Skip to main content

Full text of "La Civiltà cattolica"

See other formats


•I 


m 


aftr 


•• 


LA 


CIVILTA  CATTOLICA 


ANNO  DECIMOSESTO 


16  toarzo  1865. 


FEB  -  4 


PROPRIETA  LETTERARIA  secondole  Convenzioni  del  varii  Stati. 


UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS 


i. 

Assunto. 

11  rapporlo  del  signer  Langlais  ,  esaminato  da  noi  nel  precedente 
quaderno,  presentava  una  nolevole  lacuna,  in  quanto  non  dicea  nulla 
in  difesa  della  competenza  del  Consiglio  di  Stalo  a  ricevere  gli  appelli 
come  per  abuso  contro  persone  ecclesiasliche.  Una  lal  competenza 
era  stata  apertamente  negata  da  Monsig.  Dreux-Breze,  Vescovo  di 
Moulins ;  secondo  che  riferisce  lo  stesso  sig.  Langlais :  Monseigneur 
De  Dreux-Breze  a  decline  la  competence  du  Conseil  d'Etat ,  et  par 
ce  motif  s'est  abstenu.  Sembrava  dunque  necessario  che  il  sig.  Rela- 
tore  innanzi  tratlo  stabilisse  la  legittimila  del  tribunale,  e  poscia  pro- 
cedesse  all'  esame  della  causa  che  da  quello  dovevasi  decidere.  Ne 
altri  dica  che  la  cagione  di  tale  omissione  sia  stata  perche  a  fermare 
un  tal  punto  bastava  la  legge ;  conciossiache  siflalla  ragione  militava 
anche  pel  Placet;  e  nondimeno  il  sig.  Langlais  credette  bene  spesa 
T  intera  sua  relazione  a  sostenerne  il  diritto. 

A  colmare  quesla  lacuna  e  disceso  nell'  arena  il  signor  avvocato 
Chaix  d'Est-Ange  con  quattro  prolissi  articoli,  inserili  nel  Moniteur 
ed  aventi  per  litolo :  De  la  publication  en  France  des  acles  de  la 
Cour  de  Rome  et  des  appels  comme  d'abus  1.  Con  questi  quattro  ar- 

1  Le  Monitevr  univenelu  Num.  54,  55,  56,  58. 


fl  UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS 

licoli  resla  appianato  quel  vuoto  e  com  pita  la  difesa ,  non  meno  del 
divielo  del  sig.  Baroche  che  del  suo  ricorso  al  Consiglio  di  Stato. 
Anchenoi/percompiere  il  nostro  esame,  abbiarao  uopodi  discutere 
questi  quattro  articoli.  Nel  che  fare  confessiamo  d'  incontrare  non 
iieve  difficolta:  non  a  motivo  dell' arlifizioso  argomentare  (che  per 
quesla  parle  il  sig.  D'  Est-Ange  si  mostra  anzi  penna  giovanile,  non 
ancora  bene  esercilata  nei  soflsmi  del  Giansenismo) ;  ma  sibbene  per 
I'intralciato  discorso  che  adopera  e  per  la  molta  confusione  nel  sal- 
tellare  che  fa  da  una  cosa  ad  un'  allra,  senza  misura.  II  sig.  De  Rian- 
cey ,  nel  dar  giudizio  di  questo  scritto ,  ha  detto  assai  giustamente  : 
Ci  ha  del  Van-Espen,  meno  la  scienza;  ci  ha  del  Dupin,  meno  il  brio ; 
C'est  du  Van-Espen,  moins  la  science;  cest  du  Dupin,  moins  la  ver- 
ve 1.  Ma  noi  dobbiamo  aggiungere  che  in  quanlo  all'ordine,  ci  ha 
del  guazzabuglio ;  sicche  la  diceria  del  sig.  Avvocato  D'  Est-Ange 
non  incongruamente  potrebbe  definirsi :  Indiyesta  rerum  farrago. 
Egli  veramenle  la  divide  in  due  paragrafl ;  nel  primo  dei  quali  cerca 
i  falti ,  e  nel  secondo  cerca  il  diritlo  in  ordine  all'  argomento  propo- 
stosi  2.  Ma  in  entrambi  i  paragrafi  parla  degli  uni  e  dell*  altro  pro- 
miscuamente ,  e  quanto  ai  fatti  si  dilelta  assai  di  aneddoti ,  e  quan- 
lo al  ragionamento  si  diletla  assai  di  declamare,  e  declamando  si 
trasporla  di  bel  nuovo  la  d'  onde  lo  credevi  essersi  dilungato.  In 
somma,  quand'  anche  il  D'  Est-Ange  non  avesse  manifestata  la  sua 
professione,  tu  nel  leggere  il  suo  scritto  ti  accorgeresli  subilo  d'ave- 
re  a  fare  con  un  avvocato;  e  un  avvocato  del  genere  di  quelli,  che  in 
Italia  sogliam  designare  col  nome  di  Azzeccagarbugli. 

Tultavia  faremo  come  si  puo  in  tanla  confusione,  procurando  ,  in 
ciascuno  dei  predetti  punti,  di  separare  Tuna  parte  daH'altra  e  porre 
da  noi  Tordine  che  ci  manca.  E  poiche  1'appello  come  d'abuso  esige 
una  particolare  traltazione ,  di  esso  ragioneremo  di  proposito  in  se- 
parato  articolo. 


1  L' Union,  an.  1865,  n.  59. 

2  §.  1.  Examen,  en  fait ,  des  precedents  en  matiere  de  promulgation  des 
tulles  et  des  appels  comme  d'abus.  Moniteur  n.  54.  —  §.  2.  Du  droit  en  matte- 
re  de  promulgation  des  bulles,  et  d'appel  comme  d'abus.  Ivi,  n.  56. 


UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS  7 

II. 

Deli'  esame  del  fatti. 

Anche  il  signer  D'Est-Ange  prende  per  cavallo  di  battaglia  i  fa- 
mosi  articoli  organic! :  Qua  fait M.  le  Garde  de  Sceauxl  A-t-ilpris 
une  mesure  arbitraireetvexatoire*!  Non.  II  a  execute  I' article  l.Grde 
la  loi  du  48  germinal  an.  X  (8  Avril  4802)  vulgairement  appellee 
les  articles  organiques  1.  Egli  vi  distingue  il  fondodalla  formola  2; 
e  prende  a  difendere  tanto  1'uno,  quanlo  1'allra. 

