  Vienna.  L'  essersi  poi  questa  pace  conchiusa  quasi  al  tempo 
stesso  che  il  matrimonio  tra  la  figliuola  del  Re  di  Danimarca  e  il  Grandu- 
ca  erede  della  corona  imperiale  di  Russia,  dimostra  la  yanita  di  quelle 
altre  conghietture  ,  che  cioe  la  Russia  si  opponesse  in  tal  quistione  alle 
cprti  alemanne,  e  soffiasse  a  mantenere  yiye  le  discordie  trai  Plenipoten- 
ziarii, affine  di  far  ripigliare  in  im  dato  punto  la  guerra  teulo-danese,  e 
distrarre  cosi  le  forze  della  Germania,  quando  sorgesse  il  bisogno  di  ser- 
yirsene  altrove.  Ora  non  rimane  che  la  determinazione  del  Principe,  che 
do^ra  assumere  la  corona  ducale.  Da  cio  che  puo  dedursi  dai  document! 
e  dalle  notizie,  pubblicate  finora  sui  giornali,  ei  sembra  che  la  decisione 
sopra  il  dritto  di  successione  sara  molto  probabilmente  devoluta  alia  Die- 


CONTEMPORANEA  381 

ta  germanica ,  e  che  la  maggior  probability  militi  in  favore  del  Duca 
Federico  d'  Augustenboiirg.  Qucsti  ha  in  efletto  gia  presentato  alia  Dieta 
una  sua  ben  lunga  Memoria,  OYC  sono  registrati  con  molta  chiarezza  i 
titoli  che  csso  rcputa  di  ayere  ad  una  tale  sovranita.  11  Gran  Duca 
d'  Oldenbourg,  che  e  1'  altro  pretendente,  non  ha  lino  al  giorno  d'  oggi 
presenlata  la  Memoria  sopra  i  proprii  dritti,  che  pure  si  annunziaya  da 
lui  preparata. 

5.  L' Impero  d' Austria,  considerate  economicamente,  ha  due  grandi 
Tantaggi  sopra  il  resto  della  Germania.  L'uno  e  la  ricchezza  meraviglio- 
sa  del  suolo,  1'altro  la  moltiplicita  del  suoi  sbocchi  marittimi.  In  quan- 
to  al  primo,  1' Austria  e  abbondantemente  fornita  di  quanto  le  abbisogna 
pel  sup  consume  interno :  e  tanto  fornita  che  da  un  solo  dei  suoi  Stati , 
cioe  dire  dalla  Ungheria,  ha  potuto  qualche  anno  lasciar  trasportare  i  gra- 
ni  al  di  fuori  dell' Impero  per  120  milioni  di  franchi.  Ne  do  dee  far  me- 
raviglia,  quando  si  rifletta  che  la  propriela  fondiaria  dell'  impero  da  un 
prodolto  annuale  di  piu  di  5  migliardi  di  franchi.  Quanto  al  secondo  basta 
giltare  uno  sguardo  sopra  la  sua  posizione  geografica  per  accertarsene , 
poiche  questa  ci  dice  che  per  mezzo  deH' Adriatic*),  al  cui  fondo  siedono 
Trieste  e  Venezia  ,  neHe  cui  acque  si  scaricano  1'  Adige  ed  il  Po ,  co- 
munica  col  mare  Mediterraneo ;  per  mezzo  del  Danubio  col  mar  Nero,  e 
per  mezzo  del  Reno,  dell'  Elba,  dell'  Oder  e  della  Yistola  col  mare  del 
Nord.  L'  Europa  adunque,  TAitrica  e  1'  Asia  sono  aperte  al  suo  commer- 
cio  da  questi  tre  grandi  sbocchi ;  ed  essa  puo  trasportaryi  i  suoi  prodot- 
ti  e  le  sue  mercanzie,  ericavarne  le  materie  prime  per  yie  non  solo  sicu- 
re,  ma  facilissime,  e  relativamente  ad  altre  nazioni  marittime  ancora  piu 
corte.  Alia  facilita  delle  yie,  ed  alia  fertilita  del  terreno  non  corrisponde 
al  tutto  T  industria,  la  quale  in  paragone  delle  altre  nazioni  industrial}, 
come  sono  1'  Inghilterra,  la  Francia,  ilBelgio  e  qualche  parte  della  Ger- 
mania settentrionale ,  sla  al  di  sotto ,  non  quanto  alia  bonta  e  perfezione 
delle  fabbriche,  ma  quanto  al'costo  della  fabbricazione.  II  germe  di  questa 
inferiorita  dimora  nell'  elevatezza  della  tassa  di  sconto  ,  che  spesso  giu- 
gne  al  12  per  %,  e  nelle  fluttuazioni  continue  dello  scambio :  le  quali  due 
cause  fan  si  che  i  sudditi  dell'  Impero  austriaco  non  possono  nelle  loro 
induslrie  lottare  coi  fabbricanti  delle  altre  nazioni,  ove  il  denarasi  ot- 
tiene  a  molto  miglior  mercato.  Quest'ostacolo  va  pero  grandemente  sce- 
mando:  giacche  noi  yediarao  che,  mentre  nel  1843  il  yalore  totale  dei 
prpdotti  industriali  toccava  appena  la  cifra  di  due  migliardi  e  seicento 
milioni  di  franchi,  nel  1861,  con  lutla  la  cessione  della  Lombardia,  quel 
valore  sorpasso  la  cifra  di  tre  migliardi  e  cento  milioni  di  franchi.  Lo  stes- 
so  progresso,  ma  in  proporzipni  d'  un  aumento  ancora  piu  rapido  ,  scor- 
giamo  nel  commercio  propriamente  detto.  Prendiamo  due  termini  di 
comparazione ,  il  1847  e  il  1859.  Nel  1847  1'  importazione  fu  yalulata  a 
trecencinquanta  milioni  di  franchi,  e  1'esportazione  a  trecento  e  quattro 
milioni,  cifre  che  nei  due  anni  susseguenti  si  andarono  diminuendo,  col 
serbare  pero  fra  lorp  un  rapporto  quasi  eguale.  Dopo  di  che  1'  aumento 
comincio :  e  d'anno  in  anno  crescendo,  nel  1859  giunse  a  tale  che,  rim- 
petto  a  setteceuto  sessantaquattro  milioni  di  franchi  per  1'esportazione,  vi 
furono  seicento  noyantotto  milioni  soltanto  d'  importazipne,  con  66  milio- 
ni cioe  di  vantaggio  a  favore  delle  produzioni  nazionali.  Anzi  il  vantag- 
gio  dell'  industria  manufatturiera  e  molto  maggiore  di  quello  che  indi- 
chino  queste  eifre  cosi  generiche.  II  ch.  Barone  Czoernig,  nel  suo  Ma- 


382  CRONACA 

nuale  di  statistica,  dimostra  che ,  prese  unicamente  in  considerazione  10 
niani failure  austriache,  la  vendita  nell'estero  di  quesle  e  ila  talmenle  cre- 
scendo, che  nei  quindici  anni ,  corsi  dal  1847  al  1861 ,  essa  si  e  piu.  che 
quadruplicata.  Cio  devesi  alle  savie  provvidenze  governalive,  colle  quali 
sono  slali  da  una  parte  a  poco  a  poco  tolli  molli  ceppi  e  molte  servitu, 
che  neir  anlico  sislema  impedivano  la  induslria,  e  dall'  allra  inlrodolte 
molle  islituzioni  di  credilo,  e  falla  risorgere  la  pubblica  prosperila. 

Da  questa  sposizione  sembra  che  debba  discenderne  che  le  enlrale  do- 
ganali dell'  Impero  auslriaco  abbian  dovulo  conseguire  quell'  aumento 
successivo,  che  per  tullo  allrove  si  osserva,  e  il  buon  senso  fa  supporre 
procedere  sempre  in  ragione  dell'aumenlo  delle  importazioni  e  dei  pro- 
dolli  industrial.  Pur  lullavia  non  e  cosi.  II  fallo  che  colpisce  gli  uomini 
di  Slalo  auslriaci  e  queslo.  Nel  decennio  dal  18il  al  1851  la  cit'ra  media 
delle  enlrate  doganali  toccata  i  cinquantuno  railione  di  franchi :  nel  de- 
cennio seguente  s'  e  accresciuta  a  raala  pena  di  Ire  railiqni,  per  fermarsi 
nei  Ire  anni  uliimi  ai  cinquanladue  milioni  sollanlo.  Cio  vuol  dire  che 
1'  enlrata  doganale  e  rimasa  presso  che  slabile,  quantunque  il  commercio 
siesi  cosi  notabilmenle  aumenlato.  Qual  e  la  cagione  di  quesla  cosi  stra- 
ordinaria  anomalia?  La  risposla  che  danno  a  lal  quesilo  gli  uomini  piii 
compelenli  si  e,  che  le  lariffe  doganali  sono  Iroppo  elevale ;  e  quindi  il 
eontrabbanclo,  impossibiie  ad  impedirsi  in  uno  slalo  che  ha  contini  si  va- 
rii  e  si  vasti ,  ha  enormi  guadagni  da  fare  ,  e  assorbe  per  conseguenza 
quel  mollissimo  di  piu  che  dovrebbe  enlrare  nelle  casse  deilo  Slalo. 

In  quella  parte  della  Germania  ,  che  troyasi  dallo  Zollverein  unita  in 
lega  doganale,  accade  tutto  il  contrario.  Quivi,  abbandonalosi  del  tulto  il 
sistema  prolezionista  ,  le  tarifi'e  doganali  sono  bassissime,  e  tolgonp  ai 
conlrabandieri  quasi  ogni  speranza  di  guadagno  nel  loro  illecilo  Irafrico. 
Ne  e  dunque  avvenulo  che  cola  le  entrale  doganali  sonosi  in  quest'ullimo 
Tenlennio  raddoppiate ,  e  seguono  coslanlemente  la  proporzione  degli 
aumenlali  commerci.  II  Iraltalp  franco-prussiano,  che  dovra  enlrare  quan- 
to  prima  in  yigore  ,  abbassera  ancora  di  piu  quelle  lariffe  ,  e  lascia  spe- 
rare  un  nuovo  aumenlo  di  enlrale. 

Posle  quesle  dichiarazioni  s'intendono  le  difficolla  che  inconlra  1' Au- 
stria ad  enlrare  nella  lega  doganale  tedesca.  Se  non  1'  accella,  rilenendo 
nella  loro  elevalezza  le  anliche  lariffe,  le  sue  enlrale  doganali,  lungi  dal- 
I' aumenlarsi ,  decresceranno :  perche  dagli  Slali  ledeschi  limilrofi  al- 
1'Impero  polranno  le  mercanzie  enlrare  di  frode  piu  facilmenle  che  prima. 
Se  Taccella,  i  fabbricanli  auslriaci  ne  soffriranno  danno  non  lieve,  per  la 
concorrenza  che  le  mani failure  forestiere  polranno  fare  alle  nazionalL 
Queslo  e  il  bivio,  nel  quale  si  e  Irovala  e  si  trova  1' Austria  nella  quislione 
dello  Zollverein :  e  la  cagione  di  lanle  esitanze  Irovasi  unicamenle  nella 
condizione  Yeramenle  eccezionale  del  suo  commercio  e  della  sua  indu- 
stria.  Orecco  la  via  che  il  Goyerno  imperiale  ha  battulo  per  isciogliere 
queslo  nodo.  Ha  dovulo  togliere  1'  ostacolo  principale  che  impediva  ai 
suoi  fabbricanli  il  buon  mercalo,  dando  stabiliia  allo  sconlo,  promovendo 
la  fondazione  di  Banche  di  credilo  ,  moditicando  le  leggi  che  polevano 
inceppare  1' induslria,  moltiplicando  le  vie  interne  per  lo  trasporto  e  le 
comunicazioni.  Cio  conseguitosi  in  gran  parle,  quel  Governo  ha  messo 
mano  alia  riduzione  delle  sus  tariffe,  non  in  conformita  delle  tariffe  doga- 
nali dello  Zollverein ,  ma  secondo  la  misura  che  e  stata  creduta  la  piu 
liberale  in  rapporto  allo  stato  dell'  industria  austriaca.  Queste  nuove  ta- 


CONTEMPORAISEA  383 

rifle  sono  state  sottoposte  all'  esarae  delle  Caraere  di  Commercio  dell'Im- 
pero  ,  e  sono  state  quasi  da  tutte  approbate.  Son  queste  le,  tarifle  ,  che 
J  Austria  propone  ora  come  base  di  negoziato  alle  conferenze  commer- 
cial, che  si  son  cominciate,  egli  e  piii  di  un  mese,  in  Praga,  tra  1' Au- 
stria e  la  Prussia. 

Ma  in  queste  conferenze  vi  e  un  altro  nodo  da  sciogliere.  II  contralto 
iloganale,  fatto  a  nome  dello  Zollverein  dalla  Prussia  colla  Francia  ,  pro- 
dusse  un  massimo  raalcontento  tra  i  membri  di  questa  lega ,  eccettuata 
Sassonia  e  Baden;  perche  1'industria  francese  ne  ebbe  il  migliore  yantag- 
gio,  e  molto  piii  perche  coH'articolo  31.°  dovea  impedire  necessariamente 
1'unione  doganale  coU'Austria,  gia  da  questa  Potenza  proposta  e  iniziata 
nel  1853.  In  sul  principio  il  gridio  era  immense  e  gia  si  vociferava  di  u- 
110  scioglimento  di  tutta  la  lega,  che  comprende,  fuori  dell' Austria,  quasi 
tutta  la  Germania.  I  malcontenti  pero  col  tempo  si  spaventarono  delle 
conseguenze  di  questo  passo,  per  quanto  fossero  grandi  le  simpatie  per 
1'Austria  ,  e  si  andarono  a  poco  a  poco  accostando  alia  Prussia,  dalla  cui 
unione  sperano  minori  danni  che  dal  rjmanere  isolati.  Questo  stesso  ac- 
costarsi  di  quasi  tutti  gli  Stali  alemanni  allo  Zollverein  e  al  trattalo  fran- 
co prussiano,  pone  I'lrppero  austriaco  in  maggiore  necessita  di  fare  ogni 
sforzo  per  entrarvi  anch'esso ;  ma  non  vuol  farlo  senza  una  modificazione 
al  trattato  colla  Francia.  Quindi,  mentre  in  Praga  negozia  colla  lega  do- 
ganale tedesca,  negozia  in  Parigi  coll'Impero  francese:  e  da  questo  dop- 
pio  trattato  o  risultera  1'ingresso  dell'Austrianello  Zollverein,  o  una  lega 
commercial  colla  Francia ,  che  poi  col  tempo  le  permetlera  di  unirsi  a 
tutto  il  resto  della  Germania  con  migliori  condizioni.  Un  tal  litigio  pero  e 
tutto  amminislrativo  e  per  nulla  politico :  esso  riguarda  gl'interessi  ma- 
teriali  del  sudditi,  non  le  quistioni  di  diritto  e  di  supremazia. 

6.  La  notizia  della  Convenzione  dei  15  Setlembre,  conchiusa  a  Parigi 
tra  la  Francia  e  !'  Italia,  ha  scosso ,  com'  era  ben  naturale,  ogni  sorta  di 
persone  in  Germania.  Fuori  dell'Austria  e  stata  unanime  1'  interpretazio- 
ne  datale  dai  giornali :  vale  a  dire,  che  essa  sia  la  consegna  che  la  Fran- 
cia fa  all'  Italia  di  Roma  e  del  Papato.  I  Cattolici  sono  in  questo  d'  ac- 
cordo  coi  liberali:  e  se  quelli  ne  fremono  d'  indegnazione,  questi ,  nel- 
la  massima  parte,  non  se  ne  esaltanp,  perche  il  liberalismo  germanico 
lion  ha  gl'  interessi  del  liberalismo  italiano.  Anzi  i  piii  onesti  di  questo 
parti  to  sonosi  dichiarati  favorevoli  alia  Sovranita  temporale  del  Papa: 
e  tutti  fra  loro  condannano  non  solo  il  fondo  della  Convenzione ,  ma 
eziaudio  la  forma,  come  scortese  e  ingiuriosa  alia  dignita  di  un  Prin- 
cipe, del  cui  Stato  si  negozia  cosi  alia  libera,  senza  fargliene  pur  motto. 
Neir Austria  poi  la  commozione  e  stata  ancor  maggiore;  poiche  quivi 
si  e  ingenerata  universalmente  I'opiniqne,  che  si  tratti  seriamente  di  mo- 
yerlesi  guerra,  e  che  il  fine  segreto  di  quella  Convenzione  non  e  altro, 
che  appunto  questo.  E  bene  il  far  qui  vedere,  con  una  breve  rassegna 
di  giornali  austriaci,  1'  uniformita  di  tale  interprelazione. 

La  Nuova  Stampa  libera,  dopo  di  avere  esposto  le  opinion!  di  coloro, 
che  reputano  un  atto  insignificante,  una  frase  senza  scopo  ,  o  al  piu  una 
mossa  di  scacchi  per  iscoprire  il  gioco  preparato  a  Kissingen  e  a  Karls- 
bad, fmisce  con  queste  parole:  «  Noi  invidiamo  coloro,  ai  quali  il  loro 
ottimismo  permette  di  sbandire  cosi  ogni  fastidio  politico ;  ma  ci  e  impos- 
sibile  di  accettare  un  modo  tanto  inconsiderato  di  veder  le  cose.  Gli  ag- 
giustamenti  convenuti  tra  Parigi  e  Torino  sono  una  sfida ,  che  si  sa  be- 


384  CRONACA  CQNTEMPORANEA 

nissimo  a  chi  e  diretta.  L'  Austria  troyasi  alia  vigilia  di  nuove  prove  ,  e 
finche  vi  e  tempo,  gridiamo  ai  nostri  uomini  di  Stato :  Caveant  consu- 
les.  »  II  Wanderer  giugne  alia  stessa  conchiusione  con  questo  ragiona- 
mento:  «  Si  trasporta,  diconp,  la  Capitale  da  Torino  a  Firenze  per  ra- 
gioni  strategiche.  Ma  chi  minaccia  Torino?  Niuno.  Yi  fc  dunque  altro 
perche,  piu  vero.  L'  Italia  medita  un'  aggressione,  e  per  riuscirvi  fa  con- 
cessipni  alia  Francia  relativamente  a  Roma ,  a  patto  che  la  Francia  le 
presti  una  mano  relativamente  alia  Yenezia.  La  Convenzione  dunque  e 
una  minaccia  all'  Austria.  »  Non  dissimile  e  1'  argomento  conghiettu- 
rale  che  forma  il  Botschafter:  «  Perche  i  giornali  ufficiosi  di  Parigi, 
die'  esso,  intonanq  la  canzone  medesima  del  1858  e  59  ,  dicendo  in  sul 
serip  che  1'  Austria  minaccia  1' Italia?  Perche  daimo  con  tanto  calqre  > 
quei  consigli  sdolcinati  di  aggiustare  all'amichevole  coll' Italia  la  questio- 
ne  della  Yenezia?  Essi  sanno  che  1' Austria  non  pensa  a  far  guerra  ,  ^j 
sanno  altresi  die  1'Austria  non  cedera  giammai  volontariamente  la  Yene- 
zia. Quei  lamenti  adunque  e  questi  consigli  equivalgono  ad  uaa  chiara, 
sebbene  non  ufficiale  dichiarazione  di  guerra:  e  i  preparatiyi  si  conten- 
gono  nei  patti  conchiusi  coll'  Italia  il  di  15  Settembre.  Essi  dicono  cosi 
all'  Italia :  Rinunziate  a  Roma,  ed  io  yi  daro  Venezia.  »  E  noteyole  poi 
soprammodo  cio  che  da  Vienna  si  scriveya  al  Boerfenhalle,  perche  quella 
sembra  una  profezia.  II  corrispondente  yiennese  dice  dunque  che  sotta 
la  Convenzione  italo-franca  covasi  la  guerra  all'  Austria;  ed  ecco  come 
probabilmente  succedera  la  faccenda.  La  Francia  proporra  all' Italia,  in 
yista  di  quella  Convenzione,  una  grande  riduzione  pell'  esercito:  1' Italia 
rispondera:  disarmi  prima  1' Austria  che  ci  minaccia.  Allora  la  Francia 
prendera  questa  iniziativa  sopra  1' Austria,  e  le  chiedera  disarmo  e  rico- 
noscimento  del  Reguo  d'  Italia.  Quindi  occasione  alia  guerra.  Finalmen- 
te  la  Presse,  dopo  di  avere  analizzato  il  testo  della  Convenzione,  quale  fa 
pubblicato  dal  Moniteur,  dimostra  che  esso  da  dirittq  a  supporvi  un  pen- 
siero  secreto,  che  1'  abbia  consigliato,  e  questo  pensiero  ,  qual  esso  sia, 
nessuno  in  Austria  durera  fatica  a  indovinarlo. 

Qual  attitudine  prenda  il  Governo  imperiale  ,  innanzi  a  questo  si  sin- 
golare  trattato ,  non  si  conosce.  Chi  yuole  che  protestera  essa  a  nome 
proprio ,  contro  1'  infrazione  cosi  manifesta  del  Trattato  di  Zurigo :  chi 
yuole  che  lascera  tal  protesta  al  Gran  Duca  di  Toscana,  che  y'e  piii  diret- 
tamente  interessato :  chi  vuole  che,  per  non  esser  colta  alia  sprpvvista, 
si  preparera  alia  guerra  :  chi  yuole  che  per  1'  opppsto  a  mostrar  sicurezza 
aftrettera  ed  aumentera  il  disarmo  decretato  prima  della  Convenzione : 
chi  vuole  che,  senza  cangiar  nulla  al  suo  ordinario  andamentp,  aspettera 
gli  avvenimenti,  senza  infastidirsi  di  questo  fatto,  forte  com'  e  dell'unio- 
ne,  cementatasi  a  Kissingen  e  a  Carlsbad  cplla  Russia  e  colla  Prussia ;  e 
chi  infme  assicura  che,  nulla  potendo  con  sicurezza  aspettare  da  queste 
due  Potenze  in  favore  dei  supi  possedimenti  italiani,  essa  sara  costret- 
ta  di  attenersi  alia  massima  riserva,  senza  punto  mischiarsi  della  quistio- 
ne  romana,  che  e  la  sola  compromessa  nella  Conyenzione  italo-franca. 
Fra  tante  e  si  opppste  opinioni  e  difficile  il  sentenziare  qual  sia  la  vera : 
ma  non  e  difficile  il  prevedere  che  1'  Austria  non  tardera  a  far  cessare 
una  tale  incertezza  con  qualche  determinazione ,  che  accenni  alia  via , 
che  essa  prescegliera,  come  la  piu  sicura  pei  suoi  interessi,  e  la  piu  con- 
facente  alia  sua  dignita. 


IL  B.  PIETRO  CANISIO 

E  I  TEMPI  MODERNI 


V'hanon  pochi,  i  qiiafi  si  querelano  altamente  della  reila  de'tem- 
pi  che  corrono  per  la  religione.  Notano  1'  audacia  dei  nemici ,  ne 
esagerano  la  polenza :  temono  ,  sconfidano  e  per  pocp  non  veggono 
alcun  riparo  alia  tempesla,  che  da  quallro  anni  imperversando  pare 
oggidi  in  sul  punto  di  rovesciarsi  in  tulip  il  suo  furore  sopra  la  Ilalia 
nostra  agitalissima.  Ma  ollreche  coteste  doglianze  e  colesli  piangi- 
menli  non  valgono  che  a  gitlare  negli  animi  lo  sbigollimenlo ,  e 
recare  ad  im  vile  e  dannoso  far  nulla ,  gli  autori  si  dimostrano  cie- 
chi  nei  loro  pensieri  e  fallaci  nelle  loro  deduzioni.  Che  e  egli  mai  il 
turbine  scalenatosi  sopra  il  noslro  bel  paese?  Guardatelo  un  poco 
e  voi  lo  ravviserele ,  avvegnache  in  mulata  sembianza ,  per  quello 
stesso  che  scoppio  nella  Germania  nel  secolo  XVI.  Si  predica  ora 
una  disfrenata  liberl&;  si  leva  in  ogni  lato  il  vessillo  della  corru- 
zione ;  vi  accorrono  uomini  di  ogni  condizione  ad  arrolarvisi.  Non 
sono  quesli  falli  accaduti  anche  in  quel  secolo?  Si  lamenla  a  di 
nostri  1'  impeto ,  la  potenza ,  la  ipocrisia  degli  avversarii.  Gillate  lo 
sguardo  sopra  la  Germania,  e  voi  vedele  nel  lempo  indicalo,  manc- 
inessa  fieramenle  1'autorila  della  Chiesa,  diserlali  i  raonisleri,  diroc- 
cate  le  chiese,  cacciali,  malmenali  Vescovi  e  Sacerdoli,  che  non  pro- 
fessassero  la  eresia.  Voi  vedele  Principi  polcnli,  che  ne  soslengono 
i  raaeslri  colla  parola  nelle  diele  ,  colle  armi  nelle  campagne ;  mini- 
stri  che  gl'  insediano  nelle  University ,  che  gli  spesano  largamenle , 
Strie  V,  vol.  Xll,  fasc.  352.  25  4  Novembre  1864. 


386  IL  B.  PIETRO  CANISIO 

che  grintromellono  e  favoriscono  con  fma  ipocrisia  anche  nei  reggi- 
mend  piu  cattolici.  Si  addita  in  Italia  una  stampa  ps,cena,  riboccanie 
di  error!  peslilenziali ,  che  ammorba  le  molliluditii,  cbe  melte  in 
dileggio  e  calpesta  ogni  cosa  piu  veneranda  della  religione.  Fale  con- 
to  che  rion  se  ne  stesse  guari  rae^lio  allora  nel  settentrione.  I  libelli 
infami ,  le  calunnie  piu  grossolane ,  le  satire  piu  mordaci ,  i  cate- 
chisrai  pieni  di  reo  veleno  dil^avano  in  ogni  banda,  si  spaccia- 
vano  a  vil.prezzo  ,  si  faceano  correre  tra  la  giovenlu,  si  giltavano 
nelle  cilia  e  ne'  villaggi,  infeltando  e  corrompendo  ogni  condizione  di 
persone.  Ne  ci  parlate  dell'  arte  presente  del  congiurare ,  del  solle- 
vare  i  popoli  a  ribellioni ;  era  mezzo  cenosciuto  ed  alluato  non  meno 
finamente ,  che^  si,a  al  presente.  Sapete ,  che  basto  dove  a  sperdere 
un  turbine  si  faribondo,  dove  ad  arrestarku-e  farvi  rifiorire  piu  ri- 
gogliosa  la  reJfgiane  dove  era  spiantata  /diserta  ed  abbominata ? 
L'opera  di  un  uomo  solo,  il  quale,  come  e  scritto  di  S.  Basilio  in  so- 
miglianli  frangenti,  totum  se  Ira^idit  matri  Ecclesiae :  quest'uomo  e 
il  B.  Pietro  Cajjisio.  In  tanla  trepidazione  e  in  tanto  sconvolgimento 
di  ogni  cosa  sat?ra  e  pro  fan  a  ne'  tempi  moderni,  ecco  1'esemplare  che 
a  tutli  i  figli  della  Chiesa*  propone  in  quest!  di  il  Vicario  di  Gesu  Cri- 
sto,  sollevandolo  all'  onor  degli  altari.  Sicche  pare  che.-dica:  sorgele 
animosi ,  seguitatelo  e  la  vittoria  e  voslra. 


La  lolta  presenle  e  gagliarda  ;  i  nemici  poletiiif -pressure  da  ogni 
lato.  Non  lo  dissimuliamo.  Che  si  YUO!  fare^2  Gfitali  1  lagni  con  le 
querele ,  si  atlesti  ognuno  contro  i  nemici  di  Dio  e  della  Chiesa  e 
combatta,  secondo  il  suo  grado,  instancabile  e  senza  posa.  Cosi  fece 
il  B.  Canisio  propostoci  in  esempio ,  e  cosi  ottenne  la  Yitloria.  Di 
\7enticinque  anni  e  creato  maestro  nella  Universita  di  Colonia ,  dove 
una  parte  del  popolo  e  avvelenata  dall'  eresia ,  rotta  ad  ogni  vizio  la 
gioventu  studiosa  per  opera  di  micidiali  professori ,  F;A:mvescovo 
stesso,  parligiano  degli  eretici,  ne  favoreggia  gli  empii  conali.  Or  bene 
egli  non  si  contenta  di  due  lezioni,  che  fa  ogni  di  in  difesa  dei  dom- 
mi,  mavi  aggiunge  per  sopraccarico  1'erudire  i  fanciulli,  sermonare 
al  popolo,  raccogliere  e  coltivare  nello  spirito  i  giovani  student!.  Mer- 


E  I  TEMPI  MODERNI  387 

ce  di  queste  sue  fatichc,  Colonia  in  poco  tempo  vcde  smorbali  di  ogni 
errore  i  suoi  citladmi,  ravviata  la  sua  giovenlu,  e  1'Arcivescovo,  di- 
venuto  lupo  rapace,  solennemente  deposlo  per  gli  uflizii  del  Senato 
presso  Cesare  ed  il  Papa.  Popolp-e  clero  di  Liegi  e  nel  medesimo  tem- 
po da  luf  rifonnato.  Chiamalotp  Ualia  e  raffinatosi  nella  virtu  solto 
il  magistero  di  S.  Ignazio,  dopo  di  aver  dato  saggio  del  suo  zelo  nel- 
la cilia  di  Messina,  torna  in  Germa&.f  Ingolslad  e  il  luogo  della  lotta. 
La  eresia,  il  mal  costume,  lo  sprezzo  di  ogni  alto  di  religione  vi  tengo- 
no  il  campo.  Pensate,  i  piu  Ira  i  professori  di  quell'  Universila  erano 
di  vita  scandalosa,  di  doltrina  corrotta :  libri  rei  e  scritti  erelicali 
correano  in  onore  tra  le  raani  della  giovenlu  ,  donde  tracannando 
essa  il  veleno  di  ogni  oscenila,  crescea  scapestrata  nel  vizio,  dimen- 
tica  di  Dio  e  dello  sttfdio.  II  male  della  Universita  erasi  appiccalo  al 
popolo.  Non  uso  di  sacramenti ,  non  frequenza  di  Ghiesa  ,  pubblici 
disprezzi  del  culto,  quando  non  sVbeslemmiava  cogli  erelici.  II  beato 
Pietro  sfolgora  1'  eresia  dalla  caltedra  nella  Universita  collo  strelto 
argomentare  della  leologia  scolastica,  disleriebra  le  menti  dei  cittadini 
dal  pergamo  con  famigliari  discorsi,  cbmballe  il  vizio,  metle  in  onore 
la  virtu,  trae  a  se  in  private  accademje  la  giovenlu,  istituisce  sacre 
adunanze ,  visita  spedali ,  assiste  fioribondi.  In-  ogni  ora  del  di  ed 
in  gran  parle  della  nolte  egli  e  sempre  in  sul  combattere  per  Dio  e 
per  la  Chiesa,  ed  in  capo  a  due  anni  e  mezzo  i  sacri  templi  si  riem- 
piono,  si  usa  ai  sacramenti  da  tutti  i  cittadini,  e  tomato  in  isplendore 
il  culto ,  maladelta  1'  eresia ,  che  avea  portato  alia  patria  le  tenebre, 
Ton-ore  e  il  vitupero  della  licenza. 

Neir  assenza  del  re  Ferdinando  dagli  Stati  dell'  Austria ,  la  reita 
del  ministro  Leonardo  Zegio  avea  dato  larga  franchigia  all'  eresia  di 
penelrare  in  Vienna  e  nelle  proving  e  conciarvi  nobili  e  popolani 
nel  modo  piu  miserando.  Le  catledre  million  occupate  dai  maestri 
dell'  errore ,  il  torrente  di  libri  infami  riversatosi  dalla  Sassonia ,  i 
discorsi  privali,  le  pubbliche  lodi  della  Riforma,  le  rabbiose  inveltive 
contro  la  religione  callolica ,  e  la  sformata  potenza  di  chi  sostenea 
1' errore  e  ne  spesava  lautamente  i  banditori,  aveano  travolle  le  menli 
e  corrotti  i  cuori,  intanto  che  la  ventesima  parte  de'  cittadini  appena 
erasi  mantenula  netta  dalle  lordure  dell' errore,  e  questa,  abbattuta 
e  sbigottila  dinanzi  alia  furia  crctica,  si  che  iiou  ardiva  mostrarsi. 


388  IL  B.  PIETRO  CANISIO 

Diserti  i  Monisteri,  vuoto  il  Seminario,  Irecenlo  p4^o<chie  private 
di  pastori  e,  per  giunla,  da  venli  anni  non  presei,  \si  al  Yescovo 
cM  domandasse  di  essere  sacrato  sacerdole.  Tale  era  il  guaslo  che 
avea  recalo  1'  eresia ,  e  lale  il  disn^gio  in  cui  era  cadula  la  osser- 
yanza  della  caslila.  II  B.  Canisio  L -,  alcuni  de' suoi  compagni  parve 
che  fosse  il  solo  uomo  da  porre  alcun  riparo  alia  ruina.  Domandato 
ed  ottenuto  dalla  Baviera  per  le.valorose  domande  falte  dal  piissimo 
Ferdinando,  egli  tosto  comincia  in  Vienna  dalle  caitedre  della  Uni- 
Yersita  e  dalle  chiese  a  stringere  1'  errore,  a  tempestare  il  vizio ,  af- 
frontando  le  ire  degli  avversarii,  non  curando  le  calunnie,  e  disprez- 
zando  le  minacce.  Da  principio  il  frullo  non  risponde  alle  fatiche ; 
ma  poco  appresso  una  pestilenza,  messasi  tra  i  cittadini  con  grande 
morlalila,  gli  porge  1'  occasione  della  vitloria.  Al  saggio ,  che  da  in 
essa  del  suo  zelo,  niuno  piii  resiste.  I  locchi  lo  vogliono  presso  di  se, 
i  sani  il  cercano  oer  acconcia^"  ,'li  delle  aninae  proprie.  La  siima 
e  1'  affelto  di  >  pp-  le  conversion!  si  molliplicano  a 

dismisura.  L  A  mor1*".}.  «  Ja  di  lanto  la  Capitale,  il  santo 
uomo  si  gitta  dapprima  .  -ilorn  ai  essa,  appresso  ito  piu  lonlano 
si  melle  a  percorrere  quelle  trecento  parrocchie  deserte  di  ogni  sus- 
sidio  spiriluale ,  dirozzando ,  coii\  erlendo  e  ruinando  con  queslo  in 
ogni  parle  le  opere  della  eresia.  Tomato  a  Vienna  eccogli  nuova  fa- 
iica :  e  nominato  predicatore  della  corte,  ma  pel  suo  fervore  non  ne 
hanno  scapilo  gli  altri  ministeri.  Egli  e  sempre  in  moto  per  la  salute 
delle  anime,  ora  nella  Universita,  or  nella  corte,  or  nel  Collegia,  or 
nelle  chiese  ed  ora  per  la  cilia,  portando  una  guerra  mortale  all'eresia 
ed  al  ivizio  co'  suoi  detlali,  co'  suoi  consigli,  coi  suoi  sermoni. 

Ouanto  egli  ha  operato  in  Colonia,  in  Ingolstad,  in  Vienna,  tanto 
egli  fa  in  Praga,  in  x\rgentina,  in  Slestadio,  Colmeria,  Brisac  e 
Rubeaco.  Dovunque  la  icenza  erelica  leva  il  capo  e  trionfa,  o  mi- 
naccia  di  menare  i  suoi  guasti ,  il  B.  Canisio  e  sempre  apparecchia- 
to  a  presentarlesi  arditamente  ed  a  sbaraltarla.  Nella  cilia  di  Strau- 
binga  i  predicatori  ed  i  parrochi ,  dopo  di  avere  assai  largamenle 
appiccala  la  pesle  dell'eresia  nel  popolo,  ed  eccitali  in  pubbliche  con- 
cioni  gli  udilori  alia  defezione  dalla  fede,  prendono  la  fuga  lasciando 
i  rniseri  cilladini  divisi  e  laceranlisi  in  balia  della  piu  rabbiosa 
discordia.  Vi  accorre  il  B.  Canisio,  dissolve  le  tenebre  dell'  errore , 


E  I  TEMPI  MODERNI  389 

rappattuma  gli  animi  e  scampa  la  cilia  dal  male  cslrcmo.  Convenute 
in  Ralisbona  per  1'  occasionc  di  una  dicla,  grosso  slormo  di  eretkl 
\1  spargea  a  man  salva  i  proprii  errori.  Non  occorse  migliorc  parlito 
chc  il  chiamarvi  il  Bealo,  perche  facesse  tesla  al  loro  furore.  Vi  COE&- 
parve  subilo,  e  fa  tanto  1'impelOf  con  che  carico  gli  avversarii  fin 
dai  primi  sermoni,  che  molli  di  cssi,  scaduli  di  animo,  diceano  aper- 
tamenle  che  se  il  nuovo  predicatore  conlinuava,  come  avea  inco- 
mincialo,  ella  era  ila  per  il  lulerancsimo.  In  Augusta  aveano  levat© 
calledre  di  pestilenza  il  Bucero,  il  Blerero,  il  Cellario,  il  Muscolo  c 
F  Ochino,  e  per  lo  spazio  di  undici  anni  1'eresia  avea  guasta  e  scape*- 
strata  ogni  cosa.  La  quale  anche  dopo  la  sconfitla,  toccalale  da  Car- 
lo V,  vi  si  mantenea  tenendo  infelti  i  nove  decimi  dei  ciltadini  e  con 
tale  furore-vi  domina^  ^./le  il  Cardinale  Oltone  Truchses,  Vescovov 
non  vi  avea  sicura  la  vita.  Giunlo  il  B.  Canisio  e  comincialovi  ad  ope- 
rare,  fin  da  principio  non  reggendo  alia  forza  delle  sue  parole  died 
dei  piu  caldi  predicanti  ammuloliroiio ;  altri  venuli  dalla  vicina  S^s- 
sonia  doveltero  tornarsene  svergogaoli;  tulti  poi  caddero  in  estrem-® 
discredito.  Selle  anni  interrottaraente  vi  !$  oro  il  Servo  di  Dio  ed  eb>- 
bela  sbraltata  di  ogni  sozzura  ereticale.  Fe  correrie  nella  Svevia,  fa- 
lico  in  Erbipoli,  predico  in  Elvanga,  esercilo  il  sacro  ministero  ia 
Inspruch,  e  sempre  con  esito  benedetto  da  Dio  in  pro  della  Religions 
La  eresia,  rolta  su  i  campi  di  battaglia  dai  Canloni  caltolici  degli 
Svizzeri ,  minaccja  di  rifarsi  adoperando  i  mezzi  morali ,  invocati  a 
nostri  di  dalla  rivolla ,  cioe  ,  conventicole  secrete ,  libri  pesti!entr? 
discorsi  sovversivi  di  ogni  ordine,  larga  licenza  dei  costumi.  II  Canr 
tone  di  Friburgo  era  il  piu  esposlo  al  rischio ,  ed  il  Canisio  TS  e 
mandalo  per opporsi,  qualmuro  incrollabile  per  la casa del  Signore. 
Yi  sterpa  i  pregiudizii  ereticali ,  che  impianlalivi  di  soppialto  ineo- 
minciavano  a  germogliare ,  riaccende  gli  animi  alia  virtu  dapprima 
Delia  citla,  poscia  nelle  campagne,  dove  nella  eta  di  sessant'anni  si 
yede  or  a  piedi  ed  ora  a  cavallo  visitare,  istruire  e  conforlare  su  e  giu 
per  quelle  baize  alpeslri  ad  una  ad  una  le  parrocchie  del  Cantone. 
Dopo  selte  anni  di  fatiche,  durate  in  pro  di  Friburgo,  cade  infine  Jo- 
goro  dagli  anni  e  dal  continuo  operare.  Non  pu6  piu  combatlere  ds 
per  se.  Che  fa  ?  Alia  maniera  di  valoroso  capitano  die  vien  meno  m 
su  la  breccia,  non  cessa  infino  air  ultimo  respiro  di  infiammare  cdla 


390  IL  B.  PIETRO  CANISIO 

voce  i  compagni  presenli  e  colle  leltere  i  lontani,  agli  stenti,  alle 
fatiche  ed  a  spendere  ancor  la  vita  pugnando  contra  41  nemico  da  se 
in  tante  battaglie  domitto  e  vinto  nell'  Austria,  nella  Boemia,  nel  Ti- 
rolo,  nella  Baviera,  nella  Svevia,  nel  fralatinato  e  nella  Svizzera. 


Le  faiiche  esposte  eke  avrebbono  stancato  piu  operai  insieme  val- 
sero  per  una  parte  alia  instancahiiita  del  Servo  di  Dio.  Avea  egli  ri- 
cevuto  il  lalerito  di  un  profondo  e  vasto  ingegno  :  e  lo  pose  di  buon'o- 
ra  a  costante  e  falicoso  traffico  in  servigio  della  Chiesa.  Menlre 
sfogava  il  suo  fervore  nella  Dniversila  e  nelle  cliiese  di  Colonia  , 
vide  eke,  se  uscissero  per  le  stampe  ben  ordinate  e  corrette  le  opere 
di  S.  Girillo  di  Alessandria  e  di  S.  Leone  Magfco,  si  appresterebbero 
In  esse  ai  Catlolici  ed  ai  lettori  deli'  Universila  armi  poderose  per 
confutare  gli  error!  ,  ed  eccovelo  alia  dura  e  difficile  opera  fino  ad 
averla  compita.  In  Ingolslad  si"accorge  che  la  Bibbia  di  Erasmo  , 
guasta  e  viziata  in  piu  luoghi  ,  tornava  a  rischio  della  purezza  della 
fede,  e  tosto  mette  mano  ad-ordinare  in  un  volume  le  Epistole  e  gli 
Evangel!  di  tutto  1'  anno  e  lo  da  alle  stampe,  corredato  di  ulilissime 
e  savissime  note.  In  Ratisbona,  richiesto  da  parecclii  Vescovi,  scrive 
un  Commentario  sopra  il  modo  di  riforraare  a  vita  ecclesiaslica  il 
clero  corrotto  e  di  migliorare  i  cos  turn!  del  popolo. 

Le  opere  del  Cardinale  Osio  coniro  dell'eretico  Brenzio  bisogna- 
vano  di  ripulitura  e  di  miglior  ordine  ,  perche  riuscissero  friitluose. 
II  santo  uomo,  durante  il  grave  faticare  in  Augusta,  le  ripulisce  e  le 
melte  in  asselto  per  la  stampa  ,  e  vi  aggiunge  la  versione  in  lingua 
alemanna  di  alcune  alire.  Ivi  pure  essendo  mestieri  di  rivedere  il 
Breviario  di  quella  Chiesa,  spende  attorno  al  rnalagevole  lavoro  due 
ore  per  di.  Corregge  ed  accresce,  merce  la  sua  erudizione  agiografl- 
ca,  il  martirologio  della  Germania.  Fa  una  scelta  delle  letlere  di 
S.  Girolamo,  e  riparlilele  secondo  i  varii  insegnamenti  e  le  vane  ma- 
terie  di  che  Irattavano,  ne  forma  un  bel  volume,  e  fallo  correre  stani- 
pato  a  giovamento  della  giovenlu  studiosa.  Conoscendo  di  qual  laglio 
finissimo  fossero  le  armi  che  somminislrano  le  opere  del  mar  lire  S.  Ci- 
priano,  adoperate  acconciamente  in  difesa  della  santa  verginila  invi- 
tita  da!  novatori,  dell*  aulorila  del  Vicario  di  Cristo  e  di  altri  dommi 


E  I  TEMPI  MODERM  391 

singolarmentc  calpesli  dai  mcdesimi,  si  d&  tosto  a  riforbirle  da  ogni 
ruggine  ed  a  fame  risaliare  lulta  la  loro  potenza.  Reso  consapevole 
che  i  luterani  dclla  Germania  avcano  divulgato  una  scriltura,  in  cui 
si  sforzavano  di  Irarrc  alia  eresia  il  Re  di  Francia ,  prende  tosto  la 
penna  e  scrive  una  robusta  e  profonda  confutazione  da  contrapporle. 
Bramosa  la  eresia  di  avvelenare  I'uomo  fin  dall'  infanzia  per  averlo 
poscia  fedele  in  tutta  la  \ila,  come  accacle  anche  oggidi  per  opera 
dclla  rivolta,  si  era  data  con  sommo  studio  a  dislillare  nelle  doltri- 
nelle  il  tossico  phi  sotlile  de'  suoi  errori.  Non  passo  inosservata  co- 
tanta  malizia  al  Servo  di  Dio ,  c  in  varii  luoghi  avea  poslo  riparo  al 
male  con  altre  doltrinelle  di  purissima  dollrina  catlolica.  Ma  pres- 
sato  dalle  preghiere  del  re  Ferdinando  e  piu  dal  suo  zelo ,  sotto  il 
grave  fascio  delle  faliche»-.cho  si  era  addossalo,  in  Vienna  si  accinse 
a  comporre  un  catechismo  ,  degno  della  sua  pieia  e  della  profonda 
dollrina,  e  compiulolo,  diello  alle  stampe.  Quanlo  infaticabile  sia  stato 

10  studio  che  vi  spese  attorno,  ve  lo  dicono  e  la  slima  universale  in 
cui  salse  come  di  cosa  pcrfelta,  e  gli  effelti  die  ne  seguirono.  Sag- 
giatosi  un  poco  si  sparse  in  un  altimo  per  4ulli  i  luoghi  dell' Austria, 
della  Boemia,  dell'  Ungheria ,  passo  nella  Sassonia  e  nella  Baviera, 
neir Italia  e  nella  Francia;  fu  introdotto  nelle  parrocchie,  nelle  Uni- 
versila  e  nelle  scuole  di  ogni  maniera.  Fallo  imperatore  Ferdinando 
ordino  che  fosse  adoperato  in  tulle  le  province  a  se  soggette ,  lo 
slesso  promulgarono  altri  Principi  della  Germania,  ed  allrettanlo  fece 

11  re  Filippo  II  per  le  Fiandre.  Grandi  furono  le  lodi  di  ogni  ordine 
di  pcrsone ,  reiterate  le  benedizioni  dei  Pontefici ,  le  une  e  le  altre 
largamenle  confermale  come  veraci,  dalle  molle  e  nobili  conversion! 
che  ne  seguirono ,  e  dalle  ire  disperate  con  cbe  se  gli  avvenlarono 
contro  gli  erelici. 

Composlo  dai  capi  eretici  di  Magdeburgo  un  corso  di  storia,  riboc- 
cante  di  bugie  e  di  calunnie  contro  la  fede  caltolica,  e  messo  in  giro, 
veniva  cerco  e  letlo  avidamente,  atteso  la  eleganza  della  dicilura  e  lo 
stile  mordace,  che  vi  si  adoperava.  A  colesta  maniera  di  assalto  ec- 
covi  farsi  inconlro  1'  inslancabile  Servo  di  Dio,  per  ordine  del  santo 
Pontefice  Pio  V.  Chi  e  alcuri  poco  esperlo  nelle  confutazioni  di  errori 
storici  commisli  al  domma,  e  in  grado  di  sapere  per  1'  una  parte 
la  facilila  di  affastellare  a  centinaia  gli  sproposili  di  ogni  maniera 


IL  B.  PIETRO  CANISIO 

In  poche  pagine,  e  per  1'altra  la  lunga,  noiosa  ed  improba  fatica  del 
rispondere  compiulamente.  Checche  ne  fosse,  la  sua  istancabilila  non 
Ismarrisce  in  faccia  al  travaglio  per  difesa  della  religione.  Storie  ec- 
clesiasliche ,  Padri ,  Concilii  e  quanlo  altro  puo  essere  di  sussidio 
all'  opera  imposta,  tutto  e  lelto  da  lui  posatamenle,  esaminalo  e  di- 
scusso  ne'  passi  che  faceano  alFuopo.  Padrone  della  maleria,  invece 
di  adoperarla  ribaltendo  punto  per  punlo  le  falsila  e  le  calunnie  ac- 
eatastate  dagli  eretici,  la  rannoda  a  Ire  subielti :  S.  Giovanni  Baltista, 
la  B.  Vergine  e  S.  Pietro,  tratlando  de'  quali  ottiene  con  savia  eco- 
aomia  un  tulto  nuovo  e  dilettevole,  e  1'  agio  di  confondere  gli  av- 
yersarii  nel  pertratlarlo.  Uscito  alia  luce  il  primo  volume  risguar- 
dante  il  Precursore  di  Cristo,  riscosse  gli  applausi  universali.  II  Car- 
finale  Stanislao  Osio  «  non  dubilo  di  metterio  a  pari  con  le  opere 
fnu  pregiate  dei  sanli  Padri  e  Dollori  della  Chiesa  »  ,  ed  il  Salme- 
rone  vi  scorse  «-per  entro  reffigie  e  lo  spirito  del  suo  Pietro  Cani- 
$io,  doe  a  dire,  una  singolare  e  meravigliosa  pieta,  una  pellegrina 
erudizione,  una  diligenle  lezidne  del  sanli  Padri,  una  vera  e  calto- 
lica  interpretazione  della  diyina  parola,  un  battagliare  decoroso  cogli 
eretici,  e,  cio  che  piu  monta,  una  maniera  adatta  a  comincere  gli  av- 
Tersarii  1 »  II  santo  Ponlefice  Pio  V  il  mando  ringraziare,  e  Grego- 
rio  XIII  ordino  che  conducesse  sollecitamente  a  lermine  V  opera  in- 
cominciata. 

Vero  e  che  poscia ,  come  ebbe  dato  alia  luce  il  secondo  volume 
sopra  la  B.  Vergine ,  gli  si  tolse  un  tale  comando  per  non  vederlo 
cMsfatto  innanzi  tempo ;  ma  non  per  questo  egli  si  rimase  di  trattar 
la  penna  in  altre  opere  di  minor  fatica.  Ed  in  Friburgo,  ridolto  a  non 
potere  piu  sermonare  dal  pergamo,  spese  tutto  il  tempo  che  slette 
la  vita  nel  comporre  e  dare  alle  stampe  libri  di  cornune  ulilila.  Stam- 
|K>  divoli  opuscoli  a  fomento  della  pieta ;  compose  una  buona  istru- 
2ione  per  accoslarsi  con  frutlo  a  ricevere  i  santi  Sacrament]  della 
Penitenza  e  della  Eucaristia ,  e  con  due  volumi  sopra  gli  Evangel! 
clelle  domeniche  di  tutto  Y  anno  e  sulle  fesle  dei  Sanli ,  form  i  par- 
rochi  ed  i  predicatori  evangelici  di  ampla  materia ,  con  che  istruire 
niilmente  il  popolo  e  coltivarlo  nella  soda  pieta  cristiaua.  Scrisse 

1  BOERO,  Vita  del  B.  Pietro  Canisio,  lib.  V,  §.  13. 


E  I  TEMPI  MODERNI  393 

istruzioni  pei  nostri  operai,  in\io  molte  letlere  ai  prelali  e  sigoorl 
ecclesiastic!.  S.  Carlo  Borroraeo  e  S.  Francesco  di  Sales  gl'  invia- 
rono  corlcsi  congralulazioni  di  questo  suo  instancabile  operare  e  gli 
proposero  dubbii  e  quistioni  1. 


1  Crediamo  opportuno  di  por  qui  per  intero,  traslatata  dall'  originale  la- 
tino, una  lettera  inedita  scrltta  da  S.  Francesco  di  Sales  al  B.  Pietro ;  la  quale 
vale  anche  di  prova  a  quanto  abbiamo  affermato  in  questo  paragrafo. 

«  Ha  in  se  la  virtu  un  tal  pregio  e  una  tale  eccellenza,  Padre  mio  riven- 
tissimo,  che,  come  voi  ben  sapete,  in  ogni  tempo  e  in  ogni  luogo  ella,  sen- 
za  alcun  ostacolo,  si  manifesta ,  e  rende  chi  la  possiede  illustre  e  caro  an>- 
che  a  quelli,  che,  sebbene  ignorino  in  che  consista,  nondimeno  ne  onorano 
il  nome.  Percio  io  penso,non  aver  gran  fatto  bisogno  di  chiedere  scusa,  se> 
essendo  io  uomo  ignoto  ed  oscuro,  non  temo  di  scrivere  a  voi ,  che  non 
siete  del  pari  ignolo  ne  oscuro,  ma  notissimo  a  tutti  i  fedeli  per  quel  mol- 
to,  che  avete  fmora  fatto,  detto  e  scritto  ad  onore  di  G.  Cristo.  Ne  e  da 
maravigliare,  che  chi  tante  volte  ha  scritto  ai  fedeli  cristiani,  riceva  lettere 
da  molti,  per  questo  solo  titolo,  che  essi  sieno  cristiani. 

«  Sapendo  pertanto,  che  non  siamo  molto  lontani  1'uno  dall'altro,  sepa- 
rati,  si  puo  dire,  dal  solo  lago  Lemano,  ho  giudicato,  dover  a  voi  riuscire 
cosa  non  ingrata,  e  a  me  assai  utile  per  1'avvenire,  se,  non  potendo  cio  fare 
piii  fnmigliarmente  di  presenza,  almeno  da  lontano  proponendovi  per  lettere 
i  miei  dubbii,  ne  avessi  a  quando  a  quando  risposta  di  utili  ammaestramenti, 
per  la  gran  carita,  di  che  ardete  verso  i  prossimi.  Imperciocche  cos'i  e  scrit- 
to in  Giobbe:  Interroga  generationem  prislinam,  et  dilig enter  invest  ig  a  pa- 
trum  inemoriam;  et  ipsi  docebunt  te,  loquentur  tibi,  et  de  corde  suo  proferent 
eloquia.  C.  8,  v.  8. 

'<  E  gia  da  nove  mesi  che ,  per  ordine  del  Reverendissimo  Yescovo  di 
Ginevra,  io  sono  tra  quesli  eretici  di  Thonen ,  con  intendimento  di  tentar 
ogni  via  per  convert! rli  a  Cristo  con  la  predicazione  e  coi  famigliari  collo- 
quii,  non  volendo  il  Serenissimo  Duca  di  Savoia,  per  il  patto  che  ha  stabi- 
lito  coi  Bernesi,  adoperare  con  essi  la  forza.  Ove  poi  mi  venga  falto  di  apri- 
re  un  qualche  adito  alia  loro  conversione,  si  manderanno  altri  operai  piir 
idonei,  anche  della  vostra  Compagnia,  a  coltivare  questa  messe.  Pare  pera, 
che  la  cosa  vada  molto  per  le  lunghe.  II  Duca,  per  la  cui  autorita  si  e  co- 
minciata  1'  impresa ,  occupato  in  altri  affari ,  non  puo  darvi  opera.  Gli  abi- 
taiiti  tra  i  rumori  di  guerra  temono,  che  se  di  nuovo  si  armino  contro  dr 
noi  i  Bernesi  e  i  Ginevrini,  sia  per  essere  malamente  trattato  e  pnnito  chiun- 
que,  il  quale,  non  dico  voglia  tornare  alia  Chiesa ,  cio  che  tutti  ricusano  d* 
fare,  ma  solamente  dare  orecchio  ai  teologi  cattolici. 

«  Con  tutto  cio  io  non  ho  tralasciato,  secondo  il  mio  debol  potere,  di 
predicare  pubblicamente  nella  chiesa  due  volte  ogni  Domenica,  e  cosi  pre- 
pararc  la  via  ad  altri  piii  valenti  di  me  in  opere  e  parole.  I  pochi  Cattolic! , 
che  rimangono,  si  sono  rianimati.  Degli  eretici  nessuno  si  e  accostato;  sola- 
mente alcuni  sono  venuti ,  piii  per  curiosita  di  vedermi ,  che  per  desiderio 
di  udirmi.  Nondimeno  per  divino  favore  si  sono  acquistate  a  Cristo  alcune- 
anime,  cioe  otto  in  questi  nove  mesi.  Havvi  tra  gli  altri  Pietro  Poncet,  giu- 


394  IL  B.  PIETRO  CAKISIO 

III. 

Gl'iniqui  rnaneggi  presso  del  Principi,  e  le  pubbliche  dispute  so- 
pra  la  religione  erano  due  raezzi  potenli  che  gli  erelici  adoperavano 
per  mantenersi  ed  allargarsi.  II  B.  Pietro,  richieslo  da'Prelali  e  dai 
Papi,  non  e  a  dire  quanlo  si  mostrasse  instancabile  eel  battere  gli  av- 
versarii  anche  in  questa  parte,  giovandosi  del  suo  fino  accorgimento 
e  della  sua  prontezza  d'  ingegno.  Nella  eta  di  soli  venlisei  anni  da 
Colonia  e  mandato  dal  Cardinale  Truchses,  in  qualila  di  suo  teologo, 
al  Concilio  di  Trento  ,  ed  ha  parte  nel  difficile  mcarieo  di  scegliere 
ed  ordinare  gli  error!  degli  erelici  inlorno  ai  sacramenli,  e  di  cavare 


reconsulto  assai  erudito,  e  per  cio  che  spetta  alia  sua  setta,  molto  piii  (lotto 
del  ministro.  Avendo  io  osservato,  che  i  monument!  deH'anlichita  il  persua- 
devano,  o  almeno  rimpacciavano  alquanto,  gli  diedi  a  leggere  il  vostro  Ca- 
lechismo,  accrescluto  dal  Buseo  coi  testi  della  Serlttura  e  con  le  sentenze 
del  Padri ,  e  con  questa  letlura  a  poco  a  poco  depose  i  suoi  errori ,  e  final- 
mente  si  diede  vinto  alia  verita.  Quindi  tutti  e  due  slamo  in  debito  di  ren- 
dervi  per  cio  molte  grazie. 

«  Disputando  poi  ultimamente  del  libero  arbitrio,  e  facendo  io  forza  sul 
testo  del  Genesi  al  capo  4:  Sub  te  erlt  appetitus  eius,  et  lu  dominaberis  il- 
lius,  egli  mi  appose,  che  le  parole  elus  et  illius  si  riferivano  ad  Abele,  e  vo- 
levan  sigaificare  dominaberis  fratris,  non  peccati.  E  ne  adduceva  la  ragione 
di  Calvino ;  pcrche  nella  lingua  ebrea  quei  relativi  sono  di  gcnere  mascoli- 
no,  e  la  parola  peccato  presso  gli  Ebrei  e  di  genere  femminino.  Io  mi  sono 
adoperato  a  confermare  suilicientemente  la  interpretazione  cattolica;  ma 
non  ho  potato  sciogliere  chiaramente  1'  obbiezione,  mancandomi  qui  i  libri 
necessarii.  Ho  portato  meco  quei  soli  libri,  che  si  attengono  alle  controver- 
sie  di  questa  s-  tta,  e  tra  essi  pure  Topera  illustre  deile  Controversie  del 
Bellarmino,  nelie  quali  pero  non  trovo  sciolto  il  nodo  della  quistione,  men- 
tre  non  si  dice  nulla  della  coerenza  tra  il  relative  mascolino  e  il  nome 
femminino. 

«  Pertanto  sapendo  che  viene  cost!  per  poi  ritornare  il  latore  della  pre- 
sente^uomo  caltolico,  e  utio  de'miei  uditori,  confidatomi  nella  propensione, 
cbe  avele,  di  giovare  a  chiunque  dei  vostri  prossimi,  io,  come  rozzo  scola- 
re,  ho  pensato  di  ricorrere  per  la  soluzione  di  questa  diificolta  a  voi ,  che 
siete  peritissimo  e  cortesisslmo  dottore. 

«  Del  rimanente  il  Signore  conservi  a  lungo  per  il  bene  della  cristiana 
repubblica  la  veneranda  vostra  vecchiezza:  e  priegovi  ad  avenni  per  vostro 
servo  e  figliuolo,  come  ha  gia  fatto  con  me  Antonio  Possevino,  della  vostra 
Compagnia. 

«  Giugno  Io9o. 

FRANCESCO  DI  SALES 
Preposilo  della  Chiesa  di  Ginevra  ». 


E  I  TEMPI  MODERN!  395 

dagli  anlielii  Concilii,  dalle  Cosliluzioni  apostoliche  c  dalle  opere  dei 
santi  Padri  gli  sialuti  e  le  sentenze  da  contrapporsi  e  da  formarne 
decreti  e  canoni.  Piu  tardi  si  porla  al  famoso  colloquio  o  disputa  so- 
Icnno  Ira  cattolici  ed  eretici  tenutosi  ia  \Yormazia,  chiamalovi  dal  re 
Ferdinando  e  dalla  parte  catlolica ,  e  quivi  ha  il  peso  di  scegliere 
ed  ordinare  la  materia  da  Irattarvisi.  Si  prevedeva,  che  lal  colloquio, 
proposto  dagli  erelici  come  1'  unico  spedienle  da  tornare  in  pace  la 
Germania,  dovesse  per  1' opposite  peggiorarne  la  condizione  in  pro 
della  cresia :  raa  la  sagacita  del  Beato  colla  semplice  proposla  di  una 
domanda,  nella  cui  risposta  sapea  divisi  gli  avversarii ,  gilla  colale 
discordia  tra  di  essi,  che  caricatisi  gli  uni  e  gli  allri  d'ingiurie  e  di 
villanie ,  per  poco  noa.  vengono  alle  mani.  Col  che  dimostrata  ad 
evidenza  la  niuna  ferrnezza  delle  credenze  eretiche,  e  il  fior  di  roba7 
che  crano  i  bandilori,  ne  riceve  grande  scapito  1'errore  e  non  piccola 
gloria  la  verila  cattolica. 

La  indolenza  di  Sigismondo  re  di  Polonia  e  di  alcuni  Vescovi, 
avea  porto  il  deslro  agli  erelici  di  penetrare  in  quel  regno  dalla 
Germania,  e  menarvi  quel  guasto  nella  fede  e  quelle  turbolenze  nelle 
cose  pubbliche  che  sogliono  tener  dietro  alia  eresia.  II  B.  Pietro  6 
dato  da  Paolo  IV  qual  teologo  al  Nunzio  Menluali,  il  quale  si  portava 
cola  per  ottenere  nella  prossima  adunanza  de'  Magnati  alcun  rimedio 
a  tanto  male,  e  colla  sua  atliva  prudenza  e  col  suo  zelo  scuote  rani- 
mo  del  Re  e  dei  Prelati,  sicche  gli  eretici  non  Iraessero  la  religione 
all'  eslrema  ruina.  Fra  1'  imperatore  Ferdinando  ed  il  Pontefice  Pao- 
lo IV  si  era  messa  non  piccola  discordia,  entro  cui  soffiando  i  Prin- 
cipi  eretici  o  fautori  della  eresia  nella  dieta  di  Augusta,  si  temeano 
di  nuovi  e  piu  grand!  guai  per  la  religione  in  Germania  :  eccovi  il 
Servo  di  Dio  a  dislornarli,  raddolcendo  con  savie  pratiche  1'amareg- 
giato  animo  dell'  Imperalore.  Oueslo  medesimo  Principe,  aggirato  dai 
consigli  dei  falsi  politici  e  piu  dagli  eretici  coperti  della  corte,  movea 
gravlssima  difficolta,  che  di  nuovo  si  ripigliasse  sotto  il  Pontefice 
Pio  IV  r  opera  del  Concilio  e  si  conducesse  a  termine,  e  chiedea 
per  giunla  disdicevoli  concession!  anticipate  sopra  punli  importan- 
tissimi  della  disciplina.  II  Beato ,  compagno  e  teologo  del  Cardinale 
Osio,  Legato  del  Papa,  sa  trarre  il  male  consigliato  Imperatore  a  ra- 
gionevoli  proposte.  Durantc  il  detto  Concilio  altre  domande  sono  fat- 


396  IL  B.  PIETRO  CAN1SIO 

te  dal  piissirao  Cesare,  consigliate  come  utili  e  convenevoli  da  torta 
politica,  ma  non  meno  dannose  all'autorila  della  Sede  apostolica,  die 
aMa  religione  ed  alia  pubblica  tranquillila,  ed  e  spedito  il  Canisio  a 
persuadergli  piu  sani  consigli.  In  un  punto  specialmenle  non  voile 
dmuoversi  1'  Imperatore,  ma  poscia  si  ebbe  a  dolere  gravemente  di 
s*on  avervi  ceduto.  Dovendosi  aprire  la  dieta  in  Augusta  sotto  Mas- 
siiniliano  novello  imperalore,  grandi  erano  i  timori  <si  qualche  dan- 

novila ,  stanle  la  propensione  di  questo  Principe  moslratosi  in- 
allora  favorevole  all'  eresia,  e  1'  ardire  insolente  dei  Principi  e 

citta  eretiche.  II  santo  Padre  Pio  V,  deslinalovi  a  Legato  il  Cardi- 
aaaleCommendone,  vi  mando  ancora  il  B.  Pietro,  affinche  e  cogli  scritli 
e  colla  voce  sostenesse  le  ragioni  della  Ghiesa.  Quanlo  non  si  fosse 
male  apposlo  il  santo  Pontefice  in  tale  scelta,  provollo  Federico  conte 
Palatino,  il  quale,  in  una  scrillura,  avea  osalo  beslemmiare  1'  autori& 
pontificia  c  la  religione  cattolica  ,  alia  maniera  di  Petruccelli  della 
Gatlina,  e  di  altri  Deputati  a  lui  somiglianti  nel  Parlamento  italiano , 
!to  un'allra  volla  come  teologo  al  Concilio  di  Trenlo,  volutovi  dal 
Gardinale  Osio  un  de'  Legati,  voi  lo  vcdete  appresso  pellegrinare 
qualtro  mesi  per  la  Germania,  quale  Nunzio  del  Pontefice  Pio  IV,  per 
la  promulgazione  dei  decreli  del  medesimo  Concilio  e  per  altri  affari 
di  grande  rilevanza.  S.  Pio  V  affidogli  pure  un'  allra  missione  delicata 
presso  i  Vescovi  di  Erbipoli  e  d' Argentina,  ed  una  terza  gli  fu  data 
dal  Papa  Gregorio  XIII,  in  cui  dovetle  trattare  con  Cesare  e  col  Du- 
ea  di  Baviera.  In  tulle  queste  missioni  ed  incarichi  ponlificii  non  si 
leaea  pago  il  santo  uomo  delle  brighe  che  e'  portavano  seco,  ma  vi 
sggiungeva,  a  maniera  di  riposo,  il  predicare,  lo  scrivere  e  1'eserci- 
zio  di  qualunque  allro  minislero  apostolico  che  gli  si  offerisse.  Cosi 
¥oi  trovate  aver  lui  falto  nelle  diele  di  Ralisbona,  di  Augusta,  in 
Vienna ,  in  Inspruch  ed  in  quanli  altri  luoghi  egli  passasse  o  vi  te- 
eesse  alcuna  posta  fissa.  Dimodoclie  gli  si  attaglia  ottimamente  quel- 
I'erat  lucerna  ardens  et  lucens,  detto  del  Batlista,  dacche  egli  ap- 
punto,  quale  lucerna  di  larga  e  lucenlissima  fiamma,  spandea  intorno 
Istancabilmente  una  viva  luce  in  pro  delie  anime  ,  oltenebrate  dalla 
eccsia  e  dal  vizio. 

V  c  ancora  da  fare  una  giunta  non  lieve.  Creato  il  Servo  di  Dio 
Provinciate  delta  Germania  da  S.  Ignazio,  fu  conservato  in  queslo 


E  I  TEMPI  MODERNI  397 

carico  per  lo  spazio  di  quallordici  anni.  Le  lodi  dategli  da  S.  Fran- 
cesco Borgia  alia  fine  del  suo  reggimento,  la  meravigliosa  amplia- 
zione  della  Compagnia  nelle  parli  seltentrionali,  merc6  la  sua  aulo- 
rita  ed  industria,  il  fervore  de'  suddili  ne'  ministeri  al  di  fuori  e  la 
fiorita  osservanza  della  disciplina  al  di  dentro,  pongono  d'un  tratto 
innanzi  allo  sguardo  le  inmimerabili  brighe ,  che  dovelte  sostenere 
nel  traltare  di  colante  fondazioni ,  la  molliludine  de'  viaggi  che  fu 
coslrelto  intraprendere  per  le  visile  de'  collegi,  e  la  somma  diligen- 
za,  die  gli  bisoguo  continuamente  nel  dirigere,  nel  promuovere  e 
nell'  assodare  nello  spirito  e  nelle  opere  della  Compagnia  i  molli  sog- 
gelli  che  governava.  V  ebbe  chi  raccozzando  gli  spazii  da  lui  per- 
corsi  ne'  viaggi ,  ebbe  a  un  dipresso  la  somma  di  died  migliaia  di 
miglia.  Cosicchc  vuolsi  dire  «  che  egli  stesse  del  conlinuo  con  un  pie 
in  terra  e  1'  altro  in  aria  pronto  ad  andare ,  ad  accorrere ,  a  tornare 
e  far  mille  volte  il  medesimo  cammino  e  imprenderne  altro  nuovo , 
conforme  a  cio  che  il  bisogno  delle  anime ,  il  debito  dell'  uffizio  e 
1'ubbidienza  che  dovea  ai  sommi  Pontefici  ed  ai  suoi  Generali  ri- 
chiedevano  l ».  Eccovi  Tuomo  che  si  die  anima  e  corpo  a  servigi 
della  Chiesa. 

IV. 

Tulti  questi  viaggi,  1'esercizio  di  tanti  ministeri  ed  i  gravi  carichi 
sosienuti  porsero  al  santo  uomo  larga  maleria  di  nuova  fatica.  Es- 
sendo  egli  dolato  di  fma  perspicacia  e  di  somma  saviezza,  ed  acceso 
di  vivissimo  zelo ,  era  naturalmente  portato  a  valersi  de'suoi  viaggi 
nelle  varie  conlrade  del  seltentrione  e  della  conversazione  di  tanti 
uomini  ne'  suoi  maneggi,  come  di  altreltanli  libri  per  istudiare  1'  ori- 
gine  di  que'  gravissimi  mali ,  che  desolavano  la  Germania,  ed  indi 
trarre  per  se  e  per  gli  altri  opporlunissimi  suggerimenti.  Fallo  sla 
che  egli  consultato  si  lrov-6  per  esperienza  imbroccare  si  giusto  nella 
scella  dei  mezzi  piu  acconci,  che  non  v'era  ormai  prelalo  di  quei 
paesi,  il  quale  non  si  consigliasse  col  Beato  per  dar  sesto  alia  sua 
diocesi  ed  opporre  una  barriera  al  furore  della  eresia.  I  Duchi  della 
Baviera  e  specialmente  1'imperatore  Ferdinando  non  prendeano  deli- 

I  Vita  citata,  lib.  VI,  §.  5. 


398  IL  B.  PIETRO  CANISIO 

berazione  di  conto,  spettante  alia  religione,  eke  non  lo  consultassero 
presente,  ed  a'  loro  ambasciatori  al  Concilio  e  nelle  diete  aveano  or- 
dinato  che  non  facessero  proposta  senza  averne  con  lui  parere.  Cosi 
facea  1'Osio  e  gli  altri  Legati  a  Trento.  Richieserlo  pure  del  suo  con- 
siglio  i  Sommi  Pontefici  S.  Pio  V  e  Gregorio  XIII.  II  che  non  e  a 
dire  quali  e  quanle  cure  fruttassegli,  sia  nello  sciogliere  i  dubbii  dei 
present! ,  sia  nel  rispondere  ai  lontani  sopra  quislioni  pratiche  in- 
tralciatissime. 

Scorse  il  Beato  quale  arma  potente  fosse  la  stampa  in  mano  degli 
eretici  per  radicare  vieppiu  1'errore  e  il  vizio  dov'  era  gia  piantato, 
e  per  farlo  metier  radici  la  dove  non  era.  Eccovelo  tosto  rivolgere 
poderosamente  quest'  arma  stessa  contro  di  loro.  Quanto  a  se,  co- 
me abbiamo  vislo,  non  lascio  di  trattar  la  penna  infm  che  visse. 
Quanto  agli  altri  era  sempre  in  sullo  eccitarli  a  fare  altrettanto.  Che 
se  abbiamo  gli  scritti  del  Cromero  ,  dello  Slafilo  ,  del  Pellano  e  del 
Costero  in  difesa  della  religione,  e  tutta  merce  de'  consigli  del  ser- 
vo di  Dio.  Quanto  al  futuro  avea  gia  divisato  di  riunire  in  una  sola 
casa  una  colta  di  uommi ,  scelli  dalle  province  della  Compagnia  in 
Gcrmania,  il  cui  uffizio  fosse  quello  di  scrivere  continuamente  in 
servigio  della  Chiesa  contro  gli  error!  gia  sorti  e  contro  quelli,  che 
da  quest!  sarebbono  certamente  pullulati.  Intanto,  per  opera  della  sua 
industria,  s'  impiantarono  nuoye  stamperie  calloliche  in  Augusta,  in 
Friborgo  degli  Svizzeri  ed  altrove,  ed  un  numero  pressoche  infinito 
di  librelli  e  di  opuscoli  ad  alimenio  della  pieta  e  della  fede  nel  popolo 
furono  ristampati  e  smerciati  a  vil  prezzo,  o  dislribuiti  gratuitamen- 
te ,  sicche  ogni  famiglia  ne  fosse  fornita. 

Gli  eretici  si  erano  fatto  largo  nelle  University  cattoliche  della 
Germania  con  grande  corrompiraento  della  fede.  La  finzione  di  pro- 
fessare  la  sana  dottrina  era  stato  il  mezzo  da  essi  posto  in  opera  per 
introdurvisi,  ed  inlrodottivisi,  1'abbandono,  che  aveano  cagionato 
della  severita  scolastica  negli  sludii  teologici  ,  mettendola  in  discre- 
dito  colle  loro  calunnie,  avea  dato  1'agio  di  far  propinare  largamente 
il  veleno  dell'errore  in  pompose  dicerie.  Non  isfuggi  all'occhio  del 
Beato  la  fina  ed  ipocrita  malizia ,  e  svenlo  1'arte  del  fingers!  caltoli- 
co  col  savio  provvediraento  della  legge  da  lui  ottenuta,  che  niuno  da 
indi  innanzi  montasse  cattedra,  se  prima  non  si  fosse  provato  uomo 


E  I  TEMPI  MODERN!  399 

di  sana  dotlrina  e  non  avesse  fallo  solenne  professione  di  fedc  cat- 
(olica ,  secondo  la  forma  staluita  dal  Papa  Pio  IV.  Tomato  in  ono- 
re  1'  uso  del  sillogizzare  e  riaccesa  nella  giovenlu  la  gara  e  1'  emula- 
zione  delle  scolastiche  concertazioni ,  chiusc  la  facile  entrata  all'er- 
rorc.  In  tal  modo  per  opera  del  Beato  furono  ristorali  nel  breve  giro 
di  pochi  anni  gli  sludii  generali  d'  Ingolstad,  di  Vienna ,  di  Praga , 
di  lirnavia,  di  Monaco  e  di  Dilinga,  con  grande  vantaggio  delle  di- 
scipline filosoflche  e  teologiche,  e  maggiore  della  religjorie  cattolica. 
Come  la  eresia  si  era  insediala  con  male  arti  nelle  Universila  catlo- 
liche ,  cosi  si  era  messa  su  le  calledre  episcopali  di  cinque  diocesi 
caltoliche  facendole  apostatare  dall'antica  fede.  L'arte  adoperala 
in  do,  e  voluta  seguire  appresso ,  era,  che,  collo  il  punlo  della  va- 
canza  per  la  morte  del  Vescovo  cattolico  e  mettendo  in  opera  maneg- 
gi,  promesse,  minacce  o  checchc  altro  fosse  utile,  si  oltenesse,  che 
venissero  eletli  a  tanta  dignita  od  erelici  dichiarali ,  o  per  lo  meno 
uomini  inlinti  di  eresia.  Avrebbono  i  novatori  conseguito  senza  dub- 
bio  con  essa  lo  scopo  di  allargare  la  pestilenza  vieppiu  in  futuro,  se 
il  Bealo  col  semplice  ed  efficace  provvedimento,  che  si  nominassero 
a  lempo  Vescovi  coadiutori  col  dirillo  di  successione,  non  avesse  di 
un  tralto  rovescialo  1'  empia  macchina. 

Molti  toccavano  con  mano  che  la  ignoranza  e  la  dissoluzione  dei 
coslumi  erano  state  le  cause  precipue  del  Iraboccare  che  avea  falto 
con  lanla  foga  ii  torrente  dell'eresia.  Ma  non  cosi  vedeano  quali  mezzi 
fossero  valevoli  ad  arrestarlo,  sicche  le  future  generazioiri  non  ne  ri- 
manessero  Iravolte ,  quando  ii  Beato  ne  indicava  due  assai  polenti. 
II  primo  e  la  istituzione  dei  convilti ,  in  cui  si  alleva  dalla  Compa- 
gnia  la  gioventu  nella  pieta  e  nelle  lellere.  «  Noi  non  siamo  bastanti, 
egli  scriveva  recando  il  molivo  di  tale  divisamento,  per  questa  via 
deila  scuola  di  conservare  e  di  nutrire  la  giovenlu  n  ella  fede  e  re- 
ligione  catlolica :  tanta  corruzione  si  trova  nelii  parenli ,  amici  e 
compagni. »  Vienna  fu  la  prima  citla,  in  cui,  merce  i  larghi  sussidii 
del  religiosissimo  re  Ferdinando  ,  egli  fece  il  primo  sperimenlo  di 
tal  mezzo ,  che  riusci  allora  ed  appresso  alia  prova  de'  falli  di  tanto 
vantaggio.  II  secondo  mezzo  di  assai  piu  estesa  utilila  fu  suggerito 
dal  santo  uomo  al  Pontefice  Gregorio  XIII,  che  richiedevalo  di  con- 
siglio.  Avendo  egli  osservalo  che  il  popolo  semplice  e  schietto, 


400  IL  B.  PIETRO  CANISIO 

ma.rozzo  e  incolto,  seguitava  dottrine  ad  esempio  de'  pastori,  e  ehe 
quesli  per  la  maggior  parte  o  ignoranli,  o  dissoluti,  o  infelti  di  ere- 
sia,  anzi  che  essere  di  ritegno,  traboccavano  le  moltiiudini  nel  vizio 
e  nell'  errore ,  dedusse  la  conseguenza  pralica,  che  si  dovesse  in- 
cominciare  dalla  riforma  degli  ecclesiastici.  Ma  come  otlenerla? 
Da'  vecchi  e  male  avvezzi  era  indarno  sperarla  e  quanto  all'  istru- 
zione  e  quanto  ad  una  soda  pieta.  Si  aprano ,  egli  soggiunse  ra- 
gionando  col  Poniefice  sopraddetto ,  nuo\i  seminarii ,  dove  rac- 
collo  buon  numero  di  giovani  per  onesla  di  coslumi  e  per  vigore 
d'  ingegno  cospicui ,  si  allevi  e  cresca  in  bonla  e  sapere ,  in  guisa 
che  ne  escano  sacerdoti,  predicatori,  parrochi  e  Vescovi ,  abili  e  ze- 
lanli  non  meno  a  coltivare  ed  a  scampare  dair  infezione  dell'  eresia 
quella  parte  della  vigna  del  Signore  rimasta  intatla,  che  a  sanarne  a 
poco  a  poco  1'altra  ammorbala.  II  consiglio  parve  si  acconcio  ,  che 
non  solo  si  rassodo  ed  amplio  il  Collegio  germanico  con  renclile  fisse, 
ma  eziandio  per  lo  zelo  di  Gregorio  si  apersero  altri  seminarii  in  Di- 
linga,  in  Fulda,  in  Praga,  in  Olmutz,  in  Brunsberga,  in  Vilna,  per 
Fallevamento  della  giovenlu  tedesca  e  polacca,  ed  il  medesimo  prov- 
vedimenio  si  distese  ad  allre  nazioni  con  la  fondazione  del  Collegio 
inglese ,  del  greco  e  del  maronila  in  Roma  e  di  altri  fin  nell'  India  e 
nel  Giappone.  Ed  eccovi ,  merce  la  industria  del  Bealo  ,  pianlata  di 
fronte  all'  eresia  una  barriera  assai  forte,  a  difesa  dei  giovani  che  do- 
veano  formare  la  parte  colta  della  nazione  infetta ,  colla  istituzione 
dei  convilti  cattolici,  e  rannodato  un  esercito  formidabile  ad  ogni 
errore  in  seguito  della  fondazione  di  tanli  semmarii  pontificii. 

V. 

II  Beato  si  die  tulto  ai  servigi  della  madre  nostra,  la  Chiesa :  Totum 
se  tradidit  matri  Ecclesiae,  spendendo  in  pro  e  a  difesa  di  lei  quan- 
to egli  era,  quanto  potea.  Chi  puo  dubilare  che  con  do  non  abbia 
grandemente  meritato  ?  Eppure  ,  secondo  noi ,  v'ha  cosa  da  notare, 
che  cresce  died  tanli  in  derrala  il  suo  merilo  e  Y  esempio  datoci.  E 
questa  si  ela  mirabile  magnanimila,  con  che  operava.  Egli  &  chiaro 
che  il  tanto  lavorare  in  pro  della  Chiesa ,  che  abbiamo  veduto,  sfio- 
rando  i  falti  della  sua  vita,  dovette  costargli  veglie  continue ,  studM 
profondi  e  faticosi,  disagi  e  travagli  senza  numero  neMaggi  che  ilk- 


E  I  TEMPI  MODERNI  101 

iraprese  lunghi,  difficili ,  in  ogni  slagione,  per  la  maggior  parte  a 
piedi  e  male  in  arnese ,  nelle  missioni  in  lante  citt&,  in  lanli  paesi 
fin  dcntro  le  giogaie  di  monti  scosccsi  ed  incroslali  di  ghiaccio  e 
sempre  in  sul  giovare  dell'opera  sua  ogni  condizione  di  persone,  dalle 
altezze  della  cortc  infino  all'  ultimo  grado  del  popolelto  sano,  infer- 
mo ,  appestalo  ,  non  imporlandogli  purche  il  guadagnasse  a  Dio  o 
dal  vizio  o  dalla  eresia.  Solto  il  peso  di  tanle  fatiche  caduto  piu  volte 
sfinilo,  soprappreso  da  malattie  mortali  non  rallentava:  riavutosi 
alquanto ,  si  vedea  losto  con  piu  di  fervore  ripigliare  1'  intramesso 
minislero,  durandovi  coslante  senza  posa  e  senza  requie  oltre  lo  spa- 
zio  di  cinquant'  anni. 

II  direlaverita,  partorisce  odio.  Immaginate  se  il  predicarla  ed  il 
sostenerla  che  facea  il  Bealo  di  fronte  agli  eretici,  non  glien'ebbe 
procacciato  una  buona  dose  e  del  piu  velenoso.  L'apostata  Paolo  Ver- 
gerio,  1* Andre,  il  Chemnizio  sfogarono  contro  di  lui  lutla  la  loro  bi- 
le in  iscrilto ,  caricandolo  d'  invetlive ,  d'  ingiurie  e  di  calunnie.  Lo 
spacciarono  come  ingannatore,  il  dissero  ipocrita,  lo  rappreseniarouo 
qual  uomo  eretico,  fraudolente  e  sovvertitore  della  Germania.  Le  sa- 
tire, i  motti,  le  villanie  e  le  minacce  erano  frequenti  e  quali  escono 
dalla  bocca  di  forsennati.  Piu  volte  si  misero  alia  posta  per  ammaz- 
zarlo  in  Vienna  ed  in  Praga ,  piu  volte  gli  atlirarono  contro  la  fee- 
da  del  popolo  infuriato  ,  in  una  cilia  fu  discacciato  villanamente  di 
chiesa  a  spinte  ed  urloni,  in  un'  allra  inseguilo  per  lungo  Irallo  di 
via  co'  sassi  e  ferito;  altrove  lordato  di  fango ,  allrove  assalito  fin 
sull'  altare  dove  celebrava  t. 

Quanto  grande  fosse  il  suo  animo  nell'  inconlrare  lanli  vituperii 
per  amore  della  Chiesa,  1'  abbiamo  espresso  nelle  sue  lellere.  «  Sie- 
no  grazie  infinite  a  Gesu  Cristo  ,  egli  scrivea ,  che  trallato  pessi- 
mamente  dai  suoi  per  aver  falto  sempre  del  bene ,  mi  fa  degno  dei 
latrati  e  dei  morsi  dei  novatori ,  la  cui  dotlrina  gia  e  condannata 
dalla  Chiesa  e  la  cui  memoria  passera  in  abbominazione  ai  posleri. 
Non  giunsero  a  ferirmi  gli  orecchi  ne  le  loro  senlenze ,  ne  le  loro 
ingiuste  condanne.  Imperciocche  reputo  a  mia  commendazione  1'  es- 

1  Vita  cit.  lib.  VI,  §.  5. 
Serb  Vf  vol.  XII,  fasc.  352.  26  4  Novembre  1864. 


-102  IL  B.  PIETRO  CANISIO 

sere  vituperate  dai  nemici  della  Chiesa  e  sostenitori  delle  eresie  l.  » 
Quanto  a  rischi  della  vita ,  scrivendo  ad  un  suo  intimo  amico , 
«forse  Vienna,  gli  dice,  ci  dara  presto  dei  martiri.  Intanto  noi  stia- 
mo  saldi  nella  fede  e  con  maggior  fiducia  ricorriarao  alle  armi  spi- 
ritual! ,  mentre  i  nemici  di  Cristo  ,  peste  della  Chiesa  ed  operai  del 
demonio,  ci  minacciano  da  ogni  lato.  Dobbiamo  ora  star  piu  che 
mai  apparecchiali  alia  pugna  e  mantenere  il  campo  da  forti  soldati 
di  Cristo,  dispregiando  le  avversitSt  e  la  morle  stessa  ».  E  in  un'al- 
Cra  sua  lettera :  «  Spargiamo  il  sangue  ,  soggiunge ,  per  il  dolce 
tiome  di  Gesu.  Non  basta  gia  coafessarlo  con  la  bocca.  Laviamo  le 
nostre  stole  nel  sangue  dell'Agnello,  che  ci  richiede  sangue  per  san- 
gue, e  spesso  piu  con  la  morte  che  con  la  vita  si  placa.  Cos!  egli. 
Tan  to  era  lungi  dal  sottrarsi  ai  pericoli ,  e  per  timore  di  essi  in- 
trametlere  in  qualunque  maniera  i  sui  minisleri  2  » . 

Un  uorao  di  cosi  generosi  senlimenti  non  e  a  dire  quanto  valesse 
nel  confortare  e  nell'  accendere  alia  pugna  gli  allri  disfrancati  alia 
vista  del  pericolo  e  della  difficolla,  Gli  eretici  fatti  baldanzosi  dai  loro 
aumero,  da  potenti  amicizie  e  da  qualche  lega  secreta  col  Turco , 
mostravano  di  romper  nell' Austria  ad  aperta  ribellione  e  chiedere 
colle  armi  in  pugno  inique  concession],  fino  allora  dinegate.  Lettere 
venute  di  cola  e  piu  il  ritirarsi  e  chiudersi  precipitoso  in  Norimberga 
del  re  Ferdinando,  estremamente  abbaltuto  di  animo,  faceano  presen- 
tire  nella  vicina  rivolta  1'  universale  macello  de'Padri,  che  stavano  in 
Vienna,  odiatissimi  dagli  eretici.  II  Truchses  preme  il  B.  Canisio  a 
richiamarli  il  piu  loslo ,  il  Duca  di  Baviera  offre  sicuro  rifugio  ed 
alimento  ne'  suoi  Stati.  Ma  indarno.  II  santo  uomo  scrive  ai  fratelli 
di  Vienna  lettere  di  fuoco  ,  con  che  gli  aniina  a  dare  il  sangue  per 
Cristo,  e  quindi  corso  a  Norimberga,  con  uno  de'  suoi  ardenti  col- 
ioquii  riconforta  tutto  il  re  Ferdinando.  Convenuli  in  Wormazia  ad 
una  solenne  dispula  coi  catlolici  il  Melantone ,  lo  Schneflo ,  il  Pisto- 
rio,  il  Bullingero,  I'lllirico  ed  aitri  capi  e  seguaci  della  eresia,  coll'au- 
dacia,  colla  potenza,  colle  minacce  e  coll'  aizzare  la  feccia  del  popolo 
conlro  la  parte  caltolica,  aveano  gittato  lo  sbigottimento  ne'difensorl 

I  Vita  citata,  lib.  II,  §.  17.  —  2  Ibid.  §.  12. 


E  I  TEMPI  MODERKI  403 

di  questa.  Venutovi  alia  fine  anche  il  Beato  si  avvede  ben  tosto  della 
infclice  condizione;  infiammato  di  sanlo  zelo,  «  mette  dinnanzi  ai 
compagni  della  lolta  gli  csempii  degli  anlenali,  il  valore,  la  genero- 
sit5, ,  la  costanza  ,  con  cui ,  a  costo  del  sangue  e  della  vita,  aveano 
mantenuto  e  difeso  la  religione  in  faccia  ai  liranni  e  sotto  ai  colpi  e 
tormenti  dei  carnefici.  Non  potersi  lollerare,  dicea,  senza  grande 
ignominia,  che  piu  di  ardore  mostrassero  gli  erelici  nel  soslenere  i 
loro  errori ,  che  non  i  veri  credenti  nel  difendere  le  doltrine  della 
Chiesa.  Uomini  di  poco  cuore,  se  invilivano  al  solo  aspetto  degli 
avversarii ;  levassero  la  mente  e  gli  occhi  al  cielo ,  donde  ver- 
rebbe  lor  di  sicuro  protezione  ed  aiuto.  Questa  esser  causa  di  Dio 
e  come  lale  averla  presa  in  sua  guardia  e  difesa.  Percio ,  secon- 
do  suo  grado ,  condizione  e  abilita ,  ciascuno  uscisse  in  campo  a 
guerreggiare  intrepidamente  le  guerre  del  Signore,  fidato  non  nel- 
la  propria  debolezza  e  miseria,  ma  nei  conforti  poderosi  della  divina 
grazia  1  ».  Con  tali  parole  rimessa  ne'Cattolici  la  confidenza  ed  il 
coraggio,  la  viltoria  fu  loro  e  lo  smacco  della  eresia. 

Tale  si  fu  il  B.  Pietro  Canisio  verso  la  Chiesa.  Ebbe  altivila ,  e 
lutla  la  impiego  nel  sostenerla ;  ebbe  profondo  e  vasto  sapere  ,  e 
tulto  lo  spese  nel  difenderla ;  ebbe  destrezza  nei  maneggi  degli  affari 
ed  accorto  provvedimento  ,  e  1'  uno  e  1'  altra  pose  perpetuamente  a 
servigi  della  medesima,  non  badando  a  faliche  ,  non  curando  le  ca- 
lunnie  eleingiurie,  affrontando  pericoli,  esponendosi  a  certa  morte. 
Totum  se  tradidit  malri  Ecclesiae  costantemente  e  con  eroica  gene- 
rosita  d'  animo.  Tale  e  ancora  1'  esempio  che  viene  ora  proposlo  ai 
figli  della  Chiesa  dal  Vicario  di  Gesu  Cristo.  Seguitiamolo.  Abbiamo 
attivita,  impegno,  dovizie,  aderenze,  industria?  Diamo,  impieghia- 
mo,  spendiamo  secondo  il  nostro  grado  in  pro  di  tanta  madre.  Fer- 
ve  ora  piu  che  mai  la  mischia.  Bando  alia  inerzia,  bando  agli  inutili 
lamenti.  Si  operi.  La  viltoria  e  sicura  ;  Tha  promessa  Crislo.  Ma  la 
fatica  e  1'industria  della  creatura  e  il  mezzo  ordinario,  con  cui  si  ot- 
tiene  dalla  provvidenza.  Si  operi  adunque,  si  operi  ad  imitazione  del 
B.  Pietro.  Ecco  il  noslro  grido. 

1  Vita  tit.  lib.  Ill,  §.  8. 


INFELICE  DIFESA 

D'  UNA  CAUSA  SPALLATA 


Due  punti  fondamentali  della  difesa. 

Tulta  la  stampa  cattolica  non  ha  altrimenti  giudicata  la  Corwen- 
zione  franco-ilaliana  del  15  Seltembre,  die  come  una  Iradizione  del 
Papato  in  mano  de'  suoi  nemici  1.  Poco  dissomiglianle  ,  in  quanta 
alia  sostanza ,  e  stato  il  giudizio  che  ne  ha  recato  la  quasi  totalita 
de'  giornali  riv7oluzionarii ;  i  quali  per  cio  appunto  ne  fecero  lietis- 
sinia  festa.  I  soli  diarii  ufficlali  ed  ofilciosi  di  Francia  si  sono  sfor- 
zati,  in  modo  piu  o  meno  comico  ,  di  rappresentare  quell'  alto  come 
un  portento  di  zelo  religioso  e  di  sapienza  politica ;  giacehe  scioglie 
in  maniera  mirabile  la  quistione  romana  ,  riconciliando  1'  Italia  col 
Papa  ed  assicurando  stabilmenie  la  sovranita  temporale  della  Santa 
Sede.  E  poiche  il  concerto  di  organi  si  sonori,  per  quanto  intronasse 
gli  orecchi ,  non  bastava  a  persuadere  nessuno  ;  si  e  voluto  tentare 
un  altro  mezzo  ,  usato  gia  con  buon  successo  altre  volte  ,  facendo 
uscire  alia  luce  pei  Upi  autorevoli  del  Denlu,  un  opuscolo  misterioso, 
al  quale  la  France  attribuisce  un  carattere  semiofficiale  ,  presso  a 
poco  come  quello  del  cclebre  libello:  //  Papa  ed  il  Conyresso. 

1  Vedi  sopratlutto  il  magnifico  esame  di  delta  Convenzione,  fatto  dal 
Conte  de  Falloux  nel  Correspondant,  25  Ottobre. 


INFELICE  DIFESA  D'  UNA  CAUSA  SPALLATA  405 

L'opuscolo  ha  per  tilolo :  La  Convention  du  43  Seplembre  1864; 
ed  assumendo  la  difesa  di  queH'atto  diplomalico,  inlende  di  esporre 
le  ragioni  per  cui  la  Francia  si  e  indotta  a  conchiuderlo ;  le  quali  al 
trar  de'  conli  si  riducono  a  dire  che  per  esso  si  consegue  pienamente 
lo  scopo  della  occupazione  di  Roma,  falla  fmora  dalle  armi  francesi  ; 
e  pero  lullalaCaltolicita  dev'esserne  arcicontenta.  L'Autore,  per  di- 
moslrare  un  assunlo  si  speltacoloso,  si  serve  di  continui  scambietli, 
declinando  in  gran  parte  la  vera  quistione,  e  dal  lato,  in  che  pur  la 
riguarda,  ricorrendo  del  continue  ad  inlerpretazioni  arbitrarie,  a  de- 
clamazioni  reltoriche ,  ad  escursioni  fuoii  proposito ,  sperando  di 
gettar  cosi  polvere  agli  occhi  ed  accalappiare  i  semplici.  Ma  per  poco 
che  si  prescinda  dal  bagliore  delle  frasi  e  delle  assicurazioni  gra- 
luite,  e  si  procuri  di  ridurre  a  metodo  logico  lo  sbrigliato  andare  del- 
T  opuscolo ;  si  scopre  subilo  che  esso  non  e  altro  che  una  diceria 
senza  capo  ne  coda  ,  e  se  riesce  a  qualche  cosa,  riesce  al  lermine 
conlrario  alia  difesa  che  assume. 

Per  fare  toccar  con  mano  ai  noslri  leltori  la  verita  di  quesla  no- 
slra  censura  ,  la  quale  a  prima  vista  puo  sembrare  troppo  severa , 
non  abbiamo  a  far  altro  che  raddrizzare  il  discorso  del  buon  a\  vo- 
calo ,  coslringendolo  a  provar  quello  che  dovrebbe  provare  e  non 
prova. 

Pigliamo  dunque  le  mosse  dai  principii  medesimi,  da  lui  slabiliti 
come  fondamento  della  sua  difesa.  Egli  dice  :  «  Quale  lo  scopo,  che 
la  Francia  non  ha  mai  cessato  di  proseguire  dal  10  Dicembre  1848 
a  questa  parte,  nella  sua  polilica  verso  la  Santa  Sede?  Ouesto  scopo, 
lutli  lo  sanno  ,  si  e  di  assicurare  al  Papalo  \  indipendenza  che  gli  e 
necessaria  per  esercitare  in  lutta  la  loro  dignila  ed  efficacia  i  poteri 
spiriluali,  di  cui  esso  e  riveslito.  Ora  ilbuon  senso,  la  tradizion  del- 
la  Francia,  il  rispelto  della  Callolicila,  son  d'accordo  in  non  trovare 
altrove  che  nel  possesso  d'uno  Stato  sovrano,  ragionevolmenle  este- 
so,  la  guarentigia  seria  di  tale  indipendenza  1.  »  Daqueste  due  pro- 
posizioni  evidentemente  risulta  come  conseguenza  che  dunque  lo 
scopo  dell'  invio  e  della  permanenza  delle  armi  francesi  in  Roma  e 

1  Pag.  7. 


406  INFELICE  DIFESA 

stato  d'  assicurare  al  Papa  due  cose :  il  possesso  d'uno  Stato  sovra- 
110,  e  1'estensione  ragionevole  di  questo  Stato,  aiFmche  sia  una  seria 
guarentigia  d'indipendenza,  e  cio  in  nome  della  Cattolicita ;  giacche 
1'Autore  piu  giu  confessa  che  sotto  questo  tilolo  e  stato  concesso  alia 
Francia  di  essere  sola  in  Roma  1.  Vero  e  che  ne  la  Cattolicita  inte- 
se ,  ne  la  Francia  assunse  quel  compito  sotto  il  vago  concetto  di 
estensione  ragionevole  dello  Stato  papale,  ma  bensi  in  modo  piu  de- 
terminato,  cioe  a  fine  di  ristabilire  ed  assodare  il  S.  Padre  nel  pos- 
sesso di  tutti  gli  Stali  suoi ,  usurpatigli  dalla  Rivoluzione;  secondo- 
che  e  manifesto  dagli  accordi  di  Gaeta.  Ma  noi  non  vogliamo  gua- 
slare  il  filo  dell'  argomenlazione,  e  lasciamo  passar  la  proposizione, 
come  e  dall'Autore  annunziala.  Solamente  per  dare  maggiore  limpi- 
dezza  al  suo  discorso  ,  riduciamolo  a  forma  dialeltica.  Esso  dunque 
dovrebbe  procedere  cosi : 

Lo  scopo  dell'  occupazione  di  Roma  per  le  armi  francesi  in  nome 
della  Cattolicila  era  d'assicurare  l'indipendenza  del  Sommo  Pontefice 
nel  suo  aposlolico  ministero. 

Ma  per  giudizio  della  Francia,  della  Cattolicita  e,  piu,  del  senso 
comune,  la  sola  sovranila  con  ragionevole  ampiezza  di  territorio  puo 
essere  seria  guarenligia  di  tale  indipendenza. 

Dunque  lo  scopo  dell'  occupazione  di  Roma  per  le  armi  francesi 
era  di  assicurare  al  Papa  la  sovranita  con  ragionevole  ampiezza  di 
territorio  ,  in  guisa  cbe  fosse  seria  guarenligia  della  sua  indipen- 
denza. 

Ma  queste  due  cose  appunto  vengono  assicurale  dalla  Conven- 
zione  del  15  Settembre. 

Dunque  la  Convenzione  del  15  Settembre  compie  perfettameBte 
lo  scopo  delle  armi  francesi  a  nome  della  Cattolicita:  Quod  erat  de- 
monstrandum. 

Ognun  vede  che  tutto  il  forte  di  questo  chiarissimo  discorso  si 
trova  nella  penultima  proposizione ,  cioe  che  la  Convenzione  del  15 
Setlembre  assicura  quei  due  punli:  la  Sovranita  del  Papa  e  1'esten- 


1  La  France  est  senle  a  Rome,  parce  qu'elle  y  poursuit  Voemre  commune 
de  la  Catholicite.  Pag.  29. 


D'  UNA  CAUSA  SPALLATA  407 

sione  ragioncvole  di  Icrritorio ,  sicche  sia  seria  guarenligia  d'  indi- 
pendcnza.  Qui  sta  il  ponte  dell'  asino  ,  come  suol  dirsi ;  supcrato  il 
quale ,  1'  argomenlazione  puo  correre  speditamenle  senza  inconlrare 
piu  inciampo.  A  superar  duoque  queslo  ponle  1'  avvocalo  della  Con- 
venzione  dee  rivolgere  lulti  i  suoi  sforzi.  Se  egli  riesce  a  dimostrare 
quelle  due  cose ;  I'illazione,  da  lui  volula,  scende  irrepugnabilmente ; 
egii  ha  vinla  la  causa ;  gli  si  puo  decretare  il  trionfo.  Ma  se  per  dis- 
grazia  egli  non  prova  o  1'  uno  o  1'  altro  dei  delti  punti ,  peggio  poi 
se  nessuno  dei  due ;  1'illazione  manca  del  lullo,  la  causa  e  perduta,  e 
il  lapino  avvocalo ,  in  cam  bio  del  Irionfo ,  corre  rischio  di  rimanere 
del  lullo  screditalo.  Vediamo  dunque,  senza  piu,  come  egli  esegui- 
sce  cotesta  doppia  dimostrazione. 

II. 

Come  men  dimostrato  I  uno  degli  anzidetli  punti. 

Noi  vogliamo  per  poco  supporre  die  il  primo  dei  punti  dimostra- 
bili  dalla  difesa,  sia  dimostrato  di  fatto,  cioe  che  la  famosa  Conven- 
zione  assicuri,  senz'ombra  di  dubbio,  la  sovranila  del  romanoPon- 
lefice.  Yedremo  nel  paragrafo  seguente  quanto  cio  sia  falso ;  ma  per 
ora  si  prenda  come  semplice  ipolesi.  Si  finga  dunque  che  il  preteso 
regno  italiano,  alle  persuasioni  di  Napoleone  III,  siasi  perfettamente 
convertito,  abbia  mutata  opinione,  non  voglia  piu  Roma  per  Capitale, 
pensi  oggimai  che  fame  senza  non  pregiudica  nulla  alia  sua  unila 
e  grandezza  nazionale;  anzi,  vedele  miracolo!  siasi  acceso  di  zelo  di 
voler  esso  stesso  tutelare  materialmenle  e  moralmente  il  principato 
temporale  del  Papa;  tulto  cio  sia  dalo,  come  suol  dirsi,  e  non  con- 
cesso.  Resta  lultavia  a  dimoslrare  1'  altro  punto  fondamenlale  della 
difesa,  cioe  che  la  eslensione  del  lerrilorio,  che  presenlemenle  si 
lascerebbe  al  Papa,  sia  ragionevole.  Chiediamo  dunque  in  che  modo 
la  difesa  dimoslra  un  lal  punlo.  Inulilmente  il  chiediamo:  il  buon 
avvocato  nol  dimostra  altrimenli ,  che  con  un  perfetto  silenzio.  Sem- 
brera  incredibile?  Eppure  e  cosi.  Scorrete  da  capo  a  fondo  il  suo 
seritto;  non  ne  troverete  sillaba.  Sia  dimenlicanza,  sia  calcolo,  sia 


408  INFELICE  DIFESA 

qualsivoglia  allra  la  cagione,  il  certo  e  che  il  nosiro  avvocato  salla 
questo  punto  a  pie'  pari ,  senza  mostrare  di  neanche  addarsene.  E 
nondimeno  egli  dovea  capire  che  cotesta  oraissione  rende  Tsano  tutto 
il  suo  ragionamenlo.  Imperocche  import  a  poco  che  al  Ponlefice  sia 
assicurata  la  sovranita ,  se  poi  essa  e  tale ,  che  diventi  illusoria.  Lo 
stesso  valente  avvocato  avea  fatta  questa  osservazione  nel  lesto  ci- 
tato piu  sopra,  la  dove  diceva  che  solo  nella  possessione  d'uno  Stato 
ragionevolmente  esleso  poteva  trovarsi  la  seria  guarenligia  dell' in- 
dipendenza  papale  1.  Era  dunque  indispensabile  che  egli  dimostras- 
se  che  appunto  lo  Stato,  che  la  Convenzione  famosa  lasciava  al  Papa, 
aveva  /'  estensione  ragionevole ,  che  si  chiedeva.  Cio  non  facendo  , 
come  di  falto  nol  fa ;  tutta  la  sua  dimostrazione  cade  per  terra,  sic- 
come  mancante  della  prova  d'una  parte  della  premessa,  da  cui  deve. 
cavarsi  1'  illazione. 

Ma  poiche  egli  non  dimostra  cio  che  doveva  dimostrare ;  dimo- 
slriamogli  noi  il  contrario,  cioe  che  quesla  estensione  ragionevole 
di  territorio  manca  del  tulto  allo  Slato,  che  la  Convenzione  lascerebbe 
al  Papa.  La  pruova  salla  subilo  agli  occhi  di  tulli,  ed  e  che  1'  esten- 
sione di  territorio,  che  la  Convenzione  lascerebbe  al  Papa,  e  fondata 
snlla  rapina  e  sul  sacrilegio ;  e  niuna  cosa  che  sia  tale,  p\io  dirsi  ra- 
gionevole. Ma  noi  vogliamo  qui  servirci  solamente  delle  ragioni 
ammesse  dall'  avversario,  Enunziamo  dunque  il  nostro  argomento  in 
questa  forma :  Manca  1'  estensione  ragionevole  allo  Stalo ,  che  lasce- 
rebbesi  al  Papa,  se  gli  manca  1' estensione  che  sia  guarenligia  seria 
d'  indipendenza.  Or  allo  Stato ,  che  la  Convenzione  lascerebbe  al 
Papa,  manca  1'  eslensione  che  sia  guarenligia  seria  d'  indipendenza. 
Dunque  allo  Stalo ,  che  la  Convenzione  lascerebbe  al  Papa ,  manca 
1'  estensione  ragionevole. 

La  prima  proposizione  di  questo  sillogismo  e  per  se  evidente  e  rico- 
nosciuta  dall'aulore  anonimo  dell' opuscolo.  Imperocche,  secondoche 
egli  stesso  asserisce,  la  ragione  per  cui  e  necessario  al  Pontefice  un 


1  Or  le  bonsensja  tradition  de  la  France,  le respect  de  la  Catholicite,  sonl 
d' accord  pour  ne  trouver  quedans  la  possession  $un  Etat  souverain,  ratson- 
nablement  etendu,  la  garantie  seriev.se  de  cetteindependance.  Pag.  8. 


D'INA  CAUSA  SPALLATA  409 

territorio ,  sopra  cui  csercili  sovranila ,  e  appunlo ,  accioccbc  gli  sia 
seria  guarentigia  d'  indipendenza.  Dunque  sc  1'eslensione  di  coteslo 
territorio  c  tale,  che  non  sia  suflkienle  a  dare  quesla  seria  guareri- 
tigia;  esso  non  risponde  al  fine  per  cui  e  richieslo ;  ed  un  mezzo,  che 
non  risponde  al  fine,  non  ha  ragione  di  essere. 

La  scconda  proposizione  poi  del  sillogismo,  recato  di  sopra,  si  di- 
moslra  con  una  prova  che  ci  viene  somministrata  dallo  stesso  avver- 
sario.  Egli  volendo  persuadere  al  regno  ilalico  di  conlenlarsi  di  ri- 
mmziare  a  Roma,  dice :  «  II  piccolo  distrello  di  Roma  e  del  patri- 
monio  di  S.  Pietro  non  altera  punto  la  grande  e  seria  unita  militare, 
maritlima  e  politica  deli1  Italia  1.  »  Verissinao.  Ridotlo  lo  Stato  papa- 
le,  quale  lo  lascia  la  Convenzione,  ad  un  guscio  di  noce,  puo  consi- 
derarsi  come  se  non  fosse,  a  rispetto  del  vasto  regno  e  potente  che 
da  tutti  i  lati  lo  circonda.  Ma  per  queslo  appunlo  esso  non  puo  piu, 
formare  se  non  una  guarentigia  del  tulto  illusoria.  E  qual  guarenti- 
gia d' indipendenza  puo  essere  uno  statuccolo,  impiantato  nel  mezzo 
di  un  polenle  Stato  che  lo  cinge  da  ogni  parle  e  quasi  slringe  tra 
le  sue  branche ,  senza  un  argine  di  difesa,  e  che  in  poche  ore  puo 
invaderne  la  Capilale?  Si  ha  un  bel  dire  che  la  Convenzione  da  al 
Pontefice  il  diritlo  di  formarsi  un  esercilo  per  sua  difesa.  Lasciamo 
stare  die  cotesla  concessione  e  un  vero  ollraggio  al  Pontefice;  giac- 
eheja  facolla  di  formarsi  un  esercito  e  altributo  essenziale  della  So- 
vranita,  e  non  ha  bisogno  di  trattati.  La  Convenzione  gli  limita  anzi 
un  lal  diritto ,  apponendovi  la  condizione  :  purche  un  lale  esercito 
non  degeneri  in  una  minaccia  per  1' Italia.  Figuratevi  se  uno  Stalo  di 
seicenlo  mila  anime  puo  avere  un  esercito  che  sia  miuaccia  per  uno 
Stato  che  ne  ha  venlidue  milioni !  Ma  sia  nulla  di  cio ;  si  accelti 
T  esercilo,  giacche  la  benignila  della  Convenzione  il  consenle.  A  che 
dovrebbe  esso  servire  ?  Per  la  pace  interna  e  per  la  lutela  de'  con- 
fini.  La  pace  interna  nou  ne  ha  bisogno ;  giacche  TAutore  stesso  del 
libretto  confessa  che  le  popolazioni  de'  villaggi  in  massa  e  la  popola- 
zione  di  Roma,  nella  sua  immensa  maggiorita,  son  devote  al  Papato 

1  La  petite  enclave  de  Rome  et  du  patrimoine  de  Saint-Pierre  nalterepas 
la  grande  et  sericuse  unite  militaire,  maritime  et  politique  de  V  Italic.  Pag.  9. 


410  INFELICE  DIFESA. 

e  al  suo  paterno  impero ;  sicche  il  problema  della  sicurezza  di  Roma 
si  riduce  a  sopra\7vegliare  e  contenere  un  piccolo  uumero  di  perlor- 
batori ,  che  si  trovano  in  Roma  come  in  ogni  allra  grande  cilia  di 
questo  mondo  1.  Ora  a  cio  basta  un  dato  numero  di  carabinieri  e  la 
famiglia  del  criminale.  Resta  dunque  che  1'esercilo  serva  per  \igilar 
la  fronliera.  Ma  primieramente  puo  il  Pontefice  con  gli  scarsi  mezzi, 
che  puo  somministrargli  il  suo  microscopico  Stato ,  lenere  in  piedi 
un  esercito  da  cio?  E  quand'anche  potesse  mantenere  un  Yenlimila 
uomini  (cosa  del  lutlo  impossible) ,  qual  ratlenlo  sarebbero  essi 
contro  chi  puo  averne  in  armi  quatlrocenlo  mila? 

Acciocche  uno  Slalosiavera  guarenligia  d'indipendenza,  coirvien 
che  abbia  una  certa  proporzione  con  la  maggior  parle  almeno  degli 
Slali  confinanti,  ed  abbia  la  sua  Capitale  a  suffieiente  distanza,  da 
cui  piu  facilfflenle  polrebbe  lemere  sopruso.  Tale  appunto  la  sapien- 
za  de'  secoli  avea  formato  lo  Sialo  ponlificio,  e  il  senno  d'  Europa  IV 
yea  conservato :  aperto  da  quallro  lali  a  quallro  Slali  limilrofi,  a  due 
de'quali  era  anzi  superiore  di  cslensione  e  di  forze,  e  con  lo  sbocco 
libero  in  due  mari  opposti.  II  piu  potente  de'  suoi  confmanti ,  che 
era  1' Austria,  era  appunto  quello  che  piu  dislava  da  Roma.  Al- 
lora  si  lo  Stato  pontifieio  poteva  considerarsi ,  ed  era  di  fatto ,  vale- 
Tole  guarentigia  d'  indipendenza.  Ma  adesso ,  ristretlo  ai  termini , 
che  la  Convenzione  pretende,  chiuso  da  tutli  i  punti  di  terra  .e  dl 
mare,  quasi  da  un  cerchio  di  ferro,  dalle  forze  di  un  sol  vicino,  po- 
tenlissimo,  pognamo  che  non  nemico;  lo  Stato  pontificio  non  e  che 
una  nobile  prigione  ,  in  cui  starebbe  il  Pontefice  in  custodia  del  Re 
d' Italia.  Si  faccia  1'ipotesi  che  csso  Pontefice,  per  uno  dei  tanli  inci- 
denti ,  possibili  ad  avvenire ,  \oglia  s\incolarsi  da  tali  ritorle  e  re- 
carsi  in  altra  terra ;  basta  una  sola  fregata,  che  il  potente  custode 
ponga  dinanzi  al  porto  di  CivitaYecchia,  per  impedirgli  ogni  uscita, 
Ecco  la  bella  ed  onorevole  e  seria  guarentigia  che  la  sapienza  della 

-. 

1  Ccux  qul  savent,  pour  avoir  habite  I1  ItaKe,  que  ks  populations  des  til- 
lages, en  masse.,  et  la  population  de  Rome,  en  immense  maiorite,  sont,  au 
fond,  devoue's  a  laPapaute  et  a  son  paternel  empire,  savent  aussi  que  le  pro- 
bleme  de  la  securile  de  Rome  se  reduit  a  surveiller  et  conlenir  un  certain 
nombre  de  brouillons,  comme  toutes  les  grandes  miles  en  possedcnt.  Pag.  32. 


D'UNA  CAUSA  SPALLATA  411 

Convenzione  ha  saputo  cscogitare  per  la  indipendcnza  del  Papa!  Que- 
slo  avrebbe  dovulo  considerare  e  disculere  il  dabben  avvocato ,  che 
si  e  tolto  il  carico  di  patrocinarla.  E  poiche  egli  se  ne  passa  con  pia- 
cevole  disinvoltura,  senza  pur  fame  motto;  la sua  diceria  non  produ- 
ce nessun  effelto ,  se  non  fosse  quello  di  far  ridere  di  se  i  folli  e  t 
savii.  Che  diremo  poi  se  si  aggiunga  che  quec*~  Governo ,  a  cui  il 
Ponlefice  si  lascia  in  cuslodia,  e  quello  appu?  *w  lo  ha  spogliato, 
che  desidera  spogliarlo  anche  del  pochissimo  ,  j.  resta,  e  che,  in 
virtu  de'suoi  principii,  sia  esercitando  verso  la  Chiesa  una  delle  piu 
fiere  persecuzioni? 

III. 

Come  s^  dimostra  /'  altro  •     punti  sopraccennati. 

Senonche  vediamo  almeno  le  prove  che  la  difesa  arreca  pel  primo 
pun  to ,  che  e  il  solo  a  cui  essa  si  ferma.  Tulta  la  prova  si  riduce  a 
questo:  agl'impegni  presi  coll' Italia  nella  celebre  Convenzione:  Les 
engagements  precis  el  formels ,  sponlanement  pris  par  le  royaume 
d'ltalie,  assurent  cette  independence  temporelle  du  Saint  Siege  1. 
Or  quest' impegni  consislono  in  due:  1' uno  e  contenuto  nel  testo 
stesso  della  Convenzione,  ed  e  di  non  invadere  ne  far  invadere  colle 
armi  lo  Stato  pontificio;  1'altro  e  contenuto  nel  protocollo,  ed  e  di 
Irasferire  al  trove  la  Capitale  del  regno  italico.  Esaminiamoli  breve- 
men  te  amendue. 

E  quanto  al  primp,  esso  benche  sia  un  insulto  ben  meritalo  al 
Governo  di  Torino,  non  e  impegno  nuovo  a  vantaggio  della  S.  Se- 
de.  E  un  insullo  al  Governo  di  Torino ;  perciocche  nel  Dirilto  delle 
Genii  s'  insegna  che  i  trallati  intorno  a  cose,  evidenlemenle  prescritle 
dalla  legge  di  natura,  non  si  fanno  con  nazioni  civili ,  giacche  sareb- 
bero  per  esse  un'  iugiuria;  ma  solo  si  fanno  colle  nazioni  barbare,  le 
quali  poco  sentono  il  valore  dei  deUami  dell'  onest^,  naturale,  e  per6 
faaono  bisogno  d'  essere  vincolale  per  via  di  patluite  obbligazioni. 


1  Pag.  12. 


INFELICE  DJFESA 

Ora  essendo  chiaro  che  il  non  invadere  1'altrui  e  precelto  immediato 
e  notissimo  di  nalura ;  Y  aver  creduto  necessario  un  patto  per  disto- 
glierne  il  Governo  italiano,  e  un  averlo  trattalo  da  barbaro,  simile 
a  quello  degli  antichi  Tarlari  o  Sciti.  Ma  poiche  un  tal  Irattamento 
egli  1'  ha  a  ragion  merilalo  colle  sue  precedenli  furfanterie ;  lal  sia 
di  lui :  si  compiaccia-  dell'  onore  ,  cbe  gli  vien  falto  dal  suo  cortese 
alleato.  Ouel  che  a  noi  qui  irnporta  e  la  seconda  considerazione, 
doe  che  quel  patto  non  e  un  nuovo  impegno  a  favore  della  Santa  Se- 
de.  La  ragione  e  chiarissima :  conciossiacche  il  Governo  di  Torino 
non  avea  mai  preteso  di  annetlersi  Roma  per  via  della  forza ;  avea 
anzi  coslantemente  dichiarato  il  conlrado,  cioe  di  non  voler  altrimenli 
raggiungere  un  tale  scopo,  se  non  per  via  dei  soli  mezzi  morali. 
L'istesso  voto  del  Parlamento  italiano,  emessonel  1861,  non  im- 
porlava  altro;  e  cosi  veramente  fd  fallo  dichiarare  al  Ministro  degli 
affari  esteri  di  Francia  dal  sig.  Yisconti-Venosta.  Costui  in  unanota 
al  sig.  Nigra,  il  cui  contenulo  venne  comunicalo  al  sig.  Drouyn  de 
Lhuys  per  proseguire  le  trattative  intorno  alia  Convenzione,  ricorda 
1'anzidetto  voto  e  soggiunge :  «  Uno  degli  organi  piu  autcrevoli 
della  maggioranza,  il  sig.  Boncompagni,  ne  spiego  il  vero  significa- 
to.  Fece  nolare  che  dichiarando  Roma  Capitale  d' Italia,  la  Camera 
non  avea  fatlo  altro  che  conslatare  lo  stato  deH'opinione  pubblica 
nella  quislione  della  Capitale,  e  dare  sanzione  legale  al  verdetlo  una- 
nime  delle  popolazioni.  Ma  secondo  la  formola  slessa,  che  il  conte  di 
Cavour  aveva  fatto  adoltare,  il  volo  del  27  Marzo  1861,  esclude  ogni 
pretesa  di  toccare  colla  forza  la  difficolla  della  quistione  1.  »  Ora 
queslo  appunto  e  non  allro  imporla  1'  articolo  della  Convenzione,  di 
cui  si  parla.  Dunque  esso  obbliga  il  Piemonle  a  non  fare  do  che 
questi  in  nessun  modo  voleva  fare,  e  guarentisce  il  Papa  da  un  peri- 
colo  che  non  sussisteva.  Nel  tempo  slesso,  lascia  intallo  il  pericolo 
che  veramente  sussiste ;  giacche  ognun  sa  quali  sieno  i  mezzi  morali 
del  Piemonle,  e  come  egli  e  sicuro  per  quesla  via  di  beccarsi  Roma, 
colla  stessa  facilila,  colla  quale  si  e  beccato  oggimai  qualtro  quinti 
dello  Stato  pontificio.  0  costa  a  lui  gran  fatto  il  suscilare  coll'  oro  e 

1  Nota  del  9  Luglio  1863.  Vedi  i  Document!,  presentati  nella  Camera. 


I)  INA  CAUSA  SPALLATA 

per  mezzo  di  sperimenlali  emissarii,  qualche  grave  lumullo  in  Roma 
c  ne'  suoi  dinlorni,  che  apra  la  \ia  a  qualche  simulato  plebiscite? 
E  non  e  queslo  uno  dei  mezzi  piu  morali ,  che  il  Governo  di  Tori- 
no possa  mellere  in  opera?  Non  ha  egli  riputato  monilissimi  altri 
mezzi  mollo  piu  turpi?  Se  il  Governo  di  Torino  non  avesse  fermo 
LeH'animo  di  conseguir  colla  frode  cio ,  cui  rinunzia  di  conseguir 
colla  forza ;  non  metlerebbe  tanto  interesse  nello  sgombero  delle 
truppe  francesi  da  Roma.  Che  fa  a  lui  che  Romii  sia  guardata  piut- 
toslo,  che  da  francesi,  da  soldali  papali,  quando  non  dev'esser  sua? 
La  dimora  quivi  dei  Francesi  gli  dovrebbe  anzi  andar  molto  a  san- 
gue ;  giacche  ollre  alia  maggior  sicurezza  che  crede  riceverne  per  la 
caccia  de'  cosl  delti  briganli  sulla  fronliera  delle  province  meridio- 
nali  e  qualche  altra  prolezioncella  ,>Almeno  pe'  suoi ;  vi  scorge  un 
conlinuo  pegno  di  alleanza  contro  il  tirftore  d'un'invasione  austriaca. 
II  qual  punto,  se  ben  si  rifletta,  e  pel  Piemonte  di  somma  importanza. 
Imperocche  avendo  egli  violato  il  solenne  traltalo  di  Zurigo,  ha  fatto 
con  cio  stesso  rientrare  1'  Austria  negli  anlichi  diritti  sopra  la  Lom- 
bardia.  L' Austria  dunque  potrebbe,  sempre  che  vuole,  scendere  col- 
learmi  a  ripigliare  gli  antichi  possessi;  e  1' Italia,  se  uscisse  sola  a 
resisterle,  non  potrebbe  aspeltarsi  che  una  secondaNovara.  Tulta  la 
sua  fiducia  adunque  e  poggiata  negli  aiuti  di  Francia.  Qra  a  conse- 
guir questi  aiuti  con  maggiore  cerlezza  gli  giova  immensamente  che 
i  Francesi  abbiano  gia  un  piede  in  Italia.  Se  dunque  il  Piemonle  si 
priva  di  cotanto  vantaggio  per  oltener  che  Roma  resti  sguernita  di 
quel  presidio ;  e  segno  manifesto  che  qualche  gran  mira  ha  sopra  di 
essa ,  e  questa  mira  non  puo  essere  altra  che  quella  di  ghermirsela, 
non  ostante  Y  articolo  della  famosa  Convenzione. 

II  buon  avvocato  si  sgola  e  si  sbraccia  a  sostenere  che,  lulto  al- 
tramente,  quell'  articolo  inchiude  un'  espressa  ed  assoluta  rinunzia  al 
possesso  di  Roma,  per  qualunque  siasi  mezzo,  anche  morale.  Ma  que- 
sle  son  ciarle  da  arringatore ;  il  testo  della  Convenzione  non  dice  cosi. 
II  testo  dice  che  si  rinunzia  al  possesso  di  Roma  per  via  solo  delle 
armi ;  ed  il  testo  e  quel  che  conla.  Ne  si  ricorra  allo  spirito  di  esso 
trattalo ;  giacche ,  ollre  ad  essere  una  bambolaggine ,  non  degna  di 
Diplomatic!  cosi  sapuli,  il  fare  una  Convenzione  di  senso  non  chia- 


INFELICE  DIFESA. 

rito  dalle  parole,  lo  spirito  qui  e  in  plena  conformila  colla  lellera. 
Testimonio  lo  stesso  Drouyn  de  Lhuys  ,  stipulatore  del  contralto ,  il 
quale ,  come  attesta  il  sig.  Nigra ,  ambasciatore  italiano  a  Parigi , 
lo  ha  solennemente  ammesso.  «  Fu  ben  inteso ,  cosi  egli ,  nelle  no- 
stre  conferenze  col  Plenipo  tenziario  francese,  che  la  Gonvenzione  non 
deve  ne  puo  significare  ne  piu  ne  meno  di  quell  o  clie  dice ;  cioe  che 
i'  Italia  s'  impegna  con  essa  a  rmunciare  ad  ogni  mezzo  violento  l.» 
Avete  inteso,  sig.  avvocato?  Non  si  rinunzia  che  ai  soli  mezzi  vio- 
lenti :  questo  e  la  lettera  insieme  e  lo  spirito.  E  se  ne  desiderate  una 
inaggiore  conferma,  ricliianiate\i  alia  mente  la  dichiarazione  del 
sig.  Pepoli ,  altro  slipulatore  del  celebre  trattato ;  il  quale  Pepoll 
pubblicamente  ha  espresso,  che  la  Convenzione  mente  toglie  od  im- 
mula  al  programma  nazionale,  che  e  di  avere  Roma,  ma  non  per 
via  delle  armi.  Ora  prelenderesle  voi  di  saper  meglio  qual  sia  il 
senso  di  un  trattato ,  che  quelli  stessi ,  i  quali  ne  furono  architelli  e 
soscrittori  ? 

Ne  migliore  e  I'argomento  preso  dalla  traslazione  della  Capitale.  II 
nostro  avvocato  sostiene  che  essa  e  una  scelta  defmitiva,  e  per  con- 
seguenza  una  formale  rinunzia  a  Roma.  Ma  an  che  qui  abbiamo  in  con- 
trario  le  dichiarazioni  d'  interprete  piu  autorevole.  II  sig.  Nigra,  nel 
dar  conto  di  questa  clausola  del  trasporto  della  Capitale ,  si  esprime 
cosi :  « II  marchese  Pepoli,  esaminando  la  siluazione  interna  dell' Ita- 
lia in  rapporto  colla  questione  romana ,  disse  all'  Imperatore  ch'  egli 
sapeva  come,  indipendentemente  dalla  questione  che  ora  si  trattava 
e  per  ragioni  strategiche,  politiche  ed  amministrative,  il  Governo  sta- 
va  considerando  la  questione  della  convenienza  di  trasportare  la  se- 
de  dell'  amministrazione  da  Torino  ad  altra  cilia  del  regno.  »  E  do- 
po  aver  riferito  come  un  tal  parlito  piacque  al  Governo  imperiale , 
conchiude  :  «  Quanto  alia  clausola  del  trasporto,  non  potendo  questa, 
a  mente  del  Governo  del  Re ,  far  parte  integrante  della  Convenzio- 
ne, si  convenne  di  fermarla  in  un  protocollo  separate,  di  cui  1'E.  V. 
trovera  pure  qui  unito  1'  originale.  Con  questa  forma  si  voile  dimo- 

1  Nota  del  sig.  Cav.  Nigra,  ministro  d'  Italia  a  Parigi,  al  sig.  Comm.  VI- 
sconti-Yenosta.  Parigi,  15  Sett.  1864.  Vedi  i  Document!  diplomatici  presen- 
tati  alia  Camera. 


D  LNA  CAUSA  SPALLATA 

strarc  che  tal  misura  era  per  noi  un  fallo  di  politica  essenzialmente 
interna,  che  non  poleva  aver  allra  connessione  colla  Coiivenzione , 
se  non  in  do  che  esso  creava  una  siluazione  nuova ,  nella  quale  la 
Francia  scorgeva  una  guarentigia ,  che  Ie  permetleva  di  ritirare  le 
sue  truppe,  ed  un  pegno  che  1'  Italia  rinunziava  atentare  colla  forza 
1'occupazione  di  Roma  1.  »  Piu  innanzi  ancora  va  il  Miuislero  di  To- 
rino ,  quello  stesso  che  conchiuse  la  Convenzione ;  giacche  nel  de- 
crelo  di  Convocazione  del  Parlamento  protesta  che  il  Irasferimento 
del  Governo  a  Firenze,  lungi  dell'  essere  una  rinunzia  a  Roma,  e 
anzi  la  via  per  accelerarne  il  possesso,  attesa  la  maggior  facility  che 
per  la  vicinanza  dara  ad  esso  Governo  di  mettere  in  opera  a  tal 
uopo  tutti  quei  mezzi,  che  la  civilta  odierna  concede  pel  trionfo  del- 
le  idee  liberali  e  nazionali.  Avele  capito  ,  sig.  avvocalo?  La  trasla- 
zione  della  Capitale  non  ha  che  fare  colla  rinunzia,  non  muta  in  nulla 
il  programma  nazionale ,  e  anzi  un  passo  innanzi  per  giungere  piu 
presto  all'  occupazione  di  Roma. 

II  buon  avvocalo  par  che  accenni  a  coteste  dichiarazioni ,  per  lui 
faslidiose,  la  dove  esclama :  «  Quando  son  due  che  fanno  un  tratta- 

to ,  non  si  ha  il  diritto  d'  interpretarlo  da  se  solo II  Governo 

francese  puo  ammetlere  nel  Governo  italiano  aspirazioni  sentimen- 
tali  o  speranze  platoniche  verso  Roma ;  ma  non  volendo  gabbare  ne 
F  Italia,  ne  1' Europa,  ne  se  stesso,  non  ha  firmato  la  Convenzione, 
se  non  quando  ha  veduto  la  consecrazione  della  sua  politica  al  di  la 
delle  Alpi :  cioe  1'  indipendenza  della  Santa  Sede  guarentita  dagli 
stessi  Italiani ,  e  quando  essi ,  collo  scegliere  Firenze  per  Capitale , 
hanno  formalmente  rinunzialo  ,  sia  a  prendere  Roma  colla  forza  en- 
trandovi  essi  slessi  o  lasciandovi  enlrare  i  loro  amici,  sia  a  prenderla 
coll'  asluzia ,  facendosela  consegnare  da  compari  mascherati  da  po- 
polo  romano  2.  » 

Benissimo  ;  ma  queste,  torniamo  a  dire,  son  pure  ciarle,  e  nienle 
altro  che  ciarle.  II  trattato  e  quello  che  conta;  e  il  trattato  obbliga 
solo  a  non  usare  la  forza  per  ottenere  Roma;  ma  lascia  libero  il  procu- 

1  Yedi  \.  Document}  diplomalici,  presentati  alle  Camere  di  Torino. 

2  Pag.  18. 


416  INFELICE  D1FESA 

rarsela  con  altri  mezzi.  Ne  questa  infer  pretazione  e  falta,  come  voi 
dite ,  da  una  sola  delle  parli  contraenli ;  ma  e  stata  ammessa  ezian- 
dio  dull'  altra,  cioe  dal  Governo  imperiale.  Imperocche  il  sig.  Nigra, 
plenipotenziario  per  1'Italia,  ce  ne  assicura  nel  testo  che  abbiamo  ri- 
ferito  piu  sopra ;  e  il  sig.  Drouyn  de  Lhuys,  non  avendo  protestato 
contro  tale  attestazione,  fatla  oggimai  di  pubblica  ragione,  fa  segno 
manifesto  die  la  cosa  sia  veramenle  cosi ,  come  e  narrata  dal  Mini- 
stro  italiano.  Chi  tace,  quando  puo  e  deve  parlare,  implicitamente 
acconsente. 

IV. 

Come  venyono  sciolte  le  di/ficolta. 

Senonehe  1'egregio  avvocalo  non  si  esime  dal  loccare  piu  di  pro- 
posito  la  sovraesposta  obbiezione ,  che  cioe  U  Italia  ,  anche  dopo  il 
trattato  ,  prelendera  di  annettersi  o  per  una  via  o  per  un'altra  il  ri- 
manente  dello  Stato  ponlificio.  «  Noi  non  chiuderemo  1'orecchio,  egli 
dice,  a  certe  parole  che  vengono  dall'  Italia  ,  dove  si  dice  e  si  fa  in- 
tendere,  che  1'  Italia,  malgrado  del  tratlalo,  conserved  il  suo  pro- 
gramma  e  le  sue  aspirazioni  sopra  Roma  1.  »  Yediamo  dunque  co- 
me egli  solve  si  grave  dim"  col ta. 

La  sua  prima  risposta  si  e  che  questo  potra  essere  il  senlimento 
de' mazziniani ;  ma  non  gia  degli  onorali  uomini  di  Stato  italiano, 
che  hanno  proposta  e  soltoscrilta  la  Convenzione  del  15  Scttembre. 
Ma  questa  sua  risposta  e  del  tutto  inconcludenle.  Imperocche,  come 
abbiamo  lesle  veduto  ,  questi  onorati  uomini  appunto  sono  quelli ,  i 
quali  hanno  apertamente  dichiarato  che  ,  nori  ostante  la  delta  Con- 
venzione, il  programma  italiano  inlorno  a  Roma  sara  manlenuto. 

II  nostro  avvocato,  quasi  prevedendo  cotesla  replica,  soggiunge 
in  secondo  luogo:  «  Ammeltiamo  per  poco  che  nel  pensiero  segreto 
del  Governo  italiano,  Firenze  non  sia  che  una  tappa  verso  Roma.  Si 
crede  in  lal  caso,  che  sia  cosi  facile  d'  indurre  la  Francia  a  mante- 

1  Pag.  13, 


D'  UNA  CAUSA  SPALL  ATA  417 

nerc  le  sue  obbligazioni,  se  1'  Italia  non  mantiene  le  sue?  Che  cosa 
ha  promcsso  la  Francia?  D'  evacuare  Roma  e  lo  Stato  della  Chiesa, 
nello  spazio  di  due  anni ;  ma  dopo  die  il  regno  d'  Italia  avra  dato, 
quanto  alia  letlera  e  allo  spirilo,  tulle  le  guarenligie  conlenule  nel 
Iratlato.  Converra  che  la  Capitale  del  Regno  sia  trasferila  a  Firenze 
in  uno  spazio  di  lempo  determinato;  converra  che  nessun  atlo  oslile 
contro  la  S.  Sede  sia  slato  eseguilo,  lenlato  o  concepilo  dal  Governo 
ilaliano ;  convert  che  nessuna  connivenza  col  comitalo  rivoluziona- 
rio  di  Roma  sia  stala  accertata ;  converra  che  ogni  nuova  mossa  ar- 
mata  di  Garibaldi  sia  stala  impedita,  sconfessata  o  punita ;  infine, 
per  dir  tulto  in  una  parola,  acciocche  la  Francia  eseguisca  i  suoi 
impegni,  converra  che  il  Regno  d'  Italia  abbia  osservati  compiuta- 
mente  i  suoi.  » 

Ma  anche  questa  risposta  non  regge.  Imperocche  non  si  tratta  di 
cio  che  fara  il  preleso  regno  d'  Italia  in  questi  due  anni,  che  prece- 
dono  il  ritiro  delle  armi  francesi ;  ma  di  cio  che  fara  dopo.  Avvezzo 
alia  perfidia  e  alia  frode ,  polra  benissimo  in  questi  due  anni  mo- 
slrarsi  converlilo,  fmgere  ancora,  se  volete,  di  rinunziare  all'  uso 
dei  suoi  mezzi  mora/i,  di  cui  peraltro  si  e  riservalo  il  dirilto;  ma 
conseguilo  che  abbia  il  lanto  desiderato  sgombero  da  parte  della 
Francia,  sopra  di  che  il  nostro  avvocato  assicura  che  questi  mezzi 
morali  non  saranno  messi  in  opera?  Sopra  la  leltera  del  tratlato? 
Ma  quesla  leltera  non  esclude  altro,  che  1'  uso  della  forza.  Sopra  lo 
spirito?  Ma  questo  spirilo,  secondo  le  dichiarazioni  dei  contraenli, 
non  escluso  1'  istesso  Plenipolenziario  francese ,  come  abbiamo  ve- 
duto  piii  sopra,  non  inchiude  altro  se  non  quello  slesso,  che  dice  la 
lellera.  Sopra  un  nuovo  spirito  che  s'  introduca  in  quel  corpo,  per 
dichiarazione  almeno  confidenziale  ?  Ma  questa ,  primieramente  ,  e 
un'  asserzione  graluita  e  senza  fondamento.  In  secondo  luogo ,  se  il 
Governo  ilaliano  non  manterra  un  tale  impegno ,  come  non  ne  ha 
mantenuli  lanli  allri,  che  cosa  far&  la  Francia?  Se  ne  lavera  le  mani, 
come  ha  falto  per  le  precedenli  usurpazioni  dell'  Emilia,  delle  Rorna- 
gne,  delle  Marche  e  dell'  Umbria;  ovvero  accorrera  colla  forza  a  ri- 
stabilirc  il  Pontefice  nei  suoi  diritli  ?  Questa  seconda  cosa  pare  che 
venga  insinuata  dalia  difesa.  Ma  e  non  ricorda  ii  buon  avvocalo  che  la 

Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  352.  27  7  Novembre  1864. 


418  INFELICE  DIFESA 

base  della  Gonvenzione  e  appunto  il  principio  del  non  inlervento  per 
riguardo  a  Roma?  Cio  e  esplicitaniente  dichiarato  dal  signer  Nigra 
nella  nota  esplicativa  del  trallalo.  Egli  dice  cosi :  «  Noi  abbiamo 
egualmente  dichiaralo ,  che  la  Convenzione  era  la  conseguenza  del 
principio  di  non  intervento,  in  guisa  che  la  politica  futura  dell'  Italia 
verso  Roma  consisterebbe  oramai  nell'  osservare  e  fare  osservare  il 
principio  di  non  intervento ,  e  nell'adoperare  ogni  mezzo  morale  per 
raggiungere  la  conciliazione  fra  1'  Italia  ed  il  Papato  l.»  Al  che  non 
contraddice  anzi  consente  lo  stesso  Drouyn  de  Lhuys,  il  quale  nel  suo 
dispaccio  al  Conte  de  Sartiges  ,  da  leggersi  al  Cardinale  Antonelli , 
reca  appunto  per  ragione  del  ritiro  delle  truppe  francesi  da  Roma 
che  cotesta  occupazione  costituisce  un  intervento  contrario  al  diriito 
pubblico ,  quale  e  inleso  dalla  Francia.  Dunque,  in  virtu  della  Con- 
Yenzione,  la  Francia,  per  non  contraddire  al  suo  diriito  pubblico,  oa 
ha  piu  a  mescolarsi  degli  affari  di  Roma,  segua  che  puo.  Ritirate 
truppe  francesi  da  Roma,  Roma  e  il  Papalo,  come  asserisce  lo  slesso 
noslro  avvocato,  resta  in  plena  e  sola  custodia  del  Governo  italiano  . 
0  praeclarum  cuslodem  omum,  Lupum. 

V. 

Eagioni  arrecate  dalla  difesa  per  provare  che  il  Governo  italiano 
dovrebbe  lealmente  osservare  la  Convenzione. 

Qaesta  e  la  parte  migliore  dello  scrilto,  che  qui  esaminiamo;  ma 
lia  il  piccolo  inconveniente  di  non  fare  al  proposilo.  Spiegheremo 
brevemente  1'uno  e  1'altro  capo  di  questa  nostra  affermazione.  Essa,, 
abbiamo  detto,  e  la  parte  migliore;  e  cio  per  le  molte  verita  che  con- 
tiene  e  delle  quali  accenneremo  le  principal!.  Essa  dice  che  il  Gover- 
no  italiano  dev'  esser  contento ,  anzi  geloso  di  conservare  Roma  al 

1  Vedi  Documenti  diplomatic^  presentati  alle  Gamere. 

2  L'  epoque  a  laquelle  la  France  retirerait  ses  troupes  de  Rome  etait  com~ 
meindiquee  a  I'avance  par  le  but  meme  de  sa  politique,  c1 etait  le  moment 
cu,  en  sortant  de  I  Etat  de  T  Eglise,  elle  y  laisserait  la  Papaute  respectee 
et  gardee  par  V  Italic  elle-wdme.  Pag.  30. 


D?  UNA  CAUSA  SPALLATA  419 

Papa,  pcrolic  la  contraria  prelensione  del  raazziniani  di  decapitare  il 
Callolicismo,  ha  molti  vizii  cho  nc  rendono  impossibile  I'esecuzioDC  1. 

II  primo  vizio  e  1'avere  contro  di  so  1'csperienza  di  lulti  i  tempi, 
anlichi  c  modern!.  «  Dapprima  coleste  sono  leorie  gia  logore,  sag- 
giate  sovente  con  successo  eOmero,  ma  di  cui  il  tempo  ha  sempre 
falto,  con  piu  o  meno  di  rapidita,  una  splendida  giustizia.  Forzare 
il  Papa  a  lasciare  Roma,  e  sostituirvi  invece  Consoli  e  Diltatpri  ?  Ma 
questo  s'egia  veduto  molte  volte.  A  Pio  IX  fu  surrogalo,  nel  1849,  ii 
triumvirato  di  Mazzini,  d'Armellini  e  di  Safli;  a  Pio  VI  furouo  sur- 
rogali,  nel  1198  ,  cinque  Consoli,  solto  la  presidenza  di  Angelucci 
chicurgo  ostelricio;  nel  secolo  XIV  a  sette  Papi  consecutivi  fu  surro~ 
gata  una  Repubblica  lorbida,  impolenle  e  caduca,  e  sempre  cosi  ai 
tempi  antichi,  come  ai  nostri,  Romaagitala,  rovinata,  disonorata  dalla 
demagogia,  si  affretto,  come  prima  pole,  di  richiamare  il  Papato, 
florgenie  del  suo  riposo,  della  sua  prosperita  e  della  sua  gloria  2.  » 

L'altro  vizio  e  il  nocumenlo  clie  cotesle  teorie  apportano  allo  sles- 
so  ordine  civile:  «  Le  leorie  dei  mazziniani  e  dei  garibaldini  sono 
per  I'  ordine  sociale  una  minaccia,  a  cui  nessun  Governo  puo  sotlo- 
metiers!.  Egli  ci  ha  Ira  lutle  le  Religioni ,  come  tra  tutti  i  Govern!, 
una  certa  solidarieta  morale.  Un  angusto  sentimenlo  di  setta  puo 
fere  che  alcuni  proteslanti  inglesi  secondino  gli  assalli  diretti  contro 
il  caltolicismo ;  ma  gli  uomini  di  Slato  si  collocano  in  un  punlo  di 
veduta  piu  elevato  e  piu  vero ....  Agli  occhi  dei  Govern!,  chi  cospi- 
ra  contro  un  gran  culto,  gli  oltraggia  e  li  minaccia  lulli  3.  » 

A  quesle  ragioni  aggiunge  1'obbligo  della  Francia  pei  suoi  impe- 
gni,  per  le  sue  Iradizioni,  pei  suoi  vincoli  religiosi :  «  Allorche  si 
sale  sul  Irono  di  Carlo  Magno,  di  S.  Luigi,  di  Luigi  XIV  e  di  Na- 
poleone  I,  non  si  diviene  solamenle  Capo  d'  un  gran  popolo,  si  di- 
viene  ancora  il  liglio  primogenito  della  Chiesa  e  il  proleltore  armato 
della  dottrina  incivilitrice  del  mondo  moderno.  La  Francia,  come  pri- 

1  Les  theories  des  Mazziniens  et  des  Garibaldiens  syr  Rome,  c'  est-a-dire 
la  pretention  de  decapiter  le  Calholicisme,  ont  plusieurs  vices,  que  leurs  par- 
tisans out  le  tort  de  ne  pas  sentir  asscz.  Pag.  20. 

2  Pag.  21. 

3  Pag.  22. 


420  INFELICE  DIFESA 

ma  nazione  caltolica,  non  intende  in  nessun  modo  lasciare  la  Chiesa 
all'  insullo  e  alia  persecuzione  delle  setle  demagogiche  o  di  altri,  ne 
di  rinunziare  alle  benedizioni  che  si  elevano  in  tutte  le  linguc  uma- 
ne  dal  cuore  dei  figli  del  catloliclsmo ,  sparsi  sulla  faccia  della 
terra  l.  » 

Infme  1' Autore  ricorda  che  non  e  la  sola  Francia,  la  quale  abbia 
interesse  alia  conservazione  del  potere  lemporale  della  S.  Sede,  ma 
sono  altresi  tutte  le  Potenze  cattoliche,  le  quali  potrebbero  scuolersi 
imalmenle  e  vendicare  i  diritli  del  loro  Padre  comune:  «  La  Francia 
e  sola  in  Roma,  perciocche  essa  vi  prosegue  1'  opera  comune  del  cat- 
tolicismo.  Ma  se  dopo  lungbi  e  perseveranli  sforzi  ella  non  otliene  il 
suo  scopo  per  colpa  della  doppiezza  dell' Italia;  in  tal  caso,  siccome 
la  quislione  del  Papato  non  e  di  quelle  che  possono  restar  senza  so- 
luzione,  e  molto  probabile  die  le  Potenze  cattoliche  rivendichereb- 
bero  alia  fine  la  loro  parte  nel  problema;  ed  allora  gl'  Italiani,  in- 
yece  della  Francia  benevola,  potrebbero  ben  finire  con  avere  a  Roma 
gli  Auslriaci,  gli  Spagnuoli,  i  Portoghesi  e  i  Bavaresi,  \7ale  a  dire 
vicini,  i  quali  non  aiuterebbero  forse  come  noi  1'appianamento  delle 
difficolla  inerenti  alia  condizione  del  nuovo  regno  d' Italia  2.  » 

Ouesle  ragioni  sono  belle,  sono  chiare,  sono  nobilmenle  esposte; 
soprattulto  quest' ultima  ci  piace  che  venga  lealmente  riconosciuta  e 
confessata  dall'ufficioso  palrocinatore  della  Convenzione.  Ma  esse, 
come  dicemmo,  sono  fuori  di  proposito.  Primieramenle  perche  pre- 
tendono  dal  Governo  italiano  piu  di  quello,  a  che  lo  obbliga  il  con- 
chiuso  traltato.  II  trattato,  lo  ripetiamo  per  la  quinta  volta,  non  ob- 
bliga il  Governo  di  Torino  a  rinunziare  assolutamente  a  Roma,  ma 
sollanlo  a  non  adoperare  la  forza  per  conseguirla.  Cio  e  stato  am- 
messo  dal  medesimo  sig.  Drouyn  de  Lhuys  ,  se  non  vogliamo  dire 
che  il  sig.  Nigra  menlisse  ;  nel  qual  caso  ogni  sentimento  di  onore 
obbligherebbe  il  sig.  Drouyn  de  Lhuys  a  smentirlo,  il  che  non  e  sta- 
to  fdlto  6  forse  non  si  fara.  In  secondo  luogo  le  allegale  ragioni  sup- 
pongono  che  il  principio  del  non  intervento  o  sia  falso  in  se  stesso, 


1  Pag.  25. 

2  Pag.  29. 


D' UNA  CAUSA  SPALLATA  421 

0  almeno  non  sia  applicabile  a  Roma.  Ora  cio  e  contrario  alle  di- 
chiarazioni  tanto  del  sig.  Nigra,  quanto  del  signor  Drouyn  de  Lhuys, 
stipolatori  della  convenzione.  Finalmente  suppongono  che  trattare  col 
Governo  italiano  sia  lo  slesso  die  trattare  con  un  Governo  leale.  Ora 
sopra  qual  fondamento  si  appoggia  una  simile  supposizione?  Sopra 
I'esperienza  del  passato?  Cio  farebbe  ridere  i  muriccioli.  Sopra  la 
qualila  delle  persone  ?  Ma,  se  prescindiamo  da  qualche  rara  eccezio- 
ne  di  alcun  Minis  tro ,  venuto  al  potere  temporariamente  per  motive 
stralegico ;  ognun  sa  che  le  sorti  d'  Italia  continuano  a  stare  in  ma- 
BO  di  uomini  imbevuti  di  principii  empii  ed  anarchici ,  che  ogni 
mezzo  giudicano  buono  purche  conduca  al  loro  fine ;  uscili  in  gran- 
dissima  parle  o  dalle  galere  o  dai  covi  delle  congiure  e  da  altri  luo- 
ghi ,  che  e  pili  bello  tacer  che  dire.  Cosloro  o  apparlengono  essi 
stessi  alia  setla  mazziniana,  o  se,  quanto  ad  idee  politiche,  se  ne  di- 
lungano,  son  d'  accordo  con  essa  per  cio  che  riguarda  odio  a  Dio  ed 
alia  sua  Chiesa.  L'aulore  medesimo  par  che  lo  ammetta  allorche  dice 
che  T  Italia,  cui  egli  scambia  con  questa  lordura,  ha  finora  ascoltato 

1  consigli  della  Demagogia,  la  quale  1'ha  spinta  al  rovesciamento  del 
Papato  1.  Or  pensa  il  dabbenuomo  che  sia  cosi  potente  la  sua  paro- 
la,  che  possa  d'  un  tratto  fare  rinsavire  colesta  genia ,  e  mutarne  i 
propositi  ?  Ci  perdoni  se  avanziamo  un  sospello :  noi  crediamo  che  in 
lui  non  alletti  tanla  illusione ;  ma  teniamo  che  egli  sappia  benis- 
simo ,  e  meglio  di  noi ,  con  quali  uomini  tratta  e  come  non  ha  da 
sperarne  nulla  di  bene ;  e  solo  ha  scritlo  quello ,  che  ha  scritto,  per 
puro  obbligo  di  mestiere  e  di  giustizia  pagata. 

Epilogo. 

Riducendo  ora  in  breve,  quanto  abbiamo  delto  fin  qui  sparsamen- 
le,  due  parti  possono  distinguersi  nell'opuscolo  da  noi  confutato. 
L'una  e  la  confessione  di  molte  verita  in  modo  chiaro  ed  aperlo,  phi 
che  per  innanzi  non  si  soleva.  Esso  dice  che  il  Cattolicismo  e  il  buon 

1  Elle  a  tcoute  encore  les  conseils  de  la  demagogic  europeenne,  qui  V  ont 
poussee  an  renversement  de  la  Papaute,  Pag.  10. 


INFELICE  DIFESA  D   UNA  CAUSA  SPALIATA 

senso  concordano  insieme  a  sentenziare  che  il  Papato  ha  bisogno  di 
una  sovranita  lemporale,  che  gli  sia  seria  guarentigia  d'indipendenza. 
Altesla  che  il  popolo  romano,  tranne  pochi  perturbalori,  di  cui  niuna 
grande  cilta  va  immune,  e  devoto  al  Pontefice  e  al  suo  paterno  reg- 
gimento.  Riconosce  che  1'interesse  politico  e  nazionale  d' Italia  con- 
siglia  la  conservazione  del  principafo  civile  dei  Papi.  Dichiara  che  i 
Francesi  sono  in  Roma,  non  in  nome  proprio  ma  in  nome  della  Cat- 
tolicita,  e  che  dal  punto  che  essi  si  ritirassero,  rifiorirebbe  nelle  Po- 
tenze  catloliche  il  diritlo  d'intervenire  in  un  affare  di  si  alto  inleres- 
se  comune.  Questa  e  la  parte  buona  dell'  opuscolo. 

La  parte  catliva  e  1'infelice  pruova  che  fadi  difendere  la  Conven- 
zione  ,  cadendo  in  continui  sofismi  ed  errori  di  logica  e  contraddi- 
zioni  con  se  medesimo.  Egli  stesso  asserisce  che  la  sovranita  papale, 
acciocche  sia  seria  guarentigia  d'indipendenza,  dee  avere  una  ragio- 
nevole  estensione  di  territorio,  e  che  la  rinunzia  del  Piemonle  al  pos- 
sesso  di  Roma  sarebbe  vana ,  se  non  fosse  assoluta ,  ma  si  restrin- 
gesse  all'  esclusione  dei  soli  mezzi  violent! ,  colla  riserva  delle  arli 
coperte  e  volpine,  inlese  sotto  il  vocabolo  di  mezzi  morali.  Or  tutlo 
cio  e  in  manifesta  opposizione  »col  trattato  ,  di  cui  egli  imprende  la 
difesa.  II  trattalo  lascerebbe  al  Papa  uno  Stato,  unico  al  mondo,  col- 
1'intera  periferia  tra  le  branche  di  un  potentissimo  e  giuralo  e  sleale 
nemico,  che  puo  invaderlo  ad  ogni  stante  e  col  solo  impedirgli  le  co- 
municazioni  puo  ridurlo  all'estremo  della  miseria.  E  a  queslo  slesso 
non  assicura  che  un'  esistenza  precaria,  non  obbligando  il  Piemonte 
che  alia  sola  astenzione  dalla  forza,  lasciandogli  libero  1'uso  di  tutti 
gli  altri  mezzi  per  conseguire  il  suo  scopo,  e  coi  quali  e  riuscito  fino- 
ra  a  spogliare  il  Pontefice  di  quasi  tutto  il  suo  Slato.  L'avvocalo  dun- 
que  coi  suoi  stessi  principii  mena  a  un'illazione  del  tulto  contraria 
al  suo  intendimento,  cioe  che  la  famosa  Convenzione  non  lascia  che 
una  illusoria  e  ridevole  guarentigia  della  sovranita  temporale  del  Pa- 
pa, ed  e  una  vera  consegna  del  Papato  nelle  mani  de'  suoi  nemicj, 
come  appunlo  i  Catlolici  1'  avevano  interpretata. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

DI   CARLOMAGNO1 


XI. 


Qual  sia  il  llngiiaggio  degli  anlichi  monumenti  slorici ,  risguardo 
alia  pretesa  Sovranila  romana  del  Patrizio  Carlomagno. 

Le  prove  finqui  addotte  a  mostrare  che  Carloraagno ,  in  virlii  del 
suo  Patriziato  romano  ,  non  ebbe  niuna  Sovranila  negli  Stati  della 
S.  Sede,  son  piu  che  bastevoli,  se  il  veder  nostro  non  c'  inganna,  a 
darci  vinta  la  causa  presso  tutti  i  lellori,  che  a  mente  spassionala  e 
serena  si  facciano  a  giudicarne.  Per  compiere  nondiraeno  la  dimo- 
strazione  e  dissipare  tulle  le  ombre  che  le  si  polessero  levar  con- 
tro  ad  oscurarla,  dobbiam  ora,  secondo  la  promessa  che  da  principio 
ne  abbiam  falta,  esaminar  le  ragioni  dagli  avversarii  recate  in  favore 
di  colesta  Sovranila ;  nel  rispondere  alle  quali  ci  si  porgera  il  destro 
eziandio  di  toccare  e  svolgere  nuove  considerazioni,  onde  vie  meglio 
vena  confermato  il  nostro  assunto ,  e  chiarito  ,  speriamo ,  tullo  do 
che  risguarda  questa  gravissima  questione. 

Ora  coteste  ragioni ,  benche  si  trovino  sparsamenle  accennate  o 
svolle  presso  molti  A.utori,  non  ci  bisogna  tuttavia  fare  lunghe  inda- 
gini  per  raccoglierle ;  giacche  da  quesla  fatica  ci  libera  il  Muratori, 

1  Vedi  questo  volume,  pag.  20  e  segg. 


424  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

presso  di  cui  tutti  ritrovansi  gli  argomenti,  che  sopra  tal  materia  prl- 
ma  di  lui  erano  stall  messi  in  campo ;  e  dopo  di  lui  nulla  e  stato  del- 
to,  ch'ei  gia  non  avesse  colla  sua  vastissima  erudizione  preoccupato. 
Egli  e  ben  vero  che  il  Muratori  non  pretese  con  cio  di  faisi  cam- 
pione  dichiarato  della  Sovranita  romana  di  Carlomagno ;  anzi,  lad- 
dove  gli  scrittori  francesi  e  gli  alemanni ,  i  gallicani  e  i  prolestanti , 
sia  per  sovercnia  adulazione  alia  potesla  regia  e  cesarea ,  sia  per 
avversione  alia  potesla  pontificia ,  sogliono  procedere  con  risolule  e 
francke  sentenze  nell'asserire  lal  Sovranita;  il  grande  Annalista  ita- 
liano  pro  testa  al  contrario  espressamente  in  piu  luoghi  1 ,  ch'  ei  non 
osa  sopra  cio  decider  rmlla ,  che  il  governo  e  dominio  di  Roma  e 
dell'  Esarcalo  nella  seconda  meta  del  secolo  YIII  a  lui  apparisce 
troppo  intralciato  di  enirnmi  pressoche  insolubili,  ch'ei  non  sa  bene 
accerlare  in  che  consistesse  il  Patriziato  dei  Re  Franchi ,  e  cosi  an- 
datedicendo:  laonde,  avvegnache  ei  si  mostri  pur  maggiormente 
propenso  a  credere  che  in  Carlomagno  risedesse  quell'  autorila  so- 
vrana  o  quell'  alto  dominio  che  dicemmo  ,  le  ragioni  tuttavia  che  ne 
allega,  son  da  lui  proposte  a  maniera  di  congetture  e  di  probabilita 
piuttosto  che  di  pruove  decisive  e  sicure.  Nel  che,  se  per  Tuna  parte 
vuol  lodarsi  la  modestia  o  la  prudenza  del  critico  ,  ognun  vede  che 
al  tempo  stesso  ne  risulta  un  pregiudizio  assai  poco  favorevole  al 
valore  degli  argomenti  da  lui  allegati ;  poiche ,  a  giudizio  di  lui  me- 
desimo ,  niuno  ve  n'ha  di  tal  nerbo  che  basti  a  vincere  da  se  solo  il 
punto ,  ed  anco  tutti  insieme  raccolti  non  riescono  a  produrre  la  de- 
siderata certezza.  Noi  pertanlo ,  nel  farci  a  combatterli ,  possiamo 
aver  1'  aninio  tan  to  piu  sicuro  ,  in  quanto  che  veggiamo  procedere 
incerto  ebalenante  1'avversario  medesimo  (ed  avversario  tale)  nel 
difenderli. 

Negli  articoli  precedent!  abbiam  gia  risposto  a  parecchi  di  cotesti 
argomenli,  e  chiaritane  1'insussistenza.  La  parila  ,  dal  Muratori  ad- 
dolta,  tra  il  Papa  e  il  Duca  di  Benevento,  vassallo  di  Carlomagno ;  I 
ricorsi  giudiziali  che  i  sudditi  pontificii  potevauo  e  solean  fare  alia 


1  Plena  Esposizione  dei  diritti  imperial*  ecc.  Gap.  II  e  HI;  Annali  d' Italia, 
a.  763,  789,  798,  800  ecc. 


DI  CARLOMAGNO  425 

Corte  del  Patrizio ;  il  giuramento  di  fedeM  c  di  soggezione  a  lui  pre- 
stato  dai  medesimi,  e  il  chiedere  che  fece  lo  slcsso  Leone  III  nel  796 
un  rappresentante  di  Carlo ,  che  venisse  ad  esigere  novamente  dai 
Romani  cotal  giuramento  ;  la  pretensione  mossa  da  Carlomagno  di 
aver  parte  nell'elezione  dell'Arcivescovo  di  Ravenna ;  queste  ed  allre 
difficolla  abbiamo  gi&  esaminate  di  proposito  ne'  varii  luoghi ,  dove 
ci  parve  cader  meglio  in  acconcio  alia  serie  della  nostra  Irattazione. 
Facendoci  ora  dunque  all'esame  delle  rimanenti,  ci  si  offre  in  primo 
luogo  quella,  cheil  Muratori  trae  da  alcune  frasi  di  Paolo  Diacono, 
di  Eginardo  e  di  altri  scrittori  di  quella  eta,  i  quali  sembrano  altri- 
buire  a  Carlomagno  ,  tutlora  Patrizio ,  vera  Sovranita  sopra  tulta 
quanta  1'Italia  e  nomiuatamenle  sopra  Roma. 

Infalti  Paolo  Diacono  ,  nell'  Opuscolo  De  Episcopis  Metensihis, 
esaltando  le  vittorie  di  Carlomagno  contro  i  Longobardi  in  Italia  , 
scrive:  ROMANOS  praeterea,  ipsamque  URSEM  ROMULEAM,  iampri- 
dem  ems  praesentiam  desiderantem  ,  quae  ahquando  mundi  totius 
domino,  fuerat,  el  tune  a  Langobardis  depressa  gemebat ,  duris  an- 
gustiis  eximens,  suis  ADDIDIT  SCEPTRIS  ;  CUNCTAQUE  nihilominus 
ITALIA  mill  dominatione  POTITUS  EST  1.  E  nell'Epistola,  con  cui  in- 
dirizza  a  Carlomagno  il  suo  compendio  di  Festo  ,  gli  dice  :  Ivi  voi 
troverete  belle  notizie  ed  ethnologic,  et  praecipue  civ  IT  AT  is  VESTRAE 
ROMULEAE  portarum,  viarum,  montium,  locorum  tribuumque  voca- 
lula  diserla  reperietis  2.  Inoltre  nell'epitaffio,  che  Paolo  detto  per 
la  regina  Ildegarda,  si  legge : 

Cumque  vir  armipotens  SCEPTRIS  IUNXISSET  AVITIS 
Cigniferumque  Padum,  ROMULEUMQUE  TIBRIM, 

Tu  sola  inventa  es,  fueris  quae  digna  tenere 
Multiplicis  regni  aurea  sceplra  manu  3. 

Non  pare  adunque  polersi  dubitare  che  Paolo  Diacono  non  riguardas- 
se  Carlomagno  qual  vero  padrone  di  Roma ,  sopra  la  quale  il  suo 
scettro  stendeasi  del  pari  che  sul  Po  e  sopra  tulla  Italia. 

1  MIGNE,  Patrolog.  lat.  T.  XCV,  p.  706. 

2  Ivi,  p.  1589. 

3  Ivi,  p.  707.  Cf.  MURATORI,  Plena,  Esposizione  ecc.  Cap.  II. 


£26  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Altrettanto  afferma  il  gravissimo  Eginardo ;  giacche  nella  Vita 
Caroli ,  enumerando  le  mirabili  conquiste,  onde  Carlo  amplified  il 
Regno  del  Franchi  con  raddoppiare  quasi  i  vasti  dominii  lascialigli 
da  Pipino,  pone  in  principal  luogo  1' Italia  intera,  quanto  ella  e  lun- 
ga  dal  pie  delle  Alpi  pennine  in  Aosta,  fmo  all'  estrema  Calabria, 
cioe,  secondo  i  suoi  calcoli,  per  oltre  a  mille  niiglia:  ITALIAM  TOTAM, 
quae  ab  Augusta  Praetoria  usque  in  Calabriam  inferiorem,  in  qua 
Graecorum  ac  Reneventanorum  constat  esse  confinia,  decies  centum 
el  eo  amplius  passuum  millibus  longitudine  porrigitur  1 :  siccome 
poco  innanzi  avea  detlo,  che  Carlomagno,  dopo  rolta  la  guerra  con- 
tro  i  Longobardi,  non  prius  destitit,  quam .  .  .  TOTAM  ITALIAM  suae 
ditioni  subiugaret,  subactaeque  filium  suum  Pippinum  regcm  impo- 
neret  2.  E  in  fine  della  medesima  Vita-,  dov'  e  recato  il  lestamenlo  di 
Carlomagno  ,  ossia  la  divisione  da  lui  fatta  del  suo  tesoro  privato 
nell'anno  811;  Irale  21  citta  metropolitane,  lequali/^v  REGNO  ILLIUS 
esse  noscuntur,  ed  a  ciascuna  delle  quali  Carlo  assegna  larghissimi 
donativi,  sono  poste  in  primo  luogo  Roma  e  Ravenna:  dunque  Ro- 
ma e  1'Esarcato  faceano  parte  del  regno  di  Carlo.  E  qui  notisi,  que- 
st'asserzione  non  esser  gia  del  solo  Eginardo ,  ma  dello  stesso  Car- 
lomagno ;  poiche  Eginardo  espressamente  ci  avverte  ,  che  qui  allro 
non  fa  che  recitare  il  teslo  medesimo  della  scrittura  lasciata  da  Car- 
lomagno 3. 

Aggiungasi  a  queste  aulorila,  quella  di  alcuni  Annalisli  Franchi, 
coevi  o  poco  lontani  dall'etadi  Carlomagno.  L'un  d' essi,  pubblicato 
dal  Duchesne  4  e  citato  dal  Muralori,  non  dubita,  all'  anno  786,  di 
appellare  Carlo,  Re  dei  Romani,  come  de'Longobardi  e  de'Franchi: 
Rex  optime  r  eg  ens  regnum  Francorum  atque  Longobardorum  Ro- 
MANORUMQUE,  eo  quod  coelorum  Rex  protector  eius  esse  comproba- 
tur.  E  1'  Annalista  Lambeciano  ,  a  cui  consuona  il  Moissiacense  , 
narrando  all'  anno  800  la  creazione  di  Carlomagno  Imperatore ,  ne 
arreca  come  principal  ragione,  1'  essere  parsa  a  Leone  III  e  a  lutto 

1  EGINHARDUS,  Vita  Carol!,  c.  15. 

2  Ivi,  c.  6. 

3  Ivi,  c.  33. 

4  Script.  Franc.  T.  II,  p.  5;  MURATOBI,  Plena  Espos.  Cap.  H. 


Dl  CARLOMAGNO  427 

il  Clero  e  Popolo  romano,  non  che  ai  Magnati  Franchi,  cosa  giusta 
e  convenientissima  il  nominare  Carlo,  Imperatore  dei  Roman! ,  poi- 
che,  siccome  egli  gia  era  signore  della  stessa  Roma,  anlica  Sede  dei 
Cesari;  IPS  AM  ROM  AM  TENKBAT,  ubi  semper  Caesar  es  seder  e  solili 
erant:  ed  oltre  a  Roma  possedeva  in  Italia,  in  Francia  ed  in  Ger- 
mania,  cosi  vaslo  Imperio  con  lanle  sedi  o  melropoli,  lulle  dale  da 
Dio  IN  POTESTATESI  EIUS  ;  troppo  era  ragionevole  che,  lenendo  gia 
la  sostanza,  portasse  anehe  il  nome  imperiale ;  ipsum  nomen  habe- 
ret  I.  Donde  par  manifesto ,  che,  al  credere  di  questo  Annalista  , 
anzi  dello  stesso  Pontefice  Leone  e  di  tutta  Roma,  Carlomagno,  an^ 
che  prima  d'esser  creato  Imperatore,  cioe  ;non  essendo  tultavia  che 
Patrizio  dei  Romani,  gia  possedeva  in  realta  la  signoria  di  .Roma, 
niente  meno  che  gli  anlichi  Cesari.  Al  che  puo  dare  conferma  il  lito- 
lo  di  Dominus  nosier,  che  a  Carlomagno,  luttor  Patrizio,  trovasi  dato 
in  Roma  ne' mosaic!  del  Triclinio  Laleranense  2 :  \\  qual  tilolo,  come 
ognun  sa,  solea  gia  darsi  agli  antichi  Cesari  e  poscia  ai  Re  goti , 
siccome  dominatori  di  Roma.  , 

Tali  soao  gli  argomenli,  che  dal  linguaggio  degli  scriltori  con- 
temporanei  di  Carlomagno  possono  dedursi  in  favore  di  quel  sovra- 
no  dominio,  che  vuolsi  attribuire  a  Carlo  sopra  Roma  e  lulto  lo  Stato 
di  S.  Pietro:  e  noi,  nel  riferirli  qui  tulti  insieme  aggriippati,  non  che 

1  Ecco  Tintero  testo  dell'Annalista  Lambeciaao ,  quale  si  legge  presso  il 
McRATom  (Rer.  ital.  SS.  T.  II,  P.  II.  p.  113,  e  Annali  d' Italia,  a.  800): 

Yisum  est  et  ipso  Apostolico  Leoni  et  universis  sanctis  Patribus  qui  in  ipso 
Concilia  aclerant,  sen  reliquo  Christiano  populo,  ut  ipsum  Carolum,  Reg  em 
Francorum,  Imperatorem  nominare  debuissent,  qui  ipsam  Roman  tenebat  ubi 
semper  Caesares  seder  e  solili  erant,  sen  reliquas  sedes,  quas.  ipse  per  Italian* 
seu  Galliam  necnon  et  Germaniam  tenebat,  quia  Deus  omnipotens  has  omnes 
sedes  in  potestatem  eius  concessit,  idco  iustum  -eis  essc  videbalur,  ut  ipse  cum 
Dei  adiutorio  et  universo  Christiano  populo  petente,  ipsum  nomen  haberet. 
Quorum  pelitianem  ipse  Rex  Carolus  denegare  noluit  elc.  .Altrettanto  e  quasi 
colle  rnedesime  parole  narra  la  Cronaca  Moissiacense,  e  I'Autore  degli  An- 
nales  Veteres  Francorum,  presso  il  MARTENE,  Collectio  amplissima  etc.  T.  V,  6 
presso  il  MIGNE,  Patrol,  lat.  T.  XCVI1I,  p.  1428. 

2  L'  epigrafe  di  Carlomagno  ivi  ^:  D.  N.  CARVLO  REGI.  Vedi  I'ALAMANNI, 
De  Lateranensibus  parietinis,  Cap.  XI,  e  Tab.  VI. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

attenuarne  il  numero  o  dissimularne  la  forza,  ci  siamo  anzi  sludiati 
di  dar  loro  risalto,  eziandio  piu  di  quel  che  abbiano  presso  il  Mura- 
tori  od  altri  avversarii.  Ma,  per  quanto  essi  appaiano  a  prima  fron- 
te  gagliardi,  losto  vedremo  come  sia  impossible  il  trarne  in  buona 
logica  la  conclusione  che  altri  vorrebbe. 

Antonio  Pagi,  il  celebre  annotatore  del  Baronio,  ha  dato  in  due 
parole  la  chiave  della  vera  risposta  che  vuol  rendersi  generalmente 
ai  testi  soprallegati ;  allorcho  di  Paolo  Diacono  disse,  ch'egli  in  quei 
luoghi  parla  con  enfasi  e  iperbole  da  reltorico,  eppercio  non  deve 
essere  preso  alia  lettera,  ma  interpretato  con  saggia  critica  l.  Infatti, 
siccome  in  ogni  iperbole  v'  e  una  parte  di  vero  e  una  parte  di  imma- 
ginario,  cosi  interviene  anche  nel  caso  nostro ;  a  chiarire  il  quale  ba- 
sta  por  mente  ai  due  capi  seguenti.  Dall'una  parte,  Carlomagno  avea 
senza  dubbio,  come  Patrizio  de'Romani,  giurisdizione  e  potesta  am- 
plissima  tanto  in  Roma,  quanlo  nelle  altre  citla  di  S.  Pietro,  secon- 
do  che  abbiamo  di  sopra  stesamente  spiegato ;  potesta  non  sovra- 
na,  ma  poco  inferiore  alia  sovrana;  potesla,  alia  quale  i  Romani  e 
gli  allri  sudditi  pontificii  giuravano  fedella  ed  obbedienza;  potesta 
protettrice  di  tutto  lo  Stalo,  aiulalrice  e  ministra  del  Pontefice  in 
ogni  cosa  die  questi  richiedesse.  Cio  posto,  ognun  vede  che  in  tutte 
le  frasi  sopraccitate  v'ha  una  parte  di  vero,  da  non  volersi  punto  con- 
trastare :  ognun  vede,  potersi  dire  in  un  giusto  senso  che  Carloma- 
gno ipsam  Romam  tenebat,  che  Roma  e  Ravenna  erano  a  lui  sog- 
gette,  che  sua  era  la  citla  Romulea,  che  egli  stendea  la  potesta  so- 
pra Italiam  Mam,  ed  altre  somiglianti  espressioni.  Ma  dair  altro 
canto,  e  allresi  facil  cosa  il  persuaders!,  che  colali  frasi,  in  bocca 
di  scrittori  Franchi,  o  panegirisli  di  Carlo,  poteano  di  leggieri  tras- 
modare  in  forme  iperboliche  ed  inesatte.  L'  immenso  presligio  che 
la  grandezza  di  Carlomagno  ha  in  ogni  tempo  esercitato  sopra  gli 
spiriti ,  siccome  nelle  seguenti  eta  ha  spesso  indolto  scrittori  anco 
gravissimi  ad  amplificare  oltre  il  vero  la  sua  potesta ;  cosi  non  e 
mera\7iglia,  che,  anco  vivente ,  quando  gia  pervenuto  al  colmo  del- 

1  Rhetoricatur  Itaque  Paulus  et  hyperbolice  quandoque  loquitur  etc.  PAGI 
in  Crit.  Baron,  a.  796,  n.  VI. 


DI  CARLOMAGTSO 

la  gloria  egli  empieva  il  mondo  del  suo  nome,  abbarbagliasse  I 
suoi  contemporanei,  e  li  arrecasse  talora  ad  ingrandire  con  frasi 
ampollose  la  sua  autorila,  piultosto  che  misurarla  con  le  rigorose 
norme  del  diritto :  e  cio  soprattutto,  quando  1*  indole  encomiastica 
del  discorso,  o  la  digiuna  brevila  dello  slile,  o  altro  simile  aggiunto 
dello  scrittore  potea  scusare  facilmenle  in  questo  1'  inesaltezza  o  la 
negligenza  dello  storico.  Quindi  e  manifesto,  non  doversi  coteste  lor 
frasi  pigliare  ad  occhi  chiusi  come  oro  schietto  di  verita,  ma  bensi 
interpretare  con  senno,  sceverarne  dal  giusto  il  soverchio,  e  quel 
•che  in  esse  non  regge  al  riscontro  degli  allri  monument!  storici,  ri- 
geltarlo  come  falso.  Cosi,  egli  e  indubitalamenle  falso  il  dire  che 
Carlomagno  Patrizio  comandasse  in  Roma  a  quel  modo  stesso  che 
comandava  in  Francia  e  in  Lombardia,  o  a  quel  modo  che  in  Roma 
comandarono  gia  gli  antichi  Cesari :  laonde,  se  qualche  anlico  croni- 
sta  paresse  affermarlo,  egli  si  vuole  spiegare  benignamente  in  un  sen- 
so  piu  largo,  o,  quando  cio  non  si  polesse,  e  da  negargli  al  lulto  fede. 
E  questo  valga  di  risposta  generale  a  tutti  insieme  i  tesli  poc'an- 
zi  allegati,  o  ad  altri  simili  che  per  avventura  spigolar  si  potessero 
negli  scrittori  della  eta  Carolina,  benche  fuor  di  que'pochi  non  sap- 
piamo  che  altro  possa  opporsi.  Ma  la  cosa  rimarra  vie  meglio  chia- 
rita,  venendo  ad  esaminare  ciascun  d'essi  in  particolare.  E  in  pri- 
mo  luogo,  quanto  a  Paolo  Diacono,  e  certo  ch'  egli  va  retloricando , 
non  solo  nell'  epitaffio  d'lldegarda,  dove  la  poesia  glierie  dava  piena 
licenza,  ma  anche  nel  catalogo  storico  De  Episcopis  Metensibus;  nel 
quale  egli  a  bello  studio  inseri,  benche  paresse  fuor  d'opera,  un  lun- 
go  tratto  sopra  la  genealogia  di  Carlomagno  e  un  panegirico  del  gran 
Re,  che  degnavalo  della  sua  amicizia ;  percio  e  da  perdonare,  se  qui 
1'enfasi  del  panegirista  valica  tal  fiata  i  severi  limiti  dello  storico,  e  so 
ei  dice  che  Carlo  suis  addidit  sceptris  urbem  Romuleam,  Romanos- 
que,  quanlunque  egli  in  Roma  avesse  solo  polesla  di  Patrizio,  noa 
gia  di  Re  scettrato,  ed  avesse  bensi  liberal!  i  Romani  dall'infestazio- 
ne  longobarda,  ma  non  gia  soltomessili  alia  propria  sovranita.  Del 
rimanente,  a  Paolo  possiamo  opporre  Paolo  stesso,  e  mostrare  come 
ei  fu  lungi  dal  credere  che  Carlomagno  avesse  sopra  i  Romani  la 
medesima  aulorita  di  Re,  che  avea  sopra  i  Franchi  e  i  Longobardi. 


430  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Infatti,  nel  grazioso  epitaffio  che  il  medesimo  Diacono  detto  sopra  la 
morle  della  fanciulla  Adelaide,  nata  a  Carlo  durante  1'assedio  di  Pa- 
via,  e  morta  nel  ritorno  del  Re  in  Francia,  leggiamo : 

ffuic  sator  est  Carolus  GEMINO  DIADEMATE  pollens  1 ; 

ed  e  chiaro  che  queslo  duplice  diadema  risponde  al  duplice  litolo,  che 
Carlo  da  quell' epoca  assunse,  di  Rex  Francorum  et  Langobardorum. 
Ora ,  se  il  poeta  avesse  riputato ,  essere  Carlo  re  dei  Romani  come 
era  dei  Franchi  e  dei  Longobardi ,  nulla  sarebbegli  costato,  e  molto 
avrebbe  conferito  al  suo  poelico  inlento ,  lo  scrivere  triplici  diade- 
mate  in  luogo  di  gemino;  nkid'altra  parle  niuno  sara,  il  quale  stimi 
che  sotlo  il  diadema  Longobardo  Paolo  potesse  comprendere  anche 
i  Romani.  Egli  e  dunque  da  credere  che  Paolo  Diacono  fosse  lonta- 
no  dair  altribuire  a  Carlomagno  vera  sovranila  in  Roma,  e  percio  le 
frasi  enfaliche,  nelle  quali  altrove  ei  sembra  atlribuirgliela,  sono  al 
tutlo  da  interpretare  con  benigno  temperamento. 

Yenendo  ora  ad  Eginardo ,  il  celebre  teslo,  ov'  eidice  avere  Car- 
lomagno aggiunta  a'suoi  dominii  Italiam  totam,  parve  al  Muratori 
essere  una  chiara  confutazione  contro  chiunque  volesse  dal  sovrano 
dominio  di  Carlo  escludere  Roma  col  suo  Ducato ,  1'Esarcato  di  Ra- 
yenna,  la  Pentapoli,  o  altra  contrada  d' Italia  2.  Ma,  nulla  ostante 
lal  chiarezza ,  noi  abbiamo  parecchie  eccezioni  da  opporre  alia  sen- 
tenza  del  Muratori.  Potremmo  dire  in  primo  luogo  essere  locuzione 
e  figura  volgarissima,  non  solo  presso  i  retori  e  panegiristi ,  ma 
eziandio  presso  gli  storici  e  nell'  uso  comune  dei  parlanti,  il  chiamare 
tutto  la  parte  maggiore  o  la  massima  d'una  cosa ;  e  quindi  essere  illo- 
gico  r  interpretare  senz'altro  molivo  siffatte  locuzioni  con  rigore  geo- 
metrico.  Ma  nel  caso  presente  vi  sono  ragioni  eziandio  piu  special!  e 
perentorie  che  escludono  cotesta  interpretazione.  Imperocche  il  Du- 
cato diNapoli,  Gaeta,  Sorrento,  Amalfi  ed  altre  contrade  dell' Italia 
meridionale,  non  furono  certamente  mai  del  dominio  di  Carlo,  ma  ri- 
mas^ro  in  signoria  dei  Greci,  come  tutti  sanno,  e  come  altrove  c'in- 

1  Epitaphium  Adeleidis  filiae  Caroli  Regis  etc.,  presso  il  MIGNE,  PalroL 
lat.  T.  XGY,  p.  708. 

2  MURATORI,  Annali  d1  Italia,  a.  814. 


DI  CARLOMAGNO  431 

scgna  il  Muratori  medesimo  1 :  dunque  c  chiaro,  che  Y  Italiam  lolam 
di  Eginardo  noo  deve  intendersi  con  rigor  matemalico.  Ed  Eginardo 
slesso  ben  moslro  non  doversi  cosi  intendere,  poiche  egli  non  dice 
avere  Carlo  conquistata  Italia  tutta  assolutamente ,  ma  lulla  quanto 
alia  lungbezza:  Italiam  iotam,  quae  ab  Augusta  Praetoria  usque  in 
Calabriam  inferiorem...  longitudine porrigitur;  accennando  coii  do, 
che  rispello  all'altra  dirnensione  della  larghezza  1'  Italia  non  era  lut- 
ta  di  Carlo.  Infatli ,  il  regno  di  Carlo  in  Italia,  cioe  il  regno  longo- 
bardo  da  lui  conquistalo ,  dislendeasi  in  lunghezza  continua  dal  pie 
delle  Alpi  giii  per  la  Lombardia  e  la  Toscana ,  indi  pel  Ducato  di 
Spolelo  e  quel  di  Benevento  fino  in  Calabria ,  senza  erapiere  tutlavia 
Ira  i  due  mari  per  ogni  dove  la  larghezza  della  penisola.  La  frase 
adunque  di  Eginardo  rimane  verissima ,  tultoche  dal  sovrano  domi- 
nio  di  Carlo  in  Italia  altri  escluda  non  solo  le  cilia  greche  anzidette, 
ma  anco  il  ducato  di  Roma ,  1'  Esarcato  e  la  Penlapoli ,  le  quali  pro- 
vince siccome  non  appartennero  mai  al  regno  longobardo ,  cosi  noa 
furono  da  Carlo  conquistate  ne  aggiunte  ai  proprii  dominii. 

L'altra  frase  parioaente,  ov'  Eginardo  dice  che  Carlo  iotam  Italian 
suae  dilioni  subegit ,  porta  con  se  la  sua  limitazione ,  nell'  inciso  che 
incontanente  segue  ,  subactaeque  filium  suum  Pippinum  regem  im- 
posuit :  giacche  ognun  sa  che  il  giovane  Pipino  mai  non  comando 
ne  a  Napoli,  ne  a  Roma,  ne  in  niun  altra  cilia  de'  Greci  o  del  Papa. 
Oltre  a  cio,  nel  contesto  medesimo  vien  detlo  che  Carlomagno,  \irf- 
li  i  Longobardi ,  reslilui  ai  Romani  ed  al  Papa  Adriano  loro  Princi- 
pe, tullo  cio  che  i  Longobardi  avean  lor  tolto  :  Omnia  Romanis  ere- 
ple  reslitueret ,  .  —  res  a  Langobardorum  regibus  ereptae,  Adria- 
no Romanae  Ecclesiae  rectori  restitutae  2.  Se  dunque  Carlo  restilui 
a  Roma  i  dominii  usurpalile  dai  Longobardi ,  cioe  1'  Esarcato ,  la 
Pentapoli  e  le  altre  lerre ,  chiaro  e  che  queste  non  furon  posle  sot- 
to  il  dominio  del  re  Pipino  ,  e  percio  debbono  escludersi  dal  regno 
italico  a  lui  dalo  dal  padre. 

A  tulto  cio  aggiungasi  che  in  quell'  eta  presso  i  Franchi  era  co- 
stume chiamare  assolutamenle  col  nome  d'  Italia  il  Regno  longobar- 


1  Annali,  a.  787;  Antiquit.  Ital.  T.  I,  p.  70;  Rerum  ItaL  SS.  T.  X,  p,  GGCI. 

2  Vita  Caroli,  c.  6. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

do  l,  inlendendo  solto  quel  nome  non  gia  lulla  intera  la  penisola, 
ma  solo  1'  Italia  longobarda  che  n'era  parte  grandissima.  Del  qual 
costume  abbiamo  un  testimonio  irrefraga.bile  in  Carlomagno  stesso, 
che  nella  celebre  Carta  De  divisione  regnorum,  promulgata  1'an- 
BO  806,  espressamente  dice:  Italiam  vero,  quae  et  Langobardia 
dicitur  2 ,  e  questa  Italia  appunto  assegna  per  suo  reame  al  figlio 
Pipiuo.  Iriollre,  poiche  talora  sotto  nome  ft  Italia  non  intendevasi 
nemmeno  tulto  il  paese  longobardo ,  ma  solo  il  tratto  dell'alta  e  me- 
diana  Italia,  escluso  il  Ducato  Beneventano  3;  quindi  e,  che  ad  es- 
primere  tulto  quanto  il  dominio  longobardo ,  tornava  talvolta  ne- 
cessario  il  dire  Italia  tola ,  affinche  niuno  dubitasse  del  venire  in 
lei  compresa  anehe  Y  Italia  Beneventana ;  e  tal  e  appunto  il  caso  di 
Eginardo  nei  lesti  citati.  Ogni  qual  volta  pertanlo,  siainEginardo, 
sia  presso  altri  scrittori  di  quel  tempo ,  trovasi  nominala  Italia  o 
anche  tota  Italia,  come  dominio  de'  Franchi ,  allro  non  puo  legitti- 
mamente  intendersi  che  Langobardia,  tota  Langobardia;  e  chi  in 
quella  volesse  inchiudere  anchc  Roma  coll'  Esarcato  e  la  Pentapoli , 
ossia  1'  Italia  romana  e  papale,  violerebbe  tulte  le  ragioni  della  sloria 
e  della  crilica,  al  pan  di  chi  volesse  inchiudervi  1'  Italia  greca  4. 

1  MURATORI,  Kntiq.  Ital.  T.  I,  p.  71. 

2  BALUZIO,  Capilularia,  T.  I,  p.  439. 

3  Alcimi  esempii  possono  vedersi  presso  il  MURATORI,  nel  luogo  teste  ci- 
tato; ai  quali  giova  aggiungere  il  passo  d'  EGINARDO,  negli  AnnaU,  a.  774: 
Et  Rex  (Carolus)  subacta  et  pro  tempore  ordinal  a  ITALIA,  in  Franciamrever- 
iitur.  Oui  1' Italia  non  comprende  certamenle  il  Ducato  Beneveataao,  il  quale 
non  fu  soggiogato  da  Carlo  che  nel  787.  Del  resto  e  noto,  che  fin  dall'epo- 
ca  Costantiniana  era  entrato  il  costume  di  chiamare  assolutamente  Italia, 
1'  Italia  superiore  o  circumpadana,  ossia  quel  vasto  triangolo  che  e  compreso 
tra  le  Alpi,  gli  Apennini  e  1'Adriatico  fin  verso  Ravenna;  e  dopo  Carlomagno 
per  lungo  tempo  duro  il  nome  di  Reyno  d' Italia,  al  paese  ivi  circoscritto. 

4  Ai  tesli  di  Eginardo  or  ora  esaminati,  potrebbe  taluno  aggiungere  il 
passo  di  una  lettera  di  Carlomagno  medesimo,  scritta  al  re  Offa  I'anno  774, 
dove  leggesi:  Cum  nobilissimam  Longobardorum  civitatem  cum  suis  civibus 
omnibus  nostro  dominatui  subiugaverimus,  et  ITALIAN  TOT  AM  nostro  imperio 
feliciter  subiugaverimus  etc;  e  noipotremmo  applicare  a  questo  passo  le  me- 
desime  risposte.  Ma  sarebbe  briga  superflua;  atteso  che  questa  lettera  e  ma- 
nifestamente  spuria,  e  per  tale  vien  rigettata  dai  critici.  Yedi  il 

tot.  T.  XGYIII,  p.  937. 


DI  CARLOMAGNO 

Per  quello  poi ,  clie  risguarda  il  leslamento  di  Carloraagno ,  nel 
quale  Roma  e  Ravenna  son  noverate  tra  le  metropoli  poste  nei  do- 
niinii  di  lui ,  in  regno  illius ;  egli  basta  osservare  che  quel  testa- 
menlo  fu  scritto  da  Carlo  nell'anno  811,  quand'  egli  cioc  era  non  piu 
Patrizio,  ma  Imperalore  dei  Romani.  Ora,  quali  che  fossero  i  diritli 
polilici  del  nuovo  Imperatore  sopra  Roma  e  1'Esarcalo ,  del  che  non 
S  qui  luogo  di  disputare ,  cerlo  e  che  anche  il  solo  titolo  imperiale , 
litolo  piu  augusto  del  regio ,  gli  dava  pienissimo  diritto  di  chiamare 
citta  del  suo  Impero ,  e  Ravenna  e  Roma  soprattutto ,  dalla  quale 
il  suo  Impero  pigliava  il  nome.  Ma,  siccome  sarebbe  erroneo  1'in- 
ferire  dal  titolo  d'  Imperatore  dei  Romani ,  che  Carlomagno  avesse 
sopra  i  Romani  la  medesima  sovranita  ch'  egli  avea  sopra  i  Longo- 
bardi  e  i  Franchi ;  cosi ,  in  egual  errore  cadrebbe  chi,  dall'  essere 
Roma  e  Ravenna  descrilte  Ira  le  metropoli  del  suo  Impero  deduces- 
se ,  quesle  due  metropoli  essere  state  suddite  di  Carlo  al  modo 
stesso  che  Milano,  Colonia,  Magonza,  Lione  e  le  al'tre  nel  testa- 
mento  nominate.  Errore  poi  assai  piu  grave  ed  anacronismo  iritolle- 
rabile  sarebbe  il  dedurre  da  do ,  che  Roma  e  Ravenna  fossero  alia 
sovranit^t  di  Carlo  soggette ,  prima  eziandio  della  sua  esaltazione  al- 
1'  Impero,  quand'  egli  ancor  non  era  che  Patrizio ;  in  quei  tempi  doe, 
dei  quali  soli  ora  noi  dispuliamo. 

