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LA
CIVILTA CATTOLICA
• ANNO DECIMOQUINTO
16 SeUeuibre 1864,
LA
CIVILTA CATTOLICA
ANNO DECIMOQUINTO
Beatus populus cuius Dominus Deus eiut+
PSALItt. CXLIII,^8.
1 \
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VOL. XII.
BELLA SEME QDINTA
ROMA
CO! TIP! DELLA CIVIlfA CATTOLICA
1864.
1957
PROPRIETA LETTERARIA secondo le Convenz-ioni del varii Stati,
GLI ARRESTI
NEL TIROLO E NEL VENETO
I.
II pianlo del coccodrillo.
N
ello scorso mese di Agosto , la Polizia austriaca scopri una co-
spirazione, ordita nel Tirolo italiano, a fine di suscitare una insurre-
zione nel Veneto; e seguendo sicure tracce giunse ad inapossessarsi
di armi, di polvere, di carlucce, di divise garibaldine; e, quel che
piu e, dei capi ancora e slromenti principali della congiura.
Come era naturale , questo caso feri aspramente i liberali di To-
rino , i quali ne menarono alii lamenti , come di svcntura inopi-
nata e lacrimevole. « Nelle tenebre della nolle del 18 al 19 corren-
le , i sicarii venduli di quest' odialo Goverao alia stess' ora e con
iscorta forte di poliziolti, di gendarmi e di spie, si recavano a portare
1'angoscia ad oneste famiglie; ed oggi 1'inleropaese piange i dilelli
tralli in catene, ed impreca agli assassini. » Cosi il Diritto nel suo
foglio del 26 Agoslo. E la giudaica Opinions esce in lai, nienlemeno
dolenti: « Le nolizie, che riceviamo dal Veneto e dal Tirolo italiano,
sono assai dolorose!... Quante famiglie nella desolazione ! Quanta in-
quietudine e quanti timori 1 ! » E maledicendo all' improv\ida im-
1 L' Opinione, n. 241.
6 GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO
presa, soggiunge: « Come mai, malgrado le iterate e durissime le-
zioni, vi banno ancora uomini disposti a cospirare col Mazzini ! . . .
Dovrebberoinoltrerifletlere come i tentalivi, che essi potessero pro-
muovere, non promeUerebbero alcun bene alia causa nazionale. Una
seria iiisurrezione nel Veneto e nel Tirolo e un sogno l. » Son cer-
tamente da deplorare gli sciagurati , cbe , dando ascolto ad insinua-
zioni non meno inique cbe malle, gittano se e le loro famiglie in dure
strelte e rovinosi cimenli. Ma quanto alle nenie e alle commisera-
zioni del liberali, esse ci sembrano propriamente le lagrime del coc-
codrillo. Si favoleggia di questo animale cbe uccide 1'uomo, e dopo
averlo ucciso ne piange la morle. Cos! costoro spargono ora guai e
querele sulla sloltezza del tentative e sulla tristizia delle conseguen-
ze ; mentre essi appunto farono quelli cbe sospinsero al duro passo
i male arrival!. Per cerlificarsene, il letlore non ba a fare altro, cbe
tornarsi alia menle i falli cbe precede ttero.
Sul principio del corrente anno i liberali d' ogni colore ricomin-
ciarono con novello ardore i maneggi e gl' iritrigbi, per commuovere
i loro fralelli del Yenelo. II Garibaldi islilui un Cornitalo centrale
unitario , nomino suoi rappresentanli , ufticiali e tesoricri ; deputo
come suo vicario un fanalico per nome Cairoli, e da Caprera mando
agl'Ilaliani un bando, cbe il Diritlo si affrello a pubblicare nelle sue
colonnc. In esso bando il celebre agitalore, dopo d'aver delto cbe gli
evenli sovrastavano, e dopo le solile ciance dei popoli oppressi, del
despolismo debaccante, del prossimo compimento dei voti nazionali,
soggiunge : « lo non bo creduto nieglio provvedere a quest! biso-
gni , cbe scegliendo un nucleo eletto di amici dell' Ilalia e miei , coi
quali bo cosliluilo un Comitato cenlrale unitario. II nome ne defini-
sce lo scopo. Raccogliere mezzi pecuniarii, prindpalmente colla col-
letta da me iniziata, preparare gli animi alia concordia del sacrificio
e del dovere , tutlocio alia santa meta del riscalto nazionale e del
fralerno aiuto alle province schiave nel giorno invocalo delle balla-
glie ; questo e non allro e il suo mandato. . . . Invito pertanto gli
amici e le sociela esistenli , e quanli Italian! sdegnano rimanersi
1 L' Opinione, n. 241.
GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO 7
spcltalori passivi nel gran dramma che decide della loro esislenza e
del loro dirilto, a riordinarsi inlorno a quell' unico centro, a ricono-
scere la sua aulorila e a rilenere per mie le istruzioni che da esso
comitalo e dai suoi delegali saranno impartite 1. »
Obbediente al comando del gran capitano , il Goraitato d' azione ,
stabilito nel Veneto, mando altorno un suo proclama, riportato altresl
dal Dirilto, nel quale s ingiunge a' giovarii veneli e tirolesi di armar-
si, di ordinarsi a drappelli, di tenersi in pronto per iniziare il prossi-
mo movimento : « Ricordatevi , cosi il detto proclama, che, se dopo
le prime viltorie della guerra lombarda , una insurrezione veneta
avesse potuto aver luogo per opera voslra, la pace di Yillafranca sa-
rebbe stala impossibile e il suolo nostro, sul quale nasceste, sarebbe
libero da quattro anni. . . .
« Oggi il campo delle prime mosse e Ira noi. Chi lo abbandona,
deserta. Qui, dove siamo, deve combattersi. Qui deve sorgere 1'ini-
ziativa, della quale 1' Italia ha bisogno per accorrere. Noi siamo la
vanguardia dell'esercito, chiamata ad aprirgli la via. Ouei che abban-
donassero il nostro terreno , andrebbero a collocarsi nella riserva.
E in quella riserva ciascun di voi non sarebbe , che un semplice
soldato. Qui ciascun di voi rappresenta una influenza locale, un ele-
mento collellivo, un nucleo d' azione. E fmalmente voi rimanendo
ove siele, di fronte al nemico, rimanete padroni di rendere il moto
d' Italia inevitable e di suonarne 1' ora. Partendo, abbandonando il
centro dell'azione per andare a collocarvi sopraun punto della circo-
ferenza, voi rassegnate il moto all' assoluta altrui volonta, che, oggi
propizia, puo mutare, per influenza straniera, domani. I giovani ve-
neli non preferiranno la riserva alia vanguardia. Essi risponderanno
ai suggerimenli : a noi tocca di rimanere, a voi di accorrere quan-
do vi additeremo aperta la via. Ordinarsi, come gia dicemmo, in
piccoli nuclei indipendenti, ma legati in un solo pensiero; armarsi;
studiare i punti deboli del nemico nella loro zona ; affratellarsi col
popolo ; preparare i migliori modi d' oflesa pel momento supremo ;
aspeltarlo ; cautamenle operare , cerli che , per opera del Comilato,
lIlDirttto, n.17.
I
8 GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO
1'azione di tutli quei nuclei sara coordinata in un subito ; e queslo il
dovere dei giovani veneli 1. »
Poco dopo YOpinione, nei suoi numeri del 20 Aprileedel 3 Mag-
gio, rinfocolo gli animi col predicare 1' urgenza di risolvere la qui-
stione venela, e si fece complice del partilo d' azione. Nel primo dei
delti numeri riporta per inlero un opuscolo , scritto sopra la neces-
sila di liberare la Venezia dallo straniero e, raccomandatolo all'atten-
zione degl' Italiani , afferma : E quistione urgente, che riguarda non
solo i Veneli, ma noi tulli 2. Nel secondo poi, per fare concepire
speranze d'aiuli perparle della Francia, riporta, coll'epitelo dlcon-
fortante, la lellera di risposia, che il Principe Napoleone indirizza al
Comitato venelo. La lellera dice cosi : « Parigi 28 Aprile 1864 - Si-
gnori - Ho ricevuto F opuscolo, che il vostro Comilato ha pubblicato
e che voi avele volulo offrirmi in nome suo. lo yi prego di riceverne
i miei ringraziamenli. Voi conoscete assai bene , o Signori , i miei
sentimenli sopra la necessita dell' Uriila ilaliana; sicche io non ho
bisogno di qui esporveli. Io penso, come voi, che la quislione vene-
ziana richiede una pronta soluzione; ed io fo voli ardenti, acciocch&
preslo 1' Italia, secondo la parola dell' imperatore Napoleone III, sia
libera dalle Alpi all' Adrialico. Ricevele, o Signori, 1' allestato della
mia singolare considerazione. — Napoleone (Girolamo). Ai signori
membri del Comitato centrale veneziano a Torino 3. »
Qual meraviglia che i miseri allocchi si lasciassero adescare da
tali apparenze, e muovere da si forli incilamenli ! Essi in somma non
fecero altro che credere a quanlo veniva loro asscrilo : gli evenli in-
calzanti , 1' urgenza di risolvere la quislione , 1' Italia chiedente da
1 IJ Diritto, n. 24.
2 L' Opinione, n. 110.
II detlo opuscolo e un tessuto di sofismi da capo a fondo. Esso,per som-
muovere i Veneti, si serve principalmente di due argomenti. II primo e ilri-
cordo delle avite glorie dell' antica repubblica ; quasi che si trattasse di ri-
slabilir la Venezia donna di se, e non di farle cangiar padrone sottomelten-
dola al Piemonte. L' altro e la gravezza delle iraposte austriache; quasiche
mutandole colle piemontesi non verrebbero a crescersi.almeno del doppio.
Ben sel sanno le province annesse del resto d' Italia.
3 L'Ojwwme, n. 123.
GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VEKETO
loro il destro per accorrerc , conforli di Francia. Ouanto poi all' a-
zione , non fecero altro che eseguire cio chc veniva lor comandalo :
inlendersi insieme , procacciarsi armi , dividers! in gruppi nelle di-
verse citta e tenersi pronti alia chiamata. So 1'impresa era folle, la
colpa dee cadere principalmente sopra chi la propose da principio,
e riscald6 gli animi a darvi opera. Cio ban fatto i rivoluzionarii di
Torino d'ambidue i partili, moderali ed esaltali. Con qual fronte
adunque vengono ora a riprovare il fatto e rimpiangerne 1' infelice
riuscita? Essi imprecano all* Austria e la chiamano idra furente.
Ma 1'idra furente siele voi, che aizzasle gl' improvvidi , non un Go-
verno che difende se stesso e reprime conati di ribellione. Che cosa
fareste voi , anzi che cosa avete falto per simiglianle motive nelle
province meridionali? Per semplice sospetlo di cospirazione, trova-
to poscia bene spesso insussistente , avete sparsa la desolazione in
inlere cilia , ammiserite famiglie , adoperate atrocila da vergognar-
sene ogni nazione piii barbara. Ma e principio di logica liberalesca
aver due pesi e due misure , una per se ed una per gli allri : come
pure e principio di morale per essi applaudire al falto e dichiarar-
sene autori, se ben riesce ; se per contrario fallisce, maledirlo e chia-
marsene fuora. Cosl il Cavour ingiungeva segrelamenle al Persano
di proleggere colla sua squadra lo sbarco di Garibaldi in Marsala
fingendo di volerlo impedire ; e F onorevole Ammiraglio , che ben
conosceva il costume dei suoi consorli, rispondeva in questa senten-
za : Sarete obbedilo, ben inteso che se la gherminella non riesce, mi
manderete a Fenestrelle.
II.
L iniquita smentita da se medesima.
Salta agli occhi d'ognuno la contraddizione, in che la ministeriale
Opinions di Torino si gitla da se medesima, colle querele che muove
conlro 1'Austria pei recenli arresli del Venelo. Essa deplora non pur
la sorte degli arrestali, ma di quelli altresi, i quali, temendo che la
Polizia fosse per istendere su loro i suoi arligli, se ne fuggirono 1.
'" . . X J
1 L* Opinion*, n. 241.
10 GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL YENETO
Ne cio per dubbio che abbia sopra la colpabilta degli impulati, ma
unicamente pel fatlo stesso della cattura. Imperocche , sebbene da
prima affermasse , le autorila procedono a casaccio , nondimeno ,
senza volerlo, confessa poscia il conlrario. « Una corrispondenza del
Veneto, essa dice , pubblicata in im giornale di Milano , annunziava
che nelle moHeplici perquisizioni fatte nel Tirolo, 1'autorHa austriaca
non ha ma! posto ii piede in fallo. Qual piu irrefragabile prova che
essa era ragguagliata d'ogni cosa colla massima esaltezza 1?» Or,
chi il crederebbe? Y Opinions in quegli slessi numeri, in cui lamenta
gli arresli del Yeneto, parla del processo della reazione d' Isernia ,
pel quale piu di seltanta individui giacquero per quattro anni nello
squallore delle career! , senza essere giudicali , con danno infmito
delle loro famiglie ; e in cambio di sfolgorare il Governo per tanta ini-
quila, si duole che non sia toccata a quei miseri una sorte peggiore.
« La soverchia indulgenza , ella dice, usata in quesla causa gravis-
siraa viene considerala come un callivo precedente ed un pericolo
per 1' avvemre 2. » E qual e stata colesta soverchia indulgenza usa-
ta con quegl' infelici? Che di 72 imputali , 55 sono stati condannali
a severissime pene, e 17 rimessi in liber la, perche dichiarati al tutla
innocent! dai giurali. Questa seconda parte del verdetto, come ci fa
sapere 1' Opinions, produsse una dolorosa impressions 3. 0 viscere
veramente giudaiche ! Si sentono \ivamenle commosse al primo ar-
resto di persone, la cui colpabilila non e cerlo infondala, e per con-
trario non provano che dolorose impression! per la liberta data, dopo
quattro anni di prigionia, a persone dichiarate innocenli dagli stessi
tribunali del partilo rivoluzionario ! L' Opinions aggiunge, esser voce
che sia stata aperta un' inchiesta sopra ii sospetto che i giurati sieno
stati corroiti in favore dei 17 assoluti , e manifesta il suo deside-
rio che, se veramente venne isliluita un* inchiesta, quesla sparya la
luce sui fatti che si lamentano 4. Or fmgiamo che gli arreslati
del Yeneto, non dopo quattro anni (che quest! orrori sono privilegio
dei liberale Governo d' Italia) ma dopo quattro mesi soltanto ven-
gano dichiarali innocenti , e che I'Austria, per sospetto di suborna-
zione dei giudici, instituisca un'inchiesta. Gome non griderebbe ella
1 L'Opinione, n. 241. - 2 Luogo cit. — 3 Ivi, n. 242. — A Luogo;cit.
GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO 11
1' Opinions al tirannico arbitrio del Governo, alia violata liberta dei
giudizii? Pertanlo un tal sopruso ode ella esercitarsi da'suoi e non
solo non Irova molivo di riprovazione , ma implicitamente lo loda
come alto utile e giusto!
Ma a che fermarci sopra i proeessati d' Isernia , mentre questo
non e che una piccola scena del dramma nefando, che il parlilo rivo-
luzionario sta rappresentando nelle infelici province meridional!? Ci
dical'Opwuwe quante, non gia decine, ma centinaia e migliaia
languiscono nelle carceri del regno di Napoli e di Sicilia, per accusa
simile a quella dei Veneti ! Quanii, dopo lunga prigionia e minulissi-
me indagini sono stali trovati innocent! e rilasciati , ma col guasto
della sanila e colla rovina degli affari domestici ! Quanti , per non
essersi rinvenuto a loro carico indizio di colpa , sono slali iniqua-
mente strappali dalle loro famiglie e mandali a domicilio coalto ! II
Paese, giornale di Torino, a lei certamente non sospetto, fa ascen-
dere il numero di quesli ultimi nientemeno che alia cifra di trenta-
mila l ; e spesso i giornali riferirono che in lS7apoli le carceri erano
si slivate di detenuli , che se ne trovavano talora due o tre per mat-
Una asfissiali e morli. Qui, si, avrebbero luogo con verila le pietose
descrizioni di vedovo spose , di figli orfani , di padri plangent! , di
famiglie desolate. Ci noveri 1' Opinione , se puo , i fucilali finora , i
condannati alia galera e all' ergastolo , i detenuti tuttavia nelle car-
ceri, i villaggi inleri e le borgate incenerile dalle fiamme, per la
stessa ragione per cui T Austria ha fatto teste alcuni arresli nel Ve-
nelo. Le sole sevizie esercitate in Sicilia dal Governo piemontese ,
per iscovare i renitenti alia Leva , non dovrebbero bastare per rac-
capricciarne ogni animo, che non abbia del tulto spogliato ogni sen-
so di umanita? Lasciando stare 1' assedio messo alia cilia e le enor-
mi mulle imposte alle famiglie, per costringerle a consegnare i lati-
ianti ; non ricolma d' orrore il fatto d' imprigionare i vecchi genitori,
le spose , le sorelle per indurre cos! i fuggilivi coscrilti a presen-
tarsi sponlaneamente?
Ne varrebbe il ricorrere alia qualita della causa ; perciocche , se
s'islituisce un tal paragone, esso tornera a beneficio dell' Austria.
1 Yedi VOsservatore romano, a. 205.
12 GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO
Per fermo , se i Veneti , come i liberal! soslengono , abborriscono
il dominio tedesco ; assai maggiore e 1' orrore che i popoli delle Due
Sicilie sentono del dominio piernontese. Prova evidente , la resi-
stenza armata che da quattro anni stanno esercitando per mezzo
de' cosi detti briganti, e la necessita in che si e Yedulo il Governo di
porre e ritener lungamente in istato d'assedio quasi tulte le prince
del Regno ; per nulla dire del conlinuo bisogno che ha di sciogliere
or qua or la Guardie nazionali e i Municipii, siccome avversi al nuo-
TO ordine di cose. E questo un punto che il sig. Conte di Saint- Jo-
rioz, ufliziale piemontese, ha messo in tanta luce, come teslimonio
oculare dei fatli, che niun sofisma puo oggimai piu rivocare in
dubbio l.
L' Opinione lamenta che, merce degli arresti fatli nelVeneto,il
parlito liberale e scoraggiato e vinto. « II partito liberale e ora nel Ye-
neto e nel Tirolo abbattuto , oppresso , disperse. Giorni difficili ri-
cominciano per lui. Intanto che avevamo piu che mai d' uopo della
sua atlivila e solerzia e facevamo assegnamenlo sulla sua estesa in-
fluenza, conlrarii eventi paralizzano la sua azione e lo costringono
all' inerzia , per lasciar passare la bufera che minaccia di travel ger-
10 2. » Non si accorge lo smemorato giornale che ogni parola di
questo passo sbugiarda le sue precedent! asserzioni , con le qua-
11 sosteneva che tutte le popolazioni del Veneto e del Tirolo sow
impazienti di scuotere il giogo che le opprime , in altri termini ,
che sono liberal! e nemiche dell'Austria? Esso ora confessa che il
liberalismo cola non e altro se non un parlito , e che pochi arresti
sono bastali a disanimarlo e disperderlo. Vorremmo sapere, se par-
tito potrebbe dirsi 1' universalila di un paese , e come si farebbe a
dispergere lutto un popolo in mezzo a se stesso ! Oltre a che qual bi-
sogno ci sarebbe d'altivila ed influenza per propagare un' idea, che
fosse nella rnente di tulli? Se non vogliamo rinnegare il senso co-
mmie, conviene dire che, a giudizio dell' Opinione , i liberal! veneti
son propriamentc si poca cosa, che un semplice alto energico dell'au-
torila governaliva e per ess! una bufera che li travolge 3. Puo dirsi
1 // Brigantaggio alia frontiera pontificia , Milano 1864.
2 U Opinions, n. 241. — 3 Luogo citato.
GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL YENETO 13
il medesimo di coloro die avversano la dominazione piemonlese nel
regno di Napoli? Quivi non i semplici arresli, ma le deporlazioni in
massa , le fucilazioni a migliaia , le arsioni delle citl5, sono state ado-
perate per domare la reazione. Eppure, non ostante tutto questo si-
sterna di terrorism*) alia Robespierre, puo consolarsi il Governo di
Torino d' avere dissipato il parlito contrario alle sue, quanto inique,
altreltanlo odiate annessioni? Se do fosse, non avrebbe uopo di ave-
re quivi centomila uomini in arme .per tener dome le fremenli po-
polazioni e stritolarle con leggi, di cui non ci e memoria negli annali
dei paesi inciviliti. Mitighi un po' la ferocia e faccia la prova di
richiamar le milizie, che quivi sono slimate piu straniere die non i
tedeschi a Yenezia , e lasd que' popoli in cuslodia alle sole guardie
nazionali o al piu alle milizie indigene solto uffiziali indigeni. Ponia-
mo cento contro uno , che basterebbe un sol giorno a fare che tutto
il Regno si sollevasse , come un sol uomo , contro 1' abborrito giogo
dei suoi esosi padroni.
fiitafVilafl jjhr..!?7 ') -fri:1 J;!:M.J \- -.-, ... U
III.
Falsa posizione del Governo di Torino.
Cio, di cui piu si querela Y Opinions, si e la falsa posizione in cui
i predetti arresli ban collocato'il Governo di Torino. « Mai si serve
all' Italia , essa dice , metlendo il Governo nel bivio o di abbandona-
re al rigore dell'Austria (Je' giovani generosi , o di compromettere
le sorti del paese. Deve essere anzi studio di tutti di evitargli un' al-
ternaliva cosi penosa. Se da un lato lo speltacolo di giovani, che
soccombono in una lotta disuguale col nemico d' Italia , strazia il
cuore , 1' inleresse nazionale richiede daH'allro che si resisla al sen-
timento ed agli affelli ove si corra rischio d' una guerra , impresa in
circostanze a noi sfavorevoli si politicamente , che militarmenle 1. »
Oui YOpinione non manifesta pienamente il suo pensiero. Cio che
pone in imbarazzo il Governo di Torino non e tanto il dover abban-
donare al rigore dell' Austria i trovali colpevoli , quanto il doverli
.i'/ > ' d'^-^iilL £' if .b'lVi/i 'l'T> b i'-'i'n(V:'.'\ I'
1 Numero 241.
II GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO
abbandonare dopo aveiii aizzall esso stesso a cospirare. Per Inten-
dere cio , convien farsi un passo indietro.
La contesa colla Danimarca faceva credere imminente in Europa
una guerra, in ciii la Germania avrebbe avuto contro di se tultojl
Nord e 1' Occidents di Europa. Nei disegni del liberalismo era quello
II momenlo propizio per compiere Y opera dell' unificazione d' Italia 7
col conquisto della Venezia. Cio e assai chiaramente espresso dal-
Y Opinions 9 la quale dice che 1' Italia, per allaccare 1' Austria, aspetta
che la situazione generate deU Europa lo consenla 1. Or qual situa-
zione piu opportuna , che trovar 1' Austria impegnata in guerra si
formidabile ? Questo significavano quelle parole del bando del Gari-
baldi : Gli avvenimenti incalzano. Per apparecchiare poi il terreno
ed assicurarc meglio Y impresa , niente di piu acconcio , che ordire
una sollevazione nell' interno , la quale fosse di poderoso aiulo agli
assalli esterni. Quinci la trama, di cui ora sono scoperte le fila , nel
Tirolo e nel Veneto. Quinci gli arrolamenti e lecollette, ordinatedal
Garibaldi , i viaggi di lui prima in Inghilterra e poscia nell' Isola
d'Ischia, e i macchinamenti, poscia sventati, di misleriose spedizio-
ni per termine ignoto. Ora a tulli questi apparecchi e incredibile, che
fosse estraneo il Governo di Torino, sotto i cui occhi essi si esegui-
vano. Ne la mostra di volervisi opporre, di cui con tanta prosopopea
fe' pompa il Ministro Rouher , asserendo che i tenlativi di guerra in
Italia erano vigorosamente repressi dal Governo di Torino 2, avea-
no forza d' illudere chicchessia. Questa vigorosa repressione non si
riduceva ad allro che ad alcune circolari spedile ai Prefetti , al se-
questro d'alcuni numeri cle' diarii mazziniani , e d' alcune centinaia
di lire a un certo Memmi , cassiere del Garibaldi , e a un processo
inlentato al Diritlo, con imputazione di tentative per abbaltere 1' au-
torita del Re e delle leggi. Ma le circolari restarono lettera morta,
del processo non fu piu nulla, e perfino le lire si reslituirono al Mem-
mi. Fraltanto il Comitato, istituito dal Garibaldi , conlinuava le sue
operazioni, e gli arrolamenti di volontarii, da tenersi pronti alia pri-
ma chiamata, si facevano quasi alFaperto. In somma era una ripeti-
1 Numero 241.
2 Nel cliscorso di risposta a Jules Favre, nella tornata del 32 Maggio del
Corpo Legislativo di Francia.
GLI ARRESTI KEL TmOLO E NEL VENETO 1J>
zione della sozza commedia , onde ncl 60 il Cavour comandava che
s'impedisse 1' imbarco del Garibaldi, e segretamente gli forniva armi
e mezzi da trasporto ; e spedendo 1' armala navale nelle acque di Si-
cilia , dava al Persano un duplice incarico , 1' uno palese e 1' allro
occullo. II palese, di attraversare la calata del Garibaldi nell'Isola;
T occulto di favorirla e proteggerla. Le rivelazioni di Nicomede Bian-
chi sopra questi e coasimili falti del Governo di Torino, per riuscire
alle sue famose annessioni, ban gittata tanla infamia sul Governo li-
beralesco d' Italia, che niuna piu delle sue lustre puo gabbare alcun
gonzo.
Ma senza lanli ragionamenti e congetture, la medesima Opinione,
la quale vorrebbe ora rovesciare sopra i Mazziniani tutta la colpa
della mal riuscita congiura del Tirolo ; la medesima Opinione, dicia-
mo , prima che ricevesse questa nuova imbeccata dal Ministero , di
cui e serva , non si perito di confessare la cosa assai chiaramente.
Imperocche , parlando appunto dei recenti arresti del Veueto , dice :
« Mal si appongono i fogli auslriaci a gridar contro gl' intrighi ita-
liani. E una novita per loro che 1' Italia e nemica dell' Austria, e che
conlro 1'Austria cospirino gl' Italiani, la liberta, il principio naziona-
le, tutto insomma che e civilta e progresso 1? »
Senonche mutato il vento per la Germania , terminata la quislio-
ne danese con vantaggio e gloria dell' Austria, allontanato il pericolo
di una guerra europea, e raffermala 1'alleanza delle tre grandi Po-
tenze nordiche , le concepile speranze della ri\7oluzione sparirono e
le cose pelGabinetto di Torino cangiarono interamented'aspetto. La
condolta politica dell' Inghilterra , a rispetto della Danimarca, lo ha
certamente convinto, che quella polente regina dei mari a niun palto
sMngaggerebbe in una guerra per T Italia, quando 1'ha ricusala per
soccorrere la Danimarca, a cui pareva che la obbligassero e i vincoli
della famiglia regnante, e le speranze fatte da lei concepire, e i suoi
stessi interessi nel Baltico. La consolidazione della potenza auslria-
ca, per le recenti vittorie nello Schleswig e piu per le rinnovale al-
leanze, ha accresciuto immensamente ii pericolo che gli sovrasta
dalle forze nemiche; e dair altra parte 1' isolamento, in che e rimasa
'.7#0(]<|f:n • '•;ioi(5i5tyA'filnii ;i/r •'.• ,x\i'Mbl(>iu,
1 Numero 239.
16 GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO
la Francia , gli ha resi sempre piu improbabili gli aiuli clie potesse
Impromeltersene in caso di lolta. Ma sopraltutto il risultamento della
causa danese, nella diplomazia europea, gli ha dovuto far compren-
dere la trista condizione die e 1'avere sospesa conticuamente sul ca-
po, quasi spada di Damocle, la violazion d'un traltato. La Danimarca
possedeva i Ducati sotto la guarenligia dell' intera Europa , e come
requisito all' equilibrio della bilancia polilica negli Stati del Nord.
Tuttavia 1'aver mancato a palli, non del lulto chiari, di un trattato,
riraaso ineseguito per ben dodici anni, e stato cagione perche si ye-
desse assalita , vinta , smembrala , senza che alcuna delle Potenze
amiche , e da lei vivainente invocate , le prestasse soccorso ; anzi
senza neppure la consolazione di vedersi compalita , ma per contra-
rio col rimprovero d' essere stata testarda e d' aver meritalo il danno,
a cui soggiace. Ora se in viridi ligno hacc faciunt , in arido quid
fet ? Che sarebbe , se 1' Austria , rassieurata dall' alleanza prussiana
e dalla rinnovata amicizia col Russo , intorno ai suoi possedimenti
d' Ungheria e di Galizia , movesse le sue formidabili forze contro il
Piemonte , sotto il litolo evidente'mente giusto ed incontrovertibile
della violazione del trallato di Zurigo? E sperabile che 1'Inghillerra
faccia per 1'Italia, in condizioni tanto piu indifferenti per lei, cio che
non ha fatto per la Danimarca, in condizioni lanto piu determinate?
E restando inerte 1' Inghilterra , e credibile che si nraova la Fran-
cia , con evidente pericolo di vedersi , ad un semplice scambielto
della sua rivale , tutla 1' Europa addosso? E prescindendo anche da
cio, son forse ora le interne condizioni della Francia, le convinzioni
de' Frances! , le relaziorii colla Russia e colla Prussia , quelle stesse
che erano nel 59? Basta un' occhiata sul presente stato delle cose in
Europa , per persuaders! che 1' Austria potrebbe con lutta sicurezza
chiedere i conli all' Italia ; e se nol fa, cio e doYUto o alia sua longa-
mmita o alia sua dabbenaggine.
Ecco la falsa posizione in che si trova il preteso regno d' Italia.
Ecco quello che propriamente impensierisce i suoi amici con salario
e senza salario. L' Opinione ne da un cenno la dove dice: « L'allean-
za nordica slabilita , 1' alleanza occidental piu un desiderio che una
realta, le Potenze a noi amiche concordi nell' avvisarci che la respon-
sabilita di una guerra, da noi dichiarala all' Austria, peserebbe esclu-
GH ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO 17
sivamcnle ed interamentc su di noi, e che delle sue conseguenze esse
si laverebbero le mani , non vi pare queslo un momenlo veramente
propizio per provocare nel Veneto e nelTirolo una insurrezione 1?»
A tutto questo si aggiunge la recenle scoperta della congiura nel Ve-
nelo, i cui arresli potrebbero svelare parlecipazioni, da compromet-
ter gravemente il Gabinetto di Torino, e porgere pretesto all'Austria
di cooneslare in faccia all' Europa Y acceleramenlo di do , che essa
certamente dovii fare in un tempo piu o meno prossimo. Ma via po-
tesse almeno il pericolante regno fare assegnamenlo sulle proprie
forze per una valevole resislenza. Sarebbe imperdonabile errore rim-
prometlerselo. La slessa Opinione confessa a mezza bocca 1' impossi-
bilit£ , in cui versa 1' Italia per questo capo , dicendo che la guerra
presentemente s imprenderebbe in circostanze sfavorevoli air Italia
non solo politicamente ma ancora militarmente 2. E gia piu aperta-
mente il Generale Bixio avea esposto, sopra un lal punto, il suo sgo-
mento, in una leltera al Depulato Lanza, nella quale esorta a provve-
dere sollecitamente , se si vuol salvo il regno d' Italia dal disonore
d'una sconfilta 3. Ma i provvedimenli baslevoli , quanlo son facili a
richiedersi , ianto sono difficili ad apprestarsi. Abbiamo sopra tale
materia un ragionatissimo discorso del Generale Ulloa, in una leltera
da lui diretta a Lord Rokely, Tenente Generale degli esercili britan-
nici ; nella quale , dopo aver dimostrato coi docujnenti alia mano,
pubblicali dal Torre, lo stato sconfortevole delle milizie ilaliane, con-
chiude cosi : « Ove dunque la guerra scoppiasse , schiere non gran
fatto piu nuraerose di quelle dell' antico Piemonte si ordineranno.
Ma non vi sarebbero la stessa ed ugual fede e la stessa concor-
dia; a caso vi sara disciplina, ma mancheranno al nuovo esercito
consislenza e spirito militare. I soldali , o Mylord , di' Ella ebbe a
yedere e lodare, combatlendo Ella stessa in Crimea , piu non si ve-
dranno. L' esercilo perdeva i bravi e buoni Savoiardi ; invece ebbe
Parmensi, Toscani, Modenesi e Romagnuoli, rioltosi d'indole e d'a-
nimo diversi. Conta segnatamente 80 e piu mila Napolitani inquieti,
1 L' Opinione, n. 239. — 2 Luogo citato.
3 La lettera venne inserita nel giornale officiale di Napoli del 13 Lu-
glio 1864.
Serie V, vol. XII, fasc. 349. 2 16 Settemlre 1864.
18 GLI ARREST! NEL TIROLO E NEL VENETO
irosi della patria perduta , impazienti dell' imposto reggiracnto poli-
tico. Oual pro dell'aver nello esercito giltati 2,099 uffiziali garibal-
deschi , usi anzi a' tumulti cittadini , che a guerre ordinate? In mo-
menti supremi sara chiaro il fallo di avere in 10 reggimenti di Ar-
tiglieria spinti uffiziali di scienza e di esperienza digiuni , e di aver
messo a capo, ed in alti gradi , uomini di ogni arte di guerra ines-
perti. Dalle quali cose, Mylord, son di credere che, posto ogni altra
considerazione da canto, che railitare non sia, 1' aggregamento del
reame di Napoli anzi scenio che accrebbe le forze della sabauda
monarchia. »
Stando cost le cose, s' intende benissimo la cagione del tanto svo-
ciarsi dei giornali ufficiosi di Torino in proteslare che il Governo
non ebbe alcuna parle in quei ten tali vi d' insurrezione , e che tutto
il carico pesa in capo al Mazzini. E la paura che 1' Austria ne tolga
occasione per affrettarsi ad una guerra , che , secondo la medesima
Opinione , e per lei inevitabile. « La. lotta tra 1' Italia e 1' Austria e
aspettata e preveduta dall' Europa. Non v' ha forza che possa evi-
tarla 1. »
Corse anche voce, che il Gabinetlo di Torino avesse esso stesso
avvertita 1' Austria di cio che tramavasi nel Tirolo 2. Per quanto di
schifezza presenti un tal fatlo , non e niente inve risimile per la co-
scienza liberalesca dei presenli padroni d' Italia. Per loro lulto e le-
cito, purche meni allo scopo, Non giunsero essi, per via di tradimen-
ti o di spergiuri verso i legit timi Principi, alia presente forluna? E
perche dovrebbero essere impediti di eslendere il diritto del tradi-
mento anche a rispetto dei loro partigiani? L' importante nel caso
presente era di rimuovere presso T Europa , e 1' Austria in ispecie ,
1' idea di complicity del Governo torinese in una congiura , che non
era probabile che piu a lungo si tenesse celata. Qual mezzo piu ac-
concio che farsene spontaneamente rivelatore? Cosi si avrebbe un
mezzo da elidere le prove di colpabilita , che altronde polrebbero
1 L' Opinione, num. 241.
2 « E notizia molio accreditata che il Governo italiano abbia trasmesso
alle autorita austriaclie delle informazioni talmente positive intorno alia
cospirazione, che ha perfmo indicati i luoghi, che contenevano depositi
di armi. » Gazzetta di Bolzano del 2o Agosto.
GLI ARRESTI NEL TIROLO E NEL VENETO 19
ricavarsi. Vedete , essi direbbero, se siamo innocenti! Noi slessi vi
abbiamo manifestata la Irama, che preparavasi. Ma dove anche a tan-
ta turpiludine fosse disceso il Governo di Torino, esso avrebbe fatto
male i suoi conli ; perciocche il tradimenlo anche a chi lo accella
come utile, nulla diminuisce dell' orrore pel tradilore ; e quando si sa
il versipelle scopo, per cui esso fu perpelrato, neppur otliene 1' effello
di sottrarre 1' Autore al danno, ch' egli voleva per tal nequitosa via
cansare. Sicche il Governo lorinese avrebbe tradito gli amid senza
ammansire i nemici. Ed e questo il frutto , che ordinariamente si
coglie da chi giuoca, come suol dirsi, all' altalena.
Conchiudiamo : il vagiente regno d' Italia si trova presenlemente
alia merce dell'Austria. Se questa Potenza volesse domani aggredir-
lo, ella non inconlrerebbe efficace opposizione ne nella Diplomazia,
ne nelle armi. Non nella Diplomazia; la quale, col fatto della Dani-
marca, ha dalo chiaramenle ad intendere che presso di lei e sufficien-
te motivo non pure di guerra, ma di smembramenlo di un regno la
inosservanza di un trattato. Non nelle armi ; giacche le forze interne
non reggerebbero all' urlo , e gli aiuli esterni e certo che manche-
rebbero. L'Inghilterra, piuttosto che far guerra, si e contenlata, con-
tro i suoi inleressi, che 1'Alemagna iniziasse il suo dominio nel BaHi-
co; quanto piu tollererebbe che il Piemonte fosse costrelto a restituire
le rubate province? LaFrancia poi, nelle sue mutate relazioni interne
ed esterne, non sarebbe si matta, da esporsi cosi a un repentaglio ,
che potrebbe riuscirle fatale. Sicche, ben considerate le cose, il Go-
verno di Torino dee saper graclo air Austria del suo star tuttavia;
certo per altro che la cuccagna per lui non polra aver lunga dura-
ta, e che presto o tardi gli converra rientrare negli antichi confmi,
con la perdita, la quale al certo non sara. piu riparata , della Savoia
e di Nizza. Ecco il guadagno che han reeato alia patria nostra gli
stolti restauratori d' Italia ; mentre se avessero avuto , se non senso
di religione e di giustizia , almen senno pratico , avrebbero potuto ,
rispeltando gli antichi dirilli, provvedere ai vantaggi materiali e alia
comune difesa della Penisola per via di confederazione , risparmian-
dole, oltre ai danni patili, una nuova ed inevitabile cataslrofe. Ma essi,
piu che ristorare 1' Italia, inlesero rislorare se stessi; ed un tale scopo
£ stato gia. conseguito.
IL PATRIZIATQ ROMANO
DI CARLOMAGNO1
x.
Se Carlomagno Patrizio avesse I'alto dominio in Roma
e nell* Esarcalo.
Nei due precedenli articoli abbiamo esposta e sviluppata la prin-
crpale dclle ragioni, con cui provasi, Carlomagno Patrizio non essere
stato Sovrano di Roma ne delle altre cilia di S. Pietro; e prima di
andar oltre, non sara inulile il raccoglicrne qui in poclie parole tul-
te le membra sparse, affinche il Icltore possa d' un solo sguardo phi
agevolmenle comprenderne la sostanza e senlirne la forza.
Noi dicevamo dunque : se Carlomagno Patrizio fu veramenle So-
yrano di Roma e dello Stato di S. Pielro, cio dee dimoslrarsi soprat-
tulto dagli atti proprii della Sovranita , hi da lui esercitati. E quali
sono quesli alii? Sono il dar leggi o imporre comandi ai suddili, il
nominare governatori e ufficiali nei diversi ordini della pubblica am-
minislrazione, il levare tributi e imposte, il batter moneta in proprio
nome, il soprintendere alia giustizia e senlenziare in ultimo appello
delle cause ; 1' esercilare insomnia i dirilti supremi di quella tripli-
ce polesla, legislaliva, amministraliva e giudiziaria , in cui consiste
1'essenza di ogni autorila sovrana nei governo degli Slati. Or bene:
1 Vedi il volume precedente pag. 413 e segg.
IL PATRIZIATO ROMANO DI CARLOMAGNO M
i monuraenli storici del sccolo VIII ci dimostrano die Carlomagno
nello Slalo dfS. Pietro non esercilo mai, e nemmeno pretese di e-
sercilare niuno di quesli atli sovrani : non detto leggi , non impose
comandi , non creo governatori ne ufficiali , non riscosse imposte ,
non conio monete , e quanto alia poteslSt di giudice, non la esercit6
altrimenti che dentro tai limiti e con tal dipendenza dal Papa , die
escludono ogni idea di sovranita. Come dunque puo egli affermarsi
di' ei possedesse 1' autorila sovrana ? Bel Sovrano in verita , a cui
mancano tulti i caratteri e tutte le prerogative della maesl& regia,
e che si moslra nell'esercizio del sommo potere eziandio da meno di
quel che erano stati in Francia quegli ultimi Merovingi , ch' ebbero
nella storia il litolo di Rois faineants I E coleslo fantoccio di Sovra-
no sarebbe staloun Carlomagao!
Ma ben altrimenti veggiamo compor tarsi il gran Re nel governo
de'suoi veri Stati di Francia e Germania, e del regno italico; al pa-
ragone dei quali vie meglio risplende la nullita di quel sovrano domi-
nio, che certi storici si avvisarono di allribuirgli nelle terre di S. Pie-
tro. In quegli Stati infalti la presenza e 1'opera di Carlomagno, come
Monarca, apparisce continua, universale, potenlissima in ogni cosa;
I'autorita di lui e come 1'anima che da mossa e vita a lutti gli organ!
del reggimento pubblico ; egli inlima e tiene le assemblee di Stato e
le frequenli Diele, in cui, coll' intervento de'Vescovi e dei Magnati,
risolve i pubblici negozii e decrela i famosi Capitolari, doe le leggi
da osservarsi da lutli i suddili ; egli dislribuisce i governi delle pro-
vince ai Duchi e ai Conli da lui nominali, e da lui dipendono tutli gli
ufficiali pubblici ; egli ad ogni tralto invia i suoi missi dominici a
render giuslizia per le citta, a riveder le sentenze de' giudici ordi-
narii, a sindacar la condotta dei regii ministri ; in nome di lui i Con-
ti palatini decidono in ultimo appello le cause ; da lui son prescriite
e riscosse le pubbliche imposte ; della sua impronla van segnale tut-
te le monete, e del suo nome lulti gli alti pubblici ; in ogni cosa in-
somma, in ogni appartenenza governativa s' incontra il nome e la po-
tesla di Carlo, in alto di primo e sovrano motore di quella gran mac-
china sociale ch' erano gli Stati del suo imperio. Ma nello Stalo di
S. Pietro non si vede piu nulla di tulto questo : appena valicate le
22 IL PATRIZIATO ROMANO
frontiere del Po e degli Apennini, che dal Regno italico mettono nel-
le terre della Chiesa, cessa ad un tratto, per dir cosi, la presenza e
1'azione sovrana di Carlomagno ; qui egli veste tutt' altro personag-
gio e non apparisce phi che nella qualita subordinata di Palrizio.
II vero Sovrano, cioe colui che si vede esercilare lutli gli atti poc'an-
zi enumerali di Sovranita , ed esercitarli con potesta tulta propria ,
con poles la indipendente e suprema , qui e il Pontefice ; men Ire
solto di lui il Patrizio non interviene che a quando a quando , non
Interviene che a richiesta di lui, e non interviene mai per comanda-
re da Principe , ma si per aiulare , difendere e servire il Pontefice
nei piu rilevanli interessi della Chiesa e dello Stato. Tal e il fatto,
che da tutti i monument! slorici di quel tempo emerge con evidenza
tanto piu luminosa ed incontrastabile, quanto piu altri si fa da vici-
no ad esaminarli con attenzione. Ora , posto questo fallo , chi non
vede, la pretesa Sovranita di Carlomagno nello Stato della Chiesa
Bon esser altro che una prelta chimera, un sogno, un errore da vo-
lersi oggimai eliminare per sempre dal campo della storia?
Se non che potrebbe qui taluno ripigliare : le ragioni e i fatti so-
pra esposti valgono bensi per avventura a provare che nello Stato di
S. Pielro il Sovrano immediate altri non era che il Papa ; ma cio non
toglie che Carlomagno, come Patrizio, non avesse 1' alto dominio, la
soprasovranita, in virtu di cui, lasciando pure al Papa libero e intero
I'esercizio di tutli i dirilti immediati ed ordinarii della Sovranita, egli-
a se nondimeno ne riserbasse T autorila suprema. II Papa era Re ,
ma Re vassallo e dipendente ; egli regnava nella Italia di mezzo, ma
a quella guisa che regnava nell' alta Italia il giovane Pipino, figlio e
luogotenente di Carlomagno, o piuttosto come nell' Italia meridionale
regnava il Duca di Benevento , Grimoaldo , a cui Carlomagno avea
concesso di ripigliare lo Stato paterno , ma con obbligo di fedelta e
vassallaggio verso la Corona di Francia , al cui supremo dominio
quello Stato apparteneva, siccome parte dell' antico regno longobardo
da lei conquistato.
E questa infatli fu 1' opinione del Sigonio ; questa piacque singo-
larmente al Maratori , benche, tra le molte incerlezze e oscurita in
che a lui apparve avvolta la presente quistione, ei non Tolesse riso-
DI CARLOMAGNO 23
lutamente definir nulla ; e qucsta in generate e la sentenza di colo-
ro, i quali, mentre da ima parle pur vogliono ad ogni palto dare a
Carlomagno la sovranita dello Stato romano, dall'allra ben veggono
esser Iroppo ripugnante a tutli i dati storici il supporre ch' ei re-
gnasse qui e governasse al modo slesso che negli altri suoi Stall ,
eppercio si contentano di riserbargli queU'alto dominio che abbiamo
or ora esposto, col quale, come a lor sembra, oltimamenle si accon-
cia e si spiega ogni cosa.
Ma, a dir vero, eglino s' ingannano in cio a gran parlito, ed evi-
tando alcuni sconci , cadono in altri non meno gravi ; imperocche il
concetto di questa polilica supremazia di Carlomagno Palrizio sopra
gli Stali della Chiesa o sopra una parte qualsiasi di essi , non solo
manca di fondamenlo storico , ma viene anch' esso dai monumenli e
dalle ragioni storiche positivamente conlraddetto e dis.trutto.
Diciamo in prima , che manca'di fondamenlo storico ; e infatli ,
se voi chiedeste agli aulori medesimi di lal sentenza una prova , un
atlo , un documenlo , una testimonianza diretta , che possa far fe-
de chiara e sicura di quella pretesa soprasovranila di Carlomagno,
voi la chiedereste indarno. Eglino quindi, o ne parlano solo per va-
ghe e incerle congellure, ovvero si contentano di affermarla gratui-
tamenle senza darsi niuna briga di provarla , o se pure fan qualche
mostra di provarla , vi si affalicano invano ; e vedrem tosto quanlo
siano insussistenli e fallaci le prove da loro addolte, allorche ci fare-
mo piii solto ad esaminarle. Intanto giova qui recare i documenli e
le ragioni contrarie , che facendo toccare con mano la falsila di tal
opinione, confutano anlicipatamente tutte le prove , che altri potesse
a favor di lei immaginare.
Risalendo adunque alia prima epoca del Patriziato , cioc ai tempi
di Pipino ed al celebre Patto di Quiersy, nel quale furono stabilile Ira
la S. Sede e i Re franchi , creati Patrizii dei Roman! , le poliliche
relazioni che da indi innanzi doveano siringere le due parli palleg-
gianti ; noi troviamo aver Pipino , in nome proprio e de' suoi suc-
cessor!, espressamente rinunziato ad ogni dominio sopra gli Stall,
i quali, dopo la sperata vittoria conlro i Longobardi, doveano es-
sere reslituiti e confermati in perpetua ed interissima signoria alia
24 IL PATRIZIATO ROMANO
Chiesa Romana. Infalti nel Frammento Fantuzziano, dove quel Pat-
to e riferito, Pipino promelte e concede al Papa i predelti Stall sub
omni inlegritats aeternaliler, e soggiunge immediatamente : nullam
nobis nostrisque successoribus infra ipsas terminations (cioe dentro
i confini degli Slali medesimi) potestalem reservatam etc. 1. Poleva
egli, di grazia, esprimere con formole piu chiare ed efficaci la nega-
zione appunto di quell' alto dominio, che il Sigonio ed altri prelendo-
no essersi cgli riservato riella celebre Donazione? E riotisi, cheque-
ste formole corrisponclono con mirabil consenso a quel generoso dis-
interesse , cen cui Pipino ed in parole ed in falli sempre proteslo
di non aver assunta 1' impresa d' Italia conlro i Longobardi, altdmen-
li che per dcvozione a S. Pietro, per 1' esaltazione della Chiesa Ro-
mana, e per rimedio e mercede deH'anima propria.
Carlomagno poi, nel 774, confermando, ad istanzadi Adriano, Tat-
to del padre , giuro e depose sulla'tomba di S. Pielro, come allesta
Anastasio Bibliotecario 2, la formola del Pallo e della Donazione col
tenore medesimo di quella ch'era slata stipulata aQuiersy da Pipino,
e percio colla medesima esclusione e rinunzia di ogni dominio. Ag-
giungasi , che Lodovico Pio imperatore le medesime clausole ripele
con istile eziandio piu copioso nel suo Diploma ; confermando alia
S. Sede tulle le province, cilia e terre ivi enumerate, sicche elle ri-
mangano perpeluamenle sollo la giurisdhione, il principato e il do-
minio dei Ponlefici , la polesla dei quali non dovra mai venire in
milla diminuita ; e prometlendo di difenderle in modo tale, che essi
ne abbiano sempre saldo e inlero il possesso, non solo ad utendum et
fruendum, che sarebbe il dominio ulile, ma anche ad disponendum,
cio che importa dominio assoluto e indipendenle ; e protestando in-
1 FANTUZZI, Monumenti Ravennati, T. VI; TROIA, Codice diplom. lon-
gobard., num DCLXXXl.
2 Cumque ipsam promissionem, quae in Francia in loco qui vocatur Ca-
Tisiacus factaest, sibi relegi fecisset (Carolus), complacuerunt illi et eius
iudidbus OMNIA quae ibidem erant adnexa, et propria voluntate, bono ac li-
benti ammo, aliam donationis promissionem AD INSTAR AXTERIORIS ipse
Carolus Francorum rex ascribi iussit per Etherium, etc. Yita Hadriani,
num. 318.
DI CARLOMAGNO 25
fine di non pretendere in esse per s5 niuna parlc e niuna polesla di
disporre, giudicare, sotlrarre o minorare , se non in quanlo cgli ne
venisse espressamente richiesto dal regnanle Ponlefice 1. Le quali
forraole di Lodovico leggonsi del pari, copialepressocheinleramente
a verbo, nei diplomi di Ottone I, di S. Enrico II e'dei seguenti Im-
peralori 2.
Or qui pongasi , di grazia , ben allenzione alia forza dell' argo-
mento cbe questi diplomi imperiali , benche apparienenli a tempi
posteriori al Patriziato, nondimeno ci porgono in favore dell'assunto
1 Omnta supenus nominata ita ad noslram (vestram) partem per hoc no-
sire confirmacionis decretum roboramus, ut in vestro vestrorumque successo •
rum permaneat IURE, PRINCIPATU ATQUE DICIONE, ut necanobis, nee a fillis
vel successoribus noslris per quodlibet argumenlum sive . machinacionerti QUA-
CVMQUE PARTS MwuATCR VESTRA POTESTAS, aut vobis de suprascriplis omnibus,
vel successoribus vestris.inde aliquid sublraliatur, de suprascriplis videlicet
provinciis, urbibus, civitalibus, oppidis, castris, mills, territories atque pa-
trimoniis, necnon et pensionibus atque censibus, ita ut neque nos ca sub-
trahamus, neque quibuslibet subtraliere volentibus conscnciamus , sed poclus
omnia, que supenus leguntur, idest provincias, cimlates, urbesf oppida,
castclla, terriioria, patrimonia atque insulas, census et pensiones Ecdesie
beati Petri apostoli et Pontijlcibus in sacralissima illlus Sede IN PERPETUUM
residentibus in quantum possumus nos de/fendere promictimus. Ad hoc^ ut
omnia ea in illius ditione AD VTENDUM ET FRVENDUM ATQUE DISPONENDUM fir-
miter valeat obtineri. Nullamque in els nobis partem, aut potcstalem dispo-
nendi, vel iudicandi, subtrahendive aut minorandl vendicamus, nisi qualenus
ab illo, qui extempore huius sancte Ecdesie regimen tcnucrit, rogali fueri-
inus. Diploma Ludov. Pii, presso il CENM, Monum. domin. pontif. T. II,
p. 130; MARLM, Nuovo esame, ecc. p. 107; THEINER, Codex dlplom. domlnli
temporally sanctae Sedis, T. I, p. 3. 9
2 Veggansi il CENNI e il MARINI nelle Opere cltate, e specialmente il
THELNER, T. I, Docum. 4, 7, con lutta la lunga seric del Documenli impe-
riali da lui enumcrati nella prima pagina della Prefazione, e stesamente
arrecati nel corpo del Volume. Quanto a1 diploma di Lodovico Pio, ben
sappiamo che alcunl negano o mettono in clubhio la sua autorita ; ma per
costoro a noi basta allegare i diplomi dei seguenti Imperatori, 1'autenticita
de' quali non e ne puo essere recata in forse; giacche questi soprabbastano
al presente nostro assunto, e con essi anche soli rimane inlera la forza del-
Targomento qui da noi addotto.
26 1L PATRIZIATO ROMANO
che abbiamo per le mani. In quesli diplomi, gl'Imperatori professano
innanzi tulto di confermare alia S. Sede le liberalila di Pipino e d!
Carlomagno, e i patti con essa siipulali dai due primi Caroling! ; e
cio e indicato dai titoli stessi di Pactum confirmationis , Decretum
confirmationis, che i diplomi portano in fronie. Inoltre e noto, e lo
dimoslra il loro tenore medesimo , che essi furono tulti modellati
sopra un medesimo tipo, cioe sopra quello di Carlomagno, il quale,
come abbiamo teste veduto, fu esemplato alia lettera sopra la prima
Donazione di Pipino , ossia sopra il Patio di Quiersy. Se adunque
nei diplomi imperiali viene ai Pontefici con tanta gagliardia di for-
mole assicurata la pienezza del dominio e 1' assoluta sovranila sopra
gli Slati della Chiesa ; egli e forza dire che 1' assicurazione medesi-
ma si trovasse gia espressa nel primo diploma di Pipino, che fu il
fondamenlo e modello di tulli i seguenti : laonde rimane mirabil-
mente confermata ed autenticata dai suffragio Concorde di colesti alii
imperiali la verita di quelle formole del Frammento Fantuzziano, m
virtu delle quali Tien negato ai Re Patrizii, non pure 1'alto dominio ,
ma ogni ombra di sovranila nelle terre di 3. Pietro. Che se nei tem-
pi imperiali ii titolo d' Imperatore dei Roniani non dava ai Cesari
mun dirillo di sovranila sopra ii Papa nello Stato della Cbiesa ,
molto piii facilmente dee credersi che tal dirilto mancasse al Patri-
zio dei Romani , titolo inferiore all'imperiale , ed involgente nel suo
concetto medesimo 1'idea di dipendenza da un altro Sovrano.
Per quanto adunque puo rilrarsi dai Documenti diplomalici , che
sono la base piu autorevole della storia , egli e cosa manifesta , che
mentre dall'una parte non puo allegarsi nulla a provare 1'alto domi-
nio del Patrizio sopra gli Stati della Chiesa, questo dominio dall'al-
tra parte viene espressanfente negato dai Patio autentico di Quiersy
e da tulta la serie dei seguenli 'Patti imperiali , che in quel primo
Patto ebbero radice.
Se poi dairaulorila dei diplomi ci volgiamo a quella del falti, tro-
veremo che quesli interamente s' accordano a darci la medesima
condusione. Di Pipino egli e cosacerta e coufessata dai silenzio me-
desimo dei nostri awersarii, ch'egli mai non esercilo, ne pretese di
esercilare niun atto di alto dominio nella Italia papale. Dopo che egli
DI CARLOMAGNO 27
cbbc fatta la celebre Donazione , e posto i Papi nel possesso delle
province da lui rilolle ad Aslolfo , ai Papi ne lascio inlerissima la
signoria sovrana, secondo che avea promesso in Ouiersy ; e duranle
i qualtordici anni del suo Patriziato romano , egli presto bensi sem-
pre pronta 1'opera sua in servigio della Sanla Sede e in difesa delle
giuslizie di S. Pietro, ma fu lontanissimo dall'arrogarsi mai sopra i
Papi niun'ombra di polilica supremazia. L'attribuire pertanto siffalta
supremazia al Re dei Franchi, come dirilto proprio del suo Palrizia-
to, non puo esser allro che un sogno di scrittori, usi a scambiare per
realla le visioni del proprio cervello.
Ed altrettanto dee dirsi del Palriziato di Carlomagno ; si perche
iiemmeno di lui non puo arrecarsi un sol falto, il quale chiaramenle
provi e ponga fuor di contrasto aver egli esercilata o essersi arro-
gata cotal supremazia ; si perche lo veggiamo al contrario in tutti
gli atti della sua polesta palriziale apparire come ministro e aiulatore
devolo , non gia come Sovrano del Papa, secondo che abbiamo piu
innanzi inostrato. Ne poteva accadere alt rimenli; poiche Carloma-
gno, succedendo a Pipino, altro non fece che sottentrare, ne piu ne
meno, nei medesimi diriili e doveri che gia legavano il suo genitore
alia S. Sede; la dignila di Patrizio che, nel 774, fu solennemente
confermala a Carlo, era la medesima ond' era stato invest! to Pipino ; e
il Patto palriziale che Carlo allora rinnovo col Pontefice, fu lo stessis-
simo, come attesta Anastasio, che quello giurato da Pipino a Quiersy
nel 754. Se dunque in Pipino mai non fu quella supremazia di alto
dominio che tesle dicevamo , ella non pole dover essere neppure in
Carlomagno , erede e conlinuatore del Patriziato di Pipino. Anzi in
Carlomagno e tanto piu difficile rammelterla, quanto che in lui 1'osse-
quio e la devozione alia S. Sede si mostro eziandio piu cospicua che
per avventura non fosse in Pipino ; eppero, ben lungi dallo stremare
in nulla i diriili sovrani del Papato, si adopero piu presto ad ampli-
ficarli , accrescendo con nuove donazioni di cilia le larghezze del
padre, e 1'opera sua preslando piu che mai assidua e volonlerosa in
difesa di quei medesimi dirilti.
Dair altra parte, se ci facciamo a contemplare i Papi e il conte-
goo da essi serbato verso i Re Palrizii ; ci si rende sempre piu im-
28 IL PATRIZIATO ROMANO
possibile a credere in quesli 1'esistenza di queiralto dominio che altri
ha loro attribuito. Cerlo e che nel reggimento dello Stato romano e
nell'esercizio di tulli quei diritli proprii della Sovranila, che abbia-
mo sopra enumerati, i Papi si governarono come Principi indipen-
denti ed assoluli, senza mai dar seniore ch'ei si tenessero per sudditi
o vassalii di altra potesta superiore. Essi creavano i pubblici ufficia-
li, distribuivano i governi e le cariche, nominavano gli adores e
davan loro i diplomi (praecepta actionum, praecepta de civilatibus),
regolavano e risolveano i piu alii affari di Stato, riscuotevano lepub-
bliche imposte, batlevano moneta, decidevano le cause, provvede-
vano alia sicurezza e alia difesa pubblica ; ogni cosa in nome proprio
e con polesla somma, senza niun segno di dipendenza o di egua-
glianza verso altro Polenlato maggiore o collega. In prova di che
basla riandare ad uno ad uno tutti i fatli e i documenti che abbiamo
arrecato nei due precedenti arlicoli, esponendo in qual modo fossero
dai Papi esercitali cotesti diritti sovrani. Egli e ben vero che i Papi
spesso invocavano la potesla del Palrizio, ma la invocavano come
potesla ausiliare, come potesta ministra, come polesla specialmenle
devota, in virtu di giuramenti solenni, alia difesa di quei dirilti , ed
obbligata per debilo di promesse sanlissime a mantenere inviolate le
giuslizie di S. Pietro; la invocavano in quella guisa che il Principe
invoca nelle baltaglie ii braccio del capilano che ha posta in servi-
gio di lui la sua spada, o come un Signore terriloriale invoca nei
litigi 1'avvocato, a cui ha commesso la difesa delle sue ragioni. No
questa e gia una nostra arbitraria interprelazione ; ma e il significato
che si legge a chiarissime note espresso in ogni pagina del Codice
Carolino ; nel quale, menlre questo caraltere di Difensore e di Av-
vocato della S. Sede risplende ad ogni tralto nella persona del Re
Palrizio, egli e impossible al conlrario trovare una sillaba, la quale
riveli in lui il Sovrano di Roma, ovvero mostri aver mai, o i Papi
riconosciuto nei Re Patrizii, o i Re Patrizii preteso niun diritto di
alto dominio sopra lo Stato di S. Pietro.
Del rimanente, a tor di mezzo ogni dubbio in tal questione, basla
richiamare alia menle dei lettori quei che abbiamo fin da principio
spiegato intorno alia nalura e all' origine del Patriziato dei Re Caro-
DI CARLOMAGNO 29
lingi; imperocche ianto all'una quanlo all' altra nulla puo cssere piu
ripugnante die coteslo altodominio, o soprasovranila die vogliadir-
si. E vaglia il vero : se dall' una parte e certo die la dignita di Pa-
trizio non era per se dignila sovrana, ma subordinate e suddita al
Sovrano il quale conferivala, e che al solo Sovrano dello Stato appar-
teneva il conferirla, siccome dignila prindpalissima; e se dall' altra
e provato che ai Re Carolingi la dignila Palriziale fu conferila non
da altri che dai Papi, e non per altro fu conferita se non che per
difesa e prolezione della Chiesa Romana: se quesle premesse,
diciamo, si hanno per certe, chi non vede scalurirne chiarissima ed
inevilabile la conseguenza, che adunque non il Palrizio al Papa, ma
il Papa al Patrizio^era guperiore e sovrano? chi non iscorge, essere
assurdo il pjdende're che Pipino o Carlomagno avessero, o in Roma
o nell' Esarcalo o in qualsivoglia terra degli Stati di S. Pielro, alto
dominio sopra il Papa, mentre ivi altra dignila non aveano che di
Palrizii dd Papa, ne altra potesta o giurisdizione fuorche quella che
abbiamo vedulo essere compresa neH'ufficio del Palriziato, loro con-
ferito dal Papa? Colal prelensione sarebbe altrettanto assurda, quan-
to il supporre che gli aniidri Esarchi e Patrizii imperiali , in luogo
d'essere subordinali all' Imperalore da cui eran creali, avessero so-
pra T Imperalore medesimo allo dominio nelle province imperiali
alia loro custodia affidale. Insomnia, o egli bisogna smentire e di-
slruggere in un fascio tulle le autorila e ragioni che dai monument!
storici abbiamo nei precedent! capitoli recate in mezzo, per mostrare
qual fosse 1' indole e la origine vera del Patriziato romano dei Carolin-
gi; ovvero confessare che I'alto dominio, atlribuito da cerli scriltori,
quanto si voglia autoftvoli, ai medesimi Carolingi sopra il Papa negli
Slali di S. Pietro, e da relegarsi fra le lante favole e chimere, onde
la sloria e stata da gran tempo sventuratamente conlaminata.
Dopo il finqui delto, par quasi superfluo Taggiungere, quanlo sia
vana e fallace la comparazione, che di sopra udimmo allegarsi dagli
avversarii, col paragonare che fanno il Papa regnanle nell' Ilalia ro-
mana, al principe Grimoaldo signoreggiante net vasto Ducalo Re-
nevenlano sollo il vassallaggio di Carlomagno. Nondimeno, siccome
u prima fronte la parila ha dello specioso e pu6 trarre altrui in in-
ganno, non sara un fuor d' opera T indugiarci alquanto ad esaminar-
30 IL PATRIZIATO ROMANO
la: tanto piu che da tal esame vedremo uscire nuova luce ed eviden-
za a vie meglio confermare la esposta dottrina.
II Muratori, giovandosi di qualche passo del Codice Carolino, si
argomenlo di provare la verila di cotesto paragone, per quindi de-
durne che Carlomagno avea nell' Esarcalo e in altre citta supreraa
padronanza sopra il Papa, come 1'avea nel Beneventano sopra Gri-
moaldo. Infatti, dall'Epistola XGVIII del Codice si rileva che Adria-
no, a proposilo di certi Ravennali e Pentapolilani iti in Francia,
avea chieslo a Carlo che glieli rimandasse, siccome, dic'egli, faceste
col Duca Beneventano in casi simili 1 : la qual richiesta, dice il Mu-
ratori 2, puo servire d' esempio a provare che Carlo continuasse ad
essere Sovrano dell'Esarcato, siccome egli continuava ad essere tale
nel Ducato di Benevento. E nell' Epistola XCIII, (Juer^ndoslAdria-
no die i messi di Carlo, nel fare ai messi pontificii la consegna di
Capua e delle allre citta beneventane, recentemente offerte dal Re a
S. Pietro, avessero solo consegnato gli episcopii, i monasteri, lecorti
pubbliche e le chiavi delle cilia, ma non gia gli abitanli, i quali re-
stavano in lor liberta, rendendo in tal guisa illusoria la promessa e
donazione regia ; « Noi percio vi preghiamo, soggiunge il Papa, di
non tollerare che niun mortale ardisca impedire 1' adempimento dei
voslri sacri voli, e di non fare Grimoaldo, figlio d'Arigiso, dappiu
del vostro proteltore S. Pielro, clavigero del regno de' cieli ; poiche
lo stesso Grimoaldo in Capua, alia presenza de' voslri messi, vanta-
vasi dicendo, avere il Re ordinato che chiunque esser volesse suo
suddito, tale fosse senzaniun contrasto 3. » Sopra di che, osservan-
1 Interea reperimus in ipsis regalibus apitibusbestris exaratum , sicut
praelcrito anno vobis direximus, pro hominibus Ravennatibus et Penlapolen<
sibus de quibus scripsimus, ut eos nobis dirigeretis, SICVT BENEVENTANO DUCL
FECISTIS. COD. CAROL. Epist. XCVIII, secondo 1'edizione del CENNI.
2 Piena esposizione dei diritti Imperiali ed Estensi, ecc. Capo II.
3 Unde pelimus vestram excellentiam , ut nullus hominum sit qui vestra,
sacra vota impedire valeat, et NE MELIOREM FACIATIS GRIMVALDVM FILIVM ARJL-
GISI CCAM FAVTOREM VESTRUM BEATVM PETRVM clavigerum regni coelorum ; eo
quod ipse Grimualdus in Capua, pracsentibus missis vestris laudabat se di-
cens: quia dominus Rex praecepit , ut qui voluerit homo meus esse, tarn
magnus quam minor, sine dubio est tarn meus, quam vel cuius voluerit-
Epist. XCIU.
DI CARLOMAGNO 31
do il Muraiori, come « Grimoaldo era Duca di Benevento, ma suddi-
to di Curlomagno, e il Pontefice Adriano non richiedea gia d' aver
piu gius e miglior Irallamento di lui, ma cbiedea solamente di Don
essere Iraltato da mcno di Grimoaldo; » ne inferisce che « un cosi
falto parlare del Papa ci fa intendere che Carlo reslo Sovrano delle
stesse citlA donate, e ci conduce ancora a congetlurare, in che potes-
se consislere il dono dell'Esarcato fallo alia Chiesa romana, cio&
che sul dono stesso rimanesse illeso 1'alto dominio del concedente l.»
II raziocinio a prima vista pare giusto e calzante ; ma esso perde
a un trallo ogni vigore, se si osserva che Adriano qui in realla non
argomenta a pari, ma bensi a minori ad mains. E che sia cosi, ap-
parisce chiaramente dal senso di tulto il contesto, e sopratlulto da
quel signiflcante contraslo che fa il Papa di Grimoaldo figlio di Ari-
giso con S. Pietro proletiore di Carlo e clavigero del regno de deli.
L'ironia, contenuja in questo contraslo, vela tin rimprovero delicato,
col quale in sostanza Adrjano vuol dire : Se voi, re Carlo, tanto con-
cedete a un Grimoaldo vostro vassallo, al figlio di quell' Arigiso che
fu gia vostro nemico e ribelle, quanto piu non dovete mostrarvi gene-
roso verso S. Pietro, vostro Signore, il quale tanto vi ha finqui favo-
rilo e protetto, ed ha in mano le chiavi del cielo per guiderdonare,
disserrandovelo, con eterna mercede la vostra devozione ! Ma deh !
fate almeno che non paia essere S. Pielro da voi posposto a Grimoal-
do; do che avverrebbe pur troppo, se fossero vere le vanterie che il
Duca va menando in Capua, e se nelle cilia da voi donate a S. Pie-
tro, S. Pietro non ricevesse che il dominio degli edificii e delle terre
pubbliche, ed a Grimoaldo fosse lasciato libero, come nelle altre dt-
ta del suo Ducato, il dominio degli abilanli. Date dunque intiera a
S. Pietro , come la prometleste , la signoria delle citta e degli ab£r
tanti, e fate che i voslri messi fedelmente adcmpiano la vostra tfbla-
zione — Tal e il vero senso della domauda e della rimostranza di
Adriano. Posto il quale, chi non vede riuscir vanissime le deduzioni
che ne trae il Muraiori? E falso, che il Papa^chiedesse qui parita di
dirilli con Grimoaldo, quasi che lal parita fosse il maximum ch'egli
potesse giustamente pretendere; egli la chiedea piulloslo come il mi-
1 Plena esposisione, ecc. Cap. cit.
32 IL PATRIZIATO ROMANO
nimum, che Carlo dovesse concedere, al disolto del quale egli avreb-
be fatlo onta a S. Pietro, posponendolo a Grimoaldo. Ora, chi chiede
intal guisa il meno, esclade egli forse il piu, o nega egli d'aver di-
rilto a quel piu che tace ? chi domanda , per la men trista , di non
essere posposlo ad aUrui, ricusa egli forse di essergli anteposto e di
venir trattato meglio ? anzi egli inchiude tacitaraente e significa co-
teslo piu e colesto meglio nell'alto stesso che sembra pretermelterlo.
Benche adunque sia yerissimo che Grimoaldo era yassallo di Carlo-
magno, non piio dalle citale parole per niuna guisa dedursi che an-
che Adriano fosse e si conlenlasse di essere in egual condizione, anzi
vien dalle medesime insinuate iullo il conlrario.
Tulle qucsto discorso risguarda il dominio delle sei cilia beneven-
tane, di cui sole parla qui Adriano. Ma quand' anche si volesse gra-
tnitamente ammellere, che Carlomagno, nell' aggiungere quesle cilia
agli antichi dominii della S. Sede , ne avesse a se riserbato 1' alto
dominio 1 ; sarebbe poi ad ogni modo grave fallacia il Irarne col Mu-
ratori la congellura che altreltanto debba dirsi dell' Esarcato : impe-
rocche troppo maggiori erano i tiloli di signoria che gia ab antico
avea sopra 1' Esarcato la S. Sede 2 , c Iroppo manifesto il fallo
delF assoluto e inlero dominio che i Papi ne aveano tenuto gia fin
dai tempi di Pipino.
Se non che il Muratori medesimo ci porge in mano Targomento
diretto, che basla ei solo a mostrare inleramenle falsa la pretesa pa-
rila tra Grimoaldo e il Papa, siccome ambedue yassalli di Carloma-
gno. Avvertasi innanzi Iralto, essere assioma indubitalo presso i po-
lilici e fondato nella nalura stessa della cosa e nel falto coslanle del-
la storia , che il vassallaggio d' un Principe yerso un altro Principe
1 Ad escludere tale ipotesi, ci basti qui 1'indicare, che queste sei citla
doe Capua, Teano, Arpino, Aquino, Arce e Sora, nei diplomi di Lodovico
Pio, di Ottonc I e degli altri Imperatori , trovansi enumerate di paro colle
altre citta , sopra le quali^ e ivi confermata ai Papi quella plena e assoluta
signoria, di cui abbiamo sopra parlato.
2 Le sei predette citta aveano fatto parte ab antico del Ducato di Bene-
vento, soggetto ai Re Longobardi e quindi a Carlomagno ; laddove 1' Esar-
cato non eramai stato sotto lo stabile dominio dei Longobardi; ma bensi
degl' Imperatori, ai quali erano sottentrati i Papi.
Dl CARLOMAGNO 3$
come Sovrano ha due caratteri essenziali , a cui e sempre facile il
ravvisarlo. II primo carattere e 1' investitura l, cio5 il riccvere che
fa il Principe vassallo 1' immediate e ulile dominio del suo State dal
Sovrano , presso il quale sempre rimane il dominio supremo e con
esso il diritlo d' intervenire nello Stato medesimo in certi alii mag-
giori di giurisdizioue , e sopraltutto nei casi di successione e di de-
voluzione, al morire del Principe o all'estinguersi della suadinastia.
II secondo caratlere e 1* omaggio che il vassallo dee rendere al So-
vraiio, giurandogli fcdella e prestandogli ai prescritti periodi un tri-
buto, un censo comeche tenue, un determinato sussidio o servigio ia
guerra, o qualsivoglia altra significazione pubblica di vassallaggio ,
secondo le condizioni da principio stabilite.
Or bene, venendo al caso nostro, egli e certo, e il Muratori mede-
simo 2 ce ne.assicura sopra la fede di Erchemperto, che Grimoaldo
fu vero vassallo di Carlomagno ; imperocche da lui ricevette il .pos-
sesso del Ducato di Benevenlo che per dritlo di conquista era venuto
solto la sovranita della Francia, e nel riceverlo obbligossi di osserva-
re le condizioni, da Carlo impostegli in segno di vassallaggio : met-
tere cioe il nome del re Carlo nelle monete e negli Atti pubblici,
(che tale era 1'uso, nola qui il Muratori 3, degli altri Principi vas-
salli), radere il mento a'suoi Longobardi secondo lafoggia de'Fran-
chi, e smantellare le forlificazioni delle tre cilia, Acerenza, Salerno
e Consa 4. E di falto Grimoaldo, venuto che fu al possesso del suo
1 Avvertail letter e, clie il nome &' investilura non e qui adoperatonel
senso rigoroso del sistema feudale, clie piii tardi invalse in tutta Europa,
ma bensi nel significato generico, che puo avere in tutti i tempi, cioe di
concessione di dominio sotto qualsiasi condizione.
2 Annali d' Italia, a. 788. — 3 Ivi.
4 Narra Erchemperto, che, morto Arigiso, i Beneventani chiesero a Car-
lomagno, che desse loro per Principe, Grimoaldo, il quale trovavasi presso
di lui in qualita di ostaggio. Quorum pctitionibus, ei soggiunge, Rex an-
nucns, illic continuo praedictum contulit mmm, simulque lus REGEXDI pmx-
CIPATUM LARGITUS EST ; sed prius pAciis (al. eum sacramento) HCIVSMODI VIN-
xir: ut Langobardorum mentum tonderi faceret, chartas vero nummosque
sui nominis characteribus superscribe semper iuberct, ac muros Salerni,
Acherentiae et Consiae fundilus everteret. Acccpla denique licentia repe-
Serie V, vol. XII, fasc. 349. 3 19 Settembre 1864.
34 IL PATRIZIATO ROMANO
Ducato, moslrossi in sulle prime buon vassallo; segno il nome di
Carlo, come suo Sovrano, nei diplomi e nelle monete, alcune delle
quali leggonsi pubblicate nelle Anlichita ilaliane del Muratori 1, e
Don esito eziandio di congiungere coi Franchi le sue armi per com-
batlere il proprio zio 2 Adelchi, allorche questi approdo coi Greciin
Calabria per ritentare la conquista del regno ilalico. Che se piu lar-
di manco alia fede giurata ed aspiro a farsi indipendenle dai Fran-
chi ; percio appunto fu trattato qual ribelle e fu travagliato dalle armi
di Carlo e del giovane Pipino.
Ma, mentre dall'un canto appaiono cosi manifest! in Grimoaldoi
caratleri del suo vassallaggio verso Carlomagno, noi li cerchiamo
indarno nel Ponlefice. Dove son qui le condizioni imposle, dov'e
1'omaggio prescritto dal Sovrano e prestato dal vassallo? Si legge
egli mai che il Papa dovesse a Carlo pagar censi e tribuii, o fargli
giuramenlo di fedelta come suddito, o prestargli un segno qualsiasi
di pubblico ossequio per riconoscerlo qual suo Sovrano? II Muratori
ci ha testc avvertilo, essere stalo 1'uso a que' tempi de' Principi vas-
salli di porre il nome del Sovrano nelle monete e nei diplomi : or
bene, hassi egli alcun indizio che il Papa a colal uso si conformas-
se a riguardo di Carlomagno o di chicchesia? Anzi egli si ha la
prova autenlica del contrario; giacche in tutta 1'epoca appunto del
Palriziato, come gia nolammo altrovc, le monete pontificie non por-
tano impronte di altro nome ne di altra potesla, che del Papa, e ne-
gli Atli papali mai non trovasi segnato il nome di Carlomagno Patri-
dandi, a Benevenii civibus magno cum (/audio acceptus est. In suis aurcis
tiius nomen aliquandiu fgurari placuit ; scliedas similiter aliquanto iussit
tempore exarari; reliqua autem pro nihilo duxit observanda. Mox rebellio-
nisiurgium initiavit. Historia Principum Langob. c. 4, presso il MURATORI,
Eer. Ital. SS., T. II, p. 238, e il PERTZ, Monum. Germ. Hstorica, Scripto-
rum T. III. Cf. EGINHARDI Annales, a. 788. Non dices! che Grimoaldo fosse
anche obbligato a pagar tribute a Carlo ; ma e certo che Arigiso, suo padre,
a tal patto aveva ottenuto da Carlo di conservare pacificamente la signoria
(collects Arichi pace sub focdere pemionis. EUCHEMPERTO, c. 2) , e che a simil
patto il medesimo Carlo e Lodovico Pio obbligarono poi Grimoaldo Storesaiz,
jsuccedulo al figlio di Arigiso (EGINHARDI Annales, a. 812 e 814).
1 Tom. II, Dissert. 27.
2 Grimoaldo era figlio di Adelberga, sorella di Adelchi.
DI CARLOMAGNO 3S
zio. Di niodo che, volcndo pure altenerci alle norme mcdeshne dal
Muratori prescritle, dobbiam non solo negare che il Papa, al par!
del Principe di Benevento, fosse vassallo di Carlomagno, ma avero
al contrario per cosa dimostrata, che la Sovranita del Papa era al
tutto assoluta e indipendente.
Tuttavia, dir& qui taluno, voi dovete pure ammettere un evidente
riscontro fra Grimoaldo e il Papa, per cio che riguarda T inveslitura
degli Stali ; poiche come Grimoaldo, cosi anco il Papa riceve dai
Re franchi il possesso dei proprii Stati, in virtu della notissima Do-
nazione di Pipino, confermata da Carlomagno. Rispondiamo, la pa-
rita essere falsa anche da questo lato ; anzi aggiungiamo, risullar di
qui un nuovo argomento a conferma della nostra dotlrina. Infalli os-
servinsi, di grazia, le capitali differenze che per lal rispetto correano
tra il caso di Grimoaldo e quel dei Papi.
In primo luogo, il Ducato di Benevento era veramente sotto il le-
gittimo dominio di Carlomagno, siccome successore dei Re longobar-
di, dai quali quel Ducato ab anlico dipendeva : e questo dominio era
stato riconosciuto da Arigiso, il quale, nel 787,erasi arreso vassallo
e tributario di Carlo, e dai Beneventani, i quali, morto Arigiso,
aveano pregato Carlo che concedesse loro Grimoaldo per Signore.
Adunque , in virtu di tal dominio , era in polesta di Carlo il conce-
dere la signoria del Ducato a chi piu gli talentasse ; e se ei 1'avesse
negata a Grimoaldo , secondo che il Papa Adriano consigliavalo ; e
datala invece a un Duca franco, siccome poi fece del Ducato di Spo-
leto, egli avrebbe operato con pienissimo diritto. Ma, quanto allo
Stato di S. Pietro , la cosa andava tutto allrimenti. Roma non era
stata mai occupata dai Longobardi ; nell' Esarcato poi e nella Penla-
poli essi aveano bensi posto il piede, con temporanee invasioni, ma
non mai ottenutone stabil dominio e tranquillo ; e quando Pipino ven-
ue a cacciarneli , altamente proleslo , non voler egli altro , se non
che reslituire a Roma, a cui appartenevano, quelle province poc' anzi
occupate ingiustamente da Astolfo. Laonde in niuna guisa poteano
quesle province riguardarsi come spettanti al Regno longobardo ,
conquistalo poi da Carlomagno ; in esse mancavagli interamente quel
titolo di dominio, ch' ei possedea senza contrasto sopra il Ducato di
Benevento : eppercio non era in sua potesta di darne a suo talento o
36 IL PATRIZIATO ROMANO DI CARLOMAGNO
di negarne altrui il ppssesso , ossia In altri termini , die non erano
nelle sue mani materia legittima d'investilura.
Se poi si considera T atto medesimo della cosidetta Donazione di
PIpino , cadrebbe in grand' errore chi lo riguardasse come un diplo-
ma d' investitura. Pipino in quell' atto, secondo che abbiamo altrovo
ampiamente spiegato l, non intese gia, nepoteva inlendere,*di con-
ferire per autorita propria ai Papi il diriUo di signoria sopra 1' Italia
romana, quasi che anteriormente , e per altri titoli , essi tal diritto
gia non avessero ; ma egli intese bensi di rivendicar loro e confer-
mare quel diritto, di restituir loro i domiriii e le giustizie di S. Pie-
tro, cacciandone gl'ingiusti invasori, e di difenderne ed assicurarne
loro per 1' avvenire il pacifico possesso. E questa Donazione, in lal
modo intesa , egli la fece non solo a Stefano II , ma espressamente
a tulti i Pontefici suoi successori in perpetuo; e nel farla , rinunzio
espressamente, per se e pe' suoi eredi , ad ogni pretendenza di pote-
sta o signoria sopra le terre hi comprese : tutte clausole , le quali
diametralmente ripugnano alle condizioni e alle forme , onde un So-
prano suole inveslire di qualche Stato un Principe vassallo , e son
del tutto opposte al modo lenuto da Carlomagno nel concedere a Gri-
moaldo il Ducato di Benevento.
0 si guardi pertanto la materia, o la forma di cotesta pretesa in-
Yeslitura de' Papi , da ogni lato apparisce, la Donazione di Pipino ,
confermata da Carlomagno, non potersi a niun patto pareggiare colla
Yera investitura, data da Carlomagno a Grimoaldo; e mentre questa
dimostra che il Duca di Benevento era veramente vassallo del Re
franco, la Donazione al conlrario attesta, per la bocca medesima di
Pipino e di Carlo, che i Pontefici erano, nello Stato di S. Pietro, So-
yrani liberi da ogni vassallaggio e indipendenti.
Alia questione adunque , proposta in capo a questo articolo , pos-
siamo dalle cose fin qui discorse conchiudendo rispondere, che Car-
lomagno Patrizio, ne in Roma, ne in Ravenna, ne in altra parte dello
Stato pontificio ebbe mai Y alto dominio ; e che percio il titolo di
Sovrano, in qualunque significato vogliasi prendere , non puo a lui
per niuna guisa in queslo Stato attribuirsi.
; ". . t -i
1 Origin* della Somnitb temporale del Papi, Parte II, Cap. V.
LA POVERELLA DI CASAMARI
RACCONTO STORICO
• , ' (.
DEL 1860 E 1861
LVIII.
— Sia quel eke e ; ma persuadetevi, che niuno degli amid si aspet-
tava, che anche voi avresle battuta la ritirata in questo modo. So
andiamo innanzi cosi, il nostro partito si sbandera come la polvere al
venlo, e ci ridurremo a zero. Ah, signor Traiano, pensateci un poco
meglio !
— Ci ho pensato, vi dico; e voi non mi state piti a rompere gli
stivali. Che serve? Oggi non e giornala da discorrermi di queste
faccende.
— ' Dunque rispondero agli amici, che voi cos' ho da rispom
dere, in somma?
— - Che i tre soliti scudi non posso pagarli, perche gli affari miei
si sono sconciali, e non me ne avanza da buttar via.
— Oh, oh, bultar via? Ouel che si spende per la patria, non 6
mai danaro buttato.
— Si, per la patria eh? Corpo di mia nonna, uhm! anche un
po* eio sbotto. Fatemi tanto piacere: non mi sluzzicate a dire quello
che non vorrei dire.
— Ben bene ; m' accorgo che questa matlina avete la luna a rove-
scio : pazienza! E poi che altro debbo io riferire?
— E poi riferite il resto che avete inteso da me: voi non siete
sordo, e io nou v' ho parlato in tedesco.
38 LA POVERELLA DI CASAMARI
— Al caffe nostro, diro che noa tornate piu, perche ne avete tro-
vato uno migliore : esempligrazia, quello del Yeneziano a piazza di
Sciarra, che e la bolgia di tulti i codini di Roma , no ?
— Che Veneziano o non Veneziano ? Cospetto di Bacco ! io vo
dove mi pare e piace ; e non ho bisogno di render ragione dei falti
miei al vostro bel mostaccio, capite? Or sapete che? prendete subito
la via dell' uscio e baciatene la campanella, se no sarete pigliato a
bravi calci di dietro e ruzzolato giu per le scale.
— Bum! tarita collera? Percarila, signer Traiano, placatevi. Alia
fin fine io non sono venuto qua di mio. Considerate, che chi mi ha
mandate, e persona di gran merito. Cappiterina! il nostro sor Peppe
non e uomo die se n' abbia a far calze e scarpe, siccome fate voi
ora di me. Egli e im ingegno superlativo, un letteratone a cui lutta
Roma fa di berrelta , una testona politica, che il conte di Cavour, ii
gran Ministro d' Italia, si pregierebbe d'averlo a fianco in Torino
per suo collega.
— Ed egli vada in Torino sulle corna di Satanasso, che ve Io por-
li ! e vi lecchi le zampe al gran Ministro d' Italia ; e lasci vivere in
pace chi ci vuol vivere. Io m' infischio di lui, di voi e di tutli li bir-
boni vostri pari ; ill finiamola !
— Ah Traiano, Traiano ! basta. Se voi foste quel galantuomo che
tutti noi vi stimavamo, diresie senza tanti complimenti che si, avete
voltata casacca, vi siete picchiato il petto d'essere stato mezzo libe-
rate, e ora mettete su il nastro biancogiallo e vi siete fatto papalino
an che voi. Che monta infmgersi? Quel fratacchione , che bazzica
sempre in casa vostra, vi ha arreticato nelle sue maglie, e inscrit-
tovi tra i sagrestani del terz' Ordine , e adesso vi mena pel naso
come un buacciuolo. Ya benone ! Evviva le maschere e le banderuo-
le! Addio.
— Ya, va, scimmia, e provati a rimettere in casa mia questo tuo
grugnaccio da gatto mammone ! Te ne sonero tante io delie busse ,
che davvero non ne uscirai co' tuoi piedi.
Cosi, la matlina della Domenica quattordici Aprile, nello scriltoio
di Traiano, terminava un' altercazione assai burrascosa, fra.lui-ed
un ridicolo personcino sbarbatello , con le gambe a balestruzzi , col
nasetto camoscio e con gH occhi birci, il quale, a vederlo lutto liu-
BACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 39
do, altillato e cascante di leziosaggine, pareva una bcrtuccia in zoc-
coli. Egli era un certo cotale scapolo, verde ancora di eta, ma scio-
perato, senza sale in zucca e buono a nuirallro che a divorarsi, in
compagnia di goditori lecconi, la rendita di un suflicienlissimo Yita-
lizio: e intanto, per darsi aria d'uomo da qualche cosa e accattarsi
gloria dai liberalastri suoi parassiti chc gli succhiavano le midolla
delle ossa, erasi dato anima e corpo ai servigi del Comitato : e il
« sor Peppe » , cioe il famoso ditlatore che cosi nominavasi , facealo
adoperare per ispia, per cursore, per procaccino e per simili uffizii,
de' quali il barbalacchio teneasi onoratissimo. Costui era noto come
T orlica a parecchi di quelli che egli disdegnosamente scherniva di
« sanfedisti arrabbiati » : e uno di loro, che 1'avea bell'e pesato fin
da quando andavano a scuola insieme, da quel capo ameno ch' egli
e, resegli pan per focaccia, appiccando a un suo ritratlino in foto-
grafia un vecchio sonello di autore toscano, che sollazzo molto alcu-
ni crocchi e alle prime non si voile credere che fosse antico, si cal-
zava bene al gradasso. Sareste curioso di conoscerlo anche yoi, lettor
nostro? Eccolo: ed abbiate per fermo ch' egli e una sua miniatura,
falla proprio con 1'alito.
lo son Geppin, figliuolo di me' ma',
E son nel mondo, perch' ella mi fe :
A che fare io ci sia, non so il perche,
E mangio perch' e' c'e chi me lo da.
Del cervello ce n' e gran quanlita ;
Ma del giudizio punto non ce n'e:
E mi ricordo sol che di anni tre
A. chiamar cominciai me' ma' e me' pa'.
Ho studiato di molto notte e di;
Imparato pero nulla non ho,
Non avendo passato il b, u, bu.
Ne YO' stare a cercar piii di cosi :
Fino alia morte io so ch' io campero :
Ora, che occorre stare a impazzar piii?
tf'u; 'lf
Questo fu il pezzo da sessanta che il « sor Peppc », dopo rovista-
te ben bene da un capo aH'altro il suo arsenale liberalesca, giudico
di dover metlere in balteria, per espugnar4 Vanimo di Traiano. Impe-
10 LA POVERELLA DI CASAMAR1
rocche egli da due mesi non si faceva piu rivedere nei circoli dei fra-
telli, ne schifava anzi con mal coper ta disinvoltura gl' incoutri, e nou
rispondeva piu al consueto pagamento. Ma, quel ck' era peggio, con
Iscandalo intollerabile alle delicate coscienze de'piu pusilli, nei Vener-
di del Marzo s' era mostrato assiduo con la moglie e con le figliuole
alia Basilica di san Pietro, nell'ora clie il Papa vi scendeva tra un' im-
jnensa folia di nobili , di cittadini e di forestieri , che in bello studio
vi convenivano, per unire le orazioni loro a quelle del Santo Padre ;
supplicando Iddio che campasse la sua diletta Roma dal flagello ter-
ribilissimo di diventare , ancorche per breve tempo , sede visibile
di Lucifero e citla capitale del suo regno'in terra. Quanto questa
Toltata di faccia scotlasse ai caporali della congrega , glielo avean
fatto intendere prirna con crucciose ambasciate di confidenza , poi
con ammonizioni severe, appresso con lelterine cieche frizzanti di
pepe ; nei condire le quali non c' e chi vinca in fmezza il liberalolto
romano : e da ullimo con ghigni, con beffe, con motteggiamenti cue
gli erano scoccati alle spalle, e che lo cocevan sul vivo, ma che egli
dissimulava con fare a meraviglia orecchie di mcrcante.
— Ah ! ci sentiamo interrompere da un giovanetto lettore ; dun-
que Traiano aveva detto propriamente sul serio , ed era stato uorno
di proposito ?
LIX.
Si, caro giovanetto : ma non vi deste a pensare che questa costan-
za fosse tutta merito dell' ottima sua volonta. Ci ebbe la sua parte
anche un po di amor proprio, e un altro poco di quella natural timi-
dezza, che nei deboli di cuore facilmente suol convertirsi in ira , in
dispetto, in ostinazione. Per lui il punto forte non era gia di dare i
primi due o tre passi addietro , e di mendicare scuse per rifiutarsi
1' un mese o 1'altro a sborsare la patlovita imposizione: ma era nei
reggere alle noie, alle lusinghe, agli assalli d' ogni maniera che gli
avrebbon fatlo gli amici, per impaniarlo di nuovo nei loro vischio a
riguadagnarlo a' loro vantaggi. E non v' ha dubbio che, se dalla vo-
glia di far troppo presto non fossero stati gabbati , quesli scaitris-
i uccellatori avrebbon «ripreso il merlotlo no' loro lacci, Clie egli
RACCGNTO STORICO DEL 1860 E 1861 41
BOD era di lal tempera cT ammo , che avesse potato a lungo durarla
contro il solletico delle adulazioncelle , dei blandimenti e di quelle
carezzuole , con cui i liberal! pratici del mestiere sanno baronesca-
mente allettare i parvoli dispirito e serbarseli docili, amorosi e trat-
tabili come cuccioletti da vezzo. Ma nel caso di Traiano si avver6 a
capello il proverbio della gatta fretlolosa , che fa i micini ciechi.
Eglino poco o nulla si curarono di usare con lui le buone, di lisciar-
lo, di palparlo, d' indolcirselo con graziosita : e in quel cambio mi-
sero subito mano alle sgridate , alle rampogne e quindi agli sbef-
feggiamenti e alle villanie; di modo che esso, adontalosene al piii
alto segno , tenne per punliglio d' onore il proponimento , che forse
avrebbe smesso per un riguardo di falsa condiscendenza.
E la moglie sua Maddalena, avvedutasi di questo esacerbamento,
che ella chiamava un tiro della misericordia di Dio, non fu no pigra
a battere il ferro mentr' era caldo : ma con quella sua eloquenza, che
neir opera di sfolgorare i framassoni non avea la simile, veniva inge-
rendo al marito un cosi fatto abborrimento delle loro ipocrisie, delle
loro massime , dei loro disegni e di tutte le scelleratezze da loro
compile nella rivoluzione d' Italia contro il Papa e la Chiesa, che e-
gli fumavane; ed avea gran pena a schiacciare tra i denti e ingoia-
re certe parolacce che gli nascevano in bocca , ma che non islava
bene dirle, perche putivano d'imprecazioni. — Uff ! guai al primo di
quei birbanti, che mi si accoslera per toccarmi un pelo ! S' io non gli
fiaccoil collo, non sia!
— Non tanto, no ! rispondeva la donna ; ma peslargli il muso con
due pugni appoggiati a dovere, oh fatelo , che ne avrele indulgenza
plenaria ! Quella e gentaglia, che non bisogna lasciare che ci calchi
sotlo de' piedi.
In questo sopraggiunse la Pasqua , e Traiano , secondo il costu-
me, fece cristianamente 1* obbligo suo: ma, con 1'aiuto delle nuove
disposizioni d'anima in cui era, il fece assai meglio che per lo pas-
sato.t Confer! piu volte con un probo e dotto sacerdote, il quale , in
sustanza, gli ripete le medesime lezioni che egli avea ascoltate da
suo fratello Eusebio ; e ancora molte di quelle verita prette prette ,
che si era sentite intonare da Maddalena nelle sue solite predicoz-
ze. Ed essole riconobbe con evidenza maggiore, nefu persuaso,
42 LA POVERELLA DI CASAMARI
dimando e ricevette bellissimi consigli, rinnovello le sue promesse e
tanto si riforlifico ne' suoi generosi propositi, che dove, prima di far
la Pasqua, teneva il broncio a' liberal! per risentimento vendicalivo,
appresso la ruppe del tutto con loro per debilo di coscienza.
— Benedetto Iddio e san Francesco, che v' ispirarono le due gite
a Yeroli e a Casamari ! sono proprio slate la salute vostra ! gli dice-
va un giorno la donna in presenza del padre Eusebio. Se delle vo-
stre carita a quella famigliuola napoletana non aveste otlenuto altro
compenso che questo , io me ne direi contentissima. Oh che grazia
vi ha fatto il Signore ! che consolazione per tutti noi !
— Eh si ! indegnamente, mi si sono aperti gli occhi; replicava Tra-
iano con voce alquanto pia e commossa ; e io sarei una gran bestia,
se non confessassi che e stato premio del po' di bene che feci a quel-
la sforlunata famiglia. Ma mi duol tanto della ragazzina, la quale noa
lio potuto salvare, che io non so quello che sarei pronto a spendere,
per ricuperarla e coronar 1' opera, giusta i desiderii del povero Ca-
pitano.
-— Lasciam fare alia Provvidenza ! soggiungeva il frate ; essa che
La cura dellc formiche, certo non abbandonera quella tapinelia. Chi
dice a voi che 1'abbiano veramente rapita? Colesta fu una congetlu-
ra della paesana che 1' albergava , e polrebb' essere benissimo una
fantasia.
— Dio Io faccia ! rispondeva 1' allro ; ma io phi penso alia gran
canaglia die porta abito di soldato, la oltre la frontiera, e piu incli-
no a credere che sia pur troppo cosi.
— Avete ragione, Traiano mio! riprendeva Maddalena; quandosi
tratta di settadi, a credere sempre il peggio non si sbaglia mai.
Sono capaci di tutto : e se oggi vivesse in terra Nostro Signore, co-
storo Io ricrocifiggerebbero, non allrimenti che s'abbian fatto i giu-
dei. Uh Vergine mia dolcissima ! basta intendere quel che dicono e
quel che scrivono del suo Yicario, che e il Santo Padre ! Bestemmie
da anime dannale , orrori.... che serve? sono ossessi dal demonio,
veri precursor! dell'Anticristo !
— Dillo a me! soggiungeva il marito ; tu non ti puoifigurare Tun
mille delle infamita che ho udite io trescando con loro. Iddio me Io
perdoni ! Eppure io non mi sono voluto arrolar mai nella setta, e
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 4£
Bon aveva giuramenti e nessun impegno , altro cbe quello di buttar
loro nel gozzo tre scudi al mese. E lultavia si fidavano di bisbigliar-
mi a un orecchio cose, che me ne venivano i riprezzi.
— Infelici! esclamava il frale ; sono da compatire, perche, come
i crocifissori di Crislo, ignorano quel che fanno.
— Da compalire? slrilla\7a la donna con viso di scandolezzata ; da
compatire? Oh questa e bella ! da impiccare , dite , e purgarne il
mondo, che ne sono la peste.
— Ah, ah, adagio un poco ! la correggeva quegli. Non vorrei
che 1'abbominio del male vi trascinasse ad abbominare anche i mal-
vagi. Questo sarebbe contrario alia carita cristiana, che c'insegna
di odiar il peccato , ma non il peccatore. E poi ricordatevi che mm
c'e furfante, il quale, con la grazia di Dio, non possa diventar santo,
e gran santo !
— Furfante si, ma settario ? Padre Eusebio nostro, io ci ho i
miei dubbii ; rispondeva ella ; dicono che i framassoni non si con-
vertono mai, perche rinnegano il battesimo, vendono 1'anima al dia-
volo, e giurano di non ripigliarsela piu nemmeno al lelto di morte:
e questo si vede chiaro nei condannali dalla giusiizia : i masnadieri,
gli assassini, i parricidi sempre tornano a Dio e muoiono penitenti ;
e i settarii invece?
— Quel che non e accadulo puo accadere ; insisleva il religioso ;
e ad ogoi modo anche i settarii sono prossimi nostri, e come tali ci
e obbligo di amarli e di pregare per loro.
— 0 questo poi si ! conchiudeva la donna ; amarli solo perche
prossimi, e perch& Domeniddio ce ne fa precetto : non per altro e non
di piu ve', Traiano. Tu, anche tu li hai da amare per questa cagione ;
alia larga pero, alia larga ! Tu devi diportarti coi liberal! come con
le tue bufale ; amarli per prossimi , ma slarne lontano il piu che sia
possibile.
Abbiara recato a disleso questo boccone di dialogo , perche il no-
stro giovanetto lettore si formi un' idea del cambiamento singolare
faltosi nella raente e nelle affezioni di Traiano ; ed altresi per dare un
accenno dello zelo attentissimo, con cui la solerle Maddalena studia-
vasi di ritenerlo in sul buon sentiero, pel quale egli erasi incammi-
nato con un' alacrita cosi portentosa. Che se qualche altro lettore ,
44 IA POYERELLA DI CASAMARI
tion giovanetto, ma grave e adulto, trovasse a ridire sopra le parole
di lei e le appuntasse di troppo ruvide ed acerbe sul conto del libe-
ral!; noi pregheremmo il censore umanissimo, di non fame piu capl-
iale di quel che si avvenga a parole di una donna, che nori aveva
mai studialo nel vocabolario dei « moderati » di oggidi ; ma che sem-
plicissimamenle chiamava le cose coi loro nomi proprii, dicendo pane
al pane e sasso al sasso , conforme aveva imparato anch' ella dalla
sua mamma, dal suo babbo e dalla sua maestra quand'era piccina.
II resto si deve apporre non a malignita di cuore, che lo aveva anzi
eccellente, ma alia sua maniera di pensare; in virtu della quale giu-
dicava che i ladroni della Chiesa, i vituperatori del Papa, gli assassi-
nator! dei Re e dei popoli, fossero gente pessima e daforca; ne piu
He meno di quello che certe monne liberalesse li giudichino una fio-
rita di galantuomini da far tutti cavalieri. In un tempo, qual e que-
sto nostro, in cui tanto si gracchia di « liberla » e di « tolleranza »,
con ci pare gran fatto se noi presumiamo tal grado di « tolleranza »
nel mondo, che niuno, sia pur liberale o liberalessa, abbia da im-
permalirsi della « liberta » con cui una donna, in casa sua, favellan-
do tutto alia domestica col marito e col cognato, dice quello che pen-
sa, e lo dice con naturalezza molto spontanea di linguaggio. 0 che!
signore garbatissimo, non siete pago di vedere stravolto gia 1'antico
vocabolario nei pubblici Parlamenti, nelle note diplomatiche, nei
diarii politici, che pretendiate di vederlo stravolgersi anche nell'uso
comune delle famiglie ?
Ora, tornando al nostro carissimo giovanetto, seguiteremo a con-
iargli che le sollecitudini della moglie , per fermare Traiano e sta-
bilirlo solidamente in questa sua conversione, le aguzzaron 1'inge-
gno ad investigare altresi tutti i mezzi che sembravano piu efficaci
di perseveranza. Procuro quindi che enlrasse in casa V Armenia di
Torino, martello implacabile della Rivoluzione d' Italia; e avutala
di seconda mano, la scorreva da cima a fondo: poi a Flaminia indi-
cava i tratli piu salali e piccanli che essa dovea leggere ad alta voce,
quando la sera si faceano due chiacchiere o avanti o dopo la cena.
E perocche Maddalena sapeva 1' umore della bestiolina , e come vo~
lentieri Traiano sentisse tutto quello che proveniva da lei ; perci6 con
destro accorgimento, spesso fra Y un periodo e Taltro inzuccherava la
RACCONTO STORICO DEL I860 E 1861 45
Cgliuola di paroluzze lodalive, e scagliava 1& ccrte ammirazioni del-
la sua valcnlia nel leggere, chc Y albagiosetta se ne impettoriva, riz-
zava la cresta e infiammavasi a declamare con tal vecmenza que'po-
derosi articoli del giornale, che il padre ne andava in estasi , tra di
meraviglia per la gagliardia degli scrittori, e di contentezza per la
spiritosita della lettrice.
Ma questo era anche poco alia donna, per sicurare 1' uomo suo
dai pericoli d' una ricaduta. Si avviso dunque che il preservative
migliore fosse quello di fargli spiegar bandiera contro de' liberal!,
sospingendolo che passasse, dalla prudente difesa in cui tenevasi,
ad una offesa ardita e scoperta. Con questo inlendimento lo condusse
a partecipare, nei Venerdi del Marzo, alia bellissima dimostrazione
di piela e d' ossequio, che la eletta de' Romani e degli stranieri por-
gevano al Santo Padre nella Basilica Vaticana. Appresso ando anco-
ra piu innanzi, e gli fe portare in sul petto la spilla con la croce
delta di san Pietro, intorniata dal cerchiellino avente il motto mede-
simo della celebre medaglia Pro Petri Sede, che il Papa, dopo la
invasione dell' Umbria e delle Marche, avea fatta coniare per 1'eser-
cito ponlificio: ed a quei di era spilla usitatissima in Roma, da tutti
coloro che, con un simbolo manifesto, si pregiavano di professarsi
fedeli e devoti alia triplice corona del Vicario di Gesu Cristo. Se non
che, nel meglio di questo suo aguzzamento d' ingegno, si offerse a
Maddalena una congiuntura sopra modo propizia, all' uopo d' impe-
gnare Traiano contro la fazione liberalesca : e fu quella che cagion6
poi 1'aspro suo diverbio col cagnotto mandatogli dal « sor Peppe ».
Della qual congiunlura e del quale diverbio , a quest' ora avremmo
gia narrato quello che bisognava, se il nostro giovanetto lettore non
ce n' avesse distolto con la sua curiosa domanda.
LX.
Fra i giorni memorabili per insigni avvenimenti occorsi nel Pon-
lificato del Papa Pio IX, quello dei dodici Aprile, che ricordail trion-
fale suo ritorno dal breve esiglio di Gaeta sul trono del Vaticano, e
insieme la salvazione sua mirabile nel crollamento dell' edifizio di
sant' Agnese fuor delle mura , sino dali' antecedente anno 1860 era
46 LA POVERELLA DI CASAMARI
stato prescelto dal popolo romano , qual giorno da festeggiarsi con
segni di straordinaria allegrezza, per protestare solennemente con-
tro tutta quella lorma di mentitori grand! e piccoli , i quali volean
far credere al mondo che esso popolo, abborrendo il mite giogo del
Santo Padre , smaniasse per la brama di farsi dominare da un Re ;
e supplicasse a mani giunte 1'Europa, che questo Re non fosse altri
che il desideratissimo Vittorio Emmanuele di Carignano. Questa
protestazione, in onta di si ridicola e stolta calunnia, i Romani si ap-
parecchiavano di rinnovare anche nel seguenle anno 1861 : e 1'ar-
dore del popolo, acciocche riuscisse sfolgorantissima, era stato incitato
dal Governo medesimo di Torino, il quale poc'anzi aveva decretato,
che tutle le province e gli Stati da lui rapiti al Papa ed ai Principi
Italiani, dovessero formare un unico « Regno d'ltalia », sotto lo scet-
tro ereditario del suo prenominato Re « Galantuonio » ; e che Roma
avesse da diventarne cilta capitale : non gia subilo , ma quando lo
slraniero, che avea dato 1' essere a cotesto mostro di Regno , si fos-
se degnato di far le cose a compimenlo , aggiungendogli il capo.
Ond'e che all' approssimarsi del summemoralo giorno, anniversario
tanto glorioso per la sovranita e fausto per la incolumila del supremo
Gerarca , tutta Roma era in un molo insolito per apprestare archi,
tele, iscrizioni, apparati, trofei, e quanto puo immaginarsi di arlifi-
ciosamente vago nella composizione di una luminaria universale,
splendida e sontuosissima : e tutto questo senz' altro impulso ed in-
telligenza, che I'affetto dei cittadini e la concordia dcgli animi loro,
Bel voler espresso a lettere di fuoco, sopra ogni angolo della eterna
loro cilta , il popolare suffragio acclamante Pio IX Ponlefice della
Chiesa e Re de'suoi Stati.
Questa pertanto fu la occasione che Maddalena colse a volo , per
meltere il suo Traiano in contrarieta sempre piu piccosa coi satelliti
del Comitato. I quali, a dir vero, digrignavano i-denti e scoppiava-
BO a veder preparazioni cosi magnifiche , per una festa che dovea
Tolgersi tutta in iscorno loro e della causa spallata che promoveva-
BO. Ma era inutile ogni loro industria per frastornarla. Alle minac-
ce che spacciarono sotto mano in foglietti a stampa, il popolo rispo-
se con le risate e con fare ad essi capire, che mat per loro, se si av-
Tenlurassero a disturbare come che fosse la pubblica illuminazione!
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 47
Ne mancarono begli umori che a questo o a quell'altro, ben noto per
la sua liberality , fecero la giarda di spedire in casa le cinque e le
otto volte alia fila copiosi assorlimcnti di lantcrnoni con le armi e i
colori ponlificii ; dono che ne sempre ne da tutli si ricuso , giacche
alia fine dei conti, anche i liberali (e ce lo alteslo Filodemo) in que-
ste conlingenze non avean caro di farsi troppo scorgere : e percio an-
ch'essi, lasciati da banda gli scrupoli, adornavano poi le loro finestre
con fiaccole o lanternoni. E il « sor Peppe » , che era tutto viscere di
compassione, chiudeva un occhio sopra queste umane debolezze, ed
anzi, a un bel bisogno, scusavale col pretesto che non erano peccali
politici, ma rispetti di civilta.
In grazia di tale indulgenza del dittatore e della generale consue-
tudine che, coine luUi sanno, prende vigore di legge, Traiano, Tan-
no decorso in parecchie simili congiunture , s'era fatto lecito di con-
sentire alia moglie , che avesse pur esposti due lanternoni sui da-
vanzali delle finestre di casa sua ; ma due per ogni fmestra e noa
piu. Questa volta, pel ricorrimento di un anniversario , la cui cele-
brazione aveva tanta imporlanza, egli diede carta bianca alia donna.
— Fa tu, le disse, che te ne inlendi meglio di me. Ouel che farai
tu sara ben fatto.
Maddalena non se lo fece ridire. Avuto a se un certo signer Tom-
masino, che era il gran faccendiere della contrada nell' impresa di
quesla illuminazione , gli commise un disegno per le sue finestre,
e soprattutto pel balconcino di mezzo, che sporge con una ringhiera
davanti. — Mi raccomando, signer Tommasino ; gli ripele con istan-
ze assai vive ; sia cosa da far fjgura , ma grande figura ! Costi ci&
che vuol costare : quello che preme a noi , e che la illuminazione
nostra spicchi molto per questa slrada.
— Lasci fare a me , signora Maddalena.
— I lanternoni sieno tutli di quelli che portano slampato : Viva
il Papa Re. A me piacciono piu quesli , che gli altri con le armi o
col rilratto del Santo Padre.
— Sara servila.
— I palloncini poi hanno da essere bianchi e gialli : e guardi che
siano d' un giallo carico , perche di nolle , a lume di candela, il pa-
glierino diviene sbiadato e par bianco.
48 LA POVERELLA DI CASAMARI
— Si signora , adopreremo un color zafferano , che sembrera un
oro fuso. Si lasci servire.
E in verita il signor Tommasino la servi si a modo e a verso, che
ella non potea desiderar meglio. La sera della festa otto erano i lan-
ternoni , che sul davanzale d' ognuna delle fmestre faceano bella
mostra. Elegant! ricascate a doppio filare di palloncini bianchi e
gialli pendevano solto i medesimi davanzali ; i cui sporti riluceva-
110 d' un listello di brillanlissime fiaccolette. II balcone poi era cor-
so da un fregio a bicchierini fiammanti dei due colori, il quale gira-
va intorno allo stemma del Pontefice , collocato nel mezzo della rin-
ghiera e trasparente come crislallo. Sopra di questo si leggeva il
motto : Papa e Re, in lettere arrubinate ; e sott'esso, in una cartella
tenuta da due angioletti, era questa iscrizione : Ponam inimicos iuos
scabellnm pedum tiiorum; suggerita dal padre Eusebio.
— Ma bravo il nostro signor Traiano ! gli disse un Canonico suo
tenevolo che si accozzo in lui, raentre usciva di casa con Maddalena
e con le figliuole a dare una giravolta per la citta , e godersi i piu
tei punti della illuminazione ; questo e farsi onore! poffare, che
scialo !
— Debolmenle , Monsignore mio , si fa quel poco che si puo per
venerazione del nostro Santo Padre , e per darla sulle corna a tutta
la canaglia che gli vuol male.
In quell' istante alcuni gruppi di passeggeri s'eran fermali a con-
templare la leggiadra decorazione : e Maddalena , udendo le belle
cose che ne dicevano , si sentiva nuolar il cuore nel miele, e indu-
giava a dilungarsi dal portone ? tanto le sapean dolci quelle meravi-
glie del pubblico. Ma Traiano, sorbitisi con modestia i complimentl
del Monsignore e i mirallegro di un altro suo vicino, ruppe la calca,
si tiro dietro la moglie e con essa e con le figliuole sail in una car-
rozza, noleggiata apposta per visitare con comodo lo speltacolo della
luminaria.
Roma, in quella gioconda sera , da qualunque parte si fosse ri-
guardata , sfavillava tutta di variatissima luce. Le sue vie , le sue
piazze , i suoi ponti straboccavano di un' onda sempre crescente di
popolo o a piedi o in file interrainabili di velture ; e questa immensa
folia andava e veniva e s'inlraversava e s'incrociava con una quiete,
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 49
con un ordine , con un decoro che vi rendea scmbianza di una sola
famiglia , intcsa a deliziarsi nella fesla del comun padre. Ad ogni
angolo vcdevate le iminagini della Beata Yergine, che sono cosi fre-
quenti per le strade di questa citta di Maria, ornate con profusissimi
lumi di raille forme , disposti con una grazia ineslimabile in tem-
pietti, in corone, in emblemi ; e soitovi leggende che lutte esprime-
vano un concetto unico, un unico voto, cio6 la pace d'ltalia, il rifio-
rimento della giustizia , il trionfo e la conservazione diuturna alia
Chiesa, al mondo, a Roma di Pio IX Pontefice e Re.
Da per lutto poi simboli ed allegoric, stendardi e trofei, croci e
tiare, scherzi di fontane pioventi gemme , prospettive bizzarre, ca-
pricci di verdure, accendimenti gioiosi di fuochi del Bengala, sinfo-
nie lietissime di bande militari. All' imboccatura della via Frattina,
si ergeva un quadro figurante il sonno misterioso del Salvatore, nel
colmo della procella che travolgea la barchetta ov' erano gli Apo-
stoli sgomcntali. Nella piazza del Pantheon , facea vista bellissima
un'altra tela di assai vasta composizione, che rappresentava le cin-
que parti del mondo, in alto di offerire al Pontefice 1'Obolo di san Pie-
tro. Nella piazza Pia di la dal Castello sant' Angelo , splendeva la
copia della celebre liberazione di Pietro dal carcere , che Raffaele
d'Urbino dipinse in una delle aule del Vaticano. Nella strada del
Corso la luce pareva gareggiare con quella del sole , tanto era il
brillamento delle fiammelle del gasse, che si sprigionavano in tripli-
cate ghirlande dai candelabri. La quale irradiazione continuandosi
fmo alia grande piazza del Popolo e, con ismisurato prolunga-
mento di faci , per lutlo il girtre dei viali del Monte Pincio , avea
quasi il centro ncll' Obelisco di Sesostri , che scinlillava come
un miracoloso diamante sfaccettato. Sopra il piedistallo di questa
mole si ammirava uno sfarzosissimo stemma del Santo Padre , retto
da due Fame e circondato da bandiere , da serti d' alloro , da fasci
d'armi e da volumi, con 1'epigrafe : A Pio IX isuddili devoti: e piu
basso, fra un riquadro di tarsie e rabeschi, 1'altra: Scriui o Roma
negli eterni tuoi fasti — 1 nomi di quei magnanimi — Cheilsenno
e la mano consecrarono — A serbarti il Pontefice Re — Tua som-
ma gloria. Nobile e gentile tributo di gratitudine, che i Rornani por-
Serie 7, vol. XII, fasc. 349. 4 19 Settembre 1864.
50 LA POVERELLA DI CASAMARI
gevano a quella scbiera di valorosi Cattolici, i quali col sangue, con
la penna, con 1'oro avevano propugnali grimmortali dirilti della pon-
tificia regalita, e con essi la salute di Roma.
Dire con quanta compiacenza Traiano e la moglie sua, e special-
mente le due figliuole , trapassassero da una via ad un' altra e va-
gheggiassero le avvenevoli scene eke ad ogni voltar di canto si apri-
vano loro agli occbi , non lo potremmo. Flaminia non dava un mo-
mento di requie al padre : ma senza posa lo invitava ad osservare
qua una iscrizione atraforo, laun ritralto del Papa in abiti pontifical!,
dove una piramide a lumicini biancbi e gialli, dove una raggiera in-
torniante una divota pitfura della Immacolala : e spesso, menlr' egli
volgevasi per badare a costei, Lucilla urtavalo col gomito, percbe av-
vertisse a qualcbe altra cosa , e Maddalena lo chiamava cbe facesse
mente a ccrli suoi utili commentarii sopra la magnificenza e religio-
sita di questa illuminazione. — Ob cbe belle parole si leggono solto le
Madonne! sclamava essa con gran senlimento; non si vede altro cbe
preghiere, benedizioni ed augurii pel nostro Santo Padre. Pensa che
consolazione ne avra egli quando lo sapra! Ab , Dio ce lo conser\l
ancbe cent'anni ! E tanto buono ! Guarda, guarda ! Viva il Papa Re;
Viva Pio IX Pontefice e Re di Roma, delF Umbria, delle Marche e
delle Romagne ! Bene, bene ! queste sono iscrizioni cbe parlan chia-
ro ! Uh come ne vorranno scbiattare di rabbia quegli scomunicatacci
la in Torino cbe hanno rubate queste province, e credevan di strap-
pare ancbe noi al Papa e farci diventar piemonlesi! si eb? toglierci
il Santo Padre, e darci in suo scambio quel bel zitello di . . .
Oui un botto, e poi un altro botto, e poi un terzo botto sparati in
un vicoluccio poco distante dalla cbiesa di san Luigi de' Francesi ,
presso cui trascorrevano con la carrozza, le sospesero il fiato. — 0
Dio, mamma, cbe e? grido Lucilla aggrappandolesi paurosamente a
un braccio.
• — Sta a vedere; brontolo Traiano rizzandosi; cbe quei birbaccloni
del Comitato. . . .
— Son loro , son loro , ecco i gendarmi ! strillo il coccbiere vol-
tandosi a lui e allentando il passo ai cavalli.
E fu vero. I gendarmi spuntavano dal \icolo, e si tenevano in mez-
zo due giovinastri presi in sul fatto, e scaricavano loro una tal tern-
MCCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 1)1
pcsta di pugna e di scapezzoni, che i poveracci urlavano e guaivano
peggio che due cani frustati. E il popolo a strillare : — Dalli ai bir-
Loni ! dalli ! — e a batter le inani ai gendarmi , e a far la baiala ai
due eroi, che d' indi, sempre al suono di quella musica, furono con-
dotti nel serbatoio de' mariuoli in Montecitorio.
Ma che? a quel parapiglia d'urli, di fischi, di gendarmi, di busse,
Lucilla s'era tanto spaurila che piangeva, ead ogni patto voleva tor-
nare a casa. La madre, sdegnata di tanla \igliaccheria de' liberali, e
venuta anch'ellain un po'd'apprensione, per quietare la figliuoletta :
— A casa, a casa ! comandava al cocchiere. Flaminia pero diceva
slizzosamente : — No, e troppo presto ; avanti, avanti ! non e milla ;
andiamo a vedere I'illuminazione della Sapienza. Cocchiere, lira di-
ritto per sant'Eustachio.
Ondeche fra madre e figliuola nacque subito una delle solite con-
lenzioni. II padre sarebbesi ritirato assai volentieri e sottrattosi al
pericolo d'intoppare in altri tafferugli. Ma come tener testa a Flami-
Dia che s'era imbizzita, e smaniosamente lo scongiurava che no, non
la facesse rientrare in casa tanto di buon'ora?
— Oh sai che? disse finalmente Traiano alia moglie, per non dis-
gustare in tutlo quel caro vezzo di figliuola ; arriviamo sino alia Sa-
pienza, e poi giii da Torre Argentina e a casa.
Maddalena gitto un sospiro, si morse le labbra, si mise ad acca-
rezzare Lucilla e dissimulatamente , per amore di Dio e per non far
scene , inghiolli la pillola ; awegnache si sentisse gran prurito alia
lingua di sbottoneggiare conlro la caparbia.
D' ivi a poco giunsero dunque rimpetto all' ampio edificio della
Sapienza, che i giovani studenti in quella University avevano abbel-
lito con una pompa sfoggiatissima di fiaccole, di festoni, di cornu-
copie, dimeandri, di vessilli, adattaticon arte piena di eleganza in-
torno a un maestoso busto del Santo Padre, sotto la cui base legge-
vasi : Incolumi - Pio IX Ponlifice et Recje - Incolumis Roma.
Or la carrozza si era appena fermala, che ecco un bolli bolli, un
correr di zerbinotti con le canne in aria , un fuggire precipitoso
di mascalzoni , un armeggio e un trapeslio terribile dietro la porta
dell' atrio, Che e? che non e? Lucilla ricomincia a stridere col capo
in grembo a Maddalena , la quale si leva per balzare a terra con la
52 LA POVERELLA DI CASAMARI
sua povera piccolina in braccio ; Traiano impallidisce , la rattiene e
con la voc6 tremula ordina iinperiosamenle al cocchiere di toccar
via e galoppare verso casa ; Flaminia si scompone, pesta coi piedi e
piglia a insolentire protervamente contro la madre. Questa prega Dio
eke la pazienza non le scappi , e si sfoga in pie giaculatorie a tutti I
Santi del Paradiso. Ma quando la viperetta, nell' impeto della sua fu-
ria, voile scagliar due calci alia sorellina, la madre non si freno piii :
e sopr' ira le aggiusto un paio di schiafFi cosi pesanti , che alia cat-
livella fecero uscir sangue dal naso. Fu finita. Addio allegrezze I
addio gioie della illuminazione ! Rientrato il padre lutto adiraticcio,
per non dar torto alia moglie e ragione alia figliuola, si serro a chia-
ve nello scrittoio : Maddalena si chiuse con Lucilla in un' altra came-
ra; e Flaminia, ruggendo e arrovellandosi come una tigre scalena-
ta, andossene a letto senza cena.
LXI.
Quantunque i nostri signori liberali, a tutti gl' indizii, gia si fossero
accorti che il dodici Aprile 1861 1' aria di Roma non era per niente
favorevole a cerli loro macchinamenli ; e lo avesse provato loro il ge-
nerale di Goyon, passando quel giorno a rassegna s.olenne la guarni-
gione francese in onore del Papa, e lo avesse riprovato loro la intera
citta, acclamando con indicibile festa il Pontefice nell' andata e nella
tornata sua dalla basilica di saiit' Agnese ; nondimcno, appresso lun-
ghe e squisite ponderazioni, si deliberarono di compiere per 1' « Ita-
lia » qualclie gran cosa, nel tempo della pubblica luminaria. Filode-
rno, che e il loro Tito Livio, storieggia cosi : « Nella sera si aspettava
in Roma un qualclie fatto del Comitato che , spaventando i clericali
(leggi i Romani), rialzasse lo spirito dei liberali. . . Roma splendeva
di faci, ed uno straniero avrebbe riso di cuore, se alcun liberate gli
avesse detto in quella sera: Questo popolo, che illumina oggi le sue
case, e nemico giurato de' suoi governanti. Non v' ha dunque alcun
dubbio che, a riavere il disopra, i capi del parlito liberate avrebbero
dovuto intimidire i reazionarii (leggi sempre i Romani) e risvegliare
nel popolo (leggi nei settarii) gli spiriti patrii miseramente sopiti.
Ora ecco che si fece dai nostri uomini. II Comitato, dopo mature ri-
flessioni , ordino che in varii luoghi della citta, e specialmente nella
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 53
adiacenze della via del Corso, si esplodessero innoccnli pedardi. Av-
venne da do quel che sarebbe dovuto prcvedersi. I sanfedisli ( doe
i Roman!) parte non si avvidero dell' opera nostra, e credeltero che
gli spari fossero altretlanli segui di gioia faiti da loro, parte se ne
avvidero e risero della nostra puerilita, mostrando un sangue freddo
che loro costava ben poco e noi umiliava grandemente » .
Ne queslo fu tutto. II Comitato aveva suU'anima, e non si potea
dar pace, che la scolaresca della Sapienza si fosse dichiarala osse-
quiosissima al Santo Padre , fedele al suo doppio Principato ed av-
versa all'abbietta politica, onde i veri barbari d' Italia dominatori in
Torino, maneggiavansi di slrappargli, con la lemporale corona di Re,
10 scellro spirituale di Pontefice della Chiesa cattolica. Percio in quel-
la sera il nerbo delle sue forze « nazionali » fu principalmente volto ai
danni dell' Universila, e in ruina degli addobbi e della leggiadra il-
luminazione, di che tuttala nobil fabbrica sfolgorava. Ma ilsucces-
so loro fu appunto quello dei pifferi di montagna che , come dice la
favola, andarono per sonare e furon sonati. I lauzichenecchi del Co-
mitato , gentame razzolato nel fango e compro a un tanto per testa ,
fecero impeto contro il portone del palazzo e, capitanati da pochi sca-
vezzacolli studenti, si sparsero per gli ambulacri con animo di dare il
guasto alle ornature, di spegner le fiaccole e di atterrare il busto del
Papa : al qual effetto erano armati di sassi , di mazze e di slili. Se
non che tre famigli dell' Universita e un pugno di intrepidi giova-
Botti scolari, che qua e la sopravvegliavano lefinestre, bastarono a
mettere in isbaraglio que' trisli marrani : e con attrezzi di muratore,
che per avventura trovavansi nel cortile , picchiarono addosso dei
piu tardivi colpi si ben calcati, che parecchi n'andarono con le ossa
rolte : e due dei pochi studenti capisquadra che vollero braveggiare,
incapparono ne'gendarmi, che preserli e menaronli in un'altra Uni-
versila piu confacentesi a loro.
Questo fu il trambusto, nel quale la famiglia di Traiano ebbe la
mala sorte d' imbattersi , mentre arrivava nella piazza : e queslo 5
11 genuino racconlo del caso , esponendo il quale , il buon Filodemo
si e lasciato invasar troppo dallo spirito liberalesco, ossia di menzo-
gna. Di falto egli verbigrazia asserisce, che « piu di 100 » erano gli
assalitori « sludenli » : col che aggiunge soltosopra uno zero alia
M LA POVERELLA DI CASAMARI
cifra, e viene a regalare la pagella di « studenti» al branco degli al-
tri cialtroni , i quali non aveano forse ottermta mai altra pagella in
Yita loro, che la piastra de' galeotti. Similmente li fa « ritirare gri-
daudo: viva 1' Italia, viva Yittorio Emmanuele! » mentre la verila e
che se la svignarono a gambe , e manco loro persino il fiato di gri-
dare: — Misericordia! Ma per uno storico liberale della suarisma,
coteste bugiuzze sono minimi nei e fiorellini retlorici piii che altro.
Conciossiache in somma egli riesce a conchiudere che il Comitato, in
quella funesta sera, dopo tanto sbracciarsi , rimase con bel pugno di
mosche in mano ; che anzi nell' impresa della Universila , il solo e
durabile frutto che raccogliesse , fu di fame smorbar le scuole dei
putridi membri, i quali occultamente ancor vi restavano ; che con le
salve de' suoi « innocenti pelardi » , non che lurbasse la festa della
luminaria, ma ne duplico Tallegiia, a scapilo de' petardieri , che
quasi tulli consumaron la nolle o a piangere in gattabuia, o a medi-
carsi le coslole ammaccale lor dai basloni ; e che in soslanza il do-
dici x\prile di quell'anno, fu pel Comitato Nazionale Romano giorno
di passaggio dall'ela del ferro a quella del loto , come il diciannove
Marzo dell' anno avanli , era slalo giorno di passaggio dall' eta del-
1'orpello a quella del ferro.
A questo rovescio di disastri che affogarono il cuore del « sor
Peppe » in un mare di assenzio, si sovraccrebbe il dolore dello scan-
dalo di Traiano, il quale adornando, siccome avea fatto, la casa sua
con si ricercala prodigalita di lumi e di molli papeschi, avea colma
la misura e gillato il guanlo di sfida agli anlichi suoi confratelli del
lerz'ordine dei liberali. II perche, qual amoroso paslore che niuna di-
ligenza Irasanda pel racquislamenlo della fuggiliva pecorella, diviso
di fare anche un' ultima prova, mandandogli un sincere amico, che in
Borne suo gli avesse parlato parole di soavita, e destatogli rimorso di
tanta prevaricazione. E Fangelo, o per dir meglio, il diavolo tentatore,
da lui scello nel mazzo, fu quel buon mobile, col quale noi lo vedemmo
a colloquio , ed il quale , se non che fece presto a baltersela dal suo
scriltoio, sarebbe tomato al « sor Peppe » con le grucce solto le ascelle.
Pensate voi ! Traiano la mattina di quella Domenica si sarebbe
dato a'canl, tanl' era inasprito per cagione di Flaminia ; la quale, con
le sue impertinenze, avea falto disperar lui e Maddalena tutto il Sa-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 55
bato: e pur allora so n' era ila ad ascoltar mcssa in compagnia della
serva, per non doverci andare con lui o con la madre.
— Or guarda uu po' che pezzacci sono tulti costoro! mormorava
egli seco stesso, quando quel caltivo arnese inviatogli dal «sor Peppe*
si fu dileguato; io una maschera? io una banderuola? E dirmelo in
faccia! e io lasciarmi insultare da quel lorso di cavolo! da quella
bruUa figura, che pare una mummia d' Egitto ! Ah sciocco me, che
non gli ho spezzata una sedia in lesta, o rotolalolo giu per le scale
come una cucuzza ! Ma quel che non si e falto, si fara. Oh rivenga,
riveuga ! Mi si schianli I'anima, s' io non Io fo portar via col cala-
letto! Si, rivogliono i tre scudi al mese ! Veniteveli a ripigliare, ghiot-
toni de' miei stivali ! Traiano nori s' infinocchia piu. Ne ho fatto il volo
a san Pietro, e que' tre scudi hanno da andare al Papa, hanno da
andare. Uhm! un allro poco che mi rompano'la divozione, io faro
spialtellare con tanto di leltere anche il mio nome e cognome nella
lista che stampa il giornale, e vedranno essi i buffoni, s io ho paura
deile loro spacconate. Ma 1' infamita di venirmi a dir corna denlro
casa mia, ah questa io non la tollerero due volte ! Rivenga quella
scimmione, torni, torni ! E in do dire aperse violentemente la porta
e passo nella saletta, ove stava la moglie a struggersi di rammarico
per le capestrerie della figliuola maggiore.
Noteremo per inciden^a , che quel mammalucco dell' ingiuriatore
non duro molto ad essere un pruno negli occhi di Traiano: che la po-
lizia, nel giorno slesso, diedegli Io sfratlo da Roma. D' onde essendo
subito volato a beccarsi la corona civica nel Regno d' Italia, in breve
tempo tanlo vi liberaleggio da figliuol prodigo e vi s'indebilo che,
cedule ai creditori le rendile di dieci anni del suo vitalizio, per non
morir « martire » affatto , gli fu forza aggreggiarsi con una truppa
di commedianti, che Io impiegano nella parte dello scimunito: e chi
Io ha inteso in un lealro di Napoli , dice ch' egli e una statua nella
sua nicchia. A quanle simili nicchie potrebbero i liberali nostri for-
nire simili statue !
— Oh si tornera, non dubitate, tornera per nostra disperazione !
e voi le rifarete smorfie, ed ella vi allunghera tanto di muso. Eh ,
ci vuol allro che moine con quella birba ! sclamo la donna credendosi
che il marito bronlolasse per la figliuola.
36 IA POVERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC.
— Non parlo di lei ; rispos' egli, meltendosi a camminare gagliar-
damente su e giu pel salolto e sbuffando; quella ingrata imparera a
conoscere chi sia suo padre ; se sia.... ma non parlo di lei. lo non
me ne voglio curare piii piu di quella insolente. Vadapure a nascon-
dersi tra le sepoltevive; suo padre non versera una lagrima. Ci resta
la nostra piccola, e noi I'ameremo per due: di quella slrega non mi
ricordero piii. Dobbiamo scordarcene, come se non 1'avessimo avuta
mai, e dare tutto 1'amore a Lucilla. Ma io, ripeto, non parlo di lei:
si faccia pur monaca, entri nelle cappuccine, e oggi piuttosto che do-
mani : presto, presto ! ci si levi dai piedi, e ringrazii suo padre, se
non le ha cavati i denli di bocca a furia di rovescioni.
— Io mi sarei contentata di molto meno ; replico la moglie ter-
gendosi gli occhi ; mi sarei contentata che non 1' avesle fatta insu-
perbire con tante carezze, e aveste lasciato che la domass' io.
— Gia ! per fmire di rovinarmela e farmela intisichire. Ma non
ne parliamo , che e meglio. Ora ho altro pel capo : quei bricconi
del Comitato... ben bene, basta! se ella oggi non e voluta venire a
messa con yoi , sono persuasissimo che Domenica ci verra con suo
padre ; perche alia line dei conti ha un gran buon cuorc , e quando
i figli sono di una natura com'e Flaminia, con essi val piu una stilla
di miele die un bigoncio di fiele.
— E per questo la vi ha tanto rispetto, cho ieri vi ha serralo 1'u-
scio in faccia , e v' ha tirata giu quella litania di rispostacce che , a
senlirle, mi venivan le convulsion: per yoglia di smascellarla ; e voi
li, a farle I'occhielto e a piagnucolare come un bamboccione.
— Che vuoi, Macldalena mia? Parliamo di quello che importa. Io
sono qua per dirli che quegli scrocconi si sa, le son padre, e 1'a-
guzzino io non lo faro mai e poi mai con una figliuola, la quale, e vero
pur troppo ! ha i suoi difetti : ma ha tante altre belle qualita, un in-
gegno si bello, un tratto cosi geniale, uno spirito si colto. . .
— Uh fede santa ! non lo diceva io che subito ch' ella torni , e
voi da capo le rifarete lo sdolcinato ' ed ella s' incapriccera sempre
peggio, e quella che ci andra di mezzo saro io?
Ma in questo punto ecco aprirsi la porta e comparire proprio essa
Flaminia : la quale, fattasi di mille colori e con gli occhi umidicci :
— Sapete? disse tulta allenante ; e venuta la poverella di CasamarL
LA B. MARGHERITA ALACOQUE
SANTA NEL SECOLO XVII
GLORIFICATA NEL SECOLO XIX
Uno degli atli piu solenni e piu sublimi della Chiesa callolica e il
deputare, che essa fa, il culto di Santo o di Beato ad alcuno, eke in
sua vita morlale si sia segnalato, in modo affatto straordinario, nel-
1' esercizio delle virtu crisliane. Son pochi giorni e quest' onore sin-
golarissimo e toccato ad una verginella , gia da presso a due secoli
partita di questo mondo , e \1ssuta il piu gran tempo della sua vita
nelle ombre di un monislero , o ignorata o disprezzata dal mondo
stesso. Questa e Margherita Alacoque, la quale, dopo i lunghi e se-
yerissimi esami , istituiti sopra le sue opere , dopo i varii decreli
pronunziati, sia in confermazione delle sue virtu, sia in approvazione
de' suoi miracoli , e servate le altre leggi per questi casi stabilite,
il di diciotto di Settembre, fra lo splendore delle solenni cerimonie,
ed al cospetto di popoio immenso , c stala decorata dal Sovrano
Pontefice del titolo di Beata. Questa parola, come fu udita rive-
rentemente da' presenli, quasi cara ambasciala, che la Chiesa trion-
fante spediva alia militante, dell'essere colassu a regnare con Cristo,
Ira le piu ragguardevoli della corte celeste , quell' anima avventu-
rosa; cosi la stessa parola, diffusa colla velocila del baleno per la
terra universa, e raccolta con eguale riverenza e docilita da quanti
sono figliuoli della Chiesa , i quali applaudiscono alia nuova Beata,
e le fanno onore e le mandano calde preghiere , fidenti che essa le
S8 LA B. MARGHERITA ALACOQUE
fi un fatto questo , il quale , non meno che altri e per ventura
piu gagliardamenfe, de\e percuotere di ammiraz?one coloro che non
credono nella divinita della Chiesa. E donde, diranno essi, cosi stra-
na potenza della parola di un uomo ., che, abbia la forza d' inchinare
milioni e milioni d' intellelti a credere fermamente un falto, rimoto
da ogni senso umano, e che essa altesta come indubitato, senz' allro
testimonio, chequello della sua semplice aulorila? Imperocchei pre-
giudizii del volgo, gli error! dell'cducazione, la superslizione ed al-
trellali vocaboli , a cui costoro , per non ammeltere la divina virtu
della Chiesa, fanno mostra di ricorrcre , sarebber cagioni di lunga
mano inferior! all'effello; sicche, per non confessare una causa sopra
la nalura, dovrebbero acccltare achiusi occhi assurdila e contraddi-
zioni a cui ripugna la natura. Laddove la medesima cosa non solo
non arreca meraviglia ai credenti ; ma piullosto farebbe scandalo e
stupore, se in qualcheduno delia famiglia cattolica si notasse alcuna
ombra didubbio o di esitanza, nell'acccllare la leslimonianza della
Chiesa. Imperciocche agli occhi del fedele la Chiesa, o piu semplice-
mente colui che ne e il Capo visibile, non pure e 1'oracolo infallibile
della Fcde, perche forma e cenlro della eattolica unila, ma e dippiii
maestro irrefragabile della vita crisliaaa , perche costituito pastore
universale di lutlo il gregge de' fedeli, per doverlo guidarc ai pascoli
sicuri di \ila elerna. Ora qual cosa piu nalurale per chiunque ha una
tale credenza, che quel medesimo, II quale puo, con infallibile auto-
rila, definire i punli da credere, e giudicare de' coslumi, possa altre-
si definire con certezza di giudizio, che quesll o quell' allro, il quale
costi indubitalamente avere tenuto un genere di ^ita di squisita per-
fezione, e di piu avere in pruova della eccellenza di sua virtu il suf-
fragio di Dio stesso col linguaggio de' miracoli, sia pervenulo di fat-
to al porto di elerna bealitudine? Sicche, essendo quest' atto del Ro-
mano Pontefice una conseguenza della sua infallibility inquanto giu-
dice della fede, inquanlo maestro della vita cristiana; tanto un Calto-
lico non puo revocarne in dubbio il valore , quanto un uomo ragio-
nevole non puo negare una conseguenza , la quale discende per im-
mediata illazione da due premesse indubitate.
Ma se la possanza di cosiffatte rivelazioni della Chiesa non fa al fe-
dele la meraviglia , che dee naturalmente apportare al discredente ;
SANTA NEL SECOLO XVII GLORIFICATA NEL SECOLO XIX 59
oh quanta invcce e la soavita ond' e commosso il suo ammo , spe-
cialmenle se, col cuore purgalo degli affetli profani, si reca ad assi-
stere all'augusta ceiimonia , la quale , nella pienezza dello splendore
e della maesla del cullo caltolico, si suole celebrare in questa Roma,
nel maggior lempio del mondo! Noi ci rivolgiamo a que' forlunali,
che con animo pio vi stetter presenli quesrultima volta , e ne hanno
ancor fresche nella menle le reminiscenze e palpitanti nel cuore i sen-
timenti. Dicano essi , se non parve loro di esser per poco assort!
fuori del mortal corpo : di vedere nelle fad, onde ardeva il ternpio
del Signore , quasi un riverbero di quella luce interminabile , di
che rifulge la celeste Gerusalemme; di ascollare ne' sacri canti quasi
un'eco delle celesli melodic; di scorgere in quell'atto solenne, quan-
do, rimosso il velo del quadro, la novella Beata fu proposta alia ve-
nerazione de' fedeli, come una ripetizione del solenne ricevimento,
cheessaebbe nelcielo, della festa con cui fu locata dallo Sposo
celeste nel suo seggio di gloria ; e degli applausi e della festa che
le veniva rinnovellata , nell'atto di essere glorificata sulla terra. la
soslanza dovea sembrare quella pompa un avvicinamenlo , benchc
arcano , una comunicazione , benche in ispirito , e quasi una mede-
simezza di senlimenli e di affetli de' cittadini del cielo e de' viatori
della terra. II che non si creda gioco semplicemenle di fantasia. Se
la fantasia vi ha la sua parte , essa si fonda nella realta della cosa ;
nell'essere cioe una la Chiesa di Cristo , o che militi sulla terra , o
che trionfi nel cielo ; cotanto slrelti sono i vincoli , che ne adunano
i membri in un sol corpo, o sia che nell'uno stato si trovino, o sia
che neH'altro.
Di che si puo inferire di quanto immenso vantaggio debbano riu-
scire al Crislianesimo cotesli solenni alii , onde 1'aulorila ponlificia
saol consecrare la memoria di alcuni piu eroici figliuoli della Chiesa
cogli onori della sanlita. Ne i sentimenli, che ne rampollano negli ani-
mi, di fede piu viva, e i desiderii, che se ne accendono, di meglio
esercitare le virtu cristiane ( perciocche per quella e per queste pote
un uomo mortale sublimarsi a tanta gloria innanzi aDio), sono affelti
passaggieri, o proprii di un popolo solo. Essi si spandono nella im-
mensa moltiludine de' fedeli, a misura che la nolizia del nuovo Santo
60 I A B. MARGHERITA ALACOQUE
o del nuovo Beato , festeggiato in Roma , si propaga pel mondo, e
gli si rendon gli onori. Tutti allora lo ammirano, tulti lo glorifi-
cano , tutll ne vogliono sperimentare la potenza , coir iirvocarne il
patrocinio ; e quali piu e quali meno si sentono rinnovare nell'airimo
la pieta cristiana. Donde addiviene che cotesti esaltamenti mm tan-
to riescono a gloria de' Santi , quanto a stimolo de' fedeli di vieme-
glio sanlificarsi. Che e appunto cio che ha in mira la Provvidenza;
la quale dirige la Chiesa per irifallibile via , sicche essa le debba
tornare in seno il numero intero degli eletli , seriza che vi manchi
niuno. Che pero la stessa Provvidenza, siccome suole comune*
mente regolare la vita de' Santi , per guisa che profitti a bene della
societa cristiana , secondo le peculiari condizioni ed i bisogni di
que' tempi , in che dispone che vivano ; cosi parimente suol ordi-
nare , che sieno al mondo manifestati per que' grandi che furono
in terra in opere di virtu , e sono ora in cielo per gloria, quando,
atteso il carallere speciale dclla lor santila , quella manifestazione
possa provenire piu vanlaggiosa al mondo.
II che ci pare che siasi verificato in un modo assai luculento per
rispetto alia beata Margherita. Ouanclo ella visse fu elotta da Dio,
come strumento principalissimo da ravvivare nella Chiesa lo spirito
del suo divino fondatore , menlre ardeva una terribile guerra contro
il medesimo spirito. Ora che ella riapparisce nel mondo, si manifesta,
merce di quesla sua glorificazione, come il piu perfetto contrappo-
sto alia rea indole del secolo presente. Donde noi possiamo inferire
che appunto per cio ha disposto Dio , che fosse in quesli tempi glo-
rificala , perche ha inteso di opporla al mondo di adesso, e fame ai
fedeli un esempio da imitare, opportunissimo nelle presenti condizio-
ni. Noi faremo opera di chiarire brevemente 1'una e 1'altra verita.
II mondo e Cristo sono due termini opposti, secondoche il concetto
del mondo inchiude il concetto di quelle cose, che sono conformi al-
ia guasta natura ; e Cristo, col suo divino ammaestramento e "cogli
esempii della sua santissima vita, e la norma di cio che devesi crede-
re e operare, in opposizione ai desiderii ed alle tendenze del senso.
Pero il mondo, anche quello che si genera nel bel mezzo della Chie-
sa, in ogni secolo ha fatto guerra a Cristo, e contrariato alle sue mas-
SANTA NEL SECOLO XVII GLORIFICATA NEL SECOLO XIX 61
simc , c perseguitato i suoi veraci adoratori : ma non sempre della
slcssa maniera, no co' medesiini intendimenti. Nel secolo XVII, nel
quale tocco all' Alacoque di vivere , si accese nel scno stcsso della
Chiesa una guerra contro di Cristo, di genere affalto diverso da tut-
te le precedent!, e con asluzia infmitamente piu fina. Ne' tempi innan-
zi era sempre stata, anche nelle file degli adoratori di Cristo, una op-
posizione a Cristo : ma questa si restringeva alia vita e ai costumi; ne
faceasi con animo determinato di oppugnare la fede, e di distruggere
il regno di Dio sulla terra. Accadeva per6 anche spesso , che dalla
vita e dai costumi si trapassasse alle credenze ; e qui e cola susci-
tavansi ereliche sette , col malvagio proposito di sradicare dal mon-
do la fede degli Apostoli. Appena un secolo innanzi ai tempi , che
ora stiamo contemplando , si era compiuta quella grande apostasia ,
la quale scevero dal seno della Chiesa quasi tutto il Settentrione
dell'Europa cattolica , e minacciava di occupare il rimanente. Non-
dimeno queste guerre , benche nrvinose, benche micidiali di anime,
erano guerre aperle, guerre palesi : e ci6 stesso melleva in ri-
guardo almeno coloro, die non amassero volontariamente gittarsi
allo sbo.raglio. Ne aveano gran largo i seitarii di operar celatamen-
te , tessendo insidie alia fede degl' incauti. A questi provvedeva la
vigilanza della Chiesa ed i presidii, che alia Chiesa fornivano comune-
mente i Governi caltolici. Sicche se 1'eresie polerono ne' tempi ante-
riori fare di gran guadagni : primieramente cotesli guadagni erano
per ordinario del rifiuto del crislianesimo ; secondariamente , chec-
che avessero acquistato, non poteano pero allettarc ragionevole spe-
ranza di corrompere lo spirito stesso della Chiesa , perchc separate
recisamente dal gran corpo de' fedeli.
Ma nel secolo dell' Alacoque la setta anticristiana si appiglio ad
una foggia tutta nuova di combatlere; la quale fu di armeggiare non
solamente col simularsi cattolica a tutta pruova, ma di una tanta ec-
cellenza di santita da fare gabbo eziandio ai piu accorti. I leltori gia
inlendono che noi parliamo de' Giansenisti ; il fine de'quali fu quello
di corrompere soslanzialmente lo spirito del crislianesimo , per riu-
scire da ultimo a distrugger la Chiesa; e mezzo a questo fine la piu
cupa dissimulazione e la piu sottile ipocrisia. Eccoli dunque tutto
62 LA B. MARGHERITA AIACOQUE
zelo per la purita della fede, tutti ardore per la illibatezza della mo-
rale catiolica , tulti fervore di solida pietci , traforarsi in ogni ordine
del consorzio cristiano ; e colle apparenze di mentita virtu propagara
largamente il veleno nel volgo de' credenti. Ai quali danni era dif-
ficile alia stessa Chiesa apprestare un pronto rimedio. Imperoc-
che siccome niuna cosa avrebbe tanto scorapigliato i loro disegni ,
quanto essere discoperti e condannati come erelici; cosi di niuna co-
sa facevano tanto spaccio a parole , quanto della loro osservanza e
docilita al supremo Paslore in quanto tale. Percio essi i primi con-
dannare le dottrine condannate dal successore di Pietro : ma non
esser le loro, ne del loro Giansenio. Che se cio stesso era definite da
Roma; non falliva un altro ripiego: essere controversia sopra un fat-
to ; e intorno ai fatti non avere la Chiesa ne ' Pontefici aulorila in-
fallibile. Con quesli e mille altri artifizii essi si schermivano, se non
dinanzi alia coscienza, di clie a loro non caleva, almeno dinanzi alia
universita de' fedeli, dai fulmini del Vaticano. Con die aveano lulta
il bisogno per seguitare a dilungo il trislo gioco , facendosi anche
merito della ingiusla persecuzione, siccome calunniati nelle loro san-
te opere e dirilte intenzioni.
Or non sembri ai leltori una vana esagerazione quello die teste
proponevamo : avcre cioe Dio suscitata la sua Serva Margherita
Alacoque, per opporre nella sua Chiesa , collo spirito di santila , di
die venivala informando , una difesa efficacissima contro la invasio-
ne del Giansenismo. Non gia die 1' Alacoque avesse mai combattuto
il Giansenismo direltamente , sludiando per queslo nella Scritlura e
ne' Padri , armandosi di ragioni teologiche , stampando libri in con-
fulazione di quegli errori. Chi sa anzi, se nella sua umile dimora di
Paray fosse mai giunta la fama di quelle baltaglie , o anche il sem-
plice nome di Giansenio e de' suoi setlalori ? Ball' altro canto non
mancavano allora dotlissimi uomini e sanlissimi ; i quali sin dal
principio, avvisato il lupo che cosi bene si mantellava della pelle di
agnello, levarono alia la voce per fare accorta la gregge di Cristo
delle insidie ond'era circondala, ed invocare il presidio, che mai non
manco di chi era suprema difesa dj Israele. Ma era da fare con una
selta proteiforme , la quale , quando sembrava gia colta nei lacci f
SANTA NEL SECOLO XVII GLORTFICATA NEL SECOLO XIX 63
improvvisamente si dileguava , per ricominciare 1'assalto sopra di
un altro campo , e con forme diverse. E tanto piu riusciva malage-
vole slringerla , inquantoche la sua arma usuale non era gia la ma-
irifesla eresia. Per questa comunemente riserbava gli ullimi colpi:
le prime pruove erano apparenze di otlimo fine ; come quello di ri-
formare i coslumi, riducendoli da que' pessimi, che erano, essi di-
cevano , per la colpa di lassi moralisli , a quegli ottimi che esser
dovevano, secondo 1' insegnainento del Vangelo. Con che venivano,
senza destare sospetlo, ed anzi avendo nome di buoni e fama di san-
ti , a mescolarsi tra fedeli , a tener campo nella Chiesa, ad occupare
cariche anche cospicue pel Santuario, e inlanlo spargere a piena si-
curta i loro errori, senza che umano accorgimento sopperisse, a po-
tere diradicare si funesta zizania di mezzo al buon grano.
Sicche oltre ai mezzi di esterna disciplina , soliti adoperarsi con
tanto discernimenlo e sempre opporlunamente dai Romani Pontefici,
era da provvedere da quel Padre amorosissimo della Chiesa , che e
Dio , di un mezzo tutto iriterno nel cuore de' fedeli , il quale accop-
piato col magislero eslerno de' legittimi pastori , mettesse in sicuro
il vero spirito del crislianesimo contro le arti di cosi astuli nemici.
A quest' uopo per 1'appunlo egli elesse Margherila.
E qui non e mestieri veriir raccontando le sue virtu singolaris-
sime, i suoi egregi fatti , le sue mirabili qualita. Sono cose, delle
quali a questi giorni ogni nostro leltore avra contezza, o puo averne
quanto noi ; essendo gia in migliaia e migliaia di esemplari propa-
gata la storia della sua vita. Vogliamo solo, che chi ci legge ricordi
con noi in che finalmente si venne assommando il lungo lavorio, con
che la grazia condusse a cosi alta perfezione quell' anima elelta ;
o in altri termini quale fu il caratlere speciale della santila di que-
sla beata donzella. II suo Sposo celeste fin dalla sua piu lenera eta
la elesse per se , se la venne immediatamente educando , e condu-
cendo quasi per mano dalle piu facili e soavi virtu alle piu difllcili
ed aspre : e cio per fame un modello di una divozione, nuova quan-
lo alia forma , benche antica nella soslanza : e questa era il culto
speciale al suo Cuore divino.
64 I A B. MARGHERITA ALACOQUE
Una tale divozione , risultante dalle pratiche piu sode delle virlii
cristiane, avente per obbietto il Cuore adorabile del Verbo incarnato,
attinta immediamente a questa fonle medesima, fu lo spirito che Bio
intese eccilare nella sua Chiesa in contrasto del nuovo spirito , che
si stava propagando da' novatori ; e prima ne infiammo questa sua
serva fedele , perche essa ne fosse apostola e banditrice , non gia
collo strepito esterno delle parole , ma colla inlerna insinuazione
della grazia.
Abbiamo delto, che la sostanza di questa divozione era antica nella
Chiesa. Imperciocche ii suo scopo adequate e il riconoscimento della
Infinita carita del Verbo umanato per noi, la corrispondenza da par-
te nostra a tanto ainore, e lo zelo di riparare alia generale dimenti-
canza, che e nel mondo, di tanti suoi benefizii, ed alle offese che sono
fatte continuamente a cosi amabile oggetto. Or chi non vede che in
queste cose si compendia tulta quanta e la piela crisliana , potendo
ad esse ridursi tutte le virtu proprie del Cristiano ; le quali , la Dio
merce , non sono venute mai meno nella Chiesa , da che il Figliuolo
di Dio si acquisto questa sua sposa col prezzo del suo Sangue? Ma
abbiam detto ancora, che fu nuova quanto alia forma ; conciossiache
non fosse stata pralicata giammai, almeno generalmente, con quella
individuazione di obbietto, e con quelle specialita di riguardi. Essa,
considerata secondo queste sue determinazioni , era stata riservata
da Dio pei pcssimi tempi , quando sarebbe necessario uno stimolo
piu sensibile, e pero piu efficace, per rawivare nel cristianesimo lo
spirito del suo divino Fondatore.
Imperocche il cuore e come la fonte della vita ; e in quello hanno
essere sensibile le affezioni dell'animo , e prendono calore e vee-
menza gli affclti. Pero, anche nel linguaggio comune, viene adope-
rato quasi come sinonimo del principaiissimo fra gli affotti , qual
& 1'amore , e come simbolo di cio che e primario intento di un ani-
mo, e ne costituisce in certo modo la vita morale. Pertanlo in que-
sta divozione, di cui fu istrutta divinamente la Beata Margherita, e
rappresentato all'adorazione del Cristiano il divin Cuore del Ver-
bo, nel suo essere sensibile, che vive per noi e di noi ; facendoci
oggetto dell'amor suo, delle sue solleciludini , delle sue ansieta, del
SANTA NEL SECOLO XVII GLORIFICATA NEL SECOLO XIX 65
suoi dolori, delle sue allegrezze. Cosi tulle le azioni dell' Uomo Dio
sulla terra, i travagli della* sua vita mortale, specialmenle lasua do-
lorosissima Passione: che piu? la stessa amorosissima provvidenza,
che ha ora della sua Chiesa e di ciascheduna delle anime, redenle
col suo Sangue ; in modo particolare Y arcana vita, che tultavia con-
linua in mezzo ai suoi nel Sagramenlo eucarislico, sono ridotti a
questo principio della sua vita umano-divina, che ell suo santissi-
mo Cuore.
Or chi non vede quanta efficacia ha per se un tal simbolo di ca-
rila, proposlo alia contemplazione ed al cut to de' fedeli, per riaccen-
dere in essi 1' amore verso Cristo e ritemprare, col fuoco celeste del-
le sue vampe divine, lo spirito cristiano? II che appunto intendeva di
fare il Salvatore del mondo in quelle orribili strette,in cui fu messa
la sua Chiesa per opra de' Giansenisti. Che pero, senz' altro mezzano,
si tolse da se medesimo a coltivare I'-anima della sua Serva, a ri-
purgarla di ogni affetlo terreno, a fiorirla di tutte le virtu : e quan-
do fu pervenuta ad alto grado di perfezione, la condusse al fonte stes-
so del suo Cuore; ed ora con siniboli, co'quali le veniva significan-
do le sue divine qualila, ed ora con apposite istruzioni, la fece non
pure fedele discepola, ma esperta maestra di questo culto.
Cristo fa duqque che istitui nella sua Chiesa la divozione al suo
Cuore divino ; e la istitui secondo un modello perfeltissimo, qual egli
stesso con lungo lavoro si formo nella verginella Margherita. Fu in-
tenzione del divino Maestro , che da lei si venisse propagando nel
-gran campo della Chiesa, e percio le impresse un caratlere di sanli-
& amabile, diffusiva, incantevole, com' era il divino oggetlo di quel
culto, di cui la fece banditrice. Nello slesso tempo suscito lo zelo di
parecchi de' suoi ministri , spettabili per virtu apostoliche , i quali
non solamente dessero credito a questa si pia e solida pratica, ma
con ardore infaticabile la propagassero da per lutto; operando intanto
egli stesso, dall1 una parte che venisse approvata e favorita dalle le-
gitlime autorila, e dall' altra che soavemente s' insinuasse nelle ani-
me e le riscaldasse di fuoco celestiale. Cosi la divozione del divin
Cuore , che pole sembrare dapprima divota fantasia di una donnic-
duola, si venne dilatando in un vasto incendio , che si apprese pri-
Serie 7, vol. XII, /tec. 3i9. 5 21 Settembre 1864.
66 LA B. MARGBERITA ALACOQUE
mieramente alle anime piu pure , e da queste riverbero nel comune
de'fedeli, a rinnovamento del fen ore e'ristaurazione del vero spi-
rito di Crislo.
Intanto chi potrebbe dubitare, che in quelle condizioni della Chie-
sa , nelle quali la stessa essenza del Cristianesimo era si astulamen-
te insidiata da' Giansenisti, questo mezzo si proprio di ravvivamen-
to di pieta non fosse in teso da Cristo , che 1'introdusse, come ri-
paro e conlrasto alia corrente distruggitrice , die minacciava in-
ondare tutta quanta la Chiesa? Imperocche lo spirito di quella selta
era gelo di morte, che tendeva a disseccare nella Chiesa ogni germe
di vita. Gelo nella fede pel fatalismo che predicava : la grazia neces-
sitare I'arbitrio; 1'arbitrio non essere libero ad altro che al male; la
eterna salute essere opera esclusivamente di Dio , a cui 1' uomo si
porge come strumento necessario. Gelo nella speranza : perche il
Dio cle' Giansenisti impone una legge impossibile a compiere , e in-
tan to ncga i presidii adequati per compierla. E quel padrone che
esige dal servo il frutto del talento , senza che gli abbia dato il ta-
lento da far fruttare. Gelo nella slessa carila : perche Iddio e fatto
apparire non gia come padre amoroso, ma come esaltore implacabi-
le ; il quale non si conlenta di qualunque ossequio, ma vuole il puro
amore ; amore senza mescolanza di proprio interesse , senza ri-
guardo al proprio bene , senza rispetto a ricompensa nessuna. Gelo
ne* gran mezzi di salute, che sono i Sagramenli. Chi ha peccato pu6
sperare il perdono ariche dal Giansenista ; ma a quali patti ? Se abbia
concepito un dolore informato da carita perfettissima. E guai se ri-
cade ! Non fia ammesso a penitenza, se con lunghissime pruove non
abbia dimostrato lal fermezza di proposilo, da rendere quasi impossi-
Lile il ritorno alia colpa. Chi poi , secondo que' settarii , si potrebbe
appressare alia fonte della sanlita essenziale , che e Cristo in Sagra-
mento , salvo se avesse una mondezza di anima , da emulare la
purezza degli Angeli ? Sicche que' tristi , a forza di esagerare i pre-
cetti della legge divina, e fame concepire impossibile la pratica , si
per 1' arduita della cosa , come per la mancanza de' presidii della
grazia , venivano a ingenerare odio alia santissima legge di Dio, e
avversione da Dio medesimo, principio e fine di essa legge.
SANTA NEL SECOLO XVII GLORIFICATA JsEL SECOLO XIX 67
Effetti in tutto conlradi naluralmente scaluriscono dalla divozione
al Cuore SS. del Redenlore. Al riverbero di quelle fiamme divine,
onde si dimostra avvampante, si disfa, anche da lungi, ogni gelo di
scoraggianli doltrine*. Chi credera al Giansenista die asserisce esse-
re Cristo morto solamente per gli elelli, nel contemplare quanto de-.
siderio lo affatica della salute delle anime? Chi puo pensare,che egli
nieghi i necessarii aiuti a salvarsi, quando considera come ogni ani-
ma parlicolare fu 1'oggetlo de'suoi dolori, delle sue pene, de'suoi
amori, nello sborsare che fece il prezzo della salute coraune? Ne so-
lamente le bestemmie ereticalisi dissolvono da $e, alia vista di quei
santissimo simbolo ; ma gli stessi ragionevoli timori, che ispirano
certe terribili verita della Fede, cedono il luogo ai dolci affelli della
speranza e deiramore, che fluiscono con vena indefetlibile da quesla
fonte divina. E qual ragione di temere per un' anima, se giugne a
sentire 1' alito di quella carita infinita, e ad esserne tocca ? Come an-
zi non avra somma fiducia di avere il meno da chi per lei ha data
non solo il piu, ma tutto se slesso ?
Le quali naturalissime conseguenze di questa nuova divozione
previdero assai per tempo i Giansenisli, e percio e incredibile a di-
re quanto si travagliassero per farla venire in discredito e frastor-
narla. II che, quando ancora mancassero gli argomenti dire Hi, sa-
rebbe indizio bastevole a fare intendere, che il cullo del divin Cuore
era il presidio, suscitato dalla Provvidenza nella Chiesa catlolica,
per opporre conlrasto a quel reo loro spirito, ed impedirne gli effetti.
Dissero dunque che questa divozione era nuova nella Chiesa , e
percio stesso da doversi sbandire. Che se vi aveva alcun che di lo-
devole, inquanlo per essa si adorava Cristo; colesto culto gia forma-
va la sostanza del Crislianesimo ; ne era bene alterarlo. Ma essi vi
scorgevano altre mire, altre intenzioni. E che era quel separare una
porzione del Corpo di Crislo, e fame oggelto di un culto speciale, se
non iscindere Cristo? E, perocche il Cuore di lui intanto e degiio di
adorazione di latria, inquanto e unito colla divinita, e la diviuila si
unisce al corpo, mediante i'anioiajquel disceverare il Cuore dal cor-
po, per adorarlo separatamente, altro non essere che adorare il
Cuore, falta precisione dairanima e cUHa divinila: e questo non po-
tersi fare senza superstizione, anzi peccato d' idolatria.
68 I A B. MARGHERITA ALACOQUE
A mandare in dileguo cosi erronea e sofistica argomentazione,
hasta negare il supposto, che cioe nella divozione .al sacro Cuore si
faccia precisione della sua divinita. Or quante volte fa ricantato cio
stesso ai Giansenisti dai Teologi cattolici?Ma, *senza le apologie dei
Teologi, chi non vedeva la fatuita della opposizione; mentre a niuno
roai era venuto in mente di separare il Cuore di Cristo dalla sua di-
vinita; ed anzi si faceva esplicita professione di adorare quel Cuore,
come unito ipostalicamente col Yerbo, e come fonte degli affelti
umano-divini del Figliuolo di Dio? Nondimeno questo sofisma fu
Tunica arma di quei settarii, e ne usarono, atteggiandola in mille
guise, per un secolo e piu, senza mai darsi briga delle risposte dei
Cattolici.
Ma i Giansenisti non si avvedevano che essi, oppugnando la divo-
zione al sacro Cuore, davano mano, non volendo, perche si propa-
gasse dove ancora non era giunta e , dove appena incominciava a
spuntare, mirabilmenle crescesse. Imperocche questo e 1'uso di Dio,
dare balia ai suoi nemici di combattere accanitamenle le sue opere,
acciocche quel germe di vivacita, che egli v' inchiude, si agili col
contraslo che gli e fatto, si spieghi, e svolga tulta la sua forza. Se i
Giansenisli avessero lasciato in pace coloro che essi, per istrapazzo,
chiamavano Alacoquisti e Cordicoli, poteano forse sperare di vederli
ristrelti in piccolo loco ; almeno non si sarebbero tanto propagati per
quel piu vivo desiderio, che ispira ne'buoniuna pratica di pieta, se e
combaltula da' trisli : dall'altra parte la Chiesa non avrebbe avuta si
gran ragione di esaminare con tanto rigore la divozione al sacro
Cuore; la quale poi, trovata non solo sanla, ma utilissima al profitlo
spiriluale e divinamente ispirata, accolse amorosissimamente tra gli
esercizii piu cari del culto crisliano e voile che si allargasse dap-
pertulto.
Sara stata, dira forse taluno, provvidenza per que' tempi, che
fosse istituita, mediante la Beata Alacoque , la divozione al sacro
Cuore, cosi efficace contro il reo spirito, che era diffuso da' Gianse-
nisti. Ma ora qual connessione di provvidenza si puo scorgere tra la
beatificazione della istitutrice di questo culto, e i nostri tempi? Mag-
giore, diciamo noi, di quello che possa imraaginarsi.
SANTA NEL SECOLO XVII GLORIFICATA NEL SECOLO XIX 69
E prima vogliamo premeilere , che assai piu grave addiviene ,
per quest' atto solenne della Cbiesa, I'autorita di questa vergine , e
della divozione inlrodolla da lei, che non era nel suo viver mortale.
Secondariamenle, se 1'azione, che, quando ella vivea, pole esercita-
re in pro della Chiesa , fu di molta efficacia per la santita de' suoi
esempii, e il valore delle sue infocate preghiere; e indubitato che ora
questa stessa sua azione dev' essere assai piu possente e piu univer-
sale, si perche le sue virtu son predicate da per tutto e riconosciute,
per 1'oracolo pontiflcio, perfettissime ; si perche, con do sles'so che
viene proposla al pubblico cullo, e costituita, per divino ordinamen-
to, avvocata e interceditrice in favore degli uomini.
Ondeche, se abbiamo dimostrato per evidenti argomenti, che ella
colla sua speciale santita fu opposta da Dio al reo spirito, che al se-
colo in cui visse travaglkva. la Chiesa ; vi ha ogni ragione d'inferire,
che se il secolo nostro e pur esso travagliato da uno spirito, a cui
la santita dell' Alacoque sia contrapposto adequate, Iddio abbia or-
dinato che venisse a questi tempi glorificata, appunto perche i fede-
li avessero nella santita di lei un presidio valevole contro alia cor-
ruzione presenle. Or non e uopo di molto discorso a far rilevare
la singolarissima opposizione che corre fra i due termini.
Che e il mondo di oggi? E quello che e stato sempre, il nemico
di Cristo; ma, per comune sventura, in cosiffatte condizioni, che
egli puo fare la guerra a Crislo, non di lontano, come in tempi piu
remoti, ne celatamente, come sempre; ma nel mezzo della sua Chie-
sa, a viso aperto e contra tutto che e lui o e da lui, la fede, la mo-
rale, la disciplina. L' arte di condurla e stata si scaltra, si lunga e
perlinace, che non puo essere par to di umano intelletto, ma inven-
zione di Lucifero stesso, che e il Capo naturale de' nemici di Dio.
Sarebbe qui da fare la storia del Crislianesimo, se noi volessimo
svolgere adequatamente gl' ingegni di questa baltaglia, che durera
sino alia fine del mondo. Ma bastera un rapido sguardo alia con-
dizione attuale di cotesta milizia infernale, per intendere quanto
e uopo. Qual e il presente slalo del mondo? Non vedele? Esso
sta quasi tutto alia balia ed alia merce di una pessima setta, la qua-
le e inviscerata colla societa, e pure, in quanto e tale setta, non e
70 LA B. MARGHERITA ALACOOJCE
niuna cosa della sociela ; non esiste in nessun luogo, e nondimeno e
dappertutto ed opera per ogni dove : melte capo nelle tenebre, nei si-
lenzio e nel mistero ; e luttavia sta sotto gli occhi di ognuno e se ne
scorgono le ree intenzioni e se ne veggono le pessime opere: osteggia
i principi , e non pertanto e loro collegata ; non ha autorila , e pur
comanda e si fa ubbidire da chi 1'ha: non assolda eserciti, e cio
non ostante combatle e vince e trionfa cogli eserciti altrui. Or come
e divenuta a cosi grande potenza, in mezzo a principal!, e a princi-
pal! caltolici; i quaii, cosi solto il rispetto politico, come sotto il ri-
guardo religioso, non avevano ne potevano avere un nemico maggio-
re? Vi e pervenuta col lavorio lungo e paziente di secoli, incedendo a
piccoli passi, e cosi lenti e dissimulati, da non parere il termine, al
quale precede va , neppure alle viste piu acute. Ora la sintesi di
quesli passi e la condizione attuale del mondo; dalla quale retroce-
dendo a mano a mano per iscoprire la lunga via, non si puo non
ammirare la vastita del disegno, 1'ordinato collegamento di element!
svariatissimi, la oslinatezza del condurlo, a malgrado die mille vol-
te sia slato frastornato. Cose che soprastanno d'immensurabile altez-
xa alia umana inlelligenza ed alia operosila di esseri morlali, ne si
possono allrimenti spiegare che colla occulta intervenzione di Satana.
Qui a noi non tocca indagare , perche Iddio voglia a quando a
quando consentire al suo Nemico di grandi trionfi, e perche ora
gliel' abbia in oltre permesso cosi uuiversale. Noi aspetliamo che
venga a confonderlo con mezzi, da rivelare tan to piu la sua infinita
sapienza , quanto e maggiore la malizia che egli adopera contra il
suo Creatore. Ma certo e che la setta, che e sua rappresentante ,
precede adesso colla testa in alto, sfidando il cielo e la terra. La
potenza dei Re e caduta dinanzi ai suoi piedi : essa in gran parte
a regolare i consigli nelle aule ministerial! ; essa in gran parte a
dettare le leggi ne' Parlamenti. La potenza dei popoli , che sta nel-
le passioni e negli interessi , o soggiogata da lei con satanica op-
pressione, o governata da' suoi sofismi, da' suoi inganni e dalla cor-
ruzione che suscila e fa dilagare dappertutlo. La potenza della Chiesa
ridotta ad essere la potenza de'Martiri, perche non 1'e lasciata altra
balia, che quella che non puo esserle tolta, cioe di patire con divi-
no coraggio per la verita e per la giuslizia.
SANTA NEL SECOLO XVII GLORIFICATA NEL SECOLO XIX 71
Ora in lanlo scempio della religione, in mezzo aquesta gucrra che
arde contro la piela cristiana, in questo si patente trionfo do' ministri
di Lucifero , non e singolarissima miscricordia di Dio ai fedeli , fare
riapparire in certa guisa nella Chiesa la sua Serva, coll* aureola di
Beala, per conforlarne lo spirilo , che lo regga intanto nella durissi-
ma pruova e lo conservi robuslo, perche meglio debba godere la gioia
del trionfo, nel giorno, per lo quale Egli ha segnato la sua piena
inisericordia ?
Imperciocche la odierna persecuzione contro alia Chiesa non & ,
almeno rispetto al volgo dei fedeli, di ergasloli e di mannaie, ma di
beslemmie e di corruzione. La novella civilla non si vuole far largo
principal mente col sangue ; ma si col convincimento e colla persua-
sione. Secondo il quale proposito, senza che noi il diciamo, vede
ognuno come si travaglia la setla con quel suo mezzo onnipotenle
che e la stampa, che a furia di sofismi e di violenze si e giunla a
guadagnare dove che sia. Col quale si poderoso istrumento , quando
a lei conveniva di tenersi ancora ne' riguardi, si era per ogni guisa
industriata di alterare nelle menti , con apparenza di cattolicita , la
soslanza stessa del concetto cattolico. Ma ora che essa si reputa gia
padrona del campo , ha rivolte manifestamente le sacrileghe armi
conlro T Autore stesso del Cristianesimo , e il fondamento di questo,
rinnegando la divinita di Gesu Salvatore, e contendendosi che la in-
fernale bestemmia fosse da tulto il mondo raccolta. E non si dica
che uno e slato lo scellerato bestemmiatore. Uno , si , il principale
strumento dello seandalo ; ma perche si sapesse, che il mandate gli
proveniva da Colei, che ha scritto in sulla fronte: BESTEMMIA; essa
medesima gli mandava con ufficiale deputazione una penna di oro.
E poi quanta briga si e data, per mezzo de' suoi minislri , perche il
maledetlo libro fosse per ogni dove diffuso? Ci piange il cuore a
pensare, come nelle citta piu colte di questa nostra Italia, nelle pub-
bliche piazze, nelle vetrine piu cospicue, apparisse agli occhi de' re-
denli da Cristo Dio il titolo del libro , che il rinnegava ; e niuno in-
tanto polesse impedire cotanto oltraggio ; perciocche le autorita erano
o della selta, o ligie della seita; e, tra i librari , coloro i quali non
credono ad altra divinita , che a quella del dio quattrino , si erano
72 LA B. MARGHERITA ALACOQUE
persuasi di divenlare altrettanti Cresi, facendo mercimonio della be-
stemmia francese, Iradolta in pessimo italiano.
Ma se ai credenti non fu data facolta di fraslornare lo scandalo:
seppero ritrovare pero infinite guise di ripararlo. Di soli libri , falli
correre nella Francia e nell' Italia, non tanlo a confulare la beslem-
mia, che cade di per se, quanto a ribadire la caltolica verila, si con-
tano a centinaia di migliaia gliesemplari. Che diremo poi deglialtri
mezzi adoperali per risarcire 1'onore del divin Yerbo incarnato? Fu-
rono frequenlissimi e splendidi i Tridui di riparazione ; molte e so-
lenni le supplicazioni di penitenza ; infinili gli allri ossequii di ogni
ragione , in significazione di dolore di si sformata empiela , ed in
ammenda di si sacrilego oltraggio. Sicche, a trarre le ragioni, si
puo affermare, che da quesla empieta, piuttosto che patirne, ne ha
guadagnato la Fede. Imperocche di coloro che per quesla tentazione
si sono aggregati palesemente alia bandiera della incredulila, de'mil-
le i novecento novanlanove si puo contare che gia erano increduli e,
senza sospetto di giudizio temerario , comunemente di tai costumi da
non doversene tenere onorato il cristianesimo. Laddove nella gran
maggioranza de'fedeli quell* onta cosi villana al loro Dio , quell' in-
sulto si burbanzoso alia lor fede, ha provocato in contrario una tanlo
gagliarda reazione, da rimanerne rinvigorile mille tanti le loro
credenze.
Ma se in queslo fatto e uopo riconoscere la speciale provvidenza
di Dio, il quale rafforza co' superni aiuli, conlro gli assalli dei ne-
nrici, le anime de'fedeli; non e da reputare eziandio sua provviden-
za , che presso il medesimo tempo, che si e confermata si potenle-
mente la loro fede, sia offerto un mezzo efficacissimo da rinfiam-
mare la carila? Ecco che menlre i nemici di Cristo, con si oltracota-
ta impudenza, mandano atlorno la loro bestemmia; e daH'allro canto
i fedeli compresi di santo orrore si raccolgono intorno al loro Dio,
a protestargli la lor fede, a rifarlo con pubbliche onoranze della pub-
blica offesa, vien collocata sugli allari questa vergine fervorosa e
proposta alia loro imilazione. Imperciocche la imitazione delle vir-
tu de'Santi e cio che ha in mira principalmente la Chiesa negli ono-
ri che loro fa, e impone ai fedeli che loro rendano.
SANTA NEL SECOLO XVII GLORIFICATA NEL SECOLO XIX 73
E qui ci valgano le cose poco innanzi discorse, inlorno all' indole
particolare della santita dell' Alacoque, che puo essere compendia-
ta in queste poche parole: « 1'Amante fedele del SS. Cuore di Crislo
Dio». Deh qual pruova maggiore dell'avere Iddio, con provvidenza
particolare, riservata a questi tempi la glorificazione di lei, per dare
un modo ai credenti di risarcire compiulamente I'oltraggio, che in
questi tempi farebbe il mondoal suo divino Fgliuolo ? Conciossiachd,
gran cosa sono state le proteslazioni di fede e gli altri ossequii di
venerazione , renduti daperlutto al Divino maestro : ma se sono da
stimare assai in paragone della incredulita di molti, della indifferen-
za di tanti, della freddezza d' 'innumerabili altri , son presso che un
nulla in comparazione del merito infmito del Dio umanato. II quale,
se da nuovi Giudei e messo a questa croce del pubblico improperio
e deriso e bestemmiato , egli e perche per amore degli uomini si
Tolle fare rultimo degli uomini, Novissimus virorum. Sicche 1'amor
suo verso di noi, e 1'avere voluto, a si gran costo della sua dignila,
procurar la nostra salute , gli e valso il discredit e il dilegio degli
empii, che non sanno farsi capaci, come un Dio fosse potuto discen-
der si basso. In sostanza, cio che sembro scandalo ai giudei, stolti-
zia ai pagani , e simigliantemente scandalo e stoltizia a coloro che
non sappiamo se sieno phi giudei o piu pagani , posciache in essi e
raccolto iutto il peggio che fu negli uni e negli altri.
Or se T amore sviscerato di Crislo inverso gli uomini e stata la
occasione di si snalurata disconoscenza, qual modo piu acconcio di
ripararla, che 1' amore con larghezza retribuitogli da suoi pii e fede-
li adoratori? Perciocche qualunque altra ristaurazione, senza di que-
sta, sarebbe inadequata. Pel quale fine non sappiamo qual mezzo
piu opporluno avrebbe potuto oflerire il Signore, che la glorificazio-
ne dell' Alacoque, la fedele Amante del Cuore di Cristo Dio. Essa,
riapparendo nella Chiesa, circondata de'raggi di una gloria immor-
tale, frutto della sua pieta verso il divin Cuore, meglio che non sep-
pe fare in prima vita, infiammera del suo fuoco celeste i petti di mol-
li ; e quelli che poco innanzi protestarono la loro fede nell' Uomo
Dio, in si diverse maniere, da compensare abbondanlemente 1'ollrag-
gio delle bestemmie, scagliate contro di lui, ne saranno compresi di
71 LA B. MARGHERITA ALACOQUE
tanta carita, da ripagarlo di buon vantaggio dell'odio de'suoi nemi-
ci. Di questo almeno ci fa segno Iddio ; il quale avvegnache operi
nel segrelo delle anime i carismi della sua grazia, suole pero dare
alcuni indizii esieriori, quando vuole diffonder su molti le sue mise-
ricordie spiriluali.
Ma se il secolo reo non riconosce Cristo per suo Dio , si & scelio
invece un altro dio, a cui e largo del suo culto , delle sue adora-
iioai, de'suoi amori. Queslo e la Iriplice concupiscenza, cioe quel-
la della came, quella delle ricchezze, quella dell' eccellenza : trini-
ta detestabile del pessimo idolo de' mondani, che e ii Mondo , sta-
ta sempre in opposizione all' adorabile e divina Trinita, rivelata dal
Vangelo. Ma, se cotesto idolo mostruoso fu in ogni tempo 1' amore dei
seguitatori del secolo, raramente pero gli si e levato trono cosi sfog-
giato , come adesso, ne' luoghi slessi in cui si adora la Croce. Non
e questa una nostra esagerazione : in buona sostanza, tutte le dottrine
liberalesche non sono che il Credo della religione del senso ; e la
guerra spielata, che ora si fa alia Ghiesa, altro non e che 1' iufernale
apostolato di quel culto nefando.
In tanta e si fitta caligine di sensualita e pure un conforto ai fe-
deli scandaiizzati questo raggio di luce celestiale , che e la mistica
apparizione di una vergine glorificata. Deh non era quella tenera
donzelletta di carne anch'essa? Non avea pronto ingegno, vivace
fantasia, cuore sensibile, fibre dilicate? E nondimeno nel bel fioro
degli anni e delle speranze, non ostante i soavi inviti del mondo, le
carezze de'parenti, lelusinghe di splendide nozze, con animogene-
roso si separa da tutto il mondo, per seppellirsi, tutta sua vita, nella
celletta di un monislero. I/ uomo animate abbrividisce a questa pa-
rola. Non ci fa meraviglia ; conciossiache non sappia concepire idea
di altro piacere , che non sia fango e lordura : e pero compatisce di
cuore a quelle, che ei chiama vitlime infelici del fanatismo, le quali
da se medesime si condannano ad una vita , come a lor sembra , di
morte, senza un amore, senza un affetto, senza una speranza.
Miserabili ! se vi avanza almeno lanto di senno, sopra la condizio-
ne de'bruti, da estimare , che 1' uomo e capace di assaporare qual-
che altro bene, che i bruti non possono; contemplate alquanto le de-
SANTA NEL SECOLO XVII GLORIFICATA NEL SECOLO XIX 7&
lizie soavissirae , in cbe nuola quell' anima verginale , sol perch5 ha
saputo rinunziare a tutt'in fascio que' beni, senza molti do'quali a voi
sembra che sia morte la vita. Che se a tan to non assorgete , soffrile
almeno che dell'esempio di Margherita si avvalorino i credent! a dis-
prezzare i vostri sofismi, a rinunziare, se non altro, alle illecite con-
cupiscenze, a riputare beate quelle anime, che sieno di tanlo invigo-
rite dalla grazia , che possan far senza de' piaceri anche innocenli
del mondo.
Ma i piagnistei del secolo tristo , sopra la infelicita delle vergi-
ni religiose, o in generate de' Clauslrali , non sono compianti di a-
nirai generosi, avvegnache illusi ; ma ipocrilo velo alia satanica per-
secuzione, contro la vita di pcrfezione, consigliata dal Vangelo. Per6
veggendo che que'loro compatimenli non riuscirebbero a nulla; per-
ciocche alle anime consacrate a Dio e cara , piu che ogni tesoro ,
quella lor vita di privazione di qualsivoglia bene mondano ; vengono
a vie di fatto, sbaraltando violentemente monisteri e convenli. II che
essi dicono di fare per una ragione di altissimo peso; conciossiache i
frati e le monache sieno esseri inutili. Oh si ! esseri inutili non solo,
ma perniciosissimi al mondo che bestemmia Cristo, e ne vuole can-
cellar la memoria e gli esempii. Perocche questo e cio che cuoce
principalmente ai nemici di Dio, che sieno in terra di tali, che colla
lor vita di annegazione , di poverta , di umiliazione vadano perpe-
tuando la vita di Cristo tribolato , povero , umiliato. Del rimanente
essi predicatori della dignila dell' uomo non vedono enorme offesa
che recano a quesla , per volerne fare per forza uno strumento di
altrui utilita? 0 come si concilia cosi slrana pretensione col domma
della liberta, di cui essi son tanto larghi a lutli i paltonieri, ai bari,
alle meretrici , purche non facciano , essi dicono , ingiuria ai dritli
altrui? Che piu? Se tanla sete e in essi dei beni del mondo , non
dovrebbero essere consolati , che sieno molti a rinunziarvi ; giacchd
con cio ne resterebbe tanto piu da parleciparne a quelli che ne bra-
mano? Ma no: e Todio contro a Crislo che li fruga , sicche non
vorrebbero a niun prezzo vederne nel mondo praticata la dottrina
e rinnovati gli esempii.
76 LA B. MARGHERITA ALACOQUE ECG.
II perche gran consolazione e de' fedeli , specialmenle delle umili
religiose, si barbaramente perseguitate, senza un perche, se non
fosse la loro innocenza verginale, troppo amaro rimprovero alia in-
continenza del secolo, vedere in una povera e disprezzala verginella
beatificata-la vita del Chioslro, e si solennemenle condannala la in-
giusta persecuzione del mondo.
Concludiamo adunque. Se Iddio suscilo con quella si peculiare
provvidenza, nel secolo XVII, Margherila Alacoque, per opporre,
colla specialita della sua santita, un riparo nella Chiesa ai funeslis-
simi effetti della eresia di Giansenio; non emen chiaro, che il mede-
simo Iddio, per fornire ai fedeli un presidio proporzionato ai tempi
correnti, abbia disposlo che la stessa sua Serva fosse glorificata ap-
punto in quesli tempi. Imperoche come lo spirito di carita, attinta
dall' Alacoque dal Cuore di Cristo , era un antidoto efficacissimo
contro il gelo morlale del Giansenismo ; cosi ora il medesimo spiri-
to e un contrapposto alia incredulita del secolo, uno stimolo ai fede-
li di ricompensare al loro Dio, coll'amore, 1'odio che gli profes-
sano i tristi, un trionfo sopra il mondo della vita religiosa, cosi be-
stialmente perseguitata dal mondo.
Rimane solo che i fedeli facciano loro pro di questo mezzo per se
tanto efficace, che e loro offerto, e compiano i disegni, i quali ha
intesi la Provvidenza, nel volere sollevata agli onori degli altari
Margherita, rinnovando il fervor cristiano sul modello delle sue eroi-
che virtu , specialmente della sua infiammata carita verso il Cuore
del divin Verbo. II quale invito pare che la slessa Chiesa abbia in-
teso di fare espressamente , mettendo in mostra , nella facciata del
tempio di S. Pietro , non la immagine della Beata solamente , come
e I* uso, ma quella insieme del sacro Cuore : volendo, crediamo noi,
indicare con cio , che come la Serva di Dio , merce di quella divo-
zione, santifico se medesima, e rinfervoro la carila de' fedeli dal gelo
de' tempi in che vivea ; cosi della stessa divozione si debbano avva-
lere anche i fedeli di questi tempi , per ritemprare il loro spirito
[contro le tentazioni del secolo.
RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA
Idea slorica e razionale della diplomazia ecclesiastica, per GUGLIEL-
MO AUDISIO — Roma, stabilimento lipografico Aureli e C. 1864.
Questo volume del chiarissimo Canonico Audisio e come compi-
pimento e corona dei Ire , da lui poco innanzi deltati intorno al di-
rillo pubblico della Chiesa. Cercare I' origine della Diplomazia apo-
slolica e vederne il corso , per disegnarne quindi 1' ufficio , e questo
il compito che 1'Autore si assume. Slaremo content! a fame un pic-
colo cenno, per darne alcuna contezza ai nostri leltori.
Diplomazia e voce derivata dal greco ofoXw^a , in latino duplex ;
col qual nome si solevano significare gli atti principeschi o pubblici,
di cui si ritiene e custodisce 1'originale. Diploma adunque vale altret-
lanto che duplicato , ed un tempo lo scrittore di tali duplicati , doe
dire chi avea ufficio di trarre dagli atti original! le rispondenti co-
pie , dicevasi diplomatico o duplicatore. Da si lenue principio il no-
me di diplomazia progredi poscia a significare 1' arte d' interpretare
le anzidette scrilture ; e da ultimo venne sollevato ad esprimere la
scienza o anche la perizia di maneggiare gli affari pubblici ed inter-
nazionali tra i diversi Stati sovrani. Diplomatici adunque , secondo
quest' ultimo senso , vengon chiamali quelli che esercilano il grave
ufficio di rappresentare la maesla, i diritti , gl' interessi delle nazio-
ni. In questo senso altresi cotesta denominazione viene a compren-
dere coloro , i quali rappresentano la maesta del Ponlefice Massimo
dei Crisliani, le discipline e le utilita della Chiesa universale presso
le Chiese particolari o i Principi del secolo. Imperocche « se la Chiesa
ha un potere centrale , vivificante e non assorbente gli altri poteri ;
e necessario che un'azione mutua e un flusso e riflusso di vita si pe-
renni fra quello e quesli. E se la cristianila dal piccolo lago di Ti-
beriade come onda si dilatava per 1' universe ; era pur naturala
che il pescalore di Tiberiade , posta la Sede in Roma , da questa
reggesse tutto quel movimento di cui esso era il centre. Ma infme,
se la Croce saliva sul diadema degl' Imperalori ; era indispensabile
che il pescalore, iDgentilile le forme, con Cesare trattasse gli affari
78 RIVISTA
esterni della Religione l. » E questo un necessario effetlo e un di-
ritto inerente del principato sacro dei Roman! Pontefici. « Perche
ogni Principe, avendo ufficio di mantenere dentro ordinato e saldo
lo Stato e vegliar di fuori alia concordia e alia pace ; cosi il Princi-
pato spiriluale ha debilo di mantenere nella Chiesa ordinata e sal da
in ogni dovere la dipendente gerarchia ecclesiastica , e coltivare
presso le autorita civili la concordia della Chiesa e dello Stato 2. »
Di qui agevolmente s' intende che cosa e diplomazia sacra , la
quale puo definirsi : // diritto centrale della Chiesa applicato o in
azione nella grande sfera della Cristianita B. Essa e scienza ed ar-
te ad un tempo ; e riguarda due specie di relazioni : altre interne, ed
altre esterne. Interne son quelle che concernono i Pastori inferior!
e le Chiese particolari; esterne quelle che hanno per termine 1'impe-
ro civile. Per le prime il Pontefice non esce fuori del proprio regno;
giacche , come capo supremo , egli presiede all' inlero corpo mistico
di Gesu Cristo , che e la Chiesa sparsa e diffusa per tutto il mondo.
Per le seconde esce, in certa guisa, fuori del proprio giro, in quanto
la sovranita laica e di sua nalura eslerna alia giurisdizione ecclesia-
stica; ma solto un altro aspello vi resta lutoia, in quanto il Prin-
cipe stesso , se e cattolico , e, come figlio della Chiesa , suddito del
Pontefice , e se e acattolico , e tenulo a lasciargli libero il governo
spirituale dei fedeli, a lui soggetti. Anche in tal caso « piu che la
persona del Principe, giuridicamente si ha da considerare la fede
della sua gente, alia quale la sovranila, o colleUiva o personale,
e debi trice di ordinamenti civili e crisliani 4. »
L' uso di spedire in\iati per Y uno o 1'altro scopo , ovvero per
amendue, e antichissimo nella Chiesa. II primo esempio ne fu dato
dagli stessi Apostoli , allorche dopo il Concilio gerosolimitano spe-
dirono alia Chiesa di Antiochia Giuda e Sila , come aggiunti di Pao-
lo e Barnaba , per recarvi le decision! del sinodo 5. Nei tre secoli
posteriori , sotto la persecuzione degli Imperatori pagani , i Ponlefi-
ci, or dal Vatieano ed or dalle Catacombe, non intermisero mai di
pnmedere per lettere o per messi ai sopravvegnenti bisogni delle
Chiese particolari. Son piene le istorie delle corrispondenze, che da
Roma partivano per quelle, o da quelle venivano a Roma.
1 Pag. 9. - 2 Ivi. - 3 Pag. lo. - 4 Pag. 12. - 5 Act. XV.
DELIA STAMP A ITALIAN! 79
Senonch6 cristianeggiato 1' Impcro per la conversione di Costanli-
no, fu d'uopo che, per la concordia del due poteri, una vicendevole
diplomazia desse forma alle loro relazioni. Quinci 1' istituzione degli
Apocrisiarii, latinamenle responsales, la quale da Incmaro di Reims
e appunto riportata all'epoca del trasferimento della Sede imperials
in Bizanzio. II De Marca ne rilira 1' ongine al tempo che segui im-
mediatamenle il Concilio di Calcedonia. Ma sia che 1' una o 1' altra
sentenza si abbracci , certo e che quella istiluzione e antichissima.
L'Audisio discorre ampiamente dei Yicariali apostolici , dei Pri-
mati, delle Legazioni ordinarie e fisse alle sedi vescovili , maniere
luite diverse, onde venne esercitata in gran parte la diplomazia ec-
clesiastica. Senonche, come si esprime Pio VI nella risposla super
Nunciaturis p. 258: « Per adempiereall' ingiunto uificio dell'Aposto-
lato, dal millecinquecento fino alia presente eta i Papi farono costret-
ti di provvedere alle disserisioni interne dei Primali, col rilogliere a
quesli le delegate giurisdizioni e mandare a proprio lalere in Germa-
nia, Francia, Spagna, Lusitania ed altri Stati, Nuncii stranieri, a
oiuna parte inclinati , chiari per ecclesiastica dignila e graditi ai So-
vrani ; e cosi presso le Corli cattoliche e nclle citta principi furono
istituite le ordinarie Nunciature l. » Di che si vede che non solo
nell' idea ma eziandio nel tempo la Chiesa precedetle la Societa ci-
vile in si nobile e proficuo trovato. Le permanent! legazioni tra gli
Stali laici, affine di procurare di presenza presso gli altri So vrani
gl' interessi dei Governi che rappresentano , non vennero islituite
che nel principio del decimoseltimo secolo. « Dopo il fine del seco-
lo XVI, scrive il De Garden citato dall'Audisio, le ambascerie di-
Vennero permanenti ; e questa permanenza, che nelle grandi citta
metle a riscontro simultaneo gl'inviali di lutle le Polenze, fece na-
scere una diplomazia nuova , sempreanimata, semprevivenle, iden-
tica nel fine e secondo i negozii e le diversita dei Governi e dei loro
rappresenlanti ancora di versa 2. »
L'Audisio elegge a campo di controversia, per dimoslrare la le-
gitlimila e i diritli e 1' ulilila delle ponlificie nunciature, la celebre
discordia sorta sopra tal punlo colla Germania, solto il Ponlificalo di
Pio VI. Egli con vigoria di ragioni e di stile discorre a lungo que-
1 Pag. 127. — 2 Pag. 12i.
80 KIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA
st'argomento, e ribatte e riduce al niente tutti i cavilli degli av-
versarii , scoprendo i loro error! in fatto di storia , di leologia, di
diritto. Risalendo quinci alle epoche anleriori vittoriosamente com-
Lalte ogni sorta di nemici , che per ispirito piu o meno scismatico
oppugnarono 1' influenza ponliflcia nelle Chiese e nei popoli per
mezzo di stabili rappresentanti. Nel che veramente 1'Autore mostra
un' ampia erudizione. Ma in ordine all' uso che ei ne fa nel libro, ci
sembra di vedervi qualche eccesso di ricordi storici e citazioni piu
di quello che a un breve trattalo si aflacesse, e, se non erriamo, con
poco vantaggio di chi legge. E forse era meglio, in un libro di sole
320 pagine in dodicesimo, non riportar per disteso tutta quella lor-
dura di bile ghibellina o gallicana, e lanla farragine di sofismi e di
menzogne febroniane, e talvolta esagerazioni ancora di uomini zelan-
ti, ma non sempre secundum scientiam. Da cio e avvenuto che il libro
paia opera piu apologclica che dotlrinale ; e talvolta , piu che am-
maestrare , sembri stancare alquanto il leltore. A noi sarebbe assai
piu piaciuto, che 1'Autore fosse ito innanzi con metodo piu didascalico
e positive, e solo avesse accennato, a maniera di difficolla e bre-
vemente, le diverse opposizioni degl' illusi o malevoli verso la Santa
Sede, soggiuntavi una breve e dilucida risposta per confutarle. Cos!
il libro, secondo che pare a noi, avrebbe serbato piu lucidezza e pift
ordine, e sarebbe riuscito piu pieno di conoscenze sostanziali per cio
che si altiene al subbietto precipuo. Ci pare ancora che V Autore
accolga forse troppo facilmente le accuse date ad alcuni Pontefici ,
per esempio Alessandro VI e Giovanni XXIII, le quali, a nostro pa-
rere, richieggono esame piu accurate, e la mole del piccolo libro noi
comporlava. Pero non potendole discutere a fondo, sarebbe stato mi-
glior consiglio il passarsene. Del resto benche quest'operetta non ci
yada cosi pienamente a versi , come gli altri egregi scritli dell' illu-
stre A. ; nondimeno essa e degna di enlrare in ischiera cogli altri
suoi dotti lavori, siccome pregevole per molti capi, quali sono la sa-
nita dei principii, la forza del discorso, 1' ampiezza delle vedute. E se
noi abbiamo creduto accennarne alcuni nei, puo ben darsi che questo
nostro giudizio si discosli dal vero. Noi tuttavia abbiamo voluto ma-
nifestarlo per debito di quell' imparzialita e schiettezza, che ben sap-
piamo non essere 1' ultimo dei pregi, di cui si onora 1'illustre Autore.
BIBLIOGRAFIA
1NONIMO — Coroncina di preghiere, con appendice per udire la S. Messa ed
accostarsi ai SS. Sacraraenti. Modena, tip. dcll'Immacolata 1864. Un vol.
inbL'dipag.HQ.
— Corso d'istruzione religiosa, ad uso delle class! ginnasiali inferiori delle
Scuole reali e di altri istituti di educazione. Udine , tipografia Jacob
e Colmegna 1864. Un vol. in 8.° di pag. 372. Prezzo austr. fior. 1 - Soldi
25, pari a fr. 3.
Lo scopo che s' e proposto il dotto Autore di
questo Corso d'istruzione reiigiosa si e di fornire
alia giovenlu che sludia, una spiegazione della
dottrina della Chiesa, adatla alia loro capacity ed
ai loro bisogni. Esso ha preso per guida la Dot-
trina cristiana del Vencrabile Card. Bellarmino,
prescelta dal Concilio provinciate dei Yescovi
feneti per testo nell'insegnamenlo del Catechismo,
e ne ha seguitato la spartizione e gl'insegna-
monti ; aggiugnendovi quanto di meglio ha tro-
Trato negli antichi Trattati, e di suo molte parti
e molte dilucidazioni necessarie oggidi alia gio-
Tenlii italiana. Cos! qual debba essere la cre-
denza dei cattolici inlorno al potere temporale dei
Papi, qual giudizio debba portarsi del Mesme-
rismo, quali risposte farsi alle obbiezioni dei Pro-
teslanti, qual condotta Icnersi nei tempi di ri-
Tolture, quali contratli eyitarsi come ingiusti
acconciamente sciolte. L'esaltezza teologica della
dotlrina , per nulla offesa dalla breyita rigorosa
dell'esposizione , Tiene confortata utilmente dalle
non rare citazioni della storia biblica ed ecclesia-
slica, e delle autorita dei Concilii e dei PadrL
Le note frequenti che yi sono seryono assai ben«
a chiarire qualche punlo accessorio, che nel corso
del testo gioyava di accennare appena : e tra
queste note abbiam letlo alcuna di grande im—
portanza, e che nel corlissimo suo spazio del la
sostanza di qualche libro intcro , recentemente
pubblicato. Questo Corso adunque sia pel fonda-
mento della dottrina che e schieltamenle la cat-
tolica , sia per la scelta della maleria che 6 la
piu confacente ai nostri te-ipi, sia per 1'ordine
che e il piu schielto e il piu usato, sia flnalmenta
per lo syolgimento che e breye, chiaro ed eru-
dito , ci pare attissimo all' uso delle classi gin-
da chi allende al traflico, e molte altre quistioni nasiali, per lo quali 1' anonimo suo aulore lo ha
dommatiche e morali yengono breyemente si, ma dettato.
— De vita Nicolai Bane adolescentuli, Gommentarium, cum italica interpre-
tatione. Venefiw, typis Aemilianis impr. 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 27.
narrazione. Speriamo che come la bonta del del*
tato potra inyogliare assai gioyani, studios! delle
latino eleganze , a leggerlo con piacere ; cosi il
racconto della yita ediflcante, e della piissima
morte di quel gioyaaeUo debba incorare parecchi
a yolerlo imitare.
Proporzionato al soggetto e lo stile di questo
Commentario, scritto e messo alia stampa per
ftegiarne la memoria di un caro gioyanetto che,
nel flore degli anni e delle speranze, manco ai
Tivi, con pieti esemplare, assistilo da quel mede-
simo che ora ha curato che se ne scriyesse la yita.
La lingua e pura e facile, semplice ed elegante la
— II Curato d'Ars. Genni biografici. Bologna 1864, presso la Direzione delle
Pice. Lctture Cattoliche, via Larga di S. Giorgio 777. Un opusc. in 8.° di
pag. 62.
In Ars, piccolissimo yillaggio presso Lione, li di ayer ayuto cura di quella parrocchia per qua-
4Agostol859, morl il parroco Gioyan Batlista rantuno anno conlinui. La sua yita fu yeramente
Maria Viauney, nel seltantesimo anno di eta, dopo slraordiiiaria, ossia per lo penitenzo ondc macero
Serie f, vol. Ill, fasc. 349. 6 21 Settembre 1864.
82 BIBLIOGRAFU
il proprio corpo , ossia per le fatiche sostenute e stata sette volte e sempre copiosamente ristam—
nella predicazione e nel confessionale con una pata ; la bella vereione che una penna due volte
lena istancabile e veramente prodigiosa, ossia pel gentile ne ha f;Uta in ilaliano fa pubblicata nella
frutto delle conversioni die ei fece copiosissime, tipografia Marini di Cremona. Questo compendio
ossia flnalmenle per gli spiritual! combattitnenti ne fa un ritratlo quasi in miniatura , che vor—
che ei sostenne contro 1' inferno. Egli vivo era remrao veder nelle mani del Clero e dei laid
1'apostolo della Francia , dai piu remoli punti ugualmente ma per diverso fine ; del Clero per
della qtiale movea ogni sorta di persone per con- imitarlo, secondo il talenlo che il Signore ha af-
sigliarsi nogli affari deH'anima col modeste curato fldato a ciascuno ; dei laici, perche veggano quai
di Ars; egli, benche morto ora, segue ad essere tipi possa proporre all' ammirazione del mondo
pel clero il modello piu vivo di sanlita e di zelo. questo clero caltolico, che ora tanto avversano i
La sua vita, scritta in francese dall'Ab. Monnin, nemici della santa Chiesa.
ANONIMO — II terremoto del 1861 in Romagna. Racconto contemporaneo
con appendice. Bologna 1864, Direzione delle Pice. Lett. Catt. via larga
S. Giorgio 777. Un opusc. in 32.° di pag. 32.
— II tesoro dei giovinetti divoti di Maria, coll' aggiunta di 31 Meditazione
per ciascun giorno del mese. Bologna, tip. di S. Maria Maggiore 1864.
Un opusc. in 16.° di pag. 64.
— L'anima santa accesa d'amore verso Gesu e Maria, e di tenerissima divo-
zione verso i loro SS. Cuori ; ossia riflessioni, preghiere, pratiche e riso-
luzioni eflicacissirae per acqulstarela santita, distribuiteper ciascun gior-
no deH'anno, per cura di un sac. dell' Ordine di S. Brunone. Torino, tip.
ponlificia, Pietro di G. Marietti, piazza B. V. deyli Angeli 1864. Un vol.
inU.'dipag.in,
Difficilmento polremmo dare un'idea di questo culalorie, indulgcnze, istruzioni , preparazioni e
libro migliore di quella , ch« il p. Supries, de- ringraziamenti per la comunione, novene, esami,
Btinalo daU'Ordine Certosino a rivederia, ne form, tulto vi si Irova raccolto solto un punlo di vista
dicendo che essa puo considerarsi come una pic- universale , che e 1'amore a Gesu e Maria. Ogni
cola Encidopedia ascetica per alimentare nelle giorno dell' anno ha le sue pratiche special! e
anime cristiane il fervore della pieta. Riflessioni adaltate. II libro dunque e certamente ulile alle
pie, sentiment! affetluosi, preghiere, esempii, gia- anime divote.
— L'esempio di S. Caterina da Siena. La scuola di S. Caterina da Siena: per
un sacerdote delle Scuole Pie. Modena, tip. dell'lmmacolata, Roma, Gio-
vanni Bencivenga, Venesia, Giovanni Bat list a Merlo. Due vol. in 8.° di
Nella precedcnte bibliografia dicemmo quanlo delle cogli scritti e colla voce viva. Cosi Caterina
Bia pregevole questo lavoro , e per la sua so- ci vien ritratta tutta intera qual fu: gran mo-
etanza, e per la disposizione delle parti, e per to dello e gran maestro insieme di santila. Noi non
Stile, e per la devota piela die istilla nei leltori, troviamo parole che bastino ad encomiare quanto
e per le maschie virtu alle quali anima. Allora merita lo scrittore di questa vita , col quale un.
non era uscila in luce die lal.a parte soltanto, sol lamento vorremmo fare, e si e di averci per
intilolata L' esempio : ora ne annunziamo la sc- troppa modestia celalo il nome. Diciamo soltanto
conda che e la Scuola. Bel divisamento e coteslo. che questo libro vorremmo vederlo in mano di
Narrarci prima qual fu la vita della Santa c for- tutli, poiche e degno che sia dagl'ltaliani accolto
tissima Vergine di Siena, e poi svolgerci gl'inse- con gran favore, come libro bello, dilettoso, uti-
gnamenli che Ella, illuminata da celestiale luce, lissimo.
— Manuale dei devoti di S. Giuseppe, ossia il modello dell'uomo giusto ela
guida feclele delle famiglie cristiane. Bologna 1864, tip. Mareggiani al-
I'insegna di Dante, via Malcontenti N.° 1797. Un vol. in 16.° dipag. 232.
La prima parte del Manuale contiene 1' opu- tiene un altro opuscolo, che ha per titolo : San
ficolo pregiatissimo del P. Fierard d. C. d. G. Giuseppe, guida fedele alle famiglie cristiane.
ifltilolato : La vita e la morte dell' uomo giu- V ultima parte propone divote pratiche di pietk
sto, proposta negli esempii di san Giuseppe , per venerare il santo Patriarca Giuseppe.
Sposo di Maria Verging. La seconda parle con-
BIBLIOGIUFIA 83
ANONIMO — Maria 1'Orfanella. Un profanalore punito. Racconti. Bologna, tip.
S. Maria Maggiore 1864. Un opusc. in 32.° dipag. 32.
— Maria salute degli infermi. Fatti slorici contemporanei. Bologna, tip. di
S. Maria Maggiore 1864. Un opusc. in 32.° di pag. 31.
— Novene e preghiere ad uso degli ascritti aH'Arciconfraternila di Maria SS.
sotto il titolo della Buona Speranza, stabilita in Roma, per decreto di S. S.
Papa Pio IX, nella chiesa de' RR. PP. Cappuccini, sacra all' Imm. Conce-
zione. Roma 1864, lip. Monaldi. Un opusc. in 12. di pag. 64.
La pia unione sotlo il titolo della SS. Vergine il Cenlro nella chiesa de' PP. Cappuecini di Ro-
della Buona Speranza, islituita canonicamenle per ma, sacra all' Immacolata Concezione di Maria SS.
la prima volta nella diocesi di S. Brieue, fu con- Cosl eretto il pio Sodalizio , con facolta al Rmo
fermala, con Brere di S. S. Papa Pio IX, degli P. Generate pro tempore di aggregare confratelli,
8 Agosto 1859, ed arricchita di molte indulgenze. il numero degli ascrilti e presto salito a qua-
il fine principale di questa pia unione si fu 1'im- rantamila. Per fomentare la pieta di quesli ascritli
plorare il potenle soccorso della Madre di Dio nei alia santa unione, e per diffonderne la notizia si
bisogni della Francia. Essendosi propagala rapi- e stampato questo libretto, che noi raccomandia-
damente, e con gran frutto, quest'associazione in mo a tutti i zelanti della gloria di Maria Vergine
quel yasto Impero, il Santo Padre si e degnato e della difesa ed esaltazione della Chiesa tatto-
disporro che venisse estesa non solo in Italia, do- lica apostolica e romana e del Pontificate, esposto
TC tanta guerra si fa alia Religione callolica, ora agli assalti di tutto 1' inferno, alleato della
ma in tutto il mondo; e ne ha stabilito come Rivoluzionc.
— Pia pratica dei nove tlffizii ad onore del SS. Cuore di Maria, coll'aggiunta
della novena in preparazione alia fesla del medesimo ed altre pratiche
divote. Bologna, tipografia di S. Maria Maggiore 1864, Un opusc. in 32.°
di pag. 32.
— Racconti edificant! ad uso della gioventu. Bologna 1864, Direzione delle
Pice. Letture Cattoliche. Un opusc. in 32.° di pag. 30.
— Tre Racconti. Martirio del sac, polacco Stanislao Iszora. Eroica fede di
un giovane artiere. La vendetta dei Cristiani. Bologna 1864, Direzione
delle Pice. Letture Cattoliche. Un opusc. in 32.° di pag. 30.
— Un protestante a Roma. Frammeriti di memorie inedite di un giovane in-
. glese: Prima versione italiana, seconda edizione. Bologna, Direzione del-
le Pice. Letture Cattoliche 1863. Un opusc. in 32.° di pag. 62.
ANTONELL1 GIOVANNI — Un pensiero filiale sulla Concezione Immacolata di
Maria Yergine Madre di Dio, rispettosamenle offerto al Sommo Pontefice
Pio IX, in argomento di devozione particolare e di perfetta adesione alia
Santa Sede, di Giovanni Antoiielli delle Scuole Pie — Firenze, tip. Cala-
sanziana, diretta da A. Baracchi 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 28.
II Pensiero annunzialo in queslo opuscolo e un al corpo. Ma rispetlo al corpo la Vergine SSma
miovo argomento, dcdollo dagli Evangeli, per di- non si differenzio dalle altre donne : dunque la
mostrare che la Concezione della B. Vergine fu diflerenza cadde rispetto aH'anima; la quale es-
veramente immacolala. Esso parte dalle parole di sendo nella natura non disuguale da tutle le al-
S. Matteo XI, 11: Amen dico vobis: non surrexit tre anime umane, dove essero da loro differente
inter natos mulierum maior Joanne Baptisla, le nell' ordine della grazia. Ma quesla differenza nel-
quali ripetonsi da S. Luca VH, 28. Or posta quella 1' essere concepita e partorila non puo porsi che
testimonianza, il dolto e arguto autore argomen- solo nell'essere libera dalla colpa originale. Adun-
la cosl: Perche sia vero, com' 6 infallibilmente que il concepimento di Maria SSiiia fu veramenU
•vero, queldetto del dnrin Redentore, e necessa- immacolalo. A queslo riducesi 1' argomento del
rio che la B. Vergine Maria non sia stata conce- P. Antonelli, quanto nuovo altrettanlo probabile,
pita nc partorita, secondo lutte lo leggi comuni che vien da lui svolto con molta flnezza e so-
alla specie umana o rispetto all'anima, o rispetto dezza di dottrina.
ANTON MARIA (P.) DA VICENZA — Compendio della vita e del martirio dei sei
Protomartiri della Riforma francescana, conosciuti sotto il nome dei santi
84 BIBLIOGRAFIA
Martiri Giapponesi, composto dal P. Anton Maria da Vicenza, Minor ri-
formato della provincia di S. Antonio di Venezia. Quinta edizione con
correzioni ed aggiunte. Bologna 1863, Direz. delle Piccole Letture Catto-
liche, via Larga S. Giorgio 777. Un opusc. in 16.° dipag. 64.
ATTI AlESSANDRO — Delia munificenza di Sua Santita Papa Pio IX felicemen-
te regnante, per il sacerdote Alessandro Atti , professore di belle lettere,
dottore in ambo le leggi ecc. ecc. ecc. Roma 1864, fratelli Pallotta ti-
pografi in piazza Colonna. Volume unico, dispensa prima e seconda in 8>°
dapag. 1 a pag. 160.
II rev. sacerdote Alessandro Atti e scriltore puro si lungo, lasciano dimenticare i piu antichi per
cd elegante, e noi molte volte abbiamo dovuto la impressione che fanno i piu recenti. Oltimo e
fodare le sue prose ed i suoi versi. Questa volta ancora lo spartimenlo del libro. L' autore distin-
alle lodi che ripeliamo assai volentieri per la ca- gue le opere di munificenza fatle da Pio IX come
Stigalezza e forbitezza dello stile, aggiugniamo al- Pontefice da quelle fatte da lui come Sovrano: e
tresi quelle per Targomento preso a tratlare. Con di ciascun genere forma un paragrafo speciale,
altri Principi questo suggelto e questo titolo po- sotlo il quale raggruppa ordinatamente i singoli
trebbe parere o lusinga o piagenteria: con Pio IX, falti. I quali esigono assai spesso da lui che dia
Ponlcflce e Re, esso non e che una mera verita. contezza di molte opere pubbliche e di molte isti-
IVoi ne siamo tutlodi lestimonii ; e spesso abbia- tuzioni esistenti in Roma, e che dalla Santita di
mo dovulo far conoscere ai noslri lettori, Ion- Pio IX sono state o promosse, o ampliate, o ri-
lani da Roma , cio che in Roma e da tulti TO- storale. Puo dirsi che questa sia una sloria del
duto e sperimentato. Lo Scriltore adunque di que- Pontificato di Pio IX, solto il rispetlo d'una sola
sto libro si e proposto un tema, che trovera let- di quelle grandi qualita, che lo rendono tanto il-
tori parati a credcrgli, e da questo canto non puo lustre. L' opera esce in luce a dispense di cinque
Irovare che buona e grata accoglienza. Ma que- fogli di rnagnifica stampa ciascuna, e ogni di-
•ti stessi gradiranno molto a vedersi ricordarc nei spensa non costa che baiocchi 20. In tullo saran-
particolari quei tanti e tanli atli di munificenza, no fogli poco piu di 30. Le associazioni si rice-
che pel loro continue succedersi in un pontificate vono nel negozio Bianchi, via de' Cesarini n.° 20.
BALDINI UBALDO — Istruzioni per le Opere dell'Immacolata. Roma 1864. Un,
opusc. in 8.° dipag. 34.
Sollo il nome di Opere dell' Immacolata Ten- deU'Immacolala ; Figli dell' Immacolata si chia-
gono quelle Pie Unioni, canonicameute erelte Ira mano le unioni dei giovanetti ; Fratelli quclle dei
i fcdeli sotto quel litolo. Ve ne ha molte per le maritati e dei vedovi. Qucsle istruzioni riguar—
fliverse classi delle persone. La unione delle zi- dano direttamente le unioni delle donne, ma pos-
telle prende il nome di Figlie dell' Immacolata ; sono agevolmente servire ancora alle altre degli
<iuella delio coniugate e delle vedovo di Sorelle uomini.
BARTOLINI DOMENICO — Sull'autenticita del capo di S. Lorenzo Levita e Mar-
tire, che si custodisce nella Lipsanoteca di Monsignor Sagrista al Qui-
rinale, lettera di Moris. Domenico Bartolini, Segretario delia S. G. dei
Riti, a Mons. Calisto Giorgi, Cameriere d' onore di Sua Santita e Can. della
Basilica Damasiana. Roma, tip. Salviucci 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 22.
BERCHIALLA G. Nove discorsi ad onore di Maria SS. in appareccliio alle sue
feste, del sac. G. Berchialla, prof, di Teologia. Torino, tip.pontificia Pie-
tro di G. Marietti 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 80.
In qucstinove discorsi si ha come una somma culto e la mediazione di Maria, contro cut pift
del catechismo inlorno a Maria Santissima da svelenisconsi i protestanti. Essi son dunque oppor-
opporre ai delrallori delle sue lodi : poiche in tunissimi, ma oltre a cio utili per la buona ma-
essi trattansi questi tre punti : la verginita , il niera come sono ideati e scrilti.
BERTOCCI G. — Testi per la lingua italiana e latina, e per la Storia, da servire
nelle scuole. Se ne trova un deposito a Firenze, presso il libraro Felice
Poggi, e uno in Romaj presso G. B. Marini, in piazza del Collegia Romano*
BIBLIOGRAFIA 85
BERTOCCI G. — Appunti grammatical! perlgiovan! che studiano praticamente
la lingua Haliana. P. G. Bertocci. Prato, tip. FF. Giachetti. Un opusc.
in 16.° dipag. 24. Prezzo cent. 15.
— La Sintassi latina, esposta in lavole sinotliche dal P. G. Bertocci. Prato,
tip. FF. Giachetli 1860. Un opusc. w8.° di tav. 21; le pagine , che non
sono numerate, giungono a 44. Prezzo L. 1. 20.
— L' Etimologia latina, esposta in tavole sinoltiche dal P. Giuseppe Bertocci.
Prato, tip. FF. Giachetli. Un opusc. in 8.° di tav. XXXIII; le pagine, che
non sono mumerate, giungono a 70. Prezzo L. 2.
— Tracce per servire di guida allo studio della Storla anlica d' Italia peri
giovani delle scuole elementari, proposte dal P. Gius. Bertocci Pratot
tip. FF. Giachetti 1804. Un opusc. in 16.° di pag. 12. Preszo cent. 20.
— Tracce per servire di guida allo studio della Storia del vecchio e nuovo
Testamento, per i giovani delle scuole elementari, proposle dal P. G. Ber-
tocci. Prato, tip. FF. Giachetti 1864, e.presiso Felice Poggi a Firenze,
Cent. 20. Un opusc. in 16.' dipag. 12.
BERTOLOZZI PAOLO — Tobia. Dramma in 2 atli, di Mons. Paolo Bertolozzi, Ye-
scovo di Montalcino. Modena, tip. dell'Imm. Concezione 1864. Un opusc.
in 16.° dipag. 91,
E messo in iscena il ritorno di TobLa dal suo di poi la vista ridonala al cieco Tobia cresce le
Tiaggio in Rages. La tessitura del Dramma e gioie della famiglia , e prepara la conchiusione
semplicissima, poiche la desolazione e gli aflanni del Dramma, quando si svela agli occbi di tutti
dei due genitori, esposti nelle prime scene, Ten- 1'Arcangelo Raffaele. In quanlo allo slile esso e
gono nelle seguenti consolati dagli abbraccia- molto facile, tullo Haliano, e nel verseggiare se
menli del flglio che mena in casa il denaro ri- la parle lirica e piii felice , la parte recitativa non
scosso, e di piu una sposa bella , ricca e virtuosa ; e ignobilc.
BETTINI FEDERICO — L'uomo oltre i confini del cielo stellato, per Federico
Bellini, aiulo nella specola delle Scuole Pie, seguito alle brevi nozioni
scientifiche gia pubblicate dal medesimo. Firense, tlpogr. all\ insegna di
S. Antonino 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 108.
BULLARIUM DIPLOMATUM ET PR1VILEGIORUM sanctorum romanorum Pontifi-
cum, taurinensis editio, locupletior facia collectione novissima plurium
Brevium, Epistolarum, Decrelorum, Actorumque S. Sedis, a S. Leone
Magno usque ad praesens, cura et studio collegii adlecti Romae virorum
S. Theologiae et SS. Ganonum peritorum, quam SS. D. IN. Pius PP. IX apo-
slolica Benediclione erexit. Augustae Taurinorum, Seb. Franco ct Den-
rico Dalmazzo editoribus 1 863. Tomus Villa Gregorio XIII (an. MDLXXII)
ad Sixtum V (an. MDLXXXVIII) in L° dipag. 1102.
L'edizione torinese delle Bolle pontificie, in- seguasi con maggiore alacrita, afflnche compiu-
trapresa dal sig. Dalmaz«), e da noimolte volte tosi di esemplare 1'edizione del Mainaldi, possiamo
lodata per la correttezza del leslo, e la bouta avere la grande giunta, che gli editor! promet—
della stampa, e giunta al tomo ottavo, che ab- tono di farle in line ; e che ne formera il com-
braccia il Pontificalo di Gregorio X11I e i primi pimento indispensabile.
tre anni di Sislo V. Noi speriamo che essa pro-
CAPPELLETTI GIUSEPPE — Le chiese d' Italia dalla loro origine sino ai giorni
nostri, opera di Giuseppe Cappelletti, prete veneziano. Fasc. 304-310.
Ediz. in 8.° dapffg. 721 a pag. 756, in cui termina il volume XVII delfO"
pera, e da pag. 1 a pag. 240 del vol. XVIII.
86 B1BLIOGRA.FIA
CARAGeiOLO DI BRIENZA IICHELE — Lungi dalle mie coliiae, del Duea Miebff*
le Caracciolo di Brienza. I7n opusc. in 32.° di pay* 16.
Picciolo ma grazioso e questo libretto , che in sospira alia sua patria, non tanto per
Tersi quinarii, d'una rara facilila congiuata a lontano, quaato per vederla cosl mal concia, dalla.
molta eleganza, esprime i sensi d'un esule, che rivoluzione che la. desola,
CARDONI GIUSEPPE — Epistola pastoralis ad clerum populumque universnm
lauretanum et recinetensem. Romae, typis S. Congveg. de Propag. lids
1864. Un opusc. in 8.° dipaa. 62.
Questa Lettera pastorale , che Mons. Giuseppe naturale. Essa per conseguente § adallatissima ai
Cardoni, VCSCOYO di Lorelo e Recanali , dirige ai tempi che corrono, e a tutti i fedeli: ;e per la.
suoi diocesani, e tutta rivolta a metterli in guar- forza degli argomenti, e la gravila delle ammo-
dia coatro gli errori modern!, che si originano nizioni efficacissima e salutare.
specialmenle dalla negazione dell' ordine sopran-
CASONI GIAMBATTISTA — La sovranita dei Papi prima di Carlo Magno : lette-
ra ad un amico, dell'avv. Giambattista Casoni. Bologna 1864, dalla tip-
Mareggianij via Malcontenti 1797. Un opusc. in 8.° di pag. 50.
— II Papa-Re: studii pel popolo, dell'avv. Giambattista Casoni Bologna 1863?
direzlone delle Pice. Lett. Catt., via larg.a S. Giorgio 777. Un opusc. in
32.° dipag. 62.
— Reminiscenze dei miei viaggi^ per 1' aw. Ciambattlsta Casoni. Bologna
186i, Direzione delle Pice. Lett.Catt. via Larga S..GiorgioT11. Un opuse*
in 32.° di pag. 32.
CENATIEMPO — Lettera di Mons. Cenatiempo al Deputato di Atripa'da, Fran-
cesco Catucci, in confutazione del progetto di legge contro il danaro di
S. Pielro e 1'influenza clericale, estratta dal giornale 1' Eco delle Alpive-
tiche, Trento 4 Ayosto 1864,, IV. 91. Roma, tip. di Filippo Cairo. Un opusc.
in 8.° dipag. 16.
CHANTREL G. — Bonifacio VIII e il suo tempo, Secolo XIII. I Papi in Avigno-
ne e il grande scisma, Secolo XIV. Opera di G. Chantrel. 2.a edizione vol-
garizzata da A. Somazzi. Modena., lipi dcirimm. Concezlone. Roma, Gio-
vanni Bcndvcnga, via di'Pie di Mar-mo N.° 4. Venezia, Giovanni Bat list a
Merlo. Vol. XIV e XT della storia dei Papi. Ed. in 16.° di pag. 237 e 246.
CICCOUNI ANTONIO — Raccolta di medilazioni e document!, secondo la ma-
teria e la forma proposta da S. Ignazio di Loiola, nei suoi SS. Esercizii?
onde facilitarne la prattica, per il P. Antonio Ciccolini d. C. d. G. pel
terzo anno Direttore degli Esercizii nella casa di S. Eusebio. Con privi-
legio personale. Roma 1864, dalla tip. Forense. Un vol. in 8.° grande di
pag. V/7/-716.
Gli Esercizii spirituali di S. Ignazio di Loiola e dall' altro canto glr interprets, commentatori, o
sono riputati il mezzo piu efflcace e piu ragio- svolgitori di quegli Esercizii, che sono verame»te
nevole per condurre le anime al Signorc, o dallo moltissimi, si divariano 1' un dall'altro assai nota—
stalo di peccato alia conversione , o dalla Tita bilmente, e pochi son rimasi fedeli al concetto
tiepida alia feryente. 11 perche sono essi univer- pri mitivo e vero di quegli Esercizii.
salmente adoperati con profltlo grande delle ani- In quesli ullimi tempi in Roma, tre Padri deHa
me, e tanto maggiore, quanto e maggiore la pe- Compagnia di Gesu, nella quale 1' uso e la COBQ-
Tizia di chi li dirige. Or questa perizia non o scenza di quella pia pratica si son mantenuti in-
facile ad acquistarsi: poiche dall' un canto la teri, hanno applicato il loro studio a ristorarli.
guida che ne lascio lo slesso Santo, e si breve Sommo fra gli allri fu il P. GiOTanni Roothaan,
e concisa, che senza 1'aiuto della tradizione yiva, GeneralB deila medesima, che colle dichiarazioni
introdollasi dall' uso fatto di quegli Esercizii da apposte alia nuova -versione letterale, per lui fatta,
S, Ignazio medesimo, male basterebbe all' uopo; dal testo spagnuolo di S. Ignazio,
BIBLIOCRAFIA
87
tulto I'artifl/.io si ragionafo di quegli Esercirii:
cut il SUO Hbro e nniramcntc fatto per <-bi li
propone e li dirige. U P. Tommaso Mass*, infor-
niato ai modesimi principii, stese alnini fo-Ii-Ki
pregevolissimi, in <-ui adatto alJa capacila di tulti
la prima scltimana degli Esercieii; tollogli da nior—
le il poter fare lo stosso Aelle aJtre tre sellimane.
Questo compile scl tolsc il P. Antonio Yigitello, cho
cebbene non giunsc a compiere la stampa del suo
lavoro, il (ompic nondimeno sapra H medeslwo
diSfigno del P. Massa. Le fatiche di tutli questi
iusieme, unitamcnte a moltc altrc dei piti antkhi
trattatori di tal materia, tongiunsu ora allc sue
proprie il P. Ciccoltni, e da in queslo volume uno
STOlgimcnLo copiesissimo di lutti gli Escrcizii di
S. Ignazio, olBe e a <*i dee proporti, e a chi dee
farli. Esso c opporluno a chi voglia consccrarvi
un mese inttro, e a chi si contenta di una sola
settimana. E spartilo in due Parti. La I." die
serve partieolarmente a chi fa gli Esercirii, con-
liene le Meditazioni delle quatlro setlimane: la 11.*
che serve principalmenle a clii li dirige, contiene
documents si general! per tutli gliEsercizii, e si
parlicolari per oiascuna settimana, e pei varii
slati delje persone. 11 libro e assai voluminoso,
contenendo piu di 700 grosse pagine di caraltere
minuto: c cio mostra che la maleria vi abbonda.
Essa e nondimeno elella, e dark molto aiuto a
quanta saran per dare o in pubblico o in pxivalo
questi Esercizii.
CIPRIANI PIETRO — Elogio di Mons. Antonio Ligi-Bussi, Arcivescovo d'Ico-
nio, Viceg^rente di Roma, letlo n^ll' Accademia di Arcadia, il 28 Luglio
1864, dal Dott. Pietro Cipriani, giudice proeessante del tribunale crirmna-
ie del Vicariato, fra gli Arcadi Tereaio Termopileo. Yeltetri, tip.
1864. Un opu&c. in 8.° dipag. 36.
Wel Settembre del 1862 moriva nel sessantesimo
terio anno di sua eta Consignor Antonio Ligi-
Bussi, Vice-Gerente di Roma, ornamcnlo del cle-
ro romano, padre piu che proteltore delle vedove,
degli orfani, dei poverelli , custode integerrimo
della ghistizia, moddlo di virtu cristiane. La sua
raorle adanque fa da tulti compianta come una
perdita irreparabile, quale appunto la rhianio la
Sanlita medesima di Noslro Signore, Papa Pio IX :
e la sua memoria non si estlnguera facilmente
ucl petto dei Romani , che la benedkono ognidl
« la dkono meritameBte santa, 11 bel discorso ,
che nell'accademia Arcadica recilo il sig. Cipriani,
e un manifesto teslimonio- di queslo affelto , si
per quelh) che del defunto Vescovo esso fedel-
mente narra, s\ per quello che 1'orazion medesima,
rccitala dopo due anni, manifeslamente significa.
DALLA VECCHIA LUIGI — La morte del Conte Tgolino, versione in versi esa-
jnetri lalini di Mons. Luigi Cav. Dalia Yecchia, vicentino. Yenezia, tip.
Melchiorre Fontana 1864. Un opusc, in 4.° dipag. 8.
H SacerdoteD. Alessandro Piegadi ha teste pub-
Wicate sei versioni diverse di autori differenti in
esametri latini del canto danlesco del Conte Ugo-
iino: una settima se ne e stampata dal giovane
Messicano tlguccione Wen-Yrai : questa otlava,
veramente bella, appartiene a Mons. Dalla Vec-
chia. L' utile tftic da queste versioni si ricava, sf
e di vedere come la lingua latina diversamenle
si atteggi in mano a diversi scrittori per espri-
mere i medesimi concetti, cio che giova Jion poco>
per infondere uei giovani il gusto vero della schiel-
ta latinita.
D. A. I. — Tl Prete. Accuse e risposte popolari con appendke, per D. A. M,
Bologna 1864^ Dirczione delle Pice. Lett. Cattoliche, via larga S. Giorgio
777. Un opusc. in 16.° dipag. 32.
D' AVIKO VIN€ENZO — Enciclopedia dell'Ecclesiastico, compilata dall' Abate
Vincenzo d' Avioo. Edizione secon<:la, riveduta, aumen(ata « in parte ri-
fusa. Torino, Pietro di Giacinlo Marietti, tipografo editors 1864. Volume
<secondo in 4.° dapag. 1 a pag. 200, ove V ultimo arlicolo e FILONE EBREO.
Nella Dispensa 1'G." troviamo qucsto avviso del-
r«dilore Cav. Pietro di €. Marie-tli, che ci fac-
ciamo un debito di qui copiare: « Siamo lieti di
poter annunziare ai signori associati di aver non
ha -guari personalme nte deposto ai piedi del re-
gnante ponteflco Pio IX il primo volume di que-
zta End- lopedia. II Sauto Padre ci ha espresso il
suo gran compiacimenlo per tale intraprcsa, e I'Jia
tenedettacon grande effusione di cuore. Com« se-
gno poi di sua speciale soddisfazionc, alle molte
grazie precedentemente impartiteci ha aggtunto in
tale ciircostanza la maggiore che per noi poteva
desiderarsi, concedendoci 1'alto onore di dichiarar-
ci Tipografo Pontiflcio, ddUa quale qualita ci 6
etata data cotminicazione ton Vi-glietto delta Se—
greteria di Slain, in data del 2 spiranle mese.
« Adcmpiamo ora .con piacere ad un iucarico
datoci dal Compilalpre di quesla
88 BIBL10GRAFIA
tfnello cioe di offerire molti ringraziamenti agli assicura die non manchera di tenerne conto quan-
scrittori de''varii periodic! religiosi d' Italia, che do all' Opera compiuta fara seguire un piccolo
ban fatto buon yiso alle sue fatiche. Lungi dal Supplemento, il quale, oltre 1'aggiunzione di que-
credere di aver fatto tutto bene , nessuna delle gli articoli che potessero essere sfuggili alia sua
cose umane cssendo perfetta, egli accetta le loro diligenza, comprendera la reltificazione di qua-
lodi unicamente come stimolo a far meglio nella lunque cosa che, dietro esame che egli stesso fa-
continuazione dell' Opera. Gratissimo poi a chiun- ra del suo lavoro, meritera di essere riformata o
que lo ha reso e lo rendera avvisalo di qualche corretla. »
Inesattezza in cui avesse poluto o potra incorrere,
DEL FRATE PACIFICO — Due commedie ad uso degli educandati, rappresen-
tate la prima volta dalle alunne delle Suore della Carita in Ravenna. FOT-
II 1860, col tipi del Casali. Un vol. in 8.° di pag. 144.
Senza voler fare di queste due Commedie un le difflcolta che presenta un teatro in una casa
capo lavoro d'arte drammatica, dobbiamo pero religiosa di educazione per fanciulle , un merito e
confessare che esse hanno grandi prcgi , e poste un inleresse non comune.
DE-VIT VINCENZO — Lexici Forcelliniani pars altera, slve Onomasticon totius
latinitalis, opera et studio Doct. Yincentii De-Yit lu.cubratum. Tamil. Di-
stributio V. ANNIUS-AQUILINA. Prati, apud Albergheltum et Socc. in typo-
graphia aldlna 1864. Unfasc. in 4.° da pag. 321 a pag. 400.
— Novena in onore di S. Giuseppe , sposo di Maria Yergine, scritta dal sac;
Yincenzo De-Yit, seconda edizione, rivecluta dall'Autore. Bologna, tip.
di S. Maria Maggiore, stabil. deir Immacolata 1863. Un opusc. in 32.°
dipag. 100.
D. F. C. — Conforto ragionato allo spirito del credente, nelle attuali tribola-
zioni, discorso di D. F. C. Torino 1864, tip. pontificia Pielro di G. Jtfo-
rietti, piazza B. V. degli Angeli N.° 2. Un opusc. in 16.° dipag. 30.
DI PIETRO STAMSLAO — i . lesu Dulcedo cordium — - Memoriam fecit mirabi-
lium suorum. 2. Ex altari tuo, Domine — Rex Christe clementissime. 3.
Salutis humanae sator — Dlscite a me. Mottetti posti in musica, con ac-
compagnamento d'organo, dal P. Stanislao di Pietro d. G. d. G., Diretto-
re della Cappella Gregoriana nel Collegio Romano. Edizione in foglio.
Ciascuna coppia si vende per paoli due, presso Alessandro Befani, via del
Seminario 123 ; e nel deposito di slampe, ma di S. Chiara 47.
DRACH PAOLO — La Cabale des Hebreux , vengee de la fausse imputation de
Pantheisme, par le simple expose de sa doctrine, d' apres les livres
cabalistiques qui font autorite, par le chev. Paul L. R. Drach. Rome, im-
primerie de la Propagande 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 72-
L'ebraica parola CABALA TUO! dire tradizione ri- panteisti , e che il fondo della Cabala 6 il pan-
cevuta; e con essa i Rabbini indicano la legge teismo; e cio per procacciare a queslo sistema un
tramandata oralmente agl' israelili fln dagli an- soslegno non dispregeyole. Nel libro del signer
tichissimi tempi. Piu particolarmente poi questa Drach, orientalista insigne, si dimostra eTidente-
parola e riservata a quel complesso d'insegna- mente che quell'impulazione e onninamente falsa,
menti mistici o ascetici, che dirigono gP israeliti e che essa pole essere sostenuta dal Dott. Franck,
nelle loro preghiere e nelle loro meditazioni. II perche in luogo di ricorrere ai lesti ebraici piu
piu splendido maestro di Cabala fu nel secondo accreditati dei libri cabalistici , ricorse a tradi-
secolo dell'era cristiana il Rabbino Simeone Ben- zioni errate e a citazioni difettose. Questo opu-
Yohhaii : e le sue lezioni vennero raccolte nel li- scolo del Dott. Drach nella sua brevita ha grande
tro intitolato lo ZOUAR, che TUO! dire Chiarezza. forza di raziocinio, e suppone una conoscenza pro*-
Dal 1843 il Dolt. Franck nel suo llbro La Kabbale fonda della lingua e della erudizione ebraica.
pretese di mostrare che i cabalisti ebrei son tutti
DUPANLOUP — II Rarcaiuolo della Galilea, per M. Dupanloup. Bologna 1864,
Direzione delle Pice. Lett. Catt. via Largo, S. Giorgio 777. Un opusc. in
BIBLIOGRAFIA 89
EVANGELISTA (P.) DA PISTOJA — Un Rore a Maria nel mese di Maggio, sonetti
del P. Evangelista da Pistoja, Lettore cappuccino, con aggiunta di laudi e
divoti pensieri. Milano, tip. e libr. arcivescovile, Ditta Boniardi-Pogliani
i di Ermen. Besozzi 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 23.
Fra i dodici sonctli, che trovansi unili in que- per mostrarne la bellezza. Essa cosl conchiude Ie
sto euro opuscolo, ve n'ha piu d'uno che merila lodi del seno caslissimo di Maria :
veramente il nome di Fiore di poesia: tal e per E quando il cielo agli uomini s'aprio
ragion d'esempio il 1.° intitolalo 11 Sacrario del Quel seno, o angelicala creatura
Verbo, del quale ci basli il citare i'ultima terzina, Fu il Irono elelto al Figliuol di Dio.
FABIANI ENRICO — Sull' antichissimo e forse primitivo Alfabeto di sole died
lettere, divinazione proposta neH'Accademia dell'Immacolata Concezione
il 1 Giugno 1864, da Enrico Fabiani sac. rom. Roma, coi lipi delta S. C.
di Prop. Fide 1864. Vn opusc. in 8.° dipag. 27.
FRANCESCO (S.) DI SALES — II Direttore spirituale delle religiose e di chiun-
que desidera camminar sicuro e con fnitto nella via dello spirito, ricava-
to dalle Opere di S. Francesco di Sales. Torino 1864, coi lipi di Pietro
di Giacinto Marietti. Un vol. in 32.° dipag. 192.
GANOT A. — Lezioni di fisica sperimentale per uso delle persone estranee al-
le scienze matematiche, degli alunni di scuole di Belle lettere, delle di-
re ttrici delle case di educazione, e delle fanciulle che frequentano i piu
rinomati istituti, Prima edizione, tradotta da F. Camni su. I'ultima data
allalucadal Prof. A. Ganot, corredata di 350 vignette, incise da Ales-
sandro Foli, ed aumentata di osservazioni e di note. Roma,presso rind-
sore, editore, 21, passcggiata di Ripetla, 1864. Dispensa l.a e 2.a in 8.° di
pag. 168.
GIAMBATTISTA (P.) DA MISTRETTA — Esame critico sul pro gramma demagogi-
co: Libera Chiesa in libero Stato, per il P.. Giambattista da Mistretta, ex
Def. Gen. Min. Oss. Rif. 2.a edizione (estr. dalla V. B. Novella). Firenze,
tip. di F. Forti, via Laura, n. 26, 1864. Un opusc. in 8.° dipag. V-102.
In tre parti e divisa quesla trattazione , per e per la saldezza delle pruove, per la copia dei
dimostrare che quel Programmae l.°un concetto falti, e per la sicurezza dei principii la riputiamo
erroneo ; 2.° un detto mendace ; 3.° una pro- degna di essere attentamente studiata da quanti
messa subdola. E essa il migliore scritto che ab- s' occupano seriamenle della quistione religiosa
biamovedutointornoaquestaimportantequistione, che ora si dibatle in Italia.
LICCARO VALENTINO — Manuale di Predicazione ad uso del Clero curato, del
sac. Valentino Liccaro, gia cooperatore parrocchiale di Tarcento, poi Se-
gretario e Cancelliere arcivescovile di Zara, indi prof, di sacra Scrittura
nel Seminario di Udine. Parte prima. Le feste del Signore. T. I. Natale,
Capo d'anno, Epifania. Venczia, dalla tip. di F. A. Perini Ed. 1864. Un
ml. in 8.° dipag. 446.
Un vero e buon Manuale di Predicazione ad tullo queslo si Irova; ma con due particolarila,
uso del Clero curato , deve piu che le prediche, che il differenziano dagli allri. La prima che y'e
fornire bella e pronta la maleria di farle: cio scelta nella maleria, sicche la soprabbondanza ,
ruol dire le dimostrazioni delle verita domma- che spesso e imbarazzo invece di ricchezza, e so-
tiche e morali, le testimonianze della santa Scrit- stiluita dalla giusta e conveniente parsimonia: il
tura, i luoghi dei SS. Padri, le applicazioni mo- perche si fa risparmiare gran tempo a chi devo
rali , le parabole , le simililudini , i falli della servirsene ; e non si fa correre il pericolo di ap-
sloria ecclcsiastica, e quanto altro puo servire ad pigliarsi a frivolezze o vanita. La seconda qua-
un Parroco per preparare i discorsi che dee fare lilk si e che quesle materie vi si trovano disposte
al popolo. Nel Manuale , di sopra annunziato , con ordine, e non raccozzate alia rinfusa : Tale a
0 BIBLIOGRAFIA
dire che sopra ogni argomentoson fatti pareccW ste del S ignore, doe il Natale ia dfciassette dl-
discorsi, con molta regolarita e buona composi- scorsi , il Capo d'anno in dodici e 1'Epifania in
zione; ma cosi pingui e polputi die ciaseuno pad diciasselte. Per compiere questa 1." Parte man-
dar materia a pareecbie prediehe. L'ordine gene- cano , come ayverte 1'Au.tcre, altri tre tomi, i
rale del Manuale e semplicissimo , essendo esso quali vedranno la luce saccessivamente di dtae la
distribuito in quattro Parti, lal.a delle quali com- due mesi circa. Ogni torno componesi di fogU
prendera le Feste di N. Signore , la II. a quelle 25 o poco pin, e per ogni foglio pagansi o soldi,
della B. Vergine, la IH.a quell e deiSanti, la IV.a e altri 5 per la covertina e legatura d'ogni tomo.
le Domeniche fra 1' anno. E nscilo alia luce il Dirigersi al Bibliotecario arcivescovile in UdiBe*
Toino 1 delta l.a Parle, che svolge tre delle Fe-
KANARA ACHILLE — Atti di riparazione alia offesa maesta di Gesii Cristo, pro-
posti dal G. AcMlle Manara. Seconda edizione, corretta ed aumentata:
aggiuntevi praliclie di pieta , coll'Indulgenza cM S. S. PIo IX. Rologna
1864, tip. diS. Maria Maggiore. Un opusc. in 32.° di pag. 72.
KANISCALCHI ERIZZO FRANCESCO — Memoria del Conte Maniscalchi Erizzo ,
membro effettivo dell' imp. reg. islituto veneto di scienze, lettere ed
arti ecc. ecc., intorno all' Evangeliario gerosolimi[ano, tratto da un co-
dice siriaco Vaticano, e da lui edito , latinamente tradotto ed illuslrato.
Estratto dal vol. IX, serie III^ degli Atti dell'Istituto stesso. Jenezia, priv.
slab. Naz. di G. Antonelli edit. 1864. Un opuscolo in 8.° di pag. 24.
Nel fascicolo 342 annunziammo la slampa del- tiamo che la Memoria, qui sopra annunziata, si
V Evangeliariumllierosolymitanum, fatta sopra il rifcrisce a quella medesima stampa , perche da,
famoso codice siriaco della Vaticana con bellis- sebbene molto breyemen-te, conle/.za della forma,
sinii caralteri Estrangbeli, coi tipi vevoncsi dei dell'idioma, del rito e della faniiglia del Codice
Yicentini e Franchini, per cura e studio dell' il- stesso, c dice le norrac seguite dall' editore per
lustre orientalist;!, sig. Conle Maniscalchi Erizzo: fame la yersione. Non bastando pcro, a nostro
c diccmmo cbe a dare un giudizio adeqnato aspet- parere, queste notizie per potcr adequatamente
tayamo la pubblicazione del secondo yolume, die ragionare del layoro del sig. Conte, ci riserbia-
conterra i Prolegomeni e il Giossario. Ora ayver- rao a farlo ad opera compiula.,
KANUZZI GIUSEPPE — Yocabolario della lingua italiana, gia compilato dagli
Accademici della Crusca, ed ora novamenle corretto ad accresciuto dal
cavaliere Abate Giuseppe Maiiuzzi. Seconda edizione, riveduta e notabil-
mente ampliatadalcompilatore. Dispensa49.a e 5€.a Fvrenze, nella stam-
peria del Yocabolario e del tcsli di UngualWi. Due fasc. in 4.° dapagi-
na 391 a pag. 486 del vol. 3, fmo alia parola PFETA.
1HELANDR1 G. -- Della devozione a Maria Vergine, per G. Melandri d. C. d. G.
Bologna, lip. Maregyiani all'insegna di Dante, 18G3. Un opuscolo in 32.°
di pag. 39.
18EMORIE PER LA STORIA de' nostri tempi dal Congresso di Parigi nel 1856 al
giorni nostri. Stamperia dell' Unione tipografico-editrice lormese. S"c-
conda Serie, 6.° Quaderno, 18.° della Raccolta. Un fasc. in 8. da pag. 321
a pag. 383, con cui termina il volume L° della seconda Serie.
KONTUORI GIUSEPPE GAETANO — Orazione funebre del sacerdote napoletano
Pasquale Musto, Cameriere di onore di S. Santita, letta da Giuseppe Gaeta-
no Montuori, parroco della chiesa di S. Liborio in Napoli, il di 10 Giugno
1864, nella chiesa di S. Maria Egiziaca a Pizzofalcone. Napoli 1864^ stabiL
tip . di G. Gioia, vicoletto Mezzocannone n.k,p.p. Un opusc. in 8.° di pag.%1.
Pasquale Musto fu yero ornamenlo del clero na- ro , lascio desiderio grande e stiraa ancor naag-
poletano, zelanle apostolo di quel popolo, fedele giore di lui in ogni classe di persone. Quant' essa
servitore del Signore; e la morte, ehe nella sua fosse nieritata, dimoslralo in questa eloquente Qra-
Terde yirilita il tolse alle faticlie del ministe- zione funebre il ca. parroco Moaluori.
(Sara continuata nelprossimo fascicolo.)
GRONACA
OONTEMPORANEA
Roma 24 Settembre 1864.
I.
Ai YENERABILI FRATELLI ARCIYESCOTI E VESCOYI, E AGLI ALTRI ORDINARII
LOCALI, DIMORANTI NEL REAME DI POLONIA E NELLE REGIONI DELL' iMPE-
H0 RUSSO , I QUALI HANNO LA GRAZIA E LA COMUNIONE BELLA SfiDE
APOSTOLICA.
PIO PAPA IX.
VENERABILI FRATELLI,
Salute e apostolica Benedizione.
Gia nello scorso mese di Aprile, il giorno 24 sacro all' inyitto martire
S. Fedele da Sigmaringa , allora che, o-Yenerabili Fratelli, nell' urbano
Coltegio di Propaganda Fide , di questa Nostra alma citta , moyemmo
alte lamentanze, sopra la infelice e non mai abbastanza compianta condi*
ztoae del Reame di Polonia, e sui mal consigliati moti cola destatisi con-
tro quel potentissimo Soyrano, significammo altresi, ayere noi letto nei
YENERABILIBVS FRATRIBVS ARcniEPiscons ET EPISCOPIS, ALIISOVE LOCORVM ORDI—
KAR1IS IN POLOMAE REGNO, ET RySSICI IMPERII REGIOMBVS MORANTIBYS GRA—
TIAM ET COMMVMONEM CVM APOSTOLICA SEDE HABENTIBVS.
PIVS PP. IX.
VENERABILES FRATRES,
Salutem et apostolicam Bcnedictionem.
i'bi Urbaniano in Collegio christianae fidei propagandae huius almae No-
strae urbis die 24 proximi mensis Aprilis invicto Christi martyri S. Fideli a
Slgmaringa sacro vehementer lamentati sumus, Venerabiles Fratres, mise-
ram , et nunquam satis deplorandam Poloniae Regni conditionem , et male
cousultum motuin ibi contra Potentissimum Principem excitatum , significa-
92 CRONA<fA
giornali i provvedimenti, al certo' seyerissimi, presi dal Governo russo non
pure ad attutare que'moti, ma ben anco ad estirpare insensibilmente dal
medesimo regno la cattolica Religione. E nello stesso tempo vi manife-
stammo, essere d' uopo tuttavia che siffatte tristissime notizie venissero
con piu certi modi e.con maggiore autorila comprovate, non potendosi
ai pubblici fogli sempre aggiustar piena fede. Ma oggimai da molte e
svariate testimonianze fededegne a Noi pervenute, abbiamo, o Venera-
bili Fratelli, con incredibile dolore dell'animo Nostro, riconosciuto trop-
po vere essere le sevizie, onde il Governo russo vessa e tormenta la Chie-
sa cattolica e i ministri e fedeli suoi. Posciache di certo sapemmo, che
quel Governo, gia da gran tempo sommamente avverso alia cattolica
Chiesa e bramoso di tutti trascinare al suo funestissimo scisma, colto
pretesto delle sedizioni insorte, acremente e con tulti i mezzi perseguita
la nostra santissima Religione e tutti quelli che la professano. Quindi, il
Concorclato stretto con Noi e colla S. Sede non fu mai pienamente ese-
guito, i pubblici patti di difendere la Religione cattolica nelReame polac-
co interamente spregiati, e moltissime leggi e decreti contrarii affatto al
bene dei Cattolici furono sanciti ; il Governo non cesso mai dall'interdire
gli scritti cattolici, e dal disseminare in vece libri e giornali al tutto osti-
li alia dottrina cattolica,' e acerbamente oltraggiosi al Vicario di Cristo in
terra e a questa apostolica Sede, e acconci a pervertire soprattutto il
popolo polacco ; il Goyerno non cesso mai dal porre impediment! alle
vimus etiam , Nos in publicis ephemeridibns legisse severissima sane con-
silia a Russico Gubernio suscepta, non solum ad eumclem motum compri-
mendum, verum etiam ad catholicam Religionem eodem in Regno sensim
extirpandam. Atque eodem tempore manifestavimUs, oportere, huiusmodi
trislissimos nuncios indubitato modo, ac maiore auctoritate comprobari,
quandoquidem publicis ephemeridibus plena fides adhiberi semper nequit.
Nunc vero ex pluribus variisque fide dignis testimoniis ad Nos perlatis cum
incredibili animi Nostri dolore agnovimus, Venerabiles Fratres, verissimas
esse acerbitates, quibus a Russico Gubernio catholica Ecclesia, eiusquemi-
Bistri, et cullores magis in dies divexantur ac lacerantur. Etenim certo scl-
vfmus, idem Gubernium iamdiu calholicae Ecclesiae summopere infensum ,
omnesque ad fuuestissimum schisma pertrahere exoptans, excilatae pertur-
bationis praetexlu sanctissimam nostram Religionem, omnesque Catholicos
quibusque modis aciiter insectari. Hinc, Conventione cum Nobis, et hac
Sancta Sede inita nunquam plenae execution'! mandata, ac publicis pactis de
catholica Religione in Poloniae Reguo tuenda plane despectis, plurimisque
editis legibus et decretis rei catholicae maxime adversis, Gubernium idem
nunquam intermisit catholica scripta interdicere, et libros, ephemefidesque
catholicae doctrinae omnino repugnantes , et in Christi hie in terris Vica-
rium , et Apostolicam hanc Sedem summopere iniuriosas, alque ad Polonum
praesertim populum depravandum accommodatas disseminare, et communica-
CONTEMPORANEA 93
comunicazioni con Noi c con quesla Sede apostolica , e dal prescrivere
un giuramento contrario alle leggi divine, e dal sohillare il popolo contro
i sacerdoti cattolici, e dal divietare che si predicasse e s'insegnasse qua-
le divario passa tra la cattolica verita e lo scisma, e dall' impedire con
gravissime pene che alcuno potesse dallo scisma infelice emergere e al
seno della Chiesa cattolica ritornare. Quinjii i Religiosi discacciati dai
conventi, e i loro monasteri tramutati in caserme, e i Vescovi cattolici
strappati dalle loro Diocesi, e conclannati all' esiglio, e pressoche innu-
merabili cattolici di rilo greco, con maliziosi e molteplici arlifizii, trasci-
nati prima contro loro volere nello scisma, e impediti poi dal rientrare,
come pure bramerebbero, nel seno della cattolica Chiesa, e innummera-
bili cattolici di rito latino altresi rapiti alia Chiesa, specialmente col mez-
zo de' matrimonii misti, e orfanelli cattolici, sotto pretesto di tutela, in-
yiati in lontane contrade, dove divelti dal culto cattolico cadessero nei
pericoli dello scisma. Quindi cattolici senza numero di qualsivoglia rito,
eta, sesso, condizione, acerbamente travagliati, etradotti in remotissime
terre, e le chiese loro mandate a ruba, e pollute, e convertite in alloggi
militari o in templi di culto acattolico; e i sacerdoti caltolici in miseran-
de guise vessali, e, rapiti i loro beni, ridotti a trista mendicita, e quali
cacciati in esilio, e quali in carcere trascinati, e quali eziandio messi a
morte, per cio solo che non avevano negato i soccorsi e i conforti del lo-
ro ministero ai feriti in battaglia e ai moribondi. Arroge che cosi ai che-
lionem cum Nobis, et bac Apostolica Sede praepedire, et iuramentum divi-
nis legibus contrarium praescribere, et populum contra catholicos Sacerdo-
tes excitare, et prohibere, ne praedicari ac doceri queat discrimen, quod
inter catholicam veritatem et schisma intercedit, et gravissimis constitulis
poenis impedire, quominus aliquis ex infelici schismate emergere, et ad ca-
tholicae Ecclesiae sinum redire possit. Hinc Religiosi viri ex suis Coeno-
biis deturbati, eorumque Monasteria militarlbus stationibus destinata, et ca-
tholici Episcopi a sua Dioecesi abrepti , et exilio multati , et innumeri fere
Catholici graeci ritus subdolis quibusque macbinationibus iamcliu in schisma
violenter tracti, et impediti ad redeundum in catholicae Ecclesiae gremium,
veluti exoptarent, ac innumeraUiles etiam latini ritus Catholici per mixta
praesertim matrimonia calholicae Ecclesiae erepti , et pueri catholicis paren-
tibus orbati , sub tutelae praetexto, in longinquas regiones amandati , a ca-
tholico cultu avulsi , et in schi small s discrimen adducti. Hinc innumeri cu-
iusque generis, aetatis, sexus et conclitionis Catholici summopere afllicti, et
in remotissimas terras transducti , et Catholicorum templa direpta, polluta,
ac in cultum acatholicum , vel in mllitares stationes conversa , et catholici
Sacerdotes miserandum in modum vexati , suisque bonis spoliati ad tristem
paupertatem redacti , ac vel in exilium pulsi , vel in carcerem detrusi, vel
etiam necati, proptereaquod in acie vulneratis, morientibusque sacri mini-
stcrii Opem , auxiliumque ferre baud omiserunt. Accedit etiam , ut cum Pre-
94 CRONACA
rici come ai laici esigliati e tolto ogni sollievo e presidio della nostra
santissima Religione, e che ai Cattolici della Lituania fu data la scelta, o
di partire per 1'esiglio diremotissimo paese, o di apostatare dalla Religio-
ne cattolica. Questi ed altri sono i fatti certo deplorabili contro la Chiesa
cattolica dal Governo russo incessantemente perpetrati. Noi, non ha dub-
bio, da smisurato cordoglio qppressi non possiamo le lacrime trattenere,
in veggendo yoi, Yenerabili Fratelli,e diletti Figliuoli nostri i fedeli cat-
tolici, fatti segno a tutte quelle gravissime persecuzioni, onde il predetto
Governo si sforza di condurre alle ultirae estremita la Fede e Religione
cattolica, cosi nel Regao di Polonia, come e piu specialmente nelle altre
regioni dell'Impero.
Senon chej YenerabiliFratelli,in questa fierissima guerra dal Goyerno
riisso contro alia Chiesa cattolica, ed ogni suo diritto, e ministri e cose
sante combattuta, occorre ancora un altro attentato , miovo affatto negli
annali ecclesiastic! e fmo ad oggi non piu inteso , sul quale ci e forza di
fare dogHanze e rimproveri. Perciocche quel Governo non solamente
strappo dal suo gregge, e rilego in rimote contrade il Fratello nostro Si-
gismondo, egregio uomo , e Arcivescovo Varsaviense d' ogni laude de-
gnissirno, ma non dubito altresi di formare decreto, per cui quel Yenera-
bil nostro Fratello fosse privo d' ogni autorita e giurisdizione vescovile
nella Diocesi di Yarsavia , e tolto fosse a ciascuno de' diocesani di co-
municare con lui ; e inoltre tento di collocare in sua vece , come ammi-
nistratore della Diocesi, il diletto Figlio nostro Paolo Rzewuski, Yicario
sbyteri, turn laici in exilium missi omni sanctissimae nostrae Religionis so-
latio, praesidioque carere debeant, utque Litlinaniae Catholicis optio data
fuerlt vel exsules abeundi in dishmctissimas regiones, vel deficiendi a ca-
tholica Religione. Haec et alia sane lugenda a Russico Gubernio contra ca«
tholicam Ecclesiam iudesiiienter patrantur. Equidem nos immenso moerore
confecli lacrimas continere non possumus, cum videamus, Yos, Yenerabiles
Fratres, ac dilectos filios ficleles Catholicos omnibus illis gravissimis insecta-
tionibus obnoxios, quibus commemoratum Gubernium catholicam Fideni et
Religlonem turn in Poloniae Regno, turn in aliis praesertim illius Imperil re-
gionlbus ad ultimum discrimen adducere conatur.
At etiam in hoc acerrimo bello a Russico Gubernio catholicae Ecclesiae,
eiusque sacris iuribus , ministris , rebusque illato , alium novum prorsus in
Ecclesiae fastis, et ante, hunc diem inauditum ausum lamentari, et expro-
brare cogimur, Yenerabiles Fratres. Siquidem Gubernium idem non solum
Yenerabilem Fratrem Sigismundum egregium , omnique laude dignum Yar-
saviensem Archiepiscopum a suo grege divulsum in longinquas regiones
amandavit; verum etiam non dubitavit decernere, eumdem Venerabilem
Fratrem episcopal*! in Yarsaviensem DSoecesim auctoritate et iurisdictione
esse privatum, et neminem e sua Dioecesi cum ipso posse communicare, et
in eius locum sufficere, veluti Dioecesis Adniinistratorem, dilectum Filium
CONTEMPORANEA 95
generate di lui, e gia da Noi eletto Vescovo di Prusa nelle parti degli Infe-
deli, e disegnato suffraganeo dello stesso Arcivescovo Yarsaviense. Ci
mancano le parole, o Venerabili Fratelli , a riprovare e condegnamente
detestare un simil fatto . E chi infatti non restera altamente attonito, uden-
do che il Governo russo e giunto a cotesto di credere senzauna ragione
al mondo, e osare di ritogliere ai Yescovi, cui lo Spirito Santo pose al reg-
gimento della Chiesa di Dio, 1'autorita sa era da Dio loro conferita e indi-
pendente aflatto da tutte laicali potesta ; e dopo cio rimuoverli dal go-
verno e dalla cura delle proprie Diocesi? Mentre tali disordini riprovia-
mo e condanniamo, al tempo islesso dichiariamo, in modo aperto e palese,
che nessuno puo obbedire al detto ord ine , e che tutti i fedeli della Dio-
cesi Varsaviense sono tenuti di prestare sollecita obbedieaza allo stesso
Venerabile Fratello nostro Sigismondo, il quale e il vero e legittimo Ar-
civescovo di Yarsavia.
Non dubitiamo poi , che lo stesso dilelto Figliuolo nostro Paolo Rze-
wuski, ben consapevole del suo dovere, resistendo al detto ordinaniento
del Governo russo, non sia per continuare nell' ufficio di Vicario gene-
rale, commessogli dal Yenerabile Fratello nostro Sigismondo Arcivesco-
TO Varsayiense suo legittimo Prelato, e a lui in tutte cose prestare pienis-
sima obbedienza.
Mentre poi, o Venerabili Fratelli, invochiamo e cielo e terra a testimo-
nio di quanto si opero e si opera nel Regno di Polonia, e in altre region!
dell' Impero russo, a danno della Chiesa cattolica, e de' suoi Yesco\i, e
Paulura Rzewuski eius Yicarium Generalem , et Episcopum Prusensem in
partibus Infidelium iam a Nobis electum, ac SuiTraganeum eiusdem Yarsa-
viensis Antistitis designatum. Yerba quidem desunt, Yenerabiles Fratres,
ad huiusQiodi factum reprobandum ac detestandum. Ecquis enim non ve-
hementissime mirabitur, cum sciat eo devenisse Russicum Gubern'mm , ut
perperam autumet et audeat, Episcopos, quos Spiritus Sanctus posuit regere
Ecclesiam Dei, sacra eorum auctoritate ipsi a Deo tradita, et nullo prorsus
modo laicae potestati unquam obnoxia privare, eosque a propriae Diocesis
regimine et procuratione amovere? Dum^autem haec reprobamus et danma-
mus, eodem tempore clare aperteque declaramus, neminem memoratae or-
dinationl posse obedire, omnesque Varsavlensis Dioeceseos fideles debere
eidem Yenerabili Fralri Sigismundo sedulo obtemperare, qui verus, legiti-
musque est Yarsaviensis Antistes.
Nihil vero dubitamus, quin idem Dilectus Filius Paulus Rzewuski, sui offi-
cii probe memor, huiusmodi Russici Gubernii mandato minime obsequens
pcrgat Vicarii Generalis munere fungi, sibi commisso a Yenerabili Fratre Si-
gismundo Archiepiscopo Yarsaviensi, suo legitimo Antistite, eique in omni-
bus cliligentissime obedire.
Iam vero , Venerabiles Fratres , dum caelum ac terram testes invocando,
de omnibus, quae in Poloniae Regno , aliisque Russici Imperil regionibus
contra catholicam Ecclesiam, eiusque sacrorum Autistites, ministros, iura,
96 CKONACA
ministri, e diritti, e patrimonio, e contro i diletti figliuoli suoi, e ne fac-
ciamo alte doglianze, e con tutte le nostre forze ci lamentiamo della per*
secuzione die ii Governo russo non cessa di muovere alia Chiesa ; tolga
il cielo che in conto alcuno vogliamo approvare i moti mal consigliati
miseramente eccitati in Polonia. Poiche ognuno sa con quanto studio la
Chiesa cattolica sempre ha insegnato e inculcato, che ciascun'anima e sot-
toposta alle potesta piu elevate, etutti sono soggetti all'autorita chile, e
obbligati onninamente di loro prestare obbedienza,in tutto cio che non ri-
pugna alle leggi di Dio e della sua Chiesa. Egli e per certo grandemente
da rimpiangere , che cotali movimenti abbiano al Goyerno russo data
ansa di tormentare ogni di peggio e opprimere la Chiesa.
Se non che nell'atto che riproviamo e condanniamo siffatti torbidi, che
funestissimi riescono alia cristiana e alia civile repubblica, non possiamo
a meno di non inculcare energicamente a tutti i Sovrani dei popoli , che
facciano ogni opera affinche in loro non ricadano quelle gravissime parole
della divina Sapienza ai Re : « Poiche a voi fu data la potenza da Dio e
la forza dall' Altissimo, il quale esaminera le opere vostre e le vostre co-
gitazioni scrutera ; poiche essendo Ministri del reame di lui non giudica-
ste direttamente, ne osservaste le leggi della giustizia , ne camminaste
secondo la volonta di Dio : orrendamente e presto a yoi apparira ; perche
giudizio severissimo slfara di coloro che presiedono, essendo che al me-
schino si concede misericordia, laddoye i potenti potentemente patiranno
patrimonium, ac dilectos ipsius Ecclesiae filios gesta sunt et gertmtur, ve-
hementer expostulamus, et etiam atqueetiam querimur persecutionena, quara
Russicum Gubernium contra Ecclesiam gerere non desinit, absil, ut ullo
modo probare velimus male consultos molus in Polonia misere excitatos.
Omnes enim norunt quanto studio catholica Ecclesia semper inculcaverit,
ac docuerit, omnem animam subditam esse potestatihus sublimioribus, o-
mnesque civili auctoritati subiectos esse, debitamque obedientiam praestare
omnino debere in iis omnibus , quae Dei , eiusque Ecclesiae legibus non ad-
versaotur. Equidem summopere dolendum, huiuscemodi motus Russico Gu-
bernio ansam dedisse ad calholicam quotidie magis divexandain , et oppri-
meiiclam Ecclesiam.
Dum autem eiusmodi christianae , civilique reipublicae funestissimos motus
xeprobamus ac damnamus , baud possumus, quin omnibus summis populorum
Principibus vehementer inculcemus, ut quantum in ipsis est, omnia conen-
tur, ne in eos gravissima ilia cadant divinae Sapientiae ad reges verba: «Quo-
« niam data est a Domino potestas vobis , et virtus ab Altissimo , qui inter-
« rogabit opera vestra, et cogitationes scrutabitur; quoniam curn essetis
« ministri regni illius, non recte iudicastis, nee custodistis legem iustitiae,
« neque secundum voluntatem Dei ambulastis ; horrende et cito apparebit
« vobis , quoniam iudicium durissimum his , qui praesunt , fiet: exiguo enini
« conceditur misericordia, potenles autem potenter tormenta patientur. y>
CONTEMPORANE.l 97
i supplizii *. » Col maggiore calore deiranimoNostro esortiamo e suppli-
chiamo i Sovrani tutti , perche pure una volta intendano e riflettano e
riconoscano che quando yiene a mancare la nostra santissima Religione,
e la salutare sua dottrina, e la obbedienza a Dio dovuta e alia Chiesa, e
la libera comunicazione con questa santa Sede, allora i popoli cadono
nella corruzione di ogni fatta error! e vizii perniciosissimi : e quindi av-
Yiene, che quesli popoli, tolto di mezzo la pieta e il tirnore di Dio, riget-
tato il giogo soave della religione e scossa 1' obbedienza, per tutto diritto
dovuta a Dio e alia Chiesa , si gittano ad ogni piu sfrenata licenza di vi-
vere e di operare; e cosi secondando i proprii appetiti nell'empieta, e
dispregiano i governanti, e la maesta bestemmiano, e insorgono contro i
Principi e loro dinegano la sudditanza.
In mezzo alia profonda tristczza deH'animo, che ne cagiona il cumulo
si grande de' mali che opprimono Voi, Yenertfbili Fratelli, e i Fedeli alia
yostra cura aflidati, non e tuttavolta piccola la consolazione e il conforto
cui Ci arreca 1' esimia virtu e costanza vostra nel difendere la Chiesa, e
nel tollerare fatiche e travagli per la cattolica fede. E poiche, come ben
sapete, beati sono quelli che soffrono persecuzione per la giustizia, e nulla
T'ha di piu nobile e di piu glorioso che il patire ignominia pel Nome di
Gesu ; e coloro arrivano a salute che perseverano sino alia tine ; per que-
sto ci confidiamo, che Voi, Yenerabili Fratelli , confortati nel Signore e
Atque etiam omnes summos Principes maiore, qua possumus, animi Nostrl
contentione hortamur et rogamus, ut aliquaudo intelligere, animadvertere ,
ac noscere velint, quod populi, cum a sanctissima nostra religione, eiusque
salutari doctrina, atque a debita erga Deum, eiusque Ecclesiam , et leges
obedientla , et a libera cum hac S. Sede communicatione amoti fuerint , turn
perniciosissimis quibusque erroribus , vitiisque depravantur , et iccirco eve-
nit , ut iidem populi timore et pietate erga Deum sublata , suavique religio-
nis iugo exuto, et plane abiecta obedientia, quae Deo, ejusque Ecclesiae et
legibus omnlno debelur, in effrenatam vivendi , agendique licentiam misere
prolabantur, et ambulantes secundum sua desideria in impietatibus domina-
tionem spernant, maiestatem blasphement, et contra Principes insurgant,
eisque obedire recusent.
In summa vero animi Nostri moestitia ob tantam malorum congeriem, quae
Yos, Venerabiles Fratres, et fideles curae vestrae commissos premit, non pa-
rum certe Nos reficit et consolatur egregia vestra in Ecclesia tuenda , tan-
tisque in laboribus, aerumnisque propter catholicam fidem perferendis vir-
tus et constantia. Et quoniam optime nostis , beatos esse , qui persecutio-
nem patiuntur propter iustitiam , ac pulcherrimum et gloriosissimum esse pro
nomine lesu contumeliam pati, eumque salvum fieri, qui perseveravit usque
in finem; iccirco nihil dubitamus, quin Yos, Yenerabiles Fralres, confortati
\ SAP. c. 6, v. 4, 3, 6,7.
Serie Y, vol. XII, fasc. 349. 7 24 Seltembre 1864.
D8 CRONACA
nella potenza della virtu sua, non cesserete dal combattere con animo for-
te ed inyitto per la gloria di Dio e per la difesa della sua Chiesa, e per la
salyezza delle anime : rammentando « che non sono pareggiabili i pati-
menti di questa vita con la futura gloria, che in noi si ha da rivelare *. »
Per colesto appunto yi scriviamo le presenti lettere, colle quali piu e piu
bramiamo stimolare la vostra episcopale fortezza nel tollerare si grayi
angustie, e la vigilanza sul gregge afiidatoyi ; affinche a nitina cura per-
doniate giammai, a niuna diligenza, a niun travaglio, acciocche i fedeli
a Yoi commessi , si astengano da ogni apparenza di male, e da niun pe-
ricolo atterriti, ogni di piu saldi e immobili dimorino nella professione
della cattolica fede e religione, e non si lascino mai indurre all' errore,
dai nemici della stessa fede e religione. E cotesti stessi fedeli a Yoi con-
fidati, carissimi a Noi, avyisiamo con tutto 1'affetto e il feryore del Nostro
cuore , e li esortiamo e li scongiuriamo che con tutta costanza professino
la cattolica fede e religione e dottrina, cui per singolare bonta divina ri-
cevettero, e anteponendola a tutte cose, battano yigorosamente la strada
de'divini comandamenti, econfervore si esercitino nelle operedi carita
diyina e fraterna, e che al tutto si convengono ai figliuoli della Chiesa
cattolica.
Siate intanto persuasi, che Noi nell'umilta del Nostro cuore non ces-
siamo ne di ne notte di porgere feryentissime preghiere al clementissimo
In Domino, et in polentia virtutis eius, pergatis animo invicto pro Dei, eius-
que sanctae Eccleslae defensione, animarumque salute fortiler dimicare, me-
moria repetentes « quod non sunt condignae passiones huius temporis ad fu-
« luram gloriam , quae revelabitur in nobis. » Atque iccirco has Yobis scri-
bimus Litteras, quibus Episcopalem vestram in tantis tolerandis angustiis
fortitudinem, et in s;rege vestrae curae concreclito vigilantiam magis magis-
que in Domino excitamus, ut nullis curis, nullis consiliis, nullisque labori-
bus parcere unquam velitis, quo fideles Yobis commissi abstinentes se ab
omni specie mali, nullisque deterriti periculis in catholicae fidei et religionis
professione quotidie magis stabiles et immoti permaneant, et nunquam ab
eiusdem fidei, religioaisque hoslibus se decipi, et in errorem incluci patian-
tur. Ac ipsos iideles Yobis concreditos, Nobisque carissimos omni paterni
animi Nostri affectu et studio monemus, exliortamur, et obtestamur ,, ut ca-
tholicam fidem, religionem ac doctrinam, quam singular! Dei beneficio acce-
perunt, constantissime profitentes, et cetera omnia posteriora existimantes,
per semitas mandatorum Dei sedulo ambulent^ iisque omnibus instent ope-
ribus, quae caritatem vel in Deurn, \Q\ in proximum praeseferunl^ quaeque
catholicae Ecclesiae filios omnino decent.
Persuasisslmum autem Vobis sit, Nos in humilitate cordis Nostri ferventis-
simas diu noctuque sine intermissione clementissimo misericordiarum Paid ?
* EOM. c, 8, v, HIS.
CONTEMPORANEA 9$
Padre delle raisericordie, e Dio di tutte consolazioni , affinche egli degni
riTestirvi di yirtii dall'alto, e proteggervi colla sua destra divina, e cu-
stodirvi e difendervi ; e aflinche si lievi oggimai a giudicar la sua causa,
e salvi la sua Chiesa dalle gravissime calamita che costi la travagliano, e
abbatta 1' orgoglio dei nemici suoi , e la loro contumacia atterri colla sua
Yirtu onnipotente , e Yoi infine e i fedeli vostri diocesani ricolmi ognora
benignamente de' doni copiosissimi di sua Bonta. E ad augurio di lali
heni, e a pegno indubitato della benevolenza, onde nel Signore yi strin-
giamo al seno, dall' intimo del Nostro cuore e con tutto 1' afietto, a Yoi
stessi , o Yenerabili Fratelli , e a tutti i Cherici e Fedeli laici alia yostra
vigilanza affidati, irapartiamo 1'aposlolica Benedizione.
Data a Castel Gandolfo, a di 30 Luglio, 1'anno 1864, del Pontificato
Nostro I'anno decimonono.
P10 PAPA IX.
II.
ROMA E IL GOVERNO DI TORINO
RIYELAZIOM
DI UN NCOVO PROCESSO COMPILATO DAL TRIBUNALS SUPREMO
DELLA SACRA CONSULTA.
Coi tipi della Rev. Camera Apostolica si e stampato in questi giorni
il Sommario del processo di una nuoya causa di piu delitti compresi
nel titolo di Lesa Maesta, teste agitalasi nel Tribunale supremo della
S. Consulta di Roma. Quantunque tutto il mondo sappia oggimai che
questa Metropoli della Cattolicita, Sede del Yicario di Cristo , e il punto
et Deo totius consolationis offerre preces, ut Yos induat virtute ex alto, ac
divina sua dextera protegat , custodial, defendat, et exurgens iudicet cau-
sam suam, et Ecclesiam suam sanctam a tantis, quibus Istic divexatur, cala-
mitatibus eripiat et inimicorum suorum superbiam elidat, eorumque contuma-
ciam omnipotenti sua virtute prosternat, et uberrima quaeque suae Bouitatis
dona super Yos et fideles Yobistradilospropitius semper effundat. Atque ho-
rum auspiccm, et certissimuna peculiaris, qua Yos in Domino complectimur,
benevolentiae pignus, Apostolicam Benedictionem ex intimo corde deprom-
ptam Yobis ipsis, Yenerabiles Fralres, cunctisque Clericis Laicisque fidelibus
vestrae vigilantiae concreditis, peranfanter imperlimus.
Datum ex Arce Gandulphi, die 30 lulii Anno 18G4,
Pontificatus Nostri Anno Decimonono.
PIYS PP. IX.
.100 CRONACA
di mira della rivoluzione europea , che si serve del Governo di Torino
per farle una guerra la piii scellerata e sacrilega che si sia veduta mai ;
nondimeno e bene mettere in pubblico sempre nuovi argomenti , i quali
dimostrino da una parte i nei'andi mezzi che usa ed i perfidi disegni che
ha in animo essa rivoluzione, e dall'altra la Provvidenza, con cui Dio
yeglia sopra questa sua diletla Cilia, e manda a vuoto gl'iniqui sforzi de-
gli empii. Percio daremo ai leltori qualche breve nolizia delle cose che,
con irrepugnabile cerlezza, risullano dal presente processo, il quale gio-
yera molto a quesla dimoslrazione.
11 primo delilto , del quale si espone la causa , e quello commesso la
sera dei 12 Aprile di quest' anno 1864, con lo scoppio di una bomba al-
1' Orsini nella via della Polombella ; scoppio che feri due innocenti gio-
yani donne, e che era direlto a turbare la magnifica luminaria, con che
tulla Roma celebrava spontaneamente due gloriosi anniversarii del Pon-
tificato di Pio IX. II reo, che rimase ferilo dalla sua slessa bomba, fu su-
hito arrestato, e consta sovrabbondantemente ch'egli e uno degli addetli
alia « selta cosi chiamata Nazionale Piemontese. » Le prove giuridiche
poi meltono in evidenza, che «la causa impulsiva a delinquere » fu in es-
so reo « la sua avversione al Governo pontificio, e il dispiacere che si
eseguisse in onore del Sovrano Ponleiice una festa cosi solenne. » Me-
desimamenle complice di coslui fu un allro, pure addello alia setta stessa
col titolo di Caposquadra , come si ricava da allra prova di un valore
inconlrastabile.
Ma la parle del processo, che spiega meglio questo infame delitlo e le
trame con le quali si collegava , e quella che e inlilolata : Cospirazione
contro il Governo pontificio, non senza I' annuenza dell' usurpatore Go-
verno piemontese.
« La Direzione generale di Polizia, narra il processo, con Rapporlo
del 22 Aprile p. p. partecipava a Sua Eccellenza Reverendissima Monsi-
gnor Minislro dell'Interno, aver polulo rilevare che da qualche giorno e-
lansi condolli in Roma alcuni emissarii, con ordini direlli a sollevare le
masse , e si diceva che tali ordini avessero derivazione da un cenlro
dipendente dall' inlruso Governo piemontese; chepiu specificate riserva-
tissime notizie erano venule ad istruire la stessa Direzione generale, che
IL MANDATO FOSSE DIRETTO ANCIIE CONTRO LA PREZIOSA VITA DEL SOVRANO
PONTEFICE, MED1ANTE SCAGLIO DI BOMBE ALL' ORSINI, dopO che era Venilta
meno la speranza sulla di lui morte per la sofferla breve indisposizione
di salule ; pel che, ponendo in tal modo in disordine la popolazione, con
strage casuale che si sarebbe otlenuta dallo scaglio inconsiderato di al-
tre simili bombe, ne sarebbe nato un allarme non debole, un ardire nei
cospiratori, una sfiducia nel Governo legittimo ed una violenza nelle ar-
mi tutelanti, che portasse la scusa di una necessita. » Ne 1' esistenza di
tali bombe nella cilia di Roma si poteva piu mettere in dubbio, dopo lo
CONTEMPORANEA 101
scoppio di quclla gittata nella -via della Palombella la sera del -12 Aprile;
come non era da dubitare dell' audacia del partito cosi detto Piemontese,
che s' era gia mostrato capace d' ogni piii incredibile scelleratezza.
Cio posto, si venne ad indagini per Farresto del suddetti emissarii, e
riusci di fatto quello di Cesare Filibeck « che, per le carte che gli furona
trovate nella persona, chiaro appariva essere uno dei cercati emissarii,
non che uno degli autori della violenta sottrazione delle carte, avvenuta
al Commendator Niccola Merenda ed al Barone Cosenza. »
Tra le cose « specificate » da questo Filibeck nel costituto, dopo il suo
arresto, si leggono queste: « Che dopo essersi da circa due anni indietro
condotto in Napoli, tornasse in Roma in epoca di circa un anno e mezzo
indietro , per trovare un impiego nella ferrovia : ma nulla avendo potu-
to ottenere , ayeva fatto ritorno in quella citta , doye esistendo molti
emigrati, tanto Romaniche Veneti, fu da questi pregato di assumere la
Presidenza dell' emigrazione, stanteche un tal Felice Ferri, che ne era il
loro Capo, non bene li rappresentaya , sia presso il Goyerno di Yittorio
Emmanuele, sia presso il Comitato Romano : ed esso Filibeck , aderendo
a tali preghiere, assunse la suindicata Presidenza e la sostenne a tutto
il mese di Decembre 1863, nella qual epoca lascio il detto incarico pei
dissapori insorti fra esso Filibeck ed il Comitato Nazionale Romano, coi
quale ebbe continuate corrispondenze : ed esponendo quali erano i dis-
sapori interceduti disse, che questi proyenivano , perche non potendo
gli emigrati yivere con una sola lira al giorno, quanto appunto riceve-
yano dal Governo piemontese, faceyano istanza al Comitato Nazionale
Romano per essere aiutati ; e d' altronde questo rispondeva alle loro
istanze , che non erano yeri patriotti coloro che si lagnayano di essere
caduti in cattiva fortuna per motivi politici : per cui non ayeya mai po-
tuto ottenere dallo stesso Comitato Nazionale un sollieyo qualunque, me-
no che la speranza che dayagli di attendere in pace il giorno del riscat-
to che, al suo dire , non era molto lontano , ed allora gli emigrati avreb-
bero ayuto il compenso di cio che materialmente e moralmente ayeyano
perduto.