Per  cio  che  spelta  alia  formola ,  essa  sembrava  viziosa  agli  occhi 
di  Pio  VII,  per  essere  stata  mescolata,  senza  ch'egli  ne  sapesse  mil- 
la,  col  Concordato :  Cetle  formule  avail  ele  viciee,  dans  I' opinion  du 
Pape  Pie  VII,  par  le  melange  que  le  premier  Consul  en  avait  fait 
a  linsu  du  Pape  avec  le  Concordat  3.  II  Papa  se  ne  richiamo  si  con 
un'  allocuzione  in  Concision) ,  e  si  con  una  nota  a  Napoleone.  Ma  il 
nostro  avvtfcato  annienta  un  tal  richiamo  con  due  considerazioni.  La 
prima  e  che  esso  sembrava  fatto  per  semplice  formality  :  Cetle  note, 
comme  I' Allocution  du  Pape,  semblait  ne  renfermer  que  des  reser- 
ves de  pure  forme  4.  Tale  perallro  non  fu  il  giudizio  che  ne  porto 
T  Ambasciatore  francese  Cacault ,  il  quale  rispondendo  al  Cardinale 
Consalvi  disse :  Votre  protestation  va  partir.  Elle  est,  du  reste,  re- 
servee  dans  les  termes ,  et ,  avec  cela,  courageuse  et  assez  deter- 
minee  au  fond.  Noi  sopra  cio  preferiamo  di  tenerci  coll'  opinione  del 
diplomatico  conlemporaneo ,  che  non  con  quella  dell'  avvocato  po- 
stumo.  Del  resto  nell'articolo  precedente,  esaminando  la  relazione 
del  sig.  Langlais ,  abbiamo  mostralo  quanto  sia  assurdo  un  tale 
giudizio. 

I/  altra  considerazione  del  sig.  D'  Est-Ange  e  che  il  rimprovero 
d'  aver  promulgali  gli  articoli  organici  insieme  col  Concordato ,  era 

1  Moniteur  n.  54. 

2  Les  articles  organiques  sont  une  formule,  mais  derriere  eux  il  y  avait  un 
droit  fondamental  superieur  et  anterieur.  Ivi  n.  55. 

3  Ivi  n.  55. 

4  Ivi. 


$  UN  AUSILIARIO  DEL  S1G.  LANGLAIS 

puerile :  Le  reproche  fait  a  la  forme  de  la  promulgation  etait  pue- 
ril  1.  La  taccia  e  grave;  ma  egli  si  mette  di  proposito  a  provarla. 
E  come  la  prova?  Provando  il  contrario,  cioe  che  quel  rimprovero 
non  era  puerile ,  ma  sussistente,  ed  erasussistente  per  la  stessa  ra- 
gione allegata  dal  Papa.  E  di  vero  ,  perche  si  lagnava  il  Papa  di 
quella  forma  di  promulgazione  ?  Perche  essa  poleva  farsupporre  che 
gli  articoli  organici  non  fossero  se  non  la  sequela  naturale  e  lo  svol- 
gimenlo  del  Concordato  religioso.  Ora  ii  sig.  D'  Est-Ange  dice  che 
Napoleone  li  pubblico  insieme  col  Concordato,  acciocche  questo  non 
facesse  cattiva  impressione  negli  avversariidella  potenza  papale:  Elle 
mail  ele  adoptee,  non  pour  faire  passer  les  articles  organiques  au- 
pres  du  Pape,  mais  pour  faire  passer  le  Concordat  aupres  des 
ennemis  de  sa  puissance  2.  Or  come  poleva  otlenersi  im  tal  fine? 
In  quaulo  si  sarebbe  veduto  negli  arlicoli  organici  il  senso  in  che 
doveva  prendersi  il  Concordato,  e  si  sarebbe  creduto  di  trovarvi  una 
legiltima  spiegazione ,  mitigativa  del  medesimo;  il  che  costiluiva 
appunto  la  ragione  per  cui  il  Papa  se  ne  doleva. 

II  Papa  si  querelava  altresi  che  gli  articoli  organici  fossero  stati 
sanciti  senza  suo  concorso.  II  nostro  avvocato  ribalte  quest'  accusa 
con  una  ragione  non  rneno  curiosa  della  precedente.  Egli  dice  che 
questo  concorso  non  era  necessario,  perche  Napoleone  non  inten- 
deva  con  quelli  obbligare  il  Papa,  ma  i  Francesi ,  e  ne  considerava 
la  materia  come  appartenente  al  giro  delle  cose  temporali :  Le  pre- 
mier Consul  ri avail  jamais  pretendu  que  les  articles  organiques 
fussent  un  acte  synallagmatique  ,  un  acte  ay  ant  le  caractere  bila- 
terale  du  Concordat  lui-meme.  II  ny  voyait,  an  moins  en  ce  qui 
concerne  les  bulles  et  les  abus,  que  un  acte  legitime  de  la  puis- 
sance temporelle  3.  Singolar  modo  di  dimoslrazione !  Non  v'era  bi- 
sogno  del  concorso  del  Papa,  perch&  Napoleone  non  lo  credeva  neces- 
sario. Dunque  in  egual  modo  egli  avrebbe  potuto  far  senza  del  Papa 
in  tutli  gli  altri  punli  del  Concordato ,  tanto  solo  che  avesse  portato 
intorno  ad  essi  un  eguale  giudizio.  L'  argomento  a  simili  qui  ha 
tullo  valore.  Irnperocche  non  ci  ha  quasi  punto  in  tutli  i  17  articoli, 

1  Moniteur  n.  55.  —  2  Ivi.  —  3  Ivi. 


UN  AIJSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS  9 

del  Concordato,  che  tocchi  si'da  vicino  la  religione,  come  questi  due 
articoli,  del  placet  e  dell'  appello.  Essi  riguardano  I'indipendenza  del 
potere  legislative  e  giudiziario  della  Chiesa,  die  sono  le  funzioni  piii 
essenziali  della  sovranita.  Se  dunque  il  primo  Console  avea  creduto 
non  potere  per  gli  allri  fare  a  meno  del  Papa,  dovea  credere  il  me- 
desimo  per  questi ;  e  quand'  anche  sopra  un  tal  particolare  si  fosse 
da  prima  ingannato,  dovea  ricredersi  dopo  i  richiami  del  Papa. 