Dopo  Eginardo  e  Paolo  Diacono,  scrittori  di  chiarissima  fama, 
ci  rimangono  ora  a  interpretare  quei  due  o  tre  cronisti  anonimi  che 
sopra  allegammo.  Ed  a  quest' uopo  giova  innanzi  tratto  ricordare 
quel  che  a  chiunque  sia  per  poco  versato  nelle  rozze  cronache  di 
quei  secoli  e  cosa  notissima;  ch'elleno  cioe,  benche  per  lo  piu  schiet- 
te  e  leali,  non  pero  sono  del  pari  sempre  savie  ed  accorte  a  discer- 
nere  e  pesare  il  vero,  sceverandolo  dagli  errori  e  dalle  false  dicerie 
ed  opinioni  dei  volghi :  laonde  si  vuole  andare  assai  lenti  e  guardin- 
ghi  a  non  creder  loro  ogni  cosa,  eziandio  quando  parlano  di  avveni- 
menti  contemporanei  o  poco  lontani;  e  le  loro  locuzioni,  ben  lungi 
dal  dover  essere  pigliate  a  rigor  di  lettera,  quasi  matematiche 
espressioni  della  realta ,  sovenle  voglion  essere  piu  presto  compa- 
tite  per  la  rozza  loro  improprieta  e  largamenle  interpretate.  Con  lal 
criterio  alia  mano ,  e  agevole  scorgere  qual  peso  debba  darsi 
Seric  V,  vol.  XII,  fasc.  352.  28  7  Novembre  1864. 


434  1L  PATRIZIATO  ROMANO 

aH'Annalisla  sopraccitato  del  Duchesne,  cola  dove  chiama  Carloma- 
gno:  Rex  oplimeregens  regnum  Francorum  atque  Langobardorum, 
Romanorumque.  Cotesla  appellazione  di  Re  dei  Romani,  mai  piu 
non  usala  da  verun  altro  cronista ,  anzi  contraria  al  linguaggio  di 
tutti  i  monument!  storici  di  quell'  eta,  dee  tenersi  non  solo  come  im- 
propria  ed  esagerata,  cio  che  appare  altresi  dal  tuono  enfatico  e  adu- 
lativo  di  tutto  il  contesto,  ma  dee  rigettarsi  come  falsa;  ne  puo  va- 
lere  a  provar  altro  se  non  die  la  bonariela  di  chi  la  scrisse,  e  piu 
ancora  di  chi  la  pigliasse  da  senno  come  autorila  dimostrativa. 

Men  severi  possiamo  essere  coll'  Annalista  del  Lambecio,  la  cui 
asserzione  concediamo  di  buon  grado  al  Muratori,  che  debba  aversi 
per  di  gran  peso.  Ben  e  vero  che  anch'egli  ha  le  sue  pecche,  e  in 
questo  Iralto  medesimo,  ove  narra  1'elevazione  di  Carlomagno  al- 
i'lmpero,  il  racconto  ch'egli  fa  del  concerto  lenuto  dal  Papa  col 
Ciero  e  col  popolo,  e  coi  nobili  Franchi  sopra  la  creazione  dell'Im- 
peratore,  non  sembra,  secondo  che  nota  lo  stesso  Muratori,  accor- 
darsi  facilmente  con  Eginardo,  con  Anastasio  ed  altri  scrittori  di 
somma  autorila,  i  quali  o  tacciono  interamente  di  quel  concerto,  o 
eziandio  paiono  escluderlo,  rappresentando  come  improvviso  e  fatto 
piuttosto  per  subitaneo  impeto  di  ispirazione  il  celebre  incoronamen- 
to.  Ma  checche  sia  di  cio,  e  pur  tenendo  per  verissimo  il  racconto 
dell' Annalista,  non  veggiamo  come  possa  inferirsi  dalle  sue  parole 
soprallegate,  che  Carlomagno,  anche  prima  d'  essere  Imperatore, 
fosse  Sovrano  di  Roma.  E  vero,  che  egli  ipsam  Eomam  tenebat,  ubi 
semper  Caesar  es  seder  e  soliti  erant;  ma  cio  vuol  forse  dire  ch'  egli 
avesse  in  Roma  1' autorila  medesima  degli  antichi  Cesari?  Se  il  ero- 
Hista  dicesse :  Romam  tenebat,  quemadmodiim  Caesares  tenere  so- 
liti erant,  o  altra  simil  frase ;  anche  noi  concederemmo,  ivi  attri- 
buirsi  a  Carlomagno  la  stessa  sovranita  che  ai  Cesari.  Ma  1'  aver  lo 
serittore  evitata  quasi  a  bello  sludio  tal  frase  e  solo  espressa  la  ina- 
teriale  identita  del  luogo,  dove  i  Cesari  avean  gia  sede,  e  anzi  indi- 
zio  non  oscuro,  ch'egli  quel  concetto  ripudiasse  appunto  come  falso. 
Qual  e  dunque  il  vero  concetto  dell'Annalista,  ossia  quello  ch'  egli 
attribuisce  a  Leone  III  ed  ai  Romani  nel  deliberare  che  fecero  Tin- 
coronazione  di  Carlomagno  ?  Eccolo  in  brevi  e  chiari  termini.  Carlo 


DI  CARLOMAGNO  435 

gia  teneva  Roma,  ipsam  Romam  tenebat,  con  tilolo  e  polesla  di  Pairi- 
cius  Romanorum,  poleslft  e  litolo,  per  dir  cosi,  d'un  sol  grado  infe- 
riore  all'imperiale  degli  anlichi  August!:  d'allra  parte  la  grandezza 
degli  Stall  ch'egli  in  Europa  sovraneggiava,  lo  avea  reso  omai  uguale 
in  possanza  agli  anlichi  Imperatori  romani:  era  dunque  giuslo  ch'ei 
portasse  anche  il  nome  d' Imperalore,  ipsum  nomen  haberet,  e  que- 
sto  nome  pigliasse  da  quella  stessa  Roma,  ch'era  stata  madre  del- 
1'anlico  Impero  e  sede  del  Cesari,  e  dicui  Carlo  era  gia  da  tanti  anni 
Patrizio.  Tal  &  il  costrulto  che  solo  puolrarsi  ragionevolmenle  dalle 
parole  dell'  annalisla  Lambeciano  e  del  Moissiacense,  e  che  risponde 
a  capello  ai  veri  dati  della  storia.  Or  da  esso  ognun  vede,  nulla  a£- 
fatto  potersi  dedurre  a  provare  die  Carlomagno  Patrizio  fosse  Sovra- 
no  di  Roma.  II  Muratori  e  con  esso  lui  gli  allri  scrittori  eesarei,  i 
quali  pretesero  che  Carlomagno,  creak)  Imperatore,  possedesse  sopra 
Roma  e  1'Esarcato,  anzi  in  tutta  1' Italia  e  in  tulto  1'Occidente,  la 
medesima  autorita  sovrana,  che  aveano  gi&  tenulo  gli  antichi  Impe- 
ratori ;  non  e  maraviglia  che  si  avvisassero  di  vedere  in  Carloma- 
gno, tuttavia  Patrizio,  gia  iniziata  o  anco  attuata  colesta  sovranita,  e 
che  in  tal  senso  inlerpretassero  quelle  poche  frasi  che,  qua  e  cola 
negli  antichi  cronisli,  paiono  favorire  siffalla  opinione.  Ma,  siccome 
dall'ima  parte  egli  e  gravissimo  errore  il  credere  die  col  nuovo  Im- 
pero romano  venisse  ristaurato ,  non  solo  il  nome,  ma  anche  il  po- 
tere  medesimo  dei  passati  Imperatori ;  cosi  d'  altra  parte  e  indubita- 
to  che  il  linguaggio  di  quei  cronisli,  sempreche  venga  con  giusta 
crilica  interpretalo,  non  somministra  niun  saldo  fondamenlo  air. opi- 
nione di  tal  sovranita. 

Reslano  ora  a  soggiungere  alcune  parole  inlorno  a  quel  titolo  di 
Dominus  nosier,  che  nell'abside  del  Triclinio  Leoniano  leggesi  dato 
a  Carlomagno.  E  qui,  a  dir  vero,  noi  potremmo  uscire  ad  un  Iralto 
della  controversia  per  due  vie  agevolissime  :  1'una,  col  rispondere 
che  la  scena  di  quel  celebre  mosaico  dee  riferirsi  non  gia  a  Carlo- 
magno Patrizio ,  ma  bensi  a  Carlomagno  Imperatore,  secondo  che 
parve  all' Alamanni  1,  al  Papebrochio  2  e  ad  altri  gravissimi  Autori ; 

1  De  Later anens.  parietinw,  Cap.  X  e  segg. 

2  Nella  Dissertazione  De  Triclinio  Leoniano  eiusque  musivis  et  horumsigni- 
ficatu,  che  trovasi  nel  T.  II  di  Giugno  degli  Acta  SS. 


436  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

1'  altra,  col  notare,  seguendo  la  dottrina  del  Vignoli  l ,  che  nell'  epi- 
grafe  Lateranense  la  sigla  D  N  vuole  interpretarsi  non  gia  per  Do- 
minus  Nosier,  che  potrebbe  indicare  Sovranita,,  ma  semplicemente 
per  DomtNtw,  che  e  titolo  di  mera  onorificenza.  Tultavia,  conce- 
dendo  di  buon  grado  al  Pagi  2  ed  all'  Assemani  3  che  il  rnosaico 
.sia  da  riferire  al  Patriziato  di  Carlomagno,  e  tenendo  eziandio  col 
piu  degl'  interpret  che  nell'  epigrafe  debba  leggersi  Dominus  No- 
sler ;  all'  uopo  nostro  basta  riflettere  che  queslo  titolo ,  per  cio  che 
riguarda  il  suo  significato  politico ,  e  bensi  indizio  cerlo  di  potesta , 
ma  non  sempre  di  potesta  sovrana.  E  in  cio  consente  anche  il  Mura- 
tori,  giacche  il  titolo  di  Domino  Nostro,  dato  al  Papa  Paolo  I  dal  Se- 
nato  e  Popolo  romano  nella  Lettera  a  Pipino  4,  a  lui  non  parve  sicuro 
e  concludenle  indizio  della  Sovranita  pontificia  5 ;  quantunque  altnwe 
il  medesimo  titolo,  dato  secondo  le  usale  formole  cancelleresche  al 
Copronimo,  gli  sembrasse  opportuno  ad  avvalorare  1'opinione  dell'es- 
sere  la  sovranita  imperiale  durata  in  Roma  fmo  al  cadere  del  seco- 

10  VIII  6.  Ad  ogni  modo,  egli  e  verissimo  che  tale  appellazione  per 
se  sola  e  argomenlo  troppo  ambiguo  di  Sovranila;  atteso  le  varie 
fortune  ch'ella  ebbe  nell'uso  pubblico.  Da  principio  il  Dominus  No- 
ster  davasi  al  solo  Imperatore  ,  e  il  costume  comincio  col  lerzo  se- 
colo  dell'  Impero  7  ;  ma  al  tempo  della  dominazione  gotica  in  Ila- 
lia,  il  troviamo  dato  8  a  Teodorico,  ad  Atalarico  e  agli  altri  Re,  nel 
tempo  slesso  che  all' Imperatore,  da  cui,  come  da  supremo  Signore, 

1  De  antiquioribus  Pontificum  Romanorum  denariis  etc.,  ediz.  del  Fiora- 
vanti,  p.  78. 

2  Crit.  Baron,  a.  796,  n.  YII-X. 

3  IOSEPHI  SIMOXII  ASSEMA.NI,  De  sacris  imaginibus  Excerpta  presso  1'  ALA- 
MANNI,  Op.  cit.  p.  153. 

4  GOD.  GAROLIN.  Epist.  XV,  ediz.  del  Cenni. 

5  Annali  $  Italia,  a.  763. 

6  Ivi,  a.  772 

7  II  MARINI,  negli  Arvali,  p.  689,  correggendo  lo  Spanemio,  il  Tillemont, 

11  Ducange  e  il  Maffei,  nota  che  questo  elogio  trovasi  dato  a  parecchi  Impe- 
ratori  prima  di  Alessandro  Severo.  E  presso  I'ORELLI,  Inscript.  latin.,  il  veg- 
giamo  infatti  attribuito  a  Settimio  Severo  e  a  Garacalla  (num.  924,  929,938, 

),  nel  primi  anni  del  secolo  terzo. 

8  ORELLI,  Inscript.  lat.  iiuin.  1156  e  segg.  -  ALA.MANNI,  Op.  cit.  p.  70 


DI  CARLOMAGNO  £37 

Teodorico  professava  di  tenere  il  possesso  d'  Italia  ;  donde  appare 
che  quel  titolo  gia  piu  non  era  esclusivamenle  simbolo  di  domina- 
zione  suprema.  Anzi  il  dollissimo  Marini  ci  allesta  l  che  esso  trovasi 
atlribuilo  ai  Consoli  in  piu  lapidi  ed  a  parecchi  Magistral!  negli  Atli 
sinceri  de'  Martiri ;  e  che  nel  secolo  VIII  specialmenle  veniva  nelle 
pubbliche  iscrizioni  appropriate  anche  agli  Arcivescovi  ed  ai  Vesco- 
vi  2.  Se  dunque  il  troviamo  io  questo  secolo  medesimo  dalo  in  Roma 
al  Patrizio  Carlomagno,  la  potesta  Patriziale,  ch'ei  qui  godeva,basla 
a  dare  di  tal  litolo  pienissima  ragione ;  ne  puo  a  buon  dirilto  infe- 
rirsene  ch'  egli  quiavesse  autorita  di  Sovrano.  Oltraccio  e  da  awer- 
tire  che  allato  a  Carlomagno  nel  medesimo  mosaico  Laleranense  tro- 
vasi effigiato  il  Papa  Leone  III  ed  insignito  dello  stesso  titolo  di  Do- 
minus  Noster  3 ;  e  quindi  se  esso  significa  Sovranitci  in  Carlo,  dee 

1  Papiri  diplomatid,  pag.  247. 

2  Ivi,  pag.  309.  Cf.  MURATORI,  Antiq.  I  tal  T.  V,  p.  358. 

3  L'  epigrafe  del  Pontefice  dice:  SGSSIMVS  D.  N.  LEO  PP.  Vedi  1',  ALA- 
MANNI,  Tab.  VI.  Qui  giova  notar  V  epoca,  in  cui  ai  Papi  cominciossi  a  dare 
in  Roma  il  titolo  di  Dominus  Noster.  II  BARONIO,  attribuendo  a  S.  Leone 
Magno  una  medaglia,  avente  1'epigrafe:  D.  N.LEONI  PAPE,  credette  che  quel 
gran  Pontefice  fosse  il  primo  a  ricevere  tal  titolo  (Annales,  a.  461,  n.  XII). 
Ma  quella  medaglia  o  moneta  appartiene  certamente  ad  un  altro  Leone; 
I'AIAMANNI  (De  Lateran.  pariet.  p.  71)  la  riferisce  a  Leone  III;  il  PAGI  ( Crit. 
Baron,  a.  461,  n.  XII)  a  Leone  IX;  ma,  piu  saviameiite  forse,  il  VIGNOLI  (De 
antiquior.  RR.  PP.  denariis)  Tascrive  a  Leone  Mil  aritipapa.  Escluso  quindi 
S.  Leone  Magno,  I'ALAMANNI,  il  PAPEBROCHIO  (ParaUpom.  ad  Conatumchron- 
histor.  p.  46)  e  il  DE  MARCA  (Concordia  Sacerd.  et  Imper.  L.  Ill,  c.  XI,., 
n.  9),  vogliono  die  Leone  III  fosse  il  primo  a  ricevere  quel  titolo,  usato 
poi  frequentemente  coi  Pontefici  del  secolo  IX  e  dei  seguenti.  Tuttavia  nod 
il  veggiamo  dato  gia  ad  Adriano  I  in  una  Bolla  del  786  per  la  Badia  di  S.  Dio- 
nigi,  che  e  segnata:  Anno....pontificatus  DOMINI NOSTRI  in  apostolica...SedeTV 
(MANSI,  Concilia,  T.  XII,  p.  834);  e  prima  di  Adriano,  a  Paolo  I,  nell'Epistola 
piii  volte  citata,  del  Senate  e  Popolo  Romano  a  Pipino,  la  quale  fu  scritta 
verso  il  757 :  ne  sappiamo  che  se  ne  trovi  altro  esempio  anteriore.  L'  epoca 
pertanto,  in  cui  comincio  a  darsi  ai  Pontefici  questo  titolo  di  signoria,  coin- 
ciderebbe  appunto  con  quella,  in  cui  comincio  la  pienezza  della  loro  tem- 
porale  sovranita  in  Roma,  e  in  cui,  cessala  gia  di  fatto  la  dominazione  degli 
Imperatori  greci,  andarono  a  poco  a  poco  anche  in  disuso  i  titoli,  coi  quali 
ella  solea  venire  riconosciuta,  sottentran  do  in  questi  del  pari  che  in  quella 


438  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

significare  altretlanto  nel  Ponlefice :  siccome  pero  non  puo  ammet- 
tersi  eke  ambidue  fossero  al  medesimo  tempo  supremi  Signori  di  Ro- 
ma, ne  tampoco  che  il  Pontefice  fosse  in  Roma  iuferiore  di  polesla 
al  suo  Patrizio;  cosi  Tunica  interprelazione  che  saviamente  possa 
darsi  alia  doppia  epigrafe,  e  quella  del  Pagi  1 ;  avere  cioe  qui  lo 
stesso  titolo  due  valori  diversi ,  essendo  il  Papa  salutalo  Dominus 
Nosier,  siccome  vero  Sovrano  di  Roma  ,  supremus  Urbis  dominus, 
e  Carlomagno  siccome  Palrizio  e  Difensore  di  Roma. 

Abbiamo  fin  qui  risposto  alle  difficolla  che  dal  linguaggio  degli 
stonci  e  dei  rnonumenti  contemporanei  a  Carlomagno  possono  recar- 
si  contro  la  doltrina  da  noi  propugnata:  ed  abbiam  posto  in  sodo,  non 
polersi  da  tal  fonte  derivar  nulla  che  provi,  non  diremo  gia  con  cer- 
tezza  storica,  ma  an  che  solo  con  bastevole  probability  che  a  Carlo- 
magno Patrizio  fosse  attribuita  la  sovranila  di  Roma.  Ora ,  volgen- 
doci  dalle  difese  alle  offese  ,  e  da  quel  linguaggio  medesimo  facen- 
doci  ad  argomentare  contro  i  nostri  avversarii ,  noi  vedremo  per  esso 
confermarsi  con  mirabile  eloquenza  quel  concelto  storico  del  Patri- 
zialo  dei  Re  Franchi ,  che  siam  vennli  finora  delineando. 

E  in  primo  luogo,  deguissimo  di  avverlenza  e  il  profondo  silenzio 
che  gli  scritli  di  quel  tempo  generalmente  serbano  intorno  alia  pre- 
tesa  sovranila  di  Carlomagno  Patrizio  nelle  province  di  S.-Pietro. 
Mentrc  ad  ogni  Iratlo ,  nei  diplomi ,  nelle  leggi  e  nelle  cronache 
antiche  di  Francia  e  d'  Italia  trovasi  proclamata  a  chiarissime  note 
.la  regia  potesla  di  Carlomagno  ncll' Italia  longobarda;  egli  e  pure  un 
gran  falto,  che  ivi  slesso  mai  non  si  parli  della  sua  sovranila  nel- 
1'  Italia  romana,  e  che,  a  volerne  mostrare  qualche  indizio,  gli  scrit- 
fori  moderni  piu  interessati  a  scoprirla  appena  sian  riusciti  a  rin- 
Iracciare  in  quell'  anlichita  quei  Ire  o  qualtro  testi  che  abbiamo  or 
ora  esaminati;  testi  ambigui,  per  non  dir  altro,  e  d'incerto  valore. 
Eppure  la  sovranita  romana  non  dovea  certamente  parere  a  quei  di 
meno  splendida  della  longobarda,  sicche  al  paragon  di  questa  avesse  a 

i  Pontefici.  II  che  puo  servire  di  non  lieve  conferma  a  quanto  abbiamo  al- 
trove  spiegato  intorno  al  tempo  e  al  modo  che  prese  origine  la  Sovranita 
civile  dei  Papi. 

1  Crit.  Baron,  a.  796,  n.  VI. 


DI  CARLOMAGNO  £39 

restore  quasi  cclissata  e  dimentica ;  anzi  e  cbiaro  che  Roma  e  T  Esar- 
calo,  benche  per  >7astila  di  lerritorio  cedesse  di  lunga  mano  alia  Lon- 
gobardia,  per  imporlanza  nondimeno  politica  e  religiosa  le  soprasla- 
va  d'assai;  onde  1'  averne  la  signoria  suprema  sarebbe  stata  la  gem- 
ma piu  fulgida  del  diadema  di  Carlomagno ,  quantunque  Re  di  tanti 
Stati.  Or  dunque  come  va,  che  gli  storici  e  i  panegirisli  medesimi 
di  Carlomagno  non  parvero  neppure  addarsene,  e  lacquero  di  cio 
appunto  cbe  avrebbero  dovulo  gridar  piu  altamenle  ?  Come  accade 
che,  mentre  Carlo  a  piena  bocca  vien  da  lutli  salulato  Bex  Lango- 
bardorum ,  non  odansi  mai  dargli  il  titolo  di  Rex  Romanorum  o 
altro  equivalente?  Essi  fanno  bensi  frequente  e  larga  menzione  delle 
relazioni  che  stringeano  Carlomagno  con  Roma;  ma  in  quesle  non  eel 
rappresentano  mai  altramente  che  qual  difensore  della  S.  Sede,  vin- 
dice  delle  giustizie  di  S.  Pietro ,  liberatore  e  proteltore  dello  Stato 
romano ,  aiutatore  e  ministro  devotissimo  del  Romano  Pontefice ; 
tutli  ufficii  che  si  compendiano ,  come  abbiam  vedulo ,  nel  titolo  di 
Patricius  Romanorum.  In  tal  guisa  parlano  non  pure  gli  scriltori 
Italian! ,  come  gli  autori  delle  Vile  de'  Pontefici  presso  Anastasio 
Bibliolecario ;  ma  lo  stesso  Eginardo  nel!a  Vita  di  Carlo  e  negli  An- 
nali ,  Alcuino  nelle  Epistole ,  il  Cronista  Moissiacense ,  il  Meterise , 
il  Laurissense ,  il  Lambeciano  ossia  Laureshamense,  il  Bertiniano,  i 
Fasti  Carolini  del  Mai,  gMAnnales  veteres  del  Martene,  e  quanti  altri 
ebbe  la  Francia  piu  anlichi  e  sinceri  annalisti  delFeta  Carolina ;  il 
linguaggio  de'  quali  e  una  parlante  dimoslrazione  conlro  la  Sovra- 
nit^,  romana  di  Carlomagno  Patrizio ,  sia  perche  di  questa  Sovranita 
mai  non  fovellano,  sia  perche  gli  atti  e  la  potesta  che  a  lui  allribuisco- 
no  riguardo  allo  Slato  romano,  mai  non  escono  dai  confmi  di  quell'uf- 
ficio  palriziale,  che  abbiamo  sopra  descritto,  siccome  ufficio  di  mera 
difesa  e  protezione ,  subordinate  alia  polesla  sovrana  del  Ponlefice. 

Ma  la  piu  evidente  prova  del  nostro  assunto  e  la  confulazione  piu 
irrepugnabile  della  sentenza  deg'.i  avversarii ,  si  ha  nel  linguaggio 
autenlico  ed  ufficiale  delle  due  maggiori  autorita  che  possano  in  tal 
questione  allegarsi ;  vogliam  dire  quella  dello  stesso  Carlomagno  per 
1'una  parte,  e  per  1'altra,  quella  dei  Pontefici;  al  suffragio  Concorde 
delle  quali  autorita  non  sappiamo  qual  fronle  di  critico  potesse  mai 
levarsi  a  far  contraslo. 


440  IL  PATRIZUTO  ROMANO 

Quanto  a  Carlomagno ,  ella  e  cosa  notissima  che,  prima  d'essere 
da  Leone  III  coronato  Imperatore  nell'  800 ,  egli  ne'  suoi  diplomi , 
nelle  sue  lettere,  ne'suoi  Gapitolari,  in  tulli  gli  atti  insomma  che  ora 
direbbonsi  ufficiali ,  mai  non  assunse  altro  titolo  di  potesta  sopra 
Roma,  se  non  quello  di  Patricius  Romanorum;  salvo  che  talvolta  ei 
vi  soslitui  o  vi  aggiunse ,  come  sinonimo  o  quasi  a  maniera  di  di- 
chiarazione,  quello  di  devotus  sanctae  Ecclesiae  defensor  humilisque 
adiutor  1,  devotus  sanctae  Ecclesiae  defensor  atque  adiutor  in  omni- 
bus Apostolicae  Sedis  %,  defensor  sanctae  Dei  Ecclesiae  3,  films  et 
defensor  sanclae  Dei  Ecclesiae  4.  Ora  ,  quale  die  sia  il  significato 
che  altri  voglia  attribute  a  colesto  litolo  di  Patricius  ,  certo  e  che 
esso  mai  non  indico  potesla  regia  o  sovrana ,  e  molto  meno  potesta 
soprasovrana  ossia  di  alto  dominio.  II  Muratori ,  e  vero ,  qui  non 
manca  d'avvertird  5  che  il  Patricius  Romanorum ,  siccome  andava 
associate  al  litolo  di  Rex  Francorum  etLangobardorum,  cosi  dove- 
va  al  par  di  questo  esprimere  Signoria,  e  par  quasi  che  yoglia  dire 
Signoria  pari  alia  regia,  doe  sovrana.  Nondimeno,  avendo  egli  poco 
innanzi  conceduto,  che  il  nome  slesso  di  Patrizio  indica  dipendenza 
da  qualche  Sovrano  6  ,  non  possiam  credere  ch'  ei  voglia  cosi  tosto 
disdirsi,  col  pretendere  che  il  titolo  di  Patrizio  ,  perche  associato  a 
quel  di  Re,  significhi  anch'  csso  signoria  suprema.  Tan  to  piu  ,  che 
in  quesla  medesima  associazione  di  titoli  si  ha  un  indizio  non  leg- 
giero  di  significato  al  tulto  contrario ;  imperocche  il  Patricius  Roma- 
norum da  Carlomagno  viene  sempre  posposto  al  tilolo  di  Rex  Lango- 
bardorum:  del  qual  fatto  ,  nello  stile  diplomalico  notabilissimo,  per 
cui  alia  maesta  del  nome  romano  veniva  anteposto  il  longobardico , 
non  puo  darsi  altra  plausibil  ragione ,  se  non  che  questa ;  T  essere 
cioe  la  dignila  e  la  polesla  di  Patrizio ,  quantunque  eminentissima  , 
inferiore  nondimeno  alia  regia  e  da  lei  sostanzialmente  diversa,  sic- 

1  Capitulare  ecclesiasticum,  dell' anno  789. 

2  Capitulare  generate,  a.  769-771. 

3  Epistola  ad  Offam  Regem  Merciorum,  a.  800. 

4  Epistola  ad  EUpandum  et  ceteros  Episcopos  Hispaniaef  a,  794. 
5AnnoIid'/to«o,a.  789. 

6Ivi. 


DI  CARLOMAGNO  111 

come  dipendente  e  subordinate  al  Sovrano  da  cui  il  Palrizio  aveva 
avuto  il  tilolo  e  1'ufficio  ;  il  qual  Sovrano  era  nel  caso  noslro  il 
Ponlefice. 

Qui  pero  non  e  da  tacere  che  tra  i  Documenli  diplomalici  relativi 
a  Carlomagno  Patrizio,  due  ve  n'ha,  in  cui  gli  viene  apertamente  at- 
tribuilo  il  nome  e  la  potesla  di  Re  dei  Romani.  L'  uno  c  il  famoso 
Decretum  de  expeditione  Romano, ,  die  ha  la  data  dell'anno  790,  e 
porla  in  fronle  il  titolo:  Karolus  divina  favente  gratia  Rex  Franco- 
rum  el  Romanorum  l.  L'  altro  e  la  Legge  regia  ,  tralta  dalle  lene- 
bre  di  un  anlico  Codice  fiorcntino  da  Teodorico  di  Niem  e  poi  stam- 
pata  dal  Goldaslo,  come  gia  mentovammo  altrove  ,  in  capo  alle  sue 
Consliluliones  imperiales  2 ;  in  \irtu  della  quale  vuolsi  che  il  Senalo 
e  Popolo  romano  nel  774  trasferisse  in  Carlomagno  tulta  la  regia 
polesta  degli  anlichi  Imperalori,  nel  tempo  stesso  che  Adriano  Papa 
avrebbegli  concesso  il  diritto  di  eleggere  il  Pontefice  e  tulli  i  Ve- 
scovi ,  diritto  che  da  indi  innanzi  dovrebbe  apparlenere  al  solo  Re 
de'  Romani ,  soli  Regi  Romanorum.  Ma  quest!  due  diplomi  sono 
sventuratamente  apocrifi,  e  condannati  oggidi  da  tulti  i  critici,  ezian- 
dio  prolestanli ,  siccome  manifesto  ciurmerie  di  tardi  e  imperili  fal- 
sarii;  anzi ,  come  gia  avverti  il  dotlissimo  Eineccio  3,  questo  titolo 
stesso  di  Rex  Romanorum,  attribuito,  non  che  a  Carlomagno,  ma  a 
qualsiasi  Principe  dei  Carolingi  o  delle  seguenti  dinastie  imperial! 
prima  del  secolo  XII,  dee  sempre  tenersi  per  segno  indubitato  della 
falsila  dei  diplomi  che  lo  portassero  4. 

1  E  riporlato  tra  i  Capitularia  spuria  dal  PERTZ,  Monum.  Germ.  Legum. 
T.  II,  e  dal  MIGNE,  Patrol,  lat.  T.  XCVII,  p.  673. 

2  Pag.  I. 

3  De  vita  et  rebus  gestis  Ludovici  Germanici,  Lib.  I,  §.  VIII.  E  prima  del- 
1'  Eineccio,  avea  gia  fatta  la  stessa  avvertenza  CRISTIANO  GOFFREDO  HOFFMANN 
nella  sua  Dissertazione  De  Rege  Romano-rum,  vivente  Imperatore,  electo,  §.  I. 

4  L'  UGHELLI,  neir/to^a  sacra,  T.  I,  p.  412,  diede  anch'  egli  un  diploma 
<Ii  Cai'lomagno,  dove  quesli  s'intitola:  Carolus gratia  Dei  Rex  Francorum  et 
ROMANORUM  atque  Long  ob  ardor  urn.  Ma,  oltreche  e  noto  quanto  scarso  fosse 
il  senno  dell'  Ughelli  in  materia  di  Document*!,  in  questo  diploma  gli  spropo- 
siti  di  cronologia,  di  storia,  di  str.e  cancelleresco  sono  tanti  e  tantomador- 
nali,  che  chi  lo  allegasse  come  prova,  proverebbe  solo  essere  egli  intera- 
mente  digiuno  di  scienza  critica. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Stando  adunque  ai  tiloli  autentici  ed  ufficiali,  da  Carlomagno  ado- 
perati  durante  il  suo  Patriziato,  egli  e  manifesto  che  essi .,  tanto  per 
quel  che  tacciono ,  come  per  quello  die  affermano ,  ben  lungi  dal 
comprovare  o  anclie  solo  insinuare  la  sua  Sovranita  sopra  Roma,  la 
negano  anzi  e  la  escludono  apertamente.  Che  se  dai  tiloli  cancellcr-e- 
schi  della  diplomazia  Carolina  1'  attenzione  rivolgasi  al  tenore  stesso 
delle  scritture  di  Carlo  ed  ai  sensi  che  ivi  egli  esprime,  noi  sfidiamo 
chicchesia  a  trovar  in  esse  un  sol  apice ,  il  quale  dimoslri  che  Carlo 
Patrizio  comandasse  da  Sovrano ,  o  per  tale  almeno  ei  si  presumes- 
se,  sia  in  Roma ,  sia  in  altra  parle  dello  Stalo  di  S.  Pietro.  Al  con- 
Irario,  e  dalle  epistole  del  Codice  Caroline,  dove  le  risposte  dei  Papi 
spesso  riverberano  il  tenore  delle  lettere,  loro  inviate  dal  Patrizio;  e 
dalle  lettere  del  medesimo  Carlo,  che  ci  son  pervenute  nell'originale 
lor  testo  ,  e  tra  le  quali  nolabilissima  e  quella  che  egli  scrisse  nel 
796  a  Leone  III  per  la  confermazione  del  Patriziato ;  rilevasi  chia- 
rissimp  che  egli,  come  Palrizio  dei  Romani  e  in  \irlu  del  Patto  che 
slringevalo  alia  S.  Sede  ,  lungi  dal  pretendere  autorila  suprema  di 
comando,  altro  diritto  non  atlribuivasi  ne  altro  ambiva,  se  non  quel- 
lo di  servire,  aiulare,  difendere,  proteggere,  esaltare  la  Chiesa  Ro- 
mana  e  il  suo  Ponteflce  in  ogni  cosa  ,  per  amore  di  S.  Pietro  e  per 
mercede  dell'anima  propria ;  moslrandosi  in  tal  guisa ,  con  invaria- 
bil  coerenza  di  parole  non  meno  che  di  falli ,  sempre  quel  filius  et 
defensor  devotus  sanctae  Ecclesiae,  (\m\Yadiator  in  omnibus  Aposto- 
licae  Sedis,  ch'ei  si  gloria va  di  professarsi  nelle  intitolazioni  de'suoi 
Atli  diplomatici. 

Al  linguaggio  di  Carlomagno  consuona  interamente  quello  de'Papi; 
nelle  lettere  dei  quali  benche  frequentissimo  sia  e  conlinuo  il  parlare 
delle  relazioni  che  vincolavano  lo  Stato  romano  col  suo  Patrizio,  lut- 
tavia  non  si  Irova  mai  sillaba  da  cui  traspaia  che  venisse  a  Carlo 
altribuita  niuna  ombra  di  sovranita.  Nello  scrivere  a  Carlo  e  di 
Carlo,  Adriano  e  Slefano  III  tengono  il  medesimo  linguaggio,  che  gia 
a\7ean  tenuto  i  loro  predecessori  Stefano  II  e  Paolo  I  verso  Pipino  ; 
essi  cioe  sempre  risguardano  il  Patrizio  per  nulla  piu  che  difensore, 
avvocato  ,  aiulatore  potenlissimo  della  Chiesa  romana ,  campione  e 
Tindice  delle  giuslizie  di  S.  Pietro ,  protettore  del  popolo  e  dello 


DI  CARLOMAGNO  443 

Slalo  romano,  da  vincoli  sacrosanti  di  promcsse  e  di  giuraraenti  ob- 
bligalo  >erso  Dio  e  san  Pietro ,  verso  la  Chiesa  e  i  Pontefici  a  cotal 
prolczione  e  difesa.  Ouindi  nell'  invocare  che  fanno  il  suo  aiulo,  nel 
sollecitarne  1'  autorevole  inlervento,  nell'  addurgli  i  motivi  che  a  do 
doveano  spingerlo ,  nell'  inculcargliene  il  dovere  gravissimo  che  ve 

10  stringea,  nell' esporgliene  i  vantaggi,  i  premii,  la  gloria  ch'ei  ne 
trarrcbbe ,  i  Papi  allegano  bensi  ogni  sorla  di  argomenli  e  ragioni  ; 
ma ,  cosa  notabilissinaa  ,  mai  non  adducono  quell' unica,  la  quale 
pure  sarebbe  stata  senza  dubbio  la  piu  eloquenle  ed  efficace  di  tulle, 
dell'  essere  cioe  il  Patrizio,  sovrano  signore  di  Roma ,  e  come  tale , 
astretlo  per  ogni  litolo  di  dovere,  d'inleresse  ,  di  onore  a  pro  we- 
dere  alia  salute  e  prosperita  de'  suoi  sudditi ;  ne  mai  raccomandano 
i  Roman!  al  Palrizio,  come  cosa  sua,  ma  bensi  come  cosa  di  S.  Pie- 
tro e  della  Chiesa  Romana ,  come  popolo  peculiare  del  Principe 
degli  Aposloli.  Or  qual  prova,  di  grazia,  si  puo  egli  bramare  piu 
gagliarda  a  convincere  ,  che  al  Patrizio  cotal  Sovranita  era  cosa  al 
iulto  straniera?  Ed  a  meglio  inlendere  la  forza  di  tal  prova .  notisi 
che  questi  Papi  medesimi  sono  larghissimi  di  elogi  e  di  liloli  ono- 
rifici  al  loro  Patrizio ;  lo  chiamano  nuovo  Mose  e  nuovo  Davidde 
per  aver  liberato  il  popolo  elello  di  Dio  da'  suoi  nemici ,  e  nuovo 
Costantino  per  le  liberalita  verso  la  Chiesa;  gli  professano  la  piu 
squisita  gratiludine  pei  beneficii  ricevuti ;  gli  protestano  amicizia 
saldissima  e  fede  immutabile  nei  palti  che  aveano  con  lui  stipulati  ; 
e  1'assicurano  star  loro  sommamente  a  cuore  la  gloria  el'esaitazione 
di  un  Principe  si  benemerito,  ed  essere  un  de'  loro  piu  cari  pensieri 

11  manlener  irrefragable  ed  eziandio  amplificare  Tonore  del  suo  Pa- 
triziato.  Laonde,  se  in  mezzo  a  tante  dimostrazioni  di  ossequio  e  di 
amore ,  pur  mai  non  escono  ad  onorare  il  Patrizio  di  niuna  espres- 
sione  che  accenni  in  lui  la  Sovranila  romana  ,  forza  e  pur  dire  che 
tal  Sovranila  a  lui  non  appartenesse  per  niuna  guisa. 

D'altra  parle,  ognun  sa  che  i  Papi  nel  traltarecoi  Principi  ezian- 
dio piu  eslranei  e  barbari,  non  furono  mai  avari  con  esso  loro  dei 
liloli  ouoriiici  dovuli  al  loro  grado,  ne  mai  ritrosi  a  riconoscere  in 
loro  i  dirilli  e  la  potesla  regia  in  lutta  1'ampiezza  che  loro  legiltima- 
menle  apparlenevasi.  E  quanto  ai  Sovrani  stessi  di  Roma,  e  notissi- 


444  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

mo  che  i  Pontefici ,  fmche  Roma  stetle  solto  la  sovranila  imperiale, 
cioe  fino  a  mezzo  1'ottavo  secolo,  furono  sempre  larghissimi  nel  da- 
re a  Cesare  quel  che  era  di  Cesare,  prestando  alia  poiesla  suprema 
degl'Imperatori  tutto  1'ossequio  di  fedeli  sudditi,  facendosi  alle  mol- 
titudini  esortatori  e  maeslri  di  fedelta  civile,  e  pigliando  eziandio  a 
tutelare  in  Roma  e  nell'  Esarcalo  contro  i  ribelli  o  contro  i  nemici 
esterni  le  ragioni  della  sovranila  imperiale,  quando  gli  Augusli  era- 
no  impolenti  o  negligent!  a  difenderle;  secondo  die  provano  i  lumi- 
nosi  fatti  di  S.  Gregorio  Magno,  di  S.  Gregorio  II  e  de'  suoi  succes- 
sor! fmo  a  Stefano  II.  Ora,  se  i  Papi  furono  cosi  facili  e  larghi  a  ri- 
conoscere  la  sovranila  di  Roma  e  dell' Esarcalo  negl' Imperatori, 
benche  questi  fossero  sovenle  persecutor!  si  acerbi  della  Chiesa  ro- 
mana;  chi  potra  mai  darsi  a  credere  che,  passala  poi  quella  sovra- 
nila nelle  man!  di  Pipino  e  di  Carlomagno ,  difensori  zelantissimi 
della  S.  Sede,  i  Pontefici  mai  non  avessero  dato  segno,  nelle  lettere 
e  negli  alii  loro,  di  pur  conoscerla?  0  non  e  forse  questo  silenzio 
dei  Papi  argomento  piuttosto  eloquentissimo  a  provare  che  ne  Pipi- 
no, ne  Carlomagno,  benche  Patrizii  dei  Romani,  mai  non  ebbero 
siffalta  sovranita  e  furono  le  mille  miglia  lontani  dairarrogarsela? 
Al  quale  argomento  puo  servire  come  di  suggello  il  contegno  usato 
verso  i  medesimi  Patrizii  dai  Grandi  e  dal  Popolo  di  Roma,  conte- 
gno lutto  simile  a  quel  de'Papi;  imperocche  dall' una  parte  niun 
atto  puo  cilarsi,  donde  risulli,  avere  i  Romani  riconosciuto  mai  il 
Patrizio  per  sovrano  Signore  di  Roma;  e  daU'altra  negli  alii  aulen- 
lici,  che  di  loro  ci  rimangono  nel  Coclice  Caroline,  e  special  men  te 
nell'  epistola  indirizzata  a  Pipino  da  lulto  il  Senato  e  Popolo  Roma- 
no, veggiamo  che  essi  non  riguardano  il  re  Patrizio  e  non  1'onorano 
allramente,  che  qual  difensore  di  Roma  e  della  Chiesa :  Sanctae  EC- 
clesiae  defensor,  noster  auxiliator;  mentre  ivi  stesso  eglino  aperta- 
mente  proclamano  per  loro  Sovrano  il  Papa,  protestando  di  essere 
tutli  firmiac  fideles  servi  sanclae  Dei  Ecclesiae  et ...  domni  nostri, 
Pauli  summi  pontificis,  quia  ipse  noster  est  pater  et  oplimus  pa- 
stor ...  fovens  nos  et  salubriter  gubernans  1. 

1  COD.  CAROL.  Epist.  XV. 


DI  CARLOMAGNO 

Fin  qui ,  csaminando  il  linguaggio  dei  Papi ,  abbiam  solo  argo- 
mculato  negativamenle  dal  loro  silenzio,  cioe  dal  non  udirsi  mai  di 
bocca  loro  uiun  indizio,  cbe  eglino  riconoscessero  in  Carlomagno  Pa- 
trizio ,  o  in  Pipino  il  dominio  sovrano  di  Roma  o  dell'  Esarcato.  Ma 
ft  facile  il  trarre ,  sopratlulto  dalle  loro  Lettere  nel  Codice  Caroli- 
DO  ,  argomenli  anco  positivi ,  citando  locuzioni  e  formole ,  le  quali 
esprcssaraente  escludano  cotesta  sovranita.  Nel  clie,  per  non  andare 
sovercliiamenle  prolissi  in  una  queslione  omai  troppo  chiara,  ci  ba- 
sta  ricbiamare  a  menle,  tra  le  molte  altre,  due  maniere  di  parlare, 
degnissime  di  notarsi  nello  stile  ponlificio  di  cotesle  Leltere.  L'una 
e  il  designare  cbe  fanno  perpetuamente  i  Papi  coll'aggiunto  di  no- 
stro,  o  di  S.  Pietro,  o  delta  Chiesa  Romana,  le  cillft,  le  province, 
le  terre,  i  popoli  del  Ducato  romano,  dell'  Esarcato  e  della  Penla- 
poli :  haec  noslra  Romana  civitas  1 ;  civitas  noslra  Centumcellen- 
sis  2;  civitas  nostra  Sy  nog  alliensis  3;  civitas  noslra  Castellum  Feli- 
citatis  4 ;  nostrarum  civitatum  fines  et  palrimonia  beati  Petri  5 ;  ci- 
vitates  nostras  Campaniae  6 ;  haec  nostra  provincia  7 ;  Romana  Ec- 
clesia  et  universus  ei  subiacens  populus  8 ;  noster  Romanorum  rei- 
publicae  populus  9 ;  sancta  Dei  Ecclesia  et  eius  peculiaris  popu- 
lus 10 ;  a  potestate  et  ditione  beati  Petri  et  nostra  Campanos  usur- 
pare  decertant  H ;  in  omnibus  partibus  quae  sub  ditione  sanctae  Ro- 
manae  Ecclcsiae  existunt  12 ;  e  cento  altre  siffatte  formole,  cbe  chia- 
ramente  esprimono,  soprattutto  cbi  le  consideri  nel  loro  contesto,  la 
signoria  suprema  del  Papa,  e  del  solo  Papa;  giacche  non  avvien 
mai  cbe  il  Papa  attribuisca  ad  altri  il  consorzio  di  tal  signoria,  n& 
gli  accade  mai  di  dire,  scrivendo  al  Patrizio  ed  invocandone  ezian- 
dio  1'  aiulo,  la  vostra  Roma,  la  vostra  Ravenna,  questa  vostra  pro- 
\incia,  questo  popolo  vostro, 

L'  altra  si  e  1'aperta  dislinzione  cbe  i  Pontefici  fanno,  semprecbe 
lor  ne  cade  il  discorso ,  Ira  lo  Stato  di  S.  Pietro  e  i  suoi  suddili 
dall'  una  parte ,  e  lo  Stato  e  i  sudditi  Franchi  o  Longobardi  del  re 

1  Epist.  LYI1I.  —  2  Epist.  LXIV.  —  3  Epist.  XL.  —  4  Epist.  LYI.  — 
5  Epist.  XXIX.  —  6  Epist.  LXI.  —  7  Epist.  LVII  —  8  Epist.  XXXV.  — 
9  Epist.  LVIII.  -  10  Epist.  XVIII,  XXXVII,  XXXVIII.  -  11  Epist.  LXI.  -^ 
12  Epist.  LXXXV. 


& 46  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Patrizio  dall'  allra ;  1'  uno  all'  altro  opponendoli  come  due  Stall  al 
tutto  diversi  e  soggetti  a  diversi  e  indipendenli  Sovrani.  Cosi, 
nell'  epislola  XCYUI  del  Codice  Caroline ,  Adriano  ripetulamente 
contrappone  i  sudditi  della  S.  Sede ,  nostri  homines ,  ai  suddili  di 
Carlo,  vestri  homines ,  homines  de  partibus  vestris;  ed  argomen- 
tando  a  pan,  dimostra  che ,  se  ai  sudditi  di  Carlo  non  era  lecito 
venire  a  Roma  senza  licenza  del  loro  Sovrano ,  nemmeno  ai  sud- 
diti del  Papa  doveva  esser  libero  1'  andare  in  Francia  senza  li- 
cenza del  Papa ;  e  che ,  siccome  egli  Pontefice  ,  ai  suddili  di  Carlo, 
venuti  a  Roma,  sernpre  inculcava  di  mantenersi  fedelissimi  al  loro 
Re,  cosi  era  giusto  che  Carlo  ai  sudditi  pontificii,  recatisi  in  Fran- 
cia, raccomandasse  fedella  e  ubbidienza  verso  il  Pontefice  1 ;  tutto  il 
quale  argomento  non  proverebbe  piu  nulla,  anzi  mancherebbe  ezian- 
dio  di  senso  comune,  quando  non  si  presupponesse  che  e  il  Papa  e 
Carlomagno  fossero,  ciascuno  nel  proprio  Stato,  Sovrani  del  pari  in- 
dipendenti.  Altrettanto  dicasi  dell'Epistola  LXXXV,  dove  dall'una 
parte  son  nominate  le  terre  della  Chiesa:  In  omnibus  nostris  partibus 
quae  sub  ditione  sanctae  Romanae  Ecclesiae  exislunt,  e  dall'  altra 
i  dominii  di  Carlo:  Vestra  regalis  potentia  in  suis  universis  fmibus; 
e  poco  appresso  ripigliasi  con  simile  contrapposto,  nostris,  vestris- 
que  fmibus.  E  lo  slesso  ripetasi  dell'epistola  LXVII;  dalla  quale,  se 
il  Muralori  giuslamente  pole  argomentare  che  a  quel  lempo  (cioe' 
verso  1'anno  780)  il  Papa  non  era  padrone  del  Ducato  spoletano  2, 
perche  in  essa  si  contrappongono  le  due  frasi,  in  partibus  Spoleti, 
em  nostris  fmibus;  ben  possiamo  anche  noi  inferire  che  nemmeno 
Carlomagno  era  padrone,  ossia  Sovrano,  dei  territorii  che  il  Ponte- 
fice ivi  chiama  nostri. 

1  Sicut  VESTRI  HOMINES  sine  vestra  absolutions  ad  limina  Apostolorum  ne- 
que  ad  nos  coniungunt,  ita  et  NOSTRI  HOMINES  qui  ad  vos  venire  cupiunt,  cum 
nostra  absolutions  et  epistola  veniant;  quia  sicut  nos  semper  VESTROS  HOMINES 
snscipientes  commonemus,  ut  in  vera  fide  at  que  puritate  cordh  toils  eorum 
viribus  in  vestro  maneant  servilio,  ita  et  vos  simili  modo  quicumque  ex  NOSTRIS 
UOMINIBUS  ad  vos  venerint,  eos  omnino  obtestari  atque  commoner  e  vestram  re- 
galem  prudentiam  quaewmus  etc. 

2  Annali  $  Italia,  a.  786. 


DI  CARLOMAGNO  £47 

Tutle  qucste  formole  pcrlanto,  delle  quali  i  Papi  faceano  si  con- 
linuo  e  franco  uso  nello  scrivere  allo  stesso  Carlomagno,  sono  altret- 
tantc  afTcrraazioni,  le  quali  in  modo  positive,  benche  indiretlo,  dico- 
no  che  nello  Slato  di  S.  Pietro  il  solo  Papa  era  veramente  Sovrano, 
ed  era  per  lale  fuor  d'  ogni  contrasto  da  tutti  riconosciuto ;  e  quindi 
posilivamente  escludono  da  tal  sovranita  il  Patrizio,  la  cui  po testa, 
quale  che  si  fosse  in  questo  Stato,  certo  era  sempre  sottomessa  al 
Pontefice.  . 

Ma ,  egli  e  tempo  di  conchiudere  questa  materia ;  ed ,  a  maniera 
di  epilogo  ,  noi  possiamo  tutla  stringerla  nel  seguente  raziocinio.  Se 
Carlomagno  Palrizio  ebbe  veramente  la  Sovranit&  di  Roma  o  dell'E- 
sarcato,  cotesta  sua  Sovranita  debbe  aver  lasciato  vestigi  profondi, 
luminosi ,  indubitabili  nel  linguaggio  dei  monumenti  storici  che  in 
quella  eta  tulti  son  pieni  delle  sue  geste.  Ora ,  interrogando  questa 
linguaggio ,  troviamo  in  primo  luogo  nella  maggior  parte  di  tai  mo- 
numenti  un  maraviglioso  ed  inesplicabile  silenzio  intorno  a  tal  sovra- 
nita ;  e  quanto  ai  pochi  testi  che  paiono  affermarla,  1'  esame  accurate 
dei  medesimi  ci  ha  chiarito  che  o  essi  significano  tult'  altro ,  o  sono 
per  lo  meno  di  cosi  ambiguo  e  debole  valore,  che  non  se  ne  puo  trar- 
re  nulla  di  saldo,  Inoltre  le  due  massime  autorila,  che  in  tal  maleria 
debbano  ascoltarsi ,  cioe  i  Papi  e  Carlomagno ,  in  tutto  il  tenore  dei 
loro  scrilti  e  atti  diplomatic! ,  non  solo  mai  non  mostrano  di  ricono- 
scere  o  di  pur  conoscere  siffalta  sovranita,  ma  chiaramente  la  negano 
e  la  escludono.  Egli  e  dunque  forza  conchiudere  che  questa  sovrani- 
ta fu  cosa  al  tulto  ignota  nel  secolo  VIII ;  donde  segue  che  ella  non 
dovette  esistere  punto.  Ella  non  nacque  che  assai  piu  tardi,  e  fu  par- 
lorita  dal  cervello  di  alcuni  moderni  scriltori,  troppo  ligi  alia  potest£ 
cesarea ;  ma,  siccome  felo  spurio,  ella  vuol  essere  sbandila  per  sem- 
pre dai  fasti  genuini  della  storia. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

RACCONTO  STORICO 

DEL  1860  E  1861 


LXVI. 

Un  giorno  di  estate ,  sotto  la  sferza  cocentissima  del  sole  di  rnez- 
zodi ,  in  capo  alia  lunga  via  nella  quale  Traiano  abitava ,  si  \ide 
spuntare  uaa  signorile  carrozza,  die,  avanzatasi  di  buon  trotto,  si 
venne  a  fermare  dioanzi  al  porlone  della  sua  casa.  II  servo ,  che 
andava  a  cassetta  col  cocchiere  ,  balzo  subito  a  terra ,  aperse  lo 
sportello  e  ne  scese  rapidamente  una  dama  tutta  vestHa  di  nero  : 
la  quale,  abbassalo  I'ombrellino ,  guardo  ansiosamente  e  riguardo 
il  numero  di  essa  casa ,  si  passo  in  fronte  il  candido  fazzuolo  che 
aveva  in  una  mano  ;  e  accompagnata  dal  famiglio  che  la  seguiva , 
s'  introraise  neir  atrio  e  fu  su  per  le  scale.  Ma  salendo ,  il  respi- 
ro  cornincio  ad  affannarsele  ,  e  procedeva  con  pie  debole  e  vacil- 
lanie  ed  afferrandosi  agli  appoggiatoi ,  quasi  temesse  di  non  cadere. 
Giunta  al  pianerottolo ,  ov'  era  1*  uscio  di  Traiano ,  col  suo  norae  e 
cognome  in  una  lucida  piastra  di  ollone ,  la  dama  si  arresto ,  im- 
pallidi,  abbranco  il  cordone  del  campanello,  e,  con  quello  in  pugno, 
sostette  come  incerta  di  se  medesima :  poi  lascio  il  cordone,  si  sco- 
sto  un  Iratto  ,  frugo  nella  borsa  e  voltasi  al  servitore  :  —  Orsii; 
gli  disse ,  porgendogli  un  biglietlino  da  visita ,  con  una  soltil  voce 
che  le  tremolava ;  sonale  voi,  e,  in  cambio  di  annunziarmi ,  presen- 
tate  questo  biglietlo.  lo  attendero  qui  di  fuori. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC.  449 

L'  uomo ,  fatto  un  capochino ,  prese  il  biglielfo  e ,  mentre  la  da- 
ma  si  appartava ,  strappo  il  cordone  con  tale  violenza ,  che  il  tin- 
linno  del  campancllo  non  fmiva  piu.  —  Oh ,  che  gente  indiscreta ! 
51  udl  un  Ionian  vocione  sclamare  di  dentro ;  e'  vorrci  essere  1'  Impe- 
rador  del  Brasile !  correte ,  via ,  aprite ! 

Con  questo  borbotlamento ,  s' intese  uno  scalpiccio  vispissimo  e 
poscia  una  vociolina  squillanle ,  che  dimando :  —  Chi  e? 

—  Amici. 

Ilchiavistello  fa  lirato  e  spalancatosi  il  battente  ,  apparve  Lucil- 
ia,  che,  scorto  quell'  uomo  in  livrea ,  si  fe  rossa  di  porpora  e  gli 
sbarro  in  faccia  tan  to  d'occhi ,  senza  fialare. 

—  Ecco  questo  biglielto ;  soggiunse  allora  coslui ;  portalelo  e  di- 
te  che  la  signora  aspetta. 

La  pultina  rientro  a  corsa ;  e  un  istante  dopo  si  affaccio  Traiano, 
abbottonandosi  alia  raeglio  un  soprabito  che  s'  era  gittato  indosso  li 
in  fretta^  perche  stava  in  maniche  di  camicia;  e  balbeitando  ceri- 
moniosamente  le  solite  formole  del :  — -Si  accomodi;  favorisca;  noa 
faccia  complimenti,  la  prego  ;  scusi  lanto,  se  cosi  all'  improvviso... 
eccetera ;  introdusse  la  dama  nel  salotlino  di  rispelto ;  la  fece  assi- 
dere  in  un  sofci:  e  pure  seguendo  a  rassellarsi,  cercava  d'uscire,  con 
Istudiate  parole ,  dairavviluppamenlo  nel  quale  cotesta  visita  si  re- 
pentina  lo  aveva  intrigato. 

-  Signor  Traiano ,  lasciam  da  banda  le  cerimonie ;  tolse  a  dire 
quella,  tostoche,  adagiatasi  nel  sofa,  ebbe  ricuperato  un  po'  della 
lena  che  s'era  sentita  raancare ;  io  ho  ricevute ,  Y  una  sull'altra ,  le 
tre  vostre  leltere  con  quella  di  mia  figlioccia ;  e  ve  ne  sono  obbliga- 
ta.  Dov'e  quella  mia  cara  infelice?  Ma  no ;  si  ridisse  inconlanente ; 
non  subito.  Fate  che  io  prima  riabbia  alquanto  di  fialo.  Oh  Dio, 
che  casi !  che  scene !  che  tregende !  Ah ,  signor  Traiano ,  voi  avete 
fatta  una  grande  opera  di  carita !  Non  c'  e  oro  nel  mondo ,  che  ve  la 
possa  pagare.  Iddio  solo....  ah,  poverelta  me!  perdonatemi  questa 
agitazione.  Io  smanio  di  abbracciare  quella  misera  crealura ,  e  in- 
sieme  non  ho  coraggio  di  rivederla;  io  sudo  e  ardo  e  gelo  e  tremo,  nel 
medesimo  tempo.  Credo  di  aver  la  febbre.  Dio  mio  santo ,  che  cala- 
slrofe!  che  lutti !  Pellegrino  morto !  Giovanna  morla!  Felice  morto ! 
Serie  7,  vol.  XII,  fate.  352.  29  9  Novcmbre  1864. 


IA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

il  piccoletto  morto  !  e  in  qualtro  mesi !  Povera  figlioccia  mia !  e  lei 
vive  ancora?  Signor  Traiano,  scusate  se  io  vi  paio  delirare;  ho 
una  tale  lerapesta  nel  cuore ,  che  voi  non  ne  avele  idea.  Ah!  dun- 
que  sono  finalmente  nella  casa ,  ov'  e  quella  mia  bella  sventurata. 
Or  ora  me  la  farele  venir  trale  braccia ,  non  e  vero? 

Traiano  che,  attonito  comedi  sasso,  mirava  ladama  ed  ascoltava 
queslo  suo  parlare  simile  a  vaniloquio,  a  tale  interrogazione  si  sbian- 
co  e  affreltossi  di  rispondere,  con  una  destrezza  che  avea  dell'ar- 
tificioso:  —  Ma  ella,  signora  mia,  si  pigli  prima  un  tantino  di  qniete. 

—  Si ,  dUe  giusto  ;  replico  ella  puntando  il  gomito  sinistro  sul 
guanciale  d'  una  spalliera  del  sofa ,  appoggiando  la  testa  sulla  pal- 
ma  della  mano  e  traendo  unsospiro;  avrei  veramente  un  bisogno 
estremo  di  quiete.  Sono  cinque  di  e  cinque  notti  che  io  non  ho  be- 
ne  di  me  ,  e  ne  per  le  strade  ferrate ,  ne  sul  baltello  a  vapore  ho 
avuto  il  refrigerio  di  chiuder  un  occhio.  Dacche  in  Hombourg  mi 
fu  consegnato  quel  fascio  di  vostre  lettere ,  dalle  quali  appresi  la 
incredibile  storia  che  pare  una  favola ,  ah  Dio !  il  cuor  mio  e  piom- 
bato  in  un  abisso  di  fiamme  che  Io  martoriano  senza  posa.  L'  unico 
alleviamento  sarebbe  di  serrare  fra  queste  braccia  la  miavillima:  e 
ora  che  I'ho  qui  accosto,  e  die  mi  Irovo  sotto  il  suo  medesimo  tetto, 
ora  non  mi  basta  1'  anirao  di  rivederla ;  mi  sembra  che  non  reggero 
alia  sua  presenza,  e  che  non  avro  forza  nemmeno  di  darle  un  bacio. 

—  Eh,  si  sa !  ripiglio  I'altro  con  un  tono  di  pietoso  consentimen- 
to ;  il  sangue  non  e  acqua.  Ancor  io  son  padre ,  e  ho  provato  per 
espcrienza 

—  Non  e  possibile ,  sigaor  Traiano  mio  ;  Io  interrupp'  ella  con 
grandissiina  veemenza;  non  e  possibile  che  abbiate  provata  mai 
la  millesima  parte  delle  angustie  che  tormentano  me ,  per  conto  di 
questa  mia  cugina  e  figlioccia  carissima.  Ma  dite  :  vi  sembra  che  el- 
la mi  ami?  che  abbia  fiducia nella  mia  tenerezza?  che  sia  persuasa 
del  bene  che  le  voglio?  dell'  affetto  materno  con  cui  m'  ingegnero  di 
farla  felice?  Cioe,  che  dich'  io  felice?  la  felicila  non  e  frutto  di  questo 
mondo ;  e  io  Io  so ,  oh  Io  so  pur  troppo!  ed  ella,  con  tante  ferite  in- 
sanabili  nel  vivo  deH'anima,  ella  non  sara  mai  feiice.  Ma  di  render- 
la  meno  infelice  che  io  possa,  questo  si.  Or  ditemi  la  verita :  vi  par 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861 

cgli  die  la  mia  Flora  creda  a  quesle  buone  disposizioni  del  cuore  di 
sua  sanlola? 

—  E  come  no?  mi  meraviglio! 

—  Ah,  dunque  ella  non  mi  odia,  non  mi  esecra,  non  mi  detesla? 

—  Che  dice,  signora?  deteslarla!  odiarla! 

—  0  sciocca,  sciocchissima  me!  soggiunseladama  contorcendosi 
e  picchiandosi  in  fronle  con  doloroso  atlo  ;  io  sono  mezzo  svaporala 
del  capo.  Signor  Traiano,  compalite  alia  mia  fiacchezza :  dunque  di- 
cevamo...  che  cosa  dicevamo?  ah,  che  questo  bell'angelo  si  fida  in- 
teramenle  di  me,  non  e  vero? 

—  Certo ;  e  sempre  che  mi  ha  parlato  di  vostra  eccellenza,  lo  ha 
falto  con  mostre  di  un'  affezione  singolarissima.  E  poi  la  sua  letteri- 
na,  ella  1'ha  ricevuta. 

In  sentir  cio ,  la  matrona  fece  uno  strillelto ,  .si  chiuse  il  volto 
nelle  mani  e  diruppe  in  un  irrefrenabile  pianto.  Traiano,  tutto  com- 
preso  da  sbalordimento,  a  chetarla ,  a  consolarla,  a  supplicarla  che 
si  (iesse  pace.  Ma  niente  valeva:  la  signora  aveva  sciollo  il  corso  al 
profluvio  delle  sue  lagrime ,  e  le  spandeva  tra  singulti  e  gemili  che 
non  ammeltevan  misura.  Lucilla  la  quale ,  dopo  avvisata  la  madre 
dell'  arrivo  di  questa  dama,  con  puerile  curiosita,  s'  era  posta  a  far 
capolino  e  origliare  e  adocchiare  tra  lo  stipite  e  la  porliera  della 
bussola ,  come  vide  quel  pianto  ,  ricorse  a  Maddalena ,  che  intanto 
s'era  un  poco  raffazzonata  per  presentarsi  alia  forestiera  con  qualche 
maggior  convenienza:  e  riportatole  ogni  cosa,  la  tirava  che  foss'  en- 
trata  a  toglierd'impaccio  il  padre,  e  a  sedare  i  singhiozzi  della  pian- 
gente.  La  donna  esitava:  ma  in  ultimo  scotendo  la  gruccia  della  ser- 
ratura,  e  chiesto  sottovoce:  —  E  permesso?  otlenne  d'essere  intro- 
dolta,  e  dietrole  la  fanciullina  che  si  fermo  a  un  canto,  tra  il  dossale 
di  una  poltrona  e  lo  spigolo  di  una  lavola. 

Alia  \1sla  di  Maddalena,  la  signora  subito  si  asciugo  gli  occhi  e 
la  faccia ,  si  rizzo  ,  le  si  mosse  incontro  ,  e  con  affelluose  rnaniere 
la  prego  di  sedersi  al  suo  fianco ,  mentre  chiamata  a  se  la  vezzosa 
bamboletta  si  fece  ad  accarezzarla,  quasi  per  dislrarsi  e  dissimulare 
1'  allissima  turbazione  che  1'occupava.  —  Vi  ringrazio;  le  disse  poi 
lostamenle  che  quella  si  fu  assisa ;  di  tanta  provvidenza  che  vi 


LA  POYERELLA  DI  CASAMAR1 

siete  presa  della  miapovera  orfanella.  Appena  ho  avute  le  lettere  che 
m'informavano  di  tutte  le  disgrazie,  mi  sono  precipilata  in  Roma  per 
pigliarmela  io;  giacche  ora  ella  e  nria.  lo  era  partita  dal  Cairo  quan- 
do  giunse  la  prima ;  e  siccome  nel  ritorno  volli ,  per  mia  divozione, 
fare  il  pellegrinaggio  di  Terra  santa ;  cosi  i  padroni,  degli  alberghi, 
ov'io  fui  di  stanza  nel  Cairo  e  poi  in  Alessandria,  me  la  inviarono  a 
Gerusalemme.  Arrivo  tardi ;  e  io  era  gia  in  Coslantinopoli  ammalata. 
Quando  poi  il  signor  Traiano  mi  scrisse  la  seconda  yolta  nel  Mag- 
gio;  questa  rifece  il  medesimo  giro,  e  rivenne  in  Francia  con  quella 
prima.  Corlo  :  io  non  ebbi  queste  due  e  la  lerza  ,  che  era  diretla  a 
Bordeaux,  se  non  cinque  giorni  fa  ai  bagni  d'  Hombourg.  Allora  fi- 
guratevi  i  miei  stupori,  le  mie  ambasce!  Ho  troncata  a  mezzo  la  cu- 
ra  delle  acque,  ho  lasciato  la  tutto,  e  sono  volata  qui  con  un  crepa- 
cuore  e  un'  ansieta,  che  io  non  potrei  esprimervi.  Oh  questa  fan- 
ciulla  quanto  e  cara !  Ditemi ,  signora  buona  ,  e  la  mia  Flora  come 
sta  ella?  dov'e?  si  fosse  accorta  che  io  sono  in  casa?  yogliam  farla 
yenire?  io.... 

—  Nossignora ;  sallo  fuori  a  rispondere  con  franca  ingenuita  la 
pultina:  il  medico  ha  proibito.... 

—  Zitta  la!  die  Traiano  sulla  YOCC  a  quest'  arditella. 

—  II  medico!  sclamo  la  dama,  perdendo  ogni  colore  nel  viso;  che? 
ella  e  dunque  malata ! 

—  E  stata;  disse  prontamente  Maddalena;  ma  ora  pero,  grazie  a 
Dio,  si  c  rimessa  e  s'  e  inoltrata  benino  nella  convalescenza. 

—  Non  se  ne  rattrisli ,  per  carila  !  insistette  anch'  egli  Traiano  ; 
che  non  e  stata  proprio  una  malatlia  di  carattere  ,  ma  ,  secondoche 
definirono  i  dottori  nel  consulto  che  feci  fare,  un  mal  di  slagione.  In 
pericolo,  parlando  a  rigor  di  termini,  non  ci  e  stata  mai.  Ella,  tan- 
to  buona  com'  e  ,  pretese  che  ad  ogni  patio  le  si  amminislrassero  i 
sacramenti :  e  il  Curato ,  piu  per  contentarla  che  per  allro  ,  le  fece 
portare  il  sacro  Yiatico.  Ma  1'  eslrema  unzione  non  credetle  mai  di 
dovergliela  dare ,  e  non  1'  ha  ricevuta.  Adesso  poi  siamo  a  cavallo. 
Ella  e  quasi  del  tulto  senza  febbre. 

—  Quasi?  che  odo!  non  siamo  dunque  al  termine ;  replico  la  da- 
ma  in  attitudine  di  sgomentata ;  ah  povera  me !  su,  conducetemi  da 
lei;  la  voglio  vedere. 


RACCONTO  STOBICO  DEL  1860  E  1861  453 

—  Ancliam  piano ,  signora  mia ;  ripiglio  Maddalena  invitandola  a 
risedere,  perche  gia  s'era  levata  con  impeto  ;  di  qui  a  un  momento, 
ella  potra  cntrarlc  in  camera.  Ma  in  prima  faccia  die  avvertiamo  Fio- 
retta  del  suo  arrive,  e  la  prepariamo  alia  visila  ;  se  no  ,  questa  sor- 
presa  potrebbe  commuoverla  troppo,  e  farle  del  male  assai. 

Ella ,  dopo  alcune  altre  parole ,  si  acconcio  al  desiderio  pru- 
dente  della  sayia  donna :  ma  in  quella  cbe  Traiano  parti vasi  dal  sa- 
lolto  ,  per  recare  la  nuova  a  Maria  Flora  e  apparecchiar  1'  animo  di 
lei  al  ricevimento  della  cugina,  questa  si  mostro  impazienlissima  di 
almeno  vederla  senza  esser  veduta.  Si  contese  un  poco  dall'una  par- 
le  e  dall'  altra  :  ed  infme  si  delibero  cbe ,  rimanendo  socchiusa  la 
porta  della  camera  ,  la  dama  vi  si  appressasse  e  vi  gitlasse  dentro 
un'occhiata  furtiva,  ma  nulla  di  piu,  per  non  inlorbidare  sprovvedu- 
tamenie  la  tranquillita  della  giovinelta. 

Come  fu  convenulo,  cosi  si  fece.  Nel  punto  cbe  Traiano,  posto  it 
piede  ollre  la  soglia  della  stanza,  si  approssimava  all'  inferma,  la 
signora  cbe,  per  la  smoderala  inquietezza,  non  aveva  membro  cbe 
tenesse  fermo,  sorrelta  da  Maddalena,  si  avvicino  al  fesso  della  por- 
ta, e  guardo  con  una  bramosia  cbe  non  si  potrebbe  dire.  Ma  che  vi- 
d'ella?  Vide  in  una  cameruccia  monda  e  ben  custodita,  un  letto 
biancbissimo  e  giacenlevi,  col  dorso  volto  a  cbi  entrava,  un'ombra 
con  la  testa  affondata  in  due  alii  e  soffici  origlieri.  La  luce  YJ  era 
temperatissima :  tale  per  altro  cbe  lasciava  discernere,  alia  deslra 
sponda  del  letlicello ,  un  tavolinuccio ;  e  suvvi  un  €rocifisso  tra  due 
candelieri  di  cristallo,  alquanle  immagini  sacre  e,  in  un  yaso  di  por- 
cellana  dorala,  unaciocca  di  rose.  A  un  angolo,  presso  la  tenda  deJ- 
la  finestra,  stava  una  giovane  seduta  e  intenta  a  cucire.  Questa  era 
Flaminia,  la  quale,  all'ingresso  del  padre,  si  alzo  prestissimamente  e 
gli  fe  cenno  di  non  ziltire;  perche,  mormoro  ella:  —  Dorme! 

Se  non  cbe  il  passo  gagliardo  delTuomo  e  la  scriccbiolata  cbe  diede 
la  seggiola  di  Flaminia,  destarono  Maria;  la  quale  era  anzi  assopita 
in  un  leggeri  dormiveglia,  cbe  sopraffatta  dal  sonno.  In  quell' atto  del 
riscuotersi,  ella  si  rivolse  tostamenle  la  d'onde  avea  inteso  il  romore, 
e  scorto  Traiano,  sollevo  il  capo  yerso  di  lui.  Allora  la  dama  si  sfor- 
26  di  mirarla  in  faccia.  Ma'nell'  aguzzar  gli  occbi,  per  fissare  queJ 


454  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

visiuo  smunto  e  pallido  come  cera,  se  li  senli  annebbiare,  e  una  tale 
stretta  1'assalse,  che  peno  a  reprimere  uno  strido  di  orrore;  esen- 
z  allro  si  abbandono  quasi  svenuta  sul  braccio  di  Maddalena ,  che, 
sostemitala  falicosamente,  la  ricondusse  nel  salotto. 

LXVII. 


Se  noi  fossimo  vaghi  e  avessimo  agio  di  filosofare  sopra  le  biz- 
zarre YicissUudini,  delle  quali  la  scenica  apparenza  che  chiamiam 
vita  umana,  e  cosi  spesso  intrecciata,  questa  cugina  della  poverella 
di  Casamari  ci  aprirebbe  un  campo  assai  largo,  da  fare  considerazio- 
ni  forsenon  inulili  pe'leltori.  Questa  donna  gia  si  orgogliosa,  si  ven- 
dicaliva  e,  diciamolo  pure,  si  fieraraenle  spietata  di  Pellegrino  e  del 
sangue  suo,  ch'  ella  avea  trabalzalo  nel  fondo  della  miseria:  questa 
donna  gia  colanlo  invidiata  nell'  auge  della  forluna,  cotanto  superba 
del  suo  nobile  sposo,  colanto  lieta  di  una  prole  bellissima  che  era 
ogni  amor  suo,  lanto  corteggiata,  tanto  avvenevole,  ianlo  ricca  che 
nuotavanelledelizie:  questa  rnedesima  donna,  ravvolla  presentemen- 
te  in  gramaglie  ch'  ella  non  ismettera  piu,  perche  vedova  del  marito 
e  orba  de'due  suoi  figliuoli,  raminga  pel  mondo  in  cerca  d'un  clima 
che  le  addolciscagrimmedicabili  dolori  d'un  male  che  non  ha  nome, 
in  preda  ad  una  Iristezza  che  non  cede  a  conforli ,  rosa  dal  dente  di 
un  rirnorso  che  non  le  da  tregua,  affamata  di  feiicita  non  ostan- 
te  la  opulenza  del  suo  patrhnonio,  e  accorsa  ora  di  lontanissimo  ia 
Roma,  nella  casa  di  un  ignolo,  a  palpitarvi,  a  gemervi,  a  spandervi 
lagrime  d'  ineffabile  tenerezza  sopra  1'  orfana  fanciulla  di  quel  Pelle- 
grino, che  ella  s'  era  dileltata  di  calpeslare,  d'  impoverire,  di  anni- 
ehilare ;  questa  cosi  fatta  donna,  esempio  \ivo  e  spirante  dell'instabil 
essere  delle  cose  che  passano,  sembra  a  noi  che  fornirebbe  copiose 
anella  per  una  catena  di  aurei  documenti,  la  quale  porterebbe  il  pre- 
gio  di  esser  composta.  Ma  non  avendo  noi  qui  spazio  di  fare  una  la- 
le  composizione,  pregheremo  chi  legge  a  farla  egli  da  se  con  ogni 
suo  comodo;  e  noi,  paghi  di  avergli  indicata  questa  bell'  opera,  ci 
affreUeremo  di  riprender  in  mano  il  filo  del  racconto. 


RACCONTO  STOHICO  DEL  1860  E  1861  455 

Nel  mezzo  tempo  andato,  fra  1' arrive  della  giovinelta  Maria  Flora 
c  qucllo  cli  colesta  dama  sua  parenle  in  casa  del  nostro  Traiano , 
questi  non  era  gia  stalo  oxioso :  ma  a  convenevoli  intervalli  avea- 
le  spedile  letlere,  per  farla  avvertita  dei  casi  dello  sventurato  cugino 
e  dell*  abbandonamento  dell'  orfanella  sua  figlioccia  ,  ridotta  a  non 
avcre  piu  alcun  rifugio  nel  mondo,  salvo  die  la  carit&  di  lei.  E  nel- 
1'indirizzarle  queste  prolisse  lellere,  che  erano  quasi  per  intero  Tuna 
copia  dell'altra,  egli  si  era  altenuto  ai  ricapili  somminislraligli  da 
Pellegrino,  Intanlo  pero  che  si  stava  nell'  aspetlazione  di  una  rispo- 
sta  che  non  veniva  mai,  le  anguslie  si  dell'ospile  giovinelta,  come  di 
Traiano  e  di  Maddalena,  erano  grandi ;  a  cagione  segnatamente  di 
quello  spirilo  turbolentissimo  di  Flaminia,  la  quale ,  con  le  sue  per- 
lidie,  metteva  in  croce  la  buona  fanciulla  ,  e  in  soqquadro  tutta  la 
famiglia. 

Noi  toccammo  del  lermine  a  cui  erano  giunte  queste  vessazioni, 
sopra  le  quali  non  ci  place  cli  essere  troppo  particolari :  ma  baslera 
il  ri  pete  re  che  effettlvamente  riuscivano  affatto  affatto  intollerabili' 
alia  innocenle  perseguitata,  conlulloche  eS!a  fosse  cosi  mite  per  tem- 
pera di  natura  e  cosi  riguardosa  per  isquisiiczza  di  civilla.  Ouella 
'  poverina  poi  Ian  to  piu  amaramenle  se  n'affliggeva,  quanto  che  ben 
capiva  d'  esser  ella  occasione  involontaria  di  continue  baruffe ,  di 
rimbrolti ,  di  scandal!'  e  di  scene  disgustosissime  fra  la  intrattabile 
figliuola  da  un  lato,  e  il  padre,  la  madre  e  la  piccola  sorella  dall'  al- 
Iro:  Ma  senza  pro.  Conciossiuche  tulle  le  ire  e  lutli  i  risenlimenli  di 
quella  proterva,  sempre  si  scaricavario  centre  di  lei.  E  non  a  parole 
sollanto,  si  bene  a  falli:  cbe  non  di  rado  la  schiafleggiava ,  la  bat- 
leva  co'  pugni  e,  non  potendo  peggio,  le  si  avveutava  sopra  e,  qua- 
si rabbiosa  ligre,  con  morsi  e  grafli  le  lacerava  il  collo  e  le  braccia 
e  svellevale  i  capegli.  E  la  paziente,  non  che  pensasse  a  difendersi 
da  tali  sevizie,  ma  con  le  lagrime  agli  occhi  si  contenlava  di  suppli- 
care  la  manigolda,  che  almeno  non  la  percolesse  e  graffiasse  nel  vol- 
te ;  acciocche  le  visibiii  grailialure  non  facessero  andare  sulle  furie 
il  padre,  e  incollerire  la  madre :  la  quale  s'  era  posla  davvero  a  ren- 
dere  pan  per  focaccia  alia  besliale  figliuola,  ogiii  qual  volta  si  ac- 
corgeva  che'  ella  avesse  malmenata  Maria. 


456  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

Per  questo  aggravamento  di  pene  d'animo  e  di  corpo,  avvenne 
della  tapina,  affranta  gia  da  passion!  si  agre  e  diuturne ,  quello  che 
poteasi  prevedere  :  cioe  ch'  ella  cadde  in  una  debolezza  nolabile  di 
Jutte  le  forze,  e  in  frequenli  deliquii  che  si  studiava  di  occullare  con 
ogni  sua  maggior  diligenza.  Ogni  di  piii  ella  si  sentiva  mancare.  A 
niuno  pero  ardivasi  di  scoprire  questo  suo  affievolimento,  che  le  in- 
.generava  un  mal  essere  inesplicabile  di  lutta  la  persona  ,  per  tema 
di  non  parer  fisicosa.  Tultavia  presto  all'  indebolimento  e  ai  deliquii 
ienne  dietro  una  sotlil  febbricella,  la  quale  comincio  riarderle  il  san- 
gue ,  addolorarle  il  capo  e  infralirle  i  nervi  per  niodo  ,  che  non  si 
reggeva  in  piedi,  e  seduta  non  trovava  postura  che  le  si  confacesse. 
Di  che  ogni  momento  doveva  intermetlere  il  lavoro  :  e  inoltre  ell'  e- 
ra  in  una  smanielta  perpelua,  che  le  bisognava  uno  sforzo  eroico  a 
dissimularla.  E  niente  di  meno  fece  queslo  sforzo,  e  si  porto  indos- 
so  la  febbre  e  la  seppe  nascondere  due  giorni :  e  1'avrebbe  nascosta 
qualche  altro  tempo,  se  Maddalena  ,  ita  per  sorte  nella  sua  camera, 
non  1'avesse  colta  nell'  atto  di  uno  sfinimento  che  la  fece  rabbrivi- 
dire.  In  vederla  traboccata  giu  dalla  sedia ,  con  la  testa  appoggiata 
alia  spalliera  di  un  prossimo  canape,  con  le  guance  smorte,  gli  oc- 
chi  semispenli,  un  braccio  spenzoloni  e  1'altro  puntalo  nel  pavimen- 
to ,  essa  mando  un  grido  e  tosto  le  si  chino  sopra  per  sollevarla.  A 
quell' urlo  corse  la  fantesca,  corse  Traiano  che  slavanel  suo  scritto- 
io,  e  corse  anch'  ella  Flaminia.  —  Ah ,  povera  creatura !  sclamo  la 
donna  posandole  una  mano  in  fronte,  mentre  la  rialzava  per  collocar- 
3a  nel  canape ;  scotta  che  ella  sembra  un  fuoco  rovente. 

—  Dio  buono,  che  febbre !  soggiunse  Traiano  tutto  spaurito  dopo 
toccatole  il  polso ;  qui  ci  vuol  il  medico ;  presto !  inelletela  in  letto  e 
si  chiami  subito  il  medico. 

Flaminia  era  diventata  bianca  bianca  come  di  carta ,  e  avea  1'  af- 
fanno;  e  guardando  il  sembiante  incadaverito  ma  placidissimo  di 
Maria,  le  veniva  il  singhiozzo,  e  poi  tremava  tutta  e  con  gli  occhi  u- 
midi  ed  accesi  e  con  un  vocino  fioco  e  appannato :  —  0  Dio !  mam- 
ma, che  sara?  chiedeva  alia  madre  che  era  affaccendala  in  prepa- 
rare  il  letto. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  18G1  457 

-Ah,  trista!  che  sara?  tul'hai  falla ammalare,  brulta....  uhm! 
or  sei  conlenta?  Va,  non  restar  qui  con  le  mani  in  mano  a  farmi  le 
smorfie ;  corri  a  premiere  1'  aceto  de'  selte  ladri  e  bagnagliene  le 
tempie  e  le  narici.  Via,  figlia  ,  dalti  attorno  anche  lu.  Ub,  povera 
Fioretta !  chi  sa  da  quanli  giorni  si  doveva  senlir  male,  enon  mi  di- 
ce va  nulla. 

La  figliuola  and6  e  torno^on  la  bocceltina  dell'acelo.  Poi  assisasi 
allato  della  svenuta,  le  alzo  delicalamente  la  testa,  se  la  reco  in  se- 
DO,  la  miro  e  rimiro  in  vollo  con  guardo  di  atterrila  compassione ;  e 
in  quella  che,  slurata  la  boccetla,  gliel'apponeva  alle  nari,  presa  da 
un  impeto  di  cuore ,  s'  inchino  a  baciarla  e  a  ribaciarla  in  fronle,  e 
sospiro  e  pianse ;  e  le  sue  lagrime  gocciolavan  bollenli  sulle  gote  Ian- 
guide  della  poverella,  il  cui  capo  alienato  da' sensi  ella  tenevasi 
slretto  in  grembo.  —  Si  eh?  adesso  piangi?  la  rimprovero  Madda- 
lena ;  queste  son  lagrime  di  coccodrillo.  Ci  vuol  altro  che  piangere ! 
ah  Vergine  mia  santa !  quasi  che  io  non  te  lo  avessi  delto  e  ridetto 
cenlomila  volte,  brulta  fastidiosa,  che  lu  avresli  finito  con  farla 
schiattare  questa  innocente !  Dio  te  lo  perdoni :  ma  se  ella  ci  muore, 
tu  ne  sarai  in  colpa ;  tu,  capisci?  tu;  e  per  le,  se  yuoi  salvar  l'ani~ 
ma,  non  resta  che  chiuderti  in  un  convento  a  far  penilenza  tutta  la 
tua  vita.  0  si,  ya,  seppellisciti  davvero  tra  le  cappuccine;  e  possa 
io  perdere  il  lume  degli  occhi,  se  yersero  una  sola  lagrima  per  dis- 
piacere  di  te!  Oh,  1' ingrata!  io  non  so  proprio  chi  mi  tenga,  ch'io- 
non  ti  scagli  contro  tulle  le  maledizioni  che  puo  dare  una  madre  a 
una  figliuola  assassina ! 

II  che  udendo,  Flaminia  scroscio  in  un  pianto  si  sconsolalo,  ch'el- 
la  ne  inondava  tulto  il  viso  di  Maria  Flora,  e  Ira  i  singulli  e  i  ruggi- 
ti: — No,  mamma;  rispondeva  pesiando  de'piedi  in  terra;  tacete, 
per  1'amore  di  Dio,  e  non  mi  fulminate  maledizioni,  che  io  non  le  fa- 
ro piu  male,  e  vi  giuro  che  le  vorr6  sempre  bene ,  e  1'amero  piu  di 
me  stessa. 


158  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

LXVHI. 

Un'  ora  dopo  sopragglunse  il  medico,  e  fu  introdotto  nclla  stanza 
della  inferma  gia  colca  e  appieno  rin\7enuta  nei  sentiment!.  EH'  era 
serenissima  di  aspeito  e  aveva  un  riso  angelico  sulle  labbra.  Flami- 
nia  le  sedeva  al  capezzale  liitta  infiammala  in  faccia,  e  con  le  vesti- 
gie  ancor  fresche  del  gran  pianto  che  avea  versato.  II  doltore  le  fe- 
ce  il  solito  interrogatorio  ,  e  quando  intese  la  fanciulla  confessargli 
ingenuamente,  che  da  un  pezzetto  in  qua  paliva  deliquii:  —  Scioc- 
chezza  a  non  dirlo  in  tempo !  esclamo  volgendosi  con  gravila  a  Traia- 
no.  Relaxaliones  spontaneae  proximum  morbum  praenunciant;  inse- 
gnava  la  vecchia  scuola  salernitana ;  ed  e  apotemma  infallibile. 

—  Sara  cosa  da  poco  ;  non  e  vero  ,  signer  dollore?  gli  dimando 
Maddalena. 

-  Eh,  spcriamolo!  questo  si  vedra.  La  febbre  c'  e;  or  badiamo 
a  vincerla. 

—  Signer  dottore,  io  non  vorrei  dare  troppo  incomodo;  gli  dis- 
se  allora  Maria ;  tanlo  e  tanto  io  so  quel  che  ha  da  essere  di  me.  A- 
vrei  piu  caro  cbe  ella  mi  ordinasse  i  sacramenti,  che  non  i  rimedii 
degli  speziali. 

-  Che  sacramenti?  che  sacramenti?  soggiunse  il  dottore  con  una 
scrollatina  di  spalle;  non  mi  sembra  che  abbia  da  occorrere  di  or- 
dinarveli. 

—  Si  figuri !  incalzo  la  donna  ;  non  e  per  anco  una  settimana  che 
io  la  condussi  a  fare  le  sue  divozioni. 

—  Niente ,  nienle !  replico  il  medico  sul  partire ;  voi  eseguite  le 
prescrizioni  e  state  di  buon  animo,  che  non  sara  nulla. 

Nonpertanto  la  febbre  viepiu  ingagliardiva ,  e  il  medico  era  im- 
pensierito  e  la  maslicava  male.  Flaminia  piu  la  gra\ila  del  morbo 
cresceva,  e  piu  si  raumiliava,  a  tale  che  il  lerzo  giorno  ella  non 
sembrava  piu  quella  dessa  di  prima.  Non  si  voleva  discostare  mai 
dal  letlo  o  dalla  stanzuccia  della  malata;  e  sempre  le  era  daltorno  ad 
assisterla,  a  servirla,  a  vezzeggiarla  e  soprattulto  a  chiederle  mille 
scuse  di  averle  usati,  senza  nessuna  ragione,  cosi  rei  traltamenti,  i 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  459 

quali  ora  le  davano  un  rimorso  che  non  ne  avea  requie.  E  siccome 
la  virluosa  Maria  si  prolestava  di  non  avere  che  condonarle,  e  la 
cerlificava,  con  candore  bellissimo  di  atli  e  di  delti,  dell' amor  suo, 
e  d'  essersi  scordata  di  ogni  cosa;  percio  1'allra  addoppiava  le  dimo- 
strazioni  d'  affelto ;  sino  a  chiedere  istantissimamente  al  padre  e  alia 
mad  re  e  ad  ottenere  di  far  essa  le  noltate  all'  inferma;  o  almeno  di 
dormire  nella  sua  medesima  camera,  per  esser  proiita  a  qualunque 
cenno  di  lei. 

Ma  quando  la  malaltia  principi6  voltarsi  del  lutto  alia  peggio,  in 
guisa  che  i  medici,  convocati  da  Traiano  a  una  consultazione  inlor- 
no  la  giovinetta,  stimaron  prudente  che,  innanzi  il  giorno  crilico  della 
vita  di  lei,  le  si  amministrasse  il  sacro  Viatico ;  le  ansieta,  i  terrori, 
le  disperate  angosce  di  Flaminia  non  ebbero  piu  confine.  Ella  errava 
di  stanza  in  istanza  dandosi  in  fronte,  traendo  lai  e  baltendo  pal- 
ma  a  palma,  con  esclamazioni  e  compianti,  che  non  era  possibile  di 
chetare.  —  Ahime,  che  1'  ho  uccisa  io !  o  povera  Fioretla,  viltima 
delle  mie  crudella !  Ella  tanlo  buona  !  ella  un  angelo !  e  io  sua  carne- 
fice !  0  me  misera,  io  sono  perduta,  io  vivro  maledelta  come  Caino ! 
Dio ,  misericordia !  —  E  a  mo'  di  forsennata  si  buttava  nelle  brac- 
cia  ora  della  serva,  ora  della  madre,  ora  del  padre  gridando  pieta, 
distrecciandosi  le  chiome,  e  ricusando  ogni  mauiera  di  consolazioni. 
Sopravvenuto  il  padre  Eusebio  suo  zio,  gli  corse  incontro  come  una 
furibonda,  gli  si  prostro  ginocchioni  ai  piedi,  glieli  serro  tra  le  ma- 
Di,  e  piu  coi  singulti  che  con  le  parole,  Io  scongiurava  che  egli,  tanto 
buon  servo  di  Dio,  impetrasse  dal  Signore  la  guarigione  di  Fioretta; 
che  ella  si  obbligava  con  voto  di  converlirsi,  di  chiudersi  per  otto 
giorni  a  fare  gli  esercizii  spirituali  nel  monastero  del  Bambin  Gesu, 
o  a  Villa  Lante,  e  di  mutar  portamenti  si  che  egli  non  la  riconosce- 
rebbe  piu.  —  Ma  per  quanto  amate  il  Signore  e  la  Madonna ,  deli 
zio  mio,  fate  questo  miracolo !  bcneditela  col  cordone  di  san  Fran- 
cesco ,  con  la  reliquia  della  Croce  ,  con  quella  divozione  che  giu- 
dicnte  meglio;  ma  guaritemela,  guaritemela!  oh  si,  guarilemela, 
aflinche  io  non  abbia  da  \1vere  col  rimorso  di  aver  ammazzata  que- 
sta  celeste  creatura,  che  io  sono  indegna  di  pur  nominare  I 


460  LA  POVERELLA  DI  CASA.MARI 

Ricevuto  che  ebbe  il  Viatico,  da  lei  chiesto  e  richiesto  gia  con  un 
desiderio  intensissimo,  la  pia  fanciulla,  comeche  oppressa  dalla  vio- 
lenza  del  male,  si  fece  phi  ilare  e  tranquilla  che  non  fosse  dianzi; 
quando,  pe'  raccapricci  dell'assalto  febbrile,  penosamenle  si  dibatte- 
va.  Flaminia  le  s'era  confitta  a  sioistra  del  capezzale  e  lassa  di  me- 
nar  guai  e  di  atlapinarsi,  le  avea  posto  un  braccio  sotto  del  collo,  e 
stava  cosi  riguardandola  con  infmita  commiserazione ,  e  mormoran- 
dole  parole  amorose,  conforme  le  dettava  il  cuore.  Traiano  enlro  in 
punta  di  piedi  per  salutarla.  Maria  garbatamente  lo  risalulo,  gli  sor- 
rise  e  aggiunse,  che  mentre  Gesu  Crislo  era  nel  suo  pello,  essa  lo  a- 
veva  pregato  molto  per  lui  e  per  tutta  la  faraiglia  sua :  ma  che  in 
delo  si  riserbava  di  conlraccambiargli  i  benefizii  smisurati,  che  egli 
le  avea  fatti  con  carila  di  vero  e  buon  padre.  Ai  quali  detti  I'uomo, 
inteneritosi  fino  alle  lagrime,  senlendo  cbe  la  commozione  gli  anno- 
dava  la  gola,  si  coperse  gli  occhi  col  fazzolelto  e  singbioltendo  si  ri- 
iiro.  Dietro  di  lui  venne  Maddalena  tenendo  Lucilla  per  mano,  e  ve- 
niva  con  Y  intenzione  di  accomiatarsi  da  lei  per  l'ullima  volta ;  giac- 
cbe  temevasi  cb'  ella  da  un  istante  aH'allro  cadesse  in  delirio,  e  da 
questo  non  si  riavesse  piu,  nemmanco  nell'  agonia.  Al  parlar  pieto- 
so  e  carezzevole  della  donna ,  Maria  corrispose  con  una  lencrezza 
clolcissima :  bacio  lei,  bacio  e  ribacio  Lucilla ,  ascolto  alcune  grazie 
cbe  Maddalena  la  supplicava  di  ottenerle  da  Nostro  Signore ,  quan- 
do ella  fosse  nel  suo  beato  amplesso;  e  promise  cbe  avanti  si  sareb- 
be  dimenticata  di  se ,  che  di  lei  sua  seconda  madre  e  benefattrice 
carissima.  Ond'  e  cbe  Maddalena  use!  dalla  stanza  che  non  poteva 
piu  allenare,  tant'  era  il  groppo  che  le  s'  era  formato  alle  fauci ,  per 
la  veemenza  degli  affetti  che  1'agitavano. 

—  E  voi,  Flaminia,  quali  commissioni  mi  date  voi  pel  paradiso? 
la  interrogo  1'  inferma,  tosto  che  gli  altri  si  furono  slontanali. 

—  Una  sola ;  che  Dio  mi  perdoni  il  gran  male  cbe  vi  bo  fatto , 
come  voi  me  lo  avete  perdonato.  Ob  si!  impetratemi  questo,  e  io 
mi  porro  in  pace.  Voi ,  ridatemene  la  sicurta,  mi  perdonale  di  cuo- 
re ,  eb? 

—  Ma  io  non  ho  che  perdonarvi.  Yoi  non  mi  avete  fatto  del  ma- 
le ;  anzi  del  bene :  e  se  il  Signore  ha  permesso  che  ci  fosse  qualche 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  461 

screzio  tra  me  e  voi ,  c!6  e  stato  in  pena  delle  mie  colpe.  lo  debbo 
chiedere  perdonanza  a  voi. 

-  Delle  voslre  colpe?  ah,  voi  colpe?  vorrei  averle  io  le  vostre 
colpe  !  Yoi ,  Fioretta  mia ,  siete  un  angelo ,  e  vi  si  vede  negli  occhi 
1'  innocenza  baitesimale. 

—  Non  dite  questi  spropositi.  Ad  ogni  modo  noi  ci  perdoniamo  i 
nostri  mancamenti  a  vicenda.  Or  toglielemi  una  curiosita.  Qual  e 
slalo  il  difelto  mio  che  piu  vi  ha  offesa? 

—  Crediatemi ,  che  in  voi  non  ho  scoperto  nessun  difetlo ,  e  che 
voi  non  mi  avete  recala  mai  1'ombra  di  un'offesa. 

—  E  impossibile.  Voi  ftogete  per  timore  di  farmi  noia,  e  invece 
k)  guslerei  assaissimo  di  sapere  la  verita. 

—  Or  bene ,  la  veri&  e  come  v'  ho  detto. 

—  No,  Flaminia,  questo  non  puo  essere.  Se  io,  cerlo  senza  vo- 
lerlo ,  ma  pure  se  io  non  vi  avessi  data  cagione  di  fortissimi  dispia- 
eeri ;  voi  mai  e  poi  mai  non  vi  saresle  adontala  meco.  Siate  adun- 
que  sincera. 

-  Parliam  d'allro.  Gradireste  bagnarvi  la  lingua  con  un  sorsel- 
lino  di  questo  sciloppo  di  viole? 

—  Si ;  ma  dopo  che  mi  abbiate  falta  la  grazia  che  vi  domando. 
Se  mi  amate ,  non  me  la  dovete  negare. 

—  Ma  che  v'ho  a  dire,  beU'angiolelta  mia?  bugie? 

—  0,  raai  bugie !  la  verita,  la  verita.  Perche  vi  siete  sdegnata 
cosi  spesso  con  me?  Questo  vi  prego  che  mi  diciale. 

—  Perche  io  sono  cattiva  ,  mai  educala  e  senza  cuore.  Ti  basta, 
Fiorelta?  ecco  la  verita.  Non  mi  costringere  a  dire  di  piu ,  se  no  la 
faccia  mi  cascherebbe  dalla  vergogna ,  e  tu  n'avresti  scandalo  inu- 
lilmente. 

—  Non  mi  basta.  Voi  accusale  voi  stessa,  e  io  bramerei  che  ac- 
cusaste  me ,  e  con  ogni  franchezza  di  arnica  mi  svelaste  i  torli  che 
io  ho  con  voi ,  per  potermene  penlire :  giacche  mai  non  ho  avulo 
tanto  lume,  che  io  li  conoscessi  o  gl'  indovinassi. 

-  Adunque  lu  mi  vuoi  proprio  mellere  tra  1'  uscio  e  il  muro  ? 

-  SI,  per  maggior  quiele  dclla  mia  coscienza.  Parlate. 

—  Io  mi  vergogno. 


IA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

—  Ma  di  die? 

—  Mi  dai  parola  che  terrai  secretissimo  quello  che  io  li  diro  ? 

—  I  morti  non  \iolano  i  secret!.  Io  sono  piii  di  la  che  di  qua: 
che  temere? 

—  Persuadili ,  sorella  mia  cara ,  che  io  pazzamente  ti  ho  perse- 
guitata ,  non  perche  tu  me  ne  dessi  appiglio ,  ma  per  questa  sola 
cagione,  che  tu  mi  facevi  invidia.  La  lua  bellezza  era  il  pruno  che 
pungeva  questi  miei  occhiacci  maligni.  II  senlire  tulle  le  persone  che 
venivano  a  Irovarci  lodar  te  per  bellissima,  e  mia  madre  far  loro  i 
panegirici  della  lua  bonta ;  si  che  tu  eri  la  bella  e  la  buona  di  casa, 
e  io  niente ;  mi  empiva  1'animo  di  un  veleno,  che  io  non  sapeva  co- 
me sfogarlo.  Nellafesta  poi  di  san  Filippo  Neri,  allorche  udii  con 
le  mie  orecchie  dire  dielro  a  noi  che  tu  eri  una  Stella ,  e  che  io 
scompariva  al  paragone  di  te ;  m'  inviperii  lanto,  che  giurai  in  cuor 
mio  di  farli  parlire ,  per  non  avere  queslo  lormento  di  una  rivale 
che  tulli  mi  preferivano.  E  non  avendo  poluto  conseguire  che  te  ne 
andassi,  per  mera  stizza  di  gelosia  ti  maltratta^a.  Yedi ,    Fiorella 
mia  bella ,  quanto  io  sono  perversa?  Questa  e  la  verila  pura :  quel- 
la  medesima  che  piangendo  ho  delta  al  confessore,  ier  1'altro,  quan- 
do  in  chicsa  feci  le  mie  divoziorii  aU'altare  della  Madonna,  per  sup- 
plicarla  della  lua  guarigione.  Oh  ,  m'  e  costato  il  dirtelo  !  ma  tu  ac- 
cetta  questo  mio  rossore,  in  soddisfazione  di  lanti  oltraggi  con  cui  ti 
ho  straziala. 

II  dialogo  non  procede  oltre.  Ambedue  restarono  si  confuse,  1'una 
delle  manifestazioni  che  il  pentirnenlo  strappavale  dalla  bocca ,  e 
1'altra  delle  novissime  confidenze  che  ascoltava ;  che,  rotto  il  discor- 
so,  pensarono  meglio  di  riabbracciarsi  in  segno  di  perfetta  concor- 
dia,  e  di  seppellire  nel  silenzio  lutto  il  passalo.  E  noi  allresi  farem 
punlo  su  quesla  cosi  schielta  rivelazione  ;  della  cui  contenenza  coloro 
solamente  prenderanno  meraviglia  ,  che  ignorano  quale  abisso  di 
frivolezze  sia  un  cuor  muliebre  \uolo  di  Bio.  E  fino  allora ,  lale  era 
slato  il  povero  cuor  di  Flaminia.  Ma  or  ch1  ella  fa  senno  ,  or  che 
implora  perdono  dal  cielo  e  dalla  terra,  or  che  Io  impetra  larghissi- 
mo  dalla  slessa  vittima  delle  sue  barbare  gelosie  ;  e  voi  che  leggete 
e  noi  die  scriviamo  saremmo  ben  duri,  se  anche  noi  non  glielo  con- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861 

ecdessimo ;  e  per  prova,  non  islendcssimo  un  velo  sopra  quesle  sue 
deplorale  stollizie. 

Quel  giorno  senlenziato  dai  medici  come  crilico  per  la  viladi  Ma- 
ria Flora,  Irascorse  men  lorbido  di  quel  che  i  pronoslici  aveano  falto 
credere  :  e  quindi  la  iufermila  venne  grado  per  grado  miligandosi  a 
tale,  che  lutti  nella  casa  concepirono  ollime  speranze  del  suo  ricove- 
ramento.  Ne,  a  scemarle,  valeva  un  resticciuolo  di  febbre  che  le  ri- 
inaneva  pur  sempre  in  dosso ,  e  che  non  c'  era  modo  di  staccarle  , 
per  mollo  che  1'  arle  \i  si  adoperasse.  Del  che  il  signer  dottore  in 
verila  non  era  senz'  apprensioni.  Ma  le  sapeva  colorire  con  si  belle 
frasi,  ch'elle  non  Irasparivano.  E  per  cio  il  conlentamenlo  di  Traia- 
no  ,  di  Maddalena  e  sopra  tuili  di  Flaminia  era  grandissimo ;  non 
oslanle  che  la  malata  facesse  viso  d'incredula,  e  rispondesse  ai  ral- 
legramenti  corauni :  —  Adagio,  adagio  coi  mirallegri !  Non  canliam 
il  gloria,  prima  che  sia  fmito  il  salmo. 

—  Eh !  ma  voi  state  benino,  siete  fuori  d'ogni  pericolo. 

—  Ouesto  s'ha  da  vedere.  lo  non  sono  ancora  uscila  di  casa  coi 
miei  piedi. 

—  Ne  uscirete:  lasciate  che  passi  qualche  altro  giorno,  e  poi 
andremo  a  fare  una  bella  passeggialina  sul  Pincio,  mela  in  carrozza 
e  meta  a  piedi. 

—  Sul  Pincio?  ah,  ah;  eccolo  il  mio  Pincio !  eindicava  gaiamen- 
te  il  cielo  con  gli  occhi ;  lassu  e  chi  mi  aspella ;  lassu  e  chi  mi 
chiama.  lo  debbo  volarci  e  presto,  e  presto! 

Ta.l  era  la  condizione  di  lei,  quando  improvvisissimarnente  arrivo 
la  cugina,  per  prenderla  e  condurla  seco. 


RIVISTA  II 


BELLA 


S  T  A  M  P  A   I  T  A  L  I  A  N  A 


I. 


Di  due  yiornali  torinesi ,  la  Gazzelta  del  Popolo  ed  tVDiriUo, 
contrarii  alia  Convenzione  del  15  Sellembre. 

La  Massoneria,  avendo  per  suoi  organ!  e  rappresenlanli,  in  ogm 
sua  manifestazione  morale  e  politica,  la  feceia  del  mondo  di  qua  e  di 
la,  e  naturale  die,  anche  nella  sua  manifestazione  lelteraria,  si  debba 
servire  del  giornalismo  in  generale,  che  e  do  che  Yi  ha  di  phi  basso 
nella  scala  letleraria,  e  in  particolare  del  giornalismo  piu  sozzo,  piu 
sgrammalicato,  piu  acdabattato  e  piu  abborraccialo.  Giornale  senza 
lingua  e  senza  stile,  senza  capo  nc  coda,  senza  pudore  ne  fede,  e  gior- 
nale  liberale,  sono  sinonimi,  almeno  in  Italia,  dove  e  ora  il  fiore  della 
massoneria  attiva.  E  certo  non  crediamo  dire  cosa  nuova,  ne  igno- 
rata  dagli  stessi  libertmi,  affermando  cbe,  se  ci  e  in  Italia  (come,  Dio 
grazia,  ve  ne  ha  parecchi),giornale  savio,  costumato,  bene  scrillo, 
brioso  e  che  si  fa  leggere  con  piacere  e  senza  vergogna  da  altri  che 
dagli  scostumali  e  dai  balordi,  quello  e  per  fermo  un  giornale  codino 
o  codino  almeno  in  proporzione  della  bonla  letteraria.  Giacche  egli 
accade,  che  ancor  Ira  i  giornali  libertini  ci  sia  la  sua  gerarchia,  la 
quale  si  riconosce  al  solo  fmlo  letierario ;  polendosi  dire  che  quan- 
to  un  giornale  e  meno  provetto  nell'  ordine  liberalesco  ,  tanto  e 
meno  scempio  nell'  ordine  lelterario ;  rimanendo ,  com'  e  nalurale , 


RIYISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  465 

Fonore  della  scempiaggine  sommaai  giornali  presbiteriani :  sepure 
ne  sopravvive  ancora  qualcuno  alia  careslia  di  associali,  che  li  con- 
dusse  quest'  anno  pressoche  tulli  al  sepolcro  morli  di  fame.  Queste 
cose  dovemrao  dire  a  modo  di  prefazione  ad  una  Rivisla,  che  si  an- 
mmzia  di  giornali  si  empii  e  si  sozzi,  come  i  due  qui  sopra  menlo- 
\ati.  Ma  non  ci  e  rimedio.  Se  si  vuol  far  una  rivista  di  giornale 
massonico,  bisogna  bene  andarlo  a  cercare  dove  si  trova. 

La  Gazzetla  del  Popolo  e,  tra  i  giornalastri  moderali,  il  piu  smo- 
derato  e  il  piu  affratellato  all'  ordine  dei  democratici.  II  Dirilto,  per 
converso,  e  Ira  i  giornali  smoderati  e  democralici  il  piu  moderate  e 
il  men  democralico,  e  il  piu  affratellato  all' ordine  de'moderati.  Si 
avvera  di  quesli  due  giornali  il  proverbio,  che  gli  estremi  si  toc- 
cano.  L'  estremo  in  peggio  dei  moderali  tocca  1'  estremo  in  meglio 
dei  democratic! . 

II  qual  toccamento  ha  avuto  pure  luogo  nella  quesiione  della 
Convenzione  e  del  trasporto  della  Capitale.  Soli  fra  i  giornali  masso- 
nici  (almeno  tra  quelli  che  sono  noli  fuori  della  loro  stamperia),  soli 
la  Gazzetta  del  Popolo  e  il  Dirilto  parleggiano  per  la  rollura  a  pezzi 
della  Convenzione,  e  per  la  restata  della  Capilale  in  Torino.  Ogni 
giorno,  dalla  prima  notizia  della  Convenzione,  e  dopo  le  sanguinose 
giornate  del  Setlembre,  que'  due  giornali  hanno  pubblicato  uno  o  piu 
arlicoli  furibondi  contro  chi  penso,  scrisse  e  soltoscrisse  quel  Trat- 
tato.  Ogni  giorno  que'  due  giornali  trovano  nella  Convenzione  qual- 
che  nuovo  vizio  e  qualche  nuovo  tranello  teso  alia  rivoluzione.  Ogni 
giorno  que' due  giornali  eccitano  il  popolo  a  prolestare,  e  i  Depulati 
a  non  appro vare  la  Convenzione. 

Si  vede  pero  una  differenza  radicale  tra  i  due  giornali.  La  Gazzelta 
del  Popolo,  come  piu  sciocca,  mostra  chiaro,  che  ella  spera  che 
i  suoi  articoli  debbano  avere  qualche  influenza  sopra  gli  avvenimenli 
g\h  tutli  decisi  prima  che  avvengano.  L'altro,  il  Diritto,  o  perche  piu 
scaltro  o  perche  piu  avventato,  si  vede  che  scrive  senza  speranza, 
come  quei  poeti  petrarcheschi,  che  fingono  un  amore  che  non  hanno, 
solo  per  fare  un  Canzoniere.  Cosi  il  Dirilto  mostra  di  capire  benis- 
simo  che  i  suoi  arlicoli  non  faranno  nessun  effetlo,  siccome  dee  es- 
sere  naturalmente.  Pure  scrive  per  scrivere. 
Serie  V,  vol.  XUy  fasc.  352.  30  9  Novmbre  1864. 


466  RIVISTA 

Ambedue  i  giornali  scrivono  pero  ancora  per  un  allro  fine  diversa 
dali'accennato.  Giacche,  se  non  erriamo,  ci  pare  di  aver  col  to  in  fallo 
i  due  giornali,  e  di  avere,  tanto  nel  Diritto  quanto  nella  Gazzetta, 
scoperto  il  motivo  segreto  della  loro  opposizione  a  cosa  che  dovreb- 
bero  intendere  (e  il  Diritto  1'  intende)  essere  inevilabile. 

Cominceremo  dalla  Gazzetta.  Essa  e  di  buona  fede  nella  sua  op- 
posizione. Essa  crede  seriamente  che  la  Convenzione  e  un  male  e 
clie  il  Irasporlo  della  Capitale  e  peggio.  E  inutile  cbe  citiarao  qui 
lunghi  testi.  Sono  ormai  due  mesi,  die  in  essa  si  legge  ogni  giorno 
un  arlicolo  o  due  contro  1'una  e  1'altro.  Carlo  Pisani  ( che  si  sotto- 
scrive  G.  P.  e  si  chiama  dai  Torinesi  il  signor  dpi)  ha  preso  per  se 
la  parte  degli  argomenti  serii  e  degli  affelti.  Qualche  volla  vuole 
scherzare,  ma  non  ci  riesce,  piu  che  quell'  asinello  della  favola, 
che  voleva  imitar  le  carezze  del  cane  di  casa.  Chi  fa  con  piu  garbo 
le  carezze,  e  il  Borella:  che,  alia  sua  volta,  tenta  di  quando  in  quan- 
do  il  grave  e  I'affettuoso,  non  senza  eccitar  allora  le  risa  piu  che 
quando  le  vuol  cavar  a  forza.  I/  accigliato  dpi  e  il  buffone  Borella, 
ambedue  sono  pero  d'  accordo  nel  maledire  alia  Convenzione  e  a  chi 
lf  ha  fatta. 

Or  perche  questo?  Giacche  a  prinaa  vista  par  cosa  strana  che  il 
coro  massonico  che  appro va  la  Convenzione  abbia  questa  corda  slri- 
dente  e  discordante.  Or  non  si  sa  egli  che  la  Massoneria  ha  la  paro- 
ia  d'  ordine  e  dee  obbedire  a  bacchetta  ?  Come  va  dunque  che  la 
Gazzeita  delPopolo,  dimenticatasi  dell'obbedienza  cieca  e  del  perin- 
de  ac  cadaver,  osa  pensar  da  se  in  cosa  d'importanza  contro  1' ordi- 
ne de' superior!?  Tanto  piu  che  appartenendo  essa  ,  benche  neil'  in- 
fimo  grado,  al  gran  partito  moderato,  Cavuriano,  unitario  o  qualun- 
que  sia  ii  nome  che  ora  gli  compete ,  e  lanto  piu  obbligata  a  non 
scostarsi  daH'opinione  appunto  di  quel  partito  e  dei  suoi  capi,  che 
sono  quelli  che  tramarono  la  Convenzione.  Se  essa  fosse  giornal 
mazziniano  e  democratico,  tanto  e  tanto  la  cosa  si  capirebbe.  Giac- 
che i  ragazzi  del  partito  fremente  hanno  ,  come  tutti  gli  altri  ragaz- 
zi  del  mondo,  la  massima  di  contraddire  sempre  a  quello  che  fanno 
i  superior!.  Ma  un  moderato! 

Questa  opposizione  della  Gazzetta  parrebbe  dunque  inesplicabile, 
se  noi  non  1'  avessimo ,  come  dicevamo ,  presa  in  fallo,  cogliendo  ai 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  467 

\olo  la  vera  ragione,  che  essa  si  lascio  fuggir  di  bocca,  per  la  quale 
qucsla  volta  si  e  ribellata  all'  aulorita  dei  superior!,  incaricati  di  pen- 
sare  a  nome  di  lulti  i  framassoni  sudditi. 

E  la  ragione  sta  celata  nei  seguenti  tesli,  nei  quali  essa  ha  procu- 
rato  di  nascondere  ai  profani  il  suo  pensiero ,  manifestandolo  pero, 
come  in  iscorcio,  agli  iniziati.  Dunque  nei  suo  n.°  del  1  Otlobre  essa 
disse  e  sottoscrisse  (scrivendole  in  corsivo)  le  parole  seguenli,  recate 
a  scusa  della  sua  opposizione  alia  Convenzione :  «  Siate  certi  che 
non  dimenticheremo  mai  che  sono  Iroppi  e  troppo  cresciuti  i  congiu- 
rati  alia  perdita  d' Italia.  »E  nei  n.°  dei  3  Oltobre:  «Torner&  dolo- 
roso  che  con  tanta  inconsideratezza  sia  stata  esposta  alle  lentazioni 
una  provincia  (il  Piemonle),  rimastavi  pritna  d'  ora  inaccessibile.  » 

Che  cosa  significano  quesli  tesli  ? 

Per  intenderne  bene  il  senso  conviene  premeltere  quello  che  del 
resto  non  e  nuovo  a  sapersi,  cioe  che  la  cosi  delta  unila  d'  Italia  e 
un  milo ,  un  apologo ,  un  modo  di  dire,  che  in  realta  non  esisle  ne 
puo  esistere.  L'  unila  d'  Italia  si  puo  Irovare  dipinta  al  vivo  nei  Pro- 
messi  Sposi,  dove  essa  e  rappresentala  in  quelle  galline  che  Renzo 
porto  in  regalo  all' avvocato  Azzeccagarbugli.  «  Agnese  (narra  il 
Manzoni,  che  come  fuluro  Senatore  del  Regno  dovette  forse  avere  qui 
un  po  di  preveggenza  politica )  Agnese  levo  a  una  a  una  le  povere 
«  beslie  dalla  slia,  riuni  le  loro  otto  ganibe  come  se  facesse  un 
«  inazzetto  di  fiori,  le  avvolse  e  le  strinse  con  uno  spago  e  le  conse- 
«  gno  in  mano  a  Renzo.  »  Cosi  furono  prese  le  povere  varie  parti 
d' Italia;  cosi  furono  riunite  per  le  zampe  come  se  si  facesse  un 
mazzelto  di  fiori;  cosi  furono  avvolte  e  slrette  collo  spago  piemonte- 
se.  Segue  opportunamente  il  Manzoni  dicendo  :  «  Lascio  pensare  al 
lettore  come  dovessero  stare  in  viaggio  quelle  povere  beslie  cosi  le- 
gate e  teniile  per  le  zampe  a  capo  all'  ingSu,  le  quali  intanto  s'  inge- 
gnavano  a  beccarsi  1'una  con  1'allra,  come  accade  troppo  sovenle  tra 
compagni  di  svenlura.  » 

II  Manzoni  Senatore  del  Regno  capira  meglio  di  noi  quanto  bene 
egli  abbia  qui  profetalo  dell'  unila  d'  Italia.  Pare  proprio  vederle 
quelle  povere  Capitali,  Napoli,  Firenze,  Milano,  Modena,  Parma, 
legate  col  capo  all'  ingiu  «  beccarsi  1'  una  con  1'  altra,  come  ac- 
cade tra  compagni  di  svcntura  ».  E  certo  se  a  quelle  povere  bestie 


168  EIVISTA 

o  Capital!  si  sciogliesse  lo  spago  che  le  lega  per  le  zampe,  e  sicu- 
rissimo  che  ognuna  fuggirebbe  chi  qua  chi  la.  Ma  il  vincolo  dello 
spago  piemontese  finora  le  riuni  e  strinse  bellamenle  come  un  maz- 
zo  di  fiori. 

Or  che  vede  nella  Convenzione  la  Gazzetta  del  Popolo?  Vede  la 
rottura  dello  spago  piemonlese,  lo  svincolamento  delle  zampe ,  la 
fuga  delle  povere  beslie.  E  lutto  cio  vede  a  molto  buona  ragione. 
Giacche  chi  fece  qaesto  vincolamento  di  unita  forzata?  II  Piemonte 
coi  suoi  uomini  vuoi  di  senno  vuoi  di  mano.  Senza  il  Piemonle  1'Ita- 
lia  non  sarebbe.il  Piemonte  diede  i  diplomatic!  traditori,  gli  eserciti 
invasori,  i  danari  corruttori.  II  Piemonte  fece  tutlo.  Ora  che  lulto  e 
fatto,  viene  la  massoneria  e  dice :  Andiamo  a  Firenze. 

«  Adagio  a'ma'passi,  dice  qui  la  Gazzetta  del  Popolo.  Gia  sono 
Iroppi  e  troppo  cresciuli  i  congiurati  alia  perdita  d' Italia !  Non  ag- 
giungiamo  anche  loro  il  Piemonte;  il  quale,  come  fu  il  solo  a  far  1' Ita- 
lia, cosi  e  il  solo  a  goder  del  fatto,  ed  il  solo  a  rimanere  interessalo  a 
conservarlo.  Se  noi  disgustiamo  il  Piemonte  ,  egli  si  rilirera  dall'a- 
more  d'  Italia,  e  1'  Italia  restera  abbandonata  da  lutti.  » 

E  hGazzetta  non  parla  male.  Giacche,  se  e  vero  che  il  Piemonte 
fatico  molto  e  spese  mollissimo  in  danari  ed  in  uomini  per  far  1'Ita- 
lia :  e  verissimo  parimente  che  ora  almeno  ne  godeva  qualche  frut- 
to.  La  gloria  e  una  bella  cosa.  Ma  e  un  fumo  ed  un  vento,  buono  al 
piu  a  rinfrescarsi  dell'arsura  presa  nel  combattere.  Quello  che  piace 
veramente  ai  moderni  eroi  delle  idee  generose  non  e  tanto  il  fuma 
quanto  1'  arrosto.  Essi  hanno  preso  per  se  quell'  assioma:  Nisi  utile 
est  quod  facimus,  stulta  est  gloria.  Ora ,  non  si  puo  negare  che  il 
Piemonte  avesse  vinto  al  lotto  un  bell' arrosto.  Con  questa  unila  d'l- 
talia  sotto  Torino  Capitale  ci  era  di  che  rimpinguar  un  poco  i  forzieri 
vuolali  colla  paga  di  tante  spie  e  di  lanti  traditori  a  Napoli,  a  Firenze 
e  allrove.  Ci  era  di  che  rifarsi  un  poco  di  tante  fatiche.  Percio  qual 
maraviglia  che  solo  il  Piemonte  trovasse  bella  quesla  unila  d'ltalia,  e 
ne  odorasse  la  fragranza  come  di  un  bel  mazzetto  di  fiori?  Napoli 
piangeva,  Firenze  bestemmiava,  Modena  fremeva.  Ma  Torino  rideva; 
consigliava  il  buon  ordine,  la  calma  ,  la  quiete,  la  sapienza  civile. 
a  Badate  alia  gloria,  diceva  egli  alle  Capitali  legate  per  le  zampe  col 
capo  all'  ingiu ,  badate  alia  gloria  dell'  Italia  una.  Non  istate  a  pen- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  469 

sare  al  bene  perduto ,  alia  voslra  aulonomia  e  indipendenza  bullala 
come  la  primogenitura  di  Esau  per  un  pialto  di  lenlicchie.  Badale 
alia  gloria ,  care  Capitali  scapitale ;  meglio  essere  cilia  di  provincia 
coll'  unita ,  che  Capilali  senza  unila. » 

Cosi  diceva  fmora  il  Piemonle.  E  siccome  godeva  dell'  arroslo , 
cosi  era  pronto  e  disposlo  a  difenderselo  con  bravura  conlro  i  Te- 
deschi,  contro  i  Mazziniani,  contro  chiunque. 

Ma  ora !  Chi  non  vede  che  ora  il  Piemonle  si  vede  presso  a  di- 
ventare  anch'  egli  un  fiore  di  quel  mazzetlo,  che  sara  odorato  da  Fi- 
renze?  L'arroslo  muta  di  spiedo,  e  il  Piemonte  resta  solo  incaricato 
di  arrostire  piu  degli  altri. 

Se  prima  il  Piemonle  era  solo  in  Italia  a  godere  dell'  unita,  come 
era  stalo  il  solo  a  formarla,  cosi  d'  ora  innanzi  e  nalurale  che  egli 
fara  coro  colla  lurba  degli  allri  malcontent! ,  e  porra  ogni  sua  spe- 
ranza  avvenire  nel  dislruggimenlo  del  regno  d'  Italia,  per  cosi  ria- 
vere  almeno  quello  che  avea  prima :  una  corte,  un  Re,  1'autonomia. 

Dira  laluno:  «  Succedera  Firenze  a  Torino.  Se  Torino  piangc , 
Firenze  ride.  Un  po'  per  uno  non  guasta  nessuno.  »  Bene.  Ma  se  a 
far  bei  periodi  cruschevoli  e  anche,  se  volele,  brave  giunlerie  al 
ghetto ,  la  massoneria  toscana  riesce  quanto  e  meglio  di  qualunque 
altra,  la  Gazzetta  del  Popolo  capisce  pero  benissimo  che,  se  in  una 
batlaglia  campale  reslassero  i  soli  Fiorenlini  a  difendere  la  loro  Ca- 
pitale  strategica,  la  slrategica  non  si  sa  quanlo  gioverebbe.  Questo 
vede  la  Gazzetta  del  Popolo  con  quell  e  sue  fatidiche  parole :  «  Gia 
sono  troppi  e  Iroppo  cresciuti  i  congiurali  alia  perdita  d' Italia  I  Non 
aggiungetevi  ancora  i  Piemontesi » . 

E  lo  stesso  dice  con  quell'altro  testo :  «  Tornera  doloroso  che  con 
tanta  inconsideratezza  sia  stata  esposta  alle  tentazioni  una  provincia 
(il  Piemonte)  rimastavi  fmora  inaccessible.  »  E  ben  naturale  che 
fmora  il  Piemonte  fosse  rimasto  iuaccessibile  alle  tentazioni  di  rea- 
zione,  egli  che  nell'  unila  vedeva  lanto  suo  profilto  lemporale.  Ma 
ora  che  egli  si  vede  ridotlo  al  vcrde,  e  divcntato,  poveretto,  molto 
accessibile  alle  lenlazioni.  Egli  e  fieramente  tentalo  di  mandare  a 
quel  paese  quesla  Ilalia  che  egli  ha  falta  e  che  ora  1'abbandoua.  Que- 
sta  e  la  tentazione  piu  forte  che  senlano  ora  i  Piemonlesi.  La  Gaz- 
zetta  del  Popolo ,  da  femmina  esperlissima  in  tulle  le  tenlazioni  dia- 


RIVISTA 

boliche,  prevede  il  pericolo  e  vorrebbe  rimuovere  F  occasione  pros- 
sima.  «  Lasciamo  la  Capitale  a  Torino  (dice  ella) :  cosi  il  Piemonte 
rimarra  conlento  e  Iranquillo.  Lasciamo  die  il  Piemonle  corapla 
1'opera  sua,  e  rubi  il  resto  d'  Italia  a  sue  spese.  Quando  sara  tut- 
to  falto,  allora  potremo  mandare  a  quel  paese  il  Piemonte  ela  sua 
dinastia.  Ma  ora  e  troppo  presto.  II  Piemonte  si  stacchera  dall'Italia, 
e  noi  andremo  lull!  a  babboriveggoli.  » 

Questae,  in  sostanza,  1'argomentazione  della  GazzettadelPopolo. 
Savissima  argomentazione :  ma  inulilissima :  perehe  la  cosa  e  fatta. 
La  Convenzione  si  ha  da  eseguire,  la  Capilale  da  trasportare,  il  Pie- 
monte da  disgustare,  e  1'  Italia  da  disfare.  La  Gazzella  avra  la  con- 
solazione  di  Cassandra;  di  essere  slata  infelice  e  non  udiia profetes- 
sa  di  mal  augurio. 

II  Diritto  invece,  giornale  democratico  e  avvenlalo,  non  vede  tanto 
innanzi.  Egli  non  hache  una  sola  idea:  la  repubblica.  Allro  non  ca- 
pe il  suo  cervello.  E  siccom'egli  con  qucsta  opposizione  eke  fa  alia 
Convenzione,  intende  promuovere  la  repubblica  a  modo  suo  ,  cosi  6 
naturale  che  si  opponga.  Egli ,  come  dicemmo  e  come  apparisce 
dai  suoi  arlicoli,  non  si  mostra  molto  persuaso  dell'efficacia  della  sua 
opposizione.  Piu  scallro  in  cio  della  Gazzella ,  egli  capisce  che  la 
cosa  non  ammelte  rimedio.  Del  resto  a  lui  non  importa  niente  chela 
cosa  si  faccia  o  non  si  faccia.  Ouello  che  gl'  importa  si  e  di  ricavare 
da  cio  che  si  fara,  argomento  per  la  sua  repubblica.  Se  si  decidesse 
che  la  Convenzione  si  ha  da  disfare  e  che  la  Capitale  ha  da  res  tar  a 
Torino,  il  Diritto  si  opporrebbe  anche  a  questo.  Giacche  il  suo  e  ua 
jnesliere  di  opposizione;  secondo  che  egli  slesso  disse  (N.°  dei  27 
Ottobre)  dichiarando  che  egli  ed  i  suoi  debbono  essere  come  il  tor- 
rente,  e  rodere  continue  il  terreno  del  potere  esecutivo  per  allarga- 
re  r  alveo  della  rivoluzione. 

Or  qual  miglior  occasione  che  questa  di  rodere  il  lerreno  e  allar- 
gare  1'alveo?  Prima  di  lutto  ,  maledicendo  alia  Convenzione,  il  7>i- 
ritto  ha  la  consolazione  di  parlar  male  di  due  Governi  alia  volla,  del 
francese  cioe  e  dell'  italiano.  Sono  occasioni  che  si  presentano  di 
rado,  e  che  percio  bisogna  saper  cogliere  al  volo.  Poi  ha  il  vantag- 
gio  di  porre  in  mala  voce  gli  uomini  del  Ministero  Minghetii,  unita- 
mente  a  quelli  del  Ministero  Lamarmora.  Piu  il  Diritto  riesce  a  far 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

perdcre  il  crcdilo  agli  uoraini  del  potere  esecutivo  e  piu  e  contenlo. 
Oacslo  lo  capiscc  ognuno.  Inoltre  egli  ha  cosi  anche  1'  occasione  in- 
dirclta  di  maledire  al  Re  e  alia  Gasa  Savoia.  Si  capisce  chc  il  Dint- 
to  qui  non  osa  parlar  cbiaro.  Ma  anche  i  ciechi  hanno  polulo  vedere 
ncl  Dirilto  i  colpi  lanciali  a  chi  abbandona  cosi  il  suo  paese ,  la  sua 
patria,  i  suoi  fedeli  suddili  e  va  dicendo.  Come  si  vede,  non  manca- 
no  buone  ragioni  al  Diritto  per  coraballere  la  Convenzione  a  profilto 
della  rivoluzione  democralica. 

Ma  lutle  queste  fin'  ora  addotte  non  sono  die  ragioni  trivial! ,  le 
quali  si  trovano  quasi  tulle  e  quasi  sempre  in  ogni  caso.  Quesla  volta 
invece  il  Dirilto  ha  una  ragione  piu  recondila,  chc  lo  spinge  a  parteg- 
giare  contro  la  Convenzione. 

Si  ha  da  premettere  quello  che  gia  dicemmo ,  cioe  che  il  Diritlo 
sa  e  capisce  che  la  Convenzione  si  eseguira  e  il  trasporto  si  fara.  E 
cio  poslo,  egli  capi  subito  qual  bella  occasione  gli  si  presentava  di 
porsi  come  campione  del  popolo  piemoiUese:  a  Ball'  un  lato  ,  egli 
disse  fra  se,  io  non  impediro  cerlo  ne  la  Convenzione  ne  il  traspor- 
to; e  cosi,  se  cio  sara  ulile  alia  rivoluzione,  io  non  avro  scrupolo  di 
aver  nulla  guastalo.  Dall'altro  lato,  ponendomi  a  sostenere  il  Piemon- 
te  e  i  Piemontesi,  quesli  diranno:  Oh!  Ecco  chi  erano  i  miei  veri 
amici!  I  democratic!;  il  Dirilto.  Chi  1'  avrebbe  pensalo?  Mentre  i 
miei  mi  abbandonano,  meutre  il  mio  Re  se  ne  va , ei  Minislri  miei 
mi  tradiscono  ,  ecco  che  i  repubblicani  prendono  le  mie  parti.  Si 
vede  che  i  repubblicani  non  sono  poi  quei  cosi  brutti  diavol!  che  io 
fmora  m'era  figuralo.  » 

Ecco  il  calcolo  che  dovette  aver  falto  il  Diritlo.  Ed  ecco  un'  altra 
tentazione  a  cui  ora  e  esposlo  il  Piemonte.  Queslo  finora  era  monar- 
ehico  fino  alle  ossa.  Ma  pur  troppo,  da  eerie  cosette  che  vennero 
fuori  sui  giornali,  apparisce  che  fin  d'ora  corainciano  cola  alcuni  a 
perdere  verso  la  Monarchia  quel  rispetto  di  prima.  Vogliamo  spe- 
rare  che  non  sara  cosi  subitaneo  il  mutamento  d'  una  provincia  da 
bianco  in  rosso.  Ma  e  certo  pure  che  il  calcolo  del  Diritlo  non  e 
tanto  sciocco.  Ci  pensi  chi  dee. 

JNoi  inlanlo  da  quesla  Rivista  complessiva,  daquesto  sguardoche 
demmo  in  generale  airalteggiamento  polilico  di  due  giornali  torinesi 
ricaveremo  una  conseguenza.  Ed  e  che  quesla  Convenzione  piu  si 


172  BIVISTA 

esamina  e  phi  pare  deslinala  a  ruinare  il  Regno  d'  Italia.  Lo  ruina 
neironore,  perche  e  cosa  inaudila  nella  storia,  anche  del  Basso  Impe- 
ro,  che  un  popolo  si  sia  inai  cosi  sottomesso  ad  un  Monarca  forestiero, 
come  la  presents  Italia  indipendente,  che  si  lascia  imporre  perfino  la 
Capitale,  facendo  come  gli  Zingari  che  non  hanno  sede  ferma.  Lo  rui- 
na nella  concordia,  perche  eccita  sempre  piu  le  varie  province  1*  una 
contro  1'altra.  Lo  ruina  nelle  finanze,  perche  gli  impone  nuovi  oneri 
alia  vigilia  appunto  di  una  bancarotla.  Lo  ruina  neH'amministrazio- 
ne ,  impacciandone  1'  andamento  col  trasporlo  di  tanti  ufficii  e  di 
tanti  archivii  e  colle  spostamento  di  tante  ruote  e  di  tanti  interessi. 
Lo  ruina  nello  spirifo  monarchico,  esponendo  al  ludibrio,  allo  sprez- 
zo  e  quasi  ancora  all'odio  della  piu  fedele  delle  province  la  dina- 
slia  che  lo  regge.  Lo  ruina  fmalmente  nel  vincolo  stesso  e  quasi  di- 
remmo  nella  forma  sua  sostanziale,  rompendo  I'unico  laccio  che  le- 
gava  a  forza  questa  miserabile  unita  d'  Italia,  che  tutla  si  fonda  sul 
fallo  e  sulla  protezione  del  Piemonte.  Tolta  la  quale  accadra  dell' I- 
talia  quello  che  Tullio  disse  :  Scopae  solulae. 

II. 

CALLISTHENIS  ROPHOEATICI  P.  A.  Micheleidos  iibri  HI  ad  PIUM  IX 
P.  M.  —  Augustae  Taurinorum ,  ex  officina  Hyacinlhi  Marietti, 
an.  MDCCCLXIV.  Un  vol.  in  8.°  di  pagg.  72. 

Noliamo  con  vero  piacere  il  molliplicare  che  fanno  in  Italia  ,  con 
ognora  crescente  proporzione ,  gli  autori  di  opere  latine  ,  o  sia  in 
prosa  o  sia  in  verso.  Egli  e  questo  un  argomento  che  le  buone  isti- 
tuzioni  sono  ancora  in  vigore  tra  noi ,  ed  anzi  si  vanno  radicando 
sempre  piu  fortemente ,  non  ostante  la  ostinala  guerra  che  devono 
sostenere  dalle  moderne  innovazioni.  Perciocche  e  gran  tempo  che 
si  sta  procurando-  a  poco  a  poco  di  sbandire  dalle  scuole  lo  studio 
del  latino ;  e  vi  si  travagliano  que'  medesimi ,  che  si  sono  proposto 
il  pessimo  fine  di  rinnovare  la  umana  societa,  separandola  per  ogni 
guisa  dalla  salutare  azione  della  Chiesa.  II  che  si  persuadono  di  po- 
tere  ottenere  eziandio  per  rispetto  alle  letlere  ed  alle  scienze ,  che 
sono  cosi  gran  parte  dell'umano  incivilimento,  facendo  cadere  in  di- 
menticanza  il  latino.  Di  fatto ,  se  oltre  ad  avere  sottratto  1'insegna- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  473 

mcnto  dalla  dirczione  e  dalla  ingerenza  ecclcsiastica ,  si  logliesse  di 
piu  il  mezzo  di  potere  ,  ciascheduno  da  se ,  ricorrere  alle  fonti  dclla 
sapienza  crisliana,  che  sono  libri  comunemenle  scrilti  in  latino,  qual 
dubbio  che  la  vagheggiata  separazione  sarebbe  assai  piu  univcrsale, 
piu  compiuta  e  ricisa? 

Que'  dolli  adunque,  i  quali,  or  sia  coll'  ammaestramento  ,  or  sia 
con  libri  slampati,  si  argomentano  di  render  tra  noi  sempre  piu  po- 
polare  lo  studio  del  latino ,  non  Ian  to  fanno  opera  utile  alia  causa 
della  buona  lelteratura,  quanto  promuovono  gl'interessi  della  religio- 
ne ;  i  quali ,  piu  che  per  Yentura  non  si  pensa ,  sono  connessi  con 
una  educazione  letteraria,  che  sia  informala  dalle  antiche  tradizioni. 
Pero  e  che  noi  siamo  sempre  solleciti  di  annunziare  siffalti  libri , 
e  spesso  di  fame  suggetto  delle  nostre  Riviste;  volendo  cooperare 
anche  noi ,  se  non  altro  co'  nostri  conforli ,  a  mantenere  in  onore  e 
far  rifiorire ,  piu  universalmenle  che  sia  possibile ,  cosi  utili  di- 
scipline. 

Fra  le  parecchie  operelle  latine ,  uscite  alia  luce  in  quesli  ultimi 
tempi,  e  degna  di  essere  memorala  una  piccola  epopea  divisa  in  Ire 
libri  e  composta  in  onore  dell'  Arcangelo  S.  Michele.  Oltre  il  merito 
che  essa  ha,  come  scriltura  lalina  e  come  poesia  di  quel  genere  no- 
bilissimo,  che  e  1'epico,  ha  chiamata  a  se  la  noslra  peculiare  atten- 
zione,  eziandio  per  la  qualita  dell'  Aulore,  il  quale  e  personaggio  di 
eminenle  dignita ;  avvegnache,  per  amore  di  modeslia,  si  sia  voluto 
far  velo  di  un  nome  accademico.  II  che  avverliamo  per  ribadire  la 
osservazione ,  colla  quale  ci  siamo  introdotti  in  questa  nostra  Rivi- 
sla;  dell'onore  cioe  in  che  sono  presso  i  piu  nobili  ingegni  le  lettere 
latine,  e  de'vantaggi  che,  per  essere  da  questi  coltivate,  ne  possono 
derivare  a  pubblico  bene.  A  dare  intanto  ai  nostri  lettori  una  idea 
di  queslo  lavoro,  ne  Terremo  esponendo  brevemente  1'  orditura. 

II  soggelto  del  canto,  come  abbiamo  indicate,  e  1' Arcangelo 
S.  Michele,  di  cui  il  Poeta  si  propone  di  celebrare  le  glorie,  in  quan- 
lo  queste  si  connettono  colla  sua  miracolosa  apparizione  sul  Gar- 
gano,  e  col  culto  che  quivi  ha.  Slabilita  cosi  la  maleria  da  trattare, 
fa,  secondo  1'uso,  la  invocazione,  supplicando  al  medesimo  santo  Ar- 
cangelo, che  gli  voglia  ispirare  lena  e  vigore  a  canlare  degnamente 
di  lui.  Dopo  la  invocazione  seguita  la  dedicazione  del  Poema  7  che  e 


474  MYI'STA 

inlitolato  all'  immortale  Ponlefice  Pio  IX,  siccome  a  colui,  die  esses- 
do  il  Capo  visibile  della  Chiesa,  ha  lilolo  specialissimo  alia  lulela  e 
difesa  del  Principe  delle  celesti  milizie. 

La  narrazione  ha  principle  coll'apparizione  dell' Arcangelo  sul  mon- 
te  Gargano.  Nel  quale  avvenimenlo,  che  accadde  real  men  le  verso  il 
492  dell'  era  cristiana,  ha  il  Poeta  quarilo  e  convenienle  pel  sublime 
e  pel  meraviglioso  poelico,  senza  bisogno  di  fingere,  o  di  alterare  so- 
stanzialmente  i  monument!  della  Sloria.  A  questi  dunque  fedelmenle 
si  atliene ,  quanlo  all'  origine  del  giovenco  smarrilo  e  poi  trovato 
presso  alia  grotta  deli'apparizione,  quanto  al  prodigio  della  saella, 
che,  scagiiata  in  quella  direzione  per  ferireil  giovenco,  torno  indie- 
tro  a  ferire  il  saettatore ;  e  cosi  rispetto  alle  altre  circostanze,  del  tri- 
duo  di  digiuno  iritimalo  da  S.  Lorenzo,  allora  Yescovo  di  Siponto, 
della  divina  rivelazione  che  questi  ebbe  dell'  essere  il  luogo  devoto 
al  santo  Arcangelo,  final  men  le  della  processione  del  popolo  verso  !a 
grolla  divinamente  indicala.  Nondimeno  ollre  alle  descrizioni,  che  so- 
no  fiorilure  del  Poeta,  e  servono  mirabilinente  per  dare  vita  alia  poe- 
sia  ed  interesse  alia  narrazione,  supplisce  egli  medesimole  altre  par- 
ticolarita,  non  tramandale  dalla  tradizione  e  pur  nccessarie  alia  pie- 
nezza  del  racconlo.  Al  quale  fine  fa  capitale  di  quei  fondo  inesauribl- 
le,  che  e  il  probabile,  lasciato  a  libero  uso  de'  poeli ,  purche  se  ne 
servano  con  giadizio.  Di  queslo  genere  e  la  visione,  che  si  fmge  a- 
vuta  dal  Vescovo  S.  Lorenzo,  fermatosi  ad  orare  tutta  la  nolle  in 
quella  sacra  spelonca,  nella  quale  il  di  antecedente  avea  condotto  II 
popolo  processionalmente.  Gli  si  da  dunque  a  vedere  circondato  d'in- 
effubile  gloria  S.  Michele,  e  gli  manifesla  la  divina  volonla,  che  e- 
gli  e  gli  Augeli  suoi  compagni  sieno  in  quel  luogo  onorali  con  culio 
speciale.  Imperocehe  grandi  Iravagli  sono  serbali  alia  Chiesa  (  e  vie- 
ne  indicando  i  piu  gravi )  ,  per  opera  dell'  Inferno  ,  contro  il  quale 
egli  e  mandalo  a  fare  schermo  alia  Sposa  di  Gesii  Cristo.  Pero  pren- 
de  possesso  di  quel  luogo,  da  onde  fara  sperimentare  il  suo  possente 
patrocinio  a  quanli  lo  invocheranno.  E  qui  il  Poeta ,  per  dimostrare 
la  polenza  dell'  Arcangelo  sui  rei  spirili  d'  inferno,  prende  occasion© 
di  fargli  narrare  la  memoranda  vittoria ,  che  riporlo  in  cielo  di  La- 
cifero  e  degli  allri  spirit!  ribelli ,  rintuzzando  la  lor  superbia ,  e  ri- 
cacciandoli  negli  abissi. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  475 

Le  quali  cose  il  Vescovo  Lorenzo  manifeslale  al  popolo,  si  accese 
in  tutti  un  vivo  desiclerio  di  edificare  a  si  amoroso  .e  gran  protetlore, 
in  quel  medesimo  luogo ,  un  magnifico  tempio.  Si  da  principio  alia 
fabbricacon  ardore  simile  alia  piela  die  consigliavala.  Ma  Satanasso, 
invidioso  degli  onori  che  si  apparecchiavano  al  suo  nemico,  si  metle 
in  animo  di  frastprnare  ad  ogni  patto  1' opera  incominciata.  Racco- 
glie  percio  un  concilio  di  spirili ;  e  in  esso  sono  venlilali  varii  partili. 
Prevale  la  sentenza  di  sconvolgere  rovinosamenle  cielo  e  mare ,  e 
di  muovere  spaventose  tempeste  a  danno  dell'  opera  e  degli  operai. 
Ma  che  avrebbe  potulo  la  rabbia  d'  inferno  contro  il  decreto  di  Dio? 
Gli  fu  si  bene  consenlito  d'  infuriare  :  ma  do  per  poco,  a  fine  che 
fosse  piu  aperla  la  celeste  protezione ,  e  meglio  apparisse  la  impo- 
lenza  di  Satana.  Come  dunque  il  Vescovo  comprese,  che  quel  si  fu- 
rioso  imperversare  degli  elemenii  era  un  arlifizio  della  potesla  delle 
tenebre,  per  impedire  la  costruzione  del  tempio,  si  reco  inconta- 
nente  sulla  montagna.  Col  suo  apparire  si  volsero  in  fuga  i  demonii; 
riapparve  il  sole ;  e  corsa  la  fama  fra  i  lavoratori ,  gia  fuggiti  per 
ispavento,  che  il  Vescovo  era  sul  luogo,  si  ricondussero  dinanzi  a  lui. 
Questi  li  esorto  con  amorose  parole ,  che  volessero  proseguire  ani- 
mosamente  1'  opera,  ne  intanlo  si  lasciassero  atlerrire  dalle  arti  dell'  i- 
nimieo,  contro  le  quali  era  scudo  inespugnabile  il  patrocinio  di  S.  Mi- 
chele :  e  tutti  furono  rianimali  di  nuovo  zelo  di  compiere  il  sacro 
cdifizio.  La  gioia  sarebbe  stata  intera,  se  non  1'amareggiava  la  per- 
dita  di  Drimanle,  architetto  del  tempio,  che  fu  percosso  miseramente 
da  un  fulmine ,  mentre  infuriava  la  lempesta.  Accrebbe  il  comune 
cordoglio  la  pieta  del  figliuolo  di  lui,  sopravvenuto  in  quel  medesimo 
tempo  daH'Orienle,  ed  ignaro  del  domestico  inforlunio.  II  Vescovo 
pero  con  paterna  tencrezza  gli  disacerba  il  lutto ,  e  lo  metie  a  capo 
dell' opera,  invece  del  padre  defunto. 

Si  ricomincia  la  costruzione  del  tempio  con  maggiore  alacrita.  Pe- 
rocche  i  peregrini,  che  erano  teste  lornati  dalla  visita  de'  luoghi 
sanli,  iusieme  col  figliuolo  di  Drimante,  riferivano  altri  prodigi  del 
Principe  degli  Angeli  in  Oriente,  attestali  dalla  tradizione  e  da  un 
tempio  sontuoso,  edificato  al  medesimo  dall' imperalore  Costantino, 
IVc  sletlero  i  conforti  nelle  sole  parole.  Aveano  con  s6  ricchi  donati- 
vi  iu  oro  e  in  pietre  preziose ,  che  Zenone  imperatore,  avuta  nolizia 


476  HI  VISTA 

de'  portent!  del  Gargano ,  mandava  per  la  fabbrica  e  per  la  decora- 
zione  del  tempio. 

Ma  se  la  fama  della  miracolosa  apparizione  era  volata  con  tanta 
rapidita  in  Oriente,  assai  piii  presto  avea  riempiuta  di  se  la  Capitale 
del  mondo  crisliano.  II  sovrano  Pontefice  ne  fa  altamente  commosso  ; 
e  per  quella  piela  che  lo  animava  verso  il  Principe  delle  angeliche 
gerarchie,  ordino  che  nel  luogo,  dove  un  tempo  fu  il  circo  di  Nero- 
ne,  gli  fosse  innalzato  un  tempio  che  ne  ricordasse  le  glorie,  ed  in- 
vitasse  i  fedeli  ad  invocarne  la  prolezione.  Anche  qui  imperversa 
Satanasso,  e,  permeltendolo  Iddio,  gilta  un  crudele  contagio  nel  po- 
polo.  Seguita  la  descrizione  della  peste ,  con  molti  casi  pietosi ,  e 
sterminio  e  lutto  per  ogni  dove.  In  quell' orribil  distretta  il  Supremo 
Paslore  bandisce  pubbliche  preci.  Yi  accorre  il  popolo;  e  intanto  che 
atlraversa  processionalmenle  la  citta ,  appare  al  cospelto  di  tutti ,  in 
cima  alia  mole  adriana  1'arcangelo  S.  Michele,  in  atto  di  ringuainare 
la  spada.  Un  solitado  di  gran  fama  di  santita,  che  si  trovava  nella 
turba,  spiego  il  portento  siccome  segno,  che  1'ira  diDio  era  pla- 
cata.  Compiano  dunque  il  tempio  al  loro  invitto  protettore,  edinoltre 
a  memoria  del  prodigio  gli  si  levi  una  statua  nel  medesimo  luogo , 
nel  quale  e  apparso,  e  nell'  alteggiamento  in  cui  e  stato  veduto.  Non 
mai  verrameno,  ne  alia  loro  patria  ne  ai  ciltadini,  il  palrocinio  di 
lui ;  e  come  ora  lo  sperirnentano  essi ,  lo  sperimenteranno  in  ogni 
tempo  i  loro  posleri.  Oui,  illustrate  da  luce  divina,  rivela  alcuni  fa- 
vori  segnalati  che  ne'  tempi  avvenire  saranno  compartili  a  Roma  ed 
ai  romani  Pontefici  dall'  Arcangelo  sanlo ,  e  termina  il  discorso  con 
un  inno  di  preghiera,  accompagnato  da  tutto  il  popolo.  Cosi  liberata 
la  citta ,  per  insigne  benefizio  di  S.  Michele  ,  si  torna  con  sommo 
ardore  ai  lavori  del  tempio ,  che  in  breve  e  ridolto  al  suo  termine. 

In  quel  lorno  medesimo  era  stato  compiuto  il  santuario  del  Garga- 
no ;  e  gia  da  ogni  angolo  della  terra  cominciavano  ad  affluire  pere- 
grini ,  chiamati  cola  dalla  fama  de'  prodigi  che  vi  si  operavano ,  e 
dalla  speranza  di  celesti  favori.  II  Poeta  ricorda  la  pompa,  con  cui 
recossi  a  visitarlo  Albino  ,  console  di  Occidente  ,  e  i  preziosi  doni 
che  vi  reco ;  da  cio  prende  occasione  di  descrivere  il  tempio ,  e  spe- 
cialmente  sei  dipinli  di  stile  bizantino ,  che  rappresentavano  sei  glo- 
riosi  fatti  di  S.  Michele.  Viene  poi  alle  cerimonie  della  dedicazione 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  4:77 

del  nuovo  tempio ;  giacche  la  sacra  Spelonca  con  quella  forma  di  al- 
tare,  die  vi  fa  trovata,  non  abbisognava  di  altra  consccrazione ,  es- 
scndo  slata  santificata  dalla  presenza  dell'Arcangelo.  11  sacro  rito  e 
dall'Autore  parlicolarizzalo  secondo  tulle  le  circoslanze,  le  quali  lo 
rendono  colanlo  sublime  e  maestoso.  Ma  perche  la  narrazione  con- 
tinuata  in  lungo ,  non  debba  noiare,  la  inlramezza  con  una  omelia , 
che  il  Vescovo  Lorenzo  tiene  al  popolo ;  colla  quale  gli  spiega  i  mistici 
sensi,  il  fine  della  sanla  cerimonia,  e  i  frutli  spiritual!  che  se  ne  deg- 
giono  ricavare.  In  particolare  accende  alia  venerazione  di  questo 
sanluario,  prenunziando  la  celebrita  in  cui  verra  ne'  lempi  futuri,  nei 
quali  sommi  personaggi  ed  uomini  santissimi  o  \7i  si  recheranno  in 
devoto  pellegrinaggio ,  o  faranno  insigni  donativi  a  rendimento  di 
grazie  per  favori  speciali  ricevuli  dall'Arcangelo.  Seguita ,  dopo 
T  omelia,  il  rimanenle  del  rito  della  consecrazione :  con  che  il  Poeta, 
condolla  al  suo  termine  nalurale  1'epopea ,  la  chiude  con  un'  amoro- 
sa  preghiera  a  S.  Michele,  perche  riguardi  benignamente  all'osse- 
quio ,  con  cui  ha  inteso  di  onorarlo ,  e  lo  faccia  degno  della  sua  effi- 
cace  protezione. 

Abbiamo  esposta  rapidamente  la  tela  di  questo  poema ,  argomen- 
tando  che  cio  debba  bastare  per  fare  intendere  il  merito  della  inven- 
zione,  conforme  la  esigenzadel  genere  epico.  Ouanlo  alia  esecuzio- 
ne  diremo  in  generale  ,  che  la  forma ,  voluta  ritrarre  dall'egregio 
scriltore,  e  quella  de'  Classici,  principalmente  di  Yirgilio,  sul  quale 
tipo  si  e  studialo  di  contornare  i  suoi  versi.  Che  se  non  sempre  e 
riuscito  gasligato  e  correlto  nella  frase,  o  nelle  altre  doli  della  elocu- 
zione,  si  consideri  la  difficile  cosa,  che  vuol  essere,  rivestire  di  latino 
eleganze  idee  e  concetti  totalmente  rimoti  dalla  cognizione  di  coloro, 
che  di  quelle  eleganze  sono  gli  esemplari.  Ma  questo  manco ,  che 
trallo  trallo  vi  si  senle,  oltre  ad  avere  compensi  dello  stesso  genere 
in  allri  luoghi ,  fioriti  di  schielte  grazie  di  lingua ,  e  bilanciato 
da  quest'  altra  qualila  assai  piu  slimabile ,  di  essere  accoppiato  con 
quello  sludio  della  nilidezza  del  linguaggio  ,  il  sapore  della  pie& 
crisliana.  Di  che  i  sinceri  amatori  della  lingua  latina  gli  devono  sa- 
pere  assai  grado ;  avendo  egli  aggiunto  cosi  col  suo  esempio  UQ 
nuovo  argomenlo ,  che  si  puo  otlimamente  conciliare  colle  classiche 
forme  il  senlimento  cristiano. 


SCIENZE    NATURALI 


1.  Fari,  e  loro  perfezionamento  —  2.  Di  un  pozzo  scoperto  a  Pompei  — 
3.  Sollevamento  delle  navi  sommerse. 

1. 1  metodi  co'quali  si  determina  la  posizione  di  una  nave,  sono  gene- 
ralmente  imperfetti,  e  spesso,  specialmente  di  notte,  impraticabili :  il 
perche  per  mezzo  de'  fari  si  cerca  di  allontanare,  quanto  e  possibile,  i 
disastri,  che  soprattuto  in  tal  tempo  son  piu  facili  ad  accadere  e  piu  dif- 
ficili  a  rimediare.  In  tutte  le  spiagge  di  Europa,  questi  fanali  colla  loro 
luce  avvertono  il  viaggiatore  della  yicinanza  della  terra ;  ed  alcuni  di 
essi  gli  fanno  conoscere  il  determinate)  luogo,  in  cui  si  trova  la  nave,  per 
essersi  convenuto  di  dare  alia  fiamma  im  colore  particolare,  ovvero  di 
occultarla  a  intervalli  misurati  di  tempo. 

La  luce  de1  migliori  fari,  quali  sono  nelle  coste  di  Francia,  si  fa  con 
una  lampada  a  doppia  corrente  di  aria,  ed  a  quattro  lucignoli  concentrici; 
invenzione  de'  signori  Fresnel  ed  Arago:  e  si  propaga  secondo  le  oppor- 
tune direzioni  coU'aiiito  delle  lenti  polizonali.  Un  faro  cosi  costruito  manda 
il  lume  ad  una  distanza  molto  variabile,  secondo  la  diversa  condizione 
dell'  atmosfera:  a  cielo  sereno  una.  tal  distanza  e  considerevole;  ma  in 
tempo  di  nebbia  il  fuoco  della  spiaggia  o  rion  si  vedepunto  da  lontano,  o 
si  percepisce  molto  confusamerite.  Per  la  qual  cosa  i  desiderii  e  gli  studii 
erano  rivolti  a  cercare  una  luce  piu  viva,  da  sostituire  alle  lampade  di 
Fresnel.  Ma  benche  si  offerisse,  come  spontaneamente,  quella  dell'  arco 
yoltaico;  non  si  era  iinora  voluto  introdurre  ne'fari,  ne  anche  a  titolo  di 
esperienza ;  si  per  la  ragione  del  prezzo ,  si  per  non  sapere  come  farla 
risplendere  con  regolarita  e  senza  interruzione,  per  lo  spazio  di  13  o  14 
ore,  quant'  e  la  durata  di  una  notte  d'  inverno. 

Or  queste  difficolta  sembra  che  sieno  state  superate:  perche  sono  gia 
alcuni  mesi,  da  che  uno  de'  due  fari  dell'  Havre  illumina  colla  luce  elet- 
trica;  ne  sino  a  questo  tempo  vi  e  stata  variazione  o  interruzione  di  sorta 
alcuna,  quantunque  gli  apparati  vengano  diretti  da  uomini  volgari. 

Vi  e  prodotta  la  luce  con  una  macchina  Nollet,  cosi  detta  dal  nome 
dell'  invenlore  di  nazione  belga.  Questi  mori  nel  1850,  senza  prevedere 
1'  ulilita  che  avrebbe  arrecata  il  suo  apparecchio,  col  quale  egli  si  pro- 
poneva  di  decomporre  1'  acqua,  per  far  servire  alia  illuminazione  1'  idro- 
gene  separato.  Ad  avere  un'  idea  qualunque  di  questo  apparecchio  basta 
immaginare  piii  macchine  di  Clarke  riunite  insieme,  come  sono  gli  ele- 
ment! di  una  pila  di  Bunsen.  Adoperava  Nollet  40  fasci  calamitati,  ognu- 
no  de'  quali  poteva  sostenere  60  o  70  chilogrammi.  Tutti  aveano  i  poli 
sulla  superticie  di  un  cilindro;  nella  cui  cavita  erano  64  rocchetti,  messi 
in  movimento  per  la  rotazione  di  un  asse  medesimo.  Un  tale  ordegno, 


SCIENZE  NATURALI  479 

divenuto  propriela  della  Compagnia  /' Alliance,  serve  alia  illuminazione 
elettrica,  con  questa  sola  modiiicazione,  che  non  vi  si  mettono  i  commu- 
tatori.  La  corrente  trasmessa  cosi  al  regolatore  cangia  continuamente  di- 
rezione:  e  tutti  e  due  i  carboni  sono  alternamente  posilivi  e  ncgalivi.  La 
qual  cosa  non  impedisce  punto  che  11  regolatore  operi  siccome  conviene; 
e  nello  stesso  tempo  e  raolto  vantaggiosa,  per  cio  che  i  due  carboni  si 
consumano  ugualmente.  Si  trovano  alia  Heve,  sulla  cui  punta  il  faro  s'in- 
nalza,  due  cosiiYatti  apparecchi,  fabbricati  nelle  officine  degl'Iirvalidi.  UQ 
solo  e  sutliciente  quando  il  tempo  e  ordinario;  se  e  nebbioso  s'impiegano 
amendue.  Essi  sono  siluati  nel  pian  terreno  della  torre ,  ove  sono.  altresi 
due  macchine  a  vapore  della  forza  di  tre  cavalli.  Basta  una  sola  a  muo- 
Yere  ambedue  gli  apparecchi:  ma  1'  altra  e  necessaria  acciocche  in  niun 
caso  non  vi  sia  interruzione. 

L'  arco  voltaico  dell'  apparato  Nollet  non  ha  nulla  di  speciale :  e  qual 
si  otterrebbe  con  50  elementi  di  Bunsen.  Ma  esso  scioglie  la  questione 
pratica  della  illuminazione  elettrica,  in  una  maniera  ben  soddisfacente. 
Dapprima  per  la  picciolezza  del  punto  luminoso  non  si  richiede  il  grande 
apparecchio  ottico,  che  e  necessario  ne'  fari  di  prim'ordine  per  le  ample 
dimension!  della  lampada.  Alia  Heve  1'  apparecchio  di  questo  genere  e 
minore  che  in  un  faro  di  quart'  ordine,  come  quello  che  ha  un  diametro 
di  circa  30  centimetri.  Inoltre  il  regolatore  e  quello,  a  cui  1'invenlore,  il 
sig.  Serrin,  ha  dato  il  nome  di  regolatore  automatico.  II  meccanismo  e 
assai  semplice,  e  1'uso  e  facilissimo.  Preparati  i  carboni,  esso  regolatore 
yiene  spinto  su  piccole  rotaie,  e  collocato  nel  centre  dell'apparato  ottico. 
Appena  che  e  al  suo  posto ,  comincia  la  corrente  a  passar  da  se  tra  i  due 
carboni;  e  questi  anche  da  se  si  allontanano  1'  uno  dall'  altro  quanto  e  me- 
stieri,  acciocche  la  luce  abbia  tutto  lo  splendore.  Quando  avviene  che  il 
punto  luminoso  trascorra,  o  perche  si  sposta  uno  de'  carboni,  o  perche  si 
consuma  troppo  presto;  1'  impiegato,  non  con  altro  che  col  girare  una 
yite,  rimette  in  ordine  ogni  cosa.  Ed  acciocche  la  luce  non  gli  oifenda  gli 
occhi,  sta  colle  spalle  rivolte,  ed  osserva in  vece  1' immagine  de' carboni, 
che  una  lente  dipinge  sul  muro  opposto. 

Nelle  notti  piu  lunghed'inverno,  la  macchina  a  vapore  non  consuma 
piu  di  120  chilogrammi  di  coke,  nella  state  ne  consuma  50.  Cotali  spe- 
se  non  sono  molto  piu  considerabili  di  quelle  de'  fari  ad  olio:  ma  Ira  gli 
effetti  corre  una  grandissima  differenza.  II  faro  ad  olio  da  tauta  luce  quan- 
ta 600  becchi  di  Garcel,  il  faro  elettrico  quanta  3,000.  L'unita  di  luce, 
che  costa  nel  faro  antico  7  cenlesimi,  'cosla  meno  di  2  nel  nuovo,  cioe 
1,92:  la  qual  cifra  comprende  la  manutenzione  degli  apparecchi  e  delle 
macchine,  e  1'  ammortizzazione  del  capitale  della  compra.  Onde  segue  che 
la  spesa,  essendo  rappresentata  da  32  nell' antico  faro,  e  rappresentata  nel 
cuovo  da  47  :  menlre  in  questo  la  quantita  di  luce  e  5  volte  maggiore. 

La  vicinanza  dell'  altro  faro,  che  e  sopra  la  stessa  punta  dell'  Heve, 
fa  meglio  stimare ,  quanto  il  nuovo  metodo  avanzi  il  vecchio  sistema. 


480  SCIENZE  NATURALI 

Molti  navigatori,  venendo  dall'alto  mare,  ban  no  affermato  di  aver  veduto 
il  faro  elettrico  piu  di  una  mezz'  ora  prima,  che  cominciassero  a  vedere 
1'altro:  e  che  anche  dopo  questo  tempo  non  avrebber  potuto  distinguere 
il  lume  ad  olio,  se  la  luce  elettrica  non  gli  avesse  guidati. 

Cotali  vantaggi  persuadono  la  innovazione  ne'  fari,  poiche  pare  che 
compensino  1'  aumento  delle  spese  necessarie  a  questo  effetto. 

2.  Insino  al  presente  non  era  mai  venuto  fatto  di  ritrovare  nella  citta 
di  Pompei  pozzi,  ne'  quali  rimanesse  acqua :  or  sia  che  questa  col  yolge- 
re  di  tanti  anni  si  sia  vaporata,  o  che  1'abbiano  assorbita  i  terreni  porosi 
e  le  materie  vulcaniche  che  ivi  spessissimo  si  rincontrano.  Ma  in  questi 
mesi  ultirai  uno  se  n'e  rinyenuto  nella  casa  detta  del  marmoraio  pe'  marmi 
di  yaria  natura,  che  yi  si  trovarono  raccolti,  il  quale  e  profondo  presso  a 
25  metri  e  ben  conservato,  e  contiene  un'acqua  limpida  e  fresca,  ed  e  in  un 
sotterraneo  coperto  da  yolta,  la  quale  per  due  fmestrini  fa  entrare  la  luce. 

L'aria  del  sotterraneo,  allora  cbe  fu  fatta  cotesta  scoperta,  non  era  re- 
spirabile ;  perche  in  gran  parte  composta  d'  acido  carbonico.  Un  cane , 
che  fu  costretto  a  entraryi  e  rimaneryi  per  alcuni  momenti,  svenne;  nb 
riacquisto  1'uso  della  yita,  che  dopo  essere  stato  rimesso  nell'aria  lihera. 
GH  operai  poterono  soltanto  discendere  insino  ad  un  certo  punto,  valen- 
dosi  di  una  candela  accesa,  la  quale  come  cominciaya  a  estinguersi,  in- 
dicava  la  presenza  dell'aria  meh'tica.  Lo  stesso  sig.  DeLuca,  che  dires- 
se  aH'Accademia  delle  scienze  a  Parigi  la  relazione  di  tutto  questo,  rac- 
conta  com'egli  essendo  calato  piuyolte  sino  al  piede  della  scala,  che  me- 
na  al  sotterraneo,  non  ehhe  mai  agio  di  restarvi  che  per  alcuni  secondi : 
yale  a  dire  appena  pel  tempo  necessario  a  yuotare  alquante  hottiglie.  In 
questo  modo  egli  si  accerto  che  1'aria,  la  quale  era  entrata  nelle  bottiglie 
in  luogo  dell' acqua,  yeniya  assorbita  dal  latte  di  calce  fatto  da  lui  prepa- 
rare  li  dipresso. 

A  quest'aria  cattiva  fu  sostituita  la  sana  stabilendo  una  corrente  di  calo- 
re  prodotto  col  bruciare  piccoli  pezzi  di  legno.  Dopo  di  cio  si  calo  nel  poz- 
zo  una  secchia,  e  F  acqua  attinta  era  chiara  e  fresca,  ayendo  la  tempera- 
tura  di  13.°  del  centigrade,  mentre  quella  dell'aria  esterna  1'aveva  di  18.° 
Tutti  quelli  che  eran  present!  ne  beyerono  e  la  stimarono  eccellente:  ad 
alcuni  pero  parve  avere  un  sapore  particolare,  ma  poco  sensibile,  simile 
a  quello  dell'  acqua  gazosa.  Quest'  acqua,  oye  sia  lasciata  tranquilla  per 
un  certo  numero  di  giorni,  depone  sopra  le  pareti  del  yaso  una  sostanza 
bianca  e  cristallina,  composta  di  carhonato  di  calce.  Forma  lo  stesso  de- 
posito,  ma  amorfo,  se  fassi  bollire  o  si  mescoli  con  un  poco  di  acqua  di 
calce;  e  non  havvi  perturbazione  quando  yi  si  aggiunge  una  soluzione 
di  acido  carbonico. 

I  gaz,  che  1' acqua  di  Pompei  abbandona  per  1'azione  del  calore,  sono 
un  misto  di  molto  acido  carbonico  e  d'una  piccola  quantita  di  aria.  II  vo- 
lume di  questa  mescolanza  gazosa  e  tra  20  e  22  centimetri  cubi,  essendo 
un  litro  quella  dell'acqua. 


SCIEXZE  NATUMLI  481 

E  cosa  degna  di  considerazione,  che  1'aria  del  sotterraneo,  ove  trova- 
si  il  pozzo,  non  e  della  natura  medesima  in  tutte  le  ore  del  giorno.  II 
mattino  presso  la  levata  del  sole  vi  si  puo  discendere  senza  oflesa :  ma 
verso  il  mezzodi  1'  aria ,  che  estingue  i  corpi  che  bruciano,  si  va  alzando 
di  mano  in  mano  al  di  sopra  della  superficie  dqj  suolo.  Cio  sembra  dirao- 
strare,  che  1'  acido  carhonico  si  svolge  per  riprese,  e  che,  dopo  essersi 
svolto,  viene  dissipato  per  1'agitazione  dell'aria  esterna. 

L'  acqua  di  questo  pozzo  indica  sulla  carta  rossa  di  tornasole  e  sullo 
sciroppo  di  viole  una  leggera  reazione  alcalina,  dovuta  al  carbonato  di 
poiassa,  che  si  puo  facilniente  trasformare  in  cremofe  di  tartaro.  L'  ac- 
qua di  Pompei ,  per  cotesto  carbonato  che  contiene ,  e  assai  simile ,  ia 
quanto  acqua  potabile,  a  quella  del  pozzo  artesiano  di  Grenelle  a  Parigi ; 
nella  cui  composizione  i  carbonati  di  calce  e  di  potassa  avanzano  di  copia 
gli  altri  elementi.  La  potassa  nell' acqua  di  Pompei  deriva  seirea  dubbio 
da'feldispati  e  dalle  altrematerievulcaniche,  ondeecostituito  quel  terreno. 
La  sua  densita  alia  temperatura  di  20  a  2o.°  e  tra  1,0010,  e  1,0013. 
II  poco  di  sedimento,  che  essa  lascia  essendo  svaporata,  e  salino :  nel  qua- 
le  vi  ha  calce,  potassa,  soda,  silice  ed  una  piccola  quantita  di  ferro,  di  aci- 
do carbonico  e  di  cloro,  ed  una  piu  piccola  ancora  di  acido  solforico  e 
di  acido  fosforico ;  ne  vi  manca  qualche  soslanza  organica.  Se  si  opera 
sopra  il  detto  deposito,  ottenuto  colla  evaporazione  di  10  litri  di  acqua,  si 
osservano  le  reazioni  de'ioduri  alcalini:  ma  queste  reazioni  non  si  mani- 
festano,  quando  si  lascia  svaporare  un  volume  minore  di  acqua.  In  con- 
seguenza  i  ioduri  si  trovano  in  quest'acqua  in  una  dose  tenuissima. 

Poiche  1'  acqua  di  questo  pozzo  si  mantiene  quasi  costantemente  ad 
un'altezza  medesima ,  forza  e  conchiudere,  che  essa  abbia  la  sua  propria 
vena  ed  il  suo  scolo.  In  tutte  le  case  di  Pompei  1'  acqua  era  condotta  e 
distribuita  per  mezzo  di  canali  di  pietra,  ovvero  co'  tubi  di  terra  cotta  o 
di  piombo,  che  si  vedono  anche  al  presente  ben  conservali  correre  lungo 
i  muri.  Contuttocio  non  si  e  potuto  ancora  conoscere,  se  in  questo  tempo 
1'acqua  giunga  nel  pozzo ,  che  si  e  scoperto,  per  un  condotto  artefatto,  o 
piuttosto  per  un  cammino  naturale  tra  le  rocce  vulcaniche,  il  quale  si  par- 
ta  da  qualche  rivolo  vicino. 

II  sig.  DC  Luca  promette  di  far  un'  altra  relazione  delle  dosi  determi- 
nate da  varii  elementi  di  quest'acqua. 

3.  In  Parigi,  sul  terminare  del  mese  diGiugno  presso  la  via  Malaquais, 
era  ormeggiata  una  piccola  tlotta  di  un  nuovo  genere;  la  quale  a  quest'ora 
dev'  essere  stata  trasferita  a  rimorchio  alle  foci  della  Senna  tra  Roano  e 
1'  Havre.  Questa  flottiglia  e  formata  dal  Giovane  Emmanuele,  che  e  uno 
sloop  o  piccola  chasse-maree  di  10  tonnellate  in  circa ;  da  8  scialuppe  da 
sollevamento,  munite  di  ponti,  le  quali  operano  o  separatamente,  ovvero, 
ed  e  1'ordinario,  accoppiate  insieme;  da  una  scialuppa  aperta  cioe  senza 
ponte;  da  un  piccolo  battello  che  va  sott' acqua;  da  molte  barchette;  e 
da  un  grandissimo  numero  d'  otri  da  sollevamento. 
Serlc  V,  vol<  XII,  fasc.  352.  31  12  Hovmfre 


482  SCIENZE  NATURALI 

Comanda  questa  squadrauno  scultore,  il  sig.  Deschamps:  il  quale,  come 
prima  1'esercizio  della  sua  professione  e  la  generosita  di  qualche  amico 
gli  ebbero  ammannita  una  somma,  lasciato  lo  scarpello,  si  die  a  costruire 
e  fece  costruire  attrezzi  di  marineria ;  promettendo  che  scioglierebbe  in 
una  maniera  compiuta  il  problema,  su  cui  per  ben  tre  lustri  aveva  slu- 
diato,  del  sollevamento  delle  navi  sommerse,  ed  in  ispezialta  di  quelle, 
che  ingombrano  le  imboccature  del  maggior  numero  delle  riviere  e  del 
porti  di  Francia.  Che  le  sue  parole  non  fosser  parole  di  iattanzalodimo- 
stra  questa  (lottiglia,  colla  quale  gia  egli  solleva  un  peso  di  presso  a 
130,000  chilogrammi. 

Tutte  le  cose  a  parte,  delle  quali  egli  si  e  servito,  non  sono  nuove  l ; 
ma  la  lor  unione  e  la  congegnatura  e  suo  ritrovamehto.  Egli  adopera 
quando  le  grandi  otri,  e  quando  le  scialuppe  a  ponte.  Le  otri  son  di  tela 
incatramala  ed  impermeabile,  le  quali  si  calano  e  si  attaccano  ai  fianchi 
della  nave  sommersa:  e  quindi  vengono  gontiate  dall'  aria  che  vi  s' intro- 
duce coll'  aiulo  di  macchine  di  compressione.  Le  scialuppe  poi  dapprima 
si  riempiono  di  acqua  per  fade  discendere;  e  discese  sono  avvinte  ad  una 
catena,  la  quale  e  distesa  intorno  alia  nave  che  si  deve  sollevare.  Final- 
mente,  cacciata  via  1' acqua  per  mezzo  dell'  aria  che  vi  si  comprime,  di- 
ventano  tanto  piu  leggiere,  quanto  e  maggiore  la  loro  capacita ;  e  pos- 
sono  fare  un  grandissimo  sforzo  d'  innalzarnento.  E  cosa  utilissiraa  ac- 
coppiare  due  di  queste  scialuppe,  apparellarle  in  modo,  che  la  chiglia  di 
una  stia  sopra,  e  quella  dell'  altra  di  sotto,  unirle  con  pironi,  e  fare  che 
operino  come  una  sola.  Le  otri  e  le  scialuppe  del  sig.  Deschamps  possono 
sollevare  5,000,  10,000,  e  sino  a  20,000  chilogrammi. 

La  dillicoita  piu  grande  e  nell'attaccare  la  catena,  sopra  la  quale  fanno 
sforzo  le  otri  e  le  scialuppe ;  poiche  deve  attaccarsi  sott'  acqua  e  quasi 
andando  a  tentone.  Ne  il  sig.  Deschamps  vincerebbe  questa  difficolta 
senza  1'aiuto  del  suo  battello  palombaro  ,  che  gli  esperti  reputano  qual 
capolavoro.  Ha  questa  barchetta  la  forma  di  un  pesce ,  e  lunga  4  metri 
e  larga  90  centimetri;  e  fmisce  con  una  cupola  a  lanterna.  Essa  contiene 
due  trombe,  delle  quali  una  estrae  1'acqua  che  doveva  in  parte  occuparne 
la  capacita,  acciocche  si  potesse  sommergere;  e  1'altra  manda  fuori  dalla 
camera,  che  occupa  il  sig.  Deschamps,  1'aria  viziata  per  la  respirazione. 
Nello  stesso  tempo  un' altra  macchina  pneumatica,  idea  nuova  e  maravi- 
gliosa,  trae  dall'acqua  che  circonda  la  barchetta  un'aria  fresca  ed  ossige- 
nata,  e  la  sostituisce  in  luogo  della  guasta,  Un  impulsatore  semplicissi- 
mo  comunica  a  questo  novello  marangone  una  velocita,  che  si  puo  asso- 
migliare  a  quella  che  ad  una  barca  ordinaria  imprimono  i  remi.  V  ha  fi- 
nalmente  alcuni  manicotti  elastici  e  stagnati ,  pe'  quali  colui  che  lavora 
puo  mettere  fuori  le  braccia ,  senza  che  1'  acqua  s'  introduca  nella  bar- 
chetta. 

-1   Civiltd  Cattolica  Serie  V,  Vol.  VII,  p.  474. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  12  Novembre  1864. 


i; 

COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1.  Visita  del  S.  Padre  alia  Sapienza,  al  Musaico  ed  all' Ac- 
ca'demia  di  S.  Luca  —  2.  Altra  visita  di  Sua  Santita  a  S.  Lorenzo  fuori  le 
mura  —  3.  II  Brigantaggio  piemontese  alia  frontiera  clello  Stato  pontifi- 
cio  —  4.  Gircolare  della  S.  Congregazione  dell'Indice. 

1.  Secondo  il  costume  di  Sua  Santita  di  spendere  le  alquante  ore,  che 
le  vacanze  autunnali  le  lasciano  libere  da  aleune  delle  consuete  udienze, 
nel  visitare  gli  Edih'cii  e  gl'Istituti  che  si  vanno  compierido  per  sua  so- 
vrana  munificenza ;  la  stessa  Santita  Sua,  negli  ultimi  giorni  di  Ottobre,  si 
reco  ad  osseryare  i  grandiosi  lavori  che  souosi  intrapresi ,  e  in  molta 
parte  compiuti  nella  Patriarcale  Basilica  Costantiniana  di  S.  Lorenzo  fuori 
lemura,  i  ristauri  e  i  miglioramenti  fatti  nelKArchiginnasio  Romano, 
detto  della  Sapienza,  i  grandi  quadri  a  musaico  che  si  stan  componendo 
nello  studio  del  Musaico  entro  il  Palazzo  Vaticano,  e  la  insigne  pontiticia 
Accademia  delle  Belle  Arti,  delta  di  S.  Luca.  Di  queste  tre  ultime  visits 
diremp  brevemente :  della  prima  ci  occuperemo  un  po'  piu  alia  distesa, 
perche  nella  Roma  contemporanea  la  Basilica  e  il  cimitero  di  S.  Lorenzo 
mori  le  mura  costituiscono  un  principalissimo  ornamento. 

La  visita  di  Sua  Santita  all'  Archiginnasio  Romano  fu  fatta  il  di  20  di 
questo  mese,  intrattenendovisi  per  un'  ora  e  un  quarto  sul  piano  ove 
soao  allogati  i  gabinetti  o  costruiti,  o  rifatti,  o  arricchiti  sotto  il  suo  Pon- 
tificato  eper  suoi  ricchissimi  donativi.  Quiyi  dai  rispettivi  Direttori  pre- 
se  la  piii  esatta  contezza  di  quanto  dall'  ultima  sua  visita  sovrana  eravisi 
fatto  per  compierli  e  adornarli.  Osserv6  i  restauri  teste  comoiuti  nel 
grandioso  gabinetto  di  Fisica,  vide  la  nuova  collezione  dei  proaotti  spe- 
ciali  dello  Stato  ponliticio ,  ed  in  particolare  di  quei  della  Tolfa ,  il  uuovo 
gabinetto  di  Geologia,  i  recenti  acquisti  ordinati  dalla  sua  munificenza, 
nei  gabinetti  di  Anatomia  umana,  di  Zoologia  e  di  Anatomia  comparata. 


484  CRONACA 

In  tutti  i  gabinetti  pote  egli  distinguere  bellamente  ordinal!  e  disposti 
gl  innumerevoli  e  pregiatissimi  doni ,  die  a  ciascun  di  loro  non  ha  egli 
cessato  mai  d'inyiare  ,  e  che  loro  invia  continuamente  tultora;  i  quali 
uniti  agli  oggetti  gia  esistenti  innanzi,  ed  a  quelli  novamente  aggiunti 
dallo  stesso  Archiginnasio,  pongono  i  gabinetti  scientific!  dell'  Universita 
Romana  al  paro  del  migliori  e  dei  piu  ricchi  di  Europa. 

Nello  studio  del  Musaico,  che  e  posto  nel  Palazzo  Vaticano,  Sua  San- 
tita degnossi  di  accederei  il  di  27  del  mese  di  Ottobre;  e  quivi  si  trat- 
tenne  con  vera  compiacenza  ad  osservare  il  grande  musaico  che  va  ri- 
producendo  con  finissirno  magistero  1'insigne  quadro  del  Raffaello,  rap- 
presentante  la  Coronazione  della  B.  Yergine.  Questo  musaico,  dei  piu 

frandi  e  piu  pregevoli  che  siansi  fatti,  e  che  dev'essere  collocato  nella 
asilica  Ostiense,  e  oramai,  per  1' opera  assidua  e  intelligente  degli  egre- 
gi  artisti  che  yi  lavorano  intorno,  Malasardi,  Poggieri  e  Bornia,  gum- 
to  a  tale,  che  se  ne  puo  sicuramente  preconizzare  un  ottimo  riuscimen- 
to.  Alia  stessa  Basilica  Ostiense  son  destinati  i  grandi  medaglioni ,  che 
fonnano  la  serie  dei  Papi ,  che  nello  stesso  studio  si  yanno  lavorando ,  e 
ciii  il  S.  Padre  riguardo  con  molta  approvazione.  Nella  camera  di  esposi- 
zione  vide  con  yera  compiacenza  le  tre  Madonne  in  musaico  ricavate  da 
tre  quadri  insigni ,  quella  della  Seggiola  di  Raffaello,  una  del  Sassofer- 
rato,  1'  altra  del  Murillo  :  oltre  alcuni  altri  quadri  di  diyersi  soggetti  ed 
autori.  Le  opere  poi  di  musaico  filato,  che  per  la  sua  finezza  non  lascia 
guari  discernere  le  commessure ,  e  nei  digradamenti  c  sfumature  delle 
tinte  emula  la  morbidezza  dei  piu  pastosi  pennelli,  troyo  tutte  raccolle 
insieme  in  luogo  appartato,  e  le  lodo  quant'  esse  meritavano.  Pole  quindi 
la  Santita  Sua  ben  compiacersi  che  questo  stabilimento  di  si  antica  rino- 
manza  conservi  quell' operosita  e  quella  perizia,  che  1'hanno  reso  unico 
al  mondo,  e  tanto  inyidiato  non  che  ammirato  dalle  piu  colte  nazioni  di 
Europa. 

All  Accademia  di  S.  Luca  il  S.  Padre  si  reco  quel  giorno  stesso,  dopq 
la  yisita  del  Musaico,  e  quivi  ammiro  dapprima  la  bella  disposizione  dei 
mpdelli  d'  arte  in  gesso;  poscia  nella  sala  del  nudo  gli  arnesi  e  il  sistema 
d'illuminazione  pel  giorno  e  per  la  notte,  per  sua  munilicenza  migliorati ; 
quindi  nel  nuovo  braccio  di  fabrica ,  recentemente  per  suo  soyrano  im- 
pulso  eretto  lungo  la  sponda  del  Tevere,  le  sale  destinate  alia  scuola 
di  Pittura,  di  Disegno  tigurato  e  di  Scultura ;  e  fmalmente  la  Biblio- 
teca,  ricca  delle  piu  insigni  opere  artistiche,  e  di  tutte  le  piu  pregeyoli 
incisioni  della  calcografia  Camerale ,  dalla  Santita  medesima  donate  a 
quell'  insigne  Stabilimento,  che  ha  educato  alle  Belle  Arti  ingegni  cosi 
splendidi  e  cosi  rinomati. 

2.  II  di  20  di  questo  mese  Sua  Santita,  dopo  di  aver  visitata  la  Basili- 
ca Liberiana,  si  condusse  all'  altra  Patriarcale  Basilica  Costantiniana  di 
S.  Lorenzo  fuori  le  mura,  per  osservare  il  compimento  di  quei  grandiosi 
lavori  che  fin  dal  Luglio  1862  erano  stati  per  soyrana  sua  munificenza 
intrapresi,  col  doppio  scopo  di  rassicurare  la  solidita  di  quel  sacro  edifi- 
zio,  danneggiato  daH'antichita,  e  di  restituirlo  alia  forma  primitiva  delle 
antiche  costruzioni.  Rendendo  conto  delle  varie  yisite  che  Sua  Beatitu- 
dine,durantetalimportante  restaurazione,  degnossi  fare  a  questa  Basilica, 
noi  annunziammo  come  gia  le  molteplici  incavallature  che  sostengono  il 
coperto  della  nave  mediae  delieminori;  si  della  Basilica  Costantiniana,  si 


CONTEMPORANEA 

di  quclla  di  Adriano  o  di  Sisto  III,  erano  state  tutte  per  interq  rinnovate; 
come  le  navi  minor!  dell' ultima  fossero  state  ricondolte  all'  antico  lore* 
stato,  colla  remozione  degli  altari  introdottivi  nel  passato  secolo;  e  come- 
iiaalmente  fossero  state  aperte  ne'  muri  nuove  tinestre  ,  di  forma  rispon- 
dente  all'epqca  di  fondazione,  con  telari  di  ferro  ed  invetriate  a  colon  eel 
arabeschi.  Si  descrisse  altresi  quanlo  sino  a  quel  giqrno  erasi  nella  Ba- 
silica Costantiniana  operato  ,  dal  piano  del  presbiteriq,  rialzatq  da  Ono- 
rio  III,  sino  al  tetto  ;  rinnovata  cioe  la'galleria,  tolti  di  mezzo  i  muri  cho 
rinchiudevanq  gl'intercolunnii  sul  Nartece ,  ricostrutli  i  plutei  con  bellis- 
sima  pietra  di  Saravezza  ,  aperte  nuove  tinestre  nei  tre  lati  gia  liberati 
dal  terrapieno,  che  vi  sovrastaya  sino  all'  altezza  de'  tetti  delle  nayi  mi- 
jiori.  Si  accenno  ancora  come  gia  venivansi  sostituendo  colonne  e  pilastr* 
di  marmq  di  Carrara  alia  robusta  armatura  ,  posla  a  sostenere  il  piano 
del  presbiterio,  sintantoche  si  sgqmbrassero  dalla  basilica  le  terre  che  la 
riempievano  per  due  terzi.Da  ultimo,  destinavasi  dalla  Santita  Sua  che, 
ad  onore  del  santo  Martire  ,  che  da  nome  alia  Basilica  ,  e  a  memoria  di 
questoimportantissimorestauro,  venisse  eretto  sulla  gran  piazza,  dinnanzj 
al  sacro  tempio,  un  monolite  di  granito  rosso,  sormontato  dalla  slatua  di 
S.  Lorenzo,  e  gia  sui  primi  di  Febbrarq  di  quest'anno  erasi  fatta  la  ce- 
rimonia  solenne  dell'apposizione  della  prima  pietra  di  fondamento. 

Pervenuta  adunque  la  Santita  Sua  innanzi  il  portico  della  Basilica  , 
ando  subito  ad  osservare  la  menziqnata  colonna,  che  fin  dal  martedi  m- 
tecedente  era  stata  innalzata,  mediante  un'operazione  che  yenne  esegui- 
ta  con  precisione  e  semplicita  di  macchinismi.  Sua  Santita,  entrata  soiio 
decoroso  padiglione,  fattq  appositamente  costruire  ,  pole  di  la  riguardare 
il  grosso  monolite  di  bellissimo  granilo  rosso  orientale,  che  in  altezza  ha 
pal.  39  ys,  ed  in  diametro  4  7,,  posto  sopra  base  di  marmq  di  Carrara,  e 
coronato  gia  da  un  capitello  con  piedestallo ,  in  cui  dovra  innalzarsi  la 
statua  in  bronzo,  che  si  sta  fondendo  per  opera  del  sig.  Giovanni  Lucen- 
ti,  sostituito  a  Luigi  De  Rossi  non  ha  guari  defunto  ,  sul  modello  dello 
scultore  siguor  Stefano  Galletti.  E  perche  la  Santita  Su<a  avesse  sin  da 
quel  giorno  a  giudicare  dell'effetto  del  monumento,  TArchitettq  vi  aveva 
fatto  eseguire  il  piedestallo  e  la  gradinata  con  lavoro  ad  imitazione,  dove 
si  leggera  la  seguente  iscrizione :  IN  .  IIONOREM  —  LAURENTII  .  MARTY- 

RIS  .  ^.  —  PIVS  .  IX.  PONT.  MAX.   —   EREXIT  —  PONTIFICATVS  .  A.    XIX, 

Sua  Santita,  degnandosi  manifestare  la  sua  piena  soddisfazione  si  pel 
concepimento  che  per  la  esecuzione  del  lavoro ,  voile  piu  dappresso  am- 
mirarne  le  parti,  e  dispose  che  il  monumento  fosse  circondato  con  appo- 
sita  barriera,  per  guarentirlo  da  ogni  danno  pqssibile. 