« Dichiaro che yarie yolte ayeya potuto ottenere, ora dal Prefetto di
Napoli, ora dal Sindaco, ora da quella Polizia, qualche sussidio alii stes-
si emigrati, ma pero insuliiciente pei loro bisogni. Tale contegno percio
del Comitato Nazionale Romano era stato quello che lo ayeya indotto a
lasciare la suindicata Presidenza. »
Ecco pertanto la esposizione di tutta 1'orditura settaria, di cui il Tri-
bunale ha in mano le prove e, lo ripetiamo , prove superiori ad ogni ec-
cezione, che gia erano note al Ministero dell' Interno. Sapevasi adunque
che « realmente trovavasi in Roma talun cospiratore, onde attentare alia
sicurezza dello Stato, avendo all'oggetto estese relazioni, non solo con le
autorita dell'usurpatore Governo piemontese residente in Napoli, ma an-
102 CRONACA
che con altri, NON ESCLUSO QtALCHE MINISTRO stesso del ripetuto Gover-
no di Torino.
« Fin dal Marzo 1863 fu comunicata tale cospirazione, proveniente da
Torino, a tutti i Capi settarii e si stabili, che alia morte del S. Padre o
prima, se si fosse presentata favorevole occasione, dovevansi invadere le
attuali province soggette alia S. Sede. All'oggetto il Comitato Naziona-
le Romano, che doveva essere dei primi a sapere la morte del S. Padre,
doveva con gerghi telegrafici gia convenuti avvertirne Torino, Firenze,
Napoli e Rieti : ed ayvertite cosi queste principal! citta, doyeya tutta la
emigrazione sparsa nelle medesime, segretamente sparpagliata, penetra-
re da tutte le frontiere dentro le province ancor soggette al Gover-
no pontificio ; quivi armarsi con le armi che le sarebhero state som-
ministrate alle frontiere stesse in luoghi che si sarebbero conyenuti, co-
stituirsi in bande ed in squadriglie, avendo seco la bandiera italiana con
la insegna della Lupa Romana e yelata a nero, fregiata pero dallo Stem-
ma di Savoia. Erano stabiliti i Capi Squadriglie, i rappresentanti, i Di-
rettori e le rappresentanze generali ; erano stabilite le regole ed il tem-
po da tenersi in campagna; era stato stabilito che, cosi divisi in bande e
squadriglie di quaranta o cinquanta individui per cadauna, dovessero
avanzarsi nel cuore delle province di Marittima e Campagna, senza di-
scostarsi mai troppo dalle montagne o macchie, onde aver sempre aper-
ta una ritirata ; di tenere le squadriglie stesse in relazione fra loro e coi
Comitati Nazionali Romano, Frosinonese e Yelletrano ; di entrare cosi a
mano armata, ma possibilmente con pace e con ordine, nei paesi ove non
fossero state le truppe francesi ; abbattere i Gendarmi e Militi pontifi-
cii; rovesciare e dichiarare caduto il Govern'o del Papa; proclamare il
Governo provvisorio, e stabilirvi quei cittadini che fossero stati indicati
dal Comitato Nazionale Romano , o dai rappresentanti in Napoli ; di al-
lontanare rubamenti e latrocinii ; di armare in ogni paese individui del-
la gioventu a sicurezza del medesimo, e lasciarvi anche per maggior rin-
forzo qualclie squadriglia, e dopo costituitovi un Commissario rappre-
sentante per atlendere agli ulteriori provvedimenti , proseguire 1' opera-
zione negli alfcri paesi, ove non eravi la guamigione francese, dalla qua-
le dovevano possibilmente tenersi sempre lontani, e qualora questa fatal-
mente fosse sopraggiunta, si fosse lasciata liberamente entrare evitando-
ne ogni possibile scontro: ma se anche il medesimo si fosse reso inevita-
bile, cedergli il paese e terreno e ritirarsi nei monti o nei boschi, per poi
piombare sopra altro paese nello stesso modo, tenendo cosi in isgomen-
io e fastidio non mai interrotto le forze papaline ; furono anche stabili-
ti gli individui che avevano 1' incarico di somministrare il danaro neces-
sario alia riuscita: e mentre tutlo do operavasi, il Governo piemontese
avrebbe dato REALMENTE tutto il suo favore, mentre APPARENTEMENTE a-
webbe fatto conoscere che per parte sua adoperava tutti i mezzi, per im-
pedire la penctrazione degli emigrati nello Stato pontificio.
CONTEMPORANEA 103
« Si era anche stabilito il modo da poterc invadere la stessaDominante,
e si previde che, per affrontare la rivoluzione in quei luoghi che erano
stati invasi dagli emigrati eyolontarii, avrebbe il Governo pontificio co-
la spedite quasi tutte le sue truppe, rimanendo cosi sguarnita la Capitale:
ed allora il Comitato Nazionale Romano avrebbe pubblicato un ardentissi-
moproclama, col quale, rispettando i Francesi ed appellandoli anzi ami-
ci ed alleati, avrebbe invitato il popolo romano ad armarsi e riunirsi a
mano armata al clivo'del Campidoglio, e quivi pronunciarvi il Plebiscite,
ponendo a viva forza sulla cima della torre la bandiera nazionale trico-
lore; al quale alto, se i Francesi resident! in Roma si fossero mostrati pas-
sivi, ne avessero atteso che a mantenere Vordine, che gli si sarebbe rac-
comandato, dovevano subito richiamarsi dentro Roma tutte le bande e
squadriglie formate dalla rivoluzione dei paesi invasi e dagli emigrati
e volontarii, e dichiarare in modo piu solenne il decadimento del Gover-
no pontificio, e con piu solenne Plebiscite rannessione al Governo italia-
no ; se pero le truppe francesi avessero sciolto con la forza la riunio-
ne, allora, dopo uno scambio di poche fucilate per far conoscere di aver
dovute cedere alia violenza , cedere e protestare nel modo piu solenne
presso tutti i Gabinetti di Europa, contro \atto violento dei Francesi.
« Erano stati stabiliti gli specchi dei volontarii ed emigrati suddetti
che figuravano in otto o nove mila ; e si ordinarono le bandiere che cia-
scun Capo di spedizione doveva tener pronte.
« In fine nella recenle e breve indisposizione di salute, a cui fu soggetta
la preziosa vita dell' immortale Pontefice Pio IX, gia eran sicuri i set-
tarii della di lui certa morte : per cui gia in Napoli erasi acceso un for-
midabile entusiasmo nella speranza di mandare ad effetto la suindicata
cospirazione : e siccome trovavansi scissi i partiti settarii , cioe il nazio-
nale e quello di azione ; cosi fu convocata in Napoli stessa una generale
assemblea, e quivi, fondendosi i partiti suddetti, si promisero a vicenda
aiuto e fratellanza per riuscire nello intento.
« Ne qui si fermo il proposito dei cospiratori: poiche, infrattanto che si
attendeva la propizia occasione d' invadere lo Stato pontificio, si penso
al rapimento di Sua Maesta il Re di Napoli, Francesco II, che trovavasi in
Roma, per consegnarlo all' usurpatore Governo.
« A tale oggetto gia erano ben disposte le cose, ne altro mancava che la
venuta del danaro ripromesso da talun Minis tro del Governo di Torino,
di concerto con le Autorita di Napoli , per pagare coloro che dovevano
operare.
« Altro progetto fu pure fatto da taluno dei cospiratori, con la succes-
siva approvazione dello stesso Ministro di Torino, d' invadere la fortezza
di Paliano, e render liberi quei detenuti polilici che ivi trovansi rinchjusi;
a tale effetto gia erano predisposti gli uomini, gia erano pronte le armi,
gia taluni emigrati da Napoli erano pronti a passare le frontiere per assi-
104 CRONACA
curare la riuscita del progetto, e gia erasi ottenuta la promessa della di-
serzione ed aiuto insieme di una parte della guarnigione di guardia a
quella fortezza : tanto che pel compimento di tal delitto , non allro si at-
tendeva die una somma di danaro, che pur doveva giungere per parte
del Ministero di Torino, necessario in tali urgenti circostanze.
« E mentre tuttocio operavasi ( il che aveva luogo in Roma dagli ul-
timi del 1863 fmo ai primi dell'Aprile 18G4 corrente) non si manco, per
tenere continuamente in ardore gli addetti a tali parti ti, far sentire e pro-
curare far conoscere esservi nella Dominante un forte partito avverso al
pontificio Regime, sia con accendere bengala, sia con far troyare iscri-
zioni nei muri, allusive alia sospirata liberta (in apparenza), sia infine
col procurare lo scoppio di bombe. »
Nella specificazione poi delle prove, che il Tribunale ha nelle mani,
si mostra, che « Cesare Filibeck nei Marzo 1863 si condusse da Napoli
a Torino in compagnia di tal A. . . . G. . . . e quivi gli fu comuni-
cato da G. ... C. ... rl progetto di cospirazione ; nei qual progetto
di essa cospirazione il Filibeck aveva da rappresentare una delle parti
primarie, come altre parti primarie dovevano rappresentare altri indi
vidui : cioe ogni emigrazione doveva, come si e visto nella parte ge-
nerica, avere i suoi rappresentanti. Ed infatti per 1' emigrazione di Torino
e Genova erano deslinati M. . . . T. . . . S. . . . 0. . . . e talun altro;
per 1' emigrazione di Firenze e Livorno e volontarii della Provincia di
Yiterbo, il Cav. C. . . . L. . . . F. . . . G. . . . S. . . ; per 1'e-
migrazione di Rieti, Marche ed Umbria A. . . . L. . . . G. . . . C. . ;
per la emigrazione delle province meridionali esso Cesare Filibeck ,
Egidio Bruschi, B. '. . N. . . R. . . B. . . F. . . S. . . S. . . S. . . mentre
il Rappresentante generale e Direttore era G. .. C. ...»
Medesimamente il Tribunale sa, che « dopo avere il Filibeck avuto in
comunicazione il progetto di cospirazione suddetto, si condusse a Firen-
ze e quivi parlo con altro individuo, che pure nella cospirazione aveva
una parte da rappresentare delle primarie : e questo in seguito gli man-
do in Napoli il quadro di tutto cio che apparteneva a lui nella parte sud-
detta, e che tale quadro fu, per equivoco del Filibeck, dato con altre
carte ad un certo T. . . . che maliziosamente lo trasmise al M. . . E. . .
in Roma. Infatti in verifica di tale assertiva, essendo stato interpellate il
suddetto M. . . . E. . . . il medesimo lo ha essenzialmente confer-
anato. » Parimenti il Tribunale ha altri argomenti, dai quali si ricava ,
che « allorquando trovavasi in Napoli, nei Novembre 1863, Vittorio
Emmanuele re di Piemonte , fu il Filibeck chiamato dal Ministro del
Governo di Torino, Peruzzi, gia da lui conosciuto nell' andata a To-
rino nei 1863, e col medesimo parlando degli affari di Roma, e della iner-
zia del Comitato Nazionale Romano : ne ebbe in risposta che il riscatto
di Roma non dipendeva ne da lui ne dal suo Governo (mentre egli
CONTEMPORANEA
faceva tutto cio che era in suo poterc), ma sibbene una tal soluzione
era riposta nei Gabinetti di Europa ; gli aggiunse, non avere ne anche
trascurato nulla per indurre il Comitato Nazionale Romano ad agire piu
energicamente; ed avendo il Filibeck richiesto al MINISTRO PERVZZI ilper-
messo di tentare egli stesso qualche cosa in Roma, onde gettare sgomento
e terrore fra i Rorbonici e Reazionarii ivi esistenti, il Ministro, acconsen-
tendo a tale proposta, per mezzo del Questore di Napoli, gli dispose i
mezzi necessariit con che pero si fossero evitati assassinii,bande armate,
ed urto coi Francesi, e si fosse usata prudenza e segretezza; ed infatti, il
Questore concerto col Filibeck il modo di somministrargli le somme ne-
cessarie, e gli indico i principali autori della Reazione Rorbonica inRoma.»
Ed inoltre « che il Ministro Peruzzi suddetto lo incarico, in tale collo-
quio, di condursi sulle spiagge marine del territorio pontiticio , e qui-
vi fare delle dimostrazioni nel momento del passaggio per mare innan-
zi la suddetta spiaggia pontificia del suo re di Piemonte , allorche da
Napoli tornava a Torino ;ed infatti avendolo il Filibeck promesso, e sa-
puta la partenza prossima di qucl Regnante per mezzo del ridetto Que-
store di Napoli, che gli somministro molti bengala e seicento franchi,
parti da Napoli con due altri suoi compagni settarii,Egidio Rruschi e
S. . . . S. . . , e giunto in Roma, quivi assunto altro individuo della
stesso loro partito R. . . . e con 1' uso di un carrettino somministrato-
gli da altro loro compagno G. . . . R. . . yenne eseguita la missione
sulle spiagge marine pontificie, accendendo, nel passaggio suddetto per
mare, il bengala suindicato. »
Similmente il Tribunale conosce « essersi il Filibeck in tale occasione
trattenuto in Roma fino quasi al Natale successivo, in cui ebbe dei col-
Joquii col Presidenle del Comitato Nazionale Romano; col quale essendo
nato dissapore, per 1' eccitamento che il primo dava al secondo di agire
energicamente, avvenne che lo stesso Comitato Nazionale, portando i
suoi reclami al Ministero di Torino, fu al Filibeck ordinato di ritirarsi :
ma cio nonostante non solo il Filibeck non voile obbedire, ma sibbene in
quell' epoca progetto il rapimento di Sua Maesta il Re di Napoli, per
consegnarsi al Governo piemontese con un tale C L. . . .che si di-
chiarava potente presso la Corte reale di Napoli: e di tale suo proposi-
to dette ragguaglio alle Autorita piemontesi, le quali m convennero
pienamente, promettendogli anche delle somme. »
Ed ancora « che nell' approssimarsi le feste Natalizie del 1863, il Fi-
libeck coi compagni torno in Napoli, da dove, dopo aver preso i relativi
concerti con quelle autorita, ne ripartiva nel primo Gennaio 1864, rice-
vendo dalle medesime una somma di danaro alquanto vistosa, che doveva
servirgli, parte pel suo mantenimento in Roma, parte per erogarla a be-
neficio del C. . . L. . . , colui cioe che avevagli promesso mandare ad
effetto il rapimento del Re di Napoli.
106 CRONACA
cdnrealta ando tanto oltre la proposta, che se ne diede anche parte al
Ministero di Torino, il quale, espandendo degli elogi al Filibeck, promise
una vistosissima somma a cosa completa. »
Finalmente « che il Filibeck, dopo avere consumato in Roma Y ulti-
mo giorno di Garnevale 1864, commettendo delitti di cui si parlera
in altro titolo, net primo di Quaresima parti per Napoli, da dove, dopo
poco trattenimento, ando a Torino. Quivi ebbe un lungo colloquio non solo
col ridetto Ministro Peruzzi, ma sibbene anche col Segretario generale
del Ministero G. . . . S. . . . e con altro individuo appartenente pure
alia setta V. . . . M. . . , e dopo avere il Ministro anzidetto fatto a
lui degli elogi in ispecie, per la lusinga di potere ottcnere prigioniero il
Re di Napoli, pel che si mostro sempre pronto a dare a cosa completa un
vistoso compenso, regalo ad esso Filibeck una somma a titoio d' inden-
nizzo di viaggio ed ulteriore suo mantenimento; e cosi tomato a Napoli
fece, verso i primi del Marzo 1864, ritorno in Roma; quivi non solo pro-
segui il proposito sul rapimento del Re , ma formo anche altro progetto
per 1' invasione della fortezza di Paliano, ed anche qucsto comunicato al
Ministero di Torino e di Napoli, ottenne non solo la loro plenaria appro-
vazione, ma la promessa eziandio di somministrazione di somme , onde
mandarlo in esecuzione, e gia, come si e detto in narrativa, altro non ri-
maneva che Farrivo dei danari per parte del Ministero torinesc. »
Ne minore imporianza di questc rivclazioni, hanno i document! che
si leggono stainpati ncl processo medesimo. Curiosa, yerbigrazia, e la
lettcra di un Maggiorani al Filibeck in Roma, nella quale si legge:
« Quirino oggi mi ha detlo che Flavio (Presidente del Comitato na-
zionale romano) gli ha scritto, essere io causa di cio che fai, e che
sono intermediario fra te ed il Banchiere (Ministro Peruzzi) poiche
tu lo vai spargendo. Io non credo che tu dica la seconda parte di delta
accusa. » Donde si trae che veramente il Peruzzi, ministro in Torino,
ayeva le due mani in questa fetida pasta, ma che doyeva cio essere
secretissimo lino tra gli stessi settarii. Del resto il Tribimale ha le
chiavi del linguaggio di convenzione usato nelle lettere che riporta il
processo : « I settarii dayaosi un nome conyenzionale, e ad esso in-
quisito (cioe al Filibeck) era conyenuto il nome di Cesare Torquato, co-
me al ministro Peruzzi si dava il titolo di Banchiere, al Gommendatore
Spayenta, segretario generale del Ministero , 1' altro di Gassier e^ al
Presidente del Comitato nazionale romano, quello di Flavio ».
Qui terminiamo, per non essere infiniti. Ma terminando non possiamo
fare a meno di notare che questo nuoyo processo, degno di essere dif-
fuso per tutta 1'Europa e meditato dai Gabinetti, mostra: 1.° Come sia
certo che il popolo romano non vuole la rivoluzione, non vuole Tan-
nessione, non vuole sul collo il giogo tirannico della fazione gover-
nante in Torino ; e che quindi, per agitarlo, e necessario mandare dal
CONTEMPORANEA 107
Governo stesso di Piemonte emissarii, bombardier! e malandrini prez-
zolati. 2.° Come i faziosi intendano il suffragio del Plebiscite ; giacche,
per farlo in Roma e in nome del popolo romano , si proponevano di
introdurre nella cilta una truppa di sozza canaglia d'ognt paese, che
fosse venuta a gridare la solenne promulgazione di tal Plebiscito « sul
clivo del Campidoglio ». 3.° Come la Riyoluzione italiana sia ben dis-
posta yerso il Goyerno francese, a cui deye tulte le sue vittorie : ciofe
disposta a metterlo al bando delle nazioni, se non consente ch'ella rubi
Roma al Papa e al mondo cattolico. 4." Per ultimo come sia vitupe-
reyole per 1'Europa sostenere nel suo seno un Governo che, nato dalla
feccia delle congiure piu abbiette , cresciuto pel latrocinio e per 1'ec-
cidio di cinque Stati indipendenti d' Italia , anela a farsi anche piu gran-
de con le armi dei masnadieri e dei sicarii ; non rigettando dalla sua gra-
zia e da' suoi stipendii veruna specie di assassini e di malfattori , non
abborrendo dall' appigliarsi a qualunque sorta di mezzi ancora che sata-
nici; purche arriyi al supremo fine impossibile di spiantare da Roma la
Santa Sede di Pietro, di annientare il Papato e di sterminare dal mondo
la Chiesa cattolica. E questo e il Goyerno alia cui fede e lealta, si dice,
debban fra due anni esser dati dalla Francia in custodia i confini dell' o-
dierno Stato pontiticio I E questo e il Goyerno che, si dice, abbia giurato
solennemente ai 15 dello scorso Settembre in Parigi, di non mai \iolar
egli questi confini, e di non. mai lasciarli yiolare da' suoi I
III.
COSE ITALIANE.
STATI PONTIFICII 1. Solennita della Beatificazione della Yen. Serva di Dio ,
Maria Margherita Alacoque — 2. Gita del Santo Padre a Monte Porzio ed
alia villa Taverna del Principe Borghese — 3. Ritorno di Sua Santita in
Roma — 4. Oggetti preziosi ed Obolo di S. Pietro, spediti dalla Direzione
dell' Armenia di Torino al Santo Padre — 5. Notificazione sopra la lassa
de' telegrammi.
1. Nel giorno di Domenica, 18 Settembre, ebbero luogo col rito con-
sueto, nella Rasilica Vaticana, le splennita della Beatificazione della Ven.
Serva diDio, Suor Maria Margherita Alacoque, Monaca professa dell'Or-
dine della Yisitazione di Maria Santissima , islituito da S. Francesco di
Sales. Alia sacra cerimonia assisterono in luoghi distinti rilluio e Ruio
Monsignor de Marguerye, Vescovo di Autun, con molti del suo clero,
essendocheinquella diocesi la novella Beata soni i natali. Ad essi s'ag-
giunsero in grande numero i sacerdoli mandati da ciascun Monastero
delle Religiose della Yisitazione, le quali amarono di avere una rappre-
sentanza all'aUo solenne che dichiarava Beata colei, che, professando 1'os-
servanza della medesima regola, avea toccato la perfezione evangelica.
Inoltre moltissimi altri del clero di Francia, desiderosi di partecipare alia
108 CRONACA
gloria deriyata alia loro nazione dall' esaltazione agli onori del culto di
questa umile Yerginella. Eranvi poi gallerie apparlate, una delle quali la
Postulazione avea riserbata ai capi degli Ordini religiosi ed a cospicui
personaggi del clero; un' altra a S. E. il sig. confe de Sartiges, Amba-
sciatore di S. M. 1'Imperatore dei Francesi presso la Santa Sede, il
quale v'intervenne con tutli gli addetti alia imperiale Ambasciata; ed una
terza avea destinata alia npbilla romana , ed un' allra ad illustri dame
straniere. A costqro si aggiunse un cpncorso straordinarip di fedeli, si
nostrani che stranieri, i quali dalle prime ore mattutine si erano avviaii
al sacro tempio per trovarsi presenti all'augusta cerimonia.
Alle ore quattro e mezzo ppmeridiane la Santita di Nostro Signore ,
insieme col sacro Collegio dei Cardinali ed alia sua nobile Corte, discese
nella Basilica per venerare la Beata. E dopoche Sua Santita ebbe pregatp
dinnanzi airaltare e si fu ritirata nei suoi appartamenti , ebbe luogo il
canto solenne dei Vespri. La immensa Basilica, per tutto il dopo pranzo,
particolarmente nell'pra della yisita fatta dal Santo Padre, fu ripiena di
straordinaria moltitudine , concorsayi , come nella mattina, per yenerare
la Beala, e fare acquisto della plenaria Indulgenza.
L'apparato fatto al sacro tempio per la circostanza solenne, fu immagi-
nato e dirctto dal cav. prof. Yirginio Yespignani ; il quale pose pgni stu-
dio perche la decorazione temporanea a bene intesa semplicita accop-
piasse un carattere maestoso e grave, da armonizzare colla grandiosita
della Basilica. L'occhio per ogni parle girava senza oflesa; e la disposi-
zione e 1' ordine degli ornamenti soprapposli ad abbellire 1'abside e la
nave, che ad essa sta innanzi, si godevano nella loro pienezza: I1 archi-
tettura dell'ediiicio non fu puntp alterata , sia nelle linee principali, sia
negli sporti. La immensa raggiera che circonda la Cattedra era stata
novamenle posta ad oro, e spiccaya nobilmente per il riflesso dei lumi,
che in copia singolare empiyano di splendore il luogp. Nella grande cap-
pella si posero , secondo il rito , le pitture ritraenti i tre miracqli della
Beata, che avevano seryito alia sua Causa; e quivi ed in altri luoghi
della Basilica altre pitture esprimenti alcuni fatti della sua vita e la sua
gloriticazione. E i suggetti di esse dichiarayansi con epigrafi , dettate
dal ch. P. Antonio Angelini, della Compagnia di Gcsu.
2. II Santo Padre che, durante tutto il tempo della sua dimora in Ca-
stel Gandolfo, npn cesso mai di godere ottima salute, benche attendesse
ognora, con 1'indefessa sollecitudine che gli e propria, alia spedizione
degli affari della Chiesa e dello Stato , dando percio numerose udienze
anche straordinarie; destino il giorno 5 di Settembre per fare una gita
a Monte Porzio, e per far paghi i voti , coi quali il Principe D. Marcan-
tonio Borghese 1'ayea pregato di onorare di sua sovrana presenza la vil-
la Taverna, posta in ameno sito tra Frascati e Monto Porzio. Sua San-
tita, dopo celebrata la santa Messa, parti da Castel Gandolfo in sulle ore
otto antimeridiane, e trovando a Marino ed a Frascati affollata la plau-
dente moltitudine, che sfidava rimperversare della pioggia, alle ore nove
e mezzo, tra un popolo concorso straordinariamente numeroso dai circo-
stanti castelli , entro in Monte Porzio , e ando a discendere alia cbiesa;
dove fu ricevuta dall' Emo e Rmo signer Cardinale Cagiano , Yescovo
diocesano , e dall'Emo e Rmo signor Cardinal Pentini , nonche dal Clero
e dalla Magistratura del luogo; e vi ascolto la Messa chefu celebrata da
CONTEMPORANEA 109
un suo Cappellano segretq. Uscita di chiesa, Sua Santita ando alia casa
di villeggiatura del Collegio inglese, e vi si fermo per buqno spazio di
tempo, ayendo ammesso al bacio del piede non solo quegli alunni , ma
eziandio i convitlori del nobile Collegio Ghislieri. Fece quindi passag-
gio al palazzo del Comune , ove similmente ammise allo stesso indicate
onore il Clerq e la Magistratura di Monte Porzip , di Monte Cpmpatri e
di allri luoghi circostanti , come ancora quanti si troyano in quei dintorni
a villeggiare. Nell'aula comunate erano pure i convittori del nobile Col-
legio Cleuienlino, che quivi pressq stanno a feriare nel casino di villa
Lucidi, il quale , trqvandqsi sulla via percorsa dal Santo Padre, aveano
ornato in ogni miglior guisa con bandiere , festoni ed epigrafe , e furono
ammessi al bacio del piede del Santo Padre. Alia chiesa di Monte Por-
zio la Santila Sua lascio in memorevole dono un ricco calice, e larga li-
mosina ai poveri, della quale fece ancora partecipi i bisognosi del villag-
gio della Colonna, che sorge alle falde di quei monti Tusculani.
Gli apparecchi festiyi, coi quali 1'amore e la devozione dei Monte-
porziani erano entrati in gara di manifestarsi pel fausto avvenimento,
gli archi , le bandiere , gli addobbi di ogni maniera in arazzi ed in.
damaschi , le iscrizioni , tutto avea guasto la pioggia. Ma quanto i
segni esteriori di queste opere pqterono venir detVaudati della loro
mostra , che avrebbero fatta vaghissima , altrettanto si raddoppiarono
quelli che sono proprii delle persone; le quali, reggendo forti alia prova
deH'intemperie, porsero argomento paragooato di quanto abbiano in ve-
nerazione ed affetto il loro Padre e Sovranq.
Accompagnato da coteste manifestaziooi di entusiasmo fino a lungo
tratto da Monte Porzio, il Santo Padre col suo corteggio discese in
villa Taverna , e vi giunse sulle ore undici e mezzo. Descrivere gli
addobbi e le opere, con le quali il munificentissimo Principe avea accre-
sciuta la magaificenza del luogo , e riferire le singolarita accumulateyi
dalla piu raffinata industria, che voleva far palese ijii quanto pregio si ri-
putasse dall'ospite la degnazione sovrana, anziche in un articolo potreb-
tesi soltaato esporre con opera lunga e bene elaborata. Noi riepiloghiamo
il da dire in queste brevi espressioni. Quanto una famiglia romana, sto-
ricamente devota al seggio di Pietro , fra' cui antenati furonvi di coloro
che cinsero il Triregno, ed altri che divennero qrnamento del sacro Col-
legio, ed altri che andarono segnalali per servigi resi alia Santa Sede e
per onoriticenze che da essa riportarono , poteva e si credeva in debito
adqperare in somigliante circostanza , tutto venne posto in opera nella
guisa piu splendida e decorosa.
Fra coianto sfarzo di grandiosita, i Bqrgbesi fecero cqndegna acco-
glienza al Santo Padre. Dal luogo ove il Sqmmp Pontefice discese di
carrozza fino al palazzo , durando ancor la pioggia , i giovani Principi
distesero ed allargarono un baldacchino improvvisato a largli opportuna
schermo. Nella sala ammise al bacio del piede tutti i componenti la prin-
cipesca famiglia, ed i parenti che ad essa sono piu prossimi, e con loro
s'intrattenne a familiare colloquio. Intanto , toccate le ore due, Sua San-
tita si fu assisa a mensa , alia quale parted parono i due ricordati Eiui
Porporati, i Borghesi, gli Aldobrandini , i Sora, la Corte pontificia, la
Principessa Daremberg ed altri personaggi.
Durante il conyito le nubi si yennero dissipando e ricomparve il sole.
Allora la popolazione di Frascati parve si riversasse tutta nella villa , e
110 CRONACA
la gioia dal palazzp si diffuse per ogni intorno. Alternavano melodiose
sinfonie i concert! dei Gendarmi e dei Carabinieri pontificii e quello
Tusculano. Frale armonie delle musiche innalzavansi globi areostatici, e
tli evviva e gli applausi della moltitudioe ecbeggiavano fra quei colli.
ua Santita, dopo avere ancora ammesso al bacio del piede molti signo-
ri e sigoare villeggianti in Frascati , benedetta con tutta la eiFusione del
cuore la principesca famiglia dell' ospite, riparti per Castel Gandolfo ,
ove arrive sul cadere del giorno.
La matlina del di 8 Seltembre il Santo Padre discese alia chiesa par-
xocchiale di Castel Gandolfo, yi celebro la S. Messa, e distribui il Pane
eucaristico a grande numero di fedeli, fra i quali trovayansi molti Belgi,
arrivati nel di precedente in Roma, i quali aveano ambito quella conso-
lazione. Quindi, risalito a' suoi appartamenti, concedette udienza a molte
persone che ne aveano implorato 1'onore; e nelle ore pomeridiane cqn-
discese a' voti degli abitanti di Castel Gandolfo , assistendo a' festeggia-
menti, con che essi solennizzavano la memoria del loro Santo Patrono.
Nel giorno 10 giunse al santuario della Vergine delle Grazie, nella
Basilica Catiedrale di Velletri, il dono d' una ricchissima collana di pro,
con pendent! ed una spilla da petto dello stesso metallo e di squisitis-
mp lavoro. II Santo Padre, prima di lasciare Castel Gandolfo, yolle coa
cio rinnovare 1'omaggio della sua devozione alia Vergine Santissima, e
incaricp il Conte Baldassarre Negrone di presentare al Santuario quella
splendida offerla. II di seguente una Deputazione del Capitolo fu poi am-
messa a rassegnare a' piedi di Sua Santita gli attestati di viva ricono-
scenza e di fedella di quel Clero e popolo.
3. Nelle ore pomeridiane del Lunedi 12 Settembre tutta Roma esulto
ricevendo novamente tra le sue mura la persona dell'amatissimo Padre e
Soyrano. Sua Santita, fra le dimostrazioni di riverenza e di ail'etto e tra
i piu lieti augurii delle popqlazioni di Castel Gandolfo e di Albano, arri-
TO alia stazione della Cecchina quando scoccavano le ore cinque. II bat-
taglione dei Zuavi pontificii, con il suo musicale concerto, erasi da Fra-
scati recato a Castel Gandolfo per fare gli onori militari ; i quali in Alba-
no furono resi dalla truppa francese che vi tiene guarnigione. La sopra
ricordata stazione della via ferrata vedevasi in addobbo di festeggiamen-
to, e molto popolo eravi concorso dai luoghi circostanti per fare atto di
ossequio al Soyrano Pontefice. S. E. il signor barone cpmmendatore Co-
stantini-Baldini, ministro del Commercio e dei Lavori pubblici , come
pure la Commissione direttiva delle vie ferrate, ebbero 1'onore di riceve-
re il Santo Padre e di accompagnarlo fino alia stazione di Roma. Nei luo-
ghi intermedii, alle Frattocchie, alia siazione di Marino, a quella di Ciani-
pino, erasi affollata eziandio moltitudine di gente per ricever 1'apostolica
benedizione.
II grande locale, che si allarga altorno alia stazione romana di Termi-
ni, era tulto ripienp di cittadini di ogni ordine e di ogni eta, che per pgni
guisa di dimostrazione facevaiio palese 1' allegrezza dell' animo nel rive-
dere il loro venerato Padre e Sovrano tprnare alia sua metrppoli in otti-
mo stato di salute. Simigliante straordinario concorso empiya la vasta
piazza e le ampie contrade circostanti, ove le truppe francesi e pontifi-
cie con i loro conceni musicali erano schierate per gli onori militari. II
Senatore di Roma coi Conservator} si trovarono alia stazione per psse-
<juiare la Santita Sua. Erano eziandio a compiere lo stesso ufficio i Ge-
CONTEMPORANEA 111
nerali della truppa francese, e molti allri cospicui pcrsonaggi. La Beati-
tudine Sua , salita quindi nel treao ordinario , travcrso la cilia in mezzo
alle riverenti significazioni deli' affetto delpopolo, che per ogni parte
accalcavasi.
Arrivato sulle ore sei e mezzo alia residenza Yalicana , 11 Santo Pa-
dre trovo gli Etui e Rim signori Cardinal! Palatini, i Prelati e gli altri
della Corte pontillcia, nonche i suoi Ministri di Stato, che attendevanlo-
per fargli alto di omaggio. Nelja sera la facciata della Basilica del Prin-
cipe degli Apostoli e le case dei borghi della citta Leonina furono, in se-
gno di giubilo, yagamente illuminate.
4. « La Direzioue deli'Armonia ( leggeasi nel Giornale di Roma del 16
Settembre), giornale che da diciasette anni corabatte virilmente in Tqrina
a sostenere i dirilti della societa cattolica e civile contro gli attacchi dei
suoi nemici, nel num. 200, pubblicato il di 28 Agosto, dichiarava avere
il proposito di far si che alia Santita di Nostro Signore, appena tornata
in Roma da Castel Gandolfo , yenissero umiliati gli oggetti preziosi che
pel Denaro di S. Pietro era essa yenuta raccogliendo in questi ultimi
mesi dalle diverse parti d' Italia. Profittando di cotale straordinaria oc-
casione, avvisava di render piu graditalasignificazione deH'amore iilia-
le testificata da quei donativi. E per yerita fu delicato pensiero quello,
che certo non isfuggi alia considerazione del Santo Padre, il quale da
gran tempo avverte come i fedeli, a mandargli i soccorsi della carita, pre-
scelgano or la ricorrenza di una o di altra festa della Chiesa, ora ii ritor-
no di questa o di quella memoria dei fasti gloriosi del suo sacro e civile
Principato.
« L' iutento dal giornale yoluto e stato raggiunto. Gli oggetti sono
stati al tempo prefinito presentati alia Sautita Sua, cbiusi nel cofano assai
nobile, nel quale, come il giqrnale stesso annunziava,erano siati con sa-
gace industria disposti. E quivi dentro, con accorta economia dello spa-
210, avvinti a nastri stavaao gioielli, monili, bracciaietti, anelli in gran-
de copia; oggetti che al valore assai cospicuo della materia e deir opera
accoppiano i' inestimabile pregio del signilicar che fanao riverenza, af-
fetto, pieta yerso il Yicario di Gesu Gristo, e della protesta che ciascunq
di essi rinnova contro gli attentati commessi a danno dei sacrosanli diritti
di lui e della Sede aposlolica.
« Insieme ai preziosi oggelti la Direzipne medesima ha fatto perveni-
re la somma di franchi diecimila, raccoHi eziandio per I'Obolo di S. Pie-
tro. Sensibile oltremodo il Beatissimo Padre a queste nqvelle dimostra-
zioni, aggiunte dagV Italiani alle altre che non cessa mai di riccvere, sia
direttamenle, sia col mezzo di altri periodic!, dalla Penisola, ed a quelle
che al suo trqno arrivano da ogni parte del niondo, sopra gli obla-
tori e i raccoglitori invoca ogni bene dal cielo , e vuole che di tanto sia
arra la benedizione apostolica, che loro di tutto cuore impartisce. »
5. Nello stesso giorno 12 Settemhre, incui il Santo Padre rieutrava ia
Roma , fu pubblicata la seguente Notificazione dal Cardiuale Segretario
di Stato:
« La Santita di Nostro Sjgnore, yolendo sempre piu facilitare Tuso del-
la corrispondenza telegralica nelP interno dellq Stato , sul rapporto del
Miuistro del Gommercio edeiLa^ori pubhlici, intesa la Consulta di Slato
per le Finanze ed il Consiglio de' Miuistri , ci ha ordiiiato di pubblicare
quanto segue :
CRONACA
« E ridotta a bai. 20 la tassa del telegramma semplice, cioe di venti
parole, da trasmettersi a qualsivoglia stazione dello Stato. Per ciascima
serie di dieci parole, o frazione di tale serie oltre alle venti, la tassa sa-
ra aumentata della meta del prezzp del telegramraa semplice.
« La presente disposizione avra effetto a datare col primo Ottobre
prossimo.
« Dalla Segreteria di Stato, il di 10 Settembre 1864.
G. Card, Antonelli. »
IV.
COSE STRANIERE.
FRANCIA 1. Decisione arbitrate di Napoleone III nella lite fra il Vicere d'Egit-
to e la Compagnia pel taglio dell'Istmo di Suez — 2. Causa di matrimonio
dibattuta innanzi alia Corte imperiale di Bordeaux ; giustificazione di
quanto erasi fatto dalle autorita civili ed ecclesiastiche di Roma— 3. Fe-
sta del 15 Agosto; incendio a Limoges — 4. Ricevimento del Re di Spa-
gna; feste a Gorte — 5. Arrive del principe Umberto di Savoia, che va
coll' Imperatore al campo di Chalons; viagglo tlella famiglia Murat; 1'im-
peratrice Eugenia va in Alemagna, ed e visitata dal Re di Prussia —
6. Nuovo sollevamento di Arabi in Aleria.
1. Tra il Vicere d'Egilto e la Compagnia pel taglio dell'istmo di Suez
eransi levati gravissimi contrasti,onde sembrava pericolare 1'effettuazip-
ne di quella gigantesca intrapresa, avversata a tutto potere dall' Inghil-
terra ; la quale co'suoi intrighi avea sospinto il Governo otlomano a cre-
scere ancora le diflicolta, valendosi deU'mfluenza che, per 1'alto dpminio
sull'Egitto, pqtea esercitare sopra le decisioni di quel Vicere. I principa-
li punti del litigio yersavano: 1.° Sopra i' obbligo assunto dal Governo
egiziano, il quale ora rifiutavasi di continuare ad osservarlo, di sommi-
pistrare parecchie decine di migliaia di manovali per lo scavo de'canali;
il che faceasi con le cosi dette corvees , ossia cerne forzate di lavoranti ,
yietate dalla Turchia ad istigazipne dell'Inghilterra. 2.° Sopra la proprieta
del canale d'acqua dolce, di cui una parte gia era stata retroceduta dalla
Compagnia al Vicere, ma 1' altra voleasi da quella conservare, alraeno fm-
che fosse cpmpiutp il canale marittimo. 3.° Sopra la proprieta dei terre-
iii adiacenti alle rive del canale, che dapprima eransi ceduti, entro certi
limiti, alia Compagnia stessa, e che ora si rivendicavano dal Governo
egiziano.
II Vicere d'Egitto avea, come riferimmo a suo tempo (vol. X, p. 377)
richiesto 1' imperatore Napoleone III di yoler troncare egli medesimo il
litigio con sentenza da aroitro, rimettendosi alia sua giustizia ed impar-
zialita. L' Imperatore accetto, ed alii 28 di Aprile fu firmata da Nubar
Fascia, rappresentante del Vicere, e dal sig. Ferdinando di Lesseps per
la Compagnia del taglio dell'istmo, una convenzione, in cui si definivano
limpidamente i punti del litigio, e si accettava anticipatamente la deci-
sipne che sarebbe emanata dall'arbitro augusto. Napoleone III fece disa-
minare e discutere accuratissimamenle dalla Commissione, che abbiani
mentovato, i document! e le ragioni allegate da ambe le parti ; ed egli
CONTEMPORANEA 113
stesso ne yolle studiare a fondo i punti capital! ; poscia, alii 2 d'Agosto,
mando pubblicare nel Moniteur la fermata decisione.
Pronunzio pertanto Napoleone III, che il regolamento del 20 Luglio
1856, in yirtu del quale il Goyerno e'giziano doyea fornire quelle tante
migliaia di manoyali, era un yero contralto obbligatorio; e che percio,
dovendosi quello, a richiesta del Vicere, annullare, ed essendo accettata
da ambe le parti 1' abolizione delle corvees, ragion yolea che il Goyerno
egiziano risarcisse con una competence indennita la Compagnia, pel dis-
pendio che doyrebbe fare onde supplire agli operai che le si toglieyano.
Questa indennita fu [issata nella somma di 38 milioni di franchi.
Quanto alia questione pel canale d'acqua dolce, Napoleone III senten-
zio che allo scopo dell' impresa non era necessario che quello rimanesse
in proprieta della Compagnia, baslando che a lei ne fosse cqmmessa 1'e-
secuzipne e lasciato il godimento esclusiyo, finche sia compiuto il canale
roarittimo, e senza che sia lecito a nessuno di derivarne le acque altri-
menti che col consenso della Compagnia stessa. Ma alia Compagnia fu
imposto 1' obbligo di condurre a termine e manlenere in ottimo stato il
canale stesso, nelle pattoyite dimensioni, a spese pero del Goyerno egi-
ziano, e di guernire le dighe con pianlagioni capaci di rassodarle ed im-
pedire le frane. Quando il canale marittimo sara compiuto, la Compagnia
non ayra piu sopra quello d' acqua dolce che i diritti comuni a'sudditi
egiziani ; allora le sue nayi non pagheranno tasse di nayigazione, ma
essa pure cessera dal percepirne. E per compenso della retrocessione e
come indennita dei yantaggi a cui rinunzio la Compagnia, il Goyerno
egiziano le paghera 10 milioni di lire , qual prezzo dei layori gia fatti q
che restano a fare pel canale d'acqua dolce ; ed altri 6 milioni a titolo di
compenso dei diritti di nayigazione e di altre rendite, che le si erano con-
ceduti, ed a'quali ora rinunziaya.
Per ultimo Napoleone III determino i limiti precisi delle zone di terre-
ne che doveano rimanere in possesso della Compagnia, come necessarii
allo scavamento ed alia conservazione dei due canali, fissandoli in
10,264 ettari pel canale marittimo, e 9,600 ettari per quello d' acqua
dolce, da prendersi sopra le ripe laterali. II rimanente dei terreni adia-
centi sara retroceduto al Governo egiziano , die doyra pagare alia
Compagnia, come indennita corrispondente, la somma di 30 milioni di
franchi. Sicche, al trarre de' conti, la Compagnia riceyera una indennita
totale di 84 milioni di franchi, da riscuotersi ad annate e quote prefisse;
il Goyerno egiziano non potra piu lagoarsi di ayer in casa una specie di
padrone straniero ed indipendente ; e le gelosie della Turchia, suscitate
dall'Inghilterra, non ayranno piu pretesti da opporre al compimento del-
1 impresa. II testo della sentenza leggesi pur anche nel Debats del 3 Ago-
sto, e fu molto commendato da'giornali d'ogni partito. 11 Vicere d'Egitto
I'accetto subito; ma il Gabinetto di Costantinopoli, aizzato dall' Inghil-
terra, accennaya di yoler accattare nuoye brighe: se non che le spiega-
zioni date da Nubar Pascia, e la nota fermezza di Napoleone HI, consi-
gharono gli oppositori a desistere e ad acconciarsi con buon garbo all'e-
secuzione del placito imperiale.
2. Splendido trionfo fu riportato dalla giuslizia in una causa di matri-
raonio, dibattuta innauzi alia Corte imperiale di Bordeaux. Un tale Giulio
Balmette, gia maggiorenne, figliuolo ad un ricco e democratico francese,
Serie 7, vol. XII, fasc. 349. 8 24 Settembre 1864,
114 CRONACA
venuto a Roma per istudio di pittura, s'invaghi perdutamente d' una
vane popolana, e contrasse con lei impegni da dover condurre al matri-
monio. II padre di lui, ayutane contezza, volo a Roma, e pose in opera
ogni mezzo per rimovere il figliuolo da quel proposito; ma questi, persi-
stendp, si sottrasse alia vigilanza del padre , e si fuggi con la giovane.
llaggiunto dal padre, fu ricondotto con la rapita sua fidanzata a Roma,
e die vista di volerla abbandqnare; ma, partito il padre alia volta della
Francia, rannodo le sue relazioni, tinche, a cessare ogni scandalo, fu in-
yitatp autorevolmente a dichiararsi, e sposo in buona forma colei, che
gia, in quella maniera che Renzo e Lucia avean tentato di fare innanzi a
Bon Abbondio, a lui erasi disposata. 11 Balmelte padre richiamo il tigliuo-
lo in Francia ; ma questi poco appresso voile aver cola la moglie ; la
quale, per la durezza inflessibile del suocero, fu ridotta aU'estremp del-
1'indigenza, ma si condusse in modp di yita si onesta, che merito il suf-
fragio e la protezione di personaggi ragguarde-volissimi.
II Balmelte padre intento presso al Tribunale di Cognac un processo
per nullita di quel malrimonip; ma il Tribunale ne riconobbe la perfetta
fegalita e validita, e sentenzio contro quella ingiusta pretensione. Ri-
corse quegli in appelio presso la Corte imperiale di Rordeaux, e cornmise
le sue parti al sig. Giulio Favre ; il quale tolse a proyare che il Ralmette
figlio era incapace di contrarre yalido matrimonio, perche pazzo; che era
stato circonvenuto con male arti dalla gioyane e da parecchi altri suoi com-
plici; e che ad ogui modo, non essendo il matrimonio compiuto colle for-
malita prescribe dalla legge francese, non si dovea guardare come yali-
do. Per corroborare i suoi argomenti, il Favre allego certe lettere d'ua
tale Relot de La Digne, che fu piu anni in Roma Gran Preyosto e coman-
dante della Gendarmeria francese; il quale non si perito di scrivere con-
tumelie nefandissime contro il Governp pontilicio, contro il Tribunale del
Vicariato, contro i Cardinal! , i Mpnsignori ed i preti , con linguaggio
che appena sarebbe compprtabile in bocca ai piu viii mascalzoni. Ala
niun peso ebbe quella testimonianza ad infermare la legalita dell' opera-
tosi in Roma per quel matrimonio, sapendosi che il Relot de La Digne
ayea con quelie lettere dato sfogo all'odio suo contro il Governo pontifi-
cip, di cui aveva gia dato molte prove quand' era qui in Roma, onde fu
poi rimqsso con suo gran cruccip. Rasti dire che costui aveva avuto una
Lruttissima parte, narrata o"ai diarii riyoluzionarii , in quelie schifose in-
venzioni di pretesi attentati d' assassinio contro Napoleone III , e contro
FAmbasciadore francese La Vallelte, di cui abbiamo esposto quanto basta-
ya nella Serie IV, vol. XI, pag. 104, e nella Serie V, vol. I, pag. 738-39.
L'avvocato difenspre del matrimonio elostessp Procuratore imperiale
respinsero con alto disdegno la lestimonianza di cotest'uomo , e dimo-
strarono come non meritasse la menpma fede; posero in sodo con fortis-
simi argomenti la retlitudiae e giuslizia di quanto erasi operate dalle au-
tprita civili ed ecclesiastiche di Roma ; e la Corte con sua sentenza riget-
to tutti i motivi addotti da Giulio Favre, condanno le pretensioni del Ral»
mette padre, e pronunzio validp il matrimonio contralto in Roma. Di che
abbiam voluto fare ampia menzione, perche i giornali rivoluzionarii, con
1'usata loro lealta, stamparono le diatribe di Giulio Favre e le sporcizie
del Relot de La Digne, ma si guardarono bene dal ristampare le rispo-
ste del difensore del matrimonio, le conclusion} del Procurator imperia-
le, e la sentenza del Tribunale ; giacche queste sfatavano tutte le loro im-
CONTEMPORANEA '115
posture e calunnie, con die aveano voluto provare che in Roma tutlo e
oppressione, venalita, corruzione edarbitrio. II rendiconto per intero^di
quest! importanti dibattimenti trovasi nel Deba'ts del 12, 13 , 14, 15 e
25 Agosto.
3. La festa nazionale, istituita da Napoleone I , e ristaurata da Napo-
leone 111 pel giorno 15 d' Agosto, fu compiuta quest' anno in Parigi con
la slessa sonttiosita e magnificenza di apparato , che gli anni addietro.
Percio, oltre al Tedeum nella Cattedrale ed alia rassegna delle truppe e
della Guardia nazionale , furono offerti a' Parigini gli spassi tanto gra-
diti di giocolieri , saltimbanchi e buffbni , pagati dal Municipip perche
co' loro lazzi intrattenessero viva 1" allegria ; onde teatri in piazza, ed
alberi di cuocagna , e lotterie e simiii argomenli da baloccare la plebe.
Ma che? Ai Parigini piacque invece di tripudiarein tult'altra forma. Dal
levarsi del sole iino a nolle buia , dal momenlo della gran rassegna fino
a quello in che si spense V ultimo razzo de' fuochi artificial!, da per lullo,
sulle piazze , per le Tie , dalle bolteghe , da' balconi , sui terrazzi e nei
pubblici passeggi, anche menlre passava in tulla la sua maesta il corteg-
gio imperiale, fu un conlinuo gridarsi 1' un Y altro: Lambert! Ohe Lam-
bert ^Si gitlavano a Ticenda quesla cbiamala, dalle carrozze, dalle pan-
che dei Caffe e delle osterie, sui mercati e fin dai telti , con tal frasluo-
no musicale, che n'ando soffocato ne pole farsi udire il concerto dei Vive
I' Empereur, che piu o meno risuonaya gli anni iudietro. I giornali uffi-
ciosi ne rimasero sbalorditi, e s' affacendarono a pubblicare almeno una
Tentinadi spiegazioni diverse di tal fatto, concbiudendo concordemente
che quella era slata una pura cervellinaggine di que' buontemponi di
Parigini, i quali in quel giorno s' erano dimenticati che la loro citta e
la testa della Francia, e percio avean dato in quelle pazzie.
II yero si eche la Polizia, con tutti gli arresli falli, e con le piu se-
Tere inquisizioni, o non venne a capo di scoprir nulla, oyvero ebbe
ordine di fare come se non avesse Irovalo nulla; percio , come pose
in liberla i gridalori piu indiscreti, che da'zelanti ufficiali di Polizia
erano slaliarrestati, cosi fegittar yoce che quella era stata una ragaz-
zala da non curarsene. Tultayia ando su pei giornali non devoli al
Governo, che a Corle si proyo, se non paura, cerlo un senso di stu-
pore sgradevole per quello strimpellare Ohe Lambert, sotlo di cui potea
celarsi un qualche cosa di piu serio.
La sera di quello stesso giorno riusci funesta alia citta di Limoges,
doye, mentre sopra una gran piazza il popolo slipatp dilellayasi di
yeder incendiali fuochi arlificiali , un incendio dislruggitore appiccaya-
si in casa ad un cappellaio, e quinci , portato dalla ifuria del venlo,
slendeasi alle circqslanli, sicche in breve ora lutto un quartiere del-
la citta n' ebbe a divampare, ardendo ben piu che duecento case, con
rovina di mollissime famiglie che vi perdettero ogni cosa. Sapulosi
cio dall' Imperalore, s'affreilo di mandare 10,000 franchi per sovveni-
re ai prirhi bisogni de' poveri danneggiali. E si seppe che il Santo
Padre, benche costrello dalla rivoluzione e dai Iradimenli deH859 e
del 1860 a vivere poco meno che delle limosine offerlegli da'fedeli,
pur voile trarre da queste un 5,000 franchi, e spedirli subilo a sus-
sidio de' danneggiali di Limoges.
4. II giorno seguente, 16 di Agosto, verso sera, giunse a Saint Cloud,
e fu accolto con lutla la pompa dovuia al suo grado, il Re di Spagna. Si
116 CRONACA
sa che 1'anno scorsq V imperatrice Eugenia avea visitato la Regina di
Spagna, e ne avea ricevuto una ospitaiita degna di quella Corte sovra-
na. La cortesia yolea che quest' anno vi fosse un ricambip ; ma la regi-
na Isabella non si mosse, e si contento di mandare a Parigi il suo marito,
che ha in Ispagna, e quantp a cose politiche, quella stessa importanza
che 1' imperatrice Eugenia in Francia. Le accoglienze fatte al Re di Spa-
gna, benche paressero alquandp fredde ed irrigidite per le minute forma-
Jita di etichelta, furono splendide assai. L' Imperatore gli diede lo spet-
tacolo d'una gran rassegna di truppe; eda Versailles ebbe luogo un ban-
chetto, con festino e luminaria si straordiaariamente fastosa, che dicesi
aver costato qualche milione. Quindi il Re, alii 20, prese commiato e fece
ritorno a Madrid. Con questo viaggio fu inaugurata la ferrovia che, a tra-
verso de' Pirenei, mette in comunicazione diretta e continua le capitali
de' due Stati , e che fu poi aperta al pubblico servizio appuntp alii 20.
La distanza da Parigi a Madrid e di 280 leghe , e si percorre in 35 ore,
a prezzo di 165 franchi nelle carrozze di prima classe, di 122 in quelle di
seconda, e di 83 in quelle di terza classe. Fu notato che ai grandi ricevi-
menti , agli spettacoli teatrali ed alle altre pubbliche mostre fatte pel Re
di Spagna, assistette tutta la famiglia Murat , ma fu assente il Pnncipe
Napoleone ( Girolamo ), il genero di Vittorio Emmanucle ; forse perche,
spYvenendogli di quel che 1'anno scorso ayea detto contro i Rorboni, sen-
tiva di non potersi scontrare con un de' piu cospicui rappresentanti e ca-
pi di quell' augusta famiglia.
m 5. Pertanto il Principe Napoleone di que'giorni credette di dover yiag-
giare fuor di Francia ; ma fu sollecito di tornarvi appena ne fu partitq il
Re di Spagna, per fare le amoreyoli accoglienze al suo cognato, il Prin-
cipe Umberto di Savoia, fratello alia Principessa Clolilde. Questi, partito
alii 10 d'Agosto da Milano, per la Svizzera ando in Germania, yisito al-
cuni de' Sovrani che si mostrarono piu benevoli verso il nuovo regno
d' Italia, e si condusse fmo a Copenhagen, dove offeri al re Cristiano IX
il tributo delle simpatie italiane. Quindi volto in giu verso la Francia,
e giunse a Parigi il giorno 26. L' Imperatpre destino ad andargli incon-
tro, e fargli servigio d' pnore, due ufficiali superiori , 1' un de' quali fu il
Generale Mollard, Savoino, stato gia Generole sotto le bandiere del Re
di Sardegna, prima che questi cedesse la culla della sua dinastia a Na-
Eoleone III in compenso delle annessioni del 1860. 11 Principe Umberto
i ospitato da suo cognato al Palais Royal, ma s'ebbe cortesissimp rice-
Yimento dall' Imperatore, col quale fu a caccia, ando al campo di Cha-
lons, rimanendovi un tre o quattro giorni per assistere alle grandi eserci-
tazioni militari ; quindi torno con 1' Imperatore a Parigi , che voile visi-
tare da capo a fondo.
Corse voce che codest' andata del Principe Umberto a Parigi avesse
per iscopo di stringere le pratiche avviate dal Pepoli per un matrimpnip
tra 1'erede di Vittorio Emmanuele e la Principessa Anna Murat. Anzi gia
si spacciavano le condizioni del connubio , tutte , si capisce , favoreyoli
all'ampliazione ed al rassodamento dell'wmifd italiana, a detrimento de'So-
vrani abbattuti dalle perfidie e dalle piraterie del 1859 e 1860. Ma, o
tali npvelle fossero non fondate , o si volesse per ora tener celata la cosa,
certo e che la famiglia Murat nego palesemente che esistessero tali pra-
tiche , ed anzi , alia fine d'Agosto , appunto quando il Principe Umberto
era a Parigi , quella s' imbarco sopra una nave da guerra della marina
CONTEMPORANEA 117
imperiale , per fare un viaggio di diporto , chc diccasi indirizzato a Na-
poli in prima , quindi in Palestina. Ma i Mural non loccarono Napoli, do-
ve la loro prescnza potea dar luogo a disturb! ; e per contro v'ando una
divisione della arraata navale inglese , sotto colore di farvi le consuete
esercitazioni annue. Tullavolta in questo frallempo fu un continue audi-
rivieni di messaggieri ufficiosi Ira Parigi e Torino , ed i piu operosi fu-
rono il Peppli edil Menabrea. Diceasi che non ayessero oltenuto nulla
di quanlo richiedeano all' Imperatore , circa la quistione romana, benche
gli dimostrassero che, senza far un passo innanzi in questa parle, il Mi-
nislero non potrebbe reggere al cozzo de' partiti. Ma Y Opinions del 17
Settembrc aununzio poi ufficiosamente, che una convenzione fu stipula-
ta, e firmata alii 15 dal Drouyn de Lhuys, dal Nigra e dal Pepoli, per
la quale Napoleone III obbligavasi a ritirare da Roma le truppe francesi
entro due anni , ed il Governo di Torino guarenliva che niuna maniera
di forze regolari od irregolari assalirebbe gli Stati che restano alia Santa
Sede. II resto si sapra a suo tempo.
Se il viaggio del Principe Umberto die argomento a fantasticaggini
de' giorualisti, e quelli del Menabrea e del Pepoli fruttarono davvero
1'accordo annunziato daWOpinione, e da dire altresi che non meno fecon-
do di congetture per I'a-vvenire parve il viaggio repentinamente impreso
daH'imperatrice Eugenia, sotto nome di Contessa di Pierrefonds, alle
acque di Schwalbach nel Ducato di Nassau. Noi non istaremo a riferire
le ciance mandate sopra cio attorno da' corrispondenti parigini , perche
sono cosi svariate, da non potervi sceverare il verosimile dal falso ; ci
basti dire che il re di Prussia Guglielmo I si condusse anch' egli , in-
cognito, a Schwalbach, e yisito 1'Imperatrice, intrattenendosi con essa
a colloquio per una lunga ora. Puo darsi che questo sia come un supple-
mento al colloquio che dovea aver luogo a Baden fra Napoleone III e
Guglielmo I; il quale colloquio, a delta de'giornali ufficiosi, fu richie-
sto a grande istanza, ma ritiutato. Ma il curioso a sapersi e questo : che
mentre in Francia si stampa-che il sollecitalore fu Guglielmo 1, e che
nulla;pole ollenere, dall'allra parte dal Reno si dice precisamente il con-
trario ; come se Napoleone III avesse fallo di tullo per aver un intimo
colloquio col re Guglielmo, ma questi vi si ritiutasse per non dare ca-
gione di sospetli e gelosia all' Austria.
6. Coatro la comune espellazione , 1' Imperalore rimase al campo di
Chalons soli quattro giorni, benche vi fossero convenuti, spediti da' lo-
ro Sovrani, molti uiliciali superiori stranieri, e tra quesli il Generate de
Roon, Ministro della Guerra in Prussia. Fu atlribuilo il pronlo rilorno di
Napoleone III a Parigi al suo stato di salule, un poco affralilo pel rincru-
dire di reumalismi assai dolorosi , onde gli era increscioso il lenersi a
cavallo. Allri pero credelle di poler affermare che cio avvennne pel bi-
sogno di sciogliere piu preslo il campo di Chalons, affine che il suo co-
mandante, il Maresciallo MacMahon, nominato Governalore generale
dell' Algeria , potesse pi'bntamente condursi cola, dove la sua presenza e
richiesla dallo slalo non troppo rassicurante delle cose, dallagitarsi che
fanno molle tribii poco devole alia Francia, e dal nuovo sollevamenlo
armato di parecchie di esse; onde fu d'uopo rimetlere in marcia le trup-
pe, e ricominciare la guerra viva; anzi spedire di Francia un 10,000
uomini di rinforzo. Ma questa volta la repressione fu si pronta, il castigo
si severo , e la qualila dei provvedimenli presi da' General! francesi tan-
118 CRONACA
to efficace, che la lotta dovra fmire in breve. Difatto il Moniteur annun-
zio che una grossa mane di ribelli, incalzata da pin parti, avendo cercato
riparo in certi burroni e nelle gole d'aspre montagne, vi fu circondata e
soccombette; il che vuol dire che furono tutti messi al taglio delle spade
od abbattuti a colpi di carabina.
IMPERO m RUSSIA 1. Nuovi rigori in Lituania;i Polacchi sono inabilitati a
comperare i beni, demaniali o confiscatl, post! in vendita — 2. Abolizio-
ne delle biblioteche polacche; multe bandite conlro clii parla in questa
lingua — 3. Nuovi ordini della Polizia circa il vestire a lutto,edil cavar-
si il cappello — 4. Notificazione ufficiale per la confiscazione dei beni
degli assent! e fuorusciti — 5. Deportazioni e supplizii capiiali; mltigazlo-
ni approvate dal Senate per gli esiliati in Siberia — 6. Chiusura di chie-
se e scuole cattoliche; Yescovadi e Seminarii cattolici trasferiti a'scisma-
tici; Encicllca del Santo Padre Pio IX all' Episcopate della Polonia —
7. Conseguenze del sollevamento della Polonia— 8. Relazione allo Czar
sopra 1' osservanza del precetto Pasquale — 9. Come precede 1' emanci-
pazione dei servi, omai compiuta.
1. 1 fatti, i docnmenti ed atti ufficiali da noi allegati, 1'uUima voltache
abbiam potuto discorrere delle cose dell'Impero di Russia (vol. X, pag.
628-40), erano piu che bastevoli a mettere in sodo, che quel Governo
intendeva sollecitamente, e con mezzi efficacissimi, a cessare ogni peri-
cole avvenire di nuovi mod in Polonia, trasformandola in prqvincia rus-
sa, non pure quanto alia Jegislazione ed amministrazione civile, ma si
ancora quanto agli abitanti ed alia religione. Questo lavorio di russifica-
zione fu applicato specialmente alia Lituania, con si aspra e particolareg-
giata cura, che nulla potesse sfuggire aH'influenza di tal sisteuia, che sa-
rehbe gran miracolo, se di qui a un decennio, continuandosi di quel
passo che si ya al presente, vi rimanesse traccia di nazione polacca o
di religione cattolica. Ogni complicita, anzi pure la presunzione di com-
plicita, diretta od indiretta, co'sollevati, reca ivi seco la pena del bando
e della deportazione , che si trae dietro la confiscazione delle proprieta,
le quali si vendono esclusivamente a'russi o scismatici.Con cio si prece-
de speditamente verso il cangiamento della popplazione de'proprietarii e
mercanti. Ma resterebbero la plebe, i manqvali, i contadini ed artetici,
che manterrebbero viva la lingua e la religione ; e giova vedere come
facciasi per islerminare ancor queste.
Nel giornale parigino il Siecle del 20 Giugno fu pubblicata una corris-
pondenza da Wilna, in data del 10, che specificava i mezzi adoperati per
far dimenticare la lingua polacca, e sostituirle a poco a poco la russa; e
sono i seguenti : 1.° Le -stamperie e litografie in lingua polacca furo-
no chiuse. 2.°Fu vietato di stampare, far venire di fuora e vendere abe-
cedarii polacchi. 3.° Le biblioleche pubbliche, composle di libri in tal
lingua, tutte, dovunque esistevano, furono chiuse e sequestrate. 4.° L'in-
segnamento della lingua polacca nei ginnasii fu abolito. 5.° Le scuole
primarie stabilite nelle parrocchie furono chiuse, e se ne istituirono altre
dirette da Seminaristi e Popi tratti dal fondo della Russia. 6.° Vietato al
Clere cattolico 1'insegnare il proprio catechismo altrimenti che in lingua
russa. 7.° Proibito per ultimo, solto pene severissime, d'usare la lingua
CONTEMPORANEA 119
polacca negli annunzii privati o commercial!, e persino il parlarla nelle
Lotteghe, nelle scuole ene' pubblici luoghi. Laonde si fecero cancellare
tutte le insegne in tal idioma, che si vedeano per le vie di Wilna e del-
le altre citta di tal provincia, e vennero pubblicati esclusivamente ja
lingua russa i giornali e gli atti ufficiali, che per 1' addietro uscivano in.
lingua polacca.
Se queste cose leggessimo solamente nel Siecle , non ne faremmo ve-
nm capitale, tanto e notorio,e senza rattento alcunp di vergogna, il mer-
cato die codesto giornale ya facendo di bugie e d'imposture d'ogni fatta
contro i Governi che non gli piacciono, e specialmente contro quello della
Santa Sede, da lui costauteinente calunniato con arti scellerate e modi
nefandissimi. Ma pur troppo nel caso presente non gli si puo dar taccia
di bugiardo, essendo le sue aflermazioni comprovate da document! uffi-
ciali russi, e dalla concorde testimonianza di molti altri giornali autore-
voli ed onesti. Cosi al Monde del 24 Giugno fu scrilto da Wilna, in data
del 15, che « le scuole polacclie stabilite nelle parrocchie sono chiuse, e
Tennero sostituite certe scuole comunali ^ dirette da Seminaristi, tratti
dal centre della Russia. L' uso degli abecedarii polacchi proibito perfinO'
nel recesso intirnp della famiglia, e permessi esclusivamente i russi. Vie-
tato alclero cattolico d'insegnare il catechismo in lingua polacca. Gli spe-
dali, le case di ricovero pei poveri e per gli orfanelli erano dappertutta
amministrateedirelteda Suore della Carita.Ora quesle sante \ergini fu-
rono espulse da cpdeste case, anzi pure dalla Lituania, e surrogate da
femmine venute di Russia ed educate da Seminaristi ortodossi. Gii orfa-
notrofii posti tutti sotto la cura di ortodossi, che allevano nelle credenze
e nelle pratiche della scisma gli orfanelli, ancorche quasi tutti cattolici. »
Queste cose, per quanto paiano esagerazioni di corrispondenti passio-
nati, sono comprovate da document! uiliciali.
Tra questi, non pptendone qui,per ditetto di spazio,recitare molti, e de-
gno di attenta considerazione il seguente, pubblicato dal Capo della Po-
lizia di Wilna, sotto il di 7 di Maggio, e riferito dalla Corrispondenza
austriaca; dal quale risulta manifesto, che si riguarda la Lituania come
provincia di nazione russa, a cui sia interamente straniera la Polonia, e
che pero vi si tratta come reato criminale 1'uso delia lingua polacca.
« La polizia urbana di Wilna e avyertita, che al minimo disordine ay-
verato, specialmente per riguardi politici, in una partequalunque della cit-
ta, il commissario del quartiere e il suo aggiimto, cheavranno tollerato
questo disordine, saranno immediatamente cassi d'ufficio e consegnati ai
tribunali. I commissarii di quartiere e i loro aggiunti hanno a dichiarare
che ricevettero comunicazione della presente ordinanza. Per la prima
volla ordino che 1.° Tutti i permessi di portar gramaglie saranno assog-
gettati a revisione; quelli che saranno scaduti, o vicini a scadere, mi ver-
ranno presentati, e si avra somma cura perche le persone, non munite di
permesso, non portino il lutto, e che al caso siano tratte al mio cospetto.
2.° Si fara una nuova revisione in tutte lebotteghe, nei magazzini, nelle
osterie, trattorie, pasticcerie, farmacie e negli alberghi, e se vi sara
\ Queste novelle scuole scismatiche sono gla apcrte, da poco tempo, in nuniero di 235 nei
Governi di Wilna e di Grodno 5 e siccome si difeltava di maestri ortodotsi die avessero capa-
cita a talc ufficio, si chiamarono dalla Russia non mcno di 200 Popi e Seminaristi, che furono
disseminati a tener le scuole primarie ne'villafti, obbligando gli alitauti cattolici a mandarvi
loro figliuoli per essere educati ed istruiti nelia fede ortodossa.
120 CRONACA.
comproyata la esistenza di conti stesi in lingua polacca, o se vi si incon-
treranno persone che parlino questa lingua straniera (sic I), se ne fara
a me tosto dichiazione. 3.° Le insegne che non saranno state ancora cam-
hiate (intendo quelle che portavano inscrizioni polacche estranee al pae-
se, o che saranno state difeltosamente corrette) , saranno distrutte al mo-
inento ; le fabbriche od i magazzini, che se ne servivano, verranno chiu-
si e messi sotto suggello, lino a che non si esponga una nuova insegna.
4.° Si sopraveglieranno le chiese e le passeggiate, e siimpedira che ven-
ga portata alcuna veste che abbia la menoma apparenza di rassomiglia-
re ad un segno rivoluzionario. 5.° Ogni individuo, proveniente dal regno
di Polonia o dall'esterno, dovra sottoporre le sue carte e le robe sue ad
una revisione , da cui sono eccettuati spltanto quelli che occupano un
postp elevato nell' esercito o nell' amministrazione civile. »
Vietatp il parlare o lo slender conti in polacco, e renduta obbligatoria
negli atti pubblici la lingua russa, lo scopp inteso non sarebbe ottenuto
pienamente, linche il grosso della popolazione fosse di Polacchi. A dira-
dar questi, ed impedire che tornino a far corpo sotto 1' antica bandiera
nazionale, si giudico spediente il disseminare tra loro in gran numero
famiglie russe, che prendessero stanza nel paese, e vi trapiantassero gli
usi e le costumanze moscovite. Percio, come da Wilna fu scritto , sotto
il 29 Giugno, alia Gazzetta nazionale di Berlino , un ukase dello Czar
dichiaro che i beni de' Polacchi , confiscati in Lituania e nella Rutenia
-bianca , non potranno in avvenire essere comperati e posseduti che da
Russi, abitanti delle province baltiche, i quali non siano cattolici. I cat-
tolici tutti, di qualsiyoglia nazione, ed i Polacchi, sono formalmente ina-
hilitati a tali contratti. Al tempo stessp, per rendere piu spedita la confi-
scazione dei beni e delle terre spettanti a Polacchi, involti nel sollevamen-
to o sospetti d' esserne complici, il Senato di Pietroburgo annullo tutti
gli atti, pe' quali i proprietarii polacchi trasferirono i loro diritti di prp-
prieta sui loro beni ad altre persone, o per titolo di pagamento di debiti,
oper altro qualsiasi.
2. Questo sostituire Russi a' Polacchi ha per iscopo manifesto di spe-
gnere al tutto le reliquie di quel gran popolo, che per piu secoli fu il ba-
luardo deU'Europa contro la barbaric; ma il Generale Mourawieff, tutio
al contrario, pretende che questo procedere non e che un provvedimen-
to di pura difesa, per impedire che le raene de' Polacchi riescano a sof-
focare la nazionalita russa della Lituania. Pare incredibile, ed e veris-
simo ; e ne abbiamo la dimostrazione nel seguente documento ufficiale
pubblicato sul Corriere di Wilna.
f « E venuto a notizia del Generale Mourawieff , Governatore di Litua-
i)ia, che esistono in gran numero di citta delle biblioteche composte di
libri polacchi, istituite da' nobili e da pubblici ufficiali d'origine polacca;
e che alcune di queste biblioteche erano state fondate e sono tuttavia
mantenute ad insaputa deH'autoriia. Sembra egualmente certo, che es-
se hanno per iscopo di propagare lo spirito polacco e di soffocare la na-
zionalita russa. Pertanto il Governatore Generale, considerando che il
lasciar sussistere queste biblioteche torna pericoloso, massime nelle pre-
senti condizioni del paese, m' incarico di bandire un ordine, pel qua-
le e decretato che si chiudano immediatamente , e lino a nuovo ordine,
codeste biblioteche. II Governatore militare di Grodno: Skwartsoff. »
CONTEMPORANEA 121
II Siecle dissc vietato persino il parlare polacco in Lituania ! Puo cs-
sere che quest' affermazione, cosi generate, sia esagerata. Ma dee avere
pure qualche fondamento di yero , poiche da Wilna, sotto il 5 Luglio, fti
scritto al Monde del 14, che « i proyvedimenti, banditi per interdire 1'uso
della lingua polacca, scendono ogni giqrno piu a' minuti particolari , sic-
che diventano impossibili ad osservarsi. Chiunque usa 1'antica forma di
saluto, che fu in uso in tutta la Polonia : Gesii sia lodato 1 incorre una
multa di 5 rubli. Un' altra mulla molto piu grave, cioe di 300 rubli , e
incorsa da chiunque sia accusato d' aver parlato in polacco ad un fami-
glio. Cosi la malvagita d'un servitore basta per far condannare il padro-
ne a 1,200 franchi di ammenda! »
La Gazzetta di Wilna pubblicava altresi , come e riferito nel Monde
del 29 Agosto, una lunga lista di confiscazioni di poderi; il cui prodotto
sara volto, per ispeciale facolta ottenuta dal Mourawieff, a ristaurare e
fabbricare chiese pe' scismatici in Lituania ; e la somma di 400,000 rubli
gia fu destinata a tal uso. Poi recaya una serie di altri simili proyvedi-
menti, tutti, gia s'intende, con intimazione di multe e taglie gravissime
pe',trasgressori.
E da presumere che il ftkwrawieff ed i suoi satelliti in Wilna non sia-
BO punto meno zelanti nel riscuotere le multe , di quello che il degno suo
emulo, Generale Berg, in Yarsavia. Or se si vuple far ragione, da atti
ufficiali, della generosita con che sono dal Berg imposte, senza pur in-
comodarsi a dime il perche, taglie e multe esorbitanti , basta leggere
questa nota del Giornale ufficiale di Varsavia del 9 Aprile : « In forza
d'una decisione del Luogotenente del reame, in data dell' 8 A.prile, fu-
rono condannati apagare le seguenti multe: il proprietario Felice Kadlu-
bowski, 4,500 rubli (fr. 18,000) ; i proprietarii Teofilo Skrzynski, Ro-
dolfo Janiszewski, MaUeo Sikorski, e Leopoldo Sokolowski, ciascu-
no 1,500 rubli (fr. 6,000) ; i fratelli Giovanni ed Enrico Bonnes, stu-
denti all'universitadi Pielroburgo, ciascuno 500 rubli (fr. 2,000 ) ; il pro-
prietario Roberto Hirszenfeld, 100 rubli (fr. 400); ecc. ecc. La somma
delle multe inflitte in questa sola giornata dell' 8 Aprile e di 13,100 ru-
bli, ossia 52,000 franchi. » Tutto questo e ufliciale, e ci pare che sia
anche eloquente. Posto che i titoli da riscuotere cotali multe si moltipli-
chino con prescrizioni minutissime circa i piu ordinarii atti della vita ci-
vile ed ancora domestica . ognuno vede come il Governo debba trovare
agevole lo spogliare legalmente quelli da cui teme molestia, per ridurli
cosi ad assoluta impotenza, e costringerli ad accettare, per gran merce, la
grazia di andar a coltivare alcuni ettari di lande sterili nelle piu rimote
province della Siberia (^entale.
3. Ora, che la Polizia sia sollecita di provvedere, che nessuno possa
movere manum aut pedem absque imperio , e neppure yestire panni di
quel colore che gli talenti , fu manifesto dai bandi pubblicati 1'anno scor-
sp, in cui si vietavano rigorosamente, e sotto pena di nmlte rilevantis-
sime, massime alle gentildonne,le vesti e gli ornamenti incuiapparisse-
ro accoppiati comechessia i colori bianco e nero. La conseguenza fu che
quelle, le quali, per non incorrere quelle pene, lasciavano persino
di usare uu bavero bianco che girasse toro attorno al collo , furono guar-
date come colpevoli di vestire a lutto senza licenza, e percio castigate
senza riguardo. Le cose per questa parte procedettero tant'oltre , che
parve ingiustizia persino al Colonnello Barone Frederiks , Gran Maestro
CRONACA
della Polizia di Yarsavia ; laonde fece pubblicare pel diario ufficlale una
nota, nella quale, ricordando in prima i mentoyati bandi circa le fogge
ed i colori degli abbigliamenti, e giustificando in generale la seyerita
della Polizia, yenne alia seguente dichiarazione :
« Ho ricevuto a tal proposilo molte lagnanze per 1'ingiustizia, con
cui avrebbe proceduto la Polizia , ed alcune di queste querele paryero
anzi ben fondate, e percio alcune multe furono condonate. Per ischiyare
in ayyenire siraili fatti, la Polizia esecutiva ha ricevuto nuoye istruzioni
ed altro non resta che il dichiarare a tulti, in cbe si faccia consistere il
Testire a lutto. Si considerera come tale : 1.° ogni abbigliamento tutto di
color nero, quand'anche yi si soprapponesse uno scialledi colore; come
pure pgni cappello nero , ancorclie ornato di iiori e riastri di colore; ed
altresi e da lutto un cappello bianco guarnito di nero; 2.° ogni abbiglia-
mento di color grigio scuro con mantiglia di lana nera ; 3.' ogni yeste ne-
ra di lana ed ogni gonna di mussolina aggirata nel lembo da un nastro di
colore, 'come si costuma. Per consegueuza niun altro colore nelle yesti,
cei cappelli, nelle mantiglie ed altre parti della toletta delle gentildon-
ne doyra considerarsi come da lutto. Tuttayolta, malgrado di questi
schiarimenti, affinche le signore non siano falsamente accusate di usare
le proibite gramaglie, acconsento yolontieri che qualuhque di esse ripu-
tasse di esserea torto accagionata dalla Polizia, si presenti immediata-
mente a me in persona, senza cangiar toletta, e mi metta cosi in grado
di troncare col mio giudizio i maliatesi che polrebbero accadere. Firma-
to, Colonnello Barone Frcderiks. »
Questo per le donne. Per gii uomini si troyo un altro spediente a te-
nerli sempre sotto 1'impressione d' un timore riyerenziale yerso 1'autori-
ta. Un ordine del giorno, dello stesso Gran Maestro della Polizia, impose
a' suoi ufficiali di vigilare attentissimamente, comcyedesi nella Gazzetta
di Breslau, affinche per le yie tulti si scoprano ii capo quandp passa il
Generale Berg in yettura , di arrestare immediatamente quariti mancas-
sero di farlo, soprattutto se questo delitto fosse commesso da gioyani; e
di condurli al piu yicino ufficip di Polizia , dove saranno sostenuti e sot-
toposti a seyerissima inquisizione.
4. La moHiplicita e la minutezza di tali ordinamenti polizieschi, che
reggono tutti gli atti esterni della persona, in casa, per le yie, nelle chie-
se, ne'giardini pubblici, rendendo obbligatorio poco men che il plaudire
e tripudiare quando la fanfara de' lancieri cpsacchi strimpella 1'inno im-
periale, doyea rendere moltp fastidiosa la yita in Polonia; di che molli
preferirono un yolontario esilio dalla patria, ed iinpresero yiaggi o posero
stanza in terra straniera. Ma neanche questo %arbaya al Goyerno dello
Czar. Percio la Gazzetta ufficiale di Varsama pubblico, sotto il di 8 di
Giugno, la notiricazione seguente, che noi traduciamo alia letlera:
« Secondp il prescritto dell' ukase imperiale del 1850, i sudditi polac-
chi, rifuggiti in paese straniero, sono sottooosti a giudizio per contumacia,
ed i loro beni sono confiscati. Al presente il numero considerevole d'abi-
tanti, designati nei registri della popolazione come assenti senza motivo
conosciuto, rende necessaria una scrupolosa yerificazione, per accertare
se le persone cosi poste in nota non debbanp essere considerate come
forusciti, e se esse non cadano solto 1'applicazione dei rigori dell' ukase
mentoyato. Per conseguenza il Gran Maestro della Polizia di Varsavia, in
un ordine del giorno, indirizzato quest' oggi stesso a tulto il corpo della
CONTEMPORANEA
Polizia, prescrive che una inquisizione severa abhia luogo in tutte le case
circa le condizioni delle persone assent!, fondandosi in prima sui registri
della popolazione, poi interrogando i parent! ed i famigli. Per tal modo
Terra in chiaro se realmente la persona, indicata come assente, non &
tornata, dove si trova al presente , quali sono e dove posti i suoi beni,
quali possono essere i motivi della sua assenza, e se per cagione di que-
st! falti quella deve essere sottoposta ai rigori della legge del 1850. »
Difatto e noto che, non ha molto, le Legazioni russe presso le Potenze
straniere fecero pubblicare avvisi per intimare a'Polacchi ed eziandio ai
Russi, 1'obbligo di giustificare la loro lontananza dalla palria, e rientrarvi
immediatamente, se non avesserp speciale facolta di prolungare 1'assenza,
sotto pena d' incorrere le comminate pene.
5. Non sappiamo quanto efficaci tornassero queste minacce di confi-
scazione per allettare al rilorno i fprusciti; roa ben si sa che non pochi
di essi preferirono di perdere i beni, anziche andarsi a cacciare nel peri-
colo di perdere con essi anche la liberta e la vila; poiche a rassicurarli
contro questi tiraori certo non dpveano giovar molto le deportazioni pe-
riqdiche ed i supplizii capital! , di cui si vien dando luttupso spettacolo,
principalmente a Varsavia ed a Wilna. « leri , scriveano il 5 Giugno da
Varsavia, come vedesi nel Debats del 14, ieri un nuovo convoglio di 200
deportati fu fatto partire verso il fondo della Russia; e questo era il ses-
santesimoterzo che cosi partiva da Yarsayia nello spazio d' un anno e
mezzo. La maggior parte di questi convogli cpntava da 400 a 500 per-
sone; tuttavia se si calcola, come cifra media, il numero di 300, si ha una
somma di 20,000 deportati di qui in questo corto spazio di tempo -* ....
Quanto ai deportati della Lituania, affermasi che il loro numero, nello
stesso intervallo di tempo, tocca i 120,000. »
Alii 12 Luglio, come leggesi nel Monde del 27, un altro convoglio di
200 deportati usciva da Yarsavia alia volta della Siberia. « Quindici di
quegli infelici, condannati a' lavori forzati, erano carichi di catene. La
sorte di que' che sono condannati solo all' internamento (domicilio coattp
degli italiani) non e gran fatto migliore che quella degli altri condannati.
Nelle citta provincial! della Russia sono istituite Commission! inquisito-
rial!, innanzi alle quali deyonp essere presentati e di bel nuovo giudicati
i miseri gia condannati dai Tribunal! militari di Varsavia. Inoltre tutti i
deportati, senza distinzione fra i semplicemente interwti ed i condannati
a' lavori forzati, si lamentano che da' Russi si tolga loro tutto il denaro
ond'eransi provveduti, e non si diano loro che 10 kopecks , ossia 40 cen-
tesimi di franco, al giorno per sostentarsi e fornirsi di tutto il necessario
alia vita. » A,
Tuttavolta e vero che lion sempre si procede con questa pompa di se-
verita , e verso qualche personaggio piu ragguardevole si procura di evi-
tare che la pubblicita della pena inflitta non porga occasione a disturbi.
Difatto pel Cpnte Stanislao Zamoyski , figliuolo del celebre Conte An-
drea , che alii 24 del passato Agosto fu fatto partire per 1' esilio in Sibe-
ria , si ebbe la cautela di condurlo via dalla cittadella di Varsavia nel
4 II Governo di Torino va in questa parte innanzi a qnello del Bcr^. In men d' un an-
no, i deportati dal solo Regno delle Due Sicilie sono piu di 42,000, ed i cam-rat i che nelle
prigioni aspettano sorte simigliante, sono piu di 20,000. La rosa fu posta in sodo nel Par-
lamento; onde si vcde che la Icgge Pica e ancor piu efficace che il despotismo russo, e la
civilta del ristaurutori dell' ordine morale non ha iiulla che invidiare alia ciyilta dc'Cosacchi.
124 CRONACA
buio della notte, in carrozza , con alquanti compagni di syentura. I no-
stri lettori non avranno dimenticato quel che avvenne contro il Generate
Berg, or fa circa un anno, presso al palazzo Zamoyski in Varsayia , da
noi narrato nel yol. VIII, pag. 637-38. 11 giovane Conte Stanislao fu al-
lora carcerato, come complice di quell'attentatq ; ma 1' iuquisizione dili-
gentissima fatta dal tribunale roilitare non riusci a trovare indizio yeruno
di prova del supposto reato. Tuttavia, dopo quasi un anno di carcerazio-
ne, il Conte fu condannato al contine nel fondo della Russia orientale, senza
che si pubblicasse yeruna sentenza o si allegasse motivo alcuno di tal pena.
Per andare piu spedilamente, certe yolte si fa la deportazione di tutti
in un colpo gli abitanli d'una intera borgata, che si spediscono in Sibe-
ria. Cosi appunto accadde al borgo di Pruszinski, e giovayederne il co-
me ed il perche, narrato nel Monde del 14 Luglio: « Un quattro mesi ad-
dietro alcuni slranieri giunsero improvvisamenle in codesto yillaggio,
s' impadronirono d'un cotale, noto come spia de' Russi, che colle sue de-
lazioni ayea gia cagionato la desolazione di piu famiglie, la royina e la
rnorle di parecchi suoi cornpaesani ; ed a colpi di bastone gl' iuflissero
aspro castigo, ma lasciandolo in yita. L' autorita militare si die ad inse-
guire quesli giustizieri di nuovo genere, ma non Ji pole raggiungere, e
perche il fatto di quest! non rimanesse senza castigo, condanno gli abi-
tanti di Pruszinski, che di tutto eranp innocenti , a pagar ciascuno 25
rubli di multa, e quelli de' yillaggi yicini a 13 rubli. Tutto parea cosi
acconciato, qnando il mese scorso (in Giugno) una squadra di soldati e
di Cosacchi piombo sul villaggio. Gli abitanti furono conyocati ad adu-
nanza presso la chiesa , ed ivi un ufficiale bandi loro che, per castigo del
trattamento inflitto a quel cotale da persone sconosciute, e non impeditq
da'paesani, tutti doveano essere trasportati in Siberia, ed i loro beni
contiscati. La sera stessa, in fatti , que' miseri, a' quali s' erano lasciate
a mala pena alcune ore per disporsi alia dipartita, erano condotti a Bielsk,
e la domane a Wilna, d'onde furono spediti alia tinale loro destinazione,
senza eccelluarne il sig. Prusziuski , che era proprietario di gran parte
del yillaggio. »
Frequentissimo era il caso in cui la sposa ed i figli del condannato al-
1'esilio ed ai lavori forzati supplicassero di poterlo accompagnare ; e que-
sto si concedea facilmente, massime alle spose. Ma il trattamento che loro
yeniva inflitto dovea essere ben crudele, posciache il Senato di Pietrq-
burgq ebbe a preoccuparsene, ed ordinare che yi si recasse qualche mi-
tigazione. Difatto una circolare, fatta di pubblica ragione sui giornali,
reco, che « non essendo ancora fermate precise disposizioni intorno al
trattamento dei membri delle famiglie degli esiliati in Siberia, che inten-
dono seguirli yolontariamente, il Senato ordina che le mpgli non debba-
no essere trattate cosi rigorosamente, durante il yiaggio, come i loro
consorti, e che non debbano essere incatenate. Siccome pero sono mante-
nute, durante il yiaggio, a spese dello Stato, cosi ne esse ne i loro tigli
potranno allontanarsi e tornare addietro senza speciale permesso. Esse
possono anche portar seco denaro ed altre cose. Tali oggetti pero sono
sottoposti al sindacato degli ufficiali di yigilanza, nel caso che il yiaggio
si faccia col conyoglio stesso de'condannati. » II che yuol dire che si se-
questrano denari ed ogni altra cosa, come yedemmo piu sopra, e si dan-
no agli infelicissimi proprietarii un 40 centesimi di franco al giorno, che
debbono bastare a tutto.
CONTEMPOMNEA /1 25
Di mano in mano che i tribunal! militari procedono nelle lorp inquisi-
2ioni, e yengono scoprendo nuoyi complici del solleyamenlo, si chiarisce
ancora il modo con che era organizzalo il famoso Governo nazionale, e
si riesce a catturare i capi ed ufficiali piu operosi di esso, che poi, a po-
chi per volta, ad esempio di terrqre, si impendono alle forche. Ma que-
sto supplizio tronca pure la vitadi preti ereligiosi, i quali, tidati nel ban-
do pubblicalo dal Governo al princinio della rivoluzione, ond'era permes-
so recare i soccorsi religiosi ai feriti ne' comballimenli , esercitarono i
ministeri sacri presso i solleyali. Cosi il 19 Luglio fu impiccato a Konin
il cappuccino Max Terejwa, il quale ayea, e vero, assistito a molte bat-
taglie contro i Russi, ma non ayea mai impugnato armi, e solo ayea pre-
stato 1'opera sua a confprto dei feriti e moribondi. Quando le ultimeban-
de furono disperse, egli pole riparare di celato nel conyento di Londa.
Ma nel Giugno yi fu scoperto, arrestato e messo poi a morte. I suoi cor-,,
religiosi, per ayerlo tenuto nascoslo, furono carcerati ed aspettano la de-
portazione. II conyento di Londa fu confiscate ed incorporate a'beni che
son destinati a seryigi militari. Quattro altri infelici,che portarono le ar-
mi contro i Russi, stayano nelle carceri di Konin, condannati ancor essi
alle forclie.
II giorno 4 di Agosto fu gran festa ufficiale a Yarsayia, in onore del-
I'lmperatrice, e la notte si tenne festino e ballo nel parco, ton luminaria
generale dnlla cilia, comandala da) Goyernotore sotto pene seyerissime.
La mallina seguente sulla spianata della ciltadella sorgeyano cinque pa-
tiboli, ai quali vennerp impesi per la gola cinque famosi capi o complici
del solleyamenlo, cioe: il Jezioranski, gioyane sui 30 anni e che ayea
fatto prodigi di yalore: Romano Zulinski, della slessa eta, e che era sta-
,to Professore nel primo Liceo di Yarsayia: Giuseppe Tocryski, che era
slato gia condannalp nel 1848, per delilli polilici,alla deportazione in Si-
beria : Raffaele Krajewski, archilcllo di professione, molto stimato a Var-
sayia, e in eta di 29 anni : da ultimo Romualdp Trangutt, che era stato
Tenente colonnella nell' esercilp russo, poi, chiesto congedo, ayea co-
mandalo molte bande, ed era diyenulo membro del Goyerno nazionale.
Altri 11 erano slali condannati a morte, ma fu loro comrnulata la pena.
La Gazzetta ufficiale di Varsavia in lal congiuntura, conie fu scriilo al
Journal de Bruxelles del 15 Agoslo, pubblicando i motiyi di que'suppli-
zii, inflilli perche i colpeyoli avean fatto parte del Goyerno occulto e na-
zionale, « fece noto ancora e diyiso parlitamenle tutto 1' ordine con cui
quello era organato. Qualunque sia il modo ond' ella otlenne lali infor-
mazioni, e cerlo che sono generalmenle esatte. » II che proya che il
Governo russo dee ayer Ira le mani mollo piu di (|uel che moslra, e che
probabilmenle conosce assai bene, non solo chi si adoperaya di dentro,
ma eziandio chi sommovea di fuori. E cio potrebbe spiegare il suo ray-
•vicinamenlo all'Auslria ed alia Prussia.
6. Abbiamo accennalo piu sopra come si precede per la russificazione
dei fanciulli, quanlo a religioue, pbbligandoli a scuole ortodosse , ossia
scismaliche. Yero e che, come puo yedersi nella Revue contemporaine ,
dei 780 gioyanetti, i cjuali frequenlano il ginnasio di Wilna, soli 70 so-
no ortodossi , ossia scismalici ; il che dimoslra che il grosso della popo-
lazione e di callolici. Ma il Mourawieff li yuol tulli ortodossi, e percio
fece in modo che in Liluania ormai non yi e piu una sola chiesa di rito
greco-unito, che sia ufficiata; e le 381, che si contano nella Diocesi di
126 CRONACA
Lublino, si sfasciano e yanno in royina. L'apostata Siemaczko , per rin-
graziarne il Mourawieff, canto il Tedeum e spedi una Pastorale, in cui lo
paragona all'Arcangelo S. Michele. Quanto agli adulti la cosa torna piu
difficile, ma pur ya innanzi ed importa sapere con quali spedienti. Ec-
coli. In prima un ukase imperiale yieto la costruzione di nuoye chiese
cattoliche, o il ristaurare in qualsiasi modo le esistenti. Or cheaccade?
Molte di queste farono royinate e guaste nel sollevamento , o private di
parroco per le deportazioni : le prime si lasciano sdrucire a pezzi , le al-
tre , perche non ufficiale , si destinanp al culto scismaticb , e si yoltano
in parrocchie ortodosse. Per giunta si alzano nuoye chiese scismatiche
a spese del Governo, che teste assegnaya 36,000 rubli per la fabbrica
di tre di esse nel Goyerno di Mohileff , a Klimowice, a Czezykqw ed a
a Sieund. A Mohileff, una popolazione di 18.800 scismatici possiede 31
chiesa, mentre i caltolici, c.hfc sono ancora 4,000 , non n& banco che tre.
I 36,000 rubli, che si deyono spendere a far le nuoye chiese pe' scis-
matici, yolie il Mourawieff che si togliessero da'tributi straordinarii im-
posti ai proprietarii cattolici. La chiesa dei Carmelitani di Bielpk fu
trasformata in tempio scismatico. A Woznie 1'autprita militare s' impa-
droni della Cattedrale, del Vescovado, del Seminario e d'una scuola
fondata dal Vescovp ; e tutto fu dato ad un Arcivescoyo scismatico. II
Vescoyo cattolico di Samogizia, Mpnsignor Wolonczewski, fu relegate a
Kowno. In sostanza, per ogni minimo pretesto , si carcera, si esilia, si
discaccia almeno il parroco dalla parrocchia; poi questa, come abban-
donata , si consegna a' Popi , ed i parrocchiani si riguardano come ascrit-
ti al culto ortodosso. E cosi si spiegano le conversioni trionfalmente an-
nunziale dalla Gazzetta di Mosca e dall' Invalido di Pietroburgo.
Qualche volta pero si ya anche piu speditp, henche con modi che al-
trove si direhbero illegali e yiolenti. Eccone in prova un fatto , descrittq
da piu giornali, ed anche dal Monde del 2i Giugno, sopra document!
ufficiali e tralto dal testo d' una supplica indirizzata al Concistoro cattoli-
co di Wilna da una Confratemita di Sielce, parroccliia del distretto di
Proujeany nel Goyerno di Grodno. E la storia di una di cotali conversio-
ni, operata dal Luogotenente Antonoff, assistito da un Commissario di Pp-
lizia: « La missione comincio col carceraraento del Vicario P. Baykowski ;
poi tutti gli abitanti di Sielce ascritti a quella Confratemita furono radu-
nati alia presenza del Commissario di Polizia e dell' Antonoff , che fecero
circondare di soldati edi cpsacchi armati di fruste tuttal'asseffiblea.Quan-
do tutti gli aditi furono chiusi e guardati bene, 1' Antonoff trasse di tas-
ca una dichiarazione, per la quale i sottoscritti si separavanp dalla Chie-
sa cattolica per passare alia ortodossa : ed intimo agli astanti di doyerla
sottoscrivere. Allora i confratelli ad uno ad uno furon tratti da un cosacco
innanzi al Luogotenente, che con le promesse, le minacce, le percosse
e le frustate a sangue, riusci a smovere parecchi, sicche firmassera
quella dichiarazione , o , non sapendo scrivere , la facessero in nome lo-
ro firraare da un altrq. Poi tutti insieme furono condotti , a colpi di fru-
sta sui ricalcitranti , in una chiesa scismatica, per professarvi solenne-
mente la loro conyersione. II simigliante avyenne a Dobuczyn, nel di-
stretto di Pruzany , doye il Sindaco e tredici contadini cogli stessi mezzi
furono convertiti. »
Onde si par manifesto con quanta ragione il Sommo Pontefice Pio
Papa IX, il di 24 del passato Aprile, come abbiam riferito a suo tempo*
CONTEMPORANEA 127
(Vol. X, pag. 484), desse sfogo all' alto suo dolorc per la persecuzione
che intieriva contro il cattolicismo in Polonia, dove 1 Episcopate, il cle-
ro, il popolo tutto, per varie guise erano posti al cimento o d' incpnlrare
durissime pene o di rinnegare la I'ede cattolica, spingcndosi la violenza
lino al pretenderc di dare o togliere la giurisdizione episcopale. Le cose
da noi qui sopra riferite non sono che poca parte del mollo piu che si
potrebbe narrare ; e certo altri e piu funesti attentati vi si compierono,
posciache il Santo Padre, avutane piena contezza per autorevoli relazio-
ni, giudico di doyer novellamente denunziare al mondo catlolico lo stra-
zio che della Chiesa si fa in Polonia, ed indirizzare agli Arcivescovi e
ai Vescovi di cola quella fortissima Enciclica, inspiratagli dai suo zelo pa-
storale e piena di apostolica virtu, che noi abbiain recata in questo stes-
so quaderno a pag. 91.
7. Andando le cose di questo passo, la Chiesa cattolica ivi mietera ben
molte palme di martirio, ma come potrebbe a lungo durare tra que' po-
poli? E la perdita della fede sarebbe il supremo de' danni per la misera
Polonia, a petto del quale poco si dovrebbero computare tutti gli altri
d'ordine materiale e temporaneo che 1' aftlissero e desolarono in questi
due anni, pel funesto sollevamento, a cui fu anche sospirita di fuori da
tali, che si mostravano disposti a rivendicarne i diritti ad ogni costo, e
che poi, come fece 1'Inghilterra, 1'abbandonarono ad ogni strazio. Le
conseguenze di questi moti sono cosi riassunte dalla Gazzetta ufficiale di
Yenezia: « Trenta mila insorti morirono o lurono feriti combatterido ; 361
furono giustiziati per condanna de' tribunal! militari ; 83,000 Polacchi fu-
rono deportati in Siberia, o neH'interno della Russia. Dieci mila Polac-
chi emigrarono all'estero, sei mila sono tuttavia in carcere, e gli arresti
continuano ancora. Novecento quarantacinque persone, la maggior parte
impiegati o contadini devoti od ausiliarii al Governo russo, furono assas-
sinati dai partigiani della rivoluzione o dai gendarmi nazionali. Le con-
tribuzioni straordinarie e le multe, imposte al regno di Polonia, alia
Lituania, alia Vplinia, alia Pqdolia e al Governo di Kiew, ascendono
^i piu di 82 milioni di franchi. OJtre cio, nel rcgno di Polonia e nei
Governi suddetti, sono state sequestrate piu di 2700 propriela fondia-
iie. Finalmente , la popolazione pago al Governo nazionale quasi 60
milioni di franchi per tasse, e sottoscrisse per otto milioni di franchi
al cosi dettp prestito nazionale. Questi sono i danni material}, cagio-
nati dalla rivoluzione ; ma chi potrebbe enumerare i mali morali e re-
ligiosi, che ne seguirono? »
8. Di pari passo con lo studio d' infiacchire e sterminare il cattolicismo
in Polonia procede la cura di ringagliardire e metlere in onore il culto
scismatico. L'antico collegio de' Gesuiti a Kowno, che fin qui avea ser-
Tito di ginnasio , divenne residenza del Yescovo ortodosso , come il Con-
Tento di Helianow, a Kozaczyna , fu dato a'monaci Basiliani , e la chie-
sa greca cattolica dello stesso luogo fu deputata ad uso degli scismalici.
Inoltre 1'Assemblea del clero scismatico di Lituania, tra molte altre, fer-
ino le seguenti risoluzioni: 1.' Introdurre nel popolo 1'uso yigente in Rus-
sia di leggere, prima delle feste Pasquali, i santi Vangeli nellecase pri-
Tate. 2.° Vigilare che niuno tralasci la confessione pasquale, obbligandq-
Ti in ispecie i vecchi. 3.° Imporre a' bambini , al momento del battesi-
mp, la croce, che poi, come i Russi, dpyranno portare tutta la vita. 4.°
Rinnovare la perduta usanza di amministrare 1'estrema unzione. Per
1 28 CIIONACA CONTEMPOIUNEA
ciunta, affinc di obbligare i fanciulli a frcqucntarc Ic scuolc, fu dcciso
Ji non hi'iinim- j rnalrhnonii Ira persone che non avesscro I' usanza di
rccilare le loro prcghiere. Si dovranno pure stimolarc specialmcnte le
domic a dcporre, sugli altari do'Santi protcttori , lorq oiler Ic di cana-
pe, tcla o ecra; e si isliluiranno confraternite sccondo i principii pubbli-
cali nclla (iazzaUa del (iovarno. Da ultimo il clero grcco-cattolico dovra,
adoperare abbigliamenti conform! a quclli del dcro russo , e dcporre il
suo kaftan e la suaberretta troppo somigliaote aquella dclClcro romano.
La vigilan/a inlorno ali'adempinicnto di cosillajtc prcscrizioni e som-
ma , poidie luiio <• cola disciplinato in qudla forma, a dir cos), militarc,
dice propria dell'lmpero; e di lalto si inandano rapporti allo Czar inlor-
jio ai pin iniiiui! parlicoiari. Itasli cjlarnc/ uno, Irasincsso all' impcratorc
Alc.ssandro II dal (iiMicralc Akhmalof, die c conic a dire il Prpcuratorc
<ldla r.osi dclla Santa Sinodo. II (Ic-ncralc, 1'acendo Ic parti di Canccl-
lierc dcJIa (Ihicsa scismalica , rompilo uno Speech io particolarGggiato di
i^.ssa, nd (|iial(k, c accuralanHMitc indicalo il nuincro w\\ fadcli, cJic feco-
ro o non Iccjiro la I'asqua. Sopra !)2,0!)l,G.rJO OTtodossi, dice il (iencra-
1(5 , I'urono '24/iil ,(>742 die non s'acc.oslarono alia sacra incnsa nell'an-
lio I Nil I ; in.i di (jiH-sio nuiiKM'o, lurono !l, 1 :;<>,:',. i.S ijudli die se ne ri-
jnasc.ro, ptM'dic, ancor troppo ^iovani; allri 1,0:12,180, per inotivi legit-
liini ; c H,:2,'i!i,lM, per pura negliccnza o per incredulila.
(\\\(\ cosa direhhe la russofila e, liheralissinia Independence flelge sc co-
tali slalislidic, I'osscro , per eseinpio , eompilatc dalla curia ccdesiastica
(^ Irasmessc al (iovcrno dc,lla Santa Sede?
!). Soito ras|»e,l,io <le' progress! civili c, d'ordincniQtcrialc la Russia pro-
(•cilctlr inollo innan/i in (jiiesli due anni , inal^rado del sollcvamcntq
della I'olonia. hi sc nc, ha un ar^omenlo assai luininoso ncH'csserc oinai
coiuJolla a tenniiK^ la ^rnvti I'accenda deU'cinancipazione del scrvi, an-
die, nella |>arle sua pin difficile, die. era di re;;olare con le^rali contratti
Je loro olmligazioni verso ^li anlidii padroni e Io Slalo, C(l i loro diritti
siille terrc. (ih slali, prescritli da1 rcgolnmcnti , Ira i Si^nori ed i conta-
'!ir:i, I'lirono coinpiiiti da per tiillo; poichc non rimangono pin, in lulla
la Kussia, die, sole olio grandi propric.la , ne' Govern! di koskoina e
Wovo^orod, dim; non sono ancora lenninati. II lunnci'o de' coinpiuli e
di 1 1 l,;;iiS, die ritfuanlano 10,010,220 ronlaclini , ossia !)!).!)7 per cen-
to ddla popolazione lolale csislenlc ne' territorii a cui dchhono csscre
opplicali que' regolamenli. II dehilo de'conladini verso Io Slato, pci
terreni da essi coinnerati in piena propricla, sino al i:: Luglio, sale
a i:t(»,OI l,7,r;s ruhli. I servi addc.lli a' piccoli poderi , die non aveano
pin di 20 conladini niasdii, ('nrono liherali in allra Ibrnia ; cioc si slcscro
registri parlicolari (de/ quali 17,11'iS sono lenninali, e 4(> soli rcslano a
iare) ; c Io Slalo si ohhligo di conipeiare un gran nuincro di <jue' poderi,
pagandone il valorc a' propriclani. I rrgisiri gia coinpilaii riguarda-
no ISO/iH conladii'.i , ossia il I)!). 70 per cento del loro nuinero lolale.
Dei l7,,ri.rJ8 piccoli poderi, gia ^,.ri:M) con :I2,8V1 conladino sono passati
sollo rainininistra/ione dello Slalo, die ne pagft il valorc a' propriclarii
ron la soimna di ri,7:(S,277 ruhli. Laoiule la cosa locca oinai al lerminc,
e vnolsi die (in d'ora se ne ricolga il IVullo in uuu rilevante miglioria
quanlo alia collivaziouc.
LA REAZIONE CLERICALE
IN ITALIA1
II.
V
Una nufcva scoporla, c fmo a qucslo giorno inaudila, lianno ora
falla'i noslri giornali IVaniassoni: csistcro in Italia una rcaziono
clcricalo. IScssuno sapova qucsto. Tulli crcdcvamo , callolici c fra-
massoni, cho ci fosso bcnsi in Italia un' aziono massonica anliclcri-
calc; ma cho ci dovcsso csscrc, per la slcssa nuluru dcllc cose, uua
rcaziono clcricalc conlro la IVaniassoncria , ncssuno so lo sarcbbo
mai immaginato; so i framassoni , da quci volponi furbi chc sono,
non 1' avcsscro iinalmonto odoralo. L' lianno sonlilo un po lardi , 6
vcro, qucsl'odoro di roazionc. Mai' lianno scnlito (inalmcnto. E ap-
pcna iiulalolo, bisogncrcbbo aver vcdulo con qual inaraviglia, con •
<|ualc sluporc, con qual aria balorda no lianno data ai loro adcpli la
spavcntosa noti^ia.
Balordi voramcnlo , c prove ambulanli di quol gran doilo cho
la maraviglia o (igliuola doll' ignoranza! (iiacche insomma ci volc-
va poi tanlo, o framassoni , ad inlcndcro a priori cho , poich^ voi
agivalo si da orbi o da dispcrali conlro la Cliicsa, la Chicsa ncces-
sariamcnlc dovca rcagiro? E so gli argomcnli a priori supcrano ogni
vostra capacity inlollclliva, ci volcva lanlo a capiro a posteriori cho
•
1 Veili vol. XI di qucsiu Scric, pag. 641 e seg.
Serb V, vol. Xll, fasc, 3^0. 0 30 Settcmbre 1864.
130 IA REAZIONE CLEIUCALE IN ITALIA
il diavolo, di cui siete figliuoli secondo lo spirilo, ha sempre avute
le corna rolte nelle sue guerre contro Cristo? E se la voslra erudizio-
ne storica, per 1'odio che vi rode conlro ogni retrogradume, non si
spinge piu oltre che agli anni da voi vissuti, come non avele alme-
no capilo a simultaneo che lull' il vostro agilarvi indiavolato in que-
sti slessi ultimi anni non ha recato alia Chiesa che glorie e trionfi, ed
a voi non altro che danni ed onle sempre peggiori ? La voslra re-
pubblica del 43 in Francia che altro fece che restituire il suo al Pa-
pa, e condurre voi altri a Caienna ? E i voslri moti d' Italia del 48
e 49 che altro produssero se non che uno slerminio generate dei vo-
slri, cbe nella lotta perdeltero perfino la camicia dell'impostura, che
ancor li velava presso alcuni scimuniti? Ed ora vi slupite della rea-
zione che ingigantisce contro di voi? Slupite\i piultosto di aver po-
tuto durar cotanto.
I framassoni , poverelli , credevano poco fa di aver trionfato per
sempre in Italia, senza timore piu di chi polesse neanche imma-
ginarsi di contrastare il loro regno assoluto. I framassoni erano,
poco fa, come sarebbe a dire, gli sterpi e le zucche portate al mare
in trionfo da un torrente straripato. Quegli slerpi e quelle zucche
galleggianli compativ7ano come a slazionarii ed a retrogradi ai gran-
di alberi, cbe ben pianlati colle loro radici profonde, sfidavano suite
rive le ire del torrente. E correndo al precipizio porlati dall'on-
da fangosa del progresso rivoluzionario, credeano, come la mosca del
carro, di condurre essi e guidare il corso della fiumana. Ora, presso
ad esser travolli nel fondo , marciti e disfatti , senza danari e senza
credito, senza radici e senza frulti, si volgono indielro e guatano
con lena affannata il torrente che si sgonfia, il cielo che si rasserena,
i retrogradi e gli stazionarii inaffiati e rafforzali dall' onda che tra-
volse gli sterpi e le zucche; e prevedendo il memento in cui, dalia
punta del flulto orgoglioso, dovranno ridursi al fango ed alia mel-
ma del fondo, non sapendo far altro, gridano da disperali alia rea-
zione clericale.
Chi strilla piu alto e il Diritlo, giornale, com' egli s' intitola, della
democrazia ilaliana: « Abbiamo, egli dice , da uomini fededegni di
ogni parti to e di ogni provincia che il lavoro della reazione , ripreso
LA REAZIONE CLERIC ALE IN ITALIA 131
con zclo c ardore singolari, e condotto dovunque con molta scallrezza,
operosila ed efficacia. Uomini ricchi di relazioni sociali ci hanno falto
sapere, che esistono ed operano alacremenle qui a Torino, come altro-
ye, comitati reazionarii ; i quali, fra gli altri fmi, si propougono an-
che quello di assicurare L*"O prossime elezioni il trionfo della parle
clericale, sulle rovine uei r"^^Ta<?suno e piu nemico di
noi della setta clericale ; e, nun csiuamo a dirlo , se risorgesse , per
impossible ipotesi , un delirio di guelfismo in Italia , noi saremmo
con chiunque, conlro le nostre piu profonde e piu care persuasioni,
per pur essere contro il prete. Ma il paese e generalmente troppo dis-
ordinato e troppo nuovo della vita polilica , per sapere di per se
stesso prendere un'efficace risoluzione a contrastare il lavoro dei cle-
ricali. Ouesli hanno in mano un fortissimo ordinamento ; nessuna i-
slhuzione politica o sociale offre un modello di disciplina , di armo-
nia, di consislenza cosi perfetta come 1'associazione cattolica. E per
qualche cosa che il caltolicismo ha resislito e resisle alia crilica, alia
scienza, alia liberta. La societa lo combatte a furia di popolo, tumul-
tuariamente; esso le resiste, come esercifco bene ordinato, serrato
nelle file, disposto in bella ordinanza, diretto e condolto nelle sue
inosse dalla volonla dei capi, a cui tulti obbediscono con meraviglio-
sa disciplina. Che possiamo noi opporre a cotesla forza? II nostro
Slato e nuovo, debole, senza autorila; gl' individui sono ancora in-
capaci di sentire e praticare 1' efficacissima \1rtu dell' associazione.
Ciascuno ha troppo alia stima di se, nella parte liberale, per sog-
gettarsi alia disciplina de' partili e de' capi. Ci vuole proprio il gio-
go soave dell' ignoranza e della paura del fuoco penace, per ischiac-
ciare le superbe cervici , e tulle sottometterle al cenno di un uomo.
Questo ha il catlolicismo ; questo non abbiamo noi. E poi, a che gio-
"verebbe? Noi dobbiamo ancora islituire e ordinare comitati eletto-
rali, associazioni liberali, sodalizii; e il cattolicismo gli ha gia. Noi
non sappiamo neppure quanto dobbiamo risalire nei secoli per tro-
varne 1'origine. Forse a Gregorio VII, ma forse anche prima. Certa
il caltolicismo ha tulto quanto gli bisogna: confessionali , pergami,
il lelto del moribondo, il talamo nuziale, la cuna del bambino^, I'o-
spedale, la prrgione, le associazioni di ogni forma, di ogni qualila,
per i baccheltoni come per la genie mondana, per 1' ascelico come
132 LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA
pel liberlino, per 1' arislocrazia come per I'lnfim^ plebe. Che phi?
Perfino nel tribunale, perfmo nel Parlamento il prete ha steso lefila
delle sue trame; e, se non mente la fama, esso, deposta la zimarra
e il collare e veslilo di insegne militari , Irovo modo di comandare
reggimenti e di assidersi perfmo talvolta;oei Consigli della Corona.
Dunque 1' ordinamenlo, le .associazioni ci sono. Basta che la supre-
ma mente regolatrice imponga-il fine : i mezzi sono gia pronti. Tut-
to 1'esercito armato di menzogne , di agnusdei, d' indulgenze e di
danari, disciplinato , compatto , opera e vince. Se ci lasciarono per
un momento prevalere , fu che rimasero sbigolliti e tremanti di es-
sere, in quei primi bollori della rivoluzione, soverchiali dall' impeto
popolare, se si mostravano. Era opportuno cogliere quel momento
e stritolarli , sicche non se ne trovassero i frammenli. Non si fece ;
che si temelte piu la rivoluzione che la reazione , e tutte le forze si
adoperarono, mirabile insania, a combaltere gli amici piu caldi del-
la liberla. .
« La reazione, scaltra edavveduta, conobbe il suo tempo. Nasco-
seil capo, s'acquatlo , lascio passare la tempesta; ma ora ravvisa-
tasi, ripreso animo, riannodate le trame, rialza la cresla e congiura
e prepara 1'eccidio della nostra liberta. I giornali, anche i moderali,
anche i governalivi , sono pieni delle improntitudini e delle trislizie
clericali. Non mai il prete fu piu impudente mellitore di scandali e
seminatore di discordie. E il lavoro palese e nienle al confronto del-
le trame segrele. E dunque meslieri che la parte sana, culta, libe-
rale del paese provvegga a se stessa; tutta la nostra diligenza, tut-
ta la nostra operosila non possono ancora essere adeguate a combat-
tere il mirabile ordinamento della reazione. Ma che sara poi di noi,
se inerti e trascurati, mentre i nostri nemici intendono sollecitamen-
te all' opera per toglierci la liberta , noi neppure pensiamo ai modi
di difenderla ? »
Abbiam voluto citar a lungo questo articolo del Diritto perche ,
nella sua ingenua ed imperlinente melensaggine, scopre ad eviden-
za la paura , onde tremano i framassoni per la reazione clericale.
Gia pare che si veclano presso al precipizio e yicini a ritornare, dal
sogli dorali delle cariche dello Stato, alle native capanne e alle acqui-
site galere, Di simili articoli potremmo citarne a dozzine,se portas-
LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA 133
sc il pregio di concedere tanlo spazio alle stollc bestemmie ed alia
sgraramalicata reltorica del framassoni. Ma si abbiano ancora i let-
iori qucsto altro tcslo aulenlico dell' Opinione dci 12 Seltembre; la
qualc, « di fronte alle insidie delle selle relrive (dice) si osserva non
senza qualche spavenlo che il nostro stato e nuovo , debole, senza
autorita. » E quella brocca di malva, che e la Discussione, anche essa
bolle di spavento al fuoco del Diritto ; si che « non possiamo negare
(confessa nel suo n.°deglill Seltembre) che ora il parlito reaziona-
rio siasi posto con maggior alacrita a creare proseliti e a guadagnar
lerreno. Esso tenta di raccogliere tulto il suo vigore e di combaltere
le ultime batlaglie; e se ora riesce in qualche modo ad organizzarsi,
e se otlerra qualche parziale trionfo , dobbiamo in parte incolparne
il Governo , che si e raoslrato verso il clero e i suoi adepli troppo
mite, troppo facile al perdono. Esso non doveva usare colla reazione
nessun mezzo termine, ma procedere con quella energia che si esige
per reprimere un accanilo ed asluto avversario , che non conosce
altro mezzo d' agire che la cospirazione e 1' insidia, che ha per suo
motto — guerra al proyresso, — e che a raggiungere il suo fine pro-
clama sanlo ogni mezzo. Le concession! e le deboli misure usate
dair alluale Ministro Guardasigilli verso i preti , hanno persuaso il
clero di essere ancora potente e terribile : hanno accresciuto il suo
coraggio, rinvigorite le sue speranze. Bisognava renderlo impotente
e trattarlo , non come un leale avversario, ma come un pericoloso
nemico. » Vede ognuno che , senza uiio spavento straordinario , la
Discussione, che e giornale privo affatlo di ogni malizia e scimunito
quanto puo essere un giornale, non avrebbe mai avuto questo urto di
collera che le tolse il senno fmo a dire, che il Governo italiano ha fin
ora troppo favorito la Chiesa e il clero. Scempiaggini di lal calibro
non si possono dire a sangue freddo neanche da una Discussione.
Or per dare un po' di conforto, secondo il poler nostro, a quest!
poveri spaventali, noi spiegheremo qui loro, il piu chiaramente che ci
sara possibile , che essi si spaventano , come Bucefalo , dell' ombra
propria. Ci adopereremo, cioe, a far qui intendere ai framassoni, se
ci sara possibile, che la reazione clericale e fattura delle loro mani,
frulto de' loro sudori, figlia delle loro opere/conseguenza delle loro
premesse, ombra del loro corpo. Da quei Bucefali che certamente
134 LA REAZIONE CLERIC ALE IN ITALIA
sono, non puo fare che essi non si debbano cosi alquanto rincorare,
o almeno inlendere che, se non vogliono piu avere dinanzi agli ocelli
10 speltro della reazione clericale pronla sempre a divorarli, non han-
tio che andarsi a riporre, lasciando 1' inutile opera di calcitrar contro
11 muro, inlendendo una volta quel proverbio che dice : che chi fa
alle capate col muro, il dolore e suo.
E ii primo ingegnoso trovato , onde i framassoni fabbricano a va-
pore la reazione clericale, si e il loro modo di trattare coi popoli
quando vogliono indurli a porsi sotto ii loro giogo. I framassoni,
quanclo SOQO in paese ben governato a giustizia ed a religione, non
hanno altro modo di tirar il popolo dalla loro, che 1'imposlura e Fipo-
crisia. Essi lodano, a modo di esempio, la giuslizia, e ne predicano
la necessila. Solameate trovano che non si osserva abbastanza dal
Governo, sollo cui vivono, che Ve favorilismo, che vi e accettazione
di persone, che v' e disuguaglianza , che i nobili hanno de' privilegi
e che il popolo e oppresso. Prcdicando la giustizia coli' irilenzione di
pralicar poi ringiustizia, i framassoni la fanno da quegli ipocriti e da
quegli imposlori che sono. Ma le inteimoni le vede Iddio solo. Quello
che vedono i popoli , sono i panegirici della giuslizia, eloquent! e
fervorosi. E chiaro che il popolo si scalda sempre piuinfavore della
giustizia. Ii buon senso popolare , lungi dall' essere guastato e cor-
rotto dai framassoni , ne riesce anzi cosi sempre piu perfezionato.
Chiesa e framassoni , gesuiti e liberali , parroci e liberlini predicano
cosi le siesse verita. Gii uni a maggior gloria di Pio, con retta inlen-
zione e con nierito per la \'ila elerna : gli altri a maggior profilto
del diavolo, con malo fine e con frutto di eterna dannaziune. Ma 1* ef-
felto nel popolo e lo stesso ; quello cioe di infervorarlo nell'amore del
ret to e del giusto.
Diciamo lo stesso della morale, della religione , della beneficenza
e di ogni \irtu. Chi e quel framassone che, trovandosi in Governo
savio e paterno, predichi al popolo che sarebbe meglio che i poveri
morissero di faaie, che le case di mal affare si molliplicassero, che
la morale e la religione fossero perseguitale? Tutt'allro! 11 framas-
sone, che YUO! arrivar al potere, dislruggendo 1' ordine presente, van-
la una morale piu strelta che non quella della Chiesa, una carila piu
squisita, una beneficenza piu universale. Tutto questo per ipocrisia,
LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA 135
'per imposlura e coll' intenzione di far poi 1'opposto. Ma intanto il
buon popolo che ode predicarsi si eloquentemente 1' clogio di tutte
le virtu , non impara 1' amor del vizio , come intende il framassone,
ma 1'amor della virtu, secondo che suoriano le parole.
Cbe diremo poi del ben essere sociale , della rictfhezza comune ,
della retta amminislrazione delle finanze, della diminuzione delle in**
poste , di quanto insomma concerne il savio governo dello Slato?
Non v' e paese si ben regolajo, non finanza si prospera, non ben es-
sere si universale , che i framassoni non compaliscano come ad un
governo di Turchi, purche sia un Governo di crisliani. « Oh se go-
vernassimo noi ; dicono sollovoce a chi li vuol udire. Oh se un Gover-
no liberale succedesse a questo avanzo di medio evo ! Vedresie allora
che prosperita di coramercio, che felicita, che cuccagna! Non ci
sarebbero piu poveri ; le imposte sarebbero poche e ben distribuite ;
le arli protelle, gli studii in progresso. » Tutto questo dicono i fra-
massoni quando non comandano ; ben sapendo che, quando comande-
ranno, le finanze faranno bancarolta, le imposte vuoleranno le bor-
se, e la ricchezza comune colera tutta negM scrigni dei Deputati e dei
Minisiri, ladri lulti, siccome ora si dice in Italia, e del pubblico e del
privato. Questo sanno i framassoni. Ma questo non sa il buon popo-
lo, che credendo alle belle parole, s' innamora naturalmente sempre
piu della Gnanza ben regolata, della giustizia ben amministrala, degli
sludii fiorenti , delle arli protetle. Tulle cose naturalmente buone e
desiderabili onestamenle. Sicche anche in questo i framassoni, cre-
dendo lavorar per se, lavorano in verila per educar sempre meglio
il buon senso e il retto senlire^opolare.
Dicasi lo stesso della pubblica quiele e sicurezza. Dio liberi che,
in uno Stato ben governalo, in cui i framassoni sono sorvegliali dalla
polizia, accada un furto o un omicidio ! Non finiscono allora le lamen-
tazioni massoniche sopra la niuna cura che il Governo ha della vita
e delle borse dei suddili. « A che, dicono, tanla polizia? A che tanti
gendarmi? II popolo ha dirillo di andar sicuro per le sue vie, di
giorno e di nolle. Perch£ paga tanle imposle , se non perche il Go-
verno procuri la pubblica sicurezza? » Quesle cose dicono i framas-
soni anche adesso, ogniqualvolla nello Stato ponlificio, per esempio,
si ruba una borsa, o due ubbriachi fanno alle collellate. A che fine
136 LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA
dicono queste cose ? Per eccitare nel popolo desiderio di miglior go-
yerno ; il che spesso ottengono. Ma perche 1'ottengono? Perche han-
no eccitato in ognuno un sempre maggior amore alia sicurezza pub-
blica, educando cosi il popolo, senza volerlo, e formandolo all' amore
dell'ordine e della giuslizia.
I poveri framassoni non vorrebbero questo effetto. Etanto nol vor-
rebbono che neanche si accorgono di otlenerlo. E noi siam certi che
piii d' un framassone , leggendo quesie.pagine , si dara dclle pugna
In fronle e dira : « Miseri noi ; che abbiam fatlo ! E proprio vero che,
volendo un fine, ne abbiamo ollenuto un allro. E noi non ci avevamo
pensato ! »
Infatti che e nato da questo ipocrito procedere dei framassoni? E
nata la reazione clericale piu forte che mai. E in verila che cosa
volele che dica adesso il Toscano , il Napolelano, il Romagnuolo, il
Modenese, ai quali i framassoni ispirarono si scioccamenle sempre
piu grande amore alia giuslizia ed al benessere, quando vedono quel-
lo che i framassoni loro diedero in cambio di quello che avevano? Se
prima essi erano stali dai framassoni eccitali contro i loro Principi,
perche le imposte eran troppe ; come non si devono ora eccitare a
mille doppii conlro i framassoni , che quelle imposte hanno cotanto
moltiplicate? Se prima erano dai framassoni sollevati contro i Sovra-
ni legittimi per qualche inosservariza della giustizia comune , come
non debbono ora essere sollevali contro i framassoni , che non ren-
dono giuslizia che a se medesimi contro tutti ? Se prima i popoli
erano stati educati dai framassoni ad odiare la pena di morte per
delilti specialmecle politici, come non debbono ora odiare i framas-
soni, che hanno cambiata ormai mezza Italia in una carcere di domi-
cilio coatto, e 1'altra meta ia un pubblico macello?
Se i framassoni avessero prima francamenle detto ai popoli :
« Yoi errate nel credere che il buon Governo ed il benessere con-
sislano nelle tenui imposle, nella giuslizia ben amministrata, nella
morale pubblica, nel commercio, nelle arti, negli studii fiorenti. La
vera beatitudine di un popolo sta nell' ignoranza , nell' immoralita ,
nella bancarolta, nell'ingiustizia trionfanle e specialmente nel pagare,
pagare e sempre pagare » ; se i framassoni avessero predicate que-
sto , e chiaro che non sarebbero mai venuli al potere , o \enutici ci
LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA 137
sarebbero arrivati per mezzo del perverlimento del buon senso nel
popolo. II quale, persuaso che il bene e il male e il male c il bene,
non avrebbe poi potuto che applaudire come a bene al male dai fra-
massoni procurato. Ma avendo essi predicata ipocritamente (nd po-
tevano far allrimenti) la bellezza della virtu, e chiaro che hanno cosi
fabbricata colle loro mani una terribile reazione clericale , nutrendo
e avvalorando nei popoli il culto a quello stesso che essi doveano poi
necessariamente abbaltere , e 1'amore a quello che essi doveano poi
necessariamente odiare ; e procurando cosi necessariamente che i
popoli da loro stessi scaldati all'amore e al cullo del bene, del vero
e del retto, dovessero poi ribellarsi contro il male e il falso e il torto
da loro portato ora in trionfo.
Non vogliamo certamente dire con questo che i framassoni abbia-
no predicate al popolo le sante Missioni. Hanno anzi sparso infiniti
error! ed equivoci. Ma e vero parimente cbe questi loro errori ed
equivoci si faceano da loro correre pel mondo come conseguenze ed
applicazioni di molti buoni principii ed otlime massime. Si che, con-
tro la propria intenzione, riuscirono spesso a promuovere nel popolo
piu forse 1' amore dei buoni e relti principii, che non quello delle ree
e storte conseguenze.
Ma ci e ancora una seconda ragione per la quale i framassoni
debbono dire ii mea culpa per la reazione clericale che tanto li alter-
risce. La quale non sarebbe certamente si gagliarda, se i framassoni,
oltre all' aver popolareggiato ipocritamente si, ma efficacemcnte , il
cullo di quelle virtu che essi non hanno , non avessero ancora falto
luccicare agli occhi del popolo , solto un aspelto diverso dal gia ac-
cennato qui sopra , le piu belle e care speranze di prosperita mate-
riale che si possono sognare da un ebbro d' oppio.
Mirisi la differenza del modo onde coi popoli adopera la Chiesa
e la framassoneria , e si vedrci quanto da questa diversita di agiro
debba nascere necessariamente , con un po' di tempo, la reazione
conlro i framassoni, e la confldenza verso la Chiesa. Infatli che cosa
dice ai popoli la massoneria? Essa dice loro che^essi sono fatli per
istar bene in questo mondo: che se non istanno bene, la colpa e della
Chiesa e de' Governi, i quali li opprimono e li vessano in mille gui-
se. Facciano i popoli che i framassoni vengano al comando, e ve-
138 LA REAZIONE CLERIC ALE IN ITALIA
dranno che cuccagna ! Questo e, in compendio, il lambiccato di lutta
i'arte del libertini per sedurre i popoli e renders! loro accetli, quando
sono nell' opera delle congiure e delle cospirazioni.
Invece la Ghiesa dice ai popoli che essi non sono fatti per istar
benc necessariamente quagghi; che in questo raondo sempre si avra
a patir qualche cosa; che solto ogni Governo ed ogni lalitudine sem-
pre vi saranno abusi, oppression!, vessazioni, disgrazie; che il tullo
sta nel persuadersi, che bisogna aver pazienza. Giacche e cosa nola
persino ai pagani che levius fit patientia, quidquid corrigere est ne-
fas. Certamente e dover di ogni Governo il provvedere al benessere
morale e materiale dei popoli. Ma e ancora dovere dei popoli il sof-
frire con pazienza i mali inseparabili dalle condizioni di questo mon-
do maligno e di quesli Govern! fallibili. La vera felicila e cosa che
si avra soltanto nell' allra vita, se essa si sara saputa guadagnare in
questa, colla virtu e coll a pazienza.
E natural e che, tra chi predica al popolo la pazienza e la rasse-
gnazione, e chi ne eccita invece 1' ira contro le vere o false oppres-
sion! e vessazioni, facendo insieme brillare la speranza, anzi la eertez-
za, di una prosperity avvenire, enalurale, diciamo, che gli sciocchi,
dei quali e infinite il nutnero, si lascino sedurre dalle sobbillazioni e
dalle promesse massoniche; e si geltano cosi nelle rivoluzioni, colla
certa aspetlazione delia felicita in questo mondo. Ma che? Vengono i
fraraassoni al comando ; e invece della prosperita giunge la desola-
zione. Per un poco si tollera, dando la colpa dell' insperato evento a
quello che ora si chiama il momenta di transizione. Ma quando il
momenlo di transizione comincia a diventare il corso regolare delle
cose, quando le cose volgono anzi di male in peggio e dal peggio nel
pessimo; quando non si ha phi un soldo in saccoccia sicuro dalle
adunche unghie del fisco e dalle delicate dita dei ladri ; quando non
si ha phi un figliuolo assicurato contro la leva forzata, ne una fi-
gliuola che possa uscire a spasso senza rischio di imbaltersi o in pit-
ture oscene o in pericoli anche peggiori ; quando il brigantaggio in-
vade mezza Ilalia, le prepotcnze e 1'ingiustizie regnano nei tribunal!;
quando dei Depulati e dei Minislri si puo dire, senza sospetlo temera-
rio, quel sono tutli ladri che ora e famoso in Italia; quando insomma
si vede che dai framassoni in fuori , ai quali la rivoluzione ha fatto
LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA 139
un lelto di rose ed un forziere d' oro, tutli gli altri sono considerati
come pecore da tosarc, vacche da mungere e buoi da macello; allora
£ nalurale che il popolo si volga colla memoria indietro, e ripensi
sedamenie al vero che gli predicava la Chiesa ed al falso che gli
promisero i framassoni. Qual maraviglia che accada allora una rea-
zione clericale? La maraviglia sta piultosio in queslo, che i framas-
soni non abbiano capito che colle loro bugie 1'andavano preparando.
Che sarebbe poi se, essendosi i framassoni italiani fabbricata cosi
da se, colle loro proprie mani, quesla reazione clericale, di cui lanto
scioccaraente si maravigliano ; essi poi andassero ora accresccndola
ed ingigantendola coi mezzi medesimi , onde credono sminuirla ed
allontanarla ? E pure la cosa e cosi , ne piu ne meno. Giacche qual
credono essi che debba esser I'effetto nalurale dei loro spaventati
arlicoli e delle loro rabbiose declamazioni , conlro la rcazione cleri-
cale, che invade 1'Ilalia? Tult'allro da quello che si pensano; se-
condo che noi , persuasissimi come siamo che essi non sono al caso
di profiUare dei nostri buoni consigli , andremo qui spiegando alia
perspicacia loro.
Noi sappiamo benissimo che doppia e la causa dei loro arlicoli
tremanli e delle loro rabbiose bestemmie conlro la reazione clerica-
le. La prima e principale causa e la vera paura, che li fruga, di dover
presto passare dal Campidoglio alia Rupe Tarpea , cacciali giu per
le scale gemonie dallo scoppio imminente delle ire del popolo da
loro gabbalo. Ma non si pensa cerlamente male dei framassoni, sup-
ponendo come cosa cerlissima che, nello sfogo clamoroso di questa
loro paura, ci enlri anche un poco di malizia : cioc il pio desiderio di
denunziare alle ire del fisco e dei seltarii loro devoli il clero e i buoni.
Ora badino bene i framassoni, e capiscano, so possono, la scioc-
chezza di questo loro procedere. Giacche a chiunque rifletla alquan-
to appare evidente che essi , tanto per la parle con cui mostrano
paura , quanto per 1' allra con cui mostrano voglia di sperdere quel
poco che ancora hanno lasciato al clero ed alia Chiesa , non fanno
che scavarsi piu profonda la fossa sotto i piedi, e rafforzare appunto
quella reazione di cui tremano.
E col mostrar paura e in primo luogo evidenle che essi spargono
lo spavento nelle loro file , e fanno seriamente riileltere a molti dej
140 LA REAZIONE CLERICALS IN ITALIA
loro adepli, se non sia forse giunto novamente il momento opportuno
di voltare un' altra volla casacca , come si dice , e cominciare a far-
si dei merili colla reazione. Si sa che i framassoni professi, non
meno che i novizzi, tirano, anzi tulto, al quallrino. Ma se i professi
possono avere speranza di trovar qualche ricapito anche in uno sfra-
cellamento generate dell' unila d' Italia , pei novizzi e un altro affa-
re. Per quesli , in simil frangente , non ci sarebbe altra prospetliva
che il poco proflcuo meslier6 di emigralo forzalo , o di inquilino in
domicilio coatlo. Oual meraviglia percio che costoro, vedendo lo spa-
Ten to dei loro capi, pensino segretamente alia defezione? Per poco
giudizio che i framassoni avesscro , non dovrebbero dunque mo-
strar tanta paura. Dovrebbero fare gli spacconi e i capilani fracas-
sa , cantando , come Arlecchino , vittoria ad ogni bastonala. Che
se mostrano tanla paura , come fanno si palcsemenle , do e segno
che hanno perduta la testa e non pensano alle conseguenze. E , se
abbiam a dire chiaro il noslro parere, noi cominciamo a vedere i pri-
mi segni della diserzione dalle file libertine , nei cosi delti presbite-
ri, primi sempre, secondo chedaessi richiede la loro esperimentala
erudizione, ad odorare da lungi il venlo infido. Essi cominciano a
pensare al pane che abbondava nella casa del padre ed alle ghiande
onde ora neanche si possono sfamare pei troppi che sono a cavar-
sele di bocca. La Pace ha gia fatta bancarotta, imprecando pedan-
tescamcnte al Governo che non la proteggeva ed al popolo che non
la curava. II Carroccio , da sciocco milanese , e morlo di fame
la seconda volta, secondo il noto verso: Cadde, risorse e yiacque.
Tutto questo ci ha 1' aria, non gia di conversione , ma di reazione.
Del resto non e maraviglia, che i primi ad abbandonar il campo ab-
biano ad essere costoro. I quali , quando vedono che le chiavi dei
canonicati e dei beneflzii sono stale rubale dal Governo liberale , si
bultano al Governo liberale. Per la stessa ragione e nalurale che si
abbiano a buttare pei primi alia reazione, quando cominciano a ve-
dere, che le chiavi dei canonicati e dei benefizii sono per ritornare a
S. Pielro.
Ecco dunque il bel frullo che ricavano i framassoni dalla paura,
che mostrano della reazione clericale. Essi non fanno cosi che raf-
forzarla, staccando dalle loro file i pusillanimi, i presbiteri, i codar-
LA REAZ10NE CLERICALE IN ITALIA 141
di, il meglio insomma dclla brigata. E chi sa che non anche qual-
che capoccione ? Giacche non sarebbe mica la prirna volla che i
Taillerand ed i Fouch5 pigliano le paghe dall' Imperatore e servono
alia santa allcanza. E stato sempre osservato cbe, dove sono tre li-
berali, ci e in mezzo almeno una spia. Ed e perfmo accaduto che di
due cospiratori 1'uno era spia dell'aUro. Non ci sarebbe dunque nulla
da slupire se questa paura framassonica facesse germogliare nel
loro campo le spie, come i funghi dopo la pioggia.
Ma i framassoni non mostrano sollanto Tislinlivaloro paura della
reazione clericale. Essi mostrano ancora 1' islintiva loro rabbia con-
tro il clero e la Chiesa cui minacciano ora, piu che mai, sterminio e
morte. Col che, anche senza volerlo, non fanno che rafforzar la rea-
zione e indebolir se medesimi. Giacche si sa che, fmo a tanto che
altri ha la speranza di esser lasciato vivere , puo indursi a soffrire
con rassegnazione le oppressioni discrete e le noie tollerabili. Ma
se vede che sempre si va di male in peggio, che T un colpo non a-
spetta 1'allro, si che dopo essere stato privato de'privilegi, e spogliato
ancora dell' uguaglianza , e dopo essere spogliato dell' uguaglianza
non e lascialo quieto neanche nell'oppressione ed e minacciato perfmo
nell' esistenza e nella vita ; e naturale che in quella , diciamo cosi ,
disperazione, rauni le sue forze, raccolga ogni suo potere, e poiche
vede che non gli si lascia ne pace ne tregua , accetti la guerra e
la faccia del suo meglio. Or chi non vede che questa e la necessaria
condizione in cui i framassoni posero ora in Italia la Chiesa, il clero
e tutti i buoni? 1 quali perfmo nella loro vita privata sono spiati, in-
quisiti, vessati, si che ormai per loro eun delitlo il far unalimosina
o il visilar un malato ? Giacche insomma queslo e non allro e il de-
lillo di cui sono accusali i cosi detli dai framassoni Paolotli, e vogliam
dire i membri laici delle Conferenze di S. Yincenzo de Paoli. I quali
neanche possono fare le opere di misericordia, senza essere denun-
ziati all* Italia massonica come rei di Stalo. II clero poi e minacciato
nella sua stessa esistenza colla legge sospesa sul suo capo della leva
de' clerici. Tutti i buoni ilaliani sono inoltre sempre nel timore di
vedersi condannati al baslardume generale, colla legge sempre mi-
nacciala del matrimonio civile. Legge voluta dai framassoni per pura
gelosia ed invidia. Giacche, non conoscendo molti di essi il loro pa-
142 LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA
dre e la loro madre, fanno come le volpi scodate della favola, che
esortavano le sorelle a mozzarsi quell' inutile arnese. Or minacciando
cosi i framassoni sempre peggio ai cattolici ed ai clerical! , dovreb-
bero capir che essi sforzano cosi anche i piu imbelli e i piu pacifici
a star sulle difese, e a porsi anche, se fia possibile, sulle offese.
E ben si debbon accorgere i framassoni di questa naturale e comu-
ne reazione clericale , dal vedere con quanto gusto gl' Italiani si di-
verlono a fare appunto il contrario di quello precisamente, onde i fra-
massoni mostrano maggior disguslo. Del che e un bell'esempio il de-
naro di S. Pielro, che cresce in ragione del dispetlo che ne mostrano
i framassoni. E non appena essi presero ne' loro giornali a beffare
le processioni , queste sorsero nella Liguria come per incaulo , rin-
novandosi anche le an liquate e le disusate. E quando i framassoni
presero a proteggere la propaganda prolestante, i prolestanli furono
subito presi a sassate in tutte le citta e le terre dove andarono, come
i ciarlalani , a piantar le loro botleghe. Del che quanto arrabbino i
framassoni e inveleniscano, non e a dire. Ma non v' e rimedio. Essi
si sono fatti oonoscere ormai per tradilori del popolo; e il popolo na-
turalmenle li odia e li disprezza.
In mezzo a lutle queste disgrazie i poveri framassoni, per colmo
di sventura, vedono Roma capitale sempre piu allontanarsi dai loro
occhi, colla fuga rapidissima di un convoglio di slrada ferrata. Giac-
che , se i sei mesi del conte di Cavour produssero , colla morte di
Cavour , un allontanamento di Ire anni e piii : vede ognuno che
due anni della Convenzione di adesso , debbano produrre un neces-
sario allontanamenlo di almeno tredici anni, colla morte niun sa dire
di quanli per F appunto , ma certo di moltissimi ; se pure il nurnero
tredici non ha perdute, in favore dei framassoni, le sue note mali-
gne qualila.
E vedete se Roma non e fatale? Appena torna in campo lavoglia
di avvicinarsele, il turbamento invade 1' Italia, Torino e minacciata
di ruina, i liberali si dividono sempre piu, Francia si fa sempre piu
padrona deir indipendenza d' Italia , le sole popolazioni affezionate
alia casa regnanle si vedono tradite e gabbale , il credito pubblico
si sbilancia sempre peggio , e , cosa orribile a dirsi, le stesse fran-
chigie costiluzionali si vedono minacciate di 'un secondo colpo apo-
LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA 113
plelico. Senza parlare dclla ragionc slrategica, die si porta per con-
solazione e che invece fa rabbrividire i liberal!. Giacche se da Tori-
no si lia da andare a Firenze per ragione slralegica, questo significa
che si prevede una guerra piu difcnsiva che offensiva : e die inoltre
Torino e il Piemonte banno da essere abbandonati almeno per a tem-
po o all' invasione o alia prolezione forastiera. Tra le quali due even-
lualilti, chi conosce un po' di storia non sa veramente intendere qual
debba riputarsi per la peggiore. Giacche e noto che in questo secolo
le idee, anche le piu generose, hanno, non si sa come, mutalo na-
tura, e da spir-iluali sono diventate materiali, con confini territorial!,
e con appartenenze stralegiche.
Ci e occorso piu volte di vedere un asino legato ad una corda, che
faceva lull! i suoi sforzi per arrivar a un ghiotlo boccone che non
era alia sua portala. Piu si sforzava di avvicinarglisi e piu la corda
lo stringeva al collo. Ecco, dicemmo, 1'apologo della quistione Ro-
mana ! I framassoni sono 1' asino ; Roma e il ghiotto boccone ; c la
corda e la Provvidenza.
In quesle tristi condizioni della framassoneria italiana, in quesla
spavento dei liberal!, in questo turbamenlo generale dei scttarii, elm
debbono fare i buoni e cattolici italiani ?
Non abbiamo cerlamenle la presunzione di voler qui dar norma
di condolta e consigli di governo ad uomini , che sono il fiore e il
nerbo d- Italia e della Chiesa. Ma non ci sara disdello il ricordar ad
alcuni di loro quel gran testo evangelico : Quaerite primum regnum
Dei et iustiliam ems, et haec omnia adiicientur vobis. Una tentazione
puo ora sedurre alcuni ; ed e di farsi prestare, diremo cosi , per un
momento, le coma dal Diavolo, coll'intenzione di reslituirgliele quan-
do sia oltenuto lo scopo. E cosi ci pare che adoperino, senza forse
accorgersene, alcuni che noi chiameremo cattolici diplomatic], poli-
lici, utilitarii. I quali, colla relta inlenzione di sincere i framassoni,
si servono dei mezzi e delle idee massoniche, credendo di far cosi un
bel colpo. I framassoni parlano di libertei e di tolleranza. Ed ecco al-
cuni cattolici far loro coro, e vantar anch'essi la liberta e la tolleranza.
I framassoni non finiscono di parlare dei grandi principii dell' 89 e
del gran progresso maraviglioso, non che dei diritti imprescriUibili,
della sociela moderna. Ed ecco alcuni cattolici, credendo di far bene,
144 LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA
gridar piu alto dei framassoni la innocenza del principii dell' 8 9 e le
glorie del progresso e della sociela moderna. Yituperano i framas-
soni il medio evo? Ed essi subito \iiuperarlo. Maledicono all' Inqui-
sizione? Ed essi subito maledirla. Lodano essi la separazione dello
Stato dalla Chiesa? Ed essi subito lodarla. Palpano essi il popolo?
Ed essi palparlo piu di loro. Credono questi cattolici utilitarii di
disarmar cosi i framassoni , ed anzi di armarsi delle loro armi. Ma
s' ingannano. I framassoni sono ben contenti di vedere i cattolici far
loro coro nel lodar il male e nel biasimare il bene. Ouando poi s!
yerra al punto dell'operare, quei cattolici s' accorgeranno che, lungi
dall' essersi resi , come essi credono e come ora si dice, possibiU, si
saranno resi anzi, piu che mai, impossibili. E cio perche gli uomini
arnano le posizioni nelle, come si dice; e da nessuno si rifugge piu
cue da coloro- che o non hanno , o non pare che abbiano convinzioni
chiare e ferme, e una bandiera di colore ben dcterminato. II che si
yede anche nel giornalismo. Giacche quali sono i giornali in Italia
e fuori che hanno piu credito e piu associati? I dubbii forse? I con-
cilialori ? Quelli che hanno una tinta mezza cattolica e mezza libera-
le? No, per fermo. Ouesti sono anzi giornali poco noti e meno letti.
II grosso e il meglio degli associati corre ai giornali francamente e
schiettamente catlolici.
Mirino i cattolici e si specchino nel loro capo e padre e maestro ,
il Sommo Pontefice Pio IX. Ouando mai egli patteggio coll' errore
per voglia di amicarsi gli erranli? Ouando mai fece la piu piccola
concessione alle esigenze della diplomazia , o della sociela moderna
per ottenerne un elogio o la protezione ? Quando mai egli rifuggi
dall' incontrare qualunque siasi anche piu forte odiosita, per iimore
di non rendersi forse impopolare ? Per difendere un bambino ebreo,
povero e abbandonato da tutli, il Sommo Pontefice Pio IX non euro,
ne sla curando le ire massoniche , o siano veslile alia democratica,
o alia diplomatica, o alia teatrale. Non risparmia Egli le pubbliche
ammonizioni e le riprovazioni ai potenti della terra. E non si cura di
sapere se quei potenti son quelli che, umanamente parlando, possono
restituirgli il rubalo o rubargli ancora quei che gli resta. Anzi tutto,
il dovere , la verita , la giuslizia. Del resto non si prende pensiero.
LA REAZIONE CLERICALE IN ITALIA liii
Or bene, che accade? Accade che, avendo il So»rao Ponlefice
Pio IX cercato appunto anzi tutlo regnum Dei et iusliliam eius , il
resto gli e slato aggiunto in misura slraordi&aria.
Solo Ira i Principi d' Italia, conserva in faccia alia framassoneria
invano fremente il suo regno, colla speranza ferma e ognor piu pro-
Labile di riavere il perdulo. Solo e ammirato ed encomiato per lutlo
il mondo, come il sostegno delle vere dollrine e la rocca ferma con-
tro cui si spezzano i vani flutti degli errori e delle congiure settarie.
La sua polizia e onesta : e nonostante questo difelto, che renderebbe
ridicola quasi ogni altra polizia di questo mondo, essa riesce sempre
a sventar tutte le mene dei framassoni. La sua diplomazia e sempre
retta ; e nonostante queslo abuso del medio evo , che manderebbe a
fondo in due giorni moll! Governi d'Europa , essa e rispettata e in-
fluente piu di qualunque altra. La sua prolezione e la sua ospitalila
$ sempre per il debole e per 1' oppresso : e nonostante questo proce-
dere antipolitico , essa trionfa di ogni opposizione e di ogni impopo-
larita, Pio IX, privo delle sue rendite, paga fedelmente i suoi debit] .
Questa sua lealla , compatita dai politic! come semplicila , invece di
impoverirlo , V arricchisce molto piu che non farebbero i venali pat-
teggiamenli offertigli dalla umana politica.
Mirino in questo faro i dabben cattolici erranti nei flulti tenebrosi
delle idee moderne e della polilica utililaria. Si persuadano che, vo-
lendo riuscire alia liberalesca , non riusciranno ne come cattolici ne
come liberali. Non transigano coll' errore. Non concedano nulla alia
politica, Si fidino della sola verila. Lodino quella sola liberta qua
Christus nos liberavit. Non temano 1' impopolarilL Non corrano
dietro gli elogi del mondo perverso. Si persuadano che Dio e la sua
Chiesa non hanno bisogno di nessuno, e molto meno di chi vuol di-
fenderla con mezzi troppo umani. Non defensoribus istis tempus egel.
Non cerchino vanamente illuminar la Chiesa e il Papa. La Chiesa ha
il suo sposo Cristo, e il Papa ha il suo maestro lo Spirito Santo. Alia
Chiesa e al Papa obbediscano.volentieri, non solo nelle cose di fede,
ma ancora in tutto il resto, ove il loro magistero si mostra anche indi-
rettamente. Subiuyaleintellectum vestrum. Cosi solamente si former^
quell'unita perfetta e santa che 5 pegno cerlissimo del trionfo avvenire.
Serie Vt vol. XII, fasc. 350. 10 30 Settembre 1864.
ON 0 RIO I. ;
SECONDO IL DOLLINGERi
§. v.
Quanta malamente il Dollinger accusi Onorio di avere in opera
di error e oltrepassato il Tipo. Esame di questo documento.
Nel fatto del monotelismo sembra che il Dollinger siasi proposto di
acconciare ad Onorio la parte piu rea. Ed in vero si spande in Orien-
te per opera di suddoli Prelali la pestilenza della eresia monolelitica ;
la colpa, secondo il Dollinger e di Onorio, perche assent! all'errore,
perche lo predico recisamente , perche lo sostenne dalla Sede Ro-
mana colle sue leltere. Muore 1'accusato Pontefice, ed in Coslantino-
poli si promulga 1'empio bando imperiale della Ettesi, dal quale,
come da munito riparo, e saeltato crudelmente il dorama cattolico ; e
questo ancora si pone a carico di Onorio , affermando che le lettere
di lui hanno condotto a tanla scelleralezza. Venula meno all' intento
la Etlesi, s'immagina )a iniquita del Tipo, ed Onorio perlasenten-
za del Dollinger oltrepassa di lunga raano la tristizia di questo se-
condo ordigno della eresia. In somma nella promulgazione e nel
rassodamento dell'errore, nella nequizia delT/Rfeft, nella empieta
del Tipo, primeggia sempre la opera potente di Papa Onorio. Quanto
1 Vedi il volume precedents, pag. 673 e segg.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 147
alle due prime col pe, gli slrazii fatli allalogica, gli storpiamenti
arrecali ai concelli di Onorio , e gli errori presi nel giudicare la
dottrina del medesimo sono argomenli piu che bastevoli a prova-
re , che esse debbonsi tenere in conlo di un giuoco di rappresenta-
zione, iraposlo con somma indegnita ad Onorio. Procediamo ollre e
Iroveremo doversi conchiudere parimente percio che gli si appone
a paragone del Tipo.
Riferiamo il capo di accusa colle stesse parole dell' Autore : « II
« Tipo non ando tan to ollre, quanto lo scritto di Onorio; poicM
« questo si dichiara esplicitamente per 1'errore dell'wwa volonta;
« laddove il Tipo impone soltanto il silenzio sopra lulta la qui-
« stiorie 1 ». In questa sentenza voi avete bensi Onorio percosso
chiaramente da crudo biasimo, ma non la conlroversia rappresentata
nella debita ampiezza. Onorio , come leggesi nelle sue lettere , ap-
provo e confermo 1'ordine del silenzio sopra tutta la quistione. II
Dollinger ne qui , ne altrove, fa cenno di quesla circostanza. Essa
avrebbegli dato non piccolo impaccio, in quanto il ch. Dottore sa-
rebbe stalo costrello a provarvi da un lato, Onorio banditore della
eresia monolelitica, non ostante dall'altro 1'ordine del silenzio impo-
sto dal medesimo e la protesta di non definire comechessia la qui-
slione insorta. Tutto questo avrebbe per lo manco gittato alcuna
ombra intorno al personaggio di piu che schietlo monotelita , che ii
Do'llinger volea in tutta verila far giuocare ad Onorio. Quello che per
qual che siasi motivo fu intralasciato , facciamo noi. Ecco adunque
in qual modo vuolsi esporre nella sua interezza 1'accusa : « Onorio
non solo pareggio la empieta del Tipo, ordinando il silenzio sopra
la quislione dell'wwa o duplice operazione, ma la vinse predicando
esplicitamente 1'errore MYuna volonta ». Due sono i punli da con-
siderare in questo concetto : un' eguaglianza ed una disugitaglianza
per eccesso. Laonde trattandosi di eguaglianza e disuguaglianza ,
perche la wila sprizzi in lulto il suo fulgore , adoperiamo come i
1 Der Typus ging aber nicht so welt, als das Schreiben des Ilonorius,
denn wahrend dieses sich ausdrucldich fur die Lehre von Einem Willen er-
kliirte, gebot der Typus bloss schweigen uber die ganze Frage. Pag. 136.
148 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
matematici quando cercano i rapporli di piu triangoli; esaminiamo,
cioe, le propriela inlrinseche del discorso del Tipo e di Onorio, con-
frontiamo e deduciaino irrepugnabilmente.
Pigliamo in primo luogo il Tipo. II tenore di questo decreto impe-
riale e in senlenza ii seguenle : « II nostro popolo ortodosso e forte-
niente turbalo, essendoche altri affermano trovarsi in Crislo una vo-
lonla ed una operazione, stante la unila di persona, ed altri per lo
contrario sostengono avervi due yolonta e due operazioni , allesa la
doppia nalura, divina ed umana. Onde, per amore della pace e senza
delrarre al domma, ordiniamo ad ambedue le parli di non metlere
disputa sopra colale quislione, pena la degradazione, il bando, la con-
fisca ed altre condanne, secondo la qualila ed il grado degli inobbe-
dicnli. » Tanto senlenzia Costante autore del Tipo, sedendo giudice
tra le due parti contendenli. Nulla diciamo della disonesla ond' e
improntato cosiffatto divieto, non essendo allro che un sacrilego at-
tentato dell'uomo laico contra la credenza catlolica a cui prescrive
ia legge , e 1'effetto di svergognata suggestione fatta all' Imperatore
dal primo Prelalo dell' Oriente. Non e questo il riguardo sotto del
quale lo vogliamo considerare. Le nostre osservazioni cadono sopra
la giustizia ed il domma.
1. Scorrendo il discorso del Tipo Ti si affaccia di tratto la ini-
quila del processo in tutta la sua laidezza. Che fa I'Aulorc in esso?
Banna le due parti a perpetuo silenzio intorno alia loro contesa , e
determina le pene piu gravi conlro chi non 1'osserva. E queslo
sopra qual fondamento ? Sopra quel dell' arbilrio ; dacche proposti i
termini della causa non solamente non si dibaltono le ragioni del pro
e del contra , ma nemmanco se ne gitta alcun motto. Una sentenza
che venisse pronunziata da qual che si fosse tribunale con questo
procedimento , chi non la riputerebbe un amarissimo scherno della
giustizia, anziche un atlo della medesima? Cosi e: ed il Concilio di
Laterano da rilievo a tale iniquila e ne move querela 1.
1 Nam siquidem per approbationcm scripturae, lioc cst patcrnae doctri-
nae, reprehensibile pariter aut laudabile ulrumque ostenderet, bene quidem
ntique fuissct typus expositus, propter utriusque approbatam per spiritales
seymones reprchensionem , aut per spiritales palrcs utriusque taciturnitalem
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 149
2. Pognamo die un tribunale conosca oUimamenle da quale dei
due conlendcnli slia la ragione. Non commellerebbe una solcnnc in-
giuslizia , sc nella sentenza li pareggiassc ? Chi ne pu6 dubitare ?
Tant' e del Tipo: lo testificano i Padri del Concilio allegalo 1. Ne e
difficile ricavarlo dai documenli, che ancor ci rimangono si nelle let-
tere e nei decreli dei Ponlefici, come negli indirizzi di varii sinodi 2.
Valga per lutlo il fallo istorico dell' essersi i monotelili di Costan-
linopoli trincerali prima nell'edillo imperiale dell'Ellesi, e poscia con
nuova malizia in quello del Tipo, perche sire Hi da ogni banda dalla
forza della verila 3. A questo atlo di conosciuta iniquila va congiunto
ancor quello della piu ribalda tirannia , stanleche si voglia aspra-
menle punita la parte catlolica nel caso che professasse apertamente,
conforme al precello dato dal Redentore, il domma conlraslato. Del
che non e a dire se siansi uditi alti lagni jn Laterano , come di una
scelleratezza sommamenle abbominevole 4.
definiens, ant e contrario pro eorum laudabilitate utriusque professionem.
Si autcm nihil horum penilus demonstramt , sed taciturnitati pariter pcrhi-
buit unam ant duas dicere in Christo Deo operationes et vohtntates, sufficit
nobis patriarchae voce serenissimum Principem alloqui, etc. MAASI, Coll.
Cone. T. X, col. 1034.
1 Eaec autem neque ipse Paulus, neque hi qui cum eodem scntiunt,
Cyrus, Pyrrlms, et Sergius cogitaverunt ad refraenalionem aut correctionem
suorum malorum, pro nihtlo habentcs, cum omni liccntia divina catholicae
Ecclesiae mysteria deludere, et contra patcrnas traditiones absque limore
inccdere, ac si eorum sit in potestate ct esse ct non esse nostrae salutis
cvangelium. Ibid. col. 1035.
2 Cf. Apologtam HONORII ad Constantinum Imp. ; Epist. TIIEODORI Pont,
ad Paulum Ep. Cp.; Libr. diurnum PP. et Cone. Later. Seer. II.
3 Veracitcr sicut de eo (Paulo Palriarcha Cp.) suggestiones ct accusalio-
ncs pronunciant et incipiens acriter novitatem (Ecthcsim) defendere studuit,
ct perfitiens DOLOSE typum fieri persuasit Qui dcrelinqucntcs catholicae
Ecclesiae paternas synodalesque dcfinitiones ac scrmones ad sacculares ty-
pos CALLIDE proper a vcrunt, pariter quidcm tarn suam obcclantes perfidiam
quamque aliisinique irrogantes qucrelas. MAKSI, Coll. Cone. T. X, col. 1018.
4 Nullo modo oportet contra cos qui minime dcnegant pariter utrumque,
id est, unam aut duas dicere in Christo operationes et wluntatcs, sine di-
scretione indignalionem infligerer sed iuste contra cos tantummodo hanc
150 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
3. Insieme coi dirilti dei contendenli e gravemente offesa anche
la fede. Difatto se osservate il Tipo dal lato della teorica, esso vi pa-
reggia la eresia al domma, dispetta la tradizione, calpesla 1'autorila
contraria dei Concilii : se invece lo mirate dal lalo della pratica, es-
so contraddice alia Scritlura, la quale ordina di avversare sollanto il
male e non mai il bene ; va contro all' insegnamento dell' Aposlolo,
il quale vuole 1'esercizio di una pura credenza senza mischianza di
errore ; non cura il precelto di Cristo , il quale ha inlimato di con-
fessare e sostenere ad ogni patto i dommi rivelati l.
1. No vale il dire, che nel Tipo non si nega il domma, ma sol tan-
to si vieta di parlarne in pubblico e cio per amore della pace. Giac-
che, come saviamente rispose S. Massimo al Vescovo Teodosio, il di-
vietare la professione di un domma torna a un medesimo che negar-
lo. Tanto piu che nel casp presenle, proibendosi il soslenere la du-
plice volonla e la duplice operazione in Cristo, si veniva a corrompere
e ad annientarc lutto intero il mislero delia Incarnazione 2.
5. A questo Tuolsi aggiungerc, come ultima cagione di quel som-
mo abbominio in che e da lenersi il Tipo, la pertinacia erelicale on-
de proviene. Quel Paolo Patriarca diCostantinopoli, che lo immagi-
no e suggeri, venne a tanta nequizia dopo di essere stato ammonito
e corrcllo benignamente dai Papi in iscritto ed a voce per mezzo
degli apocrisiarii, e corifortato dalle leltere sinodali dei Vescovi afri-
proferre, qul non confitcntur, quas probctbilcs Ecclesiae pains con/iten-
tur qvflniam omnino est inconveniens cathollcae Ecclesiae reyulac, in
qua utiquc adversa tantummodo iiibcntur merilo sepcliri silenlio: non cnim
orthodoxa cum contranis confitcri omnino, aut quoquomodo dencgare.
Ibid. col. 1034.
1 Vedi le osservazioui fattc dai Padri del Concil. Later, sopra il Tipo ; il
Canone XX, uel quale si pronunzia la condanna dello stesso, e S. MASSIMO,
in relations motionis in Secretario.
2 Kal sTira?* OOx. avatfsotv TWV ispwv TUTTO; 9wvwv , aXXa aicoTTr, , tva TT.V stprjVYiV
oi"xovoaxawa£v. Kal slircv' "Ecn T^apa Tr, Osia Fpaovi (nwir/i y.at avaipsat; IIoo-
^pavwc TO X.KT' aurov oXov v&6cUct a'jarrv'piov , 6 [xvj 6ac).:*^wv aurov slva*. 07:sp ian
TWV -poGo'vTwv a'jTw xa6' Ix.arspov, lv d; 7£ y.al CXTTSP ia~i, TTSWT
•roiv. In relatione cit.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
cani a professare la verila catlolica 1. Ci e pervenula una sua epi-
stola a Papa Teodoro e trovasi negli alti del Concilio di Laterano,
nella quale non si sa se debbasi dare il primo luogo alia petulanza,
o alia ipocrisia, od alia caparbiela, con che sosliene il suo errore. I
Padri del Concilio, a cui si lesse , ne furono stomacati 2. Ecco la
sozza origine, donde sorse il Tipo !
Raccogliendo ora il risultalo del nostro esame, abbiamo iniquity
nella forma, iniquilSt nella sentenza, empiela erelica nella sostanza e
perlinacia profondaraenle radicata nell'errore, quali note o propriela
particolari del Tipo. Onde qual meraviglia, che da S. Massimo, dai
Padri del Concilio di Laterano e da Papa S. Martino esso \enga
detestato quale scrilto empissimo, quale conato pin scelleralo del-
f Ettesi contro la fede, quale nefanda bestemmia , quale annienta-
mento della credenza catlolica 3? Un'opera colanlo moslruosa e ben
meritevole di lutti questi nomi e di altri somiglianti.
VI.
Paragonala la sentenza di Onorio con quella del Tipo, si conchiude,
esser la prima il contrapposlo della seconda.
Venendo ora agli scrilti di Onorio , eliminiamo in prima la dis-
uguaglianza per eccesso , ossia 1' accusa che Onorio abbia vinlo in
malignila il Tipo, predicando esplicitamente una volonta in Cristo.
. 1 Ecce igitur ut lam fati sumus per ca quae scripsit, m&nifestavit, quo~
nlam canonice admonilus est, tarn per apostolicas praeceptiones, quamque
per reverendissimos apocrisiarios summac sedis vestrae. MANSI, loc. cit.
col. 1027. Cf. et Epistolam Episcop. Africae, col. 930.
2 Ibid. 1027.
3 Et non sohim hoc facere nullatenus voluerunt: sed et nunc successor eius
Paulus, temerator fidei, episcopus Constanlinopolilanus, allud nequiiis exco-
gitamt in praehidicium catholicae fidei conamen, quasi quae a decessoribus
suis haeretice exposita fuerunt dcstruens; et imperialem typum, sacrilego
ausu, totius plenum per fidiae, a dementissimo principe nostro fieri persuasit,
in quo promulgatum estf ut omnes populi Christiani credere debuissent. Cos!
il Papa S. Martino in epist. ad Amandum Episc. Traiectensem.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
Essa e affare di conto si lieve che si disbriga ia poche parole. Ab-
biamo dimostrato nel paragrafo secondo che il Dollinger prese nel
senso di unica volonta divino-umana, quella che nel concetto di
Onorio non e che la volonta umana in Cristo. Piu, riel paragrafo ter-
zo abbiamo fatto vedere, che 1' errore del Dollinger e in gran parte
originate dall' aver lui confuso il simpliciter velle col tali modo velle.
Adunque questa accusa e assolutamente priva di fondamento. Pas-
siamo all' ultra della eguaglianza in opera di reita, che si suppone
tra 1'ordine del Tipo e quello che incontrasi nella leltera di Onorio.
A chi senza idea preconcetta legge il discorso di Onorio, sfolgora
tanto vivace la equita del processo e la giustezza della conchiusione,
quanto rileva e spicca la iniquila e la ingiustizia per 1'uno e Kaltro
rispetto nel Tipo. Onorio pone il principio, vi discorre sopra e, se-
condo il ragionato, deduce le conseguenze. Egli piglia la voce ope-
razione od eneryia, siccome abbiamo provato altrove e il Dollinger
loconsente, nel significato di opera estrinseca dell'individuo. Onde-
che, avendovi molle e svariate maniere di opere estrinseche indivi-
duali, rettamente inferiscc, 1.° esser vano il disputare, se propter
opera divinitatis el humanitatis debbano dirsi derivate una o due
operazioni: 2.° non avervi canone di Concilio, che lo defmisca, anzi
la Scrittura insegnare il conlrario. Cio posto, apparendo per Tuna
parte nuovo 1' uso della voce una o duplice operazione, e per T altra
potendo riuscire di scandalo ai semplici , in quanto sotto il nome di
duplice operazione avrebbono potulo inlendere 1'errore della duplice
personalila in Cristo predicate da Nestorio, e sotio quello di una ope-
razione, 1'altro della unita di natura sostenuto da Euliche, conchiu-
de doversi dismetlere cotali voci per cessare le perlurbazioni e gli
scandali , che da tal novila sarebbono cagionati nella Chiesa. Che
Ve da riprendere in queslo discorso, sia nel suo processo logico,
sia nelle sue conseguenze teoriche o pratiche? Pigliando il vocabolo
operazione nel senso datogli da Onorio, esso corre si limpido e dirit-
to, che nulla piu. La voce una e duplice operazione, egli dice, non
avendo in suo pro alcuna definizione di Concilii, e standole piultoslo
contro 1'autorita della Scrittura e 1'uso, riesce per giunla nuova e di
rischio alia fede. Adunque non si adoperi : pognamo che non disdica
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 153
in grammalica il ridurrc le operazioni eslrinseche di Cristo AYunita
in riguardo della persona onde Iraggono la individuazione, ovvero
alia duplicita per rispetlo della doppia qualila or divina ed ora uma-
na , che moslrano secondo die provengono dalla divinita inabitante
in Cristo o dalla umanita assunta dal Verbo , e che in queslo senso
da qualche scriltore siano slate usate tali voci , parendogli di espri-
mere viemeglio il suo concetto 1. Esaminate pure quanto volete que-
sto decreto ; sempre vi comparira splendida colla giustizia della for-
ma la equil^t dell' ordine irnposto : giacche prima di sentenziare si
pesano le ragioni delle due parti , e non si viene al divieto priraa di
averne librato la onesta e la convcnienza dell' imporlo.
Ne dubitate che pel silenzio ordinato ne scapiti il domma. La dol-
trina di Onorio si accorda pienamente con quella del Concilio di Cal-
cedonia, rovesciata dal Tipo. Facciamone in prova un breve confron-
to circa il punto da noi disputato : Sequentes sanclos patres, definisce
il Concilio citato, confileri docemus. . . . unum eumdemqiie Christum
filium Dominwn unigenitum in duabus naturis inconfuse, immutabili-
ter, indivise, inseparabiliter agnoscendum, nusquam sublata natura-
rum differentia propter unitionem, magisque salca proprietate utrius-
que naturae, etin undm personam alque subsistenliam concurrenie %.
Un solo Cristo in due nature, niuna mischianza sostanziale o permu-
tazione di queste, interezza delle proprieta dell'una e dell' altra con-
1 Non oportet ad dogmata ecclesiastica retorquerc, quac neque synodales
apices super hoc examinantes, neque auctoritatcs canonicae visae sunt ex-
planasse, ut unam vel duas energias aliquis praesumat Chris ti Dei praedi-
care; quas neque evangelicae vel apostollcae litterae, neque synodalls exa-
vninatio super Ms habila visae sunt terminasse: nisi fortassis, sicut prae-
fati sumus, quidam aliqua balbutiendo docuerunt Nos enim non unam
operationem (energiam) vel duas Dominum lesum Christum, ciusque San-
ctum Spiritum sacris lilleris percepimus, sed MULTIFORMITER cognoscmtts
operatum. — Et nos quidem secundum sanctiones divinorum eloquiorum
oportet saperc, vel spirare, ilia videlicet refut.mtes, quae quidem novae vo-
ces noscunlur sanctis Dei Ecclesiis scandala gcnerarc, ne parvuli aut dua-
rum operationum vocabulo offensi,scctantcs Nestoridnos, nos vesana sapere
arbitrcntur: aut eerie si rursus unam operationem Domini nostri lesu Chri-
sli fatcndam csse censuerimus, stulta Eutychianistarum attonilis auribus
dementiam fatcri putaremur. Epist. I.
2 MANSI, Coll. Cone. T. VI.
154 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
correnli in una sola persona : ecco la professione di fede promulgafa
in Calcedonia. Ne si trova punto dissomigliante quella predicata da
Onorio. Confileri debemus, egli scrive nella seconda leltera a Sergio,
utrasque naturas in uno Christo unilate naturali copulatas (eccovi un
solo Cristo in due nature), cum allerius communions operantes, et di-
vinam qiiidem quae Dei sunt operantem , et humanam quae carnis
sunt exequentem ( eccovi salvata la proprieta dell'una e deH'allra
natura in una sola persona ) non divise, neque confuse, aut conver-
tibiliter Dei naturam in hominem et humanam in Deum conversam
edocentes, sed naturarum differentiam integram confitentes ( eccovi
la integrita delle due nature senza miscbianza sostanzitle o permu-
tazione dell'una neH'altra}.
Ne si dica, che nel Tipo ancora si fa solenne professione del dom-
ma , quando nel fatlo si annienta. Imperocche indicandosi nel Tipo
per la voce operazione od energia, la propriela intrinseca delle na-
ture, di cui favella il Concilio mentovalo, e chiaro che, divietandosi
poscia il professarne la credenza , si viene con turpe conlraddizione
a togliere di mezzo quel domma che diceasi voler salvo. Non cosl
Onorio ; avendo egli preso la voce energia nell' altro significato di
operazione individuate , polea francamente e senza la menoma con-
traddizione proibire, che in questo senso si predicasse la una o la
duplice energia, in quella che asseriva doversi confessare in Cristo
la interezza della proprieta inlrinseca dell' una e dell'altra natura.
La ragione e di per se evidenle, essendo lecitissimo in logica affer-
mare e negare un predicate intorno ad un medesirao soggelto soito
riguardi soslanzialmerite diversi.
Passiamo dallo scrillo alia persona. Se giudicanclo a' fatti , dove-
le condannare il consigliatore del Tipo quale astuto ed arrabbiato
erelico ; per lo contrario la equita domanda che abbiate Onorio in
conlo di uomo acceso di grande zelo per la purezza della fede e per
la unita cattolica , ed in istirna di savio conoscitore dei dommi san-
citi dal quarto e dal quinlo Concilio ecumenico ed annullali dai mo-
notelili col loro errore. Lo scisma dell' Islria , occasionalo dalla
condanna dei Ire Capiloli e spento merce la dottrina e la saviezza
di Onorio, dopo settant'anni di durata ; la pubblica slima fti Roma
che dicealo dopo morte emulatore di S. Gregorio Magno per virtu
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 155
e per sapere 1 ; la commendazione del domma , e la ferma volonta
di conservarlo inlalto , esprcssa in parecchi luoghi delle leltere ac-
cusate, ce ne pongono la prova piu lampante. Di qui una doppia
ragionevole conseguenza, vale a dire, la necessita di dare una sana
interpretazione a' suoi scritli, se pure vi occorresse qualche concetto
oscuro, e la certezza che, durante la sua vita, non si ebbe il meno-
mo sospetlo di qualche suo errore formale o maleriale in fede, co-
mecche fra la data delle due lellere a Sergio e la sua morte fosse
corso lo spazio di circa qualtro anni.
Da do che abbiamo sin qui ragioualo non e mestieri il dire qual
sia il risultato del nostro esame. I lettori 1' harmo dinuanzi : iniqui-
ta, eresia, furba pertinacia nel Tipo ; equita, giuslezza di ragioni,
professione indubitata del domma nelle letlere di Onorio. Ecco le
qualita dei due document! tolti ad esaminare ! Giudichisi ora, se la
dottrina di Onorio vinca in nequizia il Tipo, oppure se il Tipo non
sia un reissimo contrapposto della medesima. Ma essendo vero che
Segnius irritant animos quae sunt demissa per aures,
Quam quae sunt oculis subiecta fidelibus;
1 Le belle doti e gli egregi fatti di Onorio si trovano espressi nella se-
guente epigrafe, posta sopra il suo sepolcro :
Pastorem magnum laudis pia praemia lustrant
Qui functus Pctri hac vice summa tenet;
E/fulgit tumults nam pracsul Honorius istis
Cuius magnanimum nomen honorque manet.
Sedis apostolicae meritis nam iura yubernans
Disperses revocat, optima lucra refert,
Utque sagax animo divino in carmine pollens
Ad mtam pastor duccre nomt ovcs.
Histria nam dudum saevo sub schismate fessa
Ad statuta patrum tcque moncnte redit
Quern doctrina polens, qucm sacrae regula vitae
Pontificum paritcr sanxit habere dccus,
Sanctiloqui semper in te commenta magistri
Emicuere tui lamque fecunda nimls.
Namque Grcgorii lanti vestigia iusti
Dum sequeris cupiens et meritumque geris,
Aeternae lucis Christo dignante perennem
Cum patribus sanctis posside iamque diem
156 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
poniamo di fronte 1'uno all'altra. II divieto in quello ed il comando
in questa circa la professione di uno stesso domma rendera sensibil-
mente manifesta la mostruosa contraddizione , in che si trovavano
gli uomini di Costanlinopoli colla credenza cattolica per rapporto ad
Onorio.
Divieto del Tipo
Cognoyimus in multa perturba-
tione esse nostrum orthodoxum po-
pulum,utpote dicentibus quibusdam
(i monoteliti ) unam Yoluntatem in
dispensatione raagni Dei et salvato-
ris nostri lesu Christi et eumdem ip-
sum operari divina et humana ; aliis
autem dogmatizantibus (i cattolici)
duas yoluntates et duas operationes
in eadem dispensatione incarnati
Verbi: et illis quidem in satisfactio-
ne propter unam personam, esse
dominum nostrum lesum Christum
in duabus naturis inconfuse et indi-
yise yolentem et operantem (ecco
Verrore monotelico che attribuisce
la virtu naturale del volere e dell'o-
perare alia persona) : aliis autem
propter convenientes naturas indivi-
se in ipsa una pepsona, et ut salve-
tur et maneat earum differentia se-
cundum naturas, eumdera ipsum u-
num Christum naturaliter operari
divina et humana (eccovi la verita
cattolica che da la virtu , o la ope-
razione alle nature e I'uso alia per-
sona). Quapropter sancimus, nobis
subiectos non habere licentiam
inyicem a praesenti de una yolun-
tate aut una operatione, aut duarum
operationum qualemcumque prefer-
Comando di Onorio
Ceterum quantum ad dogma ec-
clesiasticum pertinet , quae tene-
re, yel praedicare debemus propter
simplicitatem hominum , et ampu-
tandas inextricabiles quaestionum
ambages, sicut superius diximus,
non unam yel duas operationes in
mediatore Dei et hominum definire,
sed utrasque naturas in uno Chri-
sto unitate naturali copulatas, cum
alterius communione operantes at-
que operatrices confiteri debemus :
et diyinam quidem, quae Dei sunt,
operantem : et humanam , quae
carnis sunt, exequentem (eccovi due
operazioni o virtu attive secondo il
numero delle nature giusta la cre-
denza cattolica, ed il comando di
professarle) .
Pro una quam quidam dicunt, o-
peratione , oportet nos unum ope-
ratorem Christum dominum in u-
trisque naturis yeridice confiteri
( I'uso delta virtu naturale predica-
to della persona) : et pro duabus
operationibus.... ipsas potius natu-
ras, id est, diyinitatis et carnis as-
sumptae in una persona unigeniti
Dei Patris, inconfuse, indiscrete at-
que incontroyertibiliter nobiscum
praedicare propria operantes (eccovi
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 157
re allercationem , ant contenlionem di huovo il comando , e ribadita la
aut rixam (ecco il divieto) '. verita che le nature hanno la pro*
pria operazione) 2.
II Tipo distingue in termini recisi la dottrina eretica dalla catloli-
ca , e con quel suo sancimus non habere licentiam vieta la confes-
sione tanto dell'una, quanto dell'altra. Onorio per 1'oppostoreca
soltanto il domma calto'lico, ed ordina colle gravi parole confiteri de-
bemus, oportet- veridice confiteri, nobiscum praedicare, che il mede-
simo si profess! altamente da ognuno. Non vuole che si adoperino
le voci una o duplice operazione, ma abbiamo gia veduto in qual
senso. Non parla della doppia virtu voliliva , perche nella lettera di
Sergio, a cm rispondeva , la questione era mossa direltamente circa
la unita di operazione, unum existit capitulum de UNA OPERATIONS
Christi magni Dei et salvaloris nostri : Sophronius contradixit ad
VNWS OPERATIONS capitulum i senza che 1'atto del volere e com-
preso da' Greci sdtto la voce generica energia 3. Adunque il Tipo
\1eta, comanda Onorio : quello confonde la verila colla menzogna ,
questi le dispaia : e percio quanto e perverso, erelico ed ipocrita il
primo ; tanto e retlo, catlolico ed esplicito il secondo.
VII.
Un entimema ed uri asserzione del Dollinger. Si dimostra come
luno e lallra pecchino di falsita per confusione di concetti nel
loro autore.
i
II Dollinger tornando alle prese non \i dimostra Terrore di Ono-
rio, sia citando le parole di questo e quel trallo delle sue lettere a
Sergio, sia paragonando la doltrina dello stesso Pontefice con quella
dell' Ettesi e del Tipo. Pigliata un'altra yia, \i propone il discorso
che, secondo lui , trasse il povero Papa al monotelismo, acconcian-
dogli in bocca il seguente entimema : « E uno colui che yuole ; dun-
1 MANSI, T. X, col. 1031.
2 Ibid. T. XI.
3 At manuum opera ct velle et dicere: Yolo, mundare, humanitatis ipsius
(Tttt
153 ONORIO I. SECONDO IL BuLLIN&ER
que in Cristo evvi una volonta sola : giacche la volonta e appartenen-
za della persona e non delle nature 1. » Ma questo argomento e fie-
ramente magagnato sotto piu riguardi. II Dollinger in pruova di esso
cita in genere la seconda lettera di Onorio a Sergio, e due altre so-
miglianli iriviate a Giro ed a Sofronio, nella medesima soltanto men-
zionate. Eppure chi lo crederebbe? in queslo documento non s'in-
conlra nemmanco la voce, volonla. Ciononostante si cita quale fonda-
mento deH'enlimema 1 Sc non si narla della volonta, si potrebbe sog-
giungere, ragionasi distesamenle della operazione. L' atto della vo-
lonta non e egli compreso nel concetto di energia od operazione?
Oltimamente: e perehe non avvertirne il leltore? Lalealtalorichie-
deva per torgli la credenza insinuata dalla citazione, cbe Targomen-
to proposto si trovasse in termini nel documenlo nominate , quando
invece esso e ca\7ato da voce erroneamente intesa , come vedremo
poco appresso. Intanto domandiamo : per qual motivo, o sopra quale
fondamenlo il ch. Dottore invoca a suo pro cotesta letlera? Onorio
confessa pure altarnenie in essa , che le due nature in Crislo sono
OPERAXTES et OPERATRICES: ne contento di aver cio confessato una
volta, torna a ripetere, che oporlet praedicare duas naluras id est,
divinilalis et carnis assumptae in PERSONA unigeniti Dei Palris pro-
pria OPERANTES. Di cosiffatta confessione non esce egli spontanea
la conseguenza: dunque, secondo Onorio, e la natura cbe ha la \1rlu
dell'operare, nella persona del Verbo, e non viceversa; dunque egli
dice tullo 1' opposto di cio, cbe gli fa dire il Doliinger nel suo enti-
mema? La cosa parla da se.
Ma come accadde la citazione di un documento si poco a propo-
sito ? Fu egli inavverlenza ? Fu cieca imitazione di allri ? Fu infe-
delta? Niuna di queste supposizioni. Se non vogliamo soslenere la
somma improbabilita che egli abbia citato il documento a fidanza
senza averlo letto, cio che gli porse la ragione del suo entimema,
fu la seguente sentenza di Onorio , proposta ripelutamente sotto va-
1 Vielmehr war sein Schluss und die Ursachc seines Intlmms Imrz aus-
gedruckt diese. Ein Wollender, also auch Bin Wille; denn der Wille ist
Sadie dcr Person und nicht der Naturen. Honorms hatte im gleichen Sinne
noch einmal an Sergius, so wie an Cyrus und Sophronius geschricben.
Pag. 134.
ONORIO I. SECONDO IL D6LLINGER
rie forme di parole : Oportet nos unum operalorem Christum Do-
minum nobiscum in utrisque naluris veridice confiteri. Piu sotto :
Unum' Christum Dominum nobiscum in utrisque naluris divina vet
humana praedicent operantem. La medesima si legge nella prima
lettera : Quia Dominus lesus Christus Fitius et Verbum Dei, per
quern facta sunl omnia , ipse sit unus ed idem operans divina et
humana plene , sacrae litterae luculenter demonstrant ; ed in fine
della stessa ; hortantes vos ____ ut unum nobiscum Dominum lesum
Christum Filium Dei vim, Deum verissimum in duabus naturis
operatum divinilus, atque humanitus, fide orlhodoxa et imitate ca-
tholica praedicelis. In queste senlenze, disse il Bellinger, si parla
apertamenle della persona ; dunque Onorio mette nella persona la
operazione od energia. Con tale persuasione in capo, eccovelo por-
re in bocca di Onorio I'enUmema sopra riferito, senza avvedersi del
gravissimo abbaglio che prendeva.
In questo fatlo e uopo aver limpidi concetti. Percio giova distin-
guere col Damascene il vario senso delle voci , operazione , opero-
so, opera odeffetto, operante. Operazione (evspvsia) significa la
virtu efficace e sostanziale della natura: operoso (Ivsp^abv) la
stessa natura, donde sgorga cotale ^7irtu : opera od effetto (ivi^wz}
1'alto compito merce della energia ; operante ( Ivsp^wv ) chi si vale
della medesima in ordine all'atlo, cioe, la persona l. Applichiamo.
La sentenza di Onorio : c Dobbiamo confessare un solo Crislo in
ambidue le nature, operante le cose divine e le umane, » deve equi-
valere a quest' altra : « Dobbiamo confessare un solo Cristo , che
sussistendo in due nature si vale della virtu rampollante dalla na-
tura divina, o deH'altra provegnente dalla umana, secondo la qualit^
delle opere or divine ed or umane da compiere. » Onorio stesso ci
detta questa esplicazione. Perocche avendo egli delto due volte che
Cristo e operanle (SvepfGv) in utrisque naluris, ed allreltanlc affer-
mato che le due nature sono operanti (sv£pY°^(jaO *n uno Chrislo,
chi non capisce averci voluto indicare, che 1'aggiunto operante de-
JASV ouv ecrtv r, £pa<rrf/ai jcal CUCTWO^VI; r«; ouosw^ XIVYKTI;'
^8, -n <puoi? &, f^ evsf^sia Trpo'sotv' £vjj>y/i{xa Si , TO rr,s evcf^si
•ywv ^e, 6 x.expY)«J.e'vo; TV; tvsjrfe'.a, T.TSI -r\ unoa-raoi;. De OTthodoxa Fide, Lib. Ill,
c. 15.
160 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
vesi pigliare o nel senso che conviene a colui che si vale della vir-
tu efficace e sostanziale, ovvero nell'altro che si addice a quello che
ministra cotale virtu , secondoche e congiunto col soggetto Cristo
o natura ? Come poi cosiffatto parlare sia schiettamenle caitolico ,
vedetelo nel seguente Iratto del Damasceno : Quoniam igilur duae
Christi naturae sunt, duas proinde eius nalurales voluntates el
duas nalurales operationes dicimus. Quia vero una duarum natu-
rarum ipsius est hypostasis, UNUM et EUMDEM esse dicimus, qui iux-
ta eas naluras, ex quibus , et IN QUIBUS et quae est Christus Deus
noster naturaliter YELIT el AGAT 1. Col che e facile discoprire la
magagna del proposto enlimema. E uno colui che vuole; si concede.
Adunque evvi una volonla sola in Crislo ; si nega, e cio per la sem-
plice ragione , che in questa conseguenza si aUribuisce alia persona
la virtu volitiva , quando essa nella dollrina di Onorio e riferita
apertamente alle nature. E percio siccome e un assurdo altribuire
a chi attinge al fonte lo zarapillare dell' acqua, cosi e una falsita
altribuire alla^ persona di Cristo, che si vale della virtu volitiva
propria delle due nature , la scaturigine della medesinaa. Una la-
menlevole confusione dei termini , eccovi la causa del grave errore.
La memoria delle due formolette , principium quod , esprimente la
persona; principium quo, dinotanle la natura; usitate nella teologia
scolaslica, avrebbe giovato non poco per iscansarlo.
Non altrimenti accade al ch. Dollore in una sua asserzione. Uno
degli artificii storici da lui adoperali si e per Tuna parle di ampli-
ficare al sommo Terrore immaginato in Onorio, e per 1'allra scema-
re , quanto era possibile il colpevole Iraviamento degli autori del
inonolelismo. Ond' e che non potendo conchiudere, esser Onorio ca-
duto nella colpa formale della eresia, assolve liberalmenle della me-
desima anche i capiselta. « E certo, egli scrive, che Onorio non fa
eretico nello stretto significato del vocabolo ; ma e parimente chiaro,
che Giro , Sergio , Pirro e Paolo , non furono eretici ne piu ne meno
di lui 2. » E per provarlo, sapete che fa? Vi conia solto i vostri
1 De Fide orthodoxa, Lib. Ill, c. 14.
2 Und dennoch ist es gcwiss, dass er nicht hacrelisch im eigentlichen
Sinnc war, frcilich aber auch eben so klar, dass Cyrus, Sergius, Pyrrhus,
Paulus es nicht mehr und nicht ivenigcr war en als Hoyorw. Pag. 136.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 161
occbi , un principio tutto suo , alia stregua del quale , come polele
pensare, gli erelici nominati \i compaiono purissimi di ogni labe
erelica. Ma ognua vede csser questa pessima via. La regola, da se-
guitarsi in questo affare , non e quella del proprio cervello , ma sib-
bene quella osservata comunemente nella Chiesa. Pigliamo adunque
tale regola e giudichiamo.
Eccovi i termini coi quali ci vien data dal Suarez : Est tertia
sentenlia , quae docet haeresim non esse sine voluntate direcle eli-
gendi privatam doclrinam contra doctrinam Ecclesiae, ideoque non-
posse esse haeresim cum ignorantia , quae talem voluntatem exclu-
dit; posila autem sufficienti scientia, per talem voluntatem sen ele-
ctionem, statim consummari haeresim absque temporis mora vel alia
admonitione. Haec est sententia communis theologorum , canonista-
rum, expresse Dim Thomae, etc. 1. Yolonta e cognizione di tenere
una dotlrina conlraria a quella della Cbiesa e adunque quel tanto
cbe occorre per cadere nella eresia , o per rendersi , colla manife-
stazione , reo convinto di pertinacia ereticale. Concorre colale \o-
lonta e cognizione nei capiselta del monotelismo Giro, Sergio, Pirro
e Paolo , siccbe debbano portare la condanna di erelici formali ?
II Concilio di Lalerano, sotto Papa S. Martino, non e allro cbe
uno splendido processo giudiziale contro cotesti uomini , formato
sopra accuse e document! irrefragabili. Or bene da questo risulta ,
cbe essi per amore del loro errore corruppero un testo di S. Dio-
nigi Areopagita, falsarono la sentenza di S. Leone, menlirono libri
del Palriarca Menna cbe non esistevano. Affermarono cbe la loro
dottrina era quella dei Padri, e cio con secento testimonianze davanti,
offer le da S. Sofronio , dicenti il contrario ; la dissero conforme ai
Concilii , non ostante la definizione opposta di quello di Calcedonia.
Sergio vario in cenlo modi il suo errore ; Pirro lo disdisse in Roma
c poi vi ricadde. Giro predico la transazione eretica coi Severiani in
Alessandria e la distrusse coll' Eltesi , Paolo professo 1'Ellesi e po-
scia il Tipo : tutli e quattro si mostrarono in perpetua contraddi-
zione. Furono ammonili dai Vescovi , ammoniti e autorevolmente
1 De Fide, Disp. XIX, Sect. 3, n. 8.
Serie 7, vol. XII, fasc. 350. 11 3 Oltolre 1864.
162 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
eorrelli dai Papi; ma indarno, Calpestarono invece i decreti di
condanna usciti dalla Sede apostolica , dispeltarono le sentenze di
deposizione, e dandola per mezzo carcerarono , balterono, esiglia-
rono coloro , clie teneano apertamente pel clomma caltolico. Ouindi
la sentenza del Canone XVIII li condanna e anatematizza quali ere-
tici , die OBSTINATE sapuerunt in vita ed in morte , come Giro e
Sergio , e che in sua PERFIDIA permanent , come Pielro e Paolo
ancora in vita al tempo del Concilio. E il Dollinger manda asso-
luti da ogni colpa formale di eresia cotesta genie , eretica dichia-
rala per tanti capi? 1'addita al mondo come innocente? la eguaglia
ad Onorio? Basta egli il dire, che siagli mancato il vero concello
di do die forma 1'uomo eretico? Oppure e mestieri aggiungere che
egli non considero i fall! , die non lesse i document!, che non si
accorse della grave ingiuria che recava al Concilio ? Noi non sap-
piamo che dire : se sia in colpa del suo giudizio si lontano dal vero,
o la oscurila dei concetti, o 1' ignoranza del fatlo, o 1' amore sover-
chio di qualche sistema, giudichino i nostri leltori.
Chiudiamo 1'esame degli argomenti intrinseci. Che cosa sono le
lettere di Onorio secondo il Dollinger? Uno scrilto die pule del piu
fino monotelismo , che condusse all' Ellesi , che vinse in opera di
errore il Tipo. Ma nel fatto che sono? La espressione di una fede
immacolata, le condannatrici &e\YEttesi, la contradditoria dd Tipo.
S' inlenda reltamente la una volonta affermata da Onorio ; si pigli
la voce operazione nel senso , in cui fa usata dal niedesimo ; si ap-
plichi in rnodo acconcio la dislinzione AelYoperante e deWoperoso,
ossia del principium quod e del principmm quo ; in fine si raffronti
la doltrina della Ettesi e del Tipo con quella corrispondenle delle
leltere sopraddette , e si avra infallantemente per risultato la con-
chiusione diretlamente opposta a quella del Dollinger, come noi ab-
biamo fatto vedere, cioe, un Onorio ortodosso invece di un Onoria
maestro di errore.
I NUOYI ACCORDI DI PARIGI
ILLUSTRATI
DA DODICI ANNI DI CONGIURE
I.
Mentre, per cagione del miovi accord! slipulali in Parigi ai 15
dell'andato Settembre, Ira i due Govern! di Francia e (1! Torino, lut-
ta 1' Italia e in bollimento , e i parlili polilici o municipal! si acca-
pigliano , e 1' uno in danno dell' altro e ciascuno in giustificazio-
ne propria fa process! , epiloghi e ricapitolazioni ; slimiamo pregio
dell' opera compilare anche noi una tal quale ricapitolazione , che
ci par utile all'uopo di crescer la luce, in tanta copia di schiarimen-
li che si vengono adunando , sopra il presente , il passato e il fulu-
ro della questione roraana. Avverta pero il letlore, che la nostra ri-
capitolazione sara differente assai da quelle degli altri. Noi non ab-
biamo in animo di epilogare uua storia pubblica di pubblici fall! e
di pubblici document!; ma invece una sloria secrela di fatti e di do-
cument! in parte pubblici e in parte secret!. E diremo subito, senza
tanli preamboli, che intendiamo epilogare il midollo de'piii importan-
ti Process! politici, in quesli ultimi anni agitatisi dal supremo Tribu-
nale della sacra Consulla di Roma, che meritamenle gode si alto cre-
dito di sapienza, di rettiludine e di sagacila presso il fiore della ma-
gistralura d'Europa. ,,:y ,
— Or a che proposito quesla ricapilolazione ? c'interroghera forsc
qualcuno. La queslione romana non e si fatla che s'abbia da trattare
161 I NUOYI ACCORDI DI PARIGI
col codice criminale. Ella e questione di gius pubblico, di gius in-
ternazionale, di gius religiose; e i process! de5 crimenlesi di lutti i tri-
bunali del mondo, non si vede quale altinenza possano mai avere col
suo risolvimento.
Eppure non e cosi. L' atlinenza clie corre Ira i suddetli Process!
della sacra Consulta, e i termini a' quali c ridolta ora la queslione
romana dagli accord! di Parigi , e tanto intima , che nulla , per
giudizio nostro , diviene oggi piu opportuno a conoscersi e piu ne-
cessario ad illustrarsi. E in vero , a che punlo sta egli 1' ineslrica-
bil nodo di questa queslione, che niuno indovino e riuscilo a sgrop-
pare , niun Alessandro a recidere ? Se abbiamo da prestar fede agli
atti ufficiali ed ufficiosi che si son divulgali intorno agli accord!
summentovati , egli sta in questo : che il Governo della rivolu-
zione italiana , ossia che riscgga in Torino , ossia che risegga in
Firenze , deve abbandonare ogni sua prelensione al possesso di Ro-
ma e del territorio che costiluisce Y odierno Slato ponlifido ; ed
impegnarsi con formal! promesse a non usurparlo direttamenle da
se con le sue truppe regolari , e a nomconsenlire che sia usurpalo
in pro suo dalle sue bande irregolari , quando il presidio francese ,
che lo difende , abbialo sgomberato. Di guisa che il nuovo ripie-
go, escogitato per asseltare comechessia la queslione romana , cioe
la questione dell' indipendenza della Santa Sede , viene ad essere di
farla tutta dipendere quindi avanli dalle « moral! guarenligie pub-
bliche » del Governo della rivoluzione, e dall'onesta, probila e lealla
di chi ne abbia, o sia per averne in mano le redini moderatrici.
Posto cio, se no! con un epilogo, tutto sostanza di falti autentici e
di rivelazioni giuridiche, verremo a provare che il Goyerno della ri-
yoluzione italiana non puo dare queste promesse , o se le da non pud
attenerle; noi certo avremo chiarita questa nuoya condizion delle co-
se , meglio assai che non ayremmo fatto con un prolisso ragiona-
mento dimostrativo dell' assunto medesimo. Adunque lasciando in
disparte quella farraggine di argomenli, che si potrebbero togliere
dalla storia pubblica dei cinque anni decorsi , e che mirabilmente
confermerebbero quest* assoluta incapacila di tale Governo a pren-
dere impegni morali di qualsivoglia specie, risguardanti la conser-
yazione della Sovranita ponlificia in Roma o qualunque altra cosa;
ILLUSTRATI DA DODICI ANSI DI CONGIURE 165
lasciando in disparte le sue furfanlerie diplomaliche, le sue violazioni
dei Iraltali, i decreli del suo Parlarnento, le prodezzc delle sue « an-
nessioni », le braverie delle sue armi neU'lInibria e nelle Marche, la
perfidia degli scribi suoi salariali dentro 1' Italia e fuori, la protervia
dell' accanitissima sua guerra alia Chiesa, al clero, ai dirilti piu sa-
crosanti del Pontificate supremo , il laceramento dei Concordati gi&
vigenli in piu regioni d' Italia : in somma lasciando in disparte tutto
ci6 che e notoria cronaca contemporanea , noi ci ristringeremo ai
semplici ragguagli , che ci forniscono i Processi del Tribunale della
romana Consulta , e con quesli soli ^edremo quale sorta di dimostra-
zione ne risulti, in prova della sopra memorata incapacila.
Vero e che tempo addietro abbiamo un' altra volta fatta parola di
uno di quesli Processi, ed anche neH'antecedenle quaderno abbiamo
esposte le rivelazioni contenute in uno dei recentissimi. Ma ollreche
ci studieremo di abbreviare il poco che ci e bisogno ripetere, il let-
tore trovera tante particolarila aggiunte a quelle, le quali per avvenlu-
ra conosce, che speriamo non gli debba rincrescere del fatto nostro.
II.
fi ora certificato da incontrastabili monument! , da aperte confes-
sion! propalate nella Camera dei Depulati , da fogli e da libri messi
a stampa, che il Governo di Torino, il quale, sino dal 1848, si fece
rappresentante della rivoluzione in Italia, erasi a mano a mano, negli
anni successivi, costituito aniina e centro di tutle le occulte consor-
terie della Penisola, collegate in una col titolo di Sociela Nazionale,
di cui divento poscia cuore e testa il conte Camillo di Cavour, presi-
dente dei Minis tri sardi : e che, con tali forze adunate, quel Governo
scavava e allestiva le mine da sbalzare in aria i troni italiani e segna-
lamente quello di san Pietro , osteggiato a morte dall' odio satanico
delle sette. II celebre Processo di Ancona, che e il primo in ordine di
tempo che ci si fa innanzi 1 , narra di falto come verso il 1852 da
1 Questo e intltolato cosi: Commissaria. Anconetana, ossia II parte della
processura Ascolana di gravissime delinquenze, comprese tutte nel titolo di
Lesa Maesta. Roma, tipi della Rev. Cam. Apostolica 1861. Volume in 4.° di
pag. 614.
166 I NUOVI ACCORDI DI PARIGI
Torino si era gia trapiantata in Bologna, col titolo di partilo deUal-
ta Italia, ossia piernontese, una societa clandestina, creata e anima-
ta dal fiore dei Carbonari del Piemonte ; e fu poi quella die indi ap-
presso ebbe novello vigore ed accrescimento amplissimo dal conte
di Cavour, servito in cio a meraviglia bene da varii suoi provvisio-
nati. Che questa societa mirava, come a lermine finale, « all'unila »
e alia « liberla » d' Italia : il eke e quanto dire , e lo nola avvisata-
mente il compilatore del Processo, mirava allo sterminio degli or-
dini civili, delle corone, della fede e del Pontificalo romano dal no-
stro bel paese. die nel 1855 la guerra d' Oriente avendo imbaldan-
zito i congiuratori, i quali, perocche le grandi Monarchic erano av-
viluppale in region! cosi remote, si confldavano di polere oggimai
scapestrare a lor bell'agio ; costoro si affaticarono per ogni via e mo-
do di addomeslicarsi negli Slati della Cbiesa , e si spartirono rego-
latamenle in Ire larghissimi rami, o « Comitali centrali » solto 1'addi-
rizzamento di un unico capo: Bologna comprendeva le Romagne,
Ancona le Marche, Roma il Patrimonio, 1' Umbria, la Marittima e il
Lazio. Che ognuno di questi tre nidi raccolse le sue leghe, addestro
I suoi faccendieri, coslitui i suoi maestri, assoldo i suoi arrolatori e
specialmente i suoi procacci in gonna ed in farsetto, per tenersi con
rapidila e sicurezza in islrellissimo commercio con tulti i membri
della Irafila : di qualila che i possedimenti del Papa furono lulti ser-
rali nella sottilissima rete , dal Promontorio Circello al Po e dal-
1'Apennino ai due mari.
Nel 185G essendosi fondata da Giorgio Pallavicino Trivulzio e da
Panicle Manin la predetta Societa Nazionale Italiana, d'accordo col
Conte di Cavour , il quale la ingrosso del gran nerbo della sua fa-
zione « piemontese 1 » , la congiura prese ad allargarsi oltremodo :
1 Francesco Carrano a pag. 167-69 del suo Racconto popolare, preceduto
da alcuni cennl sulla vita di Giuseppe Garibaldi ( Torino, Unione tipografi-
co-editrice 1860) non solo reca la lettera di costui, con la qnale ai 5 Luglio
1856 si ascrisse alia Societa Nazionale ; ma porta iltesto dei quattro articoli
costitulivi di essa Societa in queste parole : « 1.° Che intende anteporre ad
ogni predilezione di forma politica e d' inleresse municipalee provinciale, il
gran principio dell'Indipendenza ed Unificazione italiana; 2.° Che sara per la
€asa di Savoia, finche la Casa di Savoia sara per I' Italia, in tutta Festensio-
ILLUSTRATI DA DODICI ANN1 DI CONGIURE 167
stanteche il Governo di Torino comincio a valersi de' suoi agenti,
de' suoi legati e ministri plenipotenziarii presso le corti d' Italia, per
ribellare i soggelli ai Principi, appo cui cosloro erano accredilati : e
questi modclli di cavalleria diplomatica correvano i borghi e le citla
guaslando popoli, corrompendo uffidali, islituendo Comilati, mercan-
teggiando cosdenze, sollevando gli animi ad ire di parli. E il Pro-
cesso, accennali questi maneggi attivissimi, seguita narrando che in
tale anno, per assodare 1'ordinamento, ed aggregare nella consorle-
ria il piu ed il meglio che venisse fatto dei Carbonari affigliuolati al
Mazzini, un diplomatico secondo il cuore ed il senno del Cavour,
cio fu il marches^ Giovanni Antonio Migliorati, « investito dell' uffi-
zio di Incaricato del Governo sardo presso la Corle romana » , corse
le terre del Santo Padre , facendola da apostolo della congiura pie-
montese , stabilendo « commissarii » , e rivocando a se la condotta
primaria di tutta 1'abbominevole tratna. Che nella sollevazione popo-
lare di Pesaro per la tassa delle arti , sollevazione attizzata dai ri-
belli, il nostro diplomatico sardo trovavasi in quella cilia, esempre
accompagnato dai capisetta, co' quali banchettava sfarzosamente.
Che egli alia fiera di Scnigaglia aecaloro 1'adunanza di un sinedrio
seltario , e promosse le offerte per la medaglia d'oro da coniarsi al
Cavour , in premio de' suoi atti nel Congresso di Parigi , dove avea
sostenula la « liberla » dell' Italia.
Ancora fa conoscere che nel Seltembre dell'anno predelto , il me-
desimo signor Marchese enlro in Ancona , piglio stanza all'osliere
della Pace , fe subito ricerca dei caporioni del « Comitato » e con-
gregalili, siccome avea fatlo in Roma e fece poi in Bologna, parl<>
senza velami dei piu reconditi intendimenti, ai quali aspiravail Pie-
ne del ragionevole e del possibile; 3.° Che non predilige tale o tal altro Mi-
nistero sardo, ma che sara per tutti quei Minister! che promoveranno la
causa italiana , e si terra estraneo ad ogni questione interim e piemonte-
se ; 4.° Che crede , alia indipemlenza ed uuificazione dell' Italia sia necessa-
ria 1'azione popolare italiana ; utile a quesla il concorso governativo pie-
montese. » Da cio si ha un nuovo argomento che il Governo piemontese
congiurava contro tutti i Principi d' Italia, unito ad una setta. Nel resto il
Carrano, poco dopo, asserisce che « il Conte di Cavour prese a proteggere e
dlro quasi a governare la Societa Nazionale Italiana ».
168 I NUOVI ACCORDI DI PARIGI
monte. Incomincio ( riepiloghiamo il leslo del Processo) dichiaran-
do chi egli fosse , di che grado ornato , di qual sentimento e di
quanto viva « fede italiana. » Proemio con mille proteslazioni di svi-
scerato affelto all' Italia « unita » ; e passo ad eccitare tutti che fos-
sero di un solo volere , aspettando la propizia opportunila di effet-
tuare Topera gloriosa. Quindi si diffuse in elogi infmili e sfoggiali
al suo Piemonte , die egli disse stare sempre con 1' occhio deslo a
cogliere la congiuntura di invadere 1' Italia e « liberarla » : ma es-
ser mestieri innanzi tulto che le varie unioni massoniche si « rifon-
dessero » nella unione capiianata dal suo Governo. Ball' unita la for-
za. Allora i Subalpini, avvalorati dal nerbo e dalls^ possanza di tanti
prodi , sarebbero scesi nel centro della Penisola, e con gli eserciti e
con le armate vinlolo , sarebbero progrediti nel Regno di Napoli
« porlando per ogni dove la necessaria rivoluzione. » Tutto queslo
richiedere tempo: intanto ciascuno dei fratelli dovere adoperarsi
animosamcnte all' impresa, e non convenire che gli slessi repubbli-
cani negassero 1'aiuto loro.
Dopo cio prosegui a manifeslare che tulta 1'orditura della infame
tela faceva capo in Torino , e proferi il nome di colui che la guidava
e dei principal! suoi cooperatori. Ragiono degli emissarii sparsi in
ogni contrada dell' Italia: certified che, per sua diligenza , negli
Stati papali si erano formati gruppi di persone operosissime che se
la inlendevano con esso lui ; che il meclesimo si era fatto nella Lom-
bardia , il cui focolare di ribellione era Milano ; lo stesso in Toscana
che riceveva gl' impulsi da Firenze ; per simil modo essersi brigato
nei Ducali di Modena e di Parma e neli' isola di Sicilia ; ma che ia
Napoli , cagione la vigilanza e la fermezza del re Ferdinando II ,
non s'era ancora pervenuto a bene avviare le matasse ; che pari dif-
ficolta erano a superare nelle lerre pontifical!. E da ultimo, rinco-
rati i suoi uditori e confortatili, e aifermato che da Torino proveniva
ogni ordinazione, e che ivi era la cassa nella quale versavano le al-
tre citta italiane ; fece fine alia sua arringa con una rabbiosa invelli-
va contro 1' imperatore Napoleone III , cui disse villania mordendo-
lo con quella stizza serpentina, con la quale in quei di, prima del-
1'alleanza, lo laceravano gli scribi e gli oratori piemontesi.
9 ILLUSTRATI DA DODICI ANSI DI CONGIURE 1C9
Tulla questa lunga diccria e distesamenle slampata nel Proccsso,
il quale va oltre riferendo che nel Gennaio del 1857, il detto signer
marchesc Migliorali , dalla sua residenza di Roma, invio in Ancona
un nuovo « comraissario » per allre pratiche: che nel Maggio e nel
Giuguo seguente ivi si saldo il pallo di fralellanza dei demagoghi
mazziniani col partito piemontese; e che la concordia divenlo pienis-
sima, conl'andata in Torino di un agente mislerioso, chiamatovi «per
conoscere sopra luogo, e toccare con mano certe cose, che non si
potevano mettere in iscritto ».
Racconta poi che nella conlingenza del viaggio, che in quell'anno
medesimo fece il Santo Padre Pio IX, per le province de' suoi Stati,
si diramarono « ordini generali » perche gli si « presentassero islan-
ze », delle quali si disseminarono gli « esemplari », acciocche fossero
tutte « uniformi » ; e cosi apparisse che i popoli « non felici » diman-
davano con unanime lamento le stesse cose.
Ma, per verita, ne uno pure di questi ipocriti fu ardito nel fatto di
porgere in niuna cilia veruna delle dette suppliche. Molli di essi pre-
garono bensi di essere accolli in privata udienza dal Papa , il quale
graziosamente non isdegno di ammellerli nel suo cospetto. Senon-
che cosloro, quando furono alia presenza dell' augusto ed angelico
Yicario di Cristo, perdula la burbanza e posta giu la boria, si arieg-
giarono a divozione : e v' ebbero tali in Bologna, che non vergogna-
rono di mendicare umilmente una croce cavalleresca da Pio IX, in
quella che sottomano macchinavano contro di lui, per accattarsene
un' altra dal re Vitlorio I
Finalmente il Processo, dopo riportalele arli, onde da cotesti set-
tarii si traraesto per raccogliere in quell'anno pure un'altra adunanza
in Rimini, valendosi delle feste per 1'aprimento di un teatro; scende
a narrare cose piu minute, sopra le quali non abbiamo spazio di al-
lungarci piu avanti. Ricapitoleremo avvertendo che le scrilture, le
relazioni, le lettere circolari, gli avvisi, i disegni piu cupi di questo
parlito sozzo e malvagio, lutto e ivi sommariamente disvelato. Dalle
deposizioni de' rei e dalle carte venule in potere del fisco, si ha che
erasi fermato di « trucidare 1' Imperatore dei Francesi , d' uccidere
il Re di Napoli e gli altri dello stipile Borbonico di Parma, e il Du-
ca di Modena ». II Ponlefice pero « si sarebbe lasciato in vita »,
170 I NUOVl ACCORDI DI PARIGI
per « rispettare la forte opinione » dei Cattolici. ADZ!, dice il testo
di un deponente , che « secondo il partito dell* alta Italia, si doveva
traltare la cosa relativamente al Papa con piii moderazione, perche,
essendo Capo di tutta la Chiesa catlolica, conveniva aspettare che
la civilta europea distruggesse prima per questo iprincipii di devo-
zione: die si voleva pero obbligato a dare ima Costiluzione concilia-
bile con quella piemontese: in ogni modo Guardia civica, liberta di
stampa, cariche ai laici, adozione del codice napoleonico e che
poi a suo tempo si sarebbe ridolto a solo Vescovo di Roma. » Deposi-
zione in vero singolarissima, che sembra siasi ricopiata in certe note
diplomatiche e in certi opuscoli misleriosi, che apparvero piu tardi,
per conciliare il Papa con la « civilla europea », sahare « i principii
di devozione » alia Santa Sede, e impedire che esso Papa « non fosse
ridotto a solo Vescovo di Roma. » Ultimamente si ricava che le famo-
se bombe di Felice Orsini « corrispondevano con le sue leltere » ; e
che la mala fazione, pur sempre condotta dal Cavour, « teneva le vie
ben dirette per conseguire 1' intento ». II qual era di menare Napo-
leone a essere conlenlo , o per amore o per forza , che tulta 1' Italia
cascasse Ira gli imghioni dello sparviero vorace della Carboneria.
In questo sommario il leltore ha, quattr'anni innanzi, tulta la sloria
che si vide poi svolgere solto degli occhi nel 1860 e nel 1861, e
quella che rimane a svolgersi in avvenire per rispelto a Roma, se
Dio, memore delle sue misericordie, non tronchera le fila di questa
tela infernale. Gl' intendimenti secreti della selta Irionfante e gover-
nante ora in Ilalia , sono qui chiari e manifestissimi ; ed all' autore-
vole veracila di questo Processo, non e mancalo pur troppo nemme-
no il suggello dei falti , sopravvenuti a confermarlo in ogni sua
pagina. Ma, dimandianio noi, il Governo della rivoluzione italiana
il quale ha ereditato, insieme con lo spirilo seltario e coi propositi
della polilica del conte di Cavour, anche ilsuo grande assioma: «che
chi vuol giugnere al fine, dee aver buono ogni mezzo », potra mai
persuadere il mondo che le formali promesse, tesle da lui giurate in
Parigi, di non abbattere la Sovranila pontificia in Roma, dopo allon-
tanalisi i Frances! , sieno altro che lustre e finzioni da gabbare i
semplici? Chi si rendera a credere, che queste formali promesse val-
/ gano almeno la carta, su cui si sono scritte e ralificate?
ILLUSTRATI DA DODICI ANNI DI CONGIURE 171
III.
Di falto appena si polrebber conlare le innumerabili macchinazioni
e le codarde perfldie, guidate piu o meno direilamenle da quel Go-
verno medesimo in Roma, anche appresso i suoi forlunali latrocinii
delle Legazioni, dell'Umbria e delle Marche, per compir 1' opera e
raggiungere lo scopo finale, di « ridurre il Papa a solo Vescovo »
di questa cilt&, capo dell'orbe cattolico. AH' effello di darne pure un
sunto compendiosissimo, ricorreremo al voluminoso Processo di una
allra causa, giudicata dallo stesso Tribunale della sacra Consulla, lo
scorso anno 1863, e che tutto si aggira intorno a queste macchina-
zioni e perfidie 1.
La Relazione delle risultanze processuali esordisce molto giusta-
jnenle, rannodando le nuove scoperte con quelle venute gia in evi-
denza nella traltazione del Processo di Ancona :
« A questo Tribunale supremo della sacra Consulta non e ignoto, mol-
to piu pel risultaii della processura Anconitana, come le occulte associa-
zioni della Massoneria, dei Cugini Carbonari, della Giovine Italia, del-
Y Italia del Popolo , sebbene di diversi intendimenti , facendo momenta-
neamente tacere la loro individuality, si fondessero nel partito cosi detto
dell' Alta Italia , il quale per essere diretto e capitanato dal Governo
piemontese , che col mezzo de' suoi Incaricati ed aderenti ne regolava
ogni andamento, fu causa di tutte quelle evenienze, delle quali tuttora si
deplorano gli effetti. Conobbe fin d'allora il supremo Tribuuale come
questo partito , se vinse tutti gli altri che lo precedettero nella forza che
gli comunicava il Governo protettore , li vinse ancora nei conati della
corruzione che ovunque tentava di diffondere e propagare, come mezzo
a raggiungere gli stolti suoi divisamenti. Mentre visto come un ostacolo
per loro insuperabile si trovasse nel principio religioso cattolico , si fe-
'ce ad attaccarlo con ogni maniera di sforzi , insinuando massime cor-
ruttrici, ponendo in discredito la religione e i suoi ministri, proclamando
la liberta delle coscienze , ed accennando a principii distruttori d' ogni
moralita ».
1 Questo Processo ha nel froiitispizio : Romana, di cospirazione ed altri
delitti anche di tilolo comune per ispirito di parte. Relazione fiscale. Roma",
tip. della Rev. Cam. Apost. 1863. Volume in 4.° di pag. 573.
172 I NUOVI ACCORDI DI PARIGI
Esordio sensatissimo, che ritrae con pennellate maestre il vero
sembianle di questa odierna rivoluzione, che e tutta marciume d'ogni
corrultela piu faslidiosa ! Dopo di che ecco come precede alia espo-
sizione della storia:
« Si e giunto a conoscere come anche in Roma s'impiantasse il partilo
piemontese dal marchese Giovanni Antonio Migliorati, mentre era vesti-
to della qualifica d'Incaricato interino degli affari della Corte sardapresso
la Santa Sede , e fu questo che, per riuscirvi, manifesto apertamente il
piano rivoluzionario , cui si era gia dato mano sotto 1' apparente lusinga
di rendere una e libera 1' Italia , mentre con tal mezzo s' ingrandivano le
possidenze del Piemonte, e facevano i loro interessi le persone costituite
in alto a rappresentarlo.
« Perche venisse apostolato con effetto, istitui un Comitato , che chia-
mo Nazionale Romano, e creo a membri di esso persone di ceto elevato,
che si conoscono tutte.
« Partito da Romail Migliorati, altri due estranei allora dal Comitato,
che son pur noti, lo surrogarono Tun dopo 1'altro nella sua rappresentan-
za presso il partito ; e si dicono autorevolmente confermati dalla Corte
di Torino in tale qualifica. Ma essendo dovuti anche questi partire da
Roma, ed offertasi la direzione del Comitato ad alcuni dei membri che
gia la componevano ; e datane questi ricusa motivata , se ne afiido fi-
nalmente la direzione in uno anche ad altra persona clie pur ne faceya
parte, e die nel tempo medesimo teneva posto distinto nella Carhoneria.
Amante questo troppo delle forme carboniche, ridusse a poco a poco il
partito piemontese sull' andamento della Carboneria stessa ; cosa pero
che sembra avvenuta per ogni dove egualmente.
<( Questo Comitato pertanto nella sua forma ed esistenza settaria, de-
stinava altri agli scritti e corrispondenze, altri a depositario degli oboli e
somme che s'incassavano, altri in fine aH'andamento di azione. Sceglieva
individui fra i dipendenti, ai quali conferiva una giurisdizione sopra tutti
gli altri in rappresentanza del Comitato medesimo , i quali erano in nu-
mero di dieci, e chiamavansi Capi-Sezione in primo. Tmmediatamente a
questi soggetti, si scelsero quindici individui, che assunsero la qualifica
di semplici Capi-Sezione; a quattordici dei quali si aitribui la direzione
suH'esecuzione degli ordini ; mentre 1' altro ebbe 1' ingerenza sugli esat-
torati. Si nominarono cinquantasei Capi-Squadra in primo, poiche ne
Tennero stabiliti e prescelti quattro per Rione. Per Capi-Squadra sem-
plici non vi fu prefissione di numero , perche si lascio nella facolta degli
ILLUSTRATI DA DODICI ANN! DI CONCIURE 173
stessi Capi-Squadra in primo di norainarli : ond' e che furono conosciuti
col nomc di solto Capi-squadra, c sla in fatto , che mostrata capacita e
zelo da qucsti dipendenti, si e tcnuto in uso dai loro capi di porli anche
a parte delle loro azioni , comunicando anche ad essi gli ordini da ese-
guirsi ; e servendosi all' occorrenza or dell'imo or dell'altro. Erasi fissato
che i dipendenti di ogni sezione non dovessero oltrepassare i cento cin-
quanta uomini , ma questa legge si e -veduta inosservata , e per abuso,
eper negligenza, come per mancanza di adepti. Cosi ogni Capo-Sezione
avrebbe dovuto avere 1'ingerenza^nei rispettivi Rioni , ma 1' inettitudine
e la mancanza di coraggio in molti, la svogliatezza che anche nelle mene
settarie riesce notevole , ha fatto si che non essendo risultati attivi nelle
assunte attribuzioni, i piu zelanti cercassero riparare alle ommissioni de-
gli altri.
« Inoltre il partito piemontese cosi organizzato, lasciaya aperto un al-
tro modo di addivenire affigliato, formando una classe non diretta al-
Fazione, ma per la sola contribuenza. In una parola questi ulteriori affi-
gliati sono semplici socii solventi, che quelli del partito hanno tenuti ap-
pagati con ciance e con notizie fra le piu inconcludenti, come sarebbero
quelle di una passeggiata popolare e di qualche altra cosa consimile ;
senza che sia stato ad essi in alcun tempo manifestato cio che era anda-
mento della Societa o dell'alta politica.
« Costituito in tal modo il partito piemontese con forme settarie in Ro-
ma, non era supponibile che se ne stesse inoperoso , aspettando che per
evento naturale potesse trovarsi a far parte attiva della rivoluzione ita-
liana. E quantunque la sua creazione, qui in Roma , altro scopo non a-
•yesse avuto se non quello di secondare gli eventi , dei quali si doveva
stare in aspettativa, col cercare frattanto la persuasiva negl' intendi-
menti , col propagare la corruzione , col bandire massime contrarie alia
legittimita ed alia religione; col venire disponcndo il popolo a ricevere
una nuova forma di Governo, ed a desiderarlo sotto 1'aspetto di una se-
gnalata miglioria; pure composto Telemento settario di persone gia ad-
dette alia Carboneria, ed abituate conseguentemente ad azioni spinte e
smodate, non hanno saputo contenersi ; ed a fronte di una posizione im-
peditiva di questa libera azione, hanno dato di mano con ogni artilizio a
raaneggiarsi nel senso piii avverso al Governo pontificio , cercando con
tutti i modi la turhazione deU'ordine, la diffamazione ed il discredito,
per quanto le loro forze il comportavano. »
174 I NUOVI ACCORDI DI PARIGI
E passando a nuraerare le imprese e gl' impresari! di questo paN
tito, dice esser nolo come e per opera di chi, sino dal 1859,
« Si cominciassero ad eccitare ed a subornare militi e borgesi, perche
emigrassero da Roma e si unissero alle file rivoluzionarie ; come e per o-
pera di chi nel Luglio del 1860 si affiggessero in diverse caserme di bri-
gata della Gendarmeria , avvisi antipolitici, con cui si consigliavano i
militi a non battersi e a prestar mano alia rivoluzione ; come in odio di
massime contrarie a tali insinuazioni, si attentasse alia vita di un solt'uf-
ficiale della detta arma ; chi abbia tentata la seduzione dei Tiragliori a
san Giovanni ; chi siasi adoperato per la emigrazione di altri Dragoni
nella state del 1861. Si ebbero poi nomi di chi favoriva la fuga dei com-
promessi e de' gia colpiti dal braccio della punitiva giustizia; di chi
si distingueva riel dirigere dimostrazioni antipolitiche; di chi si occupa-
ya della costruzione di emblemi di eguale specie, e ne dimandava perfi-
no la privativa al Comitato , esibendone i modelli ; di chi curava la cir-
colazione di fogli antipolitici, die solevansi far credere redattied impres-
si in Roma, mentre invece provenivano dalle Province nsurpate , come
DC fan prova gli slessi rendiconti della Societa. Si conobbero parimenti
i luoghi di recapito, stabiliti per la pronta circolazione epistolare fra set-
tarii nell' interno di Roma, non che i luoghi ed i tempi destinali alle or-
dinarie adunanze della setta; come pure le cifre settarie, ed i segni di
convenzione per la secreta loro intelligenza ; ed i modi co' quali questo
Comitato romano teneva corrispondenza direttamente con Torino, »
Yengono poi le collette o di danaro o di firme, promosse come di-
mostrazioni faziose: e quanto alle firme, si sa con indubilala certez-
za, che « la maggior parle di esse eran carpile, sotlo falsi pretesli,
si di associazione ad opere letterarie , come di elemosine a vedove
dereliltc e a famiglic depauperate per disavventura. »
<( Le accensioni dei Bengala e le passeggiate al Corso; la delittuosa
manifestazione seguita il giorno di san Giuseppe del 1860; quella seguita
nell' Universita Romana li 12 Aprile 1861; 1'affissione di emblemi antipo-
litici in piu punti di Roma; le dimostrazioni in varii teatri che, per quanto
si ha dagli atti, vennero eseguite al fine di costringere il Governo pon-
tificio a far chiudere i teatri, e potere smentire esteri giornali sulla di-
chiarata plena tranquillita che si godeva in Roma ; le molteplici affissioni
di bandieruole o fettucce tricolori, scagliate con creta sulle pareti nelle
pubbliche vie ; 1' inalberamento di bandiera tricolore nella chiesa di
ILLUSTRATI DA DODICI ANNI DI CONGIURE 173
S. Carlo al Corso; le significazioni ostili al Governo del Carnevale 1862,
avvenute al foro romano e sue adiacenze, per ordine del Comitato, die
ne faceva circolare e distribute ordine corrispondente. »
Vengono apprcsso gli oltraggi contro la Famiglia reale di Napoli,
i maneggi per sottrarre carte dallo scrigno di Sua Maesta France-
sco II, e molte altre sozze e vilissime mene per diffamare il Re e la
Regina e gli allri Principi dell'esule Famiglia.
« Si era pure in animo di attentare alia vita del Re e della Regina
nella sera di Pafcqua 1861, al momento della girandola , ed erasi gia di-
segnato il concetto di esecuzione, che ando a vuoto, perche reso impos-
sibile dalle provvidenziali ed accorte misure di chi reggeva 1'armata di
occupazione. Altri due progetti di esecuzione contro la sicurezza perso-
nale del Re, che restarono similraente frustrati , ebbero luogo in questo
tempo; 1' uno nel Decerabre 1861, nella circostanza in cui egli recavasi
in Caprarola, e il disegno fu di appostarlo lungo la via con armi da fuoco
da esplodersi contro di lui : e 1'altro nel Gennaio 1862, nell'occasione ia
cui sarebbe uscito dal Palazzo del Quirinale dalla parte della Panetteria.
Si hanno di entrambi in alti le deduzioni, e sul primo si ha puranco un
rapporto scritto, rinvenuto fra le carte della setta. »
Per osteggiare poi sempre piii il Governo, non si lasciava nulla
intentato. « Si facevano larghe promesse a chi avesse potuto esibire
document! » che lo provassero « complice della reazione » nel Regno
di Napoli. Ma invano.
« D' ordine del Comitato si faceva ogni sforzo per impedire le dimo-
strazioni in onore del Santo Padre , col disaffiggere le iscrizioni ed altro
relative, non senza anche minacciare persone attaccate al Governo le-
gittimo. Numerose istanze facevansi pervenire alia Prefettura francese
in via di reclaim contro 1' amministrazione pontiticia, e mentre da un lato
s'insinuava al popolo di far ricorso a dette autorita francesi in ogni eve-
nienza, dall' altro non si risparmiavano neppur queste; giacche festeg-
giandosi, la sera del 15 Agosto 1861, nel Casino francese la ricorrenza
onomastica di S. M. I1 Imperatore, nell'epigrafe e nelle iniziali, che furo-
tio posle con luminaria all'esterno del Casino (N. III. E. ), sembro al Co-
mitato di Jeggere ed intendere « Napoleone e Vittorio Emmanuele ». Si ha
quindi da un rapporto, rinvenuto fra le carte del Venanzi, come per tal
cagione si ordinasse istantaneamente far dispetto alia stessa guarnigione
francese, col partire da quella piazza tutti i settarii.
176 I NUOVI ACCORDI DI PARIGI
« Altra istanza quindi in via d' indirizzo all' Iraperatore de' Frances! e
a Yittorio Emraanuele veniva formulata, contenente reclaim di ogni ma-
niera contro I'amministrazione pontificia, cui veniva aggiunta una de-
scrizione molto estesa ed esagerata delle prigionie ed emigrazioni , ter-
minandosi col domandare il ritiro delle truppe francesi , perche potesse
II popolo redimersi da se stesso. Questo indirizzo dopo piu. mesi si riusci
a farlo ricuoprire di circa 6,000 firme : ma si ha su questo proposito in
atti, come non meno di 17 individui addetti al partito scrivessero allalo-
ro volta i nomi di molti , procurando di yariare e modificare per ognuno
il proprio carattere. Si conosce quindi come e da chi si ifocesse 1' inyio al
Comitato di questi fogli , in uno alia busta che doyeya contenerli ; ed e
pur nota la persona che lavoro la busta medesima , come quella che reed
1' indirizzo al suo destino, nel Noyembre 1861.
« Sono pur palesi i luoghi destinati aH'occultazione di armi, e in ispe-
cie fucili, acquistate per yilissimo prezzo da militi napoletani, rifugiati
nello Stato pontificio, e ridotti ad un' estrema miseria. E palese chi com-
mettesse la fabbricazione, e chi fabbricasse armi bianche e revolvers per
persone del partito. Si ha inoltre che per una di queste ordinazioni venis-
se 1'armiere bendato, posto in legno, condotto in luogo sconosciuto, oye
fu incaricato della fabbricazione di molti revolvers: ed esiste un rapporto
settario a cio relative. Si commise anche la fabbricazione di ordigni in-
cendiarii, e nel totale si sa che se ne siano introdotti in Roma non meno
di 3o. Si sa egualmente come nell' Aprile 1861 venissero adoperati que-
sti ordigni per incendiare trasparenii esposti in onore del Sommo Ponte-
fice. Si ha in atti che ii Comitato, a sernpre piii avversare il Governp
pontificio ed a farlo decadere dall'opinione pubblica , ordinasse ai suoi
dipendenti gl'incendii di fienili ; e molti, come palesemente enoto, sene
yerificarono nell'anno anzidetto col mezzo di tali ordigni.
«E neppure da progettie da macchinazioni sanguinarie si asteneya la
setta. Imperocche e emerso nella compilazione dei present! atti, che un
ordine corse di sacrificare tutti quegli infelici , che per malattie fossero
-stati costretti recarsi agli ospedali ; quando si trattasse d' individui che
avessero dato prova di attaccamento al Governo pontificio , o che appar-
tenessero alia reazione napoletana , o fossero persone fuggite dalla leva
militare coattiva italiana. Risulta dalle tavole processuaii che eccitamen-
ti a questo scopo, con larghe promesse siensi fatte ad un ufficiale sanita-
rio , in un luogo ad uso di retrocamera di caffe : che apertamente siensi
pur fatte letali minaccie a questi mal capitati infelici. Si e dedotto peril-
no che si esponessero i loro cadaveri seduti nella tavola settaria, faceri-
ILLUSTRATI DA DODICI ANNI DI CONGIURE 177
done star ritto il fusto con uno sgabello posto al di dietro , sfogando poi
su di essi , atti che sono stall descritti per eccesso di rabbia con pugna-
late ed esplosioni di pistole. Ed e nelle rnani appunto della giustizia un
pugnale, servito a quest' uso, ancor lordo di sangue.
« D'altro lato poi un sistema del tutto opposto si teneya con quei mi-
liti piemontesi , che imprigionati dalla truppa pontificia furono caritate-
Tolmente portati all' ospedale di S. Giacomo, ove trovarono le piii cor-
diali assistenze, ed ebbero visile dei prirai qualificati del partito , e soc-
corsi in danaro ; soccorsi e dimostrazioni che vennero anche ripetuti
generosamente nel momento della loro libera dimissione. »
Finalmente :
« Si era stabilito di colpire la circostanza del 29 Gingno 1861, in cui
si sarebbe adunato il popolo al divertimento della girandola, solita ad
incendiarsi in quella ricorrenza , onde effettuare una miova dimostrazio-
ne in onta al Governo pontificio , e si era nel preordinato intendimento
di uccidere non solo i Gendarmi, ma chiunque si fosse opposto a questa
sediziosa manifestazione. »
Tal el'epilogo delle «risuHanze» piu capital! di questo famoso
Processo, che nell'anno decorso levo tanto romore : coiitro del quale
si scaglio con tanta ira tutlo il giornalismo prezzolato dal Ministero
di Torino , e per impossibilitare la conclusione del quale , la setla
venne sino all' espediente disperatissimo di far involare una parte
degli atti dalla stanza del giudice processante. II che quanto giovi
a crescere il peso delle sue rivelazioni, non e chi nol vegga. Or non
basterebbe quest' unico Processo, a metlere nella piu sfolgorante e-
videnza che si possa desiderare , il vero e ostinato proposito che il
partito, capitanato dal Governo della rivoluzione italiana, nutre d'im-
padronirsi di Roma e di « ridurvi il Papa » alia condizione di « solo
Yescovo » ? E si avra oggi da credere, che gli accordi, strelti in Pa-
rigi ai 15 di Settembre, abbian fatto mutare volonta, animo e disc-
gni a questo Governo ?
IV.
Ma di questi giorni due altri se ne sono compilati dal supremo
Tribunale medesimo, di rilevanza niente inferiore, per 1'assunlo no-
Serie Y, vol. XII, fasc. 35*0. 12 3 Ottobre 1864.
178 I NCOVI ACCORDI DI PARIGI
stro, ai due precedent!. II primo e sopra la causa dei pugnalalori dei
sacerdoti, che cominciarono a imperversare dentro Roma, nell'Ago-
sto e nel Settembre del 1862 1. Cio che e piu strano in questo Pro-
cesso, e che il parti to piemontese, il quale si suole dare aria di mo-
derato , si servisse di sicarii scelli fra gl' immoderati del partito di
azione, e li movesse a perpelrare assassinii vilissimi.
Infatli la condizione dei malfattori , che risulta dagli alti essere
tulti discoli, o ladri e uomini sanguinolenti , bollali dalla polizia
ponlificia o francese , innodali da precetti, garibaldini della Repub-
blica del 1849 e di pessimo norae, li moslra vera marmaglia inde-
gna della buona grazia di qualsiasi onest'uomo. Eppure ii Comitato
die aveva lanta aulorila dal Governo di Torino, per congiurare in
Eoraa contro il Potere del Sanlo Padre , non isdegno valersi di
questa canaglia, e soldarla e aizzarla all' impresa di trafiggere inno-
cenli vittime, pel solo scopo « di lurbare la tranquillita pubblica ».
Di fatlo « il Capo-squadra P. ... ne' giorni prossimi al ferimenlo
di un sacerdote, avea delto al C. . . . (1'assassino) che vi era Yordine
di menare ad un prete o ad una persona di Governo. » Ed a queslo
medesirno G. . . , che desiderava uscire dallo Slato, un allro seltario
paleso, che « se voleva reslare in Roma, vi era chi gli avrebbe dato
da mangiare, da here e danari giornalmente, ma che quando vi era
foisogno di puncicare, bisognava puncicare. » E piu espressamente
gli fu dichiarato : « che dal partito rivoluzionario non si accordava
piu ad alcuno di partire da Roma qual emigrate, se non avesse com-
messo qualche fatlo in favore della rivoluzione ; aggiungendogli che
in allora era venuto un or dine y che, per essere ammesso all'emi-
grazione, bisognava menare ad un prete, o almeno ad una persona
del Governo, volendo intendere di menare col collello o pugnale. »
E da cbi era venulo quest1 or dine ? Non da altri che dai capi del
parlito, a cui questi ribaldi si erano o venduti o imprestali : e cote-
sto da tutli gli argomenti giuridici si ricava , essere stato il partite
piemontese. Giacche il G. verbigrazia « era molto azzardoso e lesto
1 Esso e cosi intitolato: Romano, di piu ferimenti, anche con qualche pe-
ricolo di viia, per {spirit o diparte, ed altri delitti di Lesa Macsta. Relazio-
ne delle risultanze processuali. Roma, tip. della Rev. Cam. Apostolica 1864.
Volume in 4.° di pag. 215.
ILLUSTRATI DA DODICI ANNI DI CONCRTRE 179
ncll' eseguire le commission! che gli si davano dalla sella , cio£ di
attaccare le bandiere per Roma, d'incendiare i bengala e di lingere
i muri col la vernice bianca rossa e verde ; cosa che il medesimo fa-
ceva con tirare al muro tre boccelle , piena ognuna rispeltivamente
di vernice dcgli enunciati tre colori. » Or le commission! per tali
prodezze non precede vano mai da altri, che dai caporioni del Comi-
tato piemontese. Senza che allora il partilo d' azione era in buoni
termini di fratellanza col moderate. E appunto fra questi assassin!
si conlavano alcuni de' piu fervidi arrolatori di gioventu romana, per
1'esercito piemontese. Ma di cio bastino questi cenni l.
1 Fra i molti argomenti che provano la lega di questi scherani col par-
tito satellite del Governo torinese, ne riporteremo un altro solo, il quale mo-
stra I'incredibile fiducia che costoro avevano di trovare, non solo protezione
da esso Governo, ma persino premii dallo stesso Re, in guiderdone dei loro
misfatti. Ecco la minuta di una istanza ridicola, che un di costoro, schiuma
di furfante, ebbe la temerita di indirizzare al Re di Piemonte. Noi la trascri-
viamo a verbo dal Processo ; mariferenclola, protestiamo allamentc contro
1'ingiuria, che la supplica di questo mascalzone recava alia maesta reale , a
cui noi ci professiamo sempre devoti ed ossequenti , qualunque sia la per-
sona che n'e investita. A Sua Maesta I'Imperatore Vittorio Emmanuele —
Alle inesaus te fonti di Ciustizia che perennementescaturiscono dalla Vostra
Sovrana Gcnerosita, ricorre in quesli giorni il disgraziato A. B. di Roma di
anni 60, il quale invcce di godere le blandizie deWamato Augusto nostro So-
vrano, va sofferendo itcrribili effetli cagionati dai despoil gcndar mi pon lifi~
ciiper tntto il tempo della sua vita. Nella sera del 19 Marzo 1860 verso le
9 pomeridiane, stando nella piazza Colonna affollati per fare una dimostra-
zione aU'Augustissimo Nostro Impcratore la Maesta Vostra, e al giorno ono-
mastico del gran generate Giuseppe Garibaldi, alia venuta di molti gendarmi
pontificii a cavallo e senza, V esponente, trovandosi nclla mischia, ricevette
da un gendarme apiedi un calcio nella panda, die cadde in terra, e gli so~
pravvenne un' ernia, della quale non e stalo possibile di piu guarire: ed d
percib che essendo di professione cbanista , che richiede uomini sani , e non
potendo lavorare senza seffrire molto incomodo, faumile preghiera alia Mae-
sta Vostra onde ordinare per il suddetlo qualche piu adalto lavoro o impiego
qualunque, onde lucrare un pezzo di pane con minor stento (che per lo pas-
sato Governo lo hanno fruito quei molto peggiori dell' esponente ) tanto per
coslumi facendo riflettere che sa discrelamente leggere e scrivere e conti ; ed
e percib sperando per abilita nella generosita della Maesta Vostra, non isde-
gncrete i voli di confidcnza, che alia grandezza vostra innalzaun infclice svd-
dito ingiustamcnte avvilito. Questo offlcio di carita che PAltesza Voslra vorra
180 I WJOVI ACCORDI DI PARIGI
II secondo Processo e quello di cui abbiamo dato larga conlezza
nel prossimo passato fascicolo 1 , e comprende la causa di varii cri-
menlesi, ma segnatamente quella del Filibeck, che e di Cospirazione
contro il Governo pontificio, non senza I'annuenza dell' usurpatore
Governo piemontese. Sarebbe soverchio distenderd a ripetere, an-
corche sommariamente, quella relazione, che il lettore puo rivedere
da se con ogni agio suo. In iscambio dunque di riprodurla, ci terre-
mo paghi di osservare, che questo Processo e caduto grandemente a
proposito, per mostrare quale e quanto assegnamento s'abbia a fare
sulle guarentigie del Governo della rivoluzione, di non tentar nulia
contro la sicurezza di Roma. Perocche ivi sono indizii che si medila-
va « da un centro dipendente da esso Governo » di attentare « alia
preziosa vita del Sovrano Pontefice, mediante bombe aH'Orsini»; e
che ad ogni modo si aspettava « con certezza » la morle del San-
to Padre. Ivi poi e narrate tulto il disegno ordilo, per una invasione
a mano armata del terrilorio pontificio e della stessa cilta di Roma;
e sono esposte tutte le intelligenze e le pratiche che correvano per
la sua esecuzione col Minis tero di Torino, che « apparenlemenle »
avrebbe conlrastato e « realmente » avrebbe favorito il latrocinio.
Ivi, oltre il tramato rapimento del Re di Napoli, promosso dal mini-
slro Peruzzi, e la tramata occupazione del forte di Paliano, commessa
dal medesimo , si rivelano per minuto tutti i piu scellerati proponi-
menti della setta, per insignorirsi della Gitla, per promulgarvi il Ple-
biscite e per coronar Fopera della unila d' Italia, costituendo Roma,
a dispetto dei Romani, capitale del nuovo Regno. Onde non ci pare
che possa farsi commento piu luminoso agli accordi slipulati in Pa-
rigi ai 15 di Settembre, di quello-che lo fa lore tale Processo. Que-
sto si ha da riguardare come pegno splendidissimo della lealla, con
cui il Governo della rivoluzione cuslodira inviolata la frontiera de-
gli Stali papali , tostoche i Frances! se ne sieno slontanati : e per
tributare all'esponente , sara di somma gloria come alle altre e lante belle
operc, di cui vi va debitrice la Storia d' Italia, si aggiungeranno iplausi del-
Vesponente, riconoscendovi per il Ristoratore de'suoi affanni. Che eccetera*
Questo capolavoro di supplica , affermasi nel processo che « effettlvamente
fu inviato a Vittorio Emmanuele come eaierge dagli atti. »
1 V. questo Volume pag. 99 segg.
ILLt STRATI DA DODICI AKNI DI CONGIURE 181
quietarc le apprensioni dei limidi e dci poco crcduli , non si ricer-
chera allro piii che metier loro innanzi un tale Processo, e dir loro:
- Leggete, e imparate a fidarvi !
V.
Qual conclusione inferire da queslo epilogo storico delle congiure
di dodici anni contro la cilia dei Papi, messo a riscontro con le sti-
pulazioni teste rogale in Parigi, fra il Governo che « si gloria » d'es-
serne « protellore », e il Governo che se nebandisce acerrimo perse-
culore? La conclusione sgorga da se medesima, e salla agli occhi di
chi non e cieco. Procedendo le cose come son procedule finora, non
appena 1' ultimo soldato della Francia fosse sparito da questo piccolo
Stato, e subito si rinnoverebbe la commedia o di Bologna nelGiugno
del 1859 , o piu facilmenle quclla del Settembre del 1860, quando
sessanta mila Piemonlesi invasero 1'Umbria e le Marche, prima ezian-
dio che 1' apportatore della dichiarazione di guerra fosse approdato
nel porlo di Civitavecchia. Un Governo, com' e colesto della rivolu-
zione d' Italia, non e povero di mezzi termini diplomatic!, per coglier
preteslo d'infrangere le convenzioni, ch'egU ha palteggiate solenne-
menle nel nome della Sanlissima Trinita, qualora gli diano impaccio,
e non gli torni conto il serbarle. Eppero con la slessa destrezza con
la quale ha saputo stracciare il Trattato di Zurigo, saprebbe lacerare
altresi gli accordi parigini del 15 Setlembre: e cio lanto piu baldan-
zosamente, quanlo che conoscerebbe di averla a fare con un alleato,
che per lui e pieno di amichevole condiscendenza e di dolcezza piu
che paterna. E questo gia si compiacciono di cantare e di ricantare
in ogni metro i giornali salariati da chi governa la rivoluzione ila-
liana : sebbene invece i loro fratelli di Parigi li contraddicano, e li
rampognino, e se ne sdegnino crucciosamente. Irae amantium !
Nulladimanco badi il lettore, che noi parliamo, non punlo dal tetto,
ma dal primo piano in giu. Perocche se dobbiamo enlrare a discor-
rerla anche dal solo letto in giu, pensiamo che molto ragionevol-
mente sia lecito discorrerla in quest' altro modo: — Signori, voi
v' ingannate a partito, se v' immaginate che i freschissimi accordi
del 15 Sellembre abbiano da riuscire per voi come un passavia, il
quale v' introduca in Roma a goderci il frulto delle vostre congiure
182 I NUOVI ACCOEDI DI PARIGI
di dodici anni. A voi pare d' aver lirali i conti giuslissimi. II Papa,
con 1' anclala de' Frances! , rimarra senza presidio valido; 1' inlima-
zione del non-intervento alzera un baluardo, conlro chiunque voglia
accorrere in sua difesa; il tesoro suo oberalo non gli rendera possi-
bile di formare un esercito di qualche polso; noi lo circonderemo da
terra e da mare, lo serreremo in un vero cerchio di ferro, e rinfoco-
leremo nel suo Stato, a mantici rioforzati, 1'incendio della ribellione.
L'oro c' e: gli emissarii, le spie, i sensali di cosclenze non ci ver-
ranno raai raeno : ne abbiamo un armento. Se 1' occasione ci si porge
propizia presto, spacceremo al Sanlo Padre un bravo ullimalo, e
faremo bravamente irruzione nelle sue terre: nei dinlorni del Ponte
Milvio o del Nomentano, darerao una brava ballaglia simile a quella
di Castelfidardo , e inghirlandati di questi allori, saliremo sul Cam-
pidoglio e Roma sara nostra. Se poi quest' occasione non si offre ,
aspettererao che il Papa sia volalo ai riposi eterni , e quindi, con
1'aiuto del nostro Comitato, opereremo una rivoluzione paclflca, e un
bel mallino ci troveremo alle mura di Roma, porlativi come per in-
canto, e ci entreremo coronali d' ellera e di ulivo.
Quesli sono i conli tirati da voi. Ma sono conti di sognatori. Siete
voi bene assicurati die i Frances! disgombereranno Roma , proprio
nel termine di due anni? Non giugnete, col vostro sguardo perspi-
cacissimo , a prevedere nessuno di quegli sconci , che sogliono na-
scere con tanta facilita da quella che in Parigi chiamano « forza delle
cose »? E poi, ammessa ancora la ritirata della guarnigione, siele ben
cerli che il Governo della Francia chiuderaun occhio indulgentemen-
te sopra le vostre capestrerie alle porte di Roma, come li chiuse lutte
e due quando vi avventaste alia presa di Perugia ed a quella di An-
cona? Ignorate forse che la nazione francese , in tulli i modi che gli
sono stati consenlili, ha espresso un volo quasi universalein favore
del Irono regio di Pio IX e conlro di voi? Ignorate forse che, eccelto
i giornali stipendiati da voi, in tutta la Francia non ve n' ha uno
solo, che si abbassi a patrocinare i vostri deliramenti satanici intor-
no a Roma? E posto cio , come potete adularvi al segno di crede-
re , che un Governo , il quale vantasi d' esser fondato sul voto della
nazione, rinneghi se e la sua origine per dare il Campidoglio a voi?
Se il Campidoglio fosse venale o conseguibile per qualche via , fuo-
ILLUSTRATI DA DODICI ANNI DI CONGIERE 183
ri dell' iniquita c del sacrilegio, la Francia se lo lerrebbe per se, non
lo abbandonerebbe a voi. Chi siete voi per la nazione francese, che
clla dcbba immolare alle vostre libidini settarie i suoi interessi piu
nobili, e la indipendenza del Capo della sua religione? Per quali ti-
toll vi confidate voi d' indurre quella nazione magnaniraa , a rinno-
Tare per voi il traffico scelleralo di Cristo nel suo Vicario? Voi po-
tete bensi ambire 1'infamia di novelli giudei della Cristianila, e 1'am-
bizione e degna di voi : ma presumere che la Francia si assuma per
voi le parti dell' Iscariote, e oltraggio d' intollerabile Iracotanza. Que-
sta e una considerazione che avele bisogno di fare , perche giudi-
cale Iroppo alia leggiera la Francia , e confondete troppo alia grossa
gli abbietti vostri desiderii, co'suoi sensi generosi e catlolici: i qua-
li , come v' insegna la storia, sopravvivono alle sue dinaslie, ai suoi
Governi, alle sue rivoluzioni ed a' suoi medesimi traviamenti. Ed
inoltre, siete bene cerlificati che il baloardo del non-intervento sariH
inespugnabile ai cannoni di qualche altra Potenzad'Europa? Ne ave-
te forse in tasca la sicurt&? Ed anche, senza ricorrere a supposizio-
ni che vi fanno tremare le viscere , non vedele, o, per dir meglio,
non toccate con mano, che Roma vi e stranamente « fatale »? II con-
te di Cavour per la prima volta vi addito in pubblico il Campido-
glio , solto simbolo di slella benaugurata d' Italia : e si ardi perfi-
no promettervi, che « forse dentro sei mesi » ella rifulgerebbe sui
voslri capi e sul suo. Ma eran appena trascorsi i sei mesi , ed egli
scendeva nella tomba, lie voi montavale sul clivo capilolino. Un anna
appresso si levo il vostro Garibaldi a gridare : « 0 Roma o morle ! »
ed appresto armi ed armati, e si avvio dalla Sicilia al conquisto dei
selte colli. Ma tra le serre di Aspromonle fu arrestato daunavostra
palla, che azzoppo lui per sempre e spezzo, irreparabilmente sino-
ra, ii fascio della voslra unione. Due anni dopo sono all' improvviso
calali da Parigi gli accordi del Sellembre , che paiono ridestare le
vostre dissennale speranze su Roma. Ma Dio buorio ! che gioie vi
hanno eglino recato que' begli accordi? Subito giunti in Torino, sono
siati intrisi in un sangue che li ha lordati indelebilmente; ed hanno
gittato per tutta T Italia discordia , terrore , confusione desolatrice.
Cos! che quegli accordi sembrano aver avulo, con le ratificazioni di
chi li soltoscrisse, il marchio della maledizione di Dio. Or quesli fatll
184 1 NtlOYI ACCORDI DI PARIGI ILLUSTRATI ECC.
\ivi, lampanti, molteplici, continual!, che altro dimostrano in verita
se non che Roma vi e « falale», e che ne voi siele deslinali per lei,
ne ella e deslinata per voi ? Ed ecco perche, argomentando dal letto
in giu, i voslri conli si hanno a deridere per conli di sognatori.
Ma se invece passiamo ad argomentare dal tetto in su , allora
dovrem dire francamente : — Signori , smetlete ogni pensiere di
Roma, perocch'ella e occupata da tale, che o non ve ne aprira 1'ac-
cesso , o ve lo aprira per distruzion vostra. Leggetene il nome scol-
pito nel vivo di un granito il pm eccelso del Valicano : CHRISTUS RE-
GNAT, CHRISTUS IMPERAT. Questi e il formidabile occupalore di Roma.
Egli vi regna , e v' impera Egli nella persona del suo Yicario ; il
quale meglio che lulti i re e gl' imperatori del mondo, puo ripetere
e spiritualmente e temporalmenlc : Ego constitutes sum Rex ab Eo.
Suo propriamente e il diadema di Pio IX, suo ne e lo scettro, suo
ne e il Principato. Per far vostro questo incomparabil diadema,
forza vi e strapparlo dalle sue mani : per infrangere questo scettro
divino, forza vi e romperlo nel suo pugno : per entrare voi nel pos-
sesso di questo Principato di Roma, forza vi e sloggiarne la onnipo-
tente maesta sua. Ve la senlite d'ingaggiar baltaglia con esso Lui?
E voi ingaggiatcla. Siele gia in buoni termini di guerra con Lui ,
fin da quando stendeste la sacrilega deslra sulle tre altre gemme di
questa sua corona. Ma, se cosi vi place, passale oltre; animo! Po-
tra essere che, in quanto dura il conflilto, Egli rimuova il suo Yica-
rio dalla gran Cilia, divenuta campo del combaltimento. Piu di trenta
volte, in dodici secoli, ne lo ha rimosso , e piu di trenta volte ve lo
ha ricondotto fra gli osanna. Potra essere che Egli , per istritolarvi
piu vergognosameute , vi conceda anche un' ora di viltoria ingan-
nevole. L'ha concessa a molti altri. Per mentovar solo i piu pros-
simi a noi di tempo , 1' ha concessa alia Repubblica. del Direttorio ,
1' ha concessa air Impero del primo Bonaparte , T ha concessa alia
Repubblica del Mazzini. Ma poi, scorsa quell' ora , tulti e sempre e
inesorabilmente son iti in perdizione ; e il Papa e lornalo a regnare
glorioso nel soglio del Yaticano. Quesli esempii non vi sbigotlisco-
no? Yoi dunque baltagliale da prodi e godelevi 1'ora voslra. Noi in-
lanto apparecchieremo i funerali per voi , e gli archi di Irionfo pel
Sovrano Ponlefice.
LO SPIRITISMO
NEL HONDO MODERNO1
IN CHE GONSISTA LO SPIRITISMO
XXL
Compendia delle rayioni che provano la realta del fenomeni.
II principal punto che fu necessario di rassodare , si e che i fatti
attribuili allo Spirilismo, non si possono altribuire alia menzogna ed
alia irnposlura. Noi promeltemmo di dimostrarlo ad evidenza, e ci
sembra di aver mantenuta la parola nell' ultimo articolo uscilo alia
luce. Diamone qui un compendio. Trallandosi di fatti, che cadono
sotlo lo sperimento dei sensi , non v' era allra \ia di dimostrazione
che arrecare testimonianze autorevoli : tali cioe che per la loro scien-
za non potessero illudersi, per la loro onesla non volessero ingannare,
e per la conlrariela degF inleressi sperassero vera e grande utilita
dallo smascherare la frode, se frode \i fosse stata. Or lulte queste con-
dizioni si trovano riunite insieme nei testimonii da noi citali. Novanla
anni d' uso sempre crescente , quantunque pur sempre conlrastato,
di quesla pratica ban generate scrillori a migliaia , giornali in ogni
lingua, istituzioni d' ogni genere. Gli uomini piu dolli nelle varie
scienze sperimentali hanno teslificata la sincerita e realla dei falli :
e T hanno tesliflcata dopo di averla in prima o negata o messa in
1 V, Serie V, Vol. XI, pag. 555 e segg.
186 LO SPIRIT1SMO
dubbio, e dopo di essere stati, per testificarla, obbligati a ricredersi
dalla troppo manifesta evidenza delle pruove da loro medesimi tenla-
te. Nella qual condizione noi dobbiamo collocare le medesime Acca-
demie di Scienze fisiche e di Medicina. Oueste, sbalordile dapprima
dalla novila e dalla meraviglia dei falli , cui non sapevano spie-
gare colle ordinarie leggi della nalura , ne Yolevano spiegare col ri-
correre a forze superiori o estranee alia natura fisica , pensarono di
negarne recisamenle 1' autenlicila, attribuendoli ad illusion! e ad in-
ganni. Dopo parecchi anni di pertinace costanza in tal giudizio, ven-
nero obbligale a riformarlo: e una tale ritraltazione, piu che qualsi-
voglia altra teslimonianza, autentica i fenomeni prestigiosi, siccome
quelia che fu ad uomini espertissirai strappata, direm cosi, per viva
forza dalla ccrtezza dei loro lungbi spcrimenli, contra ogni spirito di
corpo ed ogni amore d'interesse. Finalmcnte, ad escluderc ogni pos-
sibilila di ciurmeria , valgono moltissimo i documenti dei varii atli
governativi, emanati sia nell' Europa, sia neir America, or sollo for-
ma di seutenza di tribunal!, or sotto forma d' inquisizioni e d'istru-
zioni, or sotto forma di rapporti o di rirorsi; e tulli o fondali sopra
la certezza dei falli, o conducenti a confer marla del loro aulorevole
suggello.
Non crediamo adunque che possa trovarsi un uomo di senno e di
buon senso , il quale rifiuti il suo assentimento a tali teslimonianze.
Se quesle non conchiudono , non vi potrebbe piu essere un sol falto
storico che merilasse fede umana. Qualche dubbio puo cadere sopra
queslo o quel fallo speeiale , ma non puo ragione\7olmente ammet-
tersi sopra il complesso o la massa, per cosi dire , dei fatti, che si
aHribuiscono allo Spiritismo. Possiamo clurique entrare con sicurezza
nel secondo esame, che ci siamo proposti fin dal principio di que-
sta traltazione , qual sia cioe la cagione produtlrice di quesli falli.
XXII.
Del nome e dell' obbietto proprio dello Spiritismo.
Questa nostra seconda indagine pero non polrebbe mai condurre a
\eruna esatta conchiusione, se prima non usciamo da quel non so che
NEL HONDO MODERNO 187
di vago e d' incerto , ove ci siamo finora intrattenuli. Cio che noi
chiamarnmo , nella sposizione storica, ora Mesmerismo, ora Magne-
tismo, ora Spiritismo, a qual cosa fioalraente si riduce? come puo
definirsi? in quali condizioni opera? quali effelti riconosce per proprii?
come si diversifica e si distingue dalle altre forze esistenti nella natu-
ra, od operanli nel mondo? A lulte queste dimande bisogna dare una
risposta chiara e precisa , la quale poi ci serva come di punlo di par-
tenza nelle discussioni e nelle ricerche che dovremo farvi intorno.
Cominciamo in primo luogo dal nome. II piu anlico e il nome di
Mesmerismo : esso ricorda il primo eccitatore o propagatore di quest!
fatti, 1'uomo che scopri , dicono alcuni, quesla forza, esistente bensi
nella natura, ma non ancora rivelata alle moltiludini, ne affidata
alle scienze umane. Esso dunque e un ricordo storico , alieno da
qualsivoglia sislema, vuoto, per cosi esprimerci, d'ogni senso, e che
puo essere acceltato da tulti, senza ripudiare nessuna idea che allri
s' abbia intorno alia vera cagione da attribuire ai falti. Gli altri due
nomi si debbono dire sistemalici , siccome quelli che sono altribuiti
a quel complesso di fatti da due sislemi opposti , messi innanzi per
ispiegarli. Poiche comparsi al mondo quei falti , nell'opinione degli
uomini si stabilirono quasi due correnti opposte : 1'una che tutti li
arreca a cause meramente natural! , senza nessun ricorso o inter-
venimento dispirili; 1' allra che ripudia le cause naturali e rico-
nosce solo negli spiriti i veil autori di quei fenomeni. Per la prima
si rilrova essere invalso il nome di Magnetismo , per la seconda
quello di Spiritismo. L'uso di quesli due ultimi nomi non puo dirsi
indifferenle , siccome 1' uso del primo ; poiehe essi non significant
soltanto un aggregato qualsivoglia di fatti, ma altresi una ipolesi
che li unisce insierne. Egli e ben vero che piu d' una volta e in piu
d'uno scriltore si trovano adoperati alia rinfusa : ma non volendo
cio atlribuire a poca esaltezza di favella, devesi spiegare per 1' uso
ammesso di adoperare quei nomi, non come espressivi d' un' idea si-
stemalica , ma come piu o meno frequentemenle adoperati in cerli
tempi, o come usati per mera convenzione di linguaggio. Noi prefe-
rimmo la voce di Spiritismo, perche era conforme al concetto, che ci
siamo formati intorno alia origine di quest! fenomeni : ma spesso
188 LO SPIRITISMO
adopriamo ancora quella di Mesmerismo, poiche essa e scevra d'ogni
sospetto, e puo dirsi a! lulto innocente. Saremo pero costrelti di va-
lerci non di raro ancor del nome di Magnetismo , coi suoi derivati ,
quando dovremo esporre le opinion! altrui col linguaggio di chi cosi
chiamollo.
Dalla parola passiamo alia cosa. In che modo potra defmirsi con
breve e chiara formola il Mesmerismo? Noi indarno cerchiamo nei
parleggiani suoi definite qual.sia 1'oggelto precise, "intorno al quale
esso si aggira. Frasi vuote di senso, o stranamenie sconvolte le tro-
"viamo presso di tulli : una proposizione limpida e distinta non v' e,
per quanlo 1'abbiamo cercata. Le piu precise, quali sono quelle che
ripoila il ch. p. Caroli, nella sua delta e assennatissima opera intor-
no al Mesmerismo 1, sono si assurde, che debbonsi dal buon senso,
non che dalla logica rigeltare. Lasciarao da banda quelle fanciulle-
sche inezie che sono le definizioni del Guidi 2 , die or dice il Mes-
merismo : « Una scicnza di progresso , anzi il complemento di ogni
migliore progresso »; eel ora il chiama: « II piu polente motore del-
la natura » ; e quando 1'appella : « L' onnipolenza della volonla nel-
1' imposizione di una mano caritatevole e pura su di un misero sof-
ferente » ; e quando lo nomina : « Un proleo inesplicabile , ora visi-
bile, ora invisibile, lalora calmante, e in allre circostanze sopraecci-
iante »; e quando lo definisce : « La proprieta d'ogni essere vivente
d' allirare una parte del fluido etereo ed universale , e di agire con
esso, quante volte si voglia, sui suoi simili, sopra se stesso, ed an-
che sopra cerli corpi inorganic]. » Noliamo soltanlo le assurdita di
quelle che meno ripugnano , ed hanno una forma meno disonesta e
scompigliata. II Delausanne 3 definisce il Magnetismo : « L' action
de r intelligence sur Us forces conservatrices de la vie»; ma cosl
in luogo di assegnare al Magnetismo 1'oggetto suo proprio e specia-
le, gli atlribuisce tutti i pensieri, tutte le volizioni, tulti gli atti delle
1 Del Magnetismo animale, ossia Mesmerismo in ordine alia ragione ed
alia rivelazione; per G. M. C\ROLI 3VI. G. Bologna 1858.
2 Nella Luce Magnelica^. del 10 Genn. 1837.
3 Ap. CH\RPIGNON^ Physiologic, Medecine et Metaphysiyue du Magnetisme,
Bruxelles 1851, p. 45
NEL MOXDO MODERNO 189
inferior! potenzo dcll'uomo. Incerta del pan, ma piu assurda ancora
e la dcfmizione del Ricard 1, die cosi dice*. « Le Maynclisme est la
manifestation de la faculte volitive que possedent tons les etres » :
egualmente incerta, perche ogni alto di volere ci renderebbe o rna-
gnelizzali o magnetizzatori : assai piu assurda, perche attribuisce
a tutti gli esseri, senza eselusione di alcuna sorla, la facolla voli-
tiva. Dello stesso vizio e guasla, ma in un grado ancor piu super-
lative, la definizione del Gaulhier 2 : « On entend par Magnelisme
r action qu un homme peut exercer, non seulement sur ses sem-
llables, mats encore sur lui meme , sur les animaux , les vege-
taux et la matiere » ; poiche per lui non v' e piu nell' uomo atto, o
gesto, omo\imento che non sia generate dal Magnetismo. Laquale
assurdita trovasi con parole different, ma alia stessa misura, nel-
la definizione del Charpignon 3 , il quale, rigellate le formole al-
trui, cosi poi conchiude, piu infelicemente forse degli altri : « Nous
tenons a comprendre sous la denomination de Maynetisme humain
toute influence, qui a son centre d' action dans I' homme. » Ma qua-
si che una tale esagerazione sia poca, e piaciulo al Chardel 4 d'al-
largare ancor piu il campo e 1'eificacia del Magnetismo, denominan-
dolo: « Una proiezione o trasmissione che della yita propria fa I'uomo
negli esseri che a se soltopone, e che fa cosi divenire suoi soggelli».
Se non che cio che il Chardel restringe nella sua efficacia all' uomo
soltanto, eslende il Du Potet, piu ardito di lui , a tutti gli esseri \i-
yenti, asserendo che « si da il nome di Maguelismo a queirinfluenza
occulla che tutti gli esseri organizzati esercitano da vicino o da lon-
tano gli uni sopra gli altri 5. »
Ecco dunque come per costoro, a forza di magnificare la propria
professione , si e condotta 1' amplificazione fino al punto cosi incre-
dibile, di ridurre tulle le forze della natura organica a non essere al-
Iro che puro magnetismo. Anzi non solo le forze della natura orga-
1 Almanack populaire. Paris 1846, pag. 2.
2 Introduction au Magnetisme. Paris 1840, pag. 7.
3 Oper. cit. pag. 46.
4 Essai de psychologic physiologique. Paris 1831, pag. 205.
5 Manuel de V ctudiant magneliseur. Bruxelles 1850, pag. 13.
190 LO SPIRITISMO
nica, ma le facolta altresi ineramente spirituali dell'uomo vengono,
per queste Jefinizioni, ridotte a puro Magnetismo. II pensare, il vo-
lere, il parlare, 1'udire e fmo il digerire, il muoversi, il dormire ,
tutte le operazioni della menle , tulte le funzioni del corpo , lutte
le percezioni dei sensi, tutte le relazioni dell'uomo cogli esseriester-
ni, anzi fin tutte le relazioni reciproche degli animali fra loro,
in forza dell'una o dell'allra di queste defmizioni, sarebbero oggetto
proprio, attenenza speciale del Magnetismo. Un tale assurdo non si
confuta ne si discule : basta il riferirlo, perche venga dal semplice
fouon senso rigettato.
Esso pero dinioslra che questa, cui voglion dare il vanto di scien-
za nuova, dev' essere lutt'altro che una scienza. Se fosse scienza ,
sarebbe egli mai possibile che da tanti anni che se ne parla, se ne
discute , se ne fa oggelto di studii e di sperimenti, non siasi riusci-
to da persone , ne leggere ne volgari , a riconoscersene 1' obbiet-
lo proprio, distinguendolo dagli altri e determinandolo con termi-
ni slabili e cerli? E pur tanl'e : e noi, luugi dal mera\Tigliarcene, di-
ciamo che questa medesima nostra discussione dimoslrera die cosi
dovea avvenire. Poiche quando avremo studiata la cagione del Mes-
inerismo, vedremo che la causa efficiente dei fenomeni mesmeric!
non ha verun limite fisso nel suo obbietto, e porge per conseguenza
Foccasione agevoiissima a tali generalila. II difello adunque di quel-
le defmizioni si e di aver volulo cercarne una, entro la cerchia delle
ipotesi meramenle fisiche o fisiologiche. Fuori di questa cerchia so-
iamerite e possibile una definizione ; poiche allora soltanto si sta
nel vero. E noi la daremo : ma siamo obbligati a tramandarla a mi-
glior luogo , quando cioe il nostro discorso ci condurra a una con-
chiusione evideule e irrepugnabile. Per ora non volendo parere di
assumere di gia come certo, quello che dobbiam dimostrare ancora
per tale , ci contenleremo non di defmire Y intima essenza del Mes-
merismo, ma di circoscriverne la parte eslerna ; in guisa che qual-
sivoglia sia 1' ipotesi che si formi per ispiegarlo , possa una tale de-
scrizione servire a riconoscerlo e distinguerlo. II P. Caroli, tesle da
noi citato, ce ne porgerebbe una acceltabile, se non fosse la neces-
sita di allargarla ancora di piu , per inchiudervi quei fenomeni pu-
NEL MONDO MODERNO 191
ramente meccanici e fisici , che fuori d'ogni dubbio sono da ascri-
versi al Mesmerismo , come gia vedemmo per lo innanzi , c come
meglio ancora noleremo nell'av venire. Per indicar dunque al giusto
la materia propria del Mesmerismo, noi solto una tale denominazione
abbracceremo : « Tulti quei fall! or meccanici , or fisici , or fisiolo-
gici , ora psicologici , i quali si producono fuori le ordinarie leggi
della nalura, merce 1'apparente influenza, piu o meno diretta, della
volonta d'un uomo, che si repuli naluralmente dotato di una tale
facolla. » Noi crediamo che non siavi fatto, dai Mesmerisli narrate,
che non venga incluso entro i confini di questa descrizione , e che
non vi si possa per lo contrario includere alcuno , die non abbla
un'origine evidenlemenle mesmerica. Ce ne assicura 1' applicazione
che ne abbiam falio sopra molli casi, e piu che tal pruova il ragio-
namento. Parrebbe troppo lunga opera il venirlo dichiarando : e, piu
ancora che lunga, inutile, essendo agevole ai noslri leltori lo speri-
menlarne da per loro stessi la giustezza. Definizione propriamente
non e : ma volendo omettere qualsivoglia allusione ad un' ipolesi , o
ad una spiegazione , non e possibile addurre altro che una semplice
descrizione.
XXIII.
Quali condizioni si richiedano per proditrre i fenomeni mesmerici*
Ogni causa , nell'applicarsi al proprio oggetto , vuol essere de-
terminata all'atto suo proprio per la presenza di quelle condizioni ,
che stabiliscono la capacita prossima, nella causa di emeltere la pro-
pria azione, nell' oggetlo di riceverla. Non doveano dunque mancar
queste al Mesmerismo , e gli vennero assegnate con tanto maggior
cura , quanto piu grande era lo studio di farlo ammeltere tra gli
agenti ordinarii della nalura. Non v' e tra coloro, che siensi occupati
di Mesmerismo, un solo, che non conosca le selte famose condizio-
ni , che il celebre magnetizzatore francese, sig. Alfonso Tcsle 1 , ri-
1 Manuel pratique du Magnetisme animal. Bruxelles 1850, pag. 38.
192 LO SPIRITISMO
chiede nel soggelto, per la produzione del fenomeni mesmeriani. Per
servigio del novelli in questa materia , diamo qui in compendio cio
ch' egli insegna. 1.° Pel* sesso, maggior capacila hanno ad essere
magnelizzate le femmine eke non i maschi. 2.° Per Yeta, la gio-
vinezza e 1'adolescenza sono piu disposte ; piu avverse sono Y in-
fanzia e la veccliiaia. 3.° Pel temperamento , I nervosi , i dilicati, i
sensibili ubbidiscono piu facilmente alle influenze magneticbe , che
non i sanguigui , e i robusli. i.° Per lo slato fisiologico, la ma-
grezza, 1' indebolimento , 1'isterismo e 1'epilessia sono le disposi-
zioni migliori cbe possono desiderarsi. 5.c Per le qualita morali,
e indispensabile una viva simpatia , e molto ulile una fede piena ,
ed e desiderata la totale passivita di spirito e di corpo. 6.° Per le
condizioni frenologiche, « i volumi relalivi delle masse cerebrali e
dei centri nervosi non possono non avere gran parte nelle magneti-
che operazioni, » dice il Teste l, che potea passarsene, perche que-
ste son parole che non dicono nulla. 7.° Per le circostanze estrin-
seche, \oglionsi luoghi quieti, Iranquilli , solitarii : voglionsi testi-
monii pochissimi , bene affetti, non increduli, non distralli.
A queste sette condizioni, volute dal Tesle, cinque altre ne aggiu-
gne il dott. Tommasi 2 , come attissime a senlir meglio Y influenza
magnetica. Esse sono: 1.° L'abuso di qualche funzione fisiologica.
2.° L'astinenza da certe sostanze medicinali , quali inarcotici, i
prcparati d'arsenico, di mercurio, di rame, ecc. 3.° La lontananza
da persone molto sensitive ncR'alto della magnetizzazione. 4.° L'as-
senza dal luogo dello sperimento di persone, altre volte dallo stesso
individuo magnctizzate. 8.° II desiderio di assoggettarsi al Magnetis-
mo, unito alia persuasione deirutilila che esso arreca.
Siccome per chi dev' essere magnetizzato si domandano tutte
queste condizioni; cosi per chi deve magnetizzare si adducono an-
cor le sue. Noi arrecheremo in compendio quelle che il medesima
sig. Tommasi, il piu esigente di tutti i parteggiani del Magnetismo,
1 Ivi pag. 46.
2 11 Magnetismo animate considerate sotto un nuovo punto di vista. Sag-
glo scientifico per M. TOMMASI dottor fisico e magnetizzatore. Torino 1841,
pag. 7(K
NEL MONDO MODERNO 193
annovera nella mcdesima opera 1. Ei dunque prelcndenel magneti-
sta il temperameuto sanguigno, la salute perfetla, il vilto soslanzio-
so.; vuole die non si ponga all' opera se non quando la digestione &
fatta per mela; impone che scelga un luogo appartato, scarso di lu-
ce, con aria pura, e con grato lepore; ricbiede 1'ela. virile, 1'abitu-
dine di fuggire 1' uso smoderato delle funzioni organiche , la calma
nello spirito, la flessibilila negli arli, 1' umidita nelle dita, e il mode-
rato esercizio nel Magnelismo; e fmalmenle reputa onninamente in-
dispensabile una disposizione benevola verso il proprio soggelto, ed
una volonla risoluta ed energica. A queste condizioni il conte Gia-
como D. Mami aggiugne qualche altra ck'ei reputa di somma impor-
tanza : vale a dire : la capacita di fissare V atteuzione senza ne di-
strazioni ne affievolimenti sopra il proprio soggetto ; la confidenza
nel proprio potere ; la pazienza e la riflessione 2. II Rostan esige di
piu un qualche grado di superiorila o sociale , o intellettuale, o mo-
rale del magnctista sopra il magnelizzalo.
Non puo negarsi che lutta quesla farragine di condizioni sia tale,
che se fosse realmente richiesta , molto difficile riuscirebbe 1' eser-
cizio del Mesmerismo : poiche ora ne mancherebbe una nel sogget-
to, ora una nell'attore, ora una nel tempo, ora una nel luogo, e via
discorrendo. Ma egli e da dire la verita : esse sono arrecate dai piu
schifiltosi soltanto per soverchia sicurezza , o dai piu pomposi per
lustra ed apparato. Nel falto si puo dire, che nessuna di esse e on-
ninamente necessaria , perche gli sperimenti riescano. Al presente
si accordano tulti ad ammetlere che la manifeslazione 'dei fenomeni
magnetici si consegue sopra ogni sorta di persone , in ogni luogo ,
innanzi a qualsivoglia testimonio , in qualsiasi stato fisico o morale.
Vi sono sonnambuli al paro di sonnambule. II Guidi , 1' Husson , il
Garcin, il du Potet, il Cahagnet, il Puysegur, il Loubert, il Charpi-
gnon e infiniti altri parlano di sonno e di estasi magnetica, ingenerati
in uomini robusli , di eta piu o meno matura , e lino in vecchi con-
1 Id. ivi pag. 65.
2 Trattato teorico-pratico del Magnetlsmo animate. Torino 1850, pag.
108 e seg.
Serie Y, vol. XII, fasc. 350. 13 5 Ot Loire 1864.
194 LO SPIRITISMO
tadini. Si faimo gli sperimeoli cosi bene nei gabineiii soliiarii, come
nelle pubbliche sale di accademie. In Francia sono e furono mollo
usati i convegni pubbiici di Mesmerismo , dandosi facolla ad ogni
fatta persone d' inter vcnini. Per citarne unat nolissima in Parigi,
nel luogo delto Waux-Hall si lennero sedule magnetiche, due volte
ogni mese , innanzi ad una folia di uoraini d' ogni grado e d' ogni
disposizione , prendendovisi a soggelti da magnelizzare i primi che
s'offrivano spontaneamenle. Sedule pubbliche si son lenule a Torino
dal Guidi, e altrove in Italia da allri; e quelle dell' In ghil terra, del-
la Germania, deli' America sono si usuali, che ormai neppur si pen-
sa piu a questa condizione del riliro e della soliludine. Le pruove
mesmeriche riescono sopra soggetti debili , malaticci , nervosi , al
modo stesso che sopra le piu \igorose , le piu sanguigne , le piu
jnuscolose complessioni. Bartolommeo Raviolo, di anni 30, persona
grossoccia e tarchiata, e facchino di professione, fu magnelizzato fe-
licemente in Torino dal Guidi. II sonnambulo del Marchese di Puy-
segur era un certo Yitlore, valido e fatticcio campagnuolo. Filassier
preferiva pel sonuo magnetico i contadini e i soldati. La sonnambula
del Cahagnet e una donnona tant' alia , e compressa , e atticciala,
E di' lo slesso di cent' alii i. La condizione, che un di era predicata
come la piu assolutamenle necessaria, e tale che senz' cssa indarno
si spererebbe nessun effetlo , cioe una viva simpatia tra il soggelto
e il magnetista, ela voloiita ferma nell'uno di ricevere, nell'aHro di
comunicare il Magnelismo; questa condizione, diciamo, ora e ripu-
tata tutlo al piu come utile, ma si confessa che anche senz' essa si
possono conseguire i medesirai effetti. Ed in verita e nolo, fra mille
altri, come il Dottor Robouam inducesse il sonno magnetico in un
cerlo Stario, che giacea infermo nell' Hotel-Dieu di Parigi e in una
certa Leroy, donna altempata, contro la piii assoluta volonta di loror
che indarno fecero ogni sforzo per opporvisi. Di guisa che il Lafon-
taine elirnina oramai ancor quest' ultima condizione ; ii Berlrand dice
espressamente che quei fenomeni mesmeriani si oUengono egual-
mente avec la volonic, sans la volonte, avec la volonte contraire;
e 1'Husson giugne perfmo a negare la necessila di questo buon vo-
lere nello stesso magnetizzalore, atlestandoci che « Men des fois des
NEL MONDO MODER1VO
phenomenes magneliques ont ete produits par des experimentateurs,
non settlement defiants, mais prevenus de favor ab lenient.
Di guisa che, conchiudendo, possiamo dire che, a propriaraente par-
lare, non si puo dai parteggiani del Mesmerismo arrecare una sola
condizione, come requisite indispensabile e necessario a metterlo in
opera : e quelle condizioni che prima solevansi arrecare , debbono
essere tutt' al piii stimate come mezzi che ne facilitano in qualche
modo 1'uso, se non vogliono rimandarsi tra le anlicaglie, con cui
una volta solevasi il Mesmerismo abbigliare , per illuder meglio la
gente.
XXIV.
Con quai processi si soylin eccitare il Mesmerismo.
Un' eguale riflessione dobbiamo fare intorno ai mezzi che si ado-
perano per eccitare il Mesmerismo nelle persone, e che con linguag-
gio tecnico soglionsi appellare Processi magnetici. Essi da principio
erano molto ammodali , e si reputarono necessarii : ma poscia son
iti a mano a mano semplificandosi , fino a sparire del lutto. Se cosi
e, perche adunque fame qui menzione? II perche e semplice. Biso-
gna formarsi un' idea ben chiara del modo come il Mesmerismo sia
proceduto finora ; e per questo e pur necessario il fame rapidamen-
te un cenno , indicando nei sommi lor capi i principal! Processi sug-
gerili ed usati.
II primo metodo e quello delle passate, cosi chiamato dal passar
che si fa la mano, con varia disci plina, sopra la persona del magne-
tizzato. Si comincio cosi, o perche si volcano imitare gli strofinii elet-
trici, o perche si volea far finta d'imitarli. Mesmer comincio, Puy-
scgur semplifico, Roslan fisso, direm cosi, la pralica che pur ora co-
munemenle si segue. Una parola per ciascuna di queste diverse for-
me del medesimo processo.
Metodo di Mesmer. Una tinozza , entro cui chiudevansi frantumi
di vetro, limature di ferro, bottiglie d'acqua, collocate simmetrica-
mente , e il cui coverchio era'trapassato da spranghe di ferro , pie-
196 LO SPIRITISMO
gate a gomito, collocavasi nel mezzo di una gran sala. I malati, unili
Insieme con doppia catena , Tuna formata da una semplice corda che
li avviluppava tulti, Faltra dai pollici d'ogni mano stretti tra il polli-
ce e 1'indice del compagno vicino, si ponevano attorno alia tinozza,
facendosi ognuno toccare nella parte inferma da una delle sue spran-
ghe di ferro. Cos! disposti gl' infermi, un pianoforte sonava sopra
Yarii tempi varie melodie , accompagnate , se occorresse , da soavi
e melanconiclie canzoni. Allora il magnetizzatore , colla sua bacchet-
la di ferro in mano , fisava i suoi sguardi negli occbi del malato ,
da cui cominciava lo sperimento , faceva scorrere il suo dito , oppur
la punta della bacchetta innanzi al viso , sopra o dietro la testa , e
lungo le parti malate : e se cio non bastava, prerneva colle dita gli
ipocondrii e il basso venire dell' infermo, e proseguiva quest' in-
comodo giuoco , finche 1' infermo iion cadesse in crisi.