Del  resto  a  convincere  il  sig.  D'  Est-Ange  dovrebbe  bastare  il  giu- 
dizio  di  un  uomo,  di  cui  egli  non  rifmteriSi  ne  1'  autorita  ne  la  com- 
petenza.  £  questi  il  sig.  Cormenin,  il  quale  cosi  parla  del  fatto,  che 
qui  ci  occupa:  «  Non  si  puo  negare  che  un  atto  ulteriore  o  regola- 
mento  speciale  fosse  necessario  per  compire  1'  atto  primitivo  del 
Concordato,  affin  di  mellerlo  in  movimento,  in  esercizio.  Ma  del  pari 
non  si  puo  negare  che  questo  regolamento  non  poteva  ricevere  la 
sua  esecuzione ,  se  non  dopo  essere  slalo  discusso  pel  pro  e  pel 
contra  col  Papa  e  dopo  aver  oltenuto  il  suo  assenso.  Questa  discus- 
sione  aveva  avuto  luogo?  Questo  assenso  era  stato  dalo?  Si  credeva 
general mente,  fino  a  quesli  tempi,  e  da  noi  tulti  pei  primi;  giac- 
che  le  querele  di  Roma  furono  da  principle  temperate  esegrete.  Non 
ci  erano  giornali  in  quel  tempo;  come  polevano  essi  occuparsene? 
L'  Impero  col  mutismo  soffocante  della  sua  oppressione  ci  pass6  so- 
pra. La  Ristorazione  non  diede  al  Clero  agio  di  richiamarsene.  Non 
vi  ebbe  cosa,  fino  al  nome  del  venerabile  e  savio  Portalis,  redaltore 
degli  arlicoli  organici,  la  quale  permettesse  di  mettere  in  dubbio  1'e- 
sistenza  della  ratificazione  non  legislativa  ma  diplomatica  degli  orga- 
nic!.  Ma  la  quistione  essendosi  sollevata  da  poco  tempo,  di  sapere 
se  T  insegnamento  della  dichiarazione  del  1682  obbligasse  i  Ve- 
scovi  per  prescrizione  del  Papa  come  per  quella  del  Governo,  si 
penso  di  rimontare  all'origine  di  questi  articoli  organici  e  di  stu- 
diarne  la  composizione ,  la  forma,  illegame,  i  segni.  Non  era  me- 
slieri  essere  ne  gran  giureconsullo,  ne  gran  diplomatico  per  accor- 
gersi  al  primo  saggio,  cbe  gli  organici  risonavano  una  falsila  e  costi- 
tuivano  una  vera  soperchieria  1 ».  Avete  inteso,  sig.  D' Est-Ange? 

1  Encyclopedic  du  ctix-neuvieme  siecle,  an  mot  CONCORDAT. 


10  UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS 

Non  sono  i  legist!  di  Roma ,  da  voi  gentilmente  chiamati  fanatici  e 
menzogneri  1 ,  ma  e  un  giureconsulto  francese,  un  uomo  del  pro- 
gresso,  che  altamente  dichiara  i  vostri  articoli  organic!,  una  prelta 
soperchieria. 

Senonche  non  lanto  della  soperchieria  si  lagnava  il  Pontefice, 
quanto  dell'  essere  quegli  arlicoli  un  manifesto  attentato  alle  ragioni 
della  Chiesa.  II  nostro  avvocato  non  fa  molto  di  quesla  parte  delle 
doglianze  ponlificie,  ma  indiretlamente  procura  sbrigarsene  colla  di- 
fesa  che  assume  degli  articoli  organic!  per  cio  che  ne  riguarda  il 
fondo,  dimostrando  che  i  due  diritti,  di  placet  e  di  appello  per  par- 
te del  Governo  civile,  non  sono  conlrarii  alle  leggi  della  Chiesa.  Egli 
dice  da  prima  che  essi  sono  frulli  di  dottrina  innata  nella  Fran- 
da  2.  Cio  farebbe  credere  che  ci  sieno  stali  fin  dal  primo  convertir- 
si  di  quella  illustre  nazione  alia  Fede.  Cio  ripugna  alia  storia.  Egli 
dunque  si  risolve  ad  essere  meno  esigente,  e  dice  che  sono  stale 
conquiste  fatte  dai  tempi  di  S.  Luigi  in  qua,  in  vista  delle  ec- 
^essive  pretension!  di  Roma.  Ma  innata  o  acquisita  che  sia ;  come 
prova  il  sig.  D'  Est-Ange  che  essa  non  e  dottrina  conlraria  alle 
leggi  della  Chiesa?  Da  prima  con  alcuni  epiteti.  Imperocche  ricor- 
dando  le  sentenze  degli  antichi  Parlamenti  e  le  requisitorie  degli 
avvocati  general!,  e  accorgendosi  che  1' usurpazione  della  magistra- 
tura  laicale  di  per  se  non  prova  nulla ;  si  sforza  di  accaltar  loro  au- 
torila  cogli  appellativi  di  uomini  venerabili,  savii  e  pii,  fedeli  cat- 
tolici ,  i  cui  nomi  sono  sinonimi  di  onore,  di  scienza  e  di  spirilo 
religioso  3.  Ma  checche  sia  della  scienza  e  dell'onesla  naturale,  il 
certo  e  che  quanto  a  religione  essi  erano  pregrii  infino  alle  midol- 
la  di  giansenismo,  e  ognun  sa  come  il  giansenismo  sapea  ricoprire 
col  mantello  della  pieta  e  della  religione  il  piu  fiero  astio  verso  la 
Chiesa  di  Gesu  Cristo.  II  ricorrere  adunque  a  cosi  falla  autorita,  non 
ostante  quei  magnifici  epileti,  non  prova  nulla.  Essa  al  piu  potra  es- 
sere un  buon  argomento  per  coloro,  i  quali,  come  il  sig.  D'  Est-Ange, 

1  Les  Legistes  du  Pape,  trop  celebres  par  leurs  arguties.  leurs  supposi- 
tions mensongeres,  et  leurs  fausses  decretales Quelque  bouche  fanatiqne 

Moniteur,  num.  54. 