Tornata  Sua  Beatitudine  verso  la  Basilica,  si  fece  ad  osservare  la  par- 
te  superiore  della  fronte ,  che  si  e  ornata  di  pitture  a  buon  fresco  m 
campo  dorato,  ad  imitazione  di  musaico.  In  essa,  entro  un  riparto  ideato 
dairArchitelto,  e  sqtto  la  direzione  del  signqr  cavaliere  Gio.  Battista  De 
Rossi,  il  pittore  signor  Silverio  Capparoni  ha  effigiato,  in  altrettanti 
tondi,  nel  mezzo  il  SSmo  Salvatore,  a  destra  S.  Lorenzo,  S.  Giustino  e 
S.  Cirilla ;  a  sinistra  S.  Stefano  ,  S.  Ippolitq  ,  S.  Ciriaca  ,  Santi  tutti  t  i 
cui  mortali  avanzi  si  conservano  nella  Basilica.  Al  di  sqtto  di  questi,  fr& 
i  grand!  tinestroni,  condusse  il  suddetto  pittore  nell' ultimo  spazio  a  sini- 
stra  1'imperatore  Costantino  ,  che  fondo  la  prima  delle  Basiliche  compo- 


486  CRONACA 

nenti  ora  1'intiero  sacro  edifieio  ,  facendola  innalzare  ,  rivolta  ad  priente, 
sul  corpo  di  S.  Lorenzo,  deposto  da  principle  e  non  mai  quindi  rimosso, 
nei  centro  delle  catacombe  di  S.  Ciriaca.  Prossimo  al  detto  Imperatore, 
e  nello  stcsso  spazio,  e  sialo  dipinto  il  Pontetice  Pelagio  II ,  che  amplio 
la  delta  Basilica  ela  sopraelevo.  Nello  spazio  ppposto  ed  ultimo,  dopo  la 
terza  tinestra,  si  veggono  raffigurati  i  Pontefici  Sisto  HI  ed  Adriano  I,  a 
cui  attribuiscono  alcuni  la  costruzione  deH'aHra  Basilica  rivolta  ad  occi- 
dente.  Fra  la  prima  e  seconda  tinestra ,  vedesi  rappresentato  il  Pontetice 
Onorio  III,  che  riuni  le  due  Basiliche  col  sopprimere  le  due  apsidi,  e  che 
attesa  la  eccessiva  umidita  prodotta  dal  monte,  entro  cui  aveva  Gostantino 
incassato  la  sua  Basilica,  stirno  interrarla'per  due  terzi  della  sua  altezza, 
formando  sopra  tale  terrapieno  un  nuovo  presbiterio.  Finalmente  nello 
spazio  fra  la  seconda  e  terza  tinestra,  vedesi  1'iinmagine  dell'  Augusto 
Pontetice  Pio  IX  che,  secondolo  stile  degli  antichi  musaici,  sostiene  con 
ambeduelemanila  Tabbrica  delle  due  hasiliche,  intieramente  e  sonluosa- 
mentedallasua  munih'cenzarestaurate.  NeU'irnmagine  del  SSnio  Salvatore 
stanno  impresse  le  lettere  A.  n.,  simbolosigQificantepmc*pmmet/?m*; 
e  sopra  i  tondi  suddescritti  i  norai  dei  Santi  che  in  essi  sono  effigiati. 

Nell'intiera  fronte,  entro  1'ideato  scompartimento,  vennero  per  opera  del 
valente  pittore,  sig.  Alessandro  Mantovani,  colorati,  su  fondi  d'oro,  arabe- 
schi  e  meandri,  di  stile  perfettamente  corrispondente  ai  musaici  della  pri- 
raa  meta  del  secolo  XIII,  per  contbrmarli  al  sottoposto  portico  del  Pon- 
telice  Onorio.  II  complesso  di  tale  dipinto  conferma  con  quale  tinezza  di 
arte  1'Archiletto  sappia  introdurre  ornamenli ,  che  si  colleghino  merayi- 
gliosamente  coi  vecchi  esistenti  da  varie  epoche,  e  come  in  tale  difficile 
assunto  lo  abbiano  bene  assecondato  i  sopraddetti  pittori  Capparoni  e 
Mantovani,  tanto  neli'atteggiamento  delle  figure,  quanto  nella  foggia  de- 
gli erablemi  allusivi  e  degli  arabeschi. 

CpQtinuando  innanzi  nella  visita  de'layori,  Sua  Santita  soffermossi  nel 
portico  ridonato  al  suo  stato  nonnale  ,  sia  col  nuovo  coperto  e  pavimen- 
to,sia  col  restauro,  a  cura  del  Minislerodi  Belie  Arti  ed  Antichita, opera* 
to  nelle  pitiure.  Entrata  nel  sacro  tempio  rivide,  con  mani Testa  soddisTa- 
zione,  ultimata  intutte  le  sue  parti  la  Basilica  di  Adriano  p  di  Sisto  111, 
e  quindi ,  dopo  di  avere  orato  per  qualche  tempo  innanzi  il  sepolcro  dei 
sariti  Martin  Lorenzo  e  Stefaao,  discese,  dalla  parte  sinistra,  la  nuova  sea- 
lea  ornata  di  balaustrata  a  yarii  raarmi  colorati,  e  rivide  la  Basilica  Go- 
stantiniana,  dove  con  grandissima  perizia  di  arte  era  stato  sostenuto  con 
robuste  armature  il  pavimento,  la  Confessione,  il  Seggio  pontificale  ed  i 
sedili  e  i  postergali  di  marmo,  per  estrarre  le  terre  Tattevi  depositare  dal 
Pontefice  Pelagio,  affindi  rialzare  il  pavimento,  come  Tusuperiormente  in- 
dicato.  Osservo  ad  uno  ad  uno  i  quattordici  pilastri  con  colonne,  risaltate 
per  due  terzi  del  diametro,  e  quattro  colonne  intiere,  sostenenti  le  quindici 
volte  a  schifo:  la  cella  che  racchiudeva  1'  urna  dei  corpi  dei  SS.  Lorenzo 
e  Stefano,  ridotta  in  corrispondenza  delle  nuove  colonne  e  pilastri,  in 
guisa  da  dividere  i  lati  longitudinali  ed  il  traversale  in  tre  spazii  o  inler- 
pilastri,  in  eiascuno  dei  quali,  sopra  continuato  stilobate,  vennero  eleva- 
ti  due  pilastrini  e  due  mezzi,  sui  quali  girano  tre  arehetti,  tutti  insieme 
costituenti  venti  vani  arcuati ,  chiusi  con  barriere  di  Terro  dorate,  che 
mentre  impediscono  l'avvicinarsi  alle  sacre  reliquie,  le  lasciano  vedere  e 
venerare.  Nel  lato  traversale  di  tale  chiusura  e  nel  vano  arcuato  vide  la 


CONTEMPORANEA  487 

pictra,  sulla  quale  e  tradizione  vcnisse  dcposto  il  corpo  del  santo  Lcvita 
dopo  che  era  stato  arso  dal  fuoco.  Percorse  quindi  la  Santila  Sua  1'intera 
Basilica  Costautiniana,  dove  tutto  il  pavimento  venne  ricoperto  con  lastre 
di  nianno  e  bardiglio,a  grandiose  e  ben  intcso  scomparlimento.  Osservo 
pure  nelle  testate  del  Nartece  situati  i  due  piccoli  Altari,  uno  de'  quali 
trovavasi  nel  secondo  intercolunnio  a  sinistra  della  Basilica  Costantinia- 
na,  1'allro  sotto  il  Portico  laterale  della  Basilica.  Quindi  risalita  per  1'al- 
tra  scala  si  condusse  ad  osservare  la  nnova  Sagreslia.La  quale  ricavata 
nel  luogo  dell'  antico  portico  laterale,  presento  in  questa  operazione  non 
lievi  diilicolla,  essendosi  dovuto  togliere  il  grosso  muro  costruito  a  bar- 
bacane,  che  priucipiando  dal  piano  del  pavimento  della  priniitiva  Basilica 
s'  innalzava  tin  sotto  la  grouda  del  tetto  delle  navi  minori.  Retrocedendo 
dalla  Sagreslia,  vide  la  nuova  Cappelia  del  SSmo  Sagrameuto,  quasi  con- 
dotta  a  compimento  si  nei  marmi,  che  nelle  pitture;  e  finalmente,  ascesa 
sul  piano  del  Presbiterio,  ammiro  il  pavimento  di  opera  Alessandrina  ed 
iMusaici  pienamente  restaurati,acura  deirenunciatoMinisiero  delle  Belle 
Arti  ed  Antichita.  Pel  quale  importante  risarcimeiilo  la  Santita  Sua  ma- 
nifesto la  sovrana  soddisfazione  a  S,  E.  il  sig.  Barone  Comm.  Costantini 
Baldini,  Miuislro,  alle  cui  premurc,  secondale  da  quelle  del  Segretario 
generate  sig.  Comra.  Luigi  Griti,  un  tal  layoro  e  dovuto. 

Terminata  la  sua  sovrana  visita,  il  Santo  Padre  degnossi  di  ammette- 
re  al  bacio  del  piede  tutli  i  personaggi  sopra  ricordatr,  ed  il  signor  Prin- 
cipe Bandini,  I',  f.  di  Senalore  insieme  ai  Conservatori,  il  cui  invito  di 
"visitare  le  grandiose  opere  dell'  unito  pubblico  Cimitero,  per  la  ora  gia 
larda,  si  riserbo  di  soddisfare  in  altra  circostanza.  Gli  artisti  che  aveano 
lavorato  uella  Basilica,  cpgiiendo  la  propizia  oecasione  di  essere  ai  piedi 
della  Santita  Sua,  al  Muniiiccntissimo  Padre  eSovrano,  resero  le  piii  vive 
azioni  di  grazie  per  gl'  incoraggiamenti  dati  a  loro  ed  agli  altri  che  le 
arti  proi'essauo. 

3.  Fra  i  mezzi  morali,  adoperali  per  guadagnar  Roma,  uno  e  stato  il 
gridare  ad  ogni  istante  che  Roma  era  divenuto  il  focolare  del  Brigantag- 
gio,  perche  qui  dal  Governo  ponliticio  si  reclutavauo.  si  pagavano,  si 
speuivano  briganti  a  conlurbare  il  pacilico  reguo  d'ltalia.  Per  dar  corpo 
a  questa  calunnia  occorreva  che  non  mancassero  falti,  capaci  di  illudere 
la  gente:  e  pero  sono  state  mandate  dalle  (azioni,  che  trionfano  ia  Italia, 
persoue,  cainuffate  da  legitlimisti,  chemostrando  zelo  per  la  ristorazione 
del  Re  di  Napoli,  si  dessero  attorno  con  grande  affettazione  di  segreto  a 
cercare  aderenti,  a  far  liste,  a  pagar  danaro:  e  quando  1'  inganno  era  li 
per  essere  scoverto,  eccoti  stroiubazzata  su  pei  dispacci  telegrafici  che 
nuove  spedizioni  brigantesche  si  apparecchiavano,  che  nuovi  program- 
rui  erano  stali  stampati,  cbe  nuovi  arresli  si  faceyano  in  sulla  1'rontiera. 
Tra  i  quali  citiamo,  come  fatto  di  pubblica  notorieta,  il  famigerato  Ser- 
racante,  il  quale  ora  nelle  prigioni  di  Roma  sconta  la  pena  dell' aver  vo- 
lulo  fare,  sotto  il  mantello  di  borbonico,  il  servigio  della  rivoluzione. 
La  Polizia  romaua  pose  piii  d'una  volta  le  mani  sopra  lali  mestatori,  col- 
sc  nel  fatto  le  loro  trappole,  ne  ebbe  le  pruove  piu  manifesto  e  irrepugna- 
Lili,  e  per  fino  le  confession!  dei  raedesimi  manutengoli.  Fu  allora  sup- 
posto  che  i  briganti,  i  quaii  si  mantenevano  in  sulla  frontiera  del  Napp- 
letano,  debolmente  e  quasi  solo  per  vista,  perseguitati  dai  Piemontesi , 
potessero,  se  non  in  tutto,  in  parte  almeno  essere  cola  appostatie  intrat- 


488  CRONACA 

lenuti  dagli  agenti  piemontesi,  perche  la  loro  accusa  avesse  piu  sembian- 
4e  di  verita.  Cio  che  allora  si  suppose  ora  prende  un'evidenza  manife- 
sia ;  a  nulla  essendo  riuscite  innanzi  alle  persone  oneste  quelle  prime 
mene,  ora  senza  altro  die  una  picciola  modificazione  si  spera  di  ottener- 
ae  migliore  elfetto.  Cosi  sappiamo  che  varie  hande  di  briganti  son  passa- 
te  impunemente  dal  Napoletano  nel  Ppntificio;  e  nelle  terre  piu  vicine 
alia  frontiera  vi  hanno  commessi  delitti  di  ruberie,  di  ferimenti  e  di  ri- 
-catti  a  danno  dei  sudditi  pontificii. 

LaGendarmeria,  i  Cacciatori  e  gli  Zuavi  sonosi  con  alacrita  spinti  con- 
tro  di  loro ;  due  colpnne  mobili  di  Gendarmi  e  di  Cacciatori  pontificii  bat- 
tono  le  montagne  di  Subiacp ;  due  altre  si  aggirano  nei  contorni  di  Fro- 
sinone;  un  distaccamento  di  Zuayi  perlustra  le  vicinanze  di  Palestrina  , 
€  altri  manipoli  di  Gendarmi  vegliano  gli  altri  luoghi  piu  esposti.  Queste 
precauzioni  gia  cpminciano  a  produrre  il  loro  buon  successo.  Parecchi 
briganti  sono  stati  presi  nelle  campagne :  e  alcuni  dalla  polizia  in  Roma, 
ov'erano  appena  entrati  per  celarvisi.  Una  circostanza  singolare  si  e  no- 
tata,  la  c|uale  dice  non  poco :  si  son  cioe  trovati  forniti  di  considerabili 
somme  in  napoleoni  d'oro,  che  -certo  si  sa  non  essere  state  da  loro  inyo- 
late  entro  i  confini  pontificii. 

4.  Nella  colluvie  del  perversi  scritti  cbe  ora  inonda  il  popolo  fedele  e 
minaccia  di  travolgere  la  fede  e  la  santita  dei  costumi  tra  i  yorticosi 
flutti  del  sofisma,  della  calunnia,  della  menzogna  e  dell'errore,  e  neces- 
sario  opporre  un  riparo,  per  dir  cosi,  locale  e  celere,  che  yalga  ad  arre- 
stare  le  onde  ,  ov'  esse  si  generano  ,  e  prima  che  possano  crescere  nel 
loro  corso  e  recar  danno.  Questo  riparo  e  posto  dalla  Circolare,  la  quale 
ha  recenlemente  inyiata  a  tutti  i  Vescovi  dell'orbe  cattolico  la  sacra 
Congregazione  dell'  Indice:  la  quale  noi  riproduciamo  nella  sua  versio- 
ae,  perche  i  fedeli  sappiano  quale  obbedienza  dovrauno  alle  proibizioni 
dei  Vescovi,  e  di  quale  colpa  si  rendano  rei  trasgredendole.  Essa  dunque 
dice  cosi : 

«  Eccell.  e  Rev.  Signore.  Tra  le  molte  calamita,  da  cui  e  per  ogni  lato 
oppressa  in  questi  tempi  di  lutto  la  Chiesa  di  Dio,  e  da  porsi  senza  dub- 
hip  la  colluvie  di  libri  caltivi,  che  innonda  pressoche  tutto  1'orbe ,  e  per 
cui  la  divina  Religione  di  Cristo,  che  devesi  da  tutti  onorare,  yiene  da 
uomini  malvagi  e  scellerati  schernita,  corrotti  i  buoni  costumi ,  special- 
mente  dell'  incauta  gioventu  ,  rinnegati  i  diritti  e  turbato  1'ordine  della 
societa.  Ne,  come  usavano  una  volta  a  tale  scopo,  lavorano  con  libri  ela- 
borati  con  grande  apparato  di  scienza  ,  ma  e  con  librettini  di  poco  costo 
€  con  giornali  appositamente  scritti,  si  adoprano  per  insinuare  non  solo  il 
velenp  negli  uomini  letterati  e  dotti,  ma  per  corrompere  eziandio  la  sem- 
plicita  e  buona  fede  del  rozzo  popolelto. 

<c  Percio  quei  legittimi  Pastori  che  vigilano  sul  gregge  di  Cristo,  per 
istornar  dai  popoli  loro  affidati  tanto  danno,  sogliono  mandare  alia  sacra 
Cpngregazione  dell'  Indice  quei  libri,  per  distorre  i  fedeli  dal  leggerli  col 
giudizio  e  colla  proibizione  della  romana  Sede.  E  agevolmente  sempre 
li  appago  e  tuttor  li  appaga  la  sacra  Congregazione  ,  la  quale  studia  e 
lavora  quotidianamente  per  compire  il  dovere  affidatole  dai  Romani  Pon- 
i€fici ;  ma  poiche  e  aggravata  dalle  denuncie  sempre  crescenti  di  tutto 
1'orbe  cristiano  ,  non  puo  sempre  fare  si  che  pronta  e  spedita  sia  la  sen- 
lenza  in  qualunque  causa ;  dal  che  avviene  che  alcuna  yolta  e  troppo 


COMEMPORANEA 

lardo  il  provvedimento  cd  inefficace  il  rimedio ,  quando  gia  dalla  lelttira 
di  quei  libri  provenncro  gravissimi  danni. 

«  Per  ovviare  a  questo  sconcio  ,  piu  di  una  yolta  i  Roman!  Pontefid 
studiarono  il  da  farsi,  e  per  tacere  di  altri  tempi,  fu  pubblicato  in  questi 
un  decreto  da  Leone  XII,  colla  data  del  26  Marzo  1825,  inserlo  in  calce 
delle  regole  dell'Indice,  ed  aggiunto  a  questa  letlera,  percui  si  comanda 
agli  Ordinarii ,  che  si  studiino  colla  loro  autorita  di  proibire  e  torre  dalle 
mani  dei  fedeli  tutti  quei  libri  nocevoli ,  stampati  e  diiTusi  nella  loro 
diocesi. 

«  Or  siccome  la  provvida  deliberazipne  di  quest'  apostolico  Decreto  ris- 
ponde  alle  presenti  necessita  dei  fedeli,  ed  al  hisogno  che  havvi  di  tutelar 
la  sana  dottrina  edi  buoni  costumi,  piacque  al  Santissimo  Nostro  Signore 
Pio  Papa  IX,  cbe  se  ne  rinnoyasse  la  memoria ,  se  ne  pubblicasse  di  bel 
'  miovo  il  contenuto  e  se  ne  esigesse  1'osservanza  dagli  Ordinarii,  il  che  ci 
facciam  premura  di  fare  in  nome  ed  autorita  dell'apostolica  Sede,  con 
questa  lettera  eccitatoria  ,  alia  quale  se  si  obbedira  (  come  teniam  per 
certo),  si  storneranno  gravissimi  pericoli  da  quelle  diocesi  specialmente, 
nelle  quali  sia  necessaria  una  pronta  proibizione.  Aftinche  poi  col  prete- 
sto  di  mancanza  di  giurisdizione  p  sotto  qualunque  altro  colore  non  si 
creda  con  temerarip  ardimento  di  poter  sprezzare  o  lener  come  mille  le 
sentenze  e  le  proibizipni  degli  Ordinarii ,  a  questi  Sua  Santita  concede , 
che  in  tal  cosa,  come  Delegati  dell'apostolica  Sede,  procedano,  non  ostan- 
te  qualunque  altra  disposizione  in  contrario. 

«  Si  riferiscanp  pero  all' apostolico  giudizip  quelle  opere  o  quei  scrittK, 
che  esigono  un  piu  prpfondo  esame,  o  in  cui  richiedesi  la  sentenza  dell'au- 
torita  suprema,  perche  si  ottenga  il  salutare  efletto.  Frattanto  per  te,  EC- 
cellentissimo  e  Reverendissimo^Signore,  domandiamo  di  tutto  cuore  a  Dio 
in  grande  abbondanza  le  divine  grazie ,  offrendoci  prontissimi  a  qualun- 
que cosa  ti  aggrada.  Dato  a  Roma,  il  di  24  Agosto  1864.  » 

(Seguono  le  (irme  deU'Emo  Card.  Altieri ,  e  del  P.  M.  Modena,  e  il 
Decreto  di  Leone  XII. ) 

STATI  SAUDI  1.  Mene  del  partlto  mazziniano;  precauzioni  del  Governo  —  2, 
Seduta  delle  Camere  nel  giorno  24  Ottobre  —  3.  11  Governo  chiede  soli 
selte  milioni  di  franchi  pel  trasferimento  della  Capitale  a  Firenze  — 
4.  Dpcumenti  diplomatic!  comunicati  al  Parlamento  —  5.  Dichiarazionl 
iiiliciose  circa  la  rinunzla  a  mezzi  riolenti  contro  Roma,  e  riserve  circa 
1'uso  dei  mezzi  morali  —  6.  Polemiche  de'giornali  circa  il  valore  d'un  di- 
spaccio  del  Nigra  —7.  Discussion!  nella  Camera  elettiva  alii  k  e  SNovem- 
bre;  il  prete  Passaglia  rinunzia  alia  carica  di  Deputato  —  8.  Inquisizionc- 
parlamentare,  e  lettera  del  Questore  di  Torino  circa  le  stragi  del  21  e  2$ 
Settembre  —  9.  Gircolaredel  Ministro  dell'Jstnizione  pubblica,  sig.  Na- 
tpli,  conlro  le  scuole  vescovili  —  10.  Deliberazion'i  e  bandi  de'Comitati 
rivpluzionarii,  per  soccprrere  i  GanbaUlini  insorti  nel  Yeneto;  altalemi 
ed  imposture  de'giornali  ulliciosi  —  11.  Arrolamenti  clandeslinl  di  ven- 
turieri;  doni  spediti  d*  Inghilterra  al  Garibaldi  —  12.  Economic  nell'  ar- 
niata  di  terra  e  di  mare  — 13.  ISuove  impostc  e  nuove  estorsioni  di 
denaro. 

1.  La  Convenzione  del  15  Settembre,  stipulata  fra  i  Governi  di  Parigi 
e  di  Torino,  per  lo  sgombero  delle  truppe  franccsi  da  Roma,  aveapiena- 
mente  appagalo  per  una  parte  i  yoti  di  tutti  i  rivoluzionarii  d'ogni  colore 


490  CRONACA 

politico,  in  quanto  da  tutti  era  riguardata  come  un  atto,  con  cui  solenne- 
mente  si  buttayano  in  faccia  all* Austria  i  brandelli  del  lacero  Tratlato  dl 
Zurigo,  e  si  gittavano  ai  vento  le  riserve,  in  esso  contenute  a  favore 
de'Sovrani,  assassinati  dalle  invasion!  del  1859  e  del  1860.  Ma  per  altra 
parte  la  condizione  sine  qua  non  del  trasferimento  della  Capitale  invol- 
geva  un'umiiianle  soggezione  del  Governo  italiano  ai  voleri  del  potente 
alleato;  e  sebbene  dai  piu  era  riguardata  come  una  beffa  a  Roma,  in, 
qaanto  si  spacciava  che  quella  fosse  una  guarentigia  morale  della  lealla, 
con  cui  si  osserverebbe  1'assunto  impegno  di  non  rinnovare  contro  il  Pa- 
trimonio  di  san  Pietro  i  tradimenti,  !e  violenze  e  le  iufarnie  che,  fruttaro- 
no  1'  usurpazione  delle  Romagne,  dclle  Marche  e  dell'  Umbria :  da  molti 
altri  era  aitresi  riguardata  come  una  implicita  rinunzia,  non  pure  a'mez- 
zi  violent!,  ma  eziandio  a'  tenebrosi  intrighi  di  setta  per  la  distruzioiie -u 
della  Sovranita  temporale  del  Papa. 

Pertanto  i  Mazziniani  schietti  ed  i  Garibaldini,  cbe  avrebbero  fatta 
1'apoteosi  di  Napoleone  III,  e  leyato  alle  stelle  Drouyn  de  Lhuys,  Nigra, 
Minghetti,  Pepoli  e  loro  consorti,  se  si  fosse  trattato  solo  de'.Io  sgombe- 
ro  di  Roma,  non  poteano  acconciarsi  di  huon  grado  ad  acceltare  il  tras- 
porto  del  Governo  a  Firenze;  si  perche  vedeaiio  in  cio  un  atto  di  vassal- 
iaggio  a  Napoleone  III,  di  cui  non  si  fidano  punto,  e  si  perche  o  pigliava- 
no  sul  se^rio  o  fingeano  di  pigliar  sul  serio  le  promesse  fatte  dal  Governo 
italiano  di  impedire  1'  uso  della  forza  a'  danni  de'  present!  dominii  della 
Santa  Sede.  II  Governo  di  Torino  adunque,  stretto  fra  le  esigenze  diplo- 
raatiche  del  Gabinetto  delle  Tuileries  e  le  pretension!  de'settarii,  che  Ha 
qui  furono  il  suo  braccio  destro  nelle  piu  arrisicate  imprese,  non  erasen- 
za  gran  timore  che  ne!  giorno  24  di  Ottobre,  in  cui  si  dovea  comunicare 
al  Parlamento  quella  Convenzione,  si  rinnovassero  in  Torino  gravi  coq- 
flitti,  p  per  lo  rnenp  lo  scontento  de'Torinesi  fosse  usufruttuato  da'Mazzi- 
niani  in  mot!  sediziosi,  contro  quella  che  da  alcuni  dices!  liberta  de'Rap- 
presentant!  della  nazione,  e  da  altri  si  appella  servilita  pecorina  dei  de- 
voti  a  I  Ministero. 

Quesie  preoccupazioni  si  venivano  aggravando  visibilmente  quando  , 
oltre  le  deliberazioni  fermate  e  messe  poi  a  slampa  da  numerose  raunate 
di  Mazziniani  in  molte  cospicue  cilia  d' Italia,  sulle  frontiere  della  Sviz- 
zera  italiana  si  scoprivano  e  si  sequestravano  casse  di  band!  mazziniani 
a  stampa,  con  cui  levare  i  popoli  a  rornore  e  soinraoverli  a  far  di  tutto  , 
perche  si  rinnegasse  la  Convenzione  del  lo  Settembre,  per  la  parte  che 
impone  il  trasferimento  deila  Capitale  fuori  di  Torino.  Se  di  la  si  spediva 
codesta  roba,  dovea  gia  trovarsi  di  qua  chi  s'incaricava  di  spacciarla  e 
farla  valere!  Si  raddoppio  adunque  di  vigilanza,  e  si  pose  mano  a  spe- 
dienti,  un  decimo  de'quali  adoperato,  per  esempio,  dalla  Santa  Sede  con- 
tro i  seltarii  spedili  dal  Piemonte  a  seminar  rivolture  negli  Stati  della 
Chiesa,  basterebbe  a  far  versare  contro  di  lei  un  lago  d'  iochiostro  alia 
Diploraazia  del  diritto  nuovo,  ed  un  mare  di  fiele  agli  apologist!  della 
civiltd  moderna. 

«  Sappiamo,  stampo  il  Diritto  (n.°  293),  che  la  Questura  mando  a 
chiamare  molti  esuli  romani  e  veneti,  e  gli  ammoni,  che  noti  prendes- 
sero  parte  alcuna  a'torbidi,  che  potessero  per  avventura  accadere  in  que- 
st! giorni  a  Torino.  »  Le  ammonizioni,  in  tali  congiunture,  si  saquel  che 
signiticano,  da  parte  d'  un  Governo  liberale ;  e,  benche  fatte  con  garbo, 


CONTEMPORANEA  491 

equivalgono  a  minaccc  gravissime.  Tuttavolta  questp  e  uno  spediente, 
die  puo  essere  elficace  solo  pel  caporali  e  mestatori  piu  educati;  per  la 
niamiaglia  piu  manesca  e  piii  numerosa,  a  cui  si  gettano  i  pochi  soldi 
clic  bastano  in  certe  circostanze  per  averla  pronta  a  rappresentare  il  po- 
polo, ci  vogliono  argomenti  piu  persuasivi.  11  Gabinelto  di  Torino  li  uso 
a  tempo  e  largamente.  Di  die  si  videro  per  piu  gionii  di  seguito  piccole 
squadrc  di  sei,  otto,  dieci  e  fiuo  a  venti  oziosi  o  sospelti,  die,  a  due  a 
due  in  processione,  sotto  la  scoria  de' gendarrni,  venivano  condotti  o 
nelle  pubblidie  carceri  o  nelle  case  che  ancora  riniangouo  della  Cittadel- 
la,  per  esservi  custoditi  fuor  d'  ogui  pericolo.  A.  questo  modo  furono  se- 
questrate molte  centinaia  di  cotali,  che,  in  altri  tempi  e  per  altri  servigi, 
avoano  sostenuta  la  gloriosa  parte  di  un  popolo  intiero,  il  cui  sufiragio  e 
•volere  sovrano  dovea  essere  ossequiosamente  riverilo  da  potenti  Sovra- 
ni,  impegnatisi  percio  a  fame  rispettare  le  opere  d\  plebiscite  e  di  annes- 
sione,  per  quanto  fossero  contrarie  ai  piu  sacri  diritti,  alle  gin  rate  pro- 
messe,  alia  lealta  ed  all'  onore  nazionaie ,  ed  alia  santita  della  i'ede  pub- 
blioa. 

Non  sappiamo  dar  torto  al  Governo  di  Torino  se  cerco  solo  di  liberarsi 
dal  pericolo  che  gli  sovrastava  da  sediziosi ;  ma  non  sappiamo  intendere 
come  mai  possa  essere  delitto  per  altri  Govern!,  quel  che  e  diritto  di  le- 
gittima  diiesa  per  lui.  L Opinions  del  24  Ottobre,  Jamentandosi  dei  bandi 
sediziosi  mandati  da  Lugano,  e  sequestrati  alia  Dogana  di  Chiasso,  usci- 
Ta  in  iiera  iilippica  contro  le  «  arti  tristissime  » ,  colle  quali  si  studiavano 
i  nemici  dell'  unita  nazionaie  di  «  agitare  il  popolo  e  di  trasciuarlo  ad  atti 
incousulti.  I  proclami  non  sarebbero  soli,  che  fu  annunziato  essere  slati 
chia  ma  li  a  Torino  degli  impresarii  di  dimostrazioni  ed  organizzatori  di 
tumnUi  di  piazza  ».  Qui  e  proprio  il  caso  della  biscia  che  morsico  il  ciar- 
Jatano!  I  moderati  si  servirono  a  loro  bell'  agio  di  codesti  impresarii  ed 
organizzatori  di  tumulti,  (inclie  si  tratto  di  rappresentare  i  drammi,  ela- 
bprati  a  Torino  cd  a  Parigi,  di  popoli  esasperati  e  sospinti  dalla  dispera- 
zione  a  rovesciare  i  legittimi  Governi  d'  Italia;  ed  ora  alia  loro  volta  li 
sperimentano  felloni.  Pur  se  il  Governo  della  Santa  Sede  si  riservasse  di 
trattar  tal  genia  a  quel  modo  che  la  tratto  il  Governo  di  Torino,  che  cosa 
non  direbbero  i  diplomatic},  fautori  e  banditori  del  diritto  nuovo?  Si  tol- 
lererebbe  torse  che  il  Governo  pontih'cio  incatenasse  o  cacciasse  via  per 
lo  ineno  codeste  belve,  impiegate  pel  passatp,  e  HQ  d'  ora  destinate  a 
mettere  poi  in  moto  nell'avvenire,  coi  pugnali,  con  le  bombe,  coi  tumulti 
di  piazza,  i  mezzi  morali,  che  il  Governo  di  Torino,  come  vedremo  piu 
sotto,  si  riservo  di  adoperare  per  conciliare  il  Papato  con  I  Italia,  ossia 
per  consummare  I'assassinio  della  Santa  Sede? 

Per  nieglio  assicurarsi,  il  Governo  pose  mano  a' tern,  e  comincio  a  cu- 
rare la  piaga  con  bottoni  di  1'uoco,  ossia  con  una  serie  di  sequestri  e  di 
processi  a' giornali  mazziniani  e  garibaldini;  di  die  il  Diritto  (nn.  292 
e  300)  recitata  la  Circolare  percio  spedita  a'  Prefetti ,  comincio  a  levare 
alte  strida ,  slampando  il  catalogo  copioso  de'  colpiti  da  que'  provvedi- 
nienti  liberalissimi.  Ma  fu  lasciato  dire;  ed  egli  stesso  fu  sequestrate  un 
cinque  o  sei  volte,  e  costretto  a  lasdarsi  mettere  la  cuffia  del  silenzio. 
Laonde  con  tutta  ragione  1'  Unita  Cattoiica  del  25  Ottobre  usci  in  queste 
parole:  «  II  Governo  pontilicio  non  ha  bisogrio  di  consigli  per  governare, 
ne  di  lante  precauzioni  per  difendersi  dall'  amore  del  popolo.  Ma  se  fosse 


192  CRONACA 

minacciato  da  qualche  dimostrazione,  il  Governo  modello  di  Torino  dice 
&  quello  del  Papa,  come  ha  da  fare  per  premunirsene.  Ecco  la  ricetta  del 
medico  Lanza,  ministro  dell'interno:  1.°  Perquisizioni  nelle  case  per  cer- 
care  proclaim  e  pistole;  2.°  Arresti  in  massa  di  tutti  i  sospetti ;  3.°  Un 
sugoio  di  spie  ben  pagate  che  girino  dappertutto ;  i.9  Sequestri  di  gior- 
nali  e  di  chi  spaccia  false  notizie;  5.°  Carabinieri  in  assisa  e  carabinieri 
travestiti  in  ogni  cantone;  6.°  Una  salutare  paura  da  incutersi  ai  buoni 
ed  ai  tristi.  E  noi  non  ci  lagniamo  di  tutte  queste  misure.  Sono  yantag- 
giose  pei  tempi  che  corrono,  e  meglio,  mille  volte  meglio,  premunire  che 
reprimere.  Ma  pretendiamo  che  d'  ora  innanzi  i  Ministri  e  i  giornalisti  di 
Torino  si  guardino  ben  bene  dal  rimproverare  il  Governo  del  nostro 
S.  Padre  Pio  IX.  » 

2.  Con  tutto  cio  il  Governo  non  si  tenea  abbastanza  sicuro;  e  fece 
adoperare  caldi  ufficii  presso  il  Municipio,  le  Societa  di  Operai,  i  Capipo- 
polo  piu  influent! ,  che  alia  loro  volta  tappezzarono  Torino  di  bandi  ed 
esqrtazioni,  perche  si  eyitasse  «  ogni  illegalita  » ,  e  si  mantenesse  «  una 
attitudine  calma  e  dignitosa ».  E  per  avvalorare  di  maggior  efh'cacia  que- 
sti  squarci  d'  elqquenza,  malgrado  della  pioggia  fitta  che  non  cessava  di 
cadere  da  piu  giorni,  si  fecero  marciare  buon  nerbo  di  truppe,  che  la 
sera  di  Domenica  23  Oltobre  si  attendarono  sulla  piazza  d'armi ,  d'onde, 
continuando  la  pioggia  a  cadere  dirotta,  fu  d'  uopo  farle  ppi  ritirare  nei 
quartieri,  insieme  con  quelle  che  giunsero  dalla  Lomhardia  la  maltina 
del  lunedi.  La  Guardia  nazionale  fu  convocata,  ed  accorse,  in  numero  di 
fpiu  baitaglioni,  al  palazzo  municipale,  pronta  a'cenni  del  Sindaco,  a  cui 
il  Governo  scrisse  calcie  raccomandazioni  pel  buon  ordine.  Ma  questo  non 
fu  turbato  ne  punto  ne  poco,  e  la  popolazione  riraase  tranquilla  e  rasse- 
gnata,  almeno  esleriormente,  nelle  strade. 

La  Camera  dei  Deputati  si  aduno,  alii  2i  Ottobre,  in  numero  di  oltre  a 
350  membri.  Interyennero  ridenti,  e  quasi  in  aspetto  di  disfida,  il  Min- 
-ghetti,  il  Peruzzi,  il  Pepoli,  lo  Spaventa,  e  loro  complici  nella  faccenda 
della  Convenzione,  e  nelle  stragi  del.21  c  22  Settembre.  II  Presidente  del 
Consiglio  de' Ministri,  Generale  La  Marmora,  salito  alia  tribuna,  annunzio 
ia  formazione  del  nuovo  Ministero,  lesse  in  prima  una  studiata  relazione 
circa  la  Convenzione  del  IS  Settembre;  quindi  il  Lanza,  ministro  degli 
affari  interni,  espose  le  convenienza  di  un  disegno  di  legge,  relativo  alle 
spese  pei  trasferimento  della  Capitale  a  Firenze.  II  Tecchio  poi  chiese  di 
interrogare  i  Ministri  sopra  i  fatti  del  21  e  del  22  Settembre;  ma  questi 
risposero  asciutto  di  non  potere  ne  volere  accettare  tali  interpellanze, 
fjrima  the  fosse  risolta  la  faccenda  della  Convenzione;  e  ricusarono  egual- 
mente  di  pubblicare  tutti  i  document!  spettanti  a  tal  negozio ;  sicche  gli 
oppositori  ottennero  a  stento  che  si  deliberasse  una  inquisizione  parlamen- 
tare,  per  cura  di  nove  Deputati,  scelti  dal  Presidente  della  Camera,  sopra 
i  fatti  luttuosi  del  21  e  22  Settembre,  e  che  tal  Commissione  dovesse  soi- 
iecitare  la  presentazione  de'suoi  lavori.  Ma  si  decreto  pure,  essere  ur- 
gente  la  disamina  della  Convenzione ;  e  percio  la  Camera  fu  prprogata, 
affinche  gli  ufficii  di  essa  potessero  spendervi  attorno  i  loro  studii. 

La  relazione  suddetta,  firmata  da  tulti  i  Ministri,  e  riferita  negli  Atti 
nfficiali  della  Camera,  sptto  il  24  Ottobre,  come  ndYOpinione  del  25,  va 
^utta  in  dire,  che  i  motiyi  di  essa  Convenzione  risultano  da'  document! 
diplomatic!  che  si  comunicavano  al  tempo  stesso  alia  Camera;  che  il  tras- 


CONTEMPORANEA  493 

ferimento  della  Capitale  e  clausola  inscindibile  di  quel  Trattato ;  che  cio 
portera  grave  detrimento  a  Torino,  la  quale  pero  dovra  fare  alto  gene- 
roso  di  abnegazione  per  i'ltalia,  e  ne  ricevera  compenso  nella  «  perenne 
riconoscenza  della  nazione  » ;  e  che  la  spesa  percio  occorrente  sara  di 
Lire  7,000,000;  e  la  cosa  dovra  effettuarsi  «  entro  sei  mesi  dalla  promul- 
gazione  della  legge  percio  proposla  ».  II  Governo  del  Re,  mentre  adem- 
pira  con  lealta  e  con  la  dovuta  sollecitudine  questa  eondizione,  sente 
pero  il  debito  di  osservare  che  non  sara  ne  conveniente,  ne  possibile  di 
trasportare  contemporaneamente  nella  nuova  sede  tutti  gli  uffizii  che  co- 
stituiscono  ramministrazione  centrale,  ma  comincera  da  quelli  che  sono 
indispensahili  a  dare  impulse  e  direzione  alia  raacchina  governativa.  La 
scarsezza  di  adatti  locali  nella  nuova  sede  e  la  necessita  di  ovyiare  al 
pericolo  di  produrre  un  dissesto  grave  nell'andamento  degli  affari  arnmi- 
jiistrativi,  consigliano  che  il  traslocamento  di  una  tanta  mole  di  affari, 
d'  interessi ,  di  documenti  si  operi  gradatamente  e  colle  dovute  cautele. 

«  Per  tanto  la  spesa  del  trasferimento  da  compiersi  su  tali  basi  e  con  sif- 
fatti  tcmperamenti  venne  per  ora  ristretta  nei  limiti  del  necessario,  noa 
tralasciandosi  anche  di  tener  conto  delle  straordinarie  strettezze  della  fi- 
nauza,  alle  quali  il  Ministero  ha  riyolte  le  sue  piu  sollecite  cure.  » 

3.  La  legge  per  1'approyazione  di  7,000,000  di  Lire  ,  con  che  il  mini- 
stro  Lanza  pretese  potersi  fare  le  spese  del  trasferimento  a  Firenze,  su- 
scito  una  generale  increduiita  ,  che  venne  corroborata  da  calcoli  esatti. 
La  Gazzetta  del  popolo  ne  impugno  con  calore  la  sufficienza  ,  per  isve- 
lare  rartiticio  del  Ministero  ;  i  cui  diarii  rimandarono  la  Gazzetta  a  stu- 
diare  i  calcoli  percio  deposli  alia  Camera.  La  Gazzelta  non  si  lascio  sgo- 
inentare,  e  disse  quelli  essere  calcoli  poetici;  e  per  maniera  di  dimostra- 
zione,  a  punta  di  leggi  e  di  cifre,  chiari,  nel  suo  foglio  del  3  Novembre, 
che  mentre  il  Ministero  avea  assegnato  sole  600,000  Lire  per  indennita, 
ordinata  dalla  legge,  a  4,000  pubblici  ufficiali,  che  dovranno  percio  tras- 
locarsi  con  le-ioro  famiglie  ;  in  verita  ,  anche  applicando  solo  leggi ,  che 
nelle  presenti  circostanze  sarebbero  inique  ,  disumane  ed  immorali , 
1'  indennita  dovuta  sarebbe  di  Lire  1,479,878  ;  onde  in  questa  sola 
partita,  senza  toccar  d'altro,  la  dilTerenza  tra  il  disegno  del  Ministero  ed 
jl  voluto  da  inesorabile  necessita  ,  sarebbe  di  niente  meno  che  di  Lire 
879,878.  La  quale  ditYerenza  crescerebbe  di  molto  quando,  invece  d'ap- 
plicar  la  legge  del  9  Giugno  1861,  circa  le  traslocazioni  ordinane  d'ini- 
jpiegati,  per  motivi  ordinarii  e  preyeduti,  si  tenesse  conto  dell'enorme 
<Ianno  ad  essi  inflitto,  col  costringerli  tutti  in  una  volta  a  dispendio  incal- 
colabile,  cui  devesi  dal  Governo  dare  proporzionato  compenso. 

4.^  I  documenti  diplomatici,  presentati  dal  La  Marmora,  per  giustifica- 
re  1'  opera  del  Pepoli  e  del  Drouyn  dc  Lhuys  ,  consistono  in  tre  Note , 
delle  quali  le  prime  due  sono  del  Visconti-Ye'nosta  al  Nigra  ,  e  la  terza 
del  Nigra  al  Visconti-Venosta.  Questi  documenti  sono  scritti  per  uso  del 
popolo,  e  invece  di  essere  una  schietta  sposizione  dei  fatti,  una  nuda 
relazione  delle  trattative,  ed  una  limpida  spiegazione  degli  obblighi  ini- 
posti  ed  assunti ,  sono  una  calda  apologia  delle  medesime,  colla  solita 
artedi  adoperare  frasi  a  doppio  senso,  perche  tutti  vi  trovino  il  loro  conto. 
Certi  malignuzzi  pero,  come  il  deputato  Boggio,  non  esitarono  a  dirli  in 
piena  Camera  roba  fatta  ad  usum  Delpliini;  la  Gazzetta  del  popolo  li  ten- 
ne  come  compilati  apres  coup,  cioe  dopo  stipulata  gia  la  Convenzione,  c 


494  CRONACA 

per  togliere  ogni  sospetto,  che  questa  fosse  frutto  dei  timori  destati  dalle 
dicerie  d'  una  nupva  alleanza  nordica  a  difesa  contro  le  ambizioni  napoleq- 
niche ;  ed  il  Diritto  certamente  non  fa  contraddetto  dai  giornali  del  Mi- 
nistero,  quantunque  stampasse  (n.°  29oj:  «  In  quest!  document!  1'artifi- 
c!6  e  tanto  manifesto  ,  che  e  facile  ad  ognuno  scoprirlo.  Si  vede  chiaro 
che  essi  furono  fatti  a  bella  posta,  per  servire  alia  difesa  del  Trattato  ia- 
nanzi  al  Parlamento.  Ed  il  spverchio  studio,  con  cui  certi  argomenti  sono 
sviluppati,  traspare  spverchiamenle  e  ne  palesa  il  proposito...  II  sig.Ni- 
gra  ed  il  sig.  Visconti-Yenosta  Don  avrebbero  avuto  bisogno  di  ripetersi 
tante  volte  una  cosa  che  sapevano.  Ma  eglino  ,  dirigendo  1'  uno  all'  altrp 
le  lettere  ,  scrivevano  veramente  al  Parlamento  ,  e  per  ottenere  che  il 
Trattato  fosse  apprpvato ,  credevano  che  fosse  necessario  persuaderlo 
pienamente  di  questi  due  argomenti...:  che  la  Convenzione  del  15  Set- 
tembre  e  in  sostanza  conforme  ad  un  antico  disegno  del  Conte  di  Ca- 
your,  e  che  il  trasferimento  della  Capitale  fu  atto  spontaneo  del  Governo 
italiano,  non  imposto  dal  francese.  » 

Dopo  lette  accuratamente  quelle  scritture,  torna  assai  difficile  il  ribat- 
ter  le  congettiire  del  Diritto ;  poiche  in  realta  quelle  vanno  tutte  in  fare 
un'apologja  del  Ministero  presieduto  dal  Minghetti,  che  si  adopero  a  potere 
per  iare  accettare  a  Napoleone  III  i  disegni  gia  avviati  dal  Cavour ;  ma 
scivolano  prudentemente  sulla  difficolta  e  diiTerenza  capitale,  cioe  che 
questi  non  avea  sognato  mai  di  proporre  o  suggettarsi  all'  impegno  di 
trasferire  altroye  la  sede  del  Governo.  Lo  studio  principal^  pero  del  Ni- 
gra  e  del  Visconti  e  posto  nel  far  intendere,  senza  pero  dirlo  in  termini 
precis!,  che  I'effetto  indubitato,  comelo  scopo  voluto  della  Convenzione, 
si  e  di  dare  fra  breve  il  possesso  di  Roma  all'  Italia.  Ma  siccome  essi  as- 
seriscono  recisamente  che  il  Plenipotenziario  francese  fu  di  pieno  accordo 
coll'  italiano  in  quanto  a  tal  valore  pratico  della  Convenzione ;  cosi  pro- 
vocarono  delle  proteste  e  delle  dichiarazioni  del  Gabinetto  di  Parigi , 
delle  quali  noi  daremo  conto  neila  parte  della  Cronaca  ,  che  si  riferisce 
alia  Francia. 

5.  In  tal  sensp  furono  intese  da  tutti  indistintamente  i  diarii ,  liberali 
e  non  liberali,  di  Francia  ed  Italia,  le  chiose  del  Nigra,  e  riguardate  co- 
me m'  appendice  esplicativa  del  Trattato  del  15  Settembre.  Di  che  si  le- 
yo  ppi ,  come  vedremo  fra  poco ,  una  polemica  assai  viva  fra  i  giorna- 
li ispirati  dal  Drouyn  de  Lhuys  e  gli  stipendiati  dal  Governo  di  Torino. 
Questi,  senza  tante  ambagi ,"  intesero  quelle  dichiarazioni  a  quel  modo 
che  il  brindisi  del  Pepoli  a  Milano;  cioe  come  una  solenne  affermazione 
di  mantener  saldo  il  proposito  di  compiere  Tunita  nazionale,  portando  la 
Capitale  a  Roma,  ed  adoperando  a  tal  fine  anche  la  forza,  quando  il  Go- 
verno pontificio  non  satisfacesse  alle  condlzioni  poste  ,  e  che  gli  si  ren- 
derannp  impossibili  a  satisfare,  nulla  essendo  piu  facile  ad  un  Governo 
rivoluzionario,  che  il  gettare  disordine  in  casa  altrui  e  turbare  la  Iran- 
quillita  sidle  frontiere.  Difatto  YOpinione  di  Torino,  quello  stesso  diario 
privilegiato,  che  primo  di  tutti  promulgo  essersi  stipulate  quella  Conven- 
zioae,  subito  dopo  puhblicati  codesti  document!,  stampo,  alii  26  Ottobre, 
che :  «  se  !  negoziati  diplornaiici  in  corso  produrranno  un  risultato,  sa- 
rd giuocoforza  alia  Santa  Sede  di  intendersda  con  /'  Italia.  Nel  casp 
contrario  I'  Italia  potra  procedure  risoluta  neila  sacra  via  della  sua  uni- 
td,  sicura  d'aver  esaurito  ogni  mezzo  per  indurre  il  Papa  ad  una  pacifi- 


CONTEMPORANEA  495 

cazione,  che  essa  ha  desiderato  con  sincerita  di  cuore  e  proseguita  COQ 
una  longanimita  senza  pari  ». 

Or  questa  paciticazione  in  che  dec  consistere?  Forse  nel  lasciare  che 
il  Papa,  astenendosi  da  ogni  attacco  militare  cpntro  1'  Italia,  regni  tran- 
quillo  ed  indipendente  sulla  piccola  parte  degli  Stati  che  gli  fu  lasciata? 
No,  mille  volte  wo,  risponde  \'0pinione  del  4  Novembre.  «  A  nostri  tem- 
pi la  sovranita  risiede  nella  nazione,  ed  il  Re  si  chiama  sovrano,  qual  ca- 
po supremo  dello  Stato  acclamato  dalla  nazione Quando  adunque  si 

parla  di  Papa  Sovrano,  non  si  puo  intendere  di  Sovrano  etfettivo,  di  UQ 
Sovrano  che  eserciti  i  diritti  della  vera  sovrauita  ,  ma  semplicemente  di 
una  sovranita  nominale  ed  onorifica  ,  secondo  il  concetto  del  Conte  di 
Cavour,  la  quale  consiste  in  quel  complesso  di  guarentigie  personali  che 
potranno  essere  stirnate  necessarie  per  assicurare  al  Papa,  come  Capo 
della  Chiesa  cattolica,  e  come  Capo  residente  a  Roma,  Vindipendenza,  la 
diynita,  il  deeoro.  »  Questo  e  volgare  chiarissimo.  II  Governo  italiano 
deiermiiiera  egli  quali  siano  le  guarentigie  personali  necessarie  ,  ed  al- 
fuopo  gli  applichera  quelle  che  osserva  verso  1'  Eiuo  Gardinale  De  Ange- 
lis,  Arcivescovo  di  Fermo,  sostenuto  in  prigione  decente  a  Torino,  e  gli 
lasciera  per  carita  il  name  di  Sovrano! 

Tale  essendo  lo  scopo,  rimane  forse  alcun  dubbio  circa  i  mezzi  da  con- 
seguirlo?  L'  Opinions  del  27  Ottobre  voile  intorno  a  cio  illuminare  (ino  i 
ciechi :  «  Noi,  fedeli  al  pensiero  del  Conte  di  Cavour ,  ci  siamo  nova- 
niente  iinpegnati  a  non  andare  a  Roma  coi  mezzi  violenti,  ma  ci  riser- 
bammo  chiaramente  la  facolta  di  giungervi  coi  mezzi  morali...  Non  pps- 
siamo  comprendere  la  politica  sostenuta  dalla  France.  Essa  dimentica 
le  parole  dell'  Imperatpre  e  perfino  i  periodi  del  sig.  Drouyn  de  Lhuys, 
Dei  quali  1'  idea  della  indipendenza  e  dell'  unita  italiana  e  espressa  coa 
bastante  chiarezza!»  Dunque  sta  fermo  che  si  dee  compiere  I' unita, 
d'  accordo  col  Governo  di  Parigi ,  ridurre  a  puro  npme  la  Sovranita  del 
Papa ,  e  far  di  Roma  la  Capitale  di  Italia ,  e  tutto  cio  per  mezzi  morali, 
se  i  mentovati  pretest!  gia  predisppsti  dal  Nigra  non  daranno  comodita 
abbastanza  prpnta  di  usare  i  mezzi  violenti.  Ora  in  che  consistonp  i  mez- 
zi morali?  Chi  avesse  ancor  bisogno  di  apprenderli,  legga  T  Unita  Cat- 
tolica del  27  Ottobre,  che,  a  punta  di  document!  ufficiali  francesi  e  pie- 
montesi,  dimostra  quel  che  significa  la  firma  del  Pepoli,  apppsta  alia  Con- 
venzione  del  15  Settembre ;  e  quella  del  di  seguente,  in  cui,  sempre  coa 
citazioni  di  documenti  nfliciali  francesi  ed  italiani,mettein  evidenzache 
H  1.°  Mezzo  morale  e  dire  una  cosa ,  e  fame  un'  altra ;  il  2.°  protestare, 
condannare,  inse»uire  le  spedizioni  e  di  riascosto  soccorrerle;  il  3.°  e 
che  Tuno  paga  e  1'  altro  figura ;  il  4.'  simulare  amicizia  e  rompere  guer- 
ra;  il  5.°  promettere  e  non  attendere;  il  6.°  procedere  con  la  morali ta  de- 
gli  italianissimi,  che  giustifica  ogni  nefandezza  col  tine,  anche  piu  iiefan- 
do,  di  compiere  il  trionfo  della  rivoluzipne. 

6.  Faceano  a  coro  con  YOpinione  tutti  fill  altri  diarii  ufficiosi  del  Go- 
verno,  in  avvalorare  con  tali  schiarimenti  le  chiose  fatte  dal  Nigra  alia 
Convenzione  del  15  Settembre;  onde  ingeneravasi  in  tutti ,  eziandipnei 
Mazziniani ,  che  tuttavia  perfidiano  per  calcolo  a  fingersi  persuasi  del 
conlrario,  1'opinioneche  le  guarenligie  volute  dal  Drouyn  de  Lhuys, 
dato  pure  che  fossero  stipulate  con  lealta  dal  Gabinetto  di  Parigi,  si 
guardavano  da  quel  di  Torino  come  una  lustra  da  gabbare  i  gonzi ,  un 


496  CRONACA 

narcotico  da  alloppiare  i  Cattolici  di  Francia ,  una  scappatoia  per  uscire 
d'  imbroglio  verso  le  Potenze,  e  consegnare  con  garbo  Roma  alia  merce 
della  rivoluzione  italiana.  Di  clie  furono  in  grande  impaccio  il  Constitu- 
tionnel  e  la  France ,  dolenti  che  cosi  si  ^uastassero  le  ova  nel  panierinoy 
e  che  si  sfiatarono  in  ribattere  cotali  interpretazioni  come  ingiuriose  alia 
lealta  di  Yittorip  Emmanuele  e  di  Napoleone  III,  dichiarando  che  non 
T'era  alcun  sottinteso  nella  Convenzione,  e  che  questa  si  osserverebbe 
alia  letlera.  Ma  cantarono  a'  sordi ;  ed  in  fine  la  France  fu  costretta  a 
confessare,  atteso  il  silenzio  de'  diarii  ufficiali,  che  sarebbe  necessaria 
qualche  spiegazione  autorevole,  a  togliere  i  dubbii  sempre  piu  ringagliar- 
diti  da  quel  che  scrivevano  v\\0pinione  quegli  slessi  cprrispondenii , 
che  gia  1'aveano  si  esattamente  intbrmata  della  Convenzione  stessa ;  i 
quali  tulti  convenivano  nel  ribadire  I'ampia  liberla  lasciata  al  Governo 
di  Torino  circa  I'uso  dei  mezzi  morali,  i  quali  spianerebbero  la  via  all'  u- 
so  dei  violenti,  per  condurre  a  termine  la  grande  impresa.  Yedremopiii 
innanzi  quale  sia  stata  quesla  spiegazione  data  dal  Gabinelto  di  Parigi. 

7.  Del  resto  quale  sia  pel  Piemonte  il  senso  della  Conyenzione,  si 
puo  argomentare  da  quel  che  fu  detto  e  riferito  nella  Camera  dei  De- 
putati  cii  Torino,  nella  tornata  del  i  ISoyembre.  Dal  25  Ottobre  al  3  No- 
vembre  le  sedate  si  erano  prorogate,  per  lasciare  agio  a'  Depulati  di 
convenire  negli  uflicii,  discutere  la  Conyenzione  suddetta,  e  nqminare  i 
niembri  della  Commissione,  ed  a  questa  di  preparare  la  relazione  alia 
Camera.  Kaunatasi  questa  alii  4,  fu  sorpresa  da  un  accesso  di  ilarita, 
che  fece  scoppiare  prolungati  oh.,  oh ,  all'  udirsi  annunziare  che  il  sacer- 
dote  Passaglia,  il  famoso  autore  dello  schema  di  legge  pel  giuramento 
del  Clero,  richiamalo  alia  sua  Cattedra  nell'  Universila  di  Torino,  avea 
riuunziato  all'  ufficio  di  Deputato.  II  che  si  narra  nel  modo  seguentedal- 
1'  Unita  Cattolica,  n.°  30D:  «  D.  Passaglia ,  grande  amico  e  dilensore  dei. 
mezzi  morali  che  debbono  condurre  i  riyoluzionarii  a  Roma ,  era  stato 
uominato  professore  di  filosofia  morale  o  pratica  nella  regia  Uniyer- 
sita  di  Torino.  Ma  volendo  egli  sedere  nella  Camera  come  deputato,  e 
non  potendo  essere  deputato  e  ad  un  tempo  percepire  lo  stipendio,  perche 
gia  compiuto  il  numero  dei  deputati  impiegati,  D.  Passaglia  connobilis- 
^imo  disinteresse  ,  disse  di  rinunziare  ad  ogni  stipendio,  slimando  piu 
Toilizio  di  rappresentante  del  pppolo,  che  migliaia  e  milioni  di  lire.  Sic- 
come  pero  cogli  antichi  Ministri  era  facile  intendersi ,  cosi  ci  dicpno  ,  e 
noi  non  accertiamo  la  cosa ,  che  in  un  modo  onell'altro  lo  stipendio  giun- 
gesse  sempre  nelle  tasche  di  D.  Passaglia.  Ma  pare  che  il  nuoyo  Ministro 
•vqglia  fare  davvero  riguardo  a  certe  ecqnomie,  laonde  pose  D.  Passa- 
glia al  brvio,  o  di  rinunziare  all'iiflizio  di  deputato  e  percepire  intero  lo 
stipendio  di  professore ;  oppure  di  rinunziare  dayvero  a  qualunque  soldo 
e  riraanere  deputato.  Posto  a  queste  strette  D.  Passaglia  non  esito  mol- 
to  nella  scelta,  e  disse  :  —  Yengano  i  danari ,  e  vada  la  deputazionel 
Per  lo  che,  nella  tornata  del  4  di  Novembre  yenne  annunziato  alia  Ca- 
mera che  D.  Carlo  Passaglia,  essendp  professore  di  filosofia  morale 
nell'  Universila  di  Torino  con  cinque  mila  lire  di  stipendio,  cessava  dal- 
1'uffizio  di  deputato.  II  quale  annunzio  era  accolto  con  quelle  risa  che 
sogliono  sempre  accompagnare  nella  Camera  il  nome  e  la  parola  di 
D.  Passaglia.  » 

Si  yenne  quindi  a  disamina  sopra  la  yalidita  di  alcune  elezioni,  dopo 
che  il  Macchi  ebbe  fatto  istanza  perche  si  mettesse  alfordine  del  giorno 


CONTEMPORANEA  497 

la  legge  per  1'abolizione  di  tutti  gli  Ordini  religipsi,  il  chc  fu  promesso 
dal  Presidente,  a  patto  che  yi  concorresse  il  Ministro  di  Grazia  e  Giusti- 
zia  che  era  assente.  Cagione  di  questa  istanza  del  Macchi  fu  la  diceria, 
corsa  per  Torino,  che  il  Ministero,  consigliato  da  Parigi,  yolesse  ritirare 
le  leggi,  gia  presentate  e  non  ancora  sancite,  circa  I'obbligo  pei  chierici 
di  sottpstare  alia  coscrizione  militare,  1'abolizione  degli  Ordini  religiosi 
ed  il  riordinamento  fa\\'asse  ecclesiastico,  ossia  la  coutiscazioce  dei  beni 
della  Chiesa.  Di  che  spaventati  i  Mazziniani  gridarono  forte  nel  Diritto 
del  31  Ottobre,  che  «  la  reazione  avra  il  yento  in  poppa,  essa  prevarra; 
i  suoi  sforzi  possono  dirsi  coronati  di  prospero  successo.  La  npstra  rivp- 
luzione  morale  sara  oppressa.  La  reazione  papale,  colla  connivenza  mi- 
nisteriale,  tin  d'  ora  puo  dire  di  avere  il  dorainio  dell' Italia.  »  A  sedare 
queste  affettate  trepidazioni  non  valse  a  nulla  che  i  moderati  dicessero, 
quel  disegno  del  Ministero  essere  inteso  a  mettere  Roma  dalla  parte  del 
torto,  potendosi  cosi  bandire ,  che  mentre  a  Torino  si  facea  di  tulto  per 
]a  conciliazione,  a  Roma  s'imperversaya  nei  ritiuti  e  nella  ostilita.  Lapn- 
de  il  Macchi  voile  provocare  una  dichiarazione  ufficiale.  E  questa  gli  fu 
data  colla  tornata  seguente,  quando  il  Guardasigilli  annunzio,  aver  il  Mi- 
nistero  ritirato  il  disegno  di  legge  per  1'abolizione  degli  Ordini  religiosi, 
presentato  dal  sup  predecessore,  ma  riserbandosi  a  prepararne  un  altro 
al  piu  presto  possibile. 

In  questa  stessa  tornata,  avvenne  un  fatto  importante.  II  Bpggio  chie- 
se  altri  documenti  sopra  la  Conyenzione,  perche  i  gia  dati  dal  Mini- 
stero  non  chiarivano  a  bastanza  la  cosa.  II  La  Marmora  rispose  secco 
di  non  potere  dar  altro.  II  Boggio  ripiglio  che,  sopra  scritture  ad  mum 
Delpliini  il  Parlamento  non  potea  deliberare  con  coscienza  II  La  Mar- 
mora ripete  il  ritiuto,  dicendo  aver  dato  tutti  gli  schiarimenti  possibili. 
II  ministro  Lanza  si  dolse  che  si  rivocasse  in  dubbio  la  sincerita  delle 
aflermazipni  del  Nigra,  circa  il  senso  della  Convenzione:  ed  il  Bixio,  pp- 
ponendpsi  alle  istanze  del  Petruccelli  e  del  Boggio  disse:  « La  maggio- 
ranza  siamo  noi,  e  la  intendiamo  cosi;  quando  gli  ayversarii  nostri  sa- 
ranno  maggioranza,  la  intenderanno  a  modo  loro.  »  Sic  volo,  sic  iubeo, 
ecco  la  formola  del  liberalismo  moderno!  Al  che  il  Boggio  replico,  che 
stando  le  cose  a  questo  modo,  la  minoranza  non  avrebbe  piu  da  far  altro 
che  prendere  il  cappello,  ed  andarsene. 

Sul  liriire  di  questa  tornata  del  4  Novembre  il  Deputalo  Mosca  pre- 
sento  la  relazione  della  Commissione,  quasi  tutta  composta  di  partigiani 
del  Ministero  ,  circa  la  legge  proposta  alii  24  di  Ottobre  dal  Ministero 
dell'  Interno  pel  trasferimento  della  Capitale  a  Firenze.  Questo  docu- 
mento,  riferito  anche  nell'  Opinions  del  5  Novembre  ,  ya  in  dimostrare : 
1.°  che  la  Convenzione  del  15  Settembre  «  ha  avuto  di  mira  e  per  og- 
getto  di  far  cessare  1'  occupazione  francese  a  Roma  e  di  regolare  ie  con- 
seguenze  di  questo  fatto.  »  2.°  Che  «  nessuna  specie  d'  impunita  venne 
anlicipatamente  stipulataa  favore  del  Governo  romano,  pel  caso  che  esso 
si  permettesse  di  disprezzare  o  violare  gli  obblighi  »  a  lui  imposti  dalla 
Convenzione  ;  il  die  coincide  a  capello  con  le  interpretazioni  date  dal 
Nigra  ,  e  le  intenzioni  pie  del  Piemonte  di  usare  i  mezzi  violenti  se  i 
morali  non  bastasserp  all'intento.  3.°  Che  quanto  agli  ettetti  remoti  del- 
la  Convenzione  ,  cioe  la  conquista  di  Roma ,  quella  com'  e  intesa  dal 
Governo  di  Torino  «  nulla  stabilisce  e  nulla  vieta,  onde  piena  ed  in- 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  352.  32  12  Novembre  1864. 


CRONACA 

tiera  liberta  d'  azione  e  serbata  all' Italia  ».  4."  Che  il  trasporto  della 
Capitale  fu  non  materia  di  Convenzione,  ma  ipotesi  pura,  la  quale  avve- 
randosi,  darebbe  luogoadeffettuare  la  Convenzione.  5."  Che  pertantp  d'o- 
ra  innanzi  «  il  Papato  si  trovera  esposto  a  far  prova  della  sua  vitalita  » ; 
che  e  quanto  dire,  sara  abbandonato  a  se  stesso;  e  dove  soccomba  sot- 
to  gli  sforzi  ed  i  mezzimorali  della  rivoluzione,  tal  sia  di  lui.  Percio  do- 
versi  al  tutto  approvare  la  legge;  tanto  piu  che  la  somma  chiesta  disette 
milioni  sara  suiliciente  alia  spesa  necessaria  pel  trasporto,  al  quale  intento 
si  era  soddisfatto  al  yoto  espresso  delia  pubblica  opinione,  che  si  occu- 
passero  per  gli  uificii  del  Ministero  ,  e  si  volgessero  ad  utilita  pubblica, 
i  Convent!,  Monasteri  e  Seminar!!. 

8.  Niuno  dubitaya  in  Torino  della  pienissima  approvaztone  ,  a  gran 
pluralita  di  suffragr,  della  Convenzione  e  di  quant'  aitre  leggi  fosse  per 
proporre  il  Ministero.  Imperocche  o  per  riguardo  alia  propria  posizione 
ufficiale,  come  dicono  in  loro  gergo,  cioe  per  conservare  lo  stipendio ,  o 
per  non  deraeritare  ciondoli  e  decorazioni ,  o  per  disciplina  di  partito  , 
molti  dei  Deputati,  che  pria  furono  uditi  nelle  private  conversazioni  bia- 
simar  forte  il  traslocamento  della  Capitale,  pur  si  professavano  disposti 
ad  approvarlo  col  loro  suffragio;  ed  in  cio  eran  si  fermi,  che  senza  pur 
curarsi  di  assistere  alle  discussion! ,  si  riserbavano  di  intervenire  alia 
Camera  nel  solo  giorno  della  votazione. 

Anche  minore  assegnamento  si  puo  fare  sulla  autorita  del  Parlamento, 
quanto  alia  inquisizione  istituita  perchiarire  i  fatti  del  21  e  22  Settembre. 
Sotto  i  portici  di  Po  ,  e  pei  canti  delle  vie  in  Torino  vedeasi  teste  una 
caricatura  che  ritraeva  il  Gianduja  in  atto  di  gontiar  bolle  di  sapone  , 
suile  quali  svolazzanti  in  aria  leggeasi :  inchiesta  municipal?,  inchiesta, 
parlamentare ,  inchiesta  ministcriale  ecc.;  e  appie  di  pagina  due  ver- 
si,  che  in  forma  assai  cruda  esprimevano  quel  concetto.  Difatto  e  certo 
che  se  im  millesimo  delio  avvenuto  in  piazza  Castello  od  in  piazza  san 
Carlo  a  Torino,  si  verificasse  per  esempio  in  Roma,  la  Diplomazia  ed  il 
giornalismo  andrebbero  in  furore,  gridando  doversi  scoprire  e  punire  gli 
assassini  del  popolo.  Per  contro  la  facceada  a  Torino  e  gia  posta  a  dor- 
mire.  Tultavolia  e  da  registrare  qui  una  dichiarazione  messa  a  stampa 
dal  Questore  sig.  Chiapussi  ,  che  dopo  quei  fatti  fu  surrogate  terapora- 
neamente  da  un  sostituto.  Ora  il  Chiapussi,  per  levarsi  di  dosso  odiose 
accuse,  di  cui  sentiasi  innocente,  cosi  scrisse  &\\' Opinione  del  31  Ottobre: 
«  Mi  sento  costretto  a  dichiarare,  1.°  che  i  fatti  operati  dalle  Guardie  di 
pubblica  sicurezza  in  piazza  S.  Carlo,  nel  pomeriggio  del  21,  non  solo  se- 
guirono  mio  malgrado  ,  ma  contro  i  precisi  prdini  da  me  impartiti  ppco 
prima  al  comaudante  di  esse.  2.°  Che  le  intimazioni  ed  i  movimenti  di 
truppe,  fattesi  in  piazza  Castello  la  sera  del  21,  vi  furono  per  opera  d'un 
ufficiale  di  sicurezza  pubblica,  da  me  non  dipendente  ed  a  totale  mia  ia- 
saputa.  3.°  Che  nella  sera  del  22  io  non  feci  altro  che  ordinare  ad  ua 
ispettore  di  far  sciogliere  1'attruppamento  in  piazza  S.  Carlo,  nei  modi  vo- 
luti  dalla  legge  e  colla  forza  che  era  stata  messa  a  mia  disposizione  ». 

9.  Ma  pur  troppo  e  da  aggiungere  che  ora  si  hanno  preoccupazioni 
troppo  piu  gravi ,  a  cui  volgere  i  pensieri  e  le  cure,  che  sarebbero  gitta- 
te  inutilmente  a  vendicare  la  strage  di  tanli  innocenti ,  e  che  pur  noa 
bastano  ad  impedire  la  rovina  onde  sonp  minacciati  ogni  ordine  di  citta- 
dini,  per  le  condizioni  disperate  delle  Finanze  ;  di  che  diremo  piu  sotto, 


CONTEMPORANE4  499 

epilogando  la  relazione  fatta  dal  ministro  Sella,  circa  i  provvedimenti  fj- 
scali,  imposti  clalla  necessita  di  spremere  almeno  200  milioni  di  franchi, 
per  potere  comecchessia  sopperire  alle  spese  del  corrente  1864.  Cio  non- 
dimeno  si  trova  tempo  e  senlesi  il  bisogno  di  continuare  a  tormentare  la 
Chiesa.  VUnita  Cattolica  del  30  Ottobre  ristampo  una  circolare  del  Mini- 
stro dell'  Istruzione  pubblica ,  sig.  Natoli ;  il  quale,  calcando  le  pedate 
deH'Amari,  sup  predecessore,  si  arroyella  per  sempre  piu  inceppare  la  li- 
berta  gia  si  ristretta  de'  Vescovi  ne'  loro  Seminarii ;  e  percio  mandava 
ai  Prefetti  e  President!  de'  Consign  provincial  delle  province  delle  Due 
Sicilie,  delle  Marche  e  dell'Umbria  nuoyi  ordini  piu  incalzanti  peresi- 
gere  dai  Vescovi  un  resoconto  minuto  dei  titolilegali  di  ciascun  Maestro; 
dell'ordine,  dell'  indirizzo  d'ogni  insegnamento;  de'  libri  di  testo  prescel- 
to;  dei  programmi  di  studio,  del  numero  degli  scolari  ecc.  Ogni  cosa 
sptto  le  consuete  comminatorie  contro  i  disordini  invalsi  per  le  espres- 
sioni  de'  Vescovi ,  e  con  esigere  informazioni  precise  circa  «  i  principii 
polilici  che  informano  la  istruzione  nelle  scuole  vescpvili  attualmente  a- 
perte.  »  Dee  essere  ben  vicino  all'  estremo  precipizio  un  Governo  che 
tanto  moltiplica  gli  spedienti  della  tirannide! 

10.  Con  quesfo  si  serve  egregiamente  alle  aspirazioni  del  partito  maz- 
ziniano,  che  a  suo  tempo  ne  cogliera  i  frutti.  Intanto  cjuesto  ,  forse  ispi- 
rato  da  quei  medesimi  che  nel  1860  lo  sospinsero  all'  impresa  di  Marsa- 
la, lento  rinnovare  nel  Veneto  1'  impresa  che  riusci  cosi  facile  in  Sicilia , 
ed  una  mano  di  gioyani  illusi  o  traditi,  capitanati  da  un  Zolessi  e  da  altri 
che  gia  furono  ufficiali  del  Garibaldi,  e  percio  tenuti  a  stipendio  delGo- 
vernp  di  Torino,  a  mezzo  Ottobre  levarono  nel  Friuli  la  bandiera  della 
ribellione,  vestirono  la  camicia  rossa  ,  disarmarono  alquanti  gendarmi 
austriaci ,  contiscarono  le  casse  pubbliche,  e  tentarono  di  muovere  i  po- 
poli  a  tumulto.  Ma  non  trovando  aderenti ,  se  non  in  piccol  nomero,  i 
caporioni,  quasi  tutti  andati  cola  da  Lombardia  e  dagli  Stati  Sardi,  si  git- 
tarono  alle  montagne,  nascosero  le  armi ,  si  dispersero  a  drappelletti ,  e 
in  gran  parte  ripararono  a  Brescia,  o  furono  arrestati  dalle  truppe  impe- 
riali,  spedite  a  dar  loro  la  caccia. 

Giunta  tal  notizia  a  Torino,  i  diarii  dei  varii  partiti  rivoluzionarii  re- 
citarono,  ciascuno  secondo  la  propria  indple,  una  parte  di  scena  nella 
cpmmedia.  1  Garibaldini,  come  il  biritto,  inventarono  frpttole,  combat- 
timenti  gloripsi  per  gli  insorti,  bande  di  300  e  400  patrioti  che  teneya- 
no  in  angoscia  il  Governo,  popoli  frementi  e  gia  sul  rinnovare  i  prodigi 
del  1848;  e  chiusero  1'epopea  favolosa  con  caldi  eccitamenti  a  soccpr- 
rere  i  comhaltenti.  I  ministeriali,  come  T  Opinione,  per  farla  piu  spiccia, 
si  contentarono  di  rimettere  in  moto  le  macchine  del  1860  ;  cioe  fingere 
di  compiangere  quelle  vittime  deirimprontitudine  mazziniana,  e  di  ri- 
provare,  non  come  ingiusti,  ma  come  inopportuni,  perche  d'impossibile 
riuscita,  que'  moti  gcnerosi;  ma  intanto  risUimparono  i  bandi  de'  Comi- 
tati  separati  e  riuniti,  ed  i  fervidi  inviti,  sottoscritti  pcrfino  dal  Boggio 
e  da  molti  Senatori  e  Deputati,  per  dar  mano  ai  prodi  che,  sebbene  con 
imprudente  fervore,  pur  s'  adoperavano  alia  redenzione  del  Veneto.  Sa- 
putosi  poi  che  tutto  era  finito  sul  nascere,  V Opinione  comincio  a  dar  la 
ieffa  ai  mazziniani  che  aveano  sparse  quelle  novelle,  e  chiamarli  in  col- 
pa  d'aver  sospinto  al  macello  tanti  poveri  giovani,  bcnchenon  siavi  sta- 
lo  piu  macello  che  rivoluzione. 


500  CRONACA 

11.  Intanto  pero  rin  Torino  stessa,  come  ci  fece  sapere  YOpinione, 
andavano  attprno  arrolatori  misteriosi,  per  raccogliere  bande  di  ventu- 
rieri  a  servigio  di  non  sappiara  quale  delle  lante  repubbliche  americane. 
Ma  siccome  si  sa  che  quando  si  prepara  qualche  spedizione  conlro  1' Au- 
stria, si  suol  mascherare  con  le  apparenze  di  arrolamenti  per  lontani 
paesi,  cosi  a  molti  nacque  gran  spspetto  che  tali  mene  fossero  condotte, 
per  opera  di  quei  medesimi,  che  in  palese  biasimavano  i  moti  Friulani, 
all'intento  d'ingrossare  quelle  troppo  scarse  bande;  come  apparve  poi 
non  infondato  tal  sospetto,  da  quello  che  la  Commissione  giudiziaria,  spe- 
dita  dal  Governo  austriaco  su  quel  di  Belluno ,  ebbe  a  raccogliere  dalle 
rivelazioni  de'  carcerati,  molti  de'  quali  erano  o  fuorusciti  andati  cola, 
dal  Piemonte,  o  malandrini  espulsi  ad  hoc  dal  Governo  di  Torino,  co- 
nie  ebbe  a  dire  Toggcribourg  in  una  sua  circolare  dei  31  Ottobre. 

Natural mente  il  capo  designate  di  codesti  redentpri  era  il  Garibaldi; 
ed  il  Diritto,  n.°  298,  con  grande  compiacimento  ci  regalo  una  minuta 
descrizione  d'unp  yakt  elegantemente  arredato,  con  preziosi  regali  d'ar- 
mi  e  d'oggetti  di  gran  valore,  speditigH  d'lnghilterra  da'  suoi  ammira- 
tori  e  patroni. 

12.  Vero  e  che  in  questi  momenti  il  Governo  di  Torino  sembra  poco 
disposto  a  dar  mano,  coll'antica  generosita,  a  nuove  imprese  garibalde- 
sche,  non  perche  gli  manchi  il  volere,  ma  perche  difclta  di  denaro.  La 
sua  miseria  e  tanta,  che  persino  con  apposita  circolare  furouo  prescritte 
le  piu  severe  economic  alle  navi  da  guerra  a  vapore,  ordinando  che  va- 
dano  a  vela,  salvo  il  caso  di  ordini  speciali  q  di  insuperabile  urgenza, 
per  risparmio  di  carbone.  Oltre  a  due  centinaia  di  ufficiali  dell'  esercito 
i'urono  messi,  come  dicesi,  in  disponibilita  ed  aspettativa,  e  circa  90,000 
soldati  furono  rimandati  alle  case  loro.  II  che  certamente  non  sarcbbesi 
fatlo,  qualora  si  persistesse  nel  proposito  di  provocare  nuova  guerra  con 
quelle  arti  clie,  dopo  il  colloquio  di  Plombieres,  si  usarono  dal  Cavour 
per  trarre  1'Austria  al  mal  passq  del  1839. 

13.  Questa  cagione  dell'insolita  moderazione  e  renduta  evidente  dal- 
Fesposizionc  che  il  sig.  Quintino  Sella,  ministro  delle  Finanze,  presento 
alia  Camera  dei  Deputati,  nella  tornata  del  4  Novembre.  Da  questa  espo- 
sizione  ricaviamo  che,  per  sopperire  alle  spese  del  solo  1864  ,  mancana 
almeno  200  milioni;  che  questi  si  vogliono  ottenere  1.°  col  crescere  di 
prezzo  la  privativa  de'  Tabacchi ;  2.°  Con  aumento  sul  prezzo  del  sale; 
3.°  Con  gravare  di  auraenti  alcuni  titoli  di  Gabelle  e  Dogane,  come  il 
caffe;  4.°  Con  nuovo  balzello  sui  grani;   5.°  Con  accrescere  di  cinque 
centesimi  la  tassa  delle  lettere,  tprnandola  da  13  a  20  centesimi.  6.°  Con 
aumentare  le  ritenute  di  stipendio  agli  impiegati,  quanto  basta  a  rica- 
varne  non  soli  due,  ma  sette  milioni.  Con  cio  si  estorceranno  fran- 
chi  40,000,000;   ma  e  pei  riinanenti  160711  Ministero  yi  provvedera 
col  far  riscuotere  pel  13  Dicembre  1864  i  tributi  prediali  che  si  do- 
vrebbero  pagare  per  tutto  il  1863,  e  coll'emettere  Buoni  del  Tesoro. 
Per  tutte  queste  cose  il  Ministro  presento  disegni  di  legge.  La  Came- 
ra li  approvera,  ed  i  popoli  pagheranno.  La  liberta  costa  caral 


CONTEMPORANEA 

II. 
COSE  STRAN1ERE. 

FRANCIA  1.  Storia  delle  interpretazioni  della  Convenzlone  —  2.  Note  diplo- 
matichc,  die  la  dichiarano  —  3.  Conslderazioni  e  fatti  che  da  esse  si  de- 
ducono  —  4.  Gl'Imperatori  di  Russia  e  del  Frances!  a  Nizza. 

1.  Dopo  la  presentazione  dci  Document!  diplomatic! ,  fatta  dal  Gabi- 
netto  torinese  al  Parlamento,  la  condizione  del  giornali  ufficiosi  di  Pari- 
gi,  nel  sostenere  la  loro  tesi  favorita,  era  divenuta  diflicilissima.  Essi  asse- 
rivano  che  la  Convenzione  dei  15  Settembre  salvava  il  Potere  tempora- 
le  della  Santa  Sede,  e  che  tale  era  Tintenzione  di  chi  1'aveva  soltoscritta, 
e  s'  ingegnavano  di  proTarlo  a  forza  di  ragionamenti  sopra  la  politica 
costanle  della  Francia,  sopra  gl'  interessi  del  cattolicismo,  sopra  la  pub- 
blica  opinione.  AH'opposizione,  che  tutti  gli  altri  giornali  Frances!  faceva- 
no  loro,  che  il  Governo  di  Torino  era  di  contrario  avviso,  ed  avea  uffi- 
cialmente  dichiarato  che,  per  quella  Convenzione,  le  aspirazioni  italiane 
intorno  a  Roma,  lungi  dall'  affievolirsi,  ricevevano  una  certezza  sicuris- 
sima  di  dover  essere  fra  breve  soddisfatte ;  perche  Tescludere  che  quella 
Convenzione  faceva  i  soli  mezzi  violent!  d'una  guerra  aperta,  equivalcva 
all'  ammettere  tutti  gli  altri  mezzi  con  cui  si  puo  far  cadere  un  Governo, 
e  che  solto  la  denominazione  di  mezzi  morali  si  possono  comprendere ;  a 
questa  opposizione  non  aveano  altra  risposta  da  dare,  ne  altra  ne  davano, 
da  questa  in  fuori :  Gli  Italiani  s'  illudono  nel  dare  questa  interpretazione 
al  trattato.  La  Francia  lo  ha  fatto,  e  intende  di  farlo  eseguire  con  la  certa 
determinazione  di  salvare  il  Potere  temporale  dei  Pap! ;  e  la  firma  della 
Francia  e  una  guarentigia  sicurissima  contro  ogni  tentative  contrario. 
Ma  a  togliere  ancor  questa  difesa  ,  eccoti  venir  fuora  la  spiegazione  del 
Pepoli,  che  avea  sottoscritta  la  Convenzione,  allato  al  nome  di  Drouyn  de 
Lhuys,  e  quindi  delle  intenzioni  delle  due  parti  contraenti  dovea  saper 
qualche  cosa  di  piu  che  gli  scrittori  di  quei  giornali.  Eppure  il  Pepoli 
dichiarava  che  la  Convenzione  adempiva  appieno  i  desiderii  degl'Italiani, 
togliendo  al  Papato  la  sola  difesa  che  ancor  gli  rimanesse  per  impedire 
agl'Italiani  il  possesso  di  Roma,  le  armi  francesi.  A  tale  inaspettata  rive- 
lazione  non  seppero  quegli  scrittori  opporre  altra  risposta,  se  non  questa 
unica :  non  doversi  far  caso  delle  parole  dette  dal  Pepoli  tra  1'allegria  dei 
bicchieri,  perche  queste  indicavano  non  le  intenzioni  del  Governo,  a  no- 
me di  cui  avea  egli  sottoscritto,  ma  i  suoi  desiderii  personal!,  che  non 
influiscono  in  nulla  nelle  deter  minazioni  govcrnative.  Tutti  tennero  que- 
sta come  una  scappatoia,  ma  non  come  una  risposta  convincente.  E  in 
tale  giudizio  venne  altamente  confermato  il  pubblico  da!  dispacci  del  Ni- 
gra,  ambasciadore  del  Piemonte  in  Parigi.  Conciossiacche  questi  in  una 


502  CRONACA 

lunga  nota  scritla,  almeno  apparentemente,  la  sera  stessa  della  Conveo- 
zione,  nel  riferire  la  storia  e  il  valore  di  questo  miovo  e  gravissimo  attoy 
diceva  in  espressi  termini :  //  a  ete  Men  entendu,  dans  nos  conferences 
AVEC  IE  PLENIPOTENTIAIRE  FRANCAIS,  que  la  Convention  ne  doit,  ni  ne 
pent  signifier  ni  plus  ni  moins  que  ce  quelle  dit,  c'est-d-dire  que  par  la 
Convention  I'ITALIE  s  ENGAGE  A  RENONCER  A  TOUT  MOYEN  VIOLENT.  E  nella 
versione  fatta  ufficialmcnte:  «  Fn  bene  inteso  nelle  nostre  conferenze 
col  Plenipotenziario  francese  che  la  Convenzione  non  deve  ne  puo  signi- 
iicare,  ne  piii  ne  meno  di  quello  che  dice ;  cioe  che  1'Italia  s'impegna  ecu 
essa  a  rinunciare  ad  ogni  mezzo  violento.  »  ISon  appeiia  fa  conosciato  ii 
tenore  di  questa  Nota,  non  fu  piu  possibile  di  dare  alia  Convenzione  altra 
interpretazione,  da  quella  che  il  partito  piemontese  le  dava,  senza  asse- 
rire  che  i  due  Plenipotenziarii  piemontesi  chel'aveano  tirmata,  il  Ga- 
binetto  che  1'  ayea  conchiuso ,  e  quello  che  ora  la  dovea  soslenere  nelle 
Camere  avessero  a  dato  stadio  travolto  il  pensiero  del  Gabinetlo  France- 
se ;  nel  qual  caso  tulti  dicevano,  e  noi  abbiamo  detto  insieme  cogli  altri 
nel  presente  quaderno,  che  Drouyn  de  Luhys  avrebbe  dovuto  pubblica- 
mente  protestare.  Fintantoche  questa  protesta  non  apparisse  con  autenti- 
cita  e  pubblicita  manifesto,  ogni  altra  interpretazione  sarebbe  insensata. 
Questa  protesla  e  improvyisamente  comparsa  nel  Moniteur;  e  sebbene  a 
noi  non  sia  ancor  nota  che  pel  compendioso  dispaccio  telegrafico,  perye- 
nuto  in  Roma  il  di  7  Novembrc,  nondirneno  giudichiamo  di  doyerla  ri- 
produrre  tal  quale  essa  e.  Essa  contiensi  in  quattro  note. 

La  prima,  in  data  dei  30  Ottohre  ,  e  diretta  da  Drouyn  de  Lhuys  ai 
Bar.  Malaret  in  Torino  ;  la  seconda  dei  2  Noyembre  e  dal  medesimo 
Drouyn  diretta  allo  stesso  Malaret.  La  terza,  che  porta  la  data  del  30  Otic- 
bre,  e  la  quarta  che  ha  quella  del  1  Noyembre  ,  sono  scritte  da  Nigra  a 
La  Marmora  ,  analogamente  a  quanto  dicesi  nel  secondo  dispaccio  di 
Drouyn.  Conseguenze  di  queste  Note  e  un  Dispaccio  di  La  Marmora  eolla 
data  dei  7  Novembre.  Ecco  ora  il  testo  di  ciascuno  di  questi  Dispacei , 
come  ci  fu  compendiato  dal  telegrafo  elettrico. 

2  Dal  Moniteur.  Un  dispaccio  di  Drouyn  a  Malaret  del  30  Ottobre  di- 
ce: 11  dispaccio  di  Nigra  del  15  Settembre  non  riproduce  completamente 
la  tisonomia  delle  trattative  ne  il  senso  che  annettiamo,  e  che  1'Italia  de- 
TC  annettere  agl'impegni  presi.  La  impressione  ,  prodotta  nella  pubblica 
opinione  al  di  qua  e  al  di  la  delle  Alpi,  proya  che  la  confusione  e  proye- 
nuta  da  ambiguita  di  espressioni  sulle  parole  diritti  e  aspirazioni  nazio- 
nali.  Ciascuno  legge  cio  che  teme  o  desidera.  Non  spiegasi  il  come  1'I- 
talia troverebbesi  un  giorno  a  Roma,  perche  tali  preyisioninon  risultaoo 
dall'esame  della  Conveuzione.  Questi  problem!  syiano  gli  animi  e  spetla 
agli  ayyenimenti  il  posarli.  L'  alta  prudenza  non  permette  di  cercarne 
una  prematura  soluzione  con  ipotesi.  Percio  provocai  schiarimenti,  per 
allontanare  tutte  le  induzioni  temerarie  e  ingiuriose.  Gli  schiarimenti 
riassuinonsi  nelle  seguenti  spiegazioni.  L'  Italia  interdicesi  le  manoyre 


CONTEMPORANEA  503 

rivoluzionarie  ncl  territorio  pontificio.  L'ltalia  riservasi  V  uso  del  mezzi 
tnorali.  La  Corte  di  Torino  considera  per  sole  legittime  aspirazioni  quelle 
lendenti  a  riconciliare  1'  Italia  col  Papato.  II  traslocamento  della  Capi- 
tale  e  una  seria  garanzia ,  non  un  espediente  provvisorio  ,  ne  una  tap- 
pa.  Sopprimere  la  garanzia  sarebbe  distruggere  il  contralto.  La  Francia 
riserbasi  libertd  d'  azionenel  caso  diima  rivoluzione  a  Roma.  II  Ga- 
hinetto  di. Torino  mantiene  la  politica  di  Cavour,  dichiarante,  Roma 
non  potcr  unirsi  all'  Italia  senza  il  consenso  della  Francia.  Quest!  sono 
i  punti  trattati  con  Nigra  ,  su  i  quali  sembrami  di  essere  d'accordo.  Non 
accusiamo  Nigra  per  non  aver  protestato  contro  1'  impiego  di  mezzi  frau- 
dolenti ,  ne  preveduta  la  caduta  del  Polere  temporale,  per  efTetto  d'in- 
surrezione  all'interno,  non  provocata  da  manovre  esternc.  Pensiamo  con 
Nigra  esservi  delle  previsioni,  che  le  convenienze  vietano  d'inserire  ne- 
gli  atti  diplomatici.  L'  eccesso  delle  precauzioni  diventa  ingiuria;  ma 
sperasi  che  la  pace  farassi  nel  Parlamento  italiano. 

Altro  dispaccio  di  Drouyn  del  2  Novembre.  Egli  pensa  con  Nigra  di 
scambiare  in  presenza  dell'Imperatore  nuovi  schiarimenti  per  far  cessare 
le  divergenze.  La  Conferenza  fu  aperta  ieri  con  la  lettura  del  rapporto 
Nigra.  Lessi  i  miei  dispacci  e  1'Imperatore  approvolli.  Nigra  lesse  la  sua 
lettera  del  30  Ottobre  a  La  Marmora,  colla  quale,  precisando  gl'impegni 
della  Corte  di  Torino,  risponde  alle  osservazioni  suggeritemi  dal  suo  di- 
spaccio. Ricorda  le  precedent!  spiegazioni  :  ripresi  ad  esame  il  mio  di- 
spaccio del  30  che  coufermo  :  fummo  d'  accordo  sopra  tutti  i  punti,  e  lo 
costatarnmo  con  un  telegramma  da  Nigra  spedito  a  Torino. 

Dalla  Gazzetta  Ufftciale  di  Torino.  Una  nota  di  Nigra  del  30  Ottobre 
a  La  Marmora  rende  conto  di  un  colloquio  avuto  con  Drouyn.  Drouyn  ha 
realmente  confessato  che  51  conlenuto  del  mio  dispaccio  era  vero,  ma  ag- 
giunse  che  sotto  il  punto  di  vista  francese  doveva  esser  completato  in 
diversi  punti.  Ecco  la  osservazione  di  Drouyn  e  le  mie  risposte  :  Drouyn 
crede  che  il  mio  dispaccio  non  indichi  sufficientemente  la  differenza  tra 
ii  progetto  Cavour  e  la  Convenzione.  Risposi  che  il  progetto  Cavour,  in- 
serito  nel  mio  dispaccio,  dimostrava  la  dKferenza  tra  i  due  documenti. 
Dissi  che  io  aveva  fatto  rimarcare  esattamente  le  modificazioni,  special- 
mente  quella  relativa  alia  formazione  di  un'  armata  pontificia  e  quella 
piu  grave  concernente  il  trasporto  della  sede  del  Governo.  Indicai  chia- 
aramente  che  il  traslocamento  della  Capitale  era  una  condizione  sine  qua 
non  della  Con\enzione.  Drouyn  pensa  che  parlare  di  aspirazioni,  dopo 
di  esserci  interdetti  i  mezzi  violent!  per  andare  a  Roma ,  sia  un  far  sup- 
porre  ai  partiti,  che  riservansi  dei  mezzi  segreti.  Risposi  che  nulla  nel 
mio  dispaccio  poteva  autorizzare  simili  intcrpretazioni.  Avevamo  espres- 
samente  riservate  le  aspirazioni  nazionali ,  ma  determinandone  nello 
stesso  tempo  il  mezzo  e  lo  scopo.  Avrei  creduto  di  fare  ingiuria  al  mio 
Governo,  ammettendo  la  necessita  di  spiegazioni  sotto  qucsto  riguardo. 
Nulla  havvi  di  comune  fra  i  mezzi  segreti,  accennati  da  Drouyn,  e  le 


SO 4  CRONACA 

forze  moral!  Jella  civilizzazione  e  del  progresso,  a  cui  facemmo  appello 
per  arrivare  ad  una  conciliazione  col  Papato.  Drouyn  ricordo  che  nelle 
conferenze  dichiarossi  da  ambe  le  parti  non  doversi  preoccupare  del  caso 
in  cui ,  malgrado  la  leale  esecuzione  della  Convenzione ,  il  Governo 
pontificio  non  potesse  piu  sussistere  per  se  stesso  e  si  rendesse  impos- 
sibile.  Tale  eventualita  costituirebbe  una  situazione  nuova,  fuori  delle 
previsioni  delle  parti  contraenti.  Francia  ed  Italia  riservansi  in  questo 
caso  ogni  reciproca  liberta  d'azione.  Questa  riserva,  fatta  da  Drouyn,  fu 
da  me  partecipata  al  Governo  del  Re,  ma  non  credetti  ricordarla  in  un 
dispaccio,  destinato  ad  essere  pubblicato:  perche  i  Plenipotenziarii,  ri- 
conoscendo  di  non  potere  ne  dovere  preoccuparsi  di  tale  eventualita ,  io 
doveva  fare  altrettanto  nel  rnio  dispaccio,  e  perche  reputavasi  di  non  ab- 
bandonare  alia  pubblica  discussione  la  previsione  della  caduta  del  Go- 
yerno  pontificio  sia  pei  suoi  errori,  sia  per  la  sua  impolenza.  Tale  even- 
tualita e  possibile,  ma  se  presentemente  devonsi  osservare  le  future 
eventual  i  la,  preferiamo  di  fermare  il  pensiero  sulla  conciliazione  fra  il 
Papato  e  1'Italia.  Drouyn  avrebbe  desiderate  die  nel  mio  dispaccio  io 
spiegassi  cio  che  intendiamo  per  aspirazioni  nazionali.  Risposi  cbe  la 
spiegazione  yi  si  trovava  ,  avendo  ayuto  cnra  di  inclicare  come  scopo  di 
queste  aspirazioni  fosse  la  conciliazione  dell' Italia  col  Papato,  sul  princi- 
pio  di  Chiesa  libera  in  libero  Staio.  Termina  dimostrando  die  queste 
spiegazioni  non  infirmano  punto  il  suo  rapporto,  cbe  si  niantiene  nella 
sua  integrita. 

Da  un  telegramma  di  Xiyra  a  La  Marmora  del  1  Novembrc:  Io  ebbi  un 
abboccamento  coll'Imperatore,  Drouyn  e  Rouber.  L'Imperatore  autoriz- 
zommi  di  spedire  il  seguente  telegramma,  redatto  in  sua  presenza. 

II  dispaccio  del  15  Settembre  diede  luogo  a  diverse  interpretazioni , 
cbe  motivarono  i  dispacci  di  Drouyn.  Dalle  spiegazioni  leali  scambiate 
risulta  che  se  dinanzi  alia  Camera,  il  Governo  del  Re  rincliiuderassi  nei 
limiti  del  mio  dispaccio  del  13  Settembre  ,  completato  dal  dispaccio  del 
30  Ottobre,  esso  non  sard  sconfcssato  dal  Governo  francese. 

Dalla  Gazzetta  Ufflciale  di  Torino.  In  un  dispaccio,  cbe  ha  la  data 
dei  7  Novembre,  La  Marmora  dichiara  che  la  pubblicazione  della  nota  di 
Drouyn  del  30  Ottobre  rende  necessarie  franche  spiegazioni.  II  Ministero 
attuale  accetto  la  Convenzione,  considerando  che  il  testo,  essendone 
chiaro  e  preciso,  non  puo  dar  luogo  ad  equivoco  nel  suo  senso  letterale. 
La  Convenzione  e  vantaggiosa  all'  Italia  ,  e  il  Ministero  vuole  e  sapra 
cseguirla  scrupolosamente  e  integralmente  ,  perche  gl'  impegni  dei  Go- 
verni  devono  sempre  osservarsi ,  e  perche  crede  sia  la  migliore  politica 
per  1'  Italia ;  essendo  la  Convenzione  fondata  sul  principio  del  non  in- 
tervento. 

Premesse  queste  dichiarazioni ,  esamina  le  proposizioni  del  Drouyn. 
La  Convenzione  provvede  completamente  alle  esigenze  della  situazione 
rapporto  al  Papato,  dando  assicurazioni  alia  Francia  e  al  mondo  cattolico. 


CONTEMPORANEA 

II  Governo  rcspinge  fino  col  pensiero  i  mezzi  sotterranei  chc  vede  con 
dolore  accennati  da  Drouyn,  ma  ha  fede  intera  nell'azione  della  civilta  e 
del  progresso.  Ciascuna  delle  due  Potenze  puo  avere  Ic  sue  opinion!  sulla 
Convenzione  e  su  questa  azione ;  ma  cio  non  puo  formare  oggetto  di  dis- 
cussione  pratica,  poiche  1'  Italia  afferma  che  se  le  sue  aspirazioni  si  realiz- 
zeranno ,  non  sara  mai  per  mezzo  di  una  violazione  del  trattato.  Drouyn 
intcnde  defmire  le  aspirazioni  nazionali.  II  Governo  non  puo  seguirlo  su 
questo  lerreno.  Le  aspirazioni  di  un  popolo  appartengono  alia  costituenza 
nazionale ,  e  non  possono  formare  oggetto  di  discussione  internazionale. 
La  conciliazione  dell'  Italia  col  Papato  e  sempre  stato  uno  scopo  propo- 
stosi  dal  Governor  la  Convenzione  ne  facilitera  la  realizzazione.  Circa  al 
significato  del  trasporto  della  Capitale  i  fatti  parlario;  1' esecuzione  di 
quesla  condizione  e  preparata  e  fra  pochi  mesi,  salve  le  deliberazioni 
del  Parlamento ,  Firenze  sara  Capitale  d'  Italia.  Cio  che  potra  avvenire 
piu  tardi  non  puo  formare  oggetto  di  preoccupazione  attuale  dei  due  Go- 
verni.  Appartiene  agli  avvenimenti  posare  questo  problema.  Le  differenze 
fra  il  progetto  Cavour  e  la  Convenzione  sono  visihili.  II  Ministero  terra 
ad  onore  continuare  la  politica  di  Cavour.  Drouyn  avendo  preso  1'inizia- 
tiva  di  segnalare  T  eventualita  di  una  rivoluzione  spontanea  in  Roma ,  e 
la  caduta  del  Potere  temporale,  Tltalia  riservasi,  come  laFrancia,  liberty, 
d' azione  per  questo  caso.  Tali  sono  le  vedute  sulla  Convenzione,  colle 
quali  il  Ministero  presentasi  al  Parlamento.  La  Convenzione  apre  ai  due 
Governi  una  via,  nella  quale  il  Ministero  crede  di  potere  contar  sullo 
appoggio  dei  rappresentanti  della  nazione,  per  rivaleggiare  di  lealta 
colla  Francia. 

3.  La  semplice  lettura  di  questi  dispacci  ci  porta  alle  seguenti  conchiu- 
sioni,  le  quali  noi  accenniamo  semplicemente,  senza  farvi  su  ne  discorsi 
ne  commenti. 

La  cpndizione  del  traslocamento  della  Capitale,  essendo  stata  una  con- 
dizione  sine  qua  non  della  Convenzione,  e  quindi  la  base  del  Trattato,  e 
tale  base  che  senz'esso  il  trattato  non  si  sarebbe  fatto;  e  daH'altro  canto 
sapendosi  dagli  altri  document!  che  quel  traslocamento  fu  ideato  per  ot- 
tenere  appunto  quel  trattato,  di  cui  dovea  essere  la  guarentigia ;  non  puo 
piu  sostenersi  da  veruno ,  che  abbia  un  poco  di  buon  senso,  che  questo 
traslocamento  non  abbia  fatto  parte  della  Convenzione,  e  sia  stato  tutto 
ed  unicamente  determinato  dal  Governo  di  Piemonte,  per  motivi  di  pub- 
blica  convenienza,  indipendentemente  da  quel  trattato. 

Questo  traslocamento  non  puo  dirsi  temporaneo  e  passaggero ;  perche 
esso  dev'  essere  una  seria  guarentigia,  non  un  espediente  provvisorio,  ne 
una  ta^fl.Dunque  pel  Gabinetto  francese  Firenze  e  Capitale  definitiva. 

II  Piemonte  non  rinunzia  soltanto  ai  mezzi  violenti,  ma  eziandio  al- 
l'  impiego  dei  mezzi  fraudolenti,  dei  mezzi  segrcti,  dei  mezzi  sotterranei, 
il  che  vale  quanto  dire  all' impiego  appunto  dei  mezzi  morali,  secondo 
T  Etica  del  Governo  di  Torino,  direlli  a  far  cadere  la  Sovranita  del  Papa. 


1)06  CRONACA 

Anzi  dippiu.  Quand'anche  senza  nessuna  cooperazione  del  Governo 
picmontese  sorgesse  qualche  contingenza,  capace  di  far  cadere  (fuella  So- 
vranita,  come  p.  e.  una  rivoluzione  spontaneamente  prodottasi  in  Roma, 
non  per  questo  11  Piemonle  sarebbe  per  la  Conveiizione  abililato  d'  occw- 
par  Roma;  giacche  in  tal  caso  la  Francia  si  e  riserbata  la  plena  liberta 
d  azione ,  ed  il  Piemonte  ha-confermata  la  sua  obbligazioae  di  non  ope- 
rare  die  di  concerto  coll  a  Francia. 

II  principle  del  non  intervento  non  e  nella  real  la  ammesso  dalle  due 
parti:  perche  la  liberta  d' azione,  riservatasi  dalla  Francia  e  accettala 
dall'Italia,  suppone  nella  Francia  il  dritto  d'intervenire,  senza  di  cm  DOB 
sarebbe  piu  liberta  ma  restrizione. 

Tulto  cio  contiene  la  rinunzia  al  dritto  preteso  dal  Piemonte  di  aver 
Roma  per  Capitale  d'  Italia:  non  espressa  e  vero  in  termini  formal!,  ma  in 
termini  equivalents. 

L'Ambasciatore  del  Piemonte  a  Parigi,  avea  prirna  taciuto,  nel  suo  di- 
spaccio  dei  lo  Settembre,  la  riserva  della  plena  liberta  d'  azione  fattasi 
dalla  Francia,  perche  quel  dispaccio  era  deslinato  alia  pvbblicild.  Ora  si 
pubblica  quella  riserva  e  questa  circoslanza.  Una  tale  pubblicazione,  che 
ha  qualcbe  cosa  di  umiliante,  non  ba  dovuto  essere  ai  certo  molto  spon- 
tanea:  e  pure  si  c  fatta  con  ogni  docilita. 

11  dispaccio,  in  cui  Nigra  ba  dovuto  riferire  al  suo  Governo  queste  di- 
chiarazioni  e  proteste,  e  stato  letto  cd  esaminalo  alia  presenza  dell'  Ira- 
peratore  e  di  due  Ministri  Frances!,  e  poi  constatato  con  un  tclegramma 
i'u  spedito  a  Torino.  Questo  e  un  po'  fuori  gli  usi  diplomatic!,  e  accenna 
a  piu  che  poca  diftidenza. 

II  dispaccio  scritto  dal  Nigra  ai  io  Settembre,  corre  pericolo  di  essere 
sconfessato  dal  Governo  francese ,  se  il  Ministero  piemontese  non  lo  re- 
strigne  entro  i  limili  del  nuovo  dispaccio  dei  30  Ottobre.  Cio  vuol  dire 
che  il  Ministero  piemontese  dovra  parlare  alia  Camera,  non  con  Forme  al 
senso  del  primo,  ma  confurme  al  sciiso  del  secondo  dispaccio. 

Tutte  queste  dichiarazioni  pero  e  queste  umiliazioni  dei  Ministri  pic- 
monlesi  non  rendono  la  Conveiizione  acceltabile  dai  Caltolici :  perche, 
lasciando  stare  die  essa  non  restituisce  al  Papa  gli  Stati  rubatigli,  neppu- 
re  gli  assicura  in  modo  certo  gli  Stati  finora  lasciatigli.  Giacche  seguono 
a  citarsi  dal  Gabinelto  piemontese  le  aspirazioni  nazionali,  i  mczzi  mo 
rali,  i  mezzi  del  progresso  e  della  ciciltd  moderna,  e  tra  le  ambagi  delle 
frasi  ristabiliscesi  nel  fondo  dal  La  Marmora  1'antico  program  ma  della 
rivoluzione  ilaliana  nella  sua  interezza;  e  piu  ancora  di  questo,  giaccbe 
la  lettera  della  Convenzione  rimane,  corn' era  prima ,  interprelabile  ia 
senso  favorevole  all' ambiziooe  piemontese;  e  le  dichiarazioni  emanant> 
oggi  da  Ministri,  che  possono  venir  cangiati  domani ,  per  essere  sosli- 
tuiti  da  altri  clie  potrebbero  dicbiararla  e  applicarla  in  senso  opposto  da 
quello  che  ora  si  Fa. 


CONTEMPORANEA  507 

Stanti  qucste  considerazioni  si  puo  dedurre  chc  questa  nuova  fase  deila 
Convenzione,  sebbene  non  distrugga  le  apprensioni  del  Cattolici  e  le  spe- 
ranze  dei  rivoluzionarii,  nietle  nondimeno  in  gravissimo  imbarazzo  il  Mi- 
iiistero,  1'Ambasciatore,  il  Parlamento  piemontese,  che  dee  disdire  cio 
che  ha  detto  fiuora;  ed  il  Governo  imperiale  di  Francia,  che  perde  gli 
applausi  della  rivoluzione ,  perche  questa  tenea  per  fermo  la  Francia  vo- 
lesse  dar  Roma  al  Piemonte,  e  non  guadagna  interamente  gli  applausi 
dei  Catlolici,  perche  questi  non  sanno  intendere,  perche  volendosi  di- 
fendere  la  Sovranita  del  Papa ,  come  appare  dalle  spiegazioni  ora  scam- 
foiate,  e  non  rinunziandosi  aH'intervento,  si  sia  trattato  con  Torino  e  non 
con  Roma  della  partenza  delle  milizic  francesi.  II  solo  che  non  siane  im- 
foarazzato  e  il  Governo  pontificio;  il  quale  forte  del  suo  diritto,  confidente 
nella  protezione  manii'esta  del  Cielo,  e  nella  venerazione  dei  Cattolici, 
guarda  senza  apprensione  le  tempeste  che  gli  si  eccitano  intorno,  perche 
sa  con  certezza,  che  queste  a  una  parola  del  Salvatore  si  racchetano, 
e  loro  succede  la  tranquillita. 

4.  L'Imperatore  e  1'  Imperatrice  di  Russia,  seguitati  da  numerosa  cor- 
te,  hanno  attraversato  la  Francia  per  recarsi  a  Nizza ,  ove  sono  giunti  il 
di  21  d'Ottobre.  II  Governo  francese  avea  dati  gli  ordini  piu  precisi  per 
fecilitar  loro  tutte  le  comodita  del  viaggio,  e  fra  le  altre  disposizioni , 
ordinato  die  le  spese  fossero  a  carico  della  Francia ,  e  il  desiderio  delle 
LL.  Maesta  russe  di  viaggiare  come  incogniti ,  delicatamente  sodisfatto. 
Quindi  1' imperatore  Alessandro  II ,  non  appena  e  giunto  a  Nizza,  ha 
trasmesso  per  mezzo  del  telegrafo  elettrico  a  Parigi  le  espressioni  piii 
Tive  di  ringraziamento  per  tutte  le  attenzioni ,  che  egli  avea  ricevulo , 
viaggiando  sulle  strade  diferro  in  Francia.  Perche  poi  era  stato  espressa- 
meute  mandato  a  Nizza  da  Parigi  un  battaglione  di  cacciatori  della  guar- 
dia  per  fargli  onore  ,  cosi  il  giorno  26  di  Otlobre  lo  Czar  gli  ha  offerto 
un  bancheito ,  nel  quale  si  fece  egli  rappresentare  dal  Principe  di  Witt- 
genstein. II  di  seguente  a  tal  testa  mililare  1'imperatore  Alessandro  ha 
passato  in  rivista  il  navilio  francese  e  russo ,  che  trovavasi  nella  rada  di 
YHJafranca. 

La  sera  di  questo  slesso  di  27 ,  alle  8  e  mezza  pomeridiane,  giungeva 
a  Nizza  1'  impcratore  Napoleone ,  accompagnato  dal  Vice-ammiraglio  Ju- 
rien  de  la  Graviere ,  e  dal  Gen.  Fleury ,  suoi  aiutanti  di  campo ;  dal  suo 
Ciambellano,  Conte  Walsh;  dal  suo  scudiere,  Marchese  de  Caux;  dal 
Conte  d'Espeuil,  ofiiciale  d'ordinanza,  e  dal  sig.  Pietri,  addetto  alia 
secreteria  particolare.  Sua  Maesta  imperiale  avea  lasciato  la  residenza  di 
St.  Cloud  il  giorno  di  Mercoldi ,  dopo  di  aver  quivi  preseduto  al  Consi- 
glio  dei  Ministri.  II  Venerdi  seguente,  nel  momento  che  1' imperatore 
Napoleone  s'accingeva  a  recarsi  alia  villa  Pellion,  ove  dimorano  le  loro 
Maesta  russe,  fu  prevenuto  dalla  visita  dell' imperadore  Alessandro,  che 
•ia  uniforme  recavasi  a  ringraziarlo  delle  buone  accoglienze,  fattegli  in. 
Francia.  Un  po'  dopo ,  verso  le  ore  10  e  mezza  del  mattino  1'  Imperatore 


508  CRONACA  ^ 

dei  Frances!  s'  e  recato  a  far  la  visita  allo  Czar  ed  alia  Czarina ,  scopo 
del  suo  viaggio  a  Nizza.  Dopo  un  abboccamento  intimo  di  qualche  ora  , 
le  loro  Maesta  si  sono  separate ,  per  riunirsi  novamente  la  sera  alia  men- 
sa ,  imbanditasi  dallo  Czar  nella  sua  villa  Pellion ,  e  poscia  al  teatro.  II 
Sabato  mattina  alle  ore  8  Napoleone  parti  per  Tolone ,  e  poco  dopo  Ales- 
sandro  lascio  Nizza  per  recarsi  a  Berlino. 

Di  che  siesi  trattato  in  queste  intirae  conversazioni  tra  i  due  Impera- 
tori  a  Nizza  non  si  puo  naturalmente  conoscere  per  diretta  rivelazione  ; 
ma  si  pretende  di  poterlo  congetturare  da  certi  indizii  esterni.  II  libera- 
lismo  moderato  crede  da  principio  che  a  Nizza  fossesi  disfatta  1'unione  del- 
le  tre  Potenze  del  Nord  a  danno  dell' Austria,  la  quale per  riparare  un  tal 
colpo  s'affretto  a  nominare  per  suo  primo  Ministro  un  personaggio  piu 
gradito  a  Napoleone ,  piu  inchinevole  alia  Francia ,  non  ostile  alia  poli- 
tica  delle  Potenze  occidentali.  Ma  ora  una  tale  opinione  si  e  molto  afiie- 
volita ,  e  acquista  sempre  nuova  verosimiglianza  quella  contraria  dei 
conservatory  Questi  s' attengono  alia  dichiarazione  data  dall'  Invalido 
Jlusso  ,  giornale  autorevolissimo,  il  quale  assicura,  che  la  visita  dei  due 
Imperatori  a  Nizza  fu  un  atto  di  semplice  cortesia ,  ed  affatto  estra- 
neo  alia  politica.  Anzi  molti  fra  loro  aggiungonoche,  lungi  dal  produrre 
niaggiore  confidenza  tra  i  due  Sovrani,  quell' abboccamento  e  forse  riu- 
scito  a  diminuire  quella  che  gia  vi  era;  poiche  lo  Czar  non  s'e  piu  re- 
cato a  passare  in  rassegna  1'armata  navale  di  Tolone  ,  ne  a  restituire  la 
visita  all'imperatore  Napoleone  a  Compiegne  o  altrove,  come  era  stato  cosi 
asseverantemente  annunziato  innanzi,  e  forse  anche  concertato.  V  ha 
perfino  chi  dice  che  prima  dello  stesso  abboccamento  vi  fosse  potuto  es- 
sere  una  causa  di  dispiacere,  e  cosi  la  contano.  Fatto  sapere  allo  Czar, 
che  Napoleone  si  proponeva  di  parlargli  a  Nizza  in  favore  della  Polonia,  lo 
Czar  dichiaro  nettamente  che  non  potrehbe  entrare  in  discussione  sopra 
tale  argomento  e  per  far  giungere  questa  risposta  all'orecchio  di  Napoleo- 
ne, dicono  che  fosse  adoperato  il  March.  Pepoli.  Se  la  cosaevera,  come 
essa  e  probabile ,  era  piu  che  sufficiente  a  torre  a  quella  visita  ogni  spe- 
ranza  di  nuovi  accordi  tra  i  due  Imperatori. 

CO>T,RESSI  CATTOLICI.  1.  Belgio.  Congresso  di  Malines  —  2.  Germania. 
Congresso  di  Wurtzbourg. 

1.  Nella  chiesa  metropolitana  di  S.  Rombaldo,  nella  citta  di  Malines, 
il  di  29  del  trascorso  mese  di  Agosto,  si  e  inaugurata  la  secondariunione 
del  Congresso  dei  Cattolici,ai  piedi  dell'altare,  invocando  lo  spirito  di  Dio 
sopra  i  numerosi  membri  radunativisi  da  molte  parti,  ancor  lontanissime, 
e  sopra  le  opere,  per  cui  promuovere  tenevasi  quella  riunione.  Usciti  dal 
tempio  in  lungo  ordine  tutti  quei  Signori,  sonosi  raccolti  nella  sala  del  Se- 
minario,  ove  doveasi  tenere  1'  assemblea  generale.  Piii  di  quattro  mila 
persone  vi  assistevano.  L'Emo  Card.  Sterckx,  Arcivescovo  di  Malines, ha 


CONTEMPORANEA  509 

aperto  la  seduta  con  un  nobile  e  grave  discorso,nel  quale,dopo  di  avere 
rammentato  tutto  quello  che  vi  fu  di  bene  nella  riunione  dell'anno  prece- 
dente,  ha  con  tutta  delicatezza  indicato  gli  scogli  che  doveansi  evitare 
nella  presente,  perche  quel  bene  fosse  intero  e  compiuto.  «  Noi  gia  lo 
sapevamo,  ha  egli  molto  opportunamente  detto,  che  la  nostra  opera  sa- 
rebbe  imperfetta,  specialmente  in  quel  primo  sperimento  che  ne  faceva- 
mo.  Ma  noi  sapevamo  altresi,  che  in  morale  e  agli  occhi  di  Dio,  le  opere 
buone,  fatle  con  purita  d'intenzione,  non  cessano  d'essere  buone  e  meri- 
torie,  se  vi  s'infiltrano  delle  imperfezioni  accidental,  per  colpa  di  chi  le 
mette  in  esecuzione.  Questi  difetti  sono  da  iraputare  alle  persone,  alle 
quali  sfuggono ;  non  alle  opere  in  se  stesse,  che  non  divengono  per 
essi  meno  degne  di  elogio  e  di  ricompensa.  Dall'  altro  canto,  o  Signori, 
se  i  nostri  discorsi,  se  le  nostre  deli  her  azioni,  se  le  nostre  discussioni  han 
lasciato  desiderar  qualche  cosa ;  non  e  men  vero  per  questo  che  i  nostri 
due  volumi  fcontengano  pagine  assai  belle,  considcrazioni  assai  utili,  no- 
tizie  assai  preziose ;  e  che  i  nostri  voti  e  le  nostre  risoluzioni,  che  sono 
gli  atti  proprii  della  nostra  asserablea,  sono  al  coverlo  di  qualsivoglia 
critica  ragionevole.  »  Quesle  parole  contengono  il  giudizio  piu  esatto  e 
piu  vero  che  si  potesse  formare  del  primo  Congresso  di  Malines,  e  al 
tempo  stesso  1'avviso  piu  salutaree  piii  opportuno  che  si  potesse  dare  pel 
presente  Congresso. 

Dopo  il  discorso  dell'  Eilio  Porporato,  accolto  con  affettuoso  rispetto 
dalla  numerosa  corona,  surse  a  parlare  il  Presidente  del  Congresso,  1'  il- 
lustre  e  venerabile  Barone  de  Gerlache.  Egli  colla  sua  tranquilla  e  per- 
suasiva  eloquenza  ha  tratteggiato  unquadro  assai  ben  colorito  della  con- 
dizione  dei  Cattolici  nel  Belgio,  confutando  le  calunnie  che  ogni  di  sca- 
gliano  contra  di  loro  i  libertini,  e  additando  tutto  il  bene  che  essi  colle 
loro  istituzioni,  e  colla  loro  opera  fanno  al  paese.  Degno  di  quella  fede, 
che  ha  sempre  animate  le  sue  geste,  e  ispirate  le  sue  parole,  e  quel  trat- 
to,  ove  1'  illustre  vegliardo  parla  della  liberta,  invocata  come  il  rimedio 
di  tutti  i  mali  dalla  scuola  libertina.  Di  tutto  il  suo  discorso  ci  contentiamo 
di  compendiare  questo  solo  tratto,  che  annanzia  il  principio,  il  quale  de- 
ve  riunire  in  un  sol  pensiero  tutti  i  Cattolici.  L'autore  riconosce  nella  li- 
berta un  bene  prezioso  del  Signore :  ma  confessa  altresi  che  la  liberta 
senza  nessuna  regola  che  la  diriga,  conduce  alia  rovina,  come  degli  in- 
dividui,  cosi  della  societa.  Levate  alia  liberta  civile  il  contrappeso  delle 
leggi ,  alia  liberta  individuate  il  contrappeso  dei  doveri ,  all'una  e  all'al- 
tra  il  limite  che  la  morale  umana  e  la  legge  divina  le  segna;  la  liberta 
vi  conduce  diritto,  come  ai  tempi  della  prima  rivoluzione  francese,  al- 
1'anarchia,  aU'empieta.  La  liberla  adunque  che  invocano  i  Cattolici  e  una 
liberta  sottomessa  alia  Chiesa,  alle  sue  leggi,  alle  sue  discipline,  ed  ai 
suoi  insegnamenti  e  consigli.  Questa  e  la  liberta  che  solo  puo  rendere 
fclice  un  paese,  perche  e  la  sola  che  si  appoggia  alia  colonna  incrollabile 
d'ogni  giustizia  e  d'ogni  verita,  che  e  la  Chiesa. 


510  CRONACA 

Come  era  naturale ,  dopo  il  discorso  del  Presidente,  fu  udito  quello 
del  secretario  generale  Ducpetiaux,  alia  cui  operosita  istancabile  si  de- 
ve  in  gran  parte,  come  la  prima,  cosi  la  seconda  adunanza  di  Malines. 
Egli  comincio  dal  proporre  all'Assemblea  1'Indirizzo  che  dovea  dirigersi 
al  Santo  Padre,  per  cominciare  i  lavori  quell'adunanza,  di  con  un  alto  di 
ossequio  assoluto  e  sincerissimo  alia  sua  infallibile  autorita.  Quest'  indi- 
rizzo  fu  da  tutti  accolto  con  unanimita  di  sentimento ,  e  durante  la  sedu- 
ta  raedesima  notiticato  alia  Santita  Sua  per  mezzo  del  telegrafo  elettri- 
co :  col  qual  mezzo  medesimo  la  stessa  Santita  Sua  si  degno  di  man- 
dare  la  sua  apostolica  benedizione  a  quanti  si  erano  quivi  riuniti  con 
buona  volonta.  Dopo  1'  indirizzo  il  sig.  Ducpetiaux  rese  conto  delle  co- 
se fatte,  in  esecuzione  delle  risoluzioni  prese  nell'Assemblea  del  1863. 
Noi  ne  accenneremo  alciine  delle  principals  Col  concorso  dell' Episcopa- 
to  belga  e  stato  costituito  a  Bruxelles  un  comilato  centrale,  formato  dei 
delegati  delle  Diocesi ,  per  consolidare  ed  estendere  il  Dencfi-o  di  S.  Pie- 
tro ,  e  tutte  le  altre  opere  che  vi  si  riferiscono.  L'opera  della  Santifica- 
zione  della  Domenica  segue  il  suo  corso,  e  progredisce  in  mezzo  ai  mol- 
ti  ostacoli ,  che  le  tocca  di  superare.  L'  opera  della  Propagazione  dei 
buoni  libri,  e  della  istituzione  di  biblioteche  popolari  non  e  punto  ral- 
lentata,  e  si  e  unita  alia  Societa  di  S.  Carlo  Borromeo.  L'Accademiacaf- 
tolica,  la  cui  fondazione  fu  decretata  nel  1863 ,  non  si  e  tuttavia  potuto 
priacipiare,  perle  difficolta  incontrate,  le  quali  si  spera  di  superare  in 
un  tempo  piii  o  meno  vicino.  Da  in  fine  ragguaglio  intorno  alle  opere  di- 
rette  al  miglioramento  della  musica  religiosa,  ai  mezzi  adoperati  per 
rendere  potente  la  stampa  cattolica ,  agli  sforzi  posti  per  fondare  un  gran 
giornalo  catlolico  internazionale ,  ai  molti  cirnoli  cattolici  fondati  lungo 
1'anno  nel  Belgio,  e  alle  relazioni  che  1'Assemblea  cattolica  del  Belgio  ha 
rannodato  colle  assemblee  cattoliche  piii  antiche  della  Germania  e  della 
Svizzera.  Un  tal  Rapporto  svela  tutto  i'utile  pratico  di  queste  radunanze, 
il  quale  dimora  piu  assai  che  nei  discorsi  che  vi  si  facciano ,  nelle  opere 
che  col  concorso  rhmito  di  tante  volonta  e  di  tante  borse  possono  o  isti- 
tuirsi  o  sostenersi. 

Noi  non  ci  iritratterremo  a  dire  partitamente  di  tutti  i  discorsi  che  furo- 
no  fatti  in  quest' Assemblea,  nelle  varie  sedute  che  vi  si  tennero,  perche 
lo  spazio  ce  lo  divieta;  e  la  scelta  di  qualcheduno  fra  essi  non  possia- 
mo  farla  senza  offendere  quelli  che  passeremmo  sotto  silenzio.  Solo  ac- 
cenneremo alia  magnitica  e  veramente  splendida  parlata  di  tre  ore  inte- 
re ,  che  vi  fece  1'  illustre  Vescovo  di  Orleans,  MODS.  Dupanloup ,  giun- 
to  improvvisamente  a  Malines,  ed  accoltovi  da  una  si  calda  ovazione, 
che  se  fu  superiore  ad  ogni  immaginazione,  fu  pari  al  merito  di  quell'  il- 
lustre campione  dei  dritti  della  Chiesa.  MODS.  Dupanloup  tolse  a  discor- 
rere  intorno  all'  insegnamento,  ed  il  fece  con  tanta  giustezza  di  vedute, 
con  tanta  pienezza  d'  idee,  con  tanta  facilita  di  eloquio,  con  tanta  mae- 
sta  e  novita  d'  immagini ,  che  1'  uditorio ,  trasportato  fuori  di  se  da  cosi 


COMEMPORANEA  511 

splendida  eloquenza  non  rifino  mai  di  applaudirlo  c  di  festeggiarlo. 
Quegli  applausi  e  quei  fosteggiamenti  appariscono  ben  meritati  alia  let- 
tura  del  discorso,che  venne  slampato  in  cento  mila  esemplari,  senza  no- 
yerare  i  giornali  che  1'  hanno  riprodotto  intero  nelle  loro  colonne. 

L'  ultima  seduta  del  Congresso  fu  chiusa  da  una  ceremonia  religiosa, 
preseduta  daU'Eino  Arcivescovo  di  Malines,  nella  quale  ttiiti  ad  una  vo- 
ce  si  unirono  a  pregar  Dio  per  la  prosperita  della  Chicsa,  e  per  la  santi- 
ficazione  dei  fedeli. 

Noi  non  abbiamo  in  queste  poche  linee  avuto  la  pretensione  di  dare 
altro,  che  una  semplice  idea  di  questa  soleune  riunione.  Nulla  abbiamo 
detto  dei  tanti  discorsi  e  delle  tante  dissertazioni  o  lette  o  improvvisa- 
te:  nulta  dei  lavori  eseguitisi  nelle  sezioni  speciali ,  nulla  delle  delermi- 
nazioni  praticbe  che  vi  si  sono  fermate.  Ci  siamo  contentati  di  semplice- 
mente  far  notare  sia  lo  scopo  dell'imione,  sia  la  mokitudiue  degli  accor- 
sivi,  sia  lo  spirito  sinceramente  cattolico  e  religioso  che  li  informava. 
Prima  di  flu  ire  questi  cenni  medesinii  cosi  scarsi ,  diremo  schiettamente 
che  il  voto  dell'  Emo  Card,  di  Malines  e  stato  in  gran  parte  soddisfatto: 
poiche  sebbene  la  parte  ai  discorsi  e  stata  larghissima  quest'anno ,  come 
fu  nel  precedente,  nondimeno  il  lavoro  delle  sezioni  per  le  decisioni  pra- 
tiche  da  farsi  e  stato  maggiore  ancora  che  nell'anno  innanzi :  e  sebbene 
non  possa  dirsi  che  lutte  le  imperfezioni  nei  discorsi  siensi  evitate ,  dee 
dirsi  che  esse  furono  molto  minori  e  molto  meno  applaudite,  anzi  neppure 
avvertite.  Gio  mostra  che  il  Congresso  progredisce  nel  retto  cammino, 
che  e  di  unirsi  per  fare  delle  buone  opere  piu  che  dei  bei  discorsi. 

2.  Al  Congresso  cattolico  di  Malines  succedette,  al  di  la  del  Reno, 
1' Assembled  generale  delle  associazioni  cattoliche  alemanne,  il  12  del 
mese  di  Settembre.  In  quel  giorno  la  citta  di  Wurtzboiirg  era  tutta  pa- 
vesata  a  festa,  e  le  case  aveano  handiere,  pennoncelli,  ghirlande  di  fieri. 
Alia  stazione  della  ferrovia,  per  la  quale  doveano  arrivare  i  delegati 
delle  diverse  associazioni  alemanne,  si  trovarono  per  accoglierli  i  mem- 
bri  del  comitato  promotore  dell'adunanza.  Le  riunioni  si  tennero  nella 
gran  sala  della  Schrannenhale,  ove  il  primo  borgomastro  della  citta, 
sig.  Hopfenstatter  gli  accolse,  quella  sera  stessa  del  loro  arrivo,  con  paro- 
le di  molta  cortesia.  II  di  seguente,  Mons.  Stahl  celebro  nella  cattedrale 
una  messa  solenne,  alia  preseoza  di  tutti  i  membri  deirAssemblea,  che 
Ti  si  erano  recati  processionalmente,  accompagnati  dalle  diverse  corpo- 
razioni  della  citta  colle  loro  divise  e  bandiere.  Dopo  la  messa  si  tenne 
1'adunanza  generale,  che  fu  aperta  da  Mons.  Goetz,  presidente  del  co- 
mitato locale,  con  un  discorso  sull' indefettibilita  della  Chiesa,  e  sulla 
durata  delle  opere  che  essa  inizia.  Propose  quindi  il  barone  Moy  de  Sons 
d'Inspruch  a  presidente,  il  conte  Federico  Thun  di  Vienna,  ed  il  signor 
Adam  di  Coblenza  a  vice  presidents,  proposte  che  furono  salutate  dagli 
applausi  dell'assemblea.  II  signor  Ducpetiaux  di  Bruxelles  fu  proclamato 


CRONACA  CONTEMPORANEA 

presidente  denote.  Fu  letto  ed  approvato  un  indirizzo  al  S.  Padre,  e 
dietro  proposta  del  presidenle  fu  mandate  subito  un  telegramraa  al  Car- 
dinal Antonelli,  per  far  conoscere  a  Sua  Santita  lo  seopo  del  Congresso, 
e  manifestargli  Tossequio  e  1'affetto  figliale  dei  Cattolici  della  Gerniania. 
La  mancanza  di  spazio  non  ci  consente  di  estenderci  maggiormente  su 
questa  Assemblea,  nella  quale  furono  pronunziati  discorsi  di  somma  im- 
portanza,  e  che  corae  quella  di  Malines  portera  i  suoi  frutti.  Indicheremo 
soltanto  le  cinque  deliberazioni  solenni,  colle  quali  le  sedate  di  quel- 
F  Assemblea  furono  chiuse. 

«  1.°  L' Assemblea  dicbiara  che  i  Cattolici  alemanni  non  debbono  la- 
sciarsi  superare  dai  francesi  e  dai  belgi,  nei  sacrificii  a  farsi  pel  Capo  della 
Chiesa,  e  che  debbono  prendere  parte  all'imprestito  pontiticio ;  2.°  Ella 
domanda  1'affrancamento,  anche  sotto  1'aspetto  religioso,  dello  Schleswig- 
Kolslein,  pel  quale  venne  sparso  tanto  sangue  cattolico.  e  la  cessazione 
dell'  oppressione  odiosa,  a  cui  i  Cattolici  soggiacciono  in  questo  paese; 
3.°  L' Assemblea  deplora  il  conflilto  suscitatosi  nel  granducato  di  Baden; 
essa  crede  che  la  ragione  sta  dalla  parte  dell'  Arcivescovo,  che  combalte 
pel  diritti  della  religione  e  della  famiglia,  e  ricorda  che  ogni  colpo  dato 
aH'altare  e  ugualmente  un  attentato  al  trono  ;  i.°  L'Assemblea  onora  gli 
uomini  eroici,  i  conti  di  Schrnising-Kerssenbroch,  che  dovettero  abban- 
donare  1'esercito  prussiano,  perche  si  erano  per  principio  opposti  al  duel- 
lo, e  dicbiara  che  la  condotta  del  Ministro  della  guerra  di  Prussia  a  ri- 
guardo  dei  mcdesimi  equivaleva  a  una  condannazione  de'  principii  del 
cristianesimo;  o.°  Essa  deplora  il  modo  odioso  con  cui  gli  Ordini  religiosi 
vennero  attaccati,  principalmente  nel  gran  ducato  di  Baden,  nell'Assia, 
nel  Wurtemberg,  e  dichiara  agli  uomini  del  progresso  che  e  una  deri- 
sione  il  domandare  per  essi  la  liberta  di  propaganda,  il  diritto  d'asso- 
ciazione  ecc.,  e  il  voler  togliere  queste  liberta  alia  Chiesa.  » 

Per  intendere  il  signiticato  del  4.°  articolo  e  da  sapere  che  nell'eserci- 
to  prussiano  milkano  i  tre  figli  del  conte  di  Schmising-Kerssenbroch, 
cattolici  di  alti  spiriti,  di  molta  istruzione  e  di  nobilissimaprosapia.L'un 
d'essi  yenne  sfidato  a  duello,  non  sappiamo  per  qual  cagione:  ma  rifiuto 
di  accettare  la  stida,  arrecandone  per  motivo  1'  essergli  cio  proibito  dal- 
la Cbiesa,  cui  appartiene.  I  suoi  due  fratelli,  interrogati  dai  loro  genera- 
!e  se  avessero  i  medesiini  sensi  intorno  al  duello,  risposero  con  pari  co- 
raggio  che  si.  Tanto  basto  perche  tutti  e  tre  yenissero  esclusi  dall'eser- 
cito  prussiano.  II  coraggio  di  questi  tre  gioyani  uffiziali  a  professare  la 
loro  ubbidienza  alia  Chiesa,  e  stato  applaudito  da  tutti  i  Catlolici  aleman- 
ni, e  merita  di  essere  da  tutti  i  Cattolici  dell'Europa. 


LE  NUOVE  FASI 

DELfcA  CONVENZIONE  FRANCO-ITALIANA 


Non  crediamo  recare  offesa  alia  celebre  Convenzione  coll'uso  di 
questa  metafora ,  lolla  dalle  varie  apparenze  delta  luna ;  giacche  la 
slesso  signer  Drouyn  de  Lhuys  si  place  di  adoperarla  nel  sue  Dispac- 
cio  del  30  Oltobre  al  signer  Malaret  1.  E  veramente  il  famoso  trat- 
iate  non  puo  figurarsi  meglio ,  die  come  un  corpo  opaco ,  privo  al 
iullo  di  luce  propria,  e  sol  capace  di  riflettere  quella,  che  gli  viene 
dal  di  fuori  comunicata.  Due  Soli  fanno  a  gara  Ira  loro  per  illumi- 
narlo,  il  Governo  francese  ed  il  Governo  torinese,  senza  essere 
glunli  per  anco  ad  alcun  sodo  coslrulto.  Fenomeno  veramente  singo- 
lare  e  al  tutlo  degno  del  nostro  tempo !  Si  fa  un  contralto  Ira  due 
Potenze ,  e  le  due  alte  parti  contraenti  non  sanno  ancora  con  preci- 
sione  che  cosa  hanno  patteggiato  ! 

Noi  gia  vedemmo  i  diversi  aspetti,  che  il  proleiforme  traltato  pre- 
senlo  fin  da  principio  solto  la  luce ,  che  vi  sparsero  i  due  Govern!. 
Ora,  perciocche  una  nuova  illustrazione  gli  e  stata  applicala  da  ambe 
le  parli,  dobbiam  vedere  i  nuovi  aspelti,  di  cui  si  e  ullimamenle  ri- 
veslito.  Noi  ci  sforzeremo  di  continuaie  a  Iratiar  1'  argomento  con 
serieta  di  discussione;  benche  esso  oggimai  comincia  a  diventar 
tanto  comico ,  che  il  riso  spunla  involontariamenle  dal  labbro. 

1  Nella  fase  alluale  ecc.  Dispaccio  del  30  Ottobre. 
Scrie  V,  vol.  XII,  fasc.  353.  33  18  Novemtoe  1864. 


SI  4  LE  NUOYE  FASI 

I. 

Apparenza  die  il  trattalo  presenta  sotto  I'  illustrazione 
del  Governo  francese. 

Le  chiose  fatte  dal  signor  Nigra  al  famoso  trattato  e  1'  aspetto ,  in 
che  egli  1'avea  moslrato  nel  suo  dispaccio  del  15  Seltembre  al  signor 
Yisconti-Venosta ,  avevano  falto  uscir  dai  gangheri  il  Ministro  fran- 
cese. Ci  e  tulta  la  probabilita  che  qucsli  avesse  perfin  minacciato  di 
sconfessare  pubblicamente  la  relazione  del  Nigra;  cosi  almeno  sem- 
bra  rilevarsi  dalle  parole  ,  colle  quali  quest'  ultimo  die  con  to  al  suo 
Governo  delle  trattative  posteriori.  Egli  dice:  «  Dalle  spiegazioni 
leali,  die  si  scambiarono  tra  sua  Eccellenza  e  me,  ne  risulta  che  se 
davanti  alia  Camera  il  Governo  del  Re  si  restringe  nei  limiti  del 
mio  Dispaccio  del  15  Seltembre,  completato  dal  Dispaccio  del  30  Ot- 
tobre,  egli  non  verra  disdetlo  dal  Governo  francese  1.  »  Dunque  il 
Dispaccio  del  15  Settembre  sarebbe  stalo  disdetto  dal  Governo  fran- 
cese, se  non  fosse  stato  completato  dal  Dispaccio  del  30  Ottobre.  Tale 
sembra  la  conseguenza  che  scende  naturalmente  da  questa  proposi- 
zione.  Ma  checche  sia  di  do,  il  certo  e  che  il  signor  Drouyn  de  Lhuys 
si  credette  in  dovere  di  smentire,  almeno  in  parte,  il  primo  Dispac- 
cio del  Nigra ,  dicendo  che  esso  non  riproduceva  in  modo  compiulo 
la  fisonomia  dei  negoziati ,  no  il  senso  che  da  ambidue  i  Govern! 
dovea  attribuirsi  agli  impegni  presi.  Quindi  a  rimuovere  gli  equivoci 
che  n'erano  derivali,  si  pose  di  proposito  a  spargere  novella  luce 
sul  trattato,  col  Dispaccio  che  diresse  al  signor  Malaret  il  30  Ottobre. 
II  contenuto  di  esso  per  questo  capo  si  puo  riassumere  in  quatlro 
definizioni  e  due  dichiarazioni,  che  qui  riporteremo  per  ordine. 

Definizione  l.a  Che  cosa  deve  intendersi  per  mezzi  violenii  di  cui 
si  e  al  Governo  di  Torino  interdelto  1'  uso  per  rispelto  a  Roma  in 
virtu  del  trattato  ? 


1  Dispaccio  telegrafico  a  S.  E.  il  Generate  La  Marmora.  Parlgi  1  Novem- 
hre  1864. 


BELLA  COMENZIONE  FRANCO-ITALIANA 

II  sig.  Drouyn  de  Lhuys  risponde  die  Ira  essi  «  si  devono  con- 
tare  le  manovre  di  agenli  rivoluziooarii  sul  Icrritorio  ponlificio,  co- 
me pure  ogni  eccitamento  tendente  a  produrre  mezzi  rivoluzionarii.» 

Definizione  2.a  Che  cosa  deve  intendersi  per  mezzi  morali,  di  cui 
il  Governo  di  Torino  si  e  riservato  1'uso? 

II  sig.  Drouyn  de  Lhuys  risponde  che  essi  «  debbono  consislere 
unicamente  nella  forza  della  civil  ta  e  del  progresso.  » 

Definizione  3.a  Che  cosa  deve  intendersi  per  aspirazioni,  che  la 
Coiie  di  Torino  puo  considerare  come  legiltime  ? 

II  sig.  Drouyn  de  Lhuys  risponde  che  esse  non  possono  essere 
altre  se  non  «  quelle  che  hanno  per  oggetto  la  riconciliazione  del- 
T  Italia  col  Papato.  » 

Definizione  4.a  Che  cosa  deve  intendersi  per  trasferimento  della 
Capitale  a  Firenze  ? 

11  sig.  Drouyn  de  Lhuys  risponde  che  esso  «  e  un  pegno  serio 
(now  derisorio)  dalo  alia  Francia;  non  e  ne  uno  spediente  provviso- 
rio  ne  una  tappa  verso  Roma ;  e  che  sopprimere  un  tal  pegno  equi- 
varrebbe  a  distruggere  il  contratto.  » 

Le  due  dichiarazioni  sono :  La  riserva  alia  Francia  di  potere  inter- 
venire  a  Roma  in  caso  di  una  insurrezione ;  e  il  ricordo  che  Roma  in 
qualunque  ipotesi  non  potrebbe  usurparsi  dal  Governo  di  Torino 
senza  il  consenso  di  essa  Francia.  Ecco  le  parole  del  sig.  Drouyn 
de  Lhuys :  I.  «  II  caso  di  una  rivoluzione  che  venisse  a  scoppiare 
spontaneamente  a  Roma,  non  e  punto  previsto  dalla  Convenzione. 
La  Francia  per  quesla  eventualita  si  riserva  la  sua  liberla  di  azione. 
II.  « II  Gabinetto  di  Torino  mantiene  la  politica  del  Conle  di  Cavour. 
Ora  quell'  uomo  illustre  ha  dichiaralo  che  Roma  non  potrebbe  es- 
sere unita  all'  Italia  e  divenirne  Capitale ,  se  non  col  consenso  della 
Francia  1.  » 

A  voler  dire  il  vero,  queste  definizioni  e  queste  dichiarazioni,  per 
loro  stesse  considerate,  vanno  soggetle  a  gravi  difficolta.  Imperoc- 
che,  quanlo  alle  definizioni,  esse  sono  arbitrarie  e  vanno  phi  in  la 
del  testo  del  trattato.  Nel  testo  del  trattato  e  definito  quali  sieno  i 

1  Dispaccio  del  30  Ottobre. 


SI  6  LE  NUOVE  FASI 

mezzi  violent!  che  s'  interdicono  al  Piemonte,  vale  a  dire  il  solo  uso 
delle  armi  o  regolari  o  irregolari.  Yolere  di  piu  in  virtu  di  un  DI- 
spaccio,  e  pretensione  di  cui  il  Piemonte  ha  il  diritto  di  non  curarsi. 
La  seconda  defmizione  poi  e,  oltre  a  cio,  in  manifesto  contraslo  colla 
prima ;  giacche  la  forza  della  ci villa  e  del  progresso  odierno,  secon- 
do  che  e  intesa  dal  Governo  di  Torino,  inchiude  necessariamente  i 
mezzi  rivoluzionarii  e  frodolenti.  0  diremo  che  il  Migliorali,  nobi- 
lissimo  rappresentante  di  quel  Governo,  si  allontanasse  dalla  civilta 
e  dal  progresso,  quando,  solto  1'egida  della  sua  rappreseritanza  di- 
plomatica,  istituiva  negli  Slali  del  Papa  comitali  rivoluzionarii  e  ap- 
parecchiava  ogni  cosa  per  la  prossima  insurrezione?  Cio  ne  il  signer 
Drouyn  de  Lhuys  vorra  asserire ;  ne,  quand'anche  lo  asserisse,  ver- 
rebbe  ammesso  dal  sig.  La  Marmora ;  il  quale  respingerebbe  dal 
Governo  italiano  una  tale  accusa  con  quella  stessa  nobile  fierezza , 
onde  nel  suo  Dispaccio  del  7  Novembre  ha  rigettato  una  non  dissi- 
niile  impulazione.  La  terza  definizione  e  fatla  incompelenlemente; 
giacche  quali  sieno  le  vere  aspirazioni  del  Piemonte  deve  saperlo 
esso  Piemonte,  non  gia  il  sig.  Drouyn  de  Lhuys.  II  trasferimenlo 
infme  della  Capilale,  se  riguardasse  1'avvenire,  sarebbe  punto  ca- 
pitale  del  traitato,  e  non  una  semplice  ipotesi,  che  ha  dato  luogo  al 
medesimo.  L'  ipotesi,  che  porge  occasione  ad  un  fatto,  di  per  se  non 
riguarda  che  il  tempo  in  cui  esso  fatto  vien  posto ;  per  eslendersi  piu 
oltre,  avrebbe  meslieri  di  esplicita  patlovizione,  e  questa  manca  del 
tullo  nel  trattato,  di  cui  si  parla. 

Maggiori  difficolta  s'incontrano  nelle  due  dichiarazioni.  Tmperoc- 
che,  per  non  dire  del  comune  loro  difetto,  di  travalicare  il  teslo  della 
Convenzione;  la  prima  di  esse  non  concorda  colle  parole  che  lo  stcs- 
so  Drouyn  de  Lhuys  uso  nel  Dispaccio  al  signor  de  Sartiges,  la  dove 
disse  che  1' occupazione  di  Roma  cosliluiva  un  intervenlo  contrario 
al  diritto  pubblico,  abbracciato  dalla  Francia.  La  seconda  poi  fa  a 
calci  con  cio  che  il  signor  Nigra,  nel  suo  Dispaccio  del  15  Settembre, 
altesta  essersi  escluso  di  comune  consenso  con  la  Francia ,  la  gua- 
rentigia  cioc  degli  Stati  papali  per  parte  delle  Potenze  cattoliche. 
E  veramente  in  virtu  di  qual  litolo  puo  la  Francia  giustamente  esi- 
gere  che  il  Piemonte  non  tocchi  Roma?  Certamente  non  di  altro 


BELLA  CONVENZIONE  FKANCO-ITALIANA  517 

che  dclla  protezione  da  lei  dovuta ,  come  Polenza  caltolica,  airindi- 
pendenza  politica  del  Capo  della  Chiesa.  Or  questo  litolo  essendole 
comune  coll'  Austria,  colla  Spagna  e  con  allri  Stati,  include  neces- 
sariamenle  1'idea  di  guarenligia  per  parte  di  tutli.  Se  dunque  tal 
guarenligia ,  per  altestazione  del  sig.  Nigra ,  e  stata  esclusa ;  come 
puo  il  sig.  Drouyn  de  Lhuys  reclamarla  per  la  Francia? 

Se  non  che  noi  vogliamo  qui  prescindere  da  tutte  queste  difficolta 
e  considerare  le  defmizioni  e  dichiarazioni  del  sig.  Drouyn  de  Lhuys 
come  legillime  e  eerie.  Oual  apparenza  prenderebbe  il  trattato  solto 
la  luce ,  che  esse  ^7i  gettano  sopra  ?  Ognun  vede  che  primieramente 
s'ihtenderebbe  vielato  al  Governo  di  Torino  1'uso  non  solo  dei  mez- 
zi  \iolenli ,  ma  ancora  dei  mezzi  morali ,  vale  a  dire  1'  asluzia ,  la 
frode,  la  corruzione,  il  Iradimento,  le  occulte  manovre  per  ribellare 
i  romani ,  e  tulto  cio  che  si  contiene  nell'  etica  da  lui  professala.  In 
secondo  luogo  il  trasferimento  della  Capitale  a  Firenze  sarebbe  ma- 
nifeslamenle  defmitivo ,  giacche  esso ,  secondo  la  spiegazione  del 
sig.  Drouyn  de  Lbuys ,  sarebbe  pegno  dato  dal  Piemonte  per  la  si- 
cura  esecuzione  degli  obblighi  assunli.  E  siccome  quesli  obblighi 
riguardano  non  il  solo  presente,  ma  ravvenire,  cosi  ancora  dee  dir- 
si  del  pegno.  II  perche,  secondo  1'inferenza  che  lo  stesso  sig.  Drouyn 
de  Lhuys  deduce ,  il  mantenimento  d'  un  tal  pegno  non  potrebbe 
cessare,  senza  che  cessasse  issofallo  per  parte  della  Francia  1'  ob- 
bligo  di  non  essere  a  Roma.  In  terzo  luogo  sarebbe  confessato  ,  e 
convenuto  anzi  in  virta  d'  un  trattato ,  che  il  principio  di  non  in- 
tervenlo ,  vero  o  falso  che  sia  in  se  stesso ,  non  e  applicable  a 
Roma.  Imperocche  riservarsi  la  liberta  di  azione  in  caso  di  rivolgi- 
mento  anche  spontaneo,  significa  in  allri  termini  riservarsi  il  diritto 
d'  inlervenire.  In  fine  il  trattato  inchiuderebbe  un'  assoluta  rinun- 
zia  a  Roma  per  parte  del  Piemonte ,  giacche  il  dirsi  che  egli  non 
potrebbe  mai  conseguirla  senza  1'  assenso  della  Francia,  equivale  al 
dirsi  che  non  la  conseguira  in  eterno ;  non  essendo  possibile  che  la 
Francia  dica  mai  al  Piemonte:  pigliali  Roma,  io  tel  consenlo.  Ecco 
1'  aspelto  in  che  apparirebbe  la  Convenzione  sotto  la  luce  che  il 
sig.  Drouyn  de  Lhuys  si  sforza  di  comunicarle.  Ma  i  suoi  sforzi  tor- 
nano  in  vano,  e  ci6  per  doppia  ragione.  Prima  perche  ,  anche  a  vo- 


518  LE  NUOVE  FASI 

ler  prendere  la  cosa  sul  serio ,  come  senza  dubbio  vuol  prendersi , 
un  Dispaccio  non  e  un  trallato,  e  le  interprelazioni  d'  un  Ministro  pos- 
sono  essere  disconfessate  da  un  altro  die  gli  succeda ;  massimamente 
in  questi  tempi,  in  cui  1'uso  di  dire  e  disdire  ha  perduto,  almeno  in 
diplomazia,  T  antico  disdoro.  In  secondo  luogo,  qualunque  sia  1'  ori- 
gine  che  \7oglia  altribuirsi  a  tali  interprelazioni ,  esse  non  possono 
avere  alcuna  forza ,  se  non  vengano  riconosciute  ed  ammesse  senza 
equivoci  eziandio  dal  Governo  di  Torino,  essendo  condizione  essen- 
ziale  di  un  contralto  che  esso  venga  egualmente  inteso  da  ambe  le 
parti.  Yediamo  dunque  come  ci6  si  verifica. 

II. 

Apparenza  che  il  Trattato  presenta  sotto  I'  illustrazione 
del  Governo  torinese. 

Da  prima  ci  si  fa  innanzi  il  signor  Nigra,  stipulatore  del  trattato; 
il  quale ,  dopo  la  conferenza  col  sig.  Drouyn  de  Lhuys,  manda  an- 
ch'  egli  il  suo  Dispaccio  a  Torino  per  dare  nuova  luce  alia  Conven- 
zione.  Costui,  non  pu6  negarsi,  si  mostra  alquanto  imbarazzato  e  in 
condizione  di  non  potere  parlar  chiaro  ,  come  allrimenli  amerebbe. 
II  poveruomo  trovavasi,  come  suol  dirsi,  tra  1'  incudine  e  il  martello  ; 
tra  la  necessita  di  non  contraddire  apertamente  al  sig.  Drouyn  de 
Lhuys,  e  di  annullarne  nondimeno  le  dichiarazioni.  Egli  dunque  s'in- 
gegna  di  tenersi  a  mezz'  aria ,  adoperando  parole  vaghe  ed  ambi- 
gue ,  che  si  porgano  a  doppio  senso.  Ripete  la  riser va  delle  aspira- 
zioni  nazionali ;  non  rifmlando  ne  ammettendo  la  defmizione  datane 
dal  signor  Drouyn  de  Lhuys,  ma  escludendola  indireltamente  col  ri- 
cordare  che  di  esse  e  stala  gia  determinata  la  via  e  lo  scopo.  La  via, 
com'  egli  dice ,  sono  le  forze  morali  della  civilta  e  del  progresso , 
intorno  alle  quali  «  crede  fare  ingiuria  al  suo  Governo ,  ammelten- 
do,  fosse  pure  per  un  solo  istante,  la  necessita  di  una  spiegazione.  » 
Cosi  lascia  la  faccenda  nel  vago ;  che  e  lo  slato  piu  comodo  per  ca- 
varne  poscia  in  tempo  opportuno  cio  che  torni  piii  a  conto.  Quanlo 
al  fine  non  ricusa  di  spiegarsi ,  ma  lo  fa  in  modo  furbesco ;  di- 


DELIA  CONVENZIONE  FRANCO- ITALIANA  519 

slruggcndo  1'idea  del  signer  Drouyn  dc  Lhuys,  con  la  giunla  di  frasi 
abbastanza  significative  nel  gergo  rivoluzionario.  «  II  signor  Drouyn 
de  Lhuys,  egli  dice,  avrebbe  desiderato  che  il  mio  dispaccio  conte- 
Desse  la  spiegazione  di  cio  che  noi  intendiamo  per  aspirazioni  nazio- 
nali.  Ho  risposto  a  Sua  Eccellenza  che  questa  spiegazione  vi  si  tro- 
vava  e  che  io  aveva  avulo  cura  d'indicare  come  scopo  delle  nostre 
aspirazioni  la  conciliazione  fra  1'  Italia  e  il  Papalo  sul  principio  delta 
Chiesa  libera  in  libero  Stato.  La  riserva  di  queste  aspirazioni  essen- 
do  stata  fatta  espressamenle  e  nei  termini  che  ho  citati  testualmente, 
nulla  io  aveva  da  aggiungere  su  questo  proposito. » 

Non  ci  vuol  grande  acume  per  intendere  il  ve.leno  che  si  nascon- 
de  in  quelle  parole,  libera  Chiesa  in  libero  Stato.  Questa  formola, 
da  che  fu  messa  innanzi  la  prima  volla  dal  Cavour  infino  all'  ultimo 
ricordo  che  ne  avea  gia  fatlo  il  Nigra,  e  intesa  dal  Governo  di  Torino 
in  queslo  senso :  che  il  Papa  venga  spogliato  di  tulto  il  suo  dominio 
lemporale,  e  il  Governo-  di  Torino  in  conlraccambio  di  im  tale  acqui- 
sto,  gli  dia  facolla  di  esercitare  liberaraente  il  suo  potere  spirituale. 
Questo  fu  il  concetto  del  famoso  ordine  del  giorno ,  in  cui  nel  61  si 
dichiaro  Roma  dal  Parlamento  Capitale  d' Italia.  «  La  Camera,  udite 
le  dichiarazioni  del  Ministero ,  confldando  che  assicurata  la  dignity , 
il  decoro  e  1' indipendenza  del  Pontefice  e  la  piena  liberta  della 
Chiesa ,  abbia  luogo  di  concerto  colla  Francia  1'  applicazione  del  non 
inlervento ,  e  che  Roma  Capitale  acclamata  dall'  opinione  nazionale 
sia  congiunta  all'  Italia,  passa  all' ordine  del  giorno. »  E  questo  stesso 
concetto  il  signor  Nigra  procura  abilmente  di  consecrare  qui  nova- 
men  te  sotto  il  velame  di  quelle  frasi,  per  farsene  scudo  contro  qual- 
siasi  sfavorevole  senso,  che  volesse  poscia  darsi  alle  aspirazioni  na- 
zionali,  da  lui  riservate.  Infme  conchiude  che,  non  ostante  le  iiltime 
dichiarazioni  del  signor  Drouyn  de  Lhuys  ,  il  suo  Dispaccio  del  17 
Seltembre  resta  invariato  ed  immutabile  in  ciascuna  sua  parle.  a  Da 
cio  che  vi  ho  esposto ,  signor  Ministro ,  voi  vedrete  che  ,  anche  in 
presenza  delle  osservazioni  dell'  onorevole  Ministro  imperiale  degli 
affari  esleri,  il  contenuto  del  mio  Dispaccio  rimane  inalteralo.  Voslra 
Eccellenza  terr<i ,  senza  dubbio ,  come  me ,  il  maggior  conto  delle 
osservazioni  del  signor  Drouyn  de  Lhuys,  quali  ho  avulo  1'  onore  di 


520  IE  NUOVE  FASI 

comunicargliele.  Ma  io  non  le  credo  tali  da  affievolire  do  clie  ho  co- 
scienziosamente  esposto  nel  mio  rapporto ,  che  mantengo  nclla  sua 
integrita  1.  » 

Questa  sola  conclusione  basterebbe  per  geltare  a  terra  tulte  le  in- 
terpretazioni  proposte  dal  signor  Drouyn  de  Lhuys  pel  traltato  del 
15  Settembre.  Ma  a  dileguare  meglio  le  ombre  cbe  il  Nigra ,  atlesa 
la  sua  condizione  ,  non  aveva  potuto  evitare ,  viene  in  aiuto  1' altro 
Dispaccio  del  Generate  La  Marmora,  spedito  a  Parigi  il  7  Novembre. 
Noi  ne  noteremo  i  punti  piu  capitali.  In  esso  e  ripetulo  che  la  Con- 
venzione  del  15  Settembre  esclude  in  qualunque  ipotesi  1'intervento 
francese,  come  di  qualunque  altra  Potenza,  in  difesa  del  Papa,  e  se 
ne  appella  a  cio  che  lo  stesso  signor  Drouyn  de  Lhuys  aveva  detlo 
nel  suo  Dispaccio  al  signor  de  Sartiges ,  cice  che  motive  di  cletta 
Convenzione  era  slato  il  far  cessare  1'occupazione  armata  di  Roma  , 
come  contraria  al  dirilto  pubblico  abbracciato  dalla  Francia.  Poslo 
un  tal  fondamenlo  il  Presidente  del  Minislero  torinese  rigetla  in  glo- 
bo  tulle  le  interpretazioni  che  si  volessero  dare  alle  singole  clausole 
del  traltalo ,  non  ammetlendo  che  il  nudo  e  semplice  testo  letterale. 
«  Questo  alto ,  egli  dice,  si  fonda  sul  principio  del  non  intervento, 
principio  fondamentale  della  politica  dei  due  Governi,  e  che  il  signor 
Drouyn  de  Lhuys  ha  invocato  opportunissimamente  nel  suo  nolevole 
Dispaccio,  da  lui  indirizzato  il  12  Setterabre  scorso  al  rappresentante 
della  Francia  in  Roma.  II  Governo  del  Re  vielandosi  ogni  interpre- 
tazione  che  non  corrisponda  appieno  al  senso  nalurale  del  testo  del 
trattato  ( giacche  una  interpretazione  di  tal  falia  non  puo  essere  per- 
messa  a  niuna  delie  due  parti  contraenti) ,  si  crede  in  dovere  di  ri- 
servare  assolutamente  qualunque  altra  quistione  che  non  sia  la  fedele 
osservanza  degli  accordi  stipolati. »  Qui ,  come  e  chiaro  da  se ,  si 
dice  in  buon  latino  al  signor  Drouyn  de  Lhuys,  che  tutte  le  sue  defi- 
nizioni  e  dichiarazioni  non  vengono  ammesse  dalla  controparte  e 
pero  reslano  senza  valore.  Se  gli  fa  poi  sen  tire  in  termini  assai 
espressivi  che  non  si  tolga  la  briga  di  schiarimenti  ulteriori ,  giac- 

1  Dispaccio  del  Gav.  Nigra  a  Sua  Eccelleaza  il  Gen.  La  Marmora,  Mini- 
stro  degli  affari  esteri,  30  Ottobre  1864. 


BELLA  CONVENZIONE  FRANCO -ITALIANA  1)21 

che  il  Govcrnc  di  Torino  non  vuol  saperne ,  con  ten  to  dclle  ambigue 
forme  del  trallato,  cui  esso  ha  acceltalo  perche  «  vantaggioso  all'  1- 
talia.  »  E  affiuche  non  resti  dubbio  del  senso  in  cbe  il  tratlato  si 
crede  vantaggioso  all'  Italia ,  il  La  Marmora  aggiunge  che  «  T  Italia 
ha  una  fede  intera  nell'  azione  della  civil  ItSt  e  del  progresso ,  la  cui 
sola  polenza  bastcra  per  effettuare  le  sue  aspirazioni. »  Con  che  ri- 
conferma  il  proposito  che  ha  il  Governo  di  Torino  d' impossessarsi 
finalmente  di  Roma,  onde  che  sia.  Di  piu  egli  nega  al  signer  Drouya 
de  Lhuys  il  diritto  di  defmire  cotesle  aspirazioni.  « II  signor  Drouya 
de  Lhuys  ha  preleso  definirle  e  precisarle  nel  Dispaccio  surriferito. 
II  Governo  del  Re  si  vede  con  dispiacere  nell'  impossibility  di  tener 
dielro  su  questo  terreno  al  Miriistro  imperiale  degli  affari  esleri.  Le 
aspirazioni  di  un  paese  sono  un  fatlo  che  appartiene  alia  coscienza 
nazionale ,  e  che  non  puo  ,  a  nostro  credere ,  divenire  per  nessun 
motivo  il  soggetto  di  una  controversia  tra  due  Govern! ,  qualunque 
sieno  i  legami  che  gli  uniscono. »  Ouanto  poi  al  trasferimento  della 
Capitale  dichiara  che  essa  sara  eseguita  al  presente,  ma  senza  nes- 
suno  impegno  per  1'  a\  venire.  «  Salva  la  deliberazione  del  Parla- 
mento,  in  pochi  mesi  Firenze  sara  la  Capitale  d'  Italia.  Go  che  polra 
poi  succedere  piu  tardi ,  in  seguito  di  eventualita  che  appartengono 
all'  avvenire ,  non  puo  essere  per  ora  argomento  di  preoccupazione 
dei  due  Governi.  II  signor  Drouyn  de  Lhuys  ha  dello  con  ragione  : 
Spelta  agli  avvenimcnti  di  slabilire  questo  problema. » In  fine  quan- 
to  al  caso  di  unainsurrezioneinRoma,  riserva  all'Italia  ogniliberla 
di  operare.  «  Mi  rimane  a  far  menzione ,  signor  Minislro ,  poiche 
S.  E.  il  signor  Drouyn  de  Lhuys  ne  ha  presa  I'iniziativa,  dell'even- 
tualit5.  di  una  rivoluzione  che  avesse  a  scoppiare  spontaneamente  in 
Roma,  e  della  caduta  del  potere  temporale  del  Santo  Padre.  II  Mini- 
stro  imperiale  degli  affari  esleri  riserva  in  questo  caso  intiera  liberla 
d'  azione  per  la  Francia;  1'  Italia,  dal  suo  lato,  fa,  come  di  ragione, 
la  medesima  riserva.  » 

II  luono  di  questo  Dispaccio ,  e  abbastanza  altero  ed  incisivo , 
nienle  meno  di  quello  che  era  slato  il  Dispaccio  del  Minislro  france- 
se.  !N7e  si  saprebbe  agevolmente  spiegare ,  se  non  si  ricordassero  le 
commedie  che  precedellero  e  seguirono  1'  assassinio  di  Caslel  Fi- 


LE  NUOVE  FASI 

dardo.  Ma  per  restringerci  al  nostro  lema ,  il  contenuto  di  esso  Di- 
spaccio  puo  ridursi  alle  cose  seguenti.  Scopo  prossimo  del  trattato  & 
il  ritiro  delle  truppe  franeesi  da  Roma,  in  \1rtu  del  principio  di  non 
intervento.  Scopo  ultimo  e  il  possesso  di  Roma  in  \irtu  dei  mezzi 
che  somministrera  la  ci villa  ed  il  progresso.  Inl6rno  a  questi  mezzi 
non  si  ammelte  veruna  interpretazione  fatta  o  da  farsi  dal  Governo 
francese.  Oltre  a  cio ,  1'  Italia  si  riserva  il  diritlo  d'  impadronirsi , 
anche  armata  mano ,  di  Roma ,  nel  caso  che  vi  scoppiasse  qualche 
rivoluzione.  In  somma  si  dice  alia  Francia:  Ritirati  da  Roma,  questo 
unicamente  c'  importa ;  quanto  al  resto  lascia  fare  a  noi ,  a'  quail 
unicamenle  ne  spetta  il  giudizio. 

III. 

Apparenza  che  il  trattato  presenta  sotto  I'  illuslrazione 
del  Parlamento  torinese. 

II  sig.  Drouyn  de  Lhuys  quasi  presenlendo  le  risposte  poco  gra- 
devoli  del  Gabinetlo  di  Torino  ,  invoca  da  ultimo  la  luce  del  Parla- 
mento: « Auguiiamo  vivamente  che  la  luce  si  faccia  in  questa  oscu- 
rila  nella  discussione  che  si  aprira  in  seno  al  Parlamento  d'  Italia.  » 
Ci  convien  dunque  vedere  da  ultimo  che  aspetlo  prende  il  trattato 
solto  quest'  ailra  illummazione.  Da  Ire  fonti  essa  procede :  dalla  Re- 
lazione  della  Commissione ;  dai  sensi  della  maggioranza  parlamen- 
lare,  dagli  schiarimenti  dei  Ministri. 

La  Relazione  stabilisce  questo  principio  ,  che  1'antico  programma 
d'  Italia  (  cioe  d'a\7ere  Roma  per  Capitale)  non  puo  derogarsi.  «  La 
\:ostra  Commissione  intraprese  1'  esame  del  trattalo ,  risoluta  di  res- 
pingerlo  senza  la  menoma  esilazione,  quando  vi  avesse  riconosciuto 
una  offesa  ai  sentimenti  della  nazione  o  una  variazione  qualunque  ai 
programma  che  il  Re ,  il  Parlamento,  il  paese ,  sono  lutti  d'  aceordo 
a  voler  mantenere  inlatto;  risolula  del  pari  a  raccomandarlo  alia  vo- 
stra  approvazione,  quando  senza  offesa  di  queste  basi  inallerabili  e 
indiscutibili  apparisse  accetlabile  e  commendabile  sotlo  altri  aspetli. 
Ora  noi  siamo  lieti  di  dirvi  i  motivi,  pei  quali  siamo  venuti  in  que- 


BELLA  CONYENZIONE  FRANCO-ITALIANA  523 

sla  seconda  scntenza.  »  Venendo  poi  all'csposizionc  di  quesli  molivi, 
alTcrma  clie  il  trattato  non  inchiude  nessuna  rinunzia  a  Roma.  «  No; 
noi  non  rinunziarao  a  Roma,  nemmeno  rinunziamo  ad  andarvi  in  av- 
venire,  rinunziamo  semplicemenle  ad  andarvi  colla  forza.  »  II  che, 
la  Commissione  soggiunge ,  c  in  piena  conformila  coll'  ordine  del 
giorno  del  27  Marzo  1861.  Anzi  neppure  all'uso  della  forza  pel  con- 
seguimento  di  un  tanto  fine  si  rinunzia  in  modo  assoluto ;  giacche  in 
certi  casi  ( che  si  avra  cura  di  far  nascere )  essa  puo  benissimo  ado- 
perarsi.  «  Non  deve  sfuggire  ad  alcuno  che  se  colla  Convenzione  noi 
ci  siamo  impegnali  ad  osservare  e  rispellare  gli  obblighi,  che  il  di- 
ritto  delle  genii  impone  ad  ogni  Stato  verso  il  suo  vicino ;  nessuna 
specie  d'  impunita  venne  anticipatamenle  stipulata  a  favore  del  Go- 
yerno  romano,  pel  caso  che  esso  si  permettesse  di  disprezzare  o  vio- 
lare  questi  obblighi  medesimi.  »  La  favola  del  lupo  e  dell'agnello  in- 
segnera  loro  il  resto.  Quindi  la  Commissione  pensa  che  1'esecuzione 
del  trattatto  conferira  non  poco  all'  adempirnento  del  voto  nazionale. 
«  L'esecuzione  piena  e  leale  di  questo  trattato,  per  parte  di  amendue 
i  contraenli,  esercitera  un' influenza  decisiva  sul  compimento  e  sulla 
consolidazione  deH'umta  nazionale.  »  Ne  a  cio  osla  Telezione  di  Firen- 
ze  a  Capilale,  giacche  questa  non  e  che  provvisoria.  «Un  emenda- 
mento  proposto  in  alcuni  Uffizii  mirava  a  caratterizzare  piuvivamente 
la  nalura  provvisoria  della  misura ,  che  trasferisce  la  Capitale  a  Fi- 
renze.  Sebbenefquesto  desiderio  non  fosse  in  alcuna  contraddizione 
coi  concetti  fondamentali  della  Commissione  ,  nondimeno  dopo  ma- 
turo  esame  essa  si  decise  a  passare  oltre ,  convinta  che  il  carattere 
di  provvisorieta,  meglio  che  da  vane  parole,  si  chiariva  dai  fatti ,  e 
principalmente  dalla  preferenza  data  a  Firenze  sopra  Napoli,  e  dalla 
fermezza  con  cui  tutti  siamo  deliberati  a  mantenere  il  programma 
nazionale.  »  Questo  si  e  parlar  chiaro  e  senza  reticenze,  e  bastereb- 
be  per  se  solo  a  imporre  finalmente  silenzio  alle  ciance  del  Consti- 
tulionnel,  della  France,  ed  eziandio  del  Memorial  diplomatique,  se 
quesli  giornali  esprimessero  nella  presente  controversia  i  proprii 
convincimenli,  e  non  i  concetti  ad  essi  indellati  per  giltar  polvere 
agli  occhi.  Ma  vediamo  quali  sieno  i  sensi  della  maggioranza. 


324  LE  NUOVE  FASI 

I  sensi  della  maggioranza  del  Parlamento  lorinese  possono  ben 
rilevarsi  da  quelli  del  sig.  Boncompagni,  che  ne  e  riputato  capoccio  e 
portavoce.  Or  senza  perderci  in  prolisse  allegazioni  del  suo  lungo  ed 
aYviluppato  discorso,  citeremo  soltanto  qualche  tratto  che  accenna,  a 
chi  vuol  capire,  tutta  la  versipelleria  con  che  si  intende  e  si  accetla 
il  Irattato.  Egli  dice  che  sebbene  la  diplomazia  non  sia  tanto  trista 
quanto  alcuni  se  la  fmgono  ;  nondimeno  sa  a  tempo  e  luogo  menlire 
ed  ingannare,  allorche  le  bugie  e  1'  inganno  lornano  ulili.  «  lo  non 
Lego  grinfingimenli  della  Diploraazia ,  ma  non  bisogna  poi  iigu- 
rarsi  la  diplomazia  come  im  tiranno  da  teatro,  il  quale  fa  tutte  le  ini- 
quila  che  il  poeta  puo  immaginare.  La  Diplomazia  fara  delle  finzioni, 
dira  delle  bugie  qualche  volta  (ilarita],  ma  non  fa  al  certo  delle  fin- 
zioni inutili :  queste  cose  non  si  fauno  dagli  uomini  pratici ;  possono 
figurarsi  da  coloro  che  vanno  fantasticando  le  cose  di  queslo  mondo 
senza  conoscerle ,  ma  certo  in  tali  errori  gli  uomini  pratici  non  ca- 
dono.  »  Si  avverta  che  il  sig.  Boncompagni  si  e  mostrato  col  Gran 
Duca  di  Toscana  uomo  pralico  per  eccellenza.  Ouindi  soggiunge  che 
non  s'  impensieriscano  dei  Dispacci  e  delle  dichiarazioni  del  G over- 
no  francese  ;  giacche  quelli  sono  atli  diplomatic!  secondo  la  pratica 
da  lui  dianzi  defmita.  « Ilpartito  caltolico  ,  egli  dice,  ebbeuna  gran- 
de  disdetta  pel  tratlato  del  15  Setlembre,  ed  e  ben  nalurale  che  si 
inquieti,  die  si  arrovelli.  E  ben  naturale  che  il  Governo  per  acque- 
tarlo  adoperi  le  sue  arti,  che  s'  adoperi  a  tranquillare  le  inquieludini,' 
che  esso  potrebbe  concepire ,  e  che  per  lui  sono  pericolose.  »  Da 
ultimo  conchiude  che  dunque  abbiano  fede;  perocche  se  il  trattato 
non  consegna  loro  Roma  tra  due  anni ,  li  pone  in  grado  di  poterla 
conseguire  a  suo  tempo,  merce  Y  abilita  e  la  prudenza.  « II  trattato 
del  15  Settembre  e  dunque  per  me  unatto  di  grande  valore...  Non  e 
una  cambiale  esigibile  a  un  momento  dalo ,  non  e  una  cambiale  che 
ci  dica:  passati  questi  due  anni,  voi  andrete  a  Roma.  I  grandi  event! 
politic!  non  si  preparano  mai ,  o  Signori ;  il  traltato  ci  pone  in  una 
condizione  per  cui,  se  saremo  prudenti,  se  saremo  abili,  se  saremo 
forli,  diverranno  una  realta  le  nostre  aspirazioni  l.  » 

1  Alii  ufficiali  della  Camera,  Pag.  3732.  Tornata  del  9  iVovembre. 


BELLA  CONVENZIONE  FRANCO-ITALIANA  525 

II  sig.  Boncompagni  non  polea  lenere  un  discorso  piu  a  s6  appro- 
priate. Sopratlulto  quella  frase :  Se  saremo  abili  nella  sua  bocca  vale 
tant'  oro.  Ognun  ricorda  con  quanta  abilila  il  valente  diplomatico 
seppe  raggirare  il  Governo  del  Gran  Duca  di  Toscana,  presso  cui  era 
accredilato,  e  menare  le  arli  rivoluzionarie  si  bene,  cbe  riusci  alia 
celebre  annessione  di  quelle  province.  E  per  inlendere  meglio  que- 
sta  sua  abilila  ,  ne  troviamo  un  saggio  in  questo  suo  medesimo  dis- 
eorso  al  Parlamenlo,  nel  quale  Ira  le  altre  bellissime  cose  disse,  che 
si  puo  anche  concedere  la  frase  di  Capitale  definiliva  per  rispetto  a 
Firerize ,  giacche  1'  essere  defmitivo  s'  intende  in  questo  senso ,  in 
quanto  dura  finche  non  si  cambia.  Vedete  abilita  diplomatica ,  e 
quanto  (fee  contarsi  sulla  lealla  di  Governi ,  rappresentati  e  diretli 
da  si  falti  uomini  pratici!  Ecco  le  parole  dell'  illustre  uomo  di  Stalo: 
G  Ora  io  qui  mi  propongo  una  questione  che  ha  preoccupato  al- 
quanto  gli  animi.  Facciamo  noi  una  Capitale  provvisoria,  o  una 
Capitale  defmitiva?  Ebbene  io  diro  schiettamente  1'  animo  mio  :  io 
credo  che  facciamo  una  Capitale  definiliva  ( Mormwio  a  sinislra). 
Si ,  signori ,  credo  che  facciamo  una  capitale  defmitiva ,  e  credo 
che  di  questo  alto  non  debbono  adombrarsi  per  nulla  coloro  che 
sono  piu  tenaci  dell'  idea  che  la  vera  Capitale  dell'  Italia  sia  Roma. 
Infatti ,  quando  si  tratta  di  alii  di  Governo ,  di  decreti ,  di  leggi , 
qual  e  il  carallere  che  distingue  un  atto  defmitivo  da  un  allo  prov- 
Tisorio?  L'atlo  defmilivo  e  di  sua  natura  perpetuo,  e  questa  perpe- 
tuita  ha  luogo  ogni  volla  che  il  suo  effetto  non  sia  limitalo  ad  un 
tempo  espresso.  Ma,  Dio  mio,  la  perpetuila  delle  leggi  degli  uomi- 
ni e  ben  di  versa  dalla  perpetuit&  delle  leggi  di  Dio.  La  perpetuila 
delle  leggi  degli  uomiui  vuol  dire  che  quella  legge  e  perpetua  finche 
non  se  ne  faccia  un'  altra  ( Si  ride  a  sinislra ) ;  col  dare  alia  leg- 
ge, che  Irasferisce  la  Capitale  del  Governo,  il  carattere  di  defmilivo, 
r  Italia  non  loglie  a  se  slessa  la  facoM  di  trasferirla  un' altra  volla 
altrove  se  le  aggrada,  non  toglie  a  se  slessa  la  facoll&  di  trasferir- 
la a  Roma,  quando  Roma  venga  a  far  parle  del  regno,  non  rinnega 
il  voto  che  proclama,  la  Capilale  dover  essere  quella  1.  » 

1  Luogo  citato. 


IE  NUOYE  FAST 

Infine,  quanto  ai  Ministri,  il  signer  Lanza  disse  nella  Camera,  che 
colla  Convenzione  si  riconobbe  uno  Stato  di  cose  esistenti ,  ma  noa 
si  &  rinunziato  ne  s'  intende  di  rinunziare  ad  alcuna  opportunila  favo- 
revole  per  compiere  1'unita  nazionale.  E  il  signor  Yisconti-Yenosta, 
sotto  cui  si  fece  il  trattato,  parlando  del  trasferimento  della  Capitale, 
disse  :  «  Credemmo  il  trasferimento  utile  anche  per  esercitare  mag- 
giore  influenza  sull'  Italia  ed  in  Roma.  Considerammo  1'  utilita,  del 
trasferimento  in  so  stessa ,  e  ne  cavammo  un  argomento  favorevole 
per  andare  a  Roma.  »  Ouindi  1'impegno  pel  ritiro  delle  armi  france- 
si ;  giacche  lo  stesso  Venosta  affermo :  «  L'occupazione  francese  im- 
pedisce  lo  sviluppo  delle  forze  morali  cbe  ci  siamo  riservate.  »  Ma 
la  palma  in  questo  genere  e  dovuta  al  sig.  La  Marmora, "capo  del 
presenle  Gabinetto,  il  quale,  nella  lornata  de'15  Novembre,  per  quie- 
tare  le  apprensioni  di  alcuni  Depuiati,  intorno  alia  riserva  di  libertci 
d'  azione,  fatla  dal  sig.  Drouyn  de  Lbuys  pel  caso  d'  una  rivoluzio- 
ne  in  Roma,  li  assicura  che  tal  riserva  non  riguarda  che  1'assesta- 
mento  del  solo  potere  spirituale.  «  E  deito  (cosi  il  telegrafo  ci  tras- 
metteva  le  sue  parole )  che  la  Convenzione  lascia  liberla  di  azione 
alia  Francia,  nel  caso  (che  egli  per  altro  dichiara  immancabile)  che 
fosse  riconosciuta  1' impossibility  del  potere  lemporale. . .  La  liberla 
d'  azione  e  che  la  Francia  traltera  coll'  Italia  per  determinare  tali 
condizioni  di  liberta  d'  indipendenza ,  che  baslino  al  Pontefice  per 
I'  esercizio  del  potere  spirituale  1 .  » 

Dalla  luce  che  tutte  queste  dichiarazioni  spargono  sul  trallato,  es- 
so  evidentemente  apparisce  come  un  abbandono  che  la  Francia  fa  del 
Papato,  dopo  averlo  lasciato  ridurre  ai  termini  in  che  presentemenle 
si  trova;  anzi  apparisce  come  una  consegna  morale,  che  se  ne  fa  in 
mano  della  rivoluzione,  non  potendo  farsene  una  consegna  materiale, 
per  salvare  le  apparenze  presso  i  Cattolici.  II  trasferimento  poi  della 
Capitale  riesce  ad  essere  una  vera  lappa  verso  Roma ;  che  facililan- 

1  Nel  mandare  in  torchio  questo  foglio  vediamo  nei  giornali  atlribuito 
non  al  La  Marmora,  come  faceva  il  telegrofo  di  ieri ,  ma  al  Lanza  il  sopral- 
legato  discorso.  Ma  sia  1'uno,  sia  1'altro,  e  sempre  farina  dello  stesso  sacco. 
Ambidue  sono  presentemente  Ministri,  ed  hanno  in  questa  faccenda  la  me- 
desima  auiorita. 


BELLA  CONVENZIONE  FRANCO- ITALIANA 

do  1'uso  del  mezzi  moral! ,  intesi  dal  Piemonle,  ne  affrcltera  il  pos- 
sesso.  Questo  almeno  e  cio  cbe  risulta  dalla  illuslrazionc  faita  del 
trattato  dal  Governo  di  Torino  per  mezzo  di  tulli  gli  organi  cornpe- 
tenti  ad  esprimerne  i  sensi. 

IV. 

Ultimo  risultamento. 

Osservano  gli  Ottici  nel  fenomeno ,  ch'  essi  chiamano  d'  interfe- 
renza,  die  se  due  fascetli  di  luce  cadono  sopra  un  medesimo  punto 
in  guisa  che  le  particelle  luminose  si  muovano  in  senso  opposlo ,  in 
cambio  di  chiarezza  vien  prodolta  oscurita.  Questo  si  verifica  appun- 
tino  nel  caso  presence  del  famoso  trattato,  sottoposto  alia  duplice  illu- 
strazione,  francese  e  piemonlese.  L'effelto  ultimo  e  lenebrc,  e  tene- 
bre  piu  dense  di  prima.  Onde  chi  volesse  defmire  quella  Coaven- 
zione ,  non  potrebbe  dirla  meglio ,  che  Negotium  perambulans  in 
tenebris.  Nelle  tenebre  fu  concepila,  e  nelle  tenebre  convien  che 
proceda.  Esso  e  un  affare  essenzialmente  tenebroso :  volerlo  chia- 
rire  e  un  perdere  il  tempo  e  la  fatica.  I  suoi  aulori  medesimi  par 
che  godano  di  queste  teuebre ;  se  e  vero  cio  che  i  giornali  riferi- 
scono  dell'  effetto  cagionato  dagli  ultimi  Dispacci.  Si  e  proclamato 
che  i  due  Governi  avevano  in  virtu  di  essi  riconosciuto  di  essere 
perfetlamente  d'accordo.  Vedele  progresso  di  Diplomazia !  Masegli 
uomini ,  volendo  recar  luce  producono  tenebre ,  Iddio  per  contrario 
facit  de  tenebris  lucem  splendescere.  Chi  sa  cbe  questo  trattalo,  da 
cui  i  nemici  di  Bio  sperano  la  rovina  del  Papalo ;  non  sia  quello 
appunto ,  da  cui  Iddio  togliera  occasione  per  la  rovina  dell'  opera 
della  rivoluzione  e  de'  suoi  padri  e  padroni?  Si  ricordi  la  storia;  e 
piu  si  ricordi  la  sentenza  dell'  Ecclesiaste :  Quid  est  quod  full  ?  Ipsum 
quod  futurum  est  1.  II  Cavour  annunzio  festoso  alia  Camera  che  tra 
sei  mesi  si  troverebbe  a  Roma,  e  al  fine  de'sei  mesi  egli  era  nella 
tomba. 

1  Eccles.  I,  9. 


ON  0  RIO   I.    ;'*«g 

SECONDO   IL  DOLLINGER1 


VIII. 


Con  quanta  mesattezza  il  Ddllinger  tralli  yli  argomenii  estrinseci, 
favorevolialla  ortodossia  di  Papa  Onorio. 

Discussi  gli  argomenii  inlrinseci,  donde  sorse  folgoreggiante  di 
pura  luce  la  ortodossia  di  Onorio,  facciamoci  agli  estrinseci.  Molte 
autorila,  e  tulle  di  conto,  s'inconlrano  in  favore  della  medesima. 
Ogni  ragion  volea,  die  il  Dollinger,  espostele  fedelmente ,  le  venti- 
lasse  quindi  a  suo  grado.  Tanlo  noi  aspettavamo.  Ma  quale  non  fu  il 
noslro  slupore,  quando  vedemmo  invece,  che  ei  o  le  invilisce,  o  le 
dispetla  ,  o  ne  dissimula  il  merilo  ed  il  valore?  Eppure  lant'  e,  es- 
sendo  pronto  il  fatto  in  prova  di  si  grave  censura. 

Appena  corse  voce  in  Roma ,  die  il  Patriarca  Pirro  invocava  in 
una  sua  leltera,  mandata  altorno,  la  testimonianza  di  Onorio  in  con- 
ferma  della  eresia;  eccovi  il  Papa  Giovanni  IV  contrapporgli  di  pre- 
sente  una  ben  intesa  e  ragionata  Apologia  del  Ponlefice  citato.  Ma 
che  e  ella  mai  agli  occhi  del  Dollinger  ?  Non  altro  che  meschinissi- 
ma  cosa.  Secondo  lui ,  Papa  Giovanni  IV  «  opino  che  il  suo  prede- 


Vedi  queslo  volume  pagg.  146  e  segj 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  529 

cessore  avesse  soltanto  rigettato  la  erronea  sentenza  delle  due  vo- 
lonla  conlraddicenlisi,  come  se  anche  Crislo  avesse  avuto  una  volonla 
infclla  dalla  colpa.  »  Or  in  quesla  opinione  egli  vede  cbiaro  e  lam- 
pante  lo  sconcio  di  un  enimma  che.  la  rende  improbabile ;  giacche 
«  rimane  inesplicato  in  essa ,  come  mai  Onorio ,  cbe  cerlamente 
non  la  senliva  coi  monofisiti ,  potesse  lasciarsi  muovere  da  una  sol- 
lecitudine  cosi  priva  di  fondamento  1.  »  Non  valendo  certo  la  spesa 
di  una  dicbiarazione  1'  errore  sopra  indicate . 

Cosi  pensa  il  Dollinger.  Ma  pensa  egli  giusto?  Tult'altro.  II  Papa 
Giovanni  IV,  noi  domandiamo,  ha  egli  semplicemente  esposlo  o  ma- 
nifeslalo  cotale  sua  opinione ,  oppure  1'  ha  confermala  con  irrepu- 
gnabili  argomenti ,  esprimendo  il  suo  inlimo  convincimento?  Allro 
e  il  dire  :  penso  o  giudico ,  che  Onorio  nel  tale  passo  della  sua  let- 
tera  abbia  inteso  di  confutare  il  tale  errore,  ed  allro  il  sostenere  con 
pruove  irrefragabili  alia  mano ,  cbe  cosi  deve  intendersi  lo  scritlo 
di  Onorio  e  non  altrimenti.  11  ch.  Doltore  si  sbriga  giltandovi  in- 
nanzi  un  opin6  o  giudico  (meinte}  indeterminato  e  passa  oltre.  Leg- 
gete  r Apologia  anzidetta ,  e  tosto  \i  avveduete  che  Papa  Giovanni 
non  opiqa  o  giudica  in  qualunque  modo ,  ma  affermata  recisamenle 
la  orlodossia  di  Onorio,  ve  la  prova  eziandio  svolgendo  per  ogni  ver- 
so il  tratto  della  lettera,  accusato  di  monotelismo,  e  facendovi  toccar 
con  mano,  non  altro  contenervisi  che  una  confutazione  della  sentenza 
eretica,  la  quale  asseriva  in  Crislo  la  lolta  di  due  volonla,  ossia 
della  carne  e  dello  spirito.  Ne  solo  vi  dimostra  queslo  fallo  dallo 
scritto  di  Onorio ,  ma  eziandio  ve  lo  attesla  nel  modo  piu  esplicito. 
Giaccbe  nel  proemio  della  sua  dimostrazione ,  afferma  con  tulta  as- 
severanza  all'  Imperatore,  a  cui  scrivea  1'  Apologia,  di  riferirne  il 
procedimento  colla  piu  scrupolosa,  verita,  siibtilissima  veritate , 
essendo  in  caso  di  conoscerne  il  nelto,  come  di  cosa  accaduta  pochi 

1  Papst  Mann  IV  (640-42)  meinte  in  seiner  Schutzschrift:  sein  Vorgan- 
ger  hale  nur  den  Wahn  von  zwel  sich  widersprechenden  Willen,  als  ob  ?i«?«- 
lich  Christus  auch  einen  von  der  Sunde  inficirten  Willen  gehabt  hatte,  verwor- 
fen...  bleibt  es  rathselhaft,  wie  einMann,  der  dock  sicher  nicht  monophysilisch 
gesinnt  war,  sich  durch  eine  so  grundlose  Besorgniss  bestimmen  lassen  konnle. 
Pag.  134. 

Serie  7,  vol.  XII,  fasc.  333.  34  18  Norembre  1864. 


530  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

anni  innanzi  t.  Adunque  Papa  Giovanni  in  pro  cli  Onorio  vi  por- 
ge  due  validi  argomenti ;  Y  uno  intrinseco ,  ricavandolo  dal  pro- 
cesso  dello  scritto,  1'altro  morale,  obbligandovi  la  propria  one- 
sla  sopra  la  cerlezza  di  cio  die  yi  afferma.  Di  qui  tre  conseguen- 
ze  assai  gravi :  la  prima,  che  1'autorila  di  Papa  Giovanni  e  da  tenersi 
in  grandissimo  conto,siccome  basata  sopra  solido  fondamento :  la 
seconda,  che  1'invilirla  ed  il  negarle  fede  non  solo  importa  sprezzare 
a  capriccio  la  conchiusione ,  che  il  detto  Papa  inferisce  per  forza  di 
raziocinio ,  ma  ancora  equivale  ad  un  gillargli  in  vollo  la  taccia  di 
falso  relatore:  la  terza,  che  1'  argomento,  con  che  il  Dollinger  vuole 
infermare  cotanta  aulorita  non  prova  nulla ,  ragionando  egli  in  sen- 
tenza  cosi :  La  sollecitudine  che ,  secondo  Papa  Giovanni ,  presesi 
Onorio  di  confutare  la  erronea  opinione  delle  due  volonla  contraddi- 
cenlisi  in  Crislo,  e  priva  di  fondamento,  stante  la  Mvolezza  di  lale 
opinione  ;  dunque  Oaorio  non  intese  punto  a  confutarla.  II  ch.  Dot- 
tore  dovetle,  quando  lo  scrivea,  obliare  il  nolo  adagio  de'  loici  che 
contra  factum  non  valet  argumentum.  Sicche  alia  infedella,  usata  nel 
rappreseatare  debitamente  1'  autorila  di  Papa  Giovanni,  vuolsi  anco- 
ra aggiungere  la  sconvenienza  di  im  argomento  che  non  prova. 