Metodo di Puysegiir. Ouesto zelantissimo spguaee di Mcsmer git-
to via linozze, spranghe, bacchelta, corda , e suoni e canti ; perchc
no vide, come forse vedeane, il suo maestro la vanita, ed ebbe, piii
die il suo maestro , il coraggio di confessarlo. EgH procedeva alia
buona. « Consideratevi , dice egli stesso , come unacalamita, di
cui le vostre braccia, e sopraltutlo le mani siano i poli : toccale in se-
guito un malato, ponendogli una mano sulla sclriena e 1'altra in op-
posizione sullo stomaco : immaginatevi in seguilo che un fluido ma-
gnelico tenda a circolare da una mano all'allra, Iraversando il corpo
del malalo. Potete variare questa posizione, ponendo una mano sullo
stomaco e 1'altra sulla testa , conlinuando ad aver sempre la medesi-
ma intenzione.... L'attrito non e punto necessario : basta toccare con
attenzione, fmo a che si manifesti un'impressione di calore nel cavo
della mano. »
Metodo del Deleuze, del Delausanne , del Rostan, ecc. II magne-
tizzatore siede di fronte al suo soggetto, e coi ginocchi ne preme i
ginocchi, coi piedi i piedi. Pone poi in contalto i pollici rispellivi,
finche non si ragguaglino nel calore: lo che ollemito poggia per due
o tre minuti le mani sulle spalle , e poi le fa discendere lungo le
braccia fmo ai pollici di colui che magnetizza. Ouindi ne preme col-
le mani lo stomaco, e poi discende stropicciandofmoalleginocchia,
NEL MONDO MODERNO 107
o anclic ai piedi. Ripigliansi cotali passate dalla testa ai ginocchi ,
sempre discendcndo, inflno a lanto che non incomincino le crisi ma-
gneliche.
Questi tre melodi contengono tutli e tre il medesimo sistema di
pressioni o passate di mano sopra la persona dell'infermo. Ma que-
sle possono sopprimersi , o facendole solo a qualcbe distanza dalle
membra sopra indicate l, o sostituendo alia passata della mano gli
spruzzi dell'acqiia, che dicesi Processo di spruzzamento 2, o adope-
rando invece degli spruzzi il soffio del fiato , cbe dicesi Processo
d'insufjpazione 3. Ancor piu semplice di questi due processi e quel-
lo indicate la prima volta dall' Husson , cbe vide il Foissac ma-
gnetizzare fino al sonnambulismo il suo soggetto Cazot col sem-
plice fissamento degli occbi. Da quel tempo in qua e cosa molto
usata dai magnetizzatori il tenersi a questo solo sguardo , special-
mente quando i soggetli siano gia abiluati da piu o meno tempo al
Magnetismo. Ma ancor questo sguardo si puo sopprimere , ba-
slando, a indurre le piu notevoli crisi magnetiche , un semplice
atto di volonta, manifestato con una parola o recisa di comando, o
affetluosa di suggerimento. Allorche la prima volta in Parigi il Faria
ne die pubblico sperimento, lo si reputo cerretano : ma poscia fu
cosi frequenle quest' uso, che omai tutti lo nolano, quanli trattano di
questa maleria, indicandolo colle denominazioni di Processo di sor-
presa, e di Processo di suygestione 4. Anzi vl e ancor di vantaggio.
Neppur quella parola esterna di comando e necessaria : basta alcune
volte « ii solo atto interno della volonta, non manifestata con verun
segno di gesti o di parole 5. » E percbe si giugnesse airultimo con-
fine d'esclusione d'ogni processo determinalo, neppur quel sempli-
ce atto di volonla e stato sempre, od e ora richiesto per ottenere i
piu certi fenomeni del magnelismo. La semplice presenza d'un ma-
1 MAMI, Op. cit. pag. 164.
2 TOMMASI, Op. cit. pag. 86.
3 TESTE, Op. cit. pag. 168.
4 Vedi fra gli altri LOUBERT, Du POTET, SEGONIN, GUIDI, TOMMASI, MAMI,
LAFONTAINE, e il Journal du Magnetism?, torn. XIV, pag. 389.
5 LOUBERT, Op. cit. pag. 172. TOVMASI, Op. cit. pag. 85.
198 LO SPIRITISMO
gnetizzatore e bastata spesse volte a far entrare nel sonnambulismo
le persone circostanti, seaza che quegli o il volesse o anclie sol vi
badasse. Cio e piu voile intervenuto al Du Potet, al Beaux, al Gar-
cin, all' Home ed a cento allri : sicche il suddetto Garcin 1 dice
espressarnente, che nulla v'ha di cosi chiaramenle dimostrato., quan-
to cotesto potere, ch' ei chiama d'irraggiamento nel Magnelismo.
Fin qui e stata almeno richiesta la semplice presenza di un ma-
gnelizzatore per ottenere i fenomeni desiderati. Ma questa ancora
puo togliersi, in quanlo che possono interporsi tra lui e il magne-
lizzato degl' intermedii , die senza veruna cooperazione def prirao
seguano certamenle ad operare sopra il secondo. Non vi e oggelto
animato o inanimato che non possa servire d' intermedio. II Puyse-
gur si valse di alberi; Loeventhal e Reuss di bicchieri ; Besson di
anelli ; Charpignon di fcrri da calza ; Teste, Koreff, Guidi, Georget,
Segonin di acqua, ed allri di altri oggelti, fra i quali i piu frequen-
li sogliono ora essere le malile, i deschelti, i piccoli scrittoi, i vi-
glietli scrilli dal magnelista , e molli altri ulensili o da tolelta o da
tavolino.
Di guisa che in conchiusione dal Mesmer all' Home gli apparati
scientific!, e la cooperazione diretta dell' uomo sono iti a poco a po-
co disusandosi, fino a ridursi a presso che nulla; quasi per isvela-
re alle persone di buon senso che fuori dell'uomo si debba cercare
la cagione di falli, percui produrre non che 1'operazione, ma nep-
pur la preseaza stessa dell' uomo e richiesta come indispensabiie.
XXV.
Le quatlro classi di fenomeni magnetici.
Yedute le condizioni richieste, esposti i processi adoperati per
ottenere i fenomeni del Mesmerismo, e necessario ora raggruppar
questi in varie classi, e ordinarli insieme, affine di potercene valere
nella nostra traltazione. Siccome ne abbiamo qua e cola dati nonlie-
vi indizii, e dovremo poi nel corso di queslo scritto inlraltenercene
1 Le Maynetisme etc. Paris 18o5, pag. 18.
I
NEL MONDO MODERNO 199
piu parlicolarmenlc, qui bastera il semplicemcnte nominarli. Noi di-
slingucremo quallro class! different! di falli: 1. / meccanici, raggrup-
pando insicme lulli quelli che si altengono a semplice moyimento.
2. 1 fisici, unendo sot to quesla classe lutli quelli, che nelle ordinarie
condizioni della natura si riferircbbero alia luce, al calorico, al ma-
gnetismo. 3. / fisiologici, radunando solto una medesima categoria
tulli i fenomeni, che il Mesmerismo eccita nell' organismo del pazien-
te. 4. / psicologici, congiungendo in tal classe tutti i fenomeni d'in-
telligenze, di visioni e di rivelazioni, che si osservano nei soggelli
sotloposti al Mesmerismo, ossia inducendovi lo staio sonnambolico ,
o senz' esso.
l.a CLASSE. Fatti meccanici. In questa classe si debbono colloca-
re le tavole giranli, danzanti, camminanli: le tavole e gli arnesi do-
mestic! che si sollevano in aria, che aderiscono da se sotlo le volte,
che si manlengono ferme sul suolo, benche male appoggiate, anzi
bilicale contro ogni legge di equilibrio, che mutano sito nelle stanze
0 si traslocano di luogo in luogo. Le porle che da per se si aprono,
0 da per se si chiudono : gli armadii cbe lasciati chiusi a chiave si
Irovano aperli , senza nessun segno di sforzo o di violenza esterna ;
gli oggelli che dentro i tiratori e le valige si scompongono da loro >
si sciorinano, cangian silo, s' arrovesciano , trovan qui il loro posto
naturale. Qua pure noteremo le carezze e le percosse , provenienti
or da invisibile , or da \isibile mano ; i bad che stampan la rosa, e
1 morsi che lasciano 1' impronla , senza che siavi bocca che li dia :
qua le pietre lanciate da lungi, e che fracassano, spezzano, ammac-
cano, feriscono : qua le folale di venlo impetuosissimo, che mentre
Varia di fuori e eheta com' olio , si gcnerano tutlo da se entro una
sala , o un appartamento che ha le porte e le finestre tulte chiuse.
In questa classe fmalmenle poniamo tulti i cosl svariali suoni , dalla
semplice picchiala di un di'to al fragoroso rimbombo del tuono,
dall' incondito schioppettar neH'aria alle piu soavi melodic dei clavi-
cembali , che vedemmo anooverarsi dagli American! nella Memoria
da loro presentala al Congresso degli Stali Uniti 1.
•
1 Civillu Cattolica, Quad. 347, pag. 572.
200 LO SPIRITISMO
II.a CLASSE. Fatti fisici. Spesso nelle sale, destinate alle sedute
mesmeriche,. sono comparsi lampi come di folgori, o fiamme come
di fiaccole, o bagliori come di fosforescenza, senza che vi fosse nes-
sun apparecchio e nessuna cagione che potesse generare ne luce ne
elettricita. Non di raro un notabile aumento di temperatura , o un
molto sensibile raffreddamento si e avverato si nelle persone, si ne-
gli oggetti e nell'aria circostante: e pur non v' era nessuna causa,
che potesse naluralmente destarli. Riferisconsi fatti di disseccamento,
or lento ora repentino, di piante o di frutti, prodotto dal Mesmeri-
smo ; come per lo contrario di subito o graduale ravvivamento della
vita vegetale in pianle, o morte o semispente. Se questi fatti non sono
fiabe, dobbiamo collocarli in questa classe, per non confonderli po-
sda con quelli che sono proprii dell' uomo.
III.a CLASSE. Fatti fisiologici. Le funzioni del corpo vengono ora
sospese, ora accelerate, ora modificate stranamente. Le sensazioni
sono interrolte, sospese, intervertite, trasferite ad organi non fatti
per loro, com' e per esempio il vedere col piede. La circolazione del
fluido animale viene sospesa, facendo abbassare la temperatura delle
membra e delle parti del corpo, sino alia rigidezza del cadavere. II
respiro viene sospeso anch' esso duranle lunghe ore, e perfmo alcuni
giorni, senza die poscia la persona se ne sia trovata inferma o inco-
modata. Spasimi dolorosissimi hanno sentito i magnelizzati in varie
parti del loro corpo, spesso rimanendo illese d'ogni infermila, enon
di raro contraendone delle pessime, che furono cagion di morte. Le
paralisi ora parziali, ora totali, e le catalessi piu o meno estese s'in-
contrano assai sovente tra i fenomeni mesmerici. Le danze cataletti-
che piu violent! si producono e si fermano al cenno del magnetizza-
tore, o anche senza esso. La persona s' irrigidisce, e quasi impielrita
diviene statua immobile , nelle positure piu stravaganti che possano
immaginarsi, contra ogni legge di slatica. II tessuto cellulare si ac-
crebbe con rapido aumenlo, piu o meno parzialmente, in una persona
magnetizzata, al semplice comando del magnetizzatore, triplicando il
proprio volume, senza che la pelle ne fosse lacerata sotto quello sfor-
zo istantaneo, e cessala quella enorme gonfiezza, senza che mostras-
se poi ne grinze ne floscezza. II cranio della Dama di Gorres or si
NEL MONDO MODERNO 201
apriva, or si chiudeva , or si gonfiava, or s' impiccioliva. A questa
classe pure appartengono i fenomeni chc si riferiscono al sonno ma-
gnetico, i quali si debbono distinguere in due categoric : segni pre-
cursori del sonnt, e sono svariatissimi e molteplici : fenomeni del
sonno semplice , *che per numero e per varied non la cedono ai
primi. Finalmenle sono qui da riferire quelle guarigioni mediche ,
che sonosi col Mesmerismo ottenute, senza che vi abbia avulo parte
II Sonnambulismo, per le quali fu al Mesmerismo atlribuito un'azio-
ue terapeutica direlta, che il fece da principio tanto studiare e tanto
proteggere.
IV. a CLASSE. Falli psicologici. II primo e principal fatto da qui
registrare si e il Sonnambulismo magnetico, o sia il semplice, ossia
il lucido, ossia anche 1* estatico ; nel quale 1' anima esercila in modo
piii o meno straordinario, e fuori d' ogni uso le naturali facolta sue,
la sensibility la memoria. I'intelligenza, la volonta, con tutte le spe-
ciali loro applicazioni. Quindi quella serie intera di fenomeni specia-
li, che in tali stali different! si osservano, e chenoi, registrali aven-
doli parlitamenle in altro luogo 1, lasceremo di qui particolareggia-
re. L'allro fatto, che va poslo sotto questa classe, consiste nelle ma-
nifestazioni spiritiste , che avvengono fuori del Sonnambulismo, e
dimorano principalmente nel comunicare che la persona fa con es-
seri puramente spiriluali. Una tal comunicazione si e finora ottenuta
in quattro gradi differenli. II primo e stato per via d' interprelazione
dei segni convenzionali, che quegli esseri danno ora con colpi, ora
con movimenti. II secondo per via di scrittura, quando la mano della
persona e sforzata da forza irresislibile a scrivere le loro risposto,
senza sapere cio che si scriva. II terzo per via di audizione, e allora
gli spiriti, senza farsi aHrimenle scoprire, parlano un linguaggio sen-
sibile e chiaro. II quarto finalmente per via di visione: poiche alcune
volte quesli esseri spiriluali si mostrano in forma umana, piu o me-
no aerea e trasparente, e cosi favellano, e conversano a loro grado.
1 Yedi Civilta Cattolica, Quaderno 344, pag. 180.
RIVISTA "*
BELLA
STAMPA ITALIANA
I.
Del maraviglioso vincolo di amore e di rispetto , die unisce ora
Ira se in Italia i giornalisti liber lini e i loro associali.
DIALOGO
Tra il Diritto di Torino, giornale delta Democrazia italiana,
e la Civilta Cattolica.
Le parole del Diritto poste tra due virgolette sono fedelmenle co-
piate dal suo N.° dei M Settembre di quest' anno.
Diritto (solo) : « In Italia general men te (forse in parte per colpa
« nostra) noi giornalisti siamo considerati o come pubblici nemici a
« come giullari, obbligali a far lazzi e a dir facezie per diverlire il
a pubblico. »
Civilta Cattolica. Condannati , in una parola, al mestiere di Pul-
cinella.
Diritto. E chi sei tu che vai cosi subito al fondo delle question!?
Civ. Call. Bastili sapere die io sono un giornalista come te.
Diritto. Non mi maraviglio allora che tu abbi cosi subito toccata
il punio. E come stai ad associati?
Civ. Catt. Tanto da campare senza le spese del Ministero.
KIVISTA BELLA STAMP A ITALIANA 203
Dirilto. Non occorr'altro. Con le posso parlare a fidanza; giacche
sci un giornale indipcndenle. Ma e pero un brutlo mesliere questo
del far 1'indipendente. Danari pochi, processi assai. Chenedici tu?
Civ. Catt. E pero sempre un bell'onore.
Diritto. Ci fosse almeno 1'onore. Ma, secondo che io andava testd
dicendo: « Noi giornalisli siamo considerali come giullari. E questo
« uno dei segni principal! della poca intelligenza che di liberta ha
« ancora il paese » .
Civ. Call. Pochi anni fa il paese era tanto maturo !
Dirilto. Che vuoi che io li dica? Ora si e smaturato. « La stampa
« dovrebb' essere considerata come un bene pubblico : ciascuno do-
« vrebbe reputarsi obbligato ad aiularla dell' opera sua : ciascuno
« dovrebbe reputare offesa e danno falto al commie , quello che si
« faccia alia stampa, e dovrebbe riputare materia di pubblica utilila
« il serbarla in credilo ed in repuiazione 1. »
Civ. Call. In una parola, i giornalisli dovrebbero essere trallali
come le vacche nell' India. Ogni loro produzione dovrebbe racco-
gliersi come preziosa.
Diritto. Tu mi fai venire 1'acquolina in bocca. Ma pur troppo non
e cosl. « Pare che in Italia si repuli un bel piacere ed un' opera
« leggiadra il trarre in inganno la stampa. E una cosa curiosa il
« vedere la pertinacia, I'impronlitudine, gli arlificii, i raggiri che si
« meltono in opera per potere , profiltando della stanchezza o della
« cortesia o della trascuranza o della buona fede di un giornalista,
« far pubblicar una menzogna. »
Civ. Catt. Non credeva poi che ci volesse tanto per ottener una
menzogna dalla cortesia o dalla buona fede di un giornalista.
Diritto. Bisogna distinguere. Le bugie che stampiamo da noi ap-
posla , quelle, si sa , si dicono con gusto. E non fanno torto, perch6
una mano lava l'altra ed ambedue il viso. Ma quello che non posso
sofTrire si e di dir la bugia credendo di dir la verila. « E cosa lurpe
1 Abbiamo sottoscrltte tutte le ripulazioni die si trovano in. questo pe-
rlodo , perche si veda che, in difettp della cosa, non manca la parola nei
fogli liberlini.
204 RIVISTA
« ed ignominiosa che non ci sia menzogna che in Italia non trovi
« testimonianze e document! per sostenerla. II pubblico si serve
« della stampa col proposito di trarla in inganno per fmi privati di
« odio o di amicizia: tulti si fanno un dovere, non di dire il vero, ma
« di trovar, coll' inganno e colla frode, una via di far pubblicare in
« un giornale una menzogna die loro giovi. »
Civ. Call. Cosi bugiardi fai gli italiani?
Diritto. Non so che far ci. Gl' italiani, coi quali io ho Y onore di
essere in qualche relazione , sono tulli cosl. Sai che io m' intitolo il
giornale della democrazia italiana.
Civ. Call. Merie rallegro tanto con te e colla democrazia italiana.
Diritto. Tu poi conosci il nostro costume. Noi professiamo di non
riconoscere per .italiani che i nostri. I noslri sono tutti bugiardi.
Dnnque non ci sono in Italia che bugiardi. La cosa e chiara.
Civ. Catt. Evidentissima.
Diritto. Ne vuoi una prova ? « Noi giornalisti non possiamo mai
« esser sicuri, se non di quello che vediamo qui in Torino coi nostri
« occhi. »
Civ. Catt. Buon avviso ai leltori delle notizie estere.
Diritto. « Non si e mai sicuri di nessuna affermazione ; non si
« puo mai riposare sopra nessuna testimonianza. Qaal e 1'effelto di
« questo strano e turpe capriccio d' ingannare la stampa? I giorna-
« listi devono perdere ogni credito. »
Civ. Catt. E naturale.
Diritto. « E poi ci e il danno evidente. Lasciamo da parte la ver-
« gogna che porla ad una nazione ...»
Civ. Catt. Alia democrazia ilaliana.
Diritto. « ... ad una nazione il fatto che non ci sia verita che in
« essa possa mettersi in chiaro, e non vi sia menzogna che non possa
« presen tarsi munita di testimonianze e di prove. Ma vi e il danno
« evidente. Perche la stampa sia ulile, dee essere autorevole. Ma
« perche sia autorevole dee esser veridica. »
Civ. Catt. Capisco quel che vuoi dire. Nonpotendo essere veridi-
co, intendi di non esser autorevole. Non essendo autorevole, capisci
di esser inutile. Percio hai deciso di chiudere bottega e butlarti ad
altro mesliere.
DELLA STAMPA ITALIANA 201>
Diritto. Non dico questo: « Diciamo queste cose, perche sen'ab-
« bia a vcrgognare, a pentirc c ad emendarsene il paese. »
Civ. Call. Ma so il paese non ti crede e ti ha anzi per un giullare.
Dirillo. Queslo lo so. Ma mi consola il pensiero che siamo ia
molti ad avero qucsta riputazione. « Suppongo che quesle mie mi-
« serie siano anche sofferle da tutli i miei colleghi. »
Civ. Call. Tienlo pure per certissimo.
Diritlo. Dunque lo capisci anche tu! Del resto noi giornalisti ab-
biamo faccia losta. E ti dei ricordare di quel mio periodo, che e di-
venlalo celebre in Italia : « Noi liberali (scriveva nel mio num. dei
« 2 Febbraio di quest' anno ) , noi liberali andiamo da quatlro anni
« ingannando il paese, secondoil poter nostro, lulli ». E bene? For-
se che per queslo il paese si e ofieso ? Forse che per questo abbiamo
perdu to un associalo? L'associato e merce gabbabile.
Civ. Call. Dunque 'perche tante lamentazioni per qualche bugia
di piu che li e stata falta stampare ?
Diritlo. II caso fu un po' serio. Figurali che un bel giorno mi
arriva da Paola in Calabria , da Gallipoli, da Sciacca, da che so io,
un fascio di document!. Da buon direttore di un giornale della de~
mocrazia italiana , stampo subito , riservandomi a leggere poi con
comodo. Poco dopo, ecco altri document!. Stampo, e vedo (mirabile
vista!) che sono la confutazione dei primi. Arriva un terzo fascio. fi
la confutazione dei secondi. Qui ho perduta la pazienza. Ma ora mi
sono tranquillizzato ; e capisco che bisogna saper sopportare le con-
suetudini della stampa.
Civ. Call. Anche 1'esser preso per giullare?
Diritto. Anche queslo. Del resto , poiche Ira noi giornalisti indi-
pendenli possiamo parlar in confidenza , io credo che i nostri lettori
ed associati ci slimano anche troppo. Se conoscessero la nostra
vita eh?
Civ. Call. Dormire fino a mezzogiorno. *
Diritlo. Studiar la polilica al caffe.
Civ. Call. L'economia polilica al Ghetto.
Diritto. La morale al decimo uffizio.
Civ. Call. Che cos'e questo decimo ufflziot
206 BIVISTA
Diritto. Come? Non sai che cos'e il decimo uffizio?
Civ. Catt. No, davvero. Di' un poco.
Diritto. II decimo uffizio. . . , Ma, did da senno phe non sai che
cosasia?
Civ. Catt. Dico da senno.
Diritto. Sei un giornalista singolare! Saprai, suppongo, cheiDe-
putati nella Camera sono divisi in nove uffizii.
Civ. Catt. Questo lo so.
Diritto. Or bene; quando i Deputali (parlo dei nostri) uscendo
dalla Camera, yogliono darsi un appunlamento , un convegno, si
dicono a vicenda : « Ci rivedremo al decimo uffizio » . Questo lo sa
tulta Torino.
Civ. Call. Ma dove e queslo decimo uffizio?
Diriilo. Tu mi fares ti impazzare. Dov'e il decimo uffizio? Lo san-
no tutli.
Civ. Catt. Ma io non lo so.
Diritto. Tel' ho dunque da dire alettere di scalola? II decimo uf-
fizio e , come sarebbe a dire , una casa di mat affare, una casa di
tolleranza.
Civ. Catt. E cola si danno gli appuntamenti i Deputali?
Diritto. Gia. Cioe i noslri.
Civ. Catt. E cola apprendorio morale i giornalisti?
Diritto. Gia. Son cose nuove eh?
Civ. Call. Ne sapeva molle di voi altri. Ma questa poi . . . . Del
resto, non fa maraviglia.
Diriilo. (da se solo) Quesla ignoranza , questa maraviglia mi fa
seriamente sospettare. Mi fossi imbatluto in un clericale? Gia me lo
dicono anche troppo che io parlo e scrivo con poca prudenza ; si che
i clerical! ne profiltano. Ma verro ben io in chiaro subilo con chi ho
il piacere di parlare. (Alia Civilla Catlolica). E, dimmi un poco. I
tuoi associati'U fanno mai di questi scherzi?
Civ. Catt. Quali scherzi?
Diritto. Di farli stampar documenti falsi , di prenderti per un
giullare, di Irattarli insomnia da buon giornale liberale.
Civ. Catt. No, davvero. lodei miei associati sono edificatissimo.
BELLA STAMPA ITALIANA 207
Diritlo. E li rispellano?
Civ. Catt. Piu di quel che merito.
Diritto. E ti crcdono ?
Civ. Catt. Sulla parola, per bonta loro.
Diritto E pagano?
Civ. Catt. Appuntino.
Diritto. (da so solo) Associati rispeltosi , veritieri , ben educali ,
buoni pagatori; ignoranza del decinio uffizio. Coslui e un clericale
senz' altro. (Alia Civilta Cattolica). Senti, bisogna che io parta subito.
Sono aspellato al mio uffizio.
Civ. Catt. Al decimo?
Diritto. Al diavolo che ti porti. (Parte).
II.
Sopra la Vita del Marchese Giuseppe Molza , Memoria del Padre
VINCENZO STOCCHI d. C. d. G. — Venezia , tipografia Emiliana
impr. 1864. Un volume in 8.° di pagg. 110.
Se ai pitlori viene gran lode per avere sapulo rilrarre , con esat-
tezza di verila e perfezione di arte , i lineament! di alcun illuslre
personaggio : non e minore la lode che e dovuta al chiaro Aulore di
quesla Memoria ; il quale , con i colori di una schielta , purgata e
colla narrazione, ha delineato cosi al vivo i costumi e la vita del no-
bilissimo e gravissimo uomo, che fu il Marcbese Giuseppe Molza che,
a leggerla , ognuno che Y ha conosciuto e obbligato di esclamare :
« Egli e desso. »
Se non che i pittori , quanto si vogliano esperti dell' arte del pen
nello , non possono altro che rappresenlare agli occhi le fattezze del
corpo. Che se cio stesso puo avere un'azione nell'animo, risveglian-
do in coloro che vi rimirano qualche soave affezione ; qucsto accade
quando la persona, die e figurata, sia altrimenli conosciuta e tenuta
cara per le sue amabili qualit^. Laddove il morale ritratto , che il
bravo scriltore ha fornito, con tanf aggiustatezza, deU'egregio Mar-
chese, non tocca solamenle i congiunti di lui, gli amici, i conoscenli;
208 RIVISTA
ma quelli eziandio, che non ne ebbero altra contezza, ne rimangono
compresi di ammirazione e si senlono come forzali ad amarlo.
II perche noi vorremmo che gran giro avesse questo libricciuolo ;
e do non tanto, perche alia memoria di si grand'uomo fosse rendulo
il premio, che in questo mondo si avviene alia virtu, che e di essere
conosciuta ed apprezzata ; quanto perche il lume de' suoi esempii
potesse a raolti chiarire I'intellelto, in mezzo alle lenebre fra le quali
si aggira la presente Sociela, e avvalorarne i desiderii al berie
verace.
Ne questo diciamo , quasi supponendo che sia mancata nel bel
mezzo della Chiesa la pratica delle virtu : ve ne ha, e luminosissime,
e in grandissima copia. Neppure vogliamo intendere che il Marchese
Giuseppe Molza sia stato un lipo di cosi alta perfezione, da riuscire
im miracolo di santita non punto ordinaria. Anzi nella sua vita non
s' incontra esempio di virtuose azioni, il quale non possa e piu spes-
so non debba essere imitato da quanti si ritrovano nelle medesime
cjrcostanze. Che e dunque do che ci fa pregiare a si alto segno
le opere di lui, che noi le vorremmo conosciute da tutti, perche di-
yenissero luce e guida di molli? E appunto 1' essere opere di virtu,
piane si veramente a praticare , considerate in se stesse ; ma che
nondimeno raramente hanno luogo ne' gradi piu elevati della odier-
na societa. Al che mirando noi ; ne potendo per altro rilessere tulta
la storia della sua vita; almeno ne toccheremo, colla scorta di questa
Memoria , alcuni punti principali , a profitto , siccome speriamo , di
non pochi de' nostri lettori.
II chiaro Autore da sul principio una breve contezza della fanii-
glia Molza, che e delle piu nobili, non di Modena solamente, dove ha
secle, ma di tutta 1' Italia; e fu in ogni tempo feconda di personaggi
ragguardevolissimi , o sia per merilo di preclare azioni , o sia per
farna di sapienza civile e di cultura letteraria. Ricordiamo con lui que-
sto pregio, acciocche si scorga che tanto lustro di casato non fu occa-
sione al Marchese Giuseppe di trascurare le piu solide virtu, conten-
tandosi delle vane apparenze, di che il mondo si facilmente si appa-
ga. Piultosto dallo splendore del suo nome egli prese argomento di
animarsi a divenire sempre migliore, per non ismenlirlo in se stesso.
DELLA STAMPA ITALIAN! 209
Di che egli, dopo Dio, fu obbligato alle amorevoli cure de' suoi ge-
nitori , i quali sin da' primissimi anni lo vennero educando a nobili
sensi, faccndo pero di quest! principalissimo fondamenlo la pieta cri-
sliana e il timor santo di Dio.
La quale educazione, iniziata cosi bene nelle domesliche mura, fa
poi compiuia nel Convitto de'PP. delle Scuole Pie in Correggio; e
tanto felicemente, che quando il giovinetlo Giuseppe ne venhe fuori,
fu uno de' piu specchiati lestimonii dell' ottima istituzione cbe \igeva
in quel luogo, si quanto a collivare Y animo colle cristiane virtu, si
quanto a ingentilirlo con ogni buona disciplina. Perciocche i buoni
semi accolti nell' animo egli non lascio inlristire per inerzia o diva-
gamento di spirito : ma come da quel riliro usci pio e aflezionato
agli studii, cosi anche tra gli agi della casa paterna niuna cosa ebbe
piu a cuore , quanto avanzare il meglio che sapesse nella verace
piela e nelle utili cognizioni. Di questa duplice cura di Giuseppe,
negli anni piu pericolosi della vita, il chiaro Autore ci reca luculen-
tissimi document! in due capitoletti, co' quali eel dimoslra tanto vir-
tuoso giovane, quanlo si convene a chi e profondamente cristiano ;
e tanto colto ed istrutto, quanto appena si puo sperare in una eta si
iinmatura.
Di che non facciamo meraviglia, considerate 1'indole di lui natural-
mente temperata al bene, la perspicacia del suo ingegno , la gravita
e costanza dell' animo. Le quali doli, collivate a tempo , perche non
doveano rendere il frutto lor proprio, che e 1' arnore alia \irtu e alia
sapienza, e lo studio indefesso di acquistarle? Ma ben ci duole che
in tanti allri nobili giovanetti , ai quali la Provvidenza non fu men
larga de' suoi doni , fallisce cosi di frequente una buona riuscita ;
perciocche il modo di educarli par proprio inventato per distruggere
in loro ogni germe di bene. Noi qui non facciamo un tratlalo di edu-
cazione, e pejo non ci conviene discendere in particolarila. Non vo-
gliamo pero farci sfuggire quesla occasione , per indicare, o meglio
ricordare ai padri di famiglia, il vizio 'radicale della moderna educa-
zione, che 6 una specie di naturalismo, con cui da molli si pretende
di condurla. Questo consiste nell' escludere da' mezzi di educazione i
motivi e la pratica della nostra santa religione; e guidare invece i
Serie V, vol. XII, fasc. 350. 14 5 Ottobre 1864.
210 RIVISTA
giovanelli cogli allettamenti naturali del bene morale. Che se anche
si da una parle alia religione ; questa , nell' intendimento di chi la
porge, riguarda la semplice istruzione; ma, quanto all' effelto in quel-
li che la ricevono, si riduce ad esscre una materia di erudizione , o
poco piu. Ora qual efficacia possono avere gli argomenti prellamen-
te naturali, contro le inclinazioni dell'animo per se tanto gagliarde ,
e di piu afforzate negli anni giovanili dail' ardore del sangue e dalla
vivacita della fantasia? Se mancassero le altre ragioni positive, sol
questa negaliva basterebbe a spiegare il tanto guasto che e nella gio-
ventu. Ma le stesse ragioni positive si raccolgono in quest' una, e da
quest' una dipendono. Imperciocche qual concetto possono avere dei-
le virtu stesse morali quegli educatori , che non hanno amore alia
loro religione , che e fondamento e tulela della vera morale? E se
non hanno in se questo concetto , come potranno non solo ispirarlo
teoricamente ne' loro alunni, ma fare che sia incarnato ne' loro co-
stumi? Pero a niuna cosa dovrebbero badare meglio i genitori, mas-
simamente se nobili, quanto a provvedere a' loro figliuoli cosiffalti
educatori , die sapessero istillare per tempo ne' loro animi i senti-
menti religiosi, e formarli alle cristiane virlu. Se il giovine e buono
e pio, si puo esser sicurissimi, che meftera tulto il suo ingegno allo
studio ; ed il profitlo sara sempre proporzionato alle sue forze intel-
lelluali.
Ma tornando al Marchese , ognuno puo argomentare da si felici
cominciamenti, qual egli addivenisse, col progresso degli anni, nella
eta piu matura. L'Aulore della Memoria eel dimostra, nella qualita
di uomo private, un tipo di signore esemplarmente cristiano: avare
dispensalore del suo tempo , che partiva con giusta misura tra i
doveri religiosi , le obbligazioni de' suoi ufficii, e lo studio die gli fu
sempre carissimo. Le pratiche poi di pieta, che si era stabilito ,
non le trasandava, quanlo era da se, ma piutloslo le cresceva. Ogni
di alia messa e, ne' giorni massimamenle di concorso maggiore ,
mcscolato col popolo; ogni di la sua era alia lezione di libri spiritua-
li, e ad altri esercizii di pieta, specialmente del sanlo Rosario , che
soleva recitare in' comune colla famiglia. Divolissimo del divin Sa-
gramento , che si recava a visitare con edificante raccoglimento ,
DELL A STAMPA ITALIANA 211
massime nello esposizioni delle quaranta ore, e fu assiduo sempre a
ricevcre nel suo petto, ma piu assiduo ancora negli ullimi anni. Fre-
quenle, come poleva, ad ascoltare la parola di Dio; e talvolta di ci6
che udiva faceva lulto solo in sua stanza un picciolo sunlo, per ri-
cavarne profillo piu stabile. Mantenitore de' precelli della Chiesa ,
de' quali fu lenacissimo , eziandio se dispensato : ne umano rispetto
lo indusse raai a Irasandarli in tempi anche difficilissimi ; e*volle os-
servare la legge del digiuno e del magro nella stessa decrepita eta
di otluagenario.
Ognuno iutende qual si dovesse dimoslrare , nelle sue relazioni
coi domestic! e cogli esterni, im uomo di si rari pregi di animo,
e con tanlo ampio capilale di virtu morali e religiose. II chiaro Au-
tore eel descrivo ottimo marito : nel die se dobbiamo lodare il
merito di lui , non possiamo frodare della lode dovuta la sua egre-
gia consorle, la Marchesa Luigia Cortese ; la quale non gli fu solo
ollima e amorosa compagna , ma aiulatrice ancora e conforto in
ogni opera di virtu. Una coppia cosi bene appaiala non polea certa-
meute fallire agli altissimi fini, pe' quali Iddio istilui il malrimonio,
e Cristo Signore lo elevo alia veneranda dignila di Sagramento. Si
consullino i capitoli XX, XXI , XXII , XXIII della Memoria , e ve-
drassi con quanto amore , accorgimento e savia disciplina si 1'uno
come 1' altra governassero i figliuoletli, di che Iddio allieto il loro
connubio : come li provvedessero di ogni mezzo di cristiana e savia
islituzione, dapprima nelle domestiche pareti, e, falli piu grandicelli,
In nobili e ben disciplinali Collegi ; di qual felice esito fmalmente
furono rallegrate le loro cure per la egregia riuscita di ciascuno
di loro.
Quanlo al conlegno cogli estranei, ecco in breve clie ci e falto ri-
levare dalla Memoria. Cogl'inferiori amorevole; ma sempre grave e
dignitoso : ne tollerava i difelli, dove fallissero per umanafiacchezza;
ma li voleva buoni per prindpio , anianli de' loro doveri , agevoli a
riconoscersi, se colpevoli, ad ammendare il mal fatto. Abbondava in
benignita: ma se la col pa meritasse di esser correlta coll' asprezza,
sapea spiegare tulta 1' autorita sua e con essa opprimere salutar-
menle il delinquenle. Nondimeno mal avrebbe giudicato di lui chi ,
212 KIVISTA
per vederlo cosi tramutato da'suoi modi ordinarii, avesse argomen-
talo nel suo animo soperchiamenlo di collera. Conciossiache appena
gli si toglieva dinanzi quel comunque reo, ed egli losto ripigliava il
suo consueto tenore di atli e di parole, come se nulla fosse accadu-
to. II che vien recalo da' filosofi morali a cerlo argomenlo di piena
slgnoria, clie uomo abbia di se e delle proprie passioni.
Ma pfu forse dell'autorila trovo in lui ampio luogo quella virtu, di
cui menano taiito rumore i nostri umanitarii ; ma clie, a doverla pra-
licare, non si puo apprendere al trove che nella scuola di Crislo.
Essa e la carita del prossimo, la quale si e voluta sbaltezzare, con
darle il nome di filantropia ; ma ingieme col primo nome ha perduta
ogni sua efficacia, ed anzi il suo essere stesso, riducendosi, ne'cosi
detli filantropi , a vana apparenza di beneficenza , a sostanza di
egoismo. II Marchesc pero la intendeva col Vangelo : largo coi po-
veri , liberale co' luoghi pii ; profuso poi sino all' eccesso , se cosi
puo dirsi, co' piu indigent!, massime se colpili da pubbliche o pri-
vate calamita. Ma egli, provveduto largamente de'beni di for tuna,
tanto polea esser piu benefico cogli altri, quanlo era piu economo in
casa sua, loglicndo al soverchio lusso ed ai non necessarii diverti-
menti do che deslinava alle altrui necessita. Sol di una cosa egli
si dimostrava sollecito nelle slraordinarie larghezze; ed era che non
si sapcsse da cui venissero. Argomento della diritta intenzione, per
la quale, conlenlo di avere Dio testimonio delle sue azioni, nori bri-
gava di accattarsi, ed anzi respiogeva sdegnosamente da se la glo-
ria, mondana.
Che se consideriamo il Marchese nelle relazioni della vita civile ,
il suo contegno era grave, ma non affettato ; il Iralto amabile, ma non
lezioso ; la conversazione utile, ma non pesante. Per quesli suoi pre-
gi era egli , anche nella eta giovanile , non solo slimato assai , ma
ancora ambito nelle nobili sociela; perciocche tanto collo era in ogni
sorta di svarialissime erudizioni, e sapeva cosi a proposilo innestarle
ne' discorsi, che il diletto, in chi udivalo, non era minore della ulili-
ta che gliene veniva. Nondimeno , cio che piu e da ammirare nella
sua conversazione , e 1' amore , di cui die pruove luminosissime ,
per la noslra santa religione. Perciocche non di rado gli accadde ,
DELLA STAMPA ITALIANA 213
specialmente in sul principle cd in quo' Icrapi di si lutltioso perver-
(imento , di ascollare or qui , or cola insulti , belle , sarcasmi , con-
tro questo o quel domma , contro questa o quella pratica religiosa.
Egli si era premunilo a tempo , e con isludii non leggeri , contro a
siffatle occasioni , mollo bene anlivedute da lui. Per6, con quella
franchezza di animo che fa sua propria , sostenuta dalla scienza e
avvalorala da naturale facondia , era il primo in que' casi a levarsi
con aperto viso in difesa della sua fede : e 1' efictlo piu frequente a
segiiirne era I'ammulolirsi a poco a poco e confondersi de' suoi con-
Iraddittori. Queste pruove alcune volte ripetute gli fruttarono tanla
autorita, che in sua presenza niuno piu , di quanti lo conpscevano ,
fu mai ardito di offendere con motli ingiuriosi la religione.
Un uomo di si antica nobilta , di tanti pregi di natura, cosi ricco
di scienze e di leltere, e, cio che piu monta, di cosi specchiata reli-
gione, qual fu il Marchese Molza da' suoi anni piu verdi, non potea
rimanere ignorato alia Corte di Modena , la quale per antica tradi-
zione fu come la sede de'dirilti principii, ed il richiamo degli uomi-
ni veramente saggi e virtuosi. Appena dunque fu ristorata la dina-
stia Estense, dopo la malaugurata iiivasione francese, quel Principe
impareggiabile, che fu il Duca Francesco IV di Modena , voile tprre
sperimento, in faito di pubbliche amminislrazioni, del giovine Molza;
e dapprima lo nomino Consultore di Governo presso il Governatore
Marchese Coccapam , e dopo alcun tempo Governatore nella Garfa-
gnana. Le pruove , che di se diede il Marchese Molza nell' uno e
nell' allro carico, furono cosi soddisfacenti, che, corsi appena pochi
anni , il Duca lo voile presso di se , confidandogli il Ministero degli
affari eslerni ; net quale perduro per lo spazio di 29 anni, cioe.dai
1819 insino al 1818, solto Francesco IV col litolo d'Incaricato, sol-
to Francesco V col titolo di Ministro.
Quesla porzione della vita del Marchese fu la piu luminosa, si per-
che, posto in cosi alto grado, le sue virlii erano in vista di tutti , si
perchc con queste virtu egli offeriva uno speltacolo assai raro in ogni
tempo, ma rarissimo ai di noslri, diun uomo di Stato, non pure pro-
fondamentc cristiano, in quanto privato, ma profondamentfe crisliano
in quella qualila di uomo di Governo. Imperoc.che la celebre formola
214 RIVISTA
della Rivoluzione « Lo Stato e ateo » non e stata lanciata in mezzo
cosi cli botto collo scoppio de' rivolgimenli polilici: ma come tulle
le altre massime antisocial!, cosi parimenli questa si e venuta appa-
recchiando da gran tempo, con un lungo layorio, che hanno fatto le
sette in mezzo ai Governi anche legittimi. Di fatto, 1'ateismo dello
Stato alia moderna si risolve, conforme alia spiegazione che ne dan-
no, nella totale separazione di esso Stato dalla Chiesa : in quanto lo
Stalo, non riconosce la Chiesa cattolica piu che 1'anglicana , o qual-
sivoglia altra selta , e si professa di avere nel medesimo conto tutte
le religioni ; benche poi a' fatti la pessimamente trallata e sempre
la cattolica. Or chi sludii con qualche accuratezza nelle slorie pas-
sale , scorgera che da gran tempo a questa parte si era universal-
mente diffuso nci Gabinelti di Europa un ardore , che ando sempre
crescendo , cli separare gl'interessi de' Governi dagli interessi della
Chiesa, con procurare di guadagnar sempre di mano sopra di que-
sta, oceuparne i diritlied incepparne 1'azione. Questa lenla separa-
zione, che era non tanlo calcolo di ambizione, quanto consegaenza
di falsi principii , ha fmalmenlc avuto il suo ultimo svolgimento col
trionfo della Rivoluzione; la quale, usurpalo tutto alia Chiesa, in ul-
timo si e proleslala di non conoscerla.
Non e dunque meraviglia , se anche prima che dominasse il prin-
cipio dello Stato ateo, non fosse agevole molto conciliare insieme i
doveri di buon caltolico e la pralica di sagace Minislro. Sappiamo
bene die la Corte di Modena, sic-come quelia che fiulo sempre da
lungi 1' odor del settario, e da ogni arte di selta si guardo sempre,
quanlo era possibile ad umano accorgimenlo, non offeriva quegll
oslacoli, che tanti altri Governi, a poler metlere in buon'armonia 1'una
e 1' altra qualila. Ma se a quelia Casa e gloria segnalalissima 1'aver
saputo riguardarsi del comune contagio, sicche a servir lei non si
metlesse in pericolo il miglior bene , che e quello della propria co-
scienza; grandissima lode e altresi dovuta al Molza, il quale si sep-
pe cosi bene approfittare della buona congiuntura di operare secon-
do coscienza. Conciossiache quel lorto degli altri Governi pel pes-
simo vezzb di sopraffare con isludiata prepotenza la Chiesa, BOD
tanlo era torto de' Principi, quaato de'loro Minislri; alcuni de'quali,
settarii, e i piu, sobillali da' settarii.
DELLA STAMPA ITALIAXA 215
Sarcbbc opera lunga se noi ci volessimo trallenere a descrivere
della vita politica del Marchese solo quel lanto, che ci espone la Me-
moria; la qualc tultavia non e che un compcndio delle sue opere.
Bicorderemo sollanto le qualita principali che reconel geloso nfllzio,
che furono poi la norma delle sue operazioni. In primo luogo e da
porre « un animo (come dice il chiaro Autore) e una coscienza cri-
stiana a lulla pruova ». Fu seguace di questa la fedeliSt al suo Prin-
cipe; fedelta di principio, e pero scevera di qualsivoglia interesse;
fedelta di affelto, e percio araorosa; fedella di opera, e quindi frut-
tuosissima allo Stato: la quale peraltro, non fu mai menomamente
tocca di corligianeria e assenlazione ; in che e tanto facile cadere
co* grand! ne' prosper! tempi ; e per contrario sfavillo piu che mai
nelle avversita , da cui fu colpita nelle politiche rivolture la Casa di
Modena. Sopra quesli quasi due perni, la religione cioe verso Dio,
e la fede al suo Principe , si aggirarono ed ebbero gioco le altro
abilila, che ebbe il Marchcse, come uomo di Governo: e furono, co-
me dice 1'Autore : « una rara capacila di mente, molta sagacila, mol-
ta deslrezza nelle cose di Stato. »
Pe' quali pregi se egli soddisfece pienamenle ad ogni suo debito,
si di cristiano, si di politico; se riusci carissimo ai due Franceschi,
ii IV e il V; i quali, piu che in luogo di fedele servitore, lo lennero
in conlo quasi di amico ; non polea non divenire odiosissimo alle
selle, che come nella Casa di Modena, benche di si ristretta signo-
ria , trovavano uno de' piu gravi ostacoli ai loro divisamenti , cosi
s* immaginavano, che anima di una lal guerra^sse il Minislro piu
intelligent e autorevole di essa Casa. Gli effetti di, quest' odio rive-
larono sempre piu la nequizia setlaria , che e qualche cosa d' incon-
cepibile; ma misero ancora in mostra, meglio che non erano prima,
le virtu del Marchese Ministro. Per la contezza de' fait! in partico-
lare rimetliamo il lettore a quanto ne reca , avvegnaohe in rislret-
to, la Memoria. Noi., sopra i falti mcdesimi, concludererao, che la
divina Provvidenza si e contentata di moslrare alia Italia un lipo di
Governo , veramente crisliano , nella augusla Casa di Modena , e un
lipo di Ministro in tutto degno di una tal Casa nel Marchese Giu-
seppe. E cerlo se la Dinastia modenese avesse avuta maggiore po-
216 BIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA
tenza ; se almeno si fosse prestato orecchio ai suoi savii consigli ,
secondo quella gran proposta, clie il Duca Francesco IV mando
fare per mezzo del Molza al Congresso di Lubiana , ed egli stesso
presento poi, nell'aHro di Verona l, ai Sovrani cola convenuti,
non avremmo ora a lamentare i mali , che fanno si tristo scempio
della povera Italia. Ma Italia non era degna di tan to. Impari alme-
no, col riscontro de'danni, che gli hanno apparecchlati altri Governi
ed altri Minislri , quali dovrebbero essere i suoi reggilori. Essa ne
ha un insigne esemplare nella Vita del Marchese Giuseppe Molza ;
e la Provvidenza ha disposto che presso il medesiino tempo , che e
uscita alia luce questa Memoria, che ne fa veclere la pratica, venisse
pubblicata (almeno in gran parte) quella grand' Opera del Conte So-
laro della Margherita , intilolata « 1' Uomo di Stato » , che ne som-
mimstra 1' idea.
1 Certo chi consideri ( cosi 1'Aulore della Memoria) le proposte fatte dal
Duca Francesco IV nel Congresso di Lubiana, e la scritlura che presento ai
Potentate convenuti in Verona, e insieme quello che fece ne suoi Stati dove
aveva le mani libere, e impossible che non inarchi le ciglia per islupore, e
non desideri che parijalla gran merit e avcsse il dominio e lapotenzaper sa-
lute delVuman gencrc. Tutti i Sovrani e i diplomatici convenuti in quei fa~
inosi congressi ammirarono tanta sapienza; e come die ilrimedio che propo-
neva sirisolvesse nello sciogiiere le braccia alia Chiesa e nel secondarne /'a-
zione, gli stessi eretici , i Prussian}, i liussi, e gl'lnglesi applaudirono ; ma
nonpiacque a Dio, che quello che lanto si lodava colle parole, si eseguisse
coir opera. Piii sagace del Sovrani la rivolusione, alia quale tut to fu noto,
ne tremd e ne sbigottt , e conccpl contro Francesco IV un odio furibondo, che
sfogo con quei torrenti di calunnie e di contumelie che senza posa ne fine vo-
milo nei libelli e nel giornali contro di lui: calunnie e contumelie che insieme
colle insidie tese alia sua vita sono ilpanegirico piu eccelso di questo gran-
d'uomOj cmostrano evidentemente che i suoi colpi ferivano lamalabestia
nel cuore.
BIBLIOGRAFIA
AMBROSI ALESSANDRO — Elogio funebre di Domenico Patrizi, avvocato della
romaua Curia e Socio dell' Accademia dei Quirili, letto nella tornata del
15 Settembre 1864 dell' Accademia stessa, dal suo affezionatissimo disce-
polo, avvocato Alessandro Ambrosi, Giudice nel Tribunale collegiale di
Bcnevento, e Socio di varie accademie ilaliane. Roma, slabilmento tipo-
grafico Aurcli e C. piazza Borghese n.° 89, 1864. Un opusc. in 8.° di p. 15.
ANONIMO — Gartilla de Doctrina cristiana para uso de los ninos americanos
de la Guyana Inglesa. Roma, imprenta de la S. C. deProp. Fide 1864. Un
opusc. in 16.° dipag. 35.
— Consacrazione della propria famiglia alia sacra famiglia di Gesu, Maria,
Giuseppe. Venezia, lip. Perini impr. 1864. Un opusc. in 64.° dipag. 32.
— II dodici Aprile. Poemetto lirico. Italia 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 53.
Una delle pruove della liberla di stampa e di crcdiamo che derivi dal parlarvisi con quella
opinione chc si gode in Italia I'ahbiamo in quc- chiarezza , chc era in uso presso i buoni noslri
sto Poemetlo. Esso non ha nulla di che far ver- vecchi, vissuti sollo la lirannia del medio evo,
gogna al suo aulore : ottimi e santi i principii : allorquando era lecito di chiamare ingiustizia
piena di fuoco la poesia ; mediocre lo stile ; ri- 1'ingiustizia , e furto il furto , chi che se ne
dondanza piultosto the searse/za d'immagini e di fosse il reo. Ora la nuova era di liberta esige
concetti. Pur luttavia 1' Aulore ha creduto per che chi vuol parlare cosi si nasconda , perche
lo suo meglio di nascondere i! proprio nome, e non sia accoppato o dai bastoni della piazza o
per fino il luogo della stampa. Quesla cautela dalle inquisizioni del fisco.
— Lettera di un Missionario svilla schiavitii domestica degli Stati Confede-
rati di America. Roma 1864, tipografia di Giovanni Cesaretti. Un opusc.
in 8.° di pag. 83,
Qual c il vero e giuslo giudizio della schia- Cosi sono riusciti ad altirare dalla loro il libera-
vilu negli Slati Confederati dell' America ? Po- lismo del mondo intero, che facendo grande slre-
chissimi nell' Europa il sanno : perche gli Stati pito ha sofl'ocata ogni difesa possibile degli Stati
federali del Nord, volendo deprimere la ricchezza Confederati. Or quale sia la vera condizione della
e la prosperita sempre crescente dei loro avver- schiavitu nell' America del Sud , quali lc vere
sarii, hanno travisalo il motivo per cui si guer- piaghe che 1'afliiggono, quali le cagioni che lo
reggia, che e veramente 1'indipendcnza propria produssero e le producono , quali i rimedii che
di ciascuno Slalo paltovita nella lega federale , veramenle possano guarirle , viene esposlo iu
ed hanno messo innanzi un altro motivo, 1'abo- questa lettera, scrilta da persona imparziale, in-
lizione della schiavitu, che ne fu solo 1'oocasione. formatissima e di larghe e giusle vedute.
— Norme per la fondazione generale nelle citta e nelle campagne della Pia
associazioiie della famiglia, consacrate alia sacra famiglia di Gesii, Ma-
ria, Giuseppe. Venezia, lip. Perini imp. 1864. Un apusc. in 8.° di pag. 8.
— Novena in onore di sauta Sinforosa e dei suoi sette figliuoli MM., protet-
tori della citta di Tivoli. Roma, tipografia di JJ. Morini 1864. Un opusc.
218 BIBLIOGRAFIA
BIBLIA SACRA vulgatae editionis, Sixti V, Pontificis Maximi, iussu recognita,
et Clementis YIII auctoritate eclita. Edilio stereotypa a. 1851 , omnium e*
mentlatissima, S. Indicis Congregationis decreto probata. Taurini, ex off.
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CRECCHIO (da) ALESSANBR'Q — Pio eserclzio della via dolorosa del Nostro SI-
gnore Gesii Crislo, corredato di prenoziohi storico-legali-pratiche dal
Padre Alessandro da Crecchio, Francescano M. 0 , L. G. della P. di san
Bernardino, e cronologo dell' Ordine. Roma 1864, tipografia Monaldi,
via dellc Botteghe osciirit, 25. Un vol. in 8.° dipag. 336,
Qucslo libro puo dirsi il piu compiuto Manuale ticare queslo devoto esercizio. Da cio si vede
che possa desideravsi inlorno alia divozione della che nulla manca alia devota curiosila ed al pit>
Via Crucis. Esso ha due parti, die il dolto e fervore dei lellori in quanto alia maleria. Ma eid
diligentissimo suo autore chiama Parte Preno- e il minor pregio del libro. II maggiore e la sna
zionale e Parle Formale. Nella l.a da 1'originc csatlezza. Esso e approvato dal Procuratore Ge-
e 1'idea della Via Crucis , enumcra e riporla i nerale dei Minor! riformati , da un ex-Definitore
Decreti pontificii che la riguardano, espone i Generate dei Minor! Osservanti e dal Ministro Ge-
dubbii pratici e le soluzioni che successivamente nerale dei Minori : c cio che piu ancora importa,
loro furono dale, espone il privilegio conceclulo daU'Emo'Card. Prcfelto della sacra Congregazione
agl'infermi, il modo di applicara ai crociQssi Tin- delle Indulgcr.zc, il quale fatlo esaminare il libro
dulgenza della Via Crucis e il metoiio di visitare da due Consuitori della medesima Congregazione,
le sacre Stazioni per guadagnare le indulgenzc. allesla che le sing old Imlulyenze, mentovate net
Nella 2.a Parte suggerisce , spicga e commenta libro, sono conform ai documenti autentici.
cinque Formole diverse, colle quali si puo pra-
D. C. S. — Compendio di amore della B. M. Margarita Alacoque ,, al Cuore
adorabile di Gesii, per risvegliare i peccatori a penitenza e il loro amore
al S>. Cuore di Gesii: operetta uiilisslma e molto di profitto per la salu-
te da' pcccatori e peccatrici e delle anime pie, per cura di I). C. S. Uo-
ma, tipoyrafta til Filippn Cairo 1861. Un opwc. in 8.° di par,. V///-70.
TREIYOT DI CHANTAL FRANCESCA — Dircitore spirituale delle religiose, ca~
vato dalle opere della B. M. Giovauna France-sea Fremyot di Chantal,
fondalrice deH'Ordiue della Yisitazione, dedioato aquelle anime che de-
sidcraDO d' incamminarsi con dolcesza per la via della virtu, per giunge-
re in breve alia perfezione. Torino 1864, coi lipi di Pielro di G. Mariet-
ti, piazza B. V. dcgli Amjcli n.° 2. Un vol. in 32.° di pag. 2oO.
MARCHSSS YIIJCSNZO — Saggio di conferenze religiose, ad uso dei glovani
con altrl scritii per la piu parte inediti, pel P. Yincenzo Marchese Dome-
nicano. Geneva, tip. della GiovcnlU 1864. Un vol. in 8.° dipag. 438.
Tre giovani piu che di ela, diversi di indole le Cagioni per le quali questa e combattuta, la
c di sludii imprendono a discorrcre tra loro del- Y.a dello Spirito di sacrificio nella Chiesa catto—
la condixione presenle dell' Italia, lor dolce pa- lica, e la VI. a dei Misteri della Cilia di Dio. J
tria , aifine di porgersi mano a vicenda per far quali argomenti sebbene scmbrano dispaiati, si
front c alia dura lolta, che le male setle ban mos- collegr.no tutli in un eoncetlo unico, e questo si
sa alia religions e alia societa. Propongonsi a- c che nella Chiesa cattolica, yiva immngine di Ge-
dunque a ragionnre, in varie Confercuze, della su, yero Dio e vero uomo, e quindi in tutto ci»
Ecligione considerata nelle sue attenenze colla so- che da lei proccde ed ha essere e Tila, uniea-
cieta, e ad esaminare il vero, ii buono e il bel- mente si consertano i due principii, il sopranna—
le in ordine al sopranaaturalc. Questo e 1'argo- turale della fede , e il nalurale della ragione, i
menlo, diciam cosi, generico di quesle sei Con- quali fuori di essa o si conibattono, o si esd«—
ferenze, ciascuna delle quali ha poi il suo proprio dono, o si confondono. Laonde la guerra che si
e peculiare; poiche la l.a Iratta della Somiglianza fa e alia Chiesa e alia civilla cattolica, muove
tra Gesii Cristo e la Chiesa caltolica, la II. a del- radicalmenle dall'odio che 1' inferno col suo sa-
le Cagioni per le quali e avversafa la Chiesa cat- tellizio , che sono gli empii , nulre contro del
loUca., la 111." della Civilla cattolica, la IV. a del- Verbo i'alto came. E dall'altro canto la venera-
BIBLIOGRAFU 219
iuio dei fedeli TCISO la C.hiesa cat- nissimi Dialojrhi morali: 1'uno della Solitudtne,
le sue isliluzioni, chc giugne al sacrili- 1'allro del Dolore, e il terzo della Morte : lavo-
cio anclie piu eroieo, originasi appunlo dall'ele- ri quanto genlili per la forma , altrellanto ulili
mcnlo divino che in lei vive, in modo che il ve- pel concetti ; e ancor piu 1' ultimo scritto che e
ncrar la Chiesa non c allro chc amar Dio. Que- inlilolalo : Due povere cieche del secolo Kill. Rac-
stoeoncello cosi vero e cos'i maschio Informa tut- conto ; ove dei fatli di due Vergini crislinne, la
le quesle Conferenze, nelle quali loccansi di mol- Beata Margherila da Cilia di Castello, e la Bea-
fe e svariale quislioni , che al principio esposto ta Sibillina da Pavia, intesse unico e continnato
si riferiscono. Cio basta a dar un' idea del sog- racconto, e si grazioso che e una dclizia a leg-
getlo dellc Conferenze: a gustare tu'tlo il bello gerlo.
fcUcrario che la pcnna maeslra del P. Marchese Del valore del P. Marchese, come scriltore ele-
Ti ha sapulo inlrodurre, a giovarsi delle dottri- gante , genlilo e coltissimo, allra volla dicem-
nc che con molta chiarezza vi svolge, tulloche mo : qui dunque invece di ripetcre il detlo ci
siano profonde, e qualche volla ardue, ad acceu- congraluliamo con lui che abbia fornito alia gio-
dcrsi di quell' amore che esso ispira verso il cat- ventu italiana un libro, che nientre colle grazie
folicismo, non valgon couipendii, no oiolto meno dello stile 1'alletlera, colla sanlilu dei principii
ceuni: bisogna leggere il libro. e delle dotlrine 1' aiuterii a mantencrsi fedele a
Oltre le delle Conferenze vi sono altri scritti. Dio e alia Chiesa.
Fra essi ci son piaciuli a preferenza i tre ame-
10LIN AGOSTINO MARIA — De Vita et Lipsanis S. Marci Evangelistae libri
du > Augustini Mariae Moliri, Basilicae Patriarchalis Venetae Canonic!
Theologi. Edebat Sanctes Pieralisi, praefectus Bibliothecae Barberinianae.
Romae, typis Colleyii Urbani 1864. Un vol. in 4.° di pag. JJ/F-411.
Nei 1819 surse nei Veneziani il pio pensiero dire, non esservi nei sacri e profani aulori, nei
di trasferire le reliquie di S. Marco Evangelista cattolici e negli eretici,un luogo che si riferisca
ia un piii nobile sepolcro e porle sollo un piu al suo Icina , che ei non discula, non mella in
maestoso allare. Monsig. Milesi, Patriarca di Ve- luce, noa coordini. Le quistioni piu ardue della
uezia, vi si dichiaro disposto, purche il canonico cronologia aposlolica , della crilica evangelica,
teologo rev. sig. Molin assumesse di provare si della sloria ecclesiaslica , delle n emorie palrie ,
frrepugnabilmente 1'aulenliciladi quelle reliquie, sono in quesl'opera risolute con niano maeslra. Ai
«he non fosse piii luogo a dubbio. 11 dolto leo- quali pregi se si aggiungano quelli della sposi-
logo assunse il carico ; ma non si restrinse a zione ordinata e chiara, e dello slile, se non ^e-
<juel solo lenia: il voile ampliare. Espose adun- ganlc cerlo correlto, vedrassi che quesla e ojrera
«jae colla crilica della piu sicura enulizione la di cui non solo la fama dell'illustre aulore, mail
vita, le geste, gli scrilti e il martirio del santo merito del clero venelo s'illuslra. Essa si giacque
ETaagelista, nei 1.° libro del suo lavoro ; e nei finora nei suo manoscrillo originale nella Diblio-
2.° rifacendo la sloria delle sue reliquie e del teca Barberiniana , alia quale aveala lasciala
<«lto che esse ebbero in Venezia, riferisce la morendo lo stesso Aulore, tra tanti altri suoi
traslazione venela di S. Marco, il doppio scopri- manoscritli. Ora vede la luce per opera del ch.
primenlo delle sacre reliquie e la storia tulla abate Pieralisi , bibliolecario della medesima ,
iDtera della insigne Basilica. Un argomento si amicissimo dell'Aulore ; il quale vi aggiunse una
vasto fu dal Molin svollo con una copia veramente elegante prefazione, ove espone la ragione dell'o-
amuurabilo di documeuti , in guisa che si puo pera e la vita dello scrittore.
OLMI GASPARE — Canzoniere per le figlie dell'Immacolala, di Gaspare Olmi
sacerdote senese. Bologna, lip. Maregyiani all'insegnadi Dan le, 1864.
Un opmc. in 32.° di pag. 59.
— Farsette e Favole, dedicate alle cristiane donzelle dal Direttore del gior-
nale la, Figlia dell' Immacolata. Seconda edizione. Bologna, libreria del-
rimmacolata. Roma, Direzione del giornale L'Osservatore Romano, 1864.
Un opusc. in 8.° di pag. 84.
— Gli Angeli della compassione: Pratiche devote per la Quaresima, di Ga-
spare Olmi, sacerdote senese. Bologna 1864, libreria dell' Immacolata 9
via Larga di S. Giorgio 777, Un opusc. in 32.° di pag. 48.
— II Giardino dell' Immacolata, per le giovinette cristiane, di G. Olmi. #o-
logna, presso la libreria dell Immacolata. Roma, Direzione del Giornale
L* Osserv. Romano, 1864. Un opusc. in 32.° di pay. 41.
220 B1BLIOGRAFIA
OLMI GASPARE — I trionfi della Yirginith in san Luigi Gonzaga, meditati nei
giorni della Novena, per Gaspare Olmi, sacerdote senese. Bologna 1864,
libreria dell' Immacolata , via Larga S. Giorgio 777. Un opusc. in 32.° di
pag. 20.
— La Vergine Madre di Dio, onorata nelmese diMaggio, colla considerazio-
ne della sua vita e delle sue virtu e con varie ])oesie, per Gaspare Olmi,
sacerdote senese. Bologna 1864, libreria dell' Immacolata, via Larga
S. Giorgio 777. Un opusc. in 32.° di pag. 79.'
— Manuale di pi eta, offerto alle giovinettc cattoliche, e specialmente alle
figlie dell' Immacolata , per Gaspare Olmi, sacerdote senese. Bologna
1884, libreria dell' Immacolata, via Larga S. Giorgio 777. Un vol. in 32.*
di pag. 192.
— Renan. Poesie di Gaspare Olmi, sac. senese. Bologna, presso la libreria
dell' Immacolata. Roma, Direzione del giornale L'Osserv. Romano, 1864.
Un opusc. in 32.° di pag. 14.
— Trionfi di Maria nella sua Annunziazione. Pensieri ed affetti di Gaspare
Olmi, sac. senese, Bologna 1864, libreria dell' Imrnacolata, via Larga
S. Giorgio 777. Un opusc. in 32.° di pag. 16.
PAPALINI FRANCESCO — Sul Dizionario Moroniano, discorso di Francesco Pa-
palini, letto. neU'Accademia de' Quirili, uclla tonwta del 5 Luglio 1864,
Roma, tip. Chiassi 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 50.
I centotre volumi del gran Dizionario Moro- spazio, da un uoir.o solo e questo laico, ragiona
niano costituiscono una miniera ricchissinia di il ch. signer Papalini in questo Discorso actade-
erudizione slorica-ecclesiastica d'ogni genere, alia mico, mostrando 1'ulilita, la vastita, i pregi del-
quale non manca oramai, perche lutii vi possano 1'Opcra e I'istancabilita, il disintercsse, la since-
ampiamenlc alligncre cio die loro piii servo, se rita dell'Aulore. Noi ci uniamo a lui nelle lodi
non solatnenlc una facile enlratura, che il Mo- di questo Dizionario , die non ci peritiamo di
roai proniclle di aggiugncrvi negl' Indict rariio- dire esserc la pia vasta iinpresa letteraria, con-
nati che sta prcparando. Or cli un'opera si va- cepita ed eseguita-ncll' eta moderna da un uo-
sta, intrapresa e condolta a tennine in breve mo solo.
PERRONE GIOVANNI — San Pietro in Roma, ossiala verita storica del viaggio
di san Pietro in Romn, dimostrnta da Gio. Perrone d. G. d. G. Torino, P.
di G. MarieHi, lipografo pontiftcio 1864. Un opusc. in 16.° di pag. 152.
PIERALISI SANTE — Yedi J/o/in Agostino Maria.
PITTO ANTONIO — Storia del Santnhrio di N. S. del Garbo, con notizie sul
culto e patrocinio di Maria SS. nelln Lignria, scritta da Antonio Pitto
della societa ligurc di sioria patria. Genova 1863, libreria di Giovanni Fas~
si-Como, piazza S. Malteo 23. Un vol. in 16.° dipag. 374. Prezzo L. 2.
Se v' e parte d' Italia, in cui la Yergine Sanlis- del Garbo, che e il soggetto principale del libro.
sima e venerata piii che altrovc, questa dee dirsi Da qucslo punlo sino alia fine, per tutti i nove
la Liguria, lulta posla ah anlico sotto la prole- capi seguenti, 1'autore intraltienesi esclusivamente
zione della Vergine, ricca piu che altra contra- di questo Santuario, e ne indaga 1'origine che e
da di Santuarii a lei dedicali, di tempii magni- antichissima, ne descrive 1' immagine che vuolsi
fici eretti in suo nome, ed usa a professarle un di grcco pennello, memora i benefattori che piu
culto di specialissimo affello in ogni sorta di largheggiarono nelle loro offerte , e racconta le
pie praliche. Di una tal devozione dei Genovc- piii eerie e fra le certe le piii insigni grazie che
si verso Maria parla il I.° capo di questo libro. la Vergine ha quivi fatte ai suoi devoti. Jn fine
II 11.° capo discorre della protezione, onde la del volume trovasi una raccolta di preziosi docu-
Vergine Santissima ha guiderdonati i Genovesi di menti, i quali sebbene risguardino propriamenle
tal pieta verso di lei. II capo III.0 viene ai par- il Santuario del Garbo, nondimeno servono a ri—
ticolari, ed e consecrato ai Santuarii di Maria schiarare molli punti della Storia ecclesiastica
nella valle di Polcevera, trai quali noverasi quello della Liguria. Questa e la conteneuza del libro>
BIBLIOGRAFIA 221
cd cssa baslercbfoe a invogliarno i dcvoti di Ma- gi chc il rcndono non solo ulile, ma anchc pia-
ria : ma con essa si conjsriungc discernimcnto cri- cevole.
tiro, buono slile italiano, e piela atlctluosa; prc-
PROTO FRANCESCO — Lucilla, tragedia di Francesco Proto, Duca di Madda-
loni. Roma 1864, tipografia deir Osservatore Romano. Un volume in 8.°
<lt pag. 136.
11 ch. Buca di Maddaloni (il cui casalo e Pro- marilo, che veramente era slato eslinlo dal ve-
to c non gia Prota, come per crrore scrivemmo leno di Ccsonia, madrc di Lucilla, e aspirante
altra volta) detto questa Tragedia col nome di prima della flgliuola alle nozze di Frisco. Que-
Danaide, pel teatro dei Fiorenlini di Napoli : ma sta calunnia , creduta verace accusa , avea fatto
essa non fu potuta recitare prima dcll'invasiono dare alia tragedia nel primo concetto il nome di
piemontcse, perche la censura d' allora tcmeva Danaide, che vuol dire femina appunlala di avve-
che le scene non profanasscro 1' argomento cri- lenare altrui. Popra qucsla trama si tcsse la te-
sliano che cssa svolgeva ; ne dopo 1' invasione , la tragica con grande contraslo di affetti e di
perche avendo gli astanti fischiato 1' Achimelee passioni ; 1'anlico amorc divenulo odio, anzi fu-
nd Saulle d' AlQeri, perche saccrdote, molto piu rore in Cesonia ; 1* amoro flgliale e maritale di
avrebbero flschiato il Massimo della Danaide, Ye- Lucilla, 1' innocenza e la generosita di accettaro
scovo cristiano. Non potcndo dunque farla com- la morte immeritala ; la nobile dignila del Ge-
parire sulle scene, la fa ora il nobile suo A. com- nerale Romano , che cade per tossico propinalo-
parirc per la stampa, corredandola di note di- gli dalla propria Suoccra ; il Vcscovo Massimo,
chiaralive degli usi a cui si allude nel suo svol- che conforla nella lolla inlerna la pia Lucilla ; i
gimento, e dellc parole che vi si acloperano. Di- pajani che trionfano nel condurre a morte una
cemmo che 1'argomento e tutlo crisliano; per- cristiana, imputata di si orrido misfatto. Vi so-
che vi si rappresenla la Lucilla, Malrona crislia- no delle scene commoventi <al sommo, e come i
na, e sposa di Caio Prisco Romilio gentile, con- caratleri vi sono mantenuti , cos! 1' interosse e
dotla a morto quale avvelenatrice del proprio vivo sino al termine della Iragedia.
RHORBACHER — Storla nniversale della Chiesa cattolica, dal principle del
mondo fino al di nostri, dell' Abate Rohrbacher, dottore in Teologia
dell'Universita cattolica di Lovanio; professore nel Seminario di Nan-
cy, ecc., prima traduzione italiana, sopra la terza edizione , contenente
moltissime aggiunte e correzioni dell' Au tore, in seguito agli appuntifatti
alle due precedent! edizioni. Seconda ediz. riveduta ecorrelta. Vol.1,
II e III. Torino 1864 , per Giatinto Marietti, tipografo-libraio. Trc vol,
ui8/»<Kj»a0.-880, 847 e 91G.
Fra le Storie ecclesiastiche la piu dotta , la ne intraprende una nuova, cercando di migliorare
, piii ortodossjv, la piu compiuta, giudicasi comu- si la versione medesima , si la stampa. Questa
nemenle che sia questa dell' abate Rohrbacher. sara in beU'ollavo a due colonne, con isceltissima
Segno certo ne e che essa e stata nel breve corso carta e con lipi nitidissimi. Tulta 1' opera verra
di pochi anni stampata piu volte nel suo testo compresa in 16 volumi, ciascuno dei quali conterri
originate in Francia e tradolta in tutle le lin- da 800 a 1000 colonne, e costera L. it. 6, 50
gue colte dell'Europa; tultoche la grossa sua franco per lutto il Regno. Si comincio dal Lu-
mole dovesse fare qualche ostacolo alia pronta glio a pubblicarsene un volume al mese e noi
sua propagazione. Testc ne fu fatta un' edizione ne abbiamo gia ricevuti i primi tre. Chi paga
ilaliana ; ma essa fu subito spacciata. Ora il anticipatamente tutla 1'opera, avra. il 10 per 100
benemerito tipografo lorinese , Giacinlo Marielti, di sconto.
RODRIGUEZ ALFONSO — Exercitium perfectionis, iuxta evangelicam Chrisli
doctrinam, absolutlssimam virtutum cliristianarum, maxime religiosarum,
praxim complectens, in tres paries distributum, auctore V. P. Alphonso
Rodericio e Societate lesu, interprete Mathia Martinez. Editio VI, priori-
bus emendatior et ad hispaniciun exemplar, aliasque patrum Soc. lesu
translationes recognita. Taurini, ex offtcina stereotypographicallyacinthi
Marietli 1864. Un vol. in 8.° dipay. 1104.
II teslo spagnuolo di questa famosa opera del stato traslatato in lulte le lingue di Europa : ma
cclcbre padre Alfonso Rodriguez d. C. d. G. e la versione lalina, che ora ne ristampa il
BIBLIOGRAFIA
Giacinlo Marielti in Torino ha il vantaggio di cosi s'accosta assai al principal prcgio dello stile
servire essa sola al clero catlolico di tulto il originate, che 6 la limpidezza dei concetti,
mondo. Essa e poi fatta con molta semplicila, e
ROSSI ANTONIO — Opuscoli filosofici scelti di S. Ansefmo d'Aosta, di S. Tom-
maso d'Aquino, di S. Bonaventura di Bagnorea, e .di Giovanni Gersone,
tradotti da Antonio Rossi, prof, di filosofia razionale e morale, e Diretto-
re uel Liceo di Montepulciano. Firenze, Felice Le Mounter 18G4. In vol.
in 8.° dipag. V///-595.
Prima di dare la nota degli opuscoli volgariz-
zati , vogliamo dire questo solo della versione
faltanc , che essa 6 mollo elegante quanto allo
stile italiano, di fattura nobile e molto rispon-
dente al gusto della favella latina , o con lutto
cio ne slcntata, ne affetlala. Della fedelta non
dubitiamo , perchc il ragguaglio falto di alcuni
luoghi ci aflicla degli altri, da noi non verificati.
Le note le abbiamo trovale generalmenle oppor-
tune e giuste. Ora diamo qui la lista degli opu-
scoli che vi sono tradotli. I. Monologio di san-
mente. Questione di san Tommaso d'Aquino. -
VIII. Del maestro. Questione di S. Tommaso d'A-
quino. - IX. Delle polenze dell' anima. Opuscolo
di san Tommaso d'Aquino, - X. Del senso ris-
pelto a' singolari e dell'intelletto rispetto agli
universali. Opuscolo di S. Tommaso d'Aquino. —
XL Dell'intelletto e deU'inlelligibile. Opuscolo di
S. Tommaso d'Aquino. - X». Della dilTerenza del
Verbo divino ed umano. Opuscolo di S. Tommaso
d'Aquino. -XUI. Della natura del verbo dell'in-
tellelto. Opuscolo di S. Tommaso d'Aquino. -XIV.
t'Anselaio d'Aosla. -II. Proslogio di sant'Anselmo Degli Universali. Trallato primo di S. Tommaso
d'Aosta. - III. Libro di Gaunilone Monaco in fa- d'Aquino. - XV. Degli Universali. Trattato se—
condo di san Tommaso d'Aquino -XVI. Hinerario
della mente in Dio di S. Bonaventura di Bagno-
rea. -XVII. De' concetti. Ccntilogia di Giovanni
Gcrsone. -XVIII. Dell'occhio. Truttalo di Giovanni
vore dell' insipiente , conlro r argonaentazione
d'Anselmo nel Proslogio. - IV. Libro apologelico
di sant' Anselmo d' Aosta conlro Gaunilone che
rispose per 1' insipiente. - V. Delia verita. Dialogo
di sanl' Anselmo d'Aosla. - VI. Delia vcrila. Gersone.
queslione di S. Tommaso d'Aquino. - VII. Delia
ROTQNDI NICOLA — Esame critico della lettera di Nunziata Cefarelli, per Ni-
cola Arcidiacono liotondi. Un npuse. in 32.° di pag. 89.
ROTUNDO ANTONINO — Rimedio per ogni tempo: Opuscoletto del sac. Anto-
nino Rotundo. Torino 1801, (ipografia pontificia, Pietro di G. Marielli,
piazza B. V. degli Angeli n. 2. Un vol. in 16.° di pag. 112.
II litolo e giusto: perche veramenle alle anime
cristiane, il rimedio per ogni tempo e per ogni
sventura e la conoscenza e 1'amore di Gesu Cristo:
non il rimedio che allonlana la pena, ma il ri-
medio che la santifica e la rende cara non che
toHerabile-. Tratlasi dunque in queslo libricino
divoto dell' unione dell' anima con Gesu Reden-
lore, e se ne tralta con pia unzione di affetto.
RUSSELL GUGLIELMO — Vila del Cardinale Giuseppe Mezzofanti , e Memoria
dei piii chiari poliglotti antichi e moderni, opera del Prof. Guglielmo Rus-
sell, Presid. del Collegio di S. Palrizio a Maynootk, ora claH'inglese re-
cata in italiauo e accresciuta di document!. Bologna, lip. di G. Monti al
sole, 1839-60. Un bel vol. in 4.* di pag. 18 non numerate, £1/7-444; con
ritratto al principio e tavola in fine della forma del caratteri scrilli dal
Mezzofanti.
Di quest' opera, dcgna per tanti titoli d'ornare
la privata libreria d'ogni erudito italiano, ren-
demmo gia conto nella Serie Quarta, Vol. VII,
pag. 713 seg. Altora dimoslrando il merilo del
Russell in questa doppia scrillura, mentovammo
che la Memoria era stata volta in acconcio ita-
liano dal si?. Conte Ercole Malvasia Tortorclli,
e la Vita dal sig. d. Alessandro Fantelli, parroco
di santa Caterina in Bologna. Qui aggiungeremo
che I'Appendice e opera del cay. Prof. Bianconi,
tanto illustre in quella sua patria universita per
la eccellenza del sapere, e benemerito della buo-
na causa del giuslo e del Tero. Ne rinnoviamo
poi 1'annunzio per notiflcare che di quest' edizio-
ne unica rimane ancora un deposito in Bologna
ali'wUiIicio delle Piccole Letture Cattoliche, e in.
Roma all' Ufficio dell' Osservatore Romano, doye
le copie si possono acquislare al prezzo di paoli
12 r una.
BIBLIOGRAFU 223
SCIENZE ED ARTI sotto il Pontificalo di Pio IX. Edizionein foglio grande,
composta di tavole incise iu rame, con dichiarazioni e illustrazioui. /&o-
ma 1864.
II valore artistico delle lavole incise, la prc- N. 26,, ultimo piano, nella libreria Spithover in
«isione delle notizie che riguardano ciascuna ta- piaxza di Spagna, c ncl deposilo di stampe in
Tola , c 1' imporlanza dell' argomenlo ban fallo via di S. Chiara N. 47. Fuori di Roma presso i
accoglierc quesla supcrba edizione, con plauso segucnti librari : Torino, Pielro di G. Mar tell i ;
grande per lutlo : niolto piii chc il prezzo del- Venezia , Tipografia Em Hi ana ; Bologna, Dire-
rassociazione e relatirameute tcnuc, non pagan- z/one (Idle Piaole Lettu e; Macerata, Alessandro
dosi che bai. £0 ogni fascicolo, in cui sono due Maucini; Padova, Giovan Batlisla Massarelti;
grand! tavole incise, e due o piu fogli di illu- Verona, Giovanni Ponzani ; Yicenza, Angela Cri-
strazioni. Le associazioni si ricevono in Roma vellari ; Trenlo, Eugenia Bermrdi ; Treviso, Pie-
presso la Direzione dell' opera , -via dei Prefetti tro Zuppelli ; Udine, Antonio Nicola.
SCOLARI FILIPPO — Nuova raccolta de'piu ce'ebri ed eccellenti Sonetti ita-
liani d'ogni secolo e d'ogni genere, con prospetti di classificazione, note
ed indici, pel Dotl.r Fiiippo Scolari. Venrzia , tip. Mclchiorre f ontona
illDCCCLXI-MDCCCLXIll. \ol. 5 in 16.° di pag. complessivamente 18oO.
Al litolo che c messo in fronte a quesla Rac- un ordine lucidissimo , e le cose piu notevoli ha
colta corrisponde a perfezione il fatlo , perche illustrate con brevi e acconcissime annotazioni.
cssa veramente contiene 1 piii repulati sonetti , Perche poi riuscisse irmocente, ne ha csclusi tutti
cho vanti la Lirica italiana. Ne poteva essere altri- i soggelli che potessero coa immagini disoneste
menti ; perciocche il Dolt. Scolari che 1'ha compila- o pericolose maculare il buon costume. Solo, per-
ta, c uno de'piu valenti lellerati d' Italia, va fornito che fosse compiula, ha giudicalo opportune di dar
di lanto gusto, dapoter discernere il meglio ; ed e luogo ad alcuni sonetti milologici, e ad una in-
uomo di tanlo buona fecle, che non vorrebbe fi^- tera classe di Erotici, i quali, benche non con-
lire per cosa del mondo alia data parola. Con'd6 lengano ncssuna turpiludine, pure hanno alcuna
solo la prcsenle Raccolta va innanzi a tutle le al- volta qualche soveri'hia tenerezza, che avrebbero
Ire di simile genere, pubblicate sinora. Ma a ren- poluto farli escludere dal novero di tanli allri, non
dcrla piu perfella, il chiaro Editore vi ha messo solo innocui, ma morigerati e integri.
SCOTTI-PAGLIARA DOIENICO — Cattolicismo e protestantesimo. Conferenze
predicate nella chiesa di Montecalvario di Napoli, ne' mesi di Novembre,
Dicembre e Gennaio 1863-64, per Domenico Scotli-Pagliara, prete napo-
letano. Napoli 1864, Gabriele Kondinella eclitore. S. Anna de Longobardi
num. 8. Un vol. in 8." dipag. 383.
Le prime quallordici conferenze, del ch. e dolto sentano la difcsa del Sacramento dclla confessione
sacerdote Scolti-Pagliara, slampate precedenle- contro tulti gli assalti dei Protestanli. Noi sia-
mente, furono da noi molto lodale per 1'oppor- mo persuasi che a salvare dal pervertimenlo Je
tunita ilcgli argomenli tratlati, e per la sodezza anime di buona fede, basla il leggere con at-
del loro svolgimento. Ne vengono ora in luce al- tenzione queste conferenze : perche qui gl' inse-
tre unJici, delle quali le prime tre son dedicate gnamenli della Chiesa catlolica sopra questi due
all'esame dell' aulorila che deve attribuirsi alia punti son porti con tanta luce, chc 6 impossibile
Bibbia, come regola di fede: e le altre otto pre- non vederne lutta la verita e la sautita.
SEGNERI PAOLO — Risposte popolari alle obbiezioni piu comuni contro la
Religione, estralle dalle opere del P. P. Segneri d. C. d. G. Parte prima.
Boloya 186i, direzlone delle Piccole Lett. Catt. via La,ga S. Giorgio 777.
Un opusc. in 16.° di pag. 32.
SEGUR (DE) — Consigli pralu-i intorno alia Confessione, seguiti da un csame
di coscienza, per Mons. De Segur. Bologna 1864, Direzione delle Pice.
Lett. Catt. via Larga S. Giorgio 777. Un opusc. in 16.° dipag. 31.
SENSI DOMINICI — De Fastis Tarquiniorum nunc Gorneti : Garmiua Dominici
Sensi Canon., cooptati inter Collegas instiluti romani, ad mouumenta ve-
terum evulganda et a Collegio Sodal. Quirilium, ordiiii populoque Yeru-
BIBLIOGRAFIA
lano dicata. Romae , ex o/ficina libraria Bernard! Morini, anno 1864. Un
opusc. in 4.° di pag. 21.
La non breve e non inelegante Elegia del ch. gli Etruschi ebbero non picciola fama, e dai qnali
Can. Sensi, e diretta a ramrnemorare ed illustrare Roma fin dalla sua fondazione, tanta parte tolse
le memorie antichissime del Tarquinii, che fra delle sue piu stabili istiluzioni.
SERVANZI-COLLIO-SEVERINO — Gli oggetti di Arte dentro la chiesa di S. Ma-
ria delle Grazie in Sanseverino , dove si venerano le spoglie di san Paci-
fico, iadicatl al forastiere dal Conte Severino Servanzi-Gollio , Cavaliere
di Malta e Commendatore dell' Ordine di S. Gregorio Magno. Macerata,
tip. di Alessandro Mancini 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 29.
SOL1MANI DOMENICO — Gonsiderazioni iiitorno ai doveri e ai diritti degli uo-
mini, dedotte dal lume del natural discorso per Domcnico Solimoni della
G. diG., prof, di Teologia Dogmatica triennale nel Gollegio Romano. Bo-
logna 1864, Alessandro Mareggiani tipografo-editore, via Malcontent*
n. 1797. Un vol. in 8.° dipag. 579. Prezzo L. 3,25.
Non 6 possibilc restringere in breve la vastita un lutto unito e compiuto, e come ciascun d'essi
della maleria che qucslo volume abbraccia : e comprenda una mollitudine svarialissima di qui-
dobbiamo contentarci di farla comprendere coll'in- slioni tulte important!, e pei nostri tempi oppor-
dicarc i litoli dci eapiloli nei quali si spartisce. lunissime ; sicche ognuno di qucsli capi pud
Come il titolo stesso accenna , divides! in due dirsi un Tratlato speciale. Se non che a racchiu-
parti, la prima dcllc quali parla dei Doveri, la dere cotanta materia in una non grande mole di
seconda dci Dirilti. La prima parte ha cinque volume, siccome e queslo, e necessario una grande
capi, che si succedono con questo ordine : 1.° sceUs^ ricllo svolgimento, e una grande concisione
Realta dei doveri; 2.° Fondamcnlo della mora- OJJK slile : due proprieta che 1'autore possiede a
lila, libero volere; 3.° Principio del dovere; 4.° meraviglia. Alle quali se si aggiugne dall' un
Divisione dci doveri; b.° Della Yirlii. La secon- lato la sodezza della dottrina, dall'altro 1'elegan-
da parle sfendesi anch' essa per cinque capi die za schietta e semplicissima dello slile, s'intendera.
sono : 1.° Diritli individual!; 2.° Diritti coaiu- come queste Considerazioni intorno ai doveri e ai
gali ; 3.° Diritti palerni ; 4.° Dirilti principeschi; dirilti degli uomini debbano annoverarsi tra i
o.° Dirilli delle nazioni. Chi e per poco sperto libri piu soslanziosi e piu belli che vedano ora
degli sludii del natural dirilto vede come questi la luce in Italia. .
capi si collegium) mirabilmenle insieme a formare
ULLOA PIETRO — Lettere napolitane del Marchese Pietro C. Ulloa, Presiden-
te del Gonsiglio de' Ministri di Sua Maesta il Re delle Due Sicilie, tradotte
dal francese j)el cav. Teodoro Salzillo, Socio corrispondente di varie Ac-
cademie. Seconda edizione della prima versione italiana, con note inte-
ressanti. Roma 1864, tip. di Angelo Placidi,via di S. Elena n. 71. UnvoL
in 16.° di pag. 258. Prezzo paoii 5.
CRONAGA
CONTEMPORANEA
Roma* QttobnlML
I.
COSE ITALIANS.
%.
STATI PONTIFICH 1. Solenne ricevimenlo di nuovi Cardinal! — 2. Concistoro
pubblico e segreto ; nomine di Yescovi — 3. Consecrazione di Yescovi
fatta dal Santo Padre — 4. Elenco di libri inscritti neir Indice de' proibiti
— 5. Anniversario funebre pei morti a Castel Fidardo — 6. Offerta de'Bo-
lognesi al Santo Padre — 7. Dispute di Teologia e Filosofia.
1. Nelle ore pomeridiane del 17 Settembre 1'Emo Cardinale Antonelli,
Segretario di Stato , introdusse negli appartamenti pontificii del Vatica-
no V Eilio Cardinale de Bonnechose, Arcivescovo di Rouen , che la San-
tita di Nostro Signore Papa Pio IX degnossi riceyere in formale udienza
nella Camera del Trono. Dopo di che 1' Emo de Bonnechose passo a far
•visita all' Emo Cardiuale Segretario di Stato. Nelle ore pomeridiane del
di seguente, 1' Emo Cardinale Trevisanato, Patriarca di Yenezia , giunta
alii 17 in questa metropoli del mondo cattolico , compi le stesse ccrimo-
nie, con ]e prescritte formalita.
Nei giorni 19 , 20 e 21 Settembre gli Emi de Bonnechose e Treyisa-
nato riceyettero le congratulazioni de'Porporati, del Corpo diplomatico,
della Prelatura , della Nohilta e di altri personaggi , per la loro promo-
zione alia romana porpora ; ed il solenne ricevimento ebbe luogo , con
grande splendidezza, pel primo al Palazzo Colonna, doye ha stanza 1'Ain-
basciata francese, e pel secondo al Palazzo di Yenezia, doye risiede 1'Am-
basciata austriaca.
2. Nella mattina del 22 Settembre la Santita di Nostro Signore Papa
Pio IX ha tenuto pubblico Concistoro , in cui con le prescritte formalita
Serie 7, vol. XIJ, fasc. 350, 15 8 Ottobre 1864.
226 CRONACA
diede il Cappello cardinalizio all'Emo Giuseppe Luigi Trevisanato, crea-
to e pubblicato nel Concistoro segreto del 16 Marzo 1863, ed aU'Emo
Enrico Maria Gastone de Bonnechose, creato e pubblicato nel Concistoro
del 21 Dicembre dello stesso anno. Durante il Goncistoro , il signor Fi-
lippo Massani, Avvocato concistoriale , ba perorato per la priraa volta.la
causa di Beatificazione della Yen. Maria Rivier , Fondatrice delle Snore
della Presentazione.
Terminato il Concistoro pubblico, Sua Santita. ha tenuto il Concistoro
segreio, riel quale, cbiusa, giusta il costume , la bocca agli Efiii e Rini
signori Cardinali Trevisanato e de Bonnechose , ha proposto le seguenti.
Chiese : Chiesa Metropolitana di Tarragona nclla Spagna , per Monsi-
gnor Francesco Fleix y Solans, promosso dal Yescovado di S. Cristoforo
d'Avana. Chiesa Arcivescomle di Cartagine mile 'parti degl'infedeli, per
Monsignor Lodovico Haynal, gia Yescovo di Transilvania. Chiesa Arci-
vescovilc di Damasco nelle parti deffFinfedeli, per Monsignor Pier Fran-
cesco Meglia, Sacerdote diocesano di Ventimiglia, Uditore della Nunzia-
tura apostolica di Farigi , Cameriere segreto soprammmerario di Sua
Santita e Dottore nell'una e 1'altra legge. Chiesa Caitedrale di Almeria
nella Spagna, per Monsignor Andrea Rosales y Munoz , traslato dal Ye-
scovado di Jacn. Chiesa di Gozo, presso Fisola di Malta, crctta in Cat-
iedrale da Sua Santita, per Monsignor Michele Francesco Buttigieg, tras-
lato dalla Chiesa Yescovile di Lita in partibus. Chiesa Cattedrale di
Bruges nel Belgio, per Monsignor Giovanni Giuseppe Faict , Sacerdote
diocesano di Bruges , Yicario Capitolare di quella Sede , Prelato dome-
stico di Sua Santita e Dottore in sagra Teologia. Chiesa Vescooile di
Negro nelle parti degf infcdcli, per Monsignor Giacinto Yera, Sacerdote
diocesano di S. Sebastiano di Rio laneiro , Prelato domestico di Sua
Santita , e Vicario apostolico di Montevideo. Chiesa Yescovile di Ebron
nelle parti deg I' in fedeli, pel R. D. Gaspare Mermillod, Sacerdole dioce-
sano di Ginevra , Missionario apostolico , Parroco di quella citta ed ivi
deputato Ausiliare di Monsignor Stefano Marilley , Yescovo di Losanna
e Ginevra. Chiesa Vescovile di Olene nelle par li degl'infedeli , pel R. 1).
Agostino Carpena, Sacerdote di Messico, Abate nella Collegiata di santa
Maria di Guadalupe e Doltore in sagra Teologia.
Dopo cio ii Santo Padre ha notilicato le elezioni seguenti, effettuate
daH'ultimo all'odierno Concistoro, per organo della sagra Congregazione
di Propaganda Fide. Chiesa Metropolitana di Nuova York, per Monsi-
gnor Giovanni Mac-Closkey, promosso dal Yescovado di Albany. Chiesa
Metropolitana di Baltimora, per Monsignor Giovanni Martino Spolding,
promosso dal Yescovado di Pulati. Chiesa Arcivescomle di Amida nelle
parti degl' in fedeli, pel R. P. Augusto Yan-Heule, della Coinpagnia di
Gesii, deputato Yicario apostolico del Bengala occidentale nelle Indie
orientali. Vicariato apostolico della Cochinchina occidentale, per Monsi-
gnor Giovanni Claudio Miche, Yescovo di Dansara in partibus , traslato
CONTEMPORANEA 227
dal Vicariato apostolico di Cambodia. Vicariato apostolico di Lassa nella
Cina, per Monsignor Giuseppe Maria Chauveau, Vescovo di Sebastopoli
in partibus, assoluto dalla Coadiutoria di Monsignor Giuseppe Ponsot,
Vescovo di Filomelia in partibus, e Vicario apostolico di Yun-nan. Vica-
riato apostolico di Nan-Kino nclla Cina, per Monsignor Adriano Lan-
guillat, della Compagnia di Gesii, Vescovo di Sergiopoli in partibus,
trasferito dal Vicariato apostolico del Pe-Kino orientale. Chiesa vesco-
vile di Dioclezianopoli nelle parte degli infedeli, per Monsignor Giacomo
Whelan, gia Vescovo di Nashville. Chiesa vescovile di Abila nelle parti
degTinfedeli, pel R. D. Giovanni Strain, Rettore del collegio di S. Maria
di Blairs, eletto Vicario apostolico nel distretto orientale di Scozia.
Chiesa vescovile di Azoto nelle parti degV infedeli, pel R. D, Ferdinando
Dupont, alunno del Seminario di Parigi per le Missioni estere, destinato
Vicario apostolico del Siam orientale. Chiesa vescovile di Domiziopoli
nelle parti degl' infedeli, pel R. D. Eugenio Stefano Charbonnier, alunno
del Seminario di Parigi per le Missioni estere , deputato Vicario aposto-
lico della Cochinchina orientale. Chiesa Vescovile di Canata nelle parti
degl' infedeli, pel R. P. Eduardo Dubar, della Compagnia di Gesu, eletto
Vicario apostolico del Tche-ly, o Pe-Kino orientale. Chiesa vescovile di
Centuria nelle parti degl' infedeli, pel R. D. Tommaso Nulty, parroco di
Trim , e Yicario Foraneo nella Diocesi di Meath , designate Coadiutore
di Monsignor Giovanni Cantwell, Vescovo di Mcath in Irlanda. Chiesa
vescovile di Danaba nelle parti degl' infedeli, pel R. D. Edmondo Fran-
cesco Guierry, della Congregazione della Missione di S. Vincenzo de'Pao-
li, prescelto a Coadiutore con futura successione di Monsignor Giuseppe
Marziale Mouly, Vescovo di Fussola, e Vicario apostolico del Tche-ly, o
Pe-Kino Settentrionale.
Quindi Sua Beatitudine ha, secondo il consueto, aperto la bocca agli
Eim e Rini signori Cardinal! Trevisanato e de Bonnechose. In seguito si
€ fatta a Sua Santita i'istanza del sacro Pallio per le enunciate Chiese
Metropolitane di Tarragona, Nuova-York, Baltimora, Scopia, della Me-
tropolitana di Naxos a favore di Monsignor Lorenzo Bergeretti, succe-
duto per coadiutoria a quel defonto titolare, non che per Monsignor Pie-
tro Marco Le Breton, Vescovo della Sede cattedrale di le Puy, in Francia,
conceduto al medesimo per atto di speciale benignita dalla Sabtita Sua.
Finalmente il Santo Padre ha posto 1'anellocardinalizio ai novelli Por-
porati, ed ha assegnato all' Effio e Riuo signer Cardinale Trevisanato
il titolo presbiterale dei SS. Nereo ed Achilleo, e P altro consimile di
.S. Clemente all'Emo e Rmo signer Cardinale de Bonnechose; e ritira-
tosi ne'suoi appartamenti haricevuto privatamente i suddetti Porporati.
.1 quali , alle quattro ore pomeridiane dello stesso giorno , portaronsi ia
gran treno alia Patriarcale Basilica Vaticana per venerare la Tomba de-
gli Apostoli : e quindi , giusta il costume , a far visita all' Euio Cardinale
CRONACA
Mattel , Decano del sacro Collegio ; e nelja sera ricevettero, con le for-
malita di uso, il Cappello cardinalizio.
3. La migliorata condizione del Cattolici nel Cantone di Ginevra, della
Confederazione svizzera, come leggesi nel Giornale di Roma del 26 Set-
tembre , faceva sentire a quei fedeli il bisogno di aver fra loro im Mini-
stro di Gesu Cristo, il quale, nella pienezza del carattere sacerdotale, oc-
corresse alle necessita ed urgenze che fra di quelli potessero insorgere.
La Santita di Nostro Signore pertanto, nella sua vigilanza e premura uni-
versale pel gregge di Gesu Cristo, provvide al riconosciuto bisogno, sta-
bilendo die in Ginevra risiedesse mi Prelate che , rivestito del carattere
episcopale, fosse quivi Ausiliare del Yescovo titolare di essa cilta, il quale
tiene pure la sede di Losanna. Con questo intendimento nell' ultimo Con-
cistoro preconizzo al Yescovado di Ebron in partibus il rev. D. Gaspare
Mermillod, Sacerdote e Parroco della stessa citta di Ginevra.
II Santo Padre poi, a dimostrar la consolazione che tal felice progress©
della nostra santa Religione gli ha destato nell' animo , ha voluto colle
sue mani concedere la consacrazione episcopale al personaggio che avea
prescelto in ausiliare di Ginevra. E siccome degli eletti nell' ultimo Con-
cistoro trovavansi present! in Curia i preconizzati alia Sede arcivescovile
in partibus di Damasco , ed all' altra, similmenle in partibus, di Abila,
cosi la Santita Sua voile estendere a quest! eziandio gli effetti della sua
degnazione, ammettendoli allo stesso onore. leri adunque, domenica XIX
dopo la Pentecoste, 25 di Settembre, Sua Beatitudine, nella Cappella pri-
vata del Palazzo Apostolico Yaticano , consacro i Monsignori Pier Fran-
cesco Meglia, Gaspare Mermillod e Giovanni Strain, che nel Concision),
tenuto addi 22 di questo mese, la stessa Santita Sua avea preconizzati, il
primo alia Sede arcivescovile di Damasco, il secondo a qtiella di Ebron,
destinandolo Ausiliare in Ginevra a Monsignor Yescovo di Losanna e
Ginevra, ed il terzo, per organo della S. Congregazione di Propaganda,
alia Sede di Abila, dichiarandolo Vicario apostolico del Distretto orientale
della Scozia. Nell' augusta cerimonia assisterono il Supremo Gerarca
Monsignor Giuseppe Berardi, Arcivescovo di Nicea, e Monsignor France-
sco Marinelli , Vescovo di Porfirio, Sagrista pontificio. Oltre alia nobile
anticamera, trovaronsi presenti alia cerimonia alcune illustri persone.
4. Con decreto del 20 Settembre, stampato anche nel Giornale di
Roma del 27, vennero inscritli nell'/ndice de' proibiti i seguenti libri,
che percio non si potranno ne ristampare, ne leggere ne ritenere in nes-
sun luogo ed in verun idioma :
La Judia errante, Novella filosotico-social , por Ceserino Tressera. —
Madrid , libreria de Antonio San Martin 1862.
Almanaque democratico para el aiio bisiesto de 1864 , por varies so-
cios del Ateneo Catalan. — Barcellona, J. Lopez editor, libr. espafiola.
Die Romische Index Congregation und Ihr Wirken. Ilistorisch Kri-
tische Betrachtungen zur Aufklarung des Gebildeten Publikums. —
CONTEMPORANEA 229
Miinchen 1863 ; — Mine vcro — Romana Indicts Congregatio ciusque
acta. Animadversiones Itistonco-cnticae , etc. — Monachii 1863.
Risposta del Senatore Giovanni Siotto Pintor alia lettera dell'Arcive-
scovo di Cagliari, intorno al Dominio temporale dei Pontefici. — Mi-
lano 1864.
Vita ed avvcnture galanti del cavaliere Faublas de Louvet. — Livor-
no, Sociela editrice 1862.
Vita di Gesii Cristo, messa a confronto con Napoleone I, Garibaldi e
col Papato, alia portata dell' intelligenza popolare, per R. Vella. — Na-
poli, tipogratia di Luigi Gargiulo 1864. — Deer. S. Officii Fer. IV. die
U Mii 1864.
Come si possa difendere la Chiesa cattolica nelle sue preghiere pei
Defonti, incriminata dagli eterodossi. Memoria del Sacerdote Yincenzo
De yjt. _ Prato, lipografia F. Alberghetti e C. 1863. — Deer. S. Offi-
cii Fer. IV. die 7 Septemb. 1864. — Auctor laudabiliter se subiecit, et
opus reprobavit.
5. La mattina del 19 Settembre si celebro con gran pompa nella
chiesa di S. Carlo al Corso il consueto funebre Anniversario per suffra-
gare le anime dei prodi che, militando sotto la bandiera pontificia, in-
contrarono la morte nella battaglia di Castel Fidardo, e nelle altre fazio-
ni guerresche, sostenute nel 1860 contro gl' invasori sacrileghi del Pa-
trimonio della santa Chiesa roraana. 1 cittadini accorsero in gran folia
fin dalle prime ore del giorno a suffragare le anime di que' fedeli e va-
lorosi, che per si nobile causa aveano dato il sangue e la vita.
6. « La Santita di Nostro Signore, dice il Giornalc di Roma del 28 Set-
tembre , ebbe ieri una testimonianza novella dell' affetto e dell' interesse
col quale la sua diletta citta di Rologna prende parte agli aiuti, che, nel-
la strettezza dell' erario pontificio , i fedeli mandano da ogni parte al Vi-
cario di Gesu Cristo, neli' offerta di sc. romani Cinquecento , che al suo
Trono depose, in nome dei Rolognesi, il loro Arcivescovo, 1' Euio e Rflio
signer Cardinale Guidi. La Beatiludine Sua, sensibile a questa dimostra-
zione di fedella e di amore, che Bologna ha voluto aggiungere alle allre
fattele precedentemente, in attestato della paterna sovrana sua soddisfa-
zione impartisce di tutto cuore a quei cittadini 1'apostolica Benedizione. »
7. Nel di 29 Agosto il chierico romano Ettore Valeri , studente di
Teologia presso il Liceo del pontificio Seminario , si espose a sostener
la prova di un atto pubblico in quella sacra facolta, difendendo centoset-
tantasette tesi di Scrittura, di Dogmatica e di Storia ecclesiastica , per
le ore antimeridiane nell'aula massima di esso Seminario, e per le pome-
ridiane nella chiesa di S. Apollinare.
II secondo degli enunciati scientific! esperimenti ebbe luogo con ap-
parato di molta solennita. Scelto e numeroso fu 1' uditorio. II difendente
fece mostra di penetrante ingegno, di estesa dottrina e di facile e chiaro
eloquiOj si che ne ando assai lodato, e ne riceve general! congratulazioni.
230 CRONACA
L' alunno del Seminario Vaticano Pietro Pietroboni , studente di Fi-
losotia , nel giorno 26 di Settembre, si espose a sostenere cinquanta te-
si, cavate principalrneute faftk'Logica critica, da\YOntologia e dalla Teo-
logia naturale. L' esperimeato ebbe luogo in tina delle sale del palazzo
dell' Emo Arciprete della Patriarcale Vaticana , prossimo alia Basilica.
Bel saggio dell ingegno penetrante e del molto studio, posto nell' ardua
disciplina die il Pietroboni , che ne colse grande lode ed ebbe incorag-
giamento a coltivare con alacrita le felici disposizioni sortite verso le
scienze metafisiche. Di che il Capitolo Vaticano lo voile premiato con
medaglia d'argenlo di gran dimensione, ecol dono delle seguenti opere:
Taparelli, Saggio teoretico di diritto naturale; Pianciani, Cosmogonia
naturale comparata col Genesi, e Saggi Filosofici ; SecchiA., Unita delle
forze fisiche. Inoltre nel giorno 1.° di Ottobre fu ammesso all'onore di
baciare il piede al Santo Padre, che lo dono pure di una niedagfia d'ar-
gento, incoraggiandolo a vantaggiarsi sempre piu negli studii delle scien-
ze superiori.
STATI SAUDI 1. Lcltera del Yescovi delle Romagne al re Vitlorio Emmanuele,
sopra la legge che suggetta i chierici alia coscrizione militare — 2. Elen-
co di convent! e monasteri rubali dal Governo a' legittimi loro possesso-
ri — 3. i^ozze di Marco. Minghetti — 4. Iiisulli mandati dal Generale Bi-
xio al a Francia — S. Rivelazioiii ufficiose, e polemiche tra i varii par-
lit), circa ia convenzione stipulala con la Francia per lo sgombro di
Boma — 6. Dimostrazione popolare , avvenuta la sera del 20 Settem-
bre, centre Lai convenzione —7. Aclunanza straordinaria del Municipio ;
contegno del Sindaco ; dichiarazioni del Menabrea; esempio di rara
foriezza dato dal Co rite Prospero Balbo — 8. Conflilto avveniUo nel
pomeriggio del 21 Settembre suila piazza di S. Carlo — 9. Tumulto e stra-
ge in piaz/a Castello la sera dello stesso giorno — 10. Provvedimenti mi-
iitari del Governo; strage fatta in piazza di san Carlo la sera del 22 Set-
tembre — 11. Formidabili apparecchi di repressions ; per ordine del Re il
Ministero eforzato a presentare la sua dimissione —12. Ultima Circolare
del Pisanelli contro i Seminarii diocesani — 13. Processo criminale in-
tentato alPeruzzi ed allo Spaventa — 14. Risultato della inquisizione mu-
nicipale circa i fatti del 21 e 22 — 15. Le Gamere convocate pel 24 Otto-
bre — 16. Rapprcsentanza del Muiiicipio di Torino al Governo coiHro il
trasfevimento della Capitale altrove die in Roma — 17. II nuovo Ministe-
ro e costituilo (lal Generale La Marmora ; bandisce di voler mantenuta
la Convenzione con la Francia , con la pattovita condizione di trasporta-
re altrove la Capitale.
1. II re Vittorio Emmanuele II di Casa Savoia e il capo legale di quel
Governo che, nel 1859 e nel 1860, sotto 1'egida del non intervento ban-
dito dalla Francia, pote con ogni maniera di pertidie, di tradimenti e di
sanguinosi eccidii sottoporre al giogo tirannesco della Framassoneria
quasi tulti gli Stati d' Italia, e specialmente le Romagne, le Marche e
CONTEMPORANEA 231
ITmbria, sopra le quali V Tmperatore di Francia avea pur dichiarato
solennemcnte, essere incontrastabili i diritti sovrani della Santa Sede.
Malgrado del divieti diplomatici e delle minaccie del Governo francese,
che poi si dichiaro impotente ad impedire gli eccessi della rivoluzione
italiana, queste province furono a viva forza occupate, e sono ancora te-
nute dalle armi di Vittorio Emmanuele II.
A questo Re pertanto furono costretti di ricorrere anche i Vescovi di
Romagna, come a colui che, sebbene solo di fatto c contro ogni diritto,
ha in suo potere quel territorio, per tentare se un franco richiamo, falto
con apostolica liberla e con mitezza evangelica , potesse indurre questo
Principe a mettere qualche rattento alia sacrilega prepotenza de'suoi Mi-
nistri risponsabili, ed impedire la sanzione dell'iniqua legge, per la quale
i chierici debbono essere strappati dal Santuario, con iuiqua violazione
dei sacrosanti diritti della Chiesa, e correre la sorte della milizia.
II benemerito Stendardo Cattolico di Genova del 15 Settembre stam-
po per intero qnesto importante documento, in cui si combattono , con
piena conformita di sensi e di argomenti con quanto gia avcac rappre-
sentato i Vescovi delle altre regioni d' Italia, i pretest!, sotto i quali si
propose dal Ministro della guerra, e si approve dalle Gamere dei Depu-
tati, anzi pure dalla Commissione del Senato, quella legge si brutta e
crudele. L'ampiezza e la gravita dei fatti, che dobbiamo narrarc nclla
presente cronaca, ci rende impossible il recitare qui quella bellissima
lettera, firmata dall'Arcivescovo di Ferrara, dai Vescovi d' Imola, di Ce-
sena, di Faenza, di Forli, di Comacchio, di Bertinoro , e dai Vicarii Ca-
pitolari di Cervia, di Rimini, di Bologna e di Ravenna. Ma non possia-
mo omettere la conclusione, perche ci mostra come sia in petto a quei
Vescovi lo spirito apostolico de' primi tempi della Chiesa : « La M. V.
dimostri , dicon essi , la scongiuriarno , che non indarno ha il dirit-
to e il dovere di negare la sua sanzione a leggi contrarie alle ordinazio-
ni divine ed al vero bene dei popoli. Tale e la legge, di cui ora alia M. V.
ci richiamiamo, tali le altre sulla soppressione degli Ordini religiosi, sul-
FAsse ecclesiastico, sul Matrimonio civile, che gia ne pendono sul capo,
e contro le quali rinnoviamo le proteste e le querele, che nel passato No-
vembre alia M. V. indirizzammo. No , Maesta , non licet dare vigore a
leggi di tal sorta. Se i Ministri valgono a proporle e le Camere adappro-
varle, pensi, o Sire, che non varranno pero ne a difendere V. M. al tri-
bunale di Dio , ne ad impedire le rovine ch' esse apportano alia sociale
convivenza. »
2. Deh fosse in piacer di Dio cbe Vittorio Emmanuele II potesse vede-
re a qual termine vogliono condurre lui e la sua Dinastia i Ministri ris-
ponsabili, che gli sonposti al lianco dalla rivoluzione trionfante e da ma-
neggi settarii I Certo, ne siam couvinti, egli non sopporterebbe che in
suo nome si continuassero ad accumulare delitti, rapine e violenze sacri-
leghe in onta ed oppressione di santa Chiesa , a cui furono si devoti i
232 CRONACA
suoi maggiori. Che vantaggio puo venire al suo regno dal pianto e dallo
strazio di tante centinaia di Vergini consacrate a Dio, strappate a' loro
sacri asili, e poste al cimento o di languire per fame ne'miseri abituri in
cui sono amraucchiate senza distinzione d'ordine e d' istituto, ovvero di
farsi spergiure a Cristo? Che pro viene alle Finanze dal latrocinio dei
beni di Chiesa, onde sono spogliati Preti e Religiosi? L' Unitd cattolica
del 2 Settembre , continuando a pubblicare 1' elenco dei Conventi e dei
Monasteri , onde furono barbaramente discacciati i religiosi e le mona-
che, e registrandone 11 luogo ed i legittimi proprietarii, perviene al nume-
ro di 479, che ora saranno volti in magazzini, in caserme, in prigioni,
in case di toller anza.
3. Le yoci d'esecrazione degli uomini onesti contro tali nefandezze,
e le supplicazioni de' Yescoyi e del Clero, non trovano ascolto presso i
Ministri di Yittorio Emmanuele, che, sebbene avvoki nel trameslio della
piu scellerata politica, troyano tempo e modo di provvedere a' loro in-
teressi , d' impinguare i loro patrimonii , e di attendere a procacciarsi
doviziosi connubii. II sig. Marco Minghetti anzi, benche sia tutt'altro
che un Adone, ha saputo far tanto da inyogliare di se una dama napo-
letana, la signora Laura Acton, Principessa di Camporeale, cbe gli di-
Yenne sposa. In una cappella delia chiesa di S. Francesco di Paola in
Torino si celehrarono, la sera del 5 Settembre, le gioconde nozze ; e gli
sposi partirono subito appresso alia yolta del castello reale di Stupinigi,
che il re Yittorio Emmanuele pose gentilmente a loro servigio, per go-
deryi la luna di miele. Ma questa yenne di li a non molto coperta di
neri nugoli, pei fatti che diremo a suo luogo; come si dice chequeste
nozze servissero a colorare certi ingenti acquisti di poderi amplissimi ,
fatti dal Minghetti fuori d' Italia , e che certo non sono altro che frutto
dell'onesta sua industria.
i. Al yedere 1'apparente quiete del Goyerno di Torino sul principio del
Settembre, pareva che egli si fosse acconciato alia pratica dell' tnerft'a
sapientia, che diceasi essere il programma di Napoleone III. Anzi percio
si mettevano in canzone i yiaggi e gli andiriyieni del Menabrea e del
Pepoli , e si parlava , con grasse risate, dei fiascM portati a Torino da
Yichy e da Parigi. E da credere che anche i piu iidi ed ardimentosi sa-
telliti della riyoluzione ignorassero quel che intanlo si yenia apprestan-
do per far paga 1' Italia de' suoi desiderii contro Roma e la Santa Sede.
Senza di che sarebbe inconcepibile 1'audacia del generate Bixio ; il qua-
le, accomiatando , con un Ordine del giorno, riferito dall' Opinion* del
7 Settembre, le truppe, che sotto il suo comando formayano il campo
d' istruzione di San Maurizio, a poche miglia da Torino, dopo ampli
elogi a' soldati , usci in queste enfatiche parole : « II Re nostro, che e il
Re piu grande che ricordi lastoria, e la patria italiana tutta quanta
sieno la vostra religione. La Provvidenza non yorra permettere lunga-
inente che noi abbiamo i fucili , la yolonta ed il sapere, e che gli stra-
CONTEMPORANEA 233
meri cinsuUino col loro dominio a Roma ed a Yenezia, le due citta piu
illustri della patria nosira ; ma il giorno della lotta verm. » La sbardel-
lata adulazione al Re mostra che lo spaccamontagne Bixio, quanto e
morbido in tramutarsi di garibaldino o mazziniano puro in realista, per
potersi godere gli onori e lo stipendio di Tenente Generale, altreltanto e
ignorante di storia. Ma la sua arroganza contro gli slranieri che insul-
tano gli italiani a Roma, e aggravata da bestiale ingratitudine. Oh Bixio
insolente ! Mentre voi aizzavate i vostri soldati contro i francesi , 1'im-
peratore Napoleone III elaborava, d' accordo col Nigra e col Pepoli ,
quella convenzione, che da tutti i giornali di Francia e d' Inghillerra,
da tutti gl' italiani, pochi soli eccettuati, e qualificata come 1'atlo solen-
ne di consegna di Roma all' Italia ! Ingrato !
5. Ma sara poi yeramente cosi ? Questo lo sa Dio , ne noi pretendia-
mo leggerc cio che sta scritto nei decreti della Provvidenza per 1'avve-
nire. Ci basta il compito doloroso di esporre i fatti gia posti in sodo ; e
questo faremo succintamente, lasciando i commenti a' letlori ed a chi
non sia astretto a que' seyeri riguardi , onde ognuno capisce che noi
siamo yincolati.
L' Opinione di Torino, diario ufficioso e stipendiato di quel Goyerno,
stampo,alli 14, una sua corrispondenza parigina dell'll Settembre, nella
quale si annunziaya chiaro chiaro, essere omai sul punto di conchiuder-
si le pratiche ayyiate per risolvere la quistione romana « sulle stesse
basi che erano gia stabilite col Conte di Cavour. » E queste erano lo
sgombro di Roma, per parte dei francesi enlro un tempo determinato, e
la promessa per parte del Goyerno di Torino, che egli non assalirebbe
e non lascerebbe assalire le province rimaste alia Santa Sede. Intanto
penserebbe il Papa a formarsi un esercito per difendersi. Ed indicava
che lo spazio fissato era di due anni.
Due giorni dopo 1' Opinione alzo un pocolino di piu il velo che co-
priva il negozio, assicurando che le trattative « progredirono tanto da
porgerci la fiducia d'un favorevole successo. » E li , con garbo e lealta
giudaica , prese ad esporre le fasi diverse di tal pratica , e perche an-
dasse a vuoto dopo la morte del Cavour, e gl' incagli sopravvenuti per
la pazza impresa che riusci alia catastrofe d'Aspromonte, ed i motivi
per cui il Droiiyn de Lhuys e Napoleone III si mostravano disposti a ri-
pigliarle, fondandosi sul principio di non intervento. Questo dovea far
sentire anche a' sordi e vedere a' ciechi , che dunque 1'abbaudono di
Roma, per parte di Napoleone III, non incontrava piu quei ritiuli decisi,
che veniva decantando il Memorial diplomatique.
II ferro si dovea battere mentre era caldo, cioe 1' espettazione pubblica
cosi preparata dovea satisfarsi presto, in cosa di tanta rilevanza; e V Opi-
nione fu cortesissima. Alii 17, con tono di chi sa che non coglie in fallo ,
annunzio firmata gia la sera del 15 Settembre una convenzione, appunto
in quel senso cbe le avea scritto il suo corrispondente. Ognuno puo ca-
234 CRONACA
pire qual commozione di gioia cio destasse in tutti i rivoluzionarii , e qua*
le stupore ne' devoti ai principii di giuslizia, che non sapeaoo capire co-
me mai lo sgombero di Roma si dovesse trattare dalla Francia col Go-
verno di Torino, e non con quello della Santa Sede, appunto come se il
primo e non il secondo avesse diritto e possesso di sovranita su Roma.
Tuttavia, sapendosi che in questa sorta di contratti, e fra cotali contraen-
ti , v' e sempre qualche condizione segreta , qualche compenso per 1'at-
tuazione delle idee generose, la curiosita pubblica di penetrare tal segreto
divenne intensissima. E qui o 1' Opinione , o chi le dava Y imbeccata, la
fece grossa, stampando cio che segue, alii 19 Settembre: «Niun uomo
politico ha mai potuto credere che 1' imperatore Napoleone fosse per con-
cedere al Coverno italiano di mandar a Roma i suoi soldati ad occupar
i posti di guardia che le truppe francesi abbandonerebbero. Sarebbe stato
consegnare Roma all' Italia direttamente, senza transizione. Era assurdo
lo sperarlo, eccessivo il pretenderlo. L'occupazione straniera d'uno Stato
non puo cessare, che consegnando il territorio occupato alle truppe del So-
Trano che vi esercita il suo dominio reale o nominate. ... La Francia
adunque, se mai poteva indursi a ritirare le sue truppe da Roma, doveva
essere soltanto per rimeltere il territorio romano alle autorita militari
pontificie Dopo qualtro anni 1' imperatore Napoleone si risolve a con-
cedere cio che non ha ottenuto il conte Cavour, che la morte ha colpito
durante i negoziati ; cio che non hanno conseguito il ministero Ricasoli
ne il ministero Rattazzi. Egli si e obbligato a ritirar da Roma le sue trup-
pe nel termine di due anni. Ma in pari tempi ha chiesto al Governo ita-
liano una speciale guarentigia morale, la quale si risolve in una conces-
sione, e, in piii che in una concessione, in un sacrificio. Questa guaren-
tigia consisterebbe nell' impegno di trasferire la sede del Governo da To-
rino in ultra cilia importante. Sarebbe stata scelta Firenze. »
Toccato poscia di a! ire ragioni che consigliavano ad accettare tal im-
pegno, e delle difficolta che vi si opponevano, credette di dare un colpo
maestro, e scrisse quanto segue : « li Governo del Re, posto neH'allerna-
tiva di trasferire la Gapitale a Firenze, come una tappa prima di ctndar
a Roma, ovvero di rinunciare alia convenzione per lo sgombero di Roma,
poteva egli esitare? Se la convenzione e un passo importante fatto nella
quistione roinana, se la convenzione ci togliedall' immobilita, nella quale
siamo stati per quattro anni, e ci avvicina a Roma, chi avrebbe osato con-
sigliar il Governo per respingerla? II rifiuto avrebbe potuto compromet-
terc per sempre le sort't d' Italia. Con qual animo si sarebbe piu tardi cer-
cato di riappiccar le trattative coll' imperator Napoleone, il quale avrebbe
potuto dire all' Italia ed all' Europa: lo aveva aderilo a ritirare le mie
truppe da Roma, lasciar il Papa solo in faccia ai suoi sudditi, ed a rico-
noscere per ta! guisa il dirilto dei Romani non meno che deli'Italia, ed il
Goyerno italiano ha riiiutato? »
CONTEMPORANEA 2 3 '5
T)i qui potea inferire che 1.° Y Imperatore de' Frances! non potea, ne
voleva diretlamente consegnare Roma al Governo di Torino , ma si la-
sciarla alia difesa dellc forze miiitari pontificie; dunque esso rifiutavasi
a riconoscere il preteso dirilto dell' Italia ad aver Roma per sua Capita-
Je. 2.° Che Napoleone III, di cio non pago, avea imposto al Governo di
Torino, come condizione *fne qua non, di non assalire e non lasciare as-
salire gli Stali pontificii; dunque gli avea implicitamente imposto di ri-
conoscerne !a inviolabilita e 1' indipendenza, e per conseguenza di rinun-
ziarc alle sue pretensioni sopra Roma. 3.° Che Napoleone III avea yoluto
una guarentigia, chel'assunto impegno sarebbe mantenuto, e percio avea
imposto il trasferirnento della Capitale in altra cilta d' Italia; dunque, ob-
bligando il Governo italiano ad incontrare dispendii enormi, ed a supera-
re difficolta politicheassai pericolose, intendea provareche 1'assunto ini
pegno e la data guarentigia non si guarderebbe come il Trattato di Zu-
rigo, ne la corivenzione del 15 Seltembre avrebbe soltanto, come qucllo,
il valore del foglio di carta su cui sta scritta. Queste cose saltavano agli
occbi di tutti.
Difatto la Gazzetta del Popolo , appellando vera mistificazione , ossia
trappoleria quella Convenzione, con quella sua facoridia tribunizia, che si
fa capire fin dall'intima plebe, venne, alii 19 Settembre, svolgendo le ra-
gioni per le quali, a suo avviso, il trasi'erimento de!!a Capitale era una
simzione dell' abbandono assoluto delle quistioni di Roma e di Yenezia.
Ed ecco, in sentenza, le sue ragioni : 1.° Per fare questa traslazione si
dovranno spendere qualche centinaio di milioni ; per sopperire a tale spe-
sa si dovra diminuire 1'esercito ; c questo vale quanto rinunziare a Ye-
nezia. 2.° Inoltre dovremmo addossarci il pagamento di grossa parle del
debito pontificio ; e questo renderebbe anche piu grave il dissesto delle
nostre Finanze, e percio piu difficile il compiere con 1'armi la nostra uni-
ta nazionale. 3.° I Frances! non se ne andrebbero da Roma che entro due
anni ; or in questo frattempo molte cose possono accadere , vuoi di tor-
Lidi interni, vuoi di pericoli esterni , che diano a Napoleone III motivo
di dirci : Non siete ancora bastevolmente forli, ne cosi costituiti , che io
possa fare assegnamento sulla vosira guarentigia per ia sicurezza del
Papa; e percio resto a Roma.
Queste ragioni erano lampanti, e stavano sulla bocca di tutli, c peril-
no la Stampa, diario ufficioso e tutto cosa del Peruzzi , fu costretto , co-
nic il cliavolo dagli esorcismi , a riconoscere , senza forse avvedersenc ,
F inviolabilita del Governo pontificio e 1' impossibility di abbatterlo con
la forza , altrimenti che per iniquo abuso di prepotenza ; e disse : « Ne
Francia ne Italia si fanno arbitre delle sort! del Papato politico (ossia
della Sovranita temporale del Papa) ; ne quella ne questa si arrogano
il diritto cli abbatterlo, ne tampoco quello di giudicarlo: essc lo ricono-
scono eguale a quahmque altro Governo , lo fanno rientrare nel diritto
comune. » Oiide consegue che, riconoscendosi esplicitamente il Papa
236 CRONACA
come soyrano legittimo ed indipendente di Roma, si rinunziava implici-
fcamente a Roma , come a Gapitale del regno fondato dai latrocinii e dai
tradimenti del 1859 e del 1860. La gente onesta in cuor suo se ne ralle-
grava e taceva : i Mazziniani e Garibaldini, con tutto il codazzo de'Fra-
massoni, fremeano irosi, credendosi traditi e delusi de' loro voti contro
la Santa Sede ed il cattolicismo. l.moderati e ministeriali pensavano a
rwovi inganni: e questi furono degni di loro.
Cominciarono adunque, in coro, 1' Opinione, la Stampa, la Gazzetta
di Torino , la Perseveranza , e piu altri cotali trombettieri prezzolati , a
gittar voce die la convenzione era solo la corteccia esteroa del frutto
che ci stava sotto; che era imminente la guerra contro 1'Austria, viribus
unitis di Francia ed Italia, per redimere Venezia ; e che percio un Con-
siglio di difesa, tenutosi da' Generali dell'esercito, avea riconosciuto ne-
cessario mettere la Capitale al sicuro da una invasione repentina del ne-
mico, trasportandola a Firenze , dove le farebbero schermo una linea di
fortezze di primo ordine e gli Apennini. Di che il Diritto del 22 Settem-
hre prcse argomento a fiera ma giusta filippica contro il Governo, o co-
me ignorante, sc avea sconosciuto fin qui si grave pericolo, o come tra-
ditore dello Stato, se conoscendolo non avea provveduto al riparo, o co-
me bugiardo e perfido , se cotal ragione (la quale del resto il Diritto ri-
fiutava gagliardamente ) recava in mezzo solo come pretesto da velare
la rinunzia a Roma.
L' Opinione pero, affine di sedare i bollori de' Mazziniani, non ebbe onta
di promulgare che quella convenzione, in quanto sembrava involgere una
rinunzia a Roma, non era che una pretta impostura, e die 1'impegno as-
sunto di non andarc a Roma sarebbeosservato come il Trattato di Zurigo.
Ecco le sue parole nel numero del 20 Settembre: « Trattasi di una qui-
stione, la quale non si puo risolvere con equivoci. L' Italia non rinun-
cierd mai a Roma come sua Capitale. II voto del Parlamento e incancel-
labile: esso e diventato un dogma politico della nazione. INiun Ministero
adunque potrebbe pensare a trasferire la Capitale altrove. Che significa
pertanto il trasporto della sede del Governo a Firenze? » E qui propo-
neva 1'obbiezione, che, se i Francesi da qui a due anni sgombreranno da
Roma, perche non si aspetta fino a tal termine, per andare difilato cola?
E perche incontrare enormi spese, per andare, nel breve periodo di qual-
che anno, prima a Firenze, e poi a Roma? Lasciando senza risposta que-
ste ohbiezioni, il diario del sig. Minghetti spiattello quello che dovea, a
parer suo, bastare per tutto: « L' impegno assunto dai Governo del Re
verso la Francia, non potrebbe quindi, in niun caso, significare un vero
e completo traslocamento della Capitale. Si dovrd intcndcre come la pace
di Villafranca? Molti lo credono, e ci sembra facile 1'indovinarlo. » Puo
egli con maggior cinismo professarsi un assoluto dispregio pel diritto in-
ternazionale ? Questo e un dire: come la pace di Yillafranca fu una beffa,
CONTEMPORANEA 237
come il Trattato di Zurigo fu yiolato, prima che seccasse I'inchiostro con
cui fu scritto e ratificato ; cosi faremo quanto all' impegno di non assalir
Roma. Ecco la lealta di costoro, a cui doyrebbe essere affidata la sicurezza
ed indipendenza del Papal
Altri giornali, anche piu cinicamente, svelarono il resto de'disegni del
Minghetti, del Peruzzi e del Pepoli. Non si assalirebbe cerlo Roma con
forze regolari, ne si farebbero passare bande armate di Garibaldini. Ma,
mentre si dovrebbero lentamente avviare yerso Firenze gli ufficii della
Capitate, yerrebbe il prefisso termine del due anni. Allora, come gia a
Bologna, a Parma, a Firenze, a Napoli , si farebbero troyare in Roma,
incaricate di rappresentarvi il popolo, le solite compagnie di comparse e
di professor i di chiassi e di tumulti, come le appello Massimo d'Azeglio;
le quali un bel di si leverebbero a rumore, farebbero il plebiscito, e buo-
na notte ! E egli credibile che il Papa farebbe mitragliare il popolo, come
pur si fece a Parigi ed a Torino? Mai no. Ed ecco fatto il becco all' oca.
II plebiscito coronerebbe la restituzione di Roma aRomani, secondo che
fu preconizzato dal De Morny al Senate francese; durando fermo il prin-
cipio del non intervenlo, niuna Potenza ayrebbe facolta di mescolarsene;
il Papa, ridotto alle sue sole forze, non potrebbe impedire che i Romani
acclamassero Yittorio Emmanuele re d' Italia ; e questi non avrebbe piu
che da montare a cayallo e salire al Campidoglio. II Papa sarebbe lasciato
in Vaticano a pregare e benedire.Ecco fatta 1' Italia! Perche dunque sgo-
mentarsi del trasporto a Firenze, non essendo questo, anche nell' ipotesi
che si effettuasse, che una sosta, una tappa yerso Roma?
Cosi si venne predicando in Torino da'Ministeriali, e scriyendo da'cor-
rispondenti ai prezzolati giornali di Francia e Belgio ed Inghilterra, per
ispiegare il yero senso e scopo dello sgombero de' Francesi da Roma, e
della traslazione della Capitale d' Italia a Firenze.
6. Dunque la pretesa guarentigia morale, chiesta da Parigi e consenti-
ta da Torino, sarebbe una lustra da gabbare i gonzi? L'Opinione gar-
batamente 1' insinuo nel foglio del 21 Settembre: « Questa guarentigia la
Francia non chiedeva al certo per se, ma per poterla presentare al partito
cattolico, nella speranza di rassicurarlo. » II cbe, in buon yolgare, e
quanto dire agli unitarii: Oh buona gente 1 E non yedete che questo e
un puro spediente diplomatico, una indoratura della pillola, un trovato di
prudenza per rassicurare chi potrebbe recar disturbo, e per far la faccen-
da con buon garbo , e potersi poi layar le mani , e dire : Vos mderitis ,
innocens ego sum ! Ma i Mazziniani , i Garibaldini , e quei che ne indos-
sarono la diyisa, per coprire gl'interessi proprii o municipali ond'erano
mossi , non si tennero paghi dicio, e yollero mettere il Governo alle
strette di dichiarare formalmente, sc ayesse si o no rinunziato a Roma, e
se il trasporto a Firenze doyesse in yerita guardarsi come guarentigia del
mantenimento della Soyranita temporale del Papa.
238 CRONACA
Percio la sera del 20 una folia, che fu calcplata essere di circa 5
o 6,000 mila persone, ma in cui erano mescolati per certo molti Mazzi-
niani e Garibaldini, si radunarono con bandiere in piazza Caslello, e per-
corsero piu vie di Torino, urlando a squarciagola : Abbasso il Ministero,
abbasso la convenzione francese, viva Garibaldi ! II Ministero, che fin
dal pomeriggio vedea addensarsi i rmgoloni, fece schierare sulla piazza
uno squadrone di cayalieria ; ma ppco dopo lo fece ritirare, surrogando-
lo con una squadra di Guardie di sictirezza pubblica. La moltitudine do-
po aver gridato quanto voile, ando in piazza Carignano, dove e il pa-
lazzo delta Camera dei Depulati. Quiyi un sergente della Guardia nazio-
nale, spintp dallo zelo.per 1'ordine, si lascio sfuggire di bocca a voce
alta, che bisognava chiamare dal campo di S. Maurizio le truppe, e re-
primere que'tumulti. Questo basto perche molti gli si precipitassero ad-
dosso a tempestarlo di pugni e calci ; e solo dai Carahinieri , ossia Gen-
darmi, pole essere sottratto a quella furia. Di che la Questura procedet-
te nelle forme legal! a scioglierc quell'adunanza.
I dimostranti si divisero in due bande; 1' una delle quali recossi in
piazza d'Armi, dove i caporioni di essa, e parecchi eran Deputati ai
Parlamento, si posero d'accordo per rinnovare il di appresso, ma senza
uscire dalle forme legal! e pacitiche, la dimqstrazione , dandosi la posta
per le ore otto di sera in piazza Castello ; di che si vuol prender nota ,
per quello che diremo dell'avvemito iyi la sera del 21. L'altra delle
hande ando in piazza san Carlo , e quivi con iischiate sonore fece quello
che i Frances! dicono un charivari, innanzi alle oflicine della Gazzelta,
di Torino, diario minisleriale, che avoa fat to plauso alia convenzione
del 15 Settembre, e decantato il trasferimento della Carjitale a Firenze.
Pertaulo ia questa sera non ebbero luogo gravi disorclini , tranne lebus-
se toccafce a quel zelanle sergente; etuttofini con grida c tischiate. Chi
mai avrebbe poluto peiisare, che si poca scintilla avrebbe fatto poi divam-
pare grande incendio?
7. Andrebbe tuttavia errato chi pensasse die queste fossero scene, ar-
hitettate solo da pochi rnestatori, alia foggia dei plebisciti per le annes-
ioni. Erano uu primo sfogo dell'immenso cruccio, onde rodeansi la mas-
chitett
sio
malaugurata convenzione essere solo i! prologo di miove guerre, die ar-
recherebbero nuove sciagure, e parle per ispiritp settario o per rivaiita
inunicipale. II depulatp Pier Carlo Boggio scrivea: « In fin dei conti
Torino e rovinata ; Torino 6 rovinata in premio deir avere voluta e pro-
mossa Vunita e 1'indipendenza d'llalia ; Torino e rovinata per aver failo i
piu larghi sacrin'zii di danaro e d'uomini ; Torino e rovinaia, perche sono
cinquecento milioni di proprieta fondiaria, che scapiteranno almeno del
quaranta per cento; sono centinaia di nuove costruzioni in corso, che si
risolvcranno nelia bancarotta dei loro intraprenditori ; soup trentamila
opera! die d' un tratto si veggono mancar il lavoro e sono gittati sul la-
slrico, e non vuoi che gridino? E r.on vnoi che 1'abbiano amara con quei
Ministri che, a sangue freddo, con larga premeditazione, al solo scopo di
conservare un portafbglio, di cui li ha chiariti indegni la loro inettitudi-
ne, rovinano Torino. . . . ? » Se nuesto si vuole appellare grettezza di
CONTEMPORANEA 239
municipalismo da' Napoletani, da' Fiorentini , da' Milancsi, faccian pure.
Certo e che ai Torincsi coceva forte, e chi si sente scottare, stride.
II Municipio era stato convpcato dal Sindaco per le ore due del pome-
riggip del giornp 21, affine di provvedere alle gravissime congiunlure,
in cui sarebbe gittala la citta per la convenzione stipulata con la Francia;
e si era adunato in assemblea numerosissima. Qui ci serviremo della
narrazione fatta dalla Gazzctta del Popolo del 22, chedovette essere ab-
bastanza fedele, poiche ristampata da tutti i diarii di Torino, e non im-
pugnata in alcuna parte.
« La seduta e aperta alle ore due. II Consiglio e numerosissimo. II Sin-
daco espone lo stato dclle cose. Egli ha conosciuta la notizia della con-
venzione colla Francia edel trasferimento della Capitale, percomunicazio-
ne di uno amico privato. Solo piu tardi fu officiosamente informato da per-
sone, che yennero per esarainare con lui la quistione dei compensi. Non
ayendp egli tempo in quel momento di consultare la Giunta ne il Consi-
glio, rispose come gli dettaya il cuore. Se il trasferimento e necessario
al bene della patria, a che si parla di compensi? Se invece e funesto,
come lo crediamo, Torino pensa troppp altamente dell' Italia, di se, per
yendersi (applausi generali, mvissimi, prolungati). Ora la questionesi
e aggravata in seguito alia dimostrazioue di ieri sera. Imporla che il
Consiglio municipale si rivolga alia popolazipne, per invitarla ad aspetla-
re con calma, e non porgere ai nostri nemici il pretesto di calunniarci e.
di dire impossible il mantenimento deii'ordine in questa citta.
« Menaorea, che aveva desiderato di dare schiarimenti come consi-
gliere, prende la parola, e fa una lunga esposizione, da cui risulterebbc
in complesso: che il Governo francese, dopo grandi dillicolta, si mostro
pronto ad acconsentire alia convenzione, a patto che il Governo italiano
desse una guarentigia morale, che avrebbe rispettato e fatto risnettare il
non intervento a Roma. Questa guarentigia morale Pepoli la trovo nel
trasferimento della Gapitale a Firenze. Sicche }' idea di questo trasferi-
mento e di un plenipotenziario italiano e non di Napolepne; e quindi 6
falso che essa sia stata imposia,come, aflermanp alcuni giornali (Oh ! oh ! )
« Questi schiarimenti esseudo di naiura politica, sorge quistione se
debbano essere consegnati nel verbale, oppure tralasciati, come vorrebba
1'oratore, che dice aver parlatp in senso otficioso. Revel opina che, nel
Consiglio, e Menabrea consigliere, e non Menabrea ministro che ha par-
lato. Le sue parole, come. parole di consigliere, sono acquislateal verba-
le. Sclopis prende atto degli schiarimenti ottenuti, e del fatto che 1'idea
del trasferimento della Capitale e scaturita non da Napoleone, e nemme-
np dal nostro Governo, ma dal plenipotenziario Pepoli. Ponza di San Mar-
tino, dopo aver risposto con autorita di parola, e con fma ironia alle psser-
vazioni, con cui Menabrea aveva appoggiata la convenziooe franco-ita lia-
na; dopo aver derise le pretcse ragioni strategiche, conchiude chicden-
do,che il Consiglio mandi il discorso stesso di Menabrea alle Camere a
guisa di petizione. Egli e convinto, cue cio sara il migliore argomento
per ben edificare i rappresentanti della Nazione! »
Qui la sedutft fu interrolta e divenne agitatissima,pel rimbouibo delle
grida del popolo stipato sulla piazza, e pel concitato parlare di cittadini
che si prescnlarono a chiedere protezione contro le violenze,chele Guar-
die di sicurezza pubblica stavano allora commettendo in piazza S. Car-
240 CRONACA
lo ; di.che parleremo piu sotto. Chi vuole legga i parlicolari ed i docu-
ment! riferiti anche hell'ffoftd Cattolica del 23 Settembre. Si deputarono
membri della Giunta municipale, perche s'interponessero presso la Que-
stura e facessero cessare i tumulti. La seduta municipale rimase percio
sospesa buona pezza ; le yie erano affollatissime, le botteghe chiuse. Fi-
nalmente la seduta si ripiglio. II Sindaco lesse, ed il Consiglio munici-
pale approve) la seguente deliberazione :
« II Consiglio, udite le comunicazioni del Sindaco, considerando che
se il Municipio torinese fu sempre, nella sfera della sua azione, coopera-
tore agli atti, che potevano condurre aH'unita italiana, e se lacura degli
intercssi municipali non lo trattenne dall'essere il primo ad applaudire al
Ministro che proclamava Roma Capitale d' Italia : ora pero deve grande-
jnenle commoversi aH'annunziq di una proposta, la quale, senza rispon-
dere a quel grande concetto, viene a colpire in moclo cosi doloroso ed
inaspettato quella condizione di fatto, che tante dichiarazioni delle pode-
sta legittime ayevano pronunziato.
« II Consiglio, faccndosi sicuro interprete di quei seniimenti di anti-
ca fede nelle sort! nazionali , che stanno nel cuore di questa popolazio-
ne, delibera si debbano usare tutti i mezzi, che la legge accorda, per an-
tivenire ai danni ed ai pericoli da cui trovansi minacciati gli interessi
jnunicipali, tanto connessi colic sorti della patria italiana.
<( Intanto incarica la Giunta, acciocche, dopo aver chiesto al Governo
del Re categoriche spiegazioni sullo stato della questione attuale, stencla
una relazione particolarizzata sulla condizione e sull' attitudine della cit-
ta di Torino a fronte degli avvenimenti, che si preparano ; e di sottopor-
la quindi nel piu breve termine possibile alle deliberazioni del Con-
siglio ».
A noi fece raccapriccio codesto vantarsi d' aver sempre fatto a potere
per attuare il gran concetto dell' unit a italiana, a prezzo dell'assassinio
del Papa e dell' usurpazione di Roma al suo legittimo soyrano ! Sono
questi concetti degni della citta , che per antonomasia chiamavasi del
Santissimo Sacramento? E un Municipio che bandisce doyersi spogliare
del suo dominio il piu angusto de' Sovrani , il Yicario di Gesu Cristo,
puo credersi capace di inspirare rispetto aH'autorita? II gridare : Andate
ad itsurpare Roma , e fprse un hello spediente per accendere nel popolo
Famore della giustizia, il rispetto per le leggi e 1'ordine?
Siamo persuasi, che molti di quei che approvarono tal deliberazione,
il facessero solo per assentire ad uno spediente da guadagnar tempo, ed
impedire che la Capitale si trasferisse a Firenze. Ma anche questo, se
fatto con cpscienza, e brutto ed iniquo. La honta del fine non giustifica
la reita dei mezzi. E questo senti il conte Prospero Balbo, uno de' Con-
siglieri , anzi F unico che rifiutasse il suo votp a quella deliberazione:
lo sono cattolico , grido egli forte e con intrepidezza di cittadino cattoli-
co , e percio non voylio fir-mare nissuna ingiusta proposta per tone da
Torino la Capitale. Non dubitiamp, die chiunque ha in petto una scintilla
di amore a santa Chiesa , plaudira a questa coraggiosa protestazione ,
che per altro non desto stupore in veruno di quei che conoscono il conte
Prospero Ralbo. Egli, anziche contribuire con la sua presenza e co' suoi
ufficii alia usurpazione della Romagna , rassegno un alto grade nella mi-
lizia , ottenuto con isplendidi servigi allo Stato, e si ritrasse alia vita
j)rivata.
CONTEMPORANEA.
8. Frattanto chc cosa era accadulo in piazza san Carlo? La Gazzclta
di Torino ayea avuto la temerita di fare una descrizione beffarda della
dimostraziqne avvenuta la sera precedente, e gia da noi raccontata ; e
di yoltare in beffa la chiassata falta alle proprie qfficine: di che irntati
i dirnostranti , vollero pigliarsi una riscossa. E di qui tumulti e sangue.
Tra le narrazioni del fatto niuna ci parve piu moderata nella forma , o
piii conforme ai documenti ed alle testimonianze deposte al Municipio,
che la scguentc fatta dall' Unitd Cattolica del 23 Setterabre, la quale ri-
feriremo per intiero :
« Verso le ore due pomeridiane, movendo da Porta Nuova con bandie-
re spiegate, una certa quantita di gente, che secondo il solito ingrossava
a mano a mano che procedeva , recayasi sotto i portici di S. Carlo. La
|)rese a vociferare e iischiare senza piu la Gazzetta di Torino. La gente
calcava in modo straordinario, e potevano essere giaqualche migliaia.
[ando tutto ad un Iratto si apre la porta dell'ufficio del giprnale, e di la.
acanq e da ogni parte accorrono guardie di pubblica sicurezza , che
Icolle sciabole sguainate menano colpi a diritto ed a rovescio. Ecio senza
essere provocate e senza dare verun avviso alia folia. Ne si contentarono
di dar piattonate, ma ferironq di punta e di tagjio, a segno che yi furono
dei grayemente feriti. Questi, insieme con otto o dieci arrestati, furono
condotti alia vicina Questura, accanto alia chiesa di santa Cristina. Unq
dei feriti mori alia Questura poco dopq. Questo intimqri i dimostranti , i
quali si sbandarono. Ma tornati un paio d' ore dopo piu compatti e riso-
luti alia Questura, ne tempestarono la porta con una terribile sassaiuola.
Le guardie di pubblica sicurezza chiuse dentro non osavano uscire. For-
tunatamente dal Municipio vennerq tre assessori a togliere d'impiccio la
Questura. Feccro meltere in liberta gli arrestati.
a Intanto, divulgatasi per Torino la voce di questo fatto delle guardie
di pubblica sicurezza , ed esagerandosi (come intravviene) il numero dei
morti e dei feriti, si suscito una fierissima irritazione. Varii correvauq per
tutte le yie gridando : Chiudete le botteghe, chiudete le botteghe, minac-
ciando sassate e rjeggio. In men che non si dice tutte le botteghe di via
Nuqva, dei porlici di piazza Castellq , di Dora Grossa furono chiuse a
furia. In altre -vie piu remote, come in via Milano, un droghiere che non
voile chiudere ebbe tutte le vetrine sfracellate. II Ministero, prevedendo
serii eventi, aveva chiamato da san Maurizio le truppe che vi stanno a
campo. Verso le due arrivava il primo conyoglio di soldati. La popola-
ziqne, costernata per cio che yedeya e per cio che prevedeva, era cupa,
trista, silenziosa . . . riempiva le yie, massime quelle di Dora Grossa, di
Po, yia Nuova, affollandosi sulla piazza Castello. Intanto i dimostranti,
vedendo che il Gqverno dava di mano alle armi, pensarono a fare altret-
tanto. Trovandosi tutti disarmati , corsero a saccheggiare tutle le botte-
ghe di spadai e tutte quelle oye si trovano armi, che non furono a tempo
a chiudere le porte. Quelli che non poterqno aver armi si armarqno di
bastoni. Entrarono anche in qualche spaccio di tabacchi per pigliare la
polvere da fucile. . . . Non dobbiamo pero omettere che verso le otto la
folia irruppe di nuoyo contro 1'uffizio della Gazzetta di Torino. Pare che
il guasto aato alia tipogratia sia stato considerevole , non essendo stato
pubblicato che un mezzo foglio del giornale nel di seguente. I tumul-
tuanti, fatta incetta di ciottoli, con cui si sta acciottolando la via vicina,
Serie V, vol. XII, fasc. 350. 16 10 Ottobre 1864.
242 CRONACA
fecero un mal governo della porta dell' ufficio , che il mattino si vedeva
tutta improntata dei colpi di pietra lanciati la sera.
« In^yarii ufficii deila Questura furono tolte le insegne e lo stemma
reale d'in sullc porte, e porta te come in trofeo al palazzo di citta. Dire-
mo anche, .che innanzi al Municipio si fece falo divarii giornali della ca-
pitale / come la Gazzetta di Torino , la Stampa, YOpinione , la Discus-
sione, ecc. »
La Gazzetta del Popolo narro, il di seguente, questo fatto con molti al-
tri particolari, che rnostravano quanfo fosse stata improvvida e violenta
I'irruzioae delle guardie di sicurezza pubblica. Alcuni soggiacquero poi.
alle ferite ivi riportate. 11 deputato Yegezzi Ruscalla non si perito di.
manclare alle stampe una lettera, in cui testitico d'aver veduto co'proprii
occfai, quando gia tutti erano sbandati , parecchie di quelle guardie, at-
terrato uno dei fuggiascbi, percuoterlo con le daghe sul capo e sulla per-
sona, in modo da coprirlo di ferite e di sangue ; ed aggiunse che, avendo
ioro intimato di desistere, e mostrata percio la sua piastra di Deputato r
gli fu risposto con oscena viliania , che andasse a farsi far ragione alia
Questura ; ed il misero , che stavano battendo, ^vi fu trascinato prigione.
Certo e che lo stesso Governo doyette riconoscere qualche grave torto
In quelle guardie , o temette forse di vederle diventare vittima di terri-
foile vendetta popolare ; poiche la notte seguente le fece uscire tutte da
Torino, e pubblico poi im Decreto, che dichiarava sciolta quella compa-
gnia, ed avviata una inquisizione giudiziaria sul falto.
9. Ma questo fu nulla , a confronto della sanguiaosa tragedia che ay-
venne a sera tarda in piazza Castello , dove , come abbiain narrate piu
sopra , molto popolo la sera precedente erasi dato la posta di convenire,
per una dimostrazione pacitica e legale. E qui lascieremo parlare prima
di tutti la Gazzetta ufficiale del 22 Settembre:
« Gravi disordini perturbarono ieri la tranquillita della citta di Tori-
no. Verso le due pomeridiane varii assembramenti si vennero formando
in alcuni pimti della citta. Essendo stata tentata una aggressione all'uffi-
cio della Gazzetta di Torino, in piazza san Carlo, im drappello di guar-
die di pubblica sicurezza disperdeva rassembramento, facendo uso delle
sciabole. Per questo fatto deplorevole il Governo ha irmncdiatamente or-
dinato una inchiesta giudiziaria sulla condotta degli agenti di pubblica
sicurezza.
« Piu tardi il tumuHo in quella piazza divenne piu minaccioso con-
tro F ufficio di Questura, che ivi ha sede. Oltre a parecchi soldati ed a
tre niliciali feriti a colpi di pietra, si avevano gia a deplorare tre ucci-
sioni, di due agenti e di una guardia di pubblica sicurezza; quando
sventuratamente una folia di persone, armate di hastoni, di sassi ed al-
cune di pistola, avendo voluto sforzare uno squadrone di allievi carabi-
nieri, situato fino dal principio della sera in piazza Castello, tentando di
dtsarmarii ed investendoli violentemente, questi fecero per propria difesa
e senza comando una scarica di fila delle loro armi. La folia si disperse
iiiimediatamente.
« Si rinvennero dieci morti e varii feriti tra i cittadini. Venti carabi-
Bieri crano stati feriti con bastoni e pietre, fra i quali cinque gravemen-
te. Finalmente la calma si ristahili dopo la mezzanotte, anche col concorso
di alcuue pattuglie e di un drappello di guardia nazionale, che fu lascia-
CONTEMPORANEA 243
ta a difesa della Questura. Se non che piu tardi una banda, cbe sembra
fosse una parte di quella che avea aggredito i reali Carabinieri, forzava
una bottega di armaiolo, vi prendeva del fucili, di cui iece uso contro la
truppa che la raggiunse, pperando 1'arresto'di dieci individui, e racco-
gliendo una ventina di fucili ed un tamburo.
« Questa mattina 1' ordine non fu turbato. Molla truppa e venuta dal
campo di S. Maurizio ed e sotto gli ordini di S. E. il Generate d'armata,
conte Della Rocca.La Guardia nazionale, cheieri non si pole raccogliere
numerosa, e novamente chiamata sotto le armi. Giova sperare che la
saggezza e la temperanza tradizionali della patriottica popolazione tori-
nese, cui si indirizzo il Sindacp della citta col proclama che riportiamo
qui sotto, varra, insieme alle misure adottate dal Governo, ad imporre a
coloro che, profittando della dplorosa concitazione degli animi, si atten-
tassero rinnovare le deplorabili scene del giorno scorso. »
Riferita questa narrazione, il Diritto del 24 esclamo furihondo: « Ope-
ra d'un Ministero raentitore, questo articolo e una infame menzogna. Non
e vero che i Carabitiieri ibssero in piazza Castello aggrediti e delle armi
facessero uso a difendersi... II fuoco fu tanto improyviso , che furono fe*
rite persone paciriche, che, se avessero preveduta possibile una scarica,
si sarebbero certo allontanate. Se fu per difesa delle pe rsone, perche i Ca-
rabinieri non adoperarono ie baionette ? Oueste, adoperate sbltanto a di-
fesa, feriscpno, non uccidono; spaventano, non fanno strage ecc. »
E ['Unita Cattolica va d'accordo, in quanto dice che bensi la folia ac-
calcavasi e brontolava perche trovava cniuso, senza saperne il perche, il
passaggio; ma che le fucilate vennero di subito.
Per quanto si facesse battere a raccolta , la guardia nazionale non si
aduno; e ppchi militi, che diedero mano alle armi ed uscirono per le Tie,
furono fatti tornare alle loro case dalle tischiate e dalle minacce del po-
polo. Certo e che i feriti , e quelli che dalle ferite morirono poi alle case
loro, furono troppi piu del numero datp dalla Gazzetta ufjiciale;^ dall'in-
q'uisizione giudi/.iaria istituita dal Municipio risulto , come diremo a suo
luogo, che le cose procedettero ben diversamente da quel che raccontas-
se la Gazzetta ufficiale. Tra i morti cadde una signora che , giunta per
la via ferrata pur allora, afliinaavasi di passare a traverso quella folia,
per riparare alia sua casa.
10. II Governo si affretlo di proyvedere per la domane. Furon levali
cadavcri ; portati feriti agli spedali ; lavato con gran cura il sangue di
terra. Poi, mentrc per la via ferrata si facevano venire piu Reggimenti
di linea, e baiterie d' artiglieria , grosse pattuglie di 300 uomini comin-
ciarono a percorrere le vie , e tutto il presidio , accampato sulle piazze
principali, vi ebbe a serenare fino alia mattina seguente, quando truppe
fresche presero il luogo di quelle che aveano vegliato. La gran piazza
d'anne fu cangiata in campo di baltaglia, adunandovisi una diyisione in
tutto punto di guerra, con le micce accese a'cannoni. Un reggimento fu
ppsto a guardia dell' Arsenale. Grossi battaglioni assicurarono le polye-
riere. II palazzo reale ed i giardini adiacenli furono muuiti da' Carabinie-
ri. La Questura circondata da'Bersaglieri. Tulto spirava lutto, tutto facea
presentire nuovi orrori. Le botteghe quasi tutte chiuse. Ma che? Lascia-
mo parlare la Gazzetta iifficiale del 23 Settembre:
« La giornata diieri passava tranquilla, e cosi pure le prime ore della
sera. Nelle piazze d'Armi, Castello, san Carlo e Carlo Enmianuele II
244 CRONAGA
stanziavano delle truppe. Forti pattuglie yenivano poste in giro nelle
principali strade, onde cpnservar liberala circolazione. Tutto progrediva
bene, e sembrava potersi sperare che non si rinnovassero disgustosi av-
venimenti. Ma verso le ore nove da alcune parti convenivano in piazza
san Carlo diversi gruppi di sehiamazzatori. Verso le ore nove e mezzo
una gran folia di popolo trovavasi radunata in tal piazza, nella quale era-
no disposte, lungo i portici, le truppe, con una compagnia davanti alia
casa della Questura, onde proteggerla contro le aggressioni del popolo
che appunto contro di essa riyolgeva le sue minacce.
« Ad un certo momento, siccome venivano scagliati sassi nell'interno
del portone della Questura, il questore si decise a far sgombrare la piazza
coll'uso della forza, facendo precedere le tre intimazioni e squilli di trom-
ba in conformita della legge. Fece in conseguenza uscire fuori del por-
tone, oltre la compagnia di fanteria che gia vi era, alcuni Carabinieri che
stavano nell'interno della Questura, e fatto avanzare sulla porta un as-
sessore munito della sciarpa tricolore, scortato da due Carabinieri, fece
eseguire la prima intimazione ed il primo squillo. Appena eseguito que-
sto e mentre continuavasi a scagliar pietre, i due Carahinieri, che scor-
tavano I'assessore, caddero feriti da due colpi di fuoco partili dalla folia.
Allora i Carabinieri cominciarono il fuoco contro il gruppo degli aggres-
sori, senza che finora siasi potato venire in chiaro se il comando di far
fuoco sia stato dato.
« Per la disposizione che avevano le altre truppe nella piazza suddet-
ta, alcune delle palle tirate colpirono parecchi soldati ed il Colonnello
Colombini , comandante del 17° che appunto guerniva la piazza dal lato
di levante. Alcuni soldati del 17°vedendo colpiti i loro cpmpagai, spara-
roao instintiyamente qualche colpo, dei quali alcuno ando a ferire soldati
di un battaglione del 06 reggimento, situato dirimpetto sul lato opposto
della piazza, e che teneva le armi al fascio. Lo stesso effetto si produsse
anche sopra varii soldati di questo battaglione, i quali, impugnate le
arrai, le caricarono pur cssi. I comanrlanti dei battnglioni fecero cessare
tosto questo disqrdine; ma le conseguenze furono clie caddero morte 26
persone e 66 ferite, fra le quali 2 soldati morti e 14 feriti, compresi al-
cuni colpiti gravemente da sassi.
« II rapporto di questa mattina del medico militare, capo del serviziq
del dipartiinento, informa che i dei soldati feriti lo furono da quadrettoni
e pallette da caccia, sicuraraente tirati dagli aggressori. II Ministero ha
ordinato una pronta inchiesta su questi fatti, diretta principalmente a
ehiarire se il comando di far fuoco sia o no stato dato. Dopo questo do-
loroso avvenimento, nessun altro disordine si e avuto da lamentare. »
La folia si disperse, fuggendo a rotta per le vie adiacenti. Ma accor-
sero subito sacerdoti , che, senza curare il pericolo in cui si esponeyano,
diedero bel saggio della carita evangelica, apprestando i supremi con-
forti agli agomzzanti, ed aiutando a levare i feriti. Ognuno capira di
leggieri che il nurnero di questi , non pochi de' quali soggiacquero poi
nelle case loro , fa molto maggiore che il dichiarato dalla Gazzetta uffi-
ciale. Un fuoco incrociato da tre parti, in una folia cosi stipata , dovea
essere micidialissimo. Fu sventura, forse, piii che colpa; ma il macello
fu orribile. Mold de' feriti, che a botta calda aveano aucora forza di cam-
minare, trassero alle farmacie vicine ed ebbervi le prime cure. Molti altri
CONTEMPORANEA 245
si trascinarono alle case loro. I cadaver! furono da' soldati accumulati
sui gradini del monumento equestre di Emmanuele Filiberto, che la mat-
tina seguente erano impprporati del sangue, die ne scorreva a rivi sul
lastrico della piazza. Quiyi appunto era stato il grosso della strage, per-
che i piu timidi s' erano ivi collocati, credendosi piu sicuri perche piu,
lontani dalle truppe. Tra tanti , morli e feriti, che furono visitati, un
solo fu trpvato con armi ; gli altri , i piu giovani operai, qualche donna
e parecchi fanciulli , erano curiosi che volcano vedere, e portarpno la
pena dovuta ai pochi tristi provocalori della strage. Riferircmo poi a sup
luogo cio che fa posto in sodo dalla Giunta municipale, circa la legalita
del contegno del Questore; che fu poi subito dopo invitato a prendere
un congedo di qualche mese, e surrogate da un snpplente.
11. La mattina seguente il popplo trangosciato correva a vedere il
luogo del macello , e la vendetta si leggeva negli occhi di molti , che
contemplavano gli spazzini della citta occupati in lavare i gradini del
monumento, ed il lastrico della piazza e de' portici. 11 Municipio, come
gia avea fatto il di innanzi , avea pubblicato caldi inviti a pace e quiete;
un Cpmitato dichiarava nemico della patria chi partecipasse ad affolla-
nienti tumultuosi, onde potessero nascere nuovi disordini ; il Prefetto ed
il Sindaco erano in affanno per quietare la citta, e molti buoni cittadini
andavano attorno per esortare i mercanti ad aprire le botteghe.
Ma questo non rimovea il pericolo di nuovi e forse piu aspri conflitti.
La Gazzettadelpopolo tenendosi nellastretta legalita, bandiva il da farsi.
« Sia parola d'ordine : il Minislero in istato d'accusa.v Un fremere cupo,
un imprecare rabbioso udivasi d'ogni parte contro i ministri Minghetti e
Peruzzi. « Noi crediamo, stampo il Diritto del 24 , ripetendo cio che tut-
ti diceano il di precedence, noi crediamo che nessuno abbia fomentato,
nessuno eccitato i disordini , nessuno cercato di rendergli piu gravi ;
nessuno, eccetto il Governo e la Polizia. I soli responsabili degli infami
eccessi, che funcstarono non Torino soltanto, ma tutta 1' Italia, sono i
Ministri ; sono quei pochi disgraziati , che dopo aver rubato quanto ci
era a rubare al paese(e qui omettiamo un inciso che in Roma non si dee
trascrivere ) , • haano bisogno di un colpo di Stato.... II sangue, onde
hanno bruttate le mani , gli rivela traditori. II Parlamento... li mandera
alia Corte d'Assise, come volgari malfattori.... L' Italia non puo essere
governata da spregevoli assassini , molto piu tristi , molto piu infami di
Caruso o di Crocco. Che questi alle opere di sangue si trovarpno di per-
sona, e misero a repentaglio la vita. Costoro invece, mentre il popolo si
assassina per ordine loro nellevie, stanno affacciati al balcone del Mini-
stero, fumando il sigaro e godendo il truce spettacolo, sicuri nella pro-
pria villa. E mestieri che 1' Italia non soffra piu un giorno siffatti uomini
al potere.... A Torino non e vero che si sgozzi il piemontesismo, si assas-
sina 1' unita e liberta d' Italia. »
Si badi bene che gli scrittori del Diritto non sono piemontesi ; lo di-
chiararono essi medesimi, ed a questo attribuirpno la poca popolarita del
Joro giprnale in Torino. Or facciasi ragipnc di quel che dovean dire i
Torinesi! Ognuno stava in angoscia, trepidando che la sera del 23 do-
vesse essere funestata da nupve e piu orrende stragi.
Ne i Ministri erano irnmuni da tal timore. La piazza di san Carlo pa-
reva un campo di battaglia, tanto era assiepata di truppe da ogni lato.
Dal campo di S. Maurizio eran giunti piu di 28,000 uomini , con oltre a
M6 CRONACA
100 cannoni. In vetta al colle de'Capuccini, che domina )a citta, erano
appostate grosse artiglierie. Pattuglie d'un intero battaglione percorreano
le vie priucipali, mentre la piazza Castello era guardata da' Bersaglieri.
Tanto apparato perche? Perche il Ministero volea vincer la prova, pronto
a bombardare Torino, ad affogare nel sangue ogni resistenza a' suoi pro-
positi. Per buona Centura un personaggio pote penetrare presso il Re,
ed esporgli il vero stato delle cose. Dicono che Vittorio Emmanuele ne
inorridisse, al sapere che gia sommessamente gli si dava nome di Re
Bomba, e che un piu lungo indugio avrebbe tratto a qualche scempio
spaveatoso. Fece dunque iavitare i Ministri a dare le loro dimissioui.
Rifiutarono; e ripregati, si ostinarono in voler restare, dicendo che non
doveano cedere alle violenze plebee e non si rimoverebbero dal proposito,
che per ordine precise e formale del Re. Yittorio Emmanuele capi dove
stava F ultima speranza di ricomporre a quiete la sua Ga pi tale provviso-
ria, e loro mando 1'ordine di rassegnare la carica. Al che i Ministri eb-
bed irono.
La notizia di cio, cominciata prima a diffondersi vagamente sul mez-
zogiorno, poi pubblicata ufficialmenle verso sera, e bandita anche dal
Siadaco in apposite proclaim, giovo molto a sedare le ire; e 1'annunzio
che il Re avea affidatp al Generate Alfonso La Marmora 1' incarico di
formare un nuovo Gabinetlo, fmi di calmare 1'esasperata popolazione ;
forse per uua se^reta lusinga,. che ando poi delusa, che questi , piemon-
tese di razza aulica, non vorrebbe dar mano ad imnaolare la patria sua ai
disegni di Napoleone III; posciache cominciava a prevalere I' opinions,
diflusa ad arte dai caduti Ministri, che 1'imminenza delia guerra contro
1'Austria, per la redenzione di Venezia, rendea necessaria la traslazione
della Capitale. Ed intanto si buccinava daaltri, che prezzo del nuovo in-
tervento di Francia per 1' Italia sarebbe la ccssione della Valle d'Aosta e
di buoii tratto dt'll'antico Piemoiite, fino alia Sesia od al Po ; ovvero la
cessione deila Sardegna o di buon tratto della Liguria fino a Geneva. Di
che erano troppo inaspriti gli animi, e inchinati a giudicar felloni e tra-
ditori i caduti ASinistri, e disposti a sperar meglio dal La Marmora.
12. S' ingannavano a partite i Torinesi, credendo che, col mutare di
uomini, si verrehbe a capo di Tar mutare le risoluzioni fermate da Napo-
leone III, il quale e il vero sovrano d' Italia. Egli avea stipulata la con-
venzione del 13 Seltembre, ed era cosi interessato a vederla effettuata,
che alii 20 si scarabiarone le ratitiche. II che fece credere che veraraen-
te, ceine diedero a intendere la Patrie e la France, giornali ufficiosi del
Gabinetto delle Tuileries, si tralti di ben altro che del solo assetto delle
cose di Roma. E questa credcnza fu raffermata dal programma, che ri-
feriremo a sue luoge, del nuovo Ministero. Ne la Chiesa ha molto a ral-
legrarsi per la discacciata del Pisanelii, uno clei piu scellerati ed ipocriti
persecutor!, che la setta Fchhroniana abbia generati; imperoccbe, se noa
e da teniere che egli torni al Ministero, almeno par certo che debba a
lui sottentrare un degno sue emolo nell* impresa di osteggiare con ogni
maniera di angherie I' Episcopate ed il Clero.
Dieci giorni prima di essere cestrette a lasciare la carica, alii 13 Set-
tembre, il Pisanelii avea spedito una delle sue melliflue circolari, riferita
nell' Unitd Cattolica del 28; ed in essa, tutta sugo e distillate di gianse-
nisme sopraflino, il diligente imiratore di Tanmicci volgeva I'occhio be-
nigno a'Seminarii dioccsani. Si protestava del sue arnore per essi, li vo-
CONTEMPORANEA 217
lea riaprire, volea provvederli di sussidio, giurava chc farcbbc di tulto
perche la gioventu vi fosse ben istruita ed educata nello spirito ecclesia-
stico; ma. . . E qiii veniva il resto. In 10 articoli, da digradarne la pid
disonesta Polizia, vpleva che per filo e per segno i Vescoyi gli dessero
cpnto del numero dei Scminarii, del Profcssori, degli scolari, se soli chie-
rici od anche laici frequentassero quelle scuole; qual pensione vi si pa-
gasse; quale la dptazione d'ogni Seminario ed in quali specie di rendite,
se di beni immobili o di censi; come composta I'amministrazione; quali
gli atti di fondazipne, i titoli, i patti di reversibilila, le condizioni tutte
onde sono coslituiti ; come procedette per ogni rispetto ciascun Seminario
dalla sua fondazipne fino ai di presenti; e da ultimo quale il numero me-
dio delle prdinazioni in un decennip. Questo pretendea dai Vescovi quel
tristo curiale, per trarne poi cagioni ossia pretesti di abolire chi sa quanti.
Seminarii, od almeno suggettarli aH'arbitrio del Governo laico.
13. Per queste sue nefandezze il Pisanelli non avra certo da rendere
conto alia giuslizia degli uomini, oggimai troppo avvezzi a tar buon mer-
cato delle cose di Dio e di santa Chiesa. Non cosi parve, che dovesse ac-
cadere ad uno de' suoi colleghi, e ad un suo compaesano, amendue suoi
cpmplici nei fatti di Governo. II Peruzzi e Silvio Spaventa, suo Scgreta-
rio gcnerale nel Ministero per gli affari interni, furpno fprmalmente de-
nunziati al Procuratore del Re presso il Tribunale di Torino, con quere-
)a firmata da molti Deputati, avvocati e cittadini, come rei d'avere, fal-
siftcando telegrammi spediti nelle province, voluto provocare al disordi-
ne, all'pdio fra cittadini, alia guerra civile. II Peruzzi e Silvio Spaventa
furono in chiari termini accusati d'aver di proprio capo, e per loro iirii,
commesse tali alterazioni di verita, e percio fu chiesto che dpvessero es-
sere messi a disposizione deirautorita giudiziaria. L'atto di denunzia ,
coi nouii dei sottoscritti, leggesi nell' Unitd Cattolica del 27 Settembre.
Ma come il Menabrea si ritiro in Francia, il Cugia in Sardegna , il Min-
ghetti con la dolce sposa non si sa dove ; cosi il Peruzzi si trafugo via
da Torino, e lo Spaventa, niente meno di lui atterrito dalle orrenae mi-
nacce di cui era bersaglio per parte del popolo infuriato , si trasse an-
ch' egli in salvo. Ne il Procuratore del Re in tali casi puo essere troppo
zelanlc in perseguitare tali uomini. Ad ogni modo si sa che molli testi-
monii gia si presentarono, o furono indicati al Fisco, per recare le prove
legali e materiali contro que' due falsarii; e tra i testimonii v' ha qual-
che rappresenlante di Potenze straniere, viha Senatori, Deputati e cit-
tadini ragguardevolissimi.
14. La denunzia criminale contro il Peruzzi e lo Spaventa viene con-
fortata dalla relazione, fatta al Municipio dalla Giunta, incaricata di pro-
cedere ad una inquisizione sopra i faiti deplorabili dei giorni 20, 21 e 22
Settembre. Da questa, il cui processo verbale si legge per disteso nel-
F Unitd Cattolica del 28 Settembre, risulto : 1.° Che circa i fatti avvenu-
ti nel pomeriggio del 21 in piazza san Carlo, la guardia nazionale non
falli al dover suo, poiche si presento quando e come fu chiamata, e che
« le violenze rnossero illegalmente dalle guardie di sicurezza pubblica e
Bpn dalla popolazione. » 2.° Pei fatti avvenuti la sera di quel giorno in
piazza Castello, fu posto in sodo « che le tre intimazioni legali non ven-
nerp fatle, e di piu gli allievi Carabinieri, non solo tirarono quando i cit-
tadini gia fuggivano, ma cambiarono ancora il tiro per seguirli col fuo-
co, come risulta dalle palle andate a colpire fuori di piazza. » 3.° Intor-
248 CRONACA
no al fatto del 22 in piazza san Carlo, fu chiarito « die gli allieyi Cara-
binieri pltrepassarono i soldati di linea che erano davanti la Questura, e
fecero fuoco senza le intimazioni legali. » Tulte le quali cose furono ac-
certate per deposizipni di testimonii, non piemontesi solo o torinesi, ma
« ancbe fprestieri, cioe polacchi, inglesi, prussiani. » Cosi rifcriva il Con-
sigHere signer Ara.
Sprgeva poi il Consigliere Tecchio (da Yicenza) , ed aecennaya alia vo-
ce diffuse, che in quei giorni il Questore fosse, a dircpsi, messo dapar-
te, facendosi le sue parti da «tre irapiegati ministerial} scelti dallp Spa-
•yenta. » Ed in eonfermazione di cio allegavasi un fatto molto significati-
ve; cioe che il Capitano degli allievi Carabinieri, che quella sera fecero
fuoco sul popolo in piazza san Carlo, dichiarassc « aver avuto 1'ordine
dal Questore; ma poi, condotto avanti il Questore, ayesse scoperto d'es-
sere stato zimbello d'un altro agente che , o gli avea parlato a nome del
Questore, o gli si era dato come Questore egli stesso. »
15. In questo mezzo il Generale La Marmora si trayagliaya per trpya-
re Colleghi nei Ministerp, e da molte parti incontrava ritiuti; perche gli
era pur forza dichiararsi circa il mantenimento della conyenzione, e li
sorgevano le difficolta. Yedendosi per altra parte che V agitazione popo-
lare, se non prprorapea in tumulti, diveaiva pero piuminacciosa, perche
assumeva indirizzo e forrae legali, il lie, ad istanza del La Marmora, an-
nul] 6 un Decreto , col quale il giorno 20 ayea conyocate le Caraere pel
giorno 5 di Ottobre, ed ordino che questa riapertura della Sessione par-
lamentare abbia luogo nel giorno 24, per dar tempo al Ministero di co-
stituirsi e pprsi in assetto. .Da Parigi era accorso , al primp scoppiare
de'torbidi, il Nigra, depositario degli arcani napoleonici, e rimase a To-
rino per confortare il La Marmora, tinche fu. formato il Ministero. Alii 30
torno a Parigi.
16. Guadagnar tempo in tali congiunture , e dare campp alle passioni
di sbollire e calmarsi, e certamente savio cpnsiglip. Ma i Piemontesi ban-
no riputazione di tenacita nei loro propositi. No diede proya il Mutiicipio
di Torino, che, messosi una yolta sulla yia indicata da qualche italiams-
simo, di attenersi all'alternatiya : o Torino, o Roma, indirizzo al Gover-
no un richiamo, recitato fedelraente dall' Unild'Caltolica del 29 Settem-
bre, per averlo a tal fine ricevuto dal Sindaco. In quest'atto, che lo spa-
zio non ci permetle di riferire, il Municipio torna a ricordare i sacrifizii
fatti, a rammentare i disegni del Cavour quanto al trasferire la Capitale
del regno nell' eterna citta, ed il yoto della Camera; poi dichiara che,
agli occhi di tutti, in Italia come fuori, cio che fu pattuito nella Conven-
ziprie del 13 Settembre « significa rinunzia a Roma Capitale d' Italia, e
minacciata 1' integrita nazionalc. » Quindi, non senza una certa ferrnezza
di parole, fa intendere che Torino non e disposta a lasciarsi sacrificare,
se non a patto di cedere a Roma Capitale d' Italia.
Questi voti, sacrileghi perche riescono a bandirc guerra contro il Pa-
pa, ed usurpazipne del piu sacro fra i diritti di Sovranita temporale che
si conosca, meritavano un castigo, e gia cominciarono ad ayerlo.
17. II giorno 30 di Settembre la Gazzetta ufpciale del Regno pubbli-
cava i nomi dei nuovi Ministri, e promulgaya i loro intendimenti, con
parole da far sentire che, come non s' era ceduto a' moti popolari , cosi
non si terrebbe conto di richiami legali, perche a Parigi stava scritto: Sic
volo, sic iubeo; e percio la conyenzione del 15 Settembre sarebbe attuata.
CONTEMPOIUNEA 210
Alia formazione del Minislero s' adopero, con La Marmora , anche il
Baronc Ricasoli, ma pare che non andassero troppo d'accordo. Fatto sta
che finalmente il nuovo Gabinetto fu costituito dai seguenti personaggi :
Generate Alfonso La Marmora, presidenie del Cqnsiglio, Ministro per
gli affari esterni, ed anche ad interim, per la Marina; Lanza, per gli af-
i'ari intcrni ; Jacini, pei Lavori pubblici ; Generate Petitti, per la Guerra;
Sella, per le Finanze; Torelli, pel Commercio; Naloli, per V istruzione
pul)blica. Per decreto del 1.° Ottobre, un Yacca, napolitano, succedera
al Pisanelli nel Ministero di Grazia e Giustizia.
Questo nuovo Gabinetto fece subito pubblicare il seguente suo pro-
gramma: « Assumendo il governo degli affari pubblici in circostanze tanto
gravi, il nuovo Ministero si crede obbligato a far conoscere alia nazione,
nel modo piu chiaro e piu esplicito, le sue intenzioni sulla questione pre-
dqminante, la quale cosi vivamente preoccupa gli animi ed agita la pub-
blica opinione. il Ministero accetta la conyenzione colla Francia per lo
sgombro delle truppe francesi dal territorio pontilico, in un colla condi-
zione del trasporto della Capitale ad altra sede. Con tale proposito, ed a
2uesto tine, sottoporra alle Camere, al primo riaprirsi di esse, un progetto
i legge. Porta poi il convincimento che ragioni di alta convenienza po-
litica, e stretta equita, impongano al Governo il debito di proporre al
Parlamento tutti i temperament! piu acconci ad alleviare i danni della
citta che cesserebbe di essere Capitale, senza allontanare tuttavia il ter-
mine fissato dalla conyenzione per lo sgombro delle truppe francesi dal
territorio pontidcio. » Questo annunzio, che in sostanza manteneva tutto
il fatto dal Pepoli, dal Minghetti e dal Peruzzi, o per meglio dire da' set-
tarii, era quiudi cosperso e condito di melliilue parole di esortazione
alia citta di Torino , perche desse « in questa circostanza lo splendi-
do esempio di quella degna calma, che ha sempre mantenuto in tutte
]e fasi del risorgimento italiano , e che le ha procacciato le simpatie e
Tapprovazione di tutta la penisola e del mondo incivilito. » Conchiudevasi
con invito alia concordia, alia fede nelia Corona, e col resto degli argq-
menti oratorii, consueti ad usarsi in tali congiunture. Si consolino i Tqri-
nesi. Saranno rovinati, ma avranno le simpatie di quel mondo incivilito ,
che manda alia galera un ladro per poche castagne rubate, ma glorifica
le anncssioni e mitria come eroi quelli che le procacciarono piu col tra-
dimento e con le perfidie, che con 1' armi.
II.
COSE STRAN1ERE.
FRANCIA. 1. Senlenza della Corte di Cassazione di Parigi in favore di duescrit-
lori di corrispondenze ai giornali di provincia — 2. Gondanna di tredici
membri d'un Gomitato elettorale — 3. Trattati di pace con la Goncincina —
4. Richiamo delle truppe dal Messico ; il Bazaine creato Maresciallo —
5. Sospetti ecciiati dalla Convenzione per lo sgombero di Roma — 6. Pri-
me insiuuazioni iiHiciose del Pays circa lo scopo di essa — 7. Arlicolo
inTicioso <\Q[Constitutionnel, ristampato nel Moniteur, e corredato d'una
lettera di INapoleone 111 — 8. Giudizii dei giornali francesi.
1. Nel passato quaderno abbiam riferito il risultato d' una causa trat-
tata presso la corte imperiale di Bordeaux, dalla quale i nemici della
250 CRONACA.
Santa Sede avean procacciato con arti bruttissime di derivare infamia
ed odio alia Curia roraana ed al Goyerno pontificio. Que'tristi furopo
seontitti e svergognati, e la sentenza della Corte imperiale riusci a pie-
no trionfo del la giustizia. Ma priraa dicio, un' altra causa levo molto
rurnore in Francia, ed e ben degnache qui se ne faccia menzione. Nel
3863 e nel corrente 1864 i signori Saint-Cheron e Clairbois spedivano
ogni settimana a' molti giornali degli S parti men ti una stessa loro corri-
spondenza politica, la quale certamente esercitava qualche influenza,
che parve tornare poco graciita al Governo imperiale. Di che il Pisco,
acceso di purissimo zelo, trasse innauzi alia Camera correzionale della
Corte di Parigi i due scrittori, sotto imputazione d'aver, seriza la debita
facolla, pubbiicalo un periodico, pareggiando cosi le corrispondenze e-
pistolari, solo perche indirizzate ai direttori di piu giornali, alia stam-
pa d' un periodico. La Corte die ragione al Fisco, e condanno i due
Scrittori,i quali appellarono presso la suprema Corte imperiale di Cassa-
zione. Questa, sotto ii 30 di Luglio, die sua sentenza, riferita m\ Debate
del 6 Agosto, e con esempio assai lodevole di imparzialita, annullo la
sentenza della Corte correzionale, dichiarando falsamente applicati da
essa gli articoli invocati per quella condanna, e rirnando la causa alia
Corte imperiale di Rouen. Quanti seppero il vivo impegno con cui si era
dato opera per otteaere quella condanna, applaudironoalla fermezza della
Corte di Cassazionc, e ne guarclarorio la sentenza, come un felice prono-
stico di veder viemeglio ajfrancata la Magistratura dalle influenze del
Governo, in cause spetlanti all' ordine politico.
2. Pin rilevante assai fu un altro processo politico, ispirato dallo stesso
zelo tiscale, e che Corse riuscira allo stesso termine. L' anno scorso, ay-
Ticinaiidosi 1' epoca delle clezioni pel Corpo legislative, erasi costituito
una specie di Comitato elettorale di parte democratica, i cui membri piii
cospicui erano il Gamier Pages ed il Carnot, per tentare di pur influire
neila scelta de' candidati. In realta non vennero a capo di gran cosa. Ma
il Governo si commosse di quell'ardimentoso tentative, procedette ad in-
quisizioni severe nel domicilio d' un gran numero degli ascritti a quella
Societa, ne sequestro il carteggio e le corrispondenze ; poi avvio un pro-
cesso contro tredici di essi, innanzi alia sesta Camera del Tribunale cor-
rezionale di Parigi. Parve stranissimo a tutti che la principale imputazio-
ne fosse questa, del!' aver cioe quei tredici partecipato ad una associaziq-
ne di piu che venli persone, contro il prescritto della legge dell' 11 Apri-
le 1834. Se furono piu di venti gli associati, perche soli tredici i proces-
sali? Questi scelsero a loro difesa i piu valenti oratori, e gli atti delSa
Causa sono riferiti nel Debats del 6, 7 ed 8 Agosto. Parlo con grande
eloquenza e liberta Giulio Favre, pel sig. Gamier Pages, e la sua arringa
fu tale, che il Berryer e tutti gli altri avvocati difensori rinunziarono a
perorare pe' loro clienti, nulla trovando che aggiungere alle ragioni al-
legate dal Favre. Ma la Corte non ne i'u paga, e condanno i tredici ia
800 fraachi di multa e nelle spese. Di che quelli appellarono presso la
Corte di Cassazione.
3. L' Algeria puo dirsi una colonia che comincia , perche in tanti anni
che vi si spesero, passando d'uno in altro esperimento, non si riusci
quasi ad altro che a riconoscere 1'improprieta de' mezzi adoperati al fine
di darle o forma speciale, in tutto adatta alle idee ed alle costumanze di
quei popoli, o quanto si potesse somigliante, negli ordini civili, a quel
CONTEMPORANEA 2ol
che vigorisce nel rimanente degli Stati suggetti alia Francia. Forse que-
sto speitacolo spinse il Governo trancese a mutar disegni, quanto alia Con-
ciuciria. La guerra cola condotta, in compagnia degli Spagnuoli, dopo
raolte stragi e con eflelto di una spaveulosa e micidialissima persecuzio-
ne del Governo Annamita contro i cristiani, avea finalmente ridoilo a sug-
geziorie della Francia tre fertilissime province, che i'urono incorporate al-
i'impero. Ma Tu Due, imperatore delia Coucincina, vedea con doloretal
perdita, e, non potendo con 1'armi, si provo di riacquistarle con trattati
e con denaro. Percio spedi, due anni addietro, un'ambasceria a Parigi.
Ora si seppe che il Console Generale di Francia a Bangkok, sig. Auba-
ret, usando forse troppo largamenle le facolta a Jui date per orcline del-
1'Imperatore, stipulo un nuovo trattato, in virtu del quale, pagandosi da-
gli Annamiti un riscatto di alquante decine di milioni, e Jasciandosi ai
Francesi Saigon con due o tre altri porti , liherta di commercio, ed altri
vantaggi , la Francia restituirebbe loro le conquistate province. Di che
dicesi che i bravi marinai francesi siano dolentissimi , vedendo cosi per-
<Jere il frutto di tante lor fatiche e di tanto sangue sparso ; e che abbiano
fatto pervenire a Napoleone III vivi richiami, per distoglierlo dal rati-
ticare il trattato dell'Aubaret.
4. Ma se i disegni che va seco , nel profondo dell'animo, ravyolgen-
go e mnturando Napoleone III, richiedesseroper avventura ch'egli aves-
se riunito tra non molto in Francia il meglio delle sue Ibrze militari, per
qualche grande impresa, e probabile che non si rijnoyerebbedalS'abban-
donare la rimota Concincina, sommamente dispendiosa e non priva di
pericoli. Dif'atto e notevole la premura con cui Napoleone III sollecita il
ritorno in Francia deile milizie, che avea impiegate in lontane spedizioni.
Ne'primi giorni del Settembre sferrarono da' porti di Francia nove gran
vascelli, che da Vera Cruz devono ricondurre entro quest' anno circa dieci
mtla uomini; sicche tra qualche mese resteranno cola, a guardia del nuo-
TO Irnpero, i soli otto mila Francesi della legione straniera. II Generale
Bazaine fu, in ricqmpensa de' suoi servigi, nominato maresciallo dell'Im-
pero francese, ed in tale qualita non puo piu rimanerealcoinando di poco
piu che una Divisione ; che tanto e non piii rimarra di Francesi al M«s-
sico. Dicesi tuttavia che egli vi restera tanto quanto basti ad eilettuare
un suo disegno, secondo il quale le truppe francoraessicane darebbero
il tracollo ai Juarez, e finirebbero di suggettare o disperdere le bande ar-
mate de' suoi aderenti.
5. Tra le cose degli Stati sardi abbiam riferito quel che accadde in
Torino per la certezza dell'essere stata sottoscritta il 15 Settembre, e
ratiiicata alii 20, una convenzione tra il Governo di Napoleone III e
quello di Vittorio Emmanuele II, per lo sgombero delle truppe francesi
dallo Stato pontiiicio. Questa occupazione militare erasi ellettuata per
rispondere alia chiaraata del Santo Padre, indirizzata da Gaeta alle Po-
tenze cattoliche, e di pieno accordo con queste. Parea dunque accerlato
che il mettervi lermine dovesse pur dipendere dal consenso del Santo
Padre, e da accordi tra le Potenze cattoliche. Difatto il Moniteur uffi-
ciale del 30 Settembre 1860, nell'annunziare la spedizione d'una divi-
sione di fanteria , con cavalleria ed artiglieria , a rinlbrzare il Corpo
d 'occupazione degli Stati pontiticii , aggiungeya queste precise parole:
« Nan potrebbe spettare ad altri che alle grandi Potenze riunite in Con-
gresso il pronunziare, quando che sia , sulle quistioni suscitate in Italia
252 CRONACA
dagli avvenimenti ; ma fin la il Governo dell' Imperatore continuera a
compiere, conforme all' incarico ch'egli si prese, i doveri a lui imposti
dalle sue simpatie pel Santo Padre, e dalla presenza della nostra ban-
diera nella Capitale della cattolicita. »
In quesla dichiarazione ufficiale spontanea , due cose saltano agli oc-
cbi : l.a II diritto delle graridi Potenze, raunate in Congresso, di rati-
ficare i cangiamenti territorial! avvenuti per la rivoluzione italiana.
2.a La formale promessa che, finche tal soluzipne per via di Congresso
non fosse ottenuta, il Governo francese continuerebbe a difendere la
Santa Sede e terrebbe a Roma le sue truppe. Ora , checche sia di quei
diritto attribuito al Congresso (e per nostro avviso niuna sentenza di
Congresso, sia pure di grandi Potenze, pup rendere giusto quello che
e ingiiisto), certo e che il Congresso non si tenne ; e si sa chi lo ren-
dette impossibile. Dunque?... Inoltre, a tacere di tante altre anche piu
esplicite promesse fatte e rifatte a Roma, quella del Monitcur spvraci-
tato era chiarissima ; ed in fatti i moluzionarii ne faceano le dispera-
zioni. Or come va, che, senza intendersela col Governo ponlificio, ne-
goziando direttamente col Governo di Torino, ne piii ne meno che se
si fosse trattatp di roba sua , fu deciso lo sgombero di Roma ? Da que-
ste considerazioni, che non rampollarono solamente dal nostro cervello,
ma vanno stampate in moltissimi giornali anche parigini, e specialmente
BC! Debate, nel Siecle, e simiglianti, sorge naturalmente il dubbio che la
convenzione del 15 Settembre non sia che una specie di accessorio di
qualche altro Trattato segreto, a simiglianza di quello clie fu pattoyito
fra il Cavour e 1' imperatore Napoleone 111. E tal dubbio e si dift'uso,
che tutti i diarii piii accrcditati d'Europa sono intesi a divinarne la na-
tura, loscopo, i risultati.
G, Checche sia di cio, il testp della mentoyata Conyenzione e fin qui
ignoratq, ed a fortiori sono chiusi in impenetrable recesso gli articoli
segreti in essa stipulali. II Goyerno di Torino pero accenno in sustanza
quattro sommi capi di essa, doe : 1.° la partenza delle truppe francesi
da Roma ; 2.° la guarentigia data dal Governo italiano di non attaccare
ne lasciar attaccare di fuori il presente Stato pontilicio; 3.° la piena fa-
colta al Governo della santa Sede di arrolare un esercito di volontarii
cattolici , anche stranieri ; i.° 1' impegno ftdX Italia di entrare in tratta-
tive colla Santa Sede per pigliare a suo carico una quota del Debito
pontilicio, rispondente alle usurpate province. Inoltre venne poi chiarito
che il trasferimento della Capitale da Torino in altra citta d' Italia, era
stata posta come condizione sine qua non della tirmata convenzione.
Quando queste notizie, spacciate dai diarii italiani, giunsero in Fran-
cia , destarono negli upmini onesti una specie di sbalordimentp, che de-
generava in incredulita; ma nei rivoluzionarii e liberalastri d'ogni setta
eccitarono una gioia, un trionfo da non potersi dire. La curiosita fran-
cese poi era stimolata, e volea pure sapere qualche cosa piu in la.
I diarii ufficiosi tacquero, e questo si guardava come prognostico di
difficolta insprte, e le istanze al Governo, perche pur parlasse, diveni-
yano piu insistent!.
Finalmente usci fuora, alii 22 Settembre, il Pays, journal de I' Empire,
cbe e universalmente riconosciuto come portavoce ufficioso del signor
Drouyn de Lhuys; e, con quel riserbo che gli si addiceva, ccmincio ad
alzare un lembo del velo che copriva la convenzione. Accennato a quel
CONTEMPORANEA
chcne diceano i diarii italiani, ed alle ciance che fa^eansi sopra i molivi
di essa, tocco del pretesto di mettere al sicuro da un attacco esterno la
Capilale d'llalia. « Noi non entreremo qui nella slrategia. Noi non afier-
raeremo che non yi sara mai guerra tra 1' Austria e 1'ltalia per la posses-
sione della Venezia ; nia sicuramente in questo momento nulla fa preve-
dere un caso simile. A Torino non si pensa ad assalire pimtp piii di quel
che in Vienna a difendersi. Non vi ha dunque ne urgenza ne opportunity
di preoccuparsi di tali possibili eventi. » Queste parole (vedete fede che
si ha nei portavoce utliciosi ! ) produssero effetto contrarip a quello
che sembrava inteso ; e ognuno si persuase che dunque si macchina
guerra all' Austria. Ma 1' importante era di sapere se per quella conven-
zione il Governo di Torino avesse, esplicitaraente od implicitamente, ri-
nunziato alle sue pretensioni sopra Roma. Or eccp le parole del Pays:
« Voltando gli sguardi verso Firenze, Tltalia ci fa credere che ella ha
fmalmente la saviezza di rinunciare alia presa di possesso di Roma, e
sarebhe questo 1'alto piu grande d'intelligenza politica che essa potrebbe
fare. Sotto tulti gli aspetti, la scelta di Roma per Capitale sarebbe una
scelta infelice. Le memorie della stpria e le tradizioni del cattolicismo fe-
cero della citta eterna una citta universale che appartiene, per cosi dire,
pel suo passato al mondo intiero. Del resto, la situazione strategica di
homa e svanlaggiosa. Inoltre, i suoi contorni sono malsani e infecondi ,
e sotto questo triplice punto di vista, la sede del Governo vi sarebbe mal
collocata. E una capitale che si conserva quando si ha, ma che non si
sceglie quando non si ha.
« I/ Italia possiede definitivamente le Marche e le Rpmagne, che e
quanto vi era di piu importante e di piu vivace negli antichi Stati roma-
ni. Ella avrebbe gran torto invidiando al Sovrano Ponteiice i tre o quat-
trocento mila sudditi che gli restano ancora. Cio che ha di meglio a fare,
e sicuramente di lasciarglieli senza rincrescimento, tanto piu che essi co-
stituiscono una popolazione quasi eccezionale pe' costumi e per le abitu-
dini, e forse tanto assuefatta alia dominazione ecclesiastica, che non po-
trebbe acconciarsi facilmente a un reggimento laico. L' Italia nulla o ben
poco guadagnerebbe impadronendpsi del Dominio di S. Pietro. All' pppo-
sto, questo possesso poco invidiabile le creerebbe difficolta insolubilicon
tutte le Potenze cattpliche delTEuropa. Essp sarebbe una sorgente inces-
sante e perpetua d' imbarazzi ed anche di pericoli, che non potrebbero
fare a menp d' indebolirla al di dentro come al di fuori.
« II Gabinetto di Torino deve certamente avere tutto cio presentito da
un gran pezzo. Da un gran pezzo deve avere persuaso se stesso, che non
e 1'occupazione francese a Roma che 1'obbliga al mantenimento di 300,000
uomini sotto le armi ; necessita rovinosa e senza compenso possibile. Noi
non saremmo adunque maravigliati che abbia fmalmente avuto il corag-
gio e il senno di tentare qualche via per alleggerire questo peso, senza
nuocere alia sicurezza del paese. In ogni caso, noi non crediamo che la
Francia stia a Roma per propriopiacere. Rinunziare al sostituirsi al Papa,
provare che non si pensa a crollare la sua tranquilla e pacih'ca domina-
zione; che (inalmente il suo potere temporalenon e minacciato, e il mez-
zo miglipre di fare che essa ne parta, procurando che la sua presenza
non vi sia piu inp"ispensabile. »
7. Con altro stile, ed in forma piu adatta all' uso del Gabinetto di Pa-
rigi in simili congiunture, avea parlato alii 21 il Constitutionnel , e non
251 CRONACA
solo dava una nebulosa spiegazione degl' intendimenti, onde fu inspirata"
la Gonyenzione, ma eziandio ne accennava i capi piu rilevanti. Ecco que-
sto articolo per intero e fedelmente tradottp:
« La stampa italiana da alcuni giorni si occupa grandemente d'una
convenzione, che sarcbhe stata conchiusa tra la Francia e 1' Italia per re-
golare le condizioni, alle quali potrebbero le truppe francesi abbandonar
lloma. In question! tanto important!, e cosa saggia il premunirsi contro le
prime impression!, che sovente risultano da notizie incompiute od inesat-
te, e crediamo sia nostro dovere il recare il nostro contingente d'informa-
zioni per illuminare 1'opinione pubblica, per cio che da noi dipende, intor-
DO ai fatti che sembrano dovere inaugurare in Italia una nuova situazione,
« Tutto e stato detto intorno all' occupazione francese di Roma. Son
note le possenti ragioni che vi hanno condotto la bandiera della Fran-
cia, e determinate il Governo dell'Imperatore a mantenervela fino ad ora.
Destinata a provvedere ad imperiose necessita , questa occupazione e
serapre stata considerata come un fatto eccezionale e passeggero, che Tin-
teresse comune del Papato, della Francia e dell' Italia consigliava di far
cessare, appena le circostanze lo permettessero. Questo e stato in diver-
se occasion! anche 1' avyiso del Governo del Santo Padre; e se inaspet-
lati avvenimenti hanno impedito, sovratutto nel 1859 e nel 1860, Tat-
tuazione degli accord! presi colla Santa Sedeperla partenza delle nostre
truppe, quegli accordi provano die il Governo romano stesso apprezza-
Ta ia propria conveuienza e la necessita di rientrare nelle condizioni
normal! d' un Governo indipendente, appena la sua sicurezza fosse gua-
renlita. Tutti gii sforzi del Governo francese hanno mirato a questo ri-
sultato. L'linperatore scriveva, il 12 Luglio 1861, al Re d'ltalia: « lo la-
scero le rnie truppe in Roma, fmche V. M. non sara riconciliata col Papa,
e iinchc il Santo Padre sara minacciato di vedcre gli Stati , che gli ri-
maagoao , invasi da una forza regolare od irregolare. » Gonfonnemente
a questo programma, il Governo francese ha dovuto aspettare o che lo
acquietarsi degli animi, ch'egli si e sempre adoperato ad ottenere, agevo-
Sasse un riavvicinainento tanto necessario alia conciliazione de'due gran-
di interessi che dividorio 1' Italia , o che le circostanze permettessero di
stipulare in favore del Santo Padre e de'suoi Stati delle guarentigie, che
li ponessero a! sicuro da ogni pericolo.
« Fermo nel respingere qualunque trattativa die avesse per punto di par-
tenza la rivendicazi'one di Roma come Capitate d Italia, secondo cio che
ha detto formalmente il signer Drouyn. de Lhys nel suo dispaccio del
26 Ottobre 1862 all' incaricato d' affari di Francia a Torino, il Gover-
no francese si era sempre dichiarato pronto a prendere in considera-
zione qualunque suggerimento, che gli paresse tale da condurre allo sco-
po che desideraya di raggiungere. Golpito da! felici cambiamenti avve-
nuti da due anni nella penisola, dalla calma o dalla repressione delle pas-
sion! anarchiche, dal progresso delle idee moderate , che tendono ognor
piu a prevalere e che assegnano aH'attivita dell' Italia uno scopo diverso
dali'attiiazione, per mezzo della forza, d'un disegno, al quale avevamo
deciso di opporci, il Governo francese era pronto a cogliere la prima oc-
casione che gli si presentasse, per cercare i mezzi di metier tine ad una
si tuazione imbarazzante e gravosa per tutti.
« Quindi e che quando il Governo italiano, preoccupato dai bisogni del-
i' ordinamento del nuovo Stato e delle considerazioni strategiche , poli-
CONTEMPORANEA 255
tiche e amministrative che devono determinare la scelta d'una Capitale,
gli ha partecipata la sua risoluzione di trasl'erire in una citta diversa da
Torino la sede deH'autprita centrale del regno, il Governo dell'Imperatore
ha pensato che fosse giunto il momenta di esaminare e di discutere le con-
dizioni, che gli permetterebbero di lasciar Roma con intiera sicurezza.
« Se siamo bene informal! , dalle trattative su questo argomento sa-
rebhe risultata una convenzione, che cpntiene le seguenti stipulazioni.
L' Italia si obbligherebbe a rispettare il territorio attuale del Santo Pa-
dre, e ad impedire colla forza qualunque aggressione dell' estero contro
il territorio stesso. La Fraucia rilirerebbe le sue truppe da Roma grada-
tamente, a misura che si andrebbe ordinando 1'esercito del Santo Padre.
Lo sgombro sarebbe compiuto nel termine di due anni. L'esercito pon-
lih'cio composto , se cosi convenisse al Governo romano , di volontarii
cattolici stranieri, sarebbe sufficiente per mantenere 1' autorita del Santo
Padre e la tranquillita all' interne e ai confmi de' suoi Stati, senza che il
Governo italiano potesse muovere alcun ricbiamo contro il modo di com-
posizionc o la cifra di quest' esercilo, purche non degenerasse in un mezzo
d'attacco contro 1' Italia. Finalmente i' Italia prenderebbe a suo carico la
parte del debito romano, apparlenente alle antiche province della Chiesa. »
Per quanto sia grande 1' autorita del Constitutionml, le sue dichiarazio-
ni non poteano equivalere ad una frase del Moniteur. Ma siccome questa
yolla, non essendo ancpra spediente pubblicafe il testo ufliciale della con-
Tenzione, pur credeasi opportune di fame conoscere la sustauza, eccp
uscir ristampato, in capo al Moniteiir stesso, codesto articolo del Consti-
tutionnel, aflinche tulli capissero che quelia era proprio una rhelazione
fatta dal Governo. Ma per crescerle, non sappiam bene se luce od oscu-
rita, il Moniteur la corredo d' un importanle documento ufficiale, che fu
ia lettera scritta il 20 Maggio 1862 da Napoleone III al sig. Thouyenel,
allora Ministro per gli afiari esterni, appunto circa la soluzione della Qui-
stione romana. Avendpla noi riferita per intero in questa serie, Vol. IV,
pag. 241-44, non crediamo necessario ristamparla altra volta. Solo fare-
mo osservare che, adesso come allora, quando per la prima volta fustam-
pata nel Moniteur, alii 25 Settembre, una breve frase di Napoleone III
avea porto il tema a commentarii non pure diversi, ma contraddittorii,
secondo che si dava piii valore al primo od al secondo inciso di essa.
L' Imperatore, dopo aver detto die il Papa dovea essere indipendente, e
percio padrone in casa sua, ma in buon accordo con 1' Italia, avea sog-
giunto: « perche sia padrone in casa sua? deve essergli assicurata Vin-
dipendenza, e deve il suo notere essere liberamente acceltato da' suoi
sudditi. » I sensi che si atlribuivano a tal frase, e le conseguenze che se
ne traevano, difterivano tra loro, come la Sovranita legittima del princi-
pe e la facolta assicurata a' sudditi di riconpscerla o no.
Cio che v' ha di piu chiaro, dicea n gli uni, si e che Napoleone 111 vuole
il Papa padrone in casa sua, e percio dotato d'indipendenza da qualsivo-
glia autorila, il che implica spyranita temporale in Roma; il resto e solo
un omaggio ai principii del diritto nuovo, che si puo bandire giadichia-
rato dallo stesso contegno pssequioso e devoto de Romani. No, ripiglia-
yano altri, Napoleone dichiara solo che, ammettendp pure la necessita
d'indipendenza pel Papa, la vuole subprdinata alia libera accettazione ,
ossia ad un formale plebiscite dei sudditi : or facciasi questo, e vedrete
se 1' Italia sapra adoperarsi perche il plebiscito de' Romani riesca come
256 CRONACA CONTEMPORANEA
quello de' Fiorentini, de' Bolognesi, de' Modenesi, de'Palermitani, de"
Napolitani, e di tutto il resto del popoli annessi !
La conclusione e die se ne sa pra presso a poco quanto due anni ad-
dietro , e bisogna aspettare che i fatti parlino con quel loro Jinguaggio
che non ammette interpretazioni.
8. Puo sorgere desiderio ne' nostri lettori di sapere qual giudizio si
recasse sopra tal faccenda dai giornali francesi. A tal uopo non e bisogno
ristampare limghi articoli di molti fra essi, diversissimi di opinipni poli-
tiche, e che, per caso raro, quesla volta si dividono in due schiere hen
definite. Una di queste e costituita da' soli diarii ufficiosi, i quali levano
a cielo la convenzione, dichiarando che per essa sono salvi i diritti d'lta-
lia, ma e altresi rassodata e guarentita la sovranita temporale del Papa
sugli Stati che gli restano, e percio messa in sicuro la sua indipenden-
za. L' altra schiera e dei giornali liberal!, protestanti, conservator! o
republican! d'ogni tinta, che a coro unisono cantano il requiem aeter-
nam alia sovranita temporale del Papa, con tanta gioia, quanta e 1'affli-
zione con cui i diarii cattolici e religiosi riconoscpno la vittoria di che si
vantano i settarii. Ci bast! trascrivere alcune righe del De'bats del 2(>
Settembre:
« Per quanto il Constitutionnel si sfiati a svolgere con compjacenza
questo tema, che il Pptere temporale e raffermato e posto in sicuro, il
giornalismo francese ricaya dal Trattato franco-italiano una conclusione
al tutto contraria. Non v'e un giornale, quali che ne siano per altra parte
i sentiment! ond'e animate, dal Monde sino al Phare de la Loire, dal-
1' Union fino a\[' Opinion, che non sia dispostp a considerare il Potere
temporale come abbandonato ed abbattuto; se il Trattato ha sup effetto,
la cosa si riduce a compute di tempo. Chi s'inganna qui, dove il Consti-
tutionnel sta da una parte, e tutti gli altri dall' altra? »
Mentre il Debats cosi stampava, riceyea nptizia che a Torino si tu-
multuaya, che correva il sangue, e che il parlito d'azione si gridava tra-
dito dai Ministri , perche la convenzione equivaleva ad una rinunzia di
Roma. Or ecco come risponde: a Senza veruna preoccupazione contro il
partito d' azione, non potremmo in questo caso tener conto delle sue
collere, perche queste sonp piu fattizie che sincere, e perche queste non
derivano tanto da un giudizio mature dci fatti, quanto dal desiderio di
non perdere veruna pccasione d' accusare il Gpverno di Vittprio Emma-
nuele. Trattandosi di trasferire la Capitale a Firenze, il partito d'azione
& interessato ad essere di mala fede, anche senza avvedersene. » E quasi
per sempre piu attenuare le speranze de' Cattolici, e rassicurare i rivolu-
zionarii circa la vantata guarentigia di Roma, la France mostra che il
trasporto della Capitale, come guarentigia, era perfettamente inutile, e si
dee fare per altro scopo. « Questa guarentigia poteva essere data a To-
rino ugualmente che a Firenze. Sarebbe bastato far disdire dal Parla-
mento il voto che proclamava Roma Capitale. Le stipulazioni del Tratta-
to, che fu teste conchiuso, e per le quali il Governo italiano si obbliga,
non solo a rispettare 1' indipendenza e il territorio della Santa Sede , ma
all'occorrenza a difenderlo,avrebbero avutoun'uguale efficacia, quand'an-
che la sede del Governo fosse restata a Torino. » Questo val come dire :
e una guarentigia illusoria, e sotto ci cova ben altro, cioe, come poi insi-
nua con garbo, la guerra per Venezia; la quale richiede che la Capitale
stia in luogo sicuro. Ci pare che questo basti.
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
L
Nosire anliche previsioni.
Son $w compiersi appunlo adesso due anni, che noi detlammo
in questo nostro periodico un articolo, intitolato : Un nuovo disegno
di scioglimento delta questions romana, nel quale, senza bisogno di
lume profetico, premmziammo la convenzione del 15 Settembre , e
senza bisogno di lunghe meditazioni ne discorreramo gli effetti e
T atlitudine che avrebbe presa la stampa ufficiale e ufficiosa dei
rispettivi paesi l. Per alcuni sprazzi di luce, gittati qui e cola da
qualche giornale , anlivedemmo che il Governo di Torino, affine di
ctonseguire il tanto da lui sospirato sgombero delle truppe francesi
da Roma, avrebbe accetlate, in carta s' inlende, le seguenti condi-
zioni, che se gl'imporrebbero^dalla Francia: I. Di rinunziare all'i-
dea di avere Roma per Capitale; II. Di riconoscere i possessi pre-
senti della Santa Sede , negli slretlissimi limili a che li ha ridotti
colla sua usurpazione; III. D'impegnarsi a non invaderli colle sue
1 Questo articolo fu pubblicato nel terzo Sabbato di Novembre del 1862
e si trova nella CIVILTA CATTOLICA, vol. IV della quinta Serie, pag. 513.
Serie Y, vol. XII, fasc. 35L 17 21 Ottobre 1861.
S58 IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
milizie ne lasciarli invadere dalle sue masnade. Ragionando poi so-
pra un tal disegno , ci movemmo questa duplice dimanda : cioe se
mm convenzione cosi fatla convenisse al Governo rivoluzionario del
nuovo regno, e se conyenisse alia Santa Sede e potesse da lei con-
sentirsi. Ouanto alia prima parte di tal dimanda rispondemmo af-
fermaiivamenle, e le ragioni si epilogavano in questo concetto: Se
si tralfasse con un Governo onoralo e leale, e evidente che tal con-
yenzione sarebbe ad esso rovinosa ed inacceltablle, perche'impli-
dierebbe il disiacimen'to di lullo cio che esso ha finora edificalo ;
giacche tulta la fabbrica del nuovo regno e tutte le sue annessioni
si fondano ncl presupposto di aver finalmente Roma per Capilale.
Ma trattandosi con un Governo , il quale ha per primo principio
della sua elica la fnrfanteria e la menzogna , non cade dubbio che
3a predetta oonvenzione non solo gli conviene , ma media di essere
da lui aceolla a braccia apertc. Imperocche tut to 1'inieresse suo
sta in questo, che Roma ccssi d'csser difesa da forza insuperabile :
quanlo poi a beccarsela , senza gran resistenza , non nianchcranno
ingaimi e gherminelle, che finora riuscirono si felicemcnlc per allre
imprese. Godiamo di trovarci d'accordo sopra quest' ultimo punto,
Indovinate con chi? col Mazzini; il quale sgridando coloro, che si
solluccherariO del coachiuso trattato, rinfaccia ad essi 1'andar dicen-
do sommessamente : Lasciate fare; da cosa nasce cosa; se i soidati
dell' hiperatorevlasciano Roma, sorgeranno casi, che ci apriranno
la via di molar e le nostre promesse 1. II famoso agitatore soggiun-
ge: « Questa politica di raggiro, di vie torluose, d'agguali, sara,
come fu, la rovina d' Italia. Disonora, corrompe, uccide. Le grandl
nazioni si fondano su principii altamente professali, sopra un' idea
di sovrana giuslizia, d'eterno diritlo, rappresentala in ado dai phi
sull' esl cst non non degli uomini e dei popoli liberi. Tra 1' essere
Iloti e il diventar Giuda non corre divario , se non quello che corre
tra la morle del corpo e quella deU'anima 2. » Ma ii suo cimvero
predicare al deserto. Egli non intende o almeno mostra di non in-
1 L'UmiA CATTOLICA, n. 288.
2 Luogo citato.
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
lendere la nalura dell' Italia rigenerata e quella do' suoi rigencra-
tori. Non capisce o moslra di non capire, che le volpine arli ban dalo
nascimento al nuovo regno, e le medesime debbono perfezionarlo.
Ogni cosa si compie e mantiene per le slesse cagioni da cui e nata.
La nuova Italia dee acceltare la convenzione, come a lei convenevo-
lissima, e se nol fa, contraddice a se slessa.
Quanto poi alia seconda parle di quella nostra dimanda, la rispo-
sta da noi data fu negativa ; e le ragioni di cio furono molle e varie.
La natura evidentemente illusoria del contralto ; V obbligazione. nel
Pontefice di mantenersi consenziente a se stesso, e fedele alle~giu-
rale promesse, in cosa massimamente che tocca non semplici fatti,
ma principii di moralita e di giustizia ; la necessita di non porsi ia
conlraddizione coir universa Gliiesa, la quale per 1' autorevole orga-
no di tulti i suoi Vesco\i lo ha supplicato a persistere irremovibile
nel sostenere I'integrila di quel principalo, di cui egli e depositario
in bene dell' intera sociela de' credenti ; il dovere di non permellere,
almeno con implicito consenso , che una si gran parte dei sudditi ,
commessigli da Dio, resti sotto 1'oppressione di un Governo tirannico
ed immorale ; la condizione violenta della stessa Roma, la quale reste-
rebbe quasi isolata in mezzo a un vaslo regno, che, circondandola da
tutli i lali, del continuo la minaccia e polrebbe ad ogni stanle affa-
marla col solo impedirne le comunicazioni ; queste ed allre conside-
razioni di simil fatla facevano presentire assolutamente inaccettabile
alia Santa Sede una convenzione , che mentre dall' un de' lati era in
aperlo contrasto colla sua dignita e colla sanlita de' principii da lei
professali , non porgeva dall' altro nessuna sicurezza per qualsiasi
maleriale inleresse. Infme prevedemmo che la stampa e la tribuna
avrebbero imboccate le bugiarde loro trombe per magnificare come
eccellente trovato e vanlaggioso alia Chiesa, un partito, che moslrava-
mo ingiusto in se stesso, insipiente- ne' suoi temperamenti, vano ed
illusorio ne' suoi effetti.
Noi non sapremmo presentemente aggiungere nulla di sostanziale
a questo nostro ragionamento ; e pero al predetlo articolo rimettia-
mo i lettori per conoscere il giudizio , che noi portiamo sopra un
trattato, che forma oggimai 1' argomento obbligato di lulli i giornali
260 IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
d' Europa e tra breve formera il tema precipuo delle diatribe parla-
menlari. Omessa dunque ogni altra considerazione sull' intrinseco
merito del trattato, ci volgiamo piultosto a discorrrere di due cose,
cbe a noi allora non cadde neppure in pensiero di sospeltare e cho
nondimeno vediamo avverale. Esse ci apriranno la via a confermare
ua punlo gravissimo , col quale concbiudevamo quel nostro articolo.
II.
ft
Due opposte interpretaziom.
La convenzione del 15 Seltembre e accornpagnata da due docu-
ment! esplicalivi di essa per parle d' ambidue i Govern! contraenti ;
e salta subito agli occbi di tutti 1' apcrta opposizione, in che 1' urio si
trova coll' altro. Per parte delta Francia si ha il dispaccio, inviato dal
sig. Drouyn de Lhuys al sig. De Sarliges, ambascialore in Roma;
per parte del Governo di Torino si ba il decreto di convocazione del
Parlamento. Nel primo documento il Ministro francese da per moven-
te delia convenzione 1'aver il Governo di Torino rinunzialo all' idea
di avere Roma per Capitale. Egli dice cbe Tunica ragione per cui, non
ostaute gl' inconvenienii , da lui sludiosarnente enumerati , le armi
francesi erano rimase in Roma, si era il pericolo a cui questa Sede
del cattolicismo era esposta da parle del Piemonle, il quale reclama-
vala per Capitale del nuovo regno, al cbe la Francia non poleva con-
sen tire. « Le disposizioni piu inquietanli regnavano nella Penisola a
riguardo del possesso di Roma, cbe il Governo italiano, per bocca dei
Ministri nel Parlamento, come pure per via delle comunicazioni di-
plomatiche, reclamava come Capilale dell' Italia. Fino a cbe quest! di-
segni occupavano la mente del Gabinelto di Torino, noi dovevamo
iemere cbe se le nostre truppe fossero state ricbiamale, il lerritorio
della Santa Sede sarebbe stato esposto ad assalti , cbe il Governo
ponlificio non sarebbe stato in grado di respingere. Noi abbiamo vo-
luto conservare il nostro appoggio armato , fmo a tanto cbe il peri-
colo di questi voli spensierati non fosse stato allontanalo. » Or egli
avverte die questa sospirata ipolesi si e fmalmenle avverata. « Noi
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE 261
siamo oggidi maravigliali , cosi proscgue , de' felici cambiamenli ,
manifcstalisi, sotto quesio aspelto, nella situazione generate dclla Pe-
nisola. II Governo ilaliano si sforza da due anni di fare scomparire
gliullimi avanzi di quelle associazioni spaventose, che col favore
delle circostanze s' erano formate indipendentementc dalla sua azio-
ne, e i cui disegni erano principalmente direlti contro Roma. Dopo
averle combaltute alia scoperta, pervenne a sciorle ; e quante volte
tentarono ricomporsi , dissipo con facilila le trame lore. Questo Go-
verno non si limilo ad impedire che veruna forza irregolare noj
tesse ordinarsi sopra il suo territorio, per aggredire le provim
ste solto la sovranita pontificia, ma essa delte alia sua politica verso
la Santa Sede un indirizzo phi in armonia co' doveri internazionali.
IJsso cesso di porre innanzi nelle Camere il programma assoluto, che
proclamava Roma Capitale dell' Italia, e d'indirizzare a noi in pro-
posito dichiarazioni perenlorie, per 1'addietro cosi frequenti. Altre
idee presero luogo negli spirili mlgliori,.e lendono sempre piu a
prevalere. » Menzionando poi la risoluzione del Governo di Torino ,
di trasportare la Capitale in un pimto piu centrale del nuovo Stato ,
soggiunge che essa e un nuovo pegno di sicurezza per Roma, e che
al S. Padre non res ta allro bisogno, che quello di formarsi un suffi-
cienle esercito per la sola quiele interna de' suoi Stali. « Agli occhi
nostri questa eventualita e d' un' impor.lanza maggiore, per la Santa
Sede, come pel Governo dell' Imperatore ; perche effetluandosi, essa
coslituirebbe una situazione nuova , che non presenterebbe piu gli
stessi pericoli. Dopo aver otlenule dall' Italia le guarenligie che noi
crederemmo dovere stipulare in favore della Santa Sede contro gli
assalti esleriori, non ci rimarrebbe piu che ai.utare il Governo ponti-
ficio a formare un esercito abbastanza bene ordinalo e abbastanza nu-
meroso, per fare rispeltare la sua autorila all'inlerno. » Quindi con-
chiude: <( Difeso al di denlro da un esercilo devoto, protelto al di
fuori dagr impegni che noi avremmo domandalo all' Italia, il Governo
pontificio si troverebbe in condizioni , che assicurando la sua indi-
pendenza e la sua sicurezza, permelterebbero a noi di assegnare un
termine alia presenza delle nostre truppe^iegU Stati romani. Cosi si
avvererebbero le parole indirizzate dall' Imperatore al Re d' Italia, in
262 IL TRATTATO BEL 15 SETTEMBRE
tma lettera del 12 Luglio 1861 : lo lascero le mie truppe a Roma,
fmo a tanto che Vostra Maesla non sara riconciliata col Papa, e che
11 Santo Padre sara nrinacciato di vedere gli Stall, a lui rimasti,
Invasi da una forza regolare o irregolare. »
Lasciando stare 1' indirizzo in armonia co' doveri internazionali,
dato dal Piemonte alia sua politica verso la Santa Sede, del quale
da luculenti prove il processo, di cui parlammo nel penultimo qua-
derno 1; e lasciando stare la riconciliazione di Vittorio Emmanuele
col Papa, della quale fa evidenle leslimonianza il conlegno che il Go-
vcnB di Torino tiene verso la Chiesa e i suoi Ministri ; noi supponia-
mo, come deve supporsi, che il linguaggio del Governo francese sia
leale e che esprima colla bocca, cio che veramenle pensa coH'amma.
In tal supposizione, di cui niuno polrebbe rivocafe in dubbio la legit-
timila, si vede chiaro che tutte le parole di questo documento espri-
mono questo concetto : che il Governo di Torino ha rinunzialo final-
rnente all' idea di avere Roma per Capitale, e che, a pubblica confer-
ma di cio, va a cercarsene un' altra, che poi si e saputo essere
Firenze. Laonde il Papa e tutli i Catlolici possono dormire tranquilli
per questo capo ; giacche Roma restera al Ponlefice, e ne son gua-
rentigia gl' impegni che la Francia ha domandati all' Italia. Cosi e
spiegata la convenzione dal Governo francese.
Vediamo ora come e spiegata dal Governo torinese per bocca degli
stessi Ministri che la conlrassero. Essi dichiarano apertamente che
non ci ha nulla di tutto cio; perocche la convenzione del 15 Settem-
bre, conchiusa colla Francia, non cambia in nessun modo le prece-
denli aspirazioni del nuovo regno d'ltalia, rispetto a Roma- Essi di-
cono che le intenzioni, manifestate si dal Governo e si dalle Camere,
ftirono sempre che si dovesse giungere al possesso di Roma coi soli
1 Gli arresli, fattl il 12 Aprile del corrente anno, di persone che gitta-
vano bombe all' Orsini per impedire la dimostrazione d' affetto del popolo
romano verso il Pontefice, apn la via a scoprire una congiura, coll'annuen-
xa ed aiuto del Governo piemontese, per una invasione di bancle armate in
quelle parti dello Stato pontificio, dove non fossero truppe francesi, e per
promuovere una sollevazioire in Roma che menasse a un plebiscite d'an-
aessione al Piemonte. Vedi Cimlta Cattolica, Serie V, vol. XII, pag. 99.
IL TRATTATO BEL 15 SETTEMBRE 263
mezzi morali, esclusa la forza; e cbe questo intendimento resta in-
tero dopo la convenzione, giacche essa, benche incliiuda 1' obbligo
di non usare la forza materials per venire al possesso di Roma ,
lascia libero 1' adoperare a lal fine la forza morale e lulti i mezzi
che la Civilla odierna offre al trionfo delle idee liberal! e nazionali 1.
Ecco le parole del documento : « Dalle discussioni e dalle delibe-
razioni del Parlamenlo , rispelto alia quistione romana due concet-
li scaluriscono , i quali ci sembrano sovrastare a tutli gli altri e
dover servire di norma alia conclotta del Governo. L' uno e che la
quislione romana doveva sciogliersi per mezzi morali e non per
mezzi material!, imperocche la violenza in queslo caso non togliereb-
be punlo la difiicolla. L' allro che, bisognava procedere d' accordo
colla Francia, per conseguire che anche in quesla parte il principio
del non intervento avesse la sua esecuzione... A conseguire pertanlo
il fine che i Frances! sgombrassero il territorio ponlificio, bisognava
rassicurarli e mostrare all'Europa che possono farlo senza venir me-
no ai sentiment! che nutrono verso il Papato. Ora che poteva fare il
Governo (di Yiltorio Emmanuele) a questo fine? II Governo non,
poteva fare altro che promettere di non assalire quel terrilorio che
le truppe francesi occupavano, ed impedire eziandio che bande ir-
regolari lo assalissero movendo dal territorio del Regno. Una tale
promessa lealmenle data e fermamente mantenuta , a nostro avviso,
non distrugge ne menoma i diritti e le aspirazioni della nazione, ma
tien fermo il concetto, che colle sole forze morali si debba operare e
con Mli i mezzi che la Civilta odierna offre al trionfo delle idee li-
berali e nazionali. » Venendo poi a dir dell' affare della traslazione
della Capitale a Firenze, dichiarano che tanto e lungi che cio import!
una conferma di rinunzia a Roma, che anzi spiana la via per venire
a capo di un tal possesso. « Un allro risultato di questo fatto ( del-
1' andata cioe del Governo a Firenze ) sara che 1' efficacia dei mezzi
morali si far& sentire a Roma tan to piu rapidamente, quanto mag-
1 Quali sieno i mezzi che la Civilta odierna offre al Governo di Torino
pel trionfo delle idee nazionali, fu esposto da noi nell'articolo intitolato : /
nuovi accordi di Parigi illustrati da dodici anni di congiure. Vedi Civilta
Catlolica, Serie Y, vol. XII, pag. 163.
261 IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
giore e la vicinanza della sede del Governo, phi frequenli i rapporli,
piii anlica ed inlima la comunicazione d' interessi e di abitudini 1. »
Da questi due document! esplicalivi del traltato, messi cosi a fron-
te 1' uno dell' altrp , risulta nella piu chiara evidenza questo curioso
conlrasto : che il Governo francese afferma, esser esso una sanzione
dell' abbandono dei voti intorno al possesso di Roma ; il Governo
torinese per conlrario afferma, che questi voli sussistono interi, e il
Iraitato non li dislrugge ne li menoma. II Governo francese afferma
che la traslazione del Governo a Firenze e una guarentigia che Roma
reslera al Papa; il Governo di Torino afferma che anzi e un passo
che si da per toglierla al Papa piu presto, adoperando a tal fine le
forze morali e lulti quei mezzi che la Civilla odierna offre al trionfo
delle idee liberali e nazionali. Convenzione veramente ammirabile
e degna al tutto dei tempi nostri I Delle due parti conlraenti 1' una
intende bianco , e 1' altra nero ; 1' una intende si , e 1' allra no ! Non
poiea esser peggio, se la convenzione fosse stata redatla dal famoso
oratore E-NON-E della commedia, da noi intilolata: L' Autocrazia
dell'EnteZ.
Senonche non potendo esser vere amendue le predette inlerpre-
tazioui, per la conlraddizion che no'l consente; con vien dire che
1 Alia maniera onde il Ministero di Torino spiega il senso della con-
venzione, fa eco il sig. Pepoli, che n' e stato lo stipulatore e il soscrittore.
Egli in un solenne banchetto, datogli a Milano, dichiaro altamente che il
programma nazionale non fu laccrato in nessuna sua parte dal nuovo tralta-
to, ma che solo il predetto trattato spezza I' ultimo anello di quella catena
che teneva la Francia legata ai loro nemici. Vedi L' UNITA CATTOLICA, n. 290
neir articolo intitolato : La Convenzione Pepolina giudicata a Milano nel-
rOsteria.
2 Yedi Civilta Cattotica, Serie II, Vol. Ill, pag. 353.
Un' altra curiosissima prerogativa di quesla convenzione, secondo che
giustamente vien notato dal Contemporaneo di Firenze, si e che vi si contrae
1' obbligazione, per parte del Piemonle, di non rapire 1' altrui. Yedete se
non siamo giunti ad un sublime grado di civilta ! Ci e bisogno di un so-
lenne traltato tr'a Potenza e Potenza per indurre una delle alte parti con-
traenti a non rubare 1 I nostri avi avrebber mai sognato possibile un tanto
progresso ?
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE 265
1'idea intesa nel traltalo o sia quella che vien espressa dal Governo
francesc, o sia quella che \7ien espressa dal Governo piemontese , e
che per conseguenza 1'uno o 1'altro Governo si professi sleale. E per-
ciocche tulte le ragioni persuadono che tale taccia debba allontarsi
dal Governo francese ; uopo e che ella cada necessariamente sul Go-
verno piemontese, conlro cui stanno tutle le ragioni e tulli i fatli da
molli anni a questa parle. E se a tal conclusione ci mena necessa-
riamenle 1'inesorabile forza della Logica, che cosa deve pensarsi di
un Governo, il quale nell'atto stesso che stipula un trattato, dichiara
di voler fare il contrario di cio che con esso s' inlende di stipulare?
Non e questo 1'estremo grado a cui puo esser condotta la mala fede?
Finora si era veduto questo Governo italiano congiurare e tramare,
contro Potenze amiche , per mezzo de' suoi rappresentanti diploma-
tic!. Ricordi il lettore, Boncompagni a Firenze, Villamarina a Napoli,
Bligliorati e Della Minerva a Roma. Si era veduto altresi allestire
spedizioni di Filibustieri per invadere gli Stali altrui, protestando che
facea di tutto per iscioglierle , e mandare la propria flotta per pro-
teggerne lo sbarco, fingendo che si mandava perimpedirlo. Ricordi
il lettore i falli del Cavour nella calala del Garibaldi in Sicilia, mess!
Jn luce dai documenti pubblicati da Nicomede Bianchi. Si era veduto
infine giurare nel sacrosanto nome di Dio pubbliche convenzioni ,
coll'animo di violarle il giorno appresso. Ricordi il lettore i preli-
minari di Villafranca e il Traltato di Zurigo. Tuttavia restava 1' ulti-
mo grado d' improntitudine, di abbietlezza, d' infamia; ed era quello
di professare pubblicamente la propria mala fede , nell' alto stesso
che s'impegnava la parola. Queslo grado ultimo non meno di slealt&
che di sfrontatezza e slato tocco dal Governo di Torino neir ultima
convenzione fatta colla Francia, e comentata dal decreto di convoca-
zione del Parlamento.
266 IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
III.
Mutazione di concetto nett occupazione di Roma.
L' aUra cosa, che noi non antivedemmo, si e clie volendosi venire
all' effeltuazione di quel disegno , T affare si sarebbe Irattato Ira la
Francia e ii Piemonte. Ma a nostra escusazione valgano le seguenti
considcrazioni. L' occupazione di Roma per le armi francesi non era
un fatto isolato che si riferisse alia sola Francia. Esso era 1'effelto
di un appello del Pontefice, e di una eonvenzione tra diverse Polen-
ze caltoliche, nella quale in nessun raodb era cnlralo il Piemonle 1.
Ecco le parole, colle quali il Santo Padre Pio IX, nel conclstoro lenuto
in Gaeta , nolifieo al mondo cattolico questo suo appello : « Dopo
avere implorato il soccorso di tulli i Principi, dall' Austria, che con-
fma a Sellentrione col nostro ponUficio Dominio, tanto piu volentieri
chicdemmo aiuto , in quanlo che non solamente ella slessa presto
sempre 1'egregia opera sua a proteggere ii temporale dominio della
Sede aposlolica, ma inoltre risplende ora ccrla spcranza che, secon-
do i nostri ardentissirni desidcrii e le giuslissime nostre richieste,
si elimineranno da quell' Impero certi notissirai principii, perpetua-
mente riprovati dalla Sede apostoiica ; e che percio la Chiesa sara
ivi reslituiia alia sua libeila , con massimo bene ed utilila di quei
fedeii. Laqual cosa mentre vi significhiamo con non mediocre con-
solazione deli' ammo noslro , teniam per fermo che allresi a voi sia
1 Chi volesse sapere la vera cagione, per la quale il Piemonte fu formal-
mente escluso dal numero clelle Potenze cattoliche, chiamate ad aiutare la
ristaurazione del Pontetice nei suoi Stati, basterebbe che la cercasse nei do-
cumenti pubblicati dal Farini, nella sua opera suecilata Lo Siato Romano ecc.
Ouesti documenti, ed altri clie egli lace , si riferirono da noi nelFarticolo
intltolato : La Confederations Italiana e TUrdta Piemonlese (V. Civilla Cat-
tolica, Serle Quarta, vol.X, pag. 250), col quale articolo dimostrammo che
lino dal 1849 il Governo piemoatese ripudiava la Confederasione , perche
ambiva F Unit a della Penisola sotlo il suo dominio; e per questo scopo gia
congiurava sino da quel tempo conlro la Sovranita del Pontefiee in Iloma.
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE 261
per apportarc non lieve gaudio. II medesimo aiuto chiedcmmo dalla
Nazione francese, la quale araiamo con singolare bcnevolenza ed af-
ietlo del paterno animo nostro, posciachd il Clero ed il popolo fedele
di quella nazione con tulli e d'ogni maniera i segni di figliale devo-
zione e riverenza si studi6 di alleggerire e consolare le nostre cala-
mila ed anguslie. Anche della Spagna invocammo il soccorso , la
quale delle noslre angustie fortemente addolorala e sollecita , eccit&
prima le altre nazioni cattoliche , affinche slrelta fra loro una come
figliale alleanza , s adoperassero a ricondurre nella propria Sede il
Padre comune dei fedeli e supremo Pastor della Chiesa. Questo soc-
corso chiedemmo finalmente dal regno delle Due Sicilie , ove Noi
ospiliamo appresso il suo Re, il quale attendendo con tutte le forze a
promuovere la vera e solida felicila de' suoi popoli , rifulge di tanta
religione e piela, che agli stessi suoi popoli puo essere di esempio.
Sebbene poi con niuna parola possiamo esprimere con quanta cura
ed amore il medesimo Principe goda di testificare e confermare as-
siduaraente con ogni maniera di officii e con egregi falti la sua esi-
mia e figliale devozione verso di Noi ; pure niuna oblivione cancel-
lerci mai i preclari meriti dello slesso Principe verso di Noi. Ne per
Terun modo possiamo tacitamente passare le significazioni di pieta r
di amore e di ossequio , le quali il Clero ed il popolo del medesimo
regno non cesso mai di tributarci, appena toccammo lo slesso regno.
Per la qual cosa siamo levati alia speranza , che bene aiutandone
Iddio, quelle genii caltoliche, tenendo avanli gllocchi la causa della
Chiesa e del suo Sommo Ponlefice, Padre comune di tutli i fedeli, si
affrelleranno ad accorrere quanlo prima a proteggcre il civile Prin-
cipalo della Sede aposlolica, ed a restituire ai nostri sudditi la pace e
la tranquillity ; e confldiamo che i nemici della nostra santissima Re-
ligione e della civil societa saranno allontanati dalla citla di Roma e
da tullo lo Stato della Chiesa 1. »
II santo Padre adunque chiedeva 1'aiuto massimamente di quattro
Potenze cattoliche, una delle quali era la Francia, acciocche di co-
1 Allocuzlone della Sanlita di Nostro Signore Papa Pio IX, pronuuciata
nel Concistoro segreto, tenuto a Gaeta il di 20 Aprile dell' anno 1849.
268 IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
mime accordo accorressero a rimelterlo ed assicurarlo nel possesso
de' proprii Stati , inondati dal torrente rivoluzionario. Tale fu 1' idea
dell' intervento armato negli Stati ponlificii , e come tale fu inteso e
proposto altresi dall'Austria, come apparisce dalla nota del Principe
Schwaiizenberg, della quale riporteremo un brano: « II mondo cat-
tolico, essa dice, e in diritto di reclamare pel Capo visibile della
Chiesa la pienezza di liberta, indispensabile pel Governo della socie-
la caltolica, di quest' antica monarchia che ha sudditi in tutte le par-
ti del mondo. I popoli cattolici non permetteranno che il Capo della
loro Chiesa sia spogliato della sua indipendenza, e divenli il suddito
di un principe straniero. Essi non soffriranno che sia degradato da
una mano di faziosi, che, sotto 1' egida del suo nome venerando, la-
vora a scalzare e a distruggere il suo potere. Perche il Vescovo di
Roma, che enel tempo stesso il Capo sovrano della cattolica Chiesa,
possa esercitare le sue grandi funzioni, e necessario che sia sovrano
di Roma. In tal modo gli Stali caltolici riunili hanno lutti il maggio-
re interesse a sostenere la Sovranita temporale del Papato. D' altra
parle i paesi -limilrofi agli Stati della Chiesa hanno il maggiore inle-
resse di vegliare, perche quesli Stati non si faccian nido di una anar-
chia flagrante, che potrebbe meltere in pericolo la sicurezza loro pro-
pria. Apparliene pereio senza alcun dubbio all' Austria e alia Fran-
cia, nella loro qualita di Potenzc cattoliche di prim' ordine, d' alzare
la Yoce, e di proteslare conlro i delitti, ond'e villima il santo Padre.
Noi crediamo inollre che il Re di Napoli, pel doppio rispetto, di So-
vrano caltolico e di confinante cogli Slati della Chiesa, abbia il di-
ritto d'entrare in una combinazione per ristabilire il sommo Pontefi-
ce nella Metropoli della cristianita, e rislorarlo ne'suoi diritti sovra-
ni. Nel mentre che gli altri Principi della Penisola furono piu o me-
no scossi dalla fazione che ha gradatamente indeboliti i lor troni, il
Re di Napoli ha poluto difendere la sua indipendenza conlro gli as-
salti della rivoluzione. Lo stesso Santo Padre , scegliendo per asilo
il regno di Napoli, ha dato a S. M. Siciliana una chiara pruova della
fiducia personate che riponeva in lui, sia per rispetto alia sua qua-
lita, sia per rispetto alia forza del Governo del re Ferdinando. E de-
bilo di giustizia il riconoscere quesli fatti , e rispondere a questa
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE 269
fiducia con una condolta onorevole. Da tal punto noi fummo convinti
che sarebbc ingiusto e conlrario a'voti di S. S. il riflutare il nostro
conscnso al Re di Napoli, che ha diritto per tanli lali di partecipare
a questa impresa 1. »
Che poi 1'occupazione francese venisse continuata secondo la stes-
sa idea, onde ebbe principio, ne abbiamo V esplicita confessione del
conle Walewski nel Congresso di Parigi, come si legge nel Prolocol-
lo al numero XXII. Esso dice cosi : « II primo plenipotenziario per
la Francia ricorda che gU Stati ponlificii sono in uno slato anorraa-
te ; che la necessita di non lasciar il paese libero all'anarchia ha de-
terminate si la Francia , come 1' Austria a rispondere alia domanda
della Santa Sede, facendo occupare Roma dalle sue truppe, mentre le
austriache occupavano le Legazioni. Espone che la Francia avea un
doppio motivo di deferire senza esitazione alia domanda della Santa
Sede, come Pontenza caltolica e come Potenza europea. II titolo di
figlio primogenito della Chiesa, di cui il Sovrano della Francia si fa
una gloria, fa un dovere all'Imperatore di prestare aiuto e sostegno
al sommo Ponlefice. »
Le cause adunque che aveano prodotta e mantenevano 1' occupa-
zione di Roma per parle delle armi francesi, erano la domanda del
Santo Padre , a cui il sovrano di Francia , come figlio primogenito
della Chiesa, sentiva il dovere di deferire ; e 1'intesa scambievole con
altre Potenze cattoliche, massimamente coll' Austria. Parea dunque
che dalle medesime cause dovesse dipendere la cessazione di essa,
e che pero lo sgombro delle armi francesi da Roma non potesse trat-
tarsi, senon col Ponteflce e colle anzidette Polenze. II Piemonte, che
vi era rimaso del tutto estraneo, non avea verun litolo per entrarci.
Operando alfcrimenti veniva di necessita a snaturarsi il concetto di
delta occupazione ; la quale, benche eseguita dalla Francia, non era
lultavia in nome della sola Francia, ma bensi dell'Europa caltolica.
1 Vedi Documenti istorici religiosi. Modena, per gli eredi Soliani tipo-
grafi reali, 1849. Dichiarazione del Gabinetto austriaco in ordine alia Qui-
stione romana. Contrasegiiato Schwartzcnbcrg .
270 IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
TraUandosi un tale sgombero dalla sola Francia , ed oltre a do
col Piemonte, ne veniva di necessita che 1' occupazione si riguardas-
se come un fatlo dipendente dalla sola Francia, e relalivo ad inte-
resse non piu callolico ed europeo , ma bensi piemonlese o al piu
francese. Infatli , a tacere di aliri , cosi la convenzione del 15 Set-
tembre e stata giudicata dalla Gazzetta di Mosca, benche redatta da
penne acaUoliche. Essa si esprime in questi termini : « Una delle piu
gravi quislioni europee vi si risohre, come se fosse quislione pura-
mente italiana, che non riguardi se non gl' interessi delle due Po-
tenze contraenti. Se e vero che la Francia e 1' Italia si sieno vicen-
devolmenle impegnate a non permettere nessun intervento negli Sta-
tipontificii, esse si sono arrogato un diritto, il quale appartiene, a
quanto ci scmbra, a tutta 1'Europa cattolica. La difficolta della qui-
stione romana sta nel potere temporale. L'annessione di Roma all' I-
talia distrugge un ordine di cose, died volte secolare, nonche 1'in-
dipendenza del Capo della Chiesa caltolica 1. »
IV.
Conclusione.
Le due cose dianzi esposte, come da noi non prevedute, sono
-appunlo quelle, che concorreranno ad avverare il pronostico, col qua-
Ie noi terminavamo quel nostro articolo. Noidicevamo: « Pongano
mente ( i cattolici ) che le nuove magagne, a cui ora ricorrono 1' ipo-
crisia e la frode, sono 1' ultimo armi di questo combattlmento. Spez-
zute ancor queste, la piena viUoria e assicurata alia Chiesa 2. » II Pie-
monte, per giungere al sospirato possesso di Roma, avea tentato ogni
mezzo dai manifest! assalii, fino ai tradimenli piu neri. Impediti gli
uni e sventati gli altri , si appiglia ora, come a tavola nel naufragio,
al presente trattalo, speranclo di accelerare con esso raclempimento
degl'iuiqui suoi voli. Ma che? Per giusto giudizio di Dio, egli si
1 Ycdi Y Osservatore romanOj n'231.
2 Luogo citato.
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE 271
accieca ad accompagnarc quell* alto con una pubblica dichiarazlone
della mala fecle con clie intende adcmpirlo. Con cio csso si c dalo da
se medesimo della scure sui piedi , si e gitlalo nel fango al cospello
della civile Europa , e profondatovisi si faltamenle, che niuna mano
potra piu rilevarnelo. Cosi esso ha pienamenle liberato la Santa Sede
da ogni ulteriore insislenza, che se le sarebbe potato mai fare , per
pressarla ad accordi , non possibili per altri capi ; non essendo veri-
simile che si trovi quinci innanzi chi \7oglia piu meltere avanti partita
di conciliazione con un Governo , che non soltanlo c slcale, ma con
fronle infrunita non dubita di professare pubblicamenle di voler es-
sere. Per qucsto capo adunque la cosi delta quistione romana ha
guadagnato immensamenle in favorc della Chiesa; e il Piemonte per
parte sua si e chiusa la via ad ulleriori tranelli.
Per quel che poi spelta aU'allro capo , ognun vede che la mula-
zion di concetto nell'occupazione di Roma scioglie le mani alle Po~
tenze europee, inleressaie alia indipendenza politica del Sommo Pon-
tefice. II concepir possibile il Capo universale della Chiesa callolica
suddito del Re d' Italia , e un' idea cosi baroeca, che non potra raai
penetrare in nessun cervello, non del tutlo insano. Neppurc i libera-
li piu sfegalati se Y hanno mai proposla sul serio. Se alcuni Ira loro
I* hanno creduta alluabile, cio e stato in quanlo, come increduli in-
ilno all' ossa , erano persuasi die la Chiesa e il Papato fossero di-
slruttibili. Ma chiunque crede in Cristo e credo per conscguenza
all' immortalita della Chiesa; non puo fare che non vegga 1'asso-
lulo nesso che passa, nella presente condizione della sociela uma-
na, tra 1'esistenza della Chiesa e la sua indipendenza, tra la sua in-
dipendenza e la sovranita politica del suo Capo. 11 pensar poi che il
Pontefice possa stabilmente restare Sovrano col microscopico teni-
torio, che gli e rimaso ; e anch'esso un concetto stranissimo. A pre-
scindere dalle insuperabili ragloni , per cui il Ponlefice non potreb-
be mai condiscendere alia iattura di diriili e di possessi , di cui e
mallevadore in faccia all' universa Chiesa; uno Statuccolo impiantalo
in mezzo aun polenlc regno, che lo circonda da tulle parti, che
in poco d' ora polrebbe invaderlo, e se non lanto ha sempro in mano-
i mezzi di amniiscrirlo e vessarlo ; uon puo coslituire che una Sovra-
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE
ttila illusoria, ma in sostanza una real dipendenza. In tal caso fia
minor male perderla del iulto ; che cosi al danno non si aggiunge-
rebbe la beffa, e 1' imbarazzo d'una condizione di cose innaturale e
tugiarda. Or non essendo sperabile che il Governo piemontese rin-
savisca, si renda in colpa e resliluisca da se medesimo il mal lolto;
e necessario che vi yenga forzato dalle Potenze , quali che siano , le
quali , essendo cattoliche o avendo sudditi caltolici , non possono e
non debbono tollerare che alle coscienze di questi imperi un dipen-
dente da allra Potenza. A do le astringe , se non fosse altro , il do-
yere slesso di tulela yerso i diritti de' proprii sudditi , la cui liberty
di coscienza reclama la notoria e reale indipendenza di Colui , che
n' e il supremo moderatore. Questo e si vero che 1' imperador Niccolo
di Russia , benchc scismatico , diceva cosi in una sua nota , quando
nel 49 il Papa esulava in Gaeta : « Gli affari di Roma meltono in
grave pensiero il Goyerno di S. M. 1'Imperadore delle Russie, e s'in-
gannerebbe grandemente chi supponesse che Noi prendessimo parle
meno yiva dei Governi cattolici alia situazione , in cui si trova Sua
Santila il Papa Pio IX. Egli e fuor di dubbio che il S. Padre trovera
in Sua Maesta 1'Imperatore un leale aiuto per farlo rislabilire nel
suo polere temporale e spirituale , e che il Goyerno russo si asso-
ciera francamenle a tulti i proyvedimenli che potranno condurre a
questo fine 1. »
Ora perdurando le armi francesi ad occupar Roma per lutela del
Romano Pontefice, in norae della Cattolicila ; e cbiaro che le allre Po-
tenze o cattoliche o ayenti sudditi catlolici , restano in certa guisa
legate dal comune accordo , per cui tocco alia Francia un tal posto
di onore , secondo che continua a chiamarlo il signor Drouyn de
Lhuys. Ma tosto che un tal concetto yiene cambiato, sottenlra libero
il diritto delle anzidette Polenze ad inlervenire pel ristabilimenlo
conyeniente e pacifico della indipendenza politica del Capo spirituale
del Cristianesimo. E questo un diritto che a loro compete come Po-
tenze e come tutelatrici della liberta di coscienza dei loro sudditi
1 Lo Stato romano daWanno 1815 air anno 1850, per LUIGI CARLO FARINF,
Vol. terzo, pag. 215.
IL TRATTATO DEL 15 SETTEMBRE 273
cattolici. Ne il fitlizio principle del non intcrvento pud in guisa alcu-
na impedirle; giacchS qui non si tratta ne di mera polilica , ne di
affari estranei e puramente interni di un altro Stato. Qui si tralla di
affare religioso; di affare legato strettamente con gVinteressi e colle
ragioni interne di ciascuna Potenza, che sia caltolica o almeno abbia
suddili cattolici; di affare insomma, che riguarda 1' assestamento di
un ordine universale , richiesto al regolare e pacifico corso dei sin-
goli ordini parlicolari. Diresle voi per avventura inlervenlo stra-
niero quello delle province di uno Stalo , che accorrono in difesa
della loro Capitale? Direste inlervento straniero quello dei figliuo-
li, che accorrono a ristabilire e sostenere il proprio padre nel pos-
sesso della sua casa? Ora figliuoli per rispetlo al Pontefice son
tulti i cattolici ; province per rispelto a Roma, atteso il vincolo reli-
gioso, son tulti gli Stali, dove son ciltadini a lei legati di fede. Non
ha il senso comune consacrato la formola , che chiama Roma Capi-
tale del mondo caltolico? Chi puo dunque impedire che il mondo
catlolico accorra a difenderla? Sicche il Governo piemontese colla
celebre convenzione , invece di fare un passo innanzi verso Roma ,
avrebbe falto un gran salto indietro ; licenziando le Potenze , inte-
ressate nella quistione romana , ad operare piu liberamenle cpntro i
suoi latronecci eseguiti o da eseguire. Ed e questo il fato, a cui so-
venle la Giustizia di Dio condanna i furfanli , di riuscire cioc al ter-
mine opposto ai loro iniqui disegni, per quelle stesse vie per cui
s' impromeltevano di conseguirne 1* intenlo ; sicche con lo stesso loro
peccato si procaccino il meritato gastigo : Per quae peccaverit ho-
mo, per haec el punietur.
Serie F, vol. XII, fasc. 351. 18 21 Ottobre 1864.
DELL' UNITA DI TIPO
NEL REGNO ANIMALE
I.
Teorica.
La generazione umana non e ne per isvolgimenlo di un essere, che
si Irovi come in minialura gia delinealo nel germe , ne per subita
formazione e Irapasso istantanco clalla polcnza all' alto compiuto e
perfetlo. Essa precede per verace producimento d'un essere nuovo,
che sol virtual mente preesiste neli'atlivila del seme, comunicata dal
generanle, e per successiva Irasformazione del subbietto potenziale.
Questa vcrila, che la Filosofia richiede a priori, e la Fisiologia dimo-
stra a posteriori, fu sufficientemente da noi chiarita nell'arlicolo pre-
cedenle 1. Oui dobbiamo allontanare un errore, che da tal verila ap-
punto ha tolto occasionc e pretesto. Imperocche non mancarono di
naturalist! , i quali opinarono che uno fosse il tipo in tutto il regno
animate, cioe a dire 1'uomo; siccome quegli, che assomma in se nel
grado piu elevato la perfezione dell' organismo e la squisitezza dei
1 Vedi GIVILTA CATTOLICA, Serie V, vol. XI, pag. 289.
DELL' UNITA DI TIPO NEL REGNO ANIMALE 275
scnlimenli ; e lulte lo specie degli animali inferior! non fossero che
fermate e arrestamenti (des arrels) di quel perfettissimo tipo.
Cotesta opinione viene narrala in questi termini da Milne Edwards
nelle sue pregiatissime lezioni sopra la Fisiologia e I'Analomia com-
parata dell'uomo e degli animali: « Ciascun essere organizzalo, egli
dice , prova , nello svolgersi , modificazioni profonde e svariate. II
caratlere della sua struttura anatomica , non meuo che le facolla vi-
tali, di cui e dotato , cambiano, secondochc esso passa dallo stato di
embrione nascente allo stalo di animale perfelto nella propria specie.
Ora tulti gli animali, cbe derivano da un medesimo lipo, camminano,
durante un certo tempo , nella stessa via embriogenica , ed essi si
rassomigliano, durante un periodo tanlo piu lungo, in siflatlo lavoro
d' organizzazione , quanto essi banno tra loro una piu slretta paren-
tela zoologica : poscia essi deviano dalla strada coraune e ciascu-
LO acquista i caralteri che gli son proprii. Ouelli che debbono avere
la piu perfelta costrutlura s'avanzano in tal cammino piu in 1&, che
quelli il cui organismo si compie con meno spesa : e da do risulla
che sovente, sotto cerli aspetli, lo stalo transitorio o embrionale d'un
animale superiore rassomiglia , d' una maniera piu o meno meravi-
gliosa, allo stato permanente d'un allro animale, meno ele\7ato nella
stessa serie zoologica.
« Alcuni Autori hanno creduto poterne conchiudere che dunque
la diversita delle specie risulti da una serie di fermate di queslo ge-
nere , effettuantisi a diversi gradi dell' esplicamento embrionale ; e
questi scrittori , cadendo in quelle esagerazioni , a cui gl' imitatori
sono tanto propensi , hanno ammesso che ogni animale superiore,
per giugnere alia sua forma deflnitiva , passa per la serie delle for-
me proprie degli animali , che gli sono inferior! nella gerarchia zoo-
logica : sicche 1'uomo, per esempio, avanli di nascere , e da princi-
pio una sorla di verme , poi un mollusco , poi ancora un pesce , o
qualchecosa di simile, prima di rivestire nel seno materno i carat-
teri proprii della sua specie. Recenlemenle un eminente professore
ha espresso in formola netta quesie vedute, dicendo che 1'embriono-
logia del piu perfelto tra gli esseri e un' anatomia comparata transito-
ria, e che il quadro anatomico del Regno animale tut to intiero e alia
276 DELL' UNIT! DI TIPO
sua voltalarappresentazione fissa e permanente degli aspetti mobili
dell'organogenia umana l. »
Cosi uno sarebbe il tipo della vila animate, I' uomo; e ogni altra
specie inferiore, non sarebbe che una imitazione piu o meno imper-
fetla del medesimo , una incoazione arrestata nel suo cammino in
lontananza maggiore o minore dal termine, acui 1'opera della natura
tendeva nel suo lavoro organogenico dell' embrione umano , in som-
ma un entoma in difelto per usare il linguaggio di Dante.
1 Chaque etre organise eprouve, en se developpant, des modifications pro-
fondes et variees; le caractere de sa structure anatomique , ainsi que les fa-
culle's vitales, dont il est done, change amesure qu'il passe de I'etat d'embryon
naissant a I'etat d' animal par fait dans son espece. Or, tons les animaux qui
derivent d'un meme type fondamental mar client , pendant un certain temps,
dans la meme voie embryogenique , et Us se ressemblent pendant une periods
cFautant plus lonque de ce travail d* organisation , qu'ils ont entre eux une
parente zoologiqueplus etroite; puis Us dement de la route commune et acquie-
rent chacun des caracteres qui leur sont propres. Ceux qui doivent avoir la
structure la plus parfaite, s'avancent dans cette voie plus loin que ceux dont
r organisms setablit a moins de frais, et il en resulte que souvent, a certains
fyards, retat transltoire ou embryonnaire d'un animal supericur ressemble
d'une manicre plus ou moins frappante a retat permanent dun autre animal,
moins eleve dans la meme serie zoologique.
Quelques auleurs ont cm pouvoir en conclure que la diversile des especes
resultait d'une serie barrels de ce genre, s'effectuant a divers degres de I'e-
tolution embryonnaire, et ces ecrivains, tornbant dans ces exageralions, aux-
quelles les imitateurs sont si enclins , ont admis que tout animal superieur,
pour arriver a sa forme definitive, passe par la serie des formes propres aux
animaux qui lui sont infe'rieurs dans la hierarchie zoologique; que I'homme,
par exemple, avant de naltre, est d'abordunesortedever, puisuninollusque,
puis encore un poisson ou quelque chose de pareille , avant que derevetir>
dans le sein de sa mere , les caracteres propres a son espece. Recemment un
professeur eminent a formule nettement ces vues } en disant que I'cmbryo-
logie de I' etre le plus par fait est une anatomie comparee transitoire, et que le
tableau anatomique duRcgne animal tout entier est a son tour la representa-
tion fixe et permanente des aspects mobiles de I'organogenie humaine. Lemons
sur la Physiologie et I'Anatomle comparee de 1'homme et des animaux ; par
H. MILNE-EDWARDS. Introduction, pag. 28.
NEL REGNO ANIMALE 277
Colcsta dollrina non c nuova nel mondo scicnlifico. Essa fu gia
annunziala nel secolo scorso da Robinet ; il qualc pretese che tutti
gli esseri inferiori non fossero che come tanti abbozzi, in cui la natu-
ra si esercitasse per imparare a formare 1' uomo. « Un verme, egli
dice, una conchiglia , un serpente , sono come altreltante crisalidi
del Prototipo (Y uomo), che passa dallo slato di pianta a quello di
scarafaggio , dallo stato di scarafaggio a quello di crustaceo , dallo
stato di crustaceo a quello di pesce 1. »
Al cominciare del corrente secolo, in Gcrmania il Lamarck , pre-
mendo le orme , poco innanzi impresse del Kielmayer , riprodusse
questa teorica. Secondo lui tutte le specie animali, inferiori all'uomo,
non sono che gradi piu bassi, a cui si e fermalo 1' embrione umano
nel suo graduate esplicamenlo. L'uomo per conlrario e il termine ul-
timo, a cui e pervenuta la natura, dopo avere percorsa tutta la scala
zoologica nell'addestrarsi a quel suo lavorio 2.
Circa ii medesimo tempo il celebre naturalista Stefano Geoffroy
Sainl-Hilaire comincio a disseminare in Francia-analoghe idee, sotto
il nome di fermate di svolgimento (amis de developpement ) ; le
quali idee, in virtu dell' esagerazione , fatlane da alcuni de' suoi di-
scepoli, riuscirono in mano a costoro alia medesima dotlrina del La-
marck, dianzi accennata. Tra quesli primeggia il professore Serres,
a cui alludeva il Milne-Edwards nel testo citato piu sopra. Costui
si esprime cosi : « L' organogenia umana e un' anatomia comparata
transitoria, come alia sua volta I'analomia comparata e lo slalo fisso
e permanente dell'organogenia dell'uomo : e per contrario se si con-
verle la proposizione o il metodo d'invesligazione, se si osserva 1'a-
nimalita dal basso in alto, invece d'assoggetlarsi a considerarla dal-
1 Un ver, un coquillage, un serpent, sont comme autant de chrysalides du
prototype, qui passe de I'etat de plante a celui de scarabee, de l'etat de sea-
rabee a celui de crustace, de l'etat de cruslace a celui de poisson. Considera-
tions philosophiques sur la gradation naturelle des formes de 1'etre, ou des
Essais de la nature qui apprend a faire 1'homme.
2 Itecherches sur I organisation des corps livants (1802; e Philosophic
zoologique.
278 DELL' UNIT! DI TIPO
Talto in basso, si veggono gli organismi della serie riprodurre senza
posa quelli deH'embrione e fissarsi in quello stato, che divieneper gli
animali il termine del loro svolgimento. La lunga serie dei cangia-
menti di forma, che offre il medesimo organismo nell'anatomia com-
parata, non e che la riproduzione della serie numerosa delle trasfor-
mazioni, a cui quest'organismo soggiace nell' embrione nel corso dei
suoi esplicamenti. Nell' embrione il passaggio e rapido , a cagione
della potenza della vita che 1' anima ; nell' animale la vita dell'orga-
nismo e esaurita, ed essa si ferma la , perche non le e dato di per-
correre il corso traccialo all' embrione dell' uomo. Fermata dall'ima
parte, cammino progressive dall' altra ; ecco il segrelo dello svolgi-
mento , ecco la differenza fondamentale , che lo spirilo umano puo
apprendere tra 1'anatomia comparata e 1'organogenia. La serie ani-
male, considerata cosi ne' suoi organismi, non e che una lunga ca-
tena d'embrioni, che si succedono gradatamente ad intervalli ed ar-
rivanti infine all' uomo , il quale trova cosi il suo svolgimento fisico
nell'organogenia comparata 1. »
1 L'organogenie humaine est une anatomie comparee transitoire, comme a,
son tour I'anatomie comparee cst I'etat fixe et permanent de I'organogenie de
I'homme ; et par contre, si Von retourne la proposition ou la methode ^inve-
stigation., si I'on observe I'ammalite de bas en haut, au lieu de s'assvjetlir a
la considerer de haut en bas , on voit les organismcs de la serie reproduire
sans cesse ceux de Yeinbryon, et se fixer a cet eta! qui devicnt pour les ani-
inaux le (erme de leur developpement. La longue serie des changements de
forme, qu'offre le meme orqanisme en analcntie c^wpareejn'est que la repro-
duction de la serie nombreuse des transformations, que cet organisme subit
chez I'embnjon dans le cours de ses developpements. Chez I'embryon, le pas-
sage est rapide, a cause de la puissance de la vie qui Vanime ; chez I'animal ,
la vie de I'organisme est epuisee et il sarrvte laparce qu'il ne lid est pas
donne de parcourir la course tracee a I'embryon de I'homme. Arret d'une
party marche progressive de I'autre, voila tout le secret du developpement ,
voila la difference fcndamcntale, que I' esprit h umain pent saisir entre I' ana-
tomie comparee et I'organogenie. La serie animale , considcree ainsi dans ses
organismcs, n'est qu'une longue chaine d'ewbryons jalonnesd'espace en espace,
et arrivant enfin a I'homme , qui trouve ainsi son explication physique dans
I'organogenie comparee. Precis d'anatomie traoscendante, appliqueeala phy-
siologic, parM. SERRES. Paris 1842, pag. 90.
NEL REGNO AMMALE 273
Cosi il Serres. Ed allrove: « II Regno animale lullo inlcro noa
apparisce altrimenli in qualclie modo , che come un solo animale, il
quale , in via di formazione nei diversi organismi , s' arresta nel suo
svolgimenlo qui piu presto, lapiutardi, edeiermina cosi, in ciascun
tempo di tali interruzioni, per lo slato slesso nel quale esso allora si
irova, i caralleri distiulivi e organic! delle classi , dclle famiglie ,
dei generi, delle specie 1. »
II.
Si rigetta con ragioni filosofiche.
La vanil§, della sovraesposta dottrma si manifesta primieramente
dalla debolezza del fondamento , a cui essa unicamenle si appoggia.
Questo fondamento non e allro, che una tal quale somiglianza che si
scorge a prima vista tra le forme rudimentali , che nei primi passi
del suo svolgimento 1'cmbrione umano rivesie, con le forme d'alcuni
animali inferiori. Imperocche il germe, per questo slesso che non
ha, come si pretendeva una volta, in proporzioni microscopiche,
tutto 1'organismo del corpo umano, ma ad acquislarlo dee passare
dalla polenza all' alto; per questo stesso, diciamo, ccoslretlo a sog-
giacere per qualclie tempo a una conlinuata metamorfosi, doe a Iras-
formazioni successive, che gli danno di verso aspelto, da quello di
semplice nocciolo o piccolo disco fino alia perfetla configurazione
umaua. Or egli e chiaro che in questo graduate trapasso dalla mera
polenza all' atlo d' un' orgamzzaziono cosi perfelta, puo e deve avve-
rarsi nelle forme mediane ed incompiute qualche analogia c quasi
convenienza con alcuna delle iunumcrevoli forme degli organismi
1 Le Regne animal tout cntier n'apparait phis en quelque sorle que comme
un seul animal, qui, en voie de formation dans Us divers organismes, sarrete
dans son developpement id plus lot, la plus tard, et determine ainsi a chaque
temps de ces interruptions, par I'elat mume dans le quel il se Irouve alors, les
caracteres dislinctifs et organiques des classes f des families , des genres, des
especes. Opera citata, pag. 19.
280 BELL* UNITA DI TIPO
inferior! del Regno zoologico. Ma evidentemente tra Tanalogia e
1' identita ci ha immenso divario; e 1'analogia con alcune di tali
forme non da verun dirilto ad inferirla con tutte. II perche merita-
mente la leorica, di cui tratliamo, \ien disprezzata da' piu nominati
naturalisli, e ienuta in con to di un mero giuoco di fantasia forviata.
« Secondo il Lamarck, cosi di essa parla il Fredault nella pregiatissi-
ma sua opera, tulti gli animali non sono che gradi inferior! , nei quali
si e arrestato un germe umano nello svolgere se stesso , e 1' uomo
non e che il risultalo degli sforzi ultimi d'una nalura, che ha percorso
successivamenle i gradi del suo noviziato, ed e arrivalo all' ultimo
limite della sua perfezione. Presentata sotto questo aspetto Yepigenesi
sollevava contro di se il piu semplice buon senso scientifico, siccome
quella che si chiarisce manifestamente erronea. Numerosi lavori in-
torno allo svolgimento del germe han dimoslrato che si erano scam-
hiate le apparenze colla realla, e che 1' immaginazione avea falto un
yero romanzo. Egli resta provato che se a certe epoche del suo espli-
camento il germe umano rassomiglia da lontano, vuoi a un verme,
Tuoi a un retlile, queste rossomiglianze son mollo rimote ; e che con-
Tien credere sopra un lal punto do che si crederebbe d'un uomo, il
quale guatando le nubi dicesse che egli yi scopre di palagi , i giar-
dini d'Armida , di cavalieri, di armale e lutlo che una fantasia
sommamente riscaldata puo concepire J . »
1 Suivant Lamarck, tons Us animauxnc sont quedes degres inferieurs, aux-
qucls s' est arrete un cjerme humain en se developpant, et V homme n'est que
le resultat des efforts acheves d' une nature, qui aparcoitru successivemcnt les
dcgres de son apprentissaye, et est arrivee a la derniere limite de saperfe~
ction. Sous cette maniere de se presenter, Vepigenese revoltait le plus simple
*bon sens scientifique; il etait evident qu' il y avait erreur. Des travaux nom-
tireux sur le developpement du germe ont montre que V on avait pris de&
apparences pour la verite, et que I" imagination avait fait un vrai roman. R
demeure prouve que si, a certaines epoques de son evolution, le germe humain
ressemble de loin, soit a un ver, soit a un tdtard, cesont la des ressemblances
fort lointaines; et qu' il ne faut croire sur ce point que, ce qtf on croirail
d* un homme qui, V oeil fixe sur les nuages, dirait qu' il apercoit des palais,
les jardins d'Armide, des chevaliers, des armees, et tout ce qu' une imagination
echaufjfee pent concevoir. Physiologie generale etc. Pag. 366.
NEL REGNO ANIMALE 281
Senonche, prescind endo cziandio da tullo do, I'opinione, da noi qui
combaltuta, nascc ne' suoi difensori da lolale mancanza di concelli
fllosofici; ed e qucsla una novella prova della necessity che ci ha in
qualunque scienza dei detlami della scienza principe e dominalrice
delle altre. Ouella slranezza dell' unita di Upo e delle sue fermale per
coslituire le forme dcgli animali inferiori, non sarebbe potuta sorgere
in capo a nessuno, il quale avesse poslo mente alia immutabilila delle
essenze e alia ragione di formazione d' una cosa. II farsi non si dif-
ferenzia dal fatto, se non come via dal termine. Ambidue sono nello
stesso ordine; 1' uno dice movimenlo, l^altro riposo. La loro diver-
sita e riposta in cio solo, die quello, che nel lermine si Irova svolto
e compiuto, nel promuoversi verso un lal termine si trova abbozzato
e in tendenza a formarsi. Quinci conseguita, che qualunque sia il
punto, in cui voglia considerarsi 1'embrione di ciascun animale, esso
non e altro che 1' organismo lotale del medesimo in via di formazio-
ne; e pero diflerisce sostanzialmerile da ogui altro. organismo, come
ne differisce il termine, verso cui precede. E quel che diciamo dell'in-
tero organismo, vuol dirsi proporzional mente di ciascuna sua parle,
la quale per essenza sua e relaliva al tullo, e segue la natura del
tulto. II primo rudimenlo, verbigrazia, delle mani deH'uomo slolla-
mente si agguaglierebbe alle ali dell' uccello o .alle pinne de' pesci.
Esse come sono mani dopo fatle, cosi sono mani nel farsi ; e come
& diversa la loro coslrultura, cosi e incommulevole il loro essere.
Quale che sia la simiglianza tra le prime apparenze deirembrione
umano e le forme degli animali piii bassi; esse non sono effetto di
una esistenza stabile, ma di un' esistenza transitoria e passaggiera;
la quale non costiluisce veruna specie, ma solo ed essenzial mente e
in movimento alia formazione d' una specie. Per conlrario le forme
che presentano gli animali, gia costiluili nel proprio essere, sono ap-
parlenenli a un' esislenza stabile e permanente, che diversified 1' una
specie dall'allra. La diffcrenza dunque tra la prima e la seconda di
tali esislenze e intima e sostanziale ; ne puo converlirsi in eslerna
ed accidental, come sarebbe se consistesse nel fermarsi o cammina-
re piii innanzi. II movimento o la tendenza a divenire un' altra cosa,
che si avvera nel germe, finchd esso non sia giunlo all' organizzazio-
282 DELL' UNIT! DI TIPO
DC perfelta, relativa al vivente che dee produrre , non e qualita die
possa rimuoversi, perche si confonde coll' essenza stessa del subbietio
in cui si Irova. L' essenza slessa adunque bisognerebbe cambiare in
lui per otlenere che per conlrario vi si avverasse slabilita e consi-
stenza. Ma se 1' essenza slessa si cambia, siamo fiiori della quistione ;
giacche non piu 1'embrione umano, fermalo a tale o tal punto del suo
carnmino, bensi un altro essere verrebbe sostiluilo al primo, pogna-
nio di analoga apparenza esteriore , ma sostanzialmente diverse- , il
qualc cosiHiiirebbe 1' animale di grado inferiore. Insomma ciascun
aniniale e circoscriUo nella propria specie , come ogni altro essere
della natura. Se per giugnere alia perfezione , richiesta per la sua
indipendenle esistenza, ha bisogno di svolgimenlo, ogni grado dital
cammino e un' incoazione del scguenlc, e non puo stare che come ta-
le. Snaturarlo e converlirlo in essere permanente c tanto impossible,
quanto e impossible ii mulare un' essenza in un'aHra.
1)1 pii\ , nella scntenza die rifiuliamo , converrebbe dire che tutfi
gli animali , salvo 1' uomo , non sono che altrettanti mostri ; perche
non sarcbbero die deviazioni , per difetto d' ulteriorc svolgimen-
to , da do che la uakira intende propriamente di fare come vero
tcrmine della sua azione. Cos! Tanomalia si convertirebbe in legge,
II disordine in ordinc , 1' avvenimento accidcntale in fatto costante.
Inlioe, nella predelta ipotesi converrebbe aifermare, che non solo
sieno apparse success! vamenle sulla terra dapprima le specie inferior!
e piu imperfelle, e dappoi le piu nobili e piu vicine al tipo unico e per-
fetio, die si dice essere Tuomo; ma inollre dovrebbe sostenersi, che
all'apparire di una specie piu perfella sia scomparsa la precedente,
la cui gradual perfezione era minore. Imperciocche qual altra ragio-
ne si potrebbe addurre del fermarsi che fa, per esempio, all'uccello
la natura, la quale pur intende di far nascere 1'uomo, se non questa,
che doe le cause non soiio ancora debitamente disposte a dare T es-
sere all' uomo , ovvero che le circostanze non sono al tullo favorevo-
li alia produzione di queslo animale perfello? Adunque pronte cho
sieno le cause e propizie le circostanze, forza e che nasca 1' uomo
e che riello slesso tempo si estingua 1' uccello. Ma tulto cio contrad-
dice alia osservazione ed all' esperienza. Poiche tulle le specie insie-
NEL REGNO ANIMALE 283
me col tipo sono della stessa data, e veggonsi nascere coslanlemen-
le insiemc nolle circoslanze medesime, che sono comuni a tulle, sia
di temperatura, sia di almosfera, sia di laliludine e simili. Dunque
la teorica dell' unita di tipo nel regno animale , e delle fermate di
svolgimento, perispiegare le specie inferior! all'uomo, cade per ter-
ra, lanto solo che si guardi sollo aspelto filosofico.
III.
Si rigetta con ragioni fisiologiche.
Ma piu che le ragioni filosofiche varranno in questa maleria le
fisiologiche , siccome quelle che piii da vicino si attengono al sub-
bietto, ed hanno in loro favore la palpabile evidenza del fatlo. Per
ollenere tali ragioni ci volgeremo a tre celebralissimi naturalist!,
che saranno come rappresentanli deli' immensa schiera degli allri,
che non possono per brevila allegarsi.
II Flourens dimostra erronea 1'unita di tipo e di disegno nella co-
strutlura dei diversi animali, ricorrendo alia diversita del sistema ner-
veo e della scambievole rispondenza delle parti tra loro. Fondamento
dell' organismo animale e certaraente il sistema nerveo, strumento
generate delle funzioni della vita, del sentimento, del moto. Se dun-
que una sola idea archetipa presiede alia formazione dei diversi or-
ganismi, un solo sistema nerveo dovrebbe apparire in ciascuno, piu
o meno svollo o arrestato. Ora 1'esperienza ci manifesta il conlrario;
cioe sislemi nervei diversi nei diversi animali , ordinal! a diverse
funzioni , e lull! e singoli perfelti nel proprio genere. « Ci ha egli ,
cosi 1' illuslre naluralisla, unilh di tipol Dire che non ci abbia cho
un solo tipo , e dire che non ci ha se non una sola forma di sistema
nerveo ; poiche e. la forma del sistema nerveo quella, che decide del
tipo , vale a dire della forma generale dell' animale. Or si puo dire
che non ci ha se non una sola forma di sistema nerveo? Si puo dire
che il sistema nerveo dello zoofito sia lo stesso , che quello del mol-
luscol II sislema nerveo del mollusco sia lo stesso, che quello dell'ar-
284 DELL' UNIT! DI TIPO
ticolatol II sistema nerveo dell' articolato sia lo stesso , che quello
del vertebrate ? E se non si puo dire che ci abbia un sol sistema ner-
Teo, come puo dirsi che ci abbia un sol lipo .1? »
II medesimo discorso egli fa per T unita di disegno. Ciascun cor-
po animale e architetlato diversamenle , in ispezie quelli che appar-
tengono air una o all' altra delle grandi classi , in cui si ripartisce
il Regno animale. II disegno dunque di ciascuno e diverso; e diver-
sa I* idea esemplare , che ne prescrive la norma. Nessun animale
adunque puo considerarsi come 1' abbozzo di un allro : « Ci ha egli
unita di disegno ? II disegno e la posizione relaliva delle parti. Si
concepisce benissimo Y unita di disegno, senza Y unita di numero; e-
gli basla che le parti, qual che ne sia ii numero, conservino sempre
le une per rispetlo alle altre le medesime posizioni. Ma si puo dire,
che il vertebrate, di cui il sistema nerveo e collocato sopra il cana-
le digestive, sia falto sul medesimo disegno cbe il mollusco , di cui
il canale digestivo e collocato sopra il sislema nerveo? Si puo dire
che il croslaceo, di cui il cuore e collocato al di sopra della midolla
spinale , sia falto sul medesimo disegno che il vertebrate, di cui la
midolla spinale e collocata al di sopra del cuore ? La posizione rela-
tiva delle parti e ella mantenuta? Non e ella per contrario evidente-
mente rovesciata ? E se vi ha rovesciamento nella posizion delle
parti, come puo esservi unita di disegno 2?»
1 Y a-t-il unite cle type? Dire qu'il n'y a qu'un seul type, c' est dire qu'il
fiy a qiCune seule forme du systeme nerveux; car c'est la forme du systems
nerveux qui decide du type, c'est-a-dire de la forme generale de V animal. Or
peut-on dire, quil ny a quune seule forme du systeme nerveux? Peut-on dire
que le systeme nsrveux du zoophyte soil le mem* que celui du mollusque? Le
systeme nerveux du mollusque le meme que celui de I' articule ? Le sysleme
nerveux de I' articule le meme que celui du vertebre? Et si Von ne pent pas
dire qu'il n'y ait qu'un seul systeme nerveux , peut-on dire qu'il n'y ait qiiun
seul type? Hist, des travaux de CUVIER pag. 274.
2 Y a-t-il unite de plan? Le plan est la position relative des parties. On
concoit Ires bien I' unite de plan sans V unite de nombre: il suffit que Us par-
ties^ quel qu'en soit le nombre, gardent toujours , les unes par rapport aux
autres, les memes positions donnees. Mais peut-on dire que le vertebre, dont
le systeme nerveux est place sur le canal digestif, soit fait sur le meme plan
NEL REGNO ANIMALE 285
H Mftller si fa piu da presso a considerare lo svolgimento deirem-
brione umano e, coll'osservazione alia mano, dichiara la falsita del-
la pretesa teorica: « Non ha gran tempo, egli dice, che si sosteneva
con raolta seriet5, che il felo umano , prima d' arrivare al suo stato
perfelto, percorre successivamente i diversi gradi di svolgimento,
che permangono durante 1* intera vita presso gli animali delle infe-
riori classi. Quest' ipotesi non ha il menomo fondamento, come Baer
T ha fallo vedere. L'embrione umano non rassomiglia raai a un ra-
diato, a un insetto, a un mollusco, a un verme. II disegno di forma-
zione di questi animali e al tutto differente da quello degli animali
vertebrati. L' uomo dunque potrebbe al piu rassomigliare a questi
ultimi, poiche egli ancora e vertebrato, e la sua organizazzione 5
costruita secondo il tipo comune a quesla gran divisione del Regno
animale. Ma esso ne pur rassomiglia in un dato tempo a un pesce,
in un allro a un retlile, a un uccello, eccetera. L'analogia non c mag-
giore tra lui e un reltile o un uccello : essa non oltrepassa quella che
nanno tra loro tutti gli animali vertebrati. Durante i primi tempi della
loro formazione tulli gli embrioni degli animali vertebrati offrono in
lutla la loro purezza i tratti piu general! e piu semplici del tipo d'un
animale verlebrato, e cio fa che essi si rassomiglino per guisa, che
si dura sovente falica a dislinguerli tra loro. II pesce, il rettile, l'uc-
cello , il mammifero e 1' uomo sono da principio 1' espressione piu
semplice del tipo comune a tutti ; ma essi se ne allontanano a poco
a poco, secondo che essi si svolgono, e le loro estremita, per esem-
pio, dopo essersi mostrate simili per qualche tempo, prendono i ca-
ratleri di pinne, di ali, di mani, di piedi e va dicendo. Ecco perche
tulti gli embrioni hanno da principio al collo degli archi separati
per alcune fessure , ai quali si da impropriamente il nome d' archi
branchiali ; poiche non ci ha quivi che 1' espressione d' un disegno
que le mollusque , dont le canal digestif est place sur le systeme nerveux ?
Peut-on dire que le cruslace, dont le coeur est place par-dessus la moelle e-
piniere, soit fait sur le meme plan que le vertebre, dont la moelle epiniere est
placce par-dessus le coeur, etc.? La position relative des parlies est-elle gardee?
N' est-elle pas, au conlraire , evidemment rcnversee? Et silya renverse-
went dans la position des parties, y a-t-il unite deplan? Luogo citato, p. 275.