2  Ivi  n.  55.  —  3  Ivi  n.  56. 


UN  AUSILIARIO  BEL  SIG.  LANGLAIS  11 

non  riconoscono  la  bolla  Unigenitus  ;  ma  non  potra  se  non  fare  sor- 
ridere  i  sinceri  caltolici ,  i  quali ,  in  un  colle  allre  eresie ,  abborri- 
scono  T  empiela  giansenistica. 

L'altra  autorita,  che  s' invoca  dal  sig.  D'Est-Ange,  e  quella  dei 
sovrani  di  Francia,  cominciando  da  Luigi  IX;  quasiche  questo  santo 
Re  sia  stato  il  primo  campione  del  placet  e  MVappello.  E  mirabile 
a  vedere  come  il  noslro  avvocato,  benche  in  generale  non  si  mostri 
molto  rispettoso  verso  la  santita;  qui  nondimeno ,  credendo  d'aver 
trovato  un  Santo  che  faccia  per  lui,  si  liquefa  dolcemente  in  una  te- 
nera  devozione :  Notez,  egli  dice,  notez  ce  grand  nom  de  saint  Louis, 
grand  dans  I'Etat,  grand  dans  I'Eglise  1.  Ma  fingiamo  per  poco  che 
S.  Luigi  fosse  caduto  in  quel  fallo ,  che  vorreste  voi  conchiuderne? 
S.  Luigi  fece  una  legge,  colla  quale  ordinava  che  fossero  improntate 
con  un  ferro  rovente  le  labbra  di  chiunque  bestemmiasse.  Approve- 
reste  voi,  sig.  D'Est-Ange,  questa  legge?  La  promovereste  sull'  au- 
torita di  S.  Luigi ,  non  ostante  che  il  Papa  la  biasimasse  2?  Che  se 
ha  lanta  forza  sull'  animo  vostro  1'  autorila  di  un  Santo ;  noi ,  tra  i 
molti  che  vi  potremmo  ricordare,  ne  scegliamo  un  solo  ed  e  S.  Gre- 
gorio  VII.  Anche  noi  vi  preghiamo  di  notare  questo  gran  nome  di 
S.  Gregorio  VII,  grande  nella  Chiesa ,  grande  nel  mondo.  Perche 
dunque  non  accetlate  i  suoi  insegnamenti?  Perche  anzi  lo  meltete  in 
canzone,  recitando  con  disprezzo  quell' esametro  attribuilo  a  lui: 
Petra  dedit  Petro,  Petrus  diadema  Bodulpho  3? 

1  Moniteur  n.  56. 

2  Dans  un  edit  qu'il  publia  contre  le  blaspheme,  il  ordonna  que  les  person- 
nes  coupables  de  ce  crime  fussent  marquees  a"  un  fer  rouge  sur  les  levres.  II 
fit  executer  cette  loi  sur  un  des  principaux  habitants  de  Paris ,  qu'on  avait 
entendu  blasphemer  dans  la  rue....  11  retira  cependant  la  loi,  dont  il  s'agit, 
sur  les  remonstrances  du  Pape  Clement  IV;  et  ay  ant  fait  dans  une  assembles 
de  son  parlement,  tenue  en  1269,  un  discours  sur  I'  enormite  du  blaspheme,  il 
publia  une  nouvclle  loi.,  dans  laquelle  il  ordonna  que  les  blasphemateurs  fus- 
sent  a  I'avenir  condamnes  a  une  amende  pecuniaire,  on  punis  de  la  prison  et 
du  fouet,  suivant  Vespece  de  leur  crime  et  suivant  leur  age  et  lew  qualite. 
—  ROHRBACHER  Hist,  univers.  de  VEglise,  t.  XVIII,  pag.  164. 

3  Qui  1'erudizione  del  sig.  Avvocato  non  fa  del  tutto  buona  figura.  Im- 
perocche  invece  di  Petra  pone  Dens:  Deus dedit  Petro,  Petrus  diadema Ro- 
dulpho;  non  accorgendosi  che  cosi  la  prosodia  del  verso  sarebbe  sbagliata. 


12  UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS 

Senonche  il  nome  di  S.  Luigi  e  arbitrariamente  abusalo  in  lulla 
quesla  faccenda.  Quel  Re  veramente  grande,  non  meno  per  pieta  ver- 
so Dio  che  per  divozione  al  suo  Vicario ,  non  sogno  mai  i  diritti  di 
appello  e  di  placet .  II  sig.  D'  Est-Ange  cita  1'  articolo  quinlo  della 
prammalica  sanzione  attribuila  a  lui ;  ed  e  meravigliosa  la  sempli- 
cita  colla  quale  crede  autenlica  colesta  prammalica,  menlre  accusa 
di  falsila  il  decreto  di  Costantino  in  favore  de'  chierici ,  nonostante 
che  fosse  riportato  da  Eusebio  coevo  di  queH'Imperatore ,  e  si  Iro- 
vasse  registrato  nel  Codice  teodosiano  al  lilolo  2,  del  libro  decimose- 
slo.  Vedete  profondila  di  critica !  Ma  per  lornare  a  noi,  in  prima  1'au- 
tenlicila  di  tulta  intera  quella  prammatica  sanzione,  e  fortemente  ri- 
vocata  in  dubbio  oggidi,  sopra  gravi  argomenli  1.  In  secondo  luogo, 
quand'  anche  si  volesse  tenere  per  autenlica,  quell'  arlioolo  e  eviden- 
temente  interpolato,  e  non  si  legge  nella  vera  edizione  di  essa  pram- 
malica ,  quale  si  Irova  nella  Bibliotheca  Patrum  2.  In  lerzo  luogo 
quand'anche  1'arlicolo  si  volesse  avere  per  genuine,  lutlavia  non  se 
ne  conchiuderebbe  nulla.  Imperocche  esso  non  conliene  altro  se  non 
dei  lamenli  contro  di  Roma  per  le  Iroppo  gravi  imposle,  e  il  divielo 
di  poterle  conlinuare  o  levarne  delle  nuo  ve  senza  il  libero  consenli- 
menlo  del  Re  e  dei  Vescovi ;  il  che  e  ben  poca  cosa  per  rispelto  al- 
1'odierna  pretensione  del  placet  per  lutli  gli  alii  provegnenti  dalla 
Sanla  Sede,  e  non  ha  che  fare  coWappello  3. 