A  Papa  Giovanni  viene  appresso  il  marllre  S.  Massimo.  Se  voi 
badate  al  Dollinger,  la  difesa  che  fece  di  Onorio  questo  Santo,  som- 
nio  per  virtu  e  sapere,  e  cosa  piu  tapina  e  meno  probabile  di  cio  che 
scrisse  Papa  Giovanni  IV.  «  S.  Massimo,  egli  scrive,  sopra  1'asserzio- 
ne  del  Segretario  di  Onorio,  giudica  che  questo  Pontefice  ha  soltanto 
inteso  di  opporsi  aH'acceltazione  di  due  volonta  umane,  conlraddicen- 
tisi  in  Cristo  ».  Se  lo  richiedete  del  perche  debbasi  stimare  per  poco 
di  niun  valore  questa  asserzione,  egli  ve  lo  da  in  queste  precise  paro- 
le: «  A  colale  assurdita  il  Papa  non  avea  evidenteniente  pensato  2  ». 

1  Igitur  ut  vestra  benignitas  canssam  totam  rei  discere  possit ,  subtilissi- 
ma  veritate,  quae  ante  brevis  inter capedinem  temporis  gesta  sunt ,  enarrabo. 
MANSI,  T.  X,  col.  683. 

2  Die  Entschuldiguny  welche  Maximus  mit  Berufung  auf  die  Aussage  des 
papstlichen  Sekrellirs  fur  Ilonorius  vorbrachle ,  war  noch  gezwungener  und 
unhaltbarer:  Eonorius,  meinte  ery  habe  sich  nur  gegen  die  Annahme  zweier 
menschlichen  sich  wider sprechenden   Willen  wehren  wollen.  An  eine  solche 
Absurditat  hatte  der  Papst  augenscheinlich  nicht  gedacht.  Pag.  134. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLL1NGER  531 

Che  vi  pare  di  questa  maniera  di  argomentare:  L'  accellazione  dellc 
due  volonta-  conlrarie  in  Crislo  e  un'  assurdild,,  dunque  5  evidente  che 
ad  Onorio  nemmanco  venne  in  capo  1'  idea  del  combalterla?  Non  po- 
tremo  noi  provare  al  Dollinger  con  somraa  facility  che  ne  S.  Leone 
confuto  gli  errori  di  Euliche,  ne  S.  Agostino  quelli  do' Manichei, 
esemplando  il  seguente  discorso  dal  suo?  Come  volete,  che  sia  ve- 
nuto  in  capo  ad  un  S.  Leone  e  ad  un  S.  Agostino  di  combaltere  le 
stolide  ed  assurde  dottrine  di  Eutiche  e  di  Manele?  Se  dall'assurdit^ 
della  doltrina  egli  conchiude  la  evidente  improbability  della  confuta- 
zione  per  parte  di  Onorio,  perche  non  vorra  consenlirci  a  noi  altret- 
tanto  pcrcio  che  spelta  a  S.  Leone  ed  a  S.  Agoslino? 

II  Dollinger  cita  come  argomento  di  S.  Massimo  soltanto  la  testi- 
monianza  arrecata.  E  perche  non  parla  del  Tomo  dommalico  indi- 
rizzato  al  prete  Marino,  dove  il  Santo  con  gagliardi  argomenti  libera 
da  ogni  taccia  di  monolelismo  Onorio  e  conlui  S.  Anastasio  Sinaita  e 
S.  Gregorio  il  Teologo ,  cilati  del  pari  in  loro  pro  dai  monotelili, 
dove  paragona  i  concetli  del  medesimo  Onorio  con  quelli  di  S.  Ata- 
nasio  e  li  dimoslra  concordi?  Perche  non  fa  mollo  della  leltera  scrit- 
ta  aPielro  illustre,  nella  quale  lo  stesso  Santo,  chiamali  solenni  men- 
titori  quelli  che  invocavano  a  favore  della  eresia  la  sentcnza  della 
Sede  apostolica,  afferma  che  Papa  Onorio  si  adopero  per  ritrarre 
dall'errore  del  monolelismo  i  prelati  caduti  in  esso  1?  Eppure  quest! 
document!,  nel  bilanciare  il  pro  edil  contro  nella  presente  quistione, 
sono  di  un'autorila  gravissima,  merce  il  doppio  argomento  che  essi  ci 
porgono  al  pari  dell'Apologia,  in  favore  di  Onorio  :  1'uno  intrinseco, 
opera  di  una  discussione  accurala,  profonda;  1'altro  morale  nell'  ac- 
cusa  di  menzogna,  lanciata  contro  chi  traeva  a  senso  monotelilico  la 
lettera  di  Onorio,  onde  rimane  impegnata  la  veracita  del  S.  Martire. 

1  De  quibus  omnibus  miseri  nee  sensus  apostolicae  facli  sunt  Sedis,  et 
quod  est  risu,  imo,  ut  magis  proprie  dicamu$,  lamento  dignissimum,  utpote 
illorum  demonstralivum  audaciae,  nee  adversus  ipsam  apostolicam  Sedcm 
menliri  temere pigritati  sunt:  sed  quasi  illius  effecti  consilii  et  veluti  quo- 
dam  ab  ea  rccepto  decreto,  in  suis  contextis  pro  impia  ccthesi  actionibus  se- 
cum  magnum  Honorium  accepcrunt,  suae  praesumplionis  ostentationcm  ad 
alios  fadentes  viri  in  causa  pietatis  maximam  eminentiam.  In  Colleclaneis 
Anastasii  Bibl.  ad  Pet-rum  illustrem. 


532  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

II  Dollinger  invece ,  non  curandoli  pun  to ,  cita  la  sola  asserzione 
del  Segretario  di  Onorio  a  cui  appella  S.  Massimo,  e  cio  per  rigettar- 
la  sdegQosamente  quale  quisquiglia  di  teslimonianza.  II  essa  poi  di 
prezzo  si  vile?  Giudichino  i  nostri  lettori.  Ecco  i  termini,  in  cui  e 
proposta :  Cum  Sergius  scripsisset,  quod  quidam  duas  voluntates  in 
Chrislo  conlrarias  dicerent,  diximus,  Christum,  non  duas  contrarias 
voluntates  habuisse ,  carnis  scilicet  el  spiritus,  sicut  nos  habemus 
post  peccatum,  sed  unam  tanlum,  quae  naturaliter  eius  humanitatem 
signabat  1.  Ouesto  e  unlinguaggio  esplicito,  reciso,  chetoglie  ogni 
dubbiczza.  Oride  cbi  afferma  essere  il  falto  corso  altrimenti,  e  forza 
che  sostenga  Y  una  delle  due,  o  che  il  Segretario  fosse  di  grosso  in- 
gegno,  intantoche  abbia  capito  il  suo  scritto  a  rovescio,  o  che,  menti- 
tore  ribaldo,  abbia  scientemenle  ingannali  Papa  Giovanni  IV  in  cui 
nome  deponea  la  citata  asserzione,  Y  tmperatore  Costanlino  a  cui  la 
indirizzava  ,  la  intera  cristianila  nella  quale  dovea  divulgarsi.  Ma 
conlro  il  primo  supposto  sta  la  fama  di  grande  maestro  in  divinila , 
che  egli  avea  acquistato  in  tulto  1'  Occidente  colle  sue  scrillure ,  e 
contro  il  secondo  la  santissima  vita,  che  egli  menava  solto  gli  occhi 
di  UiUaRoma;  dacche  egli  e  il  religiosissimo  abbate  Giovanni,  di  cui 
abbiamo  parlalo  nel  paragrafo  secondo  2.  Di  che  per  qualunque  capo 
11  Dollinger  voglia  intaccare  con  nota  di  falsila  1'  asserzione  di  tal 
Segretario  ,  non  potra  farlo  scnza  urtare  nell'  improbabile.  Eccovi 
quindi  san  Massimo  ristoralo  della  ingiuria  faltagli,  dicendosi ,  che 
egli  avea  arrecato  una  lestimonianza  appoggiata  sopra  Y  assurdita, 
e  la  sua  difesa  di  Onorio  rafforzata  non  meno  dai  document!  taciuti 
dal  Dollinger,  che  dali'autorila  del  Segrelario  pontificio,  dal  ch.  Dot- 
tore  indegnamente  invilita  ,  dovendo  egli  sapere  ,  che  al  Patriarca 
Pirro,  propagalore  della  torta  interpretazione  della  lettera  di  Onorio, 
baslo  il  sentirsi  allegare  da  san  Massimo  1* asserzione  di  queslo  uomo, 
perchetoslo  si  ricredesse  della  sua  falsa  opini  one  sul  conto  di  Onorio. 

1  S.  MAXIMUS,  Disputatio  cum  Pyrrho. 

2  Quis  fide  dignus  isliusmodi  epistolae  (Ilonorii]  interpres ,  is  qui  earn  ex 
persona  JHonorUscripsitj  cum  et  adhuc  vitae  supcrstes  sitfac  qui  cum  aliis  suis 
virtutibus,  pictalis  dogmalibus  omnem  Occidentem  illustrat;  an  ii  qui  Con- 
stantinopoli  loquunlur  quod  in  mentem  venit?  Idem  ibid. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  533 

Chi  dissimula  ed  invilisce  testimonialize  cosi  splendide  e  cosi  au- 
torevoli,  pcnsate  se  cura  le  implicate  o  quelle  cbesi  banno  per  dedu- 
zione.  Una  di  questo  genere  ci  e  porta  dalle  parole  adoperale  da 
S.  Sofronio  nell'atto  di  spedire  Stefano,  Vescovo  Dorense,  a  Roma,  per 
affrettarvi  la  condanna  di  Sergio  e  degli  altri  erelici  monoteliti.  Hi 
ambedue  sopra  il  Calvario  ,  Sofronio  addita  a  Slefano  il  luogo  dove 
Cristo  avea  dato  la  vita  in  croce  per  le  anime  nostre.  «Tu,  gli  dice, 
renderai  conto  a  quel  Dio  che  si  lascio  crucifiggere  per  amor  nostro, 
se  differirai  di  portare  soccorso  alia  fede  pericolante.  Parti  il  piu  to- 
sto;  ne  ti  fermare  infino  a  che  non  giungi  ad  apostolicam  Sedem , 
uli  orthodoxorum  dogmalwn  fundamenla  existunt :  quivi  non  ti  dare 
ne  posa  ne  requie,  fintantoche  non  si  venga  ad  un  giudizio  defmiti- 
vo,  e  secondo  le  regole  del  sacri  canoui  non  si  dislruggano  intera- 
menle  i  nuovidommi  1.  »  Fin  qui  Sofronio.  Da  lali  concetti  spuntano 
due  argomenti.  Sofronio,  lultoche  conoscesse  le  letlere  di  Onorio, 
nienledimeno  dichiara  la  Sede  aposlolica  fondamenlo  del  dommi  or- 
lodossi :  dunque  non  vide  nolle  lettere  citate  alcuna  senlenza ,  che 
sana  non  fosse.  Ordina  a  Stefano  di  adoperare  i  piu  caldi  uffizii , 
affinche  dalla  Sede  apostolica  si  pronunziasse  un  giudizio  definitive 
circa  1'  errore  sorto  di  fresco :  dunque  tenea,  che  da  Onorio  non  si 
fosse  profferila  alcuna  decisione  intorno  al  medesimo.  Non  occorre 
di  piu :  stando  alia  testimonianza  di  S.  Sofronio ,  Onorio  ne  ap- 
provo  ,  ne  bandi  comechessia  Y  errore  nelle  sue  lettere.  Benche,  a 
dir  il  vero,  tale  testimonianza  non  e  del  solo  Sofronio.  Ad  essa  con- 
viene  aggiungere  ancora  quelle  dei  Yescovi  di  Paleslina,  di  quattro 

1  Tu  dabis  ralionem  ipsl,  qui  propter  nos  secundum  carnem  'In  hoc  sancto 
loco  sponte  crucifixus  est  Deus ,  quando  cum  gloria  in  terribili  eius  adventu 
iudicaturus  est  vivos  et  morluos  si  disluleris  et  postposueris  fidem  ems  peri- 

clitanlem, Quantocyus  ergo  de  finibus  lerrae  ad  lerminos  eius  deam- 

bula,  donee  ad  apostolicam  Sedem,  ubi  orthodoxorum  dogmatum  fundamenta 
existunt,  pervenias,  non  scmel,  non  bis,  sed  multo  saepius  aperiens  sacris  ibi- 
dem conslstentibus ,  omnia  secundum  veritatem,  quae  inistis  partibus  mota 
sunt  et  non  quiescas  instantius  expetcns,  atque  exorans  eos,  donee  ex  aposto- 
lica prudentia,  quae  in  Deo  est,  ad  vlctoriam  iudicium  perducere  debeant,  et 
noviler  introductorum  dogmatum  perfectam  faciant  secundum  canones  de- 
structionem.  MANSI,  T.  X,  col.  895. 


534  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

province  ecclesiasiicbe  dell'  Africa,  di  Cipri  e  di  altri  paesi.  Daccbe 
nelle  loro  leltere,  inviate  ai  Papi  S.  Teodoro  e  S.  Marlino,  s'incontra 
il  medesimo  ossequio  verso  la  S.  Sede  e  la  medesima  domanda  di 
una  defmizione:  donde  la  medesiraa  inferenza  in  favoredi  Onorio  1. 
Diciamo  di  piii:  non  solo  si  deduce  che  Onorio  non  ha  insegnato 
1'errore,  ma  eziandio  che  gli  si  e  opposto.  Difalto  abbiamo  Papa  saa 
Martino,  il  quale  dando  conto  del  Concilio  di  Laterano  ad  Amando , 
afferraa ,  che  la  Sede  apostolica  ha  procurato  di  sovente  or  con  ra- 
gioni,  or  con  protesle,  ed  or  con  rimproveri  di  rilrarre  dall'  errore 
Sergio,  Pirro  e  gli  altri  capisetta  del  monotelismo  2.  Ragguagliate  i 
tempi  e  voi  troverele ,  che  Sergio  palesatosi  eretico  s  incontra  col 
solo  ponlificato  di  Onorio,  stanteche  egli  siasi  dimostrato  tale  collV 
desione  al  capitolo  YII  della  transazione  di  Giro,  Patriarca  di  Ales- 
sandria, nel  633,  sedendoPontefice Onorio,  e  siamorlo  nell'anno  638 
addi  otto  o  nove  di  Decembre  in  tempo  di  sede  vacante  per  la  mor- 
te  dello  stesso  Onorio,  essendo  noto  che  Severino  fu  consecrate  Ye- 
scovo  di  floma  il  yentolto  del  Maggio  dell'  anno  seguente  3.  Risulta 
quindi  che  gli  ammonimcnti  dati  a  Sergio  clalla  Sede  apostolica  non 
possono  verificarsi  che  dalla  parle  di  Onorio.  Conforme  alia  tesli- 
monianza  di  Papa  S.  Martino  e  quella  dei  legati  romani  nel  Concilio 
VI  ecumenico  £:  ed  all'una  ed  all'altra  da  nuovo  lume  Papa  S.  Aga- 

1  Ibid.  Condi.  Later.  Secret.  II. 

2  Credimus  advos  pervenisse,  quomodo  in  conturbalione  rectae  fidei y  el 
catholicae  Ecclesiae  conculcatione  ante  hos  annos  plus  minus  quindecim  a 
Sergio  falso  Episcopo  Constanlmopolita.no,  In  auxilio  habente  time  imperante 
Heraclio,  execranda  et  dbominanda  haeresis  pullulavit.     .  .  Pro  qua  re  sae- 
pius  apostolica  Sedes  persuasionibus,  contestationibus,  atque  increpationibvs 
plurimis  admonuit  eos,  quatenus  ab  eiusmodi  errore  recederent ,  et  ad  lumen 
pietatis  ex  quo  lapsi  sunt  remearent.  Ibid.  Ad  Amandum  Episcopum  Traie- 
ctensem,  col.  1185-86. 

3  Cf.  PAGIUM  in  noils  ad  Bar'onium,  an.  639,  n.  3^  17. 

4  Quoniam  igitur  ante  hosXLVI,  plus  minus  annos,  quasdam  novitates 
vocum  contrarias  orthodoxae  fidei  introduxerunt ,  qui  pro  tempore  fnerunt 
praesules  hums  regiae  et  a  Deo  conservandae  vestrae  civitatis,  idest  Sergius? 
Paulus  .  .  .  et  multoties  servili  vestra,  quae  secundum  nos  est,  apostolica  Se- 
de de  hac  re  pulsante,  dehinc  supplicante ,  et  minime  valente  usque  haclenm 
a  tali  sensu  pravae  acstlmationis  abstrahere.  MANSI^  T,  XI,  col.  214. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

lone  nella  sua  lellera  all'  imperalore  Cosianlino  Pogonato ,  dove  as- 
serisce  ,  che  i  suoi  predecessor!  fin  da  quando  i  Patriarch!  di  Co- 
slanlinopoli  si  deltero  all'  empio  conato  d'  intromeltere  nella  Chiesa 
immacolata  di  Crislo  la  eresia,  non  si  rimasero  di  esortarli  e  di  am- 
monirli  scongiurandoli ,  che  se  non  altro  saltern  tacendo  cessassero 
dall'errore  1.  Or  chi  non  sa  convenire  soltanto  ad  Onorio  quel  sal- 
tern tacendo  in  quanto  che  egli  solo  voile  soppressa  la  controversia 
col  silenzio?  Le  quali  testimonialize  di  due  sommi  e  santi  Ponlefici 
sono  apeftamente  confermate  da  S.  Massimo,  dove,  chiarita  la  per- 
tinacia  dei  novatori ,  esclama :  Quae  hos  non  rogavit  Ecclesia  ? 
quis  pius  el  orthodoxus  non  supplicavit  antistes ,  cessare  illos  a 
propria  haeresi  clamando  et  obtestando  ?  .  .  .  Quid  autem  et  DIVI- 
$us  HONORIUS,  quid  vero  et  post  ilium  Severinus  senex,  quid  de- 
nique  et  is,  qui  post  hunc  extititj  sacer  Joannes  2  ? 

Ma  tutle  quesle  si  gravi  teslimonianze  in  favore  della  ortodossia 
di  Onorio  agli  occhi  del  Dollinger  non  valgono  pun  to :  sono  mondiglia 
da  non  curare.  II  peggio  si  e  che,  non  contentodel  passarsi  di  esse, 
ne  travisa  alcune  altre,  dimezzandole  a  danno  di  Ouorio,  le  quali  re- 
cate  nella  loro  inlegrita  lornano  in  pro  del  medesimo.  Cosi  a  modo  di 
esempio  scrive  di  Pirro ,  che  appello  all'  autorila  di  Onorio  3  :  ma  si 
guarda  dal  significare  ,  che  lo  stesso,  convinto  del  contrario  da 
S.  Massimo,  si  ricredelte  al  cospetto  di  numerosa  adunanza  di  Vesco- 

1  Unde  et  apostolicae  memoriae  meae  parvitalis  praedecessores ,  domim- 
cis  doctrinis  instructi,  EX  QUO  novitatem  haerelicam  in  Christi  imwaculatam 
Ecclesiam  ConstantinopolKanae  ecclesiae  praesules  introduccre  conabantur, 
XVNQUAM  neglexerunt  eos  hortari ,  atque  obsecrando  commonere,  ut  a  pram 
dogmatis  haeretico  errore  SALTEM  TACENDO  desislercnt.  Ibid.  col.  242-47. — 
Neque  quamlibet  quis  suspicetur  humanae  delectalionis  arrogantiam,  sedpro 
ipsius  veritatis  in  qua  salvari  nos  confidimm,  rectitudine  .  .  .  meae  humittta- 
lis  praedecessores  commonuissej  rogasse,  increpasse,  obsccrasse ,  arguisse  et 
omnemmodum  exhortalionis  exercuisse,  quatenus  medelampossitrecensvulnus 
accipere.  Col.  278-79.  -Quam  (novitatem),  utpoteanimabusnoxiam,  decUnare, 
IXDESINKVTER  ab  apostolicis  meae  humilitatis  praedecessoribus  exhortati  atque 
eommoniti  usque  hactenus  distulerunt.  Col.  283. 

2  In  Collectaneis  Anastasii  ad  Petrum  iltustrem. 

3  Der  Patriarch  Pyrrhus  halte  sich  demgemass  auf  ihn  berufen.  Pag.  134., 


536  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

\i  e  cbe  domando  merce  al  Papa  S.  Teodoro,  ritrallando  pubblica- 
menle  le  sue  scritture  1.  Dice  che  I'Occidente  e  Roma  slessa  si 
levo  contro  la  insana  doltrina  del  monotelismo  e  ci  rappresenta 
Onorio  come  abbandonato  da  ognuno  2  ;  quando  invece  lutla  cri- 
stianila  fu  scandolezzata  non  solo  dell'eresia,  maancbe  di  cbi  citava 
in  prova  della  medesima  Y  autorita  di  Onorio  s  siccome  ci  fa  sapere 
il  Papa  Giovanni  IV  3.  Afferma  die  nel  Concilio  di  Laterano  si 
lessen)  gli  scritti  dei  monotelili,  ne' quali  invocavasi  1'autorila  di 
Onorio,  riconosciuto  da  essi ,  quale  saldo  sostegno  deM  propria 
sentenza  4,  e  non  palesa  cbe  cio  incontrasi  una  volta  sola  nella  let- 
tera  del  Patriarca  Paolo ,  ne  discopre  la  magagna  della  menzogna 
ond'  e  accompagnata  cotale  citazione  5.  Asserisce  cbe  per  qual- 
cbe  tempo  si  fecero  tentalivi  per  iscolpare  Onorio  6.  Anzi  perpelua- 
mente,  e  di  cbe  vaglia  tenlativi  furono  messi  per  questo  in  opera!  Ro- 
buste  ragioni  intrinsecbe,  leslimonianze  irrefragabili,  e  do  in  modo 
solenne  e  dalle  autorita  piu  cospicue  fra  cattolici.  Ed  in  vero,  slando 
a  quel  solo  die  abbiamo  vedulo,  non  lo  difese  apertamente  Papa  Gio- 
vanni IV,  nella  prima  parle  della  leltera  dommatica  ,  cbe  sped!  al- 
T  imperatore  Coslantino,  in  confutazione  della  enciclica  eretica  di  Pir- 
ro?Non  lo  difese  in  modo  evidente  Papa  S.  Marlino,  nella  leltera  in- 


1  S.  MAXLMUS,  Disputalio  cum  Pijrrho.  Cf.  BARONIUM  ad  an.  645.  n.  9-18. 

2  Der  ganze  Occident  erhob  sich  gegen  die  neue  Doclrin,  und  es  ergab  sich 
ahbald,dassllonorms  mil  seiner  Au/fassuny  cler  Sadie  in  Rom  und  demAbend- 
lande  allnn  gestanden  war.  Pag.  134. 

3  Quinimo  et  ex  ipso  quoque  auditu  didicimus,  omnes  occidentales  paries 
scandalizatae  turbantur,  fratre  nostro  Pyrrlio  patriarcha  per  lilteras  suas  hue 
atque  Him  transmissas  nova  quaedam  et  praeter  regulam  fidei  praedicante,  et 
adpropriumsensum  quasi  sanctae  memoriae  Uonorium  Papam,  decessorem  no- 
strum, attraherc  feslinante.  MANSI  X,  col.  683. 

4  Und  so  war  es  denn  naiurlich,  dass  man  ihn  als  eine  der  Stulzen  des  Mo- 
nothelismus  betrachtete;  der  Patriarch  Pyrrhus  hatte  sich  demgemass  auf 
ihn  berufen,  und  auf  der  Lateranischen  Synode  d.  J.  649,  wurden  die  Schrif- 
ten  der  Monotheleten,  icelche   die  Autoritdt.  des  Honorius  fur  sich  geltend 
machten,  vorgelesen.  Pag.  134. 

5  MANSI  X,  col.  1026. 

6  Eine  Zeit  lang  versuchte  man,  Honorius  zu  entschuldigen.  Pag.  134. 


ONOR10  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  1)37 

viala  al  Vescovo  S.  Amando,  cogli  alii  del  Concilio  di  Lalerano?  Non 
fcce  lo  slcsso  Papa  S.  Agatone  ncll'epislola  apologelica  scrilta  al  Pogo- 
nato?  Non  propugno  in  pubblico  ed  in  private  la  causa  dell'ortodos- 
sia  di  Onorio  il  martire  S.  Massimo,  allamenle  indegnato,  die  si  men- 
tisse  con  indicibile  sfrontatezza  a  danno  di  lal  Pontcfice  ?  Non  teslifi- 
co  al  cospclto  di  tulta  la  Chiesa  in  pro  del  raedesimo  il  piissimo  Gio- 
vanni Segrelario  di  Onorio?  In  fine  i  Vescovi  delle  varie  Chiese  cat- 
lolichea  norae  proprio  e  dei  loro  greggi,  coll'ossequio  professalo  alia 
Scdc  apostolica,  e  colla  domanda  di  una  senlenza  conlro  1'errore  che 
si  spandea  largamente,  non  moslrarono  di  averein  conto  di  calunnia 
do  che  gli  eretici  spacciavano  di  Onorio  ?  Giudichino  i  noslri  leltori 
se  questi  siano  semplici  tentalivi  di  semplice  discolpa ,  e  non  anzi 
una  solenne  e  conlinuala  protesla  di  Papi ,  di  Vescovi  e  di  popoli  in 
difesa  della  ortodossia  di  Onorio. 

•«{'.:;,  ;.f;,.,,V;  •.:.       §.  1X.         ,  .-  ; 

Confutando  una  men  giusta  insinuazione,  fatta  dal  Dollinger  a  ca- 
rico  del  Concilio  di  Later ano,  si  traggono  nuovi  argomenti  eslrin- 
seci  in  difesa  della  ortodossia  di  Onorio. 

Allalo  della  inesattezza  usata  dal  Dollinger,  nel  riferire  le  teslimo- 
nianze  favorevoli  alia  ortodossia  di  Onorio ,  sta  un'  altra  pecca  non 
meno  grave.  Questa  si  e  una  colale  insinuazione,  che,  giltala  contro 
il  Concilio  di  Lalerano,  ferisce  ancor  di  rimbalzo  Papa  Onorio.  Ecco 
cio  che  egli  scrive  a  pag.  134,  135:  «  Nel  Concilio  di  Laterano 
«  dell'anno  649,  si  lessero  gli  scrilli  dei  Monoteliti,  i  quali  faceano 
«  valere  in  loro  pro  1'autorila  di  Onorio.  Orbene  non  si  disse  verbo 
«  in  difesa  di  Onorio:  si  osservo  sopra  il  suo  conto  perfelto  silenzio, 
«  tultoche  i  cinque  Prelati,  che  correano  quali  Autori  e  principale 
«  sostegno  della  falsa  doltrina,  fossero  da  Papa  Marlino  e  dal  Sinodo 
«  condannali,  cioe,  Teodoro  di  Faran ,  Giro  di  Alessandria,  Sergio, 
«  Pirro  e  Paolo,  Palriarchi  di  Costantinopoli.  »  Piu  sotlo  a  pag.  136: 
«  Nel  Sinodo,  tenutosi  in  Romal'  anno  649,  furono  condannati  come 
«  monolelili  cinque  Prelali,  dei  quali  tre  erano  giamorti:  uno  dique- 


538  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

«  sli  fu  il  Patriarca  di  Costanlinopoli  Paolo  II,  il  quale  avea  scritlo 
«  al  Pontefice  Teodoro,  dicendosi  seguitatore  della  dottrina  di  OBO- 
«  rio,  ed  appresso  aveva  accetlato  il  Tipo  dall'  imperatore  Costante. 
«  Eppure  il  Tipo  non  ando  tant'ollre,  quanto  la  leitera  di  Onorio, 
«  dacche  mentre  questa  si  dichiara  espressamente  per  la  dottrina 
«  dell'una  Volonla,  il  Tipo  invece  impone  il  solo  silenzio  sopratuita 
«  la  quislione  1.  »  Cosi  il  Dollinger  a  proposito  del  Concilio  di  La- 
terano.  Che  inlende  egli  con  quel  suo  concetto  semiesposilo:  «  iPre- 
lati  monoteliti  non  oslante  che  cilino  per  se  1'autorila  di  Onorio,  pu- 
re sono  lutli  e  cinque  severaraente  condannati,  ed  Onorio  il  citalo 
rimane  salvo,  benche  da  niuno  difeso»  ?  Che  vuole  significare  con 
quest' altro:  «  Paolo  invoca  1'aulorita  di  Onorio,  accetta  quindi  il  Ti- 
po meno  reo  della  letlera  di  Onorio,  e  porta  una  rigida  condanna : 
nulla  per  1'opposto  si  dice  di  Onorio,  nulla  si  delibera  conlro  di  lui»? 
Chi  non  sente  tutta  la  gravezza  della  insinuazione  :  Onorio  fu  reo  a! 
pari  e  piu  dei  cinque  monolelili  condannati ;  il  Concilio  non  lo  seppe 
difendere ;  eppure  non  fu  condannato ;  dunque  non  si  procedette  nel 
Sinodo  eqtiamente,  si  uso  della  parzialita  in  favore  di  Onorio?  Perche 
non  aperse  chiaro  la  sua  sentenza?  perche  invece  la  insinuo  ;  yolle 
che  entrasse  come  di  soppiatto  neH'animo  dei  suoi  lettori,  con  tanta 
infamia  del  Concilio?  Se  do  sia  accaduto  per  fino  arlifizio,  o  per 

1  Vnd  auf  der  Laleranischen  Synode  d.  J.  649  warden  die  Schriften  der 
Monotheleten ,  welche  die  Autoritat  des  Ilonorius  fur  sich  geltend  machten, 
vorgelesen.  Niemand  sprach  hier  ein  Wort  zur  \ertheidigung  des  Honorius7 
man  beobachtete  iiber  ihn  volliges  Scliweiyen,  obgleich  die  filnf  Pralaten,  dis 
als  die  Urheber  und  Hauptstulzen  der  Irrlehre  galten:  Theodor  von  Pharan, 
Cyrus  von  Ahxandrien,  Sergius,  Pyrrhus  und  Paulus,  Palriarchen  von  Kon- 
stanlinopel,  von  dem  P.  Martin  und  der  Synode  verdammt  wurden.  Pag.  134. 

In  Rom  hatle  man  auf  der  Synode  des  J.  6i9  fiinf  Prtilaten,  darunter  drey 
lereits  verstorbene,  als  Monotheleten  verdammt:  einer  von  ihnen  war  der  Pa- 
triarch Paul  II.  von  Konslantinopel,  der  dem  Papste  Theodor  geschrieben 
halte,  er  folge  derLehre  des  Ilonorius,  und  der  hieraufden  Typus  des  Kaiser* 
Constans  angenommen  halte.  Der  Typus  ging  aber  nicht  so  weit,  als  das 
Schreiben  des  Ilonorius,  denn  wahrend  dieses  sich  ausdrucJdich  fur  die 
Lehre  von  Einem  Willen  erkllirte,  gebot  der  Typus  bloss  Schweigen  ubcr  div 
ganze  Frage.  Pag.  136. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  539 

semplicita ,  o  dislrazione,  lasciando  alia  sua  coscienza  il  decidere , 
noi,  secondo  il  debito  noslro,  giudichiamo  lo  scritlo  quale  apparisce. 

Esaminiamo  la  logica.  Eccovi  il  suo  argomento:  Onorio,  invocato 
dai  monotelili  come  loro  partigiano  e  soslegno,  non  fa  difeso  dai  Pa- 
dri che  sedeano  giudici  nel  Concilio ;  dunque  egli  e  reo,  e  non  es- 
sendosi  condannalo  fu  commesso  un  atto  di  parzialila.  Or  non  \i 
pare  egli  strano,  che  se  un  reo  cita  in  sua  discolpa  1'autorita.  di  qual- 
cliesiasi  uomo,  questi  debbasi  giudicare  qual  manutengolo  o  parle- 
cipedella  reita,  e  i  giudici  parziali,  se  eglino  non  ne  pigliano  losto  lo 
difese  e  non  lo  diraostrano  innoccnte?  Pognamo,  che  un  trislo  nei 
tribunali  di  Baviera  scarichi  tutta  la  col  pa  del  suo  delilto  sopra  1'au- 
torita del  Dollinger,  e  che  i  giudici  non  curandosi  punlo  di  do, 
pronuncino  contro  lo  scellerato  la  sentenza  meritata.  Che  direbbe 
il  ch.  Dollore,  se  quindi  uno  scrittore  di  conto  traesse  argomento  di 
scredilar  lui  come  reo,  ed  i  giudici  come  parziali?  Non  se  lo  reche- 
rebbe  ad  enorme  gravezza,  non  griderebbe  alia  calunnia?  Ebbene 
sia  corlese  di  questa  logica  a  Papa  Onorio  ed  al  Concilio  di  Laierano. 

Tanto  piu ,  che  se  i  Padri  del  detto  Concilio  non  riputarono  de- 
gna  di  alcuna  parola  in  risposta  la  sola  citazione  dell'  autorita  di 
Onorio  che  si  legge  nel  Sinodo,  falta  dai  Patriarca  Paolo,  ne  aveano 
tulta  la  ragione ;  giacche  essa  stava  allato  della  piu  sfoggiata  men- 
zogna,  che  uscisse  dalla  penna  dei  monotelili.  Vi  basti  il  dire,  che 
quell'  eretico,  a  sostegno  della  sua  perversila,  insieme  coll'  autorila 
di  Onorio  citava  quella  dei  Padri  e  dei  Concilii  ecumenici ,  come 
se  e  Padri  e  Concilii  predicassero  unilamente  il  monotelismo  qua- 
le verila  lampante  l.  Non  crediamo,  che  in  tutto  1'orbe  si  trovi- 
no  giudici  si  dabbene ,  i  quali  vogliano  pigliarsi  la  menoma  briga 
di  rispondere  alle  citazioni  di  un  reo  ,  che  mentisce  con  una  impu- 
denza  si  sformata  che  tocca  la  frenesia.  Di  qui  il  Dollinger  dovea 
dedurre  piuttosto ,  quanto  malamenle  zoppicasse  il  suo  argomen- 

1  Sed  et  omnes  pietalis  doctores  et  praedicatores  (oltre  i  due  Concilii  ecu- 
menici IV  e  V,  e  i  due  Padri  S.  Gregorio  il  Teologo  e  S.  Cirillo)  Imiusmodi 
mius  voluntatis  mento  retinentur.  Quorum,  si  opus  est  requisitione  prove- 
niente,  et  compelenter  relegimus  testimonia:  quibus  concordantes  et  conso- 
nanles  facti  sunt  piae  memoriae  Sergius  et  Honorius.  MANSI  X,  c.  1026, 


540  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

lo  da  un  altro  lato.  II  monolelita  Paolo  invocava ,  nella  citazione 
riferita,  rautorila  di  S.  Cirillo  e  del  Concilio  di  Calcedonia :  i  Padri 
di  Laterano,  come  non  fecero  motto  in  difesa  di  Onorio,  cosi  non 
dissero  verbo  in  favore  di  S.  Cirillo  e  del  Concilio  di  Calcedonia. 
Che  si  dovra  conchiudere?  Colla  logica  del  Dollinger  non  e  punto 
dubbia  la  risposta:  S.  Cirillo  ed  il  citato  Concilio  sono  parligiani  del 
monotelismo.  Se  il  silenzio  dei  giudici  e  una  prova  di  reita  a  carico 
di  Onorio,  perche  il  medesimo  silenzio,  osservato  nella  stessa  occa- 
sione,  non  deve  esser  tale  ancora  a  discapito  di  S.  Cirillo  e  del  Con- 
cilio? Ognun  vede  che  questa  maniera  di  argomentare  prova  troppo 
e  percio  non  prova  nulla. 

II  Dollinger  afferma  recisamente  cbe  niuno  del  Sinodo  di  Laterano 
si  e  levato  a  dire  una  parola  a  difesa  di  Onorio.  E  egli  vero?  Dislin- 
guiamo.  Niuno  si  e  levato  a  difenderlo  nommatamenle,  lo  concedia- 
mo :  non  si  e  fatla  dal  Concilio  alcuna  difesa  implicita,  lo  neghiamo. 
Leggete  1*  allocuzione,  prommciata  dal  Papa  S.  Martino  nell'  aprire 
in  Laterano  ii  Concilio.  Dopo  la  solenne  dinunzia  dei  quattro  prelati 
eretici  Sergio,  Giro,  Pirro  e  Paolo,  e  la  conftitazione  del  loro  errore, 
voi  vi  avvenite  nelle  seguenti  parole :  Ideoque  in  scripto,  vel  sine 
scriplo  orthodoxorum  preces  minime  despicienlcs  aposlolicae  memo- 
riae nostri  DECESSORES  non  desliterunl  PEAEDICTIS  vims  diver  sis 
temporibus  consultissime  scribentes,  et  tarn  roganles,  quamque  re- 
gulariler  increpantes,  nee  non  per  apocrisiarios  suos,  ut  dictum  est, 
pro  hoc  maxime  destinatos  praesentialiter  admonentes  et  contestan- 
tes,  quatenus  proprium  emendarent  novitatis  commentum,  atque  ad 
orthodoxam  fidem  catholicae  Ecclesiae  remearent  1.  Abbiamo  ve- 
duto  di  sopra  come  Sergio,  appresso  di  essersi  palesato  eretico,  non 
s'imbatte  in  altri  Pontefici  da  Onorio  in  fuori.  Eccovi  quindi  nel 
Concilio  di  Laterano  una  testimoriianza  favorevole  alia  ortodossia  di 
Onorio,  in  quanto  che,  essendo  stato  anche  Sergio,  come  uno  dei  prae- 
dictis  viris,  per  lo  meno  pregato  a  rimanersi  dal  predicare  1'  errore, 
secondoche  testifica  S.  Martino,  non  pu6  aver  ricevulo  tale  uffizio  di 
zelo  apostolico  altrimenli  che  da  Papa  Onorio.  La  stessa  testimonian- 

1  Ibid.  col.  879. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  541 

za  ci  c  rcsa  ancbe  da  Stefano  Dorense,  il  quale  sopra  1'  esito  della 
sua  triplice  venuta  a  Roma,  per  implorarvi  un  riparo  contro  gli  sforzi 
degli  erelici  Sergio,  Pirro  e  degli  altri  loro  compagni  nella  iniquita, 
scrive  appunto  cosi :  Neque  despexit  Deus  preces  cum  lacrymis  obla- 
tas  supplicum  suorum,  sed  excitavit  non  equidem  mediocriter  pre- 
cessores  apostolicosque  praesules  in  commonitione,  nee  non  contesta- 
tione  pjaediclorum  virorum,  licet  nullo  modo  eos  fleclere  potuerunt  1. 
Piii;  nel  canone  diciottesirao  si  condanna  all'  anatema,  non  solo  la 
Ettesi  come  erelica,  ma  eziandio  lulte  le  scritlure  che  erano  state 
mandate  attorno  in  sua  difesa  o  commendazione  2.  Tra  le  quali,  chi 
con  vorra  annoverare  quella  che  Iev6  a  romore  lulto  1'  Occidente , 
vogliamo  dire ,  la  lettera  circolare  di  Pirro  ,  gia  sbugiardata  e  con- 
dannata  da  Papa  Giovanni  IV  nella  sua  Apologia  all'  imperalore  Co- 
stantino,  in  quanto  che ,  citatavisi  a  favore  della  eresia  1'  autorita  di 
Onorio,  si  chiedea  a' Vescovi  di  tutte  le  Chiese  la  sottoscrizione  all'in- 
famia  foWEUesil  Inoltre  nel  Canone  vigesimo  si  proibisce,  sotto  pena 
di  scomunica,  a  tutli  i  fedeli  di  cercare,  a  soslegno  della  sorta  ere- 
sia, lettere,  scritti ,  testimonianze  false  od  altro  argomento  di  simil 
genere  3.  Ora  tra  queste  false  teslimonianze  cbi  non  istimera  do- 
Yersi  riporre  ancora  quella  che  riferivasi  ad  Onorio ,  dichiarata  so- 
lennemente  menzognera  dalla  Sede  Apostolica?  Si  parlo  adunque 
in  favore  di  Onorio  uel  Concilio,  anzi  non  solo  si  parlo,  ma  si  fecero 
eziandio  decreti  nello  stesso  concetto.  Onde  I'argomento  del  Dollin- 
ger,  insinuante  parzialita  nel  Concilio,  comparisce  sciancato  nella 
sua  struttura,  e  fondato  sopra  il  falso  supposto  del  silenzio ,  osser- 
valo  nel  medesimo  sul  conto  di  Onorio. 

1  Ibid.  col.  898. 

2  Sed  et  omnia  quae  pro  ea  (ecthesi)  itnpie  db  eis  scrip ta  vel  acta  sitnt,  et 
illos  qui  earn  suscipiunt,  vel  ALIQVID  de  H/S,  quae  pro  ea  scripta  vel  acta  sunt. 
Ibid.  col.  1158. 

3  Si  quis  secundum  scelerosos  haereticos,  quocumque  modo,  aut  verbo,  ant 
tempore,  aut  loco  terminos  removens  illicite. . . .  novitates  lemere  exquirit  et 
fidei  alterius  expositiones,  aut  libellos,  aut  epistolas,  aut  conscripta,  aut  TE- 
STIMONIA  FALSA...  ad  eversioneiii  sincerissimae  in  Dominvm  Deum  nostrum  con- 
fessionis,  et  usque  in  finem  sine  poenilentia  permanet  haec  impie  agens,  huius- 
modi  in  saecula  saeculorum  condemnatus  sil  et  dicat  omnispopuluSj  fiat,  fiat. 
Ibid.  col.  1162. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

Procedendo  oltre  nella  disamina ,  1'argomento  rovesciaio  tesle  ci 
porge  davvantaggio  una  prova  assai  spiccata  della  ortodossia  di 
Onorio  con  un  facile  ritorcimento.  II  Concilio  tacque  di  Onorio ,  non 
disse  parola  in  sua  difesa :  dunque  ,  s'  insinua ,  lo  tenne  per  reo 
palese.  Noi  per  1'opposto  ripigliamo ,  il  Concilio  non  piglio  le  dife- 
se  di  Onorio :  dunque  lo  riconobbe  di  sana  dollrina  nelle  sue  lettere 
a  Sergio.  II  ch.  Doltore,  come  abbiamo  veduto  altrove,  afferma  che 
la  doltrina  di  Onorio  si  basava  sopra  la  falsa  interpretazione  di  due 
testi  della  sacra  Scrittura,  che  essa  conduce va  all'  Eltesi  ed  al  Tipo, 
che  era  piu  recisamenle  monotelitica  di  quella  di  Sergio  e  degli  altri 
eretici,  che  \inceva  in  malignita  lo  stesso  Tipo;  in  una  parola  che, 
sua  merce ,  Onorio  era  stimalo  un  saldo  sostegno  del  inonotelismo. 
Dairallro  lato  il  Concilio  di  Laterano  si  era  assembrato  coll'intendi- 
mento  di  raanifestare  al  mondo  con  solenne  atto  giudiziale  i  soste- 
nitori  piu  cospicui  della  eresia ,  tultoche  fossero  universalmente  co- 
nosciuti  nella  Chiesa  dalle  loro  opere  o  dalla  pubblica  fama ,  e  con- 
dannarliwowmatawente,  coi  insieme  loro  scritti,  affinche  ognuno  sa- 
pesse  con  certezza  da  chi  guardarsi  in  avvenire,  come  da  erelico 
pestilente ,  perlurbatore  della  Chiesa ,  e  rovesciaiore  della  fede  cat- 
tolica.  Tutto  questo  ricavasi  dall'  allocuzione  proemiale  del  Ponte- 
lice ,  accolta  con  plauso  dal  Concilio  :  Qui  autem  sunt  isli?  escla- 
mava  S.  Martino.  Oportet  namque  eos  in  aperto  fieri  manifestos. 
Quos  vos  utique  scitis  y  dilectissimi ,  et  apertissime  omnes  cogno- 
scunt  ,  qui  orbem  terrarum  pene  inhabitant. ...:  idest,  Cyrus  Ale- 
xandrinae  ecclesiae  episcopus ,  et  Sergius  Conslantinopolitanus  an- 
tistes ,  nee  non  el  eius  successores  Pyrrhus  et  Paulus,  concurrent 
sibi  vicissim  in  hoc  habentes  certamen :  e  terminava  esortando  ca- 
lorosamente  tulto  il  Sinodo  a  procedere  in  lal  giudizio  con  tutta 
diligenza  ,  giustizia  e  coraggio  1.  Supponiamo  che  il  Papa  ed  i  cen- 
cinquanta  Vescovi  del  Concilio  avessero  conosciuto  Onorio,  quale  ci 
viene  rappresentato  dal  Dollinger,  vale  a  dire,  incapace  di  alcuna 
difesa :  di  quante  colpe  non  sarebbonsi  eglino  gravati  dinanzi  a  Dio 
ed  in  faccia  a  lutta  la  Chiesa,  non  manifeslandolo  per  quello  che  era 

1  Ibid.  col.  871. 


ONORIO  I.  SECOM>0  IL  DOLLINGER  543 

c  non  condannandolo  cogli  altri  capi  dclla  eresia?  Essi  avrebbero 
adoperato  due  pesi  e  due  misure  nel  loro  giudizio ;  avrebbero  in- 
gannato  i  fedeli,  significando  di  palesare  i  perturbatori  della  Chiesa, 
ed  insieme  tacendo  il  piu  reo ;  avrebbero  commesso  una  aperta 
ingiuslizia ,  condannando  per  1'  una  parte  air  anatema  ed  all'  ab- 
bominio  di  lutta  la  Chiesa  uomini  che  alia  fin  dei  conli  protesta- 
vano,  e  il  Dollinger  il  concede  liberamente  ,  di  aver  seguito  nel- 
T  Eltesi,  nel  Tipo  e  nelle  loro  predicazioni  la  dotlrina  esposta  dal- 
la  prima  cattedra ,  lasciando  poi  dall'altra  senza  alcuna  pena  o  dis- 
approvazione  chi  era  stata  la  causa  di  tanto  guaio.  Cio  posto, 
una  delle  due :  o  dire,  che  i  Padri  convenuli  al  Concilio  teneano 
Fopposto  di  cio  che  afferma  il  Dollinger  intorno  ad  Onorio;  od 
asserire ,  che  erano  un'accozzaglia  di  trisli ,  intanto  che  fallissero 
turpemente  alia  giuslizia ,  alia  verita  ed  al  proprio  dovere,  in  mo- 
do  cosi  palente  ed  in  occasione  tanto  solenne.  II  solo  insinuare 
che  siasi  insozzata  di  cosiffalla  lordura  la  coscienza  di  tutlo  inte- 
ro  un  Concilio,  e  di  un  Concilio  preseduto  da  un  Papa ,  che  diede 
all'  uopo  la  vita  in  confermazione  della  veritae  della  giustizia,  a  chi 
non  parrebbe  un  alto  di  tracotala  impudenza?  Abbiamo  quindi  il  di- 
ritto  di  conchiudere  ,  che  non  avendo  i  Padri  del  Concilio  di  Late- 
rano  tratlato  exprofesso  la  causa  di  Onorio ,  quando  avrebbono  do- 
Tuto  farlo  in  forza  di  un  obbligo  stretto  nel  caso  di  alcuna  reita  in 
lui,  dovessero  senza  fallo  tenere  in  conto  d'indubitata  la  ortodossia 
di  tal  Pontefice. 

Allarghiamo  le  noslre  indagini.  Quali  erano  gli  uomini  notati, 
come  maestri  dell'  errore  monotelitico  e  sostenitori  del  medesimo, 
dalla  pubblica  persuasione  delle  Chiese  lungi  da  Roma  ?  Cercatc  il 
Secretario,  ossia  Sessione  II  del  Concilio  di  Laterano,  voi  troverete  in 
esso  raccolti  preziosidocumenti,  donde  il  potete  dedurre.  Posciache 
evvi  1'  accusa  che  dislese  Stefano  Dorense,  a  nome  dei  Vescovi  e  dei 
fedeli  della  Palestina,  e  1'allra  presentata  dagli  abbati  e  dai  monad 
provenienli  dall'  Africa ,  dalla  Palestina  e  dall'  Armenia  :  sonovi  le 
leltere  sinodali  di  tre  Concilii,  tenutisi  in  Numidia,  in  Mauritania  ed 
in  Bizacio,  e  quelle  di  Vitlore  Vescovo  di  Cartagine,  di  Sergio  Ye- 
scovo  di  Cipri,  di  Mauro  Yescovo  di  Ravenna.  Or  bene  dalle  accu- 


544  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

se  e  dalle  leUere«sono  designati  come  autori  e  propagalori  della  e- 
resia  ,  come  perturbatori  della  Chiesa  e  falsatori  della  Scritlura  e 
delle  aulorita  piu  venerabili  i  soli  cinque  Prelati  die  furono  condan- 
naii.  Di  Onorio  non  si  fa  mollo.  Eppure  e  nelle  accuse  e  nelle  let- 
tere  si  fa  solenne  protesta  di  dinunziare  per  obbligo  di  coscienza  alia 
Sede  apostolica,  fondamenlo  dei  dommi  ortodossi,  i  creduti  rei,  per- 
che  si  pronunzii  conlro  di  essi  la  merilata  sentenza  ;  perche  con  cio 
si  sterpi  dalla  Gliiesa  ogni  cagione  di  scandalo  e  non  si  evochi , 
quandochessia,  autorita  o  scritto,  die  valga  a  gittare  la  perturbazio- 
ne  ira  i  fedeli. 

Eccovi  quinci  sgorgare  la  illazione  ;  danque  la  pubblica  opinlone 
dei  caltolici  era  in  favore  della  orlodossia  di  Onorio,  in  quanto  che 
la  sua  esclusione  dal  numero  de'rei  imporla  una  pruova  morale  e  po- 
sitiva  per  due  capi.  Ed  in  prima  non  riuscirebbe  aUramenle  impossi- 
bile  esplicare  come  mai  lanli  uoraini  di  nazioni  diverse,  di  paesi  lonla- 
ni,  e  tutti  intesi  ad  ottenere  lo  slesso  fine,  merce  una  sentenza  che  sfol- 
gorasse  i  precipui  capi  della  eresla,  si  accordino  nel  non  annovera- 
re  tra  i  medesimi  Onorio  ,  quando  ,  secondo  il  Doliinger  ,  egli  era 
il  banditore  piu  aperto  dell'errore?  Ne  si  pensi  che  una  qualche  cau- 
sa movente  comune  abbiali  indolti  a  tacere  di  Onorio  ;  tale  suppo- 
sto  e  moralmenle  inverosimile  per  allro  verso.  Nelle  accuse  e  nelle 
letlere  citate  il  Ponlefice  e  chiamato :  fundamen'um  orthodoxontm 
dogmatum;  firmainentum  a  Deo  fixum  et  immobile;  fundamenlum, 
sopra  del  quale  Ecclesiae  columnae  confirmatae  sunt;  princeps  et 
doctor,  orthodoxae  et  immaculalae  fidei  ma-gnus  et  indeficiens  fons9 
a  cui  da  tutto  1'  orbe  debbesi  attingere  la  sana  doUrina ;  e  solto  que- 
sti  riguardi  in  ispecie  si  fa  capo  a  lui,  aflinclie  dalla  sua  parola  giac- 
cia  domata  e  vinta  la  iniquila  dell'  errore.  Supponendo  che  gli  au- 
tori delle  accuse  e  delle  leitere  citate  pensassero  che  Onorio  avesse 
fallito  nella  fede,  e  forza  ancora  ammettere  chei  Vescovi  c  i  Concilii 
della  Palestina,  dell'  Africa  e  di  allre  region!  abbiano  mentilo  sfroa- 
latamente ,  dichiarando  fondamento  incrollabile  della  Chiesa  ,  soste- 
gno  itnmoto  dei  dommi,  maestro  della  fede  ortodossa,  fonteperenne 
del  vero  dommatic(» ,  colui  che  nella  persona  di  Onorio  era  con  una 
prova  di  falto  apparso  labile,  rovesciato,  predicatore  dell'eresia,  fon- 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLIKGER 

to  di  falsila  in  quella  maniera  che  potea  essere  qualunque  allro  Ve- 
scovo  :  c  cio  colla  giunta  non  meno  grave,  che  siano  convenuli  in 
tanta  menzogna  uomini  di  regioni  e  di  lingue  tanto  diverse.  Eccoci 
quindi  al  bivio  o  d'  ingoiare  quesle  assurdila ,  o  di  tenere  cbe  la 
pubblica  opinione  dei  cattolici  fosse  tutta  in  favore  dell'  orlodossia 
di  Onorio. 

Una  uscita  potrebbesi  immaginare  ,  vale  a  dire ,  che  gli  aulori 
delle  accuse  ignorassero  le  lellere  di  Onorio.  Ma  indarno.  Quando 
quesli  inviarono  al  Pontefice  i  loro  scrilti,  Pirro  avea  divulgata  la 
nolizia  dclle  leltere  di  Onorio  ,  citandone  a  suo  favore  1'  autorita  > 
Papa  Giovanni  IV  aveale  esaminate,  S.  Massimo  difese,  diballendo  il 
pro  ed  il  contra.  Donde  ricavasi  che  i  Yescovi  ed  i  Sinodi  soprad- 
detti  non  tacquero  di  Onorio  alia  cieca,  ma  con  piena  conoscenza 
della  causa,  e  dopo  un  severo  esame. 

Che  piu?  gli  slessi  avversarii  coi  loro  modi  di  operare  conferma- 
no  il  nostr'o  argomento.  L'imperatore  Costante  ed  il  Patriarca  Paolo, 
all'  annunzio  della  condanna  pronunziata  nel  Concilio  di  Laterano, 
montarono  in  furore,  ed  il  primo  die  ordine  che  fossero  menati  pri- 
gioni  in  Costantinopoli  il  Papa  Marlino  che  avealo  adunato  e  prese- 
duto,  e  Massimo  che  n'era  stalo  caldeggiatore.  Le  precipue  accuse 
poste  conlro  di  essi,  per  dare  qualche  ragionevole  colorc  all'empia 
attentato,  furono  in  sostanza  :  essersi  eglino  dimoslrati  avversi  al- 
1'Imperio,  avere  parteggiato  coi  ribelli,  lenute  praliche  coi  Saraceni, 
ed  allre  favole  di  slampa  eguale.  Si  disse  che  ii  Concilio  non  valea, 
perche  non  assembrato  daU'Imperatore,  e  perche  di  Papa  ormai  de- 
posto.  Per  indurre  Massimo  ad  unirsi  cogli  eretici,  si  ricorse  all'in- 
fame  espediente  di  presenlargli  testimonialize  di  scrillori  erelici  ^ 
come  se  elle  fossero  d]  S.  Gregorio  taumaturgo,  di  S.  Atanasio,  del 
Crisoslomo,  di  S.Cirillo  e  di  Papa  S.  Giulio  1.  Perche,  dimandiamo, 
ricorrere  a  paienti  calunnie ,  a  ragioni  di  niun  peso,  a  svergognate 
imposture,  per  dimostrare  di  niuna  forza  la  sentenza  del  Concilio,  & 
per  coprire  in  qualche  modo  la  reila  della  sentenza  crudele,  pronun- 

1  Gf.  Vitam  ac  Certamen  et  Acta  S.  MAXIMI,  Edit.  Migne  T.  XC,  et  Com- 
tnemoralionem  eorum,  quae  saeviter. . .  acta  sunt  in  marlyrem  Mart inum  etc* 
MANSI  X,  Col.  853  et  seqq. 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  353.  3o  21  Novembre  1864. 


M6  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

ziata  coniro  i  dae  confessor!  della  fede?  Percke  dall'  altro  canto  niil- 
la  di  Onorio ,  nulla  della  parzialila  del  Concilio?  JNon  sarebbe  egli 
baslato  a  lorre  ogni  credito  al  detlo  Concilio,  additare  ed  amplificare 
un  lanlino  1'atto  iniquo  di  parzialita,  commesso  in  favore  di  Onorio, 
eretico  al  pari  dei  condannati?  Ouanto  buon  giuoco  non  avrebbe  fat- 
to  all'  Imperatore  sopra  gli  animi  dei  ciltadini  di  Coslantinopoli  il 
mostrarsi  vindice  della  giustizia ,  difensore  della  loro  sede  patriar- 
cale  contro  il  sopruso  del  Concilio  romano,  die  avea  condannati  come 
erelici  air<inalema  ed  aU'mfamia  universale  i  Vescovi  della  nuova 
Roma,  scampandone  Papa  Onorio  die  n'era  stato  solenne  maestro 
a  Sergio?  Perche  1'ingegno  dei  monoleliti,  assottigliato  cento  tanti 
dair  astio,  non  vide,  o  non  adopero  questo  mezzo  si  facile  e  si  profit- 
tevole  alia  loro  parte  cotanto  ofFesa?  Una  sola  ragione  si  pno  recarne, 
1'aver  essi  vedulo,  die  sarebbe  riuscito  piii  agevole  a  for  credere  una 
sformala  calunnia,  die  il  fa  I  to  di  Papa  Onorio  insegnante  Terrore  e  di 
un  Concilio,  die  non  lo  condanna  cogli  altri  rei  del  medcsimo  folio, 
Ed  ia  vero  come  a\  rebbono  eglino  potato  spacciarlo  in  Costantinopoli 
colla  speranza  di  esito  favore  vole,  dove  era  tanto  fresea  la  memoria 
dell' Apologia  di  Papa  Giovanni  IV,  nella  quale  si  metle  in  evi- 
denza  la  vanita  della  calunnia  apposla  ad  Onorio?  dove  si  trovava 
quel  Pirro  die,  dopo  di  averla  divnlgata,  erasi  riconosciuto  dell'er- 
rore?  dove  era  quel  Massimo,  die  1' avrebbe  prontamenle  sfolgorata, 
riducendo  al  silenzio  i  detrattori  di  Onorio,  come  avea  fat  to  nell'A- 
frica?  Eccovi  adunque  gli  avversarii  stessi  confermare  colle  lora 
opere,  die  la  persuasione  dei  popoli  insieme  col  Concilio  stava  per  3a 
orlodossia  di  Onorio. 

Noa  cosi  la  pensa  il  Dollinger :  egli  si  mostra  convinlo  del  con- 
trario ;  rigetla  come  argomento  di  niun  valore  le  testimonialize  gra- 
vissime  dei  coatemporanei  favorevoli  ad  Onorio ,  non  fo  conto  della 
universale  persuasione  dei  callolici  su  tal  proposilo,  e  malamente  ar- 
gomenta  del  Concilio  di  Lalerano.  Ed  allato  di  quale  autorila  egli  si 
mette  nel  presenle  dibaitimento?  Allato  di  quella  degli  erelici  mo- 
notdili,  i  quali  soli  perdurarono  a  dire  Onorio  della  loro  dottrina; 
di  qnesli  invoca  la  tesiimonianza ,  esprime  i  concetti ,  trova  la  sca- 
sa.  Qual  vantaggio  hanno  questi  uomini  sopra  Papa  Giovanni  IV, 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  547 

sopra  S.  Massimo ,  sopra  il  Segrelario  di  Onorio ,  sopra  S.  Mar- 
tino,  S.  Agalone  ed  il  Concilio  di  Laterano,  onde  si  debbano  loro 
preferire  nella  testimonianza  di  questo  fatto  ?  Non  la  slabilita  del 
principii,  perche  variarono  le  cento  volte;  non  la  veracila  dei  loro 
delti ,  perche  furono  colti  tante  volte  in  raenzogna  nella  citazione 
dei  lesti  e  nell' asserzione  dei  falti;  non  lo  spirito  di  moderazio- 
ne,  perche  lormenlarono,  esigliarono  ed  anche  uccisero  quelli  che 
non  la  sentivano  con  essi ;  non  la  solidita  delle  ragioni,  perche  citano 
Onorio  di  loro  parle  e.  non  lo  provano.  Percbe  adunque  il  ch.  Dot- 
tore  non  si  pone  dall'altra  parte,  dove  sfolgorano  sinceriia,  ragioni, 
sapere  ,  generosita  fin  a  dar  la  vita  in  confermazione  del  vero? 
C'  incresce  il  dirlo :  pare  che  glielo  irapedisca  uno  sfavorevole  e 
torto  concetto  appiccaloglisi  in  risguardo  di  Roma.  Di  queslo  cre- 
diamo  effelto  le  inesallezze  che  egli  scrisse  nel  suo  Discorso  sopra 
il  passato  ed  il  presents  delta  .Teoloyia;  le  false  accuse  che  egli 
sparse  Irattando  della  Donazione  di  Costantino ,  e  nella  Faoola 
presente  lo  scusare  a  dirilto  ed  a  rovescio  gli  eretici  a  danno  di 
Onorio,  il  disprezzo  gittato  sopra  gli  argomenti  dei  difensori  del 
medesimo ,  la  infedeltik  nel  recarne  le  testimonianze ,  e  la  insinua- 
zione  a  carico  del  Concilio  tenutosi  in  Roma.  Guai !  quando  si  scri- 
ve  col  pregiudizio;  il  vero  sembra  falso ,  ed  il  falso  vero,  e  che  la 
discussione  proceda  diritla ,  quando  e  torta. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

RACCONTO  STORICO 

DEL  1860  E  1861 


LXIX. 

Tin  pover'  uomo  il  quale  ,  o  per  una  ragione  o  per  un'  altra  ,  sia 
condannato  all'  aspro  mesliero  di  scrivere  cerli  racconti,  che  diver- 
tano  que'  tali  che  aman  leggere  cose  che  non  aggravino  la  lesta ,  si 
irova  spesso  nella  condizione  medesima  di  un  \1aggiatore,  che  pren- 
de  sua  via  per  sentieri  agevoli,  sotto  begli  alberi  fioriti,  altraverso 
campagne  dilellosissime  e  colline  ridenli  di  freschezza,  di  amenita, 
di  verdura.  Ma  che  e,  che  non  e?  Ecco  che,  passo  innanzi  passo,  egli 
entra  in  \ioltole  fuor  di  mano,  che  lo  guidano  a  inerpicarsi  per  erte 
alpestri  e  scoscese,  e  poi  lo  mcltono  sull'  orlo  di  precipizii:  per  is- 
lontanarsi  dai  quali,  gli  e  d'uopo  che  e'  s'  ingolfi  in  luoghi  silvestri  e 
dentro  boscaglie  fitte  e  inlralciate,  ne'  cui  aggiramenti  egli  si  perde 
ed  erra  smarrito  in  qua  ed  in  la ;  pur  beato,  che  1'orma  di  qualche 
piede  umano  gl'indichi  uji'uscita  da  quella  ispida  confusione  di  rovi 
e  di  sterpi,  di  fratte  e  di  callaie.  Coloro  che  hanno  molta  pratica  in 
questa  maniera  di  viaggi,  si  vantano  di  adoperare  una  bussola  che 
dicono  esser  per  loro  come  un  filo  di  Arianna,  che  li  toglie  da  qual- 
siasi  labirinlo :  e  quesla  bussola  e ,  insegnano  essi ,  1'  ordine  della 
cronologia,  ovvero  del  tempo  ;  il  qual  ordine  pretendono  che  sia  la 
cinosura  felice  e  la  infallibile  scorta  di  ogni  loro  piu  laboriosa  pere- 


1A  POVERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC.  549 

grinazione.  Or  noi ,  per  deferenza  ai  precelli  di  maestri  cosi  speri- 
menlati  e  soleimi,  ci  siamo  ancora  noi,  in  questo  nostro  viaggio  non 
lanto  breve ,  studiati  di  far  uso  della  magica  bussola  che  ci  addita- 
vano :  e  per  verita  non  c'  incresce  de'  suoi  servigi.  Ma,  forse  perocche 
T  abbiam  voluta  seguire  troppo  fedelmenle ,  ne  e  successo  queslo 
sconcio,  che  siamo  arrivati  dove  siamo  arrivali,  senza  piu  mai  rag- 
giungere  quell'Olello  di  Bardo,  del  quale  bisogna  pure  che  andiamo 
in  cerca,  e  che  o  vivo  o  morto  lo  scopriamo ,  non  fosse  allro  per  un 
riguardo  di  umanita.  Premeltiamo  poi  quest'  avverlenza ,  sia  per 
iscusarci,  e  sia  perche  appunto  1'  ordine  del  tempo  adesso  prescrive 
che  lo  raggiungiamo  e  che ,  prima  di  checchessiasi ,  vi  teniamo  ra- 
gionamento  di  lui.  II  che  noi  faremo  subilo  e  volentieri:  ma,  al  no- 
slro  solilo,  in  compendio. 

Siccome  narrammo ,  egli ,  losto  che  Guido  fu  ucciso ,  da  Veroli 
si  era  incamminato  alia  volta  di  Porto  d'Anzio,  con  animo  di  pene- 
trare  nella  cilia  di  Gaeta ,  allora  strelta  d'assedio ,  di  abboccarvisi 
con  Felice  e  di  ritornare  subito  presso  Giovanna,  per  miligarle, 
con  le  fresche  e  liele  novelle  del  figliuolo  maggiore,  il  mortale  affan- 
no,  cagionatole  dall'  assassinamento  cosi  barbaro  del  figliuoletto  che 
era  il  cuore  degli  occhi  suoi.  Disegno  ardilo,  ma  non  temerario. 
Stanteche  da  Anzio  a  Gaela  remigavano  bene  spesso,  notletempo  e 
marina  marina ,  burchielli  apporlalori  di  lellere  e  di  messi ;  e  per 
yia  di  queste  furlive  corse ,  la  regina  Maria  Teresa  mandava  da  Ro- 
ma frequenli  nolizie  sue  e  della  reale  Famiglia,  e  ricevea  quelle  dei 
conli  di  Irani  e  di  Caserla  suoi  figliuoli ,  e  del  re  Francesco  e  della 
regina  Sofia,  che  nei  baslioni  di  quella  piazza,  difendevano  gloriosa- 
mente  conlro  gli  usurpalori  i  dirilli  della  corona  e  1'onore  della  tra- 
dila  bandiera  di  Napoli. 

Pervenulo  in  Anzio,  Otello  piglio  lingua  da  marinari  del  Regno, 
che  sempre  si  trovano  in  quel  porlicciuolo  per  opera  della  pesca;  e 
non  indugio  ad  accordarsi  con  un  navicellaio,  il  quale  diedegli  si- 
curia  che  lo  condurrebbe  e  lo  ricondurrebbe  in  meno  di  tre  giornate. 
Detto  fatlo.  Una  sera  fredda,  ma  bastantemente  sereua,  con  tre  robu- 
sli  remalori  egli  mosse  dal  golferello  di  Nettuno ;  e  il  leggerissimo 
schifo,  sul  quale  solcavano  terra  terra  le  placide  acque,  tanto  si 
avanzo,  che  all'  aurora  gia,  rimontato  il  capo  Circello,  vogavano  per 


550  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

la  rada  di  Terracina.  Senoache  col  nascer  del  sole,  il  bel  cielo  che 
era  e  il  buon  mar  che  faceva,  vollarono  in  conlrario:  onde  s'  ebbe  a 
durare  non  piecola  falica  ad  imboccare  il  porlo  della  predelta  cilia  ; 
uel  quale  fa  necessita  meltere  in  riparo  la  navicella,  che  allrimenti 
rischiavano  di  correre  a  forluna  perduta.  Ma  poi  o  fosse  che  i  ftulti 
tardavano  a  rabbonacciarsi ,  o  fosse  limore  di  una  corvetta  sarda 
che  moslravasi  in  ispia  delle  cosliere  ;  fallo  sta ,  che  e  barcaiuolo  e 
remigatori  si  rifiutarono  di  avvenlurarsi  piu  oltre.  Di  che  Olello,  sde- 
gnalo  che  si  rompcssero  in  queslo  modo  le  sue  intenzioni ,  eutro  in 
pratiche  con  una  paranzella  di  pescalori  da  Procida ,  che  erano  per 
salpare:  e  tanto  seppe  dire  a  quella  bonaria  e  fedel  gente ,  che,  per 
amore  del  Re ,  di  cui  si  paleso  loro  soldalo ,  gli  promisero  che  lo 
avrebbero  accoslalo  al  lido  di  un  qualche  riposto  seno  ,  tra  il  monte 
Scauro  e  la  foce  del  Garigliano. 

La  paranza  sferro  soUo  una  gran  forza  di  venlo  ,  steso  poco  men 
che  a  filo  per  poppa :  ondeche,  colla  vela  solo  a  mezz'  asta,  traseor- 
reva  quanlo  un  ballello  a  vapore.  Quesla  volata  pero  menava  troppo 
in  alto  e  luugi  daiia  rivicra:  a  talc  che,  sull'  imbrunire,  i  navigator! 
aveano  preso  tanto  di  largo,  die,  spunlata  Gaeta,  gia  erano  di  rin- 
conlro  all'  isola  Ponza.  Per  lo  che  ammainarono,  e  si  diedero  a  bor- 
deggiare.  Ma  a  nolle  ferma  il  venlo  cambio  e  surso  un  tempo  ri- 
gido  e  nebbioso,  che  tolse  di  vedula  ogni  faro;  e  poscia  si  alzo  una 
cosi  sformata  burrasca,  che  il  legno,  percosso  a  Iraverso ,  non  ebbe 
argomenti  da  cansarsi  dai  cavalloni  che  impeluosissimameiite  lo 
stravolgcano  :  e  per  questo  abbocco  su  1'  un  {ianco,  e,  senza  che  si 
polesse  scorgere  dove  fosse  portalo,  s'  ando  a  chiudere  in  un  ricinto 
di  scogli  inlorno  ad  un  isolotto :  e  quivi  rimase  incagliato  fino  all'alba 
del  di  seguente,  in  cui  venne  soccorso.  Otello,  che  non  aveva  speri- 
mento  del  mare ,  conlultoche  mai  nei  campi  di  batlaglia  non  avesse 
tremato  innanzi  ai  cannoni  e  alia  moschetteria,  pur  non  di  manco  in 
quesla  fiera  notlala  provo  cosi  sensibile  1'  orror  della  morte ,  che 
giuro  in  cuor  suo  di  pigliar  terra  il  piu  presto  possibile ,  e  di  non 
piu  cimentare  la  vita  nei  pericoli  di  un'  altra  navigazione.  II  per- 
che,  aspetlato  il  cessamento  della  tempesta,  spese  1'  ultimo  suo  sol- 
do per  indurre  il  padrone  di  una  tartanella,  che  lo  avesse  tragittato 
nelle  vicinanze  di  Napoli.  E  cosi,  sbarcato  a  Sorrento,  il  nono  gior- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  551 

no  da  che  s'  era  diparlilo  da  Veroli ,  entro  nclla  ciltci  patria ,  secco 
di  moneta,  slanco,  affamato,  lacero  de'panni  chc  era  una  comr/as- 
sione  a  vederlo. 

Incontanente  e'  fece  capo  all'iiscio  di  don  Pasquale,  suo  zio  e  lulo- 
re ;  e  gli  si  prosentu  in  atli  e  in  parole  piii  da  mendico  supplichevole, 
che  non  da  nipote  e  pupillo.  Ne  le  prime  accoglienze  furono  acerbe. 
L'  avaro  uomo  gli  si  mostro  di  buon  viso  e  facile  a  ristorarlo  si  di 
denaro,  come  di  qualunque  altra  cosa  gli  bisognasse:  ma  al  palto  che, 
abbandonala  la  bandiera  del  re  Francesco,  si  arrolasse  poi  in  un  reg- 
gimento  di  cavalleria  piemontesc;  nel  qiwle  egli  s'impognerebbe  di 
farlo  riccvere  con  promozione  e  vanlaggio.  Otello  adirussi  di  que- 
sta ,  che  egli  chiamava  proposta  infame  e  da  Giwla;  e  nell'  ardore 
della  sua  collera  soldatesca,  non  si  conlenne  dal  dire  e  ridire  che  In- 
canzi  si  sarebbe  lasciato  fare  in  pezzi,  che  sporcarsi  con  le  assise  dei 
nemid  del  suo  Re  e  dei  predoni  del  Regno;  e  aggiunse  una  litania 
d'improperii  a  quelli  die  egli  inlitolava  assassini  dell'Ilalia.  Don  Pa- 
squale non  si  altero  pun  to  per  quesli  imporluui  sfoghi  del  giov'ane, 
e  si  conlentd  di  rispondergli  pacalamenle:  —  Vabene,  ho  capito! 

Ma  che  avea  egli  capito  coslui?  Otello  se  ne  accorsc  il  domani, 
quando  fu  iinprovvisamente  sorpreso  da  Ire  Carabinieri  che  gl'  inll- 
marono  1'arreslo:  •—  A  me?  grido  egli  frnganclosi  nel  pelto. 

—  Si ,  a  voi :  non  siele  voi  Olello  di  Bardo? 

—  A  me?  1'arresto?  e  Irasse  fuori  una  pistola  girante. 

—  Rispeltate  la  forza  pubblica !  lo  sgrido  il  brigadiere  afferran- 
dogli  il  pugno  armato,  mentre  i  due  compagni  lo  abbrancavano  pei 
gomili. 

—  Dove  mi  conducele?  interrogo  Fallro  cedendo  la  pistola. 

—  Nella  prigione  nulilare  di  Castel  sant'  Elmo. 

—  E  perche ? 

—  Per  cautela. 

—  Vabene,  ho  capito !  disse  il  giovane  ancor  egli  alia  sua  volta; 
e  prorolto  in  un  pianlo  disperalissimo,  sail  dolentemenle  nel  carcere 
della  forlezza.  Ma  rgli  non  pianse  di  dolore  per  se,  o  per  dispel- 
to  che  lo  zio  disamoralo  !o  trallnsse  con  si  inumana  perfidia ;  sib- 
bene  pianse  e  si  dolse  per  Giovanna,  per  Pellegrino,  per  Maria  Flo- 
ra ,  e  per  le  lagrime  che  la  sua  lonlananza  avrebbc  lor  fatte  span- 


552  LA  POVERELLA  DI  CASAMAR1 

dere,  Dio  solo  sapeva  con  qiiale  misura  e  per  quanto  tempo.  Questa 
fu  la  spina  del  suocuore,  questo  il  martirio  deH'anima  sua,  nei  lun- 
ghi  raesi  die  gli  tocco  marcire  entro  le  casamalte  del  forte.  0  veg- 
ghiasse  o  dormisse ,  queslo  era  il  cruccio ,  lo  struggimento ,  1'  ago- 
nia  del  suo  spirito.  Col  corpo  egli  geraeva  nel  fondo  di  un  torrione 
di  Napoli:  con  la  fantasia,  era  sempre  in  Veroli,  dove  slimava  che 
dimorassero  quei  Ire  pegni  diletlissimi  della  sua  vita;  e  nolle  e  gior- 
no  soguava  loro,  e  sospirava  per  loro,  e  si  consumava  di  loro,  e  sma- 
niava  di  una  implacabile  ansiela,  che  mille  e  mille  foschi  presagi  gli 
suscitavano  senza  posa  nella  sgomentata  immaginazione. 

J)a  prima ,  per  un  cccesso  di  gelosia  ,  egli  fu  posto  allo  slrelto  in 
un  ergastolo,  forse  il  piu  pulido  ed  oscuro  di  quella  rocca.  Ma  poi, 
verso  le  fesle  di  Pasqua,  lo  allargarono  alquanlo  :  e  nel  Maggio,  per 
1'  inlercessione  di  un  uffiziale  lombardo  che  lo  piglio  a  benvolere , 
otlenne  licenza  di  andare  anche  libero  pel  Castello,  e  di  usare  con  le 
milizle  che  lo  presidiavano.  Tra  queste,  mescolali  a  un  buon  numero 
di  Piemonlesi,  erano  varii  Napolitani  dell'antico  esercilo  ,  ed  allresi 
parecchi  Romagnuoli,  slrappati  alle  loro  famiglie  e  che  stavano  sot- 
to  le  insegne  sarde,  come  i  bracchi  alia  catena.  Otello  si  addomesti- 
co  mollo  intrinsecamente  con  alcuni  di  que'  suoi  nazionali ,  che  gli 
parevano  piu  avversi  di  animo  a'  Piemontesi  e  quindi  meglio  dispo- 
sli  a  gabbarli ;  e  insieme  fece  amisla  con  due  Romagnuoli,  1'uno  di 
Cesena  che  avea  norne  Angelo  ,  1'altro  di  Rimini  che  avea  nome  Sa- 
verio;  ambedue  giovanolti  di  grandissimo  cuore  ,  ma  pieni  di  aslio 
contro  i  novelli  dominalori  delle  Romagne  ,  e  cani  e  galti  coi  com- 
militoni  piemontesi  del  reggimento :  Unila  d'  Italia  ! 

Con  cos  loro  1'  amicizia  del  nostro  prigioniero  divenne  cosi  affet- 
tuosa,  che  cglino  ,  per  pieta  di  lui  e  della  sua  innocenza  ,  delibera- 
rono  di  dargli  mano  a  fuggire.  Adunque  travestitolo  con  vecchi  abiti 
da  granatiere,  e  colta  un'ora  in  cui  la  guardia  era  Mia  da  Napolita- 
ni co'  quali  si  erano  intesi,  preserlo  in  mezzo,  e,  simulando  di  uscire 
per  loro  diporto ,  lo  trassero  fuori ,  accompagnaronlo  fmo  ad  un  na- 
scondiglio  ove  smise  il  travestimento  ,  e  con  lieti  augurii  e  con  un 
regaluccio  di  cinque  lire  lo  accomiatarono.  —  Che  possiate  essere 
benedelti !  sclamo  Otello  stringendo  loro  le  mani ;  di  certo  qualche 
sant'anima  dee  aver  pregalo  in  cielo  per  me !  E  andossi  con  Dio. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  553 

Ouesto  trafugamcnto  avvenne  1'otto  Agosto,  diciassellesimo  gior- 
DO  clopo  1' arrive  della  nobile  e  ricca  dama  appo  il  nostro  Traiano,  e 
nell'  ora  die  ragguagliatamcnte  era  1'  ultima  innanzi  il  tramontare 
del  sole. 


LXX. 


Guardate  casi !  In  quel  giorno  e  soltosopra  in  quella  medesima 
ora ,  clie  Olello  di  Bardo  riusciva  in  Napoli  a  deludere  la  \igilanza 
de'  suoi  nemici,  a  trafugarsi,  a  salvarsi ;  in  Roma  la  slrada  nella  qua- 
le  Traiano  abitava  era  ingombra  di  genti ,  che  presso  il  suo  portono 
facevano  crocchi  e  capannelli ,  e  stavan  li  ferme  a  bisbigliare  e  in 
aria  di  allendcre  clie  si  appagasse  una  comune  curiosila.  II  porto- 
ne  aveva  le  imposte  socchiuse :  ma  in  guardia  ci  era  un  cotal  pezzo 
d'uomo  barbulo  e  arcigno  di  faccia,  il  quale  vietava  bruscamen- 
te  1'ingresso  a  molti  che  il  sollecitavano :  e  dove,  per  tener  lungi  i 
profani  da  quella  soglia,  non  bastassero  i  rifiuti  secchi,  valevasi  di 
gomilale,  di  urti  e  aneora  di  una  mazza  che  aveva  nel  pugno.  Co- 
slui  con  grande  falica  dava  1'adito  a  qualche  rarissima  brigatella  di 
signori  o  di  signore,  che  si  accostavano  a  chiederglielo,  perche  que- 
ste  privilegiale  persone  erano  o  amiche  o  parenti  della  famiglia  :  e 
per  quell' aperlura  s'  introducevano  Tuna  appresso  dell'aUra,  lacite 
e  non  certo  coll'  andar  lieto  di  chi  e  ammesso  al  godimento  di  una 
festa.  A  mano  a  mano  poi  che  il  sole  declinava,  i  pacifici  gruppi  dei 
sopraddetli  curiosi  crescevano,  e  la  lurba  ingrossava  gia  tanto,  che 
la  strada  ne  ridondava  e  gli  sbocchi  dei  vicoli  n' erano  slipali. 

—  Che  novila  era  questa? 

Ah,  leltore!  volele  sapere  la  novita?  Ella  era  che  si  aspellava 
1'apparizione  di  un  angelo,  il  quale  slava  per  uscire  da  quel  porlo- 
DC  ;  e  si  aspetlava  con  gran  desiderio,  conciossiache  era  voce  che  e' 
fosse  un  bellissimo  angelo,  degno  di  essere  contemplalo  da  chiun- 
que  aveva  occhi  per  gustare  bellezza. 

Se  il  burbero  uomo,  che  ne  impediva  soldatescamenle  1'  accesso, 
avessevi  concedulo  di  por  piede  nell'atrio  ,  voi  ne  avresle  trovato 
il  pavimcnlo  sparso  di  verdi  foglie  di  mirto,  sino  ad  una  porlicciuo- 
la,  che  era  1&  in  fondo  a  mano  manca  di  un  androncello ;  e  melleva 


554  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

in  un'ampia  stanza  terrena  assai  luminosa,  bene  scialbata  e  di  gra- 
to  aere.  Quivi,  se  vi  fosle  affacciato,  avreste  vedutal'  accolta  de'  pa- 
rent! o  degli  amid  di  casa,  quali  lifli  e  quali  in  ginocchio,  far  niesla 
corona  ad  una  sonluosa  bara  fulgenle  di  oro,  coperta  di  bianche 
stoffe,  adorna  di  freschissimi  e  odorosissimi  fiori  e  circondatada  sei 
torchi  di  cera,  clie  ardevano  sopra  allrettanti  candelabri  di  metallo 
argentato.  Cbe  se  plan  piano  \i  foste  inollrato  anche  voi ,  e  fatlovi 
uri  poco  piu  vicino  alia  bara ,  vi  avresle  ammirato  disteso  sopra  il 
bell'angelo,  che  alia  grazia  del  componimenlo,  alia  soavita  dei  sem- 
bianti ,  al  candore  dei  veli ,  alia  fragranza  che  tramandava,  \i  saria 
proprio  parso  cosa  di  paradiso. 

—  Ma  e  quest'  angelo,  chi  era  egli  adunque? 

Oziosa  dimanda !  Voi  gia,  con  uno  di  quei  presagi  clie  non  fallano 
mai,  avete  indovinato  chi  fosse:  e  ancora  ce  ne  interrogate?  Piuttosto 
lasciale  che  seguiliamo  a  narrarvi  lutto  cio  che  avresle  veduto  e  udi- 
to,  se  allora  \?i  fosse  av\7enuto  di  essere  in  quella  stanza. 

Approssimandovi  a  quella  bara,  che  per  1'adornezza.rassomigliava 
ben  piu  ad  una  nuzial  pompa  che  ad  un  funereo  calaletlo,  1'occhio 
naturalmente  vi  sarebbo  subilo  cos'so  al  volto  deila  gentilissinaa  ver- 
ginella,  che  vi  giaceva  sopra  esanime  e  supina.  E  voi  all'  aspelto  di 
quelle  fattezze  cosi  pure,  terse  ed  inallerale;  di  qucl  dolce  soriiso 
non  polulo  spegnere  dal  feral  e  soffio  di  inorte ;  di  quelle  grand!  e 
alabastrine  palpebre,  chiuse  come  ad  un  placido  sonno ;  di  quella 
fronle  gelida,  ma  serena  e  vagamcnte  inghirlandata  di  iiori  d'arancio; 
di  quella  nera  e  lucida  capigliatura  ,  che  le  calava  giu  ad  anella  per 
gli  omeri;  voi  vi  sareste  senlito  preso  da  un  rivereoziale  slupore, 
misto  ad  un  senso  di  tal  inesprimibiie  compunzione ,  che  sarestevi 
inghiocchiato,  e  anche  voi  avresle  sclamato  in  cuor  vostro:  —  Ah, 
questo  e  un  serafino  di  Dio ! 

La  virginal  salma  di  Maria  Flora  posava  su  di  uno  stralo  di  seta 
cappa  di  cielo  a  Irapunto,  semioalo  di  stelluzze  d'argento,  di  gelso- 
mini  e  di  rosette  di  Francia.  Tulta  la  persona  avea  riveslita  di  ua 
garbatissimo  abito  di  merlelto  bianco,  assetlato  con  bell'  acconcezza 
di  pieghe,  serrato  alia  vila  da  una  cintura  di  vellulo  cilestre  con  fer- 
maglio  di  rubini ;  e  dal  capo  scendevale  per  le  spalle  un  manlo  di 
simil  merletto,  stendentesi  fino  ai  piedi,  i  quali  avea  calzali  da  pia- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  555 

nelline  di  raso  niveo,  coi  nastretli  vermigli.  La  testa  di  lei  si  appog- 
giava  ad  un  guanciale  di  ermesino  biadetto  a  frange  e  nappe  d'oro : 
dal  collo  pendeale,  ravvolto  a  tre  giri,  un  rosario  di  crislallo  di  roc- 
ca  in  filigrana  di  argon  to ,  e  la  medaglia  dell'  Immacolata  Madre 
di  Dio,  tulla  di  oro,  le  brillava  a  mezzo  del  petto,  sopra  un  nodo  di 
lucenlissimi  zaffiri.  Le  mani  teneva  piamenle  composte  sul  seno. 
Con  la  dirilta  slringeva  un  piccolo  Crocifisso  di  madreperla;  con  la 
sinistra  un  giglio:  ed  ai  polsi  aveva  due  gemme  d'acqua  marina  le- 
gate da  soliilissimi  fili  d'  oro,  cbe  davano  mirabil  \isla  a  qnelle  sue 
dita  fine  che  pareano  fatle  al  tornio,  e  candide  quasi  avorio.  Agli  an- 
goli  della  bara  spiccavano  grossi  mazzi  di  fiori  a  piramidi,  ciascuno 
dei  quali  lerminava  con  magnolie  che  spargevano  un  olezzo  dilica- 
lissimo;  alle  sponde  festoncini  di  ellera  e  di  rose;  appiedi  una  coro- 
na di  camelie  bianchissime. 

-  0  quanlo  e  bella !  quanto  e  carina !  esclamavano  li  inlorno  gli 
.astanli ;  la  direste  una  vaga  sposa  nel  di  delle  nozze. 

—  E  cosi  e  veramente!  replica\7a  il  padre  Eusebio;  quest'  anima 
inleraerata  celebra  ora  nel  santo  paradise  le  sue  nozze  con  1'Agnello 
di  Dio:  ell'e  sua  sposa,  e  i  con  degli  angioli  adesso  la  festoggiano. 
Forlunala  crealura !  Piacesse  al  Signore  che  loccasse  anche  a  noi  la 
sorte  di  morire  come  lei ! 

E  men  tre  queste  cose  dicevansi  a  voce  sommessa,  avresle  vedute 
schive  donzelle  e  paurose  bambine  appressarsi  animosamente  a  quel 
feretro,  vagheggiarlo  a  parte  a  parle,  fisare  con  occhio  tra  divoto  e 
compassionevole  il  viso  della  morta  fanciulla,  e  chinalesi  apporre  le 
labbra  alle  sue  mani,  e  imprimervi  baci  amorosissimi;  e  poscia  giltare 
un  sospiro,  asciugarsi  una  lagrima  e  susiirrare  fra  loro:  —  Beata  lei ! 

A  un  canto  di  quella  stanza,  dirimpelto  alia  bara,  avreste  veduta 
Flamioia,  assisa  in  uno  sgabellelto,  gemebonda,  pallida,  con  le  mani 
incrociate  sulle  ginocchia,  col  guardo  immobilmente  rivolto  nella 
faccia  di  Maria  Flora,  stare  assorla,  quasi  fosse  di  inarmo,  in  un'an- 
gosciosa  contemplazione,  dalla  quale  non  valevano  a  stornarla  ne  i 
saluti  delle  amiche,  ne  i  carczzcvoli  conforti  delle  compagne.  Ella 
era  muta,  era  sorda  e  sembrava  cziandio  cieca.  Non  risalutava,  non 
rispondeva,  non  poneamente  a  chi  che  si  fosse;  non  faceva  alto,  ge- 
slo,  moto,  che  non  significasse  accoramento  sconsolatissimo. 


556  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

Di  dietro,  a  un  allro  canto,  era  Maddalena  intorniata  da  un  circolo 
di  conoscenti,  con  cui  s'  interteneva  a  parlare.  Ancor  essa  era  trista 
e  rammaricata;  ma  Y  afflizione  sua  era  soavizzata  da  un  sentimento 
di  religiosa  pieta,  che  le  rendea  piacevole  il  favellare  della  invidiabile 
morte  di  questa  giovinelta,  ch'ella  molto  semplicemente  paragonava 
ai  transit!  piu  felici  delle  sante  Vergini,  le  istorie  delle  quali  aveva 
imparate  nel  leggendario. 

LXXI. 

—  Di  grazia,  il  signor  Traiano,  dov'e  egli?  si  avvicino,  a  inter- 
rompere  i  ragionamenti  di  Maddalena ,  un  uomo  in  panni  civili  e  di 
maniere  condite  d'urbanila. 

—  Signor  Gaudenzio  mio ,  egli  e  ito  oggi  in  Civitavecchia  con  la 
mia  Lucilla,  per  accompagnarvi  quella  buona  signora  santola  e  cu- 
gina  della  nostra  angioletta. 

—  Ah !  ecco  perche  io  non  lo  incontrava. 

—  Si,  e  partito  pochissimo  tempo  fa.  Che  yuole?  quella  povera 
signora  non  ne  poleva  proprio  piu !  Bisognava  allontanarla  di  qui  ad 
ogni  pallo.  C'era  a  temere  che  non  impazzisse. 

—  Eh,  figuratevi  che  passione  per  lei!  soggiunse  una  delle  cir- 
costanli. 

—  0  Dio !  non  vi  pot  res  te  fare  un'  idea  di  do  che  quella  donna 
ha  sofferto !  Si  vede  che  ella  amava  Fioretta,  con  un  amore  che  avea 
della  frenesia.  Uh ,  mai  non  mi  sarei  immaginato  che  fosse  possibi- 
le  giungere  tanto  in  la  con  le  tenerezze !  Eppure,  si,  noi  madri,  d'a- 
more  pe'  figliuoli  ce  ne  intendiamo!  Sino  dal  primo  giorno  che  ven- 
ne  ,  quando  il  male  della  ragazza  non  dava  ne  innanzi  ne  indietro  , 
ella  a  tulti  i  cosli  s'era  impuntala  a  volerla  condurre  con  se  neir  al- 
bergo.  Per  distornela,  fa  riecessario  fare  intervenire  il  medico,  il  quale 
dichiaro  netto  che,  se  si  movea  la  malata  dalla  sua  stanza,  egli  se  ne 
lavava  le  mani,  e  non  faceva  sicurla  degli  effetti  che  ne  seguirebbero. 
Allora  ella  si  rassegno  a  lasciarcela  ,  ma  a  condizione  che  potesse 
abitare  con  noi,  e  vigilare  il  giorno  e  la  notte  la  sua  cara  figlioccia. 
E  noi,  era  da  presumersi  che  le  avessimo  delto  di  no? 

—  Ne  manco  per  burla !  riprese  un'ascoltatrice. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  557 

—  II  signor  Traiano  e  la  signora  Maddalena ;  aggiunse  Gauden- 
zio ;  hanno  un  appartamento  che  puo  starvi  d'alloggio  ancheuna  .  . . 

—  Modeslamenie,  da  pari  nostri,  si  sa,  abbiamo  cio  che  occorre. 
Non  credeste  pero  che  quella  gran  dama  avesse  troppe  esigenze. 
Oibo !  Noi  le  offerimmo  tre  camere ,  tulle  ammobiliate  con  un  cerlo 
lusso ;  insomma  le  migliori  di  lutta  la  casa.  Ella  ne  accetto  una 
sola:  e  poi  in  ultimo,  quando  Fiorella  peggiorava,  fummo  coslrelti 
di  acconciarle  un  letto  nella  stanza  della  giovane,  perche  non  ci  era 
piu  modo  di  slrapparla  dal  capezzale  di  lei.  Che  diligenze !  che  fi- 
nezze !  che  spedienli  di  nuova  invenzione  strologava  ella  di  continue, 
per  salvare  queH'amabile  creatura!  Era  un  perpetuo  va  e  vieni  della 
sua  carrozza,  per  mille  commissioni  di  medici  e  di  medicine,  di  ba- 
raltoli,  di  delicatezze  che  noi  neppure  ci  sognavamo.  EH'ha  speso  un 
tesoro!  e  diceva  che,  per  guarire  questa  figliuola,  era  conlenta  di 
buttar  via  diecimila  scudi.  I  Iridui,  le  novene,  le  messe  che  faceva 
celebrare,  non  sono  da  contarsi.  In  due  seltimane  ha  radunati  olto> 
consulti ;  £  quasi  sernpre  di  medici  nuovi.  Oggi  era  un  ledesco  , 
posdimani  era  un  inglese.  Or  voleva  lentare  1'  omeopatia  :  ora  quel- 
1'allra  cura,  come  la  chiamano  ?  basta ,  e  un  certo  nomaccio !  E  poi 
non  ha  chiamalo  col  telegrafo  un  dottore  francese,  il  quale  e  venuto 
apposta,  ed  e  arrivato  in  punlo  per  dichiarare  spedita  affalto  Tin- 
ferma? 

—  Ma,  in  sostanza,  che  malaltia  era  la  sua?  dimando  un' arnica. 

—  Hum !  ne  sapete  voi  nulla  ? 

—  lo?  no. 

—  Tanlo  ne  so  io ,  e  altrettanlo  ne  hanno  sapulo  i  medici ,  con 
tulto  che  si  sieno  spremuto  il  cervello  per  indovinarla.  Nessuno  per6 
dubitava,  che  non  fosse  una  consunzione  rapida  rapida  degli  organ! 
\itali;  e  pare  che  la  sede  del  male  fosse  nel  cuore.  E  inut;le  farci 
sopra  lunarii.  Senza  un  miracolo ,  quel  bell'  angelo  non  poteva  piu 
vivere  in  terra:  che  serve  accusare  i  medici? 

—  Beata  lei !  sclamo  una  buona  vecchierella  tulta  commossa ;  el— 
1'era  un  frutlo  mature  pel  paradiso ;  c  Dio  se  lo  e  collo. 

—  Non  c'&  altro  a  ridire ;  incalzo  il  signor  Gaudenzio  ; 

Quel  fior  che  e  caro  al  ciel,  giovin  si  miete  I 


558  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

—  Giovane  piu  eara  al  cielo  di  quesla  Fiorelta,  io  non  saprei  di- 
Tisannela.  Ell'  ha  fatta  una  di  quelle  morti ,  che  non  c'  e  santo  al 
mondo,  il  quale  non  gliela  invidiasse.  II  padre  Eusebio  mio  cognalo, 
che  Tha  assistita  con  una  carila  rara  fino  agli  estremi,  si  prolesla  di 
non  aver  mai  veduto  allri  fare  una  morte  simile,  nemmeno  tra  i  suoi 
fralicelli,  che  pure  ne  muoiono  tanti  chesembrano  san  Luigini.  Egli 
dice  ,   che  quell'  anima  dev'  essere  volata  rilta  riita  nelle  braccia  di 
Gesu  Cristo,  come  una  innocente  colomba;  e  che  il  purgatorio  essa 
non  1'ha  toccato  davvero!  Gia,  poverella!  del  purgatorio  ne  ha  fatto 
tanlo  in  questa  \;ila,  che  sfido  io  a  fame  di  piu  ! 

—  Basta  guardarla !  soggiunse  una  di  quelle  che  Y  ascoltavano ; 
la  sola  sua  faccia  moslra  ch'ella  e  una  predeslinala.  Chi  ha  mai  VG- 
duto  un  cadavere  piu  grazioso  di  questo?  A  me  la  mi  par  piu  bella 
morta  che  viva. 

—  Eh,  il  lume  degli  occhi,  le  manca!  ripiglio  Maddalena  tergen- 
dosi  i  suoi  che  gocciavano  ;  se  quel  paio  d'  occhi,  che  non  aveano  i 
compagni ,   fossero  aperli  e  rilucessero ,  oh  ancor  io  la  direi  quasi 
piu  bella  morta  che  non  era  viva!  Ma  quegli  occhi  si  sono  spenli,  e 
ora  son  chiusi ;  e  glieli  chiudemmo  ,  il  deslro  la  sua  santola  e  il  si- 
Bistro  io.   Ah  quegli  occhi  soao  chiusi,  e  per  sempre!  E  qui  Mad- 
dalena sbollo  in  singhiozzi ,  che  provocavano  a  lagrimare  quei  che 
la  udivano. 

—  Per  allro,  quel  senior  di  vermiglio  che  le  e  rimasto  nelle  due 
guance ,  quello  e  cosa  arlificiale,  e  belletlo ;  non  e  vero  ? 

—  Nienle  affallo!  e  color  suo  naturalissimo.  0  che  credete? 

—  Pare  impossible ! 

—  Noi  non  le  abbiamo  aggiunlo  altro  abbellimento,  che  il  veslia- 
rio  voluto  dalla  sua  cugina;  ma  che  costa  una  moneta,  sapete? 

—  E  a  chi  andranno  1'abilo  e  il  manto  di  merletto,  e  quelle  gioie 
cosi  preziose? 

—  A  chi?  resteranno  a  lei. 

-  Come!  la  seppellite  con  indosso  quella  bagattclla  di  roba? 

-  Tal  quale.  E  ordine  espresso  della  signora,  che,  dopo  traspor- 
tato  in  chiesa  ,  il  corpo  sia  rinchiuso  in  tre  casse  alia  presenza  di 
quatlro  tesiimonii,  e  sigillalo:  e  vi  s  ha  da  porre  cosi  vestita  com'e 
ora,  e  non  le  s'ha  da  levare  nemmeno  un  filo. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861 

—  Colesti  poi  sono  scialacquaracnti  inutili ;  -  proprio  capricci  di 
signori!  Meglio  era  spendere  per  suffragio  dell'anima  sua. 

—  Ebbene,  quesla  considerazione  si  fece  fare  alia  dama:  ed  ella 
die  rispose?  rispose  che  i  merlelti  e  le  gioie  non  polevano  esser 
adoperate  meglio,  che  a  cuslodire  le  ceneri  di  una  beala. 

—  Queslo  e  un  argomenlo  che  mm  ha  replica ;  disse  un  abalino 
che  era  della  brigata. 

—  Tan  to  piu  ;  seguito  Maddalena;  che  pei  suffragi  ella  ha  fatle 
disposizioni  larghissime.  OHre  il  funerale,  che  si  celebrera  domallina 
e  splcndido ,  ha  lasciate  liraosine  perche  si  dicano  mille  messe  nel 
ternaine  di  trenta  giorni.  Avrebbe  ancora  desiderate  di  erigerle  un 
monumento  nel  cimitero.  Ma  Fiorella  non  acconsenti ,  e  supplied 
cT  essere  collocata  sollerra  senza  un'  ombra  di  distinzione  :  e  se  lo 
fece  promeltere;  dando  per  ragione  ,  ch' ella  amava  un  sepolcro 
uguale  a  quelio  di  suo  padre  ,  di  sua  madre  e  de'  suoi  fralelli ,  i 
quali  giacciono  in  povere  fosse  e  col  semplice  ornamento  di  una 
croce  di  legno. 

—  Che  nobilta  di  sentimenli,  e  che  virtu  sublimi,  in  una  donzella 
di  diciassett'anni !  A  quel  die  pare,  essa  dovea  trattare  della  sua  raor- 
te,  comenoidi  fare  una  gita  a  Frascali  o  una  cenelta  alia  vigna,  no? 

-  Lo  stesso  per  appunto.  Dacche  la  si  mise  in  lello  con  la  feb- 
bre,  non  discorreva  piu  d'allro  che  di  andare  in  paradiso  :  e  ne  ra- 
gionava  con  una  sicurezza  e  un'  aria  di  giubilo ,  che  i  medici  e  noi 
n'eravamo  trasecolaii.  Sembrava  addirittura  ch'ella  n'avcsse  avuta 
rivelazione.  E  io,  interrogatone  il  Parroco,  m'  intesi  dire  che  certe 
anime  straordinariamenle  buone,  alle  volte  ricevono  da  Nostro  Signo- 
re  questo  privilegio,  di  presenlire  il  loro  vicino  passaggio  all'eterni- 
ta;  e  che  egli  non  dubitava  nulla  che  Fioretta  fosse  di  questo  nu- 
mero,  stanleche  Dio  1'  aveva  guidala  per  una  via  d'  insolile  tribola- 
zioni,  da  lei  sopportate  con  pazienza  insigne;  e  concludeva,  che  que- 
sta  flgliuola  era  una  di  quelle  secrete  vittime  che  il  Signore  elegge 
e  prepara  a  grandi  sacrifizii,  per  gli  allissimi  lini  della  sua  giustizia 
e  della  sua  misericordia ;  e  che  queste  creature  ignole  agli  uomini , 
neglelte  e  spregiale,  son  quelle  che  disarmano  1'  ira  di  Dio,  il  quale, 
in  grazia  di  loro,  sosliene  queslo  mondaccio  scellerato  e  non  lo  crol- 


2)60  IA  POYERELLA  DI  CASAMAR1 

la  dai  fondamenli,  in  pena  di  tante  colpe  che  lulti  vi  commettiamo. 
Che  ne  giudicate  voi.  don  Michelino? 

—  Giudico  che  il  signor  Curato  parlava  ameraviglia  bene;  ripre- 
se  il  giovine  abate.  Non  bisognava  meno  di  tanto,  per  fare  di  una 
tenera  e  debole  ragazzetla  una  colonna  di  forlezza  cosi  divina.  Ci  bi- 
sognava una  elezione  non  ordinaria. 

—  Uh  Gesu  mio  buono !  sclamo  allora  una  mamma  che  a\7ea  se- 
co  due  bambolelti,  dei  quali  uno  laltanle ;  non  c'  e  proprio  altro  che 
i  grand!  sacrifizii  che  ci  possano  aiuiare  a  salvarci.  E  quesla  angio- 
lina,  chi  sa  quanti  n'  avra  dovuti  fare ! 

-  0,  dilelo  a  me!  ripiglio  Maddalena.  I  sacrifizii  che  ha  fatti, 
sono  coso  che  meritcrebbero  d'  essere  stampate.  Umanamente  par- 
lando,  ella  era  ncl  colmo  dclla  sua  fortuna.  La  santola  se  1'  adoltava 
per  figliuola,  e  la  costiluiva  erede  di  un  grosso  patrimonio.  Quanli 
castelli  in  aria  fabbricava  sopra  di  lei  quella  povera  dama !  Fiorelta 
era  promessa  ad  un  nobile  giovane  uffiziale  dcH'esercito  napolilano, 
suo  fralello  di  latle,  del  quale  da  forse  oilo  mesi  non  si  sono  piu  avu- 
le  notizie.  Or  bene  quella  signora  godeva  di  lusingarla  che,  appena 
guarila  lei,  sarebbero  andale  a  cercarlo  insieme  nel  Regno  ;  che  la 
-avrebbero  trovato  ;  che  sub! to  si  sarebbero  impalmati  sposi ;  e  poi 
avrebbero  viaggiato,  e  poi  sarebbero  tornali  in  Roma  nel  Maggio,  per 
fare  le  nozze,  e  poi  sarebbero  passati  in  una  bella  villa  in  Francia,  e 

poi in  somma  almanacchi  senza  fine !  Ma  quell'animuccia  di  Dio, 

che  si  era  dislaccata  da  ogni  affetto  lerreslre,  la  riguardava  sempre 
con  un  certo  riso  e  con  una  tal  mossa  d'occhi,  che  avrebbero  disin- 
gannalo  non  so  io  chi.  E  cio  non  bastando :  «  Zia  mia  cara ;  le  ris- 
pondcva  lisciandole  le  due  mani;  perche  illudervi?  Io  mi  sento  invi- 
tata  ad  altre  nozze,  ad  altri  viaggi,  ad  altre  ville.  Lassu,  lassu,  ca- 
pite?  Non  mi  fale  dissipare  la  menle.  Io  non  posso  guarire ,  ma  deb- 
1)0  salire  lassu,  e  per  questo  non  voglio  pensare  ad  allro.  Ad  Otello 
pensero  in  cielo,  e  cola  pensero  anche  a  voi ;  e  quando  1'  ora  vostra 
sia  venuta,  non  dubitate  che  scendero  ad  accogliervi  in  compagnia 
dei  sanli  angioli.  »  E  la  dama,  in  udire  queste  parole,  si  disti'Uggeva 
In  lagrime,  si  affannava  e  se  la  serrava  Ira  le  braccia,  con  una  vee- 
jnenza  d'amore  e  di  dolore,  che  noi  temevamo  non  la  soffocasse.  OM 
che  scene ! 


RACCONTO  STORICO  DEL  i860  E  1861 

—  Scene  che  ad  assistervi,  io  mi  sarei  sentito  scliiantar  il  cuore;  dis- 
se il  signor  Gaudenzio  stropicciandosi  le  ciglia  col  dorso  di  una  mano. 

—  E  si,  die  noi  penavamo  poco  a  starci  present! !  Buono  pero  che 
quella  dama,  grazia  sua,  mi  ascoltava  e  si  lasciava  persuadere  dal- 
le mio  ragioni!  Di  falto  come  fummo  all' ultimo  punto,  quando  la 
moribonda  era  sullo  spirare ,  se  non  fossi  stala  io ,  chi  sa  in  quali 
furori  sarebbe  trascorsa !  Maio  tanto  mi  adoperai,  che  la  potei  quie- 
tare.  Ancor  ella  s'  inginocchio  prcsso  al  lelto,  e  rispondeva  con  noi 
alle  orazioni  degli  agonizzanli,  recilale  dal  padre  Eusebio. 

—  Dio !  che  anguslia  a  vedersela  morire  sotto  degli  occhi!  mor- 
moro  1'  abatino. 

—  Eppure,  don  Michelino  mio,  sappiate  che  1'angustia  fa  ininore 
che  non  credevamo.  In  quel  momento  che  la  nostra  angioletta  co- 
mincio  ad  agitarsi,  a  sorridere  ,  a  dimenare  le  mani  come  se  tripu- 
diasse,  ci  rizzammo  tutti  con  meraviglia:  ementre  il  padre  Eusebio 
le  dimandava :  «  Figlia  mia  ,  che  hai »  ?  e  le  accostava  il  Crocifisso 
alle  labbra ;  ella  inchino  un  tantino  il  capo  sopra  Gesu  Cristo,  man- 
do  un  sospiro  e  rimase  immobile  e  con  la  bocca  composla  a  quel  suo 
bel  sorrisetto.  «  E  passata!  »  disse  il  cognato  mio,  e  si  mise  in  gi- 
nocchio.  A  noi  non  parea  vero.  Me  le  feci  sopra,  la  scossi,  la  chia- 
mai :  ah,  pur  troppo,  era  morla  ! 

La  donna ,  che  era  in  vena  di  continuare  quesle  patetiche  descri- 
zioni,  sospese  di  colpo  il  suo  dire,  per  1'  ingresso  di  due  chierici  in 
cotta,  i  quali  annunziarono  che  ecco  il  clero  e  le  fraterie  per  levare 
il  cadavere.  Maddalena  muto  colore,  si  alzo,  corse  aFlaminia  e  strap- 
pandola  di  forza:  — Vieni;  le  grido  con  alterazione  vivissirna;  \ieni 
a  dare  un'ultima  occhiata  a  Fioretta ,  che  ce  la  portano  via.  Presto, 
e  montiamo  su  subilo. 

La  giovane  balzo  in  piedi,  e  ruggendo  smaniosamente  si  ayvenlo 
in  compagnia  della  madre  sul  ferelro ,  e  con  lamentosissimo  pianlo 
saluto  e  abbraccio  la  mortale  spoglia  di  Maria  Flora.  —  Anima  be- 
nedelta,  va  in  pace  e  prega  per  noi !  disse  Maddalena,  e  la  bacio  in 
fronte.  Dopo  di  che  e  madre  e  figliuola,  giltando  gagliardi  singulti , 
si  allontanarono  da  quella  camera ,  in  cui  gia  entrava  la  Croce  della 
parrocchia ,  seguita  dal  Curalo  e  dai  sacerdoti. 
Seric  V,  vol.  XII,  fasc.  353.  36  21  Xoumlre  1864. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC. 

Indi  a  poco ,  1'atrio  risono  di  una  flebile  salmodia ,  ripetuta  a  co- 
ro  dalla  fila  delle  confralernite ,  che  si  distendevauo  in  processions 
lungo  la  strada.  II  popolo  faceva  ressa  alia  porta  e  sordamente  ro- 
isoreggiava.  Ma  losto  che  il  funebre  convoglio  prese  a  muoversi , 
I'ansia,  la  calca  e  1'affoltamento  delle  turbe  sovraccrebbe  fuor  di  mi- 
sura.  Finalmente  la  bara  spunto  di  sotto  1'arco.  La  folia,  all'  apparire 
di  quella  cosi  leggiadra  pompa,  si  premeva,  si  uriava,  tumulluava, 
levava  un  frastuono  cupo,  lugubre,  confuso.  Tutti  volcano  avvicinar- 
si,  ed  ammirare  il  bell'angelo  di  Dio.  Allora  Maddalena  con  Flami- 
fila  e  alquante  amiclie  piu  inlime ,  sporsero  il  capo  dal  balcone,  per 
rivedere  anche  una  volta  le  sembianze  della  lor  compianta  Maria.  I 
veli  e  le  inanellale  chiome  della  speciosissima  vergine,  portata  nel 
cataletto  quasi  a  trionfo,  in  mezzo  dei  fiori  e  dei  cerei,  ondeggiavano 
mollemente,  pel  trarre  di  un  zeffiro  che  parea  scherzasse  con  lei,  co- 
me con  una  rosa  di  primavera. 

—  0  benedelta  ,  va  in  pace  e  prega  per  noi !  replied  Maddalena 
gaardandola  con  uno  sgorgo  di  la  grime ,  che  dalle  sue  ciglia  piov- 
vero  come  gemme  sul  viso  di  Maria  Flora  ;  e  voltatasi,  allargc  le 
braccia  e  sostenne  la  figliuola,  che  a  quella  vista  sentivasi  venir  me- 
HO  ,  e  si  ritiro  dentro. 

Se  il  trafugameoto  di  Otello  di  Bardo,  die  allora  allora  compievasi 
dalla  prigione  di  sanl'  Elmo  in  Napoli ,  si  fosse  compiuto  due  mesi 
pdma,  1'intreccio  di  queslo  nostro  lulluoso  racconto  si  sarebbe  sciolto 
in  raodo  forse  piu  consentaneo  ai  secreli  desiderii  di  qualche  lellore. 
Ma  la  Provvidenza  dispose  altrimenli.  —  Di  cerlo  qualche  sant'ani- 
ma  dee  aver  pregato  in  cielo  per  me !  aveva  sclamalo  egli ,  salu- 
tando  i  due  che  lo  avevano  liberate.  Ah  ,  chi  fosse  stalo  li  a  dirgli , 
che  quesla  sanl'  anima  era  la  sua  Flora ,  la  quale  in  Roma  e  in  quel 
eiomento  medesimo,  veniva  trasportala  in  chiesa,  con  le  pie  ed  ono- 
revolissime  esequie  che  abbiamo  descrilte,  1'  avrebbe  egli  creduto  ? 
Eppure,  passate  due  setlimane,  non  che  il  credesse,  ma  rie  vide  co~ 
gli  occhi  suoi  la  prova  piu  funestamente  incontrastabile  che  e'potes- 
se  vedere :  e  f u  Y  umile  tomba  di  lei ,  sopra  la  cui  croce  trovo  una 
corona  di  amaranti  e  di  elicrisi ,  che  formavano  questa  iscrizionc : 
Maria  Flora  in  pace  f  7  Agosto  4864 


LO   SPIRITISMO 

NEL  HONDO  MODERNO  * 


XXVI. 

Car  alter  e  proprio  del  fenomeni  dello  Spiritismo. 

Ora  possiamo  con  maggiore  fiducia  indagare  il  carallere  proprio 
del  fenomeni  spiritistic] ,  per  cui  quesli  si  diversificano  da  tutli  gli 
allri.  Abbiamo  gia  esposle,  secondo  le  attestazioni  e  le  dotlrine  del 
piu  celebri  magnelisti  e  medii,  le  condizioni  die  si  richiedono  per 
produrli ,  ed  abbiam  veduto  che  Y  unica  indispensabile  si  riduce 
ad  esservi  una  qualunque  siasi  volonta  di  generarli.  Intorno  ai  pro- 
cessi  operati  per  ottenerli  di  fatto  ,  dopo  avere  descrilti  quelli  che 
furono  dapprima  usati ,  dovemmo  egualmente  conchiudere  che ,  a 
propriamente  parlare  ,  non  v'  e  necessity  di  adoperarne  alcuno.  Fi- 
nalmente ,  raggruppando  insieme  i  fatti  proprii  del  Mesmerismo ,  le 
quattro  classi,  in  cui  potemrao  riunirli,  di  meccanici,  di  fisici,  di  fisio- 
logici  e  di  psicologici,  ci  moslrano  cbe  non  v'e  nessuna  specie  di 
fenomeni  visibili  nel  mondo,  che  non  si  sia  ottenuta  dallo  Spirilismo, 
o  die  da  lui  si  esduda.  Ragionando  adunque  sopra  quesli  Ire  dali , 
che  noi  chiameremo  storici ,  possiamo  dire  con  verita  che  il  carat- 
tere  proprio  dei  fenomeni  spiritistic!  si  e  appunto  il  non  averne  alcu- 
no ,  come  esclusivamente  proprio. 

1  Vedi  rpiesto  volume,  pag.  185  e  segg. 


564  LO  SPIRITISMO 

Tutte  le  cause  seconcle  natural!  operano  in  un  modo  loro  proprio, 
esigono  disposizioni  particolari,  e  producono  effetti  determinati.  Ope- 
rano in  un  modo  loro  proprio  per  due  ragioni :  si  perche  il  loro  es- 
sere  essendo  questo  e  non  altro,  ii  modo  di  operare  dev'essere  quel- 
lo  e  non  altro;  si  perche  1'essere  loro  essendo  nell'esistere  vincolato 
da  particolari  condizioni,  la  loro  operazione  e  vincolata  da  queste 
condizioni  medesime.  Esigono  disposizioni  parlicolari:  perche  o  il 
loro  effetto  e  immanente  in  esse,  ed  allora  e  almeno  necessario  che 
nessun  ostacolo  impedisca  T  azione  loro  propria ;  o  e  transeunte  in 
un  oggetto  esterno,  ed  allora,  oltre  alia  rimozione  degl' impedimenti 
nella  causa,  fa  d'uopo  che  il  soggetto  esteriore  sia  prossimamente  dis- 
posto  a  riceverne  1'  atto.  Producono  finalmente  effetli  determinati, 
perche  1'  effetto  dee  seguire  la  natura  dell'operazione  che  e  determi- 
nata ,  e  1'  operazione  e  determinata ,  giacche  essa  segue  necessaria- 
niente  1'  essere  determinate  della  causa.  Questa  e  legge  universale 
della  nalura,  e  cosi  intrinseca  ed  essenziale  a  qualsivoglia  causa  ef- 
fettrice,  che  non  si  puo  ragionevolmente  concepire  come  prodotto  da 
causa  determinata  un  effelto  indeterminate  o  nell'  essere  suo ,  o  nel 
modo  di  produzione,  o  nelle  circostanze,  che  accompagnano  la  sua 
apparizione  nel  mondo.  Puo  bene  accadere  che  d'un  fenomeno  non 
si  conosca  o  non  si  dislingua  la  cagione  immediata  che  lo  produca : 
ma  che  una  cagione  determinata  di  quel  fenomeno  vi  debba  cerla- 
mente  essere  si  capisce  da  tutti,  e  lo  pruovalo  sforzo  che  fa  1'inge- 
gno  umano  per  iscoprirla. 

Conseguenza  di  queslo  principio  universalissimo  si  e,  che  ognl 
fenomeno  ha  un  suo  carattere  specifico,  che  lo  collega  invariabil- 
mente-alla  sua  cagione  produttrice.  Or  questo  carattere  specifico 
manca  del  tutto  ai  fenomeni  dello  Spiritismo,  se  egli  e  vero,  cio  che 
nei  tre  paragrafi  precedent  riferimmo.  Gli  effetti  sono  cosi  univer- 
sal! e  indeterminati,  che  i  piu  schietti  professor!  di  Spiritismo  gli 
altribuiscono  senza  veruna  esitazione  1'onmpotenza.  Non  eindispen- 
sabile  veruna  condizione,  che  renda  il  medio  abile  a  produrre  quegli 
effetti,  o  il  soggetto  mesmerico  a  riceverli  e  per  cosi  dire  ripercuoterli. 
Finalmente  nessuna  maniera  di  operare  e  tanto  propria  del  Mesme- 
rismo,  che  1'  effetto  venga  a  mancare,  mancando  essa.  Lungi  adunqne 
dal  potere  rinvenire  nei  fenomeni  mesmeric!  un  carattere  specifico 


NEL  MONDO  MODERNO  365 

di  dislinzione,  dobbiarao  confcssare  che  cio  appunto  li  distingue  da 
ogni  altro,  il  non  averne  veruno.  N6  questo  dee  dirsi  un  raero  giuo- 
co  di  parole  o  una  sofislicheria  senza  concetto.  Esso  e  un  fatlo  posi- 
tive e  certissimo,  il  quale  coslituisce  un  principio,  die  da  se  solo 
puo  agl'  inlelletti  non  preoccupali  scoprire  la  vera  cagione  di  quei 
fenomeni.  Dichiariamolo  brevemente. 

IQ  due  modi  si  puo  assegnare  il  carattere  proprio  di  un  feno- 
meno :  o  cioe  desumendolo  dalle  apparenze  esterne ,  che  esso  pre- 
senta  ai  sensi  costanlemenle ,  senza  ricorrere  in  nessun  modo  alia 
causa  o  alia  sua  intrinseca  natura,  nota  o  ignota  che  sia  ;  ovvero 
desumendolo  da  questa  nalura  e  da  questa  causa ,  gia  ben  cono- 
sciuta  ed  accertala.  II  pendolo  spostato  dalla  sua  vertical  e  rica- 
de  e  vi  oscilla  intorno  con  sempre  piu  brevi  ondulazioni ,  fmo 
a  riprendere  la  sua  posizione  primitiva  :  questo  e  il  falto  che  1'  oc- 
chio  vede  riprodursi  in  ogni  caso  simile.  II  carattere  proprio  di 
questo  fenomeno,  sensibilmente  considerato ,  si  e  dunque  T  oscilla- 
zione  sempre  decrescente  intorno  alia  verlicale.  Ma  lo  studio  delle 
cagioni  di  un  tal  movimento  ci  cliscuopre  che  esso  e  1*  effetto  della 
gravita  de'corpi,  della  permanenza  del  movimento  impresso  da  que- 
sta gravita,  e  della  resistenza  dell'  aria,  congiunte  insieme  in  questo 
falto ;  e  il  caratlere  del  fenomeno,  scientificamente  considerato,  si  e 
1'isocronismo  delle  ondulazioni.  Per  poler  giugnere  a  questa  secon- 
da  determinazione  e  stata  necessaria  la  prima ,  siccome  quella  che 
espone  il  fatto  nella  sua  apparenza,  e  offre  la  materia  alia  riflessione 
della  mente. 

Di  questo  doppio  carattere,  esterno  1'  uno,  1'  altro  intimo ,  quello 
sensibile  ,  questo  scientifico  ;  noi  cerchiamo  unicamente  il  primo  in 
queslo  luogo ,  non  potendoci  occupar  del  secondo  ,  se  non  dopo  di 
avere  chiaramente  moslrata  la  vera  cagione  dei  fenomeni  spirilislici. 
Ora,  stando  alle  sole  apparenze  visibili  ed  esterne,  non  ve  n'  e  nes- 
suna  che  specifichi  questi  fenomeni ,  in  modo  che  sia  unicamente 
loro,  ne  si  partecipi  in  veruna  guisa  da  altri  provenienli  da  altre  ca- 
gioni. Questo  ce  lo  dies  il  fatto,  altestato  da  migliaia  di  testimonii, 
degnissimi  di  fede.  Or  questo  falto  si  collega  mirabilmente  alia  leo- 
ria,  che  dobbiamo  svolgere  nel  proseguimento. 


366  LO  SPIRITISMO 

Lo  Spiritismo  non  e  in  effetto  che  la  magia ;  e  i  suoi  presligi  non 
sono  die  operazioni  degli  Spirit!  malvagi.  Questa  sara  la  conse- 
guenza  delle  indagini ,  che  andiamo  facendo.  Ora  le  operazioni  ap- 
puuto  dei  demonii  ban  questo  di  proprio,  che  nella  loro  apparenza  sci- 
miolleggiano  due  ordini  different!  di  fatti  ,  tra'  quali  noi  viviamo: 
quelli  ordinarii  e  comuni ,  dovuti  alle  cause  meramenle  naturali,  e 
operanli  secondo  le  leggi  lor  proprie  :  e  quelli  straordinarii  e  specia- 
lissimi,  dovuli  all'  operazione  dirella  di  Dio  ,  che  in  quegli  atti  sin- 
golari  sospende  le  leggi  da  lui  stesso  date  alle  cause  naturali.  Ii 
demonio  ,  producendo  colle  forze  sue  proprie,  Dio  permettente,  de- 
gli eflelti,  quesli  possono  rassomigliare  agli  effelli  dell'uno  e  dell'al- 
Iro  ordine :  a  quelli  naturali  nella  loro  enlila  oggelliva  ,  a  quelli 
prodigiosi  nella  loro  maniera  di  produzione.  Cos!  il  movimento  rota- 
torio  di  una  tavola  ,  o  i  picchiamenti  d'  una  parete  sono  effelli  non 
eccedenti  nella  loro  enlila  le  forze  naturali  delle  molle  cause  fisiclie 
che  possono  produrli,  e  divengono  slraordinarii  per  la  mancanza  di 
questo  cause.  La  visione  d'oggetli  enormemente  dislanti  senza  1'aiulo 
di  vernno  strumenlo  intermedio,  o  la  penetrazione  delle  idee  e  delle 
Yolonla,  senza  la  manifestazione  di  verun  segno  csterno,  sono  cffelti 
che  non  solo  nel  modo  della  produzione,  ma  eziandio  ncU'entita-  loro 
superano  le  leggi  ordinarie  della  naiura.  L'  azione  adunque  del  de- 
monio puo  generare  fatli  somiglianti  ai  fenomeni  meramenle  natu- 
rali, e  fa  Hi  somiglianti  ai  fenomeni  realmente  prodigiosi.  Si  nell'uno 
come  nell'allro  gencre  di  falti  sara  indarno  cercare  una  qualita  spe~ 
cifica,  che  allo  s  peri  men  to  dei  sensili  distingua  dai  loro  consorli:  la 
dislinzione  \7i  e,  maessa  esce  fuori  la  sfera  delle  apparenze  sensibili, 
ed  appartiene  al  ragionamento  scientifico  il  discoprirla.  II  non  aver 
dunque  una  lal  qualila  specifica  e  una  singolarila  propria  de'  feno- 
meni mesmerici,  e  puo  per  conseguente  assegnarsi  come  loro  carat- 
tere.  Ma  questa  singolarita ,  divisnndoli  da  lutti  gli  altri  cffetli  di 
cause  fisiclie  e  naturali,  che  bauno  caraltere  proprio  e  specifico,  di- 
viene  un  principio,  che  fin  da  ora  ci  da  dirillo  a  conchiudere  che  la 
cagione  che  li  figlia  non  e  da  cercare  fra  gli  agenti  della  naiura , 
ne  Ira  le  forze  meramente  fisiclie. 


KEL  MONDO  MODEILNO  567 

XXVII. 

Simultaneila  e  dipendenza  reciproca  del  fenomeni 
mesmerici. 

Nei  percorrere  che  noi  facemmo  pei  sommi  capi  la  storia  dello 
Spirilismo,  ci  siarno  abbaltuti  in  una  progressione  mollo  evidente  di 
effelli,  die  dai  piu  tenui  pervengono  ai  piu  insigni  e  presligiosi.  Lo 
spiriio  del  male  si  manifesia  aneora  in  quesla  circostauza  quell'  iiri- 
mico  astulissimo  della  salute  delle  anime,  che  esso  e.  Se  le  manife- 
stazioni  spirilistiche,  otlenute  in  quesli  ullimi  anni ,  si  fossero  pale- 
sale  lutle  d'un  colpo,  e  fin  dal  principio,  esse  avrebbero  alienato 
T  ammo  dei  curiosi ,  mal  preparato  a  questi  enormi  prestigi.  Ma  in 
quella  vcce  principiando  sotto  le  apparenze  d'  una  medicina  un  po* 
misleriosa,  seguilando  con  effolti  un  po'  fuori  dell'  ordinario ,  dando 
luogo  ai  dibattiment!  scienlifici  ed  alle  decision!  dubilalive,  lenendo 
gli  animi  della  moltitudine  sospesl  Ira  gli  arlifioii  di  sotlilissimi  pre- 
sligialori  e  le  scoperle  di  recondite  leorie,  la  curiosita  uriiversale  fu 
allellala  ,  e  messa  giu  ogni  diffidenza  si  assuefece  a  lentare  speri- 
menli,  che  credeva  dapprima  inoocui,  e  che,  senza  quasi  addarsene, 
vide  ingrandirs!  a  poco  a  poco  solto  i  suoi  occhi ,  prima  quasi  che 
potesse  pensare  a  sottrarsene.  Cosi  le  famiglie  e  i  popoli  sonosi  tro- 
vati  invasati,  senza  orrore,  di  questa  pessiraa  curiosita,  della  quale 
avrcbbero  avuto  da  principio  vergogna  di  dare  pure  un  segno.  Ha  il 
dernonio  adoperato  collo  Spirilismo  ,  quello  che  adopcra  ogni  di  nel- 
la  Framassoneria.  I  biechi  e  crudeli  inlendimenti  di  questa  set  la 
infernale  non  si  fanno  manifest!  che  ai  piu  antichi  graduati  della  loro 
sociela:  coi  novizii  non  si  parla  che  di  progresso  sociale,  di  filan- 
Iropia,  di  pubblica  prosperity.  Cosi  i  nuovi  adepti,  lungi  dallo  aller- 
rirsi  delle  iniquita  di  una  tal  setla  ,  le  si  affezionano  ,  le  si  mancep- 
pano,  le  si  danno  anima  e  corpo  a  farsene  governare.  Quando  i  piu 
gravi  giuramenli  li  avranno  ^7incolali  in  guisa  che  non  possano  sen- 
za pericolo  dislrigarsene ,  allora  cominceranno  a  passo  a  passo  a 
penetrare  nei  secret!  intend! ment!  che  essa  si  propone  ,  e  verranno 
iniziati  nei  mister!  orribili  di  questi  gnoslici  redivivi.  Ei  si  puo  dire 


568  LO  SP1RITISMO 

eke  nello  svolgimento  dello  Spirilismo,  come  nell'  iniziazione  fraraas- 
sonica,  si  vede  Y  impronta  della  medesima  paternila:  Vos  ex  paire 
Diabolo  estis. 

Ma  il  progresso  non  e  distinzione.  Le  prime  pruove  di  Mesmer 
non  debbonsi  tenere  per  different!  nella  loro  natura  dalle  ultime  di 
Home.  Ouindi  non  bisogna,  a  voler  cercare  convenientemente  i  feno- 
meni  spirilistici ,  andar  cercando  cause  che  dian  ragione  di  alcum 
di  loro,  ma  che  non  siano  poi  applicabili  ad  altri.  Chi  yuole  scienti- 
ficam ente  dare  una  ragione  di  questi  fenomeni ,  bisogna  che  ne  dia 
una,  la  quale  si  possa  applicare  indistintamente  e  simultaneamentc 
a  tutti.  Ouesto  e  un  punto  car dinalissirao,  e  bisogna  fissarlo  con  ra- 
gione  manifesta  e  incrollabile.  Da  esso  dipende  quasi  esclusivamen- 
te  la  soluzione  del  problema  che  deve  sciogliersi.  A  fissarlo  adun- 
que  bene  noi  ragioniamo  in  questa  forma. 

Se  i  fatti,  la  cui  autenticila  non  possa  ammelter  dubbio ,  ci  chia- 
riscono  che  i  varii  fenomeni ,  da  noi  classificati  innanzi ,  si  trovano 
molte  volte  riuniti  insieme  contemporaneamente  nello  slesso  sogget- 
to  ,  nelle  stesse  circostanze  ,-scnza  cooperazione  di  agenti  divers!  ; 
quesli  falti  debbono  arrecarsi  ad  una  origine  che  sia  capace  di  ge- 
nerarli  tulli.  Ma  tali  fatti  non  solo  esis  lono  ,  ma  sono  numerosi ;  ne 
solo  hanno  una  qualsivoglia  certezza,  ma  tale,  che  esclude  ogni  sos- 
pello  e  dubilazione.  Danque  la  cagione  produltrice  di  quei  fenome- 
ni ,  quando  apparissero  simultaneamenle ,  dev'  essere  unica  e  co- 
mime  a  tutti.  Ma  se  questa  cagione  e  capace  di  produrli  tutti  simul- 
taneamenle ,  e  a  piu  forte  ragione  capace  di  produrli  parzialmente 
e  separatamente.  Dunque  quella  cagione  che  ,  nel  caso  della  simul- 
taneita  dei  fenomeni ,  si  scuopre  esserne  la  generatrice ,  e  quella 
stessa  che  li  genera  alia  divisa  e  alia  spicciolata. 

In  queslo  ragionamento  si  asseriscono  varie  proposizioni,  le  quali 
hanno  bisogno  o  di  esser  provate  o  di  essere  chiarite. 

La  prima  proposizione  che  deve  dimostrarsi  si  e,  che  esistano  casi 
numerosi  ed  aulenlici ,  nei  quali  s'  incontrano  quei  fenomeni  riuniti 
insieme.  Noi  potremmo  rimandare  i  nostri  lettori  alle  opere  pre- 
gevolissime  e  profonde,  che  intorno  a  questa  moderna  magia  banno 
scritto  in  Francia  i  chiarissimi  sigg.  de  Mirville ,  des  Mousseaux  e 
Bizouard,  ed  in  Italia  i  sigg.  Caroli  e  Monticelli ;  potremmo  anzi  ri- 


NEL  MONDO  MODERNO  369 

raandarli  in  generate  a  qualsivoglia  libro  o  giornale  che  i  Mesme- 
risti  medesimi  hanno  pubblicato ,  specialmenle  in  quesl'  ultimo  de- 
cennio ;  giacche  ed  in  quelli  ed  in  questi  vi  sono  tanle  e  lali  pruove 
di  quesla  congiunzione  di  fenomeni ,  che  potrebbe  dirsi  superfluo 
I'arrecarne  ex-professo  una  dimoslrazione.  Pur  tutta\1a,  siccome  sia- 
mo  persuasi  che  per  molli  del  nostri  lettori  questa  materia  e  al  tutto 
miova,  cosi  ci  sara  permesso  in  servigio  loro  di  citare,  scelti  fra  cen- 
to altri  consiraili,  tre  casi  di  una  certezza  indubitabile,  i  quali  fanno 
al  tutto  pel  nostro  proposilo. 

XXVIII. 

Alcuni  casi  speciali  di  quesla  simiiltaneita 
dei  fenomeni. 

II  primo  caso  ce  lo  somminislra  la  piccola  e  induslriosa  cilia  di 
Bergzabern  ,  posla  tre  leghe  a  scirocco  di  Landau ,  nella  Baviera 
renana.  Quivi  abitava  in  casa  del  genitor  suo  Pielro ,  sailo  di 
mestiere  ,  la  Filippina,  fanciulla  di  piccola  eta.  II  1.°  Gennaio  del 
1852  comincio  essa  ad  essere  circondata  dalle  manifeslazioni  spi- 
ritistiche,  che  deslarono  I'atlenzione  generale  a  tal  punto,  che  le 
autorila  civili  ne  vollero  prendere  esatte  informazioni ,  averne  dai 
medici  spiegazioni  e  schiarimenli ,  e  finirono  col  lorre  la  fanciul- 
la dalla  sua  casa ,  e  porla  nel  manicomio  di  Frankenlhal ,  per  libe- 
rare  la  cilia  di  Bergzabern  dallo  spirito  perlurbatore.  II  racconto  dei 
falti  di  questa  tanciulla  fu  scritlo  dal  sig.  F.  A.  Blanck ,  teslinio- 
nio  oculare  ed  integerrimo ,  con  molta  minutezza  e  precisione  ,  in 
due  opuscoli,  pubblicati  in  Baviera  1'uno  nel  1852,  1'altro  nel  1853. 
I  picchiamenli ,  i  suoni  varii ,  le  musiche,  i  movimenli  degli  arnesi 
e  dei  mobili,  le  folate  di  veuto,  le  aperture  delle  imposte ,  i  lancia- 
menti  impeluosi  di  corpi  grevi ,  la  sospensione  in  aria  di  tavolini  e 
di  mobili  pesanli ,  si  osservavano  spesso  1'  un  dopo  1'  altro ,  spesso 
conlemporaneamente.  I  picchiamenli ,  dietro  le  indicazioni  o  della 
fanciulla  o  di  qualche  aslante  ,  divenivano  mezzi  di  favella ,  e  col 
loro  numero  o  col  loro  suono  davano  risposte  esatle  alle  intcrro- 
gazioni ,  mosse  sopra  fatti  o  cose  ignorate  da  tulle  le  persone  pre- 
senli.  Inlanto  la  fanciulla  entrava  nel  suo  sonno  magnetico ,  e  in 


570  LO  SPIRITISMO 

tale  stato  avea  vision!  di  oggrtli  rimoti ,  parlava  con  persone  che 
niuno  vedea,  assisleva  a  fa  Hi  che  accadevano  in  paesi  lontawssimi, 
e  li  descriveva  come  chi  vi  fosse  presenter  indicava  le  medicine  che 
doveanlesi  ordinare,  rispondeva  a  quesili  mental!  delle  persone, 
favellava  con  molta  giustezza  di  argomenli  scientific! ,  superior!  di 
gran  lunga  alia  sua  istruzione  e  alia  sua  capacila ,  leggeva  cogli 
ocelli  chiusi  sopra  carte  nascoste  e  gelosamente  coperte,  distingueva, 
senza  sbagliarsi  mai,  i  proprietarii  veri  degli  oggetti  che  le  si  avvi- 
cinavano  ,  quanlunque  celali  da  involucri ,  o  porlanli  ad  arle  nomi 
Rieniili.  La  sua  persona  diveniva  alcuna  volla  insensibile  a  tulle  le 
impressioni  esterne,  alcuna  volta  immobile  e  rigida.  come  un  cada- 
vere;  allra  per  lo  contrario  acqmstava  una  sensibility  cosi  squisila, 
che  si  doleva  d'ogni  cangiamcnto  che  si  facesse  Ionian  da  lei  n'ella 
sua  stanza;  ed  allra  inline  soffriva  access!  morbosi,  di  cui  indicava 
precedentemente  1'ora  del  principiare  e  del  terminare.  Una  parlico- 
larita ,  che  non  abbiam  trovulo  in  alire  sonnambule  mcsmeriche  , 
s'avverava  in  lei:  «chiavi,  moneto,  portasigari,  orologi,  anelli  d'oro 
ed'argenlo....  una sciabola col  cinturino  che  pesavano  quat'ro  libre 
bavaresi....  in  breve  lull!  gli  oggelli,  qualunque  ne  fosse  la  mate- 
ria,  restavano  egualmenle  sospesi  cd  aclerenti  sollo  la  sua  niano.  » 
Un'  allra  particolarila,  ma  non  cosi  singolare,  si  e  questa:  il  corpo 
deiia  fanciulla  perdeva  ogni  peso;  chi  la  urlava  non  sentiva  resi- 
slenza  veruna  e  1'aggirava  a  sua  voglia;  essa  reggeasi  in  equilibrio 
perfolto  sopra  le  positurc  anche  piu  slravagnnli  e  impossibili.  Non 
Y'  e  in  una  pirola  fenomeno  spiritislico,  che  in  lei  non  si  manifestasse 
al  tempo  slesso.  No!  abbiamo  compendiati  i  principal! ,  omellendo 
d'  indicanie  parecchi  altri,  i  quali  possono  leggersi  alia  dislesa  nelle 
due  relazioni  original!  del  Blanck  1. 

11  racconto  seguente  lo  riporteremo  teslualmcnle,  com'esso  vien 
riferito  dal  chiarissimo  ed  infalic  sbilo  sig.  DeMirville,  nel  suo  libro 
inlilolalo  :  Question  des  E  sprits  2.  Sgli  dunque  dice  cosi :  «  Ecco  il 

1  Nclla  Revue  Spirite  di  Parigi,  anno  1858,  fu  stampata  la  verslope  di  quei 
due  opuscoli  del  Blanck. 

2  Question  des  Esprils,  ses  rrogrcs  dam  la  Science:  Txumen  de  fails  nou- 
veaux  et  de  publications  impcrtantes.  Paris,  chez  Daiarjque  libraire  1855  9 
pag.  92. 


NEL  MONDO  MODERNO  1)71 

rislrello  di  una  lunga  Serie  di  fatti ,  che  da  due  anni  mantengono , 
quasi  senza  inlervallo,  sconvolta  una  casa  delle  \icinanze  di  Parigi. 
Noi  abbiamo  il  permesso  di  nominare,  alle  persone  che  ce  ne  inter- 
rogheranno  di  viva  voce,  le  vittime  di  questa  lunga  ossessione.  Nel 
Seltembre  1833  un  giovanelto  ,  pio  e  fervoroso  caltolico,  voile  far 
girare  una  tavola  in  compagnia  di  una  delle  sue  cugiue,  donzella  sui 
tredici  anni  e  mezzo.  II  di  scguente  questa  giovinetta  comincio  a  ve- 
dere  costantemenle  dietro  di  se  rimraagine  d'una  persona,  defunta 
da  pochi  mesi,  la  quale  si  annunzio  per  1'  aulore  delle  risposle  dale 
dalla  tavola.  Da  quel  di  comincio  la  serie  di  quei  fenomeni,  i  quali 
muovono  tanto  la  bizza  al  sig.  de  Gasparin.  Culpi  balluti  sopra  tut- 
te  le  pareli  della  casa,  campanelli  che  si  dondolano  e  chiamano  sen- 
za posa ,  un  pianoforte  che  s  agita  e  geme  flebilmente  da  enlio  la 
sua  cassa ,  un'  arpa  che  suona  da  se  sola  ed  emetic  le  piu  soa\i  ar- 
monie.  Soprallulo  da  moles tia  la  conisponderiza  che  si  continua  sen- 
za posa.  Ti  poni  a  scrivere:  per  poco  che  Jasci  la  penna  o  volti  ii 
capo,  tuttocche  lu  sii  solo  nel  tuo  gabinelto,  eccoti  la  lettera  lermi- 
nala  da  mano  in\1sibile,  o  cangiala  in  un'allra.  Vi  e  ancora  di  piu: 
leltered'un  medesimo  carallerc,  soUoscrille  dai  nomi  medesimi, 
giungono  per  mezzo  della  posta,  col  bollo  legale,  coi  suggelli  regola- 
ri.  Alcune  portano  la  firma  di  Kelmitch ,  allre  quella  di  Barkouf ,  e 
questi  svelasi  per  un  dannato  in  pena  d'  un  assassinio  da  lui  com- 
messo  il  tal  di  sulla  tale  strada  di  Stockholm.  Seguono  le  scene  di 
sparizioni.  Oggelti  chiusi  a  chiave ,  custoditi  con  gelosia  scompaio- 
no  per  sempre,  o  si  traslocano  in  altri  luoghi  a  porle  chiuse  :  i  mo- 
bili,  icristalli,  le  porcellane  volteggiano  per  aria  senza  spezzarsi: 
libri ,  musiche  ,  vestimenta  gettate  sul  fuoco  senza  bruciare ,  o  lan- 
ciate  da  una  finest ra  per  entrare  neH'allra:  voci  che  parlano  distin- 
lamenle  1'  inglese  e  il  francese ,  che  strillano  acutamenle  in  tulli  i 
toni.  Si  unisce  la  famiglia  a  recitare  in  comune  le  sue  preghiere: 
eccoti  parafrasate  in  bestemmie,  quanlo  esecrabili,  altrettanlo  chia- 
ramenie  pronunziale,  leorazioni  piusacre,  gl'inni  piudevoti.  Spes- 
so  le  cose  si  aggravano  ancor  peggio,  e  le  moleslie  divengono  inlol- 
lerabili.  I  letli  si  trovano  disfalli ,  insozzali ,  infarciti  d'  aghi  fra  le 
lenzuola ;  percosse  e  schiafii  dati  da  mano  invisibile  si  succedono  ra- 
pidamente. 


572  LO  SPIRIT1SMO 

«  Noi ,  segue  a  dire  il  sig.  De  Mirville,  noi  siamo  stati  noi  stessi 
teslimonii,  in  compagnia  del  sig.  Des  Mousseaux,  e  d'  un  medico, 
amico  d'entrambi,  d'  un  rinnovamento,  benche  assai  breve  di  dura- 
ta,  di  queste  manifeslazioni ;  le  quali  sono  per  altro  altestate  da  per- 
sone  gravi,  e  accerlate  inoltre  dal  medico  della  famiglia,  il  sig.  Dot- 
tor  Poirson ,  al  quale  noi  abbiamo  il  permesso  di  rimandare  gli 
sceltici.  » 

Nella  precedente  relazione  si  Iratta  di  molestie  sofferte  e  non  volute 
da  una  famiglia:  nella  seguente  si  trattera  di  effetti  cagionati  diret- 
tamente  da  un  medio  a  sua  volonta.  Essi  sono  racconlati  nella  ftevue 
Spirite  (1858)  dal  sig.  Allan  Kardec,  in  tre  arlicoli,  dai  quali  noi 
estrarremo  per  un  breve  quadro  i  Iralti  principal!,  phi  a  modo  di 
chi  rammenta  cose  gia  delte  altrove,  che  di  chi  narra  cose  nuove. 
Alia  presenza  e  per  1'  influenza  del  sig.  Home  si  fanno  sentire  i  piu 
slrani  rumori;  1'aria  si  agita,  i  corpi  solidi  si  muovono  e  si  sollevano 
dal  suolo,  egli  stesso,  in  Bordeaux  ed  in  Firenze,  alia  presenza  di 
molti  leslimonii  fu  vedulo  sollevarsi  in  aria  senza  alcun  sostegno. 
Luci  e  splendori  diffusi,  scinlillamenli  vivaci,  cerchi  di  fumo  appari- 
scono:  s'odono  in  aria  suoni  e  canli  soavi:  cominciano  le  apparizio- 
ni,  le  quali  non  si  sa,  dice  il  sig.  Allan,  che  sieno  ile  oltre  alle  mani 
vive  e  moventisi.  Queste  mani  pero  vi  carezzano  o  vi  colpiscono; 
vi  stringono  o  vi  premono ;  e  sopratlutlo  mostrano  la  loro  operosila 
nello  scrivere  le  risposte  che  voi  desiderate.  Queste  risposte  vengono 
scritte  eziandio  da  mano  invisibile  sopra  la  carta  che  si  prepara  a 
tal  fine ;  e  date  col  mezzo  dei  semplici  picchiamenti  o  di  rumori  con- 
venzionali.  Questo  e  in  breve  quanto  la  Revue  Spirite  ci  altesta  del- 
r  Home ,  e  quanto  e  confermato  da  cento  altri  lestimonii  fededegni , 
che  hanno  assistito  alle  sue  manifeslazioni. 

XXIX. 

Se  i  fenomeni  mesmerici  coesistano  insieme,  unica  deW  essere 
la  cagione  che  li  produce. 

Da  questi  tre  fatti,  presentali  qui  senza  molta  scella,  tra  i  tanti 
che  ve  ne  ha,  noi  dobbiamo  conchiudere  che  esiste  in  realta  1'umone 
simultanea  dei  fenomeni  spirilistici.  Ma  se  questa  unione  vi  e,  come 


NEL  MONDO  MODERNO  573 

abbiamo  dimostrato,  la  cagione  che  li  produce  dev'  essere  unica,  e 
dove  per  coriseguenza  poterli  produrre  lutti  insieme.  Cio  non  ha  bi- 
sogno  di  lungo  ragionamento  ad  intenderlo.  Innanzi  a  quei  fatti  voi 
\i  tnrvate  in  mezzo  a  due  ipolesi  possibili:  o  1'ipolesi  d'una  cagione 
unica  che  li  produca  tulti,  o  1'ipotesi  di  lanle  cagioni  differenli,  quan- 
te  sono  le  differenze  specifiche  dei  falli  medesimi.  Quali  di  quesle 
due  ipotesi  sia  la  preferibile,  non  v'  e  luogo  a  dubitare.  Chi  potrebbe 
in  effetto  ammeltere  tanta  efficacia  in  un  medio  qualsivoglia,  che 
valga  ad  eccitare  all'operazione  tulte  quelle  cause  differenti,  che  do- 
vrebbero  produrre  quei  si  svariali  effetli?  Se  alcunolo  ammettesse, 
egli  disconoscerebbe  a  un  tempo  e  la  restrizione  deir  altivita  uma- 
ua,  e  la  semplicita  delle  leggi  naturali,  e  il  compile  di  tutte  le  inda- 
gini  scienlifiche,  che  tendono  a  scoprire,  appunlo  1'uno  nel  moltepli- 
ce,  la  cagione  principale  e  comune  di  effetti  varii  e  apparentemente 
diversi. 

Quindi  e  avvenuto  che  nessuno  di  coloro  che  harmo  traltalo  di 
questa  niateria,  penso  mai  ad  arrecare  piu  di  una  cagione  di  questi 
fenomeni.  Sono  essi  e  vero  incorsi  nell'  errore  d'  indicar  cause  real- 
mente  invalide  a  produrli  lutli ;  o  di  negare  i  falti  che  non  poleano 
spiegare  con  una  causa  unica,  ma  non  hanno  neppur  tentalo  di  schi- 
vare  un  tale  errore,  molliplicando  le  loro  cagioni. 

Del  quale  accordo  non  era  solo  fondamento,  sebbene  efiicacissimo, 
la  simultaneila  di  quesli  effetti,  ma  eziandio  la  loro  stessa  separa- 
zione.  Quella  simultaneity  non  e  rara,  cio  e  verissimo ;  ma  in  para- 
gone  dei  falli  piu  comtmemente  soliti  ad  accadere,  non  e  frequenle. 
II  caso  piu  ovvio  si  e  che  quei  fenomeni  non  si  trovino  lutli  riunili 
insieme,  ma  spartilamenle  divisali.  Ora  in  questi  casi  devesi  notare 
una  circostanza  notevolissima,  e  questa  si  e  che  i  fenomeni,  che  si 
ritrovano  uniti,  variano  con  tanla  differenza,  che  casi  del  lulto  iden- 
tici,  fra  i  mille  e  mille  che  ve  ne  ha,  non  accade  di  incontrare.  Ora 
il  vedere  questo  accoppiamento,  che  potrem  dire  meramenle  casua- 
le,  e  indizio  cerlo  che  tulli  quei  fenomeni  riconoscono  a  loro  origine 
una  sola  cagione  universale.  Poiche  se  ogni  fatto  parziale,  o  almeno 
ogni  classe  differente  di  fatli  avesse  la  sua  origine  propria  e  distin- 
la,  ne  conseguirebbe  doversi  specolare  tanle  migliaia  di  quesle  ca- 


574  LO  SPIRITISMO 

gloni,  quanti  sono  gli  accoppiamenti  diversi  di  quei  fenomeni  :  poi- 
she  ollre  alle  cagioni  proprie  dei  fenomeni  parziali  ,  dovra  arrecarsi 
la  cagione  specifica  della  loro  unione  cosi  diversa.  Raccoglieremo 
qui  a  casaccio  e  come  vien  viene,  alcuni  dei  falli  piu  certi,  i  quali  , 
se  non  si  ammette  una  sola  cagione  comune  a  lulti  ,  dovrebbero 
avere  una  spiegazione  speciale  e  propria  di  ciascuno. 

La  sig.  L.  ...  in  Parigi  appoggiando  la  palma  della  mano  sul  suo 
cembalo,  gl'  impresse  un  movimento  svarialissimo,  che  rassomigliava 
a  una  danza  d'  un  ubriaco.  In  tal  moto  la  sig.  L.  .  .  era  trasportala 
intorno  con  violenza,  senza  potersi  staccare  dal  suo  strumenlo  ,  quan- 
iunque  di  lulta  forza  il  tentasse  1. 

II  sig.  Seguin,  d'Annonay,  in  unalettera  diretta  al  Pays,  racconta 
aver  egli  slesso  osservata  una  tavola  ,  cui  fu  da  un  medio  ordinalo 
di  danzare  ;  ed  essa  si  inise  a  batlere  esattamente  co'  suoi  piedi,  piu 
cbe  un  po'  pesanli  ,  il  tempo  delle  arie  che  si  sonavano  sul  cembalo 
vicino. 

II  dolt.  Eissen  ,  redatlore  della  Gazette  medicate  di  Strasbourg, 
scrive  alia  Gazette  des  Hopilaux  di  Parigi,  che  un  uomo  gagliardo, 
Inlorno  al  quale  venne  composta  la  catena  mesmerica  da  quattro 
persone,  comincio  a  girare  sopra  se  slesso  con  tal  violenza  e  per  si 
lungo  tempo,  che  era  impossibile  in  qualsivoglia  altro  stato  durarla 
senza  ballere  col  capo  in  terra,  e  fracassarselo. 

II  sig.  Begue,  medico  in  Tolosa,  nell'Agoslo  del  1852  descrive, 
Bel  Journal  du  Maynetisme,  il  modo,  onde  quattro  persone  solleva- 
rono  di  peso  da  terra,  col  semplice  avvicinamento  delle  punte  del  dito 
iadice,  il  corpo  d'  un  magnetizzato,  disteso  alia  supina  sul  suolo,  e 
il  maniennero  in  alto  al  di  sopra  del  loro  capo,  quanlo  le  dita  pote- 
rono  alzarsi. 

Nel  Journal  de  la  Vienne,  nel  Marzo  di  quest'anno,  si  legge  quanta 
segue:  «  E  perfeltamente  vero  che  ruraori  singolari  si  fanno  qui  (in 
Poitiers  }  intendere  ogni  sera  ,  dalle  sei  a  mezzanotte,  in  via  Saint- 
Paul  nella  casa  d'O...  Essi  somigliano  alia  scarica  successiva  d'uno 


1  II  fatto  e  prlmitivamente  attestato  dal  sig.  Hebert  de  Garnays,  redalto- 
re  del  Journal  du  Maynetisme. 


1VEL  MONDO  MODERNO  515 

schioppo  a  due  canne,  e  crollano  le  porte,  le  fineslre,  gli  assiti:  noo 
si  scorge  ne  fmmma  ,  ne  fumo.  I  fatti  furono  allcstati  dalle  persone 
piu  fededegae  della  nostra  cilia,  e  dai  processi  verbal!  dclla  Polizia 
e  dclla  gendarmeria.  » 

Da  qualche  tempo  i  giornali  americaaied  inglesi  par  Ian  o  di  certe 
fotografie  spiritistiche,  oltenute  dal  medio  artisla,  sig.  W.  H.  Mumler 
di  Boston.  Molle  persone  che  si  fecero  da  lui  ritratlare,  furono  sor- 
prese  di  vedere  a  canto  della  propria  immagine  clii  quella  del  padre, 
o  della  madre,  chi  quella  del  fratello,  della  sorella,  dello  sposo  e 
via  dicendo ,  persone  giti  defunle  molto  tempo  innanzi,  e  incognito 
al  Mumler.  I  fotografi  di  Boston  assicurano  che  non  vi  enefrode  n& 
menzogna,  e  il  D.  Gardner  nella  Gazelle  Spiritualiste  di  Londra , 
avendone  vedute  alcune  ,  attesta  die  quelle  fotografie  non  si  posso- 
no  otlenere  con  nessuno  dei  processi  conosciuli. 

La  sig.  G...  sonnambula  in  Firenze,  bonacciona  per  sonnambula, 
ma  poco  istruita,  entrando  nel  sonno  magnetico ,  riceve  da  mano 
Ignota  cartoline  con  iscrilli,  ed  ancbe  disegnini  e  rilralli  di  defunli : 
e  cosi  sodisfa  alle  numerose  domande  che  le  vengono  indirizzate. 
Nessun  altro  fenomeno  particolare  si  narra  di  lei  dai  lorinesi  Annali 
dello  Spirilismo.  Dai  medesimi  caviamo  il  seguente  caso. 

In  Val  d'Arno  superiore  evvi  una  villa  delta  Belpoggio,  apparte- 
nente  ai  signori  Fiorilli,  in  cui  da  lungo  tempo  odonsi  pel  vano  dellc 
slanze  rumori ,  scrosci  di  risale  ,  suoni  e  canli.  Le  tirale  delle  len- 
zuola,  lo  spegnimenlo  dei  lumi,  le  spinle  e  gli  urtoni  vi  son  frequent!. 
La  Bettina ,  figliuola  del  Fiorilli ,  comanda  a  sua  posla  ed  e  servita 
da  agente  invisibile:  vuole  un  mazzellin  di  fiori ,  e  queslo  gli  cade 
in  seno:  vuole  finire  un  ricamo,  e  questo  lermina  lutto  da  se.  Ollre 
quest!  effelli,  quivi  non  sono  ne  risposle,  ne  sonni,  neallri  dei  so- 
lili  effelli  mesmerici. 

Sei  leghe  a  greco  di  Agen  in  Francia,  nella  piccola  lerra  di  Clairae, 
il  sig.  Lebe  scriveva  una  comunicazione  spirilistica:  dopo  alquanli 
periodi  la  sua  raano  rifiuta  ogni  minislero,  e  lo  scrilto  e  interrotto. 
]Vel  piano  inferiore  la  sua  sorella  Irovavasi  in  quel  pun  to  colla  pen- 
na  nelle  dita  scriyendo.  Essa  e  sforzata  a  scrivere  tult'allro  da  ci6 
che  vuole.  Da  principio  venne  fuora  una  frase  sdrucita  e  senza  SCB- 


576  LO  SPIRITISMO  NEL  MONDO  MODERN!) 

so:  quindi  alcuni  period!  ben  connessi.  Per  lo  slupore  la  signorina 
Lebe  corse  di  sopra  a  raccontare  il  nuovo  caso  al  fratello ;  ma  qua! 
non  fu  la  meraviglia  d'enlrambi,  quando  questi  scopri  die  lo  scritto 
dalla  sorella  era  il  compimento  finale  di  cio ,  che  egli  era  stalo  co- 
strelto  ad  interrompere  ? 

II  Barone  di  Guldenstubbe,  nel  1856,  ficcandosi  in  capo  di  pllene- 
re,  com' egli  la  chiama,  la  pneumatografia,  ossia  scritti  spiriiistici, 
chiuse  a  chiave  in  uno  scriguetlo  un  foglio  bianco  da  letlere  e  una 
matita,  e  postasi  la  chiave  in  tasca  non  isvelo  a  persona  il  suo  secre- 
to.  Dopo  1'altesa  di  due  settimane,  il  di  13  Agoslo,  nell'aprire  quel 
forzierelto,  trovo  i  caralteri  misteriosi  segnati  sul  foglio  di  carta :  e  da 
quel  dl  in  poi  ollenne  dieci ,  vcnti  ed  anche  piu  fogli  di  carta  scritti 
o  discgnati  ogni  di :  e  allora  s'  accorse  cbe  i  caratleri  si  formavano 
tulto  da  so,  senza  il  concorso  della  malita.  Fra  i  67  saggi  pubblicati 
dall'autore  l  insieme  colla  relazione  particolare  del  falto,  ve  ri'ha  di 
quelli  che  segnano  strane  figure  simboliche :  ma  la  piu  parle  sono 
voci  scrilte  in  greco,  in  latino,  in  francese,  in  italiano,  negVidiomi 
teutonic! .  Vi  son  molte  firme  di  persone  morte  o  viventi,  die  dagli 
esperti  si  riconoscono  somiglianlissime  al  caraltere  delle  persone  die 
nominano. 

Siamo  obbljgati,  dalla  moltitudine  stessa  dei  fatli  cbe  ci  si  offrono 
iimanzi,  a  terminare  questo  novero,  il  quale  se  come  recensione  e  un 
nulla,  rimpelto  all'  immensa  quantha  che  ci  si  offrirebbe  innanzi  da 
segnare  ,  come  saggio  e  piu  die  sufficiente  a  dimostrare  1'  assurdo 
che  ci  sarcbbe  a  volere  ad  ognuno  dei  fenomeni  attribuire  una  ca- 
gione  speciale.  Ouale  di  questi  fatti  somiglia  all'altro?  Si  dovrebbe 
adunque  ad  ognuno  dei  casi  parlicolari,  i  quali,  pur  Tariano  all' in- 
finite,  dare  la  sua  propria ,  perche  ognuno  di  essi  o  nella  sua  indi- 
\idualila  o  nel  suo  accoppiamento  si  differenzia  grandemente  da  tutli 
gli  altri. 


1  Pneumat  ographie  positive  et  experiment  ale ....  par  le  B.  L.  DE  GULDEN- 
STUBBE. Paris,  Libraire  A.  Franc.  1857. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA   ITALIANA 


I. 


Delia  vila  e  degli  sludii  del  Prof.  Cav.  MARC'  ANTONIO  PARENTI  , 
Accademico  della  Crusca ,  con  Appendice  delle  poesie  inedite  e 
rare  del  medesimo  —  Modena ,  lipografia  dell'  erede  Soliani , 
1804.  Un  vol.  in  8.°  di  pagg.  176. 

Quando  manca  per  morle  qualcuno  di  quegli  uomini  grand! ,  die 
sono  1'  onore  del  secolo  loro ,  si  risveglia  in  moltissimi  un  acre  de- 
siderio ,  di  sapere  di  lui ,  della  sua  \ita ,  delle  sue  cose  le  piu  mi- 
nute particolarila.  Ed  e  un  effetlo  della  slima,  o  della  siima  insieme 
e  dell'  amore ,  cbe  quelli  si  sono  meritati  colle  opere  loro :  sicche 
non  si  potendo  ad  essi  conservare  la  vila  nalurale ,  si  vuole  almeno 
che  ne  sia  perpetuata  la  morale ,  nella  memoria  e  nell'  ammirazione 
de'  supersliti. 

Fra  gli  uomini  piu  segnalali ,  de'  quali  in  quesli  ullimi  anni  ha 
fatta  irreparabile  perdita  la  Ilalia ,  noi  non  dubiliamo  di  collocare 
quel  lume  insigne  della  ilaliana  filologia  e  raro  modello  di  crisliane 
virlii ,  che  fu  il  Professore  Cavaliere  Marc'  Antonio  Parenti.  I  molti 
ammiratori  del  suo  ingegno,  e  piu  forse  i  non  pochi  estimator!  delle 
morali  quali  la  dell'  animo  suo ,  desideravano  da  gran  tempo ,  anche 
a  con  for  to  del  loro  dolore,  un  qualche  ragguaglio  piu  pieno  della  sua 
Serie  Y,  vol.  XII,  fasc.  353.  37  23  Nwmbre  1864. 


578  RIVISTA 

Tila ;  il  quale  non  tanto  si  distendesse  nel  magnificare  le  sue  opere 
lellerarie,  che  sono  conosciutissime,  quanlo  nel  manifestarne  le  vir- 
tu, per  avvenlura  ignorate  da  molti. 

A  questo  desiderio  appunto  ha  soddisfatto  il  chiaro  Cav.  Bartolo- 
meo  Yeralli  coH'operetta  annunziata  qui  sopra ;  perche  sebbene  non 
lasci  nulla  a  desiderare  quanlo  a  notizie  degli  studii  e  degli  scritti 
di  lui ,  con  piu  am  ore  nondimeno  si  piace  di  ritrarre  le  bellissime 
doli  che  adornarono  il  suo  animo  ,  e  ne  fecero ,  in  ogni  tempo  della 
sua  non  breve  camera  ,  un  esempio  di  ogni  piu  rara  virtu.  Degna 
retribuzione  che  egli  ha  reso  alle  cure  palerne  ,  onde  il  Parenti,  sin 
dalla  prima  fanciullezza,  lo  venne  educando  non  meno  alle  letlere  che 
ai  buoni  costumi !  Di  guisa  che  se  egli  puo  fare  sua  gloria  avere  avuto 
maestro  e  come  secondo  padre  un  lanto  uomo ;  quegli  dall'  altro 
canto  puo  consolarsi  di  potere,  la  sua  merce,  comparire  anche  dopo 
morle,  in  questo  secolo  di  corruzionc  di  principii,  d' indifferenza  re- 
ligiosa  e  di  abielta  pusillanimita  ,  quell'  iucrollabile  e  generoso  cat- 
tolico,  che  si  glorio  mai  sempre  di  essere  in  vita. 

Gia  il  lettore  intende  il  concetto  che  dee  dominare  nella  Relazione 
della  Vita  di  Marc' Antonio  Parenti ;  quello  doe  di  rappresentarci  in 
lui  un  eminente  letterato  ,  ed  un  virluosissimo  cristiano.  E  di  ven> 
1'amore  alle  lettere  e  1'amore  alia  pieta,  si  aprirono  a  un  tempo  stes- 
so  nel  suo  animo  ,  e  progredirono  sempre  accompagnati.  II  Yeralli 
ha  raccolto  con  molta  diligenza  le  memorie  della  sua  adolescenza  7 
dapprima  quando  die  opera,  nella  sua  terra  natale  di  Montecucolo,  ai 
primi  rudimenti  della  lelteratura ;  e  poscia  quarido  piu  grandicello- 
fu  dall'  otlimo  genitore  mandato  in  Modena  ,  dove  studio  Retlorica 
sotto  la  disciplina  di  un  Professore  ecclesiastico,  non  meno  dotto  ch& 
pio.  In  quella  cosi  mobile  eta,  e  che  nondimeno  dalla  piega  che  uo- 
mo \'i  piglia  suole  di  ordinario  decidere  del  rimanente  della  vita,  tu 
non  sai  qual  piu  ammirare  nel  Parenli,  se  1'ardore  dello  studio  e  i 
rapidi  progress!  che  vi  faceva  ,  ovvero  la  maiurila  del  consiglio  ,  e 
la  speccliiata  illibatezza  de'  costumi.  E  tale  seguito  ad  essere  duran- 
le  il  corso  delle  discipline  superiori ,  alle  quali  attese  parte  nella 
stessa  university  di  Modena  e  parle  in  quella  di  Bologna ;  maravi- 
gliando  tutti  di  si  rara  indole  di  giovine  in  tempi  di  cosi  universale 


DELL  A  STAMPA  ITALIANA 

perverlimento.  Non  pertanto.la  giovenlu  non  era  ancora  quella  che 
si  e  fatta  dappoi  diventare  ,  uno  slrumento  di  rivoluzione  in  mano 
delle  setle.  Pero  le  university  erano  frequentate  allora  per  lo  scopo 
principale  di  apprender  le  scienze ;  e  vi  s'  insegnava  davvero.  In 
Bologna  era  convenuta  gran  parte  de'  giovani  di  Modena,  essendo 
stala  questa  citta,  per  cagione  de'  politici  rivolgimenti,  privala  della 
sua  universila.  E  bisogna  rendere  quesja  lode  a  que'  bravi  Modene- 
si,  che  se  non  erano  tutti  della  bonla  del  Parenti,  vi  ebbe  non  per- 
tanto  non  pochi,  co'  quali  ei  pole  accomunarsi  non  solamente  senza 
rossore ,  ma  con  reciproco  vantaggio  si  letterario,  si  morale.  Ordi- 
narono  dunque  tra  loro  come  altrettante  adunanze  accademiche , 
nelle  quali,  gareggiando  d'  ingegno,  si  sludiavano  di  meglio  appro- 
fondire  le  quislioni  scienlifiche  ed  alimenlare  il  buon  gusto  lellerario: 
e  in  esse,  come  era  da  aspettare,  le  prime  lodi  generalmenle  appar- 
tenevano  al  Parenli. 

In  quesli  tempi  de'  suoi  studii  giovanili  egli  pose  i  primi  fonda- 
menli  di  quella  vasla  erudizione  letteraria  e  squisitezza  di  gusto , 
per  cui  divenne  di  poi  uno  de'  primi  filologi  dell'Italia.  Non  gia  che 
egli  trascurasse  le  altre  facolta  ;  collivolle  anzi  con  ardore  pan  al- 
1' ingegno,  e  in  tutte  profitlo  oltre  la  misura  ordinaria,  specialmente 
nel  Dritto  criminale,  sopra  cui  fece  studii  lunghissimi,  e  che  poscia 
insegno  con  fama  di  sommo  nella  universila  di  Modena.  Sul  quale 
proposito  il  Cav.  Veralti  afferma  ,  che  se  avesse  pensato  di  met- 
lere  a  stampa  le  sue  lezioni ,  si  sarebbe  per  esse  acquislalo  non 
minor  nome,  che  per  le  altre  sue  dotte  scritture.  Ma,  come  dicevarno, 
egli  fece  della  lelteratura  il  suo  studio  prediletto,  consecrando  ad 
esso  tutto  il  tempo  ,  che  non  gli  andasse  occupalo  nel  compimento 
de'  suoi  piu  stretli  doveri.  Seppe  di  greco,  studio  il  latino  profonda- 
mente,  e  molte  poesie  e  iscrizioni  delto  in  questa  nobilissima  lingua, 
lodate  assai  dagl'  intendenti.  Ma  piu  della  poesia  latina  coltivo  la  ita- 
liana,  e  compose  bellissimi  versi,  non  solo  nella  gioventu,  ma  anche 
Bell'  eta  malura  e  sin  nell' ultima  vecchiezza.  Sol  degl'  inedili  o  dei 
rari  a  trovare  il  Yeralti  ha  potuto  inlessere  una  ben  lunga  appendi- 
ce,  che  occupa  poco  meno  della  mela  del  suo  Commentario. 

Go  che  noi  vi  ammiriamo  non  e  solamente  il  pregio  letterario ,  il 
quale  per  altro  e  tanto ,  che  li  fa  meritamente  reputare  fra  i  bellis- 


580  HI  VISTA 

simi  che  possa  vantare  la  nostra  eta.  Confessiamo  che  ci  fa  piu 
meraviglia  non  solo  non  avere  incontralo  in  tanta  variela  di  com- 
ponimenli  nessun  concetto,  nessuna  frase,  nessuna  parola,  che  sen- 
tisser  di  reo ,  o  si  potessero  nolare  comechessia  di  leggerezza ;  ma 
tutli  essere  volti  ad  argomenli  o  sacri  o  morali,  o  al  piu  di  modesta 
ricreazione.  II  che  quanto  sia  da  pregiare  dicalo  chi  ha  qualche  pra- 
tica  ne'  poeti ,  anche  gastigalissimi.  Ma  il  Parenli  si  era  fatlo  sino 
da  primissimi  anni  una  legge  inviolabile  ,  di  non  trasandare  ne'suoi 
versi,  neppure  di  una  linea,  i  riguardi  della  modestia  piu  scrupolosa 
e  vereconda.  Pero  scriveva  in  un  gaissimo  poema,  che  incomincio  a 
dettare  ancor  giovanelto ,  ed  e  da  lamenlare  assai  che  lasciasse  in- 
compiuto : 

lo  spero  ben,  se  il  Ciel  mi  porge  mano 
Che  dir  potrete:  questo  e  un  verso  duro. 
Quest'allro  e  un  fraseggiar  ch'ha  del  villano: 
E  questo  loco  e  a  prima  vista  oscuro ; 
Ma  non  direte  :  questa  e  da  cristiano 
Privo  di  Fe;  questo  e  un  modaccio  impuro; 
S'io  far  dovessi  cio,  giunto  a  quel  sito 
La  yena  cessi  e  inaridisca  il  dito. 

11  bello  poelico ,  crede  il  Veratli ,  che  conducesse  a  mano  a  mano 
il  Parenti  ai  piu  profondi  e  seven  sludii  di  lingua.  Certo  e  che  non  si 
potrebbe  assegnare  un  tempo  certo,  in  cui  egli  si  dedicasse  di  propo- 
sito  a  quesle  ricerche,  perche  vi  atlese  da'  primi  anni;  quando  cioe 
comincio  ad  esser  preso  dell'amore  della  poesia.  Or  appunto  la  lingua 
si  puo  dire  che  fu  la  palestra,  in  cui  merco  gloria  maggiore,  diven- 
tando  il  suo  giudizio  come  un  tribunale  di  prima  autorila  nelle  qui- 
slioni  filologiche.  Non  ci  tralterremo  a  numerare  i  suoi  scritti  su  tali 
materie ,  perche  dall'  una  parle  son  conosciuli  da  tulli  gli  studios! 
della  lingua,  e  daU'altra  sono  tanto  svariali,  e  pubblicati  si  sparsa- 
mente ,  che  a  fame  la  rassegna  dovremmo  andare  troppo  per  le 
lunghe.  Oh ,  se  il  benemerito  Cavaliere  Veratti  si  consigliasse  di 
raccoglierli  tutli ,  o  almeno  i  piu  sparpagliati ,  in  una  serie  di  volu- 
mi ,  quanto  segnalato  servigio  ei  reuderebbe  alle  lettere  I 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  581 

E  qui  ancora  fe  risplendere  il  Parent!  la  virtu  sua;  perche  colll- 
vando  assiduamente  un  carapo  si  fecondo  di  litigi ,  com'  e  la  filolo- 
gia,  se  fu  soggello  a  trafltlure  non  meritate  da  lui,  pur  serbo  sempre 
animo  moderate  e  benigno ;  sicche  non  solo  non  offese  mai  chi  non 
lo  aveva  ingiuriato,  mane  anche  rispose  con  acerbit£  a  chi  pur 
troppo  e  con  insolenze  trivial!  lo  ebbe  provocato.  Ed  appunlo  per 
serbarsi  immune  da  queste  guerre  letterarie ,  non  di  rado  piu  rab- 
biose  che  le  stesse  guerre  cruenle ,  schivo  1'  invito  del  Monti ,  il 
quale ,  conosciulo  per  tempo  il  suo  valore  filologico ,  lo  volea  corn- 
pa  gno  nell'  opera  che  stava  componendo  della  Proposta.  Ma  il  Pa- 
rent! non  si  voile  mischiare  nella  contesa ;  e  solo  per  1*  amore  che 
nutriva  grandissimo  a  tali  studii ,  e  per  la  venerazione  che  aveva  a 
quell'  insigne  letterato ,  si  contento  di  mandargli  una  buona  raccolta 
di  sue  osservazioni. 

De'  molleplici  lavori  del  Parenli ,  in  questo  genere  di  sludii ,  ci 
piace  ricordare  in  particolar  modo  le  molte  e  molte  dichiarazioni  del 
varii  passi  della  Divina  Commedia  ,  le  quali  sono  valse  agli  studio- 
si  del  divino  Poema  un  grandissimo  aiuto  per  intenderlo  a  dovere. 
Gran  numero  ve  ne  ha  nelle  sue  Annotazioni  al  Dizionario;  altre  si 
trovano  accolte  nella  edizione  della  Divina  Commedia  detla  della 
Minerva ,  e  in  quelle  del  Campi  e  del  Passigli ;  gran  quantita  nelle 
Esercitazioni  filologiche,  o  in  articoli  bibliografici ,  pubblicali  nelle 
Memorie  di  Religlone;  il  rimanente  in  apposite  scritlure.  Ma  egli 
piu  alto  mirava ;  poiche  aveva  in  animo  di  comporre  un  Comment® 
si  pieno  e  compiuto  della  Divina  Commedia ,  che  non  fosse  allro  a 
desiderare.  Ma  qui  e  il  caso  di  ripetere  che  rotlimo  e  il  nemico  del 
bene.  Imperocche  appunlo  perche  il  tipo,  che  se  n'era  formato,  toc- 
cava  la  perfezione ,  ed  egli  senliva  bassissimamente  di  se ,  non  si 
decise  mai  di  venire  all'opera ,  e  fmalmente  ne  dismise  del  lutto  il 
pensiero ,  come  di  cosa  riputata  da  lui  superiore  alle  sue  forze. 

Non  per6  bene  ei  pensava  del  Boccaccio.  II  che  vogliamo  qui  nota- 
re,  acciocche  \  autoriti  di  tanto  uomo  valga  a  disingannare  grincauti, 
specialmente  giovani,  i  quali,  coll'onesto  tilolo  di  apprefider  da  quello 
la  lingua  e  lo  stile,  se  ne  fanno  un  gravissimo  inciampo  al  costume;  e 
intanto  nonche  otlenerne  vantaggio  lelterario ,  piultosto  ne  perdono. 


582  RIVI'STA 

Ecco  clie  ne  lascio  scritto  il  Parent! :  «  Non  e  qui  luogo  a  discor- 
rere  delle  cagioni  poco  onorevoli  per  la  letleratura  e  pel  costume  ita- 
liano,  onde  usurpo  lanla  fama  quell'  uomo  che  per  sopraffare  tutti  gli 
allri  scriltori  contraffece  .alia  lingua  1 ,  e  per  mettere  a  fondo  ogrii 
piu  nobile  e  gentil  sentimento  di  sua  nazione ,  si  fece  padre  e  mae- 
stro del  lurpiloquio  2.  Si  polrebbe  dire  che  habent  sua  sidera  libri, 
ed  anche  la  repubblica  letleraria  ha  qualche  volla  i  suoi  ladroni  che 
ascendono  al  solio.  Certamenle  al  Boccaccio  non  corapeteva  questo 
diritto ,  per  avere  dilatato  i  confini  della  favella.  Non  per  ragione 
delle  parole  isolatamente  considerate;  perche  si  puo  sfidare  qualun- 
que  lessicografo  a  rinvenire  nelle  Cento  Novelle  un  vocabolo  vera- 
mente  bello  ,  onesto ,  necessario ,  che  non  si  trovi  nelle  scrilture  an- 
teriori :  ne  del  reslo  si  vorra  fargli  merito  della  farraggine  di  turpi- 
iudini  tolte  alle  taverrie,  a'  trivii  cd  a'lupanari;  la  quale  per  certo 
sarebbe  esuberante  anche  all'  espressione  dell'  araba  scostumatezza. 
Non  per  le  frasi ;  perche  delle  buone  egli  non  e  1'  autore,  e  delle  al- 
tre  da  lui  composte ,  per  farsi  singularissimo  dagli  scrittori  del  suo 
secolo  3,  non  si  puo  starne  al  sicuro;  checche  ne  dicano  i  gramma- 
tici,  de  quali  fu  propriissimo  il  fondar  regole  e  trovar  vezzi  nei 
suoi  slrafalcioni  £.  Non  pel.  costrutto ;  perche  gl'  iperbati  e  gli  allri 
stravolgimenti  della  natural  tela  del  favellare  sow  in  quell'  opera 
contro  la  forma  dello  scrivere ,  che  s  usava  da  buoni  in  quel  tem- 
po 5 ;  dunque  contra  la  natura  e  I'  uso  del  nostro  idioma :  onde  ven- 
ne  di  conseguenza  la  perpetua  distinzione  del  parlar  boccaccevole 

1  PERTIC.  Scritt.  del  Tree.  lib.  II.  Si  puo  vedere  a  questo  proposito  cio 
che  si  discorre  nelle  Memorie  di  Religione  ecc.  Tom.  VI,  pag.  280  e  segg. 

2  Lo  diceva  egli  medesimo,  scrivendo  aMainardo  de'  Cavalcanti:  Existi- 
mabant  legentes  me  spvrgidum,  lenonem,  incesluosum  senem,  impurum  homi- 
nem,  turpiloquum,  maledicum  et  alienorum  scelerum  amdum  relatorem. 

3  SALVIAT.  Avvert.  lib.  II,  cap.  12. 

4  TAVERNA,  Pref.  allo  Specchio  di  Croce  del  Cavalca. 

5  SALVIATI  loc.  cit.  Questa  confessione  e  assai  notabile  in  bocca  d'un 
uomo  che  fu  1'ammiratore  piu  infatuato  del  Gertaldese  ;  quantunque  poi  si 
accorgesse  e  rammaricasse  egli  medesimo  d'averlo  seguito  troppo  d'  ap- 
presso.  Veggasi  la  lettera  di  Alessandro  Ganiglani  al  P.  Silvani  Raggi,  pre- 
messa  al  Dialogo  deirAmicizia,  scritto  dal  Salviati. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  583 

dall'  ilaliano.  NOD  per  lo  stile  ;  perche  dove  pretende  magnificarlo 
coll'arte,  presenla  una  maniera  discrivere  affettato  nobile  1,  die  si 
perdc  nella  gonfia  ed  inane  loquacita  de'  retori  e  de'  sofisti,  e  dove 
secondo  natura,  che  nello  stile  suol  rendere  immagine  dello  scrit- 
lore ,  lascia  bruttamenle  apparirvi  quell'  animo  che  solo  di  lascivie 
e  di  fole  . . .  si  compiacque  2 :  senza  che  ,  a  falsare  affatlo  lo  stile , 
baslerebbe  soltanlo  avere ,  come  lui ,  sforzala  la  nalura  del  lin- 
guaggio  3  nella  disposizione  delle  parole.  Non  per  la  maleria ,  per- 
che la  lingua  comune  fu  principalmente  per  opera  sua  dall'  ampio 
giro,  che  prima  occupava,  in  molto  minore  spazio  ristretta  4,  e  pre- 
\alse  T  opinione  che  abbandonar  si  dovesse  alle  ciance  delle  femmi- 
nette  e  de'  giovinastri ,  cercando  altrove  il  linguaggio  della  sapien- 
za  e  della  grandezza.  Quanto  all'  eloquenza,  che  alcuni  gli  attribui- 
scono ,  me  ne  sbrighero  con  un  paragone.  Guarda ,  mi  diceva  un 
giorno  Sempronio,  mirando  il  cielo,  guarda  che  mivola  signifieanle. 
Non  e  quello  propriamenle  un  gran  guerriero,  tratteggiato  sullo  stil 
de'  Carracci?  lo  alzai  gli  occhi ,  e  vedeva  una  nuvola.  » 

Ma  e  da  dire  qualche  cosa  piu  in  particolare  del  carallere  mora- 
le di  quest'  uomo  incomparable.  Gattolico  fervente  ed  esemplare, 
di  antichi  coslumi ,  di  anlica  fede  apparve  sempre  e  a  lutli ;  fu  os- 
servatore  esattissimo  de'  doveri  religiosi ,  zelante  dell'  onore  di  Dio 
e  della  Chiesa,  pieno  di  carita  verso  tulti.  E  perocche  era  tanta  la 
sua  autorita ,  di  questa  ei  si  valeva  e  ne'  discorsi  familiari  e  dalla 
calledra,  per  propagare  ed  altamente  scolpire  negli  animi  le  verita 
religiose  e  le  massime  sane.  «  Mi  pare  ancora  di  sentirlo  (attesta 
un  suo  discepolo)  dalla  sua  cattedra  di  criminale  giurisprudenza  , 
ogui  qualvolta  1'argoniento  traevalo  a  dover  soslenere  i  retti  princi- 
pii  impugnali ,  o  smascherar  error!  o  impugnar  pregiudizii ,  pro- 
romper  qual  fiume  con  quella  sua  feconda  vena  di  cullissimo  e  ir- 
resistibile  eloquio ,  e  col  volto  acceso  e  coll'  occhio  scintillanle  sfol- 
gorare  le  pestilenti  dotlrine  e  i  lor  fallaci  maestri ,  e  infiammare  i 

1  TASSONI,  Pens.  div.  lib.  IX. 

2  PERTIC.  Apolog.  cap.  XLI. 

3  PERTIC.  Serin,  del  Tree.  lib.  II. 

4  GRAVINA,  della  Rag.  poet.  lib.  II,  cap.  8. 


584  RIVISTA. 

giovani  petti  all'amor  del  vero  e  al  rispetto  del  giusto  e  deH'onesto.» 
Quanto  poi  alia  pralica  in  particolare  delle  virtu  basterebbe  il  ricor- 
dare  quella ,  che  e  la  vera  pietra  di  paragone  di  tutte  le  altre  ,  cioe 
1'umilta.  Uomo  di  si  gran  merito  e  si  giustamente  onorato  da  tutti, 
pur  sempre  abborri  da  ogni  ombra  di  ostentazione,  e  da  que'  plausi 
di  gloria,  di  cui  per  allro  sono  generalmente  tanlo  avidi  i  lette- 
rati.  Ma  pruova  migliore  di  quesla  sua  umilla ,  perche  suggerita 
da  molivi  piu  nobili ,  fu  quell'  uso  che  ebbe  di  recarsi  pubblica- 
mente  ai  tribunali  di  penitenza ,  e  quivi  confuse  col  volgo  delle 
femminelle  aspeltare  con  divoto  atleggiamento  la  sua  volta ;  ovvero 
mescolato  colla  folia  ascoltare  la  parola  di  Dio  anche  dalle  labbra 
di  dicitori  incolti  ed  inesperli ,  con  tanta  pia  semplicila  e  divozione, 
qual  si  saria  potulo  aspeltare  dal  piu  iilelterato  degli  uditori.  Ma 
coll'  umilla  andaron  d'  accordo  lutte  le  altre  virlu  cristiane.  Raro 
accadeva,  dice  il  Veratti ,  che  in  Modena  si  ponesse  mano  ad  opere 
pie ,  nelle  quali  il  Parenli  non  pigliasse  parte,  almeno  col  consiglio. 
Qui  ricordcremo  un  fat  to  colle  stesse  parole  del  suo  discepolo  al- 
legato  pocanzi ,  che  ne  fu  testimonio  oculare  ,  e  lo  dice  per  altro 
de'  meno  avvertili  e  piu  comunali :  « Quando  (cosi  egli)  nel  caro 
de'viveri  nel  1853  la  Congregazione  di  S.  Carlo  ebbe  incarico  di 
pubblicamente  apprestare  e  distribuire  minestre  ai  poveri;  egli  era 
stato  de'  primi  a  persuadere  i  Confratelli  di  accetlar  la  proposta , 
non  scevra  per  vero  di  gravi  brighe.  Come  si  fu  all'opera,  piii  volte 
il  mirai ,  veslito  del  sacco  bigio  servir  delle  sue  mani  alia  cucina  e 
portar  cogli  altri  le  scodelle  in  giro  a  quella  folia  pezzenle.  Yedulolo 
una  volta  in  que'  rigori  del  verno  pallido  e  tremante  pel  freddo ,  ed 
esortandolo  ad  accostarsi  almeno  al  fuoco  della  caldaia :  Ah  che  io 
non  vo'  anneghiUirmi,  rispose;  e  continuava  1'  opera  sua;  e  finitala 
sedevasi  in  disparle  sopra  una  cassa ,  senz'altrimenli  volersi  riscal- 
dare,  che  col  semplice  slropicciar  delle  mani.  » 

Quali  poi  sieno  stati  i  suoi  sentimenli  in  materia  di  polilica  ,  giac- 
che  le  quistioni  poliliche ,  massime  ai  tempi  nostri ,  diificiimenle  si 
potrebbero  sceverare  dalle  quislioni  religiose ,  si  puo  assai  meglio 
rilevare  da'  suoi  scritti ,  che  da  quanto  ne  polessimo  noi  dire.  Basla 
affermare  in  generale ,  che  il  suo  crilerio  politico  era  immedesima- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

to  col  criterio  religioso.  Pero  quanto  era  lontano  da  ogni  briga  di 
parti ,  allreltanto  era  immutabile  ne'  principii ,  e  coslante  nella  ese- 
cuzione  de'doveri  che  que'  principii  grimponevano.  Un  tal  suo  con- 
tegno  non  diremo  che  gli  risparmiasse  gli  oltraggi  e  le  vessazioni 
de'  trisli ;  che  n'  ebbe  anzi  a  pa  tire  non  poco  specialmente  nel  1831, 
quando  sopravvenuli  i  rivolgimenli  politici  a  tutti  noli ,  egli  si  tro- 
•vava  in  un  pubblico  carico,  e  pero  piu  esposlo  alle  ire  settarie.  Ma 
era  lanlo  reverenda  la  sua  virtu ,  e  si  specchiata  la  retliludine  del 
suo  animo,  che  i  capi  slessi  del  Governo  inlruso  ne  pigliarono  le  di- 
fese  ;  ed  anzi  alcuni  di  loro,  a  poterlo  meglio  tutelare ,  lo  invitarono 
a  ricovrarsi  nelle  lor  case.  Di  che  egli  li  ringrazio  ,  non  credendo 
altrimenli  del  suo  decoro  provvedere  in  quel  modo  alia  propria  sicu- 
rezza.  Nelle  ultime  rivolture  soffri  forse  piu,  non  giaper  offeseper- 
sonali ,  che  queste  non  toccarono  gran  fatto  il  suo  animo ,  ma  per 
lo  slrazio  piu  aperlo,  piu  violenlo  e  piu  universale  di  ogni  cosa  piu 
sanla  e  piu  augusta.  La  setta  per  altro,  neppure  in  quesli  ultirai  an- 
Di  della  sua  venerala  vecchiezza ,  gli  voile  risparmiare  le  sue  piu 
dirette  trafitture  ;  e  do  che  solo  poteva,  gli  tolse  la  Caltedra  di  di- 
rilto  Criminale.  Vilissimo  atlo  di  quel  medico  Farini ,  diventato  il 
tiranno  di  mezza  Italia ;  il  quale  credette  poscia  compensare  quel- 
Fonta  col  nominarlo  Presidente  di  una  Commissione  creata  da  lui , 
pe'Testi  di  lingua  da  pubblicare.  Ma  quello  non  era  un  onore;  era 
piulloslo  una  insidia  o  un  oltraggio  alia  delicata  coscienza  del  Pa- 
renli ;  e  quesli  non  accello.  Sicche  rimase  al  Farini  intera  1'  onla  di 
avere  rimosso  un  lanto  uorno,  e  in  quella  eta,  dalla  Universila  di 
Modena,  sotto  il  titolo  beffardo  di  dispensa. 

Intanlo  il  Parenti  inlemerato ,  com'  era  vissuto ,  si  approssimava 
al  suo  fine.  Nel  quale  tempo  ci  bastera  dire  che  le  virlusue,  lunga- 
mente  esercitate  in  vita,  brillarono  di  una  luce  piu  sfolgorante, 
principalmente  la  pazienza  e  la  rassegnazione  ne'  divini  voleri.  NOD 
yogliamo  pero  tacere  di  un  alto  ,  il  quale  mentre  dall'  un  lato  dimo- 
stra  la  delicatezza  della  sua  coscienza ,  daU'altro  e  la  piu  autorevole 
conferma  della  rettitudine  d'intenziono  in  ogni  cosa  scrilla  da  lui , 
e  della  sempre  uniforme  stability  ne'  dirilti  principii.  Perocch6  al- 
cuni mesi  innanzi  alia  morte ,  temendo  non  forse  per  la  infermita  che 


586  RIVISTA 

pativa  gli  dovessero  vacillare  le  facolta  raentali ,  e  in  quello  stato 
gli  venisse  detto  alcua  che  meno  conforme  alle  massime  da  lui  sem- 
pre  professate ,  serisse  di  suo  pugno  la  seguente  protesta ,  che  con- 
segno  ad  un  suo  amicissimo  : 

«  A  di  13  Marzo  1862. 

«  A  qualunque  espressione  portar  mi  potesse  il  lurbamento  della 
mente,  intendo  non  ritrattare  pure  una  sillaba  di  quanto  ho  stampa- 
to  e  insegnato  in  mia  ^7ita,  con  sincera  intenzione  di  servire  all'ordi- 
De  e  alia  verita.  Tanto  affermo  impolente  a  piu  ampia  dichiarazione, 
e  lo  affermo  liberamente. 