286 DELL' UNIT! DI TIPO
generate, senza nienle di cio che caralterizza una branchia propria-
mente delta. Presso tutti i verlebrati quest! archi sono percorsi da-
gli archi aortici, che si riuniscono in dietro per produrre V aorta. I
pesci sono i soli, presso cui si compie qui una metamorfosi progres-
siva? avente per risultato 1'apparizione di regoletti branchiali sopra
alcuni degli anzidelti archi , e la conversione degli archi vascolari
in un sistema di vasi pettiniforrai, composli di tronchi arteriali e di
tronchi venosi, presso i quali quelli si riuniscono per produrre 1'aor-
ta. La stessa cosa ha luogo presso i rettili nudi; ma le loro bran-
chie dispariscono al tempo della metamorfosi, i loro vasi branchiali
si riducono ad archi primilivamente indivisi, e i loro archi branchia-
li si cancellano in gran parte egualmente che presso i reltili scaglio-
si, gli uccelli, i mammiferi e 1'uomo ; essi si convertono tosto in al-
tre formazioni, destinate a persistere lulla la vita. Qui parimente i
inolliplici archi aortici , espressione del disegno piu generale e piu
semplice degli animali vertebral! , svaniscono e non ne reslano che
qualtro o due presso i rellili scagliosi, ed un solo presso gli uccelli i
mammiferi e 1' uomo *. »
Alia medesima considerazione della genesi embrionale si appog-
gia il sig. Milne-Edwards ; il quale dice cosi : « lo ammeilo con
Geoffroy Saint-Hilaire che sovente si trova una grande analogia tra
lo stato finale di alcune parti del corpo di cerli animali inferior! e lo
stato embrionale di queste stesse parti presso altri animali apparte-
nenti al medesimo tipo, dei quali pero 1' organismo si perfeziona ul-
teriormente ; e chiamero volentieri con questo filosofo fermata di
svolglmento la causa di questo slato d' inferiorita permanenle. Ma io
mi guarclero bene d'ammeltere con alcuni de'suoi discepoli che 1'em-
brione deH'uomo o d'un mammifero qualunque rappresenti ne' suoi
diversi gradi di formazione le specie meno perfette della Creazione
animata. No ; un mollusco o un anelide non e un embrione d' un
mammifero, arrestato nel suo svolgimento organico , nientemeno di
quello che il mammifero stesso non e per certo un pesce perfeziona-
to. Ciascun animale porta con se fin dalla sua origine il principio
1 Manmle di Fislologla tradotto dal tedesco, tomo 11^ pag. 723.
NEL REGNO ANIMALE 287
dclla propria individual! ta spccifica, e lo svolgimento del suo orga-
nismo, conformemente all'abbozzo generale del disegno di struttura
propria alia sua specie , e serapre per esso lui una condizione della
propria esistenza. Non ci ha mai parita corapiula ne Ira un animale
adulto e un embrione d'allro animale, ne tra uno de'suoi organi e lo
stalo transitorio del medesimo in via di formazione ; e la moltiplici-
ta dei prodotli della Creazione non potrebbe spiegarsi per una simi-
le Irasmutazione di specie. Noi vedremo in processo che in ciascun
gruppo zoologico, composto di animali che sembrano essere deriva-
zioni d' un tipo fondamcnlale comune, le diverse specie non presen-
lano da principio tra loro alcuna differenza apprezzabile ; raa tosto
cominciano a poco a poco a distinguersi per varie pariicolarila di co-
strutlura sempre piu crescenti e numerose. Or ciascuna specie acqui-
sla cosi un carattere tutlo suo proprio , die la scpara da ogni allra
specie in via di svolgimento, e ciascuno de' suoi organi diviene dif-
ferente da do cbe sono le parli analoghe presso un embrione qua-
lunque. Ma i cangiamenli che 1'organo o 1'essere intero riceve, dopo
che essi son deViati dalla forma genesiaca comune, sono in generale
tanto meno considerevoli, quanto Tanimale e destinaio ad acquistare
un organismo meno perfelto, e per conseguenza essi conservano so-
vente qualche rassomiglianza con queste forme transitorie 1. »
1 J'admets avec Geoffroy Saint-Hilaire, que souvent II existe une grande
analogic entre letat final de quelques parties du corps de certains animaux
inferieurs et I'etat embryonnaire de ces mcmes parties chez d'auires animaux
appurtenant an ineme type, mais dont I'organisme se perfections davantage,
etfappellerai volontiers avec ce philosophe, arret de developpement, la cause
de eel etat d'inferiorile permanente; mai je me garderai bien d'admetlre atec
quelqnes-uns de ses disciples, que Vcmbryon de rhomnie ou d'un mammifcrc
quelconque represente, a ses divers degres de developpement, les especes moins
parfailes de la Creation animee. Non; un mollusque ou un annelide n'estpas
plus un embryon de mammifere arrete dans son developpement organique que
le mammifere n'est un poisson perfections. Chaque animal porte en lui, dcs
son origine, le principe de son individualite specifique, et le developpemenl
de son organismej con formement au trace general duplan de structure propre
A son espece, est toujours pour lui une condition de son existence. 11 riy a ja-
mais parite complete, ni cntre un animal adulte et un embryon d' outre animal,
288 DELL* UNITA DI TIPO NEL REGNO ANIMALE
La ragione dunque e 1' esperienza , T idea ed il fatto , la Filosofia
e la Fisiologia , s' accordano insieme a protestare contro quell' arbi-
traria doltrina dell' unila di iipo nel regno animale, la quale non ha
altra origine se non la mancanza di buone nozioni scientifiche e la
superflcialc osservazione dei fenomeni della nalura. Pel prirao difet-
to non si e considerate che se diverso e il fine di ciascuna specie
animale , diverso ne e 1' essere ; e quindi diverso e il Iipo che pre-
siede come norma e legge suprema alia formazione dell' essere. Pel
secondo difetto si sono scambiate in identita e universalita di feno-
meno alcune parziali e tenuissime analogic , e la realta colle mere
apparenze.
ni entre un de ses organes et I'elat transitoire du mcme organe envoie de for-
mation, et la multiplidle des produils de la Creation ne saurait s'exphquer
par une pareille trasmulalion des especcs. Mais nous verrons par la suite que
dans chaque groupe z-oologique, compose des animaux qui semblent elre des
derives d'un type fondamentale commun, les diverses espcces ne presentent
d'abord enlre elles aucune difference appreciable; tnais ensuite se dislinguent
peu a pen par des parlicularites de structure de plus en plus nombreuses. Or,
chaque espece acquiert ainsi un caraclere special qui la separe de tout autre
espcce en voie de dcvcloppement, et chacun deses organes dement different ds
ce que sont les parties corrcspondantes chcz un embryon quelconque; mais les
changemenls que I'organe ou I'ctre tout entier eprourent apres qu'ils se sont
devies ainsi de la forme genesique commune sont en general d'autant moins
considerables, que I 'animal cst destine a acquerir une structure moinsparfaite,
et par consequent Us conservent souvent quelque ressemblance avec ces formes
transitoires. Lecons sur la physiologic et Y anatomic comparee etc. Paris
1857. Tom. Jf pag. 31-33.
LA CONVENZIONE
DIALOGO
DI TORINO E DI ROMA
Torino. Posciache la scienza, secondo che ora si dice, ha sop-
presse le distanze , mi pare che noi potremrao profiltare di questa
soppressione per dirci due parole direttamente.
Roma. Oh ! Torino! Ti riconosco alia tua diriltura. Dirittura del-
le tue vie , intendiamoci.
Torino. Intendo, intendo. Ma lasciamo, se ti piace, per im poco,
gli epigrammi ; e facciamo di accordarci , se e possibile. Non do-
vresti ignorare che in eadem damnatione sumus.
Roma. Di te mi rimetlo al tuo buon giudizio. Ma, quanto a me ,
grazie a Dio, non credo di essere in istato di dannazione.
Torino. Vedo che non mi so spiegare. Voleva dire che siamo nel-
lo stesso caso di Capitali minacciale fieramente di scapilare ; tu per
un lato, io per tutti. Non sarebbe bene che, fmche siamo a tempo,
facessimo di provvedere?
Roma. Troppo tardi pensi alle provvidenze. Del resto, per me io
non lemo niente. Roma e la citta eterna. Ne ho visli a passare del
barbari! Ma enlravano per la porta Trionfale, ed uscivano per la
Stercoraria. Non so se mi inlendi.
Torino. Una cosa intendo : ed e che non mi vuoi intendere. Ma
ti faro ben intendere io. Dimmi un poco , o Roma , ti ricordi del
quarantotto ?
Serie Y, vol. XII, fasc. 351. 19 24 Ottobre 1864.
290 LA CONVENZIOSE
Roma. Se me ne ricordo! Basla guardare su Ponle, Y Angelo del
Yollo Santo , die ancora ne porla il piedestallo schiaccialo a tondo
e screpolalo da una palla di cannone di allora.
Torino. Or chi ti attiro qaelle cannonate fuorche la tua fellonia?
Le tue iulenzioni , o Roma , non erano allora piu dirilte delle
tue vie.
Roma. Le mie intenzioni ! La mia fellonia ! Mi maraviglio di te.
lo fui sempre fedele al Papa. CM infelloni allora fu la canaglia pio-
Yutami di faori , c chi sa che non anche da Torino.
Torino. Ed io ne bo pochi dei tuoi, piovulimi di qui, eh? E li as-
sicuro che, al vederli e provarli, ho capilo benissimo quel detto che
corruptio optimi pessima. I presbileri specialmenle ... Ma non vo-
glio toccar ora questo tasto. Voglio solamente farti osservare che
anch' io posso dire , come te , che sono i foraslieri quelli che mi
fanno perdere il credito. Del resto io non ho ancor arsi i confessio-
nali, ne macellati i preti.
Roma. E dalli col calunniarmi ! Che ci enlrava io allora con un
branco di furfanti, impadronitisi dello Slalo?
Torino. E che ci enlro io adesso con un Governo di framassoni,
che hanno piantata la loro baracca sovrana in piazza Castello? Sen-
xa dire che io non ho ancor caccialo il mio Re , che poi non e
un Papa !
Roma. La vuoi fmire con queste calunnie? Quando vorrai inten-
dere che io non debbo rispond ere delle furfanlerie dei miei padroni
di allora?
Torino. Ed io dovro rispondere delle furfanlerie dei miei padroni
di adesso?
Roma. Ma, in somma, che pretendi?
Torino. Pretendo anzi tutto che m' invili a sedere, da quella cor-
lese Roma ospitale, che sei con tulti i forastieri.
Roma. Or sediamo in buon' ora qui al Pincio, in prospetto della
Cupola di S. Pielro. Ed ora che vuoi da me?
Torino. Yoglio in secondo luogo che non mi guardi cosi in ca-
gnesco, come se io fossi qui venuta a rubarli il Carnpidoglio. Sai in
con chi parli ?
DIALOGO DI TORINO E DI ROMA 291
Roma. Con Torino.
Torino. Ma con quale delle due? Giacche ci ha la Torino mitica,
idcale , rivoluzionaria e , se vuoi , cartacea ; poiche non si Irova Yi-
venle fuorche nelle sucide carlacce dei giornalisti libertini, eke come
si sognano un' Italia a loro uso , cosi dipingono una Torino a loro
servizio. Ma -vi ha ancora la Torino reale, la \era Torino, quella che
La fatle le dimostrazioni del Settembre. Con questa li trovi ora a
discorrere.
Roma. Ah! Tu sei la Torino delle dimostrazioni? Eccoli colla in
folio. Tulli i giornali hanno detto che il luo nioto fu falto al grido di:
Vocjliamo Roma. Ora io li assicuro che Roma non vuol Torino.
Torino. Ed io ti assicuro che Torino non vuol Roma. Torino vuol
Torino , e nienie altro. Appena sapulosi della Convenzione , colla
clausola del trasporto della Capitale a Firenze, il duolo, la costerna-
zione fu in me universale. I giornali fecero quello che polerono, po-
verelti, per tenermi tranquilla. Quei giornalisti, che ora dicono che
il mio fu un moto italiano , tremavano a verga pel venlo municipale
che soffiava. Se il mio moto fosse stato italiano , non vedi , o Roma,
che ci avrebbero soffialo dietro anch'essi? In vece fecero ii possibi-
le per chiuderlo nei loro sacchi di Eolo. Ma si ! Chi bada in Torino
ai giornalisli nei momenti d' imporlanza? Noi li conosciamo quesli
giullad , questi scappati di casa , questi mercanti di vento parlalo.
Dunque ho fatte le mie gloriose giornate. Giornate municipali, gior-
nate torinesi, giornate reazionarie e codinesche. Tanto e vero che i
framassoni le riceveltero a fucilate. Infamacci ! Ricevere a fucilale un
popolo inerme e pacifico ! Ma 1' hanno pagata cara! Minghetti, il Ira-
ditore di Pio IX , il grande economista di casa sua , che empi i for-
zieri suoi vuotando quelli dello Stato, Minghetti e scappato come una
saelta, e ora non si sa dove sia. Ma dovunque sia, ode il concerto di
\ituperii che gli si suona dielro in tutta Italia. Peruzzi che non avea
lascialo senza pingue impiego nessuno dei lacche di sua famiglia,
Spavenlail poliziolto, Pisanelli il sacrestano, e tulta la masnada,
chi di qua , chi di la , credeltero aver falto il buon \ iaggio abban-
donando i portafogli e me , colle ossa sane. Genie avvenlurata sono
questi Ministri che hanno tutti 1' arle di sopravvivere alia loro fama!
£92 LA CONVENZIONE
Or bene ; che cosa voleva io significare con quel brutlo tiro che fed
al Ministero? Quello clie tulli intesero. Volli doe significare che io
Intendeva rimanere Capitale, e conservare il Re e la Corte.
Roma. E il Parlamento.
Torino. II Parlamenlo Io lascierei volontieri a chi Io vuole. Che mi
ha portalo di buono il Parlamento? Non vi e Deputato che non si sia
impinguato, dilatato, ingrassato, arricchilo. L' impoverito e il po-
polo, carico di debili e d' imposle. E io ti assicuro , o Roma, che
se venisse un colpettiuo di Stalo , che rnandasse a casa tulle queste
sanguisughe del tesoro e cicale di state, i soli a lamentarsene sareb-
bero le cicale e le sanguisughe.
Roma. E non faresti rivoluzione per questo?
Torino. La rivoluzione in lal caso la farebbero i giornalisli. Ve-
dresti allora che arlicoli furibondi! Che figure relloriche di calibro !
Che fremitil Che minacce! Tullo venlo sprecato che non farebbe al-
zar una mano a nessuno. La Torino milica, la Torino carlacea sa-
rebbe in bollimenlo. La Torino reale riderebbe de' giornalisli, con-
dannali a non aver piu le chiacchiere del Parlamenlo per zavorra del-
le loro bar che di carta.
Roma. Ma intanto e cerlo che, menlre tu eri in movioiento, si
udirono le grida di : Vogliamo Roma e simili. Ouelle non erano grida
cartacee.
Torino. E possibile. Io avea allora altro da fare che slar allenta
a tulle le grida che si proferivauo. Ma quelle grida doveltero essere
come le lue bombe del dodici Aprile. Sai bene, o Roma, che, do-
yunque v' e folia, vi sono i tagliaborse.
Roma. Questo Io so.
Torino. Or bene i mazziniani, i garibaldini, erano in quei gior-
ni in mezzo a me, come i tagliaborse e i bombardier! exgaleolli nelle
folle. Nessuno pensava a Roma allora in Torino. Tulli pensavano a
Firenze. Finite le mie grandi giornale, la parola venne natural men-
te in bocca ai giornalisli. I quali ora dicono che il mio molo fu un
moto italiano, tanlo per coprir il fallo e veslirlo a modo loro. Giac-
che i giornalisti non possono inghioltirla questa, che si sia falto in
Torino un molo reaziooario e municipale si clamoroso. Percio pro-
DIALOGO DI TORINO E DI ROMA
curano di traveslirlo. Ma questc loro frollole le possono credere a
Milano o a Firenze. lo so bene quello die e slalo.
Roma. Ma che sar& poi?
Torino. Appunto per saper queslo sono venuta a visitarti. Ho det-
to tra me. A Torino nessuno sa capire un' acca di questa Convenzio
ne. Piu ne parliamo c meno ne intendiarao. D'allra parte, e mio in-
leresse di capirne qualche cosa a tempo per \Tedere poi che sia a
fare. Perche non farei segretamenle un viaggetto a Roma? Chi sa
che cola non si sappia qualche cosa di chiaro ? Dimmi un poco , o
Roma, che si pensa qui di quesla Convenzione ?
Roma. Poco o nieale.
Torino. Dunque ne capite niente anche voi altri?
Roma. Pensandoci sopra, forse qualche cosa se ne potrebbe ca-
pire. Ma porta egli il pregio di perdere il tempo a pensar a queste
cose? Tra due-anni, come diceva colui, o 1'asino e morto o la cavez-
za 5 rotta.
Torino. Tu te la pigli molto consolata. Ma non vorrei essere io
1'asino o la cavezza. Sai che si tratta per me di vita o di inorte. Ro-
ma sara sempre Roma. Ma Torino che diventera?
Roma. Una citta di provincia.
Torino. E Dio non voglia che non anche una misera sede di un
Prefetto francese.
Roma. Anch' io sono slata sede di un Prefetto francese. Ma vedi
la Provvidenza ! Quella Prefettura duro appunto il tempo necessario
perche il sig. Prefetto francese avesse lullo 1'agio di scrivere un bel
libro sopra la sapienza della legislazione ponlificia, intorno alia col-
tivazione dell' agro romano. Finito il libro fu fmita la Prefettura. E
Pio VII torno a tempo per porre la sua iscrizione sopra alcuni lavori
fatti qui dai Francesi.
Torino. Lo so. Roma sara. sempre Roma. Ma io non sono Roma. E
poiche non sono Capitale del mondo, vorrei almeno continuare ad es-
sere la Capitale del Piemonte. Possibile che tunon abbi un consiglio
da darmi ?
Roma. Potresti dire le tue ragioni ai Depulali.
294 LA CONVENZIONE
Torino, Quella non e gente capace di udir ragioni. E lo dovresti
ben sapere lu per tua sperienza. Hanno essi udite le tue nel qua-
rantotto?
Roma. No davvero. Hanno sempre parlato e deciso a nome mio,
isenza die io ne sapessi nulla , ed anzi a mio dispetto. E mi ricordo
ohe un bel giorno quei mascalzoni pubblicarono un loro proclama in
cui dicevano : Abbiamo arse le nostre case e le nostre mile. Furfanti
matricolati ! Le nostre case e le nostre mile I Essi, che non aveano di
proprio qui neanclie la pelle, condannata gia damolti tribunal! : essi,
dopo aver atterraia la villa Patrizi, devastata la villa Borghese, ar-
se molte altre ville e case altrui , si vanlarono che, per amor di pa-
tria, aveano arse le loro case e le loro ville !
Torino. Cos! faranno i miei Deputati. Venderanno quel d'altri, e
poi diranno : « Abbiamo rinunziato al nostro ! » E vorranno ancora
^sser pagati di questa loro magnanimita. E tocchera forse ancor a
me a pagare a buoni contanti la mia ruina.
Roma. Sicche non hai speranza?
Torino. Nei Deputati no. Ma, se ho a dirtela, mi da qualche spe-
ranza la Convenzione.
Roma. Come puoi sperare in cio che e la cagione di tutti i tuoi
timori ?
Torino. Spero nella Convenzione appunto perche vedo che niuno
ne e conlento. Qui che cosa se ne dice?
Roma. Gia li ho delto che non se ne dice gran cosa. Mi fu assi-
curato pero , non so con qual fondamento , che quattro disperati ne
avevano moslrata , una sera , al Corso , favorevole opinione j e che
ne erano stati castigati dai gendarmi francesi.
Torino. E curiosa davvero questa Convenzione , di cui non pare
lecito mostrare ne piacere ne dispiacere.
Roma. Percio io, che sono savia, ho lasciato toccar le busse a To-
dno che n' era malcontenta, ed ai qitattro sullodali che n' erano con-
ienli. Io sto a vedere, ed aspetto gli avvenimenti : e della Conven-
zione fo lo stesso caso come se non esistesse.
Torino. Tra noi pero potremmo dime due parole.
Roma. Purche siano brevi ; giacche non mi vorrei compromettere.
DIALOGO DI TORINO E DI ROMA 295
Torino. Non temer nulla. Parlcr6 io. E prima di tulto dico che,
non senza ragione, spero nclla Convenzione medesima. La qualc es-
sendo stata fatta in modo che niuno ne rimane contento, e molto pro-
babile che lulti si accorderanno a non volerla escguire. Si capisce,
in primo luogo, che non ne sono conlenti i piemontesi. Ma non per
questo se ne rallegrano i fiorentini. I quali, o sono retrogradi, e non
vogliono in casa quella Babilonia; o sono framassoni, e vogliono Ro-
ma. Le altre grandi cilta d' Italia non sono contente della perdita
d' ogni speranza di diventar Capilali. Se poi dividiamo 1' Italia, non
geograficamente , ma per partiti , si sa che i mazziniani bestemmia-
no la Convenzione e chi 1'ha fatta, lanto che il Mazzini indirizzo una
sua lettera gratulatoria a me che protestai la prima. I costiluzionali
temono un colpo di Stato e una nuova sconnessione di qualche pro-
vincia italiana da cedersi alia Francia. Dei cattolici non occorre par-
lare. Sicche chi e conlento in Italia della Convenzione?
Roma. I miei quattro del Corso.
Torino. E gli altri quatlro che 1'hanno falta, credendo di far una
bella cosa. Ma, al concerto di fischiate con cui fu ricevuta in Italia,
il Pepoli ed il Menabrea non debbono ora essere meno mortificati
del Peruzzi e del Minghelli. Sicche vedi bene che vi e cento a porre
conlro uno che la Convenzione non si eseguira.
Roma. Ma dunque perche 1' hanno fatta una Convenzione simile ?
Torino. Queslo e il mistero che niuno arriva a intendere. In Fran
cia dicono che fu fatta per assicurar Roma al Papa. In Italia dicono
che fu fatta per assicurar Roma all' Italia. I liberaJi dicono che fu
fatta per ruinare la rivoluzione italiana. I Cattolici dicono che fu falta
per ruinare 1' indipendenza del Papa. Ed ognuno prova bene la sua
opinione.
Roma. Come si possono provar bene opinioni si contrarie?
Torino. Ne faro giudice te stessa. In Francia si dice che la Con-
venzione fu fatta per assicurar Roma al Papa. E si prova benissimo.
Giacche nella Convenzione si stabilisce che 1' Italia, non solo non dee
combattere , ma dee anzi difendere Roma contro ogni aggressione.
Non & egli chiaro che Roma cosi resta assicurata al Papa ?
Roma. E chiarissimo*
296 LA CONVENZIONE
Torino. D'altra parte in Italia si dice che la Convenzione fu fatta
per assicurar Roma all' Italia. E si prova benissimo. Giacche, parliti
una volta i Francesi, le truppe ilaliane verranno difilato a Roma e la
dichiareranno di buona presa. Sai che i principii del non intervento
e dei fatti compiuti sono ora principii grandi ed inviolabili. Non e
egli evidenle che Roma cosi sara assicurata all'Italia?
Roma. E evidenlissimo.
Torino. Ancora si dice dai liberali che la Convenzione e fatta per
ruinare la rivoluzione ilaliaua. E si prova benissimo. Giacche la ri-
voluzione italiana e fondata sopra Roma Capitale. Tolto questo fon-
damento, ruina la rivoluzione. La cosa e chiara.
Roma. E chiarissima.
Torino. Ma, per conlrario, dicesi dai Cattolici che la Convenzione
fa fatta per ruinare 1'indipendenza del Papa. E si prova benissimo.
Giacche 1' indipendenza del Papa e fondata sopra la sua sovranila
temporale in Roina. Tolta Roma al Papa, sara dunque tolta a lui ogni
Indipendenza. La cosa e certa.
Roma. E certissima.
Torino. Provano dunque benissimo la loro opinione, e i Francesi
che trovano nella Convenzione 1' assicurazione di Roma al Papa, e
gli Italiani che vi trovano invece 1'assicurazione di Roma all' Italia ;
i liberali che vi scorgono dentro la ruiria della rivoluzione italiana e
i Cattolici che vi scorgono invece la ruina dell'indipendenza del Som-
xno Pontefice. Mi fanno ridere i giornali francesi officiosi, la France,
il Constilulionnel e compagni, i quali non finiscono di dimostrare che
il Papa dee essere contenlo della Convenzione. Chi puo dubitare di
questo dovere in cui e il Papa di essere contento? Quando egli e as-
sicurato, dee esser contento.
Roma. Contentissimo.
Torino. E vice versa mi fanno ridere i giornali francesi non offi-
ciosi, come V Opinion nationals, il Debats e simili, i quali non finisco-
no di dimostrare che T Italia dee esser contenta della Convenzione.
Chi puo dubitare di questo dovere in cui e ]' Italia di essere conten-
ta? Quando le e assicurata Roma Capitale, dee essere soddisfatta.
Roma. Soddisfattissima.
DIALOCO DI TORINO E DI ROMA 297
Torino. Or come va che niuno c soddisfallo?
Roma. Odi , Torino. Tutto sla nelle cose a guardare lo scopo. In
omnibus respice finern. Se noi riusciremo a trovare lo scopo vero
della Conyenzione, avremo falto il becco all' oca.
Torino. Questo appunto vado cercando: lo scopo, lo scopo.
Roma. Nulla vi e di piu facile che scoprire lo scopo di questa
Convenzione. Basta leggerla.
Torino. L'ho letta tanle voile ! Ma piu la leggo e meno ne intendo.
Roma. Hai letto bene il preambolo?
Torino. II preambolo?
Roma. Gia: il preambolo. Tutto sla a legger attentamenle il pream-
bolo. Sai che non ci e Irallato a queslo mondo che non abbia il suo
preambolo.
Torino. Bene. Or che scende da questo?
Roma. Ne scende lo scopo. Giacche nel preambolo diogni Iratta-
tostasempre determinate lo scopo, preceduto daun gerundio. L'ar-
te diplomalica di trovar lo scopo di una Convenzione sta nello sco-
prire il primo gerundio del preambolo. Dopo il gerundio vien subito
lo scopo. Consulta pure tutli gli Archivii diplomatic!, e troverai sem-
pre che le Convenzioni cominciano col determinare gerundivamente il
proprio scopo. Cosi, per esempio, il traltato di Zurigo diceva : « Le
loro Maestri volendo (ecco il gerundio) volendo metlere un termine
alle calamita della guerra e prevenire il rilorno delle complicazioni
che T hanno fatta nascere. » Ecco lo scopo.
Torino. Non istarmi a recar altri esempii. Consultiamo subilo il
testo della Convenzione , leggiamo il preambolo , troviamo il gerun-
dio, e scopriamo lo scopo.
Roma. Puoi leggere, se vuoi, la raccolla dei trattali del Martens
da capo a fondo, e troverai sempre per prima cosa il preambolo col-
T inevitable gerundio seguito dallo scopo.
Torino. Ora mi ricordo, per esempio, che anche la Convenzione
tra la Francia, I'lnghilterra e la Spagna per gli affari del Messico,
Convenzione che poi ando a monte come lante altre, cominciava co-
si : « Le loro Maesta volendo esigere dal Messico maggior protezio-
298 LA CONVENZIONE
ne ecc. » La cosa e chiara. Ogni Trattato ha il suo scopo nel pream-
bolo. Or bene che dice il nostro preambolo?
Roma. Ecco il preambolo: « Le loro Maesta, il Re d'ltalia e 1'Im-
peratore dei Francesi, avendo
Torino. Avendo: ecco ilgerundio!
Roma. « Avendo deciso. ...»
Torino. Che cosa?
Roma. « Avendo deciso di conchiudere una Convenzione. »
Torino. Deciso di conchiudere una Convenzione! Questo poi non
ci era bisogno di dirlo. Si sa che, quando si fa una Convenzione, si e
deciso di conchiudere una Convenzione. Questo e un mero pleonasmo,
un mero soprappiu, un ornamento rettorico. Ma, poco male. Ya in-
nanzi.
Roma. « Avendo deciso di conchiudere una Convenzione, hanno
nominati loro plenipotenziarii ecc. I quali dopo avere ecc. hanno
convenuto negli arlicoli seguenti. » Seguono i noli articoli.
Torino. E lo scopo?
Roma. E non Thai udito? Lo scopo della Convenzione e di far
una Convenzione. E uno scopo come un altro. « Le loro Maesla, a-
vendo deciso di conchiudere una Convenzione, hanno convenuto ne-
gli arlicoli seguenli. » E come se dicessero: « Abbiamo falta una Con-
venzione per far una Convenzione. » II che, nello slile giornalistico
di adesso, si direbbe, con phi eleganza, cosi: « Avendo sentito il bi-
sogno di far una Convenzione, abbiamo fatta una Convenzione. » Che
pretenderesti di piu? Che le loro Maesta avessero spiattellate al pub-
blico tutte le loro ragioni?
Torino. Potevano dire « Avendo deciso di assicurar Roma al
Papa. »
Roma. Ma allora non 1'avrebbe sottoscritta 1'Ilalia.
Torino. Poleano dunque dire : « Avendo deciso di assicurar Roma
all' Italia. »
Roma. Ma allora non F avrebbe solloscritta la Francia.
Torino. Poteano dunque far a meno della Convenzione.
Roma. No : perche « Aveano deciso di conchiudere una Convenzio-
ne ». Quando una cosa e decisa, bisogna farla.
DIALOGO DI TOBINO E DI ROMA 299
Torino. 6 una Converizione singolarc !
Roma. Unica nel suo genere : nello scopo come nel reslo. Puoi
leggere tutto il Marlens da capo a fondo , che non ne troverai una
simile. Vedi che io avea ragione di dirti che non portava il pregio
che io me ne ocupassi mollo. Tanto piu che io non sono stata con-
sultata.
Torino. E me chi mi ha consultala ?
Roma. Tutto effetto d'indipendenza, di suffragio universale, di ple-
biscito, di pubblica opinione. Poiche ci sono quesli grandi principii,
bisogna bene yederli praticati. E vedi , Torino ! Se mai la lua dis-
grazia vorra che, in qualche altra Convenzione, si decida che tu sia
terra francese, sta pur certa che la lua sconnessione accadra al rim-
bombo dei grandi principii dell' indipendenza , del suffragio univer-
sale, del plebiscite e della pubblica opinione.
Torino. Tu mi fai pensare che e tempo che io torni a casa. Non
vorrei che , menlre son qui , mi si manipolasse dietro le spalle un
qualche plebiscito. So come vanno queste cose io ! Addio, Roma.
Boma. Addio, Torino.
LA POVERELLA DI CASAMARI
RACCONTO STORIGO
DEL 1860 E 1861
LXIL
Quell' annunzio , dato cosi di subito e con tanta ansieta e con tale
sommessione di modi, fu, per Traiano e per Maddalena , come uno
sprazzo di sole, altraverso un aggruppamento dinuvoli turbinosi. —
Che? sclamo il padre , mutandosi in vollo e guardando la figliuola
tra sdegnoselto e meravigliato.
- Si , vi dico , e venuta ; rispose costei molto mansuetamente ;
1'ho raggiunla io, ch'ella saliva le scale insieme conun'altra donna;
e tutte due stanno di la.
— Andiamo e vediamo ; disse allora con una certa impazienza la
madre, levandosi da sedere.
Traiano, non sapendosi che pensare, s'inoltro freltolosamente ap-
presso Flaminia , e toslo si ebbe incontro la buona Caterina che ,
avanzatasi verso lui : — Scusale, signore ; comincio a dire con bassa
voce inchinandolo.
— Voi? ah, mi pare di riconoscervi ! ripiglio I'aHro; e dov'e ella
dunque?
— Sissignore, an cor io riconosco voi, perche vi vidi, se vi ricor-
da, quella sera che, bonta vostra, in Veroli . . .
— Me ne ricordo, si oh me ne ricordo ! ebbene dov'e ella?
LA POVERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC. 301
- Nella stanza qui a canto ; replico la donna tulta umile e impac-
ciala di se ; povcra figliuola ! ha grandissima soggczionc : e sc non
era quesla bella signorina che ci ha introdotte, noi forse non ci sa-
rcmmo ardite di entrare ad incommodarvi.
Mentre questa cosi parlava, gia Traiano era passato nell' altigua
camera , e dietrogli Maddalena e Flaminia e anch'essa la piccola fi-
gliuolelta, che era corsa al romore. Noi non istarerao a narrare la
pielosa cordialila di quelle prime accoglienze, ne i rossori della mi-
serella Maria. La quale , a vedersi tan to ben ricevuta e compatita
cosi teneramente, languiva di conftisione; e, per la natura sua rispet-
tosissima, a pena osava alzar gli occhi da terra e mws7erli in faccia
or a Maddalena, che la prendeva per le mani facendole animo, e or
a Traiano che a piena bocca si protestava di volere ch'ella fraltanto
rimanesse in casa sua , e vi si considerasse ne piu ne meno che co-
me sorella delle sue medesime figliuole. Ella era vestita di lanelta
da duolo , e aveva in capo un zendado nero : ogni cosa con sempli-
cila, ma con acconcezza non inelegante.
Questo cosi inaspeltato avveniraento della poverella di Casamari ,
fu proprio un'iride nel colmo della tempesta: giacche, conrappari-
zion sua nel seno di quell'agitata famiglia, ella rimise a un tratto in
bonaccia gli spiriti di ciascuno. Traiano, deposto ogni crucciamento,
aperse il cuore ad una mesta ilarita , che procedeva dalla consola-
zione di vedere fmalmente quella tapina giovane fuori dei pericoli
immaginali , e di potere dar opera al compimenlo dei desiderii es-
pressigli dal Capitano moribondo. Maddalena si sentiva disfare di
commiserazione airaspetto diuna creatura cosi gracile, cosi gentile,
cosi oppressa dagl' infortunii e ridotta ad una tal macilenza, ch' ella
pareva un bello scheletro animato : e oltraccio una secreta voce di-
ceale dentro, che questa fanciulla doveva essere un angiolo di bene-
dizione per la sua casa , e che Dio non senza qualche disegno della
sua misericordia, con modi cotanto singolari, ve Taveva guidata ; e
in somma sperava non sapea che , ma certo alcun gran vantaggio
dalla sua presenza, e la rimirava come cosa da fame altissimo conto.
Flaminia poi, indolcitasi lilta, sembro dimenticar se, le sue stizze, i
suoi punligli, e non curarsi piu d'allro che di addimostrare afiezione
302 LA POVERELLA DI CASAMARI
caldissima e di fare amorevolezze veramente sorellevoli a queir in-
felice ; la quale pure le corrispondeva con rilrosia minore che non la
ml casolare di Vito, la prima volla che si abboccarono da sola a so-
la. Del che Traiano era in un solluccheramento meraviglioso , e fat-
tosi a un orecchio della moglie: -— Yedi , che cuore ha Flaminia?
le susurrava; non le lo dicli'io sempre, che sarebbe una pasta di
zucchero, chi la sapesse pigliare pel verso suo?
— Vogiia Dio , che questa poverina ce la faccia diventar buona
davvero ! soggiungeva essa rintenerita ; chi sa? basta : speriamo !
Ma la curiosita aveva gran luogo in quella concilazione degli ani-
mi : e pero chi interrogava la giovane di una cosa, chi gliene diman-
dava un' allra. Tulti erano bramosissimi di udire da lei i suoi fatti ,
e per 1'appunto, e con ogni phi minuta parlicolarila ; il dove sinora
fosse slata ; il come, il quando , il perche si fosse dilungata da Ca-
samari, dopo la incursione de' Piemonlesi , e via discorrendo. Ne si
accorgevano che, in quel momenlo, le piudi tali quislioni erano fuor
di proposito e incliscrele ; ne badavano che gliene movean di quelle
a cui ella non potea soddisfare , senza che o per onesla vergogna le
s'imporporassero le guance , o per acerbita di dolorc le spuntassero
lagrime, ch' ella non avea virtu di frenare , ma che penava somma-
mente a farsi cadere dagli occhi. Se non che , per liberarla da quel
marlirio, Calerina s' intromise con molta opportunila, chiamando in
disparte Traiano e la moglie sua7 ed esponendo loro tutlo il successo,
dal giorno della morte del Capitano fino all'ora presente. — Povera
figliuola! usciva ella a ripetere ogni lanto, interrompendo la esposi-
zione ; non la fate parlare delle sue passate anguslie, perche troppo
soffre. Bisogna anzi distrarnela piu che sia possibile, e non ricordarle
inai ne padre , ne madre , ne fratelli , ne nessun allro de' suoi : al-
trimenti. . . .
- Oibo, vi par egli? soggiungeva Maddalena ; non se gliene fia-
iera punto , e le si procureranno tutte le dislrazioni che si polra da
pan nostri. Questa per ora e figliuola mia: e non dubilale che fm
ch'ella siara meco, non le lascero desiderar sua madre.
— Dio ve rie paghera il merito, buona signora.
E cio delto, Caterina ripigliaTa il filo della narrazione, e seguitava il
suo racconlo con brevila di parole, ma con gagliardia di senlimenlo.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 303
I lettori noslri sanno gia tanto di quest! success*! , inlervenuli dal
Gennaio in qua all' orfana di Pellegrino, che lor ne avanza. Quindi
riman solamente che noi li iuformiamo di cio che occorse dopo il
trasporto di Felice, dalla grolta del boscaiuolo, nello squallido abi-
luro di Collepardo. E il faremo contenlandoci di nolificar loro, che
Felice spiro circa due setlimane appresso , munito di lulli i conforli
della santa Chiesa, e con piena remissione di se nelle mani di Dio;
die fino all' estremo , ebbe al suo capezzale 1' amico don Pippo , il
quale gli chiuse gli occhi e ne disegn6 poscia le fattezze in un pro-
filelto, che offerse in dono alia desolata sorella; e che 1'amoroso gar-
zone, poco avanti che rendesse 1'anima al Creator suo, si accomialo
da Maria Flora die, quasi stupida per 1'ambascia, gli lergeva i su-
dori dell'agonia, stringendole la destra, additandole il cielo e dicen-
dole con placida asseveranza: — A rivederci lassu, e preslo! Saluto
che a lei scolpissi cosi vivameate nella fantasia, che di continuo poi
1'ebbe in memoria.
Questo ultimo colpo deU'invisibil braccio, che rapivale ad uno ad uno*
i pegni piu dolci dell' amor suo, non le abbatle 1'animo, no ; che ella
accettava coteste percosse terribili, quali disposizioni di una superna
giustizia, che inseveriva inquesto mondo per premiare nell'altro: ma
compie di staccarglielo da tutto cio che la circondava, e glielo sciolse
cosi fattamente da qualunque si fosse legame altenenlesi alia vita,
che ella si riguardava qui giu, come cosa che non avesse piu ragio-
ne di essere: e non si sapea figurare, che Dio la facesse ancor soprav-
vivere lungamente allo sterminio di lutli quanti i suoi cari. Per ia
che ne' suoi intimi colloquii con Catcrina, ella non s' interteneva piu
di altro negozio, ma in ogni suo detto moslrava d' essere compresa
dell' unico pensiero di avere da volar presto, e assai presto, dielro a
Felice. — E chi ti assicura che sara cosi presto , come lu dici? le
dimandava quella.
— L' ultimo addio di Felicetlo ; quel « presto » egli me lo ha pro-
ferito con una veemenza, e me lo ha accompagnato con un occhio,
che io ho inleso ch' egli non parlava di suo motivo.
— Oh! smetli una >7olta, figliuola mia, quesli pensieracci neri, che
sono superstizioni e sciocchezze da lasciare a noi contadine ignorant!;
e ti faranno tanto male, che potresti morirne davvero ; sai?
304 1A POVERELLA DI CASAMARI
— E allora beata me ! non sospiro altro. 0 che ! vi avvisate forse
che io abbia paura d'andare dove sta mia madre, mio padre, Guido,
Felice, Otello?
— Ma in somraa con te, figlia mia benedella, non si puo proprio
ne vincerla ne pattarla. Che serve? Non li basta che il Signore abbia
chianiato a se questi che, pur troppo, ha chiamati; no, non ti basta.
Tu hai da pretendere che egli abbia fatto morire anche quel buon
figliuolo di Otello ; e guai a chi te ne faccia dubbio ! e per giunta
adesso ti sei fitto nel capo che ancora tu li debba seguire , e pre-
sto. Ah santa Vergine delle Cese ! E prorompeva in pianti e in sin-
ghiozzi.
Di questa sorta erano per lo piii i ragionamenti che avevan seco,
mentre, secondo la volonta ultima di Pellegrino, deliberavano di
apparecchiarsi al viaggio di Roma. La fanciulla che prima dava mo-
stra di tanta ripugnanza a questo passaggio nella casa di gente a lei
poco men che ignota ; inorto Felice, porgeasi facilissima ali'andata,
e quasi la sollecilava, perocche diceva ella: — E una bella grazia
cotesta di morire in Roma , vicino a san Pietro che tiene le chiavi
del Paradiso. Non per altro.
Di maniera che Galerina, la quale amavala con tenerezza di madre,
slava molto impensierita di lei : e per questo si affretto di condurla,
per lentare se, svariandola, con farle cambiar paese e consueludini,
le si potessero sgomberare dalla mente, quelle che essa credeva ma-
linconie. Ma non pero tanto si affrettarono, che non soprassedessero
parecchi giorni per procurarsi notizie del giovane Olello. Le quali
tutlavolta non vennero mai : giacche chi n' era in cerca , torno e ri-
Iorn6,ridicendo sempre che di lui non si aveva odore, ne tra i Realisti
dell'Alonzi, ne in verun punto del prossimo confine N0ndeche la don-
zella arrivo in Roma piu che mai ferma nella sua opinione tristissi-
ma, che egli eziandio fosse miserabilmente periio.
LXIII.
— Lo vedi ? questa volta io sono stato profela ; diceva Traiano
alia moglie, un venti giorni dopo che la giovanetta napoletana s era
stabilita in sua casa. Quello che io pronosticava, si e avverato. Io mi
BACCONTO STORICO DEL I860 E 1861 305
sentiva sicurissimo, che Flaminia migliorerebbe di molto, corner-
sando con quesla buona fanciulla , per la qualc mi diceva di avere
una siitipatia, che mai la simile. Tu, da incredula, mi facevi bocca
da ridere. Eppure 1' ho o non 1' ho io azzeccata giusta?
—- Eh, si non polrei negare, senza dir bugia, che Flaminia sia
meno diavolessa, da che tralta con questa cara figliuola.
— 0, o, meno diavolessa ! queslo e troppo: devi dire meno schiz-
zinosa, meno permalosa, meno.... che so io? Non bisogna essere poi
incontenlabile.
— Bene, bene ; come vi piace : io non intendo di conlraddirvi.
Ringraziamo il Signore di questo pochello che si e ollenuto, e faccia
egli che la cosa non resti li.
— Aspetta, da tempo al tempo ; e yedrai tu che scuola sara per
Flaminia la compagnia e 1' esempio di quest' angelo: che io non sa-
prei nominarla altrimenti.
— Avete ragione. Oh, qui si che io sono con voi! Questa Fiorelta
e un vero fiore di cielo ; un angelo in ispecie umana. Che pazienza!
che garbo! checivilla! chemodeslia! che divozione! che compitez-
za in ogni atto suo ! Mai che le esca di bocca una paroluzza meno
che misurata! Mai che yi faccia un occhiolino lorto, una smusatura,
una mala creanza! Tutto riceve in buona parte, vi ringrazia di tulto,
e non dimanda mai nulla, fuorche lavoro, lavoro e lavoro. Non fini-
see mai di lavorare ; e come lavora bene ! cuce e ricama che Flami-
nia uon 1'arriva a gran pezza. Oh, il pane ch'ella mangia, se Io gua-
dagna per bene ! E poi quello che proprio m' incanta, in una giovane
cosi nobilmente nata ed allevata con tanta fmezza com' e lei , quello
che m' incanta, dico, e vedere che non ha una prelensione al mondo.
Ella si mette sempre all' ultimo posto , e si considera a diritlura co-
me T inflma della casa e serva di lutli noi : e se non fosse che io
glieV ho proibito, ella vorrebbe scopare le stanze, aiutare in cucina,
rifare i letti , spolverare i mobili e perflno lustrare le scarpe mie e
delle nostre ragazze.
— Guarda, per carita, Maddalena mia, che non Io faccia mai! Que-
sto poi non s' ha da permetterglielo a nessun conto. Pensa tu che
mortificazione sarebbe per me e per te, quando quella gran dama
Serie 7, vol. XII, fasc. 351. 20 24 Ottobre 1864.
30 f> LA POVERELLA. DI CASAMAR1
sua parenle, venendo a riprendersela, risapesse che 1'abbiamo ado-
perala in casa per servicella. Dio ce ne liberi ! Ricordali sempre
che le si kanno da avere moltissimi riguardi, perche di qui a»un an-
no, ella puo essere qualche gran cosa. Quella dama suazia, ricchis-
sima e senza eredi, puo farle im dotone di migliaia e migliaia.
— Sia-te pur tranquillo, che io le sto sopra con cent' occhi, e non.
le iascio fare servizii bassi di qualsiasi forma. Gia , da quella sua
eameretta, ove gode di star sempre sola e applicatissima a' suoi la-
vori, non puo meltere fuori un piede che io non la vegga.
— Questo suo genio di solitudine mi ha dello strano.
— Poverella ! forse vorra esser libera di piangere e di sfogare
il cuor suo senza toslimonii: e si che piange in secrelo! ha sempre
gli occhi urnidi e rossicci. E come potrebb' essere altrimenti , dopo
tante disgrazie? lante perdite cosi crudeli? Uh, io la riguardo come
una marlire! Non so esprimere la venerazione che io provo dentro
di me, tulte le volte che, tenendo ell a T uscio socchiuso, mi metto a
contemplarla, sedula in quella seggiola, tutta intesa a cucire vicino a
quel suo tavolinelto, sopra del quale ha sempre in un vasello quelle
cinque rose, che m' ha pregala in grazia di rinnovarle ogni tre gior-
ni. Mi fa tanla commozione, che le lagrime mi corrono per la faccia.
E le cinque rose , ve 1' ho detto perche ella desideri di averle con-
tmuamente dinanzi a se?
— Non me ne sovviene. Io poi non fo gran capilale di tulle le
inezie di voi altre donne.
— Inezie? va benissimo! Piacesse a Dio che la Flaminia voslra
fosse capace del succo di queste inezie! Quelle cinque rose, mi disse
che amava di averle, per ricordo dei cinque suoi morti ; la memoria
de' quali, die' ella, mi ricrea 1' occhio e 1'odoralo dell' anima, come
la bellezza e la fragranza di queste rose dile llano quelli del corpo.
Che pensiero delicato eh ?
— Per Bacco ! ve' com' e ingegnoso 1' amore !
— E io, dopo che la mi ha mauifesiato questo suo desiderio bel-
lissimo, non ogni tre, ma ogni due giorni le procuro queste cinque
rose , e le cappo io Ira le piu fresche , e gliele fo portare da Lucil-
la, che essa abbraccia per gratitudine , e le da cinque baci in fron-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 301
Ic. All, questc sono squisilezze di senlimenli, chela nosira Flaminia
non si sogna nemmeuo di avere !
- E tu fa che ella pralichi con lei il piu che si possa. Imparera.
Ma voleva dir io : come raai seguila a contare Ira i suoi morli il
quinto, cioc il suo giovane , mentre io mi sono sfiatato a persuader-
la , che egli era piu probabile che vivesse, di quello che fosse stato
ucciso ?
— Eh , Traiano mio , il cuore non ragiona , e poco bada a certe
probabilita, che rassomigliano a quelle speranze che danno i medici,
quando il malato e con la slola ai piedi del lelto. Se veramente quel
bravo giovinotto e intoppalo nelle unghie de' Piemontesi, addio ! non
c' e probabilila che valga: senza dubbio gli hanno fatta la festa, ed
egli e bello e spacciato. Ma poniamo ancora che non foss6 cosi , io
non veggo modo di capacitarnela. Questa creatura e lanto abbevera-
ta di amarezze, e le sopporta con si quieta rassegnazione, che io in-
vidio le sue lagrime, e alle volte m'auguro d'essere io ne'suoi panni.
— Ognuno ha i suoi gusti. Comunque sia, lu devi invigilarla che
non si abbandoni ad una tristezza eccessiva, e studiarti ch' ella slia
disinvolta e di buon umore, quanto e possibile. Mandale spesso Fla-
minia nella stanza e falla uscire teco, che prendasi unpo'di svario:
in fine tocca a te pensare di lenerla sollevata e di procacciarle quel-
le consolazioni, che voi donne vi sapete dare Y una all' altra.
Questa era la condizione di Maria Flora in casa de' suoi ospili ,
non ancor trc settimane dappoiche ella ci era venula : e noi abbiamo
stimalo che non ne potessimo ritrar meglio le principal! circostanze,
che riportando in compendio questo discorso tutto inlimissimo di
Maddalena con 1' uomo suo. Per istringere il mollo in poco , ella vi
era traltata con compassione benevolissima e con quelle tali osser-
\anze, che in una costumata famiglia si sogliono usare a persona fo-
restiera, ma riguardabile pel doppio tilolo d' una straordinaria infe-
licila sostenuta virluosamenle , e di una gentile nascila dissimu-
lata con nobile demissione. Or questa maniera di trattamento vinse
a gran lunga 1' espeltazione della giovinetta, la quale si era divisata
che, enlrando in quesla casa, vi sarebbe stata raccolta per carita , e
lollerata per servicciuola , al prezzo di non sapeva quali e quante
. iol iboo&'j;hti<{
308 LA POVERELLA DI CASAMARI
umiliazioni. Per lo che non e malagevole argomenlare la grata sod-
disfazione che ne sperimentava, e insieme la vivezza della sua rico-
noscenza inverso benefattori , che la careggiavano come idolo della
famiglia e pupilla de' lor occhi. Di qui lo studio suo di contraccam-
biare tanta bonla con 1' opera indefessa delle sue mani ; che non si
Irovava mai la via di strapparla a' suoi lavoruzzi, i quali erano tutti
pel servigio di Maddalena e delle sue figliuole.
Cio quanto allo slalo suo estrinseco. Imperocche Y interno di lei
sarebbe cosa difficilissima a volerlo anche solamente adombrare. II
cuore che senza intermissione le sanguinava , per le ferite di tanto
irremediabil natura, con cui la morte quattro volte glielo aveva pia-
gato in quattro mesi : 1' angoscia tormentosissirna di non avere un
Indizio benche minimo di Olello , a cui nondimeno si collegavano
tutte le risoluzioni che s'avevano a pigliare di lei, per provvedere al
suofuluro: la necessita estrema di doversi gittare per abbandonata
nelle braccia d' una cugina che le faceva riprezzo , e dalla quale, se-
condo 1' umano senso , volentieri si sarebbe tenuta discosto le mille
miglia, come da perditrice del suo casato : la vergogna di stare alia
merce di ospitatori, i quali da un giorno all'altro le avrebbon potulo
rinfacciare il pane che le donavano : lo sforzo incessante che le era
mestieri fare a se stessa , per comprimere i disfogamenti spontanei
delle anguslic che le travagliavano 1' anima: le perplessita, le dub-
biezze, le strette affannevoli, dalle quali era soprassalila, ogniqualvol-
la la niente correvale tra le nebbie confuse deH'avvenire : per ultimo
la privazione di un cuor confidente , nel quale potesse versare alia
libera tulte quesle agrezze, tutte quesle sconsolazioni , tutti quest!
martorii del suo ; la esulceravano e la opprimevano con si perpeluo
scempio, che ella non aveva requie, ecceltoche nella speranza che Dio
la farebbe consumar presto nel fuoco di queste pene , e la tirerebbe
a se nel riposo eterno della sua beatitudine. E in questo « presto »,
annunziatole da Felice sull' atto di trarre il supremo anelito , che
sempre le risonava agli orecchi , come ultima ragione d' ogni suo
conforto, ella pacificava raiflitto spirito, e prendea lena e vigore per
durare in tanta tribolazione.
Ma intorno a quel giorno appunfco , nel quale Traiano e la moglie
* parlavano di lei , come abbiamo scrilto dianzi , acuadde che una
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 309
nuova spina si aggiunse al fascio gia quasi incomportabile di quel-
le che la trafiggevano. E questa fu una mal celata avversione d'umo-
re che Flaminia comincio a mostrarle ; la quale s' inaspriva ogni di
piu , minacciando di converlirsi in aperta nimisla e roltura. Queslo
spirilello bizzarre da principio era lulto blandizie , tutto smorfie ,
tulto svenevolezze e teneritudini inverse di lei; e quantunque , con-
forme notammo in addietro, Maria, lino dal primo suo inconlro con
coslei , senlisse un certo che di nalurale abborrimento per la sua
persona ; nulla di manco aveva saputo coprire queslo involontario
contraggenio con tanta deslerita e discrezione , che non ne era ap-
parso cenno. E per cio Flaminia , riputando d' essere la gioia sua e
ogni sua delizia, per qualche tempo le slette appiccata alle coslole
come una sanguisuga, e la satollo di se e delle sue leziosaggini al
segno, che la poverella n' era proprio in croce e non ne poteva piu.
Ma poscia , trascorso questo intervallo , che fu come dire la luna di
miele della nuova amicizia, la volubile farfallelta si raltepidi alquan-
lo ; sebbene non cessasse al tulto di farle viso dolce e alcun vezzo :
e questa tepidita venne poi declinando pian piano a tale freddura ,
che a capo dei venli giorni , quasi piu non traltava seco in parlico-
lare; e favellando di lei, or con Maddalena ora con altri, non profon-
deva piu gli usati termini di affettuosila smancerosa , de' quali per
innanzi aveva la bocca plena e stillante. La madre , il padre, la so-
rella minore non se ne addiedero , o non ne fecero caso. Maria per
altro avverli questa mutazione, e gliene dolse forte: non perche sli-
masse di perdere assai , perdendo la buona grazia di questa mosca
cavallina ; ma perche sospettava d' averle essa data forse cagione di
dispiacere, contuttoche, esaminando sollilmente la coscienza, non si
trovasse in colpa di niun mancamento. Cio non ostanle penso al modo
di riguadagnarsene tosto la benevolenza , e per questo effello prese
occasione da un veslito, ch' ella stava imbastendo per lei, e che dovea
provarle. Flaminia, invitata a far questa prova, ci si rendelte con un
po' di muffa : e mentre 1' altra , con bella graziosita , le assettava al
dosso i pezzi dell'abito, e la lisciava e seco amorevoleggiava, la mal-
creata , tolta cagione da cento difelli che scoperse nella vita , nella
scollatura, nelle maniche e via la, s'indispetti fieramente e le scocco
310 I A POVERELLA DI CASAMARI
motti cosi villani e ingiuriosi , che Maria resto attonita per lo sba-
lordimento. Se non che , riscossasi , cerco di placarla. Fu invano.
Quesla vipera, strappatosi d' attorno 1' abilo, ne disfece 1' imbastitu-
ra, glielo butto in terra, lo pesto eo' piedi, e si protesto ch' ella non
lo porterebbe mai , se non si dava da cucirlo a buono ad una mo-
disla. E cosi la pianio asinescamenle , non senza frecciarle contro
alcune altre insolenze , che punsero al vivo la innocente Maria : la
quale se ne accoro sopra ogni credere, e ne lagrimo a cald'occhi.
— Ma qual torto aveva ella fatto a Flaminia , che costei 1' avesse
da bistraltare con durezze si sconce?
Nessuno; rispondiamo noi alia umana lettrice, che ce neinterroga,
offesa da questa barbarie di procedimenli. Yi abbiamo gia detto, che
la povera Maria Flora , dopo uno scrupoloso esame della coscienza ,
non s'era conosciuta colpevole di verun fallo.
— - Dunque che sorta di figliuola era ella , per vita vostra, questa
Flaminia, che non finite mai di dipingercela quasi nata fra le roveri
delle selve, e nutricata proprio in un covacciolo di serpenti ?
LXIV.
Avete ragione. E tempo che ci sdebitiamo dell' obbligo accollatocl
un pezzetlo addielro, di ragguagliarvi un po'piu per agio, dell'indole
e dello allevamenio di questa donzella : nel dipingervi i meriti o i de-
merili della quale , voi errereste , se vi desle a credere che noi ab-
biamo caricata la mano. Oibo ! al contrario anzi, nello stendere i co-
lori, siamo slali cauli di smorzarli un pocolino, per tenerci piuttosto
di qua che di la dal vero dell' originale. Ma cio non monla. Passia-
moci delle scuse , ed entriamo a pie' pari nell' argomento.
Oui pero sull' ingresso, contentatevi, o madri di famiglia, che a voi
facciamo la dedica di questo capitolo : e medesimamente vogliale per-
metterci, che non appaghiamo in tulto e per tutto la curiosita vostra,
per quello che si attiene ad aggiunti di luoghi, di nomi e a specialila
simiglianti, intorno alle quali vieta prudenza che noi siamo phi chiari
di quello che conviene. Poslo cio, dovete sapere che questa Flaminia,
cosi come ve 1' abbiamo rappresentata fmora, non e gia una prelta in-
RACCONTO STORICO DEL I860 E 1861 311
vcnzione del noslro cervello, che male presuraercsle dotato della crea-
tiva polenza, di trarre in corpo e in anima dal mondo dclle idee quesla
falta di personaggi : ma e veramente figliuola di Traiano suo babbo e
di Maddalena sua mamma, die 1' ebbero dal Signore in primo frut-
to del lor santo e oneslissimo matrimonio. Ne ella era frulto trali-
gnalo ab ingenilo dall'albero onde nacque, o lasciato per trascurag-
gine inagreslirc sul ramo. Non punto. Conciossiache, per lempera-
mento di carattere , ella aveva il suo buono e il suo cattivo , come
1'hanno di legge ordinaria tutli i figliuoli di.Adamo e lulte le figliuo-
le di Eva : e inoltre, subito venuta alia luce di questo sole, ricevette il
sacro battesimo, e con esso la infusione della carila divina e i carismi
della salutifera redenzione , siccome ricevonli tutti i cristiani , am-
messi a partecipare la sovranaturale figliuolanza di Dio. La madre
sua poi col latte le diede a suggere anche quella piela Candida , di
cui era si doviziosamente fornila, e colprimi baci le stampo nell'a-
nimar semplicelta le soavissime impressioni di quel non si sa che di
celeste, le quali sono impossibili a definire, ma per altro si sentono
da chiunque ricordi d'essere stato nelle braccia d'-una madre pura,
amorosa e fedele; e si sentono tanto, che, a sol rimembrarle, spesso
inteneriscono il cuore e gli muovono compiacenzao rimorso, secon-
doche da quelle si vede cohforme o disforme.
Flaminia dunque ebbe 1' infanzia custodita gelosamente dall'occhio
materno , e nudrita con 1' alimento saluberrimo e sustanzioso di
egregi dettami e di eccellentissimi esempii di cristiana virtu. Sino
da piccolelta avea la mente svegliatissima ; perspicacia d' intelli-
genza sopra 1' eta; brio , fuoco, vivezza tanta , che non istava mai
ferma. Ma queste leggiadre qualita dell' ingegno erano accoppiate ,
in presso che ugual dose , con tulte le passioncelle che gli antichi
morali riducevano all' irascibile : superbiola , albagia, caparbiela ,
stizza, invidiuccia, arroganza e che altra. Nelle quali viziose inclina-
zioni , il padre , che era cieco d'amore per questa sua primogenila ,
non iscorgeva se non germi d' ineslimabili pregi : e invece Madda-
lena , piu assenlila e sagace , ravvisava segni di un naturale biso-
gnoso in eslremo di cullura, di vigilanza e di freno. E la savia ma-
dre , fino a lanto che cbbela essa nelle mani , non le risparmio n6
312 LA POVERELLA DI (USAMARI
1'agro del castighi e delle riprensioni, ne il dolce dei premii e delle
carezze per tirarsela su pia , mile , docile , ammodata : e questo con
profitto grandissimo, giacche la fanciulla, toccati i nove anni, piglia-
ya un' oitima piega , si emendava, si ricomponeva e incominciava a
portare con agevolezza il giogo amabile della materna disciplina.
Senonche Traiano, solleticato da un cerlo parente die gli offeriva
un posto quasi di grazia per la figliuola , in un convilto femminile
da poco innanzi apertosi nella Toscana , e del quale facevagli elogi
non piu udili , invaghissi di afferrare pe' capegli quesla che giudi-
cava buona fortuna : ed espugnate le ritrosaggini della moglie , che
resisteva quanto era in poter suo , condusse la figliuolelta in quel-
1'educatorio, e soltrassela per tal guisa alle cure cosi efficaci e solerli
di Maddalena. Non diremo nulla delle querimonie e dei rammarichi
di lei : come altresi non ci allargberemo a cbiarire la ragion vera di
cotesto proposito di TraianO ; cbe fu una sciocca ambizione di procu-
rare a questa sua gemma un allevamenlo signorile , cioe superiore
al grado suo, e con poca spesa. Errore madornale, ma errore co-
mune a molli paclri e a molte madri dei nostri tempi. Contullocio
questo errore fu tenue , a petto di quello ben piu massiccio , di non
aver considerate, in tulta questa faccenda, che le ragioni dell' inle-
resse e di un frivolo amor proprio. Gli altri riguardi, circa la conve-
nienza della istituzione , circa le qualita delle istitutrici , circa la
bonta dei metodi e degl' insegnamenli , non considero ne tanto ne
quanto ; lieto lielissimo di avere , come diceva egli , una si bella oc-
casione di formare della sua Flaminia una fenice di giovanetta , la
cui mano un giorno avrebbe avuli piu pretendenti, che non ne ebbe
quella di una tale altra, ch' ei nominava. Ahi padre milenso !
II convitto, nel quale fu collocata questa ancora ingenua fanciullina,
era lulto laicale, vale a dire guidato da maeslre secolari di professio-
ne, ed aveva per iscopo di dare alle alunne una educazione tulta « na-
zionale » e acconcia « allo spirito moderno » . Lo governava , con
lilolo e carica di Direttrice, una signora Erminia, donna attempa-
tolla e di poca avvenenza , ma di seven costumi , erudita in varie
discipline , poetessa lodata molto nella sua gioventu da certi gior-
nali letterarii , sperta nel latino e nel greco , parlatrice elegante di
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 313
Ire linguc vive , infarinata di un po' di filosofia tedesca e inlendilri-
ce di belle arti. Ella aveva gran mondo, ed era fama che lo avesse
acquistalo nel settentrione d'Europa, dovefuaia di due* Principessi-
ne , la minore delle quali fu poi imparentata con sangue regio ; e le
scriveva ogni lanto lettere , ch' ella non isdegnava comimicare alle
piu favorite fra le sue conviltrici. Riputazione godeva ottima, e in
materia di onoratezza mai non fa poluta appuntare d' un neo qual
che si fosse. Andava pero la voce che ancor essa , negli anni suoi
piu fiorenli , avesse avulo il suo romanzo ; ma lale che sarebbe sla-
to di edificazione a sapersi : e anzi si buccinava che ella avesse in
animo di esporlo, a maniera di memorie, in un bel volume, il quale
tuttavia non sappiamo che sia per anco uscito alia luce.
Con lei e solto di lei erano quattro maeslrine, le quali, ne' sei an-
ni che stette cola Flaminia, si rinnovarono quallro volte : ed aveano
quasi tutle certi nomi capricciosissimi di Fanny, di Elvire, di Em-
me, di Clorinde, di Orette e persino di Nini : ma tulle coppe d'oro
di damigelle altillale, spiritose, gaie, argute , familiari col francese
quasi altrellanlo che col materno linguaggio; sonatrici incomparabi-
li di pianforle, cantatrici, disegnatrid, ricamatrici e polilichessema-
iricolale ; perile poi in geografla , in aritmelica , in istoria , in elno-
grafia, in bolanica, in ornitologia, in itliologia, in conchiliologia;
ed alcune anche geologhesse e fotografe ; ed altre filologhesse e filo-
sofesse di cartello. D' onde fossero sbucale, e come capitate ad apdre
i peregrini tesori della loro scienza in questo convilto , mai non si
diceva alle alunne. Era sufficiente il sapere ch' ell' erano « ilalianis-
sime », e lulto spasimi per 1' Italia « da rigenerarsi ».
Capital fondamento della educazione che davasi costa dentro, si
leggeva negli avvisi a stampa essere la religione e la morale. Ma
nel fatlo non si discerneva troppo qual fosse codesla religione ; se
la caltolica o la protestanlica : no di che specie codesta morale ; se
la evangelica o la socratica. Vero e che callolico era il cullo che \i
si professava le sole feste, e non piu, con la celebrazione della san-
ta messa, in una cappellina ornala di un semplicissimo altaruccio
di leguo, innanzi a un quadretto raffigurante la sacra Famiglia: ma
ell' era una messa corta corta, come quella che suol chiamarsi dei
311 IA POVERELLA DI CASAMARI
cacciatori. La celeb rava un tal signer abate, di presenza grave e
In pel bianco, il quale vestiva mezzo da cherico e mezzo da laico, e
faceva da confessore, da calechista e da padre spirituale delle con-
villrici e delle maestre. Notisi tuttav ol la , che questo signer abate
non era in odore di santita per le sue massime, che putivano di no-
vita in politica e di poco di buono in teologia; e non vi eranemme-
no per le brighe che teneva accese col Vescovo e co' prelati eccle-
siastici; e merio ancora per la sua domeslichezza co' liberali, che lo
levavano a cielo e mostravanlo a dilo, qual modello di prete schiet-
tamenle « ilaliano ».
Fuori di quesla messa nei di feslivi, della osservanza pasquale,
della prima comunione , a cui si facevano ammeltere le piu grandi-
celle, e di qualche rarissimo caso, nel quale o questa o quella edu-
canda accoslavasi tra 1'anno alia Eucaristia; indarno avreste quivi
cercato alcun altro esercizio di pieta caltolica. II signor abate ragio-
nava si bene di religione nelle sue seltiraanali « conferenze » : ma
i suoierano ragionamenli falli sui trampoli, verbosi, freddi, affetta-
li; gcneralila eel aslruserie che stancavano 1'altenzione e non isfio-
ravano il cuore. Guarda, die scendesse giammai dalle nuvole delle
sue astrattezze, per insegnare pianamente gli alii pratici delle virlu,
del fervore , della vera e operosa vita crisliana! Guarda, che incul-
casse giammai un ossequio alia Beala Vergine, un ricorso ai Santi,
un' invocazione agli Angeli custodi! che esortasse all'orazione oalla
frequenza dei sacramenti ; che suggerisse pie Industrie per conser-
vare e crescere nell' anima la grazia di Dio ; che porgesse un docu-
mento per cornbattere le tentazioni, per vincere i pravi moti del
cuore, per snperare gli ostacoli d'ogni sorta che s' intraversano a
chi vuol compiere il bene ! Costui era un padre spirituale, che avreb-
be poluto declamare le sue « conferenze » nella Stoa o nel Peripato
di Atene, senza pericolo di indurre sospetlo, ch'egli fosse ministro
d'uoa religione rivelata e sacerdote di un Dio crocifisso. Ma era un
prcte « ilaliano », benvoluto dai liberali e nemico delle lemporalila
della Chiesa: e cio bastava. La signora Erminia non vedeva lume
per altri occhi , che per quelli di questo signor abate. Egli era il
quinto Evangelista della sua cristianita.
RACCONTO STORICO BEL 1860 E 1861 315
Serralasi a chiave la cappellina, si ponevano in un cantuccio i
pcnsieri di religione, fino alia seguente domenica; salvoche la mat-
lina e la sera facevansi abbaiare dalle alunne certe filastroccole in
versi, dettati dalla Direttrice, i quali erano una parafrasi dilavata del
Paternostro, dell'Avo e del Credo. Povere fanciulle ! Neppure si tol-
lerava che recitassero piu le preghiere, che da bambine aveano ap-
prese nel grembo delle lor madri ! Fraltanto pero le predicozze con-
trole « superstizioni », contro la « bacchelloneria »,conlro i « pre-
giudizii » delle monache, dei frati e delle pinzochere non rifinavana
mai. Le giovani convittrici n'avean sorde le orecchie e rintronata la
testa. Qualunque oggetto, qualunque libro, qualunque simbolo che
sapesse di divoziooe, era sbandilo come fomento d'ipocrisia. Ad
un'alunna di Genova fu sequeslrata la immagine di santa Teresa,
perche 1'abito monacile di Carmelitana disluonava dallo « spirito del
secolo » . A Flaminia non fu concesso di leggere, e serbare fra le sue
taltere, la vita della Beata Marianna di Paredes, di fresco sublimata
all'onor degli allari , perche le austerila di questo bel giglio d'illi-
batezza erano « un oltraggio ai sentimenti della natura » . E sicco-
me la gioviiiella s'era affezionata a quel libro, che le avea mandate
in dono sua madre , ed era garbatissimamenle legato ; per cio una
maeslrina gliene diede un altro, in iscambio di questo, con vaga le-
gatura air inglese, e conteneva i racconli di Pietro Thuar.
E i precetti della morale ? Non ardiamo asserire che fossero ma-
gagnati: diremo bensi che non si alzavano un palmo oltre quell' or-
dine umanissimo, che gli stessi pagani conobbero ed illustrarono am-
mirabilmente. Aggiungeremo poi, che tutla la morale di queste dot-
toresse muschiate mirava secretamente piu a vani inlenti politici che
ad altro. La patria e T Italia erano, in bocca loro, la ragione finale,
per cui le alunne dovevano sludiare a virtu e farsi buone. II merito
della vita elerna, il possesso del paradiso , il beneplacito di Dio e
1'amore di Gristo, o non vi aveano luogo, o ve Tavevano soltanlo di
sghembo : quesle erano ragioni accessorie. Eppero gli esemplari che
piu comunemente si proponevano da emulare a queste creature tra-
dite , si loglievano dalle storie greche e romane e persino dai mitL
Le invilte eroine del crislianesimo, le martiri forlissime della Chie-
316 LA POVERELLA DI CASAMARI
sa, lasciavansi in sagreslia. Appena si faceva a qualcuna 1' onore
di nominarla, non gia perche sarita e perche marlire ; ma perche
si era segnalata in servigio de'miseri e degl'mfermi. Questa la
morale dottrina , che cotidianamente s' instillava dalle inslilutrici a
quelle tenere auimucce.
Ma gli esempii che lor offerivano di se medesime , erano un ben
piu splendido commento di cosi fatte dottrine. Tacciamo delle gare,
dei ripicchi, delle gelosie, delle detrazioni , dei brontolamenti, delle
bugle, delle fmziorii, delle rabble, delle leggerezze e di tutlo il cor-
teggio di simiglianti venialila, che ingioiellavano 1'aureola magistrate
di queste Elvire e di queste Nini. Le convittrici avevano proprio di
che specchiarsi a dilelto , in tali pei le di civilla , di yerecondia , di
mansueludine, di pazienza, di annegazione! Passiamo avanti, e toe-
chiamo un capo unicissimo : quello della mondanita. Coteste fraschet-
te, come sapete, non erano mica suorine consecrate a Dio con \7oti,
sigillate dalla clausura nel loro educatorio, sottoposte a regole comuni
e tenule a porlare un medesimo taglio d' abito positive e neglelto.
Maino ! Dalla signora Erminia in fuori, ell'erano, qual piu qual meno,
giovanolle di primo sboccio , che la pretendevano ancor esse nel far
la loro ligura ; sciolte da qualsiasi pastoia e vogliose di divertirsi.
Elleno adunque, giusta la loro possibilila, amavano di stare su tutle
le mode e mutavano fogge , e mutavano cappelluzzi , e mutavano
crinolini, e mutavano scialli, mantiglie, nastri, merlelli a loro talen-
to : e con le alunne di niuna cosa cicalavano piu saporosamente, che
delle mode e de'figurini di Parigi. D' onde in queste si originava un
mortal tedio delle veslicciuole di conviltrid, sempre d'un colore, sem-
pre d'una forma, sempre invariabili : e quindi una smania acutissi ;
jna di ricuperare la liberla al piu presto, per fare anch'elle comparsa
come le lor maestrine galanti. Che piu? Le vezzose istitulrici usavano
ai balli, alle veglie, agli spettacoli, a lutli i pubblici sollazzi : ne di
cio facevan mistero con le discepole, allequali anzi gustavano di farsi
vedere , tutte alteggevoli e rifronzile , uscir dal convilto , pavoneg-
giandosi in quelle loro acconcialure da lealro e in que' loro abbi-
gliamenti da feslino. Di che le educande morivano di secretainvidia
e non avean bene, se non allora che o la maestra Emma, o la mae-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 317
stra Fanny, o la maestra Orelta avesse lor contalo , dall' a sino alia
zela , la cronaca del proscenio , de' palcbi c della platea ; ovvero
delle quadriglie, delle coppic e della contraddanza di chiusa ; con un
tale venir loro 1'acquolina in bocca, che da se da se imprecavano al
collegio ed agli spictali geniloii, che le aveano sepolle in quest' erga-
slolo esecrato. Ne la signora Erminia aveva polso tanlo fermo, che
polesse tener in briglia coleste sue puledrelle, o tanta autorita, che
osasse inlerdir loro tali ricreazioni , che seminavano la sconlentezza
tra le alunne. Ella stavasi paga di vivere riliratissima da tutte le dis-
sipazioni. Ma del vielarle allesue maeslrine carissime, non si sentiva
la forza. E perocche, a cagione che una di esse era scappata d' im-
provviso con un cominedianle, provo di impedire che le altre quin-
di innanzi frequenlassero piu il tealro; scoppio un tale subbuglio,
che una delle tre che restavano dimando furiosamenle il commiato :
e non oltenulolo subito, si laseio, come 1'Elena della favola , rapire
da un Teseo che la trafugo in Inghillerra. Dal che provenne uno
scandalo si clamoroso , che il convilto « nazionale » fu a un pelo di
sciogliersi, e il numero delle alunne scemo incontanenle , da quello
non grande di trenlasei, al piccolissimo di quatlordici. Eppure Traia-
no non fu dei padri , che corsero a salvare le figliuole da questa fu-
cina ignobile di liberalita femminesca!
Indovinale voi , o lettrici , che deliziosi fiori e che frutli preliba-
tissimi di bonta, questa maniera di istituzione dovesse far germina-
re negli animi delle educande. E voi , che conoscete ora un poco le
scorrelte disposizioni del nalurale di Flaminia, congellurate voi,
qual ii'to vepraio di ogni erba selvatica dovesse diventare il cuor
suo abbandonalo cosi a se medesimo , senza nutriraento di pieta so-
lida, senza coltivamenlo di religione, senza guida di buoni consigli,
senza niuno sliruolo, niuno indirizzamento a quelle virtu piu pregiate
che sono lume, grazia e splendore d' ogni ben coslumala donzella.
Traiano , quando veniva da Roma per riabbracciarla , cotto com' era
di lei, non vedeva altro che meraviglie, non iscorgeva altro che stu-
pori. Quell' udirla ciaramellare di tanle cosucce che egli ignorava ;
e di storia, e di cronologia, c di piante esotiche, e di uccelli d' Ame-
rica, e di conchiglie, e di pesci, e di sfera armillare, e di rettili, e
318 LA POVERELLA DI CASAMAR1
di quadruped! , e di altrettali ciancioline spilluzzicale ne' dizionarii ;
10 faceva trasecolare e andar in brodo di sueciole , dal gaudio che
questa luce degli occhi suoi si avvantaggiasse cosi rapidamente ,
per su tutli i rami del grand' albero della scienza. Poi quella bella
parlata toscana in bocca roinana ; poi quelle amorevolezzine, que' fan-
falecchi , que' baducehi che la non si saziava mai di chiedergli e
di rendergli ogni quarlicello d' ora ; poi quegli attucci , que' lezii ,
que' modi pieni di scede, ch' egli scambiava con la quinlessenza della
ui banila piu leggiadra ; poi que' lavorietti ad ago e a rnaglia di che
presentavalo ; poi que' premiuzzi datile dalla Direttrice, o dalla mae-
stra di arilmetica , o da quella di lingua francese , che lo incaricava
di portare alia mamma, alia soreliina o alle amiche di Roma; tutto
in soinma, tutto lo traeva di se e lo sollevava a loccare col dito sino
11 terzo cielo. E le adulazioni che egli le spiattellava in faccia , e i
regali di die le empiva le mani, non avean mai termine ; e da ulti-
mo si parti va com' uomo che avesse le selte allegrezze nel cuore.
Talvolta, ma raramente, lo accompagnava Maddalena: ederasin-
golare il contrasto degli affetti di questo padre e di questa madre,
innanzi alia figliuola, che non aveano riveduta da dieci o da quindici
mesi addietro. Conciossiache, dopo stuzzicatala a sfringuellar giii
tutto quello che aveva sulla punta della lingua, e spremuto il sugo
di tutte le sue cianciafruscole, ambedue si commovevano sopra di
lei. Ma mentre il padre attondava le ciglia e faceva i lucciconi , pel
giubilo di senlirla cosi amena parlatora e saccente ; la madre si co-
priva il volto e slruggevasi in pianto, pel crepacuore di trovarla
cosi vanarella e fumosa : e dove 1'uno non ristava di ammirarla per
area di sapienza ; 1'altra non cessava di compatirla per zucca vuota.
Senonche a nulla giovavano i piagnistei e i rammaricamenli della
madre. Traiano era idolatra della fanciulla, eslatico delle maestre,
arcicontentissimo del convitto : quindi alia moglie non rimaneva se
non che avere pazienza, guardare in alto, chinare la testa e dire : —
Amen!
Ma allorche , sullo scrosciare della rivoluzione in Toscana , il pa-
dre si ebbe ritirato in casa questo suo vaso di grazie, non indugio a
battersi in fronte e a riconoscere come le maestrine della signora Er-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 319
minia lo avessero trappolalo a modo, c allcvatagli una serpelta In
luogo della colomba che gli avevan promessa: e allora dicde ogni
ragione alia moglie. Allora pero il rimediare al male era tardi:
quantunque non cosl tardi per Maddalena, che, se il marito non la
disarmava con le stolide sue debolezze verso la iigliuola, non avesse
potulo ella rommorbidirle 1' animo e ristamparglielo in buona forma.
II perchc quando Traiano faceva le disperazioni della catiiveria di
Flaminia, la povera madre non era poi da riprendere, se, in cambio
di ammansarlo, gliene giltava addosso lutta la colpa, con un perpe-
tuo rimproverargli :
Chi e causa del suo mal, pianga se stesso.
E tale, o madri di famiglia, sia la conclusione che v' invitiamo a de-
durre da questo capiloletto. II quale , e verissimo , non fa molto
onore alia educazione liberalesca delle Erminie, delle Elvire e del-
le Nini, che in questi giorni si affaccendano di tirar nell' aiuolo di
certi loro ginecei e di certi loro convitti , quanle fanciulle ilaliane
piu possono. Ma speriamo che riesca di qualche utile a voi , met-
tendovi appunto in guardia da questa sorta di maestresse, nelle cni
mani vi campi il Signore dal porre giammai le vostre figliuolific
innocenti! se pero non aveste caro che vi lornassero altretiante Fla-
minie; il che non crediamo. E cio sia abbastanza , se non e ancor
troppo.
LXV.
Dopo la impertinenza \illana di buttare sul pavimenlo e di calpe-
stare, fra mille smanie e rimbrotti, i pezzi del vestito, che Maria
con si gentile affabilila le provava, Flamioia comincio assumere con
lei un contegno di boria e di faslidiosaggine, che mai la piu pelu-
lanle. Guardavala d'ordinario con isprezzatura, alle voile bieco e in
cagnesco, non di raro daH'alto in basso e con queU'aria di protezio-
ue, che parea dicesse : — Ah ! se non era io, lu saresti ancora a
chiedere la limosina in Casamari, o a pitoccare nei dinlorni di Col-
lepardo. E questo divario che passava tra se, regina in casa sua, e
320 LA POVERELLA DI CASAMARI
lei, raccaltalavi per 1'amor di Dio, si prendeva il barbaro gusto di
farglielo sentire, se non espressamente coi detli, almeno con tacite
malizie di tratto. Non degnavasi poi di appiccare quasi piii un do-
mestico ragionamenlo con lei : e ove talora le rivolgesse quatlro pa-
role, s'ingegnava che una, se non altro, fosse mordace: e quando
no, suppliva al difetto della punlura, con un risolino sardonico o con
un' occhialella piu trafiggenle di un dardo. Che se Maria, per ricon-
ciliarsela , si faceva cuore d1 usarle un qualche terraine di sorelle-
vole confidenza, la bisbetica montava subito in allura, s'impettiva e
le saettava in faccia quella sua lingua di biscia, con tale fierezza che
la poverina, tulta umiliata, si nascondea il viso nel seno, per ce-
lare le lagrime che queste feroci soperchierie le cavavan dagli oc-
chi. — Dilemi in grazia, che v'ho io fatto di male, che abbiate sem-
pre da mostrarvi inquieta con me? le dimando un giorno che Taltra
sembrava un po' in buona.
— Niente di male ; rispose coslei secco secco ; oh , mancherebbe
anche questa , che voi mi faceste del male ! si ! provateci !
- Ma dunque , perche non ridivenliamo amiche come prima ? Se
io ho dei lorti con voi , sono pronta a farvene le mie scuse. Via
Flaminia, facciani pace; eccovi un bacio.
— Uh , questo poi no ! slrillo respingendola dispetlosamente da
se ; voi mi siele divenula cosi antipatica , che io non vi posso sof-
frire ; i vostri baci serbateli per Lucilla ; a lei piaccion molto ; io
non so che fame.
Verso la meta del Maggio , la madre , il padre e segnatamenle la
sorella piccola , si avvidero di questo cambiamento d' umore in Fla-
minia : e a lulti ne rincresceva , e Traiano in ispecial guisa n'era
atlediato. — Che vuol dire questa sostenutezza di Flaminia con la
nostra orfanella? ricercava egli da Maddalena.
— Lo dimandate a me? interrogatene un poco lei. Io non leggo
ne' suoi lunarii. Ma questo^vi so dir io , che se le fa uno sgarbo in
presenza mia, non glielo mandero buono.
— Manco male ! e io ti terro spalla. Voglio che, in casa mia, que-
sla povera crealura sia rispeltata da tutti : e guai a chi le torce un
capello ! Flaminia, ehm ! se Flaminia fara la pazza con lei, oh questa
sara la Tolta cue io le mellerb il cervello a partito.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 18G1 321
Ma non occorse altro. La catlivella si addiede dclla lurbazione del
padre, il quale sapeva cssa, che in questo punto di volcr ben tral-
tala Maria Flora diceva da sodo : percio al di fuori le s' infinse rap-
patlumata , vegghio sopra di so, contenne il veleno clie covava con-
tro di lei, e stctle guardinga di non fame raostra scopertamenle ; av-
vegnache, quando era seco a tu per tu e senza risico d'esser \isla
o intesa, se ne ricattasse ben bene, mortificandola con beffe amare
e con mollcggi taglienli. E I'allra a tacere, a sopportare le costei im-
pronliludini e a logorarsene di un cordoglio , che tanlo piu le coce-
va quanto raeno lo palesava. E tuUavia essa non aveva raemoria di
averle , con deliberazione , recato il menomo dispiaceruzzo : ma in-
vece le pareva di averla allagata di cortcsie , non ostante la secreta
sua contrarieta di genio e lo schifo che le facea. A che dunque tan-
ta disaffezione? tanto livore?
In queslo essere delle cose, cadde la fesla di san Filippo Neri,
nella quale il Papa quell' anno , per la prima volta dopo i rivolgi-
menti del 1849 , si conduceva con Ireno di grandissiraa gala dal
Vaticano al letopio di santa Maria in Vallicella, dove riposano le ce-
neri di quest' Apostolo esimio di Roma. Puo dirsi in vero che la cit-
1& tutta quanta fosse in moto, per venerare il Pontefice sul suo pas-
saggio, e per ammirare la ripristinata magnificenza di quel suo cor-
teo, che non ha 1' uguale in inaesta e in decoro. E il popolo e'i cit-
tadini d'ogni ordine coglievano con esultanza quesla congiuntura di
rinnovare al Santo Padre una di quelle pubbliche dimostrazioni di
ossequio e d'amore, per le quali Roma, in quesli ullimi tempi, e sa-
lita in cosi chiara nominanza di fedella impareggiabile alia doppia
corona e spirituale e lemporale del Yicario di Gesu Cristo.
A Maddalena non bisognarono stimolanti, per fare che il marito
intervenisse con la famiglia al sontuoso c devoto spetlacolo di quel-
la pompa. Che egli la durava saldo ne' suoi belli proponimenti : e
co' liberali del Comitalo 1' aveva rolla si'daddovero , che quelli gia
gli avean falla la croce sopra, come a membro perduto. Ed egli non
si curava piu nulla di loro, se non fosse per iscornarli ostentando
piena adesione al Papa ed alia sua causa. Merito insigne di perse-
veranza, dovuto, almen per tre quarti, alia solerzia della sua donna.
Serie V, vol. XII, fasc. 351. 21 2G Ottobre 1864.
322 LA POVERELLA DI CASAMARI
Non e di queslo luogo descrivere a minuto il trionfo di quella o-
Tazione , cbe tale fu propriainenle 1' andala e la tornala del Sovrano
Ponlefice, con 1' accompagnatura nobilissima della sua corte. Per
tulto il girare di quel tratto della via papale , che dalla piazza di
santa Marta dielro al Yaticano fa capo a quella di santa Maria in
Yallicelia, le fmestre , i balcorn , i fondachi erano ornati da arazzi,
• da setini, da festoni, e cosi gremili di genie che, anche a caro prez-
zo, era malagevole procacciarvisi un posto. Una innumerabile folia
stipa^/asi per ogni dove: ne i raggi del sole che ferivano poderosi,
valsero a rimuoverla od a scemarla. Nel passare che lentamenle fa-
ceva il ponlificio corleggio , lo sventolare di cento e cento fazzoletli,
e bandiere biancogialle, vi davano similitudine d'un turbine di neve
e oro che s'avvolgesse inlorno al fulgenlissimo cocchio, entro il quale
procedeva i! Sanlo Padre, affabile in vollo e sereno d'aspello, be-
nedicendo amanlissimamente il suo popolo. Ma le grida di — Viva il
Santo Padre ! Viva il Pontefice Re ! Viva Roma sede del Vicario di
Crislo ! Viva il Papa salute d' Italia ! Viva il Vaticano ! Santo Padre,
la vostra benedizione salvi Roma! e mille allre ; si alzavano ad assor-
dar 1'aria per tale, che il mormorio di queste acclamazioni, udilo da
lungi, vi rendcva il suono di un mare percosso da'venii : e di mare
in verita avea sembianza 1'onda delle turbe , che in alcuni pun li ir-
Tompevano fra il drappello dclle Guardie Nobili e, quasi ebbre di
pio enlusiasmo , intorniavano osamiando la carrozza papale.
— Ah, queslc sono scene che consolano il cuore ! allro che i bac-
canali del quarantasettte e del quarantolto , provocati dai bricconi
seltarii, per dare noia al Santo Padre , e gabbare la buona fede dei
semplici! Ouesie sono dimostrazioni popolari ! Ouesti sono applausi
da cristiani! Questa e Roma , la vera Roma che grida al mondo di
•volere star solto il Papa e col Papa, e non volere altro Re che Pio IX
e i suoi Successor!. Lo intendano o non lo inlendano i briganti di
Torino, queslo e il suffragio nostro: viva il Papa Re !
Colui che, dopo sfilato I'accompagnamenlo ponlificio entro il Borgo
Kuovo, con un vocione affiochito e col petto ansante dal grande urla-
re, e con le ciglia piovenli lagrimoni grossi come pan londi , snoc-
ciolava queste sonore verila allo sbocco della piazza Rusticucci, fra
RACCOXTO STORICO DEL 1860 E 1861 323
un gruppodi civili persone che gli assentivano, craTraiano, il quale
non capiva piu in se per la commozione di tanta gioia. Quella mat-
tina, ollre la sua spilla con la croce di san Pietro, aveva al collo una
cravalta coi colori papeschi , e teneva in pugno un simil fazzuolo ,
scolendo il quale salutava tulti gli amici che incontrasse. La moglie
e le figliuole eran con lui, e portavano elleno altresi fellucce candide
e ranciale ai cappelli , e nelle mani fazzoletti di sela canarina listala
in bianco, da agitare verso il cocchio del Santo Padre. Maddalena
conduceva poi seco la sua orfana, tulta abbrunata ; e 1' avea diretta
apposta all' ingresso di tale piazza , acciocche potesse vedere a bel-
1'agio i Reali di Napoli, affacciati alle finestre della casa de' Mazzoc-
chi , nella quale erano convenuti. E la donzella gradi assai questa
scelta del sito, ritraendo singolare conforto dalla vista dei Principi e
delle Principesse della esule Famiglia , che non ristette mai di afFis-
sare con occhio compassionevole ; insino a tanlo che la cavalleria e
il baltistrada e il crocifero sopra la mula bianca, non sopravvennero
a dislorla dalla sua mesla contemplazione.
Dette quelle calde parole, Traiano si licenzio dai circostanti , die-
de il braccio a Flaminia , e seguito dalla moglie e da Maria Flora,
che teneva per mano Lucilla , saltellanle di Iripudio che il Papa
avesse guardato proprio lei menlre benediceva dallo sportello della
carrozza, si avvio alia chiesa della Vallicella, per allendervi il ritor-
no del Santo Padre , e ossequiarlo di nuovo strepitosamente. II che
fatto, s' incamminarono verso casa. Ma esso avviso, che la figliuola
non era piu gaia come quando erano usciti ; anzi sembrava adiratella
e ombrata. — - Che ti e succeduto, che sei un po' strana? le diman-
d6 egli.
— Niente : rispose 1' altra, e si mordette le labbra.
— Ma tu hai qualche cosa che li dk fastidio ; incalzo il padre.
- Niente vi dico ; ripele essa, allungando un palmo di muso.
Ouegli scrollo la testa, fe spallucce e non la stuzzico piu avanli.
Entrati nelVatrio e salendo lutti insieme le scale, Traiano si congra-
tulo con 1'ospite giovanetta che la fesla le fosse piaciuta, e il bonac-
doso uomo godeva di cuore a mirarla piu ilare e rinfrancata del so-
lito, in quello che Maddalena, sorridendole, con alto dolcemente ma-
3M LA POYERELLA DI CASAMARI RACeONTO ECC.
terno 1'accarezzava. Flaminia, vedendo farsi queste amorosita a Fio-
retta, divenlo verde come imramarro, e le scaglio un occhiataccia di
iena. Quindi, dispersosi ognuno per le camere, essa corse in un su-
bito dielro la poverella, le sprango clue calci agli stinchi, e ringhian-
do con islizza di aspide : — 0 Yia te , o via me ! si ritrasse a de-
porre gli abiti festerecci.
Questo fa il principio di una guerra , con la narrazione della qua-
le non ci basta I'ammo di conturbare i lettori. Gli strapazzi onde
Flaminia prese da quel di innanzi a malmenare la sventurata fan-
ciulla, non sono da figurarsi. No le minacce del padre, ne le rampo-
gne della madre valevano piu a tenerla che, per ogni lieve pretesto,
ella non desse in precipitose beslialita conlro la poverina. La quale,
per riscattarsi fmalmenle da questa non piu soffribile persecuzione ,
supplico il padre Eusebio, che la facesse ricoverare in un conserva-
torio di onesle zitelle , nel quale essa aveva sufficienle monela per
sustentarsi almeno due anni a sue proprie spesc : col die si plache-
rebbe Flaminia , e si ridonerebbe la pace a lutta la famiglia , scon-
volla per sua cagione. — Oh questo non sara mai! esclamo Traiano
arrovellandosi in udire tale proposia.
- Ma che ! pretendete forse che questa creatura abbia a morir
mar tire dei ghiribizzi di colei?
— lo le ammacchero il grugno , io le peslero le ossa a quella
strega ! ma non sara detto giammai, che ho fallilo al giuramento da-
to al signer Pellegrino. Questa iigliuola ha da stare qui in casa mia,
capite? per ora io sono suo padre, e Maddalena e sua madre. Non
YOglio sentir altro.
E Maria Flora, tribolata cosi fra 1' ancudine di questa irremovibi-
le Yolonta di Traiano e il martello del rancore indomabile di Flami-
nia, si rimise in Dio, che non abbandona mai chi in lui si assegna,
e aspetto da lui solo quel proYvedimenlo a'suoi mali, che non pote-
Ya piu sperar dagli uomini.
RIVISTA
BELLA
STAMPA ITALIANA
I.
11 Purgalorio del ReproU sostenuto dal Rev. Sac. D. VINCENZO DE-
VIT, impugnato dal P. F. MARIANO SPADA , maestro in sacra
Teologia e Procurator e generale dc' Predicatori — Roma 1864,
tipografia di Giuseppe Cesarelti. Vol. unico di pag. 1G8.
II Rev. Sac. Yincenzo De-Yit in una sua Memoria, inlitolata:
Come si possa difendere la Chiesa cattolica nelle sue preghiere pel
Defunti, incriminate dagli Elerodossi, propose la quistione : c< se la
credenza in una remissione de' peccati anche mortali nella vita fu~
tura sia doltrina della Chiesa » , e la risolse in senso affermativo.
Una soluzioue di questo genere cosi grave in se medesima, cosi im-
portante ne' suoi effetti e tanto contraria all' insegnamento seguilalo
fin qui , non potea passare inosservata. II R. P. F. Mariano Spada
del chiarissimo Ordine de' Predicatori sorse a combalterla slrenua-
mente collo scritto annunciato , ed avendo incontralo doglianze e
proteste da parte del De-Yit, a cagione del litolo posto in fronte alia
sua confutazione , come se in esso fosse rappresentalo allrimenti il
dirilto concetto della Memoria, rispose tosto, difendendone la conve-
326 RIVISTA
aienza. Proteste e difese corrono per le stampe l. Intanto la Memo-
via era messa ad esame nella Congregazione del S. Offizio, ed usci-
vane condannata con pubblico decreto, addi Venti del passalo Sel-
lernbre. II De-Vil avea gia fatto antecedentemenle una nobile pro-
fessione circa la rettiludine del suo sentire e la ossequiosa sommes-
sione del suo giudizio all' autorita della Chiesa. Ne la smenll all' uo-
po: dacche nel riferito decreto leggesi, die 1' Autore laudabiliter se
subiecit et opus reprobavit. Avvegnache un tale alto sia di obbligo
rigoroso per ogni scriltore cattolico, in caso somiglianle ; contutlocio
e degno di speciale commendazione a questa nostra ela , in cui la
piu sbrigliata intemperanza degl' ingegni si predica e si esalla stol-
tamente, come un dirilto inalienabile deH'uomo. Satisfatlo cosi all'av-
veniinento islorico, passiamo senza piu alia confutazione della dottri-
na, falla dal R. P. Spada.
In essa il ch. Autore non segue 1'ordine osservato nella Memoria,
ma presi di mira i punti precipui della controversia a cui si ranno-
dano gli altri, e dispostili secondo il processo logico, si mette adop-
pugnarli con tutta la forza degli argomenli che offre la teologia so-
pra la mossa quislione. Quindi e die siccome la Memoria dall' aver
negato il Giudizio partieolare deduce la incertezza delle anime pu-
rificanlisi intorno alia loro condizione futura , e da questa inferisce
la capacita in esse di merilare, e dal merilo la sentenza erronea della
remissione dei peccali anclie mortal! neU'allra vita, additando quale
causa motiva e fondamentale della discussione le preghiere usate
dalla Chiesa in pro dei trapassati; cosi il ch. Autore della confuta-
zione prova ad evidenza, 1'uno appresso dell' altro, i fatti del Giudi-
zio partieolare , della certezza in che sono le anime del Purgatorio
circa il loro stato fuluro , della incapacila di meritarvi comechessia
e della colpa mortale irremissibile appresso la morle ; terminando
Sa pertrattazione col dimostrare che le preghiere della Chiesa in pro
dei defonti non porgono alcuna ragione di tenere il contrario. A que-
1 Leggesi la protesta del De-Vit in una lettera. stampata nel num. 201
dell' Osservatore Romano ed in un' altra, che dalla Correspondance de Rome
riporta il Monde nel num. 216; a questa risponde il R. P. Spada nel numero
257 dello stesso giornale.
BELLA STAMPA ITALIANA 327
sli cinque punti corrispondono altrettanti capi nei quali e parlito
tullo il libro. Per do che spelta al merito intrinseco dello scritto
diremo tulto in due parole: il ch. Autore svolge la conlroversia in
ogni sua parto da dollo e profondo leologo. Le teslimonianze della
Scrittura e le aulorita del Padri non vi souo mica infilzale per vana
pompa, ma esaminate con diligenza, discusse con acutezza, riscbia-
rale con opporluni raffronti sicche rilievino quali sono; le ragioni
leologiche compaiono messe nel proprio lume con limpidezza di con-
cetli ; pesate le obbiezioni con coscienza e dimoslrate di niun valore ;
in tutlo il processo del libro brevita, ordine, cbiarezza.
Rimetlendo alia lettura del medesimo chi braraasse di vedere per
disteso il filo di questa savia e robusta confulazione , noi ci conten-
teremo di trarne un saggio di quallro inconvenient!, ne' quali come
in altreltanti scogli va ad urtare la Memoria sopraddetta. Teniamo
per fernio , che qucsti soli debbono r-iuscire piu cbe bastevoli a di-
moslrare aUenissirna dal vero la dollrina della remissione di qual
cbe siasi peccato morlale nell' altra vita.
I. Queslo insegnamerito non e error nuovo; messo in campo ab
antico nella piu grande ampiezza , poscia a mano a mano digrado
infino agli ullimi ristringimenti. Ma non gli venne mai falto di scan-
sare le censure piu gravi della Teologia. Ecco in pruova la sentenza
del Suarez: « Origene, egli scrive, penso clie tanlo i demonii, quan-
« to gli uomini peccatori dovessero alia fine rimanere purificati pel
« fuoco da ogni colpa. AHri affermarono lo stesso soltanto degli uomi-
« ni rei. Altri 1'asserirono dei soli baltezzali, coraeche fossero morli
« nella infedella o nella eresia. Altri restrinsero un tanto benefizio agli
« uomini trapassati colla fede morta quanto alle opere. Altri fmalmente
« lo dissero de' solifedeli, colti dalla morte in peccato, ma stali mise-
« ricordiosi in vita.... Questa dottrina, conclude, s' impugna dai Teo-
« logi come eretica ed aperlamenle contraria alia fede 1 » . Cilali
1 Principio hie referri possunt varii err ores eorum , qui dixernnt per
igncm PLRGARI ETIAM cos, qui in mortali peccato post hanc vitam invemuntur.
Quod de omnibus tarn daemonibus quam pravis hominibus sensisse Oriyenem
refert Epiphanius etc. Alii non quidem de daemonibus, sed de omnibus pra-
vis hominibus id dixerunt. Alii non de omnibus hominibuSjSed de omnibus ba-
328 RIVISTA
quindi i principii, sopra de' quali si fonda questa sentenza, halla per
cosi chiaram ente convinta di eresia , che non la reputa meritevole
nemmeno di una quale che siasi dimostrazione. L' Autore della Me-
moria non ignora di avere contro di se 1' aulorila della scuola dei
Teologi , anzi lo confessa schiettaniente, dicendo che slando ad essa,
la controversia sarebbe gia stata decisa contro di lui da molto tempo
ed anzi da qualche secolo. Or bene ecco quello che sentenzia il Cano a
questo proposito : Concordem omnium Theologorum scholae de fide,
aut moribus sententiam contradicere, si haeresis non est, at haeresi
proximum est 1. Ed in vero che importa il contraddire in questo
caso? Nullameno che il dire aun S. Tommaso, ad un S. Bonaventu-
ra, ad un Bellarmino, ad un Suarez ed a tutti gli allri valorosi ingegni
della loro schiera : « questa sentenza che yoi condannate di eresia,
e invece una bella credenza cattolica. Voi tutti avete preso un gran-
ciporro solenne. » Che la yerita stia da chi si presenla con tale pro-
posta, e 1'errore dalla parte degliuomini sopraddetli, ognuno lo vede,
e cosa che \1nce la morale credenza.
Ecco il primo scoglio che inconlrala dottrina MhMemoria: 1'au-
torita gravissima della scuola intera de' Teologi. Nella quale a voti
unanimi e censurata come eretica ed apertamente contraria alia fede.
II. Negate il giudizio particolare coll' intervento di Crislo, qual
base di tutta V argomentazione , glien' e sostituito un altro a capric-
cio nei termini seguenti : « Su quesle tracce noi possiamo dunque
« ora meglio intendere, e in qualche modo anche descrivere questo
« giudizio : poiche supponendo, che ciascun' anima uscita appena di
« yita, si trovi in faccia di quella yerila eterna , o si senlira di ab-
« bracciarla tosto , troyandosi pienamente ad essa conforme negli
« abiti suoi. . . e volera diritla in seno a quel Dio ultima meta e su-
ptizatis, etiamsi postea In infidelitatc sen haeresi moriantur. Alii de his tan-
turn hominibus qui cum fide Chris ti ctiam mortua decedunt. Alii nee de his
omnibus, sed de his, qui cum fide habuerunt opera misericordiae, etiamsi alia
habuerint peccatamortalia, in quibus mortui fuerunt. Haec doctrina variis
in locis a Theologis impugnatur, ut HAERETICA et aperte fidei contraria. — De
Sacramentis, P. II, Disp. XLVII, Sect. 1.
1 De loc. Theol. lib. Y1II, cap. 4, concl. 3.
DELIA STAMPA ITALIANA 329
« premo sospiro di lulli i voli del suo cuore. Ovvero posta dinanzi
« a quella luce di verila, non ne potra soslenere i vivi raggi, che da
« quella \ibrano sopra di lei a rischiararne le tenebre , fra le quali
« e tulta compresa, c fuggira inorridita di se medesima, precipilan-
« dosi losto in quel fuoco che conoscera allora di aver merilato, e da
« se pronunciando , prima ancora di udirla da allri quella sentenza,
« ctie al fuoco eterno la danni. Ovvero fmalmenle trovandosi in fac-
et cia di quella verila si risconlrera in parte ad essa conforme , ma
« in parle ancora difforme per brulture contratte su questa terra, e
« si ritrarra da se stessa da quella luce alia quale si sente pur tratta,
« e che pur vorrebbe abbracciare, e dentro a quel medesimo fuoco si
« geltcra da se stessa in purgazione dei suoi peccati » . Tanto si ri-
ferisce dalla Memoria nel Capo I, §. 2 della confutazione. II teologo
non si piace delle tinte poetiche nel linguaggio, ma della severita.
Onde c che al suo sguardo la descrizione riferila apparisce una sca-
turigine di varie inesaltezze. Eccone alcune : 1.° Davanti a chi e po-
sta 1'anima appena sciolta dal corpo? Davanli una verita, che e delta
eterna; davanli ad una verila estrinseca all'anima peccalrice, per-
che questa allrimenti non potrebbe allonlanarsene , giltandosi nel
fuoco; davanli una verita sussistente, perche altrimenli 1'anima giu-
sta non potrebbe abbracciarla beatlficandosi. Ma una verila eslrin-
seca all'anima, sussislente ed elerna non e appunto colui che ha
teslificato di se : Ego sum veritas, cioe, Crislo figliuol di Dio, giu-
dice dei vivi e dei morti? Adunque nella descrizione con palese
allernativa dialetlica si suppone T intervenlo di Cristo , che si nega
altrove nella Memoria. 2.° Una delle tracce, sopra delle quali elavo-
rata la riferita descrizione, sono due testi, 1' uno dell' Ecclesiastico :
In fine hominis, denudatio operum ems, ma CORAM DEO (XI, 29),
1' altro di S. Paolo : Omnes enim nos manifestari oportet ad TRI-
BUNAL CHRISTI, ut referat unusquisque propria corporis sive bonum,
sive malum (II. Cor. V, 10). Si potea egli recare con termini piu re-
cisi una confermazione dell' intervento di Crislo nel giudizio parlico-
lare? Anoi pare che no. Quel CORAM DEO, quel TRIBUNAL CHRISTI ce
lo dice aperlamente. 3.° L'uomo essendo tratto in modo irresislibile al
possesso di quella eterna felicila a cui e deslinalo, ripugna intrinseca-
330 RIV1STA
mente, che egli tutto da se e per propria elezione si gilti nella eterna
infelicita; eppure voi leggete nella descrizione il conlrario come ve-
rita evidenle. 4.° La bealitudine dell' altra vita ha ragione di merce-
de, la riprovazione di pena , eel entrambi devono essere applicale a
misura , secondo le opere porlate dal mondo. Ora essendo questo
un ordinamento sovrano del Greatore poslo alle sue creature, e
chiaro che a lui spelta esclusivamente di giudicare cio che risguarda
la intcrezza della esecuzione. Difatto nell' Evangelic non e il servo
fedele, che dice al padrone : ecco le prove di mia fedelta ; entro nel
vostro gaudio: ma il padrone che esamina e giudica, concludendo:
intra in gaudium Domini lui. Non e il servo reo , che alia vista del
padrone si gitta neile tenebre esteriori lullo da se , ma il padrone
che ve lo fa cacciare con imperio. Ragione adunque e Scrittura por-
gono una solenne smentila al supposlo che ci presenta 1' anima qual
giudice di se medesima.
Ecco il secondo scoglio : contraddizione logica, ripugnanza fisica,
eonlrariela morale.
III. Pigliamo il capo III delta conmtazione. Nella Memoria si af-
ferma che separata I' anima dal proprio corpo per cagione delta
morte, mancando dello STROMENTO ESSENZIALE alia sua libera azio-
ne, viene anche a perdere la sua liberta bilaterale (vuol dire di speci-
ficazione) e che deve quindi in lei cessare ogni ragione dimeritare e
demerilare. Se non che dovendosele pure concedere una qualche ma-
niera di liberta, onde caduta nel purgalorio valga a trarsene merce
di alcun merito, ecco 1'espediente immaginato : le sara offerto inso-
stituzione del corpo perduto altro mezzo sul quale possa distendere
qitella sua attivita. Un errore trae nell'allro. II grande onore faito al
corpo, dichiarandolo stromenlo essenziale nell' esercizio della liberla,
quando e soltanto 1'esecutore degli alii estrinseci deliberali dalla vo-
lonta, gitta di botto 1' A. della Memoria nell' asserzione gratuila che
sia dato come in prestanza all' anima dopo morte un altro mezzo, non
si sa quale, in sostituzione del corpo. Senza die come mai puo 1'ani-
ma guadagnare alcun merito nel Purgatorio? Ecco : essa lo pub con-
seguire con quegli aiti, che e in grado ancora di fare nell'altra vita,
i quali non sono ne piu ne meno , die legiltime conseguenze come
effetto da causa, di quegli abiti, che essa stessa liberamente si e fab-
DELIA STAMPA ITALIANA 331
bricata, e che ha recall e secondo iquali soltanlo le e dato oraeper
sua grande venlura, di esplicare necessariamenle si , ma non meno
liber amente tulta la sua altivila. Se conlro di quesla leorica movele
la difficolla, in qual modo possa un anima meritare in islato di pec-
cato morlale : la Memoria ve la scioglie dicendo , che le sue azioni
hanno per queslo che sono libere una ragione di merilo dinanzi a
Dio; ed eccovi negatala condizione dello slalo di grazia, necessaria
per meritare. Che se invece propoiiete 1'altra obbiezione non meno
grave, che 1' anima dopo morte e in termine: la stessa Memoria vi
risponde che se la parola termine si conlrappone al merito , si pud
dire, che conserva interamente il suo valore; se si contrappone agli
allri avvenimenli, che spettano ad esse anime sino al giorno del giu-
dizio, si pub dire che quel termine non e ancora appieno raggiunto,
e che tutlora sono in via a pienamente raggiungerlo. E un termine
come direbbero gli Scolastici non terminato. Ed eccovi falsato il con-
cetto degli Scolaslici : dacche essi colla ^7oce termine non terminato
intesero lo stalo, per cosi dire, non compito, in cui giacciono le ani-
me del purgatorio , in quanto non sono ancora al possesso di quella
gloria eterna a cui furono destinate. Ouali poi siano gli allri avve-
nimenti che spettano ad esse anime sino al giorno del giudizio, indo-
\1nili chi puo. Cosi pure lasciamo a chichessia 1' incarico di comporre
questo doppio concetto , che le anime esplichino necessariamenle ed
insieme liberamente tutla loro atlivila. Vero e, che per iscansare la
censura della Chiesa contro la dottrina di chi afferma potersi meritare
nell' allra vita, la sopraddelta Memoria insegna, trovarsi due ragioni
di merilo: I' una che costituisce per I' anima un nuovo lilolo a mag-
gior dono di grazie, e quindi a suo tempo a maggior retribuzione di
gloria; 1' allra che /' anima consegue con quegli atti che c in grado
di fare nell' allra vita. Eccovi una distinzione di conio novissimo,
ignorata da lulta la scuola leologica. Un' allra sentenza di simil ge-
nere. Si afferma che un peccalo mortale non sempre affelta tutla la
essenza dell' anima, come se cotale essenza, semplice di sua nalura,
potesse corrompersi in parte si e in parte no alia maniera dei corpi.
Non basta, si trasforma per giunta in un' infezione , appigliantesi
all' anima, la macchia del peccato, la quale, secondo i teologi, non e
altro che la privazione della grazia. Appresso cosiffalto travolgimenlo
332 RMSTA
di concelli sapele a che si perviene? A questo solo : esser possibile
che colle anime ree di colpa grave si usi da Dio , nell' altra vita, la
misericordia della remissione. Eppure, chi lo crederebbe ? nella sen-
tenza della Memoria si afferma aversi in tale possibilita quel tanto
che e bastevole a provare il fatlo, slanteche , secondo essa, provare
la possibility della verita di un fallo divino e provarne ad un tempo
la sua esistenza. Se non che trallandosi qui di un' opera di Dio ad
extra e percio dipendenle dalla libera volonta divina, e facile vedere
che la possibilita, scnza il decreto deiraltuazione, a nulla giova quan-
to alia realila della esistenza.
Ecco il terzo scoglio : rovesciamento di concelti teologi e nullita
di conclusione.
IV. In fine urta contro due documenti dommatici. L' uno e di Papa
Leone X , il quale fra le proposizioni condannate di Lutero anno-
vero ancor questa:
Animae in purgatorio non siml securae de earum salute , saltern
omnes: nee probatum estullis aitl rationibus ant scripturis ipsas es-
se extra statum merendi vel agendae caritatis.
Adunque si condanna patentemcnte la doUrina che sostiene 1.° tro-
varsi nel Purgatorio anime , le quali sono incerle della loro salute.
2.° non esscre le medesime fuori dello stato di meritare.
L' altro e il decreto del Concilio di Firenze, in cui leggcsi :
Definimus.... si vere poenitentes in Dei caritale decesserint, an-
tequam dignis poenilentiae fructibus de commissis satisfecerint et
omissis, eorum animas poems purgatonis post mortem purgari
illorum autem animas, qui in actuali mortali peccato vel solo ori-
ginali decedunt, in infernum descendere, poenis tamen disparibus
puniendas.
Adunque e conlro la fede asserire che nel purgatorio trovansi ani-
me non in grazia, o che non cadono nell' inferno quelle che sono
gravate di colpa morlale.
Concludendo, una dotlrina, che ha contro di se tulta la scuola teo-
logica , che si appoggia sopra un fondamento crollante da ogui lalo,
che si leva merce di falsi concetti, che urta dirittamenle contro de-
fmizioni evidenti della Chiesa , e chiaro , che non solo non deve es-
sere ammessa, ma nemmeno posta in dispula da un cattolico.
DELLA STAMPA ITALIANA 333
II.
Le nuove opere dell' Archispedale di S. Giacomo in Augusta , de-
scritle dal Sac. STEFANO CICCOLINI — Roma, tipografia della Re-
verenda Camera Apostolica 1864. Un vol in 8.°
II ch. sig. Lefebvre, professore di Medicina nell' Universila cal-
tolica di Lovanio , nel bel libro da lui stampato col tilolo : Des Ela-
Uissements charilables de Rome , fa un confronlo 1 tra gli ospedali
di Londra e di Roma ; c per via di cifre esattissime , e di documen-
ti autenlici , viene a quesle Ire conchiusioni. Per 1' antichita delle
istituzioni, mentre in Londra non vi e ospedale che preceda il seco-
lo decimoltavo, eccelto un solo che risale al decimosesto, in Roma
vi sono due ospedali che cominciarono nel secolo decimoterzo , uno
nel decimoquarto , uno nel decimoquinto , quattro nel decimosesto ,
e gli altri dipoi : lo che dimostra che da Roma e parlilo 1' impulso e
1'esempio di queste islituzioni cosi benefiche pel popolo. Pelnumero
dei lelli , Londra per la sua popolazione di due milioni e mezzo in
circa di abitanti, ne ha 5,445 , nei quali sono annualmente cura-
ti 45,291 malato: mentre in Roma pei duecenlomila abitanli cho
contiene, vi sono 4,531 letto, ove vengono curati ogni anno 37,115
malati : e cio vuol dire , che , fatto il ragguaglio delle due popola-
zioni, Roma ha undici volte phi diletti, e cura nei suoi ospedali
undici volte phi di malali che non Londra. Finalmente se quanto a
politezza , a decenza , a caulele gli ospedali di Roma nulla hanno da
iiwidiare a quelli di Londra , quanto all' affetto nell' assistenza , alle
premure nella cura , alia dolcezza nel trattamento , i romani tanto
soprastanno agl' inglesi , quanto il ghiaccio della beneficenza officia-
le e amminislrativa sottosta al fuoco della carita cattolica. Le quali
conchiusioni riduconsi a questa sola , che cioe Roma e nel folio ,
quale dee considerarsi nell' idea, il centro non solo della fedc, ma
eziandio della carila crisliana ; e che da lei , come appunto dal cen-
1 CHAP. VIII. Considerations sur F hospitalite romaine. Art. IV et V.
334 RIV1STA
tro i raggi , si diffuse sempre per via dell' insegriamento e deU'esem-
pio T impulse alle opere piu segnalate della beneficenza umana.
Non vi e in effetto una sola istituzione per sollievo della indigcn-
za che non abbia avula in Roma il primo suo modello, i primi suoi
inizii. Dal [empo degli Apostoli comincio presso i crisliani di Roma
T esercizio della carila , le cui prime Ire forme furono 1' ospilare i
peregrini , il curare gl'inferrm, il nutricare i poveri. I Pontefici
Romani considerarono sempre come la gemma piu preziosa della
eredila apostolica la cura dell' indigenza: e nei fasti della Chiesa di
Roma nori v' e esempio, die di qualche Papa si Iralasci di mentova-
re fino a die punto fosse generoso verso i poverelli. Non il loro pa-
irimonio soltanto, ma i loro pensicri, e spesso la loro opera, si ri-
Tolsero costantemente a sollievo delle miserie e dei palimenti. Questo
esempio cosi augusto trove numcrosi imitatori nel clero e nella cit-
tadinanza di Roma : e la carila doi Romani non e rneno nota al mon-
do della lor fede. Ouindi gl' Istiluli di BeneOcenza non solo ebbero
in Roma 1'origine , ma la durata e 1' incremento ; sicche puo con ve-
rita dirsi, che Roma per quesla parteestata sempre in progresso. II
sig. Lefebvre, teste da noi citato , visile e studio, or sono presso a
duelustri, gl' istituli di Bcneficeaza, esistenli in Roma; e ne diede
un giudizio, quanto imparziale, aliretlanto vantaggioso. Se li visi-
tasse ora , noi siamo certi che le sue lodi sarebbero molto piu splen-
dide : lanli sono i miglioramenti che in questo decennio si sono ar-
recati a ciascheduno diloro ! Noi spesso ne abbiamo fallo menzione,
secondo che le circostauzc ce 1'hanno suggerito. Ora dobbiamo spe-
ciflcarneuno, che merita una specialissima menzione, per le sue
drcoslanze. Le notizie le desumeremo dal libro die ne tratla ex pro-
fesso, scritto senza esagerazione di lodi, e con piena conoscenza della
materia , clalla penna valorosa del ch. sig. Abate Ciccolini. Questa
nostra rivista adunque si studiera di restringerc in brevi cenni , cio
che diffusamente espone 1'aulore nel corso del suo libro.
VArchiospedole degl' inciirabili fu fondato nel 1339 per volonta
del Card. Giacomo Colonna, che morendo ne lascio 1' incarico ai suoi
eredi. Fu per memoria di lui denominate di S. Giacomo , e vi fu
aggiunto 1' appellative di S. Giacomo in Augusta per la prossimita
BELLA STAMFA ITALIAN! 335
del Mausoleo di Augusto. Essendo nel 14ol dato ad araruinistra-
re alia Compagnia di S. Maria del Popolo , si comindo a chiamare
allresi col nome di S. Maria del Popolo e di S. Giacomo. Ollre lo
malallie propriamcnle ineurabili, esso accoglie i poveri dei due ses-
si, affetli di malallie chirurgiche. Dopo molli cangiamenli, che i co-
slumi e i tempi recarono nella sua direzione e al suo servigio, gli uo-
mini vi sono era assisliti dai Religiosi di S. Giovanni di Dio : le donne
dalle Sorclle della Misericordia. Ai tempi del Fanucci (1601 ) che
scrisse il Traltato di tutte le opcre pie dell' alma cilia di Roma , vi
erano circa centoventi lelli fmiti , fra uomini e donne, in due appar-
tamenli separati. Nel 1842, quando il ch. Morichini, allora Prelate,
ora Cardinale di S. Chiesa, pubblico la sua opera AegYIslituti dipub-
Uica Carita, il numero dei lelli era quasi triplicate, poiclie nella sala
degli uomini poteano slare in iulto, e spesso stavano 200 lelti fmili,
e in quella delle donne 156. Ma si nell'un tempo, come neH'altro, i
malati che ne riceveano soccorsi erano in mollo maggior numero che
non i lelli. Poiche, del suo tempo diceva il Fanucci « ogni due anni
nella primavera , fassi grande spesa nella decozione del legno detto
sanlo , ovvero salsapariglia , perquelli poveri che vogliono curarsi,
dal male detlo franzese, in Francia chiamato mal di Napoli , e si da
con quelle preparazioni di medici e medicine che si conviene : opera
veramenle di somma carita e rara ».
II qual sislema di aiutare con medicine e consiglio di medici i po-
veri a curarsi in casa propria, fu sempre seguilalo ; di guisa che il
Morichini atlesta del suo tempo, cio che lutlora e in costume di far-
si, che « molti, special men (e affetli di sifilide, vengono, ad ore sta-
tuile , a curarsi all' ospedale, in luogo destinato a cio, presso della
sala di Medttkeria » .
Oltre le due corsie per gV infermi e le inferme, v'era ai tempi del
Morichini la scuola clinica con tredici lelti ; la stanza delta di S. Ca-
millo , con Ire letli per gli operati , o per le persone di civil condi-
zione ; quella di S. Gaetano con tre letli pei frenelici ; e lo spedalelto
per la famiglia, capace di sei lelli.
Talche S. Giacomo potea curare a un tempo 368 infermi d' ambo
i sessi ; ed oltre a cio avea due couveutini per i Religiosi e le Reli-
336 RIVISTA
giose assistenti, T abitazione per la famiglia , una farmacia col suo
laboratorio e giardino, una biblioteca per comodo degli student! chi-
rurgi, un vago teatro anatomico, la camera incisoria, i bagni e tutie
le altre comodila che per un ospedale ben sistemato occorreyano.
Con tutto cio una cosa desideravasi a rendere quest'Ospedale vera-
mente acconcio alia guarigione delle malattie per cui eradestinato, e
si e Fampiezza nelle sale e la circolazione dell'aria, la cui mancanza
non le rendeva pienamente salubri. Questo difetto era notato dal-
1' EiTio Moricliini con queste parole : « Se poco acconce ad uso di
spedale sono le sale delle donne , ridotte da granaio a corsie nel
1825, la sala degli uornini e del tutto infelice , perclie umida, nulla
ariosa, e manchevole di molte comodita. » Cio egli stampava sul co-
minciamento del 1842, e nel Maggio di queslo stesso anno fu posta
mano all' opera della riforma delle dette corsie o per dir meglio al-
ia coslruzione delle nuove. Cosicche nel 1819 fa aperto all' uso del-
1' infermeria do' maschi la nuova sala, che non solo lolse Y inconve-
niente dell' antica , ma riusci veramente splendida e magnifica.
Lasciamo darne il giudizio al medesimo signor Lcfebvre che nel
1856 la visilo, e cosi la descrisse nella Revue Catholique di Lova-
nio : « Lo spedale di S. Giacomo e forse il piu bello degli ospedali
di Roma. Gregorio XVI ne avea ordinalo i restauri sopra un super-
bo disegno; il suo illustre Successore vi lia posto 1' ultima mano. lo*
non conosco in altre contrade una corsia che sia magnifica, come la
sala maggiore di questo stabilimento. Essa e lunga 550 palmi archi-
teltonici, e con tale lunghezza armonizzano convenientemente 1'altezza
che e di 47 , e la larghezza che e di 42. Dall' un capo all' altro cor-
re nella sala un pavimento di bianco marmo, che separa i letti, col-
locaii sulla driita e sulla sinistra di questo immenso corridoio. Due
fmestre, grandi come quelle delle nostre Cattedrali gotiche, occupa-
no tutto lo spazio di altezza dei due muri estremi , e le inondano di
luce, e le danno una inesprimibile fisonomia di allegrezza. Le fine-
stre dei due lianchi sono a quatlro melri dal suolo. Air altezza di
queste fineslre avvi una galleria, vero balcone interno, che fa il giro
della sala. Sfiatatoi, che sono slaliaperli sotto i letti, Yi fanno pene-
trare 1'aria fresca dal di fuori, mentre degli occhi ad aperture mobili,.
posti nel soffilto, ne fanno incessantemente uscire Taria alterata ».
DELIA STAMPA ITALIAN A 337
Provvedulo cosi alia salubrila della corsia dci masclu , rimaneva
a fare allreltanlo per quella delle donne. L' impulse a por mano an-
cora a questo secondo restauro venne dall' inesauribile carit5, del
Sommo Pontefice Pio IX. Udito il disegno che yf era di compiere una
lal opera, deslinandovi , dopo le convenient! modificazioni , i piani
terreni, sotloslanti alia sopraddelta sala degli uoraini, rimosse con la
sua aulorita gli ostacoli che vi si opponevano, ed animo Y ammini-
strazionc dell' ospedale a cominciar 1'impresa, largendo del suo pri-
yato peculio uiia generosa so\venzione di denaro da impiegarsi al-
Fuopo. Cio valse un ordinamento compiio di tutto 1'intero spedale,
sotto 1' a\7vedula e zelanle amminislrazione del Prelate che vi e pre-
posto, MODS. Girolamo Mallei, e coi disegni dell' inlelligente e va-
loroso architello Cav. Morichini, nel modo cheverremo indicando.
II pian lerreno soltoposlo alia corsia degli uomini e un immense
corridoio di 52o palmi dilunghezza, 41 di larghezza, e48 di altez-
za. Esso e slalo diviso in due parli molto disuguali tra loro , e il
punlo della divisione cosliluisce una magnifica sala d'ingresso e di
ricevimento , nobilmenle ornata di statue e di pitture. A destra di
questa sala slendesi la grande corsia per le donne, che misura 384
palmi nella sua lunghezza, e puo conlenere molli piu lelli che non
1'anlica. A sinistra V e la clinica delle donne, che per mezzo della
sala d'ingresso comunica con la grande corsia delle inferme. Dopo
la clinica delle donne v' e la Scuola della clinica ; e finalmente la
nuova clinica degli uomini , che ha ingresso eslerno e lullo da se, e
trovandosi separata dairinfermeria maschile, e stala fornita di tutte
le comodila , che la rendono indipendenle da qualsivoglia comuni-
cazione colla corsia delle donne.
A yoler dire lulli i piu minuli provvedimenti perche queste sale
riescano liele,salubri, decenli, anzi decorose, avremmo bisogno di
ben piu largo spazio, che non ci e consentilo. Non possiamo che ac-
cennarne alcuni dei piu importanli. L'aria entra copiosamente nella
grande corsia da Iredici grandi finestre che ciascuna delle due pareti
laterali novera : e perche 1'aria guasla possa continuamenle uscirne,
sonovi sul pa\imento ad ogni lanli pie di distanza delle aperture a
graliccia che la incanalano in lubi di scolo, e le danno uscita, regolata
Serb V, rol Xll, fasc. 351. 22 26 Ottobre 1864.
338 RIVISTA
da valvole. II pavimento e lasiricato di gross! mattoni quadri, detli
maltesi, preparali con lal magislero digluline oleosoche mm danno
polvere stropicciaudosi, ne bevono acqua o liquid! che vi si versino,
cio die grandernenle giova ad evitare ogni male odore. Oltre a cio
esso ha nel mezzo una larga fascia di marmo bianco , listala agli
orli da guide di bardiglio, che toccano i pie dei lelti. Simiglianlemenle
le pareti sono inverniciate ad olio , di modo che a purgarle' d' ogni
brutlura basla lavarle. Sopra esse gira la cornice d'irnposta della
volta, tutta a marmo. La tinta e molto gaia nelle pareli : dal suolo
all'altezza d'un uomo e di cipollino chiaro, e dipoi sino alia cornice
d'imposla d' incarnate pallido: la volla col suo colore aerino ricorda
i! cielo; di forma che la sala dalla moita luce che vi enlra, piglia tale
gaiezza, che rallegra gli sguardi. Accanto ogni letto visono mensole
di marmo , sorrelte da volute di ferro, e queste mensole servono alie
inferme per posarvi stoviglie e utensili : i lelli sono tutti di ferro,
leggiadramerite disegnati, e verniciali a fuoco. In una parola nulla
si e trascuralodi tutto cio chel' arte in servigio della scienza medica
e della carila cristiana potea praticarvi : sicche un illustre viag-
giatore, che or sono poche sellimane la \isilava, asseri che una sala
si beila non aveala egli fin aliora vedula in nessuno dei piu grandi
Stabilimenli di Benelicenza, da lui visitati nell'Europa.
Nel fondo eslremo di quesla sala v'e una grande abside, ove si e
allogalo 1'altare per la celebrazione dei divini misleri. 0 si couside-
rino le pilture , o si considerino i marmi e il loro lavorio , o si con-
sideri 1' archiletlura , questa cappella e di gran pregio , e potrebbe
parere ancor soverchio , per una infermeria di poverelle , a chi non
sapesse una circostanza che merita d'essere menlovala. Tutta la spe-
sa che questa cappella e costata, non gravita punto sopra 1'ammini-
strazione dello spedale. Essa e un dono fattole dai capi d'arte, ado-
perati nella restaurazione , di che parliamo : e dono non palliate ma
vero, perche falto dopo regolali pienamente i conti a tulto rigore di
giuslizia.
Con cio fu tolto 1' ultimo incomodo che v' era nello spedale di
S. Giacomo , dandogli la corsia delle donne ariosa e salubre al pari
di quella degli uomini. Ma posta la mano ai reslauri, MODS. Girolamo
DELLA STAMPA ITALIANA 339
Mallei, clic in qualita di Dcpulalo presiede a qncsto spcdale, non si
fermo a quello solo che era piu urgente, ma voile aggiungervi quan-
to vi si polea desiderare ancora di piu ulile. Allato dunque a questa
corsia edifice convenienlemenle quallro allre sale. La prima d' esse
serve per le Operazioni cliirurgiche, affine di sollrarre allo sguardo
delle allre malale la vista dei ferri e del sangue, e offrire ai chirur-
ghi operator! maggior luce e maggior comodita. La seconda chia-
masi delle Oflalmie, dal genere di malallia che vi si dovr& curare ,
la quale esigendo di sotlrarre 1' inferma alia luce viva e diretta, di-
manda camera separata e misuratamenle illuminata. La terza e desli-
nata alle Cancrene, le quali, oltre che ingenererebbero, nella Corsia
comune, felore ed infezioni , han bisogno di speciali condizioni nella
stanza delle infer me. L' ullima sala finalmente e fatta pei./%m,
sieno d' acqua, sieno di vapori.
Oltre a cio e stala migliorata e riabbellita la Farmacia , aggiu-
gnendovisi un laboratorio alto a qualsivoglia preparazione cbimica,
un magazzino per conservarvi le provvigioni, e un giardino per col-
tivarvi le piante medicinali. E slata allo spedale aggiunla una came-
ra per gli Asfissiali, fornita di tutli gli strumenti necessarii per rav-
vivare la respirazione, dono del Municipio romano. E slata coslrutla
e adornata convenientemenle una Sala di riunione, per le molle pie
confraternite che sogli ono andare in quello Spedale , per assistere e
servire ai malali. S' e edificato il conventino, ove possono abitare le
Snore della Misericordia , islitulo romano , la cui antica abitazione
& destinata ad altro uso. Tulto e stato o ri forma lo , o ricostrutto, o
riabbellito: di guisa che oramai il S. Giacomo del 1864 non ha piu
nulla del S. Giacomo del 1842.
Noi non ci fermiamo a indicare tulto cio che in tale ristaurazione
risguarda la decorazione, ossia delle facciate esterne, ossia delle in-
terne sale. La descrizione minula che il rev. sig. Ciccolini ne fa, e
esatiissiraa, ecorrisponde alia realila del fatto, che noi abbiamo pu-
re verificata. A. noi qui basti il dire, che essa e veramenle nobile ,
senza essere soverchiamenle sontuosa: tale cioe che mostra 1'amore,
e quasi dircmmo il rispetlo, che la carila cristiana porla ai poveri ;
ed esclude ogni pensiero di vanita che voglia del denaro destinato
340 RIVISTA
ai poveri cercare piu un abbellimento agli sguardi dei cittadini ,
che un sollievo all' indigenza.
Neppure entreremo nei particolari che risguardano la ristaurazio-
ne della chiesa di S. Giacomo, annessa allo spedale, e fatta in que-
sto medesimo tempo. La maesta in lullo quello che risguarda ii cul-
to e la cosa piu comune che sia nelle tradizioni e negli amori dei
Romani : e lungi dal negarlo i nemici di Roma le ne fanno una
colpa, quasi di eccessiva prodigalila, giudicando non da uonlini cri-
stiani, ma da sensual! e da razionalisli. Pensano al contrario costoro
che tanlo spendendosi nella magnificenza delle chiese, nulla poi non
restl o non si voglia spendere nei bisogni dei poverelli. Per questo
fine ci siamo intraltenuti a parlare un po'trilamente dello spedale di
S. Giacomo, per quello che principalmente risguarda i malali. Que-
sta non e 1' unica opera di tal genere che ora siesi falta ; e bensi una
delle ullime che siensi in questi di compiute. Nei tempo del Pontifi-
calo glorioso di Pio IX, la stessa opera di ristaurazione si e fatta in
quasi lulti gli ospedali di Roma , o almeno si e cominciata. Non ha
molto dicemmo del Manicomio, rifatto quasi da capo con ingenti spe-
se, e tutle soslenute dal peculio private di Sua Santita. Per tutte le
altre ristaurazioni il S. Padre ha concorso colla sua generosila e col
suo impulso. In questa particolare di S. Giacomo e stala tale e tanla
la sollecitudine da lui moslratane, che tre volte in un anno solo vi si
e recato a visitarne i lavori ; e 1' ultima del di 17 di quest' Ottobre
che la \7ide compiuta, il suo cuore di padre dei poverelli rimase con-
solatissimo divedere reso non solo salubre, non solo vasto, ma ezian-
dio gaio e pulilissimo 1' asilo per sua cura preparato alle inferme
indigenti. Sappiamo che al tempo stesso ha dati nuovi ordini per
nuovi reslauri, e nuovi edificii dello stesso genere, e fra gli altri per
una clinica delle partorienti : di guisa che dei frulti della sua carila
puo dirsi realmente , do che di certi alberi fortunati canto il poela :
E mentre spunta Inn, I' altro matura. Fara dunque meraviglia che
a Ian to affetto paterno corrisponda il popolo romano con affezione
veramente figliale?
BELLA STAMPA ITALIANA 341
III.
Syuardo politico del Conle SOLARO BELLA MARGARITA, Minislro di
Stato, sulla Convenzione italo- franca del 75' Settembre 4864.
- Torino, tip. di Giulio Speirani 1864. ,
Con questo breve ma sugoso opuscoletto I'illustre conle Solaro
Delia Margherita prende ad esaminare la famosa Convenzione del 15
Seltembre, non sotto aspelto municipale, per 1' immense danno doe
clie ne proviene a Torino, ma sotto aspetlo nazionale, per 1' interesse
cioe relative a tutto il regno. Egli stabilisce questa doppia proposi-
zione : che per la famosa Convenzione la dignita del paese e corn-
promessa, e la sua indipendenza in pericolo. La prima parte si chia-
risce principalmente dall' obbligo assunto del trasferimento della
Capitale. Una tal condizione del trattato fu onerosa, umiliante, impo-
litica. Se ci a affare interno a uno Stato, e appunto quello della Re-
sidenza del suo Governo. II farsi imporre intorno a cio determina-
zione veruna da altro Stato, o richiederne almeno il consenso, costi-
liiisce un intervento dLmiovo genere, di cui non ci e esempio negli
annali della diplomaziav « Se conveniva al Governo, egli dice, corn-
piere quest' alto d'interna amministrazione, doveva compierlo senza
neppur parlarne, senza trattare colla Francia, non piu che con qua-
lunque altra Potenza, e se di ci6 si e con essa trattato, lo fu perche
si riconobbe che essa voleva e poleva opporvisi. Nessun vantaggio,
per tanta arrendevolezza promesso, compensera mai il danno di aver
sottoposto ad una Potenza straniera una questione , che non doveva
mai essere discussa oltre i conflni del proprio Stato 1. »
Ma che sarebbe, se ragionevolmente fossero a temere patli se-
greti, pei quali in un avvenire piu o meno prossimo o remoto doves-
sero allre terre italiane esser cedute alia Francia? « Si sono gia tol-
ti, egli esclama, all' Italia i suoi baluardi; si sono conscgnate le
chiavi delle Alpi, di cui era il Sardo Re custode, alia Francia, e puo
1 Pag. 8.
312 RI VISTA
lemersi che con miovo dissennato pensiero non le sia conteso il pos-
sesso delle terre da essa sempre vagheggiate. » Una tale idea e si
stolta, si perniciosa, si Iraditrice della patria, che per ammellerne il
semplice sospelto, e forza averne irrefragabili prove. Tultavia chi
puo negare esserci nella nalura stessa delle cose e dell'operare uma-
lio bastpvole fondamento per impensierirsene? Lo sgonrbero delle
Iruppe francesi da Roma non puo considerarsi seriamente, come un
vanlaggio corrispeltivo per Napoleone III all' onere imposto al Go-
verno di Torino. « Sarebbe far torto all'imperalor Napoleone, sa-
rebbe giudicarlo ben poco accorto il supporre che non tenda in un
modo o neH'allro negli alti suoi ad un fine motto phi perlui impor-
tante. Ben sa che e in suo polere sgombrare la Cilia elerna, quando
gli convenga, senza esservi mosso da pallo alcuno; e tutli compren-
dono che se malgrado la Convenzione non gli convenisse abbando-
narla, gli sara assai agevole inlerpretarne ed eluderne le condizio-
ni ; quando anche F abbandonasse custodira da Civitavecchia Roma.
Chi puo prevedere gli evenli tutti del corso di due anni in questi
tempi, in cui le mutazioni succedono rapidissimamente piu che non
fosse innanzi all' era nostra nel corso di secoli ? Napoleone III non
ha, siamone certi, abbandonata 1' idea di ricuperare alia Francia
quanto piu polra delle conquisle del gran guerriero, di cui eredito lo
scettro e il nome. Menlre volge lo sguardo alia deslra sponda del
Reno, lo volge di qua delle Alpi a quelle lerre che bagnano il Po,
la Sesia ed anche il Ticino. Sara forse un Irislo sospelto, ma non in-
giuslo, non senza fondamento, ne da rigeltarsi in cosa di tanto rilie-
vo. Qual meraviglia se in cdpo a due anni prima di ritirare le armi
francesi da Roma, ponesse per condizione il possesso di qualche al-
tra terra italiana? Non potrebbe Egli chiedere 1'Isola di Sardegna,
per agevolare la preponderanza marittima delSa Francia nel Medi-
terraneo? Non polrebbe Irovar troppo eslesa la spiaggia del Regno
italiano sul mare, e con conlenlo di quell' Isola chiedere anche la
Liguria? Forse anche reslituire alia Francia del primo Napoleone la
vigesima setlima e la vigesima ollava divisione militare 1 ? »
1 Pag. 8-9.
BELLA STAMPA ITALIAN A 343
Lc considerazioni di un uomo di tanlo senno cd cspcricnza politi-
ca, quale c queslo antic.o Ministro di Carlo Alberto, non puo fare
che non abbiano grandissimo peso sull'animo del veri Italian! in una
materia si grave, da cui dipende nou pur 1' onore, ma i deslini an-
cora futuri della penisola. Gl'improvvidi, che si arrogano presente-
mente di deciderne le sorli, par che non abbiano dinanzi agli occhi
che 1' Austria; eppure se non mirassero le cose con la vedula cor la
d'una spanna, dovrcbbe presentarsi alia loro vista qualche cosa an-
che piu perigliosa agli stessi inleressi , da cui essi si moslrano co-
tanto compresi. « Mi guardi Iddio , cosi conchiude il Conle Solaro ,
da ogni paragone odioso ; ma impossible e che considerando la si-
tuazione in cui si trova atlualmente 1' Italia, non mi venga al pensie-
ro qual fu 1' antica Grecia al cospelto di Filippo Re di Macedonia,
qual fu al cospetto de' Romani , priva di liberta , di gloria e di pos-
sanza 1. »
Non si contenta pero 1' antico Ministro di far toccar con mano in
questo suo giudizioso lavorietto i mali , che da si falla Convenzio-
ne sovrastanno all' Italia: egli, da quell' uomo accorto e pralico che
&, suggerisce ancora il rimedio. « Comprendo, dice egli (pag. 16),
che i Minislri , i quali hanno acceltato 1' ufficio con un tratlato gia
ralificato , non trovino mezzo di trarsi d' impiccio , ed io stesso non
vedo che una sola via, difficile assai, ma pero vorrci, se fossi a luo-
go loro, tentarla. Allo stesso imperatore Napoleone si esponga qua-
li sono le condizioni dell' Italia , quali i timori , quali sospelti si
sono destati non in pochi , ignari di cose di Stato , ma in tutli co-
loro che degli andirivieni della politica hanno contezza. Ouei timori,
quei sospelti o sono veri o falsi. Se falsi, non vorra sostenere una
Iransazione che a quelli diede amplissimo fondamento, e di lanli mali
umori e cagione in Italia , senza alcun vanlaggio per la Francia. Se
sono veri, si affreltcra certo a smenlirli abbandonando la Convenzio-
ne, ne potrebbe in altro modo agire senza detrimenlo di sua gloria,
e senza palesare al mondo inliero, che non lo spingeva a conchiu-
derla simpatia od interessamenlo per 1' Italia, ma 1'idea di ricalcar
1 Pag. 20.
344 BIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA
colle sembianze di pace le orme del primo Napoleone : gia quella
esiste; la Convenzione del 15 Settembre produrra ogni giorno piu
in tutta Europa una profonda impressione ; sara inlerpretata come
una sfida a lulte le Potenze, cui puo offendere Tidea clie la Francia
pretenda dar legge agli Stall indipendenli. Napoleone I entro vit-
torioso in molte Capital!, dello la legge a molti Sovrani, ma in guer-
ra e come vincitore; ben diversa cosa e, mentre si e in pace, im-
porre ad un Principe alleato di mutare la sede del Governo, e di ri-
nunciare a ogni pensiero di trasferirla altrove. Tanto piu sorprende-
ra che quel Governo, il quale riguarda come fondamento del suo nuo-
TO dirilto ptibblico il principio del non inter'vento, non s'avveda che
non puo esservi intervento maggiore di quello che esercita colla pre-
sente Convenzione. « Se riuscisse il tenlalivo, sarebbero tolti aH'Ita-
lia il disdoro e il damio, al Parlamento il fastidio di disculere sopra
cosi funesto argomento. Non riuscendo spelterebbe al Senato, alia
Camera , di provvedere al ben pubblico. Non so qual sara il conte-
gno de' Ministri che ora assunsero le redini del Governo italiano ; ma
pensino che se sono vinti in quesla politica battaglia, dir non po-
tranno, come Francesco I dopo la sconfilta di Pavia: tout est perdu
hors I' honneur. »
Ma noi temiamo forte che dell' Italia rigenerala non si debba tra
non mollo dire appunto queslo: Tutto e perduto compreso Fonore.
E questo sara il fruUo che la giovane e pazza Italia avra ricavato
dall' aver non curato i consigli della vecchia e savia Italia.
ARCHEOLOGIA
I tre sepolcri Santambrosiani, scoperti nel Gennaio 1864.
Non e gran tempo che noi demmo contezza ai nostri lettori dell' insi-
gne scoperta , fatta questo medesirao anno , in Milano , de' Sepolcri di
S. Ambrogio, e de' due santi Martin Gervaso e Protaso *. Poco pero ne
potemmo dire, attesa la moltiplicita di altri soggetti archeologici, che al-
lora ci premeva. Ora che abbiamo alquanto piu agio, e il chiaro Sacerdo-
te Luigi Biraghi ha pubblicato un dotto opuscolo, col titolo messo in fron-
te a questa nostra Appendice, noi volontieri ci torniamo sopra, compen-
diando le cose principali esposte da lui.
E in primo luogo e da ricordare un fatto assai celebrate della -vita del
S. Dottore , quello cioe della invenzionc de' corpi de' santi Geryaso e
Protaso. Essi erano stati deposti nel Cimitero detto di Caio, luogo di ri-
poso de' martiri e de' primi fedeli di Milano. II Biraghi pone il tempo del-
la loro passione sotto 1' imperio e durante la persecuzione di Nerone. II
de Rossi non osa affermarlo con ogni certezza : pruoya pero con effica-
cissimi argomenti, che il loro martirio non puo essere riferito alia perse-
cuzione di Diocleziano come alcuno yorrebbe, e che ad ogni modo, se
non patirono solto Nerone, la loro morte dovette essere separata di gran
distanza dalla eta di Ambrosio 2. II modo poi della scoperta e riferito da
Paolino nella yita del Santo 3, e dal Santo medesimo nella epistola a Mar-
cellina sua sorella , ed in una omelia che tenne al popolo per questa oc-
1 Civ. Catt. Serie V, vol. IX, pag. COS.
2 DE Rossi Bullelt. di Arch. cm. an. 486$, num.
5 PALL. Vit. Amb. C. XIlL
346 ARCHEOLOGIA
casione. Noteremo col ch. Biraghi alcune particolarita, espresso da S. Am-
brogio intorno ai santi corpi, e al modo com' egli li fe chiudere ne'nuovi
sepolcri. II che ci varra assai per autenticare la scoperta fatta ultima-
mente de' medesimi sepolcri.
Dice adunque che trovo del sangue assai nel luogo in cui erano depo-
sti, Sanguinis plurimum: ed ei lo ricorda come chiarissimo testinionio
del martirio de'due eroi cristiani e del loro trionfo. «Di quel sangue (sog-
giunge il Biraghi) nell' attuale scoperta si rinvennero deile tracce , forse
Belle materie colorate, miste a ossido di ferro, certamente nel fondo di
im'ampolla e in un piccolo sepolcrino quadrate, copcrto di una tavoletta
di bianco mar mo ben ceraentata all' ingiro ; in esso era nel mezzo un
fondo di ampolla di vetro con materia rosso- turchina, e due porzioni di
una colonnelta scanalata di marmo bianco.... Su questi pezzi ancora si
vedono delle macchie rosso-vermiglie, in alcuni punli piu cariche a sem-
bianza di sangue, in altri giallastre e grommose: macchie, che dali'ana-
lisi chimica risultarono essere depositi di ferro (base del sangue} e d'in-
ceaso e di altre resine. »
Nota di piu il santo Dottore di aver curato i sacri corpi, adoperando la
parola condwimus, colla quale si soleva si gnil:care il-pio ufficio diunge-
re con preziosi unguenti i cadaver! de' cari, ed involgerli con varie sor-
tc di aromi eatro drappi piu o mcno preziosi. La quale usanza, passaia
dagli Ebrei ne' Cristiani, fu da questi massiraamente servata co' Martin;
ne' sepolcri de'quali solevano eziandio gittare delle monete, per testimo-
niaoza di devozione e di fiducia. Ora di una simile pieta di Ambrogio e
divozione de' fedeli, per rispetto a que'due Martiri, rimangono i vestigi
nel terriccio del loro sepolcro, in mezzo al quale si sono scoperli grani
d' incense ed altre spezie, avanzi di stoffe preziose e filament! di oro, con
delle particelle inerenti ai minuzzoli delle ossa. II cbe e segno non essere
stati que' drappi adoperati per involgere i corpi ancora interi, poco ap-
presso al martirio ; ma si le ossa. Le monetine poi sono divise dal Biraghi
in due class! ; 1' una di quelle che appartengono al secolo IV cadente,
1'altra die si riferiscono al secolo V, anch' esso cadent e.
II santo Arcivescovo determine ancora nella stessa omelia il site che
assegnava a quelle sacrereliquie: Cedo dexter am portionem Martyribus.
Perocche il suo prime intendimento era stato di riservare per se quel po-
sto di sotto aH'aitare della gran Basilica da lui edificata : or lo divide coi
•nuovi ospiti;cedendopero adessi la parte piu degna, che e la destra.Quin-
di conchiude : Condamus ergo sacrosanctas reliquias , et dignis aedibus
invehamus; volendo denotare colla parola aedibus noalachiesa, nella
quale gia erano stati trasportati i santi corpi , e stavano in presenza del
popolo, ma il prezioso altare, sotto cui doveano essere collocati.
Questa solenne deposizione avvenne nell' Aprile del 386, poco dopo il
ritroYamento de' santi corpi, benche 1'annuale commemorazione fosse di-
ARCHEOLOGIA 347
poi fissata ai 19 di Giugno. Sopravvisse Ambrogio altri undid ami, cioe
sin presso alia Pasqua del 397 ; nel quale tempo, yolata la sua grand' a-
nima in cielo, a ricevere il premio, con tante insigni opere di zelo raeri-
tato, il corpo suo fu senza dubbio deposto in quel luogo , che si era egli
stesso destiiiato, alia sinistra de'Martiri. « Alia sinistra infatti,dice ilBi-
raghi, ossia in cornu cpistolae, si trovo un sepolcro della stessa foggia e
materia e direzione delfaltro a destra : la stessa lunghezza e altezza , gli
stessi marmi preziosi ; con questa diversita, che il sinistro e meno largo,
ha i pezzi secondarii di marmo meno preziosi, ha il terriccio piii grasso e
piu nericcio di quello del destro, e conteneya delle monetine coniate dopo
deposti e chiusi i due Martiri. » Di queste monetine yien quindi facendo
1' enumerazione, dichiarandole con acconcia erudizione. Noi gia le ricor-
damnio ' , se non tutte, almeno le principal! : pero seguiteremo 1'Autore
nella storia, che esso ordina di questi santi sepolcri, da quel tempo anti-
chissimo insino alia ultima scoperta, che se n'e fatta ; non fermandoci su
tulte le particolarita , ma in quelle solamente, che possono yie meglio
dimostrare la verita della loro scoperta.
Morto che fu Ambrosio, gia non piu pe' soli Martiri, ma anche per lui
comincio ad essere onorato quel luogo. Perocche si propagava ogni di
piu la fama di segnalati miracoli e singolari fayori ottenuli dal sauto Ar-
ciyescovo e da'suoi compagni di riposo. Pero gran cura ebbero sino da
que'principii i fedeli, e specialmente i Successori di Ambrogio, di tenere
nel debito splendore que' sepolcri. Ci ha memoria segnatamente di S. Lo-
renzo, yissuto il secolo appresso, e stato Vescoyo di Milano, il quale (co-
me attesta S. Ennodio suo discepolo ) dopo i guasti dati a Milano da 0-
doacre e la vittoria di Teodorico, ritornato in citta, e «trovando i tempi!
di Dio convertiti in stalle di bestie, e specialmente le basiliche, poco pri-
ma si splendide (dudum splendidissima) , deformate dalle sordidezze, e-
gli non solo restitui ogni cosa al pristine splendore, ma anche a condizio-
ne migliore 2. » E da credere che il santo Prelato in questa occasione ri-
staurasse eziandio i due sepolcri , non si potendo supporre che in quella
si universale profanazione delle piu illustri basiliche essi soli venissero
rispettati. Certo eche sonoevidenti gli argomenti dell'essere stati intor-
no a que' tempi aperti; giacche si sono rinyenute in fondo all'uno ed
all'altro alquante monete, di quell' epoca appunto, cioe tra la line del se-
colo V ed il principio del VI, ne piu oltre. Ecco le principali.
La prima e piu importante ha nel dritto la scritta : VLavius RECIw^-
RUS; nel royescio VIcTOna, e la effigie di una nave guidata da un ge-
nio, e sopra la nave una Vittoria con corone in mano. Questo Flavio Re-
cimero fu generale dell' imperatore Avito, dal quale ricevuto il comando
-I Ved; luog. cit.
2 ENNOD. in Nalal. cath. Laur. med. Ep.
348 ARCHEOLOGIA
della flotta romana, debello i Yandali : dipoi create console e Patrizio, e
divenuto genero dell'imperatore Antemio riusci ad usurpare 1'impero,
spogliatone Ayito, e poco dopo ucciso lo stesso Antemio, con cui ayea di-
yiso 1'Occidente. Tenne per due anni la suprema signoria, e gli onori e i
distintivi d' Imperatore , tranne il nome. « Questa moneta (dice il Bira-
ghi) , che ci presenta il ritratto di questo, barbaro ma illustre generale e
principe, e forse la prima che sia yenuta in luce: ne il marchese di Lagoy
nel 1843 , ne Friedlander nel 1844, ne altri che io sappia, non poterono
troyarne una di Recimero , benche tutti fossero persuasi che ye ne doye-
ya essere. »
Una seconda , anch' essa di Recimero , nel royescio presenta il mono-
gramma del suo nome ; nel dritto dovea essere improntata della effigic
dell'imperatore di quel tempo ; ma non e discernibile.
La terza ha il ritratto di Zenone con mezza barba , come presso il Ta-
nini, e d'intorno al ritratto la scritta ZENO : nel royescio ODOACAR in
monogramma, entro ghirlanda di palme e di allori. Questo Odoacre, du-
ce degli Eruli , avea seguito 1' esempio di Recimero , yista 1' imbecillita
degli ultirni Imperatori ; dapprima usurpandone il comando, di poi facendo
improntare il suo monogramma dietro le monete di Zenone imperatore di
Oriente, e da ultimo dichiarandosi re dell'Italia. Questa moneta se non e
unica, e certo rarissima.
Yi ha tre monete d' argento col nome a lettere in senso inyerso e col
ritratto dell'imperatore Anastasio, e ayendo nel royescio il monogramma
di Teodorico con croce e Stella. Questi riuscito yincitore di Odoacre fon-
do nel 493 il regno de' Goti nell' Italia.
Un'altra moneta di bronzo, anch' essa di Teodorico , e improntata nel
dritto di un busto femminile di Roma galeata, coll' epigrafe inviclk RO-
MA S. G. , nel rovescio del monogramma di Teodorico.
Di queste monete , le due di Recimero ed una di Teodorico furono ri-
troyate nel sepolcro de' SS. Martiri adestra; le altre nel sepolcro di
S. Ambrogio a sinistra.
Ne'secoli appresso seguito ad esser yiya la diyozione yerso S. Ambro-
gio ed i SS. Martiri. Di che yi ha memoria si ne' document! scritti, si
nelle dipinture e ne'musaici, come si puo yedere nel Biraghi. Tocchere-
mo solamente della magnificenza di Pietro Arcivescoyo di Milano, yerso
la tine del secolo VIII , e di Angilberto , suo successore, nel principio
del IX. II primo fe tutto di nuoyo la basilica, ritenuta pero 1'antica pianta ;
ele diede il titolo principale di S. Ambrogio, insieme coH'antico de'mar-
tiri Geryaso e Protaso. II Diploma fu sottoscritto da lui e da yentuno
tra preti e diaconi piu ragguardevoli per dignita. Ne di questo fu con-
tento lo zelante Arcivescoyo. Perocche a meglio proyyedere al culto di-
yino, che era cominciato a riuscire troppo grayoso al Capitolo, chiamo i
monaci Benedettini, e loro edifico un magnifico monastero; affinche,
ARCHEOLOGIA 349
com'egli dice nel citato Diploma, ante sancta eonim corpora (di S. Ambro-
gio e de'martiri Gervaso e Protaso) continuatim et publice officia et di-
mnas laudes concelcbrent. Con chc fa intendere che i sacri corpi seguita-
vano ad aver luogo sotto 1' altare maggiore ; giacche i divini officii e le
lodi divine sogliono essere celebrate appunto all' altare maggiore. II fat-
to di Pietro fu approvato da Carlo Magno , il quale nel seguente anno,
cioe nel 790 , confermo la fondazione del monastero, e 1'assegnamento
de'fondi, all'uopo del monastero e de'monaci.
Angilberto II, che successe a Pietro nell'824, rivolse tutte le sue cure
all'altare ed ai sepolcri de'tre Santi, i quali da si gran tempo vi riposava-
no. Apri dunque quelle urne venerande , e giacche il nome di Ambrosio
era quasi uniticato con quello de'Martiri, penso di raccogliere insieme le
reliquie di tutli loro , e deporle cosi congiunte in un' area sola. Ne avea
una di grand! dimension*!, e preziosissima, perche tutta di porfido. Dentro
questa pertanto compose i venerati avanzi di quegli eroi , sceverate pri-
ma le ossa di ciascuno di loro, e formaline alia meglio gli scheletri, i qua-
li adorno di ricchissime vesti, locando Ambrogio nel mezzo, come atte-
sta 1'antica tradizione. Ma egli non crede di dover distruggere gli antichi
sepolcri. Li lascio dunque dov' erano col fondo del terriccio mischiato a
particelle di ossa, ed altri rimasugli, come notammo, per memoria di cio
che erano slato , e come oggetto ancor essi di venerazione ai fedeli. La'
imova urna poi situo a traverso di quelli, la ricinse di grosso muro, qua-
si pozzo quadrato, la ricopri di doppia tavola, 1'una di marmo, 1'altra di
porfido, incastrando 1' estremita di amendue entro il muro, e di sopra e-
resse il grande altare di argento, di oro e di pietre preziose.
E che questo insigne lavoro sia opera di Angilberto, risulta da tre do-
cumenti, che noi appena accenneremo. II primo e un clipeo o tondo effi-
giato nel pallio di argento , e rappresenta Angilberto in atto di offrire a
S. Ambrogio 1' altare, 1' uno e Y altro con a fianco il proprio nome. II se-
condo e la iscrizione scolpita nell'argento, nella quale e detto avere An-
gilberto dedicate a Dio quel lavoro in onore di S. Ambrogio, che vi ri-
posa, ed essere quell'arca preziosa di fuori per oro e per gemme, ma piii
preziosa neU'interno, pel tesoro che contiene delle sacre ossa. II terzo e
il diploma, con cui lo stesso Angilberto affida il nuovo altare. ad un Gau-
denzio, da lui costituito Abate.
Anche quesla seconda deposizione ebbe la sua festa commemorativa,
e il solerte canonico Biraghi 1'ha potuto dimostrare con autorevoli testi-
uionianze. Essa cadeva ai 25 di Marzo. II documento piu antico che il
pruova, e un codice del secolo IX , in cui sono contenuti varii opuscoli
di Padri, ed ultimamente il martirologio del Beda, con aggiunte in di-
verso carattere di alcuni Santi milanesi ; le quali pero non si estendono ad
altri Santi che furono introdotti in quella liturgia dopo I'SoO. Ivi a' 25
di Marzo ( VIII kal. April.) e posta la seguente postilla : In Mediolano
350 ARCHEOLOGIA
Exaltatio corporum sanctorum Gervasii et Protasii Marly mm et Con-
fessoris Ambrosii. Ne si puo dubitare che la cornmemorazione ron fosse
istituita appunto per memoria di questa piu splendida deposizione, si
per essere celebrati congiuntamente i tre Santi, come perche gli altri
giorni festivi di S. Ambrogio sono notati nel medesimo martirologio
a'proprii luoghi , cioe il suo Battesimo a' 30 Novembre, la sua Ordina-
zione a' 7 Decembre, il suo natale al cielo a' 5 di Aprile. La stessa me-
inoria si rileva da altri docuraenti liturgici di tempi posteriori.
Ma le particolarita della Deposizione, esposte piu sopra da noi, si de-
ducono ancor chiaramente da una bellissima miniatura, scoperta dal chia-
ro Autore in un codice del secolo XIII, ma che egli dimostra essere slata
copiata da un altro del secolo X o XI. Tra i varii opuscoli e tutti imper-
fetti, che contiene, vi e un martirologio milanese , Don pero intero, fre-
giato di preziose dipinture. In due di esse e rappresentato S. Ambrogio:
la prima volla nella festa dell'Ordinazione (a' 7 di Decembre) ; e vi sono
figurati alcuni fatti principal! della sua vita sino alia morte: la seconda
volla nella festa della Deposizione; e vi e rappresentata, nel primo piano
del campo, la morte del Santo, con al fianco il Yescovo di Lodi S. Bas-
siano, che lo assiste, e in alto il divin Salvatore, apparitogli in quell' e-
stremo, come narra la sua vita : nel piano secondo e ritratto nel suo ricco
sepolcro, vestito di abiti pastorali, giacente in mezzo ai due martiri Pro-
taso e Gervaso, sopra un fondo a colore di portido e cosperso di varie
monete di oro, di argento, di rame, e di altri donatw. Cio che forse piu
importa in queste rappresentanze sono i due cartelli, che si nell'una, si
nell'altra sono messi in mano di Ambrogio : il primo e iscritto : Depositio
AmBROXlI; il secondo Depositio AwBROXlI Secundo , ossia per la se-
conda volta: ed e parola liturgica che si trova segnata ora per disteso
ed ora abbreviata so, scdo, sdo, colla lettera S talvolta tagliata a mezzo.
Ma oltre alle miniature, nella stessa basilica e in luogo pubblico e so-
lenne, cioe nel sotterraneo e sopra il muro a cui poggiava 1' altare, detto
altare Depositionis S. Ambrosii , era espressa in un alfresco la immagine
de' Santi, nella maniera che furono deposti da Angilberto, e presso a poco
come sono rappresentati nella miniatura. Secondo la descrizione, che di
tali immagini si trova in parecchi documenti ( specialmente in un atto
giuridico del 1333, che si conservanell'archivio della basilica) e conforme
i tipi di alcune monete milanesi (coniate dopo 1'anno 1300 ), il Biraghi
ha potuto fame eseguire una incisione, che ha pubblicata nel suolibro.
Pe' quali monumenti e indubitata la Deposizione fatta per Angilberto,
ed il modo di essa.
Ne dopo quel tempo fu piu aperto per qualunque cagione il luogo del
riposo di que' tre insigni patroni di Milano. Vero e che alcuni vorrebbero
sostenere , che nell' epoca di Federico Barbarossa, quando la citta di Mi-
lano fu da capo a fondo manomessa e saccheggiata, con altre sacre reli-
ARCIIEOLOGIA 351
quie nc furono ancora rapili i corpi de' santi martiri Gervaso e Protaso.
Ma cio si aflerma non solo senza fondamento, ma contro alle piu certe
memorie di que' tempi. Perciocchc il Barbarossa non solamerite yoile ri-
spettata la Basilica ambrosiana, ma anzi la favori in vane guise, e i mo-
naci benedettini, che erano nelle sue buone grazie, tennero per sua vo-
lonta tutto quel tempo le chiavi dell'altare, del tesoro, della basilica; ed
ogni cosa fu salva. « Di tali cose, dice il Biraghi, oltre agli storici di allo-
ra, eallri tali document!, si trovano le piu evidenti prove in un Processo
fatto da tre delegati apostolici, dopo la mortc del Barbarossa, negli anni
1199 e 1*200 ; processo in c.ui furono sentiti in gran numero teslimonii
di ogni classe. Questo documento, cbe tuttora si conserva nell'archivio
della basilica in molte pergamene, cucite insieme, formanti un rotolo lun-
go piu metri,. mentre fornisce le piii curiose e important! cose suila basi-
lica, sulle funzioni , sulle consuetudini, ofl're la maggior sicurta, cbe in
tutti i tre anni di quella imperiale oppressione, non fu dai tedeschi portato
via dalla basilica nienteaitro che un tappeto, e questo pure di nascosto.
Dei tre santi Martiri involati nessun cenno; anzi non v'era quistione,
non dubbio. »
Sicche non altro cbe favola e da giudicare il trasporto de' corpi di
questi Martiri a Brisacb, piccola citta del Granducato di Baden a poche
legbe sopra Basilea; perche non si fonda sopr' altra testimonianza cbe
quelia del Fabri , frate tedesco di nessuna autorita *, il quale propago la
peregrina novella nel 1189, cioe tre secoli dopo 1'avvenimento del Bar-
Larossa. Le circostanze poi, secondo le descrive il canonico Moreau, fu-
rono le seguenti. Rainoldo cancelliere di Federico ed eletto Arcivescovo
di Colonia, in mercede de' grandi servigi resi a quel principe, avea otte-
Diito per la sua cbiesa di Colonia parecchie insigni reliquie, che si vene-
ravano in Milano, e tra esse i corpi de' tre Magi, e quelli de' santi Protaso
e Gervaso. Con questo si prezioso tesoro si era messo in via per la sua
chiesa. Ma traversando il Reno, il battello cbe il trasportava disceso per
la corrente sino a Brisach, quivi si arresto. Rainoldo allora, non si sa
dire, se per fatto miracoloso che manifestasse il divino volere, o per vio-
lenza del popolo, o per qualsivoglia altra cagione, fu obbligato di lasciar-
vi i corpi de' SS. Gervaso e Protaso.
La migliore confutazione di questa diceria e una lettera dello stesso
Rainoldo al Clero e al popolo di Colonia , la quale egli scrisse mentre
viaggiava verso quella citta, e fu pubblicata dal Labbe 2. Eccone il trat-
to che ci riguarda:
\ MELCH. HAIMEXSPELD nella sna opera Rerum Suevicarum Scriptorcs, chiama qucsto
Tabri uomo senza giucli/io e sen/a riflessione.
2 Ada Condi, in vita Alexand. ///.
352 ARCHEOLOGIA
« Facciamo sapere (cosi egli) a tutti voi, o carissimi, che preso com-
miato dal serenissimo imperatore Federico, veniamo a yoi ricolmi dalla
di lui benignita di tali doni, ai quali in terra non e pregio eguale. Gi dono
i Corpi insigni dei tre Re Magi, i quali erano riposti inMilano nella chie-
sa di sant' Eustorgio confessore e yescovo, e avuti in grande onore. Oltre
di questi vi portiamo pure i Corpi de' santi martiri Naborre e Felice.
E poiche ci e sospetta la via per mezzo a' nostri e vostri nemici, noi il
nostro yiaggio disponemmo per la Borgogna e per le Gallic sino a voi ;
e il messo portatore di questa lettera vi indirizziamo da Yercelli ai dodici
di Giugno, nel quale giorno stesso noi coi predetti sacri Corpi ci avan-
ziamo con gran fretta per Torino, e per 1' alpi del Cenisio. Or noi vi
invitiamo e pregbiamo che vi prepariate a ricevere siffatti doni e ci otte-
niate felice ritorno a voi. »
In questa lettera in primo luogo non si fa nessuna menzione de' santi
Protaso e Gervaso ; ma si de' tre Magi e de' santi Naborre e Felice (che
non erano pero i milanesi) . Segno e dunque che Rainoldo non avea con
se i corpi di que' due Martiri. In secondo luogo Rainoldo non prese la
via cbe gli fa percorrere il Fabri e il Moreau , ma tutt' altra , e sempre
per terra. E dunque da conchiudere che ne Rainoldo tolse dal duomo di
Milano quelle reliquie, ne passo pel Reno, ne per Rrisach nel suo viag-
gio per Colonia. Solo si puo credere che quella citta , comeche sia e in
qualimque tempo, avcsse ottenuta qualche piccola reliquia di que' Santi,
e loro intitolata alctma basilica. Intanto , com' e accaduto altre volte, si
sara applicato il loro nome ai corpi di altri Santi anonimi, che poteano
que' buoni paesani aversi procurati, secondo la usanza comune del medio
evo, o sia da Lione o sia da Roma ovvero da Gerusalemme.
Queste sono le cose principal!, e.piu prossimamente congiunte al sog-
getto , che noi abbiamo creduto dover rappresentare ai nostri lettorL
Quanto alle circostanze del ritrovamento de' due antichi sepolcri , e della
preziosa urna, in cui furono trasmutati i sacri corpi da Angilberto, non
crediamo dovercene occupare; avendolo fatto, quanto era necessario,
i' altra volta che toccammo di questo stesso argomento.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Ottobre
L
COSE ITALIANS.
STATT PONTIFICII 1. Visile di SuaSantita agli Ospedali di Roma — 2. II nuovo
Ministro dell' Equatore, residente presso la Santa Sede — 3. Liberazione
d'un napolelano ricattalo dai briganti, eseguita dai Gendarmi pontificii.
— 4. Dn nuovo Organo alia chiesa della SSfiia Trinita de' Monti.
1 . Nel mese di Ottobre e costume di tutte le Corti di torsi qualche onesta
ricreameiito, che suol d'ordinario consistere in cacce, in gite di piacere,
in viaggi sollazzevoli. Sua Sanlila, Papa Pio IX, in yece di questi diver-
timenti, occupa qualche ora della settimana, che la sospensione di una
parte delle consuete udienze gli lascia libere , in yisitare alcune di quelle
istituzioni o costruzioni , che o stanno eseguendosi o sono gia compiute.
Nel togliere che noi faremo dai Giornale di Roma le circostanze princi-
pali di tali visile , noi intendiamo di far osservare due cose : quanto cioe
si slia ogni di piii promovendo in Roma ii miglioramento dei pubblici
Istiluli d'ognisorle, e quanla cura ne prenda personalmenle Sua Sanlita,
che pone la sua ricreazione appunlo nel dar loro, colla sua augusla pre-
senza, impulso ed incoraggiamenlo..
La Sanlila di Nostro Signore, nella maltina del giorno 10 di questo
mese, lasciata 1' aposlolica residenza, in Ireno ordinario, si porto alia pa-
triarcale Arcibasilica Laleranense, ove fermossi per buon Irailo di lempo
ad orare dinnanzi 1' augustissimo Sagramento, e venero le preziose reli-
liquie delle Tesle dei Principi degli Apostoli. Uscita dalla Patriarcale, la
Santila Sua, nella premura che pone in migliorare le condizioni degli
oppressi da qualsivoglia infermila , degnossi di onorare con breve visita
TArcispedale del SSmo Salvalore, deslinalo alia cura delle donne, per
Serie V, vol. XII, fasc. 331, 23 29 Ottobre 1864.
354 CRONACA
osservare se quello stabilimento sia capace di venir ampliato di una gran-
de sala clinica da giovare alle partorienti. Quindi si porto al Manicomio
di S. Maria della Pieta, per osservare la sisteuiazione di quella gran par-
te del meclesimo,gia condottaa totale compimento, e il progresso dei la-
vori che, a forma del piano generale di riforma, vengono sempre eseguili
con le generose elargizioni, che la Beatitudiae Sua non cessa mai di pro-
digare a favore del pio Stabilimento. II Santo Padre fu ricevuto all' in-
gresso del Manicomro dall'Illmo e Rmo Monsignor Domenico Giraucl, Vi-
sitatore apostolico, dal Direttore, Cav. Dolt. Viale Prela, dal Prof. Fran-
cesco Azzurri architetto, e dagli addetti aH'ammiaistrazione dello Sta-
bilimento. Sua Santita, dopo avere orato nell'interna cappella, e dopo
avere ammesso al bacio del piede i sopra ricordati , e i due medici assi-
sted, Fiordespini e Solivetti, si condusse nel quartiere delle donne, e pre-
cisamente nellanuova area,recentemente acquistata dal Yen. archiospeda-
Je di S. Spirito, e destinata alia sezione delle Agitate, ad ulteriore ingran-
dimento del quartiere suddetto ; vide iniziate le fondazioni della fabbrica
e si degno gradire gli opportuni schiarimenti sulla interim disposizione
della medesima. Percorsa la sezione delle TranquiUe, e indirizzate pa-
role di sollievo alle raalate, che si erano prostrate ai suoi piedi, si reco alia
nuova Farmacia, che Mons. Yisitatore ha voluto istituire, con immenso
vantaggio dello Stabiiimento, fornita di tutli i medicinali occorrenti, ea
cui presiedono, sotto le cure del solerte Direttore, le iufalicabili Suore
di S. Carlo. Qaindi entrato nel quartiere degli uomini, percorrendo il
lungo corridoio di servizio, ebbe agio di osservare le tre distinte sezioni
dei Tranquilli , dei Sucidi, e degli Agitati , abitate dai malati a norma
della classificazione eseguita dai medici. Traversando poi il corridoio dei
Bagni, che si collega con 1'altro di servizio, lungo la via pubblica, osser-
vo nella sezione degli Agitati, il Refettorio e le Caraere di sorveglianza
dei medesimi, e le nuove celle d'isolamento, costruite fra un corridoio
ove si apre la porta a una galleria che prospetta il giardino, essendosi
avuto cura di bandire dalle medesime tuttocio che caratterizza la prigio-
ne. Ammiro il sistema di chiusura delle medesime, il sistema del rinno-
vamento e della circolazione dell' aria , la nettezza delle pareti e del pa-
vimento, e tuttocio che contribuisce a renderle una dimora sana per i ma-
lati. Montata la scala di questa sezione, percorse i dormitorii, forniti di
di letti di ferro, e degnossi manifestare piii >rolte 1'alta sua soddisfazione
per la esattezza e nettezza in ogni parte osservata, che inducono mera-
viglia nei numerosi stranieri d'ogni nazione, i quali continuamentesi re-
cano a visitare il riformato stabilimento. Per il passaggio interno si con-
dusse quindi il Santo Padre alia Villa , che la sua geuerosa muniiicenza
ha voluto annettere allo stabilimento, e che, oltre alia dimora dei pensic-
Barii, e destinata a porgere mezzo di passeggio ed occupazione di coltura
a tutti quei malati di ogni classe, che possono profittarne a seconda delle
prescrizioni mediche. Tra i vaghi serpeggiamenti dei giardini , abbelliti
CONTEMPORANEA 355
da gruppi di fiori di ogni specie, Sua Santitk si ricondusse alia dimora
dei pensionarii di prima classe, la quale, merce delle cure attivissime e
incessanti di Monsi^nor Visitatore, e stata gia fornita di tutto ci6 che pud
renderla gradevole alia classe agiata, ed oggi e definitivamente aperta
ad accogliere i malati. Sua Santita, avendo orato prima nell'interna cap-
pella, si condusse a visilare le camere, fornite di tutti i mobili e di tutte
le comodita desiderabili , i gabinetti d'acconcio, le sale di sorveglianza,
e quindi la sala da pranzo per la tavola rotonda, posta al piano del giar-
dino, d'onde si apreuna delle piii incantevoli vedute sino ai colli Albani
e al mare. Ascesa poi la Santita Sua nelle sale di trattenimento, osservo
la sala del giuoco del bigliardo , la sala di lettura, corredata di elegant!
armadii, ove figurano i libri di amena letteratura, e il gran salone della
musica,addobbato con gusto squisito di elegante mobilia, ove le ar-
monie del piano si ripercuotono sulla volta e sulle pareti abbellite dai
frescbi del Roraanelli. Quindi si condusse all' esterna ringhiera, ove lun-
gamente ammirava la vista sorprendente che si gode da questa amena
collina ; ed abbracciando con uno sguardo 1' cstensione dell' intero Stabi-
limento, pole osservare quanto la sua immensa e straordinaria generosita
avea dona to a Roma per sollievo di una classe infelice. Sul piazzale, che
e dinnanzi al casino, con grande soddisfazione videi malati, che allegri
ritornavano dalla campagna e si conducevano al refettorio, e molti di essi
prostraronsi a'suoi piedi, iraplorando la S. benedizione; e il Santo Padre,
con affabilita straordinaria, si degno confortarli con dolci parole. Mani-
festata piu volte la sua sovrana soddisfazione per 1'ordine, la nettezza
e la sistemazione dello Stabilimento, che oggi puo reggere al paragone
dei piu rinomati di Europa, godeva la Santita Sua nell' udire il vantag-
gio immense che ne ritraevano i malati, e le guarigioni frequenti che se
ne oltengono. Discese quindi Sua Santita alia nuova biblioteca, arric-
chita di voluminose opere, dono prezioso della Santita Sua, e quivi as-
sisa le furono fatti atntnirare dal Direttore alcuni oggetti col microsco-
pio. Quindi si degno ammettere al hacio del piede i religiosi della Mise-
ricordia, confortandoli con dolci ed amorevoli parole, e le Suore di san
Carlo, alle quali il Santo Padre si piacque tributare elogi per lo spirito
di cristiana carita e abnegazione che mettono nell'assistenza delle infer-
me. Da ultimo, impartita a tutti 1' apostolica benedizione, tra le dimo-
strazioni riverenti della moltitudine che affollavasi nei dintorni, si ricon-
dusse alia residenza del Yaticano. <;-;. ;!
II lunedi della seguente settimana, il 17 cioe di Ottobre, sulle ore 10
antimeridiane, la Santita di Nostro Signore, col suo treno ordinario, re-
cossi all'Arcispedale e chiesa di S. Giacomo in Augusta, ad onorare di
una visita le nuove opere, quivi condotte a finale compimento, e che nel
di 12 Ottobre del passato anno 1863 , avea vedute assai bene avviate.
II Santo Padre fu ricevuto all'ingresso principale da Monsignor Narducci-
Boccaccio, presidente della Commissione degli Ospedali, da Monsignor
356 CRONACA
Mattel, deputato locale, da Monsignor Bruti, dal can. Mastrozzi, dall'avv.
cav. Merolli, e dal prof. cav. Costantini, i quali alia medesima Commis-
sione appartengono. Entro nella sala destinata al riceyimento, che coa
ricchezza e decorata, primeggiandovi, bene ed al yero modellata, e scol-
pita in marmo dallo Spanelli, la effigie in busto della Santita Sua, quiyi
posta come all' insigne benefattore del pio ricoyero. Yide poi le due cli-
niche per gli uomini e per le donne ; e quindi passo nella maestosa cor-
sia, oye saranno accolte le inferme di malattie ordinarie, non piii confuse
insieme, ma separate in sezioni, a seconda delle infermita che o natural!
o acquisite si ricevono in quest' Ospedale, che dalla rea qualita delle me-
desime s' intitola degl' Incur aMli. Da questa passo nelle sale delle Oftal-
mie, delle Cancrene, in quella per le Operazioni, e nei locali da seryire
ai Bagni freddi e a vapore. Tutte opere nuoye, modellate sui piu recenti
progress!, che 1'arte salutare ha adottati per procurare le guarigioni degli
inferrni. La Santita Sua, dopo yeduta ed asarainata ogni cosa nei locali
dell' Ospedale, fece passaggio alia chiesa, nella quale eziandioyide esser
tutto disposto, perche yenga riaperta al culto ed all' uso della parrocchia.
E mostrando la soyrana approyazione a quanto lo zelo di Monsignor De-
putato del luogo avea fatto,per yenire a capo del radicale miglioramento,
introdotto nella cura delle inferme , e nei crescere il decoro della casa di
Dio, dopo ayere ammessi al bacio del piede i component! la Commissio-
ne, il reyerendo Parroco col clero addetto alia chiesa e all' Ospedale, i
medici e chirurgi primarii, i religiosi di S. Gioyanni di Dio, le Snore
Ospitaliere, e quanti altri formano parte della direzione ed amministra-
zione di quel grande Istituto, ne usci tra le benedizioni degl'infermi, che
dall' impulse della sua carita riconoscono la migliorata loro condizione.
Di quiyi Sua Santita recossia piedi alia chiesa parrocchiale dei SS. Roc-
co e Martino sul porto di Ripetta, a yederyi i bei restauri e le nobili de-
corazioni in marmo, in iscagliola, in affreschi e in dipinlure, che 1'egregio
Parroco D. Niccola Frediani, animatoyi dalla generosita de'soccorsi da-
tigli del suo peculio priyato da Sua Santita , intraprese e continue col
concorso eziandio delle offerte della Confraternita , delle Pie Unioni, dei
Patroni delle cappelle, e dei fedeli, che in quella chiesa hanno sede o
riconoscono la loro parrocchia. Dopo che il S. Padre ehbe ogni cosa ye-
duta, e mostratosene altamente sodisfalto , benedicendo a tutti , e la-
sciando larga limosina ai poveri, tra le acclamazioni degli accorsi , risali
nei suo treno, e portossi al monastero delle Orsoline , a consolare di sua
presenza e dell' apostolica benedizione quelle Suore. Le quali con im-
mense gaudio del loro cuore, dalla yoce del Santo Padre yennero con-
fermate nei santi propositi della yita di perfezione cui attendono , be-
neliche principalmente alia societa coll' educare una eletta di donzelle di
ciyil condizione, e col dare istruzione a numero grande di gioyinette che
yi si recano a scuola. Lasciato il Monastero, Sua Santi la fece ritorno al-
1'apostolica residenza del Yaticano,
CONTEMPORANEA 337
2. II di 12 Oltobre, la Santita di Nostro Signorc ha ricevuto in udienza
Sua Eccellenza il signor dottore Antonio Flores, che ebbe 1'onore di pre-
sentare alia Santita Sua la lettera dell' onorevolissimo sig. Presidente
della Repubblica dell' Equatore, colla quale viene accreditato come Mi-
nistro residente presso la Santa Sede. II Santo Padre lo accolse coll'usala
benignita. L' Eccellenza Sua si reco quindi a fare visita all' Eino e Riiio
sig. Cardinale Antonelli, Segretario di Stato, die la ricevette coi riguardi
dovuti alia sua rappresentanza.
3. In un conflitto abbastanza grave, che ebbe luogo vicino ad Arsoli li
11 Ottobre corrente, fra una banda di malviventi e la Gendarmeria pon-
tificia, venne liberato il figlio di un possidente del regno di Napoli, ri-
cattato nello stesso regno, e venne ricupcrata una parte delle sue masse-
rizie. Dei due gendarmi, Battisti e Mecconi, che erano stati gravemente
leriti in questa circostanza, il Battisti, trasportato a Camerata e quindi a
Subiaco, da uu contadino che lo trovo giacente nella macchia, mentre du-
ravail combattimento, passo a miglior vita nella notte dei 19 Ottobre,
con tutti i conforti della nostra santa Religione e le assistenze le piu pre-
nmrose del chirurgo locale. 11 Mecconi, trasportato da'suoi compagni ad
Arsoli, ove e egualmente 1' oggetto di cura assidua, rimane ancora in
istato di grave pericolo. Ambedue vennero yisitati dal chirurgo maggiore
dell' Ospedale militare pontiiicio di Roma, professore Ceccarelli, man-
dato appositamenle. Questo semplice fatto, che non e unico, ma e re-
centissimo, dimostra quanto sia falsa la connivenza, che si yuole per
forza attribute al Governo della Santa Sede coi briganti, che infestano
le province meridionali.
4. Nella cantoria sopra la porta principale della Santissima Trinita dei
Monti e stato in questi giorni collocato un nuovo Organo , che le. Reli-
giose del sacro Cuore ban fatto appositamente fabbricare dalla Societa
Anonima , stabilimento Merklin-Schiitze, che ha vasle officine in Parigi
ed in Brusselle. Questa societa ha acquistato nell' Europa e nell' America
una ben meritata celebrita : perche il gran numero d'organi di ogni di-
mensione da lei costrutti, per la sonorita e la dolcezza delle sue canne,
per la cedevolezza delle sue tastiere, per la varieta dei suoi registri,per
la solidita delle sue costruzioni , per la leggiadria dei suoi disegni e per
la relativa modicita dei suoi prezzi, le ha fatto conseguire il suffragio
dei piu perili professori di organo della Francia, del Belgio, della Spa-
gna, deH'Olanda, della Russia > della Svizzera , dell'lughilterra, e di
yarii Stati di America. Questa fama non e stata smentita nell'Organo co-
strutto per Roma. Esso ha due tastiere, e una pedaliera, le quali pon-
gono in movimento le combinazioni di venti interi registri , che, se-
condo 1'autico sistema , dimanderebbero quarantaquattro manubri , giac-
che il ripieno e tirato da un solo movimento. La selva delle canne
& disposta in leggiadrissimo aspetto , con tre scompartimenti in aggetto,
358 CRONACA.
e due in rincasso. Queste canne appartengono all'Organo principal :
dentr' esse e celato un secondo , il quale si puo adoperare dall'organista
a risposta o a rincalzo nelle complicazioni delle gradi senate. A fame co-
noscere tutti i pregi specialissimi, giova qui riportare il giudizio datone
dal ch. professore Gav. Salvatore Meluzzi, Maestro della Cappella Giulia
al Yaticano , scelto ad esaminarlo e a provarlo ; giudizio sottoscritto da
benaltri sette professori peritissimi di musica italiani e stranieri, e da mol-
ti altri somrai personaggi,che assistettero in Roma allo sperimento che se
ne fece pubblioamente. II rapporto del prof. Meluzzi dice dunque cosi :
« L'aria e ben chiusa, ed equilibrata in modo che da alle canne un' in-
tonazione perfetta. II suono delle canne ad anima e forte, rotondo e dol-
ce. I contrabassi di sedici piedi sono buoni, ed i bassi di otto piedi buo-
nissimi. Squisito e il suono de' flauli e della yoce celeste. II salicional e
pure di bell'effetto, e le viole, quantunque istromento assai difficile a
f'arlo suonar bene, pure si prestano benissimo, e producono anche esse
1'effetto desiderate. Gl' istromenti a lingua hanno il suono bellissimo,
specialmente il clarinetto, 1'oboe, la troraba ed il fagotto; ottima e pu-
re la bombarda. I raeccanismi , benche coraplicati , sono eseguiti con
molta precisione; sicche si prestano leggerissimi all'uopo i movimenti
dei registri , delle due tastiere e della pedaliera, che di meglio non si
puo desiderare. I pedali di combinazioni sono della piii grande utilita e
di molta semplicita per usarne , e facilitano d'assai all'organista 1'esecu-
zione delle grandi suonate. II materiale che si e adoperato , e del piu
scelto, cio che assicura alia macchina lunga durata. 11 second' Organo,
che e rinchiuso entro una cassa, da aprirsi col comodo di un pedale
d'espressione, e di ottimo risultato, per la ben marcata gradazione dal
piano al forte. L'effetto che si ottiene dal tremolo e buono, ma ei sem-
bra che se 1'aria fosse interrotta con maggior lentezza, sarebbe assai mi-
gliore. Tutto 1' insieme dell'Organo e riuscito di soddisfazione generale,
e noi, nel rilasciare questo nostro giudizio, ci congratuliamo colla So-
cieta Merklin-Schutze per 1'intelligenza e per 1'esattezza dimostrata in
questo lavoro. La cassa che racchiude i due Organi, e molto graziosa,
e serve di bell'ornamento alia spaziosa cantoria, in cui e stata collocata.
Roma, questo di 1." Ottobre 1864. »
A questo rapporto di cosi autorevole giudice noi non abbiamo da ag-
giugnere altro , che una parola di congratulazione colle Religiose del sa-
cro Cuore , per avere aggiunto alia bella loro chiesa un si prezioso or-
namento, edi desiderio di yedere accettati in altre chiese di Roma quei
notevoli miglioramenti, che 1'ingegno, la pratica e la perseveranza
dei sigg. Merklin-Schiitze son riuscite ad introdurre nella costruzione
dei piu grandi organi.
COMEMPORANEA 359
STVTI SAUDI 1. Teslo clclla Convcnzlone del IS Settembre, tra i Govern! di
Parijd c dl Torino, per lo sgombero di Roma; Protocollo annesso e Di-
cliiarazione — 2. Dispaccio del Drouyn de Lhuys al Ministro francese
pivsso la Corte di Torino sopra tal Convenzione — 3. Relazione del Mi-
nistero sardo al re Vittorio Emmanuele, per la convocazionc del Parla-
iiiento — 4. Agitazlone pel trasporio del Governo a Firenze; timori pel
giorno del riapriraento delle Camere ; provvedhnenti del Ministero —
5. Relazioiie e document! presentali al Municipio circa le stragi del 21 e
22 Settembre — 6. 1) pranzo dei Ministri in tali giornate costo 900 fran-
chi — 7. Lettera di Vincenzo Ricci e scritture del Conte della Margarita
circa la Convenzione ; lettera del Garibaldi contro Napoleone III — 8. II
Conte Sclopis depone la carica di Presidente del Senate ; gli succede il
Manno — 9. Diminuzione dell' armata di terra e di mare — 10. Apertura
del Parlamento.
•" (• */ '.
1. Le apparenze e le dicerie, -forse non infondate, fors'anche al tutto
fallaci , d'una rinnovata alleanza fra le grand! Potenze alemanne e la Rus-
sia, aveano gettato lo sgomento nelle varie sette della framassoneria eu-
ropea; le quali, sebben discordi fra loro in varii punti secondarii , sono
sempre unanimi nell'odio contro i Governi, che osano mantenere o riven-
dicare in vigore il principio di autorita sovrana nel Principe; e percio
temeano di vedersi sfuggire di mano il predominio da esse esercitato in
quasi tutti i Gabinetti europei, piu o meno foggiati alia moderna e secon-
do le leggi del diritto nuovo. Si grido forte alia reazione, e si rappresen-
t6 la fantasima della coalizione nordica contro la civilta e specialmente
contro la Francia, che, a delta di costoro, era minacciata da nuova e piu
funesta invasione, se non corresse pronta al riparo. La Francia, sicura
nella sua forza, mostro di non curare punto quegli spauracchi ; ma seb-
Lene bandisse il famoso inertia, sapientia, lascio intendere che avrebbe
gradito un' alleanza poderosa, per essere pronta ad ogni cimento; e la
framassoneria europea le si proferi disposta a tulto, purche nello sgom-
bero di Roma le si desse pegno di voler condurre a compimento 1' opera
cominciata nel 1859.
Tale pretendesi che sia, a delta eziandio di corrispondenti e giornali
ufficiosi assai accredftati, Torigine della Convenzione d.el 15 Settembre
1864, fra i Gabinetti di Parigi e di Torino , in virtu della quale il Gover-
no del nuovo regao d' Italia dee tramutare altrove la sua sede, abbando-
nando 1'antica e fedele Torino ; e la Francia, senza consultare ne il Santo
Padre, ne le Potenze cattoliche, s'impegno a richiaraare da Roma lesue
truppe, abbandonando, come cantano in coro i giornali de' framassoni,
all' incerta sorte degli eventi (e tulti sanno come questi si procacciano
conformi ai fatti disegni !) la Santa Sede ed il centre della cattolicita. Sa-
remmo infiniti, se volessimo anche solo riepilogare i comenti e le dichia-
razioni officiose uscite, circa tal Convenzione, nei diarii dei Govern! che
stipularono que' patti ; e cio faremmo inoltre senza pro veruno. Imperoc-
360 CRONACA
che se la Francia si trovo impotente a far rispettare gl' impegni assunti
Terso la Santa Sede al momento di calare in Italia per combattere 1' Au-
stria ; se fu impotente a far osservare i patti di Yillafranca ed il Trattato
di Zurigo, da lei firmati e ratificati ; se fu impotente nel 1860 a tenere in-
dietro le schiere del Fanti e del Cialdini, spedite all' usurpazione delle
Marche e dell'Umbria, chi ci assicura che sarebbe potente a far rispettare
rinviolabilita di Roma e delle province rimaste alia Santa Sede, nel caso
che il Governo di Yittorio Emmanuele, smesso un'altra volta ogni ritegno
di lealta , volesse anche con la forza impadronirsene? A nulla giovano
pertanto ne le assicurazioni della France, del Pays, della Patrie e del
Constitutionnel, che si sfiatano in giurare guarentita efficacemente la so-
yranita e 1' indipendenza del Papa, ne le calcolate indiscrezioni deH'O^-
nione, della Perseveranza, della Stampa, che ogni giorno ribadiscono ii
chiodo : non volersi per certo conquistare Roma a forza d' armi , ma es-
sere infallibile il compimento del voto nazionale, che la proclamava Capi-
tale d' Italia, perche questo si effettuera per mezzi morali, in grazia del
non intervento.
2. Quando questi impegni gia erano assunti e ratificati da ambe le
parti, il sig. Drouyn de Lhuys, ministro di Napoleone III per gli affari
esterni, giudico a proposito di spiegarne il senso, i motivi ed i risultati
che se ne riprometteva ; e che, secondo lui, mentre appagano in ginsta
misura i voti d' Italia, accertano la sicurezza del Santo Padre e de' siioi
possedimenti. E questo fece col seguente dispaccio , spedito al Earone
Malaret, ministro di Francia presso la Gorte di Torino :
« Parigi, il 23 Settembre 1864. Signor Barone. Yoi sapete che il Go-
verno dell' Imperatore si e deciso di entrare in un accomodamento col
Gabinetto di Torino per determinare le condizioni, con le quali potesse
essere effettuata 1' eyacuazione di Roma dalle nostre truppe. Ho 1 onore
d' inyiarvi qui acchiuso il testo della Conyenzione, che fu segnata a tale
effetto, il 15 di questo mese, fra i Plenipotenziarii di S. M. il Re d' Italia
e me; questa Conyenzione ha ricevuto le ratifiche dell' Imperatore e del
re Yittorio Emmanuele.
« lo credo utile di ricordare brevemente alcune delle circostanze che
hanno preceduto la conchiusione di questo importante atto, ed'indicarvi.
nel tempo stesso i motiyi che determinarono il Goyerno dell' Imperatore
a dipartirsi dall' eccezione perentoria, ch' egli ha dovuto opporre sino ad
ora sulle suggestioni del Governo italiano.
« Chiamato a dichiararmi nel mese di Ottobre 1862, sopra una comu-
nicazione del Gabinetto di Torino, che, nell'affermare il diritto d' Italia su
Roma, reclamava la restituzione di questa Capitale, e lo spodestamento
del Santo Padre, ho dovuto ricusare di seguirlo su questa via, e dichia-
rare, a nome dell' Imperatore, che non potevamo preslarci ad alcun ne-
goziato, che non avesse per iscopo di tutelare i due interessi, che si rac-
comandano egualmente alia nostra sollecitudine in Italia , e che siamo
CONTEMPORANEA 361
decisi a non sacrificar punto 1' uno all' altro. Dopo di avere cosi franca-
mente esposto a quali condizioni era a noi possibile di prendere in con-
siderazione le proposte, che si fosse creduto di poterci fare ulteriormente,
noi abbiarao aggiunto, cbe saremmo stati serapre disposti a prenderle in
esame, quand' esse ci serabrassero di tal natura da avvicinarci allo scopo
che volevamo raggiungere. E in questo senso che ci furono fatte in se-
guito, abbenche esse non rispondessero abbastanza pienamente alle no-
stre intenzioni, per servir di base ad un accomodamento accettabile.
« Noi abbiamo seguito nel tempo stesso con grande interesse il pro-
gresso che si manifestava nella situazione generale d' Italia. II Governo
italiano coraprimeva con risoluzione e perseveranza le passioni anarchi-
che, di gia affievolite per eftetto del tempo e della riflessione. Delle idee
moderate tendevano a preyalere nelle migliori menti e ad aprire la via a
serii tentatiyi di accomodamento. E in queste favorevoli circostanze che
il Governo del re Vittorio Emmanuele s' e deciso di prendere una grande
risoluzione. Preoccupato dalla necessita di dare maggiore sviluppo all'or-
ganizzazione dell' Italia , esso ci ha messo a parte dei motivi politici,
strategici e amministrativi, che lo determinavano a trasferire in un punto
piu centrale, che non fosse Torino, la Capitale del regno. L' Imperatore,
apprezzando tutta 1' importanza di cotesta risoluzione , e tenendo conto
eziandio delle considerazioni che ho ricordate, e delle disposizioni piu,
conciliative, manifestate dal Gabinetto di Torino, ha pensato ch' era ve-
nuto il momento di regolare le condizioni , che gli permettevano, accer-
tando la sicurezza del Santo Padre e de' suoi possedimenti, di metter fine
all' occupazione militare degli Stati romani. La Convenzione del 15 Set-
tembre risponde, a nostro avviso, a tutte le necessita della situazione
rispettiva dell' Italia e di Roma.
« Essa contribuera, lo speriamo, ad affrettare una rlconciliazione, die
noi speriamo di tutto cuore, e che V Imperatore medesimo non ha cessato
di raccomandare nell' interesse comune della Santa Sede e dell' Italia.
« Non appena il progresso del negoziato permise di sperarne un buon
esito, ho avuto cura di comunicare alia Corte di Roma le condizioni, alle
quali noi abbiamo obbedito in questa circostanza, ed ho indirizzato al-
I'Ambasciatore di S. M. il dispaccio, di cui troverete qui acchiusa copia.
lo mi sono fatto premura di fargli conoscere le clausole, affinche egli ne
renda informato il Governo di Sua Santita.
« lo spero che la Corte di Roma apprezzera i nostri motivi e le garan-
zie che noi ahbiamo stipulate nel suo interesse. Se, a bella prima, essa
era disposta a vedere con occhio poco favorevole i progetti che noi ab-
biamo conchiuso con una Potenza, da cui la separa ancora la memoria di
danni recenti, la firma della Francia le dara almeno , non ne dubitiamo
punto, la certezza della leale e sincera esecuzione degli impegni del 15
Settembre.
Droityn de Lhuys. »
362 CRON^CA
3. Se in yerita 1' Italia, per questa Conyenzione, viene esclusa da
Roma, ed obbligata efficacemeate a non adoperare la forza per imposses-
sarsene, cbe proviene a lei dallo sgombero de' Francesi? Che importa
ai settarii italiani di veder tutelata la sicurezza ed indipendeoza del Papa,
phittosto da un esercito pontificio, che dalle baionette di Napoleone III,
se davvero sta fermo clie la sovranita del Pontefice , anche ridotta alle
condizioni sue presenti, dee durare? E perche la Francia pose tanto im-
pegno nell' esigere il trasporto della Capitale, a segno di riguardare cio
come condizione sine qua non della yalidita della Convenzione? Questi
sono quesiti, a' quali si potrebbe, ma da noi non si dee rispondere; ma
ben rispose, per indiretto e chiaramente, il Moniteur ufficiale del Goyer-
no imperiale, ristampando, alii 7 di Ottobre, non solo i riferiti atti diplo-
matic! del 15 Settembre e 3 Ottobre, ma anche la relazione fatta dal
Ministero di Torino , presieduto gia dal Minghetti, al re Vittorio Em-
manuele II, circa la Conyenzione medesima. Ora i Ministri italiani nella
loro relazione, firmata da tutti i membri del Gabinetto, cioe dal Minghet-
ti, dal Pemzzi, dal Cugia, dal Pisanelli , dal Menabrea, dal Yisconti-
Venosta, daU'Amari, dal Minghetti pel Manna assente, e dal della Roye-
re, affermano riciso e con manifesta contraddizione a quanto affermasi
Bel testo della Convenzione e nel citato dispaccio del Brouyn de Lhuys,
che « tal Conyenzione non distmgge ne menoma i dirilti e le aspirazioni
della Nazione, nella quistione romana ». A chi si dee credere? Al Drouyn
de Lhuys od al Minghetti? Agii atti del 15 Settembre od alia Relazione
pubblicata nella Gazzetta ufficiale del i Ottobre?
Questo documento ha due parti ben distinte. Nella prima si espongono
i motiyi e la natura degli impegni assuoti, circa Finyiolabilita di Roma
e del presente territorio degli Stati pontificii ; nella seconda si ragionano
le cause che indussero il Goyerno a deciders! pel trasferimento della Ca-
pitale a Firenze. Per cio che spetla -agr impegni yerso Roma, e degno
d'essere riferito a verbo i! tratto seguente :
« Dalle discussioni e dalle deliberazioni del Parlamento rispetto alia
quistione romana, due concetti scaturiscono, i quali ci sembrano soyra-
stare a tutti gli altri, e dover seryire di norma alia condotla del Goyerno
di V. M. L'imo, che la quistione romana doyeya sciogliersi per mezzi
morali e non per mezzi material!, imperocche la yiolenza in questo caso
non toglierebbe punto la difficolta. L'altro che bisognaya procedere d'ac-
cordo colla Francia, per conseguire che anche in questa parte il principio
del non interyento abhia la sua esecuzione.
« L' Imperatore dei Francesi ha desiderato ognora di poter ritirare le
sue truppe da Roma, non solo perche cio e conforme a quei principii di
diritto pubblico, in virtii dei quali egli regna, e che colle armi e colla
politica ha sostenuto in Europa, ma eziandio perche il risorgimento
d' Italia, al quale la nazione francese ha potentemente cooperate, sara
una delle glorie maggiori del suo regno.
CONTEMPORAXEA 363
« Ma 1' Imperatore credeva di non potere abbandonare, ritirandole ad
un tratto il suo aiuto, quella potesta che da quindici anni aveva protetto
colic sue armi. A conseguire pertanto il fine che i Frances! sgombrassero
il territorio pontificio, bisognava rassicurarli, e mostrare a loro ed all'Eu-
ropa, che possono farlo senza venir meno ai sentimenti che nutrooo verso
il Papato. Ora, che cosa poteva fare il Governo di V. M. a questo fine?
« II Governo di V. M. non poteva far altro che promettere di non as-
salire quel territorio che le truppe francesi occupavano, ed impedire
eziandio che bande irregolari lo assalissero movendo dal territorio del
Regno.
« Una tale promessa, lealmente data e fermamente mantenuta, a no-
stro avviso, non distrugge ne menoma i diritti e le aspirazioni della
Nazione, rna lien fermo il concetto che colle sole forze morali si debba
operare, e con tutti i mezzi che la civilta odierna offre al trionfo delle
idee liberali e nazionali.
« Noi abbiamo pertanto consigliato francamente la M. V. di accettare
questo impegno, come correspettivo della partenza dei Francesi dall' Ita-
lia, e siarao pronti ad assumere la responsabilita della relativa stipula-
zione dinanzi al Parlamento e dinanzi alia Nazione.
« Un tale impegno, mentre non e in contraddizione coi nostri princi-
pii, ha per effetto di far cessare quella aspettativa ansiosa ed irrequieta
che agitava gli animi; e di stabilire un intervallo fra la situazione pre-
sente e quella che deve avere per risultalo finale la riconciliazione fra la
Chiesa e 1' Italia. »
Riguardo al trasferimento della Capitale, il Ministero prende le mosse
dalle condizioni del Governo austriaco, che dice accampato nella Vene-
zia, dalla formidabilc polenza del suo esercito e delle sue forlezze, con-
tro di cui e opportune munirsi ; perche se 1'Austria « in questo momen-
to non minaccia il regno d' Italia, pur tuttavia alleanze possono formar-
si, ed eventualita possono sorgere, ai pericoli delle quali e necessario
ed urgente il provvedere. » E percio fu scelta Firenze a citta sede del
Governo, come quella che e guarentita da due fortissime barriere, il Po
e 1' Apennino. Ma siccome sapeasi che questa non era la vera ragione
del tramutamento, i Ministri ne allegarono un' altra non meno illusoria,
ma studiata apposta per alloppiare i sempliciani, e gabbare gli uomini
di buona fede, dicendo che da tale trasferimento « apparisce un argo-
mento ed un pegno della fermezza dei nostri propositi nel rinunziarc
all'uso di mezzi violenti verso il Papato ». Ma perche di qui poteasi in-
ferire che dunque si pigliava Firenze come Capitale stabile, e non sola-
meute temporanea, si affrettarono di soggiungere: « Un altro risultato
di questo fatto sara che refficacia dei mezzi morali si fara sentire a Ro-
ma tanto piu rapidamente, quanto maggiore e la vicinanza della sede del
Governo, piu frequenti i rapporti, piu antica ed inthna la comunione
d'interessi e d'abitudini ».
364 CRONACA
4. Cio che v' ha di piii chiaro , fin qui , in questa faccenda , si e 1'agi-
tazione suscitata in Italia tra i varii partili,l'aspettazione destata in tutta
Europa , il malcontento delle province piii devote alia monarchia ed alia
Casa di Savoia, il ringalluzzire della democrazia, e la rovina di innu-
merevoli famiglie, alle quali il traspprto del Governo da Torino a Firen-
ze impone la necessila di importabili sacrifizii , per nulla dire del com-
mercio e del credito pubblico , che gia ne risentirono danniincalcolabili.
La pitta di Torino, che sta oggimai per cadere in quel profondo , in cui
essa contribui a gettare Parma e Modena e Napoli, ridptta allo stato di
capoluogo di provincia, e apertamente divisa in due fazioni; V una di
coloro che, o davvero , o come spediente da indugiare il momento del
colpo fatale, gridano doversi il Governo restare in Torino, finche non
sia giunta ropportunita di andare difjlato a Roma; 1'altra di quelli cheq
per interesse proprio,o per servitu di sette vogliono fare i generosi, e si
offrono parati ad ogni sacrifizio per 1' Italia, ben sapendo pero di non
doverne fare alcuno. I mercanti e bottegai, i proprietarii di case, gli
appaltatori di edifizii ed ppere pubbliche sommessamente rimpiangono
la loro sciagura, perche si vedono a due dita dall'abisso del fallimento
od alme.no di perdite gravosissime ; e fatti oggknai consapevoli che a
nulla non gioverebbe il cpntrasto , si rassegnauo alia loro sorte , impre-
cando ai fratelli, da cui riccvqno tale ricambio dei sacrifizii ingenti di pe-
cunia e di sangue, fatti da quindici anni in qua pel loro riscatto. I porti-
ci di Po in Torino eraiio in qucsti ultimi giorni seminati di caricature,
mcmGianduja, personaggio caratteristico del Piemonte, sopraffatto
dalle sassate, che a gara gli scagliano addosso una turba di Pukinetti,
Meneghini, Arlecchini , Pantaloni , persqnaggi caratteristici del Napole-
tano,' Lombardo e Veneto, soccombe gridandq: « Ah se v'ayessi conp-
sciutq primal... E tu specialmenle, o Meneghino! » Ma le querimopie
spnq inutili , ed il sacritizio e omai inevitabile. II Piemonte , che appli-
co si crudamente a' Principi e popoli d' Italia, da lui soggiogati con ar-
ti nefande, il principio de' fatti consiimmati , dee alia sua volta saggiar-
ne raruarp, e portarne la pena.
Gravi timori preoccupavano Governo e popolo, per la prossima riaper-
tura delle Camere , intimata pel di 24 di Ottobre. Grandissimo numerq
di mercanti ricevettero letterc, quali a stampa e quali manoscritte, in cui
s'intimava loro, pena la perdita delle sustanze e della vita, di tener chiu-
se in quel giorno e nei seguenti le botteghe. L' epigrafe di tali lettere, e
ne abbiamo certezza assoluta , era questa: Viva Garibaldi, Morte a Vit-
torio Emmanuele, Viva la Repubblica. E per spttoscrizione era disegna-
to un traliero od un pugnale a larga lama. II Sindaco di Torino pubbSicq
bandi per invitare tutti all' ordine ed alia quiete ; una Societa di operai
tenne adunanza, e proclamo traditore della patria chi desse mano a tu-
multi o disordini, onde fosse menomaia la libera discussiqne in Parlamen-
to ; i diarii del Governo fecero sentire che , se Torino si movesse punto
in tali giorni , darebbe ragione a chi spacciava , che essa obbediva a
grettezza di spirito municipale, sacrificando a quesla gli interessi supre-,
mi della comune patria, 1'Italia; ed il Ministero fece accostare di bel nuo-
YO a Torino buon nerbo di truppe, che in poco d'ora possonp d'ogni par-
te penetraryi e raffrenare i malcontenti. Tuttavia la Guardia Nazionale
ebbe il precipuo incarico di mantenere la quiete pubblica , appunto per-
CONTEMPORANEA 365
che tra cittadini e cittadini fosse minore il pericolo di conflitti, ed impos-
sibilc il rinnovamentq delle crudelissime stragi del 21 e 22 Settembre.
Fu certamente savio consiglio quello che detto cotali provvedimenti
efficaci per tutelare la quiele pubblica , poiche i soramoyitori certo non
mancavano. Giuseppe Mazzim , solito in tali casi a dar il tono della mu-
sica, mando a stampare \\t\VUnita italiana, dell'8 Ottobre, nota di fuoco
contro il Governo, perche immolava Torino senza conquistar Roma, aiz-
zando i suoi satellili col metier loro sott' occhio che « il fatto e 1' obbe-
dienza allo straniero... la promessa di ferire novamente Garibaldi , la
promessa di cinque, di dieci Asproraonti , ove occorre. lo so pur troppo
quello che molti fra voi, sommessamente, a guisa di schiavi, nspondono:
Lasciate fare, e un mutamento per sempre , c da cosa nasce cosa ; e se i
soldati dell' impero lasciano Roma , sorgeranno casi che ci apriranno leu
via di violare le nostre promesse. Che ! Siete cosi guasti dall' antico ser-
vaggio e dal materialismo delle nuove dottrine ,. da non arretrarvi da-
vanti al bivio di decretare una Italia acefala , federalista...o una Italia
cakolatamente sleale? SlQ\(l e codardi!... Yoi tradirete dunque delibera-
tamcnte le vostre proraesse ; direte all'Europa: Non fidate in noi, I' Ita-
lia e una menzogna vivente ! » Con buona licenza del signer Mazzini ,
questo si sta dicendo da\Y Italia gia da cinque anni. Ma se il suo menti-
re torna a conto di chi se ne serve, chi la puo impedire dal tirare innan-
zi? Tuttayia siamo pienamente d'accordo con lui in credere che i questa
politica di raggiro, di vie tortuose, di agguati, sara, corae fu , la rovina
d'ltalia... Tra 1'essere Iloti e il diventar Giuda non corre divario, se non
quello che corre tra la morte del corpo e quella dell' anima ».
_ 11 Governo ebbe sentore di molti facinorosi che si radunavano in To-
rino; e negli ultimi giorni, che precedettero la riapertura del Parlamento,
ne fece di buone relate , sicche Torino alii 21 , 22 e 23 Ottobre ne vide
sfilare, custoditi da Gendarmi, gruppi di 4 e 6 alia volta, che si manda-
vano a ricettare nelle carceri, perche non ayesserq la malinconia di voler
rappresentare, a servigiq del sig. Mazzini, i dolori ed il malcontento del
popolo torinese, con pericolo di nuove stragi.
5. Ma oltre alia vigilanza del Governo, avra certamente giovato aces-
sare il pericolo di gravi disordini la pubblicazione, fatta a spese del Mu-
nicipio, della relazione compilata dal consigliere Casimiro Ara, circa i
fatti del 21 e 22 Settembre *. Da questo importante documento, che ine-
rita d'essere meditato seriamerite anche dai diplomatici, che fingeano di
credere alle imposture spacciate dal Governo di Torino sopra le stragi di
Perugia, mette in sodo che: l.°I disordiui furono prodotti da gente ye- .
nuta di fuori, non vigilata dal Governo, ed alia (juale erano frammisti
agenti provocatori; 2.° Che sopra il caduto Ministero dee ricadere la
malleveria come la colpa diritta dei luttuosi avvenimenti, onde fu insan-
guinata Torino; 3.° Che le vittime registrate ascendono a 187, delle
quali 181 sono mashi, e 6 femmine, variando 1'eta loro dai 12 ai 75 anni,
senza che nessuno dei caduti si trovasse munito d' armi. Le ferite erano
quasi tutte dirette dalla parte posteriore all'interiore della persona, onde
\ Inchicsta amministrativa sui fatti arvenuti in Torino nei giorni %l e 2$ Settem-
Ire 186 f, dalla Giunta Municipale aflldata al Consigliere comunale , Avtocalo Casimiro
Ara^ U/ficiale ecc. — Torino -18(51, per gli eredi Botta, tipografi del Municipio, nel palaxzo
Carignano. LQ vol. iu -i.0 grandc, di pag. -103.
366 CRONACA
si fa chiaro che furono fatte mentre la folia fuggiva, e non in atto di di-
fesa contro violenti aggressor!. Inoltre fu accertato che il numero de'fe-
riti trasportati al proprio domicilio, e non registrati pero nella statistica
muuicipale, e di gran lunga maggiore; sicche il popoio, avendo impara-
to a sue spese quanto costi cara ia curiosita in certecircostanze, si guar-
dera bene in avvenire dal concorrere a far numero co' mestatori e cogli
impresarii di tumulti, per non averne a portare la pena.
6. Ognuno puo capire I'impressione prodotta da tal documento, che e
avvalorato dalle deposizioni autentiche di testimonii oculari, cheattesta-
rono essersi fatto fuoco sul popoio, senza che precedessero le intimazioni
legali , e senza che la truppa fosse assalita. Ma 1'indignazione contro i
Ministri, cbe cagionarono tali atrocila con la loro ostinazione, se non an-
che con direlte provocazioni, come disse e ridisse in tulte le forme la
Gazzetta del popoio, crebbe ancora piu al sapersi che in quei giorni fu-
nesti i Ministri la scialayano in lauti pranzi, che costarono allo Stato
iina somma relatiyamente eiiorme. Ed ecco quanto sopra cio leggesi nel-
1' Unitd Cattolica, da niuno appuntata di menzogna od esagerazione, del
di 18 Oltobre: « II nuoYO Ministro deU'inlerno, il signer Lanza, la ye-
dere un documento da cui risulla, quali fossero le ultime operazioni del
Ministerp Minghetii e Peruzzi! Questo documento consiste in un conto
del Cafe de Paris. Bisogna sapere che negli ultimi tre giorni , in cui i
cessati Ministri restarono al potere, sole\7ano pranzare al "Ministero, TUOI
perche nonavevano il coraggio di uscire per le strade , Tuoi perche si era-
no dichiarati in permanenza, vuoi perche amavano di trincare, in quegli
ultimi momenti, a spese d'ltalia. II padrone del Cafe de Paris ha mandato
il conto al Ministero, e da queslo risulta che i tre pranzi costarono trecen-
to lire ciascuno, insieme lire 900, donde si \'ede che la baltisoftia non a-
Tea toltoai nostri Ministri 1'appetito. E mentre lanle famiglietorinesi pian-
geyano sui proprii parenti o morti o ferili, i Minghetti ed i Peruzzi tran-
quillamente scosciavano pollastri e propinavano alia Convenzione del 15
di Settembre. Tocchera alia Camera di decidere se la povera Italia deb-
ba pagare gli ultimi tre pranzi dei passati Ministri. Quanto a noi ci te-
niamo paghi di avvertire che essi nacquero mangiando, Tissero man-
giando, e morirono mangiando. Sublime epitaiiio da scriversi sulla loro
tomba ! »
7. Mentre il Governo studiavasi di acquetare queste ire e mitigare gli
animi esacerbati, pioveano in Torino i libelli sopra la malaugarata Gon-
yenzione del 15 Settembre. I piu son cosa che non merita veruna men-
zione. Ma due sono da nolare, come improiUati, sotto diversi risguardi,
d'un caraUere splendido I' uno di \T5rtu civile e 1' aliro di sapienza diplo-
matica e di coraggio cristiano. La prima di tali scritture e una leltera di
Yincenzo Ricci , ristampata nell' Unitd Cattolica dell' 11 Oltobre , nella
quale e degno di molta considerazione il trallo seguente: « II partito
d'azione non e morto, ed acquisla in Firer.ze la possibilita , anzi la faci-
lita di eseguire cio che sa per esperienza impossibile a Torino. E percio
discute con caima, ma sorride ail'andata a Firenze, e la T' attende, e la
Ti mostrera la sua forza.
« Un amico cliceyami, pochi di sono: La Casa di Savoia e una yec-
chia quercia ancor robusta , ma non ha piu che una sola radice maestra
nel suolo piemontese. Iniettate\i uno spiliuzzico di mercurio e tosto ina-
CONTEMPORANEA 367
ridisce. Di fatto, fuori delle antiche province , tutti i conservator! e piii
tutte le persone e famiglie tranquille hanno piu o meno qualche simpatia
per le loro vecchie dinastie e Govern! , e talune odiano personalmente
Vittorio Emmanuele qual usurpatore. La gioventu , tulle le societa libe-
ral! ed afligliazioni segrete lo tengono come una necessita momentanea,
ma non credono certo la monarchia roltimo del Governi. Alia prima que-
stione die insorga, al primo desiderio non appagato, bastera una voce
che gridi, 1'impiego di Re e un officio che costa troppo, per render po-
polare 1'idea di effettuare anche questa ecouomia ». Che e quanto dire al
He : Badate! ora vi tengono come struinento ; poi vi getteranno via come
peso inutile, anzi costqso !
L'altra di queste scritture , piena di alto senno , e dettata dell'illustre
Gpnte Solaro della Margarita, col titolo: Sguardo politico sulla Conven-
tion^ Halo- franca del 15 Seltembre ecc. In essa il perspicace diploma-
tico fa intravedere il pericolo che il Piemonte debba essere ceduto in
buona parte alia Francia , dimostra quanto sia fallace 1' apparenza di li-
ierta e di indipendenza onde va si borioso , e si sludia di rimuoyere il
Re dal pendio fatale, su cui e strascinato da'suoi Ministri e dalla rivolu-
zione, ricordandogli la fedelta a tutta proya delle province ora immolate
ai calcoli perfidiosi de' mestatori venuti di mezzo a' nuovi sudditi.
t Questi consigli saranno ascoltati? Dio lo vogl»ia. Certo eche \\partito
d'azione e ringagliardito d' assai , e se ne ha indizio nell' arroganza con
che il Garibaldi si scateno controla Convenzione del 15 Settembre, nel-
la seguente breve lettera , scritta per ismentire le voci mandate attorno
da' Ministeriali, ch'esso le si fosse chiarito favprevole:
« Caprera, 10 Ottobre. Che i colpevoli vogliano trovare dci complici,
e cosa naturale. Ma che si voglia tuffarmi nel fango degli no mini che
]>ruUarono 1' Italia con la Convenzione del 15 Settembre , non lo aspet-
tava. Col Bonaparte una Convenzione sola : purificare il nostro paese
dalla sua presenza, non in due anni, ma in due ore. G. Garibaldi ».
Questa lettera, pubblicata nel Diritto del 22 Ottobre , era piu che un
insulto al Governo ; era una provocazione a disordini, era una minaccia
diretta contro Napolepne III, e potea dar luogo a guai. II Governo man-
do sequestrare il Diritto , e dopo lui anche I' Opinions , la Gazzetta del
popolo, e piu altri giornali che T aveano ristampata. E fece bene a non
Jasciar cadere oglio sulle brace. Ma ora che i momenti pericolosi sono
passati , noi crediamo opportuno registrarla , perche sia di prova della
gratitudine professata dalla rivoluzione.
; 8. Fu molto diffusa per Torino la voce, chiarita poi ben fondata , che
il passato Ministero, di cui erano capi il Minghetti ed il Peruzzi, avesse
§ia fermato di procedere ad un colpo di Stato per vincere ogni opposi-
zione. L' Unita Cattolica del 9 Ottobre accenno la diceria che si fossero
trovate al Ministero le bozze dei decreti da pubblicarsi a tal fine. Col
primo si metteva Torino in istato d'assedio ; col secondo si scioglieva la
Camera dei Deputati; col terzo erasciolto il Municipio di Torino; un quar-
to ordinava il trasporto del Governo a Firenze.Fu trovata la nota di colo-
ro che doveano essere arrestati, fra i quali il doputato Boggio, il Cassinis
Presidente della Camera elettiva, ed il Rora Sindaco di Torino. La mina
fu sventata dalla violenza stcssa del Ministero. Ma 1'indignazione risen-
tita dal Conte Federigo Sclopis, Presidente del Senato, pel contegno te-
368 CRONACA
nuto dal Goyerno nello stipulare la Conyenzione del 15 Settembre, fu
tale , ch' egli non yolle piii a yerun patto ritenere tal carica ; di che la
Gazzetta iifflciale del 14 Ottobre annunzio aver il Re accettate le sue di-
imssioni, e sostituitp a lui, nell'ufficio di Presidente del Senato, il Barone
Manno, primo Presidente della Corte di Cassazione di Milano.
9. Quando il nuoyo Minislero, presieduto dal La Marmora , fu costi-
tuito , e comincio ad indagarc lo slato delle cose , ebbe ad accorgersi
della dura impresa a cui s'era accinto. Imperocche, a tacer d'altro, tro-
TO yuqte le casse dell' erario , sicche appena potea disporre di 200,000
franchi per le spese correnti di prima necessita , e doyette di fretta pro-
cacciarsi , a rjatti rovinosi, un due milioni ad imprestito da iisurai pari-
gini. Andare innanzi di questo passo era impossibile; e percio siyenne
subito al solo spediente utile che si offeriva , cioe di fare economia nel-
1'esercito. Si possono yedere recitati per intero nel Dintto del 23 Olto-
bre due document!, che dimostrano ben fondate le notizie date da' gior-
nali , che si yeniva ad una diminuzione dell' arraata di terra e di mare.
Difatto una circolare del Ministro della Guerra, Generale Petitti , ordino
si mandassero in congedo i militari di piu categoric; tantoche saranno
poco meno che 90,000 i soldati cosi rimessi in liberta , con notevole ris-
parmio dello Stato; e con Decretq reale del 12 Ottobre , la squadra di
cvoluzione , composta di due Divisiqni, venne ridotta ad una sola Drvi-
sione di nayi da guerra. E egli da dire percio che siasi fermato il disar-
mamento , per yolgersi di proposito a pensieri di pace? Fin qui non e
certo; e il fatto del licenziare i soldati non proya nulla, perche in 15
giorni questi possono essere tutti riordinati sotlo le bandiere. Ma ben e
certo che cosi si otterra una parte delle necessarie economic , per cam-
pare finche il Parlamento abbia approyato un nuoyo imprestito, che di-
cesi dover eccedere i 500 milioni di franchi !
10. 11 di 24 yenne riaperto il Parlamento. I dispacci telegrafici ci
annunzianq che la citta fu pienamente tranquilla : e noi desideriamo
che tale si mantenga , quando il feryqre della discus sione eccitera le
passioni dei partiti. Poichein questa prima tornata nessuna discussione
yi fu. Annunziatosi dal La Marmora la fqrmazione del nuoyo Gabinettq,
il ministro Lanza presento il progetto di legge , con cui si dichiara Fi-
renze Capitale d' Italia , e si domanda un credito straordinario di sette
milioni, per eseguire il trasporto. II progetto e accompagnato dal testo
della Conyenzione, dai Protocolli relatiyi , dalla Relazione al Re dei ces-
sati Ministri, e da alcune Note scambiatesi insicme tra Venosta e Nigra.
Ai Deputati , che yoleano muoyere interpellanze e proporre inchieste
parlamentari, Lanza rispose che il Ministero accetterale interpellanze, ma
dopo la votazione del Trattatto, e accettafin d'oral inchiesta parlamentare
a patto che si eyili qgni discussione dolorosa. L'inchiesta e yotata quasi
all'unanimita, e subito dopo yengono dal Presidente della Camera nomi-
nati a farla nove commissarii. Cio fatto, il Presidente annunzia ai Deputali
che fino a nuoyo ayyiso debbonsi radunare negli ufficii e non pel Parla-
mento. Questo proyvedimento e mqlto qpportuno; perche cosi i Deputati
avran tempo di apprendere dai Ministri il yero scopo della Convenzione,
per indursi ad approyarla, senza 1'inopportuna presenza di orecchie stra-
Diere, ed impareranno il sensq yerq che dovran dare alle parole ufficiali,
che saran dette ad uso ed edificazione del buon pubblico.
CONTEMPORANEA 369
II.
COSE STRANIERE.
FBANCIA 1. 11 giornalismo francese e la Convenzlonc — 2. Teslo della Con-
venzione — 3. Ragioni arrecate per giustificave la Cunvenzione del 15
Settembre — i. Dispaccio del sig. Drouyn de Lhuys al conte di Sarti-
ges — 5. Smentita imprudente data da due JMinistripiemontesial Dispac-
cio suddetto.
1. II giornalismo francese persiste nella medesima attitudine, che noi
mdicammo nel passato quaderno aver esso assunto rispettq alia Conven-
zione italo-franca. Tutta la stampa francese, se ne ecceltui quella che e
vincolata strettamente al Governo, interpreta quel Trattato, come una
rinunzia da parte della Francia a qualsivoglia protezipne della Soyranita
temporale dei romani Pontelici. Una sola difl'erenza vi e : i giornali cat-
tolici se ne dolgono vivamente , i giornali libertini se ne rallegrano. I
giornali cattolici se ne dolgono, non perche pensino che 1'abbandono del-
la Francia assicuri la vittoria della rivoluzione sopra la Chiesa, perche il
trionfo della Chiesa, dopo le tra'versie passeggere di questa o quella per-
secuzione, e per essi piu che certissimo; ma perche essi pensano che
queirabbandono siapercagionaremaggipri sciagure alia Francia dell'Im-
pero, che alia Roma dei Papi. I giornali libertini poi se ne rallegrano ,
non perche loro veracemenle importi che 1' Italia si stabilisca sodamente
in un grandeStato, con opportuna Capitale, e con membra contente o al-
men rassegnate ; ma perche cosi essi yeggono finalmente abbattuta V in-
dipendenza dei Papi, e snervata ogni efficacia d'azione nella Chiesa, che
e t'unico oggetto vero dei loro odii e dei loro assalti. Questo contegno
della stampa libera irrita fortemente la dipendente. 1 giornali ufficiosi ,
che debbono a ogni cpsto difendere la politica del Goyerno che li retri-
buisce e li tiene in yita, yeggono che questa interpretazione dei gior-
nali cattolici e libertini commove troppo gli animi dei Francesi , ai quali
tanto importa il far credere che la Francia imperiale continua la tradizip-
ne della Francia caltolica, nella difesa dei Papi. Quindi s'arrabbattano in
ogni miglior forma che sanno per dimostrare, che la Conyenzione dei 15
Settembre si e nel fondo la migliore sicurta che possa desiderarsi per
guarentire al Papa la sua Soyranita : che essa e il piii possente colpo che
siesi recato alia rivoluzione italiana, che aspira a Roma, obbligandola a
rinunziaryi e cangiarla con Firenze : che essa ageyola al Papa il modo
di riordinare le sue finanze e il suo esercito, che sono i due grandi so-
stegni di ogni Sovranita: che infme quand' anche il Piemonte avesse
qualche secreto disegno di non mantenere i patli , dopo lo sgombro dei
Francesi da Roma, la Francia puo anche da lungi prote^gere Roma, per-
che la firma da lei posia a quella Convenzipne non sia presa in gioco.
E poiche queste ragioni non bastano a conyincere i loro avyersarii ; ed
essi si sdegnano, e pieni d'ira rimproyeranp ai partiti estremi la loro ca-
parbieta a non lasciarsi cpnvincere da cosi chiari argomenti, e la loro
diffidenza della sincerita di un Governo cosi forte e cosi leale. In queste
parole si compendia tulto il tenore della polemica, piu che un poco viva-
ce, che da un mese a questa parte empie le colonne dei giornali francesi.
Campioni del Governo sono da un canto la France, il Pays, la Patrie e il
Serie V, vol. XII, fate. 351. 24 29 Ottobre 1864.
370 CRONACA
Constitutionnel, ai quali fa tiepidamente eco il Memorial diplomatique:
dall'altro canto troyansi tutti gli altri giornali, dal Monde all' Opinion na-
tionale, da\[' Union ai Debats.
2. Dal principio la discussione ingaggialasi tra i giornali batteva al-
quanto sul yuoto, giacche credevasi che il testo della Conyenzione do-
yesse contenere qualche dichiarazione, che desse un po' di lume sopra
1'interpretazione da farsene. Quel testo yenne fmalmente pubblicato , ma
lascio tutti nello stesso buio , in che erano innanzi : e quindi le due in-
terpretazioni seguilarono a darsi dalle stesse persone colla stessa asseve-
ranza di prima. Nulla infatti, ueppure una parola, leggesi nel preambolo
che chiarisca il yero scopo del Trattato ; nessuna menzione yi si fa del
consenso della S. Sede, neppure per yia d' ipotesi: nulla yi si stabilisce
intorno al modo della esecuzione ne per parte della Francia, ne per parte
dell'ltalia. Tutto yi rimane nel yago e nell'incerto. Basta leggerlo, quale
qui il daremo, yolgarizzato in italiano, per persuadersene.
« Le Loro Maesta il Re d'ltalia e I'lmperatore dei Frances!, ayendo de-
ciso di conchiudere una Conyenzione, hanno nominate i loro Plenipotenzia-
rii, doe : Sua Maesta il Re d'ltalia. il signor cayaliere Costantinq Nigra,
gran croce dell'ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, grande ufficiale del-
1'ordine imperiale della legione d'onore, ecc. ecc., suo Inyiato straordi-
nario e Ministro plenipotenziario presso Sua Maesta I'lmperatore dei
Francesi: ed il signor marchese Gioachino Pepoli, gran croce dell'ordine
dei SS. Maurizio e Lazzaro, cayaliere deli' ordine imperiale della legione
d'onore, ecc., suo Inyiato straordinario e Ministro plenipotenziario pres-
so Sua Maesta I'lmperatore di tutte le Russie. E sua Maesta I'lmperatore
dei Francesi il signor Drouyn de Lhuys, senatore dell'Impero, gran croce
deli'ordine imperiale della fegione d'onore e dell'qrdine dei SS. Maurizio
e Lazzaro ecc. ecc. , suo Ministro e Segretario di Stato degli affari stra-
nieri. I quali dopo essersi comunicati i loro pieni poteri rispettivi , tro-
vati in buona e doyuta forma, sono conyenuti negli articoli seguenti :
« Art. 1.° L' Italia si obbiiga a non attaccare il territorio attuale del
Santo Padre, e ad impedire anchc colla forza ogni attacco proveniente
dall'estero contro il detto territorio degli Stati pontificii.
« Art. 2.° La Francia ritirerale sue truppe gradatamente a misura che
S'esercilo del Papa sara organizzato. Ad ogui modo la eyacuazione dovra
compiersi entro due anni.
« Art. 3.° 11 Governo italiano non reclamera contro 1'organizzazione di
un esercito pontificio, anche se composto di volontarii catfolici stranieri,
sufficiente per mantenere 1'autorita del Papa e la tranquillita tanto all'in-
terno, quanto sulla frontiera dello Stato , purche questa forza non possa
degenerare in un mezzo d'attacco contro il Goyerno italiano.
« Art. 4.° L' Italia si dichiara pronta a entrare in trattative per pren-
dere a suo carico una parte proporzionata del debito degli aritichi Stati
della Chiesa.
« Art. 5.° La presente Convenzione sara ratificata.
« Le ratifiche saranno scambiate nel terraine di 15 giorni, e piu pre-
sto se sara possibile. In fede e testimonianza di che i Plenipotenziarii
rispettiyi harino segnato la presente Conyenzione e rivestita del sigillo
delle loro armi. Fatto in doppio originate a Parigi, il 15 del mese di Set-
tembre, 1'anno di grazia 1.804.
Nigra — Pepoli — Drouyn de Lhmjs.
CONTEMPORANEA 371
« PROTOCOLLO, che fa seguito alia Convenzione firmata a Parigi tra
1' Italia e la Francia, riguardo allo sgorabro degli Stati pontificii perparte
delle truppe Frances!.
« La Convenzione firmata in data di questo giorno tra le loro Maesta il
Re d' Italia e 1'Imperatore dei Frances! , non avra valore esecutorio, se
DOD quando Sua Maesta il Re d1 Italia avra decretato la traslazione della
Capitale del Regno, nel luogo che sara ulteriormente determinate da delta
Sua Maesta. Questa traslazipne dovra essere fatta nel termine di sei mesi
a datare da delta Convenzione. II presente Protocollo avra la stessa
forza e yalore che la Convenzione su menzionata. Sara ratificata , e le
ratificazipni saranno scambiale nello stesso tempo che quelle di delta
Convenzione.
« Fatlo in doppio originale a Parigi, il 15 Settembre 1864.
Nigra — Pepoli — Drouyn de Lliwjs.
« DICIIIARAZIONE. Secondo i termini della Convenzione del 15 Settem-
bre 1804 e del Protocollo annesso, il lermine per la traslazione della Ca-
pitale del Regno d' Italia era stato fissato a sei mesi, a datare dalla della
Convenzione, e 1'evacuazione degli Stati Roman! per parte delle Iruppe
francesi doveva esbere etlVttuata nel lermine di due anni, a partire dal!a
dala del decreto che ayrebbe ordinalo la Iraslazione.
« I Plenipotenziarii italiani supponevano allora che questa misura po-
trebbe essere presa in virtu d'un decrelo, che sarebbe sancito immedia-
tamenle da Sua Maesta il Re d'ltalia. In quest'ipotesi il punto di partenza
dei due termini sarebbe stalo quasi simultaneamente, ed il Governo ita-
liano avrebbe avuto , per trasferire la sua Capitale, i sei mesi giudicati
necessarii. Ma da un altro lato , il Gabinetto di Torino ha pensalo che
una misura cosi importanle reclamava il concorso delle Camere e la pre-
sentazione d'una legge; dall' altro il cangiamento del Minislero italiano
ha i'atto differire dal 5 al 24 Ottobre la riunione del Parlamento. In tali
circoslanze , il punto di partenza primitivamente convenuto non lasce-
rebbe piu un termine sufficiente per la traslazione della Capitale.
m « II Governo dell'Imperatore desideroso di porgersi a qualunque com-
binazione che, senza alterare gli assestamenti del 15 Settembre, fosse
propria ad agevolarne 1'esecuzione, acconsente che questa dilazione di sei
mesi per la traslazione della Capilale dell' Italia cominci, come allresi la
dilazione di due anni per 1' evacuazione del territorio pontiticio , dalla
data del decreto reale che sancira la legge, la quale sara presentata ai
Parlamento italiano.
« Fallo in doppio originale a Parigi, il 3 Ottobre 1864.
Nigra — Drouyn de Lhuys. »
3. Nel partecipare al Governo della Santa Sede il testo della Conven-
zione, voile il Ministro degli allari ester! di Parigi accompagnarlo da un
Dispaccio, diretto all' Ambasciatore francese in Roma. Questo dispaccio
fu reso toslo di pubblica ragione, e gli uomini polilici 1'hanno oramai
giudicato. Esso e destinato a far accogliere dai Caltolici la Convenzione
del 15 Settembre , come una necessita inevitabile per la Francia , posta
in attpcolle maggiori precauzioni che erano possibili per tulelare la So-
vranita del Sanlo Padre; ma considerandolo si nelle ragioni che arreca,
si nelle conseguenze che ne deriva, dimostra appunlo le due cose oppo-
372 CRONACA
ste , che cioe necessita non ve n' era, guarentige non ne da. E di fatto
tutti sanno che la presenza del Frances! in Roma non dovea essere per-
petua ; ma tutti sanno altresi che la necessita di quella presenza non e
cessata. Se nel 1859 il Governp della Santa Sede non temea dal ritiro
dej Frances! nessun danno ; cio proveniva dal possesso intero che avea
dei suoi Stati, e dalla vicinanza di Governi amici e leali, che ne circon-
davano i confini. Nel 1860 una parte delle province pontificie era stata
usurpata e vero, ma il resto non era minacciato, e il trattato di Zurigo ,
firraato dalla Francia, prometteva che fra breve 1' usurpazione cessereb-
be: potea dunque il Governo anche allora rassegnarsi con pace a quella
parlenza. Ora non e una derisione 1' invocare nel 1864 queste due me-
morie? 0 forse s'invocano per dimostrare 1' opposizione che corre tra le
condizioni di allora e le present! ?
Ma il Dispaccio assicura che F indirizzo dato dal Governo alia sua po-
litica, nulla lascia a temere intprno a Roma. Non y' e in Italia una sola
persona che creda cio potersi dire sul serio. I Ministri nei loro discorsi,
i Deputati nel Parlamento, i giornali di tutti i colori null' altro han fatto
sinora, null'aHro fannp oggidi, che aspirare al possesso di Roma. A qual
dura necessita debbasi il cplpo ardito di Aspromonte, lo sa meglio d'ogni
altro il Gabinetto di Parigi. Noi poi sappiamo che se il Piemonte ha ri-
nunziato per necessita all' uso della fprza, non ha rinunziato a quello dei
mezzimorali, come neli'analisi da noi fatta di alcuni processi dimostram-
mo nei due passati quaderni.
Che se non giova inyocare in sostegnp della Convenzione dei 15"
Settembre 1' essere ora cessata la necessita dell'occupazipne di Roma,
molto menp giovera invocare a suo favpre gl'inconvenienti che da quel-
la occupazione si pretende che ne derivino. L' occupaziorie si dice e un
intervento straniero: e 1' intervento e una lesione del dritto internazio-
nale. Ma perche allora si e lasciato intervenire in Napoli al Piemonte, e
gli si lascia godere il frutto del suo intervento? Perche si e intervenuto
in Grecia, perche si e intervenuto nel Messico ; e in quella e in questo
perche si riconoscono due monarchie, partorite da tale intervento ? II non
intervento non e dunque un dritto riconosciuto : ne puo essere, perche
sarebbe una ingiustizia ed una vigliaccheria. Moltp meno si puo ammette-
re per Roma. Roma e la Capitale del mondo caltolicp, e cio vuol dire che
nessuna nazione cattolica le e straniera : la Sovranita del Papa in Roma,
cui tutela 1' esercitp francese, e d' interesse universale, e cio vuol dire
che risguarda tutti i Governi ove sono Cattolici, la cui liberta di coscien-
za e da tutelare.
Molto minor forza ancora ha 1'altro inconveniente, cui accenna il si-
gnor Drquyn de Lhuys ; che cioe sia impossibile prolungare piu oltre
1 occuoazione , perche e impossibile la coesistenza in Roma di due So-
vranita sullo stcsso terrenp. Questo inconveniente sparisce innanzi alia
dichiarazione che fa sul principio del suo Dispaccio il sig. Ministro. Esso
dice che quel posto di onore e stato iinora occupato dalla Francia nel no-
bile scopo di tutelare la Sovranita del Papa. Dunque la Francia non ha
i suoi eserciti in Roma per esercitarvi verun dritto di Sovranita propria,
ma per tutelare i dritti della, Sovranita p1el Papa. Ove sorib dunque le
due Sovranita cpesistenti? E vero bensi che spesso vi sono state colli-
sion! tra le autorita della Santa Sede, e i comandanti dell'esercito fran-
cese : ma queste sono difficolta non maggiori al certo delle collision! ,
CONTEMPORANE4. 3"? 3
che s'incontrano in ogni dipartimento di Francia, p. e., neH'Algeria,
Ira i comandanti militari e gl' impiegati civili. Sarenbe ingeneroso in
questo momento Pindicare da parte di chi e per qual ragione queste colli-
sioni sieno sorte in Roma: basta dire che esse non meritarono mai che un
Governo ne prendesse motive di si grave determinazione. Che se e pia-
ciuto al sig. Drouyn de Lhuvs attribuire quelle collision! alia differenza
sostanziale della politica della Francia dalla politiea di Roma , tal sia di
lui. Dovra egli allora difendere innanzi ai Cattolici una politica, che so-
stanzialmente, cioe dire nei grandi principii che hi infprmano, e in con-
traddizione colla politica professata dal Capo della Chiesa.
Nessuna dunque delle ragioni , che arreca questo Dispaccio , lo giu-
stificanq: e cosi pure nessuno dei patti che svela conchiusi col Piemonte,
mostrasi proporzionato al fine, che si attribuisce alia Convenzione. Ma
di questo essendosi discorso bene a lungo in questo stesso quaderno, e
inutile di trattenerci ora a dimostrarlo.
In quello dunque che il Dispaccio dice , non convince veruno. la
quello poi che esso non dice, lascia la convinzione appunto contraria.
Tutti aspettavano che fosse syelato il motivo perche , trattandosi di (are
una Convenzione, il cui subbietto era la Sovranita medesima della San-
ta Sede, e il cui scopo dicesi che sia stato 1'assicurarla in perpetuo, non
le sia stato richiesto il concorso , anzi neppure le ne sia stata fatta co-
municazione per cortesia, prima che il mondo lo sapesse.dai giornali,
come fatto omai compiuto. Sopra cio il Dispaccio si tace: e tal silenzio
e piu eloquente di qualsivoglia scusa che se ne arrecasse. A noi basti
farlo notare.
Ma egli e tempo di arrecare per disteso il testo medesimo del Dispac-
cio irancese. I lettori noteranno forse una differenza di gusto : aspretto
anzi che no verso la Santa Sede , mellifluo verso il Governo piemontese.
Chi da questo deducesse qual sia lo spirito che anima la Convenzione
stessa, si troverebbe d'accordo col giudizio che ne hanno fatlq i giornali
libertini in Francia e fuori di Francia. Ma poiche un tal giudizio, fondato
specialmente sopra una simile bagattella , e stato dichiarato una esage-
razione di partiti estremi ; cosi bisogna guardarsene per conservare ii
Tanto di moderazione.
4. Dispaccio del sig. Drouyn de Lhuys al sig. De Sartiges a Roma.
« Parigi, 12 Settembre 1864.
« Signor Conte. La situazione da noi occupata a Roma e da gran tem-
po il soggetto delle preoccupazioni piu serie del Governo dejl'Impera-
tore. Le circostanze parvero a noi favprcvqli per esaminare di nuovo lo
stato reale delle cose , e crediamo utile di comunicare alia Santa Sede
il risultato delle nostre riflessioni.
« lo non ho bisogno di rieordare le cpnsiderazioni che condussero a
Roma la bandiera della Francia e che ci determinarono a mantenervela
fin qui. Noi eravamo risoluti a non abbandonare questo posto di onore
fino a tanto che non si fosse ottenuto lo scopo dell' occupazione. Intanto
noi non abbiamp mai pensato che questa situazione dovesse essere per-
manente ; 1* abbiamq sempre considerata come anormale e temporanea.
Sono questi i termini con cui, otto anni fa, venne essa qualiticata dal pri-
mo Plenipotenziario dell' Imperatore al Congresso di Parigi. Questi ag-
giugneva, conformemente agli ordini di Sua Macsta, che noi invocavamo
ardentemente il momento, in cui avremmo potuto ritirare le nostre trup-
374 CRONACA
pe da Roma, senza arrischiare la tranquillita interna del paese e Y auto-
rita del Governo pontificiq. Ad ogni occasione abbiamo rinnovate le
stesse dichiarazioni. Al principio del 1859, il Santo Padre aveva da
parte sua fatta la proposta di fissare alia fine dell'anno slesso lo sgombro
del territorio custodito dalle nostre truppe. La guerra rottasi in Italia
avendo determinato 1'Imperatore a rinunziare al loro richiamo, lo stesso
pensiero fu ripreso non appena gli avvenimenti parvero autorizzare la
speranza, che il Governo pontificio sarebbe stato in grado di provvedere
con le proprie forze alia sua sicurezza. Quindi 1'accordo stabilito nel 1860,
in virtu di cui.Ja partenza delle truppe francesi do\eva essere effettuata
nell'Agosto. Le ag-itazioni sopravvenutea quella stessa epoca impedirono
ancora una volta 1'esecuzione d'un provvedimento dalla Santa Sede de-
siderato tanto quanto danoi. Ma.il Governo deil'Imperatore non continuo
meno a scorgere nella presenza deile nostre truppe a Roma un fatto ec-
cezionale e passeggero al quale, per interesse reciproco , noi dovevarao
niettere un termine dal memento che la sicurezza e 1' indipendenza della
Santa Sede sarebbe stata al sicuro da nuovi pericoli.
« Quante ragioni, di fatto, non abbiamo noi per desiderare che 1'occu-
pazione non si prolunghi indefinitamente? Essa costituisce un atto d'inter-
vento contrario a uno dei principii fondamentali del noslro dintto pubbli-
co, e tanto piu difficile ad essere per noi giustifieato, in quanto che lo
scopo nostro, nello aiulare colle nostre armi il Piemonte, e stato fraucare
1 Italia da ogni interverito straniero.
<f Questa situazione , di piu, ha per conseguenza di collocare faccia a
foccia , sopra lo stesso lerreno, due sovranila distinte e di essere cosi
ffequentemente una causa di grayi difficolta. La natura delle cose e qui
piu forte che il buon volere degli uomini. Numerosi carnbiamenti ebbero
Juogo nel comando superiore dell'esercitp francese, e i medesimi dissen-
si, i medesimi conflitti di giurisdizione si sono riprodotti, in tutti i tempi,
tra i nostri General! in capo , di cui il primo dovere e evidentemente ii
vegliare alia sicurezza del loro esercitp, e i rappresentati dell'autorita
pontiticia, gelosi ai mantenere negli atti di amministrazione interna 1'indi-
pendenza del sovrano territoriale.
« A questi inevitabili inconvenient], che non si poterono cansare dagli
agenti francesi, sinceramente piu devoti alia Santa Sede, si aggiungono
quelli che fatalmente risultano dalla differenza della politica. 1 due Go-
Terni non obbediscono alle stesse ispirazioni, e non procedono secondo
gli stessi principii. La nostra coscienza ci obbliga troppo spesso a dare
consigli che troppo spesso anche la Corte di Roma crededoyer ritiutare.
Se la nostra insistenza prendesse un carattere troppo vivo, noi sembrerem-
mo abusare della forza della nostra situazione, e, in tal casp, il Governo
pontificio perderebbe, neH'opinionepuhblica, il merito delle risoluzioni piii
sagge. D'altra parte, assistendo ad atti in cpntraddizione col nostro stato
sociale e colle massime della nostra legislazione, uoi sfuggiatno diflicil-
raente la risponsabilita d'una politica che noi non potremmo approvare.
« La Santa Sede, per ragione della sua propria natura, ha i suoi codi-
ci ed il suo diritto particolare, che in molte occasion! si trovano disgra-
ziatamente in opposizione con le idee di questo tempo. Allonlanati da
Roma, noi saremmo certamente ancora addolorati di vederla a fame 1'ap-
plicazione rigorpsa, e guiclati da una devozione filiale, noi non crederem-
ino senza dubbio poter osservare il silenzio, quando fatti di tale natura
CONTEMPORANEA 37 1>
si presentassero a dare pretest! alle accuse del suoi avversarii ; ma la np-
stra presenza a Iloma, die sotto questo aspelto ci crea obbligazioni piu
imperiose, rende altresi in queste circostanze le relazioni del due Go-
verni piu delicate, ed inoltre eccita le susceltivila reciproche.
« Benche questi inconvenient? sieno manifest!, noi noncisiamo lasciati
svolgere dalla missione addossat^ici. II Santo Padre non aveva esercito
per proteggere la sua autorita all' interno contro i progetti del partito ri-
voluzionario, e dall'altra banda le disposizioni piiiinqnietanti regnayano
nella Penisola a riguardo del possesso di Roma, che il Governo ilaliano
stesso, per bocca de'Ministri nel Parlamento, come pure per via delle co-
municazioni diplomatiche, reclamava come la Capitale dell'ltalia. Fino che
quesli disegni occupavano la mente del Gabinetto di Torino, noi doveva-
mo temere che, se le nostre truppe fossero state richiamate, il territorio
della Santa Sede sarebbe stato esppsto ad attacchi, che il Governo pon-
tificio non sarebbe stato in grado di respingere. Noi abbiamo voluto con-
seryargli il nostro appoggio armato, lino a tanto che il pericolo di questi
voti spensierati non fosse stato allontanato.
a Noi siamo oggidi, signor Conte, marayigliati de' felici cambiamenti
manifestatisi, sotto questo aspetto, nella situazione generale della Peni-
sola. II Governo italiano si sforza da due anni di far scomparire gli ulti-
mi avanzi di quelle asspciazioni spaventose che, col favore delle circo-
stanze, Sv'eranp formate indipendentemente dalla sua azione, ed i cui pro-
getti erano principalmente diretti contro Roma. Dopo averle combattute
alia scoperta, pervenne a sciorle, e quante volte tentarono ricomporsi,
dissipo con facilita le trame lorp.
« Questo Governo non si limito ad impedire che veruna forza irrego-
lare non potesse ordinarsi sopra il suo territorio per attaccare le provin-
ce poste sotto la sovranita pontificia, ma esso dette alia sua politica ver-
so la Santa Sede un indirizzo piu in armpnia co' doveri internazionali.
Esso cesso di porre innanzi nelie Camere il programma assoluto che prp-
clamava Roma Capitale dell' Italia, e d' indirizzare a noi in proposito di-
chiarazioni perentorie, per 1' addietro cosi frequenti. AHre idee presero
luogo negli spiriti migliori e tendonp semprepiu a prevalere. Rinunzian-
do a proseguire con la forza 1'attuazione d'un progetto, al quale eravamo
risoluti di opporci, e non potendo d'altra parte mantenere a Torino la
sede di un'autorita, la cui presenza e necessaria sopra un punto piu cen-
trale del nuovo Stato, il Gabinetto di Torino avrebbe esso stesso 1'inten-
zione di traspprtare la sua Capitale in un'altra citta.
« Agli occhi nostri, signor Conte, questa eventualita e d'un'importan-
za maggiore per la Santa Sede come pel Governo dell' Imperalore ; per-
che, effeltuandosi, essa costituirebbe una situazione nuova, che non pre-
senterebbe piu gli stessi pericoli. Dopp avere ottenute dall'Italia le gua-
rentigie, che noi credemmo dover stipulare in favore della Santa Sede
contro gli attacchi esteriori, non ci rimarrebbe piu che aiutare il Governo
pontificio, a formare un esercito abbastanza bene ordinato e abbastanza
numeroso per far rispettare la sua autorita all' interno. Esso ci trovereb-
be disposti a secpndarne il reclutamento con lutto il nostro potere. I
suoi mezzi attuali, noi lo sappiamo, non gli permetterebbero punlo di
sovvenire al mantenimento di un effettivo considerevole; ma accomoda-
menti da farsi scaricherebbero la Santa Sede di una parte del debito, di
cui ha creduto della sua dignita continuare a servire tin qui gli interessi
376 CRONACA
« Rientrato cosi nel possesso di somme important'!, difeso al di dentro
da un esercito devoto, prptetto al di fuori dagli irapegni' che noi avrem-
mo domandato all' Italia, il Governo pontiiicio si troverebbe collocato ia
condizioni, che, assicurando la suaindipendenza e la sua sicurezza, per-
roetterebbero a noi di assegnare un terrnine alia presenza delle nostre
truppe negli Stati romani. Cosi si avvererebbero le parole indirizzate
dall' Imperatore al Re d' Italia in una lettera del 12 Luglio 1861: « lo
lasciero le mie truppe a Roma tino a tanlo che Ypstra Maesta non sara.
riconciliata col Papa, o che il Santo Padre sara minacciato di vedere gli
Stati a lui rimasti invasi da una forza regolare o irregolare ».
« Tali sono, signor Conte, le osservazioni a noi suggerite da un esa-
me attento e coscienzioso delle circoslanze attuali, e di cui il Governo
dell' Imperatore crede opportune fare parte alia Corte di Roma. La Santa
Sede invoca senza dubbio come noi coi desiderii piiisinceri il momento,
in cui la prptezione delle nostre armi npn sara piii necessaria alia sua si-
curezza, e in cui essa potra, senza pericolo per i grandi interessi da lei
rappresentali, rientrare nella situazioue normale d'un Governo indipen-
dente. Noi abbiamo dunque la fiducia che essa fara piena giustizia ai
sentimenti che ci guidano, ed e con questa persuasione che io yi auto-
rizzo a richiamare 1' attenzione del Gardinale Antonelli sopra le conside-
razioni che io vi ho esposte.
« Yoi potete dare a Sua Eminenza leltura di questo dispaccio.
« Gradite, ecc. — Drouyn de Lhuys. »
5. II sig. Drouyn de Lhuys termina il suo Dispaccio con una confidenza
che ei sembra dinutrire, e chevorrebbe ispirare in altrui. Egli forsecon
questa contidenza ha sottoscritto il trattato: ma accanto alia sua v'eun'al-
tra tirma, quella del conte Pepoli, il quale avea la confidenza opposta. A
smentire adunque il Dispaccio del Ministro francese e yenuto fuori un
Brindisi del Ministro italiano. In un banchetto offertoglisi in una osteria
in Milano, il Pepoli indirizzo un saluto a Torino, nel auale fra le altre
cose, disse queste parole : « Io vivo sicuro che quel nobile popolo tori-
nese, quando sara convinto che il programma nazionale non fu lacerato
in yeruna sua parte dal imovo trattato, e che anzi spezza V ultimo anello
di quella catena che tencva congiunta la Francia ai nostri nemici, sara il
primo ad accogliere con prgoglio i sacrificii , che gli si domanderanno
in nome d' Italia ». La chiarezza di queste parole e troppo manifesta si
che non ahbisogna di commenti. E se abbisognasse ancoradi un com-
mento, doyrebhe valere per tutti quello fattoglidal Peruzzi, membro del
Ministero, sotto il cui indirizzo la Conyenzione fu sottoscritta. II quale
cosi fa eco al Pepoli : « I nostri nemici soltanto possono travedereil con-
trario (cioe dire che si perdera Roma dall' Italia) nella Conyenzione , ed
io conosco troppo le intenzioni delle due parti segnatarie di quesf atto,
per dubitare un sol momento che fra breve noi non saremo a Roma, sola
e yera Capitale d' Italia ». Dicesi che il Ministro francese se ne sia, in un
Dispaccio indirizzato al sig. Di Malaret in Torino, altamente doluto, e
abbia imposto ai Ministri di Piemonte di non contraddire in Parlamento
ai sensi da lui manifestati nel Dispaccio al Sartiges. Ed in Parlamento
non si contraddira. Cio lo attesta, nel suo num. dei 23 Oil., \&Gazzetta di
Torino, che sa bene dove il diavolo abbia la coda. « Si riconpsce che i
riguardi dovuti ai rapporti internazionali e la dilicatezza diplomatic^
possano esigere per parte del Gabinetto italiano anche la esplicita dicbia-
CONTEMPORANEA 377
razione che Firenze vennc scelta. per Capitale definitiva del Regno d'lta-
lia: ma nessuno ammette che il fatto ppssa seguire conforme a questa
dichiarazione ». In altri termini : II Gabinetto promettera, ma non atterra
la promessa. Non si crederebbe, se il fatto non fosse si chiaro, che si
possa scendere tanto basso dalla dilicatezza diplomatica!
GERMANIA. 1. Progresso religioso nelle Province Renane della Prussia —
2. Progresso scienlifico e industriale nelle medesime Province — 3. Op-
posizione ai Cattolici nel Ducato di Baden, e nel Regno di Wiirtemberg —
4. Pace colla Danimarca — 5. Quistione dello Zollverein — 6. Acco-
glienza fatla alia Convenzione italo-franca.
1. (Da nostra corrispondenza) Nell'antica Colonia fu celebrata una fe-
sta ecclesiastica nei giprni 24-31 Luglio, che non fu mai superata da
nessuna in Germania, cioe il settimo Giubileo secplare della traslazione
delle relrqtiie dei tre Re Magi. I facili mezzi di viaggiare condussero a
Colonia un numero ben grande di Pellegrini ; la ferrovia renana sola tras-
porto piii di 43,000 in questi pochi giorni; la ferrovia di Colonia-Minde-
ner, quantunque 1' Ammioistrazione aggiungesse due treni straordinarii,
dovette lasciar dietro piii di mille, che volevano venire da Essen in pro-
cessione. Durante 1' ottavario Colonia pompeggiava con festivi ornamen-
ti, quanlunque nessuna autorita ne avessedato 1'ordine. Dalla processio-
ne finale per la troppa folia fu d'uopo escludere gli scolari e le donne,
giacche gli uominl soli erano gia da 7 in 8000. Questa solennita era tan-
to piii'Sorprendente, quanto che dal tempo della rivoluzipne francese il
culto di queste reliquie si era scemato di assai. Nei tempi anterior! sole-
vano i pellegrini recarvisi perfino dall' Ungheria, e gli Imperatori roma-
ni, appena coronati in Aquisgrana, venivan al Dupmo de'tre Re per vene-
rarne le reliquie. Questa venerazione cesso per i guasti religipsi cagio-
nati dal Febronianismo cesareo, dall' incredulita della rivoluzione fran-
cese, dalla propaganda protestante e dall' Ermesianismo. Non son dieci
anni, che anclje i buoni cattolici in Colonia si vergognayano di mostrarsi
publicamente in una processione, se non vi erano obbligati per impiego
od altra ragione. Ora la cosa e ben diversa, come mostro questa testa.
Cio si deve in gran parte alle Congregazioni Mariane ; la sola Congrc-
gazipne degli operai in Colonia conta circa 1700 membri; ed in tale
nioltitudine ogni benche pusillamine cattolico si fa coraggio di comparire
in pubblico. Ma il movimento religioso generate ne fu la cagione princi-
pale,.e di questo ne abbiamo gl' indizii manifest!. Le Missioni si fanno
dappertutto, e con frutto encomiato pertino dai Protestanti stessi ; i con-
yeuti e.mpnasteri, che la rivoluzione francese aveva annientati affatto,
risorgono in piedi, e si moltiplicano, sicche ora non vi euna citta quan-
tunque piccola , che non ne abbia qualcuno ; nelle citta grandi poi, come
Colonia, Aquisgrana e Miinster, se ne troyano grandiose fondazioni. In
Aquisgrana dal 1848, tre Congregazioni si diramayano sino in America.
Con cio va del pari il fabbricare molte chiese ed il contribuire genero-
samenle ad intenti rcligiosi. In cima a questo deve porsi ilDuomo di Co-
lonia, che 1' anno passato fu compiuto e consacrato. Siccome la naye di
mezzo di questa cattedrale e la piu alia del mondo, cosi si voglipno ah
2are anche le due torri all' altezza maggiore di qualunque fabbrica del
mondo, cioe a 510 piedi. Con feryore pien di coraggio si comincia que-
sto lavoro gigantesco, che il medio evo con tutta la sua energia religio-
378 CRONACA
sa non ebbe I'animp di eseguire. E dove mai altrove si spendono piu mi-
lioni per un paio di campanili? Oltre il Duomo, negli ultimi 20 anni nelia
sola diocesi di Golonia si fabbricarono 150 chiese ecappelle, la maggior
parte ia istile gotico; si fondarono 62 parrocchie e 19 Vicariati, e le
spese per questo e per gli annessi Orfanotrofii, Ospedali e Scuole per
i poyeri e per le fabbriclie, ed il mantenimento de' conventi e mona-
.steri in gran parte sono fatte dai privati. Or se si riflette , che Colpnia
conta tra le 5 diocesi , le quali contribuiscono piu per la Propagazione
della Fede, e per 1'Associaziorie della S. Infanzia , e piu di tulte le akre
manda all' Unionedi S. Bonifacio per le Mission! settentrioriali della Ger-
mania (ogrii anno 25,000 tiorini), e forse anche piu per 1' Unione del san-
to Sepolcro, fondata qui in Golonia, sara difficile trovare un'altra diocesi
che la super! in generosita per chiese e Missioni. Anche 1'aumento delle
procession! mostra 1'accrescimento della pieta. Sul conline della Prussia
reoana si trova Stevelaer, unodei Santuarii piu frequentati della Germa-
nic. Una statua di legno, fatla senz' arte e gusto, della Madre di Dio at-
trae cola ogni anno migliaia di pellegrini, per lo che ambe le cbiese de!
villaggio non erauo capevoli della folia. In pochi anni vi eresseuna nuo-
va ed ainpia cbiesa per la iiberalita de'pellegrinauti, la quale fu consa-
crata ai 2 Luglio in presenza di 5 Vescovi.
2. Ho esposto Uitto questo per i'ar vedere quanto hene I'avvantaggio
dello spirito religioso stia in armonia con un progresso grandiose intellet-
tuale e materiale. Nella passata distribuzione de' premii nell' Universita
di Bonna, che vieri frequenlata anche da mold Proiestanti, i soli Cattolici
ottennero i premii ; il premio nella botanica eximia cum laude se 1'ebbe un
giovane studente, che appartiene aun Ordine religioso. Alcuui altri gio-
"vaai sul loro lavoro scrissero il motto 0. A. M. D. G. (omnia ad maio-
rcm Dei Gloriam). Sol progresso poi materiale delle Province renane di-
ce Marshal (autor inglese protestante) nel 3.° vol. della Storia delle Mis-
sioni, che queste province superano tulte le altrc della Prussia. Secondo
la relaziqne della Camera di Commercio di Colonia i' importo annuo delle
mere! dali'anno 1848, in cui fu di 4 milioni di libbre, si accrebbe sino a
14 milioni, e 1'esportazione.da 16 milioni crebbe sino a 69 milioni. Sulla
sola ferrovia di Colonia-Mindener il trasporto di merci nel 1863 fu di 95
milioni di libbre, cioe 11,400,000 piu del 1862. Colonia, oltre di esser
centro di una gran rete di strade ferrate, possiede 20 bastimeuti a vapo-
re; dalle sue raifinerie di Zucherp passarono per le dogane 90,000,000
libbre. NeH'industda lutlavia viene stiperata da Aquisgrana, la quale
pure e in fama di citta la piu devota della Germania. 11 piu numeroso e
splendido gruppo pero per la fes!a dei tre Re Magi mando Essen, paese
conosciutissimo per le fabbriche in acciaio di Kruppe, e per i cannon! ri-
gati, che ivi si fondono. I lavori in questa fabbrica eseguiti ottennero in
tutte le esposizioni d' Europa i premii ; essa conta a quest'ora 8,000 ope-
rai. Da cio risulta, che le Province renane, ayvantaggiate nello spirito
religioso, hanno ugualnaente accresciuto i loro interessi industrial!. L' o-
rigine pero di questo eccitaraento cattolicomanifestamente deve ripeter-
si dalla catturazione dell'eroico Vescovo Clemente Augusto. Allora vi e-
ra imminente pericolo di cadere dalTindifTereoza nell' apostasia ed ere-
sia ; quell' incarceramento desto i cattolici dal sonno. Oggidi accade 1' i-
stesso nel Ducato di Baden. Speriamo che cio avvenga anche in Italia,
ove la Chiesa di Dio e si fierauiente perseguitata, In crucesalus.
CONTEMPORANEA 379
3. Nel Ducato di Baden il conflitto tra il Governo ed i Cattolici pren-
dc UQ aspetto minaccioso. Quanlunque 1'Arciduca, in un Proclama del
1860, avesse promesso un movimenlo assai libero del ciltadini in tutte
le sfere della vita pubblica, ed una assai estesa autonomia del popolo;
con tulto cio, per la legge del 9 Ottobre 1860, tutto il regolamento delle
scuole, anche religiose, la sotloposlo al Governo, e istiluito un Consigliq
supcriore dell' insegnamento. In capo a questo fu posto uno Svizzero di
nome Koies, il quale mostro ben presto il suo spirito anticattolico, col
suo progelto di riforma delle scuole, mentre pretendeva di rendere inde-
pendenti tutte le scuole elementari da qualunque direzione ecclesiastica.
Contro (jueslo scrisse subito il prof. Albano Stolz, uno degli scrittori po-
polari piu insigni di Germania , e nel Caiendario assai divulgato Per il
tempo e /'eterw7«,sferzava severaraente il progetto di questo primo Con-
sigliere dell' insegnamento.
Quando in seguitq anche il Rmo Arcivescovo di Friburgo, quell' An-
tisigaano della liberta ecclesiastica, da tulto il mondo cattolico applaudi-
dito, si dichiaro contro quel progetto, si schierq intorno al suo Pastore
di 92 anni anche unanimamente il Clero. L' Arcivescovo fu percio dal
Consigliere di Stato Lamey; vituperate nelle Camere, e si comincio a rac-
cogliere tirmeper un indifizzo di approvazione della diceria di Lamey,
ma con un successo miserabile. In una delle primarie citta di Baden, a
dispetto di ogni sorta d' insislenza, soltanto 37 Cattolici si lasciarono in-
durre a sottoscrivere. Non ostante 1' irritazione del popolo , il Governo
ha gia proposto alle Camere il progetto di Knies , quantunque un poco
moditicato, e la Camera 1'approvera, essendone la massima parte impie-
gati liberal!. Questo sara poi il principio di serie complicazipni : speria-
mo, che serviranno a vantaggio della Chies'a del Reno superiore. Al buoa
popolo, quantunque dotato di eccellenti prerogative, manca tuttavia, ap-
punto per la sua bonarieta, la destrezza, e questa s'acquista soltanto nella
pugna e nell' irritamento. Materia a cio non manca pur troppo nella Ger-
mania meridionale. Non e gran tempo, che il Governo Wiirtembergese
ricusq la domanda del Vescovo di Rottenburg, di istallare i Padri Reden-
toristi, oppure iCappuccini nel Santuario di Schonenberg, presso Ellwan-
gen, campo gia della mirabile operosita del P. Jennigen d. C. d. G. In
questa guisa giustilica il Governo le speranze gia prima date ai Cattoli-
ci. Nei moti del 184S,quando parecchi Cattolici hanno ialto inlendere es-
ser tempo ormai di esercitare liberamente, come in Prussia, la liberta
Hovuta alia Chiesa, si cerca di acquistarli colla promessa di un Concor-
dato, assicurandoli delle leali intenzioni del Governo. Quel che avven-
ne, si sa da tutti. II Concordato fu fatto e messo da parte, e quando ora
per grazia si doraandano concessioni giustissime, che in forza della li-
berta d'associazione ed autonomia ecclesiastica, garantita dallo Statuto,
si potrebbono pretendere con pieno diritto , si hanno da aspettare delle
negative. (Fin qui la nostra corrispondenza.)
4. Cotali quistioni pero religiose cedono il campo agli avvenimenti poli-
tici. Due principalmente sqno gli oggetti dell' interessamento pubblico, la
quistione schleswig-holsteinese e quella dello Zollverein prussiano. Circa
la prima il convegno dei Monarchi in Kissingen e dei Ministri in Karls-
bad avendo prodotto una maggior unione tra i Principi tedeschi, ne e
seguito, che, per conchiudere la pace cqlla Danimarca, han potuto pro-
cedere di assai buon accordo. Per istabilirla defiiiitivamente doveaoo de-
380 CRONACA
terminarsi nei loro particolari le due basi generiche, che erano state fis-
sate fin dal principio : cioe dire la linea del contini , e la parte del debito
pubblico daaese, che rimarrebbe addossata ai Ducati. Per fissare la pri-
ma vi sono state difficolla minori, che per fissare la seconda. Si e dunque
conchiuso che la linea delle frontiere sia quella che discende dalla rivie-
ra Koningsaa fmo a Wedsted, passando al sud di Ribe. Essa lascia alia
Danimarca questo distretto , come pure la "piccola isola di Manoe nel
mare del Nord. All'est, questa linea parte da Venstruga sulla Koningsaa
e passando alquanto al Nord di Christiansfeld, sbocca nel piccolo goltb di
Halsniinde. L'antica frontiera, che separava il Jutland dallo Schleswig, fu
dunque rettiticata con vantaggio della Danimarca, come ne era stata fatta
promessa nei preliminarii ; all1 ovest, il distretto di Ribe e rimasto ai Da-
nesi ; all' est , essi hanno ottenuto la restituzione di una zona che lascia
al di fuori della loro frontiera tutto il golfo di Kolding e cuopre per tal
maniera il distretto di Fredericia ed i passi piii esposti che separano il
continente danese dall'isola di Fionia.
Tolta da questo lato la difficolta , le trattative si son rivolte all' altro,
ove e stato necessario piu tempo per accordarsi. Da principio vole-
yasi ottenere dalla Danimarca che consentisse a spartire in giusta
proporzione non solo i debiti dello Stato, ma ezianuio la proprieta,
che lo Stato avea acquistata contraendo quei dehiti: in una parola YO-
leasi lo spartimento proporzionale non solo del passivo, ma eziandio del-
Yattivo danese. Sopra tal modo di divisione la Danimsrca oppose sempre
il piu assoluto rifiuto. Fu dunque dalle Potenze tedesche abhandonato
questo progetto, e invece yenne da loro proposto alia Danimarca, che,
assuntasi dai Ducati la porzione del puhblico debito danese, doyessero
essi poi ricevere una dala somma a titolo d'indennita, pel fatto della loro
esclusione daH'antica agglomerazione danese, a cui formare aveano essi
concorso col loro denaro. Questa combinazione , che nel fondo conduce
al medcsimo, ma nella forma e di piu facile esecuzione, venne finalmente
accettata dai Plenipotenziarii della Danimarca. Ma qui ancora nuove ca-
gioni di prolungameati nelle trattatiye. Poiche i Tedeschi dimandavano
trentanove milioni di talleri, i Danesi ne oiTrivano solo ventuno. Sembra
che all' Austria debbasi principalmente I'essersi potute le due parti accor-
dare sopra una cifra media, che dicesi fissata oramai a yentinove milioni.
Cosi e stata rimossa 1' ultima difficolta che ancora s' opponeva alia con-
chiusione delinitiva della pace , la quale per conseguenza ha potuto an-
nunziarsi, come oramai stabilmente tissata. Con sola questa esposizione
cadono tutte le conghietture dei giornalisti, i quali andavano fdbbricandq
cento castelli in aria sopra questo solo fondamento , che la pace non si
segnaya in Vienna. L' essersi poi questa pace conchiusa quasi al tempo
stesso che il matrimonio tra la figliuola del Re di Danimarca e il Grandu-
ca erede della corona imperiale di Russia, dimostra la yanita di quelle
altre conghietture , che cioe la Russia si opponesse in tal quistione alle
cprti alemanne, e soffiasse a mantenere yiye le discordie trai Plenipoten-
ziarii, affine di far ripigliare in im dato punto la guerra teulo-danese, e
distrarre cosi le forze della Germania, quando sorgesse il bisogno di ser-
yirsene altrove. Ora non rimane che la determinazione del Principe, che
do^ra assumere la corona ducale. Da cio che puo dedursi dai document!
e dalle notizie, pubblicate finora sui giornali, ei sembra che la decisione
sopra il dritto di successione sara molto probabilmente devoluta alia Die-
CONTEMPORANEA 381
ta germanica , e che la maggior probability militi in favore del Duca
Federico d' Augustenboiirg. Qucsti ha in efletto gia presentato alia Dieta
una sua ben lunga Memoria, OYC sono registrati con molta chiarezza i
titoli che csso rcputa di ayere ad una tale sovranita. 11 Gran Duca
d' Oldenbourg, che e 1' altro pretendente, non ha lino al giorno d' oggi
presenlata la Memoria sopra i proprii dritti, che pure si annunziaya da
lui preparata.
5. L' Impero d' Austria, considerate economicamente, ha due grandi
Tantaggi sopra il resto della Germania. L'uno e la ricchezza meraviglio-
sa del suolo, 1'altro la moltiplicita del suoi sbocchi marittimi. In quan-
to al primo, 1' Austria e abbondantemente fornita di quanto le abbisogna
pel sup consume interno : e tanto fornita che da un solo dei suoi Stati ,
cioe dire dalla Ungheria, ha potuto qualche anno lasciar trasportare i gra-
ni al di fuori dell' Impero per 120 milioni di franchi. Ne do dee far me-
raviglia, quando si rifletta che la propriela fondiaria dell' impero da un
prodolto annuale di piu di 5 migliardi di franchi. Quanto al secondo basta
giltare uno sguardo sopra la sua posizione geografica per accertarsene ,
poiche questa ci dice che per mezzo deH' Adriatic*), al cui fondo siedono
Trieste e Venezia , neHe cui acque si scaricano 1' Adige ed il Po , co-
munica col mare Mediterraneo ; per mezzo del Danubio col mar Nero, e
per mezzo del Reno, dell' Elba, dell' Oder e della Yistola col mare del
Nord. L' Europa adunque, TAitrica e 1' Asia sono aperte al suo commer-
cio da questi tre grandi sbocchi ; ed essa puo trasportaryi i suoi prodot-
ti e le sue mercanzie, ericavarne le materie prime per yie non solo sicu-
re, ma facilissime, e relativamente ad altre nazioni marittime ancora piu
corte. Alia facilita delle yie, ed alia fertilita del terreno non corrisponde
al tutto T industria, la quale in paragone delle altre nazioni industrial},
come sono 1' Inghilterra, la Francia, ilBelgio e qualche parte della Ger-
mania settentrionale , sla al di sotto , non quanto alia bonta e perfezione
delle fabbriche, ma quanto al'costo della fabbricazione. II germe di questa
inferiorita dimora nell' elevatezza della tassa di sconto , che spesso giu-
gne al 12 per %, e nelle fluttuazioni continue dello scambio : le quali due
cause fan si che i sudditi dell' Impero austriaco non possono nelle loro
induslrie lottare coi fabbricanti delle altre nazioni, ove il denarasi ot-
tiene a molto miglior mercato. Quest'ostacolo va pero grandemente sce-
mando: giacche noi yediarao che, mentre nel 1843 il yalore totale dei
prpdotti industriali toccava appena la cifra di due migliardi e seicento
milioni di franchi, nel 1861, con lutla la cessione della Lombardia, quel
valore sorpasso la cifra di tre migliardi e cento milioni di franchi. Lo stes-
so progresso, ma in proporzipni d' un aumento ancora piu rapido , scor-
giamo nel commercio propriamente detto. Prendiamo due termini di
comparazione , il 1847 e il 1859. Nel 1847 1' importazione fu yalulata a
trecencinquanta milioni di franchi, e 1'esportazione a trecento e quattro
milioni, cifre che nei due anni susseguenti si andarono diminuendo, col
serbare pero fra lorp un rapporto quasi eguale. Dopo di che 1' aumento
comincio : e d'anno in anno crescendo, nel 1859 giunse a tale che, rim-
petto a setteceuto sessantaquattro milioni di franchi per 1'esportazione, vi
furono seicento noyantotto milioni soltanto d' importazipne, con 66 milio-
ni cioe di vantaggio a favore delle produzioni nazionali. Anzi il vantag-
gio dell' industria manufatturiera e molto maggiore di quello che indi-
chino queste eifre cosi generiche. II ch. Barone Czoernig, nel suo Ma-
382 CRONACA
nuale di statistica, dimostra che , prese unicamente in considerazione 10
niani failure austriache, la vendita nell'estero di quesle e ila talmenle cre-
scendo, che nei quindici anni , corsi dal 1847 al 1861 , essa si e piu. che
quadruplicata. Cio devesi alle savie provvidenze governalive, colle quali
sono slali da una parte a poco a poco tolli molli ceppi e molte servitu,
che neir anlico sislema impedivano la induslria, e dall' allra inlrodolte
molle islituzioni di credilo, e falla risorgere la pubblica prosperila.
Da questa sposizione sembra che debba discenderne che le enlrale do-
ganali dell' Impero auslriaco abbian dovulo conseguire quell' aumento
successivo, che per tullo allrove si osserva, e il buon senso fa supporre
procedere sempre in ragione dell'aumenlo delle importazioni e dei pro-
dolli industrial. Pur lullavia non e cosi. II fallo che colpisce gli uomini
di Slalo auslriaci e queslo. Nel decennio dal 18il al 1851 la cit'ra media
delle enlrate doganali toccata i cinquantuno railione di franchi : nel de-
cennio seguente s' e accresciuta a raala pena di Ire railiqni, per fermarsi
nei Ire anni uliimi ai cinquanladue milioni sollanlo. Cio vuol dire che
1' enlrata doganale e rimasa presso che slabile, quantunque il commercio
siesi cosi notabilmenle aumenlato. Qual e la cagione di quesla cosi stra-
ordinaria anomalia? La risposla che danno a lal quesilo gli uomini piii
compelenli si e, che le lariffe doganali sono Iroppo elevale ; e quindi il
eontrabbanclo, impossibiie ad impedirsi in uno slalo che ha contini si va-
rii e si vasti , ha enormi guadagni da fare , e assorbe per conseguenza
quel mollissimo di piu che dovrebbe enlrare nelle casse deilo Slalo.
In quella parte della Germania , che troyasi dallo Zollverein unita in
lega doganale, accade tutto il contrario. Quivi, abbandonalosi del tulto il
sistema prolezionista , le tarifi'e doganali sono bassissime, e tolgonp ai
conlrabandieri quasi ogni speranza di guadagno nel loro illecilo Irafrico.
Ne e dunque avvenulo che cola le entrale doganali sonosi in quest'ullimo
Tenlennio raddoppiate , e seguono coslanlemente la proporzione degli
aumenlali commerci. II Iraltalp franco-prussiano, che dovra enlrare quan-
to prima in yigore , abbassera ancora di piu quelle lariffe , e lascia spe-
rare un nuovo aumenlo di enlrale.
Posle quesle dichiarazioni s'intendono le difficolla che inconlra 1' Au-
stria ad enlrare nella lega doganale tedesca. Se non 1' accella, rilenendo
nella loro elevalezza le anliche lariffe, le sue enlrale doganali, lungi dal-
I' aumenlarsi , decresceranno : perche dagli Slali ledeschi limilrofi al-
1'Impero polranno le mercanzie enlrare di frode piu facilmenle che prima.
Se Taccella, i fabbricanli auslriaci ne soffriranno danno non lieve, per la
concorrenza che le mani failure forestiere polranno fare alle nazionalL
Queslo e il bivio, nel quale si e Irovala e si trova 1' Austria nella quislione
dello Zollverein : e la cagione di lanle esitanze Irovasi unicamenle nella
condizione Yeramenle eccezionale del suo commercio e della sua indu-
stria. Orecco la via che il Goyerno imperiale ha battulo per isciogliere
queslo nodo. Ha dovulo togliere 1' ostacolo principale che impediva ai
suoi fabbricanli il buon mercalo, dando stabiliia allo sconlo, promovendo
la fondazione di Banche di credilo , moditicando le leggi che polevano
inceppare 1' induslria, moltiplicando le vie interne per lo trasporto e le
comunicazioni. Cio conseguitosi in gran parle, quel Governo ha messo
mano alia riduzione delle sus tariffe, non in conformita delle tariffe doga-
nali dello Zollverein , ma secondo la misura che e stata creduta la piu
liberale in rapporto allo stato dell' industria austriaca. Queste nuove ta-
CONTEMPORAISEA 383
rifle sono state sottoposte all' esarae delle Caraere di Commercio dell'Im-
pero , e sono state quasi da tutte approbate. Son queste le, tarifle , che
J Austria propone ora come base di negoziato alle conferenze commer-
cial, che si son cominciate, egli e piii di un mese, in Praga, tra 1' Au-
stria e la Prussia.
Ma in queste conferenze vi e un altro nodo da sciogliere. II contralto
iloganale, fatto a nome dello Zollverein dalla Prussia colla Francia , pro-
dusse un massimo raalcontento tra i membri di questa lega , eccettuata
Sassonia e Baden; perche 1'industria francese ne ebbe il migliore yantag-
gio, e molto piii perche coH'articolo 31.° dovea impedire necessariamente
1'unione doganale coU'Austria, gia da questa Potenza proposta e iniziata
nel 1853. In sul principio il gridio era immense e gia si vociferava di u-
110 scioglimento di tutta la lega, che comprende, fuori dell' Austria, quasi
tutta la Germania. I malcontenti pero col tempo si spaventarono delle
conseguenze di questo passo, per quanto fossero grandi le simpatie per
1'Austria , e si andarono a poco a poco accostando alia Prussia, dalla cui
unione sperano minori danni che dal rjmanere isolati. Questo stesso ac-
costarsi di quasi tutti gli Stali alemanni allo Zollverein e al trattalo fran-
co prussiano, pone I'lrppero austriaco in maggiore necessita di fare ogni
sforzo per entrarvi anch'esso ; ma non vuol farlo senza una modificazione
al trattato colla Francia. Quindi, mentre in Praga negozia colla lega do-
ganale tedesca, negozia in Parigi coll'Impero francese: e da questo dop-
pio trattato o risultera 1'ingresso dell'Austrianello Zollverein, o una lega
commercial colla Francia , che poi col tempo le permetlera di unirsi a
tutto il resto della Germania con migliori condizioni. Un tal litigio pero e
tutto amminislrativo e per nulla politico : esso riguarda gl'interessi ma-
teriali del sudditi, non le quistioni di diritto e di supremazia.
6. La notizia della Convenzione dei 15 Setlembre, conchiusa a Parigi
tra la Francia e !' Italia, ha scosso , com' era ben naturale, ogni sorta di
persone in Germania. Fuori dell'Austria e stata unanime 1' interpretazio-
ne datale dai giornali : vale a dire, che essa sia la consegna che la Fran-
cia fa all' Italia di Roma e del Papato. I Cattolici sono in questo d' ac-
cordo coi liberali: e se quelli ne fremono d' indegnazione, questi , nel-
la massima parte, non se ne esaltanp, perche il liberalismo germanico
lion ha gl' interessi del liberalismo italiano. Anzi i piii onesti di questo
parti to sonosi dichiarati favorevoli alia Sovranita temporale del Papa:
e tutti fra loro condannano non solo il fondo della Convenzione , ma
eziaudio la forma, come scortese e ingiuriosa alia dignita di un Prin-
cipe, del cui Stato si negozia cosi alia libera, senza fargliene pur motto.