1  Vedi  THOMASSY,  De  la  pragmalique  sanction  attribute  a  saint  Louis. 
Paris  1844. 

2  Deja  sous  saint  Louis  il  avait  paru  une  pragmalique  sanction  (1268)  re- 
produitepar  MUNCH,  a.  a.  0.  pag.  203,  et  par  VILLENEUVE,  TRANS,  Histoire  de 
saint  Louis,  vol.  Ill,  pag.  363.  Mais  cette  piece  porte  des  traces  visibles  d'in- 
terpolations,  et  est,  en  outre,  entachee  d'  invectives  contre  Rome,  qu'il  serait 
difficile  de  mettre  sur  le  compte  du  saint  Roi.  La  veritable  lecon  est  dans  la 
Bibliotheca  Patrum.  Paris,  tome  VI,  col.  1273.  —  Du  Droit  ecclesiaslique  etc. 
par  GEORGES  PHILLIPS,  traduit  par  I' Abbe  Crouzet,  tome  HI,  pag.  191. 

3  Sara  bene  riportare  testualmente  cote  sto  famoso  articolo  ;  quale  si 
legge  nell'istoria  del  ROHRBACHER.  Esso  dice   cosi:  Quant  aux  exactions  et 
aux  charges  tres-pesantes,  soit  imposees  par  la  cour  de  Rome  a  V  eglise  de 
notre  royaumef  par  lesquelles  il  a  ete  miser ablement  appauvri,  soit  cclles 
qtion  voudrait  imposer  dans  la  suite,  nous  ne  voulons,  en  aucune  sorte,  qiion 


UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS  13 

Escluso  S.  Luigi,  restano  i  posteriori  Re  di  Francia,  i  quali  dal 
secolo  decimoquinto  innanzi ,  quando  piii  e  quando  meno  ,  si  arro- 
garono  que'  due  pretesi  dirilti.  Ma  la  loro  autorita  non  prova  piu  di 
quello,  che  provasse  1'  autorita  degli  antichi  Imperatori  di  Germania 
nel  falto  delle  investiture.  Gia  si  sa,  il  potere  laicale,  insofferente  d'a- 
vere  a  fronte  la  potenza  sacerdotale,  ha  in  ogni  tempo  cercato  di  slar- 
gare  i  suoi  limiti  e  di  stendersi  oltre  il  giro  della  propria  giurisdizione. 

Restano  in  fine  i  Vescovi,  con  tanta  cura  citati  dal  sig.  D'Est- 
Ange,  come  connivenli  a  quell'  usurpazione  laicale.  Ma  se  per  lui 
ha  tanta  forza  1' Episcopate  francese  di  altro  tempo,  percbe  non  ne 
ha  niuna  1'  Episcopate  del  tempo  nostro,  che,  come  egli  stesso  con- 
fessa,  non  piu  riconosce  come  legittima  nel  potere  civile  quella  dupli- 
ce  pretensione?  Un  Episcopate  non  ne  vale  un  altro?  Che  se  tra  loro 
vuol  istiluirsi  alcun  paragone,  non  sembrano  al  sig.  D'Este-Ange  piu 
autorevoli  in  questa  materia  i  Prelati  odierni,  tutti  intesi  alle  cure 
del  sacro  loro  ministero  e  al  tutto  mondi  della  polvere  del  secolo, 
che  non  i  Prelati  a  cui  si  appoggia,  in  una  gran  parte  de'  quali  lo  spi- 
rito  corligianesco  prevaleva  sopra  i  doveri  pastorali?  Del  resto  una 
scusa  del  loro  errore  o  della  lor  debolezza  pu6  ripetersi  dalle  condi- 
zioni  sociali  di  que'  tempi.  Allora  lo  Stato  era  intimamente  legato 
colla  Chiesa ,  il  Corpo  del  Vescovi  coslituiva  il  primo  degli  Ordini 
politici,  e  1'  uffizio  del  Principe  laico  era  considerato  quasi  una  con- 
tinuazione  del  sacerdozio  nell'  ordine  civile ,  sicche  se  gli  attribuiva 
perfino  il  titolo  di  Vescovo  dell'  esterno.  E  questa  una  considerazione 
mollo  ovvia ,  la  quale  non  si  vede  come  possa  sfuggire  all'  acume 
dei  politici  d'  oggigiorno.  Irragionevolmente  e  contro  natura  si  vuol 
trasferire  all'  epoca  presente  un  ordinamento ,  che  sebbene  non  giu- 
stificabile,  pure  era  in  qualche  modo  compatibile  nelle  idee,  nei  co- 
stumi,  nelle  relazioni  sociali  di  un'  eta  trapassata.  Se  volete  rimessa  in 
vigore  1'  ingerenza  dello  Stato  nelle  faccende  della  Chiesa,  rimettete 
in  vigore  gli  altri  rapporti  in  che  1'una  era  coll' altro.  Dichiarate 

en  fasse  la  levee,  si  ce  n'  est  pour  une  cause  raisonnable,  pieuse  et  tres-ur- 
gente,  ou  pour  une  veritable  necessite;  et  cela  du  consentement  libre  et  expres 
denousetde  V  eg Use  de  notre  royaume.  —  Histoire  universelle  deTEgli- 
se  etc.  tome  XVIII,  pag.  695. 


14  TIN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  L ANGLAIS 

novellamente  che  Tunica  religione  dello  Stato  e  la  cattolica ;  rivocate 
la  tolleranza  civile  degli  altri  culti ;  restituile  al  Clero  le  sue  anliche 
immunita ,  i  suoi  privilegi ,  le  sue  ricchezze ,  e  sopratlutto  fate  che 
come  corpo  occupi  il  primo  seggio  nelle  assemblee  legislative.  Ma 
finche  voi  non  solamente  non  richiamate  in  vigore  coteste  cose ,  ma 
anzi  le  distruggete  dovunque  ne  resla  una  reliquia  ;  fate  increscere 
bonamente  di  voi ,  quando  di  tutto  il  passato  volete  ritenere  le  sole 
gravezze  imposte  alia  Chiesa,  senza  i  vantaggi  che  in  qualche  modo 
le  compensavano. 