MARC'  ANTONIO  PARENTI.  » 

Questa  fu  1' ultima  scriltura  del  Parenti ,  dopo  la  quale  visse  an- 
cora  alcuni  mesi ,  essendo  passalo  a  23  di  Giugno  del  medesimo  an- 
no. Ebbe  lull'  i  coriforti  della  religione ,  che  riceve  con  pieta  edifl- 
canlissima.  Ancora  di  un'altra  grazia  lo  degno  il  Signore ;  e  fu  che 
il  Sommo  Pontefice  Pio  IX,  supplicato  dalla  parte  della  famiglia  e 
degli  amici  dell'  infermo  di  una  preghiera  per  lui  e  di  una  speciale 
benedizione ,  dell'  una  e  dell'  allra  benignamenle  li  compiacque ,  de- 
gnandosi  di  scrivere  di  sua  mano  sollo  alia  supplica  :  Quia  accepii 
eratis  Deo1  necesse  fuit  ut  tentatio  probarei  Vos. 

II. 

//  Memorial  diplomatique  del  45  Novembre. 

II  Memorial  diplomatique,  la  cui  riputazione,  per  cio  che  concerne 
le  cose  di  Roma,  si  va  ogni  di  piu  accostando  a  quella  del  Conslilu- 
tionnel  e  della  France,  si  manifesto  sin  da  principle  ardente  avvoca- 
to  ,  non  sappiamo  se  officiate  o  officioso ,  della  celebre  Convenzione 
del  13  Settembre.  Finche  esso  si  fosse  contenuto  tra  quesli  limiti , 
noi  non  avremmo  avuto  dirilto  di  fargli  rimprovero;  non  compelendo 
a  nessuno  1'  entrar  giudice  dei  fatti  altrui.  Ma  ben  abbiamo  il  diritto 
di  richianaarci,  quando  egli  tra\isa  i  sensi,  espressi  nei  noslri  scritli. 
Cos!  ci  sembra  aver  lui  fulto  a  rispetlo  del  nostro  primo  arlicolo  del 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  587 

quaderno  331,  intorno  al  trallato  franco-italiano.  Egli  dice  che  esso 
temoigne  d'une  attenuation  Ires  sensible  dans  Ics  apprehensions,  avec 
les  quelles  on  avail  accueilli  d'  aborcl  a  Rome  la  nouvelle  du  traite  l. 
Ora  le  appreziazioni,  di  cui  quel  nostro  arlicolo  rendeva  leslimonian- 
za  per  evidenle  discorso  sopra  i  falti ;  sono  ben  diverse  da  quelle , 
cbe  il  prelodato  Giornale  s'  ingegna  di  fare  apparire.  Noi  in  quell'ar- 
ticolo  ricordavamo  da  prima  le  irrefragabili  e  sanlissime  ragioni , 
per  cui  alia  Santa  Sede  ripugna  qualsiasi  accomodamento  che  \ioli 
in  un  modo  o  in  un  allro  i  suoi  intangibili  dirilli.  Dimoslravamo  in 
secondo  luogo  che  il  Tratlato,  per  le  interpretazioni  fattene  dal  Pie- 
monle,  si  rivelava  quale  insidia  tesa  alia  sovranita.  del  Pontefice,  e 
come  ultima  arma  a  cui  ricorresse  1*  ipocrisia  e  la  frode.  Infme  mo- 
stravamo  come  esso  sovverte  inleramente  1'  idea,  rappresentata 
dall'  occupazione  militare  di  Roma  per  parte  della  Francia. 

Che  questi  sieno  i  concetti  capitali  di  quel  nostro  arlicolo  ,  ognu- 
no,  che  inlende  la  lingua  italiana,  puo  ccnvincersene  colla  le^tura  te- 
stuale.  Chi  poi  ignorasse  la  noslra  lingua  ,  puo  rilevarlo  dal  fedele 
riassunto  ,  che  del  predetto  articolo  fu  Mto  dal  Monde  nel  suo  mi- 
mero  308  ,  12  Novembre.  Ora  gli  esposli  concetti  sono  ben  lungi 
dall'autorizzare  il  Memorial  diplomatique  a  dedurne  le  sue  vagheg- 
giate  inferenze. 

Senonche  non  e  meraviglia  che  frantenda  i  discorsi  altrui  chi  fran- 
tende  stranamente  i  proprii.  II  Memorial  diplomatique,  preoccupato 
dalla  foga  di  palrocinare  una  causa ,  incapace  di  patrocinio ,  riesce 
sovenle  a  dimoslrare  il  rovescio  di  qucllo,  che  intende  di  dimostrarc. 
Siane  esempio  cio  che  esso  dice  in  questo  medesimo  numero.  Egli , 
per  provare  la  lealt& ,  colla  quale  il  Piemonle  adempiii  la  Conven- 
zione ,  ricorre  alia  nobile  condotta  del  Generale  La  Marmora,  Capo 
del  presente  Gabinetto  di  Torino  :  Le  noble  passe  du  General  La 
Marmora  doit  repondre  de  favenir.  E  per  provare  questo  nobile 
passato,  racconta  ci6,  che  avvenne  nell'  invasione  delle  Marche.  « In 
fatli,  egli  dice,  allorche  il  sig.  De  Cavour  spingeva  e  pressava  il  re 
Vittorio  Emmanuele  a  varcare  la  frontiera  toscana,  sotto  pretesto 
che  le  agitazioni  del  partilo  rivoluzionario  vi  mettevano  in  pericolo 

1  Deuxieme  annee,  n.  46,  p.  730. 


588  RIVISTA 

1'ordine,  egli  facevagli  considerare  che  laFrancia  non  poteva  certa- 
menle  dargliene  innanzi  1'  assenso ,  ma  che  non  avrebbe  potato  non 
ammeltere,  dopo  il  colpo,  il  fatto  compiuto,  posto  tutto  cio  che  avea 
operato  per  I'  Italia.  Nondimeno ,  inquieto  deli'  avvenire,  il  re  Vitto- 
rio  Emraanuele  giudico  prudente  di  consultare  il  rappresentante  del- 
la  Francia ,  il  Principe  De  la  Tour  d' Auvergne ,  che  prese  loslo  le 
istruzioni  dal  suo  Governo.  II  Gonte  Walewski,  allora  Ministro  degli 
affari  esteri ,  lo  incarico ,  con  un  telegramma  ben  conosciuto ,  di 
distornare  il  Governo  di  Torino  da  quell'  impresa ,  non  meno  peri- 
gliosa  che  illegale.  Ma  il  sig.  Cavour  insislette ;  egli  fece  vedere 
Imminente  il  pericolo  ,  ed  ottenne  infme  che  si  lasciasse  fare  a  suo 
rischio  e  pericolo ,  sotto  1'  espressa  condizione  di  ristabilir  1'  ordine 
Immedialamenle  e  di  lasciare  assolutamente  intatta  la  quistione  ter- 
ritoriale.  II  Generale  La  Marmora ,  che  faceva  parte  del  Micistero , 
si  reco  egli  stesso  dal  Principe  La  Tour  d'Auvergne  per  proteslare 
della  le&lla  delle  inlenzioni  del  suo  Governo,  aggiungendo  che  se  ii 
Conte  di  Cavour  osasse  infrangere  i  suoi  impegni,  egli  darebbe  tosto 
la  sua  dimissione  ;  e  cosi  egli  fece  in  effetto,  allorche  quegli  indusse 
il  Re  a  consentire  air  annessione  1.  » 

1  Eneffetj  lorsqueM.de  Cavourpoussait,  pressait  le  roi  Victor-Emmanuel 
de  franchir  la  frontiere  toscanc,  sous  pretexts  que  les  agitations  du  parti  re- 
volulionnaire  y  meltaient  I'ordre  en  peril.,  il  lul  representait  que  la  France 
ne  pouvait  sans  doute  lul  donner  d'avance  son  assentiment,  mats  qu'elle  avait 
trop  fait  en  faveur  de  Htalie,  pour  ne  pas  admettre  apres  coup  le  fait  accom- 
pli. Inquict,  cependant,  de  V  avenir,  le  roi  Victor-Emmanuel  jugeait  prudent 
de  consuller  le  representant  de  la  France,  M.  le  Prince  de  la  Tour  d'Auver- 
f/ne,  qui  prit  aussitot  les  instructions  de  son  gouvernement.M.  le  Comte  Wa- 
lewsld,  alors  minis tre  des  affaires  etrangcres,  le  charged,  par  un  telegramme 
bien  connu,  de  detourner  le  gouvernement  de  Turin  d'unc  entreprise  «  aussl 
dangereuse  qu' illegale.  »  Mais  M.  de  Cavour  insisla,  fit  voir  «  le  peril  immi- 
nent, »  et  oblint  enfin  qiion  le  laissdt  faire ,  «  a  ses  risques  et  perils,  »  sous 
I'expresse  condition  de  retablir  I'ordre  immediatement  et  de  laisser  absolu- 
ment  intacle  la  question  territorial.  Le  general  La  Marmora,  qui  faisait 
par  tie  du  Minister  e,  se  rend  it  lui-meme  chez  le  Prince  de  la  Tour  d' Auvergne 
pour  protester  de  la  loyaute  des  intentions  de  son  gouvernement,  ajoutant  que, 
si  le  comte  de  Cavour  osait  enfreindre  ses  engagements,  il  donnerait  aussilot 
sa  demission ;  comme  il  le  fit,  en  effet,  le  jour  ou  celui-ci  decida  le  Roi  a  con- 
sentir  a  rannexion.  Le  Memorial  diplomatique,  n.  46,  pag.  730. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  589 

Se  il  Memorial  diplomatique  non  fosse  scusabile  per  rallucina- 
zione  in  die  si  trova ,  si  direbbe  che  egli  abbia  rinunziato  al  buon 
senso.  Nel  fatlo  che  egli  commemora,  neppure  la  nobilta  di  carat- 
tere  del  Generale  La  Marmora  resla  illesa.  Imperocch6  essa  gli 
persuase  di  uscire  dal  Ministero ,  quando  vide  infranli  gl'  impegni 
che  egli  avea  assicurali ;  ma  non  gli  ha  poi  impedilo  di  rienlrarvi 
adesso ,  che  quell'  infrazione  perdura ,  ne  di  conlinuare  anche  allora 
in  altri  ufficii  governativi.  Noi  non  conosciamo  bene  che  cosa  im- 
porti  la  nobilia  di  caraltere  secorido  i  progressi  della  ci villa  mo- 
derna  ;  ma  secondo  la  civilta  anlica  avrebbe  importato  il  riliro 
assoluto  dal  piu  servire  un  Governo,  si  sfacciatamente  sleale,  e  che 
melte  a  tal  rischio  la  parola  e  1'onore  de'  suoi  rappresenlanti.  Ma 
sia  nulla  di  cio  ;  quel,  che  e  da  notare,  e  la  forza  dell'  argomento 
per  dimostrare  il  conlrario  di  cio  che  vorrebbesi. 

Che  cosa  il  buon  Memorial  vuol  dimoslrare?  Che  la  Convenzione 
assicura  la  Sovranila  temporale  del  Ponlefice,  attesa  la  lealla  colla 
quale  saii  eseguita  dal  Piemonte,  e  la  fermezza  colla  quale  la  Fran- 
cia  ne  esigera  radempimento  ;  ed  a  provar  cio  ricorda  un  fatto  in 
cui  il  Governo  di  Torino  viola  impudenlemenle  la  promessa  data , 
e  la  Francia ,  dopo  vane  apparenze  di  corruccio,  se  ne  accontenta ! 
La  Francia  richiese  V espressa  condizione,  che  il  Piemonte,  dopo 
entrato  nelle  Marche  per  passare  in  Napoli ,  ristabilisse  immediata- 
mente  I'ordine  e  lasciasse  assolulamente  intatta  la  quistione  di  ter- 
ritorio.  II  Governo  di  Torino  assume  quest'  impegni ,  promelte  di 
lealmente  mantenerli,  e  colla  stessa  facilila,  colla  quale  li  aveva  as- 
sunti,  li  viola  immanlinente  e  si  annelle  le  Marche  e  I'Umbria.  Che 
cosa  fa  la  Francia ,  in  vista  di  un'  infrazione  si  sozza  di  fede  data? 
Si  mostra  indegnala ;  richiama  il  suo  Ambascialore  ,  lasciando  pero 
il  suo  primo  Segretario  a  fame  le  veci ;  e  dopo  pochi  mesi  torna 
all'amicizia  di  prima ,  non  osando  neppure  ricordare  piu  nelle  trat- 
tative  posteriori  un'  azione  si  brutta ,  ma  anzi  usando  parole  dolci 
e  cortesi  verso  un  alleato  si  leale.  Non  pu6  negarsi  che  un  tal  fatto 
c  acconcissimo  per  la  conclusione,  onde  il  Memorial  termina  il  afo 
arlicolo,  dicendo :  De  deux  choses  rune :  ou  elle  (la  Convenzione) 
sera  fidelement  remplie,  ou  la  France  y  veillera,  cest  son  oeuvre ; 


1)90  RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

dans  tons  les  cas,  on  ne  pent  que  s'y  attacker  fortement  avec  con- 
fiance  (come  nel  fatto  teste  ricordato).  Qui  ne  sail,  et  I' Italie  fera 
lien  de  s' en  souvenir,  que  la  France  pourra  transiger  sur  tout? 
fors  C honneur  1. 

Ma  sopraUullo  la  commemorazione  di  quel  fatlo  e  acconcissima  per 
provare  la  lealta  del  Governo  di  Torino ;  massimamente  se  si  consi- 
dera  che  esso  fu  eseguilo  sotto  la  presidenza  del  Ca>7our ,  il  quale  e 
il  tipo  ideale,  a  cui  tulti  i  Ministri  di  quel  Governo,  vecchi  e  nuovi, 
protestano  di  volersi  conformare.  Ma,  dirassi,  il  La  Marmora  man- 
tenne  la  parola  di  dare  la  sua  dimissione ,  si  le  Comte  de  Cavour 
osait  enfreindre  ses  engagements.  Che  importa  ai  Caltolici  o  alia  San- 
la  Sede,  cbe  un  Mim'slro  si  ritiri  dall'  ufficio,  se  vengono  assassinati? 
Oh  il  bel  rimedio  inventato  dal  Progresso!  II  signorDrouyn  deLhuys 
ha  nel  suo  ultimo  Dispaccio  espresso  il  modo,  onde  deve  intendersi 
la  Convenzione.  Fingiamo  che  le  sue  interpretazioni  abbiano  la  me- 
desima  sorte  che  le  celebri  promesse  d'  un  suo  collega  nel  59;  egli 
dara  le  sue  dimissioni.  Ecco  lutlo  aggiustato.  Anzi,  se  vi  piace,  dara 
le  sue  dimissioni  di  bel  nuovo  anche  il  La  Marmora.  Puo  desiderar- 
si  di  piu? 

Vede  ognuno  se  queste  possono  dirsi  buone  ragioni ,  o  piu  vera- 
mente  insulsaggini  e  quasi  insulti  al  senso  comune.  Ma  per  ritorna- 
re  la  onde  siam  digredili,  noi  preghiamo  il  Memorial  diplomatique, 
che  quando  vuole  dar  conto  di  alcun  nostro  scritlo,  adoperi  maggior 
diligenza  per  coglierne  il  vero  senso ,  nori  omeltendo  anche  di  con- 
siderare  quelle  frasi  che  sono  usate  ironicamente;  giacche  le  ironie, 
apparienendo  allo  stile  ,  appartengono  per  questo  stesso  al  linguag- 
gio,  e  pero  fanno  parte  ancor  esse  della  manifestazion  del  pensiero. 


1  Luogo  citato  piii  sopra. 


BIBLIOGRAFIA 


ALMANAC  30  astrologico  ,  scientifico,  astronomico,  religioso ,  morale ,  fisico, 
aneddottico  ecc.  Elettricita,  nuove  scoperte,  progresso  ecc.  per  T anno 
1865.  Anno  I.  Roma,  dalla  tipografta  di  Enrico  Sinimberghi  1864.  Un 
opusc.  in  8.°  di  pay.  48. 

ALMANAC  CO  PEL  1865  — 11  Galantuomo  e  le  sue  av  venture :  Almanacco  nazio  - 
nale  per  1'anno  1865.  Strenna  offerta  ai  cattolici  italiarii.  Anno  XII.  Tori- 
no, lip.  dell'Orat.  di  S.  Francesco  di  Sales.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  140. 
Vendesi  alprezso  di  cent.  20. 

Cha  cosa  viene  a  dirci  di  bello  questo  Galan-  grare  e  d'istruire  la  brigata,  senza  prender  1'aria 

taomo?  Di  tutto  un  po.  Ci  da  de'  buoni  consi-  d'un  predicatore,  ne  la  sicumera  d'un  letterato. 

gli.  ci  conta  dei  fattarelli  opportunissimi,  ci  di-  Ei  merita  che   tutti   lo  ammettano    ia  casa,  cosi 

plgne  ce:te  fisionjmie,  cerca  in  somma  di  ralle-  buono  e  discrete  cotn'c,  e  gli  facciano  lieu  ccra. 

AMBROSl  ALESSANDRO  —  Roma  nel  regno  e  dopo  il  regno  d'  Italia,  tenuta 
dagli  Eruli,  dagli  Ostrogoti  e  dai  Longobardi :  Ragionamento  letto,  nella 
tornata  del  di  7  Luglio  1864  dell'Accademia  dei  Quiriti,  dalfavvpcato 
Alessandro  Ambrosi,  giudice  nel  Tribunale  collegiale  di  Beucveuto  e  so- 
cio  di  varie  Accademie  italiane.  Roma  1864,  stabil.  tipograficoAureli  e  C* 
piazza  Boryhese  n.  89.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  22. 

Tutli  e  tre  quei  popoli  tentarono  di  formare  un  storico  serve  al  delto  accademico  per  conchiude- 
regno  d'  Italia  con  Roma  capilale:  it  conquisto  di  re  che  Roma  rimarra  sempre  la  citlii  dei  Papi, 
Roma  sfuggi  loro  d;.l.e  mani  sempre.  Questo  falto  con  tutti  gli  sforzi  che  si  facciano  a  rapirla  loro. 

ANONIMO  —  I  capitoli  di  una  compagnia  di  disciplina,  compilati  nell'anno 
MCGGX1X.  N.  10  della  Miscellanea  Pratese  di  cose  inedite  o  rare,  antiche 
e  moderne.  Prato,  tipografta  di  Ranieri  Guasti  MDCCCLX1V.  Un  opusc. 
in  8.°  di  pagine  35. 

Quesli  Capiloli  furono  compilati  nel  1310  per  Da  quali  codici  sieuo  stati  ricavali,  ed  a  quali 

una  Compagnia  di  Disciplina  di   terra  di  Prato.  diverse  Compagnie   in  iliversi  tempi  sieno  essi 

Essi,  com' c  dello  nel  Prologo,  sono  ordinamenti  serviti,  viene  diligeutemenle  csposto  dall'Edilore 

«  ne'  quuli  si  contiene  lutto  quello  che  debbono  nella  Pre  azione.  Koi  aggiugneremo  che  ben  me- 

<lire  e  fare,  e  quello  da  che  si  debbono  guarda-  rita  questa  pubblicazione,  o  si  ri guard i  dal  lato 

re....  tutti  quelli  i  quali   sono  e  saranno  della  della  lingua  o  da  quello  della  piela  cristiana,  le 

Compagnia,  la  qualc  si  rauna  al  luogo  de'  frati  diligeuze  ond'  c  stata  curala,  e  la  eleganza  tipo— 

di  S.  Agostino  da  Prato,  la  quale  ha  per  suo  no-  grafica  con  che  si  e  volulo  adoruarla. 
roe:  La  Compaf/nia  di  messcr  santo  Agostino.  » 

—  II  Rosario  dell'  Apostolato  della  preghiera,  1.a  versione  italiana  sulla  4.* 
ediz.  francese.  Alodena,  tip.  dell'  Imm.  Concezione.  Roma,  Giovanni  Ben- 
civenga.  Venezia,  Gio.  Batlista  Merlo.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  32. 

—  La  schiavitii  e  la  guerra  negli  Stati-Uniti  d'  America.  Roma,  Sett.  1864. 
Un  opusc.  in  8.°  dipag.  62. 

—  Le  sacre  immagini  e  le  due  autorita:  Document!  per  la  storia  contempo- 
ranea  della  Chiesa  di  Napoli.  Napoli,  stab.  tip.  stradaS.  Giovanni  in  POT- 
la  n.  32, 1864.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  SO. 


BIBLIOGRAFIA 

ANONIMO  —  L' Italia  cattolica  nel  Mese  di  Maggio  1864.  Napoli ,  tip.  lirgl- 
Ho  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  76. 

Sono  raccolte  in  questo  volumetto  le  testimo-     citla  d'  Italia.  Le  relazioni  qui  riferite  sono  estrat- 
nianze  d'  ossequio  a  Maria  Sanlissima ,  date  nel    te  dal  Periodico  napoletano  :  J  Giyli  di  Maria. 
mese  di  Maggio  di  quesl'anno  stesso  dalle  yarie 

—  Parole  di  un  laico  umbro  intorno  ai  principii  che  debbono  informare  um§ 
legge  sulla  pubblica  istruzione.  Asisi  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  33. 

—  Una  visita  a  sail  Giuseppe  per  ciascun  giorno  del  mese ,  coll'  aggiunta  di 
alcune  preghiere  ed  ossequii.  Modena,  tip.  dell'  I  mm.  Concezione.  Roma., 
Bencivenga.  Venezia,  Gio.  Baltis(a  Merlo.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  45. 

ARIOSTO  LODOYICO  —  Orlando  furioso,  poema  di  Lodovico  Ariosto,  conser- 
vato  nella  sua  epica  integrita,  e  ridotto  ad  uso  della  costumata  gioventu,. 
dal  Padre  Gioachino  Avesani,  con  imove  emendazioni  e  note.  Mowsal8S7, 
tip.  dell'Istituto  del  Paolini.  4  volumi  in  16.°  dipag.  239,  340,  344  e  336. 

ARTEMI  PIETRO  —  Elogio  funebre  del  Cardinale  Gaetano  Bedini ,  Arciv.  Ve- 
scovo  di  Viterbo  e  Toscanella,  letto  ne'solenni  funerali  degli  8  Seltembre 
1864,  nelia  chiesa  cattedrale  viterbese,  dal  Canonico  D.  Pietro  Prof.  Arte- 
mi.  Viterbo,  presso  Spcr audio  Pompci.  Un  opusc.  in  8."  di  pag.  24. 

ATTI  ALESSANDRO  —  Delia  mimificenza  di  Sua  Santita  Papa  Pio  IX,  felice- 
mente  regnante,  per  il  sacerdote  Alessandro  Alti,  professore  di  Belle  let- 
tore,  dottore  in  ambo  le  leggi  ecc.  Roma  1864,  fratelli  Pallotta  tipografi 
in  piazza  Colonna.  Dispensa  la-Sa  in  8.°  fino  a  pag.  480. 

ATTI  E  MEMORIE  dclle  RR.  Deputazioni  di  Storia  Patria  per  le  province  mode- 
nesi  e  parmensi.  Vol.  II,  fasc.  1.  Nolizie  dilacopo  Seghigni,  pel  Marche- 
se  Giuseppe  Camperi  —  Michelangelo  e  il  porto  del  Po  a  Piacenxa,  pel 
Cav.  Amadio  Ronchini  —  Vita  di  Ollavio  Farnese,  pel  Prof.  Emilio  Bic- 
chieri  —  Congetture  intorno  aduna  iscrizione  antica,  per  Mons.  Celestlno 
Cavedoni.  Modcna,pcr  Carlo  Vincenzi  1864.  In  4.°  di  pag.  119. 

BALZOFIORE  FILIPPO  —  Gesii  Cristo :  Conferenze  del  P.  Filippo  Balzofiore, 
Agostiniano,  delte  nella  Patriarcale  Basilica  Vaticana.  Volume  terzo.  lio- 
ma  1864,  fratelli  Pallolta  lipografi.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  408. 

Ciascuna  di  queste  trenluna  Confercnza,  svol-  Tivo  faTOre,  e  udite  con  Tcro  frutto  da  ogni  sor- 

ge  un  iratlo  della  Vita  di  N.  S.  Gesu  Cristo :  e  ta  di  persone :  quel  favore  e  quel  frutlo  non  man- 

pero  tulte  insieme  unite  formano  un  trattato  cri-  chera  alia  loro  stampa :  perchc  la  dottiina  vera 

tico  e  morale,  attissimo  a  raYYivare  nei  cristia-  e  1'eloquenza- meditata ,   quali  trovansi  in  que- 

ni  la  fede   nell'Uomo-Dio.  Esse  furono  recitate  ste  Conferenze,    nulla  perdono  dalla  riflcssione, 

dal  loro  ch.  autore  nella  Basilica  Vaticana  in  due  piu  attenta  in  clii  legge  che  in  chi  ascolta. 
occasion!  different!:  e  furono  allora  accolte  con 

BARSOTTM  GERE1IA  —  Poesie  di  Geremia  Barsoltini  delle  Scuole  Pie.  Se- 

conda  edizione  con  aggiunte.  Firenze,  a  spese  deU'Editorelftbi.  Un  voL 

in  16.°  di  pag.  435. 
BARTHE  ODOARDO  —  La  voce  di  Maria  sulla  santa  Montagna,  o  Novena  in 

onore  di  N.  S.  della  Salute,  per  FAb.  Barthe,  Ganonico  onorario  di  Rodez. 

Siena  1864,  tip.  di  Gio.  Baroni  e  figlio.  Un  opuscoletto  in  32.°  dipag.  84. 
BARZACCHINI  C.  —  Cento  racconti ,  tratti  dalla  storia  sacra  di  G.  Barzacchi- 

ni,  adottata  nelle  pubbliche  scuole  del  Regno.  Firenze,  Andrea  Betlini , 

libraio  ediiore  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  111. 
BAZZETT!  PIETRO  —  Memorie  di  un  Augelo  custode,  racconto  preceduto  da 

un'introduzione  sugli  Angeli,  versioue  del  sac.  Pietro  Bazzetti.  Modem, 


BIBLIOGRAF1A  593 

tip.  deir  Immacolata.  Roma,  Giovanni  Bencivenga.  Venezia,  Gio.  Batlistct 
Merlo  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  225. 

Tultc  le  madri  cristianc,  che  avessero  flgliuo-  ad  Inlcndimenlo  di  svolgere  il  domma  dcgli  An- 

lelli  pronti,  vispi,  vivaci,  dovrcbbono  dare  loro  geli  nellc  sue  conseguenze  moral! ;  c  sono  scritte 

a  leggere  qucste  care  Memorie.  Esse  li  ammae-  a  mode  di  racconto  adatto  alia  cnpacita  dei  fan- 

slreranao  dolcemcnte  e  senza  ncssuno  sforzo  di  ciu'Ii.  II  concclto  del  libro,  la  forma,  lo  stile,  il 

attcn/iono  e  di  ragionamcnto  sopra  tutti  i  loro  candore  tulto  c  tosa  di  soave  olezzo,  e  pub  dir- 

doveri  morali  e  religiosi,  e  li  abitueranno  a  qucl-  si  un  vero  mazzetlino    di  flori,  i  quali,   benche 

la  attcnzione  sopra  i  loro  alii,  cho  e  sorgente  di  nati  in  terra  straniera,  sono  stati  trapiantali  Ira 

tante  virtu.  Poiche  queste  Mentor ie  sono  Seville  noi,  e  falli  interamente  nostri. 

BELLETTI  NICOLA  —  Ultimo  addio  di  Monsignor  Nicola  Belletti ,  Vescovo  di 
Foligno,  ai  suoi  amatissiuii  Diccesani.  Foligno,  tip.SgariglialSM.  Un 
opusc.  in  8."  dipag.  14. 

BERNARDI  IACOPO  —  11  buon  giovinetto:  libro  di  preghiere  ad  uso  de'collegi 
militari  e  nazionali,  compilato  da  MODS.  lacopo  Bernard!,  Vicario  gene- 
rale  della  Diocesi  di  Pinerolo.  Milano,  tip.  elib.  artivescovile,  ditto,  Gia- 
como  Agnelli,  via  S.  Margherita  n.  1,  1864.  VnvoL  in  16.°  di  pag.  299. 

Belle  preghiere,  buone  considcrazioni  florite  tolico;  ecco  le  doti  di  questo  lil  riccino.  Mollo  \i 
qui  e  la  d'uno  spruzzolo  di  poesia  che  le  rende  c  derivato  dall'Enchiridio  di  S.  Agostino;  non 
piu  care  ai  giOTinelli,  spirito  S'luisitamente  cat-  si  poleva  altingere  da  miglior  fonte. 

BERRA  FRANCESCO  —  La  coltura  delle  Api  coll' uso  deH'Arnla  a  listelli,  del 
geometra  Francesco  Berra.  Novara  1864,  nella  lip.  di  Girolamo  Miglio* 
Un  vol.  in  8.0  dipag.  132. 

Questo  libro  si  leggera  con  diletlo  ed  utilita.  dai  suggerimenti  che  esso  da  ai  collivatori ,  sug- 

Con  dilelto  per  le  curioso  notizie  che  si  danno  gerimenti  molto  pratici,  assicurali  da  molta  spe- 

Intorno  ad  una  coltura,  che  e  cosi  graziosa  e  *ol-  rienza,  e  universalmente  poco  noli, 
lazzeiole:  con  utilita  pel  guadagno  che  puo  cayarsi 

BERTOCCI  G.  —  Letture  graduali,  divise  in  quattro  parti,  proposte  dal  P.  G. 

Bertocci.  Parte  prima:Sz7/a&an'o.  Roma  1864,  fratclli  Pallotta  tipografi 

in  piazza  Colonna.  Un  opusc.  in  16.'  di  pag.  36. 
BILLI  ALESSANDRO  —  Monumenti  dell'Episcopio  fanestre,  dedicatl  a  S.  E.  R. 

Mons.  Filippo  V^spasiani,  Vescovo  di  Fano.  Fano,  pei  tipi  di  Giovanni 

Lana  1864.  Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  59. 

Nell'Episcopio  faneslre  trovansi  alquanli  mo-  conveniente,   ed  il  ch.  sig.  Canonico  Alessandro 

numenti  del  medio  evo,  e  uno  del  buon  secolo :  Billi  li  viene  dichiarando  in  questo  sugoso  libret- 

sono  fregi,  epigrafl  e  bassi  rilieTi.  Mons.  Vespa-  to,  con  molta  perizia  di  studii  archeologici  e  con 

siani  li  ha  fatli  collocare  ordinatamente  in  sito  fine  giudizio. 

BOERO  GIUSEPPE  —  Vita  del  B.  Pietro  Canisio,  della  Compagnia  di  Gesii,  del- 
to  T  Apostolo  della  Germania,  descritta  dal  P.  Giuseppe  Boero  della  me- 
desima  Compagnia.  Libri  sei.  Roma,  tipi  della  Civilta  Cattolica  1864.  Un 
vol.  in  8.°  dipag.  518. 

Quanto  sia  islrultiva  ed  edificanto  la  Vita  di  scrizione,  che  ne  fa  col  suo  facile,  corretto  ed 

queslo  grande  Apostolo  della  Germania,  assunlo  elegante  slile  il   ch.  P.   Boero  in  queslo  grosso 

tesle  all'onore  degli  altari,  chi  lesse  il  preceden-  Tolume,  appaghera,  ne  siam  cerli,  la  curiosita, 

le  quaderno  puo  intenderlo  picnamentc.  La  de-  la  pieta  e  la  doltrina  d'ogni  sorta  di  persone. 

BOLIS  CARLO  —  Lo  spirilo  della  preghiera  :  nuovo  Manuale  di  divozione,  tra- 
dotto  diill'lnglese  dal  Sac.  Carlo  Bolis  da  Rossino.  Monza,  tip.  di  Carlo 
Corbotla  1864.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  495. 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  353.  38  23  Novembre  1864. 


594  BlBLIOGRAFIA 

BOSCHETTI LU1GI  —  Dell'  arte  di  educare  se  stesso:  libri  tre  del  Conte  Luigi 
Boschetti,  preceduti  da  cenni  bibliografici  sull'  Autore.  Modena,  tipogra- 
fia  di  Antonio  ed  Angelo  Cappelli  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  137. 

$uesto  e  un  bel  dono  nuziale,  che  il  giovane  sercizio  della  virtu.  L' opera  edivisa  in  tre  parti 

Conte  sig.  CLaudio  Boschetli  ha  olTerto  alle  due  che  comprendono  la  eondotta  morale,  civile  e 

sarelle,  Annetta  e  Laurina,  nella  congiuntura  del  lelteraria.  L' Autore  sparge  in  queste  carle  molta 

ioro  matrimonio;  ed  e  dono  veramente  nob  He  e  erudizione  sacra  e  profana,  anlica  e  moderna;  e 

profittevole.  Nobile,  perche  Iralto  dagli  archivii  riesce  a  dimoslrare  con  viva  luce  che  la  retta  sa- 

della  famiglia,  e  rivollo  ad  illustrare  la  memo-  pienza  dello  stesso  paganesimo  non  era  altro  che 

ria  di  un  avo  dotto  e  pio ,  die  sarebbe  bastalo  una  inlroduzione  alia  divina  sapienza  dell'Evan- 

egli  solo  a  nobilitare  unacasa.  Proftttevole,  per-  gelio.  Possa  1'esempio  del  gentile  editore  niuo- 

ehc  ricco  di  oltimi  document!  e  pieno  di  dettami  vere  altri  ad  imitarlo,  in  questa  maniera  di  ono- 

d'una  fllosofia  pratica  e  morale,  che,  senza  dare  rare  le  nozze  di  cari  congiunti. 
nell'  ascetica,  mena  I'  uomo  a  servir  Dio  con  1'e- 

BOSCO  GIOVANNI  —  II  Pastor  ello  delle  Alpi,  ovvero  vita  del  giovane  Besucco 
Francesco  d'Argentera,  pel  sac.  Giovanni  Bosco.  Torino,  tip.  dell'Orato- 
rio  di  S.  Franc,  di  Sales  1864.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  192.  Vendesi 
cent.  35. 

Francesco  Besucco   visse  meno   di   tre  lustri,  e  lanti  gli  esempii  d'  ogni  virtu  che  ei  delte,  che 

passando   quattordici    anni  in  Argentera    tra  gli  n'ebbe  da  tuUi    afTetto    e  venerazione  come  di 

esercizii    di  pieta,    tra   i   servigi    della  chiesa  Santo.  fna  cosi    edificanle  vita  e    descritta  dal 

parrocchialb  e  tra  lo  studio,  e  pochi   mesi  nel-  rev.  Sac.  D.  Giovanni  Bosco  con  semplicita  gran- 

l' Oratorio  di  S.  Francesco  di  Sales    in  Torino  dc,  e  il  lejrgerla  giovera  non  poco  ai  giovanetti, 

Ma   di   lui  si    puo   dire  che:    consummatus    in  per  apprendervi   la  docilita,  la  pieta,  il  candore. 
Irevi,  explevit  tempora  multa,  poichc  furono  tali 

BOSSUET  IACOPO  BENIGNO  —  La  Mistica  navicella,  per  Monsignor  lacopo  Be- 
nig-no  Bossuet,  Vescovo  di  Meaux.  Napoli,  vffizio  delle  Letture  caltoliche, 
Largo  Rcgina  Coeli  n.  2  e  4.  Un  fasc.  in  32.°  di  pag.  32. 

BOTTIGLIA  LUIGi  —  Vita  della  Yenerabile  Maria  Clolilde,  Regina  di  Sardegna, 
scritta  dall'  Abnte  Lnigi  Botti  glia  di  Savoulx,  Postulatore  delln  crusa.  Ter- 
za  edizione  italiana,  con  notizie  aggiunte.  Monza  1864^<>.  dell'Istituto  del 
Paolhii,  piazza  S.  Aga'.a  n.  480.  Due  vol.  in  16.°  di  pag.  224  e  208. 

BOULANGE  I.  — Vita  della  Beata  iMargherita  Maria  Alacoque,religiosa  della  Yi- 
sitazione  di  M.  SS.,  pubblicata  dall' Abate  I.  Boulange.  Versione  dal  fran- 
cese  del  sacerdote  Severino  Ferroni.  Torino,  tip.  di  G.  Marietti  1864.  Un 
vol.  in  16.°  di  pag.  235. 

CAMPANELLA  ANTONIO  —  II  sacro  Cuore  di  Maria:  Discorso  recitato  nell'in- 
signe  Collegiata  di  Nostra  Signora  del  Rimedio  in  Geneva,  dal  Can.  An- 
tonio Campanella,  li  10  di  Luglio  1-864.  Genova,  tip.  della  Gioventii  1864, 
Un  opmc.  in  8.8  di  pag.  16. 

CANINI  FILIPPO  —  II  libro  dell'adolescenza,  compilato  da  Filippo  Canini.  Sto- 
ria  Naturale.  I  Quadruped  i  e  gli  IJcce'lli.  Roma,  stamp,  delle  incisioni 
zilogra/iche,  21.  Passeggiata  di  Ripetla  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  260. 

II  ch.  sig.  Canini  ha  voluto  appreslare  in  que-  e  vogliosissimi  sono  di  descrizioni  vive,  nuove, 

sio  suo  libro   di  Leltura  ai  giovanetti  di  prima  animate,    ha,  saviamente   pel  suo   scopo,  fatta 

ela  le  piu  elementari  nozioni  di  Sloria  naturale.  la  descrizione,  nei  termini  piu  semplici  ed  usuali, 

E  perche  i  suoi  piccoli  leltori  non  sarebbero  stall  dei  piu  notevoli  animali,  restringendosi  in  que- 

alti  ad   intendere   le  classiflcazioni    scientifiche ,  slo  volume  ai  Quadrupedi  ed  agli  Uccelli. 

CANISIO  B.  PIETRO  —  Ristretto  della  Dottrina  cristtana ,  composto  in  lati- 
no dal  B.  Pietro  Ganisio  ,  della  Gompagnia  di  Gesu,  e  volgarizzato  dal 


BIBL10GRAFIA  595 

P.  Filippo  Monaci,  dolln  medesima  Compagnia./?owa,  coilipi  della  Civil" 
la  Cattolica  1864,  Un  vol.  in  16.°  di  pay.  308.  Preszo  bai.  10. 

Nel  quaderno  prccedente   dicemmo   come  uno  la  Germania  ai  tempi  di  quel  riealo.  Qucsto  Ri- 

dei  lilu-i  piii  dotti  e  piu  popolari  insieme,  com-  stretto  adunque  e  altissimo  per  oppom  un  ripa- 

posto  dal  B.  Pietro  Caiiisio,  fosse  stalo  il  Com-  ro.  Vi  fu  dunque  pia  persona  che  TOlle  se  Be 

pendio  dclla  Dottrina  Cristiana,    il  quale  Talse  facesse  una  edizione  copiosa,  la  quale  si  poles- 

non  poco  a  raffermare  nella  fede  cattolica  i  po-  se  diffonderc  a  Til  prezzo  per  tuda  1'  Italia.  Que- 

poli  della  Germania.  Ora  perl' Italia  diffondonsi  sto  volume  adunque  iu  16.°  di  20  fogli  di  stam- 

errori  eguali  a  quelli  che  1'  eresia  diffondeva  per  pa  vendesi  baL  10. 

CARIGNANI  GIUSEPPE  —  La  politica  it  iliana  dal  secolo  XV  al  XIX,  considera- 
ta  su  le  opere  de'piii  chiari  autori,  e  su  nuovi  document!,  tratti  dal  gran- 
de  Archivio  di  Napoli,  per  Giuseppe  Carignani.  Napoli,  stab.  tip.  Vico  del 
SS.  Filippo  e  Giacomo  n.  26  p.  p.  1864.  Un  vol  in  8.°  di  pag.  195, 105. 

Due  parti  conliene  quest'Opera.  La  prima,  for-  nicnti  stessi,  tratti  dal  grande  Archivio  di  Napoli 

mata  dal  testo  dell'Autore,  e  un  sunto  storico-  e  finora  inediti.  Sono  103,  appartenenti  quasi 

polrtico  del!e  principal!  guerre  e  vicende  italia-  tutli  al  regno  di  Carlo  111  (ossia  VII  di  Napoli)  e 

ne,  dai  principii  del  secolo  XV  flno  alia  caduta  di  Ferdinando  IV.  Fra  essi  hanno  speciale  im- 

di  IVapoleone;  compilato  in  massima  parle  sopra  porlanza  quei  che  si  riferiscono  alia  guerra  del 

le  Opere  del  Ranke,  del  Leo,  del  Balbo,  del  Ci-  la  successione  austriaca,  anno  17i2-ii  per  la 

brario ,  del  Casati,  di  Lodovico  Bianchini,  del  parte  che  Ti  ebbero  i  Napolitani ;  la  Corrispon- 

Granito,  del  Carulti  e  d'altri  Autori,  i  cui  pen-  denza  dell'' Abate  Galiani,  ambasciatore  a  Parigi, 

sieri  e  spesso  le  parole  sono  dal  Carignani  ripe-  col  Ministro  Tanucci,  anno  1760-67;  e  sopral- 

tulc.  Queslo  sunto,  benche  non  presenti  noTita  tulto  la  Corrispondenza  del  Re  Carlo  HI  con  Be- 

e  profondita  d'idee,  e  forse  non  risponda  abba-  nedetto  XIV,  anno  1718-oi,  insieme  con  altri 

stanza  a  quel  che  prometle  il  tilolo  e  la  prefa-  Document!  relativi  alle  queslioni  di  giurisdizione 

zione  del  libro,  e  tultavia  utile  a  leggere,  sia  ecolesiastica.  Questi  ultimi  illustrano  niirabil- 

per  la  bonta  dei  giudizii  storici  che  sono  gene-  menle  il  quadro,  che  il  Carignani  fa  della  polili- 

ralmente  sani,  sia  per  1'  ordinato  e  lucido  coin-  ca  Tanucciana,  e  provano  verissimo  quel  che  egli 

plesso  in  cui  Tien  da  essi  rappresentata  la  sto-  dice  a  pag.  163,  che  cioe  il  Tanucci :  «  trovan- 

ria  ilaliana  dei  qualtro  ultimi  secoli;  e  quella  do  composte  da  Carlo  III  le  contese  giurisdizio- 

specialmenle  del  Regno  di  Napoli,  nel  secolo  nali  con  la  S.  Sede ,  suscito  contro  di  lei  una 

passalo ,  per  la  quale  1'  Aut;:re  ha  potuto  trarre  guerra,  la  quale,  iniziata  per  rafforzare  il  potere 

dai  suoi  Document}  nuova  e  maggior  luce.  regio,  i'indeboli  piii  che  mai.  » 

La  seconda  parle  e  formata  da  questi  Docu- 

CASAZZA  CAMILLO  —  Sul  feretro  del  Cav.  Francesco  Paolo  Bozzelli,  parole 
dette  il  27  Febbraio  1864,  nella  Congregazione  dei  SS.  Anna  e  Luca  dei 
professor!  di  Belle  Arti,  dall'Architetto  Camillo  Casazza,  confratello  della 
medesima.  Nopoli,  stamperia  di  Antonio  Cons,  stradaS.  Antoniello  alia 
Vicaria  n.°  44, 1864.  Un  opusc.  in  4.°  dipog.  8. 

CASTALDI  LORENZO  —  Cenni  slorici  sulla  vita  del  sac.  Giovanni  Maria  \ian- 
ney,  Parroco  d'Ars,  raccolti  dal  sac.  can.  Lorenzo  Castaldi,  Teol.  Coll. 
Seconda  edizione,  accresciuta  d'un'Appendice,  che  contiene  varii  riflessi 
sopra  le  principal!  verita  della  nostra  S.  Fede,  espressi  da  queslo  ser- 
vo di  Dio  ne'suoi  catechism!  e  sermon!.  Torino,  lip.  dell'Orat.  di  S.  Fran- 
cesco di  Sales  1864.  Un  vol.  in  32.°  dipag.  207.  Vendesi  cent.  35. 

CASULA  GIOVANNI  BATTISTA  —  La  Chiesa  e  i  suoi  figli,  in  occasione  della  rin- 
novazione  de'voti  baltesimali  nel  di  6  Gennaio  186...  Discorso  apolegelico 
morale  per  Giovanni  Baitista  Casula.  Sassari  1864,  lip.  di  Cavino  Berto- 
linis.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  84. 

In  questa  lunghfrsima  orazione  si  dimostra  che  La  Tastila  del  tema  e  svolla  con  ampiezza  suf- 

i  fedcli  debbono  alia  Chiesa  cattolica,  loro  ma-  ficienle,  c  Ti  sono  tratti  di  eloquenza  TiTa  e  in- 

drc,  rispetlo  umilissimo  perche  essa  e  nobilissi-  focata.  Per  non  crescere  di  soTerchio  la  mole, 

ma,  ubbidienza  accurata  perche  essa  e  potenlissi-  gia  troppo  larga  dell'orazione,  alcuni  punti  ven- 

ma  ,  aniore  ci>cro£o  pticle  essa  e  amorosissima.  gono  dall'Aulore  cluariti  con  delle  note. 


596  BIBLIOGRAFIA 

CAVEBONI  CELESTIN0  —  La  Canzone  di  Francesco  Petrarca  alia  Beatissima 

Vergine,  illustrata  da  D.  Celestino  Cavedovi.  Modena,  tipi  dell' Immaco  la- 

ta  1864.  Un  opusc.  in  64.°  dipag.  52. 
€.  C.  M.  —  Riflessioni  sullo  spiritismo  moderno,  proposte  ad  ogni  classe 

di  persone,  dal  C.  G.  M.  Alba,  tip.  Sansoldi  1864.  Un  opusc.  in  16.*  di 

pagine  22. 
CERCIA'  RAFF  ABLE  —  Del  purgatorio  e  del  suffragi  ?  schiarimenti  dommatici 

del  P.  liaffaele  Cercia.  Prima  edizione  napoletana.  NapoU,  pel  tipi  di  Vin- 

cenzo  Marchese,  Largo  Donnaregina  20  e  21,  1864.  Un  opusc.  in  8.°  pice. 

dipag.  XI,  80.  Prezzo  cent.  55. 

H  Purgatorio  c  uno  dei  dogmi  phi  combattuli  dulgenze,  applicabili  a  modo  di  suffragio.  Chi 

dai  protestaiiti ,  e  piu  derisi  dagl'  incredu'.i.  Ne  dunque  imprende  a  traltar  di  quello  bisogna  che 

le  difficolla  dei  primi,  ne  le  derisioni  dei  secon-  svolga  questa  in  lutte  le  parti.   Questo  concetto 

<li  hanno  pur  1'apparenza  di  scusabili.  Giacche,  c  quello   che  informa  il  libro  die  abbiamo  an- 

«onsideralo  in  se  slesso  come  domma,  il  Purga-  nunziato ,   e  puo   dirsi   dislribuito  in  Ire  parti : 

4orio  ha  pruove  bibliche  chiarissimc,  ha  la  Ira-  il  domma  del  Purgalorio  nel  suo  rispelto  teolo- 

dizione    e   pratica   incontraslabile   della   Chiesa  gico :   nel  suo  rispetto  morale :    nel  suo  rispetto 

universale,  ha  le  ragioni  Icologiche  abbondanti.  pratico.   A  svolgere  un  tal  concetto  con  brevita- 

Consideralo  nell'  influenza,  che  esso  ha  sulla  vita  ed  cvidenza  grand e ,  come  qui  si  vede  svolto, 

morale  e  civile  dell'uomo,  il  domma  del  Purga-  richiedevasi  quella  profondita  di  dottrina  e  quel- 

lorio  i.igenera  inlegrila  c  squisitezza  nei  costumi,  1'uso  della  polemic*  religiosa,  che  tulti  ricono- 

•e  pcrfeziona  il  vivere  sociale  in  tulle  le  sue  at-  scono  nel  suo  autore,  il  p.  Cercia,  anlico  profes- 

tinenze.   Una  conseguenza  poi  di  questo  domma  sore  di  teologia,  ed  aulore  illustre  di  trattali  leo- 

•si  e  la  dottrina  caltolica  dei  suffragi  e  detle  in-  logic!  di  molta  fama. 

CBANTREL  G.  —  Storia  popolare  dei  Papi.  Opera  di  G.  Chantrel,  seconda 
edizione,  volgarizzata  da  A.  Somazzi.  Vol.  X\I  di  pag.  257.  1  Papi  del 
decimo  quinto  sccolo.  Vol.  XVII  di  pag.  237.  //  Papa  Alessandro  VI.  Mo- 
dena, tipi  dell'  Immacolata  Concezione.  Roma,  Giovanni  Benciveng a.  Vcne- 
zia,  Gio.  Bait.  Mcrlo  1864.  Ediz.  in  16.° 

€OLLEZIONE  DI  OPERE  INEDITE  E  RARE  —  I  falti  di  Cesare :  Testo  di  lingua 
inedito  del  secolo  XIV,  pubblicalo  a  cura  di  Luciano  Banchi.  Bologna, 
prcsso  Gaet.mo  Romagnoli,  1863.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  LXXVI1,  390. 

Molte  cure  ha  posto  in  opera  il  ch.  Editore ,  secondo  1'uso  che  in  questo  libro  se  ne  incontra. 
perche  la  pubblicazione  di  queslo  prezioso  ma-  Asssi  utili  ricerche  fa  inoltre  nella  sua  dotta, 
aioscriUo  riuscisse,  il  piu  che  era  possibile,  per-  prefazione.  La  piii  imporlante  ci  par  quella,  colla 
felta.  Oltre  ad  avere  con  diligenza  confrontati  i  quale  dimostra,  die  I'  originale ,  da  cui  e  Iratta 
codici  anlichi,  specialmente  i  tre  della  Bibliotcca  quesl'opera  non  qual  scmplice  versione,  mapiut- 
Comunale  di  Siena,  ed  un  allro  della  nobile  fa-  tosto  qual  compendio,  non  e  il  Racconto  francesa 
raiglia  senese  de'  Grassi,  ne'  luoghi  dubbii  o  er-  di  Jacot  o  Jacques  de  Forest.,  come  forse  sospettd 
rali  ha  messo  in  riscontro  i  passi  corrispondenti  1'Ozanam,  e  credetle  il  prof.  Nannucci,  ma  un'al- 
degli  scritlori  lalini,  ai  quali  evidentemente  al-  trascritturapur  francese,  intitolata  /  dod/ci  Cesan, 
ludono,  ed  in  fine  del  Volume  fa  seguire  un  in-  di  cui  un  codice  si  conserva  nclla  Biblioleca  Mar- 
dice  di  voci  e  manic-re  notevoli,  o  del  tutlo  man-  ciana  di  Yenezia. 
canli  nel  Y'ocabolario  della  Crusca ,  o  mancanti 

COSTAMAGNA  GAETANO  —  II  divoto  del  santuario  d'  Oropa,  ossia  Considera- 
zioni  sui  pregi  di  Maria  SS.  d'  Oropa,  coU'aggluuta  di  una  Novena  in  pre- 
parazione  alia  granfesta  annuale,  ed  altre  pratiche  di  pieta,  ed  un'Appen- 
dice  storica.  Operetta  del  Teologo  Costamagna  Gaetano,  torinese.  Edi- 
zione seconda,  notabilmente  accresduta.  Torino,  tip.  deir  Oratorio  di  san 
Francesco  di  Sales  1864.  Un  volume  in  2i.°  dipag.  513.  Prezzo  Cent.  60. 

CUGIA  DELITALA  RAIMONDO  —  Sulla  Convenzione  franco-italiana  del  15  Seltem- 
bre  1864,  pensieri  d'un  cattolico,  ad  uso  anclie  di  coloro  che  non  lo  sono. 
Torino,  tip.  di  Giulio  Speirani  e  figli  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pagine  20. 


BIBLIOGRAFIA  597 

D'  ACQUI  EUGENIO  -  -  I  venture  Francescani  della  Riforma ,  crocifissi  nel 
Giappone,  Panegirico  recitato  dal  R.  P.  L.  Eugenio  d'Acqui,  MinoreRi- 
formato,  nella  chiesa  di  S.  Francesco  in  Mirandola,  il  gionio  2  Giugno 

1863.  Milano  1863,  da  Giacomo  Messaggi  tip.  libraio.  Un  opusc.  in  16.° 
dipag.  30. 

DALL'OLIO  LUIGI  — Descrizione  della  pittura,  rappresentante  la  propagazione 
del  cristianesimo,  operata  dal  professore  Tommaso  Minardi,  nel  palazzo 
apostolico  del  Quirinale.  Roma  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pa(j.  12. 

DA  MELILLI  LEONARDO  —  Nolle  esequle  del  P.  Giovambattista  da  Catania,  Di- 
scorso  funcbrc  pel  Prof.  M.  Leonard!  da  Melilli,  Cappuccino  ,  lelto  nella 
chiesa  dei  RR.  PP.  Cappuccini  di  Catania,  il  di  31  Maggio  1864.  Acireale, 
co'  lipi  di  Vincenzo  Slrano  Meli  1863.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  36. 

D'AYINO  VINCENZIO  —  Endclopedia  dell'ecclesiastico,  compilata  dall'Abb.  Vin- 
cenzio  d'Avino.  Ediziorie  seconda,  riveduta,  aumentala  e  in  parte  rifusa. 
Torino,  Pictro  di  Giadnto  Marietli,  tipografo-edilore,  piazza  B.  V.  de- 
gli  Angcli.  Dispense  19. a  e  21  .a  in  4.°  da  pag.  201  a  392  del  vol.  II.9  Giu- 
gnesi  alia  rubrica  FR.VTELLI  POLACCHI. 

Seguesi  con  punlualila  notevolc  la  stampa  del-  tutti  coloro  che  attendono  agli  studii  ecclesia- 

I'Enciclopedia  AdVEcdesiaslico  del  ch.  Abb.  D'A-  slid  in  Halia,  pe'  quali  quest'  Enciclopedia,  die 

Tino,  e  ormai  siamo  giunti  alia  venlunesima  dis-  dee  porsi  tra  le  migliori,  se  non  c  indispensabile, 

pensa.  Speriamo  che  I'esaltezza  dell'cditore  nel  c  al  certo  utilissima. 
complete  le  sue  promesse  trovi  corrispondenza  in 

DEI  CARELLI  ANDREA  —  II  Trivio  e  il  Quadrlvio.  Sonetti  di  Andrea  deiCarelli, 
n.  9  della  Miscellanea  pratese  di  cose  inedite  o  rare,  anticlie  emoderne. 
Pralo,  dalla  tip.  Guasti  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag,  16  e  35. 

Queslo  quaderno  della  Miscellanea  pratese ,  di  stimare,  dice  1'Edilore  Cesare  Guasli,  un  Gore  di 

cleganlissima  edizione,  conliene  sctle  sonetti  di  roba.  Ciascun  sonetto  e  vollo  a  celebrate  una  dello 

Andrea  de'  Carelli  da  Pralo  ;  e  vengono  la  pri-  setle  Arti  liberali,  le  quali  nel  medio  evo  cosli- 

ma  volta  in  luce  esemplali  sul  codioe   Lauren-  tuivano  la  cost  della  scicnza  del  Trivio  e  del  Qua- 

ziano ,  che  n1  e  unico  testo.  Essi  hanno  1'  onore  drivio ;  e  sono  la  Grammalica ,    la   Logica  e  la 

di  essere  citati  dagli  Aceademici  della  Crusca  ;  Retlorica ;  1'Aritmetica,  la  Geomelria,  la  Musica  e 

benche,  quanlo  a  prcgio  di  poesia  non  sieno  da  1'Aslronomia. 

DESANCTIS  GIACOMO  —  L'  Immacolata  Concezione  di  Maria  Santissima:  Ragio- 
namento  istruttivo  popolare,  per  Giacomo  De  Sanctis ,  prele  dell'  Orato- 
rio. Perugia,  tipografia  di  V.  Santucci,  diretta  da  G.  Sanlucci  e  G.  Ricci 

1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  29. 

DE  SEGUR  —  II  cibo  dei  forti,  per  Monslgnor  De  Segur.  Versione  dal  france- 
se.  Napoli,  v/fizio  delle  Lelture  Cattoliche.  Due  fas  c.  in  32.°  di  pag.  32. 

DE'SIVO  GIACINTO.r- Storia  delle  Due  Sicilie  dal  1846  al  1861,  di  Giacinto 
De'  Sivo.  Volume  secoudo.  Roma,  tipografia  Salviucci  1864.  Un  vol.  in 
8.° piccolo  dipag.  400. 

Dopo  lullo  quello   che  distcsamcnle  scrivemmo  Principe  eredilario  del  regno.  Anzichc  dunque  ri- 

ilorno   agl' intendimenti   di   qucsla  Sloria,   ai  pelere  il  gia  delto,  ci  conteulercmo  di  rispondero 

principii  che  propugna ,   all'  artc  che  1'  informa  brevissimamcnle  ad  alcuni  giudizii  slampali  so- 

cd  allo  slile  ond'c  scrilla,  non  abbiamo  nulla  da  pra  varii  periodic} ,    non  conform!  al  parcre  da 

aggiugnere  a  proposilo  di  qucslo  secondo  -volume,  noi  recato.  Quesla  storia  fu  adunquc  delta  da  al- 

che  ha  veduto  teslc  la  luce.  Esso  prcnde  il  file  cuni  Libra  da  parteggiano :  perche  non  incensa 

delia  sua  narrazione,  dove  avealo  iutetrolfo,  ai  lutli  i  faccendieri,  nc  s'inchina  innanzi  alia  buo- 

mulamenti  politici  del  1817,  o  lo  spezza  al  giugne-  na  forluna  del  riuscimento,  ma  solo  innauzi  agll 

re  che  fece  in  Brindisi  la  Principessa  Maria  SoHa  sforzi  intelligcnti  della  reltiludine  e  della  giusti- 

Amalia  di  Baviera,  sposa  al  Duca  di  Calabria  ,  zia.   Ma  se  il  rendere  omaggio  alia  virlu  piu 


598  BIBL10GRAFIA 

die  alia  fortuna  e  il  dovere  dello  storico,  qual  Storia  inesalta:  ma  se  qualche  circostanza  spe- 
colpa  gli  si  puo  allribuire  dell'averla  trovala  nel  cialissima  puo  da  alcuno  essere  appunlata  d'  in- 
corso  degli  avvcnimenti  piu  dalla  parle  di  que-  csallczza ,  il  complesso  dei  fatli  non  sofTre  talc 
sta,  che  di  quella  fazione  politica?  Fu  defto  che  appunto:  e  questo  e  il  piu  che  possa  esigersi  in 
e  Storia  senza  document  i.  Cioefalso,  se  s'inlende  uno  storico  conscienzioso  dai  piii  schiflllosi.  Fa 
che  non  s'appoggi  o  che  contraddica  ai  documcnti  detto,  chi  il  creclerebbe  ?  che  e  una  Storia  decla- 
verilieri  e  aulenlici ;  c  falso  ancora,  se  si  assevera  matrice  per  lo  stile.  Un  tal  giudizio  mostra  che 
che  i  piii  important!  e  degni  di  conoscersi  sieno  chi  lo  ha  recato,  non  ha  lelto  il  De'  Sivo,  o  se 
Irasandati ,  giacchc  YC  ne  ha  dovizia  nel  corso  lo  ha  letto,  ei  non  sa  neppure  cosa  sia  stile,  cosa 
della  narrazionc.  E  vero  solo,  se  si  Yuole  con  cio  declamare.  Da  questc  poche  parole  si  puo  con- 
dire  che  ciascun  fatto  non  e  autenticato  dal  suo  getturare  che  la  passione  e  non  la  critica  ha 
speciale  documenlo  :  ma  cio  non  si  facheodagli  dellato  giudizii  si  strambi:  perche  il  libro  del 
storici,  i  quali  hanno  coscicnza  di  essere  bugiar-  De'  SJYO  neppure  dai  suoi  ayvcrsarii  politic! , 
di,  o  da  quelli  che  accumulano  materia  da  scri-  purche  onesti,  potea  meritare  quci  biasimi  si  Ion— 
•vere  sloria  ;  ma  storici  non  sono.  Fu  delto  che  c  tani  dalla  realta  del  fatlo. 

DI  MARIA  GIUSEPPE  —  Vita  della  vergine  salesiana,  Margarita  M.  Alacoqne, 
compendiata  sui  process!  autentici  dal  sacerdote  Giuseppe  di  Maria,  per 
la  solenne  di  lei  Beatiiicazione,  seguita  nel  Settembre  del  1864.  Modena, 
tip.  dell' Immacolata.  Roma,  Benclvenya.  Venezia,  Gio.  Battisia  Merto 
1864.  Un  vol.  in  1G.°  di  pay  144. 

ESOPO  —  Favole  d'  Esopo,  volgarizzate  per  nno  da  Siena ,  cavale  dal  codice 
Laurenziano  ipedilo ,  e  riscontrate  con  tutli  i  codici  fiorentini,  e  col  se- 
nese.  Fi-renze,  Felice  Le  Mourner  1864.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  172. 

A!!e  sei  edizioni,  che  gia  esistevano,  del  vol-  derla  piu  utile  gli  cditori   1'  hanno  corredata  di 

garizzamento  delle  favole  di  Esopo,  si  aggiunge  assai  opportune  annotazioni,  indirizzatequando  ad 

la  presenle,  die  c  tratta  dal  Codice  laurenziano,  illustrare  le  voci  e  Ic  frasi,  e  quando  aparagonare 

assai  presiato  per  esaltezza  e  correzionc.  A  ren-  la  lezione  laurenziana  con  quella  di  altri  Codiri. 

ESSEIVA  PIETRO  —  Romanornm  Feriae  Octobres:  Carmen  Petri  Esseiva.  Ro- 
mae,  typis  Cmlitalis  Catholicae  MDCCCLXIV.  Unfasc.  in  8.°  dipag.  12. 

Fra  le  piu  graziosc  ed  elegant!  scritlure  latino,        Se  i  costumi,  che  dipingc  piii  che  non  racconti, 
stampate  ai  d'l  nostri,  deve  collocarsi  il  Carmen    non  fossero  tutto  uostri,  e  tutli  di  oggi,  chi  legge 
del  sig.    Esseiva  sopra  le  Ottohrate  dci  Ilomani.     quel  Carmen  il  direbbe  scritto  da  un  qualche  bello 
Esso  quivi  con  uno  stile  tutt'  oro  finissimo  di  la-    umore,  che  rallegrasse  la  compagnia  di  Mecenate. 
linita,  e  tutto  sapore  attico,  descrive  1'  uscita  dei 
romani  nella  campagna,    la  mensa  imbandilavi, 
la  danza,  il  ritorno. 

F.  A.  —  Frate  Nicasio  e  Lucia:  Dialoghetti  del  P.  A.  F.  dell'  0.  utilissimi  a 
tranquillare  le  anime.  Napoli,  u/fi^io  delle  Letture  Cattoliche,  1864.  Un 
fascicolelto  in  32.*  di  pag.  32. 

FABIANI  ENRICO  —  L'Ercole  del  palazzo  Pio.  Roma  1864.  Un  vol.  in  8.°  di 
pag.  308. 

—  Prolusione  alia  premlazione  solenne  delle  scuole  rcgionarie  di  Roma, 
lelta  in  S.  Andrea  della  Valle,  il  23  Seltembre  1864,  dal  Sac.  Rom.  En- 
rico Fabiani.  Roma,  col  lipi  della  S.  C.  de  Propaganda  Fide  1864.  Un 
opusc.  in  8.°  di  pag.  8. 

FEO  BELCARI  Sec.  —  Laude  Spiritual'!  di  Feo-Belcari,  di  Lorenzo  dei  Medic?,, 
di  Francesco  d'Albigno,  di  Castellano  Castellani  e  di  allri,  comprese  nel- 
le  quattro  piu  antiche  Raccolte,  con  alcune  inedile,  e  con  nuove  illustra- 
zioni.  In  Firen&e,  press  o  Molini  e  Cccchi  dietro  il  Duomof  MDCCCLXIV. 
Un  vol.  in  4.°  dipag.  AT/,  288.  LX.  Prezzo  lire  dndicl. 

N  elle  Laude  Spirituali  dei  nostri  buoni  ita-  delle  -verita  cristiane,  che  essi  formarono  la  de- 
liani  e  tanta  facilita  di  poesie,  tale  schieltezza  di  lizia  degli  anlichi  che  le  caulavano  per  ogni 
modi  ,  tanta  \ena  di  affetti  santi ,  tanti  ricordi  dove,  e  formano  ora  lo  studio  dei  piu  passionatt 


BIBLIOGRAFIA 


o99 


fndagatori  delle  fonti  del  linguaggio  c  della sto-  dei  Morsi.  La  HI."  c  slampata  forsc  nel  1489  a 

ria  dei  nostri  popoli.  I  nomi  di  F.  lacopone  da  spese  di  Lorenzo  dei  Medici,  che  vi  pose  delle  sue. 

Todi,  di  Feo  Belcari ,  di  Lorenzo  de' Medici ,   di  La  IV."  fu  fatta   nel   1580  a   petizione  di  Pier 

F.  Girolamo  Savonarola  son  cari  a  lulli  gli  ila-  Parini  da  Pcscia.  Ollre  queste  qualtro  Raccolle  di 

luni,  piii  che  per  ogni  allro  lor  pregio,  per  le  Laude  v'e  un  libro,  anelVesso  rarissimo,  di  pocsie 

Lmude  che    scrissero.    Ma  la  grande  difllcolli  c  spiriluali,  esono  i  Vangeli  della  Quaresima,  com- 


slata  fln  qui  il  poterle  leggore  in  edizioui  corrcttc. 
Lequattro  anliche  Raccolle,  che  le  conlencvano 
souo  divenuti  veri  cimclii  delle  piii  preziose  bi- 
blioteche.  Ristamparle  c  stato  pensicro  ollimo 


posti  in  vcrsi  per  Mess.  Caslellano  di  Pierozzo 
Castellani,  doltorc  Qorenlino,  slampa  florentina  del 
1514.  Quest!  Vangeli  vengono  anche  qui  rislam- 
pati.  Ollre  a  queste,  si  contengono  in  queslo  vo- 


fatica non  picciola.  Questa  rislampa  e  quella  cho    lume  le  Laude  inedile,  date  in  luce  a  Parma  nel 
ora  abbiamo  sotl'occhio.  Essa  riproducc  tutto  in- 
tent iluslo  delle  quallro  an/.idelte  Raccolte  ,  tul- 


1830, e  alcmic  poche  copiate  ora  la  prima  volta 
dai  codici.    Queslo    libro  adunque  fornisce  una 


le  downline:  cioe  la  I." del  1480  procurata  dallo  buona  c  bclla  edizione  di  cinque  anlichi  libri  ra- 

stessi  FeoBe'cari,  c  conlienc  le  sueLaudi;  la  II."  rissimi  e  desideralissimi,  e  con  essi  un  Usoro  da 

del  l«8i>  conlieue  Ic  Laude  fade  da  piii  perso-  cavurne  grandi  ricchezze  di  lingua  italiana  e  di 

no  spiritual! ,  e    stampate  a  pelizione  di  lacopo  affelli  devoli. 

FERRARA  EFISIO  —II  Razionalismo  e  la  Religione,  saggio  dogmatico-morale 
del  P.  Efisio  Fcrrara,  Mercedario  T.  G.  Cagliari,  tipog.  diA.  Timon  1858. 
Un  vol.  in  8.°  dipag.  246. 

In  questa  operetta  piccola  di  mole ,  ma  piena  che.  Queslo  lavoro  ci  sarebbe  paruto  perfello  se 
di  niolle  cose ,  il  bcnemerito  Autore,  benchc  pi-  non  vi  avcssimo  incontralo  qualche  proposizione 
-rli  di  mira  specialmente  gli  error!  di  Ausonio 
Franchi,  comballe  nondimeno  lullo  il  falso  si- 


stema  de'  razionalisti  e  deisti 

lo   fa  vittoriosamente.    Alle   varie   assurdita   di 


bisognosa  di  co:nmento  :  siccome  per  cagion  d'e- 
sempio  c  qucsla  a  pag.  36:  «  La  religione  e  es- 
e  puo  dirsi  che  senzialmenle  soprannaluralc  ».  La  quale ,  si  per 
se,  e  molto  piii  ove  si  consider!  nella  lesturadi 
cotesti  libcrlini  contrappone  i  principii  della  ri-  tullo  il  discorso,  sembra  negarc  la  possibilita  di 
Teiazione  ,  cominciaudo  dai  punti  specolalivi  e  qualunque  religione  naturale.  Ne  anche  avrcmmo 
dommatici  e  finendo  a!  pralid  e  morali,  siccome  voluto  osservare  nelle  idee  fllosofiche  una  cerla 
richiedeva  1' online  logico  :  giacche  dalla  norma  inslabilila  o  flulluazione  ,  quale  per  esempio  ap- 
del  credere  si  procede  alia  norma  dell'operare.  parisce  a  pag.  160,  ove  dice  1'Aulore  «  di  non 
Nella  parle  dommalica  in  sette  cap!  discorre  del  disputare,  se  il  primitive  deltame  dell'  inlelletto 
concetto  dilla  Religione,  del  Soprannaturalc,  del-  sia  1'cssere  indeterminate  del  Rosmini ,  o  I'Ente 


che  crea  I'esistente  di  Giobcrli,  o  la  visione  idcale 
di  S.  Agostino  e  di  Malebranche ,  o  le  remini- 
scenze  di  Platone  ecc.  »  A  voler  prcscindcre  da 
queste  cose,  1'opera  c  mollo  ulile  e  commendevole 
come  quella ,  che  raggiunge  nel  resto,  siccome 
abbiamo  detlo,  lo  scopo  di  rintuzzare  i  razionali- 
sti  e  di  fortificarc  i  cattolici. 


ta  Creazione,  della  Rivclazione,  delia  Traclizione, 
dell'  Autonta  ,  della  Fede  e  della  Ragione.  In 
attreltanti  capitoli  divide  Pallra  parle  cioc  la 
Morale;  e  tratta  in  essi  della  Moralita,  del  Prin- 
cipio  morale  e  della  Felicila  :  dimostrando  come 
tutte  queste  cose  oltimamente  consislano  nella 
Tcriia  della  Religione  rivelata,  e  come  per  lo 
contrario  vadano  smarrite  tra  le  file  razionalisti- 

FOGLINI  GIACOMO  —  Corso  di  Meccanica  ,  preceduto  da  una  introduzione 
sopra  i  Principii  della  Geometria  analitica  e  del  Calcolo  infmitesimale,  e 
seguito  da  un'  Appendice  intorno  aH'Acustica  e  all'Ottica,  di  Giacomo 
Foglini  d.  C.  d.  G.,  [irofessorc  nel  Collegio  Romano.  Roma,  tip.  dcUe 
Belle  Ar/i  1864.  Un  volume  in  8.°  di  pag.  688. 

Questo  e  uno  dei  libri  che  procacciano  agli  flnalmente  nell'appendice  c,  quale  si  puo  volere 
scriltori  clogi  pienissimi.  Perche  cio  che  il  suo 
«h.  Autore  afferma  nell'avvertenza  che  fa  innanzi, 
cioc  «  di  avere  posta  ogni  cura  ,  acciocche  ab- 
liiano  i  giovani  nel  corto  spazio  d'un  anno  sco- 
laslico  ,  il  piu  ed  il  meglio  che  si  richiede  a 


mellere  buono  fondamento  nello  studio  della  mec- 


dai  migliori  intendenti  di  queste  scicnze.  Poi  la 
precisionc  nel  dcQnire  e  nel  dislinguere  i  sensi 
delle  proposizioni,  la  eleganza  delle  dimostrazio- 
ni,  il  moderate  svolgimenlo  de'  calcoli  nella  de- 
duzione  delle  formolc,  la  sceltezza  degli  opportuni 
esempii  che  dimoslrano  1'imporlanza  c  I'uso  dello 


canica  »  chi  lo  percorre,  facilmenlc  riconosce  es-  diverse  teorie,  alle  quali  si  riferiscono,  e  flnal- 

sere   stalo  delto  in  lulta  verila  ;    ed   insiemc  si  mente  tulla  1'esposizione  sempre  chiara  e  nella  , 

persuade  che  colesla   diligenza  e  slata  ,   per  la  fanno,  che  quest'opcra  riesca  ulilissima  non  solo 

eseeuzione  perfella  ,   coronala  il  piii  felicemcnte  a  chi  apprende  la  prima  volta,  ma  altrcsl  a  ch 

che  si  poteva.  Tutlo  T  online  delle  parli  sia  nel  volesse  riandare  quello  che  gia  ha  imparato. 
corso  di  metcanica  ,  sia   nella  inlroduzione  ,  sia 


600  BIBLIOGRAFIA 

FRANCO  GIANGIUSEPPE  —  Le  (recce  di  Aurora.  Racconto  del  P.  G.  Franco 
d.  C.  d.  G.  Modena,  tip.  dell'Immacolata.  Roma,  Giovanni  Bencivenga.  TV- 
nezia,  Gio.  Battista  Merlo  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.Wi. 

Questo  Racconlo,  gia  comparso  nei  fascicoli  della  zione  e  yeramenle  bella.  I  padri  di  faniigiia,  i 

Civilta  Cattolica,  ma  ora  nolabilmente  migliorato  diretlori  d'  istiluli  d'  educazione,  i  lellori  e  le  leg- 

dall'Autore,  e  gia  conosciuto  dai  nostri  lettori,  e  gitrici,  amanli  di  onesto  piacere,  ne  facciano  loro 

sanno  essi  la  commovente  storia  napolitana  su'.la  pro,  che  per  loro  servigio  6  ripubblicato. 
quale  si  aggira.  Solo  aggiungiamo  die  la  edi- 

FRANCO  SECONDO  —  Risposte  popolari  alle  obiezloni  piii  comuni  contro  la 
Religione,  del  P.  Secondo  Franco  d.  G.  d.  G.  Quartaedizione  con  aggiun- 
te  e  corrczioni  dell'  Autore.  Roma  ,  tlpl  della  Civilta  Cattolica  1864.  Un 
vol.  ?ft  16.°  dlpag.  664. 

Fra  i  libri  piii  acconci  a  mantener  viva  la  fade  le  person c  meno  islruilc  ne  riniangono  csse  pure 

dei  Caltolici  nei  tempi  corrcnti,  questo  e  fiiori  di  conlente,  non  essenJovi  pagina  che  csse  non  pos- 

ogni  dubbio  principalissimo.  Esso  c  diretlo  a  con-  sano  intendere.    Questo  libro   adunque  noi  desi- 

fulare  i  piii  comuni  error! ,  die  si  sogliono  ora  dereremmo  di  vederlo  inlrodotto  in  tulle  le  fami- 

propagare  nel  popolo :   e  la  confutazione  e  cost  giie,  come  un  libro  indispensable;  e  sopratluUo 

gagliarda,  e.l  esposta  con  tanta  chiarez/a ,   die  dcsidercremmo   che  non  vi   fosse  ne  giovine  ne 

dissipa  fin  1'  ombra  d' un  dubbio.  A  queslo  si  ug-  donzella  che  non  lo  leggesse.  Per  queslo  fine  ne 

giunga  che  mentre  la  persona  dotla  si  compiace  abbiam  fatla  una  edizione,  che  alia  sufficiente  ele- 

di  trovarvi  un  pascolo  acconcio  al  proprio  palalo,  ganza  unisca  1'economia. 

GATT1  GIUSEPPE  —  La  Vergiue  Maria  ,  proposta  in  ragionamenti  apologetic! 
e  morali  da  Giuseppe  Galti  G.  T.  Torino  lip.  ddl' Oratorio  di  S.  Francesco 
di  Sales  18M.  Un  volume  in  8.°dipag.  275.  Si  vende  Lir.  it.  1,50. 

Oi  qucsli  diciannoTe  Ragionamenti  i  primi  die-  di ,    c  senza    pompa  di  dotlrina  o  di  crudizione 

ci  furono  dall'  Autore  recilali    in  S.    Eufemia  di  son  veranuuUe  dotli.  Ts'otiamo  in  particolar  modo 

Verona  ;  gli  allri  nove  altrove.  Tulli  lianno  per  1'  opportunita  di  cerlc  conslderazioni   c   di  cerli 

iscopo  di  eccitare  gli  inlelletli  e  i  cuori  alia  di-  svolgimenti,  appropriali  a  confulare  errori,  che 

Yozione  rerso  la   gran  ?J;ifire  di  Dio ;  e  vi  rie-  si  vunno  inflltrando  o  dal  protestanlesimo  0  dalla 

scono    efllcacemente ,   perche    con  istile  facile  e  miscredenza. 
piano  STolgono  concetti   giusli  e  ?pesso  profon- 

GILI  GASPARE  — Opuscoli  ascetici  per  promuovere  la  piela  nei  fecleli. 

Sogliono  i  piii  fervorosi  cristiani,  a  mantencr  zioni  spguite  da  csempii:  in  un  altro  considera- 

viva  nel  loro  cuore  la  piela,  consecrare  questo  o  zioni  con   liori  di  piela  •    in   un  altro  lezioni  e 

quel  mcse  dell' anno  a  qualche  pratlica  specialo  atli  devoli :  in  un  altro  discorsi,  e  cosi  Tia  Tia. 

di  deTOzione.  I  sette  libretti,  che  qui  solto  annun-  Essi  sono  scriUi  pel   comune  dei  fedeli,  e  pero 

zieremo  ,   furono  scritli   dal  dotlo  e  zelanlo  sa-  con  molta  semplicita  di  stile  e  svolgimento  d'idee: 

cerdote    D.  Gaspare  Gili ,  perche  serrano  in  cio  ma  possono  anche  servire  pei  dircllori  di  spirito 

di  guida.  Ogni  giorno  di  ciascun  mese  ha  i  suoi  e  pei  predicatori,  perche  v'e  molta  profondita  di 

particolari   csercizii.   In  un   mese  sono  medita-  doltrina  e  di  crudizione  sacra. 

—  11  mese  di  Marzo,  consecrate  alia  passione  e  morte  del  Redcntore,  per 
D.  Gaspare  Gili.  Torino  1864,  per  Giacinto  Marletti  tipografo-libraio. 
Un  vol.  in  16.°  di  pag.  455.  Prezzo  L.  it.  1,  50. 

—  //  mese  di  Maggio,  second  o  lo  spirito  di  S.  Francesco  di  Sales-,  ossia  tren- 
tuna  considerazione,  susseguite  da  esempii,  preghiere,  giaculatorie,  dal- 
I'esercizio  per  la  S.  Messa  ecc.  per  D.  Gaspare  Gili.   Torino  1863,  per 
Giacinto  Manetti.   Un  vol.  in  16.°  dipag.  421.  Prezzo  L.  it.  1,  25. 

—  Trentadue  discorsi  morali  sopra  la  vita  della  B.  V.  Maria,  pel  mese  di 
Maggio  ,  dedicati  ai  sacri  oratori.  Versione  dal  francese  per  D.  G.  Gili. 
Torino,  per  Giacinto  Marietti  1864.  Un  vol.  in  12.f  di  pag.  374. 

—  11  mese  di  Givgno,  ossia  il  mese  eucaristico,  consacrato  ail'  Augustissimo 
Sacramento  deH'altare;  considerazioni  per  ciascun  giorno  del  mese,  per 


BIBLIOGRAFIA  601 

D.  Gaspare  Gill.  Torino  1863,  per  Giacinto  Marielti,  tipografo-libraio. 
Un  vol.  in  16.°  di  pag.  420.  Prezzo  L.  it.  1,  50. 

— 11  mese  di  Settembre  consacrato  a  Maria  Addolorata,  ossia  Irentuna  con- 
siderazione,  susseguite  da  esempii ,  preghierc,  giaculatorie  ecc.,  opera 
utile  ai  sacri  oratori,  per  D.  Gaspare  <!ili.  Torino,  per  Giacinto  Marictti 
tipografo-libraio  1863.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  242.  Prezzo  L.  it.  1,  50. 

—  11  mese  di  Novembre,  ossia  la  chiave  del  Purgatorio  in  mauo  del  fedel 
crisiiano,contrenta  considerazioni  pel  mese  di  Novembre,  per  D.Gaspa- 
re Gili.  Torino, per  Giacinto  Marietli  tip.  libraio  1862.  Un  vol.  in  16.°  di 
pag.  356.  Prezzo  L.  it.  1,  50. 

—  //  mese  di  Dicembre,  consacrato  alia  nascita  di  G.  Bambino,  ossia  trentu- 
na  considerazione  per  santificare  delto  mese,  per  D.  Gaspare  Gili.  Torino, 
per  Giacinto  Marletti  1863.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  424.  Prezzo  L.  it.  1, 50. 

GOBI  FABIO  —  Sull'  oracolo  di  Ercole,  grande  custode  del  Circo  Flaminio, 
scoperto  nelcortile  del  Palazzo  Righetti  al  Biscione,  ragiooamento  di  Fa- 
bio  Gori,  socio  dell'Instituto  di  Gorrispondenza  arcbeologica  e  dell'Ac- 
cademia  de'Quiriti,  letto  nella  tornata  della  suddetta  Accademia,  il  giorno 
4  Ottobre1864.  Roma  IWi,  lipografia  Chiassi.  Un  opusc.  w8.°  dipag.H. 

GOUSSET  TOMASO  —  Teologia  dogmatica  del  Cardinale  Tommaso  M.  G. 
Gousset,  Arcivescovo  di  Reims,  prima  versione  italiana  di  Gianfrancesco 
Rambelli,  riprodotta  con  emendazioni.  Parma,  Pietro  Fiaccadori  1864.  Fa- 
scic.  VII  in  8.°  da  pag.  161  a  320  del  vol.  II. 

GRASSI  LUIGI IACOPO  —  Della  filologia  nelle  sue  applicazioni  e  risultati ,  ra- 
gionamento  del  Canonico  Luigi  lacopo  Grassi,  bibliotecario  emerito  del 
genovese  Ateneo  ecc.,  tenuto  in  occasione  del  solenne  ricevimento  a 
Dottor  Colleg'ato  nella  facolta  di  Filosofia  e  Lettere  dello  stesso  Ateneo , 
addi  21  di  Luglio  del  1864.  Gcnova,  stabilimento  lipograpco  di  G.  Caor- 
si  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  28. 

IL  BUON  SENSO  —  Limario  per  1'anno  1865,  coll'  aggiunta  dei  mercati  e  fiere 
che  si  faimo  in  Toscana.  Anno  quinto.  Firense,  presso  Luigi  Manuelli  li- 
braio di  S.  Maria  in  Campo  1864.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  56. 

JOUVENCY  GIUSEPPE  —  Gompendio  della  Vita  del  B.  Pietro  Canisio,  della  Com- 
pagnia  di  Gesii,  scritto  in  latino  dal  P.  Giuseppe  louvency,  e  traclotto  in 
volgare  da  un  Religiose  della  medesima  Compagnia.  Roma,  tipi  della  Ci- 
vilta  Cattolica  1864.  Un  opusc.  in  16  °  di  pag.  64. 

—  De  Vita  B.  Petri  Canisii  e  Societate  lesu  Gommentarius.  Romae,  typis  Civi- 
litatis  Catkolicae  MDCCCLXIV.  Un  opusc.  in  16.°  dipag  52. 

Dalla  Sturia  della  Compagnia   di  Gcsu,  scritta    Ictturc  latine  per  profitto  della  loro  picla  e  del 
•on  somma  eleganza  dal  P.  JouTenry,  e  Iratto  quc-    loro  studii. 
Slo  Compendio ,  pen-lie  scrva  agli  studios!  delle 

LANGUET  GIOVANNI  GIUSEPPE  -  Vita  della  Beata  Margherita  Maria  Alacoque, 
rcligiosa  professa  dell'Ordine  della  Visitazione  di  santa  Maria  nel  Moua- 
stero  di  Paray-le  Monial ,  scritta  in  francesce  dall'  illustre  Vescovo  di 
Soissons,  Mons.  Giovanni  Giuseppe  Languet,  e  volgarizzata  in  italiano 
dal  P.  Ludovico  Paravicino  d.  C.d.G.,  dedicata  alia  Santita  di  N.  Signore 
Papa  Pio  IX.  Roma,  tip.  Salviucd  1864.  Un  vol.  in  4.*  dipag.  249. 


602  B1ELIOGRAFIA 

LEZZANI  MARIANNINA  —  Santa  Eufrosina  —  Leggenda  in  terza  rima  di  Ma- 
riannina  Lezzani.  Roma,  tip.  Menicanti  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pog.  16. 

A  chi  ha  lette   le  Vite   de'  Santi  Padri ,   de-  za  rima ;  e  ci  pare  che  i  pregi  che  1'  adornano 

scrilte  con  aurea  penna  dal  Cavalca,  non  e  ignota  sieno    bene  proporzionali   colla  materia.    Questi 

la  leggenda  della  Vergine  Eufrosina,  s\  varia  di  sono  :  grande  semplicila  di  stile,  ma  senza  vol— 

casi,  si  fiorita  di  tencrissimi  affclli,  che  non  puo  garita;    sufficient"}   purezza  di  lingua,  ma  sen- 

csscre   scorsa    senza   molto   interesse   e    pielosa  z'affcttazione ;  finalmente  una  buona  vena  di  af- 

commozione.  La  signorina  Lezzani  no  ha  falto  il  felto,  diffuse  nella  narrazione  molto  naturalmente 

soggetto  di  un  suo  poetico  componimcnlo  in  ler-  e  senza  ombra  di  sforzo.  '«w 

LIBERATORS  MATTEO  —  Institutiones  pliilosophicae  Matthaei  Liberatore  Soc. 
lesu.  ad  triennium  aeeoramodatae,  editio  tertia.  Vol.  I.  Logica  et  Meta- 
physica  Generalis.  —  Vol.  II.  Metaphysica  Spccialis  —  Vol.  IIL  Ethica 
ct  Jus  Naturae .  Romae,  typis  Civilitatis  Catholicae  MDCCCLX1V.  Trevo- 
lurni  in  S.°  di  pay.  400,  500,  400. 

Questa  cdizione  yanlaggia   le  precedent},  non  L'Aulore  lo  ha  ridotto  a  metodo  scolastico  uni- 

solo  per  la  correzione  tipograflca,   eseguita  con  forme  ai  due  precedent!,  e  ne  ha  ampliata  la  ma- 

parlicolardiligenza,  ma  ancora  per  qualche  giunta  leria  die  nelle  anteriori  edizioni  era  troppo  ri- 

c  miglioramento  recato  nei  due  primi  volumi;  e  stretla.  Queslo  terzo  volume,  formando  opera  da 

soprattutlo  per  le  nuove  cure  inlorno  al  ler/.o  YO-  so,  puo  acquislarsi  separalamenle. 
lume  che  abbraccia  1'  Etica  e  il  Diritlo  di  Natura. 

LICCARO  VALENTINO  —  Manuale  di  predicazione  ad  uso  del  Clero  curato,  del 
sacerdole  Valentino  Liccaro.  ParLe  prima:  LE  FESTE  DEL  SIGNORE,  -  T.  II. 
Pasnonc  c  Pasqua.  Venezia,  dallo  lip.  di  F.  A.  Perini  1864.  Un  vol.  in  8.* 
di  pay.  56  \. 

MANUALE  DEI  DEVOTI  BI  S.  GIUSEPPE  —  ossia  il  modello  dell'  uomo  giusto 
e  la  guida  fedele  delle  lamiglie  cristiane.  Bologna,  tip.  Mareggiani  all'in- 
segna  di  Danle  18(54.  In  vol.  in  32.°  dipag.  232. 

MANUZZ1  GIUSEPPE  —  Vocabolario  della  lingua  iialiana,  gia  compilato  dagli 
accadeinici  della  Crusca,  ed  ora  novamente  corrctto  ed  accresciuto  dal 
Cavaliere  Abate  Giuseppe  Mauuz/i.  Seconda  edizione  riveduta  e  notabil- 
mente  ampliaia  dal  Gompilatore.  Firenze,  nella  stamperia  del  Vocabolario 
e  del  lesti  di  lingua  1864.  Dispense  51  a  54  in  4.°  da  pag.  487  a  678  del 
vol.  3.°  Si  giugne  alia  parola  QUINDICJ. 

MARCONE  ANTONIO  —  La  parola  di  Pio  IX,  ovvero  Discorsi  e  detli  di  S.  San- 
tita  dal  priucipio  del  suo  pontificato  fino  a'  uosiri  giorni,  raccolti  dal  sa- 
cerdote  Antonio  Marcone  genovese,  aggiuntavi  la  lavola  cronologica  del 
Papi  da  S.  Pietro  lino  a  Pio  IX.  (Senova,  tip.  diGaetano  Schenone,  piaz- 
za posta  vecchia  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  152. 

MERICHI  PIETRO  —  La  Marmitleide,  ovvero  Consigli  di  un  padre  al  figlio  per 
far  fortuna  in  questo  mondo.  Ottave  del  Cav.  Pietro  Merichi.  Estratto  dal 
Saggiatore  di  Ferrara.  Ferrara,  lip.  di  Domenico  Taddel  1864.  Un  opu- 
scolo  in  8.°  di  pag.  12. 

11  tono  salirico  di  quesle  ottave,  che  sono  giovialissime,  schietle,  polite,  le  rendono  non  solo  ap- 
petitose,  ma  eziandio  urbanamento  pungenti. 

MADRONI  E.  —  L'  aritmetica  per  le  scuole  elementari  superior!' del  regno, 
esposta  secondo  il  programma  ministeriale  da  E.  Madroni.  Terza  edizio- 
ne, notabiimente  migliorata  ed  acresciuta  d'una  tavola  di  ragguaglio  del- 
le antiche  misure  delle  principal'!  citta  d'  Italia ,  con  quelle  del  nuovo  si- 
sterna  decimale.  Milano,  Vallardi  tipografo  edilore  186L  Un  vol.  in  16.* 
dipag.  184. 


BIBLIOGRAFIA  603 

MICHETTONI  VINCENZO  MARIA  —  II  mese  di  Ottobre ,  sacro  ai  santi  Angeli  cu- 
stodi,  del  P.  Vinccnzo  M.  Michettoni  D.  0.  di  Ripatransone.  Torino  1864, 
tip.  -pontificia  Pietro  di  G.  Marielli.  Un  vol.  in  64.°  di  pag.  160. 

BONTUORI  GIUSEPPE  GAETANO  —  II  sangue  di  S.  Gennaro,  Protettore  di  Na- 
poli ;  Opuscolo  del  Rev.  D.  Giuseppe  Gaetano  Montuori,  del  CJero  napo- 
litano,  Parroco  di  S.  Liborio.  Napoli,  stabilimento  tipografico  d'istruzio- 
ne  degli  accaltoncelli  1864.  Un  opusculetto  in  32.°  di  pag.  40. 

MULLOIS  ISIDORO  —  II  buon  figliuolo.  La  Bestemmia.  Che  cosa  si  porti  a  casa 
dull'  osterla.  Obbiezioni  e  pregiudizii  comuni  contro  la  Religione.  Alila- 
no,  tipofjrafta  di  Giacomo  Agnelli  1864.  Qualtro  opusc.  in  32.°  di  payine 
21  ciascuno. 

OZANAMA.  F.  La  civilta  cristiana  presso  i  Franchi /Ricerche  intorno  all'isto- 
ria  eccleslastica ,  politica  eletteraria  de'  tempi  Merovingi,  e  sul  regno  di 
Carlomagno,  di  A.  F.  Ozanam,  professore  di  Letteratura  straniera  in  Pa- 
rigi.  Prima  traduzione  sulla  2.a  edizione  francese  del  1855,  di  Alessandro 
Carraresi.  Firenze,  Felice  Le  Monnier  1864.  Vn  vol.  in  8.°  dipag.  486. 

Tra  le  Opcre  dell'inv!  ortale  Ozanam  (iene  in-  gli  altri  popoli  barbari  e  nelle  seguenli  eta.  La 

signeluogo  quella  che  s'intilola:  La  Civilisation  Civilta  cristiana  presso  i  Franchi  avendo  loccalo 

chrelicnne  chez  Jes  Francs.   In  essa  1'  Auture  ,  il  coimo  del  suo  splendore  all'epoca  di  Carloma- 

cominciando  dai  primi  albori  del  Crislianesimo  gno,  1'Aulore  si  traltiene  principalmente  a  pen- 

presso  la  nazione  Germanica  e  le  varie  sue  stir-  nelleggiare   quest' epoca  importanlissima ,  e  con 

pi ,   si  fa  a  descriveve  la  progressiva  influenza  essa  t'a  termine  al  suo  lavoro. 
che  la  religione  crisliana  venne  esercitando  so-        II  sig.  Carraresi ,  col  dame  una  fedele  e  nobil. 

pra  i  Franchi,  parte  nobilissima  di  quella  gran  traduzione  all' Italia,  si  e  reso  doppiamenle  be- 

nazione,  per  incivilirli,  sanlificarli  e  rendcrli  de-  nemerito  e  dei   buoni  studii  e  della  religione, 

gni  stromenti  dell'alta  missione  a  cui  Iddio  aveali  giacchc  il  libro  dell'  Ozanam  serve  ottimamente 

<leslinati,  come  primogeniti  della  Chiesa,  presso  agli  uni  e  all'aHra. 

PANZIERA  UGO  —  Due  altri  cantici  del  Panziera :  Miscellanea  Pratese  di  cose 
inedile  o  rare,  antiche  e  moderne.  Decade  prima.  Prato,  dalla  tipografia 
Gmsli  1860-1864. 

Dalla  Scella  di  Laudi  spiriluali  di  diversi    traltc  queste  due  del  Panziera,  dei  Frali  Minori, 
Eccellentiss.  e  Dcvoli  Autori  Antichi  e  Moder-    e  sono  in  quella  Scelta  la  Laude  III  e  la  IV. 
«c   ecc.   In  Firenze ,    Giunti  MDLXXV1H,    son 

PARASCANDOLO  LUIGI  —  II  criterio  della  storia  dei  Papi  Re,  per  Luigi  Para- 
scandolo,  sacerdote  de!  Clero  napolitano.  Napoli,  tipografia  dei  f rat  el- 
UDe  Bonis  1863.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  251. 

tl  ch.  sig.  D.  Luigi  Parascandolo  imprende  a  con-  origini  sloricne,  i  giudizii  crilici,  le  autorila  pa- 

futare  un  libro,  intilolato:  Del  Potere  temporals  tristiche  messe  fuori  in  quel  libro  con  mal  dige- 

del  Papa,  rujuardato  sollo  I'aspettostorico,  reli-  sta  erudizione  e  peggior  crilica.  Nell'  Appendice 

gioso,  giuridico  e  politico, scrillo  dal  sig.  De  Ce-  confutasi  brevemente  un  allro   opuscolo  ,  ancora 

sure.  La  confutaziouc  e  compiuta,  perche  esamina  men  grave  ,   scrilto  egualmente  contro  il  Potere 

le  idee  elerodosse,  i  monumeuli  ecclcsiastici,  le  tcmporale  dei  Papi  da  un  Pasquale  Mello. 

FARENTI  MARC' ANTONIO  —  Sonetti  epitalamici  del  Gavaliere  professore  Mar- 
c'autonio  Parenti,  Accademico  della  Grusca.  Modena,  tip.  dell'lmmacola- 
ta  1864.  Un  vol.  in  32.°^'  pag.  120. 

Questa  e  una  garbata  e  odorosa  ghirlanda  nu-  gegno  non  abbisogna  d'altro  argomento  di  lode, 

ztalc,  ofTerla  ai  due  novelli  sposi,  cavaliere  Ca-  Genlilissima  cosa  e  questo  librettino  ancbe  per  la 

millo  Boccolari  e  contcssa  Laura  Boschelti,  da  un  eleganza  e  venusta  de'  tipi  e  della  forma.  Ma  a 

amico  comune.  Qui  e  raccolto  il  flore  dei  sonetti  leggcrne  e  gustarne  le  interne  bellezze,  T '  ha  di 

<che  it  yaloroso  e  compianlo  Marc'anlonio  Parenli,  cho  deliziarsi :  giacche  voi  incontrate  tali  sonetti, 

dclto  appunto  in  occasione  di  nozze.  Chi  ha  co-  che  non  potele  rassomigliare  ad  allro  che  a  uu 

aoscenza  dell' Autore  e  della  vaghczza  del  suo  in-  gelsomino  o  ad  una  rosa. 


604  BIBLIOGRAFIA 

PATIS  GIORGIO  —  Zita  la  santa  Donna  di  servizio ,  proposta  a  modelo  dei 
padroni  e  servi  dal  P.  Giorgio  Palis.  Versione  dal  tedesco  del  Dr.  D.  G. 
Bernard!,  Professore  nell'  I.  R.  Ginnasio  di  Capodistria.  Trieste,  L.  Herr- 
manntor fer,  tip.  edit.  1864.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  224. 

PATRONI  RAFFAELE  --  Orazione  funebre  dell'  Arcidiacono  Giuseppe  Maria 
Grille,  scritta  dal  Sac.  R.  Patroni ,  Rettore  del  seminario  diocesano  di 
Oppido.  In  Oltobre  1862.  Napoli,  un  opuscolo  in  8.°  di  pag.  23. 

PAYISSICH  LUIGI  CESARE  —  Cinque  salmi  Davidici ,  volgarizzati  e  coinmen- 
tati  da  Luigi  Cesare  Pavissich.  Trieste,  tip.  del  Lloyd  austriaco  1864.  Un 
opuscolo  in  4.°  di  pay.  65. 

I  cinque  Salmi  die  sono  qui  tradolli  con  molta  XXIX  al  XXXIII.  Le  molle  note  che  sono  in  fine 

fedella  ed  csaltezza  in  facili  ed  eleganti  yersi  chiariscono  ora  il  concetto  letterale,  ora  il  con- 

italiani,  piu  facili  e  piu  eleganti  che  non  sono  cetto  morale  dell'  ispirato  salmista. 
le  version!  del  Mattel,  son  quei  che  corrono  dal 

PELLEGRINI -SCH1PANI  RAFFAELE  —  Angelica  o  la  forza  della  vocazione.  Rac- 
conto  storico-morale  dell'anno  1856,  estratto  da  una  cronaca  di  quel  se- 
colo ,  e  pubblicato  nei  fiori  cattolici ,  dal  sacerdote  Raffaele  Pellegrini- 
Schipani-Ferza,  edizione  ammendata  e  corretta  dall' Autore,  dopo  quella 
de'Fion*  cattolici  e  del  Contemporaneo  di  Firenze.  Napoli ,  Stabilimento 
tipografico  di  Federico  Vitale  1863.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  202. 

PELLICANI  ANTONIO  —  I  compagni,  per  Antonio  Pellicani,  edizione  XIV,  mi- 
gliorata  ed  accresciuta  dall'autore.  Modena,  tip.  delf  Immacolala  Conce- 
zione  1864.  Un  vol.  in  6i.-  dipag.  103. 

PERRONE  GIOVANNI  —  Bartolo  e  Maco;  Dialogo  sulla  confessione  sacramen- 
tal e,  estratto  dal  catechismo  apologetico del  RvmoP.  Perrone  d.  C.  d.  G. 
Roma  1864,  tip.  di  Giovanni  Cesaretli.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  30. 

QUATR1NI  BERNARDINO  —  Maria  SS.  addolorata :  Elegie  VII,  di  Callistene  Ro- 
featico,  P.  A.,  voltate  in  terza  rima  dal  Canonico  Bernardino  Quatrini, 
gia  professore  di  Eloquenza  nei  collegi  di  Senigalia  e  di  Perugia.  Reca- 
nati,  tip.Badaloni  1864.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  88. 

Sotto   il  nome  di  Callistene  Rofeatico  si  cela  solo  divote  ed  afTettuose,  ma  eziandio  nobili  ed 

1' Emo  Card.  Morichini,  che  a  tanti  altri  pregi  eleganti.  Qui  nei  ristamparle  se  ne  da  la  yersio- 

aggiugne  ancor  quello  di  elegante  latinisla.  Que-  ne  in  terza  rima,  fatta  con  molta  facilita  e  pu- 

ste  sette  Elegie  furono  accolte  con  gvandi  plausi  rezza  di  stile  dal  ch.  prof.  Quatrini. 
da  giudici  competenlissimi ;  essi  le  trovarono  non 

RECALCATI  GIUSEPPE  —  Curiosita  matematica  ,  o  quadratura  lineare  esatta 
del  circolo  e  di  un  settore  circolare  qualunque,  del  professore  Giuseppe 
Recalcati.  Milano,  coi  tipi  delta  dittaGiacomo  Agnelli  1864.  Un  opusc.  in 
8."  di  pag.  14  con  lav. 

RENZONI  GIUSEPPE  MARIA  —  II  mese  di  Novembre ,  del  sacerdote  Giuseppe 
Maria  Renzoni ,  a  suffragio  delle  anime  purganti,  e  la  visita  dello  slesso 
alia  prodigiosa  immagine  di  Maria  in  Vicovaro.  Un  opuscolo  in  32.°  di 
pag.  43. 

Alcune  divote  preghiere  da  recitarsi  ogni  gior-  dai  loro  benefattori,  compiono  Fa  prima  parte,  che 

no  in  suffragio  delle  anime  purganti,   e  alcuni  e  breyissima.  La  seconda  puo  dirsi  una  testimo- 

esempii  tralti  dalla  storia  ecclesiaslica  intorno  alia  nianza  di  piu,  aggiuntasi  alle  tante  altre  che  at- 

protezione  che  quelle  benedetle  anime  prendouo  testano  il  prodigio  della  Vergine  di  Yicovaro. 

RICCI  GIO.  BATTISTA  —  Nozioni  di  Aritmetica  e  sistema  metrico,  per  Gio.  Bat- 
tista  Ricci,  Sac.  Savonese.  Parte  prima  ad  uso  delle  scuole  elementari '. 


BIBLIOGRAFIA  605 

Geneva,  lip.  della  Giovcntu  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  99.  Si  vendein 
Torino  presso  la  lipoyrafia  dell' Oratorio  di  S.  Francesco  di  Sales,  alpres- 
zo  di  cenles.  70. 

ROSSI  GIUSEPPE  —  Yieni  mcco,  ossia  il  maestro  che  istruisce  i  suoi  scolari 
nella  vera  Religione  ,  circa  i  doveri  moral!  e  social!,  1!  indirizza  all'assi- 
stenza  delle  sacre  funziom  ,  secondo  i  due  riti  ambrosiano  e  romano ,  ed 
alle  altre  pratiche  di  pieta,  pel  sacerdote  milanese,  Giuseppe  Rossi.  II  edi* 
zione ,  riveduta  e  migliorata.  Milo.no ,  tip.  e  libreria  arcivescovile ,  Ditto 
Giaromo  Agnelli  1864.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  352. 

ROTELLI  LUIGI  —  II  Duomo  di  Perugia  :  Illustrazione  storico-descrittiva  del 
Can.  Luigi  Rotelli.  Perugia,  tipografia  di  V.  Santucci,  diretta  da  Giovan- 
ni Sanlucci  e  Giuseppe  Ricci  1864.  in  opusc.  in  8.°  di  pag.  52. 

SALLUSTIO  —  Caio  Crispo  Sallustio,  la  Guerra  di  Giugurta  e  la  Congiura  di 
Catilina,  volgarizzale  da  Carlo  Castellan!,  col  teslo  a  fronte  della  edizione 
di  Lipsiadel  1856,  per  curadi  F.  D.  Gerlach.  Milano,  tip.  e  libreria  ar- 
civescovile,  Ditta  Giacomo  Agnelli  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  295. 

SALZANO  —  Elogio  funebre  per  ia  eccellentissima  signora  Maria  Domenica 
Spiaelli,  Marchesa  di  Yillarosa,  Duchessa  d'Aquara,  recitato  ne'  solenni 
fuuerali  del  trigesimo  ,  nella  chiesa  della  Redenzione  dei  Captivi ,  nel  di 
28  Luglio  1863,  dall'  illustrisslmo  e  Reverendissimo  Monsignor  Salzano, 
Vesc.  di  Tanes  ecc.  Napoli,  stabilimento  iipografco  di  F.  Vitale ,  2  e  4, 
Largo  Regina  Coeli  1863.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  34,  V. 

SALVINI  ANTONIO  MARIA  —  Dieci  lettere  inedite  di  Antonio  Maria  Salvinl  a 
Lodovico  Antonio  Muratori,  annotate  da  Pletro  Rortoloiti.  Modena,  tip, 
dell'  Immacolata  1864.  Un  opusc.  in  8.°  grande  di  pag.  37. 

Questo  mazzetto  di  veri  flori  d'  eloquenza  e  to-  eccita  vivo  dcsiderio,  die  questo  saggio  sia  come 

scanita,  offerto  ai  novelli  sposi  Marchese  Federico  foriero  di  una  starapa  plena  di  tutta  la  raccolta 

landi  di  Piacenza  e  Contessa  Anna  Boschetti,  e  che  ancor  si  conserva  nel   predetlo  archivio,  e 

stato  cavalo  dall'archivio  del  cetebre  Lodovico  \n-  che   sarebbe   di  molto  utile  alia  noslra  classics 

tonio  Muratori.  Tanto  le  lettere,  quanta  la  eru-  letleratura,  che  fosse  pubblicata  dal  medesimo  di- 

dizione,  di  cui  fa  mostra  il  signer  Pietro  Borto-  ligentissimo  annolatore. 
lotti   nolle  note  apposle  a  ciascheduna   di  esse, 

SAYLER  GIUSEPPE  —  Nozion!  di  contabilita  domestica  e  rurale ,  ad  uso  delle 
scuole  normal!  e  magistral'!,  conform?,  ai  programmi  governativi,  per  Giu- 
seppe Sayler  ,  segretario  del  regio  ispettorato  degli  studii  primarii  della 
provincia  di  Milano ,  riveduto  dal  rag.  Ernesto  Luchini,  professore  di 
contabilita  presso  la  R.  Scuola  tecnica  al  Lentasio  in  Milano.  Milano,  coi 
tipi  della  ditla  Giacomo  Agnelli  1864.  Un  opuscolo  in  16.°  dipag.  64. 

—  Uffizio  della  Seltimana  santa ,  con  dicbiarazioni  ad  uso  del  popolo  crl- 
st:ano.  Gennva,  tip.  della  Gioventu  1864.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  320. 

SMITH  GUGLIELMO  —  Storiadi  Grecia,  dai  tempi  primitivi  fino  alia  conquista 
romana,  con  giunta  di  capitoli  inlorno  alia  storia  delle  lettere  e  delle ar-» 
ti,  di  Guglielmo  Smith;  prhna  traduzione  italiana,  corredata  diuna  Car- 
ta  geografica  della  Grecia  antica.  Firenze,  G.  Barbera  editorc  1864.  Un 
vol.  in  8.°  di  pag.  687. 

Guglielmo  Smith  scrisse,   un  dodici  anni  fa,  lelterc  e  delle  arti  dcgli  anlichi  Greci ;  ia  quale, 

qucsta  Storia,  principalmente  ad  uso  delle  scuole  senza  eccedere  i  limiti  di  un  giusto  roiume,  noa 

inglesi ;  mirando  con  essa  a  por  nelle  mani  dei  tralasciasse  pero  nulla  d'  importante.  Inoltre  cgllr 

giovani  una  sugosa  ed  animata  esposizione  delle  valendosi  delle  ultimo  ricerche  dei  piu   celebri 

principal!  vicende,  delle  istituzioni  poliliche,  delle  scienziali  inglesi  ed  alemanni,  e  specialnienlu  dei 


606 


BIBLIOGRAFU 


Grote,  sopra  la  storia  c  la  lettcratura  greca,  si  e  putazione  in  cui  e  venuto  il  suo  Libro;  e  chiunque 

studiato  di  darne  nel  suo  libro  limpidi  ed  esatti  si  fara   a  leggerlo ,   lo  trovera  degnissimo  della 

i  risnltati ,  dimodoche  i    lellori  abbiano  in  esso  sua  fama.  Quanto  alia  presente  Versione  italiana 

come  raccollo   il   fine  di   tullo  il  meglio  che  la  ci  basla  dire,  che  dalla  rapida  scorsa  che  le  ab— 

scienza  ed  erudizione  moderna  ha  saputo  in  tal  biamo  dato,  ci  e  parsa  nieate  inferiore  al  merilo 

campo  produrre.  Che  egli  abbia  raggiunto  felice-  intrinseco  deU'originale. 
mente  il  suo  scopo,  ne  e  non  lieve  indizio  la  ri- 

TEPPA  ALESSANDRO  —  Vita  della  venerabile  Maria  degli  Angeli,  Carraeliia- 
na  scalza,  scritta  da  Alessandro  M.  Teppa,  Barnabita.  Torino,  tip.  di 
Giadnto  Mariettij  piazza  B.  V.degli  Angeli  n.°2.  Unvolumeltoin  16.°  di 
pag.  139. 


Una  vergine  di  nobile  casato  piemontese,  pa- 
rente  di  S.  Luigi  Gonzaga  per  sangue,  e  a  lui 
similissima  per  illibatezza,  ricca  dei  doni  mirabili 
della  grazia ,  presentata  al  leltore  cristiano  con 
semplice  e  nobile  biografia:  ccco  il  libro.  L' Au- 
tore  e  conosciuto  e  illustre:  1'opera  rispondealla 
sua  chiara  fama.  Non  c  a  farsi  inganno  sulla 


tenuila  del  formato,  perche  nelle  centotrcntanove 
pagine  di  stampa,  si  contiene  la  materia  di  un 
giusto  volume,  avendo  lo  stampalore  mirato  a  dare 
molta  scriltura  in  pochc  carte,  contro  1'usalo  dei 
suoi  confratelli.  Cos'1  il  suo  libro  possa  prendere 
luogo  in  lutte  le  librerie  delle  famigliecrislianel 


TASSI  PIO  —  Orazione  panegirica  in  onore  di  S.  Donnino  Martire,  recitata, 
dal  sac.  dott.  D.  Pio  Tossi,  Arcip.  Vic.  for.  del  Montale,  il  giorno  IX  Ot- 
tobre  1864.  Modena,  tip.  dell'  Imm.  Concezione  18b4.  Un  opusc.  in  16.9 
di  pay.  26. 

TQMMAS9  D' AQUINO  —  Sancti  Thomae  Aquinatis ,  Doctoris  angelic!,  Ordinis 
Praedicatorum,  Opera  omnia  ad  fidem  optim'irum  editionnm  accurate  re- 
cogoita.  Tomus  decimus  sextus  :  Opuscula  theologica  et  philosophica  tarn 
cerla  quam  dubia,  tomus  I,  fasc.  VI.  Parmae,  ex  typographaeo  PetnFiac- 
cadori  1864.  Un  fascicolo  in  4.° 

TORNIELLI  GIORGIO  —  Le  opere  di  P.  Virgilio  Marone,  tradotte  in  versl  ita- 
liani  dal  Parroco  Giorgio  Tornielli ,  con  note  e  carta  geografica.  Novara, 
1864,  nelia  tipografia  di  Girolamo  Miylio.  Unvol.  in  4.°  dipag.  175. 


Dira  taluno:  a  qual  proposito  una  nuova  Ira- 
dizione  de' nobilissimi  versi  di  Virgilio?  Forse 
non  ne  possediamo  di  molte,  e  fra  queste  di  clas- 
siche?  Che  se  ad  alcana  puossi  appuntare  un  di- 
fetto,  non  vi  e  forse  a  quello  slesso  difelto  com- 
penso  in  un'  aUra?  o  si  potrebbe  per  avventura 
comporre  una  Tersione  che  schivasse  lull'  i  falli 
dclle  altre,  e  ne  comprendesse  tutte  le  virtu?  Sia- 
mo  persuasi  che  P illustre  volgarizzatore,  innanzi- 
-di  mettere  mano  al  lavoro,  si  movesse  da  sc  tulte 
qu«ste  interrogazioni.  Se  cio  non  oslante  si  c  con- 


sigliato  di  sobbarcarsi  a  cos'i  lunga  e  incresciosa 
fatica,  non  e  da  biasimare  per  cio  che  certamente 
non  voile  proporsi  di  darci,  cioe  una  versione  di 
Virgilio  migliore  delle  altre:  piuttosto  si  vuol  lo- 
dare  per  quei  prcgi  che  pur  riescono  nella  sua. 
Questi  sono  una  esatta  fedelta  al  testo  del  Poela, 
se  pur  si  faccia  eccezione  di  qualche  luogo,  dove 
per  avventura  non  ha  seguito  la  miglior  lezione, 
ed  una  sufficiente  cultura  della  lingua  e  dello 
stile,  generalmente  corretti,  quantunque  alcuna 
volta  un  po'snervati. 


TORRICELLI  EVANGELISTA  —  Lettere  fin  qui  inedite  di  Evangelista  Torricelli , 
precedute  dalla  vita  di  lui,  scritta  da  Giovanni  Ghinassi,  con  note  e 
document!.  Faenza,  dalla  tipografia  di  Pietro  Conti  1864.  Un  vol.  in 
8.°  grande  di  pag.  LXXI-56. 


Leggiadre,  vivaci,  interessanli  sono  queste  let- 
tere.  Ne  dissimile  e  la  biografia  che  le  precede. 
La  bibliografia  altresi  del  Torricelli  puo  far  ser- 
vigio  alia  sloria  scienlifica  d'  Italia,  i  cui  tesori 
sono  si  poeo  conosciuti.  Ne  torni  lode  a  chi  cosi 


il  lustra  le  vere  glorie  d'  Italia,  e  alia  Giunta  mu- 
nicipale  di  Faenza,  che  vi  die  occasione  coll'er- 
gere  una  statua  (fossero  lutte  cos)  meritate ! )  ai 
suo  famoso  conciltadino. 


TORRICELLI,  SCOLARI,  FAPANNI  —La  poesia  di  Dante  ed  il  suo  castello  del  lim- 
bo, CGfflineiUo  del  Conte  F.  M.  Torricelli  di  Torricella,  con  amiolazioni 


BIBLIOGRAFIA  607 

do!  cnv.  F.  Scolari.  Si  aggiunge  qualche  studio  di  bibliografia  Dnntesca , 
per  F.  S.  Fapanni.  Venezia,  tipografia  Gaspari  1864.  Un' opuscolo  in  4.* 
di  pag.  95. 

VALSECCHI  CARLO  —  Maria ,  Madre  di  grazia  :  Orazione  panegirica,  delta  nel 
Santuario  d'Ardesio,  il  di  23  Giugno  1864,  dal  professore  ?ac.  Carlo  Val- 
secchi.  Bergamo ,  Natali  tipografo  vcscovile  1864.  Un  opvsc.  in  8.*  di 
pagine  32. 

VARII  AUTORI  —  Nelle  faustlssime  nozze  del  nobil  uomo  s'gnor  Marcbese  Fe- 
derico  Landi  di  Piacenza,  con  la  nobile  Damigella  signora  Contessa  An- 
netta  BoscheUi  di  Modena,  Versi.  Modena,  lip.  dell*  Jmmacolata  Conce- 
zione  1864.  Un  opus,  in  8.°  di  pag.  15. 

Questo  fascetto  di  flori  poelici,  offerlo  ai  nobili  nobilita  soyranamente  I'argomento.  Non  si  sareb- 

sposi  indicati  ncl  titolo,  contienc  un  canto  in  terza  be  potuto  inneggiare,  per  piu  acconcia  maniera, 

rima  e  due  sonetli.  11  miglior  pregio  che  Ti  am-  alle  nozze  di  una  coppia  ornatadi  si  belle  virtu; 

miriamo  non  e  la  grazia  della  pocsia;  benolie  le  ne  canti  diversi  da  questi,  per  sentimento,  si  do- 

beUexze  poetiche  anch' esse  Ti  abbondino;  ma  il  Trebbmu  assume  fiegu  sponsanzu  ui  ran  i  ii- 

sentimento  cristiano  che  e  diffuso  da  perlutto,  e  gliuoli  della  Chiesa. 

ZAMBONI  CAM1LLO  —  Contro  una  pubblica  difTusione  di  Bibble  ereticali,  nella 
parrocchia  di  Casalecchio  di  Reno,  ai  SuMirbii  di  Bologna  ,  il  30  Settem- 
bre  1864.  Discorso  di  don  Camillo  Zamboni ,  tenuto  al  suo  popolo ,  la 
domenica  seconda  di  Oltobre.  Bologna ,  tipografta  di  Santa  Maria  May- 
giore  1864.  Un  opuscolo  in  16.'  cH  pag.  20: 

—  Guido  eGiulietta:  Racconto  dell' ultimo  sccolo,  per  D.  Camillo  Zam- 
boni, Parroco  bolognese.  Bologna  1864,  lilreria  dell*  Jmmacolata,  via 
Larga  S.  Giorgio  n.°777.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  148. 

Alle  tante  collezioni  perio;liche,  di  cui  la  cat-  noi  raccomandiamo,  insieme  or n  la  nuova  Sil/lio- 

tolica  Bologna  si  c  fatta  cenlro  in  questi  ulliini  tera,  ai  padri  e  alle  mndri  di  famiglia,  che  degide- 

anni,  e  che  per  questo  rispctto  la  rendono  cilt;i  rano  meltere  nolle  mani  de'  loro  flgliuc  li  libri  pia— 

fra  le  piit  insigni  d*  Itiilia ,  si  aggiunge  ora  la  ctToli  ma  innocenti  per  ameno  ammaestramento 

nuova  Biblioleca  amena  ad  uso  della  gioventu,  de' lor  leneri  ingegni.  La  colluvie  d'ogni  pesli- 

la  cui  serie  si  apre  con  questo  grazioso  Racconto  lenza  barbara  e  straniera  inonda  ora  questa  po- 

del  collo  non  meno  che  zelante  d.  Camillo  Zam-  Tera  Italia,  per  opera  di  chi  prctende  arerla  ri— 

boni.  La  sua  penna  e  gi<\  nota  per  la  bonla  dello  generata.   Tocca  quindi   ai   yeri  Italian!  di  fare 

slile,  per  la  yiTacila  e  scioltezza  del  dicilogizzare  e  un  argine  contro  la  crescente  barbaric  con  opporro 

del  descriyere.  Lo  spirito  eccellente  e  sodamenle  slampa  a  stampa,  racconli  a  racconti,  libri  ame- 

religioso  che  anima  tutte  le  care  scene  di  questo  ni  a  libri  ameni.  E  grazie  a  Dio  i  yeri  Italiani 

Racconto ,  accresce  il  merilo  al  yolumetto,  che  non  dormono,  e  Bologna  ne  e  una  prova. 

—  II  Progresso  moderno :  Dialogo  pubblicato  nelle  fauslissime  nozze  della 
signora  Contessa  Anna  BoscheUi ,  modenese ,  col  signer  Marcbese  Fede- 
rico  Landi,  piacentino,  per  D.  Camillo  Zamboni.  Bologna,  lip.  di  S.  Ma- 
ria Maggiore  1864.  Un  opuscolo  in  8.°di  pag.  30. 

Con  queslo  dialogo  spiritoso,  eleganlemente  sem-  che  ora,  solto  il  mentito  nome  di  Progresso,  mira 
plice  e  ricco  di  sostanze  d'  antichi  Sayii,  1'  Autore  a  tornare  la  socicta  cristiana  in  peggiori  condi- 
Oagella  tutti  i  y i/ii  e  le  ipocrisie  di  una  civilta  zioni  che  non  fosse  gia  la  pagana  e  la  barbarica. 

IANNINI OTTAVIANO  —  Memoriae  et  bonori  Dominici  Vezzosii,  Balneoregi en- 
sis,  Canonici  Catbedralis  Ecclesiae  et  Philosopbiae  Magistri ,  in  patrio 
Seminario-Collegio.  Oratio  funebris  a  Collega  suo  Octaviano  Zannini,  Ca- 
nonico  et  Rhetore  elucubrata  et  dicta  in  aede  sacra  Seminarii-Collegi  i, 
1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  XVI. 

Se  grande  e  la  difflcolta  dello  acriyere  elegan-  yuta  a  chi  sa  farlo  con  sufflcienza.  L'  autore  di 
tomcnte  in  latino,  non  pooa  lode  «  ancora  do-  quest 'oraziono  ei  pare  appunto  potersi  numerars 


608  BIBLIOGRAFIA 

Ira  i  buoni  scritlori  latini.  II  suo  stile  6  quasi  tente  1'imitazione  di  Cicerone:  il  'die  potrebbe  st 

sempre  corretto,   Ja  frase  comunemeute  scella,  qualcuno  sembrar  poverta.  Noi  piultosto  la  ere— 

il  periodo  semplice  insicme  e  armonioso.  Diremo  diamo  vaghezza' di  fiorire  il  diseorso  con  qualche 

aon  pertanto  che  in  alcuni  luogbi  e  troppo  pa-  modo  o  forma  di  quel  sovrano  oralore. 

2ERBINI  G.  B.  —  Amalia  ed  Ernestina ,  ossia  gli  effelti  deli'educazioiie.  Rao 
conto  di  G.  B.  Zerbini  d'  Udine.  Modena ,  tip.  dell'  Immacolala  1864.  Un 
opwc.  in  6i.°  di  pay.  32. 

2INELLI  FEDERICO  MARIA  —  In  doclrinam  catholicam  de  civili  Romani  Pon- 
tificis  prineipatu,  Friderici  Mariae  Nob.  ZinQlli,  EpiscopiTarvisini,  ad  suuia 
clerum  explanatio.  Tarvisii,  typis  Andreolae-Medesin.  Un  opusc.  in  8." 
dipag.  18. 

Queste  poche  pagine  espongono  succinlamenle  contrarie.  Onde  se  la  mole  del  libro  e  piccolis— 

«  chiaramcnte  la  sana  dottrina  intorno  al  Domi-  sima,  graude  c  la  ulililu  pratica,  cb.e  se  nc  pua 

oio   temporale  della  S.  Sede,   e  determinano  le  ricavare. 
iiole,  die  in  rigor  teologico  si  convengono  alle 

—  In  doctrinam  catholicam  de  librorurn  prohibltione  ,  ut  errores  nonnulll 
recens  vuigati  refellantur,  Friderici  Mariae  Nob.  Zinelli,  EpiscopiTar- 
visini, ad  suum  clerum  explanatio,  Tarvisii,  ex  offidna  Caietani  Lonyo 
typographi  cpiscopalis  MDCCCLX.IH.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  52. 

Di  qucsta  dotta  Esplanazione  di  Mons.  Zinelli,     Vescovo  illustre  di   Treviso,  Iralteremo  in  uaa 
prossima  ri vista. 

—  Istruzioni  per  rispondere  ad  alcuni  sofismi,  con  cuisi  tenta  di  corrompere 
la  sana  dotthia  intorno  alia  portesta  del  Sommo  Pontefice,  dirette  al  suo 
popolo,  dall' Illmo  e  Revmo  Federigo  Maria  Nob.  Zinelli,  Yescovo  di  Tre- 
viso. Treviso,  stabilimento  tip.  Andreohi-Medesin  1863.  Un  opusc.  in  8.* 
di  pay.  56. 

Le  Istruzioni  annunziate  in  quclla  die  confu-  gono  e  chiariseono  con  sodezza  e  breviti  L  prin- 

tano  robustamente   la  villana  ed  iniqua  censura  cipii   cbe  loccano  il    Dominio    temporale   della 

fatfa  da  un   presbitero  ad  un  Indirizzo   all'Epi-  S.  Sede. 
•fjcopato  veneto  al  Sommo  Pontefice  Pio  IX,  svol- 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  26  Novembre  1864. 


I, 
COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  della  Beatificazione  del  ven.  Pietro  Canisio, — 
2.  Arrive  e  ricevimento  del  re  Luigi  dl  Baviera  —  3.  Pagamento  del  De- 
bito  pubblico  pontificio  —  4.  Richiami  dell'  Episcopate  delle  Marche  e 
dell'lmbiia  contro  l"mtrusione  del  Governo  usurpatore  ne'Semiuarii. 

1.  Nella  Domenica  del  20  Novembre  ebbe  luogo  nella  Basilica  Vatica- 
na,  con  gli  usati  rlti,  la  solenne  promulgazione  del  Decreto,  con  cui  la 
Santita  di  Nostro  Signore  Pio  Papa  IX  prescrisse,  clie  al  ven.  Servo  di 
Dio  Pietro  Canisio,  sacerdote  professo  della  Compagnia  di  Gesu,  si  ren- 
desse  culto  ed  onore  di  Beato.  S.  M.  il  re  Luigi  I  di  Baviera  assiste  alia 
sacra  funzione  da  una  nobile  galleria  a  bella  posta  innalzata,  come  da  al- 
tra  vi  assisterono  molti  del  Corpo  diplomatico  e  grande  numero  di  per- 
sonaggi  nostrani  e  stranieri.  Poco  dopo  le  ore  tre  pomeridiane,  il  Santo 
Padre,  col  sacro  Collegio  de'Cardinali  e  la  nobile  Corte,  discese  nel  sacro 
tempio  a  venerare  il  Beato.  II  concorsodei  fedeli  di  ogni  condizione,  ses- 
so  ed  eta,  che  tanto  nelle  ore  antimeridiane  quanlo  nelle  pomeridiane  af- 
flui  alia  Basilica,  specialmente  neH'atto  che  vi  discese  il  Santo  Padre,  fa 
cosa  veramente  straordinaria.  Alia  decorazione  della  Basilica  provvide  il 
conosciuto-valore  artistico  dell'  architetto  prof,  commend.  Antonio  Sarti. 
Egli  scnza  alterar  punto  le  lineedel  maestoso  edificio,  trasse  egregio  par- 
tito  dallo  sfoggiare  solo  in  luminaria :  candelabri,  cornucopii,  antefisse? 
lumiere,  bellamente  disposti  ed  aggruppali,  produssero  il  desiderato  ef- 
fetto.  Nei  sottarchi,  che  sono  dapresso  al  luogo  ove  1'  abside  comincia  a 
muovere  il  giro,  eransi  posti  due  stendardi,  e  dentro  effigiativi  i  miraco- 
H  scrviti  alia  Beatificazione. 

Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  3o3.  39  26  Nwembre  1864. 


610  CRONACA 

2.  Nella  sera  del  Sabato  12  Novembre  era  giunto  in  Roma  dalla  Tos- 
cana,  per  la  via  di  Viterbo,  il  re  Luigi  1  di  Baviera,  cbe  prese  stanza 
alia  sua  villa  delta  di  Malta.  Complimentato  il  Re,  la  mattina  del  di  se- 
guente,  da  Moos.  Maggiordomo  e  da  Mons.  Maestro  di  Camera  del  San- 
to Padre,  in  nome  di  Sua  Saniita,  ricevette  poi  a  mezzogiorno  del  Lune- 
di  la  visita  dell'Emo  Cardinale  Segretario  di  Stato.  Sul  raezzogiorno  del 
di  16  Sua  Maesta  si  reco  in  treno,  coi  personaggi  della  sua  Corte,  al  Ya- 
ticano,  dove,  cogli  onori  dovuti  al  suo  grado,  fu  ricevuto  dal  Santo  Pa- 
dre, die,  con  la  beiiignita  che  gli  e  propria,  si  trattenne  a  luugo  colloquio 
con  1'augusto  Monarca. 

3.  Men  ire  il  Governo  di  Torino,  dopo  espilati  gli  erarii  degli  usurpati 
dominii  altrtii ,  e  obbligato  ad  estorcere  i  tributi  dell'  anno  vegncnte  per 
sopperire  alle  spese  di  quello  che  sta  per  tinire  ,  il  Governo  pontificio, 
vittima  delle  perlidie  e  dei  tradimenti  del  1859  e  del  I860  ,  e  spogliato 
di  quasi  tutte  le  province  degli  Stati  della  Chiesa,  e  in  grado  di  satisfare 
puntualmente  ai  debiti  contratli  principalmente  per  quelle.  Igiornali  an- 
nunziarono  essersi  percio  deposti  presso  il  banchiere  Rotschild  in  Pari- 
gi  tre  milioni  e  mezzo  di  franchi  pel  pagamento  del  semestre  d'  interessi 
cbe  scade  il  1.°  di  Dicembre.  Questo  solo  fatto  basterebbe  di  per  se  a 
qualilicare  1'uno  e  1'  altro  Governo  ,  e  ci  pare  cbe  non  abbisogni  d'altre 
riflessioni. 

4.  Nel  passato  quaderno  abbiamo  accennato  la  Circolare  del  ministro 
dell'istruzione  pubblica,  sig.  Natoli ,  spedita  da  Torino,  per  gravare  di 
nuove  catene  1'  Episcopate ,   esigendone  suggezione ,  anche  quanlo  al 
niodo  di  reggere  i  Seminarii  e  crescervi  nelle  leltere ,  nella  scienza  e 
nella  pieta  i  chierici.  Si  puo  dire  con  verita  cbe  con  quella  Circolare  del 
18  Ottobre  il  Natoli  non  faceva  altro  che  ribadire  i  proposiii  espressi  gia 
dal  Pisanelli  nella  sua  del  13  Settembre,  da  noi  mentovata  a  pag.  246-47. 
Laonde  altresi  risulta  cbe  ii  Natoli  o  ignorava  aflatto,  o  non  tenea  in 
verun  conto  la  risposta  indirizzata  al  Ministero  di  Grazia  e  Giustizia  e 
dei  Culii,  dall'  Episcopate  delle  Marche  e  dell'Umbria,  in  forma  di  lettera 
colleltiva,  sotto  il  2  Ottobre,  riferita  nzWUnita  Cattolica  del  1.°  Novem- 
bre. Nella  quale,  rivendicali  i  diritti  della  Chiesa  a  piena  liberta  in  tal  nva- 
teria.  e  ricordato  al  Ministro,  che  non  da  lui  ne  da  altra  autorita  laicale, 
ma  si  dalle  norme  date  dal  Concilio  di  Trerito  debbono  i  Yescovi  rice- 
vere  indirizzo  neli'  adempimento  de'  loro  doveri  per  questa  parte,  quelli 
dimostrarono  per  indiretto  quanto  sia  stolida  la  sua  pretensione  di  inge- 
rirsi  ne'  Seminarii  sotto  colore  di  tutelarvi  la  morale ,  1'  igiene  ,  le  leggi 
dello  Stato.  Ecco  un  breve  e  calzante  tratto  di  questo  bel  documento, 
iirmato  da  quaranta  tra  Arcivescovi ,  Yescovi  e  Yicarii  Capitolari,  per 
cbiarire  quel  che  sappiano  fare  per  la  morale  i  ristauratori  dell'  ordine 
morale. 

«  L'  esperienza  di  quasi  un  lustro  avra  fatto  conoscere  anche  a  Y.  E. 
qaai  frutti  per  la  religione  e  per  la  morale  siensi  colti  dal  proscribe 


CONTEMPORANEA  611 

ogni  ingerenza  del  potere  religioso  dai  luoghi  di  pubblica  istruzione. 
Noi  non  intendiarao  parlare  del  metodi  introdotti,  della  moltiplicita  delle 
cose  che  s'insegnano ;  sul  che  uomini  gravi  e  speriraentati  mossero  forti 
dubbii ,  e  il  tempo  mostrera  quanto  se  ne  avvantaggiarono  le  scienze  e 
le  lettere  italiane;  ma  dobbiamo  ben  dolerci,  come  si  pongano  alle  volte 
nelle  man!  dei  giovani  per  testo,  anche  in  materie  che  toccano  la  Chiesa, 
libri  perniciosi,  libri  anticattolici ,  di  cui  fu  proibita  la  lettura  con  eccle- 
siastiche  censure.  Quantunque  fra  i  precettori  ve  ne  abbiano  di  coramen- 
devoli  e  degni  del  loro  nobile  ufficio ,  dobbiamo  pure  querelarci  che  fra 
essi  se  ne  trovino  di  quei  che  tutt'  altro  curano  che  la  religione,  se  pure 
apertamente  non  la  dispettano.  Le  pratiche  cristiane,  i  religiosi  esercizii, 
1'uso  dei  Sacramenti,  le  buone  letture  ,  e  altre  siffatte  cose  che  grande- 
mente  giovavano  a  formare  il  cuore  degli  allievi ,  nel  tempo  stesso  che 
si  dirozzaya  il  loro  intelletto,  o  sono  state  al  tutto  intermesse,  o  sono  ri- 
dotte  pressoche  a  nulla;  anzi  ad  alcun  di  noi  avvenne  pure,  che  richie- 
dendo  si  serbasse  qualche  pio  esercizio,  sperimentato  di  somma  utilita 
per  la  gioventu,  ne  avemmo  recisamente  un  ritiuto.  Se  all'indebolimento 
del  freno  religioso  e  morale  si  accoppii  la  facilita  al  corrompersi  del  buon 
costume  per  certi  mezzi ,  che  bello  e  il  tacere  ,  potra  ella ,  signer  M ini- 
stro ,  naturalmente  comprendere  quale  generazione  si  educhi  alia  civile 
e  religiosa  societa.  E  sarebbe  forse  possibile  ,  che  in  mezzo  a  tanti  peri- 
coli  potessero  essere  iniziati  ai  buoni  studii  ancor  quelli,  che  mostrassero 
fin  dai  primi  anni  propensione  ai  sacri  ministeri  ?  Ci  pesa  il  dirlo ;  ma 
noi,  signor  Ministro,  non  abbiamo  ormai  altri  luoghi,  dove  porre  in  salvo 
le  crescenti  speranze  del  sacerdozio,  che  i  nostri  Seminarii.  » 

STATI  SAUDI  1.  Scopo  della  Convenzione  del  15  Settembre ,  esposto  dai  mi- 
nistro  Lanza  —  2.  Risultato  della  polemica  diplomatica  tra  i  Gabirietti  di 
Parigi  e  di  Torino;  testo  dei  dispacci  spediti  il  30  Ottobre  ed  il  2  Novem- 
bre  dai  Drouyn  de  Lhuys  al  Malaret ,  ed  il  7  Novembre  dai  La  Marmora 
al  Nigra  —  3.  Discussion!  nella  Camera  dei  Deputati  —  4.  Nuove  dichia- 
razioni  del  plenipotenziario  Pepoli,  e  del  La  Marmora  —  5.  Relazione  del 
ministro  Sella  circa  le  finanze;  il  Re  rinunzio  a  tre  milioni  e  mezzo  di  Lire 
della  Lista  civile;  approvazione  delle  leggi  per  il  trasporto  della  Capitale 
a  Firenze,  e  per  200  milioni  da  riscuotersi  in  un  mese  —  6.  Spontanea 
offerta  di  piii  Municipii,  per  1'anticipazioue  del  tribute  prediale  pd  1865 
—  7.  Legge  del  ministro  Vacca  per  la  conftscazione  dei  beni  ecclesia- 
stici  —  8.  Legge  per  mettere  i  Conventi  a  servigio  del  Ministero  della 
Guerra  —  9.  Per  compenso  alia  citta  di  Torino  le  si  offrono  denari,  vi  si 
trasferisce  da  Milano  la  Corte  di  Cassazione,  e  vi  si  lasciano  le  Societa 
commercial'!  ed  industrial!  —  10.  Dichiarazioni  ufliciali  circa  i  tentativi 
de'  Garibaldini  contro  T  Austria  nel  Veneto. 

1.  I  nostri  lettori  avranno ,  tutto  da  se ,  ben  compreso  i  niotivi  del  ri- 
serbo  a  noi  imposto  dalla  condizione  dei  tempi  e  del  luogo  in  cui  scri- 
,  e  da  noi  osservato,  nel  ragionare  per  diverse  guise  in  questo 


CRONACA 

stesso  volume  circa  il  proteiforme  Trattato  franco-italiano  del  IS  Settem- 
bra  ^ .  Tuttavia  abbiam  detto  quanto  basta  a  mettere  in  luce  le  conse- 
guenze  probabili  ed  i  propositi  delle  sette  rivoluzionarie ,  che  da  quello 
prendono  le  mosse  verso  il  compimento  del  loro  disegno  di  abbattere  il 
Papato  e  guerreggiare  a  tutta  oltranza  co  ntro  il  cattolicismo.  Ma  restava 
pur  sempre  al  buio  il  vero  scopo  dei .  due  Governi ,  i  quali ,  prima  di  ra- 
tificar  1'opera  dei  loro  Plenipotenziarii,  dovettero  certo  intendersi  circa 
il  fine  preciso,  che  essi  si  proponevano,  benche  si  ponessero  d'accordo  in 
dire  soltanto  che,  volendo  fare  una  Convenzione,  aveano  percio  nominati 
loro  Plenipotenziarii,  che  facessero  una  convenzione. 

La  curiosita,  comune  a  tutti,  di  conoscere  tale  scopo  era  stimolata  dal 
sospetto,  che  la  Convenzione  del  15  Settembre  non  fosse  che  una  specie 
di  sovracarta,  sotto  di  cui  ne  stesse  avvolta  un'altra,  intorno  ad  altro  og- 
getto  di  non  minor  momen to  e  da  doversi  per  ora  tenere  segretissima.  II 
quale  sospetto  venne  grandemente  avvalorato  da  certe  frasi  tronche  e  da 
certe  insinuazioni ,  o  proraesse  che  vogliamo  dirle ,  che  il  Generate  Al- 
fonso La  Marmora,  Presidente  del  Consi  glio  de'  Ministri ,  con  manifesta 
affettazione  di  semplicita  e  dabbenaggine ,  mostro  di  lasciarsi  sfuggire 
di  bocca,  innanzi  alia  Camera  dei  Deputati,  nella  tornata  del  12  Novem- 
bre,  accennando  agli  aiuti  che  si  poteano  e  doveano  sperare  da  Napoleo- 
ne  III  per  la  questione  di  Yenezia;  onde  parve  dire,  in  sentenza,  appunto 
cosi:  state  buoni ,  accogliete  volen  terosi  e  con  la  debita  docilita  il  Trat- 
tato del  15  Settembre  ,  e  v'  ac  corgerete  a  suo  tempo ,  che  questo  era  il 
preambolo  necessario  all'  effettuazione  d'  altri  nostri  voti  non  meno  ar- 
dui,  sicche,  facendo  ora  il  piacere  della  Francia  quanto  a  Roma,  potremo 
fare  assegnamento  sul  suo  concorso  per  impadronirci  di  Yenezia.  Ed  in 
questo  senso  furono  intese  da  tutti  ,  e  da  alcuni  biasimate  come  im- 
prudenti ,  le  sue  parole  registrate  negli  Atti  ufficiali  della  Camera, 
n.°  962,  pag.  3764,  col.  l.a 

Finalmente,  come  a  Dio  piacque  ,  il  Dott.  Lanza ,  ministro  sopra  gli 
affari  interni  a  Torino  ,  o  non  vedesse  altro  modo  di  attutire  le  opposi- 
zioni  degli  avversarii,  o  volesse  con  una  calcolata  indiscrezione  mettere 
in  palese  i  fatti  disegni ,  appunto  per  rendere  impossible  ad  altrui  il  ri- 
trarsene,  band!  nella  Camera  dei  Deputati ,  sotto  forma  di  definizione,  lo 
scopo  immediate  e  diretto  della  Convenzione  del  15  Settembre,  in  modo 
che  oggimai,  chi  non  e  al  tutto  ignaro  del  gergo  settario,  non  puo  restare 
in  dubbio  se  quella  fosse  intesa  veramente  a  rassodare  la  sovranita  tem- 
porale  del  Papa,  ovvero  piuttosto  ad  esporla,  priva  d'  ogui  sussidio,  agli 
attacchi  ed  alia  merce  della  rivoluzione. 

Ecco  le  parole  del  sig.  Lanza  ,  ricavate  dagli  Atti  ufficiali  (n.°  669, 
pag.  3790-91)  della  tornata  del  15  Novembre:  «  Si  e  pur  detto  e  ripetu- 

^  11  Trattato  del  15  Settembre  ,  pag.  257-75  ;  La  Convenzione,  dialogo  di  Torino  e 
Roma,  pag.  289-99;  Infelice  difesa  di  una  causa  spallata  ,  pag.  404-22  ;  Le  nuove  fasi 
della  Convenzione  franco  -italiana-,  pag  515-27. 


CONTEMPORANEA  613 

to  ,  csservi  una  grande  oscurita  in  questa  Conyenzione  ,  non  compren- 
dcrsi  bene  il  yero  scopo  di  codesli  patti  c  del  trasferimento  della  Capi- 
tale  che  vi  si  connette.  lo  potrei  ingannarmi,  ma  mi  pare  di  yederlo  ben 
chiaramente.  lo  ye  lo  dico  con  tutta  franchezza  ;  a  me  pare  di  vedere  in 
questa  Conyenzione  un  concerto  di  mczzi  per  mettere  it  Governo  pontificio 
in  condizione  di  fareun  decisivo  esperimento,  se  egli  possa,  ridotto  a'prc- 
prii  mezzi,  e  colfassenso  de  proprii  sudditi,  mantcnereilpotere  temporale. 
Ammessa  questa  veduta,  tutti  gli  articoli  della  Conyenzione,  compreso 
quello  del  trasporto  della  Capitale,  diventano  chiari,  collegati  tra  loro, 
armonici.  Difatto,  signori,  perche  si  possa  fare  questo  esperimento,  se  ?i 
Papa ,  cioe ,  possa  mantenere  il  potere  temporale  co'  proprii  mezzi  e  col- 
I'assenso  de  suoi  sudditi,  e  necessario  che  non  yenga  molestato  da  ag- 
gressioni  estere,  e  necessario  che  abbia  i  mezzi  per  poter  otteuer  questo 
scopo  ;  e,  diro  di  piu ,  e  necessario  che  abbia  indirettamente  un  affida- 
mento  che  1' Italia  non  impedira  punto  siffatta  prova;  che  il  Papa  possa 
farla  con  tutla  la  pienezza  de'  suoi  mezzi.  Cio  essendo,  io  mi  spiego  an- 
che  la  condizione  del  trasporto  della  Capitale  ;  giacche  e  eyidente  che 
una  nazione ,  la  quale  trasporta  oggi  una  Capitale ,  non  intende  fra  un 
anno,  fra  due,  di  yoler  sceglierne  un'altra...  Per  me,  o  signori,  penso  che 
il  risultato  sara  favorevole  all' Italia ;  io  ho  ferma  conyinzione  circa  1'  in- 
conciliabilita  che  yi  pud  essere  tra  il  potere  temporale  e  lo  spirituale  ;  e 
per  coriseguenza ,  con  animo  fiducioso,  io  attendero  coa  voi  i  risultati  di 
questo  tentativo. » 

Ci  pare  manifesto  che  cio,  in  altre  parole,  yal  quanto  dire:  per  riu- 
scire  con  sicurezza  ad  abbattere  per  sempre  la  sovranita  temporale  del 
Papa  era  d'uopo  fare  che  la  sua  caduta  comparisse  come  effetto,  non  di 
yiolenza  esterna,  ma  di  intrinseca  impotenza  a  reggersi  senza  aiuto  ester- 
no;  oryoi  yedete  che  gia,  coi  fatti  del  1859  e  del  1860,  noi  Tabbiara 
ridotto  a  tal  penuria  di  mezzi  proprii,  che  gli  debbe  tornare  impossible 
il  mantenersi  con  soli  questi;  la  Convenzione  del  15  Settembre  per  giun- 
ta  gli  toglie  i  presidii  esterni,  ed  abbandona  il  Papato  a  se  stesso;  dun- 
que  yedete  bene  che  per  essa  diviene  inevitabile  la  sua  royina.  Cosi  po- 
tra  ciascuno  layarsene  le  mani  e  dire :  innocens  ego  sum;  se  i  Romani 
non  yollero  piu  sottostare  al  Papa,  come  c'entriamo?  Toccava  alui  reg- 
gersi coi  mezzi  proprii  e  sapersi  guadagnare  T  assenso  de'suoi  sudditi  J 

Yero  e  die  poteya  obbiettarsi  a  cio  la  piena  liberta  dj  azione,  che  la 
Francia  si  riservo  pel  caso  ,  in  cui  scoppiasse  in  Roma  una  spontanea, 
rivoluzione.  Ma  il  Lanza  non  doyea  sentirsi  impacciato  da  questa  difficol- 
ta.  Difatto  in  prima  anche  \ Italia  si  riservo  per  tale  ipotesi  la  sua  liber- 
ta d'azione;  ed  i  fatti  del  1859  e  del  1860  hanno  chiarito  abbastan- 
za  com'  essa  sappia  yalersene,  e  come  anche  le  piu  grandi  Potenze 
riescano  impotenti  ad  impedire  1'  esercizio  di  tale  liberta,  ed  impotentissi- 
me  a  disfare  il  fatto,  poniamo  pure  che  siasi  riconosciuto  come  iniquarnen- 
te  conipiuto.  Ed  inoltre  egli  doyea  pur  sapere  qualche  cosa  del  senso,  in 


614  CRONACA 

che  s'intendea  dalla  Francia  stessa  la  riserva  della  proprialibertad'azio- 
ne.  Or  ecco  in  qual  modo  egli  la  spiego ,  ne  piu  ne  meno  che  se  fosse 
stato  sicuro  di  non  esporsi  ad  una  mentita :  «  Quando  un  tal  fatto  si  av- 
verasse,  disse  il  Lanza ;  quando  avyenisse  che,  dopo  il  ritiro  delle  truppe 
francesi  dal  territorio  pontificio,  fosse  dimostrata  I'lmpossibilita  del  Pon- 
tefice  di  conseryare  il  potere  temporale  coi  proprii  suoi  mezzi :  io,  in  tal 
caso,  suppongo  che  1'interyento  della  Francia  altro  non  potrebbe  ayere 
di  mira  che  di  cercare,  d"  accordo  coir  Italia,  di  stabilire  quelle  condi- 
zioni  di  liberta,  d' indipendenza  e  di  dignita  ,  che  e  necessario  yengano 
conseryate  in  tutta  la  loro  pienezza  al  Capo  della  Chiesa  cattolica». 

II  deputato  Bixio  o  frantese  yeramente  queste  parole,  o  fmse  d'ayerle 
frantese,  e  comincio  a  strepitare  contro  il  ministro  Lanza,  perche  questi 
ammettesse  nella  Francia  un  diritto  d'  intervento  a  Roma  nel  caso  preyi- 
sto  d'  una  riyoluzione,  e  si  protesto  che  percio  riyocaya  il  yoto  fayore- 
yole  da  se  dato  alia  Convenzione.  Onde  nacque  nella  Camera  un  parapi- 
glia  ed  un  tumulto  indescriyibile.  Di  che  il  Lanza  colse  occasione  a  yie 
meglio  chiarire  lo  scopo  della  Conyenzione ,  ed  i  limiti  a  cui  riduceasi  la 
liberta  d'azione  riseryatasi  dalla  Francia:  «  lo  non  ho  mai  ammesso  il 
diritto  d'  interyenire  colle  armi  a  Roma  in  nome  della  cattolicita ;  ho  det- 
to  unicameote,  che  si  trattaya  di  riconoscere  il  diritto  che  ha  la  Francia, 
come  una  delle  Potenze  rappresentanti  della  cattolicita,  d' interloquire, 
di  porsi  d' accordo  coll'Italia  per  stahillre  le  condizioni  della  liberta  e 
deH'indipendenza  del  Papato....  Io  non  ho  mai  parlato  d'interyento  ar- 
mato ;  non  ho  mai  riconosciuto  a  nessuna  Potenza  il  diritto  di  questo  in- 
teryento....  La  proya  si  e  che  io  ho  cominciato  il  mio  dire,  ed  ho  ripetuto, 
che  uno  appunto  dei  benefizii  del  trattato  era  questo :  che  riconosceya  e 
ribadiva  il  principio  del  non  intervento  ». 

Ecco  dunque,  per  ayyiso  del  Lanza,  lo  scopo  ed  i  risultati  sicuri  della 
famigerata  Conyenzione :  abbandonare  il  Papato  a  proprii  suoi  mezzi: 
soggettarne  i  diritti  soyrani  all'  assenso  de  suoi  sudditi ;  lasciare  alia  ri- 
yoluzione il  libero  esercizio  de'suoi  mezzi  morali ;  e  piena  liberta  d'a- 
zione al  Goyerno  di  Torino,  limitando  quella  della  Francia  al  solo  diritto 
^'interloquire  e  mettersi  d'  accordo  con  1'  Italia,  per  istabilire  le  condizio- 
ni di  liberta  che  si  yorranno  consentire  al  Papa,  quanto  all'esercizio  della 
sua  podesta  puramente  spirituale. 

2.  Abbiamo  con  qualche  ampiezza  esposte  tali  cose,  e  recitate  tali  di- 
chiarazioni,  perche,  dopo  la  polemica  diplomatics,  aspra  in  apparenza, 
tra  i  due  Gabinettidi  Parigi  e  di  Torino,  da  noi  accennata  per  sommi  capi 
nella  Cronaca  del  precedente  quaderno  ,  e  suscitata  dall'  interpretazione 
che  il  Nigra  ayea  data  alia  Conyenzione  nel  suo  dispaccio  del  15  Set- 
tembre ,  niuno  certamente  si  aspettaya  di  yeder  cosi  riconfermata  quella 
interpretazione,  che  il  Drouyn  de  Lhuys  con  tanta  solennita eforza ayea 
qualificata  come  inesatta.  Or  bene:  tutto  il  mentoyato  discorso  del  Lan- 
za, nella  tornata  del  15  Noyembre,  ando  appunto  in  commentare  i  concet- 


COMEMPORA1SEA 

ti  esposti  del  Nigra,  e  ribadirne  il  senso  come  proprio  della  Convenzio- 
ne;  tantoche  quello  sembra  null'altro  che  una  diffusa  parafrasi  dei  se- 
guenti  brani  del  dispaccio  del  Nigra.  (Attiufpciali  della  Camera  n.°  939, 
pag.  3675.)  « I  negoziatori  italiani  aveano  istruzione  formale  di  rigetta- 
re  ogni  condizione,  la  quale  fosse  contraria  ai  diritti  della  nazione.  Non 
poteva  quindi  essere  quistione  ne  di  una  rinuncia  alle  aspirazioni  nazio- 
nali ,  ne  di  una  guarentigia  collettiva  delle  Potenze  cattoliche ,  ne  del- 
Foccupazione  d'  un  punto  del  territorio  romano  per  parte  delle  truppe 
francesi ,  come  pegno  della  esecuzione  delle  nostre  promesse.  Per  noi  la 
quistione  roraana  e  una  quistione  morale,  che  intendiamo  risohere  colle 
furze  moral i.  Noi  pigliamo  dunque  seriamente,  lealmente,  1'  impegno  di 
con  usare  di  quei  mezzi  violenti,  che  non  iscioglierebbero  una  quistione 
di  tal  natura.  Ma  non  possiamo  rinunciare  a  fare  assegnamento  sulle  for- 
ze  della  civilta  e  del  progresso  per  giungere  alia  conciliazione  fra  1'  Ita- 
lia ed  il  Papato ,  conciliazione  che  1'  intervento  straniero  noa  fa  che  reii- 

dere  piu  difficile  e  remota Fu  ben  inteso  nelle  nostre  Conferenze 

col  Pleuipotenziario  francese,  che  la  Convenzione  non  deve ,  ne  puo  si- 
gni(icare*ne  piu  ne  meno  di  quello  che  dice ;  cioe  che  1'  Italia  si  impe- 
gna  con  essa  a  rinunciare  ad  ogni  mezzo  violento.  Noi  abbiamo  egual- 
mente  dichiarato,  che  la  Convenzione  era  la  conseguenza  del  principle  di 
non  i/itervento,  in  guisa  che  la  politica  futura  dell'  Italia  verso  Roma  con- 
sisterebbe  oramai  nell'osservare  e  far  osservare  il  principio  di  non  inter- 
Tento ,  e  nell'adoperare  ogni  mezzo  morale  per  raggiungere  la  concilia- 
zione fra  1' Italia  ed  il  Papato,  sullabase  proclamata  dal  conte  di  Cavour 
e  ckil  Parlamento  nazionale,  di  libera  Chiesa  in  libero  Stato,  » 

L'  impressione  prodotta  da  questa  interpretazione  del  Nigra  fu  tale  in 
Francia  ed  in  Italia  ,  che  il  Drouyn  de  Lhuys  credette  impossibile  di  ot- 
tenere,  quando  1'ayesse  confermata  col  suo  silenzio ,  lo  scopo  di  «  inge- 
nerare  nell'opinione  pubblica  la  fiducia  nell' efficacia  della  Convenzio- 
ne. »  E  percio  fu  soiled  to  di  indirizzare  al  Barone  di  Malaret,  rappre- 
sentante  imperiale  a  Torino,  due  dispacci,  sopra  dei  quali  il  sig.  Girardin 
nella  Presse  di  Parigi  ebbe  a  stampare,  senza  incontrare  veruna  censu- 
ra  del  Governo ,  le  parole  segnenti :  «  Sembra  che  essi  non  siano  stati 
scritti  che  per  attestare  una  volta  di  piu  la  verita  di  quell'assioma  diplo- 
matico ,  che  la  parola  e  stata  data  all'  uomo  per  nascondere  il  proprio 
pcnsiero.  »  Ma ,  checche  sia  di  questo  giudizio  del  Girardin ,  ecco  il  te- 
sto  di  tali  dispacci ,  de'  quali  il  sunto  telegrafico,  da  noi  riferito  nel  pre- 
cedente  quaderno,  ritraera  troppo  languidamente,  e  non  senza  inesattez- 
ze,  la  contenenza. 

«  Parigi  30  Ottobre  1864.  Signor  Barone.  leri  ho  invitato  il  sig.  Cav. 
Nigra  ad  una  conversazione,  per  parlargli  del  suo  dispaccio  del  15  Set- 
tembre.  lo  ho  cominciato  col  leggergli  il  dispaccio  che  vi  ho  indirizzato, 
e  che  voi  avete  comunieato  al  sig.  Generale  La  Marmora,  ed  anche  al  si- 


616  CRONACA 

gnor  Minghetti,  e  die  e  un  semplice  riassunto  di  una  conversazione  che 
io  ho  avuto  qualche  giorno  avanti  col  signor  Ministro  di  Italia. 

«  Nella  fase  presente,  il  Gabinetto  di  Torino  e  solo  a  parlare.  Prima  che 
egli  presentasse  al  Parlamento  i  suoi  documenti  diplomatic!,  noi  abbiamo 
mantenuto  un  silenzio ,  di  cui  ognuno  ha  dovuto  apprezzare  il  motivo  ; 
noi  non  abbiamo  voluto ,  con  la  puhblicita  di  una  discussione  sul  senso 
della  Convenzione,  suscitargli  degl'  imbarazzi ,  ne  logliergli  il  merito  di 
una  leale  dichiarazione,  potendo  egli  desiderare  di^essere  primo  afarla. 
Ma  la  nostra  riserva  e  la  nostra  discrezione  verso  il  pubblico  c'  impon- 
gono  1'  imperioso  dovere  di  entrare ,  senza  reiicenze ,  con  il  Governo 
italiano,  in  uno  scambio  di  spiegazioni  onde  dissipare  gli  equivoci,  im- 
pedire  i  malintesi,  e  dare  all'  atto  del  15  Settembre  una  inlerpretazione 
ammissibile  dalle  due  parti  contraenti.  Ora  io  ho  dovuto  confessare  al 
sig.  Nigra  che,  se  io  non  ho  elevato  alcun  dubbio  sulla  perfetta  since- 
rita  delle  sue  intenzioni,  e  neppure  sulla  esattezza  dei  fatti  esposti  nel 
suo  rapporto,  non  ho  potuto  pero  dissimulare  che,  secondo  la  mia  opi- 
nione,  questo  documento  non  ri produce  in  modo  completo  la  fisonomia 
dei  negoziati,  ne  il  senso  che  noi  attribuiamo,  e  che  il  Governo  italia- 
no deve  parimenti  attribuire  agli  impegni  che  sono  stati  presi. 

«  Per  esserne  convinti,  basta  porre  in  sodo  1'  impressione  che  ha  pro- 
dotto  sulla  opinione  ai  due  lali  delle  alpi.  I  giornali  di  tutte  le  opinioni 
ne  tirano  delle  conseguenze  tanto  contrarie  allc  nostre  intenzioni,  quan- 
to  a  quelle  dei  Ministri  del  re  Yittorio  Emmanuele.  Questo  dispaccio,  in- 
terpretato  nel  medesimo  senso  per  le  passioui  dei  diversi  partiti,  e  di- 
venuto  il  testo  di  felicitazioni  e  di  rimproveri ,  che  i  due  Governi  de- 
vono  eguahnente  avere  a  cuore  di  respingere.  Da  che  proviene  questa 
confusione,  se  non  che  dalla  ambiguita  di  qualche  espressione  vaga,  di 
cui  noi  abbiamo  segnalato  piu  volte  i  pericoli  in  questa  circostanza?  In 

queste  parole:  diriiti  della  nazione aspirazioni  nazionali,  raalgra- 

do  le  precauziOni  che  si  ebbero  nello  adoperare  questo  linguaggio,  ognu- 
no legge  cio  che  teme,  e  cio  che  desidera. 

«  Senza  dubbio  e  difficile  a  spiegarsi  come  la  monarchia  italiana  po- 
Irebbe  trovarsi  un  giorno  a  Roma,  quando  seinbra  interdirsi  di  andar- 
vi ;  imperocche  tali  previsioni  non  scaturiscono  naturalmente  dall'  esa- 
me  di  una  Convenzione  che  stipula  il  trasferimento  della  Capitale  del  re- 
gno  a  Firenze  e  la  garanzia  del  territorio  pontilicio  contro  ogni  aggres- 
sione  armata.  Tuttavia  questi  sottili  problemi  non  deviano  meno  gli  spi- 
riti  sopra  questo.  Sta  agii  avvenimenti  il  porli  avanti.  La  lealta  conie  la 
prudenza  non  permettono  di  cercarne  prematuramente  la  soluzione  in  va- 
ne ipotesi.  Cosi  e  che  io  sono  lontano  dall'  attribuire  un  simile  disegno 
sia  alia  Corte  di  Torino  ,  sia  al  cavalier  Nigra;  io  indico  la  necessita  di 
impedirne  anche  la  supposizione  colla  precisione  e  la  nettezza  delle  di- 
chiarazioni  officiali.  A  questo  effetto  ho  dato  nella  mia  corrispondenza 


CONTEMPORANEA  617 

c  provocato  nelle  mie  conversazioni  tutti  gli  schiarimenti  proprii  a  scar- 
tare  induzioni  temerarie  o  ingiuriose. 

«  Questi  schiarimenti  si  riassumono  nelle  proposizioni  seguenti:  1.  Fra 
i  mezzi  violenti  che  1'  Italia  si  e  interdetto  usare,  si  devono  contare  i 
maneggi  di  agenti  rivoluzionarii  sul  territorio  pontificio,  come  pure  o- 
gni  eccitamento  tendente  a  produrre  mezzi  rivoluzionarii.  2.  Quanto 
ai  mezzi  morali,  di  cui  essa  si  riserval'uso,  essi  consislono  unicamente 
Delia  forza,  della  ci villa'  e  del  progresso.  3.  Le  sole  aspirazioni,  che  la 
Corte  di  Torino  considera  come  legitlime,  sono  quelle  che  hanno  per  og- 
gctto  la  riconciliazione  dell'Italia  col  Papato.  4.  11  trasferimento  della 
Capitale  e  un  pegno  serio  dato  alia  Francia ;  non  e  ne  uno  spediente 
provvisorio,  ne  una  sosta  verso  Roma;  sopprimere  il  pegno  equivarreb- 
be  al  distruggerre  il  contralto.  5.  Le  proposizioni  del  signor  Conte  di  Ca- 
vour  nel  1861  non  conlenevano  punlo  questa  clausola  relativa  alia  Ca- 
pitale; inoltre  esse  limitavano  ad  una  cifra  determinata  1'armata  del  San- 
to Padre,  e  assegnavano  per  la  partenza  delle  nostre  truppe  un  lasso  di 
15  giorni.  Non  si  polrebbero  disconoscere  le  differenze  considerevoli 
che  esistono  tra  queste  proposizioni  e  gli  aggiustamenti  del  mesediSet- 
tembre.  6.  II  caso  di  una  rivoluzione,  che  venisse  a  scoppiare  sponta- 
neamente  a  Roma,  non  e  pimto  previsto  dalla  Convenzione.  La  Francia, 
per  questa  eventualita,  si  riserva  la  sua  liberta  di  azione.  7.  II  Gabi- 
nello  di  Torino  mantiene  la  politica  del  Conte  di  Cavour.  Ora,  quell'uo- 
mo  illustre  ha  dichiarato  che  Roma  non  potrebbe  essere  unita  all'  Ita- 
lia e  divenirne  la  Capitale  che  col  consenso  della  Francia. 

«  Tali  sono,  sig.  Barone,  i  different!  punti  che  io  ho  trattato  nelle 
mie  conversazioni  col  sig.  Cav.  Nigra,  e  sopra  i  quali  mi  e  parso  che  fos- 
simo  d'  accordo.  Veramente  io  non  prelendo  che  esso  dovesse  inserire 
nella  sua  relazione  queste  spiegazioni  complementarie.  Tanto  meno  gli 
voglio  fare  un  rimprovero  di  non  aver  in  queslo  documento  ne  prote- 
stato  contro  1'uso  di  mezzi  fraudolenti,  ne  previsto  la  cadula  del  poter 
pontificio  per  efTetto  di  una  insurrezione  interna,  che  maneggi  stranieri 
non  avessero  provocato.  Ho  pensato  col  sig.  Ministro  d'  lalia,  come  Io 
attesta  la  mia  corrispondenza,  che  vi  sono  previsioni  che  la  dignita  dei 
contraenti  ed  il  sentimento  delle  convenienze  non  permettono  punto  d'in- 
scrivere  in  questi  atti  diplomatici. 

«  L'  eccesso  di  precauzione  in  certi  casi  diviene  un'  ingiuria.  Ma,  bi- 
sogna  qui  ripeterlo,  quando  a  traverso  le  formole  generali  voi  lasciate 
intravedere  vaghe  prospettive ,  ciascuno  vi  colloca  1'  oggetto  dei  suoi 
desiderii  e  Io  definisce  alia  sua  maniera:  cio  che  voi  non  avete  pun- 
to  detto,  si  suppone ;  ed  i  partiti  estremi  leggono  fra  le  linee  dei  voslri 
dispacci  cio  che  dellano  le  loro  passioni.  Ecco  perche  noi  auguriamo 
Tivamente  che  la  luce  si  faccia  in  mezzo  di  questa  oscurita  nella  discus- 
sione  che  si  aprira  in  seno  al  Parlamento  d'  Italia.  Ricevete  ecc.  Drowjn 
de  Lhuys.  » 


618  CRONACA 

Nello  stesso  giorno  il  .Nigra  indirizzo  anch'  egli  a  Torino  un  suo  dis- 
paccio, per  esporre  il  risultato  di  tal  conferenza,  in  forma  apologetica 
de'  fatti  suoi,  ma  con  tale  arte  die  servisse  ad  attenuare  al  tempo  stesso 
e  la  forza  delle  precedent!  sue  spiegazioni,  ed  il  valore  di  quelle  che  ii 
Drouyn  de  Lhuys  scriveva  al  Malaret,  dando  alle  une  ed  alle  altre  una 
tinta  vaga,  una  tal  quale  elasticita,  che  lasciasse  amendue  le  parti  in 
Hberta  di  intendere  la  faccenda  come  piu  le  piacesse.  Questo  documen- 
to,  che  non  importa  riferire,  leggesi  anche  nell'  Unitd  Cattplica  della 
Domenica  6  Novembre. 

II  Drouyn  de  Lhuys  ebbe  forse  un  qualche  sentore  o  sospetto  di  que- 
sto  procedere  del  Nigra,  e  voile,  come  dicesi,  metterlo  co'  piedi  al  mu- 
ro;  e  percio  lo  trasse,  in  presenza  di  testimonii,  cioe  del  sig.  Rouher, 
a  ripetere  innanzi  all'  Imperatore  stesso  le  gia  date  spiegazioni ;  di  che 
diede  pronto  avviso  al  Malaret  col  dispaccio  seguente: 

«  Parigi,  2  Novembre  1864.  Signor  Barone.  II  Ministro  d' Italia  mi 
ha  espresso,  tre  giorni  or  sono,  in  nome  del  Generale  La  Marmora,  il 
desiderio  di  conciliare  il  senso  dato  allaConvenzione  dalla  Legazione  ita- 
liana,  nella  sua  relazione  del  15  Settembre,  con  quello  che  io  stesso  ave- 
vo  esposto  nei  miei  precedent  dispacci.  Le  conversazioni,  delle  quali 
yi  ho  reso  conto  il  30  Ottobre,  sembra  che  abbiano  soddisfatto  questo 
desiderio  e  dissipati  i  malintesi.  Comunque  sia,  ho  pensato  col  signor 
Nigra  che  il  miglior  mezzo  per  far  cessare  defmitivamente  queste  di- 
yergenze  era  di  scambiare,  in  presenza  dell'  Imperatore,  nuovi  schia- 
rimenti ;  il  che  ahbiamo  fatto  ieri  mattina. 

«  Abbiamo  aperta  la  coaferenza  colla  lettura  della  relazione  del  signor 
Nigra,  ed  io  ho  fatto  conoscere  i  miei  dispacci,  ai  quali  S.  M.  si  e  de- 
gnata  di  concedere  la  sua  approvazione.  II  Ministro  d'  Italia  ha  letto  in 
seguito  una  lettera,  che  egli  aveva  indirizzata  il  30  dello  stesso  mese  al 
Ministro  degli  affari  esterni  del  re  Vittorio  Emmanuele,  nella  quale,  chia- 
riti  gli  impegni  contratti  dal  Gabinetto  di  Torino,  risponde  alle  osserva- 
zioni  che  mi  erano  state  suggerite  dal  suo  dispaccio  del  15  Settembre. 
Ho  rammenlato  le  nostre  precedenti  spiegazioni  e  ripreso  1'esamc  dei  di- 
versi  punti  riassunti  nel  mio  dispaccio  del  30,  che  io  confermo,  e  al 
quale  mi  riferisco.  Su  ciascuno  di  questi  punti  ci  siamo  trovati  d'  ac- 
cordo,  e  noi  I'abbiamo  constatato  in  un  dispaccio  telegratico  che  il  Mini- 
stro d'  Italia  ha  mandato  all'  istante  alia  sua  Corte.  » 

Non  pago  di  questo,  o  forse  non  abbastanza  rassicurato  circa  la  lealta 
del  Nigra  e  del  suo  Governo,  quanto  al  riconoscere  gli  impegni  assuntl 
con  tali  spiegazioni,  il  Drouyn  de  Lhuys  li  voile  in  certo  modo  denunzia- 
re  a  tutta  Europa :  e  percio  mando  stampare  codesti  due  dispacci  nel 
Moniteur  ufficiale  del  5  Novembre,  col  seguente  preambolo:  «  I  docu- 
menti  pubblicati  al  Parlamento  italiano  (alii  24  Ottobre)  sono  slati,  nella 
starspa  francese  e  straniera,  1'  oggetto  di  commenti  intesi  a  falsificare  il 
senso  della  Convenzione  del  15  Settembre.  II  Governo  dell'Imperatore  e 


CONTEMPORANEA  619 

quello  del  Re  dltalia  dovettero  assicurarsi  dell'uniformita  delle  mireloro 
con  un  nuovo  scambio  di  comunicazioni.  I  documenti,  che  noi  pubblichia- 
mo,  attestano  la  perfetta  lealta  delle  comunicazioni  date  reciprocamente 
a  questo  proposito,  e  1'accordo  che  ne  e  risultato.  » 

L'accordo,  qualora  si  fosse  dovuto  argomentare  dal  riscontro  delle  di- 
chiarazioni  d'ambe  le  parti,  appariva  tale,  che  a  Torino,  dopo  letti  quest! 
dispacci  al  Malaret,  i  piu  riguardarono  come  disdetto  e  ritrattato  il  senso 
apposto  dal  Nigra  alia  tenebrosa  Convenzione ;  di  che  persino  corse  voce 
che  il  La  Marmora  volesse  smettere  la  Presidenza  de'Ministri,  e  co'suoi 
colleghi  rassegnare  al  Re  i  portafogli,  per  dargli  agio  di  chiamare  altri  al 
Governo,  atti  a  sostenere  la  Convenzione  nel  nuovo  aspetto  che  le  si  era 
dato  dal  Drouyn  de  Lhuys.  Ma  che?  11  La  Marmora  non  ismise  la  cari- 
ca,  anzi  il  7  Novembre  mando  stampare  nella  Gazzetta  ufficiale  del  Re- 
gfwo,  anche  prima  di  spedirlo  a  Parigi,  dispensandosi  cosi  da  tutle  le 
usanze  e  le  convenienze  diplomatiche,  un  altiero  dispaccio,  col  quale 
in  sostanza  respinse  tutto  quello  che  i  piu  credeano  essere  stato  nova- 
mente  imposto  dal  Drouyn  de  Lhuys. 

Trattandosi  di  affare  cosi  rilevante,  come  il  mantenimento  o  la  rovina 
di  quella  Sovranita  temporale,  che  per  ordine  della  Provvidertza  e  per  le 
congiunture  de'  tempi  e  il  piu  valido  ed  indispensabile  presidio  della  in- 
dipendenza  e  liberta  del  Yicario  di  Gesu  Cristo  nell'  esercizio  della  sua 
spirituale  podesta,  ci  pare  al  tutto  necessario  di  recare  a  verbo  i  docu- 
menti diplomatic!',  nei  quali  la  Francia  e  1'Italia  pretendono  di  chiarire  il 
senso  di  quella  Convenzione,  che  dai  Framassoni  e  celebrata  come  1'atto 
formale  della  consegna  di  Roma  al  Governo  di  Torino,  come  la  denuncia 
della  prossima  decadenza  del  Papa  da  ogni  autorita  temporale,  come  av- 
Tiamento  all'  attuazione  della  compiuta  unita  d'ltalia.  Ecco  pertanto,  af- 
finche  si  possa  riscontrare  coi  dispacci  del  Drouyn  de  Lhuys,  la  risposta 
fattagli  del  Generate  La  Marmora  ed  indirizzata  al  Nigra: 

«  Torino.  7  Novembre  1864.  Signor  Ministro.  II  vostro  dispaccio  tele- 
grafico  del  1  Novembre,  il  cui  testo  fu autorizzato  da  Sua Maesta  1'lmpe- 
ralore,  stabilises  la  situazione  dei  due  Governi  firmatarii  della  Conven- 
zione del  15  Settembre,  rispettivamente  1'un  1'altro,  circa  1'interpretazione 
di  questo  atto.  Tuttavia  il  contenuto  del  dispaccio  del  signor  Drouyn  de 
Lhuys  al  Barone  de  Malaret,  in  data  del  30  Ottobre,  pubblicato  dal  Mo- 
niteur  del  5  Novembre,  rende  indispensabili  alcune  franche  spiegazioni 
per  parte  del  Governo  del  Re,  che  si  crede  obbligato  ad  evitar  tutto  da 
parte  sua,  anche  il  proprio  silenzio,  quando  possa  dar  luogo  a  nuove  cat- 
tive  intelligenze. 

«  II  Ministero  che  io  ho  1'onore  di  presiedere,  Chiamato  al  potere  dalla 
confidenza  di  S.  M.  il  Re,  non  ha  negoziato,  ne  firraato  gli  accordi  del 
15  Settembre  :  ma  avendoli  trovati  gia  conchiusi,  dopo  averli  con  matu- 
rita  esaminati,  e  averne  calcolate  le  conseguenze,  non  ha  esitato  ad  ac- 
cettarliedasostenerli.  Infatti  il  Ministero  ha  considerato,  dapprima?  che 


620  CRONACA 

il  testo  della  Convenzione  e  del  suoi  aggiunti  e  chiaro  e  preciso,  e  che 
non  puo  dar  luogo  ad  alcun  equivoco;  poi,  il  Ministero,  interpretando  il 
trattato  nel  solo  modo  possibile,  vale  a  dire  secondo  il  suo  senso  lettera- 
le,  si  e  persuaso,  che  nel  suo  assieme  desso  e  vantaggioso  all'Italia. 

«  I  Ministri  del  Re  hanno  adunque  la  yolonta,  e  sanno  d'aver  la  forza 
di  eseguire  il  trattato  scrupolosamente  e  nella  sua  integrita.  La  loro  riso- 
kzione  a  questo  proposito  e  dettata  non  solo  dalla  lealta,  clie  esige  siano 
Hiantenuti  gli  impegni  assunti  da  un  Governo  e  dalla  riconoscenza  e  dal- 
1'amicizia  che  vincolano  1'  Italia  alia  Francia,  ma  eziandio  dalla  convin- 
zione  personale  di  ciascheduno  di  essi,  che  la  politica  migliore  per  1'Ita- 
lia  consiste  nella  esecuzione  completa  della  Convenzione  del  15  Settem- 
bre.  Questo  atto  si  fonda  infatti  sul  principio  del  non  intervento,  princi- 
pio  fondamentale  della  politica  dei  due  Governi,  e  che  il  signor  Drouyn 
de  Lhuys  ha  richiamato  con  una  perfetta  opportunita  col  rimarchevole 
dispaccio  che  esso  ha  indirizzato  il  12  Settembre  scorso  al  rappresentan- 
ie  della  Francia  a  Roma.  II  Governo  del  Re,  vietandosi  ogni  interprela- 
zione  che  non  corrisponda  appieno  al  senso  naturale  del  testo  del  trattato, 
giacche  un'interpretazione  di  tal  fatta  non  sarebbe  permessa  ad  alcuna 
delle  due  parii  contraenti,  si  crede  in  dovere  di  togliere  assolutamente 
qualunque  altra  quistione,  che  non  sia  la  fedele  osservanza  degli  accordi 
stipulati. 

«  Queste  precise  dichiarazioni  mi  dispensano  di  entrare  in  un  lungo 
esame  delle  sette  proposizioni,  enunciate  da  S.  E.  il  Ministro  imperiale 
degli  affari  esteri  nella  sua  nota  del  30  Ottobre  al  sig.  Barone  di  Malaret. 
Basteranno,  a  mio  credere,  signor  Ministro,  le  osservazioni  seguenti  per 
dissipare  ogni  oscurita  a  questo  riguardo. 

«  II  trattato  del  15  Settembre  provvede  completamente  alle  esigcnze 
della  situazione  riguardo  al  Papato,  dando  delle  garanzie  positive  alia 
Francia  e  al  mondo  cattolico.  Se,  per  gli  impegni  che  1'Italia  ha  assunti, 
essa  ha  rinunciato  ad  adoperare  i  mezzi  violenti,  a  piu  forte  titolo  essa 
non  ricorrera  a  quelle  vie  sotterranee,  di  cui  io  he  visto  con  gran  dolore, 
lo  confesso,  far  menzione  il  dispaccio  del  Ministro  degli  affari  esteri  del- 
1'lmperatore,  e  dei  quali  noi  rifiutiamo  persino  il  pensiero.  Ma  egli  e  pero 
vero  che  1'  Italia  ha  una  fede  intiera  nella  azione  della  civilta  e  del  pro- 
gresso,  la  di  cui  sola  potenza  bastera,  noi  ne  abbiamo  la  piena  tiducia, 
per  realizzare  le  sue  aspirazioni. 

«  Quali  potranno  essere  leconseguenze  di  questa  azione  degli  elemen- 
ti  della  civilta  e  del  progresso?  Ciascuna  delle  due  Potenze  contraenti 
puo  avere,  e  mantenere  a  questo  proposito  una  opinione  particolare :  ma 
io  non  saprei  vedere  come  questa  opinione  possa  costituire  tra  di  esse 
1'oggelto  di  una  discussione  pratica,  dal  momento  che  1'Italia  dichiara  nel 
modo  il  piu  esplicito,  che  quando  le  sue  aspirazioni  saranno  realizzate, 
non  Io  saranno  certamente  per  mezzo  della  violazione  del  trattato  per 
parte  del  suo  Governo. 


CONTEMPORANEA  621 

«  Quali  sono,  lasciata  da  banda  la  quistione  della  slretta  osservanza 
del  trattato,  le  aspirazioni  nazionali  dell'Italia?  II  sig.  Drouyn  de  Lhuys 
ba  preteso  dcfinirle,  e  precisarle  nel  dispaccio  surriterito.  II  Governo  del 
Be  si  vede  con  dispiacere  nell'impossibilita  di  tener  dietro  suquesto  ter- 
reno  al  Ministro  imperiale  dagli  aflari  esteri.  Le  aspirazioni  di  un  paese 
sono  un  fatto  che  appartiene  alia  coscienza  nazionale,  e  che  non  puo,  a 
nostro  credere,  di  venire  per  nessun  motivo  il  soggetto  di  una  controver- 
sia  tra  due  Governi,  qualunque  sieno  i  legami  che  li  uniscono. 

«  Quanto  alia  conciliazione  dell'  Italia  col  Papato,  e  questo  uno  scopo 
che  il  Governo  del  Re  non  ha  mai  cessato  di  proporsi  e  di  cui  la  Conven- 
zione  del  15  Settembre  deve  rendere  piu  facile  la  realizzazione. 

«  In  cio  che  concerne  il  significato  che  il  Governo  del  lie  annetle  al 
trasferimento  della  Capitale,  io  non  ho,  signer  Ministro,  che  a  lasciarpar- 
lare  i  falti  stessi.  II  Governo  italiano  ha  preparato  1'  esecuzione  di  una 
tale  condizione,  la  quale  e  forse  la  piii  grave  e  la  piti  delicata  degli  ob- 
blighi  che  noi  abbiamo  assunto  per  gli  accordi  del  15  Settembre.  Salva 
la  deliberazione  del  Parlamento ,  in  pochi  mesi  Firenze  sara  la  Capitale 
d' Italia.  Ci6  che  potra  poi  succedere  piu  tardi,  in  seguito  di  eventualita 
che  sono  nel  dominio  dell'avvenire,  non  puo  gia  essere  oggi  1'argomento 
di  preoccupazioni  dei  due  Governi.  II  sig.  Drouyn  de  Lhuys  lo  disse  con 
ragione :  spetta  agli  avvenimenti  di  stabilire  questo  problema. 

«  Io  mi  estendero  ancor  meno  sulla  quinta  e  sulla  settima  delle  propo- 
sizioni  enunciate  dal  sig.  Drouyn  de  Lhuys :  esse  mi  sembrano  avereper 
iscopo,  Tuna  di  constatare  che  noi  ci  siamo  sviati  dal  progetto  del  conte 
di  Cavour,  1'altra  d'esprimere  il  desiderio  che  noi  restiamo  fedeli  alia  sua 
politica  per  1'avvenire.  Le  differenze,  che  esistono  tra  il  progetto  del  con- 
te di  Cavour  e  la  Convenzione  attuale,  emergono  chiaramente  dal  rappor- 
to  che  voi  avete  indirizzato,  ill 5  Settembre  ultimo  scorso,  al  mio  onore- 
vole  predecessore,  e  quanto  alia  politica  del  conte  Cavour,  tal  quale  e 
esposta  in  un  celebre  discorso  che  il  Ministro  imperiale  degli  affari  esteri 
ha  citato  nel  dispaccio  cui  alludo,  egli  comprendera,  non  ne  dubito,  che 
noi  ei  facciamo  un  onore  di  continuare  a  seguirla. 

«  Mi  rimane  a  far  menzione,  sig.  Ministro,  poiche  S.  E.  il  sig.  Drouyn 
de  Lhuys  ne  ha  presa  1'iniziativa,  deU'eventualita  di  una  rivoluzione  che 
avesse  a  scoppiare  spontaneamente  in  Roma  e  della  caduta  del  potere 
temporale  del  Santo  Padre.  II  Ministro  imperiale  degli  affari  esteri  riser- 
va  in  questo  caso  1'intiera  liberta  d'azione  della  Fraucia ;  lltalia  dal  sua 
lato,  fa,  come  di  ragione,  la  medesima  riserva. 

«  Tali  sono,  sig.  Ministro,  le  viste  e  le  convinzioni,  colle  quali  il  Mini- 
stero  si  presenta  al  Parlamento  per  sostenere  dinanzi  a  questo  la  Conve- 
zione  del  15  Settembre.  Quest'  atto  internazionale,  convenuto  per  supe- 
rare  le  difficolta  di  una  situazione  forse  senza  esempio  ,  apre,  secondo 
noi,  ai  due  Governi  una  via  nettamente  tracciata,  in  cui  il  Governo  del 


CRONACA 

Re  crede  poter  contare  sull'appoggio  del  rappresentanli  della  nazione,  af- 
fine  di  rivalizzare  in  lealta  colla  Francia. 

«  La  pubblicazione  fatta  dal  Moniteur  delle  due  Note  dirette  dal  Mini-* 
stro  imperials  degli  affari  esteri  al  sig.  Barone  di  Malaret,  ci  fa  un  dove- 
re,  sig.  Ministro,  di  far  inserire  senzaindugio  nella  Gazzettauffidale  del 
regno  il  dispaccio  che  vi  dirigo  in  questo  momento,  e  che  vi  prego  di 
far  conoscere  officialmente  a  S.  E.  il  sig.  Drouyn  de  Lhuys.  Yogliate  ag- 
gradire,  ecc.  Sott.  Alfonso  La  Marmora.  » 

II  tono  fiero  di  questo  dispaccio,  e  1'  atto  insolito,  e  quasi  provocante, 
di  pubblicarlo  a  Torino  prima  che  si  potesse  presentare  a  Parigi,  fu  ri- 
guardato  da  alcuni  come  sintomo  di  gravi  dissapori,  da  potersene  temere 
la  disdetta  della  Convenzione.  Eppure  non  fu  milla.  11  Constitutionnel , 
per  bocca  del  suo  Limayrac,  dichiaro  che  Drouyn  de  Lhuys  e  La  Marmo- 
ra s'  erano,  con  quelle  spiegazioni,  messi  in  pieno  accordo,  e  che  tutto 
procedeva  egregiamente.  Lasciamo  a'  nostri  lettori  il  decidere  se  questo 
basti  ad  autenticare  la  diceria  corsa  per  Torino,  e  creduta  da  moltissimi, 
che  tutto  quel  contrasto  fosse  nulla  piu  che  ima  concertata  scena  del 
dramma  che  si  recita  fra  Torino  e  Parigi. 

3.  Certo  e  che  il  La  Marmora  in  quello  stesso  giorno  7  di  Novembre 
respinse  disdegnosamente  le  fervide  parole  di  lode  e  di  congralulazione, 
con  le  quali  il  deputato  Boggio  commendava  codesto  suo  fatto;  appunto 
come  se  1'  esaltare  tanto  il  merito  d'  aver  ribattuto  le  pretensioni  del  si- 
gnor  Drouyn  de  Lhuys  potesse  recar  seco  pericolo  di  sconciar  qualche 
cosa  a  Parigi  ;  ed  il  Diritto  ,  che  celebrava  codesto  dispaccio  come  ima 
yittoria  deli'Italia  contro  le  usurpazioni  francesi,  fa  sequestra  to  con  tutta 
prontezza  e  rigore.  Ma  non  per  questo  cesso  il  piatire  dei  Deputati  nella 
Camera.  Niun  giornale  o  periodico  basterebbe  ad  epilogare  gli  stermina- 
ti  discorsi  recita ti  pro  e  contro  la  Convenzione.  II  solo  punfo  che  vuolsi 
rilevare,  si  e  che  tra  quelli,  i  quali  1'approvano,  regna  pienissima  discor- 
dia  quanto  ai  motivi;  sicche,  mentre  d'  Ondes  Reggio  approva  il  Tratta- 
to  come  pegno  che  rassoda  la  sovranita  del  Papato  in  Roma,  il  Mordini 
se  ne  com  place  perche  quello  serve  a  preparare  la  sicura  cocquista  di 
Roma,  ed  i  partigiani  del  Ministero  lo  levano  alle  stelle  perche,  sottraen- 
do  il  Governo  ad  ogni  malleveria  innanzi  all'opinione  pubblica  de'  catto- 
lici,  rende  non  meno  certo  il  trionfo  dell'  unita  nazionale.  Per  contrario, 
quei  che  lo  respingono  sono  tutti  unanimi  in  vedervi  una  rinunzia  a  Ro- 
ma ed  una  tranelleria  francese,  che  forse  riuscira  a  scapito  non  pure  del- 
1'indipendenza,  ma  eziandio  della  integrita  del  presente  territorio  nazio- 
nale. Ne  ci  stenderemo  a  dire  altro,  avendo  gia  in  questo  stesso  quader- 
no  esposto  a  bastaiiza  qual  sia  la  luce ,  che  codesta  discussione  parla- 
mentare  ha  gittato  sopra  quella  Convenzione. 

i.  Tnttavia  non  possiamo  pretermettere  alcune  nuove  dichiarazioni  del 
sig.  Gioacchino  Pepoli,  le  cui  parole,  per  la  intima  attinenza  di  costui  con 
Napoleone  III,  pel  grado  che  occupa  nella  Framassoneria,  e  per  la  parte 


CONTEMPORANEA  62-3 

die  ebbe  in  condurre  questo  negozio,  meritano  qualche  maggiore  consi- 
derazione  di  quella  die  lor  si  potrebbe  concedere,  quando  non  si  badasse 
a  quegli  aggiunti.  La  Convenzione  era  gia,  in  sostanza  ed  implicitamente, 
approvata  dalla  pluralita  della  Camera  nel  giorno  8  Novembre,  quando 
respinse  le  proposte  di  sospendere  la  discusione  sopra  il  trasferimento 
della  Capitate ,  fmche  fosse  risolta  la  quistione  della  competenza  dclla 
Camera  a  dare  il  suo  voto  circa  la  Convenzione  stessa,  come  quella  che 
importava  oneri  allo  Stato  e  mutazioni  di  territorio.  A  nulla  valse  il  di- 
lemma :  0  voi  guardate  Roma  come  yostra  di  diritto  ,  o  no  ;  nel  primo 
caso,  accettando  la  Convenzione  e  rinunziando  a  Roma  ,  accettereste  un 
cangiamento  di  territorio  ,  il  che  non  puo  farsi  senza  voto  deliberative 
della  Camera  ;  nel  secondo  caso  voi  avete  abdicate  le  aspirazioni  nazio- 
nali,  e  rinunziato  all'  unita.  La  Camera  cedette  al  Ministero,  non  si  giu- 
dico  competente  a  dar  sentenza  quanto  alia  Convenzione,  e  si  ristrinse  a 
discutere  la  legge  tinanziaria  per  le  spese  occorrenti  alia  traslazione  del- 
la  Capitale  a  Firenze,  permettendo  pero  che  si  trattasse  anche  sotto  il  ris- 
guardo  politico.  Ora  il  Pepoli,  nella  tornata  del  li  Novembre,  prese  ap- 
punto  a  discorrere  dei  rapporti  della  Convenzione  con  la  liberta  ,  e  si 
stese  in  provare  alcune  proposizioni,  che  noi  riferiremo  a  verbo  ,  e  che 
riescono  a  porre  in  sodo  quello  che  da  noi  si  era  riferito  a  pag.  359  cir- 
ca le  origini  della  Convenzione  stessa. 