Neir Austria poi la commozione e stata ancor maggiore; poiche quivi
si e ingenerata universalmente I'opiniqne, che si tratti seriamente di mo-
yerlesi guerra, e che il fine segreto di quella Convenzione non e altro,
che appunto questo. E bene il far qui vedere, con una breve rassegna
di giornali austriaci, 1' uniformita di tale interprelazione.
La Nuova Stampa libera, dopo di avere esposto le opinion! di coloro,
che reputano un atto insignificante, una frase senza scopo , o al piu una
mossa di scacchi per iscoprire il gioco preparato a Kissingen e a Karls-
bad, fmisce con queste parole: « Noi invidiamo coloro, ai quali il loro
ottimismo permette di sbandire cosi ogni fastidio politico ; ma ci e impos-
sibile di accettare un modo tanto inconsiderato di veder le cose. Gli ag-
giustamenti convenuti tra Parigi e Torino sono una sfida , che si sa be-
384 CRONACA CQNTEMPORANEA
nissimo a chi e diretta. L' Austria troyasi alia vigilia di nuove prove , e
finche vi e tempo, gridiamo ai nostri uomini di Stato : Caveant consu-
les. » II Wanderer giugne alia stessa conchiusione con questo ragiona-
mento: « Si trasporta, diconp, la Capitale da Torino a Firenze per ra-
gioni strategiche. Ma chi minaccia Torino? Niuno. Yi fc dunque altro
perche, piu vero. L' Italia medita un' aggressione, e per riuscirvi fa con-
cessipni alia Francia relativamente a Roma , a patto che la Francia le
presti una mano relativamente alia Yenezia. La Convenzione dunque e
una minaccia all' Austria. » Non dissimile e 1' argomento conghiettu-
rale che forma il Botschafter: « Perche i giornali ufficiosi di Parigi,
die' esso, intonanq la canzone medesima del 1858 e 59 , dicendo in sul
serip che 1' Austria minaccia 1' Italia? Perche daimo con tanto calqre >
quei consigli sdolcinati di aggiustare all'amichevole coll' Italia la questio-
ne della Yenezia? Essi sanno che 1' Austria non pensa a far guerra , ^j
sanno altresi die 1'Austria non cedera giammai volontariamente la Yene-
zia. Quei lamenti adunque e questi consigli equivalgono ad uaa chiara,
sebbene non ufficiale dichiarazione di guerra: e i preparatiyi si conten-
gono nei patti conchiusi coll' Italia il di 15 Settembre. Essi dicono cosi
all' Italia : Rinunziate a Roma, ed io yi daro Venezia. » E noteyole poi
soprammodo cio che da Vienna si scriveya al Boerfenhalle, perche quella
sembra una profezia. II corrispondente yiennese dice dunque che sotta
la Convenzione italo-franca covasi la guerra all' Austria; ed ecco come
probabilmente succedera la faccenda. La Francia proporra all' Italia, in
yista di quella Convenzione, una grande riduzione pell' esercito: 1' Italia
rispondera: disarmi prima 1' Austria che ci minaccia. Allora la Francia
prendera questa iniziativa sopra 1' Austria, e le chiedera disarmo e rico-
noscimento del Reguo d' Italia. Quindi occasione alia guerra. Finalmen-
te la Presse, dopo di avere analizzato il testo della Convenzione, quale fa
pubblicato dal Moniteur, dimostra che esso da dirittq a supporvi un pen-
siero secreto, che 1' abbia consigliato, e questo pensiero , qual esso sia,
nessuno in Austria durera fatica a indovinarlo.
Qual attitudine prenda il Governo imperiale , innanzi a questo si sin-
golare trattato , non si conosce. Chi yuole che protestera essa a nome
proprio , contro 1' infrazione cosi manifesta del Trattato di Zurigo : chi
yuole che lascera tal protesta al Gran Duca di Toscana, che y'e piii diret-
tamente interessato : chi vuole che, per non esser colta alia sprpvvista,
si preparera alia guerra : chi yuole che per 1' opppsto a mostrar sicurezza
aftrettera ed aumentera il disarmo decretato prima della Convenzione :
chi vuole che, senza cangiar nulla al suo ordinario andamentp, aspettera
gli avvenimenti, senza infastidirsi di questo fatto, forte com' e dell'unio-
ne, cementatasi a Kissingen e a Carlsbad cplla Russia e colla Prussia ; e
chi infme assicura che, nulla potendo con sicurezza aspettare da queste
due Potenze in favore dei supi possedimenti italiani, essa sara costret-
ta di attenersi alia massima riserva, senza punto mischiarsi della quistio-
ne romana, che e la sola compromessa nella Conyenzione italo-franca.
Fra tante e si opppste opinioni e difficile il sentenziare qual sia la vera :
ma non e difficile il prevedere che 1' Austria non tardera a far cessare
una tale incertezza con qualche determinazione , che accenni alia via ,
che essa prescegliera, come la piu sicura pei suoi interessi, e la piu con-
facente alia sua dignita.
IL B. PIETRO CANISIO
E I TEMPI MODERNI
V'hanon pochi, i qiiafi si querelano altamente della reila de'tem-
pi che corrono per la religione. Notano 1' audacia dei nemici , ne
esagerano la polenza : temono , sconfidano e per pocp non veggono
alcun riparo alia tempesla, che da quallro anni imperversando pare
oggidi in sul punto di rovesciarsi in tulip il suo furore sopra la Ilalia
nostra agitalissima. Ma ollreche coteste doglianze e colesli piangi-
menli non valgono che a gitlare negli animi lo sbigollimenlo , e
recare ad im vile e dannoso far nulla , gli autori si dimostrano cie-
chi nei loro pensieri e fallaci nelle loro deduzioni. Che e egli mai il
turbine scalenatosi sopra il noslro bel paese? Guardatelo un poco
e voi lo ravviserele , avvegnache in mulata sembianza , per quello
stesso che scoppio nella Germania nel secolo XVI. Si predica ora
una disfrenata liberl&; si leva in ogni lato il vessillo della corru-
zione ; vi accorrono uomini di ogni condizione ad arrolarvisi. Non
sono quesli falli accaduti anche in quel secolo? Si lamenla a di
nostri 1' impeto , la potenza , la ipocrisia degli avversarii. Gillate lo
sguardo sopra la Germania, e voi vedele nel lempo indicalo, manc-
inessa fieramenle 1'autorila della Chiesa, diserlali i raonisleri, diroc-
cate le chiese, cacciali, malmenali Vescovi e Sacerdoli, che non pro-
fessassero la eresia. Voi vedele Principi polcnli, che ne soslengono
i raaeslri colla parola nelle diele , colle armi nelle campagne ; mini-
stri che gl' insediano nelle University , che gli spesano largamenle ,
Strie V, vol. Xll, fasc. 352. 25 4 Novembre 1864.
386 IL B. PIETRO CANISIO
che grintromellono e favoriscono con fma ipocrisia anche nei reggi-
mend piu cattolici. Si addita in Italia una stampa ps,cena, riboccanie
di error! peslilenziali , che ammorba le molliluditii, cbe melte in
dileggio e calpesta ogni cosa piu veneranda della religione. Fale con-
to che rion se ne stesse guari rae^lio allora nel settentrione. I libelli
infami , le calunnie piu grossolane , le satire piu mordaci , i cate-
chisrai pieni di reo veleno dil^avano in ogni banda, si spaccia-
vano a vil.prezzo , si faceano correre tra la giovenlu, si giltavano
nelle cilia e ne' villaggi, infeltando e corrompendo ogni condizione di
persone. Ne ci parlate dell' arte presente del congiurare , del solle-
vare i popoli a ribellioni ; era mezzo cenosciuto ed alluato non meno
finamente , che^ si,a al presente. Sapete , che basto dove a sperdere
un turbine si faribondo, dove ad arrestarku-e farvi rifiorire piu ri-
gogliosa la reJfgiane dove era spiantata /diserta ed abbominata ?
L'opera di un uomo solo, il quale, come e scritto di S. Basilio in so-
miglianli frangenti, totum se Ira^idit matri Ecclesiae : quest'uomo e
il B. Pietro Cajjisio. In tanla trepidazione e in tanto sconvolgimento
di ogni cosa sat?ra e pro fan a ne' tempi moderni, ecco 1'esemplare che
a tutli i figli della Chiesa* propone in quest! di il Vicario di Gesu Cri-
sto, sollevandolo all' onor degli altari. Sicche pare che.-dica: sorgele
animosi , seguitatelo e la vittoria e voslra.
La lolta presenle e gagliarda ; i nemici poletiiif -pressure da ogni
lato. Non lo dissimuliamo. Che si YUO! fare^2 Gfitali 1 lagni con le
querele , si atlesti ognuno contro i nemici di Dio e della Chiesa e
combatta, secondo il suo grado, instancabile e senza posa. Cosi fece
il B. Canisio propostoci in esempio , e cosi ottenne la Yitloria. Di
\7enticinque anni e creato maestro nella Universita di Colonia , dove
una parte del popolo e avvelenata dall' eresia , rotta ad ogni vizio la
gioventu studiosa per opera di micidiali professori , F;A:mvescovo
stesso, parligiano degli eretici, ne favoreggia gli empii conali. Or bene
egli non si contenta di due lezioni, che fa ogni di in difesa dei dom-
mi, mavi aggiunge per sopraccarico 1'erudire i fanciulli, sermonare
al popolo, raccogliere e coltivare nello spirito i giovani student!. Mer-
E I TEMPI MODERNI 387
ce di queste sue fatichc, Colonia in poco tempo vcde smorbali di ogni
errore i suoi citladmi, ravviata la sua giovenlu, e 1'Arcivescovo, di-
venuto lupo rapace, solennemente deposlo per gli uflizii del Senato
presso Cesare ed il Papa. Popolp-e clero di Liegi e nel medesimo tem-
po da luf rifonnato. Chiamalotp Ualia e raffinatosi nella virtu solto
il magistero di S. Ignazio, dopo di aver dato saggio del suo zelo nel-
la cilia di Messina, torna in Germa&.f Ingolslad e il luogo della lotta.
La eresia, il mal costume, lo sprezzo di ogni alto di religione vi tengo-
no il campo. Pensate, i piu Ira i professori di quell' Universila erano
di vita scandalosa, di doltrina corrotta : libri rei e scritti erelicali
correano in onore tra le raani della giovenlu , donde tracannando
essa il veleno di ogni oscenila, crescea scapestrata nel vizio, dimen-
tica di Dio e dello sttfdio. II male della Universita erasi appiccalo al
popolo. Non uso di sacramenti , non frequenza di Ghiesa , pubblici
disprezzi del culto, quando non sVbeslemmiava cogli erelici. II beato
Pietro sfolgora 1' eresia dalla caltedra nella Universita collo strelto
argomentare della leologia scolastica, disleriebra le menti dei cittadini
dal pergamo con famigliari discorsi, cbmballe il vizio, metle in onore
la virtu, trae a se in private accademje la giovenlu, istituisce sacre
adunanze , visita spedali , assiste fioribondi. In- ogni ora del di ed
in gran parle della nolte egli e sempre in sul combattere per Dio e
per la Chiesa, ed in capo a due anni e mezzo i sacri templi si riem-
piono, si usa ai sacramenti da tutti i cittadini, e tomato in isplendore
il culto , maladelta 1' eresia , che avea portato alia patria le tenebre,
Ton-ore e il vitupero della licenza.
Neir assenza del re Ferdinando dagli Stati dell' Austria , la reita
del ministro Leonardo Zegio avea dato larga franchigia all' eresia di
penelrare in Vienna e nelle proving e conciarvi nobili e popolani
nel modo piu miserando. Le catledre million occupate dai maestri
dell' errore , il torrente di libri infami riversatosi dalla Sassonia , i
discorsi privali, le pubbliche lodi della Riforma, le rabbiose inveltive
contro la religione callolica , e la sformata potenza di chi sostenea
1' errore e ne spesava lautamente i banditori, aveano travolle le menli
e corrotti i cuori, intanto che la ventesima parte de' cittadini appena
erasi mantenula netta dalle lordure dell' errore, e questa, abbattuta
e sbigottila dinanzi alia furia crctica, si che iiou ardiva mostrarsi.
388 IL B. PIETRO CANISIO
Diserti i Monisteri, vuoto il Seminario, Irecenlo p4^o<chie private
di pastori e, per giunla, da venli anni non presei, \si al Yescovo
cM domandasse di essere sacrato sacerdole. Tale era il guaslo che
avea recalo 1' eresia , e lale il disn^gio in cui era cadula la osser-
yanza della caslila. II B. Canisio L -, alcuni de' suoi compagni parve
che fosse il solo uomo da porre alcun riparo alia ruina. Domandato
ed ottenuto dalla Baviera per le.valorose domande falte dal piissimo
Ferdinando, egli tosto comincia in Vienna dalle caitedre della Uni-
Yersita e dalle chiese a stringere 1' errore, a tempestare il vizio , af-
frontando le ire degli avversarii, non curando le calunnie, e disprez-
zando le minacce. Da principio il frullo non risponde alle fatiche ;
ma poco appresso una pestilenza, messasi tra i cittadini con grande
morlalila, gli porge 1' occasione della vitloria. Al saggio , che da in
essa del suo zelo, niuno piii resiste. I locchi lo vogliono presso di se,
i sani il cercano oer acconcia^" ,'li delle aninae proprie. La siima
e 1' affelto di > pp- le conversion! si molliplicano a
dismisura. L A mor1*".}. « Ja di lanto la Capitale, il santo
uomo si gitta dapprima . -ilorn ai essa, appresso ito piu lonlano
si melle a percorrere quelle trecento parrocchie deserte di ogni sus-
sidio spiriluale , dirozzando , coii\ erlendo e ruinando con queslo in
ogni parle le opere della eresia. Tomato a Vienna eccogli nuova fa-
iica : e nominato predicatore della corte, ma pel suo fervore non ne
hanno scapilo gli altri ministeri. Egli e sempre in moto per la salute
delle anime, ora nella Universita, or nella corte, or nel Collegia, or
nelle chiese ed ora per la cilia, portando una guerra mortale all'eresia
ed al ivizio co' suoi detlali, co' suoi consigli, coi suoi sermoni.
Ouanto egli ha operato in Colonia, in Ingolstad, in Vienna, tanto
egli fa in Praga, in x\rgentina, in Slestadio, Colmeria, Brisac e
Rubeaco. Dovunque la icenza erelica leva il capo e trionfa, o mi-
naccia di menare i suoi guasti , il B. Canisio e sempre apparecchia-
to a presentarlesi arditamente ed a sbaraltarla. Nella cilia di Strau-
binga i predicatori ed i parrochi , dopo di avere assai largamenle
appiccala la pesle dell'eresia nel popolo, ed eccitali in pubbliche con-
cioni gli udilori alia defezione dalla fede, prendono la fuga lasciando
i rniseri cilladini divisi e laceranlisi in balia della piu rabbiosa
discordia. Vi accorre il B. Canisio, dissolve le tenebre dell' errore ,
E I TEMPI MODERNI 389
rappattuma gli animi e scampa la cilia dal male cslrcmo. Convenute
in Ralisbona per 1' occasionc di una dicla, grosso slormo di eretkl
\1 spargea a man salva i proprii errori. Non occorse migliorc parlito
chc il chiamarvi il Bealo, perche facesse tesla al loro furore. Vi COE&-
parve subilo, e fa tanto 1'impelOf con che carico gli avversarii fin
dai primi sermoni, che molli di cssi, scaduli di animo, diceano aper-
tamenle che se il nuovo predicatore conlinuava, come avea inco-
mincialo, ella era ila per il lulerancsimo. In Augusta aveano levat©
calledre di pestilenza il Bucero, il Blerero, il Cellario, il Muscolo c
F Ochino, e per lo spazio di undici anni 1'eresia avea guasta e scape*-
strata ogni cosa. La quale anche dopo la sconfitla, toccalale da Car-
lo V, vi si mantenea tenendo infelti i nove decimi dei ciltadini e con
tale furore-vi domina^ ^./le il Cardinale Oltone Truchses, Vescovov
non vi avea sicura la vita. Giunlo il B. Canisio e comincialovi ad ope-
rare, fin da principio non reggendo alia forza delle sue parole died
dei piu caldi predicanti ammuloliroiio ; altri venuli dalla vicina S^s-
sonia doveltero tornarsene svergogaoli; tulti poi caddero in estrem-®
discredito. Selle anni interrottaraente vi !$ oro il Servo di Dio ed eb>-
bela sbraltata di ogni sozzura ereticale. Fe correrie nella Svevia, fa-
lico in Erbipoli, predico in Elvanga, esercilo il sacro ministero ia
Inspruch, e sempre con esito benedetto da Dio in pro della Religions
La eresia, rolta su i campi di battaglia dai Canloni caltolici degli
Svizzeri , minaccja di rifarsi adoperando i mezzi morali , invocati a
nostri di dalla rivolla , cioe , conventicole secrete , libri pesti!entr?
discorsi sovversivi di ogni ordine, larga licenza dei costumi. II Canr
tone di Friburgo era il piu esposlo al rischio , ed il Canisio TS e
mandalo per opporsi, qualmuro incrollabile per la casa del Signore.
Yi sterpa i pregiudizii ereticali , che impianlalivi di soppialto ineo-
minciavano a germogliare , riaccende gli animi alia virtu dapprima
Delia citla, poscia nelle campagne, dove nella eta di sessant'anni si
yede or a piedi ed ora a cavallo visitare, istruire e conforlare su e giu
per quelle baize alpeslri ad una ad una le parrocchie del Cantone.
Dopo selte anni di fatiche, durate in pro di Friburgo, cade infine Jo-
goro dagli anni e dal continuo operare. Non pu6 piu combatlere ds
per se. Che fa ? Alia maniera di valoroso capitano die vien meno m
su la breccia, non cessa infino air ultimo respiro di infiammare cdla
390 IL B. PIETRO CANISIO
voce i compagni presenli e colle leltere i lontani, agli stenti, alle
fatiche ed a spendere ancor la vita pugnando contra 41 nemico da se
in tante battaglie domitto e vinto nell' Austria, nella Boemia, nel Ti-
rolo, nella Baviera, nella Svevia, nel fralatinato e nella Svizzera.
Le faiiche esposte eke avrebbono stancato piu operai insieme val-
sero per una parte alia instancahiiita del Servo di Dio. Avea egli ri-
cevuto il lalerito di un profondo e vasto ingegno : e lo pose di buon'o-
ra a costante e falicoso traffico in servigio della Chiesa. Menlre
sfogava il suo fervore nella Dniversila e nelle cliiese di Colonia ,
vide eke, se uscissero per le stampe ben ordinate e corrette le opere
di S. Girillo di Alessandria e di S. Leone Magfco, si appresterebbero
In esse ai Catlolici ed ai lettori deli' Universila armi poderose per
confutare gli error! , ed eccovelo alia dura e difficile opera fino ad
averla compita. In Ingolslad si"accorge che la Bibbia di Erasmo ,
guasta e viziata in piu luoghi , tornava a rischio della purezza della
fede, e tosto mette mano ad-ordinare in un volume le Epistole e gli
Evangel! di tutto 1' anno e lo da alle stampe, corredato di ulilissime
e savissime note. In Ratisbona, richiesto da parecclii Vescovi, scrive
un Commentario sopra il modo di riforraare a vita ecclesiaslica il
clero corrotto e di migliorare i cos turn! del popolo.
Le opere del Cardinale Osio coniro dell'eretico Brenzio bisogna-
vano di ripulitura e di miglior ordine , perche riuscissero friitluose.
II santo uomo, durante il grave faticare in Augusta, le ripulisce e le
melte in asselto per la stampa , e vi aggiunge la versione in lingua
alemanna di alcune alire. Ivi pure essendo mestieri di rivedere il
Breviario di quella Chiesa, spende attorno al rnalagevole lavoro due
ore per di. Corregge ed accresce, merce la sua erudizione agiografl-
ca, il martirologio della Germania. Fa una scelta delle letlere di
S. Girolamo, e riparlilele secondo i varii insegnamenti e le vane ma-
terie di che Irattavano, ne forma un bel volume, e fallo correre stani-
pato a giovamento della giovenlu studiosa. Conoscendo di qual laglio
finissimo fossero le armi che somminislrano le opere del mar lire S. Ci-
priano, adoperate acconciamente in difesa della santa verginila invi-
tita da! novatori, dell* aulorila del Vicario di Cristo e di altri dommi
E I TEMPI MODERM 391
singolarmentc calpesli dai mcdesimi, si d& tosto a riforbirle da ogni
ruggine ed a fame risaliare lulta la loro potenza. Reso consapevole
che i luterani dclla Germania avcano divulgato una scriltura, in cui
si sforzavano di Irarrc alia eresia il Re di Francia , prende tosto la
penna e scrive una robusta e profonda confutazione da contrapporle.
Bramosa la eresia di avvelenare I'uomo fin dall' infanzia per averlo
poscia fedele in tutta la \ila, come accacle anche oggidi per opera
dclla rivolta, si era data con sommo studio a dislillare nelle doltri-
nelle il tossico phi sotlile de' suoi errori. Non passo inosservata co-
tanta malizia al Servo di Dio , c in varii luoghi avea poslo riparo al
male con altre doltrinelle di purissima dollrina catlolica. Ma pres-
sato dalle preghiere del re Ferdinando e piu dal suo zelo , sotto il
grave fascio delle faliche»-.cho si era addossalo, in Vienna si accinse
a comporre un catechismo , degno della sua pieia e della profonda
dollrina, e compiulolo, diello alle stampe. Quanlo infaticabile sia stato
10 studio che vi spese attorno, ve lo dicono e la slima universale in
cui salse come di cosa pcrfelta, e gli effelti die ne seguirono. Sag-
giatosi un poco si sparse in un altimo per 4ulli i luoghi dell' Austria,
della Boemia, dell' Ungheria , passo nella Sassonia e nella Baviera,
neir Italia e nella Francia; fu introdotto nelle parrocchie, nelle Uni-
versila e nelle scuole di ogni maniera. Fallo imperatore Ferdinando
ordino che fosse adoperato in tulle le province a se soggette , lo
slesso promulgarono altri Principi della Germania, ed allrettanlo fece
11 re Filippo II per le Fiandre. Grandi furono le lodi di ogni ordine
di pcrsone , reiterate le benedizioni dei Pontefici , le une e le altre
largamenle confermale come veraci, dalle molle e nobili conversion!
che ne seguirono , e dalle ire disperate con cbe se gli avvenlarono
contro gli erelici.
Composlo dai capi eretici di Magdeburgo un corso di storia, riboc-
cante di bugie e di calunnie contro la fede caltolica, e messo in giro,
veniva cerco e letlo avidamente, atteso la eleganza della dicilura e lo
stile mordace, che vi si adoperava. A colesta maniera di assalto ec-
covi farsi inconlro 1' inslancabile Servo di Dio, per ordine del santo
Pontefice Pio V. Chi e alcuri poco esperlo nelle confutazioni di errori
storici commisli al domma, e in grado di sapere per 1' una parte
la facilila di affastellare a centinaia gli sproposili di ogni maniera
IL B. PIETRO CANISIO
In poche pagine, e per 1'altra la lunga, noiosa ed improba fatica del
rispondere compiulamente. Checche ne fosse, la sua istancabilila non
Ismarrisce in faccia al travaglio per difesa della religione. Storie ec-
clesiasliche , Padri , Concilii e quanlo altro puo essere di sussidio
all' opera imposta, tutto e lelto da lui posatamenle, esaminalo e di-
scusso ne' passi che faceano alFuopo. Padrone della maleria, invece
di adoperarla ribaltendo punto per punlo le falsila e le calunnie ac-
eatastate dagli eretici, la rannoda a Ire subielti : S. Giovanni Baltista,
la B. Vergine e S. Pietro, tratlando de' quali ottiene con savia eco-
aomia un tulto nuovo e dilettevole, e 1' agio di confondere gli av-
yersarii nel pertratlarlo. Uscito alia luce il primo volume risguar-
dante il Precursore di Cristo, riscosse gli applausi universali. II Car-
finale Stanislao Osio « non dubilo di metterio a pari con le opere
fnu pregiate dei sanli Padri e Dollori della Chiesa » , ed il Salme-
rone vi scorse «-per entro reffigie e lo spirito del suo Pietro Cani-
$io, doe a dire, una singolare e meravigliosa pieta, una pellegrina
erudizione, una diligenle lezidne del sanli Padri, una vera e calto-
lica interpretazione della diyina parola, un battagliare decoroso cogli
eretici, e, cio che piu monta, una maniera adatta a comincere gli av-
Tersarii 1 » II santo Ponlefice Pio V il mando ringraziare, e Grego-
rio XIII ordino che conducesse sollecitamente a lermine V opera in-
cominciata.
Vero e che poscia , come ebbe dato alia luce il secondo volume
sopra la B. Vergine , gli si tolse un tale comando per non vederlo
cMsfatto innanzi tempo ; ma non per questo egli si rimase di trattar
la penna in altre opere di minor fatica. Ed in Friburgo, ridolto a non
potere piu sermonare dal pergamo, spese tutto il tempo che slette
la vita nel comporre e dare alle stampe libri di cornune ulilila. Stam-
|K> divoli opuscoli a fomento della pieta ; compose una buona istru-
2ione per accoslarsi con frutlo a ricevere i santi Sacrament] della
Penitenza e della Eucaristia , e con due volumi sopra gli Evangel!
clelle domeniche di tutto Y anno e sulle fesle dei Sanli , form i par-
rochi ed i predicatori evangelici di ampla materia , con che istruire
niilmente il popolo e coltivarlo nella soda pieta cristiaua. Scrisse
1 BOERO, Vita del B. Pietro Canisio, lib. V, §. 13.
E I TEMPI MODERNI 393
istruzioni pei nostri operai, in\io molte letlere ai prelali e sigoorl
ecclesiastic!. S. Carlo Borroraeo e S. Francesco di Sales gl' invia-
rono corlcsi congralulazioni di questo suo instancabile operare e gli
proposero dubbii e quistioni 1.
1 Crediamo opportuno di por qui per intero, traslatata dall' originale la-
tino, una lettera inedita scrltta da S. Francesco di Sales al B. Pietro ; la quale
vale anche di prova a quanto abbiamo affermato in questo paragrafo.
« Ha in se la virtu un tal pregio e una tale eccellenza, Padre mio riven-
tissimo, che, come voi ben sapete, in ogni tempo e in ogni luogo ella, sen-
za alcun ostacolo, si manifesta , e rende chi la possiede illustre e caro an>-
che a quelli, che, sebbene ignorino in che consista, nondimeno ne onorano
il nome. Percio io penso,non aver gran fatto bisogno di chiedere scusa, se>
essendo io uomo ignoto ed oscuro, non temo di scrivere a voi , che non
siete del pari ignolo ne oscuro, ma notissimo a tutti i fedeli per quel mol-
to, che avete fmora fatto, detto e scritto ad onore di G. Cristo. Ne e da
maravigliare, che chi tante volte ha scritto ai fedeli cristiani, riceva lettere
da molti, per questo solo titolo, che essi sieno cristiani.
« Sapendo pertanto, che non siamo molto lontani 1'uno dall'altro, sepa-
rati, si puo dire, dal solo lago Lemano, ho giudicato, dover a voi riuscire
cosa non ingrata, e a me assai utile per 1'avvenire, se, non potendo cio fare
piii fnmigliarmente di presenza, almeno da lontano proponendovi per lettere
i miei dubbii, ne avessi a quando a quando risposta di utili ammaestramenti,
per la gran carita, di che ardete verso i prossimi. Imperciocche cos'i e scrit-
to in Giobbe: Interroga generationem prislinam, et dilig enter invest ig a pa-
trum inemoriam; et ipsi docebunt te, loquentur tibi, et de corde suo proferent
eloquia. C. 8, v. 8.
'< E gia da nove mesi che , per ordine del Reverendissimo Yescovo di
Ginevra, io sono tra quesli eretici di Thonen , con intendimento di tentar
ogni via per convert! rli a Cristo con la predicazione e coi famigliari collo-
quii, non volendo il Serenissimo Duca di Savoia, per il patto che ha stabi-
lito coi Bernesi, adoperare con essi la forza. Ove poi mi venga falto di apri-
re un qualche adito alia loro conversione, si manderanno altri operai piir
idonei, anche della vostra Compagnia, a coltivare questa messe. Pare pera,
che la cosa vada molto per le lunghe. II Duca, per la cui autorita si e co-
minciata 1' impresa , occupato in altri affari , non puo darvi opera. Gli abi-
taiiti tra i rumori di guerra temono, che se di nuovo si armino contro dr
noi i Bernesi e i Ginevrini, sia per essere malamente trattato e pnnito chiun-
que, il quale, non dico voglia tornare alia Chiesa , cio che tutti ricusano d*
fare, ma solamente dare orecchio ai teologi cattolici.
« Con tutto cio io non ho tralasciato, secondo il mio debol potere, di
predicare pubblicamente nella chiesa due volte ogni Domenica, e cosi pre-
pararc la via ad altri piii valenti di me in opere e parole. I pochi Cattolic! ,
che rimangono, si sono rianimati. Degli eretici nessuno si e accostato; sola-
mente alcuni sono venuti , piii per curiosita di vedermi , che per desiderio
di udirmi. Nondimeno per divino favore si sono acquistate a Cristo alcune-
anime, cioe otto in questi nove mesi. Havvi tra gli altri Pietro Poncet, giu-
394 IL B. PIETRO CAKISIO
III.
Gl'iniqui rnaneggi presso del Principi, e le pubbliche dispute so-
pra la religione erano due raezzi potenli che gli erelici adoperavano
per mantenersi ed allargarsi. II B. Pietro, richieslo da'Prelali e dai
Papi, non e a dire quanlo si mostrasse instancabile eel battere gli av-
versarii anche in questa parte, giovandosi del suo fino accorgimento
e della sua prontezza d' ingegno. Nella eta di soli venlisei anni da
Colonia e mandato dal Cardinale Truchses, in qualila di suo teologo,
al Concilio di Trento , ed ha parte nel difficile mcarieo di scegliere
ed ordinare gli error! degli erelici inlorno ai sacramenli, e di cavare
reconsulto assai erudito, e per cio che spetta alia sua setta, molto piii (lotto
del ministro. Avendo io osservato, che i monument! deH'anlichita il persua-
devano, o almeno rimpacciavano alquanto, gli diedi a leggere il vostro Ca-
lechismo, accrescluto dal Buseo coi testi della Serlttura e con le sentenze
del Padri , e con questa letlura a poco a poco depose i suoi errori , e final-
mente si diede vinto alia verita. Quindi tutti e due slamo in debito di ren-
dervi per cio molte grazie.
« Disputando poi ultimamente del libero arbitrio, e facendo io forza sul
testo del Genesi al capo 4: Sub te erlt appetitus eius, et lu dominaberis il-
lius, egli mi appose, che le parole elus et illius si riferivano ad Abele, e vo-
levan sigaificare dominaberis fratris, non peccati. E ne adduceva la ragione
di Calvino ; pcrche nella lingua ebrea quei relativi sono di gcnere mascoli-
no, e la parola peccato presso gli Ebrei e di genere femminino. Io mi sono
adoperato a confermare suilicientemente la interpretazione cattolica; ma
non ho potato sciogliere chiaramente 1' obbiezione, mancandomi qui i libri
necessarii. Ho portato meco quei soli libri, che si attengono alle controver-
sie di questa s- tta, e tra essi pure Topera illustre deile Controversie del
Bellarmino, nelie quali pero non trovo sciolto il nodo della quistione, men-
tre non si dice nulla della coerenza tra il relative mascolino e il nome
femminino.
« Pertanto sapendo che viene cost! per poi ritornare il latore della pre-
sente^uomo caltolico, e utio de'miei uditori, confidatomi nella propensione,
cbe avele, di giovare a chiunque dei vostri prossimi, io, come rozzo scola-
re, ho pensato di ricorrere per la soluzione di questa diificolta a voi , che
siete peritissimo e cortesisslmo dottore.
« Del rimanente il Signore conservi a lungo per il bene della cristiana
repubblica la veneranda vostra vecchiezza: e priegovi ad avenni per vostro
servo e figliuolo, come ha gia fatto con me Antonio Possevino, della vostra
Compagnia.
« Giugno Io9o.
FRANCESCO DI SALES
Preposilo della Chiesa di Ginevra ».
E I TEMPI MODERN! 395
dagli anlielii Concilii, dalle Cosliluzioni apostoliche c dalle opere dei
santi Padri gli sialuti e le sentenze da contrapporsi e da formarne
decreti e canoni. Piu tardi si porla al famoso colloquio o disputa so-
Icnno Ira cattolici ed eretici tenutosi ia \Yormazia, chiamalovi dal re
Ferdinando e dalla parte catlolica , e quivi ha il peso di scegliere
ed ordinare la materia da Irattarvisi. Si prevedeva, che lal colloquio,
proposto dagli erelici come 1' unico spedienle da tornare in pace la
Germania, dovesse per 1' opposite peggiorarne la condizione in pro
della cresia : raa la sagacita del Beato colla semplice proposla di una
domanda, nella cui risposta sapea divisi gli avversarii , gilla colale
discordia tra di essi, che caricatisi gli uni e gli allri d'ingiurie e di
villanie , per poco noa. vengono alle mani. Col che dimostrata ad
evidenza la niuna ferrnezza delle credenze eretiche, e il fior di roba7
che crano i bandilori, ne riceve grande scapito 1'errore e non piccola
gloria la verila cattolica.
La indolenza di Sigismondo re di Polonia e di alcuni Vescovi,
avea porto il deslro agli erelici di penetrare in quel regno dalla
Germania, e menarvi quel guasto nella fede e quelle turbolenze nelle
cose pubbliche che sogliono tener dietro alia eresia. II B. Pietro 6
dato da Paolo IV qual teologo al Nunzio Menluali, il quale si portava
cola per ottenere nella prossima adunanza de' Magnati alcun rimedio
a tanto male, e colla sua atliva prudenza e col suo zelo scuote rani-
mo del Re e dei Prelati, sicche gli eretici non Iraessero la religione
all' eslrema ruina. Fra 1' imperatore Ferdinando ed il Pontefice Pao-
lo IV si era messa non piccola discordia, entro cui soffiando i Prin-
cipi eretici o fautori della eresia nella dieta di Augusta, si temeano
di nuovi e piu grand! guai per la religione in Germania : eccovi il
Servo di Dio a dislornarli, raddolcendo con savie pratiche 1'amareg-
giato animo dell' Imperalore. Oueslo medesimo Principe, aggirato dai
consigli dei falsi politici e piu dagli eretici coperti della corte, movea
gravlssima difficolta, che di nuovo si ripigliasse sotto il Pontefice
Pio IV r opera del Concilio e si conducesse a termine, e chiedea
per giunla disdicevoli concession! anticipate sopra punli importan-
tissimi della disciplina. II Beato , compagno e teologo del Cardinale
Osio, Legato del Papa, sa trarre il male consigliato Imperatore a ra-
gionevoli proposte. Durantc il detto Concilio altre domande sono fat-
396 IL B. PIETRO CAN1SIO
te dal piissirao Cesare, consigliate come utili e convenevoli da torta
politica, ma non meno dannose all'autorila della Sede apostolica, die
aMa religione ed alia pubblica tranquillila, ed e spedito il Canisio a
persuadergli piu sani consigli. In un punto specialmenle non voile
dmuoversi 1' Imperatore, ma poscia si ebbe a dolere gravemente di
s*on avervi ceduto. Dovendosi aprire la dieta in Augusta sotto Mas-
siiniliano novello imperalore, grandi erano i timori <si qualche dan-
novila , stanle la propensione di questo Principe moslratosi in-
allora favorevole all' eresia, e 1' ardire insolente dei Principi e
citta eretiche. II santo Padre Pio V, deslinalovi a Legato il Cardi-
aaaleCommendone, vi mando ancora il B. Pietro, affinche e cogli scritli
e colla voce sostenesse le ragioni della Ghiesa. Quanlo non si fosse
male apposlo il santo Pontefice in tale scelta, provollo Federico conte
Palatino, il quale, in una scrillura, avea osalo beslemmiare 1' autori&
pontificia c la religione cattolica , alia maniera di Petruccelli della
Gatlina, e di altri Deputati a lui somiglianti nel Parlamento italiano ,
!to un'allra volla come teologo al Concilio di Trenlo, volutovi dal
Gardinale Osio un de' Legati, voi lo vcdete appresso pellegrinare
qualtro mesi per la Germania, quale Nunzio del Pontefice Pio IV, per
la promulgazione dei decreli del medesimo Concilio e per altri affari
di grande rilevanza. S. Pio V affidogli pure un' allra missione delicata
presso i Vescovi di Erbipoli e d' Argentina, ed una terza gli fu data
dal Papa Gregorio XIII, in cui dovetle trattare con Cesare e col Du-
ea di Baviera. In tulle queste missioni ed incarichi ponlificii non si
leaea pago il santo uomo delle brighe che e' portavano seco, ma vi
sggiungeva, a maniera di riposo, il predicare, lo scrivere e 1'eserci-
zio di qualunque allro minislero apostolico che gli si offerisse. Cosi
¥oi trovate aver lui falto nelle diele di Ralisbona, di Augusta, in
Vienna , in Inspruch ed in quanli altri luoghi egli passasse o vi te-
eesse alcuna posta fissa. Dimodoclie gli si attaglia ottimamente quel-
I'erat lucerna ardens et lucens, detto del Batlista, dacche egli ap-
punto, quale lucerna di larga e lucenlissima fiamma, spandea intorno
Istancabilmente una viva luce in pro delie anime , oltenebrate dalla
eccsia e dal vizio.
V c ancora da fare una giunta non lieve. Creato il Servo di Dio
Provinciate delta Germania da S. Ignazio, fu conservato in queslo
E I TEMPI MODERNI 397
carico per lo spazio di quallordici anni. Le lodi dategli da S. Fran-
cesco Borgia alia fine del suo reggimento, la meravigliosa amplia-
zione della Compagnia nelle parli seltentrionali, merc6 la sua aulo-
rita ed industria, il fervore de' suddili ne' ministeri al di fuori e la
fiorita osservanza della disciplina al di dentro, pongono d'un tratto
innanzi allo sguardo le inmimerabili brighe , che dovelte sostenere
nel traltare di colante fondazioni , la molliludine de' viaggi che fu
coslrelto intraprendere per le visile de' collegi, e la somma diligen-
za, die gli bisoguo continuamente nel dirigere, nel promuovere e
nell' assodare nello spirito e nelle opere della Compagnia i molli sog-
gelli che governava. V ebbe chi raccozzando gli spazii da lui per-
corsi ne' viaggi , ebbe a un dipresso la somma di died migliaia di
miglia. Cosicchc vuolsi dire « che egli stesse del conlinuo con un pie
in terra e 1' altro in aria pronto ad andare , ad accorrere , a tornare
e far mille volte il medesimo cammino e imprenderne altro nuovo ,
conforme a cio che il bisogno delle anime , il debito dell' uffizio e
1'ubbidienza che dovea ai sommi Pontefici ed ai suoi Generali ri-
chiedevano l ». Eccovi Tuomo che si die anima e corpo a servigi
della Chiesa.
IV.
Tulti questi viaggi, 1'esercizio di tanti ministeri ed i gravi carichi
sosienuti porsero al santo uomo larga maleria di nuova fatica. Es-
sendo egli dolato di fma perspicacia e di somma saviezza, ed acceso
di vivissimo zelo , era naturalmente portato a valersi de'suoi viaggi
nelle varie conlrade del seltentrione e della conversazione di tanti
uomini ne' suoi maneggi, come di altreltanli libri per istudiare 1' ori-
gine di que' gravissimi mali , che desolavano la Germania, ed indi
trarre per se e per gli altri opporlunissimi suggerimenti. Fallo sla
che egli consultato si lrov-6 per esperienza imbroccare si giusto nella
scella dei mezzi piu acconci, che non v'era ormai prelalo di quei
paesi, il quale non si consigliasse col Beato per dar sesto alia sua
diocesi ed opporre una barriera al furore della eresia. I Duchi della
Baviera e specialmente 1'imperatore Ferdinando non prendeano deli-
I Vita citata, lib. VI, §. 5.
398 IL B. PIETRO CANISIO
berazione di conto, spettante alia religione, eke non lo consultassero
presente, ed a' loro ambasciatori al Concilio e nelle diete aveano or-
dinato che non facessero proposta senza averne con lui parere. Cosi
facea 1'Osio e gli altri Legati a Trento. Richieserlo pure del suo con-
siglio i Sommi Pontefici S. Pio V e Gregorio XIII. II che non e a
dire quali e quanle cure fruttassegli, sia nello sciogliere i dubbii dei
present! , sia nel rispondere ai lontani sopra quislioni pratiche in-
tralciatissime.
Scorse il Beato quale arma potente fosse la stampa in mano degli
eretici per radicare vieppiu 1'errore e il vizio dov' era gia piantato,
e per farlo metier radici la dove non era. Eccovelo tosto rivolgere
poderosamente quest' arma stessa contro di loro. Quanto a se, co-
me abbiamo vislo, non lascio di trattar la penna infm che visse.
Quanto agli altri era sempre in sullo eccitarli a fare altrettanto. Che
se abbiamo gli scritti del Cromero , dello Slafilo , del Pellano e del
Costero in difesa della religione, e tutta merce de' consigli del ser-
vo di Dio. Quanto al futuro avea gia divisato di riunire in una sola
casa una colta di uommi , scelli dalle province della Compagnia in
Gcrmania, il cui uffizio fosse quello di scrivere continuamente in
servigio della Chiesa contro gli error! gia sorti e contro quelli, che
da quest! sarebbono certamente pullulati. Intanto, per opera della sua
industria, s' impiantarono nuoye stamperie calloliche in Augusta, in
Friborgo degli Svizzeri ed altrove, ed un numero pressoche infinito
di librelli e di opuscoli ad alimenio della pieta e della fede nel popolo
furono ristampati e smerciati a vil prezzo, o dislribuiti gratuitamen-
te , sicche ogni famiglia ne fosse fornita.
Gli eretici si erano fatto largo nelle University cattoliche della
Germania con grande corrompiraento della fede. La finzione di pro-
fessare la sana dottrina era stato il mezzo da essi posto in opera per
introdurvisi, ed inlrodottivisi, 1'abbandono, che aveano cagionato
della severita scolastica negli sludii teologici , mettendola in discre-
dito colle loro calunnie, avea dato 1'agio di far propinare largamente
il veleno dell'errore in pompose dicerie. Non isfuggi all'occhio del
Beato la fina ed ipocrita malizia , e svenlo 1'arte del fingers! caltoli-
co col savio provvediraento della legge da lui ottenuta, che niuno da
indi innanzi montasse cattedra, se prima non si fosse provato uomo
E I TEMPI MODERN! 399
di sana dotlrina e non avesse fallo solenne professione di fedc cat-
(olica , secondo la forma staluita dal Papa Pio IV. Tomato in ono-
re 1' uso del sillogizzare e riaccesa nella giovenlu la gara e 1' emula-
zione delle scolastiche concertazioni , chiusc la facile entrata all'er-
rorc. In tal modo per opera del Beato furono ristorali nel breve giro
di pochi anni gli sludii generali d' Ingolstad, di Vienna , di Praga ,
di lirnavia, di Monaco e di Dilinga, con grande vantaggio delle di-
scipline filosoflche e teologiche, e maggiore della religjorie cattolica.
Come la eresia si era insediala con male arti nelle Universila catlo-
liche , cosi si era messa su le calledre episcopali di cinque diocesi
caltoliche facendole apostatare dall'antica fede. L'arte adoperala
in do, e voluta seguire appresso , era, che, collo il punlo della va-
canza per la morte del Vescovo cattolico e mettendo in opera maneg-
gi, promesse, minacce o checchc altro fosse utile, si oltenesse, che
venissero eletli a tanta dignita od erelici dichiarali , o per lo meno
uomini inlinti di eresia. Avrebbono i novatori conseguito senza dub-
bio con essa lo scopo di allargare la pestilenza vieppiu in futuro, se
il Bealo col semplice ed efficace provvedimento, che si nominassero
a lempo Vescovi coadiutori col dirillo di successione, non avesse di
un tralto rovescialo 1' empia macchina.
Molti toccavano con mano che la ignoranza e la dissoluzione dei
coslumi erano state le cause precipue del Iraboccare che avea falto
con lanla foga ii torrente dell'eresia. Ma non cosi vedeano quali mezzi
fossero valevoli ad arrestarlo, sicche le future generazioiri non ne ri-
manessero Iravolte , quando ii Beato ne indicava due assai polenti.
II primo e la istituzione dei convilti , in cui si alleva dalla Compa-
gnia la gioventu nella pieta e nelle lellere. « Noi non siamo bastanti,
egli scriveva recando il molivo di tale divisamento, per questa via
deila scuola di conservare e di nutrire la giovenlu n ella fede e re-
ligione catlolica : tanta corruzione si trova nelii parenli , amici e
compagni. » Vienna fu la prima citla, in cui, merce i larghi sussidii
del religiosissimo re Ferdinando , egli fece il primo sperimenlo di
tal mezzo , che riusci allora ed appresso alia prova de' falli di tanto
vantaggio. II secondo mezzo di assai piu estesa utilila fu suggerito
dal santo uomo al Pontefice Gregorio XIII, che richiedevalo di con-
siglio. Avendo egli osservalo che il popolo semplice e schietto,
400 IL B. PIETRO CANISIO
ma.rozzo e incolto, seguitava dottrine ad esempio de' pastori, e ehe
quesli per la maggior parte o ignoranli, o dissoluti, o infelti di ere-
sia, anzi che essere di ritegno, traboccavano le moltiiudini nel vizio
e nell' errore , dedusse la conseguenza pralica, che si dovesse in-
cominciare dalla riforma degli ecclesiastici. Ma come otlenerla?
Da' vecchi e male avvezzi era indarno sperarla e quanto all' istru-
zione e quanto ad una soda pieta. Si aprano , egli soggiunse ra-
gionando col Poniefice sopraddetto , nuo\i seminarii , dove rac-
collo buon numero di giovani per onesla di coslumi e per vigore
d' ingegno cospicui , si allevi e cresca in bonla e sapere , in guisa
che ne escano sacerdoti, predicatori, parrochi e Vescovi , abili e ze-
lanli non meno a coltivare ed a scampare dair infezione dell' eresia
quella parte della vigna del Signore rimasta intatla, che a sanarne a
poco a poco 1'altra ammorbala. II consiglio parve si acconcio , che
non solo si rassodo ed amplio il Collegio germanico con renclile fisse,
ma eziandio per lo zelo di Gregorio si apersero altri seminarii in Di-
linga, in Fulda, in Praga, in Olmutz, in Brunsberga, in Vilna, per
Fallevamento della giovenlu tedesca e polacca, ed il medesimo prov-
vedimenio si distese ad allre nazioni con la fondazione del Collegio
inglese , del greco e del maronila in Roma e di altri fin nell' India e
nel Giappone. Ed eccovi , merce la industria del Bealo , pianlata di
fronte all' eresia una barriera assai forte, a difesa dei giovani che do-
veano formare la parte colta della nazione infetta , colla istituzione
dei convilti cattolici, e rannodato un esercito formidabile ad ogni
errore in seguito della fondazione di tanli semmarii pontificii.
V.
II Beato si die tulto ai servigi della madre nostra, la Chiesa : Totum
se tradidit matri Ecclesiae, spendendo in pro e a difesa di lei quan-
to egli era, quanto potea. Chi puo dubilare che con do non abbia
grandemente meritato ? Eppure , secondo noi , v'ha cosa da notare,
che cresce died tanli in derrala il suo merilo e Y esempio datoci. E
questa si ela mirabile magnanimila, con che operava. Egli & chiaro
che il tanto lavorare in pro della Chiesa , che abbiamo veduto, sfio-
rando i falti della sua vita, dovette costargli veglie continue , studM
profondi e faticosi, disagi e travagli senza numero neMaggi che ilk-
E I TEMPI MODERNI 101
iraprese lunghi, difficili , in ogni slagione, per la maggior parte a
piedi e male in arnese , nelle missioni in lante citt&, in lanli paesi
fin dcntro le giogaie di monti scosccsi ed incroslali di ghiaccio e
sempre in sul giovare dell'opera sua ogni condizione di persone, dalle
altezze della cortc infino all' ultimo grado del popolelto sano, infer-
mo , appestalo , non imporlandogli purche il guadagnasse a Dio o
dal vizio o dalla eresia. Solto il peso di tanle fatiche caduto piu volte
sfinilo, soprappreso da malattie mortali non rallentava: riavutosi
alquanto , si vedea losto con piu di fervore ripigliare 1' intramesso
minislero, durandovi coslante senza posa e senza requie oltre lo spa-
zio di cinquant' anni.
II direlaverita, partorisce odio. Immaginate se il predicarla ed il
sostenerla che facea il Bealo di fronte agli eretici, non glien'ebbe
procacciato una buona dose e del piu velenoso. L'apostata Paolo Ver-
gerio, 1* Andre, il Chemnizio sfogarono contro di lui lutla la loro bi-
le in iscrilto , caricandolo d' invetlive , d' ingiurie e di calunnie. Lo
spacciarono come ingannatore, il dissero ipocrita, lo rappreseniarouo
qual uomo eretico, fraudolente e sovvertitore della Germania. Le sa-
tire, i motti, le villanie e le minacce erano frequenti e quali escono
dalla bocca di forsennati. Piu volte si misero alia posta per ammaz-
zarlo in Vienna ed in Praga , piu volte gli atlirarono contro la fee-
da del popolo infuriato , in una cilia fu discacciato villanamente di
chiesa a spinte ed urloni, in un' allra inseguilo per lungo Irallo di
via co' sassi e ferito; altrove lordato di fango , allrove assalito fin
sull' altare dove celebrava t.
Quanto grande fosse il suo animo nell' inconlrare lanli vituperii
per amore della Chiesa, 1' abbiamo espresso nelle sue lellere. « Sie-
no grazie infinite a Gesu Cristo , egli scrivea , che trallato pessi-
mamente dai suoi per aver falto sempre del bene , mi fa degno dei
latrati e dei morsi dei novatori , la cui dotlrina gia e condannata
dalla Chiesa e la cui memoria passera in abbominazione ai posleri.
Non giunsero a ferirmi gli orecchi ne le loro senlenze , ne le loro
ingiuste condanne. Imperciocche reputo a mia commendazione 1' es-
1 Vita cit. lib. VI, §. 5.
Serb Vf vol. XII, fasc. 352. 26 4 Novembre 1864.
-102 IL B. PIETRO CANISIO
sere vituperate dai nemici della Chiesa e sostenitori delle eresie l. »
Quanto a rischi della vita , scrivendo ad un suo intimo amico ,
«forse Vienna, gli dice, ci dara presto dei martiri. Intanto noi stia-
mo saldi nella fede e con maggior fiducia ricorriarao alle armi spi-
ritual! , mentre i nemici di Cristo , peste della Chiesa ed operai del
demonio, ci minacciano da ogni lato. Dobbiamo ora star piu che
mai apparecchiali alia pugna e mantenere il campo da forti soldati
di Cristo, dispregiando le avversitSt e la morle stessa ». E in un'al-
Cra sua lettera : « Spargiamo il sangue , soggiunge , per il dolce
tiome di Gesu. Non basta gia coafessarlo con la bocca. Laviamo le
nostre stole nel sangue dell'Agnello, che ci richiede sangue per san-
gue, e spesso piu con la morte che con la vita si placa. Cos! egli.
Tan to era lungi dal sottrarsi ai pericoli , e per timore di essi in-
trametlere in qualunque maniera i sui minisleri 2 » .
Un uorao di cosi generosi senlimenti non e a dire quanto valesse
nel confortare e nell' accendere alia pugna gli allri disfrancati alia
vista del pericolo e della difficolla, Gli eretici fatti baldanzosi dai loro
aumero, da potenti amicizie e da qualche lega secreta col Turco ,
mostravano di romper nell' Austria ad aperta ribellione e chiedere
colle armi in pugno inique concession], fino allora dinegate. Lettere
venute di cola e piu il ritirarsi e chiudersi precipitoso in Norimberga
del re Ferdinando, estremamente abbaltuto di animo, faceano presen-
tire nella vicina rivolta 1' universale macello de'Padri, che stavano in
Vienna, odiatissimi dagli eretici. II Truchses preme il B. Canisio a
richiamarli il piu loslo , il Duca di Baviera offre sicuro rifugio ed
alimento ne' suoi Stati. Ma indarno. II santo uomo scrive ai fratelli
di Vienna lettere di fuoco , con che gli aniina a dare il sangue per
Cristo, e quindi corso a Norimberga, con uno de' suoi ardenti col-
ioquii riconforta tutto il re Ferdinando. Convenuli in Wormazia ad
una solenne dispula coi catlolici il Melantone , lo Schneflo , il Pisto-
rio, il Bullingero, I'lllirico ed aitri capi e seguaci della eresia, coll'au-
dacia, colla potenza, colle minacce e coll' aizzare la feccia del popolo
conlro la parte caltolica, aveano gittato lo sbigottimento ne'difensorl
I Vita citata, lib. II, §. 17. — 2 Ibid. §. 12.
E I TEMPI MODERKI 403
di questa. Venutovi alia fine anche il Beato si avvede ben tosto della
infclice condizione; infiammato di sanlo zelo, « mette dinnanzi ai
compagni della lolta gli csempii degli anlenali, il valore, la genero-
sit5, , la costanza , con cui , a costo del sangue e della vita, aveano
mantenuto e difeso la religione in faccia ai liranni e sotto ai colpi e
tormenti dei carnefici. Non potersi lollerare, dicea, senza grande
ignominia, che piu di ardore mostrassero gli erelici nel soslenere i
loro errori , che non i veri credenti nel difendere le doltrine della
Chiesa. Uomini di poco cuore, se invilivano al solo aspetto degli
avversarii ; levassero la mente e gli occhi al cielo , donde ver-
rebbe lor di sicuro protezione ed aiuto. Questa esser causa di Dio
e come lale averla presa in sua guardia e difesa. Percio , secon-
do suo grado , condizione e abilita , ciascuno uscisse in campo a
guerreggiare intrepidamente le guerre del Signore, fidato non nel-
la propria debolezza e miseria, ma nei conforti poderosi della divina
grazia 1 ». Con tali parole rimessa ne'Cattolici la confidenza ed il
coraggio, la viltoria fu loro e lo smacco della eresia.
Tale si fu il B. Pietro Canisio verso la Chiesa. Ebbe altivila , e
lutla la impiego nel sostenerla ; ebbe profondo e vasto sapere , e
tulto lo spese nel difenderla ; ebbe destrezza nei maneggi degli affari
ed accorto provvedimento , e 1' uno e 1' altra pose perpetuamente a
servigi della medesima, non badando a faliche , non curando le ca-
lunnie eleingiurie, affrontando pericoli, esponendosi a certa morte.
Totum se tradidit malri Ecclesiae costantemente e con eroica gene-
rosita d' animo. Tale e ancora 1' esempio che viene ora proposlo ai
figli della Chiesa dal Vicario di Gesu Cristo. Seguitiamolo. Abbiamo
attivita, impegno, dovizie, aderenze, industria? Diamo, impieghia-
mo, spendiamo secondo il nostro grado in pro di tanta madre. Fer-
ve ora piu che mai la mischia. Bando alia inerzia, bando agli inutili
lamenti. Si operi. La viltoria e sicura ; Tha promessa Crislo. Ma la
fatica e 1'industria della creatura e il mezzo ordinario, con cui si ot-
tiene dalla provvidenza. Si operi adunque, si operi ad imitazione del
B. Pietro. Ecco il noslro grido.
1 Vita tit. lib. Ill, §. 8.
INFELICE DIFESA
D' UNA CAUSA SPALLATA
Due punti fondamentali della difesa.
Tulta la stampa cattolica non ha altrimenti giudicata la Corwen-
zione franco-ilaliana del 15 Seltembre, die come una Iradizione del
Papato in mano de' suoi nemici 1. Poco dissomiglianle , in quanta
alia sostanza , e stato il giudizio che ne ha recato la quasi totalita
de' giornali riv7oluzionarii ; i quali per cio appunto ne fecero lietis-
sinia festa. I soli diarii ufficlali ed ofilciosi di Francia si sono sfor-
zati, in modo piu o meno comico , di rappresentare quell' alto come
un portento di zelo religioso e di sapienza politica ; giacehe scioglie
in maniera mirabile la quistione romana , riconciliando 1' Italia col
Papa ed assicurando stabilmenie la sovranita temporale della Santa
Sede. E poiche il concerto di organi si sonori, per quanto intronasse
gli orecchi , non bastava a persuadere nessuno ; si e voluto tentare
un altro mezzo , usato gia con buon successo altre volte , facendo
uscire alia luce pei Upi autorevoli del Denlu, un opuscolo misterioso,
al quale la France attribuisce un carattere semiofficiale , presso a
poco come quello del cclebre libello: // Papa ed il Conyresso.
1 Vedi sopratlutto il magnifico esame di delta Convenzione, fatto dal
Conte de Falloux nel Correspondant, 25 Ottobre.
INFELICE DIFESA D' UNA CAUSA SPALLATA 405
L'opuscolo ha per tilolo : La Convention du 43 Seplembre 1864;
ed assumendo la difesa di queH'atto diplomalico, inlende di esporre
le ragioni per cui la Francia si e indotta a conchiuderlo ; le quali al
trar de' conli si riducono a dire che per esso si consegue pienamente
lo scopo della occupazione di Roma, falla fmora dalle armi francesi ;
e pero lullalaCaltolicita dev'esserne arcicontenta. L'Autore, per di-
moslrare un assunlo si speltacoloso, si serve di continui scambietli,
declinando in gran parte la vera quistione, e dal lato, in che pur la
riguarda, ricorrendo del continue ad inlerpretazioni arbitrarie, a de-
clamazioni reltoriche , ad escursioni fuoii proposito , sperando di
gettar cosi polvere agli occhi ed accalappiare i semplici. Ma per poco
che si prescinda dal bagliore delle frasi e delle assicurazioni gra-
luite, e si procuri di ridurre a metodo logico lo sbrigliato andare del-
T opuscolo ; si scopre subilo che esso non e altro che una diceria
senza capo ne coda , e se riesce a qualche cosa, riesce al lermine
conlrario alia difesa che assume.
Per fare toccar con mano ai noslri leltori la verita di quesla no-
slra censura , la quale a prima vista puo sembrare troppo severa ,
non abbiamo a far altro che raddrizzare il discorso del buon a\ vo-
calo , coslringendolo a provar quello che dovrebbe provare e non
prova.
Pigliamo dunque le mosse dai principii medesimi, da lui slabiliti
come fondamento della sua difesa. Egli dice : « Quale lo scopo, che
la Francia non ha mai cessato di proseguire dal 10 Dicembre 1848
a questa parte, nella sua polilica verso la Santa Sede? Ouesto scopo,
lutli lo sanno , si e di assicurare al Papalo \ indipendenza che gli e
necessaria per esercitare in lutta la loro dignila ed efficacia i poteri
spiriluali, di cui esso e riveslito. Ora ilbuon senso, la tradizion del-
la Francia, il rispelto della Callolicila, son d'accordo in non trovare
altrove che nel possesso d'uno Stato sovrano, ragionevolmenle este-
so, la guarentigia seria di tale indipendenza 1. » Daqueste due pro-
posizioni evidentemente risulta come conseguenza che dunque lo
scopo dell' invio e della permanenza delle armi francesi in Roma e
1 Pag. 7.
406 INFELICE DIFESA
stato d' assicurare al Papa due cose : il possesso d'uno Stato sovra-
110, e 1'estensione ragionevole di questo Stato, aiFmche sia una seria
guarentigia d'indipendenza, e cio in nome della Cattolicita ; giacche
1'Autore piu giu confessa che sotto questo tilolo e stato concesso alia
Francia di essere sola in Roma 1. Vero e che ne la Cattolicita inte-
se , ne la Francia assunse quel compito sotto il vago concetto di
estensione ragionevole dello Stato papale, ma bensi in modo piu de-
terminato, cioe a fine di ristabilire ed assodare il S. Padre nel pos-
sesso di tutti gli Stali suoi , usurpatigli dalla Rivoluzione; secondo-
che e manifesto dagli accordi di Gaeta. Ma noi non vogliamo gua-
slare il filo dell' argomenlazione, e lasciamo passar la proposizione,
come e dall'Autore annunziala. Solamente per dare maggiore limpi-
dezza al suo discorso , riduciamolo a forma dialeltica. Esso dunque
dovrebbe procedere cosi :
Lo scopo dell' occupazione di Roma per le armi francesi in nome
della Cattolicila era d'assicurare l'indipendenza del Sommo Pontefice
nel suo aposlolico ministero.
Ma per giudizio della Francia, della Cattolicita e, piu, del senso
comune, la sola sovranila con ragionevole ampiezza di territorio puo
essere seria guarenligia di tale indipendenza.
Dunque lo scopo dell' occupazione di Roma per le armi francesi
era di assicurare al Papa la sovranita con ragionevole ampiezza di
territorio , in guisa cbe fosse seria guarenligia della sua indipen-
denza.
Ma queste due cose appunto vengono assicurale dalla Conven-
zione del 15 Settembre.
Dunque la Convenzione del 15 Settembre compie perfettameBte
lo scopo delle armi francesi a nome della Cattolicita: Quod erat de-
monstrandum.
Ognun vede che tutto il forte di questo chiarissimo discorso si
trova nella penultima proposizione , cioe che la Convenzione del 15
Setlembre assicura quei due punli: la Sovranita del Papa e 1'esten-
1 La France est senle a Rome, parce qu'elle y poursuit Voemre commune
de la Catholicite. Pag. 29.
D' UNA CAUSA SPALLATA 407
sione ragioncvole di Icrritorio , sicche sia seria guarenligia d' indi-
pendcnza. Qui sta il ponte dell' asino , come suol dirsi ; supcrato il
quale , 1' argomenlazione puo correre speditamenle senza inconlrare
piu inciampo. A superar duoque queslo ponle 1' avvocalo della Con-
venzione dee rivolgere lulti i suoi sforzi. Se egli riesce a dimostrare
quelle due cose ; I'illazione, da lui volula, scende irrepugnabilmente ;
egii ha vinla la causa ; gli si puo decretare il trionfo. Ma se per dis-
grazia egli non prova o 1' uno o 1' altro dei delti punti , peggio poi
se nessuno dei due ; 1'illazione manca del lullo, la causa e perduta, e
il lapino avvocalo , in cam bio del Irionfo , corre rischio di rimanere
del lullo screditalo. Vediamo dunque, senza piu, come egli esegui-
sce cotesta doppia dimostrazione.
II.
Come men dimostrato I uno degli anzidetli punti.
Noi vogliamo per poco supporre die il primo dei punti dimostra-
bili dalla difesa, sia dimostrato di fatto, cioe che la famosa Conven-
zione assicuri, senz'ombra di dubbio, la sovranila del romanoPon-
lefice. Yedremo nel paragrafo seguente quanto cio sia falso ; ma per
ora si prenda come semplice ipolesi. Si finga dunque che il preteso
regno italiano, alle persuasioni di Napoleone III, siasi perfettamente
convertito, abbia mutata opinione, non voglia piu Roma per Capitale,
pensi oggimai che fame senza non pregiudica nulla alia sua unila
e grandezza nazionale; anzi, vedele miracolo! siasi acceso di zelo di
voler esso stesso tutelare materialmenle e moralmente il principato
temporale del Papa; tulto cio sia dalo, come suol dirsi, e non con-
cesso. Resta lultavia a dimoslrare 1' altro punto fondamenlale della
difesa, cioe che la eslensione del lerrilorio, che presenlemenle si
lascerebbe al Papa, sia ragionevole. Chiediamo dunque in che modo
la difesa dimoslra un lal punlo. Inulilmente il chiediamo: il buon
avvocato nol dimostra altrimenli , che con un perfetto silenzio. Sem-
brera incredibile? Eppure e cosi. Scorrete da capo a fondo il suo
seritto; non ne troverete sillaba. Sia dimenlicanza, sia calcolo, sia
408 INFELICE DIFESA
qualsivoglia allra la cagione, il certo e che il nosiro avvocato salla
questo punto a pie' pari , senza mostrare di neanche addarsene. E
nondimeno egli dovea capire che cotesta oraissione rende Tsano tutto
il suo ragionamenlo. Imperocche import a poco che al Ponlefice sia
assicurata la sovranita , se poi essa e tale , che diventi illusoria. Lo
stesso valente avvocato avea fatta questa osservazione nel lesto ci-
tato piu sopra, la dove diceva che solo nella possessione d'uno Stato
ragionevolmente esleso poteva trovarsi la seria guarenligia dell' in-
dipendenza papale 1. Era dunque indispensabile che egli dimostras-
se che appunto lo Stato, che la Convenzione famosa lasciava al Papa,
aveva /' estensione ragionevole , che si chiedeva. Cio non facendo ,
come di falto nol fa ; tutta la sua dimostrazione cade per terra, sic-
come mancante della prova d'una parte della premessa, da cui deve.
cavarsi 1' illazione.
Ma poiche egli non dimostra cio che doveva dimostrare ; dimo-
slriamogli noi il contrario, cioe che quesla estensione ragionevole
di territorio manca del tulto allo Slato, che la Convenzione lascerebbe
al Papa. La pruova salla subilo agli occhi di tulli, ed e che 1' esten-
sione di territorio, che la Convenzione lascerebbe al Papa, e fondata
snlla rapina e sul sacrilegio ; e niuna cosa che sia tale, p\io dirsi ra-
gionevole. Ma noi vogliamo qui servirci solamente delle ragioni
ammesse dall' avversario, Enunziamo dunque il nostro argomento in
questa forma : Manca 1' estensione ragionevole allo Stalo , che lasce-
rebbesi al Papa, se gli manca 1' estensione che sia guarenligia seria
d' indipendenza. Or allo Stato , che la Convenzione lascerebbe al
Papa, manca 1' eslensione che sia guarenligia seria d' indipendenza.
Dunque allo Stalo , che la Convenzione lascerebbe al Papa , manca
1' estensione ragionevole.
La prima proposizione di questo sillogismo e per se evidente e rico-
nosciuta dall'aulore anonimo dell' opuscolo. Imperocche, secondoche
egli stesso asserisce, la ragione per cui e necessario al Pontefice un
1 Or le bonsensja tradition de la France, le respect de la Catholicite, sonl
d' accord pour ne trouver quedans la possession $un Etat souverain, ratson-
nablement etendu, la garantie seriev.se de cetteindependance. Pag. 8.
D'INA CAUSA SPALLATA 409
territorio , sopra cui csercili sovranila , e appunlo , accioccbc gli sia
seria guarentigia d' indipendenza. Dunque sc 1'eslensione di coteslo
territorio c tale, che non sia suflkienle a dare quesla seria guareri-
tigia; esso non risponde al fine per cui e richieslo ; ed un mezzo, che
non risponde al fine, non ha ragione di essere.
La scconda proposizione poi del sillogismo, recato di sopra, si di-
moslra con una prova che ci viene somministrata dallo stesso avver-
sario. Egli volendo persuadere al regno ilalico di conlenlarsi di ri-
mmziare a Roma, dice : « II piccolo distrello di Roma e del patri-
monio di S. Pietro non altera punto la grande e seria unita militare,
maritlima e politica deli1 Italia 1. » Verissinao. Ridotlo lo Stato papa-
le, quale lo lascia la Convenzione, ad un guscio di noce, puo consi-
derarsi come se non fosse, a rispetto del vasto regno e potente che
da tutti i lati lo circonda. Ma per queslo appunlo esso non puo piu,
formare se non una guarentigia del tulto illusoria. E qual guarenti-
gia d' indipendenza puo essere uno statuccolo, impiantato nel mezzo
di un polenle Stato che lo cinge da ogni parle e quasi slringe tra
le sue branche , senza un argine di difesa, e che in poche ore puo
invaderne la Capilale? Si ha un bel dire che la Convenzione da al
Pontefice il diritlo di formarsi un esercilo per sua difesa. Lasciamo
stare die cotesla concessione e un vero ollraggio al Pontefice; giac-
eheja facolla di formarsi un esercito e altributo essenziale della So-
vranita, e non ha bisogno di trattati. La Convenzione gli limita anzi
un lal diritto , apponendovi la condizione : purche un lale esercito
non degeneri in una minaccia per 1' Italia. Figuratevi se uno Stalo di
seicenlo mila anime puo avere un esercito che sia miuaccia per uno
Stato che ne ha venlidue milioni ! Ma sia nulla di cio ; si accelti
T esercilo, giacche la benignila della Convenzione il consenle. A che
dovrebbe esso servire ? Per la pace interna e per la lutela de' con-
fini. La pace interna nou ne ha bisogno ; giacche TAutore stesso del
libretto confessa che le popolazioni de' villaggi in massa e la popola-
zione di Roma, nella sua immensa maggiorita, son devote al Papato
1 La petite enclave de Rome et du patrimoine de Saint-Pierre nalterepas
la grande et sericuse unite militaire, maritime et politique de V Italic. Pag. 9.
410 INFELICE DIFESA.
e al suo paterno impero ; sicche il problema della sicurezza di Roma
si riduce a sopra\7vegliare e contenere un piccolo uumero di perlor-
batori , che si trovano in Roma come in ogni allra grande cilia di
questo mondo 1. Ora a cio basta un dato numero di carabinieri e la
famiglia del criminale. Resta dunque che 1'esercilo serva per \igilar
la fronliera. Ma primieramente puo il Pontefice con gli scarsi mezzi,
che puo somministrargli il suo microscopico Stato , lenere in piedi
un esercito da cio? E quand'anche potesse mantenere un Yenlimila
uomini (cosa del lutlo impossible) , qual ratlenlo sarebbero essi
contro chi puo averne in armi quatlrocenlo mila?
Acciocche uno Slalosiavera guarenligia d'indipendenza, coirvien
che abbia una certa proporzione con la maggior parle almeno degli
Slali confinanti, ed abbia la sua Capitale a suffieiente distanza, da
cui piu facilfflenle polrebbe lemere sopruso. Tale appunto la sapien-
za de' secoli avea formato lo Sialo ponlificio, e il senno d' Europa IV
yea conservato : aperto da quallro lali a quallro Slali limilrofi, a due
de'quali era anzi superiore di cslensione e di forze, e con lo sbocco
libero in due mari opposti. II piu potente de' suoi confmanti , che
era 1' Austria, era appunto quello che piu dislava da Roma. Al-
lora si lo Stato pontifieio poteva considerarsi , ed era di fatto , vale-
Tole guarentigia d' indipendenza. Ma adesso , ristretlo ai termini ,
che la Convenzione pretende, chiuso da tutli i punti di terra .e dl
mare, quasi da un cerchio di ferro, dalle forze di un sol vicino, po-
tenlissimo, pognamo che non nemico; lo Stato pontificio non e che
una nobile prigione , in cui starebbe il Pontefice in custodia del Re
d' Italia. Si faccia 1'ipotesi che csso Pontefice, per uno dei tanli inci-
denti , possibili ad avvenire , \oglia s\incolarsi da tali ritorle e re-
carsi in altra terra ; basta una sola fregata, che il potente custode
ponga dinanzi al porto di CivitaYecchia, per impedirgli ogni uscita,
Ecco la bella ed onorevole e seria guarentigia che la sapienza della
-.
1 Ccux qul savent, pour avoir habite I1 ItaKe, que ks populations des til-
lages, en masse., et la population de Rome, en immense maiorite, sont, au
fond, devoue's a laPapaute et a son paternel empire, savent aussi que le pro-
bleme de la securile de Rome se reduit a surveiller et conlenir un certain
nombre de brouillons, comme toutes les grandes miles en possedcnt. Pag. 32.
D'UNA CAUSA SPALLATA 411
Convenzione ha saputo cscogitare per la indipendcnza del Papa! Que-
slo avrebbe dovulo considerare e disculere il dabben avvocato , che
si e tolto il carico di patrocinarla. E poiche egli se ne passa con pia-
cevole disinvoltura, senza pur fame motto; la sua diceria non produ-
ce nessun effelto , se non fosse quello di far ridere di se i folli e t
savii. Che diremo poi se si aggiunga che quec*~ Governo , a cui il
Ponlefice si lascia in cuslodia, e quello appu? *w lo ha spogliato,
che desidera spogliarlo anche del pochissimo , j. resta, e che, in
virtu de'suoi principii, sia esercitando verso la Chiesa una delle piu
fiere persecuzioni?
III.
Come s^ dimostra /' altro • punti sopraccennati.
Senonche vediamo almeno le prove che la difesa arreca pel primo
pun to , che e il solo a cui essa si ferma. Tulta la prova si riduce a
questo: agl'impegni presi coll' Italia nella celebre Convenzione: Les
engagements precis el formels , sponlanement pris par le royaume
d'ltalie, assurent cette independence temporelle du Saint Siege 1.
Or quest' impegni consislono in due: 1' uno e contenuto nel testo
stesso della Convenzione, ed e di non invadere ne far invadere colle
armi lo Stato pontificio; 1'altro e contenuto nel protocollo, ed e di
Irasferire al trove la Capitale del regno italico. Esaminiamoli breve-
men te amendue.
E quanto al primp, esso benche sia un insulto ben meritalo al
Governo di Torino, non e impegno nuovo a vantaggio della S. Se-
de. E un insullo al Governo di Torino ; perciocche nel Dirilto delle
Genii s' insegna che i trallati intorno a cose, evidenlemenle prescritle
dalla legge di natura, non si fanno con nazioni civili , giacche sareb-
bero per esse un' iugiuria; ma solo si fanno colle nazioni barbare, le
quali poco sentono il valore dei deUami dell' onest^, naturale, e per6
faaono bisogno d' essere vincolale per via di patluite obbligazioni.
1 Pag. 12.
INFELICE DJFESA
Ora essendo chiaro che il non invadere 1'altrui e precelto immediato
e notissimo di nalura ; Y aver creduto necessario un patto per disto-
glierne il Governo italiano, e un averlo trattalo da barbaro, simile
a quello degli antichi Tarlari o Sciti. Ma poiche un tal Irattamento
egli 1' ha a ragion merilalo colle sue precedenli furfanterie ; lal sia
di lui : si compiaccia- dell' onore , cbe gli vien falto dal suo cortese
alleato. Ouel che a noi qui irnporta e la seconda considerazione,
doe che quel patto non e un nuovo impegno a favore della Santa Se-
de. La ragione e chiarissima : conciossiacche il Governo di Torino
non avea mai preteso di annetlersi Roma per via della forza ; avea
anzi coslantemente dichiarato il conlrado, cioe di non voler altrimenli
raggiungere un tale scopo, se non per via dei soli mezzi morali.
L'istesso voto del Parlamento italiano, emessonel 1861, non im-
porlava altro; e cosi veramente fd fallo dichiarare al Ministro degli
affari esteri di Francia dal sig. Yisconti-Venosta. Costui in unanota
al sig. Nigra, il cui contenulo venne comunicalo al sig. Drouyn de
Lhuys per proseguire le trattative intorno alia Convenzione, ricorda
1'anzidetto voto e soggiunge : « Uno degli organi piu autcrevoli
della maggioranza, il sig. Boncompagni, ne spiego il vero significa-
to. Fece nolare che dichiarando Roma Capitale d' Italia, la Camera
non avea fatlo altro che conslatare lo stato deH'opinione pubblica
nella quislione della Capitale, e dare sanzione legale al verdetlo una-
nime delle popolazioni. Ma secondo la formola slessa, che il conte di
Cavour aveva fatto adoltare, il volo del 27 Marzo 1861, esclude ogni
pretesa di toccare colla forza la difficolla della quistione 1. » Ora
queslo appunto e non allro imporla 1' articolo della Convenzione, di
cui si parla. Dunque esso obbliga il Piemonle a non fare do che
questi in nessun modo voleva fare, e guarentisce il Papa da un peri-
colo che non sussisteva. Nel tempo slesso, lascia intallo il pericolo
che veramente sussiste ; giacche ognun sa quali sieno i mezzi morali
del Piemonle, e come egli e sicuro per quesla via di beccarsi Roma,
colla stessa facilila, colla quale si e beccato oggimai qualtro quinti
dello Stato pontificio. 0 costa a lui gran fatto il suscilare coll' oro e
1 Nota del 9 Luglio 1863. Vedi i Document!, presentati nella Camera.
I) INA CAUSA SPALLATA
per mezzo di sperimenlali emissarii, qualche grave lumullo in Roma
c ne' suoi dinlorni, che apra la \ia a qualche simulato plebiscite?
E non e queslo uno dei mezzi piu morali , che il Governo di Tori-
no possa mellere in opera? Non ha egli riputato monilissimi altri
mezzi mollo piu turpi? Se il Governo di Torino non avesse fermo
LeH'animo di conseguir colla frode cio , cui rinunzia di conseguir
colla forza ; non metlerebbe tanto interesse nello sgombero delle
truppe francesi da Roma. Che fa a lui che Romii sia guardata piut-
toslo, che da francesi, da soldali papali, quando non dev'esser sua?
La dimora quivi dei Francesi gli dovrebbe anzi andar molto a san-
gue ; giacche ollre alia maggior sicurezza che crede riceverne per la
caccia de' cosl delti briganli sulla fronliera delle province meridio-
nali e qualche altra prolezioncella ,>Almeno pe' suoi ; vi scorge un
conlinuo pegno di alleanza contro il tirftore d'un'invasione austriaca.
II qual punto, se ben si rifletta, e pel Piemonte di somma importanza.
Imperocche avendo egli violato il solenne traltalo di Zurigo, ha fatto
con cio stesso rientrare 1' Austria negli anlichi diritti sopra la Lom-
bardia. L' Austria dunque potrebbe, sempre che vuole, scendere col-
learmi a ripigliare gli antichi possessi; e 1' Italia, se uscisse sola a
resisterle, non potrebbe aspeltarsi che una secondaNovara. Tulta la
sua fiducia adunque e poggiata negli aiuti di Francia. Qra a conse-
guir questi aiuti con maggiore cerlezza gli giova immensamente che
i Francesi abbiano gia un piede in Italia. Se dunque il Piemonle si
priva di cotanto vantaggio per oltener che Roma resti sguernita di
quel presidio ; e segno manifesto che qualche gran mira ha sopra di
essa , e questa mira non puo essere altra che quella di ghermirsela,
non ostante Y articolo della famosa Convenzione.
II buon avvocato si sgola e si sbraccia a sostenere che, lulto al-
tramente, quell' articolo inchiude un' espressa ed assoluta rinunzia al
possesso di Roma, per qualunque siasi mezzo, anche morale. Ma que-
sle son ciarle da arringatore ; il testo della Convenzione non dice cosi.
II testo dice che si rinunzia al possesso di Roma per via solo delle
armi ; ed il testo e quel che conla. Ne si ricorra allo spirito di esso
trattalo ; giacche , ollre ad essere una bambolaggine , non degna di
Diplomatic! cosi sapuli, il fare una Convenzione di senso non chia-
INFELICE DIFESA.
rito dalle parole, lo spirito qui e in plena conformila colla lellera.
Testimonio lo stesso Drouyn de Lhuys , stipulatore del contralto , il
quale , come attesta il sig. Nigra , ambasciatore italiano a Parigi ,
lo ha solennemente ammesso. « Fu ben inteso , cosi egli , nelle no-
stre conferenze col Plenipo tenziario francese, che la Gonvenzione non
deve ne puo significare ne piu ne meno di quell o clie dice ; cioe che
i' Italia s' impegna con essa a rmunciare ad ogni mezzo violento l.»
Avete inteso, sig. avvocato? Non si rinunzia che ai soli mezzi vio-
lenti : questo e la lettera insieme e lo spirito. E se ne desiderate una
inaggiore conferma, ricliianiate\i alia mente la dichiarazione del
sig. Pepoli , altro slipulatore del celebre trattato ; il quale Pepoll
pubblicamente ha espresso, che la Convenzione mente toglie od im-
mula al programma nazionale, che e di avere Roma, ma non per
via delle armi. Ora prelenderesle voi di saper meglio qual sia il
senso di un trattato , che quelli stessi , i quali ne furono architelli e
soscrittori ?
Ne migliore e I'argomento preso dalla traslazione della Capitale. II
nostro avvocato sostiene che essa e una scelta defmitiva, e per con-
seguenza una formale rinunzia a Roma. Ma an che qui abbiamo in con-
trario le dichiarazioni d' interprete piu autorevole. II sig. Nigra, nel
dar conto di questa clausola del trasporto della Capitale , si esprime
cosi : « II marchese Pepoli, esaminando la siluazione interna dell' Ita-
lia in rapporto colla questione romana , disse all' Imperatore ch' egli
sapeva come, indipendentemente dalla questione che ora si trattava
e per ragioni strategiche, politiche ed amministrative, il Governo sta-
va considerando la questione della convenienza di trasportare la se-
de dell' amministrazione da Torino ad altra cilia del regno. » E do-
po aver riferito come un tal parlito piacque al Governo imperiale ,
conchiude : « Quanto alia clausola del trasporto, non potendo questa,
a mente del Governo del Re , far parte integrante della Convenzio-
ne, si convenne di fermarla in un protocollo separate, di cui 1'E. V.
trovera pure qui unito 1' originale. Con questa forma si voile dimo-
1 Nota del sig. Cav. Nigra, ministro d' Italia a Parigi, al sig. Comm. VI-
sconti-Yenosta. Parigi, 15 Sett. 1864. Vedi i Document! diplomatici presen-
tati alia Camera.
D LNA CAUSA SPALLATA
strarc che tal misura era per noi un fallo di politica essenzialmente
interna, che non poleva aver allra connessione colla Coiivenzione ,
se non in do che esso creava una siluazione nuova , nella quale la
Francia scorgeva una guarentigia , che Ie permetleva di ritirare le
sue truppe, ed un pegno che 1' Italia rinunziava atentare colla forza
1'occupazione di Roma 1. » Piu innanzi ancora va il Miuislero di To-
rino , quello stesso che conchiuse la Convenzione ; giacche nel de-
crelo di Convocazione del Parlamento protesta che il Irasferimento
del Governo a Firenze, lungi dell' essere una rinunzia a Roma, e
anzi la via per accelerarne il possesso, attesa la maggior facility che
per la vicinanza dara ad esso Governo di mettere in opera a tal
uopo tutti quei mezzi, che la civilta odierna concede pel trionfo del-
le idee liberali e nazionali. Avele capito , sig. avvocalo? La trasla-
zione della Capitale non ha che fare colla rinunzia, non muta in nulla
il programma nazionale , e anzi un passo innanzi per giungere piu
presto all' occupazione di Roma.
II buon avvocalo par che accenni a coteste dichiarazioni , per lui
faslidiose, la dove esclama : « Quando son due che fanno un tratta-
to , non si ha il diritto d' interpretarlo da se solo II Governo
francese puo ammetlere nel Governo italiano aspirazioni sentimen-
tali o speranze platoniche verso Roma ; ma non volendo gabbare ne
F Italia, ne 1' Europa, ne se stesso, non ha firmato la Convenzione,
se non quando ha veduto la consecrazione della sua politica al di la
delle Alpi : cioe 1' indipendenza della Santa Sede guarentita dagli
stessi Italiani , e quando essi , collo scegliere Firenze per Capitale ,
hanno formalmente rinunzialo , sia a prendere Roma colla forza en-
trandovi essi slessi o lasciandovi enlrare i loro amici, sia a prenderla
coll' asluzia , facendosela consegnare da compari mascherati da po-
polo romano 2. »
Benissimo ; ma queste, torniamo a dire, son pure ciarle, e nienle
altro che ciarle. II trattato e quello che conta; e il trattato obbliga
solo a non usare la forza per ottenere Roma; ma lascia libero il procu-
1 Yedi \. Document} diplomalici, presentati alle Camere di Torino.
2 Pag. 18.
416 INFELICE D1FESA
rarsela con altri mezzi. Ne questa infer pretazione e falta, come voi
dite , da una sola delle parli contraenli ; ma e stata ammessa ezian-
dio dull' altra, cioe dal Governo imperiale. Imperocche il sig. Nigra,
plenipotenziario per 1'Italia, ce ne assicura nel testo che abbiamo ri-
ferito piu sopra ; e il sig. Drouyn de Lhuys, non avendo protestato
contro tale attestazione, fatla oggimai di pubblica ragione, fa segno
manifesto die la cosa sia veramenle cosi , come e narrata dal Mini-
stro italiano. Chi tace, quando puo e deve parlare, implicitamente
acconsente.
IV.
Come venyono sciolte le di/ficolta.
Senonehe 1'egregio avvocalo non si esime dal loccare piu di pro-
posito la sovraesposta obbiezione , che cioe U Italia , anche dopo il
trattato , prelendera di annettersi o per una via o per un'altra il ri-
manente dello Stato ponlificio. « Noi non chiuderemo 1'orecchio, egli
dice, a certe parole che vengono dall' Italia , dove si dice e si fa in-
tendere, che 1' Italia, malgrado del tratlalo, conserved il suo pro-
gramma e le sue aspirazioni sopra Roma 1. » Yediamo dunque co-
me egli solve si grave dim" col ta.
La sua prima risposta si e che questo potra essere il senlimento
de' mazziniani ; ma non gia degli onorali uomini di Stato italiano,
che hanno proposta e soltoscrilta la Convenzione del 15 Scttembre.
Ma questa sua risposta e del tutto inconcludenle. Imperocche, come
abbiamo lesle veduto , questi onorati uomini appunto sono quelli , i
quali hanno apertamente dichiarato che , nori ostante la delta Con-
venzione, il programma italiano inlorno a Roma sara manlenuto.
II nostro avvocato, quasi prevedendo cotesla replica, soggiunge
in secondo luogo: « Ammeltiamo per poco che nel pensiero segreto
del Governo italiano, Firenze non sia che una tappa verso Roma. Si
crede in lal caso, che sia cosi facile d' indurre la Francia a mante-
1 Pag. 13,
D' UNA CAUSA SPALL ATA 417
nerc le sue obbligazioni, se 1' Italia non mantiene le sue? Che cosa
ha promcsso la Francia? D' evacuare Roma e lo Stato della Chiesa,
nello spazio di due anni ; ma dopo die il regno d' Italia avra dato,
quanto alia letlera e allo spirilo, tulle le guarenligie conlenule nel
Iratlato. Converra che la Capitale del Regno sia trasferila a Firenze
in uno spazio di lempo determinato; converra che nessun atlo oslile
contro la S. Sede sia slato eseguilo, lenlato o concepilo dal Governo
ilaliano ; convert che nessuna connivenza col comitalo rivoluziona-
rio di Roma sia stala accertata ; converra che ogni nuova mossa ar-
mata di Garibaldi sia stala impedita, sconfessata o punita ; infine,
per dir tulto in una parola, acciocche la Francia eseguisca i suoi
impegni, converra che il Regno d' Italia abbia osservati compiuta-
mente i suoi. »
Ma anche questa risposta non regge. Imperocche non si tratta di
cio che fara il preleso regno d' Italia in questi due anni, che prece-
dono il ritiro delle armi francesi ; ma di cio che fara dopo. Avvezzo
alia perfidia e alia frode , polra benissimo in questi due anni mo-
slrarsi converlilo, fmgere ancora, se volete, di rinunziare all' uso
dei suoi mezzi mora/i, di cui peraltro si e riservalo il dirilto; ma
conseguilo che abbia il lanto desiderato sgombero da parte della
Francia, sopra di che il nostro avvocato assicura che questi mezzi
morali non saranno messi in opera? Sopra la leltera del tratlato?
Ma quesla leltera non esclude altro, che 1' uso della forza. Sopra lo
spirito? Ma questo spirilo, secondo le dichiarazioni dei contraenli,
non escluso 1' istesso Plenipolenziario francese , come abbiamo ve-
duto piii sopra, non inchiude altro se non quello slesso, che dice la
lellera. Sopra un nuovo spirito che s' introduca in quel corpo, per
dichiarazione almeno confidenziale ? Ma questa , primieramente , e
un' asserzione graluita e senza fondamento. In secondo luogo , se il
Governo ilaliano non manterra un tale impegno , come non ne ha
mantenuli lanli allri, che cosa far& la Francia? Se ne lavera le mani,
come ha falto per le precedenli usurpazioni dell' Emilia, delle Rorna-
gne, delle Marche e dell' Umbria; ovvero accorrera colla forza a ri-
stabilirc il Pontefice nei suoi diritli ? Questa seconda cosa pare che
venga insinuata dalia difesa. Ma e non ricorda ii buon avvocalo che la
Serie V, vol. XII, fasc. 352. 27 7 Novembre 1864.
418 INFELICE DIFESA
base della Gonvenzione e appunto il principio del non inlervento per
riguardo a Roma? Cio e esplicitaniente dichiarato dal signer Nigra
nella nota esplicativa del trallalo. Egli dice cosi : « Noi abbiamo
egualmente dichiaralo , che la Convenzione era la conseguenza del
principio di non intervento, in guisa che la politica futura dell' Italia
verso Roma consisterebbe oramai nell' osservare e fare osservare il
principio di non intervento , e nell'adoperare ogni mezzo morale per
raggiungere la conciliazione fra 1' Italia ed il Papato l.» Al che non
contraddice anzi consente lo stesso Drouyn de Lhuys, il quale nel suo
dispaccio al Conte de Sartiges , da leggersi al Cardinale Antonelli ,
reca appunto per ragione del ritiro delle truppe francesi da Roma
che cotesta occupazione costituisce un intervento contrario al diriito
pubblico , quale e inleso dalla Francia. Dunque, in virtu della Con-
Yenzione, la Francia, per non contraddire al suo diriito pubblico, oa
ha piu a mescolarsi degli affari di Roma, segua che puo. Ritirate
truppe francesi da Roma, Roma e il Papalo, come asserisce lo slesso
noslro avvocato, resta in plena e sola custodia del Governo italiano .
0 praeclarum cuslodem omum, Lupum.
V.
Eagioni arrecate dalla difesa per provare che il Governo italiano
dovrebbe lealmente osservare la Convenzione.
Qaesta e la parte migliore dello scrilto, che qui esaminiamo; ma
lia il piccolo inconveniente di non fare al proposilo. Spiegheremo
brevemente 1'uno e 1'altro capo di questa nostra affermazione. Essa,,
abbiamo detto, e la parte migliore; e cio per le molte verita che con-
tiene e delle quali accenneremo le principal!. Essa dice che il Gover-
no italiano dev' esser contento , anzi geloso di conservare Roma al
1 Vedi Documenti diplomatic^ presentati alle Gamere.
2 L' epoque a laquelle la France retirerait ses troupes de Rome etait com~
meindiquee a I'avance par le but meme de sa politique, c1 etait le moment
cu, en sortant de I Etat de T Eglise, elle y laisserait la Papaute respectee
et gardee par V Italic elle-wdme. Pag. 30.
D? UNA CAUSA SPALLATA 419
Papa, pcrolic la contraria prelensione del raazziniani di decapitare il
Callolicismo, ha molti vizii cho nc rendono impossibile I'esecuzioDC 1.
II primo vizio e 1'avere contro di so 1'csperienza di lulti i tempi,
anlichi c modern!. « Dapprima coleste sono leorie gia logore, sag-
giate sovente con successo eOmero, ma di cui il tempo ha sempre
falto, con piu o meno di rapidita, una splendida giustizia. Forzare
il Papa a lasciare Roma, e sostituirvi invece Consoli e Diltatpri ? Ma
questo s'egia veduto molte volte. A Pio IX fu surrogalo, nel 1849, ii
triumvirato di Mazzini, d'Armellini e di Safli; a Pio VI furouo sur-
rogali, nel 1198 , cinque Consoli, solto la presidenza di Angelucci
chicurgo ostelricio; nel secolo XIV a sette Papi consecutivi fu surro~
gata una Repubblica lorbida, impolenle e caduca, e sempre cosi ai
tempi antichi, come ai nostri, Romaagitala, rovinata, disonorata dalla
demagogia, si affretto, come prima pole, di richiamare il Papato,
florgenie del suo riposo, della sua prosperita e della sua gloria 2. »
L'altro vizio e il nocumenlo clie cotesle teorie apportano allo sles-
so ordine civile: « Le leorie dei mazziniani e dei garibaldini sono
per I' ordine sociale una minaccia, a cui nessun Governo puo sotlo-
metiers!. Egli ci ha Ira lutle le Religioni , come tra tutti i Govern!,
una certa solidarieta morale. Un angusto sentimenlo di setta puo
fere che alcuni proteslanti inglesi secondino gli assalli diretti contro
il caltolicismo ; ma gli uomini di Slato si collocano in un punlo di
veduta piu elevato e piu vero .... Agli occhi dei Govern!, chi cospi-
ra contro un gran culto, gli oltraggia e li minaccia lulli 3. »
A quesle ragioni aggiunge 1'obbligo della Francia pei suoi impe-
gni, per le sue Iradizioni, pei suoi vincoli religiosi : « Allorche si
sale sul Irono di Carlo Magno, di S. Luigi, di Luigi XIV e di Na-
poleone I, non si diviene solamenle Capo d' un gran popolo, si di-
viene ancora il liglio primogenito della Chiesa e il proleltore armato
della dottrina incivilitrice del mondo moderno. La Francia, come pri-
1 Les theories des Mazziniens et des Garibaldiens syr Rome, c' est-a-dire
la pretention de decapiter le Calholicisme, ont plusieurs vices, que leurs par-
tisans out le tort de ne pas sentir asscz. Pag. 20.
2 Pag. 21.
3 Pag. 22.
420 INFELICE DIFESA
ma nazione caltolica, non intende in nessun modo lasciare la Chiesa
all' insullo e alia persecuzione delle setle demagogiche o di altri, ne
di rinunziare alle benedizioni che si elevano in tutte le linguc uma-
ne dal cuore dei figli del catloliclsmo , sparsi sulla faccia della
terra l. »
Infme 1' Autore ricorda che non e la sola Francia, la quale abbia
interesse alia conservazione del potere lemporale della S. Sede, ma
sono altresi tutte le Potenze cattoliche, le quali potrebbero scuolersi
imalmenle e vendicare i diritli del loro Padre comune: « La Francia
e sola in Roma, perciocche essa vi prosegue 1' opera comune del cat-
tolicismo. Ma se dopo lungbi e perseveranli sforzi ella non otliene il
suo scopo per colpa della doppiezza dell' Italia; in tal caso, siccome
la quislione del Papato non e di quelle che possono restar senza so-
luzione, e molto probabile die le Potenze cattoliche rivendichereb-
bero alia fine la loro parte nel problema; ed allora gl' Italiani, in-
yece della Francia benevola, potrebbero ben finire con avere a Roma
gli Auslriaci, gli Spagnuoli, i Portoghesi e i Bavaresi, \7ale a dire
vicini, i quali non aiuterebbero forse come noi 1'appianamento delle
difficolla inerenti alia condizione del nuovo regno d' Italia 2. »
Ouesle ragioni sono belle, sono chiare, sono nobilmenle esposte;
soprattulto quest' ultima ci piace che venga lealmente riconosciuta e
confessata dall'ufficioso palrocinatore della Convenzione. Ma esse,
come dicemmo, sono fuori di proposito. Primieramenle perche pre-
tendono dal Governo italiano piu di quello, a che lo obbliga il con-
chiuso traltato. II trattato, lo ripetiamo per la quinta volta, non ob-
bliga il Governo di Torino a rinunziare assolutamente a Roma, ma
sollanlo a non adoperare la forza per conseguirla. Cio e stato am-
messo dal medesimo sig. Drouyn de Lhuys , se non vogliamo dire
che il sig. Nigra menlisse ; nel qual caso ogni sentimento di onore
obbligherebbe il sig. Drouyn de Lhuys a smentirlo, il che non e sta-
to fdlto 6 forse non si fara. In secondo luogo le allegale ragioni sup-
pongono che il principio del non intervento o sia falso in se stesso,
1 Pag. 25.
2 Pag. 29.
D' UNA CAUSA SPALLATA 421
0 almeno non sia applicabile a Roma. Ora cio e contrario alle di-
chiarazioni tanto del sig. Nigra, quanto del signor Drouyn de Lhuys,
stipolatori della convenzione. Finalmente suppongono che trattare col
Governo italiano sia lo slesso die trattare con un Governo leale. Ora
sopra qual fondamento si appoggia una simile supposizione? Sopra
I'esperienza del passato? Cio farebbe ridere i muriccioli. Sopra la
qualila delle persone ? Ma, se prescindiamo da qualche rara eccezio-
ne di alcun Minis tro , venuto al potere temporariamente per motive
stralegico ; ognun sa che le sorti d' Italia continuano a stare in ma-
BO di uomini imbevuti di principii empii ed anarchici , che ogni
mezzo giudicano buono purche conduca al loro fine ; uscili in gran-
dissima parle o dalle galere o dai covi delle congiure e da altri luo-
ghi , che e pili bello tacer che dire. Cosloro o apparlengono essi
stessi alia setla mazziniana, o se, quanto ad idee politiche, se ne di-
lungano, son d' accordo con essa per cio che riguarda odio a Dio ed
alia sua Chiesa. L'aulore medesimo par che lo ammetta allorche dice
che T Italia, cui egli scambia con questa lordura, ha finora ascoltato
1 consigli della Demagogia, la quale 1'ha spinta al rovesciamento del
Papato 1. Or pensa il dabbenuomo che sia cosi potente la sua paro-
la, che possa d' un tratto fare rinsavire colesta genia , e mutarne i
propositi ? Ci perdoni se avanziamo un sospello : noi crediamo che in
lui non alletti tanla illusione ; ma teniamo che egli sappia benis-
simo , e meglio di noi , con quali uomini tratta e come non ha da
sperarne nulla di bene ; e solo ha scritlo quello , che ha scritto, per
puro obbligo di mestiere e di giustizia pagata.
Epilogo.
Riducendo ora in breve, quanto abbiamo delto fin qui sparsamen-
le, due parti possono distinguersi nell'opuscolo da noi confutato.
L'una e la confessione di molte verita in modo chiaro ed aperlo, phi
che per innanzi non si soleva. Esso dice che il Cattolicismo e il buon
1 Elle a tcoute encore les conseils de la demagogic europeenne, qui V ont
poussee an renversement de la Papaute, Pag. 10.
INFELICE DIFESA D UNA CAUSA SPALIATA
senso concordano insieme a sentenziare che il Papato ha bisogno di
una sovranita lemporale, che gli sia seria guarentigia d'indipendenza.
Altesla che il popolo romano, tranne pochi perturbalori, di cui niuna
grande cilta va immune, e devoto al Pontefice e al suo paterno reg-
gimento. Riconosce che 1'interesse politico e nazionale d' Italia con-
siglia la conservazione del principafo civile dei Papi. Dichiara che i
Francesi sono in Roma, non in nome proprio ma in nome della Cat-
tolicita, e che dal punto che essi si ritirassero, rifiorirebbe nelle Po-
tenze catloliche il diritlo d'intervenire in un affare di si alto inleres-
se comune. Questa e la parte buona dell' opuscolo.
La parte catliva e 1'infelice pruova che fadi difendere la Conven-
zione , cadendo in continui sofismi ed errori di logica e contraddi-
zioni con se medesimo. Egli stesso asserisce che la sovranita papale,
acciocche sia seria guarentigia d'indipendenza, dee avere una ragio-
nevole estensione di territorio, e che la rinunzia del Piemonle al pos-
sesso di Roma sarebbe vana , se non fosse assoluta , ma si restrin-
gesse all' esclusione dei soli mezzi violent! , colla riserva delle arli
coperte e volpine, inlese sotto il vocabolo di mezzi morali. Or tutlo
cio e in manifesta opposizione »col trattato , di cui egli imprende la
difesa. II trattalo lascerebbe al Papa uno Stato, unico al mondo, col-
1'intera periferia tra le branche di un potentissimo e giuralo e sleale
nemico, che puo invaderlo ad ogni stante e col solo impedirgli le co-
municazioni puo ridurlo all'estremo della miseria. E a queslo slesso
non assicura che un' esistenza precaria, non obbligando il Piemonte
che alia sola astenzione dalla forza, lasciandogli libero 1'uso di tutti
gli altri mezzi per conseguire il suo scopo, e coi quali e riuscito fino-
ra a spogliare il Pontefice di quasi tutto il suo Slato. L'avvocalo dun-
que coi suoi stessi principii mena a un'illazione del tulto contraria
al suo intendimento, cioe che la famosa Convenzione non lascia che
una illusoria e ridevole guarentigia della sovranita temporale del Pa-
pa, ed e una vera consegna del Papato nelle mani de' suoi nemicj,
come appunlo i Catlolici 1' avevano interpretata.
IL PATRIZIATO ROMANO
DI CARLOMAGNO1
XI.
Qual sia il llngiiaggio degli anlichi monumenti slorici , risguardo
alia pretesa Sovranila romana del Patrizio Carlomagno.
Le prove finqui addotte a mostrare che Carloraagno , in virlii del
suo Patriziato romano , non ebbe niuna Sovranila negli Stati della
S. Sede, son piu che bastevoli, se il veder nostro non c' inganna, a
darci vinta la causa presso tutti i lellori, che a mente spassionala e
serena si facciano a giudicarne. Per compiere nondiraeno la dimo-
strazione e dissipare tulle le ombre che le si polessero levar con-
tro ad oscurarla, dobbiam ora, secondo la promessa che da principio
ne abbiam falta, esaminar le ragioni dagli avversarii recate in favore
di colesta Sovranila ; nel rispondere alle quali ci si porgera il destro
eziandio di toccare e svolgere nuove considerazioni, onde vie meglio
vena confermato il nostro assunto , e chiarito , speriamo , tullo do
che risguarda questa gravissima questione.
Ora coteste ragioni , benche si trovino sparsamenle accennate o
svolle presso molti A.utori, non ci bisogna tuttavia fare lunghe inda-
gini per raccoglierle ; giacche da quesla fatica ci libera il Muratori,
1 Vedi questo volume, pag. 20 e segg.
424 IL PATRIZIATO ROMANO
presso di cui tutti ritrovansi gli argomenti, che sopra tal materia prl-
ma di lui erano stall messi in campo ; e dopo di lui nulla e stato del-
to, ch'ei gia non avesse colla sua vastissima erudizione preoccupato.
Egli e ben vero che il Muratori non pretese con cio di faisi cam-
pione dichiarato della Sovranita romana di Carlomagno ; anzi, lad-
dove gli scrittori francesi e gli alemanni , i gallicani e i prolestanti ,
sia per sovercnia adulazione alia potesla regia e cesarea , sia per
avversione alia potesla pontificia , sogliono procedere con risolule e
francke sentenze nell'asserire lal Sovranita; il grande Annalista ita-
liano pro testa al contrario espressamente in piu luoghi 1 , ch' ei non
osa sopra cio decider rmlla , che il governo e dominio di Roma e
dell' Esarcalo nella seconda meta del secolo YIII a lui apparisce
troppo intralciato di enirnmi pressoche insolubili, ch'ei non sa bene
accerlare in che consistesse il Patriziato dei Re Franchi , e cosi an-
datedicendo: laonde, avvegnache ei si mostri pur maggiormente
propenso a credere che in Carlomagno risedesse quell' autorila so-
vrana o quell' alto dominio che dicemmo , le ragioni tuttavia che ne
allega, son da lui proposte a maniera di congetture e di probabilita
piuttosto che di pruove decisive e sicure. Nel che, se per Tuna parte
vuol lodarsi la modestia o la prudenza del critico , ognun vede che
al tempo stesso ne risulta un pregiudizio assai poco favorevole al
valore degli argomenti da lui allegati ; poiche , a giudizio di lui me-
desimo , niuno ve n'ha di tal nerbo che basti a vincere da se solo il
punto , ed anco tutti insieme raccolti non riescono a produrre la de-
siderata certezza. Noi pertanlo , nel farci a combatterli , possiamo
aver 1' aninio tan to piu sicuro , in quanto che veggiamo procedere
incerto ebalenante 1'avversario medesimo (ed avversario tale) nel
difenderli.
Negli articoli precedent! abbiam gia risposto a parecchi di cotesti
argomenli, e chiaritane 1'insussistenza. La parila , dal Muratori ad-
dolta, tra il Papa e il Duca di Benevento, vassallo di Carlomagno ; I
ricorsi giudiziali che i sudditi pontificii potevauo e solean fare alia
1 Plena Esposizione dei diritti imperial* ecc. Gap. II e HI; Annali d' Italia,
a. 763, 789, 798, 800 ecc.
DI CARLOMAGNO 425
Corte del Patrizio ; il giuramento di fedeM c di soggezione a lui pre-
stato dai medesimi, e il chiedere che fece lo slcsso Leone III nel 796
un rappresentante di Carlo , che venisse ad esigere novamente dai
Romani cotal giuramento ; la pretensione mossa da Carlomagno di
aver parte nell'elezione dell'Arcivescovo di Ravenna ; queste ed allre
difficolla abbiamo gi& esaminate di proposito ne' varii luoghi , dove
ci parve cader meglio in acconcio alia serie della nostra Irattazione.
Facendoci ora dunque all'esame delle rimanenti, ci si offre in primo
luogo quella, cheil Muratori trae da alcune frasi di Paolo Diacono,
di Eginardo e di altri scrittori di quella eta, i quali sembrano altri-
buire a Carlomagno , tutlora Patrizio , vera Sovranita sopra tulta
quanta 1'Italia e nomiuatamenle sopra Roma.
Infalti Paolo Diacono , nell' Opuscolo De Episcopis Metensihis,
esaltando le vittorie di Carlomagno contro i Longobardi in Italia ,
scrive: ROMANOS praeterea, ipsamque URSEM ROMULEAM, iampri-
dem ems praesentiam desiderantem , quae ahquando mundi totius
domino, fuerat, el tune a Langobardis depressa gemebat , duris an-
gustiis eximens, suis ADDIDIT SCEPTRIS ; CUNCTAQUE nihilominus
ITALIA mill dominatione POTITUS EST 1. E nell'Epistola, con cui in-
dirizza a Carlomagno il suo compendio di Festo , gli dice : Ivi voi
troverete belle notizie ed ethnologic, et praecipue civ IT AT is VESTRAE
ROMULEAE portarum, viarum, montium, locorum tribuumque voca-
lula diserla reperietis 2. Inoltre nell'epitaffio, che Paolo detto per
la regina Ildegarda, si legge :
Cumque vir armipotens SCEPTRIS IUNXISSET AVITIS
Cigniferumque Padum, ROMULEUMQUE TIBRIM,
Tu sola inventa es, fueris quae digna tenere
Multiplicis regni aurea sceplra manu 3.
Non pare adunque polersi dubitare che Paolo Diacono non riguardas-
se Carlomagno qual vero padrone di Roma , sopra la quale il suo
scettro stendeasi del pari che sul Po e sopra tulla Italia.
1 MIGNE, Patrolog. lat. T. XCV, p. 706.
2 Ivi, p. 1589.
3 Ivi, p. 707. Cf. MURATORI, Plena, Esposizione ecc. Cap. II.
£26 IL PATRIZIATO ROMANO
Altrettanto afferma il gravissimo Eginardo ; giacche nella Vita
Caroli , enumerando le mirabili conquiste, onde Carlo amplified il
Regno del Franchi con raddoppiare quasi i vasti dominii lascialigli
da Pipino, pone in principal luogo 1' Italia intera, quanto ella e lun-
ga dal pie delle Alpi pennine in Aosta, fmo all' estrema Calabria,
cioe, secondo i suoi calcoli, per oltre a mille niiglia: ITALIAM TOTAM,
quae ab Augusta Praetoria usque in Calabriam inferiorem, in qua
Graecorum ac Reneventanorum constat esse confinia, decies centum
el eo amplius passuum millibus longitudine porrigitur 1 : siccome
poco innanzi avea detlo, che Carlomagno, dopo rolta la guerra con-
tro i Longobardi, non prius destitit, quam . . . TOTAM ITALIAM suae
ditioni subiugaret, subactaeque filium suum Pippinum regcm impo-
neret 2. E in fine della medesima Vita-, dov' e recato il lestamenlo di
Carlomagno , ossia la divisione da lui fatta del suo tesoro privato
nell'anno 811; Irale 21 citta metropolitane, lequali/^v REGNO ILLIUS
esse noscuntur, ed a ciascuna delle quali Carlo assegna larghissimi
donativi, sono poste in primo luogo Roma e Ravenna: dunque Ro-
ma e 1'Esarcato faceano parte del regno di Carlo. E qui notisi, que-
st'asserzione non esser gia del solo Eginardo , ma dello stesso Car-
lomagno ; poiche Eginardo espressamente ci avverte , che qui allro
non fa che recitare il teslo medesimo della scrittura lasciata da Car-
lomagno 3.
Aggiungasi a queste aulorila, quella di alcuni Annalisli Franchi,
coevi o poco lontani dall'etadi Carlomagno. L'un d' essi, pubblicato
dal Duchesne 4 e citato dal Muralori, non dubita, all' anno 786, di
appellare Carlo, Re dei Romani, come de'Longobardi e de'Franchi:
Rex optime r eg ens regnum Francorum atque Longobardorum Ro-
MANORUMQUE, eo quod coelorum Rex protector eius esse comproba-
tur. E 1' Annalista Lambeciano , a cui consuona il Moissiacense ,
narrando all' anno 800 la creazione di Carlomagno Imperatore , ne
arreca come principal ragione, 1' essere parsa a Leone III e a lutto
1 EGINHARDUS, Vita Carol!, c. 15.
2 Ivi, c. 6.
3 Ivi, c. 33.
4 Script. Franc. T. II, p. 5; MURATOBI, Plena Espos. Cap. H.
Dl CARLOMAGNO 427
il Clero e Popolo romano, non che ai Magnati Franchi, cosa giusta
e convenientissima il nominare Carlo, Imperatore dei Roman! , poi-
che, siccome egli gia era signore della stessa Roma, anlica Sede dei
Cesari; IPS AM ROM AM TENKBAT, ubi semper Caesar es seder e solili
erant: ed oltre a Roma possedeva in Italia, in Francia ed in Ger-
mania, cosi vaslo Imperio con lanle sedi o melropoli, lulle dale da
Dio IN POTESTATESI EIUS ; troppo era ragionevole che, lenendo gia
la sostanza, portasse anehe il nome imperiale ; ipsum nomen habe-
ret I. Donde par manifesto , che, al credere di questo Annalista ,
anzi dello stesso Pontefice Leone e di tutta Roma, Carlomagno, an^
che prima d'esser creato Imperatore, cioe ;non essendo tultavia che
Patrizio dei Romani, gia possedeva in realta la signoria di .Roma,
niente meno che gli anlichi Cesari. Al che puo dare conferma il lito-
lo di Dominus nosier, che a Carlomagno, luttor Patrizio, trovasi dato
in Roma ne' mosaic! del Triclinio Laleranense 2 : \\ qual tilolo, come
ognun sa, solea gia darsi agli antichi Cesari e poscia ai Re goti ,
siccome dominatori di Roma. ,
Tali soao gli argomenli, che dal linguaggio degli scriltori con-
temporanei di Carlomagno possono dedursi in favore di quel sovra-
no dominio, che vuolsi attribuire a Carlo sopra Roma e lulto lo Stato
di S. Pietro: e noi, nel riferirli qui tulti insieme aggriippati, non che
1 Ecco Tintero testo dell'Annalista Lambeciaao , quale si legge presso il
McRATom (Rer. ital. SS. T. II, P. II. p. 113, e Annali d' Italia, a. 800):
Yisum est et ipso Apostolico Leoni et universis sanctis Patribus qui in ipso
Concilia aclerant, sen reliquo Christiano populo, ut ipsum Carolum, Reg em
Francorum, Imperatorem nominare debuissent, qui ipsam Roman tenebat ubi
semper Caesares seder e solili erant, sen reliquas sedes, quas. ipse per Italian*
seu Galliam necnon et Germaniam tenebat, quia Deus omnipotens has omnes
sedes in potestatem eius concessit, idco iustum -eis essc videbalur, ut ipse cum
Dei adiutorio et universo Christiano populo petente, ipsum nomen haberet.
Quorum pelitianem ipse Rex Carolus denegare noluit elc. .Altrettanto e quasi
colle rnedesime parole narra la Cronaca Moissiacense, e I'Autore degli An-
nales Veteres Francorum, presso il MARTENE, Collectio amplissima etc. T. V, 6
presso il MIGNE, Patrol, lat. T. XCVI1I, p. 1428.
2 L' epigrafe di Carlomagno ivi ^: D. N. CARVLO REGI. Vedi I'ALAMANNI,
De Lateranensibus parietinis, Cap. XI, e Tab. VI.
IL PATRIZIATO ROMANO
attenuarne il numero o dissimularne la forza, ci siamo anzi sludiati
di dar loro risalto, eziandio piu di quel che abbiano presso il Mura-
tori od altri avversarii. Ma, per quanto essi appaiano a prima fron-
te gagliardi, losto vedremo come sia impossible il trarne in buona
logica la conclusione che altri vorrebbe.
Antonio Pagi, il celebre annotatore del Baronio, ha dato in due
parole la chiave della vera risposta che vuol rendersi generalmente
ai testi soprallegati ; allorcho di Paolo Diacono disse, ch'egli in quei
luoghi parla con enfasi e iperbole da reltorico, eppercio non deve
essere preso alia lettera, ma interpretato con saggia critica l. Infatti,
siccome in ogni iperbole v' e una parte di vero e una parte di imma-
ginario, cosi interviene anche nel caso nostro ; a chiarire il quale ba-
sta por mente ai due capi seguenti. Dall'una parte, Carlomagno avea
senza dubbio, come Patrizio de'Romani, giurisdizione e potesta am-
plissima tanto in Roma, quanlo nelle altre citla di S. Pietro, secon-
do che abbiamo di sopra stesamente spiegato ; potesta non sovra-
na, ma poco inferiore alia sovrana; potesla, alia quale i Romani e
gli allri sudditi pontificii giuravano fedella ed obbedienza; potesta
protettrice di tutto lo Stalo, aiulalrice e ministra del Pontefice in
ogni cosa die questi richiedesse. Cio posto, ognun vede che in tutte
le frasi sopraccitate v'ha una parte di vero, da non volersi punto con-
trastare : ognun vede, potersi dire in un giusto senso che Carloma-
gno ipsam Romam tenebat, che Roma e Ravenna erano a lui sog-
gette, che sua era la citla Romulea, che egli stendea la potesta so-
pra Italiam Mam, ed altre somiglianti espressioni. Ma dair altro
canto, e allresi facil cosa il persuaders!, che colali frasi, in bocca
di scrittori Franchi, o panegirisli di Carlo, poteano di leggieri tras-
modare in forme iperboliche ed inesatte. L' immenso presligio che
la grandezza di Carlomagno ha in ogni tempo esercitato sopra gli
spiriti , siccome nelle seguenti eta ha spesso indolto scrittori anco
gravissimi ad amplificare oltre il vero la sua potesta ; cosi non e
mera\7iglia, che, anco vivente , quando gia pervenuto al colmo del-
1 Rhetoricatur Itaque Paulus et hyperbolice quandoque loquitur etc. PAGI
in Crit. Baron, a. 796, n. VI.
DI CARLOMAGTSO
la gloria egli empieva il mondo del suo nome, abbarbagliasse I
suoi contemporanei, e li arrecasse talora ad ingrandire con frasi
ampollose la sua autorila, piultosto che misurarla con le rigorose
norme del diritto : e cio soprattutto, quando 1* indole encomiastica
del discorso, o la digiuna brevila dello slile, o altro simile aggiunto
dello scrittore potea scusare facilmenle in questo 1' inesaltezza o la
negligenza dello storico. Quindi e manifesto, non doversi coteste lor
frasi pigliare ad occhi chiusi come oro schietto di verita, ma bensi
interpretare con senno, sceverarne dal giusto il soverchio, e quel
•che in esse non regge al riscontro degli allri monument! storici, ri-
geltarlo come falso. Cosi, egli e indubitalamenle falso il dire che
Carlomagno Patrizio comandasse in Roma a quel modo stesso che
comandava in Francia e in Lombardia, o a quel modo che in Roma
comandarono gia gli antichi Cesari : laonde, se qualche anlico croni-
sta paresse affermarlo, egli si vuole spiegare benignamente in un sen-
so piu largo, o, quando cio non si polesse, e da negargli al lulto fede.
E questo valga di risposta generale a tutti insieme i tesli poc'an-
zi allegati, o ad altri simili che per avventura spigolar si potessero
negli scrittori della eta Carolina, benche fuor di que'pochi non sap-
piamo che altro possa opporsi. Ma la cosa rimarra vie meglio chia-
rita, venendo ad esaminare ciascun d'essi in particolare. E in pri-
mo luogo, quanto a Paolo Diacono, e certo ch' egli va retloricando ,
non solo nell' epitaffio d'lldegarda, dove la poesia glierie dava piena
licenza, ma anche nel catalogo storico De Episcopis Metensibus; nel
quale egli a bello studio inseri, benche paresse fuor d'opera, un lun-
go tratto sopra la genealogia di Carlomagno e un panegirico del gran
Re, che degnavalo della sua amicizia ; percio e da perdonare, se qui
1'enfasi del panegirista valica tal fiata i severi limiti dello storico, e so
ei dice che Carlo suis addidit sceptris urbem Romuleam, Romanos-
que, quanlunque egli in Roma avesse solo polesla di Patrizio, noa
gia di Re scettrato, ed avesse bensi liberal! i Romani dall'infestazio-
ne longobarda, ma non gia soltomessili alia propria sovranita. Del
rimanente, a Paolo possiamo opporre Paolo stesso, e mostrare come
ei fu lungi dal credere che Carlomagno avesse sopra i Romani la
medesima aulorita di Re, che avea sopra i Franchi e i Longobardi.
430 IL PATRIZIATO ROMANO
Infatti, nel grazioso epitaffio che il medesimo Diacono detto sopra la
morle della fanciulla Adelaide, nata a Carlo durante 1'assedio di Pa-
via, e morta nel ritorno del Re in Francia, leggiamo :
ffuic sator est Carolus GEMINO DIADEMATE pollens 1 ;
ed e chiaro che queslo duplice diadema risponde al duplice litolo, che
Carlo da quell' epoca assunse, di Rex Francorum et Langobardorum.
Ora , se il poeta avesse riputato , essere Carlo re dei Romani come
era dei Franchi e dei Longobardi , nulla sarebbegli costato, e molto
avrebbe conferito al suo poelico inlento , lo scrivere triplici diade-
mate in luogo di gemino; nkid'altra parle niuno sara, il quale stimi
che sotlo il diadema Longobardo Paolo potesse comprendere anche
i Romani. Egli e dunque da credere che Paolo Diacono fosse lonta-
no dair altribuire a Carlomagno vera sovranila in Roma, e percio le
frasi enfaliche, nelle quali altrove ei sembra atlribuirgliela, sono al
tutlo da interpretare con benigno temperamento.
Yenendo ora ad Eginardo , il celebre teslo, ov' eidice avere Car-
lomagno aggiunta a'suoi dominii Italiam totam, parve al Muratori
essere una chiara confutazione contro chiunque volesse dal sovrano
dominio di Carlo escludere Roma col suo Ducato , 1'Esarcato di Ra-
yenna, la Pentapoli, o altra contrada d' Italia 2. Ma, nulla ostante
lal chiarezza , noi abbiamo parecchie eccezioni da opporre alia sen-
tenza del Muratori. Potremmo dire in primo luogo essere locuzione
e figura volgarissima, non solo presso i retori e panegiristi , ma
eziandio presso gli storici e nell' uso comune dei parlanti, il chiamare
tutto la parte maggiore o la massima d'una cosa ; e quindi essere illo-
gico r interpretare senz'altro molivo siffatte locuzioni con rigore geo-
metrico. Ma nel caso presente vi sono ragioni eziandio piu special! e
perentorie che escludono cotesta interpretazione. Imperocche il Du-
cato diNapoli, Gaeta, Sorrento, Amalfi ed altre contrade dell' Italia
meridionale, non furono certamente mai del dominio di Carlo, ma ri-
mas^ro in signoria dei Greci, come tutti sanno, e come altrove c'in-
1 Epitaphium Adeleidis filiae Caroli Regis etc., presso il MIGNE, PalroL
lat. T. XGY, p. 708.
2 MURATORI, Annali d1 Italia, a. 814.
DI CARLOMAGNO 431
scgna il Muratori medesimo 1 : dunque c chiaro, che Y Italiam lolam
di Eginardo noo deve intendersi con rigor matemalico. Ed Eginardo
slesso ben moslro non doversi cosi intendere, poiche egli non dice
avere Carlo conquistata Italia tutta assolutamente , ma lulla quanto
alia lungbezza: Italiam iotam, quae ab Augusta Praetoria usque in
Calabriam inferiorem... longitudine porrigitur; accennando coii do,
che rispello all'altra dirnensione della larghezza 1' Italia non era lut-
ta di Carlo. Infatli , il regno di Carlo in Italia, cioe il regno longo-
bardo da lui conquistalo , dislendeasi in lunghezza continua dal pie
delle Alpi giii per la Lombardia e la Toscana , indi pel Ducato di
Spolelo e quel di Benevento fino in Calabria , senza erapiere tutlavia
Ira i due mari per ogni dove la larghezza della penisola. La frase
adunque di Eginardo rimane verissima , tultoche dal sovrano domi-
nio di Carlo in Italia altri escluda non solo le cilia greche anzidette,
ma anco il ducato di Roma , 1' Esarcato e la Penlapoli , le quali pro-
vince siccome non appartennero mai al regno longobardo , cosi noa
furono da Carlo conquistate ne aggiunte ai proprii dominii.
L'altra frase parioaente, ov' Eginardo dice che Carlo iotam Italian
suae dilioni subegit , porta con se la sua limitazione , nell' inciso che
incontanente segue , subactaeque filium suum Pippinum regem im-
posuit : giacche ognun sa che il giovane Pipino mai non comando
ne a Napoli, ne a Roma, ne in niun altra cilia de' Greci o del Papa.
Oltre a cio, nel contesto medesimo vien detlo che Carlomagno, \irf-
li i Longobardi , reslilui ai Romani ed al Papa Adriano loro Princi-
pe, tullo cio che i Longobardi avean lor tolto : Omnia Romanis ere-
ple reslitueret , . — res a Langobardorum regibus ereptae, Adria-
no Romanae Ecclesiae rectori restitutae 2. Se dunque Carlo restilui
a Roma i dominii usurpalile dai Longobardi , cioe 1' Esarcato , la
Pentapoli e le altre lerre , chiaro e che queste non furon posle sot-
to il dominio del re Pipino , e percio debbono escludersi dal regno
italico a lui dalo dal padre.
A tulto cio aggiungasi che in quell' eta presso i Franchi era co-
stume chiamare assolutamenle col nome d' Italia il Regno longobar-
1 Annali, a. 787; Antiquit. Ital. T. I, p. 70; Rerum ItaL SS. T. X, p, GGCI.
2 Vita Caroli, c. 6.
IL PATRIZIATO ROMANO
do l, inlendendo solto quel nome non gia lulla intera la penisola,
ma solo 1' Italia longobarda che n'era parte grandissima. Del qual
costume abbiamo un testimonio irrefraga.bile in Carlomagno stesso,
che nella celebre Carta De divisione regnorum, promulgata 1'an-
BO 806, espressamente dice: Italiam vero, quae et Langobardia
dicitur 2 , e questa Italia appunto assegna per suo reame al figlio
Pipiuo. Iriollre, poiche talora sotto nome ft Italia non intendevasi
nemmeno tulto il paese longobardo , ma solo il tratto dell'alta e me-
diana Italia, escluso il Ducato Beneventano 3; quindi e, che ad es-
primere tulto quanto il dominio longobardo , tornava talvolta ne-
cessario il dire Italia tola , affinche niuno dubitasse del venire in
lei compresa anehe Y Italia Beneventana ; e tal e appunto il caso di
Eginardo nei lesti citati. Ogni qual volta pertanlo, siainEginardo,
sia presso altri scrittori di quel tempo , trovasi nominala Italia o
anche tota Italia, come dominio de' Franchi , allro non puo legitti-
mamente intendersi che Langobardia, tota Langobardia; e chi in
quella volesse inchiudere anchc Roma coll' Esarcato e la Pentapoli ,
ossia 1' Italia romana e papale, violerebbe tulte le ragioni della sloria
e della crilica, al pan di chi volesse inchiudervi 1' Italia greca 4.
1 MURATORI, Kntiq. Ital. T. I, p. 71.
2 BALUZIO, Capilularia, T. I, p. 439.
3 Alcimi esempii possono vedersi presso il MURATORI, nel luogo teste ci-
tato; ai quali giova aggiungere il passo d' EGINARDO, negli AnnaU, a. 774:
Et Rex (Carolus) subacta et pro tempore ordinal a ITALIA, in Franciamrever-
iitur. Oui 1' Italia non comprende certamenle il Ducato Beneveataao, il quale
non fu soggiogato da Carlo che nel 787. Del resto e noto, che fin dall'epo-
ca Costantiniana era entrato il costume di chiamare assolutamente Italia,
1' Italia superiore o circumpadana, ossia quel vasto triangolo che e compreso
tra le Alpi, gli Apennini e 1'Adriatico fin verso Ravenna; e dopo Carlomagno
per lungo tempo duro il nome di Reyno d' Italia, al paese ivi circoscritto.
4 Ai tesli di Eginardo or ora esaminati, potrebbe taluno aggiungere il
passo di una lettera di Carlomagno medesimo, scritta al re Offa I'anno 774,
dove leggesi: Cum nobilissimam Longobardorum civitatem cum suis civibus
omnibus nostro dominatui subiugaverimus, et ITALIAN TOT AM nostro imperio
feliciter subiugaverimus etc; e noipotremmo applicare a questo passo le me-
desime risposte. Ma sarebbe briga superflua; atteso che questa lettera e ma-
nifestamente spuria, e per tale vien rigettata dai critici. Yedi il
tot. T. XGYIII, p. 937.
DI CARLOMAGNO
Per quello poi , clie risguarda il leslamento di Carloraagno , nel
quale Roma e Ravenna son noverate tra le metropoli poste nei do-
niinii di lui , in regno illius ; egli basta osservare che quel testa-
menlo fu scritto da Carlo nell'anno 811, quand' egli cioc era non piu
Patrizio, ma Imperalore dei Romani. Ora, quali che fossero i diritli
polilici del nuovo Imperatore sopra Roma e 1'Esarcalo , del che non
S qui luogo di disputare , cerlo e che anche il solo titolo imperiale ,
litolo piu augusto del regio , gli dava pienissimo diritto di chiamare
citta del suo Impero , e Ravenna e Roma soprattutto , dalla quale
il suo Impero pigliava il nome. Ma, siccome sarebbe erroneo 1'in-
ferire dal titolo d' Imperatore dei Romani , che Carlomagno avesse
sopra i Romani la medesima sovranita ch' egli avea sopra i Longo-
bardi e i Franchi ; cosi , in egual errore cadrebbe chi, dall' essere
Roma e Ravenna descrilte Ira le metropoli del suo Impero deduces-
se , quesle due metropoli essere state suddite di Carlo al modo
stesso che Milano, Colonia, Magonza, Lione e le al'tre nel testa-
mento nominate. Errore poi assai piu grave ed anacronismo iritolle-
rabile sarebbe il dedurre da do , che Roma e Ravenna fossero alia
sovranit^t di Carlo soggette , prima eziandio della sua esaltazione al-
1' Impero, quand' egli ancor non era che Patrizio ; in quei tempi doe,
dei quali soli ora noi dispuliamo.
Dopo Eginardo e Paolo Diacono, scrittori di chiarissima fama,
ci rimangono ora a interpretare quei due o tre cronisti anonimi che
sopra allegammo. Ed a quest' uopo giova innanzi tratto ricordare
quel che a chiunque sia per poco versato nelle rozze cronache di
quei secoli e cosa notissima; ch'elleno cioe, benche per lo piu schiet-
te e leali, non pero sono del pari sempre savie ed accorte a discer-
nere e pesare il vero, sceverandolo dagli errori e dalle false dicerie
ed opinioni dei volghi : laonde si vuole andare assai lenti e guardin-
ghi a non creder loro ogni cosa, eziandio quando parlano di avveni-
menti contemporanei o poco lontani; e le loro locuzioni, ben lungi
dal dover essere pigliate a rigor di lettera, quasi matematiche
espressioni della realta , sovenle voglion essere piu presto compa-
tite per la rozza loro improprieta e largamenle interpretate. Con lal
criterio alia mano , e agevole scorgere qual peso debba darsi
Seric V, vol. XII, fasc. 352. 28 7 Novembre 1864.
434 1L PATRIZIATO ROMANO
aH'Annalisla sopraccitato del Duchesne, cola dove chiama Carloma-
gno: Rex oplimeregens regnum Francorum atque Langobardorum,
Romanorumque. Cotesla appellazione di Re dei Romani, mai piu
non usala da verun altro cronista , anzi contraria al linguaggio di
tutti i monument! storici di quell' eta, dee tenersi non solo come im-
propria ed esagerata, cio che appare altresi dal tuono enfatico e adu-
lativo di tutto il contesto, ma dee rigettarsi come falsa; ne puo va-
lere a provar altro se non die la bonariela di chi la scrisse, e piu
ancora di chi la pigliasse da senno come autorila dimostrativa.
Men severi possiamo essere coll' Annalista del Lambecio, la cui
asserzione concediamo di buon grado al Muratori, che debba aversi
per di gran peso. Ben e vero che anch'egli ha le sue pecche, e in
questo Iralto medesimo, ove narra 1'elevazione di Carlomagno al-
i'lmpero, il racconto ch'egli fa del concerto lenuto dal Papa col
Ciero e col popolo, e coi nobili Franchi sopra la creazione dell'Im-
peratore, non sembra, secondo che nota lo stesso Muratori, accor-
darsi facilmente con Eginardo, con Anastasio ed altri scrittori di
somma autorila, i quali o tacciono interamente di quel concerto, o
eziandio paiono escluderlo, rappresentando come improvviso e fatto
piuttosto per subitaneo impeto di ispirazione il celebre incoronamen-
to. Ma checche sia di cio, e pur tenendo per verissimo il racconto
dell' Annalista, non veggiamo come possa inferirsi dalle sue parole
soprallegate, che Carlomagno, anche prima d' essere Imperatore,
fosse Sovrano di Roma. E vero, che egli ipsam Eomam tenebat, ubi
semper Caesar es seder e soliti erant; ma cio vuol forse dire ch' egli
avesse in Roma 1' autorila medesima degli antichi Cesari? Se il ero-
Hista dicesse : Romam tenebat, quemadmodiim Caesares tenere so-
liti erant, o altra simil frase ; anche noi concederemmo, ivi attri-
buirsi a Carlomagno la stessa sovranita che ai Cesari. Ma 1' aver lo
serittore evitata quasi a bello sludio tal frase e solo espressa la ina-
teriale identita del luogo, dove i Cesari avean gia sede, e anzi indi-
zio non oscuro, ch'egli quel concetto ripudiasse appunto come falso.
Qual e dunque il vero concetto dell'Annalista, ossia quello ch' egli
attribuisce a Leone III ed ai Romani nel deliberare che fecero Tin-
coronazione di Carlomagno ? Eccolo in brevi e chiari termini. Carlo
DI CARLOMAGNO 435
gia teneva Roma, ipsam Romam tenebat, con tilolo e polesla di Pairi-
cius Romanorum, poleslft e litolo, per dir cosi, d'un sol grado infe-
riore all'imperiale degli anlichi August!: d'allra parte la grandezza
degli Stall ch'egli in Europa sovraneggiava, lo avea reso omai uguale
in possanza agli anlichi Imperatori romani: era dunque giuslo ch'ei
portasse anche il nome d' Imperalore, ipsum nomen haberet, e que-
sto nome pigliasse da quella stessa Roma, ch'era stata madre del-
1'anlico Impero e sede del Cesari, e dicui Carlo era gia da tanti anni
Patrizio. Tal & il costrulto che solo puolrarsi ragionevolmenle dalle
parole dell' annalisla Lambeciano e del Moissiacense, e che risponde
a capello ai veri dati della storia. Or da esso ognun vede, nulla a£-
fatto potersi dedurre a provare die Carlomagno Patrizio fosse Sovra-
no di Roma. II Muratori e con esso lui gli allri scrittori eesarei, i
quali pretesero che Carlomagno, creak) Imperatore, possedesse sopra
Roma e 1'Esarcato, anzi in tutta 1' Italia e in tulto 1'Occidente, la
medesima autorita sovrana, che aveano gi& tenulo gli antichi Impe-
ratori ; non e maraviglia che si avvisassero di vedere in Carloma-
gno, tuttavia Patrizio, gia iniziata o anco attuata colesta sovranita, e
che in tal senso inlerpretassero quelle poche frasi che, qua e cola
negli antichi cronisli, paiono favorire siffalla opinione. Ma, siccome
dall'ima parte egli e gravissimo errore il credere die col nuovo Im-
pero romano venisse ristaurato , non solo il nome, ma anche il po-
tere medesimo dei passati Imperatori ; cosi d' altra parte e indubita-
to che il linguaggio di quei cronisli, sempreche venga con giusta
crilica interpretalo, non somministra niun saldo fondamenlo air. opi-
nione di tal sovranita.
Reslano ora a soggiungere alcune parole inlorno a quel titolo di
Dominus nosier, che nell'abside del Triclinio Leoniano leggesi dato
a Carlomagno. E qui, a dir vero, noi potremmo uscire ad un Iralto
della controversia per due vie agevolissime : 1'una, col rispondere
che la scena di quel celebre mosaico dee riferirsi non gia a Carlo-
magno Patrizio , ma bensi a Carlomagno Imperatore, secondo che
parve all' Alamanni 1, al Papebrochio 2 e ad altri gravissimi Autori ;
1 De Later anens. parietinw, Cap. X e segg.
2 Nella Dissertazione De Triclinio Leoniano eiusque musivis et horumsigni-
ficatu, che trovasi nel T. II di Giugno degli Acta SS.
436 IL PATRIZIATO ROMANO
1' altra, col notare, seguendo la dottrina del Vignoli l , che nell' epi-
grafe Lateranense la sigla D N vuole interpretarsi non gia per Do-
minus Nosier, che potrebbe indicare Sovranita,, ma semplicemente
per DomtNtw, che e titolo di mera onorificenza. Tultavia, conce-
dendo di buon grado al Pagi 2 ed all' Assemani 3 che il rnosaico
.sia da riferire al Patriziato di Carlomagno, e tenendo eziandio col
piu degl' interpret che nell' epigrafe debba leggersi Dominus No-
sler ; all' uopo nostro basta riflettere che queslo titolo , per cio che
riguarda il suo significato politico , e bensi indizio cerlo di potesta ,
ma non sempre di potesta sovrana. E in cio consente anche il Mura-
tori, giacche il titolo di Domino Nostro, dato al Papa Paolo I dal Se-
nato e Popolo romano nella Lettera a Pipino 4, a lui non parve sicuro
e concludenle indizio della Sovranita pontificia 5 ; quantunque altnwe
il medesimo titolo, dato secondo le usale formole cancelleresche al
Copronimo, gli sembrasse opportuno ad avvalorare 1'opinione dell'es-
sere la sovranita imperiale durata in Roma fmo al cadere del seco-
10 VIII 6. Ad ogni modo, egli e verissimo che tale appellazione per
se sola e argomenlo troppo ambiguo di Sovranila; atteso le varie
fortune ch'ella ebbe nell'uso pubblico. Da principio il Dominus No-
ster davasi al solo Imperatore , e il costume comincio col lerzo se-
colo dell' Impero 7 ; ma al tempo della dominazione gotica in Ila-
lia, il troviamo dato 8 a Teodorico, ad Atalarico e agli altri Re, nel
tempo slesso che all' Imperatore, da cui, come da supremo Signore,
1 De antiquioribus Pontificum Romanorum denariis etc., ediz. del Fiora-
vanti, p. 78.
2 Crit. Baron, a. 796, n. YII-X.
3 IOSEPHI SIMOXII ASSEMA.NI, De sacris imaginibus Excerpta presso 1' ALA-
MANNI, Op. cit. p. 153.
4 GOD. GAROLIN. Epist. XV, ediz. del Cenni.
5 Annali $ Italia, a. 763.
6 Ivi, a. 772
7 II MARINI, negli Arvali, p. 689, correggendo lo Spanemio, il Tillemont,
11 Ducange e il Maffei, nota che questo elogio trovasi dato a parecchi Impe-
ratori prima di Alessandro Severo. E presso I'ORELLI, Inscript. latin., il veg-
giamo infatti attribuito a Settimio Severo e a Garacalla (num. 924, 929,938,
), nel primi anni del secolo terzo.
8 ORELLI, Inscript. lat. iiuin. 1156 e segg. - ALA.MANNI, Op. cit. p. 70
DI CARLOMAGNO £37
Teodorico professava di tenere il possesso d' Italia ; donde appare
che quel titolo gia piu non era esclusivamenle simbolo di domina-
zione suprema. Anzi il dollissimo Marini ci allesta l che esso trovasi
atlribuilo ai Consoli in piu lapidi ed a parecchi Magistral! negli Atli
sinceri de' Martiri ; e che nel secolo VIII specialmenle veniva nelle
pubbliche iscrizioni appropriate anche agli Arcivescovi ed ai Vesco-
vi 2. Se dunque il troviamo io questo secolo medesimo dalo in Roma
al Patrizio Carlomagno, la potesta Patriziale, ch'ei qui godeva,basla
a dare di tal litolo pienissima ragione ; ne puo a buon dirilto infe-
rirsene ch' egli quiavesse autorita di Sovrano. Oltraccio e da awer-
tire che allato a Carlomagno nel medesimo mosaico Laleranense tro-
vasi effigiato il Papa Leone III ed insignito dello stesso titolo di Do-
minus Noster 3 ; e quindi se esso significa Sovranitci in Carlo, dee
1 Papiri diplomatid, pag. 247.
2 Ivi, pag. 309. Cf. MURATORI, Antiq. I tal T. V, p. 358.
3 L' epigrafe del Pontefice dice: SGSSIMVS D. N. LEO PP. Vedi 1', ALA-
MANNI, Tab. VI. Qui giova notar V epoca, in cui ai Papi cominciossi a dare
in Roma il titolo di Dominus Noster. II BARONIO, attribuendo a S. Leone
Magno una medaglia, avente 1'epigrafe: D. N.LEONI PAPE, credette che quel
gran Pontefice fosse il primo a ricevere tal titolo (Annales, a. 461, n. XII).
Ma quella medaglia o moneta appartiene certamente ad un altro Leone;
I'AIAMANNI (De Lateran. pariet. p. 71) la riferisce a Leone III; il PAGI ( Crit.
Baron, a. 461, n. XII) a Leone IX; ma, piu saviameiite forse, il VIGNOLI (De
antiquior. RR. PP. denariis) Tascrive a Leone Mil aritipapa. Escluso quindi
S. Leone Magno, I'ALAMANNI, il PAPEBROCHIO (ParaUpom. ad Conatumchron-
histor. p. 46) e il DE MARCA (Concordia Sacerd. et Imper. L. Ill, c. XI,.,
n. 9), vogliono die Leone III fosse il primo a ricevere quel titolo, usato
poi frequentemente coi Pontefici del secolo IX e dei seguenti. Tuttavia nod
il veggiamo dato gia ad Adriano I in una Bolla del 786 per la Badia di S. Dio-
nigi, che e segnata: Anno....pontificatus DOMINI NOSTRI in apostolica...SedeTV
(MANSI, Concilia, T. XII, p. 834); e prima di Adriano, a Paolo I, nell'Epistola
piii volte citata, del Senate e Popolo Romano a Pipino, la quale fu scritta
verso il 757 : ne sappiamo che se ne trovi altro esempio anteriore. L' epoca
pertanto, in cui comincio a darsi ai Pontefici questo titolo di signoria, coin-
ciderebbe appunto con quella, in cui comincio la pienezza della loro tem-
porale sovranita in Roma, e in cui, cessala gia di fatto la dominazione degli
Imperatori greci, andarono a poco a poco anche in disuso i titoli, coi quali
ella solea venire riconosciuta, sottentran do in questi del pari che in quella
438 IL PATRIZIATO ROMANO
significare altretlanto nel Ponlefice : siccome pero non puo ammet-
tersi eke ambidue fossero al medesimo tempo supremi Signori di Ro-
ma, ne tampoco che il Pontefice fosse in Roma iuferiore di polesla
al suo Patrizio; cosi Tunica interprelazione che saviamente possa
darsi alia doppia epigrafe, e quella del Pagi 1 ; avere cioe qui lo
stesso titolo due valori diversi , essendo il Papa salutalo Dominus
Nosier, siccome vero Sovrano di Roma , supremus Urbis dominus,
e Carlomagno siccome Palrizio e Difensore di Roma.
Abbiamo fin qui risposto alle difficolla che dal linguaggio degli
stonci e dei rnonumenti contemporanei a Carlomagno possono recar-
si contro la doltrina da noi propugnata: ed abbiam posto in sodo, non
polersi da tal fonte derivar nulla che provi, non diremo gia con cer-
tezza storica, ma an che solo con bastevole probability che a Carlo-
magno Patrizio fosse attribuita la sovranila di Roma. Ora , volgen-
doci dalle difese alle offese , e da quel linguaggio medesimo facen-
doci ad argomentare contro i nostri avversarii , noi vedremo per esso
confermarsi con mirabile eloquenza quel concelto storico del Patri-
zialo dei Re Franchi , che siam vennli finora delineando.
E in primo luogo, deguissimo di avverlenza e il profondo silenzio
che gli scritli di quel tempo generalmente serbano intorno alia pre-
tesa sovranila di Carlomagno Patrizio nelle province di S.-Pietro.
Mentrc ad ogni Iratlo , nei diplomi , nelle leggi e nelle cronache
antiche di Francia e d' Italia trovasi proclamata a chiarissime note
.la regia potesla di Carlomagno ncll' Italia longobarda; egli e pure un
gran falto, che ivi slesso mai non si parli della sua sovranila nel-
1' Italia romana, e che, a volerne mostrare qualche indizio, gli scrit-
fori moderni piu interessati a scoprirla appena sian riusciti a rin-
Iracciare in quell' anlichita quei Ire o qualtro testi che abbiamo or
ora esaminati; testi ambigui, per non dir altro, e d'incerto valore.
Eppure la sovranita romana non dovea certamente parere a quei di
meno splendida della longobarda, sicche al paragon di questa avesse a
i Pontefici. II che puo servire di non lieve conferma a quanto abbiamo al-
trove spiegato intorno al tempo e al modo che prese origine la Sovranita
civile dei Papi.
1 Crit. Baron, a. 796, n. VI.
DI CARLOMAGNO £39
restore quasi cclissata e dimentica ; anzi e cbiaro che Roma e T Esar-
calo, benche per >7astila di lerritorio cedesse di lunga mano alia Lon-
gobardia, per imporlanza nondimeno politica e religiosa le soprasla-
va d'assai; onde 1' averne la signoria suprema sarebbe stata la gem-
ma piu fulgida del diadema di Carlomagno , quantunque Re di tanti
Stati. Or dunque come va, che gli storici e i panegirisli medesimi
di Carlomagno non parvero neppure addarsene, e lacquero di cio
appunto cbe avrebbero dovulo gridar piu altamenle ? Come accade
che, mentre Carlo a piena bocca vien da lutli salulato Bex Lango-
bardorum , non odansi mai dargli il titolo di Rex Romanorum o
altro equivalente? Essi fanno bensi frequente e larga menzione delle
relazioni che stringeano Carlomagno con Roma; ma in quesle non eel
rappresentano mai altramente che qual difensore della S. Sede, vin-
dice delle giustizie di S. Pietro , liberatore e proteltore dello Stato
romano , aiutatore e ministro devotissimo del Romano Pontefice ;
tutli ufficii che si compendiano , come abbiam vedulo , nel titolo di
Patricius Romanorum. In tal guisa parlano non pure gli scriltori
Italian! , come gli autori delle Vile de' Pontefici presso Anastasio
Bibliolecario ; ma lo stesso Eginardo nel!a Vita di Carlo e negli An-
nali , Alcuino nelle Epistole , il Cronista Moissiacense , il Meterise ,
il Laurissense , il Lambeciano ossia Laureshamense, il Bertiniano, i
Fasti Carolini del Mai, gMAnnales veteres del Martene, e quanti altri
ebbe la Francia piu anlichi e sinceri annalisti delFeta Carolina ; il
linguaggio de' quali e una parlante dimoslrazione conlro la Sovra-
nit^, romana di Carlomagno Patrizio , sia perche di questa Sovranita
mai non fovellano, sia perche gli atti e la potesta che a lui allribuisco-
no riguardo allo Slato romano, mai non escono dai confmi di quell'uf-
ficio palriziale, che abbiamo sopra descritto, siccome ufficio di mera
difesa e protezione , subordinate alia polesla sovrana del Ponlefice.
Ma la piu evidente prova del nostro assunto e la confulazione piu
irrepugnabile della sentenza deg'.i avversarii , si ha nel linguaggio
autenlico ed ufficiale delle due maggiori autorita che possano in tal
questione allegarsi ; vogliam dire quella dello stesso Carlomagno per
1'una parte, e per 1'altra, quella dei Pontefici; al suffragio Concorde
delle quali autorita non sappiamo qual fronle di critico potesse mai
levarsi a far contraslo.
440 IL PATRIZUTO ROMANO
Quanto a Carlomagno , ella e cosa notissima che, prima d'essere
da Leone III coronato Imperatore nell' 800 , egli ne' suoi diplomi ,
nelle sue lettere, ne'suoi Gapitolari, in tulli gli atti insomma che ora
direbbonsi ufficiali , mai non assunse altro titolo di potesta sopra
Roma, se non quello di Patricius Romanorum; salvo che talvolta ei
vi soslitui o vi aggiunse , come sinonimo o quasi a maniera di di-
chiarazione, quello di devotus sanctae Ecclesiae defensor humilisque
adiutor 1, devotus sanctae Ecclesiae defensor atque adiutor in omni-
bus Apostolicae Sedis %, defensor sanctae Dei Ecclesiae 3, films et
defensor sanclae Dei Ecclesiae 4. Ora , quale die sia il significato
che altri voglia attribute a colesto litolo di Patricius , certo e che
esso mai non indico potesla regia o sovrana , e molto meno potesta
soprasovrana ossia di alto dominio. II Muratori , e vero , qui non
manca d'avvertird 5 che il Patricius Romanorum , siccome andava
associate al litolo di Rex Francorum etLangobardorum, cosi dove-
va al par di questo esprimere Signoria, e par quasi che yoglia dire
Signoria pari alia regia, doe sovrana. Nondimeno, avendo egli poco
innanzi conceduto, che il nome slesso di Patrizio indica dipendenza
da qualche Sovrano 6 , non possiam credere ch' ei voglia cosi tosto
disdirsi, col pretendere che il titolo di Patrizio , perche associato a
quel di Re, significhi anch' csso signoria suprema. Tan to piu , che
in quesla medesima associazione di titoli si ha un indizio non leg-
giero di significato al tulto contrario ; imperocche il Patricius Roma-
norum da Carlomagno viene sempre posposto al tilolo di Rex Lango-
bardorum: del qual fatto , nello stile diplomalico notabilissimo, per
cui alia maesta del nome romano veniva anteposto il longobardico ,
non puo darsi altra plausibil ragione , se non che questa ; T essere
cioe la dignila e la polesla di Patrizio , quantunque eminentissima ,
inferiore nondimeno alia regia e da lei sostanzialmente diversa, sic-
1 Capitulare ecclesiasticum, dell' anno 789.
2 Capitulare generate, a. 769-771.
3 Epistola ad Offam Regem Merciorum, a. 800.
4 Epistola ad EUpandum et ceteros Episcopos Hispaniaef a, 794.
5AnnoIid'/to«o,a. 789.
6Ivi.
DI CARLOMAGNO 111
come dipendente e subordinate al Sovrano da cui il Palrizio aveva
avuto il tilolo e 1'ufficio ; il qual Sovrano era nel caso noslro il
Ponlefice.
Qui pero non e da tacere che tra i Documenli diplomalici relativi
a Carlomagno Patrizio, due ve n'ha, in cui gli viene apertamente at-
tribuilo il nome e la potesla di Re dei Romani. L' uno c il famoso
Decretum de expeditione Romano, , die ha la data dell'anno 790, e
porla in fronle il titolo: Karolus divina favente gratia Rex Franco-
rum el Romanorum l. L' altro e la Legge regia , tralta dalle lene-
bre di un anlico Codice fiorcntino da Teodorico di Niem e poi stam-
pata dal Goldaslo, come gia mentovammo altrove , in capo alle sue
Consliluliones imperiales 2 ; in \irtu della quale vuolsi che il Senalo
e Popolo romano nel 774 trasferisse in Carlomagno tulta la regia
polesta degli anlichi Imperalori, nel tempo stesso che Adriano Papa
avrebbegli concesso il diritto di eleggere il Pontefice e tulli i Ve-
scovi , diritto che da indi innanzi dovrebbe apparlenere al solo Re
de' Romani , soli Regi Romanorum. Ma quest! due diplomi sono
sventuratamente apocrifi, e condannati oggidi da tulti i critici, ezian-
dio prolestanli , siccome manifesto ciurmerie di tardi e imperili fal-
sarii; anzi , come gia avverti il dotlissimo Eineccio 3, questo titolo
stesso di Rex Romanorum, attribuito, non che a Carlomagno, ma a
qualsiasi Principe dei Carolingi o delle seguenti dinastie imperial!
prima del secolo XII, dee sempre tenersi per segno indubitato della
falsila dei diplomi che lo portassero 4.
1 E riporlato tra i Capitularia spuria dal PERTZ, Monum. Germ. Legum.
T. II, e dal MIGNE, Patrol, lat. T. XCVII, p. 673.
2 Pag. I.
3 De vita et rebus gestis Ludovici Germanici, Lib. I, §. VIII. E prima del-
1' Eineccio, avea gia fatta la stessa avvertenza CRISTIANO GOFFREDO HOFFMANN
nella sua Dissertazione De Rege Romano-rum, vivente Imperatore, electo, §. I.
4 L' UGHELLI, neir/to^a sacra, T. I, p. 412, diede anch' egli un diploma
<Ii Cai'lomagno, dove quesli s'intitola: Carolus gratia Dei Rex Francorum et
ROMANORUM atque Long ob ardor urn. Ma, oltreche e noto quanto scarso fosse
il senno dell' Ughelli in materia di Document*!, in questo diploma gli spropo-
siti di cronologia, di storia, di str.e cancelleresco sono tanti e tantomador-
nali, che chi lo allegasse come prova, proverebbe solo essere egli intera-
mente digiuno di scienza critica.
IL PATRIZIATO ROMANO
Stando adunque ai tiloli autentici ed ufficiali, da Carlomagno ado-
perati durante il suo Patriziato, egli e manifesto che essi ., tanto per
quel che tacciono , come per quello die affermano , ben lungi dal
comprovare o anclie solo insinuare la sua Sovranita sopra Roma, la
negano anzi e la escludono apertamente. Che se dai tiloli cancellcr-e-
schi della diplomazia Carolina 1' attenzione rivolgasi al tenore stesso
delle scritture di Carlo ed ai sensi che ivi egli esprime, noi sfidiamo
chicchesia a trovar in esse un sol apice , il quale dimoslri che Carlo
Patrizio comandasse da Sovrano , o per tale almeno ei si presumes-
se, sia in Roma , sia in altra parle dello Stalo di S. Pietro. Al con-
Irario, e dalle epistole del Codice Caroline, dove le risposte dei Papi
spesso riverberano il tenore delle lettere, loro inviate dal Patrizio; e
dalle lettere del medesimo Carlo, che ci son pervenute nell'originale
lor testo , e tra le quali nolabilissima e quella che egli scrisse nel
796 a Leone III per la confermazione del Patriziato ; rilevasi chia-
rissimp che egli, come Palrizio dei Romani e in \irlu del Patto che
slringevalo alia S. Sede , lungi dal pretendere autorila suprema di
comando, altro diritto non atlribuivasi ne altro ambiva, se non quel-
lo di servire, aiulare, difendere, proteggere, esaltare la Chiesa Ro-
mana e il suo Ponteflce in ogni cosa , per amore di S. Pietro e per
mercede dell'anima propria ; moslrandosi in tal guisa , con invaria-
bil coerenza di parole non meno che di falli , sempre quel filius et
defensor devotus sanctae Ecclesiae, (\m\Yadiator in omnibus Aposto-
licae Sedis, ch'ei si gloria va di professarsi nelle intitolazioni de'suoi
Atli diplomatici.
Al linguaggio di Carlomagno consuona interamente quello de'Papi;
nelle lettere dei quali benche frequentissimo sia e conlinuo il parlare
delle relazioni che vincolavano lo Stato romano col suo Patrizio, lut-
tavia non si Irova mai sillaba da cui traspaia che venisse a Carlo
altribuita niuna ombra di sovranita. Nello scrivere a Carlo e di
Carlo, Adriano e Slefano III tengono il medesimo linguaggio, che gia
a\7ean tenuto i loro predecessori Stefano II e Paolo I verso Pipino ;
essi cioe sempre risguardano il Patrizio per nulla piu che difensore,
avvocato , aiulatore potenlissimo della Chiesa romana , campione e
Tindice delle giuslizie di S. Pietro , protettore del popolo e dello
DI CARLOMAGNO 443
Slalo romano, da vincoli sacrosanti di promcsse e di giuraraenti ob-
bligalo >erso Dio e san Pietro , verso la Chiesa e i Pontefici a cotal
prolczione e difesa. Ouindi nell' invocare che fanno il suo aiulo, nel
sollecitarne 1' autorevole inlervento, nell' addurgli i motivi che a do
doveano spingerlo , nell' inculcargliene il dovere gravissimo che ve
10 stringea, nell' esporgliene i vantaggi, i premii, la gloria ch'ei ne
trarrcbbe , i Papi allegano bensi ogni sorla di argomenli e ragioni ;
ma , cosa notabilissinaa , mai non adducono quell' unica, la quale
pure sarebbe stata senza dubbio la piu eloquenle ed efficace di tulle,
dell' essere cioe il Patrizio, sovrano signore di Roma , e come tale ,
astretlo per ogni litolo di dovere, d'inleresse , di onore a pro we-
dere alia salute e prosperita de' suoi sudditi ; ne mai raccomandano
i Roman! al Palrizio, come cosa sua, ma bensi come cosa di S. Pie-
tro e della Chiesa Romana , come popolo peculiare del Principe
degli Aposloli. Or qual prova, di grazia, si puo egli bramare piu
gagliarda a convincere , che al Patrizio cotal Sovranita era cosa al
iulto straniera? Ed a meglio inlendere la forza di tal prova . notisi
che questi Papi medesimi sono larghissimi di elogi e di liloli ono-
rifici al loro Patrizio ; lo chiamano nuovo Mose e nuovo Davidde
per aver liberato il popolo elello di Dio da' suoi nemici , e nuovo
Costantino per le liberalita verso la Chiesa; gli professano la piu
squisita gratiludine pei beneficii ricevuti ; gli protestano amicizia
saldissima e fede immutabile nei palti che aveano con lui stipulati ;
e 1'assicurano star loro sommamente a cuore la gloria el'esaitazione
di un Principe si benemerito, ed essere un de' loro piu cari pensieri
11 manlener irrefragable ed eziandio amplificare Tonore del suo Pa-
triziato. Laonde, se in mezzo a tante dimostrazioni di ossequio e di
amore , pur mai non escono ad onorare il Patrizio di niuna espres-
sione che accenni in lui la Sovranila romana , forza e pur dire che
tal Sovranila a lui non appartenesse per niuna guisa.
D'altra parle, ognun sa che i Papi nel traltarecoi Principi ezian-
dio piu eslranei e barbari, non furono mai avari con esso loro dei
liloli ouoriiici dovuli al loro grado, ne mai ritrosi a riconoscere in
loro i dirilli e la potesla regia in lutta 1'ampiezza che loro legiltima-
menle apparlenevasi. E quanto ai Sovrani stessi di Roma, e notissi-
444 IL PATRIZIATO ROMANO
mo che i Pontefici , fmche Roma stetle solto la sovranila imperiale,
cioe fino a mezzo 1'ottavo secolo, furono sempre larghissimi nel da-
re a Cesare quel che era di Cesare, prestando alia poiesla suprema
degl'Imperatori tutto 1'ossequio di fedeli sudditi, facendosi alle mol-
titudini esortatori e maeslri di fedelta civile, e pigliando eziandio a
tutelare in Roma e nell' Esarcalo contro i ribelli o contro i nemici
esterni le ragioni della sovranila imperiale, quando gli Augusli era-
no impolenti o negligent! a difenderle; secondo die provano i lumi-
nosi fatti di S. Gregorio Magno, di S. Gregorio II e de' suoi succes-
sor! fmo a Stefano II. Ora, se i Papi furono cosi facili e larghi a ri-
conoscere la sovranila di Roma e dell' Esarcalo negl' Imperatori,
benche questi fossero sovenle persecutor! si acerbi della Chiesa ro-
mana; chi potra mai darsi a credere che, passala poi quella sovra-
nila nelle man! di Pipino e di Carlomagno , difensori zelantissimi
della S. Sede, i Pontefici mai non avessero dato segno, nelle lettere
e negli alii loro, di pur conoscerla? 0 non e forse questo silenzio
dei Papi argomento piuttosto eloquentissimo a provare che ne Pipi-
no, ne Carlomagno, benche Patrizii dei Romani, mai non ebbero
siffalta sovranita e furono le mille miglia lontani dairarrogarsela?
Al quale argomento puo servire come di suggello il contegno usato
verso i medesimi Patrizii dai Grandi e dal Popolo di Roma, conte-
gno lutto simile a quel de'Papi; imperocche dall' una parte niun
atto puo cilarsi, donde risulli, avere i Romani riconosciuto mai il
Patrizio per sovrano Signore di Roma; e daU'altra negli alii aulen-
lici, che di loro ci rimangono nel Coclice Caroline, e special men te
nell' epistola indirizzata a Pipino da lulto il Senato e Popolo Roma-
no, veggiamo che essi non riguardano il re Patrizio e non 1'onorano
allramente, che qual difensore di Roma e della Chiesa : Sanctae EC-
clesiae defensor, noster auxiliator; mentre ivi stesso eglino aperta-
mente proclamano per loro Sovrano il Papa, protestando di essere
tutli firmiac fideles servi sanclae Dei Ecclesiae et ... domni nostri,
Pauli summi pontificis, quia ipse noster est pater et oplimus pa-
stor ... fovens nos et salubriter gubernans 1.
1 COD. CAROL. Epist. XV.
DI CARLOMAGNO
Fin qui , csaminando il linguaggio dei Papi , abbiam solo argo-
mculato negativamenle dal loro silenzio, cioe dal non udirsi mai di
bocca loro uiun indizio, cbe eglino riconoscessero in Carlomagno Pa-
trizio , o in Pipino il dominio sovrano di Roma o dell' Esarcato. Ma
ft facile il trarre , sopratlulto dalle loro Lettere nel Codice Caroli-
DO , argomenli anco positivi , citando locuzioni e formole , le quali
esprcssaraente escludano cotesta sovranita. Nel clie, per non andare
sovercliiamenle prolissi in una queslione omai troppo chiara, ci ba-
sta ricbiamare a menle, tra le molte altre, due maniere di parlare,
degnissime di notarsi nello stile ponlificio di cotesle Leltere. L'una
e il designare cbe fanno perpetuamente i Papi coll'aggiunto di no-
stro, o di S. Pietro, o delta Chiesa Romana, le cillft, le province,
le terre, i popoli del Ducato romano, dell' Esarcato e della Penla-
poli : haec noslra Romana civitas 1 ; civitas noslra Centumcellen-
sis 2; civitas nostra Sy nog alliensis 3; civitas noslra Castellum Feli-
citatis 4 ; nostrarum civitatum fines et palrimonia beati Petri 5 ; ci-
vitates nostras Campaniae 6 ; haec nostra provincia 7 ; Romana Ec-
clesia et universus ei subiacens populus 8 ; noster Romanorum rei-
publicae populus 9 ; sancta Dei Ecclesia et eius peculiaris popu-
lus 10 ; a potestate et ditione beati Petri et nostra Campanos usur-
pare decertant H ; in omnibus partibus quae sub ditione sanctae Ro-
manae Ecclcsiae existunt 12 ; e cento altre siffatte formole, cbe chia-
ramente esprimono, soprattutto cbi le consideri nel loro contesto, la
signoria suprema del Papa, e del solo Papa; giacche non avvien
mai cbe il Papa attribuisca ad altri il consorzio di tal signoria, n&
gli accade mai di dire, scrivendo al Patrizio ed invocandone ezian-
dio 1' aiulo, la vostra Roma, la vostra Ravenna, questa vostra pro-
\incia, questo popolo vostro,
L' altra si e 1'aperta dislinzione cbe i Pontefici fanno, semprecbe
lor ne cade il discorso , Ira lo Stato di S. Pietro e i suoi suddili
dall' una parte , e lo Stato e i sudditi Franchi o Longobardi del re
1 Epist. LYI1I. — 2 Epist. LXIV. — 3 Epist. XL. — 4 Epist. LYI. —
5 Epist. XXIX. — 6 Epist. LXI. — 7 Epist. LVII — 8 Epist. XXXV. —
9 Epist. LVIII. - 10 Epist. XVIII, XXXVII, XXXVIII. - 11 Epist. LXI. -^
12 Epist. LXXXV.
& 46 IL PATRIZIATO ROMANO
Patrizio dall' allra ; 1' uno all' altro opponendoli come due Stall al
tutto diversi e soggetti a diversi e indipendenli Sovrani. Cosi,
nell' epislola XCYUI del Codice Caroline , Adriano ripetulamente
contrappone i sudditi della S. Sede , nostri homines , ai suddili di
Carlo, vestri homines , homines de partibus vestris; ed argomen-
tando a pan, dimostra che , se ai sudditi di Carlo non era lecito
venire a Roma senza licenza del loro Sovrano , nemmeno ai sud-
diti del Papa doveva esser libero 1' andare in Francia senza li-
cenza del Papa ; e che , siccome egli Pontefice , ai suddili di Carlo,
venuti a Roma, sernpre inculcava di mantenersi fedelissimi al loro
Re, cosi era giusto che Carlo ai sudditi pontificii, recatisi in Fran-
cia, raccomandasse fedella e ubbidienza verso il Pontefice 1 ; tutto il
quale argomento non proverebbe piu nulla, anzi mancherebbe ezian-
dio di senso comune, quando non si presupponesse che e il Papa e
Carlomagno fossero, ciascuno nel proprio Stato, Sovrani del pari in-
dipendenti. Altrettanto dicasi dell'Epistola LXXXV, dove dall'una
parte son nominate le terre della Chiesa: In omnibus nostris partibus
quae sub ditione sanctae Romanae Ecclesiae exislunt, e dall' altra
i dominii di Carlo: Vestra regalis potentia in suis universis fmibus;
e poco appresso ripigliasi con simile contrapposto, nostris, vestris-
que fmibus. E lo slesso ripetasi dell'epistola LXVII; dalla quale, se
il Muralori giuslamente pole argomentare che a quel lempo (cioe'
verso 1'anno 780) il Papa non era padrone del Ducato spoletano 2,
perche in essa si contrappongono le due frasi, in partibus Spoleti,
em nostris fmibus; ben possiamo anche noi inferire che nemmeno
Carlomagno era padrone, ossia Sovrano, dei territorii che il Ponte-
fice ivi chiama nostri.
1 Sicut VESTRI HOMINES sine vestra absolutions ad limina Apostolorum ne-
que ad nos coniungunt, ita et NOSTRI HOMINES qui ad vos venire cupiunt, cum
nostra absolutions et epistola veniant; quia sicut nos semper VESTROS HOMINES
snscipientes commonemus, ut in vera fide at que puritate cordh toils eorum
viribus in vestro maneant servilio, ita et vos simili modo quicumque ex NOSTRIS
UOMINIBUS ad vos venerint, eos omnino obtestari atque commoner e vestram re-
galem prudentiam quaewmus etc.
2 Annali $ Italia, a. 786.
DI CARLOMAGNO £47
Tutle qucste formole pcrlanto, delle quali i Papi faceano si con-
linuo e franco uso nello scrivere allo stesso Carlomagno, sono altret-
tantc afTcrraazioni, le quali in modo positive, benche indiretlo, dico-
no che nello Slato di S. Pietro il solo Papa era veramente Sovrano,
ed era per lale fuor d' ogni contrasto da tutti riconosciuto ; e quindi
posilivamente escludono da tal sovranita il Patrizio, la cui po testa,
quale che si fosse in questo Stato, certo era sempre sottomessa al
Pontefice. .
Ma , egli e tempo di conchiudere questa materia ; ed , a maniera
di epilogo , noi possiamo tutla stringerla nel seguente raziocinio. Se
Carlomagno Palrizio ebbe veramente la Sovranit& di Roma o dell'E-
sarcato, cotesta sua Sovranita debbe aver lasciato vestigi profondi,
luminosi , indubitabili nel linguaggio dei monumenti storici che in
quella eta tulti son pieni delle sue geste. Ora , interrogando questa
linguaggio , troviamo in primo luogo nella maggior parte di tai mo-
numenti un maraviglioso ed inesplicabile silenzio intorno a tal sovra-
nita ; e quanto ai pochi testi che paiono affermarla, 1' esame accurate
dei medesimi ci ha chiarito che o essi significano tult' altro , o sono
per lo meno di cosi ambiguo e debole valore, che non se ne puo trar-
re nulla di saldo, Inoltre le due massime autorila, che in tal maleria
debbano ascoltarsi , cioe i Papi e Carlomagno , in tutto il tenore dei
loro scrilti e atti diplomatic! , non solo mai non mostrano di ricono-
scere o di pur conoscere siffalta sovranita, ma chiaramente la negano
e la escludono. Egli e dunque forza conchiudere che questa sovrani-
ta fu cosa al tulto ignota nel secolo VIII ; donde segue che ella non
dovette esistere punto. Ella non nacque che assai piu tardi, e fu par-
lorita dal cervello di alcuni moderni scriltori, troppo ligi alia potest£
cesarea ; ma, siccome felo spurio, ella vuol essere sbandila per sem-
pre dai fasti genuini della storia.
LA POVERELLA DI CASAMARI
RACCONTO STORICO
DEL 1860 E 1861
LXVI.
Un giorno di estate , sotto la sferza cocentissima del sole di rnez-
zodi , in capo alia lunga via nella quale Traiano abitava , si \ide
spuntare uaa signorile carrozza, die, avanzatasi di buon trotto, si
venne a fermare dioanzi al porlone della sua casa. II servo , che
andava a cassetta col cocchiere , balzo subito a terra , aperse lo
sportello e ne scese rapidamente una dama tutta vestHa di nero :
la quale, abbassalo I'ombrellino , guardo ansiosamente e riguardo
il numero di essa casa , si passo in fronte il candido fazzuolo che
aveva in una mano ; e accompagnata dal famiglio che la seguiva ,
s' introraise neir atrio e fu su per le scale. Ma salendo , il respi-
ro cornincio ad affannarsele , e procedeva con pie debole e vacil-
lanie ed afferrandosi agli appoggiatoi , quasi temesse di non cadere.
Giunta al pianerottolo , ov' era 1* uscio di Traiano , col suo norae e
cognome in una lucida piastra di ollone , la dama si arresto , im-
pallidi, abbranco il cordone del campanello, e, con quello in pugno,
sostette come incerta di se medesima : poi lascio il cordone, si sco-
sto un Iratto , frugo nella borsa e voltasi al servitore : — Orsii;
gli disse , porgendogli un biglietlino da visita , con una soltil voce
che le tremolava ; sonale voi, e, in cambio di annunziarmi , presen-
tate questo biglietlo. lo attendero qui di fuori.
LA POVERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC. 449
L' uomo , fatto un capochino , prese il biglielfo e , mentre la da-
ma si appartava , strappo il cordone con tale violenza , che il tin-
linno del campancllo non fmiva piu. — Oh , che gente indiscreta !
51 udl un Ionian vocione sclamare di dentro ; e' vorrci essere 1' Impe-
rador del Brasile ! correte , via , aprite !
Con questo borbotlamento , s' intese uno scalpiccio vispissimo e
poscia una vociolina squillanle , che dimando : — Chi e?
— Amici.
Ilchiavistello fa lirato e spalancatosi il battente , apparve Lucil-
ia, che, scorto quell' uomo in livrea , si fe rossa di porpora e gli
sbarro in faccia tan to d'occhi , senza fialare.
— Ecco questo biglielto ; soggiunse allora coslui ; portalelo e di-
te che la signora aspetta.
La pultina rientro a corsa ; e un istante dopo si affaccio Traiano,
abbottonandosi alia raeglio un soprabito che s' era gittato indosso li
in fretta^ perche stava in maniche di camicia; e balbeitando ceri-
moniosamente le solite formole del : — -Si accomodi; favorisca; noa
faccia complimenti, la prego ; scusi lanto, se cosi all' improvviso...
eccetera ; introdusse la dama nel salotlino di rispelto ; la fece assi-
dere in un sofci: e pure seguendo a rassellarsi, cercava d'uscire, con
Istudiate parole , dairavviluppamenlo nel quale cotesta visita si re-
pentina lo aveva intrigato.
- Signor Traiano , lasciam da banda le cerimonie ; tolse a dire
quella, tostoche, adagiatasi nel sofa, ebbe ricuperato un po' della
lena che s'era sentita raancare ; io ho ricevute , Y una sull'altra , le
tre vostre leltere con quella di mia figlioccia ; e ve ne sono obbliga-
ta. Dov'e quella mia cara infelice? Ma no ; si ridisse inconlanente ;
non subito. Fate che io prima riabbia alquanto di fialo. Oh Dio,
che casi ! che scene ! che tregende ! Ah , signor Traiano , voi avete
fatta una grande opera di carita ! Non c' e oro nel mondo , che ve la
possa pagare. Iddio solo.... ah, poverelta me! perdonatemi questa
agitazione. Io smanio di abbracciare quella misera crealura , e in-
sieme non ho coraggio di rivederla; io sudo e ardo e gelo e tremo, nel
medesimo tempo. Credo di aver la febbre. Dio mio santo , che cala-
slrofe! che lutti ! Pellegrino morto ! Giovanna morla! Felice morto !
Serie 7, vol. XII, fate. 352. 29 9 Novcmbre 1864.
IA POVERELLA DI CASAMARI
il piccoletto morto ! e in qualtro mesi ! Povera figlioccia mia ! e lei
vive ancora? Signor Traiano, scusate se io vi paio delirare; ho
una tale lerapesta nel cuore , che voi non ne avele idea. Ah! dun-
que sono finalmente nella casa , ov' e quella mia bella sventurata.
Or ora me la farele venir trale braccia , non e vero?
Traiano che, attonito comedi sasso, mirava ladama ed ascoltava
queslo suo parlare simile a vaniloquio, a tale interrogazione si sbian-
co e affreltossi di rispondere, con una destrezza che avea dell'ar-
tificioso: — Ma ella, signora mia, si pigli prima un tantino di qniete.
— Si , dUe giusto ; replico ella puntando il gomito sinistro sul
guanciale d' una spalliera del sofa , appoggiando la testa sulla pal-
ma della mano e traendo unsospiro; avrei veramente un bisogno
estremo di quiete. Sono cinque di e cinque notti che io non ho be-
ne di me , e ne per le strade ferrate , ne sul baltello a vapore ho
avuto il refrigerio di chiuder un occhio. Dacche in Hombourg mi
fu consegnato quel fascio di vostre lettere , dalle quali appresi la
incredibile storia che pare una favola , ah Dio ! il cuor mio e piom-
bato in un abisso di fiamme che Io martoriano senza posa. L' unico
alleviamento sarebbe di serrare fra queste braccia la miavillima: e
ora che I'ho qui accosto, e die mi Irovo sotto il suo medesimo tetto,
ora non mi basta 1' anirao di rivederla ; mi sembra che non reggero
alia sua presenza, e che non avro forza nemmeno di darle un bacio.
— Eh, si sa ! ripiglio I'altro con un tono di pietoso consentimen-
to ; il sangue non e acqua. Ancor io son padre , e ho provato per
espcrienza
— Non e possibile , sigaor Traiano mio ; Io interrupp' ella con
grandissiina veemenza; non e possibile che abbiate provata mai
la millesima parte delle angustie che tormentano me , per conto di
questa mia cugina e figlioccia carissima. Ma dite : vi sembra che el-
la mi ami? che abbia fiducia nella mia tenerezza? che sia persuasa
del bene che le voglio? dell' affetto materno con cui m' ingegnero di
farla felice? Cioe, che dich' io felice? la felicila non e frutto di questo
mondo ; e io Io so , oh Io so pur troppo! ed ella, con tante ferite in-
sanabili nel vivo deH'anima, ella non sara mai feiice. Ma di render-
la meno infelice che io possa, questo si. Or ditemi la verita : vi par
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861
cgli die la mia Flora creda a quesle buone disposizioni del cuore di
sua sanlola?
— E come no? mi meraviglio!
— Ah, dunque ella non mi odia, non mi esecra, non mi detesla?
— Che dice, signora? deteslarla! odiarla!
— 0 sciocca, sciocchissima me! soggiunseladama contorcendosi
e picchiandosi in fronle con doloroso atlo ; io sono mezzo svaporala
del capo. Signor Traiano, compalite alia mia fiacchezza : dunque di-
cevamo... che cosa dicevamo? ah, che questo bell'angelo si fida in-
teramenle di me, non e vero?
— Certo ; e sempre che mi ha parlato di vostra eccellenza, lo ha
falto con mostre di un' affezione singolarissima. E poi la sua letteri-
na, ella 1'ha ricevuta.
In sentir cio , la matrona fece uno strillelto , .si chiuse il volto
nelle mani e diruppe in un irrefrenabile pianto. Traiano, tutto com-
preso da sbalordimento, a chetarla , a consolarla, a supplicarla che
si (iesse pace. Ma niente valeva: la signora aveva sciollo il corso al
profluvio delle sue lagrime , e le spandeva tra singulti e gemili che
non ammeltevan misura. Lucilla la quale , dopo avvisata la madre
dell' arrivo di questa dama, con puerile curiosita, s' era posta a far
capolino e origliare e adocchiare tra lo stipite e la porliera della
bussola , come vide quel pianto , ricorse a Maddalena , che intanto
s'era un poco raffazzonata per presentarsi alia forestiera con qualche
maggior convenienza: e riportatole ogni cosa, la tirava che foss' en-
trata a toglierd'impaccio il padre, e a sedare i singhiozzi della pian-
gente. La donna esitava: ma in ultimo scotendo la gruccia della ser-
ratura, e chiesto sottovoce: — E permesso? otlenne d'essere intro-
dolta, e dietrole la fanciullina che si fermo a un canto, tra il dossale
di una poltrona e lo spigolo di una lavola.
Alia \1sla di Maddalena, la signora subito si asciugo gli occhi e
la faccia , si rizzo , le si mosse incontro , e con affelluose rnaniere
la prego di sedersi al suo fianco , mentre chiamata a se la vezzosa
bamboletta si fece ad accarezzarla, quasi per dislrarsi e dissimulare
1' allissima turbazione che 1'occupava. — Vi ringrazio; le disse poi
lostamenle che quella si fu assisa ; di tanta provvidenza che vi
LA POYERELLA DI CASAMAR1
siete presa della miapovera orfanella. Appena ho avute le lettere che
m'informavano di tutte le disgrazie, mi sono precipilata in Roma per
pigliarmela io; giacche ora ella e nria. lo era partita dal Cairo quan-
do giunse la prima ; e siccome nel ritorno volli , per mia divozione,
fare il pellegrinaggio di Terra santa ; cosi i padroni, degli alberghi,
ov'io fui di stanza nel Cairo e poi in Alessandria, me la inviarono a
Gerusalemme. Arrivo tardi ; e io era gia in Coslantinopoli ammalata.
Quando poi il signor Traiano mi scrisse la seconda yolta nel Mag-
gio; questa rifece il medesimo giro, e rivenne in Francia con quella
prima. Corlo : io non ebbi queste due e la lerza , che era diretla a
Bordeaux, se non cinque giorni fa ai bagni d' Hombourg. Allora fi-
guratevi i miei stupori, le mie ambasce! Ho troncata a mezzo la cu-
ra delle acque, ho lasciato la tutto, e sono volata qui con un crepa-
cuore e un' ansieta, che io non potrei esprimervi. Oh questa fan-
ciulla quanto e cara ! Ditemi , signora buona , e la mia Flora come
sta ella? dov'e? si fosse accorta che io sono in casa? yogliam farla
yenire? io....
— Nossignora ; sallo fuori a rispondere con franca ingenuita la
pultina: il medico ha proibito....
— Zitta la! die Traiano sulla YOCC a quest' arditella.
— II medico! sclamo la dama, perdendo ogni colore nel viso; che?
ella e dunque malata !
— E stata; disse prontamente Maddalena; ma ora pero, grazie a
Dio, si c rimessa e s' e inoltrata benino nella convalescenza.
— Non se ne rattrisli , per carila ! insistette anch' egli Traiano ;
che non e stata proprio una malatlia di carattere , ma , secondoche
definirono i dottori nel consulto che feci fare, un mal di slagione. In
pericolo, parlando a rigor di termini, non ci e stata mai. Ella, tan-
to buona com' e , pretese che ad ogni patio le si amminislrassero i
sacramenti : e il Curato , piu per contentarla che per allro , le fece
portare il sacro Yiatico. Ma 1' eslrema unzione non credetle mai di
dovergliela dare , e non 1' ha ricevuta. Adesso poi siamo a cavallo.
Ella e quasi del tulto senza febbre.
— Quasi? che odo! non siamo dunque al termine ; replico la da-
ma in attitudine di sgomentata ; ah povera me ! su, conducetemi da
lei; la voglio vedere.
RACCONTO STOBICO DEL 1860 E 1861 453
— Ancliam piano , signora mia ; ripiglio Maddalena invitandola a
risedere, perche gia s'era levata con impeto ; di qui a un momento,
ella potra cntrarlc in camera. Ma in prima faccia die avvertiamo Fio-
retta del suo arrive, e la prepariamo alia visila ; se no , questa sor-
presa potrebbe commuoverla troppo, e farle del male assai.
Ella , dopo alcune altre parole , si acconcio al desiderio pru-
dente della sayia donna : ma in quella cbe Traiano parti vasi dal sa-
lolto , per recare la nuova a Maria Flora e apparecchiar 1' animo di
lei al ricevimento della cugina, questa si mostro impazienlissima di
almeno vederla senza esser veduta. Si contese un poco dall'una par-
le e dall' altra : ed infme si delibero cbe , rimanendo socchiusa la
porta della camera , la dama vi si appressasse e vi gitlasse dentro
un'occhiata furtiva, ma nulla di piu, per non inlorbidare sprovvedu-
tamenie la tranquillita della giovinelta.
Come fu convenulo, cosi si fece. Nel punto cbe Traiano, posto it
piede ollre la soglia della stanza, si approssimava all' inferma, la
signora cbe, per la smoderala inquietezza, non aveva membro cbe
tenesse fermo, sorrelta da Maddalena, si avvicino al fesso della por-
ta, e guardo con una bramosia cbe non si potrebbe dire. Ma che vi-
d'ella? Vide in una cameruccia monda e ben custodita, un letto
biancbissimo e giacenlevi, col dorso volto a cbi entrava, un'ombra
con la testa affondata in due alii e soffici origlieri. La luce YJ era
temperatissima : tale per altro cbe lasciava discernere, alia deslra
sponda del letlicello , un tavolinuccio ; e suvvi un €rocifisso tra due
candelieri di cristallo, alquanle immagini sacre e, in un yaso di por-
cellana dorala, unaciocca di rose. A un angolo, presso la tenda deJ-
la finestra, stava una giovane seduta e intenta a cucire. Questa era
Flaminia, la quale, all'ingresso del padre, si alzo prestissimamente e
gli fe cenno di non ziltire; perche, mormoro ella: — Dorme!
Se non cbe il passo gagliardo delTuomo e la scriccbiolata cbe diede
la seggiola di Flaminia, destarono Maria; la quale era anzi assopita
in un leggeri dormiveglia, cbe sopraffatta dal sonno. In quell' atto del
riscuotersi, ella si rivolse tostamenle la d'onde avea inteso il romore,
e scorto Traiano, sollevo il capo yerso di lui. Allora la dama si sfor-
26 di mirarla in faccia. Ma'nell' aguzzar gli occbi, per fissare queJ
454 LA POVERELLA DI CASAMARI
visiuo smunto e pallido come cera, se li senli annebbiare, e una tale
stretta 1'assalse, che peno a reprimere uno strido di orrore; esen-
z allro si abbandono quasi svenuta sul braccio di Maddalena , che,
sostemitala falicosamente, la ricondusse nel salotto.
LXVII.
Se noi fossimo vaghi e avessimo agio di filosofare sopra le biz-
zarre YicissUudini, delle quali la scenica apparenza che chiamiam
vita umana, e cosi spesso intrecciata, questa cugina della poverella
di Casamari ci aprirebbe un campo assai largo, da fare considerazio-
ni forsenon inulili pe'leltori. Questa donna gia si orgogliosa, si ven-
dicaliva e, diciamolo pure, si fieraraenle spietata di Pellegrino e del
sangue suo, ch' ella avea trabalzalo nel fondo della miseria: questa
donna gia colanlo invidiata nell' auge della forluna, cotanto superba
del suo nobile sposo, colanto lieta di una prole bellissima che era
ogni amor suo, lanto corteggiata, tanto avvenevole, ianlo ricca che
nuotavanelledelizie: questa rnedesima donna, ravvolla presentemen-
te in gramaglie ch' ella non ismettera piu, perche vedova del marito
e orba de'due suoi figliuoli, raminga pel mondo in cerca d'un clima
che le addolciscagrimmedicabili dolori d'un male che non ha nome,
in preda ad una Iristezza che non cede a conforli , rosa dal dente di
un rirnorso che non le da tregua, affamata di feiicita non ostan-
te la opulenza del suo patrhnonio, e accorsa ora di lontanissimo ia
Roma, nella casa di un ignolo, a palpitarvi, a gemervi, a spandervi
lagrime d' ineffabile tenerezza sopra 1' orfana fanciulla di quel Pelle-
grino, che ella s' era dileltata di calpeslare, d' impoverire, di anni-
ehilare ; questa cosi fatta donna, esempio \ivo e spirante dell'instabil
essere delle cose che passano, sembra a noi che fornirebbe copiose
anella per una catena di aurei documenti, la quale porterebbe il pre-
gio di esser composta. Ma non avendo noi qui spazio di fare una la-
le composizione, pregheremo chi legge a farla egli da se con ogni
suo comodo; e noi, paghi di avergli indicata questa bell' opera, ci
affreUeremo di riprender in mano il filo del racconto.
RACCONTO STOHICO DEL 1860 E 1861 455
Nel mezzo tempo andato, fra 1' arrive della giovinelta Maria Flora
c qucllo cli colesta dama sua parenle in casa del nostro Traiano ,
questi non era gia stalo oxioso : ma a convenevoli intervalli avea-
le spedile letlere, per farla avvertita dei casi dello sventurato cugino
e dell* abbandonamento dell' orfanella sua figlioccia , ridotta a non
avcre piu alcun rifugio nel mondo, salvo die la carit& di lei. E nel-
1'indirizzarle queste prolisse lellere, che erano quasi per intero Tuna
copia dell'altra, egli si era altenuto ai ricapili somminislraligli da
Pellegrino, Intanlo pero che si stava nell' aspetlazione di una rispo-
sta che non veniva mai, le anguslie si dell'ospile giovinelta, come di
Traiano e di Maddalena, erano grandi ; a cagione segnatamente di
quello spirilo turbolentissimo di Flaminia, la quale , con le sue per-
lidie, metteva in croce la buona fanciulla , e in soqquadro tutta la
famiglia.
Noi toccammo del lermine a cui erano giunte queste vessazioni,
sopra le quali non ci place cli essere troppo particolari : ma baslera
il ri pete re che effettlvamente riuscivano affatto affatto intollerabili'
alia innocenle perseguitata, conlulloche eS!a fosse cosi mite per tem-
pera di natura e cosi riguardosa per isquisiiczza di civilla. Ouella
' poverina poi Ian to piu amaramenle se n'affliggeva, quanto che ben
capiva d' esser ella occasione involontaria di continue baruffe , di
rimbrolti , di scandal!' e di scene disgustosissime fra la intrattabile
figliuola da un lato, e il padre, la madre e la piccola sorella dall' al-
Iro: Ma senza pro. Conciossiuche tulle le ire e lutli i risenlimenli di
quella proterva, sempre si scaricavario centre di lei. E non a parole
sollanto, si bene a falli: cbe non di rado la schiafleggiava , la bat-
leva co' pugni e, non potendo peggio, le si avveutava sopra e, qua-
si rabbiosa ligre, con morsi e grafli le lacerava il collo e le braccia
e svellevale i capegli. E la paziente, non che pensasse a difendersi
da tali sevizie, ma con le lagrime agli occhi si contenlava di suppli-
care la manigolda, che almeno non la percolesse e graffiasse nel vol-
te ; acciocche le visibiii grailialure non facessero andare sulle furie
il padre, e incollerire la madre : la quale s' era posla davvero a ren-
dere pan per focaccia alia besliale figliuola, ogiii qual volta si ac-
corgeva che' ella avesse malmenata Maria.
456 LA POVERELLA DI CASAMARI
Per questo aggravamento di pene d'animo e di corpo, avvenne
della tapina, affranta gia da passion! si agre e diuturne , quello che
poteasi prevedere : cioe ch' ella cadde in una debolezza nolabile di
Jutte le forze, e in frequenli deliquii che si studiava di occullare con
ogni sua maggior diligenza. Ogni di piii ella si sentiva mancare. A
niuno pero ardivasi di scoprire questo suo affievolimento, che le in-
.generava un mal essere inesplicabile di lutta la persona , per tema
di non parer fisicosa. Tultavia presto all' indebolimento e ai deliquii
ienne dietro una sotlil febbricella, la quale comincio riarderle il san-
gue , addolorarle il capo e infralirle i nervi per niodo , che non si
reggeva in piedi, e seduta non trovava postura che le si confacesse.
Di che ogni momento doveva intermetlere il lavoro : e inoltre ell' e-
ra in una smanielta perpelua, che le bisognava uno sforzo eroico a
dissimularla. E niente di meno fece queslo sforzo, e si porto indos-
so la febbre e la seppe nascondere due giorni : e 1'avrebbe nascosta
qualche altro tempo, se Maddalena , ita per sorte nella sua camera,
non 1'avesse colta nell' atto di uno sfinimento che la fece rabbrivi-
dire. In vederla traboccata giu dalla sedia , con la testa appoggiata
alia spalliera di un prossimo canape, con le guance smorte, gli oc-
chi semispenli, un braccio spenzoloni e 1'altro puntalo nel pavimen-
to , essa mando un grido e tosto le si chino sopra per sollevarla. A
quell' urlo corse la fantesca, corse Traiano che slavanel suo scritto-
io, e corse anch' ella Flaminia. — Ah , povera creatura ! sclamo la
donna posandole una mano in fronte, mentre la rialzava per collocar-
3a nel canape ; scotta che ella sembra un fuoco rovente.
— Dio buono, che febbre ! soggiunse Traiano tutto spaurito dopo
toccatole il polso ; qui ci vuol il medico ; presto ! inelletela in letto e
si chiami subito il medico.
Flaminia era diventata bianca bianca come di carta , e avea 1' af-
fanno; e guardando il sembiante incadaverito ma placidissimo di
Maria, le veniva il singhiozzo, e poi tremava tutta e con gli occhi u-
midi ed accesi e con un vocino fioco e appannato : — 0 Dio ! mam-
ma, che sara? chiedeva alia madre che era affaccendala in prepa-
rare il letto.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 18G1 457
-Ah, trista! che sara? tul'hai falla ammalare, brulta.... uhm!
or sei conlenta? Va, non restar qui con le mani in mano a farmi le
smorfie ; corri a premiere 1' aceto de' selte ladri e bagnagliene le
tempie e le narici. Via, figlia , dalti attorno anche lu. Ub, povera
Fioretta ! chi sa da quanli giorni si doveva senlir male, enon mi di-
ce va nulla.
La figliuola and6 e torno^on la bocceltina dell'acelo. Poi assisasi
allato della svenuta, le alzo delicalamente la testa, se la reco in se-
DO, la miro e rimiro in vollo con guardo di atterrila compassione ; e
in quella che, slurata la boccetla, gliel'apponeva alle nari, presa da
un impeto di cuore , s' inchino a baciarla e a ribaciarla in fronle, e
sospiro e pianse ; e le sue lagrime gocciolavan bollenli sulle gote Ian-
guide della poverella, il cui capo alienato da' sensi ella tenevasi
slretto in grembo. — Si eh? adesso piangi? la rimprovero Madda-
lena ; queste son lagrime di coccodrillo. Ci vuol altro che piangere !
ah Vergine mia santa ! quasi che io non te lo avessi delto e ridetto
cenlomila volte, brulta fastidiosa, che lu avresli finito con farla
schiattare questa innocente ! Dio te lo perdoni : ma se ella ci muore,
tu ne sarai in colpa ; tu, capisci? tu; e per le, se yuoi salvar l'ani~
ma, non resta che chiuderti in un convento a far penilenza tutta la
tua vita. 0 si, ya, seppellisciti davvero tra le cappuccine; e possa
io perdere il lume degli occhi, se yersero una sola lagrima per dis-
piacere di te! Oh, 1' ingrata! io non so proprio chi mi tenga, ch'io-
non ti scagli contro tulle le maledizioni che puo dare una madre a
una figliuola assassina !
II che udendo, Flaminia scroscio in un pianto si sconsolalo, ch'el-
la ne inondava tulto il viso di Maria Flora, e Ira i singulli e i ruggi-
ti: — No, mamma; rispondeva pesiando de'piedi in terra; tacete,
per 1'amore di Dio, e non mi fulminate maledizioni, che io non le fa-
ro piu male, e vi giuro che le vorr6 sempre bene , e 1'amero piu di
me stessa.
158 LA POVERELLA DI CASAMARI
LXVHI.
Un' ora dopo sopragglunse il medico, e fu introdotto nclla stanza
della inferma gia colca e appieno rin\7enuta nei sentiment!. EH' era
serenissima di aspeito e aveva un riso angelico sulle labbra. Flami-
nia le sedeva al capezzale liitta infiammala in faccia, e con le vesti-
gie ancor fresche del gran pianto che avea versato. II doltore le fe-
ce il solito interrogatorio , e quando intese la fanciulla confessargli
ingenuamente, che da un pezzetto in qua paliva deliquii: — Scioc-
chezza a non dirlo in tempo ! esclamo volgendosi con gravila a Traia-
no. Relaxaliones spontaneae proximum morbum praenunciant; inse-
gnava la vecchia scuola salernitana ; ed e apotemma infallibile.
— Sara cosa da poco ; non e vero , signer dollore? gli dimando
Maddalena.
- Eh, spcriamolo! questo si vedra. La febbre c' e; or badiamo
a vincerla.
— Signer dottore, io non vorrei dare troppo incomodo; gli dis-
se allora Maria ; tanlo e tanto io so quel che ha da essere di me. A-
vrei piu caro cbe ella mi ordinasse i sacramenti, che non i rimedii
degli speziali.
- Che sacramenti? che sacramenti? soggiunse il dottore con una
scrollatina di spalle; non mi sembra che abbia da occorrere di or-
dinarveli.
— Si figuri ! incalzo la donna ; non e per anco una settimana che
io la condussi a fare le sue divozioni.
— Niente , nienle ! replico il medico sul partire ; voi eseguite le
prescrizioni e state di buon animo, che non sara nulla.
Nonpertanto la febbre viepiu ingagliardiva , e il medico era im-
pensierito e la maslicava male. Flaminia piu la gra\ila del morbo
cresceva, e piu si raumiliava, a tale che il lerzo giorno ella non
sembrava piu quella dessa di prima. Non si voleva discostare mai
dal letlo o dalla stanzuccia della malata; e sempre le era daltorno ad
assisterla, a servirla, a vezzeggiarla e soprattulto a chiederle mille
scuse di averle usati, senza nessuna ragione, cosi rei traltamenti, i
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 459
quali ora le davano un rimorso che non ne avea requie. E siccome
la virluosa Maria si prolestava di non avere che condonarle, e la
cerlificava, con candore bellissimo di atli e di delti, dell' amor suo,
e d' essersi scordata di ogni cosa; percio 1'allra addoppiava le dimo-
strazioni d' affelto ; sino a chiedere istantissimamente al padre e alia
mad re e ad ottenere di far essa le noltate all' inferma; o almeno di
dormire nella sua medesima camera, per esser proiita a qualunque
cenno di lei.
Ma quando la malaltia principi6 voltarsi del lutto alia peggio, in
guisa che i medici, convocati da Traiano a una consultazione inlor-
no la giovinetta, stimaron prudente che, innanzi il giorno crilico della
vita di lei, le si amministrasse il sacro Viatico ; le ansieta, i terrori,
le disperate angosce di Flaminia non ebbero piu confine. Ella errava
di stanza in istanza dandosi in fronte, traendo lai e baltendo pal-
ma a palma, con esclamazioni e compianti, che non era possibile di
chetare. — Ahime, che 1' ho uccisa io ! o povera Fioretla, viltima
delle mie crudella ! Ella tanlo buona ! ella un angelo ! e io sua carne-
fice ! 0 me misera, io sono perduta, io vivro maledelta come Caino !
Dio , misericordia ! — E a mo' di forsennata si buttava nelle brac-
cia ora della serva, ora della madre, ora del padre gridando pieta,
distrecciandosi le chiome, e ricusando ogni mauiera di consolazioni.
Sopravvenuto il padre Eusebio suo zio, gli corse incontro come una
furibonda, gli si prostro ginocchioni ai piedi, glieli serro tra le ma-
Di, e piu coi singulti che con le parole, Io scongiurava che egli, tanto
buon servo di Dio, impetrasse dal Signore la guarigione di Fioretta;
che ella si obbligava con voto di converlirsi, di chiudersi per otto
giorni a fare gli esercizii spirituali nel monastero del Bambin Gesu,
o a Villa Lante, e di mutar portamenti si che egli non la riconosce-
rebbe piu. — Ma per quanto amate il Signore e la Madonna , deli
zio mio, fate questo miracolo ! bcneditela col cordone di san Fran-
cesco , con la reliquia della Croce , con quella divozione che giu-
dicnte meglio; ma guaritemela, guaritemela! oh si, guarilemela,
aflinche io non abbia da \1vere col rimorso di aver ammazzata que-
sta celeste creatura, che io sono indegna di pur nominare I
460 LA POVERELLA DI CASA.MARI
Ricevuto che ebbe il Viatico, da lei chiesto e richiesto gia con un
desiderio intensissimo, la pia fanciulla, comeche oppressa dalla vio-
lenza del male, si fece phi ilare e tranquilla che non fosse dianzi;
quando, pe' raccapricci dell'assalto febbrile, penosamenle si dibatte-
va. Flaminia le s'era confitta a sioistra del capezzale e lassa di me-
nar guai e di atlapinarsi, le avea posto un braccio sotto del collo, e
stava cosi riguardandola con infmita commiserazione , e mormoran-
dole parole amorose, conforme le dettava il cuore. Traiano enlro in
punta di piedi per salutarla. Maria garbatamente lo risalulo, gli sor-
rise e aggiunse, che mentre Gesu Crislo era nel suo pello, essa lo a-
veva pregato molto per lui e per tutta la faraiglia sua : ma che in
delo si riserbava di conlraccambiargli i benefizii smisurati, che egli
le avea fatti con carila di vero e buon padre. Ai quali detti I'uomo,
inteneritosi fino alle lagrime, senlendo cbe la commozione gli anno-
dava la gola, si coperse gli occhi col fazzolelto e singbioltendo si ri-
iiro. Dietro di lui venne Maddalena tenendo Lucilla per mano, e ve-
niva con Y intenzione di accomiatarsi da lei per l'ullima volta ; giac-
cbe temevasi cb' ella da un istante aH'allro cadesse in delirio, e da
questo non si riavesse piu, nemmanco nell' agonia. Al parlar pieto-
so e carezzevole della donna , Maria corrispose con una lencrezza
clolcissima : bacio lei, bacio e ribacio Lucilla , ascolto alcune grazie
cbe Maddalena la supplicava di ottenerle da Nostro Signore , quan-
do ella fosse nel suo beato amplesso; e promise cbe avanti si sareb-
be dimenticata di se , che di lei sua seconda madre e benefattrice
carissima. Ond' e cbe Maddalena use! dalla stanza che non poteva
piu allenare, tant' era il groppo che le s' era formato alle fauci , per
la veemenza degli affetti che 1'agitavano.
— E voi, Flaminia, quali commissioni mi date voi pel paradiso?
la interrogo 1' inferma, tosto che gli altri si furono slontanali.
— Una sola ; che Dio mi perdoni il gran male cbe vi bo fatto ,
come voi me lo avete perdonato. Ob si! impetratemi questo, e io
mi porro in pace. Voi , ridatemene la sicurta, mi perdonale di cuo-
re , eb?
— Ma io non ho che perdonarvi. Yoi non mi avete fatto del ma-
le ; anzi del bene : e se il Signore ha permesso che ci fosse qualche
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 461
screzio tra me e voi , c!6 e stato in pena delle mie colpe. lo debbo
chiedere perdonanza a voi.
- Delle voslre colpe? ah, voi colpe? vorrei averle io le vostre
colpe ! Yoi , Fioretta mia , siete un angelo , e vi si vede negli occhi
1' innocenza baitesimale.
— Non dite questi spropositi. Ad ogni modo noi ci perdoniamo i
nostri mancamenti a vicenda. Or toglielemi una curiosita. Qual e
slalo il difelto mio che piu vi ha offesa?
— Crediatemi , che in voi non ho scoperto nessun difetlo , e che
voi non mi avete recala mai 1'ombra di un'offesa.
— E impossibile. Voi ftogete per timore di farmi noia, e invece
k) guslerei assaissimo di sapere la verita.
— Or bene , la veri& e come v' ho detto.
— No, Flaminia, questo non puo essere. Se io, cerlo senza vo-
lerlo , ma pure se io non vi avessi data cagione di fortissimi dispia-
eeri ; voi mai e poi mai non vi saresle adontala meco. Siate adun-
que sincera.
- Parliam d'allro. Gradireste bagnarvi la lingua con un sorsel-
lino di questo sciloppo di viole?
— Si ; ma dopo che mi abbiate falta la grazia che vi domando.
Se mi amate , non me la dovete negare.
— Ma che v'ho a dire, beU'angiolelta mia? bugie?
— 0, raai bugie ! la verita, la verita. Perche vi siete sdegnata
cosi spesso con me? Questo vi prego che mi diciale.
— Perche io sono cattiva , mai educala e senza cuore. Ti basta,
Fiorelta? ecco la verita. Non mi costringere a dire di piu , se no la
faccia mi cascherebbe dalla vergogna , e tu n'avresti scandalo inu-
lilmente.
— Non mi basta. Voi accusale voi stessa, e io bramerei che ac-
cusaste me , e con ogni franchezza di arnica mi svelaste i torli che
io ho con voi , per potermene penlire : giacche mai non ho avulo
tanto lume, che io li conoscessi o gl' indovinassi.
- Adunque lu mi vuoi proprio mellere tra 1' uscio e il muro ?
- SI, per maggior quiele dclla mia coscienza. Parlate.
— Io mi vergogno.
IA POVERELLA DI CASAMARI
— Ma di die?
— Mi dai parola che terrai secretissimo quello che io li diro ?
— I morti non \iolano i secret!. Io sono piii di la che di qua:
che temere?
— Persuadili , sorella mia cara , che io pazzamente ti ho perse-
guitata , non perche tu me ne dessi appiglio , ma per questa sola
cagione, che tu mi facevi invidia. La lua bellezza era il pruno che
pungeva questi miei occhiacci maligni. II senlire tulle le persone che
venivano a Irovarci lodar te per bellissima, e mia madre far loro i
panegirici della lua bonta ; si che tu eri la bella e la buona di casa,
e io niente ; mi empiva 1'animo di un veleno, che io non sapeva co-
me sfogarlo. Nellafesta poi di san Filippo Neri, allorche udii con
le mie orecchie dire dielro a noi che tu eri una Stella , e che io
scompariva al paragone di te ; m' inviperii lanto, che giurai in cuor
mio di farli parlire , per non avere queslo lormento di una rivale
che tulli mi preferivano. E non avendo poluto conseguire che te ne
andassi, per mera stizza di gelosia ti maltratta^a. Yedi , Fiorella
mia bella , quanto io sono perversa? Questa e la verila pura : quel-
la medesima che piangendo ho delta al confessore, ier 1'altro, quan-
do in chicsa feci le mie divoziorii aU'altare della Madonna, per sup-
plicarla della lua guarigione. Oh , m' e costato il dirtelo ! ma tu ac-
cetta questo mio rossore, in soddisfazione di lanti oltraggi con cui ti
ho straziala.
II dialogo non procede oltre. Ambedue restarono si confuse, 1'una
delle manifestazioni che il pentirnenlo strappavale dalla bocca , e
1'altra delle novissime confidenze che ascoltava ; che, rotto il discor-
so, pensarono meglio di riabbracciarsi in segno di perfetta concor-
dia, e di seppellire nel silenzio lutto il passalo. E noi allresi farem
punlo su quesla cosi schielta rivelazione ; della cui contenenza coloro
solamente prenderanno meraviglia , che ignorano quale abisso di
frivolezze sia un cuor muliebre \uolo di Bio. E fino allora , lale era
slato il povero cuor di Flaminia. Ma or ch1 ella fa senno , or che
implora perdono dal cielo e dalla terra, or che Io impetra larghissi-
mo dalla slessa vittima delle sue barbare gelosie ; e voi che leggete
e noi die scriviamo saremmo ben duri, se anche noi non glielo con-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861
ecdessimo ; e per prova, non islendcssimo un velo sopra quesle sue
deplorale stollizie.
Quel giorno senlenziato dai medici come crilico per la viladi Ma-
ria Flora, Irascorse men lorbido di quel che i pronoslici aveano falto
credere : e quindi la iufermila venne grado per grado miligandosi a
tale, che lutti nella casa concepirono ollime speranze del suo ricove-
ramento. Ne, a scemarle, valeva un resticciuolo di febbre che le ri-
inaneva pur sempre in dosso , e che non c' era modo di staccarle ,
per mollo che 1' arle \i si adoperasse. Del che il signer dottore in
verila non era senz' apprensioni. Ma le sapeva colorire con si belle
frasi, ch'elle non Irasparivano. E per cio il conlentamenlo di Traia-
no , di Maddalena e sopra tuili di Flaminia era grandissimo ; non
oslanle che la malata facesse viso d'incredula, e rispondesse ai ral-
legramenti corauni : — Adagio, adagio coi mirallegri ! Non canliam
il gloria, prima che sia fmito il salmo.
— Eh ! ma voi state benino, siete fuori d'ogni pericolo.
— Ouesto s'ha da vedere. lo non sono ancora uscila di casa coi
miei piedi.
— Ne uscirete: lasciate che passi qualche altro giorno, e poi
andremo a fare una bella passeggialina sul Pincio, mela in carrozza
e meta a piedi.
— Sul Pincio? ah, ah; eccolo il mio Pincio ! eindicava gaiamen-
te il cielo con gli occhi ; lassu e chi mi aspella ; lassu e chi mi
chiama. lo debbo volarci e presto, e presto!
Ta.l era la condizione di lei, quando improvvisissimarnente arrivo
la cugina, per prenderla e condurla seco.
RIVISTA II
BELLA
S T A M P A I T A L I A N A
I.
Di due yiornali torinesi , la Gazzelta del Popolo ed tVDiriUo,
contrarii alia Convenzione del 15 Sellembre.
La Massoneria, avendo per suoi organ! e rappresenlanli, in ogm
sua manifestazione morale e politica, la feceia del mondo di qua e di
la, e naturale die, anche nella sua manifestazione lelteraria, si debba
servire del giornalismo in generale, che e do che Yi ha di phi basso
nella scala letleraria, e in particolare del giornalismo piu sozzo, piu
sgrammalicato, piu acdabattato e piu abborraccialo. Giornale senza
lingua e senza stile, senza capo nc coda, senza pudore ne fede, e gior-
nale liberale, sono sinonimi, almeno in Italia, dove e ora il fiore della
massoneria attiva. E certo non crediamo dire cosa nuova, ne igno-
rata dagli stessi libertmi, affermando cbe, se ci e in Italia (come, Dio
grazia, ve ne ha parecchi),giornale savio, costumato, bene scrillo,
brioso e che si fa leggere con piacere e senza vergogna da altri che
dagli scostumali e dai balordi, quello e per fermo un giornale codino
o codino almeno in proporzione della bonla letteraria. Giacche egli
accade, che ancor Ira i giornali libertini ci sia la sua gerarchia, la
quale si riconosce al solo fmlo letierario ; polendosi dire che quan-
to un giornale e meno provetto nell' ordine liberalesco , tanto e
meno scempio nell' ordine lelterario ; rimanendo , com' e nalurale ,
RIYISTA BELLA STAMPA ITALIANA 465
Fonore della scempiaggine sommaai giornali presbiteriani : sepure
ne sopravvive ancora qualcuno alia careslia di associali, che li con-
dusse quest' anno pressoche tulli al sepolcro morli di fame. Queste
cose dovemrao dire a modo di prefazione ad una Rivisla, che si an-
mmzia di giornali si empii e si sozzi, come i due qui sopra menlo-
\ati. Ma non ci e rimedio. Se si vuol far una rivista di giornale
massonico, bisogna bene andarlo a cercare dove si trova.
La Gazzetla del Popolo e, tra i giornalastri moderali, il piu smo-
derato e il piu affratellato all' ordine dei democratici. II Dirilto, per
converso, e Ira i giornali smoderati e democralici il piu moderate e
il men democralico, e il piu affratellato all' ordine de'moderati. Si
avvera di quesli due giornali il proverbio, che gli estremi si toc-
cano. L' estremo in peggio dei moderali tocca 1' estremo in meglio
dei democratic! .
II qual toccamento ha avuto pure luogo nella quesiione della
Convenzione e del trasporto della Capitale. Soli fra i giornali masso-
nici (almeno tra quelli che sono noli fuori della loro stamperia), soli
la Gazzetta del Popolo e il Dirilto parleggiano per la rollura a pezzi
della Convenzione, e per la restata della Capilale in Torino. Ogni
giorno, dalla prima notizia della Convenzione, e dopo le sanguinose
giornate del Setlembre, que' due giornali hanno pubblicato uno o piu
arlicoli furibondi contro chi penso, scrisse e soltoscrisse quel Trat-
tato. Ogni giorno que' due giornali trovano nella Convenzione qual-
che nuovo vizio e qualche nuovo tranello teso alia rivoluzione. Ogni
giorno que' due giornali eccitano il popolo a prolestare, e i Depulati
a non appro vare la Convenzione.
Si vede pero una differenza radicale tra i due giornali. La Gazzelta
del Popolo, come piu sciocca, mostra chiaro, che ella spera che
i suoi articoli debbano avere qualche influenza sopra gli avvenimenli
g\h tutli decisi prima che avvengano. L'altro, il Diritto, o perche piu
scaltro o perche piu avventato, si vede che scrive senza speranza,
come quei poeti petrarcheschi, che fingono un amore che non hanno,
solo per fare un Canzoniere. Cosi il Dirilto mostra di capire benis-
simo che i suoi arlicoli non faranno nessun effetlo, siccome dee es-
sere naturalmente. Pure scrive per scrivere.
Serie V, vol. XUy fasc. 352. 30 9 Novmbre 1864.
466 RIVISTA
Ambedue i giornali scrivono pero ancora per un allro fine diversa
dali'accennato. Giacche, se non erriamo, ci pare di aver col to in fallo
i due giornali, e di avere, tanto nel Diritto quanto nella Gazzetta,
scoperto il motivo segreto della loro opposizione a cosa che dovreb-
bero intendere (e il Diritto 1' intende) essere inevilabile.
Cominceremo dalla Gazzetta. Essa e di buona fede nella sua op-
posizione. Essa crede seriamente che la Convenzione e un male e
clie il Irasporlo della Capitale e peggio. E inutile cbe citiarao qui
lunghi testi. Sono ormai due mesi, die in essa si legge ogni giorno
un arlicolo o due contro 1'una e 1'altro. Carlo Pisani ( che si sotto-
scrive G. P. e si chiama dai Torinesi il signor dpi) ha preso per se
la parte degli argomenti serii e degli affelti. Qualche volla vuole
scherzare, ma non ci riesce, piu che quell' asinello della favola,
che voleva imitar le carezze del cane di casa. Chi fa con piu garbo
le carezze, e il Borella: che, alia sua volta, tenta di quando in quan-
do il grave e I'affettuoso, non senza eccitar allora le risa piu che
quando le vuol cavar a forza. I/ accigliato dpi e il buffone Borella,
ambedue sono pero d' accordo nel maledire alia Convenzione e a chi
lf ha fatta.
Or perche questo? Giacche a prinaa vista par cosa strana che il
coro massonico che appro va la Convenzione abbia questa corda slri-
dente e discordante. Or non si sa egli che la Massoneria ha la paro-
ia d' ordine e dee obbedire a bacchetta ? Come va dunque che la
Gazzeita delPopolo, dimenticatasi dell'obbedienza cieca e del perin-
de ac cadaver, osa pensar da se in cosa d'importanza contro 1' ordi-
ne de' superior!? Tanto piu che appartenendo essa , benche neil' in-
fimo grado, al gran partito moderato, Cavuriano, unitario o qualun-
que sia ii nome che ora gli compete , e lanto piu obbligata a non
scostarsi daH'opinione appunto di quel partito e dei suoi capi, che
sono quelli che tramarono la Convenzione. Se essa fosse giornal
mazziniano e democratico, tanto e tanto la cosa si capirebbe. Giac-
che i ragazzi del partito fremente hanno , come tutti gli altri ragaz-
zi del mondo, la massima di contraddire sempre a quello che fanno
i superior!. Ma un moderato!
Questa opposizione della Gazzetta parrebbe dunque inesplicabile,
se noi non 1' avessimo , come dicevamo , presa in fallo, cogliendo ai
BELLA STAMPA ITALIANA 467
\olo la vera ragione, che essa si lascio fuggir di bocca, per la quale
qucsla volta si e ribellata all' aulorita dei superior!, incaricati di pen-
sare a nome di lulti i framassoni sudditi.
E la ragione sta celata nei seguenti tesli, nei quali essa ha procu-
rato di nascondere ai profani il suo pensiero , manifestandolo pero,
come in iscorcio, agli iniziati. Dunque nei suo n.° del 1 Otlobre essa
disse e sottoscrisse (scrivendole in corsivo) le parole seguenli, recate
a scusa della sua opposizione alia Convenzione : « Siate certi che
non dimenticheremo mai che sono Iroppi e troppo cresciuti i congiu-
rati alia perdita d' Italia. »E nei n.° dei 3 Oltobre: «Torner& dolo-
roso che con tanta inconsideratezza sia stata esposta alle lentazioni
una provincia (il Piemonle), rimastavi pritna d' ora inaccessibile. »
Che cosa significano quesli tesli ?
Per intenderne bene il senso conviene premeltere quello che del
resto non e nuovo a sapersi, cioe che la cosi delta unila d' Italia e
un milo , un apologo , un modo di dire, che in realta non esisle ne
puo esistere. L' unila d' Italia si puo Irovare dipinta al vivo nei Pro-
messi Sposi, dove essa e rappresentala in quelle galline che Renzo
porto in regalo all' avvocato Azzeccagarbugli. « Agnese (narra il
Manzoni, che come fuluro Senatore del Regno dovette forse avere qui
un po di preveggenza politica ) Agnese levo a una a una le povere
« beslie dalla slia, riuni le loro otto ganibe come se facesse un
« inazzetto di fiori, le avvolse e le strinse con uno spago e le conse-
« gno in mano a Renzo. » Cosi furono prese le povere varie parti
d' Italia; cosi furono riunite per le zampe come se si facesse un
mazzelto di fiori; cosi furono avvolte e slrette collo spago piemonte-
se. Segue opportunamente il Manzoni dicendo : « Lascio pensare al
lettore come dovessero stare in viaggio quelle povere beslie cosi le-
gate e teniile per le zampe a capo all' ingSu, le quali intanto s' inge-
gnavano a beccarsi 1'una con 1'allra, come accade troppo sovenle tra
compagni di svenlura. »
II Manzoni Senatore del Regno capira meglio di noi quanto bene
egli abbia qui profetalo dell' unila d' Italia. Pare proprio vederle
quelle povere Capitali, Napoli, Firenze, Milano, Modena, Parma,
legate col capo all' ingiu « beccarsi 1' una con 1' altra, come ac-
cade tra compagni di svcntura ». E certo se a quelle povere bestie
168 EIVISTA
o Capital! si sciogliesse lo spago che le lega per le zampe, e sicu-
rissimo che ognuna fuggirebbe chi qua chi la. Ma il vincolo dello
spago piemontese finora le riuni e strinse bellamenle come un maz-
zo di fiori.
Or che vede nella Convenzione la Gazzetta del Popolo? Vede la
rottura dello spago piemonlese, lo svincolamento delle zampe , la
fuga delle povere beslie. E lutto cio vede a molto buona ragione.
Giacche chi fece qaesto vincolamento di unita forzata? II Piemonte
coi suoi uomini vuoi di senno vuoi di mano. Senza il Piemonle 1'Ita-
lia non sarebbe.il Piemonte diede i diplomatic! traditori, gli eserciti
invasori, i danari corruttori. II Piemonte fece tutlo. Ora che lulto e
fatto, viene la massoneria e dice : Andiamo a Firenze.
« Adagio a'ma'passi, dice qui la Gazzetta del Popolo. Gia sono
Iroppi e troppo cresciuli i congiurati alia perdita d' Italia ! Non ag-
giungiamo anche loro il Piemonte; il quale, come fu il solo a far 1' Ita-
lia, cosi e il solo a goder del fatto, ed il solo a rimanere interessalo a
conservarlo. Se noi disgustiamo il Piemonte , egli si rilirera dall'a-
more d' Italia, e 1' Italia restera abbandonata da lutti. »
E hGazzetta non parla male. Giacche, se e vero che il Piemonte
fatico molto e spese mollissimo in danari ed in uomini per far 1'Ita-
lia : e verissimo parimente che ora almeno ne godeva qualche frut-
to. La gloria e una bella cosa. Ma e un fumo ed un vento, buono al
piu a rinfrescarsi dell'arsura presa nel combattere. Quello che piace
veramente ai moderni eroi delle idee generose non e tanto il fuma
quanto 1' arrosto. Essi hanno preso per se quell' assioma: Nisi utile
est quod facimus, stulta est gloria. Ora , non si puo negare che il
Piemonte avesse vinto al lotto un bell' arrosto. Con questa unila d'l-
talia sotto Torino Capitale ci era di che rimpinguar un poco i forzieri
vuolali colla paga di tante spie e di lanti traditori a Napoli, a Firenze
e allrove. Ci era di che rifarsi un poco di tante fatiche. Percio qual
maraviglia che solo il Piemonte trovasse bella quesla unila d'ltalia, e
ne odorasse la fragranza come di un bel mazzetto di fiori? Napoli
piangeva, Firenze bestemmiava, Modena fremeva. Ma Torino rideva;
consigliava il buon ordine, la calma , la quiete, la sapienza civile.
a Badate alia gloria, diceva egli alle Capitali legate per le zampe col
capo all' ingiu , badate alia gloria dell' Italia una. Non istate a pen-
BELLA STAMPA ITALIANA 469
sare al bene perduto , alia voslra aulonomia e indipendenza bullala
come la primogenitura di Esau per un pialto di lenlicchie. Badale
alia gloria , care Capitali scapitale ; meglio essere cilia di provincia
coll' unita , che Capilali senza unila. »
Cosi diceva fmora il Piemonle. E siccome godeva dell' arroslo ,
cosi era pronto e disposlo a difenderselo con bravura conlro i Te-
deschi, contro i Mazziniani, contro chiunque.
Ma ora ! Chi non vede che ora il Piemonle si vede presso a di-
ventare anch' egli un fiore di quel mazzetlo, che sara odorato da Fi-
renze? L'arroslo muta di spiedo, e il Piemonte resta solo incaricato
di arrostire piu degli altri.
Se prima il Piemonle era solo in Italia a godere dell' unita, come
era stalo il solo a formarla, cosi d' ora innanzi e nalurale che egli
fara coro colla lurba degli allri malcontent! , e porra ogni sua spe-
ranza avvenire nel dislruggimenlo del regno d' Italia, per cosi ria-
vere almeno quello che avea prima : una corte, un Re, 1'autonomia.
Dira laluno: « Succedera Firenze a Torino. Se Torino piangc ,
Firenze ride. Un po' per uno non guasta nessuno. » Bene. Ma se a
far bei periodi cruschevoli e anche, se volele, brave giunlerie al
ghetto , la massoneria toscana riesce quanto e meglio di qualunque
altra, la Gazzetta del Popolo capisce pero benissimo che, se in una
batlaglia campale reslassero i soli Fiorenlini a difendere la loro Ca-
pitale strategica, la slrategica non si sa quanlo gioverebbe. Questo
vede la Gazzetta del Popolo con quell e sue fatidiche parole : « Gia
sono troppi e Iroppo cresciuti i congiurali alia perdita d' Italia I Non
aggiungetevi ancora i Piemontesi » .
E lo stesso dice con quell'altro testo : « Tornera doloroso che con
tanta inconsideratezza sia stata esposta alle tentazioni una provincia
(il Piemonte) rimastavi fmora inaccessible. » E ben naturale che
fmora il Piemonte fosse rimasto iuaccessibile alle tentazioni di rea-
zione, egli che nell' unila vedeva lanto suo profilto lemporale. Ma
ora che egli si vede ridotlo al vcrde, e divcntato, poveretto, molto
accessibile alle lenlazioni. Egli e fieramente tentalo di mandare a
quel paese quesla Ilalia che egli ha falta e che ora 1'abbandoua. Que-
sta e la tentazione piu forte che senlano ora i Piemonlesi. La Gaz-
zetta del Popolo , da femmina esperlissima in tulle le tenlazioni dia-
RIVISTA
boliche, prevede il pericolo e vorrebbe rimuovere F occasione pros-
sima. « Lasciamo la Capitale a Torino (dice ella) : cosi il Piemonte
rimarra conlento e Iranquillo. Lasciamo die il Piemonle corapla
1'opera sua, e rubi il resto d' Italia a sue spese. Quando sara tut-
to falto, allora potremo mandare a quel paese il Piemonte ela sua
dinastia. Ma ora e troppo presto. II Piemonte si stacchera dall'Italia,
e noi andremo lull! a babboriveggoli. »
Questae, in sostanza, 1'argomentazione della GazzettadelPopolo.
Savissima argomentazione : ma inulilissima : perehe la cosa e fatta.
La Convenzione si ha da eseguire, la Capilale da trasportare, il Pie-
monte da disgustare, e 1' Italia da disfare. La Gazzella avra la con-
solazione di Cassandra; di essere slata infelice e non udiia profetes-
sa di mal augurio.
II Diritto invece, giornale democratico e avvenlalo, non vede tanto
innanzi. Egli non hache una sola idea: la repubblica. Allro non ca-
pe il suo cervello. E siccom'egli con qucsta opposizione eke fa alia
Convenzione, intende promuovere la repubblica a modo suo , cosi 6
naturale che si opponga. Egli , come dicemmo e come apparisce
dai suoi arlicoli, non si mostra molto persuaso dell'efficacia della sua
opposizione. Piu scallro in cio della Gazzella , egli capisce che la
cosa non ammelte rimedio. Del resto a lui non importa niente chela
cosa si faccia o non si faccia. Ouello che gl' importa si e di ricavare
da cio che si fara, argomento per la sua repubblica. Se si decidesse
che la Convenzione si ha da disfare e che la Capitale ha da res tar a
Torino, il Diritto si opporrebbe anche a questo. Giacche il suo e ua
jnesliere di opposizione; secondo che egli slesso disse (N.° dei 27
Ottobre) dichiarando che egli ed i suoi debbono essere come il tor-
rente, e rodere continue il terreno del potere esecutivo per allarga-
re r alveo della rivoluzione.
Or qual miglior occasione che questa di rodere il lerreno e allar-
gare 1'alveo? Prima di lutto , maledicendo alia Convenzione, il 7>i-
ritto ha la consolazione di parlar male di due Governi alia volla, del
francese cioe e dell' italiano. Sono occasioni che si presentano di
rado, e che percio bisogna saper cogliere al volo. Poi ha il vantag-
gio di porre in mala voce gli uomini del Ministero Minghetii, unita-
mente a quelli del Ministero Lamarmora. Piu il Diritto riesce a far
BELLA STAMPA ITALIANA
perdcre il crcdilo agli uoraini del potere esecutivo e piu e contenlo.
Oacslo lo capiscc ognuno. Inoltre egli ha cosi anche 1' occasione in-
dirclta di maledire al Re e alia Gasa Savoia. Si capisce chc il Dint-
to qui non osa parlar cbiaro. Ma anche i ciechi hanno polulo vedere
ncl Dirilto i colpi lanciali a chi abbandona cosi il suo paese , la sua
patria, i suoi fedeli suddili e va dicendo. Come si vede, non manca-
no buone ragioni al Diritto per coraballere la Convenzione a profilto
della rivoluzione democralica.
Ma lutle queste fin' ora addotte non sono die ragioni trivial! , le
quali si trovano quasi tulle e quasi sempre in ogni caso. Quesla volta
invece il Dirilto ha una ragione piu recondila, chc lo spinge a parteg-
giare contro la Convenzione.
Si ha da premettere quello che gia dicemmo , cioe che il Diritlo
sa e capisce che la Convenzione si eseguira e il trasporto si fara. E
cio poslo, egli capi subito qual bella occasione gli si presentava di
porsi come campione del popolo piemoiUese: a Ball' un lato , egli
disse fra se, io non impediro cerlo ne la Convenzione ne il traspor-
to; e cosi, se cio sara ulile alia rivoluzione, io non avro scrupolo di
aver nulla guastalo. Dall'altro lato, ponendomi a sostenere il Piemon-
te e i Piemontesi, quesli diranno: Oh! Ecco chi erano i miei veri
amici! I democratic!; il Dirilto. Chi 1' avrebbe pensalo? Mentre i
miei mi abbandonano, meutre il mio Re se ne va , ei Minislri miei
mi tradiscono , ecco che i repubblicani prendono le mie parti. Si
vede che i repubblicani non sono poi quei cosi brutti diavol! che io
fmora m'era figuralo. »
Ecco il calcolo che dovette aver falto il Diritlo. Ed ecco un' altra
tentazione a cui ora e esposlo il Piemonte. Queslo finora era monar-
ehico fino alle ossa. Ma pur troppo, da eerie cosette che vennero
fuori sui giornali, apparisce che fin d'ora corainciano cola alcuni a
perdere verso la Monarchia quel rispetto di prima. Vogliamo spe-
rare che non sara cosi subitaneo il mutamento d' una provincia da
bianco in rosso. Ma e certo pure che il calcolo del Diritlo non e
tanto sciocco. Ci pensi chi dee.
JNoi inlanlo da quesla Rivista complessiva, daquesto sguardoche
demmo in generale airalteggiamento polilico di due giornali torinesi
ricaveremo una conseguenza. Ed e che quesla Convenzione piu si
172 BIVISTA
esamina e phi pare deslinala a ruinare il Regno d' Italia. Lo ruina
neironore, perche e cosa inaudila nella storia, anche del Basso Impe-
ro, che un popolo si sia inai cosi sottomesso ad un Monarca forestiero,
come la presents Italia indipendente, che si lascia imporre perfino la
Capitale, facendo come gli Zingari che non hanno sede ferma. Lo rui-
na nella concordia, perche eccita sempre piu le varie province 1* una
contro 1'altra. Lo ruina nelle finanze, perche gli impone nuovi oneri
alia vigilia appunto di una bancarotla. Lo ruina neH'amministrazio-
ne , impacciandone 1' andamento col trasporlo di tanti ufficii e di
tanti archivii e colle spostamento di tante ruote e di tanti interessi.
Lo ruina nello spirifo monarchico, esponendo al ludibrio, allo sprez-
zo e quasi ancora all'odio della piu fedele delle province la dina-
slia che lo regge. Lo ruina fmalmente nel vincolo stesso e quasi di-
remmo nella forma sua sostanziale, rompendo I'unico laccio che le-
gava a forza questa miserabile unita d' Italia, che tutla si fonda sul
fallo e sulla protezione del Piemonte. Tolta la quale accadra dell' I-
talia quello che Tullio disse : Scopae solulae.
II.
CALLISTHENIS ROPHOEATICI P. A. Micheleidos iibri HI ad PIUM IX
P. M. — Augustae Taurinorum , ex officina Hyacinlhi Marietti,
an. MDCCCLXIV. Un vol. in 8.° di pagg. 72.
Noliamo con vero piacere il molliplicare che fanno in Italia , con
ognora crescente proporzione , gli autori di opere latine , o sia in
prosa o sia in verso. Egli e questo un argomento che le buone isti-
tuzioni sono ancora in vigore tra noi , ed anzi si vanno radicando
sempre piu fortemente , non ostante la ostinala guerra che devono
sostenere dalle moderne innovazioni. Perciocche e gran tempo che
si sta procurando- a poco a poco di sbandire dalle scuole lo studio
del latino ; e vi si travagliano que' medesimi , che si sono proposto
il pessimo fine di rinnovare la umana societa, separandola per ogni
guisa dalla salutare azione della Chiesa. II che si persuadono di po-
tere ottenere eziandio per rispetto alle letlere ed alle scienze , che
sono cosi gran parte dell'umano incivilimento, facendo cadere in di-
menticanza il latino. Di fatto , se oltre ad avere sottratto 1'insegna-
BELLA STAMPA ITALIANA 473
mcnto dalla dirczione e dalla ingerenza ecclcsiastica , si logliesse di
piu il mezzo di potere , ciascheduno da se , ricorrere alle fonti dclla
sapienza crisliana, che sono libri comunemenle scrilti in latino, qual
dubbio che la vagheggiata separazione sarebbe assai piu univcrsale,
piu compiuta e ricisa?
Que' dolli adunque, i quali, or sia coll' ammaestramento , or sia
con libri slampati, si argomentano di render tra noi sempre piu po-
polare lo studio del latino , non Ian to fanno opera utile alia causa
della buona lelteratura, quanto promuovono gl'interessi della religio-
ne ; i quali , piu che per Yentura non si pensa , sono connessi con
una educazione letteraria, che sia informala dalle antiche tradizioni.
Pero e che noi siamo sempre solleciti di annunziare siffalti libri ,
e spesso di fame suggetto delle nostre Riviste; volendo cooperare
anche noi , se non altro co' nostri conforli , a mantenere in onore e
far rifiorire , piu universalmenle che sia possibile , cosi utili di-
scipline.
Fra le parecchie operelle latine , uscite alia luce in quesli ultimi
tempi, e degna di essere memorala una piccola epopea divisa in Ire
libri e composta in onore dell' Arcangelo S. Michele. Oltre il merito
che essa ha, come scriltura lalina e come poesia di quel genere no-
bilissimo, che e 1'epico, ha chiamata a se la noslra peculiare atten-
zione, eziandio per la qualita dell' Aulore, il quale e personaggio di
eminenle dignita ; avvegnache, per amore di modeslia, si sia voluto
far velo di un nome accademico. II che avverliamo per ribadire la
osservazione , colla quale ci siamo introdotti in questa nostra Rivi-
sla; dell'onore cioe in che sono presso i piu nobili ingegni le lettere
latine, e de'vantaggi che, per essere da questi coltivate, ne possono
derivare a pubblico bene. A dare intanto ai nostri lettori una idea
di queslo lavoro, ne Terremo esponendo brevemente 1' orditura.
II soggelto del canto, come abbiamo indicate, e 1' Arcangelo
S. Michele, di cui il Poeta si propone di celebrare le glorie, in quan-
lo queste si connettono colla sua miracolosa apparizione sul Gar-
gano, e col culto che quivi ha. Slabilita cosi la maleria da trattare,
fa, secondo 1'uso, la invocazione, supplicando al medesimo santo Ar-
cangelo, che gli voglia ispirare lena e vigore a canlare degnamente
di lui. Dopo la invocazione seguita la dedicazione del Poema 7 che e
474 MYI'STA
inlitolato all' immortale Ponlefice Pio IX, siccome a colui, die esses-
do il Capo visibile della Chiesa, ha lilolo specialissimo alia lulela e
difesa del Principe delle celesti milizie.
La narrazione ha principle coll'apparizione dell' Arcangelo sul mon-
te Gargano. Nel quale avvenimenlo, che accadde real men le verso il
492 dell' era cristiana, ha il Poeta quarilo e convenienle pel sublime
e pel meraviglioso poelico, senza bisogno di fingere, o di alterare so-
stanzialmente i monument! della Sloria. A questi dunque fedelmenle
si atliene , quanlo all' origine del giovenco smarrilo e poi trovato
presso alia grotta deli'apparizione, quanto al prodigio della saella,
che, scagiiata in quella direzione per ferireil giovenco, torno indie-
tro a ferire il saettatore ; e cosi rispetto alle altre circostanze, del tri-
duo di digiuno iritimalo da S. Lorenzo, allora Yescovo di Siponto,
della divina rivelazione che questi ebbe dell' essere il luogo devoto
al santo Arcangelo, final men le della processione del popolo verso !a
grolla divinamente indicala. Nondimeno ollre alle descrizioni, che so-
no fiorilure del Poeta, e servono mirabilinente per dare vita alia poe-
sia ed interesse alia narrazione, supplisce egli medesimole altre par-
ticolarita, non tramandale dalla tradizione e pur nccessarie alia pie-
nezza del racconlo. Al quale fine fa capitale di quei fondo inesauribl-
le, che e il probabile, lasciato a libero uso de' poeli , purche se ne
servano con giadizio. Di queslo genere e la visione, che si fmge a-
vuta dal Vescovo S. Lorenzo, fermatosi ad orare tutta la nolle in
quella sacra spelonca, nella quale il di antecedente avea condotto II
popolo processionalmente. Gli si da dunque a vedere circondato d'in-
effubile gloria S. Michele, e gli manifesla la divina volonla, che e-
gli e gli Augeli suoi compagni sieno in quel luogo onorali con culio
speciale. Imperocehe grandi Iravagli sono serbali alia Chiesa ( e vie-
ne indicando i piu gravi ) , per opera dell' Inferno , contro il quale
egli e mandalo a fare schermo alia Sposa di Gesii Cristo. Pero pren-
de possesso di quel luogo, da onde fara sperimentare il suo possente
patrocinio a quanli lo invocheranno. E qui il Poeta , per dimostrare
la polenza dell' Arcangelo sui rei spirili d' inferno, prende occasion©
di fargli narrare la memoranda vittoria , che riporlo in cielo di La-
cifero e degli allri spirit! ribelli , rintuzzando la lor superbia , e ri-
cacciandoli negli abissi.
BELLA STAMPA 1TALIANA 475
Le quali cose il Vescovo Lorenzo manifeslale al popolo, si accese
in tutti un vivo desiclerio di edificare a si amoroso .e gran protetlore,
in quel medesimo luogo , un magnifico tempio. Si da principio alia
fabbricacon ardore simile alia piela die consigliavala. Ma Satanasso,
invidioso degli onori che si apparecchiavano al suo nemico, si metle
in animo di frastprnare ad ogni patto 1' opera incominciata. Racco-
glie percio un concilio di spirili ; e in esso sono venlilali varii partili.
Prevale la sentenza di sconvolgere rovinosamenle cielo e mare , e
di muovere spaventose tempeste a danno dell' opera e degli operai.
Ma che avrebbe potulo la rabbia d' inferno contro il decreto di Dio?
Gli fu si bene consenlito d' infuriare : ma do per poco, a fine che
fosse piu aperla la celeste protezione , e meglio apparisse la impo-
lenza di Satana. Come dunque il Vescovo comprese, che quel si fu-
rioso imperversare degli elemenii era un arlifizio della potesla delle
tenebre, per impedire la costruzione del tempio, si reco inconta-
nente sulla montagna. Col suo apparire si volsero in fuga i demonii;
riapparve il sole ; e corsa la fama fra i lavoratori , gia fuggiti per
ispavento, che il Vescovo era sul luogo, si ricondussero dinanzi a lui.
Questi li esorto con amorose parole , che volessero proseguire ani-
mosamente 1' opera, ne intanlo si lasciassero atlerrire dalle arti dell' i-
nimieo, contro le quali era scudo inespugnabile il patrocinio di S. Mi-
chele : e tutti furono rianimali di nuovo zelo di compiere il sacro
cdifizio. La gioia sarebbe stata intera, se non 1'amareggiava la per-
dita di Drimanle, architetto del tempio, che fu percosso miseramente
da un fulmine , mentre infuriava la lempesta. Accrebbe il comune
cordoglio la pieta del figliuolo di lui, sopravvenuto in quel medesimo
tempo daH'Orienle, ed ignaro del domestico inforlunio. II Vescovo
pero con paterna tencrezza gli disacerba il lutto , e lo metie a capo
dell' opera, invece del padre defunto.
Si ricomincia la costruzione del tempio con maggiore alacrita. Pe-
rocche i peregrini, che erano teste lornati dalla visita de' luoghi
sanli, iusieme col figliuolo di Drimante, riferivano altri prodigi del
Principe degli Angeli in Oriente, attestali dalla tradizione e da un
tempio sontuoso, edificato al medesimo dall' imperalore Costantino,
IVc sletlero i conforti nelle sole parole. Aveano con s6 ricchi donati-
vi iu oro e in pietre preziose , che Zenone imperatore, avuta nolizia
476 HI VISTA
de' portent! del Gargano , mandava per la fabbrica e per la decora-
zione del tempio.
Ma se la fama della miracolosa apparizione era volata con tanta
rapidita in Oriente, assai piii presto avea riempiuta di se la Capitale
del mondo crisliano. II sovrano Pontefice ne fa altamente commosso ;
e per quella piela che lo animava verso il Principe delle angeliche
gerarchie, ordino che nel luogo, dove un tempo fu il circo di Nero-
ne, gli fosse innalzato un tempio che ne ricordasse le glorie, ed in-
vitasse i fedeli ad invocarne la prolezione. Anche qui imperversa
Satanasso, e, permeltendolo Iddio, gilta un crudele contagio nel po-
polo. Seguita la descrizione della peste , con molti casi pietosi , e
sterminio e lutto per ogni dove. In quell' orribil distretta il Supremo
Paslore bandisce pubbliche preci. Yi accorre il popolo; e intanto che
atlraversa processionalmenle la citta , appare al cospelto di tutti , in
cima alia mole adriana 1'arcangelo S. Michele, in atto di ringuainare
la spada. Un solitado di gran fama di santita, che si trovava nella
turba, spiego il portento siccome segno, che 1'ira diDio era pla-
cata. Compiano dunque il tempio al loro invitto protettore, edinoltre
a memoria del prodigio gli si levi una statua nel medesimo luogo ,
nel quale e apparso, e nell' alteggiamento in cui e stato veduto. Non
mai verrameno, ne alia loro patria ne ai ciltadini, il palrocinio di
lui ; e come ora lo sperirnentano essi , lo sperimenteranno in ogni
tempo i loro posleri. Oui, illustrate da luce divina, rivela alcuni fa-
vori segnalati che ne' tempi avvenire saranno compartili a Roma ed
ai romani Pontefici dall' Arcangelo sanlo , e termina il discorso con
un inno di preghiera, accompagnato da tutto il popolo. Cosi liberata
la citta , per insigne benefizio di S. Michele , si torna con sommo
ardore ai lavori del tempio , che in breve e ridolto al suo termine.
In quel lorno medesimo era stato compiuto il santuario del Garga-
no ; e gia da ogni angolo della terra cominciavano ad affluire pere-
grini , chiamati cola dalla fama de' prodigi che vi si operavano , e
dalla speranza di celesti favori. II Poeta ricorda la pompa, con cui
recossi a visitarlo Albino , console di Occidente , e i preziosi doni
che vi reco ; da cio prende occasione di descrivere il tempio , e spe-
cialmente sei dipinli di stile bizantino , che rappresentavano sei glo-
riosi fatti di S. Michele. Viene poi alle cerimonie della dedicazione
DELLA STAMPA ITALIANA 4:77
del nuovo tempio ; giacche la sacra Spelonca con quella forma di al-
tare, die vi fa trovata, non abbisognava di altra consccrazione , es-
scndo slata santificata dalla presenza dell'Arcangelo. 11 sacro rito e
dall'Autore parlicolarizzalo secondo tulle le circoslanze, le quali lo
rendono colanlo sublime e maestoso. Ma perche la narrazione con-
tinuata in lungo , non debba noiare, la inlramezza con una omelia ,
che il Vescovo Lorenzo tiene al popolo ; colla quale gli spiega i mistici
sensi, il fine della sanla cerimonia, e i frutli spiritual! che se ne deg-
giono ricavare. In particolare accende alia venerazione di questo
sanluario, prenunziando la celebrita in cui verra ne' lempi futuri, nei
quali sommi personaggi ed uomini santissimi o \7i si recheranno in
devoto pellegrinaggio , o faranno insigni donativi a rendimento di
grazie per favori speciali ricevuli dall'Arcangelo. Seguita , dopo
T omelia, il rimanenle del rito della consecrazione : con che il Poeta,
condolla al suo termine nalurale 1'epopea , la chiude con un' amoro-
sa preghiera a S. Michele, perche riguardi benignamente all'osse-
quio , con cui ha inteso di onorarlo , e lo faccia degno della sua effi-
cace protezione.
Abbiamo esposta rapidamente la tela di questo poema , argomen-
tando che cio debba bastare per fare intendere il merito della inven-
zione, conforme la esigenzadel genere epico. Ouanlo alia esecuzio-
ne diremo in generale , che la forma , voluta ritrarre dall'egregio
scriltore, e quella de' Classici, principalmente di Yirgilio, sul quale
tipo si e studialo di contornare i suoi versi. Che se non sempre e
riuscito gasligato e correlto nella frase, o nelle altre doli della elocu-
zione, si consideri la difficile cosa, che vuol essere, rivestire di latino
eleganze idee e concetti totalmente rimoti dalla cognizione di coloro,
che di quelle eleganze sono gli esemplari. Ma questo manco , che
trallo trallo vi si senle, oltre ad avere compensi dello stesso genere
in allri luoghi , fioriti di schielte grazie di lingua , e bilanciato
da quest' altra qualila assai piu slimabile , di essere accoppiato con
quello sludio della nilidezza del linguaggio , il sapore della pie&
crisliana. Di che i sinceri amatori della lingua latina gli devono sa-
pere assai grado ; avendo egli aggiunto cosi col suo esempio UQ
nuovo argomenlo , che si puo otlimamente conciliare colle classiche
forme il senlimento cristiano.
SCIENZE NATURALI
1. Fari, e loro perfezionamento — 2. Di un pozzo scoperto a Pompei —
3. Sollevamento delle navi sommerse.
1. 1 metodi co'quali si determina la posizione di una nave, sono gene-
ralmente imperfetti, e spesso, specialmente di notte, impraticabili : il
perche per mezzo de' fari si cerca di allontanare, quanto e possibile, i
disastri, che soprattuto in tal tempo son piu facili ad accadere e piu dif-
ficili a rimediare. In tutte le spiagge di Europa, questi fanali colla loro
luce avvertono il viaggiatore della yicinanza della terra ; ed alcuni di
essi gli fanno conoscere il determinate) luogo, in cui si trova la nave, per
essersi convenuto di dare alia fiamma im colore particolare, ovvero di
occultarla a intervalli misurati di tempo.
La luce de1 migliori fari, quali sono nelle coste di Francia, si fa con
una lampada a doppia corrente di aria, ed a quattro lucignoli concentrici;
invenzione de' signori Fresnel ed Arago: e si propaga secondo le oppor-
tune direzioni coU'aiiito delle lenti polizonali. Un faro cosi costruito manda
il lume ad una distanza molto variabile, secondo la diversa condizione
dell' atmosfera: a cielo sereno una. tal distanza e considerevole; ma in
tempo di nebbia il fuoco della spiaggia o rion si vedepunto da lontano, o
si percepisce molto confusamerite. Per la qual cosa i desiderii e gli studii
erano rivolti a cercare una luce piu viva, da sostituire alle lampade di
Fresnel. Ma benche si offerisse, come spontaneamente, quella dell' arco
yoltaico; non si era iinora voluto introdurre ne'fari, ne anche a titolo di
esperienza ; si per la ragione del prezzo , si per non sapere come farla
risplendere con regolarita e senza interruzione, per lo spazio di 13 o 14
ore, quant' e la durata di una notte d' inverno.
Or queste difficolta sembra che sieno state superate: perche sono gia
alcuni mesi, da che uno de' due fari dell' Havre illumina colla luce elet-
trica; ne sino a questo tempo vi e stata variazione o interruzione di sorta
alcuna, quantunque gli apparati vengano diretti da uomini volgari.
Vi e prodotta la luce con una macchina Nollet, cosi detta dal nome
dell' invenlore di nazione belga. Questi mori nel 1850, senza prevedere
1' ulilita che avrebbe arrecata il suo apparecchio, col quale egli si pro-
poneva di decomporre 1' acqua, per far servire alia illuminazione 1' idro-
gene separato. Ad avere un' idea qualunque di questo apparecchio basta
immaginare piii macchine di Clarke riunite insieme, come sono gli ele-
ment! di una pila di Bunsen. Adoperava Nollet 40 fasci calamitati, ognu-
no de' quali poteva sostenere 60 o 70 chilogrammi. Tutti aveano i poli
sulla superticie di un cilindro; nella cui cavita erano 64 rocchetti, messi
in movimento per la rotazione di un asse medesimo. Un tale ordegno,
SCIENZE NATURALI 479
divenuto propriela della Compagnia /' Alliance, serve alia illuminazione
elettrica, con questa sola modiiicazione, che non vi si mettono i commu-
tatori. La corrente trasmessa cosi al regolatore cangia continuamente di-
rezione: e tutti e due i carboni sono alternamente posilivi e ncgalivi. La
qual cosa non impedisce punto che 11 regolatore operi siccome conviene;
e nello stesso tempo e raolto vantaggiosa, per cio che i due carboni si
consumano ugualmente. Si trovano alia Heve, sulla cui punta il faro s'in-
nalza, due cosiiYatti apparecchi, fabbricati nelle officine degl'Iirvalidi. UQ
solo e sutliciente quando il tempo e ordinario; se e nebbioso s'impiegano
amendue. Essi sono siluati nel pian terreno della torre , ove sono. altresi
due macchine a vapore della forza di tre cavalli. Basta una sola a muo-
Yere ambedue gli apparecchi: ma 1' altra e necessaria acciocche in niun
caso non vi sia interruzione.
L' arco voltaico dell' apparato Nollet non ha nulla di speciale : e qual
si otterrebbe con 50 elementi di Bunsen. Ma esso scioglie la questione
pratica della illuminazione elettrica, in una maniera ben soddisfacente.
Dapprima per la picciolezza del punto luminoso non si richiede il grande
apparecchio ottico, che e necessario ne' fari di prim'ordine per le ample
dimension! della lampada. Alia Heve 1' apparecchio di questo genere e
minore che in un faro di quart' ordine, come quello che ha un diametro
di circa 30 centimetri. Inoltre il regolatore e quello, a cui 1'invenlore, il
sig. Serrin, ha dato il nome di regolatore automatico. II meccanismo e
assai semplice, e 1'uso e facilissimo. Preparati i carboni, esso regolatore
yiene spinto su piccole rotaie, e collocato nel centre dell'apparato ottico.
Appena che e al suo posto , comincia la corrente a passar da se tra i due
carboni; e questi anche da se si allontanano 1' uno dall' altro quanto e me-
stieri, acciocche la luce abbia tutto lo splendore. Quando avviene che il
punto luminoso trascorra, o perche si sposta uno de' carboni, o perche si
consuma troppo presto; 1' impiegato, non con altro che col girare una
yite, rimette in ordine ogni cosa. Ed acciocche la luce non gli oifenda gli
occhi, sta colle spalle rivolte, ed osserva in vece 1' immagine de' carboni,
che una lente dipinge sul muro opposto.
Nelle notti piu lunghed'inverno, la macchina a vapore non consuma
piu di 120 chilogrammi di coke, nella state ne consuma 50. Cotali spe-
se non sono molto piu considerabili di quelle de' fari ad olio: ma Ira gli
effetti corre una grandissima differenza. II faro ad olio da tauta luce quan-
ta 600 becchi di Garcel, il faro elettrico quanta 3,000. L'unita di luce,
che costa nel faro antico 7 cenlesimi, 'cosla meno di 2 nel nuovo, cioe
1,92: la qual cifra comprende la manutenzione degli apparecchi e delle
macchine, e 1' ammortizzazione del capitale della compra. Onde segue che
la spesa, essendo rappresentata da 32 nell' antico faro, e rappresentata nel
cuovo da 47 : menlre in questo la quantita di luce e 5 volte maggiore.
La vicinanza dell' altro faro, che e sopra la stessa punta dell' Heve,
fa meglio stimare , quanto il nuovo metodo avanzi il vecchio sistema.
480 SCIENZE NATURALI
Molti navigatori, venendo dall'alto mare, ban no affermato di aver veduto
il faro elettrico piu di una mezz' ora prima, che cominciassero a vedere
1'altro: e che anche dopo questo tempo non avrebber potuto distinguere
il lume ad olio, se la luce elettrica non gli avesse guidati.
Cotali vantaggi persuadono la innovazione ne' fari, poiche pare che
compensino 1' aumento delle spese necessarie a questo effetto.
2. Insino al presente non era mai venuto fatto di ritrovare nella citta
di Pompei pozzi, ne' quali rimanesse acqua : or sia che questa col yolge-
re di tanti anni si sia vaporata, o che 1'abbiano assorbita i terreni porosi
e le materie vulcaniche che ivi spessissimo si rincontrano. Ma in questi
mesi ultirai uno se n'e rinyenuto nella casa detta del marmoraio pe' marmi
di yaria natura, che yi si trovarono raccolti, il quale e profondo presso a
25 metri e ben conservato, e contiene un'acqua limpida e fresca, ed e in un
sotterraneo coperto da yolta, la quale per due fmestrini fa entrare la luce.
L'aria del sotterraneo, allora cbe fu fatta cotesta scoperta, non era re-
spirabile ; perche in gran parte composta d' acido carbonico. Un cane ,
che fu costretto a entraryi e rimaneryi per alcuni momenti, svenne; nb
riacquisto 1'uso della yita, che dopo essere stato rimesso nell'aria lihera.
GH operai poterono soltanto discendere insino ad un certo punto, valen-
dosi di una candela accesa, la quale come cominciaya a estinguersi, in-
dicava la presenza dell'aria meh'tica. Lo stesso sig. DeLuca, che dires-
se aH'Accademia delle scienze a Parigi la relazione di tutto questo, rac-
conta com'egli essendo calato piuyolte sino al piede della scala, che me-
na al sotterraneo, non ehhe mai agio di restarvi che per alcuni secondi :
yale a dire appena pel tempo necessario a yuotare alquante hottiglie. In
questo modo egli si accerto che 1'aria, la quale era entrata nelle bottiglie
in luogo dell' acqua, yeniya assorbita dal latte di calce fatto da lui prepa-
rare li dipresso.
A quest'aria cattiva fu sostituita la sana stabilendo una corrente di calo-
re prodotto col bruciare piccoli pezzi di legno. Dopo di cio si calo nel poz-
zo una secchia, e F acqua attinta era chiara e fresca, ayendo la tempera-
tura di 13.° del centigrade, mentre quella dell'aria esterna 1'aveva di 18.°
Tutti quelli che eran present! ne beyerono e la stimarono eccellente: ad
alcuni pero parve avere un sapore particolare, ma poco sensibile, simile
a quello dell' acqua gazosa. Quest' acqua, oye sia lasciata tranquilla per
un certo numero di giorni, depone sopra le pareti del yaso una sostanza
bianca e cristallina, composta di carhonato di calce. Forma lo stesso de-
posito, ma amorfo, se fassi bollire o si mescoli con un poco di acqua di
calce; e non havvi perturbazione quando yi si aggiunge una soluzione
di acido carbonico.
I gaz, che 1' acqua di Pompei abbandona per 1'azione del calore, sono
un misto di molto acido carbonico e d'una piccola quantita di aria. II vo-
lume di questa mescolanza gazosa e tra 20 e 22 centimetri cubi, essendo
un litro quella dell'acqua.
SCIEXZE NATUMLI 481
E cosa degna di considerazione, che 1'aria del sotterraneo, ove trova-
si il pozzo, non e della natura medesima in tutte le ore del giorno. II
mattino presso la levata del sole vi si puo discendere senza oflesa : ma
verso il mezzodi 1' aria , che estingue i corpi che bruciano, si va alzando
di mano in mano al di sopra della superficie dqj suolo. Cio sembra dirao-
strare, che 1' acido carhonico si svolge per riprese, e che, dopo essersi
svolto, viene dissipato per 1'agitazione dell'aria esterna.
L' acqua di questo pozzo indica sulla carta rossa di tornasole e sullo
sciroppo di viole una leggera reazione alcalina, dovuta al carbonato di
poiassa, che si puo facilniente trasformare in cremofe di tartaro. L' ac-
qua di Pompei , per cotesto carbonato che contiene , e assai simile , ia
quanto acqua potabile, a quella del pozzo artesiano di Grenelle a Parigi ;
nella cui composizione i carbonati di calce e di potassa avanzano di copia
gli altri elementi. La potassa nell' acqua di Pompei deriva seirea dubbio
da'feldispati e dalle altrematerievulcaniche, ondeecostituito quel terreno.
La sua densita alia temperatura di 20 a 2o.° e tra 1,0010, e 1,0013.
II poco di sedimento, che essa lascia essendo svaporata, e salino : nel qua-
le vi ha calce, potassa, soda, silice ed una piccola quantita di ferro, di aci-
do carbonico e di cloro, ed una piu piccola ancora di acido solforico e
di acido fosforico ; ne vi manca qualche soslanza organica. Se si opera
sopra il detto deposito, ottenuto colla evaporazione di 10 litri di acqua, si
osservano le reazioni de'ioduri alcalini: ma queste reazioni non si mani-
festano, quando si lascia svaporare un volume minore di acqua. In con-
seguenza i ioduri si trovano in quest'acqua in una dose tenuissima.
Poiche 1' acqua di questo pozzo si mantiene quasi costantemente ad
un'altezza medesima , forza e conchiudere, che essa abbia la sua propria
vena ed il suo scolo. In tutte le case di Pompei 1' acqua era condotta e
distribuita per mezzo di canali di pietra, ovvero co' tubi di terra cotta o
di piombo, che si vedono anche al presente ben conservali correre lungo
i muri. Contuttocio non si e potuto ancora conoscere, se in questo tempo
1'acqua giunga nel pozzo , che si e scoperto, per un condotto artefatto, o
piuttosto per un cammino naturale tra le rocce vulcaniche, il quale si par-
ta da qualche rivolo vicino.
II sig. DC Luca promette di far un' altra relazione delle dosi determi-
nate da varii elementi di quest'acqua.
3. In Parigi, sul terminare del mese diGiugno presso la via Malaquais,
era ormeggiata una piccola tlotta di un nuovo genere; la quale a quest'ora
dev' essere stata trasferita a rimorchio alle foci della Senna tra Roano e
1' Havre. Questa flottiglia e formata dal Giovane Emmanuele, che e uno
sloop o piccola chasse-maree di 10 tonnellate in circa ; da 8 scialuppe da
sollevamento, munite di ponti, le quali operano o separatamente, ovvero,
ed e 1'ordinario, accoppiate insieme; da una scialuppa aperta cioe senza
ponte; da un piccolo battello che va sott' acqua; da molte barchette; e
da un grandissimo numero d' otri da sollevamento.
Serlc V, vol< XII, fasc. 352. 31 12 Hovmfre
482 SCIENZE NATURALI
Comanda questa squadrauno scultore, il sig. Deschamps: il quale, come
prima 1'esercizio della sua professione e la generosita di qualche amico
gli ebbero ammannita una somma, lasciato lo scarpello, si die a costruire
e fece costruire attrezzi di marineria ; promettendo che scioglierebbe in
una maniera compiuta il problema, su cui per ben tre lustri aveva slu-
diato, del sollevamento delle navi sommerse, ed in ispezialta di quelle,
che ingombrano le imboccature del maggior numero delle riviere e del
porti di Francia. Che le sue parole non fosser parole di iattanzalodimo-
stra questa (lottiglia, colla quale gia egli solleva un peso di presso a
130,000 chilogrammi.
Tutte le cose a parte, delle quali egli si e servito, non sono nuove l ;
ma la lor unione e la congegnatura e suo ritrovamehto. Egli adopera
quando le grandi otri, e quando le scialuppe a ponte. Le otri son di tela
incatramala ed impermeabile, le quali si calano e si attaccano ai fianchi
della nave sommersa: e quindi vengono gontiate dall' aria che vi s' intro-
duce coll' aiulo di macchine di compressione. Le scialuppe poi dapprima
si riempiono di acqua per fade discendere; e discese sono avvinte ad una
catena, la quale e distesa intorno alia nave che si deve sollevare. Final-
mente, cacciata via 1' acqua per mezzo dell' aria che vi si comprime, di-
ventano tanto piu leggiere, quanto e maggiore la loro capacita ; e pos-
sono fare un grandissimo sforzo d' innalzarnento. E cosa utilissiraa ac-
coppiare due di queste scialuppe, apparellarle in modo, che la chiglia di
una stia sopra, e quella dell' altra di sotto, unirle con pironi, e fare che
operino come una sola. Le otri e le scialuppe del sig. Deschamps possono
sollevare 5,000, 10,000, e sino a 20,000 chilogrammi.
La dillicoita piu grande e nell'attaccare la catena, sopra la quale fanno
sforzo le otri e le scialuppe ; poiche deve attaccarsi sott' acqua e quasi
andando a tentone. Ne il sig. Deschamps vincerebbe questa difficolta
senza 1'aiuto del suo battello palombaro , che gli esperti reputano qual
capolavoro. Ha questa barchetta la forma di un pesce , e lunga 4 metri
e larga 90 centimetri; e fmisce con una cupola a lanterna. Essa contiene
due trombe, delle quali una estrae 1'acqua che doveva in parte occuparne
la capacita, acciocche si potesse sommergere; e 1'altra manda fuori dalla
camera, che occupa il sig. Deschamps, 1'aria viziata per la respirazione.
Nello stesso tempo un' altra macchina pneumatica, idea nuova e maravi-
gliosa, trae dall'acqua che circonda la barchetta un'aria fresca ed ossige-
nata, e la sostituisce in luogo della guasta, Un impulsatore semplicissi-
mo comunica a questo novello marangone una velocita, che si puo asso-
migliare a quella che ad una barca ordinaria imprimono i remi. V ha fi-
nalmente alcuni manicotti elastici e stagnati , pe' quali colui che lavora
puo mettere fuori le braccia , senza che 1' acqua s' introduca nella bar-
chetta.
-1 Civiltd Cattolica Serie V, Vol. VII, p. 474.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roma 12 Novembre 1864.
i;
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. Visita del S. Padre alia Sapienza, al Musaico ed all' Ac-
ca'demia di S. Luca — 2. Altra visita di Sua Santita a S. Lorenzo fuori le
mura — 3. II Brigantaggio piemontese alia frontiera clello Stato pontifi-
cio — 4. Gircolare della S. Congregazione dell'Indice.
1. Secondo il costume di Sua Santita di spendere le alquante ore, che
le vacanze autunnali le lasciano libere da aleune delle consuete udienze,
nel visitare gli Edih'cii e gl'Istituti che si vanno compierido per sua so-
vrana munificenza ; la stessa Santita Sua, negli ultimi giorni di Ottobre, si
reco ad osseryare i grandiosi lavori che souosi intrapresi , e in molta
parte compiuti nella Patriarcale Basilica Costantiniana di S. Lorenzo fuori
lemura, i ristauri e i miglioramenti fatti nelKArchiginnasio Romano,
detto della Sapienza, i grandi quadri a musaico che si stan componendo
nello studio del Musaico entro il Palazzo Vaticano, e la insigne pontiticia
Accademia delle Belle Arti, delta di S. Luca. Di queste tre ultime visits
diremp brevemente : della prima ci occuperemo un po' piu alia distesa,
perche nella Roma contemporanea la Basilica e il cimitero di S. Lorenzo
mori le mura costituiscono un principalissimo ornamento.
La visita di Sua Santita all' Archiginnasio Romano fu fatta il di 20 di
questo mese, intrattenendovisi per un' ora e un quarto sul piano ove
soao allogati i gabinetti o costruiti, o rifatti, o arricchiti sotto il suo Pon-
tificato eper suoi ricchissimi donativi. Quiyi dai rispettivi Direttori pre-
se la piii esatta contezza di quanto dall' ultima sua visita sovrana eravisi
fatto per compierli e adornarli. Osserv6 i restauri teste comoiuti nel
grandioso gabinetto di Fisica, vide la nuova collezione dei proaotti spe-
ciali dello Stato ponliticio , ed in particolare di quei della Tolfa , il uuovo
gabinetto di Geologia, i recenti acquisti ordinati dalla sua munificenza,
nei gabinetti di Anatomia umana, di Zoologia e di Anatomia comparata.
484 CRONACA
In tutti i gabinetti pote egli distinguere bellamente ordinal! e disposti
gl innumerevoli e pregiatissimi doni , die a ciascun di loro non ha egli
cessato mai d'inyiare , e che loro invia continuamente tultora; i quali
uniti agli oggetti gia esistenti innanzi, ed a quelli novamente aggiunti
dallo stesso Archiginnasio, pongono i gabinetti scientific! dell' Universita
Romana al paro del migliori e dei piu ricchi di Europa.
Nello studio del Musaico, che e posto nel Palazzo Vaticano, Sua San-
tita degnossi di accederei il di 27 del mese di Ottobre; e quivi si trat-
tenne con vera compiacenza ad osservare il grande musaico che va ri-
producendo con finissirno magistero 1'insigne quadro del Raffaello, rap-
presentante la Coronazione della B. Yergine. Questo musaico, dei piu
frandi e piu pregevoli che siansi fatti, e che dev'essere collocato nella
asilica Ostiense, e oramai, per 1' opera assidua e intelligente degli egre-
gi artisti che yi lavorano intorno, Malasardi, Poggieri e Bornia, gum-
to a tale, che se ne puo sicuramente preconizzare un ottimo riuscimen-
to. Alia stessa Basilica Ostiense son destinati i grandi medaglioni , che
fonnano la serie dei Papi , che nello stesso studio si yanno lavorando , e
ciii il S. Padre riguardo con molta approvazione. Nella camera di esposi-
zione vide con yera compiacenza le tre Madonne in musaico ricavate da
tre quadri insigni , quella della Seggiola di Raffaello, una del Sassofer-
rato, 1' altra del Murillo : oltre alcuni altri quadri di diyersi soggetti ed
autori. Le opere poi di musaico filato, che per la sua finezza non lascia
guari discernere le commessure , e nei digradamenti c sfumature delle
tinte emula la morbidezza dei piu pastosi pennelli, troyo tutte raccolle
insieme in luogo appartato, e le lodo quant' esse meritavano. Pole quindi
la Santita Sua ben compiacersi che questo stabilimento di si antica rino-
manza conservi quell' operosita e quella perizia, che 1'hanno reso unico
al mondo, e tanto inyidiato non che ammirato dalle piu colte nazioni di
Europa.
All Accademia di S. Luca il S. Padre si reco quel giorno stesso, dopq
la yisita del Musaico, e quivi ammiro dapprima la bella disposizione dei
mpdelli d' arte in gesso; poscia nella sala del nudo gli arnesi e il sistema
d'illuminazione pel giorno e per la notte, per sua munilicenza migliorati ;
quindi nel nuovo braccio di fabrica , recentemente per suo soyrano im-
pulso eretto lungo la sponda del Tevere, le sale destinate alia scuola
di Pittura, di Disegno tigurato e di Scultura ; e fmalmente la Biblio-
teca, ricca delle piu insigni opere artistiche, e di tutte le piu pregeyoli
incisioni della calcografia Camerale , dalla Santita medesima donate a
quell' insigne Stabilimento, che ha educato alle Belle Arti ingegni cosi
splendidi e cosi rinomati.
2. II di 20 di questo mese Sua Santita, dopo di aver visitata la Basili-
ca Liberiana, si condusse all' altra Patriarcale Basilica Costantiniana di
S. Lorenzo fuori le mura, per osservare il compimento di quei grandiosi
lavori che fin dal Luglio 1862 erano stati per soyrana sua munificenza
intrapresi, col doppio scopo di rassicurare la solidita di quel sacro edifi-
zio, danneggiato daH'antichita, e di restituirlo alia forma primitiva delle
antiche costruzioni. Rendendo conto delle varie yisite che Sua Beatitu-
dine,durantetalimportante restaurazione, degnossi fare a questa Basilica,
noi annunziammo come gia le molteplici incavallature che sostengono il
coperto della nave mediae delieminori; si della Basilica Costantiniana, si
CONTEMPORANEA
di quclla di Adriano o di Sisto III, erano state tutte per interq rinnovate;
come le navi minor! dell' ultima fossero state ricondolte all' antico lore*
stato, colla remozione degli altari introdottivi nel passato secolo; e come-
iiaalmente fossero state aperte ne' muri nuove tinestre , di forma rispon-
dente all'epqca di fondazione, con telari di ferro ed invetriate a colon eel
arabeschi. Si descrisse altresi quanlo sino a quel giqrno erasi nella Ba-
silica Costantiniana operato , dal piano del presbiteriq, rialzatq da Ono-
rio III, sino al tetto ; rinnovata cioe la'galleria, tolti di mezzo i muri cho
rinchiudevanq gl'intercolunnii sul Nartece , ricostrutli i plutei con bellis-
sima pietra di Saravezza , aperte nuove tinestre nei tre lati gia liberati
dal terrapieno, che vi sovrastaya sino all' altezza de' tetti delle nayi mi-
jiori. Si accenno ancora come gia venivansi sostituendo colonne e pilastr*
di marmq di Carrara alia robusta armatura , posla a sostenere il piano
del presbiterio, sintantoche si sgqmbrassero dalla basilica le terre che la
riempievano per due terzi.Da ultimo, destinavasi dalla Santita Sua che,
ad onore del santo Martire , che da nome alia Basilica , e a memoria di
questoimportantissimorestauro, venisse eretto sulla gran piazza, dinnanzj
al sacro tempio, un monolite di granito rosso, sormontato dalla slatua di
S. Lorenzo, e gia sui primi di Febbrarq di quest'anno erasi fatta la ce-
rimonia solenne dell'apposizione della prima pietra di fondamento.
Pervenuta adunque la Santita Sua innanzi il portico della Basilica ,
ando subito ad osservare la menziqnata colonna, che fin dal martedi m-
tecedente era stata innalzata, mediante un'operazione che yenne esegui-
ta con precisione e semplicita di macchinismi. Sua Santita, entrata soiio
decoroso padiglione, fattq appositamente costruire , pole di la riguardare
il grosso monolite di bellissimo granilo rosso orientale, che in altezza ha
pal. 39 ys, ed in diametro 4 7,, posto sopra base di marmq di Carrara, e
coronato gia da un capitello con piedestallo , in cui dovra innalzarsi la
statua in bronzo, che si sta fondendo per opera del sig. Giovanni Lucen-
ti, sostituito a Luigi De Rossi non ha guari defunto , sul modello dello
scultore siguor Stefano Galletti. E perche la Santita Su<a avesse sin da
quel giorno a giudicare dell'effetto del monumento, TArchitettq vi aveva
fatto eseguire il piedestallo e la gradinata con lavoro ad imitazione, dove
si leggera la seguente iscrizione : IN . IIONOREM — LAURENTII . MARTY-
RIS . ^. — PIVS . IX. PONT. MAX. — EREXIT — PONTIFICATVS . A. XIX,
Sua Santita, degnandosi manifestare la sua piena soddisfazione si pel
concepimento che per la esecuzione del lavoro , voile piu dappresso am-
mirarne le parti, e dispose che il monumento fosse circondato con appo-
sita barriera, per guarentirlo da ogni danno pqssibile.
Tornata Sua Beatitudine verso la Basilica, si fece ad osservare la par-
te superiore della fronte , che si e ornata di pitture a buon fresco m
campo dorato, ad imitazione di musaico. In essa, entro un riparto ideato
dairArchitelto, e sqtto la direzione del signqr cavaliere Gio. Battista De
Rossi, il pittore signor Silverio Capparoni ha effigiato, in altrettanti
tondi, nel mezzo il SSmo Salvatore, a destra S. Lorenzo, S. Giustino e
S. Cirilla ; a sinistra S. Stefano , S. Ippolitq , S. Ciriaca , Santi tutti t i
cui mortali avanzi si conservano nella Basilica. Al di sqtto di questi, fr&
i grand! tinestroni, condusse il suddetto pittore nell' ultimo spazio a sini-
stra 1'imperatore Costantino , che fondo la prima delle Basiliche compo-
486 CRONACA
nenti ora 1'intiero sacro edifieio , facendola innalzare , rivolta ad priente,
sul corpo di S. Lorenzo, deposto da principle e non mai quindi rimosso,
nei centro delle catacombe di S. Ciriaca. Prossimo al detto Imperatore,
e nello stcsso spazio, e sialo dipinto il Pontetice Pelagio II , che amplio
la delta Basilica ela sopraelevo. Nello spazio ppposto ed ultimo, dopo la
terza tinestra, si veggono raffigurati i Pontefici Sisto HI ed Adriano I, a
cui attribuiscono alcuni la costruzione deH'aHra Basilica rivolta ad occi-
dente. Fra la prima e seconda tinestra , vedesi rappresentato il Pontetice
Onorio III, che riuni le due Basiliche col sopprimere le due apsidi, e che
attesa la eccessiva umidita prodotta dal monte, entro cui aveva Gostantino
incassato la sua Basilica, stirno interrarla'per due terzi della sua altezza,
formando sopra tale terrapieno un nuovo presbiterio. Finalmente nello
spazio fra la seconda e terza tinestra, vedesi 1'iinmagine dell' Augusto
Pontetice Pio IX che, secondolo stile degli antichi musaici, sostiene con
ambeduelemanila Tabbrica delle due hasiliche, intieramente e sonluosa-
mentedallasua munih'cenzarestaurate. NeU'irnmagine del SSnio Salvatore
stanno impresse le lettere A. n., simbolosigQificantepmc*pmmet/?m*;
e sopra i tondi suddescritti i norai dei Santi che in essi sono effigiati.
Nell'intiera fronte, entro 1'ideato scompartimento, vennero per opera del
valente pittore, sig. Alessandro Mantovani, colorati, su fondi d'oro, arabe-
schi e meandri, di stile perfettamente corrispondente ai musaici della pri-
raa meta del secolo XIII, per contbrmarli al sottoposto portico del Pon-
telice Onorio. II complesso di tale dipinto conferma con quale tinezza di
arte 1'Archiletto sappia introdurre ornamenli , che si colleghino merayi-
gliosamente coi vecchi esistenti da varie epoche, e come in tale difficile
assunto lo abbiano bene assecondato i sopraddetti pittori Capparoni e
Mantovani, tanto neli'atteggiamento delle figure, quanto nella foggia de-
gli erablemi allusivi e degli arabeschi.
CpQtinuando innanzi nella visita de'layori, Sua Santita soffermossi nel
portico ridonato al suo stato nonnale , sia col nuovo coperto e pavimen-
to,sia col restauro, a cura del Minislerodi Belie Arti ed Antichita, opera*
to nelle pitiure. Entrata nel sacro tempio rivide, con mani Testa soddisTa-
zione, ultimata intutte le sue parti la Basilica di Adriano p di Sisto 111,
e quindi , dopo di avere orato per qualche tempo innanzi il sepolcro dei
sariti Martin Lorenzo e Stefaao, discese, dalla parte sinistra, la nuova sea-
lea ornata di balaustrata a yarii raarmi colorati, e rivide la Basilica Go-
stantiniana, dove con grandissima perizia di arte era stato sostenuto con
robuste armature il pavimento, la Confessione, il Seggio pontificale ed i
sedili e i postergali di marmo, per estrarre le terre Tattevi depositare dal
Pontefice Pelagio, affindi rialzare il pavimento, come Tusuperiormente in-
dicato. Osservo ad uno ad uno i quattordici pilastri con colonne, risaltate
per due terzi del diametro, e quattro colonne intiere, sostenenti le quindici
volte a schifo: la cella che racchiudeva 1' urna dei corpi dei SS. Lorenzo
e Stefano, ridotta in corrispondenza delle nuove colonne e pilastri, in
guisa da dividere i lati longitudinali ed il traversale in tre spazii o inler-
pilastri, in eiascuno dei quali, sopra continuato stilobate, vennero eleva-
ti due pilastrini e due mezzi, sui quali girano tre arehetti, tutti insieme
costituenti venti vani arcuati , chiusi con barriere di Terro dorate, che
mentre impediscono l'avvicinarsi alle sacre reliquie, le lasciano vedere e
venerare. Nel lato traversale di tale chiusura e nel vano arcuato vide la
CONTEMPORANEA 487
pictra, sulla quale e tradizione vcnisse dcposto il corpo del santo Lcvita
dopo che era stato arso dal fuoco. Percorse quindi la Santila Sua 1'intera
Basilica Costautiniana, dove tutto il pavimento venne ricoperto con lastre
di nianno e bardiglio,a grandiose e ben intcso scomparlimento. Osservo
pure nelle testate del Nartece situati i due piccoli Altari, uno de' quali
trovavasi nel secondo intercolunnio a sinistra della Basilica Costantinia-
na, 1'allro sotto il Portico laterale della Basilica. Quindi risalita per 1'al-
tra scala si condusse ad osservare la nnova Sagreslia.La quale ricavata
nel luogo dell' antico portico laterale, presento in questa operazione non
lievi diilicolla, essendosi dovuto togliere il grosso muro costruito a bar-
bacane, che priucipiando dal piano del pavimento della priniitiva Basilica
s' innalzava tin sotto la grouda del tetto delle navi minori. Retrocedendo
dalla Sagreslia, vide la nuova Cappelia del SSmo Sagrameuto, quasi con-
dotta a compimento si nei marmi, che nelle pitture; e finalmente, ascesa
sul piano del Presbiterio, ammiro il pavimento di opera Alessandrina ed
iMusaici pienamente restaurati,acura deirenunciatoMinisiero delle Belle
Arti ed Antichita. Pel quale importante risarcimeiilo la Santita Sua ma-
nifesto la sovrana soddisfazione a S, E. il sig. Barone Comm. Costantini
Baldini, Miuislro, alle cui premurc, secondale da quelle del Segretario
generate sig. Comra. Luigi Griti, un tal layoro e dovuto.
Terminata la sua sovrana visita, il Santo Padre degnossi di ammette-
re al bacio del piede tutli i personaggi sopra ricordatr, ed il signor Prin-
cipe Bandini, I', f. di Senalore insieme ai Conservatori, il cui invito di
"visitare le grandiose opere dell' unito pubblico Cimitero, per la ora gia
larda, si riserbo di soddisfare in altra circostanza. Gli artisti che aveano
lavorato uella Basilica, cpgiiendo la propizia oecasione di essere ai piedi
della Santita Sua, al Muniiiccntissimo Padre eSovrano, resero le piii vive
azioni di grazie per gl' incoraggiamenti dati a loro ed agli altri che le
arti proi'essauo.
3. Fra i mezzi morali, adoperali per guadagnar Roma, uno e stato il
gridare ad ogni istante che Roma era divenuto il focolare del Brigantag-
gio, perche qui dal Governo ponliticio si reclutavauo. si pagavano, si
speuivano briganti a conlurbare il pacilico reguo d'ltalia. Per dar corpo
a questa calunnia occorreva che non mancassero falti, capaci di illudere
la gente: e pero sono state mandate dalle (azioni, che trionfano ia Italia,
persoue, cainuffate da legitlimisti, chemostrando zelo per la ristorazione
del Re di Napoli, si dessero attorno con grande affettazione di segreto a
cercare aderenti, a far liste, a pagar danaro: e quando 1' inganno era li
per essere scoverto, eccoti stroiubazzata su pei dispacci telegrafici che
nuove spedizioni brigantesche si apparecchiavano, che nuovi program-
rui erano stali stampati, cbe nuovi arresli si faceyano in sulla 1'rontiera.
Tra i quali citiamo, come fatto di pubblica notorieta, il famigerato Ser-
racante, il quale ora nelle prigioni di Roma sconta la pena dell' aver vo-
lulo fare, sotto il mantello di borbonico, il servigio della rivoluzione.
La Polizia romaua pose piii d'una volta le mani sopra lali mestatori, col-
sc nel fatto le loro trappole, ne ebbe le pruove piu manifesto e irrepugna-
Lili, e per fino le confession! dei raedesimi manutengoli. Fu allora sup-
posto che i briganti, i quaii si mantenevano in sulla frontiera del Napp-
letano, debolmente e quasi solo per vista, perseguitati dai Piemontesi ,
potessero, se non in tutto, in parte almeno essere cola appostatie intrat-
488 CRONACA
lenuti dagli agenti piemontesi, perche la loro accusa avesse piu sembian-
4e di verita. Cio che allora si suppose ora prende un'evidenza manife-
sia ; a nulla essendo riuscite innanzi alle persone oneste quelle prime
mene, ora senza altro die una picciola modificazione si spera di ottener-
ae migliore elfetto. Cosi sappiamo che varie hande di briganti son passa-
te impunemente dal Napoletano nel Ppntificio; e nelle terre piu vicine
alia frontiera vi hanno commessi delitti di ruberie, di ferimenti e di ri-
-catti a danno dei sudditi pontificii.
LaGendarmeria, i Cacciatori e gli Zuavi sonosi con alacrita spinti con-
tro di loro ; due colpnne mobili di Gendarmi e di Cacciatori pontificii bat-
tono le montagne di Subiacp ; due altre si aggirano nei contorni di Fro-
sinone; un distaccamento di Zuayi perlustra le vicinanze di Palestrina ,
€ altri manipoli di Gendarmi vegliano gli altri luoghi piu esposti. Queste
precauzioni gia cpminciano a produrre il loro buon successo. Parecchi
briganti sono stati presi nelle campagne : e alcuni dalla polizia in Roma,
ov'erano appena entrati per celarvisi. Una circostanza singolare si e no-
tata, la c|uale dice non poco : si son cioe trovati forniti di considerabili
somme in napoleoni d'oro, che -certo si sa non essere state da loro inyo-
late entro i confini pontificii.
4. Nella colluvie del perversi scritti cbe ora inonda il popolo fedele e
minaccia di travolgere la fede e la santita dei costumi tra i yorticosi
flutti del sofisma, della calunnia, della menzogna e dell'errore, e neces-
sario opporre un riparo, per dir cosi, locale e celere, che yalga ad arre-
stare le onde , ov' esse si generano , e prima che possano crescere nel
loro corso e recar danno. Questo riparo e posto dalla Circolare, la quale
ha recenlemente inyiata a tutti i Vescovi dell'orbe cattolico la sacra
Congregazione dell' Indice: la quale noi riproduciamo nella sua versio-
ae, perche i fedeli sappiano quale obbedienza dovrauno alle proibizioni
dei Vescovi, e di quale colpa si rendano rei trasgredendole. Essa dunque
dice cosi :
« Eccell. e Rev. Signore. Tra le molte calamita, da cui e per ogni lato
oppressa in questi tempi di lutto la Chiesa di Dio, e da porsi senza dub-
hip la colluvie di libri caltivi, che innonda pressoche tutto 1'orbe , e per
cui la divina Religione di Cristo, che devesi da tutti onorare, yiene da
uomini malvagi e scellerati schernita, corrotti i buoni costumi , special-
mente dell' incauta gioventu , rinnegati i diritti e turbato 1'ordine della
societa. Ne, come usavano una volta a tale scopo, lavorano con libri ela-
borati con grande apparato di scienza , ma e con librettini di poco costo
€ con giornali appositamente scritti, si adoprano per insinuare non solo il
velenp negli uomini letterati e dotti, ma per corrompere eziandio la sem-
plicita e buona fede del rozzo popolelto.