II  sig.  D'  Est-Ange  si  meraviglia  che  la  nuova  attitudine  del  Cle- 
ro sia  cominciata  in  Francia  dalla  Rivoluzione  del  30.  II  suo  stupo- 
re  (ci  perdoni  se  gli  ritorciamo  una  sua  frase)  e  puerile.  Quella  nuova 
attitudine  fu  natural  conseguenza  del  nuovo  aspetlo,  in  che  stabil- 
mente  si  costituiva  allora  lo  Stalo  in  faccia  alia  Chiesa.  La  Ristora- 
zione  del  15  pote  da  principio  illudere  e  poscia,  per  qualche  tempo, 
tener  gli  animi  incerti.  Ma  quando  coll'  esaltazione  dell'  Orleanese  il 
sistema  moderno  sembro  assicurarsi  1'  avvenire ;  la  mutazione  nel 
Clero  fu  inevitabile.  E  di  qui  sempre  piu  si  vede  quanto  mal  ragio- 
natore  sia  il  nostro  avvocato  ;  il  quale ,  dalla  perdita  che  ha  fatto  la 
Chiesa  di  tante  altre  sue  temporal!  prerogative ,  vuol  dimostrare  la 
possibilita  di  acconciarsi  anche  a  questa  servitu  verso  lo  Stato.  Tulto 
il  contrario :  quella  perdita  appunto  rende  oggidi  del  tulto  impossi- 
bile  che  lo  Stato  conlinui  in  quella  sua  intromettenza  ;  la  quale  in 
quelle  prerogative  trovava  T  unico  puntello ,  e  quasi  una  esteriore 
vernice  che  ne  copriva  T  intrinseca  mostruosita. 

HI. 

Dell'  esame  del  diritto. 

II  sig.  D'Est-Ange  comincia  questo  suo  secondo  paragrafo  co» 
due  preziose  confessioni ;  le  quali  confermano  mirabilmente  cio  che 
noi  abbiamo  notalo  da  ultimo  iiel  numero  precedente.  Queste  confes- 
sioni sono:  1'una,  che  le  vantate  liberta  gallicane  non  erano  in  favo- 
re  della  Chiesa  di  Francia ,  ma  bensi  dello  Stato;  1'  altra ,  che  1'E- 


UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  L ANGLAIS  15 

piscopato  e  il  Clero  di  Francia  non  vuol  piii  saperne :  «  lo  vorrei 
evitare ,  egli  dice ,  i  vocaboli  di  liberta  della  Chiesa  gallicana.  Essi 
dspondono  oggidi  a  im  concetto  confuso.  Anche  in  altri  tempi  la 
Chiesa  di  Francia  le  intendeva  in  un  senso  ristretto,  e  i  Parla- 
menli  in  un  senso  largo.  D'  altra  parte  la  Chiesa  presente  sembra 
ricusarle  del  tutto  nonche  nel  senso  largo,  eziandio  nel  ristrelto.  Ma 
le  ripudii  pure  a  suo  senno  ;  esse  tuttavia  resteranno  come  liberta 
dello  Stalo  di  fronte  alia  Chiesa. . .  Non  in  favore  della  Chiesa  esse 
erano  stabilite,  ma  in  favor  dello  Stato  1  » . 

Questo  tratto  e  magnifico  ,  e  richiede  die  noi  ci  soffermiamo  al- 
quanto  a  comenlarlo,  prima  di  passare  oltre.  Senza  dubbio,  e  veris- 
simo  che  la  denominazione  di  liberta  della  Chiesa  gallicana  era  una 
pretta  impostura.  Esse  consistevano  nel  sottrarre  1'  Episcopaio  dalla 
dipendenza  del  Papa,  per  collocarlo  sotto  la  dipendenza  del  Governo 
civile.  II  Governo  civile  adunque,  non  1'Episcopato,  vi  guadagnava. 
L*  Episcopate  anzi,  e  con  lui  tutto  il  Clero,  ne  riceveva  inestimabile 
pregiudizio ;  non  essendoci  pregiudizio  maggiore  per  un  corpo  ge- 
rarchico ,  che  essere  smosso  dalla  legittima  soggezione  al  proprio 
Capo ,  per  venire  sotloposto  all'  influenza  d'  un  principio  straniero. 
Nel  fatto  poi  presente  tan  to  piu  era  deplorabile  un  lal  disordine ,  in 
quanto  esso  costituiva  piu  che  un  inizio  di  scisma  religioso,  comeche 
mascherato  sotto  fallaci  protestazioni  di  rimanere  nell'  unita. 

II  nostro  avvocato  ha  mal  garbo  a  rimproverare  la  Chiesa  di 
Francia  per  essersene  alfin  liberata :  «  Noi  non  parleremo,  cosi  egli, 
delle  liberta  della  Chiesa  gallicana,  giacche  questa  Chiesa  consente 
a  essere  governata  autocralicamente  dal  Papa,  e  i  Vescovi  rinunziano 
alle  loro  prerogative  essenziali  nelle  loro  Diocesi ,  e  trovano  buono 
che  il  Papa  vi  sia  padrone  e  dittatore.  Noi  abbiamo  in  vista  i  dirilti 
dello  Stato,  e  non  i  diritti  della  Chiesa.  E  una  causa  tutta  laica  quella 
che  noi  difendiamo  2  ».  H  sig.  D'Est-Ange  e  veramente  festevole  nel- 
le sue  declamazioni.  Gli  sembra  slrano  che  i  Vescovi  abbiano  per 
diltatore  il  Papa ,  e  non  gli  sembra  strano  ma  naluralissimo  che 
abbiano  per  dittatore  il  Governo  civile!  Egli  sentenzia  che  i  Vescovi 

I  Moniteur  n.  36.  —  2  Ivi. 