Disse  perlanto  il  Pepoli :  1.°  Che  «  una  delle  cagioni  che  aveano  gene- 
rato  la  discordia  nel  campo  liberale  europeo  »  era  1'occupazione  di  Roma. 
2.°  Che  se  il  Governo  napoleonico  non  avea  fin  qui  consentito  a  trattare 
con  ritalia  per  1'abbandono  di  Roma  alle  sole  sue  forze,  «  non  era  certo,  o 
signori,  per  ostilita  contro  di  noi,  ma  per  le  condizioni  interne  dei  partiti 
in  Francia.  »  3.°  Che  la  Francia,  per  uscire  di  Roma,  aspettava  solo  1'op- 
portuaita  di  «  sciogliere  la  propria  responsabilita  con  decoro;  »  e  dopo 
essere  assicurata  «  che  la  partenza  del  suo  esercito  non  provocherebbe 
m' immediata  catastrofe.  *  i.°  Che  la  Francia  inchino  subito  alia  Con- 
venzione,  quando  fu  recata  la  proposta  di  trasferire  al  di  la  dell' Apenni- 
no  la  Capitale,  mentre  «  in  quel  fatto  noi  ravvisavamo  un  elemento  di  sta- 
bilita  per  1'  Italia ,  imperocche  esso  disperdeva  perfino  la  memoria  del 
trattato  di  Zurigo.  »  5.°  Che  questa  persuasione  era  partecipata  da  Napo- 
leone  III;  e  per  provarlo  recito  le  seguenti  parole,  dicendo  di  leggerle 
scolpite  nella  mente  dell'  Imperatore :  «  transporter  la  Capilalc  au  cen- 
tre de  I  Italic  cest  a/firmer  /'  unite  italienne,  c'est  donner  un  corps  a  ce 
quejusqu  a  present  na  etc  quune  dme.  »  II  che  fu  applaudito  assai,  per- 
che  si  guardo,  non  come  cosa  letta  nella  mente,  ma  come  citazione  te- 
stuale  di  parole  uscite  dalla  bocca  di  Napoleone  HI.  6.°  Che  « il  Trattato 
e  un  pegno  die  il  Governo  imperiale  offre  al  partito  liberale  europeo.  » 
.Ne  piu,  ne  meno  di  quel  che  riferimino  noi  nel  luogo  sopra  citato,  a  pa- 
gina  3:J9.  7.°  Che  questo  Trattato  «  spegne  le  speranze  dei  partiti  estre- 
mi.  »  Ed  il  Pepoli  disse  queste  parole  immediatamente  dopo  messa  la 


CRONACA 

Santa  Sede  nel  covero  degli  estremi,  pei  suoi  nonpossumus.  8.°  Che  que- 
sto  Trattato  «  prepara  il  campo  a  miove  alleanze  »  ed  inoltre  «  vendica 
la  dignita  del  partito  nazionale;  »  imperocche  se  «la  Russia  ele  Potenze 
germaniche  hanno  sciolte  sole  la  questione  polacca  e  la  questione  danese, 
oggi  la  Francia  scioglie,  senza  il  loro  intervento,  la  queslione  dell'  occu- 
pazione  romana,  che  nel  1849  era  stata  dichiarata  occupazione  cattolica, 
e  la  scioglie  d'accordo  con  quell' Italia,  che  il  Pontetice  accusa  di  averlo 
iniquamente  spogliato.  »  9.°  «  Respingere  la  Convenzione  vuol  dire  rom- 
pere  il  fascio  delle  alleanze  liberali  in  Europa.  »  Ci  pare  che  jjuesto  basil 
a  far  vedere  chiaro  anche  ai  ciechi.  L' Independence  Beige,  anzi  parecchi 
diarii  ufficiosi  di  Francia,  bandirono  poi,  nefurono  contraddetti,  che  que- 
sto  discorso  del  Pepoli  fu  molto  approvato  e  gradito  a  Parigi. 

Anche  piii  rilevanti,  sotto  un  altro  risguardo,  furono  le  dichiarazioni 
fatte  dal  La  Marmora  nel  mentovato  suo  discorso  del  12  Novembre  arila 
Camera;  il  qual  discorso  merito  1'onore  di  essere  riferito  distesamente 
nel  Noniteur  ufficiale  del  Governo  francese.  Detto  in  prima  quanto  e  per- 
che  egli  fosse  avversissimo  alia  Convenzione ,  e  per  quali  motivi  can- 
giasse  d'avvisoene  fosse  divenuto  sostenitore,  si  stese  inunacalda  apo- 
logia della  politica,  della  lealta  e  della  sapienza  di  Napoleone  III ;  quindi 
entro  a  dire  delle  prove  di  amore,  che  1'Imperatore  avea  dato  all' Italia. 
E  qui  giovera  riferire  le  proprie  parole  che  disse  codesto  Ministro,  regi- 
strate  ncgli  Atti  ujficiali,  n.  962,  pag.  3761:  «  Non  e  vero  che  1'Impera- 
tore  dei  Frances!  fosse  contrario  aWunitd  italiana;  egli  forse  per  1'ad- 
dietro  noa  la  credeva  possibile ;  ma  notate  che  in  questa  sentenza  noa 
era  egli  solo,  erano  pure  molti  italiani,  caldi  patrioti  cbe  non  nomino, 
ma  che,  se  io  nominassi,  marayigliereste.  Ora  ho  1'intima  convinzione 
che  1'Imperatore  e  persuaso,  come  lo  siamo  tutti ,  che  1'iinita  d' Italia  e 
fatta.  (Applausi)  Quanto  a  me  ho  1' intimo  convincimento  che  non  ab- 
biamo  altro  scampo  che  queilo  di  andare  ayanti ;  sebbene,  come  e  sem- 
pre  stata  mia  opinione,  io  credo  che  dobbiamo  andare  innanzi  adagio; 
ma  pure  non  dobbiamo  fare  un  passo  indietro  (Benissimol),  perche  die- 
tro  di  noi  c'  e  1'  abisso  (Applausi  da  tutti  i  banchi)  che  noi  tutti  potrebbe 

ingoiare.  (Vivi  applansi) Quanto  alia  quistione  di  Roma,  io  certo 

non  mi  ci  addentrero ; .  .  dico  sinceramente,  che  nella  gran  formola  Chie- 
sa  libera  in  libero  Stato  yedo  qualche  difficolta  alia  pratica  applicazione. 
La  presenza  simultanea  del  Re  d' Italia  e  del  Papa  in  Roma  eccita  anche 
in  me  qualcuna  delle  impressioni  cosi  spiritosamente  manifestate  dal  de« 
putato  Ferrari;  credo^che  sia  necessario  pensare  piu  d'  una  yolta  a  que- 
sta quistione,  e  percio  non  vedo  male  che  si  abbia  un  po'  di  tempo  a  ri- 
flettere  e  discutere.  Da  questo  indugio  nascera  forse  un  beneficio.  Anche 
per  questa  quistione  nel  tempo  confido  e  nell'Imperatore  dei  FrancesL 
Se  c'e  uomo  che,  per  posizione  e  per  capacita,  possa  aiutarci,  e  1'  Impe- 
ratore  de'  Francesi ,  e  noi  gli  dobbiamo  della  riconoscenza.  Ma  io  vado 
piu  in  la ,  o  signori;  io  spero  anche  il  suo  aiulo  nella  quistione  della  Ye- 


CONTEMPORANEA  625 

nezia  (Ah!  ah!).  lo  qui  mi  spoglio  dclla  mia  qualita  di  Ministro  degli 
cstcri ,  il  che  non  so  se  si  possa  fare.  » 

Tutti  da  queste  parole  inferirono  quello  che  il  La  Marmora  non  avea 
detto ;  cioe  1.'  che  il  suo  mutamento  di  giudizio,  quanto  alia  Con venzione, 
fosse  provenuto  dall'aver  poi  saputo  gl'impegni  favorevoli  per  1' Italia 
assunti  da  Napoleone  III;  2.'  che  il  compimento  deH'wwV<i  italiana  fos- 
se formato  nei  consigli  e  nei  propositi  del  potentissimo  alleato,  a  cui  tut- 
ti  confessano  esser  1' Italia  debitrice  di  quanto  in  essa  e  per  essa  accadde 
dal  1859  fino  al  presente;  3.°  che  in  compenso  pel  YOto  faYorevole  del 
Parlamento  avrebbesi  1'aiuto  della  Francia  per  trapiantarsi,  dopo  qualche 
indugio,  a  Roma,  e  per  conquistare  la  Yenezia.  Le  quali  illazioni,  o  con- 
ghietture  che  siano  da  dire,  tinirono  di  capacitare  mold  tentennanti,  mas- 
sime  dopo  saputo  che  questo  discorso  era  stato,  in  segno  di  alia  approva- 
zione,  ristampato  dal  Monitcur  parigino. 

5.  Queste  dichiarazioni  e  queste  promesse  fecero  dileguare  le  sinistre 
impressioni  ricevute  dall'  aspetto  spaventoso  in  che  il  ministro  Sella  a- 
Tea,  con  raro  esempio  di  sincerita,  rappresentate  le  present!  condizioni 
delle  Finanze.  II  discorso  da  lui  recitato  nella  tornata  del  4  Novembre 
metteva  in  chiaro  che,  se  non  si  ricorreya  subito  a  proyvedimenti  al  tut- 
to  straordinarii ,  da  eseguirsi  a  qualunque  costo,  era  d'uopo  bandire  una 
ineYitabile  bancarotta.  I  balzelli  gia  imposti  avean  fruttato  molto  meno 
di  quanto  presumevasi,  la  Yendita  dei  beni  demaniali  non  avea  prodot- 
to  la  quintaparle  di  quanto  calcolaYasi,  le  economic  erano  riuscite  scar- 
sissime,  le  spese  da  farsi  erano  urgenli  ed  indispensabili :  ed  intanto 
mancavano  niente  meno  che  200  milioni  di  franchi,  perpotersi  strascina- 
re  comecchessia  sino  alia  fine  del  corrente  1864. 

Propose  pertanto  il  Sella  uno  schema  di  legge,  riferito  negli  Atti  uf- 
ficiali  n.°  946-47;  in  virlii  della  quale  si  avessero  aumenti  di  pubbli- 
che  entrate  per  la  somma  di  circa  50  milioni;  cioe  di  Lire  26,  924,  000 
sul  tabacco;  di  Lire  12,664,000  sul  sale;  di  Lire  1,325,000  sui  colonia- 
li;  di  Lire  1,850,000  sui  grani ;  di  Lire  2,000,000  sulla  posta  delle  lette- 
re,  e  di  Lire  5,000,000  sulle  ritenute  di  stipendio  a'pubblici  ufficiali.  I 
rimanenti  150  milioni  si  doYeano  ricavare  da  altri  spedienti ;  cioe  1.'  ri- 
scuotendo  prima  del  15  Dicembre  1864  le  Lire  124,630,000  fissate  come 
tassa  sui  fondi  stabili,  rustici  ed  urbani  pel  1865,  procedendo  agli  Atti 
csecutim  e  coercitivi  contro  i  contribuenti  morosi ;  2.(1  facendo  economic  in 
"varii  rami  di  pubblica  amministrazione,  massime  della  Guerra  e  della  Ma- 
rina, emettendo  Buoni  del  Tesoro,  e  Yendendo  beni  demaniali.  Per  ad- 
dolcirelapillola,  il  Sella  lesse  una  lettera  indirizzatagli  dal  Ministro  della 
Casa  Reale,  il  quale  gli  significava  con  essa  che  il  Re,  attese  le  critiche 
condizioni  delle  Finanze,  rinunziaYa  a  tre  milioni  e  mezzo  della  lista  ciYi- 
le;  il  quale  esempio  fu  poi  imitato  da  non  pochi  degli  Ufficiali  d'Ordinan- 
za  del  Re  stesso,  che  rinunziarono  allo  stipendio  loro  doYiito  per  tal  titolo. 
Serie  V,  vol.  XII,  fasc.  353.  40  26  Novembre  1864. 


626  CRONACA 

Gli  schiarimenti  dati  dal  Lanza  e  dal  La  Marmora,  il  quale,  nella  tornata 
del  15,  ribadi  che  non  si  darebbe  mai  indietro  dal  proposito  dell'iwi/a; 
e  le  confidenze  fatte  all'orecchio  de'Deputati  piu  influenti  fecero  si  che 
la  massima  parte  della  Camera  rimanesse  persuasa,  doversi  al  tutto  anti- 
porre  i  vantaggi  politic!  dello  Stato  agli  interessi  del  privati  ed  imporre 
a  quest!  i  sagritizii  piu  intollerabili ,  purche  quello  potesse  speditamente 
procedere  nella  via  tracciata  a  Parigi.  e  concertata  col  Pepoli,  col  Peruz- 
zi  e  col  Mingbelti,  verso  il  termine  tanto  agognato  della  unita  nazionale 
piena  ed  assoluta. 

Percio  nella  tornata  del  16  fu  chiusa  la  discussione  generale  sopra  il 
disegno  di  legge  pel  trasferimento  della  Capitale  a  Firenze,  ed  in  quella 
del  17,  reietti  senza  pieta  un  certo  numero  di  ordini  del  yiorno  e  di  modi- 
iicazioni  proposte  dagii  avversarii ,  si  convenne  di  racldoppiare  il  tempo 
delle  tornate  quotidiane,  tenendole  dalle  ore  9  alle  12  meridiane,  e  dal- 
F  una  alle  nove  pomeridiane.  II  giprno  seguente  si  trattp  de'  singoli  arti- 
coli  della  legge,  e  nella  seduta  dei  19,  essendo  presenti  389  Deputati, 
si  venne  allo  scrutinio ,  onde  risulto  che  317  furono  pel  si ,  70  pel  wo, 
e  2  soli  si  astennerp  dal  votare.  Quindi ,  corne  avea  insistito  il  ministro 
Sella ,  si  venne  a  disamina  della  mentovata  legge  pei  200  milioni ;  la 
quale  bisognava  che  fosse  approvata  anche  dal  Senato  prima  del  29  No- 
verahre.  La  relazione  circa  tali  provvedirnenti  eroici  era  stata  presenta- 
ta  dal  Giorgini  nella  seduta  del  17  ;  ed  in  quella  del  20  ,  con  tutta  fretta 
e  precipitazione,  come  suol  farsi  ne'  casi  disperati ,  in  cui  bisogna  fare 
un  salto  pericoloso,  e  non  si  puo  dare  addietro,  ne  rimane  altro  scampq, 
si  venne,  dopo  un'apparenza  di  discussione  ,  a'voti  sopra  i  singoli  arti- 
coli  della  legge  ,  che  fu  approvata  con  137  sufl'ragi  contro  soli  77.  Solo 
trovasi  intoppo  quanto  alia  proposta  di  ritenuta  di  stipendii  a'  pubblici 
ufficiali.  Or  tocca  a'popoli  di  metier  mano  alia  borsa  e  tornare  a  pagare, 
in  quindici  o  venti  giprni ,  un'  intera  annata  del  tributo  sopra  i  fondi  ru- 
stici  ed  urbani,  anticipando  nel  1864  i  balzelli  dovuti  solo  nel  1865. 

Qui  non  e  da  pmmettere,  come  nella  tornata  del  18  fu  chiesto  da  un. 
Deputato  ,  che  si  facessero  pratiche  coi^  1&  Francia  pel  averne,  in  modo 
obbligatorio,  salde  guarentigie  dei  diritti  della  nazione,  ricordati  dal  La 
Marmora  al  Nigra  nel  dispaccio  del  7  Novembre.  II  La  Marmora  dichia- 
ro,  non  esservi  per  ora  alcun  impegno  di  nuo'vi  iratlati ,  ma  dipendere 
dai  Governi  di  Francia  ed  Italia  il  decidere  se  gli  eventi  esigano  nuove 
convenzioni  per  sciogliere  al  tutto  la  quistione  romana;  ed  aggiunse  : 
solo  per  errore  di  traduzione  essere  avvenuto  che,  nel  dispaccio  del  30 
0-ttobre,  scritto  dal  Drouyn  de  Lhuys  al  Malaret ,  invece  della  parola  ac- 
cordo  usata  dal  Gavour,  si  fosse  posta  I'altra  di  consenso  della  Francia 
quanto  al  defmire  la  quistione  di  Roma.  Ed  il  Lanza  poco  appresso  riba- 
di, nel  modo  piu  formale  ed  esplicito,  che  non  fu  mai  nel  pensiero  dei 
Plenipotenziarii  del  passato  Gahinetto,  ne  in  mente  ai  presenti  Ministri, 
di  rinunziare  ad  alcun  diritto  della  nazione;  accennando  chiarameiUe che 
non  si  era  smesso  punto  nulla  delle  fermate  risoluzioni  circa  il  possessa 
di  Roma. 

6.  Queste  cose  ben  poteano  appagare  i  desiderii  dei  Deputati,  ed  in- 
durli  a  sancire  la  legge  pel  trasporto  del  Governo  a  Firenze ;  ma  il  gua- 
io  grosso  era  nel  fare  che  le  moltitudini ,  e  specialmente  la  gente  del 
contado,  si  piegassero  a  pagare  i  nuovi  balzelli  ed  anticipare  il  tributo 
del  1865.  La  cosa  parve  cosi  ardua,  che  fu  accolta  come  uno  spediente 


CONTEMPORANEA  627 

venuto  dal  cielo ,  se  pur  non  fu  coi  soliti  modi  procacciata  dal  Governo 
stesso,  la  spontanca  olTerta  del  Muiycipio  di  Brescia,  che  toglieva  1'in- 
carico  di  anticipare  esso  stesso,  a  conto  de'  suoi  amministrati,  la  parte 
che  loro  toccava  di  codesto  tributo.  L'esempio  generosp  fu  altamente 
commendato  dal  Ministero ,  e  proposto  all' imitazione  di  tutti  gli  altri 
Municipii ;  e  di  fatto  sollecitamente  gareggiarono  in  emulare  il  patriotis- 
mo  di  Brescia  i  Municipii  di  Caserta ,  di  Livprno,  d'  Ancona,  di  Capua, 
di  Santa  Maria  o  Capua  Vetere,  di  Sessa,  di  Borgotarp,  di  Catania,  di 
Firenze ,  di  Napoli,  di  Bovino,  di  Montemurlo,  e  di  piii  altre  citta.  Con 
che  il  Governo  ebbe  animo  a  confidare,  che  con  facilila  potra  uscire  dal 
grave  impiccio  in  cui  troyavasi ,  per  la  probability  di  dover  usare  tutti  i 
rigori  della  forza  ,  onde  riscuotere  da'  conladini  il  tributo  stesso ,  a  cui 
certo  non  bastavano  i  proventi  degli  scarsi  ricolti  di  quest'annata. 

7.  Naturalmente,  in  tali  distreite  ,  non  era  da  credere  che  il  Governo 
volesse  rimmziare  allo  spediente  usitato  de'liberali,  di  rifarsi  cioe  a  dan- 
no  della  Chiesa,  e  perci6  volesse  abbandonare  la  legge  pel  riordinamen- 
to  dell' asse  ecclesiastico ,  ossia  per  la  confiscazione  dei  beni  sacri.  Di- 
fatto  il  minislro  Vacca,  nella  tornata  del  4  Novembre  rassicuro  sopra  tal 
proposito  quelli  che  mostravano  di  temere  che  si  deviasse  dalle  tradizio- 
ni  liberalesche;  e  nella  tornata  del  12  presento  un  nuovo  disegno  di  leg- 
ge a  tale  intento  ,  con  istanza  di  esaminarlo  il  piu  presto  possibile.  Trat- 
tandosi  di  rubare  alia  Chiesa,  si  puo  metier  pegno  la  testa  che  gli  onp- 
revoli  non  si  faranno  punto  pregare  ,  ed  a  chiusi  occhi  voteranno  pel  si , 
qualora  il  Vacca  abbia  compilato  la  legge  in  maniera  da  spingere  la  spo- 
Jiazione  al  massimo  grado  possibile. 

8.  Questo  risultato  si  puo  conghietturare  con  tutta  la  morale  certezza, 
da  quel  che  fu  fatto  quanto  al  consentire  al  Governo  la  facolta  di  rubare^ 
ai  Corpi  religiosi,  ed  appropriarli  ad  usi  civili  e  militari,  i  conventi,  i 
monasteri ,  le  case  che  lo  Statuto  guarenti  come  inviolabili  a' loro  pos- 
sessori.  Nella  tornata  del  24  Ottobre  il  Ministro  per  la  Guerra,  sig.  Ge- 
nerale/Petitti,  presento  uno  schema  di  legge  a  tal  fine,  preceduto  da  una 
relazione  ;  onde  si  ricaya  ,  come  da  apposito  specchio,  inserito  negli  Atti 
ufficiali  n.°  946,  che  gia  si  erano  appropriati  a  tali  usi  non  meno  di  102 
tra  case  e  coaventi ,  in  virtu  della  legge  del  22  Dicembre  1862.  Chie- 
se  il  Ministro  che  tal  legge  si  mantenesse  in  vigore  per  altri  tre  anni. 
La  cpsa  parve  si  conyeniente  ,  che  la  Commissione  della  Camera  si  af- 
frettp  di  aderirvi,  limitando  pero  il  tempo  a  soli  18  mesi,  non  per  rispetto 
a'diritti  degli  spogliati,  ma  perche  il  carattere  di  provvisorieta  (Atti  uffi- 
ciali, n.°  973  ,  pag.  3807)  serva  «  d'incitamentp  a  risolvere  ilpiu  presto 
che  sia  possibile  il  destino  dell'  asse  ecclesiastico.  »  II  che,  in  allri  ter- 
mini ,  vuol  dire  ,  si  proceda  una  buona  volta  alia  totale  confiscazione  di 
siffatti  beni.  E  percio  raccomando  caldamente  che  si  voltassero  di  tali 
case  religiose  anche  ad  uso  di  carceri.  La  Camera  approvo  poi  la  propo- 
sta  del  Ministro,  cioe  per  tre  anni  intieri. 

9.  Appagati  i  liberali  con  le  speranze  sopra  Roma  e  con  la  preda  dei 
beni  ecclesiastici ;  mitigate  le  apprensioni  de'  contadini  circa  il  tributo 
del  1865,  mediante  le  offerte  de'  Municipii  ;  bisognava  consolare  anche 
Torino  dei  danni  ehe  dovea  incorrere,  diventando  semplice  citta  di  pro- 
vincia,  e  cedendo  a  Firenze  lutti  i  vanlaggi  di  Capitale  almeno  provvi- 
soria.  Percio  il  Ministro  di  Grazia  e  Giustizia,  sig.  Vacca,  nella  torna- 
ta del  4  Novembre,  presento  alia  Camera  (Attiu/f.  n.°  938)  unaislu- 


628  CRONACA. 

diata  relazione ,  circa  uno  schema  di  legge ,  che  certaraente  sara  ap- 
provata ,  in  virtu  della  quale  la  Corte  di  Cassazione,  che  da  Torino  era 
stata  trasferita  a  Milano ,  ora  da  Milano  debba  tornare  a  Torino .  per 
compenearla  del'a  perdiia  delta  sua  Reggia  e  del  Parlamento,  e  come 
pegno  della  riconoscenza  dell'  Italia. 

Nello  stesso  giorno  il  sig.  Torelli ,  ministro  per  V  agricoltura  ed  il 
Commercio ,  presento  alia  Camera  un  altro  schema  di  legge ,  in  forza 
del  quale  certe  Societa  industriali  e  commerciali,  che  harmo  contralto 
1'  obbligo  di  risiedere  nella  Capitale ,  ne  siano  svincolate,  ed  abbiano  fa- 
colia  di  stabilirsi  altrove  ,  purche  sia  nello  Stato.  E  si  sottintende  che 
abbiano  a  rimanere  in  Torino.  (Atti  uff.  n.°  955.) 

Anche  i  Ministri  dell'interno  e  delle  Finanze,  i  signori  Lanza  e  Sel- 
la,  yollero  mostrarsi  generosi  e  grati  alia  magnanima  abnegazione,  coa 
cui  Torino  sa  immolarsi  agli  interessi  deW  Italia;  e  percio ,  postisi  di 
accordo  fra  loro,  proposero  nella  medesima  tornata  del  i  Novembre, 
alia  Camera  (Atti  uff.  n.°  955) ,  che  fosse  inscritta  nel  Gran  libro  del  De- 
hito  pubblico  dello  Stato  ima  rendita  al  5  per  100  ,  nella  somma  di 
Lire  1,067,000  a  fayore  della  citta  di  Torino,  come  compenso  delle 
spese  o  gia  fatte  o  incominciate  a  farsi  in  lavori  a  decoro  della  sede 
del  Governo  e  per  servigio  della  Rappresentanza  nazionale.  Cosi  a  To- 
rino si  offre  un  pizzico  di  danaro,  la  restituzione  d'un  Tribunale  e  la 
gloria  ,  in  compenso  di  perdite  sterminate.  E  sta  b'enissimo.  11  Pie- 
monte  rivendico  a  se  il  merito  d'aver  falto  la  presente  Italia ;  e  giusta 
che  ne  faccia  anche  le  spese. 

10.  Nel  precedence  quaderno  abbiam  toccato  di  volo  1'agitazione  ecci- 
tata  in  Piemonte  dai  mestatori  del  partito  d'azione,  e  secondata  sottomano 
dai  moderati ,  in  favore  dei  Garibaldini  levatisi  in  arme  nel  Veneto,  e 
riparati  sui  monti  del  Friuli.  Or  siccome  e  spediente,  in  tali  congiunture, 
non  uscirc  dalla  via  che  altre  volte  mend  al  termine  bramato,  si  sentl  il 
bisogno  di  imitare  il  Cavour,  che,  dopo  date  armi  e  denaro  al  Garibaldi 
contro  la  Sicilia,  lo  disconfesso  diplomaticamente;  e  dopo  ordinato  al  Per- 
sano  di  proteggerne  lo  sbarco  contro  la  marina  napoletana,  si  riservo  di 
castigarlo  se  la  cosa  volgesse  male.  AJlo  stesso  modo,  se  non  con  lo  stesso 
intento,  la  Gazzetta  ufftdale  del  17  Novembre  stampo  la  nota  seguente: 

«  Appena  sorto  il  moyimeato  insurrezionale  del  Friuli,  non  manco  chi 
se  ne  \-alse  per  agitare  il  paese  a  prolitto  di  qualche  partito,  e  trascinare 
il  Governo  in  una  lotta,  della  cui  opportunita  egli  solo  puo  essere  il  giu- 
dice.  Proclami  di  giornali,  pubbliche  adunanze,  soscrizioni  di  vario  genere, 
notizie  di  esagerati  o  fantastici  success!,  tentativi  d'arruolamenti;  tutto  si 
pose  in  opera  per  eccitare  animosi,  ma  inesperti  giovani  a  passare  la 
irontiera  ed  unirsi  agl'insorti. 

«  II  Governo  non  poteva  stare  indifferente  a  siffatte  mene,  che  possono 
compromettere  la  sicurezza  del  paese.  Diramo  quindi  alle  autorita  politi- 
che,  da  lui  dipendenti,  le  opportune  istruzioni,  perche  manifestassero  la 
sua  disapprovazione  di  que'  moti  inconsulti,  additando  insieme  gl'inganni 
e  chiarendo  la  verita  dei  fatti,  onde  sviare  i  troppo  creduli  da  ogni  im- 
provvido  tentative.  Ma  i  raezzi  della  persuasione  e  di  una  costante  vigi- 
lanza  non  valsero  |)iir  troppo  a  trattenere  gl'  incauti  dal  tentare  il  compi- 
niento  di  arrischiati  disegni.  Non  si  tenne  alcun  conto  della  mitezza,  con 
cui  il  Goveruo  aveva  fin  qui  proceduto;  ed  anzi  i  mestatori  ne  protitlarono 
per  isparger  voce  che,  sotto  colore  di  avversarlo,  esso  favoriva  quel  mo- 


CONTEMPORANEA  629 

vimento.  Cqsi  polerono  riunire  una  grossa  banda  armala,  ed  avyiarla 
yerso  i  contini  del  Friuli  e  del  Tirolo.  Ma  il  Governo  stava  sull'avviso,  e 
diede  gli  occorrenti  ordini  per  inandare  a  vuoto  1'  improvvido  tentativo. 
Infatti  {in  da  icri  cento  e  piu  individui  appartenenti  a  quella  banda  yen- 
nero  sorpresi  e  disarmati  dai  nostri  prodi  soldati  e  reali  carabinieri:  ne 
altro  rimane  se  non  che  la  giustizia  provegga  secondo  il  suo  corso  or- 
dinario.  . 

«  Non  puo  assolutamente ,  anche  secondo  i  piu  larghi  principii  di  li- 
berta,  lasciarsi  aperta  la  frontiera  ad  opera  d'  invasione  manifesta.  Tale 
e  veramente  quella  che  oggi  si  tenta,  ma  che  non  sara  compita.  A  qua- 
lunque  costo  il  Governo  non  si  lasciera  trascinare,  ne  compromettere. » 

II. 

COSE  STRANIERE. 

MESSICO  1.  Fatti  d'arme  e  vittorie  degli  imperial'!  contro  i  repubblicani ;  dis- 
1'aUa  del  Doblado  — 2.  Adesioni  de'popqli  al  vpto  deU'Assemblea  de'Nq- 
tabili  circa  la  forma  di  Governo  e  1'  elezione  di  Massimiliano  I  —  3.  Arri- 
vo  del  nuovo  Imperatore  a  Veracruz;  suo  bando  ai  Messicani,  accoglienze 
a  lui  fatte  nel  viaggio  alia  Capitals  ;  ingresso  trionfale  in  Messico  —  4.  De- 
crelo  che  conferisce  la  reggenza  all'Imperalrice  in  congiunture  prevlste— 
S.  Lettere  di  Massimiliano  I  sopra  il  riorganamento  delle  Finanze  e  del- 
I'esercito  —  6.  Praticbe  di  conciliazione  coi  repubblicani ;  adesione  del- 
1'Uraga  all'Impero  — 7.  Abolizione  della  censura  preventiva  per  la  stain- 
pa;  atti  politici  varii  dell' Imperatore  —  8.  Munificenza  de'  nuovi  Sovrani 
verso  i  poveri  —  9.  Viaggio  di  Massimiliano  1  nelle  province  —  10.  Par- 
tenza  di  gran  parte  delle  truppe  francesi  dal  Messico;  formazione  della 
legione  straniera. 

1 .  Pochi  giorni  prima  che  il  nuoyo  Imperatore  del  Messico  giungesse 
a  Yera  Cruz,  parecchie  rilevanti  vittorie  contro  i  repubblicani  aveano 
cresciuto  il  prestigio  delle  armi  francesi,  illustrate  le  prime  prove  del 
nuovo  esercito  imperiale  indigene,  ed  abbattute  le  ultime  speranze  del 
Juarez,  i  cui  luogotenenti  piu  temuti  patirono  sconfitte  decisive.  Non  me- 
DO  di  dieci  furono  i  fatti  d'armi,  sempre  con  la  peggio  de' repubblicani 
disseminati  a  grosse  bande  in  varie  province,  avvenuti  nel  mese  di  Apri- 
le.  Ma  di  due,  che  si  combatlcrono  I'll  ed  il  17  Maggio,  vogliamo  qui  fa- 
re special  menzione,  perche  tornarono  piu  funesti  agli  antichi  oppressor! 
del  Messico. 

Da  un  rapporto  del  Generale  Bazaine  al  Gabinetto  di  Parigi,  che  ne  diede 
ampio  estratto  nel  Moniteur  del  29  Giugno  passato,  ricayasi  che  i  partigia- 
ni  del  Juarez  si  raunayano  in  gran  numero  nella  citta  di  Nochistlan,  nello 
Statq  di  Jalisco,  da  essi  munita  di  trincere,  dove  attendevano  ad  organarsi 

gagliardamente,  per  quinci  muovere  poi  a  qualche  spedizione.  II  Generale 
ouay,  avutane  contezza,  fece  muovere  contro  Nochistlan  un  buon  ner- 
bq  di  scelte  compagnie  di  fanti,  con  una  mano  di  cavalleria  leggera,  sotto 
gli  ordini  del  Colonnello  Pqtier  dell' 81.°  Reggimento  di  linea.  Questi, 
sollecitando  la  marcia,  agli  11  Maggio  giunse  inopinato  con  la  cavalleria 
nelle  vicinanze  della  cilta,  e  ne  occupo  gli  sbocchi  principali,  per  impe- 
dire  la  fuga  al  nemico;  ed  appena  fu  raggiunto  dalla  fanteria,  la  spinse 
all'assalto.  La  resistenza  fu  ostinata  e  feroce ;  ma  la  furia  francese,  apren- 


630  CRONiCA 

dosi  il  passo  tra  le  baionette  e  la  mitraglia,  supero  le  trincere,  e  costrinse 
i  difensori  a  riparare  nel  centre  di  esse,  e  chiudersi  entro  una  chiesa.  An- 
cora  in  questa  i  vincitori  penetrarono  a  yiva  forza,  ed  il  Generale  de're- 
pubblicani,  con  tutti  i  suoi  ufficiali,  furono  o  uccisi  o  fatti  prigipnieri. 
Mold  morti,  circa  200  prigionieri,  una  bandiera,  quattro  cannoni,  200 
fucili,  30,000  cartuccie  furono  i  trofei  di  questa  vittoria. 

Nello  Stato  di  San  Luis  de  Potosi  il  Generale  Doblado,  Luogotenente  del 
Juarez,  raccolti  6,000  uomini  dalle  parti  di  Catorce,  s'ayyio  per  attaccare 
una  divisipne  di  truppe  imperiali  messicane,  che  sotto  il  comando  del  Ge- 
nerale Mejia  campeggiava  presso  Matehuala.  II  Mejia,  che  stava  suH'ay- 
yiso,  spedi  una  staftetta  al  Colonnello  Aymard,  del  62.°  Reggimento  di  li- 
nea  francese,  avvisandolo  del  pericolo  in  che  si  troyava  di  essere  sopraf- 
fatto  dalle  forze  troppo  piu  numerose  delle  sue,  onde  staya  per  essere 
investito  dal  Doblado.  L' Aymard,  senza  mdugiare  un  momento,  volp  a! 
soccorso;  e  marciando  senza  punto  fermarsi  per  dieciannove  leghe,  giun- 
se  in  yista  di  Matehuala  la  mattina  del  17  Maggio,  appunto  quando  dalla 
parte  opposta  il  Doblado,  con  sei  mila  uomini  e  molta  artiglieria,  dispone- 
yasi  all'assalto,  che  il  Mejia,  appostato  dietro  un  muro  secco,  aspetlava  di 
pie  fermo.  Trayersando  rapidamente  Matehuala,  i  Francesi  corsero  a  pro- 
Jungare  1'ala  destra  del  Mejia,  dov'era  piu  graye  il  pericolo,  ed  immedia- 
tamente  caricarono  51  nemico.  Questo  credette  che  contro  soldati  stanchi 
sarebbe  inyincibile  la  sua  cavalleria,  e  la  mando  fupri  a  corsa ;  la  quale 
pero  in  pochi  istanti,  fermata  dal  fupco  della  fanteria,  ando  rotta  e  di- 
spersa  clalFimpeto  d'un  drappello  di  cacciatori  d' Affrica  e  d'uno  squa- 
drone  d' imperiali  del  Mejia.  Questo  primo  successo  crebbe  Tardore  dei 
Francomessicani,  che  abbattendo  ogni  ostacolo,  si  precipitarono  sulle 
batterie  del  Doblado,  e  gli  presero  diciotto  cannoni.  Allora  tutto  il  ri- 
manente  delle  truppe  del  Mejia,  prorompendo  da'  ripari,  e  riyaleggiando 
d'ardore  coi  Francesi,  piombo  sul  nemico,  la  cui  disfatta  fucompiuta.  II 
Doblado  non  iscampo  alia  morte  pd  alia  prigiqnia,  che  per  lastraordinaria 
yelocita  del  suo  cavallo,  mentre  i  suoi  erano  inseguiti,  e  messi  al  taglio 
della  sciabola  della  cavalleria  per  oltre1  a  quattro  miglia  dal  campo  di 
battaglia,  sul  quale  lascio  mplti  mprti,  una  bandiera,  18  cannoni,  800 
fucili,  1200  prigionieri,  tutti  i  carriaggi  e  200,000  cartuccie.  Dopo  questa 
rotta  il  Doblado  non  pole  piii  imprendere  alcuna  spedizione  di  momento, 
e  quindi  a  pocp  disparye  dalla  scena,  abbandonando  il  suolo  messicano, 
e  ricoyerandosi,  come  si  crede,  nella  Nuova  Orleans. 

Ma  un  audace  capobanda ,  per  npme  Marcot  Heredia,  concepi  il  dise- 
gno  di  riunire  1'  eletta  de'  yenturieri  piu  risoluti  che  infestavano  le  terre 
calde ,  non  senza  qualcbe  speranza  di  poter  forse  sorprendere  in  yiaggio 
1'  imperatore  Massimiliano,  di  cui  annunziavasi  yicino  1'arriyo  ;  e  percio 
diede  loro  la  posta  a  Casautlan ,  a  settentrione  di  Huatusco  ,  nello  Statq 
di  Vera  Cruz  ,  dalle  parti  di  Jalapa  e  di  Perote.  Alquante  compagnie  di 
Francesi ,  ayutane  notizia  ,  accorsero  prontamente  cola,  si  gettarono  a 
baionette  spianate  sul  campo  di  que'banditi,  ne  uccisero  piii  di  100  e  cir- 
ca 200  fecero  prigionieri,  gli  altri  essendosi  dispersi.  Di  che. la  meditata 
impresa  dell' Heredia  diyenne  impossibile,  e  la  via  che  dovea  percorrere 
Massimiliano  I  fu  purgata  dalle  bande,  che  poco  prima  la  batteyano,  gua- 
stando  i  layori  della  via  ferrata  e  tagliando  il  telegrafo,  con  grave  mole- 
stia  alle  comunicazioni  de'  Francesi  tra  Veracruz  e  la  Soledad. 


CONTEMPOBANEA  631 

2.  Un  altro  genere  di  yittoria ,  non  meno  efficace  a  rassodare  il  nuovo 
ordine  di  cose  ,  venivasi  intanto  riportando  ne'  varii  Slati  del  Messico  , 
per  la  volqnterosa  adesione  de'  nopoli  agli  atti  compiuti  dall'  Assemblea 
de'Notabili  della  Capilale,  circa  la  forma  di  Governo  e  Telezione  di  Mas- 
similiano  d'Austria.  Fin  dal  26  Marzo  il  Segretariq  di  Stato  per  gli  afiari 
esterni  avea  potato  pubblicare  uno  spccchiq  siooltico  delle  adesioni  otte- 
nute;  e  nc  risuliava  che  gia  6,445,564  abitanti  ctel  Messico  o  personal- 
iriente  o  per  loro  rappresentanti  e  Municipii  aveano  pienamente  accettato 
il  nuovo  ordinamento.  Onde,  siccome  rilevasi  da  statistiche  compilate  sul 
fmire  del  1862  ,  la  popolazione  totale  del  Messico  essendo  di  circa 
8,629,982  anime,  restavano  solo  ad  aversi  le  adesioni  di  2,184,418  ani- 
tanti,  sparsi  principalmente  nelle  province  di  Sonora,  di  Sinaloa,  di  Chi- 
hualiua,  di  Nuova  Leon,  di  Coahuila,  di  Durango,  di  Colima,  della  Bas- 
sa  California,  e  d'una  parte  di  quelle  di  Chiapas,  Guerrero  ed  Oajaca. 
Ma,  di  mano  in  mano  che  questi  luoghi  si  veniano  liberando  ,  o  per  se 
medesimi,  o  per  le  armi  imperiali,  dalla  tirannide  repubblicana,  tosto  si 
affrettavano  di  procedere,  in  varie  forme,  al  plebiscite,  il  cui  risultato  fa- 
vorevole  spedivano  alia  Capitale.  Sicche  sul  finire  del  Maggio  ben  poco 
rimanea  a  desiderare,  per  ppter  dire  che  il  popolo  messicano  quasi  tutto 
avea  espresso  formalnaente  il  suo  voto  per  1'Irnpero  e  Flmperatore. 

3.  La  mattina  del  28  Maggio  la  fregata  francese  Themis ,  che  avea 
scortato  e  per  molti  giorni  ancora  rimorchiata  la  fregata  austriaca  Nova- 
ra,  su  cui  viaggiava  1'  imperatore  Massimiliano,  entro  nella  rada  di  Sa- 
criiicios,  ed  avviso  Tammiraglio  francese  Bosse,  che  nel  pomeriggio  ar- 
riverebbe  il  nuovo  Sovrano.  Tl  telegrafo  ne  porto  subito  1'  annunzio  al 
Bazaine  in  Messico,  ed  al  Generale  Almonte  alia  Soledad,  d'onde  questi 
calo  subito  alia  Vera  Cruz;  sicche  quella  sera  stessa  pole  condursi  a  bor- 
do  della  Novara,  dov'ebbe  luogo  nel  pomeriggio  e  nella  sera  il  primo  ri- 
ceviraento  delle  autorita  messicaiie  e  fraucesi.  Allo  spnntare  del  giorno 
seguente,  le  LL.  MM. ,  salutate  da  101  colpo  di  cannone,  in  una  scialuppa 
della  Novara,  furono  rimorchiate  al  molo  dove  presero  terra,  e  presso  la 
porta  udirono  una  breve  arringa  dal  Capo  del  Municipio,  che  presentc  a 
Massimiliano  I  le  chiavi  della  citta  ;  quindi  in  carrozza  andarono,  sotto 
una  pioggia  di  tiori,  in  mezzo  a  vive  acclamazioni  del  popolo,  alia  Catte- 
drale;  ed  iyi  assistettero  al  canto  del  TeDeum.  Poscia,  sollecitandola  mar- 
cia  per  evitare  gli  ardori  torridi  del  sole  nelle  terre  basse  ,  furono  alia 
stazione  della  via  ferrata,  ed  alle  6  7.  antimeridiane  partirono  alia  volta 
della  Soledad.  Ivi  sostettero  a  sdigiunare,  e  nella  notte  del  29  al  30  giun- 
sero  a  Cordova;  dopo  breve  sosta,  si  rimisero  in  viaggio  e  al  cominciar 
di  quel  giorno  furono  ad  Orizaba,  cioe  fuor  d'ogni  pericolo  delle  influenze 
pestifere  e  rnicidiali  delle  terre  calde.  Ad  ogni  stazione,  si  della  ferrovia 
e  si  della  via  postale ,  trovarono  raccolti  gli  abitanti ,  che,  secqndo  loro 
potere,  manifestavano  gioia  pel  fans  to  e  tanto  desideratp  avvenimento. 

Al  momento  di  scendere  a  terra  1'  imperatore  Massimiliano  fece  che  si 
pubblicasse  un  suo  bando  a'  popoli  del  Messico,  di  cui  ci  pare  opportune 
riferire  il  brano  seguente.  «  Messicani !  Voi  mi  avete  desiderate;  la  vostra 
nobile  nazione,  con  una  spontanea  maggioranza,  mi  ha  designato  per  ve- 
gliare,  dal  giorno  cT  oggi ,  sull'  ayvenire  dei  vostri  deslini.  Mi  alfretto  a 
rispondere  con  gioia  a  questa  chiamata.  Per  quanto  mi  fosse  doloroso  il 
dire  addio  per  sempre  al  mio  paese  natio  ed  alia  mia  famiglia  ,  tuttavia 
I'ho  fatto,  persuaso  che  1'Onnipotente  mi  ha  ailidata  per  vostro  mezzo  la 


632  CRONACA 

nobile  missione  di  consacrare  tutta  la  mia  energia  ed  il  mio  cuore  ad  un 
popolo  che,  stanco  di  battaglie  e  di  lotte  disastrose,  desidera  sinceramen- 
te  la  pace  e  la  prosperita,  ad  un  popolo,  che  avendo  assicurata  gloriosa- 
mente  la  propria  indipendenza,  desidera  oggi  gustare  i  frutti  della  civilta 
e  d'un  vero  progresso. 

«  La  fiducia,  dalla  quale  siamo  animati  cosi  voi  come  io,  sara  corona- 
la  di  splendidi  ristiltati,  se  rimarremo  sempre  uniti  per  difendere  strenua- 
mente  i  grandi  principii ,  che  sono  i  soli  fondamenti  yeri  e  durevoli  de- 
gli  Stati  moderni;  i  principii  cioe  d'  inviolabile  giustizia,  d'  uguaglianza 
dinnanzi  alia  legge;  la  strada  aperta  ad  ognuno  per  qualimque  camera  e 
posizione  sociale ;  la  completa  e  ben  intesa  liberta  delle  persone,  che  rias- 
surae  in  se  la  protezione  dell'  individuo  e  quella  della  proprieta ;  lo  svi- 
luppo  della  ricchezza  nazionale ;  i  miglioramenti  della  agricoltura  ,  delle 
miniere  e  dell' industria ;  lo  stabilimento  di  vie  di  comunicazione,  per  un 
esteso  commerciq;  e  finalmenie  il  libero  carapo  aperto  all'intelligenza  in 
tutte  le  sue  relazioni  coll'interesse  pubblico. 

«  Le  benedizioni  del  cielo,  e  con  esse  il  progresso  e  le  liberta ,  ncm  ci 
verrarmo  meno  certamente ,  se  tutti  i  partiti ,  lasciandosi  guidare  da  un 
Goyerno  forte  e  leale,  si  uniscono  per  raggiungere  lo  scopo  che  ho  teste 
indicate  ,  e  se  contmueremo  sempre  ad  essere  animati  dal  sentimento 
religiose,  carattere  distintiyo  della  nostra  bella  patria  ,  anche  nei  tempi 
piii  infelici.  La  bandiera  incivilitrice  della  Francia,  sollevata  tant'alto  dal 
suo  nobile  Iraperatore,  al  quale  voi  andate  debitor!  della  risurrezione  del- 
J'ordine  e  della  pace,  rappresenta  gli  stessi  principii.  » 

Gonchiuse  col  riaffermare  il  proposilo  di  rispettare  le  leggi  del  paese  , 
e  di  farle  rispettare  da  tutti  con  irremovibile  autorita  ,  dicendo  d'  aver 
tolto  per  propria  sua  divisa  il  motto:  imparzialita  nella  giustizia. 

In  Orizaba  fecero  le  LL.  MM.  una  fermata  di  tre  giorni,  spesi  in  visi- 
larelecircostanzee  gli  opificii,  encl  ricevereleDeputazioni,spedite  dalle 
citta  e  terre  vicine;  destando  generale  entusiasmo  per  raffabilita  de'loro 
modi,  e  la  squisita  bonta  delle  loro  parole  e  de'loro  tratti  di  beneh'cenza 
verso  i  ppveri,  i  prigion^ieri  e  gfinfermi  negli  spedali.  Alii  3  Giugno  si 
rimisero  in  viaggio,  che  in  parte,  attesa  1'asprezza  della  via  sulle  giogaie 
dei  Cumbres,  si  dovette  fare  a  cavallo,  e  la  mattina  del  5  il  corteggio  tece 
ingresso  solenne  a  Puebla.  Tutta  la  via  da  Orizaba  a  Puebla  era  stata  or- 
iiata  da  archi  di  trionfo  che  si  contarono  a  piu  centinaia;  presso  i  quali  si 
raccoglieyano  gli  abitanti  de'  contorni  per  offerire  agli  augusti  viaggiatori 
fiori,  doni  e  felicitazioni.  La  citta  di  Puebla  poi  era  tutta  messa  a  festa 
con  arazzi  e  drappi  e  handiere,  e  la  magniticenza  degli  ornamenti  fatti 
dal  Comune  puo  argomentarsi  da  ci6 ,  che  un  solo  arco  trionfale  em  co- 
stato  piu  di  centomila  franchi.  Assistito  al  TeDeum  nella  Cattedrale,  1'Im- 
peratore  ricevette  1' omaggio  dalle  autorita  del  luogo;  alle  quali,  depo 
promesso  di  voler  spendere  tuttp  se  per  la  felicita  del  popolo,  disse  que- 
ste  parole:  «  Merce  di  istituzioni  veramente  libere,  con  una  giustizia  se- 
vera,  proteggendo  le  persone  e  le  sostanze  di  lutti,  il  nostro  Governo  ap- 
pianera  al  Messico  la  via  del  vero  progresso,  che  mena  alia  prosperita  ed 
alia  verace  grandezza.  » 

Partendo  da  Puebla  sul  mezzodi  del  giorno  8,  gli  augusti  viaggiatori 
furono  salutati  da  101  colpo  di  cannone,  e  dai  plausi  di  una  folia  stermi- 
nata  di  popolo  che  li  accompagno  per  buon  tratto;  e  trovando  tutta  la  via 
lino  a  Cholula,  adorna  di  ghirlande  ed  archi  di  verzura  e  fiori,  ivi  ristet- 


CONTEMPORANEA  633 

tero  tutlo  un  giorno  per  compiacere  agli  Indiani,  che  per  antica  tradizio- 
ne  venerano  quella  come  la  loro  citta  santa.  La  sera  del  giorno  11  le  LL. 
MM.  pervennerp  al  Castellp  di  Guadalupe,  a  yenlisette  chilometri  dalla 
Capitale,  dove  ricevettero  in  udienza  privata  il  marchese  di  Montholon, 
Ministroplenipotenziario  di  Francia,  e  parecchi  alti  personaggi  messicani. 
Finalmente  alii  12,  preceduti  da  tutta  la  loro  Corte,  1'Imperatpre  e  1'Im- 
peratrice  fecero  il  loro  solenne  ingresso  nella  Capitale  di  Messico.  II  Me- 
morial diplomatique  del  16  e  31  Luglio  reco  diffuse  descrizioni  della 
pompa  maravigliosa  e  dell'entusiasmo  con  cui  tutto  il  popolo,  ma  special- 
mente  gl'  Indiani,  davano  sfogo  al  loro  giubilp  alia  vista  di  Massimilia- 
no  I ;  in  cui  ravvisavano  quel  Principe  dalla  bionda  chioma  e  dagli  occhi 
azznrri,  che  per  antica  tradizioue  aspettavauo  e  dicevano,  dover  essere 
loro  mandato  dal  cielo  a  liberarli  dalToppressione^ 

La  stazione  della  ferrovia  da  Guadalupe  a  Messico  era  stata  cangiata, 
con  addobbi  sfarzosissimi,  in  sala  immensa,  dove  era  eretto  il  trono. 
Quando  vi  giunsero  le  LL.  MM.  il  Podesta  della  Capitale  loro  presento  le 
chiavi  d'  oro  della  citta,  con  una  breve  e  calorosa  allocuzione;  dopp-di 
die  in  m#gnifica  carrozza  a  sei  cavalli,  1'  Imperatore  e  1'  Imperatrice, 
potendo  il  corteggio  a  grande  stento  aprirsi  il  passo  tra  la  folia  del  popolo, 
e  sotto  una  pioggia  di  fiori  die  si  spargeano  da'  balconi  e  da'  terrazzi,  si 
condussero  alia  Cattedrale,  e  vi  furono  ricevute  da  Mons.  Arcivescovo 
La  Bastida  e  da  altri  Vescovi ;  quindi,  cantato  un  solenne  TeDeum,  pas- 
sarono  con  tutta  la  Corte  a  palazzo,  dove  cominciarono  ad  aver  luogo  in 
tutta  pompa  i  riceyimeuti  ufficiali.  Ma  1'  Imperatore  dovette  piu  vpUe 
affacciarsi  alia  loggia,  per  far  paghi  i  voti  del  popolo  accalcato  sulla  piaz- 
za, che  al  primo  yederlo  proronipea  in  plausi  e  viva  di  giubilo  indescri- 
vibile.  Le  luminarie  generali  della  citta  si  continuarono  piu  sere,  e  si  puo 
argomentare  del  loro  splendore  dal  sapersi  che  molti  proprietarii  spesero 
fino  a  10,000  franchi  per  la  facciata  della  loro  casa. 

Le  Darne  di  Messico  preseritarono  1' Imperatrice  d'una  stupenda  toletta, 
tutta  argento,  oro  e  gemme,  in  cui  la  squisita  perfezione  del  lavpro  pareg- 
giava  la  preziosita  della  materia ;  ed  i  pubblici  festeggiamenti  si  prosegui- 
rono  lino  al  giorno  21,  nella  sera  del  qual  di  il  Generate  Bazaine  diede  una 
sontuosissima  fesla  da  ballo ,  cbe  fu  onorata  dalla  presenza  de'  Sovrani. 

4.  Ma  1'  Imperatore  non  voile  che  questo  tripudiare  del  popolo  gli  to- 
gliesse  punto  nulla  del  tempo  che  doveasi  dare  alle  urgent!  e  gravissime 
faccende  di  Stato ;  e  percio,  benche  trasferisse  la  sua  residenza  al  castello 
di  Chapultepec,  situato  in  amenissimo  luogo  a  due  leghe  dalla  Capitale, 
come,  per  isfuggire  agli  ardori  della  slagione,  si  usava  fare  cola  dai  Capi 
dello  Stato ;  pure  ogni  di  sulle  ore  otto  del  mattino  egli  si  riconduceva  a 
Messico,  e  vi  spendeva  tutta  la  giornata,  fino  alle  sei  pomeridiane  a  spe- 
dire  gli  affari  di  Governo.  Appeua  accettato  1'Impero  a  Miramar,  Massi- 
miliano  I  avea  accreditato  suoi  rappresentanti  presso  le  Corti  di  Francia, 
Austria,  Roma,  Belgio,  Spagna;  e  dopo  il  suo  ingresso  a  Messico  fu  sol- 
lecito  di  compiere  il  suo  Corpo  diplomatico,nominando  Ministri  plenipo- 
tenziarii,  che  signiticassero  il  sup  avvenimento  al  trono,  ai  Sovrani  di 
Russia,  Svczia,  Danimarca  e  Torino,  ed  alia  Confedcrazione  svizzera. 
Poi,  alii  26  di  Giugno,  fece  pubblicare  nella  Capitale  il  decreto  seguente, 
gia  iirmato  a  Miramar  nel  giorno  10  Aprile: 

«  Considerando  cbe  nulla  e  tanto  urgente,  quanto  il  provvedere  alia 
stabilita  del  Governo  legittimo  della  nazione  che  ci  ha  eletto  suo  Sovrano, 


634  CRONACA. 

e  di  occorrere  ai  varii  casi  che  possono  sopraggiungere,  abbiam  decre- 
tato,  che  in  caso  di  mprte  o  di  qualsivoglia  altro  accidente,  che  ci  mel- 
tesse  nell'  impossibilita  di  contiauar  a  goverriare,  1'  Imperatrice,  nostra 
augusta  Consprte,  sara  incaricata  della  Reggeriza  dell'lmpero.  » 

II  Municipio  di  Messico  si  era  proposto  d'  innalzare  in  bellissimo 
marmo  un  arco  di  trionfo  all' imbpccatura  d'ua  viale  del  pubblicp  pas- 
seggio,  denominato  gia  dall'imperatrice  Carlotta,  che  a  lei  yoleasi  dedi- 
care ;  ma  1'Imperatore,  con  lettera  del  14  Giiigno  ordino  al  suo  Ministro 
di  Stato,  sig.  Velasquez  de  Leon,  che  quei  marmi  si  adoperassero  piut- 
tosto  in  erigere  un  monumento  &\[J  Indipendenza  della  p atria,  da  doversi 
ornare  con  le  statue  ed  i  nomi  de'prineSpali  eroi  della  guerra  d'indipenden- 
za,  sostenuta  contro  gli  Spagnuoli.  La  prima  pietra  di  questo  monumento 
iu  posta  nella  Piazza  d'arnii  dall'lmperatrice,  il  giorno  16  di  Settembre, 
anniversario  della  festa  dell'Indipendenza,  mentre  1'  Imperatore,  assente 
daila  Capitale,  la  celebrava  nel  piccolo  villaggio  di  Dolores. 

5.  Per  ayer  un  saggio  dell'operosita  di  Alassirniliamo  I  nel  riordina- 
mento  de'  suoi  Stati,  hasta  leggere  la  limpida  sua  lettera,  indirizzata  il 
di  6  di  Luglio  allo  stesso  sig.  Velasquez  de  Leon,  e  riferita  nel  Q/emorial 
diplomatique  del  21  Agosto,  a  pag.  544.  In  essa  1' Imperatore,  ricono- 
scendo  che,  a  fondare  utili  istituzioni  per  la  prosperita  del  paese,  e  ne- 
cessario  conoscerae  appieno  le  condizioni  ed  i  hisogni,  e  percio  ayyalersi 
dei  lunii  e  dei  consigli  di  personaggi  probi  e  sperimentati  rtei  yarii  rami 
della  pubblica  aruministrazio.ne ;  manifesto  aver  divisato  di  costituire 
special!  Commissioni,  le  quali  debbano  aitendere  con  tutto  zeSo  a  ricer- 
care  e  proporre  partitaraente  le  rilorme  che  sono  ricbieste  a  quello  sco- 
po.  Ma,  sopra  tutti  prinieggiando  il  bisogno  di  un  buon  sistema  per  le 
iinanze,  ordino  al  sig.  Velasquez  de  Leon  di  convocare  imrnediatamente, 
sotto  la  sua  presidenza,  una  Commissione  incaricata  di  disaminare  cop 
tutta  solerzia  e  profondila  le  presenti  condizioni  del  Tesoro,  e  lecagioni, 
per  cui,  anche  prescindendo  dai  rovesci  patiti  per  le  guerre  civili,  pure 
le  cntrate  non  pareggiarpno  le  spese. 

Inoltre  codesta  Gommissione  dovra  rivedere  gli  schemi  di  legge  gia 
apparecchiati  circa  i  pubblici  tribuii ,  ayyertendo  che  siano  eliminate 
lutte  le  t'ormalita  inutili,  tutti  i  conlrolli  onerosi,  tutti  gli  impacci  Ccigio- 
nati  da  eccessiva  moltiplicita  di  uiliciali.  Dovra  pure  veder  di  conciliare 
gl'interessi  dello  Stato  con  i  riguardi  yoluti  per  i'acilitare  il  commercip 
con  gli  straiiieri,  ed  il  progresso  dell'industria;  e  percio  ponderare  assai 
tutto  cio  che  spetta  ai  balzelli  sui  prodotti  stranien,  del  parichc  i  tributi 
tan  to  ordinarii,  quanto  straordinarii,  onde  banno  da  essere  gravati  1'agri- 
coltura  ed  il  cpmmercio  interoo.  Inoltre  ricercare  tutto  cio  che  riguarda 
gl'imprestiti,  il  debito  pubblico,  i  berii  della  Corona,  i  contratli  e  le  in- 
dennita  yerso  i  privati,  i'andamento  e  I'amministrazione  deile  miniere, 
il  servigio  delle  Ppste,  ed  aucbe  il  sistema  dei  pesi  e  delle  misure.  Quin- 
di,  fermate  le  basi  dei  tributi  e  dei  balzelli  dirctti  ed  indiretti,  la  Com- 
missione dovra  compilare  lo  schema  del  bilancio,  e  proporre  i  mezzi  con 
cui  sopperire  al  deficit,  inevitable  in  queslo  cominciamenlo  di  nuovo 
ordine. 

Tal  Commissione  dovea  raunarsi  per  la  prima  volta  nel  giorno  1.°  di 
Agosto,  ed  essere  composta  nel  modo  segucnte:  1.°  di  abitanti  notabili 
del  Messico,  da  nominarsi  dall'Imperatore ;  2."  di  delegati  rappresentan- 
ti,  in  ciascun  spartiniento,  i  varii  ordini  della  popolazione.  Per  la  elezio- 


CONTEMPORANEA  635 

lie  di  questi  delegati,  i  Prefetti  politici  doveano  convocare  immediata- 
niente  gli  elettori,  traendpne  i  nomi  dai  registri  di  commercip,  dai  censi 
delle  miniere  e  dei  tributi,  lasciando  agli  elettori  plena  libertadi  npmina 
de'  loro  rappresentanti.  La  Commissione  cosi  formata  si  doyea  poi  sud- 
dividere  in  piu  Giunte  speciali,  secondo  i  Tarii  rami  da  studiarsi. 

Provveduto  cosi  al  riorganamento  delle  Finanze,  che  sono  il  nerbo 
degli  Stati,  tanto  per  la  prosperita  in  pace,  quanto  per  la  forza  in  guer- 
ra, 1'  Imperatore  vplse  tutte  le  sue  cure  a  far  si  che  d'ora  in  avvenire  il 
Messicp,  inyece  di  essere,  come  ne' trent'anni  addietro,  alia  merce  di 
venturieri,  i  quali  adunavano  branchi  di  ribaldaglia,  ed  armatili  alia  me- 
glio,  si  creavano  Colonnelli  e  Generali,  fosse  tutelato  da  un  esercito  re- 
golare  e  da  milizie  disciplinate,  tale  da  bastare  alia  sicurezza  interna  ed 
alia  difesa  contro  ogni  aggressione  esterna.  Percio  voile  istituita  una 
Commissione  militare,  di  cui  conferi  la  presidenza  al  Generale  Bazaine, 
al  quale  indirizzo  una  lunga  e  savissima  lettera,  per  tracciare  a  gran 
tratti  il  da  farsi. 

Le  quistioni,  che  si  dovranno  risohere  da  codesta  Commissione,  sono 
indicate  nell'ordine  seguente:  1.°  Numero  e  forza  dell' esercito,  si  in  pace 
e  si  in  guerra.  2.°  Sistema  di  cerne  o  coscrizione;  milizia  cittadina;  du- 
rata  del  tempo  in  cui  si  dee  stare  sotto  le  bandiere  od  essere  ascritto  alia 
riserva.  3.°  Regolamenti  militari  pei  diversi  Corpi  speciali;  Codice  per 
la  giustizia  militare ;  formazione  dei  Consigli  di  guerra  e  delle  Corti  mar- 
ziali.  4.°  Stipendii  degli  ufficiali;  ordine  de"gradi;  ricompense;  congedi 
da  darsi  agli  inutili  od  indegni ;  e  quanto  puo  spettare  alia  necessita  di 
verificare  e  rispettare  i  diritti  acquisiti,  rimovendo  gl'intrusi.  5.°  Orga- 
namento  della  Gendarmeria.  6.°  Di^ise  ed  armamenlo  delle  varie  truppe, 
secondo  le  costumanze  ele  necessita  del  paese.  7.°  Fondazione  di  colonie 
militari  sui  confini  dell'America  settentrionale.  8.°  Costituzione  del  Corpo 
sanitario,  delle  infermerie,  degli  spedali  railitari.  9.°  Organamento  d'un 
sistema  di  presidii  e  di  scolte ,  per  assicurare  i  trasporti  ed  i  yiaggi  sulle 
grandi  vie  dello  Stato.  10.°  Regolamento  per  le  pensioni  a'  militari,  alle 
vedove  ed  orfani  loro. 

Ond' e  chiaro  che  nulla  fu  omesso  dall' avvedutissimo  Imperatore,  di 
quanto  puo  concorrere  a  dar  corpo  e  saldezza  ad  un  esercito  istruito  e  di- 
sciplinato.  La  sua  lettera  fmiva  con  queste  parole:  «  Per  sollecitare  la  so- 
luzipne  di  queste  important!  quistioni ,  e  di  tutto  cio  che  s'attiene  ad  una 
perfetta  organizzazione  militare,  Yoi,  caro  Generale,  avrete  probabilmen- 
te  bisogno  di  dividere  lo  studio  ed  il  lavoro  tra  un  certo  numero  di  sot- 
tqcommissioni,  formate  di  ufficiali  piii  sperti,  francesi  e  messicani.  I  lavori 
di  queste,  che  si  faranno  coutemporaneamente,  sarannp  ppi  sottoposti  alia 
disamina  e  discussione  generale  della  Commissione  principale.  E  cosi,  ol- 
tre  al  risparraiare  tempo,  si  metteranno  a  profitto  i  luaii  dell'  eletta  di  uf- 
ficiali che  voi  comandate  cosi  egregiamente,  e  la  cui  influenza,  sotto 
tutti  i  riguardi,  ha  gia  prodotto  per  questo  paese  risultati  rilevantissimi ». 
Le  Commission!  anzidette  han  ppsto  alacremente  mano  al  lavoro .  e  fra 
breve  saran  fatti  di  pubblica  ragione  i  decreti,  che  elaborati  sopra  il  loro 
avviso,  verrannp  sottoposti  all'apprpvazione  dell'  Imperatore.  Solo  qual- 
che  cosa  e  traspirato  intorno  all'ordinamento  dell'esercito.  Esso  sara  for- 
malo  col  sistema  interamente  francese.  Ottanta  mila  uomini  saranno  sot- 
to  le  armi  in  tempo  di  pace :  cencinquantamila  in  tempo  di  guerra.  Venti 
reggimenti  di  cavalleria,  ciascimo  di  SOO  uomini,  sei  battaglioni  diotto 


636  CRONACA 

batterie  a  piedi  e  due  battaglioni  a  cavallo  formeratino  1'artiglieria  :  e  la 
fanteria  si  dividera  in  reggimenti  di  tre  battaglioni  di  800  soldati  cia- 
scuno.  Per  mantenere  quest'  esercito,  dqpo  le  prime  spese  di  formazione 
e  di  armamento,  occorreranno  60  milioni  di  franchi  ogni  anno. 

6.  Preparandosi  cosi  alia  lotta,  non  pure  contro  i  faziosi  di  dentrp,  ma 
si  ancora  contro  i  nemici  di  t'uori  e  specialrnente  coiitro  le  piraterie  del 
Yanchee  degli  Stati  Uniti,  1'imperatore  Massimiliano  sentiva  benissimo 
che  1'  accingersi  a  domare  con  la  forza  tutte  le  bande  repubblicane  che 
ancora  stavano  in  armi,  disseminate  in  rimote  province  ,  protette  dalla 
natura  dei  luoghi  e  dalla  stessa  distanza,  era  un  esporsi  a  dover  conti- 
nuare,  fprse  per  piuanni,  quella  che  avrebbe  almeno  1' apparenza  di 
guerra  civile.  Pertanto  in  ogni  congiu'ntura  fece  intendere  che  accpglie- 
rebbe  a  braccia  aperle,  poneudo  in  oblio  il  passato,  i  capi  e  parligiani 
suoi  avversarii,  che  lealmente  accettassero  il  nuovo  ordine  di  cose,  e  vin- 
colassero  la  loro  fede  all'  Impero.  E  sembra  invitare  a  cio  il  suo  contegno 
soinrnaniente  affabile,  ed  improntato  di  serena  liducia  nel  popolo  messi- 
cano.  Di  che  diede  bella  prova  fia  dal  giorno  dopo  il  suo  ingresso  solen- 
ne  nella  Capitale.  Egli ,  con  I'augusia  sua  sposa,  senz'altra  scorta  che 
un  valletto  di  palazzo,  tutto  a  piedi,  se  n'  ando  alia  Cattedrale,  eyi  assi- 
stette  alia  Messa.  II  popolo  lo  riconobbe,  e  in  breve  ora  si  accalco  in  tal 
nuraero  alle  porte  della  chiesa,  che  appena  1'  Imperatore  potea  aprirsi  il 
varco  al  ritorno  in  palazzo.  Accorse  tulto  affannoso  un  ufficiale,  chieden- 
dp  a  Massimiliano  se  dovesse  far  venire  un  drappeilo  di  soldati  di  guar- 
dia  ;  ma  1' Imperatore  sorridendo,  e  mostrando  la  folia  che  in  atto  bene- 
•volo  gli  stava  attprno  e  plaudiva  :  questa  ,  rispose  a  voce  alta,  e  la  mi- 
glior  guardia  che  io  mi  possa  desiderare.  Di  che  si  raddoppiarono  leac- 
cJamazioni  d'entusiasmo,  ed  i  popolaai,  tra  attoaiti  ed  inteaeriti :  Oh  ve- 
dete!  esclamavatio,  questi  sono  davvero  Principi  1  Che  diiYerenza  da  quei 
President!  che  avevamo  (inora,  i  quali  o  non  doveano  o  non  osavaao  mo- 
strare  ia  pubblico  le  loro  persone,  se  noa  ciute  <!'  una  fitta  siepe  di  guar- 
die  e  da  interi  squadroni  di  cavalleria !  Si  vede  che  1'Imperatore  e  I'lm- 
peratrice  son  nati  per  regnare  !  E  cosl  via  discorrendo.  Laonde  e  chiaro, 
che,  rispondendo  con  la  tiducia  alia  tiducia,  il  popolo  della  Capitale  do- 
yea,  comeavvenne,  rimaner  preso  de' suoi  Sovrani  ;  tanto  cbe  persino 
unrepubblicano  dell' America  setleutrionale,  scrivendoaNew  YorK,  ebbe 
ad  esclamare:  «  si  Massimiliano  omai  domina  tutti  col  suo'senno  e  con  le 
alte  sue  doti ;  come  1'  imperatrice  Carlotta  ha  conquiso  tutti  i  cuori  con 
la  incomparabile  sua  bonta.  » 

Ma  v'  e  di  meglio.  Moltide'piu  caldi  republicani ,  convinti  dell'im- 
possibilita  di  tener  testa  al  valore  delle  truppe  francesi,  massime  dopo  la 
presa  di  Puebla  e  la  scontitta  del  Doblado,  si  capacitarono  che  il  conti- 
Biiare  nel  contrasto  sarebbe  un  cagionare  inutili  quanto  funeste  sciagure 
alia  loro  patria,  e  si  adoperarono  per  indurre  i  piu  accredilati  fra  i  coa- 
dottieri  sostenitori  di  Juarez  a  posare  I'armi  ed  acconciarsi  al  nuovo  or- 
dine di  cose.  Ccrto  non  si  fecero  cotali  pratiche  ne  presso  il  Juarez ,  ne 
presso  il  yersipelle  Doblado,  ne  presso  I'  infame  Ortega,  che  abuso  della 
generosita  francese  per  tradire  la  data  fede  e  fuggire,  dopo  essersi  dato 
prigioniero  di  guerra.  Ma  ben  si  provarono  presso  il  generate  Uraga.  uo- 
mo  di  riputato  valore,  che  cornandava  ancora  un  buon  nerbo  di  truppe, 
e  si  trayagliava  a  tenere  in  suggezione  al  Juarez  ed  alia  repubblica  lo 
Stato  di  Jalisco;  e  leggesi  nel  Memorial  diplomatique  del  14  Agosto  , 


CONTEMPORANEA  637 

pag.  529,  una  calda  e  ragionatissima  lettera  a  lui  indirizzata,  e  firmata 
da  cinque  cospicui  repubblicani  di  Guadalajara,  per  esortarlo  a  desistere 
da  inutile  resistenza,  e  rannodarsi  all'impero.  Pare  che  queste  pratiche 
riuscissero  efficaci,  perche,  oltre  a  molti  altri  capi  di  bande  e  General! 
di  minor  conto,  lo  stesso  Uraga,  se  dissero  yero  le  recenti  notizie  perve- 
nute  da  Vera  Cruz  al  Moniteur,  alle  proposte  fattegli ,  aderi  aH'Impero  e 
con  la  maggior  parte  delle  milizie  rimastegli  giuro  fedelta  e  devozione  a 
Hassimiliano  I. 

7.  In  un  paese  travagliato,  per  oltre  a  trent'  anni,  da  scissure  intestine 
e  da  guerre  civili,  con  Governi  che  pareano  gareggiare,  succedendosi  a 
capriccio  delle  fazioni  prevalent,  in  accrescere  i  mali  comuni  e  fomentare 
1'auarchia,  ognunp  comprende  quantp  difficil  cosa  debba  essere  il  prepa- 
rare  una  Costituzipne  secondo  il  diritlo  nuovo,  e  tale  che  abbia  ad  appa- 
gare  i  liberali  piu  indiscreti,  senza  offendere  i  moderati  e  senza  lastricare 
la  via  a'rivoltosi  per  mestiere.  Pertanto  Massimiliano  I,  riseryandosi  a 
pubblicare  lo  Statute  fondamentale  dell'  Impero,  a  convocare  la  rappre- 
sentanza  nazionale,  insonima  ad  organare  e  mettere  in  moto  la  macchina 
del  sistema  parlamentare,  quando  il  paese  yi  sia  sufficientemente  prepa- 
rato:  regge  ora  la  cosa  pubblica  in  quella  forma  ch%  usavano  i  Sovrani 
ayveduti  ed  onesti ,  prima  delle  famigerate  conquiste  del  1789.  Cerca  e 
disamina  da  se  i  consigli  de'  personaggi  piii  ragguardevoli  per  yirtu  e 
perizia  nelle  cose  proprie  dello  Stato,  indaga  accuratamente  le  conclizioni 
passate  e  present!  de' popoli,  ne  studia  le  costumanze,  s' informa  degli 
abusi,  pensa  alle  riforme,  e  commettea  Giunte  speciali  la  compilazione 
degli  ordinamenti,  opportune  ad  assestarei  yarii  rami  della  pubblica  am- 
ministrazione.  Durando  questo  lavpro  preparatorio,  era  inutile,  e  perico- 
loso  forse,  il  circondarsi  di  Ministri  risponsabili,  che  nori  possono  aver 
luogo  finche  non  esistono  Camere  rappresentative,  innanzi  alle  quali  ri- 
spondere.  Laonde  Massimiliano  1  tinqui,  avendo  norninalo  il  sig.  Ye- 
lasquez  de  Leon  suo  Ministrq  di  Stato,  si  tenne  pago  alia  nomina  del  Mi- 
Bistro  per  gli  affari  esterni,  indispensabile  per  intrattenere,  nelle  forme 
•volute  dal  diritto  internazionale,  le  relazioni  diplomatiche  colle  Potenze 
straniere.  Scelse  a  tal  carica  il  sig.  Don  Fernando  Ramirez,  che  fu  sem- 
pre  riguardato  come  capo  del  partito  liberale  moderate,  benche  avesse 
rifiutato  di  partecipare  all'Assemblea  de'  Notabili,  ne  avesse  contribuito 
al  ristabilimento  della  Monarchia  ed  alia  elezione  del  nuovp  Imperatore. 
Per  gli  altri  rami  della  pubblica  amministrazione  mantenne  in  ufficio  quel- 
li,  che  con  titolo  di  Spttosegretarii  ne  faceano  le  yeci. 

Alcuni  de'  piu  grayi  abusi  furono  gia  troncati  con  Decreti  imperiali. 
Npceya  assai  la  larga  facolta,  che  gli  antichi  regolamenli  lasciavano  ai 
Giudici  eMagistrati,  di  pigliarsi  frequenti  e  lunghe  yacanze.  Massimilia- 
no 1  ridusse  a  soli  ire  gli  otto  giorni  di  assenza,  pei  quali  bastaya  dare 
avviso  ai  President!  di  ciascun  Tribunale,  ed  a  45  giorni  i  tre  mesi  di 
yacanze  annuali.  Ridusse  pure  a  soli  sette  i  giorni  festiyi,  nei  quali  i  pub- 
blici  ufficiali  non  sono  obbligati  a  condursi  ne'loro  ufficii;  mentre  pel 
passato,  attesa  la  tragrande  moltitudine  delle  feste,  questo  accadeva  cosi 
spesso  che  la  sped'zione  degli  affari  n'era  al  tutto  impedita.  Nelle  Dome- 
niche  luttavia  i  pubhlici  ufficii  del.  Governo  saranno  aperti  solo  dalle  ore 
nove  alle  t!odici  antimeridiane.  In  tali  giorni  di  Domenica  1'  Imperatore 
tiene  udi^nza  pubblica,  cui  tutti,  senza  riguardo  a  condizioue  civile,  sono 
ammessi  a  presentare  a  lui  stesso  in  persona  i  proprii  richiami^  od  a  sol- 
lecitare  le  ricompense,  i  favori,  la  giustizia  a  cui  credono  aver  diritto. 


638  CRONACA 

Le  Commission!  sopramentovate ,  pel  riorganamento  dell'  esercito  e 
delle  Finanze  gia  cominciarpno  con  grande  alacrita  i  lavori  loro  assegnati; 
ed  altre  due  furono  costituite  per  ordinare  cio  che  spetta  alia  Giustizia  ed 
all'  istruzione  pubblica.  Ecco  la  lettera  scritta  sopra  cio  da  Massimiliano  I 
al  sig.  Fernando  Ramirez  :  «  Considerando  che  1'  amministrazipne  della 
Giustizia  e  del  pubblicp  insegnamento ,  sono  elementi  essenziali  di  ordi- 
ne,  di'  moralita  e  d'  incivilimento,  e  mia  intenzione  di  applicaryi  tutte  le 
mie  cure.  Percio  vi  conferisco  autorita  di  nominare  due  Commissioni,  di 
cui  ypi  sarete  Presidente,  e  che  saranno  incaricate  di  compilare  i  regola- 
menti  opportuni  circa  i  punti  seguenti. 

«  Commissione  di  Giustizia.  Inamovibilita  della  Magistratura  —  Orga- 
namento  de'  Tribunali  e  loro  competenze  —  Contenzioso  amministrativo 
—  Organamentp  del  Ministero  publicp  (fisco)  —  Stipendio  de'  Giudici  e 
loro  risponsabilita  —  Pubblicita  dei  dibatlimenti  in  tutte  le  instanze  — 
Celere  spediziorie  delle  cause,  tanto  civili  che  criminali  —  Codici  —  Mi- 
glioramenti  delle  carceri  —  Polizia  giudiziaria. 

«  Commissione  pel  pubblico  insegnamento.  Unita  di  sistema  —  Orga- 
namento  de'  Professori  —  Stipendii  —  Scuole  primarie,  normali,  Collegi 
e  Licei,  scuola  politecnica  —  Gradi  letterarii  —  Biblioteca  dello  Stato  — 
Accademie  delle  scienze,  di  storia  e  di  lingue  —  Ministero  pel  pubblico 
insegnamento.  »  E  fini  raccomandando  di  suddiyidere  tra  piu  Commissio- 
ni secondarie  gli  studii,  e  promoverne  con  tutto  zelo  il  compimento. 

Con  un  decreto  del  31  Luglio,  riferito  come  gli  altri  che  verremo  ac- 
cennando,  dal  Memorial  del  18  Settembre,  1'Imperatore  riorganizzo,  sot- 
tp  il  comando  d'  un  Commissario  imperiale,  1'  amministrazione  della  pe- 
oisola  di  Yucatan,  che  per  lungo  tempo  fu  il  focolare  dell'  anarchia.  Con 
altro  decreto  del  29  Luglio  fu  levato  il  blocco  da  tutti  i  porti  dell'  Impe- 
ro,  tanto  sul  golfo  del  Messico  quanto  sul  Pacifico.  Con  circolare  del 
27  Luglio  fu  imposto  a  tutti  i  pubblici  ufficiali  di  astenersi  da  appellazio- 
ni  ingiuriose  ,  a  yoce  o  per  iscritto,  verso  quelli  che  dissentono  dal  pre- 
sente  Governo;  obbligandoli  a  non  richiedere  dichiarazioni  di  fedelta  da 
quelli  che  smettono  le  armi,  senza  punto  indicare  i  l@ro  sentimenti,  pur- 
che  yivano  quieti ;  percio  neppure  dovrassi  usare  il  yocabolo  di  grazia 
verso  quelli,  che,  ayendo  combattuto  contro  1'  Impero  senza  perpetrare 
delitti  comuni,  si  accostano  al  Governo. 

Con  lettera  del  7  Agosto  al  Ministro  Velasquez  de  Leon,  scrisse  1'  Im- 
peratore  :  «  Ho  giudicato  opportune  di  ampliare  /'  azione  della  stamps. 
Pertantp,  a  cominciare  dall'8  corrente,  e  lino  a  nuoyo  ordine,  lacensura 
preventives  e  abolita.  Ognuno  potra  liberamente  manifestare  le  sue  opinio- 
ni  sopra  gli  atti  ufficiali,  e  chiarirne  i  difetti ,  purche  non  si  provochi  a 
disobbedienza  e  si  psservi  il  rispetto  dovuto  ail'autprita.  Le  allusioni  in- 
giuriose ,  le  recriminazioni  intese  a  soffiar  discordia  ed  irritare  lo  spi- 
rito  di  parte,  come  gli  attacchi  di  persone  nella  loro  vita  priyata,  saran- 
no castigati  secondo  le  leggi  yigenti ,  senza  pregiudizio  dei  processi  e 
delle  pene  che  si  debbono  infliggere  da'  Tribunali...  I  compilatori  dei 
giornali  sono  prosciplti  dalle  ammonizioni  riceyute  lino  al  presente.  » 

8.  Alii  6  Luglio  si  celebro  in  Messico  1'  anniyersario  della  nascita  di 
Massimiliano  I.  Tutta  la  Corte  in  gran  gala  assistette  alia  santa  Messa, 
seguita  dal  canto  del  Te  Deum ;  poi  si  tenne  splendidp  ricevimento  e  ban- 
chetto  a  palazzo.  Ma  1'  Imperatore  voile  che  i  poveri  ne  sentissero  qual- 
che  vantaggio,  e  del  suo  privato  peculio  diede  25,  000  franchi  per  libe- 
rare  le  robe  de'poveri  messe  a  pegno.  Oltre  che  ogni  settimana  fa  distri- 


CONTEMPOPANEA  6-39 

buire  somme  cpspicue  agli  indigent! ,  fece  mandare  soccorsi  copiosi  allo 
spartimcnto  di  Zacatecas,  alTamato  per  la  carestia  del  granturco ,  Dnde 
cola  si  nutrisce  il  minutp  popolo.  L  Imperatrice,  eir.ulapdo  1'auguslo  suo 
consorte  in  ufficii  di  carita  ,  si  occupa  di  yisitare ,  lasciandoyi  generose 
largizioni,  gl'  istituti  di  benetlcenza,  ed  i  conventi  di  religiose,  chela 
barbarie  del  Juarez  ridusse  a  quella  medesima  condizione,  in  cui  langui- 
scono  le  monache  assassinate  dai  ristauralori  dell'  ordine  morale  in  Ita- 
lia. Di  che  non  e  a  dire  quanto  cresca  nel  popolo  raramirazione  e  ralfet- 
to  verso  i  nuovi  supi  Priucipi,  massime  pel  confrpnto  con  la  spietata  in- 
gordigia  de'passali  President! ,  a  null'  altro  inlesi  che  a  hottinare  ed  in- 
grassarsi  del  denaro  e  del  sangue  delle  moltitudini  da  essi  tiranneggiate, 
in  nome  della  liberta. 

9.  La  presenza  del  Sovrano,  ognuno  il  sa,  torna  quasi  sempre  molto 
efficace  quanto  al  conciliare  la  devozione  de'  popoli  al  Governo;  e  Mas- 
similiano  I  non  voile  indugiare  a  valersi  di  questo  mezzo  anche  per  le 
vicine  province.  Percio  alii  10  d'Agpsto,  lasciando  all' Imperatrice  le 
cure  della  Cnpitale  e  la  presidenza  dei  Ministri  e  sotlosegretarii  di  Stato, 
benche  non  fosse  ancora  finita  la  stagione  delle  piogge,  entro  in  viaggio, 
e  giunse  il  18  a  Valladolid,  Capitale  della  provincia  cpsi  appellata.  L'ac- 
coglienza  fattagli  dagli  abitanti  fu  magnitica  e  piena  di  cordiale  entusia- 
snio.  Vi  si  sofl'ermo  due  giorni,  nei  quali  ricevette  deputazipni  venute 
a  recargli  1'  omaggio  delle  principali  citta  dallo  Stato  vicino  di  Mi- 
cboacan;  qtiindi  prosegui  oltre  verso  Guadalajara  ,  Capitale  dello  Stato 
di  Jalisco,  e  che  quanto  all'  importanza  politica  ed  al  numero  degli  abi- 
tanti nvaleggia  con  Puebla.  L'Imperatore  visito  poscia  successivamen- 
teLeon,  Morelia,  Guanajuato,  Salamanca,  Celaya,  Queretaro,  Zacatecas  e 
San  Luis  de  Potosi,  cioe  dire  le  Province  del  centro  e  dell'occidente  del- 
I'lmpero.  Due  parlicolarita  si  dehbono  ril'erire:  1' una  e  la  malattia  d'in- 
iiammazione  alia  gpla  che  lo  iucolse  a  Trapuato  e  V  phbligo  a  fcrmarvisi 
[jer  due  settimane  incirca  afh'ne  di  curarla  ,  come  felicementc  gli  riusci: 
1'altra  la  festa  dell'Indipendenza  messicana,  cheMassimiliano  I  voile  ce- 
lebrarenel  picciolo  viilaggio  di  Dolores,  donde  parli  nel  1810  il  primo 
grido  della  guerra  che  emancipo  il  Messicp  dalla  dominazipne  spagnuola. 
II  discorso  che  in  tale  occasione  la  Maesta  Sua  pronunzio  ,  non  poteva 
essere  ne  piii  caldo  ne  piu  appropriato  se  fosse  slalo  proflerito  da  un 
messicano  di  nascita  ,  e  quiudi  ha  prodotto  nelle  pppolazioni  un  effetto 
assai  buono  e  salutare.  Tutto  il  rimanente  della  relazione  di  questo  viag- 
gio puo  compendiarsi  in  poche  parole :  distribute  del  suo  privato  pecu- 
lio  larghe  limosine  tra  le  pppolazioni  piu  strette  dalla  mancanza  del  gran 
turco  :  dare  provvedimenti  efticacissimi  perche  queste  popolazioni  sieno 
presto  sottratte  a  tale  sventura :  visitare  da  per  tulto  le  career! ,  gli  os- 
pedali,  le  scuple:  dare  udienza  a  quant!  la  desideravano  per  loro  affari : 
informarsi  dei  bisogni  di  ciascun  paese  e  dei  miglioramenti  da  recare 
alia  prosperita  pubblica:  e  da  per  tutto  dar  segni  d'una  piena  c  sinceris- 
sima  fiducia  e  riceverne  dal  popolo  di  cordiale  e  calda  venerazione.  Cos! 
percorse  quelle  province  dopo  op  giorni  di  assenza,  tprnoin  Messicp,  ove 
le  accoglienze  liete  e  festose  gli  si  rinnovarono  da  ogni  ordine  di  cittadini. 

10.  Prima  di  accingersi  a  yisitare  cosi  una  parte  degli  Stati ,  1'  Impe- 
ratore  era  preoccupato  del  bisogno  di  fare  cjualche  energica  spedizione 
eontro  i  rimasugli  delle  varie  bande  repubblicane,  che  in  piu  luoghi  man- 
tengono  il  simulacro  del  Governo  di  Juarez.  Percio  alii  24  Luglip  eras! 
tenulo ;  sotto  la  presidenza  del  Generate  Bazaine,  un  Consiglio  di  guer- 


610  CRONACA  CONTEMPORANEA 

ra ,  composto  di  General!  francesi  e  messicani ;  in  cui  fu  parlitamenle 
divisato  il  modo  di  fare  che  le  truppe  imperial!,  acconciamente  distribui- 
te,  potessero  tutte  convergere  verso  un  dato  punto ,  in  cui  si  sarebbero 
sospinli  i  repubblicani,  per  cosi  troncare  d'un  colpo  solo  la  guerra.  II  di- 
segno  e  vasto:  ma  sono  anche  piii  vaste  le  terre  semideserte,  le  monta- 
gne,  le  vallate  che  si  hanno  a  correre,  per  eseguirlo.  Per  goder  tempo  il 
Generate  Bazaine,  benche  sapesse  forse  gia  di  dovere  alia  tine  di  Settem- 
bre  rimandare  in  Francia  circa  10,000  uomini,  pure  raise  subito  in  mar- 
eia  le  truppe ;  e  parecchie  delle  rainori  bande  o  t'urono  disperse  o  si  sug- 
gettarono. 

Per  I'effetto  di  queste  disposizioni ,  Juarez,  sfuggito  per  caso  ai  Fran- 
cesi, die  occupavano  Monterey  ,  fu  costretto  di  rifugiarsi  nel  Chihahua, 
ove  i  3,000  soldati  che  1'hanno  seguitato  si  sbandano  ogni  di.  I  Francesi 
si  sono  impadroniti  di  Boca  del  Rio,  porto  di  Matamoros,  e  quindi  a  po- 
co  della  stessa  citta  di  Matamoros,  dopo  cbe  Cortinas,  il  quale  accorreva 
a  difenderla  pel  Juarez,  fu  sforzato  dal  Gen.  Meija  a  prcnder  la  fuga,  tra- 
versando  il  Rip  Grande  c  rifugiandosi  nel  Texas.  II  General  Doblado , 
cbe  gia  eras!  rifuggito  nella  Nuova  Orleans,  cbiese  di  sottomettersi ,  a 
patto  cbe  siagli  lasciata  la  libera  propriela  dei  beni  nazionali ,  da  lui 
comperali  in  gran  quanlita  dalla  rivoluzione.  Essendogli  stato  risposto 
cbe  per  cio  dec  sottostare  alle  leggi  comuni  dell'  Impero,  ha  chiesto  un. 
salvo  condotto  e  una  scorta  militare  ,  per  recarsi  in  Messico  a  parlare 
coll'  Imperatore :  dopo  il  quale  abboccamento  risolvera  cio  che  gli  torni 
piu  conto  di  fare:  e  tutto  gli  e  stato  conceduto.  Tra  i  personaggi  piu  in- 
signi ,  cbe  hanno  recentemente  aderito  all' Impero,  contansi  il  generate 
Zuloaga ,  antico  Presidente  del  Messico  ,  il  generate  La  Garza  ,  antico 
governalore  di  Tamaulipas ,  il  signor  Vidaurri,  antico  governatore  di 
Nuova  Leon  e  di  Cohauila.  Del  generate  Ortega  corre  voce  che  sia  stato 
ammazzato  dai  suoi  medesimi  partigiani.  Gli  Stati  settentrionali  posti 
sulla  riviera  del  Pacilico  ban  cessato  da  ogni  resistenza  al  Governo  del- 
1'Itnperatore,  e  lo  hanno  acclamato  per  loro  sovranp  colla  medesima  pie- 
nezza  di  voti  che  gli  altri  Stati  del  nuovo  Impero,  inviando  loro  delegati 
a  Massimiliano  per  annunziargli  la  piena  loro  adesione,  impedita  tin  ora 
dal  raanifestarsi  dalla  presenza  dei  Juaristi.  Omai  non  rimangono  che 
poche  bande,  che  qccupano  i  punti  piu  remoti  e  piu  aspri  delle  estreme 
province ,  perseguitate  incessantemente  da  valorose  milizie  francesi  e 
messicane.  Si  spera  che  in  breve  tempo  anche  queste  bande  sarannp  di- 
strutte:  poiche  si  tiene  per  fermo  che  il  Bcizaine,  nominato  Maresciallo 
di  Francia  per  decretp  di  Napoleone,  pubblicato  nel  Moniteur  del  9  Set- 
tenibre,  non  si  movera  al  ritorno  in  Francia,  senon  dopo  condotla  a  ter- 
mine  1'  impresa  disegnata  il  2i  di  Luglio.  Fatto  sta  cbe  nel  Novembre 
saranno  ricondotti  in  Europa  circa  10,000  de'  yalenti  fondatori  dell'  Im- 
pero dato  a  Massimiliano  1,  e  poco  piu  che  tanti  rimarranno  a  coadiuvare 
ie  truppe  indigene. 

Vero  e  che  si  fa  assegnamento  sulla  Legione  straniera,  almeno  altret- 
tanto  che  sulla  devozione  dei  Messicani  stessi.  Codesta  Legione  doyea 
formarsi  di  16,000  uomini;  de' quali  8,000  francesi,  6,000  austriaci 
e  2,000  Belgi,  sotto  il  comando  d'  un  Generate  francese;  e  pare  che  que- 
sti  sia  il  sig.  Jeanningros,  chedovra  dipendere  direttamente  dall' Impe- 
ratore, e  intendersela  col  Ministro  della  Guerra  pei  soli  affari  di  ammi- 
nistrazione.  Gli  8,000  francesi  son  gia  sul  luogo  :  gli  altri  quasi  tutti  o 
in  mare  pel  Messico,  o  in  procinto  d'  imbarcarsi. 


LE  SPERANZE  DELIA  VERA  ITALIA 

NEL 

TRASPORTO  BELLA  CAPITALE 


La  Convenzione  famosa  del  15  Selternbre  ira  la  Francia  ed  II 
Piemonle  e  stata  esaminata ,  osservata,  studiala  minutamente  finora 
da  Deputati ,  da  Ministri ,  da  giorualisti  buoni  e  cattivi.  Che  si  e 
ricavato  da  tanti  studii?  Si  e  ricavato  queslo,  eke  non  se  ne  puo  ri- 
cavar  nienle  di  netlo.  Questa  Convenzione  e  una  nebulosa  che  niuu 
telescopio  vale  a  schiarire ,  e  un  problema  sfingico  che%iuno  Edipo 
sa  decifrare,  e  UD  logogrifo,  un  indovinello  ,  un  enle  anfibio  che  va 
per  mare,  per  terra,  per  sottoterra  e  per  1'aria  vestito  di  nuvole  e  di 
chiari  scuri.  E  non  e  mica  che  la  Convenzione  non  sia  in  se  cosa  chia- 
rissima.  Tult'  altro!  II  suo  difello  sta  anzi  in  queslo  che  e  cosa  troppo 
chiara,  e  capace  di  natura  sua  di  tanle  chiarezze.  diverse  che  1'  una 
dislrugge  ed  oscura  1'  altra  mirabilmente.  Appunto  come  accade  al 
sole  ,  il  quale  non  si  puo  negare  che  sia  chiarissimo ,  eppure  a  chl 
lo  guarda  in  faccia  oscura  gli  occhi ,  si  che  1'  audace  specolatore  na 
rcsta  cieco.  Gosi  questa  benedetta  Convenzione ,  chiarissima  in  se 
slessa,  accieca  i  suoi  troppo  studiosi  osservatori ,  e  si  rende  oscura 
ed  invisibile  colla  stessa  lucidila  sua. 

Mirate  infatli  quanto  opposte  evidenze  questa  Convenzione  ha 
partorite  nelle  menti  degli  uomini.  Non  parliamo  di  Roma,  dove  non 
ci  e  ancor  la  moda  di  giocare  alle  sciarade  viventi,  e  dove  per  con- 

Scrie  V,  vol.  XII,  fasc.  354.  41  1  Decembre  1864. 


€12  LE  SPERANZE  DELLA  YERA  ITALIA 

seguenza  niuno  si  e  curato  di  formarsi  una  impossibile  opinione 
netta  sopra  un  negozio  si  imbrogliato.  Ma  a  Parigi ,  per  esempio  , 
guardate  la  Franco.  Questo  giornale  e  pieno  di  buone  inlenzioni 
per  la  Chiesa  e  per  Roma.  Esso  aveva  tanla  smania  di  essere  il 
paladino  della  Religione  clie  ,  in  un  momento  di  eccesso  di  zelo  , 
Yolle  prendere  il  posto  dell'  Univers  nelle  mani  del  Clero  e  delle 
persone  divote.  Or  bene  un  giornale  si  pio  e  si  illuminato,  un  gior- 
nale si  devoto  alia  Religione  e  al  Papa ,  un  giornale  clie  darebbe , 
se  non  la  propria ,  almeno  la  vita  di  lulli  gli  altri  giornali  catto- 
lici,  in  difesa  della  S.  Sede,  questo  giornale,  insieme  col  Memorial 
diplomatique  e  qualclie  altro ,  vede  nella  Convenzione  la  sicurezza 
di  Roma. 

Ma,  oh  caso  slrano!  In  Parigi  stessa  certi  allri  giornali  chc,  se 
non  sono  si  pii  come  la  France,  hanno  pero  anch'essi  le  loro  grandi 
e  piccole  entrate  presso  quelli  clie  ,  non  diciamo  che  le  sappiano, 
ma  certamente  pretendono  saper  le  cose,  quesli  altri  giornali  vedono 
nella  stessa  Gonvenzione  la  ruina  di  Roma. 

Cio  clie  accade  in  Parigi,  accade  a  Torino,  accade  da  per  tulto, 
eccetto  clie,  come  dicemmo,  a  Roma,  dove,  quanto  alia  Convenzione, 
non  accade  niente. 

Cio  posto, *ed  avendo  noi ,  in  piu  articoli  precedent! ,  recali  gia  i 
varii  argomenti  clie  quinci  e  quindi  si  dibaltono  fuori  di  Roma  pro 
e  contro  di  questa  veramente  doppia  Convenzione,  e  parendoci  cosa 
ormai  posta  in  sodo  che  ,  qualunque  siano  le  intenzioni  con  cui  fu 
scritla  e  soltoscriUa ,  essa  pero  e  evidentemenle  in  se  stessa  una 
spada  a  doppio  taglio,  un  Giano  a  due  faccie,  una  proposizione  a 
due  sensi,  un  oracolo  anfibologico  come  chi  dicesse :  ibis  red-ibis  non 
morieris  in  Urbe :  essendo,  diciamo,  posto  in  chiaro  che  questa  Con- 
venzione e  nel  suo  complesso  oscurissima  ed  indicifrabile ,  vediamo 
ora  se  non  ce  ne  sia  almeno  una  parte  di  chiaro  ,  e  se ,  per  quella 
parte  che  si  va  eseguendo  fin  d'  ora ,  essa  non  debba  avere  qualche 
conseguenza  certa  e  qualche  frutto  non  dispregevole.  . 

Questa  Convenzione  si  va  per  ora  effeltuando,  come  e  noto,  nella 
sola  sua  clausola  del  Trasporto  della  Capitale,  da  Torino  a  Firenze. 
Or  questo  trasporto,  che  e  la  sola  cosa  certa  per  ora  della  Conven- 


NEL  T1USPORTO  BELLA  CAPITALE  643 

zione,  e  anche  appunlo  quella  di  che,  secondo  noi,  il  savio  Piemonte 
e  la  vera  Italia  si  debbono  rallegrare  come  di  sconfitta  parziale  della 
massoneria  e  di  ottimo  augurio  per  il  ritorno  a  tempi  migliori.  II 
che  sembra  a  noi  ckiarissimo  per  due  ragioni  principalmenle.  La 
prima  si  e  il  disguslo  improvvidamente  recato  al  Piemonte  con  que- 
sto  Irasporto.  II  qual  disgusto,  mentre  punisce  il  Piemonte  della  sua 
cooperazione  ai  mali  finora  perpelrati  in  Italia ,  lo  distacca  dail'  Ita- 
lia, e  lo  libera  insieme  da  quella  Babilonia  di  matti,  di  emigrali;  di 
scappati  di  casa,  di  giornalisti,  di  tutta  quella  marmaglia  in  somma 
che  fa  ora  il  suo  flagello  e  la  sua  corruzione.  La  seconda  ragione  si  e 
il  disturbo  e  la  discordia  che  essa  Convenzione  in  generale  e  il  tras- 
porto  della  Capitale  in  particolare  hanno  recato  tra  i  liberali  italiani, 
che  ora  si  guardano  in  cagnesco  piu  che  mai  e  sono  pronti  a  profit- 
tare  della  prima  occasione  per  isfogare  ciascuno  contro  delF  altro  il 
dispetto  profondo  che  si  covano  in  cuore. 

Incominciamo  dalla  prima  ragione.  Noi  diciamo  dunque  in  primo 
luogo  che  questo  trasporto  della  Capitale  e  salutare,  perche  disgusta 
il  Piemonte,  perche  lo  dislacca  dall1  Italia,  e  lo  libera  una  volta  da 
quella  ciurma  di  corruttori  che  furono  finora  la  sua  ruina.  E  chiaro 
che  il  Piemonte  disgustato  della  rivoluzione,  si  dee  distaccare  dalla 
rivoluzione,  ed  e  chiaro  pure  che,  emigrando  per  Firerfze  tutta  quella 
lurba  di  ciarlatani  politici  che  finora  oscuro  il  buon  senso  piemon- 
tese,  il  Piemonte  ne  rimarra  come  F  Egitto  liberate  dalle  locuste. 
Donde  viene  per  dritta  conseguenza  che,  disgustato  il  Piemonte  e  di- 
staccato  dalla  rivoluzione,  1'  Italia  cattolica  ne  sara  di  tanto  vantag- 
giata,  di  quanto  ne  restera  menomata  la  framassoneria. 

E  chiaro  che  questa  Convenzione,  colla  sua  clausola  del  trasporto 
della  Capitale,  disgusta  il  Piemonte  e  i  Piemontesi.  Questi  si  accon- 
ciarano  volentieri  a  chiamare,  ridendo  e  per  celia,  la  loro  Torino  Ca- 
pitale provvisoria.  Ma  nel  fondo  del  cuore  la  credeano  Capitale  eter- 
na.  II  voto  del  Parlamento  di  Roma  Capitale  era  stato  un  bel  trovato 
del  Cavour  per  ritenere  la  Capitale  in  Torino.  Giacche  egli  sapeva 
benissimo  che  vi  erano  i  Milanesi,  i  Fiorenlini,  i  Napoletani  e,  si  su- 
peris  placet,  anche  i  Bolognesi  e  gli  Spolelini  che  pretendevano  di 
capitanare  1'  Italia.  Or  che  fece  egli?  Fece  dichiarar  Capitale  Roma. 


LE  SPERANZE  DELLA  VERA  ITALIA 

A  Roma  dovelte  cedere  natural mente  ogni  prelensione  delle  minori 
citta;  anche  perche  la  massoneria,  che  sola  si  occupava  di  questo  co- 
me del  resto  nella  moderna  Italia,  vedeva  nell'  idea  di  Roma  Capi- 
tale  il  compimento  del  massimo  ed  anzi  dell'unico  suo  desiderio.  Ce- 
delte  dunque  ogni  citta  a  Roma,  rimanendo  inlanto  la  Capilale  in 
Torino.  Ai  Fiorentini,  ai  Milanesi,  ai  Napoletani,  a  lutti  gli  altri  che 
mormoravano  di  questo  dover  star  sotto  Torino,  il  Cavour,  con  aria 
confidenziale,  diceva:  « Abbiato  pazienza  un  poco.  Andremo  a  Roma. 
Yedo  anch'  io  che  da  Torino  non  si  puo  governare  » .  Ed  intanto  go- 
vernava  da  Torino  e  teneva  a  bada  le  pretensioni  municipali.  I  Pie- 
montesi  poi  erano  si  persuasi  di  questa  eternita  proYvisoria  della 
loro  Torino  Capitale,  che,  quando  arrive  la  notizia  del  trasporto, 
Yollero  cadere  dalle  nuvole,  come  alia  notizia  di  un  tradimento. 

Apparisce  anche  da  queslo  quanto  la  morle  repenlina  del  Cavour 
in  eta  fresca,  sia  stato  il  principle  della  fine  del  regno  d'  Italia.  In- 
fatti,  morto  lui,  si  ando  avanti  come  i  gamberi,  ruinando  di  abisso  in 
abisso.  Non  si  trovo  phi  un  uomo  capace  di  governare  questo  caos 
che  si  sarebbe  sfasciato  in  quindici  giorni,  senza  la  potente  protezione 
dell'alleato  francese.  E  come  nelle  fmanze,  nel  credito  di  mod,  nel 
dissenso  dei  partiti  di  dentro,  cosi  ancora  nell'  affare  della  Capitale, 
mancato  il  Cavour,  manco  chi  avesse  la  fiducia  comune  dei  setlarii, 
manco  chi  sapesse  guidare  la  barca,  si  che  ora  si  e  venulo  a  questo 
scoglio  del  trasporto  da  Torino,  senza  pero  trasportarsi  a  Roma,  che 
era  il  peggio  che  si  potesse  prevedere,  e  quello  appunto  per  cui  im- 
pedire  il  Cavour  avea  trovato  quell'  appiglio  della  Capitale  prov- 
\1soria. 

Ecco  che  cosa  significa  il  dipendere  nell'  esislenza  da  un  uomo 
solo !  Mori  ii  Cavour  e  con  lui  rnori  il  rettore  interno.  Ora  T  Italia  e 
come  un  buratlino,  i  cui  fili  sono  guidati  da  un  rettore  esterno. 

In  questo  caos  il  Piemonte  e  ora  dunque  travollo  anch'  egli  per  la 
parte  sua.  II  Piemonte  perde  ora  la  Capitale,  e  colla  Capitale  tutlo  il 
malacquistato  in  questi  anni  di  congiure,  di  tradimenli,d'  iniquila  si 
solenni.  Ma  questa  perdita ,  questo  sfacelo  e  poi  veramente  per  il 
Piemonle  un  danno  o  non  piultosto  un  guadagno? 


KEL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE  645 

E  evidente  die  per  molli  lati  e  un  guadagno.  Noi  non  siarao  cer- 
lamenle  di  quelli  die  accusano  il  solo  Piemonle  di  iulto  il  raale  die 
si  &  fatlo  in  Italia  in  quesli  anni.  Noi  sappiamo  die  il  Piemonle  fu 
sfrultato  dalla  fraraassoneria  in  do  die  avea  di  meglio,  come,  in  do 
che  aveano  pure  di  meglio,  furono  sfrutlati  gli  allri  paesi  d'  Italia. 
E  non  e  cerlo  un  onore  per  la  massoneria  e  carboneria  italiana 
che  essa  non  abbia  trovalo  nel  reslo  d'  Italia  die  Iraditori  vigliacchi, 
ed  emigrati  affamati,  i  quali  senza  1'oro  e  la  forza  piemontese  sareb- 
bero  rimasi  incapaci  d'  altro  che  di  qualche  pugnalala  notturna  o  di 
qualche  congiura  prima  scoperta  che  fatta.  Ad  ,ogni  modo  e  certo 
che  lutte  le  varie  province  italiane  hanno  cooperate  a  quesla  ruina, 
che  si  chiama  il  Regno  d'  Italia.  Ma  d'  altra  parle  non  si  puo  negare 
che  il  Piemonte  non  ci  abbia  pure  cooperate  per  la  parte  sua,  se  non 
con  piu  malizia,  al  certo  con  piu  forza  che  gli  altri.  Senza  il  Piemon- 
te non  si  sarebbe  fatto  nulla ;  e  benche  in  cio  stesso  che  fece  il  Pie- 
monte, I'immensamaggioranza  dei  Piemontesi  non  vi  abbia  nessuna 
colpa,  siccome  quelli  che  subirono  ed  acceltarono  i  fatti,  anziche  con- 
summarli,  pure,  ogni  cosa  considerata  ed  ogni  circostanza  allenuanle 
tenuta  in  conto,  sempre  rimane  vero  che  il  Piemonte  ha  avuto  la  sua 
buona  parte  in  tutlo  il  male  che  si  fece  in  Italia. 

E  do  posto,  chi  non  vede  che  e  un  gran  guadagno  pel  Piemonte 
F  essere  ora  costretto  dalla  forza  delle  cose  a  vedere  e  loccar  con 
mano  che  abazzicar  col  diavolo,  non  si  guadagnaniente?!!  Piemonle 
o,  per  meglio  dire,  molti  Piemontesi,  benche  in  teoria  ed  in  principio 
abborrissero  da  tulto  questo  massonismo  che  ora  regna,  pure  in  pra- 
tica  non  poleano  non  essere  molto  allucinali  nel  loro  retto  giudizio 
dalla  prosperita  temporale,  che  parea  dover  anzi  crescere  che  dinii- 
nuire  colla  rivoluzione.  Quel  vedere  il  proprio  Re  si  ingrassato  di 
terrilorii :  quel  vedere  i  proprii  soldati  si  sparsi  in  tanti  paesi,  qud 
vedere  la  propria  Capitale  si  accresciuta  di  province  suddite;  Iulto 
questo  solleticava  naluralmente  1'amor  proprio  di  molli  anche  buoni: 
od  almeno  facea  lor  velo  al  giudizio,  si  che  erano  del  vero ,  se  non 
nemici,  almeno  limidi  amici.  E,  quando  udivano  i  cilladini  di  allre 
parti  d'  Italia  maledire  a  queslo  nuovo  ordine  di  cose ,  non  capivano 
troppo  la  ragione  di  tanli  lamenli,  e  giudicando  gli  altri  da  se,  si  ma- 


616  LE  SPERANZE  BELLA  VERA  ITALIA 

ravigliavano  che  tutti  non  vedessero  il  gran  bene  che,  in  mezzo  a 
tanti  mail,  pure  parea  loro  di  aver  guadagnato. 

Ora  che  col  trasporto  della  Capitale  tutto  quel  bene  se  n'  e  ito  in 
fumo  e  tutta  quella  farina  in  crusca,  ora  che  il  Piemonte ,  perdendo 
la  Capilale,  non  solo  perde  il  frutto  ma  anche  il  capitale :  ora  che  si 
trova  non  solo  seriza  il  piu  che  aveva  guadagnato,  ma  anche  senza 
quel  tanlo  che  aveva  prima  di  tulte  queste  diaboliche  annessioni : 
ora  il  Piemonte  capisce  molte  cose,  cui  prima  non  poneva  molta  at- 
tenzione.  Capisce  ora  che  cosa  vuol  dire  ilbazzicar  colla  rivoluzione, 
la  quale  e  una  turpe  merelrice  sfacciata ,  che  ti  lascia  spiantato  allo 
spedale.  Capisce  ora  che  cosa  vuol  dire  I' aver  che  fare  colla  massone- 
ria,  che  e  una  truffatrice  ladra,  bugiarda  e  omicida,  come  il  diavolo 
di  cui  e  figliuola.  Capisce  ora  che  cosa  vuol  dire  raver  falto  amicizia 
con  tanti  fratelli  venuti  in  Piemonte  in  abito  di  figliuoli  prodighi,  e 
che  ora  emigrano  per  Firenze  come  tanti  Caini  colle  spoglie  del  fra- 
tello  assassinato.  Capisce  ora  che  cosa  vuol  dire  il  dar  relta  alle  no- 
vita,  alle  teorie  moderne,  al  progresso;  tutte  cose  che  finiscono  colla 
bancarolla,  colle  fucilazioni  in  piazza,  colla  disperazione.  Ora  il 
Piemonte  e  pieno  di  liberali  convertiti.  Tutti  i  Piemontesi  ora  inten-v 
dono  che  non  si  fa  foriuna  violando  le  leggi  di  Dio  e  della  Chiesa, 
I'ubacchiando  1'altrui  e  sparnazzando  ii  proprio  coi  fratelli  emigrali 
Ora  egli  capisce  che  non  aveano  poi  tanto  torto  quei  codini ,  quei 
retrogradi,  quei  vecchioni  che  non  pronoslicarono  nulla  di  buono 
da  tutte  queste  novita.  Ora  egli  capisce  che  YArmonia  e  Y  Unita  Cat- 
lolica  aveano  piu  giudizio  che  1'  Opinions  e  la  Gazzetta  del  Popolo. 
Ora  il  Piemonte  e  codino ;  e ,  se  non  lo  e  ancora ,  e  chiaro  che  3  in 
buona  via  per  diventarlo,  grazie  alia  gratitudine  mostrata  a  lui  dalla 
rivoluzione. 

Non  e  questo  un  buon  guadagno  pel  Piemonle  medesimo?  Si  cer- 
lamente.  E  non  crediamo  che  ci  sia  un  solo  uomo  onesto  al  mondo 
il  quaie  non  sia  capace  d'  intendere  il  guadagno  che  ci  ha  per  un 
popolo  dell'  imparare,  anche  a  spese  sue ,  la  verita.  Un  framassone 
credera  sempre  che  il  bene  sta  nel  bene  materiale.  Ma  chi  non  e 
abbrulito  nelle  selte  capisce  che  sul  materiale  regna  il  morale,  e  che 
e  meglio  esser  povero  ed  onesto  che  ricco  e  briccone.  Ora,  il  ripe- 


KEL  TRASPORTO  DELLA  CAPITALE  647 

iiamo,  il  Piemonte  e  in  buona  via  per  imparare,  a  spcsc  propric  si, 
ma  insomma  per  imparare  clie  coi  framassoni  c  colla  rivoluzione  non 
c'  e  nulla  da  guadagnare  e  tullo  da  perdere. 

Ma  il  Piemonte  guadagnera  ancora  per  altravia.Giacche,  col  tras- 
porto  della  Capitale,  egli  vede  sfilare  verso  Firenze  lutta  quella  mar- 
magi  ia  che  finora  lo  coperse  come  una  crosla  mvcrminita.  Par  lira 
quella  crosta  e  riapparira ,  speriamo ,  la  pelle  sana  dell'  anlico  Pie- 
monte. Partira  la  Camera  con  tuld  que'  bestemmiatori  indiavolati 
che  appestavano  1'aria  colle  loro  empieta  e  colle  loro  sfide  sataniche 
a  Dio  e  alia  Chiesa.  E  dielro  ai  nove  uffizii  della  Camera  e  da  cre- 
dere che  si  porra  in  fila  pure  lapiii  gran  parte  del  decimo.  Partiran- 
no  pure  quegli  altri  non  migliori  uffizii  dei  giornali  settarii,  fogne  di 
empiela,  universita  di  goffaggini,  cloache  di  corruzione  per  il  cuore 
e  per  la  testa,  infezioni  di  ogni  scienza  e  di  ogni  gentile  costume , 
corrultele  de'giovani,  indurimenli  dei  vecchi,  scuole  di  errori,  cat- 
ledre  di  peslilenza,  nidi  di  ogni  malizia,  covi  di  ogni  vizio,  spelon- 
che  di  ogni  congiura.  Quando  Roma  dovette  essere  purgata  e  sana- 
ta  per  esser  degna  sede  del  capo  della  Chiesa,  Costantino  ne  parti, 
e  dietro  lui  la  sozza  Roma  imperiale  che,  come  ruino  poi  Costantino- 
poli,  cosi  avrebbe  impedila  la  conversione  e  la  sanlita  della  citta, 
stabilita  per  lo  loco  santo  ove  regna  il  successore  di  S.  Pietro.  Ro- 
ma forse  pianse  allora :  e  Bisanzio  rise.  Ma  Risanzio  e  sotto  i  Tur- 
chi  e  Roma  e  sede  della  civilta  e  della  morale,  capo  del  mondo  ,  e 
maestra  alle  genti.  Cosi  ora,  si  pauca  licet  componere  magnis,  se 
Torino  dee  ritornare  alia  bonla  di  prima,  se  il  Piemonte,  come  fer- 
mamente  speriamo,  ha  da  ritornare  una  volta  agli  antichi  invidiati 
tempi  della  quiete  e  della  prosperita  pubblica ,  dovea  veder  partita 
da  se  la  Capilale  colla  corruzione  presente.  Parta  pure  da  Torino 
la  Rubilonia  della  massoneria,  parla  con  essa  tutto  il  piu  bel  fiore 
degli  intrigant! ,  il  piu  fetente  lezzo  della  corruzione,  parta  il  parla- 
mento;  vadano  costoro  a  bestemmiare  dove  vogliono.  II  Piemonte  ci 
guadagnera  molto  nella  morale.  Non  si  perde  mai  niente  quando  si 
.  perdono  i  cattivi  compagni. 

Ma  oltre  a  questo  doppio  guadagno  morale  che  fa  il  Piemonte  col 
trasporto  della  Capitale,  guadagno  di  miglior  cognizione  speculativa 


618  LE  SPERANZE  BELLA  VERA  ITALIA 

e  pratica  del  male  che  e  la  rivoluzione,  e  guadagno  di  una  specie  di 
buona  scopatura  o  ripulitura  generale,  che  lo  smorbera  da  una  feccia 
di  gente  di  ogni  paese  e  di  ogni  razza  che  cola  confluiva  come  ad 
una  Babilonia,  e  che  d'ora  innanzi  liberera  il  Piemonte  della  sua  pre- 
senza;  oltre  a  questo  doppio  guadagno  morale,  il  Piemonte  con  que- 
sto  trasporto  ne  prepara  all'  Italia  anche  un  altro  di  gran  rilievo. 
Infatli  e  noto  che  i  cospiratori ,  i  traditori ,  i  pugnalatori ,  i  bombar- 
datori,  i  carbonari,  i  framassoni,  il  partilo  liberale  insommadi  tut- 
to  il  resto  d'  Italia  non  ha  mai  saputo  far  nulla  da  se  in  danno  della 
Italia  senza  1'opera  del  Piemonte,  il  quale  fece  fmora,  quanlo  si  e  fat- 
to,  a  spese  sue.  Se  fosse  tutto  finito,  se  nulla  rimanesse  a  rubare, 
se  Roma,  se  Venezia  fossero  annesse  ,  se  1'  Italia  fosse  serva  rasse- 
gnata  e  quieta  della  framassoneria,  come  il  sono  pur  troppo  altrire- 
gni  e  imperi  di  Europa,  allora  il  trasporto  della  Capitale  e  ii  disgu- 
sto  del  Piemonte  sarebbero  bensl  un  atlo  d'  ingralitudine,  ma  non 
un  danno  al  regno  massonico.  Laddove,  essendo  ora  le  cose  a  mez- 
za  \ia,  e  rimanendo  anzi  a  scorticar  la  coda,  che  e  il  piu  duro  della 
bisogna,  vede  ognuno  che  1'aver  cosi  disgustato  il  Piemonle,  distac- 
candolo  quasi  a  forza  daU'amore  dell'Italia  massonica,  e  un  vero  be- 
nefizio  che  la  stoltizia  e  la  malizia  non  si  sa  ben  di  chi,  o,  per  meglio 
dire,  che  la  provvidenza  rese  alia  buona  Italia.  E  inutile  dissimu- 
larlo.  La  rabbia,  il  dispetto,  il  malumore  che  quesla  improvvisa  de- 
cisione  di  trasporto  produsse  in  Piemonte,  sono  indescrivibili.  La 
cosi  detta  carita  di  patria,  ossia  la  diplomazia  e  la  politica ,  non  ba- 
starono  a  chiudere  la  bocca  ai  lamenli  nemmeno  in  parlamento.  I 
Piemontesi  se  la  sono  legata  al  dito.  E  si  puo  essere  certi  che  sa- 
pranno  ben  provare  all'  occasione ,  quanto  sia  stata  slolta  la  masso- 
neria  nel  disconoscere  i  loro  servigi. 

II  Piemonte  fece  molto  sin'  ora  pel  male  d'  Italia.  Ma,  per  chi  ben 
conosce  le  cose,  e  evidente  che  il  Piemonle  non  operava  direttamen- 
te  per  1' Italia  ma  per  il  suo  Re.  Errano  molto  i  framassoni  se  cre- 
dono  che  T  esercito  piemontese,  per  esempio,  si  battesse  valorosa- 
mente  per  amore  dei  loro  bei  visini.  L' Italia  per  il  Piemonle  non 
era  una  dama  da  riverire,  ma  una  provincia  da  conquistare  alia  mo- 
narchia  sarda.  1  framassoni  furono  finora  bastevolmente  furbi.  Cor- 


NEL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE  649 

teggiarono  il  Piemontc  c  il  suo  Re.  Promisero  al  Re  di  Sardegna  la 
corona  di  Re  d' Italia,  ed  al  Piemonte  la  supremazia  generale.  Presi 
a  queslo  dolce  amo,  Re  e  Piemonte  si  posero  al  servizio  della  framas- 
soneria.  E  avrebbero  conlinualo  in  questo  bel  servizio,  se  la  masso- 
neria  non  si  fosse  divisa  tra  se.  Vennero  i  fraraassoni  toscani  al 
potere,  e  accecati  dall'ainore  municipale,  vollero  portar  a  Firenze 
la  sede  del  governo.  Molti  altri  fraraassoni  piu  oculati  pregarono, 
scongiurarono  che  non  si  facesse  questo  sproposito.  Capivano  essi  le 
conseguenze.  Ma  ora  la  cosa  e  fatta ,  e  le  conseguenze  si  vedranno. 
I  Toscani  reslano  incaricati  di  conservar  il  regrio  altrui ;  essi  che 
perdeltero  tante  voile  il  proprio ! 

Questo  proposito  del  Piemonte  di  volersi  vendicare  della  masso- 
neria  traditrice  coll' abbandonar  r Italia  e  far  da  se,  benche  non  sia 
ancora  tan  to  esplicilamente  dichiaralo  da  potersi  vedere  formolalo , 
come  a  dire  ,  in  un  giuramento,  e  pero  abbastanza  visibile  da  molti 
indizii.  Ci  contenteremo  recarne  alcuni :  « Verra  giorno  (dice  il  Dint- 
to  dei  23  Nov.)  e  non  e  lontano,  in  cui  gl'Italiani,  fatti  accorli  della 
fallacia  del  patto,  al  quale,  con  tanto  impeto  di  ammirazione  inconsi- 
derata  applaudirono,  si  pentiranno  di  non  aver  seguito  1'  impulso  che 
loro  veniva  da  Torino  per  combatterlo.  Noi  siamo  cerli  che  gl'Ita- 
liani si  dorranno  di  essersi  ribellati  alia  egemonia  piemonlese, 
nell'  occasione  in  cui  poteva  salvare  da  suprema  rovina  1'  Italia.  Ora 
il  sacrificio  e  consumalo;  e  possa  esser  questo  1' ultimo  imposto  all'I- 
lalia.  II  regno  d'  Italia,  svelto  dalla  salda  base  che  aveva  su  questi 
graniti  alpini,  va  a  porre  le  fondamenta  sulle  mobili  arene  deU'Arno. 
Possa  almeno  non  restar  tutta  qua  1'  onesla  e  la  fermezza  piemonlese ! 
Ora  senliamo  che  questo  popolo  di  ferro  era  un  fedele  e  sicuro  cu- 
stode  dell'avvenire  dell'  Italia:  e  lemiamo  che  ben  presto  1' Italia  sara 
coslretla  a  rimpiangere  il  Piemonte  e  i  Piemonlesi.  »  E  la  Gazzetta 
del  popolo  del  18  Nov. :  «  Questa  parola  fatale  del  piemontesismo  e 
diventata  1'arma,  con  cui  gli  inconscii  nemici  della  rivoluzione  d'lla- 
lia  ban  comballuto  fmora  per  ischiantare  Tunica  forza  solida  e  seria, 
per  cui  1'  Italia  e.  II  piemonlesismo  e  stalo  il  solo  punto  di  mira  del 
Traltalo.  Rompere  il  piemonlesismo  e  stato  correr  pericolo  di  rom- 
pere  il  militarismo,  e  1' Italia  oggi  non  esisle  che  neU'esercilo.  Ora 


61)0  LE  SPERANZE  DELIA  VERA  ITALIA 

1'esercito  e  spostato  dalla  sua  base.  II  piemontesismo  e  la  nuova  Ita- 
lia. Faccia  Dio  eke  resti  ancor  saldo  sull'Arno,  come  lo  fu  sullaDora.  » 

Anche  nel  Parlamenlo  si  udirono  parole  presagke  di  disgrazie  per 
i' Italia,  colpa  1'aver  disgustalo  il  Piemonte.  II  Berti,  il  14  Novem- 
bre,  parlava  cosi :  «  Diceva  il  generate  La  Marmora  eke  la  discordia 
ci  romoreggia  alle  spalle ,  ed  io  lemo  eke  il  disordine  ci  minacci 
davanli.  La  prima  si  poteva  evitare  ;  al  secondo  non  si  porra  piii 
riparo.  Dio  voglia  eke  noi  non  comiiiciamo  1'  era  delle  velleiJa,  eke 
sono  lanta  parle  della  nostra  infelicissima  storia!  Non  so  se  mai  ab- 
biate  fatto  altenzione,  come  in  Italia  il  sentimento  della  malleveria  e 
debole ,  per  effelto  appunto  della  recente,  unione  e  fusione  delle  pro- 
vince. Ebbcne,  il  Piemonte  si  teneva  mallevadore  per  quel  legittimo 
orgoglio  di  avere  incomineiato,  per  la  nobile  ambizione  di  continuare. 
La  malleveria  voi  la  trasportate,  voi  la  rendete  quasi  anonima,  voi  la 
sccmate.  Non  illudetevi,  signori;  il  trasferimento  della  Capitale  crea 
una  situazione  nuova,  per  rispetto  alle  parti,  per  rispetto  al  Parla- 
mento,  per  rispetto  alia  monarckia,  ed  ancke  per  rispetto  alia  difli- 
colta  di  fondere  tutte  quesle  razze.  Non-c'c  grande  politica  in  Italia, 
se  non  e  politica  d'indipendenza.  Tutte  le  allre  vedrete  eke  tosto  o 
tardi  romperauno  conlro  Y  eterno  scoglio  indicato  da'  nostri  maggio- 
ri  statisti ». 

Ma  niuno  forse  minaccio  piu  ckiaramentc  la  miova  Italia  a  nome 
del  Piemonte  quanto  il  Ckiaves,  il  di  18  di  Novembre:  «  Signori,  il 
Picmonle  entra  in  una  nuova  condizione  di  cose;  il  Piemonte  anck'  es- 
so  oramai  e  una  provincia  nuova:  nuova  rimpetto  all'Ilalia,  nuova 
*  rimpelto  alia  dinastia.  Ne  il  Re  ,  ne  la  patria  devono  pensare  mai  a 
fare  un  assegnamento  poziore  sopra  una  provincia  eke  non  sopra  le 
altre ;  tutte  le  province  del  regno  devono  rispondere  ,  e  con  eguale 
operosila  ed  efficacia  ,  all'  appello  eke  loro  viene  dalla  patria  e  dal 
Re.  Saremo  piu  forli  cosi?  Io  lo  auguro  e  lo  spero  ». 

Yede  ognuno  eke  cosa  significki  questo  augurio  e  questa  speran- 
za.  Essi  vogliono  dire:  «  Vi  penlirete  e  presto  di  aver  trasportata 
la  Capitale  ». 

Resta  dunque  abbastanza  provato  eke  la  Convenzione  del  15  Set- 
lembre  ka  questo  finora  di  ckiaro,  eke,  menlre  migliora  moralmento 


KEL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE  651 

il  Piemonle,  lo  disgusla  insieme  e  lo  distacca  naturalraentc  da 
quell'  Italia  che  tulto  gli  doveva  e  che  ora  tulto  gli  toglie  ingrata- 
mente ,  senza  pensare  che  mollo  ancora  aveva  da  aspeltarsi  da  lui , 
il  quale  le  rendera  a  suo  tempo  pane  per  focaccia. 

Ma  la  Convenzione  ha  ancora  un  altro  punto  luminoso  ed  e  la  di- 
scordia  che  pose  in  Italia  nel  regno  liberlino ,  1'  imbroglio  che  gli 
cagiono  nell'  amaiinistrazione ,  il  disseslo  che  aggravo  nelle  fmanze. 
II  che  tulto,  unito  al  rinfocolamento  da  lei  prodolto  negli  odii  e  nelle 
gelosie  municipali,  produsse  un  tale  disturbo  generate  che  gli  esperi- 
mentati  e  i  pralici,  anche  tra  gli  stessi  framassoni,  non  se  ne  augura- 
no  niente  di  buono.  «  Oggimai  ( dice  il  Diritlo  dei  21  Novembre),  og- 
gimai  il  sacrificio  e  compiuto.  CoH'animo  profondamente  commosso, 
colla  mente  perturbata  di  mille  presentiment!  e  tulli  funesti,  noi  non 
sappiamo  oggi  ragionare  su  questo  gravissimo  avvenimento.  Noi  ve- 
diamo  1'Italia  entrata  in  un  nuovo  ciclo  di  servilu ;  noi ,  ehe  aveva- 
mo  sperato  di  vederla  incamminarsi  balda  e  sicura  per  la  via  della 
liberta.  Noi  yediamo  perduta  ogni  sicurezza  del  noslro  avvenire ; 
spezzato  ii  vincolo  della  noslra  unita;  violalo  il  plebiscito  ed  esposto 
ad  altre  violazioni  infinite,  sicche  della  volonta  nazionale  non  restera 
in  breve  piu  traccia.  Prove  aspre  e  travagli  fieri  si  preparano  all' Italia. 
Noi  non  sappiamo  onde  possa  oggimai  venire  salule  alia  patria. »  E 
eel  n.°  22  Nov.lo  stesso  giornale  diceva: «  Se  non  ci  fosse  il  sangue 
di  lanti  Ilaliani  sparso  su  i  paliboli  e  sul  campo  di  battaglia,  se  non 
ci  fossero  tanti  milioni  spesi  e  rubati,  in  verita  che  questo  regno  d'  I- 
talia  sarebbe  cosa  da  oilrire  argoniento  inesauribile  di  riso.  Noi  sia- 
mo  certi  che  costoro  non  hanno  neppur  da  lontano  un'idea  delle  dif- 
ficolla  che  porta  seco  il  trasferimento  della  sede  di  un  Governo  ». 

Si  dira  che  il  Diritlo  e  democratico.  Ma  non  e  democratico  il  Bog- 
gio,  il  quale,  il  15  Novembre,  ndla  Camera,  disse  cosi :  «  Non  csiste 
punlo  fra  gli  Ilaliani  un  accordo  unanime.  Ne  il  Parlamcnto  si  moslra 
piu  Concorde  di  quanto  lo  siano  le  popolazioni  italiane.  Certo  noi 
siamo  caduti  in  una  grande  confusione  d'  idee.  Quando  avremo  fatto 
la  votazione  e  troveremo  da  una  parte  una  grande  maggioranza  che 
ha  dello  s\,  e  dall'allra  una  minoranza  che  dice  di  no,  lutta  1'  opera 
nostra  riuscira  a  null'  altro  che  ad  un  equivoco.  Si :  avremo  creato 


652  LE  SPERANZE  BELLA  VERA  ITALIA 

un  equivoco  di  piu:  avremo  di  nuovo  iniziato  quel  sistema  che  d'  il- 
lusione  in  illusione  ,  d'  equivoco  in  equivoco  ha ,  da  qualtro  anni  in 
poi,  disfalto  tre  Ministeri,  senza  contribute  per  cerlo  a  fare  1'  Italia. 
Noi  respingiamo  la  Convenzione  perche,  a  nostro  avviso ,  essa  ed  il 
trasferimento  della  Capitale  nelle  attuali  condizioni  contengono  un 
Immenso  pericolo  di  danni  incalcolabili  alia  dinastia ,  al  principio 
monarchico,  all' unita  d' Italia.  » 

Si  dira  che  il  Boggio  e  del  parlHo  dell'  opposizione.  Ma  non  e 
dell'  opposizione  il  sig.  minislro  Lanza,  il  quale,  il  15  Novembre,  par- 
16  cosi:  « lo  considero,  signori,  che  il  trasferimento  fatto  nelle  presen- 
ti  circostanze  abbia  parlicolarmente  questo  inconveniente ,  di  cansa- 
re  una  spesa  considerevole,  che  certamente  bisogna  sopportare,  ag- 
gravarido  la  crisi  finanziaria  e  monetaria  che  travaglia  gia  cosl  do- 
lorosamente  il  paese;  portare  altri  dissesti  in  un'  amministrazione 
che  non  e  per  anche  bene  ordinala ;  svellere  la  sede  del  Governo  da 
un  terreno  saldo  e  sicuro ,  per  trasferirla  dove  forse  non  esistono  in 
pari  grado  le  necessarie  condizioni  di  solidita  e  di  sicurezza ;  o  do- 
ve almeno  si  richiede  un  cerlo  tempo  ,  prima  che  tali  condizioni  si 
creino.  lo  non  vi  celero,  o  signori ,  che  noi  dovremo  aridare  incon- 
tro  a  gravi  difficolta  neH'esecuzione  tanlo  della  Convenzione,  quanto 
del  trasporto  della  Capitale.  E  una  crisi  molto  seria,  cui  Tllalia  si 
trova  esposta,  e  la  quale  risiilta  anche  piu  grave  dall'essere  compli- 
cata  colla  quistione  finanziaria.  » 

II  Mordini  poi,  con  piu  chiarezza,  espose,  nello  stesso  giorno  15 
Novembre,  lo  stato  d'  Italia  dicendo  :  «  La  pubblica  amminislrazio- 
ne  e  un  caos  ;  le  finanze  ridotte  a  tali  estremi  che  ci  sta  sopra,  se 
non  si  provvede  in  frelta  e  furia,  lo  spetlro  deH'insolvibilita  al  fmire 
di  Dicembre.  Questo  e  il  bilancio  all'interno.  All'  estero  influenza 
nessuna,  e  indipendenza  di  nome  piu  che  di  fatto  da  una  grande  Po- 
tenzavicina.  lo  non  vedo  che  rovine  intorno  a  noi.  Yoi  stessi  siete 
sconlenti,  turbati,  sconfortati  e  scorati.  Ma  se  voi  siete  scontenti, 
se  I'evidenza  delle  cose  e  tanta,  che  siete  voi  slessi  obbligati  di  fame 
pubblica  confessione,  quanto  non  debb'essere  scontento  il  paese?  » 
Ne  e  da  omeltere  il  detto  dal  Musolino,  il  12  Novembre:  « La  Con- 
venzione contiene  qualche  cosa  di  piu  grave  che  non  sia  la  sempli- 


NEL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE 

ce  nnunzia  a  Roma.  Volete  saperc  quello  che  io  veggo  nclla  Con- 
venzione  ?  La  Convenzione  per  me  porta  in  germe  quest!  tre  gran- 
di  ilagclli:  la  guerra  civile,  la  guerra  straniera...  ( Lunga  in- 
terruzione). 

«  Presidents.  L'  onorevole  Musolino  temped  le  sue  espressioni. 

«  Musolino.  Se  non  volete  sehtire  la  verila,  state  a  casa  vostra.  Io 
qui  mi  atterro  alle  piu  strelte  convenienze  parlamentari,  non  parle- 
ro  di  persone,  ma  la  verita  debbo  dirla  come  1'  ho  delta  sempre. 

«  Voci.  Ha  ragione !  Bravo  ! 

«  Musolino.  Dunque  la  Convenzione  per  me  conliene  quesli  tre 
grandi  flagelli :  guerra  civile  e  guerra  straniera. 

«  Voce.  E  il  terzo  ? 

«  Musolino.  Sfasciamento  d'  Italia  e  caduta  della  Dinastia  di  Sa- 
voia.  (  Violenta  interruzione  ) . 

«  L'  Italia  dilaniata  ricadra  in  uno  smembramento  peggiore  del 
primo ;  e  Casa  di  Savoia  sara  cassata  dalla  lista  delle  case  regnanli. 
(  Rumori ) .  NQH  c'illudiamo,  o  signori,  io  pveveggo  che  questa 
infausla  Convenzione  ci  spinge  alia  perdizione. » 

II  Tecchio  alia  voltasua  vide,  il  di  16  Novembre,  le  cose  coi  color! 
piu  foschi:  «  La  Convenzione  spezza  la  nostra  concordia.  Abbiamo 
avuto  piu  anni  di  sgoverno.  L'amminislrazione  dello  Stalo  e  delle 
province  intrislita.  Cresciuto  il  peso  dei  balzelli  ai  cittadini,  e  sem- 
pre piu  stremato  1'erario.  Ora  poi  che  la  Convenzione  c' inferisca 
di  gravi  danni,  senza  il  compenso  di  alcuna  utilila ,  parmi  oggimai 
indubitabile. » 

Odasi  ora  1'Avezzana :  «  Vi  assicuro  che ,  ove  mai  cotesto  patio 
venisse  approvalo  da  quest' Assemblea,  infallibilmente  sarebbe  dis- 
fatta  1'  unita  ilaliana.  Quel  patto  malaugurato  evidentemente  porta 
seco,  come  necessaria  conseguenza,  la  rinuncia  a  Roma,  qual  Capitale 
d'  Italia.  II  noslro  magnanimo  allealo  vicino  oltenne  un  accordo  che 
ci  stimmalizzera  come  nazione  inetla  a  governarsi  da  se !  L'  altua- 
zione  di  queslo  Iratlato  fissera  irrevocabilmente  la  decadenza  del 
noslro  bel  paese  pei  secoli  avvenire.  Tulli  quesli  mali  fatalissimi  io 
vedo  venire  sopra  il  noslro  paese.  Esso  di  gia  ha  scosso  grande- 
menle  la  noslra  nazionalila ,  seminando  discordia  fra  di  noi !  Io  vi 


654  IE  SPERANZE  BELLA  VERA  ITALIA 

scongiuro ,  connazionali  miei  e  colleghi ,  di  respingere  con  me  que- 
sto  patio  ruinoso  al  noslro  avvenire. » 

L'Avezzana  e  un  democratico.  Ma  odasi  il  Pinelli,  il  gran  fucila- 
tore  del  regno  di  Napoli :  «  Gia  vi  dissi ,  signori  (cosi  egli ,  il  12 
Novembre),  chela  Convenzione  del  15  Settembre  e  da  reputarsi 
dannosa,ed  ora  vi  aggiungo  che  la  peggiore  sua  colpae  di  esser  ta- 
le da  generare  maggiori  pericoli ,  respingendola  che  non  approvan- 
dola,  cosa  che,  a  mio  avviso,  svela  1'artefice.  Ma  ora  essa  e  un  falto 
compiuto:  che  cosa  ci  rimane  a  fare?  lo  vorrei  che  la  mia  voce  fos- 
se abbaslanza  autorevole  presso  tutli  i  rappresentanti  delle  provin- 
ce subalpine,  per  esortarli  ad  astenersi  dignitosamente  da!  votare7 
dimostrando  cosi  che  niente  puo  indurli  ad  approvare  una  leg- 
ge  che,  a  parer  nostro,  portera  lo  sfacelo  d'  Italia ,  e  dovra  forse 
rendere  dolorosamente  vere  le  parole  pronunziate  al  suo  letto  di 
morte  da  uno  dei  piu  illustri  Principi  di  Casa  Savoia,  dal  glorioso 
Yittorio  Amedeo  II :  «  Oh  ma  maison,  on  a  signe  ta  perte.  (Mom- 
menti  diversi).  » 

Si  crederebbe  che  almeno  il  La  Marmora,  erede  fiduciario  della 
Convenzione,  avesse  dovuto  difenderla  davvero,  e  dimostrarne  i 
grandi  vantaggi  per  1'Ilalia  e  pel  mondo.  Ma  il  La  Marmora  la  difese 
come  a  dire  a  forza  e  di  mal  umore,  e  con  tali  argomenti  che  appe- 
na  se  ne  sariano  trovali  de'  migliori  per  combatterla.  Quest!  argo- 
menti, coine  ben  disse  il  Boggio,  neila  seduta  dei  14  Novembre,  «  si 
riducono  sostanzialmente  a  quest! :  la  Convenzione  reca  la  firma  rea- 
le,  e  rimperiale ;  non  si  possono  disdire  tali  firme.  Inoltre  la  Con- 
venzione  e  oramai  il  desiderio  di  tutli  gl' Italian!,  dunque  non  dob- 
biamo  respingerla.  Alle  nostre  spalle  abbiamo  1'  abisso  che  puo  in- 
goiarci  lutli,  se  col  respingere  la  Convenzione  noi  offendiamo  il  sen- 
limento  della  nazione  ilaliana. »  Or  bene  quanto  all'  argomento  delle 
firme,  cio  equivale  a  dire  :  «  Cosa  falta  capo  ha ,  non  si  puo  disfare 
il  fatlo ,  o  bene  o  male  che  sia  stalo  falto.  »  Quanto  al  secondo  ar- 
gomento dell'  essere  la  Convenzione  nel  desiderio  degl'Italiani,  cio  e 
vero  in  quanto  gli  Italian!,  cosi  chiamati  dal  La  Marmora,  doe  i 
framassoni,  vedono  1'  abisso  pronto  ad  ingogiarli  tutli  se  la  Conven- 
zione si  respinga.  Bella  consolazione  veramenle!  0  mangiar  quesla 


NEL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE  655 

mineslra,  o  saltar  dalla  fmcslra !  0  accettar  il  male  della  Conven- 
zione  fatla,  o  rassegnarsi  al  peggio  della  Convenzione  disfatta.  Ecco 
i  begli  argomenti ,  onde  solo  la  Convenzione  si  puo  dimostrare  utile 
all' Italia  liberate! 

Abbiamo  dunque  lulta  la  ragione  di  asserire  che  questa  Conven- 
zione e  fertile  per  ora  di  ottime  e  liele  conseguenze  per  1'  Italia 
caltolica. 

Ma  vi  e  un'  ultima  ragione  che  dee  far  aprire  gli  animi  dei  buoni 
italiani  a  liete  speranze ;  ed  e  la  sfiducia  entrata  ora  piu  che  mai  nella 
massoneria  di  avvicinarsi  a  Roma ,  anche  con  questa  Convenzione. 
Per  fermo  e  cosa  curiosa  questa,  che  mentre  dall'un  lato  una  gran 
turba  di  framassoni  dentro  e  fuori  1'  Italia  considerano  la  Conven- 
zione come  un  passo  verso  Roma,  dall'  allro  lo  scoraggimenlo  e  la 
sfiducia  presero  nei  cuori  massonici  il  luogo  deU'allegrezza,  che  tale 
persuasione  dovrebbe  in  loro  ingenerare.  Non  e  questo  1'unico  ne  il 
piu  singolare  dei  misteri  che  cova  questo  sfingico  tratlato.  Intanto 
pero  noi  non  vogliamo  frodare  i  nostri  lettori  delle  preziose  confes- 
sion! ,  che  la  forza  delle  cose  pare  aver  tratle  di  bocca  ai  liberal! 
nella  celebre  discussione  della  Convenzione,  che  gia  ci  forni  finora  in 
quest* articolo  tanti  bei  testi  autentici :  «  Conviene  confessarlo  (dice 
il  Boncompagni ,  il  9  Novembre),  noi  non  ci  eravamo  fatto  il  con- 
cetto delle  immense  difficolta  che  presentava  la  quistione  romana : 
noi  ci  eravamo  accinti  a  risolvere  quella  grande  quislione  come  bam- 
bini ;  ci  pareva  che  le  nostre  risoluzioni  fossero  come  le  trombe  di 
Gerico,  dinanzi  alle  quali  dovessero  cadere  le  rocche  che  custodisco- 
no  la  sovranita  del  Pontefice.  Grand!  illusioni,  o  signori.  » 

Ed  il  Mordini,  il  di  lo  Novembre: «  Si  tralta  della  questione  Ro- 
mana, di  quella  quistione  tremenda,  solto  la  quale  in  breve  corso  di 
tempo  noi  vedemmo  soccombere  il  conle  di  Cavour,  disfatlo  il  Mini- 
stero  Ricasoli ,  Yinlo  e  quasi  piagato  a  morte  Garibaldi ,  rovesciati 
sul  vinto  i  vincitori ,  Rattazzi  e  Thouvenel ,  precipitato  dall'  alto  in 
mezzo  a  un  trionfo  eftimero  il  Ministero  Minghelti !  Guai  a  chi  tocca 
Roma  intempeslivamenle !  » 

Poteva  dire ,  guai  a  chi  locca  Roma,  senza  quell'  avverbio  vera- 
menle  intempeslivo.  Ma  e  gia  molto  che  i  framassoni  si  cominciano 
ad  accorgere  che  Roma  non  e  fatla  per  loro,  almeno  per  adesso. 


U156  IE  SPERANZE  DELLA  VERA  ITALIA 

I 

E  ne  die  ottime  ragioni  il  Coppino,  il  di  11  Nov.,  dicendo :  «  Noi 
vediamo  in  Roma  uno  spetlacolo,  il  quale  a  me  non  place ;  il  quale, 
sono  certo,  non  piace  agli  uomini  amici  della  liberla,  ma  sono  sicu- 
ro  che  tultavia  fa  tulli  pensosi.  E  qualche  cosa  degna  di  fermare  10 
considerazioni  degli  uomini  serii  lo  spettacolo  di  questo  vecchio  so- 
prano italiano ,  il  quale  sta  sopra  un  trono  scrollato  o  infranto ,  cir- 
condato  dalle  rovine  di  cinque  altri  Iron! ,  e  che  ba  tulto  il  mondo 
liberale  che  lo  serra  intorno  e  gli  domanda  che  si  arrenda  ai  pro- 
gressi  della  civilta ,  e  a  tulti  risponde  :  Non  possumus!  E  qualche 
cosa  che  debbe  farvi  pensare  cotesta  potenza ,  che  trae  un  vecchio 
inerme  non  dalla  forza  materiale ,  ma  dalla  morale ,  la  quale  gli  da 
questo  vigore ,  il  quale  trattiene  sopra  i  limili  dell'  eterna  citta  la 
\incilrice  Italia ,  e  pone  un  oslacolo  non  superato  ancora  al  pro- 
gresso  delle  idee  liberal!.  leri  io  vi  domandava :  ditemi  quanti  fra 
I  cattolici  sieno  seguaci  delle  idee  che  ci  esponeva  1'onorevole  Bon- 
tompagni;  oggi  io  vi  domando  quanti  fra  gl'Italiani  sieno  i  seguaci 
di  quelle  idee,  le  quali  insegnano  in  Italia  il  Vera,  e  1'  Ausonio-Fran- 
chi ,  e  il  Bertini ,  e  il  nostro  Ferrari.  Se  adunque  il  progresso  nelle 
popolazioni  cattoliche  non  e  molto,  e  se  1'  Italia  e  ancora  lontana,  per 
3e  sue  condizioni  intellettuali,  da  seguire  1'  anclamento  che  il  pensiero 
umano  ha  preso  in  allri  paesi;  egli  e  evidente,  o  signori,  che  le  spe- 
ranze  del  vincere  a  Roma  debbono  essere  diminuite  d'assai.  Signori, 
se  in  questo  punto  la  Seclia  di  Pietro  fosse  calcala  ancora  da  uno  di 
quei  grandi  Pontefici  (non  tema  il  Coppino;  che  questo  Pontefice 
won  manca ) ,  i  quali  sono  talora  nei  secoli  andali  usciti  dal  seno  del- 
la  nazione  ilaliana ,  che  cosa  avverrebbe  ?  Se  uno  di  questi ,  si  po- 
nesse  la ,  circondandosi  di  tutte  le  guarenligie  che  il  trattalo  pre- 
sente  gli  dona ;  se  facesse  valere  tutli  i  diritti  suoi ,  se  si  ponesse 
Intiero,  sincerissimo  rappresenlante  delle  sue  dottrine,  oh  !  signori, 
lo  temo  che  sorgerebbe  tale  e  tanta  opposizione  contro  alia  dottrina 
di  noi  liberali  italiani,  che  le  difficolta  del  nostro  ordinamento  do- 
vrebbero  essere  immensamente  aggravate  » . 

Ed  il  Petruccelli,  il  di  11  Novembre :  « Non  vi  e  storia  meno  sozza 
di  bassezza  che  quella  del  Papato.  II  Papa  vendera  fmo  all'  ultimo 
suo  calice  prima  di  trallare  con  voi  e  riconoscervi ,  quando  anche 


NEL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE  637 

yoi  areste  la  \illa  di  trattare  con  lui  e  di  riconoscerlo.  Quindi  io 
considero  qucsto  pallo  dclla  Convenzione  un  infelice  ludibrio  che  si 
fa  ad  un  Governo  che  si  rispetta  e  si  lascia  rispellare.  » 

Abbiam  recati  quesli  tesli  (e  ne  potevamo  recare infmiti  allri)  af- 
fme  di  far  toccar  con  mano  ai  nostri  lettori  quanto  sia  vero  do  che 
noi  asseriramo ;  cioe  che  questa  Convenzione ,  nella  parte  in  cui  si 
sta  per  ora  effelluando ,  e  considerata  dai  liberali  slessi  come  fune- 
sta  all'  Italia.  Che  se,  cio  non  ostante ,  1'  accettarono  e  la  volarono , 
cio  fecero  perche  respingendola  ben  vedevano  che  precipitavano 
dalla  padella  nella  bragia.  Or  non  dovendo  noi  cattolici  mostrarci 
piu  pusillanimi  dei  liberali ;  se  questi ,  non  ostanti  tante  cagioni 
di  lerrore  per  la  loro  Italia  falsa  ,  e  non  ostante  che  queslo  terrore 
cavi  loro  di  bocca  tanli  chiari  indizii  di  disperazione ,  pur  nondi- 
meno  sperano  conlro  la  speranza  e  lavorano  contr'  acqua  e  contro 
Ten  to  ;  quanto  piu  noi  dobbiamo  tenere  erello  1'animo  alle  liete 
speranzc,  per  la  vitloria  cerla  e  presla  della  Chiesa,  in  questa  lotta 
che  il  diavolo  le  scateno  contro  piu  furiosa  che  mai  in  quest'  anni. 
Si.  Non  puo  fare  che  la  Provvidenza  non  coroni  presto  di  lieto  suc- 
cesso  questi  sforzi  costanli  e  continui,  che  tanli  caltolici  fanno  per  la 
difesa  della  verila  e  dei  sani  principii.  Solo  non  ci  stanchiamo  dal 
combaltere.  Con  questo  la  Tiltoria  e  certa.  E  sia  questo  il  buon  au- 
gurio  che  noi  in  quesle  fesle  Natalizie  e  in  questo  Capo  d'anno  in\ia- 
mo  di  cuore  ai  nostri  benevoli  associati  e  lellori. 


Serie  Vf  vol.  X]I,  fasc.  354.  42  1  Decembre  1864. 


ESAME 

DELLE  PROVE  DELL'  IMMORTALITA 
DELL' ANIMA 


Quasi  cardine  ,  sopra  del  quale  si  gira  tutta  la  vita  morale  del- 
!'  uomo ,  e  1'  inlimo  convincimento  che  1'anima  in  noi  sopravviva  al- 
ia morte  del  corpo.  PJmossa  una  tal  verita,  non  pure  e  toila  dal  cuo- 
re  la  speranza  phi  dolce  negli  affanni  della  presente  vita;  ma  tulto 
1'ordine  de'  coslumi  e  manomesso  e  sconvolto.  E  cio  non  tanto,  per- 
che  le  azioni  umane  resterebbono  prive  della  sanzione  piu  valida  ed 
operosa ;  quanto  perche  Y  idea  stessa  di  virtu  verrebbe  a  mancare. 
La  virtu  consiste  nell'  effettivo  predominio  dei  dettami  della  ragione 
sopra  le  isiintive  inclinazioni  del  senso;  e  un  lal  predominio  non 
avrebbe  piu  luogo  ,  quando  ,  terminando  quaggiu  tutto  1'  uomo ,  la 
conservazione  e  il  ben  essere  del  composlo  somministrasse  il  cri- 
ierio  supremo  al  nostro  operare.  La  voce  di  natura,  imperiante  nel 
rccinlo  della  coscienza,  acciocche  non  sia  un  semplice  falto ,  supe- 
rabile  dalla  gagliardia ,  per  avvenlura  maggiore,  d'  un  istinlo;  con- 
vien  che  abbia  non  solo  in  se  ma  anche  relalivaraente  al  soggetto 
un  valore  assoluto  e  trascendente.  Or  ell  a  non  puo  godere  di  tale 
prerogativa ,  se  non  vincolandosi  esso  soggetto  con  legame  immuta- 
bile  ed  universale ,  che  si  slenda  fuor  della  cerchia  di  tutta  la  con- 
fingenza  misurata  dal  tempo. 

Essendo  di  si  alta  importanza  quesla  verita,  dell'  immortalita 
dell'  anima ,  non  e  maraviglia  se  la  sapiente  provvidenza  di  Dio  noa 


ESAME  DELLE  PROVE  DELI/ IMMORTALITA  DELI/ANIMA  659 

ha  voluto  abbandonarla  alia  speculazion  de'  filosofi ,  ma  Y  ha  quasi 
impressa  da  se  stesso  nella  mente  di  tutli ;  sicche  ciascuno,  comeche 
inerudito,  sappia  con  facilissimo  discorso  dedurla ,  vuoi  dalle  innate 
propensioni  del  cuore ,  vuoi  dagli  arcani  presentimenti  dell'  animo , 
vuoi  dalla  sproporzionata  distribuzione  de'  beni  e  de'  mail ,  al  rag- 
guaglio  de'  meriti,  nella  presente  vita.  Dopo  1'esistenza  di  Dio,  non 
ci  ha  veril^  piii  popolare  ed  antica  di  questa  in  tulto  il  giro  delle 
conoscenze,  che  al  senso  coruune  apparlengono, 

Nondimeno  essa  e  verila  dimostrabile  eziandio  filosoficamenle ;  e 
Melchior  Cano  non  dubito  di  tacciare  di  temerario  e  quasi  di  erelico 
chi  cio  negasse :  Erroneum  est,  ne  dicam  haereticum,  asserere,  ani- 
mae immortalitatem  naturali  ratione  demonstrari  non  posse  1.  Ma, 
perciocche  i  filosofi  non  sempre  si  volsero  a  legitlime  fonli  per  at- 
tingerne  le  prove ;  di  questo  noi  vogliamo  qui  istiluire  una  breve 
disamina. 

I. 

Prom  di  Cartesio. 

Da  prima  ci  si  presenta  la  prova  di  Cartesio ;  la  quale,  piu  o  me- 
no  modificata,  e  quella,  a  cui  si  attenne  poscia  la  maggior  parte  del 
filosofi  modern!,  Egli  dunque  ricorre  a  quesli  due  principii,  che  cre- 
de  dimostrabili  in  Fisica.  L'uno  e,  che  in  generale  tulte  le  soslanze 
create,  siccome  quelle  che  non  possono  essere  prodotle  se  non  da 
Dio,  sono  di  loro  natura  incorrullibili,  cioe  tali  che  dal  solo  Dio  pos- 
sono venire  dislrutte  2.  L'  allro  e  ,  che  1'  aninia  non  essendo  ne  UB 
accozzamento  di  piu  sostanze,  ne  il  risultato  accidentale  di  modifica- 
zioni  indotte  nelle  parti  di  un'  anteriore  materia ,  come  accade  del 
corpo  umano ;  e  in  rigore  di  termini  vera  sostanza  3.  Di  qui  seguila 

1  DeLods  Thcologicis,  lib.  12,  c.  15,  prop.  3. 

2  Gcneralement  toutes  les  substances,  c*  est-a-dire  toutes  les  choses,  quinc 
peuvent  exlsler  sans  ctre  creees  de  Dieu,  sont  de  leur  nature  incorruptibles,  et 
nepeuvent  jamais  cesser  d'  dire,  si  Dieu  mdme  en  lew  deniant  son  concours 
ne  les  reduit  au  neant.  Abrege  des  six  Meditations. 

3  Le  corps  pris  en  yene'rale  est  une  substance;  c'est  pourquoi  aussi  il  ne 
perit point;  mats  le  corps  humain  en  tant  qu*  il  di/fere  des  autres  corps,  n'e&t 


660  ESAME  DELLE  PROVE 

ehe  dove  il  corpo  umano  puo  perire,  in  quanto  riceva  una  nuova  con- 
formazione  nelle  parti,  onde  consta;  1' anima  non  puo  in  guisa  alcu- 
na  perire ,  non  polendo  cessare  d'  essere  cio ,  die  e ,  per  niuna  mu- 
tazione  accidentale  de'  suoi  pensieri  o  delle  sue  volizioni  1.  II  quale 
argomento  puo  brevemente  presentarsi  soito  questa  forma.  L'anima 
umana  e  una  vera  sostanza  e  non  una  modificazion  di  soslanza.  Ma 
ogni  sostanza ,  come  tale ,  e  indistruttibile.  Dunque  1'  anima  umana 
e  indistrultibile. 

Cotesto  argomento,  con  poca  variazion  di  vocaboli,  e  stato  ripro- 
dotto  dal  celebre  P.  Gratry ,  nel  seguente  modo :  «  Dio  ha  creato  le 
cose  acciocche  fossero,  dice  S.  Tommaso  d' Aquino.  Queste  semplici 
parole  ci  sembrano  inchiudere  la  dimostrazione  scientifica  deH'immor- 
talita  dell' anima.  In  fatto,  ci  ha  pensatore,  degno  di  un  tal  nome,  il 
quale  possa  credere  che  un  solo  atomo  debba  essere  annichilato?  No, 
senza  dubbio.  Or  se  1'  anima  e ,  sara  ella  annichilata  a  preferenza 
dell'atomo?  No,  certo.  Cio  che  e,  sara.  Tutto  cio  che  e,  sussiste  per 
rimmobilila  della  bonta  divina,  come  dice  S.  Tommaso  2.  Basta  di- 
mostrare  che  1'anima  e,  per  dimostrare  che  1' anima  e  immortale  3.  » 

compose  que  d'  line  certaine  configuration  de  membres  et  d'  autres  sernblables 
accidents ,  la  oil  I'dme  humaine  n'  est  point  aussi  composee  d'  aucun  accident, 
mats  est  line  pure  substance.  IvI. 

1  Encore  que  tous  ses  accidents  se  changent ,  par  exemple  encore  qu'  elle 
concoive  de  certaines  choses,  qu'elle  veuille  d' autres,  et  qu'elle  en  sente  d'au- 
tres  etc.  I'dme  pourtant  ne  dement  point  autre;  an  lieu  que  le  corps  humain 
dement  une  autre  chos<e ,  de  cela  seul  que  la  figure  de  quelques-unes  de  ses 
parties  se  trouve  changes;  d'oii  il  s'ensuit  que  le  corps  humain  peut  bien  faci- 
lement  perir,  mais  que  I' esprit  ou  I'&me  de  V  homme  (  ce  que  je  ne  distingue 
point)  est  immortel  de  sa  nature.  Ivi. 

2  Substanlia  eorum  (elementorum)  remancbit  ex  immobililate  divinaevo- 
luntatis ;  creavit  enimres  ut  essent.  Contra  Gentes,  lib.  4,  c.  97. 

3  «  Dieu  a  cree  les  choses  pour  qu'  elles  fussent,  »  dit  saint  Thomas  d'  A- 
quin.  Ces  simples  paroles  nous  paraissent  impliquer  la  demonstration  scienti- 
fique  de  r  immortalite  de  V  time.  En  effet ,  y-a-t-il  un  pens  cur,  digne  de  ce 
nom,  qui  puisse  croire  qu'un  seul  atome  doive  etre  aneanti  ?  Non,  sans  doute. 
Mais  si  I'dme  est,  r dme  sera-t-elle  aneantie  plus  que  I'atome?  Non,  certes. 
Ce  qui  est,  sera.  Tout  ce  qui  est,  subsisle,  «  par  I'  immobilite  de  la  volonte  di- 
vine »,  comme  le  dit  saint  Thomas.  II  suffit  de  demontrer  que  l'ame  est,  pour 
demontrer  que  I'time  est  immortelle. 


DELL'  IMMORTALITA  DELL'  ANIMA  661 

E  piu  soilo :  «  Noi  sappiamo  per  la  legge  fondamentale  della  male- 
ria,  come  ancora  per  1'  osservazione,  cbe  un  molo  qualunque  Irasmes- 
so  alia  maleria  sussisle  sempre.  Cosi  di  tutto  il  movimento ,  che  co- 
slituisce  la  creazione ,  niente  non  sara  mai  perduto.  Dunque  se  1'  a- 
nima  e,  durer^t  sempre.  Cio  non  ha  bisogno  d'allra  dimostrazione  1.  » 
Che  poi  Tanima  c,  il  Gratry  facilmenle  lo  dimostra;  giacche  1'uomo 
pensa,  e  il  pensiero  non  puo  competere  al  corpo. 

Ma  a  voler  dire  il  vero,  questa  pruova  grandemente  vacilla.  II 
principio  carlesiano,  che  ogni  sostanza  e  indistrutlibile,  e  falso.  Esso 
si  verifica  delle  sole  sostanze  semplici ;  le  quali ,  non  constando  di 
potenza,  capace  di  essere  atluata  diversamenle  in  quanto  all'  essere 
sostanziale ,  non  possono  altrimenti  distruggersi ,  che  per  annichila- 
zione ,  siccome  per  sola  creazione  ricevellero  1'  esistenza.  Ma  non 
tulte  le  soslanze  sono  semplici.  I  corpi  sono  sostanzialmente  coinpo- 
sti.  Gli  stessi  atomi  primilivi  non  \anno  esenli  da  tal  composizione, 
siccome  quelli ,  a  coslituire  1'  essenza  de'  quali  concorre  non  la  sola 
materia  ma  eziandio  la  forza ,  necessariamente  richiesla  a  dar  loro 
unila  e  sussislenza  2. 

II  Carlesio,  per  sostenere  quel  suo  principio,  e  costretto  ad  ammet- 
tere  un  allro  errore,  che  cioe  i  corpi  vivenli  non  si  differenziano  dai 
non  viventi  se  non  in  alcuni  accidenti  o  modificazioni,  come  sarebbe 
la  mera  struttura  e  conformazion  delle  parti.  Questo  altresi  e  ricono- 

1  Nous  savons  par  la  loi  fondamentale  de  la  mature,  comme  aussi  par 
V observation ,  quj  un  muuvement  quclconque  transmis  a  la  maliere  subsiste 
toujours.  Ainsi  de  tout  le  mouvement,  qui  constitue  la  creation,  rien  n'en  sera 
jamais  perdu.  Done  si  I'  time  est,  die  durera  toujours.  Ceci  n'a  pas  besom 
d'autre  demonstration.  De  la  connaissance  de  1'  ame.  Livre  cinquieme.  L'  Im- 
mortalite,  chap.  1. 

2  Cio  e  oggldi  confessato  dagli  stessi  cultori  delle  scienze  fisiche,  quan- 
do  non  content!  di  coordinare  i  fenomeni,  si  spingono  col  discorso  ad  in- 
vestigare  1'essenza  ancora  dei  corpi.  « 11  concetto  di  forza  e  di  materia  sono 
inseparabili  tanto  nel  mondo  inorganico ,  quanto  nell'  organico.  »  Cosi  il 
Tommasi,  professore  di  Fisiologia  nell'  Universita  di  Torino.  (Yedi  Rivista 
conternporancn,  vol.  IX,  pag.  94.  La  Chimica  e  la  Fisiologia.}  Ed  il  Martin, 
per  tacere  di  tanti  altri,  concede  anche  esso  che  la  sola  materia,  senza  la 
forza,  e  incapace  di  esistere.  Une  substance  inactive  serfit  I'  ab strait  pur , 
c'est-a-dire  le  neant.  11  ne  pourrait  y  avoir  en  elle  aucune  maniere  d'etre. 
Philos.  spiritualiste  de  la 'Nature,  1. 1,  deux  partie,  ch.  VIII. 


662  ESAME  DELLE  PROVE 

sciuto  falso  in  Fisiologia ;  la  quale ,  per  bocca  de'  suoi  piu  rinomali 
maestri ,  insegna  che  il  vivente  e  sostanzialmente  costiluito  da  un 
principio  vitale,  che  ne  specifica  I'essere,  ed  e  essenzialmente  diverse 
dalle  forze  meccaniche  o  chimiche  della  bruta  materia.  Tulte  queste 
cose  furono  gia  da  noi  ampiamente  dimostrate  in  questo  nostro  pe- 
riodico  e  non  fa  d'uopo  novamente  ripeterle.  Da  esse  risulta  che  la 
dimostrazione  cartesiana  crolla  dai  fondamenli. 

.Crolla  per  conseguenza  la  demos  trazione  ancora  del  Gratry ,  la 
quale  si  appoggia  agli  stessi  principii.  Anzi,  incorre  qualche  incon- 
veniente  di  piu  ;  giacche  se  Fanima  umana,  per  do  solo  che  e,  e  im- 
mortale;  immortale  saraanche  1'anima  del  brulo,  la  quale  ancores- 
sa  e.  II  Cartesio  si  sbrigava  leggermente  di  tal  difficolta,  stabilendo 
che  i  bruli  non  kanno  anima ,  ma  sono  pure  macckine ,  disposte  ai 
rnoto.  Ma  il  Gratry  non  pare  che  ammetta  tal  paradosso.  Cade  con- 
\iene  die  egli  ci  dica  che  cosa  debba  farsi  dell' anima  ddle  bestie  ; 
non  potendo  elle  essere  annichilate ,  giacche ,  secondo  la  sua  dotlri- 
na ,  Iddio  non  toglie  mai  Y  essere ,  una  volta  comimicato  ;  sicche  lo 
stesso  molo  da  prima  prodotto  non  puo  essere  piu  distrullo ,  ma  sol 
si  travasa  da  un  corpo  in  un  allro.  E  poi  fuor  di  proposito  I'autorila 
di  S.  Tommaso  ,  a  cui  il  Gralry  ricorre ;  giacche  il  S.  Dotlore  ,  nel 
luogo  da  lui  citato,  parla  dello  slato  finale  del  mondo,  dopo  1'universa- 
le  giudizio,  e  dice  che  dovendo  1'  universe  corporeo,  il  quale  e  stato 
creato  per  I'uomo,  aiteraperarsi  al  nuovo  slato  di  esso,  gli  elcmenti 
rimarranno  immulabili  nel  loro  essere,  e  do  in  quanto  cessera  ogni 
generazione  e  corruzione  di  cose:  Cessante  motu  coeli  et  generations 
el  corniplione  ab  elemenlis  ,  eorum  substantial  remanebit  ex  immo- 
Miiate  divinae  voluntatis  1.  Onde  da  un  lal  lesto  si  ricava  piullosto 
la  falsita  del  principio  ,  dal  Gralry  invocato.  Mercecche  se  in  tanto 
resta  indistruttibile  la  sostanza  degli  element! ,  in  quanlo  cessa  la  ge- 
neraziorie  c  corruzione  delle  cose ;  ne  segue  che  mentre  dura  nell'  or- 
dine  presente  la  generazione  e  corruzione  delle  cose ,  la  sostanza 
degli  elemenli  material!  e  distrullibile.  Nea  allendendo  nel  testo  di 
S.  Tommaso  al  primo  inciso ,  non  e  meraviglia  che  riesca  a  dire  il 
conlrario  di  cio  che  dice. 

1  Contra  Gentiles,  1.  4,  c.  97. 


DELL'  IMMORTALITA  DELL'  ANIMA  663 

II. 

Proua  del  Galluppi. 

Generalmenle  i  filosofi  modcrni ,  scnza  troppo  discoslarsi  da  Car- 
lesio,  ban  credulo  assicurar  meglio  la  dimostrazione  dell'intrinseca 
immorlalita  deir  anima  umana,  ricorrendo  al  concetto  di  semplicita. 
Per  non  moltiplicare  cilazioni,  conlenliamoci  del  solo  Galluppi.  Que- 
sli  ha  proposlo  1'argomento  cosi:  «  L'anima  e  semplice.  Cio  che  e 
semplice  non  ha  parti.  Cio  che  non  ha  parti  non  puo  cessare  di  es- 
sere  per  la  dissoluzione  delle  sue  parti.  Cio  che  non  puo  cessare  di 
essere  per  la  dissoluzione  delle  sue  parti  e  naluralmenle  indestrutli- 
bile.  L'anima  umana  e  dunque  naturalmente  indestruttibile  1.  » 
Siffatta  argomentazione  e  molto  limpida  nel  suo  processo ;  ma  non  e 
del  pari  soda  nelle  proposizioni  che  abbraccia.  L7  anima  umana,  essa 
dice,  £  semplice.  Verissimo;  ma  semplice  altresi  e  1'anima  de'bruli, 
semplice  il  principle  vitale  delle  piante ,  semplici  le  forze  opera trici 
della  materia  inorganica.  Diremo  che  tulte  queste  cose  sieno  ancor 
esse  indistrullibili?  Un  essere  puo  cessare  di  esislere  o  perche 
venga  per  se  slesso  distrutto,  o  perche  gli  si  sottragga  il  soggelto  da 
cui  dipende  nella  sua  sussistenza.  Cosi ,  per  servirci  di  un  esempio 
roaleriale,  un  vaso  puo  infrangersi  o  perche  voi  lo  scagliate  a  terra,  o 
perche  gli  levate  di  sotto  la  tavola  su  cui  era  posalo.  Bruciando  una 
letlera  voi  distruggele  direttamentc  la  carta  ;  ma  indirettamente  e 
come  per  conseguenza  distruggete  anche  i  caralteri  che  vi  aderiva- 
no.  Or  tornando  alia  proposizione  di  cui  parlavamo ,  cio  che  e  sem- 
plice non  puo  certamente  distruggersi  per  se  stesso ;  giacche  una 
tal  dislruzione  non  avviene  altrimenli  che  per  soluzione  dell'  esse- 
re nelle  sue  parti ,  e  cio  che  e  semplice  non  ha  parti.  Un  lal  modo 
di  distruzione  compete  alle  sole  sostanze  composte ;  nelle  quali  per 
T  azione  di  cause  generatrici  la  materia  riveste  una  nuova  forza  so- 
slanziale,  spogliando  la  prima.  Cosi  il  legno  si  corrompe  per  1' azio- 
ne del  fuoco,  convertendosi  in  fiamma  ed  in  cenere  ;  e  1'alimento  sotto 
la  forza  digestiva  dell'  animate  perde  1'  essere  di  sostanza  brula  ed 
acquista  quello  di  sostanza  vivente.  Tultavia  una  cosa  semplice ,  se 

1  Lezioni  di  Logica  e  Metafisica,  vol.  2,  Lez.  LXV. 


664  ESAME  DELLE  PROVE 

non  sussiste  in  se  raedesima,  ma  solo  informa  una  data  maleria,  puo 
Ycnire  dislrutta  in  modo  indirelto  e,  come  dicon  le  Scuole,  per  acci- 
dente ;  in  quanto  si  dislrugge  il  composto ,  e  pero  le  si  sollrae  il 
subbietto,  senza  del  quale  non  puoreggersineiresistenza.  Inquesta 
guisa  periscono  tulle  le  modificazioni  e  forze  de'  corpi  inorganici , 
quando  quesli  \7engono  Irasmulati  in  allri  corpi ;  perisce  il  principio 
di  vita  in  una  pianta,  disfacendosene  1'  organismo ;  e  perisce  altresi 
1'  anima  de'  bruti ,  la  quale  non  ha  essere  ed  operazione  a  se ,  ma 
solo  nel  composlo  e  pel  composto ,  e  cosi  non  e  in  rigor  di  termini 
sostanza ,  ma  sol  comprincipio  di  sostanza.  Ondeche  la  quarta  pro- 
posizione  dell'  argomento  galluppiano  YUO!  esser  dislinla  in  queslo 
modo :  Cio  die  non  puo  cessare  di  essere  per  dissoluzione  delle  sue 
parti  e  naluralmente  indislrutlibile  ,  direttamente  e  per  se ,  conce- 
diamo ;  indirettamente  e  per  natural  conseyuenza,  neghiamo. 

I  moderni  per  ischermirsi  da  qucsta  risposta,  sono  costrelti  a  ne- 
gare  la  composizione  sostanziale  de' corpi,  1'esistenza  di  forze  dislinte 
dalla  materia,  il  principio  \1tale  delle  piante,  1'  essenzial  dipendenza 
deir  anima  de'  bruti  dal  corpo ,  la  produzione  di  nuovo  movimento 
ne'  corpi.  Ma  quand'anche  potessero  fare  tutto  cio  impunemente,  lut- 
tavia  non  potrebbero  fuggire  rinconveniente  di  recare  in  mezzo  una 
dimostrazione  sistemalica  e  non  di  valore  assoluto  ,  la  quale  ha  una 
forza  ipotelica,  cioe  secondo  i  soli  loro  principii,  contrarii  a  quelli  die 
il  fiore  della  sapienza  umana  sostenne  per  molli  secoli,  e  die  lutlavia 
vengono  sostenuli  da  molti  gravissimi  pensatori  non  solo  in  Metafisica 
ma  eziandio  in  Fisica.  Ollre  a  cio  essi  si  Irovano  a  fronte  coll'insor- 
montabile  difficolla  dell'  anima  de'  bruti ;  la  quale,  secondo  quel  loro 
argomento,  dovrebbe  essere  indislruttibile  al  pan  deH'anima  umana. 
Per  disbrigarsi  di  lale  diilicolta  i  piu  la  passano  sollo  silenzio ;  altri 
vi  spiattellano  francamente  che  Tanima  dei  bruli  viene  annientata  da 
Dio.  Ma  ne  i  primi  ne  i  secondi  fanno  buona  prova ;  giacche  il  par- 
tito  degli  uni,  quanlunque  piu  comodo,  non  e  filosofico;  quello  degli 
altri,  oltre  ad  essere  irrazionale  (giacche  Iddio  non  annienta  veruna 
cosa,  una  volla  creata) ,  rende  vano  1'argomenlo  slesso  die  allegano 
per  rimmorlalila  dell'anima.  Attesoche  se  T  anima  del  bruto,  quan- 
tunque  per  se  stessa  indistrutlibile ,  pure  viene  annichilala  da  Dio , 
come  sanno  essi  che  cio  non  accada  altresi  dello  spirito  umano? 


DELL*  IMMORTALITA  DELL'  ANIMA  G6* 

Lo  sappiamo ,  rispondono ,  dagli  argomenti  moral! ;  e  pero  ragio- 
nano  in  queslo  modo:  La  virtu  raerila  premio  e  il  vizio  gastigo.  Ma 
una  tal  relribuzione  non  si  eseguisce  proporzionatamenle  in  questa 
vila,  anzi  sovente  avviene  il  contrario.  Dunque  deve  esserci  un'allra 
vila  per  1'uomo,  in  cui  le  parlile  vengano  ben  ragguagliate.  Dunque 
1'anima  umana  sopravvive  al  corpo.  Del  pari,  I'animo  umano  aspira 
naluralmenle  alia  felicila  perfella.  Ma  questa  non  si  ottiene  nella  vita 
presenle.  Dunque  debb' esserci  perTuomo  una  vita  futura  l.  Quesle 
pruove,  lo  concediamo  volontieri,  sono  saldissime  e  dimostrano  irre- 
pugnabilmenle  i'immorlalila  deiranima  umana.  Imperoccbe  Iddio,  or- 
dinalore  sapientissimo  della  natura ,  non  puo  imprimere  nell'  animo 
umano  un  desiderio  primitive ,  universale ,  insuperabile ,  verso  un 
oggetlo  chimerico  od  impossibile.  Del  pari  Iddio  non  sarebbe  giusto 
ne  provvido,  se  la  virtu  non  fosse  finalmenle  felice  e  il  vizio  infelice. 
Ma  per  valide  die  sieno  queste  ragioni ,  esse  non  sono  ontologiche 
ma  etiche,  derivate  cioe  dall'  esigenza  dell'  ordine  morale,  non  daU 
1'inlrinseca  essenza  del  soggelto ;  e  quindi  convien  confessare  che  la 
moderna  MetaGsica,  in  virtu  de'  suoi  principii,  vien  meno  in  una  ve- 
rita  si  rilevante ,  ed  e  costrelta  a  cercare  aiuto  da  un'altra  scienza. 

III. 

Prova  di  Kant. 

Kanl  sent!  giuslamenle  Y  impoteuza  della  sua  metafisica  a  dimo- 
slrare  1'  immortalil£  dell'anima ;  e  pero  si  rivolse  a  chiederne  la  prova 
non  alia  ragione  speculativa,  ma  sibbene  alia  ragion  pralica.  Questa 
prova  si  riduce  al  seguente  discorso : «  La  legge  morale  ci  prescrive 
come  suprema  nostra  perfezione  la  piena  conformita  della  volonla  no- 
stra  coi  suoi  dettami.  Questa  conformila  dunque  dev'  esser  possibi- 

1  «  Noi  abbiamo  un  desiderio  invincibile  di  un  bene  sommo. ...  Ma 
queslo  bene  sommo  non  si  trova  in  questa  vila  mortale.  Deve  dunque  iro- 
varsi  dall'  uomo  in  una  vila  diversa  dalla  presenle  e  che  esisle  dopo  la 
presenle.  » 

«  La  virtii  merila  premio,  il  vizio  merila  pena.  Ma  cio  non  si  verifica  in 
quesla  vila.  Vi  deve  dunque  essere  un'allra  vila,  in  cui  abbia  luogo  runione 
della  virlii  colla  felicila,  ed  in  cui  i  malvagi  sieno  merilevolmenle  punili.  » 
GALLUPPI,  Lezioni.  ecc.  vol  2,  Lezione  LXYI. 


666  ESAME  DELLE  PROVE 

le  ,  non  polendo  la  legge  morale  prescriver  1'  effettuazione  di  cosa 
impossibile.  Ma  ella  ROD  puo  conseguirsi  totalmente  in  nessim  islan- 
te  della  vita  nel  raondo  sensibile.  Dunque  la  noslra  esistenza  deve 
conlinuarsi  al  di  la  della  presents  vita ,  sicche  si  avveri  in  noi  un 
progresso  indefinilo  verso  Y  anzidetta  conformila.  Ma  cionon  sareb- 
be  possibile  ,  se  1'  anima  non  fosse  imraortale.  Dunque  1'  immorta- 
lita  dell' anima  e  un  postulate  della  ragion  pratica  l.  » 

Ouesto  raziocinio ,  spogliato  della  falsa  idea  del  progresso  indefi- 
nite, verso  un  termine  inarrivabile  (il  die  costiluirebbe  lo  spirilo 
umano  in  un  perpeluo  movimento ,  senza  mai  giungere  al  possedi- 
menlo  vero  dell'  ultimo  fine) ,  c  giusto  in  se  medesimo ;  giacche  sea- 
za  dubbio  la  perfetta  adequazione  della  volonla  nostra  colla  suprema 
legge,  die  e  la  divina  volonla,  (lev'  esser  possibile,  e  non  e  possibito 
in  quesia  \?ita.  Dunque  dev'  esserci  una  vita  a\venire.  Esso  e  in  so- 
stanza  1'  argomento  stesso  ,  espresso  da  Dante  in  quella  leggiadris- 
sima  terzina  2 : 

Non  V  accorgete  voi  die  noi  siara  vermi, 
Nati  a  formar  1'aDgelica  farfalla, 
Che  vola  alia  giustizia  senza  schermi? 

\  La  realisation  du  souverain  blen  dans  le  monde  est  I'  objet  necessalre 
d'unevolonte,  quipeul  etre  delerminee  par  la  loi  morale.  Mais  la  parfaite  con- 
formilc  des  intentions  de  la  volonle  a  la  lot  morale  est  la  condition  supreme 
du  SGUverain  bien.  Elle  doit  done  etre  possible,  aussi  bien  qne  son  objetypu.is- 
qu  elle  est  conlemie  dans  I'  ordre  meme  qui  prcscrit  de  lerealiser.  Or  la  par- 
faite conformile  de  la  volonte  a  la  loi  morale,  ou  la  saintete,,  est  une  perfection 
dont  aucun  etre  raisonnab'e  n'  est  capable  dans  le  monde  sensible,  a  aucun 
moment  de  son  existence.  El  puisqu'elle  n  en  est  pas  mains  exige'e  comme  pra  • 
tiquement  necessaire,  il  faut  done  la  chercher  uniqitement,  dans  un  progres 
indeiinimcnt  continu  vers  celle  parfaite  conj'ormite;  et,  suivant  les  principes 
de  la  raison  pure  pratique,  il  est  necessaire  d' admetlre  ce  progres  pratique 
comme  I'objetre'el  de  notre  volonte.  Or  ce  progres  indefini  n' est  possible,,  que 
dans  la  supposition  d' une  existence  et  d'  une  personalite  indefiniment  perst- 
stantes  de  I'  etre  ralsonnable  (ou  de  ce  qu'on  nomme  rimmortalile  de  I'dme}. 
Done  le  souverain  bien  n'  est  pratiqiiement  possible,  que  dans  la  supposition 
de  T immortaUie  de  lame;  par  consequent,  celle-ci,  etant  inseparablemenl 
liee  a  la  loi  morale,  est  un  postulat  de  la  raison  pure  pratique.  Critique  de 
la  raison  pratique.  Premiere  partie,  Liyre  second,  c.  IV,  traduit  par  J.  Barui. 
2  Purgatorio,  canto  X. 


DELL'  IMMORTALITA  DELL*  ANIMA  667 

L'  anima  nostra  e  prescntemcnte  nel  corpo  quasi  crisalide  net 
bozzolo;  d'  onde  sprigionataunavolta,  polra  senza  impedimento  vo- 
lare  in  seno  a  Dio ,  alia  perfelta  giuslizia,  doe  alia  perfetta  confor- 
mita  col  divino  volere.  Tultavia  un  tale  argomento  ha  lo  slesso  di- 
felto,  nolalo  di  sopra,  d'  essere  cioe  tolto  non  dalla  metafisica,  ma 
dalla  morale.  Laonde ,  tutloche  validissimo  ,  non  sopperisce  piena- 
mente  al  bisogno  della  scienza;  la  quale  cerca  1'inlima  ragion  delle 
cose,  e  non  pu6  altronde  attingerle,  che  dalla  Metafisica  per  la  con- 
siderazione  specolativa  delle  essenze. 

IV. 

Prom  del  Rosmini. 

II  Rosmini  escogilo  una  nuova  dimostrazione  dell'  immortalita 
deiranima  umana,  cavandola  dall'  intuizione  innata,  da  lui  altri- 
builaci,  dell'ente  ideale.  Egli  dice:  se  I'anima  umana  fosse  solamente 
sensitiva  ed  orgamca,  essa  per  la  dissoluzione  dell'  organismo  per- 
derebbe  la  propria  individualila,  sciogliendosi  e  trasformandosi  nelle 
anime  elementari  delle  molecole  inorganiche  l.  Ma  I'anima  umana 
per  1'apparizione  fattagli  dell'ente  si  e  sollevala  a  un  grado  phi  alto 
di  perfezione,  ed  e  diventata  intelletliva  2.  In  \;irtu  di  questo  nuovo 
termine,  che  ha  acquistalo,  della  sua  allivita  conoscitiva,  1'  anima  e 
fatla  incapace  di  polere  piu  perdere  la  sua  individuality  e  sussisten- 
za,  per  1'azione  di  qualsiasi  causa  creata.  Imperocche  a  far  cio  con- 

1  «  La  morte  deiranimante,  cioe  deH'organismo,  non  e  la  distruzlone  del 
sentimento,  ma  una  modiftcazione  di  lui,  e  soltanto  la  dissoluzione  deirituff- 
viduo,  ossia  dell'anfma  organica,  che  e  quanto  dire  di  queirarmonico  senti- 
mento d'  eccitazione,  continuamente  riprodotto,  avente  un  centre  d'attivita 
prevalente,  di  cui  e  manifestazione  extra-soggettiva  Torganizzazione.  »  ^51- 
cologia,  vol.  I,  lib.  V,  cap.  3. 

Piu  sopra,  dopo  aver  divise  le  anime  sensitive  in  elementari  ed  organiche, 
avea  detto :  «  II  rifondersi  delle  organiche  nelle  elementari,  per  la  dissolu- 
zione del  corpo  organato,  non  fa  cessare  1'esistenza  delle  anime,  ma  si  sola- 
mente le  trasforma.  »  Ivi  capitolo  2,  art.  1. 

2  «  II  principio  sensitive  (neW  uomo }  coll'  aver  acquistato  questo  nuovo 
termine  cangio  natura,  ne  acquistd  una  infmitamente  piu  nobile,  attinseuna 
forma  perfetta  e  divina. » Ivi  cap.  6. 


668  ESAME  DELLE  PROVE 

verrebbe  che  Yenisse  dislrulto  il  predetto  termine ;  il  che  non  e  pos- 
sibile,  giacche  1*  ente  universale  non  va  soggelto  all'  azione  di  niuna 
causa  creala.  «  La  distruzione  di  un  ente  contingcnle  non  avviene, 
se  non  in  questo  modo  che  sia  distrutto  il  termine ,  in  cui  fmisce  il 
suo  allo  primo.  Ora  qual  e  il  termine  dell'  enle  uomo?  Abbiamo  ve- 
duto  che  i  termini  son  due ,  il  corpo  e  1'  essere  in  universale.  Ora 
qual  ente  straniero  potrebbe  distruggere  questi  termini  dell'  ente 
uomo?  Gli  enti  stranieri  sono  Iddio  e  le  cose  contingent!.  In  quanto 
a  Dio  abbiamo  gia  supposto  ch'  egli  non  annienti  alcuna  delle  cose 
da  lui  create ;  dunque  la  distruzione  dell'  uomo  non  puo  venire  da 
Dio.  Ma  che  cosa  possono  a  distruzione  dell'  uomo  le  atlivita  di  cui 
sono  fornite  le  cose  contingent!?  Che  cosa  possono  a  distruzione 
de'due  termini  delVatto  primo  pel  quale  1'uomo  e?  II  corpo  dell' uo- 
mo ,  uno  de'  termini ,  e  un  complesso  di  elementi  organati  nel  piu 
perfetlo  modo  specifico,  e  cosi  indhlduati,  Ora  le  forze  della  nalura 
possono  disciogliere  questa  organizzazione ;  e  quindi  distruggere  con 
essa  il  senlimento  animale  ,  proprio  dell'  uomo.  Ma  sull'  essere  uni- 
versale tutte  le  forze  della  natura  nulla  possono ;  perocche  1'  essere 
universale  e  impassibile,  immutabile,  eterno,  ne  soggiace  all'  attivila 
di  alcun  ente.  Dunque  quella  virtu,  colla  quale  1'uomo  intuisce  1'es- 
sere  universale,  non  puo  perire.  Ma  quesla  virtu,  questo  primo  atto 
e  1'anima  inlelleltiva :  dunque  1'anima  intellettiva  non  puo  cessare 
d'  esistere  nella  sua  propria  individualita ,  giacche  ha  la  realita  sua 
propria  che  la  individua,  il  che  volgarmente  s'  esprime  dicendo  che 
e  immortale  J .  » 

Lasciando  indietro  gli  accessorii ,  quali  sono  1'  ipotesi  delle  anime 
elementari,  il  risultare  da  esse  e  il  risolversi  in  esse  le  anime  orga- 
niche,  il  cangiar  di  nalura  dell'anima  umana  trasformandosi  da  sen- 
sitiva  in  intellettiva,  e  fermandoci  al  solo  punto  principale,  diciamo 
che  la  predetta  opinione  non  ci  sembra  accettabile  per  molti  capi. 
Da  prima,  per  essa  ripeterebbesi  1'  immortalita  dell'anima  umana  da 
un  priricipio  estrinseco,  qual  e  certamente  1'  essere  universale,  che  a 
lei  apparisce  come  obbietto  d'intuizione ;  laddove  1'immortalita  nell'a- 
nima  e  dote  inlrinseca ,  che  deve  sorgere  dall'  essenza  stessa  di  lei. 


Psicologia,  vol.  I,  lib.  V,  cap.  6, 


DELL'  IMMORTALITA  DELL*  ANIMA  669 

Di  piu,  in  die  modo  cotesto  esserc  universale  comunicherebbe  all'  a- 
nima  rimmortalita?  Informandola ,  rispondcrebbe  il  Rosmini  1;  e 
pero  traendola  a  partecipare  della  sua  durata.  Ma,  si  dimanda,  cole- 
sto  essere  universale  e  un'idea  o  una  realita?  Se  e  "un'idea,  non 
potra  imparlire  se  non  allribiizioni  ideali.  Se  e  una  realita,  non  po- 
Jra  essere  se  non  Dio,  e  Dio  non  puo  cerlamente  informare  un  ente 
creato  e  farlo  partecipe  de'  suoi  stessi  attribuli.  In  terzo  luogo ,  noi 
non  giungiamo  ad  intenderecome  questo  essere  universale  varrebbe 
a  mantenere  nella  propria  individuita  1'anima  umana.  A  noi  sembra 
piuttosto  che  dovrebbe  cagionare  il  contrario  effelto.  Imperocche  co- 
testo essere  e  un  termine  comune  a  tulle  le  inlelligenze.  Ha  dunque 
il  carattere  opposto  all'  individuazione ,  la  quale  non  e  riferibile  che 
a  un  singolare  concreto.  Finche  1'anima  informa  1'  organisrao,  si  puo 
concepire  che  in  virtu  di  esso,  ossia,  per  parlare  il  linguaggio  rosmi- 
niano ,  in  virtu  del  senlimento  fondamenlale ,  limitalo  a  quel  solo 
esteso  senza  andare  piu  oltre ,  V  anima  sia  individuata.  Ma  sciolto 
F organisrao,  per  la  cui  soluzione  1'anima,  in  quanto  ad  esso  si  rife- 
risce,  ossia  in  quanto  organica,  tende  piultosto,  giusla  il  sislema,  a 
sciogliersi  nelle  anime  elementari ;  non  resta  altra  cagione  determi- 
nante  il  modo  di  esistere  in  se  dell'  anima  che  1'  essere  universale , 
da  cui  e  informata  e  per  cui  sussiste.  Ora  niente  puo  comunicare 
ad  altrui.cio  che  non  ha;  e  1'  essere  universale  non  ha  in  se  indivi- 
dual^ ma  universalita  e  comunanza.  Sembra  dunque  piu  nalurale 
che  1'  anima  umana ,  abbandonata  alia  sola  influenza  di  cotesto  ente 
universale  e  comune ,  dovrebbe  perdere  ogni  suo  peculiar  modo  di 
esistere  con  dislinzione  dalle  altre  e  venire  assorbita  in  una  comune 
ed  universal  sussistenza ,  rispondenle  all'  essere  che  lutte  informa  e 
coslituisce. 