<c Percio quei legittimi Pastori che vigilano sul gregge di Cristo, per
istornar dai popoli loro affidati tanto danno, sogliono mandare alia sacra
Cpngregazione dell' Indice quei libri, per distorre i fedeli dal leggerli col
giudizio e colla proibizione della romana Sede. E agevolmente sempre
li appago e tuttor li appaga la sacra Congregazione , la quale studia e
lavora quotidianamente per compire il dovere affidatole dai Romani Pon-
i€fici ; ma poiche e aggravata dalle denuncie sempre crescenti di tutto
1'orbe cristiano , non puo sempre fare si che pronta e spedita sia la sen-
lenza in qualunque causa ; dal che avviene che alcuna yolta e troppo
COMEMPORANEA
lardo il provvedimento cd inefficace il rimedio , quando gia dalla lelttira
di quei libri provenncro gravissimi danni.
« Per ovviare a questo sconcio , piu di una yolta i Roman! Pontefid
studiarono il da farsi, e per tacere di altri tempi, fu pubblicato in questi
un decreto da Leone XII, colla data del 26 Marzo 1825, inserlo in calce
delle regole dell'Indice, ed aggiunto a questa letlera, percui si comanda
agli Ordinarii , che si studiino colla loro autorita di proibire e torre dalle
mani dei fedeli tutti quei libri nocevoli , stampati e diiTusi nella loro
diocesi.
« Or siccome la provvida deliberazipne di quest' apostolico Decreto ris-
ponde alle presenti necessita dei fedeli, ed al hisogno che havvi di tutelar
la sana dottrina edi buoni costumi, piacque al Santissimo Nostro Signore
Pio Papa IX, cbe se ne rinnoyasse la memoria , se ne pubblicasse di bel
' miovo il contenuto e se ne esigesse 1'osservanza dagli Ordinarii, il che ci
facciam premura di fare in nome ed autorita dell'apostolica Sede, con
questa lettera eccitatoria , alia quale se si obbedira ( come teniam per
certo), si storneranno gravissimi pericoli da quelle diocesi specialmente,
nelle quali sia necessaria una pronta proibizione. Aftinche poi col prete-
sto di mancanza di giurisdizione p sotto qualunque altro colore non si
creda con temerarip ardimento di poter sprezzare o lener come mille le
sentenze e le proibizipni degli Ordinarii , a questi Sua Santita concede ,
che in tal cosa, come Delegati dell'apostolica Sede, procedano, non ostan-
te qualunque altra disposizione in contrario.
« Si riferiscanp pero all' apostolico giudizip quelle opere o quei scrittK,
che esigono un piu prpfondo esame, o in cui richiedesi la sentenza dell'au-
torita suprema, perche si ottenga il salutare efletto. Frattanto per te, EC-
cellentissimo e Reverendissimo^Signore, domandiamo di tutto cuore a Dio
in grande abbondanza le divine grazie , offrendoci prontissimi a qualun-
que cosa ti aggrada. Dato a Roma, il di 24 Agosto 1864. »
(Seguono le (irme deU'Emo Card. Altieri , e del P. M. Modena, e il
Decreto di Leone XII. )
STATI SAUDI 1. Mene del partlto mazziniano; precauzioni del Governo — 2,
Seduta delle Camere nel giorno 24 Ottobre — 3. 11 Governo chiede soli
selte milioni di franchi pel trasferimento della Capitale a Firenze —
4. Dpcumenti diplomatic! comunicati al Parlamento — 5. Dichiarazionl
iiiliciose circa la rinunzla a mezzi riolenti contro Roma, e riserve circa
1'uso dei mezzi morali — 6. Polemiche de'giornali circa il valore d'un di-
spaccio del Nigra —7. Discussion! nella Camera elettiva alii k e SNovem-
bre; il prete Passaglia rinunzia alia carica di Deputato — 8. Inquisizionc-
parlamentare, e lettera del Questore di Torino circa le stragi del 21 e 2$
Settembre — 9. Gircolaredel Ministro dell'Jstnizione pubblica, sig. Na-
tpli, conlro le scuole vescovili — 10. Deliberazion'i e bandi de'Comitati
rivpluzionarii, per soccprrere i GanbaUlini insorti nel Yeneto; altalemi
ed imposture de'giornali ulliciosi — 11. Arrolamenti clandeslinl di ven-
turieri; doni spediti d* Inghilterra al Garibaldi — 12. Economic nell' ar-
niata di terra e di mare — 13. ISuove impostc e nuove estorsioni di
denaro.
1. La Convenzione del 15 Settembre, stipulata fra i Governi di Parigi
e di Torino, per lo sgombero delle truppe franccsi da Roma, aveapiena-
mente appagalo per una parte i yoti di tutti i rivoluzionarii d'ogni colore
490 CRONACA
politico, in quanto da tutti era riguardata come un atto, con cui solenne-
mente si buttayano in faccia all* Austria i brandelli del lacero Tratlato dl
Zurigo, e si gittavano ai vento le riserve, in esso contenute a favore
de'Sovrani, assassinati dalle invasion! del 1859 e del 1860. Ma per altra
parte la condizione sine qua non del trasferimento della Capitale invol-
geva un'umiiianle soggezione del Governo italiano ai voleri del potente
alleato; e sebbene dai piu era riguardata come una beffa a Roma, in,
qaanto si spacciava che quella fosse una guarentigia morale della lealla,
con cui si osserverebbe 1'assunto impegno di non rinnovare contro il Pa-
trimonio di san Pietro i tradimenti, !e violenze e le iufarnie che, fruttaro-
no 1' usurpazione delle Romagne, dclle Marche e dell' Umbria : da molti
altri era aitresi riguardata come una implicita rinunzia, non pure a'mez-
zi violent!, ma eziandio a' tenebrosi intrighi di setta per la distruzioiie -u
della Sovranita temporale del Papa.
Pertanto i Mazziniani schietti ed i Garibaldini, cbe avrebbero fatta
1'apoteosi di Napoleone III, e leyato alle stelle Drouyn de Lhuys, Nigra,
Minghetti, Pepoli e loro consorti, se si fosse trattato solo de'.Io sgombe-
ro di Roma, non poteano acconciarsi di huon grado ad acceltare il tras-
porto del Governo a Firenze; si perche vedeaiio in cio un atto di vassal-
iaggio a Napoleone III, di cui non si fidano punto, e si perche o pigliava-
no sul se^rio o fingeano di pigliar sul serio le promesse fatte dal Governo
italiano di impedire 1' uso della forza a' danni de' present! dominii della
Santa Sede. II Governo di Torino adunque, stretto fra le esigenze diplo-
raatiche del Gabinetto delle Tuileries e le pretension! de'settarii, che Ha
qui furono il suo braccio destro nelle piu arrisicate imprese, non erasen-
za gran timore che ne! giorno 24 di Ottobre, in cui si dovea comunicare
al Parlamento quella Convenzione, si rinnovassero in Torino gravi coq-
flitti, p per lo rnenp lo scontento de'Torinesi fosse usufruttuato da'Mazzi-
niani in mot! sediziosi, contro quella che da alcuni dices! liberta de'Rap-
presentant! della nazione, e da altri si appella servilita pecorina dei de-
voti a I Ministero.
Quesie preoccupazioni si venivano aggravando visibilmente quando ,
oltre le deliberazioni fermate e messe poi a slampa da numerose raunate
di Mazziniani in molte cospicue cilia d' Italia, sulle frontiere della Sviz-
zera italiana si scoprivano e si sequestravano casse di band! mazziniani
a stampa, con cui levare i popoli a rornore e soinraoverli a far di tutto ,
perche si rinnegasse la Convenzione del lo Settembre, per la parte che
impone il trasferimento deila Capitale fuori di Torino. Se di la si spediva
codesta roba, dovea gia trovarsi di qua chi s'incaricava di spacciarla e
farla valere! Si raddoppio adunque di vigilanza, e si pose mano a spe-
dienti, un decimo de'quali adoperato, per esempio, dalla Santa Sede con-
tro i seltarii spedili dal Piemonte a seminar rivolture negli Stati della
Chiesa, basterebbe a far versare contro di lei un lago d' iochiostro alia
Diploraazia del diritto nuovo, ed un mare di fiele agli apologist! della
civiltd moderna.
« Sappiamo, stampo il Diritto (n.° 293), che la Questura mando a
chiamare molti esuli romani e veneti, e gli ammoni, che noti prendes-
sero parte alcuna a'torbidi, che potessero per avventura accadere in que-
st! giorni a Torino. » Le ammonizioni, in tali congiunture, si saquel che
signiticano, da parte d' un Governo liberale ; e, benche fatte con garbo,
CONTEMPORANEA 491
equivalgono a minaccc gravissime. Tuttavolta questp e uno spediente,
die puo essere elficace solo pel caporali e mestatori piu educati; per la
niamiaglia piu manesca e piii numerosa, a cui si gettano i pochi soldi
clic bastano in certe circostanze per averla pronta a rappresentare il po-
polo, ci vogliono argomenti piu persuasivi. 11 Gabinelto di Torino li uso
a tempo e largamente. Di die si videro per piu gionii di seguito piccole
squadrc di sei, otto, dieci e fiuo a venti oziosi o sospelti, die, a due a
due in processione, sotto la scoria de' gendarrni, venivano condotti o
nelle pubblidie carceri o nelle case che ancora riniangouo della Cittadel-
la, per esservi custoditi fuor d' ogui pericolo. A. questo modo furono se-
questrate molte centinaia di cotali, che, in altri tempi e per altri servigi,
avoano sostenuta la gloriosa parte di un popolo intiero, il cui sufiragio e
•volere sovrano dovea essere ossequiosamente riverilo da potenti Sovra-
ni, impegnatisi percio a fame rispettare le opere d\ plebiscite e di annes-
sione, per quanto fossero contrarie ai piu sacri diritti, alle gin rate pro-
messe, alia lealta ed all' onore nazionaie , ed alia santita della i'ede pub-
blioa.
Non sappiamo dar torto al Governo di Torino se cerco solo di liberarsi
dal pericolo che gli sovrastava da sediziosi ; ma non sappiamo intendere
come mai possa essere delitto per altri Govern!, quel che e diritto di le-
gittima diiesa per lui. L Opinions del 24 Ottobre, Jamentandosi dei bandi
sediziosi mandati da Lugano, e sequestrati alia Dogana di Chiasso, usci-
Ta in iiera iilippica contro le « arti tristissime » , colle quali si studiavano
i nemici dell' unita nazionaie di « agitare il popolo e di trasciuarlo ad atti
incousulti. I proclami non sarebbero soli, che fu annunziato essere slati
chia ma li a Torino degli impresarii di dimostrazioni ed organizzatori di
tumnUi di piazza ». Qui e proprio il caso della biscia che morsico il ciar-
Jatano! I moderati si servirono a loro bell' agio di codesti impresarii ed
organizzatori di tumulti, (inclie si tratto di rappresentare i drammi, ela-
bprati a Torino cd a Parigi, di popoli esasperati e sospinti dalla dispera-
zione a rovesciare i legittimi Governi d' Italia; ed ora alia loro volta li
sperimentano felloni. Pur se il Governo della Santa Sede si riservasse di
trattar tal genia a quel modo che la tratto il Governo di Torino, che cosa
non direbbero i diplomatic}, fautori e banditori del diritto nuovo? Si tol-
lererebbe torse che il Governo pontih'cio incatenasse o cacciasse via per
lo ineno codeste belve, impiegate pel passatp, e HQ d' ora destinate a
mettere poi in moto nell'avvenire, coi pugnali, con le bombe, coi tumulti
di piazza, i mezzi morali, che il Governo di Torino, come vedremo piu
sotto, si riservo di adoperare per conciliare il Papato con I Italia, ossia
per consummare I'assassinio della Santa Sede?
Per nieglio assicurarsi, il Governo pose mano a' tern, e comincio a cu-
rare la piaga con bottoni di 1'uoco, ossia con una serie di sequestri e di
processi a' giornali mazziniani e garibaldini; di die il Diritto (nn. 292
e 300) recitata la Circolare percio spedita a' Prefetti , comincio a levare
alte strida , slampando il catalogo copioso de' colpiti da que' provvedi-
nienti liberalissimi. Ma fu lasciato dire; ed egli stesso fu sequestrate un
cinque o sei volte, e costretto a lasdarsi mettere la cuffia del silenzio.
Laonde con tutta ragione 1' Unita Cattoiica del 25 Ottobre usci in queste
parole: « II Governo pontilicio non ha bisogrio di consigli per governare,
ne di lante precauzioni per difendersi dall' amore del popolo. Ma se fosse
192 CRONACA
minacciato da qualche dimostrazione, il Governo modello di Torino dice
& quello del Papa, come ha da fare per premunirsene. Ecco la ricetta del
medico Lanza, ministro dell'interno: 1.° Perquisizioni nelle case per cer-
care proclaim e pistole; 2.° Arresti in massa di tutti i sospetti ; 3.° Un
sugoio di spie ben pagate che girino dappertutto ; i.9 Sequestri di gior-
nali e di chi spaccia false notizie; 5.° Carabinieri in assisa e carabinieri
travestiti in ogni cantone; 6.° Una salutare paura da incutersi ai buoni
ed ai tristi. E noi non ci lagniamo di tutte queste misure. Sono yantag-
giose pei tempi che corrono, e meglio, mille volte meglio, premunire che
reprimere. Ma pretendiamo che d' ora innanzi i Ministri e i giornalisti di
Torino si guardino ben bene dal rimproverare il Governo del nostro
S. Padre Pio IX. »
2. Con tutto cio il Governo non si tenea abbastanza sicuro; e fece
adoperare caldi ufficii presso il Municipio, le Societa di Operai, i Capipo-
polo piu influent! , che alia loro volta tappezzarono Torino di bandi ed
esqrtazioni, perche si eyitasse « ogni illegalita » , e si mantenesse « una
attitudine calma e dignitosa ». E per avvalorare di maggior efh'cacia que-
sti squarci d' elqquenza, malgrado della pioggia fitta che non cessava di
cadere da piu giorni, si fecero marciare buon nerbo di truppe, che la
sera di Domenica 23 Oltobre si attendarono sulla piazza d'armi , d'onde,
continuando la pioggia a cadere dirotta, fu d' uopo farle ppi ritirare nei
quartieri, insieme con quelle che giunsero dalla Lomhardia la maltina
del lunedi. La Guardia nazionale fu convocata, ed accorse, in numero di
fpiu baitaglioni, al palazzo municipale, pronta a'cenni del Sindaco, a cui
il Governo scrisse calcie raccomandazioni pel buon ordine. Ma questo non
fu turbato ne punto ne poco, e la popolazione riraase tranquilla e rasse-
gnata, almeno esleriormente, nelle strade.
La Camera dei Deputati si aduno, alii 2i Ottobre, in numero di oltre a
350 membri. Interyennero ridenti, e quasi in aspetto di disfida, il Min-
-ghetti, il Peruzzi, il Pepoli, lo Spaventa, e loro complici nella faccenda
della Convenzione, e nelle stragi del.21 c 22 Settembre. II Presidente del
Consiglio de' Ministri, Generale La Marmora, salito alia tribuna, annunzio
ia formazione del nuovo Ministero, lesse in prima una studiata relazione
circa la Convenzione del IS Settembre; quindi il Lanza, ministro degli
affari interni, espose le convenienza di un disegno di legge, relativo alle
spese pei trasferimento della Capitale a Firenze. II Tecchio poi chiese di
interrogare i Ministri sopra i fatti del 21 e del 22 Settembre; ma questi
risposero asciutto di non potere ne volere accettare tali interpellanze,
fjrima the fosse risolta la faccenda della Convenzione; e ricusarono egual-
mente di pubblicare tutti i document! spettanti a tal negozio ; sicche gli
oppositori ottennero a stento che si deliberasse una inquisizione parlamen-
tare, per cura di nove Deputati, scelti dal Presidente della Camera, sopra
i fatti luttuosi del 21 e 22 Settembre, e che tal Commissione dovesse soi-
iecitare la presentazione de'suoi lavori. Ma si decreto pure, essere ur-
gente la disamina della Convenzione ; e percio la Camera fu prprogata,
affinche gli ufficii di essa potessero spendervi attorno i loro studii.
La relazione suddetta, firmata da tulti i Ministri, e riferita negli Atti
nfficiali della Camera, sptto il 24 Ottobre, come ndYOpinione del 25, va
^utta in dire, che i motiyi di essa Convenzione risultano da' document!
diplomatic! che si comunicavano al tempo stesso alia Camera; che il tras-
CONTEMPORANEA 493
ferimento della Capitale e clausola inscindibile di quel Trattato ; che cio
portera grave detrimento a Torino, la quale pero dovra fare alto gene-
roso di abnegazione per i'ltalia, e ne ricevera compenso nella « perenne
riconoscenza della nazione » ; e che la spesa percio occorrente sara di
Lire 7,000,000; e la cosa dovra effettuarsi « entro sei mesi dalla promul-
gazione della legge percio proposla ». II Governo del Re, mentre adem-
pira con lealta e con la dovuta sollecitudine questa eondizione, sente
pero il debito di osservare che non sara ne conveniente, ne possibile di
trasportare contemporaneamente nella nuova sede tutti gli uffizii che co-
stituiscono ramministrazione centrale, ma comincera da quelli che sono
indispensahili a dare impulse e direzione alia raacchina governativa. La
scarsezza di adatti locali nella nuova sede e la necessita di ovyiare al
pericolo di produrre un dissesto grave nell'andamento degli affari arnmi-
jiistrativi, consigliano che il traslocamento di una tanta mole di affari,
d' interessi , di documenti si operi gradatamente e colle dovute cautele.
« Per tanto la spesa del trasferimento da compiersi su tali basi e con sif-
fatti tcmperamenti venne per ora ristretta nei limiti del necessario, noa
tralasciandosi anche di tener conto delle straordinarie strettezze della fi-
nauza, alle quali il Ministero ha riyolte le sue piu sollecite cure. »
3. La legge per 1'approyazione di 7,000,000 di Lire , con che il mini-
stro Lanza pretese potersi fare le spese del trasferimento a Firenze, su-
scito una generale increduiita , che venne corroborata da calcoli esatti.
La Gazzetta del popolo ne impugno con calore la sufficienza , per isve-
lare rartiticio del Ministero ; i cui diarii rimandarono la Gazzetta a stu-
diare i calcoli percio deposli alia Camera. La Gazzelta non si lascio sgo-
inentare, e disse quelli essere calcoli poetici; e per maniera di dimostra-
zione, a punta di leggi e di cifre, chiari, nel suo foglio del 3 Novembre,
che mentre il Ministero avea assegnato sole 600,000 Lire per indennita,
ordinata dalla legge, a 4,000 pubblici ufficiali, che dovranno percio tras-
locarsi con le-ioro famiglie ; in verita , anche applicando solo leggi , che
nelle presenti circostanze sarebbero inique , disumane ed immorali ,
1' indennita dovuta sarebbe di Lire 1,479,878 ; onde in questa sola
partita, senza toccar d'altro, la dilTerenza tra il disegno del Ministero ed
jl voluto da inesorabile necessita , sarebbe di niente meno che di Lire
879,878. La quale ditYerenza crescerebbe di molto quando, invece d'ap-
plicar la legge del 9 Giugno 1861, circa le traslocazioni ordinane d'ini-
jpiegati, per motivi ordinarii e preyeduti, si tenesse conto dell'enorme
<Ianno ad essi inflitto, col costringerli tutti in una volta a dispendio incal-
colabile, cui devesi dal Governo dare proporzionato compenso.
4.^ I documenti diplomatici, presentati dal La Marmora, per giustifica-
re 1' opera del Pepoli e del Drouyn dc Lhuys , consistono in tre Note ,
delle quali le prime due sono del Visconti-Ye'nosta al Nigra , e la terza
del Nigra al Visconti-Venosta. Questi documenti sono scritti per uso del
popolo, e invece di essere una schietta sposizione dei fatti, una nuda
relazione delle trattative, ed una limpida spiegazione degli obblighi ini-
posti ed assunti , sono una calda apologia delle medesime, colla solita
artedi adoperare frasi a doppio senso, perche tutti vi trovino il loro conto.
Certi malignuzzi pero, come il deputato Boggio, non esitarono a dirli in
piena Camera roba fatta ad usum Delpliini; la Gazzetta del popolo li ten-
ne come compilati apres coup, cioe dopo stipulata gia la Convenzione, c
494 CRONACA
per togliere ogni sospetto, che questa fosse frutto dei timori destati dalle
dicerie d' una nupva alleanza nordica a difesa contro le ambizioni napoleq-
niche ; ed il Diritto certamente non fa contraddetto dai giornali del Mi-
nistero, quantunque stampasse (n.° 29oj: « In quest! document! 1'artifi-
c!6 e tanto manifesto , che e facile ad ognuno scoprirlo. Si vede chiaro
che essi furono fatti a bella posta, per servire alia difesa del Trattato ia-
nanzi al Parlamento. Ed il spverchio studio, con cui certi argomenti sono
sviluppati, traspare spverchiamenle e ne palesa il proposito... II sig.Ni-
gra ed il sig. Visconti-Yenosta Don avrebbero avuto bisogno di ripetersi
tante volte una cosa che sapevano. Ma eglino , dirigendo 1' uno all' altrp
le lettere , scrivevano veramente al Parlamento , e per ottenere che il
Trattato fosse apprpvato , credevano che fosse necessario persuaderlo
pienamente di questi due argomenti...: che la Convenzione del 15 Set-
tembre e in sostanza conforme ad un antico disegno del Conte di Ca-
your, e che il trasferimento della Capitale fu atto spontaneo del Governo
italiano, non imposto dal francese. »
Dopo lette accuratamente quelle scritture, torna assai difficile il ribat-
ter le congettiire del Diritto ; poiche in realta quelle vanno tutte in fare
un'apologja del Ministero presieduto dal Minghetti, che si adopero a potere
per iare accettare a Napoleone III i disegni gia avviati dal Cavour ; ma
scivolano prudentemente sulla difficolta e diiTerenza capitale, cioe che
questi non avea sognato mai di proporre o suggettarsi all' impegno di
trasferire altroye la sede del Governo. Lo studio principal^ pero del Ni-
gra e del Visconti e posto nel far intendere, senza pero dirlo in termini
precis!, che I'effetto indubitato, comelo scopo voluto della Convenzione,
si e di dare fra breve il possesso di Roma all' Italia. Ma siccome essi as-
seriscono recisamente che il Plenipotenziario francese fu di pieno accordo
coll' italiano in quanto a tal valore pratico della Convenzione ; cosi pro-
vocarono delle proteste e delle dichiarazioni del Gabinetto di Parigi ,
delle quali noi daremo conto neila parte della Cronaca , che si riferisce
alia Francia.
5. In tal sensp furono intese da tutti indistintamente i diarii , liberali
e non liberali, di Francia ed Italia, le chiose del Nigra, e riguardate co-
me m' appendice esplicativa del Trattato del 15 Settembre. Di che si le-
yo ppi , come vedremo fra poco , una polemica assai viva fra i giorna-
li ispirati dal Drouyn de Lhuys e gli stipendiati dal Governo di Torino.
Questi, senza tante ambagi ," intesero quelle dichiarazioni a quel modo
che il brindisi del Pepoli a Milano; cioe come una solenne affermazione
di mantener saldo il proposito di compiere Tunita nazionale, portando la
Capitale a Roma, ed adoperando a tal fine anche la forza, quando il Go-
verno pontificio non satisfacesse alle condlzioni poste , e che gli si ren-
derannp impossibili a satisfare, nulla essendo piu facile ad un Governo
rivoluzionario, che il gettare disordine in casa altrui e turbare la Iran-
quillita sidle frontiere. Difatto YOpinione di Torino, quello stesso diario
privilegiato, che primo di tutti promulgo essersi stipulate quella Conven-
zioae, subito dopo puhblicati codesti document!, stampo, alii 26 Ottobre,
che : « se ! negoziati diplornaiici in corso produrranno un risultato, sa-
rd giuocoforza alia Santa Sede di intendersda con /' Italia. Nel casp
contrario I' Italia potra procedure risoluta neila sacra via della sua uni-
td, sicura d'aver esaurito ogni mezzo per indurre il Papa ad una pacifi-
CONTEMPORANEA 495
cazione, che essa ha desiderato con sincerita di cuore e proseguita COQ
una longanimita senza pari ».
Or questa paciticazione in che dec consistere? Forse nel lasciare che
il Papa, astenendosi da ogni attacco militare cpntro 1' Italia, regni tran-
quillo ed indipendente sulla piccola parte degli Stati che gli fu lasciata?
No, mille volte wo, risponde \'0pinione del 4 Novembre. « A nostri tem-
pi la sovranita risiede nella nazione, ed il Re si chiama sovrano, qual ca-
po supremo dello Stato acclamato dalla nazione Quando adunque si
parla di Papa Sovrano, non si puo intendere di Sovrano etfettivo, di UQ
Sovrano che eserciti i diritti della vera sovrauita , ma semplicemente di
una sovranita nominale ed onorifica , secondo il concetto del Conte di
Cavour, la quale consiste in quel complesso di guarentigie personali che
potranno essere stirnate necessarie per assicurare al Papa, come Capo
della Chiesa cattolica, e come Capo residente a Roma, Vindipendenza, la
diynita, il deeoro. » Questo e volgare chiarissimo. II Governo italiano
deiermiiiera egli quali siano le guarentigie personali necessarie , ed al-
fuopo gli applichera quelle che osserva verso 1' Eiuo Gardinale De Ange-
lis, Arcivescovo di Fermo, sostenuto in prigione decente a Torino, e gli
lasciera per carita il name di Sovrano!
Tale essendo lo scopo, rimane forse alcun dubbio circa i mezzi da con-
seguirlo? L' Opinions del 27 Ottobre voile intorno a cio illuminare (ino i
ciechi : « Noi, fedeli al pensiero del Conte di Cavour , ci siamo nova-
niente iinpegnati a non andare a Roma coi mezzi violenti, ma ci riser-
bammo chiaramente la facolta di giungervi coi mezzi morali... Non pps-
siamo comprendere la politica sostenuta dalla France. Essa dimentica
le parole dell' Imperatpre e perfino i periodi del sig. Drouyn de Lhuys,
Dei quali 1' idea della indipendenza e dell' unita italiana e espressa coa
bastante chiarezza!» Dunque sta fermo che si dee compiere I' unita,
d' accordo col Governo di Parigi , ridurre a puro npme la Sovranita del
Papa , e far di Roma la Capitale di Italia , e tutto cio per mezzi morali,
se i mentovati pretest! gia predisppsti dal Nigra non daranno comodita
abbastanza prpnta di usare i mezzi violenti. Ora in che consistonp i mez-
zi morali? Chi avesse ancor bisogno di apprenderli, legga T Unita Cat-
tolica del 27 Ottobre, che, a punta di document! ufficiali francesi e pie-
montesi, dimostra quel che significa la firma del Pepoli, apppsta alia Con-
venzione del 15 Settembre ; e quella del di seguente, in cui, sempre coa
citazioni di documenti nfliciali francesi ed italiani,mettein evidenzache
H 1.° Mezzo morale e dire una cosa , e fame un' altra ; il 2.° protestare,
condannare, inse»uire le spedizioni e di riascosto soccorrerle; il 3.° e
che Tuno paga e 1' altro figura ; il 4.' simulare amicizia e rompere guer-
ra; il 5.° promettere e non attendere; il 6.° procedere con la morali ta de-
gli italianissimi, che giustifica ogni nefandezza col tine, anche piu iiefan-
do, di compiere il trionfo della rivoluzipne.
6. Faceano a coro con YOpinione tutti fill altri diarii ufficiosi del Go-
verno, in avvalorare con tali schiarimenti le chiose fatte dal Nigra alia
Convenzione del 15 Settembre; onde ingeneravasi in tutti , eziandipnei
Mazziniani , che tuttavia perfidiano per calcolo a fingersi persuasi del
conlrario, 1'opinioneche le guarenligie volute dal Drouyn de Lhuys,
dato pure che fossero stipulate con lealta dal Gabinetto di Parigi, si
guardavano da quel di Torino come una lustra da gabbare i gonzi , un
496 CRONACA
narcotico da alloppiare i Cattolici di Francia , una scappatoia per uscire
d' imbroglio verso le Potenze, e consegnare con garbo Roma alia merce
della rivoluzione italiana. Di clie furono in grande impaccio il Constitu-
tionnel e la France , dolenti che cosi si ^uastassero le ova nel panierinoy
e che si sfiatarono in ribattere cotali interpretazioni come ingiuriose alia
lealta di Yittorip Emmanuele e di Napoleone III, dichiarando che non
T'era alcun sottinteso nella Convenzione, e che questa si osserverebbe
alia letlera. Ma cantarono a' sordi ; ed in fine la France fu costretta a
confessare, atteso il silenzio de' diarii ufficiali, che sarebbe necessaria
qualche spiegazione autorevole, a togliere i dubbii sempre piu ringagliar-
diti da quel che scrivevano v\\0pinione quegli slessi cprrispondenii ,
che gia 1'aveano si esattamente intbrmata della Convenzione stessa ; i
quali tulti convenivano nel ribadire I'ampia liberla lasciata al Governo
di Torino circa I'uso dei mezzi morali, i quali spianerebbero la via all' u-
so dei violenti, per condurre a termine la grande impresa. Yedremopiii
innanzi quale sia stata quesla spiegazione data dal Gabinelto di Parigi.
7. Del resto quale sia pel Piemonte il senso della Conyenzione, si
puo argomentare da quel che fu detto e riferito nella Camera dei De-
putati cii Torino, nella tornata del i ISoyembre. Dal 25 Ottobre al 3 No-
vembre le sedate si erano prorogate, per lasciare agio a' Depulati di
convenire negli uflicii, discutere la Conyenzione suddetta, e nqminare i
niembri della Commissione, ed a questa di preparare la relazione alia
Camera. Kaunatasi questa alii 4, fu sorpresa da un accesso di ilarita,
che fece scoppiare prolungati oh., oh , all' udirsi annunziare che il sacer-
dote Passaglia, il famoso autore dello schema di legge pel giuramento
del Clero, richiamalo alia sua Cattedra nell' Universila di Torino, avea
riuunziato all' ufficio di Deputato. II che si narra nel modo seguentedal-
1' Unita Cattolica, n.° 30D: « D. Passaglia , grande amico e dilensore dei.
mezzi morali che debbono condurre i riyoluzionarii a Roma , era stato
uominato professore di filosofia morale o pratica nella regia Uniyer-
sita di Torino. Ma volendo egli sedere nella Camera come deputato, e
non potendo essere deputato e ad un tempo percepire lo stipendio, perche
gia compiuto il numero dei deputati impiegati, D. Passaglia connobilis-
^imo disinteresse , disse di rinunziare ad ogni stipendio, slimando piu
Toilizio di rappresentante del pppolo, che migliaia e milioni di lire. Sic-
come pero cogli antichi Ministri era facile intendersi , cosi ci dicpno , e
noi non accertiamo la cosa , che in un modo onell'altro lo stipendio giun-
gesse sempre nelle tasche di D. Passaglia. Ma pare che il nuoyo Ministro
•vqglia fare davvero riguardo a certe ecqnomie, laonde pose D. Passa-
glia al brvio, o di rinunziare all'iiflizio di deputato e percepire intero lo
stipendio di professore ; oppure di rinunziare dayvero a qualunque soldo
e riraanere deputato. Posto a queste strette D. Passaglia non esito mol-
to nella scelta, e disse : — Yengano i danari , e vada la deputazionel
Per lo che, nella tornata del 4 di Novembre yenne annunziato alia Ca-
mera che D. Carlo Passaglia, essendp professore di filosofia morale
nell' Universila di Torino con cinque mila lire di stipendio, cessava dal-
1'uffizio di deputato. II quale annunzio era accolto con quelle risa che
sogliono sempre accompagnare nella Camera il nome e la parola di
D. Passaglia. »
Si yenne quindi a disamina sopra la yalidita di alcune elezioni, dopo
che il Macchi ebbe fatto istanza perche si mettesse alfordine del giorno
CONTEMPORANEA 497
la legge per 1'abolizione di tutti gli Ordini religipsi, il chc fu promesso
dal Presidente, a patto che yi concorresse il Ministro di Grazia e Giusti-
zia che era assente. Cagione di questa istanza del Macchi fu la diceria,
corsa per Torino, che il Ministero, consigliato da Parigi, yolesse ritirare
le leggi, gia presentate e non ancora sancite, circa I'obbligo pei chierici
di sottpstare alia coscrizione militare, 1'abolizione degli Ordini religiosi
ed il riordinamento fa\\'asse ecclesiastico, ossia la coutiscazioce dei beni
della Chiesa. Di che spaventati i Mazziniani gridarono forte nel Diritto
del 31 Ottobre, che « la reazione avra il yento in poppa, essa prevarra;
i suoi sforzi possono dirsi coronati di prospero successo. La npstra rivp-
luzione morale sara oppressa. La reazione papale, colla connivenza mi-
nisteriale, tin d' ora puo dire di avere il dorainio dell' Italia. » A sedare
queste affettate trepidazioni non valse a nulla che i moderati dicessero,
quel disegno del Ministero essere inteso a mettere Roma dalla parte del
torto, potendosi cosi bandire , che mentre a Torino si facea di tulto per
]a conciliazione, a Roma s'imperversaya nei ritiuti e nella ostilita. Lapn-
de il Macchi voile provocare una dichiarazione ufficiale. E questa gli fu
data colla tornata seguente, quando il Guardasigilli annunzio, aver il Mi-
nistero ritirato il disegno di legge per 1'abolizione degli Ordini religiosi,
presentato dal sup predecessore, ma riserbandosi a prepararne un altro
al piu presto possibile.
In questa stessa tornata, avvenne un fatto importante. II Bpggio chie-
se altri documenti sopra la Conyenzione, perche i gia dati dal Mini-
stero non chiarivano a bastanza la cosa. II La Marmora rispose secco
di non potere dar altro. II Boggio ripiglio che, sopra scritture ad mum
Delpliini il Parlamento non potea deliberare con coscienza II La Mar-
mora ripete il ritiuto, dicendo aver dato tutti gli schiarimenti possibili.
II ministro Lanza si dolse che si rivocasse in dubbio la sincerita delle
aflermazipni del Nigra, circa il senso della Convenzione: ed il Bixio, pp-
ponendpsi alle istanze del Petruccelli e del Boggio disse: « La maggio-
ranza siamo noi, e la intendiamo cosi; quando gli ayversarii nostri sa-
ranno maggioranza, la intenderanno a modo loro. » Sic volo, sic iubeo,
ecco la formola del liberalismo moderno! Al che il Boggio replico, che
stando le cose a questo modo, la minoranza non avrebbe piu da far altro
che prendere il cappello, ed andarsene.
Sul liriire di questa tornata del 4 Novembre il Deputalo Mosca pre-
sento la relazione della Commissione, quasi tutta composta di partigiani
del Ministero , circa la legge proposta alii 24 di Ottobre dal Ministero
dell' Interno pel trasferimento della Capitale a Firenze. Questo docu-
mento, riferito anche nell' Opinions del 5 Novembre , ya in dimostrare :
1.° che la Convenzione del 15 Settembre « ha avuto di mira e per og-
getto di far cessare 1' occupazione francese a Roma e di regolare ie con-
seguenze di questo fatto. » 2.° Che « nessuna specie d' impunita venne
anlicipatamente stipulataa favore del Governo romano, pel caso che esso
si permettesse di disprezzare o violare gli obblighi » a lui imposti dalla
Convenzione ; il die coincide a capello con le interpretazioni date dal
Nigra , e le intenzioni pie del Piemonte di usare i mezzi violenti se i
morali non bastasserp all'intento. 3.° Che quanto agli ettetti remoti del-
la Convenzione , cioe la conquista di Roma , quella com' e intesa dal
Governo di Torino « nulla stabilisce e nulla vieta, onde piena ed in-
Serie V, vol. XII, fasc. 352. 32 12 Novembre 1864.
CRONACA
tiera liberta d' azione e serbata all' Italia ». 4." Che il trasporto della
Capitale fu non materia di Convenzione, ma ipotesi pura, la quale avve-
randosi, darebbe luogoadeffettuare la Convenzione. 5." Che pertantp d'o-
ra innanzi « il Papato si trovera esposto a far prova della sua vitalita » ;
che e quanto dire, sara abbandonato a se stesso; e dove soccomba sot-
to gli sforzi ed i mezzimorali della rivoluzione, tal sia di lui. Percio do-
versi al tutto approvare la legge; tanto piu che la somma chiesta disette
milioni sara suiliciente alia spesa necessaria pel trasporto, al quale intento
si era soddisfatto al yoto espresso delia pubblica opinione, che si occu-
passero per gli uificii del Ministero , e si volgessero ad utilita pubblica,
i Convent!, Monasteri e Seminar!!.
8. Niuno dubitaya in Torino della pienissima approvaztone , a gran
pluralita di suffragr, della Convenzione e di quant' aitre leggi fosse per
proporre il Ministero. Imperocche o per riguardo alia propria posizione
ufficiale, come dicono in loro gergo, cioe per conservare lo stipendio , o
per non deraeritare ciondoli e decorazioni , o per disciplina di partito ,
molti dei Deputati, che pria furono uditi nelle private conversazioni bia-
simar forte il traslocamento della Capitale, pur si professavano disposti
ad approvarlo col loro suffragio; ed in cio eran si fermi, che senza pur
curarsi di assistere alle discussion! , si riserbavano di intervenire alia
Camera nel solo giorno della votazione.
Anche minore assegnamento si puo fare sulla autorita del Parlamento,
quanto alia inquisizione istituita perchiarire i fatti del 21 e 22 Settembre.
Sotto i portici di Po , e pei canti delle vie in Torino vedeasi teste una
caricatura che ritraeva il Gianduja in atto di gontiar bolle di sapone ,
suile quali svolazzanti in aria leggeasi : inchiesta municipal?, inchiesta,
parlamentare , inchiesta ministcriale ecc.; e appie di pagina due ver-
si, che in forma assai cruda esprimevano quel concetto. Difatto e certo
che se im millesimo delio avvenuto in piazza Castello od in piazza san
Carlo a Torino, si verificasse per esempio in Roma, la Diplomazia ed il
giornalismo andrebbero in furore, gridando doversi scoprire e punire gli
assassini del popolo. Per contro la facceada a Torino e gia posta a dor-
mire. Tultavolia e da registrare qui una dichiarazione messa a stampa
dal Questore sig. Chiapussi , che dopo quei fatti fu surrogate terapora-
neamente da un sostituto. Ora il Chiapussi, per levarsi di dosso odiose
accuse, di cui sentiasi innocente, cosi scrisse &\\' Opinione del 31 Ottobre:
« Mi sento costretto a dichiarare, 1.° che i fatti operati dalle Guardie di
pubblica sicurezza in piazza S. Carlo, nel pomeriggio del 21, non solo se-
guirono mio malgrado , ma contro i precisi prdini da me impartiti ppco
prima al comaudante di esse. 2.° Che le intimazioni ed i movimenti di
truppe, fattesi in piazza Castello la sera del 21, vi furono per opera d'un
ufficiale di sicurezza pubblica, da me non dipendente ed a totale mia ia-
saputa. 3.° Che nella sera del 22 io non feci altro che ordinare ad ua
ispettore di far sciogliere 1'attruppamento in piazza S. Carlo, nei modi vo-
luti dalla legge e colla forza che era stata messa a mia disposizione ».
9. Ma pur troppo e da aggiungere che ora si hanno preoccupazioni
troppo piu gravi , a cui volgere i pensieri e le cure, che sarebbero gitta-
te inutilmente a vendicare la strage di tanli innocenti , e che pur noa
bastano ad impedire la rovina onde sonp minacciati ogni ordine di citta-
dini, per le condizioni disperate delle Finanze ; di che diremo piu sotto,
CONTEMPORANE4 499
epilogando la relazione fatta dal ministro Sella, circa i provvedimenti fj-
scali, imposti clalla necessita di spremere almeno 200 milioni di franchi,
per potere comecchessia sopperire alle spese del corrente 1864. Cio non-
dimeno si trova tempo e senlesi il bisogno di continuare a tormentare la
Chiesa. VUnita Cattolica del 30 Ottobre ristampo una circolare del Mini-
stro dell' Istruzione pubblica , sig. Natoli ; il quale, calcando le pedate
deH'Amari, sup predecessore, si arroyella per sempre piu inceppare la li-
berta gia si ristretta de' Vescovi ne' loro Seminarii ; e percio mandava
ai Prefetti e President! de' Consign provincial delle province delle Due
Sicilie, delle Marche e dell'Umbria nuoyi ordini piu incalzanti peresi-
gere dai Vescovi un resoconto minuto dei titolilegali di ciascun Maestro;
dell'ordine, dell' indirizzo d'ogni insegnamento; de' libri di testo prescel-
to; dei programmi di studio, del numero degli scolari ecc. Ogni cosa
sptto le consuete comminatorie contro i disordini invalsi per le espres-
sioni de' Vescovi , e con esigere informazioni precise circa « i principii
polilici che informano la istruzione nelle scuole vescpvili attualmente a-
perte. » Dee essere ben vicino all' estremo precipizio un Governo che
tanto moltiplica gli spedienti della tirannide!
10. Con quesfo si serve egregiamente alle aspirazioni del partito maz-
ziniano, che a suo tempo ne cogliera i frutti. Intanto cjuesto , forse ispi-
rato da quei medesimi che nel 1860 lo sospinsero all' impresa di Marsa-
la, lento rinnovare nel Veneto 1' impresa che riusci cosi facile in Sicilia ,
ed una mano di gioyani illusi o traditi, capitanati da un Zolessi e da altri
che gia furono ufficiali del Garibaldi, e percio tenuti a stipendio delGo-
vernp di Torino, a mezzo Ottobre levarono nel Friuli la bandiera della
ribellione, vestirono la camicia rossa , disarmarono alquanti gendarmi
austriaci , contiscarono le casse pubbliche, e tentarono di muovere i po-
poli a tumulto. Ma non trovando aderenti , se non in piccol nomero, i
caporioni, quasi tutti andati cola da Lombardia e dagli Stati Sardi, si git-
tarono alle montagne, nascosero le armi , si dispersero a drappelletti , e
in gran parte ripararono a Brescia, o furono arrestati dalle truppe impe-
riali, spedite a dar loro la caccia.
Giunta tal notizia a Torino, i diarii dei varii partiti rivoluzionarii re-
citarono, ciascuno secondo la propria indple, una parte di scena nella
cpmmedia. 1 Garibaldini, come il biritto, inventarono frpttole, combat-
timenti gloripsi per gli insorti, bande di 300 e 400 patrioti che teneya-
no in angoscia il Governo, popoli frementi e gia sul rinnovare i prodigi
del 1848; e chiusero 1'epopea favolosa con caldi eccitamenti a soccpr-
rere i comhaltenti. I ministeriali, come T Opinione, per farla piu spiccia,
si contentarono di rimettere in moto le macchine del 1860 ; cioe fingere
di compiangere quelle vittime deirimprontitudine mazziniana, e di ri-
provare, non come ingiusti, ma come inopportuni, perche d'impossibile
riuscita, que' moti gcnerosi; ma intanto risUimparono i bandi de' Comi-
tati separati e riuniti, ed i fervidi inviti, sottoscritti pcrfino dal Boggio
e da molti Senatori e Deputati, per dar mano ai prodi che, sebbene con
imprudente fervore, pur s' adoperavano alia redenzione del Veneto. Sa-
putosi poi che tutto era finito sul nascere, V Opinione comincio a dar la
ieffa ai mazziniani che aveano sparse quelle novelle, e chiamarli in col-
pa d'aver sospinto al macello tanti poveri giovani, bcnchenon siavi sta-
lo piu macello che rivoluzione.
500 CRONACA
11. Intanto pero rin Torino stessa, come ci fece sapere YOpinione,
andavano attprno arrolatori misteriosi, per raccogliere bande di ventu-
rieri a servigio di non sappiara quale delle lante repubbliche americane.
Ma siccome si sa che quando si prepara qualche spedizione conlro 1' Au-
stria, si suol mascherare con le apparenze di arrolamenti per lontani
paesi, cosi a molti nacque gran spspetto che tali mene fossero condotte,
per opera di quei medesimi, che in palese biasimavano i moti Friulani,
all'intento d'ingrossare quelle troppo scarse bande; come apparve poi
non infondato tal sospetto, da quello che la Commissione giudiziaria, spe-
dita dal Governo austriaco su quel di Belluno , ebbe a raccogliere dalle
rivelazioni de' carcerati, molti de' quali erano o fuorusciti andati cola,
dal Piemonte, o malandrini espulsi ad hoc dal Governo di Torino, co-
nie ebbe a dire Toggcribourg in una sua circolare dei 31 Ottobre.
Natural mente il capo designate di codesti redentpri era il Garibaldi;
ed il Diritto, n.° 298, con grande compiacimento ci regalo una minuta
descrizione d'unp yakt elegantemente arredato, con preziosi regali d'ar-
mi e d'oggetti di gran valore, speditigH d'lnghilterra da' suoi ammira-
tori e patroni.
12. Vero e che in questi momenti il Governo di Torino sembra poco
disposto a dar mano, coll'antica generosita, a nuove imprese garibalde-
sche, non perche gli manchi il volere, ma perche difclta di denaro. La
sua miseria e tanta, che persino con apposita circolare furouo prescritte
le piu severe economic alle navi da guerra a vapore, ordinando che va-
dano a vela, salvo il caso di ordini speciali q di insuperabile urgenza,
per risparmio di carbone. Oltre a due centinaia di ufficiali dell' esercito
i'urono messi, come dicesi, in disponibilita ed aspettativa, e circa 90,000
soldati furono rimandati alle case loro. II che certamente non sarcbbesi
fatlo, qualora si persistesse nel proposito di provocare nuova guerra con
quelle arti clie, dopo il colloquio di Plombieres, si usarono dal Cavour
per trarre 1'Austria al mal passq del 1839.
13. Questa cagione dell'insolita moderazione e renduta evidente dal-
Fesposizionc che il sig. Quintino Sella, ministro delle Finanze, presento
alia Camera dei Deputati, nella tornata del 4 Novembre. Da questa espo-
sizione ricaviamo che, per sopperire alle spese del solo 1864 , mancana
almeno 200 milioni; che questi si vogliono ottenere 1.° col crescere di
prezzo la privativa de' Tabacchi ; 2.° Con aumento sul prezzo del sale;
3.° Con gravare di auraenti alcuni titoli di Gabelle e Dogane, come il
caffe; 4.° Con nuovo balzello sui grani; 5.° Con accrescere di cinque
centesimi la tassa delle lettere, tprnandola da 13 a 20 centesimi. 6.° Con
aumentare le ritenute di stipendio agli impiegati, quanto basta a rica-
varne non soli due, ma sette milioni. Con cio si estorceranno fran-
chi 40,000,000; ma e pei riinanenti 160711 Ministero yi provvedera
col far riscuotere pel 13 Dicembre 1864 i tributi prediali che si do-
vrebbero pagare per tutto il 1863, e coll'emettere Buoni del Tesoro.
Per tutte queste cose il Ministro presento disegni di legge. La Came-
ra li approvera, ed i popoli pagheranno. La liberta costa caral
CONTEMPORANEA
II.
COSE STRAN1ERE.
FRANCIA 1. Storia delle interpretazioni della Convenzlone — 2. Note diplo-
matichc, die la dichiarano — 3. Conslderazioni e fatti che da esse si de-
ducono — 4. Gl'Imperatori di Russia e del Frances! a Nizza.
1. Dopo la presentazione dci Document! diplomatic! , fatta dal Gabi-
netto torinese al Parlamento, la condizione del giornali ufficiosi di Pari-
gi, nel sostenere la loro tesi favorita, era divenuta diflicilissima. Essi asse-
rivano che la Convenzione dei 15 Settembre salvava il Potere tempora-
le della Santa Sede, e che tale era Tintenzione di chi 1'aveva soltoscritta,
e s' ingegnavano di proTarlo a forza di ragionamenti sopra la politica
costanle della Francia, sopra gl' interessi del cattolicismo, sopra la pub-
blica opinione. AH'opposizione, che tutti gli altri giornali Frances! faceva-
no loro, che il Governo di Torino era di contrario avviso, ed avea uffi-
cialmente dichiarato che, per quella Convenzione, le aspirazioni italiane
intorno a Roma, lungi dall' affievolirsi, ricevevano una certezza sicuris-
sima di dover essere fra breve soddisfatte ; perche Tescludere che quella
Convenzione faceva i soli mezzi violent! d'una guerra aperta, equivalcva
all' ammettere tutti gli altri mezzi con cui si puo far cadere un Governo,
e che solto la denominazione di mezzi morali si possono comprendere ; a
questa opposizione non aveano altra risposta da dare, ne altra ne davano,
da questa in fuori : Gli Italiani s' illudono nel dare questa interpretazione
al trattato. La Francia lo ha fatto, e intende di farlo eseguire con la certa
determinazione di salvare il Potere temporale dei Pap! ; e la firma della
Francia e una guarentigia sicurissima contro ogni tentative contrario.
Ma a togliere ancor questa difesa , eccoti venir fuora la spiegazione del
Pepoli, che avea sottoscritta la Convenzione, allato al nome di Drouyn de
Lhuys, e quindi delle intenzioni delle due parti contraenti dovea saper
qualche cosa di piu che gli scrittori di quei giornali. Eppure il Pepoli
dichiarava che la Convenzione adempiva appieno i desiderii degl'Italiani,
togliendo al Papato la sola difesa che ancor gli rimanesse per impedire
agl'Italiani il possesso di Roma, le armi francesi. A tale inaspettata rive-
lazione non seppero quegli scrittori opporre altra risposta, se non questa
unica : non doversi far caso delle parole dette dal Pepoli tra 1'allegria dei
bicchieri, perche queste indicavano non le intenzioni del Governo, a no-
me di cui avea egli sottoscritto, ma i suoi desiderii personal!, che non
influiscono in nulla nelle deter minazioni govcrnative. Tutti tennero que-
sta come una scappatoia, ma non come una risposta convincente. E in
tale giudizio venne altamente confermato il pubblico da! dispacci del Ni-
gra, ambasciadore del Piemonte in Parigi. Conciossiacche questi in una
502 CRONACA
lunga nota scritla, almeno apparentemente, la sera stessa della Conveo-
zione, nel riferire la storia e il valore di questo miovo e gravissimo attoy
diceva in espressi termini : // a ete Men entendu, dans nos conferences
AVEC IE PLENIPOTENTIAIRE FRANCAIS, que la Convention ne doit, ni ne
pent signifier ni plus ni moins que ce quelle dit, c'est-d-dire que par la
Convention I'ITALIE s ENGAGE A RENONCER A TOUT MOYEN VIOLENT. E nella
versione fatta ufficialmcnte: « Fn bene inteso nelle nostre conferenze
col Plenipotenziario francese che la Convenzione non deve ne puo signi-
iicare, ne piii ne meno di quello che dice ; cioe che 1'Italia s'impegna ecu
essa a rinunciare ad ogni mezzo violento. » ISon appeiia fa conosciato ii
tenore di questa Nota, non fu piu possibile di dare alia Convenzione altra
interpretazione, da quella che il partito piemontese le dava, senza asse-
rire che i due Plenipotenziarii piemontesi chel'aveano tirmata, il Ga-
binetto che 1' ayea conchiuso , e quello che ora la dovea soslenere nelle
Camere avessero a dato stadio travolto il pensiero del Gabinetlo France-
se ; nel qual caso tulti dicevano, e noi abbiamo detto insieme cogli altri
nel presente quaderno, che Drouyn de Luhys avrebbe dovuto pubblica-
mente protestare. Fintantoche questa protesta non apparisse con autenti-
cita e pubblicita manifesto, ogni altra interpretazione sarebbe insensata.
Questa protesla e improvyisamente comparsa nel Moniteur; e sebbene a
noi non sia ancor nota che pel compendioso dispaccio telegrafico, perye-
nuto in Roma il di 7 Novembrc, nondirneno giudichiamo di doyerla ri-
produrre tal quale essa e. Essa contiensi in quattro note.
La prima, in data dei 30 Ottohre , e diretta da Drouyn de Lhuys ai
Bar. Malaret in Torino ; la seconda dei 2 Noyembre e dal medesimo
Drouyn diretta allo stesso Malaret. La terza, che porta la data del 30 Otic-
bre, e la quarta che ha quella del 1 Noyembre , sono scritte da Nigra a
La Marmora , analogamente a quanto dicesi nel secondo dispaccio di
Drouyn. Conseguenze di queste Note e un Dispaccio di La Marmora eolla
data dei 7 Novembre. Ecco ora il testo di ciascuno di questi Dispacei ,
come ci fu compendiato dal telegrafo elettrico.
2 Dal Moniteur. Un dispaccio di Drouyn a Malaret del 30 Ottobre di-
ce: 11 dispaccio di Nigra del 15 Settembre non riproduce completamente
la tisonomia delle trattative ne il senso che annettiamo, e che 1'Italia de-
TC annettere agl'impegni presi. La impressione , prodotta nella pubblica
opinione al di qua e al di la delle Alpi, proya che la confusione e proye-
nuta da ambiguita di espressioni sulle parole diritti e aspirazioni nazio-
nali. Ciascuno legge cio che teme o desidera. Non spiegasi il come 1'I-
talia troverebbesi un giorno a Roma, perche tali preyisioninon risultaoo
dall'esame della Conveuzione. Questi problem! syiano gli animi e spetla
agli ayyenimenti il posarli. L' alta prudenza non permette di cercarne
una prematura soluzione con ipotesi. Percio provocai schiarimenti, per
allontanare tutte le induzioni temerarie e ingiuriose. Gli schiarimenti
riassuinonsi nelle seguenti spiegazioni. L' Italia interdicesi le manoyre
CONTEMPORANEA 503
rivoluzionarie ncl territorio pontificio. L'ltalia riservasi V uso del mezzi
tnorali. La Corte di Torino considera per sole legittime aspirazioni quelle
lendenti a riconciliare 1' Italia col Papato. II traslocamento della Capi-
tale e una seria garanzia , non un espediente provvisorio , ne una tap-
pa. Sopprimere la garanzia sarebbe distruggere il contralto. La Francia
riserbasi libertd d' azionenel caso diima rivoluzione a Roma. II Ga-
hinetto di. Torino mantiene la politica di Cavour, dichiarante, Roma
non potcr unirsi all' Italia senza il consenso della Francia. Quest! sono
i punti trattati con Nigra , su i quali sembrami di essere d'accordo. Non
accusiamo Nigra per non aver protestato contro 1' impiego di mezzi frau-
dolenti , ne preveduta la caduta del Polere temporale, per efTetto d'in-
surrezione all'interno, non provocata da manovre esternc. Pensiamo con
Nigra esservi delle previsioni, che le convenienze vietano d'inserire ne-
gli atti diplomatici. L' eccesso delle precauzioni diventa ingiuria; ma
sperasi che la pace farassi nel Parlamento italiano.
Altro dispaccio di Drouyn del 2 Novembre. Egli pensa con Nigra di
scambiare in presenza dell'Imperatore nuovi schiarimenti per far cessare
le divergenze. La Conferenza fu aperta ieri con la lettura del rapporto
Nigra. Lessi i miei dispacci e 1'Imperatore approvolli. Nigra lesse la sua
lettera del 30 Ottobre a La Marmora, colla quale, precisando gl'impegni
della Corte di Torino, risponde alle osservazioni suggeritemi dal suo di-
spaccio. Ricorda le precedent! spiegazioni : ripresi ad esame il mio di-
spaccio del 30 che coufermo : fummo d' accordo sopra tutti i punti, e lo
costatarnmo con un telegramma da Nigra spedito a Torino.
Dalla Gazzetta Ufftciale di Torino. Una nota di Nigra del 30 Ottobre
a La Marmora rende conto di un colloquio avuto con Drouyn. Drouyn ha
realmente confessato che 51 conlenuto del mio dispaccio era vero, ma ag-
giunse che sotto il punto di vista francese doveva esser completato in
diversi punti. Ecco la osservazione di Drouyn e le mie risposte : Drouyn
crede che il mio dispaccio non indichi sufficientemente la differenza tra
ii progetto Cavour e la Convenzione. Risposi che il progetto Cavour, in-
serito nel mio dispaccio, dimostrava la dKferenza tra i due documenti.
Dissi che io aveva fatto rimarcare esattamente le modificazioni, special-
mente quella relativa alia formazione di un' armata pontificia e quella
piu grave concernente il trasporto della sede del Governo. Indicai chia-
aramente che il traslocamento della Capitale era una condizione sine qua
non della Con\enzione. Drouyn pensa che parlare di aspirazioni, dopo
di esserci interdetti i mezzi violent! per andare a Roma , sia un far sup-
porre ai partiti, che riservansi dei mezzi segreti. Risposi che nulla nel
mio dispaccio poteva autorizzare simili intcrpretazioni. Avevamo espres-
samente riservate le aspirazioni nazionali , ma determinandone nello
stesso tempo il mezzo e lo scopo. Avrei creduto di fare ingiuria al mio
Governo, ammettendo la necessita di spiegazioni sotto qucsto riguardo.
Nulla havvi di comune fra i mezzi segreti, accennati da Drouyn, e le
SO 4 CRONACA
forze moral! Jella civilizzazione e del progresso, a cui facemmo appello
per arrivare ad una conciliazione col Papato. Drouyn ricordo che nelle
conferenze dichiarossi da ambe le parti non doversi preoccupare del caso
in cui , malgrado la leale esecuzione della Convenzione , il Governo
pontificio non potesse piu sussistere per se stesso e si rendesse impos-
sibile. Tale eventualita costituirebbe una situazione nuova, fuori delle
previsioni delle parti contraenti. Francia ed Italia riservansi in questo
caso ogni reciproca liberta d'azione. Questa riserva, fatta da Drouyn, fu
da me partecipata al Governo del Re, ma non credetti ricordarla in un
dispaccio, destinato ad essere pubblicato: perche i Plenipotenziarii, ri-
conoscendo di non potere ne dovere preoccuparsi di tale eventualita , io
doveva fare altrettanto nel rnio dispaccio, e perche reputavasi di non ab-
bandonare alia pubblica discussione la previsione della caduta del Go-
yerno pontificio sia pei suoi errori, sia per la sua impolenza. Tale even-
tualita e possibile, ma se presentemente devonsi osservare le future
eventual i la, preferiamo di fermare il pensiero sulla conciliazione fra il
Papato e 1'Italia. Drouyn avrebbe desiderate die nel mio dispaccio io
spiegassi cio che intendiamo per aspirazioni nazionali. Risposi cbe la
spiegazione yi si trovava , avendo ayuto cnra di inclicare come scopo di
queste aspirazioni fosse la conciliazione dell' Italia col Papato, sul princi-
pio di Chiesa libera in libero Staio. Termina dimostrando die queste
spiegazioni non infirmano punto il suo rapporto, cbe si niantiene nella
sua integrita.
Da un telegramma di Xiyra a La Marmora del 1 Novembrc: Io ebbi un
abboccamento coll'Imperatore, Drouyn e Rouber. L'Imperatore autoriz-
zommi di spedire il seguente telegramma, redatto in sua presenza.
II dispaccio del 15 Settembre diede luogo a diverse interpretazioni ,
cbe motivarono i dispacci di Drouyn. Dalle spiegazioni leali scambiate
risulta che se dinanzi alia Camera, il Governo del Re rincliiuderassi nei
limiti del mio dispaccio del 13 Settembre , completato dal dispaccio del
30 Ottobre, esso non sard sconfcssato dal Governo francese.
Dalla Gazzetta Ufflciale di Torino. In un dispaccio, cbe ha la data
dei 7 Novembre, La Marmora dichiara che la pubblicazione della nota di
Drouyn del 30 Ottobre rende necessarie franche spiegazioni. II Ministero
attuale accetto la Convenzione, considerando che il testo, essendone
chiaro e preciso, non puo dar luogo ad equivoco nel suo senso letterale.
La Convenzione e vantaggiosa all' Italia , e il Ministero vuole e sapra
cseguirla scrupolosamente e integralmente , perche gl' impegni dei Go-
verni devono sempre osservarsi , e perche crede sia la migliore politica
per 1' Italia ; essendo la Convenzione fondata sul principio del non in-
tervento.
Premesse queste dichiarazioni , esamina le proposizioni del Drouyn.
La Convenzione provvede completamente alle esigenze della situazione
rapporto al Papato, dando assicurazioni alia Francia e al mondo cattolico.
CONTEMPORANEA
II Governo rcspinge fino col pensiero i mezzi sotterranei chc vede con
dolore accennati da Drouyn, ma ha fede intera nell'azione della civilta e
del progresso. Ciascuna delle due Potenze puo avere Ic sue opinion! sulla
Convenzione e su questa azione ; ma cio non puo formare oggetto di dis-
cussione pratica, poiche 1' Italia afferma che se le sue aspirazioni si realiz-
zeranno , non sara mai per mezzo di una violazione del trattato. Drouyn
intcnde defmire le aspirazioni nazionali. II Governo non puo seguirlo su
questo lerreno. Le aspirazioni di un popolo appartengono alia costituenza
nazionale , e non possono formare oggetto di discussione internazionale.
La conciliazione dell' Italia col Papato e sempre stato uno scopo propo-
stosi dal Governor la Convenzione ne facilitera la realizzazione. Circa al
significato del trasporto della Capitale i fatti parlario; 1' esecuzione di
quesla condizione e preparata e fra pochi mesi, salve le deliberazioni
del Parlamento , Firenze sara Capitale d' Italia. Cio che potra avvenire
piu tardi non puo formare oggetto di preoccupazione attuale dei due Go-
verni. Appartiene agli avvenimenti posare questo problema. Le differenze
fra il progetto Cavour e la Convenzione sono visihili. II Ministero terra
ad onore continuare la politica di Cavour. Drouyn avendo preso 1'inizia-
tiva di segnalare T eventualita di una rivoluzione spontanea in Roma , e
la caduta del Potere temporale, Tltalia riservasi, come laFrancia, liberty,
d' azione per questo caso. Tali sono le vedute sulla Convenzione, colle
quali il Ministero presentasi al Parlamento. La Convenzione apre ai due
Governi una via, nella quale il Ministero crede di potere contar sullo
appoggio dei rappresentanti della nazione, per rivaleggiare di lealta
colla Francia.
3. La semplice lettura di questi dispacci ci porta alle seguenti conchiu-
sioni, le quali noi accenniamo semplicemente, senza farvi su ne discorsi
ne commenti.
La cpndizione del traslocamento della Capitale, essendo stata una con-
dizione sine qua non della Convenzione, e quindi la base del Trattato, e
tale base che senz'esso il trattato non si sarebbe fatto; e daH'altro canto
sapendosi dagli altri document! che quel traslocamento fu ideato per ot-
tenere appunto quel trattato, di cui dovea essere la guarentigia ; non puo
piu sostenersi da veruno , che abbia un poco di buon senso, che questo
traslocamento non abbia fatto parte della Convenzione, e sia stato tutto
ed unicamente determinato dal Governo di Piemonte, per motivi di pub-
blica convenienza, indipendentemente da quel trattato.
Questo traslocamento non puo dirsi temporaneo e passaggero ; perche
esso dev' essere una seria guarentigia, non un espediente provvisorio, ne
una ta^fl.Dunque pel Gabinetto francese Firenze e Capitale definitiva.
II Piemonte non rinunzia soltanto ai mezzi violenti, ma eziandio al-
l' impiego dei mezzi fraudolenti, dei mezzi segrcti, dei mezzi sotterranei,
il che vale quanto dire all' impiego appunto dei mezzi morali, secondo
T Etica del Governo di Torino, direlli a far cadere la Sovranita del Papa.
1)06 CRONACA
Anzi dippiu. Quand'anche senza nessuna cooperazione del Governo
picmontese sorgesse qualche contingenza, capace di far cadere (fuella So-
vranita, come p. e. una rivoluzione spontaneamente prodottasi in Roma,
non per questo 11 Piemonle sarebbe per la Conveiizione abililato d' occw-
par Roma; giacche in tal caso la Francia si e riserbata la plena liberta
d azione , ed il Piemonte ha-confermata la sua obbligazioae di non ope-
rare die di concerto coll a Francia.
II principle del non intervento non e nella real la ammesso dalle due
parti: perche la liberta d' azione, riservatasi dalla Francia e accettala
dall'Italia, suppone nella Francia il dritto d'intervenire, senza di cm DOB
sarebbe piu liberta ma restrizione.
Tulto cio contiene la rinunzia al dritto preteso dal Piemonte di aver
Roma per Capitale d' Italia: non espressa e vero in termini formal!, ma in
termini equivalents.
L'Ambasciatore del Piemonte a Parigi, avea prirna taciuto, nel suo di-
spaccio dei lo Settembre, la riserva della plena liberta d' azione fattasi
dalla Francia, perche quel dispaccio era deslinato alia pvbblicild. Ora si
pubblica quella riserva e questa circoslanza. Una tale pubblicazione, che
ha qualcbe cosa di umiliante, non ba dovuto essere ai certo molto spon-
tanea: e pure si c fatta con ogni docilita.
11 dispaccio, in cui Nigra ba dovuto riferire al suo Governo queste di-
chiarazioni e proteste, e stato letto cd esaminalo alia presenza dell' Ira-
peratore e di due Ministri Frances!, e poi constatato con un tclegramma
i'u spedito a Torino. Questo e un po' fuori gli usi diplomatic!, e accenna
a piu che poca diftidenza.
II dispaccio scritto dal Nigra ai io Settembre, corre pericolo di essere
sconfessato dal Governo francese , se il Ministero piemontese non lo re-
strigne entro i limili del nuovo dispaccio dei 30 Ottobre. Cio vuol dire
che il Ministero piemontese dovra parlare alia Camera, non con Forme al
senso del primo, ma confurme al sciiso del secondo dispaccio.
Tutte queste dichiarazioni pero e queste umiliazioni dei Ministri pic-
monlesi non rendono la Conveiizione acceltabile dai Caltolici : perche,
lasciando stare die essa non restituisce al Papa gli Stati rubatigli, neppu-
re gli assicura in modo certo gli Stati finora lasciatigli. Giacche seguono
a citarsi dal Gabinelto piemontese le aspirazioni nazionali, i mczzi mo
rali, i mezzi del progresso e della ciciltd moderna, e tra le ambagi delle
frasi ristabiliscesi nel fondo dal La Marmora 1'antico program ma della
rivoluzione ilaliana nella sua interezza; e piu ancora di questo, giaccbe
la lettera della Convenzione rimane, corn' era prima , interprelabile ia
senso favorevole all' ambiziooe piemontese; e le dichiarazioni emanant>
oggi da Ministri, che possono venir cangiati domani , per essere sosli-
tuiti da altri clie potrebbero dicbiararla e applicarla in senso opposto da
quello che ora si Fa.
CONTEMPORANEA 507
Stanti qucste considerazioni si puo dedurre chc questa nuova fase deila
Convenzione, sebbene non distrugga le apprensioni del Cattolici e le spe-
ranze dei rivoluzionarii, nietle nondimeno in gravissimo imbarazzo il Mi-
iiistero, 1'Ambasciatore, il Parlamento piemontese, che dee disdire cio
che ha detto fiuora; ed il Governo imperiale di Francia, che perde gli
applausi della rivoluzione , perche questa tenea per fermo la Francia vo-
lesse dar Roma al Piemonte, e non guadagna interamente gli applausi
dei Catlolici, perche questi non sanno intendere, perche volendosi di-
fendere la Sovranita del Papa , come appare dalle spiegazioni ora scam-
foiate, e non rinunziandosi aH'intervento, si sia trattato con Torino e non
con Roma della partenza delle milizic francesi. II solo che non siane im-
foarazzato e il Governo pontificio; il quale forte del suo diritto, confidente
nella protezione manii'esta del Cielo, e nella venerazione dei Cattolici,
guarda senza apprensione le tempeste che gli si eccitano intorno, perche
sa con certezza, che queste a una parola del Salvatore si racchetano,
e loro succede la tranquillita.
4. L'Imperatore e 1' Imperatrice di Russia, seguitati da numerosa cor-
te, hanno attraversato la Francia per recarsi a Nizza , ove sono giunti il
di 21 d'Ottobre. II Governo francese avea dati gli ordini piu precisi per
fecilitar loro tutte le comodita del viaggio, e fra le altre disposizioni ,
ordinato die le spese fossero a carico della Francia , e il desiderio delle
LL. Maesta russe di viaggiare come incogniti , delicatamente sodisfatto.
Quindi 1' imperatore Alessandro II , non appena e giunto a Nizza, ha
trasmesso per mezzo del telegrafo elettrico a Parigi le espressioni piii
Tive di ringraziamento per tutte le attenzioni , che egli avea ricevulo ,
viaggiando sulle strade diferro in Francia. Perche poi era stato espressa-
meute mandato a Nizza da Parigi un battaglione di cacciatori della guar-
dia per fargli onore , cosi il giorno 26 di Otlobre lo Czar gli ha offerto
un bancheito , nel quale si fece egli rappresentare dal Principe di Witt-
genstein. II di seguente a tal testa mililare 1'imperatore Alessandro ha
passato in rivista il navilio francese e russo , che trovavasi nella rada di
YHJafranca.
La sera di questo slesso di 27 , alle 8 e mezza pomeridiane, giungeva
a Nizza 1' impcratore Napoleone , accompagnato dal Vice-ammiraglio Ju-
rien de la Graviere , e dal Gen. Fleury , suoi aiutanti di campo ; dal suo
Ciambellano, Conte Walsh; dal suo scudiere, Marchese de Caux; dal
Conte d'Espeuil, ofiiciale d'ordinanza, e dal sig. Pietri, addetto alia
secreteria particolare. Sua Maesta imperiale avea lasciato la residenza di
St. Cloud il giorno di Mercoldi , dopo di aver quivi preseduto al Consi-
glio dei Ministri. II Venerdi seguente, nel momento che 1' imperatore
Napoleone s'accingeva a recarsi alia villa Pellion, ove dimorano le loro
Maesta russe, fu prevenuto dalla visita dell' imperadore Alessandro, che
•ia uniforme recavasi a ringraziarlo delle buone accoglienze, fattegli in.
Francia. Un po' dopo , verso le ore 10 e mezza del mattino 1' Imperatore
508 CRONACA ^
dei Frances! s' e recato a far la visita allo Czar ed alia Czarina , scopo
del suo viaggio a Nizza. Dopo un abboccamento intimo di qualche ora ,
le loro Maesta si sono separate , per riunirsi novamente la sera alia men-
sa , imbanditasi dallo Czar nella sua villa Pellion , e poscia al teatro. II
Sabato mattina alle ore 8 Napoleone parti per Tolone , e poco dopo Ales-
sandro lascio Nizza per recarsi a Berlino.
Di che siesi trattato in queste intirae conversazioni tra i due Impera-
tori a Nizza non si puo naturalmente conoscere per diretta rivelazione ;
ma si pretende di poterlo congetturare da certi indizii esterni. II libera-
lismo moderato crede da principio che a Nizza fossesi disfatta 1'unione del-
le tre Potenze del Nord a danno dell' Austria, la quale per riparare un tal
colpo s'affretto a nominare per suo primo Ministro un personaggio piu
gradito a Napoleone , piu inchinevole alia Francia , non ostile alia poli-
tica delle Potenze occidentali. Ma ora una tale opinione si e molto afiie-
volita , e acquista sempre nuova verosimiglianza quella contraria dei
conservatory Questi s' attengono alia dichiarazione data dall' Invalido
Jlusso , giornale autorevolissimo, il quale assicura, che la visita dei due
Imperatori a Nizza fu un atto di semplice cortesia , ed affatto estra-
neo alia politica. Anzi molti fra loro aggiungonoche, lungi dal produrre
niaggiore confidenza tra i due Sovrani, quell' abboccamento e forse riu-
scito a diminuire quella che gia vi era; poiche lo Czar non s'e piu re-
cato a passare in rassegna 1'armata navale di Tolone , ne a restituire la
visita all'imperatore Napoleone a Compiegne o altrove, come era stato cosi
asseverantemente annunziato innanzi, e forse anche concertato. V ha
perfino chi dice che prima dello stesso abboccamento vi fosse potuto es-
sere una causa di dispiacere, e cosi la contano. Fatto sapere allo Czar,
che Napoleone si proponeva di parlargli a Nizza in favore della Polonia, lo
Czar dichiaro nettamente che non potrehbe entrare in discussione sopra
tale argomento e per far giungere questa risposta all'orecchio di Napoleo-
ne, dicono che fosse adoperato il March. Pepoli. Se la cosaevera, come
essa e probabile , era piu che sufficiente a torre a quella visita ogni spe-
ranza di nuovi accordi tra i due Imperatori.
CO>T,RESSI CATTOLICI. 1. Belgio. Congresso di Malines — 2. Germania.
Congresso di Wurtzbourg.
1. Nella chiesa metropolitana di S. Rombaldo, nella citta di Malines,
il di 29 del trascorso mese di Agosto, si e inaugurata la secondariunione
del Congresso dei Cattolici,ai piedi dell'altare, invocando lo spirito di Dio
sopra i numerosi membri radunativisi da molte parti, ancor lontanissime,
e sopra le opere, per cui promuovere tenevasi quella riunione. Usciti dal
tempio in lungo ordine tutti quei Signori, sonosi raccolti nella sala del Se-
minario, ove doveasi tenere 1' assemblea generale. Piii di quattro mila
persone vi assistevano. L'Emo Card. Sterckx, Arcivescovo di Malines, ha
CONTEMPORANEA 509
aperto la seduta con un nobile e grave discorso,nel quale,dopo di avere
rammentato tutto quello che vi fu di bene nella riunione dell'anno prece-
dente, ha con tutta delicatezza indicato gli scogli che doveansi evitare
nella presente, perche quel bene fosse intero e compiuto. « Noi gia lo
sapevamo, ha egli molto opportunamente detto, che la nostra opera sa-
rebbe imperfetta, specialmente in quel primo sperimento che ne faceva-
mo. Ma noi sapevamo altresi, che in morale e agli occhi di Dio, le opere
buone, fatle con purita d'intenzione, non cessano d'essere buone e meri-
torie, se vi s'infiltrano delle imperfezioni accidental, per colpa di chi le
mette in esecuzione. Questi difetti sono da iraputare alle persone, alle
quali sfuggono ; non alle opere in se stesse, che non divengono per
essi meno degne di elogio e di ricompensa. Dall' altro canto, o Signori,
se i nostri discorsi, se le nostre deli her azioni, se le nostre discussioni han
lasciato desiderar qualche cosa ; non e men vero per questo che i nostri
due volumi fcontengano pagine assai belle, considcrazioni assai utili, no-
tizie assai preziose ; e che i nostri voti e le nostre risoluzioni, che sono
gli atti proprii della nostra asserablea, sono al coverlo di qualsivoglia
critica ragionevole. » Quesle parole contengono il giudizio piu esatto e
piu vero che si potesse formare del primo Congresso di Malines, e al
tempo stesso 1'avviso piu salutaree piii opportuno che si potesse dare pel
presente Congresso.
Dopo il discorso dell' Eilio Porporato, accolto con affettuoso rispetto
dalla numerosa corona, surse a parlare il Presidente del Congresso, 1' il-
lustre e venerabile Barone de Gerlache. Egli colla sua tranquilla e per-
suasiva eloquenza ha tratteggiato unquadro assai ben colorito della con-
dizione dei Cattolici nel Belgio, confutando le calunnie che ogni di sca-
gliano contra di loro i libertini, e additando tutto il bene che essi colle
loro istituzioni, e colla loro opera fanno al paese. Degno di quella fede,
che ha sempre animate le sue geste, e ispirate le sue parole, e quel trat-
to, ove 1' illustre vegliardo parla della liberta, invocata come il rimedio
di tutti i mali dalla scuola libertina. Di tutto il suo discorso ci contentiamo
di compendiare questo solo tratto, che annanzia il principio, il quale de-
ve riunire in un sol pensiero tutti i Cattolici. L'autore riconosce nella li-
berta un bene prezioso del Signore : ma confessa altresi che la liberta
senza nessuna regola che la diriga, conduce alia rovina, come degli in-
dividui, cosi della societa. Levate alia liberta civile il contrappeso delle
leggi , alia liberta individuate il contrappeso dei doveri , all'una e all'al-
tra il limite che la morale umana e la legge divina le segna; la liberta
vi conduce diritto, come ai tempi della prima rivoluzione francese, al-
1'anarchia, aU'empieta. La liberla adunque che invocano i Cattolici e una
liberta sottomessa alia Chiesa, alle sue leggi, alle sue discipline, ed ai
suoi insegnamenti e consigli. Questa e la liberta che solo puo rendere
fclice un paese, perche e la sola che si appoggia alia colonna incrollabile
d'ogni giustizia e d'ogni verita, che e la Chiesa.
510 CRONACA
Come era naturale , dopo il discorso del Presidente, fu udito quello
del secretario generale Ducpetiaux, alia cui operosita istancabile si de-
ve in gran parte, come la prima, cosi la seconda adunanza di Malines.
Egli comincio dal proporre all'Assemblea 1'Indirizzo che dovea dirigersi
al Santo Padre, per cominciare i lavori quell'adunanza, di con un alto di
ossequio assoluto e sincerissimo alia sua infallibile autorita. Quest' indi-
rizzo fu da tutti accolto con unanimita di sentimento , e durante la sedu-
ta raedesima notiticato alia Santita Sua per mezzo del telegrafo elettri-
co : col qual mezzo medesimo la stessa Santita Sua si degno di man-
dare la sua apostolica benedizione a quanti si erano quivi riuniti con
buona volonta. Dopo 1' indirizzo il sig. Ducpetiaux rese conto delle co-
se fatte, in esecuzione delle risoluzioni prese nell'Assemblea del 1863.
Noi ne accenneremo alciine delle principals Col concorso dell' Episcopa-
to belga e stato costituito a Bruxelles un comilato centrale, formato dei
delegati delle Diocesi , per consolidare ed estendere il Dencfi-o di S. Pie-
tro , e tutte le altre opere che vi si riferiscono. L'opera della Santifica-
zione della Domenica segue il suo corso, e progredisce in mezzo ai mol-
ti ostacoli , che le tocca di superare. L' opera della Propagazione dei
buoni libri, e della istituzione di biblioteche popolari non e punto ral-
lentata, e si e unita alia Societa di S. Carlo Borromeo. L'Accademiacaf-
tolica, la cui fondazione fu decretata nel 1863 , non si e tuttavia potuto
priacipiare, perle difficolta incontrate, le quali si spera di superare in
un tempo piii o meno vicino. Da in fine ragguaglio intorno alle opere di-
rette al miglioramento della musica religiosa, ai mezzi adoperati per
rendere potente la stampa cattolica , agli sforzi posti per fondare un gran
giornalo catlolico internazionale , ai molti cirnoli cattolici fondati lungo
1'anno nel Belgio, e alle relazioni che 1'Assemblea cattolica del Belgio ha
rannodato colle assemblee cattoliche piii antiche della Germania e della
Svizzera. Un tal Rapporto svela tutto i'utile pratico di queste radunanze,
il quale dimora piu assai che nei discorsi che vi si facciano , nelle opere
che col concorso rhmito di tante volonta e di tante borse possono o isti-
tuirsi o sostenersi.
Noi non ci iritratterremo a dire partitamente di tutti i discorsi che furo-
no fatti in quest' Assemblea, nelle varie sedute che vi si tennero, perche
lo spazio ce lo divieta; e la scelta di qualcheduno fra essi non possia-
mo farla senza offendere quelli che passeremmo sotto silenzio. Solo ac-
cenneremo alia magnitica e veramente splendida parlata di tre ore inte-
re , che vi fece 1' illustre Vescovo di Orleans, MODS. Dupanloup , giun-
to improvvisamente a Malines, ed accoltovi da una si calda ovazione,
che se fu superiore ad ogni immaginazione, fu pari al merito di quell' il-
lustre campione dei dritti della Chiesa. MODS. Dupanloup tolse a discor-
rere intorno all' insegnamento, ed il fece con tanta giustezza di vedute,
con tanta pienezza d' idee, con tanta facilita di eloquio, con tanta mae-
sta e novita d' immagini , che 1' uditorio , trasportato fuori di se da cosi
COMEMPORANEA 511
splendida eloquenza non rifino mai di applaudirlo c di festeggiarlo.
Quegli applausi e quei fosteggiamenti appariscono ben meritati alia let-
tura del discorso,che venne slampato in cento mila esemplari, senza no-
yerare i giornali che 1' hanno riprodotto intero nelle loro colonne.
L' ultima seduta del Congresso fu chiusa da una ceremonia religiosa,
preseduta daU'Eino Arcivescovo di Malines, nella quale ttiiti ad una vo-
ce si unirono a pregar Dio per la prosperita della Chicsa, e per la santi-
ficazione dei fedeli.
Noi non abbiamo in queste poche linee avuto la pretensione di dare
altro, che una semplice idea di questa soleune riunione. Nulla abbiamo
detto dei tanti discorsi e delle tante dissertazioni o lette o improvvisa-
te: nulta dei lavori eseguitisi nelle sezioni speciali , nulla delle delermi-
nazioni praticbe che vi si sono fermate. Ci siamo contentati di semplice-
mente far notare sia lo scopo dell'imione, sia la mokitudiue degli accor-
sivi, sia lo spirito sinceramente cattolico e religioso che li informava.
Prima di flu ire questi cenni medesinii cosi scarsi , diremo schiettamente
che il voto dell' Emo Card, di Malines e stato in gran parte soddisfatto:
poiche sebbene la parte ai discorsi e stata larghissima quest'anno , come
fu nel precedente, nondimeno il lavoro delle sezioni per le decisioni pra-
tiche da farsi e stato maggiore ancora che nell'anno innanzi : e sebbene
non possa dirsi che lutte le imperfezioni nei discorsi siensi evitate , dee
dirsi che esse furono molto minori e molto meno applaudite, anzi neppure
avvertite. Gio mostra che il Congresso progredisce nel retto cammino,
che e di unirsi per fare delle buone opere piu che dei bei discorsi.
2. Al Congresso cattolico di Malines succedette, al di la del Reno,
1' Assembled generale delle associazioni cattoliche alemanne, il 12 del
mese di Settembre. In quel giorno la citta di Wurtzboiirg era tutta pa-
vesata a festa, e le case aveano handiere, pennoncelli, ghirlande di fieri.
Alia stazione della ferrovia, per la quale doveano arrivare i delegati
delle diverse associazioni alemanne, si trovarono per accoglierli i mem-
bri del comitato promotore dell'adunanza. Le riunioni si tennero nella
gran sala della Schrannenhale, ove il primo borgomastro della citta,
sig. Hopfenstatter gli accolse, quella sera stessa del loro arrivo, con paro-
le di molta cortesia. II di seguente, Mons. Stahl celebro nella cattedrale
una messa solenne, alia preseoza di tutti i membri deirAssemblea, che
Ti si erano recati processionalmente, accompagnati dalle diverse corpo-
razioni della citta colle loro divise e bandiere. Dopo la messa si tenne
1'adunanza generale, che fu aperta da Mons. Goetz, presidente del co-
mitato locale, con un discorso sull' indefettibilita della Chiesa, e sulla
durata delle opere che essa inizia. Propose quindi il barone Moy de Sons
d'Inspruch a presidente, il conte Federico Thun di Vienna, ed il signor
Adam di Coblenza a vice presidents, proposte che furono salutate dagli
applausi dell'assemblea. II signor Ducpetiaux di Bruxelles fu proclamato
CRONACA CONTEMPORANEA
presidente denote. Fu letto ed approvato un indirizzo al S. Padre, e
dietro proposta del presidenle fu mandate subito un telegramraa al Car-
dinal Antonelli, per far conoscere a Sua Santita lo seopo del Congresso,
e manifestargli Tossequio e 1'affetto figliale dei Cattolici della Gerniania.
La mancanza di spazio non ci consente di estenderci maggiormente su
questa Assemblea, nella quale furono pronunziati discorsi di somma im-
portanza, e che corae quella di Malines portera i suoi frutti. Indicheremo
soltanto le cinque deliberazioni solenni, colle quali le sedate di quel-
F Assemblea furono chiuse.
« 1.° L' Assemblea dicbiara che i Cattolici alemanni non debbono la-
sciarsi superare dai francesi e dai belgi, nei sacrificii a farsi pel Capo della
Chiesa, e che debbono prendere parte all'imprestito pontiticio ; 2.° Ella
domanda 1'affrancamento, anche sotto 1'aspetto religioso, dello Schleswig-
Kolslein, pel quale venne sparso tanto sangue cattolico. e la cessazione
dell' oppressione odiosa, a cui i Cattolici soggiacciono in questo paese;
3.° L' Assemblea deplora il conflilto suscitatosi nel granducato di Baden;
essa crede che la ragione sta dalla parte dell' Arcivescovo, che combalte
pel diritti della religione e della famiglia, e ricorda che ogni colpo dato
aH'altare e ugualmente un attentato al trono ; i.° L'Assemblea onora gli
uomini eroici, i conti di Schrnising-Kerssenbroch, che dovettero abban-
donare 1'esercito prussiano, perche si erano per principio opposti al duel-
lo, e dicbiara che la condotta del Ministro della guerra di Prussia a ri-
guardo dei mcdesimi equivaleva a una condannazione de' principii del
cristianesimo; o.° Essa deplora il modo odioso con cui gli Ordini religiosi
vennero attaccati, principalmente nel gran ducato di Baden, nell'Assia,
nel Wurtemberg, e dichiara agli uomini del progresso che e una deri-
sione il domandare per essi la liberta di propaganda, il diritto d'asso-
ciazione ecc., e il voler togliere queste liberta alia Chiesa. »
Per intendere il signiticato del 4.° articolo e da sapere che nell'eserci-
to prussiano milkano i tre figli del conte di Schmising-Kerssenbroch,
cattolici di alti spiriti, di molta istruzione e di nobilissimaprosapia.L'un
d'essi yenne sfidato a duello, non sappiamo per qual cagione: ma rifiuto
di accettare la stida, arrecandone per motivo 1' essergli cio proibito dal-
la Cbiesa, cui appartiene. I suoi due fratelli, interrogati dai loro genera-
!e se avessero i medesiini sensi intorno al duello, risposero con pari co-
raggio che si. Tanto basto perche tutti e tre yenissero esclusi dall'eser-
cito prussiano. II coraggio di questi tre gioyani uffiziali a professare la
loro ubbidienza alia Chiesa, e stato applaudito da tutti i Catlolici aleman-
ni, e merita di essere da tutti i Cattolici dell'Europa.
LE NUOVE FASI
DELfcA CONVENZIONE FRANCO-ITALIANA
Non crediamo recare offesa alia celebre Convenzione coll'uso di
questa metafora , lolla dalle varie apparenze delta luna ; giacche la
slesso signer Drouyn de Lhuys si place di adoperarla nel sue Dispac-
cio del 30 Oltobre al signer Malaret 1. E veramente il famoso trat-
iate non puo figurarsi meglio , die come un corpo opaco , privo al
iullo di luce propria, e sol capace di riflettere quella, che gli viene
dal di fuori comunicata. Due Soli fanno a gara Ira loro per illumi-
narlo, il Governo francese ed il Governo torinese, senza essere
glunli per anco ad alcun sodo coslrulto. Fenomeno veramente singo-
lare e al tutlo degno del nostro tempo ! Si fa un contralto Ira due
Potenze , e le due alte parti contraenti non sanno ancora con preci-
sione che cosa hanno patteggiato !
Noi gia vedemmo i diversi aspetti, che il proleiforme traltato pre-
senlo fin da principio solto la luce , che vi sparsero i due Govern!.
Ora, perciocche una nuova illustrazione gli e stata applicala da ambe
le parli, dobbiam vedere i nuovi aspelti, di cui si e ullimamenle ri-
veslito. Noi ci sforzeremo di continuaie a Iratiar 1' argomento con
serieta di discussione; benche esso oggimai comincia a diventar
tanto comico , che il riso spunla involontariamenle dal labbro.
1 Nella fase alluale ecc. Dispaccio del 30 Ottobre.
Scrie V, vol. XII, fasc. 353. 33 18 Novemtoe 1864.
SI 4 LE NUOYE FASI
I.
Apparenza die il trattalo presenta sotto I' illustrazione
del Governo francese.
Le chiose fatte dal signor Nigra al famoso trattato e 1' aspetto , in
che egli 1'avea moslrato nel suo dispaccio del 15 Seltembre al signor
Yisconti-Venosta , avevano falto uscir dai gangheri il Ministro fran-
cese. Ci e tulta la probabilita che qucsli avesse perfin minacciato di
sconfessare pubblicamente la relazione del Nigra; cosi almeno sem-
bra rilevarsi dalle parole , colle quali quest' ultimo die con to al suo
Governo delle trattative posteriori. Egli dice: « Dalle spiegazioni
leali, die si scambiarono tra sua Eccellenza e me, ne risulta che se
davanti alia Camera il Governo del Re si restringe nei limiti del
mio Dispaccio del 15 Seltembre, completato dal Dispaccio del 30 Ot-
tobre, egli non verra disdetlo dal Governo francese 1. » Dunque il
Dispaccio del 15 Settembre sarebbe stalo disdetto dal Governo fran-
cese, se non fosse stato completato dal Dispaccio del 30 Ottobre. Tale
sembra la conseguenza che scende naturalmente da questa proposi-
zione. Ma checche sia di do, il certo e che il signor Drouyn de Lhuys
si credette in dovere di smentire, almeno in parte, il primo Dispac-
cio del Nigra , dicendo che esso non riproduceva in modo compiulo
la fisonomia dei negoziati , no il senso che da ambidue i Govern!
dovea attribuirsi agli impegni presi. Quindi a rimuovere gli equivoci
che n'erano derivali, si pose di proposito a spargere novella luce
sul trattato, col Dispaccio che diresse al signor Malaret il 30 Ottobre.
II contenuto di esso per questo capo si puo riassumere in quatlro
definizioni e due dichiarazioni, che qui riporteremo per ordine.
Definizione l.a Che cosa deve intendersi per mezzi violenii di cui
si e al Governo di Torino interdelto 1' uso per rispelto a Roma in
virtu del trattato ?
1 Dispaccio telegrafico a S. E. il Generate La Marmora. Parlgi 1 Novem-
hre 1864.
BELLA COMENZIONE FRANCO-ITALIANA
II sig. Drouyn de Lhuys risponde die Ira essi « si devono con-
tare le manovre di agenli rivoluziooarii sul Icrritorio ponlificio, co-
me pure ogni eccitamento tendente a produrre mezzi rivoluzionarii.»
Definizione 2.a Che cosa deve intendersi per mezzi morali, di cui
il Governo di Torino si e riservato 1'uso?
II sig. Drouyn de Lhuys risponde che essi « debbono consislere
unicamente nella forza della civil ta e del progresso. »
Definizione 3.a Che cosa deve intendersi per aspirazioni, che la
Coiie di Torino puo considerare come legiltime ?
II sig. Drouyn de Lhuys risponde che esse non possono essere
altre se non « quelle che hanno per oggetto la riconciliazione del-
T Italia col Papato. »
Definizione 4.a Che cosa deve intendersi per trasferimento della
Capitale a Firenze ?
11 sig. Drouyn de Lhuys risponde che esso « e un pegno serio
(now derisorio) dalo alia Francia; non e ne uno spediente provviso-
rio ne una tappa verso Roma ; e che sopprimere un tal pegno equi-
varrebbe a distruggere il contratto. »
Le due dichiarazioni sono : La riserva alia Francia di potere inter-
venire a Roma in caso di una insurrezione ; e il ricordo che Roma in
qualunque ipotesi non potrebbe usurparsi dal Governo di Torino
senza il consenso di essa Francia. Ecco le parole del sig. Drouyn
de Lhuys : I. « II caso di una rivoluzione che venisse a scoppiare
spontaneamente a Roma, non e punto previsto dalla Convenzione.
La Francia per quesla eventualita si riserva la sua liberla di azione.
II. « II Gabinetto di Torino mantiene la politica del Conle di Cavour.
Ora quell' uomo illustre ha dichiaralo che Roma non potrebbe es-
sere unita all' Italia e divenirne Capitale , se non col consenso della
Francia 1. »
A voler dire il vero, queste definizioni e queste dichiarazioni, per
loro stesse considerate, vanno soggetle a gravi difficolta. Imperoc-
che, quanlo alle definizioni, esse sono arbitrarie e vanno phi in la
del testo del trattato. Nel testo del trattato e definito quali sieno i
1 Dispaccio del 30 Ottobre.
SI 6 LE NUOVE FASI
mezzi violent! che s' interdicono al Piemonte, vale a dire il solo uso
delle armi o regolari o irregolari. Yolere di piu in virtu di un DI-
spaccio, e pretensione di cui il Piemonte ha il diritto di non curarsi.
La seconda defmizione poi e, oltre a cio, in manifesto contraslo colla
prima ; giacche la forza della ci villa e del progresso odierno, secon-
do che e intesa dal Governo di Torino, inchiude necessariamente i
mezzi rivoluzionarii e frodolenti. 0 diremo che il Migliorali, nobi-
lissimo rappresentante di quel Governo, si allontanasse dalla civilta
e dal progresso, quando, solto 1'egida della sua rappreseritanza di-
plomatica, istituiva negli Slali del Papa comitali rivoluzionarii e ap-
parecchiava ogni cosa per la prossima insurrezione? Cio ne il signer
Drouyn de Lhuys vorra asserire ; ne, quand'anche lo asserisse, ver-
rebbe ammesso dal sig. La Marmora ; il quale respingerebbe dal
Governo italiano una tale accusa con quella stessa nobile fierezza ,
onde nel suo Dispaccio del 7 Novembre ha rigettato una non dissi-
niile impulazione. La terza definizione e fatla incompelenlemente;
giacche quali sieno le vere aspirazioni del Piemonte deve saperlo
esso Piemonte, non gia il sig. Drouyn de Lhuys. II trasferimenlo
infme della Capilale, se riguardasse 1'avvenire, sarebbe punto ca-
pitale del traitato, e non una semplice ipotesi, che ha dato luogo al
medesimo. L' ipotesi, che porge occasione ad un fatto, di per se non
riguarda che il tempo in cui esso fatto vien posto ; per eslendersi piu
oltre, avrebbe meslieri di esplicita patlovizione, e questa manca del
tullo nel trattato, di cui si parla.
Maggiori difficolta s'incontrano nelle due dichiarazioni. Tmperoc-
che, per non dire del comune loro difetto, di travalicare il teslo della
Convenzione; la prima di esse non concorda colle parole che lo stcs-
so Drouyn de Lhuys uso nel Dispaccio al signor de Sartiges, la dove
disse che 1' occupazione di Roma cosliluiva un intervenlo contrario
al diritto pubblico, abbracciato dalla Francia. La seconda poi fa a
calci con cio che il signor Nigra, nel suo Dispaccio del 15 Settembre,
altesta essersi escluso di comune consenso con la Francia , la gua-
rentigia cioc degli Stati papali per parte delle Potenze cattoliche.
E veramente in virtu di qual litolo puo la Francia giustamente esi-
gere che il Piemonte non tocchi Roma? Certamente non di altro
BELLA CONVENZIONE FKANCO-ITALIANA 517
che dclla protezione da lei dovuta , come Polenza caltolica, airindi-
pendenza politica del Capo della Chiesa. Or questo litolo essendole
comune coll' Austria, colla Spagna e con allri Stati, include neces-
sariamenle 1'idea di guarenligia per parte di tutli. Se dunque tal
guarenligia , per altestazione del sig. Nigra , e stata esclusa ; come
puo il sig. Drouyn de Lhuys reclamarla per la Francia?
Se non che noi vogliamo qui prescindere da tutte queste difficolta
e considerare le defmizioni e dichiarazioni del sig. Drouyn de Lhuys
come legillime e eerie. Oual apparenza prenderebbe il trattato solto
la luce , che esse ^7i gettano sopra ? Ognun vede che primieramente
s'ihtenderebbe vielato al Governo di Torino 1'uso non solo dei mez-
zi \iolenli , ma ancora dei mezzi morali , vale a dire 1' asluzia , la
frode, la corruzione, il Iradimento, le occulte manovre per ribellare
i romani , e tulto cio che si contiene nell' etica da lui professala. In
secondo luogo il trasferimento della Capitale a Firenze sarebbe ma-
nifeslamenle defmitivo , giacche esso , secondo la spiegazione del
sig. Drouyn de Lbuys , sarebbe pegno dato dal Piemonte per la si-
cura esecuzione degli obblighi assunli. E siccome quesli obblighi
riguardano non il solo presente, ma ravvenire, cosi ancora dee dir-
si del pegno. II perche, secondo 1'inferenza che lo stesso sig. Drouyn
de Lhuys deduce , il mantenimento d' un tal pegno non potrebbe
cessare, senza che cessasse issofallo per parte della Francia 1' ob-
bligo di non essere a Roma. In terzo luogo sarebbe confessato , e
convenuto anzi in virta d' un trattato , che il principio di non in-
tervenlo , vero o falso che sia in se stesso , non e applicable a
Roma. Imperocche riservarsi la liberta di azione in caso di rivolgi-
mento anche spontaneo, significa in allri termini riservarsi il diritto
d' inlervenire. In fine il trattato inchiuderebbe un' assoluta rinun-
zia a Roma per parte del Piemonte , giacche il dirsi che egli non
potrebbe mai conseguirla senza 1' assenso della Francia, equivale al
dirsi che non la conseguira in eterno ; non essendo possibile che la
Francia dica mai al Piemonte: pigliali Roma, io tel consenlo. Ecco
1' aspelto in che apparirebbe la Convenzione sotto la luce che il
sig. Drouyn de Lhuys si sforza di comunicarle. Ma i suoi sforzi tor-
nano in vano, e ci6 per doppia ragione. Prima perche , anche a vo-
518 LE NUOVE FASI
ler prendere la cosa sul serio , come senza dubbio vuol prendersi ,
un Dispaccio non e un trallato, e le interprelazioni d' un Ministro pos-
sono essere disconfessate da un altro die gli succeda ; massimamente
in questi tempi, in cui 1'uso di dire e disdire ha perduto, almeno in
diplomazia, T antico disdoro. In secondo luogo, qualunque sia 1' ori-
gine che \7oglia altribuirsi a tali interprelazioni , esse non possono
avere alcuna forza , se non vengano riconosciute ed ammesse senza
equivoci eziandio dal Governo di Torino, essendo condizione essen-
ziale di un contralto che esso venga egualmente inteso da ambe le
parti. Yediamo dunque come ci6 si verifica.
II.
Apparenza che il Trattato presenta sotto I' illustrazione
del Governo torinese.
Da prima ci si fa innanzi il signor Nigra, stipulatore del trattato;
il quale , dopo la conferenza col sig. Drouyn de Lhuys, manda an-
ch' egli il suo Dispaccio a Torino per dare nuova luce alia Conven-
zione. Costui, non pu6 negarsi, si mostra alquanto imbarazzato e in
condizione di non potere parlar chiaro , come allrimenli amerebbe.
II poveruomo trovavasi, come suol dirsi, tra 1' incudine e il martello ;
tra la necessita di non contraddire apertamente al sig. Drouyn de
Lhuys, e di annullarne nondimeno le dichiarazioni. Egli dunque s'in-
gegna di tenersi a mezz' aria , adoperando parole vaghe ed ambi-
gue , che si porgano a doppio senso. Ripete la riser va delle aspira-
zioni nazionali ; non rifmlando ne ammettendo la defmizione datane
dal signor Drouyn de Lhuys, ma escludendola indireltamente col ri-
cordare che di esse e stala gia determinata la via e lo scopo. La via,
com' egli dice , sono le forze morali della civilta e del progresso ,
intorno alle quali « crede fare ingiuria al suo Governo , ammelten-
do, fosse pure per un solo istante, la necessita di una spiegazione. »
Cosi lascia la faccenda nel vago ; che e lo slato piu comodo per ca-
varne poscia in tempo opportuno cio che torni piii a conto. Quanlo
al fine non ricusa di spiegarsi , ma lo fa in modo furbesco ; di-
DELIA CONVENZIONE FRANCO- ITALIANA 519
slruggcndo 1'idea del signer Drouyn dc Lhuys, con la giunla di frasi
abbastanza significative nel gergo rivoluzionario. « II signor Drouyn
de Lhuys, egli dice, avrebbe desiderato che il mio dispaccio conte-
Desse la spiegazione di cio che noi intendiamo per aspirazioni nazio-
nali. Ho risposto a Sua Eccellenza che questa spiegazione vi si tro-
vava e che io aveva avulo cura d'indicare come scopo delle nostre
aspirazioni la conciliazione fra 1' Italia e il Papalo sul principio delta
Chiesa libera in libero Stato. La riserva di queste aspirazioni essen-
do stata fatta espressamenle e nei termini che ho citati testualmente,
nulla io aveva da aggiungere su questo proposito. »
Non ci vuol grande acume per intendere il ve.leno che si nascon-
de in quelle parole, libera Chiesa in libero Stato. Questa formola,
da che fu messa innanzi la prima volla dal Cavour infino all' ultimo
ricordo che ne avea gia fatlo il Nigra, e intesa dal Governo di Torino
in queslo senso : che il Papa venga spogliato di tulto il suo dominio
lemporale, e il Governo- di Torino in conlraccambio di im tale acqui-
sto, gli dia facolla di esercitare liberaraente il suo potere spirituale.
Questo fu il concetto del famoso ordine del giorno , in cui nel 61 si
dichiaro Roma dal Parlamento Capitale d' Italia. « La Camera, udite
le dichiarazioni del Ministero , confldando che assicurata la dignity ,
il decoro e 1' indipendenza del Pontefice e la piena liberta della
Chiesa , abbia luogo di concerto colla Francia 1' applicazione del non
inlervento , e che Roma Capitale acclamata dall' opinione nazionale
sia congiunta all' Italia, passa all' ordine del giorno. » E questo stesso
concetto il signor Nigra procura abilmente di consecrare qui nova-
men te sotto il velame di quelle frasi, per farsene scudo contro qual-
siasi sfavorevole senso, che volesse poscia darsi alle aspirazioni na-
zionali, da lui riservate. Infme conchiude che, non ostante le iiltime
dichiarazioni del signor Drouyn de Lhuys , il suo Dispaccio del 17
Seltembre resta invariato ed immutabile in ciascuna sua parle. a Da
cio che vi ho esposto , signor Ministro , voi vedrete che , anche in
presenza delle osservazioni dell' onorevole Ministro imperiale degli
affari esleri, il contenuto del mio Dispaccio rimane inalteralo. Voslra
Eccellenza terr<i , senza dubbio , come me , il maggior conto delle
osservazioni del signor Drouyn de Lhuys, quali ho avulo 1' onore di
520 IE NUOVE FASI
comunicargliele. Ma io non le credo tali da affievolire do clie ho co-
scienziosamente esposto nel mio rapporto , che mantengo nclla sua
integrita 1. »
Questa sola conclusione basterebbe per geltare a terra tulte le in-
terpretazioni proposte dal signor Drouyn de Lhuys pel traltato del
15 Settembre. Ma a dileguare meglio le ombre cbe il Nigra , atlesa
la sua condizione , non aveva potuto evitare , viene in aiuto 1' altro
Dispaccio del Generate La Marmora, spedito a Parigi il 7 Novembre.
Noi ne noteremo i punti piu capitali. In esso e ripetulo che la Con-
venzione del 15 Settembre esclude in qualunque ipotesi 1'intervento
francese, come di qualunque altra Potenza, in difesa del Papa, e se
ne appella a cio che lo stesso signor Drouyn de Lhuys aveva detlo
nel suo Dispaccio al signor de Sartiges , cice che motive di cletta
Convenzione era slato il far cessare 1'occupazione armata di Roma ,
come contraria al dirilto pubblico abbracciato dalla Francia. Poslo
un tal fondamenlo il Presidente del Minislero torinese rigetla in glo-
bo tulle le interpretazioni che si volessero dare alle singole clausole
del traltalo , non ammetlendo che il nudo e semplice testo letterale.
« Questo alto , egli dice, si fonda sul principio del non intervento,
principio fondamentale della politica dei due Governi, e che il signor
Drouyn de Lhuys ha invocato opportunissimamente nel suo nolevole
Dispaccio, da lui indirizzato il 12 Setterabre scorso al rappresentante
della Francia in Roma. II Governo del Re vielandosi ogni interpre-
tazione che non corrisponda appieno al senso nalurale del testo del
trattato ( giacche una interpretazione di tal falia non puo essere per-
messa a niuna delie due parti contraenti) , si crede in dovere di ri-
servare assolutamente qualunque altra quistione che non sia la fedele
osservanza degli accordi stipolati. » Qui , come e chiaro da se , si
dice in buon latino al signor Drouyn de Lhuys, che tutte le sue defi-
nizioni e dichiarazioni non vengono ammesse dalla controparte e
pero reslano senza valore. Se gli fa poi sen tire in termini assai
espressivi che non si tolga la briga di schiarimenti ulteriori , giac-
1 Dispaccio del Gav. Nigra a Sua Eccelleaza il Gen. La Marmora, Mini-
stro degli affari esteri, 30 Ottobre 1864.
BELLA CONVENZIONE FRANCO -ITALIANA 1)21
che il Govcrnc di Torino non vuol saperne , con ten to dclle ambigue
forme del trallato, cui esso ha acceltalo perche « vantaggioso all' 1-
talia. » E affiuche non resti dubbio del senso in cbe il tratlato si
crede vantaggioso all' Italia , il La Marmora aggiunge che « T Italia
ha una fede intera nell' azione della civil ItSt e del progresso , la cui
sola polenza bastcra per effettuare le sue aspirazioni. » Con che ri-
conferma il proposito che ha il Governo di Torino d' impossessarsi
finalmente di Roma, onde che sia. Di piu egli nega al signer Drouya
de Lhuys il diritto di defmire cotesle aspirazioni. « II signor Drouya
de Lhuys ha preleso definirle e precisarle nel Dispaccio surriferito.
II Governo del Re si vede con dispiacere nell' impossibility di tener
dielro su questo terreno al Miriistro imperiale degli affari esleri. Le
aspirazioni di un paese sono un fatlo che appartiene alia coscienza
nazionale , e che non puo , a nostro credere , divenire per nessun
motivo il soggetto di una controversia tra due Govern! , qualunque
sieno i legami che gli uniscono. » Ouanto poi al trasferimento della
Capitale dichiara che essa sara eseguita al presente, ma senza nes-
suno impegno per 1' a\ venire. « Salva la deliberazione del Parla-
mento, in pochi mesi Firenze sara la Capitale d' Italia. Go che polra
poi succedere piu tardi , in seguito di eventualita che appartengono
all' avvenire , non puo essere per ora argomento di preoccupazione
dei due Governi. II signor Drouyn de Lhuys ha dello con ragione :
Spelta agli avvenimcnti di slabilire questo problema. » In fine quan-
to al caso di unainsurrezioneinRoma, riserva all'Italia ogniliberla
di operare. « Mi rimane a far menzione , signor Minislro , poiche
S. E. il signor Drouyn de Lhuys ne ha presa I'iniziativa, dell'even-
tualit5. di una rivoluzione che avesse a scoppiare spontaneamente in
Roma, e della caduta del potere temporale del Santo Padre. II Mini-
stro imperiale degli affari esleri riserva in questo caso intiera liberla
d' azione per la Francia; 1' Italia, dal suo lato, fa, come di ragione,
la medesima riserva. »
II luono di questo Dispaccio , e abbastanza altero ed incisivo ,
nienle meno di quello che era slato il Dispaccio del Minislro france-
se. !N7e si saprebbe agevolmente spiegare , se non si ricordassero le
commedie che precedellero e seguirono 1' assassinio di Caslel Fi-
LE NUOVE FASI
dardo. Ma per restringerci al nostro lema , il contenuto di esso Di-
spaccio puo ridursi alle cose seguenti. Scopo prossimo del trattato &
il ritiro delle truppe franeesi da Roma, in \1rtu del principio di non
intervento. Scopo ultimo e il possesso di Roma in \irtu dei mezzi
che somministrera la ci villa ed il progresso. Inl6rno a questi mezzi
non si ammelte veruna interpretazione fatta o da farsi dal Governo
francese. Oltre a cio , 1' Italia si riserva il diritlo d' impadronirsi ,
anche armata mano , di Roma , nel caso che vi scoppiasse qualche
rivoluzione. In somma si dice alia Francia: Ritirati da Roma, questo
unicamente c' importa ; quanto al resto lascia fare a noi , a' quail
unicamenle ne spetta il giudizio.
III.
Apparenza che il trattato presenta sotto I' illuslrazione
del Parlamento torinese.
II sig. Drouyn de Lhuys quasi presenlendo le risposte poco gra-
devoli del Gabinetlo di Torino , invoca da ultimo la luce del Parla-
mento: « Auguiiamo vivamente che la luce si faccia in questa oscu-
rila nella discussione che si aprira in seno al Parlamento d' Italia. »
Ci convien dunque vedere da ultimo che aspetlo prende il trattato
solto quest' ailra illummazione. Da Ire fonti essa procede : dalla Re-
lazione della Commissione ; dai sensi della maggioranza parlamen-
lare, dagli schiarimenti dei Ministri.
La Relazione stabilisce questo principio , che 1'antico programma
d' Italia ( cioe d'a\7ere Roma per Capitale) non puo derogarsi. « La
\:ostra Commissione intraprese 1' esame del trattalo , risoluta di res-
pingerlo senza la menoma esilazione, quando vi avesse riconosciuto
una offesa ai sentimenti della nazione o una variazione qualunque ai
programma che il Re , il Parlamento, il paese , sono lutti d' aceordo
a voler mantenere inlatto; risolula del pari a raccomandarlo alia vo-
stra approvazione, quando senza offesa di queste basi inallerabili e
indiscutibili apparisse accetlabile e commendabile sotlo altri aspetli.
Ora noi siamo lieti di dirvi i motivi, pei quali siamo venuti in que-
BELLA CONYENZIONE FRANCO-ITALIANA 523
sla seconda scntenza. » Venendo poi all'csposizionc di quesli molivi,
alTcrma clie il trattato non inchiude nessuna rinunzia a Roma. « No;
noi non rinunziarao a Roma, nemmeno rinunziamo ad andarvi in av-
venire, rinunziamo semplicemenle ad andarvi colla forza. » II che,
la Commissione soggiunge , c in piena conformila coll' ordine del
giorno del 27 Marzo 1861. Anzi neppure all'uso della forza pel con-
seguimento di un tanto fine si rinunzia in modo assoluto ; giacche in
certi casi ( che si avra cura di far nascere ) essa puo benissimo ado-
perarsi. « Non deve sfuggire ad alcuno che se colla Convenzione noi
ci siamo impegnali ad osservare e rispellare gli obblighi, che il di-
ritto delle genii impone ad ogni Stato verso il suo vicino ; nessuna
specie d' impunita venne anticipatamenle stipulata a favore del Go-
yerno romano, pel caso che esso si permettesse di disprezzare o vio-
lare questi obblighi medesimi. » La favola del lupo e dell'agnello in-
segnera loro il resto. Quindi la Commissione pensa che 1'esecuzione
del trattatto conferira non poco all' adempirnento del voto nazionale.
« L'esecuzione piena e leale di questo trattato, per parte di amendue
i contraenli, esercitera un' influenza decisiva sul compimento e sulla
consolidazione deH'umta nazionale. » Ne a cio osla Telezione di Firen-
ze a Capilale, giacche questa non e che provvisoria. «Un emenda-
mento proposto in alcuni Uffizii mirava a caratterizzare piuvivamente
la nalura provvisoria della misura , che trasferisce la Capitale a Fi-
renze. Sebbenefquesto desiderio non fosse in alcuna contraddizione
coi concetti fondamentali della Commissione , nondimeno dopo ma-
turo esame essa si decise a passare oltre , convinta che il carattere
di provvisorieta, meglio che da vane parole, si chiariva dai fatti , e
principalmente dalla preferenza data a Firenze sopra Napoli, e dalla
fermezza con cui tutti siamo deliberati a mantenere il programma
nazionale. » Questo si e parlar chiaro e senza reticenze, e bastereb-
be per se solo a imporre finalmente silenzio alle ciance del Consti-
tulionnel, della France, ed eziandio del Memorial diplomatique, se
quesli giornali esprimessero nella presente controversia i proprii
convincimenli, e non i concetti ad essi indellati per giltar polvere
agli occhi. Ma vediamo quali sieno i sensi della maggioranza.
324 LE NUOVE FASI
I sensi della maggioranza del Parlamento lorinese possono ben
rilevarsi da quelli del sig. Boncompagni, che ne e riputato capoccio e
portavoce. Or senza perderci in prolisse allegazioni del suo lungo ed
aYviluppato discorso, citeremo soltanto qualche tratto che accenna, a
chi vuol capire, tutta la versipelleria con che si intende e si accetla
il Irattato. Egli dice che sebbene la diplomazia non sia tanto trista
quanto alcuni se la fmgono ; nondimeno sa a tempo e luogo menlire
ed ingannare, allorche le bugie e 1' inganno lornano ulili. « lo non
Lego grinfingimenli della Diploraazia , ma non bisogna poi iigu-
rarsi la diplomazia come im tiranno da teatro, il quale fa tutte le ini-
quila che il poeta puo immaginare. La Diplomazia fara delle finzioni,
dira delle bugie qualche volta (ilarita], ma non fa al certo delle fin-
zioni inutili : queste cose non si fauno dagli uomini pratici ; possono
figurarsi da coloro che vanno fantasticando le cose di queslo mondo
senza conoscerle , ma certo in tali errori gli uomini pratici non ca-
dono. » Si avverta che il sig. Boncompagni si e mostrato col Gran
Duca di Toscana uomo pralico per eccellenza. Ouindi soggiunge che
non s' impensieriscano dei Dispacci e delle dichiarazioni del G over-
no francese ; giacche quelli sono atli diplomatic! secondo la pratica
da lui dianzi defmita. « Ilpartito caltolico , egli dice, ebbeuna gran-
de disdetta pel tratlato del 15 Setlembre, ed e ben nalurale che si
inquieti, die si arrovelli. E ben naturale che il Governo per acque-
tarlo adoperi le sue arti, che s' adoperi a tranquillare le inquieludini,'
che esso potrebbe concepire , e che per lui sono pericolose. » Da
ultimo conchiude che dunque abbiano fede; perocche se il trattato
non consegna loro Roma tra due anni , li pone in grado di poterla
conseguire a suo tempo, merce Y abilita e la prudenza. « II trattato
del 15 Settembre e dunque per me unatto di grande valore... Non e
una cambiale esigibile a un momento dalo , non e una cambiale che
ci dica: passati questi due anni, voi andrete a Roma. I grandi event!
politic! non si preparano mai , o Signori ; il traltato ci pone in una
condizione per cui, se saremo prudenti, se saremo abili, se saremo
forli, diverranno una realta le nostre aspirazioni l. »
1 Alii ufficiali della Camera, Pag. 3732. Tornata del 9 iVovembre.
BELLA CONVENZIONE FRANCO-ITALIANA 525
II sig. Boncompagni non polea lenere un discorso piu a s6 appro-
priate. Sopratlulto quella frase : Se saremo abili nella sua bocca vale
tant' oro. Ognun ricorda con quanta abilila il valente diplomatico
seppe raggirare il Governo del Gran Duca di Toscana, presso cui era
accredilato, e menare le arli rivoluzionarie si bene, cbe riusci alia
celebre annessione di quelle province. E per inlendere meglio que-
sta sua abilila , ne troviamo un saggio in questo suo medesimo dis-
eorso al Parlamenlo, nel quale Ira le altre bellissime cose disse, che
si puo anche concedere la frase di Capitale definiliva per rispetto a
Firerize , giacche 1' essere defmitivo s' intende in questo senso , in
quanto dura finche non si cambia. Vedete abilita diplomatica , e
quanto (fee contarsi sulla lealla di Governi , rappresentati e diretli
da si falti uomini pratici! Ecco le parole dell' illustre uomo di Stalo:
G Ora io qui mi propongo una questione che ha preoccupato al-
quanto gli animi. Facciamo noi una Capitale provvisoria, o una
Capitale defmitiva? Ebbene io diro schiettamente 1' animo mio : io
credo che facciamo una Capitale definiliva ( Mormwio a sinislra).
Si , signori , credo che facciamo una capitale defmitiva , e credo
che di questo alto non debbono adombrarsi per nulla coloro che
sono piu tenaci dell' idea che la vera Capitale dell' Italia sia Roma.
Infatti , quando si tratta di alii di Governo , di decreti , di leggi ,
qual e il carallere che distingue un atto defmitivo da un allo prov-
Tisorio? L'atlo defmilivo e di sua natura perpetuo, e questa perpe-
tuita ha luogo ogni volla che il suo effetto non sia limitalo ad un
tempo espresso. Ma, Dio mio, la perpetuila delle leggi degli uomi-
ni e ben di versa dalla perpetuit& delle leggi di Dio. La perpetuila
delle leggi degli uomiui vuol dire che quella legge e perpetua finche
non se ne faccia un' altra ( Si ride a sinislra ) ; col dare alia leg-
ge, che Irasferisce la Capitale del Governo, il carattere di defmilivo,
r Italia non loglie a se slessa la facoM di trasferirla un' altra volla
altrove se le aggrada, non toglie a se slessa la facoll& di trasferir-
la a Roma, quando Roma venga a far parle del regno, non rinnega
il voto che proclama, la Capilale dover essere quella 1. »
1 Luogo citato.
IE NUOYE FAST
Infine, quanto ai Ministri, il signer Lanza disse nella Camera, che
colla Convenzione si riconobbe uno Stato di cose esistenti , ma noa
si & rinunziato ne s' intende di rinunziare ad alcuna opportunila favo-
revole per compiere 1'unita nazionale. E il signor Yisconti-Yenosta,
sotto cui si fece il trattato, parlando del trasferimento della Capitale,
disse : « Credemmo il trasferimento utile anche per esercitare mag-
giore influenza sull' Italia ed in Roma. Considerammo 1' utilita, del
trasferimento in so stessa , e ne cavammo un argomento favorevole
per andare a Roma. » Ouindi 1'impegno pel ritiro delle armi france-
si ; giacche lo stesso Venosta affermo : « L'occupazione francese im-
pedisce lo sviluppo delle forze morali cbe ci siamo riservate. » Ma
la palma in questo genere e dovuta al sig. La Marmora, "capo del
presenle Gabinetto, il quale, nella lornata de'15 Novembre, per quie-
tare le apprensioni di alcuni Depuiati, intorno alia riserva di libertci
d' azione, fatla dal sig. Drouyn de Lbuys pel caso d' una rivoluzio-
ne in Roma, li assicura che tal riserva non riguarda che 1'assesta-
mento del solo potere spirituale. « E deito (cosi il telegrafo ci tras-
metteva le sue parole ) che la Convenzione lascia liberla di azione
alia Francia, nel caso (che egli per altro dichiara immancabile) che
fosse riconosciuta 1' impossibility del potere lemporale. . . La liberla
d' azione e che la Francia traltera coll' Italia per determinare tali
condizioni di liberta d' indipendenza , che baslino al Pontefice per
I' esercizio del potere spirituale 1 . »
Dalla luce che tutte queste dichiarazioni spargono sul trallato, es-
so evidentemente apparisce come un abbandono che la Francia fa del
Papato, dopo averlo lasciato ridurre ai termini in che presentemenle
si trova; anzi apparisce come una consegna morale, che se ne fa in
mano della rivoluzione, non potendo farsene una consegna materiale,
per salvare le apparenze presso i Cattolici. II trasferimento poi della
Capitale riesce ad essere una vera lappa verso Roma ; che facililan-
1 Nel mandare in torchio questo foglio vediamo nei giornali atlribuito
non al La Marmora, come faceva il telegrofo di ieri , ma al Lanza il sopral-
legato discorso. Ma sia 1'uno, sia 1'altro, e sempre farina dello stesso sacco.
Ambidue sono presentemente Ministri, ed hanno in questa faccenda la me-
desima auiorita.
BELLA CONVENZIONE FRANCO- ITALIANA
do 1'uso del mezzi moral! , intesi dal Piemonle, ne affrcltera il pos-
sesso. Questo almeno e cio cbe risulta dalla illuslrazionc faita del
trattato dal Governo di Torino per mezzo di tulli gli organi cornpe-
tenti ad esprimerne i sensi.
IV.
Ultimo risultamento.
Osservano gli Ottici nel fenomeno , ch' essi chiamano d' interfe-
renza, die se due fascetli di luce cadono sopra un medesimo punto
in guisa che le particelle luminose si muovano in senso opposlo , in
cambio di chiarezza vien prodolta oscurita. Questo si verifica appun-
tino nel caso presence del famoso trattato, sottoposto alia duplice illu-
strazione, francese e piemonlese. L'effelto ultimo e lenebrc, e tene-
bre piu dense di prima. Onde chi volesse defmire quella Coaven-
zione , non potrebbe dirla meglio , che Negotium perambulans in
tenebris. Nelle tenebre fu concepila, e nelle tenebre convien che
proceda. Esso e un affare essenzialmente tenebroso : volerlo chia-
rire e un perdere il tempo e la fatica. I suoi aulori medesimi par
che godano di queste teuebre ; se e vero cio che i giornali riferi-
scono dell' effetto cagionato dagli ultimi Dispacci. Si e proclamato
che i due Governi avevano in virtu di essi riconosciuto di essere
perfetlamente d'accordo. Vedele progresso di Diplomazia ! Masegli
uomini , volendo recar luce producono tenebre , Iddio per contrario
facit de tenebris lucem splendescere. Chi sa cbe questo trattalo, da
cui i nemici di Bio sperano la rovina del Papalo ; non sia quello
appunto , da cui Iddio togliera occasione per la rovina dell' opera
della rivoluzione e de' suoi padri e padroni? Si ricordi la storia; e
piu si ricordi la sentenza dell' Ecclesiaste : Quid est quod full ? Ipsum
quod futurum est 1. II Cavour annunzio festoso alia Camera che tra
sei mesi si troverebbe a Roma, e al fine de'sei mesi egli era nella
tomba.
1 Eccles. I, 9.
ON 0 RIO I. ;'*«g
SECONDO IL DOLLINGER1
VIII.
Con quanta mesattezza il Ddllinger tralli yli argomenii estrinseci,
favorevolialla ortodossia di Papa Onorio.
Discussi gli argomenii inlrinseci, donde sorse folgoreggiante di
pura luce la ortodossia di Onorio, facciamoci agli estrinseci. Molte
autorila, e tulle di conto, s'inconlrano in favore della medesima.
Ogni ragion volea, die il Dollinger, espostele fedelmente , le venti-
lasse quindi a suo grado. Tanlo noi aspettavamo. Ma quale non fu il
noslro slupore, quando vedemmo invece, che ei o le invilisce, o le
dispetla , o ne dissimula il merilo ed il valore? Eppure lant' e, es-
sendo pronto il fatto in prova di si grave censura.
Appena corse voce in Roma , die il Patriarca Pirro invocava in
una sua leltera, mandata altorno, la testimonianza di Onorio in con-
ferma della eresia; eccovi il Papa Giovanni IV contrapporgli di pre-
sente una ben intesa e ragionata Apologia del Ponlefice citato. Ma
che e ella mai agli occhi del Dollinger ? Non altro che meschinissi-
ma cosa. Secondo lui , Papa Giovanni IV « opino che il suo prede-
Vedi queslo volume pagg. 146 e segj
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 529
cessore avesse soltanto rigettato la erronea sentenza delle due vo-
lonla conlraddicenlisi, come se anche Crislo avesse avuto una volonla
infclla dalla colpa. » Or in quesla opinione egli vede cbiaro e lam-
pante lo sconcio di un enimma che. la rende improbabile ; giacche
« rimane inesplicato in essa , come mai Onorio , cbe cerlamente
non la senliva coi monofisiti , potesse lasciarsi muovere da una sol-
lecitudine cosi priva di fondamento 1. » Non valendo certo la spesa
di una dicbiarazione 1' errore sopra indicate .
Cosi pensa il Dollinger. Ma pensa egli giusto? Tult'altro. II Papa
Giovanni IV, noi domandiamo, ha egli semplicemente esposlo o ma-
nifeslalo cotale sua opinione , oppure 1' ha confermala con irrepu-
gnabili argomenti , esprimendo il suo inlimo convincimento? Allro
e il dire : penso o giudico , che Onorio nel tale passo della sua let-
tera abbia inteso di confutare il tale errore, ed allro il sostenere con
pruove irrefragabili alia mano , cbe cosi deve intendersi lo scritlo
di Onorio e non altrimenti. 11 ch. Doltore si sbriga giltandovi in-
nanzi un opin6 o giudico (meinte} indeterminato e passa oltre. Leg-
gete r Apologia anzidetta , e tosto \i avveduete che Papa Giovanni
non opiqa o giudica in qualunque modo , ma affermata recisamenle
la orlodossia di Onorio, ve la prova eziandio svolgendo per ogni ver-
so il tratto della lettera, accusato di monotelismo, e facendovi toccar
con mano, non altro contenervisi che una confutazione della sentenza
eretica, la quale asseriva in Crislo la lolta di due volonla, ossia
della carne e dello spirito. Ne solo vi dimostra queslo fallo dallo
scritto di Onorio , ma eziandio ve lo attesla nel modo piu esplicito.
Giaccbe nel proemio della sua dimostrazione , afferma con tulta as-
severanza all' Imperatore, a cui scrivea 1' Apologia, di riferirne il
procedimento colla piu scrupolosa, verita, siibtilissima veritate ,
essendo in caso di conoscerne il nelto, come di cosa accaduta pochi
1 Papst Mann IV (640-42) meinte in seiner Schutzschrift: sein Vorgan-
ger hale nur den Wahn von zwel sich widersprechenden Willen, als ob ?i«?«-
lich Christus auch einen von der Sunde inficirten Willen gehabt hatte, verwor-
fen... bleibt es rathselhaft, wie einMann, der dock sicher nicht monophysilisch
gesinnt war, sich durch eine so grundlose Besorgniss bestimmen lassen konnle.
Pag. 134.
Serie 7, vol. XII, fasc. 333. 34 18 Norembre 1864.
530 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
anni innanzi t. Adunque Papa Giovanni in pro cli Onorio vi por-
ge due validi argomenti ; Y uno intrinseco , ricavandolo dal pro-
cesso dello scritto, 1'altro morale, obbligandovi la propria one-
sla sopra la cerlezza di cio die yi afferma. Di qui tre conseguen-
ze assai gravi : la prima, che 1'autorila di Papa Giovanni e da tenersi
in grandissimo conto,siccome basata sopra solido fondamento : la
seconda, che 1'invilirla ed il negarle fede non solo importa sprezzare
a capriccio la conchiusione , che il detto Papa inferisce per forza di
raziocinio , ma ancora equivale ad un gillargli in vollo la taccia di
falso relatore: la terza, che 1' argomento, con che il Dollinger vuole
infermare cotanta aulorita non prova nulla , ragionando egli in sen-
tenza cosi : La sollecitudine che , secondo Papa Giovanni , presesi
Onorio di confutare la erronea opinione delle due volonla contraddi-
cenlisi in Crislo, e priva di fondamento, stante la Mvolezza di lale
opinione ; dunque Oaorio non intese punto a confutarla. II ch. Dot-
tore dovetle, quando lo scrivea, obliare il nolo adagio de' loici che
contra factum non valet argumentum. Sicche alia infedella, usata nel
rappreseatare debitamente 1' autorila di Papa Giovanni, vuolsi anco-
ra aggiungere la sconvenienza di im argomento che non prova.
A Papa Giovanni viene appresso il marllre S. Massimo. Se voi
badate al Dollinger, la difesa che fece di Onorio questo Santo, som-
nio per virtu e sapere, e cosa piu tapina e meno probabile di cio che
scrisse Papa Giovanni IV. « S. Massimo, egli scrive, sopra 1'asserzio-
ne del Segretario di Onorio, giudica che questo Pontefice ha soltanto
inteso di opporsi aH'acceltazione di due volonta umane, conlraddicen-
tisi in Cristo ». Se lo richiedete del perche debbasi stimare per poco
di niun valore questa asserzione, egli ve lo da in queste precise paro-
le: « A colale assurdita il Papa non avea evidenteniente pensato 2 ».
1 Igitur ut vestra benignitas canssam totam rei discere possit , subtilissi-
ma veritate, quae ante brevis inter capedinem temporis gesta sunt , enarrabo.
MANSI, T. X, col. 683.
2 Die Entschuldiguny welche Maximus mit Berufung auf die Aussage des
papstlichen Sekrellirs fur Ilonorius vorbrachle , war noch gezwungener und
unhaltbarer: Eonorius, meinte ery habe sich nur gegen die Annahme zweier
menschlichen sich wider sprechenden Willen wehren wollen. An eine solche
Absurditat hatte der Papst augenscheinlich nicht gedacht. Pag. 134.
ONORIO I. SECONDO IL DOLL1NGER 531
Che vi pare di questa maniera di argomentare: L' accellazione dellc
due volonta- conlrarie in Crislo e un' assurdild,, dunque 5 evidente che
ad Onorio nemmanco venne in capo 1' idea del combalterla? Non po-
tremo noi provare al Dollinger con somraa facility che ne S. Leone
confuto gli errori di Euliche, ne S. Agostino quelli do' Manichei,
esemplando il seguente discorso dal suo? Come volete, che sia ve-
nuto in capo ad un S. Leone e ad un S. Agostino di combaltere le
stolide ed assurde dottrine di Eutiche e di Manele? Se dall'assurdit^
della doltrina egli conchiude la evidente improbability della confuta-
zione per parte di Onorio, perche non vorra consenlirci a noi altret-
tanto pcrcio che spelta a S. Leone ed a S. Agoslino?
II Dollinger cita come argomento di S. Massimo soltanto la testi-
monianza arrecata. E perche non parla del Tomo dommalico indi-
rizzato al prete Marino, dove il Santo con gagliardi argomenti libera
da ogni taccia di monolelismo Onorio e conlui S. Anastasio Sinaita e
S. Gregorio il Teologo , cilati del pari in loro pro dai monotelili,
dove paragona i concetli del medesimo Onorio con quelli di S. Ata-
nasio e li dimoslra concordi? Perche non fa mollo della leltera scrit-
ta aPielro illustre, nella quale lo stesso Santo, chiamali solenni men-
titori quelli che invocavano a favore della eresia la sentcnza della
Sede apostolica, afferma che Papa Onorio si adopero per ritrarre
dall'errore del monolelismo i prelati caduti in esso 1? Eppure quest!
document!, nel bilanciare il pro edil contro nella presente quistione,
sono di un'autorila gravissima, merce il doppio argomento che essi ci
porgono al pari dell'Apologia, in favore di Onorio : 1'uno intrinseco,
opera di una discussione accurala, profonda; 1'altro morale nell' ac-
cusa di menzogna, lanciata contro chi traeva a senso monotelilico la
lettera di Onorio, onde rimane impegnata la veracita del S. Martire.
1 De quibus omnibus miseri nee sensus apostolicae facli sunt Sedis, et
quod est risu, imo, ut magis proprie dicamu$, lamento dignissimum, utpote
illorum demonstralivum audaciae, nee adversus ipsam apostolicam Sedcm
menliri temere pigritati sunt: sed quasi illius effecti consilii et veluti quo-
dam ab ea rccepto decreto, in suis contextis pro impia ccthesi actionibus se-
cum magnum Honorium accepcrunt, suae praesumplionis ostentationcm ad
alios fadentes viri in causa pietatis maximam eminentiam. In Colleclaneis
Anastasii Bibl. ad Pet-rum illustrem.
532 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
II Dollinger invece , non curandoli pun to , cita la sola asserzione
del Segretario di Onorio a cui appella S. Massimo, e cio per rigettar-
la sdegQosamente quale quisquiglia di teslimonianza. II essa poi di
prezzo si vile? Giudichino i nostri lettori. Ecco i termini, in cui e
proposta : Cum Sergius scripsisset, quod quidam duas voluntates in
Chrislo conlrarias dicerent, diximus, Christum, non duas contrarias
voluntates habuisse , carnis scilicet el spiritus, sicut nos habemus
post peccatum, sed unam tanlum, quae naturaliter eius humanitatem
signabat 1. Ouesto e unlinguaggio esplicito, reciso, chetoglie ogni
dubbiczza. Oride cbi afferma essere il falto corso altrimenti, e forza
che sostenga Y una delle due, o che il Segretario fosse di grosso in-
gegno, intantoche abbia capito il suo scritto a rovescio, o che, menti-
tore ribaldo, abbia scientemenle ingannali Papa Giovanni IV in cui
nome deponea la citata asserzione, Y tmperatore Costanlino a cui la
indirizzava , la intera cristianila nella quale dovea divulgarsi. Ma
conlro il primo supposto sta la fama di grande maestro in divinila ,
che egli avea acquistato in tulto 1' Occidente colle sue scrillure , e
contro il secondo la santissima vita, che egli menava solto gli occhi
di UiUaRoma; dacche egli e il religiosissimo abbate Giovanni, di cui
abbiamo parlalo nel paragrafo secondo 2. Di che per qualunque capo
11 Dollinger voglia intaccare con nota di falsila 1' asserzione di tal
Segretario , non potra farlo scnza urtare nell' improbabile. Eccovi
quindi san Massimo ristoralo della ingiuria faltagli, dicendosi , che
egli avea arrecato una lestimonianza appoggiata sopra Y assurdita,
e la sua difesa di Onorio rafforzata non meno dai document! taciuti
dal Dollinger, che dali'autorila del Segrelario pontificio, dal ch. Dot-
tore indegnamente invilita , dovendo egli sapere , che al Patriarca
Pirro, propagalore della torta interpretazione della lettera di Onorio,
baslo il sentirsi allegare da san Massimo 1* asserzione di queslo uomo,
perchetoslo si ricredesse della sua falsa opini one sul conto di Onorio.
1 S. MAXIMUS, Disputatio cum Pyrrho.
2 Quis fide dignus isliusmodi epistolae (Ilonorii] interpres , is qui earn ex
persona JHonorUscripsitj cum et adhuc vitae supcrstes sitfac qui cum aliis suis
virtutibus, pictalis dogmalibus omnem Occidentem illustrat; an ii qui Con-
stantinopoli loquunlur quod in mentem venit? Idem ibid.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 533
Chi dissimula ed invilisce testimonialize cosi splendide e cosi au-
torevoli, pcnsate se cura le implicate o quelle cbesi banno per dedu-
zione. Una di questo genere ci e porta dalle parole adoperale da
S. Sofronio nell'atto di spedire Stefano, Vescovo Dorense, a Roma, per
affrettarvi la condanna di Sergio e degli altri erelici monoteliti. Hi
ambedue sopra il Calvario , Sofronio addita a Slefano il luogo dove
Cristo avea dato la vita in croce per le anime nostre. «Tu, gli dice,
renderai conto a quel Dio che si lascio crucifiggere per amor nostro,
se differirai di portare soccorso alia fede pericolante. Parti il piu to-
sto; ne ti fermare infino a che non giungi ad apostolicam Sedem ,
uli orthodoxorum dogmalwn fundamenla existunt : quivi non ti dare
ne posa ne requie, fintantoche non si venga ad un giudizio defmiti-
vo, e secondo le regole del sacri canoui non si dislruggano intera-
menle i nuovidommi 1. » Fin qui Sofronio. Da lali concetti spuntano
due argomenti. Sofronio, lultoche conoscesse le letlere di Onorio,
nienledimeno dichiara la Sede aposlolica fondamenlo del dommi or-
lodossi : dunque non vide nolle lettere citate alcuna senlenza , che
sana non fosse. Ordina a Stefano di adoperare i piu caldi uffizii ,
affinche dalla Sede apostolica si pronunziasse un giudizio definitive
circa 1' errore sorto di fresco : dunque tenea, che da Onorio non si
fosse profferila alcuna decisione intorno al medesimo. Non occorre
di piu : stando alia testimonianza di S. Sofronio , Onorio ne ap-
provo , ne bandi comechessia Y errore nelle sue lettere. Benche, a
dir il vero, tale testimonianza non e del solo Sofronio. Ad essa con-
viene aggiungere ancora quelle dei Yescovi di Paleslina, di quattro
1 Tu dabis ralionem ipsl, qui propter nos secundum carnem 'In hoc sancto
loco sponte crucifixus est Deus , quando cum gloria in terribili eius adventu
iudicaturus est vivos et morluos si disluleris et postposueris fidem ems peri-
clitanlem, Quantocyus ergo de finibus lerrae ad lerminos eius deam-
bula, donee ad apostolicam Sedem, ubi orthodoxorum dogmatum fundamenta
existunt, pervenias, non scmel, non bis, sed multo saepius aperiens sacris ibi-
dem conslstentibus , omnia secundum veritatem, quae inistis partibus mota
sunt et non quiescas instantius expetcns, atque exorans eos, donee ex aposto-
lica prudentia, quae in Deo est, ad vlctoriam iudicium perducere debeant, et
noviler introductorum dogmatum perfectam faciant secundum canones de-
structionem. MANSI, T. X, col. 895.
534 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
province ecclesiasiicbe dell' Africa, di Cipri e di altri paesi. Daccbe
nelle loro leltere, inviate ai Papi S. Teodoro e S. Marlino, s'incontra
il medesimo ossequio verso la S. Sede e la medesima domanda di
una defmizione: donde la medesiraa inferenza in favoredi Onorio 1.
Diciamo di piii: non solo si deduce che Onorio non ha insegnato
1'errore, ma eziandio che gli si e opposto. Difalto abbiamo Papa saa
Martino, il quale dando conto del Concilio di Laterano ad Amando ,
afferraa , che la Sede apostolica ha procurato di sovente or con ra-
gioni, or con protesle, ed or con rimproveri di rilrarre dall' errore
Sergio, Pirro e gli altri capisetta del monotelismo 2. Ragguagliate i
tempi e voi troverele , che Sergio palesatosi eretico s incontra col
solo ponlificato di Onorio, stanteche egli siasi dimostrato tale collV
desione al capitolo YII della transazione di Giro, Patriarca di Ales-
sandria, nel 633, sedendoPontefice Onorio, e siamorlo nell'anno 638
addi otto o nove di Decembre in tempo di sede vacante per la mor-
te dello stesso Onorio, essendo noto che Severino fu consecrate Ye-
scovo di floma il yentolto del Maggio dell' anno seguente 3. Risulta
quindi che gli ammonimcnti dati a Sergio clalla Sede apostolica non
possono verificarsi che dalla parle di Onorio. Conforme alia tesli-
monianza di Papa S. Martino e quella dei legati romani nel Concilio
VI ecumenico £: ed all'una ed all'altra da nuovo lume Papa S. Aga-
1 Ibid. Condi. Later. Secret. II.
2 Credimus advos pervenisse, quomodo in conturbalione rectae fidei y el
catholicae Ecclesiae conculcatione ante hos annos plus minus quindecim a
Sergio falso Episcopo Constanlmopolita.no, In auxilio habente time imperante
Heraclio, execranda et dbominanda haeresis pullulavit. . . Pro qua re sae-
pius apostolica Sedes persuasionibus, contestationibus, atque increpationibvs
plurimis admonuit eos, quatenus ab eiusmodi errore recederent , et ad lumen
pietatis ex quo lapsi sunt remearent. Ibid. Ad Amandum Episcopum Traie-
ctensem, col. 1185-86.
3 Cf. PAGIUM in noils ad Bar'onium, an. 639, n. 3^ 17.
4 Quoniam igitur ante hosXLVI, plus minus annos, quasdam novitates
vocum contrarias orthodoxae fidei introduxerunt , qui pro tempore fnerunt
praesules hums regiae et a Deo conservandae vestrae civitatis, idest Sergius?
Paulus . . . et multoties servili vestra, quae secundum nos est, apostolica Se-
de de hac re pulsante, dehinc supplicante , et minime valente usque haclenm
a tali sensu pravae acstlmationis abstrahere. MANSI^ T, XI, col. 214.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
lone nella sua lellera all' imperalore Cosianlino Pogonato , dove as-
serisce , che i suoi predecessor! fin da quando i Patriarch! di Co-
slanlinopoli si deltero all' empio conato d' intromeltere nella Chiesa
immacolata di Crislo la eresia, non si rimasero di esortarli e di am-
monirli scongiurandoli , che se non altro saltern tacendo cessassero
dall'errore 1. Or chi non sa convenire soltanto ad Onorio quel sal-
tern tacendo in quanto che egli solo voile soppressa la controversia
col silenzio? Le quali testimonialize di due sommi e santi Ponlefici
sono apeftamente confermate da S. Massimo, dove, chiarita la per-
tinacia dei novatori , esclama : Quae hos non rogavit Ecclesia ?
quis pius el orthodoxus non supplicavit antistes , cessare illos a
propria haeresi clamando et obtestando ? . . . Quid autem et DIVI-
$us HONORIUS, quid vero et post ilium Severinus senex, quid de-
nique et is, qui post hunc extititj sacer Joannes 2 ?
Ma tutle quesle si gravi teslimonianze in favore della ortodossia
di Onorio agli occhi del Dollinger non valgono pun to : sono mondiglia
da non curare. II peggio si e che, non contentodel passarsi di esse,
ne travisa alcune altre, dimezzandole a danno di Ouorio, le quali re-
cate nella loro inlegrita lornano in pro del medesimo. Cosi a modo di
esempio scrive di Pirro , che appello all' autorila di Onorio 3 : ma si
guarda dal significare , che lo stesso, convinto del contrario da
S. Massimo, si ricredelte al cospetto di numerosa adunanza di Vesco-
1 Unde et apostolicae memoriae meae parvitalis praedecessores , domim-
cis doctrinis instructi, EX QUO novitatem haerelicam in Christi imwaculatam
Ecclesiam ConstantinopolKanae ecclesiae praesules introduccre conabantur,
XVNQUAM neglexerunt eos hortari , atque obsecrando commonere, ut a pram
dogmatis haeretico errore SALTEM TACENDO desislercnt. Ibid. col. 242-47. —
Neque quamlibet quis suspicetur humanae delectalionis arrogantiam, sedpro
ipsius veritatis in qua salvari nos confidimm, rectitudine . . . meae humittta-
lis praedecessores commonuissej rogasse, increpasse, obsccrasse , arguisse et
omnemmodum exhortalionis exercuisse, quatenus medelampossitrecensvulnus
accipere. Col. 278-79. -Quam (novitatem), utpoteanimabusnoxiam, decUnare,
IXDESINKVTER ab apostolicis meae humilitatis praedecessoribus exhortati atque
eommoniti usque hactenus distulerunt. Col. 283.
2 In Collectaneis Anastasii ad Petrum iltustrem.
3 Der Patriarch Pyrrhus halte sich demgemass auf ihn berufen. Pag. 134.,
536 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
\i e cbe domando merce al Papa S. Teodoro, ritrallando pubblica-
menle le sue scritture 1. Dice che I'Occidente e Roma slessa si
levo contro la insana doltrina del monotelismo e ci rappresenta
Onorio come abbandonato da ognuno 2 ; quando invece lutla cri-
stianila fu scandolezzata non solo dell'eresia, maancbe di cbi citava
in prova della medesima Y autorita di Onorio s siccome ci fa sapere
il Papa Giovanni IV 3. Afferma die nel Concilio di Laterano si
lessen) gli scritti dei monotelili, ne' quali invocavasi 1'autorila di
Onorio, riconosciuto da essi , quale saldo sostegno deM propria
sentenza 4, e non palesa cbe cio incontrasi una volta sola nella let-
tera del Patriarca Paolo , ne discopre la magagna della menzogna
ond' e accompagnata cotale citazione 5. Asserisce cbe per qual-
cbe tempo si fecero tentalivi per iscolpare Onorio 6. Anzi perpelua-
mente, e di cbe vaglia tenlativi furono messi per questo in opera! Ro-
buste ragioni intrinsecbe, leslimonianze irrefragabili, e do in modo
solenne e dalle autorita piu cospicue fra cattolici. Ed in vero, slando
a quel solo die abbiamo vedulo, non lo difese apertamente Papa Gio-
vanni IV, nella prima parle della leltera dommatica , cbe sped! al-
T imperatore Coslantino, in confutazione della enciclica eretica di Pir-
ro?Non lo difese in modo evidente Papa S. Marlino, nella leltera in-
1 S. MAXLMUS, Disputalio cum Pijrrho. Cf. BARONIUM ad an. 645. n. 9-18.
2 Der ganze Occident erhob sich gegen die neue Doclrin, und es ergab sich
ahbald,dassllonorms mil seiner Au/fassuny cler Sadie in Rom und demAbend-
lande allnn gestanden war. Pag. 134.
3 Quinimo et ex ipso quoque auditu didicimus, omnes occidentales paries
scandalizatae turbantur, fratre nostro Pyrrlio patriarcha per lilteras suas hue
atque Him transmissas nova quaedam et praeter regulam fidei praedicante, et
adpropriumsensum quasi sanctae memoriae Uonorium Papam, decessorem no-
strum, attraherc feslinante. MANSI X, col. 683.
4 Und so war es denn naiurlich, dass man ihn als eine der Stulzen des Mo-
nothelismus betrachtete; der Patriarch Pyrrhus hatte sich demgemass auf
ihn berufen, und auf der Lateranischen Synode d. J. 649, wurden die Schrif-
ten der Monotheleten, icelche die Autoritdt. des Honorius fur sich geltend
machten, vorgelesen. Pag. 134.
5 MANSI X, col. 1026.
6 Eine Zeit lang versuchte man, Honorius zu entschuldigen. Pag. 134.
ONOR10 I. SECONDO IL DOLLINGER 1)37
viala al Vescovo S. Amando, cogli alii del Concilio di Lalerano? Non
fcce lo slcsso Papa S. Agatone ncll'epislola apologelica scrilta al Pogo-
nato? Non propugno in pubblico ed in private la causa dell'ortodos-
sia di Onorio il martire S. Massimo, allamenle indegnato, die si men-
tisse con indicibile sfrontatezza a danno di lal Pontcfice ? Non teslifi-
co al cospclto di tulta la Chiesa in pro del raedesimo il piissimo Gio-
vanni Segrelario di Onorio? In fine i Vescovi delle varie Chiese cat-
lolichea norae proprio e dei loro greggi, coll'ossequio professalo alia
Scdc apostolica, e colla domanda di una senlenza conlro 1'errore che
si spandea largamente, non moslrarono di averein conto di calunnia
do che gli eretici spacciavano di Onorio ? Giudichino i noslri leltori
se questi siano semplici tentalivi di semplice discolpa , e non anzi
una solenne e conlinuala protesla di Papi , di Vescovi e di popoli in
difesa della ortodossia di Onorio.
•«{'.:;, ;.f;,.,,V; •.:. §. 1X. , .- ;
Confutando una men giusta insinuazione, fatta dal Dollinger a ca-
rico del Concilio di Later ano, si traggono nuovi argomenti eslrin-
seci in difesa della ortodossia di Onorio.
Allalo della inesattezza usata dal Dollinger, nel riferire le teslimo-
nianze favorevoli alia ortodossia di Onorio , sta un' altra pecca non
meno grave. Questa si e una colale insinuazione, che, giltala contro
il Concilio di Lalerano, ferisce ancor di rimbalzo Papa Onorio. Ecco
cio che egli scrive a pag. 134, 135: « Nel Concilio di Laterano
« dell'anno 649, si lessero gli scrilli dei Monoteliti, i quali faceano
« valere in loro pro 1'autorila di Onorio. Orbene non si disse verbo
« in difesa di Onorio: si osservo sopra il suo conto perfelto silenzio,
« tultoche i cinque Prelati, che correano quali Autori e principale
« sostegno della falsa doltrina, fossero da Papa Marlino e dal Sinodo
« condannali, cioe, Teodoro di Faran , Giro di Alessandria, Sergio,
« Pirro e Paolo, Palriarchi di Costantinopoli. » Piu sotlo a pag. 136:
« Nel Sinodo, tenutosi in Romal' anno 649, furono condannati come
« monolelili cinque Prelali, dei quali tre erano giamorti: uno dique-
538 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
« sli fu il Patriarca di Costanlinopoli Paolo II, il quale avea scritlo
« al Pontefice Teodoro, dicendosi seguitatore della dottrina di OBO-
« rio, ed appresso aveva accetlato il Tipo dall' imperatore Costante.
« Eppure il Tipo non ando tant'ollre, quanto la leitera di Onorio,
« dacche mentre questa si dichiara espressamente per la dottrina
« dell'una Volonla, il Tipo invece impone il solo silenzio sopratuita
« la quislione 1. » Cosi il Dollinger a proposito del Concilio di La-
terano. Che inlende egli con quel suo concetto semiesposilo: « iPre-
lati monoteliti non oslante che cilino per se 1'autorila di Onorio, pu-
re sono lutli e cinque severaraente condannati, ed Onorio il citalo
rimane salvo, benche da niuno difeso» ? Che vuole significare con
quest' altro: « Paolo invoca 1'aulorita di Onorio, accetta quindi il Ti-
po meno reo della letlera di Onorio, e porta una rigida condanna :
nulla per 1'opposto si dice di Onorio, nulla si delibera conlro di lui»?
Chi non sente tutta la gravezza della insinuazione : Onorio fu reo a!
pari e piu dei cinque monolelili condannati ; il Concilio non lo seppe
difendere ; eppure non fu condannato ; dunque non si procedette nel
Sinodo eqtiamente, si uso della parzialita in favore di Onorio? Perche
non aperse chiaro la sua sentenza? perche invece la insinuo ; yolle
che entrasse come di soppiatto neH'animo dei suoi lettori, con tanta
infamia del Concilio? Se do sia accaduto per fino arlifizio, o per
1 Vnd auf der Laleranischen Synode d. J. 649 warden die Schriften der
Monotheleten , welche die Autoritat des Ilonorius fur sich geltend machten,
vorgelesen. Niemand sprach hier ein Wort zur \ertheidigung des Honorius7
man beobachtete iiber ihn volliges Scliweiyen, obgleich die filnf Pralaten, dis
als die Urheber und Hauptstulzen der Irrlehre galten: Theodor von Pharan,
Cyrus von Ahxandrien, Sergius, Pyrrhus und Paulus, Palriarchen von Kon-
stanlinopel, von dem P. Martin und der Synode verdammt wurden. Pag. 134.
In Rom hatle man auf der Synode des J. 6i9 fiinf Prtilaten, darunter drey
lereits verstorbene, als Monotheleten verdammt: einer von ihnen war der Pa-
triarch Paul II. von Konslantinopel, der dem Papste Theodor geschrieben
halte, er folge derLehre des Ilonorius, und der hieraufden Typus des Kaiser*
Constans angenommen halte. Der Typus ging aber nicht so weit, als das
Schreiben des Ilonorius, denn wahrend dieses sich ausdrucJdich fur die
Lehre von Einem Willen erkllirte, gebot der Typus bloss Schweigen ubcr div
ganze Frage. Pag. 136.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 539
semplicita , o dislrazione, lasciando alia sua coscienza il decidere ,
noi, secondo il debito noslro, giudichiamo lo scritlo quale apparisce.
Esaminiamo la logica. Eccovi il suo argomento: Onorio, invocato
dai monotelili come loro partigiano e soslegno, non fa difeso dai Pa-
dri che sedeano giudici nel Concilio ; dunque egli e reo, e non es-
sendosi condannalo fu commesso un atto di parzialila. Or non \i
pare egli strano, che se un reo cita in sua discolpa 1'autorita. di qual-
cliesiasi uomo, questi debbasi giudicare qual manutengolo o parle-
cipedella reita, e i giudici parziali, se eglino non ne pigliano losto lo
difese e non lo diraostrano innoccnte? Pognamo, che un trislo nei
tribunali di Baviera scarichi tutta la col pa del suo delilto sopra 1'au-
torita del Dollinger, e che i giudici non curandosi punlo di do,
pronuncino contro lo scellerato la sentenza meritata. Che direbbe
il ch. Dollore, se quindi uno scrittore di conto traesse argomento di
scredilar lui come reo, ed i giudici come parziali? Non se lo reche-
rebbe ad enorme gravezza, non griderebbe alia calunnia? Ebbene
sia corlese di questa logica a Papa Onorio ed al Concilio di Laierano.
Tanto piu , che se i Padri del detto Concilio non riputarono de-
gna di alcuna parola in risposta la sola citazione dell' autorita di
Onorio che si legge nel Sinodo, falta dai Patriarca Paolo, ne aveano
tulta la ragione ; giacche essa stava allato della piu sfoggiata men-
zogna, che uscisse dalla penna dei monotelili. Vi basti il dire, che
quell' eretico, a sostegno della sua perversila, insieme coll' autorila
di Onorio citava quella dei Padri e dei Concilii ecumenici , come
se e Padri e Concilii predicassero unilamente il monotelismo qua-
le verila lampante l. Non crediamo, che in tutto 1'orbe si trovi-
no giudici si dabbene , i quali vogliano pigliarsi la menoma briga
di rispondere alle citazioni di un reo , che mentisce con una impu-
denza si sformata che tocca la frenesia. Di qui il Dollinger dovea
dedurre piuttosto , quanto malamenle zoppicasse il suo argomen-
1 Sed et omnes pietalis doctores et praedicatores (oltre i due Concilii ecu-
menici IV e V, e i due Padri S. Gregorio il Teologo e S. Cirillo) Imiusmodi
mius voluntatis mento retinentur. Quorum, si opus est requisitione prove-
niente, et compelenter relegimus testimonia: quibus concordantes et conso-
nanles facti sunt piae memoriae Sergius et Honorius. MANSI X, c. 1026,
540 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
lo da un altro lato. II monolelita Paolo invocava , nella citazione
riferita, rautorila di S. Cirillo e del Concilio di Calcedonia : i Padri
di Laterano, come non fecero motto in difesa di Onorio, cosi non
dissero verbo in favore di S. Cirillo e del Concilio di Calcedonia.
Che si dovra conchiudere? Colla logica del Dollinger non e punto
dubbia la risposta: S. Cirillo ed il citato Concilio sono parligiani del
monotelismo. Se il silenzio dei giudici e una prova di reita a carico
di Onorio, perche il medesimo silenzio, osservato nella stessa occa-
sione, non deve esser tale ancora a discapito di S. Cirillo e del Con-
cilio? Ognun vede che questa maniera di argomentare prova troppo
e percio non prova nulla.
II Dollinger afferma recisamente cbe niuno del Sinodo di Laterano
si e levato a dire una parola a difesa di Onorio. E egli vero? Dislin-
guiamo. Niuno si e levato a difenderlo nommatamenle, lo concedia-
mo : non si e fatla dal Concilio alcuna difesa implicita, lo neghiamo.
Leggete 1* allocuzione, prommciata dal Papa S. Martino nell' aprire
in Laterano ii Concilio. Dopo la solenne dinunzia dei quattro prelati
eretici Sergio, Giro, Pirro e Paolo, e la conftitazione del loro errore,
voi vi avvenite nelle seguenti parole : Ideoque in scripto, vel sine
scriplo orthodoxorum preces minime despicienlcs aposlolicae memo-
riae nostri DECESSORES non desliterunl PEAEDICTIS vims diver sis
temporibus consultissime scribentes, et tarn roganles, quamque re-
gulariler increpantes, nee non per apocrisiarios suos, ut dictum est,
pro hoc maxime destinatos praesentialiter admonentes et contestan-
tes, quatenus proprium emendarent novitatis commentum, atque ad
orthodoxam fidem catholicae Ecclesiae remearent 1. Abbiamo ve-
duto di sopra come Sergio, appresso di essersi palesato eretico, non
s'imbatte in altri Pontefici da Onorio in fuori. Eccovi quindi nel
Concilio di Laterano una testimoriianza favorevole alia ortodossia di
Onorio, in quanto che, essendo stato anche Sergio, come uno dei prae-
dictis viris, per lo meno pregato a rimanersi dal predicare 1' errore,
secondoche testifica S. Martino, non pu6 aver ricevulo tale uffizio di
zelo apostolico altrimenli che da Papa Onorio. La stessa testimonian-
1 Ibid. col. 879.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 541
za ci c rcsa ancbe da Stefano Dorense, il quale sopra 1' esito della
sua triplice venuta a Roma, per implorarvi un riparo contro gli sforzi
degli erelici Sergio, Pirro e degli altri loro compagni nella iniquita,
scrive appunto cosi : Neque despexit Deus preces cum lacrymis obla-
tas supplicum suorum, sed excitavit non equidem mediocriter pre-
cessores apostolicosque praesules in commonitione, nee non contesta-
tione pjaediclorum virorum, licet nullo modo eos fleclere potuerunt 1.
Piii; nel canone diciottesirao si condanna all' anatema, non solo la
Ettesi come erelica, ma eziandio lulte le scritlure che erano state
mandate attorno in sua difesa o commendazione 2. Tra le quali, chi
con vorra annoverare quella che Iev6 a romore lulto 1' Occidente ,
vogliamo dire , la lettera circolare di Pirro , gia sbugiardata e con-
dannata da Papa Giovanni IV nella sua Apologia all' imperalore Co-
stantino, in quanto che , citatavisi a favore della eresia 1' autorita di
Onorio, si chiedea a' Vescovi di tutte le Chiese la sottoscrizione all'in-
famia foWEUesil Inoltre nel Canone vigesimo si proibisce, sotto pena
di scomunica, a tutli i fedeli di cercare, a soslegno della sorta ere-
sia, lettere, scritti , testimonianze false od altro argomento di simil
genere 3. Ora tra queste false teslimonianze cbi non istimera do-
Yersi riporre ancora quella che riferivasi ad Onorio , dichiarata so-
lennemente menzognera dalla Sede Apostolica? Si parlo adunque
in favore di Onorio uel Concilio, anzi non solo si parlo, ma si fecero
eziandio decreti nello stesso concetto. Onde I'argomento del Dollin-
ger, insinuante parzialita nel Concilio, comparisce sciancato nella
sua struttura, e fondato sopra il falso supposto del silenzio , osser-
valo nel medesimo sul conto di Onorio.
1 Ibid. col. 898.
2 Sed et omnia quae pro ea (ecthesi) itnpie db eis scrip ta vel acta sitnt, et
illos qui earn suscipiunt, vel ALIQVID de H/S, quae pro ea scripta vel acta sunt.
Ibid. col. 1158.
3 Si quis secundum scelerosos haereticos, quocumque modo, aut verbo, ant
tempore, aut loco terminos removens illicite. . . . novitates lemere exquirit et
fidei alterius expositiones, aut libellos, aut epistolas, aut conscripta, aut TE-
STIMONIA FALSA... ad eversioneiii sincerissimae in Dominvm Deum nostrum con-
fessionis, et usque in finem sine poenilentia permanet haec impie agens, huius-
modi in saecula saeculorum condemnatus sil et dicat omnispopuluSj fiat, fiat.
Ibid. col. 1162.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
Procedendo oltre nella disamina , 1'argomento rovesciaio tesle ci
porge davvantaggio una prova assai spiccata della ortodossia di
Onorio con un facile ritorcimento. II Concilio tacque di Onorio , non
disse parola in sua difesa : dunque , s' insinua , lo tenne per reo
palese. Noi per 1'opposto ripigliamo , il Concilio non piglio le dife-
se di Onorio : dunque lo riconobbe di sana dollrina nelle sue lettere
a Sergio. II ch. Doltore, come abbiamo veduto altrove, afferma che
la doltrina di Onorio si basava sopra la falsa interpretazione di due
testi della sacra Scrittura, che essa conduce va all' Eltesi ed al Tipo,
che era piu recisamenle monotelitica di quella di Sergio e degli altri
eretici, che \inceva in malignita lo stesso Tipo; in una parola che,
sua merce , Onorio era stimalo un saldo sostegno del inonotelismo.
Dairallro lato il Concilio di Laterano si era assembrato coll'intendi-
mento di raanifestare al mondo con solenne atto giudiziale i soste-
nitori piu cospicui della eresia , tultoche fossero universalmente co-
nosciuti nella Chiesa dalle loro opere o dalla pubblica fama , e con-
dannarliwowmatawente, coi insieme loro scritti, affinche ognuno sa-
pesse con certezza da chi guardarsi in avvenire, come da erelico
pestilente , perlurbatore della Chiesa , e rovesciaiore della fede cat-
tolica. Tutto questo ricavasi dall' allocuzione proemiale del Ponte-
lice , accolta con plauso dal Concilio : Qui autem sunt isli? escla-
mava S. Martino. Oportet namque eos in aperto fieri manifestos.
Quos vos utique scitis y dilectissimi , et apertissime omnes cogno-
scunt , qui orbem terrarum pene inhabitant. ...: idest, Cyrus Ale-
xandrinae ecclesiae episcopus , et Sergius Conslantinopolitanus an-
tistes , nee non el eius successores Pyrrhus et Paulus, concurrent
sibi vicissim in hoc habentes certamen : e terminava esortando ca-
lorosamente tulto il Sinodo a procedere in lal giudizio con tutta
diligenza , giustizia e coraggio 1. Supponiamo che il Papa ed i cen-
cinquanta Vescovi del Concilio avessero conosciuto Onorio, quale ci
viene rappresentato dal Dollinger, vale a dire, incapace di alcuna
difesa : di quante colpe non sarebbonsi eglino gravati dinanzi a Dio
ed in faccia a lutta la Chiesa, non manifeslandolo per quello che era
1 Ibid. col. 871.
ONORIO I. SECOM>0 IL DOLLINGER 543
c non condannandolo cogli altri capi dclla eresia? Essi avrebbero
adoperato due pesi e due misure nel loro giudizio ; avrebbero in-
gannato i fedeli, significando di palesare i perturbatori della Chiesa,
ed insieme tacendo il piu reo ; avrebbero commesso una aperta
ingiuslizia , condannando per 1' una parte air anatema ed all' ab-
bominio di lutta la Chiesa uomini che alia fin dei conli protesta-
vano, e il Dollinger il concede liberamente , di aver seguito nel-
T Eltesi, nel Tipo e nelle loro predicazioni la dotlrina esposta dal-
la prima cattedra , lasciando poi dall'altra senza alcuna pena o dis-
approvazione chi era stata la causa di tanto guaio. Cio posto,
una delle due : o dire, che i Padri convenuli al Concilio teneano
Fopposto di cio che afferma il Dollinger intorno ad Onorio; od
asserire , che erano un'accozzaglia di trisli , intanto che fallissero
turpemente alia giuslizia , alia verita ed al proprio dovere, in mo-
do cosi palente ed in occasione tanto solenne. II solo insinuare
che siasi insozzata di cosiffalla lordura la coscienza di tutlo inte-
ro un Concilio, e di un Concilio preseduto da un Papa , che diede
all' uopo la vita in confermazione della veritae della giustizia, a chi
non parrebbe un alto di tracotala impudenza? Abbiamo quindi il di-
ritto di conchiudere , che non avendo i Padri del Concilio di Late-
rano tratlato exprofesso la causa di Onorio , quando avrebbono do-
Tuto farlo in forza di un obbligo stretto nel caso di alcuna reita in
lui, dovessero senza fallo tenere in conto d'indubitata la ortodossia
di tal Pontefice.
Allarghiamo le noslre indagini. Quali erano gli uomini notati,
come maestri dell' errore monotelitico e sostenitori del medesimo,
dalla pubblica persuasione delle Chiese lungi da Roma ? Cercatc il
Secretario, ossia Sessione II del Concilio di Laterano, voi troverete in
esso raccolti preziosidocumenti, donde il potete dedurre. Posciache
evvi 1' accusa che dislese Stefano Dorense, a nome dei Vescovi e dei
fedeli della Palestina, e 1'allra presentata dagli abbati e dai monad
provenienli dall' Africa , dalla Palestina e dall' Armenia : sonovi le
leltere sinodali di tre Concilii, tenutisi in Numidia, in Mauritania ed
in Bizacio, e quelle di Vitlore Vescovo di Cartagine, di Sergio Ye-
scovo di Cipri, di Mauro Yescovo di Ravenna. Or bene dalle accu-
544 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
se e dalle leUere«sono designati come autori e propagalori della e-
resia , come perturbatori della Chiesa e falsatori della Scritlura e
delle aulorita piu venerabili i soli cinque Prelati die furono condan-
naii. Di Onorio non si fa mollo. Eppure e nelle accuse e nelle let-
tere si fa solenne protesta di dinunziare per obbligo di coscienza alia
Sede apostolica, fondamenlo dei dommi ortodossi, i creduti rei, per-
che si pronunzii conlro di essi la merilata sentenza ; perche con cio
si sterpi dalla Gliiesa ogni cagione di scandalo e non si evochi ,
quandochessia, autorita o scritto, die valga a gittare la perturbazio-
ne ira i fedeli.
Eccovi quinci sgorgare la illazione ; danque la pubblica opinlone
dei caltolici era in favore della orlodossia di Onorio, in quanto che
la sua esclusione dal numero de'rei imporla una pruova morale e po-
sitiva per due capi. Ed in prima non riuscirebbe aUramenle impossi-
bile esplicare come mai lanli uoraini di nazioni diverse, di paesi lonla-
ni, e tutti intesi ad ottenere lo slesso fine, merce una sentenza che sfol-
gorasse i precipui capi della eresla, si accordino nel non annovera-
re tra i medesimi Onorio , quando , secondo il Doliinger , egli era
il banditore piu aperto dell'errore? Ne si pensi che una qualche cau-
sa movente comune abbiali indolti a tacere di Onorio ; tale suppo-
sto e moralmenle inverosimile per allro verso. Nelle accuse e nelle
letlere citate il Ponlefice e chiamato : fundamen'um orthodoxontm
dogmatum; firmainentum a Deo fixum et immobile; fundamenlum,
sopra del quale Ecclesiae columnae confirmatae sunt; princeps et
doctor, orthodoxae et immaculalae fidei ma-gnus et indeficiens fons9
a cui da tutto 1' orbe debbesi attingere la sana doUrina ; e solto que-
sti riguardi in ispecie si fa capo a lui, aflinclie dalla sua parola giac-
cia domata e vinta la iniquila dell' errore. Supponendo che gli au-
tori delle accuse e delle leitere citate pensassero che Onorio avesse
fallito nella fede, e forza ancora ammettere chei Vescovi c i Concilii
della Palestina, dell' Africa e di allre region! abbiano mentilo sfroa-
latamente , dichiarando fondamento incrollabile della Chiesa , soste-
gno itnmoto dei dommi, maestro della fede ortodossa, fonteperenne
del vero dommatic(» , colui che nella persona di Onorio era con una
prova di falto apparso labile, rovesciato, predicatore dell'eresia, fon-
ONORIO I. SECONDO IL DOLLIKGER
to di falsila in quella maniera che potea essere qualunque allro Ve-
scovo : c cio colla giunta non meno grave, che siano convenuli in
tanta menzogna uomini di regioni e di lingue tanto diverse. Eccoci
quindi al bivio o d' ingoiare quesle assurdila , o di tenere cbe la
pubblica opinione dei cattolici fosse tutta in favore dell' orlodossia
di Onorio.
Una uscita potrebbesi immaginare , vale a dire , che gli aulori
delle accuse ignorassero le lellere di Onorio. Ma indarno. Quando
quesli inviarono al Pontefice i loro scrilti, Pirro avea divulgata la
nolizia dclle leltere di Onorio , citandone a suo favore 1' autorita >
Papa Giovanni IV aveale esaminate, S. Massimo difese, diballendo il
pro ed il contra. Donde ricavasi che i Yescovi ed i Sinodi soprad-
detti non tacquero di Onorio alia cieca, ma con piena conoscenza
della causa, e dopo un severo esame.
Che piu? gli slessi avversarii coi loro modi di operare conferma-
no il nostr'o argomento. L'imperatore Costante ed il Patriarca Paolo,
all' annunzio della condanna pronunziata nel Concilio di Laterano,
montarono in furore, ed il primo die ordine che fossero menati pri-
gioni in Costantinopoli il Papa Marlino che avealo adunato e prese-
duto, e Massimo che n'era stalo caldeggiatore. Le precipue accuse
poste conlro di essi, per dare qualche ragionevole colorc all'empia
attentato, furono in sostanza : essersi eglino dimoslrati avversi al-
1'Imperio, avere parteggiato coi ribelli, lenute praliche coi Saraceni,
ed allre favole di slampa eguale. Si disse che ii Concilio non valea,
perche non assembrato daU'Imperatore, e perche di Papa ormai de-
posto. Per indurre Massimo ad unirsi cogli eretici, si ricorse all'in-
fame espediente di presenlargli testimonialize di scrillori erelici ^
come se elle fossero d] S. Gregorio taumaturgo, di S. Atanasio, del
Crisoslomo, di S.Cirillo e di Papa S. Giulio 1. Perche, dimandiamo,
ricorrere a paienti calunnie , a ragioni di niun peso, a svergognate
imposture, per dimostrare di niuna forza la sentenza del Concilio, &
per coprire in qualche modo la reila della sentenza crudele, pronun-
1 Gf. Vitam ac Certamen et Acta S. MAXIMI, Edit. Migne T. XC, et Com-
tnemoralionem eorum, quae saeviter. . . acta sunt in marlyrem Mart inum etc*
MANSI X, Col. 853 et seqq.
Serie V, vol. XII, fasc. 353. 3o 21 Novembre 1864.
M6 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
ziata coniro i dae confessor! della fede? Percke dall' altro canto niil-
la di Onorio , nulla della parzialila del Concilio? JNon sarebbe egli
baslato a lorre ogni credito al detlo Concilio, additare ed amplificare
un lanlino 1'atto iniquo di parzialita, commesso in favore di Onorio,
eretico al pari dei condannati? Ouanto buon giuoco non avrebbe fat-
to all' Imperatore sopra gli animi dei ciltadini di Coslantinopoli il
mostrarsi vindice della giustizia , difensore della loro sede patriar-
cale contro il sopruso del Concilio romano, die avea condannati come
erelici air<inalema ed aU'mfamia universale i Vescovi della nuova
Roma, scampandone Papa Onorio die n'era stato solenne maestro
a Sergio? Perche 1'ingegno dei monoleliti, assottigliato cento tanti
dair astio, non vide, o non adopero questo mezzo si facile e si profit-
tevole alia loro parte cotanto ofFesa? Una sola ragione si pno recarne,
1'aver essi vedulo, die sarebbe riuscito piii agevole a for credere una
sformala calunnia, die il fa I to di Papa Onorio insegnante Terrore e di
un Concilio, die non lo condanna cogli altri rei del medcsimo folio,
Ed ia vero come a\ rebbono eglino potato spacciarlo in Costantinopoli
colla speranza di esito favore vole, dove era tanto fresea la memoria
dell' Apologia di Papa Giovanni IV, nella quale si metle in evi-
denza la vanita della calunnia apposla ad Onorio? dove si trovava
quel Pirro die, dopo di averla divnlgata, erasi riconosciuto dell'er-
rore? dove era quel Massimo, die 1' avrebbe prontamenle sfolgorata,
riducendo al silenzio i detrattori di Onorio, come avea fat to nell'A-
frica? Eccovi adunque gli avversarii stessi confermare colle lora
opere, die la persuasione dei popoli insieme col Concilio stava per 3a
orlodossia di Onorio.
Noa cosi la pensa il Dollinger : egli si mostra convinlo del con-
trario ; rigetla come argomento di niun valore le testimonialize gra-
vissime dei coatemporanei favorevoli ad Onorio , non fo conto della
universale persuasione dei callolici su tal proposilo, e malamente ar-
gomenta del Concilio di Lalerano. Ed allato di quale autorila egli si
mette nel presenle dibaitimento? Allato di quella degli erelici mo-
notdili, i quali soli perdurarono a dire Onorio della loro dottrina;
di qnesli invoca la tesiimonianza , esprime i concetti , trova la sca-
sa. Qual vantaggio hanno questi uomini sopra Papa Giovanni IV,
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 547
sopra S. Massimo , sopra il Segrelario di Onorio , sopra S. Mar-
tino, S. Agalone ed il Concilio di Laterano, onde si debbano loro
preferire nella testimonianza di questo fatto ? Non la slabilita del
principii, perche variarono le cento volte; non la veracila dei loro
delti , perche furono colti tante volte in raenzogna nella citazione
dei lesti e nell' asserzione dei falti; non lo spirito di moderazio-
ne, perche lormenlarono, esigliarono ed anche uccisero quelli che
non la sentivano con essi ; non la solidita delle ragioni, perche citano
Onorio di loro parle e. non lo provano. Percbe adunque il ch. Dot-
tore non si pone dall'altra parte, dove sfolgorano sinceriia, ragioni,
sapere , generosita fin a dar la vita in confermazione del vero?
C' incresce il dirlo : pare che glielo irapedisca uno sfavorevole e
torto concetto appiccaloglisi in risguardo di Roma. Di queslo cre-
diamo effelto le inesallezze che egli scrisse nel suo Discorso sopra
il passato ed il presents delta .Teoloyia; le false accuse che egli
sparse Irattando della Donazione di Costantino , e nella Faoola
presente lo scusare a dirilto ed a rovescio gli eretici a danno di
Onorio, il disprezzo gittato sopra gli argomenti dei difensori del
medesimo , la infedeltik nel recarne le testimonianze , e la insinua-
zione a carico del Concilio tenutosi in Roma. Guai ! quando si scri-
ve col pregiudizio; il vero sembra falso , ed il falso vero, e che la
discussione proceda diritla , quando e torta.
LA POVERELLA DI CASAMARI
RACCONTO STORICO
DEL 1860 E 1861
LXIX.
Tin pover' uomo il quale , o per una ragione o per un' altra , sia
condannato all' aspro mesliero di scrivere cerli racconti, che diver-
tano que' tali che aman leggere cose che non aggravino la lesta , si
irova spesso nella condizione medesima di un \1aggiatore, che pren-
de sua via per sentieri agevoli, sotto begli alberi fioriti, altraverso
campagne dilellosissime e colline ridenli di freschezza, di amenita,
di verdura. Ma che e, che non e? Ecco che, passo innanzi passo, egli
entra in \ioltole fuor di mano, che lo guidano a inerpicarsi per erte
alpestri e scoscese, e poi lo mcltono sull' orlo di precipizii: per is-
lontanarsi dai quali, gli e d'uopo che e' s' ingolfi in luoghi silvestri e
dentro boscaglie fitte e inlralciate, ne' cui aggiramenti egli si perde
ed erra smarrito in qua ed in la ; pur beato, che 1'orma di qualche
piede umano gl'indichi uji'uscita da quella ispida confusione di rovi
e di sterpi, di fratte e di callaie. Coloro che hanno molta pratica in
questa maniera di viaggi, si vantano di adoperare una bussola che
dicono esser per loro come un filo di Arianna, che li toglie da qual-
siasi labirinlo : e quesla bussola e , insegnano essi , 1' ordine della
cronologia, ovvero del tempo ; il qual ordine pretendono che sia la
cinosura felice e la infallibile scorta di ogni loro piu laboriosa pere-
1A POVERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC. 549
grinazione. Or noi , per deferenza ai precelli di maestri cosi speri-
menlati e soleimi, ci siamo ancora noi, in questo nostro viaggio non
lanto breve , studiati di far uso della magica bussola che ci addita-
vano : e per verita non c' incresce de' suoi servigi. Ma, forse perocche
T abbiam voluta seguire troppo fedelmenle , ne e successo queslo
sconcio, che siamo arrivati dove siamo arrivali, senza piu mai rag-
giungere quell'Olello di Bardo, del quale bisogna pure che andiamo
in cerca, e che o vivo o morto lo scopriamo , non fosse allro per un
riguardo di umanita. Premeltiamo poi quest' avverlenza , sia per
iscusarci, e sia perche appunto 1' ordine del tempo adesso prescrive
che lo raggiungiamo e che , prima di checchessiasi , vi teniamo ra-
gionamento di lui. II che noi faremo subilo e volentieri: ma, al no-
slro solilo, in compendio.
Siccome narrammo , egli , losto che Guido fu ucciso , da Veroli
si era incamminato alia volta di Porto d'Anzio, con animo di pene-
trare nella cilia di Gaeta , allora strelta d'assedio , di abboccarvisi
con Felice e di ritornare subito presso Giovanna, per miligarle,
con le fresche e liele novelle del figliuolo maggiore, il mortale affan-
no, cagionatole dall' assassinamento cosi barbaro del figliuoletto che
era il cuore degli occhi suoi. Disegno ardilo, ma non temerario.
Stanteche da Anzio a Gaela remigavano bene spesso, notletempo e
marina marina , burchielli apporlalori di lellere e di messi ; e per
yia di queste furlive corse , la regina Maria Teresa mandava da Ro-
ma frequenli nolizie sue e della reale Famiglia, e ricevea quelle dei
conli di Irani e di Caserla suoi figliuoli , e del re Francesco e della
regina Sofia, che nei baslioni di quella piazza, difendevano gloriosa-
mente conlro gli usurpalori i dirilli della corona e 1'onore della tra-
dila bandiera di Napoli.
Pervenulo in Anzio, Otello piglio lingua da marinari del Regno,
che sempre si trovano in quel porlicciuolo per opera della pesca; e
non indugio ad accordarsi con un navicellaio, il quale diedegli si-
curia che lo condurrebbe e lo ricondurrebbe in meno di tre giornate.
Detto fatlo. Una sera fredda, ma bastantemente sereua, con tre robu-
sli remalori egli mosse dal golferello di Nettuno ; e il leggerissimo
schifo, sul quale solcavano terra terra le placide acque, tanto si
avanzo, che all' aurora gia, rimontato il capo Circello, vogavano per
550 LA POVERELLA DI CASAMARI
la rada di Terracina. Senoache col nascer del sole, il bel cielo che
era e il buon mar che faceva, vollarono in conlrario: onde s' ebbe a
durare non piecola falica ad imboccare il porlo della predelta cilia ;
uel quale fa necessita meltere in riparo la navicella, che allrimenti
rischiavano di correre a forluna perduta. Ma poi o fosse che i ftulti
tardavano a rabbonacciarsi , o fosse limore di una corvetta sarda
che moslravasi in ispia delle cosliere ; fallo sta , che e barcaiuolo e
remigatori si rifiutarono di avvenlurarsi piu oltre. Di che Olello, sde-
gnalo che si rompcssero in queslo modo le sue intenzioni , eutro in
pratiche con una paranzella di pescalori da Procida , che erano per
salpare: e tanto seppe dire a quella bonaria e fedel gente , che, per
amore del Re , di cui si paleso loro soldalo , gli promisero che lo
avrebbero accoslalo al lido di un qualche riposto seno , tra il monte
Scauro e la foce del Garigliano.
La paranza sferro soUo una gran forza di venlo , steso poco men
che a filo per poppa : ondeche, colla vela solo a mezz' asta, traseor-
reva quanlo un ballello a vapore. Quesla volata pero menava troppo
in alto e luugi daiia rivicra: a talc che, sull' imbrunire, i navigator!
aveano preso tanto di largo, die, spunlata Gaeta, gia erano di rin-
conlro all' isola Ponza. Per lo che ammainarono, e si diedero a bor-
deggiare. Ma a nolle ferma il venlo cambio e surso un tempo ri-
gido e nebbioso, che tolse di vedula ogni faro; e poscia si alzo una
cosi sformata burrasca, che il legno, percosso a Iraverso , non ebbe
argomenti da cansarsi dai cavalloni che impeluosissimameiite lo
stravolgcano : e per questo abbocco su 1' un {ianco, e, senza che si
polesse scorgere dove fosse portalo, s' ando a chiudere in un ricinto
di scogli inlorno ad un isolotto : e quivi rimase incagliato fino all'alba
del di seguente, in cui venne soccorso. Otello, che non aveva speri-
mento del mare , conlultoche mai nei campi di batlaglia non avesse
tremato innanzi ai cannoni e alia moschetteria, pur non di manco in
quesla fiera notlala provo cosi sensibile 1' orror della morte , che
giuro in cuor suo di pigliar terra il piu presto possibile , e di non
piu cimentare la vita nei pericoli di un' altra navigazione. II per-
che, aspetlato il cessamento della tempesta, spese 1' ultimo suo sol-
do per indurre il padrone di una tartanella, che lo avesse tragittato
nelle vicinanze di Napoli. E cosi, sbarcato a Sorrento, il nono gior-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 551
no da che s' era diparlilo da Veroli , entro nclla ciltci patria , secco
di moneta, slanco, affamato, lacero de'panni chc era una comr/as-
sione a vederlo.
Incontanente e' fece capo all'iiscio di don Pasquale, suo zio e lulo-
re ; e gli si prosentu in atli e in parole piii da mendico supplichevole,
che non da nipote e pupillo. Ne le prime accoglienze furono acerbe.
L' avaro uomo gli si mostro di buon viso e facile a ristorarlo si di
denaro, come di qualunque altra cosa gli bisognasse: ma al palto che,
abbandonala la bandiera del re Francesco, si arrolasse poi in un reg-
gimento di cavalleria piemontesc; nel qiwle egli s'impognerebbe di
farlo riccvere con promozione e vanlaggio. Otello adirussi di que-
sta , che egli chiamava proposta infame e da Giwla; e nell' ardore
della sua collera soldatesca, non si conlenne dal dire e ridire che In-
canzi si sarebbe lasciato fare in pezzi, che sporcarsi con le assise dei
nemid del suo Re e dei predoni del Regno; e aggiunse una litania
d'improperii a quelli die egli inlitolava assassini dell'Ilalia. Don Pa-
squale non si altero pun to per quesli imporluui sfoghi del giov'ane,
e si conlentd di rispondergli pacalamenle: — Vabene, ho capito!
Ma che avea egli capito coslui? Otello se ne accorsc il domani,
quando fu iinprovvisamente sorpreso da Ire Carabinieri che gl' inll-
marono 1'arreslo: •— A me? grido egli frnganclosi nel pelto.
— Si , a voi : non siele voi Olello di Bardo?
— A me? 1'arresto? e Irasse fuori una pistola girante.
— Rispeltate la forza pubblica ! lo sgrido il brigadiere afferran-
dogli il pugno armato, mentre i due compagni lo abbrancavano pei
gomili.
— Dove mi conducele? interrogo Fallro cedendo la pistola.
— Nella prigione nulilare di Castel sant' Elmo.
— E perche ?
— Per cautela.
— Vabene, ho capito ! disse il giovane ancor egli alia sua volta;
e prorolto in un pianlo disperalissimo, sail dolentemenle nel carcere
della forlezza. Ma rgli non pianse di dolore per se, o per dispel-
to che lo zio disamoralo !o trallnsse con si inumana perfidia ; sib-
bene pianse e si dolse per Giovanna, per Pellegrino, per Maria Flo-
ra , e per le lagrime che la sua lonlananza avrebbc lor fatte span-
552 LA POVERELLA DI CASAMAR1
dere, Dio solo sapeva con qiiale misura e per quanto tempo. Questa
fu la spina del suocuore, questo il martirio deH'anima sua, nei lun-
ghi raesi die gli tocco marcire entro le casamalte del forte. 0 veg-
ghiasse o dormisse , queslo era il cruccio , lo struggimento , 1' ago-
nia del suo spirito. Col corpo egli geraeva nel fondo di un torrione
di Napoli: con la fantasia, era sempre in Veroli, dove slimava che
dimorassero quei Ire pegni diletlissimi della sua vita; e nolle e gior-
no soguava loro, e sospirava per loro, e si consumava di loro, e sma-
niava di una implacabile ansiela, che mille e mille foschi presagi gli
suscitavano senza posa nella sgomentata immaginazione.
J)a prima , per un cccesso di gelosia , egli fu posto allo slrelto in
un ergastolo, forse il piu pulido ed oscuro di quella rocca. Ma poi,
verso le fesle di Pasqua, lo allargarono alquanlo : e nel Maggio, per
1' inlercessione di un uffiziale lombardo che lo piglio a benvolere ,
otlenne licenza di andare anche libero pel Castello, e di usare con le
milizle che lo presidiavano. Tra queste, mescolali a un buon numero
di Piemonlesi, erano varii Napolitani dell'antico esercilo , ed allresi
parecchi Romagnuoli, slrappati alle loro famiglie e che stavano sot-
to le insegne sarde, come i bracchi alia catena. Otello si addomesti-
co mollo intrinsecamente con alcuni di que' suoi nazionali , che gli
parevano piu avversi di animo a' Piemontesi e quindi meglio dispo-
sli a gabbarli ; e insieme fece amisla con due Romagnuoli, 1'uno di
Cesena che avea norne Angelo , 1'altro di Rimini che avea nome Sa-
verio; ambedue giovanolti di grandissimo cuore , ma pieni di aslio
contro i novelli dominalori delle Romagne , e cani e galti coi com-
militoni piemontesi del reggimento : Unila d' Italia !
Con cos loro 1' amicizia del nostro prigioniero divenne cosi affet-
tuosa, che cglino , per pieta di lui e della sua innocenza , delibera-
rono di dargli mano a fuggire. Adunque travestitolo con vecchi abiti
da granatiere, e colta un'ora in cui la guardia era Mia da Napolita-
ni co' quali si erano intesi, preserlo in mezzo, e, simulando di uscire
per loro diporto , lo trassero fuori , accompagnaronlo fmo ad un na-
scondiglio ove smise il travestimento , e con lieti augurii e con un
regaluccio di cinque lire lo accomiatarono. — Che possiate essere
benedelti ! sclamo Otello stringendo loro le mani ; di certo qualche
sant'anima dee aver pregalo in cielo per me ! E andossi con Dio.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 553
Ouesto trafugamcnto avvenne 1'otto Agosto, diciassellesimo gior-
DO clopo 1' arrive della nobile e ricca dama appo il nostro Traiano, e
nell' ora die ragguagliatamcnte era 1' ultima innanzi il tramontare
del sole.
LXX.
Guardate casi ! In quel giorno e soltosopra in quella medesima
ora , clie Olello di Bardo riusciva in Napoli a deludere la \igilanza
de' suoi nemici, a trafugarsi, a salvarsi ; in Roma la slrada nella qua-
le Traiano abitava era ingombra di genti , che presso il suo portono
facevano crocchi e capannelli , e stavan li ferme a bisbigliare e in
aria di allendcre clie si appagasse una comune curiosila. II porto-
ne aveva le imposte socchiuse : ma in guardia ci era un cotal pezzo
d'uomo barbulo e arcigno di faccia, il quale vietava bruscamen-
te 1'ingresso a molti che il sollecitavano : e dove, per tener lungi i
profani da quella soglia, non bastassero i rifiuti secchi, valevasi di
gomilale, di urti e aneora di una mazza che aveva nel pugno. Co-
slui con grande falica dava 1'adito a qualche rarissima brigatella di
signori o di signore, che si accostavano a chiederglielo, perche que-
ste privilegiale persone erano o amiche o parenti della famiglia : e
per quell' aperlura s' introducevano Tuna appresso dell'aUra, lacite
e non certo coll' andar lieto di chi e ammesso al godimento di una
festa. A mano a mano poi che il sole declinava, i pacifici gruppi dei
sopraddetli curiosi crescevano, e la lurba ingrossava gia tanto, che
la strada ne ridondava e gli sbocchi dei vicoli n' erano slipali.
— Che novila era questa?
Ah, leltore! volele sapere la novita? Ella era che si aspellava
1'apparizione di un angelo, il quale slava per uscire da quel porlo-
DC ; e si aspetlava con gran desiderio, conciossiache era voce che e'
fosse un bellissimo angelo, degno di essere contemplalo da chiun-
que aveva occhi per gustare bellezza.
Se il burbero uomo, che ne impediva soldatescamenle 1' accesso,
avessevi concedulo di por piede nell'atrio , voi ne avresle trovato
il pavimcnlo sparso di verdi foglie di mirto, sino ad una porlicciuo-
la, che era 1& in fondo a mano manca di un androncello ; e melleva
554 LA POVERELLA DI CASAMARI
in un'ampia stanza terrena assai luminosa, bene scialbata e di gra-
to aere. Quivi, se vi fosle affacciato, avreste vedutal' accolta de' pa-
rent! o degli amid di casa, quali lifli e quali in ginocchio, far niesla
corona ad una sonluosa bara fulgenle di oro, coperta di bianche
stoffe, adorna di freschissimi e odorosissimi fiori e circondatada sei
torchi di cera, clie ardevano sopra allrettanti candelabri di metallo
argentato. Cbe se plan piano \i foste inollrato anche voi , e fatlovi
uri poco piu vicino alia bara , vi avresle ammirato disteso sopra il
bell'angelo, che alia grazia del componimenlo, alia soavita dei sem-
bianti , al candore dei veli , alia fragranza che tramandava, \i saria
proprio parso cosa di paradiso.
— Ma e quest' angelo, chi era egli adunque?
Oziosa dimanda ! Voi gia, con uno di quei presagi clie non fallano
mai, avete indovinato chi fosse: e ancora ce ne interrogate? Piuttosto
lasciale che seguiliamo a narrarvi lutto cio che avresle veduto e udi-
to, se allora \?i fosse av\7enuto di essere in quella stanza.
Approssimandovi a quella bara, che per 1'adornezza.rassomigliava
ben piu ad una nuzial pompa che ad un funereo calaletlo, 1'occhio
naturalmente vi sarebbo subilo cos'so al volto deila gentilissinaa ver-
ginella, che vi giaceva sopra esanime e supina. E voi all' aspelto di
quelle fattezze cosi pure, terse ed inallerale; di qucl dolce soriiso
non polulo spegnere dal feral e soffio di inorte ; di quelle grand! e
alabastrine palpebre, chiuse come ad un placido sonno ; di quella
fronle gelida, ma serena e vagamcnte inghirlandata di iiori d'arancio;
di quella nera e lucida capigliatura , che le calava giu ad anella per
gli omeri; voi vi sareste senlito preso da un rivereoziale slupore,
misto ad un senso di tal inesprimibiie compunzione , che sarestevi
inghiocchiato, e anche voi avresle sclamato in cuor vostro: — Ah,
questo e un serafino di Dio !
La virginal salma di Maria Flora posava su di uno stralo di seta
cappa di cielo a Irapunto, semioalo di stelluzze d'argento, di gelso-
mini e di rosette di Francia. Tulta la persona avea riveslita di ua
garbatissimo abito di merlelto bianco, assetlato con bell' acconcezza
di pieghe, serrato alia vila da una cintura di vellulo cilestre con fer-
maglio di rubini ; e dal capo scendevale per le spalle un manlo di
simil merletto, stendentesi fino ai piedi, i quali avea calzali da pia-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 555
nelline di raso niveo, coi nastretli vermigli. La testa di lei si appog-
giava ad un guanciale di ermesino biadetto a frange e nappe d'oro :
dal collo pendeale, ravvolto a tre giri, un rosario di crislallo di roc-
ca in filigrana di argon to , e la medaglia dell' Immacolata Madre
di Dio, tulla di oro, le brillava a mezzo del petto, sopra un nodo di
lucenlissimi zaffiri. Le mani teneva piamenle composte sul seno.
Con la dirilta slringeva un piccolo Crocifisso di madreperla; con la
sinistra un giglio: ed ai polsi aveva due gemme d'acqua marina le-
gate da soliilissimi fili d' oro, cbe davano mirabil \isla a qnelle sue
dita fine che pareano fatle al tornio, e candide quasi avorio. Agli an-
goli della bara spiccavano grossi mazzi di fiori a piramidi, ciascuno
dei quali lerminava con magnolie che spargevano un olezzo dilica-
lissimo; alle sponde festoncini di ellera e di rose; appiedi una coro-
na di camelie bianchissime.
- 0 quanlo e bella ! quanto e carina ! esclamavano li inlorno gli
.astanli ; la direste una vaga sposa nel di delle nozze.
— E cosi e veramente! replica\7a il padre Eusebio; quest' anima
inleraerata celebra ora nel santo paradise le sue nozze con 1'Agnello
di Dio: ell'e sua sposa, e i con degli angioli adesso la festoggiano.
Forlunala crealura ! Piacesse al Signore che loccasse anche a noi la
sorte di morire come lei !
E men tre queste cose dicevansi a voce sommessa, avresle vedute
schive donzelle e paurose bambine appressarsi animosamente a quel
feretro, vagheggiarlo a parte a parle, fisare con occhio tra divoto e
compassionevole il viso della morta fanciulla, e chinalesi apporre le
labbra alle sue mani, e imprimervi baci amorosissimi; e poscia giltare
un sospiro, asciugarsi una lagrima e susiirrare fra loro: — Beata lei !
A un canto di quella stanza, dirimpelto alia bara, avreste veduta
Flamioia, assisa in uno sgabellelto, gemebonda, pallida, con le mani
incrociate sulle ginocchia, col guardo immobilmente rivolto nella
faccia di Maria Flora, stare assorla, quasi fosse di inarmo, in un'an-
gosciosa contemplazione, dalla quale non valevano a stornarla ne i
saluti delle amiche, ne i carczzcvoli conforti delle compagne. Ella
era muta, era sorda e sembrava cziandio cieca. Non risalutava, non
rispondeva, non poneamente a chi che si fosse; non faceva alto, ge-
slo, moto, che non significasse accoramento sconsolatissimo.
556 LA POVERELLA DI CASAMARI
Di dietro, a un allro canto, era Maddalena intorniata da un circolo
di conoscenti, con cui s' interteneva a parlare. Ancor essa era trista
e rammaricata; ma Y afflizione sua era soavizzata da un sentimento
di religiosa pieta, che le rendea piacevole il favellare della invidiabile
morte di questa giovinelta, ch'ella molto semplicemente paragonava
ai transit! piu felici delle sante Vergini, le istorie delle quali aveva
imparate nel leggendario.
LXXI.
— Di grazia, il signor Traiano, dov'e egli? si avvicino, a inter-
rompere i ragionamenti di Maddalena , un uomo in panni civili e di
maniere condite d'urbanila.
— Signor Gaudenzio mio , egli e ito oggi in Civitavecchia con la
mia Lucilla, per accompagnarvi quella buona signora santola e cu-
gina della nostra angioletta.
— Ah ! ecco perche io non lo incontrava.
— Si, e partito pochissimo tempo fa. Che yuole? quella povera
signora non ne poleva proprio piu ! Bisognava allontanarla di qui ad
ogni pallo. C'era a temere che non impazzisse.
— Eh, figuratevi che passione per lei! soggiunse una delle cir-
costanli.
— 0 Dio ! non vi pot res te fare un' idea di do che quella donna
ha sofferto ! Si vede che ella amava Fioretta, con un amore che avea
della frenesia. Uh , mai non mi sarei immaginato che fosse possibi-
le giungere tanto in la con le tenerezze ! Eppure, si, noi madri, d'a-
more pe' figliuoli ce ne intendiamo! Sino dal primo giorno che ven-
ne , quando il male della ragazza non dava ne innanzi ne indietro ,
ella a tulti i cosli s'era impuntala a volerla condurre con se neir al-
bergo. Per distornela, fa riecessario fare intervenire il medico, il quale
dichiaro netto che, se si movea la malata dalla sua stanza, egli se ne
lavava le mani, e non faceva sicurla degli effetti che ne seguirebbero.
Allora ella si rassegno a lasciarcela , ma a condizione che potesse
abitare con noi, e vigilare il giorno e la notte la sua cara figlioccia.
E noi, era da presumersi che le avessimo delto di no?
— Ne manco per burla ! riprese un'ascoltatrice.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 557
— II signor Traiano e la signora Maddalena ; aggiunse Gauden-
zio ; hanno un appartamento che puo starvi d'alloggio ancheuna . . .
— Modeslamenie, da pari nostri, si sa, abbiamo cio che occorre.
Non credeste pero che quella gran dama avesse troppe esigenze.
Oibo ! Noi le offerimmo tre camere , tulle ammobiliate con un cerlo
lusso ; insomma le migliori di lutta la casa. Ella ne accetto una
sola: e poi in ultimo, quando Fiorella peggiorava, fummo coslrelti
di acconciarle un letto nella stanza della giovane, perche non ci era
piu modo di slrapparla dal capezzale di lei. Che diligenze ! che fi-
nezze ! che spedienli di nuova invenzione strologava ella di continue,
per salvare queH'amabile creatura! Era un perpetuo va e vieni della
sua carrozza, per mille commissioni di medici e di medicine, di ba-
raltoli, di delicatezze che noi neppure ci sognavamo. EH'ha speso un
tesoro! e diceva che, per guarire questa figliuola, era conlenta di
buttar via diecimila scudi. I Iridui, le novene, le messe che faceva
celebrare, non sono da contarsi. In due seltimane ha radunati olto>
consulti ; £ quasi sernpre di medici nuovi. Oggi era un ledesco ,
posdimani era un inglese. Or voleva lentare 1' omeopatia : ora quel-
1'allra cura, come la chiamano ? basta , e un certo nomaccio ! E poi
non ha chiamalo col telegrafo un dottore francese, il quale e venuto
apposta, ed e arrivato in punlo per dichiarare spedita affalto Tin-
ferma?
— Ma, in sostanza, che malaltia era la sua? dimando un' arnica.
— Hum ! ne sapete voi nulla ?
— lo? no.
— Tanlo ne so io , e altrettanlo ne hanno sapulo i medici , con
tulto che si sieno spremuto il cervello per indovinarla. Nessuno per6
dubitava, che non fosse una consunzione rapida rapida degli organ!
\itali; e pare che la sede del male fosse nel cuore. E inut;le farci
sopra lunarii. Senza un miracolo , quel bell' angelo non poteva piu
vivere in terra: che serve accusare i medici?
— Beata lei ! sclamo una buona vecchierella tulta commossa ; el—
1'era un frutlo mature pel paradiso ; c Dio se lo e collo.
— Non c'& altro a ridire ; incalzo il signor Gaudenzio ;
Quel fior che e caro al ciel, giovin si miete I
558 LA POVERELLA DI CASAMARI
— Giovane piu eara al cielo di quesla Fiorelta, io non saprei di-
Tisannela. Ell' ha fatta una di quelle morti , che non c' e santo al
mondo, il quale non gliela invidiasse. II padre Eusebio mio cognalo,
che Tha assistita con una carila rara fino agli estremi, si prolesla di
non aver mai veduto allri fare una morte simile, nemmeno tra i suoi
fralicelli, che pure ne muoiono tanti chesembrano san Luigini. Egli
dice , che quell' anima dev' essere volata rilta riita nelle braccia di
Gesu Cristo, come una innocente colomba; e che il purgatorio essa
non 1'ha toccato davvero! Gia, poverella! del purgatorio ne ha fatto
tanlo in questa \;ila, che sfido io a fame di piu !
— Basta guardarla ! soggiunse una di quelle che Y ascoltavano ;
la sola sua faccia moslra ch'ella e una predeslinala. Chi ha mai VG-
duto un cadavere piu grazioso di questo? A me la mi par piu bella
morta che viva.
— Eh, il lume degli occhi, le manca! ripiglio Maddalena tergen-
dosi i suoi che gocciavano ; se quel paio d' occhi, che non aveano i
compagni , fossero aperli e rilucessero , oh ancor io la direi quasi
piu bella morta che non era viva! Ma quegli occhi si sono spenli, e
ora son chiusi ; e glieli chiudemmo , il deslro la sua santola e il si-
Bistro io. Ah quegli occhi soao chiusi, e per sempre! E qui Mad-
dalena sbollo in singhiozzi , che provocavano a lagrimare quei che
la udivano.
— Per allro, quel senior di vermiglio che le e rimasto nelle due
guance , quello e cosa arlificiale, e belletlo ; non e vero ?
— Nienle affallo! e color suo naturalissimo. 0 che credete?
— Pare impossible !
— Noi non le abbiamo aggiunlo altro abbellimento, che il veslia-
rio voluto dalla sua cugina; ma che costa una moneta, sapete?
— E a chi andranno 1'abilo e il manto di merletto, e quelle gioie
cosi preziose?
— A chi? resteranno a lei.
- Come! la seppellite con indosso quella bagattclla di roba?
- Tal quale. E ordine espresso della signora, che, dopo traspor-
tato in chiesa , il corpo sia rinchiuso in tre casse alia presenza di
quatlro tesiimonii, e sigillalo: e vi s ha da porre cosi vestita com'e
ora, e non le s'ha da levare nemmeno un filo.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861
— Colesti poi sono scialacquaracnti inutili ; - proprio capricci di
signori! Meglio era spendere per suffragio dell'anima sua.
— Ebbene, quesla considerazione si fece fare alia dama: ed ella
die rispose? rispose che i merlelti e le gioie non polevano esser
adoperate meglio, che a cuslodire le ceneri di una beala.
— Queslo e un argomenlo che mm ha replica ; disse un abalino
che era della brigata.
— Tan to piu ; seguito Maddalena; che pei suffragi ella ha fatle
disposizioni larghissime. OHre il funerale, che si celebrera domallina
e splcndido , ha lasciate liraosine perche si dicano mille messe nel
ternaine di trenta giorni. Avrebbe ancora desiderate di erigerle un
monumento nel cimitero. Ma Fiorella non acconsenti , e supplied
cT essere collocata sollerra senza un' ombra di distinzione : e se lo
fece promeltere; dando per ragione , ch' ella amava un sepolcro
uguale a quelio di suo padre , di sua madre e de' suoi fralelli , i
quali giacciono in povere fosse e col semplice ornamento di una
croce di legno.
— Che nobilta di sentimenli, e che virtu sublimi, in una donzella
di diciassett'anni ! A quel die pare, essa dovea trattare della sua raor-
te, comenoidi fare una gita a Frascali o una cenelta alia vigna, no?
- Lo stesso per appunto. Dacche la si mise in lello con la feb-
bre, non discorreva piu d'allro che di andare in paradiso : e ne ra-
gionava con una sicurezza e un' aria di giubilo , che i medici e noi
n'eravamo trasecolaii. Sembrava addirittura ch'ella n'avcsse avuta
rivelazione. E io, interrogatone il Parroco, m' intesi dire che certe
anime straordinariamenle buone, alle volte ricevono da Nostro Signo-
re questo privilegio, di presenlire il loro vicino passaggio all'eterni-
ta; e che egli non dubitava nulla che Fioretta fosse di questo nu-
mero, stanleche Dio 1' aveva guidala per una via d' insolile tribola-
zioni, da lei sopportate con pazienza insigne; e concludeva, che que-
sta flgliuola era una di quelle secrete vittime che il Signore elegge
e prepara a grandi sacrifizii, per gli allissimi lini della sua giustizia
e della sua misericordia ; e che queste creature ignole agli uomini ,
neglelte e spregiale, son quelle che disarmano 1' ira di Dio, il quale,
in grazia di loro, sosliene queslo mondaccio scellerato e non lo crol-
2)60 IA POYERELLA DI CASAMAR1
la dai fondamenli, in pena di tante colpe che lulti vi commettiamo.
Che ne giudicate voi. don Michelino?
— Giudico che il signor Curato parlava ameraviglia bene; ripre-
se il giovine abate. Non bisognava meno di tanto, per fare di una
tenera e debole ragazzetla una colonna di forlezza cosi divina. Ci bi-
sognava una elezione non ordinaria.
— Uh Gesu mio buono ! sclamo allora una mamma che a\7ea se-
co due bambolelti, dei quali uno laltanle ; non c' e proprio altro che
i grand! sacrifizii che ci possano aiuiare a salvarci. E quesla angio-
lina, chi sa quanti n' avra dovuti fare !
- 0, dilelo a me! ripiglio Maddalena. I sacrifizii che ha fatti,
sono coso che meritcrebbero d' essere stampate. Umanamente par-
lando, ella era ncl colmo dclla sua fortuna. La santola se 1' adoltava
per figliuola, e la costiluiva erede di un grosso patrimonio. Quanli
castelli in aria fabbricava sopra di lei quella povera dama ! Fiorelta
era promessa ad un nobile giovane uffiziale dcH'esercito napolilano,
suo fralello di latle, del quale da forse oilo mesi non si sono piu avu-
le notizie. Or bene quella signora godeva di lusingarla che, appena
guarila lei, sarebbero andale a cercarlo insieme nel Regno ; che la
-avrebbero trovato ; che sub! to si sarebbero impalmati sposi ; e poi
avrebbero viaggiato, e poi sarebbero tornali in Roma nel Maggio, per
fare le nozze, e poi sarebbero passati in una bella villa in Francia, e
poi in somma almanacchi senza fine ! Ma quell'animuccia di Dio,
che si era dislaccata da ogni affetto lerreslre, la riguardava sempre
con un certo riso e con una tal mossa d'occhi, che avrebbero disin-
gannalo non so io chi. E cio non bastando : « Zia mia cara ; le ris-
pondcva lisciandole le due mani; perche illudervi? Io mi sento invi-
tata ad altre nozze, ad altri viaggi, ad altre ville. Lassu, lassu, ca-
pite? Non mi fale dissipare la menle. Io non posso guarire , ma deb-
1)0 salire lassu, e per questo non voglio pensare ad allro. Ad Otello
pensero in cielo, e cola pensero anche a voi ; e quando 1' ora vostra
sia venuta, non dubitate che scendero ad accogliervi in compagnia
dei sanli angioli. » E la dama, in udire queste parole, si disti'Uggeva
In lagrime, si affannava e se la serrava Ira le braccia, con una vee-
jnenza d'amore e di dolore, che noi temevamo non la soffocasse. OM
che scene !
RACCONTO STORICO DEL i860 E 1861
— Scene che ad assistervi, io mi sarei sentito scliiantar il cuore; dis-
se il signor Gaudenzio stropicciandosi le ciglia col dorso di una mano.
— E si, die noi penavamo poco a starci present! ! Buono pero che
quella dama, grazia sua, mi ascoltava e si lasciava persuadere dal-
le mio ragioni! Di falto come fummo all' ultimo punto, quando la
moribonda era sullo spirare , se non fossi stala io , chi sa in quali
furori sarebbe trascorsa ! Maio tanto mi adoperai, che la potei quie-
tare. Ancor ella s' inginocchio prcsso al lelto, e rispondeva con noi
alle orazioni degli agonizzanli, recilale dal padre Eusebio.
— Dio ! che anguslia a vedersela morire sotto degli occhi! mor-
moro 1' abatino.
— Eppure, don Michelino mio, sappiate che 1'angustia fa ininore
che non credevamo. In quel momento che la nostra angioletta co-
mincio ad agitarsi, a sorridere , a dimenare le mani come se tripu-
diasse, ci rizzammo tutti con meraviglia: ementre il padre Eusebio
le dimandava : « Figlia mia , che hai » ? e le accostava il Crocifisso
alle labbra ; ella inchino un tantino il capo sopra Gesu Cristo, man-
do un sospiro e rimase immobile e con la bocca composla a quel suo
bel sorrisetto. « E passata! » disse il cognato mio, e si mise in gi-
nocchio. A noi non parea vero. Me le feci sopra, la scossi, la chia-
mai : ah, pur troppo, era morla !
La donna , che era in vena di continuare quesle patetiche descri-
zioni, sospese di colpo il suo dire, per 1' ingresso di due chierici in
cotta, i quali annunziarono che ecco il clero e le fraterie per levare
il cadavere. Maddalena muto colore, si alzo, corse aFlaminia e strap-
pandola di forza: — Vieni; le grido con alterazione vivissirna; \ieni
a dare un'ultima occhiata a Fioretta , che ce la portano via. Presto,
e montiamo su subilo.
La giovane balzo in piedi, e ruggendo smaniosamente si ayvenlo
in compagnia della madre sul ferelro , e con lamentosissimo pianlo
saluto e abbraccio la mortale spoglia di Maria Flora. — Anima be-
nedelta, va in pace e prega per noi ! disse Maddalena, e la bacio in
fronte. Dopo di che e madre e figliuola, giltando gagliardi singulti ,
si allontanarono da quella camera , in cui gia entrava la Croce della
parrocchia , seguita dal Curalo e dai sacerdoti.
Seric V, vol. XII, fasc. 353. 36 21 Xoumlre 1864.
LA POVERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC.
Indi a poco , 1'atrio risono di una flebile salmodia , ripetuta a co-
ro dalla fila delle confralernite , che si distendevauo in processions
lungo la strada. II popolo faceva ressa alia porta e sordamente ro-
isoreggiava. Ma losto che il funebre convoglio prese a muoversi ,
I'ansia, la calca e 1'affoltamento delle turbe sovraccrebbe fuor di mi-
sura. Finalmente la bara spunto di sotto 1'arco. La folia, all' apparire
di quella cosi leggiadra pompa, si premeva, si uriava, tumulluava,
levava un frastuono cupo, lugubre, confuso. Tutti volcano avvicinar-
si, ed ammirare il bell'angelo di Dio. Allora Maddalena con Flami-
fila e alquante amiclie piu inlime , sporsero il capo dal balcone, per
rivedere anche una volta le sembianze della lor compianta Maria. I
veli e le inanellale chiome della speciosissima vergine, portata nel
cataletto quasi a trionfo, in mezzo dei fiori e dei cerei, ondeggiavano
mollemente, pel trarre di un zeffiro che parea scherzasse con lei, co-
me con una rosa di primavera.
— 0 benedelta , va in pace e prega per noi ! replied Maddalena
gaardandola con uno sgorgo di la grime , che dalle sue ciglia piov-
vero come gemme sul viso di Maria Flora ; e voltatasi, allargc le
braccia e sostenne la figliuola, che a quella vista sentivasi venir me-
HO , e si ritiro dentro.
Se il trafugameoto di Otello di Bardo, die allora allora compievasi
dalla prigione di sanl' Elmo in Napoli , si fosse compiuto due mesi
pdma, 1'intreccio di queslo nostro lulluoso racconto si sarebbe sciolto
in raodo forse piu consentaneo ai secreli desiderii di qualche lellore.
Ma la Provvidenza dispose altrimenli. — Di cerlo qualche sant'ani-
ma dee aver pregato in cielo per me ! aveva sclamalo egli , salu-
tando i due che lo avevano liberate. Ah , chi fosse stalo li a dirgli ,
che quesla sanl' anima era la sua Flora , la quale in Roma e in quel
eiomento medesimo, veniva trasportala in chiesa, con le pie ed ono-
revolissime esequie che abbiamo descrilte, 1' avrebbe egli creduto ?
Eppure, passate due setlimane, non che il credesse, ma rie vide co~
gli occhi suoi la prova piu funestamente incontrastabile che e'potes-
se vedere : e f u Y umile tomba di lei , sopra la cui croce trovo una
corona di amaranti e di elicrisi , che formavano questa iscrizionc :
Maria Flora in pace f 7 Agosto 4864
LO SPIRITISMO
NEL HONDO MODERNO *
XXVI.
Car alter e proprio del fenomeni dello Spiritismo.
Ora possiamo con maggiore fiducia indagare il carallere proprio
del fenomeni spiritistic] , per cui quesli si diversificano da tutli gli
allri. Abbiamo gia esposle, secondo le attestazioni e le dotlrine del
piu celebri magnelisti e medii, le condizioni die si richiedono per
produrli , ed abbiam veduto che Y unica indispensabile si riduce
ad esservi una qualunque siasi volonta di generarli. Intorno ai pro-
cessi operati per ottenerli di fatto , dopo avere descrilti quelli che
furono dapprima usati , dovemmo egualmente conchiudere che , a
propriamente parlare , non v' e necessity di adoperarne alcuno. Fi-
nalmente , raggruppando insieme i fatti proprii del Mesmerismo , le
quattro classi, in cui potemrao riunirli, di meccanici, di fisici, di fisio-
logici e di psicologici, ci moslrano cbe non v'e nessuna specie di
fenomeni visibili nel mondo, che non si sia ottenuta dallo Spirilismo,
o die da lui si esduda. Ragionando adunque sopra quesli Ire dali ,
che noi chiameremo storici , possiamo dire con verita che il carat-
tere proprio dei fenomeni spiritistic! si e appunto il non averne alcu-
no , come esclusivamente proprio.
1 Vedi rpiesto volume, pag. 185 e segg.
564 LO SPIRITISMO
Tutte le cause seconcle natural! operano in un modo loro proprio,
esigono disposizioni particolari, e producono effetti determinati. Ope-
rano in un modo loro proprio per due ragioni : si perche il loro es-
sere essendo questo e non altro, ii modo di operare dev'essere quel-
lo e non altro; si perche 1'essere loro essendo nell'esistere vincolato
da particolari condizioni, la loro operazione e vincolata da queste
condizioni medesime. Esigono disposizioni parlicolari: perche o il
loro effetto e immanente in esse, ed allora e almeno necessario che
nessun ostacolo impedisca T azione loro propria ; o e transeunte in
un oggetto esterno, ed allora, oltre alia rimozione degl' impedimenti
nella causa, fa d'uopo che il soggetto esteriore sia prossimamente dis-
posto a riceverne 1' atto. Producono finalmente effetli determinati,
perche 1' effetto dee seguire la natura dell'operazione che e determi-
nata , e 1' operazione e determinata , giacche essa segue necessaria-
niente 1' essere determinate della causa. Questa e legge universale
della nalura, e cosi intrinseca ed essenziale a qualsivoglia causa ef-
fettrice, che non si puo ragionevolmente concepire come prodotto da
causa determinata un effelto indeterminate o nell' essere suo , o nel
modo di produzione, o nelle circostanze, che accompagnano la sua
apparizione nel mondo. Puo bene accadere che d'un fenomeno non
si conosca o non si dislingua la cagione immediata che lo produca :
ma che una cagione determinata di quel fenomeno vi debba cerla-
mente essere si capisce da tutti, e lo pruovalo sforzo che fa 1'inge-
gno umano per iscoprirla.
Conseguenza di queslo principio universalissimo si e, che ognl
fenomeno ha un suo carattere specifico, che lo collega invariabil-
mente-alla sua cagione produttrice. Or questo carattere specifico
manca del tutto ai fenomeni dello Spiritismo, se egli e vero, cio che
nei tre paragrafi precedent riferimmo. Gli effetti sono cosi univer-
sal! e indeterminati, che i piu schietti professor! di Spiritismo gli
altribuiscono senza veruna esitazione 1'onmpotenza. Non eindispen-
sabile veruna condizione, che renda il medio abile a produrre quegli
effetti, o il soggetto mesmerico a riceverli e per cosi dire ripercuoterli.
Finalmente nessuna maniera di operare e tanto propria del Mesme-
rismo, che 1' effetto venga a mancare, mancando essa. Lungi adunqne
dal potere rinvenire nei fenomeni mesmeric! un carattere specifico
NEL MONDO MODERNO 365
di dislinzione, dobbiarao confcssare che cio appunto li distingue da
ogni altro, il non averne veruno. N6 questo dee dirsi un raero giuo-
co di parole o una sofislicheria senza concetto. Esso e un fatlo posi-
tive e certissimo, il quale coslituisce un principio, die da se solo
puo agl' inlelletti non preoccupali scoprire la vera cagione di quei
fenomeni. Dichiariamolo brevemente.
IQ due modi si puo assegnare il carattere proprio di un feno-
meno : o cioe desumendolo dalle apparenze esterne , che esso pre-
senta ai sensi costanlemenle , senza ricorrere in nessun modo alia
causa o alia sua intrinseca natura, nota o ignota che sia ; ovvero
desumendolo da questa nalura e da questa causa , gia ben cono-
sciuta ed accertala. II pendolo spostato dalla sua vertical e rica-
de e vi oscilla intorno con sempre piu brevi ondulazioni , fmo
a riprendere la sua posizione primitiva : questo e il falto che 1' oc-
chio vede riprodursi in ogni caso simile. II carattere proprio di
questo fenomeno, sensibilmente considerato , si e dunque T oscilla-
zione sempre decrescente intorno alia verlicale. Ma lo studio delle
cagioni di un tal movimento ci cliscuopre che esso e 1* effetto della
gravita de'corpi, della permanenza del movimento impresso da que-
sta gravita, e della resistenza dell' aria, congiunte insieme in questo
falto ; e il caratlere del fenomeno, scientificamente considerato, si e
1'isocronismo delle ondulazioni. Per poler giugnere a questa secon-
da determinazione e stata necessaria la prima , siccome quella che
espone il fatto nella sua apparenza, e offre la materia alia riflessione
della mente.
Di questo doppio carattere, esterno 1' uno, 1' altro intimo , quello
sensibile , questo scientifico ; noi cerchiamo unicamente il primo in
queslo luogo , non potendoci occupar del secondo , se non dopo di
avere chiaramente moslrata la vera cagione dei fenomeni spirilislici.
Ora, stando alle sole apparenze visibili ed esterne, non ve n' e nes-
suna che specifichi questi fenomeni , in modo che sia unicamente
loro, ne si partecipi in veruna guisa da altri provenienli da altre ca-
gioni. Questo ce lo dies il fatto, altestato da migliaia di testimonii,
degnissimi di fede. Or questo falto si collega mirabilmente alia leo-
ria, che dobbiamo svolgere nel proseguimento.
366 LO SPIRITISMO
Lo Spiritismo non e in effetto che la magia ; e i suoi presligi non
sono die operazioni degli Spirit! malvagi. Questa sara la conse-
guenza delle indagini , che andiamo facendo. Ora le operazioni ap-
puuto dei demonii ban questo di proprio, che nella loro apparenza sci-
miolleggiano due ordini different! di fatti , tra' quali noi viviamo:
quelli ordinarii e comuni , dovuti alle cause meramenle naturali, e
operanli secondo le leggi lor proprie : e quelli straordinarii e specia-
lissimi, dovuli all' operazione dirella di Dio , che in quegli atti sin-
golari sospende le leggi da lui stesso date alle cause naturali. Ii
demonio , producendo colle forze sue proprie, Dio permettente, de-
gli eflelti, quesli possono rassomigliare agli effelli dell'uno e dell'al-
Iro ordine : a quelli naturali nella loro enlila oggelliva , a quelli
prodigiosi nella loro maniera di produzione. Cos! il movimento rota-
torio di una tavola , o i picchiamenti d' una parete sono effelli non
eccedenti nella loro enlila le forze naturali delle molle cause fisiclie
che possono produrli, e divengono slraordinarii per la mancanza di
questo cause. La visione d'oggetli enormemente dislanti senza 1'aiulo
di vernno strumenlo intermedio, o la penetrazione delle idee e delle
Yolonla, senza la manifestazione di verun segno csterno, sono cffelti
che non solo nel modo della produzione, ma eziandio ncU'entita- loro
superano le leggi ordinarie della naiura. L' azione adunque del de-
monio puo generare fatli somiglianti ai fenomeni meramenle natu-
rali, e fa Hi somiglianti ai fenomeni realmente prodigiosi. Si nell'uno
come nell'allro gencre di falti sara indarno cercare una qualita spe~
cifica, che allo s peri men to dei sensili distingua dai loro consorli: la
dislinzione \7i e, maessa esce fuori la sfera delle apparenze sensibili,
ed appartiene al ragionamento scientifico il discoprirla. II non aver
dunque una lal qualila specifica e una singolarila propria de' feno-
meni mesmerici, e puo per conseguente assegnarsi come loro carat-
tere. Ma questa singolarita , divisnndoli da lutti gli altri cffetli di
cause fisiclie e naturali, che bauno caraltere proprio e specifico, di-
viene un principio, che fin da ora ci da dirillo a conchiudere che la
cagione che li figlia non e da cercare fra gli agenti della naiura ,
ne Ira le forze meramente fisiclie.
KEL MONDO MODEILNO 567
XXVII.
Simultaneila e dipendenza reciproca del fenomeni
mesmerici.
Nei percorrere che noi facemmo pei sommi capi la storia dello
Spirilismo, ci siarno abbaltuti in una progressione mollo evidente di
effelli, die dai piu tenui pervengono ai piu insigni e presligiosi. Lo
spiriio del male si manifesia aneora in quesla circostauza quell' iiri-
mico astulissimo della salute delle anime, che esso e. Se le manife-
stazioni spirilistiche, otlenute in quesli ullimi anni , si fossero pale-
sale lutle d'un colpo, e fin dal principio, esse avrebbero alienato
T ammo dei curiosi , mal preparato a questi enormi prestigi. Ma in
quella vcce principiando sotto le apparenze d' una medicina un po*
misleriosa, seguilando con effolti un po' fuori dell' ordinario , dando
luogo ai dibattiment! scienlifici ed alle decision! dubilalive, lenendo
gli animi della moltitudine sospesl Ira gli arlifioii di sotlilissimi pre-
sligialori e le scoperle di recondite leorie, la curiosita uriiversale fu
allellala , e messa giu ogni diffidenza si assuefece a lentare speri-
menli, che credeva dapprima inoocui, e che, senza quasi addarsene,
vide ingrandirs! a poco a poco solto i suoi occhi , prima quasi che
potesse pensare a sottrarsene. Cosi le famiglie e i popoli sonosi tro-
vati invasati, senza orrore, di questa pessiraa curiosita, della quale
avrcbbero avuto da principio vergogna di dare pure un segno. Ha il
dernonio adoperato collo Spirilismo , quello che adopcra ogni di nel-
la Framassoneria. I biechi e crudeli inlendimenti di questa set la
infernale non si fanno manifest! che ai piu antichi graduati della loro
sociela: coi novizii non si parla che di progresso sociale, di filan-
Iropia, di pubblica prosperity. Cosi i nuovi adepti, lungi dallo aller-
rirsi delle iniquita di una tal setla , le si affezionano , le si mancep-
pano, le si danno anima e corpo a farsene governare. Quando i piu
gravi giuramenli li avranno ^7incolali in guisa che non possano sen-
za pericolo dislrigarsene , allora cominceranno a passo a passo a
penetrare nei secret! intend! ment! che essa si propone , e verranno
iniziati nei mister! orribili di questi gnoslici redivivi. Ei si puo dire
568 LO SP1RITISMO
eke nello svolgimento dello Spirilismo, come nell' iniziazione fraraas-
sonica, si vede Y impronta della medesima paternila: Vos ex paire
Diabolo estis.
Ma il progresso non e distinzione. Le prime pruove di Mesmer
non debbonsi tenere per different! nella loro natura dalle ultime di
Home. Ouindi non bisogna, a voler cercare convenientemente i feno-
meni spirilistici , andar cercando cause che dian ragione di alcum
di loro, ma che non siano poi applicabili ad altri. Chi yuole scienti-
ficam ente dare una ragione di questi fenomeni , bisogna che ne dia
una, la quale si possa applicare indistintamente e simultaneamentc
a tutti. Ouesto e un punto car dinalissirao, e bisogna fissarlo con ra-
gione manifesta e incrollabile. Da esso dipende quasi esclusivamen-
te la soluzione del problema che deve sciogliersi. A fissarlo adun-
que bene noi ragioniamo in questa forma.
Se i fatti, la cui autenticila non possa ammelter dubbio , ci chia-
riscono che i varii fenomeni , da noi classificati innanzi , si trovano
molte volte riuniti insieme contemporaneamente nello slesso sogget-
to , nelle stesse circostanze ,-scnza cooperazione di agenti divers! ;
quesli falti debbono arrecarsi ad una origine che sia capace di ge-
nerarli tulli. Ma tali fatti non solo esis lono , ma sono numerosi ; ne
solo hanno una qualsivoglia certezza, ma tale, che esclude ogni sos-
pello e dubilazione. Danque la cagione produltrice di quei fenome-
ni , quando apparissero simultaneamenle , dev' essere unica e co-
mime a tutti. Ma se questa cagione e capace di produrli tutti simul-
taneamenle , e a piu forte ragione capace di produrli parzialmente
e separatamente. Dunque quella cagione che , nel caso della simul-
taneita dei fenomeni , si scuopre esserne la generatrice , e quella
stessa che li genera alia divisa e alia spicciolata.
In queslo ragionamento si asseriscono varie proposizioni, le quali
hanno bisogno o di esser provate o di essere chiarite.
La prima proposizione che deve dimostrarsi si e, che esistano casi
numerosi ed aulenlici , nei quali s' incontrano quei fenomeni riuniti
insieme. Noi potremmo rimandare i nostri lettori alle opere pre-
gevolissime e profonde, che intorno a questa moderna magia banno
scritto in Francia i chiarissimi sigg. de Mirville , des Mousseaux e
Bizouard, ed in Italia i sigg. Caroli e Monticelli ; potremmo anzi ri-
NEL MONDO MODERNO 369
raandarli in generate a qualsivoglia libro o giornale che i Mesme-
risti medesimi hanno pubblicato , specialmenle in quesl' ultimo de-
cennio ; giacche ed in quelli ed in questi vi sono tanle e lali pruove
di quesla congiunzione di fenomeni , che potrebbe dirsi superfluo
I'arrecarne ex-professo una dimoslrazione. Pur tutta\1a, siccome sia-
mo persuasi che per molli del nostri lettori questa materia e al tutto
miova, cosi ci sara permesso in servigio loro di citare, scelti fra cen-
to altri consiraili, tre casi di una certezza indubitabile, i quali fanno
al tutto pel nostro proposilo.
XXVIII.
Alcuni casi speciali di quesla simiiltaneita
dei fenomeni.
II primo caso ce lo somminislra la piccola e induslriosa cilia di
Bergzabern , posla tre leghe a scirocco di Landau , nella Baviera
renana. Quivi abitava in casa del genitor suo Pielro , sailo di
mestiere , la Filippina, fanciulla di piccola eta. II 1.° Gennaio del
1852 comincio essa ad essere circondata dalle manifeslazioni spi-
ritistiche, che deslarono I'atlenzione generale a tal punto, che le
autorila civili ne vollero prendere esatte informazioni , averne dai
medici spiegazioni e schiarimenli , e finirono col lorre la fanciul-
la dalla sua casa , e porla nel manicomio di Frankenlhal , per libe-
rare la cilia di Bergzabern dallo spirito perlurbatore. II racconto dei
falti di questa tanciulla fu scritlo dal sig. F. A. Blanck , teslinio-
nio oculare ed integerrimo , con molta minutezza e precisione , in
due opuscoli, pubblicati in Baviera 1'uno nel 1852, 1'altro nel 1853.
I picchiamenli , i suoni varii , le musiche, i movimenli degli arnesi
e dei mobili, le folate di veuto, le aperture delle imposte , i lancia-
menti impeluosi di corpi grevi , la sospensione in aria di tavolini e
di mobili pesanli , si osservavano spesso 1' un dopo 1' altro , spesso
conlemporaneamente. I picchiamenli , dietro le indicazioni o della
fanciulla o di qualche aslante , divenivano mezzi di favella , e col
loro numero o col loro suono davano risposte esatle alle intcrro-
gazioni , mosse sopra fatti o cose ignorate da tulle le persone pre-
senli. Inlanto la fanciulla entrava nel suo sonno magnetico , e in
570 LO SPIRITISMO
tale stato avea vision! di oggrtli rimoti , parlava con persone che
niuno vedea, assisleva a fa Hi che accadevano in paesi lontawssimi,
e li descriveva come chi vi fosse presenter indicava le medicine che
doveanlesi ordinare, rispondeva a quesili mental! delle persone,
favellava con molta giustezza di argomenli scientific! , superior! di
gran lunga alia sua istruzione e alia sua capacila , leggeva cogli
ocelli chiusi sopra carte nascoste e gelosamente coperte, distingueva,
senza sbagliarsi mai, i proprietarii veri degli oggetti che le si avvi-
cinavano , quanlunque celali da involucri , o porlanli ad arle nomi
Rieniili. La sua persona diveniva alcuna volla insensibile a tulle le
impressioni esterne, alcuna volta immobile e rigida. come un cada-
vere; allra per lo contrario acqmstava una sensibility cosi squisila,
che si doleva d'ogni cangiamcnto che si facesse Ionian da lei n'ella
sua stanza; ed allra inline soffriva access! morbosi, di cui indicava
precedentemente 1'ora del principiare e del terminare. Una parlico-
larita , che non abbiam trovulo in alire sonnambule mcsmeriche ,
s'avverava in lei: «chiavi, moneto, portasigari, orologi, anelli d'oro
ed'argenlo.... una sciabola col cinturino che pesavano quat'ro libre
bavaresi.... in breve lull! gli oggelli, qualunque ne fosse la mate-
ria, restavano egualmenle sospesi cd aclerenti sollo la sua niano. »
Un' allra particolarila, ma non cosi singolare, si e questa: il corpo
deiia fanciulla perdeva ogni peso; chi la urlava non sentiva resi-
slenza veruna e 1'aggirava a sua voglia; essa reggeasi in equilibrio
perfolto sopra le positurc anche piu slravagnnli e impossibili. Non
Y' e in una pirola fenomeno spiritislico, che in lei non si manifestasse
al tempo slesso. No! abbiamo compendiati i principal! , omellendo
d' indicanie parecchi altri, i quali possono leggersi alia dislesa nelle
due relazioni original! del Blanck 1.
11 racconto seguente lo riporteremo teslualmcnle, com'esso vien
riferito dal chiarissimo ed infalic sbilo sig. DeMirville, nel suo libro
inlilolalo : Question des E sprits 2. Sgli dunque dice cosi : « Ecco il
1 Nclla Revue Spirite di Parigi, anno 1858, fu stampata la verslope di quei
due opuscoli del Blanck.
2 Question des Esprils, ses rrogrcs dam la Science: Txumen de fails nou-
veaux et de publications impcrtantes. Paris, chez Daiarjque libraire 1855 9
pag. 92.
NEL MONDO MODERNO 1)71
rislrello di una lunga Serie di fatti , che da due anni mantengono ,
quasi senza inlervallo, sconvolta una casa delle \icinanze di Parigi.
Noi abbiamo il permesso di nominare, alle persone che ce ne inter-
rogheranno di viva voce, le vittime di questa lunga ossessione. Nel
Seltembre 1833 un giovanelto , pio e fervoroso caltolico, voile far
girare una tavola in compagnia di una delle sue cugiue, donzella sui
tredici anni e mezzo. II di scguente questa giovinetta comincio a ve-
dere costantemenle dietro di se rimraagine d'una persona, defunta
da pochi mesi, la quale si annunzio per 1' aulore delle risposle dale
dalla tavola. Da quel di comincio la serie di quei fenomeni, i quali
muovono tanto la bizza al sig. de Gasparin. Culpi balluti sopra tut-
te le pareli della casa, campanelli che si dondolano e chiamano sen-
za posa , un pianoforte che s agita e geme flebilmente da enlio la
sua cassa , un' arpa che suona da se sola ed emetic le piu soa\i ar-
monie. Soprallulo da moles tia la conisponderiza che si continua sen-
za posa. Ti poni a scrivere: per poco che Jasci la penna o volti ii
capo, tuttocche lu sii solo nel tuo gabinelto, eccoti la lettera lermi-
nala da mano in\1sibile, o cangiala in un'allra. Vi e ancora di piu:
leltered'un medesimo carallerc, soUoscrille dai nomi medesimi,
giungono per mezzo della posta, col bollo legale, coi suggelli regola-
ri. Alcune portano la firma di Kelmitch , allre quella di Barkouf , e
questi svelasi per un dannato in pena d' un assassinio da lui com-
messo il tal di sulla tale strada di Stockholm. Seguono le scene di
sparizioni. Oggelti chiusi a chiave , custoditi con gelosia scompaio-
no per sempre, o si traslocano in altri luoghi a porle chiuse : i mo-
bili, icristalli, le porcellane volteggiano per aria senza spezzarsi:
libri , musiche , vestimenta gettate sul fuoco senza bruciare , o lan-
ciate da una finest ra per entrare neH'allra: voci che parlano distin-
lamenle 1' inglese e il francese , che strillano acutamenle in tulli i
toni. Si unisce la famiglia a recitare in comune le sue preghiere:
eccoti parafrasate in bestemmie, quanlo esecrabili, altrettanlo chia-
ramenie pronunziale, leorazioni piusacre, gl'inni piudevoti. Spes-
so le cose si aggravano ancor peggio, e le moleslie divengono inlol-
lerabili. I letli si trovano disfalli , insozzali , infarciti d' aghi fra le
lenzuola ; percosse e schiafii dati da mano invisibile si succedono ra-
pidamente.
572 LO SPIRIT1SMO
« Noi , segue a dire il sig. De Mirville, noi siamo stati noi stessi
teslimonii, in compagnia del sig. Des Mousseaux, e d' un medico,
amico d'entrambi, d' un rinnovamento, benche assai breve di dura-
ta, di queste manifeslazioni ; le quali sono per altro altestate da per-
sone gravi, e accerlate inoltre dal medico della famiglia, il sig. Dot-
tor Poirson , al quale noi abbiamo il permesso di rimandare gli
sceltici. »
Nella precedente relazione si Iratta di molestie sofferte e non volute
da una famiglia: nella seguente si trattera di effetti cagionati diret-
tamente da un medio a sua volonta. Essi sono racconlati nella ftevue
Spirite (1858) dal sig. Allan Kardec, in tre arlicoli, dai quali noi
estrarremo per un breve quadro i Iralti principal!, phi a modo di
chi rammenta cose gia delte altrove, che di chi narra cose nuove.
Alia presenza e per 1' influenza del sig. Home si fanno sentire i piu
slrani rumori; 1'aria si agita, i corpi solidi si muovono e si sollevano
dal suolo, egli stesso, in Bordeaux ed in Firenze, alia presenza di
molti leslimonii fu vedulo sollevarsi in aria senza alcun sostegno.
Luci e splendori diffusi, scinlillamenli vivaci, cerchi di fumo appari-
scono: s'odono in aria suoni e canli soavi: cominciano le apparizio-
ni, le quali non si sa, dice il sig. Allan, che sieno ile oltre alle mani
vive e moventisi. Queste mani pero vi carezzano o vi colpiscono;
vi stringono o vi premono ; e sopratlutlo mostrano la loro operosila
nello scrivere le risposte che voi desiderate. Queste risposte vengono
scritte eziandio da mano invisibile sopra la carta che si prepara a
tal fine ; e date col mezzo dei semplici picchiamenti o di rumori con-
venzionali. Questo e in breve quanto la Revue Spirite ci altesta del-
r Home , e quanto e confermato da cento altri lestimonii fededegni ,
che hanno assistito alle sue manifeslazioni.
XXIX.
Se i fenomeni mesmerici coesistano insieme, unica deW essere
la cagione che li produce.
Da questi tre fatti, presentali qui senza molta scella, tra i tanti
che ve ne ha, noi dobbiamo conchiudere che esiste in realta 1'umone
simultanea dei fenomeni spirilistici. Ma se questa unione vi e, come
NEL MONDO MODERNO 573
abbiamo dimostrato, la cagione che li produce dev' essere unica, e
dove per coriseguenza poterli produrre lutti insieme. Cio non ha bi-
sogno di lungo ragionamento ad intenderlo. Innanzi a quei fatti voi
\i tnrvate in mezzo a due ipolesi possibili: o 1'ipolesi d'una cagione
unica che li produca tulti, o 1'ipotesi di lanle cagioni differenli, quan-
te sono le differenze specifiche dei falli medesimi. Quali di quesle
due ipotesi sia la preferibile, non v' e luogo a dubitare. Chi potrebbe
in effetto ammeltere tanta efficacia in un medio qualsivoglia, che
valga ad eccitare all'operazione tulte quelle cause differenti, che do-
vrebbero produrre quei si svariali effetli? Se alcunolo ammettesse,
egli disconoscerebbe a un tempo e la restrizione deir altivita uma-
ua, e la semplicita delle leggi naturali, e il compile di tutte le inda-
gini scienlifiche, che tendono a scoprire, appunlo 1'uno nel moltepli-
ce, la cagione principale e comune di effetti varii e apparentemente
diversi.
Quindi e avvenuto che nessuno di coloro che harmo traltalo di
questa niateria, penso mai ad arrecare piu di una cagione di questi
fenomeni. Sono essi e vero incorsi nell' errore d' indicar cause real-
mente invalide a produrli lutli ; o di negare i falti che non poleano
spiegare con una causa unica, ma non hanno neppur tentalo di schi-
vare un tale errore, molliplicando le loro cagioni.
Del quale accordo non era solo fondamento, sebbene efiicacissimo,
la simultaneila di quesli effetti, ma eziandio la loro stessa separa-
zione. Quella simultaneity non e rara, cio e verissimo ; ma in para-
gone dei falli piu comtmemente soliti ad accadere, non e frequenle.
II caso piu ovvio si e che quei fenomeni non si trovino lutli riunili
insieme, ma spartilamenle divisali. Ora in questi casi devesi notare
una circostanza notevolissima, e questa si e che i fenomeni, che si
ritrovano uniti, variano con tanla differenza, che casi del lulto iden-
tici, fra i mille e mille che ve ne ha, non accade di incontrare. Ora
il vedere questo accoppiamento, che potrem dire meramenle casua-
le, e indizio cerlo che tulli quei fenomeni riconoscono a loro origine
una sola cagione universale. Poiche se ogni fatto parziale, o almeno
ogni classe differente di fatli avesse la sua origine propria e distin-
la, ne conseguirebbe doversi specolare tanle migliaia di quesle ca-
574 LO SPIRITISMO
gloni, quanti sono gli accoppiamenti diversi di quei fenomeni : poi-
she ollre alle cagioni proprie dei fenomeni parziali , dovra arrecarsi
la cagione specifica della loro unione cosi diversa. Raccoglieremo
qui a casaccio e come vien viene, alcuni dei falli piu certi, i quali ,
se non si ammette una sola cagione comune a lulti , dovrebbero
avere una spiegazione speciale e propria di ciascuno.
La sig. L. ... in Parigi appoggiando la palma della mano sul suo
cembalo, gl' impresse un movimento svarialissimo, che rassomigliava
a una danza d' un ubriaco. In tal moto la sig. L. . . era trasportala
intorno con violenza, senza potersi staccare dal suo strumenlo , quan-
iunque di lulta forza il tentasse 1.
II sig. Seguin, d'Annonay, in unalettera diretta al Pays, racconta
aver egli slesso osservata una tavola , cui fu da un medio ordinalo
di danzare ; ed essa si inise a batlere esattamente co' suoi piedi, piu
cbe un po' pesanli , il tempo delle arie che si sonavano sul cembalo
vicino.
II dolt. Eissen , redatlore della Gazette medicate di Strasbourg,
scrive alia Gazette des Hopilaux di Parigi, che un uomo gagliardo,
Inlorno al quale venne composta la catena mesmerica da quattro
persone, comincio a girare sopra se slesso con tal violenza e per si
lungo tempo, che era impossibile in qualsivoglia altro stato durarla
senza ballere col capo in terra, e fracassarselo.
II sig. Begue, medico in Tolosa, nell'Agoslo del 1852 descrive,
Bel Journal du Maynetisme, il modo, onde quattro persone solleva-
rono di peso da terra, col semplice avvicinamento delle punte del dito
iadice, il corpo d' un magnetizzato, disteso alia supina sul suolo, e
il maniennero in alto al di sopra del loro capo, quanlo le dita pote-
rono alzarsi.
Nel Journal de la Vienne, nel Marzo di quest'anno, si legge quanta
segue: « E perfeltamente vero che ruraori singolari si fanno qui (in
Poitiers } intendere ogni sera , dalle sei a mezzanotte, in via Saint-
Paul nella casa d'O... Essi somigliano alia scarica successiva d'uno
1 II fatto e prlmitivamente attestato dal sig. Hebert de Garnays, redalto-
re del Journal du Maynetisme.
1VEL MONDO MODERNO 515
schioppo a due canne, e crollano le porte, le fineslre, gli assiti: noo
si scorge ne fmmma , ne fumo. I fatti furono allcstati dalle persone
piu fededegae della nostra cilia, e dai processi verbal! dclla Polizia
e dclla gendarmeria. »
Da qualche tempo i giornali americaaied inglesi par Ian o di certe
fotografie spiritistiche, oltenute dal medio artisla, sig. W. H. Mumler
di Boston. Molle persone che si fecero da lui ritratlare, furono sor-
prese di vedere a canto della propria immagine clii quella del padre,
o della madre, chi quella del fratello, della sorella, dello sposo e
via dicendo , persone giti defunle molto tempo innanzi, e incognito
al Mumler. I fotografi di Boston assicurano che non vi enefrode n&
menzogna, e il D. Gardner nella Gazelle Spiritualiste di Londra ,
avendone vedute alcune , attesta die quelle fotografie non si posso-
no otlenere con nessuno dei processi conosciuli.
La sig. G... sonnambula in Firenze, bonacciona per sonnambula,
ma poco istruita, entrando nel sonno magnetico , riceve da mano
Ignota cartoline con iscrilli, ed ancbe disegnini e rilralli di defunli :
e cosi sodisfa alle numerose domande che le vengono indirizzate.
Nessun altro fenomeno particolare si narra di lei dai lorinesi Annali
dello Spirilismo. Dai medesimi caviamo il seguente caso.
In Val d'Arno superiore evvi una villa delta Belpoggio, apparte-
nente ai signori Fiorilli, in cui da lungo tempo odonsi pel vano dellc
slanze rumori , scrosci di risale , suoni e canli. Le tirale delle len-
zuola, lo spegnimenlo dei lumi, le spinle e gli urtoni vi son frequent!.
La Bettina , figliuola del Fiorilli , comanda a sua posla ed e servita
da agente invisibile: vuole un mazzellin di fiori , e queslo gli cade
in seno: vuole finire un ricamo, e questo lermina lutto da se. Ollre
quest! effelli, quivi non sono ne risposle, ne sonni, neallri dei so-
lili effelli mesmerici.
Sei leghe a greco di Agen in Francia, nella piccola lerra di Clairae,
il sig. Lebe scriveva una comunicazione spirilistica: dopo alquanli
periodi la sua raano rifiuta ogni minislero, e lo scrilto e interrotto.
]Vel piano inferiore la sua sorella Irovavasi in quel pun to colla pen-
na nelle dita scriyendo. Essa e sforzata a scrivere tult'allro da ci6
che vuole. Da principio venne fuora una frase sdrucita e senza SCB-
576 LO SPIRITISMO NEL MONDO MODERN!)
so: quindi alcuni period! ben connessi. Per lo slupore la signorina
Lebe corse di sopra a raccontare il nuovo caso al fratello ; ma qua!
non fu la meraviglia d'enlrambi, quando questi scopri die lo scritto
dalla sorella era il compimento finale di cio , che egli era stalo co-
strelto ad interrompere ?
II Barone di Guldenstubbe, nel 1856, ficcandosi in capo di pllene-
re, com' egli la chiama, la pneumatografia, ossia scritti spiriiistici,
chiuse a chiave in uno scriguetlo un foglio bianco da letlere e una
matita, e postasi la chiave in tasca non isvelo a persona il suo secre-
to. Dopo 1'altesa di due settimane, il di 13 Agoslo, nell'aprire quel
forzierelto, trovo i caralteri misteriosi segnati sul foglio di carta : e da
quel dl in poi ollenne dieci , vcnti ed anche piu fogli di carta scritti
o discgnati ogni di : e allora s' accorse cbe i caratleri si formavano
tulto da so, senza il concorso della malita. Fra i 67 saggi pubblicati
dall'autore l insieme colla relazione particolare del falto, ve ri'ha di
quelli che segnano strane figure simboliche : ma la piu parle sono
voci scrilte in greco, in latino, in francese, in italiano, negVidiomi
teutonic! . Vi son molte firme di persone morte o viventi, die dagli
esperti si riconoscono somiglianlissime al caraltere delle persone die
nominano.
Siamo obbljgati, dalla moltitudine stessa dei fatli cbe ci si offrono
iimanzi, a terminare questo novero, il quale se come recensione e un
nulla, rimpelto all' immensa quantha che ci si offrirebbe innanzi da
segnare , come saggio e piu die sufficiente a dimostrare 1' assurdo
che ci sarcbbe a volere ad ognuno dei fenomeni attribuire una ca-
gione speciale. Ouale di questi fatti somiglia all'altro? Si dovrebbe
adunque ad ognuno dei casi parlicolari, i quali, pur Tariano all' in-
finite, dare la sua propria , perche ognuno di essi o nella sua indi-
\idualila o nel suo accoppiamento si differenzia grandemente da tutli
gli altri.
1 Pneumat ographie positive et experiment ale .... par le B. L. DE GULDEN-
STUBBE. Paris, Libraire A. Franc. 1857.
RIVISTA
BELLA
STAMPA ITALIANA
I.
Delia vila e degli sludii del Prof. Cav. MARC' ANTONIO PARENTI ,
Accademico della Crusca , con Appendice delle poesie inedite e
rare del medesimo — Modena , lipografia dell' erede Soliani ,
1804. Un vol. in 8.° di pagg. 176.
Quando manca per morle qualcuno di quegli uomini grand! , die
sono 1' onore del secolo loro , si risveglia in moltissimi un acre de-
siderio , di sapere di lui , della sua \ita , delle sue cose le piu mi-
nute particolarila. Ed e un effetlo della slima, o della siima insieme
e dell' amore , cbe quelli si sono meritati colle opere loro : sicche
non si potendo ad essi conservare la vila nalurale , si vuole almeno
che ne sia perpetuata la morale , nella memoria e nell' ammirazione
de' supersliti.
Fra gli uomini piu segnalali , de' quali in quesli ullimi anni ha
fatta irreparabile perdita la Ilalia , noi non dubiliamo di collocare
quel lume insigne della ilaliana filologia e raro modello di crisliane
virlii , che fu il Professore Cavaliere Marc' Antonio Parenti. I molti
ammiratori del suo ingegno, e piu forse i non pochi estimator! delle
morali quali la dell' animo suo , desideravano da gran tempo , anche
a con for to del loro dolore, un qualche ragguaglio piu pieno della sua
Serie Y, vol. XII, fasc. 353. 37 23 Nwmbre 1864.
578 RIVISTA
Tila ; il quale non tanto si distendesse nel magnificare le sue opere
lellerarie, che sono conosciutissime, quanlo nel manifestarne le vir-
tu, per avvenlura ignorate da molti.
A questo desiderio appunto ha soddisfatto il chiaro Cav. Bartolo-
meo Yeralli coH'operetta annunziata qui sopra ; perche sebbene non
lasci nulla a desiderare quanlo a notizie degli studii e degli scritti
di lui , con piu am ore nondimeno si piace di ritrarre le bellissime
doli che adornarono il suo animo , e ne fecero , in ogni tempo della
sua non breve camera , un esempio di ogni piu rara virtu. Degna
retribuzione che egli ha reso alle cure palerne , onde il Parenti, sin
dalla prima fanciullezza, lo venne educando non meno alle letlere che
ai buoni costumi ! Di guisa che se egli puo fare sua gloria avere avuto
maestro e come secondo padre un lanto uomo ; quegli dall' altro
canto puo consolarsi di potere, la sua merce, comparire anche dopo
morle, in questo secolo di corruzionc di principii, d' indifferenza re-
ligiosa e di abielta pusillanimita , quell' iucrollabile e generoso cat-
tolico, che si glorio mai sempre di essere in vita.
Gia il lettore intende il concetto che dee dominare nella Relazione
della Vita di Marc' Antonio Parenti ; quello doe di rappresentarci in
lui un eminente letterato , ed un virluosissimo cristiano. E di ven>
1'amore alle lettere e 1'amore alia pieta, si aprirono a un tempo stes-
so nel suo animo , e progredirono sempre accompagnati. II Yeralli
ha raccolto con molta diligenza le memorie della sua adolescenza 7
dapprima quando die opera, nella sua terra natale di Montecucolo, ai
primi rudimenti della lelteratura ; e poscia quarido piu grandicello-
fu dall' otlimo genitore mandato in Modena , dove studio Retlorica
sotto la disciplina di un Professore ecclesiastico, non meno dotto ch&
pio. In quella cosi mobile eta, e che nondimeno dalla piega che uo-
mo \'i piglia suole di ordinario decidere del rimanente della vita, tu
non sai qual piu ammirare nel Parenli, se 1'ardore dello studio e i
rapidi progress! che vi faceva , ovvero la maiurila del consiglio , e
la speccliiata illibatezza de' costumi. E tale seguito ad essere duran-
le il corso delle discipline superiori , alle quali attese parte nella
stessa university di Modena e parle in quella di Bologna ; maravi-
gliando tutti di si rara indole di giovine in tempi di cosi universale
DELL A STAMPA ITALIANA
perverlimento. Non pertanto.la giovenlu non era ancora quella che
si e fatta dappoi diventare , uno slrumento di rivoluzione in mano
delle setle. Pero le university erano frequentate allora per lo scopo
principale di apprender le scienze ; e vi s' insegnava davvero. In
Bologna era convenuta gran parte de' giovani di Modena, essendo
stala questa citta, per cagione de' politici rivolgimenti, privala della
sua universila. E bisogna rendere quesja lode a que' bravi Modene-
si, che se non erano tutti della bonla del Parenti, vi ebbe non per-
tanto non pochi, co' quali ei pole accomunarsi non solamente senza
rossore , ma con reciproco vantaggio si letterario, si morale. Ordi-
narono dunque tra loro come altrettante adunanze accademiche ,
nelle quali, gareggiando d' ingegno, si sludiavano di meglio appro-
fondire le quislioni scienlifiche ed alimenlare il buon gusto lellerario:
e in esse, come era da aspettare, le prime lodi generalmenle appar-
tenevano al Parenli.
In quesli tempi de' suoi studii giovanili egli pose i primi fonda-
menli di quella vasla erudizione letteraria e squisitezza di gusto ,
per cui divenne di poi uno de' primi filologi dell'Italia. Non gia che
egli trascurasse le altre facolta ; collivolle anzi con ardore pan al-
1' ingegno, e in tutte profitlo oltre la misura ordinaria, specialmente
nel Dritto criminale, sopra cui fece studii lunghissimi, e che poscia
insegno con fama di sommo nella universila di Modena. Sul quale
proposito il Cav. Veralti afferma , che se avesse pensato di met-
lere a stampa le sue lezioni , si sarebbe per esse acquislalo non
minor nome, che per le altre sue dotte scritture. Ma, come dicevarno,
egli fece della lelteratura il suo studio prediletto, consecrando ad
esso tutto il tempo , che non gli andasse occupalo nel compimento
de' suoi piu stretli doveri. Seppe di greco, studio il latino profonda-
mente, e molte poesie e iscrizioni delto in questa nobilissima lingua,
lodate assai dagl' intendenti. Ma piu della poesia latina coltivo la ita-
liana, e compose bellissimi versi, non solo nella gioventu, ma anche
Bell' eta malura e sin nell' ultima vecchiezza. Sol degl' inedili o dei
rari a trovare il Yeralti ha potuto inlessere una ben lunga appendi-
ce, che occupa poco meno della mela del suo Commentario.
Go che noi vi ammiriamo non e solamente il pregio letterario , il
quale per altro e tanto , che li fa meritamente reputare fra i bellis-
580 HI VISTA
simi che possa vantare la nostra eta. Confessiamo che ci fa piu
meraviglia non solo non avere incontralo in tanta variela di com-
ponimenli nessun concetto, nessuna frase, nessuna parola, che sen-
tisser di reo , o si potessero nolare comechessia di leggerezza ; ma
tutli essere volti ad argomenli o sacri o morali, o al piu di modesta
ricreazione. II che quanto sia da pregiare dicalo chi ha qualche pra-
tica ne' poeti , anche gastigalissimi. Ma il Parenli si era fatlo sino
da primissimi anni una legge inviolabile , di non trasandare ne'suoi
versi, neppure di una linea, i riguardi della modestia piu scrupolosa
e vereconda. Pero scriveva in un gaissimo poema, che incomincio a
dettare ancor giovanelto , ed e da lamenlare assai che lasciasse in-
compiuto :
lo spero ben, se il Ciel mi porge mano
Che dir potrete: questo e un verso duro.
Quest'allro e un fraseggiar ch'ha del villano:
E questo loco e a prima vista oscuro ;
Ma non direte : questa e da cristiano
Privo di Fe; questo e un modaccio impuro;
S'io far dovessi cio, giunto a quel sito
La yena cessi e inaridisca il dito.
11 bello poelico , crede il Veratli , che conducesse a mano a mano
il Parenti ai piu profondi e seven sludii di lingua. Certo e che non si
potrebbe assegnare un tempo certo, in cui egli si dedicasse di propo-
sito a quesle ricerche, perche vi atlese da' primi anni; quando cioe
comincio ad esser preso dell'amore della poesia. Or appunto la lingua
si puo dire che fu la palestra, in cui merco gloria maggiore, diven-
tando il suo giudizio come un tribunale di prima autorila nelle qui-
slioni filologiche. Non ci tralterremo a numerare i suoi scritti su tali
materie , perche dall' una parle son conosciuli da tulli gli studios!
della lingua, e daU'altra sono tanto svariali, e pubblicati si sparsa-
mente , che a fame la rassegna dovremmo andare troppo per le
lunghe. Oh , se il benemerito Cavaliere Veratti si consigliasse di
raccoglierli tutli , o almeno i piu sparpagliati , in una serie di volu-
mi , quanto segnalato servigio ei reuderebbe alle lettere I
BELLA STAMPA 1TALIANA 581
E qui ancora fe risplendere il Parent! la virtu sua; perche colll-
vando assiduamente un carapo si fecondo di litigi , com' e la filolo-
gia, se fu soggello a trafltlure non meritate da lui, pur serbo sempre
animo moderate e benigno ; sicche non solo non offese mai chi non
lo aveva ingiuriato, mane anche rispose con acerbit£ a chi pur
troppo e con insolenze trivial! lo ebbe provocato. Ed appunlo per
serbarsi immune da queste guerre letterarie , non di rado piu rab-
biose che le stesse guerre cruenle , schivo 1' invito del Monti , il
quale , conosciulo per tempo il suo valore filologico , lo volea corn-
pa gno nell' opera che stava componendo della Proposta. Ma il Pa-
rent! non si voile mischiare nella contesa ; e solo per 1* amore che
nutriva grandissimo a tali studii , e per la venerazione che aveva a
quell' insigne letterato , si contento di mandargli una buona raccolta
di sue osservazioni.
De' molleplici lavori del Parenli , in questo genere di sludii , ci
piace ricordare in particolar modo le molte e molte dichiarazioni del
varii passi della Divina Commedia , le quali sono valse agli studio-
si del divino Poema un grandissimo aiuto per intenderlo a dovere.
Gran numero ve ne ha nelle sue Annotazioni al Dizionario; altre si
trovano accolte nella edizione della Divina Commedia detla della
Minerva , e in quelle del Campi e del Passigli ; gran quantita nelle
Esercitazioni filologiche, o in articoli bibliografici , pubblicali nelle
Memorie di Religlone; il rimanente in apposite scritlure. Ma egli
piu alto mirava ; poiche aveva in animo di comporre un Comment®
si pieno e compiuto della Divina Commedia , che non fosse allro a
desiderare. Ma qui e il caso di ripetere che rotlimo e il nemico del
bene. Imperocche appunlo perche il tipo, che se n'era formato, toc-
cava la perfezione , ed egli senliva bassissimamente di se , non si
decise mai di venire all'opera , e fmalmente ne dismise del lutto il
pensiero , come di cosa riputata da lui superiore alle sue forze.
Non per6 bene ei pensava del Boccaccio. II che vogliamo qui nota-
re, acciocche \ autoriti di tanto uomo valga a disingannare grincauti,
specialmente giovani, i quali, coll'onesto tilolo di apprefider da quello
la lingua e lo stile, se ne fanno un gravissimo inciampo al costume; e
intanto nonche otlenerne vantaggio lelterario , piultosto ne perdono.
582 RIVI'STA
Ecco clie ne lascio scritto il Parent! : « Non e qui luogo a discor-
rere delle cagioni poco onorevoli per la letleratura e pel costume ita-
liano, onde usurpo lanla fama quell' uomo che per sopraffare tutti gli
allri scriltori contraffece .alia lingua 1 , e per mettere a fondo ogrii
piu nobile e gentil sentimento di sua nazione , si fece padre e mae-
stro del lurpiloquio 2. Si polrebbe dire che habent sua sidera libri,
ed anche la repubblica letleraria ha qualche volla i suoi ladroni che
ascendono al solio. Certamenle al Boccaccio non corapeteva questo
diritto , per avere dilatato i confini della favella. Non per ragione
delle parole isolatamente considerate; perche si puo sfidare qualun-
que lessicografo a rinvenire nelle Cento Novelle un vocabolo vera-
mente bello , onesto , necessario , che non si trovi nelle scrilture an-
teriori : ne del reslo si vorra fargli merito della farraggine di turpi-
iudini tolte alle taverrie, a' trivii cd a'lupanari; la quale per certo
sarebbe esuberante anche all' espressione dell' araba scostumatezza.
Non per le frasi ; perche delle buone egli non e 1' autore, e delle al-
tre da lui composte , per farsi singularissimo dagli scrittori del suo
secolo 3, non si puo starne al sicuro; checche ne dicano i gramma-
tici, de quali fu propriissimo il fondar regole e trovar vezzi nei
suoi slrafalcioni £. Non pel. costrutto ; perche gl' iperbati e gli allri
stravolgimenti della natural tela del favellare sow in quell' opera
contro la forma dello scrivere , che s usava da buoni in quel tem-
po 5 ; dunque contra la natura e I' uso del nostro idioma : onde ven-
ne di conseguenza la perpetua distinzione del parlar boccaccevole
1 PERTIC. Scritt. del Tree. lib. II. Si puo vedere a questo proposito cio
che si discorre nelle Memorie di Religione ecc. Tom. VI, pag. 280 e segg.
2 Lo diceva egli medesimo, scrivendo aMainardo de' Cavalcanti: Existi-
mabant legentes me spvrgidum, lenonem, incesluosum senem, impurum homi-
nem, turpiloquum, maledicum et alienorum scelerum amdum relatorem.
3 SALVIAT. Avvert. lib. II, cap. 12.
4 TAVERNA, Pref. allo Specchio di Croce del Cavalca.
5 SALVIATI loc. cit. Questa confessione e assai notabile in bocca d'un
uomo che fu 1'ammiratore piu infatuato del Gertaldese ; quantunque poi si
accorgesse e rammaricasse egli medesimo d'averlo seguito troppo d' ap-
presso. Veggasi la lettera di Alessandro Ganiglani al P. Silvani Raggi, pre-
messa al Dialogo deirAmicizia, scritto dal Salviati.
BELLA STAMPA ITALIANA 583
dall' ilaliano. NOD per lo stile ; perche dove pretende magnificarlo
coll'arte, presenla una maniera discrivere affettato nobile 1, die si
perdc nella gonfia ed inane loquacita de' retori e de' sofisti, e dove
secondo natura, che nello stile suol rendere immagine dello scrit-
lore , lascia bruttamenle apparirvi quell' animo che solo di lascivie
e di fole . . . si compiacque 2 : senza che , a falsare affatlo lo stile ,
baslerebbe soltanlo avere , come lui , sforzala la nalura del lin-
guaggio 3 nella disposizione delle parole. Non per la maleria , per-
che la lingua comune fu principalmente per opera sua dall' ampio
giro, che prima occupava, in molto minore spazio ristretta 4, e pre-
\alse T opinione che abbandonar si dovesse alle ciance delle femmi-
nette e de' giovinastri , cercando altrove il linguaggio della sapien-
za e della grandezza. Quanto all' eloquenza, che alcuni gli attribui-
scono , me ne sbrighero con un paragone. Guarda , mi diceva un
giorno Sempronio, mirando il cielo, guarda che mivola signifieanle.
Non e quello propriamenle un gran guerriero, tratteggiato sullo stil
de' Carracci? lo alzai gli occhi , e vedeva una nuvola. »
Ma e da dire qualche cosa piu in particolare del carallere mora-
le di quest' uomo incomparable. Gattolico fervente ed esemplare,
di antichi coslumi , di anlica fede apparve sempre e a lutli ; fu os-
servatore esattissimo de' doveri religiosi , zelante dell' onore di Dio
e della Chiesa, pieno di carita verso tulti. E perocche era tanta la
sua autorita , di questa ei si valeva e ne' discorsi familiari e dalla
calledra, per propagare ed altamente scolpire negli animi le verita
religiose e le massime sane. « Mi pare ancora di sentirlo (attesta
un suo discepolo) dalla sua cattedra di criminale giurisprudenza ,
ogui qualvolta 1'argoniento traevalo a dover soslenere i retti princi-
pii impugnali , o smascherar error! o impugnar pregiudizii , pro-
romper qual fiume con quella sua feconda vena di cullissimo e ir-
resistibile eloquio , e col volto acceso e coll' occhio scintillanle sfol-
gorare le pestilenti dotlrine e i lor fallaci maestri , e infiammare i
1 TASSONI, Pens. div. lib. IX.
2 PERTIC. Apolog. cap. XLI.
3 PERTIC. Serin, del Tree. lib. II.
4 GRAVINA, della Rag. poet. lib. II, cap. 8.
584 RIVISTA.
giovani petti all'amor del vero e al rispetto del giusto e deH'onesto.»
Quanto poi alia pralica in particolare delle virtu basterebbe il ricor-
dare quella , che e la vera pietra di paragone di tutte le altre , cioe
1'umilta. Uomo di si gran merito e si giustamente onorato da tutti,
pur sempre abborri da ogni ombra di ostentazione, e da que' plausi
di gloria, di cui per allro sono generalmente tanlo avidi i lette-
rati. Ma pruova migliore di quesla sua umilla , perche suggerita
da molivi piu nobili , fu quell' uso che ebbe di recarsi pubblica-
mente ai tribunali di penitenza , e quivi confuse col volgo delle
femminelle aspeltare con divoto atleggiamento la sua volta ; ovvero
mescolato colla folia ascoltare la parola di Dio anche dalle labbra
di dicitori incolti ed inesperli , con tanta pia semplicila e divozione,
qual si saria potulo aspeltare dal piu iilelterato degli uditori. Ma
coll' umilla andaron d' accordo lutte le altre virlu cristiane. Raro
accadeva, dice il Veratti , che in Modena si ponesse mano ad opere
pie , nelle quali il Parenli non pigliasse parte, almeno col consiglio.
Qui ricordcremo un fat to colle stesse parole del suo discepolo al-
legato pocanzi , che ne fu testimonio oculare , e lo dice per altro
de' meno avvertili e piu comunali : « Quando (cosi egli) nel caro
de'viveri nel 1853 la Congregazione di S. Carlo ebbe incarico di
pubblicamente apprestare e distribuire minestre ai poveri; egli era
stato de' primi a persuadere i Confratelli di accetlar la proposta ,
non scevra per vero di gravi brighe. Come si fu all'opera, piii volte
il mirai , veslito del sacco bigio servir delle sue mani alia cucina e
portar cogli altri le scodelle in giro a quella folia pezzenle. Yedulolo
una volta in que' rigori del verno pallido e tremante pel freddo , ed
esortandolo ad accostarsi almeno al fuoco della caldaia : Ah che io
non vo' anneghiUirmi, rispose; e continuava 1' opera sua; e finitala
sedevasi in disparle sopra una cassa , senz'altrimenli volersi riscal-
dare, che col semplice slropicciar delle mani. »
Quali poi sieno stati i suoi sentimenli in materia di polilica , giac-
che le quistioni poliliche , massime ai tempi nostri , diificiimenle si
potrebbero sceverare dalle quislioni religiose , si puo assai meglio
rilevare da' suoi scritti , che da quanto ne polessimo noi dire. Basla
affermare in generale , che il suo crilerio politico era immedesima-
BELLA STAMPA ITALIANA
to col criterio religioso. Pero quanto era lontano da ogni briga di
parti , allreltanto era immutabile ne' principii , e coslante nella ese-
cuzione de'doveri che que' principii grimponevano. Un tal suo con-
tegno non diremo che gli risparmiasse gli oltraggi e le vessazioni
de' trisli ; che n' ebbe anzi a pa tire non poco specialmente nel 1831,
quando sopravvenuli i rivolgimenli politici a tutti noli , egli si tro-
•vava in un pubblico carico, e pero piu esposlo alle ire settarie. Ma
era lanlo reverenda la sua virtu , e si specchiata la retliludine del
suo animo, che i capi slessi del Governo inlruso ne pigliarono le di-
fese ; ed anzi alcuni di loro, a poterlo meglio tutelare , lo invitarono
a ricovrarsi nelle lor case. Di che egli li ringrazio , non credendo
altrimenli del suo decoro provvedere in quel modo alia propria sicu-
rezza. Nelle ultime rivolture soffri forse piu, non giaper offeseper-
sonali , che queste non toccarono gran fatto il suo animo , ma per
lo slrazio piu aperlo, piu violenlo e piu universale di ogni cosa piu
sanla e piu augusta. La setta per altro, neppure in quesli ultirai an-
Di della sua venerala vecchiezza , gli voile risparmiare le sue piu
dirette trafitture ; e do che solo poteva, gli tolse la Caltedra di di-
rilto Criminale. Vilissimo atlo di quel medico Farini , diventato il
tiranno di mezza Italia ; il quale credette poscia compensare quel-
Fonta col nominarlo Presidente di una Commissione creata da lui ,
pe'Testi di lingua da pubblicare. Ma quello non era un onore; era
piulloslo una insidia o un oltraggio alia delicata coscienza del Pa-
renli ; e quesli non accello. Sicche rimase al Farini intera 1' onla di
avere rimosso un lanto uorno, e in quella eta, dalla Universila di
Modena, sotto il titolo beffardo di dispensa.
Intanlo il Parenti inlemerato , com' era vissuto , si approssimava
al suo fine. Nel quale tempo ci bastera dire che le virlusue, lunga-
mente esercitate in vita, brillarono di una luce piu sfolgorante,
principalmente la pazienza e la rassegnazione ne' divini voleri. NOD
yogliamo pero tacere di un alto , il quale mentre dall' un lato dimo-
stra la delicatezza della sua coscienza , daU'altro e la piu autorevole
conferma della rettitudine d'intenziono in ogni cosa scrilla da lui ,
e della sempre uniforme stability ne' dirilti principii. Perocch6 al-
cuni mesi innanzi alia morte , temendo non forse per la infermita che
586 RIVISTA
pativa gli dovessero vacillare le facolta raentali , e in quello stato
gli venisse detto alcua che meno conforme alle massime da lui sem-
pre professate , serisse di suo pugno la seguente protesta , che con-
segno ad un suo amicissimo :
« A di 13 Marzo 1862.
« A qualunque espressione portar mi potesse il lurbamento della
mente, intendo non ritrattare pure una sillaba di quanto ho stampa-
to e insegnato in mia ^7ita, con sincera intenzione di servire all'ordi-
De e alia verita. Tanto affermo impolente a piu ampia dichiarazione,
e lo affermo liberamente.
MARC' ANTONIO PARENTI. »
Questa fu 1' ultima scriltura del Parenti , dopo la quale visse an-
cora alcuni mesi , essendo passalo a 23 di Giugno del medesimo an-
no. Ebbe lull' i coriforti della religione , che riceve con pieta edifl-
canlissima. Ancora di un'altra grazia lo degno il Signore ; e fu che
il Sommo Pontefice Pio IX, supplicato dalla parte della famiglia e
degli amici dell' infermo di una preghiera per lui e di una speciale
benedizione , dell' una e dell' allra benignamenle li compiacque , de-
gnandosi di scrivere di sua mano sollo alia supplica : Quia accepii
eratis Deo1 necesse fuit ut tentatio probarei Vos.
II.
// Memorial diplomatique del 45 Novembre.
II Memorial diplomatique, la cui riputazione, per cio che concerne
le cose di Roma, si va ogni di piu accostando a quella del Conslilu-
tionnel e della France, si manifesto sin da principle ardente avvoca-
to , non sappiamo se officiate o officioso , della celebre Convenzione
del 13 Settembre. Finche esso si fosse contenuto tra quesli limiti ,
noi non avremmo avuto dirilto di fargli rimprovero; non compelendo
a nessuno 1' entrar giudice dei fatti altrui. Ma ben abbiamo il diritto
di richianaarci, quando egli tra\isa i sensi, espressi nei noslri scritli.
Cos! ci sembra aver lui fulto a rispetlo del nostro primo arlicolo del
BELLA STAMPA ITALIANA 587
quaderno 331, intorno al trallato franco-italiano. Egli dice che esso
temoigne d'une attenuation Ires sensible dans Ics apprehensions, avec
les quelles on avail accueilli d' aborcl a Rome la nouvelle du traite l.
Ora le appreziazioni, di cui quel nostro arlicolo rendeva leslimonian-
za per evidenle discorso sopra i falti ; sono ben diverse da quelle ,
cbe il prelodato Giornale s' ingegna di fare apparire. Noi in quell'ar-
ticolo ricordavamo da prima le irrefragabili e sanlissime ragioni ,
per cui alia Santa Sede ripugna qualsiasi accomodamento che \ioli
in un modo o in un allro i suoi intangibili dirilli. Dimoslravamo in
secondo luogo che il Tratlato, per le interpretazioni fattene dal Pie-
monle, si rivelava quale insidia tesa alia sovranita. del Pontefice, e
come ultima arma a cui ricorresse 1* ipocrisia e la frode. Infme mo-
stravamo come esso sovverte inleramente 1' idea, rappresentata
dall' occupazione militare di Roma per parte della Francia.
Che questi sieno i concetti capitali di quel nostro arlicolo , ognu-
no, che inlende la lingua italiana, puo ccnvincersene colla le^tura te-
stuale. Chi poi ignorasse la noslra lingua , puo rilevarlo dal fedele
riassunto , che del predetto articolo fu Mto dal Monde nel suo mi-
mero 308 , 12 Novembre. Ora gli esposli concetti sono ben lungi
dall'autorizzare il Memorial diplomatique a dedurne le sue vagheg-
giate inferenze.
Senonche non e meraviglia che frantenda i discorsi altrui chi fran-
tende stranamente i proprii. II Memorial diplomatique, preoccupato
dalla foga di palrocinare una causa , incapace di patrocinio , riesce
sovenle a dimoslrare il rovescio di qucllo, che intende di dimostrarc.
Siane esempio cio che esso dice in questo medesimo numero. Egli ,
per provare la lealt& , colla quale il Piemonle adempiii la Conven-
zione , ricorre alia nobile condotta del Generale La Marmora, Capo
del presente Gabinetto di Torino : Le noble passe du General La
Marmora doit repondre de favenir. E per provare questo nobile
passato, racconta ci6, che avvenne nell' invasione delle Marche. « In
fatli, egli dice, allorche il sig. De Cavour spingeva e pressava il re
Vittorio Emmanuele a varcare la frontiera toscana, sotto pretesto
che le agitazioni del partilo rivoluzionario vi mettevano in pericolo
1 Deuxieme annee, n. 46, p. 730.
588 RIVISTA
1'ordine, egli facevagli considerare che laFrancia non poteva certa-
menle dargliene innanzi 1' assenso , ma che non avrebbe potato non
ammeltere, dopo il colpo, il fatto compiuto, posto tutto cio che avea
operato per I' Italia. Nondimeno , inquieto deli' avvenire, il re Vitto-
rio Emraanuele giudico prudente di consultare il rappresentante del-
la Francia , il Principe De la Tour d' Auvergne , che prese loslo le
istruzioni dal suo Governo. II Gonte Walewski, allora Ministro degli
affari esteri , lo incarico , con un telegramma ben conosciuto , di
distornare il Governo di Torino da quell' impresa , non meno peri-
gliosa che illegale. Ma il sig. Cavour insislette ; egli fece vedere
Imminente il pericolo , ed ottenne infme che si lasciasse fare a suo
rischio e pericolo , sotto 1' espressa condizione di ristabilir 1' ordine
Immedialamenle e di lasciare assolutamente intatta la quistione ter-
ritoriale. II Generale La Marmora , che faceva parte del Micistero ,
si reco egli stesso dal Principe La Tour d'Auvergne per proteslare
della le&lla delle inlenzioni del suo Governo, aggiungendo che se ii
Conte di Cavour osasse infrangere i suoi impegni, egli darebbe tosto
la sua dimissione ; e cosi egli fece in effetto, allorche quegli indusse
il Re a consentire air annessione 1. »
1 Eneffetj lorsqueM.de Cavourpoussait, pressait le roi Victor-Emmanuel
de franchir la frontiere toscanc, sous pretexts que les agitations du parti re-
volulionnaire y meltaient I'ordre en peril., il lul representait que la France
ne pouvait sans doute lul donner d'avance son assentiment, mats qu'elle avait
trop fait en faveur de Htalie, pour ne pas admettre apres coup le fait accom-
pli. Inquict, cependant, de V avenir, le roi Victor-Emmanuel jugeait prudent
de consuller le representant de la France, M. le Prince de la Tour d'Auver-
f/ne, qui prit aussitot les instructions de son gouvernement.M. le Comte Wa-
lewsld, alors minis tre des affaires etrangcres, le charged, par un telegramme
bien connu, de detourner le gouvernement de Turin d'unc entreprise « aussl
dangereuse qu' illegale. » Mais M. de Cavour insisla, fit voir « le peril immi-
nent, » et oblint enfin qiion le laissdt faire , « a ses risques et perils, » sous
I'expresse condition de retablir I'ordre immediatement et de laisser absolu-
ment intacle la question territorial. Le general La Marmora, qui faisait
par tie du Minister e, se rend it lui-meme chez le Prince de la Tour d' Auvergne
pour protester de la loyaute des intentions de son gouvernement, ajoutant que,
si le comte de Cavour osait enfreindre ses engagements, il donnerait aussilot
sa demission ; comme il le fit, en effet, le jour ou celui-ci decida le Roi a con-
sentir a rannexion. Le Memorial diplomatique, n. 46, pag. 730.
BELLA STAMPA ITALIANA 589
Se il Memorial diplomatique non fosse scusabile per rallucina-
zione in die si trova , si direbbe che egli abbia rinunziato al buon
senso. Nel fatlo che egli commemora, neppure la nobilta di carat-
tere del Generale La Marmora resla illesa. Imperocch6 essa gli
persuase di uscire dal Ministero , quando vide infranli gl' impegni
che egli avea assicurali ; ma non gli ha poi impedilo di rienlrarvi
adesso , che quell' infrazione perdura , ne di conlinuare anche allora
in altri ufficii governativi. Noi non conosciamo bene che cosa im-
porti la nobilia di caraltere secorido i progressi della ci villa mo-
derna ; ma secondo la civilta anlica avrebbe importato il riliro
assoluto dal piu servire un Governo, si sfacciatamente sleale, e che
melte a tal rischio la parola e 1'onore de' suoi rappresenlanti. Ma
sia nulla di cio ; quel, che e da notare, e la forza dell' argomento
per dimostrare il conlrario di cio che vorrebbesi.
Che cosa il buon Memorial vuol dimoslrare? Che la Convenzione
assicura la Sovranila temporale del Ponlefice, attesa la lealla colla
quale saii eseguita dal Piemonte, e la fermezza colla quale la Fran-
cia ne esigera radempimento ; ed a provar cio ricorda un fatto in
cui il Governo di Torino viola impudenlemenle la promessa data ,
e la Francia , dopo vane apparenze di corruccio, se ne accontenta !
La Francia richiese V espressa condizione, che il Piemonte, dopo
entrato nelle Marche per passare in Napoli , ristabilisse immediata-
mente I'ordine e lasciasse assolulamente intatta la quistione di ter-
ritorio. II Governo di Torino assume quest' impegni , promelte di
lealmente mantenerli, e colla stessa facilila, colla quale li aveva as-
sunti, li viola immanlinente e si annelle le Marche e I'Umbria. Che
cosa fa la Francia , in vista di un' infrazione si sozza di fede data?
Si mostra indegnala ; richiama il suo Ambascialore , lasciando pero
il suo primo Segretario a fame le veci ; e dopo pochi mesi torna
all'amicizia di prima , non osando neppure ricordare piu nelle trat-
tative posteriori un' azione si brutta , ma anzi usando parole dolci
e cortesi verso un alleato si leale. Non pu6 negarsi che un tal fatto
c acconcissimo per la conclusione, onde il Memorial termina il afo
arlicolo, dicendo : De deux choses rune : ou elle (la Convenzione)
sera fidelement remplie, ou la France y veillera, cest son oeuvre ;
1)90 RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA
dans tons les cas, on ne pent que s'y attacker fortement avec con-
fiance (come nel fatto teste ricordato). Qui ne sail, et I' Italie fera
lien de s' en souvenir, que la France pourra transiger sur tout?
fors C honneur 1.