16  UN  ADSILIARIO  DEL  SIG.  L ANGLAIS 

ricusando  d'  essere  giudicati  dai  laid,  sotto  pretesto  d'  abuso  del  loro 
ministero,  vengono  a  rinunziare  ai  loro  diritti,  ossia  prerogative  es- 
senziali !  Prezioso  dirilto  per  verita  in  un  Vescovo !  quello  di  essere 
processato;  e,  per  soprassello,  da  laid!  Oh  quanto  e  piu  polente  la 
parola  del  sig.  D'Est-Ange,  che  non  quella  del  sig.  Langlais!  Questi 
Toleva  che  quella  sollomissione  del  Vescovi  al  Governo  fosse  un  do- 
Tere,  quegli  per  contrario  asserisce  che  e  anzi  un  loro  diritto !  £  co- 
me se  aitri  dicesse  che  il  viandante  ha  diritlo  a  farsi  svaligiare  dal 
ladro!  Viva  il  progresso  delle  idee,  merce  la  logica  degli  avvocati. 

I  Vescovi  peraltro ,  i  quali  s'  inlendono  un  poco  meglio ,  che  il 
sig.  D'  Est-Ange,  de'  loro  dirilti  essenziali ,  credono  che  a  mante- 
Derli  saldi  non  ci  ha  via  piu  sicura  che  lenersi  stretli  alia  pietra  fon- 
damenlale  di  tutta  la  Chiesa,  e  che  la  parola  di  Dio  annunziata  per 
bocca  del  suo  Vicario  non  puo  esser  legata  da  veruna  potenza  ter- 
rena.  Ma  veniamo  al  punto,  che  e  qui  da  discutere. 

II  sig.  D'  Est-Ange  richiama  tulta  la  liberta  gallicana  a  due  capi: 
al  placet  ed  &\\'appello : « Le  liberla  dello  Stato,  egli  dice,  per  riguar- 
do  alia  Chiesa  possono  ridursi  a  due  principali :  I.  Alia  proibizione 
di  ricevere  in  Francia  le  Bolle  che  non  abbiano  otlenuto  1'  exequatur 
dal  Governo;  II.  Agli  appelli  come  per  abuso.  Tulto  il  resto  e  d'or- 
dine  secondario  e  deriva  da  questi  diritti,  ma  questi  diritti  sono  ca- 
pitali  1 ».  Or  come  egli  prova  che  quesli  due  diritti  competano  vera- 
mente  allo  Stato?  Qui  propriamente  vien  a  mancargli  la  lena.  In  tutto 
il  suo  discorso  non  sa  fare  altro,  se  non  che  ripetere  meschinamente 
la  celebre  ragione,  gia  recata  dal  sig.  Langlais,  dopo  altri,  del  diritto 
di  difesa  contro  i  possibili  abusi.  La  Chiesa ,  egli  dice ,  avea  molte 
pretensioni  da  parte  di  Roma ,  e  si  altribuiva  molti  diritti  da  parle 
del  Clero,  in  danno  dell'  aulorita  civile.  Come  si  rimedio  a  questi  due 
disordini?  Al  primo  col  placet;  al  secondo  coir  appello :  Par  quel 
may  en  fit-on  tourner  la  chance?  Par  le  droit  sur  la  reception  des 
bulks  et  par  les  appels  comme  d'  abus.  Cy  est  par  ces  deux  droits 
Men  simples  que  les  choses  furent  mises  peu  a  peu  au  iuste  point 
4e  la  raison  2. 

1  Moniteur  n.  56.  —  2  Ivi. 


TIN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS  17 

Molte  considerazioni  qui  si  presentano.  Da  prima,  quest!  due  di- 
rilti  adunque  non  sono  innali,  per  confessione  dello  stesso  D'  Est- 
Ange;  essi  SODO  una  conquista,  com'  egli  stesso  si  esprime,  e  con- 
quisla  di  un  rimedio  contra  di  un  male  1.  Ora,  poiche  questo  male, 
dove  pure  fosse  mai  esislito ,  piu  non  esisle ;  a  che  fine  mantenere 
il  rimedio?  Cessata  la  causa ,  par  che  dovrebbe  cessare  1'  effelto.  II 
sig.  D'Est-Ange  si  muove  da  se  slesso  questa  obbiezione :  Pour- 
quoi,  dil-on,  reconstruire  ties  citadelles  contre  cette  citadelle  deman- 
telee  2?  E  risponde  che  e  una  precauzione  contro  i  casi  possibili; 
giacche,  non  avendo  la  Chiesa  smessi  i  suoi  principii,  potrebbe  darsi 
che  volesse  in  un  lempo  piu  o  meno  prossimo  tornare  alle  antiche 
pretensioni:  Peut-etre  qu  elle  ne  desespere  pas.  Quindi  conchiude: 
Gar  dons  done  nos  arsenaux  el  nos  armes  3.  Ma  lasciando  stare  il 
ridicolo  che  contiene  quest'  idea  d'  un  potente  Impero  ,  sollecito  di 
guardarsi  contro  le  invasion*!  d'  una  potenza  che  non  ha  altra  forza  che 
la  morale ;  lasciando  stare  la  turpiludine  e  la  conlraddizione  d'una 
figliuola  che  si  melle  in  armi  e  in  istato  di  difesa  conlro  la  madre , 
Hell'  atto  stesso  che  si  vanla  di  essere  la  sua  primogenita  e  la  sua 
bene  amata;  lasciando  stare  I'assurdo  di  coslituirsi  permanentemente 
In  islalo  innaturale  di  nimista  verso  un  potere ,  del  cui  aiulo  si  ha 
sommo  bisogno,  ed  al  quale  per  ordinazione  divina  dovrebbe  porger- 
si  tutela  ;  lasciando  stare  1'  imprudenza  che  e  di  alienarsi  1'animo  del 
Clero  e  di  lutli  i  sinceri  cattolici ,  i  quali  non  possono  cerlamente 
guardar  di  buon  occhio  1'oppressione  della  Chiesa  di  Dio;  lasciando 
stare  tulte  queste  e  simili  considerazioni ,  e  venendo  al  fondo  della 
quistione,  diciamo  risolutamente  che  la  coscienza  di  cattolico  vieta 
imperiosamenle  che  si  riconoscano  nello  Stato  quei  due  pretesi  di- 
ritli.  La  ragione  semplicissima  si  e,  perche  in  virtu  di  essi,  il  polere 
laicale  verrebbe  propriamenle  investito  della  supremazia  in  fatto  di 
aulorita  religiosa.  Pel  placet  egli  si  usurperebbe  il  supremo  alto  in 

1  Ces  dbus  devaient  avoir  un  terme.  II  fallait  que  VEtat  rentrdt  dans  son 
droit  et  qu'  il  conquit  son  independance.  II  y  a  travaille  depuis  saint  Louis. 
Num.  56. 