L'  argomento  rosminiano  potrebbe  ridursi  a  buona  lega,  se  si  spo- 
gliasse  di  tulli  gli  aggiunti  sislemalici ,  e  si  pigliasse  la  conoscenza 
dell'  essere  universale,  come  indizio  della  qualita  dell'  operazione.  pro- 
pria dell'  anima  umana,  e  quindi  come  indizio  delle  qualita  della  sua 
essenza*  Ma  allora ,  esso  non  sarebbe  altro  che  uno  degli  argomenti 
arrecali  da  S.  Tommaso  nella  Somma  contro  i  Genlili,  la  dove  il  san- 

1  «  L'  uomo  in  quanto  e  un  essere  intellettivo ,  e  informato  dall'essere 
ideale  e  per  questo  esiste.  »  Psicologia,  vol.  \,  lib.  IV,  cap.  17,  art.  2. 


670  ESAME  DELLE  PROVE 

io  Dottore  ragiona  cosi :  II  perfeltivo  proprio  dell'uomo ,  in  quanta 
alfanima,  e  incorruttibile.  Conciossiache  1'operazione  propria  deli'uo- 
mo,  in  quanto  uomo,  e  1'  intendere,  giacche  per  essa  egli  si  distin- 
gue da'bruti;  dalle  piante,  clai  minerali;  e  1'intendere  riguarda  gli 
universal!  e  gli  incorruttibili ,  in  quanto  tali.  Ora  i  perfetlivi  delle 
cose  debbono  necessariamente  esser,e  proporzionati  ai  loro  perfetti- 
Ibili.  Dunque  se  il  perfettivo,  proprio>tdeir  anima  umana,  e  incorrut- 
tibile; incorruttibile  altresi  convien  che  sia  essa  anima  1.  Ma  e  tem- 
po oramai  di  dire  alcuna  cosa  degli  Scolastici. 

V. 

Prova  degli  Scolastici. 

Gli  Scolastici  non  ricusavano  le  prove  somministrate  dall'  Elica, 
delle  quali  parlammo  piu  sopra,  ma  a  questo  facevano  precedere  le 
prove  attintedalla  Metafisica.  Per  essi  1'immortalita  dell'  anima  non 
era  che  un  corollario  del  la  sua  spiritualita ;  giacche  lo  spirito  non 
puo  piu  perdere  1'  essere,  che  una  volla  ha  ricevuto  :  Ostensum  est 
supra  omncm  substantial  intellectualem  esse  incorruptibilem.  Ani- 
ma autem  hominis  est  quaedam  substantia  intellectualis .  Oportet 
igitur  animam  Immanam  incorruptibilem  esse.  Cosi  argomentava 
S.  Tommaso  2. 

Che  1'  anima  umana  sia  sostanza  intellettuale  apparisce  dalle  sue 
operazioni.  Che  poi  la  sostanza  intellettuale ,  ossia  lo  spirito,  sia  in- 
corruttibile, il  S.  Dottore  lo  dimostra  cosi :  Acciocche  una  sostanza 
sia  corruttibile,  convien  che  abbia  nella  propria  natura  la  polenza  a 
non  essere.  Quesla  potenza  non  e  altra,  che  la  materia ;  la  quale  po- 
Cendo  ricevere  diverse  forme  sostanziali,  e  causa  perche  il  composto 
possa  perire  per  la  separazione  de'  suoi  principii  costitutivi.  Ma  la 
sostanza  intellettuale  e  scevra  di  materia  e  sussiste  nella  sua  sempli- 

1  Proprium perfectivum  hominis  secundum  animam  est  aliquid  incorrupti~ 
bile;  propria,  enim  operatic  hominis ,  in  quantum  Imiusmodi,  est  intelligere  , 
per  hanc  enim  differt  a  brutis  et  plantis  et  inanimatis :  intelligere  autem  est 
nniversalium  et  incorruptibilium  in  quantum  huiusmodi.  Perfectiones  autem 
oportet  esse  perfectibilibus  proportionatas.  Ergo  anima  humana  est  incorru- 
ptibilis.  Contra  Gentiles,  lib.  2,  c.  79. 

2  Contra  Gentiles,  Ibid. 


DELL'  HIMOHTALITA  DELL'  ANIMA  671 

cc  csscnza.  Dunque  essa  non  ha  nella  propria  nalura  la  polenza  a 
non  essere,'e  pero  una  volta  posia  in  atlo  da  Dio,  necessariamcnle 
dura  in  perpetuo  nell' esislenza  1. 

Nevale  1'obbiellare  che  1'anima  umana,  benche  sia  spirito,  e  non- 
dimeno  forma  sostanziale  del  corpo.  Imperocche  essa  per  cio  stesso, 
che  e  intelletluale,  e  forma  inorganica;  cioe  indipendente  nell'esislen- 
za  dali'organismo,  che  avviva:  Anima  humana  est  forma  non  depen- 
dens  a  corpore  secundum  suum  esse.  La  prova  evidente  di  ci6  e 
che  1'  inlendere  e  azione  inorganica,  e  1'azione  Don  puo  superare  la 
perfezione  del  priucipio  da  cui  precede. 

In  secondo  luogo,  che  1'anima  non  possa  perire  per  la  separazione 
del  corpo  apparisce  assai  chiaramente,  se  si  considera  cio  che  e  pro- 
prio  della  sua  perfezione,  in  quanto  e  natura  razionale.  La  perfezione 
propria  dell'anima  umana,  in  quanto  e  nalura  razionale,  consiste  nella 
scienza  e  nella  virtu.  Or  si  1'  una  come  1'  altra  crescono  nella  loro 
eccellenza,  in  proporzione  deH'allontanamento  dal  corpo.  In  fallo  la 
scienza  tanto  e  piu  perfetta,  quanto  piu  astrae  dalla  materia  e  si  sollc- 
Ta  ad  oggetti  soprassensibili.  La  virtu  tanto  e  maggiore,  quanto  piu 
la  ragione  domina  il  corpo  ,  e  sottomette  la  carne  ai  dettami  dello 
spirito.  Dunque  la  piena  separazione  dal  corpo,  per  la  quale  1'  inlei- 
to  si  volga  direltamente  agl'  intelligibili ,  e  la  volonta  resti  del  tullo 
Hbera  dall'  impaccio  delle  passioni,  e  da  riguardarsi  come  il  termi- 
ne  della  progressione  perfeiliva  dell'  anima  umana,  e  come  uno  stato 
pienamente  rispondente  a  lei,  in  quanto  ella  e  razionale.  Ma  ripugna 
assolutamenle  che  una  cosa  riceva  danno  ,  anzi  perisca,  pel  toccare 
che  fa  un  termine,  che  non  solo  e  conforme  alia  sua  perfezione ,  ma 
ne  coslituisce  anzi  il  grado  supremo.  Dunque  ripugna  assolulamente 
che  1'  anima  umana  perisca  per  la  separazione  dal  corpo  2. 

1  Sunt  quaedam  in  rebus  crealis  quae  simpliciler  et  absolute  necesse  est 
esse.  Illas  enim  res  slmplidter  et  absolute  necesse  est  essef  in  quibus  non  est  pos- 
sibilitas  ad  non  esse;  quaedam  autem  res  sic  sunt  a  Deo  in  esse  productae,  ut 
in  carum  natura  sit  potentia  ad  non  esse;  quod  quidem  contingit  ex  hoc,  quod 
materia  in  eis  est  in  potentia  ad  aliam  formam.  Illae  iyilur  res,  in  quibus 
non  est  materia,  non  habent  potentiam  ad  non  esse.  Eas  igitur  simpliciter  ct 
absolute  necesse  est  esse.  Contra  Gentiles,  1.  2,  c.  30. 

2  Nitlla  res  corrumpitur  ex  eo,  in  quo  consistit  sua  perfectio;  hae  enim  nnt- 
tationes  sunt  contrariae,  scilicet  ad  perfectionem  et  ad  corruptionem.  Perfc- 


672  ESAME  DELLE  PROVE 

Ne  si  dica  che  la  perfezione  dell'  anima  in  quanto  all'  operazione 
puo  consistere  nell'  allontanamento  dal  corpo,  non  cosi  in  quanto  al- 
1'  essere  ,  e  pero  la  precedente  illazione  non  essere  legittiraa.  Impe- 
rocche  a  cotesta  istanza  ottimamente  occorre  il  S.  Doltore  ,  osser- 
vando  che  1'operazione  e  1'essere  son  proporzionali  tra  loro ;  giacche 
ogni  cosa  opera  in  quanto  e ,  e  1'operazione  segue  la  nalura  dell'  es- 
sere. Laonde  non  puo  una  cosa  perfezionarsi  in  quanto  all' operazio- 
ne, se  non  per  cio  che  e  conforme  al  suo  essere  e  tende  a  perfe- 
zionarlo  :  Si  aulem  dicatur  quod  perfectio  animae  consistit  in  sepa- 
rations eius  a  corpore  secundum  operalionem  ,  corruptio  aulem  in 
separalione  secundum  esse ,  non  convenienter  obviatur.  Operatio  e- 
nirn  rei  demonstrat  subslanliam  et  esse  ipsius ,  quia  unumquodque 
operatur  secundum  quod  est  ens ,  et  propria  operatio  rei  sequilur 
propriam  ipsius  naturam.  Non  potest  igitur  perfici  operatio  alicuius 
rei ,  nisi  secundum  quod  perficilur  eius  substantia.  Si  igitur  anima 
secundum  operalionem  suam  perftcilur  in  relinquendo  corpus  et  cor- 
porea ;  subslantia  sua  in  esse  suo  non  deficiel  per  hoc ,  quod  a  cor- 
pore separatur  1 . 

In  terzo  luogo ,  un  essere  non  puo  corrompersi  se  non  per  azione 
cli  agenti  contrarii.  Ma  la  natura  intelleUuale  non  ha,  rispelto  a  se,- 
agcnti  contrarii ;  giacche  cssa  accoglie  coi  suoi  atli  conoscitivi  tulti  i 
contrarii,  senza  pallrne  alcun  danno,  anzi  ricevendone  perfezione. 
Dunque  ripugna  che  una  natura  intellettuale  sia  corrultibile  2. 

Finalmente,  per  non  essere  piu  prolissi ,  puo  dimoslrarsi  1'  incor- 
ruttibilita  dell'anima  dalla  qualita  della  sua  origine.  Imperocche  niu- 
na  cosa  puo  perdere  1'esislenza,  se  non  per  1'azione  di  cause  dello 
slesso  ordine,  che  quelle  da  cui  lariceve.  Ma  la  causa,  da  cui  Tani- 

ctlo  antem  animae  humanae  consistit  in  abstraclione  quadam  a  corpore;  pcr- 
ficitur  enlm  anima  scientia  et  virtute ,  secundum  sdentiam  aulem  tanto  tnagis 
perficitur,  quanto  mayis  immaterialia  considerat:  virtutis  autem  perfectio  con- 
sistit in  hoc,  quod  homo  corporis  passiones -non  scqualur ,  ssd  eas  secundum 
rationem  temperet  et  refrenet.  Non  ergo  corruplio  animae  consistit  in  hocr 
quod  a  corpore  separctur.  Contra  Gentiles,  loco  citato. 

1  Contra  Gentiles,  lib.  II,  c.  79. 

2  Anima  huinana  non  potest  corrumpi  per  actionem  contrarii;  non  enlm  est 
ci  aliquid  contrarium ,  cum  per  intellectual  ipsa  sit  cognoscitiva  et  reccptiva, 
omnium  contrariorum.  Contra  Gentiles,  loco  citato'. 


DELL'  IMMORTALITA  DELL*  ANIMA  673 

ma  umana  riccvc  1'esistenza ,  e  fuori  di  tulto  1'ordine  delle  cause 
creale ,  doe  c  il  solo  Dio  che  la  produce  dal  nulla.  Dunque  il  solo 
Dio  puo  airanima  umana  levare  1'esistenza ;  e  pero  ella  a  rispelto  dl 
tullo  rordinc  delle  cause  creale  e  indistrutlibile.  Essa  non  e  se  non, 
sotlo  I'influenza  della  virtu  divina,  e  solo  per  la  cessazione  di  tale 
inQuenza  puo  tornare  ncl  nulla,  da  cui  fa  tratta  1. 

Dirai :  potendo  Iddio  annientare  Tanima  umana,  ella  non  puo  dirsl 
assolutamente  indislrultibile.  Di  piu,  finora  si  e  provato  soltanto  che 
1'anima  umana  non  puo  perire,  non  gia  che  ella  e  immortale ;  giac- 
che-1'  idea  d' immortalita  importa  1'  idea  di  vita ,  e  non  del  semplice 
cssere. 

Rispondiamo:  la  prima  difficolla  e  at  tutto  fuor  di  proposilo.  Im- 
perocche ,  Iddio  put),  assolulamente  parlando,  annichilare  ogni  cosa, 
ritirando  Y  influsso  col  quale  la  conserva  nell'  esislenza  ;  cio  e  fuori 
di  controversia.  Ma  secondo  questa  potenza  divina  niuna  cosa  si 
dice  corrutlibile :  si  perche  la  corruttibilila  o  incorrultibilita  delle 
cose  riguarda  1' inlrinseca  loro  capacita ,  non  la  virtu  divina;  e  si 
perche  Iddio,  inslitulore  della  natura,  governa  le  cose  tutle  secondo 
la  loro  esigenza,  e  pero  a  niuna  di  esse  toglie  cio  che  a  lei  essenzial- 
mente  compete.  Se  facesse  altrimenti,  Iddio  contraddirebbe  a  se  sles- 
so;  giacche  andrebbe  contro  1'ordine  dalla  sua  sapienza  dcltalo, 
nell'  ideare  le  essenze  creabili.  Ora  noi  abbiam  dimostrato  che  le  so- 
slanze  intelleltuali  di  lor  natura  richieggono  di  durare  perpeluamen- 
te.  Onde,  checche  sia  dell'  assoluta  potenza  divina,  e  indubilalo  che 
Dio  secondo  1'ordine  naturale  non  puo  annienlarle.  Ex  hac  sola  po- 
tenlia  (della  divina  cioe  a  rispetto  dell'  annichilazione  delle  cose)  nihil 
potest  did  corruptibile ;  turn  quia  res  dicuntur  necessariae  el  con- 
tiny  entes  secundum  potentiam  quae  est  in  eis,  et  non  secundum  po- 
tenliam  Dei;  turn  etiam  quia  Deus,  qui  est  institutor  naturae,  non 

1  Quaecumque  inclpiunt  ease  et  desinunt,  per  eamdem  potenliam  habent 
utmmquc;  eadem,  enim  est  potenlia  ad  esse  et  non  esse.  Sed  substantiae  Intel- 
tectuales  nonpotucrunt  incipere  essef  nisi  per  potentiam  primi  agentis;  non 
enim  sunt  ex  materia  quae  potuerit  praefuisse.  Igitur  nee  est  aliqua  potently 
ad  non  esse  earutnf  nisi  in  ;-r;  ,,t  ente  f  secundum  quod  potest  non  in/luert 
cis  :""*.  Contra  Gentiles,  "• 

i«   ',  voi.  XII,  fate.  3;>  *3  S  Decembre  1864. 


674  ESAME  DELLE  PROVE  DELL*  IMMORTAL1TA  DELI/ ANIMA 

subtrahit  rebus  quod  est  proprinm  naturis  earum.  Ostensum  est  au- 
tem  quod  proprium  naluris  intellectualibus  esl  quod  sint  perpeluae. 
Unde  hoc  eis  a  Deo  non  subtrahitur  1 . 

I/allra  difficolla  poi  non  ha  mesticri  di  lunga  discussione;  giacche 
trattandosi  di  una  natura  vilale,  qual  certamenle  e  1' anima  umana, 
tanto  e  dire  che  essa  durera  sempre,  quanlo  e  dire  che  essa  sar&  seni- 
pre  vivente :  Vivere  vivenlibus  est  esse.  Ne  osta  la  connessione,  che 
presentemente  ha  in  noi  la  conoscenza  iritelleltiiale  colla  sensitiva.  Im- 
perocchc  tal  connessione  precede  dallo  stato  di  unione  col  corpo ,  e 
dee  necessariamente  cessarc,  col  cessare  di  essa  unione.  Ogni  fcosa 
opera  in  conformila  del  suo  essere  e  dello  state  dell'essere.  L'anima 
umana ,  benche  indipendente  dal  corpo  ,  e  nondimeno  congiunta  al 
corpo.  Dunque,  benche  intenda  senza  intrinseco  concorso  degli  orga- 
iii,  e  nondimeno  in  questa  sua  operazione  accompagnala  da  operazioni 
organiche,  quali  appunto  sono  lo  sensitive,  e  non  puo,  mentre  dura 
la  sua  unione  col  corpo,  disgiungere  1'una  daU'allra.  Ma  rolto  il  \Tin- 
colo  che  al  corpo  la  lega,  1'anima  comincia  ad  esistcre  al  modo  delle 
sostaiize  separate,  e  per  conseguenza  opera  al  modo  loro,  cioe  col  solo 
intellello  ,  e  consegucntemente  in  guisa  assai  piu.  perfella  di  prima. 

Solves!  della  carne,  ed  in  virtute 
Seco  ne  porta  Fumano  e  il  divino  ; 
L'altre  potenze  tutte  quante  mute 
Memoria  intelligenzia  e  volontade 
In  atto  molto  piii  che  pria  acute  2. 

Quesle  sono  alcune  delle  moHissime  ragioni,  con  le  qoali  S.Tommaso 
prova  1'  immortalila  dell'  anima  umana  e  in  generale  di  tutte  le  so- 
stanze  intellettive ,  nei  capi  cinquantesimoquinto  e  seltanlesimonono 
del  sccondo  libro  delSa  Somma  contro  i  Gentili.  Essi  sono  ,  come 
ognun  vede,  presi  dall'intrinseca  natura  dell' anima  ed  hanno  un  va- 
lore  assoluto  ;  giacche  non  suppongono  altro  principle  ,  se  non  che 
1'anima  umana  e  intelletliva ,  il  che  e  noto  per  esperienza,  e  che  la 
natura  inlellelliva  e  indipendente  dal  corpo  nel  proprio  essere,  il 
che  e  da  lui  evidentemente  dimostrato.  Noi  ci  fermiamo  ad  essi  sen- 
za  cercare  piu  ollre,  giacche  son  bastevoli  all'uopo,  e  rimeltiamo  chi 
amasse  allro  alia  cilala  opera  del  sommo  Aquinale. 

1  TH.  Contra  Gentiles,  lib.  II,  cap;  53.  —  2  Purgatorio,  c.  XXV. 


LA  POVERELLA  DI  GASAMARI 

RACCONTO  STORICO 


DEL  1860  E  1861 


All'  oriente  di  Roma,  circa  mezzo  miglio  fuori  delia  porta  liburli- 
na,  la  strada  consolare,  che  anche  oggidi  mena  a  Tivoli,  sbocca  im- 
provvisamente  ia  uaa  solitaria  valle  coronata  di  poggi,  a  un  cui 
lembo  sorge  un'  antica  basilica,  la  quale  e  tutta  inlorniala  da  un  lar- 
go muro  di  cinla  c  da  un  gruppo  di  novelli  edifizii,  che  biancheggia- 
no  tra  la  verdezza  del  silo  e  il  bruno  aspetlo  della  sua  faccia,  de'  suoi 
fianchi,  della  sua  torre.  La  valle  e  il'Canipo  Verano,  luogo  di  piis- 
sima  nominanza  per  essere  sovraposto  alle  catacombe  di  Ciriaca  e 
-d'  Ippolito,  ove  hanno  pace  le  ossa  d'  innumerabili  cristiani  de'  pri- 
mitivi  secoli  della  Chiesa.  La  basilica  e  quella  eretta  da  Costantino 
Magno  ad  onore  del  levita  san  Lorenzo,  nella  quale  riposano,  con  le 
sue,  le  reliquie  dei  corpi  del  protomartire  Stefano  e  di  un  esercito 
di  beati.  II  gruppo  degli  edifizii  chiuso  dalla  muraglia  e  1'odierno 
cimilero  del  popolo  romano :  terra  benedetta,  perche  ogni  sua  zolla 
5  commista  con  le  polveri  di  un  Santo,  ogni  suo  fil  d'  erba  e  nutrito 
dal  sangue  di  un  eroe  di  Gesu  Cristo. 

Letlor  gentile,  vi  rammentate  piu  di  quei  due  amid,  de'  quali  vi 
riportammo  un  cerlo  dialogo,  per  introduzione  a  questo  racconto? 
Or  bene,  un  sei  o  sette  giorni  depo  che  aveano  avulo  insieme  quel 
eolal  dialogo,  e  fu  la  sera  d'Ognissanti,  i  medesimi  due  amici,  vaghi 
di  fare  ancor  essi,  come  si  costuma  la  vigilia  de'  Morli,  una  visila 


676  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

al  cimitero,  s' incamminarono  verso  la  predetta  basilica  di  san  Lo- 
renzo fuor  delle  mura,  e  lungo  la  via  s  imbatterono  in  una  turba  di 
gente  che,  o  a  piedi  o  in  carrozza,  \i  conveniva  o  ne  ritornava.  II 
cielo  era  fosco,  torbido  e  filtaraente  coperto  di  un  nuvolalo,  il  qua- 
le, al  soffio  rabbioso  dello  scilocco,  si  abbassava  con  un  piutlosto 
accennar  d'acqua  che  piovere.  Ma  eglino,  per  essere  lulti  intesi  in  un 
loro  ragionamento  di  arli  belle,  non  avvertirono  gran  fatto  a  questa 
oscurila  dell' aria,  se  non  quando  giunsero  all'aperto  della  valle, 
In  cui  si  alza  la  severa  basilica  circondala  dal  camposanto.  —  Olii, 
che  tempo  cupo  e  melanconico !  non  pote  a  meno  di  esclamare  que- 
gli  dei  due,  che  era  Ilaliano,  vedendo  le  nubi  distendersi  in  forma  di 
denso  velo,  sopra  quella  ampia  tralta  di  pianicelli  e  di  erte. 

—  Serata  da  morli !  rispose  1'altro  che,  come  sapete,  era  fore- 
sliero.  A  me  pcro  non  displace,  anzi  place;  che  ogni  cosa  va  consi- 
derata  nel  suo  proprio  lume.  E  qual  luce  piu  adatla  di  questa,  per 
contemplare  le  bellezze  lugubri  della  morte?  Animo,  entriamo. 

—  Le  bellezze?  ah,  voi  trovate  bella  pure  la  morle? 

—  E  perche  no?  lo  mai  non  metto  il  piede  in  un  cimilero,  che 

10  non  iscopra  e  gusti  di  un'  armonia  singolarissima ,  tra  il  regno 
dei  vivi  che  mi  sta  di  fuori ,  il  regno  dei  morli  che  mi  sta  di  sotlo, 
e  il  regno  dei  cieli  che  mi  sla  di  sopra :  e  quest'  armonia  pare  a 
me  che  tocchi  1'apice  della  sua  sublime  unita,  come  io  guardo  alia 
croce  che  signoreggia  la  in  mezzo  al  regno  dei  morli,  mentre  allar- 
ga  le  braccia  al  regno  dei  \ivi  e  spicoasi  con  la  punla  verso  il  re- 
gno dei  cieli.  Amico,  ella  e  questa  un' armonia  bellissima  che,  sen- 
za  1'elemenlo  della  morte,  non  sarebbeperfetta.  Mancherebbe  di  uni- 
ta. E  in  do  dire,  trapassarono  il  limitare  della  cancellata,  e  furono 
dentro  quella  parle  del  camposanlo  che  ne  fa  da  vestibolo. 

Anipio  e  questo  spazzo,  intercluso  in  quadro  da  un  muricciuolo, 
nel  quale  vedi  incassate  di  moltelastre  marmoree,  con  iscrizioni  che 
invano  tenteresli  di  leggere,  poiche  rose  o  dilavale  dalla  umidila. 
Per  lo  lungo,  sette  a  destra  e  sette  a  sinistra,  corrono  quattordici 
edicole  in  solida  pietra  tiburlina  ,  che  mostrano  dipinte  a  fresco 
le  stazioni  della  passione  del  Salvatore.  Pietoso  e  dolce  speltacolo 

11  quale,  con  esprimere  il  costo  del  divin  Sangue  che  ogni  anima  e 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  677 

valsa  a  Gesu  Redentore,  conforta  a  speranza  chiunque,  per  queslo 
adito,  va  pregar  pace  ad  alcun'  anima  sua  diletia,  presso  T  avello 
che  quivi  ne  custodisce  le  ceneri !  Di  rincontro  a  questo  divolo  in- 
gresso  levansi  due  grandiosi  porlici  che ,  con  poca  eleganza ,  vol- 
gono  il  tergo  a  chi  arriva :  sgarbo  di  archilettura,  cbe  e  compensa- 
to  dalla  foggia  nobilissima  di  tutla  la  costruzione,  e  degli  archi  e 
delle  voile  e  delle  ben  fusate  colonne  d'ordine  dorico,  lerminanti 
con  capitelli  pieni  di  leggiadria. 

Qua  vi  slapre  innanzi  un  ripiano  assai  vaslo,  sparso  a  misurati 
intervalli  di  coperchioni  di  travertino,  sulle  bocche  dei  pozzi  o  car- 
cai,  che  ora,  perun  rispetto  di  pubblica  sanita,  nonsonopiu  in  uso. 
E  questi  coperchi  di  un  colore  bigiognolo,  sporgenli  dal  fondo  del- 
la  piazza  selciata  di  negro  basalte,  danno  a  tutlo  quel  claustro  un  tal 
.  acre  di  religiosa  mestizia,  che  voi,  a  giltarvi  1'  occhio  e  a  fermarvi  il 
piede,  vi  sentite  fremere  di  un  sacro  orrore,  il  quale  vi  moverebbe 
a  rilrarne  il  passo;  se  un  tempielto,  che  vi  si  erge  di  fronte,  ni- 
tido  e  gaio  come  un  bel  tulipano  tra  lo  squallore  del  verno,  non  vi 
alleltasse  a  inoltrarvi  ed  a  salire  in  cima  della  sua  sveltissima  gra- 
dinata.  II  che  fecero  i  due  amid,  dietro  la  folia  che  silenziosamenle 
vi  ascendeva. 

Cotesta  vaghissima  chiesicciuola,  tutta  Candida  nel  prospelto  e 
nei  lati,  che  si  rispondono  con  una  confacenza  squisita,  sovrasta  ad 
uno  scalere  di  ben  quattordici  gradi,  il  quale  intromette  in  un  atrio 
a  portico,  sostenuto  da  qualtro  colonnine  di  granilo  d'  Egilto  ad  or- 
dine  ionico,  i  piumacci  e  le  volute  de'  cui  capitelli  aspeltano  tultavia 
T  ultimo  pulimento.  La  sua  facciata  risalta  con  una  proporzione  che 
appaga  la  vista,  e  fmisce  con  una  specie  di  attico,  e  poscia  con  una 
alzata ;  nel  timpano  della  quale  campeggia  la  persona  del  Redenlore 
a  pennello,  con  ai  fianchi  due  angioli  che  danno  fiato  alle  lunghissime 
tibie,  come  in  atlo  di  risvegliare  dal  sonno  della  morte  le  umane  ge- 
nerazioni,  e  chiamarle  al  supremo  tribunale  di  Cristo  Giudice.  II  fre- 
gio  porla  in  leltere  cubitali:  PIVS  .  ix.  PONTIFEX  .  MAXIM vs  .  AN.  SA- 
cm  .  PRINC.  xin. 

La  grandissima  calca  dei  visilanli  die,  con  segni  di  fede  veramen- 
te  romana,si  prostravano  in  questo  grazioso  tempietto,  nel  quale  can- 
tavasi  il  vespro  dei  defunti,  non  consent!  ai  due  amici  di  osservarne 


678  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

il  di  dentro  per  lo  minuto.  Ma  \i  ammirarono  sei  pregevoli  colonne 
di  marmo,  quattro  di  ua  verde  acerbo  detto  cipolla,  che  spartiscono 
le  ire  piccole  navette,  e  due  di  uno  scelto  corislio,  che  adornano 
1'unico  altare  inlitolato  a  Maria  Yergine :  DEIPARAE  ,  SOLATRICI  .  PIO- 
BVM  .  MANIVM.  E  questa  benigna  Consolatrice  delle  anime  purganti 
e  raffigurata  in  una  tela,  col  divin  Pargoletto  fra  le  braccia,  in  atti- 
tudine  d'  esaudire  ii  beato  martire  Lorenzo  il  quale,  inginocchiato 
a'  suoi  piecli,  gliele  moslra  lulle  supplichevoli  e  inviluppate  da  co- 
centissime  fiamme,  in  quella  che  varii  angeli,  ad  un  soave  cenno  di 
Lei,  ne  liberano  parecchie  dal  fuoco  e  gliele  rappresenlano  in  sem- 
bianle  di  pudicissime  donzelie,  giulive  in  viso  ed  estatiche  d'amore 
riconoscerite. 

—  Che  vi  sembra  di  quella  pitlura?  dimando  1'Italiano  ad  Eugenic, 
menlre  che,  dopo  orato  nella  chiesetla,  scendevano  per  la  scalinata, 

—  Mi  sembra  che  polrebb' essere  piu  bella. 

—  Cioe  di  slile  piu  corretlo,  vorrete  dire;  ma  non  piu  amabile  e 
divota. 

—  A  far  1'  amabile  e  il  divolo  col  pennello  in  mano ,  si  ricerca 
mollo  minore  perizia  ,  che  a  fare  1'  artista.  II  difficile  e  accoppiare 
1'arte  con  1'espressione  del  sentimento.  Per  arte,  quella  pitlura  non 
o  di  mio  genio:  pel  reslo,  ne  giudichino  i  divoli. 

Gosi  dicendo,  ambedue  torsero  a  deslra  e  s'introdussero  nella  ca- 
mera mortuaria,  la  qual  e  solto  il  piano  della  chiesicciuola;  e  \;i  s'en- 
tra  dalla  banda  opposta  alia  sua  faccia.  Anche  queslo  ripositorio,  ia 
cui  serbansi  i  corpi  degli  eslinti  prima  di  seppellirli ,  e  a  tre  navi. 
In  capo  a  quella  di  mezzo  si  affonda  una  nicchia,  dov'  e  collocata  la 
staiua  del  Salvatore  alteggiato  in  modo,  che  pare  dirigga  le  parole  : 
Ego  sum  resurrectio  et  vita ,  ai  cadaver!  che  si  schierano  li  avanti 
sopra  lettiere  di  ferro :  e  tali  parole  gli  si  leggono  chiaroscurate  sui 
piedestallo.  Ma  quella  serata  la  stanza  era  sgombra  d'  ogni  cadave- 
ro ;  ed  invece  dinanzi  al  Salvatore  sorgeva  un  gran  tripode  funera- 
rio,  e  sopravi  un  lebete  con  vampe  di  acquarzente  che  diffondevano 
una  luce  fioca  e  verdastra. 

I  due  uscirono  tacili  da  quesl'anticamera  del  sepolcro ,  e  concios- 
siache  il  tempo  viemaggiormente  si  accupava :  —  Or  che  facciamo  ? 
diiese  1'Italiano  ad  Eugenio. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  679 

—  Andiamo  avanli,  e  satolliamoci  di  quest'  aria  di  morte ,  finche 
ce  nc  cape  nei  polmoni. 

-  E  avanli  pure !  disse  quegli ;  ma  voltiamo  da  questa  banda 
dietro  la  basilica,  perche  ivi  e  il  giardinelto  del  camposanlo;  il  pic- 
colo Pere  la  Chaise  di  Roma. 

—  Ci  vuol  allro !  per  fare  di  questo  cimitero  un  Pere  la  Chaise  di 
Parigi,  non  basterebbero  cent'anni.  E  poi  a  che  pro?  Ouelle  sono 
profanil£  che  disdirebbero  a  Roma.  Vale  phi  un  palmo  di  questo  suo- 
lo  soprastante  alle  catacombe,  che  non  tutti  i  Campi  Elisi  di  Francia, 
di  Alemagna,  d'  Inghillerra  e  del  Belgio. 

—  Si  certo ;  per  cristiani,  io  non  so  qual  terra  piu  sacra  di  que- 
sla  si  potesse  desiderare.  Ma  un  po'  di  abbellimento  non  nuoce. 

—  Purche  sia  abbellimenlo,  non  travisamento  della  morte,  com'e 
quello  dei  cimiteri  noslri. 

La  scala  che  rasenta  la  posteriore  parte  del  monisterio,  abitato  o- 
ra  dai  Cappuccini  custodi  della  basilica  e  del  camposanlo ,  melte 
sopra  un  deliziosissimo  collicello ,  nel  crine  del  quale  spianasi  un 
prato  ameno  per  albereti  e  per  decoro  di  monumenti.  La  sua  pendi- 
ce  e  sokata  da  viali,  con  di  qua  e  di  1&  tombe  svarialissime  tra  ces*- 
pi  di  begliomini,  di  mughetli,  di  acanto  o  siepi  di  morlella  e  di  ro- 
se, ovvero  tra  balaustri  in  legno,  in  ferro,  in  pietra.  Alcune  sono 
fiancheggiate  da  cipressine ;  allre  inverdile  da  salci  davidici  che  vi 
spiovono  sopra  i  lor  delicalissimi  ramoscelli ;  allre  ombrale  da  un 
pino,  da  un  pioppo,  da  un' acacia  e  riparale  con  una  chiudenda  ove 
di  sanguine,  ove  di  prunalbo,  ove  di  tamarisco,  aggirata  da  tralci 
di  ipomee  o  da  fascetti  di  melalenche.  Ma  in  quella  sera  non  poche 
di  queste  lombe  miravansi  ornate  di  freschi  fiori,  quali  cosparsi  in 
sulle  urne  e  quali  intrecciati  a  corone ,  con  lampanette  accese  da- 
vanli  le  croci ;  ed  erano  omaggi  della  tenera  piela  di  amici  e  di  pa- 
renti,  che  ve  li  deponevano  ad  onoranza  dei  cari  che  ivi  entro  dor- 
mono  nella  santa  pace  di  Dio.  Perci6  tutte  le  straddle  che  fendono 
il  dorso  della  collina  erano  gremite  di  visilatori  d'  ogni  ela  e  d'  ogni 
condizione :  e  dalle  lagrime  che  si  vedeano  cadere  da  piu  di  un  ci- 
glio ,  era  agevole  inlendere  i  pensieri  e  gli  affetti  che  si  agitavano 
negli  animi  di  que'  passeggianti. 


680  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

—  0,  bella  davvero  questa  vcdula !  disse  Eugenio  quando  fu  a 
sommo  del  colle ;  e  guardava  giii  con  allonila  compiacenza  il  seno 
larghissimo  della  valle,  con  que'suoi  lunghi  filari  di  alberi  semprevi- 
vi,  e  con  quell'  ondeggiamento  del  suolo  seminato  di  croci,  corso  da 
vie  diriltissime  che  lo  riparliscono  in  quadrati,  e  allora  splendenle  di 
fiaccole  che  rilucevano  da  per  tulto,  tra  1'  andare  e  il  venire  del  po- 
polo  che  vi  si  avvolgea. 

—  Noi  siamo  net  punto  piu  piltoresco  di  tullo  questo  gran  cimi- 
tero ;  rispose  il  compagno.  Con  un  sol  gitlo  d'occhio,  voi  potele  di- 
scernerne  due  buoni  lerzi. 

—  E  1'allroterzo? 

—  Ci  e  nascosto  dagli  scaglioni  di  questa  monlala.  Sapete  voi,  che 
tulto  il  compreso  nel  circuito  del  ricinlo,  supera  i  ventisei  eltari  di 
terreno  ? 

—  Capperi,  che  ampiezza ! 

—  Per  ampiezza,  non  ha  forse  Y  uguale  in  Italia.  Quanto  poi  sco- 
prite  qui  intorno,  tutto  e  opera  di  un  venticiuque  anni;  giacche  il 
Campo  Verano  fu  deslinato  al  servigio  di  pubblico  cimilero  nel  1837, 
dopo  le  stragi  del  morbo  asiatico.  Nel  resto  Iroppo  sarebbe  piu  son- 
tuoso,  se  il  maggior  nunaero  di  quelli  che  muoiono  in  Roma,  non 
avessero  sepolture  genlilizie  e  sollerranei  comuni  nelle  chiese,  o  al- 
trove  per  la  citta. 

Ma  anche  la,  sopra  quella  spianala  verdeggiante,  1'occhio  era  in- 
vitato  a  spaziarsi  per  le  aiette  e  per  le  cerchiate  che,  vestile  di  erbi- 
cina  finissinia ,  nascono  appie  de' cipressi ,  de'faggi,  degli  abeti , 
de'  lauri  e  de'piangenli  salici  diBabilonia,  i  quali,  con  artificiosa  dis- 
posizione, ingiardinano  il  prato  e  fanno  mesta  ombra  ai  sepolcri.  II 
bianco  muro  che  va  torno  torno,  e  lutto  incavato  da  nicchie  ed  incro- 
slato  di  lapide  d'un  fondo  o  nericanle  o  grigio,  il  quale  cresce  Iristez- 
za  alia  solitudine  di  quel  boschereccio  recesso.  Or  mentre  i  due  amid 
costeggiavano  questa  muraglia  e  consideravano  ad  una  ad  una  le 
nicchie  co'loro  epitafii,  si  abballerono  in  una  fanciullelta,  la  quale,  te- 
nendo  per  mano  un  garzoncello  piu  piccolo  di  lei ,  appendeva  una 
ghirlanda  di  fiori  zolfmi  all'arca  di  un  lumulo  signorile  ,  sormontato 
da  un  levigatissimo  busto  di  giovane  donna.  II  putto  sciollosi  incon- 
tanente  dalla  mano  della  fanciulla,  comincio  arrampicarsi  e  incalzava 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  681 

la  sorellina  che  lo  aiutasse  lanto,  che  e'potesse  dare  un  bacio  a  quel 
busto;  ma  per  molto  che  questa  si  sforzasse  di  sollevarlo,  il  poterino 
non  giungeva  co'  suoi  labbruzzi  a  quelle  guance  di  marmo.  II  com- 
pagno  di  Eugenio,  sentilosi  impietosire,  prese  egli  in  braccio  il  ca- 
ro  putlino,  lo  tenne  alzato  e  il  fece  baciare  e  ribaciare  affettuosissi- 
mamente  le  gole,  la  bocca  e  la  fronte  della  gelida  effigie;  e  riposto- 

10  a  terra :  —  Di  chi  e  queslo  bel  ritratto?  gli  dimando.rassettando- 
gli  in  testa  il  cappellino  piumato. 

—  Di  mamma ;  diss'egli  con  puerile  candore  e  ripiant&  gli  occhi 
nel  busto. 

—  Ahi,  povero  bambino ,  sei  dunque  rimasto  senza  la  lua  mam- 
ma! E  T  hai  tu  conosciula? 

II  garzonelto ,  pur  sempre  affisando  i  freddi  lineamenti  di  quella 
immagine,  fece  di  no  col  capo  e  gli  venne  da  singhiozzare.  Eugenio, 
che  intanto  avea  letta  1'epigrafe  del  mausoleo:  —  Guardate !  disse 
all'altro  accennandogli  la  iscrizione ;  questa  baronessa  Yittoria  e 
morta  di  ventiquattr'anni,  ed  halasciate  queste  due  amabili  creatu- 
relle,  Silvia  nell'  el^t  di  diciotto  e  Pio  di  setle  mesi.  Che  disgrazia ! 

—  0  Pio ,  il  bel  nome  che  avete !  sclamo  allora  quel  primo  ; 
Don  siele  voi  Pio  ? 

II  bambolo  fece  di  si  con  un  capochino ,  ma  non  movea  punto  gli 
occhiuzzi molli  di  lagrime  dal  busto  che  sembrava  rapirlo.  —  E  voi; 
seguito  quegli  interrogando  la  donzelluccia  ;  come  vi  trovale  voi  qua 
cosi  soli  soli  ? 

—  Mo  viene  il  papa  nostro ,  che  e  ito  a  porlare  una  ghirlanda  di 
perpeluine  al  sepolcro  del  nonno  ;  rispos'  ella  tutta  rubiconda  e  con 
una  vociolina  che  tremolava.  Egli  ci  ha  detto  «  aspeltatemi  la  pres- 
so  vostra  madre,  e  io  vi  alzero  perche  la  baciate  e  poi  le  reciteremo 

11  Deprofundis  ». 

I  due  erano  per  separarsi  da  quella  vezzosa  coppia  di  orfanelli , 
quando  effeUivamente  soprarrivo  il  gentiluomo,  il  quale  ringraziatili 
con  cortesia  del  favore  fatto  al  suo  piccino :  —  Poveri  figliuoletti ! 
esclamo  con  grande  allerazione  di  lenerezza  ;  hanno  perduta  la  ma- 
dre che  erano  in  fasce :  eppure  1'amano  tanto,  che  mi  si  ammalereb- 
bero  di  dolore  ,  se  io  una  volta  per  settimana  non  li  menassi  qui  al 
suo  sepolcro. 


682  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

—  Se  ne  consoli ;  disse  il  compagno  d'  Eugenio ;  cio  prova  cbe 
Silvia  e  Pio  hanno  un  cuore  degno  di  lei ,  signor  Barone  ,  e  della 
buona  mamma  che  li  ha  falti. 

Queste  parole  furono  di  un  ignoto  a  un  ignoto  ,  e  proferite  a  caso 
e  per  cordiale ,  ma  semplice  urbanila.  Tultavia  ,  non  si  sa  come  , 
ebbero  la  sorte  d'imprimersi  cosi  vivamenle  nell'  animo  dell'  umano 
signore,  che  da  quel  giorno  innanzi,  mai  non  si  avvicne  nell'  amico 
di  Eugenio,  che  egli  non  si  fermi  a  salutarlo ,  a  ricordargli  1'incon- 
tro  nel  cimitero  di  san  Lorenzo  e  a  dargli  notizie  di  Silvia  e  di  Pio; 
ovvero  a  presentarglieli,  se  li  ha  seco,  perche  ripeta  a  que'  suoi  due 
angiolini  che  sieno  buoni,  se  vogliono  esser  degni  della  lor  mamma. 

—  Presto,  caliamo  e  giriamo  una  voltata  rapida  a  traverse  quella 
porzione  laggiu,  e  torniamcene ;  che  si  fa  tardi. 

—  Doh  !  abbiamo  anche  un'ora  e  mezzo  di  giorno ;  ripiglio  Eu- 
genio con  1'oriuolo  in  mano.  lo  mi  dilelto  incredibilmente  a  vedere 
la  religiosita  di  questo  popolo,  che  s'inginocchia  a  canto  le  sepolture 
e  prega  con  un  raccoglimento  ,  che  non  di  piu  in  chiesa.  E  poi  le 
Iscrizioni  di  queste  lapide  ,  come  son  belle  !  Che  sapore  di  lingua  ! 
che  dolcezza  di  affetti !  che  senlimenli  cristiani !  Allro  che  le  snian- 
cerie  romanliche  e  le  sdolcinature  teatrali ,  di  cui  si  fa  tanta  pompa 
nei  cimiteri  nostri !  Qua  vi  si  porgono  in  latino  classico ,  e  piene  di 
formole  e  di  salutazioni,  che  sono  tolle  di  peso  dalle  antiche  epigrafi 
delle  catacombe.  Oh ,  i  cattolici  di  tutlo  il  mondo  ,  quante  cose 
avrebbono  da  imparare  in  questo  nobilissimo  Campo  Yerano !  I  Ro- 
mani  ci  fanno  la  lezione  anco  morli ! 

In  questa,  ecco  un  gruppo,  che  sembrava  di  una  intera  famiglia, 
venire  a  prosternarsi  un  passo  lungi  dai  due  araici ,  e  ad  interrom- 
pere  lo  sfogamenlo  cosi  ragionevole  dell'  ammirazione  di  Eugenie. 
Ouel  gruppo  era  di  una  matrona  con  due  damigelle,  in  grandi  e  ric- 
chi  abili  da  duolo,  e  di  Ire  giovinetti  vestiti  anch'  eglino  a  bruno.  II 
cippo,  attorno  del  quale  si  misero  in  ginocchio,  eche  tosto  infioraro- 
no  di  crisantemi  e  diamelli,  era  splendido.  L'ombreggiava  un  salice 
e  lo  assiepava  una  olezzante  spalliera  di  serpillo  ,  di  maggiorana  e 
di  fieno  egizio.  Tulti  e  sei  appena  prostesi ,  e  deposti  que'  fiori  ar- 
gentini  o  d'un  gialletto  sbiadilo,  baciarono  riverentemente  la  terra  e 
risollevata  la  faccia,  la  dama  e  le  figliuole  abbassarono  le  nere  bal- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  18G1  68$ 

ze  de'  loro  cappelli  e  trassero  fuori  il  rosario.  I  giovanetti  stavano 
a  deslra  ,  le  sorelle  a  sinistra ,  la  madre  riel  mezzo :  e  immobili , 
come  fossero  di  pietra,  presero  ad  alternare  sommessamente  la  co- 
rona della  Beala  Vergine ,  con  un  tal  flebile  e  lento  modular  della 
Toce  e  con  un  si  grave  componimento  delle  persone ,  che  Eugenio 
arreslatosi  non  sapea  riaversi  dallo  stupore.  Non  pertanto  i  due , 
scopertosi  il  capo,  si  avanzarono  quasi  in  punta  di  piedi,  e  sogguar- 
dando  1'epilafio  si  furono  accerlati,  che  quella  malrona  era  la  vedova 
c  quei  cinque  figliuoli  erano  gli  orfani  dell'  uomo  ,  sulla  cui  tomba 
offerivano  allora  tutti  insieme  un  tributo  amoroso  di  lagrime,di  fiori 
e  di  preci. 

—  Ben  trovato  e  il  buon  giorno  a  voi !  disse  1'amico  di  Eugenia 
dando  una  strella  di  mano  ad  un  tale ,  con  cui  si  sconlro  in  uno  di 
quei  partimenti  che  si  dislendono  nella  pianura.  Qual  vento  propizio 
\i  ha  egli  portalo  oggi  in  questo  cimitero? 

—  II  vento?  Eccoloil  vento  che  mi  ha  portato !  soggiunse  quegli; 
e,  fatto  un  gesto  pieloso,  indico  a  .breve  distanza  una  fossa ,  con  la 
croce  illuminata  da  quattro  lampane  e  una  donzelletta  che  le  stava 
richinata  sopra,  cavando  da  un  panierino  rose  e  dalie,  con  le  quali 
la  inghirlandava. 

—  Ah  ,  capisco !  bravo  signer  Traiano  mio !  voi  siete  uomo  di 
cuore.  Quella  e  dunque  la  sua  fossa  eh? 

—  Appunto;  lasotto  riposa  la  nostra  poverella  di  Casamari ;  1'an- 
gelo  di  benedizione  per  me  e  per  la  mia  famiglia.  Che  serve?  e  gia 
piu  di  un  anno  che  e  successo  quei  che  e  successo ;  e  nondimeno  io, 
ogni  volta  che  penso  a  lei,  mi  sento  commovere. 

-  Questo  s'  intende ,  caro  signor  Traiano.  E  chi  e  quella  ragaz- 
zina,  che  sta  lavorando  intorno  alia  sua  fossa? 

—  E  Lucilla,  che  io  ho  dovuto  per  forza  condurre  meco  ,  benche 
faccia  queslo  tempo  cosi  indiavolato.  Non  ci  e  slato  modo  di  tenerla. 

—  E  la  signora  Maddalena,  come  sta? 

—  Bene,  grazie  aDio.  Ellaerimasla  in  casa,  perche  Flaminia  si 
e  presa  un  po'  di  raffredore ,  e  questa  per  lei  non  era  stagione  da 
uscire  a  spasso.  Ma  dentro  I'otlava  ,  ancor  elleno  non  mancheranno 
di  fare  la  loro  visita  al  sepolcro  di  Fioretta;  e  Flaminia  ha  gia  prepa- 
ralo  un  diadema  che  e  un  gioiello ,  e  un  mondo  di  allre  cosucce  per 


684  I A  POVERELLA  DI  CASAMARI 

adornarlo.  Uh,  che  mutamento  in  quella  figliuola !  Non  si  riconosce 
piu  piu.  Ha  ricominciata  la  educazione  sua  tutla  da  capo  ;  e  non  fo 
per  dire ,  ma  sua  madre  n'e  tanlo  conlenta  ora,  quanto  n'  era  scon- 
tenlissima  prima  die  accadesse  quel  ch'e  accaduto. 

—  Me  ne  congratulo  assai. 

—  Oh  si ,  e  una  vera  consolazione  per  tulti !  Molto  piu  che,  dopo 
cli'ella  si  e  mutata  cosi  in  bene  e  poi  in  meglio,  quell'  angelo  della 
nostra  poverella  mi  ha  ottenuta  anche  la  prov  videnza  che  si  trovasse 
un  partito  per  collocarla  :  e  questo  non  era  1'  ultimo  dei  pensieri  che 
mi  tribolassero.  Ma  e  un  partito  coi  fiocchi !  uno  di  quei  giovinotti, 
che  a'  di  nostri  sono  rari  come  le  mosche  bianche.  Maddalena  ne  e 
fuori  di  se  per  1'  allegrezza  :  e  cosi ,  a  Dio  piacendo,  nella  prossima 
primavera  la  faremo  sposa. 

—  In  somma,  signor  Traiano  mio,  qucsla  vostra  poverella  vi  ha 
proprio  fatta  piovere  la  manna  in  casa ! 

—  Davvero !  e  noi  le  siamo  gratissimi,  e  ogni  giorno  ne  bene- 
diciamo  la  memoria ,  come  di  un  genio  tutelare  della  famiglia.  lo 
ne  ho  fatto  dipingere  un  ritratllno  ad  olio,  che  e  una  grazia  a  ve- 
derlo ,  ma  e  tutto  lei :  e  non  vi  potreste  figurare  le  meraviglie  che 
si  odono  da  quelli  che  vengono  nella  noslra  saletta,  dov'  e  appeso  ! 
Inoltre,  ve  1'ho  a  dire?  Abbiamo  trasformata  in  cappella  domeslica 
la  camera  dond'  ella  volo  in  paradise ;  e  mia  moglie  ha  disposlo  che 
raltarino  si  dedicasse  alia  Immacolata.  E  io,  che  giova  tacerlo?  io, 
quando  ho  la  ispirazione  di  recitare  un'  Avemaria  un  po'  da  cristia- 
no,  bisogna  che  entri  in  quella  stanzelta  ,  perche  mi  sembra  di  re- 
spirarvi  un'  aria  ,  la  quale  ha  un  non  so  che  di  odoroso  che  mi  fa 
bene  al  cuore.  Sara  una  mia  fantasia.  Ma  io  in  quella  camerelta  mi 
sento  un  allr'uomo. 

—  Fortunato  voi !  In  verita  mi  duole  che  sia  tarduccio ,  e  che  io 
non  possa  tenere  a  disagio  questo  mio  amico.  Del  rimanente,  ne 
avrei  delle  cose  da  chiedervi !  Ma  ci  rivedremo  con  commodo.  Or 
avviciniamoci  alia  sepoltura  della  voslra  poverella ,  che  ancor  io 
voglio  visitare,  e  intanto  ditemi :  che  ne  e  di  Otello  di  Bardo? 

—  Alia  fine  dei  tre  mesi  che  1'  ho  mantenuto  in  Roma,  e  che  egli 
ha  passati  qui  a  consumarsi  in  questo  cimiterio,  mio  fralelloEusebio 
mi  consiglio  che  lo  avessi  raccomandato  a  quella  dama  cugina  del 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  685 

Capilano ,  acciocche  procurasse  ella  di  trarlo  dal  pcricolo  in  cui  era 
sempre  o  d'  iinpazzare  per  la  disperazione,  o  di  riunirsi  con  la  ban- 
da  che  liene  la  montagna  di  Sora.  Le  scrissi :  e  n'  cbbi  in  risposta 
chc  subilo  lo  avessi  fatto  andare  in  Francia  presso  di  lei.  Yi  ando,  e 
sino  a  tre  settimane  fa  egli  ci  era,  e  slava  bene. 

—  Manco  male  che  gli  si  e  trovato  un  ricovero ! 

—  E  il  migliore  che  si  potesse:  perche  quella  signora  lo  tratla 
da  figliuolo. 

—  Ed  ella,  si  &  poi  quietata  finalmente? 

—  Pare  che  si .  Ma  per  un  anno  ha  seguitato  a  tempestarmi  di 
commissioni:  1' ultima  e  stala  di  mandarle  una  cassettiua  della  terra 
di  questa  fossa. 

I  due  amici  e  Traiano  vi  giunsero  a  coslo ,  che  Lucilla  non  se  ne 
addiede.  La  fanciulletta,  avcndo  terminato  d'incoronarne  la  croce  con 
le  rose  e  le  dalie,  e  di  smaltarne  la  colmata  con  gli  astri  aulun- 
nali  e  i  fiori  della  neve  che  avea  nel  suo  panieruzzo ,  slava  li  ritta, 
con  le  mani  raccolte,  col  viso  basso  e  in  attitudine  si  meslamenle 
contemplativa ,  che  non  battea  palpebra.  Ma  alia  voce  del  padre  che 
la  cliiamo ,  si  scosse  e  levo  a  lui  gli  occhi  bagnati  di  lagrime,  le 
quali  si  affrelto  di  asciugare.  —  Lucilla,  e  voi  piangete?  le  disse 
Tamico  d'  Eugenio  ch'  ella  riconobbe  e  saluto  con  un  graziosissimo 
impaccio ;  e  perche  ?  Perche  affliggervi  della  felicita  di  Maria  Flora? 

A  quesla  dimanda  si  fcce  rossa ,  le  venne  un  singulto  e  si  nasco- 
se  la  faccia  col  panierino.  Traiano  ancor  egli  comincio  a  contrarre 
le  labbra.  Per  lo  che  quello,  laciutosi ,  in  compagnia  deiramico  si 
pose  un  momento  in  ginocchio ;  e  amendue  pregarono  requie  eterna 
alia  beH'anima  della  vergine  che  era  ivi  sotterrata.  Appresso  rizza- 
ronsi  e  si  accomiatarono  dall'  uomo  e  della  sua  figliuolina,  la  quale 
tulta  vergognoselta  avria  pur  voluto  celare  i  suoi  singhiozzi  e  ris- 
pondere;  ma  non  lo  poteva  punto.  —  Addio,  Lucilla,  voi  piangete 
e  Maria  Flora  ride. 

Eugenio ,  stiinolato  da  una  pungente  curiosita ,  piglio  subilo  a 
premere  1'amico  suo  che ,  se  era  lecilo ,  strada  facendo  gli  avesse 
manifcslalo  il  mislero  di  quella  tomba.  E  1'amico  fu  sollecito  di  ap- 
pagarlo ,  e  gli  aperse  questo  mistero ,  il  quale  non  era  altro  che  la 


€86  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC. 

istorla  della  poverella  di  Casamari.  —  0  poffare  !  sclam6  egli,  dopo 
intesane  la  sucdnta  narrazione ;  questa  incomparabile  giovinetta , 
non  e  ella  forse  uno  di  quei  «  fieri  ignoti »  de'  quali  disputavamo 
1'  altra  sera  in  quel  giardino? 

—  E  ,  pur  troppo !  chi  sa  nulla  di  lei? 

—  Ma  capped !  e  perche  non  farla  conoscere? 

—  Perche  ella  sarebbe  un  fiore  pieno  di  realta :  e  voi ,  non  mi 
dicevate  voi  1'altro  di,  clie  il  mondo  di  oggigiorno  non  ama  cotesta 
specie  di  fiori? 

-  Oibo !  queslo  e  un  caso  eke  fa  eccezione  alia  regola  generale. 

—  Lo  credete  voi? 
— -  Senza  dubbio. 

—  Ebbene ,  fidandomi  del  vostro  giudizio,  sara  mia  cura  che 
quest' umile  fiorello  veda  un  qualche  poco  della  luce  che  desiderate. 

I  due  gia  s'erano  inoHrati  nella  piazza  di  sanla  Maria  Maggiore, 
e  furono  sovrapresi  da  una  forte  pioggia  che  li  dovea  distogliere  da 
ogni  ragionamento,  allorche  stabilirono  questa  concluskme.  La  qua- 
le ,  a  parer  nostro ,  e  la  piu  ingenua  e  storica  di  quante  avrem- 
mo  potute  scegliere,  per  metier  un  terrnine  alia  storica  lela  di  que- 
sto  ingenuo  racconto.E  pero  non  vi  sappia  male,  o  lettori  benevoli, 
che  facciamo  qui  fine ,  pregando\i  che  ci  abbiate  per  iscusati ,  se 
in  cambio  di  ricrearvi  con  sollazzevoli  novelle  o  con  ridenti  scene  e 
briose ,  vi  abbiamo  anzi  contristato  il  cuore  ed  empiutovelo  di  tetri- 
cita  funeree  e  di  rincrescimento.  La  colpa  e  di  Eugenio,  non  e  del- 
1'amico  suo :  il  quale ,  siatene  persuasi ,  pensava  a  lutt'allro ,  che 
a  regalarvi  in  queste  pagine  una  epopea ,  che  si  dovesse  compendia- 
re  neWomnes  composui  cosi  lacrimabile  di  Orazio.  Checche  ne  siay 
voi  usate  la  indulgenza  di  concedere  ad  ambedue  loro  il  vostro  per- 
dono ,  non  fosse  altro  per  un  riguardo  alle  virtu  ed  agF  infortunii 
della  poverella  Maria ;  la  quale ,  se  la  studierete  bene  ,  vedrete  che 
era  un  fiore  meritevole  d'  essere  colto  su  da  terra,  anche  a  costo  di 
alcuna  spiacevole  punlurelta.  Chi  non  lo  sa? 

Nel  mondo  non  e  rosa  senza  spina. 


0  NO  RIO   I. 

SEC ON DO   IL  DO L LINGER1 


§.X. 


Esaminando  il  Concilio  VI  ecumenico,  non  solamenle  si  libera 
Papa  S.  Agatone  da  grave  taccia,  appostagli  dal  Dollinger;  ma 
si  trae  ancora  una  prova  defmitiva  delta  ortodossia  di  Papa 
Onorio. 

Siamo  al  Concilio  VI  ecumenico ,  in  cui,  stando.  ai  document!  che 
abbiamo,  fu  condannato  Onorio.  Non  e  a  dire  con  quali  botte  di  pen- 
nello  il  ch.  Dottore  ci  tralteggi  il  fatto  ,  inlcrpretandolo  a  suo  pro  : 
sembra  un  uomo,  a  cui  tarda  di  pervenirvi.  «  Finalmente,  egli  scri- 
«  ve,  venne  il  Sinodo  definilivo  del  secenlottanta ,  ed  allora  accad- 
«  de  cio  che  doveasi  aspellare,  allesi  gli  antecedent!.  Onorio,  quale 
«  partecipante  nella  eresia  dei  monoteliti ,  fu  raggaagliato  agli  altri 
«  Prelati  gi^  condannati  in  Roma,  e  con  essi  percosso  di  anatema,  ed 
«  il  Sinodo  non  pote  ratlenersi  dall'  esecrare  nominatamente  —  Fe- 
«  retico  Onorio  —  ».  Piu  solto  :  «  Agatone  tento  di  storuare  il  colpa 
«  minaccianle,  ed  all'  uopo,  non  menzionando  i  nomi  de'  suoi  prede- 
«  cessori,  intromise  nella  sua  leltera  1'asserzione  universale  :  che  la 
«  Sede  Romana  non  si  era  mai  lasciala  o  fuorviare  dal  sentiero  dell'a- 
«  postolica  tradizione,  o  ammorbare  da  veruna  eretica  novita.  II  Si- 

1  Vedi  questo  volume  pagg.  528  e  segg. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

<(  nodo  replicogli :  se  avere ,  conforme  alia  sentenza  data  tesle  da 
«  Agatone,  profferilo  il  suo  giudizio  sopra  i  condannati,  compresovi 
«  Onorio.  II  quale  era  slalo  per  1'  appmito  omesso  da  Agalone  nella 
«  sua  leltera  3.  »  Cos!  il  Dollinger.  Eccovi  un  gruppo  dei  piu  mo- 
struosi.  — Onorio  antigiudicato  meritevole  di  condanna  dalla  espet- 
tazione:  Agatone,  Papa  e  venerato  qual  santo,  che  lisa  un'arte  sopraf- 
fma  di  menzogna  per  iscamparlo :  i  Padri  del  Concilio  che,  ossequiosi 
In  vista,  gli  dicono  col  falto :  voi  siele  un  mentilore ;  la  Sede  Roma- 
na  fuorvio  dalla  retta  fede  in  Onorio.  —  Un  nemico,  ci  duole  il  dirlo, 
Bon  avrebbe  poluto  figurare  scena  piu  acerba  di  questa  in  dispre- 
gio  dei  Papi  e  dei  Concilii.  Buono.per  la  religione,  che  il  pregiudi- 
210  della  espeltazione,  1'arle  di  S.  Agatone,  e  la  smenlita  datagli  dal 
Concilio  non  sono  verila  sloriche,  ma  slrane  fantasie  accozzale  in  si 
rea  guisa  dal  loro  autore  senza  volerlo. 

Prima  di  venire  alle  prove  giova  qui,  a  maggior  chiarezza  della 
discussione  ,  ricordare :  1.°  che  dagli  anlichi  davasi  il  titolo  di  ere- 
tico  in  senso  stretto  od  amplo  :  nel  primo  modo  a  chi  \olonlaria- 
mente  e  perlinacemente  sostenea  un  errore  in  materia  contraria 
alia  fede  catlolica ;  nel  secondo  a  chi  favoriva  comecche  fosse  lale 
errore  2.  2.°  Che  altri ,  siccome  nola  il  Suarez  3  7  puo  favorire 

1  Endllch  kam  die  entscheidendc  Synode  von  680,,  unclMer  geschali,  was. 

fiacli  clem  Yorausgcgangenen  zu  encar ten  war:  Honorivs  wurde  ah  Theil- 

iiehmer  an  derMonotheletischen  Ketzercl  den  andern  schon  zuRom  verdamml- 

tn  Pralaten  gleichgestellt,  mil  ihnen  dem  Anathem  unterworfen,  und  die 

^Synode  Hess  es  sich  nichl  nchmcn,  den  «  Baretilier  Honorius  »  nanielntlich  zu 

verwfinscJien.  Pag.  135.—AgatJio  hattc  eincn  Vcrsuch  gcmacht,  den  drohendcn 

Schlay  abzuwehren,  er  liatte,  ohne  den  Namen  seines  Vorfahrers  zu  nennen, 

in  seinernSchrciben  die  allgeincine  Versicherung  einfliessen  lasscn^.ass  der  ro- 

misclie  Sluhl  nie  von  dem  Pfade  aposlolischer  Tradition  abyewichen,  nievon 

lidreiischcn  Ncucrungcn  sich  liaise  anslccken  lassen.  Die  Synode  erwiderte  diess 

wit  der  Ruckausserung:  sie  Jiabe  iJir  Urtheil  iiber  die  Yerdammten,  Ilonorms 

wit  einbegriffcn,  gemass  der  von  Agatho  zucrst  gefullten  Sentenz  erlassen. 

Gerade  diesen  hatte  after  Agatho  inseincm  Schreiben  ilbergangen.  Pag.  137. 

2  Cf.  BOLGENI,  Fatti  dommalici. 

3  Gencratim  loquendo  duo  sunt  modi  favendi  haeretico ,  scilicet,  commit- 
tcndo,  et  aliquid  faciendo;vel  omittendo  aliquid  facere.  Prior  modus  facilli- 
me  explicalur ,  praestatur  enim  favor  vel  consilio,  vel  teslimonio  et  aliis  simi- 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  689 

la  cresia  o  posilivamcnte ,  facendo  alcun  che  ridondante  a  pro  della 
medesima  in  chi  la  professa  ,  o  negalivamenle  intralasciando  di  fa- 
re per  islerparla  quello,  a  die  egli  sarebbe  tenuto  per  obbligo  di 
giuslizia  o  dell' uffizio.  3.°  Che  dove  il  Dollinger  afferma,  Ono- 
rio  non  essere  slato  erelico  nel  senso  stretlo  della  parola ,  non 
intende  che  tale  sia  stalo  nel  secondo  modo  da  noi  poco  sopra  indi- 
catp,  ma  soltanlo  che  egli  abbia  fallito  per  errore  d'  intelligenza  :  il 
che  torna  non  essere  lui  stalo  eretico  formale,  ma,  come  si  direbbe 
con  linguaggio  scolastico,  eretico  materiale.  In  questo  senso  il  Dol- 
linger ci  dice  :  Onorio  erro  in  fede,  ed^il  Concilio  VI  ci  porge  una 
prova  definitiva.  Noi  per  1*  opposto  gli  rispondiamo  :  falso  ,  Onorio 
non  erro  punto ,  ed  il  Concilio  VI ,  riconoscendo  la  infallibile  vera- 
cita  della  Sede  Romana  in  materia  di  fede,  ci  da  1'  ultima  conferma 
della  sua  ortodossia.  II  contrapposto  e  spiccato.  II  vero  spuntera  dal- 
1'esame  della  trista  scena  sopra  descritta. 

La  condanna  di  Onorio  quale  eretico  nel  senso  esplicalo  si  dovea, 
secondo  il  Dollinger,  aspeltare,  allesi  gli  anlecedenti.  Ma  quali  sono 
cotesti  antecedenli,  valevoli  a  mettere  tale  espettazione?  Non  le  lellere 
di  Onorio,  perche  poste  a  rigido  esame  compaiono  pure  di  ogni  labe 
eretica;  non  gli  scrittori  cattolici  di  quella  eta,  perche  ne  difesero  la 
orlodossia ;  non  le  varie  Chiese  dell'  orbe  callolico,  perche,  dinun- 
ziando  i  maestri  deir  errore  e  chiedendone  a  gran  voce  la  condanna, 
niuna  querela  porsero  contro  di  Onorio;  non  il  Concilio  di  Laterano 
solto  Papa  S.  Martino,  perche  in  esso  dichiarossi  il  medesimo  Onorio 
oppositore  degli  erelici;  non  1'  altro  sollo  Papa  S.  Agatone ,  perche 
la  lettera  sinodica  afferma  che  la  Sede  Apostolica  iniino  a  quel  di  si 
era  mantenuta  immacolata  nella  fede;  non  in  fine  1'autorita  dei  mo- 
notelili,  che  citavano  in  loro  pro  Onorio,  perche  il  primo  a  citarlo  in 
pubblici  documenli  disdisse  solennemente  la  rea  inlerprelazione  data 
alle  parole  di  Onorio.  Eccovi  gli  antecedent!.  Vi  pare  che  siano  tali, 
onde  si  dovesse  aspettare  la  condanna  di  Onorio?  Diciamo  di  piu; 
lo  stesso  Dollinger  ci  da  un  antecedents  che  ci  annienta  d'avanzo  la 

libus  vcrbis,  vcl  rebus,  ut  pecuniis,  armis  etc.  quidquid  horumfiat,  est  positivus 
favor.  Omissive  autem  ccnsetur  favere}  qui  omittit  faccre  quod  tenelur,  ut 
haereiicus  punialur,  vel  ab  errore  cesset.  De  Fide,  Disput.  XXIV,  Sect.  1,  n.  6. 
Serie  7,  vol.  XII,  fate.  351.  ^  5  Decembre  1864. 


690  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

espeltazione  affermata.  Egli  fa  Onorio  eretico  per  errore  d'  intelli- 
genza.  Ma  chi  non  e  nuovo  de'  sacri  Canoni ,  sa  che  la  Chiesa  noa 
punisce  di  alcuna  pena  questa  specie  di  eretici.  Notissimo  e  1'  esem- 
pio  che  ci  porge  il  Concilio  di  Calcedonia,  nel  quale  fu  dichiarato  or- 
todosso  il  Vescovo  Iba,  perche  aliler  intelligendo,  o,  come  dice  il  Co- 
siituio  di  Papa  Vigilio,  per  errorem  intelligentiae  avc-a  sproposilato 
nella  sua  celebre  lettera  contro  S.  Cirillo.  Dunque  un  Onorio  suppo- 
sto  eretico  maleriale  e  la  espettazione  di  una  pena  sopra  il  suo  capo 
non  si  accordano.  Che  volele  davvantaggio  per  avere  inconto  di  sem- 
plice  fantasia  il  pregiudizio  della  espettazione,  messo  innanzi  dal  Dol- 
linger  ?  Ve  lo  dicono  gli  antecedent! ,  dai  quali  dovea  nascere ,  e  la 
supposizione  delio  stesso  Aulore. 

Che  se  in  forza  di  tanti  e  tali  antecedent!  dovea  trovarsi  ogni  ani- 
mo  sgombro  della  funesta  espettazione  per  falli  commessi  da  Onorio 
contro  la  fede,  e  egli  credibile  che  Papa  S.  Agatone  antivedesse  da 
questo  lato  alcun  danno  pendente  sopra  il  capo  di  Onorio?  Certo  che 
no.  Ma  se  egli  non  vedea  minacciato  il  suo  predecessore  da  niun 
colpo,  e  manifesto,  che  vanamente  supponesi,  esser  lui  ricorso  a 
qualche  spediente  per  ripararlo.  Eccovi  quinci  dimostro  che  1'  arte 
sopraffina  adoperata ,  secondo  il  Dollinger ,  a  scampo  di  Onorio  dal 
sanlo  Pontefice,  non  e  allro  che  un  parlo  della  sua  fantasia. 

C'  importa  vederlo  viemmeglio.  II  ch.  Doltore  asserisce,  che  Aga- 
lone  tento  distornare  il  colpo  minacciante,  intromettendo  ad  arte, 
(einfliessen  lassen)  nella  sua  epistola  questa  sentenza  uuiversale: 
la  Sede  Romana  non  aver  mai  sperimentato  il  tocco  di  verun  morbo 
erelico.  II  veleno  di  questo  suo  concetto  e  sommamente  reo.  Dovre- 
mo  noi  dire  che  il  ch.  Dotlore  lo  conobbe,  oppure  1'opposto  ?  Certo  si 
e,  che  se  Agatone  tenlo  di  stornare  da  Onorio  il  colpo  minacciante , 
dovette  per  cio  slimarlo  reo  di  eresia,  e  se  lo  tenne  per  tale,  do- 
Yette  ancora  vedere  che  la  Sede  Romana  non  si  era  mantenuta  per- 
petuamente  illesa  dalia  pestilenza  dell'  errore.  Ma  egli  affermo  il 
contrario.  Adunque  per  iscampare  Onorio,  menti  all'Imperatore, 
menli  al  Concilio,  ed  insozzo  di  turpe  menzogna  un  solenne  atto 
pontificio  che  contenea  la  esposizione  di  un  domma.  11  Dollinger  e 
catlolico,  e  scrittore  in  favore  del  caltolicismo.  Supponiamo  quindi 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  691 

assai  di  buon  grado,  che  egli  non  abbia  considerate  la  somma  irri- 
verenza,  che  commctlea  verso  di  un  Papa  venerato  dalla  Chiesa  qual 
Santo,  gravandolo  di  cotanla  infamia:  supponiamo  ancora,  che  egli 
non  abbia  rifletluto  all'aperta  temerita  del  suo  giudizio,  perche  seb- 
bene  egli,  Dollinger,  vedesse  come  due  e  due  fan  quattro,  esser 
Onorio  caduto  nell'  crrore,  e  ne  fosse  profondamente  convinto;  pure 
avrebbe  potulo,  salva  lutta  la  verila,  credere  che  Agatone  avesse 
pensato  non  altramente,  che  S.  Massimo,  Papa  Giovanni  IV  ed  altri 
da  noi  nominal!  allrove.  Supposto  lutto  queslo,  perche  almeno  da 
storico  fedele  non  csamino  il  documento ,  donde  trasse  1'  asserzione 
di  S.  Agatone?  perche  non  cerco  del  fine,  non  bado  al  congegno  de- 
gli  argomenti?  Se  cio  avesse  falto,  sarebbesi  senza  dubbio  ehiari- 
lo,  1.°  che  Papa  S.  Agatone  non  inseri  ad  arte  quel  suo  asserto  uni- 
versale  ,  ma  che  lo  propose  e  lo  provo  exprofesso;  2.°  che  non  1'in- 
tromise  nel  suo  discorso  per  iscampare  Onorio,  ma  quale  ragione 
fondamentale  del  fine,  inteso  dalla  sua  lettera. 

Eccovi  le  prove  della  prima  nostra  asserzione.  S.  Agatone,  non 
guari  inoltrata  la  sua  lettera  o  Tomo  dommatico ,  scrive :  Cuius 
(Petri)  annitente  pra^sidio.haec  apostolica  eius  ecclesia  NUNQUASI 
a  via  veritatis ,  in  qualibet  erroris  parte  deflexa  est.  Ma  tosto  sog- 
giunge,  volete  vedere  se  io  dica  il  vero?0sservate  cio  che  si  e  pra- 
ticato  nella  Chiesa  infino  a  noi.  Sinodi  generali,  padri,  dottori  ne 
venerarono  T  autorila ,  ne  seguitarono  la  dotlrina ,  da  essa  ebbero 
lustro ;  i  soli  eretici  se  le  rivoltarono  contro  mordendola,  calunnian- 
dola:  Cuius  (apostolicae  ecclesiae)  auctoritatem,  ulpote  apostolorum 
omnium  principis,  SEMPER  omnis  catholica  Christi  ecclesia  el  uni- 
versales  Synodi  FIDELITER  amplectentes,  IN  CUNCTIS  seculae  sunt, 
omnesque  venerabiles  patres  aposlolicam  eius  doclrinam  amplexi 
per  quam  et  probalissima  ecclesiae  Christi  luminaria  claruerunt: 
el  sancli  quidem  doclores  orthodoxi  venerati,  alque  sequuti  sunt , 
haeretici  autem  falsis  criminationibus  ac  derogationum  odiis  inse- 
cuti  1.  Adunque,  secondo  Agatone,  tan  to  e  infallibile  1'asserlo  del 

1  Stante  il  sostegno  di  Pietro,  questa  Chiesa  apostolica  del  medesimo, 
Don  torse  mai  dal  sentiero  della  verita  in  alcua  errore;  la  cui  autorita,  sic^ 
come  quella  del  Principe  degli  Apostoli,  fu  sempre  accolta  fedelmente  da 


692  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

fatto  citato ,  quanto  e  infallibile  il  consentimenlo  universale  della 
Chiesa  nel  confermarlo  colla  pratica. 

Poco  appresso  ribadisce  la  sua  sentenza  e  la  rincalza  con  un  argo- 
mento  inelultabile  :  Haec  est  enim ,  egli  dice ,  verae  fidei  regula , 
quam  et  in  prosperis  et  in  adversis  vivaciter  tenuit  ac  defendit  haec 
spiritualis  mater  vestri  tranquillissimi  imperil,  aposlolica  Christi 
ecclesia;  quae  per  Dei  omnipotenlis  gratiam  a  Iramite  apostolicae 
traditionis  NUNQUAM  errasse  probabilur,  nee  haereticis  novitatibus 
depravala  succubiiil;  sed  ut  ab  exordio  fidei  christianae  percepit  ab 
aucloribus  suis  apostolorumChristiprincipibus,  illibatariNE  TENUS 
permanet ,  secundum  ipsius  Domini  salvaloris  divinam  pollicitatio- 
nem,  quam  suorum  discipulorum  principi  in  sacris  evangeliis  fatus 
est:  Petre,  Pelre,  inquiens,  ecce  Satan  expetivit  ut  cribraret  vos , 
sicut  qui  cribrat  triticum :  ego  aulem  pro  te  rogavi,  ut  non  deficiat 
fides  tua.  Et  tu  aliquando  conversus  confirma  fralres  tuos  1.  Tanto 
e  dunque  vero  nel  concetto  di  Agatone  che  la  Sede  Romana,  ossia  i 
Ponlefici,  hanno  professato  sempre  la  retta  fede,  quanto  e  vera  la  pro- 
messa  di  Crislo;  e  tanto  e  impossibile  che  abbiano  fallito  e  possano 
fallire  mai  nell'  inseguarla,  quanto  e  impossibile,  che  1'  assolula  pro- 
messa  di  Cristo  sia  venuta  meno ,  o  possa  niancare  quandochessia. 


tutta  la  Chiesa  cattolica  di  Cristo  e  dai  Concilii  universal!  e  seguitatain  tutto, 
e  tutti  i  venerandi  padri  ne  abbracciarono  la  dottrina  apostolica,  onde  sfol- 
gorarono  quai  lumi  provatissimi  di  Cristo;  la  venerarono  pure  i  dottori 
ortodossi  e  la  seguitarono,  e  gli  eretici  la  travagliarono,  con  false  accuse  e 
colla  rabbia  della  calunnia.  MANSI,  XI,  col.  239. 

1  Questa  e  la  norma  della  vera  fede,  cui  tanto  nelle  cose  prospere^  quanto 
nelle  avverse  tenne  e  difese  con  calore  questa  maclre  spirituale  del  vostro 
tranquillissimo  impero,  la  Chiesa  apostolica  di  Cristo,  la  quale,merce  lagra- 
zia  di  Dio  onnipotente,  non  si  provera  mai  avere  fuorviato  di  un  punto  dal- 
la  via  deH'apostolica  tradizione,  ne  giacque  insozzala  da  novita  eretica,  ma 
come  fu  ammaestrata  insulprincipio  della  fede  cristiana  daisuoifondatori^ 
Principi  degli  Apostoli,  cosi  mantiensi  illibata  in  sino  alia  fine,  secondo  la 
divinapromessa,  che  lo  stesso  SignoreSalvatore  ha  dato  al  Principe  dei  di- 
scepoli  nel  sacro  Evangelo  dicendo:  Pietro,  Pietro,  ecco  Satana  dimando 
di  vagliarvi,come  chi  vaglia  il  grano:  ma  io  ho  pregato  per  te,  affinche  noa 
venga  meno  la  tua  fede.  Ibid.  col.  242. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  D6LLINGER  693 

In  sul  terrainare  della  Icltera  eccovi  per  la  lerza  volta  inculcarsi 
dal  Papa  la  medesima  asserzione.  Ne  solo  ve  la  inculca ,  ma  ezian- 
dio  ve  la  invigorisce,alludendo  ad  un'allra  promessa  di  Cristo,  e  ve 
la  riufianca  colla  somma  necessita ,  che  slringe  i  fedeli,  di  attenersi 
agl'  insegnamenti  della  Sede  Romana:  Evangelicam  alque  apostoli- 
cam  orlhodoxae  fidei  reclitudinem ,  quae  fundala  est  supra  FIR- 
MAM  PETRAM  huius  beati  Pelri  apostolorum  principis  ecclesiae , 
quae  eius  gratia  alque  praesidio  ab  omni  errore  illibata  permanet , 
omnis  praesulum  numerus  ac  sacerdolum ,  cleri  ac  populorum  una- 
nimiter  ad  placendum  Deo,  ANIMAMQUE  SALVANDAM  veritalis  for- 
inulam  apostolicae  traditionis  nobiscum  confilealur  et  praedicet  1. 
Anche  nella  leltera  sinodica  inviata  all'  Imperatore  col  Tomo  dom- 
malico  di  Papa  Agatone  si  teslifica  la  perpelua  purezza  della  fede 
ne'Pontefici,  se  ne  commenda  lo  studio  nel  mantenerla,  si  conferma 
la  universale  venerazione  per  la  loro  autorila ,  e  si  conchiude  la 
stretta  necessita  di  preslare  credenza  alia  definizione  spedita  da 
Roma. 

Onde  a  cbi  dice :  1'  asserzione  universale  di  Agalone  fu  artificiosa- 
mente  inlrodotla  nel  discorso,  si  risponde :  se  cio  fosse,  voi  dovreste 
quinci  innanzi  affermare  allrettanto  delle  proposizioni  generali  dei 
Trattati  teologici ,  slanleche  Y  asserto  di  Papa  Agatone  vi  si  pre- 
senli  con  le  prove  o  indicate  o  succintamente  espresse,  cbe  accom- 
pagnano  il  Trallalo ,  de  Auclorilate  summi  Ponlificis.  A  chi  soslie- 
ne  che  la  sopraddetla  asserzioue  fu  intromessa  ad  arte ,  si  replica : 
eccovi  il  Concilio  romano,  che  esprime  lo  stesso  concetto.  Non  e 
egli  malta  temerila  il  supporre  che  lutti  que'  Vescovi,  il  fiore  della 
Chiesa  occidentale,  abbiario  partecipato  in  una  arle  si  vile  e  si  rea? 
Adunque  sotlo  qualunque  riguardo ,  1'  inlromissione  e  Y  arlifizio , 
che  si  appone  all'  asserlo  universale  di  S.  Agatone,  e  una  nera  tinla 
poetica  in  acconcio  del  quadro  immaginalo. 

1  Prelatl,  sacerdoti,  clero  e  popoli  lutti,  affme  di  piacere  a  Dio  e  di  aver 
salva  1'anima,  professino  e  predichino  concordemente  con  noi  la  formola 
della  verita  dell'apostolica  tradizione,  secoudo  la  retliludine  evangelica  ed- 
apostolica  della  fede  ortodossa,  la  quale  e  fondata  sopra  la  ferma  pietra  di 
questa  Chiesa  del  beatoPietro  Principe  degli  Aposloli.  Ibid.  col.  278. 


694  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

I  nostri  savii  lettori  avranno  gia  scorto ,  che  ad  una  asserzione 
messa  in  evidenza  con  tante  prove  conviene  allribuire  nel  discorset 
del  Papa  ben  allro  uffizio  da  quello  assegnatole  dal  Dollinger.  Cos! 
e.  II  Goncilio  YI  era  convoeato  per  riannodare  alia  unita  della  ere-* 
denza  cattolica  la  Chiesa  deH'Oriente  sbrancatasi,  la  maggior  parte, 
per  opera  del  prelati  monoteliti.  A  tale  uopo  Papa  Agatone  spediva 
cola  il  suo  Tomo  dommatico;  il  quale,  omessa  la  introduzione,  si 
riduce  a  quatlro  precipui  capi :  formola  della  credenza  cattolica ; 
asserzione  circa  la  purezza  della  fede  appo  la  Sede  Romana;  confa- 
tazione  dell'errore  monotelitico ;  neccssila  di  assentire  alia  formola 
inviata  con  esortazione  al  Principe  di  adoperarvisi  presso  gli  oriei*- 
tali.  Doppio  e  lo  scopo  immediato  a  cui  tende  il  tulto,  vale  a  dire, 
di  persuadere  la  infallibile  veracita  della  formola  proposta ,  e  d'  is- 
fei  ir  quindi  la  necessita  di  preslarle  il  fermissimo  assenso  della  fede. 
Convinti  i  greci  inlorno  all'uno  ed  all' allro  punto,  la  riunione  inte- 
sa,  quale  ultimo  scopo,  sarebbe  venuta  da  se.  II  ragionamento  che 
percio  usa  il  S.  Ponlefice  c  in  soslanza  dei  termini  seguenli:  «Ecco~ 
\i  la  forma  della  vera  fede  cattolica.  Prestatele  credenza.  Lo  fate? 
siele  nella  veriia,  nella  via  di  salute.  Non  lo  fate?  siete  nell'errore,. 
fuori  della  Chiesa,  infallanlemente  perduti  1.  Dubitale  di  affidarvi  ad 
essa,  temendo  di  qualche  errore?  Guardale  dondeviene.  Essaviene 
dalla  Sede  apostolica,  la  quale  ne'  suoi  Pontefici,  come  successor!  di 
S.  Pietro,  essendo,  merce  la  divina  provvidenza,  privilegiata  della  in- 
fallibilila  nell'  insegnamento  dci  dommi,non  fuorvio  mai  dalla  retll- 
tudine  della  fede ,  ne  puo  fuorviare.  Ye  lo  dicono  le  promesse  di 
Cristo,  ve  lo  conferma  la  pralica  coslanle,  universale  della  Chiesa 
dentro  e  fuori  dei  Concilii.  »  Togliete  dalla  lettera  sopraddella  Tas- 
serzione  circa  la  ponlificia  infallibilita,  nel  fatto  sopra  cui  si  versa 
la  nostra  controversia ,  ruina  il  tutto.  Diviene  inutile  la  formola, 
senza  fondamento  la  necessila  di  prestarle  credenza,  vani  gli  ar- 

1  Sin  autem  (quod  porro  lonc/e  sit)  novitatcm  nvper  ab  aliis  introductam 
amplecti  maluerit,  (praesul  Cp.)  et  alienisaregulaveritatis  orthodoscae  atqne 
apostoUcae  nostrae  fidei  sese  irretire  doclrhris  ....  ipse  noverit,  quid  de  tali 
contemptu  in  divino  Christi  examine  satisfaciet  apud  iudicem  omnium,  qiti  fa 
cadis  est.  Ibid.  col.  283. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  695 

gomenli  arrecali,  la  leltera  improporzionala  allo  scopo.  Risulla 
quinci  doversi  dire  tanto  impossibile  cbe  1'  asserto  giaccia  nclla 
serillura  di  Agalone  a  guisa  di  accidenle,  intromessovi  ad  arte, 
quanlo  e  impossibile  cbe  I'arcbiteKo  faccia  entrare  nel  suo  disegno 
aceidentalmente  o  ad  allro  scopo  il  fondamenlo  dell'  intero  edifizio. 
Giudicbisi  ora  sesiaono  sconciatura  di  fantasia,  quanto  affermo  il 
ch.  Doltore  intorno  al  fine  ed  al  modo  dell'  asserto  di  Agalone  in 
pro  della  Sede  Romana. 

II  detto  fin  qui  prova,  cbe  Papa  Agatone  parlo  da  uomo  leale  e 
noa  da  ciurmatore.  Ma  quale  fa  1'esito  della  sua  leltera?  Eccovi  il 
uodo.  Fu  ella  amraessa  dal  Concilio  ,  oppure  ebbe  a  sostenere  un'a- 
naara  smentita,  come  vorrebbe  il  Dollinger?  Cercbiarao  negli  Atti  e 
la  cosa  ci  fia  conla.  Neli'Azione  VIII  1'  Imperatore  domanda  a'  Ve- 
scovi convenuti  al  Concilio,  se  accetlano  la  lettera  di  Agatone.  Si  le- 
va Giorgio  Arcivescovo  di  Coslanlinopoli  ed  afferma,  cbe  considera- 
lone  tutfo  il  valore  dei  concetti  (T,^  TYJ  Buva^st)  vi  acconsente  ;  tale 
essere  la  sua  professione  e  la  sua  credenza.  I  Vescovi  diCalcedonia, 
di  Mililene,  di  Anastasiopoli,  di  Seleucia  dell'  Isauria  usano  somi- 
giiante  linguaggio.  Giorgio  Vescovo  di  Cizicodice  cbe  assente  a  tul- 

le  le   €056  Cbe   Vi  Si    COlltengOnO  (i:affi  Tot;  £^9£p0[j.£vc:;    Iv  au-ai?  )  ; 

cosi  ancbe  il  Vescovo  di  Bizia.  Protestano  ad  una  voce  di  seguilarne 
gli  insegnamenti  i  Vescovi  di  Melimna,  dei  Camuliani  ,  di  Cinna  con 
tulli  quelli  soggelli  alia  Sede  di  Costantinopoli.  Sisinnio  Vescovo  di 
Eraclea  nella  Tracia  testifica  di  non  avervi  trovato  sentcnza  cbe  non 
si  accordi  pienamente  coi  Sanli  Padri  1.  Sisinnio  Vescovo  di  lerapo- 
IH'accoglie.  Sergio  Vescovo  diSelimbria  la  riverisce  non  altramen- 
te  che  la  lellera  di  S.  Leone  a  Flaviano  2.  Domizio  Vescovo  diPru- 
sla  la  riconosce  suggerita  dallo  Spirilo  Santo,  dettata  per  la 
bocca  di  S.  Pietro,  scritta  per  mano  di  Agatone  3.  Quattro  Vescovi, 


1  Eupov  ar/^ev  aura;  avTiTriTTTctv  ToT;  a^'toi;  TraTpait.   Ibid.   COl.   337. 

2  "OUTW;  ^e'y^axi  xai  HaTawTra^caai  au-rac,  w;  TW  ETrten-cXTiv  TGU  ev  a^ict;  AS'WTC?. 

Ibid.  col.  340. 

3  'fl;  £x  TCU  -jrvtuaaro;  TOU  a-Ytcu  xat  xopcpaicu  TWV  aTroaTOAwv  DsTpcy,  xal  £ta  TCU 
«aic7u).o'j  TOU  TrpcXsy^OEvTo;  TStaifcaxapio'j  TraTrat   'A*j'a6<ovo; 

jt^rrucaoaat.  Iblil.  339. 


696  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLL1NGER 

quattro  diaconi ,  due  monad  messi  in  sospelto  di  non  aderirvi  dal 
Vescovo  Teodoro  kanno  1'ordine  dal  Concilio  di  dar  conto  della  pro- 
pria  fede  in  una  scriltura  giurata :  ed  offertala ,  ciascuno  in  essa 
professa  di  acconsentirc  semplicemenle  e  di  aderire  fermamente  a 
tulli  i  capi  conlenutivi  1.  Macario  Palriarca  di  Anliochia  mostratosi 
ritroso,  tutto  il  Concilio ,  affermando  di  essersi  interamente  solto- 
messo  alia  lettera  di  Agatone,  e  contro  di  lui,  ed  indi  trovalolo  perti- 
nace  nel  dinegarle  la  propria  adesione,  lo  depone  della  sua  dignila, 
e  caccialo  lurpemente  dal  luogo  del  Concilio  2.  Eccovi  il  genere  di 
smenlila  data  dal  Concilio  VI  alia  leltera  di  Agalone.  Se  la  protesla 
universale  di  accoglierla,  di  seguitarla,  di  riverirla  come  detlato 
dello  Spirilo  Santo  in  ogni  capo ,  important)  una  solenne  smentita, 
non  occorre  allro;  e  uopo  pigliare  il  dizionario  e  mutare  il  signifi- 
cato  di  elogio,  di  approvazione ,  di  stima  in  quello  di  biashno,  di 
disapprovazione ,  di  smenlita. 

Tutte  le  lestimonianze  arrecate,  dira  forse  alcuno,  accaddero  pri- 
ma  della  condanna  di  Onorio.  Verissimo.  Ma  cio  cbe  monta?  Abbia- 
mo  anche  dopo  nuove  conferme  e  piu  esplicite.  Difatto  prima  della 
condanna  si  disse  ,  che  la  leltera  di  Agatone,  esaminata  punto  per 
punto,  si  era  trovata  conforme  alle  sentenze  dei  Padri ,  e  questo  ri- 
trovasi  ancora  appresso  nella  lettera  sinodica  ed  in  quella  dell'  Im- 
peratore  a  Papa  S.  Leone  II,successore  di  Agatone  3.  Prima  della 
condanna  si  fe  solenne  protesta  di  assentire  in  ogni  cosa  alia  leltera 


CTTOI^W  ,  xal  su-asvco  Tract  TO!?  £[M>spo[j,£vcts   XcCpaXato',?  I'v 
TS  rf  sipYiasvr,  avaaopa  TOU  aurou  a^iorarou  av^po?.   Ibid.  Act.  X,   COl.  453. 

2  Sancla  Synodus  dixit:  Postquam  non  consentit  virtuti  (-f,  ^uvaasi)  di" 
rectarum  orthodoxarumsuggestionum  ab  Agalhone  sanctissimo papa  Romano 
Macarius  venerdbilis,  quas  omnes  consentient.es  grate  suscepirnus,  praevidi- 
mus  hunc  de  sedc  sua  surgere  et  respondere.  Act.  VIII,  col.  346,  347.  Cf.  ea 
quae  legimlur.  Act.  IX,  col.  385. 

3  Delude  uno  ex  nobis,  regnantis  huins  Constantinopoleos  sanctissimo  prae- 
sule  assenlientfin  primismisso  a  vobis  ad piissimum  imperatorem  orthodoxum 
scripto,  ut  IN  OMNIBUS  convemenli  probabilibns  et  a  Deo  instinctis patribvs  ac 
sanctis  et  universalibus  quinque  Synodis,  et  quidem  nos  omnes  Christo  Deo 
contincnte,  quod  sludebamus  facile  confecimus.  Epist.  Synod,  col.  686. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLL1NGER  697 

del  Ponlefice,  ed  appresso  si  conferma  lo  slesso  assentimenlo  in  om- 
nibus nella  sinodica  citata.  Prima  della  condanna  si  esalto  lo  scrilto 
pontificio,  come  deltalo  di  S.  Pietro,  e  voi  Irovate  il  medesimo  ^elo- 
gio  nel  sermone  prosfonetico  in  su  la  fine  del  Concilio  1. 

Piii;  il  Papa  Agalone  prova  nella  sua  leltera  il  falto  della  infallibi- 
le  veracity  della  Sede  Romana,  adducendo  Ic  promesse  di  Cristo.  Que- 
slo  pure  confessa  il  Concilio  nella  sinodica  e  lo  rafferma  coll'  opera, 
afiidando  interamente  al  Papa  il  da  farsi  per  la  custodia  della  fede  2, 
e  1'  Imperatore  lodando  Iddio  dell'avere  conservato  la  credenza  calto- 
lica  nella  sua  inlerezza,  esclaina  che  non  polea  accadere  altrimenti 
dal  lalo  della  Sede  Romana,  slante  la  predizionedi  Cristo  3. 

Dal  falto  della  suddetta  infallibilita  il  Papa  inferisce  la  necessila 
assoluta  di  soggetlare  il  proprio  intellelto  alia  definizione  proposla 
nella  sua  leltera,  per  chi  volesse  camminare  per  la  pesta  della  ve- 
rila,  restare  nel  corpo  della  Chiesa,  andar  salvo.  Eccovi  il  Concilio 
riconoscere  per  legittime  lulle  e  Ire  le  parli  di  questa  conseguenza. 
Posciacheapprovacome  tale  la  prima,  aderendo  interamente  alia  for- 
mola  fspedilagli  ed  avendo  in  conto  d'  infallibile  la  professione  del- 
la  fede  dcgli  occidenlali  e  la  propria  definizione  perche  conformi  alia 


1  Summus  autem  nobiscum  concertabat  Apostolorum  princeps:  illius  enim 
writatorem,  et  sedis  successorem  habuimus  fautorem,  et  divini  sacramenti  il- 
luslranlem  per  litleras.  Confessionem  tibi  a  Deo  scriptam  ilia  Romana  antiqua 
civitas  obtulit,  et  dogmalum  diem  a  vesperlinis  parlibus  exlulit  charta,  et  % 
alramenlum  videbalur,  et  per  Agathonem  Petrus  loquebalur.  Ibid.  col.  666  — 
Idem  inEpist.  Synod. 

2  Itaque  tibi,  ut  primae  Sedis  anlistes  universalis  ecclesiae,  quid  agendum 
sit  relinquimus,  stanti  supra  firmam  fidei  pctram,  libenterperlectisveraecon- 
fessionis  litteris  a  vestrapaterna  bealiludine  adpiissimum  imperatorem  missis; 
quas  ut  a  summo  Apostolorum  vertice  divine  perscriptas  agnoscimus.  Ibid, 
eol.  683. 

3  Gloria  Deo,  qui  gloriosa  facit,  et  fidem  apud  nos  integram  conservavit. 
Quomodo  enim  id  faclurus  non  crat,  IN  EA  PETRA,  super  quam  ipse  ecclesiam 
fundavit,  ac  praedixit  nunquam  fore,  ut  portae  inferi,  hoc  esty  haerelicae  in- 
sidiae,  adversw  earn  praevalerent?  A  QUA,  tamquam  e  caelorum convexis,  ve- 
rae  confessionis  sermo  effulsit,  animas  diligcntium  Christum  illustravit,  su- 
scitavilque  refrigeratamorlhodoxiam.  Episl.  Imper.  ad  Leonem  col.  718. 


698  ONOR10  I.  SECONDO  IL  DOLLIIS7GER 

Icltera  del  Papa;  approva  le  allre  due  col  fatlo  luculenlo  del  gin- 
dicare  eretico  e  fuori  della  Chiesa  il  Palriarca  di  Antiochia,  e  del 
digradarlo  ed  anatematizzarlo,  perche  ostinalo  nel  contraddire  alia 
lettera  del  Papa  1.  Vi  pare  egli  die  si  possa  immaginare  approve- 
zione  piu  recisa  e  piu  splendida  dell'asserto  universale  di  Agatone? 
Voi  r  avete  implicito  nell' assentimcnto  dato  al  lulto  della  lettera, 
voi  1'  avele  espresso  e  nella  acceUazione  degli  argomenli  su  cui  si 
fonda ,  e  dello  conseguenze,  che  no  rarapollano.  La  sinentita  adun- 
quo  non  e  per  Agatone,  ma  pel  Dollinger. 

A'  nostri  lettori  siamo  parsi  per  avvenlura  troppo  lunghi  nella  di- 
scussiooe  di  queslo  punlo.  Ma  abbiamo  reso  due  grandi  servigi  ad 
un  viaggio.  II  primo  ad  Agatone  Papa  e  santo ,  caneellandogli  il 
marcbio  in  fame  dell'  imposlore,  impressogli  sul  volto  contro  ogni 
equita  da  uno  scrillore  caltolico  in  un  pacse  cinto  da  proteslanli ; 
1'allro  a  Papa  Onorio,  liberandolo  dcfinilivamente  dalla  laccia  di 
eresia.  Le  prove  germinano  dall'  esame  tcste  compiulo ,  conforme 
la  promcssa  falta  da  principle.  Di  tre  cose  abbiamo  discorso ;  di  un 
fallo  storico,  di  un  domma  e  della  sentenza  del  Dollinger.  Da  cia- 
seuna  di  esse  vi  fiorisce  un  argomento. 

I.  Fatlo  slorico.  II  Papa  Agatone  affcrma  in  modo  posilivo  ,  in 
termini  cbiari  e  per  tre  \olle  il  perpeluo  fatto  della  puriia  della  fe- 

1  Er  habe,  Mess  es  in  dcm  Delzrel,  sick  in  alien  Punkten  dem  Sergius  an- 
geschlossen',  er  habe  unter  dem  Jcalholischen  Volke  die  llarcsie  des  Einen  WU~ 
lens  verbreitetj  er  habe  es  verdient,  mil  Sergius  dem  gle'ichen  Anathem  unter- 
worfe.n  zu  werden;  denn  seine  dogmatischen  Schreiben  seien  den  Apostolischen 
Dofjmen  und  den  Entscheidnngen  der  Synod  en  volliy  zuwider ,  und  zielten 
auf  dieselbe  Gottlosigkeil  wie  die  Schriften  der  erklartesten  Monotlielelen. 
So  driichte  sich  besonders  Kaiser  Constantin:,  der  an  der  Sijnode  sehr  t  ha  tig- 
en  Antheil  genommen,  in  dem  Schreiben  an  den  Papst  aus,  und  in  dem  Edikte, 
das  an  der  grossen  Eirche  der  Hauptstadt  angeheflet  ward.,  liiess  es  von  IIo~ 
norius :  er  sei  in  allem  als  «  Milketzer,  Mitlaufer  und  Bestaligcr  der  Kelze- 
reien  »  dem  Sergius  und  dem  Theodor  gleich  su  setsen  gewesen.  Die  Synode 
selber  hatte  noch,  nachdem  sie  die  Schreiben  des  Sergius  und  des  JJonorhis 
eincr  sorgfaltigen  Prufung  unlersogen,  bcsuglich  beider  Manner  erklart:  Die 
der  en  gottlose  Lehren  wir  verabscheuen,  der  en  Namen  haben  wir  aueh  aus  der 
Kir cl\e  hinaus.zuicerfen  furnothig  erachtei.  Pag.  135. 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  699 

de  manlenutasi  prcsso  la  Sede  Roraana  e  sopra  di  questo  fallo 
appoggia  lutlo  il  suo  discorso ,  sfidando  a  provare  il  contrario.  I 
Vescovi  del  Concilio  Romano  lo  lesliiicano  insicme  con  lui :  quelli 
del  Concilio  VI  ecurnenico ,  a  cui  importava  grandemente  di  smen- 
•tirlo,  anche  1'approvano,  ne  accellano  le  conseguenze  ,  \i  si  confor- 
mano  colle  opere.  Niuna  critica  al  mondo,  per  quanta  sotlile  e  schi- 
fiilosa  la  vogliate,  puo  conchiudere  nulla  conlro  la  verila  di  un  tal 
fatto.  Perciocche,  quando  tante  persone,  tutte  autorevolissime,  divi- 
se  in  due  solenni  adunanze  e  di  contrarii  interessi  si  trovano  d'ac- 
cordo  nell'  atlestare  un  falto  splendido,  che  si  ando  svolgendo  solto 
gli  occhi  di  tulto  1'orbe  callolico,  che  ammesso  porta  seco  gravissi- 
fiae  ed  universali  conseguenze,  non  v'ha  scampo:  conviene  o  accetlarlo 
per  indubitato,  o  negare  il  crilerio  del  vero  che  si  ha  nell'  autoritSi 
equindi  gittare  alle  fiamme  lulte  le  storie.  Ma  Onorio  deve  esser 
compreso  in  un  fatto  di  tanta  certezza :  adunque  la  sua  ortodossia  e 
messa  al  coperto  dal  morso  della  crilica  piu  sotlile  e  schifiltosa. 

II.  Domma.  Ma  pel  catlolico  v'e  un  altro  argomento  viepiu  ine- 
luttabile.  La  ortodossia  di  Onorio  e  legata  colla  veracita  del  domma 
per  modo ,  che  non  si  puo  negar  1'  una  senza  intaccar  1'  altro. 
Ed  in  vero  il  Papa  ed  il  Concilio  sono  infallibili,  quando  convengono 
nel  determinare  il  senso  della  Tradizione,  della  Scrillura  e  quello  che 
e  necessario  alia  salute.  Ma,  come  abbiamo  tesle  dimostrato,  il  Papa 
Agatone  ed  il  Concilio  VI  ecumenico  convengono  nel  determinare 
il  senso  della  Tradizione  e  della  Scritlura  a  pro  della  infallibile  ve- 
racila  della  Sede  Romana,ossia  de'  Papi,nelle  cose  di  fede,  e  la  ne- 
cessila  per  la  salute  di  prestar  loro  credenza.  Adunque  la  infallibile 
veracita  della  Sede  Romana  o  de'  Papi  in  cose  di  fede  e  un  falto  in- 
failibilmente  vero.  Ma  Onorio  e  un  Papa ,  dunque  egli  pure  dovetle 
essere  infallibile  nel  magislero  della  fede :  duuque  e  tanlo  impossi- 
bile  che  egli  abbia  erralo  in  esso,  quanto  e  impossibile  che  Papa  e 
Coocilio  unili  abbiano  errato  nel  determiuare  il  senso  della  Tradizio- 
ne e  della  Scrittura  soprallegato.  Per  conseguenza  chi  fa  erranle  in 
tnateria  di  fede  Papa  Onorio  in  quanto  Papa,  fa  implicilamente  erran- 
ite  il  Concilio,  ed  asserendolo  condannalo  all'  aualema  per  cagione  di 
avere  predicato  1'  errore ,  viene  ad  incolpare  il  sinodo  di  bugiarda 


700  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

contraddizione  e  di  somma  iniquita.  Di  bugiarda  conlraddizione, 
perche  avrebbe  in  tale  supposto  condannato  come  reo  di  eresia  Ono- 
rio,  in  quella  che  dichiaravalo  innocente  di  ogni  errore :  di  somma 
iniquita ,  perche  avrebbe  ad  un  tempo  affermalo  la  necessita  per  la 
salute  di  seguitare  la  dotlrina  dommalica  della  Sede  Romana,  e  con- 
dannato Sergio,  Pirro,  Paolo,  Macario  e  gli  altri  monoteliti,  i  quali 
aveano  protestalo,  e  il  Dollinger  gliel  consente  liberalmente,  di  se- 
guire  per  T  appunto  la  dottrina  della  Sede  Romana  insegnata  da 
Onorio. 

III.  Sentenza.  Donde  e  facile  rilevare  la  mostruosita  della  sen- 
tenza  del  Dollinger.  Giacche-  in  essa  Agatone  mentisce  al  Concilio: 
il  Concilio  mentisce  ad  Agatone,  erra  nel  definire,  e  iniquo  nel  giu- 
dicare:  i  condannati  appaiono  rei  ed  innocent!  ad  un  tempo.  Rite- 
mita  la  integrita  degli  atti  non  v'  e  scampo :  o  conviene  dire  Onorio 
condannalo  dal  Concilio  come  semplice  fautore ,  o  inghiottire  una 
portentosa  mostruosita,  sia  dal  lato  della  critica  storica,  sia  da  quello 
della  fede  cattolica. 

§.  XL 

Si  dimoslra  in  qual  senso  debbasi  pig  Hare  la  sentenza 
del  Concilio  VI  contro  Papa  Onorio. 

II  Dollinger  non  solo  afferma,  che  Onorio  fu  condannato  di  eresia, 
ma  ancora  intende  a  provarlo.  A  tal  uopo  vi  recita  ad  un  fiato  una 
tirala  di  sentenze  tratte  dal  Sinoclo,  e  giltatevele  dinanzi  in  un  fascio, 
dunque ,  e'  conchiude  ,  non  v'  ha  il  menomo  dubbio  ,  la  mente  del 
Concilio  fu  di  sentenziare  Onorio  siccome  reo  dell' errore  monoleliti- 
co.  Per  questa  via  la  quislione  mutaoggetto  :  non  dobbiamo  piu  di- 
fendere  Onorio,  ma  il  Concilio  ;  giacche  gli  sforzi ,  che  vi  spende  il 
Dollinger,  ridondano  a  profitto  o  dei  protestanti  o  dei  giansenisti. 
Lo  dimostriamo.  Nel  paragrafo  antecedente  abbiamo  provato  cbe  il 
Papa  ed  il  Concilio  sono  d'  accordo  nel  determinare  ii  senso  della 
Tradizione  e  della  Scrittura,  in  pro  dell'infallibile  veracita  della  Sede 
Romana  in  cose  spettanti  alia  fede.  II  perche  sostenendo  il  Dollinger, 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DflLLINGER  701 

che  il  giudizio  del  Concilio  yolge  sopra  il  sonso  dommatico  della 
lettera  di  Onorio,  o  le  sue  prove  sono  eflicaci  a  conchiudere  della 
condanna  di  Onorio  ci6  che  intende,  ed  eccovi  i  protestanli  toslo  in- 
ferire :  dunque  Papa  e  Vescovi  unili  in  Concilio  sono  fallibili  nell'ap- 
plicazione  della  Scritlura  e  della  Tradizione;  o  non  sono  efficaci,  ed 
eccovi  i  giansenisti  dedurre :  dunque  il  Concilio  e  fallibile  nel  giudi- 
care  i  falti  dommatici.  Vedeie  in  qual  pecoreccio  si  e  egli  cacciato ! 
II  ch.  Dottore  cita  il  decreto  di  condanna  letlosi  nel  Concilio;  5 
bene,  che  qui  lo  rechiamo  dislesamente  con  a  fronte  le  sentenze  onde 
il  Dollinger  pensa  di  provare  il  suo  asserto. 


Dollinger 

Egli  (Onorio)  seguito,  come  e  det- 
to  nel  Decreto,  Sergio  in  tutti  i  pun- 
ti;  eg\\propagolra  cattolici  la  eresia 
dell'una  Volonta ;  egli  merito  di  es- 
sere  sottoposto  con  Sergio  ad  eguale 
anatema ;  perche  le  sue  lettere  dom- 
matiche  sono  totalmente  contrarie  ai 
dommi  apostolici  ed  alle  defmizioni 
dei  Concilii,  e  miro  alia  stessa  ein- 
pieta,  che  gli  scritti  dei  piu  chiari 
monoteliti.  Similmente  si  espresse 
nella  lettera  al  Papa  anche  1'  impe- 
ratore  Costantino,  il  quale  ehbe  par- 
te  assai  atliva  nel  Sinodo,  ed  entro 
1  Editto,  affisso  alia  precipua  Chiesa 
della  Capitale,  sta  scritto  di  Onorio, 
che  egli  e  da  eguagliarsi  in  tutto  a 
Sergio  ed  a  Teodoro,  siccome  coe- 
retico,  concorrente  e  confermatore 
della  eresia.  11  Sinodo  stesso ,  po- 
ste  a  diligente  esame  le  lettere  di 
Sergio  e  di  Onorio,  dichiar6  per 
rispetto  adambidue:  No\giudicam- 
mo  ancora  necessario ,  che  siano 


Concilio 

Secundum  promissionem,  quae  in 
antelatis  a  nobis  ad  vestram  gloriarn 
facta  est,  retractantes  dogmaticase- 
pistolas,  quae  tamquam  a  Sergio... 
scriptaesiint,tamadCyrum...quam 
ad  ilonorium,  quondam  papam  anti- 
quae  Romae :  similiter  autem,  et  epi- 
stolam  ab  illo,  id  est,  Honorio  re- 
scriptam  ad  eumdem  Sergium:  has- 
que  (>6al  TayTa)  invenientes  omnino 
alienas  existere  ab  apostolicis  do- 
gmatibus,  et  a  defmitionibus  sancto- 
rum conciliorum,  et  cunctorum  pro- 
babilium  patrum,  sequi  yero  falsas 
doctrinas  haereticorum,  eas  omui- 
modo  abiicimus,  et  tamquam  animae 
noxias  execramur.  Quorum  autem, 
idest,  eorumdem  impia  execramur 
dogmata,  horum  et  nomina  a  sancta 
Dei  ecclesia  proiici  iudicavimus,  id 
est,  Sergii...qui  aggressus  est  de 
huiusmodi  impio  dogmate  conscri- 
bere,  Cyri  Alexaudriae,  Pyrrhi,  Pe- 
tri  et  Pauli,  qui ...  et  siinilia  eis 


702  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

gittati  fuori  della  Chiesa  i  nomi  di  senserunt ,  ad  haec ,  et  Theodori 
coloro,  le  cuidottrine  esecriamo.  quondam  episcopi  Pharan,  quarum 
Adunquenonpuosussistereilme-  omnium  suprascriptarum  persona- 
nomo  dubbio,  che  la  mente  del  Con-  rum  mentionem  fecit  Agatho  sanctis- 
cilio  non  fosse  di  condannare  Onorio  simus  ac  ter  beatissimus  papa  anti- 
per  cagione  di  vera  eresia  *.  quae  Romae  in  suggestione, . . .  eos- 

que  abiicit  utpote  contraria  rectae  fi- 
dei  nostrae  sentientes,  quos  anathe- 
mati  submitti  definimus.  Cum  his 
Tero  simul  proiici  a  sancta  Dei  ca- 
tholica  Ecclesia,  simulque  anathe- 
matizari  praeTidimus  et  Honorium, 
qui  fuerat  papa  antiquae  Romae, 
eoquod  invenimusper  scripta,  quae 
ab  eo  facta  sunt  ad  Sergium,  quia  in 
omnibus  eius  mentem  secutus  est, 
et  impia  dogmata  eonfirmavit  2. 

II  Dollinger  concliiude  cue  non  puo  sussistere  il  menomo  dubUo 
sopra  V  inlendimento  del  Concilio:  cosi  e,  ma  stando  alle  sue  premes- 
se.  Tolga  lorole  gravi  inesattezze  cacciatevi  dentro,  e  il  dubbio  avr& 
luogo.  II  nodo  della  quislione  sla  in  queslo:  so  Onorio  sia  stato,  o 
no,  condannato  di  errore  dommatico.  Si  confrontino  ora  le  premesse 
del  ch.  Dollore  col  Decreto,  onde  si  dicono  provenule.  Salta  subito 
agli  occhi,  che  egli  da  il  litolo  di  dommatiche  alle  lettere  di  Ono- 
rio non  espresso  nel  decreto ;  che  acconcia  ad  Onorio  la  senlenza 
quorum  impia  dogmata,  la  quale  e  detla  soltanlo  di  Sergio  e  degli 
altri  suoi  coinpagni ;  che  afferma  Onorio  aver  meritato  di  essere  sot- 
toposto  all'  anatema,  perche  le  sue  lettere  sono  lotalmente  contrarie 
ai  dommi  apostolici  ed  alle  definizioni  del  Concilii,  quando  in- 
yece  ebbe  tal  pena  per  1'altro  motivo,  espresso  nelle  ultime  parole 
citale  nel  decreto.  Piu ;  rappresenta  le  senlenze  :  che  Onorio  pro- 
pagb  /'  errore  tra  i  fedeli;  che  mirb  ad  una  medesima  empieta  cogli 
eretici  piu  manifesti,  come  roba  del  decreto  e  delte  di  Onorio  in 
particolare,  quando  essenon  sono  ne  1'uno,  ne  1'altro.  Toltele  giunte, 

1  Pag.  135. 

2  MANSI  XI,  col,  554,  555. 


ONOR10  I.  SECONDO  IL  DOLLIKGER  703 

riformato  il  motivo  della  conclanna,  climinato  do  chc  non  e  del  De- 
creto,  reso  il  proprio  significato  al  lutto,  eccovi  tosto  spuntare  nel- 
1'animo  ilpensiero :  come  posso  io  condannare  Onorio  di  errore 
dommatico,  quando  a  lui  nel  Decrelo  di  condanna  non  si  attribui- 
scono  ne  leilere  dommatiche,  ne  dommi  erelici,  no  si  punisce  per 
averne  fatto  professione?  La  relta  coscienza  dei  nostri  leltori  avra 
giarisposto  che  no;  essendo  iniquila  meltere  a  carico  del  reo  quei 
falli,  che  non  gli  sono  apposti  d;ii  giudici.  Se  il  Dollinger  ve  li  mise, 
fu,  crediamo  noi,  per  cagione  d' improvvida  distrazione,  occorsagii 
nel  rapportare  i  concetti  testuali. 

La  nostra  conseguenza,  avendo  per  fondamento  T  argomenlazione 
particolare  del  Dollinger,  puo  accadere,  che  non  soddisfaccia  a  tulli 
i  noslri  lettori.  E  quindi  mestieri  di  universaleggiarla.  A  decisione 
della  presente  controversia  cinque  modi  di  condanna  ciporge  il  Con- 
cilio,  e  due  1'Editto  imperiale :  nel  Decreto  sopra  riferito ,  nel  Ser- 
mone  prosfonetico  e  neH'Editlo  si  specificano  le  colpe  dei  singoli 
condannali ;  nella  chiusura  dell'  Azione  XIII ,  nella  Definizione  e 
nella  Lettera  sinodica  sono  accomunati  nelle  colpe  tutli  i  condannati. 
Perche  nulla  ci  trapassi  inosservato,  esaminiamo:  l.°cio  che  si  ailri- 
buisce  a  Sergio,  Pirro,  Pietro,  Paolo,  Giro  e  Teodoro  e  non  ad  Ono- 
rio ;  2.°  quello,  che  e  divisamente  posto  a  carico  di  Onorio  e  dei 
soprannominali ;  3.°  quello  che  si  appone  loro  in  comune.  Dalle  con- 
seguenze  di  queslo  esame  si  render^  manifesta  la  specie  del  reato 
di  Onorio ,  supposta  sempre  la  inlerezza  dei  documenlL 

I.  Che  cosa  si  allribuisce  a  Sergio  e  non  ad  Onorio?  Cercando  nel 
Decreto,  che  e  il  fondamento  di  lulte  le  forme  delle  altre  condanne, 
si  trova  1 .°  che  alle  lettere  di  Sergio  si  da  il  titolo  di  dommatiche 
e  non  alia  risposla  di  Onorio  ;  2.°  che  agli  oriental!  in  particolare 
si  altribuiscono  empii  dommi,  portanti  il  marchio  della  esecrazione: 
Quorum  antem,  idest ,  eorumdem  IMPIA  EXECRAMUR  DOGMATA  ho- 
rum  et  nomina  a  sancta  Dei  ecclesia  proiici  iudicavimus,  idest,  Ser- 
gii .  .  .  Cyri,  Pyrrhi .  .  .  ;  3.°  che  ai  medesimi  sono  con  esplicita 
defmizione  apposli  concetti  contrarii  alia  relta  fede  :  Ulpole  CONTRA- 
RIA  reclae  fidei  noslrae  senlientes,  quos  anathemati  submilli  defini- 
mus.  INiun  litolo ,  niun  aggiunto  somiglianle  leggesi  accanlo  agli 


704  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

scritti  di  Onorio.  Eccovi  quindi  la  conseguenza :  dunque  le  scritture 
di  Sergio  e  de'  suoi  compagni  vengono  specificamente  qualificate 
come  ereliche,  e  specificamente  esecrate  dal  Sinodo,  e  non  quelle  d£ 
Onorio.  Piu ;  le  qualifiche  del  delilti  non  si  gillano  a  caso  nelle  sen- 
tenze  giudiziali,  ma  ^7i  si  pongono  molto  pensatamente,  per  non  ag- 
gravare  o  scemare  di  alcun  eke  contro  giustizia  la  rea  condizione 
dei  condannati.  Dunque  e  necessario  conchiudere ,  o  cbe  le  note  di 
eresia,  di  contraddizione  ai  dommi  ed  alle  deiinizioni  dei  Sinodi  ap- 
poste  alle  ire  leltere  giudicate  prima  in  globo  nel  Decreto,  debbonsi 
interprelare  nel  senso  rigoroso  delle  espressioni  per  conto  degli 
orientali  e  diversamente  per  rispetto  di  Onorio  ,  ovvero  che  le  so- 
praddette  qualifiche  sono  iniquamente  o  pazzamenle  date. 

II.  Di  quale  colpa  e  gravato  Onorio  dal  Concilio,  di  quale  i  Prelali 
orientali?  Onorio  e  condannato  nel  Decrelo;  quia  in  omnibus  eius 
(Sergii)  menlem  sequutus  est,  et  impia  dogmata  confirmavil  (xa-ui 

7;avTa  TYJ  £X.£ivcu  "fwy/r,    ira7.vXo'jOr^avTa  ,   y.al  Ta  auTou  dbe^v]  y.upJjsavTX 

co-j'1/.aTa) ;  nella  Defmizione  :  utpote  qui  eos  in  his  sequutus  est  (&$ 
|y.£ivci;  iv  TOUTS'.;  ay.s Ac-jOvjcavTa ) ;  donde  si  vede  che  la  sostanza  del 
realo  e  riposta  dal  Concilio  nel  concetto  del  sequutus  est,  e  che  quin- 
di 1'allro  del  confirmavil  e  in  esso  inchiuso  quale  conseguenza.  Fra  i 
Prelati  orientali  Sergio  e  condannato  nel  Decreto  quale  primo  scrit- 
tore  sopra  1'empio  domma  (TOJ  apca^dvcu  cru-YpasejOa-. ) ,  gli  altri  sic- 
come  consenzienli  colla  rea  crcdenza  (Ta  c;;.c'.a  IV.ZWOK;  ^povr^av-uwv) ; 
nella  Defmizione  si  proscrivono  tulli  costoro ,  come  inventori  delle 
no\ila  ereliche  (TOU;  TO-JTWV  bsjpsTa;  egaXo^sv).  Paragonando  ora  il 
concetto  del  reato  commesso  dai  Prelali  orienlali  con  quello  della 
colpa  attribuita  ad  Onorio,  la  diversila  apparisce  spontanea  e  recisa : 
giacche  il  primo  ci  rappresenta  i  Prelali  come  colpevoli  di  errore 
intelleltuale ,  tanto  dicendoci  le  sentenze:  inventori  di  novila  ereli- 
che ,  £cpsup£7ac ;  accordantisi  sopra  gli  stessi  empii  dommi,  ^a  b^6ix 
opovr(sav-:ojv :  laddove  il  secondo  ci  propone  Onorio  riprovato  come 
erranle  praticamente ,  lanto  importando  nel  senso  proprio  la  senten- 
za ;  seguitando  o  favorendo  la  mente,  ^  -^o^  i^ay.o/vC'jOYjcravTa.  Ma 
la  eresia  ha  per  proprio  fondamento  1' errore  intelletluale  e  non  F  er- 
rore o  fallo  pralico;  adunque  circa  i  Prelati  orienlali  s'inferisce  loslo 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  703 

e  a  buon  dirillo  die  furono  condannali  per  ispacciatamenle  erelici, 
ma  non  cosi  per  rispetlo  di  Onorio. 

Contultocio  egli  non  e  ancor  salvo.  II  verbo  ay.o7,cuOsw  non  sola 
significa  seguitare  raaterialmente  ,  prestar  servigio ,  favorire;  ma 
eziandio,  secondoche  e  posto,  aderire  ossequiosamente  agli  altrui 
pensamenti :  ne  abbiamo  piii  esempii  anche  nel  presente  Concilio  VI. 
Qual  e  il  suo  valore  in  questo  luogo?  Ce  lo  determina  la  voce  if,  pw- 
JI.TJ,  esprimendoci  la  cosa,  in  che  Onorio  ha  seguitato  o  favorito  Ser- 
gio. Vero  e  pero,  che  nol  fa  di  per  se  sola,  essendo  vocabolo  dub- 
bioso  per  oltre  ventolto  significati  secondo  S.  Massimo  1,  ma  si  con- 
giuntamenle  alle  circostanze  in  cui  e  adoperata.  Tali  circostanze  sono> 
i  rapporti,  che  passano  tra  la  lettera  di  Sergio  e  la  risposta  di  Onorio. 
Ora  da  quest!  ricavasi  apertamente ,  che  essa  vuolsi  pigliare  nel 
senso  di  consiglio  o  de liber azione.  Confrontale  letlera  e  risposta  ci- 
tate :  nella  priraa  vedrete  Sergio  che,  mostrando  grande  pieta  e  som- 
messione  e  recando  molte  ragioni,  domanda  1'approvazione  pontificia 
del  consiglio  o  della  deliberazione,  che  egli  avea  preso,  d'  imporre, 
cioe,  il  silenzio  sopra  la  conlroversia  delle  voci ,  una  o  duplice  ope- 
razione  in  Cristo ;  e  nella  seconda  scorgerete  Onorio  che  approva 
cosiffatto  consiglio  e  lo  mette  in  pratica  per  conto  suo.  Ma  la  natura 
di  tale  partilo,  considerate  in  se  stesso  e  secondoche  1'intese  Onorio, 
non  offende  menomamente  la  fede,  come  abbiamo  provato  amplamen- 
le  altrove  2,  soprallutlo  se  si  avverta,  che  a  quel  tempo  non  era 
slala  peranche  definita  la  fraseologia  in  tal  quistione ;  dunque  la  reita 
appbsta  ad  Onorio  non  e  a  desumersi  dalla  parte  dell'  intelletto ,  ma 
da  quella  della  semplice  pralica. 

In  qua!  modo  poi  sia  parso  al  Concilio  atto  cotanto  reo  in  Onorio, 
1'aver  seguitato  e  confennalo  colla  sua  autorita  il  consiglio  di  Ser- 
gio, e  agevole  ad  esplicare.  Colle  grandi  moslredi  devozione  verso  la 
Sede  Romana  e  colla  prolesla  di  seguilare  la  dotlrina  de'  Padri  e 
segnatamenle  di  S.  Leone  e  del  Concilio  di  Calcedonia,  Sergio  avea 
furbescamenle  intromesso  nella  sua  lettera  la  insana  teorica  dei  mo- 

1  Disput.  cum  Pyrrho. 

2  Ser.  \,  vol.  XII,  pag.  146  e  segg. 

Serie  7,  vol.  XII,  fasc.  354.  45  7  Decembre  1864. 


106  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

iiotelili.  Papa  Onorio  non  disse  verbo  di  riprensione  sopra  tal  punto,  e 
pago  d'inculcare  il  mantenimento  dei  dommi  defmili  contra  Nestorio 
ed  Euliche  lodo  il  consiglio  del  silenzio  ed  ordino  di  seguitarlo.  Di 
qui  il  grave  rischio,  avveratosi  appresso  a  grave  danno  della  fede  , 
che  i  monotelili  torcessero  questo  modo  di  procedere  a  proprio  van- 
taggio  ed  avesseronel  silenzio  imposlouna  guarentigia  perispandere 
il  loro  errore.  Otiindi  agli  occhi  del  Concilio  Onorio  comparve  reo 
di  aver  procedulo  con  grave  trascuratezza  in  tan  to  affare  ,  quando 
1'alto  uffizio  di  supremo  guardiano  della  fede  gl'  imponea  T  obbligo- 
slrello  di  ovviare  all'errore,  specialraente  se  proposto  dai  maestri  dei 
fedeli  e  piu  dal  primo  patriarca  deH'Oriente,  pognamo  che  fosse  ac- 
caduto  anche  senza  reo  intendiraento.  Ed  eccovi  con  questo  chiariti 
del  perche  il  Concilio  chiami  Onorio  confermalore  dell' eresia,  1'Edit- 
to  dicalo  contraddicentesi.  Egli  non  imped],  come  era  obbligalo  dal 
sublime  suo  grado,  che  1'  eresia  abbarbicasse,  e,  tultoche  confessas- 
se  il  domma  caltolico,  influi  nell'  incremenlo  della  medesima  col  suo 
modo  di  operare,  e  percio  gli  si  applico  la  regola  canonica ,  allegata 
da  Papa  Felice  1 :  Negligere,  cum  possis  deturbare  perversos,  nihil 
esl  aliud  quam  fouere  eorum  impietatem:  nee  emm  caret  scrupulo 
societatis  occultae,  qui  manifesto  facinori  desinit  obviare.  Passiamo 
al  terzo  punto  dell'  esame. 

111.  II  Concilio,  accozzati  tulti  i  nomi  de'condannali,  nella  Defini- 
zione  li  rappresenta  quali  stromenti  del  Demonio,  quali  disseminate- 
ri  della  eresia,  quali  perturbatori  della  Chiesa;  nella  letlera  sinodica 
li  condanna  come  offensori  della  fede ;  nell'Azione  XIII  ordina,  che 
sieno  arsi  i  loro  scritti  come  nocivi  alle  anime  e  traenti  ad  una  stes- 
saempiela:  1'EdiUo  imperiale  non  ragiona  altramente.  Queslo  lin- 
guaggio  non  menonaa  punto  la  forza  della  nostra  conchiusione.  La 
ragione  e  semplice.  la  morale  e  riputato  reo,  ed  anche  in  solidum, 
non  solo  chi  fa  il  delitlo  ,  ma  ancora  chi  vi  ha  mano  come- 
chessia.  Applicate  quesla  regola  al  caso  nostro.  Onorio  concorse  col- 
la  sua  trascuratezza  allo  spargimento  dell 'errore,  ed  eccovelo  giudi- 
cato  reo  di  tale  iniquita.  Direte  voi  per  questo  che  egli  realmente 
dissemino  1'  errore?  Tortu  ed  ingiusta  sarebbe  la  vostra  deduzione, 
perche  eguagliereste  Onorio  ai  Prelati  orientali  anche  nel  modo  ond'ei 


ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER  707 

concorse  alia  reita,  quando  il  Concilio  Ye  lo  specifica  per  diverse  re- 
plicalamente. 

Conchiudendo  il  nostro  esame,  abbiamo  ricavato  dalle  vane  sen- 
lenze  del  Concilio  che  Sergio  fu  scrittore  di  dommi  perversi,  e  Onorio 
di  niuno;  clie  gli  altri  Prelati  orientali  furono  consenzienti  coll'errore, 
e  Onorio  colpevole  seguace  d'improvvido  consiglio,  e  che  quindi  se 
parita  di  pena  e  d'infamia  gli  eguaglia,  diversity  di  raotivi  li  dispaia; 
stanteche  gli  uni  siano  condannati  quali  inventor!  e  promovitori  del- 
la  eresia,  1'altroquale  fautore  per  colpevole  imprevidenza ;  ossia 
quelli  come  erelici  nel  senso  slrelto  della  parola  ,  questo  nell'  altro 
piu  amplo. 

§  XII. 

Si  conferma  la  esposta  cagione  della  condanna  colla  testimonianza 
di  quattro  document!. 

La  conchiusione,  teste  dedolta,  emessafuori  di  dubbio  da  quattro 
gravissimi  document!  che  ci  danno  la  interpretazione  autentica  della 
seutenza  del  Concilio  in  inodo  soleune.  Essi  sono:  la  confermazione 
del  Concilio  VI,  fatla  da  S.  Leone  II;  due  letlere  del  medesimo,  Tuna 
inviala  ai  Vescovi  della  Spagna  e  1'altra  al  re  Ervigio  insieme  colla 
Definizione,  col  Sermone  prosfonetico  del  sopraddetto  Concilio  e 
€oH'  Edilto  imperiale ;  ed  in  fine  la  professione  di  fede  usata  da  nuovi 
Pontefici  appresso  Leone.  Nella  confermazione  leggesi :  Anathemati- 
zamus  novi  erroris  inventores ,  idest,  Theodorum  Pharanitanum 
Episcopum,  Cyrum  Alexandrinum ,  Sergium,  Pyrrhum  Constanti- 
nopolilanae  ecclesiae  subsessores  magis  quam  Praesules:  nee  non 
et  Honorium ,  qui  hanc  apostolicam  ecclesiam  non  apostolicae  tra- 
dilionis  doctrina  lustravit ,  sed  profana  prodilione  inimaculatam 
macnlari  PERNISIT  1 ;  nella  letlera  a'Vescovi :  Condemnations  mul- 
ctati  sunt  Theodonts  Pharanitanus ,  Cyrus  Alexandrinus ,  Sergius, 
Pyrrhus,  Paulus ,  Petrus  Constantinopolitani ,  cum  Honorio  ,  qui 

.   1  Epist.  Leonis  ad  ImperaL  Ibid.  col.  73L   *..«  .« 


ONORIO  1.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

flammam  haeretici  dogmatis  non  ut  decuit  aposlolicam  aiictoritatem, 
incipientem  extinxit,  sed  NEGLIGENDO  CONFOVIT  1 ;  nella  lettera  ad 
Ervigio :  De  ecclesiae  calholicae  adunatione  proiecti  sunt  Theodo- 
rus  Pharanitanus  Episcopus ,  Cyrus  Alexandrinus  ,  Sergius,  Pan- 
lust  Pyrrhus  el  Petrus  ,  quondam  Constantinopolitani  praesules  , 
et  una  cum  eis  Honorius  Romanus,  qui  immaculatam  apostolicae 
iradilionis  regulam,  quam  a  praedecessoribus  suis  accepit,  macu- 
lari  CONSEXSIT;  nella  professione  2  :  Una  cum  Honorio,  qui  prams 
eorum  assertionibus  FOMENTUM  IMPENDIT  3.  Le  ^7oci :  maculari 
permisit,  maculari  consensit,  negliyendo  confovit ,  fomentum  im- 
pendil,  vi  danno  un  concelto  cotanto  esplicito,  che  non  abbisognano 
di  niun  comracnto.  Tulle  suonano  ad  un  modo  ,  Onorio  condannato 
non  per  cagione  di  eresia  ,  ma  per  averle  dato  fomerito  con  danne- 
yole  Irascuralezza.  Qual  dei  due  diremo  noi  che  si  appone  al  vero 
neila  inlerprelazione  della  senlenza  pronunziala  dal  Concilio,  il  Dol- 
linger  posteriore  al  fallo,  tanli  secoli,  inesallo  in  piu  punti  capital!  7 
oppure  Leone  II ,  che  confermo  aulorevolmenle  il  Concilio  ,  e  che 
prima  di  recarsi  a  tale  alto ,  come  egli  scrisse  all'  Imperatore ,  esa- 
mino  con  somma  allenzione  gli  atti  ed  inlerrogo  minutamente  di 
ogni  cosa  i  Legati ,  che  presedettero  al  Concilio  ?  Per  chi  si  regola 
colla  savia  critica  e  non  con  una  idea  preconcetta  la  risposta  non 
puo  esser  dubbia. 

V  ha  di  piu.  Agalone  nella  sua  lellera  dommatica  afferma  che  la 
Sede  Romana  erasi  mantenula  perpeluamente  intatta  dai  morsi  ve- 
lenosi  della  eresia.  Lo  slesso  vi  dice  Papa  Leone  nell'  una  e  nell'al- 
Ira  letlera  spacciata  per  la  Spagna.  Agatone,  come  uomo  sicurissi- 
mo  della  infallibilita  pontifioia  nelle  cose  di  fede  ?  propone  la  dis- 
giunliva:  o  voi  accetlate  la  formola  dommatica  della  Sede  apostolica 
e  siete  nella  verita ;  o  non  1'accettate  e  siete  in  errore  e  contraddite 
alia  vera  doltrina  di  Cristo.  Leone,  come  certo  possessore  del  mede- 
simo  privilegio,  1'  esercita  esaminando  la  defiuizione  del  Concilio  ed 


1  Epist.  Leonis  ad  Episc.  Bisp.  Ibid.  col.  1052. 

2  Epist.  Leonis  ad  Ervigium.  Ibid.  col.  1057. 

3  Liber  diurnus  Romanorum  Ponlificum.  MIGNE  T.  CV,  PP.  Lat.  col.  52. 


ONORIO  I.  SECOINDO  IL  DOLL1NGER  709 

apponendole  il  suggello  della  infallibilila  con  un  decrelo  che  c  dei 
piu  splendid! :  Sancla  igitur  universalis  et  magna  sexta  Synodus , 
egli  scrive,  apostolicam  in  omnibus ,  et  probabilium  patrum  doctri- 
nam  secuta  est:  et  quia  definitionem  rectae  fidei ,  ul  dictum  est , 
plenissime  praedicavit ,  quam  et  aposlolica  Sedes  beati  Pelri  apo- 
sloli  (cuius  licet  impares  ministerio  fungimur  )  veneranter  suscepit, 
idcirco  et  nos  et  per  nostrum  offtcium  haec  veneranda  Sedes  apo- 
stolica  concorditer  et  unanimiter  his,  quae  definita  sunt  ab  ea,  con- 
sentil,  et  beati  Pelri  auctoritate  confirmat,  sicut  supra  solidam  pe- 
tram,  qui  Chrislus  est,  ab  ipso  Domino  adeptis  ftrmitalem.  Propter- 
ea  sicut  suscepimus  atque  firmiler  praedicamus  sancla  quinque 
Concilia  ,  quae  et  omnis  Chrisli  ecclesia  approbat  et  sequitur:  et 
ita  quod  nuper  in  regia  urbe  pio  vestrae  serenitatis  annisu,  celebra- 
tum  est  sanctum  sextum  Concilium,  ut  eorum  pedissequum  et  ea  in- 
terpretans.pari  veneralione  atque  censura  suscipimus  et  hoc  cum  eis 
digne  connumerari,  tamquam  una  et  aequali  Dei  gratia  congrega- 
tum  decernimus  1.  Non  \i  pare  che  questo  slile  porli  Timpronta  del- 
1'uomo  che  e  infallibile  ne'  suoi  giudizii  sopra  il  domma  ?  La  conse- 
guenza  con  che  s'  incomincia ,  la  ragione  deir  accellare  il  definilo  , 
la  conchiusione  del  Decrelo  ne  sono  argomenli  palpabili.  Eccovi  ora 
una  disgiuntiva:  o  dire  di  Onorio  che  non  cadde ,  in  quanto  Papa  , 
nella  eresia  e  che  fu  quindi  condannato  per  colpevole  negligenza ;  op- 
pure  conchiudere  di  Papa  Leone  che  menti  circa  Onorio ,  che  menti 
circa  la  perpetua  purezza  della  fede  romana,  che  esercito  con  sacri- 
lega  empieta  1'uffizio  di  supremo  ed  infallibile  esaminalore  dei  dom- 
mi  definili  da  un  Concilio.  Ma  contro  lanta  scelleralezza  non  solo 
sta  la  santita  della  sua  vita  e  quanlo  si  e  provato  di  sopra  circa  1'in- 
fallibilita  della  Sede  Romana  in  Agatone,  ma  eziandio  V  accoglimen- 
to  fatto  alle  sue  lettere,  la  sotlomissione  senza  motto  al  suo  Decreto 
in  lulta  la  Chiesa ,  e  la  calda  preghiera ,  con  che  il  Sinodo  avea  gia 
domandato  la  conferma  della  propria  defmizione  ,  siccome  perfetta- 
mente  concorde  colla  forma  venuiagli  da  Roma.  Adunque  per  lesti- 

1  Epist.  Leouis  ad  Imper.  loc.  cit.  330,  331. 


710  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

monianza  del  documenti  citali  Gnorio  non  cadde ,  in  quanlo  Papa , 
nella  eresia,  e  fu  condannato  per  altra  colpa. 

II  Dollinger,  sentendosi  costrelto  da  queste  prove,  si  dibalte,  ma 
indarno,  Egli  interpreta  il  permisit  (luap^wO  come  se  espri- 
messe  in  Onorio  piu  che  un  alto  di  positiva  adesione  all'  errore , 
quando  di  per  se  e  per  le  altre  forme  di  favellare  usate  dallo  stesso 
Papa  Leone ,  tal  voce  ci  indica  un  concetto  semplicemente  negativo. 
Egli  tenla  disfarsi  della  chiara  sentenza  negliyendo  confovit,  dicen- 
dola  espressione  rammorbiditiva  del  permisit;  quando  eglieeviden- 
te,  che  se  fosse  vera  la  interpretazione  data  da  lui  a  questo  verbo,  il 
significato  di  negligendo  confovit  si  opporrebbe  a  quello  del  permisit 
Don  allramente  che  il  negalivo  al  posilivo.  Morde  i  Pontefici  Leone 
ed  Agatone ,  come  se  gli  avesse  colti  in  contraddizione  ,  in  quanto 
Agatone  afferma  che  tutli  i  Papi  aveano,  in  ordine  all' errore,  adem- 
pito  il  proprio  dovere,  laddove  Leone  asserisce  che  Onorio  fu  negli- 
gente  1.  Ma  non  si  avvede  che  Agatone  1' afferma  per  rispetto  dell'in- 
dicare  che  essi  aveano  falto  la  retta  fede  a  chi  trasviava ,  e  non  in 
risguardo  dei  mezzi  adoperati  a  spegnere  1'errore  conlrario.  Quanto 
a  quest!  sono  da  lui  annoverati  come  prove  della  sana  dotlrina  ne'  Pa- 
pi,  ma  non  giudicali  nel  loro  valore  pratico.  Diremo  noi  che  Eli  non 
indico  ai  proprii  figliuoli  il  loro  dovere  ?  Maino ;  do  e  contro  la  Sto- 
ria.  Diremo  invece  che  egli  trascuro  i  mezzi  convenient!  ad  impedi- 
re  lo  scandalo  dei  loro  falli,  e  che  per  questo  fu  severamente  punito. 
Tanto  intervenne  nel  caso  di  Onorio  :  egli  soddisfece  al  dovere  di 
predicare  la  rella  fede,  proponendo  nella  sua  lettera  la  vera  dottrina 
del  Concilii;  ma  venne  meno  nell'uso  dei  mezzi  acconci  ad  impe- 
dire  che  scoppiasse  1'incendio  della  eresia.  L'affermare  di  piu  e  con- 
trario  al  fdtto  messoci  in  chiaro  dai  documenti  e  dalle  ragioni  sopra 
arrecale. 

1  Dock  bezeichnete  Leo  das  Vergehen  seines  Vorgiingers  in  dem  Schreiben 
an  die  spanischen  Bisclwfe  und  den  Konig  Erwig  in  gemilderten  Wendungen. 
Honorius  hat  es  hienach  nur  gcschehen  lassen,  dass  die  reine  Lehre  gefalscht 
odcr  befleckt  wurde;  er  ist  nur  nicht  wachsam  oder  vorsichtig  genug  gewesen. 
Damit  widersprach  er  aber  immer  noch  der  Behauptung  Agatho's,  dass  alle 
Papste  bezilglich  der  Irrlehre  ihre  P/licht  erfullt  hatten.  Pag.  138. 


ONOR10  I.  SECOKDO  IL  DOLLING ER  711 

Sapcle  invcce  cbi  e  col  to  in  allre  non  lievi  diFsimulazioni  ed  ine- 
satlezze?  Egli  e  proprio  colui  clie,  con  tan  la  severita  e  senza  il  debilo 
fondamento,  appunla  i  Papi.  II  Dollinger  vi  presenta  la  letlera  di 
Papa  Leone  airimperatore,  quale  semplice  professione  (ein  Bekennt- 
niss),  quando  essa,  conforrae  a  cio  che  si  e"  dimostrato  di  sopra  ,  e 
una  solenne  confermazione  del  Concilio  ,  in  cui  il  Papa  esercita  la 
suprcma  autorita.  di  conoscere  le  definizioni  degli  stessi  Concilii  ed 
appor  loro  il  suggello  della  infallibility  in  forza  del  privilegio  reda- 

10  da  S.  Pietro.  Lo  slesso  Dollinger ,  datovi  come  sincere  il  Libro 
diurno  del  Pontefici  Romani,  \i  dice  ,  che  «  premessa  la  dottrina 
dommatica,  segue  la  condanna  dei  contraddillori :  Sergio,  Pirro, 
Paolo,  Pielro,  tutli  e  quattro  patriarch!  di  Coslantinopoli  insieme  con 
Onorio,  il  quale  ASSENT!  ALLE  LORO  FALSE  DOTTRINE  e  le  fomento  1  ». 
Ma  che?  il  ch.  Dottore  vi  aggiunge  del  suo  quell'  assenli  alle  loro 
false  dotlrine,  cio  che  formerebbe  Onorio  erelico.  Nel  documento  ci- 
tato leggesi  solo:  Una  cum  Honorio,  qui  prams  eorum  assertionibus 
fomentum  impendit.  Quando  nel  calore  della  disputa  sfuggono  sorai- 
glianti  inesattezze  che  mulano  sostanzialmente  la  cosa ,  e  segno  che 
la  causa  e  spallata.  Con  quest'  armi  la  infallibilita  della  Sede  Apo- 
stolica,  a  cui  raira  il  Dollinger,  non  si  abbatle,  ma  si  conferma. 

CONCHIUSIONE. 

Riepiloghiamo.  Due  sono  i  punli  presi  a  discutere  specialraente: 
la  dotlrina  di  Onorio,  e  gli  alti  del  Concilio,  VI  in  cio  che  si  riferis- 
cono  ad  Onorio,  supponendoli  non  locchi  da  veruna  interpolazione. 

11  Dolliuger  danna  di  errore  la  prima,  e  ne'  secondi  legge  esplicita 
la  condanna  di  Onorio.  Ma  come  prova  il  suo  asserto  intorno  la  dot- 
trina? Svisando  il  concetto  delle  leltere  di  Onorio  ed  accagionandole 
falsamente  di  avere  condotto  all'  Etlesi  e  \1nto  in  malignita  il  Tipo ; 

1  Darauf  folgt,  nach  einer  Exposition  der  dyotheletischen  Lehre,  die  Ver. 
dammung  der  Gegner ;  Sergius,  Pyrrhus,  Paulus  und  Petrus ;  die  vier  Palri- 
archen  von  Konstantinopel  werden  zugleich  mil  Honorius ,  welcher  ihren 
falschen  Lehren  zugestimmt  und  sie  befb'rdert  habe  (fomentum  impendit), 
ncbst  Theodor  und  Cyrus  mit  dem  Anathem  belegt.  Pag.  138,  139. 


712  ONORIO  I.  SECONDO  IL  DOLLINGER 

parte  dimezzando,  parte  dissimulando  le  gravi  autorila  in  conlrario; 
Insinuando  parziajita  nel  Concilio  Laterano,  esagerando  stranamenle 
la  teslimonianza  dei  monoleliti ,  rei  convinti  di  menzogna  e  di  gra- 
\issime  falsificazioni.  Coine  argomenta  dagli  atli  sopraddetli?  Sup- 
ponendo  un'  espeliazione  del  tutlo  inverosimile,  facendo  mentilore 
artificioso  Papa  S.  Agalone,  maligni  nel  rispondere  i  Padri  del  Con- 
cilio VI,  confondendo  ed  ampliando  le  sentenze  del  medesimo.  Tan- 
to  si  e  dimostrato  da  noi  mettendo  a  rigido  esame  logico  le  letlere 
di  Onorio,  paragonandole  nella  dottrina  CQ\Y  Ettesi  e  col  Tipo,  rife- 
rendo  per  intero  e  proponendo  nel  loro  valore  le  leslimonianze  dei 
contemporanei  ed  i  concetti  del  sinodo  di  Lalerano  e  dimostrando 
eretici  formali  per  le  loro  opere  e  per  le  loro  scritture  i  prelali 
oriental!  monoleliti.  Discussa  la  lettera  di  S.  Agalone,  egli  \i  com- 
parisce  Pontefice  verace  e  leale ;  ed  aggiunta  al  suo  asserto  L'appro- 
vazione  solenne  dei  Concilii  di  Roma  e  di  Costanlinopoli ,  sorge  un 
triplice  argomento  definitive,  slorico,  dommalico,  critico  in  favore 
dell'ortodossia  di  Onorio.  Di  guisa  die  i  suoi  accusatori,  invece  di 
offender  lui,  intaccano  piutlosto  1'  autorila  infallibile  della  Chiesa. 
La  condanna  del  Sinodo  non  ha  per  motivo  il  domma ,  ma  la  prati- 
ca ,  perche  non  si  appoggia  alia  doltrina  di  Onorio ,  ma  all'  improv- 
vido  consiglio  da  lui  seguito.  Tale  si  e  1'ordine,  tale  il  risultato  della 
noslra  discussione. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMP A   ITALIANA 


I. 


De  Vita  el  Lipsanis  S.  Marci  Evangelistae  ,  Libri  duo  AUGUSTIKI 
MARIAE  MOLINI,  Basilicae  Palriarchalis  Venetae  Canonici  Theo- 
logi.  Edebat  Sanctes  Pieralisi,  Praefectus  bibliolhecae  Barberi- 
nianae  —  Romae,  typis  Collegii  Urbani,  MDCCCLXIV.  Un  vol. 
in  4.°  di  pagg.  XXIV,  411  con  IX  Tavole. 

Di  quest'  Opera  insigne,  appena  ella  fu  pubblicata  e  per  cortesia 
del  ch.  Editore  ci  fu  giunta  aHe  mani ,  noi  ci  affrellammo  di  dare 
1'annunzio  l,  accennandone  in  brevi  parole  la  contenenza  e  il  merilo; 
ma  crediamo  noslro  debito  di  renderne  ai  nostri  leltori  piu  esteso 
ragguaglio  ,  esigendolo  del  pari  e  la  gravita  dell'  argomento  che  ivi 
si  tralta,  e  la  singolar  maestria  ond'  e  Irattato.  Al  nome  del  Molin, 
rimasto  finora  poco  men  che  ignoto  in  Italia  ,  ben  puo  bastare  que- 
sto  volume  ad  assicurare  fama  non  peritura ;  tal  e  la  vastita  della 
dottrina  ivi  raccolta,  e  tale  il  vigor  dell'ingegno  e  1'acume  della  cri- 
tica  che  1'Autore  spiega  neH'illuslrare  un  tema,  non  meno  arduo  per 
le  molteplici  e  gravi  questioni  ond'e  intralcialo,  che  nobile  e  impor- 
taule  per  la  connessione  che  ha  colla  storia  della  Chiesa  e  con  quella 
di  Venezia.  Laonde  doppia  lode  si  vuol  rendere  al  suo  editore,  Til- 
lustre  Bibliotecario  della  Barberiniana ;  prima  per  1'  alto  di  egregia 

1  Vedi  pag.  219  del  presenle  Volume. 


714  R1VISTA 

piela  che  ha  compiulo  verso  1'amico,  ricbiamandolo  quasi  a  seconda 
vita  e  ponendolo  in  quella  luce  che  non  ebbe  mentre  ei  visse ;  e  poi 
pel  dono  insigne  onde  ha  arricchilo  la  repubblica  letteraria  colla  pub- 
blicazione  di  queste  pagine. 

L'  opera  sopra  S.  Marco  fu  dal  Holm  cominciata  e  compiuta  nello 
spazio  di  soli  otto  inesi ,  1'  anno  1819  ;  e  gliene  fu  coramesso  V  in- 
carico  dal  Patriarca  di  Venezia  ,  ch'  era  a  quei  di  Monsignor  Fran- 
cesco Maria  Milesi.  Imperocche,  essendo  nato  in  molti  ragguar- 
devoli  ciltadini  di  Venezia  il  pio  desiderio  di  rinnovare  in  piu  ainpia 
e  nobile  forma  nella  basilica  patriarcale  1'  altare  e  il  monumento , 
ove  conservasi  quel  sacro  tesoro  che  la  citta  da  oltre  a  dieci  secoli 
si  gloria  di  possedere  nel  corpo  di  S.  Marco  Evangelista ;  ed  aven- 
done  eglino  significato,  per  mezzo  del  Molin,  il  loro  desiderio  al  Pa- 
triarca ;  quesli  si  moslro  disposto  a  fare  la  richiesta  traslocazione 
deile  Reliquie ,  ma  a  tal  patto  che  prima  d'  ogni  cosa  si  slendesse 
una  scriUura  ,  in  cui  ritessendo  a  rigor  di  critica  tutta  la  sloria  di 
quelle  Reliquie  dal  martirio  del  sanlo  Evangelista  fino  ai  tempi  no- 
sin,  si  dimostrasse  la  verita  della  Iradizione  Veneta  con  tal  eviden- 
za,  che  non  rimanesse  agli  avversarii  mun  argomenlo  valido  a  porla 
in  dubbio :  consiglio  savissimo  del  Patriarca  ,  il  quale  ,  benche  di 
quella  verita  non  dubilasse  punlo  ,  sapendo  tuttavia  le  gravi  e  lun- 
ghe  controversie  sopra  cio  agitates!  dai  dolti,  e  conoscendo  la  schiz- 
zinosa  e  sofistica  indole  dei  critic!  dell'  eta  nostra  ,  e  specialmenle 
degli  elerodossi,  non  voile  in  un  fatto  di  tanta  importanza  procedere, 
senza  aver  prima  assicurato  ogni  passo  e  sgombrate  colla  luce  della 
scienza  tiule  le  ombre  di  cavilli  o  dubbiezze  che  polessero  nell'aHrui 
mente  lasciare  sinistre  impressioni.  Ora  il  Molin,  siccome  conoscen- 
tissimo  di  tutta  la  questione  ,  non  esito  punto  a  profferirsi  egli  rne- 
desimo  per  tal  opera  al  Patriarca  ;  rispondendogli,  a  se  bastare  1'a- 
nimo  di  melter  la  cosa  in  si  chiara  luce,  che  a  niun  critico  rimanes- 
se piu  motivo  ragionevole  di  dubitarne ;  ne  la  storia  soltanto  delle 
reliquie  di  san  Marco  ,  ma  la  Vita  altresi  e  tulti  gli  atti  del  santo 
Evangelisla,  egli  propose  al  medesimo  tempo  di  descrivere  e  d'illu- 
strare.  Di  che  il  Patriarca  consolatissimo ,  a  lui  commise  senz'altro 
il  grave  ufficio,  ben  sapendo  che  1'affidava  a  ottime  mani :  se  non 
che  non  pote  poi  ii  Milesi  vedere  adempiuta  la  sua  espettazione  e 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  715 

coronaii  i  suoi  disegni ;  essendo  egli  morto  nel  Settembre  di  quel 
medesimo  anno  1819,  mentre  il  Molin  era  nel  meglio  della  sua  falica. 

Tale  fuT  occasione  e  lo  scopo  di  quest'  Opera :  enlriamo  ora  ad 
esporne  il  contenuto.  Ella  e*  divisa  in  due  Libri,  rispondenti  alle  due 
parli  del  titolo  che  porta  in  fronte:  il  primo,  in  21  Capiloli ,  discor- 
re  tutta  la  Vita  di  S.  Marco  fino  al  suo  marlirio  in  Alessandria ;  il 
secondo  in  11  Capitoli  tratta  la  Storia  delie  sue  Reliquie,  Lipsana, 
cominciando  dalla  prima  lor  deposizione  nel  sepolcro  di  Alessandria, 
e  terminando  coH'ultima  invenzione  o  ricognizione ,  fattane  in  Vene- 
zia  nell'anno  1811. 

Chiunque  sia  per  poco  versato  nella  storia  dei  tempi  aposlolici , 
ben  sa  quante  siano  le  difficolta  e  le  quistioni  che  ivi  s'  incontrano 
poco  meno  che  ad  ogni  passo,  e  quanta  la  variela  dei  pareri  che,  af- 
fine  di  risolverle ,  furono  dai  dolti  messi  in  campo :  ne  da  tal  condi- 
zione  va  punto  esente  la  serie  degli  atli  deir  Evangelista  S.  Marco. 
Quindi  non  dee  far  meraviglia  ,  che  neir  intessere  di  quesli  atti  un 
commentario  critico  ,  il  Molin  ad  ogni  capitolo  si  trovi  impigliato  in 
nuove  controversie,  e  che  il  dedurre  sicure  e  limpide  quelle  nolizie, 
a  recitar  le  quali  basterebbero  poche  pagine,  gli  costi  la  fatica  di  un 
lungo  e  continue  armeggiare  per  oltre  a  220  grandi  facciate  del  suo 
volume,  contro  ogni  maniera  di  avversarii.  Noi ,  lasciando  per  ora 
da  parle  il  lato  crilico  e  polemico,  daremo  in  primo  luogo  il  sunto  di 
coleste  notizie,  vale  a  dire  il  compendio  della  dottrina ,  che  inlorno 
alle  geste  di  S.  Marco  viene  dal  Molin  propugnata. 

Oual  fosse,  dic'egli,  la  patria  .di  S.  Marco,  non  puo  dagli  antichi 
scriltori  con  certezza  ricavarsi ;  benche  sia  congellura  assai  proba- 
bile,  che  ei  fosse  oriundo  o  nativo  di  Cirene  nella  Pentapoli  Libica, 
ed  educate  poi  nella  Giudea  e  in  Gerosolima  stessa.  Bensi  e  certo, 
esser  egli  stato  di  nazione  e  di  religione  ebreo;  anzi  da  molti  fu  cre- 
duto  di  stirpe  levitica  e  di  prosapia  sacerdotale.  Siccome  poi  a  quei 
tempi  i  Giudei  dislinguevansi  in  Ebrei  puri  e  in  Ellenisti  ossiano 
Grecizzanti ;  e  assai  piu  verisimile  ch'  egli  appartenesse  ai  primi. 
E  quantunque  il  nome  di  Marco  non  sia  ne  ebraico  ne  caldaico,  ma 
latino ;  do  prova  solo  il  costume  allora  comunissimo  presso  gli  Ebrei 
di  adotlare  nomi  latini  o  greci ,  ora  aggiungendoli  al  nome  ebraico 
nativo ,  ora  questo  trasformando  in  sembianze  greche  o  romane;  e 


716  RIVISTA 

forse  il  nome  di  Marco  non  e  che  una  trasformazione  dell'  ebraico 
Mordochai  ossia  Mardocheo.  parola  barbara  e  mal  sonante  ad  orec- 
chie  latine. 

Marco  V  Evangelista  non  e  da  confondere  con  quel  Giovanni,  co- 
gnominalo  Marco,  di  cui  si  parla  negli  Alii  apostolici  1,  e  con  quel 
Marco  che  e  ricordato  da  S.  Paolo  in  varii  luoghi  delle  sue  Episto- 
le  2 :  sia  che  questi  due  voglian  credersi,  come  c  piu  probabile,  u- 
na  persona  medesima,  o  due  diverse.  Ma  quello  che  viene  da  S.  Pie- 
tro  nominate  nella  prima  sua  Epislola  colla  tenera  appellazione  di  fi- 
glio,  Marcus  filius  meus  3,  e  desso  appunto  lo  scrittore  del  Vange- 
lo.  Egli  e  da  Pielro  chiamato  figlio,  non  gia  per  sangue,  ma  per  fe- 
de,  e  forse  pel  baltesimo  onde  fu  da  Pietro  rigenerato  a  Crislo.  Al- 
cuni  Padri  credettero  che  Marco  fosse  uno  dei  settanladue  discepoli 
di  Crislo  ;  ma  cio  si  oppone  alia  sentenza  del  massimo  numero  dei 
Padri  e  scrittori  ecclesiaslici,  i  quali  non  lo  fanno  altramente  che  di- 
scepolo  di  Pietro.  E  di  Pielro  infatti  fu  uditore  e  compagno  assiduo, 
servendolo  eziandio  nell'ufficio  d'  interprets,  il  quale  consisteva  nel- 
1'esporre  e  spiegare  ai  fedeli  piu  ampiamenle,  a  voce  o  in  iscrilto, 
nella  uiedesima  o  in  altra  lingua ,  la  dollrina  da  Pielro  predicata. 
Ebbe  dagli  antichi  anche  il  titolo  di  Apostolo,  e  con  tal  titolo  e  ono- 
rato  in  quasi  tutte  le  liturgie  oriental! ;  perche  sebbene  ei  non  fosse 
dei  dodici ,  ne  possa  loro  pareggiarsi ,  per  1'  ampiezza  nondimeno 
delta  podesla  che  ebbe  da  Pietro  e  per  lo  zelo  che  adopero  a  fonda- 
re  nobilissime  Chiese,  ben  merilo  di  partecipare  il  nome  apostolico. 

Dalla  voce  e  dal  magistero  di  Pietro  addottrinalo ,  scrisse  Marco 
per  divina  ispirazione  il  Vangelo ;  e  lo  scrisse ,  non  gia  in  Alessan- 
dria o  in  Aquileia,  ma  in  Roma ,  durante  la  dimora  che  ivi  fece  con 
Pielro.  In  qual  anno  ei  lo  scrivesse  non  puo  defmirsi ;  ma  pare  che 
debba  limitarsene  il  tempo  tra  il  lerzo  e  il  quinto  anno  dell'  Impero 
di  Claudio,  cioe  tra  1'  anno  43  e  il  lo  di  Cristo.  Ouanto  alia  lingua 
in  cui  lo  scrisse ,  el  la  non  fu  ne  la  siriaca  ne  la  copla,  come  alcuni 
opinarono,  ne  la  lalina,  come  parve  al  Baronio ;  ma  sibbene  la  gre- 
ca ,  secondo  che  tengono  ,  dopo  S.  Girolamo  e  S.  Agostino ,  qua- 

1  Act.  XII,  12,  25  e  XV,  37. 

2  Ad  Coloss.  IV,  10  ;  ad  Philem.  24;  II  ad  Timoth.  IV,  11. 

3  I.  Petri  V,  13. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  717 

si  tutli  i  moderni.  Ollre  al  Vangelo  chc  porta  il  suo  nome,  alcuni 
atlribuirono  a  S.  Marco  gli  Alii  cli  S.  Barnaba ,  1'  Epistola  agli 
Ebrei ,  la  versione  siriaca  del  Nuovo  Testamenlo ,  e  una  Lilurgia 
parimenle  siriaca ;  ma  falsamenle.  A  lui  bensi  puo  allribuirsi 
in  qualchc  modo  1'Epislola  prima  di  S.  Pietro ;  non  gia  che  Mar- 
co, e  non  Pielro,  ne  sia  1*  aulore,  ma  in  quanto  che,  per  comando  e 
in  nome  di  Pielro  che  gliene  dellava  i  sensi,  Marco  la  compose  e  la 
scrisse.  E  parimente  aS.  Marco  sembra  daallribuire,  almeno  quan- 
to alia  sostanza,  la  Lilurgia  alessandrina ,  ritrovata,  nel  1582,  dal 
Cardinal  Sirleto  in  un  Codice  del  Monaslero  di  S.  Maria  Odigitria 
in  Calabria. 

S.  Marco  esercilo  il  suo  apostolato  per  ben  25  anni ,  parle  in  0- 
rienle,  parte  in  Italia:  e  1'ordine  de'  suoi  alii,  secondo  la  cronologia 
piu  probabile  ,  puo  divisarsi  come  segue.  Nell'  anno  37  dell'  era 
crisliana,  invialo  dagli  Aposloli  a  predicare  1'  Evangelio  agli  Ebrei  e 
ai  Gentili  dell'  Egilto  e  della  Libia ,  i  primi  Ire  anni  occupo  nella 
missione  libica,  convertendo  i  popoli  di  Cirene  e  delle  altre  cilia  del- 
la  Penlapoli ;  indi  venulo  1'anno  40  in  Egitto ,  pose  mano  a  fondare 
la  gran  Chiesa  di  Alessandria  ed  altre  in  tulla  la  regione  egiziana.  Ma 
nell'anno  43  o  44,  movendo  S.  Pielro  alia  volta  di  Roma,  richiamo 
dall'  Egillo  il  suo  dilelto  Marco  e  se  lo  lolse  a  compagno  ed  inter- 
prete,  infino  all'anno  49,  nel  quale  Tlmperatore  Claudio  caccio  da 
Roma  tulli  i  Giudei.  Nei  primi  anni  della  sua  dimora  in  Roma  scris- 
se Marco  ii  Vangelo ;  poi  da  Roma  recossi  alia  missione  di  Aquileia, 
dove  slelle  oltre  a  due  anni ;  indi  tomato  in  Roma  al  fianco  di  Pie- 
tro, fu  da  questo,  dopo  lacacciala  del  49,  inviato  di  nuovo  con  am- 
plissima  polesta  in  Egillo.  Se  pure  non  vuol  dirsi  che  in  Aquileia  el 
si  recasse  solo  nel  49,  dopo  1'  espulsione  da  Roma  ;  e  cola  rimasto 
per  ollre  un  biennio,  raggiungesse  poi  Pielro  o  in  Roma  o  altrove, 
e  da  lui  ricevesse,  nel  53,  1'  ultima  missione  di  Egitto.  Ma  ad  ogni 
modo,  ossia  che  Marco  tornasse  in  Egilto  nell'  anno  50  o  nel  53,  e- 
gli  tenne  da  indi  innanzi  la  Sede  di  Alessandria  infino  all'  anno  62 
di  Cristo,  oltavo  dell'  Impero  di  Nerone,  in  cui  corono  con  glorioso 
marlirio  1'  apostolica  sua  camera.  Secondo  gli  Alii  del  suo  marti- 
rio,  i  Pagani,  che  da  gran  lempo  odiavano  a  morle  1'Apostolo,  nel- 
1'occasione  della  fesla  di  Serapide,  corsero  furibondi  ad  assalirlo  in 


718  KIVISTA 

chiesa ,  mentre  egli  celebrava  i  sacri  misteri ;  e  gittatagli  una  fune 
al  collo,  via  dall'altare  lo  slrascinarono  per  aspre  e  sassose  strade, 
finche  lutto  lacero  di  ferite  e  semi  vivo  1'ebbero  condotto  in  carcere. 
II  di  dopo  rinnovarono  la  medesiina  carnificina,  in  mezzo  alia  quale 
il  santo  Martire  spiro.  II  suo  cadavere  fa  dai  Pagani  giltato  ad  ar- 
dere  sopra  un  rogo ;  ma  levatasi  una  improvvisa  e  violenta  procella, 
spense  le  fiamme  e  disperse  i  carnefici ;  sicche  i  Crisliani  poterono 
raccogliere  pressoche  intatta  la  sacra  spoglia  e  collocarla  in  onore- 
vole  sepoltura. 

Questa  e  la  somma  degli  alti  di  S.  Marco,  quali  vengono  esposti 
dal  Molin,  e  con  amplissimo  corredo  di  doltrina  dimostrati  e  difesi. 
Tutle  le  font!  di  erudizione,  sacra  e  profana,  latina  e  greca  e  orien- 
tale,  che  a  tal  uopo  gli  occorrevano,  sono  da  lui  interrogate:  tutte 
le  opinioni,  prima  di  lui  messein  campo  dai  dotti  sopra  i  punti  con- 
troversi,  sono  discusse  e  giudicate;  e  nel  recare  la  propria  sentenza, 
or  come  certa,  ora  solo  come  probabile,  le  ragioni  onde  1'avvalora, 
sempre  son  tali  che  difficilmente  puo  il  leltore  schermirsi  dal  segui- 
tarla.  Uno  dei  punti  piu  scabrosi  a  traltare,  e  pressoche  impossible 
a  stabilire  con  qualche  certezza  si  e  la  cronotassi  della  vila  del  San- 
to :  or  qui  appunto  meglio  campeggia  il  valore  del  Molin  e  la  dili- 
gente  sua  critica  nel  comporre  le  apparent!  discordanze,  e  nello 
spianare,  quanto  e  possibile,  le  difficolta  cronologiche :  siccomepuo 
yedersi  cola,  dove  ragiona  dell'epoca  in  cui  S.  Marco  scrisse  il  Van- 
gelo  (Cap.  VIII) ,  e  dove  stabilisce  1'  ordine  delle  sue  missioni  apo- 
stoliche  (Cap.  XV),  e  dove  delerminaTanno  del  suo  marlirio(Cap.  XX). 
Dolte  parimente  ed  ingegnose  sono  le  disquisizioni,  con  cui  1'Autore 
qua  e  cola  illustra  varii  punti  secondarii,  col  principale  suo  tema 
connessi:  come  allorquando  si  fa  a  spiegare,  che  cosa  significasse 
nei  tempi  apostolici  il  titolo  e  1'ufficio  d'interprete  (Cap.  IV):  equan- 
do  claH'  esame  dell'  istituzione  dei  Terapeuti  egizii,  descritta  da 
Filone,  deduce  (Cap.  XVIII)  esser  eglino  slati,  non  gia  Ebrei,  ma 
Crisliani  e  primizie  del  monachismo  cristiano ;  e  quindi  trae  nuovo 
argomento  di  gloria  a  S.  Marco,  siccome  primo  padre  di  quei  ceno- 
bili  ed  anacoreli  santissirni  che  poi  illustrarono  di  tante  virtu  le  so- 
litudini  di  Egitto.  Ne  qui  e  da  tacere  1'  arguto  e  nuovo  partito  che 
1'Aulore  trae  (Cap.  VIII,  §.  VII-IX)  dall'Episiola  di  S.  Paolo  ai  Ho- 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  119 

mani,  per  provare  la  venula  di  S.  Pietro  in  Roma  nel  Icrzo  o  quarto 
anno  di  Claudio  Imperatore ;  giacche,  dic'egli,  la  rivcrenza  singolare 
con  cui  S.  Paolo  in  quella  Letlera  tralta  i  Rornani,  e  la  celebrita  che 
attribuisce  fm  d'  allora  alia  fiorenlissima  lor  Chiesa,  appena  puo  in- 
lendersi  altranaente  die  supponendo  foudata  gia  da  parecchi  anni 
qacsta  Chiesa,  e  fondata  non  da  altri  che  dal  Principe  stesso  degli 
Aposloli:  donde  risulta  eziandio  una  splendida  prova  da  aggiungere, 
se  ancor  ne  fosse  bisogno,  alle  tanle  altre  che  dimoslrano  la  venuta 
di  S.  Pietro  in  Roma,  contraslata  da  alcuni  protestanti. 

Ma  degni  specialmente  di  altenzione  sono  i  Capitoli,  ove  la  sloria 
del  santo  Evangelista  viene  a  conlalto  con  Venezia :  e  fra  quesli  lie- 
ne  il  luogo  precipuo  il  Capo  XIV,  in  cui  1'Autore  tralta  la  celebre  e 
disputalissima  queslione,  De  Aquileiensi S .  Marci  Aposlolalu.  Oui  a 
prima  fronte  sembra  che  la  ragione  slia  dal  lato  degli  avversarii,  i 
quali  negano  avere  S.  Marco  predicate  mai  in  Aquileia  e  nella  Ve- 
nezia, e  sostengono  che  lalradizione  dei  Veneli,  i  quali  da  S.  Marco 
ripetono  le  origini  del  loro  cristianesimo,  e  nala  troppo  tardi  e  non 
ha  niun  saldo  fondamento  neU'anlichila.  E  infalti  gli  argomenti  che 
sogliono  recarsene  dai  difensori,  non  cominciano  che  dal  secolo  VII, 
dopoche  Eraclio  Imperalore  ebbe,  nel  629,  invialo  in  dono  ai  Veneli 
la  Caltedra  alessandrina  di  S.  Marco;  donde  nasce  forte  sospelto, 
che  da  tal  dono  appunto  quella  tradizione  abbia  piglialo  origine. 
D'  altra  parte  fa  gran  meraviglia  che  fino  al  secolo  sesto  niuno  dei 
tanti  scrillori  ecclesiaslici,  i  quali  parlaronoe  di  S.  Marco  e  di  Aqui- 
leia, non  Eusebio,  non  Girolamo,  non  lo  stesso  Ruflno  aquileiese, 
che  tradusse  in  latino  ed  accrebbe  di  varie  giuntc  la  sloria  di  Euse- 
bio, abbiano  lascialo  niuna  memoria  dell'  Aposlolato  aquileiese  di 
S.  Marco :  argomenlo  negalivo,  e  vero,  ma  che  nel  caso  presenle 
non  puo  negarsi  essere  di  gran  peso.  Tultavia,  chiunque  si  fara  a 
leggere  e  ponderare  le  ragioni  addoltedal  Molin,  facilmcnle  s'indur- 
ra  ad  acceltare  per  giuslissima  e  savia  la  sua  conclusione :  che  doe 
1'Apostolato  aquileiese  di  S.  Marco,  se  non  puo  affermarsi  con  asso- 
lula  certezza,  e  nondimeno  suflicientemenle  provalo  e  posto  in  sodo> 
falls  oslensus  ac  in  lulo  positus  1 ;  che  esso  fondasi  sopra  argomen- 

1  Pag.  138. 


720  RIVISTA 

li,  se  non  indubilabili,  ahneno  probabilissimi ;  e  che  gli  oppositori 
non  hanno  mai  potato  recare  in  contrario  niun  argomento  decisivo 
ed  evidente  l.  Fra  le  ragioni  del  Molin,  ingegnosa  e  splendida  e  so- 
praltutlo  quella  ch'ei  trae  dalla  testimonianza  di  S.  Gregorio  Nazian- 
zeno  e  di  Procopio  cartofilace,  i  quali  celebrano  1'  apostolato  ilalico 
di  S.  Marco :  imperocche,  faltosi  a  provare  con  ricca  e  squisita  eru- 
dizione  come  costumassero  i  Greci,  specialmente  dopo  la  dhisione 
delle  province  Costanliniana,  di  chiaraare  assolutamenle  Italia  la 
sola  parle  superiore  e  circumpadana  della  nostra  penisola ;  ne  dedu- 
ce un  fortissimo  indizio  a  mostrare  la  verita  dell'  Apostolato  veneto 
di  S.  Marco,  altestata  come  notissima  anche  nel  secolo  IV ;  e  quin- 
di  debilita  in  gran  parte  la  diflicolla  principale  degli  av\7ersarii,  che 
era  posta  nel  silenzio  dei  primi  sei  secoli.  La  medesima  ragione 
Tenne  poi  esposta  e  di  nuovi  argomenti  avvalorata  dal  P.  Gian  Pie- 
tro  Secchi  nel  suo  dotlissimo  libro  sopra  la  Caltedra  di  S.  Marco  2: 
e  non  e  certamenle  di  piccol  valore  I'aulorila  concorde  di  due  cosif- 
fatii  scritlori,  il  Molin  e  il  Secchi,  quando,  all'insaputa  1'un  dell'al- 
tro,  dalle  stesse  fonti  traggono  la  stessa  dimostrazione,  e  giungono 
ambidueallaconclusione  medesima,  avere  cioe  1'Apostolato  aquileie- 
se  di  S.  Marco  fondamento  bastevole  nei  monumenli  storici,  anterio- 
ri  eziandio  al  sesto  secolo. 

Abbiamo  nominate  tesle  la  Caltedra  di  S.  Marco;  quella  cioe,  la 
quale,  trasportata  nel  629  da  Alessandria  e  mandata  dall' Imperato- 
re  E  radio  in  dono  a  Primigenio  Patriarca  di  Grado,  si  conserva  lul- 
lora  in  Venezia,  qual  nobilissima  reliquia,  nel  tesoro  Marciano.  An- 
che di  essa  ampiamente  discorre  il  Molin  nel  Capo  XIX,  e  con  acute 
riflessioni  ne  va  ragionando  1'  origine,  1'  epoca,  1'  uso  a  cui  dovette 
servire,  e  il  come  e  il  perche  chiamar  si  possa  Catledra  di  S.  Mar- 
co, quantunque,  a  parer  suo,  questa  sedia  marmorea  sia  fattura 
del  V  o  VI  secolo,  e  non  che  S.  Marco,  ma  niun  Patriarca  di  Ales- 
sandria mai  \1  sedesse.  Quando  il  Molin  scrivea,  non  si  era  per  an- 
co  scoperla  la  famosa  epigrafe  della  Cattedra ;  quando  poi  fu  scoper- 

1  Pag.  161. 

2  La  Cattedra  alessandrina  di  S.  Marco...  riconosciuta  e  dimostrata  dal 
P.  Giampieiro  Secchi  d.  C.  d.  G.  ecc.  Yenezia^  lipogr.  Naratovich,  1853.  Ye- 
di  pag.  173-177. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  721 

ta,  cioe  ncl  1830,  egli  vivea  lontano  daVenezia,  dove  piu  non  torn6; 
e  1'  epigrafe  non  venne  decifrata,  se  non  dodici  anni  dopo  lui  morto. 
Ma,  benche  il  principio  dell'  epigrafe  dica  chiaramente :  Cathedra 
Marci  1,  noi  crediamo  che  il  Molin  avrebbe,  per  tale  scoperta,  poco 
o  nulla  dovuto  allerare  i  suoi  giudizii  sopra  la  Caltedra;  anzi  quest! 
forse  avrebbero  potulo,  e  possono  ancora,  suggerir  qualche  lume 
per  1'  interprelazione  di  quella  parte  dell'epigrafe  che  e  luttavia  con- 
iroversa.  Ad  ogni  moclo,  se  mai  alcun  dotto  vorra  accingersi  a  ri- 
solvere  il  problema,  che  ancora  non  e  interamenle  sciolto,  della  Cat- 
tedra  marciana  e-  della  sua  epigrafe ;  ei  non  dovii  dispensarsi  per 
fermo  dallo  sludiare  allentamente  queslo  Capitolo  del  Molin ,  e  dal 
tenere  gran  conto  delle  sue  opinioni. 

Oltre  la  Catledra  di  S.  Marco,  possiede  la  Basilica  patriarcale  un 
altro  insigne  e  antichissimo  monumento  nel  cosi  delto  Codice  Mar- 
ciano,  il  quale  conliene  una  parte  del  Yangelo  di  S.  Marco  in  latino, 
e  fu  creduto  per  lungo  tempo  1'autografo  stesso  del  santo  Evangeli- 
sta.  Nel  secolo  XIV  questa  credenza  era  si  universale,  che  1'  Iinpe- 
ratore  Carlo  IV  passando,  nel  1354,  per  Aquileia,  dove  allora  il  Co- 
dice  inlero  serbavasi,  domando  per  singolarissima  grazia  dal  Pa- 
Iriarca  Nicolo,  suo  fratello,  di  staccarne  i  due  ullimi  quaderni;  ed 
avulili,  donolli  come  reliquia  preziosissima  di  S.  Marco  alia  Metro- 
politana  di  Praga,  dove  luttora  si  conservano.  Gli  altri  cinque  qua- 
derni del  Codice  furono,  nel  1420,  trasportali  da  Aquileia  a  Venezia, 
ed  ivi  sempre  cusloditi  con  gelosissima  riverenza.  Ora,  quali  e 
quanle  siano  stale  le  dispute  agilatesi  fra  i  critici  inlorno  a  questo 
Codice;  donde  ei  provenisse  e  a  quali  vicende  soggiacesse;  donde 
abbia  probabilmente  avulo  origine,  e  in  qual  tempo,  la  favolosa  opi- 

1  Oltre  il  Secchi,  cosi  interpreto  i  primi  dieci  caratteri  ebraici  dell'i- 
scrizione  anche  1'Ascoli,  suo  principale  contraddittore ;  laonde  puo  tenersi 
per  sicuro  e  posto  fuor  di  controversia  il  significato  di  questa  prima  ed  es- 
senzial  parte  dell'epigrafe.  Ben  sappiamo  che  il  Prof.  Land  diede  una  tut- 
t'altra  interpretazione  e  vide  nel  principio  dell'  epigrafe  un  Mose  da  Recoa- 
ro;  ma  non  pare  ch'egli  ottenesse  approvazione  dai  dotti,  e  dall'altra  parte 
T opinion  sua  intorno  alia  Cattedra  troppo  ripugna  a  tutti  i  dati  storici  ed 
artistic!  del  monumento  stesso. 
Serie  F,  vol.  XII,  fasc.  354.  46  7  Decemlre  1864. 


722  RIVISTA 

nione  dell'esser  questo  1'autografo  di  S.  Marco ;  tutto  cio  e  spiegato 
dal  Molin  nel  Cap.  XII,  aggiuntavi  in  fine  un'accurala  descrizione  del- 
lo  slato  in  cui  1'Aulore  trovo  il  Codice  nel  Maggio  del  1819,  quando, 
per  autorila  del  Patriarca  Milesi,  esirattolo  dal  Tesoro  della Basilica, 
egli  tolse  a  fame  diligentissimo  esamo.  II  qual  esame  pienamenle 
confermo  e  giustifico  le  opinion!  che  intorno  alia  natura  del  mano- 
scritto  egli  avea  gia,  per  altre  congetture  e  argomentazioni ,  conce- 
pile:  laonde  il  suo  giudizio,  in  parecchie  almeno  delle  controversie 
die  riguardano  il  famoso  Codice,  non  solo  e  da  preferire  a  quello 
d'  altri  Autori  che  ne  sentenziarono  senza  \7ederlo,  ma  puo  aversi  per 
giudizio  perenlorio. 

Finqui  abbiamo  accennato  le  materie  conlenule  nel  Libro  primo, 
e  le  principal!  question!  che,  nel  descrivere  la  Vita  di  S.  Marco,  il 
Molin  ha  dovuto  trattare,  per  1'altenenze  ch'elle  hanno  con  essa  Vita. 
Nel  secondo  Libro,  1'Autore  passa  a  descrivere  col  medesimo  meto- 
do  la  sloria  delle  Reliquie  del  Santo;  inlrecciando  anche  qui  edal- 
ternando  continuamente  la  narrazione  e  la  discussione  critica,  poi- 
che  anche  qui  ad  ogni  passo  egli  inconlra  controversie  da  risol- 
vere,  ed  avversarii  da  confutare. 

E  in  primo  luogo,  egli  stabilisce  nel  Cap.  I,  contro  quei  Prote- 
stant! che  la  negarono,  la  vedta  storica,  aulenticata  da  irrepugna- 
bili  testimonialize,  dell'essereil  corpo  di  S.  Marco  scampalo  alle 
fiamme  in  che  i  suoi  uccisori  volcano  incenerirlo,  e  conservatosi 
fino  al  secolo  IX  nel  sepolcro  di  Alessandria,  nel  luogo  detto  ad 
Angelos  ossia  Angelio,  dove  sempre  fu  onorato  con  divotissimo 
culto  dai  cristiani  di  Oriente.  Indi,  nei  quatlro  Capi  seguenli,  si  fa 
ad  esporre  la  celebratissima  traslazione  del  corpo  di  S.  Marco  da 
Alessandria  a  Venezia,  avvenuta  per  opera  di  alcuni  mercatanti 
Veneti  nei  primi  mesi  dell' anno  829,  ossia  negli  ultimi  dell' 828  se- 
condo lo  stile  Veneto  che  cominciava  1'  anno  dal  25  di  Marzo.  Se 
v'e,  dice  il  Molin,  in  tutta  la  Yeneta  istoria  un  falto  certo  ed  auten- 
iico,  e  di  cui  per  otto  interi  secoli  niuno,  non  pure  nostrano  ma  an- 
che straniero,  abbia  mai  dubitato,  egli  e  cerlamente  qiieslo.  Nondi- 
meno  la  moclerna  critica  eterodossa  non  si  e  peritata  d'  impugnarlo, 
aguzzandovi  contro  i  suoi  cavilli.  E  diciamo  la  critica  eterodossa; 
perche  fra  i  Cattolici  forse  il  solo  Tillemont  parve  dubitarne  seria- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  723 

mcntc,  quantimque  i  suoi  dubbii  riguardassero  piuttosto  la  sincerity 
degli  Atti  della  traslazione,  che  non  il  fatto  della  Iraslazione  mede- 
siraa.  Ma  fra  i  Prolestanti,  parecchi  negarono  ricisamente  gli  uni  e 
1'altra,  spacciando  ogni  cosa  per  favolosa ;  e  vollero  indi  trarre  nuoYO 
argomento  di  derisione  e  di  spregio  contro  il  culto  cattolico  dei  Santi. 
Ora  il  Molin ,  a  togliere  ogni  presa  agli  oppositori ,  dimostra 
in  primo  luogo  la  veritd,  del  falto  della  traslazione  con  tali  e 
tanti  argomenti,  che,  dati  anche  per  apocrifi  o  interpolatl  gli  Atti, 
ella  non  puo  rimaner  soggetta  a  niun  dubbio.  E  infalti,  il  Concorde 
suffragio  di  tanti  storici,  veneti  e  stranieri ,  del  secolo  XI  e  dei  se- 
guenti  che  quel  fatlo  affermano ;  le  insigni  teslimonianze  che  se  ne 
hanno  anche  nel  secolo  IX,  dall'llinerario  del  monaco  Bernardo  nel- 
1'anno  870,  e  dal  Testamento  del  Doge  Giustiniani  Participazio  nel- 
Tanno  829,  doe  nell'anno  stesso  della  Traslazione;  I'autorita  degli 
scrittori  arabi,  slavi  ed  armeni  che  fin  dal  secolo  XI  quel  fatlo  con- 
fermano,  come  cosa  a  lulto  il  mondo  nolissima ;  i  pellegrinaggi  con- 
linui  che  dopo  il  IX  secolo  usarono  di  fare  alia  tomba  di  S.  Marco 
in  Venezia  i  fedeli  d'ogni  parte,  e  fra  questi,  personaggi  eziandio 
di  sommo  grado,  come  Imperatori  e  Papi ;  le  antichissime  pitlure 
che  nella  Basilica  Marciana  quel  solenne  avvenimento  ricordano ;  e 
finalmente  la  Basilica  stessa  con  regia  magnificenza  eretta  dai  Dogi 
al  S.  Evangelista,  e  il  culto  singolarissimo  che,  a  cominciare  ap- 
punto  dal  mezzo  incirca  del  IX  secolo,  sempre  a  lui  professo  la  citt^i 
e  la  Repubblica  di  Venezia,  lui  chiamando  suo  Patrono  e  Signore, 
lui  imprimendo  nelle  monete,  negli  stemmi,  nelle  bandiere  della  Re- 
pubblica, e  da  lui  denominando  la  Repubblica  stessa ;  tutto  cio  forma 
un  tal  complesso  di  prove,  che  dee  soprabbastare  da  se  solo  a  per- 
suadere  ogni  critico  piu  severe,  e  se  ad  alcuno  non  bastasse,  mostre- 
rebbe  che  la  crilica  gli  ha  tolto  il  senso  comune.  Per  tal  modo  posta 
in  saldo  la  veritk  della  celebre  Traslazione,  il  Molin  trae  fuori  gli  Atti 
che  ne  raccontano  minulamente  la  storia ;  risponde  ai  dubbii  mossi 
dal  Tillemont  contro  la  loro  genuinita  ed  antichi& ;  indi  ripubblica 
1'intero  testo  degli  Atti  medesimi,  quale  gia  il  pubblicarono,  da  un 
Codice  Vaticano  del  secolo  XI ,  prima  il  Baronio  e  poi  i  Bollandisti  ; 
e  inline  illuslrandoli  di  copioso  commento,  mette  ad  un  tempo  in 
chiarissimo  rilievo  le  note  intrinseche  di  sincerila  che  essi  portano 


724  RIVISTA 

e  con  cui  moslrano  essere  slati  scritli  da  un  testimonio  coevo,  o  as- 
sai  poco  lontano  dal  tempo  stesso  dell'avvenimento. 

Assicurata  con  cio  da  ogni  parle  ai  Veneti  la  gloria  del  prezioso 
acquisto,  che  essi  fecero  nel  IX  secolo  del  corpo  di  S.  Marco ;  1'Auto- 
re  passa  a  rivendicarne  loro  eziandio  il  costante  possesso,  confutando 
nei  tre  Cap.  VI,  VII,  VIII,  la  favola  degli  Augiensi,  i  quali  narrano, 
il  sacro  corpo  essere  slato  in  quel  medesimo  secolo  furlivamente 
sottralto  da  Venezia  ,  e  trasferilo  al  ceiebre  monastero  di  Augia  la 
ricca,  ossia  di  Reichenau,  sullago  di  Costanza;  ed  ivi  essere  rimasto 
celato  per  alcun  tempo,  ma  poi  manifestatosi,  avere  oltenuto  peren- 
ne  cullo  infino  ai  tempi  nostri.  Egli  e  ben  vero  che  cotes ta  favola , 
nata  nel  secolo  XIII  e  gia  da  molli  derisa,  non   pareva  oggimai 
merilare  1'onore  di  cosi  ampia  e  dolta  confutazione ,  e  1'Autore 
stesso  rimase  lungamente  in  forse  d'  intraprenderla ;  ma  infine  gli 
sembro  non  polerla  trasandare,  senza  venir  meno  aU'ampiezza  dello 
scopo  all'opera  sua  prefisso  ;  ch'era  di  trattare  a  fondo  tulte  le  con- 
troversie  rignardanti  S.  Marco  e  le  sue  reliquie.  Tra  le  quali  contro- 
versie  ancor  questa  occupo  gia  molli  eruditi,  siccome  ora  diede  cam- 
po  al  Molin  di  far  nuova  mostra  del  suo  vasto  sapere  e  della  sua 
crilica  nell'adoperarlo. 

Sbrigatosi  finalmente  dagli  Augiensi,  1'Autore  procede  nei  tre  ul- 
tirni  Capitoli  a  descrivere  e  spiegare  la  inlricata  storia  delle  vicende 
a  cui  ando  soggelto  il  prezioso  deposito  dei  Veneli ,  due  volte  pres- 
sochc  perdulo  e  due  voile  felicemente  ritrovalo.  E  noi  crediamo  di 
far  cosa  grata  ai  noslri  lellori ,  col  riferire  in  breve  ancbe  qui  i  piii 
rilevanti  tratli  di  quel  che  il  Molin  dislesamente  espone  e  dimostra. 
Egli  e  dunque  a  sapere  come  il  sacro  corpo  di  S.  Marco,  pervenuto 
in  possesso  dei  Veneziani,  fu  da  prima  collocalo  sotto  1'ara  massima 
della  Basilica,  che  in  onore  di  lui  il  Doge  Giustiniani  Partieipazip  fin 
dalfanno  medesimo  della  traslazione,  829,  incomicio ,  e  poscia  Gio- 
vanni suo  fratello  e  successore  nel  principato  ,  condusse  a  termine 
con  regia  grandezza.  Ma ,  nella  sedizione  del  976  ,  in  cui  fu  ucciso 
Pietro  Candiano  IV,  essendo  ita  in  fiamme ,  insieme  col  palazzo  du- 
cale,  gran  parle  dell'  atligua  Basilica  ;  questa  fu  dal  Doge  S.  Pietro 
Orseolo  rifabbricata,  e  compiuta  poi  dal  suo  figlio  Pielro  Orseolo  II, 
indi  dal  Doge  Domenico  Contarini,  verso  il  mezzo  del  secolo  XI,  no- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  725 

vamenle  reslaurata  ed  ampliala,  e  condolta  inline  da'  suoi  successo- 
ri ,  Domenico  Silvio  e  Vitale  Faliero ,  alia  presente  forma.  Ora  nel 
corso  di  qucsle  ultime  costruzioni  il  corpo  di  S.  Marco  fu  lollo  di 
sotto  aH'antico  altare ,  e  fmo  a  tanlo  che  non  fosse  compiuta  la  gran 
mole  del  nuovo  allare  ,  fu  dal  Doge  Contarini ,  o  piu  probabilmente 
dal  Silvio,  segretissimaraenle  nascosto  denlro  le  viscere  di  uno 
dei  massicci  pilastri  della  Basilica.  Intanto  avvenne  che  il  Doge  e 
quei  pochissimi  ch'egli  avea  dovulo  mettere  a  parte  del  segrelo  mo- 
rissero,  portando  con  se  il  segreto  nella  tomba;  di  modo  che  per  piu 
anni  rimase  a  tutli  ignolo  il  luogo  ov'era  nascosto  il  sacro  deposilo  ; 
equando,  compiula  gia  di  lulto  punto  la  Basilica,  solloil  Doge  Vitale 
Faliero  nel  1094,  si  voile  celebrarne  la  dedicazione  e  riporre  sotlo  il 
nuovo  altare  maggiore  il  corpo  del  Santo,  queslo,  per  cercare  che  si 
facesse ,  non  fu  poluto  rinvenire.  Incredibile  fu  la  costernazione  dei 
Veneli  a  tai  caso ;  leinendo  eglino  soprattulto  che  quel  tesoro  non 
fosse  stato  loro  secretamente  rapito,  e  portalo  Dio  sa  dove,  lungi  da 
Venezia,  con  perdita  irreparabile.  Disperali  perlanto  di  ogni  umano 
argomento  per  rinvenirlo,  fecero  con  fervidissime  preghiere  ricorso 
a  Dio  ;  ed  ecco  che  il  Santo  medesirao  prodigiosamenle  loro  si  ma- 
nifesto, scompaginalisi  all'  improvviso  i  marmi  e  le  pielre  del  pila- 
stro,  e  fattosi  a  tutti  cospicuo  il  sacro  avello,  che  ivi  enlro  stava  ce- 
lato;  il  quale  con  infinita  festa  ricuperato,  ed  esposto  per  oltre  a  tre 
raesi  alia  pubblica  venerazione,  fu  indi  con  gelosissima  cura  riposlo 
e  chiuso  sotlo  il  grande  altare.  Ouesta  prodigiosa  invenzione,  alte- 
stata  da  tin  inlero  popolo,  venne  poi  solennizzata  in  perpetuo  dai 
Yeneziani ,  sotlo  il  nome  di  Apparizione  di  S.  Marco,  il  di  2o  Giu- 
gno,  nel  quale  era  succeduta. 