Ma sopraUullo la commemorazione di quel fatlo e acconcissima per
provare la lealta del Governo di Torino ; massimamente se si consi-
dera che esso fu eseguilo sotto la presidenza del Ca>7our , il quale e
il tipo ideale, a cui tulti i Ministri di quel Governo, vecchi e nuovi,
protestano di volersi conformare. Ma, dirassi, il La Marmora man-
tenne la parola di dare la sua dimissione , si le Comte de Cavour
osait enfreindre ses engagements. Che importa ai Caltolici o alia San-
la Sede, cbe un Mim'slro si ritiri dall' ufficio, se vengono assassinati?
Oh il bel rimedio inventato dal Progresso! II signorDrouyn deLhuys
ha nel suo ultimo Dispaccio espresso il modo, onde deve intendersi
la Convenzione. Fingiamo che le sue interpretazioni abbiano la me-
desima sorte che le celebri promesse d' un suo collega nel 59; egli
dara le sue dimissioni. Ecco lutlo aggiustato. Anzi, se vi piace, dara
le sue dimissioni di bel nuovo anche il La Marmora. Puo desiderar-
si di piu?
Vede ognuno se queste possono dirsi buone ragioni , o piu vera-
mente insulsaggini e quasi insulti al senso comune. Ma per ritorna-
re la onde siam digredili, noi preghiamo il Memorial diplomatique,
che quando vuole dar conto di alcun nostro scritlo, adoperi maggior
diligenza per coglierne il vero senso , nori omeltendo anche di con-
siderare quelle frasi che sono usate ironicamente; giacche le ironie,
apparienendo allo stile , appartengono per questo stesso al linguag-
gio, e pero fanno parte ancor esse della manifestazion del pensiero.
1 Luogo citato piii sopra.
BIBLIOGRAFIA
ALMANAC 30 astrologico , scientifico, astronomico, religioso , morale , fisico,
aneddottico ecc. Elettricita, nuove scoperte, progresso ecc. per T anno
1865. Anno I. Roma, dalla tipografta di Enrico Sinimberghi 1864. Un
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ALMANAC CO PEL 1865 — 11 Galantuomo e le sue av venture : Almanacco nazio -
nale per 1'anno 1865. Strenna offerta ai cattolici italiarii. Anno XII. Tori-
no, lip. dell'Orat. di S. Francesco di Sales. Un opusc. in 32.° dipag. 140.
Vendesi alprezso di cent. 20.
Cha cosa viene a dirci di bello questo Galan- grare e d'istruire la brigata, senza prender 1'aria
taomo? Di tutto un po. Ci da de' buoni consi- d'un predicatore, ne la sicumera d'un letterato.
gli. ci conta dei fattarelli opportunissimi, ci di- Ei merita che tutti lo ammettano ia casa, cosi
plgne ce:te fisionjmie, cerca in somma di ralle- buono e discrete cotn'c, e gli facciano lieu ccra.
AMBROSl ALESSANDRO — Roma nel regno e dopo il regno d' Italia, tenuta
dagli Eruli, dagli Ostrogoti e dai Longobardi : Ragionamento letto, nella
tornata del di 7 Luglio 1864 dell'Accademia dei Quiriti, dalfavvpcato
Alessandro Ambrosi, giudice nel Tribunale collegiale di Beucveuto e so-
cio di varie Accademie italiane. Roma 1864, stabil. tipograficoAureli e C*
piazza Boryhese n. 89. Un opusc. in 8.° di pag. 22.
Tutli e tre quei popoli tentarono di formare un storico serve al delto accademico per conchiude-
regno d' Italia con Roma capilale: it conquisto di re che Roma rimarra sempre la citlii dei Papi,
Roma sfuggi loro d;.l.e mani sempre. Questo falto con tutti gli sforzi che si facciano a rapirla loro.
ANONIMO — I capitoli di una compagnia di disciplina, compilati nell'anno
MCGGX1X. N. 10 della Miscellanea Pratese di cose inedite o rare, antiche
e moderne. Prato, tipografta di Ranieri Guasti MDCCCLX1V. Un opusc.
in 8.° di pagine 35.
Quesli Capiloli furono compilati nel 1310 per Da quali codici sieuo stati ricavali, ed a quali
una Compagnia di Disciplina di terra di Prato. diverse Compagnie in iliversi tempi sieno essi
Essi, com' c dello nel Prologo, sono ordinamenti serviti, viene diligeutemenle csposto dall'Edilore
« ne' quuli si contiene lutto quello che debbono nella Pre azione. Koi aggiugneremo che ben me-
<lire e fare, e quello da che si debbono guarda- rita questa pubblicazione, o si ri guard i dal lato
re.... tutti quelli i quali sono e saranno della della lingua o da quello della piela cristiana, le
Compagnia, la qualc si rauna al luogo de' frati diligeuze ond' c stata curala, e la eleganza tipo—
di S. Agostino da Prato, la quale ha per suo no- grafica con che si e volulo adoruarla.
roe: La Compaf/nia di messcr santo Agostino. »
— II Rosario dell' Apostolato della preghiera, 1.a versione italiana sulla 4.*
ediz. francese. Alodena, tip. dell' Imm. Concezione. Roma, Giovanni Ben-
civenga. Venezia, Gio. Batlista Merlo. Un opusc. in 32.° di pag. 32.
— La schiavitii e la guerra negli Stati-Uniti d' America. Roma, Sett. 1864.
Un opusc. in 8.° dipag. 62.
— Le sacre immagini e le due autorita: Document! per la storia contempo-
ranea della Chiesa di Napoli. Napoli, stab. tip. stradaS. Giovanni in POT-
la n. 32, 1864. Un opusc. in 16.° di pag. SO.
BIBLIOGRAFIA
ANONIMO — L' Italia cattolica nel Mese di Maggio 1864. Napoli , tip. lirgl-
Ho 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 76.
Sono raccolte in questo volumetto le testimo- citla d' Italia. Le relazioni qui riferite sono estrat-
nianze d' ossequio a Maria Sanlissima , date nel te dal Periodico napoletano : J Giyli di Maria.
mese di Maggio di quesl'anno stesso dalle yarie
— Parole di un laico umbro intorno ai principii che debbono informare um§
legge sulla pubblica istruzione. Asisi 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 33.
— Una visita a sail Giuseppe per ciascun giorno del mese , coll' aggiunta di
alcune preghiere ed ossequii. Modena, tip. dell' I mm. Concezione. Roma.,
Bencivenga. Venezia, Gio. Baltis(a Merlo. Un opusc. in 16.° di pag. 45.
ARIOSTO LODOYICO — Orlando furioso, poema di Lodovico Ariosto, conser-
vato nella sua epica integrita, e ridotto ad uso della costumata gioventu,.
dal Padre Gioachino Avesani, con imove emendazioni e note. Mowsal8S7,
tip. dell'Istituto del Paolini. 4 volumi in 16.° dipag. 239, 340, 344 e 336.
ARTEMI PIETRO — Elogio funebre del Cardinale Gaetano Bedini , Arciv. Ve-
scovo di Viterbo e Toscanella, letto ne'solenni funerali degli 8 Seltembre
1864, nelia chiesa cattedrale viterbese, dal Canonico D. Pietro Prof. Arte-
mi. Viterbo, presso Spcr audio Pompci. Un opusc. in 8." di pag. 24.
ATTI ALESSANDRO — Delia mimificenza di Sua Santita Papa Pio IX, felice-
mente regnante, per il sacerdote Alessandro Alti, professore di Belle let-
tore, dottore in ambo le leggi ecc. Roma 1864, fratelli Pallotta tipografi
in piazza Colonna. Dispensa la-Sa in 8.° fino a pag. 480.
ATTI E MEMORIE dclle RR. Deputazioni di Storia Patria per le province mode-
nesi e parmensi. Vol. II, fasc. 1. Nolizie dilacopo Seghigni, pel Marche-
se Giuseppe Camperi — Michelangelo e il porto del Po a Piacenxa, pel
Cav. Amadio Ronchini — Vita di Ollavio Farnese, pel Prof. Emilio Bic-
chieri — Congetture intorno aduna iscrizione antica, per Mons. Celestlno
Cavedoni. Modcna,pcr Carlo Vincenzi 1864. In 4.° di pag. 119.
BALZOFIORE FILIPPO — Gesii Cristo : Conferenze del P. Filippo Balzofiore,
Agostiniano, delte nella Patriarcale Basilica Vaticana. Volume terzo. lio-
ma 1864, fratelli Pallolta lipografi. Un vol. in 8.° di pag. 408.
Ciascuna di queste trenluna Confercnza, svol- Tivo faTOre, e udite con Tcro frutto da ogni sor-
ge un iratlo della Vita di N. S. Gesu Cristo : e ta di persone : quel favore e quel frutlo non man-
pero tulte insieme unite formano un trattato cri- chera alia loro stampa : perchc la dottiina vera
tico e morale, attissimo a raYYivare nei cristia- e 1'eloquenza- meditata , quali trovansi in que-
ni la fede nell'Uomo-Dio. Esse furono recitate ste Conferenze, nulla perdono dalla riflcssione,
dal loro ch. autore nella Basilica Vaticana in due piu attenta in clii legge che in chi ascolta.
occasion! different!: e furono allora accolte con
BARSOTTM GERE1IA — Poesie di Geremia Barsoltini delle Scuole Pie. Se-
conda edizione con aggiunte. Firenze, a spese deU'Editorelftbi. Un voL
in 16.° di pag. 435.
BARTHE ODOARDO — La voce di Maria sulla santa Montagna, o Novena in
onore di N. S. della Salute, per FAb. Barthe, Ganonico onorario di Rodez.
Siena 1864, tip. di Gio. Baroni e figlio. Un opuscoletto in 32.° dipag. 84.
BARZACCHINI C. — Cento racconti , tratti dalla storia sacra di G. Barzacchi-
ni, adottata nelle pubbliche scuole del Regno. Firenze, Andrea Betlini ,
libraio ediiore 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 111.
BAZZETT! PIETRO — Memorie di un Augelo custode, racconto preceduto da
un'introduzione sugli Angeli, versioue del sac. Pietro Bazzetti. Modem,
BIBLIOGRAF1A 593
tip. deir Immacolata. Roma, Giovanni Bencivenga. Venezia, Gio. Batlistct
Merlo 1864. Un vol. in 8.° di pag. 225.
Tultc le madri cristianc, che avessero flgliuo- ad Inlcndimenlo di svolgere il domma dcgli An-
lelli pronti, vispi, vivaci, dovrcbbono dare loro geli nellc sue conseguenze moral! ; c sono scritte
a leggere qucste care Memorie. Esse li ammae- a mode di racconto adatto alia cnpacita dei fan-
slreranao dolcemcnte e senza ncssuno sforzo di ciu'Ii. II concclto del libro, la forma, lo stile, il
attcn/iono e di ragionamcnto sopra tutti i loro candore tulto c tosa di soave olezzo, e pub dir-
doveri morali e religiosi, e li abitueranno a qucl- si un vero mazzetlino di flori, i quali, benche
la attcnzione sopra i loro alii, cho e sorgente di nati in terra straniera, sono stati trapiantali Ira
tante virtu. Poiche queste Mentor ie sono Seville noi, e falli interamente nostri.
BELLETTI NICOLA — Ultimo addio di Monsignor Nicola Belletti , Vescovo di
Foligno, ai suoi amatissiuii Diccesani. Foligno, tip.SgariglialSM. Un
opusc. in 8." dipag. 14.
BERNARDI IACOPO — 11 buon giovinetto: libro di preghiere ad uso de'collegi
militari e nazionali, compilato da MODS. lacopo Bernard!, Vicario gene-
rale della Diocesi di Pinerolo. Milano, tip. elib. artivescovile, ditto, Gia-
como Agnelli, via S. Margherita n. 1, 1864. VnvoL in 16.° di pag. 299.
Belle preghiere, buone considcrazioni florite tolico; ecco le doti di questo lil riccino. Mollo \i
qui e la d'uno spruzzolo di poesia che le rende c derivato dall'Enchiridio di S. Agostino; non
piu care ai giOTinelli, spirito S'luisitamente cat- si poleva altingere da miglior fonte.
BERRA FRANCESCO — La coltura delle Api coll' uso deH'Arnla a listelli, del
geometra Francesco Berra. Novara 1864, nella lip. di Girolamo Miglio*
Un vol. in 8.0 dipag. 132.
Questo libro si leggera con diletlo ed utilita. dai suggerimenti che esso da ai collivatori , sug-
Con dilelto per le curioso notizie che si danno gerimenti molto pratici, assicurali da molta spe-
Intorno ad una coltura, che e cosi graziosa e *ol- rienza, e universalmente poco noli,
lazzeiole: con utilita pel guadagno che puo cayarsi
BERTOCCI G. — Letture graduali, divise in quattro parti, proposte dal P. G.
Bertocci. Parte prima:Sz7/a&an'o. Roma 1864, fratclli Pallotta tipografi
in piazza Colonna. Un opusc. in 16.' di pag. 36.
BILLI ALESSANDRO — Monumenti dell'Episcopio fanestre, dedicatl a S. E. R.
Mons. Filippo V^spasiani, Vescovo di Fano. Fano, pei tipi di Giovanni
Lana 1864. Un opusc. in 8.' di pag. 59.
Nell'Episcopio faneslre trovansi alquanli mo- conveniente, ed il ch. sig. Canonico Alessandro
numenti del medio evo, e uno del buon secolo : Billi li viene dichiarando in questo sugoso libret-
sono fregi, epigrafl e bassi rilieTi. Mons. Vespa- to, con molta perizia di studii archeologici e con
siani li ha fatli collocare ordinatamente in sito fine giudizio.
BOERO GIUSEPPE — Vita del B. Pietro Canisio, della Compagnia di Gesii, del-
to T Apostolo della Germania, descritta dal P. Giuseppe Boero della me-
desima Compagnia. Libri sei. Roma, tipi della Civilta Cattolica 1864. Un
vol. in 8.° dipag. 518.
Quanto sia islrultiva ed edificanto la Vita di scrizione, che ne fa col suo facile, corretto ed
queslo grande Apostolo della Germania, assunlo elegante slile il ch. P. Boero in queslo grosso
tesle all'onore degli altari, chi lesse il preceden- Tolume, appaghera, ne siam cerli, la curiosita,
le quaderno puo intenderlo picnamentc. La de- la pieta e la doltrina d'ogni sorta di persone.
BOLIS CARLO — Lo spirilo della preghiera : nuovo Manuale di divozione, tra-
dotto diill'lnglese dal Sac. Carlo Bolis da Rossino. Monza, tip. di Carlo
Corbotla 1864. Un vol. in 16.° di pag. 495.
Serie V, vol. XII, fasc. 353. 38 23 Novembre 1864.
594 BlBLIOGRAFIA
BOSCHETTI LU1GI — Dell' arte di educare se stesso: libri tre del Conte Luigi
Boschetti, preceduti da cenni bibliografici sull' Autore. Modena, tipogra-
fia di Antonio ed Angelo Cappelli 1864. Un vol. in 8.° di pag. 137.
$uesto e un bel dono nuziale, che il giovane sercizio della virtu. L' opera edivisa in tre parti
Conte sig. CLaudio Boschetli ha olTerto alle due che comprendono la eondotta morale, civile e
sarelle, Annetta e Laurina, nella congiuntura del lelteraria. L' Autore sparge in queste carle molta
ioro matrimonio; ed e dono veramente nob He e erudizione sacra e profana, anlica e moderna; e
profittevole. Nobile, perche Iralto dagli archivii riesce a dimoslrare con viva luce che la retta sa-
della famiglia, e rivollo ad illustrare la memo- pienza dello stesso paganesimo non era altro che
ria di un avo dotto e pio , die sarebbe bastalo una inlroduzione alia divina sapienza dell'Evan-
egli solo a nobilitare unacasa. Proftttevole, per- gelio. Possa 1'esempio del gentile editore niuo-
ehc ricco di oltimi document! e pieno di dettami vere altri ad imitarlo, in questa maniera di ono-
d'una fllosofia pratica e morale, che, senza dare rare le nozze di cari congiunti.
nell' ascetica, mena I' uomo a servir Dio con 1'e-
BOSCO GIOVANNI — II Pastor ello delle Alpi, ovvero vita del giovane Besucco
Francesco d'Argentera, pel sac. Giovanni Bosco. Torino, tip. dell'Orato-
rio di S. Franc, di Sales 1864. Un opusc. in 32.° dipag. 192. Vendesi
cent. 35.
Francesco Besucco visse meno di tre lustri, e lanti gli esempii d' ogni virtu che ei delte, che
passando quattordici anni in Argentera tra gli n'ebbe da tuUi afTetto e venerazione come di
esercizii di pieta, tra i servigi della chiesa Santo. fna cosi edificanle vita e descritta dal
parrocchialb e tra lo studio, e pochi mesi nel- rev. Sac. D. Giovanni Bosco con semplicita gran-
l' Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino dc, e il lejrgerla giovera non poco ai giovanetti,
Ma di lui si puo dire che: consummatus in per apprendervi la docilita, la pieta, il candore.
Irevi, explevit tempora multa, poichc furono tali
BOSSUET IACOPO BENIGNO — La Mistica navicella, per Monsignor lacopo Be-
nig-no Bossuet, Vescovo di Meaux. Napoli, vffizio delle Letture caltoliche,
Largo Rcgina Coeli n. 2 e 4. Un fasc. in 32.° di pag. 32.
BOTTIGLIA LUIGi — Vita della Yenerabile Maria Clolilde, Regina di Sardegna,
scritta dall' Abnte Lnigi Botti glia di Savoulx, Postulatore delln crusa. Ter-
za edizione italiana, con notizie aggiunte. Monza 1864^<>. dell'Istituto del
Paolhii, piazza S. Aga'.a n. 480. Due vol. in 16.° di pag. 224 e 208.
BOULANGE I. — Vita della Beata iMargherita Maria Alacoque,religiosa della Yi-
sitazione di M. SS., pubblicata dall' Abate I. Boulange. Versione dal fran-
cese del sacerdote Severino Ferroni. Torino, tip. di G. Marietti 1864. Un
vol. in 16.° di pag. 235.
CAMPANELLA ANTONIO — II sacro Cuore di Maria: Discorso recitato nell'in-
signe Collegiata di Nostra Signora del Rimedio in Geneva, dal Can. An-
tonio Campanella, li 10 di Luglio 1-864. Genova, tip. della Gioventii 1864,
Un opmc. in 8.8 di pag. 16.
CANINI FILIPPO — II libro dell'adolescenza, compilato da Filippo Canini. Sto-
ria Naturale. I Quadruped i e gli IJcce'lli. Roma, stamp, delle incisioni
zilogra/iche, 21. Passeggiata di Ripetla 1864. Un vol. in 8.° di pag. 260.
II ch. sig. Canini ha voluto appreslare in que- e vogliosissimi sono di descrizioni vive, nuove,
sio suo libro di Leltura ai giovanetti di prima animate, ha, saviamente pel suo scopo, fatta
ela le piu elementari nozioni di Sloria naturale. la descrizione, nei termini piu semplici ed usuali,
E perche i suoi piccoli leltori non sarebbero stall dei piu notevoli animali, restringendosi in que-
alti ad intendere le classiflcazioni scientifiche , slo volume ai Quadrupedi ed agli Uccelli.
CANISIO B. PIETRO — Ristretto della Dottrina cristtana , composto in lati-
no dal B. Pietro Ganisio , della Gompagnia di Gesu, e volgarizzato dal
BIBL10GRAFIA 595
P. Filippo Monaci, dolln medesima Compagnia./?owa, coilipi della Civil"
la Cattolica 1864, Un vol. in 16.° di pay. 308. Preszo bai. 10.
Nel quaderno prccedente dicemmo come uno la Germania ai tempi di quel riealo. Qucsto Ri-
dei lilu-i piii dotti e piu popolari insieme, com- stretto adunque e altissimo per oppom un ripa-
posto dal B. Pietro Caiiisio, fosse stalo il Com- ro. Vi fu dunque pia persona che TOlle se Be
pendio dclla Dottrina Cristiana, il quale Talse facesse una edizione copiosa, la quale si poles-
non poco a raffermare nella fede cattolica i po- se diffonderc a Til prezzo per tuda 1' Italia. Que-
poli della Germania. Ora perl' Italia diffondonsi sto volume adunque iu 16.° di 20 fogli di stam-
errori eguali a quelli che 1' eresia diffondeva per pa vendesi baL 10.
CARIGNANI GIUSEPPE — La politica it iliana dal secolo XV al XIX, considera-
ta su le opere de'piii chiari autori, e su nuovi document!, tratti dal gran-
de Archivio di Napoli, per Giuseppe Carignani. Napoli, stab. tip. Vico del
SS. Filippo e Giacomo n. 26 p. p. 1864. Un vol in 8.° di pag. 195, 105.
Due parti conliene quest'Opera. La prima, for- nicnti stessi, tratti dal grande Archivio di Napoli
mata dal testo dell'Autore, e un sunto storico- e finora inediti. Sono 103, appartenenti quasi
polrtico del!e principal! guerre e vicende italia- tutli al regno di Carlo 111 (ossia VII di Napoli) e
ne, dai principii del secolo XV flno alia caduta di Ferdinando IV. Fra essi hanno speciale im-
di IVapoleone; compilato in massima parle sopra porlanza quei che si riferiscono alia guerra del
le Opere del Ranke, del Leo, del Balbo, del Ci- la successione austriaca, anno 17i2-ii per la
brario , del Casati, di Lodovico Bianchini, del parte che Ti ebbero i Napolitani ; la Corrispon-
Granito, del Carulti e d'altri Autori, i cui pen- denza dell'' Abate Galiani, ambasciatore a Parigi,
sieri e spesso le parole sono dal Carignani ripe- col Ministro Tanucci, anno 1760-67; e sopral-
tulc. Queslo sunto, benche non presenti noTita tulto la Corrispondenza del Re Carlo HI con Be-
e profondita d'idee, e forse non risponda abba- nedetto XIV, anno 1718-oi, insieme con altri
stanza a quel che prometle il tilolo e la prefa- Document! relativi alle queslioni di giurisdizione
zione del libro, e tultavia utile a leggere, sia ecolesiastica. Questi ultimi illustrano niirabil-
per la bonta dei giudizii storici che sono gene- menle il quadro, che il Carignani fa della polili-
ralmente sani, sia per 1' ordinato e lucido coin- ca Tanucciana, e provano verissimo quel che egli
plesso in cui Tien da essi rappresentata la sto- dice a pag. 163, che cioe il Tanucci : « trovan-
ria ilaliana dei qualtro ultimi secoli; e quella do composte da Carlo III le contese giurisdizio-
specialmenle del Regno di Napoli, nel secolo nali con la S. Sede , suscito contro di lei una
passalo , per la quale 1' Aut;:re ha potuto trarre guerra, la quale, iniziata per rafforzare il potere
dai suoi Document} nuova e maggior luce. regio, i'indeboli piii che mai. »
La seconda parle e formata da questi Docu-
CASAZZA CAMILLO — Sul feretro del Cav. Francesco Paolo Bozzelli, parole
dette il 27 Febbraio 1864, nella Congregazione dei SS. Anna e Luca dei
professor! di Belle Arti, dall'Architetto Camillo Casazza, confratello della
medesima. Nopoli, stamperia di Antonio Cons, stradaS. Antoniello alia
Vicaria n.° 44, 1864. Un opusc. in 4.° dipog. 8.
CASTALDI LORENZO — Cenni slorici sulla vita del sac. Giovanni Maria \ian-
ney, Parroco d'Ars, raccolti dal sac. can. Lorenzo Castaldi, Teol. Coll.
Seconda edizione, accresciuta d'un'Appendice, che contiene varii riflessi
sopra le principal! verita della nostra S. Fede, espressi da queslo ser-
vo di Dio ne'suoi catechism! e sermon!. Torino, lip. dell'Orat. di S. Fran-
cesco di Sales 1864. Un vol. in 32.° dipag. 207. Vendesi cent. 35.
CASULA GIOVANNI BATTISTA — La Chiesa e i suoi figli, in occasione della rin-
novazione de'voti baltesimali nel di 6 Gennaio 186... Discorso apolegelico
morale per Giovanni Baitista Casula. Sassari 1864, lip. di Cavino Berto-
linis. Un opusc. in 8.° dipag. 84.
In questa lunghfrsima orazione si dimostra che La Tastila del tema e svolla con ampiezza suf-
i fedcli debbono alia Chiesa cattolica, loro ma- ficienle, c Ti sono tratti di eloquenza TiTa e in-
drc, rispetlo umilissimo perche essa e nobilissi- focata. Per non crescere di soTerchio la mole,
ma, ubbidienza accurata perche essa e potenlissi- gia troppo larga dell'orazione, alcuni punti ven-
ma , aniore ci>cro£o pticle essa e amorosissima. gono dall'Aulore cluariti con delle note.
596 BIBLIOGRAFIA
CAVEBONI CELESTIN0 — La Canzone di Francesco Petrarca alia Beatissima
Vergine, illustrata da D. Celestino Cavedovi. Modena, tipi dell' Immaco la-
ta 1864. Un opusc. in 64.° dipag. 52.
€. C. M. — Riflessioni sullo spiritismo moderno, proposte ad ogni classe
di persone, dal C. G. M. Alba, tip. Sansoldi 1864. Un opusc. in 16.* di
pagine 22.
CERCIA' RAFF ABLE — Del purgatorio e del suffragi ? schiarimenti dommatici
del P. liaffaele Cercia. Prima edizione napoletana. NapoU, pel tipi di Vin-
cenzo Marchese, Largo Donnaregina 20 e 21, 1864. Un opusc. in 8.° pice.
dipag. XI, 80. Prezzo cent. 55.
H Purgatorio c uno dei dogmi phi combattuli dulgenze, applicabili a modo di suffragio. Chi
dai protestaiiti , e piu derisi dagl' incredu'.i. Ne dunque imprende a traltar di quello bisogna che
le difficolla dei primi, ne le derisioni dei secon- svolga questa in lutte le parti. Questo concetto
<li hanno pur 1'apparenza di scusabili. Giacche, c quello che informa il libro die abbiamo an-
«onsideralo in se slesso come domma, il Purga- nunziato , e puo dirsi dislribuito in Ire parti :
4orio ha pruove bibliche chiarissimc, ha la Ira- il domma del Purgalorio nel suo rispelto teolo-
dizione e pratica incontraslabile della Chiesa gico : nel suo rispetto morale : nel suo rispetto
universale, ha le ragioni Icologiche abbondanti. pratico. A svolgere un tal concetto con brevita-
Consideralo nell' influenza, che esso ha sulla vita ed cvidenza grand e , come qui si vede svolto,
morale e civile dell'uomo, il domma del Purga- richiedevasi quella profondita di dottrina e quel-
lorio i.igenera inlegrila c squisitezza nei costumi, 1'uso della polemic* religiosa, che tulti ricono-
•e pcrfeziona il vivere sociale in tulle le sue at- scono nel suo autore, il p. Cercia, anlico profes-
tinenze. Una conseguenza poi di questo domma sore di teologia, ed aulore illustre di trattali leo-
•si e la dottrina caltolica dei suffragi e detle in- logic! di molta fama.
CBANTREL G. — Storia popolare dei Papi. Opera di G. Chantrel, seconda
edizione, volgarizzata da A. Somazzi. Vol. X\I di pag. 257. 1 Papi del
decimo quinto sccolo. Vol. XVII di pag. 237. // Papa Alessandro VI. Mo-
dena, tipi dell' Immacolata Concezione. Roma, Giovanni Benciveng a. Vcne-
zia, Gio. Bait. Mcrlo 1864. Ediz. in 16.°
€OLLEZIONE DI OPERE INEDITE E RARE — I falti di Cesare : Testo di lingua
inedito del secolo XIV, pubblicalo a cura di Luciano Banchi. Bologna,
prcsso Gaet.mo Romagnoli, 1863. Un vol. in 8.° dipag. LXXVI1, 390.
Molte cure ha posto in opera il ch. Editore , secondo 1'uso che in questo libro se ne incontra.
perche la pubblicazione di queslo prezioso ma- Asssi utili ricerche fa inoltre nella sua dotta,
aioscriUo riuscisse, il piu che era possibile, per- prefazione. La piii imporlante ci par quella, colla
felta. Oltre ad avere con diligenza confrontati i quale dimostra, die I' originale , da cui e Iratta
codici anlichi, specialmente i tre della Bibliotcca quesl'opera non qual scmplice versione, mapiut-
Comunale di Siena, ed un allro della nobile fa- tosto qual compendio, non e il Racconto francesa
raiglia senese de' Grassi, ne' luoghi dubbii o er- di Jacot o Jacques de Forest., come forse sospettd
rali ha messo in riscontro i passi corrispondenti 1'Ozanam, e credetle il prof. Nannucci, ma un'al-
degli scritlori lalini, ai quali evidentemente al- trascritturapur francese, intitolata / dod/ci Cesan,
ludono, ed in fine del Volume fa seguire un in- di cui un codice si conserva nclla Biblioleca Mar-
dice di voci e manic-re notevoli, o del tutlo man- ciana di Yenezia.
canli nel Y'ocabolario della Crusca , o mancanti
COSTAMAGNA GAETANO — II divoto del santuario d' Oropa, ossia Considera-
zioni sui pregi di Maria SS. d' Oropa, coU'aggluuta di una Novena in pre-
parazione alia granfesta annuale, ed altre pratiche di pieta, ed un'Appen-
dice storica. Operetta del Teologo Costamagna Gaetano, torinese. Edi-
zione seconda, notabilmente accresduta. Torino, tip. deir Oratorio di san
Francesco di Sales 1864. Un volume in 2i.° dipag. 513. Prezzo Cent. 60.
CUGIA DELITALA RAIMONDO — Sulla Convenzione franco-italiana del 15 Seltem-
bre 1864, pensieri d'un cattolico, ad uso anclie di coloro che non lo sono.
Torino, tip. di Giulio Speirani e figli 1864. Un opusc. in 8.° di pagine 20.
BIBLIOGRAFIA 597
D' ACQUI EUGENIO - - I venture Francescani della Riforma , crocifissi nel
Giappone, Panegirico recitato dal R. P. L. Eugenio d'Acqui, MinoreRi-
formato, nella chiesa di S. Francesco in Mirandola, il gionio 2 Giugno
1863. Milano 1863, da Giacomo Messaggi tip. libraio. Un opusc. in 16.°
dipag. 30.
DALL'OLIO LUIGI — Descrizione della pittura, rappresentante la propagazione
del cristianesimo, operata dal professore Tommaso Minardi, nel palazzo
apostolico del Quirinale. Roma 1864. Un opusc. in 8.° di pa(j. 12.
DA MELILLI LEONARDO — Nolle esequle del P. Giovambattista da Catania, Di-
scorso funcbrc pel Prof. M. Leonard! da Melilli, Cappuccino , lelto nella
chiesa dei RR. PP. Cappuccini di Catania, il di 31 Maggio 1864. Acireale,
co' lipi di Vincenzo Slrano Meli 1863. Un opusc. in 8.° di pag. 36.
D'AYINO VINCENZIO — Endclopedia dell'ecclesiastico, compilata dall'Abb. Vin-
cenzio d'Avino. Ediziorie seconda, riveduta, aumentala e in parte rifusa.
Torino, Pictro di Giadnto Marietli, tipografo-edilore, piazza B. V. de-
gli Angcli. Dispense 19. a e 21 .a in 4.° da pag. 201 a 392 del vol. II.9 Giu-
gnesi alia rubrica FR.VTELLI POLACCHI.
Seguesi con punlualila notevolc la stampa del- tutti coloro che attendono agli studii ecclesia-
I'Enciclopedia AdVEcdesiaslico del ch. Abb. D'A- slid in Halia, pe' quali quest' Enciclopedia, die
Tino, e ormai siamo giunti alia venlunesima dis- dee porsi tra le migliori, se non c indispensabile,
pensa. Speriamo che I'esaltezza dell'cditore nel c al certo utilissima.
complete le sue promesse trovi corrispondenza in
DEI CARELLI ANDREA — II Trivio e il Quadrlvio. Sonetti di Andrea deiCarelli,
n. 9 della Miscellanea pratese di cose inedite o rare, anticlie emoderne.
Pralo, dalla tip. Guasti 1864. Un opusc. in 8.° dipag, 16 e 35.
Queslo quaderno della Miscellanea pratese , di stimare, dice 1'Edilore Cesare Guasli, un Gore di
cleganlissima edizione, conliene sctle sonetti di roba. Ciascun sonetto e vollo a celebrate una dello
Andrea de' Carelli da Pralo ; e vengono la pri- setle Arti liberali, le quali nel medio evo cosli-
ma volta in luce esemplali sul codioe Lauren- tuivano la cost della scicnza del Trivio e del Qua-
ziano , che n1 e unico testo. Essi hanno 1' onore drivio ; e sono la Grammalica , la Logica e la
di essere citati dagli Aceademici della Crusca ; Retlorica ; 1'Aritmetica, la Geomelria, la Musica e
benche, quanlo a prcgio di poesia non sieno da 1'Aslronomia.
DESANCTIS GIACOMO — L' Immacolata Concezione di Maria Santissima: Ragio-
namento istruttivo popolare, per Giacomo De Sanctis , prele dell' Orato-
rio. Perugia, tipografia di V. Santucci, diretta da G. Sanlucci e G. Ricci
1864. Un opusc. in 8.° di pag. 29.
DE SEGUR — II cibo dei forti, per Monslgnor De Segur. Versione dal france-
se. Napoli, v/fizio delle Lelture Cattoliche. Due fas c. in 32.° di pag. 32.
DE'SIVO GIACINTO.r- Storia delle Due Sicilie dal 1846 al 1861, di Giacinto
De' Sivo. Volume secoudo. Roma, tipografia Salviucci 1864. Un vol. in
8.° piccolo dipag. 400.
Dopo lullo quello che distcsamcnle scrivemmo Principe eredilario del regno. Anzichc dunque ri-
ilorno agl' intendimenti di qucsla Sloria, ai pelere il gia delto, ci conteulercmo di rispondero
principii che propugna , all' artc che 1' informa brevissimamcnle ad alcuni giudizii slampali so-
cd allo slile ond'c scrilla, non abbiamo nulla da pra varii periodic} , non conform! al parcre da
aggiugnere a proposilo di qucslo secondo -volume, noi recato. Quesla storia fu adunquc delta da al-
che ha veduto teslc la luce. Esso prcnde il file cuni Libra da parteggiano : perche non incensa
delia sua narrazione, dove avealo iutetrolfo, ai lutli i faccendieri, nc s'inchina innanzi alia buo-
mulamenti politici del 1817, o lo spezza al giugne- na forluna del riuscimento, ma solo innauzi agll
re che fece in Brindisi la Principessa Maria SoHa sforzi intelligcnti della reltiludine e della giusti-
Amalia di Baviera, sposa al Duca di Calabria , zia. Ma se il rendere omaggio alia virlu piu
598 BIBL10GRAFIA
die alia fortuna e il dovere dello storico, qual Storia inesalta: ma se qualche circostanza spe-
colpa gli si puo allribuire dell'averla trovala nel cialissima puo da alcuno essere appunlata d' in-
corso degli avvcnimenti piu dalla parle di que- csallczza , il complesso dei fatli non sofTre talc
sta, che di quella fazione politica? Fu defto che appunto: e questo e il piu che possa esigersi in
e Storia senza document i. Cioefalso, se s'inlende uno storico conscienzioso dai piii schiflllosi. Fa
che non s'appoggi o che contraddica ai documcnti detto, chi il creclerebbe ? che e una Storia decla-
verilieri e aulenlici ; c falso ancora, se si assevera matrice per lo stile. Un tal giudizio mostra che
che i piii important! e degni di conoscersi sieno chi lo ha recato, non ha lelto il De' Sivo, o se
Irasandati , giacchc YC ne ha dovizia nel corso lo ha letto, ei non sa neppure cosa sia stile, cosa
della narrazionc. E vero solo, se si Yuole con cio declamare. Da questc poche parole si puo con-
dire che ciascun fatto non e autenticato dal suo getturare che la passione e non la critica ha
speciale documenlo : ma cio non si facheodagli dellato giudizii si strambi: perche il libro del
storici, i quali hanno coscicnza di essere bugiar- De' SJYO neppure dai suoi ayvcrsarii politic! ,
di, o da quelli che accumulano materia da scri- purche onesti, potea meritare quci biasimi si Ion—
•vere sloria ; ma storici non sono. Fu delto che c tani dalla realta del fatlo.
DI MARIA GIUSEPPE — Vita della vergine salesiana, Margarita M. Alacoqne,
compendiata sui process! autentici dal sacerdote Giuseppe di Maria, per
la solenne di lei Beatiiicazione, seguita nel Settembre del 1864. Modena,
tip. dell' Immacolata. Roma, Benclvenya. Venezia, Gio. Battisia Merto
1864. Un vol. in 1G.° di pay 144.
ESOPO — Favole d' Esopo, volgarizzate per nno da Siena , cavale dal codice
Laurenziano ipedilo , e riscontrate con tutli i codici fiorentini, e col se-
nese. Fi-renze, Felice Le Mourner 1864. Un vol. in 8.° dipag. 172.
A!!e sei edizioni, che gia esistevano, del vol- derla piu utile gli cditori 1' hanno corredata di
garizzamento delle favole di Esopo, si aggiunge assai opportune annotazioni, indirizzatequando ad
la presenle, die c tratta dal Codice laurenziano, illustrare le voci e Ic frasi, e quando aparagonare
assai presiato per esaltezza e correzionc. A ren- la lezione laurenziana con quella di altri Codiri.
ESSEIVA PIETRO — Romanornm Feriae Octobres: Carmen Petri Esseiva. Ro-
mae, typis Cmlitalis Catholicae MDCCCLXIV. Unfasc. in 8.° dipag. 12.
Fra le piu graziosc ed elegant! scritlure latino, Se i costumi, che dipingc piii che non racconti,
stampate ai d'l nostri, deve collocarsi il Carmen non fossero tutto uostri, e tutli di oggi, chi legge
del sig. Esseiva sopra le Ottohrate dci Ilomani. quel Carmen il direbbe scritto da un qualche bello
Esso quivi con uno stile tutt' oro finissimo di la- umore, che rallegrasse la compagnia di Mecenate.
linita, e tutto sapore attico, descrive 1' uscita dei
romani nella campagna, la mensa imbandilavi,
la danza, il ritorno.
F. A. — Frate Nicasio e Lucia: Dialoghetti del P. A. F. dell' 0. utilissimi a
tranquillare le anime. Napoli, u/fi^io delle Letture Cattoliche, 1864. Un
fascicolelto in 32.* di pag. 32.
FABIANI ENRICO — L'Ercole del palazzo Pio. Roma 1864. Un vol. in 8.° di
pag. 308.
— Prolusione alia premlazione solenne delle scuole rcgionarie di Roma,
lelta in S. Andrea della Valle, il 23 Seltembre 1864, dal Sac. Rom. En-
rico Fabiani. Roma, col lipi della S. C. de Propaganda Fide 1864. Un
opusc. in 8.° di pag. 8.
FEO BELCARI Sec. — Laude Spiritual'! di Feo-Belcari, di Lorenzo dei Medic?,,
di Francesco d'Albigno, di Castellano Castellani e di allri, comprese nel-
le quattro piu antiche Raccolte, con alcune inedile, e con nuove illustra-
zioni. In Firen&e, press o Molini e Cccchi dietro il Duomof MDCCCLXIV.
Un vol. in 4.° dipag. AT/, 288. LX. Prezzo lire dndicl.
N elle Laude Spirituali dei nostri buoni ita- delle -verita cristiane, che essi formarono la de-
liani e tanta facilita di poesie, tale schieltezza di lizia degli anlichi che le caulavano per ogni
modi , tanta \ena di affetti santi , tanti ricordi dove, e formano ora lo studio dei piu passionatt
BIBLIOGRAFIA
o99
fndagatori delle fonti del linguaggio c della sto- dei Morsi. La HI." c slampata forsc nel 1489 a
ria dei nostri popoli. I nomi di F. lacopone da spese di Lorenzo dei Medici, che vi pose delle sue.
Todi, di Feo Belcari , di Lorenzo de' Medici , di La IV." fu fatta nel 1580 a petizione di Pier
F. Girolamo Savonarola son cari a lulli gli ila- Parini da Pcscia. Ollre queste qualtro Raccolle di
luni, piii che per ogni allro lor pregio, per le Laude v'e un libro, anelVesso rarissimo, di pocsie
Lmude che scrissero. Ma la grande difllcolli c spiriluali, esono i Vangeli della Quaresima, com-
slata fln qui il poterle leggore in edizioui corrcttc.
Lequattro anliche Raccolle, che le conlencvano
souo divenuti veri cimclii delle piii preziose bi-
blioteche. Ristamparle c stato pensicro ollimo
posti in vcrsi per Mess. Caslellano di Pierozzo
Castellani, doltorc Qorenlino, slampa florentina del
1514. Quest! Vangeli vengono anche qui rislam-
pati. Ollre a queste, si contengono in queslo vo-
fatica non picciola. Questa rislampa e quella cho lume le Laude inedile, date in luce a Parma nel
ora abbiamo sotl'occhio. Essa riproducc tutto in-
tent iluslo delle quallro an/.idelte Raccolte , tul-
1830, e alcmic poche copiate ora la prima volta
dai codici. Queslo libro adunque fornisce una
le downline: cioe la I." del 1480 procurata dallo buona c bclla edizione di cinque anlichi libri ra-
stessi FeoBe'cari, c conlienc le sueLaudi; la II." rissimi e desideralissimi, e con essi un Usoro da
del l«8i> conlieue Ic Laude fade da piii perso- cavurne grandi ricchezze di lingua italiana e di
no spiritual! , e stampate a pelizione di lacopo affelli devoli.
FERRARA EFISIO —II Razionalismo e la Religione, saggio dogmatico-morale
del P. Efisio Fcrrara, Mercedario T. G. Cagliari, tipog. diA. Timon 1858.
Un vol. in 8.° dipag. 246.
In questa operetta piccola di mole , ma piena che. Queslo lavoro ci sarebbe paruto perfello se
di niolle cose , il bcnemerito Autore, benchc pi- non vi avcssimo incontralo qualche proposizione
-rli di mira specialmente gli error! di Ausonio
Franchi, comballe nondimeno lullo il falso si-
stema de' razionalisti e deisti
lo fa vittoriosamente. Alle varie assurdita di
bisognosa di co:nmento : siccome per cagion d'e-
sempio c qucsla a pag. 36: « La religione e es-
e puo dirsi che senzialmenle soprannaluralc ». La quale , si per
se, e molto piii ove si consider! nella lesturadi
cotesti libcrlini contrappone i principii della ri- tullo il discorso, sembra negarc la possibilita di
Teiazione , cominciaudo dai punti specolalivi e qualunque religione naturale. Ne anche avrcmmo
dommatici e finendo a! pralid e morali, siccome voluto osservare nelle idee fllosofiche una cerla
richiedeva 1' online logico : giacche dalla norma inslabilila o flulluazione , quale per esempio ap-
del credere si procede alia norma dell'operare. parisce a pag. 160, ove dice 1'Aulore « di non
Nella parle dommalica in sette cap! discorre del disputare, se il primitive deltame dell' inlelletto
concetto dilla Religione, del Soprannaturalc, del- sia 1'cssere indeterminate del Rosmini , o I'Ente
che crea I'esistente di Giobcrli, o la visione idcale
di S. Agostino e di Malebranche , o le remini-
scenze di Platone ecc. » A voler prcscindcre da
queste cose, 1'opera c mollo ulile e commendevole
come quella , che raggiunge nel resto, siccome
abbiamo detlo, lo scopo di rintuzzare i razionali-
sti e di fortificarc i cattolici.
ta Creazione, della Rivclazione, delia Traclizione,
dell' Autonta , della Fede e della Ragione. In
attreltanti capitoli divide Pallra parle cioc la
Morale; e tratta in essi della Moralita, del Prin-
cipio morale e della Felicila : dimostrando come
tutte queste cose oltimamente consislano nella
Tcriia della Religione rivelata, e come per lo
contrario vadano smarrite tra le file razionalisti-
FOGLINI GIACOMO — Corso di Meccanica , preceduto da una introduzione
sopra i Principii della Geometria analitica e del Calcolo infmitesimale, e
seguito da un' Appendice intorno aH'Acustica e all'Ottica, di Giacomo
Foglini d. C. d. G., [irofessorc nel Collegio Romano. Roma, tip. dcUe
Belle Ar/i 1864. Un volume in 8.° di pag. 688.
Questo e uno dei libri che procacciano agli flnalmente nell'appendice c, quale si puo volere
scriltori clogi pienissimi. Perche cio che il suo
«h. Autore afferma nell'avvertenza che fa innanzi,
cioc « di avere posta ogni cura , acciocche ab-
liiano i giovani nel corto spazio d'un anno sco-
laslico , il piu ed il meglio che si richiede a
mellere buono fondamento nello studio della mec-
dai migliori intendenti di queste scicnze. Poi la
precisionc nel dcQnire e nel dislinguere i sensi
delle proposizioni, la eleganza delle dimostrazio-
ni, il moderate svolgimenlo de' calcoli nella de-
duzione delle formolc, la sceltezza degli opportuni
esempii che dimoslrano 1'imporlanza c I'uso dello
canica » chi lo percorre, facilmenlc riconosce es- diverse teorie, alle quali si riferiscono, e flnal-
sere stalo delto in lulta verila ; ed insiemc si mente tulla 1'esposizione sempre chiara e nella ,
persuade che colesla diligenza e slata , per la fanno, che quest'opcra riesca ulilissima non solo
eseeuzione perfella , coronala il piii felicemcnte a chi apprende la prima volta, ma altrcsl a ch
che si poteva. Tutlo T online delle parli sia nel volesse riandare quello che gia ha imparato.
corso di metcanica , sia nella inlroduzione , sia
600 BIBLIOGRAFIA
FRANCO GIANGIUSEPPE — Le (recce di Aurora. Racconto del P. G. Franco
d. C. d. G. Modena, tip. dell'Immacolata. Roma, Giovanni Bencivenga. TV-
nezia, Gio. Battista Merlo 1864. Un opusc. in 16.° dipag.Wi.
Questo Racconlo, gia comparso nei fascicoli della zione e yeramenle bella. I padri di faniigiia, i
Civilta Cattolica, ma ora nolabilmente migliorato diretlori d' istiluli d' educazione, i lellori e le leg-
dall'Autore, e gia conosciuto dai nostri lettori, e gitrici, amanli di onesto piacere, ne facciano loro
sanno essi la commovente storia napolitana su'.la pro, che per loro servigio 6 ripubblicato.
quale si aggira. Solo aggiungiamo die la edi-
FRANCO SECONDO — Risposte popolari alle obiezloni piii comuni contro la
Religione, del P. Secondo Franco d. G. d. G. Quartaedizione con aggiun-
te e corrczioni dell' Autore. Roma , tlpl della Civilta Cattolica 1864. Un
vol. ?ft 16.° dlpag. 664.
Fra i libri piii acconci a mantener viva la fade le person c meno islruilc ne riniangono csse pure
dei Caltolici nei tempi corrcnti, questo e fiiori di conlente, non essenJovi pagina che csse non pos-
ogni dubbio principalissimo. Esso c diretlo a con- sano intendere. Questo libro adunque noi desi-
fulare i piii comuni error! , die si sogliono ora dereremmo di vederlo inlrodotto in tulle le fami-
propagare nel popolo : e la confutazione e cost giie, come un libro indispensable; e sopratluUo
gagliarda, e.l esposta con tanta chiarez/a , die dcsidercremmo che non vi fosse ne giovine ne
dissipa fin 1' ombra d' un dubbio. A queslo si ug- donzella che non lo leggesse. Per queslo fine ne
giunga che mentre la persona dotla si compiace abbiam fatla una edizione, che alia sufficiente ele-
di trovarvi un pascolo acconcio al proprio palalo, ganza unisca 1'economia.
GATT1 GIUSEPPE — La Vergiue Maria , proposta in ragionamenti apologetic!
e morali da Giuseppe Galti G. T. Torino lip. ddl' Oratorio di S. Francesco
di Sales 18M. Un volume in 8.°dipag. 275. Si vende Lir. it. 1,50.
Oi qucsli diciannoTe Ragionamenti i primi die- di , c senza pompa di dotlrina o di crudizione
ci furono dall' Autore recilali in S. Eufemia di son veranuuUe dotli. Ts'otiamo in particolar modo
Verona ; gli allri nove altrove. Tulli lianno per 1' opportunita di cerlc conslderazioni c di cerli
iscopo di eccitare gli inlelletli e i cuori alia di- svolgimenti, appropriali a confulare errori, che
Yozione rerso la gran ?J;ifire di Dio ; e vi rie- si vunno inflltrando o dal protestanlesimo 0 dalla
scono efllcacemente , perche con istile facile e miscredenza.
piano STolgono concetti giusli e ?pesso profon-
GILI GASPARE — Opuscoli ascetici per promuovere la piela nei fecleli.
Sogliono i piii fervorosi cristiani, a mantencr zioni spguite da csempii: in un altro considera-
viva nel loro cuore la piela, consecrare questo o zioni con liori di piela • in un altro lezioni e
quel mcse dell' anno a qualche pratlica specialo atli devoli : in un altro discorsi, e cosi Tia Tia.
di deTOzione. I sette libretti, che qui solto annun- Essi sono scriUi pel comune dei fedeli, e pero
zieremo , furono scritli dal dotlo e zelanlo sa- con molta semplicita di stile e svolgimento d'idee:
cerdote D. Gaspare Gili , perche serrano in cio ma possono anche servire pei dircllori di spirito
di guida. Ogni giorno di ciascun mese ha i suoi e pei predicatori, perche v'e molta profondita di
particolari csercizii. In un mese sono medita- doltrina e di crudizione sacra.
— 11 mese di Marzo, consecrate alia passione e morte del Redcntore, per
D. Gaspare Gili. Torino 1864, per Giacinto Marletti tipografo-libraio.
Un vol. in 16.° di pag. 455. Prezzo L. it. 1, 50.
— // mese di Maggio, second o lo spirito di S. Francesco di Sales-, ossia tren-
tuna considerazione, susseguite da esempii, preghiere, giaculatorie, dal-
I'esercizio per la S. Messa ecc. per D. Gaspare Gili. Torino 1863, per
Giacinto Manetti. Un vol. in 16.° dipag. 421. Prezzo L. it. 1, 25.
— Trentadue discorsi morali sopra la vita della B. V. Maria, pel mese di
Maggio , dedicati ai sacri oratori. Versione dal francese per D. G. Gili.
Torino, per Giacinto Marietti 1864. Un vol. in 12.f di pag. 374.
— 11 mese di Givgno, ossia il mese eucaristico, consacrato ail' Augustissimo
Sacramento deH'altare; considerazioni per ciascun giorno del mese, per
BIBLIOGRAFIA 601
D. Gaspare Gill. Torino 1863, per Giacinto Marielti, tipografo-libraio.
Un vol. in 16.° di pag. 420. Prezzo L. it. 1, 50.
— 11 mese di Settembre consacrato a Maria Addolorata, ossia Irentuna con-
siderazione, susseguite da esempii , preghierc, giaculatorie ecc., opera
utile ai sacri oratori, per D. Gaspare <!ili. Torino, per Giacinto Marictti
tipografo-libraio 1863. Un vol. in 16.° dipag. 242. Prezzo L. it. 1, 50.
— 11 mese di Novembre, ossia la chiave del Purgatorio in mauo del fedel
crisiiano,contrenta considerazioni pel mese di Novembre, per D.Gaspa-
re Gili. Torino, per Giacinto Marietli tip. libraio 1862. Un vol. in 16.° di
pag. 356. Prezzo L. it. 1, 50.
— // mese di Dicembre, consacrato alia nascita di G. Bambino, ossia trentu-
na considerazione per santificare delto mese, per D. Gaspare Gili. Torino,
per Giacinto Marletti 1863. Un vol. in 16.° dipag. 424. Prezzo L. it. 1, 50.
GOBI FABIO — Sull' oracolo di Ercole, grande custode del Circo Flaminio,
scoperto nelcortile del Palazzo Righetti al Biscione, ragiooamento di Fa-
bio Gori, socio dell'Instituto di Gorrispondenza arcbeologica e dell'Ac-
cademia de'Quiriti, letto nella tornata della suddetta Accademia, il giorno
4 Ottobre1864. Roma IWi, lipografia Chiassi. Un opusc. w8.° dipag.H.
GOUSSET TOMASO — Teologia dogmatica del Cardinale Tommaso M. G.
Gousset, Arcivescovo di Reims, prima versione italiana di Gianfrancesco
Rambelli, riprodotta con emendazioni. Parma, Pietro Fiaccadori 1864. Fa-
scic. VII in 8.° da pag. 161 a 320 del vol. II.
GRASSI LUIGI IACOPO — Della filologia nelle sue applicazioni e risultati , ra-
gionamento del Canonico Luigi lacopo Grassi, bibliotecario emerito del
genovese Ateneo ecc., tenuto in occasione del solenne ricevimento a
Dottor Colleg'ato nella facolta di Filosofia e Lettere dello stesso Ateneo ,
addi 21 di Luglio del 1864. Gcnova, stabilimento lipograpco di G. Caor-
si 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 28.
IL BUON SENSO — Limario per 1'anno 1865, coll' aggiunta dei mercati e fiere
che si faimo in Toscana. Anno quinto. Firense, presso Luigi Manuelli li-
braio di S. Maria in Campo 1864. Un opusc. in 32.° dipag. 56.
JOUVENCY GIUSEPPE — Gompendio della Vita del B. Pietro Canisio, della Com-
pagnia di Gesii, scritto in latino dal P. Giuseppe louvency, e traclotto in
volgare da un Religiose della medesima Compagnia. Roma, tipi della Ci-
vilta Cattolica 1864. Un opusc. in 16 ° di pag. 64.
— De Vita B. Petri Canisii e Societate lesu Gommentarius. Romae, typis Civi-
litatis Catkolicae MDCCCLXIV. Un opusc. in 16.° dipag 52.
Dalla Sturia della Compagnia di Gcsu, scritta Ictturc latine per profitto della loro picla e del
•on somma eleganza dal P. JouTenry, e Iratto quc- loro studii.
Slo Compendio , pen-lie scrva agli studios! delle
LANGUET GIOVANNI GIUSEPPE - Vita della Beata Margherita Maria Alacoque,
rcligiosa professa dell'Ordine della Visitazione di santa Maria nel Moua-
stero di Paray-le Monial , scritta in francesce dall' illustre Vescovo di
Soissons, Mons. Giovanni Giuseppe Languet, e volgarizzata in italiano
dal P. Ludovico Paravicino d. C.d.G., dedicata alia Santita di N. Signore
Papa Pio IX. Roma, tip. Salviucd 1864. Un vol. in 4.* dipag. 249.
602 B1ELIOGRAFIA
LEZZANI MARIANNINA — Santa Eufrosina — Leggenda in terza rima di Ma-
riannina Lezzani. Roma, tip. Menicanti 1864. Un opusc. in 8.° di pog. 16.
A chi ha lette le Vite de' Santi Padri , de- za rima ; e ci pare che i pregi che 1' adornano
scrilte con aurea penna dal Cavalca, non e ignota sieno bene proporzionali colla materia. Questi
la leggenda della Vergine Eufrosina, s\ varia di sono : grande semplicila di stile, ma senza vol—
casi, si fiorita di tencrissimi affclli, che non puo garita; sufficient"} purezza di lingua, ma sen-
csscre scorsa senza molto interesse e pielosa z'affcttazione ; finalmente una buona vena di af-
commozione. La signorina Lezzani no ha falto il felto, diffuse nella narrazione molto naturalmente
soggetto di un suo poetico componimcnlo in ler- e senza ombra di sforzo. '«w
LIBERATORS MATTEO — Institutiones pliilosophicae Matthaei Liberatore Soc.
lesu. ad triennium aeeoramodatae, editio tertia. Vol. I. Logica et Meta-
physica Generalis. — Vol. II. Metaphysica Spccialis — Vol. IIL Ethica
ct Jus Naturae . Romae, typis Civilitatis Catholicae MDCCCLX1V. Trevo-
lurni in S.° di pay. 400, 500, 400.
Questa cdizione yanlaggia le precedent}, non L'Aulore lo ha ridotto a metodo scolastico uni-
solo per la correzione tipograflca, eseguita con forme ai due precedent!, e ne ha ampliata la ma-
parlicolardiligenza, ma ancora per qualche giunta leria die nelle anteriori edizioni era troppo ri-
c miglioramento recato nei due primi volumi; e stretla. Queslo terzo volume, formando opera da
soprattutlo per le nuove cure inlorno al ler/.o YO- so, puo acquislarsi separalamenle.
lume che abbraccia 1' Etica e il Diritlo di Natura.
LICCARO VALENTINO — Manuale di predicazione ad uso del Clero curato, del
sacerdole Valentino Liccaro. ParLe prima: LE FESTE DEL SIGNORE, - T. II.
Pasnonc c Pasqua. Venezia, dallo lip. di F. A. Perini 1864. Un vol. in 8.*
di pay. 56 \.
MANUALE DEI DEVOTI BI S. GIUSEPPE — ossia il modello dell' uomo giusto
e la guida fedele delle lamiglie cristiane. Bologna, tip. Mareggiani all'in-
segna di Danle 18(54. In vol. in 32.° dipag. 232.
MANUZZ1 GIUSEPPE — Vocabolario della lingua iialiana, gia compilato dagli
accadeinici della Crusca, ed ora novamente corrctto ed accresciuto dal
Cavaliere Abate Giuseppe Mauuz/i. Seconda edizione riveduta e notabil-
mente ampliaia dal Gompilatore. Firenze, nella stamperia del Vocabolario
e del lesti di lingua 1864. Dispense 51 a 54 in 4.° da pag. 487 a 678 del
vol. 3.° Si giugne alia parola QUINDICJ.
MARCONE ANTONIO — La parola di Pio IX, ovvero Discorsi e detli di S. San-
tita dal priucipio del suo pontificato fino a' uosiri giorni, raccolti dal sa-
cerdote Antonio Marcone genovese, aggiuntavi la lavola cronologica del
Papi da S. Pietro lino a Pio IX. (Senova, tip. diGaetano Schenone, piaz-
za posta vecchia 1864. Un vol. in 8.° di pag. 152.
MERICHI PIETRO — La Marmitleide, ovvero Consigli di un padre al figlio per
far fortuna in questo mondo. Ottave del Cav. Pietro Merichi. Estratto dal
Saggiatore di Ferrara. Ferrara, lip. di Domenico Taddel 1864. Un opu-
scolo in 8.° di pag. 12.
11 tono salirico di quesle ottave, che sono giovialissime, schietle, polite, le rendono non solo ap-
petitose, ma eziandio urbanamento pungenti.
MADRONI E. — L' aritmetica per le scuole elementari superior!' del regno,
esposta secondo il programma ministeriale da E. Madroni. Terza edizio-
ne, notabiimente migliorata ed acresciuta d'una tavola di ragguaglio del-
le antiche misure delle principal'! citta d' Italia , con quelle del nuovo si-
sterna decimale. Milano, Vallardi tipografo edilore 186L Un vol. in 16.*
dipag. 184.
BIBLIOGRAFIA 603
MICHETTONI VINCENZO MARIA — II mese di Ottobre , sacro ai santi Angeli cu-
stodi, del P. Vinccnzo M. Michettoni D. 0. di Ripatransone. Torino 1864,
tip. -pontificia Pietro di G. Marielli. Un vol. in 64.° di pag. 160.
BONTUORI GIUSEPPE GAETANO — II sangue di S. Gennaro, Protettore di Na-
poli ; Opuscolo del Rev. D. Giuseppe Gaetano Montuori, del CJero napo-
litano, Parroco di S. Liborio. Napoli, stabilimento tipografico d'istruzio-
ne degli accaltoncelli 1864. Un opusculetto in 32.° di pag. 40.
MULLOIS ISIDORO — II buon figliuolo. La Bestemmia. Che cosa si porti a casa
dull' osterla. Obbiezioni e pregiudizii comuni contro la Religione. Alila-
no, tipofjrafta di Giacomo Agnelli 1864. Qualtro opusc. in 32.° di payine
21 ciascuno.
OZANAMA. F. La civilta cristiana presso i Franchi /Ricerche intorno all'isto-
ria eccleslastica , politica eletteraria de' tempi Merovingi, e sul regno di
Carlomagno, di A. F. Ozanam, professore di Letteratura straniera in Pa-
rigi. Prima traduzione sulla 2.a edizione francese del 1855, di Alessandro
Carraresi. Firenze, Felice Le Monnier 1864. Vn vol. in 8.° dipag. 486.
Tra le Opcre dell'inv! ortale Ozanam (iene in- gli altri popoli barbari e nelle seguenli eta. La
signeluogo quella che s'intilola: La Civilisation Civilta cristiana presso i Franchi avendo loccalo
chrelicnne chez Jes Francs. In essa 1' Auture , il coimo del suo splendore all'epoca di Carloma-
cominciando dai primi albori del Crislianesimo gno, 1'Aulore si traltiene principalmente a pen-
presso la nazione Germanica e le varie sue stir- nelleggiare quest' epoca importanlissima , e con
pi , si fa a descriveve la progressiva influenza essa t'a termine al suo lavoro.
che la religione crisliana venne esercitando so- II sig. Carraresi , col dame una fedele e nobil.
pra i Franchi, parte nobilissima di quella gran traduzione all' Italia, si e reso doppiamenle be-
nazione, per incivilirli, sanlificarli e rendcrli de- nemerito e dei buoni studii e della religione,
gni stromenti dell'alta missione a cui Iddio aveali giacchc il libro dell' Ozanam serve ottimamente
<leslinati, come primogeniti della Chiesa, presso agli uni e all'aHra.
PANZIERA UGO — Due altri cantici del Panziera : Miscellanea Pratese di cose
inedile o rare, antiche e moderne. Decade prima. Prato, dalla tipografia
Gmsli 1860-1864.
Dalla Scella di Laudi spiriluali di diversi traltc queste due del Panziera, dei Frali Minori,
Eccellentiss. e Dcvoli Autori Antichi e Moder- e sono in quella Scelta la Laude III e la IV.
«c ecc. In Firenze , Giunti MDLXXV1H, son
PARASCANDOLO LUIGI — II criterio della storia dei Papi Re, per Luigi Para-
scandolo, sacerdote de! Clero napolitano. Napoli, tipografia dei f rat el-
UDe Bonis 1863. Un vol. in 16.° di pag. 251.
tl ch. sig. D. Luigi Parascandolo imprende a con- origini sloricne, i giudizii crilici, le autorila pa-
futare un libro, intilolato: Del Potere temporals tristiche messe fuori in quel libro con mal dige-
del Papa, rujuardato sollo I'aspettostorico, reli- sta erudizione e peggior crilica. Nell' Appendice
gioso, giuridico e politico, scrillo dal sig. De Ce- confutasi brevemente un allro opuscolo , ancora
sure. La confutaziouc e compiuta, perche esamina men grave , scrilto egualmente contro il Potere
le idee elerodosse, i monumeuli ecclcsiastici, le tcmporale dei Papi da un Pasquale Mello.
FARENTI MARC' ANTONIO — Sonetti epitalamici del Gavaliere professore Mar-
c'autonio Parenti, Accademico della Grusca. Modena, tip. dell'lmmacola-
ta 1864. Un vol. in 32.°^' pag. 120.
Questa e una garbata e odorosa ghirlanda nu- gegno non abbisogna d'altro argomento di lode,
ztalc, ofTerla ai due novelli sposi, cavaliere Ca- Genlilissima cosa e questo librettino ancbe per la
millo Boccolari e contcssa Laura Boschelti, da un eleganza e venusta de' tipi e della forma. Ma a
amico comune. Qui e raccolto il flore dei sonetti leggcrne e gustarne le interne bellezze, T ' ha di
<che it yaloroso e compianlo Marc'anlonio Parenli, cho deliziarsi : giacche voi incontrate tali sonetti,
dclto appunto in occasione di nozze. Chi ha co- che non potele rassomigliare ad allro che a uu
aoscenza dell' Autore e della vaghczza del suo in- gelsomino o ad una rosa.
604 BIBLIOGRAFIA
PATIS GIORGIO — Zita la santa Donna di servizio , proposta a modelo dei
padroni e servi dal P. Giorgio Palis. Versione dal tedesco del Dr. D. G.
Bernard!, Professore nell' I. R. Ginnasio di Capodistria. Trieste, L. Herr-
manntor fer, tip. edit. 1864. Un vol. in 16.° dipag. 224.
PATRONI RAFFAELE -- Orazione funebre dell' Arcidiacono Giuseppe Maria
Grille, scritta dal Sac. R. Patroni , Rettore del seminario diocesano di
Oppido. In Oltobre 1862. Napoli, un opuscolo in 8.° di pag. 23.
PAYISSICH LUIGI CESARE — Cinque salmi Davidici , volgarizzati e coinmen-
tati da Luigi Cesare Pavissich. Trieste, tip. del Lloyd austriaco 1864. Un
opuscolo in 4.° di pay. 65.
I cinque Salmi die sono qui tradolli con molta XXIX al XXXIII. Le molle note che sono in fine
fedella ed csaltezza in facili ed eleganti yersi chiariscono ora il concetto letterale, ora il con-
italiani, piu facili e piu eleganti che non sono cetto morale dell' ispirato salmista.
le version! del Mattel, son quei che corrono dal
PELLEGRINI -SCH1PANI RAFFAELE — Angelica o la forza della vocazione. Rac-
conto storico-morale dell'anno 1856, estratto da una cronaca di quel se-
colo , e pubblicato nei fiori cattolici , dal sacerdote Raffaele Pellegrini-
Schipani-Ferza, edizione ammendata e corretta dall' Autore, dopo quella
de'Fion* cattolici e del Contemporaneo di Firenze. Napoli , Stabilimento
tipografico di Federico Vitale 1863. Un vol. in 16.° di pag. 202.
PELLICANI ANTONIO — I compagni, per Antonio Pellicani, edizione XIV, mi-
gliorata ed accresciuta dall'autore. Modena, tip. delf Immacolala Conce-
zione 1864. Un vol. in 6i.- dipag. 103.
PERRONE GIOVANNI — Bartolo e Maco; Dialogo sulla confessione sacramen-
tal e, estratto dal catechismo apologetico del RvmoP. Perrone d. C. d. G.
Roma 1864, tip. di Giovanni Cesaretli. Un opusc. in 32.° dipag. 30.
QUATR1NI BERNARDINO — Maria SS. addolorata : Elegie VII, di Callistene Ro-
featico, P. A., voltate in terza rima dal Canonico Bernardino Quatrini,
gia professore di Eloquenza nei collegi di Senigalia e di Perugia. Reca-
nati, tip.Badaloni 1864. Un opusc. in 16.° di pag. 88.
Sotto il nome di Callistene Rofeatico si cela solo divote ed afTettuose, ma eziandio nobili ed
1' Emo Card. Morichini, che a tanti altri pregi eleganti. Qui nei ristamparle se ne da la yersio-
aggiugne ancor quello di elegante latinisla. Que- ne in terza rima, fatta con molta facilita e pu-
ste sette Elegie furono accolte con gvandi plausi rezza di stile dal ch. prof. Quatrini.
da giudici competenlissimi ; essi le trovarono non
RECALCATI GIUSEPPE — Curiosita matematica , o quadratura lineare esatta
del circolo e di un settore circolare qualunque, del professore Giuseppe
Recalcati. Milano, coi tipi delta dittaGiacomo Agnelli 1864. Un opusc. in
8." di pag. 14 con lav.
RENZONI GIUSEPPE MARIA — II mese di Novembre , del sacerdote Giuseppe
Maria Renzoni , a suffragio delle anime purganti, e la visita dello slesso
alia prodigiosa immagine di Maria in Vicovaro. Un opuscolo in 32.° di
pag. 43.
Alcune divote preghiere da recitarsi ogni gior- dai loro benefattori, compiono Fa prima parte, che
no in suffragio delle anime purganti, e alcuni e breyissima. La seconda puo dirsi una testimo-
esempii tralti dalla storia ecclesiaslica intorno alia nianza di piu, aggiuntasi alle tante altre che at-
protezione che quelle benedetle anime prendouo testano il prodigio della Vergine di Yicovaro.
RICCI GIO. BATTISTA — Nozioni di Aritmetica e sistema metrico, per Gio. Bat-
tista Ricci, Sac. Savonese. Parte prima ad uso delle scuole elementari '.
BIBLIOGRAFIA 605
Geneva, lip. della Giovcntu 1864. Un vol. in 8.° di pag. 99. Si vendein
Torino presso la lipoyrafia dell' Oratorio di S. Francesco di Sales, alpres-
zo di cenles. 70.
ROSSI GIUSEPPE — Yieni mcco, ossia il maestro che istruisce i suoi scolari
nella vera Religione , circa i doveri moral! e social!, 1! indirizza all'assi-
stenza delle sacre funziom , secondo i due riti ambrosiano e romano , ed
alle altre pratiche di pieta, pel sacerdote milanese, Giuseppe Rossi. II edi*
zione , riveduta e migliorata. Milo.no , tip. e libreria arcivescovile , Ditto
Giaromo Agnelli 1864. Un vol. in 16.° di pag. 352.
ROTELLI LUIGI — II Duomo di Perugia : Illustrazione storico-descrittiva del
Can. Luigi Rotelli. Perugia, tipografia di V. Santucci, diretta da Giovan-
ni Sanlucci e Giuseppe Ricci 1864. in opusc. in 8.° di pag. 52.
SALLUSTIO — Caio Crispo Sallustio, la Guerra di Giugurta e la Congiura di
Catilina, volgarizzale da Carlo Castellan!, col teslo a fronte della edizione
di Lipsiadel 1856, per curadi F. D. Gerlach. Milano, tip. e libreria ar-
civescovile, Ditta Giacomo Agnelli 1864. Un vol. in 8.° di pag. 295.
SALZANO — Elogio funebre per ia eccellentissima signora Maria Domenica
Spiaelli, Marchesa di Yillarosa, Duchessa d'Aquara, recitato ne' solenni
fuuerali del trigesimo , nella chiesa della Redenzione dei Captivi , nel di
28 Luglio 1863, dall' illustrisslmo e Reverendissimo Monsignor Salzano,
Vesc. di Tanes ecc. Napoli, stabilimento iipografco di F. Vitale , 2 e 4,
Largo Regina Coeli 1863. Un opusc. in 4.° di pag. 34, V.
SALVINI ANTONIO MARIA — Dieci lettere inedite di Antonio Maria Salvinl a
Lodovico Antonio Muratori, annotate da Pletro Rortoloiti. Modena, tip,
dell' Immacolata 1864. Un opusc. in 8.° grande di pag. 37.
Questo mazzetto di veri flori d' eloquenza e to- eccita vivo dcsiderio, die questo saggio sia come
scanita, offerto ai novelli sposi Marchese Federico foriero di una starapa plena di tutta la raccolta
landi di Piacenza e Contessa Anna Boschetti, e che ancor si conserva nel predetlo archivio, e
stato cavalo dall'archivio del cetebre Lodovico \n- che sarebbe di molto utile alia noslra classics
tonio Muratori. Tanto le lettere, quanta la eru- letleratura, che fosse pubblicata dal medesimo di-
dizione, di cui fa mostra il signer Pietro Borto- ligentissimo annolatore.
lotti nolle note apposle a ciascheduna di esse,
SAYLER GIUSEPPE — Nozion! di contabilita domestica e rurale , ad uso delle
scuole normal! e magistral'!, conform?, ai programmi governativi, per Giu-
seppe Sayler , segretario del regio ispettorato degli studii primarii della
provincia di Milano , riveduto dal rag. Ernesto Luchini, professore di
contabilita presso la R. Scuola tecnica al Lentasio in Milano. Milano, coi
tipi della ditla Giacomo Agnelli 1864. Un opuscolo in 16.° dipag. 64.
— Uffizio della Seltimana santa , con dicbiarazioni ad uso del popolo crl-
st:ano. Gennva, tip. della Gioventu 1864. Un vol. in 32.° di pag. 320.
SMITH GUGLIELMO — Storiadi Grecia, dai tempi primitivi fino alia conquista
romana, con giunta di capitoli inlorno alia storia delle lettere e delle ar-»
ti, di Guglielmo Smith; prhna traduzione italiana, corredata diuna Car-
ta geografica della Grecia antica. Firenze, G. Barbera editorc 1864. Un
vol. in 8.° di pag. 687.
Guglielmo Smith scrisse, un dodici anni fa, lelterc e delle arti dcgli anlichi Greci ; ia quale,
qucsta Storia, principalmente ad uso delle scuole senza eccedere i limiti di un giusto roiume, noa
inglesi ; mirando con essa a por nelle mani dei tralasciasse pero nulla d' importante. Inoltre cgllr
giovani una sugosa ed animata esposizione delle valendosi delle ultimo ricerche dei piu celebri
principal! vicende, delle istituzioni poliliche, delle scienziali inglesi ed alemanni, e specialnienlu dei
606
BIBLIOGRAFU
Grote, sopra la storia c la lettcratura greca, si e putazione in cui e venuto il suo Libro; e chiunque
studiato di darne nel suo libro limpidi ed esatti si fara a leggerlo , lo trovera degnissimo della
i risnltati , dimodoche i lellori abbiano in esso sua fama. Quanto alia presente Versione italiana
come raccollo il fine di tullo il meglio che la ci basla dire, che dalla rapida scorsa che le ab—
scienza ed erudizione moderna ha saputo in tal biamo dato, ci e parsa nieate inferiore al merilo
campo produrre. Che egli abbia raggiunto felice- intrinseco deU'originale.
mente il suo scopo, ne e non lieve indizio la ri-
TEPPA ALESSANDRO — Vita della venerabile Maria degli Angeli, Carraeliia-
na scalza, scritta da Alessandro M. Teppa, Barnabita. Torino, tip. di
Giadnto Mariettij piazza B. V.degli Angeli n.°2. Unvolumeltoin 16.° di
pag. 139.
Una vergine di nobile casato piemontese, pa-
rente di S. Luigi Gonzaga per sangue, e a lui
similissima per illibatezza, ricca dei doni mirabili
della grazia , presentata al leltore cristiano con
semplice e nobile biografia: ccco il libro. L' Au-
tore e conosciuto e illustre: 1'opera rispondealla
sua chiara fama. Non c a farsi inganno sulla
tenuila del formato, perche nelle centotrcntanove
pagine di stampa, si contiene la materia di un
giusto volume, avendo lo stampalore mirato a dare
molta scriltura in pochc carte, contro 1'usalo dei
suoi confratelli. Cos'1 il suo libro possa prendere
luogo in lutte le librerie delle famigliecrislianel
TASSI PIO — Orazione panegirica in onore di S. Donnino Martire, recitata,
dal sac. dott. D. Pio Tossi, Arcip. Vic. for. del Montale, il giorno IX Ot-
tobre 1864. Modena, tip. dell' Imm. Concezione 18b4. Un opusc. in 16.9
di pay. 26.
TQMMAS9 D' AQUINO — Sancti Thomae Aquinatis , Doctoris angelic!, Ordinis
Praedicatorum, Opera omnia ad fidem optim'irum editionnm accurate re-
cogoita. Tomus decimus sextus : Opuscula theologica et philosophica tarn
cerla quam dubia, tomus I, fasc. VI. Parmae, ex typographaeo PetnFiac-
cadori 1864. Un fascicolo in 4.°
TORNIELLI GIORGIO — Le opere di P. Virgilio Marone, tradotte in versl ita-
liani dal Parroco Giorgio Tornielli , con note e carta geografica. Novara,
1864, nelia tipografia di Girolamo Miylio. Unvol. in 4.° dipag. 175.
Dira taluno: a qual proposito una nuova Ira-
dizione de' nobilissimi versi di Virgilio? Forse
non ne possediamo di molte, e fra queste di clas-
siche? Che se ad alcana puossi appuntare un di-
fetto, non vi e forse a quello slesso difelto com-
penso in un' aUra? o si potrebbe per avventura
comporre una Tersione che schivasse lull' i falli
dclle altre, e ne comprendesse tutte le virtu? Sia-
mo persuasi che P illustre volgarizzatore, innanzi-
-di mettere mano al lavoro, si movesse da sc tulte
qu«ste interrogazioni. Se cio non oslante si c con-
sigliato di sobbarcarsi a cos'i lunga e incresciosa
fatica, non e da biasimare per cio che certamente
non voile proporsi di darci, cioe una versione di
Virgilio migliore delle altre: piuttosto si vuol lo-
dare per quei prcgi che pur riescono nella sua.
Questi sono una esatta fedelta al testo del Poela,
se pur si faccia eccezione di qualche luogo, dove
per avventura non ha seguito la miglior lezione,
ed una sufficiente cultura della lingua e dello
stile, generalmente corretti, quantunque alcuna
volta un po'snervati.
TORRICELLI EVANGELISTA — Lettere fin qui inedite di Evangelista Torricelli ,
precedute dalla vita di lui, scritta da Giovanni Ghinassi, con note e
document!. Faenza, dalla tipografia di Pietro Conti 1864. Un vol. in
8.° grande di pag. LXXI-56.
Leggiadre, vivaci, interessanli sono queste let-
tere. Ne dissimile e la biografia che le precede.
La bibliografia altresi del Torricelli puo far ser-
vigio alia sloria scienlifica d' Italia, i cui tesori
sono si poeo conosciuti. Ne torni lode a chi cosi
il lustra le vere glorie d' Italia, e alia Giunta mu-
nicipale di Faenza, che vi die occasione coll'er-
gere una statua (fossero lutte cos) meritate ! ) ai
suo famoso conciltadino.
TORRICELLI, SCOLARI, FAPANNI —La poesia di Dante ed il suo castello del lim-
bo, CGfflineiUo del Conte F. M. Torricelli di Torricella, con amiolazioni
BIBLIOGRAFIA 607
do! cnv. F. Scolari. Si aggiunge qualche studio di bibliografia Dnntesca ,
per F. S. Fapanni. Venezia, tipografia Gaspari 1864. Un' opuscolo in 4.*
di pag. 95.
VALSECCHI CARLO — Maria , Madre di grazia : Orazione panegirica, delta nel
Santuario d'Ardesio, il di 23 Giugno 1864, dal professore ?ac. Carlo Val-
secchi. Bergamo , Natali tipografo vcscovile 1864. Un opvsc. in 8.* di
pagine 32.
VARII AUTORI — Nelle faustlssime nozze del nobil uomo s'gnor Marcbese Fe-
derico Landi di Piacenza, con la nobile Damigella signora Contessa An-
netta BoscheUi di Modena, Versi. Modena, lip. dell* Jmmacolata Conce-
zione 1864. Un opus, in 8.° di pag. 15.
Questo fascetto di flori poelici, offerlo ai nobili nobilita soyranamente I'argomento. Non si sareb-
sposi indicati ncl titolo, contienc un canto in terza be potuto inneggiare, per piu acconcia maniera,
rima e due sonetli. 11 miglior pregio che Ti am- alle nozze di una coppia ornatadi si belle virtu;
miriamo non e la grazia della pocsia; benolie le ne canti diversi da questi, per sentimento, si do-
beUexze poetiche anch' esse Ti abbondino; ma il Trebbmu assume fiegu sponsanzu ui ran i ii-
sentimento cristiano che e diffuso da perlutto, e gliuoli della Chiesa.
ZAMBONI CAM1LLO — Contro una pubblica difTusione di Bibble ereticali, nella
parrocchia di Casalecchio di Reno, ai SuMirbii di Bologna , il 30 Settem-
bre 1864. Discorso di don Camillo Zamboni , tenuto al suo popolo , la
domenica seconda di Oltobre. Bologna , tipografta di Santa Maria May-
giore 1864. Un opuscolo in 16.' cH pag. 20:
— Guido eGiulietta: Racconto dell' ultimo sccolo, per D. Camillo Zam-
boni, Parroco bolognese. Bologna 1864, lilreria dell* Jmmacolata, via
Larga S. Giorgio n.°777. Un vol. in 16.° di pag. 148.
Alle tante collezioni perio;liche, di cui la cat- noi raccomandiamo, insieme or n la nuova Sil/lio-
tolica Bologna si c fatta cenlro in questi ulliini tera, ai padri e alle mndri di famiglia, che degide-
anni, e che per questo rispctto la rendono cilt;i rano meltere nolle mani de' loro flgliuc li libri pia—
fra le piit insigni d* Itiilia , si aggiunge ora la ctToli ma innocenti per ameno ammaestramento
nuova Biblioleca amena ad uso della gioventu, de' lor leneri ingegni. La colluvie d'ogni pesli-
la cui serie si apre con questo grazioso Racconto lenza barbara e straniera inonda ora questa po-
del collo non meno che zelante d. Camillo Zam- Tera Italia, per opera di chi prctende arerla ri—
boni. La sua penna e gi<\ nota per la bonla dello generata. Tocca quindi ai yeri Italian! di fare
slile, per la yiTacila e scioltezza del dicilogizzare e un argine contro la crescente barbaric con opporro
del descriyere. Lo spirito eccellente e sodamenle slampa a stampa, racconli a racconti, libri ame-
religioso che anima tutte le care scene di questo ni a libri ameni. E grazie a Dio i yeri Italiani
Racconto , accresce il merilo al yolumetto, che non dormono, e Bologna ne e una prova.
— II Progresso moderno : Dialogo pubblicato nelle fauslissime nozze della
signora Contessa Anna BoscheUi , modenese , col signer Marcbese Fede-
rico Landi, piacentino, per D. Camillo Zamboni. Bologna, lip. di S. Ma-
ria Maggiore 1864. Un opuscolo in 8.°di pag. 30.
Con queslo dialogo spiritoso, eleganlemente sem- che ora, solto il mentito nome di Progresso, mira
plice e ricco di sostanze d' antichi Sayii, 1' Autore a tornare la socicta cristiana in peggiori condi-
Oagella tutti i y i/ii e le ipocrisie di una civilta zioni che non fosse gia la pagana e la barbarica.
IANNINI OTTAVIANO — Memoriae et bonori Dominici Vezzosii, Balneoregi en-
sis, Canonici Catbedralis Ecclesiae et Philosopbiae Magistri , in patrio
Seminario-Collegio. Oratio funebris a Collega suo Octaviano Zannini, Ca-
nonico et Rhetore elucubrata et dicta in aede sacra Seminarii-Collegi i,
1864. Un opusc. in 8.° dipag. XVI.
Se grande e la difflcolta dello acriyere elegan- yuta a chi sa farlo con sufflcienza. L' autore di
tomcnte in latino, non pooa lode « ancora do- quest 'oraziono ei pare appunto potersi numerars
608 BIBLIOGRAFIA
Ira i buoni scritlori latini. II suo stile 6 quasi tente 1'imitazione di Cicerone: il 'die potrebbe st
sempre corretto, Ja frase comunemeute scella, qualcuno sembrar poverta. Noi piultosto la ere—
il periodo semplice insicme e armonioso. Diremo diamo vaghezza' di fiorire il diseorso con qualche
aon pertanto che in alcuni luogbi e troppo pa- modo o forma di quel sovrano oralore.
2ERBINI G. B. — Amalia ed Ernestina , ossia gli effelti deli'educazioiie. Rao
conto di G. B. Zerbini d' Udine. Modena , tip. dell' Immacolala 1864. Un
opwc. in 6i.° di pay. 32.
2INELLI FEDERICO MARIA — In doclrinam catholicam de civili Romani Pon-
tificis prineipatu, Friderici Mariae Nob. ZinQlli, EpiscopiTarvisini, ad suuia
clerum explanatio. Tarvisii, typis Andreolae-Medesin. Un opusc. in 8."
dipag. 18.
Queste poche pagine espongono succinlamenle contrarie. Onde se la mole del libro e piccolis—
« chiaramcnte la sana dottrina intorno al Domi- sima, graude c la ulililu pratica, cb.e se nc pua
oio temporale della S. Sede, e determinano le ricavare.
iiole, die in rigor teologico si convengono alle
— In doctrinam catholicam de librorurn prohibltione , ut errores nonnulll
recens vuigati refellantur, Friderici Mariae Nob. Zinelli, EpiscopiTar-
visini, ad suum clerum explanatio, Tarvisii, ex offidna Caietani Lonyo
typographi cpiscopalis MDCCCLX.IH. Un opusc. in 8.° di pag. 52.
Di qucsta dotta Esplanazione di Mons. Zinelli, Vescovo illustre di Treviso, Iralteremo in uaa
prossima ri vista.
— Istruzioni per rispondere ad alcuni sofismi, con cuisi tenta di corrompere
la sana dotthia intorno alia portesta del Sommo Pontefice, dirette al suo
popolo, dall' Illmo e Revmo Federigo Maria Nob. Zinelli, Yescovo di Tre-
viso. Treviso, stabilimento tip. Andreohi-Medesin 1863. Un opusc. in 8.*
di pay. 56.
Le Istruzioni annunziate in quclla die confu- gono e chiariseono con sodezza e breviti L prin-
tano robustamente la villana ed iniqua censura cipii cbe loccano il Dominio temporale della
fatfa da un presbitero ad un Indirizzo all'Epi- S. Sede.
•fjcopato veneto al Sommo Pontefice Pio IX, svol-
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roma 26 Novembre 1864.
I,
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. Solennita della Beatificazione del ven. Pietro Canisio, —
2. Arrive e ricevimento del re Luigi dl Baviera — 3. Pagamento del De-
bito pubblico pontificio — 4. Richiami dell' Episcopate delle Marche e
dell'lmbiia contro l"mtrusione del Governo usurpatore ne'Semiuarii.
1. Nella Domenica del 20 Novembre ebbe luogo nella Basilica Vatica-
na, con gli usati rlti, la solenne promulgazione del Decreto, con cui la
Santita di Nostro Signore Pio Papa IX prescrisse, clie al ven. Servo di
Dio Pietro Canisio, sacerdote professo della Compagnia di Gesu, si ren-
desse culto ed onore di Beato. S. M. il re Luigi I di Baviera assiste alia
sacra funzione da una nobile galleria a bella posta innalzata, come da al-
tra vi assisterono molti del Corpo diplomatico e grande numero di per-
sonaggi nostrani e stranieri. Poco dopo le ore tre pomeridiane, il Santo
Padre, col sacro Collegio de'Cardinali e la nobile Corte, discese nel sacro
tempio a venerare il Beato. II concorsodei fedeli di ogni condizione, ses-
so ed eta, che tanto nelle ore antimeridiane quanlo nelle pomeridiane af-
flui alia Basilica, specialmente neH'atto che vi discese il Santo Padre, fa
cosa veramente straordinaria. Alia decorazione della Basilica provvide il
conosciuto-valore artistico dell' architetto prof, commend. Antonio Sarti.
Egli scnza alterar punto le lineedel maestoso edificio, trasse egregio par-
tito dallo sfoggiare solo in luminaria : candelabri, cornucopii, antefisse?
lumiere, bellamente disposti ed aggruppali, produssero il desiderato ef-
fetto. Nei sottarchi, che sono dapresso al luogo ove 1' abside comincia a
muovere il giro, eransi posti due stendardi, e dentro effigiativi i miraco-
H scrviti alia Beatificazione.
Serie V, vol. XII, fasc. 3o3. 39 26 Nwembre 1864.
610 CRONACA
2. Nella sera del Sabato 12 Novembre era giunto in Roma dalla Tos-
cana, per la via di Viterbo, il re Luigi 1 di Baviera, cbe prese stanza
alia sua villa delta di Malta. Complimentato il Re, la mattina del di se-
guente, da Moos. Maggiordomo e da Mons. Maestro di Camera del San-
to Padre, in nome di Sua Saniita, ricevette poi a mezzogiorno del Lune-
di la visita dell'Emo Cardinale Segretario di Stato. Sul raezzogiorno del
di 16 Sua Maesta si reco in treno, coi personaggi della sua Corte, al Ya-
ticano, dove, cogli onori dovuti al suo grado, fu ricevuto dal Santo Pa-
dre, die, con la beiiignita che gli e propria, si trattenne a luugo colloquio
con 1'augusto Monarca.
3. Men ire il Governo di Torino, dopo espilati gli erarii degli usurpati
dominii altrtii , e obbligato ad estorcere i tributi dell' anno vegncnte per
sopperire alle spese di quello che sta per tinire , il Governo pontificio,
vittima delle perlidie e dei tradimenti del 1859 e del I860 , e spogliato
di quasi tutte le province degli Stati della Chiesa, e in grado di satisfare
puntualmente ai debiti contratli principalmente per quelle. Igiornali an-
nunziarono essersi percio deposti presso il banchiere Rotschild in Pari-
gi tre milioni e mezzo di franchi pel pagamento del semestre d' interessi
cbe scade il 1.° di Dicembre. Questo solo fatto basterebbe di per se a
qualilicare 1'uno e 1' altro Governo , e ci pare cbe non abbisogni d'altre
riflessioni.
4. Nel passato quaderno abbiamo accennato la Circolare del ministro
dell'istruzione pubblica, sig. Natoli , spedita da Torino, per gravare di
nuove catene 1' Episcopate , esigendone suggezione , anche quanlo al
niodo di reggere i Seminarii e crescervi nelle leltere , nella scienza e
nella pieta i chierici. Si puo dire con verita cbe con quella Circolare del
18 Ottobre il Natoli non faceva altro che ribadire i proposiii espressi gia
dal Pisanelli nella sua del 13 Settembre, da noi mentovata a pag. 246-47.
Laonde altresi risulta cbe ii Natoli o ignorava aflatto, o non tenea in
verun conto la risposta indirizzata al Ministero di Grazia e Giustizia e
dei Culii, dall' Episcopate delle Marche e dell'Umbria, in forma di lettera
colleltiva, sotto il 2 Ottobre, riferita nzWUnita Cattolica del 1.° Novem-
bre. Nella quale, rivendicali i diritti della Chiesa a piena liberta in tal nva-
teria. e ricordato al Ministro, che non da lui ne da altra autorita laicale,
ma si dalle norme date dal Concilio di Trerito debbono i Yescovi rice-
vere indirizzo neli' adempimento de' loro doveri per questa parte, quelli
dimostrarono per indiretto quanto sia stolida la sua pretensione di inge-
rirsi ne' Seminarii sotto colore di tutelarvi la morale , 1' igiene , le leggi
dello Stato. Ecco un breve e calzante tratto di questo bel documento,
iirmato da quaranta tra Arcivescovi , Yescovi e Yicarii Capitolari, per
cbiarire quel che sappiano fare per la morale i ristauratori dell' ordine
morale.
« L' esperienza di quasi un lustro avra fatto conoscere anche a Y. E.
qaai frutti per la religione e per la morale siensi colti dal proscribe
CONTEMPORANEA 611
ogni ingerenza del potere religioso dai luoghi di pubblica istruzione.
Noi non intendiarao parlare del metodi introdotti, della moltiplicita delle
cose che s'insegnano ; sul che uomini gravi e speriraentati mossero forti
dubbii , e il tempo mostrera quanto se ne avvantaggiarono le scienze e
le lettere italiane; ma dobbiamo ben dolerci, come si pongano alle volte
nelle man! dei giovani per testo, anche in materie che toccano la Chiesa,
libri perniciosi, libri anticattolici , di cui fu proibita la lettura con eccle-
siastiche censure. Quantunque fra i precettori ve ne abbiano di coramen-
devoli e degni del loro nobile ufficio , dobbiamo pure querelarci che fra
essi se ne trovino di quei che tutt' altro curano che la religione, se pure
apertamente non la dispettano. Le pratiche cristiane, i religiosi esercizii,
1'uso dei Sacramenti, le buone letture , e altre siffatte cose che grande-
mente giovavano a formare il cuore degli allievi , nel tempo stesso che
si dirozzaya il loro intelletto, o sono state al tutto intermesse, o sono ri-
dotte pressoche a nulla; anzi ad alcun di noi avvenne pure, che richie-
dendo si serbasse qualche pio esercizio, sperimentato di somma utilita
per la gioventu, ne avemmo recisamente un ritiuto. Se all'indebolimento
del freno religioso e morale si accoppii la facilita al corrompersi del buon
costume per certi mezzi , che bello e il tacere , potra ella , signer M ini-
stro , naturalmente comprendere quale generazione si educhi alia civile
e religiosa societa. E sarebbe forse possibile , che in mezzo a tanti peri-
coli potessero essere iniziati ai buoni studii ancor quelli, che mostrassero
fin dai primi anni propensione ai sacri ministeri ? Ci pesa il dirlo ; ma
noi, signor Ministro, non abbiamo ormai altri luoghi, dove porre in salvo
le crescenti speranze del sacerdozio, che i nostri Seminarii. »
STATI SAUDI 1. Scopo della Convenzione del 15 Settembre , esposto dai mi-
nistro Lanza — 2. Risultato della polemica diplomatica tra i Gabirietti di
Parigi e di Torino; testo dei dispacci spediti il 30 Ottobre ed il 2 Novem-
bre dai Drouyn de Lhuys al Malaret , ed il 7 Novembre dai La Marmora
al Nigra — 3. Discussion! nella Camera dei Deputati — 4. Nuove dichia-
razioni del plenipotenziario Pepoli, e del La Marmora — 5. Relazione del
ministro Sella circa le finanze; il Re rinunzio a tre milioni e mezzo di Lire
della Lista civile; approvazione delle leggi per il trasporto della Capitale
a Firenze, e per 200 milioni da riscuotersi in un mese — 6. Spontanea
offerta di piii Municipii, per 1'anticipazioue del tribute prediale pd 1865
— 7. Legge del ministro Vacca per la conftscazione dei beni ecclesia-
stici — 8. Legge per mettere i Conventi a servigio del Ministero della
Guerra — 9. Per compenso alia citta di Torino le si offrono denari, vi si
trasferisce da Milano la Corte di Cassazione, e vi si lasciano le Societa
commercial'! ed industrial! — 10. Dichiarazioni ufliciali circa i tentativi
de' Garibaldini contro T Austria nel Veneto.
1. I nostri lettori avranno , tutto da se , ben compreso i niotivi del ri-
serbo a noi imposto dalla condizione dei tempi e del luogo in cui scri-
, e da noi osservato, nel ragionare per diverse guise in questo
CRONACA
stesso volume circa il proteiforme Trattato franco-italiano del IS Settem-
bra ^ . Tuttavia abbiam detto quanto basta a mettere in luce le conse-
guenze probabili ed i propositi delle sette rivoluzionarie , che da quello
prendono le mosse verso il compimento del loro disegno di abbattere il
Papato e guerreggiare a tutta oltranza co ntro il cattolicismo. Ma restava
pur sempre al buio il vero scopo dei . due Governi , i quali , prima di ra-
tificar 1'opera dei loro Plenipotenziarii, dovettero certo intendersi circa
il fine preciso, che essi si proponevano, benche si ponessero d'accordo in
dire soltanto che, volendo fare una Convenzione, aveano percio nominati
loro Plenipotenziarii, che facessero una convenzione.
La curiosita, comune a tutti, di conoscere tale scopo era stimolata dal
sospetto, che la Convenzione del 15 Settembre non fosse che una specie
di sovracarta, sotto di cui ne stesse avvolta un'altra, intorno ad altro og-
getto di non minor momen to e da doversi per ora tenere segretissima. II
quale sospetto venne grandemente avvalorato da certe frasi tronche e da
certe insinuazioni , o proraesse che vogliamo dirle , che il Generate Al-
fonso La Marmora, Presidente del Consi glio de' Ministri , con manifesta
affettazione di semplicita e dabbenaggine , mostro di lasciarsi sfuggire
di bocca, innanzi alia Camera dei Deputati, nella tornata del 12 Novem-
bre, accennando agli aiuti che si poteano e doveano sperare da Napoleo-
ne III per la questione di Yenezia; onde parve dire, in sentenza, appunto
cosi: state buoni , accogliete volen terosi e con la debita docilita il Trat-
tato del 15 Settembre , e v' ac corgerete a suo tempo , che questo era il
preambolo necessario all' effettuazione d' altri nostri voti non meno ar-
dui, sicche, facendo ora il piacere della Francia quanto a Roma, potremo
fare assegnamento sul suo concorso per impadronirci di Yenezia. Ed in
questo senso furono intese da tutti , e da alcuni biasimate come im-
prudenti , le sue parole registrate negli Atti ufficiali della Camera,
n.° 962, pag. 3764, col. l.a
Finalmente, come a Dio piacque , il Dott. Lanza , ministro sopra gli
affari interni a Torino , o non vedesse altro modo di attutire le opposi-
zioni degli avversarii, o volesse con una calcolata indiscrezione mettere
in palese i fatti disegni , appunto per rendere impossible ad altrui il ri-
trarsene, band! nella Camera dei Deputati , sotto forma di definizione, lo
scopo immediate e diretto della Convenzione del 15 Settembre, in modo
che oggimai, chi non e al tutto ignaro del gergo settario, non puo restare
in dubbio se quella fosse intesa veramente a rassodare la sovranita tem-
porale del Papa, ovvero piuttosto ad esporla, priva d' ogui sussidio, agli
attacchi ed alia merce della rivoluzione.
Ecco le parole del sig. Lanza , ricavate dagli Atti ufficiali (n.° 669,
pag. 3790-91) della tornata del 15 Novembre: « Si e pur detto e ripetu-
^ 11 Trattato del 15 Settembre , pag. 257-75 ; La Convenzione, dialogo di Torino e
Roma, pag. 289-99; Infelice difesa di una causa spallata , pag. 404-22 ; Le nuove fasi
della Convenzione franco -italiana-, pag 515-27.
CONTEMPORANEA 613
to , csservi una grande oscurita in questa Conyenzione , non compren-
dcrsi bene il yero scopo di codesli patti c del trasferimento della Capi-
tale che vi si connette. lo potrei ingannarmi, ma mi pare di yederlo ben
chiaramente. lo ye lo dico con tutta franchezza ; a me pare di vedere in
questa Conyenzione un concerto di mczzi per mettere it Governo pontificio
in condizione di fareun decisivo esperimento, se egli possa, ridotto a'prc-
prii mezzi, e colfassenso de proprii sudditi, mantcnereilpotere temporale.
Ammessa questa veduta, tutti gli articoli della Conyenzione, compreso
quello del trasporto della Capitale, diventano chiari, collegati tra loro,
armonici. Difatto, signori, perche si possa fare questo esperimento, se ?i
Papa , cioe , possa mantenere il potere temporale co' proprii mezzi e col-
I'assenso de suoi sudditi, e necessario che non yenga molestato da ag-
gressioni estere, e necessario che abbia i mezzi per poter otteuer questo
scopo ; e, diro di piu , e necessario che abbia indirettamente un affida-
mento che 1' Italia non impedira punto siffatta prova; che il Papa possa
farla con tutla la pienezza de' suoi mezzi. Cio essendo, io mi spiego an-
che la condizione del trasporto della Capitale ; giacche e eyidente che
una nazione , la quale trasporta oggi una Capitale , non intende fra un
anno, fra due, di yoler sceglierne un'altra... Per me, o signori, penso che
il risultato sara favorevole all' Italia ; io ho ferma conyinzione circa 1' in-
conciliabilita che yi pud essere tra il potere temporale e lo spirituale ; e
per coriseguenza , con animo fiducioso, io attendero coa voi i risultati di
questo tentativo. »
Ci pare manifesto che cio, in altre parole, yal quanto dire: per riu-
scire con sicurezza ad abbattere per sempre la sovranita temporale del
Papa era d'uopo fare che la sua caduta comparisse come effetto, non di
yiolenza esterna, ma di intrinseca impotenza a reggersi senza aiuto ester-
no; oryoi yedete che gia, coi fatti del 1859 e del 1860, noi Tabbiara
ridotto a tal penuria di mezzi proprii, che gli debbe tornare impossible
il mantenersi con soli questi; la Convenzione del 15 Settembre per giun-
ta gli toglie i presidii esterni, ed abbandona il Papato a se stesso; dun-
que yedete bene che per essa diviene inevitabile la sua royina. Cosi po-
tra ciascuno layarsene le mani e dire : innocens ego sum; se i Romani
non yollero piu sottostare al Papa, come c'entriamo? Toccava alui reg-
gersi coi mezzi proprii e sapersi guadagnare T assenso de'suoi sudditi J
Yero e die poteya obbiettarsi a cio la piena liberta dj azione, che la
Francia si riservo pel caso , in cui scoppiasse in Roma una spontanea,
rivoluzione. Ma il Lanza non doyea sentirsi impacciato da questa difficol-
ta. Difatto in prima anche \ Italia si riservo per tale ipotesi la sua liber-
ta d'azione; ed i fatti del 1859 e del 1860 hanno chiarito abbastan-
za com' essa sappia yalersene, e come anche le piu grandi Potenze
riescano impotenti ad impedire 1' esercizio di tale liberta, ed impotentissi-
me a disfare il fatto, poniamo pure che siasi riconosciuto come iniquarnen-
te conipiuto. Ed inoltre egli doyea pur sapere qualche cosa del senso, in
614 CRONACA
che s'intendea dalla Francia stessa la riserva della proprialibertad'azio-
ne. Or ecco in qual modo egli la spiego , ne piu ne meno che se fosse
stato sicuro di non esporsi ad una mentita : « Quando un tal fatto si av-
verasse, disse il Lanza ; quando avyenisse che, dopo il ritiro delle truppe
francesi dal territorio pontificio, fosse dimostrata I'lmpossibilita del Pon-
tefice di conseryare il potere temporale coi proprii suoi mezzi : io, in tal
caso, suppongo che 1'interyento della Francia altro non potrebbe ayere
di mira che di cercare, d" accordo coir Italia, di stabilire quelle condi-
zioni di liberta, d' indipendenza e di dignita , che e necessario yengano
conseryate in tutta la loro pienezza al Capo della Chiesa cattolica».
II deputato Bixio o frantese yeramente queste parole, o fmse d'ayerle
frantese, e comincio a strepitare contro il ministro Lanza, perche questi
ammettesse nella Francia un diritto d' intervento a Roma nel caso preyi-
sto d' una riyoluzione, e si protesto che percio riyocaya il yoto fayore-
yole da se dato alia Convenzione. Onde nacque nella Camera un parapi-
glia ed un tumulto indescriyibile. Di che il Lanza colse occasione a yie
meglio chiarire lo scopo della Conyenzione , ed i limiti a cui riduceasi la
liberta d'azione riseryatasi dalla Francia: « lo non ho mai ammesso il
diritto d' interyenire colle armi a Roma in nome della cattolicita ; ho det-
to unicameote, che si trattaya di riconoscere il diritto che ha la Francia,
come una delle Potenze rappresentanti della cattolicita, d' interloquire,
di porsi d' accordo coll'Italia per stahillre le condizioni della liberta e
deH'indipendenza del Papato.... Io non ho mai parlato d'interyento ar-
mato ; non ho mai riconosciuto a nessuna Potenza il diritto di questo in-
teryento.... La proya si e che io ho cominciato il mio dire, ed ho ripetuto,
che uno appunto dei benefizii del trattato era questo : che riconosceya e
ribadiva il principio del non intervento ».
Ecco dunque, per ayyiso del Lanza, lo scopo ed i risultati sicuri della
famigerata Conyenzione : abbandonare il Papato a proprii suoi mezzi:
soggettarne i diritti soyrani all' assenso de suoi sudditi ; lasciare alia ri-
yoluzione il libero esercizio de'suoi mezzi morali ; e piena liberta d'a-
zione al Goyerno di Torino, limitando quella della Francia al solo diritto
^'interloquire e mettersi d' accordo con 1' Italia, per istabilire le condizio-
ni di liberta che si yorranno consentire al Papa, quanto all'esercizio della
sua podesta puramente spirituale.
2. Abbiamo con qualche ampiezza esposte tali cose, e recitate tali di-
chiarazioni, perche, dopo la polemica diplomatics, aspra in apparenza,
tra i due Gabinettidi Parigi e di Torino, da noi accennata per sommi capi
nella Cronaca del precedente quaderno , e suscitata dall' interpretazione
che il Nigra ayea data alia Conyenzione nel suo dispaccio del 15 Set-
tembre , niuno certamente si aspettaya di yeder cosi riconfermata quella
interpretazione, che il Drouyn de Lhuys con tanta solennita eforza ayea
qualificata come inesatta. Or bene: tutto il mentoyato discorso del Lan-
za, nella tornata del 15 Noyembre, ando appunto in commentare i concet-
COMEMPORA1SEA
ti esposti del Nigra, e ribadirne il senso come proprio della Convenzio-
ne; tantoche quello sembra null'altro che una diffusa parafrasi dei se-
guenti brani del dispaccio del Nigra. (Attiufpciali della Camera n.° 939,
pag. 3675.) « I negoziatori italiani aveano istruzione formale di rigetta-
re ogni condizione, la quale fosse contraria ai diritti della nazione. Non
poteva quindi essere quistione ne di una rinuncia alle aspirazioni nazio-
nali , ne di una guarentigia collettiva delle Potenze cattoliche , ne del-
Foccupazione d' un punto del territorio romano per parte delle truppe
francesi , come pegno della esecuzione delle nostre promesse. Per noi la
quistione roraana e una quistione morale, che intendiamo risohere colle
furze moral i. Noi pigliamo dunque seriamente, lealmente, 1' impegno di
con usare di quei mezzi violenti, che non iscioglierebbero una quistione
di tal natura. Ma non possiamo rinunciare a fare assegnamento sulle for-
ze della civilta e del progresso per giungere alia conciliazione fra 1' Ita-
lia ed il Papato , conciliazione che 1' intervento straniero noa fa che reii-
dere piu difficile e remota Fu ben inteso nelle nostre Conferenze
col Pleuipotenziario francese, che la Convenzione non deve , ne puo si-
gni(icare*ne piu ne meno di quello che dice ; cioe che 1' Italia si impe-
gna con essa a rinunciare ad ogni mezzo violento. Noi abbiamo egual-
mente dichiarato, che la Convenzione era la conseguenza del principle di
non i/itervento, in guisa che la politica futura dell' Italia verso Roma con-
sisterebbe oramai nell'osservare e far osservare il principio di non inter-
Tento , e nell'adoperare ogni mezzo morale per raggiungere la concilia-
zione fra 1' Italia ed il Papato, sullabase proclamata dal conte di Cavour
e ckil Parlamento nazionale, di libera Chiesa in libero Stato, »
L' impressione prodotta da questa interpretazione del Nigra fu tale in
Francia ed in Italia , che il Drouyn de Lhuys credette impossibile di ot-
tenere, quando 1'ayesse confermata col suo silenzio , lo scopo di « inge-
nerare nell'opinione pubblica la fiducia nell' efficacia della Convenzio-
ne. » E percio fu soiled to di indirizzare al Barone di Malaret, rappre-
sentante imperiale a Torino, due dispacci, sopra dei quali il sig. Girardin
nella Presse di Parigi ebbe a stampare, senza incontrare veruna censu-
ra del Governo , le parole segnenti : « Sembra che essi non siano stati
scritti che per attestare una volta di piu la verita di quell'assioma diplo-
matico , che la parola e stata data all' uomo per nascondere il proprio
pcnsiero. » Ma , checche sia di questo giudizio del Girardin , ecco il te-
sto di tali dispacci , de' quali il sunto telegrafico, da noi riferito nel pre-
cedente quaderno, ritraera troppo languidamente, e non senza inesattez-
ze, la contenenza.
« Parigi 30 Ottobre 1864. Signor Barone. leri ho invitato il sig. Cav.
Nigra ad una conversazione, per parlargli del suo dispaccio del 15 Set-
tembre. lo ho cominciato col leggergli il dispaccio che vi ho indirizzato,
e che voi avete comunieato al sig. Generale La Marmora, ed anche al si-
616 CRONACA
gnor Minghetti, e die e un semplice riassunto di una conversazione che
io ho avuto qualche giorno avanti col signor Ministro di Italia.
« Nella fase presente, il Gabinetto di Torino e solo a parlare. Prima che
egli presentasse al Parlamento i suoi documenti diplomatic!, noi abbiamo
mantenuto un silenzio , di cui ognuno ha dovuto apprezzare il motivo ;
noi non abbiamo voluto , con la puhblicita di una discussione sul senso
della Convenzione, suscitargli degl' imbarazzi , ne logliergli il merito di
una leale dichiarazione, potendo egli desiderare di^essere primo afarla.
Ma la nostra riserva e la nostra discrezione verso il pubblico c' impon-
gono 1' imperioso dovere di entrare , senza reiicenze , con il Governo
italiano, in uno scambio di spiegazioni onde dissipare gli equivoci, im-
pedire i malintesi, e dare all' atto del 15 Settembre una inlerpretazione
ammissibile dalle due parti contraenti. Ora io ho dovuto confessare al
sig. Nigra che, se io non ho elevato alcun dubbio sulla perfetta since-
rita delle sue intenzioni, e neppure sulla esattezza dei fatti esposti nel
suo rapporto, non ho potuto pero dissimulare che, secondo la mia opi-
nione, questo documento non ri produce in modo completo la fisonomia
dei negoziati, ne il senso che noi attribuiamo, e che il Governo italia-
no deve parimenti attribuire agli impegni che sono stati presi.
« Per esserne convinti, basta porre in sodo 1' impressione che ha pro-
dotto sulla opinione ai due lali delle alpi. I giornali di tutte le opinioni
ne tirano delle conseguenze tanto contrarie allc nostre intenzioni, quan-
to a quelle dei Ministri del re Yittorio Emmanuele. Questo dispaccio, in-
terpretato nel medesimo senso per le passioui dei diversi partiti, e di-
venuto il testo di felicitazioni e di rimproveri , che i due Governi de-
vono eguahnente avere a cuore di respingere. Da che proviene questa
confusione, se non che dalla ambiguita di qualche espressione vaga, di
cui noi abbiamo segnalato piu volte i pericoli in questa circostanza? In
queste parole: diriiti della nazione aspirazioni nazionali, raalgra-
do le precauziOni che si ebbero nello adoperare questo linguaggio, ognu-
no legge cio che teme, e cio che desidera.
« Senza dubbio e difficile a spiegarsi come la monarchia italiana po-
Irebbe trovarsi un giorno a Roma, quando seinbra interdirsi di andar-
vi ; imperocche tali previsioni non scaturiscono naturalmente dall' esa-
me di una Convenzione che stipula il trasferimento della Capitale del re-
gno a Firenze e la garanzia del territorio pontilicio contro ogni aggres-
sione armata. Tuttavia questi sottili problemi non deviano meno gli spi-
riti sopra questo. Sta agii avvenimenti il porli avanti. La lealta conie la
prudenza non permettono di cercarne prematuramente la soluzione in va-
ne ipotesi. Cosi e che io sono lontano dall' attribuire un simile disegno
sia alia Corte di Torino , sia al cavalier Nigra; io indico la necessita di
impedirne anche la supposizione colla precisione e la nettezza delle di-
chiarazioni officiali. A questo effetto ho dato nella mia corrispondenza
CONTEMPORANEA 617
c provocato nelle mie conversazioni tutti gli schiarimenti proprii a scar-
tare induzioni temerarie o ingiuriose.
« Questi schiarimenti si riassumono nelle proposizioni seguenti: 1. Fra
i mezzi violenti che 1' Italia si e interdetto usare, si devono contare i
maneggi di agenti rivoluzionarii sul territorio pontificio, come pure o-
gni eccitamento tendente a produrre mezzi rivoluzionarii. 2. Quanto
ai mezzi morali, di cui essa si riserval'uso, essi consislono unicamente
Delia forza, della ci villa' e del progresso. 3. Le sole aspirazioni, che la
Corte di Torino considera come legitlime, sono quelle che hanno per og-
gctto la riconciliazione dell'Italia col Papato. 4. 11 trasferimento della
Capitale e un pegno serio dato alia Francia ; non e ne uno spediente
provvisorio, ne una sosta verso Roma; sopprimere il pegno equivarreb-
be al distruggerre il contralto. 5. Le proposizioni del signor Conte di Ca-
vour nel 1861 non conlenevano punlo questa clausola relativa alia Ca-
pitale; inoltre esse limitavano ad una cifra determinata 1'armata del San-
to Padre, e assegnavano per la partenza delle nostre truppe un lasso di
15 giorni. Non si polrebbero disconoscere le differenze considerevoli
che esistono tra queste proposizioni e gli aggiustamenti del mesediSet-
tembre. 6. II caso di una rivoluzione, che venisse a scoppiare sponta-
neamente a Roma, non e pimto previsto dalla Convenzione. La Francia,
per questa eventualita, si riserva la sua liberta di azione. 7. II Gabi-
nello di Torino mantiene la politica del Conte di Cavour. Ora, quell'uo-
mo illustre ha dichiarato che Roma non potrebbe essere unita all' Ita-
lia e divenirne la Capitale che col consenso della Francia.
« Tali sono, sig. Barone, i different! punti che io ho trattato nelle
mie conversazioni col sig. Cav. Nigra, e sopra i quali mi e parso che fos-
simo d' accordo. Veramente io non prelendo che esso dovesse inserire
nella sua relazione queste spiegazioni complementarie. Tanto meno gli
voglio fare un rimprovero di non aver in queslo documento ne prote-
stato contro 1'uso di mezzi fraudolenti, ne previsto la cadula del poter
pontificio per efTetto di una insurrezione interna, che maneggi stranieri
non avessero provocato. Ho pensato col sig. Ministro d' lalia, come Io
attesta la mia corrispondenza, che vi sono previsioni che la dignita dei
contraenti ed il sentimento delle convenienze non permettono punto d'in-
scrivere in questi atti diplomatici.
« L' eccesso di precauzione in certi casi diviene un' ingiuria. Ma, bi-
sogna qui ripeterlo, quando a traverso le formole generali voi lasciate
intravedere vaghe prospettive , ciascuno vi colloca 1' oggetto dei suoi
desiderii e Io definisce alia sua maniera: cio che voi non avete pun-
to detto, si suppone ; ed i partiti estremi leggono fra le linee dei voslri
dispacci cio che dellano le loro passioni. Ecco perche noi auguriamo
Tivamente che la luce si faccia in mezzo di questa oscurita nella discus-
sione che si aprira in seno al Parlamento d' Italia. Ricevete ecc. Drowjn
de Lhuys. »
618 CRONACA
Nello stesso giorno il .Nigra indirizzo anch' egli a Torino un suo dis-
paccio, per esporre il risultato di tal conferenza, in forma apologetica
de' fatti suoi, ma con tale arte die servisse ad attenuare al tempo stesso
e la forza delle precedent! sue spiegazioni, ed il valore di quelle che ii
Drouyn de Lhuys scriveva al Malaret, dando alle une ed alle altre una
tinta vaga, una tal quale elasticita, che lasciasse amendue le parti in
Hberta di intendere la faccenda come piu le piacesse. Questo documen-
to, che non importa riferire, leggesi anche nell' Unitd Cattplica della
Domenica 6 Novembre.
II Drouyn de Lhuys ebbe forse un qualche sentore o sospetto di que-
sto procedere del Nigra, e voile, come dicesi, metterlo co' piedi al mu-
ro; e percio lo trasse, in presenza di testimonii, cioe del sig. Rouher,
a ripetere innanzi all' Imperatore stesso le gia date spiegazioni ; di che
diede pronto avviso al Malaret col dispaccio seguente:
« Parigi, 2 Novembre 1864. Signor Barone. II Ministro d' Italia mi
ha espresso, tre giorni or sono, in nome del Generale La Marmora, il
desiderio di conciliare il senso dato allaConvenzione dalla Legazione ita-
liana, nella sua relazione del 15 Settembre, con quello che io stesso ave-
vo esposto nei miei precedent dispacci. Le conversazioni, delle quali
yi ho reso conto il 30 Ottobre, sembra che abbiano soddisfatto questo
desiderio e dissipati i malintesi. Comunque sia, ho pensato col signor
Nigra che il miglior mezzo per far cessare defmitivamente queste di-
yergenze era di scambiare, in presenza dell' Imperatore, nuovi schia-
rimenti ; il che ahbiamo fatto ieri mattina.
« Abbiamo aperta la coaferenza colla lettura della relazione del signor
Nigra, ed io ho fatto conoscere i miei dispacci, ai quali S. M. si e de-
gnata di concedere la sua approvazione. II Ministro d' Italia ha letto in
seguito una lettera, che egli aveva indirizzata il 30 dello stesso mese al
Ministro degli affari esterni del re Vittorio Emmanuele, nella quale, chia-
riti gli impegni contratti dal Gabinetto di Torino, risponde alle osserva-
zioni che mi erano state suggerite dal suo dispaccio del 15 Settembre.
Ho rammenlato le nostre precedenti spiegazioni e ripreso 1'esamc dei di-
versi punti riassunti nel mio dispaccio del 30, che io confermo, e al
quale mi riferisco. Su ciascuno di questi punti ci siamo trovati d' ac-
cordo, e noi I'abbiamo constatato in un dispaccio telegratico che il Mini-
stro d' Italia ha mandato all' istante alia sua Corte. »
Non pago di questo, o forse non abbastanza rassicurato circa la lealta
del Nigra e del suo Governo, quanto al riconoscere gli impegni assuntl
con tali spiegazioni, il Drouyn de Lhuys li voile in certo modo denunzia-
re a tutta Europa : e percio mando stampare codesti due dispacci nel
Moniteur ufficiale del 5 Novembre, col seguente preambolo: « I docu-
menti pubblicati al Parlamento italiano (alii 24 Ottobre) sono slati, nella
starspa francese e straniera, 1' oggetto di commenti intesi a falsificare il
senso della Convenzione del 15 Settembre. II Governo dell'Imperatore e
CONTEMPORANEA 619
quello del Re dltalia dovettero assicurarsi dell'uniformita delle mireloro
con un nuovo scambio di comunicazioni. I documenti, che noi pubblichia-
mo, attestano la perfetta lealta delle comunicazioni date reciprocamente
a questo proposito, e 1'accordo che ne e risultato. »
L'accordo, qualora si fosse dovuto argomentare dal riscontro delle di-
chiarazioni d'ambe le parti, appariva tale, che a Torino, dopo letti quest!
dispacci al Malaret, i piu riguardarono come disdetto e ritrattato il senso
apposto dal Nigra alia tenebrosa Convenzione ; di che persino corse voce
che il La Marmora volesse smettere la Presidenza de'Ministri, e co'suoi
colleghi rassegnare al Re i portafogli, per dargli agio di chiamare altri al
Governo, atti a sostenere la Convenzione nel nuovo aspetto che le si era
dato dal Drouyn de Lhuys. Ma che? 11 La Marmora non ismise la cari-
ca, anzi il 7 Novembre mando stampare nella Gazzetta ufficiale del Re-
gfwo, anche prima di spedirlo a Parigi, dispensandosi cosi da tutle le
usanze e le convenienze diplomatiche, un altiero dispaccio, col quale
in sostanza respinse tutto quello che i piu credeano essere stato nova-
mente imposto dal Drouyn de Lhuys.
Trattandosi di affare cosi rilevante, come il mantenimento o la rovina
di quella Sovranita temporale, che per ordine della Provvidertza e per le
congiunture de' tempi e il piu valido ed indispensabile presidio della in-
dipendenza e liberta del Yicario di Gesu Cristo nell' esercizio della sua
spirituale podesta, ci pare al tutto necessario di recare a verbo i docu-
menti diplomatic!', nei quali la Francia e 1'Italia pretendono di chiarire il
senso di quella Convenzione, che dai Framassoni e celebrata come 1'atto
formale della consegna di Roma al Governo di Torino, come la denuncia
della prossima decadenza del Papa da ogni autorita temporale, come av-
Tiamento all' attuazione della compiuta unita d'ltalia. Ecco pertanto, af-
finche si possa riscontrare coi dispacci del Drouyn de Lhuys, la risposta
fattagli del Generate La Marmora ed indirizzata al Nigra:
« Torino. 7 Novembre 1864. Signor Ministro. II vostro dispaccio tele-
grafico del 1 Novembre, il cui testo fu autorizzato da Sua Maesta 1'lmpe-
ralore, stabilises la situazione dei due Governi firmatarii della Conven-
zione del 15 Settembre, rispettivamente 1'un 1'altro, circa 1'interpretazione
di questo atto. Tuttavia il contenuto del dispaccio del signor Drouyn de
Lhuys al Barone de Malaret, in data del 30 Ottobre, pubblicato dal Mo-
niteur del 5 Novembre, rende indispensabili alcune franche spiegazioni
per parte del Governo del Re, che si crede obbligato ad evitar tutto da
parte sua, anche il proprio silenzio, quando possa dar luogo a nuove cat-
tive intelligenze.
« II Ministero che io ho 1'onore di presiedere, Chiamato al potere dalla
confidenza di S. M. il Re, non ha negoziato, ne firraato gli accordi del
15 Settembre : ma avendoli trovati gia conchiusi, dopo averli con matu-
rita esaminati, e averne calcolate le conseguenze, non ha esitato ad ac-
cettarliedasostenerli. Infatti il Ministero ha considerato, dapprima? che
620 CRONACA
il testo della Convenzione e del suoi aggiunti e chiaro e preciso, e che
non puo dar luogo ad alcun equivoco; poi, il Ministero, interpretando il
trattato nel solo modo possibile, vale a dire secondo il suo senso lettera-
le, si e persuaso, che nel suo assieme desso e vantaggioso all'Italia.
« I Ministri del Re hanno adunque la yolonta, e sanno d'aver la forza
di eseguire il trattato scrupolosamente e nella sua integrita. La loro riso-
kzione a questo proposito e dettata non solo dalla lealta, clie esige siano
Hiantenuti gli impegni assunti da un Governo e dalla riconoscenza e dal-
1'amicizia che vincolano 1' Italia alia Francia, ma eziandio dalla convin-
zione personale di ciascheduno di essi, che la politica migliore per 1'Ita-
lia consiste nella esecuzione completa della Convenzione del 15 Settem-
bre. Questo atto si fonda infatti sul principio del non intervento, princi-
pio fondamentale della politica dei due Governi, e che il signor Drouyn
de Lhuys ha richiamato con una perfetta opportunita col rimarchevole
dispaccio che esso ha indirizzato il 12 Settembre scorso al rappresentan-
ie della Francia a Roma. II Governo del Re, vietandosi ogni interprela-
zione che non corrisponda appieno al senso naturale del testo del trattato,
giacche un'interpretazione di tal fatta non sarebbe permessa ad alcuna
delle due parii contraenti, si crede in dovere di togliere assolutamente
qualunque altra quistione, che non sia la fedele osservanza degli accordi
stipulati.
« Queste precise dichiarazioni mi dispensano di entrare in un lungo
esame delle sette proposizioni, enunciate da S. E. il Ministro imperiale
degli affari esteri nella sua nota del 30 Ottobre al sig. Barone di Malaret.
Basteranno, a mio credere, signor Ministro, le osservazioni seguenti per
dissipare ogni oscurita a questo riguardo.
« II trattato del 15 Settembre provvede completamente alle esigcnze
della situazione riguardo al Papato, dando delle garanzie positive alia
Francia e al mondo cattolico. Se, per gli impegni che 1'Italia ha assunti,
essa ha rinunciato ad adoperare i mezzi violenti, a piu forte titolo essa
non ricorrera a quelle vie sotterranee, di cui io he visto con gran dolore,
lo confesso, far menzione il dispaccio del Ministro degli affari esteri del-
1'lmperatore, e dei quali noi rifiutiamo persino il pensiero. Ma egli e pero
vero che 1' Italia ha una fede intiera nella azione della civilta e del pro-
gresso, la di cui sola potenza bastera, noi ne abbiamo la piena tiducia,
per realizzare le sue aspirazioni.
« Quali potranno essere leconseguenze di questa azione degli elemen-
ti della civilta e del progresso? Ciascuna delle due Potenze contraenti
puo avere, e mantenere a questo proposito una opinione particolare : ma
io non saprei vedere come questa opinione possa costituire tra di esse
1'oggelto di una discussione pratica, dal momento che 1'Italia dichiara nel
modo il piu esplicito, che quando le sue aspirazioni saranno realizzate,
non Io saranno certamente per mezzo della violazione del trattato per
parte del suo Governo.
CONTEMPORANEA 621
« Quali sono, lasciata da banda la quistione della slretta osservanza
del trattato, le aspirazioni nazionali dell'Italia? II sig. Drouyn de Lhuys
ba preteso dcfinirle, e precisarle nel dispaccio surriterito. II Governo del
Be si vede con dispiacere nell'impossibilita di tener dietro suquesto ter-
reno al Ministro imperiale dagli aflari esteri. Le aspirazioni di un paese
sono un fatto che appartiene alia coscienza nazionale, e che non puo, a
nostro credere, di venire per nessun motivo il soggetto di una controver-
sia tra due Governi, qualunque sieno i legami che li uniscono.
« Quanto alia conciliazione dell' Italia col Papato, e questo uno scopo
che il Governo del Re non ha mai cessato di proporsi e di cui la Conven-
zione del 15 Settembre deve rendere piu facile la realizzazione.
« In cio che concerne il significato che il Governo del lie annetle al
trasferimento della Capitale, io non ho, signer Ministro, che a lasciarpar-
lare i falti stessi. II Governo italiano ha preparato 1' esecuzione di una
tale condizione, la quale e forse la piii grave e la piti delicata degli ob-
blighi che noi abbiamo assunto per gli accordi del 15 Settembre. Salva
la deliberazione del Parlamento , in pochi mesi Firenze sara la Capitale
d' Italia. Ci6 che potra poi succedere piu tardi, in seguito di eventualita
che sono nel dominio dell'avvenire, non puo gia essere oggi 1'argomento
di preoccupazioni dei due Governi. II sig. Drouyn de Lhuys lo disse con
ragione : spetta agli avvenimenti di stabilire questo problema.
« Io mi estendero ancor meno sulla quinta e sulla settima delle propo-
sizioni enunciate dal sig. Drouyn de Lhuys : esse mi sembrano avereper
iscopo, Tuna di constatare che noi ci siamo sviati dal progetto del conte
di Cavour, 1'altra d'esprimere il desiderio che noi restiamo fedeli alia sua
politica per 1'avvenire. Le differenze, che esistono tra il progetto del con-
te di Cavour e la Convenzione attuale, emergono chiaramente dal rappor-
to che voi avete indirizzato, ill 5 Settembre ultimo scorso, al mio onore-
vole predecessore, e quanto alia politica del conte Cavour, tal quale e
esposta in un celebre discorso che il Ministro imperiale degli affari esteri
ha citato nel dispaccio cui alludo, egli comprendera, non ne dubito, che
noi ei facciamo un onore di continuare a seguirla.
« Mi rimane a far menzione, sig. Ministro, poiche S. E. il sig. Drouyn
de Lhuys ne ha presa 1'iniziativa, deU'eventualita di una rivoluzione che
avesse a scoppiare spontaneamente in Roma e della caduta del potere
temporale del Santo Padre. II Ministro imperiale degli affari esteri riser-
va in questo caso 1'intiera liberta d'azione della Fraucia ; lltalia dal sua
lato, fa, come di ragione, la medesima riserva.
« Tali sono, sig. Ministro, le viste e le convinzioni, colle quali il Mini-
stero si presenta al Parlamento per sostenere dinanzi a questo la Conve-
zione del 15 Settembre. Quest' atto internazionale, convenuto per supe-
rare le difficolta di una situazione forse senza esempio , apre, secondo
noi, ai due Governi una via nettamente tracciata, in cui il Governo del
CRONACA
Re crede poter contare sull'appoggio del rappresentanli della nazione, af-
fine di rivalizzare in lealta colla Francia.
« La pubblicazione fatta dal Moniteur delle due Note dirette dal Mini-*
stro imperials degli affari esteri al sig. Barone di Malaret, ci fa un dove-
re, sig. Ministro, di far inserire senzaindugio nella Gazzettauffidale del
regno il dispaccio che vi dirigo in questo momento, e che vi prego di
far conoscere officialmente a S. E. il sig. Drouyn de Lhuys. Yogliate ag-
gradire, ecc. Sott. Alfonso La Marmora. »
II tono fiero di questo dispaccio, e 1' atto insolito, e quasi provocante,
di pubblicarlo a Torino prima che si potesse presentare a Parigi, fu ri-
guardato da alcuni come sintomo di gravi dissapori, da potersene temere
la disdetta della Convenzione. Eppure non fu milla. 11 Constitutionnel ,
per bocca del suo Limayrac, dichiaro che Drouyn de Lhuys e La Marmo-
ra s' erano, con quelle spiegazioni, messi in pieno accordo, e che tutto
procedeva egregiamente. Lasciamo a' nostri lettori il decidere se questo
basti ad autenticare la diceria corsa per Torino, e creduta da moltissimi,
che tutto quel contrasto fosse nulla piu che ima concertata scena del
dramma che si recita fra Torino e Parigi.
3. Certo e che il La Marmora in quello stesso giorno 7 di Novembre
respinse disdegnosamente le fervide parole di lode e di congralulazione,
con le quali il deputato Boggio commendava codesto suo fatto; appunto
come se 1' esaltare tanto il merito d' aver ribattuto le pretensioni del si-
gnor Drouyn de Lhuys potesse recar seco pericolo di sconciar qualche
cosa a Parigi ; ed il Diritto , che celebrava codesto dispaccio come ima
yittoria deli'Italia contro le usurpazioni francesi, fa sequestra to con tutta
prontezza e rigore. Ma non per questo cesso il piatire dei Deputati nella
Camera. Niun giornale o periodico basterebbe ad epilogare gli stermina-
ti discorsi recita ti pro e contro la Convenzione. II solo punfo che vuolsi
rilevare, si e che tra quelli, i quali 1'approvano, regna pienissima discor-
dia quanto ai motivi; sicche, mentre d' Ondes Reggio approva il Tratta-
to come pegno che rassoda la sovranita del Papato in Roma, il Mordini
se ne com place perche quello serve a preparare la sicura cocquista di
Roma, ed i partigiani del Ministero lo levano alle stelle perche, sottraen-
do il Governo ad ogni malleveria innanzi all'opinione pubblica de' catto-
lici, rende non meno certo il trionfo dell' unita nazionale. Per contrario,
quei che lo respingono sono tutti unanimi in vedervi una rinunzia a Ro-
ma ed una tranelleria francese, che forse riuscira a scapito non pure del-
1'indipendenza, ma eziandio della integrita del presente territorio nazio-
nale. Ne ci stenderemo a dire altro, avendo gia in questo stesso quader-
no esposto a bastaiiza qual sia la luce , che codesta discussione parla-
mentare ha gittato sopra quella Convenzione.
i. Tnttavia non possiamo pretermettere alcune nuove dichiarazioni del
sig. Gioacchino Pepoli, le cui parole, per la intima attinenza di costui con
Napoleone III, pel grado che occupa nella Framassoneria, e per la parte
CONTEMPORANEA 62-3
die ebbe in condurre questo negozio, meritano qualche maggiore consi-
derazione di quella die lor si potrebbe concedere, quando non si badasse
a quegli aggiunti. La Convenzione era gia, in sostanza ed implicitamente,
approvata dalla pluralita della Camera nel giorno 8 Novembre, quando
respinse le proposte di sospendere la discusione sopra il trasferimento
della Capitate , fmche fosse risolta la quistione della competenza dclla
Camera a dare il suo voto circa la Convenzione stessa, come quella che
importava oneri allo Stato e mutazioni di territorio. A nulla valse il di-
lemma : 0 voi guardate Roma come yostra di diritto , o no ; nel primo
caso, accettando la Convenzione e rinunziando a Roma , accettereste un
cangiamento di territorio , il che non puo farsi senza voto deliberative
della Camera ; nel secondo caso voi avete abdicate le aspirazioni nazio-
nali, e rinunziato all' unita. La Camera cedette al Ministero, non si giu-
dico competente a dar sentenza quanto alia Convenzione, e si ristrinse a
discutere la legge tinanziaria per le spese occorrenti alia traslazione del-
la Capitale a Firenze, permettendo pero che si trattasse anche sotto il ris-
guardo politico. Ora il Pepoli, nella tornata del li Novembre, prese ap-
punto a discorrere dei rapporti della Convenzione con la liberta , e si
stese in provare alcune proposizioni, che noi riferiremo a verbo , e che
riescono a porre in sodo quello che da noi si era riferito a pag. 359 cir-
ca le origini della Convenzione stessa.
Disse perlanto il Pepoli : 1.° Che « una delle cagioni che aveano gene-
rato la discordia nel campo liberale europeo » era 1'occupazione di Roma.
2.° Che se il Governo napoleonico non avea fin qui consentito a trattare
con ritalia per 1'abbandono di Roma alle sole sue forze, « non era certo, o
signori, per ostilita contro di noi, ma per le condizioni interne dei partiti
in Francia. » 3.° Che la Francia, per uscire di Roma, aspettava solo 1'op-
portuaita di « sciogliere la propria responsabilita con decoro; » e dopo
essere assicurata « che la partenza del suo esercito non provocherebbe
m' immediata catastrofe. * i.° Che la Francia inchino subito alia Con-
venzione, quando fu recata la proposta di trasferire al di la dell' Apenni-
no la Capitale, mentre « in quel fatto noi ravvisavamo un elemento di sta-
bilita per 1' Italia , imperocche esso disperdeva perfino la memoria del
trattato di Zurigo. » 5.° Che questa persuasione era partecipata da Napo-
leone III; e per provarlo recito le seguenti parole, dicendo di leggerle
scolpite nella mente dell' Imperatore : « transporter la Capilalc au cen-
tre de I Italic cest a/firmer /' unite italienne, c'est donner un corps a ce
quejusqu a present na etc quune dme. » II che fu applaudito assai, per-
che si guardo, non come cosa letta nella mente, ma come citazione te-
stuale di parole uscite dalla bocca di Napoleone HI. 6.° Che « il Trattato
e un pegno die il Governo imperiale offre al partito liberale europeo. »
.Ne piu, ne meno di quel che riferimino noi nel luogo sopra citato, a pa-
gina 3:J9. 7.° Che questo Trattato « spegne le speranze dei partiti estre-
mi. » Ed il Pepoli disse queste parole immediatamente dopo messa la
CRONACA
Santa Sede nel covero degli estremi, pei suoi nonpossumus. 8.° Che que-
sto Trattato « prepara il campo a miove alleanze » ed inoltre « vendica
la dignita del partito nazionale; » imperocche se «la Russia ele Potenze
germaniche hanno sciolte sole la questione polacca e la questione danese,
oggi la Francia scioglie, senza il loro intervento, la queslione dell' occu-
pazione romana, che nel 1849 era stata dichiarata occupazione cattolica,
e la scioglie d'accordo con quell' Italia, che il Pontetice accusa di averlo
iniquamente spogliato. » 9.° « Respingere la Convenzione vuol dire rom-
pere il fascio delle alleanze liberali in Europa. » Ci pare che jjuesto basil
a far vedere chiaro anche ai ciechi. L' Independence Beige, anzi parecchi
diarii ufficiosi di Francia, bandirono poi, nefurono contraddetti, che que-
sto discorso del Pepoli fu molto approvato e gradito a Parigi.
Anche piii rilevanti, sotto un altro risguardo, furono le dichiarazioni
fatte dal La Marmora nel mentovato suo discorso del 12 Novembre arila
Camera; il qual discorso merito 1'onore di essere riferito distesamente
nel Noniteur ufficiale del Governo francese. Detto in prima quanto e per-
che egli fosse avversissimo alia Convenzione , e per quali motivi can-
giasse d'avvisoene fosse divenuto sostenitore, si stese inunacalda apo-
logia della politica, della lealta e della sapienza di Napoleone III ; quindi
entro a dire delle prove di amore, che 1'Imperatore avea dato all' Italia.
E qui giovera riferire le proprie parole che disse codesto Ministro, regi-
strate ncgli Atti ujficiali, n. 962, pag. 3761: « Non e vero che 1'Impera-
tore dei Frances! fosse contrario aWunitd italiana; egli forse per 1'ad-
dietro noa la credeva possibile ; ma notate che in questa sentenza noa
era egli solo, erano pure molti italiani, caldi patrioti cbe non nomino,
ma che, se io nominassi, marayigliereste. Ora ho 1'intima convinzione
che 1'Imperatore e persuaso, come lo siamo tutti , che 1'iinita d' Italia e
fatta. (Applausi) Quanto a me ho 1' intimo convincimento che non ab-
biamo altro scampo che queilo di andare ayanti ; sebbene, come e sem-
pre stata mia opinione, io credo che dobbiamo andare innanzi adagio;
ma pure non dobbiamo fare un passo indietro (Benissimol), perche die-
tro di noi c' e 1' abisso (Applausi da tutti i banchi) che noi tutti potrebbe
ingoiare. (Vivi applansi) Quanto alia quistione di Roma, io certo
non mi ci addentrero ; . . dico sinceramente, che nella gran formola Chie-
sa libera in libero Stato yedo qualche difficolta alia pratica applicazione.
La presenza simultanea del Re d' Italia e del Papa in Roma eccita anche
in me qualcuna delle impressioni cosi spiritosamente manifestate dal de«
putato Ferrari; credo^che sia necessario pensare piu d' una yolta a que-
sta quistione, e percio non vedo male che si abbia un po' di tempo a ri-
flettere e discutere. Da questo indugio nascera forse un beneficio. Anche
per questa quistione nel tempo confido e nell'Imperatore dei FrancesL
Se c'e uomo che, per posizione e per capacita, possa aiutarci, e 1' Impe-
ratore de' Francesi , e noi gli dobbiamo della riconoscenza. Ma io vado
piu in la , o signori; io spero anche il suo aiulo nella quistione della Ye-
CONTEMPORANEA 625
nezia (Ah! ah!). lo qui mi spoglio dclla mia qualita di Ministro degli
cstcri , il che non so se si possa fare. »
Tutti da queste parole inferirono quello che il La Marmora non avea
detto ; cioe 1.' che il suo mutamento di giudizio, quanto alia Con venzione,
fosse provenuto dall'aver poi saputo gl'impegni favorevoli per 1' Italia
assunti da Napoleone III; 2.' che il compimento deH'wwV<i italiana fos-
se formato nei consigli e nei propositi del potentissimo alleato, a cui tut-
ti confessano esser 1' Italia debitrice di quanto in essa e per essa accadde
dal 1859 fino al presente; 3.° che in compenso pel YOto faYorevole del
Parlamento avrebbesi 1'aiuto della Francia per trapiantarsi, dopo qualche
indugio, a Roma, e per conquistare la Yenezia. Le quali illazioni, o con-
ghietture che siano da dire, tinirono di capacitare mold tentennanti, mas-
sime dopo saputo che questo discorso era stato, in segno di alia approva-
zione, ristampato dal Monitcur parigino.
5. Queste dichiarazioni e queste promesse fecero dileguare le sinistre
impressioni ricevute dall' aspetto spaventoso in che il ministro Sella a-
Tea, con raro esempio di sincerita, rappresentate le present! condizioni
delle Finanze. II discorso da lui recitato nella tornata del 4 Novembre
metteva in chiaro che, se non si ricorreya subito a proyvedimenti al tut-
to straordinarii , da eseguirsi a qualunque costo, era d'uopo bandire una
ineYitabile bancarotta. I balzelli gia imposti avean fruttato molto meno
di quanto presumevasi, la Yendita dei beni demaniali non avea prodot-
to la quintaparle di quanto calcolaYasi, le economic erano riuscite scar-
sissime, le spese da farsi erano urgenli ed indispensabili : ed intanto
mancavano niente meno che 200 milioni di franchi, perpotersi strascina-
re comecchessia sino alia fine del corrente 1864.
Propose pertanto il Sella uno schema di legge, riferito negli Atti uf-
ficiali n.° 946-47; in virlii della quale si avessero aumenti di pubbli-
che entrate per la somma di circa 50 milioni; cioe di Lire 26, 924, 000
sul tabacco; di Lire 12,664,000 sul sale; di Lire 1,325,000 sui colonia-
li; di Lire 1,850,000 sui grani ; di Lire 2,000,000 sulla posta delle lette-
re, e di Lire 5,000,000 sulle ritenute di stipendio a'pubblici ufficiali. I
rimanenti 150 milioni si doYeano ricavare da altri spedienti ; cioe 1.' ri-
scuotendo prima del 15 Dicembre 1864 le Lire 124,630,000 fissate come
tassa sui fondi stabili, rustici ed urbani pel 1865, procedendo agli Atti
csecutim e coercitivi contro i contribuenti morosi ; 2.(1 facendo economic in
"varii rami di pubblica amministrazione, massime della Guerra e della Ma-
rina, emettendo Buoni del Tesoro, e Yendendo beni demaniali. Per ad-
dolcirelapillola, il Sella lesse una lettera indirizzatagli dal Ministro della
Casa Reale, il quale gli significava con essa che il Re, attese le critiche
condizioni delle Finanze, rinunziaYa a tre milioni e mezzo della lista ciYi-
le; il quale esempio fu poi imitato da non pochi degli Ufficiali d'Ordinan-
za del Re stesso, che rinunziarono allo stipendio loro doYiito per tal titolo.
Serie V, vol. XII, fasc. 353. 40 26 Novembre 1864.
626 CRONACA
Gli schiarimenti dati dal Lanza e dal La Marmora, il quale, nella tornata
del 15, ribadi che non si darebbe mai indietro dal proposito dell'iwi/a;
e le confidenze fatte all'orecchio de'Deputati piu influenti fecero si che
la massima parte della Camera rimanesse persuasa, doversi al tutto anti-
porre i vantaggi politic! dello Stato agli interessi del privati ed imporre
a quest! i sagritizii piu intollerabili , purche quello potesse speditamente
procedere nella via tracciata a Parigi. e concertata col Pepoli, col Peruz-
zi e col Mingbelti, verso il termine tanto agognato della unita nazionale
piena ed assoluta.
Percio nella tornata del 16 fu chiusa la discussione generale sopra il
disegno di legge pel trasferimento della Capitale a Firenze, ed in quella
del 17, reietti senza pieta un certo numero di ordini del yiorno e di modi-
iicazioni proposte dagii avversarii , si convenne di racldoppiare il tempo
delle tornate quotidiane, tenendole dalle ore 9 alle 12 meridiane, e dal-
F una alle nove pomeridiane. II giprno seguente si trattp de' singoli arti-
coli della legge, e nella seduta dei 19, essendo presenti 389 Deputati,
si venne allo scrutinio , onde risulto che 317 furono pel si , 70 pel wo,
e 2 soli si astennerp dal votare. Quindi , corne avea insistito il ministro
Sella , si venne a disamina della mentovata legge pei 200 milioni ; la
quale bisognava che fosse approvata anche dal Senato prima del 29 No-
verahre. La relazione circa tali provvedirnenti eroici era stata presenta-
ta dal Giorgini nella seduta del 17 ; ed in quella del 20 , con tutta fretta
e precipitazione, come suol farsi ne' casi disperati , in cui bisogna fare
un salto pericoloso, e non si puo dare addietro, ne rimane altro scampq,
si venne, dopo un'apparenza di discussione , a'voti sopra i singoli arti-
coli della legge , che fu approvata con 137 sufl'ragi contro soli 77. Solo
trovasi intoppo quanto alia proposta di ritenuta di stipendii a' pubblici
ufficiali. Or tocca a'popoli di metier mano alia borsa e tornare a pagare,
in quindici o venti giprni , un' intera annata del tributo sopra i fondi ru-
stici ed urbani, anticipando nel 1864 i balzelli dovuti solo nel 1865.
Qui non e da pmmettere, come nella tornata del 18 fu chiesto da un.
Deputato , che si facessero pratiche coi^ 1& Francia pel averne, in modo
obbligatorio, salde guarentigie dei diritti della nazione, ricordati dal La
Marmora al Nigra nel dispaccio del 7 Novembre. II La Marmora dichia-
ro, non esservi per ora alcun impegno di nuo'vi iratlati , ma dipendere
dai Governi di Francia ed Italia il decidere se gli eventi esigano nuove
convenzioni per sciogliere al tutto la quistione romana; ed aggiunse :
solo per errore di traduzione essere avvenuto che, nel dispaccio del 30
0-ttobre, scritto dal Drouyn de Lhuys al Malaret , invece della parola ac-
cordo usata dal Gavour, si fosse posta I'altra di consenso della Francia
quanto al defmire la quistione di Roma. Ed il Lanza poco appresso riba-
di, nel modo piu formale ed esplicito, che non fu mai nel pensiero dei
Plenipotenziarii del passato Gahinetto, ne in mente ai presenti Ministri,
di rinunziare ad alcun diritto della nazione; accennando chiarameiUe che
non si era smesso punto nulla delle fermate risoluzioni circa il possessa
di Roma.
6. Queste cose ben poteano appagare i desiderii dei Deputati, ed in-
durli a sancire la legge pel trasporto del Governo a Firenze ; ma il gua-
io grosso era nel fare che le moltitudini , e specialmente la gente del
contado, si piegassero a pagare i nuovi balzelli ed anticipare il tributo
del 1865. La cosa parve cosi ardua, che fu accolta come uno spediente
CONTEMPORANEA 627
venuto dal cielo , se pur non fu coi soliti modi procacciata dal Governo
stesso, la spontanca olTerta del Muiycipio di Brescia, che toglieva 1'in-
carico di anticipare esso stesso, a conto de' suoi amministrati, la parte
che loro toccava di codesto tributo. L'esempio generosp fu altamente
commendato dal Ministero , e proposto all' imitazione di tutti gli altri
Municipii ; e di fatto sollecitamente gareggiarono in emulare il patriotis-
mo di Brescia i Municipii di Caserta , di Livprno, d' Ancona, di Capua,
di Santa Maria o Capua Vetere, di Sessa, di Borgotarp, di Catania, di
Firenze , di Napoli, di Bovino, di Montemurlo, e di piii altre citta. Con
che il Governo ebbe animo a confidare, che con facilila potra uscire dal
grave impiccio in cui troyavasi , per la probability di dover usare tutti i
rigori della forza , onde riscuotere da' conladini il tributo stesso , a cui
certo non bastavano i proventi degli scarsi ricolti di quest'annata.
7. Naturalmente, in tali distreite , non era da credere che il Governo
volesse rimmziare allo spediente usitato de'liberali, di rifarsi cioe a dan-
no della Chiesa, e perci6 volesse abbandonare la legge pel riordinamen-
to dell' asse ecclesiastico , ossia per la confiscazione dei beni sacri. Di-
fatto il minislro Vacca, nella tornata del 4 Novembre rassicuro sopra tal
proposito quelli che mostravano di temere che si deviasse dalle tradizio-
ni liberalesche; e nella tornata del 12 presento un nuovo disegno di leg-
ge a tale intento , con istanza di esaminarlo il piu presto possibile. Trat-
tandosi di rubare alia Chiesa, si puo metier pegno la testa che gli onp-
revoli non si faranno punto pregare , ed a chiusi occhi voteranno pel si ,
qualora il Vacca abbia compilato la legge in maniera da spingere la spo-
Jiazione al massimo grado possibile.
8. Questo risultato si puo conghietturare con tutta la morale certezza,
da quel che fu fatto quanto al consentire al Governo la facolta di rubare^
ai Corpi religiosi, ed appropriarli ad usi civili e militari, i conventi, i
monasteri , le case che lo Statuto guarenti come inviolabili a' loro pos-
sessori. Nella tornata del 24 Ottobre il Ministro per la Guerra, sig. Ge-
nerale/Petitti, presento uno schema di legge a tal fine, preceduto da una
relazione ; onde si ricaya , come da apposito specchio, inserito negli Atti
ufficiali n.° 946, che gia si erano appropriati a tali usi non meno di 102
tra case e coaventi , in virtu della legge del 22 Dicembre 1862. Chie-
se il Ministro che tal legge si mantenesse in vigore per altri tre anni.
La cpsa parve si conyeniente , che la Commissione della Camera si af-
frettp di aderirvi, limitando pero il tempo a soli 18 mesi, non per rispetto
a'diritti degli spogliati, ma perche il carattere di provvisorieta (Atti uffi-
ciali, n.° 973 , pag. 3807) serva « d'incitamentp a risolvere ilpiu presto
che sia possibile il destino dell' asse ecclesiastico. » II che, in allri ter-
mini , vuol dire , si proceda una buona volta alia totale confiscazione di
siffatti beni. E percio raccomando caldamente che si voltassero di tali
case religiose anche ad uso di carceri. La Camera approvo poi la propo-
sta del Ministro, cioe per tre anni intieri.
9. Appagati i liberali con le speranze sopra Roma e con la preda dei
beni ecclesiastici ; mitigate le apprensioni de' contadini circa il tributo
del 1865, mediante le offerte de' Municipii ; bisognava consolare anche
Torino dei danni ehe dovea incorrere, diventando semplice citta di pro-
vincia, e cedendo a Firenze lutti i vanlaggi di Capitale almeno provvi-
soria. Percio il Ministro di Grazia e Giustizia, sig. Vacca, nella torna-
ta del 4 Novembre, presento alia Camera (Attiu/f. n.° 938) unaislu-
628 CRONACA.
diata relazione , circa uno schema di legge , che certaraente sara ap-
provata , in virtu della quale la Corte di Cassazione, che da Torino era
stata trasferita a Milano , ora da Milano debba tornare a Torino . per
compenearla del'a perdiia delta sua Reggia e del Parlamento, e come
pegno della riconoscenza dell' Italia.
Nello stesso giorno il sig. Torelli , ministro per V agricoltura ed il
Commercio , presento alia Camera un altro schema di legge , in forza
del quale certe Societa industriali e commerciali, che harmo contralto
1' obbligo di risiedere nella Capitale , ne siano svincolate, ed abbiano fa-
colia di stabilirsi altrove , purche sia nello Stato. E si sottintende che
abbiano a rimanere in Torino. (Atti uff. n.° 955.)
Anche i Ministri dell'interno e delle Finanze, i signori Lanza e Sel-
la, yollero mostrarsi generosi e grati alia magnanima abnegazione, coa
cui Torino sa immolarsi agli interessi deW Italia; e percio , postisi di
accordo fra loro, proposero nella medesima tornata del i Novembre,
alia Camera (Atti uff. n.° 955) , che fosse inscritta nel Gran libro del De-
hito pubblico dello Stato ima rendita al 5 per 100 , nella somma di
Lire 1,067,000 a fayore della citta di Torino, come compenso delle
spese o gia fatte o incominciate a farsi in lavori a decoro della sede
del Governo e per servigio della Rappresentanza nazionale. Cosi a To-
rino si offre un pizzico di danaro, la restituzione d'un Tribunale e la
gloria , in compenso di perdite sterminate. E sta b'enissimo. 11 Pie-
monte rivendico a se il merito d'aver falto la presente Italia ; e giusta
che ne faccia anche le spese.
10. Nel precedence quaderno abbiam toccato di volo 1'agitazione ecci-
tata in Piemonte dai mestatori del partito d'azione, e secondata sottomano
dai moderati , in favore dei Garibaldini levatisi in arme nel Veneto, e
riparati sui monti del Friuli. Or siccome e spediente, in tali congiunture,
non uscirc dalla via che altre volte mend al termine bramato, si sentl il
bisogno di imitare il Cavour, che, dopo date armi e denaro al Garibaldi
contro la Sicilia, lo disconfesso diplomaticamente; e dopo ordinato al Per-
sano di proteggerne lo sbarco contro la marina napoletana, si riservo di
castigarlo se la cosa volgesse male. AJlo stesso modo, se non con lo stesso
intento, la Gazzetta ufftdale del 17 Novembre stampo la nota seguente:
« Appena sorto il moyimeato insurrezionale del Friuli, non manco chi
se ne \-alse per agitare il paese a prolitto di qualche partito, e trascinare
il Governo in una lotta, della cui opportunita egli solo puo essere il giu-
dice. Proclami di giornali, pubbliche adunanze, soscrizioni di vario genere,
notizie di esagerati o fantastici success!, tentativi d'arruolamenti; tutto si
pose in opera per eccitare animosi, ma inesperti giovani a passare la
irontiera ed unirsi agl'insorti.
« II Governo non poteva stare indifferente a siffatte mene, che possono
compromettere la sicurezza del paese. Diramo quindi alle autorita politi-
che, da lui dipendenti, le opportune istruzioni, perche manifestassero la
sua disapprovazione di que' moti inconsulti, additando insieme gl'inganni
e chiarendo la verita dei fatti, onde sviare i troppo creduli da ogni im-
provvido tentative. Ma i raezzi della persuasione e di una costante vigi-
lanza non valsero |)iir troppo a trattenere gl' incauti dal tentare il compi-
niento di arrischiati disegni. Non si tenne alcun conto della mitezza, con
cui il Goveruo aveva fin qui proceduto; ed anzi i mestatori ne protitlarono
per isparger voce che, sotto colore di avversarlo, esso favoriva quel mo-
CONTEMPORANEA 629
vimento. Cqsi polerono riunire una grossa banda armala, ed avyiarla
yerso i contini del Friuli e del Tirolo. Ma il Governo stava sull'avviso, e
diede gli occorrenti ordini per inandare a vuoto 1' improvvido tentativo.
Infatti {in da icri cento e piu individui appartenenti a quella banda yen-
nero sorpresi e disarmati dai nostri prodi soldati e reali carabinieri: ne
altro rimane se non che la giustizia provegga secondo il suo corso or-
dinario. .
« Non puo assolutamente , anche secondo i piu larghi principii di li-
berta, lasciarsi aperta la frontiera ad opera d' invasione manifesta. Tale
e veramente quella che oggi si tenta, ma che non sara compita. A qua-
lunque costo il Governo non si lasciera trascinare, ne compromettere. »
II.
COSE STRANIERE.
MESSICO 1. Fatti d'arme e vittorie degli imperial'! contro i repubblicani ; dis-
1'aUa del Doblado — 2. Adesioni de'popqli al vpto deU'Assemblea de'Nq-
tabili circa la forma di Governo e 1' elezione di Massimiliano I — 3. Arri-
vo del nuovo Imperatore a Veracruz; suo bando ai Messicani, accoglienze
a lui fatte nel viaggio alia Capitals ; ingresso trionfale in Messico — 4. De-
crelo che conferisce la reggenza all'Imperalrice in congiunture prevlste—
S. Lettere di Massimiliano I sopra il riorganamento delle Finanze e del-
I'esercito — 6. Praticbe di conciliazione coi repubblicani ; adesione del-
1'Uraga all'Impero — 7. Abolizione della censura preventiva per la stain-
pa; atti politici varii dell' Imperatore — 8. Munificenza de' nuovi Sovrani
verso i poveri — 9. Viaggio di Massimiliano 1 nelle province — 10. Par-
tenza di gran parte delle truppe francesi dal Messico; formazione della
legione straniera.
1 . Pochi giorni prima che il nuoyo Imperatore del Messico giungesse
a Yera Cruz, parecchie rilevanti vittorie contro i repubblicani aveano
cresciuto il prestigio delle armi francesi, illustrate le prime prove del
nuovo esercito imperiale indigene, ed abbattute le ultime speranze del
Juarez, i cui luogotenenti piu temuti patirono sconfitte decisive. Non me-
DO di dieci furono i fatti d'armi, sempre con la peggio de' repubblicani
disseminati a grosse bande in varie province, avvenuti nel mese di Apri-
le. Ma di due, che si combatlcrono I'll ed il 17 Maggio, vogliamo qui fa-
re special menzione, perche tornarono piu funesti agli antichi oppressor!
del Messico.
Da un rapporto del Generale Bazaine al Gabinetto di Parigi, che ne diede
ampio estratto nel Moniteur del 29 Giugno passato, ricayasi che i partigia-
ni del Juarez si raunayano in gran numero nella citta di Nochistlan, nello
Statq di Jalisco, da essi munita di trincere, dove attendevano ad organarsi
gagliardamente, per quinci muovere poi a qualche spedizione. II Generale
ouay, avutane contezza, fece muovere contro Nochistlan un buon ner-
bq di scelte compagnie di fanti, con una mano di cavalleria leggera, sotto
gli ordini del Colonnello Pqtier dell' 81.° Reggimento di linea. Questi,
sollecitando la marcia, agli 11 Maggio giunse inopinato con la cavalleria
nelle vicinanze della cilta, e ne occupo gli sbocchi principali, per impe-
dire la fuga al nemico; ed appena fu raggiunto dalla fanteria, la spinse
all'assalto. La resistenza fu ostinata e feroce ; ma la furia francese, apren-
630 CRONiCA
dosi il passo tra le baionette e la mitraglia, supero le trincere, e costrinse
i difensori a riparare nel centre di esse, e chiudersi entro una chiesa. An-
cora in questa i vincitori penetrarono a yiva forza, ed il Generale de're-
pubblicani, con tutti i suoi ufficiali, furono o uccisi o fatti prigipnieri.
Mold morti, circa 200 prigionieri, una bandiera, quattro cannoni, 200
fucili, 30,000 cartuccie furono i trofei di questa vittoria.
Nello Stato di San Luis de Potosi il Generale Doblado, Luogotenente del
Juarez, raccolti 6,000 uomini dalle parti di Catorce, s'ayyio per attaccare
una divisipne di truppe imperiali messicane, che sotto il comando del Ge-
nerale Mejia campeggiava presso Matehuala. II Mejia, che stava suH'ay-
yiso, spedi una staftetta al Colonnello Aymard, del 62.° Reggimento di li-
nea francese, avvisandolo del pericolo in che si troyava di essere sopraf-
fatto dalle forze troppo piu numerose delle sue, onde staya per essere
investito dal Doblado. L' Aymard, senza mdugiare un momento, volp a!
soccorso; e marciando senza punto fermarsi per dieciannove leghe, giun-
se in yista di Matehuala la mattina del 17 Maggio, appunto quando dalla
parte opposta il Doblado, con sei mila uomini e molta artiglieria, dispone-
yasi all'assalto, che il Mejia, appostato dietro un muro secco, aspetlava di
pie fermo. Trayersando rapidamente Matehuala, i Francesi corsero a pro-
Jungare 1'ala destra del Mejia, dov'era piu graye il pericolo, ed immedia-
tamente caricarono 51 nemico. Questo credette che contro soldati stanchi
sarebbe inyincibile la sua cavalleria, e la mando fupri a corsa ; la quale
pero in pochi istanti, fermata dal fupco della fanteria, ando rotta e di-
spersa clalFimpeto d'un drappello di cacciatori d' Affrica e d'uno squa-
drone d' imperiali del Mejia. Questo primo successo crebbe Tardore dei
Francomessicani, che abbattendo ogni ostacolo, si precipitarono sulle
batterie del Doblado, e gli presero diciotto cannoni. Allora tutto il ri-
manente delle truppe del Mejia, prorompendo da' ripari, e riyaleggiando
d'ardore coi Francesi, piombo sul nemico, la cui disfatta fucompiuta. II
Doblado non iscampo alia morte pd alia prigiqnia, che per lastraordinaria
yelocita del suo cavallo, mentre i suoi erano inseguiti, e messi al taglio
della sciabola della cavalleria per oltre1 a quattro miglia dal campo di
battaglia, sul quale lascio mplti mprti, una bandiera, 18 cannoni, 800
fucili, 1200 prigionieri, tutti i carriaggi e 200,000 cartuccie. Dopo questa
rotta il Doblado non pole piii imprendere alcuna spedizione di momento,
e quindi a pocp disparye dalla scena, abbandonando il suolo messicano,
e ricoyerandosi, come si crede, nella Nuova Orleans.
Ma un audace capobanda , per npme Marcot Heredia, concepi il dise-
gno di riunire 1' eletta de' yenturieri piu risoluti che infestavano le terre
calde , non senza qualcbe speranza di poter forse sorprendere in yiaggio
1' imperatore Massimiliano, di cui annunziavasi yicino 1'arriyo ; e percio
diede loro la posta a Casautlan , a settentrione di Huatusco , nello Statq
di Vera Cruz , dalle parti di Jalapa e di Perote. Alquante compagnie di
Francesi , ayutane notizia , accorsero prontamente cola, si gettarono a
baionette spianate sul campo di que'banditi, ne uccisero piii di 100 e cir-
ca 200 fecero prigionieri, gli altri essendosi dispersi. Di che. la meditata
impresa dell' Heredia diyenne impossibile, e la via che dovea percorrere
Massimiliano I fu purgata dalle bande, che poco prima la batteyano, gua-
stando i layori della via ferrata e tagliando il telegrafo, con grave mole-
stia alle comunicazioni de' Francesi tra Veracruz e la Soledad.
CONTEMPOBANEA 631
2. Un altro genere di yittoria , non meno efficace a rassodare il nuovo
ordine di cose , venivasi intanto riportando ne' varii Slati del Messico ,
per la volqnterosa adesione de' nopoli agli atti compiuti dall' Assemblea
de'Notabili della Capilale, circa la forma di Governo e Telezione di Mas-
similiano d'Austria. Fin dal 26 Marzo il Segretariq di Stato per gli afiari
esterni avea potato pubblicare uno spccchiq siooltico delle adesioni otte-
nute; e nc risuliava che gia 6,445,564 abitanti ctel Messico o personal-
iriente o per loro rappresentanti e Municipii aveano pienamente accettato
il nuovo ordinamento. Onde, siccome rilevasi da statistiche compilate sul
fmire del 1862 , la popolazione totale del Messico essendo di circa
8,629,982 anime, restavano solo ad aversi le adesioni di 2,184,418 ani-
tanti, sparsi principalmente nelle province di Sonora, di Sinaloa, di Chi-
hualiua, di Nuova Leon, di Coahuila, di Durango, di Colima, della Bas-
sa California, e d'una parte di quelle di Chiapas, Guerrero ed Oajaca.
Ma, di mano in mano che questi luoghi si veniano liberando , o per se
medesimi, o per le armi imperiali, dalla tirannide repubblicana, tosto si
affrettavano di procedere, in varie forme, al plebiscite, il cui risultato fa-
vorevole spedivano alia Capitale. Sicche sul finire del Maggio ben poco
rimanea a desiderare, per ppter dire che il popolo messicano quasi tutto
avea espresso formalnaente il suo voto per 1'Irnpero e Flmperatore.
3. La mattina del 28 Maggio la fregata francese Themis , che avea
scortato e per molti giorni ancora rimorchiata la fregata austriaca Nova-
ra, su cui viaggiava 1' imperatore Massimiliano, entro nella rada di Sa-
criiicios, ed avviso Tammiraglio francese Bosse, che nel pomeriggio ar-
riverebbe il nuovo Sovrano. Tl telegrafo ne porto subito 1' annunzio al
Bazaine in Messico, ed al Generale Almonte alia Soledad, d'onde questi
calo subito alia Vera Cruz; sicche quella sera stessa pole condursi a bor-
do della Novara, dov'ebbe luogo nel pomeriggio e nella sera il primo ri-
ceviraento delle autorita messicaiie e fraucesi. Allo spnntare del giorno
seguente, le LL. MM. , salutate da 101 colpo di cannone, in una scialuppa
della Novara, furono rimorchiate al molo dove presero terra, e presso la
porta udirono una breve arringa dal Capo del Municipio, che presentc a
Massimiliano I le chiavi della citta ; quindi in carrozza andarono, sotto
una pioggia di tiori, in mezzo a vive acclamazioni del popolo, alia Catte-
drale; ed iyi assistettero al canto del TeDeum. Poscia, sollecitandola mar-
cia per evitare gli ardori torridi del sole nelle terre basse , furono alia
stazione della via ferrata, ed alle 6 7. antimeridiane partirono alia volta
della Soledad. Ivi sostettero a sdigiunare, e nella notte del 29 al 30 giun-
sero a Cordova; dopo breve sosta, si rimisero in viaggio e al cominciar
di quel giorno furono ad Orizaba, cioe fuor d'ogni pericolo delle influenze
pestifere e rnicidiali delle terre calde. Ad ogni stazione, si della ferrovia
e si della via postale , trovarono raccolti gli abitanti , che, secqndo loro
potere, manifestavano gioia pel fans to e tanto desideratp avvenimento.
Al momento di scendere a terra 1' imperatore Massimiliano fece che si
pubblicasse un suo bando a' popoli del Messico, di cui ci pare opportune
riferire il brano seguente. « Messicani ! Voi mi avete desiderate; la vostra
nobile nazione, con una spontanea maggioranza, mi ha designato per ve-
gliare, dal giorno cT oggi , sull' ayvenire dei vostri deslini. Mi alfretto a
rispondere con gioia a questa chiamata. Per quanto mi fosse doloroso il
dire addio per sempre al mio paese natio ed alia mia famiglia , tuttavia
I'ho fatto, persuaso che 1'Onnipotente mi ha ailidata per vostro mezzo la
632 CRONACA
nobile missione di consacrare tutta la mia energia ed il mio cuore ad un
popolo che, stanco di battaglie e di lotte disastrose, desidera sinceramen-
te la pace e la prosperita, ad un popolo, che avendo assicurata gloriosa-
mente la propria indipendenza, desidera oggi gustare i frutti della civilta
e d'un vero progresso.
« La fiducia, dalla quale siamo animati cosi voi come io, sara corona-
la di splendidi ristiltati, se rimarremo sempre uniti per difendere strenua-
mente i grandi principii , che sono i soli fondamenti yeri e durevoli de-
gli Stati moderni; i principii cioe d' inviolabile giustizia, d' uguaglianza
dinnanzi alia legge; la strada aperta ad ognuno per qualimque camera e
posizione sociale ; la completa e ben intesa liberta delle persone, che rias-
surae in se la protezione dell' individuo e quella della proprieta ; lo svi-
luppo della ricchezza nazionale ; i miglioramenti della agricoltura , delle
miniere e dell' industria ; lo stabilimento di vie di comunicazione, per un
esteso commerciq; e finalmenie il libero carapo aperto all'intelligenza in
tutte le sue relazioni coll'interesse pubblico.
« Le benedizioni del cielo, e con esse il progresso e le liberta , ncm ci
verrarmo meno certamente , se tutti i partiti , lasciandosi guidare da un
Goyerno forte e leale, si uniscono per raggiungere lo scopo che ho teste
indicate , e se contmueremo sempre ad essere animati dal sentimento
religiose, carattere distintiyo della nostra bella patria , anche nei tempi
piii infelici. La bandiera incivilitrice della Francia, sollevata tant'alto dal
suo nobile Iraperatore, al quale voi andate debitor! della risurrezione del-
J'ordine e della pace, rappresenta gli stessi principii. »
Gonchiuse col riaffermare il proposilo di rispettare le leggi del paese ,
e di farle rispettare da tutti con irremovibile autorita , dicendo d' aver
tolto per propria sua divisa il motto: imparzialita nella giustizia.
In Orizaba fecero le LL. MM. una fermata di tre giorni, spesi in visi-
larelecircostanzee gli opificii, encl ricevereleDeputazioni,spedite dalle
citta e terre vicine; destando generale entusiasmo per raffabilita de'loro
modi, e la squisita bonta delle loro parole e de'loro tratti di beneh'cenza
verso i ppveri, i prigion^ieri e gfinfermi negli spedali. Alii 3 Giugno si
rimisero in viaggio, che in parte, attesa 1'asprezza della via sulle giogaie
dei Cumbres, si dovette fare a cavallo, e la mattina del 5 il corteggio tece
ingresso solenne a Puebla. Tutta la via da Orizaba a Puebla era stata or-
iiata da archi di trionfo che si contarono a piu centinaia; presso i quali si
raccoglieyano gli abitanti de' contorni per offerire agli augusti viaggiatori
fiori, doni e felicitazioni. La citta di Puebla poi era tutta messa a festa
con arazzi e drappi e handiere, e la magniticenza degli ornamenti fatti
dal Comune puo argomentarsi da ci6 , che un solo arco trionfale em co-
stato piu di centomila franchi. Assistito al TeDeum nella Cattedrale, 1'Im-
peratore ricevette 1' omaggio dalle autorita del luogo; alle quali, depo
promesso di voler spendere tuttp se per la felicita del popolo, disse que-
ste parole: « Merce di istituzioni veramente libere, con una giustizia se-
vera, proteggendo le persone e le sostanze di lutti, il nostro Governo ap-
pianera al Messico la via del vero progresso, che mena alia prosperita ed
alia verace grandezza. »
Partendo da Puebla sul mezzodi del giorno 8, gli augusti viaggiatori
furono salutati da 101 colpo di cannone, e dai plausi di una folia stermi-
nata di popolo che li accompagno per buon tratto; e trovando tutta la via
lino a Cholula, adorna di ghirlande ed archi di verzura e fiori, ivi ristet-
CONTEMPORANEA 633
tero tutlo un giorno per compiacere agli Indiani, che per antica tradizio-
ne venerano quella come la loro citta santa. La sera del giorno 11 le LL.
MM. pervennerp al Castellp di Guadalupe, a yenlisette chilometri dalla
Capitale, dove ricevettero in udienza privata il marchese di Montholon,
Ministroplenipotenziario di Francia, e parecchi alti personaggi messicani.
Finalmente alii 12, preceduti da tutta la loro Corte, 1'Imperatpre e 1'Im-
peratrice fecero il loro solenne ingresso nella Capitale di Messico. II Me-
morial diplomatique del 16 e 31 Luglio reco diffuse descrizioni della
pompa maravigliosa e dell'entusiasmo con cui tutto il popolo, ma special-
mente gl' Indiani, davano sfogo al loro giubilp alia vista di Massimilia-
no I ; in cui ravvisavano quel Principe dalla bionda chioma e dagli occhi
azznrri, che per antica tradizioue aspettavauo e dicevano, dover essere
loro mandato dal cielo a liberarli dalToppressione^
La stazione della ferrovia da Guadalupe a Messico era stata cangiata,
con addobbi sfarzosissimi, in sala immensa, dove era eretto il trono.
Quando vi giunsero le LL. MM. il Podesta della Capitale loro presento le
chiavi d' oro della citta, con una breve e calorosa allocuzione; dopp-di
die in m#gnifica carrozza a sei cavalli, 1' Imperatore e 1' Imperatrice,
potendo il corteggio a grande stento aprirsi il passo tra la folia del popolo,
e sotto una pioggia di fiori die si spargeano da' balconi e da' terrazzi, si
condussero alia Cattedrale, e vi furono ricevute da Mons. Arcivescovo
La Bastida e da altri Vescovi ; quindi, cantato un solenne TeDeum, pas-
sarono con tutta la Corte a palazzo, dove cominciarono ad aver luogo in
tutta pompa i riceyimeuti ufficiali. Ma 1' Imperatore dovette piu vpUe
affacciarsi alia loggia, per far paghi i voti del popolo accalcato sulla piaz-
za, che al primo yederlo proronipea in plausi e viva di giubilo indescri-
vibile. Le luminarie generali della citta si continuarono piu sere, e si puo
argomentare del loro splendore dal sapersi che molti proprietarii spesero
fino a 10,000 franchi per la facciata della loro casa.
Le Darne di Messico preseritarono 1' Imperatrice d'una stupenda toletta,
tutta argento, oro e gemme, in cui la squisita perfezione del lavpro pareg-
giava la preziosita della materia ; ed i pubblici festeggiamenti si prosegui-
rono lino al giorno 21, nella sera del qual di il Generate Bazaine diede una
sontuosissima fesla da ballo , cbe fu onorata dalla presenza de' Sovrani.
4. Ma 1' Imperatore non voile che questo tripudiare del popolo gli to-
gliesse punto nulla del tempo che doveasi dare alle urgent! e gravissime
faccende di Stato ; e percio, benche trasferisse la sua residenza al castello
di Chapultepec, situato in amenissimo luogo a due leghe dalla Capitale,
come, per isfuggire agli ardori della slagione, si usava fare cola dai Capi
dello Stato ; pure ogni di sulle ore otto del mattino egli si riconduceva a
Messico, e vi spendeva tutta la giornata, fino alle sei pomeridiane a spe-
dire gli affari di Governo. Appeua accettato 1'Impero a Miramar, Massi-
miliano I avea accreditato suoi rappresentanti presso le Corti di Francia,
Austria, Roma, Belgio, Spagna; e dopo il suo ingresso a Messico fu sol-
lecito di compiere il suo Corpo diplomatico,nominando Ministri plenipo-
tenziarii, che signiticassero il sup avvenimento al trono, ai Sovrani di
Russia, Svczia, Danimarca e Torino, ed alia Confedcrazione svizzera.
Poi, alii 26 di Giugno, fece pubblicare nella Capitale il decreto seguente,
gia iirmato a Miramar nel giorno 10 Aprile:
« Considerando cbe nulla e tanto urgente, quanto il provvedere alia
stabilita del Governo legittimo della nazione che ci ha eletto suo Sovrano,
634 CRONACA.
e di occorrere ai varii casi che possono sopraggiungere, abbiam decre-
tato, che in caso di mprte o di qualsivoglia altro accidente, che ci mel-
tesse nell' impossibilita di contiauar a goverriare, 1' Imperatrice, nostra
augusta Consprte, sara incaricata della Reggeriza dell'lmpero. »
II Municipio di Messico si era proposto d' innalzare in bellissimo
marmo un arco di trionfo all' imbpccatura d'ua viale del pubblicp pas-
seggio, denominato gia dall'imperatrice Carlotta, che a lei yoleasi dedi-
care ; ma 1'Imperatore, con lettera del 14 Giiigno ordino al suo Ministro
di Stato, sig. Velasquez de Leon, che quei marmi si adoperassero piut-
tosto in erigere un monumento &\[J Indipendenza della p atria, da doversi
ornare con le statue ed i nomi de'prineSpali eroi della guerra d'indipenden-
za, sostenuta contro gli Spagnuoli. La prima pietra di questo monumento
iu posta nella Piazza d'arnii dall'lmperatrice, il giorno 16 di Settembre,
anniversario della festa dell'Indipendenza, mentre 1' Imperatore, assente
daila Capitale, la celebrava nel piccolo villaggio di Dolores.
5. Per ayer un saggio dell'operosita di Alassirniliamo I nel riordina-
mento de' suoi Stati, hasta leggere la limpida sua lettera, indirizzata il
di 6 di Luglio allo stesso sig. Velasquez de Leon, e riferita nel Q/emorial
diplomatique del 21 Agosto, a pag. 544. In essa 1' Imperatore, ricono-
scendo che, a fondare utili istituzioni per la prosperita del paese, e ne-
cessario conoscerae appieno le condizioni ed i hisogni, e percio ayyalersi
dei lunii e dei consigli di personaggi probi e sperimentati rtei yarii rami
della pubblica aruministrazio.ne ; manifesto aver divisato di costituire
special! Commissioni, le quali debbano aitendere con tutto zeSo a ricer-
care e proporre partitaraente le rilorme che sono ricbieste a quello sco-
po. Ma, sopra tutti prinieggiando il bisogno di un buon sistema per le
iinanze, ordino al sig. Velasquez de Leon di convocare imrnediatamente,
sotto la sua presidenza, una Commissione incaricata di disaminare cop
tutta solerzia e profondila le presenti condizioni del Tesoro, e lecagioni,
per cui, anche prescindendo dai rovesci patiti per le guerre civili, pure
le cntrate non pareggiarpno le spese.
Inoltre codesta Gommissione dovra rivedere gli schemi di legge gia
apparecchiati circa i pubblici tribuii , ayyertendo che siano eliminate
lutte le t'ormalita inutili, tutti i conlrolli onerosi, tutti gli impacci Ccigio-
nati da eccessiva moltiplicita di uiliciali. Dovra pure veder di conciliare
gl'interessi dello Stato con i riguardi yoluti per i'acilitare il commercip
con gli straiiieri, ed il progresso dell'industria; e percio ponderare assai
tutto cio che spetta ai balzelli sui prodotti stranien, del parichc i tributi
tan to ordinarii, quanto straordinarii, onde banno da essere gravati 1'agri-
coltura ed il cpmmercio interoo. Inoltre ricercare tutto cio che riguarda
gl'imprestiti, il debito pubblico, i berii della Corona, i contratli e le in-
dennita yerso i privati, i'andamento e I'amministrazione deile miniere,
il servigio delle Ppste, ed aucbe il sistema dei pesi e delle misure. Quin-
di, fermate le basi dei tributi e dei balzelli dirctti ed indiretti, la Com-
missione dovra compilare lo schema del bilancio, e proporre i mezzi con
cui sopperire al deficit, inevitable in queslo cominciamenlo di nuovo
ordine.
Tal Commissione dovea raunarsi per la prima volta nel giorno 1.° di
Agosto, ed essere composta nel modo segucnte: 1.° di abitanti notabili
del Messico, da nominarsi dall'Imperatore ; 2." di delegati rappresentan-
ti, in ciascun spartiniento, i varii ordini della popolazione. Per la elezio-
CONTEMPORANEA 635
lie di questi delegati, i Prefetti politici doveano convocare immediata-
niente gli elettori, traendpne i nomi dai registri di commercip, dai censi
delle miniere e dei tributi, lasciando agli elettori plena libertadi npmina
de' loro rappresentanti. La Commissione cosi formata si doyea poi sud-
dividere in piu Giunte speciali, secondo i Tarii rami da studiarsi.
Provveduto cosi al riorganamento delle Finanze, che sono il nerbo
degli Stati, tanto per la prosperita in pace, quanto per la forza in guer-
ra, 1' Imperatore vplse tutte le sue cure a far si che d'ora in avvenire il
Messicp, inyece di essere, come ne' trent'anni addietro, alia merce di
venturieri, i quali adunavano branchi di ribaldaglia, ed armatili alia me-
glio, si creavano Colonnelli e Generali, fosse tutelato da un esercito re-
golare e da milizie disciplinate, tale da bastare alia sicurezza interna ed
alia difesa contro ogni aggressione esterna. Percio voile istituita una
Commissione militare, di cui conferi la presidenza al Generale Bazaine,
al quale indirizzo una lunga e savissima lettera, per tracciare a gran
tratti il da farsi.
Le quistioni, che si dovranno risohere da codesta Commissione, sono
indicate nell'ordine seguente: 1.° Numero e forza dell' esercito, si in pace
e si in guerra. 2.° Sistema di cerne o coscrizione; milizia cittadina; du-
rata del tempo in cui si dee stare sotto le bandiere od essere ascritto alia
riserva. 3.° Regolamenti militari pei diversi Corpi speciali; Codice per
la giustizia militare ; formazione dei Consigli di guerra e delle Corti mar-
ziali. 4.° Stipendii degli ufficiali; ordine de"gradi; ricompense; congedi
da darsi agli inutili od indegni ; e quanto puo spettare alia necessita di
verificare e rispettare i diritti acquisiti, rimovendo gl'intrusi. 5.° Orga-
namento della Gendarmeria. 6.° Di^ise ed armamenlo delle varie truppe,
secondo le costumanze ele necessita del paese. 7.° Fondazione di colonie
militari sui confini dell'America settentrionale. 8.° Costituzione del Corpo
sanitario, delle infermerie, degli spedali railitari. 9.° Organamento d'un
sistema di presidii e di scolte , per assicurare i trasporti ed i yiaggi sulle
grandi vie dello Stato. 10.° Regolamento per le pensioni a' militari, alle
vedove ed orfani loro.
Ond' e chiaro che nulla fu omesso dall' avvedutissimo Imperatore, di
quanto puo concorrere a dar corpo e saldezza ad un esercito istruito e di-
sciplinato. La sua lettera fmiva con queste parole: « Per sollecitare la so-
luzipne di queste important! quistioni , e di tutto cio che s'attiene ad una
perfetta organizzazione militare, Yoi, caro Generale, avrete probabilmen-
te bisogno di dividere lo studio ed il lavoro tra un certo numero di sot-
tqcommissioni, formate di ufficiali piii sperti, francesi e messicani. I lavori
di queste, che si faranno coutemporaneamente, sarannp ppi sottoposti alia
disamina e discussione generale della Commissione principale. E cosi, ol-
tre al risparraiare tempo, si metteranno a profitto i luaii dell' eletta di uf-
ficiali che voi comandate cosi egregiamente, e la cui influenza, sotto
tutti i riguardi, ha gia prodotto per questo paese risultati rilevantissimi ».
Le Commission! anzidette han ppsto alacremente mano al lavoro . e fra
breve saran fatti di pubblica ragione i decreti, che elaborati sopra il loro
avviso, verrannp sottoposti all'apprpvazione dell' Imperatore. Solo qual-
che cosa e traspirato intorno all'ordinamento dell'esercito. Esso sara for-
malo col sistema interamente francese. Ottanta mila uomini saranno sot-
to le armi in tempo di pace : cencinquantamila in tempo di guerra. Venti
reggimenti di cavalleria, ciascimo di SOO uomini, sei battaglioni diotto
636 CRONACA
batterie a piedi e due battaglioni a cavallo formeratino 1'artiglieria : e la
fanteria si dividera in reggimenti di tre battaglioni di 800 soldati cia-
scuno. Per mantenere quest' esercito, dqpo le prime spese di formazione
e di armamento, occorreranno 60 milioni di franchi ogni anno.
6. Preparandosi cosi alia lotta, non pure contro i faziosi di dentrp, ma
si ancora contro i nemici di t'uori e specialrnente coiitro le piraterie del
Yanchee degli Stati Uniti, 1'imperatore Massimiliano sentiva benissimo
che 1' accingersi a domare con la forza tutte le bande repubblicane che
ancora stavano in armi, disseminate in rimote province , protette dalla
natura dei luoghi e dalla stessa distanza, era un esporsi a dover conti-
nuare, fprse per piuanni, quella che avrebbe almeno 1' apparenza di
guerra civile. Pertanto in ogni congiu'ntura fece intendere che accpglie-
rebbe a braccia aperle, poneudo in oblio il passato, i capi e parligiani
suoi avversarii, che lealmente accettassero il nuovo ordine di cose, e vin-
colassero la loro fede all' Impero. E sembra invitare a cio il suo contegno
soinrnaniente affabile, ed improntato di serena liducia nel popolo messi-
cano. Di che diede bella prova fia dal giorno dopo il suo ingresso solen-
ne nella Capitale. Egli , con I'augusia sua sposa, senz'altra scorta che
un valletto di palazzo, tutto a piedi, se n' ando alia Cattedrale, eyi assi-
stette alia Messa. II popolo lo riconobbe, e in breve ora si accalco in tal
nuraero alle porte della chiesa, che appena 1' Imperatore potea aprirsi il
varco al ritorno in palazzo. Accorse tulto affannoso un ufficiale, chieden-
dp a Massimiliano se dovesse far venire un drappeilo di soldati di guar-
dia ; ma 1' Imperatore sorridendo, e mostrando la folia che in atto bene-
•volo gli stava attprno e plaudiva : questa , rispose a voce alta, e la mi-
glior guardia che io mi possa desiderare. Di che si raddoppiarono leac-
cJamazioni d'entusiasmo, ed i popolaai, tra attoaiti ed inteaeriti : Oh ve-
dete! esclamavatio, questi sono davvero Principi 1 Che diiYerenza da quei
President! che avevamo (inora, i quali o non doveano o non osavaao mo-
strare ia pubblico le loro persone, se noa ciute <!' una fitta siepe di guar-
die e da interi squadroni di cavalleria ! Si vede che 1'Imperatore e I'lm-
peratrice son nati per regnare ! E cosl via discorrendo. Laonde e chiaro,
che, rispondendo con la tiducia alia tiducia, il popolo della Capitale do-
yea, comeavvenne, rimaner preso de' suoi Sovrani ; tanto cbe persino
unrepubblicano dell' America setleutrionale, scrivendoaNew YorK, ebbe
ad esclamare: « si Massimiliano omai domina tutti col suo'senno e con le
alte sue doti ; come 1' imperatrice Carlotta ha conquiso tutti i cuori con
la incomparabile sua bonta. »
Ma v' e di meglio. Moltide'piu caldi republicani , convinti dell'im-
possibilita di tener testa al valore delle truppe francesi, massime dopo la
presa di Puebla e la scontitta del Doblado, si capacitarono che il conti-
Biiare nel contrasto sarebbe un cagionare inutili quanto funeste sciagure
alia loro patria, e si adoperarono per indurre i piu accredilati fra i coa-
dottieri sostenitori di Juarez a posare I'armi ed acconciarsi al nuovo or-
dine di cose. Ccrto non si fecero cotali pratiche ne presso il Juarez , ne
presso il yersipelle Doblado, ne presso I' infame Ortega, che abuso della
generosita francese per tradire la data fede e fuggire, dopo essersi dato
prigioniero di guerra. Ma ben si provarono presso il generate Uraga. uo-
mo di riputato valore, che cornandava ancora un buon nerbo di truppe,
e si trayagliava a tenere in suggezione al Juarez ed alia repubblica lo
Stato di Jalisco; e leggesi nel Memorial diplomatique del 14 Agosto ,
CONTEMPORANEA 637
pag. 529, una calda e ragionatissima lettera a lui indirizzata, e firmata
da cinque cospicui repubblicani di Guadalajara, per esortarlo a desistere
da inutile resistenza, e rannodarsi all'impero. Pare che queste pratiche
riuscissero efficaci, perche, oltre a molti altri capi di bande e General!
di minor conto, lo stesso Uraga, se dissero yero le recenti notizie perve-
nute da Vera Cruz al Moniteur, alle proposte fattegli , aderi aH'Impero e
con la maggior parte delle milizie rimastegli giuro fedelta e devozione a
Hassimiliano I.
7. In un paese travagliato, per oltre a trent' anni, da scissure intestine
e da guerre civili, con Governi che pareano gareggiare, succedendosi a
capriccio delle fazioni prevalent, in accrescere i mali comuni e fomentare
1'auarchia, ognunp comprende quantp difficil cosa debba essere il prepa-
rare una Costituzipne secondo il diritlo nuovo, e tale che abbia ad appa-
gare i liberali piu indiscreti, senza offendere i moderati e senza lastricare
la via a'rivoltosi per mestiere. Pertanto Massimiliano I, riseryandosi a
pubblicare lo Statute fondamentale dell' Impero, a convocare la rappre-
sentanza nazionale, insonima ad organare e mettere in moto la macchina
del sistema parlamentare, quando il paese yi sia sufficientemente prepa-
rato: regge ora la cosa pubblica in quella forma ch% usavano i Sovrani
ayveduti ed onesti , prima delle famigerate conquiste del 1789. Cerca e
disamina da se i consigli de' personaggi piii ragguardevoli per yirtu e
perizia nelle cose proprie dello Stato, indaga accuratamente le conclizioni
passate e present! de' popoli, ne studia le costumanze, s' informa degli
abusi, pensa alle riforme, e commettea Giunte speciali la compilazione
degli ordinamenti, opportune ad assestarei yarii rami della pubblica am-
ministrazione. Durando questo lavpro preparatorio, era inutile, e perico-
loso forse, il circondarsi di Ministri risponsabili, che nori possono aver
luogo finche non esistono Camere rappresentative, innanzi alle quali ri-
spondere. Laonde Massimiliano 1 tinqui, avendo norninalo il sig. Ye-
lasquez de Leon suo Ministrq di Stato, si tenne pago alia nomina del Mi-
Bistro per gli affari esterni, indispensabile per intrattenere, nelle forme
•volute dal diritto internazionale, le relazioni diplomatiche colle Potenze
straniere. Scelse a tal carica il sig. Don Fernando Ramirez, che fu sem-
pre riguardato come capo del partito liberale moderate, benche avesse
rifiutato di partecipare all'Assemblea de' Notabili, ne avesse contribuito
al ristabilimento della Monarchia ed alia elezione del nuovp Imperatore.
Per gli altri rami della pubblica amministrazione mantenne in ufficio quel-
li, che con titolo di Spttosegretarii ne faceano le yeci.
Alcuni de' piu grayi abusi furono gia troncati con Decreti imperiali.
Npceya assai la larga facolta, che gli antichi regolamenli lasciavano ai
Giudici eMagistrati, di pigliarsi frequenti e lunghe yacanze. Massimilia-
no 1 ridusse a soli ire gli otto giorni di assenza, pei quali bastaya dare
avviso ai President! di ciascun Tribunale, ed a 45 giorni i tre mesi di
yacanze annuali. Ridusse pure a soli sette i giorni festiyi, nei quali i pub-
blici ufficiali non sono obbligati a condursi ne'loro ufficii; mentre pel
passato, attesa la tragrande moltitudine delle feste, questo accadeva cosi
spesso che la sped'zione degli affari n'era al tutto impedita. Nelle Dome-
niche luttavia i pubhlici ufficii del. Governo saranno aperti solo dalle ore
nove alle t!odici antimeridiane. In tali giorni di Domenica 1' Imperatore
tiene udi^nza pubblica, cui tutti, senza riguardo a condizioue civile, sono
ammessi a presentare a lui stesso in persona i proprii richiami^ od a sol-
lecitare le ricompense, i favori, la giustizia a cui credono aver diritto.
638 CRONACA
Le Commission! sopramentovate , pel riorganamento dell' esercito e
delle Finanze gia cominciarpno con grande alacrita i lavori loro assegnati;
ed altre due furono costituite per ordinare cio che spetta alia Giustizia ed
all' istruzione pubblica. Ecco la lettera scritta sopra cio da Massimiliano I
al sig. Fernando Ramirez : « Considerando che 1' amministrazipne della
Giustizia e del pubblicp insegnamento , sono elementi essenziali di ordi-
ne, di' moralita e d' incivilimento, e mia intenzione di applicaryi tutte le
mie cure. Percio vi conferisco autorita di nominare due Commissioni, di
cui ypi sarete Presidente, e che saranno incaricate di compilare i regola-
menti opportuni circa i punti seguenti.
« Commissione di Giustizia. Inamovibilita della Magistratura — Orga-
namento de' Tribunali e loro competenze — Contenzioso amministrativo
— Organamentp del Ministero publicp (fisco) — Stipendio de' Giudici e
loro risponsabilita — Pubblicita dei dibatlimenti in tutte le instanze —
Celere spediziorie delle cause, tanto civili che criminali — Codici — Mi-
glioramenti delle carceri — Polizia giudiziaria.
« Commissione pel pubblico insegnamento. Unita di sistema — Orga-
namento de' Professori — Stipendii — Scuole primarie, normali, Collegi
e Licei, scuola politecnica — Gradi letterarii — Biblioteca dello Stato —
Accademie delle scienze, di storia e di lingue — Ministero pel pubblico
insegnamento. » E fini raccomandando di suddiyidere tra piu Commissio-
ni secondarie gli studii, e promoverne con tutto zelo il compimento.
Con un decreto del 31 Luglio, riferito come gli altri che verremo ac-
cennando, dal Memorial del 18 Settembre, 1'Imperatore riorganizzo, sot-
tp il comando d' un Commissario imperiale, 1' amministrazione della pe-
oisola di Yucatan, che per lungo tempo fu il focolare dell' anarchia. Con
altro decreto del 29 Luglio fu levato il blocco da tutti i porti dell' Impe-
ro, tanto sul golfo del Messico quanto sul Pacifico. Con circolare del
27 Luglio fu imposto a tutti i pubblici ufficiali di astenersi da appellazio-
ni ingiuriose , a yoce o per iscritto, verso quelli che dissentono dal pre-
sente Governo; obbligandoli a non richiedere dichiarazioni di fedelta da
quelli che smettono le armi, senza punto indicare i l@ro sentimenti, pur-
che yivano quieti ; percio neppure dovrassi usare il yocabolo di grazia
verso quelli, che, ayendo combattuto contro 1' Impero senza perpetrare
delitti comuni, si accostano al Governo.
Con lettera del 7 Agosto al Ministro Velasquez de Leon, scrisse 1' Im-
peratore : « Ho giudicato opportune di ampliare /' azione della stamps.
Pertantp, a cominciare dall'8 corrente, e lino a nuoyo ordine, lacensura
preventives e abolita. Ognuno potra liberamente manifestare le sue opinio-
ni sopra gli atti ufficiali, e chiarirne i difetti , purche non si provochi a
disobbedienza e si psservi il rispetto dovuto ail'autprita. Le allusioni in-
giuriose , le recriminazioni intese a soffiar discordia ed irritare lo spi-
rito di parte, come gli attacchi di persone nella loro vita priyata, saran-
no castigati secondo le leggi yigenti , senza pregiudizio dei processi e
delle pene che si debbono infliggere da' Tribunali... I compilatori dei
giornali sono prosciplti dalle ammonizioni riceyute lino al presente. »
8. Alii 6 Luglio si celebro in Messico 1' anniyersario della nascita di
Massimiliano I. Tutta la Corte in gran gala assistette alia santa Messa,
seguita dal canto del Te Deum ; poi si tenne splendidp ricevimento e ban-
chetto a palazzo. Ma 1' Imperatore voile che i poveri ne sentissero qual-
che vantaggio, e del suo privato peculio diede 25, 000 franchi per libe-
rare le robe de'poveri messe a pegno. Oltre che ogni settimana fa distri-
CONTEMPOPANEA 6-39
buire somme cpspicue agli indigent! , fece mandare soccorsi copiosi allo
spartimcnto di Zacatecas, alTamato per la carestia del granturco , Dnde
cola si nutrisce il minutp popolo. L Imperatrice, eir.ulapdo 1'auguslo suo
consorte in ufficii di carita , si occupa di yisitare , lasciandoyi generose
largizioni, gl' istituti di benetlcenza, ed i conventi di religiose, chela
barbarie del Juarez ridusse a quella medesima condizione, in cui langui-
scono le monache assassinate dai ristauralori dell' ordine morale in Ita-
lia. Di che non e a dire quanto cresca nel popolo raramirazione e ralfet-
to verso i nuovi supi Priucipi, massime pel confrpnto con la spietata in-
gordigia de'passali President! , a null' altro inlesi che a hottinare ed in-
grassarsi del denaro e del sangue delle moltitudini da essi tiranneggiate,
in nome della liberta.
9. La presenza del Sovrano, ognuno il sa, torna quasi sempre molto
efficace quanto al conciliare la devozione de' popoli al Governo; e Mas-
similiano I non voile indugiare a valersi di questo mezzo anche per le
vicine province. Percio alii 10 d'Agpsto, lasciando all' Imperatrice le
cure della Cnpitale e la presidenza dei Ministri e sotlosegretarii di Stato,
benche non fosse ancora finita la stagione delle piogge, entro in viaggio,
e giunse il 18 a Valladolid, Capitale della provincia cpsi appellata. L'ac-
coglienza fattagli dagli abitanti fu magnitica e piena di cordiale entusia-
snio. Vi si sofl'ermo due giorni, nei quali ricevette deputazipni venute
a recargli 1' omaggio delle principali citta dallo Stato vicino di Mi-
cboacan; qtiindi prosegui oltre verso Guadalajara , Capitale dello Stato
di Jalisco, e che quanto all' importanza politica ed al numero degli abi-
tanti nvaleggia con Puebla. L'Imperatore visito poscia successivamen-
teLeon, Morelia, Guanajuato, Salamanca, Celaya, Queretaro, Zacatecas e
San Luis de Potosi, cioe dire le Province del centro e dell'occidente del-
I'lmpero. Due parlicolarita si dehbono ril'erire: 1' una e la malattia d'in-
iiammazione alia gpla che lo iucolse a Trapuato e V phbligo a fcrmarvisi
[jer due settimane incirca afh'ne di curarla , come felicementc gli riusci:
1'altra la festa dell'Indipendenza messicana, cheMassimiliano I voile ce-
lebrarenel picciolo viilaggio di Dolores, donde parli nel 1810 il primo
grido della guerra che emancipo il Messicp dalla dominazipne spagnuola.
II discorso che in tale occasione la Maesta Sua pronunzio , non poteva
essere ne piii caldo ne piu appropriato se fosse slalo proflerito da un
messicano di nascita , e quiudi ha prodotto nelle pppolazioni un effetto
assai buono e salutare. Tutto il rimanente della relazione di questo viag-
gio puo compendiarsi in poche parole : distribute del suo privato pecu-
lio larghe limosine tra le pppolazioni piu strette dalla mancanza del gran
turco : dare provvedimenti efticacissimi perche queste popolazioni sieno
presto sottratte a tale sventura : visitare da per tulto le career! , gli os-
pedali, le scuple: dare udienza a quant! la desideravano per loro affari :
informarsi dei bisogni di ciascun paese e dei miglioramenti da recare
alia prosperita pubblica: e da per tutto dar segni d'una piena c sinceris-
sima fiducia e riceverne dal popolo di cordiale e calda venerazione. Cos!
percorse quelle province dopo op giorni di assenza, tprnoin Messicp, ove
le accoglienze liete e festose gli si rinnovarono da ogni ordine di cittadini.
10. Prima di accingersi a yisitare cosi una parte degli Stati , 1' Impe-
ratore era preoccupato del bisogno di fare cjualche energica spedizione
eontro i rimasugli delle varie bande repubblicane, che in piu luoghi man-
tengono il simulacro del Governo di Juarez. Percio alii 24 Luglip eras!
tenulo ; sotto la presidenza del Generate Bazaine, un Consiglio di guer-
610 CRONACA CONTEMPORANEA
ra , composto di General! francesi e messicani ; in cui fu parlitamenle
divisato il modo di fare che le truppe imperial!, acconciamente distribui-
te, potessero tutte convergere verso un dato punto , in cui si sarebbero
sospinli i repubblicani, per cosi troncare d'un colpo solo la guerra. II di-
segno e vasto: ma sono anche piii vaste le terre semideserte, le monta-
gne, le vallate che si hanno a correre, per eseguirlo. Per goder tempo il
Generate Bazaine, benche sapesse forse gia di dovere alia tine di Settem-
bre rimandare in Francia circa 10,000 uomini, pure raise subito in mar-
eia le truppe ; e parecchie delle rainori bande o t'urono disperse o si sug-
gettarono.
Per I'effetto di queste disposizioni , Juarez, sfuggito per caso ai Fran-
cesi, die occupavano Monterey , fu costretto di rifugiarsi nel Chihahua,
ove i 3,000 soldati che 1'hanno seguitato si sbandano ogni di. I Francesi
si sono impadroniti di Boca del Rio, porto di Matamoros, e quindi a po-
co della stessa citta di Matamoros, dopo cbe Cortinas, il quale accorreva
a difenderla pel Juarez, fu sforzato dal Gen. Meija a prcnder la fuga, tra-
versando il Rip Grande c rifugiandosi nel Texas. II General Doblado ,
cbe gia eras! rifuggito nella Nuova Orleans, cbiese di sottomettersi , a
patto cbe siagli lasciata la libera propriela dei beni nazionali , da lui
comperali in gran quanlita dalla rivoluzione. Essendogli stato risposto
cbe per cio dec sottostare alle leggi comuni dell' Impero, ha chiesto un.
salvo condotto e una scorta militare , per recarsi in Messico a parlare
coll' Imperatore : dopo il quale abboccamento risolvera cio che gli torni
piu conto di fare: e tutto gli e stato conceduto. Tra i personaggi piu in-
signi , cbe hanno recentemente aderito all' Impero, contansi il generate
Zuloaga , antico Presidente del Messico , il generate La Garza , antico
governalore di Tamaulipas , il signor Vidaurri, antico governatore di
Nuova Leon e di Cohauila. Del generate Ortega corre voce che sia stato
ammazzato dai suoi medesimi partigiani. Gli Stati settentrionali posti
sulla riviera del Pacilico ban cessato da ogni resistenza al Governo del-
1'Itnperatore, e lo hanno acclamato per loro sovranp colla medesima pie-
nezza di voti che gli altri Stati del nuovo Impero, inviando loro delegati
a Massimiliano per annunziargli la piena loro adesione, impedita tin ora
dal raanifestarsi dalla presenza dei Juaristi. Omai non rimangono che
poche bande, che qccupano i punti piu remoti e piu aspri delle estreme
province , perseguitate incessantemente da valorose milizie francesi e
messicane. Si spera che in breve tempo anche queste bande sarannp di-
strutte: poiche si tiene per fermo che il Bcizaine, nominato Maresciallo
di Francia per decretp di Napoleone, pubblicato nel Moniteur del 9 Set-
tenibre, non si movera al ritorno in Francia, senon dopo condotla a ter-
mine 1' impresa disegnata il 2i di Luglio. Fatto sta cbe nel Novembre
saranno ricondotti in Europa circa 10,000 de' yalenti fondatori dell' Im-
pero dato a Massimiliano 1, e poco piu che tanti rimarranno a coadiuvare
ie truppe indigene.
Vero e che si fa assegnamento sulla Legione straniera, almeno altret-
tanto che sulla devozione dei Messicani stessi. Codesta Legione doyea
formarsi di 16,000 uomini; de' quali 8,000 francesi, 6,000 austriaci
e 2,000 Belgi, sotto il comando d' un Generate francese; e pare che que-
sti sia il sig. Jeanningros, chedovra dipendere direttamente dall' Impe-
ratore, e intendersela col Ministro della Guerra pei soli affari di ammi-
nistrazione. Gli 8,000 francesi son gia sul luogo : gli altri quasi tutti o
in mare pel Messico, o in procinto d' imbarcarsi.
LE SPERANZE DELIA VERA ITALIA
NEL
TRASPORTO BELLA CAPITALE
La Convenzione famosa del 15 Selternbre ira la Francia ed II
Piemonle e stata esaminata , osservata, studiala minutamente finora
da Deputati , da Ministri , da giorualisti buoni e cattivi. Che si e
ricavato da tanti studii? Si e ricavato queslo, eke non se ne puo ri-
cavar nienle di netlo. Questa Convenzione e una nebulosa che niuu
telescopio vale a schiarire , e un problema sfingico che%iuno Edipo
sa decifrare, e UD logogrifo, un indovinello , un enle anfibio che va
per mare, per terra, per sottoterra e per 1'aria vestito di nuvole e di
chiari scuri. E non e mica che la Convenzione non sia in se cosa chia-
rissima. Tult' altro! II suo difello sta anzi in queslo che e cosa troppo
chiara, e capace di natura sua di tanle chiarezze. diverse che 1' una
dislrugge ed oscura 1' altra mirabilmente. Appunto come accade al
sole , il quale non si puo negare che sia chiarissimo , eppure a chl
lo guarda in faccia oscura gli occhi , si che 1' audace specolatore na
rcsta cieco. Gosi questa benedetta Convenzione , chiarissima in se
slessa, accieca i suoi troppo studiosi osservatori , e si rende oscura
ed invisibile colla stessa lucidila sua.
Mirate infatli quanto opposte evidenze questa Convenzione ha
partorite nelle menti degli uomini. Non parliamo di Roma, dove non
ci e ancor la moda di giocare alle sciarade viventi, e dove per con-
Scrie V, vol. XII, fasc. 354. 41 1 Decembre 1864.
€12 LE SPERANZE DELLA YERA ITALIA
seguenza niuno si e curato di formarsi una impossibile opinione
netta sopra un negozio si imbrogliato. Ma a Parigi , per esempio ,
guardate la Franco. Questo giornale e pieno di buone inlenzioni
per la Chiesa e per Roma. Esso aveva tanla smania di essere il
paladino della Religione clie , in un momento di eccesso di zelo ,
Yolle prendere il posto dell' Univers nelle mani del Clero e delle
persone divote. Or bene un giornale si pio e si illuminato, un gior-
nale si devoto alia Religione e al Papa , un giornale clie darebbe ,
se non la propria , almeno la vita di lulli gli altri giornali catto-
lici, in difesa della S. Sede, questo giornale, insieme col Memorial
diplomatique e qualclie altro , vede nella Convenzione la sicurezza
di Roma.
Ma, oh caso slrano! In Parigi stessa certi allri giornali chc, se
non sono si pii come la France, hanno pero anch'essi le loro grandi
e piccole entrate presso quelli clie , non diciamo che le sappiano,
ma certamente pretendono saper le cose, quesli altri giornali vedono
nella stessa Gonvenzione la ruina di Roma.
Cio clie accade in Parigi, accade a Torino, accade da per tulto,
eccetto clie, come dicemmo, a Roma, dove, quanto alia Convenzione,
non accade niente.
Cio posto, *ed avendo noi , in piu articoli precedent! , recali gia i
varii argomenti clie quinci e quindi si dibaltono fuori di Roma pro
e contro di questa veramente doppia Convenzione, e parendoci cosa
ormai posta in sodo che , qualunque siano le intenzioni con cui fu
scritla e soltoscriUa , essa pero e evidentemenle in se stessa una
spada a doppio taglio, un Giano a due faccie, una proposizione a
due sensi, un oracolo anfibologico come chi dicesse : ibis red-ibis non
morieris in Urbe : essendo, diciamo, posto in chiaro che questa Con-
venzione e nel suo complesso oscurissima ed indicifrabile , vediamo
ora se non ce ne sia almeno una parte di chiaro , e se , per quella
parte che si va eseguendo fin d' ora , essa non debba avere qualche
conseguenza certa e qualche frutto non dispregevole. .
Questa Convenzione si va per ora effeltuando, come e noto, nella
sola sua clausola del Trasporto della Capitale, da Torino a Firenze.
Or questo trasporto, che e la sola cosa certa per ora della Conven-
NEL T1USPORTO BELLA CAPITALE 643
zione, e anche appunlo quella di che, secondo noi, il savio Piemonte
e la vera Italia si debbono rallegrare come di sconfitta parziale della
massoneria e di ottimo augurio per il ritorno a tempi migliori. II
che sembra a noi ckiarissimo per due ragioni principalmenle. La
prima si e il disguslo improvvidamente recato al Piemonte con que-
sto Irasporto. II qual disgusto, mentre punisce il Piemonte della sua
cooperazione ai mali finora perpelrati in Italia , lo distacca dail' Ita-
lia, e lo libera insieme da quella Babilonia di matti, di emigrali; di
scappati di casa, di giornalisti, di tutta quella marmaglia in somma
che fa ora il suo flagello e la sua corruzione. La seconda ragione si e
il disturbo e la discordia che essa Convenzione in generale e il tras-
porto della Capitale in particolare hanno recato tra i liberali italiani,
che ora si guardano in cagnesco piu che mai e sono pronti a profit-
tare della prima occasione per isfogare ciascuno contro delF altro il
dispetto profondo che si covano in cuore.
Incominciamo dalla prima ragione. Noi diciamo dunque in primo
luogo che questo trasporto della Capitale e salutare, perche disgusta
il Piemonte, perche lo dislacca dall1 Italia, e lo libera una volta da
quella ciurma di corruttori che furono finora la sua ruina. E chiaro
che il Piemonte disgustato della rivoluzione, si dee distaccare dalla
rivoluzione, ed e chiaro pure che, emigrando per Firerfze tutta quella
lurba di ciarlatani politici che finora oscuro il buon senso piemon-
tese, il Piemonte ne rimarra come F Egitto liberate dalle locuste.
Donde viene per dritta conseguenza che, disgustato il Piemonte e di-
staccato dalla rivoluzione, 1' Italia cattolica ne sara di tanto vantag-
giata, di quanto ne restera menomata la framassoneria.
E chiaro che questa Convenzione, colla sua clausola del trasporto
della Capitale, disgusta il Piemonte e i Piemontesi. Questi si accon-
ciarano volentieri a chiamare, ridendo e per celia, la loro Torino Ca-
pitale provvisoria. Ma nel fondo del cuore la credeano Capitale eter-
na. II voto del Parlamento di Roma Capitale era stato un bel trovato
del Cavour per ritenere la Capitale in Torino. Giacche egli sapeva
benissimo che vi erano i Milanesi, i Fiorenlini, i Napoletani e, si su-
peris placet, anche i Bolognesi e gli Spolelini che pretendevano di
capitanare 1' Italia. Or che fece egli? Fece dichiarar Capitale Roma.
LE SPERANZE DELLA VERA ITALIA
A Roma dovelte cedere natural mente ogni prelensione delle minori
citta; anche perche la massoneria, che sola si occupava di questo co-
me del resto nella moderna Italia, vedeva nell' idea di Roma Capi-
tale il compimento del massimo ed anzi dell'unico suo desiderio. Ce-
delte dunque ogni citta a Roma, rimanendo inlanto la Capilale in
Torino. Ai Fiorentini, ai Milanesi, ai Napoletani, a lutti gli altri che
mormoravano di questo dover star sotto Torino, il Cavour, con aria
confidenziale, diceva: « Abbiato pazienza un poco. Andremo a Roma.
Yedo anch' io che da Torino non si puo governare » . Ed intanto go-
vernava da Torino e teneva a bada le pretensioni municipali. I Pie-
montesi poi erano si persuasi di questa eternita proYvisoria della
loro Torino Capitale, che, quando arrive la notizia del trasporto,
Yollero cadere dalle nuvole, come alia notizia di un tradimento.
Apparisce anche da queslo quanto la morle repenlina del Cavour
in eta fresca, sia stato il principle della fine del regno d' Italia. In-
fatti, morto lui, si ando avanti come i gamberi, ruinando di abisso in
abisso. Non si trovo phi un uomo capace di governare questo caos
che si sarebbe sfasciato in quindici giorni, senza la potente protezione
dell'alleato francese. E come nelle fmanze, nel credito di mod, nel
dissenso dei partiti di dentro, cosi ancora nell' affare della Capitale,
mancato il Cavour, manco chi avesse la fiducia comune dei setlarii,
manco chi sapesse guidare la barca, si che ora si e venulo a questo
scoglio del trasporto da Torino, senza pero trasportarsi a Roma, che
era il peggio che si potesse prevedere, e quello appunto per cui im-
pedire il Cavour avea trovato quell' appiglio della Capitale prov-
\1soria.
Ecco che cosa significa il dipendere nell' esislenza da un uomo
solo ! Mori ii Cavour e con lui rnori il rettore interno. Ora T Italia e
come un buratlino, i cui fili sono guidati da un rettore esterno.
In questo caos il Piemonte e ora dunque travollo anch' egli per la
parte sua. II Piemonte perde ora la Capitale, e colla Capitale tutlo il
malacquistato in questi anni di congiure, di tradimenli,d' iniquila si
solenni. Ma questa perdita , questo sfacelo e poi veramente per il
Piemonle un danno o non piultosto un guadagno?
KEL TRASPORTO BELLA CAPITALE 645
E evidente die per molli lati e un guadagno. Noi non siarao cer-
lamenle di quelli die accusano il solo Piemonle di iulto il raale die
si & fatlo in Italia in quesli anni. Noi sappiamo die il Piemonle fu
sfrultato dalla fraraassoneria in do die avea di meglio, come, in do
che aveano pure di meglio, furono sfrutlati gli allri paesi d' Italia.
E non e cerlo un onore per la massoneria e carboneria italiana
che essa non abbia trovalo nel reslo d' Italia die Iraditori vigliacchi,
ed emigrati affamati, i quali senza 1'oro e la forza piemontese sareb-
bero rimasi incapaci d' altro che di qualche pugnalala notturna o di
qualche congiura prima scoperta che fatta. Ad ,ogni modo e certo
che lutte le varie province italiane hanno cooperate a quesla ruina,
che si chiama il Regno d' Italia. Ma d' altra parle non si puo negare
che il Piemonte non ci abbia pure cooperate per la parte sua, se non
con piu malizia, al certo con piu forza che gli altri. Senza il Piemon-
te non si sarebbe fatto nulla ; e benche in cio stesso che fece il Pie-
monte, I'immensamaggioranza dei Piemontesi non vi abbia nessuna
colpa, siccome quelli che subirono ed acceltarono i fatti, anziche con-
summarli, pure, ogni cosa considerata ed ogni circostanza allenuanle
tenuta in conto, sempre rimane vero che il Piemonte ha avuto la sua
buona parte in tutlo il male che si fece in Italia.
E do posto, chi non vede che e un gran guadagno pel Piemonte
F essere ora costretto dalla forza delle cose a vedere e loccar con
mano che abazzicar col diavolo, non si guadagnaniente?!! Piemonle
o, per meglio dire, molti Piemontesi, benche in teoria ed in principio
abborrissero da tulto questo massonismo che ora regna, pure in pra-
tica non poleano non essere molto allucinali nel loro retto giudizio
dalla prosperita temporale, che parea dover anzi crescere che dinii-
nuire colla rivoluzione. Quel vedere il proprio Re si ingrassato di
terrilorii : quel vedere i proprii soldati si sparsi in tanti paesi, qud
vedere la propria Capitale si accresciuta di province suddite; Iulto
questo solleticava naluralmente 1'amor proprio di molli anche buoni:
od almeno facea lor velo al giudizio, si che erano del vero , se non
nemici, almeno limidi amici. E, quando udivano i cilladini di allre
parti d' Italia maledire a queslo nuovo ordine di cose , non capivano
troppo la ragione di tanli lamenli, e giudicando gli altri da se, si ma-
616 LE SPERANZE BELLA VERA ITALIA
ravigliavano che tutti non vedessero il gran bene che, in mezzo a
tanti mail, pure parea loro di aver guadagnato.
Ora che col trasporto della Capitale tutto quel bene se n' e ito in
fumo e tutta quella farina in crusca, ora che il Piemonte , perdendo
la Capilale, non solo perde il frutto ma anche il capitale : ora che si
trova non solo seriza il piu che aveva guadagnato, ma anche senza
quel tanlo che aveva prima di tulte queste diaboliche annessioni :
ora il Piemonte capisce molte cose, cui prima non poneva molta at-
tenzione. Capisce ora che cosa vuol dire ilbazzicar colla rivoluzione,
la quale e una turpe merelrice sfacciata , che ti lascia spiantato allo
spedale. Capisce ora che cosa vuol dire I' aver che fare colla massone-
ria, che e una truffatrice ladra, bugiarda e omicida, come il diavolo
di cui e figliuola. Capisce ora che cosa vuol dire raver falto amicizia
con tanti fratelli venuti in Piemonte in abito di figliuoli prodighi, e
che ora emigrano per Firenze come tanti Caini colle spoglie del fra-
tello assassinato. Capisce ora che cosa vuol dire il dar relta alle no-
vita, alle teorie moderne, al progresso; tutte cose che finiscono colla
bancarolla, colle fucilazioni in piazza, colla disperazione. Ora il
Piemonte e pieno di liberali convertiti. Tutti i Piemontesi ora inten-v
dono che non si fa foriuna violando le leggi di Dio e della Chiesa,
I'ubacchiando 1'altrui e sparnazzando ii proprio coi fratelli emigrali
Ora egli capisce che non aveano poi tanto torto quei codini , quei
retrogradi, quei vecchioni che non pronoslicarono nulla di buono
da tutte queste novita. Ora egli capisce che YArmonia e Y Unita Cat-
lolica aveano piu giudizio che 1' Opinions e la Gazzetta del Popolo.
Ora il Piemonte e codino ; e , se non lo e ancora , e chiaro che 3 in
buona via per diventarlo, grazie alia gratitudine mostrata a lui dalla
rivoluzione.
Non e questo un buon guadagno pel Piemonle medesimo? Si cer-
lamente. E non crediamo che ci sia un solo uomo onesto al mondo
il quaie non sia capace d' intendere il guadagno che ci ha per un
popolo dell' imparare, anche a spese sue , la verita. Un framassone
credera sempre che il bene sta nel bene materiale. Ma chi non e
abbrulito nelle selte capisce che sul materiale regna il morale, e che
e meglio esser povero ed onesto che ricco e briccone. Ora, il ripe-
KEL TRASPORTO DELLA CAPITALE 647
iiamo, il Piemonte e in buona via per imparare, a spcsc propric si,
ma insomma per imparare clie coi framassoni c colla rivoluzione non
c' e nulla da guadagnare e tullo da perdere.
Ma il Piemonte guadagnera ancora per altravia.Giacche, col tras-
porto della Capitale, egli vede sfilare verso Firenze lutta quella mar-
magi ia che finora lo coperse come una crosla mvcrminita. Par lira
quella crosta e riapparira , speriamo , la pelle sana dell' anlico Pie-
monte. Partira la Camera con tuld que' bestemmiatori indiavolati
che appestavano 1'aria colle loro empieta e colle loro sfide sataniche
a Dio e alia Chiesa. E dielro ai nove uffizii della Camera e da cre-
dere che si porra in fila pure lapiii gran parte del decimo. Partiran-
no pure quegli altri non migliori uffizii dei giornali settarii, fogne di
empiela, universita di goffaggini, cloache di corruzione per il cuore
e per la testa, infezioni di ogni scienza e di ogni gentile costume ,
corrultele de'giovani, indurimenli dei vecchi, scuole di errori, cat-
ledre di peslilenza, nidi di ogni malizia, covi di ogni vizio, spelon-
che di ogni congiura. Quando Roma dovette essere purgata e sana-
ta per esser degna sede del capo della Chiesa, Costantino ne parti,
e dietro lui la sozza Roma imperiale che, come ruino poi Costantino-
poli, cosi avrebbe impedila la conversione e la sanlita della citta,
stabilita per lo loco santo ove regna il successore di S. Pietro. Ro-
ma forse pianse allora : e Bisanzio rise. Ma Risanzio e sotto i Tur-
chi e Roma e sede della civilta e della morale, capo del mondo , e
maestra alle genti. Cosi ora, si pauca licet componere magnis, se
Torino dee ritornare alia bonla di prima, se il Piemonte, come fer-
mamente speriamo, ha da ritornare una volta agli antichi invidiati
tempi della quiete e della prosperita pubblica , dovea veder partita
da se la Capilale colla corruzione presente. Parta pure da Torino
la Rubilonia della massoneria, parla con essa tutto il piu bel fiore
degli intrigant! , il piu fetente lezzo della corruzione, parta il parla-
mento; vadano costoro a bestemmiare dove vogliono. II Piemonte ci
guadagnera molto nella morale. Non si perde mai niente quando si
. perdono i cattivi compagni.
Ma oltre a questo doppio guadagno morale che fa il Piemonte col
trasporto della Capitale, guadagno di miglior cognizione speculativa
618 LE SPERANZE BELLA VERA ITALIA
e pratica del male che e la rivoluzione, e guadagno di una specie di
buona scopatura o ripulitura generale, che lo smorbera da una feccia
di gente di ogni paese e di ogni razza che cola confluiva come ad
una Babilonia, e che d'ora innanzi liberera il Piemonte della sua pre-
senza; oltre a questo doppio guadagno morale, il Piemonte con que-
sto trasporto ne prepara all' Italia anche un altro di gran rilievo.
Infatli e noto che i cospiratori , i traditori , i pugnalatori , i bombar-
datori, i carbonari, i framassoni, il partilo liberale insommadi tut-
to il resto d' Italia non ha mai saputo far nulla da se in danno della
Italia senza 1'opera del Piemonte, il quale fece fmora, quanlo si e fat-
to, a spese sue. Se fosse tutto finito, se nulla rimanesse a rubare,
se Roma, se Venezia fossero annesse , se 1' Italia fosse serva rasse-
gnata e quieta della framassoneria, come il sono pur troppo altrire-
gni e imperi di Europa, allora il trasporto della Capitale e ii disgu-
sto del Piemonte sarebbero bensl un atlo d' ingralitudine, ma non
un danno al regno massonico. Laddove, essendo ora le cose a mez-
za \ia, e rimanendo anzi a scorticar la coda, che e il piu duro della
bisogna, vede ognuno che 1'aver cosi disgustato il Piemonle, distac-
candolo quasi a forza daU'amore dell'Italia massonica, e un vero be-
nefizio che la stoltizia e la malizia non si sa ben di chi, o, per meglio
dire, che la provvidenza rese alia buona Italia. E inutile dissimu-
larlo. La rabbia, il dispetto, il malumore che quesla improvvisa de-
cisione di trasporto produsse in Piemonte, sono indescrivibili. La
cosi detta carita di patria, ossia la diplomazia e la politica , non ba-
starono a chiudere la bocca ai lamenli nemmeno in parlamento. I
Piemontesi se la sono legata al dito. E si puo essere certi che sa-
pranno ben provare all' occasione , quanto sia stata slolta la masso-
neria nel disconoscere i loro servigi.
II Piemonte fece molto sin' ora pel male d' Italia. Ma, per chi ben
conosce le cose, e evidente che il Piemonle non operava direttamen-
te per 1' Italia ma per il suo Re. Errano molto i framassoni se cre-
dono che T esercito piemontese, per esempio, si battesse valorosa-
mente per amore dei loro bei visini. L' Italia per il Piemonle non
era una dama da riverire, ma una provincia da conquistare alia mo-
narchia sarda. 1 framassoni furono finora bastevolmente furbi. Cor-
NEL TRASPORTO BELLA CAPITALE 649
teggiarono il Piemontc c il suo Re. Promisero al Re di Sardegna la
corona di Re d' Italia, ed al Piemonte la supremazia generale. Presi
a queslo dolce amo, Re e Piemonte si posero al servizio della framas-
soneria. E avrebbero conlinualo in questo bel servizio, se la masso-
neria non si fosse divisa tra se. Vennero i fraraassoni toscani al
potere, e accecati dall'ainore municipale, vollero portar a Firenze
la sede del governo. Molti altri fraraassoni piu oculati pregarono,
scongiurarono che non si facesse questo sproposito. Capivano essi le
conseguenze. Ma ora la cosa e fatta , e le conseguenze si vedranno.
I Toscani reslano incaricati di conservar il regrio altrui ; essi che
perdeltero tante voile il proprio !
Questo proposito del Piemonte di volersi vendicare della masso-
neria traditrice coll' abbandonar r Italia e far da se, benche non sia
ancora tan to esplicilamente dichiaralo da potersi vedere formolalo ,
come a dire , in un giuramento, e pero abbastanza visibile da molti
indizii. Ci contenteremo recarne alcuni : « Verra giorno (dice il Dint-
to dei 23 Nov.) e non e lontano, in cui gl'Italiani, fatti accorli della
fallacia del patto, al quale, con tanto impeto di ammirazione inconsi-
derata applaudirono, si pentiranno di non aver seguito 1' impulso che
loro veniva da Torino per combatterlo. Noi siamo cerli che gl'Ita-
liani si dorranno di essersi ribellati alia egemonia piemonlese,
nell' occasione in cui poteva salvare da suprema rovina 1' Italia. Ora
il sacrificio e consumalo; e possa esser questo 1' ultimo imposto all'I-
lalia. II regno d' Italia, svelto dalla salda base che aveva su questi
graniti alpini, va a porre le fondamenta sulle mobili arene deU'Arno.
Possa almeno non restar tutta qua 1' onesla e la fermezza piemonlese !
Ora senliamo che questo popolo di ferro era un fedele e sicuro cu-
stode dell'avvenire dell' Italia: e lemiamo che ben presto 1' Italia sara
coslretla a rimpiangere il Piemonte e i Piemonlesi. » E la Gazzetta
del popolo del 18 Nov. : « Questa parola fatale del piemontesismo e
diventata 1'arma, con cui gli inconscii nemici della rivoluzione d'lla-
lia ban comballuto fmora per ischiantare Tunica forza solida e seria,
per cui 1' Italia e. II piemonlesismo e stalo il solo punto di mira del
Traltalo. Rompere il piemonlesismo e stato correr pericolo di rom-
pere il militarismo, e 1' Italia oggi non esisle che neU'esercilo. Ora
61)0 LE SPERANZE DELIA VERA ITALIA
1'esercito e spostato dalla sua base. II piemontesismo e la nuova Ita-
lia. Faccia Dio eke resti ancor saldo sull'Arno, come lo fu sullaDora. »
Anche nel Parlamenlo si udirono parole presagke di disgrazie per
i' Italia, colpa 1'aver disgustalo il Piemonte. II Berti, il 14 Novem-
bre, parlava cosi : « Diceva il generate La Marmora eke la discordia
ci romoreggia alle spalle , ed io lemo eke il disordine ci minacci
davanli. La prima si poteva evitare ; al secondo non si porra piii
riparo. Dio voglia eke noi non comiiiciamo 1' era delle velleiJa, eke
sono lanta parle della nostra infelicissima storia! Non so se mai ab-
biate fatto altenzione, come in Italia il sentimento della malleveria e
debole , per effelto appunto della recente, unione e fusione delle pro-
vince. Ebbcne, il Piemonte si teneva mallevadore per quel legittimo
orgoglio di avere incomineiato, per la nobile ambizione di continuare.
La malleveria voi la trasportate, voi la rendete quasi anonima, voi la
sccmate. Non illudetevi, signori; il trasferimento della Capitale crea
una situazione nuova, per rispetto alle parti, per rispetto al Parla-
mento, per rispetto alia monarckia, ed ancke per rispetto alia difli-
colta di fondere tutte quesle razze. Non-c'c grande politica in Italia,
se non e politica d'indipendenza. Tutte le allre vedrete eke tosto o
tardi romperauno conlro Y eterno scoglio indicato da' nostri maggio-
ri statisti ».
Ma niuno forse minaccio piu ckiaramentc la miova Italia a nome
del Piemonte quanto il Ckiaves, il di 18 di Novembre: « Signori, il
Picmonle entra in una nuova condizione di cose; il Piemonte anck' es-
so oramai e una provincia nuova: nuova rimpetto all'Ilalia, nuova
* rimpelto alia dinastia. Ne il Re , ne la patria devono pensare mai a
fare un assegnamento poziore sopra una provincia eke non sopra le
altre ; tutte le province del regno devono rispondere , e con eguale
operosila ed efficacia , all' appello eke loro viene dalla patria e dal
Re. Saremo piu forli cosi? Io lo auguro e lo spero ».
Yede ognuno eke cosa significki questo augurio e questa speran-
za. Essi vogliono dire: « Vi penlirete e presto di aver trasportata
la Capitale ».
Resta dunque abbastanza provato eke la Convenzione del 15 Set-
lembre ka questo finora di ckiaro, eke, menlre migliora moralmento
KEL TRASPORTO BELLA CAPITALE 651
il Piemonle, lo disgusla insieme e lo distacca naturalraentc da
quell' Italia che tulto gli doveva e che ora tulto gli toglie ingrata-
mente , senza pensare che mollo ancora aveva da aspeltarsi da lui ,
il quale le rendera a suo tempo pane per focaccia.
Ma la Convenzione ha ancora un altro punto luminoso ed e la di-
scordia che pose in Italia nel regno liberlino , 1' imbroglio che gli
cagiono nell' amaiinistrazione , il disseslo che aggravo nelle fmanze.
II che tulto, unito al rinfocolamento da lei prodolto negli odii e nelle
gelosie municipali, produsse un tale disturbo generate che gli esperi-
mentati e i pralici, anche tra gli stessi framassoni, non se ne augura-
no niente di buono. « Oggimai ( dice il Diritlo dei 21 Novembre), og-
gimai il sacrificio e compiuto. CoH'animo profondamente commosso,
colla mente perturbata di mille presentiment! e tulli funesti, noi non
sappiamo oggi ragionare su questo gravissimo avvenimento. Noi ve-
diamo 1'Italia entrata in un nuovo ciclo di servilu ; noi , ehe aveva-
mo sperato di vederla incamminarsi balda e sicura per la via della
liberta. Noi yediamo perduta ogni sicurezza del noslro avvenire ;
spezzato ii vincolo della noslra unita; violalo il plebiscito ed esposto
ad altre violazioni infinite, sicche della volonta nazionale non restera
in breve piu traccia. Prove aspre e travagli fieri si preparano all' Italia.
Noi non sappiamo onde possa oggimai venire salule alia patria. » E
eel n.° 22 Nov.lo stesso giornale diceva: « Se non ci fosse il sangue
di lanti Ilaliani sparso su i paliboli e sul campo di battaglia, se non
ci fossero tanti milioni spesi e rubati, in verita che questo regno d' I-
talia sarebbe cosa da oilrire argoniento inesauribile di riso. Noi sia-
mo certi che costoro non hanno neppur da lontano un'idea delle dif-
ficolla che porta seco il trasferimento della sede di un Governo ».
Si dira che il Diritlo e democratico. Ma non e democratico il Bog-
gio, il quale, il 15 Novembre, ndla Camera, disse cosi : « Non csiste
punlo fra gli Ilaliani un accordo unanime. Ne il Parlamcnto si moslra
piu Concorde di quanto lo siano le popolazioni italiane. Certo noi
siamo caduti in una grande confusione d' idee. Quando avremo fatto
la votazione e troveremo da una parte una grande maggioranza che
ha dello s\, e dall'allra una minoranza che dice di no, lutta 1' opera
nostra riuscira a null' altro che ad un equivoco. Si : avremo creato
652 LE SPERANZE BELLA VERA ITALIA
un equivoco di piu: avremo di nuovo iniziato quel sistema che d' il-
lusione in illusione , d' equivoco in equivoco ha , da qualtro anni in
poi, disfalto tre Ministeri, senza contribute per cerlo a fare 1' Italia.
Noi respingiamo la Convenzione perche, a nostro avviso , essa ed il
trasferimento della Capitale nelle attuali condizioni contengono un
Immenso pericolo di danni incalcolabili alia dinastia , al principio
monarchico, all' unita d' Italia. »
Si dira che il Boggio e del parlHo dell' opposizione. Ma non e
dell' opposizione il sig. minislro Lanza, il quale, il 15 Novembre, par-
16 cosi: « lo considero, signori, che il trasferimento fatto nelle presen-
ti circostanze abbia parlicolarmente questo inconveniente , di cansa-
re una spesa considerevole, che certamente bisogna sopportare, ag-
gravarido la crisi finanziaria e monetaria che travaglia gia cosl do-
lorosamente il paese; portare altri dissesti in un' amministrazione
che non e per anche bene ordinala ; svellere la sede del Governo da
un terreno saldo e sicuro , per trasferirla dove forse non esistono in
pari grado le necessarie condizioni di solidita e di sicurezza ; o do-
ve almeno si richiede un cerlo tempo , prima che tali condizioni si
creino. lo non vi celero, o signori , che noi dovremo aridare incon-
tro a gravi difficolta neH'esecuzione tanlo della Convenzione, quanto
del trasporto della Capitale. E una crisi molto seria, cui Tllalia si
trova esposta, e la quale risiilta anche piu grave dall'essere compli-
cata colla quistione finanziaria. »
II Mordini poi, con piu chiarezza, espose, nello stesso giorno 15
Novembre, lo stato d' Italia dicendo : « La pubblica amminislrazio-
ne e un caos ; le finanze ridotte a tali estremi che ci sta sopra, se
non si provvede in frelta e furia, lo spetlro deH'insolvibilita al fmire
di Dicembre. Questo e il bilancio all'interno. All' estero influenza
nessuna, e indipendenza di nome piu che di fatto da una grande Po-
tenzavicina. lo non vedo che rovine intorno a noi. Yoi stessi siete
sconlenti, turbati, sconfortati e scorati. Ma se voi siete scontenti,
se I'evidenza delle cose e tanta, che siete voi slessi obbligati di fame
pubblica confessione, quanto non debb'essere scontento il paese? »
Ne e da omeltere il detto dal Musolino, il 12 Novembre: « La Con-
venzione contiene qualche cosa di piu grave che non sia la sempli-
NEL TRASPORTO BELLA CAPITALE
ce nnunzia a Roma. Volete saperc quello che io veggo nclla Con-
venzione ? La Convenzione per me porta in germe quest! tre gran-
di ilagclli: la guerra civile, la guerra straniera... ( Lunga in-
terruzione).
« Presidents. L' onorevole Musolino temped le sue espressioni.
« Musolino. Se non volete sehtire la verila, state a casa vostra. Io
qui mi atterro alle piu strelte convenienze parlamentari, non parle-
ro di persone, ma la verita debbo dirla come 1' ho delta sempre.
« Voci. Ha ragione ! Bravo !
« Musolino. Dunque la Convenzione per me conliene quesli tre
grandi flagelli : guerra civile e guerra straniera.
« Voce. E il terzo ?
« Musolino. Sfasciamento d' Italia e caduta della Dinastia di Sa-
voia. ( Violenta interruzione ) .
« L' Italia dilaniata ricadra in uno smembramento peggiore del
primo ; e Casa di Savoia sara cassata dalla lista delle case regnanli.
( Rumori ) . NQH c'illudiamo, o signori, io pveveggo che questa
infausla Convenzione ci spinge alia perdizione. »
II Tecchio alia voltasua vide, il di 16 Novembre, le cose coi color!
piu foschi: « La Convenzione spezza la nostra concordia. Abbiamo
avuto piu anni di sgoverno. L'amminislrazione dello Stalo e delle
province intrislita. Cresciuto il peso dei balzelli ai cittadini, e sem-
pre piu stremato 1'erario. Ora poi che la Convenzione c' inferisca
di gravi danni, senza il compenso di alcuna utilila , parmi oggimai
indubitabile. »
Odasi ora 1'Avezzana : « Vi assicuro che , ove mai cotesto patio
venisse approvalo da quest' Assemblea, infallibilmente sarebbe dis-
fatta 1' unita ilaliana. Quel patto malaugurato evidentemente porta
seco, come necessaria conseguenza, la rinuncia a Roma, qual Capitale
d' Italia. II noslro magnanimo allealo vicino oltenne un accordo che
ci stimmalizzera come nazione inetla a governarsi da se ! L' altua-
zione di queslo Iratlato fissera irrevocabilmente la decadenza del
noslro bel paese pei secoli avvenire. Tulli quesli mali fatalissimi io
vedo venire sopra il noslro paese. Esso di gia ha scosso grande-
menle la noslra nazionalila , seminando discordia fra di noi ! Io vi
654 IE SPERANZE BELLA VERA ITALIA
scongiuro , connazionali miei e colleghi , di respingere con me que-
sto patio ruinoso al noslro avvenire. »
L'Avezzana e un democratico. Ma odasi il Pinelli, il gran fucila-
tore del regno di Napoli : « Gia vi dissi , signori (cosi egli , il 12
Novembre), chela Convenzione del 15 Settembre e da reputarsi
dannosa,ed ora vi aggiungo che la peggiore sua colpae di esser ta-
le da generare maggiori pericoli , respingendola che non approvan-
dola, cosa che, a mio avviso, svela 1'artefice. Ma ora essa e un falto
compiuto: che cosa ci rimane a fare? lo vorrei che la mia voce fos-
se abbaslanza autorevole presso tutli i rappresentanti delle provin-
ce subalpine, per esortarli ad astenersi dignitosamente da! votare7
dimostrando cosi che niente puo indurli ad approvare una leg-
ge che, a parer nostro, portera lo sfacelo d' Italia , e dovra forse
rendere dolorosamente vere le parole pronunziate al suo letto di
morte da uno dei piu illustri Principi di Casa Savoia, dal glorioso
Yittorio Amedeo II : « Oh ma maison, on a signe ta perte. (Mom-
menti diversi). »
Si crederebbe che almeno il La Marmora, erede fiduciario della
Convenzione, avesse dovuto difenderla davvero, e dimostrarne i
grandi vantaggi per 1'Ilalia e pel mondo. Ma il La Marmora la difese
come a dire a forza e di mal umore, e con tali argomenti che appe-
na se ne sariano trovali de' migliori per combatterla. Quest! argo-
menti, coine ben disse il Boggio, neila seduta dei 14 Novembre, « si
riducono sostanzialmente a quest! : la Convenzione reca la firma rea-
le, e rimperiale ; non si possono disdire tali firme. Inoltre la Con-
venzione e oramai il desiderio di tutli gl' Italian!, dunque non dob-
biamo respingerla. Alle nostre spalle abbiamo 1' abisso che puo in-
goiarci lutli, se col respingere la Convenzione noi offendiamo il sen-
limento della nazione ilaliana. » Or bene quanto all' argomento delle
firme, cio equivale a dire : « Cosa falta capo ha , non si puo disfare
il fatlo , o bene o male che sia stalo falto. » Quanto al secondo ar-
gomento dell' essere la Convenzione nel desiderio degl'Italiani, cio e
vero in quanto gli Italian!, cosi chiamati dal La Marmora, doe i
framassoni, vedono 1' abisso pronto ad ingogiarli tutli se la Conven-
zione si respinga. Bella consolazione veramenle! 0 mangiar quesla
NEL TRASPORTO BELLA CAPITALE 655
mineslra, o saltar dalla fmcslra ! 0 accettar il male della Conven-
zione fatla, o rassegnarsi al peggio della Convenzione disfatta. Ecco
i begli argomenti , onde solo la Convenzione si puo dimostrare utile
all' Italia liberate!
Abbiamo dunque lulta la ragione di asserire che questa Conven-
zione e fertile per ora di ottime e liele conseguenze per 1' Italia
caltolica.
Ma vi e un' ultima ragione che dee far aprire gli animi dei buoni
italiani a liete speranze ; ed e la sfiducia entrata ora piu che mai nella
massoneria di avvicinarsi a Roma , anche con questa Convenzione.
Per fermo e cosa curiosa questa, che mentre dall'un lato una gran
turba di framassoni dentro e fuori 1' Italia considerano la Conven-
zione come un passo verso Roma, dall' allro lo scoraggimenlo e la
sfiducia presero nei cuori massonici il luogo deU'allegrezza, che tale
persuasione dovrebbe in loro ingenerare. Non e questo 1'unico ne il
piu singolare dei misteri che cova questo sfingico tratlato. Intanto
pero noi non vogliamo frodare i nostri lettori delle preziose confes-
sion! , che la forza delle cose pare aver tratle di bocca ai liberal!
nella celebre discussione della Convenzione, che gia ci forni finora in
quest* articolo tanti bei testi autentici : « Conviene confessarlo (dice
il Boncompagni , il 9 Novembre), noi non ci eravamo fatto il con-
cetto delle immense difficolta che presentava la quistione romana :
noi ci eravamo accinti a risolvere quella grande quislione come bam-
bini ; ci pareva che le nostre risoluzioni fossero come le trombe di
Gerico, dinanzi alle quali dovessero cadere le rocche che custodisco-
no la sovranita del Pontefice. Grand! illusioni, o signori. »
Ed il Mordini, il di lo Novembre: « Si tralta della questione Ro-
mana, di quella quistione tremenda, solto la quale in breve corso di
tempo noi vedemmo soccombere il conle di Cavour, disfatlo il Mini-
stero Ricasoli , Yinlo e quasi piagato a morte Garibaldi , rovesciati
sul vinto i vincitori , Rattazzi e Thouvenel , precipitato dall' alto in
mezzo a un trionfo eftimero il Ministero Minghelti ! Guai a chi tocca
Roma intempeslivamenle ! »
Poteva dire , guai a chi locca Roma, senza quell' avverbio vera-
menle intempeslivo. Ma e gia molto che i framassoni si cominciano
ad accorgere che Roma non e fatla per loro, almeno per adesso.
U156 IE SPERANZE DELLA VERA ITALIA
I
E ne die ottime ragioni il Coppino, il di 11 Nov., dicendo : « Noi
vediamo in Roma uno spetlacolo, il quale a me non place ; il quale,
sono certo, non piace agli uomini amici della liberla, ma sono sicu-
ro che tultavia fa tulli pensosi. E qualche cosa degna di fermare 10
considerazioni degli uomini serii lo spettacolo di questo vecchio so-
prano italiano , il quale sta sopra un trono scrollato o infranto , cir-
condato dalle rovine di cinque altri Iron! , e che ba tulto il mondo
liberale che lo serra intorno e gli domanda che si arrenda ai pro-
gressi della civilta , e a tulti risponde : Non possumus! E qualche
cosa che debbe farvi pensare cotesta potenza , che trae un vecchio
inerme non dalla forza materiale , ma dalla morale , la quale gli da
questo vigore , il quale trattiene sopra i limili dell' eterna citta la
\incilrice Italia , e pone un oslacolo non superato ancora al pro-
gresso delle idee liberal!. leri io vi domandava : ditemi quanti fra
I cattolici sieno seguaci delle idee che ci esponeva 1'onorevole Bon-
tompagni; oggi io vi domando quanti fra gl'Italiani sieno i seguaci
di quelle idee, le quali insegnano in Italia il Vera, e 1' Ausonio-Fran-
chi , e il Bertini , e il nostro Ferrari. Se adunque il progresso nelle
popolazioni cattoliche non e molto, e se 1' Italia e ancora lontana, per
3e sue condizioni intellettuali, da seguire 1' anclamento che il pensiero
umano ha preso in allri paesi; egli e evidente, o signori, che le spe-
ranze del vincere a Roma debbono essere diminuite d'assai. Signori,
se in questo punto la Seclia di Pietro fosse calcala ancora da uno di
quei grandi Pontefici (non tema il Coppino; che questo Pontefice
won manca ) , i quali sono talora nei secoli andali usciti dal seno del-
la nazione ilaliana , che cosa avverrebbe ? Se uno di questi , si po-
nesse la , circondandosi di tutte le guarenligie che il trattalo pre-
sente gli dona ; se facesse valere tutli i diritti suoi , se si ponesse
Intiero, sincerissimo rappresenlante delle sue dottrine, oh ! signori,
lo temo che sorgerebbe tale e tanta opposizione contro alia dottrina
di noi liberali italiani, che le difficolta del nostro ordinamento do-
vrebbero essere immensamente aggravate » .
Ed il Petruccelli, il di 11 Novembre : « Non vi e storia meno sozza
di bassezza che quella del Papato. II Papa vendera fmo all' ultimo
suo calice prima di trallare con voi e riconoscervi , quando anche
NEL TRASPORTO BELLA CAPITALE 637
yoi areste la \illa di trattare con lui e di riconoscerlo. Quindi io
considero qucsto pallo dclla Convenzione un infelice ludibrio che si
fa ad un Governo che si rispetta e si lascia rispellare. »
Abbiam recati quesli tesli (e ne potevamo recare infmiti allri) af-
fme di far toccar con mano ai nostri lettori quanto sia vero do che
noi asseriramo ; cioe che questa Convenzione , nella parte in cui si
sta per ora effelluando , e considerata dai liberali slessi come fune-
sta all' Italia. Che se, cio non ostante , 1' accettarono e la volarono ,
cio fecero perche respingendola ben vedevano che precipitavano
dalla padella nella bragia. Or non dovendo noi cattolici mostrarci
piu pusillanimi dei liberali ; se questi , non ostanti tante cagioni
di lerrore per la loro Italia falsa , e non ostante che queslo terrore
cavi loro di bocca tanli chiari indizii di disperazione , pur nondi-
meno sperano conlro la speranza e lavorano contr' acqua e contro
Ten to ; quanto piu noi dobbiamo tenere erello 1'animo alle liete
speranzc, per la vitloria cerla e presla della Chiesa, in questa lotta
che il diavolo le scateno contro piu furiosa che mai in quest' anni.
Si. Non puo fare che la Provvidenza non coroni presto di lieto suc-
cesso questi sforzi costanli e continui, che tanli caltolici fanno per la
difesa della verila e dei sani principii. Solo non ci stanchiamo dal
combaltere. Con questo la Tiltoria e certa. E sia questo il buon au-
gurio che noi in quesle fesle Natalizie e in questo Capo d'anno in\ia-
mo di cuore ai nostri benevoli associati e lellori.
Serie Vf vol. X]I, fasc. 354. 42 1 Decembre 1864.
ESAME
DELLE PROVE DELL' IMMORTALITA
DELL' ANIMA
Quasi cardine , sopra del quale si gira tutta la vita morale del-
!' uomo , e 1' inlimo convincimento che 1'anima in noi sopravviva al-
ia morte del corpo. PJmossa una tal verita, non pure e toila dal cuo-
re la speranza phi dolce negli affanni della presente vita; ma tulto
1'ordine de' coslumi e manomesso e sconvolto. E cio non tanto, per-
che le azioni umane resterebbono prive della sanzione piu valida ed
operosa ; quanto perche Y idea stessa di virtu verrebbe a mancare.
La virtu consiste nell' effettivo predominio dei dettami della ragione
sopra le isiintive inclinazioni del senso; e un lal predominio non
avrebbe piu luogo , quando , terminando quaggiu tutto 1' uomo , la
conservazione e il ben essere del composlo somministrasse il cri-
ierio supremo al nostro operare. La voce di natura, imperiante nel
rccinlo della coscienza, acciocche non sia un semplice falto , supe-
rabile dalla gagliardia , per avvenlura maggiore, d' un istinlo; con-
vien che abbia non solo in se ma anche relalivaraente al soggetto
un valore assoluto e trascendente. Or ell a non puo godere di tale
prerogativa , se non vincolandosi esso soggetto con legame immuta-
bile ed universale , che si slenda fuor della cerchia di tutta la con-
fingenza misurata dal tempo.
Essendo di si alta importanza quesla verita, dell' immortalita
dell' anima , non e maraviglia se la sapiente provvidenza di Dio noa
ESAME DELLE PROVE DELI/ IMMORTALITA DELI/ANIMA 659
ha voluto abbandonarla alia speculazion de' filosofi , ma Y ha quasi
impressa da se stesso nella mente di tutli ; sicche ciascuno, comeche
inerudito, sappia con facilissimo discorso dedurla , vuoi dalle innate
propensioni del cuore , vuoi dagli arcani presentimenti dell' animo ,
vuoi dalla sproporzionata distribuzione de' beni e de' mail , al rag-
guaglio de' meriti, nella presente vita. Dopo 1'esistenza di Dio, non
ci ha veril^ piii popolare ed antica di questa in tulto il giro delle
conoscenze, che al senso coruune apparlengono,
Nondimeno essa e verila dimostrabile eziandio filosoficamenle ; e
Melchior Cano non dubito di tacciare di temerario e quasi di erelico
chi cio negasse : Erroneum est, ne dicam haereticum, asserere, ani-
mae immortalitatem naturali ratione demonstrari non posse 1. Ma,
perciocche i filosofi non sempre si volsero a legitlime fonli per at-
tingerne le prove ; di questo noi vogliamo qui istiluire una breve
disamina.
I.
Prom di Cartesio.
Da prima ci si presenta la prova di Cartesio ; la quale, piu o me-
no modificata, e quella, a cui si attenne poscia la maggior parte del
filosofi modern!, Egli dunque ricorre a quesli due principii, che cre-
de dimostrabili in Fisica. L'uno e, che in generale tulte le soslanze
create, siccome quelle che non possono essere prodotle se non da
Dio, sono di loro natura incorrullibili, cioe tali che dal solo Dio pos-
sono venire dislrutte 2. L' allro e , che 1' aninia non essendo ne UB
accozzamento di piu sostanze, ne il risultato accidentale di modifica-
zioni indotte nelle parti di un' anteriore materia , come accade del
corpo umano ; e in rigore di termini vera sostanza 3. Di qui seguila
1 DeLods Thcologicis, lib. 12, c. 15, prop. 3.
2 Gcneralement toutes les substances, c* est-a-dire toutes les choses, quinc
peuvent exlsler sans ctre creees de Dieu, sont de leur nature incorruptibles, et
nepeuvent jamais cesser d' dire, si Dieu mdme en lew deniant son concours
ne les reduit au neant. Abrege des six Meditations.
3 Le corps pris en yene'rale est une substance; c'est pourquoi aussi il ne
perit point; mats le corps humain en tant qu* il di/fere des autres corps, n'e&t
660 ESAME DELLE PROVE
ehe dove il corpo umano puo perire, in quanto riceva una nuova con-
formazione nelle parti, onde consta; 1' anima non puo in guisa alcu-
na perire , non polendo cessare d' essere cio , die e , per niuna mu-
tazione accidentale de' suoi pensieri o delle sue volizioni 1. II quale
argomento puo brevemente presentarsi soito questa forma. L'anima
umana e una vera sostanza e non una modificazion di soslanza. Ma
ogni sostanza , come tale , e indistruttibile. Dunque 1' anima umana
e indistrultibile.
Cotesto argomento, con poca variazion di vocaboli, e stato ripro-
dotto dal celebre P. Gratry , nel seguente modo : « Dio ha creato le
cose acciocche fossero, dice S. Tommaso d' Aquino. Queste semplici
parole ci sembrano inchiudere la dimostrazione scientifica deH'immor-
talita dell' anima. In fatto, ci ha pensatore, degno di un tal nome, il
quale possa credere che un solo atomo debba essere annichilato? No,
senza dubbio. Or se 1' anima e , sara ella annichilata a preferenza
dell'atomo? No, certo. Cio che e, sara. Tutto cio che e, sussiste per
rimmobilila della bonta divina, come dice S. Tommaso 2. Basta di-
mostrare che 1'anima e, per dimostrare che 1' anima e immortale 3. »
compose que d' line certaine configuration de membres et d' autres sernblables
accidents , la oil I'dme humaine n' est point aussi composee d' aucun accident,
mats est line pure substance. IvI.
1 Encore que tous ses accidents se changent , par exemple encore qu' elle
concoive de certaines choses, qu'elle veuille d' autres, et qu'elle en sente d'au-
tres etc. I'dme pourtant ne dement point autre; an lieu que le corps humain
dement une autre chos<e , de cela seul que la figure de quelques-unes de ses
parties se trouve changes; d'oii il s'ensuit que le corps humain peut bien faci-
lement perir, mais que I' esprit ou I'&me de V homme ( ce que je ne distingue
point) est immortel de sa nature. Ivi.
2 Substanlia eorum (elementorum) remancbit ex immobililate divinaevo-
luntatis ; creavit enimres ut essent. Contra Gentes, lib. 4, c. 97.
3 « Dieu a cree les choses pour qu' elles fussent, » dit saint Thomas d' A-
quin. Ces simples paroles nous paraissent impliquer la demonstration scienti-
fique de r immortalite de V time. En effet , y-a-t-il un pens cur, digne de ce
nom, qui puisse croire qu'un seul atome doive etre aneanti ? Non, sans doute.
Mais si I'dme est, r dme sera-t-elle aneantie plus que I'atome? Non, certes.
Ce qui est, sera. Tout ce qui est, subsisle, « par I' immobilite de la volonte di-
vine », comme le dit saint Thomas. II suffit de demontrer que l'ame est, pour
demontrer que I'time est immortelle.
DELL' IMMORTALITA DELL' ANIMA 661
E piu soilo : « Noi sappiamo per la legge fondamentale della male-
ria, come ancora per 1' osservazione, cbe un molo qualunque Irasmes-
so alia maleria sussisle sempre. Cosi di tutto il movimento , che co-
slituisce la creazione , niente non sara mai perduto. Dunque se 1' a-
nima e, durer^t sempre. Cio non ha bisogno d'allra dimostrazione 1. »
Che poi Tanima c, il Gratry facilmenle lo dimostra; giacche 1'uomo
pensa, e il pensiero non puo competere al corpo.
Ma a voler dire il vero, questa pruova grandemente vacilla. II
principio carlesiano, che ogni sostanza e indistrutlibile, e falso. Esso
si verifica delle sole sostanze semplici ; le quali , non constando di
potenza, capace di essere atluata diversamenle in quanto all' essere
sostanziale , non possono altrimenti distruggersi , che per annichila-
zione , siccome per sola creazione ricevellero 1' esistenza. Ma non
tulte le soslanze sono semplici. I corpi sono sostanzialmente coinpo-
sti. Gli stessi atomi primilivi non \anno esenli da tal composizione,
siccome quelli , a coslituire 1' essenza de' quali concorre non la sola
materia ma eziandio la forza , necessariamente richiesla a dar loro
unila e sussislenza 2.
II Carlesio, per sostenere quel suo principio, e costretto ad ammet-
tere un allro errore, che cioe i corpi vivenli non si differenziano dai
non viventi se non in alcuni accidenti o modificazioni, come sarebbe
la mera struttura e conformazion delle parti. Questo altresi e ricono-
1 Nous savons par la loi fondamentale de la mature, comme aussi par
V observation , quj un muuvement quclconque transmis a la maliere subsiste
toujours. Ainsi de tout le mouvement, qui constitue la creation, rien n'en sera
jamais perdu. Done si I' time est, die durera toujours. Ceci n'a pas besom
d'autre demonstration. De la connaissance de 1' ame. Livre cinquieme. L' Im-
mortalite, chap. 1.
2 Cio e oggldi confessato dagli stessi cultori delle scienze fisiche, quan-
do non content! di coordinare i fenomeni, si spingono col discorso ad in-
vestigare 1'essenza ancora dei corpi. « 11 concetto di forza e di materia sono
inseparabili tanto nel mondo inorganico , quanto nell' organico. » Cosi il
Tommasi, professore di Fisiologia nell' Universita di Torino. (Yedi Rivista
conternporancn, vol. IX, pag. 94. La Chimica e la Fisiologia.} Ed il Martin,
per tacere di tanti altri, concede anche esso che la sola materia, senza la
forza, e incapace di esistere. Une substance inactive serfit I' ab strait pur ,
c'est-a-dire le neant. 11 ne pourrait y avoir en elle aucune maniere d'etre.
Philos. spiritualiste de la 'Nature, 1. 1, deux partie, ch. VIII.
662 ESAME DELLE PROVE
sciuto falso in Fisiologia ; la quale , per bocca de' suoi piu rinomali
maestri , insegna che il vivente e sostanzialmente costiluito da un
principio vitale, che ne specifica I'essere, ed e essenzialmente diverse
dalle forze meccaniche o chimiche della bruta materia. Tulte queste
cose furono gia da noi ampiamente dimostrate in questo nostro pe-
riodico e non fa d'uopo novamente ripeterle. Da esse risulta che la
dimostrazione cartesiana crolla dai fondamenli.
.Crolla per conseguenza la demos trazione ancora del Gratry , la
quale si appoggia agli stessi principii. Anzi, incorre qualche incon-
veniente di piu ; giacche se Fanima umana, per do solo che e, e im-
mortale; immortale saraanche 1'anima del brulo, la quale ancores-
sa e. II Cartesio si sbrigava leggermente di tal difficolta, stabilendo
che i bruli non kanno anima , ma sono pure macckine , disposte ai
rnoto. Ma il Gratry non pare che ammetta tal paradosso. Cade con-
\iene die egli ci dica che cosa debba farsi dell' anima ddle bestie ;
non potendo elle essere annichilate , giacche , secondo la sua dotlri-
na , Iddio non toglie mai Y essere , una volta comimicato ; sicche lo
stesso molo da prima prodotto non puo essere piu distrullo , ma sol
si travasa da un corpo in un allro. E poi fuor di proposito I'autorila
di S. Tommaso , a cui il Gralry ricorre ; giacche il S. Dotlore , nel
luogo da lui citato, parla dello slato finale del mondo, dopo 1'universa-
le giudizio, e dice che dovendo 1' universe corporeo, il quale e stato
creato per I'uomo, aiteraperarsi al nuovo slato di esso, gli elcmenti
rimarranno immulabili nel loro essere, e do in quanto cessera ogni
generazione e corruzione di cose: Cessante motu coeli et generations
el corniplione ab elemenlis , eorum substantial remanebit ex immo-
Miiate divinae voluntatis 1. Onde da un lal lesto si ricava piullosto
la falsita del principio , dal Gralry invocato. Mercecche se in tanto
resta indistruttibile la sostanza degli element! , in quanlo cessa la ge-
neraziorie c corruzione delle cose ; ne segue che mentre dura nell' or-
dine presente la generazione e corruzione delle cose , la sostanza
degli elemenli material! e distrullibile. Nea allendendo nel testo di
S. Tommaso al primo inciso , non e meraviglia che riesca a dire il
conlrario di cio che dice.
1 Contra Gentiles, 1. 4, c. 97.
DELL' IMMORTALITA DELL' ANIMA 663
II.
Proua del Galluppi.
Generalmenle i filosofi modcrni , scnza troppo discoslarsi da Car-
lesio, ban credulo assicurar meglio la dimostrazione dell'intrinseca
immorlalita deir anima umana, ricorrendo al concetto di semplicita.
Per non moltiplicare cilazioni, conlenliamoci del solo Galluppi. Que-
sli ha proposlo 1'argomento cosi: « L'anima e semplice. Cio che e
semplice non ha parti. Cio che non ha parti non puo cessare di es-
sere per la dissoluzione delle sue parti. Cio che non puo cessare di
essere per la dissoluzione delle sue parti e naluralmenle indestrutli-
bile. L'anima umana e dunque naturalmente indestruttibile 1. »
Siffatta argomentazione e molto limpida nel suo processo ; ma non e
del pari soda nelle proposizioni che abbraccia. L7 anima umana, essa
dice, £ semplice. Verissimo; ma semplice altresi e 1'anima de'bruli,
semplice il principle vitale delle piante , semplici le forze opera trici
della materia inorganica. Diremo che tulte queste cose sieno ancor
esse indistrullibili? Un essere puo cessare di esislere o perche
venga per se slesso distrutto, o perche gli si sottragga il soggelto da
cui dipende nella sua sussistenza. Cosi , per servirci di un esempio
roaleriale, un vaso puo infrangersi o perche voi lo scagliate a terra, o
perche gli levate di sotto la tavola su cui era posalo. Bruciando una
letlera voi distruggele direttamentc la carta ; ma indirettamente e
come per conseguenza distruggete anche i caralteri che vi aderiva-
no. Or tornando alia proposizione di cui parlavamo , cio che e sem-
plice non puo certamente distruggersi per se stesso ; giacche una
tal dislruzione non avviene altrimenli che per soluzione dell' esse-
re nelle sue parti , e cio che e semplice non ha parti. Un lal modo
di distruzione compete alle sole sostanze composte ; nelle quali per
T azione di cause generatrici la materia riveste una nuova forza so-
slanziale, spogliando la prima. Cosi il legno si corrompe per 1' azio-
ne del fuoco, convertendosi in fiamma ed in cenere ; e 1'alimento sotto
la forza digestiva dell' animate perde 1' essere di sostanza brula ed
acquista quello di sostanza vivente. Tultavia una cosa semplice , se
1 Lezioni di Logica e Metafisica, vol. 2, Lez. LXV.
664 ESAME DELLE PROVE
non sussiste in se raedesima, ma solo informa una data maleria, puo
Ycnire dislrutta in modo indirelto e, come dicon le Scuole, per acci-
dente ; in quanto si dislrugge il composto , e pero le si sollrae il
subbietto, senza del quale non puoreggersineiresistenza. Inquesta
guisa periscono tulle le modificazioni e forze de' corpi inorganici ,
quando quesli \7engono Irasmulati in allri corpi ; perisce il principio
di vita in una pianta, disfacendosene 1' organismo ; e perisce altresi
1' anima de' bruti , la quale non ha essere ed operazione a se , ma
solo nel composlo e pel composto , e cosi non e in rigor di termini
sostanza , ma sol comprincipio di sostanza. Ondeche la quarta pro-
posizione dell' argomento galluppiano YUO! esser dislinla in queslo
modo : Cio die non puo cessare di essere per dissoluzione delle sue
parti e naluralmente indislrutlibile , direttamente e per se , conce-
diamo ; indirettamente e per natural conseyuenza, neghiamo.
I moderni per ischermirsi da qucsta risposta, sono costrelti a ne-
gare la composizione sostanziale de' corpi, 1'esistenza di forze dislinte
dalla materia, il principio \1tale delle piante, 1' essenzial dipendenza
deir anima de' bruti dal corpo , la produzione di nuovo movimento
ne' corpi. Ma quand'anche potessero fare tutto cio impunemente, lut-
tavia non potrebbero fuggire rinconveniente di recare in mezzo una
dimostrazione sistemalica e non di valore assoluto , la quale ha una
forza ipotelica, cioe secondo i soli loro principii, contrarii a quelli die
il fiore della sapienza umana sostenne per molli secoli, e die lutlavia
vengono sostenuli da molti gravissimi pensatori non solo in Metafisica
ma eziandio in Fisica. Ollre a cio essi si Irovano a fronte coll'insor-
montabile difficolla dell' anima de' bruti ; la quale, secondo quel loro
argomento, dovrebbe essere indislruttibile al pan deH'anima umana.
Per disbrigarsi di lale diilicolta i piu la passano sollo silenzio ; altri
vi spiattellano francamente che Tanima dei bruli viene annientata da
Dio. Ma ne i primi ne i secondi fanno buona prova ; giacche il par-
tito degli uni, quanlunque piu comodo, non e filosofico; quello degli
altri, oltre ad essere irrazionale (giacche Iddio non annienta veruna
cosa, una volla creata) , rende vano 1'argomenlo slesso die allegano
per rimmorlalila dell'anima. Attesoche se T anima del bruto, quan-
tunque per se stessa indistrutlibile , pure viene annichilala da Dio ,
come sanno essi che cio non accada altresi dello spirito umano?
DELL* IMMORTALITA DELL' ANIMA G6*
Lo sappiamo , rispondono , dagli argomenti moral! ; e pero ragio-
nano in queslo modo: La virtu raerila premio e il vizio gastigo. Ma
una tal relribuzione non si eseguisce proporzionatamenle in questa
vila, anzi sovente avviene il contrario. Dunque deve esserci un'allra
vila per 1'uomo, in cui le parlile vengano ben ragguagliate. Dunque
1'anima umana sopravvive al corpo. Del pari, I'animo umano aspira
naluralmenle alia felicila perfella. Ma questa non si ottiene nella vita
presenle. Dunque debb' esserci perTuomo una vita futura l. Quesle
pruove, lo concediamo volontieri, sono saldissime e dimostrano irre-
pugnabilmenle i'immorlalila deiranima umana. Imperoccbe Iddio, or-
dinalore sapientissimo della natura , non puo imprimere nell' animo
umano un desiderio primitive , universale , insuperabile , verso un
oggetlo chimerico od impossibile. Del pari Iddio non sarebbe giusto
ne provvido, se la virtu non fosse finalmenle felice e il vizio infelice.
Ma per valide die sieno queste ragioni , esse non sono ontologiche
ma etiche, derivate cioe dall' esigenza dell' ordine morale, non daU
1'inlrinseca essenza del soggelto ; e quindi convien confessare che la
moderna MetaGsica, in virtu de' suoi principii, vien meno in una ve-
rita si rilevante , ed e costrelta a cercare aiuto da un'altra scienza.
III.
Prova di Kant.
Kanl sent! giuslamenle Y impoteuza della sua metafisica a dimo-
slrare 1' immortalil£ dell'anima ; e pero si rivolse a chiederne la prova
non alia ragione speculativa, ma sibbene alia ragion pralica. Questa
prova si riduce al seguente discorso : « La legge morale ci prescrive
come suprema nostra perfezione la piena conformita della volonla no-
stra coi suoi dettami. Questa conformila dunque dev' esser possibi-
1 « Noi abbiamo un desiderio invincibile di un bene sommo. ... Ma
queslo bene sommo non si trova in questa vila mortale. Deve dunque iro-
varsi dall' uomo in una vila diversa dalla presenle e che esisle dopo la
presenle. »
« La virtii merila premio, il vizio merila pena. Ma cio non si verifica in
quesla vila. Vi deve dunque essere un'allra vila, in cui abbia luogo runione
della virlii colla felicila, ed in cui i malvagi sieno merilevolmenle punili. »
GALLUPPI, Lezioni. ecc. vol 2, Lezione LXYI.
666 ESAME DELLE PROVE
le , non polendo la legge morale prescriver 1' effettuazione di cosa
impossibile. Ma ella ROD puo conseguirsi totalmente in nessim islan-
te della vita nel raondo sensibile. Dunque la noslra esistenza deve
conlinuarsi al di la della presents vita , sicche si avveri in noi un
progresso indefinilo verso Y anzidetta conformila. Ma cionon sareb-
be possibile , se 1' anima non fosse imraortale. Dunque 1' immorta-
lita dell' anima e un postulate della ragion pratica l. »
Ouesto raziocinio , spogliato della falsa idea del progresso indefi-
nite, verso un termine inarrivabile (il die costiluirebbe lo spirilo
umano in un perpeluo movimento , senza mai giungere al possedi-
menlo vero dell' ultimo fine) , c giusto in se medesimo ; giacche sea-
za dubbio la perfetta adequazione della volonla nostra colla suprema
legge, die e la divina volonla, (lev' esser possibile, e non e possibito
in quesia \?ita. Dunque dev' esserci una vita a\venire. Esso e in so-
stanza 1' argomento stesso , espresso da Dante in quella leggiadris-
sima terzina 2 :
Non V accorgete voi die noi siara vermi,
Nati a formar 1'aDgelica farfalla,
Che vola alia giustizia senza schermi?
\ La realisation du souverain blen dans le monde est I' objet necessalre
d'unevolonte, quipeul etre delerminee par la loi morale. Mais la parfaite con-
formilc des intentions de la volonle a la lot morale est la condition supreme
du SGUverain bien. Elle doit done etre possible, aussi bien qne son objetypu.is-
qu elle est conlemie dans I' ordre meme qui prcscrit de lerealiser. Or la par-
faite conformile de la volonte a la loi morale, ou la saintete,, est une perfection
dont aucun etre raisonnab'e n' est capable dans le monde sensible, a aucun
moment de son existence. El puisqu'elle n en est pas mains exige'e comme pra •
tiquement necessaire, il faut done la chercher uniqitement, dans un progres
indeiinimcnt continu vers celle parfaite conj'ormite; et, suivant les principes
de la raison pure pratique, il est necessaire d' admetlre ce progres pratique
comme I'objetre'el de notre volonte. Or ce progres indefini n' est possible,, que
dans la supposition d' une existence et d' une personalite indefiniment perst-
stantes de I' etre ralsonnable (ou de ce qu'on nomme rimmortalile de I'dme}.
Done le souverain bien n' est pratiqiiement possible, que dans la supposition
de T immortaUie de lame; par consequent, celle-ci, etant inseparablemenl
liee a la loi morale, est un postulat de la raison pure pratique. Critique de
la raison pratique. Premiere partie, Liyre second, c. IV, traduit par J. Barui.
2 Purgatorio, canto X.
DELL' IMMORTALITA DELL* ANIMA 667
L' anima nostra e prescntemcnte nel corpo quasi crisalide net
bozzolo; d' onde sprigionataunavolta, polra senza impedimento vo-
lare in seno a Dio , alia perfelta giuslizia, doe alia perfetta confor-
mita col divino volere. Tultavia un tale argomento ha lo slesso di-
felto, nolalo di sopra, d' essere cioe tolto non dalla metafisica, ma
dalla morale. Laonde , tutloche validissimo , non sopperisce piena-
mente al bisogno della scienza; la quale cerca 1'inlima ragion delle
cose, e non pu6 altronde attingerle, che dalla Metafisica per la con-
siderazione specolativa delle essenze.
IV.
Prom del Rosmini.
II Rosmini escogilo una nuova dimostrazione dell' immortalita
deiranima umana, cavandola dall' intuizione innata, da lui altri-
builaci, dell'ente ideale. Egli dice: se I'anima umana fosse solamente
sensitiva ed orgamca, essa per la dissoluzione dell' organismo per-
derebbe la propria individualila, sciogliendosi e trasformandosi nelle
anime elementari delle molecole inorganiche l. Ma I'anima umana
per 1'apparizione fattagli dell'ente si e sollevala a un grado phi alto
di perfezione, ed e diventata intelletliva 2. In \;irtu di questo nuovo
termine, che ha acquistalo, della sua allivita conoscitiva, 1' anima e
fatla incapace di polere piu perdere la sua individuality e sussisten-
za, per 1'azione di qualsiasi causa creata. Imperocche a far cio con-
1 « La morte deiranimante, cioe deH'organismo, non e la distruzlone del
sentimento, ma una modiftcazione di lui, e soltanto la dissoluzione deirituff-
viduo, ossia dell'anfma organica, che e quanto dire di queirarmonico senti-
mento d' eccitazione, continuamente riprodotto, avente un centre d'attivita
prevalente, di cui e manifestazione extra-soggettiva Torganizzazione. » ^51-
cologia, vol. I, lib. V, cap. 3.
Piu sopra, dopo aver divise le anime sensitive in elementari ed organiche,
avea detto : « II rifondersi delle organiche nelle elementari, per la dissolu-
zione del corpo organato, non fa cessare 1'esistenza delle anime, ma si sola-
mente le trasforma. » Ivi capitolo 2, art. 1.
2 « II principio sensitive (neW uomo } coll' aver acquistato questo nuovo
termine cangio natura, ne acquistd una infmitamente piu nobile, attinseuna
forma perfetta e divina. » Ivi cap. 6.
668 ESAME DELLE PROVE
verrebbe che Yenisse dislrulto il predetto termine ; il che non e pos-
sibile, giacche 1* ente universale non va soggelto all' azione di niuna
causa creala. « La distruzione di un ente contingcnle non avviene,
se non in questo modo che sia distrutto il termine , in cui fmisce il
suo allo primo. Ora qual e il termine dell' enle uomo? Abbiamo ve-
duto che i termini son due , il corpo e 1' essere in universale. Ora
qual ente straniero potrebbe distruggere questi termini dell' ente
uomo? Gli enti stranieri sono Iddio e le cose contingent!. In quanto
a Dio abbiamo gia supposto ch' egli non annienti alcuna delle cose
da lui create ; dunque la distruzione dell' uomo non puo venire da
Dio. Ma che cosa possono a distruzione dell' uomo le atlivita di cui
sono fornite le cose contingent!? Che cosa possono a distruzione
de'due termini delVatto primo pel quale 1'uomo e? II corpo dell' uo-
mo , uno de' termini , e un complesso di elementi organati nel piu
perfetlo modo specifico, e cosi indhlduati, Ora le forze della nalura
possono disciogliere questa organizzazione ; e quindi distruggere con
essa il senlimento animale , proprio dell' uomo. Ma sull' essere uni-
versale tutte le forze della natura nulla possono ; perocche 1' essere
universale e impassibile, immutabile, eterno, ne soggiace all' attivila
di alcun ente. Dunque quella virtu, colla quale 1'uomo intuisce 1'es-
sere universale, non puo perire. Ma quesla virtu, questo primo atto
e 1'anima inlelleltiva : dunque 1'anima intellettiva non puo cessare
d' esistere nella sua propria individualita , giacche ha la realita sua
propria che la individua, il che volgarmente s' esprime dicendo che
e immortale J . »
Lasciando indietro gli accessorii , quali sono 1' ipotesi delle anime
elementari, il risultare da esse e il risolversi in esse le anime orga-
niche, il cangiar di nalura dell'anima umana trasformandosi da sen-
sitiva in intellettiva, e fermandoci al solo punto principale, diciamo
che la predetta opinione non ci sembra accettabile per molti capi.
Da prima, per essa ripeterebbesi 1' immortalita dell'anima umana da
un priricipio estrinseco, qual e certamente 1' essere universale, che a
lei apparisce come obbietto d'intuizione ; laddove 1'immortalita nell'a-
nima e dote inlrinseca , che deve sorgere dall' essenza stessa di lei.
Psicologia, vol. I, lib. V, cap. 6,
DELL' IMMORTALITA DELL* ANIMA 669
Di piu, in die modo cotesto esserc universale comunicherebbe all' a-
nima rimmortalita? Informandola , rispondcrebbe il Rosmini 1; e
pero traendola a partecipare della sua durata. Ma, si dimanda, cole-
sto essere universale e un'idea o una realita? Se e "un'idea, non
potra imparlire se non allribiizioni ideali. Se e una realita, non po-
Jra essere se non Dio, e Dio non puo cerlamente informare un ente
creato e farlo partecipe de' suoi stessi attribuli. In terzo luogo , noi
non giungiamo ad intenderecome questo essere universale varrebbe
a mantenere nella propria individuita 1'anima umana. A noi sembra
piuttosto che dovrebbe cagionare il contrario effelto. Imperocche co-
testo essere e un termine comune a tulle le inlelligenze. Ha dunque
il carattere opposto all' individuazione , la quale non e riferibile che
a un singolare concreto. Finche 1'anima informa 1' organisrao, si puo
concepire che in virtu di esso, ossia, per parlare il linguaggio rosmi-
niano , in virtu del senlimento fondamenlale , limitalo a quel solo
esteso senza andare piu oltre , V anima sia individuata. Ma sciolto
F organisrao, per la cui soluzione 1'anima, in quanto ad esso si rife-
risce, ossia in quanto organica, tende piultosto, giusla il sislema, a
sciogliersi nelle anime elementari ; non resta altra cagione determi-
nante il modo di esistere in se dell' anima che 1' essere universale ,
da cui e informata e per cui sussiste. Ora niente puo comunicare
ad altrui.cio che non ha; e 1' essere universale non ha in se indivi-
dual^ ma universalita e comunanza. Sembra dunque piu nalurale
che 1' anima umana , abbandonata alia sola influenza di cotesto ente
universale e comune , dovrebbe perdere ogni suo peculiar modo di
esistere con dislinzione dalle altre e venire assorbita in una comune
ed universal sussistenza , rispondenle all' essere che lutte informa e
coslituisce.
L' argomento rosminiano potrebbe ridursi a buona lega, se si spo-
gliasse di tulli gli aggiunti sislemalici , e si pigliasse la conoscenza
dell' essere universale, come indizio della qualita dell' operazione. pro-
pria dell' anima umana, e quindi come indizio delle qualita della sua
essenza* Ma allora , esso non sarebbe altro che uno degli argomenti
arrecali da S. Tommaso nella Somma contro i Genlili, la dove il san-
1 « L' uomo in quanto e un essere intellettivo , e informato dall'essere
ideale e per questo esiste. » Psicologia, vol. \, lib. IV, cap. 17, art. 2.
670 ESAME DELLE PROVE
io Dottore ragiona cosi : II perfeltivo proprio dell'uomo , in quanta
alfanima, e incorruttibile. Conciossiache 1'operazione propria deli'uo-
mo, in quanto uomo, e 1' intendere, giacche per essa egli si distin-
gue da'bruti; dalle piante, clai minerali; e 1'intendere riguarda gli
universal! e gli incorruttibili , in quanto tali. Ora i perfetlivi delle
cose debbono necessariamente esser,e proporzionati ai loro perfetti-
Ibili. Dunque se il perfettivo, proprio>tdeir anima umana, e incorrut-
tibile; incorruttibile altresi convien che sia essa anima 1. Ma e tem-
po oramai di dire alcuna cosa degli Scolastici.
V.
Prova degli Scolastici.
Gli Scolastici non ricusavano le prove somministrate dall' Elica,
delle quali parlammo piu sopra, ma a questo facevano precedere le
prove attintedalla Metafisica. Per essi 1'immortalita dell' anima non
era che un corollario del la sua spiritualita ; giacche lo spirito non
puo piu perdere 1' essere, che una volla ha ricevuto : Ostensum est
supra omncm substantial intellectualem esse incorruptibilem. Ani-
ma autem hominis est quaedam substantia intellectualis . Oportet
igitur animam Immanam incorruptibilem esse. Cosi argomentava
S. Tommaso 2.
Che 1' anima umana sia sostanza intellettuale apparisce dalle sue
operazioni. Che poi la sostanza intellettuale , ossia lo spirito, sia in-
corruttibile, il S. Dottore lo dimostra cosi : Acciocche una sostanza
sia corruttibile, convien che abbia nella propria natura la polenza a
non essere. Quesla potenza non e altra, che la materia ; la quale po-
Cendo ricevere diverse forme sostanziali, e causa perche il composto
possa perire per la separazione de' suoi principii costitutivi. Ma la
sostanza intellettuale e scevra di materia e sussiste nella sua sempli-
1 Proprium perfectivum hominis secundum animam est aliquid incorrupti~
bile; propria, enim operatic hominis , in quantum Imiusmodi, est intelligere ,
per hanc enim differt a brutis et plantis et inanimatis : intelligere autem est
nniversalium et incorruptibilium in quantum huiusmodi. Perfectiones autem
oportet esse perfectibilibus proportionatas. Ergo anima humana est incorru-
ptibilis. Contra Gentiles, lib. 2, c. 79.
2 Contra Gentiles, Ibid.
DELL' HIMOHTALITA DELL' ANIMA 671
cc csscnza. Dunque essa non ha nella propria nalura la polenza a
non essere,'e pero una volta posia in atlo da Dio, necessariamcnle
dura in perpetuo nell' esislenza 1.
Nevale 1'obbiellare che 1'anima umana, benche sia spirito, e non-
dimeno forma sostanziale del corpo. Imperocche essa per cio stesso,
che e intelletluale, e forma inorganica; cioe indipendente nell'esislen-
za dali'organismo, che avviva: Anima humana est forma non depen-
dens a corpore secundum suum esse. La prova evidente di ci6 e
che 1' inlendere e azione inorganica, e 1'azione Don puo superare la
perfezione del priucipio da cui precede.
In secondo luogo, che 1'anima non possa perire per la separazione
del corpo apparisce assai chiaramente, se si considera cio che e pro-
prio della sua perfezione, in quanto e natura razionale. La perfezione
propria dell'anima umana, in quanto e nalura razionale, consiste nella
scienza e nella virtu. Or si 1' una come 1' altra crescono nella loro
eccellenza, in proporzione deH'allontanamento dal corpo. In fallo la
scienza tanto e piu perfetta, quanto piu astrae dalla materia e si sollc-
Ta ad oggetti soprassensibili. La virtu tanto e maggiore, quanto piu
la ragione domina il corpo , e sottomette la carne ai dettami dello
spirito. Dunque la piena separazione dal corpo, per la quale 1' inlei-
to si volga direltamente agl' intelligibili , e la volonta resti del tullo
Hbera dall' impaccio delle passioni, e da riguardarsi come il termi-
ne della progressione perfeiliva dell' anima umana, e come uno stato
pienamente rispondente a lei, in quanto ella e razionale. Ma ripugna
assolutamenle che una cosa riceva danno , anzi perisca, pel toccare
che fa un termine, che non solo e conforme alia sua perfezione , ma
ne coslituisce anzi il grado supremo. Dunque ripugna assolulamente
che 1' anima umana perisca per la separazione dal corpo 2.