Ma,  a  cessareogni  pericolo  in  avvenire  e  ogni  timore  di  rapimenlo, 
il  Doge  Faliero,  nel  collocare  che  fece,  il  di  8  Ottobre  del  1094,  deulro 
il  nuovo  monumento  il  corpo  di  S.  Marco,  uso  tai  segretezza  e  caulela 
che  il  luogo  preciso,  ov'  egli  fu  poslo,  rimanesse  a  tulli  ignolo,  salvo 
che  a  tre  soli,  cioe  al  Doge  stesso,  al  Primicerio  ed  al  Procuratore 
della  Basilica;  e  cio  con  tai  legge,  che  morendo  1'  uno  dei  tre,  i  due 
superslili  rivelassero  al  suo  successore  nella  carica,  sotto  giuramento 
di  streltissima  credenza,  il  segreto,  e  cosi  di  mano  in  mano  se  ne 
perpeluasse  in  quei  soli  tre  la  tradizione.  Questa  legge ,  savia  per 


726  RITISTA 

quei  tempi ,  in  cui  la  divota  avidita  di  furare  I  corpi  santi  rendea 
necessarie  le  piu  squisite  precauzioni  percustodirli,  e  conformissima 
del  resto  allo  spirito  e  ai  costumi  della  Repubblica ,  sempre  amante 
dell'  arcano,  fu  per  alcuni  secoli  esallamente  osservata;  e  se  ne  hanno 
riscontri  sicuri  fino  ai  tempi  di  Francesco  Foseari,  che  fu  Doge  dal 
1423  al  1457.  Ma  da  indi  in  qua  se  ne  perdono  le  tracce ;  anzi  e 
certo  che  negli  ultimi  tempi  della  Repubblica  la  tradizione  di  quei 
segreto  era  gia  interamenle  smarrita  presso  quei  tre  medesimi,  che 
doveano  custodirla.  II  Doge,  il  Primicerio,  niun  Procuratore  non  sa- 
peano  piu  dove  fosse  il  vero  luogo  del  corpo  di  S.  Marco;  e  quantun- 
que  per  1'antica  fama  e  per  mollissimi  altri  indizii  eslrinseci  nessuno 
dubitasse  ch'  ei  non  giacesse  sotto  V  altare  primario  della  Basilica , 
niuno  lultavia  avrebbe  potuto  indicare  a  qual  profondita,  da  qual 
lato,  in  qual  punlo  ei  si  trovasse  di  quei  vaslo  laberinto  ed  ammasso 
di  marmorei  monumenti,  onde  componevasi  ripogeodell'altare.  Per- 
tanto,  essendo  in  sui  principii  del  corrente  secolo  risorlo  nei  Veneti 
un  vivissimo  desiderio  di  rivedere  le  Reliquie  del  loro  gran  Patrono, 
il  Pairiarca  Saverio  Gamboni  nell'anno  1808  pose  mano  a  cercarle  ; 
ma  dopo  varii  tentalivi,  falicosi  eppure  inutili,  egli  lascio  1'  impresa, 
ossia  che  dubitasse  di  non  riuscirvi ,  o  la  tenesse  per  troppo  ardua. 
Ella  nondimeno,  dopo  la  morte  del  Patriarca,  fu  ritentata  nel  Gen- 
naio  del  1811  dai  tre  Curatori  della  Basilica,  ed  ebbe  fmalmente 
il  desiderato  successo  il  di  6  di  Maggio  del  medesimo  anno. 

La  profondita,  a  cui  giaceva  il  sacro  avello,  dirittamente  sotto  1'al- 
tare  maggiore,  e  la  solidissima  difesa  di  massicce  lastre  marmoree, 
che  dal  di  sopra  e  dai  lali,  disposte  in  piu  ordini,  gli  faceano  molte- 
plice  e  quasi  impenetrable  armatura,  siccome  stancarono  per  molti 
giorni  la  pazienza  e  i  ferri  dei  cercatori;  cosi  mostrarono  yie  meglio 
raccorgimento  degli  antichi,  i  quali  per  assicurarsi  il  possesso  per- 
petuo  di  tanto  tesoro,  1'aveano  seppellito  in  luogo  non  solo  sicudssi- 
mo  da  incendii  o  furli,  o  altri  accidenli,  ma  pressoche  inespugnabile. 
L'  avello  era  una  cassa  di  legno  coperta  di  un  gran  drappo  purpureo, 
ma  siffattamente  roso  dal  tempo  che  al  tocco  delle  dita  disfaceasi  co- 
me tela  di  ragno.  Scoperchiata  la  cassa,  apparvero  dentro  le  ossa  di 
un  uomo  pressoche  intiero,  avvolle  in  un  velo  di  seta  di  colore  in- 
carnato,  e  disposte  a  un  dipresso  neH'ordine  naturale :  alcune  piu 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  727 

dure,  come  il  cranio.  le  libie  e  simili,  manleneansi  tuttavia  solide  e 
ferme,  raentre  altre  al  contatto  dell' aria  si  risolsero  quasi  in  polvere 
e  molle  eran  cosi  molli,  che  rileneano,  a  guisa  di  cera,  ogni  piu  leg- 
giera  impressione.  Nel  fondo  della  cassa  furon  trovale  molle  monele 
d'argento,  ma  di  tipi  quasi  al  tutto  logori;  molli  franlumi  di  monete 
di  rame;  un  anello  d'oro;  molli  grani  d'  incenso;  e  due  pissidelle  di 
legno  una  delle  quali  era  piena  di  balsamo  che,  cimentalo  alia  fiamma, 
diede  soavissimo  odore ;  1'allra  conlenea  parecchi  frammenli  di  reli- 
quie  involle  in  seta,  ed  alcune  monele  col  lipo  di  Venezia,  di  Lucca, 
jili  Milano  e  di  un  Enrico  Imperatore.  Fuori  dell'avello  e  a  capo  di 
esso  era  stata  Irovala  un'  altra  nobil  casselta ,  con  enlrovi  una  bella 
croce  di  bronzo  dorato,  ed  una  lamina  di  piombo,  ove  leggevasi  ia- 
cisa  quesla  epigrafe : 

ANN  ICARNE  IHV  XPI  MILL  •  NONAG  QVARTO  DIE  OCTAVO 
ICHOANTE  MENS  OCTVB  •  TPR  VITAL  FALETRI  DVCIS 

ossia :  Anno  (ab)  Incarnation*  lesu  Christi  millesimo  nonagesimo 
quarto,  die  octavo  inchoanle  mense  Octubrio,  tempore  Vitalis  Faletri 
Duds.  Quindi  non  polea  rimanere  dubbio,  questo  essere  appunlo  il 
corpo  del  S.  Evangelisla,  cioe  quel  desso  che,  nel  1094,  era  slalo  dal 
DogeVilale  Faliero,  dopo  la  celebre  Apparizione,  ricomposto  e  sug- 
gellato  denlro  le  piu  secrete  viscere  della  gran  cripta  sottoslante  al- 
1'allare  maggiore  della  Basilicax  Assicuralo  cosi  il  felice  rilrovamenlo, 
le  preziosissime  Reliquie  furono  dall'anlica  ,  gia  Iroppo  logora  per 
1'eta,  Iraslocate  in  una  nuova  area  ed  ivi  con  esse  furono  riposti  lulli 
gli  oggelti  che  con  esse  erano  slati  trovali ;  indi  richiusa  e  suggellata 
1'arca,  fu  novamente  collocata  solto  il  medesirno  allare ;  e  di  ogni  cosa 
furono  slesi  gli  Atli  autenlici,  che  serbansi  nell'Archivio  Palriarcale. 
Con  questa  seconda  invenzione  ossia  ricognizione  delle  Reliquie  di 
S.  Marco,  lermina  il  Molin  la  sua  Opera,  poiche  ivi  compievasi  la 
dimoslrazione  slorica  ch'  egli  aveva  inlrapreso  di  fare.  Intorno  alia 
quale,  ben  potra  accadere  che  i  dolli  non  convengano  coll'Aulore  in 
qualche  punlo  secondario;  maquanto  alia  soslanza  eall'assunlo  prin- 
cipale  del  difendere  a  rigor  di  crilica  le  aulichissime  tradizioni  di 
Venezia  sopra  il  suo  S.  Marco,  a  noi  sembra  che  niuno  possa  con- 
lendergli  il  vanto  d'avere  interamente  vinta,  e,  per  dir  cosi,  termi- 


128  RIVISTA 

nata  la  causa.  Certo  e  che  questa  causa  difficilmente  avrebbe  potato 
trovare  un  avvocato  piu  valente  del  Molin,  sia  che  si  guardi  in  lui 
1'ampiezza  della  erudizione,  o  la  forza  ed  abbondanza  delle  ragioni,  o 
1'acume  e  il  nerbo  della  logica,  ovvero  1'ordine  e  la  lucidezza  dell'  e- 
sposizione,  o  final mente  1'eloquenza  stessa  del  discorso,  sempre  ani- 
mato  e  pieno  di  brio  per  modo  tale  che ,  non  ostante  la  qualila  della 
materia  sovente  arida  e  spinosa,  esso  nodimeno  trasporta  facilmente 
con  se  1'animo  del  lettore  e,  quel  che  non  e  frequente  in  libri  di  tal 
genere,  alia  forza  della  persuasione  congiunge  rattratliva  del  diletto. 

II. 

Novelle  di  TOMMASO  VALLAURI  ,  seconda  edizione  riveduta  dall' Auto- 
re.  Un  volumetlo  in  16.°  di  pagg.  192  —  Firenze,  air  Insegna 
di  S.  Antonino,  1864. 

Ecco  un  leggiadro  voluraetto ,  caro  per  la  forma  piena  di  garbo 
che  gli  ha  saputo  dare  lo  stampatore,  e  piu  caro  per  le  amenita  let- 
terarie  e  morali ,  di  cui  lo  ha  saputo  infiorare  1'esimio  Autor  suo  ; 
il  cui  nome  e  sempre  un  titolo  di  lode,  per  qualunque  siasi  il  libro 
che  lo  porta  nel  fronlispizio.  Certo  si ,  la  fama  di  Tommaso  Vallau- 
ri,  a  durare  chiarissima  fmo  a  tanto  che  nell'  Italia  siano  per  essere 
in  onore  gli  studii  classici,  non  abbisognava  delle  Novelle  raccolte  in 
questo  libriccino ,  che  alcuno  meno  intelligente  di  belle  leltere,  giu- 
clichera  forse  cosa  tenue  e  di  poco  pregio.  Ma  cbiunque  abbia  iior 
di  buon  gusto  in  lelteratura  e  sappia  stimare  i  libri,  non  dalla  quan- 
iila  della  corteccia  ,  ma  dalla  qualila  del  midollo,  fara  giudizio  as- 
sai  differente :  e  si  rallegrera  che  1'aureo  latinista ,  ornamento  della 
University  torinese ,  abbia  dato  questo  saggio  della  perizia  ch'  egli 
ha  nel  maneggiare  anche  la  piu  scelta  lingua  dei  nostri  scrittori  ita- 
liani ;  e  datolo  in  un  modo  che  non  e  senza  qualche  novita ,  nel  ge- 
nere cosi  trito  del  novellare. 

Sino  ad  ora  noi  non  conosciamo  novelliere  di  merito  sopra  il  co- 
mune,  che  abbia  fallo  servire  le  sue  novelle  all'  inlendimento  espres- 
so di  beffare  i  vizii,  e  di  meltere  drammaticamente  in  canzone  cerli 
errori ,  o  censurabili  usanze  del  suo  tempo.  Di  novellieri  descrittori 
di  oscenita,  narratori  di  villani  casi,  espositori  di  laidezze  che  fareb- 


BELLA   STAMPA  ITALIANA  729 

bono  vcrgognare  i  ciacchi,  se  di  vergogna  fosser  capaci,  nc  abbiamo 
una  pur  Iroppo  illustre  raandria;  cominciando  dall'  impurissimo  Cer- 
taldese,  che  padre  s'avrebbe  a  dire  piullosto  del  lurpiloquio  che  del- 
la  novella  italiana,  e  terininando  in  queU'allro  che  da  vero  animale 
parlo,  nel  secolo  scorso,  in  persona  di  animali  finli.  Anche  di  novel- 
lieri  che  rairasscro  a  un  innocuo  dilello,  non  disgiunto  da  profltlevo- 
li  ammaestramenli  di  virtu,  abbiamo  copia  baste  vole;  e  ne  stanno  in 
prova ,  tra  gli  altri ,  il  Gozzi  ed  il  Cesari.  Ma  di  allri  che  abbiano 
adoperata  la  novella  per  satira ,  alteggiandola  a  rappresentare  bur- 
lescamente  di  quelle  scene,  che  i  nostri  infranciosati  chiamerebbero 
«  di  genere  » ,  noi  non  abbiamo  conoscenza ;  o  per  fermo  non  sono  in 
riputazione  di  novellieri  eleganti. 

Or  questo  e  il  inerito  piu  proprio  del  Vallauri ,  nelle  sue  Novelle 
sopra  citate;  merito  che  ci  sembra  degno  d'essere  proposlo  in  esem- 
pio  a  tanti  scrittori  oriesti  e  caltulici,  che  oggidi  si  beccano  il  cervel- 
lo,  per  islrologar  temi  da  intertenerne  con  ulile  gli  spirili  della  pre- 
sentegenerazione,  avida,  quant'  allra  mai,  di  letture  fantasticamente 
amene ,  che  la  dislraggano  dalle  trislizie  troppo  reali  del  tempo  no- 
stro.  E  in  vero  ,  satiric!  nella  sostanza  sono  tutti  e  cinque  gli  argo- 
menti  delle  Novelle  comprese  in  questo  libercoletlo  :  e  lo  nola  con 
aggiuslalezza  il  Canonico  Pier  Antonio  Vallauri,  nella  dedica  che  ne 
fa  a  Pietro  Tenerani,  gloria  della  odierna  scoltura  romana. 

«  Adempio,  dic'egli,  il  mio  desiderio  coll' inlilolarvi  queste  no- 
\elle,  che  mio  fratello  Tommaso  scrisse  per  mordere  alcuni  vizii  del- 
la  nostra  eta,  e  pubblico  gia  alia  spicciolata  col  nome  arcadico  di  Fi- 
larco  Epidaurico.  Egli  crede,  e  non  senza  ragione,  che  la  novella, 
usata  dagli  anlichi  a  solo  diletto  e  passatempo  di  scioperali  letlori , 
possa ,  a'  giorni  nostri ,  sollevarsi  a  piu  nobile  uffizio ,  e  tener  le 
veci  della  satira.  E  di  fatto,  nel  Barbiere  del  Rinchiuso  egli  si  ride 
di  certi  padri,  che,  senza  badare  al  fondamenlo  poslo  dalla  natura, 
si  sforzano  di  mettere  i  loro  figliuoli  per  la  via  degli  sludii,  con  gra- 
\issimo  danno  della  scienza  e  della  sociela.  Nel  Mago  della  Garze- 
gna  biasima  lo  spirito  di  consorteria ,  per  cui  certe  sociela  lellera- 
rie  diventano  ingiusle  col  vero  merito ,  che  non  sa  piegarsi  alia  pia- 
cenleria.  /  sinonimi  di  un  Melodisla  ci  oflrono  una  viva  dipinlura 
dell'arrogante  inettiludine  di  laluni,  ai  quali  il  raggiro  e  la  serviliti 


730  RIVISTA  DELL  A  STAMPA  ITALIANA 

posero  in  mano  il  freno  del  pubblico  insegnamento.  L*  Epigrafista 
di  Monreale  ci  rappresenla  la  ridicola  Manila,  personificata  in  un 
letteralo  dozzinale.  Final mente  nella  Bengodi  del  Calandrini  vedia- 
mo  fin  dove  giunga  1'audacia  deinovatori,  che  si  propongono  di 
volgere  a  loro  utile  la  credulita  del  Yolgo  ignorante.  » 

Noi  ci  contenteremo  di  avere  additato,  come  fonle  di  variela,  que- 
sto  nuovo  indirizzamenlo,  che  il  chiaro  Professore  subalpino  ha  ino- 
strato  potersi  dare  alia  novella  contemporanea ;  e  non  ci  dilunghere- 
mo  a  rendere  ragione  doll'arte  con  cai  egli  ha  condotli  questi  suoi 
componimenti,  e  del  colorito  con  cui  si  e  ingegnato  di  abbellirli.  Ba- 
slera  dire ,  che  il  tipo  da  lui  riprodolto  e  il  classico,  cioe  quello  che 
corrisponde  alia  miglior  forma  voluta  dalla  natura  ed  espressa  dai 
piu  solenni  maestri  nell'  opera  del  novellare :  che  il  frizzo  vi  e  pun- 
genie,  ma  temperato  e  non  mai  biasimevole ,  o  per  eccesso  di  mali- 
gnita,  o  per  trivialita  di  elocuzione :  che  la  lingua  Yi  e  corretta,  sem- 
pre  di  buon  sapore,  e  qual  puo  usarla  un  uomo  nuclrito  nella  lezione 
degli  scritlori  purgatissimi  del  due  oltimi  secoli  della  favella. 

Ben  e  vero  che  i  difelli  da  lui  tolti  a  sferzare,  essendo  per  lo  piu 
di  materia  strettamente  educaliva  ed  insegnaliva,  non  si  porgono 
a  quel  brio  e  a  quella  vispezza,  a  cui  sarebbe  meglio  disposta  qualche 
allra  materia;  ed  insieme  e  verissimo  che  1'Aulore  non  fa  scialo  di 
modi  vivi  del  corrente  volgare  toscano  ,  e  invece  si  alliene  alle  di- 
zioni  piu  provate  della  lingua  scritta.  Ma  non  pensiamo  che  queste, 
a  senno  del  discreli  leltori,  possano  aversi  in  conto  d'  imperfezioni : 
massimamente  se  si  consider],  che  1'Autore,  nel  tratlare  le  sue  Novel- 
le,  ha  voluto  scegliere  malerie  conform!  alia  condizione  sua,  che  e  di 
maestro  consumato  nell'  esercizio  dell'  educare  la  gioventu  alle  bel- 
lezze  lelterarie;  ed  ha  voluto  presentarle  dettale  in  quella  lingua  no- 
bilmente  italiana,  che  si  puo  iniparare  ad  eccellenza  sui  libri  anche 
in  Torino,  lasciando  ai  Toscani  le  grazie  e  i  fiori  di  una  parlata,  la 
quale  e  piu  facile  mai  menaro  che  ben  usare  da  chi  nalo  non  e  in 
riva  all'Arno.  Concluderemo  quindi,  non  gia  rallegrandoci  coli'egre- 
gio  Professore  Vallauri,  che  non  ha  mestieri  de'  noslri  rallegramenti, 
ma  esortando  gli  amatori  del  bello  in  letteralura  e  del  buono  in  mo- 
rale, che  ricorrano  a  questo  gentilissimo  volumelto,  se  accada  loro 
di  dover  offerire  una  godevole  strenna  a  qualche  giovane  studioso. 


ARCHEOLOGIA 


1.  Una  statua  colossale  di  Ercole,  ritrovata  fra  le  rovine  dell'antico  teatro  di 
Pompeo  —  2.  Alcune  switte  murali  in  Porapei,  con  allusion!  a  Cristiani  — 
3.  V  antico  aquedotto  di  Alatri. 

Un  altro  meraviglioso  monumento  dell'antica  Roma  si  e  venuto  ad  ag- 
giugnere  ai  mCltissimi,  di  cui  sono  ricchi  i  nostri  Musei ;  e  questo  e  una 
statua  in  bronzo  e  colossale  di  Ercole,  disotterrata  ultimamente  in  quel 
sito,  nel  quale  un  tempo  fu  il  teatro  di  Pompeo.  La  diciamo,  senza  alcuna 
esitazione,  di  Ercole ;  perocche  sebbene  in  sul  principip ,  specialmente 
qaando  ancora  non  era  stata  interamenle  diseppellita ,  fosse  corsa  qual- 
che  opinione,  che  la  voleva  rappresentanza  di  altro  personaggio;  al  pre- 
sente  pero  gliarcheologi  generalmente  si  convengono  nel  defiuirla  di  quel 
dio.  Fu  ritrovata  per  occasione  di  certi  scavi,  che  il  cavaliere  Righetti 
ordino  nel  cortile  del  suo  palagio,  per  1'  uopo  di  mettere  i  fondamenti  di 
una  nuova  fabbrica,  che  intendeva  innalzare.  Questo  palagio  e  compreso 
appunto  nel  circuito,  che  abbracciava  il  gran  teatro  di  Pompeo,  una  del- 
le  maggiori  meraviglie  di  Roma  pagana;  i  cui  confini  sono  fissati  dai  mo- 
derni  topografi  tra  la  piazza  del  Riscione,  in  cui  si  trova  il  detto  palagio, 
la  chiesa  di  S.  Andrea  della  Valle,  e  la  strada  volgarmente  denominata 
d&Chiavari.  Sicche  non  sembra  da  dubitare,  che  la  statua  non  fosse  de- 
stinata  a  dover  essere  un  ornamento  del  teatro.  Ma  prima  che  essa  uscis- 
se  alia  luce,  di  altre  antiche  cose  si  eran  trovati  vestigi  in  quegli  scava- 
menti ;  come  a  dire  un  vecchio  muro  di  grandi  lastre  di  peperino,  diret- 
to  da  Oriente  verso  Occidente  e  fiancheggiato  dalla  banda  sinistra  di 
mezze  colonne,  due  delle  quali  furono  disotterate;  spranghe  di  ferro  in- 
fisse  nel  muro  e  nelle  dette  colonne ;  una  via  selciata  e  due  basi  quadra- 
te di  travertine,  in  quella  parte  di  suolo,  che  rimase  scoperto  innanzi  alle 
colonne ;  finalmente  varii  frantumi  di  pietrasanta  e  di  allri  marmi  prezio- 
si.  Per  cio  che  si  puo  giudicare  da' topografi  doveano  queste  essere  le 
soslruzioni  del  tempio  di  Yenere  vincitrice,  che  era  congiunlo  al  teatro  di 
Pompeo. 

La  statua,  di  cui  parliamo,  apparve  a  pochi  palmi  di  dislanza  dal  muro 
teste  mentovato,  d'alla  parte  di  borea.  Eracollocata  in  una  fossa  profonda, 
in  cui  pare  che  fosse  stata  a  bello  studio  nascosta,  perche  fu  rinvenuta 
circondata  di  lastre  di  pietra,  disposte  a  guisa  di  capanna,  e  di  fuori  cinta 
di  un  muro.  Essa,  come  abbiamo  gia  detto,  e  di  bronzo,  con  greve  dora- 
tura,  ed  alia  m.  3,  83.  Udiamone  la  descrizione  del  sig.  Kohler,  com'  & 
riportata  dal  Rullettino  di  Corrispondenza  archeologica  ^  che  ci  sembra 

\  Bull  di  Corritp.  Arch.  Ottobre  H864. 


732  ARCHEOLOGIA 

la  piu  precisa  ed  accurata  di  quante  ne  abbiamo  lette  sinora:  «  Rappre- 
senta  Ercole  giovane,  che  tenne  nella  destra  la  clava,  dellaquale  si  sono 
trovati  diversi  pezzi,  e  nella  sinistra  i  pomi  delle  Esperidi,  che  adesso 
mancano;  la  pelle  del  leone  fu  trovata  riposta  sotto  il  dorso  della  slatua, 
ma  il  suo  posto  originario  era  sul  braccio  sinistro,  donde  pendeva  fiao 
poco  oltre  il  ginocchio.  II  peso  della  figura  rjposa  sul  fianco  destro,  di 
modo  che  le  parti  superiori  del  corpo  appaiono  facilmente  inchinate  ver- 
so  il  lato  sinistro;  anche  la  testa  e  rivolta  a  sinistra  e  lo  sguardo  segue 
la  direzione  del  braccio  sinistro.  La  faccia  mostra  il  tipo  greco;  i  corti 
capelli,  circondati  da  una  tenia,  si  alzano  ritti  intorno  alia  bassa  fronte; 
sotto  le  tempia  si  scorgono  le  tracce  della  barba  germogliante;  la  bocca 
e  semiaperta.  11  braccio  destro  pende  lungo  il  corpo,  al  quale  e  congiun- 
to  per  mezzo  di  un  puntello ;  cio  non  ostante,  secondo  1'  attitudine  della 
mano,  la  clava  non  puo  avere  toccato  il  suolo,  ma  sembra  essere  sospesa 
in  aria. ..In  generale  le  forme  quantunquerobuste,  mi  sembrano  piusnel* 
le  di  quelle  che  siamo  avvezzi  a  vedere  nelle  statue  di  Ercole.  II  lavoro 
si  mostra  in  tutte  le  parti  condotto  a  tine...  Fra  le  diverse  statue  di  Er- 
cole, che  presentano  lo  stesso  tipo,  niuna  si  avvicina  tanto  in  tutlal'atti- 
tudine  alia  nostra,  quanto  quella  di  Firenze  riportata  dal  Gori  * ;  mentre 
la  statua  in  bronzo  del  Museo  capitolino  se  ne  scosta  alquanto  per  la 
grossczza  del  lavoro,  «e  per  la  ricercatezza  de'movimenti.  » 

2.  E  gran  tempo  che  si  domanda  agli  archeologi,  se  in  Pompei  fosse- 
ro  Cristiani.  Imperciocche  pare  moralmente  impossibile,  che  in  una  cit- 
ta  si  frequente  di  popolo,  e  dov'  era  tanto  concorso  di  forestieri,  non  si 
fosse  aperto  un  adito  la  Fede,  la  quale  tuttavia,  presso  a  quel  tempo  del 
suo  seppellimento  sotto  le  ceneri  del  Vesuvio,  era  piu  che  poco  conosciu- 
ta  e  professata  nelle  vicine  contrade.  Ma  per  quanto  quesl'argomen- 
to  apparisse  probabile  a  priori ,  non  avea  pero  avuto  nessun  rincalzo 
di  fatto  per  qualche  segno  cristiano  o  allusione  al  Cristianesimo,  che  si 
fosser  chiariti  negli  scavi  di  tanta  parte  di  citta,  quanta  sinora  era  stata 
disotterrata.  Quella  stessa  lucerna,  discoperta  alquanti  anni  indietro  col- 
la  impronta  della  croce,  fu  dimostrata  dal  Garrucci  2  del  secolo  quarto 
o  del  quinto,  come  cioe  appartenuta  ad  alcuno  degli  antichi  scavatori,  i 
quali  per  varii  oggetti  ritrovati  ed  altri  indizii  sicuri,  si  e  conosciuto  che 
appunto  di  que'  tempi  ricercarono  il  suolo  di  Pompei.  Tuttavia  il  me- 
desimo  chiaro  archeologo  avea  notato  nelle  iscrizioni  parietarie  pompe- 
iane  qualche  ricordo  di  Ebrei.  Donde  argomentava,  che  siccome  la  pre- 
dicazione  del  Vangelo  soleva  cominciare  nelle  sinagoghe,  cosi  era  del 
tutto  credibile  che  anche  cola  fosse  stata  bandita  la  buona  Novella ,  e  yi 
avesse  trovato,  come  per  tutto  altrove,  chi  fedelmente  1'accogliesse:  forse 
non  tarderebbe  ,  progredendo  gli  scavi,  di  venire  alia  luce  qualche  indi- 


\  Mus.  Flor.  Ill,  tab.   67. 

2  Bullett.  Arch,  nap.,  2  Serie,  torn.  II,  pag.  8  ;  Quistioni  pompeiane,  pag.  68, 


ARCHEOLOGIA  733 

zio  piu  certo.  E  questo  indizio  pare  che  veramente  si  fosse  manifestato, 
due  anni  indietro,  in  una  iscrizione  tracciata  col  carbone  sopra  un  muro , 
la  quale  pubblico  il  Kiessling  nel  Bullettino  di  Corrispondenza  archeo- 
logica  a.  Ma  molto  dubbia  appariva  la  lezione;  piu  dubbia  ancora  1'  in- 
terpretazione;  sicche  poco  conto  per  allora  ne  fecero  gli  archeologi, 
aspettando  piu  opportuni  schiarimenti.  II  ch.  de  Rossi ,  essendo  dovuto 
in  questi  ultimi  tempi  recarsi  in  Napoli ,  voile  riconoscer  da  se  la  iscri- 
zione, se  gli  avvenisse  di  ricavarne  migliore  costrutto  di  quello  del 
Kiessling.  Ma  le  tracce  delle  lettere  erano  in  gran  parte  svanite  per 
1'azione  dell' aria,  sicche  non  offerivano  sicuro  fondamento  a  nuovi 
studii.  Nondimeno  gl'  illustri  archeologi  napoletani ,  sig.  Minervini  e 
sig.  Fiorelli,  avevano  tratta  copia,  ciascuno  da  se,  di  quella  epigrafe, 
appena  fu  osservata.  Pero  il  de  Rossi,  comparando  insieme  la  lezione  del 
Minervini,  e  que'  vestigi  di  leltere  che  pur  rimanevano  discernibili  sul 
muro,  fra  le  molte  incertezze  che  lasciano  tuttavia,  crede  che  almeno 
questo  se  ne  possa  dedurre  come  certo,  che  in  quella  scrittura  si  fa  men- 
zione  di  Cristiani  che  esistevano  in  Pompei.  Di  fatto  le  parole,  le  quali, 
per  giudizio  di  tutti  e  tre  i  soprallodati  archeologi  non  ammettono  dub- 
bio,  son  je  seguenti :  AUDI  CORISTIANOS.  Ma  qual  proposito  ebbe  mai  quel 
chiunque  che  le  scrisse?  Le  altre  lettere  che  seguitano ,  beiiche  per  la  lo- 
ro  ambiguita  non  si  porgono  ad  un  senso  determinate,  lasciano  pero  a- 
gevolmenle  intendere  cheesse  racchiudono  un  insulto  contro  i  Cristiani. 

La  quale  congettura  e  non  poco  avvalorata  da  due  senlenze  che  si  leg- 
gono  in  due  altre  iscrizioni ,  tracciate  immediatamente  appresso  a  quella 
prinia ,  con  poco  intervallo  dell'una  dall'altra.  La  prima  dice :  MENDAX  VE- 
RACIUBIQUE  SALUTEM.  La  scconda :  MENDAX  vERAci  SALUTE^!.  La  menzionc 
dei  Cristiani ,  fatta  nella  prima  iscrizione,  naturalmente  induce  a  credere, 
che  il  Verax  delle  seguenti  si  debba  riferire  a  chi  professasse  quella  san- 
tissima  legge.  Imperocche  questa  e  la  lode,  che  meritamente  si  attribui- 
vano  i  Cristiani,  di  aver  essi  il  possesso  della  divina  verita,  e  d'inse- 
gnarla  volentieri  ai  pagani ,  involti  nelle  tenebre  dell'errore  e  della  mor- 
te.  E  questo  concetto  risalta  piu  per  la  opposizione  del  Mendax:  ma,  co- 
rn' e  chiaro,  in  senso  ironico  da  parte  del  pagano  che  scriveva  ;  il  quale 
avendo  gia  fatta  quella  esortazione  buffonesca  ad  ascoltare  la  dottrina 
de' Cristiani ;  si,  dice:  quella  dottrina  e  tiore  di  verila;  ed  abbia  un  sa- 
luto  da  noi  altri  menzogneri  il  yerace  maestro  che  la  insegna. 

Di  che  si  rende  probabile  l'altra  congetlura  del  de  Rossi,  che  quel 
luogo  fosse  in  altro  tempo  servito  alle  radunanze  de'  Cristiani.  Perocchfc 
nella  medesima  stanza  egli  vide  un'altra  epigrafe  che  dice :  MULUS  nic  MU- 
SCIILAS  DOCUIT,  mulus  hie  muscellas  (c\QQmusculas)docuit.[\  quale  motto, 
sebbene  non  ci  renda  un  concetto  determinato,  nondimeno  puo  aver  la- 
ce dagli  altri  esaminati  teste ,  quanto  a  giudicarlo  allusivo  ai  Cristiani. 

4  Bull,  di  Corri$p.  Arch.  4862,  p.  92. 


734  ARCHEOLOGIA 

In  questa  ipotesi  sarebbe  chiaro  che  qui  si  accenna  ad  un  convegno  ,  a 
cui  presedeva  un  sacerdote,  contro  cui  il  pagano  lancerebbe  I'ingiuria 
usata  ripetersi  contro  i  dottori  cristiani ,  che  essi  colle  loro  superstizioni 
traevano  in  inganno  il  voigo  delle  femminette.  Questa  supposizione  puo 
ay  ere  un'altra  conferma  da  un  yerso,  probabilmente  satirico,  a  giudizio 
del  sullodato  5e  Rossi,  che  e  segnato  in  lettere  dipinte  nella  parete  ester- 
na,  lungo  la  via  pubblica,  e  dice  cosi:  OTIOSIS  LOCUS  me  NON  EST  DISCEDE 
VIATOR. 

Se  questo  e  yero  converrebbe  tenere ,  che  ne'  primi  tempi  di  qualche 
liberta  pe'  Cristiani,  alcun  uorao  apostolico  in  questo  luogo  ayesse  aper- 
ta  come  una  scuola  di  religione  cristiana ,  in  quella  guisa  che  dagli  Atti 
degli  Apostoli  sappiamo  avere  fatto  in  Roma  1'Apostolo  Paolo,  predican- 
do ,  nella  casa  da  lui  presa  in  affitto ,  la  parola  di  Dio,  cum  omni  fiducia 
(come  dice  il  sacro  testo  1)  sine  prohibitions.  Surta  pero  la  persecuzione 
di  Nerone,  ne  sarebbero  stati  scacciati ;  libero  ai  pagani  d'  insultare  alia 
loro  memoria  con  quegl'  imbratti. 

Ma  queste  non  sono  altro  che  ipotesi ;  le  quali  tuttavia  ogni  equo  esti- 
matore  dovra  reputare  non  isfornite  di  buon  fondamento.  Se  non  che  il 
punto  principale,  che  cioe  in  Pompei  si  sia  rinvenuta  una  chiara  menzio- 
ne  de'  Cristiani,  a  buon  diritto  conchiude  il  de  Rossi,  doversi  giudicare 
assodato. 

3.  Gli  studii,  che  il  ch.  P.  Angelo  Secchi  d.  C.  d.  G.  e  stato  incaricato 
di  fare  sul  territorio  di  Alatri,  per  1'uopo  di  una  condotta  di  acqua  da 
prowederne  quella  citta,  gli  hanno  fruttate  insigni  scoperte  archeologi- 
che,  le  quali  egli  assai  dottamente  ha  esposte  con  una  sua  scrittura, 
pubblicata  nel  Giornale  di  Roma  de'29  del  passato  Ottobre,  e  noi  ci  stu- 
dieremo  di  raccogliere  in  breve. 

La  citta  di  Alatri  e  posta  sopra  un'  alta  montagna,  separata  da  monti 
circostanti  per  valli  profonde  che  la  circondano ;  sulla  men  bassa  delle 
quali  si  eleva  di  120  metri.  La  sorgente  poi  piu  vicina  dell'  acqua  e  dis- 
tante  dalla  rocca,  a  cui  si  vorrebbe  condurre,  di  12  in  13  chilometri, 
ossia  di  8  in  9  miglia. 

II  metodo  delle  condotte  forzate  e  il  solo  che  possa  impromettere  il 
certo  riuscimento  dell'  opera.  E  perocche  ad  effettuarlo  sono  richieste 
ingenti  spese ,  oltre  alle  somme  gia  erogate  dal  Ministro  del  Commercio 
e  de'Lavori  pubblici,  oltre  a  quelle  altre  che  e  pronto  a  sommiuistrare  il 
Comune,  la  Santita  di  Nostro  Signore  Pio  IX,  fin  dal  tempo  della  sua  yi- 
sita  a  quella  citta,  destino  una  somma  di  venti  mila  scudi  del  suo  priva- 
to  peculio,  da  impiegarsi  per  quell'opera.  Sicche  e  da  sperare  che  quanto 
prima  quella  nobil  citta  debba  essere  con  abbondanza  provveduta  di  otti- 
Ena  acqua,  e  veiiir  decorata  di  cosi  grandioso  monumento. 

Ma  se  co'nostri  progress!  non  si  puo  dubitare  del  buon  esito  del  lavoro, 
ben  fara  meraviglia  che  quelle  medesime  difficolta  furono  superate  feli- 

4  Act.  Apost.  XXVIII,  50,  54. 


ARCHEOLOGIV  735 

cissimamente  dagli  antichi.  Perocche  YI  ha  memoria,  per  costante  tradi- 
zione,  che  in  antico  la  citta  di  Alatri  ebbe  copia  di  saluberrime  acque,  fat- 
te  giugner  colassii  per  mezzo  di  acquedotti ;  e  ne  facevano  testimonianza 
i  molti  tubi  di  piombo  e  di  terra  cotta,  i  quali  di  tempo  in  tempo  e  spar- 
samente  eran  trovati  negli  scavi  della  terra.  Ma  una,  piu  luculenta  pruo- 
ya  del  fatto  ci  e  porta  da  una  lamina  in  bronzo ,  che  e  un  prodigio  che 
siasi  conservata  nella  totale  distruzione  de'  monument!  di  Alatri ;  la  qua- 
le,  a  giudicare  dalla  ortografia,  risale  ai  tempi  della  republica  romana, 
140  anni  od  un  bel  circa  innanzi  1'  era  Yolgare.  Eccola ,  com'e  prodotta 
dal  P.  Secchi,  colla  stessa  antica  ortografia  : 

L  .  BETILIENVS  .  L  .  F  .  YAARYS 

HAEC  .  QVAE  .  INFERA  .  SCRIPTA 

SONT  .  DE  .  SENATV  .  SENTENTIA 

FACIENDA  .  COIRAYIT  .  SEMITAS 

IN  .  OPPIDO  .  OMNIS  .  PORTICVM  .  QVA 

IN  .  ARCEM  .  E1TVR  .  CAMPVM  .  YBEI 

LYDYNT  .  HOROLOGIVM  .  MACELYM 

BASILIC  AM  .  CALECANDAM  .  SEEDES 

LACVM  .  BALINEARIVM  .  LACYM  .  AD 

PORTAM  .  AQVAM  .  IN  OPIDVM  .  ADQVE 

ARDYOM  .  PEDES  .  CCCXL  .  FORNICESQ 

FECIT  .  FISTVLAS  .  SOLEDAS  .  FECIT 

OB  .  HASCE  .  RES  .  CENSOREM  .  FECERE  .  BIS 

SENATYS  .  FILIO  .  STIPENDIA  .  MERETA 

ESE  .  IOYSIT  .  POPYLYSQYE  .  STATYAM 

DONAYIT  .  CENSORING 

Tra  i  benefizii ,  di  cui  qui  e  fatto  merito  a  L.  Betilieno  Varo ,  Yien  ri- 
cordata  la  condotta  dell'  acqua,  che  fe  salire  insino  alia  citta,  merce  le 
opere  di  arcuazioni  e  solidi  tubi,  che  la  dirigessero  ed  inlrenassero. 

Gia  in  altri  tempi  erano  stati  trovati  alcuui  tubi  di  bronzo;  e  furon  ere- 
duti,  ma  falsamente,  di  questo  antico  acquedotto.  Colla  speranza  di 
trovarnc  de'simili,  o  checche  altro,  una  delle  prime  cose,  che  si  penso 
fu  di  scavare  il  terreno ,  nel  quale  eraqo  apparsi  i  detti  tubi.  Nessun  al- 
tro tubo  vi  si  riuvenne :  invece  apparve  un  frammento  come  di  cunicolo , 
fatto  per  contenere  i  tubi  di  condotta,  il  quale  6  alto  m.  1,  70,  e  largo 
0,50;  si  distende  poi  per  la  lunghezza  di  circa  4  metri,  essendo  stato  di- 
strutto  il  rimanente,  per  averne  le  pietre. 

Questo  luogo,  giual  piede  dell'acropoli,  e  il  punto  piu  alto,  a  cui  an- 
ticamente  dovea  giuguere  Tacqua.  Di  cio  fanno  fede  i  tubi  e  i  serbaloi, 
abbondaiiti  sotto  questo  livello  e  nulli  di  sopra;  e  lo  indica  bastevolmen- 
te  la  stessa  iscrizione,  nella  quale,  mcntre  sono  dislinli  oppidum,  arx , 
archium  ,  non  e  pero  detto  che  1' acqua  fosse  condolta  in  arccm,  ma  si  in 
arduum. 


736  ARCHEOLOGIA 

II  P.  Secchi  esamina  diligentemente  gli  avanzi  dell'  acquedotto  fuorl 
della  citta;  ne  dale  varie  dimension!,  e  determina  il  panto,  da  cui  co- 
minciavano  a  misurarsi  i  340  piedi  romani  della  elevazioiie  dell'  acqua, 
procurata  da  Betilieno.  Esso  e  nel  luogo,  che  ora  e  detto  Fosse  del  Pur- 
puro ,  presso  la  via  che  conduce  a  Guarcino,  laddove  ancora  sussistono 
i  rimasugli  dello  speco  dell'acquedotto.  In  effetto  la  distanza  di  questo 
speco  dal  piano  dell'  acropoli,  secondo  esatta  livellazione,  e  di  120  me- 
tri :  da'  quali  se  sono  detratti  i  20  raetri,  che  e  la  distanza  di  quel  pun- 
to  ,  a  cui  T  acqua  giugneva ,  dal  piano  dell'  acropoli ,  si  ha  il  residuo  di 
100  metri ,  che  corrispondono  per  appunto  a  340  piedi  romani,  indicati 
dalla  iscrizione. 

Seguitando  la  via  delle  antiche  rovine,  potuta  a  gran  falica  determi- 
nare,  si  perviene  a  quel  trivio,  che  disgiunge  la  via  di  Collepardo  e  di 
Yico.  Qui  ricompariscono  le  hasi  di  una  lunga  arcuazione,  la  quale,  a 
giudizio  del  P.  Secchi,  dovea  tenere  un  corso,  il  merio,  di  metri  500. 
Or  se  a  questa  arcuazione  si  da,  com'  e  dovere,  1'altezza  di  quell'  altra, 
ne  proviene,  per  le  misure  dedotte,  che  quivi  lo  speco  dell' acquedotto 
si  ritrova  ad  un  livello  colla  rocca  di  Alatri.  Ed  era  quello,  per  conse- 
guenza,  il  termine  del  sifone  rovesciato,  dopo  il  quale  1'acquedotto,  pi- 
gliando  un  corso  uniforme,  giugnea  sin  presso  a  Vigiano,  dove  appari- 
see  ancora  ne'suoi  avanzi  associato  ad  un  altro  somigliante  acquedotto. 

Ma  qui  ognuno  si  fa  la  domanda,  come  gli  antichi  due  mila  anni  indie- 
tro  avesser  potuto  costruire  un  acquedotto  a  sifone  rovesciato  sotto  F  e- 
norme  pressione  di  100  metri  ossia  10  atmosfere.  Al  P.  Secchi,  dopo 
lunghe  ricerche,  e  riuscito  di  trovare  i  frammenti  diun  gran  tubo  di  ter- 
ra cotta  del  diametro  di  Om,  345,  della  spessezza  di  Om,  061,  con  una 
lingua  o  imboccatura  lunga  Om ,  112 ;  ed  e  di  pasta  sommamente  cornpat- 
ta,  dovuta  pero  esser  compressa  coll' opera  di  qualche  macchina.  Donde 
si  vede  gran  resistenza  che  questi  tubi  doveano  opporre,  rincalzati  di 
piu  dal  grosso  muro,  ond'  erano  circondati,  e  da  una  fodera  di  calce- 
struzzo  della  grossezza  di  circa  mezzo  metro,  di  cui  erano  rivestiti.  Non 
e  dunque  da  dubitare,  che  non  reggessero  all'impeto  dell' acqua,  del  cor- 
so della  quale  dimostrano  ancora  i  segni  ne'  depositi  sulle  interne  pareti. 
Ma  cio  non  toglie  che  i  tubi  della  parte  infima  dell'acquedotto  non  potes- 
sero  esser  formati'di  materia  piii  resistente,  pognamo  di  bronzo,  destinati 
questi  altri  di  terra  cotta  per  le  parti  superiori,  dove  la  pressione  comin- 
eiava  a  sminuire.  Checche  sia,  conchiude  il  P.  Secchi:  «  resta  semprefisso 
che  20  secoli  fa  si  ehbe  1'abilila  di  fare  una  condottura  forzata  a  sifone 
rovescio,  della  lunghezza  almeno  di  cinque  mila  metri,  sotto  la  pressione 
massima  di  10  atmosfere,  capace  di  portare  una  quantita  di  acqua,  che, 
dalle  dimensioni  dello  speco,  poteva  essere  certamente  non  meno  di  118 
litri  per  secondo,  cioe  circa  400  once,  misura  di  acqua  vergine.  » 

Fra  queste  ricerche  due  altre  opere ,  memorate  nella  iscrizione ,  e  ac- 
caduto  al  P.  Secchi  di  scoprire.  L'  una ,  con  qualche  probabilita,  vale  a 


ARCHEOLOGIA  737 

dire  il  lacus  b  aline  ar  ius ,  che  egli  congetlura  essere  quella  gran  vasca  o 
serbatoio  di  antica  costruzione,  che  si  ritrova  in  una  sommita,  delta  era 
del  Colle,  in  casa  Latini ;  ed  avea  8  raetri  di  larghezza,  e  20  circa  di  Iim- 
ghezza.  L'  altra ,  con  maggior  fondamento  di  certezza ,  e  il  campo  della 
palestra  e  del  corso ,  che  la  iscrizione  denomina  Campum  ubi  ludunt. 
Esso  altualmente  e  un  prato  di  presso  alia  fontana  delta  volgarmente 
del  Chiapitto ,  distanle  poco  piu  di  mezzo  miglio  dalla  citta.  Furono 
indizio  a  scoprirlo  alcuni  tubi  di  terra  cotta  di  grandi  dimension!, 
trovati  sepolli  in  quella  terra  argillosa  e  umidiccia  ,  nella  profondita  dL 
2m,  50.  II  loro  diametro  medio  e  di  Om,  43,  la  lunghezza  di  lm,  13.  La 
prima  idea  che  si  affaccio  alia  mente  fu,  che  fosser  serviti  per  la  condot- 
ta  dell'acqua  nella  citta.  Considerato  pero  che  la  lor  maggiore  grossezza 
e  appena  di  30  millimetri;  che  la  pasla,  onde  sono  formati,  e  assai  poro- 
sa ;  ne  sono  nwrati,  ne  stuccati  all'  imboccatura,  ma  congiunli  per  guisa 
che  lasciano  un  inlervallo  di  ollre  un  cenlimelro ;  ben  presto  si  dove 
conchiudere  che  a  tutl'  allro  scopo  erano  destinati.  Queslo  scopo  si  co- 
nobbe  essere  di  dare  lo  scolo  all'acqua,  che  s'  ingorga  in  quel  terreno  , 
attesa  la  bassezza  del  suolo.  Or  un  tal  metodo,  di  gran  lunga  costoso, 
non  si  sarebbe  per  certo  adoperato  per  un  semplice  miglioramento  di  agri- 
collura,  che  per  altro  era  possibile  otlenere,  proporzionatamenie  all'uo- 
po,  con  mezzi  assai  piu  facili  e  meno  dispendiosi.  Dall' altro  canto  non 
apparisce  luogo  piu  acconcio  nelle  vicinanze  della  citta  per  gli  esercizii 
della  palestra  e  del  corso ;  e  all'unico  inconveniente,  che  questo  offeriva, 
sarebbe  stalo  baslevolmenle  occorso  con  quello  scolo  procurato  dell'  ac- 
qua.  Par  dunque  che  appunto  esso  sia  il  Campus  ubi  ludunt,  di  che  Be- 
iilieno  regalo  la  citta  di  Alatri. 


Nel  precedente  quaderno  a  pag.  587-89  occorsero  alcune  inesat- 
tezze,  le  quali,  sebbene  lascino  inlerissima  la  forza  dell'  argomento 
adoperato  conlro  il  Memorial  diplomatique ,  pure  si  vogliono  emea- 
•dare  nel  modo  seguente  : 

A  pag.  587,  lin.  31  ;  invece  delle  parole  «  invasione  delleMar- 
che  »  si  legga:  invasione  della  Toscana;  ed  a  pag.  589,  lin.  22, 
invece  delle  parole :  «  nelle  Marche  per  passare  in  Napoli  »  si 
legga:  nella  Toscana;  ed  a  lin.  26 ,  invece  di  «  li  viola  immanti- 
nente  e  si  annetle  le  Marche  e  /'  Umbria  »  si  legga :  immantinente. 
Poco  dopo  allo  stesso  modo  si  annette  ecc. 

Nel  quaderno  346,  pag.  492  del  vol.  XI  di  questa  Serie  ,  pren- 
demmo  da  altro  giornale  la  nolizia  che  Messina  nel  1804  avea  dalo 
soli  setle  franchi  per  1'  opera  della  Propagazione  della  fede.  Dalla 
rettificazione  pubblicata  da  quei  giornale  e  da  lettera  di  persona 
ben  informata  sappiamo,  che  la  callolica  Messina  diede  quest' anno 
oltre  a  2115  franchi  per  la  detta  Opera  pia. 
Serie  V,  vol.  Xll,  fasc.  354.  47  10  Decembre  1864. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  10  Decembre  1864. 


I. 

COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1.  Ricevimerito  dell'Ambasciadore  cli  Spagna,  sig.  Pacheco, 
e  del  rappresentante  di  Venezuela —  2.  Yisita  del  Santo  Padre  al  Colle- 
glo  Latino  Americano  alia  Minerva  —  3,  Richiami  dell'Episcopalo  Piceno 
ed  Umbro,  indirizzati  a  Yittorio  Emmanuele,  contro  le  usurpazioni  de'suoi 
Ministri,  del  Regio  Placet  I\Q\\&  nomlna  de'Parrochi;  protestazioni  del- 
Y  Episcopate  di  Romagna  —  4.  II  Denaro  di  S.  Pielro,  e  le  ofl'erte  de'Mn- 
nicipii  alia  rivoluzione. 

1.  La  Santita  di  Nostro  Signore  Pio  Papa  IX  si  e  degnato  di  ricevere, 
sul  mezzodi  del  22  Novembre,  S.  E.  il  Cav.  Gerardo  de  Souza  ,  Inviato 
straordinario  e  Ministro  plenipotenziario  di  S.  M.  Cattolica;  il  quale  ebbe 
1'onore  di  presentare  al  Santo  Padre  le  sovrane  lettere  che  poneano  ter- 
mine  alia  sua  missione  ,  e  quindi  passo  a  visitare  1'  Eminenlissimo  sig. 
Cardinale  Segretario  di  Stato  ,  da  cui  fu  accolto  coi  riguardi  dovuti  alia 
sua  rappresentanza.  Nel  giorno  poi  del  Lunedi  28  Noyembre  ,  S.  E.  il 
sig.  Cav.  Don  Gioacchino  Francesco  Pacheco  ebbe  1'onore  di  presentare, 
in  udienza  private,  al  Santo  Padre  le  lettere  sovrane  ,  con  cui  venne  ac- 
creditato  Ambasciadore  straordinario  e  plenipotenziario  di  S.  M.  Catto- 
lica presso  la  Santa  Sede.  Sua  Santita  si  e  compiaciuta  di  accoglierla 
con  ogni  benignita  e  con  gli  onori  e  le  formalita  che  soglionsi  praticare 
in  simili  circostanze.  Quindi  S.  E.  passo  a  complimentare  1'  EiTio  Cardi- 
nale Segretario  di  Stato. 

Nel  giorno  23  Novembre  il  Santo  Padre  avea  pure  amraesso  a  udienza 
priyata  S.  E.  il  sig.  Lucio  Polido,  che  gli  presento  le  credenziali,  con 
cui  dal  Presidente  della  Repubblica  di  Venezuela  venne  accreditato  quale 
Ministro  plenipotenziario  presso  la  Santa  Sede. 


CRONACA  CONTEMPORANEA 

2.  «Nel  giorno  del  Lunedi  21  Novembre ,  dice  il  Giornale  di  Roma 
del  24,  anniversario  della  fondazione  del  Collegio  Latino  Americano  alia 
Minerva,  la  Santita  di  Nostro  Signore  Papa  Pio  IX  felicemente  regnante, 
non  ostanteil  tempo  piovoso,  recossi,alle  4pomeridiane,  in  treno  ordina- 
rio,  al  detto  Collegio,  dove  fu  ricevuta  al  portone  daU'Eiiio  signer  Cardinal 
Sacconi,  Presidente  della  Commissione  per  la  erezione  delinitiva  dello  stes- 
so  Collegio,  dagli  IlhTii  e  Rifii  Monsignori  Berardi  Arcivesconojdi  Nicea, 
Franchi  Arcivescovo  di  Tessalonica,  e  D.  Giacomo  de' conti  Cattani, 
membri  gli  uni  e  Segretario  1'altro  della  medesima(Commissione;  non  che 
dall'  Illmo  e  Riuo  Monsignore  Arbelaes,  Vescovo  di  Massimopoli  e  Vica- 
rio  apostolico  di  S.  Marta  nella  Nuova  Granata  ,  dal  Riiio  P.  Generale 
della  Compagnia  di  Gesii,  dal  P.  Rettore  e  dagli  altri  Padri,  a'quali  e  affi- 
dataja  educazione  degli  alunni.  Adorato  il  SSilio  Sagramento  e  visita- 
ta  la  nuova  cappella  ,  quivi  eretta  a  sue  spese ,  sali  nel  piano  superiore , 
dove  aramise  1'intera  Comunita  al  bacio  del  piede,  e  con  parole  di  pater- 
na  benevolenza,  e  con  isplendidodono,  ebbeconfermate  le  tante  prove  di 
affetto  e  di  generosa  munificenza  date  gia  al  Collegio,  come  con  sempli- 
ci  termini  di  pura  verita  leggevasi  in  questa  epigrafe  del  P.  Antonio  An- 
gelini  d.  C.  d.  G.,  affissa  nella  sala  di  ricevimento. 

PIO  .  IX  .  POiNTIFICI  .  MAXIMO 
Amplificatori .  Christiani .  Nominis 
Cuius  .  Sapientia  .  Et .  Liberalitate 

Collegium  .  Latinum  .  Americ. 
Constitutum  .  Est .  A.  MDCCCLVIII 
Aedes  .  Coemptae  .  Instauratae  ,  Auctae 
Sacrarium  .  Inaedificatum  .  Sapellectili  .  Instructum 
Bibliotbeca  .  Lectissimis  .  Voluminibus  .  Ditata 
Rus  .  Aurelia  .  Via  .  Attributum 

Census .  Addicti 
Moderatores  .  Et .  Alumni 
Principis  .  Optimi  .  Aspectu  .  Et  .  Alloquio 
Erecti .  Exhilarati  .  XL  Kal.  Dec.  A.  MDCCCLXIV 

Fundatori .  Et .  Parenti 

«  Quivi  trassero  innanzi  a  piedi  del  trono  tre  de'piu  giovani  alunni,  of- 
ferendo  al  Santo  Padre,  in  una  cartella,  copia  della  suddetta  iscrizione,  e 
di  un  inno  scritto  per  si  fausta  occasione  e  messo  in  musica  dal  maestro 
del  Seminario,  sig.  Settimio  Battaglia,  e  finalmente  di  pochi  versi ,  che 
recito  1'  uno  del  tre  nell'  alto  di  presentare  in  nome  de'  compagni,  come 
oblazione  pel  denaro  di  S.  Pietro,  le  medaglie  riportate  ne'concorsi  scien- 
tific! e  letterarii  al  Collegio  romano.  Qui  pareva  che  nulla  restasse  a  de- 
siderare  ai  bene  avventurati  alunni  e  superior!  del  Collegio:  ma  1'  aman- 
tissimo  PonteQce  e  Sovrano  voile  aggiungere  una  novella  dimostrazione 
di  amorevole  sollecitudine,  salendo  a  visitare  i  corridoi  e  camere  e  sale 
di  studio,  e  quanto  poteva  interessare  ad  un  cuore ,  che  in  mezzo  alle 


740  CRONACA 

molteplici  cure  della  Chiesa  universale  ,  sa  occuparsi  con  tenerezza  di 
madre  delle  piu  lievi  convenienze  di  ciascuno  de'  suoi  tigliuoli  e  soddis- 
farne,  anche  a  suo  disagio ,  gli  innocent!  desiderii ;  come  ne  diede,  tra  i 
lanti ,  un  esempio  nel  soffermarsi  con  amabile  sorriso  a  udire  ripetuta- 
mente  11  coro  dei  giovinetti  cantori.  Solo  1'annottare  pose  termine  a  quel- 
1'ora  felice ,  in  che  non  saprebbe  dirsi  se  piu  il  padre  si  dilettasse  nel 
disvelare  il  suo  affetto  a'  figliuoli,  o  questi  nel  disfogare  1'  ossequiosa  ri- 
conoscenza,  che  piu  non  ebbe  poi  confine,  quando,  a  vedere  Sua  Santita 
rimontare  in  cocchio  per  restituirsi  al  Yaticano,  proruppe  in  grida  di  yi- 
Tissimo  plauso  e  devozione  ,  che,  con  tenera  e  profonda  commozione  di 
quanti  furono  presenti,  trovo  eco  pienissimo  nel  numeroso  popolo,  raccol- 
tosi  nelle  circostanti  contrade.  » 

3.  Insullo  scorciodel  passato  Agosto  (Volume  precedente,  pag.498) 
abbiamo  fatto  menzione  d'  una  fra  le  tante  usurpazioni  perpetrate  a  dan- 
no  della  Chiesa,  e  contro  i  piu  sacri  suoi  diritti,  da  uno  di  que'  regalisti 
Febbroniani,  che  il  Governo  di  Torino  gia  da  gran  pezza  ya  traendo  dalla 
scuola  Tanucciana  di  Napoli,  per  valersene  a  distruggere  gli  ordini  e  la 
disciplina  cattolica,  a  spogliare  ed  incatenare  Yescovi  e  Preti,  e  condur- 
re  innanzi  la  guerra  contro  1'  autorita  del  Sommo  Pontefice,  anche  nelle 
materie  puraraente  spirituali.  Traltavasi  d' una  circolare  del  Pisanelli , 
pubblicata  il  5  Agosto,  per  cui  si  sottoponevano  al  regio  Placet  tutte 
le  nomine  di  Parrochi  o  Curati  o  Yicarii  spirituali,  e  tutti  i  rescritti  degli 
Ordinarii  diocesani,  che  inchiudessero  qualche  disposizione  attenentesi 
a'  beni  ecclesiastici.  L'  Episcopate  Piceno  ed  Umbro,  che  con  invitta  for- 
tezza  ha  sempre  levato  la  yoce  contro  le  scelleratezze  di  codesti  ristaura- 
tori  deir  ordine  morale,  non  potea  lasciar  credere  che  s'  acconcerebbe 
mai  ad  accettare,  fosse  pure  col  solo  tacersi,  cotali  intrusion!  sacrileghe 
della  podesta  laicale,  in  cosa  che  riguarda  tanto  intimamente  la  cura  pa- 
storale e  la  direzione  delle  anime.  Percio,  sapendo  benissimo  che,  an- 
che dopo  uscito  di  carica  il  Pisanelli,  non  era  da  sperare  che  il  suo  suc- 
cessore,  sig.  Yacca,  rivocasse  quegli  iniqui  provvedirnenti,  si  rivolse  al 
re  Vittorio  Emmanuele,  Capo  del  Governo  usurpatore,  rappresentando- 
gli,  in  un  Indirizzo  animato  dal  piu  santo  zelo  e  pieno  di  sapienza,i  dan- 
ni  gravissimi  e  le  ingiurie  nefande  che  cosi  faceansi  alia  Chiesa.  Questo 
documento,  stampato  nel  benemerito  giornale  torinese  1'  Armenia  ,  sotto 
il  di  18  Novembre,  porta  la  data  del  23  Ottobre,  ed  e  firmato  da  due 
Cardinali  Arcivescovi,  da  un  Cardinale  Yescovo,  da  quattro  ArcivescoYi", 
da  venti  Yescovi,  e  da  tredici  Yicarii  Capitolari. 

«  Sire,  dicono  gl'intrepidi  Prelati  al  Re:  Sirel  alle  nuove  e  piu.  dolo- 
rose  catene,  colle  quali  un  Ministro  di  Yostra  Maesta  vuole  stringerci  col 
decreto  15  Luglio,  pubblicato  il  5  Agosto,  in  cosa  gravissima  e  riguardante 
uno  degli  esercizii  spirituali  del  nostro  pastorale  Ministero,  noi  siamo  for- 
zati,  con  1'animo  straziato  dal  piu  alto  cordoglio,  di  recare  anche  un'altra 


CONTEMPORANEA  741 

volta  i  nostri  richiami  e  le  nostre  protestazioni  a  V.  M.  Trattasi  nullaraeno 
che  di  porre  ostacoli  al  diritto  insieme  ed  all'obbligo  chc  abbiamo,  come 
Pastori,  di  provvedere  alia  necessaria  assistenza  delle  anime,  tosto  che 
avvenga  la  inancanza  di  un  parroco,  surrogandogli,senza  frapporre  di- 
jnora,  im  economo  o  curato  o  vicario  spiritualc.  Che  se  nei  alzammo  le 
nostre  querele,  e  protestammo  pel  ceppi  che  c'  impongono  i  decreti  5  Mar- 
zo  e  26  Luglio  sul  regio  Placito,  ora  viemaggiormente  dobbiarao  richia- 
marci  e  lamentarci,  che  sullo  stesso  argomento  si  spinga  1' inceppamento 
del  nostri  doveri  e  diritti  a  tal  segno,  cui  forse  non  giunsero  nrai  le  leggi 
piii  ostili  alia  Chiesa.  » 

E  qui  ricordati  gli  obblighi  impost!  dal  Concilio  di  Trento  a'  Vescoyi, 
perche  debbano  subito  provvedere  alia  vacanza  delle  parrocchie,  e  messi 
in  luce  i  disordini  ed  i  danni  che  proverrebbero  da  qualsiasi  iudugio,  per 
1'amministrazione  dei  Sacramenli,  e  dimostrato  che  per  la  Circolare  del 
Pisanelli  sarebbero  inevitabili  questi  funesti  ritardi,  e  sicurissimi  ad  ac- 
cadere  i  piu  deplorabili  conflitti,  toccano  d'un  punto  giustissimo  e  delica- 
tissimo:  «  Nessuno  al  certo  piu  che  il  Vescovo  e  in  grado  di  conoscere  gli 
spirituali  bisogni  delle  diverse  cure  del  proprio  gregge,  e  quale  fra  i  sa- 
cerdoli  sia  il  piu  acconcio  a  poterli  satisfare,  durante  il  tempo  della  vacan- 
za, tinche  si  aprano  i  concorsi,  abbiano  luogo  gli  esami  ed,  in  una  parola, 
si  adempia  tutto  quello  che  i  sacri  Canoni  prescrivono,  perche  sia  data  a 
reggere  una  parrocchia  ad  uno  stabile  pastore.  11  decreto  dunque,  di  che 
e  parola,  ferisce  direttamente  1'esercizio  degli  atti  episcopali  in  materia 
imporlantissima,  come  quella  che  riguarda  la  divina  missione  che  abbia- 
mo di  pascere  le  nostre  greggi.  » 

Messe  quindi  a  nulla  le  sofisticherie,  con  cui  pretendesi  da'  Tanucciani 
di  conferire  allo  Stato  un  diritto  d'  ingerirsi  in  tali  cose,  sotto  pretesto  di 
vigilare  1'  uso  delle  temporalita,  col  quale  pretesto  potrebbero  quelli  an- 
che  arrogarsi  di  stendere  la  mano  sui  tempii,  sui  vasi  sacri,  sui  chierici, 
come  oggetti  sensibili  e  temporali :  i  fortissimi  Vescovi  tiniscono  il  loro 
indirizzo  con  le  parole  seguenti. 

«  Conchiuderemo  dunque,  o  Sire,  ripetendo  le  gravi  parole  che  gia 
iudirizzarono  alia  Maesta  Yostra,  il  di  8  di  Settembre,  i  nostri  Venerabili 
Fratelli  dell'  Episcopate  napoletano:  «  Se  questo  pensiero  e  straziante  per 
noi,  che  in  faccia  alle  inconcusse  prescrizioni  del  Vangelo  e  delle  leggi 
sacrosante  della  Chiesa,  che  formano  il  canone  dei  nostri  pastorali  doveri, 
ed  in  faccia  a  disposizioni  divine  e  puramente  umane ,  ci  troviamo  nella 
penosa  alternativa,o  di  mancare  alle  prime,  costituendoci  miseramente  in 
colpa  innanzi  a  Dio  e  senza  legittima  scusa  per  il  danno  delle  anime,  giu- 
sta  la  sentenza  del  Magno  Gregorio :  Non  potest  esse  legitima  excusatio 
pastoris  si  lupus  ovem  comedat  et  pastor  nescit;  o  di  non  attenerci  alle 
seconde,  quando  sono  in  opposizione  delle  prime :  in  questa  alternativa 
non  puo  essere  per  noi  dubbiosa  la  scelta,  6no  a  che  il  lume  di  Dio  ci  as- 


742  CRONACA 

sista,  a  non  farci  deviare  dalla  cerchia  dei  doveri  che  abbiamo  solenne- 
mente  contratti,  e  di  quei  giuramenti,  la  cui  osservanza  non  dobbiamo 
mai  obliare,  e  meno  ancora  nei  momenti  del  pericolo.  » 

«  Adunque  alia  intimazione  che  ci  viene  fatta  praecipiendo  praecepi- 
mus  ne  doceretis,  come  un  di  fu  detto  agli  Apostoli  in  Gerusalemme,  nes- 
suno  osera  farci  un  delitto,  se  noi,  mettendoci  Dio  solo  innanzi  agli  occhi, 
e  solo  tementi  i  giudizii  di  lui,  il  quale  (a  differenzadi  coloro  che  possono 
solamente  uccidere  il  corpo)  animam  et  corpus  potest  perdere  in  gehen- 
nam,  risponderemo  come  gli  Apostoli  medesimi :  Si  oporteat  obedire 
Deo  magis  quam  hominibus,  vos  indicate.  Nell'  umilta  e  nell'  afflizione 
del  nostro  am  mo,  noi  preghiamo  fervorosamente  Iddio ,  nelle  cui  maui  e 
il  cuore  de'  Regi,  perche  voglia,  a  trionfo  della  giustizia,  che  si  revochi 
dalla  M.  V.  1'  infausto  decreto,  e  giunga  il  tempo  che  si  spezzino  tante 
dolorose  catene,  che  stringono  ed  opprimono  la  sua  Chiesa.  » 

Amostrare  il  perfetto  accordo  che  regnanell'  Episcopato  italiano,  ela 
sua  fermezza  in  affroutare  ogni  pericolo  per  sostenere  le  ragioni  di  San- 
ta Chiesa,  allegheremo  in  questo  stesso  quaderno,  tra  le  cose  degHSta- 
ti  Sardi,  altri  atti  molto  important.  Qui  dobbiamo  aggiungere,  che  an- 
che  i  Yescovi  di  Romagna  furono  solleciti  di  far  pubblicare ,  come  leg- 
gesi  anche  nell'  Unitd  Cattolica  del  1.°  Dicernbre,  la.seguente  dichiara- 
zione:  «  I  sottoscritti  Arcivescovi,  Yescovi  e  Yicarii  Capitolari  di  Roma- 
gna si  uniscono  con  plena  ed  unanime  adesione  alle  giuste  e  doverose 
rimostranze,  fatte  sino  ad  oggi  dai  loro  veneratissimi  colleghi  delle  vane 
province  ecclesiastiche  d'ltalia,  intorno  al  decreto  15  Luglio  p.  p.,  che 
assoggetta  al  regio  Placito  anche  le  nomine  degli  Economi,  Curati  e  Vz- 
carii  spirituali',  e  protestando,  insieme  con  essi,  contro  un  provvedimen- 
to  cosi  ingiurioso  a  Cristo  e  funesto  alia  salute  delle  anime  ,  reclamano  i 
sacrosanti  diritti  della  liberta  della  Chiesa.  Novembre  1864.  »  Questo 
documento  e  firmato  da  tre  Cardinali  Arcivescovi  e  Yescovi ,  da  quattro 
Yescovi .  e  da  tre  Yicarii  Capitolari. 

4.  Tulti  sanno  quarito  il  diavolo  si  arrabbattasse,  con  Fopera  de'  suoi 
figliuoli  framassoni,  per  impedire  che  alia  Santa  Sede  pervenisse  quel 
tributo  spontaneo  di  fedelta,  di  devozione  e  d'amore,  onde  i  fedeli,  de- 
ponendo  a'  piedi  del  Santo  Padre  1'  Obolo  di  S.  Pietro,  venivano  anche 
a  soccorrere  il  Governo  pontificio  nelle  ardue  congiunture  in  cui  fu  po- 
sto,  dopo  che  la  perftdia  ed  il  tradimento  da  una  parte  ,  la  violenza  del- 
le armi  e  1'assassinio  dall'altra,  si  collegarono  per  rapirgli  le  province  e 
soggiogarne  alia  rivoluzione  i  sudditi.  E  noto  come  in  Francia  s'  impe- 
disse  la  istituzione  della  Confraternita  di  S.  Pietro,  come  in  Toscana  si 
punissero,  quasi  di  delitto  criminale,  i  collettori  di  tali  oblazioni,  e  da 
per  tutto  i  diarii  della  setta  si  studiassero  d'  ingannare  i  popoli ,  ripeten- 
do  ed  esagerando  le  imposture  e  le  calunnie  che  il  Governo  di  Torino, 
per  bocca  de'suoi  Ministri,  Senatori  e  Deputati,  venivaspacciando,  cioe 


CONTEMPORANEA  743 

che  YObolo  di  S.  Pietro  servisse  a  prezzolare  briganti  ed  assassini  per 
desolare  il  regno  delle  Due  Sicilic. 

Ma  quelle  imposture  scellerate  tornarono  in  buona  parte  inefficaci ,  e 
YObolo  di  S.  Pietro  continue  ad  attestare  al  Papa  i  seusi  del  vero  popo- 
Jo,  massimamente  d'  Italia;  di  che  fu  detto  ,  anche  da'settarii,  nella  Ca- 
mera di  Torino,  che  questo  fosse  un  plebiscite  'eloquente,  ed  ostile  al 
nuovo  Regno,  fondato  dalle  armi  e  dalla  diploraazia  francese. 

Si  studiarono  ardentemente  i  liberali  di  scimmiar  la  cosa;  ma,  non  riu- 
scendo,  ora  si  appigliarono  al  partilo  di  far  confronti  assurdi.  Intorno  a 
che  e  degno  di  essere  qui  riferito  il  seguente  articolo  dell'  Unild  Cattoli- 
ca,  n.*  332: 

« IS  Italic  del  30  Novembre  ha  un  articolo,  che  vince  quanto  di  sciocco 
ed  impudente  fu  gia  stampato  da  sedici  anni  in  questa  Torino.  L'  Italic 
contrappone  alia  dimostrazione  del  Danaro  di  S.  Pietro  quella  dei  Mu- 
nicipii ,  che  in  Italia  anticipauo  1'  imposta  fondiaria  pel  1865,  e  pretende 
che  questa  anticipazione  superi  di  gran  lunga  il  Danaro  di  S.  Pietro  I  Ri- 
spondiamo  accennando  le  differenze  tra  le  due  soscrizioni. 

«  II  Danaro  disan  Pietro  si  paga  da  individui  che  dannocosa  propria. 
L'  imposta  si  anticipa  da  consiglieri  municipali ,  che  distribuiscono  le  so- 
stanze  altrui.  II  Danaro  disan  Pietro  e  un  sacrifiziopecuniario,  laddove 
1'anticipazione  dell'  imposta  importa  un  guadagno  del  dodici  per  cento.  II 
Danaro  di  san  Pietro  si  paga  senza  nessuna  speranza  terrena  e  senza 
nessuna  minaccia.  Chi  non  anticipa  V  imposta  prediale  e  condannato  alia 
multa  del  seiper  cento.  II  Danaro  di  S.  Pietro  offresi  da  cinque  anni,  e 
non  cessa  mai.  L' imposta  prediale  si  anticipa  per  la  prima  yolta.  Quan- 
do  si  trattera  di  anticiparla  due  o  tre  yolte ,  sara  un  altro  paio  di  mani- 
che.  II  Danaro  di  S.  Pietro  viene  offerto  al  Papa-Re  spogliato,  povero, 
perseguitato ,  ed  esprime  1'affetto  degli  oblatori.  L'  imposta  yiene  antici- 
pata  a  chi  ha  in  mano  ricompense  da  dare,  impieghi  da  distribute,  ed 
ha  gia  ricompensato  quei  sindaci  che  servirono  lo  Stato  in  questa  biso- 
gna.  II  Danaro  di  S.  Pietro  importa  un  qualche  rischio,  e  gli  oblatori, 
sborsandolo,  debbono  sfidare  le  minaccie  della  rivoluzione.  Chi  anticipa 
1' imposta  prediale  viene  al  contrario  proclamato  come  un  gran  patriota. 

«  Mettete  gli  oblatori  del  Danaro  di  S.  Pietro  nelle  condizioni  stesse 
dei  consiglieri  municipali ,  e  yedrete.  Dite  ai  consiglieri  di  pagare  del 
proprio,  e  non  di  anticipare  un'  imposta ,  e  poi  ci  saprete  dire  a  quale 
somma  arrrvino  le  offerte  italianissime.  Ma  questo  cercare  continuamen- 
te  una  concorrenza  al  Danaro  di  S.  Pietro  mostra,  come  esso  sia  un 
pruno  negli  occhi  dei  riyoltosi ,  i  quali  sentono  tutta  1'  importanza  di  ta- 
le sottoscrizione.  » 


744  CRONACA 

STATI  SAUDI  1.  Nuovi  argomenti  circa  il  senso  elo  scopo  della  Convenzione 
del  15  Settembre  ;  spiegazioni  de'  deputati  Chiaves  e  Bixio  —  2.  Trionfo 
dei  nemici  del  cattolicismo  per  1'  accettazione  di  quel  Trattato  ;  parole 
del  Siecle  —  3.  Relazione  dell'  Imbriani  al  Senate  circa  il  trasporto  del- 
la  Capitale  a  Firenze—  4.  Opposizioni  alia  legge,  proposta  dal  Vacca,  per 
1'  abolizione  di  tutti  gli  Ordini  religiosi  ed  il  lalrocinio  delle  proprieta 
della  Ghiesa  —  5.  Richiami  dell'  Episcopate  Modenese,  Toscano,  Piemon- 
tese  e  Ligure  contro  le  usurpazioni  del  Governo  ed  il  matrimonio  civile 
—  6.  Lettera  del  Garibaldi  per  aiuto  a'  suoi  partigiani  nel  Veneto. 

1.  Oggimai  niuno  presta  piu  la  menoma  fede  alle  interpretazioni  date 
dalla  France,  dal  Constitutionnel  e  dal  Memorial  diplomatique  al  Tratta- 
to franco-italiano  del  15  Settembre;  pel  quale  pretendeasi  da  codesti  bar- 
bassori  far  credere,  che  fosse  riconosciuta  e  rassodata  la  Sovranita  tern-, 
porale  del  Papa,  ed  imposta  alia  rivoluzione  una  formale  rinunzia  a  spo- 
gliare  la  Santa  Sede  de'  scars!  dominii  che  le  furono  decretati  dall'  auto- 
re  del  Le  Pape  et  le  Congres,  e  guarentita  Roma  dal  pericolo  di  diventar 
Capitale  del  nuovo  Regno,  fondato  dall'  intervento  e  dal  non  intervento 
francese.  II  deputato  Visconti-Venosta  disse  alia  Camera,  nella  tornata 
dell'  8  Novembre  (Atti  uff.  n.°  952),  uno  studiato  discorso  circa  le  origi- 
ni  e  lo  scopo  di  quel  Trattato,  dimostrandone  la  convenienza  per  1'  Ita- 
lia ;  e  svolse  a  lungo  la  tesi,  viemeglio  chiarila  poi  dal  ministro  Lan- 
za, nella  tornata  del  14  Novembre,  che  quello  fosse  un  concerto  di  mez- 
zi, onde  ottenere  che  1'esperimento  dimostri,  se  sia  o  no  possibile  la  du- 
rata  della  Sovranita  temporale  del  Papa.  La  qual  cosa  il  Yisconti-Veno- 
sta  adombro  in  questa  frase:  «  La  Francia  ritira  le  sue  truppe  da  Roma, 
ma  dopo  di  aver  ottenuto  che  il  Governo,  pontificio  non  sara  esposto  ad 
una  nostra  invasione;  noi  rinunciamo  ai  mezzi  violenti,  ma  dopo  di  aver 
ottenuto  che  il  Governo  pontificio  ed  i  suoi  sudditi  siano  ricollocati  nel 
diritto  comune. »  II  che  era  quanto  dire :  noi  abbiam  rinunziato  a  spedire 
un  eserdto  regolare,  o  bande  di  Garibaldini  per  invadere  Roma ,  perche 
questo  era  affatto  inutile  contro  un  Governo,  a  cui  abbiam  gia  tolto  quasi 
tutte  le  province,  i  sudditi,  le  rendite,  i  mezzi  tutti  da  sussistere ;  ed,  in 
ricambio  di  questa  nostra  insigne  condiscendenza,  la  Francia  rinunzio  ad 
esercitare  il  protettorato  che  della  Santa  Sede  avea  assunto  in  nome  del- 
le Potenze  cattoliche ;  insomnia  Torino  e  Parigi  si  lavano  le  mani  di  quel 
che  accadra  poi,  e  se  il  Governo  pontificio,  abbandonato  al  diritto  comu- 
ne, cioe  lasciato  inerme  in  faccia  alle  trame  ed  ai  conati  della  rivoluzio- 
ne, dovra  cadere,  tal  sia  di  lui  *. 

\  A  questo  proposito  e  degnissimo  d'essere  letto  e  meditato  cio  che  scrisse  1'egregio  Confe 
A.  De  Falloux  nel  Correspondent  parigino  del  25  Novembre  (Tom.  XXVII,  pag.  489-96) 
sotto  il  (itolo:  Itineraire  de  Turin  a  Rome;  nel  quale  articolo,  con  tratti  maestri  e  deli- 
neata  anzi  scolpita  al  vivo  1'imlole  della  Conrenzione,  e  chiarito  il  valore  delle  guarcntigie 
stipulate  per  la  difesa  della  Santa  Sede,  e  giudicata  la  qualita  degli  itnpegni  assuati  dal 
Gabinetto  imperial  e. 


CONTEMPOIUNEA  745 

Questo  discorso  del  Visconti-Venosta  ,  come  quelli  del  Lanza,  del  Pe- 
poli  c  del  La  Marmora  ,  ebbe  1'  onore  di  essere  ristampato  distesaraente 
nel  Monitcur  ufficiale  del  Governo  imperiale  francese ;  il  che  fu  conside- 
rato  come  una  specie  di  formale  approvazione ;  sapendosi  benissirao  da 
tutti  che  \\Moniteur,  o  biasiraaapertamente,osi  astienealmeno  dalpubbli- 
care  cio  che  non  gli  va  a  versi.  Niuno  ignora  qual  valore  e  significato  si 
ayesse  la  pubblicazione,  fatta  in  codesto  diario  ufficiale,  della  lettera  di 
Felice  Orsini  a  Napoleone  III  per  la  redenzione  d'  Italia.  Parrebbe  dun- 
que  soverchio,  dopo  tutto  questo  ,  il  venir  ancora  indagando  1'  intendi- 
mento  dei  Governi,  che  sottoscrissero  e  ratificarono  quella  Convenzione. 
Ma  in  cosa  di  tanta  rilevanza  non  deesi  irasandar  nulla  di  cio  che  puo 
metterla  in  piena  luce ;  e  percio  yogliarao  ,  tra  i  molti  che  potremrao , 
scegliere  ed  allegare  ancora  un  paio  degli  argomenti  che,  nelle  discus- 
sioni  della  Camera  dei  Deputati  di  Torino,  furono  addotti  per  chiarire  lo 
scopo  di  quell'  atto  e  la  lealta  con  cui  intendesi  di  osservarne  i  patti,  in 
quel  pochissimo  che  paiono  avere  di  favorevole  alia  Santa  Sede. 

II  deputato  sig.  Chiaves,  nella  tornata  del  ISNovembre,  opponendosi 
al  trasporto  della  Capitale  ed  alia  Conyenzione ,  argomento,  come  suol 
dirsi,  ad  hominem,  cioe  dando  a  questa  il  senso,  in  cui  parea  piii  fayorevole 
alia  riyoluzione,  e  per  cui  era  sostenuta  dal  Goyerno  e  dalla  pluralita  del 
Parlamento ;  e  qualified  la  diplomazia  che  stipulava  quei  patti  come  «  un. 
machiavellismo  spurio  che  possa  per  ayventura  paragonarsi  colle  astuzie 
usate  da  una  femminetta  qualsiasi  che  yoglia  mistificare  1'amante  (Risa 
diasscnso  asinistra).  Signori,  il  nostro  sottinteso  principale  consiste  nel 
dire :  i  Francesi  sgombreranno  da  Roma,  i  Romani  rovescieranno  il  Pa- 
pa, e  allora  andremo  noi.  Ecco  1'  idea  la  quale  principalmente  fa  che  la 
Convenzione  sia  accettaai  moltissimi....  L'onorevole  relatore  della  Com- 
missione  ,  il  quale  ha  molto  ingegno ,  ne  diede  proya  ieri  interpretando 
lf  articolo  1.°,  nel  quale  voile  vedere  nientemeno  che  stabijito  il  patto 
del  non  intervento ,  e  permesso  a  noi  d'  entrare  a  Roma  in  caso  di  rivo- 
luzione  dei  Rornani.  L'onorevole  Mosca  ci  ha  detto :  quanto  all'entrare  in 
Roma  1'articolo  1.°  ci  dice  non  attaccare,  ma  non  ci  dice  non  oltrepassare 
(Ilarita) ;  noi  oltrepassiamo  e  non  attacchiamo ,  e  siamo  nel  Trattato. 
(Viva  ilarita)  ».  Queste  parole,  tratle  fedelmente  dagli  Atti  ufficiali, 
pag.  3836,  attribuivano  chiaramente  al  GoveftK)  ed  alia  pluralita  della 
Camera  disegni  sleali,  ed  un'  interpretazione  delTraltato  pienamente  osti- 
le  alia  Sovranita  del  Papa.  Or  bene:  non  una  voce  si  fece  udire,  ne  dai 
Ministri,  ne  da'  loro  partigiani ,  per  ismentire  tali  intendimenti ;  anzi  le 
grasse  risate  di  quasi  tutta  la  Camera  comprovarono,  che  il  Chiaves  avea 
imberciato  appuntino  nel  segno. 

Mav'e  di  piii.  II  Chiaves  ricordo,  che  il  Cavour  «  parlava  di  andare 
a  Roma  d'accordo  colla  Francia,  in  quanto  la  Francia  era  a  Roma,  e 
per  dirci  che  non  bisognava  assalirla  a  schioppettate,  ma  fare  in  modo, 
per  mezzo  di  opportune  intelligenze,  che  i  Francesi  se  ne  andassero  alle 


746  CRONACA 

buone,  e  noi  entrassimo  a  Roma  subito  dopo  ».  Quindi  rimprovero  ai 
presenti  Ministri  che  avessero  assunto  1'impegno  di  non  andaryi  piii,  se 
non  col  consenso  della  Francia.  Quando  il  Chiayes  ebbe  fmito,  si  levo  il 
La  Marmora,  e  senza  trovar  nulla  a  ridire  circa  la  mentovata  interpreta- 
zione  del  Trattato,  in  quanto  lascia  la  facolta  di  oltrepassare  senza  altac- 
care,  fu  sollecito  di  dichiarare  ufficialmente,  in  nome  di  tutto  il  Ministe- 
ro,  che  la  parola  consenso  era  puro  sbaglio  di  traduzione  in  francese,  e 
che  in  yerita  s'intendea  solo  di  accordo,  precisamente  come  1'intendea  il 
Cavour.  II  che  yalea  quanto  dire  :  che  la  Conyenzione  del  15  Settembre 
era  stipulata  proprio  per  eseguire  quel  disegno  «  che  i  Francesi  se  ne 
andassero  alle  buone,  e  noi  entrassimo  a  Roma  subito  dopo  ».  Or  bene: 
fin  qui  non  una  parola  del  Goyerno  francese  soprayyenne  ad  attenuare  o 
modificare  la  forza  di  tal  dichiarazione. 

Se  non  che,  e  egli  ben  certo  che  il  Goyerno  usurpatore  d'  Italia  in- 
tenda  almeno  osservare  lealmente  il  patto  di  non  attaccare  e  non  lasciar 
attaccare  lo  scarso  territorio,  non  ancora  rubato  alia  Santa  Sede?  Ne  giu- 
dichera  il  lettore,  dopo  aver  ponderato  quel  che  accadde  nella  tornata 
del  19  Novembre.  II  dcputato  Bixio  che,  in  grazia  delle  divise  e  dello 
stipendio  di  Luogotenente  generale  dell'esercito  regio,  si  distacco  dalle 
bande  brigantesche  del  Garibaldi,  disse:  «  lo  ho  sempre  creduto  sacro- 
santo  il  diritto  d'insurrezione  in  un  paese  occupato  dallo  straniero....  Noi 
con  questo  Trattato  andiamo  a  riconoscere  degli  stranieri ,  che  yerranno 
a  far  la  guardia  al  Papa.  E  questi  soldati  stranieri,  quando  li  ho  presi 
colle  anni  alia  mano,  io  li  ho  fatti  fucilare  (Ilarita).  Quando  io  era  Ge- 
nerale rivoluzionario,  tutte  le  yoke  che  ho  preso  stranieri  colle  armi  alia 
mano,  io  li  ho  fatti  ammazzare....  Per  lo  straniero  che  yiene  a  combat- 
tere  in  Italia,  la  morte.  Io  non  potro  maitrattare  come  soldati  gli  stra- 
nieri che  yengono  a  combattere  in  Italia.  E  dunqtie  un  sacrifizio  per  me 
1'accettare  una  Convenzione,  che  mi  obbliga  a  considerare  ed  a  trattare 
come  soldati,  quelli  che  yerranno  a  fare  la  guardia  al  Papa....  Io  non  so 
chi  mi  potrebbe  frenare,  quando  a  Roma  si  sentissero  delle  fucilate.  Se 

10  mi  troyassi  alia  frontiera,  son  certo  che  il  Generale  La  Marmora  mi 
leyerebbe  di  la,  e  quasi  quasi  direi  che  in  caso  di  rivoluzione  ci  andreb- 
be  forse  egli  stesso,  o  bisognerebbe  tenerlo  pel  mantello  (si  ride)  ».  Co- 
si  appunto  negli  Atti  uff.  pag.  3856-37. 

L'onesla  Camera  dei  Deputati  si  sganascio  dalle  risa,  all'udire  le  atro- 
ci  yanterie  del  Rixio,  circa  1'ammazzare  gli  stranieri,  presi  colle  armi  alia 
mano ;  e  non  seppe  riflettcre  che  la  teorica  del  suo  campione  potrebbe  in 
qualche  circostanza,  per  esempio  nel  caso  d'una  inyasione  rivoluziona- 
ria  nel  Veneto,  essere  applicata  da  qualche  Generale  austriaco  al  Bixio 
stesso  ed  ai  suoi  partigiani,  che  certamente  sono  stranieri  pe'  Tedeschi. 

11  La  Marmora  poi  censuro  yivamente  alcune  scappate  del  Bixio  quan- 
to a  materie  strategiche,  ma  non  disse  pure  una  parola   per  rimove- 
re  da  se  1'  infamia  che  gli  appiccaya  il  Bixio  con  quell'  insinuare,  che  il 


CONTEMPORANEA  747 

La  Marmora  sarebbe  il  prime  a  precipitarsi  in  Roma  per  aiuto  de'  ribelli, 
qualora  quest!  fossero  repressi  dalle  milizie  ponlificie;  e  tutta  la  Camera 
con  le  sue  risate  mostro  di  guardare  le  smanie  del  Bixio,  in  favore  della 
rivoluzione  in  Roma,  come  la  cosa  piu  naturale  del  mondo.  Or  andate,  e 
credele  pure  che  il  Goyerno  rivoluzionario,  per  ossequio  alia  Convcnzio- 
ne  celebrata  dalla  France,  dal  Constitutionnel  e  dal  Memorial  diploma" 
tique,  non  assalira  ne  lasciera  assalire  il  Patrimonio  di  san  Pietro ! 

2.  Quando  la  Camera  dei  Deputati  ebbe  ,  come  sponemmo  nel  prece- 
dente  quaderno,  approvata  la  legge  pel  trasporto  della  Capitale  a  Firen- 
ze,  la  quale  involgeva  la  piena  acceltazione  del  Trattato  del  15  Settem- 
bre,  i  diarii  della  Framassoneria  ,  sebbene  gia  fossero  anticipatamente 
sicuri  di  tal  risultato ,  pur  ne  sentirono  tal  gioia  che  intonarono  in  coro, 
da  tutte  le  parti  d'Europa,  1'inno  di  trionfb.  Dal  Belgio,  dall'  Inghilterra, 
e  dalla  Francia  specialmente,  si  mandarono  percio  a  Torino  le  piu  cor- 
diali  congratulazioni;  in  maniera  da  chiarire  esattissimo  cio  che  il  Pepoli 
ayea,  come  accennammo  a  pag.  623,  bandito  nella  Camera  dei  Deputati, 
alii  14  Novembre  ,  circa  1'  alleanza  pattovita  con  tutto  il  liberalismo  eu- 
ropeo,  a  prezzo'  dell'  abbandono  di  Roma.  Questo  solo  fatto ,  il  tripudio 
cioe  di  quanto  y'ha  di  piu  ostile  alia  Religione,  perche  si  fosse  apposta 
Ja  sanzione  legale  del  Corpo  legislativo  all'  opera  del  Pepoli  e  degli  altri 
esecutori  della  volonta,  a  cui  la  rivoluzione  italiana  ya  debitrice  di  tutte 
le  presenti  sue  conquiste :  questo  solo  basterebbe  a  qualificarne  la  natura. 
II  Debats  del  25  Novembre  decreto  una  corona  d'  alloro  al  La  Marmora, 
perchen,  «  niuno  meglio  di  lui  recito  la  sua  parte.  Sopra  questo  campo 
di  battaglia  ( si  par la  della  battaglia  parlamentare  di  Torino),  al  tutto 
miovoper  lui,  non  isbaglio  una  sola  mossa.  II  Gabinetto  delle  Tuileries, 
Torino  ,  V  Italia  ,  Napoli ,  e  persino  il  partito  d"azione  hanno  di  che  star 
paghi  e  contenti ;  egli  disse  le  parole  che  si  convenivano  a  ciascun 
d'essi  ».  Ottimamente!  Vuol  dire  che  il  paladino  del  proteiforme  Trat- 
tato, o  scherni  tutti ,  mostrando  di  yoler  contentare  tutti ,  o  sta  pronto  a 
tradir  tutti,  secondo  gli  ordini  che  ricbvera  da  Parigi.  Questa  ingiuria 
e  fatta  al  La  Marmora  da  un  diario,  che  si  divora  le  decine  di  migliaia 
di  franchi  all' anno,  per  recitare  i  panegirici  al  Ministero  di  Yittorio  Em- 
manuele  II. 

Piu  degno  di  considerazione  e  quello  che  leggesi  nel  Siecle  parigino, 
in  un  articolo  firmato  dal  repubblicano  Ilavin ,  sotto  il  di  21  Novembre : 
«  II  voto  del  Parlamento  italiano  era  omai  certo  per  lutti ,  dopo  le  spie- 
gazioni  franche  e  schiette  date  dal  ministroVisconti-Venosta  e  dal  Presi- 
dente  del  Ministero  presente  ,  Generale  La  Marmora.  La  Convenzione 
del  15  Settembre  e  1'atto  piu  significative  della  politica  francese,  da 
molti  anni  in  qua.  La  controrivoluzione  in  Europa  ricevette  con  cio  un 
colpo,  di  cui  si  ricordera  per  buona  pezza.  V  e  nel  Trattato  del  15  Set- 
tembre, non  soloun  grande  atto  politico,  ma  un  grande  omaggio  renduto 
al  principio  della  sovranita  nazionale.  II  Governo  francese  ha  con  esso  ra- 


748  CRONACA 

tificato  1'abbattimento  delle  diverse  monarchic,  tra  cui  divideasi  1'Italia, 
ed  ha  fatto  diplomaticamente  progredire  I'unitd  italiana,  la  quale,  come 
ben  disse  il  Presidente  de'  Ministri ,  non  avea  bisogno  d'  altro  die  del- 
I'  impulso  morale  delta  Francia,  affinche  il  lavorio  d'  unificazione,  gia 
compiuto,  fosse  fecondato.  .  .  .  Questa  Convenzione  del  15  Settembre 
da  eziandio  il  colpo  mortale  al  poter  temporale.  Indarno  si  usano  arli- 
ficii  di  parole.  Quel  giorno  stesso,  in  cui  le  legioni  francesi  abbandone- 
ranno  la  citta  eterna  ,  il  poter  temporale  avra  cessato  d'  esistere  ».  Le 
profezie  del  Siede  possono  ancora  andar  fallite  ,  come  andarono  falliti 
per  piu  anni  i  disegni  gia  preparati  dal  Cavour,  per  suggerimento  d'  un 
eminente  personaggio  francese ,  in  cui  moltissimi  credettero  di  poter 
ravvisare  il  Principe  Napoleone,  genero  di  Vittorio  Emmanuele  II,  e  poi 
maturati  ma  non  attuati  dal  Durando  ,  come  risulta  dai  documeuti  che 
costui  lesse  al  Senate  di  Torino,  iiella  tornata  del  30  Novembre  ,  riferiti 
anche  nzWUntta  Cattolicafol  2  Dicembre.  La  presente  Convenzione  non 
e  dunque  che  un  risultato  delle  ispirazioni  mandate  a  Torino  da  quell'  e- 
minente  personaggio,  in  una  lettera  del  13  Aprile  1861 ,  con  la  giunta 
del  trasporto  della  Capitale.  E  ,  in  difetto  d'  altri  argomenti ,  questo  ba- 
sterebbe  ad  indicarne  lo  spirito  e  lo  scopo. 

3.  Ma  che  bisogno  c'e  di  venire  divinando  questo  spirito  e  questo  sco- 
po, quando  una  delle  parti  contraenti,  cioe  il  Governo  di  Torino,  per 
tutte  le  sue  mille  bocche  di  Ministri,  Senatori,  Deputati  e  giornalisti  si 
sfiata  a  bandirlo;  e  1'altra  parte  si  tace,  o  parla  solo  per  dichiarare  che  i 
due  Gabinetti  sono  pienamente  d'  accordo?  Pur  ecco  una  nuova  e£  anche 
piu  esplicita  dichiarazione  fatta  nel  Senato.  La  legge,  gia  approvata  dal- 
la  Camera  elettiva,  pel  trasporto  della  Capitale  a  Firenze,  fu  subito,  co- 
me di  ragione,  comunicata  al  Senato,  perche  volesse  prontamente  corre- 
darla  del  suo  suffragio.  II  senatore  Imbriani  fu  incaricato  dalla  Commis- 
sione  dei  varii  ufficii  di  stendere  la  relazione,  con  cui  ragionare  i  motivi 
deirinfaliibile  si.  L' Imbriani,  scaricando  un  nembo  di  nefandissime  con- 
tumelie  contro  il  Governo  pontificio,  ed  affastellando  bestialita  d'  ogni 
maniera,  intrecciate  con  bestemmie  e  con  buffonerie  in  istile  poetico,  eb- 
be  presto  ammannita  la  sua  faccenda.  Ne  vale  la  spesa  di  fame  1'analisi. 
Bensi  puo  giovare  1'  aver  sott'  occhio  un  tratto  di  codesta  relazione,  co- 
piata  per  intero  nsWOpinione  del  28  Novembre,  in  cui  si  pongono  i  risul- 
tati,  che  dalla  Convenzione  del  15  Settembre  si  ripromettono  i  settariine- 
mici  della  Chiesa  e  del  Papato.  Or  ecco  le  proprie  parole  dell'  Imbriani, 
dalle  quali  sono  mirabilmente  confermate  le  dichiarazioni  del  Nigra,  del 
Pepoli,  del  Lanza,  del  La  Marmora,  del  Mosca  e  del  Siede. 

«  Quale  condizione  e  fatta  all'ltalia  dal  trattato?  1.°  II  Re  d'ltalia  in- 
terviene  come  rappresentante  i  diritti  del  popolo  italiano  anche  su  quella 
parte  di  suolo,  che  e  sotto  il  Pontefice;  e,  senza  1'intervento  di  questo, 
stipula  lo  sgombero  dello  straniero  occupatore.  L'alto  diritto  della  tule- 
la  di  ogni  parte  del  suolo  nazionale  e  riconosciuto  nel  Re  d'ltalia. 


CONTEMPORANEA  749 

«  2.'  II  Re  d' Italia  pattuisce  nonsolo  lo  sgombero  francese,  ma  assume 
dichiarativamente  1'obbligo  di  non  lasciar  entrare  nessun  altro  straniero 
nel  territorio  romano.  Cio  vuol  dire  che,  cessando  1'  intervento  attuale, 
s'impe.disce  ogni  intervento  futuro,  dondeche  muova,  e  si  riconosce  1'alto 
diritto  di  impedirlo  nel  solo  Capo  della  nazione  italiana.  E  ove  chiami  il 
Pontefice  1' intervento?  Egli  non  ha  il  diritto  di  farlo,  perche  non  ha  il 
diritto  di  far  violare  dallo  straniero  parte  alcuna  del  territorio  d'  Italia. 
L'eserdto  e  I'armata  d' Italia  lo  meter  anno. 

«  3.°  La  tutela suprema  dell'interesse  religioso cattolico,  che  1'Imperato- 
re  di  Francia,  il  figlio  primogenito  della  Chiesa ,  avea  riunita  tutta  nella 
sua  persona,  rappresentando  le  minori  Potenze  cattoliche,  e  devoluta  al 
Re  d' Italia;  il  quale  si  riserba  di  trattare  direttamente  col  Pontefice  nel- 
Finteresse  della  conciliazione  del  principio  della  liberta  nazionale  col  Pa- 
pato.  E  queste  pratiche  saran  possibili  solo  quando  lo  straniero  avra 
sgombrato  le  rive  del  Tevere,  e  che  il  Pontefice,  lasciato  alle  sue  forze 
autonomiche,  dovrd  accettare  pel  suo  Papato  spirituale  tutte  le  condizio- 
ni  civili  di  governo,  e  riconoscera  che  la  grande  conciliazione  nazionale 
sara  la  salvezza  e  la  glorificazione  del  Papato  spirituale. 

«  4.°  Ancora:  1'Jmperatore,  con  1'aprir  la  via  alle  pratiche  dirette,  per- 
che il  Governo  pontificio  ottenga  dal  Governo  italiano  la  rata  di  debito 
pubblico,  ricadente  sulle  province  oggi  fuse  nel  regno  d'ltalia,  ha  ricono- 
sciuto  solennemente  e  specificamentc  il  diritto  nazionale  sulle  Romagne, 
sulle  Marche  e  suirilmbria ;  e,  col  riconoscere  il  trasferimento  della  sede 
governativa  in  terra  di  plebiscito,  da  1'  ultima  spinta  alle  speranze  dei 
malvagi  sognatori  di  ristorazioni. 

«  5.°  Da  ultimo,  se,giusta  le  previsioni  del  trattato,  il  Governo  ponti- 
ficio vuole  organizzarsi  una  forza  interna,  ei  certo  il  puo.  Ma  se  nol  YO- 
glia,  cio  non  impedira  lo  sgombero  francese  fra  il  biennio.  E  se  lo  voglia, 
il  suo  numero  non  dovra  mai  diventare  una  minaccia  pel  confine  italiano ; 
ed  oltraccio  silTatta  forza  ha  1'obbligo  di  assicurare  la  frontiera,  affinche 

10  scandalo  del  brigantaggio  non  si  abbia  piu  a  deplorare,  —  di  quel  bri- 
gantaggio,  che  vestito  e  pasciuto  coll'obolo  di  S.  Pietro,  di  Roma  muove 
alle  offese-delle  inermi,  innocenti  e  cristiane  popolazioni,  e  lordo  di  stra- 
zii,  di  morti  e  di  saccheggi,  in  Roma  ripara  ed  e  benedetto.  Se  le  nostre 
milizie  di  confine  debbono  far  salvo  dalla  aggressione  il  territorio  ponti- 
ficio, la  forza  pontiiicia  debbe  far  salvo  il  presente  territorio  del  Regno 
italico.  L'  oblio  di  questa  reciprocanza  sard  riparato  e  corretto  dal  no- 
stro  soldato:  Roma  non  e  terra  da  briganti.  »  E  noi  aggiungiamo  che 
neppure  e  terra  da  accovacciarvisi  canaglia,che  latra  come  unlmbriani. 

A  cose  finite,  diremo  poi  come  procedesse  la  discussione  sopra  cio  in 
Senato,  nel  quale,  malgrado  di  una  opposizione  piu  dignitosa  di  quanto 
poteasi  sperare,  la  legge  prevedesi  dover  essere  cerlamente  approvata. 

11  Mamiani,  fin  dal  primo  giorno  della  discussione,  che  fu  alii  29  Novem- 
bre,  ragiono  da  pari  suo  1'  importanza  della  Convenzione ,  syolgendo  tra 


750  CRONACA 

le  altre  anche  questa  tesi :  che  quella  fu  stipulate  per  costringere  la  Santa 
Sede  a  riconciliarsi  con  1'  Italia,  smettendo  i  suoi  non  possumus;  e  che 
percio  fu  fatta  in  modo  da  levare  al  Papa  ogni  speranza  di  aiuti  stranieri; 
che  percio  fu  fatta  a  sua  insaputa;  che  percio  la  guardia  di  Roma  contro 
invasioni  esterne  fu  aliidata  al  Re  d'  Italia,  che  dal  Papa  si  riguarda  come 
nemico;  e  che  percio  ancora  fu  fatla  stipulare  e  firmare  da  tale,  che  fu 
gia  suddito  pontificio,  e  che  prese  p0i  il  Governo  di  Perugia  e  di  Spoleto, 
dopo  che  queste  citta  furono  sottratte  ai  dominii  di  san  Pietro.  Laonde, 
chiunque  vuole  la  conciliazione,  dee  votare  per  la  Convenzione.  11  quale 
ragionamento,  come  quelli  di  tutti  codesti  perfidiosi  edipocriti  conciliatori 
francesi  ed  italiani,  corre  dirittissimo  dai  principii  alle  conseguenze,  ed 
e  pieno  di  logica,  purche  la  parola  conciliazione  s'  intenda  nel  senso  che 
ha  praticamente  verso  la  Santa  Sede,  cioe  di  spogliamento,  oppressione 
ed  assassinio.  Intesa  in  questo  seaso  la  conciliazione ,  si  capisce  subito 
perche  il  Parlamento  raccolto  in  Torino,  e  composto  in  massima  parte  dt 
Framassoni,  abbia  cosi  di  buon  grado  e  con  tanta  pluralita  di  suffragi 
approvato  quel  che  e  destinato  ad  effettuarla. 

4.  Non  cosi  speditamente  pare  che  proceda  la  legge  proposta  dal  Yacca 
per  1'abolizione  compiuta  di  tutti  gli  Ordirii  religiosi,  ed  il  latrocinio  to- 
tale  dei  beni  della  Chiesa;  la  qual  legge,  insieme  con  la  relazione  stesa 
sopra  tal  argomento  da  codesto  settario,  e  riferita  negli  Atti  ufftciali  della 
Camera  dei  Deputati,  num.  1001-02,  pag.  3919-22.  II  Vacca,  per  assi- 
curarsi  il  posto  alia  mangiatoia  dello  Stato,  smaniava  di  superare  il  Pisa- 
nelli  suo  degno  predecessore;  percio  yolle  ritirare  il  disegno  di  legge  che 
costui  gia  avea  preseatato  alia  Camera  elettiya,  e  compilarne  un  altro  piu 
degno  del  diavolo  che  1'  inspirava,  e  piu  proficuo  allo  Stato,  cioe  a  quel 
branco  di  predoni  che  da  tanti  anni  deyastano  1' Italia.  La  quale  cosa, 
con  parole  meno  appropriate  alia  verita,  ma  esprimenti  al  tutto  questo 
tine  da  comunista,  di  prendere  a  chi  ne  ha,  ci  e  dichiarata  dal  Vacca 
stesso  nella  sua  relazione.  Detto  che  la  nuoya  legge  si  deriva  dallo  stesso 
principio  che  gia  1'  altra  del  Pisanelli,  «  cioe  dal  principio,  che  lo  Stato 
ha  plena  facolta  di  disporre  circa  1'esistenza  degli  enti  morali  e  circa  i 
beni  ecclesiastici  »:  il  Yacca  enumera  con  yisibile  compiacimento  le  dif- 
ferenze  che  egli  vi  ha  introdotto ,  aggiungendo  nuove  disposizioni  a  che 
scaturiscono  dalle  piu  larghe  conseguenze  del  principio  anzidetto,  e  danno 
un  suo  proprio  carattere  alia  nuova  proposta  ».  E  qui  son  da  riferire  a 
yerbo  le  parole,  con  cui  cgli  gloritica  il  divisato  latrocinio: 

«  Secondo  il  concetto  fondamentale  del  primo  disegno  di  legge,  lo 
Stato  restringevasi  a  disporre  de'  beni  ecclesiastici  nell'  intento  di  fame 
un  piii  equo  riparto,  ma  li  conservava  intatti  alia  loro  originaria  destina- 
zione,  ne  mirava  a  yerun  proprio  diretto  yantaggio,  fuorche  a  quelio  di 
sgrayare  il  bilancio  da  qualsiyoglia  assegnazione  per  ragione  di  culto.  In- 
•vece,  secondo  la  economia  del  nuoyo  disegno,  lo  Stato  si  prefigge  di 
yolgere  a  suo  protitto  una  ragguardeyole  parte  di  beni  ecclesiastici,  e  di 


CONTEMPORANEA  751 

ritirare  utilita  rilevanti  dalla  trasforraazione  a  che  intende  assoggeltare 
I*  intiera  massa  del  beni  medesimi,  raentre  dura  pur  sempre  nel  proposito 
di  promuovere  il  miglioramento  delle  condizioni  del  maggior  numero  de- 
gli  usufruttuarii  diessi  beni,  vale  a  dire  de'  parroci,  i  quali,  per  la  natura 
de'  loro  oflicii,  sono  raccomandati  alia  benevolenza  di  tutta  la  nazione. 

«  I  provvedimenti  a  che  si  fa  luogo  in  forza  di  queslo  nuovo  disegno 
di  legge,  come  derivano  dalle  maggiori  conseguenze  del  principio  sovra 
esposto,  cosi  hanno  riscontro  in  altri  che  furono  adoltati  nel  secolo  scorso 
e  nel  presente,  in  queste  e  in  altre  contrade,  da  Governi  civili  di  ogni  for- 
ma, e  che  furono  suggellati  dalla  sanzione  del  tempo  e  dall'assentimento 
tacito  od  espresso  degl'  interessati  e  dalla  stessa  suprema  autorita  eccle- 
siastica,  usa  a  rispettare  1'  autorita  dei  fatti  compiuti.  Essi  poi  vengono 
senza  piu  determinati  dallo  stesso  intendimento,  onde  furono  recati  in  atto 
presso  altre  nazioni,  non  meno  sollecite  della  nostra  degli  interessi  reli- 
giosi  e  morali;  voglio  dire  dan"  intendimento  di  recar  sollievo  alia  condi- 
zione  del  pubblico  erario,  la  quale  ora  e  tale  presso  di  noi  da  imporre  al 
paese  i  piu  gravi  sacrifizii,  e  da  richiedere  che  non  si  ponga  tempo  ia 
mezzo  ad  abbracciare,  di  grande  animo,  tutti  i  partiti  che  possano  giovare 
a  ristorarla,  e  quelli  di  preferenza  che,  o  in  queste  stesse  contrade  od  in 
altre,  vennero  abbracciati  nelle  medesime  contingenze.  Intorno  a  cio  non 
e  mestieri  ch'  io  m'  indugi  a  lunghe  parole:  bastera  che  vi  richiami  a 
quei  senlimenti,  che  furono  in  voi  suscitati  dalla  recente  esposizione,  che 
vi  yenne  posta  dinanzi,  dello  stato  delle  finanze  nazionali.;  sentiment!  che 
ripercossero  di  fermo  ne'  petti  di  quanti  sono  cittadini  italiani  degni  del- 
1'alto  nome,  e  che  debbouo  avere  indotto  in  tutti  questo  generate  convin- 
cimento :  che  corre  oggi  una  stagione,  in  cui  bisogna  postergare  ogni  cosa, 
ed  anche  il  culto  delle  dottrine  piu  consentite,  anche  1'ossequio  delle  tra- 
dizioni  piu  predilette,  alle  supreme  necessita  della  patria !  » 

Tutto  questo  discorso  che,  svestito  della  fraseologia  avvocatesca,  sta- 
rehbe  benissimo  in  bocca  a  qualsiasi  caporale  di  ladroni ,  si  riduce ,  co- 
m'e  chiaro,  a  dire  cosi :  Signori !  Noi  abbiamo  pronunziato  che  chi  rie- 
sce  ad  afferrare  un  portafoglio  di  Ministro  risponsabile ,  diventa  padro- 
ne per  cio  stesso  di  violare  anche  lo  Statuto  ,  che  guarentiva  1'  esistenza 
dei  Corpi  religiosi  e  morali,  e  rinviolabilita  dei  loro  beni.  Per  noi  libito 
e  licito  sono  una  cosa  sola.  Or  bene  !  Voi  sapete  che  1'  erario  fu  lasciato 
da'  nostri  predecessor!  spazzato,  netto  e  senza  il  becco  d'un  quattriuo.  A 
questo  modo  non  si  puo  andare  innanzi.  Ye  1'  ha  dimostrato  1'  onorevole 
mio  Collega,  il  ministro  Quintino  Sella.  Altri  Governi  in  tali  congiunture 
nen  si  fecero  scrupolo  di  esercitare  in  grand!  proporzioni  quella  onesta 
industria,  la  quale.  esercitata  in  piccola  misura,  frutta  soltanto  la  carcere 
e  la  galera ;  essi  rubarono  i  beni  alia  Chiesa,  e  tosto  o  tardi  gli  spogliati, 
non  avendo  cannon!  e  baionette  da  farsi  restituire  il  rubato,  si  rassegna- 
rono  a  tacere  e  fame  senza.  Animo  dunque !  Pigliamo  tutto,  e  facciamola 
finita.  II  Pisanelli ,  troppo  scrupoloso,  diceva  di  voler  almeno  lasciar 


CRONACA 

ad  uso  di  Chiesa  codesti  beni,  e  soltanto  francar  d'ogni  spesa  lo  State. 
Queste  sono  miserie !  Tagliamo  corto,  e  mettiamo  tutto  nelle  Gasse  dello 
Stato,  e  non  ci  lasciamo  impacciare  da  rattenti  indegni  di  noi ,  cioe  da 
risguardi  d'onesta  e  giustizia  ;  perche  «  corre  oggi  una  stagione  in  cui 
bisogna  postergare  ogni  cosa  .  . .  alle  necessita  della  patria  »  e  della  no- 
stra  mangiatoia. 

A  cosi  cinica  teorica  rispondevano  egregiamente  i  tre  Titoli  ed  i  41 
articoli  dello  schema  di  Legge.  Aboliti  tutti  gli  Ordini  religiosi ,  i  Gapi- 
toli  delle  chiese  collegiate,  le  Abbazie,  i  benefizii,  le  Cappellanie  laicali, 
le  Confraternite,  le  istituzioni  pie  d'ogni  genere  e  specie. 

Levati  cosi  di  mezzo  i  proprietarii,  si  getterebbeper  carita  ai  Vescovi, 
Canonici,  Parochi  od  usufruttuarii  im  modico  salario  ,  die  si  paghereb- 
Le  ,  ben  inteso  ,  quando  s*  avessero  denari  di  soverchio ;  e,  per  togliere 
ogni  speranza  di  restituzione,  i  beni ,  comprese  le  case  ed  i  Conventi  r 
sarebbero  yenduti ,  ed  il  loro  yalore  inscriito  nel  Gran  libro  del  debito 
pubblico,  per  usarne  poi  le  rendite  a  fornire  i  predetti  salarii ,  e  far  go- 
dere  il  resto  allo  Stato. 

Generale  fu  1'indignazione  eccitata  da  questo  schema  di  legge.  Mol- 
ti,  persino  dei  piu  eccessivi  tra  i  ristauratori  dell'  ordine  morale,  come 
il  Ricasoli,  ne  furono  stomacati,  non  in  quanto  era  spogliamento  de'  le- 
gittimi  possessori ,  ma  in  quanto  la  roba  cosi  rapita  deputavasi  a  libera 
disposizione  dello  Stato  in  massima  parte,  invece  di  conservare  almeno 
quella  maschera  d'  ipocrisia  ,  con  cui  il  Pisanelli  si  proponeva  di  far  lo 
stesso,  assegnando  ad  usi  di  Chiesa  i  beni  rubati  alia  Chiesa.  Altri  ne 
furono  olfesi,  come  d'un  bando  troppo  manifesto  di  ladroneccio  e  comu- 
nismo,  ricordandosi  dell'  Hodie  tibi ,  eras  mihi.  Altri ,  come  il  Diritto  , 
Bon  ne  furono  content!,  perche  lasciava  ancora  qualche  reliquia  di  Ordini 
religiosi ,  tollerando  che  monache  e  frati  potessero  continuare  a  viyere 
secondo  la  loro  regola  in  qualche  Convent® ,  dove  il  Goyerno  li  ammuc- 
chierebbe  a  spegnersi  nella  miseria.  Altri  poi  1'avyersarono,  come  i  De- 
putati  dell'Isola  di  Sicilia  ,  perche  temeano  di  yeder  cosi  impoverire  il 
loro  paese  ,  ingoiandosi  dal  mostro  impersonale  che  e  lo  Stato  i  lesori 
che  cola  possiede  ancora  la  Chiesa. 

Fatto  sta  che  negli  ufficii  della  Camera  si  manifesto  un'  opposizione 
grandissima  contro  lo  schema  del  Yacca;  e  fin  or  a  si  puo  spe.rare  che 
debba  essere  reietto.  Ma  non  bisogna  dimenticarsi  che,  solto  la  domina- 
zione  de'  liberal!,  se  muore  un  lupo,  risuscita  un  orso. 

II  deputato  Macchi,  quando,  alii  3  Novembre,  incalzaya  il  Ministero 
a  presentare  presto  un  disegno  di  legge,  all'intento  gia  proposto  nell'altro 
del  Pisanelli,  oso,  con  quella  perfidia  che  e  propria  de'  settarii ,  di  affer- 
mare  che  tale  abolizione  degli  Ordini  religiosi  era  «  non  soltanto  nei  de- 
siderii  e  nei  voti  piu  vivi  della  nazione,  ma  altresi  nei  desiderii  di  molti 
fra  coloro  stessi  che  ora  sono  vittime  degli  ordinamenti  monastic!  ».  II 
-benemerito  giornale  Y  Armonia,  n.  265,  respinse  subito  e  fortemente,  an- 


CONTEMPORANEA 


753 


cheinnome  di  molti  religiosi  indignatissimi  di  talcalunnia,  Tinsulto 
contenuto  in  quelle  parole  del  Macchi,  ed  invito  i  diarii  cattolici  a  fare 
altrettanto,  e  si  offeri  a  stampare  le  protestazioni  in  contrario ;  e  queste 
si  ebbero  subito  e  bellissime.  Inollre  si  corainciarono  a  firmare  petizioni 
al  Senato  contro  quella  iniqua  proposta  di  legge.  Ma,  dove  questa  tor- 
Basse  accetta  alia  congrega  massonica ,  tali  petizioni  avrebbero  V  esito 
delle  moltissime  altre  fatte  per  soraiglianti  disegni ;  cioe  un  Senatore  mi- 
nisteriale  proporrebbe  di  passare  all'  ordine  del  giorno,  la  pluralita  mi- 
nisteriale  farebbe  di  cappello ,  e  il  Governo  getterebbe  nel  dimentica- 
toio  quelle  carte  importune. 

5*.  Ne  questa  e  pura  congettura  fatta  per  malignita,  ma  conseguenza 
legittima  che  scende  dall'induzione  intorno  a  fatti  di  simil  genere.  Qual 
conto  tenne  mai  il  Governo  od  il  Parlamento  di  Torino  dei  tanti  ragiona- 
tissimi  e  troppo  giusli  richiami  di  tutto  1'  Episcopate  italiano,  contro  le 
continue  usurpazioni  perpetrate  dai  Ministri  di  Grazia  e  Giustizia,  della 
Istruzione  pubblica,  delle  Finanze,  della  Guerra  edegli  Aflari  interni?  Si 
continue  3d  opprimere,  a  spogliare,  ad  occupare  Conventi  e  Seminarii, 
a  gettare  in  istrada  le  Monache,  a  far  violenza  a'  preti,  a  carcerare  Ve- 
scovi  e  Cardinali,  a  metier  mano  nelle  cose  sante,  senzariguardo  veruno; 
He  piu  ne  meno  che  se  le  protestazioni  dell' Episcopate  non  fossero  mai 
avvenute. 

Tuttavolta  e  mirabile  la  coslanza  con  cui  i  presenti  pastori  del  gregge 
cattolico  in  Italia  tengono  fermo,  con  perfetta  concordia  fra  loro,  con  rara 
intrepidezza  verso  il  Governo,  con  ardente  zelo  per  la  causa  di  Dio  loro 
commessa  a  difendere ;  sicche  appena  troveresti  nella  storia  ecclesiasti- 
ca  un  simile  esempio  di  virtu  evangelica,  praticata  con  si  uniforme  e  di- 
sciplinata  valentia  da  tutto  un  corpo  episcopale,  cosi  numeroso  e  di  regio- 
ni  al  tempo  stesso  cosi  diverse. 

L'Armonia  di  Torino  pubblic6,  nel  suo  foglio  del  15  Novembre,  i  ri- 
cbiami  indirizzati  al  re  Yittorio  Emmanuele,  dall'  Episcopate  della  provin- 
cia  ecclesiastica  Modenese  e  Parmense ,  contro  la  sacrilega  intrusione  del 
regio  Placet  nella  nomina  de'Parrochi,  Curati,  o  Yicarii  spirituali. 
Quindi,  alii  19  Novembre,  simigliante  atto,  per  lo  stesso  motive,  firmato 
datulti  i  Vescovi  e  Yicarii  Capitolari  della  Toscana.  Poi,  sotto  il  22  No- 
vembre,  quelli  dei  Yescbvi  delle  Province  ecclesiastiche  di  Torino  e  di 
Genova,  contro  il  disegno  di  legge  del  Pisanelli,  sopra  1'abolizione  degli 
Ordini  religiosi  e  la  rapina  dei  beni  di  Chiesa.Da  ultimo,  alii  30  Novem- 
bre, la  nuova  protestazione  solenne,  spedita  dai  Yescovi  della  provincia 
di  Torino  al  Guardasigilli,  contro  le  nuove  usurpazioni  commesse  coll'e- 
stendere  il  regio  Placet  e  1'  Exequatur  a  materie  che  violano  tutti  i  di- 
ritti  ed  inceppano  in  ogni  parte  la  liberta  necessaria  alia  Chiesa. 

OKre  di  che,  nel  giorno  21  Novembre,  MonsignorRenaldi,Yescovo  di 
Pinerolo,  e  Monsignor  Zappata,  Yicario  Capitolare  di  Torino,  presenta- 
Serie  V,  wl  XII,  fasc.  354  18  10  Decembre  1864. 


754  CRONACA 

rono  al  Barone  Manno,  presidente  del  Senato ,  una  protestazione  collet- 
tiva,  in  forma  d'indirizzo,  dei  Vescovi  ed  Ordinarii  diocesani  delle  pro- 
vince ecclesiastiche  di  Torino,  Vercelli  e  Genova,  contro  il  nuovo  disc- 
gno  di  Matrimonio  civile,  che  1'ipocrisia  del  Pisanelli  inseri  ed  affogo, 
per  cosi  dire,  in  mezzo  alia  faraggine  delle  leggi  da  approvarsi  nel  nuovo 
Godice  civile.  Vedendo  che  a  presentar  la  cosa  spiccata,  in  forma  di  leg- 
ge  speciale,  s'  incontravano  sempre  forti  difficolla,  il  tristo  curiale  si  ri- 
promise  di  farla  passare,  quando  fosse  circondata  da  tutto  quel  corteggio 
d'altre  leggi ,  in  forma  di  disposizione  accessoria  e  secondaria  a  compi- 
niento  degli  ordinamenti  civili.  I  tratti  piii  rilevanti  di  colesta  sapiente  e 
forte  scrittura  episcopale  vennero  poi  riferiti  da\\' Armenia  stessa  del  25 
Novcmhre ;  e  si  sa  che  e  accertata  la  piena  adesione  dell'  episcopato  del- 
F  isola  di  Sardegna. 

Ognuno  comprende  che  ci  e  impossible  di  dare  qui  un'  analisi,  od  an- 
cheun  epilogo  di  questi  bellissimi  atti,  i  quali,  e  pel  loro  nuraero  e  per 
la  loro  ampiezza,  basterebbero  a  formare  un  prezioso  volume.  Laonde  ci 
dobbiarno  tener  paghi  ad  averli  indicati  allo  studio  degli  uomini  onesti, 
che  vogliono  essere  posti  al  sicuro  del  pericolo  di  giudicare  come  scusa- 
bili,  per  ragioni  di  congiunture  critiche,  gli  atti  violenti  ed  iniqui  del 
Governo  rivokizionario,  in  opposizione  della  Chiesa. 

6.  Finche  il  Gabinetto  delle  Tuileries  fa  da  tutore  e  curatore  al  pupil- 
lo  suo  Regno  d' Italia ,  quello  di  Torino  puo  star  sicuro  che  niuna  forza 
umana  si  muovera  a  chiedergli  ragione  delle  sue  enormezze  e  ribalderie; 
e  percio  potra  insultare,  e  calpestare,  e  spogliare,  e  sterminare  cose  e 
persone  di  Chiesa,  come  piu  gli  talenta.  Ma  verra  pureanche  per  lui  il 
giorao  della  giustizia  di  Dio,  che  scende  tanto  piu  severa,  quanto  piu  lon- 
gaiiime  fu  la  sua  clernenza.  Tuttavia,  se  ora  non  si  scorge  uomo  o  Po- 
tenza  in  istato  di  porre  argine  al  traboccare  della  tirannide  settaria,  ben 
si  puo  presumere  che  essa  si  struggera  nei  proprii  eccessi  e  che  il  casti- 
go  agli  oppressori  verra  da  quelle  stesse  fazioni,  onde  si  servono  a  con- 
summarei  loro  delitti.  Nei  precedenti  quaderni  abbiamo  toccato  di  volo 
i  moti  garibaldeschi  avvenuti  nel  Veneto.  Le  raunate  popolari  tenute  a 
Torino,  sotto  gli  occhi  del  Governo,  e  presiedute  daDeputati,  perpro- 
cacciare  aiuti  ai  sollevati;  le  spedizioni  d'  uomini  e  d'armi  e  di  denaro; 
le  collette  percio  fatte ;  le  parole  d'  incoraggiamento  de'  giornali  ufficiosi 
sotto  forme  di  melato  biasimo;  il  gran  caso  che  di  que'  moti  si  fece  da 
varii  giornali  ufficiosi  di  Francia,  come  se  per  quelli  dovesse  tra  poco  es- 
sere posta  in  mezzo  dipiomaticamente  o  guerrescamente  la  questione  ve- 
neta;  questi  e  simili  altri  argomenti  son  piu  che  bastevoli  a  far  sospet- 
tare,  che  a  Torino  eParigi  si  fossero  macchinate  quelle  rivolture,  e  quelle 
spedizioni  di  briganti  Garibaldini ,  che  poi  la  Gazzetta,  ufficiale  vanto  es- 
sere state  energicamente  impedite.  E  furono  appunto  impedite,  ma  solo 
allora  che  appariva  manifesta  1'  impossibilita  della  riuscita. 


CONTEMPORANEA  755 

Tuttavia  i  Garihaldini ,  per  quelle  lustre  di  contrasto ,  non  ismisero  il 
proposito  a  cui  erano  forse  sotto  mano  incoraggiti  e  sostenuti  dal  Gover- 
no  stesso ;  ed  in  fatti  put*  teste,  come  tulli  sanno,  earn  d'armi  e  di 
munizioni  si  spedirono  dalle  parti  del  Mantovano ;  ed  il  Tolazzi  e  1'An- 
dreuzzi,  i  piii  ardimentosi  tra  i  capi  delle  piccole  bande  de' sollevati, 
avendo  potuto  sfuggire  allo  inseguiraento  delle  milizie  austriache,  diconsi 
ospitati  in  Bologna,  come  martiri  della  santa  causa.  Ed  i  Ministri  nelle 
Camere  non  cessano  dal  bandire  che  bisogna  star  pronti ,  perche  1'  un  di 
o  1'altro,  se  1'Austria  non  si  ritira  alle  buone  dal  Veneto ,  si  dovra  anda- 
re  a  discacciarnela  con  la  forza,  e  che  in  cio  si  avranno  poderosi  alleati. 
Dunque  continuano  le  mene,  ma  altresi  la  commedia;  cioe  il  Governo 
diplomaticamente  Simula  di  yoler  contenere  i  Garibaldini ;  e  questi  non 
se  ne  danno  per  intesi;  il  Garibaldi  loro  comanda  di  fare,  ed  essi  fanno. 
Ecco  un  brano  della  lettera,  scritta  dalla  Caprera,  il  15  Noyembre ,  dal 
Garibaldi  ad  un  tristo  Asproni ,  e  pubblicata  nel  Popolo  a"  Italia  :  «  Ai 
giovani  che  vi  chiedono  sul  da  farsi ,  dite  loro :  che  essi  sono  soldati  di 
una  causa  santa  che  deve  trionfare  alfine ,  e  che  quindi  preparino  1'ani- 
ma  ed  il  corpo ,  da  yalere  uno  per  dieci ;  che  schiavi  ed  oppressor!  stra- 
nieri  sono  molti ;  e  non  manchera  loro  da  fare.  Intanto  s  aiutino  i  Vene- 
ti.  Yostro  G.  GARIBALDI  ». 

II. 

COSE  STRANIERE. 

•f*\:,  i      :    i:-".*lf..f»' 

IMPEUO  D' AUSTRIA  1.  II  Conte  Rechberg  smette  la  carica  di  Ministro  sopra 
gli  affari  esternl ;  gli  succede  il  Mensdorff-Pouilly  —  2.  Riaperlura  del 
Reichsrath;  discorso  ddl'Imperatore  —  3.  Patto  di  famiglia  coll'Arcidu- 
ca  Massimiliano,  per  Taccettazione  della  corona  del  Messico  —  4.  Con- 
dizloni  del  debito  pubblico  delPlmpero;  emissione  di  un  imovo  impre- 
stito  —  5.  Moti  garibaldeschi  nel  Yeneto ;  loro  efiicace  repressione. 

1.  II  Conte  Rechberg  avea,  con  atto  d'insigne  abnegazione,  accettato 
dair  Imperatore  I'ufficio  di  Ministro  sopra  gli  affari  esterni ,  in  una  delle 
piii  critiche  congiunture,  cioe  dopo  i  disastri  di  Magenta  e  di  Solferino; 
e  lasuadevozioneall'augusta  Casa  d'Absburgo  non  vacillo  mai  in  mezzo 
ai  contrasti  piu  accaniti ,  che  gli  furono  mossi  da  ogni  parte,  appunto  per- 
che forse  il  suo  liberalismo  non  era  della  stessa  tempera  che  quello  del 
signor  Schmerling,  Ministro  di  Stato,  ed  i  suoi  principii  non  si  conforma- 
vano  al  tutto  con  quelli  dddiritto  nuovo.  I  diarii  politici  ufficiosi,  che 
sono  quasi  tutti  sotto  1'  influenza  dello  Schmerling,  da  gran  pezza  si  erano 
scatenati ,  con  incredibile  violenza ,  contro  il  Rechberg ,  accagionandolo 
di  tutti  gl'  inconvenienti  che  di  dentro  e  di  fuori  altenuavano  T  influenza 
diplomatica  e  la  prosperita  finanziera  dell' Austria.  Lo  Schmerling,  come 
Ministro  di  Stato,  avea  di  dirilto  la  direzione  del  Consiglio  dei  Minislri; 


756  CRONACA 

ma  il  Rechberg  ,  per  1' influenza  personale  acquistata  quando  entro  nel 
Gabinetto,  spesso  esercitava  quelle  attribuzioni.  Quindi  frequent!  i  dissi- 
dii,  gli  stiracchiamenti  ed  i  conflitti.  Riusciti  a  nulla  i  tentativi  per  la 
riforma  federale;  rimaste  senza  effetto  le  pratiche  per  rinforzare  con  nuo- 
ve  alleanze  I'  Austria;  cresciuto  il  predominio  prussiano  inmodo  da  inge- 
losire  la  Potenza  austriaca ;  nonottenuti  dalla  guerracontro  laDanimarca 
quei  risultati  che  speravansi  per  1'alleanza  con  la  Prussia ;  durando  sem- 
pre,  quali  erano,  le  relazioni  troppo  scabrose  con  la  Russia,  conl'Inghil- 
terra  e  con  la  Francia :  di  tutto  recavasi  la  colpa  al  Rechberg. 

L' ultimo  colpo  gli  venne  in  capo  per  la  Convenzione  franco-italiana 
del  15  Settembre.  Gli  attacchi  de'liberali  raddoppiarono  allora  con  tanta 
persistenza  ed  asprezza  ,  che  il  Rechberg  credette  di  dover  lasciare  li- 
bero  il  carapo  a  chi  glielo  contrastava  ,  e  cosi  fare  che  1'  Imperatore  po- 
tesse  dare  alia  politica  del  suo  Governo  quell'  indirizzo,  che  piu  gli  an- 
dasse  a  genio.  Pertanto  insistette  sul  chiedere  la  sua  rinunzia,  e  1'otten- 
ne  in  termini  assai  onorifici;  poiche  1'Imperatore,  non  solo  il  yolle  fregiare 
delle  insegne  dell'Ordine  del  Tosone  d'oro,  ma,  se  evero  quanto  dicesi, 
lascio  designare  da  lui  il  successore  ,  che  fu  il  sig.  Mensdorff-Pouilly , 
personaggio  di  nobilissimo  casato,  che  ha  vincoli  di  affinita  colla  reale  fa- 
miglia  d'  Inghilterra,  ed  e  accetto  anche  alia  Russia.  Difatto  egli  era  Go- 
vernatore  della  Gallizia,  dove  con  mano  assai  ferma  contenne  que'  po- 
poli ,  si  che  non  dessero  di  spalla  a'  sollevati  Polacchi ;  il  che  per  certo 
non  dovette  essere  discaro  alio  Czar.  II  Mensdorff  entro  in  ufficio  alii  28, 
con  una  Circolare  ai  rappresenlanti  diplomatic! ,  in  cui  dichiaro  di  voler 
porre  massimo  studio  nel  mantenere  le  buone  relazioni  dell' Austria  con 
tutte  le  Potenze  straniere ,  e  percio  promovere  una  politica  conciliativa , 
intesa  alia  conservazione  della  pace  europea. 

Quanto  al  suo  programma  politico  ,  il  Memorial  diplomatique  del  20 
Noyembre ,  come  se  1'  avesse  sott'occhio  hello  e  disteso ,  ne  sciorino  le 
piu  belle  e  savie  cose  del  mondo.  Ma  questo  periodico  oggimai ,  per  le 
sue  smaccate  cortigianerie  e  pei  granchi  a  secco  che  va  pigliando  con 
troppa  facilita  ,  perdette  gran  parte  del  suo  credito ;  sicche  e  fu  messo 
in  canzone  da  quasi  lutti  gli  altri  giornali ,  e  sembra  non  conservare  al- 
tro  pregio,  che  quello  del  riferire  distesamente  i  piu  important!  document! 
diplomatic'!. 

Ma  della  dimissione  del  Rechberg  e  dei  disegni  del  suo  successore , 
ecco  quanto  leggeasi  nella  Gazzetta  austriaca: 

«  Crediamo  che  non  saravvicangiamento  di  sistema,  fmo  a  che  1' Austria 
avra  per  principio  di  tenersi  in  buoni  rapporti  coi  suoi  vicini,  e  di  avere 
relazioni  amichevoli  con  tutti  gli  Stati.  L'Austria  ha  bisogno  di  riposo,  e 
bisogaa  che  si  raccolga.  Ne  le  nostre  condizioni,  ne  quelle  del  tempo  sono 
favorevoli  ad  audaci  sperimenti  nel  campo  della  politica  esteriore.  L'Au- 
stria deve  lasciar  venir  le  cose,  senza  provocarle,  ma  impadronirsene  con. 
risolutezza  ed  energia.  A  giudicarne  dagli  ultimi  anni,  il  conte  di  Rech- 


CONTEMPORANEA  757 

berg  non  aveva  piu  quella  fermezza  e  quell'avvedimento  sicuro,  ed  e 
cio  che  1'  ha  fatto  rinunciare  al  suo  portafoglio.  Se  vi  si  vede  un  cangia- 
mento  di  sistema,  I'avvenimento  certo  d'una  politica  piu  energica,  d'una 
altitudine  piu  ferma  rispetto  all'esterao,  si  potra  aver  ragione.  Non  biso- 
gna  dimenticare  che  la  politica  europea  ha  subito  una  trasformazione  nel 
suo  insieme,  che  le  alleanze  fondate  sui  principii  sono  scomparse,  e  non  si 
conchiudono  piu  che  in  proporzione  dei  bisogni  moraentanei.  Un  ministro 
degli  affari  esterni  non  puo  essere  oggi  che  per  una  politica  di  opportuni- 
ta,  e  speriamo  che  sara  quello  che  fara  il  nostro  Ministro.  » 

2.  Firmata,  alii  30  Ottobre,  la  pace  con  la  Danimarca,  il  quale  atto  , 
per  volonta  espressa  dell' Imperatore ,  fu  sottoscritto  dal  Rechberg,  si 
riapri  in  Vienna,  alii  14  Novembre,  il  Consiglio  dell'Impero,  oReichsrath, 
che  era  stato  convocato  con  patente  imperiale  del  19  Ottobre.  L'  impe- 
ratore  Francesco  Giuseppe ,  coll'usata  pompa ,  e  circondato  da  Cortema- 
gnifica,  recito  un  elaborato  discorso,  in  cui  annunzio:  essere  sua  volon- 
ta convocare  il  Reichsrath  ristretto  ,  dopo  terminata  la  presente  sessio- 
ne;  sperare  che  1'azione  costituzionale,  che  va  svolgendosi  in  Transil- 
vania,  potra  essere  ripresa  da  pertutto  nella  meta  orientale  dell'  Impero, 
e  voler  comunicare  il  patto  di  farniglia,  stipulato  coll'Arciduca  Massimi- 
liano.  Poi  soggiunse  queste  parole:  «  Animato  dal  vivo  desiderio  di  coo- 
perare  al  mantenimento  ed  al  consolidamento  della  pace  generale ,  io  mi 
compiaccio  della  buona  intelligenza  e  delle  amichevoli  relazioni  che  re- 
gnano  fra  il  mio  Governo  e  le  altre  grandi  Potenze  dell'Europa.  Io  non 
cessero  di  coltivare  con  diligenza  queste  relazioni ,  e  di  fare  quanto  mi 
sara  possibile,  per  tenere  lontane  del  mio  Impero  esterne  complicazioni, 
essendo  al  presente  occupato  di  questioni  interne  di  tanta  gravita».  Poi 
celebrate  le  iraprese  dell'  esercito  nella  guerra  contro  la  Danimarca  ;  ri- 
cordato  che  i  moti  di  Polonia  avean  renduti  necessarii  provvedimenti 
energici  di  vigilanza  e  repressione  in  qualche  provincia,  a  tutela  del- 
1'ordine  pubblico ,  si  rallegro  d'annunziare  che ,  gia  migliorate  le  condi- 
zioni  interne  ed  esterne  di  quelle,  vi  si  erano  mitigate  quelle  misure  di 
severita.  Qui  si  stese  in  parlare  delle  fmanze,  deH'amministrazione  del- 
la  giustizia,  dei  disegni  di  leggi  gia  preparati ,  e  che  si  dovrebbero  di- 
saminare  per  le  opportune  migliorie  in  piu  rami  della  pubblica  ammini- 
strazione ;  e  fiui  esprimendo  piena  fiducia  nella  Provvidenza  e  nella  fe- 
delta  e  nell'amore  dei  popoli. 

Interminabili  applausi  accolsero  le  parole  che  accennavano  al  compo- 
nimento  sperato  con  1'  Ungheria,  ed  al  mantenimento  della  pace. 

3.  II  patto  di  famiglia,  stipulato  coll'Arciduca  Ferdinando  Massimilia- 
no ,  quando  questi  si  risolvette  d'acceltare  1'offertagli  corona  dell'  Impe- 
ro del  Messico,  oltre  che  e  documento  di  molta  importanza  perse  stesso, 
mostrando  che  per  quell'atto  niun  impegno  fu  contralto  verso  chicches- 
sia  dalla  Corona  e  dal  Governo  austriaco ,  e  degno  di  essere  qui  riferito 
distesamente,  anche  per  dileguare  le  incertezze  in  che  versa\a  tal  fac- 


758  CRONACA 

cenda,  quando  noi  ne  abbiam  trattato  nel  Vol.  X,  pag.  365-72.  Eccone 
il  testo ,  volto  da  quel  che  leggesi  nel  Memorial  diplomatique  del  27 
Novembre : 

«  Avendo  il  serenissimo  signer  Arciduca  Massimiliano  fatto  conoscere 
a  S.  M.  I.  R.  Apostolica  di  yoler  accettare  1'offertogli  trono  del  Messico, 
e  di  fondare  cola,  col  diyino  aiuto,  un  impero;  S.  M.  prese  in  considera- 
zione,  in  un  consiglio  di  famiglia  a  tal  uopo  tenuto,  le  condizioni  sotto  le 
quali  i  suoi  doveri  di  regnante,  che  gli  competono  come  capo  supremo 
della  Casa  imperiale,  gli  permettessero  di  impartire  a  S.  A.  imperiale  la 
soyrana  adesione  a  quest' atto  di  Stato.  In  seguito  a  cio  furono  stabilite 
fra  S.  M.  1'  Imperatore  da  un  lato,  e  S.  A.  1.  il  serenissimo  signor  Arci- 
duca  Ferdinando  Massimiliano  dall'altra,  le  seguenti  disposizioni : 

«  Art.  1..S.  A.  1.  il  serenissimo  signor  Arciduca  Ferdinando  Massimilia- 
no rinunzia,  per  la  sua  persona  e  per  i  suoi  discendenti,  alia  successione 
al  trono  deU'impero  d' Austria  e  di  tulti  i  regni  e  le  province  che  ad  esso 
appartengono,  se'nza  eccezione,  in  favore  degli  altri  rami  della  Casa  im- 
periale di  genere  mascolino,  che  hanno  diritto  di  successione,  e  dei  loro 
discendenti  maschi;  in  modo  che  (sino  a  tanto  che,  in  seguito  delle  leggi 
esistenti  nella  Casa  d'Austria  sull'ordine  di  successione,  ed  in  ispecie  in  se- 
guito della  legge  di  famiglia  stabilita  dall'imperatore  Carlo  Ylal  19  Apri- 
le  1713,  sotto  il  nome  di  prammatica  sanzione,  come  pure  dello  statuto 
di  famiglia,  stabilito  da  S.  M.  1'  imperatore  Ferdinando  I  al  3  Febbraio 
1839,rimarra  alcuno  degli  Arciduchi  chiamati  alia  successione,  o  dei  di- 
scendenti maschi,  anche  del  piu  lontano  grado)  ne  S.  A.  I.  ne  i  suoi 
discendenti,  ne  qualunque  altro  in  loro  nome,  potra  in  alcun  tempo  ele- 
vare  la  menoma  pretensione  sulla  suddetta  successione. 

«  Art.  II.  Tale  rinunzia  si  estende  pure  a  tutte  la  facolta  inerenti  al 
diritto  di  successione;  quindi  anche  ai  cliritti  fondati  sotto  certe  condi- 
zioni nello  statulo  di  famiglia,  per  la  tutela  d'  un  successore  al  trono  mi- 
norenne. 

«  Art.  III.  Se  avvenisse  pero,  Dio  guardi !  che  tutti  gli  altri  serenissi- 
mi  Arciduchi  e  i  loro  discendenti  maschi,  poziori  per  diritto  di  primoge- 
nitura  od  eta,  dovessero  estinguersi,  S.  A.  I.  si  riserva  per  questo  caso, 
tanto  per  se,  quanto  per  i  suoi  discendenti  maschi  che  derivano  da  ma- 
trimonii  legittimi  non  interrotti,  e  di  nascita  uguale,  corrispondenti  alle 
situazioni  e  agli  usi  della  Casa  imperiale,  tutti  i  suaccennati  diritti  di  suc- 
cessione, come  pure  tutti  quelli  che  spettano  all'A.  S.  I.  in  forza  dell'isti- 
tuto  austriaco  di  primogenitura,  e  del  suddetto  stato  di  famiglia  nella 
miglior  forma,  nel  qual  caso  la  rinunzia  espressa  nell'Art.  I  non  puo  esse- 
re  d'alcun  danno  ne  all'A.  S.  1.  ne  ai  suoi  successor'!.  Quanto  alia  discen- 
denza  femminile,  che  perviene  alia  successione  soltanto  dopo  1'estinzione 
della  linea  maschile,  essa  rimane  intatta  nell'ordine  fondato  sulle  men- 
toyate  prescrizioni  di  successione.  In  ogni  caso  pero  i  serenissimi  sue- 


CONTEMPORANEA  759 

cessori  di  S.  A.  I.  non  possono  pervenire  alia  successione  al  trono,  senoa 
allora  che  appartengono  alia  fede  cattolica. 

«  Art.  IV.  S.  A.  I.  dichiara  inoltre  che  essa  rinunzia,  per  se  e  per  i 
suoi  discendenti  di  sesso  maschile  e  leraminile,  a  tutti  quei  diritti  ed  a 
tutte  le  pretension!  che  spettano  all'  A.  S.  o  potrebbero  spettarle  in  for- 
za  di  parentela,  nascita  od  osservanza,  al  presente  e  al  future,  sul  patri- 
monio  dell'augusta  Casa  imperiale,  sotto  le  seguenti  restrizioni : 

«  a)  Che  sia  riservato  a  S.  A.  1.  e  suoi  discendenti,  pel  caso  di  straor- 
dinarii  avvenimenti  che  avessero  per  conseguenza  un  essenziale  cambia- 
mento  nelle  sue  condizioni  novamente  stahilite,  il  diritto  alle  pretensioni 
di  partecipazione  alle  reudite  del  fondo  di  provvedimento  di  famiglia , 
nel  modo  stesso  in  cui  e  provveduto,  per  tali  casi,  riguardo  ai  rarai  del- 
1'augusta  Casa  imperiale  che  posseggono  una  sovranita  propria ,  col  §. 
44  dello  Statuto  del  3  Febbraio  1863. 

«  b)  Ove  avvenisse  il  sovraccennato  doloroso  caso  ,  che  premorissero 
tutti  i  serenissimi  Arciduchi  e  i  loro  discendenti  maschi,  e  che  quindi  il 
ramo  mascolino  di  S.  A.  I.  giungesse  alia  successione  del  trono;  ovve- 
ro  se,  dopo  1'estinzione  di  tutti  i  rami  mascolini  della  Casa  imperiale  au- 
striaca,  la  successione  al  trono,  secondo  1'ordine  stabilito  nelle  sovraccen- 
nate  prescrizioni  di  successione ,  dovesse  passare ,  per  riguardo  al  piu 
prossimo  ultimo  possessore  di  sesso  mascolino,  alia  discendenza  femmi- 
nile  di  S.  A.  I.;  in  tal  caso  dovranno  tornare  in  yigore  tutte  le  preten- 
sioni di  S.  A.  I.  e  della  sua  discendenza ,  che  provengono  da  parentela , 
da  nascita  o  da  osservanza  al  patrimonio  di  famiglia  che  ancor  rimane 
deH'aiigustissima  Casa  imperiale. 

«  Art.  V.  Quanto  al  diritto  d'  eredita  intestato,  relativamente  al  patri- 
monio mobile  od  immobile  dei  singoli  membri  della  Casa  imperiale  e  del 
loro  discendenti,  rimangono  in  vigore  le  disposizioni  conlenute  al  §.  39 
dello  Statuto  di  famiglia,  del  3  Febbraio  1839  per  quei  membri  della  Ca- 
sa imperiale  che  possiedono  una  sovranita  propria.  Rimangono  pero  ec- 
cettuati  da  ogni  rinunzia  quei  casi,  in  cui  toccassero  a  S.  A.  I.  od  ai  suoi 
discendenti,  per  parte  dei  suoi  serenissimi  congiunti,  donazioni  fra  vivi, 
o  valide  prescrizioni  d' ultima  volonta,  o  patrimonii  o  eredita  d'altre  par- 
ti, col  cui  possesso  non  sieno  pregiudicati  in  alcun  modo  i  diritti  della 
Casa  imperiale. 

« In  fede  di  che  il  presente  trattato  fu  fatto  in  due  esemplari ,  sotto- 
scritto  di  propria  mano  da  Sua  Maesta  I.  R.  A.  da  un  lato,  e  da  S.  A.  I. 
il  serenissimo  signer  Arciduca  Ferdinando  Massimiliano  dall'altro,  e  mu- 
nito  del  suggello  d'  entrambi. 

«  Fatto  nel  castello  di  Miraraar,  il  giorno  nono  del  mese  d'Aprile  nel- 
1'anno  del  Signore  milleoUocentosessantaquattro.  (L.  S.)  Francesco  Giu- 
seppe (L.  S.)  Massimiliano.  » 

4.  L'imperatore  Francesco  Giuseppe  nel  suo  discorso  al  Reichsrath 
avea,  a  buon  diritto,  insistito  assai  sulle  condizioni  delle  Finanze,  rendu- 


760  CRONACA 

te  piu  gravi  dalle  general!  condizioni  dell'Europa.  Or  ecco,  quale  si  leg- 
ge  ne'  giornali  di  Vienna,  lo  stato  rigorosamente  esatto  del  debito  au- 
striaconegli  ultimi  d'Aprile  1864,  secondo  il  conto  reso  da  una  Commis- 
sione,  incaricata  dal  Consiglio  dell'Impero  a  Vienna  di  presentare  una 
relazione  circa  la  condizioni  finanziarie  dell'Austria.  11  debito  consolidato 
e  rappresentato,  nel  1864,  da  2,335,002,575  h'orini,  mentrenel  1863  era 
di  2,114,721,762  fiorini.  Vi  e  dunque  un  aumento  di  220,280,813  fiori- 
ni.  II  debito  ondeggiante,  che  nel  1863  era  di  349,820,637 ,  e  ridotto 
nel  1864  a  158,866,172;  diminuzione  di  190,954,465  fiorini.  II  debito 
del  regno  Lombardo-Veneto,  rappresentato  nel  1863  da  67,958,558,  e 
ridotto  a  65,828,180,  cioe  diminuito  di  oltre  due  milioni.  II  totale  del 
debito  pubblico  generale  e,  nel  1864,  di  2,574,924,377  fiorini ;  ed  era, 
nel  1863,  di  2,547,855,965.  E  dunque  aumentato  di  27,088,412  fiorini. 
Gl'interessi  annuali  del  debito  generale  sono,  nello  stato  attuale,  di  fio- 
rini 115,141,168. 

Pare  che  a  questo  stato  di  cose  si  speri  di  mettere  efficace  riparo,  poi- 
che  il  ministro  Plener,  alii  17  Novembre,  presento  al  Reichsrath  il  conto 
consuntivo  del  1862,  e  il  presuntivo  del  1865.  Le  spese  totali  per  Tan- 
no  1865  ascendono  a  548  milioni,  e  gl'introiti  a  518  milioni.  II  deficit  di 
30  milioni  sara  supplito  della  rifusione  delle  spese  di  guerra  dei  Ducati , 
per  18  milioni,  e  da  operazioni  di  credito  per  12  milioni.  Si  vede  da 
cio  che  il  deficit  va  d'anno  in  anno  diminuendo ,  e  che  presto  il  bilancio 
sara  equilibrato.  E  di  qui  si  spiega  I'entusiasmo  destato  dalle  speranze  di 
veder  mantenuta  la  pace. 

Tuttavolta  anche  li  e  forza  ricorrere  ad  imprestiti.  La  Gazzetta  ufficiale 
di  Vienna  del  9  Novembre  recava  la  seguente  notificazione  del  Ministero 
delle  Finanze :  «  Dappoiche  il  prestito  in  moneta  del  corrente  anno  non 
fu  completaraente  yenduto,  il  medesimo  viene  diminuito  di  25  milioni; 
per  incontro,  yiene  aperto  un  prestito  di  25  milioni  al  5  per  e/o,  in  via  di 
soscrizione  yolontaria,  rimborsabile  in  cinque  rate  annue,  e  che  potra  es- 
sere  impiegato  pel  pagamento  delle  imposte  nel  pieno  yalore  nominale. 
II  prezzo  d'  emissione  e  87.  II  rimborso  seguira  nel  pieno  yalor  nominale, 
in  cinque  rate  mensili,  che  comincieranno  il  primo  Giugno  1867.  » 

Questo  imprestito  ebbe  una  sorte  insperata;  in  meno  di  due  giorni  le 
sottoscrizioni  de'  compratori  in  Vienna  saliyario  a  piu  di  16  dei  25  mi- 
lioni chiesti,  ed  in  breve  le  offerte  toccarono  i  58  milioni,  cioe  piu  del 
doppio.  Segno  che  1' Austria  non  e  tanto  yicina  alia  bancarotta,  quanto 
pretendeasi  a  Torino,  dove,  per  campare  alia  giornata,  ban  bisogno  di 
mettere  poco  meno  che  le  persone  in  pegno  al  Ghetto,  e  vendersi  in  cor- 
po  ed  anima  a'Giudei. 

5.  Risolta  a  mezzo,  o,  per  meglio  dire,  avviata  verso  la  soluzione  pre- 
conizzata  dall'  Opuscolo  Le  Pape  et  le  Congres ,  la  cosi  detta  questions 
romana;  per  tener  desta  1'Europa  ed  inquieta  Y  Austria  si  credette  di 
dover  ravvivare  la  quistione  veneta.  Laonde  si  mandarono  dai  sopraccio 


CONTEMPORANEA  761 

di  Parigi  e  di  Torino,  e  dalla  Caprera,  gli  ordini  opportuni  a'giovani  set- 
tarii  die  per  tal  fine  si  teneano  apprestali  nel  Veneto.  Un  Tolazzi ,  che 
fu  gia  capitano  garibaldino  nel  1859  e  nel  1860,  poi  riammesso  a  vivere 
quetamente  nel  Veneto,  dove  il  ferocissimo  Governo  e  la  vigilantissima 
Polizia  non  gli  diede  il  menomo  disturbo  ,  sollevo  alquante  decine  di 
giovani,a'quali  distribui  le  famose  carnicie  rosse,  armi  e  denari;  poi  inva- 
se  Spilirabcrgo  e  Maniago  ,  difese  dalla  imponente  forza  di  Ire  o  quattro 
Gendarmi,  che  furono  disarmati ;  predo  le  casse  del  Comune ,  lasciando 
pero  ricevuta  del  denaro  tolto,  a  discolpa  del  cassiere ;  quindi  cerco  di 
far  gente.  Ma  pochissimi  si  mossero ;  i  piii  si  palesarono  indifferent!.  Sa- 
puto  che  qualche  compagnia  di  cacciatori  tirolesi  gia  movea  per  dargli 
Ja  caccia  ,  il  Tolazzi  con  la  sua  banda  ,  e  con  quella  raunata  da  un  An- 
dreuzzi ,  riparo  ai  monti.  Accerchiato  d'  ogni  parte,  cerco  scarapo  nella 
fuga.  Una  sola  volta  si  scontro,  avendo  seco  una  ventina  di  briganti, 
con  una  pattuglia  di  dieci  o  dodici  tra  Gendarmi  e  soldati  austriaci ; 
sopra  i  qtiali,  facendo  rotolare  sassi  e  macigni  giu  per  1'erta  d'un  dirupo, 
qualcuno  ne  uccise,  e  parecchi  n'ebbe  feriti.  E  con  cio  ebber  fine  i  fatti 
<T  armi.  Veduto  che  i  soccorsi ,  aspettati  e  promessi  d'oltre  il  Mincio  , 
non  venivano,  che  la  popolazione  si  tenea  queta,  che  gli  Austriaci  facean 
davvero  e  stringean  la  cerchia,  il  Tolazzi  sciolse  la  sua  banda,  i  cui  mem- 
bri  in  massima  parte  si  presentarono  all'  autorita  ,  ed  egli  cerco  scampo 
ed  ospitalila  nel  Regno  italiano ,  onde  avea  ricevuto  gli  ordini  di  agire. 

Sembra  che  a  Parigi  si  facesse  assegnamento  sopra  qualche  mag- 
giore  scompiglio;  poiche  gia  i  diarii  ufficiosi  cominciavano  a  trombare 
che  quei  moti  eran  gravi,  che  bisognerebbe  pure  schiantare  una  yolta 
questa  spina  che  reca  tante  doglie,  e  cercare  un  componimento  tra  1'Au- 
stria  e  T  Italia  con  la  redenzione  del  Veneto.  Ma  mentre  cola  si  spargea 
inchiostro,  i  Cacciatori  lirolesi  spazzavano  via  le  bande  che  fornivano 
il  pretesto  a  quelle  prime  mosse  redentrici.  L'efTetto  della  repressione  fu 
pronto,  e  si  puo  dire  che  incruento,  merce  della  energia  dimostrata  a 
tempo.  Ecco  il  bando  con  cui  fu  promulgate  il  giudizio  statario  ne'  luo- 
ghi,  che  pericolavano  d'  essere  travolti  in  qualche  disordine : 

«  Essendo  comparse  in  singoli  Distretti  della  parte  montuosa  del  Friu- 
li,  delle  hande  armate,  che  osano  perturbare  la  pubblica  quiete ;  io  in- 
frascritto,  qual  Comandante  delle  II.  RR.  truppe  stanziate  negli  anzio>tti 
Distretti,  ebbi  da  S.  E.  il  sig.  Comandante  dell'armata,  Generate  d'arti- 
glieria  cavaliere  di  Benedek,  1'incarico  di  trattare  tanto  ogni  comparte- 
cipazione  attiva  alia  ribellione,  quanto  tuttocio  che  tende  ad  accrescere 
le  bande  insorte,  od  apprestar  loro  aiuto,  come  crimine  contro  la  forza 
armata  dello  Stato,  di  consegnare  i  rei  ai  giudizii  militari,  proclamando, 
siccome  colla  presente  proclamo,  il  giudizio  statario  per  tutti  gli  anzi- 
detti  crimini. 

«  Verra  pertanto  condannato  a  morte,  non  solamente  ogni  membro  di 
bande  armate,  ma  eziandio  chiunque,  coll'  arruolare  altri  per  esse,  collo 


762  CRONACA  CONTEMPORANEA 

spionare  la  dislocazione  ed  i  moviraenti  delle  II.  RR.  truppe,  o  col  som- 
ministrare  ai  sopraccitati  malfattori  viveri,  armi,  munizioni,  presti  loro 
aiuto  in  generale,  chiunque  entri  in  accordo  con  esse  bande,  per  recare 
Tantaggio  alle  medesime,  o  detrimento  all' II.  RR.  truppe. 

«  Rendo  inoltre  noto :  I.  Che  tutte  le  sentinelle  e  pattuglie  hanno 
1'ordine  di  far  fuoco  contro  chiunque  alia  loro  chiamata  non  si  fermi  im- 
mediatamente,  ma  tenti  invece  di  fuggire.  II.  Che,  per  disposizione  di 
S.  E.  il  signor  Comandante  dell'armata,  sara  condonata  la  pena  di  mor- 
te  ad  ogni  reo  o  correo  di  ribellione,  o  di  aiuto  ad  essa  prestato,  il  quale 
si  presenti  spontaneamente,  o  yenga  consegnato  dalla  popolazione  al- 
rautorita. 

«  La  presente  disposizione  entra  in  vigore  dal  raomento  della  sua  pub- 
blicazione  in  tutto  il  circondario  occupato  dalle  truppe,  da  me  dipenden- 
ti,  cioe  ne'  Distretti  di  Sacile,  Pordenone,  Maniago,  Spilimbergo,  Saa 
Daniele,  Gemona,  Moggio,  Tolmezzo,  Ampezzo,  Pieve  di  Cadore,  Au- 
ronzo,  Longarone,  Belluno,  Agordo,  Feltre,  Fonzaso,  Caneda  e  Cone- 
gliano.  Udine,  11  Novembre  1861.  Krismanic,  m.  p.  I.  R.  Comandante 
maggiore.  » 

Ma  non  fu  bisogno  di  applicare  tali  provvedimenti  in  tutto  il  loro 
rigore,  e  pochi  giorni  appresso  la  Gazzelta  u/ficiale  di  Yenezia  del  29 
Novembre  pubblico  quanto  segue: 

«  Come  venne  annunziato  nella  Gazzetta  di  venerdi  2o  corrente,  e  or- 
mai  compiuta  la  dispersione  delle  bande  armate  del  Friuli ,  e  non  resta- 
no  che  pochi  latitanti ,  pel  cui  fermo  furono  gia  diramate  le  solite  circo- 
lari  d'arresto.  Raggiunto  quindi  lo  scopo  delle  adottate  misure  militari, 
venne  levato  ilgiudizio  statario  militare,  proclamato  nel  giorno  11  corren- 
te, come  dalla  Notificazione  che  pubblichiamo. 

«  Restera  memorabile  e  porgera  argomento  ad  utili  confronti  il  fatto, 
che  dal  giudizio  statario  si  abbia  conseguito  il  pieno  effetto  ,  senza  che 
vi  sia  stato  un  solo  caso  di  condanna  capitale.  »  E  di  fatto,  il  giudizio 
slatario  fu  tollo  colla  seguente  Notificazione : 

«  Avendo  la  maggior  parte  dei  merabri  delle  disciolte  due  bande  ar- 
mate approfittato  del  mezzo,  loro  olferto  per  ordine  di  S.  E.  il  sig.  Co- 
mandante dell'  armata  nell'artic.  2.'  della  mia  Notificazione  11  Novem- 
bre,  col  presentarsi  spontaneamente ;  e  dovendo ,  in  seguito  alle  risul- 
tanze  delle  perlustrazioni  operate  dalle  truppe  soggette  al  mio  comando, 
ritenersi  espurgati  i  distretti  dagli  avanzi  delle  bande  stesse,  S.  E.  il 
sig.  Comandante  d' armata  mi  ha  incaricato  di  togliere  il  giudizio  stala- 
rio,  attivato  colla  summentovata  Notiticazione,  il  quale  cessa  quindi  col 
giorno  d'  oggi  in  tutti  i  Distretti  nella  stessa  enumerati. 

«  I  processi  tuttora  pendenti,  verranno,  per  ordine  di  S.  E.  il  sig.  Co- 
mandante d' armata,  rimessi  al  giudizio  di  guerra,  residente  in  Udine  per 
la  definizione  della  procedura.  Maniago,  29  NoYembre  1864.  Krismanic 
m.  p.  1.  R.  General  maggiore. 


INDICE 


Gli  arresti  nel  Tirolo  e  nel  Veneto pag.  5 

//  Patrizialo  romano  di  Carlomagno .....  20,  423 
La  Poverella  di  Casamari.  Racconto  storico  del 

I860  e  1861 37,  300,  448,  548,  675 

La  B.  Margherita  Alacogue,  santa  nel  secolo  XVII, 

glorificala  nel  secolo  XIX .  57 

La  Reazione  clericale  in  Italia 129 

Onorio  /,  secondo  il  Dollinger  ....  146,  528,  687 
/  nuovi  accordi  di  Parigi,  illuslrati  da  dodici  anni 

di  congiure 163 

Lo  Spiritismo  nel  mondo  moderno 185,  563 

//  Tratlato  del  75  Settembre 257 

Dell'  Unita  di  tipo  nel  regno  animate 8  274 

La  Convenzione,  dialogo  di  Torino  e  di  Roma.  .  .  289 

//  B.  Pietro  Canisio  e  i  tempi  moderni 385 

Infelice  difesa  di  una  causa  spallala 404 

Le  nuove  fasi  delta  Convenzione  Franco-italiana  .  .513 
Le  Speranze  delta  vera  Italia  nel  trasporto  della 

Capitate 641 

Esame  delle  Prove  deW  Immortalita  dell'Anima  .  .  658 


RIVISTE  DELLA  STAMPA  ITALIANA 

Idea  slorica  e  razionale  della  diplomazia  ecclesiastica, 
per  GUGLIELMO  AUDISIO  —  Roma,  stabilimento  lipografico  Au- 
reli  e  C.  1864 77 

Del  maravicflioso  vincolo  di  amore  e  di  rispelto,  che  uni- 
see  ora  tra  se  in  Italia  i  giornalisli  libertini  e  i  loro  as- 
sociali .  ''•'.  •:;  .  .  4  %  202 


764  IDICNE 

Sopra  la  Vita  del  Marchese  Giuseppe  Molza,  Memoria 
del  Padre  VINCENZO  STOCCHI  d.  C.  d.  G.  —  Venezia,  lipografla 
Emiliana  impr.  1864.  Un  volume  in  8.°  di  pagg.  110.  pag.  207 

//  Purgatorio  dei  Reprobi,  sostenuto  dal  Rev.  Sac.  D.  VIN- 
CENZO DE-VIT  ,  impugnato  dal  P.  F.  MARIANO  SPADA  ,  mae- 
stro in  sacra  Teologia  e  Procurator e  generate  de  Predica- 
tori  —  Roma  1864,  lipografia  di  Giuseppe  Cesaretti.  Vol. 
unicodipag.  168 .  .  .  .  .  325 

Le  nuove  opere  dell'  Archiospedale  di  S.  Giacomo  in  An- 
qusta,  descritle  dal  Sac.  STEFANO  CICCOLINI  — Roma,  tipo- 
grafia  della  Rev.  Cam.  Apost.  1864.  Un  vol.  in  8.°  ...  333 

Sgiiardo  politico  del  Conte  SOLARO  DELLA  MARGARITA,  Mi- 
nistro  di  Stato ,  sulla  Convenzione  itato- franca  del  15  Set- 
tembre  4861  -  -  Torino,  tip.  di  Giulio  Speirani  1864  .  .  341 

Di  due  giornali  torinesi,  la  Gazzelta  del  Popolo  ed  il  Di- 
rilto,  contrarii  alia  Convenzione  del  15  Settembre.  .  .  .  464 

CALLISTHENIS  ROPHOEATICI  P.  A.  Micheleidos  libri  III  ad 
PIUM  IX  P.  M.  —  Augustae  Taurinornm ,  ex  officina  Hya- 
cinthi  Marielti,  an.  MDCCCLXIV.  Un  vol.  in  8.°  di  pagg.  72.  472 

Delia  vita  e  degli  sludii  del  Prof.  Cav.  MARC'  ANTONIO 
PARENTI,  Accademico  della  Crusca,  con  Appendice  delle  poe- 
sie  inedile  e  rare  del  medesimo  —  Modena,  tipografia  dell'e- 
rede  Soliani,  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pagg.  176  ....  577 

//  Memorial  diplomatique  del  43  Novembre 586 

De  Vita  et  Lipsanis  S.  Marci  Evangelislae,  Libri  duo  Au- 
GtSTiNi  MARIAE  MOLINI  ,  Basilicae  Patriarchalis  Venetae  Ca- 
nonici  Theologi.  Edebat  Sanctes  Pieralisi ,  Praefectus  bi- 
bliothecae  Barberinianae  —  Romae,  typis  Collegii  Urbani, 
MDCCCLXIV.  Un  vol.  in  4.°  di  pagg.  XXIV,  411  con  IX  Tav.  713 

Novelle  di  TOMMASO  VALLAURI,  seconda  edizione  riveduta 
dall  Autore.  Un  volumetto  in  16.°  di  pagg.  192  —  Firenze, 
all' Insegna  di  S.  Antonino,  1864 728 


BlBLIOGttAFIA 81,     217,     591 

'Ar.cnEOLOGiA.  j?  tre  sepolcri  Santambrosiani ,  scoperti  net  Gen- 
naio  1864 345 

—  1.  Una  statua  colossale  di  Ercole,  ritrovata  fra  le  rovine  deU'an- 
tico  teatro  di  Pompeo  —  2.  Akune  scritte  murali  in  Pompei,  con  allu- 
sioni  a  Cristiani  —  3.  Lantico  acquedotto  di  Alatri 731 

SCIENZE  NATURALI  1.  Fan',  e  loro  perfezionamento  —  2.  Di  unpozzo 
scoperlo  a  Pompei  —  3.  Sollevamento  delle  navi  sommerse  ....  478 


INDICE  7C5 

CRONACIIE  CONTEMPORANEE 

DAL  10  AL  24  SETTEMBRE 

I.  M  Vcncrabili  Fratclli  Arcivescovi  e  Vescovi,  e  agli  allri  Ordi- 
narii  locali ,  dimoranli  nel  Reame  di  Polonia  e  nelle  veaioni  deW  1m- 
pero  russo ,  i  quali  hanno  la  grazia  e  la  comunione  delta  Sede  aposto- 

lica pag.        91 

II.  Roma  e  il  Governo  di  Torino;  rivelazioni  di  un  nuovo  processo 
compilato  dal  tribunale  supremo  delta  sacra  Consulta 99 

HI.  COSE  1TALIAISE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  delta  Beatifi- 
cazione  della  Yen.  Serva  di  Dio,  Maria  Margherita  Alacoque —  2. 
Gita  del  Santo  Padre  a  Monte  Porzio  ed  alia  villa  Tarerna  del  Prin- 
cipe Bortihese  —  3.  Bilorno  di  Sua  Santita  in  Roma  —  4.  Oggeltipre- 

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107 
ISapo- 

leone  111  nella  lite  fra  il  Vicere  d'  Eyitto  e  la  Compagnia  pel  taglio 
dell' Istmo  di  Suez  —  2.  Causa  di  malrimonio  dibatluta  innanzi  alia/ 
Corte  imperials  di  Bordeaux;  giustificazione  di  quanta  erasi  fatto  dal- 
le autorita  civili  ed.ecclesiastiche  di  fioma  —  3.  Festa  del  15  Ayoslo; 
incendio  a  Limoyes  —  4.  Bicevimento  del  Re  di  Spagna;  fcste  a  Corte 

—  5'.  Arrivo  del  Principe  Lmberto  di  Savoia,  che  va  coll'  Jmpei  atore 
al  campo  di  Chalons ;  viaggio  della  famiglia  Murat ;  V  imperatrice 
Eugenia  va  in  Alemagna ,  ed  e  visitata  dal  Re  di  Prussia  —  G.  Nuo- 
vo sollevamento  di  Arabi  in  Algeria 112 

IMPERO  DI  RDSSIA  1.  Nuoviriijori  in  Lituania;  i  Polacchi  sono  ina- 
bilitali  a  comperare  i  beni ,  demaniali  o  confiscali ,  posti  in  vendita 

—  2.  Abolizione  dellc  bibliotcche  polacche;  multe  bandite  contro  chi 
parla  in  quesla  lingua  —  3.  Nuovi  ordini  della  Polizia  circa  it  veslire 
a  lutto ,  edilcavarsi  il  cappeilo  — 4.  Notificazione  uf/iciale  per  la 
confiscazione  del  beni  degli  assenli  e  fuorusciti  —  5.  Deportazioni  e 
supplizii  capilali  ;  tnitigazioni  approvate  dal  Senato  per  gli  esiliati 
in  Siberia  —  6.   Chiusura  di  chiese  e  scuole  cattoliclie ;  Vescovadi  e 
Seminarii  cattolici  trasferiti  a' scismalici ;  Endclica  del  Santo  Padre 
Pio  IX  all' Episcopal  o  della  Polonia  —  7.  Conseguenze  del  solleva- 
mento  della  Polonia  —  8.  Relazione  allo  Czar  sopra  I'osservanza  del 
precetto  Pasquale  —  9.  Come  procede  remancipazione  dei  servi,  omai 
compiuta        118 

DAL  24  SETTEMBRE  ALL'  8  OTTOBRE 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Solenne  ricevimenlo  di         • 
nuovi  Cardinali  —  2.  Concistoro  pubblico  e  segreto;  nomine  di  Vesco- 
vi —  3.  Consecrazione  di  Vescovi  falla  dal  Santo  Padre  —  4.  Elenco 

di  libri  inscritli  nell  Indice  de'proibiti  —  5.  Anniversario  funebre  pei 
morti  a  Castel  Fidardo  —  6.  Offcrta  de'  Bolognesi  al  Santo  Padre  — 
7.  Dispute  di  Teologia  e  Filosofia 225 

II.  STATI  SARDI  1.  Letteradei  Vescovi  delle  Romagne  al  re  Vittorio 
Emmanuele,  sopra  la  legge  che  suggetta  i  chierici  alia  coscrizione  mi- 
lilare  —  2.  Elenco  di  conrenti  e  monasteri  rubali  dal  Governo  a'  le- 
gittimi  loro  possessori  —  3.  Nozze  di  Marco  Minghelli  —  4.  Insulti 
mandati  dal  Generale  Bixio  alia  Francia  —  5.  Rivelazioni  ufficiose,  e 
polemiche  tra  i  varii  partiti,  circa  la  Convenzione  siipulaia  con  la 


766  INDICE 

Franda  per  lo  sgombro  di  Roma  —  6.  Dimostrazione  popolare,  awe- 
nuta  la  sera  del  20  Settembre.,  contro  tal  Convenzione  —  7.  Adunanza 
straordinaria  del  Municipio ;  contegno  del  Sindaco;  dichiarazioni  del 
Menabrea;  esempio  di  rara  fortezza  data  dal  Conte  Prospero  Balbo  — 
8.  Conflitto  avvenuto  net  pomeriggio  del  21  Settembre  sulla  piazza  di 
S.  Carlo  —  9.  Tumulto  e  strage  in  piazza  Castello  la  sera  dello  stesso 
giorno  — 10.  Provvedirnenti  miiitari  del  Governo;  strage  fatta  in  piazza 
di  san  Carlo  la  sera  del  22  Settembre  —  11.  Formidabili  apparecchi  di 
repressione]  per  ordine  del  lie  il  Ministero  e  forzato  apresentare  la  sua 
dimissione—  12.  Ultima  Circolaredel  Pisanelli  contro  i  Seminarii  dio- 
cesani  — 13.  Processo  criminate  intent ato  al  Peruzzi  ed  allo  Spaventa  — 

14.  Risultato  delta  inquisizione  municipale  circa  i  fatti  del  21  e  22  — 

15.  Le  Camere  convocate  pel  24  Ottobre  —  16.  Rappresentanza  del 
Municipio  di  Torino  al  Governo  contro  il  trasfenmento  delta  Capitale 
altrove  che  in  Roma  — 17.  //  nuovo  Minislero  e  costituito  dal  Generale 
La  Marmora;  bandisce  di  voler  manlenuta  la  Convenzione  con  la  Fran- 
da,  con  la  patlovita  condizione,  di  trasportare  altrove  la  Capitale.  pag.      230 

II.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  1.  Sentenza  della  Corle  di  Cas- 
sazione  di  Pari(ji  in  favore  di  due  scrittori  di  corrispondenze  ai  giornali 
di  provincia  — '  2.  Condanna  di  tredicimembri  d'un  Comitato  elettora- 
le  —  3.  Tratlali  di  pace  con  la  Concincina —  4.  Richiamo  delle  truppe 
dal  Messico;  il  Bazaine  creato  Maresciallo  —  5.  Sospetti  eccitati  dalla 
Convenzione  per  lo  sgombero  di  Roma  —  6.  Prime  insinuazioniuffciose 
del  Pays  circa  lo  scopo  di  essa  —  7.  Articolo  ufficioso  del  Constitution- 
nel,  ristampato  nel  Moniteur,  e  corredato  d1  una  letter  a  di  Napoleo- 
ne  HI  —  8.  Giudizii  dei  giornali  francesi 249 

BALL' 8  AL  29  OTTOBRE 

I.  COSE  ITALIA1SE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Visile  di  Sua  Santita  agli 
Ospedali  di  Roma  — 2.  11  nuovo  Ministro  dell' Equal  ore,  residente 
presso  la  Santa  Sede —  3.  Liberazione  d'un  napoletano  ricattato  dai 
briganti,  eseguita  dai  Gendarmi  pontificii  —  4.  Un  nuovo  Organo  alia 
chiesa  della  SSma  Trinita  de'  Monti 35$ 

STATI  SARDI  1.  Origine  sospelta  della  Convenzione  del  15  Setlembre, 
tra  i  Governi  di  Parigi  e  di  Torino,  per  lo  sgombero  di  Roma  — 2.  Dls- 
paccio  del  Drovyn  de  Lhuys  al  Ministro  francese  presso  la  Corle  di  To- 
rino sopra  lal  Convenzione  —  3.  Relazione  del  Ministero  sardo  alre 
Vittorio  Emrnanuele,  per  la  convocazione  del  Parlamento  —  4.  Agita- 
zione  pel  trasporto  del  Governo  a  Firenze  ;  timori  pel  giorno  del  ria- 
primento  delle  Camere;  provvedimenli  del  Ministero  —  5.  Relazione  e 
document  i  presenlati  al  Municipio  circa  le  stragi  del%l  e  22  Setlem- 
bre  —  6.  it  pranzo  dei  Minis tri  in  tali  giornate  costo  900  franchi  — 
7.  Lettera  di  Vincenzo  Ricci  e  scriltura  del  Conte  della  Margarita  circa 
la  Convenzione ;  lettera  del  Garibaldi  contro  Napoleone  III  —  8.  II 
€onte  Sclopis  depone  la  carica  di  Presidente  del  Senato ;  gli  succede  il 
Manno  —  9.  Diminuzione  deU  armata  di  terra  e  di  mare  —  10.  Aper- 
tura  del  Parlamento 359 

II.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  1    II  giornalismo  francese  e  la 
Convenzione  —  2.  Testo  della  Convenzione  —  3.  Ragioni  arrecate  per 
giuslificare  la  Convenzione  del  15  Settembre  —  4.  Dispaccio  del  sig. 
Drouyn  de  Lhuys  al  conte  di  Sartiges  —  5.  Smentita  imprudente  data 

da  due  Minis  tri  piemonlesi  al  Dispaccio  suddetto    .......      369 

GERMANIA  1.  Progresso  religioso  nelle  Province  renane  della  Prus 
sia  —  2.  Progresso  scientifico  e  industrial  nelle  medesime  Province  — 
3.  Opposizione  ai  Cat  to  lid  nel  Ducato  di  Baden,  e  nel  Regno  di  Wiir- 
temberg  —  4.  Pace  colla  Danimarca  —  5.  Quistione  dello  Zollverein 
—  6.  Accoglienza  fatta  alia  Convenzione  italo-franca.  .    t    .    »'••  •    *     377 


INDICE  767 


DAL  29  OTTOBRE  AL  12  NOVEMBRE 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  POISTIFICII  1.  Visita  del  S.  Padre  .alia 
Sapienza,  al  Musaico,  ed  alFAccademia  di  S.  Luca  —  2.  Allra  visita  di 
Sw  Santita  a  S.  Lorenzo  fuori  le  mura  —  3. 11  Brigantaggio  piemon- 
tese  alia  frontier  a  dello  Stato  pontificio  —  4.  Circolare  della  S.  Con- 
gregazione  deir  Indice pag.      483 

STATI  SARDI  1.  Mene  delpartito  mazziniano;  precauzioni  del  G over- 
no—  2.  Seduta  della  Camera  nel  giorno  24  Oltobre  —  3.  //  Governo 
chiede  soli  sette  milioni  di  franchi  pel  trasferimento  della  Capitale  a 
Firenze  —  4.  Documenti  diplomatici  comunicati  al  Parlamento  —  5.  Di" 
chiarazioni  ufficiose  circa  la  rinunzia  a  mezzi  violenti  contro  Roma,  e 
riserve  circa  I'uso  dei  mezzi  morali  —  6.  Polemichede'giornali  circa  il 
valore  di  un  dispaccio  del  Nigra  —  1.  Discussioni  nella  Camera  elettiva 
alii  4  e  5  Nov.;  il  prete  Passaglia  rinunzia  alia  carica  di  Depulato — 
8.  Inquisitions  par  lament  are  e  lettera  del  Quest  ore  di  Torino  circa  le 
stragi  del%l  e  22  Setlembre —  9.  Circolare  del  Ministro  dell'  istruzio- 
ne  pubblica,  sig.  Natoli,  contro  le  scuole  vescovili —  10.  Deliberazio- 
ni  e  bandi  de'  Comitali  rivoluzionarii,  per  soccorrere  i  Garibaldini  in- 
sorti  nel  Veneto ;  altalena  ed  imposture  de'  giornali  ufficiosi  —  11.  Ar- 
rolamenli  clandestini  di  venturieri;  doni  spediti  d'Inyhilterra  al  Gari- 
baldi —  12.  Economie  nell'armata  di  terra  e  di  mare  —  IS.Nuove  im- 
poste  e  nuove  estorsioni  di  denaro 489 

II.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  1.  Storia  delle  inlerpretazioni 
della  Convenzione  —  2.  Note  diplomatiche,  che  la  dichiarano  —  3.  Con- 
siderazioni  e  fatli  che  da  esse  si  deducono  —  4.  Gi'lmperatori  di  Russia 

e  dei  Francesi  a  Nizza 501 

CONGRESSI  CATTOLICI  1.  Belgio.  Congresso  diMaliDes  — 2.  Germa- 
nia.  Congresso  di  Wurtzbourg 506 

DAL  12  AL  26  NOYEMBRE 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  della  Bealifica- 
zione  del  ven.  Pietro  Canisio  —  2.  Arrivo  e  ricevimento  del  re  Luigi 
di  Baviera —  3.  Pagamento  del  Debito  pubblico  pontificio  —  4.  Richia- 
mi  dell'  Episcopato  delle  Marche  e  deli'  Umbria  contro  I' intrusion  e  del 
Governo  usurpatore  ne' Seminarii 609 

STATI  SAUDI  1.  Scopo  della  Convenzione  del  15  Settembre,  esposto 
dal  ministro  Lanza  —  2.  Risultato  della  polemica  diplowatica  tra  i 
Gabinetli  di  Parigi  e  di  Torino;  teslo  dei  dispacci  spedili  il  30  Ottobre 
ed  il  2  Novembre'  dal  Drouyn  de  Lhuys  al  Malaret ,  ed  il  7  Novembre 
dal  La  Marmora  al  Nigra  —  3.  Dim'issioni  nella  Camera  dei  Deputati 
—  4.  Nuove  dichiarazioni  del  plenipotenziario  Pepoii ,  e  del  La  Mar- 
mora —  5.  Relazione  del  ministro  Sella  circa  le  finanze;  il  Re  rinun- 
zio  a  tre  milioni  e  mezzo  di  Lire  della  Lisla  civile  ;  approvazione 
delle  leggi  per  il  trasporlo  della  Capitale  a  Firenze,  e  per  200  milioni 
da  riscuotersi  in  un  mese  —  6.  Spontanea  offerta  di  pin  Municipii,  per 

n !.•_• • j.»    j     •!....««         i-',.i-     i   -toi'tf  «       r  .  -      .    -T-»        •     .  *. 


/'  anlicipazione  del  tributo  prediale  pel  1865  —  7.  Legge  del  ministro 
Vacca  per  la  confiscazione  dei  beni  ecclesiastici  —  8.  Legge  per  met- 
tere  i  Conventi  a  serviyio  del  Ministero  della  Guerra  —  9.  Per  com- 


penso  alia  cttta  di  Torino  le  si  offrono  denari,  m  si  trasferisce  da  Mi- 
lano  la  Corte  di  Cassazione,  e  vi  si  lasciano  le  Societa  commerciali  ed 
mdustriali  —  10.  Dichiarazioni  nfficiali  circa  i  tentalivi  de'  Garibal- 
dini contro  I1  Austria  nel  Veneto 

II.  COSE  STRAISIERE  —  MBSSICO  1.  Fatti  d'  arme  e  viltorie  degli 
imperials  contro  i  repubblicani ;  disfatta  del  Doblado  —  2.  Adesioni 


768  INDICE 

de'  popoli  al  voto  dell'  Assembled  de'  Notabili  circa  la  forma  di  Go~ 
verno  e  telezione  di  Massimiliano  I  —  3.  Arrivo  del  nuovo  Imperatore 
a  Veracruz;  suo  bando  ai  Messicanl,  accoglienze  alul  fatte  net  viaggio 
alia  Capitate;  ingresso  trionfale  in  Messico  —  4.  Decreto  che  conferi- 
sce  la  reggenza  all'  Imperatrice  in  congiunlure  previste  —  5.  Letlere 
di  Massimiliano  1  sopra  il  riorganamento  delle  Finalize  e  dell'  esercito 
• —  6.  Pratiche  di  conciliazione  col  repubblicani ;  adesione  dell'  Uraga 
all' Impero  — 7.  Abolizione  della  censura  preventiva  per  la  st ampa; 
atii  politici  varii  dell'  Imperatore  —  8.  Munificenza  de  nuom  Sovrani 
verso  i  poveri  —  9.  Viaggio  di  Massimiliano  I  nelle  province  -  10. 
Partenza  di  gran  parte  delle  truppe  francesi  dal  Messico  ;  formazione 
della  legione  straniera pag.  629 

DAL  26  NOYEMBRE  AL  10  DECEMBRE 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Ricevimento  deir  Amba- 
scladore  di  Spagna,  sig.  Pacheco,  e  del  rappresentante  di  Venezuela  — 
%.Visita  del  Santo  Padre  al  Collegia  Latino  Americano  alia  Minerva  — 
S.Richiami  dell' Episcopato  IHceno  ed  Umbro,  indirizzatia  VitlorioEm- 
manuele  ,  contro  le  usurpazioni  desuol  Ministri,  del  regio  Placet  nella 
nomina  deParrochi;  protesto.zioni  dell' Episcopato  di  liomagna —  4. 11 
Deriaro  di  S.  Pietro,  e  le  offerte  deMunicipii  alia  rivoluzione    .     .     .      738 

STATI  SAUDI  1.  Nuom  argomenti  circa  il  senso  e  lo  scopv  della 
Convenzione  del  15  Settembrc;  spiegazioni  de'dcputatl,  Chiaves  e  Bixio  — 
2.  Trionfb  del  nemici  del  cattolicismo  per  Vaccettazione  di  quel  Tratta- 
to  ;  parole  del  Siecle  —  3.  ficlazione  dell'Imbriani  al  Senato  circa  il 
trasporto  della  Capitals  a  Firenze  —  4.  Opposizioni  alia  leyge,  propo- 
sta  dal  Vacca,  per  t'abolizione  di  tutti  gli  Ordini  religiosi  ed  il  lalroci-  ' 
nio  delle  propriela  della  Cliiesa  — 5.  Richiami  delH'piscopalo  Modene- 
se,  Toscano ,  Piemontese  e  Liyure  contro  le  usurpazioni  del  Goverrio  ed 
il  malriinonio  civile  —  6.  Lettera  del  Garibaldi  per  aiuto  a'suoi parti- 
giani  nel  Venclo 744 

II.  COSE  STRANIERE  —  IMPERO  D' AUSTRIA  1.  //  Conte  Rechberg 
smctte  la  carica  di  Minis tro  sopra  gli  ajfari  csterni ;  gli  succede  il  Mens- 
dorff-Pouilly  —  2.  Riapertura  del  Reichsrath  ;  discorso  dell' Impera- 
tore —  3.  Patto  di  famiglia  coll' Arciduca  Massimiliano ,  per  I'  accet- 
tazione  della  corona  del  Messico  —  4.  Condizioni  del  debito  pubblico 
dell'lmpero;  emissions  di  un  nuovo  imprestito  —  5.  Moll  garibaldeschi 

nel  Venelo ;  loro  cfficace  repressions 755 


ERRATA  CORRIGE 

Pag.  222  I'm.  28  Nunziata  Cefarelli  Nunziante  Cefarelli 

»    359    »      1  Testo  della  Origine  deila 

»    365    »    46  all'  interiore  all'anteriore 

»    372    »    27  e  un  e  un 

»    505    »      8  costituenza  coscienza 

»    592    »    25  Giuseppe  Camper!  Giuseppe  Campori 

)>    596    >>      2  Cavedovi  Cavedoni 

»    606    »      4  il  fine  il  fiore 

«    608    »    15  alle  contrarie  alia  contraria 

»      »      »    23  sana  dottina  sana  dottrina 

»      »      »    28  all' episcopate  dell' Episcopato 

Per  altra  correzione  vedi  pag.  737. 


IMPRIMATUR  —  FT.  Hier.  Gigli  0.  P.  S.  P.  A.  Mag. 

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Does  Not  Circulate 


BX   804    .C58  SMC 

La  Ci vi Itaa   cattol ica 
AIP-2273    (awab) 


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