1 Sunt quaedam in rebus crealis quae simpliciler et absolute necesse est
esse. Illas enim res slmplidter et absolute necesse est essef in quibus non est pos-
sibilitas ad non esse; quaedam autem res sic sunt a Deo in esse productae, ut
in carum natura sit potentia ad non esse; quod quidem contingit ex hoc, quod
materia in eis est in potentia ad aliam formam. Illae iyilur res, in quibus
non est materia, non habent potentiam ad non esse. Eas igitur simpliciter ct
absolute necesse est esse. Contra Gentiles, 1. 2, c. 30.
2 Nitlla res corrumpitur ex eo, in quo consistit sua perfectio; hae enim nnt-
tationes sunt contrariae, scilicet ad perfectionem et ad corruptionem. Perfc-
672 ESAME DELLE PROVE
Ne si dica che la perfezione dell' anima in quanto all' operazione
puo consistere nell' allontanamento dal corpo, non cosi in quanto al-
1' essere , e pero la precedente illazione non essere legittiraa. Impe-
rocche a cotesta istanza ottimamente occorre il S. Doltore , osser-
vando che 1'operazione e 1'essere son proporzionali tra loro ; giacche
ogni cosa opera in quanto e , e 1'operazione segue la nalura dell' es-
sere. Laonde non puo una cosa perfezionarsi in quanto all' operazio-
ne, se non per cio che e conforme al suo essere e tende a perfe-
zionarlo : Si aulem dicatur quod perfectio animae consistit in sepa-
rations eius a corpore secundum operalionem , corruptio aulem in
separalione secundum esse , non convenienter obviatur. Operatio e-
nirn rei demonstrat subslanliam et esse ipsius , quia unumquodque
operatur secundum quod est ens , et propria operatio rei sequilur
propriam ipsius naturam. Non potest igitur perfici operatio alicuius
rei , nisi secundum quod perficilur eius substantia. Si igitur anima
secundum operalionem suam perftcilur in relinquendo corpus et cor-
porea ; subslantia sua in esse suo non deficiel per hoc , quod a cor-
pore separatur 1 .
In terzo luogo , un essere non puo corrompersi se non per azione
cli agenti contrarii. Ma la natura intelleUuale non ha, rispelto a se,-
agcnti contrarii ; giacche cssa accoglie coi suoi atli conoscitivi tulti i
contrarii, senza pallrne alcun danno, anzi ricevendone perfezione.
Dunque ripugna che una natura intellettuale sia corrultibile 2.
Finalmente, per non essere piu prolissi , puo dimoslrarsi 1' incor-
ruttibilita dell'anima dalla qualita della sua origine. Imperocche niu-
na cosa puo perdere 1'esislenza, se non per 1'azione di cause dello
slesso ordine, che quelle da cui lariceve. Ma la causa, da cui Tani-
ctlo antem animae humanae consistit in abstraclione quadam a corpore; pcr-
ficitur enlm anima scientia et virtute , secundum sdentiam aulem tanto tnagis
perficitur, quanto mayis immaterialia considerat: virtutis autem perfectio con-
sistit in hoc, quod homo corporis passiones -non scqualur , ssd eas secundum
rationem temperet et refrenet. Non ergo corruplio animae consistit in hocr
quod a corpore separctur. Contra Gentiles, loco citato.
1 Contra Gentiles, lib. II, c. 79.
2 Anima huinana non potest corrumpi per actionem contrarii; non enlm est
ci aliquid contrarium , cum per intellectual ipsa sit cognoscitiva et reccptiva,
omnium contrariorum. Contra Gentiles, loco citato'.
DELL' IMMORTALITA DELL* ANIMA 673
ma umana riccvc 1'esistenza , e fuori di tulto 1'ordine delle cause
creale , doe c il solo Dio che la produce dal nulla. Dunque il solo
Dio puo airanima umana levare 1'esistenza ; e pero ella a rispelto dl
tullo rordinc delle cause creale e indistrutlibile. Essa non e se non,
sotlo I'influenza della virtu divina, e solo per la cessazione di tale
inQuenza puo tornare ncl nulla, da cui fa tratta 1.
Dirai : potendo Iddio annientare Tanima umana, ella non puo dirsl
assolutamente indislrultibile. Di piu, finora si e provato soltanto che
1'anima umana non puo perire, non gia che ella e immortale ; giac-
che-1' idea d' immortalita importa 1' idea di vita , e non del semplice
cssere.
Rispondiamo: la prima difficolla e at tutto fuor di proposilo. Im-
perocche , Iddio put), assolulamente parlando, annichilare ogni cosa,
ritirando Y influsso col quale la conserva nell' esislenza ; cio e fuori
di controversia. Ma secondo questa potenza divina niuna cosa si
dice corrutlibile : si perche la corruttibilila o incorrultibilita delle
cose riguarda 1' inlrinseca loro capacita , non la virtu divina; e si
perche Iddio, inslitulore della natura, governa le cose tutle secondo
la loro esigenza, e pero a niuna di esse toglie cio che a lei essenzial-
mente compete. Se facesse altrimenti, Iddio contraddirebbe a se sles-
so; giacche andrebbe contro 1'ordine dalla sua sapienza dcltalo,
nell' ideare le essenze creabili. Ora noi abbiam dimostrato che le so-
slanze intelleltuali di lor natura richieggono di durare perpeluamen-
te. Onde, checche sia dell' assoluta potenza divina, e indubilalo che
Dio secondo 1'ordine naturale non puo annienlarle. Ex hac sola po-
tenlia (della divina cioe a rispetto dell' annichilazione delle cose) nihil
potest did corruptibile ; turn quia res dicuntur necessariae el con-
tiny entes secundum potentiam quae est in eis, et non secundum po-
tenliam Dei; turn etiam quia Deus, qui est institutor naturae, non
1 Quaecumque inclpiunt ease et desinunt, per eamdem potenliam habent
utmmquc; eadem, enim est potenlia ad esse et non esse. Sed substantiae Intel-
tectuales nonpotucrunt incipere essef nisi per potentiam primi agentis; non
enim sunt ex materia quae potuerit praefuisse. Igitur nee est aliqua potently
ad non esse earutnf nisi in ;-r; ,,t ente f secundum quod potest non in/luert
cis :""*. Contra Gentiles, "•
i« ', voi. XII, fate. 3;> *3 S Decembre 1864.
674 ESAME DELLE PROVE DELL* IMMORTAL1TA DELI/ ANIMA
subtrahit rebus quod est proprinm naturis earum. Ostensum est au-
tem quod proprium naluris intellectualibus esl quod sint perpeluae.
Unde hoc eis a Deo non subtrahitur 1 .
I/allra difficolla poi non ha mesticri di lunga discussione; giacche
trattandosi di una natura vilale, qual certamenle e 1' anima umana,
tanto e dire che essa durera sempre, quanlo e dire che essa sar& seni-
pre vivente : Vivere vivenlibus est esse. Ne osta la connessione, che
presentemente ha in noi la conoscenza iritelleltiiale colla sensitiva. Im-
perocchc tal connessione precede dallo stato di unione col corpo , e
dee necessariamente cessarc, col cessare di essa unione. Ogni fcosa
opera in conformila del suo essere e dello state dell'essere. L'anima
umana , benche indipendente dal corpo , e nondimeno congiunta al
corpo. Dunque, benche intenda senza intrinseco concorso degli orga-
iii, e nondimeno in questa sua operazione accompagnala da operazioni
organiche, quali appunto sono lo sensitive, e non puo, mentre dura
la sua unione col corpo, disgiungere 1'una daU'allra. Ma rolto il \Tin-
colo che al corpo la lega, 1'anima comincia ad esistcre al modo delle
sostaiize separate, e per conseguenza opera al modo loro, cioe col solo
intellello , e consegucntemente in guisa assai piu. perfella di prima.
Solves! della carne, ed in virtute
Seco ne porta Fumano e il divino ;
L'altre potenze tutte quante mute
Memoria intelligenzia e volontade
In atto molto piii che pria acute 2.
Quesle sono alcune delle moHissime ragioni, con le qoali S.Tommaso
prova 1' immortalila dell' anima umana e in generale di tutte le so-
stanze intellettive , nei capi cinquantesimoquinto e seltanlesimonono
del sccondo libro delSa Somma contro i Gentili. Essi sono , come
ognun vede, presi dall'intrinseca natura dell' anima ed hanno un va-
lore assoluto ; giacche non suppongono altro principle , se non che
1'anima umana e intelletliva , il che e noto per esperienza, e che la
natura inlellelliva e indipendente dal corpo nel proprio essere, il
che e da lui evidentemente dimostrato. Noi ci fermiamo ad essi sen-
za cercare piu ollre, giacche son bastevoli all'uopo, e rimeltiamo chi
amasse allro alia cilala opera del sommo Aquinale.
1 TH. Contra Gentiles, lib. II, cap; 53. — 2 Purgatorio, c. XXV.
LA POVERELLA DI GASAMARI
RACCONTO STORICO
DEL 1860 E 1861
All' oriente di Roma, circa mezzo miglio fuori delia porta liburli-
na, la strada consolare, che anche oggidi mena a Tivoli, sbocca im-
provvisamente ia uaa solitaria valle coronata di poggi, a un cui
lembo sorge un' antica basilica, la quale e tutta inlorniala da un lar-
go muro di cinla c da un gruppo di novelli edifizii, che biancheggia-
no tra la verdezza del silo e il bruno aspetlo della sua faccia, de' suoi
fianchi, della sua torre. La valle e il'Canipo Verano, luogo di piis-
sima nominanza per essere sovraposto alle catacombe di Ciriaca e
-d' Ippolito, ove hanno pace le ossa d' innumerabili cristiani de' pri-
mitivi secoli della Chiesa. La basilica e quella eretta da Costantino
Magno ad onore del levita san Lorenzo, nella quale riposano, con le
sue, le reliquie dei corpi del protomartire Stefano e di un esercito
di beati. II gruppo degli edifizii chiuso dalla muraglia e 1'odierno
cimilero del popolo romano : terra benedetta, perche ogni sua zolla
5 commista con le polveri di un Santo, ogni suo fil d' erba e nutrito
dal sangue di un eroe di Gesu Cristo.
Letlor gentile, vi rammentate piu di quei due amid, de' quali vi
riportammo un cerlo dialogo, per introduzione a questo racconto?
Or bene, un sei o sette giorni depo che aveano avulo insieme quel
eolal dialogo, e fu la sera d'Ognissanti, i medesimi due amici, vaghi
di fare ancor essi, come si costuma la vigilia de' Morli, una visila
676 LA POVERELLA DI CASAMARI
al cimitero, s' incamminarono verso la predetta basilica di san Lo-
renzo fuor delle mura, e lungo la via s imbatterono in una turba di
gente che, o a piedi o in carrozza, \i conveniva o ne ritornava. II
cielo era fosco, torbido e filtaraente coperto di un nuvolalo, il qua-
le, al soffio rabbioso dello scilocco, si abbassava con un piutlosto
accennar d'acqua che piovere. Ma eglino, per essere lulti intesi in un
loro ragionamento di arli belle, non avvertirono gran fatto a questa
oscurila dell' aria, se non quando giunsero all'aperto della valle,
In cui si alza la severa basilica circondala dal camposanto. — Olii,
che tempo cupo e melanconico ! non pote a meno di esclamare que-
gli dei due, che era Ilaliano, vedendo le nubi distendersi in forma di
denso velo, sopra quella ampia tralta di pianicelli e di erte.
— Serata da morli ! rispose 1'altro che, come sapete, era fore-
sliero. A me pcro non displace, anzi place; che ogni cosa va consi-
derata nel suo proprio lume. E qual luce piu adatla di questa, per
contemplare le bellezze lugubri della morte? Animo, entriamo.
— Le bellezze? ah, voi trovate bella pure la morle?
— E perche no? lo mai non metto il piede in un cimilero, che
10 non iscopra e gusti di un' armonia singolarissima , tra il regno
dei vivi che mi sta di fuori , il regno dei morli che mi sta di sotlo,
e il regno dei cieli che mi sla di sopra : e quest' armonia pare a
me che tocchi 1'apice della sua sublime unita, come io guardo alia
croce che signoreggia la in mezzo al regno dei morli, mentre allar-
ga le braccia al regno dei \ivi e spicoasi con la punla verso il re-
gno dei cieli. Amico, ella e questa un' armonia bellissima che, sen-
za 1'elemenlo della morte, non sarebbeperfetta. Mancherebbe di uni-
ta. E in do dire, trapassarono il limitare della cancellata, e furono
dentro quella parle del camposanlo che ne fa da vestibolo.
Anipio e questo spazzo, intercluso in quadro da un muricciuolo,
nel quale vedi incassate di moltelastre marmoree, con iscrizioni che
invano tenteresli di leggere, poiche rose o dilavale dalla umidila.
Per lo lungo, sette a destra e sette a sinistra, corrono quattordici
edicole in solida pietra tiburlina , che mostrano dipinte a fresco
le stazioni della passione del Salvatore. Pietoso e dolce speltacolo
11 quale, con esprimere il costo del divin Sangue che ogni anima e
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 677
valsa a Gesu Redentore, conforta a speranza chiunque, per queslo
adito, va pregar pace ad alcun' anima sua diletia, presso T avello
che quivi ne custodisce le ceneri ! Di rincontro a questo divolo in-
gresso levansi due grandiosi porlici che , con poca eleganza , vol-
gono il tergo a chi arriva : sgarbo di archilettura, cbe e compensa-
to dalla foggia nobilissima di tutla la costruzione, e degli archi e
delle voile e delle ben fusate colonne d'ordine dorico, lerminanti
con capitelli pieni di leggiadria.
Qua vi slapre innanzi un ripiano assai vaslo, sparso a misurati
intervalli di coperchioni di travertino, sulle bocche dei pozzi o car-
cai, che ora, perun rispetto di pubblica sanita, nonsonopiu in uso.
E questi coperchi di un colore bigiognolo, sporgenli dal fondo del-
la piazza selciata di negro basalte, danno a tutlo quel claustro un tal
. acre di religiosa mestizia, che voi, a giltarvi 1' occhio e a fermarvi il
piede, vi sentite fremere di un sacro orrore, il quale vi moverebbe
a rilrarne il passo; se un tempielto, che vi si erge di fronte, ni-
tido e gaio come un bel tulipano tra lo squallore del verno, non vi
alleltasse a inoltrarvi ed a salire in cima della sua sveltissima gra-
dinata. II che fecero i due amid, dietro la folia che silenziosamenle
vi ascendeva.
Cotesta vaghissima chiesicciuola, tutta Candida nel prospelto e
nei lati, che si rispondono con una confacenza squisita, sovrasta ad
uno scalere di ben quattordici gradi, il quale intromette in un atrio
a portico, sostenuto da qualtro colonnine di granilo d' Egilto ad or-
dine ionico, i piumacci e le volute de' cui capitelli aspeltano tultavia
T ultimo pulimento. La sua facciata risalta con una proporzione che
appaga la vista, e fmisce con una specie di attico, e poscia con una
alzata ; nel timpano della quale campeggia la persona del Redenlore
a pennello, con ai fianchi due angioli che danno fiato alle lunghissime
tibie, come in atlo di risvegliare dal sonno della morte le umane ge-
nerazioni, e chiamarle al supremo tribunale di Cristo Giudice. II fre-
gio porla in leltere cubitali: PIVS . ix. PONTIFEX . MAXIM vs . AN. SA-
cm . PRINC. xin.
La grandissima calca dei visilanli die, con segni di fede veramen-
te romana,si prostravano in questo grazioso tempietto, nel quale can-
tavasi il vespro dei defunti, non consent! ai due amici di osservarne
678 LA POVERELLA DI CASAMARI
il di dentro per lo minuto. Ma \i ammirarono sei pregevoli colonne
di marmo, quattro di ua verde acerbo detto cipolla, che spartiscono
le ire piccole navette, e due di uno scelto corislio, che adornano
1'unico altare inlitolato a Maria Yergine : DEIPARAE , SOLATRICI . PIO-
BVM . MANIVM. E questa benigna Consolatrice delle anime purganti
e raffigurata in una tela, col divin Pargoletto fra le braccia, in atti-
tudine d' esaudire ii beato martire Lorenzo il quale, inginocchiato
a' suoi piecli, gliele moslra lulle supplichevoli e inviluppate da co-
centissime fiamme, in quella che varii angeli, ad un soave cenno di
Lei, ne liberano parecchie dal fuoco e gliele rappresenlano in sem-
bianle di pudicissime donzelie, giulive in viso ed estatiche d'amore
riconoscerite.
— Che vi sembra di quella pitlura? dimando 1'Italiano ad Eugenic,
menlre che, dopo orato nella chiesetla, scendevano per la scalinata,
— Mi sembra che polrebb' essere piu bella.
— Cioe di slile piu corretlo, vorrete dire; ma non piu amabile e
divota.
— A far 1' amabile e il divolo col pennello in mano , si ricerca
mollo minore perizia , che a fare 1' artista. II difficile e accoppiare
1'arte con 1'espressione del sentimento. Per arte, quella pitlura non
o di mio genio: pel reslo, ne giudichino i divoli.
Gosi dicendo, ambedue torsero a deslra e s'introdussero nella ca-
mera mortuaria, la qual e solto il piano della chiesicciuola; e \;i s'en-
tra dalla banda opposta alia sua faccia. Anche queslo ripositorio, ia
cui serbansi i corpi degli eslinti prima di seppellirli , e a tre navi.
In capo a quella di mezzo si affonda una nicchia, dov' e collocata la
staiua del Salvatore alteggiato in modo, che pare dirigga le parole :
Ego sum resurrectio et vita , ai cadaver! che si schierano li avanti
sopra lettiere di ferro : e tali parole gli si leggono chiaroscurate sui
piedestallo. Ma quella serata la stanza era sgombra d' ogni cadave-
ro ; ed invece dinanzi al Salvatore sorgeva un gran tripode funera-
rio, e sopravi un lebete con vampe di acquarzente che diffondevano
una luce fioca e verdastra.
I due uscirono tacili da quesl'anticamera del sepolcro , e concios-
siache il tempo viemaggiormente si accupava : — Or che facciamo ?
diiese 1'Italiano ad Eugenio.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 679
— Andiamo avanli, e satolliamoci di quest' aria di morte , finche
ce nc cape nei polmoni.
- E avanli pure ! disse quegli ; ma voltiamo da questa banda
dietro la basilica, perche ivi e il giardinelto del camposanlo; il pic-
colo Pere la Chaise di Roma.
— Ci vuol allro ! per fare di questo cimitero un Pere la Chaise di
Parigi, non basterebbero cent'anni. E poi a che pro? Ouelle sono
profanil£ che disdirebbero a Roma. Vale phi un palmo di questo suo-
lo soprastante alle catacombe, che non tutti i Campi Elisi di Francia,
di Alemagna, d' Inghillerra e del Belgio.
— Si certo ; per cristiani, io non so qual terra piu sacra di que-
sla si potesse desiderare. Ma un po' di abbellimento non nuoce.
— Purche sia abbellimenlo, non travisamento della morte, com'e
quello dei cimiteri noslri.
La scala che rasenta la posteriore parte del monisterio, abitato o-
ra dai Cappuccini custodi della basilica e del camposanlo , melte
sopra un deliziosissimo collicello , nel crine del quale spianasi un
prato ameno per albereti e per decoro di monumenti. La sua pendi-
ce e sokata da viali, con di qua e di 1& tombe svarialissime tra ces*-
pi di begliomini, di mughetli, di acanto o siepi di morlella e di ro-
se, ovvero tra balaustri in legno, in ferro, in pietra. Alcune sono
fiancheggiate da cipressine ; allre inverdile da salci davidici che vi
spiovono sopra i lor delicalissimi ramoscelli ; allre ombrale da un
pino, da un pioppo, da un' acacia e riparale con una chiudenda ove
di sanguine, ove di prunalbo, ove di tamarisco, aggirata da tralci
di ipomee o da fascetti di melalenche. Ma in quella sera non poche
di queste lombe miravansi ornate di freschi fiori, quali cosparsi in
sulle urne e quali intrecciati a corone , con lampanette accese da-
vanli le croci ; ed erano omaggi della tenera piela di amici e di pa-
renti, che ve li deponevano ad onoranza dei cari che ivi entro dor-
mono nella santa pace di Dio. Perci6 tutte le straddle che fendono
il dorso della collina erano gremite di visilatori d' ogni ela e d' ogni
condizione : e dalle lagrime che si vedeano cadere da piu di un ci-
glio , era agevole inlendere i pensieri e gli affetti che si agitavano
negli animi di que' passeggianti.
680 LA POVERELLA DI CASAMARI
— 0, bella davvero questa vcdula ! disse Eugenio quando fu a
sommo del colle ; e guardava giii con allonila compiacenza il seno
larghissimo della valle, con que'suoi lunghi filari di alberi semprevi-
vi, e con quell' ondeggiamento del suolo seminato di croci, corso da
vie diriltissime che lo riparliscono in quadrati, e allora splendenle di
fiaccole che rilucevano da per tulto, tra 1' andare e il venire del po-
polo che vi si avvolgea.
— Noi siamo net punto piu piltoresco di tullo questo gran cimi-
tero ; rispose il compagno. Con un sol gitlo d'occhio, voi potele di-
scernerne due buoni lerzi.
— E 1'allroterzo?
— Ci e nascosto dagli scaglioni di questa monlala. Sapete voi, che
tulto il compreso nel circuito del ricinlo, supera i ventisei eltari di
terreno ?
— Capperi, che ampiezza !
— Per ampiezza, non ha forse Y uguale in Italia. Quanto poi sco-
prite qui intorno, tutto e opera di un venticiuque anni; giacche il
Campo Verano fu deslinato al servigio di pubblico cimilero nel 1837,
dopo le stragi del morbo asiatico. Nel resto Iroppo sarebbe piu son-
tuoso, se il maggior nunaero di quelli che muoiono in Roma, non
avessero sepolture genlilizie e sollerranei comuni nelle chiese, o al-
trove per la citta.
Ma anche la, sopra quella spianala verdeggiante, 1'occhio era in-
vitato a spaziarsi per le aiette e per le cerchiate che, vestile di erbi-
cina finissinia , nascono appie de' cipressi , de'faggi, degli abeti ,
de' lauri e de'piangenli salici diBabilonia, i quali, con artificiosa dis-
posizione, ingiardinano il prato e fanno mesta ombra ai sepolcri. II
bianco muro che va torno torno, e lutto incavato da nicchie ed incro-
slato di lapide d'un fondo o nericanle o grigio, il quale cresce Iristez-
za alia solitudine di quel boschereccio recesso. Or mentre i due amid
costeggiavano questa muraglia e consideravano ad una ad una le
nicchie co'loro epitafii, si abballerono in una fanciullelta, la quale, te-
nendo per mano un garzoncello piu piccolo di lei , appendeva una
ghirlanda di fiori zolfmi all'arca di un lumulo signorile , sormontato
da un levigatissimo busto di giovane donna. II putto sciollosi incon-
tanente dalla mano della fanciulla, comincio arrampicarsi e incalzava
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 681
la sorellina che lo aiutasse lanto, che e'potesse dare un bacio a quel
busto; ma per molto che questa si sforzasse di sollevarlo, il poterino
non giungeva co' suoi labbruzzi a quelle guance di marmo. II com-
pagno di Eugenio, sentilosi impietosire, prese egli in braccio il ca-
ro putlino, lo tenne alzato e il fece baciare e ribaciare affettuosissi-
mamente le gole, la bocca e la fronte della gelida effigie; e riposto-
10 a terra : — Di chi e queslo bel ritratto? gli dimando.rassettando-
gli in testa il cappellino piumato.
— Di mamma ; diss'egli con puerile candore e ripiant& gli occhi
nel busto.
— Ahi, povero bambino , sei dunque rimasto senza la lua mam-
ma! E T hai tu conosciula?
II garzonelto , pur sempre affisando i freddi lineamenti di quella
immagine, fece di no col capo e gli venne da singhiozzare. Eugenio,
che intanto avea letta 1'epigrafe del mausoleo: — Guardate ! disse
all'altro accennandogli la iscrizione ; questa baronessa Yittoria e
morta di ventiquattr'anni, ed halasciate queste due amabili creatu-
relle, Silvia nell' el^t di diciotto e Pio di setle mesi. Che disgrazia !
— 0 Pio , il bel nome che avete ! sclamo allora quel primo ;
Don siele voi Pio ?
II bambolo fece di si con un capochino , ma non movea punto gli
occhiuzzi molli di lagrime dal busto che sembrava rapirlo. — E voi;
seguito quegli interrogando la donzelluccia ; come vi trovale voi qua
cosi soli soli ?
— Mo viene il papa nostro , che e ito a porlare una ghirlanda di
perpeluine al sepolcro del nonno ; rispos' ella tutta rubiconda e con
una vociolina che tremolava. Egli ci ha detto « aspeltatemi la pres-
so vostra madre, e io vi alzero perche la baciate e poi le reciteremo
11 Deprofundis ».
I due erano per separarsi da quella vezzosa coppia di orfanelli ,
quando effeUivamente soprarrivo il gentiluomo, il quale ringraziatili
con cortesia del favore fatto al suo piccino : — Poveri figliuoletti !
esclamo con grande allerazione di lenerezza ; hanno perduta la ma-
dre che erano in fasce : eppure 1'amano tanto, che mi si ammalereb-
bero di dolore , se io una volta per settimana non li menassi qui al
suo sepolcro.
682 LA POVERELLA DI CASAMARI
— Se ne consoli ; disse il compagno d' Eugenio ; cio prova cbe
Silvia e Pio hanno un cuore degno di lei , signor Barone , e della
buona mamma che li ha falti.
Queste parole furono di un ignoto a un ignoto , e proferite a caso
e per cordiale , ma semplice urbanila. Tultavia , non si sa come ,
ebbero la sorte d'imprimersi cosi vivamenle nell' animo dell' umano
signore, che da quel giorno innanzi, mai non si avvicne nell' amico
di Eugenio, che egli non si fermi a salutarlo , a ricordargli 1'incon-
tro nel cimitero di san Lorenzo e a dargli notizie di Silvia e di Pio;
ovvero a presentarglieli, se li ha seco, perche ripeta a que' suoi due
angiolini che sieno buoni, se vogliono esser degni della lor mamma.
— Presto, caliamo e giriamo una voltata rapida a traverse quella
porzione laggiu, e torniamcene ; che si fa tardi.
— Doh ! abbiamo anche un'ora e mezzo di giorno ; ripiglio Eu-
genio con 1'oriuolo in mano. lo mi dilelto incredibilmente a vedere
la religiosita di questo popolo, che s'inginocchia a canto le sepolture
e prega con un raccoglimento , che non di piu in chiesa. E poi le
Iscrizioni di queste lapide , come son belle ! Che sapore di lingua !
che dolcezza di affetti ! che senlimenli cristiani ! Allro che le snian-
cerie romanliche e le sdolcinature teatrali , di cui si fa tanta pompa
nei cimiteri nostri ! Qua vi si porgono in latino classico , e piene di
formole e di salutazioni, che sono tolle di peso dalle antiche epigrafi
delle catacombe. Oh , i cattolici di tutlo il mondo , quante cose
avrebbono da imparare in questo nobilissimo Campo Yerano ! I Ro-
mani ci fanno la lezione anco morli !
In questa, ecco un gruppo, che sembrava di una intera famiglia,
venire a prosternarsi un passo lungi dai due araici , e ad interrom-
pere lo sfogamenlo cosi ragionevole dell' ammirazione di Eugenie.
Ouel gruppo era di una matrona con due damigelle, in grandi e ric-
chi abili da duolo, e di Ire giovinetti vestiti anch' eglino a bruno. II
cippo, attorno del quale si misero in ginocchio, eche tosto infioraro-
no di crisantemi e diamelli, era splendido. L'ombreggiava un salice
e lo assiepava una olezzante spalliera di serpillo , di maggiorana e
di fieno egizio. Tulti e sei appena prostesi , e deposti que' fiori ar-
gentini o d'un gialletto sbiadilo, baciarono riverentemente la terra e
risollevata la faccia, la dama e le figliuole abbassarono le nere bal-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 18G1 68$
ze de' loro cappelli e trassero fuori il rosario. I giovanetti stavano
a deslra , le sorelle a sinistra , la madre riel mezzo : e immobili ,
come fossero di pietra, presero ad alternare sommessamente la co-
rona della Beala Vergine , con un tal flebile e lento modular della
Toce e con un si grave componimento delle persone , che Eugenio
arreslatosi non sapea riaversi dallo stupore. Non pertanto i due ,
scopertosi il capo, si avanzarono quasi in punta di piedi, e sogguar-
dando 1'epilafio si furono accerlati, che quella malrona era la vedova
c quei cinque figliuoli erano gli orfani dell' uomo , sulla cui tomba
offerivano allora tutti insieme un tributo amoroso di lagrime,di fiori
e di preci.
— Ben trovato e il buon giorno a voi ! disse 1'amico di Eugenia
dando una strella di mano ad un tale , con cui si sconlro in uno di
quei partimenti che si dislendono nella pianura. Qual vento propizio
\i ha egli portalo oggi in questo cimitero?
— II vento? Eccoloil vento che mi ha portato ! soggiunse quegli;
e, fatto un gesto pieloso, indico a .breve distanza una fossa , con la
croce illuminata da quattro lampane e una donzelletta che le stava
richinata sopra, cavando da un panierino rose e dalie, con le quali
la inghirlandava.
— Ah , capisco ! bravo signer Traiano mio ! voi siete uomo di
cuore. Quella e dunque la sua fossa eh?
— Appunto; lasotto riposa la nostra poverella di Casamari ; 1'an-
gelo di benedizione per me e per la mia famiglia. Che serve? e gia
piu di un anno che e successo quei che e successo ; e nondimeno io,
ogni volta che penso a lei, mi sento commovere.
- Questo s' intende , caro signor Traiano. E chi e quella ragaz-
zina, che sta lavorando intorno alia sua fossa?
— E Lucilla, che io ho dovuto per forza condurre meco , benche
faccia queslo tempo cosi indiavolato. Non ci e slato modo di tenerla.
— E la signora Maddalena, come sta?
— Bene, grazie aDio. Ellaerimasla in casa, perche Flaminia si
e presa un po' di raffredore , e questa per lei non era stagione da
uscire a spasso. Ma dentro I'otlava , ancor elleno non mancheranno
di fare la loro visita al sepolcro di Fioretta; e Flaminia ha gia prepa-
ralo un diadema che e un gioiello , e un mondo di allre cosucce per
684 I A POVERELLA DI CASAMARI
adornarlo. Uh, che mutamento in quella figliuola ! Non si riconosce
piu piu. Ha ricominciata la educazione sua tutla da capo ; e non fo
per dire , ma sua madre n'e tanlo conlenta ora, quanto n' era scon-
tenlissima prima die accadesse quel ch'e accaduto.
— Me ne congratulo assai.
— Oh si , e una vera consolazione per tulti ! Molto piu che, dopo
cli'ella si e mutata cosi in bene e poi in meglio, quell' angelo della
nostra poverella mi ha ottenuta anche la prov videnza che si trovasse
un partito per collocarla : e questo non era 1' ultimo dei pensieri che
mi tribolassero. Ma e un partito coi fiocchi ! uno di quei giovinotti,
che a' di nostri sono rari come le mosche bianche. Maddalena ne e
fuori di se per 1' allegrezza : e cosi , a Dio piacendo, nella prossima
primavera la faremo sposa.
— In somma, signor Traiano mio, qucsla vostra poverella vi ha
proprio fatta piovere la manna in casa !
— Davvero ! e noi le siamo gratissimi, e ogni giorno ne bene-
diciamo la memoria , come di un genio tutelare della famiglia. lo
ne ho fatto dipingere un ritratllno ad olio, che e una grazia a ve-
derlo , ma e tutto lei : e non vi potreste figurare le meraviglie che
si odono da quelli che vengono nella noslra saletta, dov' e appeso !
Inoltre, ve 1'ho a dire? Abbiamo trasformata in cappella domeslica
la camera dond' ella volo in paradise ; e mia moglie ha disposlo che
raltarino si dedicasse alia Immacolata. E io, che giova tacerlo? io,
quando ho la ispirazione di recitare un' Avemaria un po' da cristia-
no, bisogna che entri in quella stanzelta , perche mi sembra di re-
spirarvi un' aria , la quale ha un non so che di odoroso che mi fa
bene al cuore. Sara una mia fantasia. Ma io in quella camerelta mi
sento un allr'uomo.
— Fortunato voi ! In verita mi duole che sia tarduccio , e che io
non possa tenere a disagio questo mio amico. Del rimanente, ne
avrei delle cose da chiedervi ! Ma ci rivedremo con commodo. Or
avviciniamoci alia sepoltura della voslra poverella , che ancor io
voglio visitare, e intanto ditemi : che ne e di Otello di Bardo?
— Alia fine dei tre mesi che 1' ho mantenuto in Roma, e che egli
ha passati qui a consumarsi in questo cimiterio, mio fralelloEusebio
mi consiglio che lo avessi raccomandato a quella dama cugina del
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 685
Capilano , acciocche procurasse ella di trarlo dal pcricolo in cui era
sempre o d' iinpazzare per la disperazione, o di riunirsi con la ban-
da che liene la montagna di Sora. Le scrissi : e n' cbbi in risposta
chc subilo lo avessi fatto andare in Francia presso di lei. Yi ando, e
sino a tre settimane fa egli ci era, e slava bene.
— Manco male che gli si e trovato un ricovero !
— E il migliore che si potesse: perche quella signora lo tratla
da figliuolo.
— Ed ella, si & poi quietata finalmente?
— Pare che si . Ma per un anno ha seguitato a tempestarmi di
commissioni: 1' ultima e stala di mandarle una cassettiua della terra
di questa fossa.
I due amici e Traiano vi giunsero a coslo , che Lucilla non se ne
addiede. La fanciulletta, avcndo terminato d'incoronarne la croce con
le rose e le dalie, e di smaltarne la colmata con gli astri aulun-
nali e i fiori della neve che avea nel suo panieruzzo , slava li ritta,
con le mani raccolte, col viso basso e in attitudine si meslamenle
contemplativa , che non battea palpebra. Ma alia voce del padre che
la cliiamo , si scosse e levo a lui gli occhi bagnati di lagrime, le
quali si affrelto di asciugare. — Lucilla, e voi piangete? le disse
Tamico d' Eugenio ch' ella riconobbe e saluto con un graziosissimo
impaccio ; e perche ? Perche affliggervi della felicita di Maria Flora?
A quesla dimanda si fcce rossa , le venne un singulto e si nasco-
se la faccia col panierino. Traiano ancor egli comincio a contrarre
le labbra. Per lo che quello, laciutosi , in compagnia deiramico si
pose un momento in ginocchio ; e amendue pregarono requie eterna
alia beH'anima della vergine che era ivi sotterrata. Appresso rizza-
ronsi e si accomiatarono dall' uomo e della sua figliuolina, la quale
tulta vergognoselta avria pur voluto celare i suoi singhiozzi e ris-
pondere; ma non lo poteva punto. — Addio, Lucilla, voi piangete
e Maria Flora ride.
Eugenio , stiinolato da una pungente curiosita , piglio subilo a
premere 1'amico suo che , se era lecilo , strada facendo gli avesse
manifcslalo il mislero di quella tomba. E 1'amico fu sollecito di ap-
pagarlo , e gli aperse questo mistero , il quale non era altro che la
€86 LA POVERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC.
istorla della poverella di Casamari. — 0 poffare ! sclam6 egli, dopo
intesane la sucdnta narrazione ; questa incomparabile giovinetta ,
non e ella forse uno di quei « fieri ignoti » de' quali disputavamo
1' altra sera in quel giardino?
— E , pur troppo ! chi sa nulla di lei?
— Ma capped ! e perche non farla conoscere?
— Perche ella sarebbe un fiore pieno di realta : e voi , non mi
dicevate voi 1'altro di, clie il mondo di oggigiorno non ama cotesta
specie di fiori?
- Oibo ! queslo e un caso eke fa eccezione alia regola generale.
— Lo credete voi?
— - Senza dubbio.
— Ebbene , fidandomi del vostro giudizio, sara mia cura che
quest' umile fiorello veda un qualche poco della luce che desiderate.
I due gia s'erano inoHrati nella piazza di sanla Maria Maggiore,
e furono sovrapresi da una forte pioggia che li dovea distogliere da
ogni ragionamento, allorche stabilirono questa concluskme. La qua-
le , a parer nostro , e la piu ingenua e storica di quante avrem-
mo potute scegliere, per metier un terrnine alia storica lela di que-
sto ingenuo racconto.E pero non vi sappia male, o lettori benevoli,
che facciamo qui fine , pregando\i che ci abbiate per iscusati , se
in cambio di ricrearvi con sollazzevoli novelle o con ridenti scene e
briose , vi abbiamo anzi contristato il cuore ed empiutovelo di tetri-
cita funeree e di rincrescimento. La colpa e di Eugenio, non e del-
1'amico suo : il quale , siatene persuasi , pensava a lutt'allro , che
a regalarvi in queste pagine una epopea , che si dovesse compendia-
re neWomnes composui cosi lacrimabile di Orazio. Checche ne siay
voi usate la indulgenza di concedere ad ambedue loro il vostro per-
dono , non fosse altro per un riguardo alle virtu ed agF infortunii
della poverella Maria ; la quale , se la studierete bene , vedrete che
era un fiore meritevole d' essere colto su da terra, anche a costo di
alcuna spiacevole punlurelta. Chi non lo sa?
Nel mondo non e rosa senza spina.
0 NO RIO I.
SEC ON DO IL DO L LINGER1
§.X.
Esaminando il Concilio VI ecumenico, non solamenle si libera
Papa S. Agatone da grave taccia, appostagli dal Dollinger; ma
si trae ancora una prova defmitiva delta ortodossia di Papa
Onorio.
Siamo al Concilio VI ecumenico , in cui, stando. ai document! che
abbiamo, fu condannato Onorio. Non e a dire con quali botte di pen-
nello il ch. Dottore ci tralteggi il fatto , inlcrpretandolo a suo pro :
sembra un uomo, a cui tarda di pervenirvi. « Finalmente, egli scri-
« ve, venne il Sinodo definilivo del secenlottanta , ed allora accad-
« de cio che doveasi aspellare, allesi gli antecedent!. Onorio, quale
« partecipante nella eresia dei monoteliti , fu raggaagliato agli altri
« Prelati gi^ condannati in Roma, e con essi percosso di anatema, ed
« il Sinodo non pote ratlenersi dall' esecrare nominatamente — Fe-
« retico Onorio — ». Piu solto : « Agatone tento di storuare il colpa
« minaccianle, ed all' uopo, non menzionando i nomi de' suoi prede-
« cessori, intromise nella sua leltera 1'asserzione universale : che la
« Sede Romana non si era mai lasciala o fuorviare dal sentiero dell'a-
« postolica tradizione, o ammorbare da veruna eretica novita. II Si-
1 Vedi questo volume pagg. 528 e segg.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
<( nodo replicogli : se avere , conforme alia sentenza data tesle da
« Agatone, profferilo il suo giudizio sopra i condannati, compresovi
« Onorio. II quale era slalo per 1' appmito omesso da Agalone nella
« sua leltera 3. » Cos! il Dollinger. Eccovi un gruppo dei piu mo-
struosi. — Onorio antigiudicato meritevole di condanna dalla espet-
tazione: Agatone, Papa e venerato qual santo, che lisa un'arte sopraf-
fma di menzogna per iscamparlo : i Padri del Concilio che, ossequiosi
In vista, gli dicono col falto : voi siele un mentilore ; la Sede Roma-
na fuorvio dalla retta fede in Onorio. — Un nemico, ci duole il dirlo,
Bon avrebbe poluto figurare scena piu acerba di questa in dispre-
gio dei Papi e dei Concilii. Buono.per la religione, che il pregiudi-
210 della espeltazione, 1'arle di S. Agatone, e la smenlita datagli dal
Concilio non sono verila sloriche, ma slrane fantasie accozzale in si
rea guisa dal loro autore senza volerlo.
Prima di venire alle prove giova qui, a maggior chiarezza della
discussione , ricordare : 1.° che dagli anlichi davasi il titolo di ere-
tico in senso stretto od amplo : nel primo modo a chi \olonlaria-
mente e perlinacemente sostenea un errore in materia contraria
alia fede catlolica ; nel secondo a chi favoriva comecche fosse lale
errore 2. 2.° Che altri , siccome nola il Suarez 3 7 puo favorire
1 Endllch kam die entscheidendc Synode von 680,, unclMer geschali, was.
fiacli clem Yorausgcgangenen zu encar ten war: Honorivs wurde ah Theil-
iiehmer an derMonotheletischen Ketzercl den andern schon zuRom verdamml-
tn Pralaten gleichgestellt, mil ihnen dem Anathem unterworfen, und die
^Synode Hess es sich nichl nchmcn, den « Baretilier Honorius » nanielntlich zu
verwfinscJien. Pag. 135.—AgatJio hattc eincn Vcrsuch gcmacht, den drohendcn
Schlay abzuwehren, er liatte, ohne den Namen seines Vorfahrers zu nennen,
in seinernSchrciben die allgeincine Versicherung einfliessen lasscn^.ass der ro-
misclie Sluhl nie von dem Pfade aposlolischer Tradition abyewichen, nievon
lidreiischcn Ncucrungcn sich liaise anslccken lassen. Die Synode erwiderte diess
wit der Ruckausserung: sie Jiabe iJir Urtheil iiber die Yerdammten, Ilonorms
wit einbegriffcn, gemass der von Agatho zucrst gefullten Sentenz erlassen.
Gerade diesen hatte after Agatho inseincm Schreiben ilbergangen. Pag. 137.
2 Cf. BOLGENI, Fatti dommalici.
3 Gencratim loquendo duo sunt modi favendi haeretico , scilicet, commit-
tcndo, et aliquid faciendo;vel omittendo aliquid facere. Prior modus facilli-
me explicalur , praestatur enim favor vel consilio, vel teslimonio et aliis simi-
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 689
la cresia o posilivamcnte , facendo alcun che ridondante a pro della
medesima in chi la professa , o negalivamenle intralasciando di fa-
re per islerparla quello, a die egli sarebbe tenuto per obbligo di
giuslizia o dell' uffizio. 3.° Che dove il Dollinger afferma, Ono-
rio non essere slato erelico nel senso stretlo della parola , non
intende che tale sia stalo nel secondo modo da noi poco sopra indi-
catp, ma soltanlo che egli abbia fallito per errore d' intelligenza : il
che torna non essere lui stalo eretico formale, ma, come si direbbe
con linguaggio scolastico, eretico materiale. In questo senso il Dol-
linger ci dice : Onorio erro in fede, ed^il Concilio VI ci porge una
prova definitiva. Noi per 1* opposto gli rispondiamo : falso , Onorio
non erro punto , ed il Concilio VI , riconoscendo la infallibile vera-
cita della Sede Romana in materia di fede, ci da 1' ultima conferma
della sua ortodossia. II contrapposto e spiccato. II vero spuntera dal-
1'esame della trista scena sopra descritta.
La condanna di Onorio quale eretico nel senso esplicalo si dovea,
secondo il Dollinger, aspeltare, allesi gli anlecedenti. Ma quali sono
cotesti antecedenli, valevoli a mettere tale espettazione? Non le lellere
di Onorio, perche poste a rigido esame compaiono pure di ogni labe
eretica; non gli scrittori cattolici di quella eta, perche ne difesero la
orlodossia ; non le varie Chiese dell' orbe callolico, perche, dinun-
ziando i maestri deir errore e chiedendone a gran voce la condanna,
niuna querela porsero contro di Onorio; non il Concilio di Laterano
solto Papa S. Martino, perche in esso dichiarossi il medesimo Onorio
oppositore degli erelici; non 1' altro sollo Papa S. Agatone , perche
la lettera sinodica afferma che la Sede Apostolica iniino a quel di si
era mantenuta immacolata nella fede; non in fine 1'autorita dei mo-
notelili, che citavano in loro pro Onorio, perche il primo a citarlo in
pubblici documenli disdisse solennemente la rea inlerprelazione data
alle parole di Onorio. Eccovi gli antecedent!. Vi pare che siano tali,
onde si dovesse aspettare la condanna di Onorio? Diciamo di piu;
lo stesso Dollinger ci da un antecedents che ci annienta d'avanzo la
libus vcrbis, vcl rebus, ut pecuniis, armis etc. quidquid horumfiat, est positivus
favor. Omissive autem ccnsetur favere} qui omittit faccre quod tenelur, ut
haereiicus punialur, vel ab errore cesset. De Fide, Disput. XXIV, Sect. 1, n. 6.
Serie 7, vol. XII, fate. 351. ^ 5 Decembre 1864.
690 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
espeltazione affermata. Egli fa Onorio eretico per errore d' intelli-
genza. Ma chi non e nuovo de' sacri Canoni , sa che la Chiesa noa
punisce di alcuna pena questa specie di eretici. Notissimo e 1' esem-
pio che ci porge il Concilio di Calcedonia, nel quale fu dichiarato or-
todosso il Vescovo Iba, perche aliler intelligendo, o, come dice il Co-
siituio di Papa Vigilio, per errorem intelligentiae avc-a sproposilato
nella sua celebre lettera contro S. Cirillo. Dunque un Onorio suppo-
sto eretico maleriale e la espettazione di una pena sopra il suo capo
non si accordano. Che volele davvantaggio per avere inconto di sem-
plice fantasia il pregiudizio della espettazione, messo innanzi dal Dol-
linger ? Ve lo dicono gli antecedent! , dai quali dovea nascere , e la
supposizione delio stesso Aulore.
Che se in forza di tanti e tali antecedent! dovea trovarsi ogni ani-
mo sgombro della funesta espettazione per falli commessi da Onorio
contro la fede, e egli credibile che Papa S. Agatone antivedesse da
questo lato alcun danno pendente sopra il capo di Onorio? Certo che
no. Ma se egli non vedea minacciato il suo predecessore da niun
colpo, e manifesto, che vanamente supponesi, esser lui ricorso a
qualche spediente per ripararlo. Eccovi quinci dimostro che 1' arte
sopraffina adoperata , secondo il Dollinger , a scampo di Onorio dal
sanlo Pontefice, non e allro che un parlo della sua fantasia.
C' importa vederlo viemmeglio. II ch. Doltore asserisce, che Aga-
lone tento distornare il colpo minacciante, intromettendo ad arte,
(einfliessen lassen) nella sua epistola questa sentenza uuiversale:
la Sede Romana non aver mai sperimentato il tocco di verun morbo
erelico. II veleno di questo suo concetto e sommamente reo. Dovre-
mo noi dire che il ch. Dotlore lo conobbe, oppure 1'opposto ? Certo si
e, che se Agatone tenlo di stornare da Onorio il colpo minacciante ,
dovette per cio slimarlo reo di eresia, e se lo tenne per tale, do-
Yette ancora vedere che la Sede Romana non si era mantenuta per-
petuamente illesa dalia pestilenza dell' errore. Ma egli affermo il
contrario. Adunque per iscampare Onorio, menti all'Imperatore,
menli al Concilio, ed insozzo di turpe menzogna un solenne atto
pontificio che contenea la esposizione di un domma. 11 Dollinger e
catlolico, e scrittore in favore del caltolicismo. Supponiamo quindi
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 691
assai di buon grado, che egli non abbia considerate la somma irri-
verenza, che commctlea verso di un Papa venerato dalla Chiesa qual
Santo, gravandolo di cotanla infamia: supponiamo ancora, che egli
non abbia rifletluto all'aperta temerita del suo giudizio, perche seb-
bene egli, Dollinger, vedesse come due e due fan quattro, esser
Onorio caduto nell' crrore, e ne fosse profondamente convinto; pure
avrebbe potulo, salva lutta la verila, credere che Agatone avesse
pensato non altramente, che S. Massimo, Papa Giovanni IV ed altri
da noi nominal! allrove. Supposto lutto queslo, perche almeno da
storico fedele non csamino il documento , donde trasse 1' asserzione
di S. Agatone? perche non cerco del fine, non bado al congegno de-
gli argomenti? Se cio avesse falto, sarebbesi senza dubbio ehiari-
lo, 1.° che Papa S. Agatone non inseri ad arte quel suo asserto uni-
versale , ma che lo propose e lo provo exprofesso; 2.° che non 1'in-
tromise nel suo discorso per iscampare Onorio, ma quale ragione
fondamentale del fine, inteso dalla sua lettera.
Eccovi le prove della prima nostra asserzione. S. Agatone, non
guari inoltrata la sua lettera o Tomo dommatico , scrive : Cuius
(Petri) annitente pra^sidio.haec apostolica eius ecclesia NUNQUASI
a via veritatis , in qualibet erroris parte deflexa est. Ma tosto sog-
giunge, volete vedere se io dica il vero?0sservate cio che si e pra-
ticato nella Chiesa infino a noi. Sinodi generali, padri, dottori ne
venerarono T autorila , ne seguitarono la dotlrina , da essa ebbero
lustro ; i soli eretici se le rivoltarono contro mordendola, calunnian-
dola: Cuius (apostolicae ecclesiae) auctoritatem, ulpote apostolorum
omnium principis, SEMPER omnis catholica Christi ecclesia el uni-
versales Synodi FIDELITER amplectentes, IN CUNCTIS seculae sunt,
omnesque venerabiles patres aposlolicam eius doclrinam amplexi
per quam et probalissima ecclesiae Christi luminaria claruerunt:
el sancli quidem doclores orthodoxi venerati, alque sequuti sunt ,
haeretici autem falsis criminationibus ac derogationum odiis inse-
cuti 1. Adunque, secondo Agatone, tan to e infallibile 1'asserlo del
1 Stante il sostegno di Pietro, questa Chiesa apostolica del medesimo,
Don torse mai dal sentiero della verita in alcua errore; la cui autorita, sic^
come quella del Principe degli Apostoli, fu sempre accolta fedelmente da
692 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
fatto citato , quanto e infallibile il consentimenlo universale della
Chiesa nel confermarlo colla pratica.
Poco appresso ribadisce la sua sentenza e la rincalza con un argo-
mento inelultabile : Haec est enim , egli dice , verae fidei regula ,
quam et in prosperis et in adversis vivaciter tenuit ac defendit haec
spiritualis mater vestri tranquillissimi imperil, aposlolica Christi
ecclesia; quae per Dei omnipotenlis gratiam a Iramite apostolicae
traditionis NUNQUAM errasse probabilur, nee haereticis novitatibus
depravala succubiiil; sed ut ab exordio fidei christianae percepit ab
aucloribus suis apostolorumChristiprincipibus, illibatariNE TENUS
permanet , secundum ipsius Domini salvaloris divinam pollicitatio-
nem, quam suorum discipulorum principi in sacris evangeliis fatus
est: Petre, Pelre, inquiens, ecce Satan expetivit ut cribraret vos ,
sicut qui cribrat triticum : ego aulem pro te rogavi, ut non deficiat
fides tua. Et tu aliquando conversus confirma fralres tuos 1. Tanto
e dunque vero nel concetto di Agatone che la Sede Romana, ossia i
Ponlefici, hanno professato sempre la retta fede, quanto e vera la pro-
messa di Crislo; e tanto e impossibile che abbiano fallito e possano
fallire mai nell' inseguarla, quanto e impossibile, che 1' assolula pro-
messa di Cristo sia venuta meno , o possa niancare quandochessia.
tutta la Chiesa cattolica di Cristo e dai Concilii universal! e seguitatain tutto,
e tutti i venerandi padri ne abbracciarono la dottrina apostolica, onde sfol-
gorarono quai lumi provatissimi di Cristo; la venerarono pure i dottori
ortodossi e la seguitarono, e gli eretici la travagliarono, con false accuse e
colla rabbia della calunnia. MANSI, XI, col. 239.
1 Questa e la norma della vera fede, cui tanto nelle cose prospere^ quanto
nelle avverse tenne e difese con calore questa maclre spirituale del vostro
tranquillissimo impero, la Chiesa apostolica di Cristo, la quale,merce lagra-
zia di Dio onnipotente, non si provera mai avere fuorviato di un punto dal-
la via deH'apostolica tradizione, ne giacque insozzala da novita eretica, ma
come fu ammaestrata insulprincipio della fede cristiana daisuoifondatori^
Principi degli Apostoli, cosi mantiensi illibata in sino alia fine, secondo la
divinapromessa, che lo stesso SignoreSalvatore ha dato al Principe dei di-
scepoli nel sacro Evangelo dicendo: Pietro, Pietro, ecco Satana dimando
di vagliarvi,come chi vaglia il grano: ma io ho pregato per te, affinche noa
venga meno la tua fede. Ibid. col. 242.
ONORIO I. SECONDO IL D6LLINGER 693
In sul terrainare della Icltera eccovi per la lerza volta inculcarsi
dal Papa la medesima asserzione. Ne solo ve la inculca , ma ezian-
dio ve la invigorisce,alludendo ad un'allra promessa di Cristo, e ve
la riufianca colla somma necessita , che slringe i fedeli, di attenersi
agl' insegnamenti della Sede Romana: Evangelicam alque apostoli-
cam orlhodoxae fidei reclitudinem , quae fundala est supra FIR-
MAM PETRAM huius beati Pelri apostolorum principis ecclesiae ,
quae eius gratia alque praesidio ab omni errore illibata permanet ,
omnis praesulum numerus ac sacerdolum , cleri ac populorum una-
nimiter ad placendum Deo, ANIMAMQUE SALVANDAM veritalis for-
inulam apostolicae traditionis nobiscum confilealur et praedicet 1.
Anche nella leltera sinodica inviata all' Imperatore col Tomo dom-
malico di Papa Agatone si teslifica la perpelua purezza della fede
ne'Pontefici, se ne commenda lo studio nel mantenerla, si conferma
la universale venerazione per la loro autorila , e si conchiude la
stretta necessita di preslare credenza alia definizione spedita da
Roma.
Onde a cbi dice : 1' asserzione universale di Agalone fu artificiosa-
mente inlrodotla nel discorso, si risponde : se cio fosse, voi dovreste
quinci innanzi affermare allrettanto delle proposizioni generali dei
Trattati teologici , slanleche Y asserto di Papa Agatone vi si pre-
senli con le prove o indicate o succintamente espresse, cbe accom-
pagnano il Trallalo , de Auclorilate summi Ponlificis. A chi soslie-
ne che la sopraddetla asserzioue fu intromessa ad arte , si replica :
eccovi il Concilio romano, che esprime lo stesso concetto. Non e
egli malta temerila il supporre che lutti que' Vescovi, il fiore della
Chiesa occidentale, abbiario partecipato in una arle si vile e si rea?
Adunque sotlo qualunque riguardo , 1' inlromissione e Y arlifizio ,
che si appone all' asserlo universale di S. Agatone, e una nera tinla
poetica in acconcio del quadro immaginalo.
1 Prelatl, sacerdoti, clero e popoli lutti, affme di piacere a Dio e di aver
salva 1'anima, professino e predichino concordemente con noi la formola
della verita dell'apostolica tradizione, secoudo la retliludine evangelica ed-
apostolica della fede ortodossa, la quale e fondata sopra la ferma pietra di
questa Chiesa del beatoPietro Principe degli Aposloli. Ibid. col. 278.
694 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
I nostri savii lettori avranno gia scorto , che ad una asserzione
messa in evidenza con tante prove conviene allribuire nel discorset
del Papa ben allro uffizio da quello assegnatole dal Dollinger. Cos!
e. II Goncilio YI era convoeato per riannodare alia unita della ere-*
denza cattolica la Chiesa deH'Oriente sbrancatasi, la maggior parte,
per opera del prelati monoteliti. A tale uopo Papa Agatone spediva
cola il suo Tomo dommatico; il quale, omessa la introduzione, si
riduce a quatlro precipui capi : formola della credenza cattolica ;
asserzione circa la purezza della fede appo la Sede Romana; confa-
tazione dell'errore monotelitico ; neccssila di assentire alia formola
inviata con esortazione al Principe di adoperarvisi presso gli oriei*-
tali. Doppio e lo scopo immediato a cui tende il tulto, vale a dire,
di persuadere la infallibile veracita della formola proposta , e d' is-
fei ir quindi la necessita di preslarle il fermissimo assenso della fede.
Convinti i greci inlorno all'uno ed all' allro punto, la riunione inte-
sa, quale ultimo scopo, sarebbe venuta da se. II ragionamento che
percio usa il S. Ponlefice c in soslanza dei termini seguenli: «Ecco~
\i la forma della vera fede cattolica. Prestatele credenza. Lo fate?
siele nella veriia, nella via di salute. Non lo fate? siete nell'errore,.
fuori della Chiesa, infallanlemente perduti 1. Dubitale di affidarvi ad
essa, temendo di qualche errore? Guardale dondeviene. Essaviene
dalla Sede apostolica, la quale ne' suoi Pontefici, come successor! di
S. Pietro, essendo, merce la divina provvidenza, privilegiata della in-
fallibilila nell' insegnamento dci dommi,non fuorvio mai dalla retll-
tudine della fede , ne puo fuorviare. Ye lo dicono le promesse di
Cristo, ve lo conferma la pralica coslanle, universale della Chiesa
dentro e fuori dei Concilii. » Togliete dalla lettera sopraddella Tas-
serzione circa la ponlificia infallibilita, nel fatto sopra cui si versa
la nostra controversia , ruina il tutto. Diviene inutile la formola,
senza fondamento la necessila di prestarle credenza, vani gli ar-
1 Sin autem (quod porro lonc/e sit) novitatcm nvper ab aliis introductam
amplecti maluerit, (praesul Cp.) et alienisaregulaveritatis orthodoscae atqne
apostoUcae nostrae fidei sese irretire doclrhris .... ipse noverit, quid de tali
contemptu in divino Christi examine satisfaciet apud iudicem omnium, qiti fa
cadis est. Ibid. col. 283.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 695
gomenli arrecali, la leltera improporzionala allo scopo. Risulla
quinci doversi dire tanto impossibile cbe 1' asserto giaccia nclla
serillura di Agalone a guisa di accidenle, intromessovi ad arte,
quanlo e impossibile cbe I'arcbiteKo faccia entrare nel suo disegno
aceidentalmente o ad allro scopo il fondamenlo dell' intero edifizio.
Giudicbisi ora sesiaono sconciatura di fantasia, quanto affermo il
ch. Doltore intorno al fine ed al modo dell' asserto di Agalone in
pro della Sede Romana.
II detto fin qui prova, cbe Papa Agatone parlo da uomo leale e
noa da ciurmatore. Ma quale fa 1'esito della sua leltera? Eccovi il
uodo. Fu ella amraessa dal Concilio , oppure ebbe a sostenere un'a-
naara smentita, come vorrebbe il Dollinger? Cercbiarao negli Atti e
la cosa ci fia conla. Neli'Azione VIII 1' Imperatore domanda a' Ve-
scovi convenuti al Concilio, se accetlano la lettera di Agatone. Si le-
va Giorgio Arcivescovo di Coslanlinopoli ed afferma, cbe considera-
lone tutfo il valore dei concetti (T,^ TYJ Buva^st) vi acconsente ; tale
essere la sua professione e la sua credenza. I Vescovi diCalcedonia,
di Mililene, di Anastasiopoli, di Seleucia dell' Isauria usano somi-
giiante linguaggio. Giorgio Vescovo di Cizicodice cbe assente a tul-
le le €056 Cbe Vi Si COlltengOnO (i:affi Tot; £^9£p0[j.£vc:; Iv au-ai? ) ;
cosi ancbe il Vescovo di Bizia. Protestano ad una voce di seguilarne
gli insegnamenti i Vescovi di Melimna, dei Camuliani , di Cinna con
tulli quelli soggelli alia Sede di Costantinopoli. Sisinnio Vescovo di
Eraclea nella Tracia testifica di non avervi trovato sentcnza cbe non
si accordi pienamente coi Sanli Padri 1. Sisinnio Vescovo di lerapo-
IH'accoglie. Sergio Vescovo diSelimbria la riverisce non altramen-
te che la lellera di S. Leone a Flaviano 2. Domizio Vescovo diPru-
sla la riconosce suggerita dallo Spirilo Santo, dettata per la
bocca di S. Pietro, scritta per mano di Agatone 3. Quattro Vescovi,
1 Eupov ar/^ev aura; avTiTriTTTctv ToT; a^'toi; TraTpait. Ibid. COl. 337.
2 "OUTW; ^e'y^axi xai HaTawTra^caai au-rac, w; TW ETrten-cXTiv TGU ev a^ict; AS'WTC?.
Ibid. col. 340.
3 'fl; £x TCU -jrvtuaaro; TOU a-Ytcu xat xopcpaicu TWV aTroaTOAwv DsTpcy, xal £ta TCU
«aic7u).o'j TOU TrpcXsy^OEvTo; TStaifcaxapio'j TraTrat 'A*j'a6<ovo;
jt^rrucaoaat. Iblil. 339.
696 ONORIO I. SECONDO IL DOLL1NGER
quattro diaconi , due monad messi in sospelto di non aderirvi dal
Vescovo Teodoro kanno 1'ordine dal Concilio di dar conto della pro-
pria fede in una scriltura giurata : ed offertala , ciascuno in essa
professa di acconsentirc semplicemenle e di aderire fermamente a
tulli i capi conlenutivi 1. Macario Palriarca di Anliochia mostratosi
ritroso, tutto il Concilio , affermando di essersi interamente solto-
messo alia lettera di Agatone, e contro di lui, ed indi trovalolo perti-
nace nel dinegarle la propria adesione, lo depone della sua dignila,
e caccialo lurpemente dal luogo del Concilio 2. Eccovi il genere di
smenlila data dal Concilio VI alia leltera di Agalone. Se la protesla
universale di accoglierla, di seguitarla, di riverirla come detlato
dello Spirilo Santo in ogni capo , important) una solenne smentita,
non occorre allro; e uopo pigliare il dizionario e mutare il signifi-
cato di elogio, di approvazione , di stima in quello di biashno, di
disapprovazione , di smenlita.
Tutte le lestimonianze arrecate, dira forse alcuno, accaddero pri-
ma della condanna di Onorio. Verissimo. Ma cio cbe monta? Abbia-
mo anche dopo nuove conferme e piu esplicite. Difatto prima della
condanna si disse , che la leltera di Agatone, esaminata punto per
punto, si era trovata conforme alle sentenze dei Padri , e questo ri-
trovasi ancora appresso nella lettera sinodica ed in quella dell' Im-
peratore a Papa S. Leone II,successore di Agatone 3. Prima della
condanna si fe solenne protesta di assentire in ogni cosa alia leltera
CTTOI^W , xal su-asvco Tract TO!? £[M>spo[j,£vcts XcCpaXato',? I'v
TS rf sipYiasvr, avaaopa TOU aurou a^iorarou av^po?. Ibid. Act. X, COl. 453.
2 Sancla Synodus dixit: Postquam non consentit virtuti (-f, ^uvaasi) di"
rectarum orthodoxarumsuggestionum ab Agalhone sanctissimo papa Romano
Macarius venerdbilis, quas omnes consentient.es grate suscepirnus, praevidi-
mus hunc de sedc sua surgere et respondere. Act. VIII, col. 346, 347. Cf. ea
quae legimlur. Act. IX, col. 385.
3 Delude uno ex nobis, regnantis huins Constantinopoleos sanctissimo prae-
sule assenlientfin primismisso a vobis ad piissimum imperatorem orthodoxum
scripto, ut IN OMNIBUS convemenli probabilibns et a Deo instinctis patribvs ac
sanctis et universalibus quinque Synodis, et quidem nos omnes Christo Deo
contincnte, quod sludebamus facile confecimus. Epist. Synod, col. 686.
ONORIO I. SECONDO IL DOLL1NGER 697
del Ponlefice, ed appresso si conferma lo slesso assentimenlo in om-
nibus nella sinodica citata. Prima della condanna si esalto lo scrilto
pontificio, come deltalo di S. Pietro, e voi Irovate il medesimo ^elo-
gio nel sermone prosfonetico in su la fine del Concilio 1.
Piii; il Papa Agalone prova nella sua leltera il falto della infallibi-
le veracity della Sede Romana, adducendo Ic promesse di Cristo. Que-
slo pure confessa il Concilio nella sinodica e lo rafferma coll' opera,
afiidando interamente al Papa il da farsi per la custodia della fede 2,
e 1' Imperatore lodando Iddio dell'avere conservato la credenza calto-
lica nella sua inlerezza, esclaina che non polea accadere altrimenti
dal lalo della Sede Romana, slante la predizionedi Cristo 3.
Dal falto della suddetta infallibilita il Papa inferisce la necessila
assoluta di soggetlare il proprio intellelto alia definizione proposla
nella sua leltera, per chi volesse camminare per la pesta della ve-
rila, restare nel corpo della Chiesa, andar salvo. Eccovi il Concilio
riconoscere per legittime lulle e Ire le parli di questa conseguenza.
Posciacheapprovacome tale la prima, aderendo interamente alia for-
mola fspedilagli ed avendo in conto d' infallibile la professione del-
la fede dcgli occidenlali e la propria definizione perche conformi alia
1 Summus autem nobiscum concertabat Apostolorum princeps: illius enim
writatorem, et sedis successorem habuimus fautorem, et divini sacramenti il-
luslranlem per litleras. Confessionem tibi a Deo scriptam ilia Romana antiqua
civitas obtulit, et dogmalum diem a vesperlinis parlibus exlulit charta, et %
alramenlum videbalur, et per Agathonem Petrus loquebalur. Ibid. col. 666 —
Idem inEpist. Synod.
2 Itaque tibi, ut primae Sedis anlistes universalis ecclesiae, quid agendum
sit relinquimus, stanti supra firmam fidei pctram, libenterperlectisveraecon-
fessionis litteris a vestrapaterna bealiludine adpiissimum imperatorem missis;
quas ut a summo Apostolorum vertice divine perscriptas agnoscimus. Ibid,
eol. 683.
3 Gloria Deo, qui gloriosa facit, et fidem apud nos integram conservavit.
Quomodo enim id faclurus non crat, IN EA PETRA, super quam ipse ecclesiam
fundavit, ac praedixit nunquam fore, ut portae inferi, hoc esty haerelicae in-
sidiae, adversw earn praevalerent? A QUA, tamquam e caelorum convexis, ve-
rae confessionis sermo effulsit, animas diligcntium Christum illustravit, su-
scitavilque refrigeratamorlhodoxiam. Episl. Imper. ad Leonem col. 718.
698 ONOR10 I. SECONDO IL DOLLIIS7GER
Icltera del Papa; approva le allre due col fatlo luculenlo del gin-
dicare eretico e fuori della Chiesa il Palriarca di Antiochia, e del
digradarlo ed anatematizzarlo, perche ostinalo nel contraddire alia
lettera del Papa 1. Vi pare egli die si possa immaginare approve-
zione piu recisa e piu splendida dell'asserto universale di Agatone?
Voi r avete implicito nell' assentimcnto dato al lulto della lettera,
voi 1' avele espresso e nella acceUazione degli argomenli su cui si
fonda , e dello conseguenze, che no rarapollano. La sinentita adun-
quo non e per Agatone, ma pel Dollinger.
A' nostri lettori siamo parsi per avvenlura troppo lunghi nella di-
scussiooe di queslo punlo. Ma abbiamo reso due grandi servigi ad
un viaggio. II primo ad Agatone Papa e santo , caneellandogli il
marcbio in fame dell' imposlore, impressogli sul volto contro ogni
equita da uno scrillore caltolico in un pacse cinto da proteslanli ;
1'allro a Papa Onorio, liberandolo dcfinilivamente dalla laccia di
eresia. Le prove germinano dall' esame tcste compiulo , conforme
la promcssa falta da principle. Di tre cose abbiamo discorso ; di un
fallo storico, di un domma e della sentenza del Dollinger. Da cia-
seuna di esse vi fiorisce un argomento.
I. Fatlo slorico. II Papa Agatone affcrma in modo posilivo , in
termini cbiari e per tre \olle il perpeluo fatto della puriia della fe-
1 Er habe, Mess es in dcm Delzrel, sick in alien Punkten dem Sergius an-
geschlossen', er habe unter dem Jcalholischen Volke die llarcsie des Einen WU~
lens verbreitetj er habe es verdient, mil Sergius dem gle'ichen Anathem unter-
worfe.n zu werden; denn seine dogmatischen Schreiben seien den Apostolischen
Dofjmen und den Entscheidnngen der Synod en volliy zuwider , und zielten
auf dieselbe Gottlosigkeil wie die Schriften der erklartesten Monotlielelen.
So driichte sich besonders Kaiser Constantin:, der an der Sijnode sehr t ha tig-
en Antheil genommen, in dem Schreiben an den Papst aus, und in dem Edikte,
das an der grossen Eirche der Hauptstadt angeheflet ward., liiess es von IIo~
norius : er sei in allem als « Milketzer, Mitlaufer und Bestaligcr der Kelze-
reien » dem Sergius und dem Theodor gleich su setsen gewesen. Die Synode
selber hatte noch, nachdem sie die Schreiben des Sergius und des JJonorhis
eincr sorgfaltigen Prufung unlersogen, bcsuglich beider Manner erklart: Die
der en gottlose Lehren wir verabscheuen, der en Namen haben wir aueh aus der
Kir cl\e hinaus.zuicerfen furnothig erachtei. Pag. 135.
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 699
de manlenutasi prcsso la Sede Roraana e sopra di questo fallo
appoggia lutlo il suo discorso , sfidando a provare il contrario. I
Vescovi del Concilio Romano lo lesliiicano insicme con lui : quelli
del Concilio VI ecurnenico , a cui importava grandemente di smen-
•tirlo, anche 1'approvano, ne accellano le conseguenze , \i si confor-
mano colle opere. Niuna critica al mondo, per quanta sotlile e schi-
fiilosa la vogliate, puo conchiudere nulla conlro la verila di un tal
fatto. Perciocche, quando tante persone, tutte autorevolissime, divi-
se in due solenni adunanze e di contrarii interessi si trovano d'ac-
cordo nell' atlestare un falto splendido, che si ando svolgendo solto
gli occhi di tulto 1'orbe callolico, che ammesso porta seco gravissi-
fiae ed universali conseguenze, non v'ha scampo: conviene o accetlarlo
per indubitato, o negare il crilerio del vero che si ha nell' autoritSi
equindi gittare alle fiamme lulte le storie. Ma Onorio deve esser
compreso in un fatto di tanta certezza : adunque la sua ortodossia e
messa al coperto dal morso della crilica piu sotlile e schifiltosa.
II. Domma. Ma pel catlolico v'e un altro argomento viepiu ine-
luttabile. La ortodossia di Onorio e legata colla veracita del domma
per modo , che non si puo negar 1' una senza intaccar 1' altro.
Ed in vero il Papa ed il Concilio sono infallibili, quando convengono
nel determinare il senso della Tradizione, della Scrillura e quello che
e necessario alia salute. Ma, come abbiamo tesle dimostrato, il Papa
Agatone ed il Concilio VI ecumenico convengono nel determinare
il senso della Tradizione e della Scritlura a pro della infallibile ve-
racila della Sede Romana,ossia de' Papi,nelle cose di fede, e la ne-
cessila per la salute di prestar loro credenza. Adunque la infallibile
veracita della Sede Romana o de' Papi in cose di fede e un falto in-
failibilmente vero. Ma Onorio e un Papa , dunque egli pure dovetle
essere infallibile nel magislero della fede : duuque e tanlo impossi-
bile che egli abbia erralo in esso, quanto e impossibile che Papa e
Coocilio unili abbiano errato nel determiuare il senso della Tradizio-
ne e della Scrittura soprallegato. Per conseguenza chi fa erranle in
tnateria di fede Papa Onorio in quanto Papa, fa implicilamente erran-
ite il Concilio, ed asserendolo condannalo all' aualema per cagione di
avere predicato 1' errore , viene ad incolpare il sinodo di bugiarda
700 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
contraddizione e di somma iniquita. Di bugiarda conlraddizione,
perche avrebbe in tale supposto condannato come reo di eresia Ono-
rio, in quella che dichiaravalo innocente di ogni errore : di somma
iniquita , perche avrebbe ad un tempo affermalo la necessita per la
salute di seguitare la dotlrina dommalica della Sede Romana, e con-
dannato Sergio, Pirro, Paolo, Macario e gli altri monoteliti, i quali
aveano protestalo, e il Dollinger gliel consente liberalmente, di se-
guire per T appunto la dottrina della Sede Romana insegnata da
Onorio.
III. Sentenza. Donde e facile rilevare la mostruosita della sen-
tenza del Dollinger. Giacche- in essa Agatone mentisce al Concilio:
il Concilio mentisce ad Agatone, erra nel definire, e iniquo nel giu-
dicare: i condannati appaiono rei ed innocent! ad un tempo. Rite-
mita la integrita degli atti non v' e scampo : o conviene dire Onorio
condannalo dal Concilio come semplice fautore , o inghiottire una
portentosa mostruosita, sia dal lato della critica storica, sia da quello
della fede cattolica.
§. XL
Si dimoslra in qual senso debbasi pig Hare la sentenza
del Concilio VI contro Papa Onorio.
II Dollinger non solo afferma, che Onorio fu condannato di eresia,
ma ancora intende a provarlo. A tal uopo vi recita ad un fiato una
tirala di sentenze tratte dal Sinoclo, e giltatevele dinanzi in un fascio,
dunque , e' conchiude , non v' ha il menomo dubbio , la mente del
Concilio fu di sentenziare Onorio siccome reo dell' errore monoleliti-
co. Per questa via la quislione mutaoggetto : non dobbiamo piu di-
fendere Onorio, ma il Concilio ; giacche gli sforzi , che vi spende il
Dollinger, ridondano a profitto o dei protestanti o dei giansenisti.
Lo dimostriamo. Nel paragrafo antecedente abbiamo provato cbe il
Papa ed il Concilio sono d' accordo nel determinare ii senso della
Tradizione e della Scrittura, in pro dell'infallibile veracita della Sede
Romana in cose spettanti alia fede. II perche sostenendo il Dollinger,
ONORIO I. SECONDO IL DflLLINGER 701
che il giudizio del Concilio yolge sopra il sonso dommatico della
lettera di Onorio, o le sue prove sono eflicaci a conchiudere della
condanna di Onorio ci6 che intende, ed eccovi i protestanli toslo in-
ferire : dunque Papa e Vescovi unili in Concilio sono fallibili nell'ap-
plicazione della Scritlura e della Tradizione; o non sono efficaci, ed
eccovi i giansenisti dedurre : dunque il Concilio e fallibile nel giudi-
care i falti dommatici. Vedeie in qual pecoreccio si e egli cacciato !
II ch. Dottore cita il decreto di condanna letlosi nel Concilio; 5
bene, che qui lo rechiamo dislesamente con a fronte le sentenze onde
il Dollinger pensa di provare il suo asserto.
Dollinger
Egli (Onorio) seguito, come e det-
to nel Decreto, Sergio in tutti i pun-
ti; eg\\propagolra cattolici la eresia
dell'una Volonta ; egli merito di es-
sere sottoposto con Sergio ad eguale
anatema ; perche le sue lettere dom-
matiche sono totalmente contrarie ai
dommi apostolici ed alle defmizioni
dei Concilii, e miro alia stessa ein-
pieta, che gli scritti dei piu chiari
monoteliti. Similmente si espresse
nella lettera al Papa anche 1' impe-
ratore Costantino, il quale ehbe par-
te assai atliva nel Sinodo, ed entro
1 Editto, affisso alia precipua Chiesa
della Capitale, sta scritto di Onorio,
che egli e da eguagliarsi in tutto a
Sergio ed a Teodoro, siccome coe-
retico, concorrente e confermatore
della eresia. 11 Sinodo stesso , po-
ste a diligente esame le lettere di
Sergio e di Onorio, dichiar6 per
rispetto adambidue: No\giudicam-
mo ancora necessario , che siano
Concilio
Secundum promissionem, quae in
antelatis a nobis ad vestram gloriarn
facta est, retractantes dogmaticase-
pistolas, quae tamquam a Sergio...
scriptaesiint,tamadCyrum...quam
ad ilonorium, quondam papam anti-
quae Romae : similiter autem, et epi-
stolam ab illo, id est, Honorio re-
scriptam ad eumdem Sergium: has-
que (>6al TayTa) invenientes omnino
alienas existere ab apostolicis do-
gmatibus, et a defmitionibus sancto-
rum conciliorum, et cunctorum pro-
babilium patrum, sequi yero falsas
doctrinas haereticorum, eas omui-
modo abiicimus, et tamquam animae
noxias execramur. Quorum autem,
idest, eorumdem impia execramur
dogmata, horum et nomina a sancta
Dei ecclesia proiici iudicavimus, id
est, Sergii...qui aggressus est de
huiusmodi impio dogmate conscri-
bere, Cyri Alexaudriae, Pyrrhi, Pe-
tri et Pauli, qui ... et siinilia eis
702 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
gittati fuori della Chiesa i nomi di senserunt , ad haec , et Theodori
coloro, le cuidottrine esecriamo. quondam episcopi Pharan, quarum
Adunquenonpuosussistereilme- omnium suprascriptarum persona-
nomo dubbio, che la mente del Con- rum mentionem fecit Agatho sanctis-
cilio non fosse di condannare Onorio simus ac ter beatissimus papa anti-
per cagione di vera eresia *. quae Romae in suggestione, . . . eos-
que abiicit utpote contraria rectae fi-
dei nostrae sentientes, quos anathe-
mati submitti definimus. Cum his
Tero simul proiici a sancta Dei ca-
tholica Ecclesia, simulque anathe-
matizari praeTidimus et Honorium,
qui fuerat papa antiquae Romae,
eoquod invenimusper scripta, quae
ab eo facta sunt ad Sergium, quia in
omnibus eius mentem secutus est,
et impia dogmata eonfirmavit 2.
II Dollinger concliiude cue non puo sussistere il menomo dubUo
sopra V inlendimento del Concilio: cosi e, ma stando alle sue premes-
se. Tolga lorole gravi inesattezze cacciatevi dentro, e il dubbio avr&
luogo. II nodo della quislione sla in queslo: so Onorio sia stato, o
no, condannato di errore dommatico. Si confrontino ora le premesse
del ch. Dollore col Decreto, onde si dicono provenule. Salta subito
agli occhi, che egli da il litolo di dommatiche alle lettere di Ono-
rio non espresso nel decreto ; che acconcia ad Onorio la senlenza
quorum impia dogmata, la quale e detla soltanlo di Sergio e degli
altri suoi coinpagni ; che afferma Onorio aver meritato di essere sot-
toposto all' anatema, perche le sue lettere sono lotalmente contrarie
ai dommi apostolici ed alle definizioni del Concilii, quando in-
yece ebbe tal pena per 1'altro motivo, espresso nelle ultime parole
citale nel decreto. Piu ; rappresenta le senlenze : che Onorio pro-
pagb /' errore tra i fedeli; che mirb ad una medesima empieta cogli
eretici piu manifesti, come roba del decreto e delte di Onorio in
particolare, quando essenon sono ne 1'uno, ne 1'altro. Toltele giunte,
1 Pag. 135.
2 MANSI XI, col, 554, 555.
ONOR10 I. SECONDO IL DOLLIKGER 703
riformato il motivo della conclanna, climinato do chc non e del De-
creto, reso il proprio significato al lutto, eccovi tosto spuntare nel-
1'animo ilpensiero : come posso io condannare Onorio di errore
dommatico, quando a lui nel Decrelo di condanna non si attribui-
scono ne leilere dommatiche, ne dommi erelici, no si punisce per
averne fatto professione? La relta coscienza dei nostri leltori avra
giarisposto che no; essendo iniquila meltere a carico del reo quei
falli, che non gli sono apposti d;ii giudici. Se il Dollinger ve li mise,
fu, crediamo noi, per cagione d' improvvida distrazione, occorsagii
nel rapportare i concetti testuali.
La nostra conseguenza, avendo per fondamento T argomenlazione
particolare del Dollinger, puo accadere, che non soddisfaccia a tulli
i noslri lettori. E quindi mestieri di universaleggiarla. A decisione
della presente controversia cinque modi di condanna ciporge il Con-
cilio, e due 1'Editto imperiale : nel Decreto sopra riferito , nel Ser-
mone prosfonetico e neH'Editlo si specificano le colpe dei singoli
condannali ; nella chiusura dell' Azione XIII , nella Definizione e
nella Lettera sinodica sono accomunati nelle colpe tutli i condannati.
Perche nulla ci trapassi inosservato, esaminiamo: l.°cio che si ailri-
buisce a Sergio, Pirro, Pietro, Paolo, Giro e Teodoro e non ad Ono-
rio ; 2.° quello, che e divisamente posto a carico di Onorio e dei
soprannominali ; 3.° quello che si appone loro in comune. Dalle con-
seguenze di queslo esame si render^ manifesta la specie del reato
di Onorio , supposta sempre la inlerezza dei documenlL
I. Che cosa si allribuisce a Sergio e non ad Onorio? Cercando nel
Decreto, che e il fondamento di lulte le forme delle altre condanne,
si trova 1 .° che alle lettere di Sergio si da il titolo di dommatiche
e non alia risposla di Onorio ; 2.° che agli oriental! in particolare
si altribuiscono empii dommi, portanti il marchio della esecrazione:
Quorum antem, idest , eorumdem IMPIA EXECRAMUR DOGMATA ho-
rum et nomina a sancta Dei ecclesia proiici iudicavimus, idest, Ser-
gii . . . Cyri, Pyrrhi . . . ; 3.° che ai medesimi sono con esplicita
defmizione apposli concetti contrarii alia relta fede : Ulpole CONTRA-
RIA reclae fidei noslrae senlientes, quos anathemati submilli defini-
mus. INiun litolo , niun aggiunto somiglianle leggesi accanlo agli
704 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
scritti di Onorio. Eccovi quindi la conseguenza : dunque le scritture
di Sergio e de' suoi compagni vengono specificamente qualificate
come ereliche, e specificamente esecrate dal Sinodo, e non quelle d£
Onorio. Piu ; le qualifiche del delilti non si gillano a caso nelle sen-
tenze giudiziali, ma ^7i si pongono molto pensatamente, per non ag-
gravare o scemare di alcun eke contro giustizia la rea condizione
dei condannati. Dunque e necessario conchiudere , o cbe le note di
eresia, di contraddizione ai dommi ed alle deiinizioni dei Sinodi ap-
poste alle ire leltere giudicate prima in globo nel Decreto, debbonsi
interprelare nel senso rigoroso delle espressioni per conto degli
orientali e diversamente per rispetto di Onorio , ovvero che le so-
praddette qualifiche sono iniquamente o pazzamenle date.
II. Di quale colpa e gravato Onorio dal Concilio, di quale i Prelali
orientali? Onorio e condannato nel Decrelo; quia in omnibus eius
(Sergii) menlem sequutus est, et impia dogmata confirmavil (xa-ui
7;avTa TYJ £X.£ivcu "fwy/r, ira7.vXo'jOr^avTa , y.al Ta auTou dbe^v] y.upJjsavTX
co-j'1/.aTa) ; nella Defmizione : utpote qui eos in his sequutus est (&$
|y.£ivci; iv TOUTS'.; ay.s Ac-jOvjcavTa ) ; donde si vede che la sostanza del
realo e riposta dal Concilio nel concetto del sequutus est, e che quin-
di 1'allro del confirmavil e in esso inchiuso quale conseguenza. Fra i
Prelati orientali Sergio e condannato nel Decreto quale primo scrit-
tore sopra 1'empio domma (TOJ apca^dvcu cru-YpasejOa-. ) , gli altri sic-
come consenzienli colla rea crcdenza (Ta c;;.c'.a IV.ZWOK; ^povr^av-uwv) ;
nella Defmizione si proscrivono tulli costoro , come inventori delle
no\ila ereliche (TOU; TO-JTWV bsjpsTa; egaXo^sv). Paragonando ora il
concetto del reato commesso dai Prelali orienlali con quello della
colpa attribuita ad Onorio, la diversila apparisce spontanea e recisa :
giacche il primo ci rappresenta i Prelali come colpevoli di errore
intelleltuale , tanto dicendoci le sentenze: inventori di novila ereli-
che , £cpsup£7ac ; accordantisi sopra gli stessi empii dommi, ^a b^6ix
opovr(sav-:ojv : laddove il secondo ci propone Onorio riprovato come
erranle praticamente , lanto importando nel senso proprio la senten-
za ; seguitando o favorendo la mente, ^ -^o^ i^ay.o/vC'jOYjcravTa. Ma
la eresia ha per proprio fondamento 1' errore intelletluale e non F er-
rore o fallo pralico; adunque circa i Prelati orienlali s'inferisce loslo
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 703
e a buon dirillo die furono condannali per ispacciatamenle erelici,
ma non cosi per rispetlo di Onorio.
Contultocio egli non e ancor salvo. II verbo ay.o7,cuOsw non sola
significa seguitare raaterialmente , prestar servigio , favorire; ma
eziandio, secondoche e posto, aderire ossequiosamente agli altrui
pensamenti : ne abbiamo piii esempii anche nel presente Concilio VI.
Qual e il suo valore in questo luogo? Ce lo determina la voce if, pw-
JI.TJ, esprimendoci la cosa, in che Onorio ha seguitato o favorito Ser-
gio. Vero e pero, che nol fa di per se sola, essendo vocabolo dub-
bioso per oltre ventolto significati secondo S. Massimo 1, ma si con-
giuntamenle alle circostanze in cui e adoperata. Tali circostanze sono>
i rapporti, che passano tra la lettera di Sergio e la risposta di Onorio.
Ora da quest! ricavasi apertamente , che essa vuolsi pigliare nel
senso di consiglio o de liber azione. Confrontale letlera e risposta ci-
tate : nella priraa vedrete Sergio che, mostrando grande pieta e som-
messione e recando molte ragioni, domanda 1'approvazione pontificia
del consiglio o della deliberazione, che egli avea preso, d' imporre,
cioe, il silenzio sopra la conlroversia delle voci , una o duplice ope-
razione in Cristo ; e nella seconda scorgerete Onorio che approva
cosiffatto consiglio e lo mette in pratica per conto suo. Ma la natura
di tale partilo, considerate in se stesso e secondoche 1'intese Onorio,
non offende menomamente la fede, come abbiamo provato amplamen-
le altrove 2, soprallutlo se si avverta, che a quel tempo non era
slala peranche definita la fraseologia in tal quistione ; dunque la reita
appbsta ad Onorio non e a desumersi dalla parte dell' intelletto , ma
da quella della semplice pralica.
In qua! modo poi sia parso al Concilio atto cotanto reo in Onorio,
1'aver seguitato e confennalo colla sua autorita il consiglio di Ser-
gio, e agevole ad esplicare. Colle grandi moslredi devozione verso la
Sede Romana e colla prolesla di seguilare la dotlrina de' Padri e
segnatamenle di S. Leone e del Concilio di Calcedonia, Sergio avea
furbescamenle intromesso nella sua lettera la insana teorica dei mo-
1 Disput. cum Pyrrho.
2 Ser. \, vol. XII, pag. 146 e segg.
Serie 7, vol. XII, fasc. 354. 45 7 Decembre 1864.
106 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
iiotelili. Papa Onorio non disse verbo di riprensione sopra tal punto, e
pago d'inculcare il mantenimento dei dommi defmili contra Nestorio
ed Euliche lodo il consiglio del silenzio ed ordino di seguitarlo. Di
qui il grave rischio, avveratosi appresso a grave danno della fede ,
che i monotelili torcessero questo modo di procedere a proprio van-
taggio ed avesseronel silenzio imposlouna guarentigia perispandere
il loro errore. Otiindi agli occhi del Concilio Onorio comparve reo
di aver procedulo con grave trascuratezza in tan to affare , quando
1'alto uffizio di supremo guardiano della fede gl' imponea T obbligo-
slrello di ovviare all'errore, specialraente se proposto dai maestri dei
fedeli e piu dal primo patriarca deH'Oriente, pognamo che fosse ac-
caduto anche senza reo intendiraento. Ed eccovi con questo chiariti
del perche il Concilio chiami Onorio confermalore dell' eresia, 1'Edit-
to dicalo contraddicentesi. Egli non imped], come era obbligalo dal
sublime suo grado, che 1' eresia abbarbicasse, e, tultoche confessas-
se il domma caltolico, influi nell' incremenlo della medesima col suo
modo di operare, e percio gli si applico la regola canonica , allegata
da Papa Felice 1 : Negligere, cum possis deturbare perversos, nihil
esl aliud quam fouere eorum impietatem: nee emm caret scrupulo
societatis occultae, qui manifesto facinori desinit obviare. Passiamo
al terzo punto dell' esame.
111. II Concilio, accozzati tulti i nomi de'condannali, nella Defini-
zione li rappresenta quali stromenti del Demonio, quali disseminate-
ri della eresia, quali perturbatori della Chiesa; nella letlera sinodica
li condanna come offensori della fede ; nell'Azione XIII ordina, che
sieno arsi i loro scritti come nocivi alle anime e traenti ad una stes-
saempiela: 1'EdiUo imperiale non ragiona altramente. Queslo lin-
guaggio non menonaa punto la forza della nostra conchiusione. La
ragione e semplice. la morale e riputato reo, ed anche in solidum,
non solo chi fa il delitlo , ma ancora chi vi ha mano come-
chessia. Applicate quesla regola al caso nostro. Onorio concorse col-
la sua trascuratezza allo spargimento dell 'errore, ed eccovelo giudi-
cato reo di tale iniquita. Direte voi per questo che egli realmente
dissemino 1' errore? Tortu ed ingiusta sarebbe la vostra deduzione,
perche eguagliereste Onorio ai Prelati orientali anche nel modo ond'ei
ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER 707
concorse alia reita, quando il Concilio Ye lo specifica per diverse re-
plicalamente.
Conchiudendo il nostro esame, abbiamo ricavato dalle vane sen-
lenze del Concilio che Sergio fu scrittore di dommi perversi, e Onorio
di niuno; clie gli altri Prelati orientali furono consenzienti coll'errore,
e Onorio colpevole seguace d'improvvido consiglio, e che quindi se
parita di pena e d'infamia gli eguaglia, diversity di raotivi li dispaia;
stanteche gli uni siano condannati quali inventor! e promovitori del-
la eresia, 1'altroquale fautore per colpevole imprevidenza ; ossia
quelli come erelici nel senso slrelto della parola , questo nell' altro
piu amplo.
§ XII.
Si conferma la esposta cagione della condanna colla testimonianza
di quattro document!.
La conchiusione, teste dedolta, emessafuori di dubbio da quattro
gravissimi document! che ci danno la interpretazione autentica della
seutenza del Concilio in inodo soleune. Essi sono: la confermazione
del Concilio VI, fatla da S. Leone II; due letlere del medesimo, Tuna
inviala ai Vescovi della Spagna e 1'altra al re Ervigio insieme colla
Definizione, col Sermone prosfonetico del sopraddetto Concilio e
€oH' Edilto imperiale ; ed in fine la professione di fede usata da nuovi
Pontefici appresso Leone. Nella confermazione leggesi : Anathemati-
zamus novi erroris inventores , idest, Theodorum Pharanitanum
Episcopum, Cyrum Alexandrinum , Sergium, Pyrrhum Constanti-
nopolilanae ecclesiae subsessores magis quam Praesules: nee non
et Honorium , qui hanc apostolicam ecclesiam non apostolicae tra-
dilionis doctrina lustravit , sed profana prodilione inimaculatam
macnlari PERNISIT 1 ; nella letlera a'Vescovi : Condemnations mul-
ctati sunt Theodonts Pharanitanus , Cyrus Alexandrinus , Sergius,
Pyrrhus, Paulus , Petrus Constantinopolitani , cum Honorio , qui
. 1 Epist. Leonis ad ImperaL Ibid. col. 73L *..« .«
ONORIO 1. SECONDO IL DOLLINGER
flammam haeretici dogmatis non ut decuit aposlolicam aiictoritatem,
incipientem extinxit, sed NEGLIGENDO CONFOVIT 1 ; nella lettera ad
Ervigio : De ecclesiae calholicae adunatione proiecti sunt Theodo-
rus Pharanitanus Episcopus , Cyrus Alexandrinus , Sergius, Pan-
lust Pyrrhus el Petrus , quondam Constantinopolitani praesules ,
et una cum eis Honorius Romanus, qui immaculatam apostolicae
iradilionis regulam, quam a praedecessoribus suis accepit, macu-
lari CONSEXSIT; nella professione 2 : Una cum Honorio, qui prams
eorum assertionibus FOMENTUM IMPENDIT 3. Le ^7oci : maculari
permisit, maculari consensit, negliyendo confovit , fomentum im-
pendil, vi danno un concelto cotanto esplicito, che non abbisognano
di niun comracnto. Tulle suonano ad un modo , Onorio condannato
non per cagione di eresia , ma per averle dato fomerito con danne-
yole Irascuralezza. Qual dei due diremo noi che si appone al vero
neila inlerprelazione della senlenza pronunziala dal Concilio, il Dol-
linger posteriore al fallo, tanli secoli, inesallo in piu punti capital! 7
oppure Leone II , che confermo aulorevolmenle il Concilio , e che
prima di recarsi a tale alto , come egli scrisse all' Imperatore , esa-
mino con somma allenzione gli atti ed inlerrogo minutamente di
ogni cosa i Legati , che presedettero al Concilio ? Per chi si regola
colla savia critica e non con una idea preconcetta la risposta non
puo esser dubbia.
V ha di piu. Agalone nella sua lellera dommatica afferma che la
Sede Romana erasi mantenula perpeluamente intatta dai morsi ve-
lenosi della eresia. Lo slesso vi dice Papa Leone nell' una e nell'al-
Ira letlera spacciata per la Spagna. Agatone, come uomo sicurissi-
mo della infallibilita pontifioia nelle cose di fede ? propone la dis-
giunliva: o voi accetlate la formola dommatica della Sede apostolica
e siete nella verita ; o non 1'accettate e siete in errore e contraddite
alia vera doltrina di Cristo. Leone, come certo possessore del mede-
simo privilegio, 1' esercita esaminando la defiuizione del Concilio ed
1 Epist. Leonis ad Episc. Bisp. Ibid. col. 1052.
2 Epist. Leonis ad Ervigium. Ibid. col. 1057.
3 Liber diurnus Romanorum Ponlificum. MIGNE T. CV, PP. Lat. col. 52.
ONORIO I. SECOINDO IL DOLL1NGER 709
apponendole il suggello della infallibilila con un decrelo che c dei
piu splendid! : Sancla igitur universalis et magna sexta Synodus ,
egli scrive, apostolicam in omnibus , et probabilium patrum doctri-
nam secuta est: et quia definitionem rectae fidei , ul dictum est ,
plenissime praedicavit , quam et aposlolica Sedes beati Pelri apo-
sloli (cuius licet impares ministerio fungimur ) veneranter suscepit,
idcirco et nos et per nostrum offtcium haec veneranda Sedes apo-
stolica concorditer et unanimiter his, quae definita sunt ab ea, con-
sentil, et beati Pelri auctoritate confirmat, sicut supra solidam pe-
tram, qui Chrislus est, ab ipso Domino adeptis ftrmitalem. Propter-
ea sicut suscepimus atque firmiler praedicamus sancla quinque
Concilia , quae et omnis Chrisli ecclesia approbat et sequitur: et
ita quod nuper in regia urbe pio vestrae serenitatis annisu, celebra-
tum est sanctum sextum Concilium, ut eorum pedissequum et ea in-
terpretans.pari veneralione atque censura suscipimus et hoc cum eis
digne connumerari, tamquam una et aequali Dei gratia congrega-
tum decernimus 1. Non \i pare che questo slile porli Timpronta del-
1'uomo che e infallibile ne' suoi giudizii sopra il domma ? La conse-
guenza con che s' incomincia , la ragione deir accellare il definilo ,
la conchiusione del Decrelo ne sono argomenli palpabili. Eccovi ora
una disgiuntiva: o dire di Onorio che non cadde , in quanto Papa ,
nella eresia e che fu quindi condannato per colpevole negligenza ; op-
pure conchiudere di Papa Leone che menti circa Onorio , che menti
circa la perpetua purezza della fede romana, che esercito con sacri-
lega empieta 1'uffizio di supremo ed infallibile esaminalore dei dom-
mi definili da un Concilio. Ma contro lanta scelleralezza non solo
sta la santita della sua vita e quanlo si e provato di sopra circa 1'in-
fallibilita della Sede Romana in Agatone, ma eziandio V accoglimen-
to fatto alle sue lettere, la sotlomissione senza motto al suo Decreto
in lulta la Chiesa , e la calda preghiera , con che il Sinodo avea gia
domandato la conferma della propria defmizione , siccome perfetta-
mente concorde colla forma venuiagli da Roma. Adunque per lesti-
1 Epist. Leouis ad Imper. loc. cit. 330, 331.
710 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
monianza del documenti citali Gnorio non cadde , in quanlo Papa ,
nella eresia, e fu condannato per altra colpa.
II Dollinger, sentendosi costrelto da queste prove, si dibalte, ma
indarno, Egli interpreta il permisit (luap^wO come se espri-
messe in Onorio piu che un alto di positiva adesione all' errore ,
quando di per se e per le altre forme di favellare usate dallo stesso
Papa Leone , tal voce ci indica un concetto semplicemente negativo.
Egli tenla disfarsi della chiara sentenza negliyendo confovit, dicen-
dola espressione rammorbiditiva del permisit; quando eglieeviden-
te, che se fosse vera la interpretazione data da lui a questo verbo, il
significato di negligendo confovit si opporrebbe a quello del permisit
Don allramente che il negalivo al posilivo. Morde i Pontefici Leone
ed Agatone , come se gli avesse colti in contraddizione , in quanto
Agatone afferma che tutli i Papi aveano, in ordine all' errore, adem-
pito il proprio dovere, laddove Leone asserisce che Onorio fu negli-
gente 1. Ma non si avvede che Agatone 1' afferma per rispetto dell'in-
dicare che essi aveano falto la retta fede a chi trasviava , e non in
risguardo dei mezzi adoperati a spegnere 1'errore conlrario. Quanto
a quest! sono da lui annoverati come prove della sana dotlrina ne' Pa-
pi, ma non giudicali nel loro valore pratico. Diremo noi che Eli non
indico ai proprii figliuoli il loro dovere ? Maino ; do e contro la Sto-
ria. Diremo invece che egli trascuro i mezzi convenient! ad impedi-
re lo scandalo dei loro falli, e che per questo fu severamente punito.
Tanto intervenne nel caso di Onorio : egli soddisfece al dovere di
predicare la rella fede, proponendo nella sua lettera la vera dottrina
del Concilii; ma venne meno nell'uso dei mezzi acconci ad impe-
dire che scoppiasse 1'incendio della eresia. L'affermare di piu e con-
trario al fdtto messoci in chiaro dai documenti e dalle ragioni sopra
arrecale.
1 Dock bezeichnete Leo das Vergehen seines Vorgiingers in dem Schreiben
an die spanischen Bisclwfe und den Konig Erwig in gemilderten Wendungen.
Honorius hat es hienach nur gcschehen lassen, dass die reine Lehre gefalscht
odcr befleckt wurde; er ist nur nicht wachsam oder vorsichtig genug gewesen.
Damit widersprach er aber immer noch der Behauptung Agatho's, dass alle
Papste bezilglich der Irrlehre ihre P/licht erfullt hatten. Pag. 138.
ONOR10 I. SECOKDO IL DOLLING ER 711
Sapcle invcce cbi e col to in allre non lievi diFsimulazioni ed ine-
satlezze? Egli e proprio colui clie, con tan la severita e senza il debilo
fondamento, appunla i Papi. II Dollinger vi presenta la letlera di
Papa Leone airimperatore, quale semplice professione (ein Bekennt-
niss), quando essa, conforrae a cio che si e" dimostrato di sopra , e
una solenne confermazione del Concilio , in cui il Papa esercita la
suprcma autorita. di conoscere le definizioni degli stessi Concilii ed
appor loro il suggello della infallibility in forza del privilegio reda-
10 da S. Pietro. Lo slesso Dollinger , datovi come sincere il Libro
diurno del Pontefici Romani, \i dice , che « premessa la dottrina
dommatica, segue la condanna dei contraddillori : Sergio, Pirro,
Paolo, Pielro, tutli e quattro patriarch! di Coslantinopoli insieme con
Onorio, il quale ASSENT! ALLE LORO FALSE DOTTRINE e le fomento 1 ».
Ma che? il ch. Dottore vi aggiunge del suo quell' assenli alle loro
false dotlrine, cio che formerebbe Onorio erelico. Nel documento ci-
tato leggesi solo: Una cum Honorio, qui prams eorum assertionibus
fomentum impendit. Quando nel calore della disputa sfuggono sorai-
glianti inesattezze che mulano sostanzialmente la cosa , e segno che
la causa e spallata. Con quest' armi la infallibilita della Sede Apo-
stolica, a cui raira il Dollinger, non si abbatle, ma si conferma.
CONCHIUSIONE.
Riepiloghiamo. Due sono i punli presi a discutere specialraente:
la dotlrina di Onorio, e gli alti del Concilio, VI in cio che si riferis-
cono ad Onorio, supponendoli non locchi da veruna interpolazione.
11 Dolliuger danna di errore la prima, e ne' secondi legge esplicita
la condanna di Onorio. Ma come prova il suo asserto intorno la dot-
trina? Svisando il concetto delle leltere di Onorio ed accagionandole
falsamente di avere condotto all' Etlesi e \1nto in malignita il Tipo ;
1 Darauf folgt, nach einer Exposition der dyotheletischen Lehre, die Ver.
dammung der Gegner ; Sergius, Pyrrhus, Paulus und Petrus ; die vier Palri-
archen von Konstantinopel werden zugleich mil Honorius , welcher ihren
falschen Lehren zugestimmt und sie befb'rdert habe (fomentum impendit),
ncbst Theodor und Cyrus mit dem Anathem belegt. Pag. 138, 139.
712 ONORIO I. SECONDO IL DOLLINGER
parte dimezzando, parte dissimulando le gravi autorila in conlrario;
Insinuando parziajita nel Concilio Laterano, esagerando stranamenle
la teslimonianza dei monoleliti , rei convinti di menzogna e di gra-
\issime falsificazioni. Coine argomenta dagli atli sopraddetli? Sup-
ponendo un' espeliazione del tutlo inverosimile, facendo mentilore
artificioso Papa S. Agalone, maligni nel rispondere i Padri del Con-
cilio VI, confondendo ed ampliando le sentenze del medesimo. Tan-
to si e dimostrato da noi mettendo a rigido esame logico le letlere
di Onorio, paragonandole nella dottrina CQ\Y Ettesi e col Tipo, rife-
rendo per intero e proponendo nel loro valore le leslimonianze dei
contemporanei ed i concetti del sinodo di Lalerano e dimostrando
eretici formali per le loro opere e per le loro scritture i prelali
oriental! monoleliti. Discussa la lettera di S. Agalone, egli \i com-
parisce Pontefice verace e leale ; ed aggiunta al suo asserto L'appro-
vazione solenne dei Concilii di Roma e di Costanlinopoli , sorge un
triplice argomento definitive, slorico, dommalico, critico in favore
dell'ortodossia di Onorio. Di guisa die i suoi accusatori, invece di
offender lui, intaccano piutlosto 1' autorila infallibile della Chiesa.
La condanna del Sinodo non ha per motivo il domma , ma la prati-
ca , perche non si appoggia alia doltrina di Onorio , ma all' improv-
vido consiglio da lui seguito. Tale si e 1'ordine, tale il risultato della
noslra discussione.
RIVISTA
BELLA
STAMP A ITALIANA
I.
De Vita el Lipsanis S. Marci Evangelistae , Libri duo AUGUSTIKI
MARIAE MOLINI, Basilicae Palriarchalis Venetae Canonici Theo-
logi. Edebat Sanctes Pieralisi, Praefectus bibliolhecae Barberi-
nianae — Romae, typis Collegii Urbani, MDCCCLXIV. Un vol.
in 4.° di pagg. XXIV, 411 con IX Tavole.
Di quest' Opera insigne, appena ella fu pubblicata e per cortesia
del ch. Editore ci fu giunta aHe mani , noi ci affrellammo di dare
1'annunzio l, accennandone in brevi parole la contenenza e il merilo;
ma crediamo noslro debito di renderne ai nostri leltori piu esteso
ragguaglio , esigendolo del pari e la gravita dell' argomento che ivi
si tralta, e la singolar maestria ond' e Irattato. Al nome del Molin,
rimasto finora poco men che ignoto in Italia , ben puo bastare que-
sto volume ad assicurare fama non peritura ; tal e la vastita della
dottrina ivi raccolta, e tale il vigor dell'ingegno e 1'acume della cri-
tica che 1'Autore spiega neH'illuslrare un tema, non meno arduo per
le molteplici e gravi questioni ond'e intralcialo, che nobile e impor-
taule per la connessione che ha colla storia della Chiesa e con quella
di Venezia. Laonde doppia lode si vuol rendere al suo editore, Til-
lustre Bibliotecario della Barberiniana ; prima per 1' alto di egregia
1 Vedi pag. 219 del presenle Volume.
714 R1VISTA
piela che ha compiulo verso 1'amico, ricbiamandolo quasi a seconda
vita e ponendolo in quella luce che non ebbe mentre ei visse ; e poi
pel dono insigne onde ha arricchilo la repubblica letteraria colla pub-
blicazione di queste pagine.
L' opera sopra S. Marco fu dal Holm cominciata e compiuta nello
spazio di soli otto inesi , 1' anno 1819 ; e gliene fu coramesso V in-
carico dal Patriarca di Venezia , ch' era a quei di Monsignor Fran-
cesco Maria Milesi. Imperocche, essendo nato in molti ragguar-
devoli ciltadini di Venezia il pio desiderio di rinnovare in piu ainpia
e nobile forma nella basilica patriarcale 1' altare e il monumento ,
ove conservasi quel sacro tesoro che la citta da oltre a dieci secoli
si gloria di possedere nel corpo di S. Marco Evangelista ; ed aven-
done eglino significato, per mezzo del Molin, il loro desiderio al Pa-
triarca ; quesli si moslro disposto a fare la richiesta traslocazione
deile Reliquie , ma a tal patto che prima d' ogni cosa si slendesse
una scriUura , in cui ritessendo a rigor di critica tutta la sloria di
quelle Reliquie dal martirio del sanlo Evangelista fino ai tempi no-
sin, si dimostrasse la verita della Iradizione Veneta con tal eviden-
za, che non rimanesse agli avversarii mun argomenlo valido a porla
in dubbio : consiglio savissimo del Patriarca , il quale , benche di
quella verita non dubilasse punlo , sapendo tuttavia le gravi e lun-
ghe controversie sopra cio agitates! dai dolti, e conoscendo la schiz-
zinosa e sofistica indole dei critic! dell' eta nostra , e specialmenle
degli elerodossi, non voile in un fatto di tanta importanza procedere,
senza aver prima assicurato ogni passo e sgombrate colla luce della
scienza tiule le ombre di cavilli o dubbiezze che polessero nell'aHrui
mente lasciare sinistre impressioni. Ora il Molin, siccome conoscen-
tissimo di tutta la questione , non esito punto a profferirsi egli rne-
desimo per tal opera al Patriarca ; rispondendogli, a se bastare 1'a-
nimo di melter la cosa in si chiara luce, che a niun critico rimanes-
se piu motivo ragionevole di dubitarne ; ne la storia soltanto delle
reliquie di san Marco , ma la Vita altresi e tulti gli atti del santo
Evangelisla, egli propose al medesimo tempo di descrivere e d'illu-
strare. Di che il Patriarca consolatissimo , a lui commise senz'altro
il grave ufficio, ben sapendo che 1'affidava a ottime mani : se non
che non pote poi ii Milesi vedere adempiuta la sua espettazione e
BELLA STAMPA ITALIANA 715
coronaii i suoi disegni ; essendo egli morto nel Settembre di quel
medesimo anno 1819, mentre il Molin era nel meglio della sua falica.
Tale fuT occasione e lo scopo di quest' Opera : enlriamo ora ad
esporne il contenuto. Ella e* divisa in due Libri, rispondenti alle due
parli del titolo che porta in fronte: il primo, in 21 Capiloli , discor-
re tutta la Vita di S. Marco fino al suo marlirio in Alessandria ; il
secondo in 11 Capitoli tratta la Storia delie sue Reliquie, Lipsana,
cominciando dalla prima lor deposizione nel sepolcro di Alessandria,
e terminando coH'ultima invenzione o ricognizione , fattane in Vene-
zia nell'anno 1811.
Chiunque sia per poco versato nella storia dei tempi aposlolici ,
ben sa quante siano le difficolta e le quistioni che ivi s' incontrano
poco meno che ad ogni passo, e quanta la variela dei pareri che, af-
fine di risolverle , furono dai dolti messi in campo : ne da tal condi-
zione va punto esente la serie degli atli deir Evangelista S. Marco.
Quindi non dee far meraviglia , che neir intessere di quesli atti un
commentario critico , il Molin ad ogni capitolo si trovi impigliato in
nuove controversie, e che il dedurre sicure e limpide quelle nolizie,
a recitar le quali basterebbero poche pagine, gli costi la fatica di un
lungo e continue armeggiare per oltre a 220 grandi facciate del suo
volume, contro ogni maniera di avversarii. Noi , lasciando per ora
da parle il lato crilico e polemico, daremo in primo luogo il sunto di
coleste notizie, vale a dire il compendio della dottrina , che inlorno
alle geste di S. Marco viene dal Molin propugnata.
Oual fosse, dic'egli, la patria .di S. Marco, non puo dagli antichi
scriltori con certezza ricavarsi ; benche sia congellura assai proba-
bile, che ei fosse oriundo o nativo di Cirene nella Pentapoli Libica,
ed educate poi nella Giudea e in Gerosolima stessa. Bensi e certo,
esser egli stato di nazione e di religione ebreo; anzi da molti fu cre-
duto di stirpe levitica e di prosapia sacerdotale. Siccome poi a quei
tempi i Giudei dislinguevansi in Ebrei puri e in Ellenisti ossiano
Grecizzanti ; e assai piu verisimile ch' egli appartenesse ai primi.
E quantunque il nome di Marco non sia ne ebraico ne caldaico, ma
latino ; do prova solo il costume allora comunissimo presso gli Ebrei
di adotlare nomi latini o greci , ora aggiungendoli al nome ebraico
nativo , ora questo trasformando in sembianze greche o romane; e
716 RIVISTA
forse il nome di Marco non e che una trasformazione dell' ebraico
Mordochai ossia Mardocheo. parola barbara e mal sonante ad orec-
chie latine.
Marco V Evangelista non e da confondere con quel Giovanni, co-
gnominalo Marco, di cui si parla negli Alii apostolici 1, e con quel
Marco che e ricordato da S. Paolo in varii luoghi delle sue Episto-
le 2 : sia che questi due voglian credersi, come c piu probabile, u-
na persona medesima, o due diverse. Ma quello che viene da S. Pie-
tro nominate nella prima sua Epislola colla tenera appellazione di fi-
glio, Marcus filius meus 3, e desso appunto lo scrittore del Vange-
lo. Egli e da Pielro chiamato figlio, non gia per sangue, ma per fe-
de, e forse pel baltesimo onde fu da Pietro rigenerato a Crislo. Al-
cuni Padri credettero che Marco fosse uno dei settanladue discepoli
di Crislo ; ma cio si oppone alia sentenza del massimo numero dei
Padri e scrittori ecclesiaslici, i quali non lo fanno altramente che di-
scepolo di Pietro. E di Pielro infatti fu uditore e compagno assiduo,
servendolo eziandio nell'ufficio d' interprets, il quale consisteva nel-
1'esporre e spiegare ai fedeli piu ampiamenle, a voce o in iscrilto,
nella uiedesima o in altra lingua , la dollrina da Pielro predicata.
Ebbe dagli antichi anche il titolo di Apostolo, e con tal titolo e ono-
rato in quasi tutte le liturgie oriental! ; perche sebbene ei non fosse
dei dodici , ne possa loro pareggiarsi , per 1' ampiezza nondimeno
delta podesla che ebbe da Pietro e per lo zelo che adopero a fonda-
re nobilissime Chiese, ben merilo di partecipare il nome apostolico.
Dalla voce e dal magistero di Pietro addottrinalo , scrisse Marco
per divina ispirazione il Vangelo ; e lo scrisse , non gia in Alessan-
dria o in Aquileia, ma in Roma , durante la dimora che ivi fece con
Pielro. In qual anno ei lo scrivesse non puo defmirsi ; ma pare che
debba limitarsene il tempo tra il lerzo e il quinto anno dell' Impero
di Claudio, cioe tra 1' anno 43 e il lo di Cristo. Ouanto alia lingua
in cui lo scrisse , el la non fu ne la siriaca ne la copla, come alcuni
opinarono, ne la lalina, come parve al Baronio ; ma sibbene la gre-
ca , secondo che tengono , dopo S. Girolamo e S. Agostino , qua-
1 Act. XII, 12, 25 e XV, 37.
2 Ad Coloss. IV, 10 ; ad Philem. 24; II ad Timoth. IV, 11.
3 I. Petri V, 13.
BELLA STAMPA ITALIANA 717
si tutli i moderni. Ollre al Vangelo chc porta il suo nome, alcuni
atlribuirono a S. Marco gli Alii cli S. Barnaba , 1' Epistola agli
Ebrei , la versione siriaca del Nuovo Testamenlo , e una Lilurgia
parimenle siriaca ; ma falsamenle. A lui bensi puo allribuirsi
in qualchc modo 1'Epislola prima di S. Pietro ; non gia che Mar-
co, e non Pielro, ne sia 1* aulore, ma in quanto che, per comando e
in nome di Pielro che gliene dellava i sensi, Marco la compose e la
scrisse. E parimente aS. Marco sembra daallribuire, almeno quan-
to alia sostanza, la Lilurgia alessandrina , ritrovata, nel 1582, dal
Cardinal Sirleto in un Codice del Monaslero di S. Maria Odigitria
in Calabria.
S. Marco esercilo il suo apostolato per ben 25 anni , parle in 0-
rienle, parte in Italia: e 1'ordine de' suoi alii, secondo la cronologia
piu probabile , puo divisarsi come segue. Nell' anno 37 dell' era
crisliana, invialo dagli Aposloli a predicare 1' Evangelio agli Ebrei e
ai Gentili dell' Egilto e della Libia , i primi Ire anni occupo nella
missione libica, convertendo i popoli di Cirene e delle altre cilia del-
la Penlapoli ; indi venulo 1'anno 40 in Egitto , pose mano a fondare
la gran Chiesa di Alessandria ed altre in tulla la regione egiziana. Ma
nell'anno 43 o 44, movendo S. Pielro alia volta di Roma, richiamo
dall' Egillo il suo dilelto Marco e se lo lolse a compagno ed inter-
prete, infino all'anno 49, nel quale Tlmperatore Claudio caccio da
Roma tulli i Giudei. Nei primi anni della sua dimora in Roma scris-
se Marco ii Vangelo ; poi da Roma recossi alia missione di Aquileia,
dove slelle oltre a due anni ; indi tomato in Roma al fianco di Pie-
tro, fu da questo, dopo lacacciala del 49, inviato di nuovo con am-
plissima polesta in Egillo. Se pure non vuol dirsi che in Aquileia el
si recasse solo nel 49, dopo 1' espulsione da Roma ; e cola rimasto
per ollre un biennio, raggiungesse poi Pielro o in Roma o altrove,
e da lui ricevesse, nel 53, 1' ultima missione di Egitto. Ma ad ogni
modo, ossia che Marco tornasse in Egilto nell' anno 50 o nel 53, e-
gli tenne da indi innanzi la Sede di Alessandria infino all' anno 62
di Cristo, oltavo dell' Impero di Nerone, in cui corono con glorioso
marlirio 1' apostolica sua camera. Secondo gli Alii del suo marti-
rio, i Pagani, che da gran lempo odiavano a morle 1'Apostolo, nel-
1'occasione della fesla di Serapide, corsero furibondi ad assalirlo in
718 KIVISTA
chiesa , mentre egli celebrava i sacri misteri ; e gittatagli una fune
al collo, via dall'altare lo slrascinarono per aspre e sassose strade,
finche lutto lacero di ferite e semi vivo 1'ebbero condotto in carcere.
II di dopo rinnovarono la medesiina carnificina, in mezzo alia quale
il santo Martire spiro. II suo cadavere fa dai Pagani giltato ad ar-
dere sopra un rogo ; ma levatasi una improvvisa e violenta procella,
spense le fiamme e disperse i carnefici ; sicche i Crisliani poterono
raccogliere pressoche intatta la sacra spoglia e collocarla in onore-
vole sepoltura.
Questa e la somma degli alti di S. Marco, quali vengono esposti
dal Molin, e con amplissimo corredo di doltrina dimostrati e difesi.
Tutle le font! di erudizione, sacra e profana, latina e greca e orien-
tale, che a tal uopo gli occorrevano, sono da lui interrogate: tutte
le opinioni, prima di lui messein campo dai dotti sopra i punti con-
troversi, sono discusse e giudicate; e nel recare la propria sentenza,
or come certa, ora solo come probabile, le ragioni onde 1'avvalora,
sempre son tali che difficilmente puo il leltore schermirsi dal segui-
tarla. Uno dei punti piu scabrosi a traltare, e pressoche impossible
a stabilire con qualche certezza si e la cronotassi della vila del San-
to : or qui appunto meglio campeggia il valore del Molin e la dili-
gente sua critica nel comporre le apparent! discordanze, e nello
spianare, quanto e possibile, le difficolta cronologiche : siccomepuo
yedersi cola, dove ragiona dell'epoca in cui S. Marco scrisse il Van-
gelo (Cap. VIII) , e dove stabilisce 1' ordine delle sue missioni apo-
stoliche (Cap. XV), e dove delerminaTanno del suo marlirio(Cap. XX).
Dolte parimente ed ingegnose sono le disquisizioni, con cui 1'Autore
qua e cola illustra varii punti secondarii, col principale suo tema
connessi: come allorquando si fa a spiegare, che cosa significasse
nei tempi apostolici il titolo e 1'ufficio d'interprete (Cap. IV): equan-
do claH' esame dell' istituzione dei Terapeuti egizii, descritta da
Filone, deduce (Cap. XVIII) esser eglino slati, non gia Ebrei, ma
Crisliani e primizie del monachismo cristiano ; e quindi trae nuovo
argomento di gloria a S. Marco, siccome primo padre di quei ceno-
bili ed anacoreli santissirni che poi illustrarono di tante virtu le so-
litudini di Egitto. Ne qui e da tacere 1' arguto e nuovo partito che
1'Aulore trae (Cap. VIII, §. VII-IX) dall'Episiola di S. Paolo ai Ho-
BELLA STAMPA 1TALIANA 119
mani, per provare la venula di S. Pietro in Roma nel Icrzo o quarto
anno di Claudio Imperatore ; giacche, dic'egli, la rivcrenza singolare
con cui S. Paolo in quella Letlera tralta i Rornani, e la celebrita che
attribuisce fm d' allora alia fiorenlissima lor Chiesa, appena puo in-
lendersi altranaente die supponendo foudata gia da parecchi anni
qacsta Chiesa, e fondata non da altri che dal Principe stesso degli
Aposloli: donde risulta eziandio una splendida prova da aggiungere,
se ancor ne fosse bisogno, alle tanle altre che dimoslrano la venuta
di S. Pietro in Roma, contraslata da alcuni protestanti.
Ma degni specialmente di altenzione sono i Capitoli, ove la sloria
del santo Evangelista viene a conlalto con Venezia : e fra quesli lie-
ne il luogo precipuo il Capo XIV, in cui 1'Autore tralta la celebre e
disputalissima queslione, De Aquileiensi S . Marci Aposlolalu. Oui a
prima fronte sembra che la ragione slia dal lato degli avversarii, i
quali negano avere S. Marco predicate mai in Aquileia e nella Ve-
nezia, e sostengono che lalradizione dei Veneli, i quali da S. Marco
ripetono le origini del loro cristianesimo, e nala troppo tardi e non
ha niun saldo fondamento neU'anlichila. E infalti gli argomenti che
sogliono recarsene dai difensori, non cominciano che dal secolo VII,
dopoche Eraclio Imperalore ebbe, nel 629, invialo in dono ai Veneli
la Caltedra alessandrina di S. Marco; donde nasce forte sospelto,
che da tal dono appunto quella tradizione abbia piglialo origine.
D' altra parte fa gran meraviglia che fino al secolo sesto niuno dei
tanti scrillori ecclesiaslici, i quali parlaronoe di S. Marco e di Aqui-
leia, non Eusebio, non Girolamo, non lo stesso Ruflno aquileiese,
che tradusse in latino ed accrebbe di varie giuntc la sloria di Euse-
bio, abbiano lascialo niuna memoria dell' Aposlolato aquileiese di
S. Marco : argomenlo negalivo, e vero, ma che nel caso presenle
non puo negarsi essere di gran peso. Tultavia, chiunque si fara a
leggere e ponderare le ragioni addoltedal Molin, facilmcnle s'indur-
ra ad acceltare per giuslissima e savia la sua conclusione : che doe
1'Apostolato aquileiese di S. Marco, se non puo affermarsi con asso-
lula certezza, e nondimeno suflicientemenle provalo e posto in sodo>
falls oslensus ac in lulo positus 1 ; che esso fondasi sopra argomen-
1 Pag. 138.
720 RIVISTA
li, se non indubilabili, ahneno probabilissimi ; e che gli oppositori
non hanno mai potato recare in contrario niun argomento decisivo
ed evidente l. Fra le ragioni del Molin, ingegnosa e splendida e so-
praltutlo quella ch'ei trae dalla testimonianza di S. Gregorio Nazian-
zeno e di Procopio cartofilace, i quali celebrano 1' apostolato ilalico
di S. Marco : imperocche, faltosi a provare con ricca e squisita eru-
dizione come costumassero i Greci, specialmente dopo la dhisione
delle province Costanliniana, di chiaraare assolutamenle Italia la
sola parle superiore e circumpadana della nostra penisola ; ne dedu-
ce un fortissimo indizio a mostrare la verita dell' Apostolato veneto
di S. Marco, altestata come notissima anche nel secolo IV ; e quin-
di debilita in gran parte la diflicolla principale degli av\7ersarii, che
era posta nel silenzio dei primi sei secoli. La medesima ragione
Tenne poi esposta e di nuovi argomenti avvalorata dal P. Gian Pie-
tro Secchi nel suo dotlissimo libro sopra la Caltedra di S. Marco 2:
e non e certamenle di piccol valore I'aulorila concorde di due cosif-
fatii scritlori, il Molin e il Secchi, quando, all'insaputa 1'un dell'al-
tro, dalle stesse fonti traggono la stessa dimostrazione, e giungono
ambidueallaconclusione medesima, avere cioe 1'Apostolato aquileie-
se di S. Marco fondamento bastevole nei monumenli storici, anterio-
ri eziandio al sesto secolo.
Abbiamo nominate tesle la Caltedra di S. Marco; quella cioe, la
quale, trasportata nel 629 da Alessandria e mandata dall' Imperato-
re E radio in dono a Primigenio Patriarca di Grado, si conserva lul-
lora in Venezia, qual nobilissima reliquia, nel tesoro Marciano. An-
che di essa ampiamente discorre il Molin nel Capo XIX, e con acute
riflessioni ne va ragionando 1' origine, 1' epoca, 1' uso a cui dovette
servire, e il come e il perche chiamar si possa Catledra di S. Mar-
co, quantunque, a parer suo, questa sedia marmorea sia fattura
del V o VI secolo, e non che S. Marco, ma niun Patriarca di Ales-
sandria mai \1 sedesse. Quando il Molin scrivea, non si era per an-
co scoperla la famosa epigrafe della Cattedra ; quando poi fu scoper-
1 Pag. 161.
2 La Cattedra alessandrina di S. Marco... riconosciuta e dimostrata dal
P. Giampieiro Secchi d. C. d. G. ecc. Yenezia^ lipogr. Naratovich, 1853. Ye-
di pag. 173-177.
BELLA STAMPA ITALIANA 721
ta, cioe ncl 1830, egli vivea lontano daVenezia, dove piu non torn6;
e 1' epigrafe non venne decifrata, se non dodici anni dopo lui morto.
Ma, benche il principio dell' epigrafe dica chiaramente : Cathedra
Marci 1, noi crediamo che il Molin avrebbe, per tale scoperta, poco
o nulla dovuto allerare i suoi giudizii sopra la Caltedra; anzi quest!
forse avrebbero potulo, e possono ancora, suggerir qualche lume
per 1' interprelazione di quella parte dell'epigrafe che e luttavia con-
iroversa. Ad ogni moclo, se mai alcun dotto vorra accingersi a ri-
solvere il problema, che ancora non e interamenle sciolto, della Cat-
tedra marciana e- della sua epigrafe ; ei non dovii dispensarsi per
fermo dallo sludiare allentamente queslo Capitolo del Molin , e dal
tenere gran conto delle sue opinioni.
Oltre la Catledra di S. Marco, possiede la Basilica patriarcale un
altro insigne e antichissimo monumento nel cosi delto Codice Mar-
ciano, il quale conliene una parte del Yangelo di S. Marco in latino,
e fu creduto per lungo tempo 1'autografo stesso del santo Evangeli-
sta. Nel secolo XIV questa credenza era si universale, che 1' Iinpe-
ratore Carlo IV passando, nel 1354, per Aquileia, dove allora il Co-
dice inlero serbavasi, domando per singolarissima grazia dal Pa-
Iriarca Nicolo, suo fratello, di staccarne i due ullimi quaderni; ed
avulili, donolli come reliquia preziosissima di S. Marco alia Metro-
politana di Praga, dove luttora si conservano. Gli altri cinque qua-
derni del Codice furono, nel 1420, trasportali da Aquileia a Venezia,
ed ivi sempre cusloditi con gelosissima riverenza. Ora, quali e
quanle siano stale le dispute agilatesi fra i critici inlorno a questo
Codice; donde ei provenisse e a quali vicende soggiacesse; donde
abbia probabilmente avulo origine, e in qual tempo, la favolosa opi-
1 Oltre il Secchi, cosi interpreto i primi dieci caratteri ebraici dell'i-
scrizione anche 1'Ascoli, suo principale contraddittore ; laonde puo tenersi
per sicuro e posto fuor di controversia il significato di questa prima ed es-
senzial parte dell'epigrafe. Ben sappiamo che il Prof. Land diede una tut-
t'altra interpretazione e vide nel principio dell' epigrafe un Mose da Recoa-
ro; ma non pare ch'egli ottenesse approvazione dai dotti, e dall'altra parte
T opinion sua intorno alia Cattedra troppo ripugna a tutti i dati storici ed
artistic! del monumento stesso.
Serie F, vol. XII, fasc. 354. 46 7 Decemlre 1864.
722 RIVISTA
nione dell'esser questo 1'autografo di S. Marco ; tutto cio e spiegato
dal Molin nel Cap. XII, aggiuntavi in fine un'accurala descrizione del-
lo slato in cui 1'Aulore trovo il Codice nel Maggio del 1819, quando,
per autorila del Patriarca Milesi, esirattolo dal Tesoro della Basilica,
egli tolse a fame diligentissimo esamo. II qual esame pienamenle
confermo e giustifico le opinion! che intorno alia natura del mano-
scritto egli avea gia, per altre congetture e argomentazioni , conce-
pile: laonde il suo giudizio, in parecchie almeno delle controversie
die riguardano il famoso Codice, non solo e da preferire a quello
d' altri Autori che ne sentenziarono senza \7ederlo, ma puo aversi per
giudizio perenlorio.
Finqui abbiamo accennato le materie conlenule nel Libro primo,
e le principal! question! che, nel descrivere la Vita di S. Marco, il
Molin ha dovuto trattare, per 1'altenenze ch'elle hanno con essa Vita.
Nel secondo Libro, 1'Autore passa a descrivere col medesimo meto-
do la sloria delle Reliquie del Santo; inlrecciando anche qui edal-
ternando continuamente la narrazione e la discussione critica, poi-
che anche qui ad ogni passo egli inconlra controversie da risol-
vere, ed avversarii da confutare.
E in primo luogo, egli stabilisce nel Cap. I, contro quei Prote-
stant! che la negarono, la vedta storica, aulenticata da irrepugna-
bili testimonialize, dell'essereil corpo di S. Marco scampalo alle
fiamme in che i suoi uccisori volcano incenerirlo, e conservatosi
fino al secolo IX nel sepolcro di Alessandria, nel luogo detto ad
Angelos ossia Angelio, dove sempre fu onorato con divotissimo
culto dai cristiani di Oriente. Indi, nei quatlro Capi seguenli, si fa
ad esporre la celebratissima traslazione del corpo di S. Marco da
Alessandria a Venezia, avvenuta per opera di alcuni mercatanti
Veneti nei primi mesi dell' anno 829, ossia negli ultimi dell' 828 se-
condo lo stile Veneto che cominciava 1' anno dal 25 di Marzo. Se
v'e, dice il Molin, in tutta la Yeneta istoria un falto certo ed auten-
iico, e di cui per otto interi secoli niuno, non pure nostrano ma an-
che straniero, abbia mai dubitato, egli e cerlamente qiieslo. Nondi-
meno la moclerna critica eterodossa non si e peritata d' impugnarlo,
aguzzandovi contro i suoi cavilli. E diciamo la critica eterodossa;
perche fra i Cattolici forse il solo Tillemont parve dubitarne seria-
BELLA STAMPA ITALIANA 723
mcntc, quantimque i suoi dubbii riguardassero piuttosto la sincerity
degli Atti della traslazione, che non il fatto della Iraslazione mede-
siraa. Ma fra i Prolestanti, parecchi negarono ricisamente gli uni e
1'altra, spacciando ogni cosa per favolosa ; e vollero indi trarre nuoYO
argomento di derisione e di spregio contro il culto cattolico dei Santi.
Ora il Molin , a togliere ogni presa agli oppositori , dimostra
in primo luogo la veritd, del falto della traslazione con tali e
tanti argomenti, che, dati anche per apocrifi o interpolatl gli Atti,
ella non puo rimaner soggetta a niun dubbio. E infalti, il Concorde
suffragio di tanti storici, veneti e stranieri , del secolo XI e dei se-
guenti che quel fatlo affermano ; le insigni teslimonianze che se ne
hanno anche nel secolo IX, dall'llinerario del monaco Bernardo nel-
1'anno 870, e dal Testamento del Doge Giustiniani Participazio nel-
Tanno 829, doe nell'anno stesso della Traslazione; I'autorita degli
scrittori arabi, slavi ed armeni che fin dal secolo XI quel fatlo con-
fermano, come cosa a lulto il mondo nolissima ; i pellegrinaggi con-
linui che dopo il IX secolo usarono di fare alia tomba di S. Marco
in Venezia i fedeli d'ogni parte, e fra questi, personaggi eziandio
di sommo grado, come Imperatori e Papi ; le antichissime pitlure
che nella Basilica Marciana quel solenne avvenimento ricordano ; e
finalmente la Basilica stessa con regia magnificenza eretta dai Dogi
al S. Evangelista, e il culto singolarissimo che, a cominciare ap-
punto dal mezzo incirca del IX secolo, sempre a lui professo la citt^i
e la Repubblica di Venezia, lui chiamando suo Patrono e Signore,
lui imprimendo nelle monete, negli stemmi, nelle bandiere della Re-
pubblica, e da lui denominando la Repubblica stessa ; tutto cio forma
un tal complesso di prove, che dee soprabbastare da se solo a per-
suadere ogni critico piu severe, e se ad alcuno non bastasse, mostre-
rebbe che la crilica gli ha tolto il senso comune. Per tal modo posta
in saldo la veritk della celebre Traslazione, il Molin trae fuori gli Atti
che ne raccontano minulamente la storia ; risponde ai dubbii mossi
dal Tillemont contro la loro genuinita ed antichi& ; indi ripubblica
1'intero testo degli Atti medesimi, quale gia il pubblicarono, da un
Codice Vaticano del secolo XI , prima il Baronio e poi i Bollandisti ;
e inline illuslrandoli di copioso commento, mette ad un tempo in
chiarissimo rilievo le note intrinseche di sincerila che essi portano
724 RIVISTA
e con cui moslrano essere slati scritli da un testimonio coevo, o as-
sai poco lontano dal tempo stesso dell'avvenimento.
Assicurata con cio da ogni parle ai Veneti la gloria del prezioso
acquisto, che essi fecero nel IX secolo del corpo di S. Marco ; 1'Auto-
re passa a rivendicarne loro eziandio il costante possesso, confutando
nei tre Cap. VI, VII, VIII, la favola degli Augiensi, i quali narrano,
il sacro corpo essere slato in quel medesimo secolo furlivamente
sottralto da Venezia , e trasferilo al ceiebre monastero di Augia la
ricca, ossia di Reichenau, sullago di Costanza; ed ivi essere rimasto
celato per alcun tempo, ma poi manifestatosi, avere oltenuto peren-
ne cullo infino ai tempi nostri. Egli e ben vero che cotes ta favola ,
nata nel secolo XIII e gia da molli derisa, non pareva oggimai
merilare 1'onore di cosi ampia e dolta confutazione , e 1'Autore
stesso rimase lungamente in forse d' intraprenderla ; ma infine gli
sembro non polerla trasandare, senza venir meno aU'ampiezza dello
scopo all'opera sua prefisso ; ch'era di trattare a fondo tulte le con-
troversie rignardanti S. Marco e le sue reliquie. Tra le quali contro-
versie ancor questa occupo gia molli eruditi, siccome ora diede cam-
po al Molin di far nuova mostra del suo vasto sapere e della sua
crilica nell'adoperarlo.
Sbrigatosi finalmente dagli Augiensi, 1'Autore procede nei tre ul-
tirni Capitoli a descrivere e spiegare la inlricata storia delle vicende
a cui ando soggelto il prezioso deposito dei Veneli , due volte pres-
sochc perdulo e due voile felicemente ritrovalo. E noi crediamo di
far cosa grata ai noslri lellori , col riferire in breve ancbe qui i piii
rilevanti tratli di quel che il Molin dislesamente espone e dimostra.
Egli e dunque a sapere come il sacro corpo di S. Marco, pervenuto
in possesso dei Veneziani, fu da prima collocalo sotto 1'ara massima
della Basilica, che in onore di lui il Doge Giustiniani Partieipazip fin
dalfanno medesimo della traslazione, 829, incomicio , e poscia Gio-
vanni suo fratello e successore nel principato , condusse a termine
con regia grandezza. Ma , nella sedizione del 976 , in cui fu ucciso
Pietro Candiano IV, essendo ita in fiamme , insieme col palazzo du-
cale, gran parle dell' atligua Basilica ; questa fu dal Doge S. Pietro
Orseolo rifabbricata, e compiuta poi dal suo figlio Pielro Orseolo II,
indi dal Doge Domenico Contarini, verso il mezzo del secolo XI, no-
BELLA STAMPA ITALIANA 725
vamenle reslaurata ed ampliala, e condolta inline da' suoi successo-
ri , Domenico Silvio e Vitale Faliero , alia presente forma. Ora nel
corso di qucsle ultime costruzioni il corpo di S. Marco fu lollo di
sotto aH'antico altare , e fmo a tanlo che non fosse compiuta la gran
mole del nuovo allare , fu dal Doge Contarini , o piu probabilmente
dal Silvio, segretissimaraenle nascosto denlro le viscere di uno
dei massicci pilastri della Basilica. Intanto avvenne che il Doge e
quei pochissimi ch'egli avea dovulo mettere a parte del segrelo mo-
rissero, portando con se il segreto nella tomba; di modo che per piu
anni rimase a tutli ignolo il luogo ov'era nascosto il sacro deposilo ;
equando, compiula gia di lulto punto la Basilica, solloil Doge Vitale
Faliero nel 1094, si voile celebrarne la dedicazione e riporre sotlo il
nuovo altare maggiore il corpo del Santo, queslo, per cercare che si
facesse , non fu poluto rinvenire. Incredibile fu la costernazione dei
Veneli a tai caso ; leinendo eglino soprattulto che quel tesoro non
fosse stato loro secretamente rapito, e portalo Dio sa dove, lungi da
Venezia, con perdita irreparabile. Disperali perlanto di ogni umano
argomento per rinvenirlo, fecero con fervidissime preghiere ricorso
a Dio ; ed ecco che il Santo medesirao prodigiosamenle loro si ma-
nifesto, scompaginalisi all' improvviso i marmi e le pielre del pila-
stro, e fattosi a tutti cospicuo il sacro avello, che ivi enlro stava ce-
lato; il quale con infinita festa ricuperato, ed esposto per oltre a tre
raesi alia pubblica venerazione, fu indi con gelosissima cura riposlo
e chiuso sotlo il grande altare. Ouesta prodigiosa invenzione, alte-
stata da tin inlero popolo, venne poi solennizzata in perpetuo dai
Yeneziani , sotlo il nome di Apparizione di S. Marco, il di 2o Giu-
gno, nel quale era succeduta.
Ma, a cessareogni pericolo in avvenire e ogni timore di rapimenlo,
il Doge Faliero, nel collocare che fece, il di 8 Ottobre del 1094, deulro
il nuovo monumento il corpo di S. Marco, uso tai segretezza e caulela
che il luogo preciso, ov' egli fu poslo, rimanesse a tulli ignolo, salvo
che a tre soli, cioe al Doge stesso, al Primicerio ed al Procuratore
della Basilica; e cio con tai legge, che morendo 1' uno dei tre, i due
superslili rivelassero al suo successore nella carica, sotto giuramento
di streltissima credenza, il segreto, e cosi di mano in mano se ne
perpeluasse in quei soli tre la tradizione. Questa legge , savia per
726 RITISTA
quei tempi , in cui la divota avidita di furare I corpi santi rendea
necessarie le piu squisite precauzioni percustodirli, e conformissima
del resto allo spirito e ai costumi della Repubblica , sempre amante
dell' arcano, fu per alcuni secoli esallamente osservata; e se ne hanno
riscontri sicuri fino ai tempi di Francesco Foseari, che fu Doge dal
1423 al 1457. Ma da indi in qua se ne perdono le tracce ; anzi e
certo che negli ultimi tempi della Repubblica la tradizione di quei
segreto era gia interamenle smarrita presso quei tre medesimi, che
doveano custodirla. II Doge, il Primicerio, niun Procuratore non sa-
peano piu dove fosse il vero luogo del corpo di S. Marco; e quantun-
que per 1'antica fama e per mollissimi altri indizii eslrinseci nessuno
dubitasse ch' ei non giacesse sotto V altare primario della Basilica ,
niuno lultavia avrebbe potuto indicare a qual profondita, da qual
lato, in qual punlo ei si trovasse di quei vaslo laberinto ed ammasso
di marmorei monumenti, onde componevasi ripogeodell'altare. Per-
tanto, essendo in sui principii del corrente secolo risorlo nei Veneti
un vivissimo desiderio di rivedere le Reliquie del loro gran Patrono,
il Pairiarca Saverio Gamboni nell'anno 1808 pose mano a cercarle ;
ma dopo varii tentalivi, falicosi eppure inutili, egli lascio 1' impresa,
ossia che dubitasse di non riuscirvi , o la tenesse per troppo ardua.
Ella nondimeno, dopo la morte del Patriarca, fu ritentata nel Gen-
naio del 1811 dai tre Curatori della Basilica, ed ebbe fmalmente
il desiderato successo il di 6 di Maggio del medesimo anno.
La profondita, a cui giaceva il sacro avello, dirittamente sotto 1'al-
tare maggiore, e la solidissima difesa di massicce lastre marmoree,
che dal di sopra e dai lali, disposte in piu ordini, gli faceano molte-
plice e quasi impenetrable armatura, siccome stancarono per molti
giorni la pazienza e i ferri dei cercatori; cosi mostrarono yie meglio
raccorgimento degli antichi, i quali per assicurarsi il possesso per-
petuo di tanto tesoro, 1'aveano seppellito in luogo non solo sicudssi-
mo da incendii o furli, o altri accidenli, ma pressoche inespugnabile.
L' avello era una cassa di legno coperta di un gran drappo purpureo,
ma siffattamente roso dal tempo che al tocco delle dita disfaceasi co-
me tela di ragno. Scoperchiata la cassa, apparvero dentro le ossa di
un uomo pressoche intiero, avvolle in un velo di seta di colore in-
carnato, e disposte a un dipresso neH'ordine naturale : alcune piu
BELLA STAMPA ITALIANA 727
dure, come il cranio. le libie e simili, manleneansi tuttavia solide e
ferme, raentre altre al contatto dell' aria si risolsero quasi in polvere
e molle eran cosi molli, che rileneano, a guisa di cera, ogni piu leg-
giera impressione. Nel fondo della cassa furon trovale molle monele
d'argento, ma di tipi quasi al tutto logori; molli franlumi di monete
di rame; un anello d'oro; molli grani d' incenso; e due pissidelle di
legno una delle quali era piena di balsamo che, cimentalo alia fiamma,
diede soavissimo odore ; 1'allra conlenea parecchi frammenli di reli-
quie involle in seta, ed alcune monele col lipo di Venezia, di Lucca,
jili Milano e di un Enrico Imperatore. Fuori dell'avello e a capo di
esso era stata Irovala un' altra nobil casselta , con enlrovi una bella
croce di bronzo dorato, ed una lamina di piombo, ove leggevasi ia-
cisa quesla epigrafe :
ANN ICARNE IHV XPI MILL • NONAG QVARTO DIE OCTAVO
ICHOANTE MENS OCTVB • TPR VITAL FALETRI DVCIS
ossia : Anno (ab) Incarnation* lesu Christi millesimo nonagesimo
quarto, die octavo inchoanle mense Octubrio, tempore Vitalis Faletri
Duds. Quindi non polea rimanere dubbio, questo essere appunlo il
corpo del S. Evangelisla, cioe quel desso che, nel 1094, era slalo dal
DogeVilale Faliero, dopo la celebre Apparizione, ricomposto e sug-
gellato denlro le piu secrete viscere della gran cripta sottoslante al-
1'allare maggiore della Basilicax Assicuralo cosi il felice rilrovamenlo,
le preziosissime Reliquie furono dall'anlica , gia Iroppo logora per
1'eta, Iraslocate in una nuova area ed ivi con esse furono riposti lulli
gli oggelti che con esse erano slati trovali ; indi richiusa e suggellata
1'arca, fu novamente collocata solto il medesirno allare ; e di ogni cosa
furono slesi gli Atli autenlici, che serbansi nell'Archivio Palriarcale.
Con questa seconda invenzione ossia ricognizione delle Reliquie di
S. Marco, lermina il Molin la sua Opera, poiche ivi compievasi la
dimoslrazione slorica ch' egli aveva inlrapreso di fare. Intorno alia
quale, ben potra accadere che i dolli non convengano coll'Aulore in
qualche punlo secondario; maquanto alia soslanza eall'assunlo prin-
cipale del difendere a rigor di crilica le aulichissime tradizioni di
Venezia sopra il suo S. Marco, a noi sembra che niuno possa con-
lendergli il vanto d'avere interamente vinta, e, per dir cosi, termi-
128 RIVISTA
nata la causa. Certo e che questa causa difficilmente avrebbe potato
trovare un avvocato piu valente del Molin, sia che si guardi in lui
1'ampiezza della erudizione, o la forza ed abbondanza delle ragioni, o
1'acume e il nerbo della logica, ovvero 1'ordine e la lucidezza dell' e-
sposizione, o final mente 1'eloquenza stessa del discorso, sempre ani-
mato e pieno di brio per modo tale che , non ostante la qualila della
materia sovente arida e spinosa, esso nodimeno trasporta facilmente
con se 1'animo del lettore e, quel che non e frequente in libri di tal
genere, alia forza della persuasione congiunge rattratliva del diletto.
II.
Novelle di TOMMASO VALLAURI , seconda edizione riveduta dall' Auto-
re. Un volumetlo in 16.° di pagg. 192 — Firenze, air Insegna
di S. Antonino, 1864.
Ecco un leggiadro voluraetto , caro per la forma piena di garbo
che gli ha saputo dare lo stampatore, e piu caro per le amenita let-
terarie e morali , di cui lo ha saputo infiorare 1'esimio Autor suo ;
il cui nome e sempre un titolo di lode, per qualunque siasi il libro
che lo porta nel fronlispizio. Certo si , la fama di Tommaso Vallau-
ri, a durare chiarissima fmo a tanto che nell' Italia siano per essere
in onore gli studii classici, non abbisognava delle Novelle raccolte in
questo libriccino , che alcuno meno intelligente di belle leltere, giu-
clichera forse cosa tenue e di poco pregio. Ma cbiunque abbia iior
di buon gusto in lelteratura e sappia stimare i libri, non dalla quan-
iila della corteccia , ma dalla qualila del midollo, fara giudizio as-
sai differente : e si rallegrera che 1'aureo latinista , ornamento della
University torinese , abbia dato questo saggio della perizia ch' egli
ha nel maneggiare anche la piu scelta lingua dei nostri scrittori ita-
liani ; e datolo in un modo che non e senza qualche novita , nel ge-
nere cosi trito del novellare.
Sino ad ora noi non conosciamo novelliere di merito sopra il co-
mune, che abbia fallo servire le sue novelle all' inlendimento espres-
so di beffare i vizii, e di meltere drammaticamente in canzone cerli
errori , o censurabili usanze del suo tempo. Di novellieri descrittori
di oscenita, narratori di villani casi, espositori di laidezze che fareb-
BELLA STAMPA ITALIANA 729
bono vcrgognare i ciacchi, se di vergogna fosser capaci, nc abbiamo
una pur Iroppo illustre raandria; cominciando dall' impurissimo Cer-
taldese, che padre s'avrebbe a dire piullosto del lurpiloquio che del-
la novella italiana, e terininando in queU'allro che da vero animale
parlo, nel secolo scorso, in persona di animali finli. Anche di novel-
lieri che rairasscro a un innocuo dilello, non disgiunto da profltlevo-
li ammaestramenli di virtu, abbiamo copia baste vole; e ne stanno in
prova , tra gli altri , il Gozzi ed il Cesari. Ma di allri che abbiano
adoperata la novella per satira , alteggiandola a rappresentare bur-
lescamente di quelle scene, che i nostri infranciosati chiamerebbero
« di genere » , noi non abbiamo conoscenza ; o per fermo non sono in
riputazione di novellieri eleganti.
Or questo e il inerito piu proprio del Vallauri , nelle sue Novelle
sopra citate; merito che ci sembra degno d'essere proposlo in esem-
pio a tanti scrittori oriesti e caltulici, che oggidi si beccano il cervel-
lo, per islrologar temi da intertenerne con ulile gli spirili della pre-
sentegenerazione, avida, quant' allra mai, di letture fantasticamente
amene , che la dislraggano dalle trislizie troppo reali del tempo no-
stro. E in vero , satiric! nella sostanza sono tutti e cinque gli argo-
menti delle Novelle comprese in questo libercoletlo : e lo nola con
aggiuslalezza il Canonico Pier Antonio Vallauri, nella dedica che ne
fa a Pietro Tenerani, gloria della odierna scoltura romana.
« Adempio, dic'egli, il mio desiderio coll' inlilolarvi queste no-
\elle, che mio fratello Tommaso scrisse per mordere alcuni vizii del-
la nostra eta, e pubblico gia alia spicciolata col nome arcadico di Fi-
larco Epidaurico. Egli crede, e non senza ragione, che la novella,
usata dagli anlichi a solo diletto e passatempo di scioperali letlori ,
possa , a' giorni nostri , sollevarsi a piu nobile uffizio , e tener le
veci della satira. E di fatto, nel Barbiere del Rinchiuso egli si ride
di certi padri, che, senza badare al fondamenlo poslo dalla natura,
si sforzano di mettere i loro figliuoli per la via degli sludii, con gra-
\issimo danno della scienza e della sociela. Nel Mago della Garze-
gna biasima lo spirito di consorteria , per cui certe sociela lellera-
rie diventano ingiusle col vero merito , che non sa piegarsi alia pia-
cenleria. / sinonimi di un Melodisla ci oflrono una viva dipinlura
dell'arrogante inettiludine di laluni, ai quali il raggiro e la serviliti
730 RIVISTA DELL A STAMPA ITALIANA
posero in mano il freno del pubblico insegnamento. L* Epigrafista
di Monreale ci rappresenla la ridicola Manila, personificata in un
letteralo dozzinale. Final mente nella Bengodi del Calandrini vedia-
mo fin dove giunga 1'audacia deinovatori, che si propongono di
volgere a loro utile la credulita del Yolgo ignorante. »
Noi ci contenteremo di avere additato, come fonle di variela, que-
sto nuovo indirizzamenlo, che il chiaro Professore subalpino ha ino-
strato potersi dare alia novella contemporanea ; e non ci dilunghere-
mo a rendere ragione doll'arte con cai egli ha condotli questi suoi
componimenti, e del colorito con cui si e ingegnato di abbellirli. Ba-
slera dire , che il tipo da lui riprodolto e il classico, cioe quello che
corrisponde alia miglior forma voluta dalla natura ed espressa dai
piu solenni maestri nell' opera del novellare : che il frizzo vi e pun-
genie, ma temperato e non mai biasimevole , o per eccesso di mali-
gnita, o per trivialita di elocuzione : che la lingua Yi e corretta, sem-
pre di buon sapore, e qual puo usarla un uomo nuclrito nella lezione
degli scritlori purgatissimi del due oltimi secoli della favella.
Ben e vero che i difelli da lui tolti a sferzare, essendo per lo piu
di materia strettamente educaliva ed insegnaliva, non si porgono
a quel brio e a quella vispezza, a cui sarebbe meglio disposta qualche
allra materia; ed insieme e verissimo che 1'Aulore non fa scialo di
modi vivi del corrente volgare toscano , e invece si alliene alle di-
zioni piu provate della lingua scritta. Ma non pensiamo che queste,
a senno del discreli leltori, possano aversi in conto d' imperfezioni :
massimamente se si consider], che 1'Autore, nel tratlare le sue Novel-
le, ha voluto scegliere malerie conform! alia condizione sua, che e di
maestro consumato nell' esercizio dell' educare la gioventu alle bel-
lezze lelterarie; ed ha voluto presentarle dettale in quella lingua no-
bilmente italiana, che si puo iniparare ad eccellenza sui libri anche
in Torino, lasciando ai Toscani le grazie e i fiori di una parlata, la
quale e piu facile mai menaro che ben usare da chi nalo non e in
riva all'Arno. Concluderemo quindi, non gia rallegrandoci coli'egre-
gio Professore Vallauri, che non ha mestieri de' noslri rallegramenti,
ma esortando gli amatori del bello in letteralura e del buono in mo-
rale, che ricorrano a questo gentilissimo volumelto, se accada loro
di dover offerire una godevole strenna a qualche giovane studioso.
ARCHEOLOGIA
1. Una statua colossale di Ercole, ritrovata fra le rovine dell'antico teatro di
Pompeo — 2. Alcune switte murali in Porapei, con allusion! a Cristiani —
3. V antico aquedotto di Alatri.
Un altro meraviglioso monumento dell'antica Roma si e venuto ad ag-
giugnere ai mCltissimi, di cui sono ricchi i nostri Musei ; e questo e una
statua in bronzo e colossale di Ercole, disotterrata ultimamente in quel
sito, nel quale un tempo fu il teatro di Pompeo. La diciamo, senza alcuna
esitazione, di Ercole ; perocche sebbene in sul principip , specialmente
qaando ancora non era stata interamenle diseppellita , fosse corsa qual-
che opinione, che la voleva rappresentanza di altro personaggio; al pre-
sente pero gliarcheologi generalmente si convengono nel defiuirla di quel
dio. Fu ritrovata per occasione di certi scavi, che il cavaliere Righetti
ordino nel cortile del suo palagio, per 1' uopo di mettere i fondamenti di
una nuova fabbrica, che intendeva innalzare. Questo palagio e compreso
appunto nel circuito, che abbracciava il gran teatro di Pompeo, una del-
le maggiori meraviglie di Roma pagana; i cui confini sono fissati dai mo-
derni topografi tra la piazza del Riscione, in cui si trova il detto palagio,
la chiesa di S. Andrea della Valle, e la strada volgarmente denominata
d&Chiavari. Sicche non sembra da dubitare, che la statua non fosse de-
stinata a dover essere un ornamento del teatro. Ma prima che essa uscis-
se alia luce, di altre antiche cose si eran trovati vestigi in quegli scava-
menti ; come a dire un vecchio muro di grandi lastre di peperino, diret-
to da Oriente verso Occidente e fiancheggiato dalla banda sinistra di
mezze colonne, due delle quali furono disotterate; spranghe di ferro in-
fisse nel muro e nelle dette colonne ; una via selciata e due basi quadra-
te di travertine, in quella parte di suolo, che rimase scoperto innanzi alle
colonne ; finalmente varii frantumi di pietrasanta e di allri marmi prezio-
si. Per cio che si puo giudicare da' topografi doveano queste essere le
soslruzioni del tempio di Yenere vincitrice, che era congiunlo al teatro di
Pompeo.
La statua, di cui parliamo, apparve a pochi palmi di dislanza dal muro
teste mentovato, d'alla parte di borea. Eracollocata in una fossa profonda,
in cui pare che fosse stata a bello studio nascosta, perche fu rinvenuta
circondata di lastre di pietra, disposte a guisa di capanna, e di fuori cinta
di un muro. Essa, come abbiamo gia detto, e di bronzo, con greve dora-
tura, ed alia m. 3, 83. Udiamone la descrizione del sig. Kohler, com' &
riportata dal Rullettino di Corrispondenza archeologica ^ che ci sembra
\ Bull di Corritp. Arch. Ottobre H864.
732 ARCHEOLOGIA
la piu precisa ed accurata di quante ne abbiamo lette sinora: « Rappre-
senta Ercole giovane, che tenne nella destra la clava, dellaquale si sono
trovati diversi pezzi, e nella sinistra i pomi delle Esperidi, che adesso
mancano; la pelle del leone fu trovata riposta sotto il dorso della slatua,
ma il suo posto originario era sul braccio sinistro, donde pendeva fiao
poco oltre il ginocchio. II peso della figura rjposa sul fianco destro, di
modo che le parti superiori del corpo appaiono facilmente inchinate ver-
so il lato sinistro; anche la testa e rivolta a sinistra e lo sguardo segue
la direzione del braccio sinistro. La faccia mostra il tipo greco; i corti
capelli, circondati da una tenia, si alzano ritti intorno alia bassa fronte;
sotto le tempia si scorgono le tracce della barba germogliante; la bocca
e semiaperta. 11 braccio destro pende lungo il corpo, al quale e congiun-
to per mezzo di un puntello ; cio non ostante, secondo 1' attitudine della
mano, la clava non puo avere toccato il suolo, ma sembra essere sospesa
in aria. ..In generale le forme quantunquerobuste, mi sembrano piusnel*
le di quelle che siamo avvezzi a vedere nelle statue di Ercole. II lavoro
si mostra in tutte le parti condotto a tine... Fra le diverse statue di Er-
cole, che presentano lo stesso tipo, niuna si avvicina tanto in tutlal'atti-
tudine alia nostra, quanto quella di Firenze riportata dal Gori * ; mentre
la statua in bronzo del Museo capitolino se ne scosta alquanto per la
grossczza del lavoro, «e per la ricercatezza de'movimenti. »
2. E gran tempo che si domanda agli archeologi, se in Pompei fosse-
ro Cristiani. Imperciocche pare moralmente impossibile, che in una cit-
ta si frequente di popolo, e dov' era tanto concorso di forestieri, non si
fosse aperto un adito la Fede, la quale tuttavia, presso a quel tempo del
suo seppellimento sotto le ceneri del Vesuvio, era piu che poco conosciu-
ta e professata nelle vicine contrade. Ma per quanto quesl'argomen-
to apparisse probabile a priori , non avea pero avuto nessun rincalzo
di fatto per qualche segno cristiano o allusione al Cristianesimo, che si
fosser chiariti negli scavi di tanta parte di citta, quanta sinora era stata
disotterrata. Quella stessa lucerna, discoperta alquanti anni indietro col-
la impronta della croce, fu dimostrata dal Garrucci 2 del secolo quarto
o del quinto, come cioe appartenuta ad alcuno degli antichi scavatori, i
quali per varii oggetti ritrovati ed altri indizii sicuri, si e conosciuto che
appunto di que' tempi ricercarono il suolo di Pompei. Tuttavia il me-
desimo chiaro archeologo avea notato nelle iscrizioni parietarie pompe-
iane qualche ricordo di Ebrei. Donde argomentava, che siccome la pre-
dicazione del Vangelo soleva cominciare nelle sinagoghe, cosi era del
tutto credibile che anche cola fosse stata bandita la buona Novella , e yi
avesse trovato, come per tutto altrove, chi fedelmente 1'accogliesse: forse
non tarderebbe , progredendo gli scavi, di venire alia luce qualche indi-
\ Mus. Flor. Ill, tab. 67.
2 Bullett. Arch, nap., 2 Serie, torn. II, pag. 8 ; Quistioni pompeiane, pag. 68,
ARCHEOLOGIA 733
zio piu certo. E questo indizio pare che veramente si fosse manifestato,
due anni indietro, in una iscrizione tracciata col carbone sopra un muro ,
la quale pubblico il Kiessling nel Bullettino di Corrispondenza archeo-
logica a. Ma molto dubbia appariva la lezione; piu dubbia ancora 1' in-
terpretazione; sicche poco conto per allora ne fecero gli archeologi,
aspettando piu opportuni schiarimenti. II ch. de Rossi , essendo dovuto
in questi ultimi tempi recarsi in Napoli , voile riconoscer da se la iscri-
zione, se gli avvenisse di ricavarne migliore costrutto di quello del
Kiessling. Ma le tracce delle lettere erano in gran parte svanite per
1'azione dell' aria, sicche non offerivano sicuro fondamento a nuovi
studii. Nondimeno gl' illustri archeologi napoletani , sig. Minervini e
sig. Fiorelli, avevano tratta copia, ciascuno da se, di quella epigrafe,
appena fu osservata. Pero il de Rossi, comparando insieme la lezione del
Minervini, e que' vestigi di leltere che pur rimanevano discernibili sul
muro, fra le molte incertezze che lasciano tuttavia, crede che almeno
questo se ne possa dedurre come certo, che in quella scrittura si fa men-
zione di Cristiani che esistevano in Pompei. Di fatto le parole, le quali,
per giudizio di tutti e tre i soprallodati archeologi non ammettono dub-
bio, son je seguenti : AUDI CORISTIANOS. Ma qual proposito ebbe mai quel
chiunque che le scrisse? Le altre lettere che seguitano , beiiche per la lo-
ro ambiguita non si porgono ad un senso determinate, lasciano pero a-
gevolmenle intendere cheesse racchiudono un insulto contro i Cristiani.
La quale congettura e non poco avvalorata da due senlenze che si leg-
gono in due altre iscrizioni , tracciate immediatamente appresso a quella
prinia , con poco intervallo dell'una dall'altra. La prima dice : MENDAX VE-
RACIUBIQUE SALUTEM. La scconda : MENDAX vERAci SALUTE^!. La menzionc
dei Cristiani , fatta nella prima iscrizione, naturalmente induce a credere,
che il Verax delle seguenti si debba riferire a chi professasse quella san-
tissima legge. Imperocche questa e la lode, che meritamente si attribui-
vano i Cristiani, di aver essi il possesso della divina verita, e d'inse-
gnarla volentieri ai pagani , involti nelle tenebre dell'errore e della mor-
te. E questo concetto risalta piu per la opposizione del Mendax: ma, co-
rn' e chiaro, in senso ironico da parte del pagano che scriveva ; il quale
avendo gia fatta quella esortazione buffonesca ad ascoltare la dottrina
de' Cristiani ; si, dice: quella dottrina e tiore di verila; ed abbia un sa-
luto da noi altri menzogneri il yerace maestro che la insegna.
Di che si rende probabile l'altra congetlura del de Rossi, che quel
luogo fosse in altro tempo servito alle radunanze de' Cristiani. Perocchfc
nella medesima stanza egli vide un'altra epigrafe che dice : MULUS nic MU-
SCIILAS DOCUIT, mulus hie muscellas (c\QQmusculas)docuit.[\ quale motto,
sebbene non ci renda un concetto determinato, nondimeno puo aver la-
ce dagli altri esaminati teste , quanto a giudicarlo allusivo ai Cristiani.
4 Bull, di Corri$p. Arch. 4862, p. 92.
734 ARCHEOLOGIA
In questa ipotesi sarebbe chiaro che qui si accenna ad un convegno , a
cui presedeva un sacerdote, contro cui il pagano lancerebbe I'ingiuria
usata ripetersi contro i dottori cristiani , che essi colle loro superstizioni
traevano in inganno il voigo delle femminette. Questa supposizione puo
ay ere un'altra conferma da un yerso, probabilmente satirico, a giudizio
del sullodato 5e Rossi, che e segnato in lettere dipinte nella parete ester-
na, lungo la via pubblica, e dice cosi: OTIOSIS LOCUS me NON EST DISCEDE
VIATOR.
Se questo e yero converrebbe tenere , che ne' primi tempi di qualche
liberta pe' Cristiani, alcun uorao apostolico in questo luogo ayesse aper-
ta come una scuola di religione cristiana , in quella guisa che dagli Atti
degli Apostoli sappiamo avere fatto in Roma 1'Apostolo Paolo, predican-
do , nella casa da lui presa in affitto , la parola di Dio, cum omni fiducia
(come dice il sacro testo 1) sine prohibitions. Surta pero la persecuzione
di Nerone, ne sarebbero stati scacciati ; libero ai pagani d' insultare alia
loro memoria con quegl' imbratti.
Ma queste non sono altro che ipotesi ; le quali tuttavia ogni equo esti-
matore dovra reputare non isfornite di buon fondamento. Se non che il
punto principale, che cioe in Pompei si sia rinvenuta una chiara menzio-
ne de' Cristiani, a buon diritto conchiude il de Rossi, doversi giudicare
assodato.
3. Gli studii, che il ch. P. Angelo Secchi d. C. d. G. e stato incaricato
di fare sul territorio di Alatri, per 1'uopo di una condotta di acqua da
prowederne quella citta, gli hanno fruttate insigni scoperte archeologi-
che, le quali egli assai dottamente ha esposte con una sua scrittura,
pubblicata nel Giornale di Roma de'29 del passato Ottobre, e noi ci stu-
dieremo di raccogliere in breve.
La citta di Alatri e posta sopra un' alta montagna, separata da monti
circostanti per valli profonde che la circondano ; sulla men bassa delle
quali si eleva di 120 metri. La sorgente poi piu vicina dell' acqua e dis-
tante dalla rocca, a cui si vorrebbe condurre, di 12 in 13 chilometri,
ossia di 8 in 9 miglia.
II metodo delle condotte forzate e il solo che possa impromettere il
certo riuscimento dell' opera. E perocche ad effettuarlo sono richieste
ingenti spese , oltre alle somme gia erogate dal Ministro del Commercio
e de'Lavori pubblici, oltre a quelle altre che e pronto a sommiuistrare il
Comune, la Santita di Nostro Signore Pio IX, fin dal tempo della sua yi-
sita a quella citta, destino una somma di venti mila scudi del suo priva-
to peculio, da impiegarsi per quell'opera. Sicche e da sperare che quanto
prima quella nobil citta debba essere con abbondanza provveduta di otti-
Ena acqua, e veiiir decorata di cosi grandioso monumento.
Ma se co'nostri progress! non si puo dubitare del buon esito del lavoro,
ben fara meraviglia che quelle medesime difficolta furono superate feli-
4 Act. Apost. XXVIII, 50, 54.
ARCHEOLOGIV 735
cissimamente dagli antichi. Perocche YI ha memoria, per costante tradi-
zione, che in antico la citta di Alatri ebbe copia di saluberrime acque, fat-
te giugner colassii per mezzo di acquedotti ; e ne facevano testimonianza
i molti tubi di piombo e di terra cotta, i quali di tempo in tempo e spar-
samente eran trovati negli scavi della terra. Ma una, piu luculenta pruo-
ya del fatto ci e porta da una lamina in bronzo , che e un prodigio che
siasi conservata nella totale distruzione de' monument! di Alatri ; la qua-
le, a giudicare dalla ortografia, risale ai tempi della republica romana,
140 anni od un bel circa innanzi 1' era Yolgare. Eccola , com'e prodotta
dal P. Secchi, colla stessa antica ortografia :
L . BETILIENVS . L . F . YAARYS
HAEC . QVAE . INFERA . SCRIPTA
SONT . DE . SENATV . SENTENTIA
FACIENDA . COIRAYIT . SEMITAS
IN . OPPIDO . OMNIS . PORTICVM . QVA
IN . ARCEM . E1TVR . CAMPVM . YBEI
LYDYNT . HOROLOGIVM . MACELYM
BASILIC AM . CALECANDAM . SEEDES
LACVM . BALINEARIVM . LACYM . AD
PORTAM . AQVAM . IN OPIDVM . ADQVE
ARDYOM . PEDES . CCCXL . FORNICESQ
FECIT . FISTVLAS . SOLEDAS . FECIT
OB . HASCE . RES . CENSOREM . FECERE . BIS
SENATYS . FILIO . STIPENDIA . MERETA
ESE . IOYSIT . POPYLYSQYE . STATYAM
DONAYIT . CENSORING
Tra i benefizii , di cui qui e fatto merito a L. Betilieno Varo , Yien ri-
cordata la condotta dell' acqua, che fe salire insino alia citta, merce le
opere di arcuazioni e solidi tubi, che la dirigessero ed inlrenassero.
Gia in altri tempi erano stati trovati alcuui tubi di bronzo; e furon ere-
duti, ma falsamente, di questo antico acquedotto. Colla speranza di
trovarnc de'simili, o checche altro, una delle prime cose, che si penso
fu di scavare il terreno , nel quale eraqo apparsi i detti tubi. Nessun al-
tro tubo vi si riuvenne : invece apparve un frammento come di cunicolo ,
fatto per contenere i tubi di condotta, il quale 6 alto m. 1, 70, e largo
0,50; si distende poi per la lunghezza di circa 4 metri, essendo stato di-
strutto il rimanente, per averne le pietre.
Questo luogo, giual piede dell'acropoli, e il punto piu alto, a cui an-
ticamente dovea giuguere Tacqua. Di cio fanno fede i tubi e i serbaloi,
abbondaiiti sotto questo livello e nulli di sopra; e lo indica bastevolmen-
te la stessa iscrizione, nella quale, mcntre sono dislinli oppidum, arx ,
archium , non e pero detto che 1' acqua fosse condolta in arccm, ma si in
arduum.
736 ARCHEOLOGIA
II P. Secchi esamina diligentemente gli avanzi dell' acquedotto fuorl
della citta; ne dale varie dimension!, e determina il panto, da cui co-
minciavano a misurarsi i 340 piedi romani della elevazioiie dell' acqua,
procurata da Betilieno. Esso e nel luogo, che ora e detto Fosse del Pur-
puro , presso la via che conduce a Guarcino, laddove ancora sussistono
i rimasugli dello speco dell'acquedotto. In effetto la distanza di questo
speco dal piano dell' acropoli, secondo esatta livellazione, e di 120 me-
tri : da' quali se sono detratti i 20 raetri, che e la distanza di quel pun-
to , a cui T acqua giugneva , dal piano dell' acropoli , si ha il residuo di
100 metri , che corrispondono per appunto a 340 piedi romani, indicati
dalla iscrizione.
Seguitando la via delle antiche rovine, potuta a gran falica determi-
nare, si perviene a quel trivio, che disgiunge la via di Collepardo e di
Yico. Qui ricompariscono le hasi di una lunga arcuazione, la quale, a
giudizio del P. Secchi, dovea tenere un corso, il merio, di metri 500.
Or se a questa arcuazione si da, com' e dovere, 1'altezza di quell' altra,
ne proviene, per le misure dedotte, che quivi lo speco dell' acquedotto
si ritrova ad un livello colla rocca di Alatri. Ed era quello, per conse-
guenza, il termine del sifone rovesciato, dopo il quale 1'acquedotto, pi-
gliando un corso uniforme, giugnea sin presso a Vigiano, dove appari-
see ancora ne'suoi avanzi associato ad un altro somigliante acquedotto.
Ma qui ognuno si fa la domanda, come gli antichi due mila anni indie-
tro avesser potuto costruire un acquedotto a sifone rovesciato sotto F e-
norme pressione di 100 metri ossia 10 atmosfere. Al P. Secchi, dopo
lunghe ricerche, e riuscito di trovare i frammenti diun gran tubo di ter-
ra cotta del diametro di Om, 345, della spessezza di Om, 061, con una
lingua o imboccatura lunga Om , 112 ; ed e di pasta sommamente cornpat-
ta, dovuta pero esser compressa coll' opera di qualche macchina. Donde
si vede gran resistenza che questi tubi doveano opporre, rincalzati di
piu dal grosso muro, ond' erano circondati, e da una fodera di calce-
struzzo della grossezza di circa mezzo metro, di cui erano rivestiti. Non
e dunque da dubitare, che non reggessero all'impeto dell' acqua, del cor-
so della quale dimostrano ancora i segni ne' depositi sulle interne pareti.
Ma cio non toglie che i tubi della parte infima dell'acquedotto non potes-
sero esser formati'di materia piii resistente, pognamo di bronzo, destinati
questi altri di terra cotta per le parti superiori, dove la pressione comin-
eiava a sminuire. Checche sia, conchiude il P. Secchi: « resta semprefisso
che 20 secoli fa si ehbe 1'abilila di fare una condottura forzata a sifone
rovescio, della lunghezza almeno di cinque mila metri, sotto la pressione
massima di 10 atmosfere, capace di portare una quantita di acqua, che,
dalle dimensioni dello speco, poteva essere certamente non meno di 118
litri per secondo, cioe circa 400 once, misura di acqua vergine. »
Fra queste ricerche due altre opere , memorate nella iscrizione , e ac-
caduto al P. Secchi di scoprire. L' una , con qualche probabilita, vale a
ARCHEOLOGIA 737
dire il lacus b aline ar ius , che egli congetlura essere quella gran vasca o
serbatoio di antica costruzione, che si ritrova in una sommita, delta era
del Colle, in casa Latini ; ed avea 8 raetri di larghezza, e 20 circa di Iim-
ghezza. L' altra , con maggior fondamento di certezza , e il campo della
palestra e del corso , che la iscrizione denomina Campum ubi ludunt.
Esso altualmente e un prato di presso alia fontana delta volgarmente
del Chiapitto , distanle poco piu di mezzo miglio dalla citta. Furono
indizio a scoprirlo alcuni tubi di terra cotta di grandi dimension!,
trovati sepolli in quella terra argillosa e umidiccia , nella profondita dL
2m, 50. II loro diametro medio e di Om, 43, la lunghezza di lm, 13. La
prima idea che si affaccio alia mente fu, che fosser serviti per la condot-
ta dell'acqua nella citta. Considerato pero che la lor maggiore grossezza
e appena di 30 millimetri; che la pasla, onde sono formati, e assai poro-
sa ; ne sono nwrati, ne stuccati all' imboccatura, ma congiunli per guisa
che lasciano un inlervallo di ollre un cenlimelro ; ben presto si dove
conchiudere che a tutl' allro scopo erano destinati. Queslo scopo si co-
nobbe essere di dare lo scolo all'acqua, che s' ingorga in quel terreno ,
attesa la bassezza del suolo. Or un tal metodo, di gran lunga costoso,
non si sarebbe per certo adoperato per un semplice miglioramento di agri-
collura, che per altro era possibile otlenere, proporzionatamenie all'uo-
po, con mezzi assai piu facili e meno dispendiosi. Dall' altro canto non
apparisce luogo piu acconcio nelle vicinanze della citta per gli esercizii
della palestra e del corso ; e all'unico inconveniente, che questo offeriva,
sarebbe stalo baslevolmenle occorso con quello scolo procurato dell' ac-
qua. Par dunque che appunto esso sia il Campus ubi ludunt, di che Be-
iilieno regalo la citta di Alatri.
Nel precedente quaderno a pag. 587-89 occorsero alcune inesat-
tezze, le quali, sebbene lascino inlerissima la forza dell' argomento
adoperato conlro il Memorial diplomatique , pure si vogliono emea-
•dare nel modo seguente :
A pag. 587, lin. 31 ; invece delle parole « invasione delleMar-
che » si legga: invasione della Toscana; ed a pag. 589, lin. 22,
invece delle parole : « nelle Marche per passare in Napoli » si
legga: nella Toscana; ed a lin. 26 , invece di « li viola immanti-
nente e si annetle le Marche e /' Umbria » si legga : immantinente.
Poco dopo allo stesso modo si annette ecc.
Nel quaderno 346, pag. 492 del vol. XI di questa Serie , pren-
demmo da altro giornale la nolizia che Messina nel 1804 avea dalo
soli setle franchi per 1' opera della Propagazione della fede. Dalla
rettificazione pubblicata da quei giornale e da lettera di persona
ben informata sappiamo, che la callolica Messina diede quest' anno
oltre a 2115 franchi per la detta Opera pia.
Serie V, vol. Xll, fasc. 354. 47 10 Decembre 1864.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roma 10 Decembre 1864.
I.
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. Ricevimerito dell'Ambasciadore cli Spagna, sig. Pacheco,
e del rappresentante di Venezuela — 2. Yisita del Santo Padre al Colle-
glo Latino Americano alia Minerva — 3, Richiami dell'Episcopalo Piceno
ed Umbro, indirizzati a Yittorio Emmanuele, contro le usurpazioni de'suoi
Ministri, del Regio Placet I\Q\\& nomlna de'Parrochi; protestazioni del-
Y Episcopate di Romagna — 4. II Denaro di S. Pielro, e le ofl'erte de'Mn-
nicipii alia rivoluzione.
1. La Santita di Nostro Signore Pio Papa IX si e degnato di ricevere,
sul mezzodi del 22 Novembre, S. E. il Cav. Gerardo de Souza , Inviato
straordinario e Ministro plenipotenziario di S. M. Cattolica; il quale ebbe
1'onore di presentare al Santo Padre le sovrane lettere che poneano ter-
mine alia sua missione , e quindi passo a visitare 1' Eminenlissimo sig.
Cardinale Segretario di Stato , da cui fu accolto coi riguardi dovuti alia
sua rappresentanza. Nel giorno poi del Lunedi 28 Noyembre , S. E. il
sig. Cav. Don Gioacchino Francesco Pacheco ebbe 1'onore di presentare,
in udienza private, al Santo Padre le lettere sovrane , con cui venne ac-
creditato Ambasciadore straordinario e plenipotenziario di S. M. Catto-
lica presso la Santa Sede. Sua Santita si e compiaciuta di accoglierla
con ogni benignita e con gli onori e le formalita che soglionsi praticare
in simili circostanze. Quindi S. E. passo a complimentare 1' EiTio Cardi-
nale Segretario di Stato.
Nel giorno 23 Novembre il Santo Padre avea pure amraesso a udienza
priyata S. E. il sig. Lucio Polido, che gli presento le credenziali, con
cui dal Presidente della Repubblica di Venezuela venne accreditato quale
Ministro plenipotenziario presso la Santa Sede.
CRONACA CONTEMPORANEA
2. «Nel giorno del Lunedi 21 Novembre , dice il Giornale di Roma
del 24, anniversario della fondazione del Collegio Latino Americano alia
Minerva, la Santita di Nostro Signore Papa Pio IX felicemente regnante,
non ostanteil tempo piovoso, recossi,alle 4pomeridiane, in treno ordina-
rio, al detto Collegio, dove fu ricevuta al portone daU'Eiiio signer Cardinal
Sacconi, Presidente della Commissione per la erezione delinitiva dello stes-
so Collegio, dagli IlhTii e Rifii Monsignori Berardi Arcivesconojdi Nicea,
Franchi Arcivescovo di Tessalonica, e D. Giacomo de' conti Cattani,
membri gli uni e Segretario 1'altro della medesima(Commissione; non che
dall' Illmo e Riuo Monsignore Arbelaes, Vescovo di Massimopoli e Vica-
rio apostolico di S. Marta nella Nuova Granata , dal Riiio P. Generale
della Compagnia di Gesii, dal P. Rettore e dagli altri Padri, a'quali e affi-
dataja educazione degli alunni. Adorato il SSilio Sagramento e visita-
ta la nuova cappella , quivi eretta a sue spese , sali nel piano superiore ,
dove aramise 1'intera Comunita al bacio del piede, e con parole di pater-
na benevolenza, e con isplendidodono, ebbeconfermate le tante prove di
affetto e di generosa munificenza date gia al Collegio, come con sempli-
ci termini di pura verita leggevasi in questa epigrafe del P. Antonio An-
gelini d. C. d. G., affissa nella sala di ricevimento.
PIO . IX . POiNTIFICI . MAXIMO
Amplificatori . Christiani . Nominis
Cuius . Sapientia . Et . Liberalitate
Collegium . Latinum . Americ.
Constitutum . Est . A. MDCCCLVIII
Aedes . Coemptae . Instauratae , Auctae
Sacrarium . Inaedificatum . Sapellectili . Instructum
Bibliotbeca . Lectissimis . Voluminibus . Ditata
Rus . Aurelia . Via . Attributum
Census . Addicti
Moderatores . Et . Alumni
Principis . Optimi . Aspectu . Et . Alloquio
Erecti . Exhilarati . XL Kal. Dec. A. MDCCCLXIV
Fundatori . Et . Parenti
« Quivi trassero innanzi a piedi del trono tre de'piu giovani alunni, of-
ferendo al Santo Padre, in una cartella, copia della suddetta iscrizione, e
di un inno scritto per si fausta occasione e messo in musica dal maestro
del Seminario, sig. Settimio Battaglia, e finalmente di pochi versi , che
recito 1' uno del tre nell' alto di presentare in nome de' compagni, come
oblazione pel denaro di S. Pietro, le medaglie riportate ne'concorsi scien-
tific! e letterarii al Collegio romano. Qui pareva che nulla restasse a de-
siderare ai bene avventurati alunni e superior! del Collegio: ma 1' aman-
tissimo PonteQce e Sovrano voile aggiungere una novella dimostrazione
di amorevole sollecitudine, salendo a visitare i corridoi e camere e sale
di studio, e quanto poteva interessare ad un cuore , che in mezzo alle
740 CRONACA
molteplici cure della Chiesa universale , sa occuparsi con tenerezza di
madre delle piu lievi convenienze di ciascuno de' suoi tigliuoli e soddis-
farne, anche a suo disagio , gli innocent! desiderii ; come ne diede, tra i
lanti , un esempio nel soffermarsi con amabile sorriso a udire ripetuta-
mente 11 coro dei giovinetti cantori. Solo 1'annottare pose termine a quel-
1'ora felice , in che non saprebbe dirsi se piu il padre si dilettasse nel
disvelare il suo affetto a' figliuoli, o questi nel disfogare 1' ossequiosa ri-
conoscenza, che piu non ebbe poi confine, quando, a vedere Sua Santita
rimontare in cocchio per restituirsi al Yaticano, proruppe in grida di yi-
Tissimo plauso e devozione , che, con tenera e profonda commozione di
quanti furono presenti, trovo eco pienissimo nel numeroso popolo, raccol-
tosi nelle circostanti contrade. »
3. Insullo scorciodel passato Agosto (Volume precedente, pag.498)
abbiamo fatto menzione d' una fra le tante usurpazioni perpetrate a dan-
no della Chiesa, e contro i piu sacri suoi diritti, da uno di que' regalisti
Febbroniani, che il Governo di Torino gia da gran pezza ya traendo dalla
scuola Tanucciana di Napoli, per valersene a distruggere gli ordini e la
disciplina cattolica, a spogliare ed incatenare Yescovi e Preti, e condur-
re innanzi la guerra contro 1' autorita del Sommo Pontefice, anche nelle
materie puraraente spirituali. Traltavasi d' una circolare del Pisanelli ,
pubblicata il 5 Agosto, per cui si sottoponevano al regio Placet tutte
le nomine di Parrochi o Curati o Yicarii spirituali, e tutti i rescritti degli
Ordinarii diocesani, che inchiudessero qualche disposizione attenentesi
a' beni ecclesiastici. L' Episcopate Piceno ed Umbro, che con invitta for-
tezza ha sempre levato la yoce contro le scelleratezze di codesti ristaura-
tori deir ordine morale, non potea lasciar credere che s' acconcerebbe
mai ad accettare, fosse pure col solo tacersi, cotali intrusion! sacrileghe
della podesta laicale, in cosa che riguarda tanto intimamente la cura pa-
storale e la direzione delle anime. Percio, sapendo benissimo che, an-
che dopo uscito di carica il Pisanelli, non era da sperare che il suo suc-
cessore, sig. Yacca, rivocasse quegli iniqui provvedirnenti, si rivolse al
re Vittorio Emmanuele, Capo del Governo usurpatore, rappresentando-
gli, in un Indirizzo animato dal piu santo zelo e pieno di sapienza,i dan-
ni gravissimi e le ingiurie nefande che cosi faceansi alia Chiesa. Questo
documento, stampato nel benemerito giornale torinese 1' Armenia , sotto
il di 18 Novembre, porta la data del 23 Ottobre, ed e firmato da due
Cardinali Arcivescovi, da un Cardinale Yescovo, da quattro ArcivescoYi",
da venti Yescovi, e da tredici Yicarii Capitolari.
« Sire, dicono gl'intrepidi Prelati al Re: Sirel alle nuove e piu. dolo-
rose catene, colle quali un Ministro di Yostra Maesta vuole stringerci col
decreto 15 Luglio, pubblicato il 5 Agosto, in cosa gravissima e riguardante
uno degli esercizii spirituali del nostro pastorale Ministero, noi siamo for-
zati, con 1'animo straziato dal piu alto cordoglio, di recare anche un'altra
CONTEMPORANEA 741
volta i nostri richiami e le nostre protestazioni a V. M. Trattasi nullaraeno
che di porre ostacoli al diritto insieme ed all'obbligo chc abbiamo, come
Pastori, di provvedere alia necessaria assistenza delle anime, tosto che
avvenga la inancanza di un parroco, surrogandogli,senza frapporre di-
jnora, im economo o curato o vicario spiritualc. Che se nei alzammo le
nostre querele, e protestammo pel ceppi che c' impongono i decreti 5 Mar-
zo e 26 Luglio sul regio Placito, ora viemaggiormente dobbiarao richia-
marci e lamentarci, che sullo stesso argomento si spinga 1' inceppamento
del nostri doveri e diritti a tal segno, cui forse non giunsero nrai le leggi
piii ostili alia Chiesa. »
E qui ricordati gli obblighi impost! dal Concilio di Trento a' Vescoyi,
perche debbano subito provvedere alia vacanza delle parrocchie, e messi
in luce i disordini ed i danni che proverrebbero da qualsiasi iudugio, per
1'amministrazione dei Sacramenli, e dimostrato che per la Circolare del
Pisanelli sarebbero inevitabili questi funesti ritardi, e sicurissimi ad ac-
cadere i piu deplorabili conflitti, toccano d'un punto giustissimo e delica-
tissimo: « Nessuno al certo piu che il Vescovo e in grado di conoscere gli
spirituali bisogni delle diverse cure del proprio gregge, e quale fra i sa-
cerdoli sia il piu acconcio a poterli satisfare, durante il tempo della vacan-
za, tinche si aprano i concorsi, abbiano luogo gli esami ed, in una parola,
si adempia tutto quello che i sacri Canoni prescrivono, perche sia data a
reggere una parrocchia ad uno stabile pastore. 11 decreto dunque, di che
e parola, ferisce direttamente 1'esercizio degli atti episcopali in materia
imporlantissima, come quella che riguarda la divina missione che abbia-
mo di pascere le nostre greggi. »
Messe quindi a nulla le sofisticherie, con cui pretendesi da' Tanucciani
di conferire allo Stato un diritto d' ingerirsi in tali cose, sotto pretesto di
vigilare 1' uso delle temporalita, col quale pretesto potrebbero quelli an-
che arrogarsi di stendere la mano sui tempii, sui vasi sacri, sui chierici,
come oggetti sensibili e temporali : i fortissimi Vescovi tiniscono il loro
indirizzo con le parole seguenti.
« Conchiuderemo dunque, o Sire, ripetendo le gravi parole che gia
iudirizzarono alia Maesta Yostra, il di 8 di Settembre, i nostri Venerabili
Fratelli dell' Episcopate napoletano: « Se questo pensiero e straziante per
noi, che in faccia alle inconcusse prescrizioni del Vangelo e delle leggi
sacrosante della Chiesa, che formano il canone dei nostri pastorali doveri,
ed in faccia a disposizioni divine e puramente umane , ci troviamo nella
penosa alternativa,o di mancare alle prime, costituendoci miseramente in
colpa innanzi a Dio e senza legittima scusa per il danno delle anime, giu-
sta la sentenza del Magno Gregorio : Non potest esse legitima excusatio
pastoris si lupus ovem comedat et pastor nescit; o di non attenerci alle
seconde, quando sono in opposizione delle prime : in questa alternativa
non puo essere per noi dubbiosa la scelta, 6no a che il lume di Dio ci as-
742 CRONACA
sista, a non farci deviare dalla cerchia dei doveri che abbiamo solenne-
mente contratti, e di quei giuramenti, la cui osservanza non dobbiamo
mai obliare, e meno ancora nei momenti del pericolo. »
« Adunque alia intimazione che ci viene fatta praecipiendo praecepi-
mus ne doceretis, come un di fu detto agli Apostoli in Gerusalemme, nes-
suno osera farci un delitto, se noi, mettendoci Dio solo innanzi agli occhi,
e solo tementi i giudizii di lui, il quale (a differenzadi coloro che possono
solamente uccidere il corpo) animam et corpus potest perdere in gehen-
nam, risponderemo come gli Apostoli medesimi : Si oporteat obedire
Deo magis quam hominibus, vos indicate. Nell' umilta e nell' afflizione
del nostro am mo, noi preghiamo fervorosamente Iddio , nelle cui maui e
il cuore de' Regi, perche voglia, a trionfo della giustizia, che si revochi
dalla M. V. 1' infausto decreto, e giunga il tempo che si spezzino tante
dolorose catene, che stringono ed opprimono la sua Chiesa. »
Amostrare il perfetto accordo che regnanell' Episcopato italiano, ela
sua fermezza in affroutare ogni pericolo per sostenere le ragioni di San-
ta Chiesa, allegheremo in questo stesso quaderno, tra le cose degHSta-
ti Sardi, altri atti molto important. Qui dobbiamo aggiungere, che an-
che i Yescovi di Romagna furono solleciti di far pubblicare , come leg-
gesi anche nell' Unitd Cattolica del 1.° Dicernbre, la.seguente dichiara-
zione: « I sottoscritti Arcivescovi, Yescovi e Yicarii Capitolari di Roma-
gna si uniscono con plena ed unanime adesione alle giuste e doverose
rimostranze, fatte sino ad oggi dai loro veneratissimi colleghi delle vane
province ecclesiastiche d'ltalia, intorno al decreto 15 Luglio p. p., che
assoggetta al regio Placito anche le nomine degli Economi, Curati e Vz-
carii spirituali', e protestando, insieme con essi, contro un provvedimen-
to cosi ingiurioso a Cristo e funesto alia salute delle anime , reclamano i
sacrosanti diritti della liberta della Chiesa. Novembre 1864. » Questo
documento e firmato da tre Cardinali Arcivescovi e Yescovi , da quattro
Yescovi . e da tre Yicarii Capitolari.
4. Tulti sanno quarito il diavolo si arrabbattasse, con Fopera de' suoi
figliuoli framassoni, per impedire che alia Santa Sede pervenisse quel
tributo spontaneo di fedelta, di devozione e d'amore, onde i fedeli, de-
ponendo a' piedi del Santo Padre 1' Obolo di S. Pietro, venivano anche
a soccorrere il Governo pontificio nelle ardue congiunture in cui fu po-
sto, dopo che la perftdia ed il tradimento da una parte , la violenza del-
le armi e 1'assassinio dall'altra, si collegarono per rapirgli le province e
soggiogarne alia rivoluzione i sudditi. E noto come in Francia s' impe-
disse la istituzione della Confraternita di S. Pietro, come in Toscana si
punissero, quasi di delitto criminale, i collettori di tali oblazioni, e da
per tutto i diarii della setta si studiassero d' ingannare i popoli , ripeten-
do ed esagerando le imposture e le calunnie che il Governo di Torino,
per bocca de'suoi Ministri, Senatori e Deputati, venivaspacciando, cioe
CONTEMPORANEA 743
che YObolo di S. Pietro servisse a prezzolare briganti ed assassini per
desolare il regno delle Due Sicilic.
Ma quelle imposture scellerate tornarono in buona parte inefficaci , e
YObolo di S. Pietro continue ad attestare al Papa i seusi del vero popo-
Jo, massimamente d' Italia; di che fu detto , anche da'settarii, nella Ca-
mera di Torino, che questo fosse un plebiscite 'eloquente, ed ostile al
nuovo Regno, fondato dalle armi e dalla diploraazia francese.
Si studiarono ardentemente i liberali di scimmiar la cosa; ma, non riu-
scendo, ora si appigliarono al partilo di far confronti assurdi. Intorno a
che e degno di essere qui riferito il seguente articolo dell' Unild Cattoli-
ca, n.* 332:
« IS Italic del 30 Novembre ha un articolo, che vince quanto di sciocco
ed impudente fu gia stampato da sedici anni in questa Torino. L' Italic
contrappone alia dimostrazione del Danaro di S. Pietro quella dei Mu-
nicipii , che in Italia anticipauo 1' imposta fondiaria pel 1865, e pretende
che questa anticipazione superi di gran lunga il Danaro di S. Pietro I Ri-
spondiamo accennando le differenze tra le due soscrizioni.
« II Danaro disan Pietro si paga da individui che dannocosa propria.
L' imposta si anticipa da consiglieri municipali , che distribuiscono le so-
stanze altrui. II Danaro disan Pietro e un sacrifiziopecuniario, laddove
1'anticipazione dell' imposta importa un guadagno del dodici per cento. II
Danaro di san Pietro si paga senza nessuna speranza terrena e senza
nessuna minaccia. Chi non anticipa V imposta prediale e condannato alia
multa del seiper cento. II Danaro di S. Pietro offresi da cinque anni, e
non cessa mai. L' imposta prediale si anticipa per la prima yolta. Quan-
do si trattera di anticiparla due o tre yolte , sara un altro paio di mani-
che. II Danaro di S. Pietro viene offerto al Papa-Re spogliato, povero,
perseguitato , ed esprime 1'affetto degli oblatori. L' imposta yiene antici-
pata a chi ha in mano ricompense da dare, impieghi da distribute, ed
ha gia ricompensato quei sindaci che servirono lo Stato in questa biso-
gna. II Danaro di S. Pietro importa un qualche rischio, e gli oblatori,
sborsandolo, debbono sfidare le minaccie della rivoluzione. Chi anticipa
1' imposta prediale viene al contrario proclamato come un gran patriota.
« Mettete gli oblatori del Danaro di S. Pietro nelle condizioni stesse
dei consiglieri municipali , e yedrete. Dite ai consiglieri di pagare del
proprio, e non di anticipare un' imposta , e poi ci saprete dire a quale
somma arrrvino le offerte italianissime. Ma questo cercare continuamen-
te una concorrenza al Danaro di S. Pietro mostra, come esso sia un
pruno negli occhi dei riyoltosi , i quali sentono tutta 1' importanza di ta-
le sottoscrizione. »
744 CRONACA
STATI SAUDI 1. Nuovi argomenti circa il senso elo scopo della Convenzione
del 15 Settembre ; spiegazioni de' deputati Chiaves e Bixio — 2. Trionfo
dei nemici del cattolicismo per 1' accettazione di quel Trattato ; parole
del Siecle — 3. Relazione dell' Imbriani al Senate circa il trasporto del-
la Capitale a Firenze— 4. Opposizioni alia legge, proposta dal Vacca, per
1' abolizione di tutti gli Ordini religiosi ed il lalrocinio delle proprieta
della Ghiesa — 5. Richiami dell' Episcopate Modenese, Toscano, Piemon-
tese e Ligure contro le usurpazioni del Governo ed il matrimonio civile
— 6. Lettera del Garibaldi per aiuto a' suoi partigiani nel Veneto.
1. Oggimai niuno presta piu la menoma fede alle interpretazioni date
dalla France, dal Constitutionnel e dal Memorial diplomatique al Tratta-
to franco-italiano del 15 Settembre; pel quale pretendeasi da codesti bar-
bassori far credere, che fosse riconosciuta e rassodata la Sovranita tern-,
porale del Papa, ed imposta alia rivoluzione una formale rinunzia a spo-
gliare la Santa Sede de' scars! dominii che le furono decretati dall' auto-
re del Le Pape et le Congres, e guarentita Roma dal pericolo di diventar
Capitale del nuovo Regno, fondato dall' intervento e dal non intervento
francese. II deputato Visconti-Venosta disse alia Camera, nella tornata
dell' 8 Novembre (Atti uff. n.° 952), uno studiato discorso circa le origi-
ni e lo scopo di quel Trattato, dimostrandone la convenienza per 1' Ita-
lia ; e svolse a lungo la tesi, viemeglio chiarila poi dal ministro Lan-
za, nella tornata del 14 Novembre, che quello fosse un concerto di mez-
zi, onde ottenere che 1'esperimento dimostri, se sia o no possibile la du-
rata della Sovranita temporale del Papa. La qual cosa il Yisconti-Veno-
sta adombro in questa frase: « La Francia ritira le sue truppe da Roma,
ma dopo di aver ottenuto che il Governo, pontificio non sara esposto ad
una nostra invasione; noi rinunciamo ai mezzi violenti, ma dopo di aver
ottenuto che il Governo pontificio ed i suoi sudditi siano ricollocati nel
diritto comune. » II che era quanto dire : noi abbiam rinunziato a spedire
un eserdto regolare, o bande di Garibaldini per invadere Roma , perche
questo era affatto inutile contro un Governo, a cui abbiam gia tolto quasi
tutte le province, i sudditi, le rendite, i mezzi tutti da sussistere ; ed, in
ricambio di questa nostra insigne condiscendenza, la Francia rinunzio ad
esercitare il protettorato che della Santa Sede avea assunto in nome del-
le Potenze cattoliche ; insomnia Torino e Parigi si lavano le mani di quel
che accadra poi, e se il Governo pontificio, abbandonato al diritto comu-
ne, cioe lasciato inerme in faccia alle trame ed ai conati della rivoluzio-
ne, dovra cadere, tal sia di lui *.
\ A questo proposito e degnissimo d'essere letto e meditato cio che scrisse 1'egregio Confe
A. De Falloux nel Correspondent parigino del 25 Novembre (Tom. XXVII, pag. 489-96)
sotto il (itolo: Itineraire de Turin a Rome; nel quale articolo, con tratti maestri e deli-
neata anzi scolpita al vivo 1'imlole della Conrenzione, e chiarito il valore delle guarcntigie
stipulate per la difesa della Santa Sede, e giudicata la qualita degli itnpegni assuati dal
Gabinetto imperial e.
CONTEMPOIUNEA 745
Questo discorso del Visconti-Venosta , come quelli del Lanza, del Pe-
poli c del La Marmora , ebbe 1' onore di essere ristampato distesaraente
nel Monitcur ufficiale del Governo imperiale francese ; il che fu conside-
rato come una specie di formale approvazione ; sapendosi benissirao da
tutti che \\Moniteur, o biasiraaapertamente,osi astienealmeno dalpubbli-
care cio che non gli va a versi. Niuno ignora qual valore e significato si
ayesse la pubblicazione, fatta in codesto diario ufficiale, della lettera di
Felice Orsini a Napoleone III per la redenzione d' Italia. Parrebbe dun-
que soverchio, dopo tutto questo , il venir ancora indagando 1' intendi-
mento dei Governi, che sottoscrissero e ratificarono quella Convenzione.
Ma in cosa di tanta rilevanza non deesi irasandar nulla di cio che puo
metterla in piena luce ; e percio yogliarao , tra i molti che potremrao ,
scegliere ed allegare ancora un paio degli argomenti che, nelle discus-
sioni della Camera dei Deputati di Torino, furono addotti per chiarire lo
scopo di quell' atto e la lealta con cui intendesi di osservarne i patti, in
quel pochissimo che paiono avere di favorevole alia Santa Sede.
II deputato sig. Chiaves, nella tornata del ISNovembre, opponendosi
al trasporto della Capitale ed alia Conyenzione , argomento, come suol
dirsi, ad hominem, cioe dando a questa il senso, in cui parea piii fayorevole
alia riyoluzione, e per cui era sostenuta dal Goyerno e dalla pluralita del
Parlamento ; e qualified la diplomazia che stipulava quei patti come « un.
machiavellismo spurio che possa per ayventura paragonarsi colle astuzie
usate da una femminetta qualsiasi che yoglia mistificare 1'amante (Risa
diasscnso asinistra). Signori, il nostro sottinteso principale consiste nel
dire : i Francesi sgombreranno da Roma, i Romani rovescieranno il Pa-
pa, e allora andremo noi. Ecco 1' idea la quale principalmente fa che la
Convenzione sia accettaai moltissimi.... L'onorevole relatore della Com-
missione , il quale ha molto ingegno , ne diede proya ieri interpretando
lf articolo 1.°, nel quale voile vedere nientemeno che stabijito il patto
del non intervento , e permesso a noi d' entrare a Roma in caso di rivo-
luzione dei Rornani. L'onorevole Mosca ci ha detto : quanto all'entrare in
Roma 1'articolo 1.° ci dice non attaccare, ma non ci dice non oltrepassare
(Ilarita) ; noi oltrepassiamo e non attacchiamo , e siamo nel Trattato.
(Viva ilarita) ». Queste parole, tratle fedelmente dagli Atti ufficiali,
pag. 3836, attribuivano chiaramente al GoveftK) ed alia pluralita della
Camera disegni sleali, ed un' interpretazione delTraltato pienamente osti-
le alia Sovranita del Papa. Or bene: non una voce si fece udire, ne dai
Ministri, ne da' loro partigiani , per ismentire tali intendimenti ; anzi le
grasse risate di quasi tutta la Camera comprovarono, che il Chiaves avea
imberciato appuntino nel segno.
Mav'e di piii. II Chiaves ricordo, che il Cavour « parlava di andare
a Roma d'accordo colla Francia, in quanto la Francia era a Roma, e
per dirci che non bisognava assalirla a schioppettate, ma fare in modo,
per mezzo di opportune intelligenze, che i Francesi se ne andassero alle
746 CRONACA
buone, e noi entrassimo a Roma subito dopo ». Quindi rimprovero ai
presenti Ministri che avessero assunto 1'impegno di non andaryi piii, se
non col consenso della Francia. Quando il Chiayes ebbe fmito, si levo il
La Marmora, e senza trovar nulla a ridire circa la mentovata interpreta-
zione del Trattato, in quanto lascia la facolta di oltrepassare senza altac-
care, fu sollecito di dichiarare ufficialmente, in nome di tutto il Ministe-
ro, che la parola consenso era puro sbaglio di traduzione in francese, e
che in yerita s'intendea solo di accordo, precisamente come 1'intendea il
Cavour. II che yalea quanto dire : che la Conyenzione del 15 Settembre
era stipulata proprio per eseguire quel disegno « che i Francesi se ne
andassero alle buone, e noi entrassimo a Roma subito dopo ». Or bene:
fin qui non una parola del Goyerno francese soprayyenne ad attenuare o
modificare la forza di tal dichiarazione.
Se non che, e egli ben certo che il Goyerno usurpatore d' Italia in-
tenda almeno osservare lealmente il patto di non attaccare e non lasciar
attaccare lo scarso territorio, non ancora rubato alia Santa Sede? Ne giu-
dichera il lettore, dopo aver ponderato quel che accadde nella tornata
del 19 Novembre. II dcputato Bixio che, in grazia delle divise e dello
stipendio di Luogotenente generale dell'esercito regio, si distacco dalle
bande brigantesche del Garibaldi, disse: « lo ho sempre creduto sacro-
santo il diritto d'insurrezione in un paese occupato dallo straniero.... Noi
con questo Trattato andiamo a riconoscere degli stranieri , che yerranno
a far la guardia al Papa. E questi soldati stranieri, quando li ho presi
colle anni alia mano, io li ho fatti fucilare (Ilarita). Quando io era Ge-
nerale rivoluzionario, tutte le yoke che ho preso stranieri colle armi alia
mano, io li ho fatti ammazzare.... Per lo straniero che yiene a combat-
tere in Italia, la morte. Io non potro maitrattare come soldati gli stra-
nieri che yengono a combattere in Italia. E dunqtie un sacrifizio per me
1'accettare una Convenzione, che mi obbliga a considerare ed a trattare
come soldati, quelli che yerranno a fare la guardia al Papa.... Io non so
chi mi potrebbe frenare, quando a Roma si sentissero delle fucilate. Se
10 mi troyassi alia frontiera, son certo che il Generale La Marmora mi
leyerebbe di la, e quasi quasi direi che in caso di rivoluzione ci andreb-
be forse egli stesso, o bisognerebbe tenerlo pel mantello (si ride) ». Co-
si appunto negli Atti uff. pag. 3856-37.
L'onesla Camera dei Deputati si sganascio dalle risa, all'udire le atro-
ci yanterie del Rixio, circa 1'ammazzare gli stranieri, presi colle armi alia
mano ; e non seppe riflettcre che la teorica del suo campione potrebbe in
qualche circostanza, per esempio nel caso d'una inyasione rivoluziona-
ria nel Veneto, essere applicata da qualche Generale austriaco al Bixio
stesso ed ai suoi partigiani, che certamente sono stranieri pe' Tedeschi.
11 La Marmora poi censuro yivamente alcune scappate del Bixio quan-
to a materie strategiche, ma non disse pure una parola per rimove-
re da se 1' infamia che gli appiccaya il Bixio con quell' insinuare, che il
CONTEMPORANEA 747
La Marmora sarebbe il prime a precipitarsi in Roma per aiuto de' ribelli,
qualora quest! fossero repressi dalle milizie ponlificie; e tutta la Camera
con le sue risate mostro di guardare le smanie del Bixio, in favore della
rivoluzione in Roma, come la cosa piu naturale del mondo. Or andate, e
credele pure che il Goyerno rivoluzionario, per ossequio alia Convcnzio-
ne celebrata dalla France, dal Constitutionnel e dal Memorial diploma"
tique, non assalira ne lasciera assalire il Patrimonio di san Pietro !
2. Quando la Camera dei Deputati ebbe , come sponemmo nel prece-
dente quaderno, approvata la legge pel trasporto della Capitale a Firen-
ze, la quale involgeva la piena acceltazione del Trattato del 15 Settem-
bre, i diarii della Framassoneria , sebbene gia fossero anticipatamente
sicuri di tal risultato , pur ne sentirono tal gioia che intonarono in coro,
da tutte le parti d'Europa, 1'inno di trionfb. Dal Belgio, dall' Inghilterra,
e dalla Francia specialmente, si mandarono percio a Torino le piu cor-
diali congratulazioni; in maniera da chiarire esattissimo cio che il Pepoli
ayea, come accennammo a pag. 623, bandito nella Camera dei Deputati,
alii 14 Novembre , circa 1' alleanza pattovita con tutto il liberalismo eu-
ropeo, a prezzo' dell' abbandono di Roma. Questo solo fatto , il tripudio
cioe di quanto y'ha di piu ostile alia Religione, perche si fosse apposta
Ja sanzione legale del Corpo legislativo all' opera del Pepoli e degli altri
esecutori della volonta, a cui la rivoluzione italiana ya debitrice di tutte
le presenti sue conquiste : questo solo basterebbe a qualificarne la natura.
II Debats del 25 Novembre decreto una corona d' alloro al La Marmora,
perchen, « niuno meglio di lui recito la sua parte. Sopra questo campo
di battaglia ( si par la della battaglia parlamentare di Torino), al tutto
miovoper lui, non isbaglio una sola mossa. II Gabinetto delle Tuileries,
Torino , V Italia , Napoli , e persino il partito d"azione hanno di che star
paghi e contenti ; egli disse le parole che si convenivano a ciascun
d'essi ». Ottimamente! Vuol dire che il paladino del proteiforme Trat-
tato, o scherni tutti , mostrando di yoler contentare tutti , o sta pronto a
tradir tutti, secondo gli ordini che ricbvera da Parigi. Questa ingiuria
e fatta al La Marmora da un diario, che si divora le decine di migliaia
di franchi all' anno, per recitare i panegirici al Ministero di Yittorio Em-
manuele II.
Piu degno di considerazione e quello che leggesi nel Siecle parigino,
in un articolo firmato dal repubblicano Ilavin , sotto il di 21 Novembre :
« II voto del Parlamento italiano era omai certo per lutti , dopo le spie-
gazioni franche e schiette date dal ministroVisconti-Venosta e dal Presi-
dente del Ministero presente , Generale La Marmora. La Convenzione
del 15 Settembre e 1'atto piu significative della politica francese, da
molti anni in qua. La controrivoluzione in Europa ricevette con cio un
colpo, di cui si ricordera per buona pezza. V e nel Trattato del 15 Set-
tembre, non soloun grande atto politico, ma un grande omaggio renduto
al principio della sovranita nazionale. II Governo francese ha con esso ra-
748 CRONACA
tificato 1'abbattimento delle diverse monarchic, tra cui divideasi 1'Italia,
ed ha fatto diplomaticamente progredire I'unitd italiana, la quale, come
ben disse il Presidente de' Ministri , non avea bisogno d' altro die del-
I' impulso morale delta Francia, affinche il lavorio d' unificazione, gia
compiuto, fosse fecondato. . . . Questa Convenzione del 15 Settembre
da eziandio il colpo mortale al poter temporale. Indarno si usano arli-
ficii di parole. Quel giorno stesso, in cui le legioni francesi abbandone-
ranno la citta eterna , il poter temporale avra cessato d' esistere ». Le
profezie del Siede possono ancora andar fallite , come andarono falliti
per piu anni i disegni gia preparati dal Cavour, per suggerimento d' un
eminente personaggio francese , in cui moltissimi credettero di poter
ravvisare il Principe Napoleone, genero di Vittorio Emmanuele II, e poi
maturati ma non attuati dal Durando , come risulta dai documeuti che
costui lesse al Senate di Torino, iiella tornata del 30 Novembre , riferiti
anche nzWUntta Cattolicafol 2 Dicembre. La presente Convenzione non
e dunque che un risultato delle ispirazioni mandate a Torino da quell' e-
minente personaggio, in una lettera del 13 Aprile 1861 , con la giunta
del trasporto della Capitale. E , in difetto d' altri argomenti , questo ba-
sterebbe ad indicarne lo spirito e lo scopo.
3. Ma che bisogno c'e di venire divinando questo spirito e questo sco-
po, quando una delle parti contraenti, cioe il Governo di Torino, per
tutte le sue mille bocche di Ministri, Senatori, Deputati e giornalisti si
sfiata a bandirlo; e 1'altra parte si tace, o parla solo per dichiarare che i
due Gabinetti sono pienamente d' accordo? Pur ecco una nuova e£ anche
piu esplicita dichiarazione fatta nel Senato. La legge, gia approvata dal-
la Camera elettiva, pel trasporto della Capitale a Firenze, fu subito, co-
me di ragione, comunicata al Senato, perche volesse prontamente corre-
darla del suo suffragio. II senatore Imbriani fu incaricato dalla Commis-
sione dei varii ufficii di stendere la relazione, con cui ragionare i motivi
deirinfaliibile si. L' Imbriani, scaricando un nembo di nefandissime con-
tumelie contro il Governo pontificio, ed affastellando bestialita d' ogni
maniera, intrecciate con bestemmie e con buffonerie in istile poetico, eb-
be presto ammannita la sua faccenda. Ne vale la spesa di fame 1'analisi.
Bensi puo giovare 1' aver sott' occhio un tratto di codesta relazione, co-
piata per intero nsWOpinione del 28 Novembre, in cui si pongono i risul-
tati, che dalla Convenzione del 15 Settembre si ripromettono i settariine-
mici della Chiesa e del Papato. Or ecco le proprie parole dell' Imbriani,
dalle quali sono mirabilmente confermate le dichiarazioni del Nigra, del
Pepoli, del Lanza, del La Marmora, del Mosca e del Siede.
« Quale condizione e fatta all'ltalia dal trattato? 1.° II Re d'ltalia in-
terviene come rappresentante i diritti del popolo italiano anche su quella
parte di suolo, che e sotto il Pontefice; e, senza 1'intervento di questo,
stipula lo sgombero dello straniero occupatore. L'alto diritto della tule-
la di ogni parte del suolo nazionale e riconosciuto nel Re d'ltalia.
CONTEMPORANEA 749
« 2.' II Re d' Italia pattuisce nonsolo lo sgombero francese, ma assume
dichiarativamente 1'obbligo di non lasciar entrare nessun altro straniero
nel territorio romano. Cio vuol dire che, cessando 1' intervento attuale,
s'impe.disce ogni intervento futuro, dondeche muova, e si riconosce 1'alto
diritto di impedirlo nel solo Capo della nazione italiana. E ove chiami il
Pontefice 1' intervento? Egli non ha il diritto di farlo, perche non ha il
diritto di far violare dallo straniero parte alcuna del territorio d' Italia.
L'eserdto e I'armata d' Italia lo meter anno.
« 3.° La tutela suprema dell'interesse religioso cattolico, che 1'Imperato-
re di Francia, il figlio primogenito della Chiesa , avea riunita tutta nella
sua persona, rappresentando le minori Potenze cattoliche, e devoluta al
Re d' Italia; il quale si riserba di trattare direttamente col Pontefice nel-
Finteresse della conciliazione del principio della liberta nazionale col Pa-
pato. E queste pratiche saran possibili solo quando lo straniero avra
sgombrato le rive del Tevere, e che il Pontefice, lasciato alle sue forze
autonomiche, dovrd accettare pel suo Papato spirituale tutte le condizio-
ni civili di governo, e riconoscera che la grande conciliazione nazionale
sara la salvezza e la glorificazione del Papato spirituale.
« 4.° Ancora: 1'Jmperatore, con 1'aprir la via alle pratiche dirette, per-
che il Governo pontificio ottenga dal Governo italiano la rata di debito
pubblico, ricadente sulle province oggi fuse nel regno d'ltalia, ha ricono-
sciuto solennemente e specificamentc il diritto nazionale sulle Romagne,
sulle Marche e suirilmbria ; e, col riconoscere il trasferimento della sede
governativa in terra di plebiscito, da 1' ultima spinta alle speranze dei
malvagi sognatori di ristorazioni.
« 5.° Da ultimo, se,giusta le previsioni del trattato, il Governo ponti-
ficio vuole organizzarsi una forza interna, ei certo il puo. Ma se nol YO-
glia, cio non impedira lo sgombero francese fra il biennio. E se lo voglia,
il suo numero non dovra mai diventare una minaccia pel confine italiano ;
ed oltraccio silTatta forza ha 1'obbligo di assicurare la frontiera, affinche
10 scandalo del brigantaggio non si abbia piu a deplorare, — di quel bri-
gantaggio, che vestito e pasciuto coll'obolo di S. Pietro, di Roma muove
alle offese-delle inermi, innocenti e cristiane popolazioni, e lordo di stra-
zii, di morti e di saccheggi, in Roma ripara ed e benedetto. Se le nostre
milizie di confine debbono far salvo dalla aggressione il territorio ponti-
ficio, la forza pontiiicia debbe far salvo il presente territorio del Regno
italico. L' oblio di questa reciprocanza sard riparato e corretto dal no-
stro soldato: Roma non e terra da briganti. » E noi aggiungiamo che
neppure e terra da accovacciarvisi canaglia,che latra come unlmbriani.
A cose finite, diremo poi come procedesse la discussione sopra cio in
Senato, nel quale, malgrado di una opposizione piu dignitosa di quanto
poteasi sperare, la legge prevedesi dover essere cerlamente approvata.
11 Mamiani, fin dal primo giorno della discussione, che fu alii 29 Novem-
bre, ragiono da pari suo 1' importanza della Convenzione , syolgendo tra
750 CRONACA
le altre anche questa tesi : che quella fu stipulate per costringere la Santa
Sede a riconciliarsi con 1' Italia, smettendo i suoi non possumus; e che
percio fu fatta in modo da levare al Papa ogni speranza di aiuti stranieri;
che percio fu fatta a sua insaputa; che percio la guardia di Roma contro
invasioni esterne fu aliidata al Re d' Italia, che dal Papa si riguarda come
nemico; e che percio ancora fu fatla stipulare e firmare da tale, che fu
gia suddito pontificio, e che prese p0i il Governo di Perugia e di Spoleto,
dopo che queste citta furono sottratte ai dominii di san Pietro. Laonde,
chiunque vuole la conciliazione, dee votare per la Convenzione. 11 quale
ragionamento, come quelli di tutti codesti perfidiosi edipocriti conciliatori
francesi ed italiani, corre dirittissimo dai principii alle conseguenze, ed
e pieno di logica, purche la parola conciliazione s' intenda nel senso che
ha praticamente verso la Santa Sede, cioe di spogliamento, oppressione
ed assassinio. Intesa in questo seaso la conciliazione , si capisce subito
perche il Parlamento raccolto in Torino, e composto in massima parte dt
Framassoni, abbia cosi di buon grado e con tanta pluralita di suffragi
approvato quel che e destinato ad effettuarla.
4. Non cosi speditamente pare che proceda la legge proposta dal Yacca
per 1'abolizione compiuta di tutti gli Ordirii religiosi, ed il latrocinio to-
tale dei beni della Chiesa; la qual legge, insieme con la relazione stesa
sopra tal argomento da codesto settario, e riferita negli Atti ufftciali della
Camera dei Deputati, num. 1001-02, pag. 3919-22. II Vacca, per assi-
curarsi il posto alia mangiatoia dello Stato, smaniava di superare il Pisa-
nelli suo degno predecessore; percio yolle ritirare il disegno di legge che
costui gia avea preseatato alia Camera elettiya, e compilarne un altro piu
degno del diavolo che 1' inspirava, e piu proficuo allo Stato, cioe a quel
branco di predoni che da tanti anni deyastano 1' Italia. La quale cosa,
con parole meno appropriate alia verita, ma esprimenti al tutto questo
tine da comunista, di prendere a chi ne ha, ci e dichiarata dal Vacca
stesso nella sua relazione. Detto che la nuoya legge si deriva dallo stesso
principio che gia 1' altra del Pisanelli, « cioe dal principio, che lo Stato
ha plena facolta di disporre circa 1'esistenza degli enti morali e circa i
beni ecclesiastici »: il Yacca enumera con yisibile compiacimento le dif-
ferenze che egli vi ha introdotto , aggiungendo nuove disposizioni a che
scaturiscono dalle piu larghe conseguenze del principio anzidetto, e danno
un suo proprio carattere alia nuova proposta ». E qui son da riferire a
yerbo le parole, con cui cgli gloritica il divisato latrocinio:
« Secondo il concetto fondamentale del primo disegno di legge, lo
Stato restringevasi a disporre de' beni ecclesiastici nell' intento di fame
un piii equo riparto, ma li conservava intatti alia loro originaria destina-
zione, ne mirava a yerun proprio diretto yantaggio, fuorche a quelio di
sgrayare il bilancio da qualsiyoglia assegnazione per ragione di culto. In-
•vece, secondo la economia del nuoyo disegno, lo Stato si prefigge di
yolgere a suo protitto una ragguardeyole parte di beni ecclesiastici, e di
CONTEMPORANEA 751
ritirare utilita rilevanti dalla trasforraazione a che intende assoggeltare
I* intiera massa del beni medesimi, raentre dura pur sempre nel proposito
di promuovere il miglioramento delle condizioni del maggior numero de-
gli usufruttuarii diessi beni, vale a dire de' parroci, i quali, per la natura
de' loro oflicii, sono raccomandati alia benevolenza di tutta la nazione.
« I provvedimenti a che si fa luogo in forza di queslo nuovo disegno
di legge, come derivano dalle maggiori conseguenze del principio sovra
esposto, cosi hanno riscontro in altri che furono adoltati nel secolo scorso
e nel presente, in queste e in altre contrade, da Governi civili di ogni for-
ma, e che furono suggellati dalla sanzione del tempo e dall'assentimento
tacito od espresso degl' interessati e dalla stessa suprema autorita eccle-
siastica, usa a rispettare 1' autorita dei fatti compiuti. Essi poi vengono
senza piu determinati dallo stesso intendimento, onde furono recati in atto
presso altre nazioni, non meno sollecite della nostra degli interessi reli-
giosi e morali; voglio dire dan" intendimento di recar sollievo alia condi-
zione del pubblico erario, la quale ora e tale presso di noi da imporre al
paese i piu gravi sacrifizii, e da richiedere che non si ponga tempo ia
mezzo ad abbracciare, di grande animo, tutti i partiti che possano giovare
a ristorarla, e quelli di preferenza che, o in queste stesse contrade od in
altre, vennero abbracciati nelle medesime contingenze. Intorno a cio non
e mestieri ch' io m' indugi a lunghe parole: bastera che vi richiami a
quei senlimenti, che furono in voi suscitati dalla recente esposizione, che
vi yenne posta dinanzi, dello stato delle finanze nazionali.; sentiment! che
ripercossero di fermo ne' petti di quanti sono cittadini italiani degni del-
1'alto nome, e che debbouo avere indotto in tutti questo generate convin-
cimento : che corre oggi una stagione, in cui bisogna postergare ogni cosa,
ed anche il culto delle dottrine piu consentite, anche 1'ossequio delle tra-
dizioni piu predilette, alle supreme necessita della patria ! »
Tutto questo discorso che, svestito della fraseologia avvocatesca, sta-
rehbe benissimo in bocca a qualsiasi caporale di ladroni , si riduce , co-
m'e chiaro, a dire cosi : Signori ! Noi abbiamo pronunziato che chi rie-
sce ad afferrare un portafoglio di Ministro risponsabile , diventa padro-
ne per cio stesso di violare anche lo Statuto , che guarentiva 1' esistenza
dei Corpi religiosi e morali, e rinviolabilita dei loro beni. Per noi libito
e licito sono una cosa sola. Or bene ! Voi sapete che 1' erario fu lasciato
da' nostri predecessor! spazzato, netto e senza il becco d'un quattriuo. A
questo modo non si puo andare innanzi. Ye 1' ha dimostrato 1' onorevole
mio Collega, il ministro Quintino Sella. Altri Governi in tali congiunture
nen si fecero scrupolo di esercitare in grand! proporzioni quella onesta
industria, la quale. esercitata in piccola misura, frutta soltanto la carcere
e la galera ; essi rubarono i beni alia Chiesa, e tosto o tardi gli spogliati,
non avendo cannon! e baionette da farsi restituire il rubato, si rassegna-
rono a tacere e fame senza. Animo dunque ! Pigliamo tutto, e facciamola
finita. II Pisanelli , troppo scrupoloso, diceva di voler almeno lasciar
CRONACA
ad uso di Chiesa codesti beni, e soltanto francar d'ogni spesa lo State.
Queste sono miserie ! Tagliamo corto, e mettiamo tutto nelle Gasse dello
Stato, e non ci lasciamo impacciare da rattenti indegni di noi , cioe da
risguardi d'onesta e giustizia ; perche « corre oggi una stagione in cui
bisogna postergare ogni cosa . . . alle necessita della patria » e della no-
stra mangiatoia.
A cosi cinica teorica rispondevano egregiamente i tre Titoli ed i 41
articoli dello schema di Legge. Aboliti tutti gli Ordini religiosi , i Gapi-
toli delle chiese collegiate, le Abbazie, i benefizii, le Cappellanie laicali,
le Confraternite, le istituzioni pie d'ogni genere e specie.
Levati cosi di mezzo i proprietarii, si getterebbeper carita ai Vescovi,
Canonici, Parochi od usufruttuarii im modico salario , die si paghereb-
Le , ben inteso , quando s* avessero denari di soverchio ; e, per togliere
ogni speranza di restituzione, i beni , comprese le case ed i Conventi r
sarebbero yenduti , ed il loro yalore inscriito nel Gran libro del debito
pubblico, per usarne poi le rendite a fornire i predetti salarii , e far go-
dere il resto allo Stato.
Generale fu 1'indignazione eccitata da questo schema di legge. Mol-
ti, persino dei piu eccessivi tra i ristauratori dell' ordine morale, come
il Ricasoli, ne furono stomacati, non in quanto era spogliamento de' le-
gittimi possessori , ma in quanto la roba cosi rapita deputavasi a libera
disposizione dello Stato in massima parte, invece di conservare almeno
quella maschera d' ipocrisia , con cui il Pisanelli si proponeva di far lo
stesso, assegnando ad usi di Chiesa i beni rubati alia Chiesa. Altri ne
furono olfesi, come d'un bando troppo manifesto di ladroneccio e comu-
nismo, ricordandosi dell' Hodie tibi , eras mihi. Altri , come il Diritto ,
Bon ne furono content!, perche lasciava ancora qualche reliquia di Ordini
religiosi , tollerando che monache e frati potessero continuare a viyere
secondo la loro regola in qualche Convent® , dove il Goyerno li ammuc-
chierebbe a spegnersi nella miseria. Altri poi 1'avyersarono, come i De-
putati dell'Isola di Sicilia , perche temeano di yeder cosi impoverire il
loro paese , ingoiandosi dal mostro impersonale che e lo Stato i lesori
che cola possiede ancora la Chiesa.
Fatto sta che negli ufficii della Camera si manifesto un' opposizione
grandissima contro lo schema del Yacca; e fin or a si puo spe.rare che
debba essere reietto. Ma non bisogna dimenticarsi che, solto la domina-
zione de' liberal!, se muore un lupo, risuscita un orso.
II deputato Macchi, quando, alii 3 Novembre, incalzaya il Ministero
a presentare presto un disegno di legge, all'intento gia proposto nell'altro
del Pisanelli, oso, con quella perfidia che e propria de' settarii , di affer-
mare che tale abolizione degli Ordini religiosi era « non soltanto nei de-
siderii e nei voti piu vivi della nazione, ma altresi nei desiderii di molti
fra coloro stessi che ora sono vittime degli ordinamenti monastic! ». II
-benemerito giornale Y Armonia, n. 265, respinse subito e fortemente, an-
CONTEMPORANEA
753
cheinnome di molti religiosi indignatissimi di talcalunnia, Tinsulto
contenuto in quelle parole del Macchi, ed invito i diarii cattolici a fare
altrettanto, e si offeri a stampare le protestazioni in contrario ; e queste
si ebbero subito e bellissime. Inollre si corainciarono a firmare petizioni
al Senato contro quella iniqua proposta di legge. Ma, dove questa tor-
Basse accetta alia congrega massonica , tali petizioni avrebbero V esito
delle moltissime altre fatte per soraiglianti disegni ; cioe un Senatore mi-
nisteriale proporrebbe di passare all' ordine del giorno, la pluralita mi-
nisteriale farebbe di cappello , e il Governo getterebbe nel dimentica-
toio quelle carte importune.
5*. Ne questa e pura congettura fatta per malignita, ma conseguenza
legittima che scende dall'induzione intorno a fatti di simil genere. Qual
conto tenne mai il Governo od il Parlamento di Torino dei tanti ragiona-
tissimi e troppo giusli richiami di tutto 1' Episcopate italiano, contro le
continue usurpazioni perpetrate dai Ministri di Grazia e Giustizia, della
Istruzione pubblica, delle Finanze, della Guerra edegli Aflari interni? Si
continue 3d opprimere, a spogliare, ad occupare Conventi e Seminarii,
a gettare in istrada le Monache, a far violenza a' preti, a carcerare Ve-
scovi e Cardinali, a metier mano nelle cose sante, senzariguardo veruno;
He piu ne meno che se le protestazioni dell' Episcopate non fossero mai
avvenute.
Tuttavolta e mirabile la coslanza con cui i presenti pastori del gregge
cattolico in Italia tengono fermo, con perfetta concordia fra loro, con rara
intrepidezza verso il Governo, con ardente zelo per la causa di Dio loro
commessa a difendere ; sicche appena troveresti nella storia ecclesiasti-
ca un simile esempio di virtu evangelica, praticata con si uniforme e di-
sciplinata valentia da tutto un corpo episcopale, cosi numeroso e di regio-
ni al tempo stesso cosi diverse.
L'Armonia di Torino pubblic6, nel suo foglio del 15 Novembre, i ri-
cbiami indirizzati al re Yittorio Emmanuele, dall' Episcopate della provin-
cia ecclesiastica Modenese e Parmense , contro la sacrilega intrusione del
regio Placet nella nomina de'Parrochi, Curati, o Yicarii spirituali.
Quindi, alii 19 Novembre, simigliante atto, per lo stesso motive, firmato
datulti i Vescovi e Yicarii Capitolari della Toscana. Poi, sotto il 22 No-
vembre, quelli dei Yescbvi delle Province ecclesiastiche di Torino e di
Genova, contro il disegno di legge del Pisanelli, sopra 1'abolizione degli
Ordini religiosi e la rapina dei beni di Chiesa.Da ultimo, alii 30 Novem-
bre, la nuova protestazione solenne, spedita dai Yescovi della provincia
di Torino al Guardasigilli, contro le nuove usurpazioni commesse coll'e-
stendere il regio Placet e 1' Exequatur a materie che violano tutti i di-
ritti ed inceppano in ogni parte la liberta necessaria alia Chiesa.
OKre di che, nel giorno 21 Novembre, MonsignorRenaldi,Yescovo di
Pinerolo, e Monsignor Zappata, Yicario Capitolare di Torino, presenta-
Serie V, wl XII, fasc. 354 18 10 Decembre 1864.
754 CRONACA
rono al Barone Manno, presidente del Senato , una protestazione collet-
tiva, in forma d'indirizzo, dei Vescovi ed Ordinarii diocesani delle pro-
vince ecclesiastiche di Torino, Vercelli e Genova, contro il nuovo disc-
gno di Matrimonio civile, che 1'ipocrisia del Pisanelli inseri ed affogo,
per cosi dire, in mezzo alia faraggine delle leggi da approvarsi nel nuovo
Godice civile. Vedendo che a presentar la cosa spiccata, in forma di leg-
ge speciale, s' incontravano sempre forti difficolla, il tristo curiale si ri-
promise di farla passare, quando fosse circondata da tutto quel corteggio
d'altre leggi , in forma di disposizione accessoria e secondaria a compi-
niento degli ordinamenti civili. I tratti piii rilevanti di colesta sapiente e
forte scrittura episcopale vennero poi riferiti da\\' Armenia stessa del 25
Novcmhre ; e si sa che e accertata la piena adesione dell' episcopato del-
F isola di Sardegna.
Ognuno comprende che ci e impossible di dare qui un' analisi, od an-
cheun epilogo di questi bellissimi atti, i quali, e pel loro nuraero e per
la loro ampiezza, basterebbero a formare un prezioso volume. Laonde ci
dobbiarno tener paghi ad averli indicati allo studio degli uomini onesti,
che vogliono essere posti al sicuro del pericolo di giudicare come scusa-
bili, per ragioni di congiunture critiche, gli atti violenti ed iniqui del
Governo rivokizionario, in opposizione della Chiesa.
6. Finche il Gabinetto delle Tuileries fa da tutore e curatore al pupil-
lo suo Regno d' Italia , quello di Torino puo star sicuro che niuna forza
umana si muovera a chiedergli ragione delle sue enormezze e ribalderie;
e percio potra insultare, e calpestare, e spogliare, e sterminare cose e
persone di Chiesa, come piu gli talenta. Ma verra pureanche per lui il
giorao della giustizia di Dio, che scende tanto piu severa, quanto piu lon-
gaiiime fu la sua clernenza. Tuttavia, se ora non si scorge uomo o Po-
tenza in istato di porre argine al traboccare della tirannide settaria, ben
si puo presumere che essa si struggera nei proprii eccessi e che il casti-
go agli oppressori verra da quelle stesse fazioni, onde si servono a con-
summarei loro delitti. Nei precedenti quaderni abbiamo toccato di volo
i moti garibaldeschi avvenuti nel Veneto. Le raunate popolari tenute a
Torino, sotto gli occhi del Governo, e presiedute daDeputati, perpro-
cacciare aiuti ai sollevati; le spedizioni d' uomini e d'armi e di denaro;
le collette percio fatte ; le parole d' incoraggiamento de' giornali ufficiosi
sotto forme di melato biasimo; il gran caso che di que' moti si fece da
varii giornali ufficiosi di Francia, come se per quelli dovesse tra poco es-
sere posta in mezzo dipiomaticamente o guerrescamente la questione ve-
neta; questi e simili altri argomenti son piu che bastevoli a far sospet-
tare, che a Torino eParigi si fossero macchinate quelle rivolture, e quelle
spedizioni di briganti Garibaldini , che poi la Gazzetta, ufficiale vanto es-
sere state energicamente impedite. E furono appunto impedite, ma solo
allora che appariva manifesta 1' impossibilita della riuscita.
CONTEMPORANEA 755
Tuttavia i Garihaldini , per quelle lustre di contrasto , non ismisero il
proposito a cui erano forse sotto mano incoraggiti e sostenuti dal Gover-
no stesso ; ed in fatti put* teste, come tulli sanno, earn d'armi e di
munizioni si spedirono dalle parti del Mantovano ; ed il Tolazzi e 1'An-
dreuzzi, i piii ardimentosi tra i capi delle piccole bande de' sollevati,
avendo potuto sfuggire allo inseguiraento delle milizie austriache, diconsi
ospitati in Bologna, come martiri della santa causa. Ed i Ministri nelle
Camere non cessano dal bandire che bisogna star pronti , perche 1' un di
o 1'altro, se 1'Austria non si ritira alle buone dal Veneto , si dovra anda-
re a discacciarnela con la forza, e che in cio si avranno poderosi alleati.
Dunque continuano le mene, ma altresi la commedia; cioe il Governo
diplomaticamente Simula di yoler contenere i Garibaldini ; e questi non
se ne danno per intesi; il Garibaldi loro comanda di fare, ed essi fanno.
Ecco un brano della lettera, scritta dalla Caprera, il 15 Noyembre , dal
Garibaldi ad un tristo Asproni , e pubblicata nel Popolo a" Italia : « Ai
giovani che vi chiedono sul da farsi , dite loro : che essi sono soldati di
una causa santa che deve trionfare alfine , e che quindi preparino 1'ani-
ma ed il corpo , da yalere uno per dieci ; che schiavi ed oppressor! stra-
nieri sono molti ; e non manchera loro da fare. Intanto s aiutino i Vene-
ti. Yostro G. GARIBALDI ».
II.
COSE STRANIERE.
•f*\:, i : i:-".*lf..f»'
IMPEUO D' AUSTRIA 1. II Conte Rechberg smette la carica di Ministro sopra
gli affari esternl ; gli succede il Mensdorff-Pouilly — 2. Riaperlura del
Reichsrath; discorso ddl'Imperatore — 3. Patto di famiglia coll'Arcidu-
ca Massimiliano, per Taccettazione della corona del Messico — 4. Con-
dizloni del debito pubblico delPlmpero; emissione di un imovo impre-
stito — 5. Moti garibaldeschi nel Yeneto ; loro efiicace repressione.
1. II Conte Rechberg avea, con atto d'insigne abnegazione, accettato
dair Imperatore I'ufficio di Ministro sopra gli affari esterni , in una delle
piii critiche congiunture, cioe dopo i disastri di Magenta e di Solferino;
e lasuadevozioneall'augusta Casa d'Absburgo non vacillo mai in mezzo
ai contrasti piu accaniti , che gli furono mossi da ogni parte, appunto per-
che forse il suo liberalismo non era della stessa tempera che quello del
signor Schmerling, Ministro di Stato, ed i suoi principii non si conforma-
vano al tutto con quelli dddiritto nuovo. I diarii politici ufficiosi, che
sono quasi tutti sotto 1' influenza dello Schmerling, da gran pezza si erano
scatenati , con incredibile violenza , contro il Rechberg , accagionandolo
di tutti gl' inconvenienti che di dentro e di fuori altenuavano T influenza
diplomatica e la prosperita finanziera dell' Austria. Lo Schmerling, come
Ministro di Stato, avea di dirilto la direzione del Consiglio dei Minislri;
756 CRONACA
ma il Rechberg , per 1' influenza personale acquistata quando entro nel
Gabinetto, spesso esercitava quelle attribuzioni. Quindi frequent! i dissi-
dii, gli stiracchiamenti ed i conflitti. Riusciti a nulla i tentativi per la
riforma federale; rimaste senza effetto le pratiche per rinforzare con nuo-
ve alleanze I' Austria; cresciuto il predominio prussiano inmodo da inge-
losire la Potenza austriaca ; nonottenuti dalla guerracontro laDanimarca
quei risultati che speravansi per 1'alleanza con la Prussia ; durando sem-
pre, quali erano, le relazioni troppo scabrose con la Russia, conl'Inghil-
terra e con la Francia : di tutto recavasi la colpa al Rechberg.
L' ultimo colpo gli venne in capo per la Convenzione franco-italiana
del 15 Settembre. Gli attacchi de'liberali raddoppiarono allora con tanta
persistenza ed asprezza , che il Rechberg credette di dover lasciare li-
bero il carapo a chi glielo contrastava , e cosi fare che 1' Imperatore po-
tesse dare alia politica del suo Governo quell' indirizzo, che piu gli an-
dasse a genio. Pertanto insistette sul chiedere la sua rinunzia, e 1'otten-
ne in termini assai onorifici; poiche 1'Imperatore, non solo il yolle fregiare
delle insegne dell'Ordine del Tosone d'oro, ma, se evero quanto dicesi,
lascio designare da lui il successore , che fu il sig. Mensdorff-Pouilly ,
personaggio di nobilissimo casato, che ha vincoli di affinita colla reale fa-
miglia d' Inghilterra, ed e accetto anche alia Russia. Difatto egli era Go-
vernatore della Gallizia, dove con mano assai ferma contenne que' po-
poli , si che non dessero di spalla a' sollevati Polacchi ; il che per certo
non dovette essere discaro alio Czar. II Mensdorff entro in ufficio alii 28,
con una Circolare ai rappresenlanti diplomatic! , in cui dichiaro di voler
porre massimo studio nel mantenere le buone relazioni dell' Austria con
tutte le Potenze straniere , e percio promovere una politica conciliativa ,
intesa alia conservazione della pace europea.
Quanto al suo programma politico , il Memorial diplomatique del 20
Noyembre , come se 1' avesse sott'occhio hello e disteso , ne sciorino le
piu belle e savie cose del mondo. Ma questo periodico oggimai , per le
sue smaccate cortigianerie e pei granchi a secco che va pigliando con
troppa facilita , perdette gran parte del suo credito ; sicche e fu messo
in canzone da quasi lutti gli altri giornali , e sembra non conservare al-
tro pregio, che quello del riferire distesamente i piu important! document!
diplomatic'!.
Ma della dimissione del Rechberg e dei disegni del suo successore ,
ecco quanto leggeasi nella Gazzetta austriaca:
« Crediamo che non saravvicangiamento di sistema, fmo a che 1' Austria
avra per principio di tenersi in buoni rapporti coi suoi vicini, e di avere
relazioni amichevoli con tutti gli Stati. L'Austria ha bisogno di riposo, e
bisogaa che si raccolga. Ne le nostre condizioni, ne quelle del tempo sono
favorevoli ad audaci sperimenti nel campo della politica esteriore. L'Au-
stria deve lasciar venir le cose, senza provocarle, ma impadronirsene con.
risolutezza ed energia. A giudicarne dagli ultimi anni, il conte di Rech-
CONTEMPORANEA 757
berg non aveva piu quella fermezza e quell'avvedimento sicuro, ed e
cio che 1' ha fatto rinunciare al suo portafoglio. Se vi si vede un cangia-
mento di sistema, I'avvenimento certo d'una politica piu energica, d'una
altitudine piu ferma rispetto all'esterao, si potra aver ragione. Non biso-
gna dimenticare che la politica europea ha subito una trasformazione nel
suo insieme, che le alleanze fondate sui principii sono scomparse, e non si
conchiudono piu che in proporzione dei bisogni moraentanei. Un ministro
degli affari esterni non puo essere oggi che per una politica di opportuni-
ta, e speriamo che sara quello che fara il nostro Ministro. »
2. Firmata, alii 30 Ottobre, la pace con la Danimarca, il quale atto ,
per volonta espressa dell' Imperatore , fu sottoscritto dal Rechberg, si
riapri in Vienna, alii 14 Novembre, il Consiglio dell'Impero, oReichsrath,
che era stato convocato con patente imperiale del 19 Ottobre. L' impe-
ratore Francesco Giuseppe , coll'usata pompa , e circondato da Cortema-
gnifica, recito un elaborato discorso, in cui annunzio: essere sua volon-
ta convocare il Reichsrath ristretto , dopo terminata la presente sessio-
ne; sperare che 1'azione costituzionale, che va svolgendosi in Transil-
vania, potra essere ripresa da pertutto nella meta orientale dell' Impero,
e voler comunicare il patto di farniglia, stipulato coll'Arciduca Massimi-
liano. Poi soggiunse queste parole: « Animato dal vivo desiderio di coo-
perare al mantenimento ed al consolidamento della pace generale , io mi
compiaccio della buona intelligenza e delle amichevoli relazioni che re-
gnano fra il mio Governo e le altre grandi Potenze dell'Europa. Io non
cessero di coltivare con diligenza queste relazioni , e di fare quanto mi
sara possibile, per tenere lontane del mio Impero esterne complicazioni,
essendo al presente occupato di questioni interne di tanta gravita». Poi
celebrate le iraprese dell' esercito nella guerra contro la Danimarca ; ri-
cordato che i moti di Polonia avean renduti necessarii provvedimenti
energici di vigilanza e repressione in qualche provincia, a tutela del-
1'ordine pubblico , si rallegro d'annunziare che , gia migliorate le condi-
zioni interne ed esterne di quelle, vi si erano mitigate quelle misure di
severita. Qui si stese in parlare delle fmanze, deH'amministrazione del-
la giustizia, dei disegni di leggi gia preparati , e che si dovrebbero di-
saminare per le opportune migliorie in piu rami della pubblica ammini-
strazione ; e fiui esprimendo piena fiducia nella Provvidenza e nella fe-
delta e nell'amore dei popoli.
Interminabili applausi accolsero le parole che accennavano al compo-
nimento sperato con 1' Ungheria, ed al mantenimento della pace.
3. II patto di famiglia, stipulato coll'Arciduca Ferdinando Massimilia-
no , quando questi si risolvette d'acceltare 1'offertagli corona dell' Impe-
ro del Messico, oltre che e documento di molta importanza perse stesso,
mostrando che per quell'atto niun impegno fu contralto verso chicches-
sia dalla Corona e dal Governo austriaco , e degno di essere qui riferito
distesamente, anche per dileguare le incertezze in che versa\a tal fac-
758 CRONACA
cenda, quando noi ne abbiam trattato nel Vol. X, pag. 365-72. Eccone
il testo , volto da quel che leggesi nel Memorial diplomatique del 27
Novembre :
« Avendo il serenissimo signer Arciduca Massimiliano fatto conoscere
a S. M. I. R. Apostolica di yoler accettare 1'offertogli trono del Messico,
e di fondare cola, col diyino aiuto, un impero; S. M. prese in considera-
zione, in un consiglio di famiglia a tal uopo tenuto, le condizioni sotto le
quali i suoi doveri di regnante, che gli competono come capo supremo
della Casa imperiale, gli permettessero di impartire a S. A. imperiale la
soyrana adesione a quest' atto di Stato. In seguito a cio furono stabilite
fra S. M. 1' Imperatore da un lato, e S. A. 1. il serenissimo signor Arci-
duca Ferdinando Massimiliano dall'altra, le seguenti disposizioni :
« Art. 1..S. A. 1. il serenissimo signor Arciduca Ferdinando Massimilia-
no rinunzia, per la sua persona e per i suoi discendenti, alia successione
al trono deU'impero d' Austria e di tulti i regni e le province che ad esso
appartengono, se'nza eccezione, in favore degli altri rami della Casa im-
periale di genere mascolino, che hanno diritto di successione, e dei loro
discendenti maschi; in modo che (sino a tanto che, in seguito delle leggi
esistenti nella Casa d'Austria sull'ordine di successione, ed in ispecie in se-
guito della legge di famiglia stabilita dall'imperatore Carlo Ylal 19 Apri-
le 1713, sotto il nome di prammatica sanzione, come pure dello statuto
di famiglia, stabilito da S. M. 1' imperatore Ferdinando I al 3 Febbraio
1839,rimarra alcuno degli Arciduchi chiamati alia successione, o dei di-
scendenti maschi, anche del piu lontano grado) ne S. A. I. ne i suoi
discendenti, ne qualunque altro in loro nome, potra in alcun tempo ele-
vare la menoma pretensione sulla suddetta successione.
« Art. II. Tale rinunzia si estende pure a tutte la facolta inerenti al
diritto di successione; quindi anche ai cliritti fondati sotto certe condi-
zioni nello statulo di famiglia, per la tutela d' un successore al trono mi-
norenne.
« Art. III. Se avvenisse pero, Dio guardi ! che tutti gli altri serenissi-
mi Arciduchi e i loro discendenti maschi, poziori per diritto di primoge-
nitura od eta, dovessero estinguersi, S. A. I. si riserva per questo caso,
tanto per se, quanto per i suoi discendenti maschi che derivano da ma-
trimonii legittimi non interrotti, e di nascita uguale, corrispondenti alle
situazioni e agli usi della Casa imperiale, tutti i suaccennati diritti di suc-
cessione, come pure tutti quelli che spettano all'A. S. I. in forza dell'isti-
tuto austriaco di primogenitura, e del suddetto stato di famiglia nella
miglior forma, nel qual caso la rinunzia espressa nell'Art. I non puo esse-
re d'alcun danno ne all'A. S. 1. ne ai suoi successor'!. Quanto alia discen-
denza femminile, che perviene alia successione soltanto dopo 1'estinzione
della linea maschile, essa rimane intatta nell'ordine fondato sulle men-
toyate prescrizioni di successione. In ogni caso pero i serenissimi sue-
CONTEMPORANEA 759
cessori di S. A. I. non possono pervenire alia successione al trono, senoa
allora che appartengono alia fede cattolica.
« Art. IV. S. A. I. dichiara inoltre che essa rinunzia, per se e per i
suoi discendenti di sesso maschile e leraminile, a tutti quei diritti ed a
tutte le pretension! che spettano all' A. S. o potrebbero spettarle in for-
za di parentela, nascita od osservanza, al presente e al future, sul patri-
monio dell'augusta Casa imperiale, sotto le seguenti restrizioni :
« a) Che sia riservato a S. A. 1. e suoi discendenti, pel caso di straor-
dinarii avvenimenti che avessero per conseguenza un essenziale cambia-
mento nelle sue condizioni novamente stahilite, il diritto alle pretensioni
di partecipazione alle reudite del fondo di provvedimento di famiglia ,
nel modo stesso in cui e provveduto, per tali casi, riguardo ai rarai del-
1'augusta Casa imperiale che posseggono una sovranita propria , col §.
44 dello Statuto del 3 Febbraio 1863.
« b) Ove avvenisse il sovraccennato doloroso caso , che premorissero
tutti i serenissimi Arciduchi e i loro discendenti maschi, e che quindi il
ramo mascolino di S. A. I. giungesse alia successione del trono; ovve-
ro se, dopo 1'estinzione di tutti i rami mascolini della Casa imperiale au-
striaca, la successione al trono, secondo 1'ordine stabilito nelle sovraccen-
nate prescrizioni di successione , dovesse passare , per riguardo al piu
prossimo ultimo possessore di sesso mascolino, alia discendenza femmi-
nile di S. A. I.; in tal caso dovranno tornare in yigore tutte le preten-
sioni di S. A. I. e della sua discendenza , che provengono da parentela ,
da nascita o da osservanza al patrimonio di famiglia che ancor rimane
deH'aiigustissima Casa imperiale.
« Art. V. Quanto al diritto d' eredita intestato, relativamente al patri-
monio mobile od immobile dei singoli membri della Casa imperiale e del
loro discendenti, rimangono in vigore le disposizioni conlenute al §. 39
dello Statuto di famiglia, del 3 Febbraio 1839 per quei membri della Ca-
sa imperiale che possiedono una sovranita propria. Rimangono pero ec-
cettuati da ogni rinunzia quei casi, in cui toccassero a S. A. I. od ai suoi
discendenti, per parte dei suoi serenissimi congiunti, donazioni fra vivi,
o valide prescrizioni d' ultima volonta, o patrimonii o eredita d'altre par-
ti, col cui possesso non sieno pregiudicati in alcun modo i diritti della
Casa imperiale.
« In fede di che il presente trattato fu fatto in due esemplari , sotto-
scritto di propria mano da Sua Maesta I. R. A. da un lato, e da S. A. I.
il serenissimo signer Arciduca Ferdinando Massimiliano dall'altro, e mu-
nito del suggello d' entrambi.
« Fatto nel castello di Miraraar, il giorno nono del mese d'Aprile nel-
1'anno del Signore milleoUocentosessantaquattro. (L. S.) Francesco Giu-
seppe (L. S.) Massimiliano. »
4. L'imperatore Francesco Giuseppe nel suo discorso al Reichsrath
avea, a buon diritto, insistito assai sulle condizioni delle Finanze, rendu-
760 CRONACA
te piu gravi dalle general! condizioni dell'Europa. Or ecco, quale si leg-
ge ne' giornali di Vienna, lo stato rigorosamente esatto del debito au-
striaconegli ultimi d'Aprile 1864, secondo il conto reso da una Commis-
sione, incaricata dal Consiglio dell'Impero a Vienna di presentare una
relazione circa la condizioni finanziarie dell'Austria. 11 debito consolidato
e rappresentato, nel 1864, da 2,335,002,575 h'orini, mentrenel 1863 era
di 2,114,721,762 fiorini. Vi e dunque un aumento di 220,280,813 fiori-
ni. II debito ondeggiante, che nel 1863 era di 349,820,637 , e ridotto
nel 1864 a 158,866,172; diminuzione di 190,954,465 fiorini. II debito
del regno Lombardo-Veneto, rappresentato nel 1863 da 67,958,558, e
ridotto a 65,828,180, cioe diminuito di oltre due milioni. II totale del
debito pubblico generale e, nel 1864, di 2,574,924,377 fiorini ; ed era,
nel 1863, di 2,547,855,965. E dunque aumentato di 27,088,412 fiorini.
Gl'interessi annuali del debito generale sono, nello stato attuale, di fio-
rini 115,141,168.
Pare che a questo stato di cose si speri di mettere efficace riparo, poi-
che il ministro Plener, alii 17 Novembre, presento al Reichsrath il conto
consuntivo del 1862, e il presuntivo del 1865. Le spese totali per Tan-
no 1865 ascendono a 548 milioni, e gl'introiti a 518 milioni. II deficit di
30 milioni sara supplito della rifusione delle spese di guerra dei Ducati ,
per 18 milioni, e da operazioni di credito per 12 milioni. Si vede da
cio che il deficit va d'anno in anno diminuendo , e che presto il bilancio
sara equilibrato. E di qui si spiega I'entusiasmo destato dalle speranze di
veder mantenuta la pace.
Tuttavolta anche li e forza ricorrere ad imprestiti. La Gazzetta ufficiale
di Vienna del 9 Novembre recava la seguente notificazione del Ministero
delle Finanze : « Dappoiche il prestito in moneta del corrente anno non
fu completaraente yenduto, il medesimo viene diminuito di 25 milioni;
per incontro, yiene aperto un prestito di 25 milioni al 5 per e/o, in via di
soscrizione yolontaria, rimborsabile in cinque rate annue, e che potra es-
sere impiegato pel pagamento delle imposte nel pieno yalore nominale.
II prezzo d' emissione e 87. II rimborso seguira nel pieno yalor nominale,
in cinque rate mensili, che comincieranno il primo Giugno 1867. »
Questo imprestito ebbe una sorte insperata; in meno di due giorni le
sottoscrizioni de' compratori in Vienna saliyario a piu di 16 dei 25 mi-
lioni chiesti, ed in breve le offerte toccarono i 58 milioni, cioe piu del
doppio. Segno che 1' Austria non e tanto yicina alia bancarotta, quanto
pretendeasi a Torino, dove, per campare alia giornata, ban bisogno di
mettere poco meno che le persone in pegno al Ghetto, e vendersi in cor-
po ed anima a'Giudei.
5. Risolta a mezzo, o, per meglio dire, avviata verso la soluzione pre-
conizzata dall' Opuscolo Le Pape et le Congres , la cosi detta questions
romana; per tener desta 1'Europa ed inquieta Y Austria si credette di
dover ravvivare la quistione veneta. Laonde si mandarono dai sopraccio
CONTEMPORANEA 761
di Parigi e di Torino, e dalla Caprera, gli ordini opportuni a'giovani set-
tarii die per tal fine si teneano apprestali nel Veneto. Un Tolazzi , che
fu gia capitano garibaldino nel 1859 e nel 1860, poi riammesso a vivere
quetamente nel Veneto, dove il ferocissimo Governo e la vigilantissima
Polizia non gli diede il menomo disturbo , sollevo alquante decine di
giovani,a'quali distribui le famose carnicie rosse, armi e denari; poi inva-
se Spilirabcrgo e Maniago , difese dalla imponente forza di Ire o quattro
Gendarmi, che furono disarmati ; predo le casse del Comune , lasciando
pero ricevuta del denaro tolto, a discolpa del cassiere ; quindi cerco di
far gente. Ma pochissimi si mossero ; i piii si palesarono indifferent!. Sa-
puto che qualche compagnia di cacciatori tirolesi gia movea per dargli
Ja caccia , il Tolazzi con la sua banda , e con quella raunata da un An-
dreuzzi , riparo ai monti. Accerchiato d' ogni parte, cerco scarapo nella
fuga. Una sola volta si scontro, avendo seco una ventina di briganti,
con una pattuglia di dieci o dodici tra Gendarmi e soldati austriaci ;
sopra i qtiali, facendo rotolare sassi e macigni giu per 1'erta d'un dirupo,
qualcuno ne uccise, e parecchi n'ebbe feriti. E con cio ebber fine i fatti
<T armi. Veduto che i soccorsi , aspettati e promessi d'oltre il Mincio ,
non venivano, che la popolazione si tenea queta, che gli Austriaci facean
davvero e stringean la cerchia, il Tolazzi sciolse la sua banda, i cui mem-
bri in massima parte si presentarono all' autorita , ed egli cerco scampo
ed ospitalila nel Regno italiano , onde avea ricevuto gli ordini di agire.
Sembra che a Parigi si facesse assegnamento sopra qualche mag-
giore scompiglio; poiche gia i diarii ufficiosi cominciavano a trombare
che quei moti eran gravi, che bisognerebbe pure schiantare una yolta
questa spina che reca tante doglie, e cercare un componimento tra 1'Au-
stria e T Italia con la redenzione del Veneto. Ma mentre cola si spargea
inchiostro, i Cacciatori lirolesi spazzavano via le bande che fornivano
il pretesto a quelle prime mosse redentrici. L'efTetto della repressione fu
pronto, e si puo dire che incruento, merce della energia dimostrata a
tempo. Ecco il bando con cui fu promulgate il giudizio statario ne' luo-
ghi, che pericolavano d' essere travolti in qualche disordine :
« Essendo comparse in singoli Distretti della parte montuosa del Friu-
li, delle hande armate, che osano perturbare la pubblica quiete ; io in-
frascritto, qual Comandante delle II. RR. truppe stanziate negli anzio>tti
Distretti, ebbi da S. E. il sig. Comandante dell'armata, Generate d'arti-
glieria cavaliere di Benedek, 1'incarico di trattare tanto ogni comparte-
cipazione attiva alia ribellione, quanto tuttocio che tende ad accrescere
le bande insorte, od apprestar loro aiuto, come crimine contro la forza
armata dello Stato, di consegnare i rei ai giudizii militari, proclamando,
siccome colla presente proclamo, il giudizio statario per tutti gli anzi-
detti crimini.
« Verra pertanto condannato a morte, non solamente ogni membro di
bande armate, ma eziandio chiunque, coll' arruolare altri per esse, collo
762 CRONACA CONTEMPORANEA
spionare la dislocazione ed i moviraenti delle II. RR. truppe, o col som-
ministrare ai sopraccitati malfattori viveri, armi, munizioni, presti loro
aiuto in generale, chiunque entri in accordo con esse bande, per recare
Tantaggio alle medesime, o detrimento all' II. RR. truppe.
« Rendo inoltre noto : I. Che tutte le sentinelle e pattuglie hanno
1'ordine di far fuoco contro chiunque alia loro chiamata non si fermi im-
mediatamente, ma tenti invece di fuggire. II. Che, per disposizione di
S. E. il signor Comandante dell'armata, sara condonata la pena di mor-
te ad ogni reo o correo di ribellione, o di aiuto ad essa prestato, il quale
si presenti spontaneamente, o yenga consegnato dalla popolazione al-
rautorita.
« La presente disposizione entra in vigore dal raomento della sua pub-
blicazione in tutto il circondario occupato dalle truppe, da me dipenden-
ti, cioe ne' Distretti di Sacile, Pordenone, Maniago, Spilimbergo, Saa
Daniele, Gemona, Moggio, Tolmezzo, Ampezzo, Pieve di Cadore, Au-
ronzo, Longarone, Belluno, Agordo, Feltre, Fonzaso, Caneda e Cone-
gliano. Udine, 11 Novembre 1861. Krismanic, m. p. I. R. Comandante
maggiore. »
Ma non fu bisogno di applicare tali provvedimenti in tutto il loro
rigore, e pochi giorni appresso la Gazzelta u/ficiale di Yenezia del 29
Novembre pubblico quanto segue:
« Come venne annunziato nella Gazzetta di venerdi 2o corrente, e or-
mai compiuta la dispersione delle bande armate del Friuli , e non resta-
no che pochi latitanti , pel cui fermo furono gia diramate le solite circo-
lari d'arresto. Raggiunto quindi lo scopo delle adottate misure militari,
venne levato ilgiudizio statario militare, proclamato nel giorno 11 corren-
te, come dalla Notificazione che pubblichiamo.
« Restera memorabile e porgera argomento ad utili confronti il fatto,
che dal giudizio statario si abbia conseguito il pieno effetto , senza che
vi sia stato un solo caso di condanna capitale. » E di fatto, il giudizio
slatario fu tollo colla seguente Notificazione :
« Avendo la maggior parte dei merabri delle disciolte due bande ar-
mate approfittato del mezzo, loro olferto per ordine di S. E. il sig. Co-
mandante dell' armata nell'artic. 2.' della mia Notificazione 11 Novem-
bre, col presentarsi spontaneamente ; e dovendo , in seguito alle risul-
tanze delle perlustrazioni operate dalle truppe soggette al mio comando,
ritenersi espurgati i distretti dagli avanzi delle bande stesse, S. E. il
sig. Comandante d' armata mi ha incaricato di togliere il giudizio stala-
rio, attivato colla summentovata Notiticazione, il quale cessa quindi col
giorno d' oggi in tutti i Distretti nella stessa enumerati.
« I processi tuttora pendenti, verranno, per ordine di S. E. il sig. Co-
mandante d' armata, rimessi al giudizio di guerra, residente in Udine per
la definizione della procedura. Maniago, 29 NoYembre 1864. Krismanic
m. p. 1. R. General maggiore.
INDICE
Gli arresti nel Tirolo e nel Veneto pag. 5
// Patrizialo romano di Carlomagno ..... 20, 423
La Poverella di Casamari. Racconto storico del
I860 e 1861 37, 300, 448, 548, 675
La B. Margherita Alacogue, santa nel secolo XVII,
glorificala nel secolo XIX . 57
La Reazione clericale in Italia 129
Onorio /, secondo il Dollinger .... 146, 528, 687
/ nuovi accordi di Parigi, illuslrati da dodici anni
di congiure 163
Lo Spiritismo nel mondo moderno 185, 563
// Tratlato del 75 Settembre 257
Dell' Unita di tipo nel regno animate 8 274
La Convenzione, dialogo di Torino e di Roma. . . 289
// B. Pietro Canisio e i tempi moderni 385
Infelice difesa di una causa spallala 404
Le nuove fasi delta Convenzione Franco-italiana . .513
Le Speranze delta vera Italia nel trasporto della
Capitate 641
Esame delle Prove deW Immortalita dell'Anima . . 658
RIVISTE DELLA STAMPA ITALIANA
Idea slorica e razionale della diplomazia ecclesiastica,
per GUGLIELMO AUDISIO — Roma, stabilimento lipografico Au-
reli e C. 1864 77
Del maravicflioso vincolo di amore e di rispelto, che uni-
see ora tra se in Italia i giornalisli libertini e i loro as-
sociali . ''•'. •:; . . 4 % 202
764 IDICNE
Sopra la Vita del Marchese Giuseppe Molza, Memoria
del Padre VINCENZO STOCCHI d. C. d. G. — Venezia, lipografla
Emiliana impr. 1864. Un volume in 8.° di pagg. 110. pag. 207
// Purgatorio dei Reprobi, sostenuto dal Rev. Sac. D. VIN-
CENZO DE-VIT , impugnato dal P. F. MARIANO SPADA , mae-
stro in sacra Teologia e Procurator e generate de Predica-
tori — Roma 1864, lipografia di Giuseppe Cesaretti. Vol.
unicodipag. 168 . . . . . 325
Le nuove opere dell' Archiospedale di S. Giacomo in An-
qusta, descritle dal Sac. STEFANO CICCOLINI — Roma, tipo-
grafia della Rev. Cam. Apost. 1864. Un vol. in 8.° ... 333
Sgiiardo politico del Conte SOLARO DELLA MARGARITA, Mi-
nistro di Stato , sulla Convenzione itato- franca del 15 Set-
tembre 4861 - - Torino, tip. di Giulio Speirani 1864 . . 341
Di due giornali torinesi, la Gazzelta del Popolo ed il Di-
rilto, contrarii alia Convenzione del 15 Settembre. . . . 464
CALLISTHENIS ROPHOEATICI P. A. Micheleidos libri III ad
PIUM IX P. M. — Augustae Taurinornm , ex officina Hya-
cinthi Marielti, an. MDCCCLXIV. Un vol. in 8.° di pagg. 72. 472
Delia vita e degli sludii del Prof. Cav. MARC' ANTONIO
PARENTI, Accademico della Crusca, con Appendice delle poe-
sie inedile e rare del medesimo — Modena, tipografia dell'e-
rede Soliani, 1864. Un vol. in 8.° di pagg. 176 .... 577
// Memorial diplomatique del 43 Novembre 586
De Vita et Lipsanis S. Marci Evangelislae, Libri duo Au-
GtSTiNi MARIAE MOLINI , Basilicae Patriarchalis Venetae Ca-
nonici Theologi. Edebat Sanctes Pieralisi , Praefectus bi-
bliothecae Barberinianae — Romae, typis Collegii Urbani,
MDCCCLXIV. Un vol. in 4.° di pagg. XXIV, 411 con IX Tav. 713
Novelle di TOMMASO VALLAURI, seconda edizione riveduta
dall Autore. Un volumetto in 16.° di pagg. 192 — Firenze,
all' Insegna di S. Antonino, 1864 728
BlBLIOGttAFIA 81, 217, 591
'Ar.cnEOLOGiA. j? tre sepolcri Santambrosiani , scoperti net Gen-
naio 1864 345
— 1. Una statua colossale di Ercole, ritrovata fra le rovine deU'an-
tico teatro di Pompeo — 2. Akune scritte murali in Pompei, con allu-
sioni a Cristiani — 3. Lantico acquedotto di Alatri 731
SCIENZE NATURALI 1. Fan', e loro perfezionamento — 2. Di unpozzo
scoperlo a Pompei — 3. Sollevamento delle navi sommerse .... 478
INDICE 7C5
CRONACIIE CONTEMPORANEE
DAL 10 AL 24 SETTEMBRE
I. M Vcncrabili Fratclli Arcivescovi e Vescovi, e agli allri Ordi-
narii locali , dimoranli nel Reame di Polonia e nelle veaioni deW 1m-
pero russo , i quali hanno la grazia e la comunione delta Sede aposto-
lica pag. 91
II. Roma e il Governo di Torino; rivelazioni di un nuovo processo
compilato dal tribunale supremo delta sacra Consulta 99
HI. COSE 1TALIAISE — STATI PONTIFICII 1. Solennita delta Beatifi-
cazione della Yen. Serva di Dio, Maria Margherita Alacoque — 2.
Gita del Santo Padre a Monte Porzio ed alia villa Tarerna del Prin-
cipe Bortihese — 3. Bilorno di Sua Santita in Roma — 4. Oggeltipre-
_• • i 5\i ^ i ^ i» rt »*• _ * . -7 • » • i . 1 1 _ t\* • .. _ .1 _ 1 1' A „ • — -/ * nn -
107
ISapo-
leone 111 nella lite fra il Vicere d' Eyitto e la Compagnia pel taglio
dell' Istmo di Suez — 2. Causa di malrimonio dibatluta innanzi alia/
Corte imperials di Bordeaux; giustificazione di quanta erasi fatto dal-
le autorita civili ed.ecclesiastiche di fioma — 3. Festa del 15 Ayoslo;
incendio a Limoyes — 4. Bicevimento del Re di Spagna; fcste a Corte
— 5'. Arrivo del Principe Lmberto di Savoia, che va coll' Jmpei atore
al campo di Chalons ; viaggio della famiglia Murat ; V imperatrice
Eugenia va in Alemagna , ed e visitata dal Re di Prussia — G. Nuo-
vo sollevamento di Arabi in Algeria 112
IMPERO DI RDSSIA 1. Nuoviriijori in Lituania; i Polacchi sono ina-
bilitali a comperare i beni , demaniali o confiscali , posti in vendita
— 2. Abolizione dellc bibliotcche polacche; multe bandite contro chi
parla in quesla lingua — 3. Nuovi ordini della Polizia circa it veslire
a lutto , edilcavarsi il cappeilo — 4. Notificazione uf/iciale per la
confiscazione del beni degli assenli e fuorusciti — 5. Deportazioni e
supplizii capilali ; tnitigazioni approvate dal Senato per gli esiliati
in Siberia — 6. Chiusura di chiese e scuole cattoliclie ; Vescovadi e
Seminarii cattolici trasferiti a' scismalici ; Endclica del Santo Padre
Pio IX all' Episcopal o della Polonia — 7. Conseguenze del solleva-
mento della Polonia — 8. Relazione allo Czar sopra I'osservanza del
precetto Pasquale — 9. Come procede remancipazione dei servi, omai
compiuta 118
DAL 24 SETTEMBRE ALL' 8 OTTOBRE
I. COSE ITALIANE — STATI PONTIFICII 1. Solenne ricevimenlo di •
nuovi Cardinali — 2. Concistoro pubblico e segreto; nomine di Vesco-
vi — 3. Consecrazione di Vescovi falla dal Santo Padre — 4. Elenco
di libri inscritli nell Indice de'proibiti — 5. Anniversario funebre pei
morti a Castel Fidardo — 6. Offcrta de' Bolognesi al Santo Padre —
7. Dispute di Teologia e Filosofia 225
II. STATI SARDI 1. Letteradei Vescovi delle Romagne al re Vittorio
Emmanuele, sopra la legge che suggetta i chierici alia coscrizione mi-
lilare — 2. Elenco di conrenti e monasteri rubali dal Governo a' le-
gittimi loro possessori — 3. Nozze di Marco Minghelli — 4. Insulti
mandati dal Generale Bixio alia Francia — 5. Rivelazioni ufficiose, e
polemiche tra i varii partiti, circa la Convenzione siipulaia con la
766 INDICE
Franda per lo sgombro di Roma — 6. Dimostrazione popolare, awe-
nuta la sera del 20 Settembre., contro tal Convenzione — 7. Adunanza
straordinaria del Municipio ; contegno del Sindaco; dichiarazioni del
Menabrea; esempio di rara fortezza data dal Conte Prospero Balbo —
8. Conflitto avvenuto net pomeriggio del 21 Settembre sulla piazza di
S. Carlo — 9. Tumulto e strage in piazza Castello la sera dello stesso
giorno — 10. Provvedirnenti miiitari del Governo; strage fatta in piazza
di san Carlo la sera del 22 Settembre — 11. Formidabili apparecchi di
repressione] per ordine del lie il Ministero e forzato apresentare la sua
dimissione— 12. Ultima Circolaredel Pisanelli contro i Seminarii dio-
cesani — 13. Processo criminate intent ato al Peruzzi ed allo Spaventa —
14. Risultato delta inquisizione municipale circa i fatti del 21 e 22 —
15. Le Camere convocate pel 24 Ottobre — 16. Rappresentanza del
Municipio di Torino al Governo contro il trasfenmento delta Capitale
altrove che in Roma — 17. // nuovo Minislero e costituito dal Generale
La Marmora; bandisce di voler manlenuta la Convenzione con la Fran-
da, con la patlovita condizione, di trasportare altrove la Capitale. pag. 230
II. COSE STRANIERE — FRANCIA 1. Sentenza della Corle di Cas-
sazione di Pari(ji in favore di due scrittori di corrispondenze ai giornali
di provincia — ' 2. Condanna di tredicimembri d'un Comitato elettora-
le — 3. Tratlali di pace con la Concincina — 4. Richiamo delle truppe
dal Messico; il Bazaine creato Maresciallo — 5. Sospetti eccitati dalla
Convenzione per lo sgombero di Roma — 6. Prime insinuazioniuffciose
del Pays circa lo scopo di essa — 7. Articolo ufficioso del Constitution-
nel, ristampato nel Moniteur, e corredato d1 una letter a di Napoleo-
ne HI — 8. Giudizii dei giornali francesi 249
BALL' 8 AL 29 OTTOBRE
I. COSE ITALIA1SE — STATI PONTIFICII 1. Visile di Sua Santita agli
Ospedali di Roma — 2. 11 nuovo Ministro dell' Equal ore, residente
presso la Santa Sede — 3. Liberazione d'un napoletano ricattato dai
briganti, eseguita dai Gendarmi pontificii — 4. Un nuovo Organo alia
chiesa della SSma Trinita de' Monti 35$
STATI SARDI 1. Origine sospelta della Convenzione del 15 Setlembre,
tra i Governi di Parigi e di Torino, per lo sgombero di Roma — 2. Dls-
paccio del Drovyn de Lhuys al Ministro francese presso la Corle di To-
rino sopra lal Convenzione — 3. Relazione del Ministero sardo alre
Vittorio Emrnanuele, per la convocazione del Parlamento — 4. Agita-
zione pel trasporto del Governo a Firenze ; timori pel giorno del ria-
primento delle Camere; provvedimenli del Ministero — 5. Relazione e
document i presenlati al Municipio circa le stragi del%l e 22 Setlem-
bre — 6. it pranzo dei Minis tri in tali giornate costo 900 franchi —
7. Lettera di Vincenzo Ricci e scriltura del Conte della Margarita circa
la Convenzione ; lettera del Garibaldi contro Napoleone III — 8. II
€onte Sclopis depone la carica di Presidente del Senato ; gli succede il
Manno — 9. Diminuzione deU armata di terra e di mare — 10. Aper-
tura del Parlamento 359
II. COSE STRANIERE — FRANCIA 1 II giornalismo francese e la
Convenzione — 2. Testo della Convenzione — 3. Ragioni arrecate per
giuslificare la Convenzione del 15 Settembre — 4. Dispaccio del sig.
Drouyn de Lhuys al conte di Sartiges — 5. Smentita imprudente data
da due Minis tri piemonlesi al Dispaccio suddetto ....... 369
GERMANIA 1. Progresso religioso nelle Province renane della Prus
sia — 2. Progresso scientifico e industrial nelle medesime Province —
3. Opposizione ai Cat to lid nel Ducato di Baden, e nel Regno di Wiir-
temberg — 4. Pace colla Danimarca — 5. Quistione dello Zollverein
— 6. Accoglienza fatta alia Convenzione italo-franca. . t . »'•• • * 377
INDICE 767
DAL 29 OTTOBRE AL 12 NOVEMBRE
I. COSE ITALIANE — STATI POISTIFICII 1. Visita del S. Padre .alia
Sapienza, al Musaico, ed alFAccademia di S. Luca — 2. Allra visita di
Sw Santita a S. Lorenzo fuori le mura — 3. 11 Brigantaggio piemon-
tese alia frontier a dello Stato pontificio — 4. Circolare della S. Con-
gregazione deir Indice pag. 483
STATI SARDI 1. Mene delpartito mazziniano; precauzioni del G over-
no— 2. Seduta della Camera nel giorno 24 Oltobre — 3. // Governo
chiede soli sette milioni di franchi pel trasferimento della Capitale a
Firenze — 4. Documenti diplomatici comunicati al Parlamento — 5. Di"
chiarazioni ufficiose circa la rinunzia a mezzi violenti contro Roma, e
riserve circa I'uso dei mezzi morali — 6. Polemichede'giornali circa il
valore di un dispaccio del Nigra — 1. Discussioni nella Camera elettiva
alii 4 e 5 Nov.; il prete Passaglia rinunzia alia carica di Depulato —
8. Inquisitions par lament are e lettera del Quest ore di Torino circa le
stragi del%l e 22 Setlembre — 9. Circolare del Ministro dell' istruzio-
ne pubblica, sig. Natoli, contro le scuole vescovili — 10. Deliberazio-
ni e bandi de' Comitali rivoluzionarii, per soccorrere i Garibaldini in-
sorti nel Veneto ; altalena ed imposture de' giornali ufficiosi — 11. Ar-
rolamenli clandestini di venturieri; doni spediti d'Inyhilterra al Gari-
baldi — 12. Economie nell'armata di terra e di mare — IS.Nuove im-
poste e nuove estorsioni di denaro 489
II. COSE STRANIERE — FRANCIA 1. Storia delle inlerpretazioni
della Convenzione — 2. Note diplomatiche, che la dichiarano — 3. Con-
siderazioni e fatli che da esse si deducono — 4. Gi'lmperatori di Russia
e dei Francesi a Nizza 501
CONGRESSI CATTOLICI 1. Belgio. Congresso diMaliDes — 2. Germa-
nia. Congresso di Wurtzbourg 506
DAL 12 AL 26 NOYEMBRE
I. COSE ITALIANE — STATI PONTIFICII 1. Solennita della Bealifica-
zione del ven. Pietro Canisio — 2. Arrivo e ricevimento del re Luigi
di Baviera — 3. Pagamento del Debito pubblico pontificio — 4. Richia-
mi dell' Episcopato delle Marche e deli' Umbria contro I' intrusion e del
Governo usurpatore ne' Seminarii 609
STATI SAUDI 1. Scopo della Convenzione del 15 Settembre, esposto
dal ministro Lanza — 2. Risultato della polemica diplowatica tra i
Gabinetli di Parigi e di Torino; teslo dei dispacci spedili il 30 Ottobre
ed il 2 Novembre' dal Drouyn de Lhuys al Malaret , ed il 7 Novembre
dal La Marmora al Nigra — 3. Dim'issioni nella Camera dei Deputati
— 4. Nuove dichiarazioni del plenipotenziario Pepoii , e del La Mar-
mora — 5. Relazione del ministro Sella circa le finanze; il Re rinun-
zio a tre milioni e mezzo di Lire della Lisla civile ; approvazione
delle leggi per il trasporlo della Capitale a Firenze, e per 200 milioni
da riscuotersi in un mese — 6. Spontanea offerta di pin Municipii, per
n !.•_• • j.» j •!....«« i-',.i- i -toi'tf « r . - . -T-» • . *.
/' anlicipazione del tributo prediale pel 1865 — 7. Legge del ministro
Vacca per la confiscazione dei beni ecclesiastici — 8. Legge per met-
tere i Conventi a serviyio del Ministero della Guerra — 9. Per com-
penso alia cttta di Torino le si offrono denari, m si trasferisce da Mi-
lano la Corte di Cassazione, e vi si lasciano le Societa commerciali ed
mdustriali — 10. Dichiarazioni nfficiali circa i tentalivi de' Garibal-
dini contro I1 Austria nel Veneto
II. COSE STRAISIERE — MBSSICO 1. Fatti d' arme e viltorie degli
imperials contro i repubblicani ; disfatta del Doblado — 2. Adesioni
768 INDICE
de' popoli al voto dell' Assembled de' Notabili circa la forma di Go~
verno e telezione di Massimiliano I — 3. Arrivo del nuovo Imperatore
a Veracruz; suo bando ai Messicanl, accoglienze alul fatte net viaggio
alia Capitate; ingresso trionfale in Messico — 4. Decreto che conferi-
sce la reggenza all' Imperatrice in congiunlure previste — 5. Letlere
di Massimiliano 1 sopra il riorganamento delle Finalize e dell' esercito
• — 6. Pratiche di conciliazione col repubblicani ; adesione dell' Uraga
all' Impero — 7. Abolizione della censura preventiva per la st ampa;
atii politici varii dell' Imperatore — 8. Munificenza de nuom Sovrani
verso i poveri — 9. Viaggio di Massimiliano I nelle province - 10.
Partenza di gran parte delle truppe francesi dal Messico ; formazione
della legione straniera pag. 629
DAL 26 NOYEMBRE AL 10 DECEMBRE
I. COSE ITALIANE — STATI PONTIFICII 1. Ricevimento deir Amba-
scladore di Spagna, sig. Pacheco, e del rappresentante di Venezuela —
%.Visita del Santo Padre al Collegia Latino Americano alia Minerva —
S.Richiami dell' Episcopato IHceno ed Umbro, indirizzatia VitlorioEm-
manuele , contro le usurpazioni desuol Ministri, del regio Placet nella
nomina deParrochi; protesto.zioni dell' Episcopato di liomagna — 4. 11
Deriaro di S. Pietro, e le offerte deMunicipii alia rivoluzione . . . 738
STATI SAUDI 1. Nuom argomenti circa il senso e lo scopv della
Convenzione del 15 Settembrc; spiegazioni de'dcputatl, Chiaves e Bixio —
2. Trionfb del nemici del cattolicismo per Vaccettazione di quel Tratta-
to ; parole del Siecle — 3. ficlazione dell'Imbriani al Senato circa il
trasporto della Capitals a Firenze — 4. Opposizioni alia leyge, propo-
sta dal Vacca, per t'abolizione di tutti gli Ordini religiosi ed il lalroci- '
nio delle propriela della Cliiesa — 5. Richiami delH'piscopalo Modene-
se, Toscano , Piemontese e Liyure contro le usurpazioni del Goverrio ed
il malriinonio civile — 6. Lettera del Garibaldi per aiuto a'suoi parti-
giani nel Venclo 744
II. COSE STRANIERE — IMPERO D' AUSTRIA 1. // Conte Rechberg
smctte la carica di Minis tro sopra gli ajfari csterni ; gli succede il Mens-
dorff-Pouilly — 2. Riapertura del Reichsrath ; discorso dell' Impera-
tore — 3. Patto di famiglia coll' Arciduca Massimiliano , per I' accet-
tazione della corona del Messico — 4. Condizioni del debito pubblico
dell'lmpero; emissions di un nuovo imprestito — 5. Moll garibaldeschi
nel Venelo ; loro cfficace repressions 755
ERRATA CORRIGE
Pag. 222 I'm. 28 Nunziata Cefarelli Nunziante Cefarelli
» 359 » 1 Testo della Origine deila
» 365 » 46 all' interiore all'anteriore
» 372 » 27 e un e un
» 505 » 8 costituenza coscienza
» 592 » 25 Giuseppe Camper! Giuseppe Campori
)> 596 >> 2 Cavedovi Cavedoni
» 606 » 4 il fine il fiore
« 608 » 15 alle contrarie alia contraria
» » » 23 sana dottina sana dottrina
» » » 28 all' episcopate dell' Episcopato
Per altra correzione vedi pag. 737.
IMPRIMATUR — FT. Hier. Gigli 0. P. S. P. A. Mag.
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Does Not Circulate
BX 804 .C58 SMC
La Ci vi Itaa cattol ica
AIP-2273 (awab)
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