2  Ivi.  —  3  Ivi. 

Serie  VI,  vol  11,  fasc.  361.  2  16  Marzo  1865. 


18  UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  L ANGLAIS 

ordine  al  potere  legislative,  per  Yappello  il  supremo  atto  in  ordine 
at  potere  giudiziario. 

E  vaglia  il  vero ,  se  le  bolle  e  i  decreti  pontificii  non  hanno  forza 
d'obbligare  i  fedeli,  se  prima  non  sieno  assentite  dalla  polesla  civi- 
le; la  polesta  civile  e  quella  che  pone  1'  ultimo  suggello  alia  legge 
ecclesiastica,  e  fa  che  essa  possa  produrre  il  suo  effelto.  In  altri  ter- 
mini ,  la  potestci  civile  e  quella,  la  quale  la  costituisce  propriamente 
legge ;  giacche  la  legge  e  denominata  a  Uganda.  II  Pontefice  vi  eser- 
citera  una  parte ,  ma  una  parte  subordinata ;  giacche  il  suo  giudizio 
sarebbe  effettivamente  riformabile  dallo  Stato.  Lo  Stato  giudicherebbe 
da  ultimo  della  qualila  e  della  bonla  delle  ordinazioni  del  Pontefice 
e  di  piu  della  dollrina  da  lui  insegnata.  Anzi,  orribile  ad  udirsi! 
in  quanto  agli  stessi  dommi  di  fede  lo  Stato  si  arrogherebbe  il  supre- 
mo giudizio ;  giacche  se  egli  e  che  esamina  e  decide  che  una  data 
bolla  e  o  non  e  puramente  dommalica,  esso  e  in  sostanza  che  esami- 
na e  decide  che  la  proposta  dottrina  e  conlenuta  o  no  nel  deposito 
della  rivelazione.  Si  orpelli  come  si  vuole  la  teorica  del  placet,  si 
mascheri ,  si  camuffi ,  a  questo  al  trar  de'  conti  vien  ella  a  ridursi. 
Or  non  si  distrugge  con  cio  fontalmente  1'  economia  divina  della  Chie- 
sa?  Non  si  trasferisce  allo  Stato  la  facolta  di  legare  e  di  sciogliere, 
da  Cristo  data  ai  soli  Apostoli  ?  Non  si  conducono  cosi  i  paesi  catto- 
lici  ad  una  imitazione  piu  o  meno  esplicita  dell'  eresia  anglicana  ? 

Lo  stesso  proporzionatamente  vuol  dirsi  dell'appello  ex  abusu.  Se 
lo  Stato  ha  il  diritto  di  rivedere  le  sentenze  ecclesiastiche ,  sia  per 
richiamo  delle  parti,  sia  per  vigilanza  del  pubblico  ufficiale,  lo  Stato 
e  il  supremo  giudice  delle  medesime.  II  tribunale  della  Chiesa  non 
costituisce  che  un  tribunale  subalterno ,  e,  se  vi  piace,  di  prima  i- 
slanza ;  le  cui  decision!  in  tanto  hanno  valore ,  in  quanlo  non  inter- 
viene  appello  a  un  tribunale  piu  alto.  0  non  chiamate  voi  supremo 
tribunale  di  giustizia  la  Corte  di  cassazione,  il  cui  ufficio  e  appunto 
di  annnllar  le  sentenze  per  ricorso  a  lui  falto ,  sollo  motive  di  non 
essersi  serbate  le  forme  volute  dalla  legge ,  ossia  per  abuso  in  falto 
di  procedura?  Or  quanlo  piu  una  lal  denominazione  di  tribunale  su- 
premo ,  nel  caso  presente ,  meriterebbesi  dallo  Stalo ,  il  quale  col 
suo  giudizio  enlra  nel  merito  slesso  della  causa  e  del  diritto  del  ma- 
gistrato  ecclesiaslico? 


UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS  19 

E  cosi  ecco  spogliata  la  Chiesa  delle  sue  attribuzioni  sovrane ,  e 
delle  prerogative  di  regno ;  anzi  eccola  sottoposta  al  regno  terreno  e 
quindi  privata  della  sua  slessa  divina  origine  :  Regnum  meum  non 
est  de  hoc  mimdo.  Se  la  Chiesa  e  vera  societa  perfelta  nell'  ordioe 
suo ,  se  e  dotata  da  Dio  di  potere  indipendente  dal  secolo ;  indipen- 
denli  dal  secolo  debbono  essere  gli  atti  di  un  tal  potere ,  che  sono 
appunto  il  legislativo,  il  giudiziario,  1'esecutivo.  Ledere,  come  che 
sia ,  coteste  funzioni  e  subordinate  in  parte  almeno  alia  potesta  ci- 
vile, e  un  disconoscere  la  Chiesa  come  societa,  stabilita  tra  gli  uomi- 
iri  divinamente ;  e ,  dopo  cio ,  le  proteste  verso  di  lei  di  venerazione 
e  di  ossequio  sono  o  un'  ipocrisia  o  un  insulto. 

Conclusions. 

A  mirare  profondamente,  questa  faccenda  dei  pretesi  diritti  del 
placet  e  dell'  appello  come  d'  abuso ,  per  parte  della  potesta  tempo- 
rale  ,  e  di  non  minore  importanza ,  che  non  fosse  quella  del  diritlo 
d'  investitura,  arrogalosi  dagl'  Imperatori  alemanni  nel  medio  evo. 
Imperocche  se  quella  pretensione  toccava  1'  indipendenza  della  Chiesa 
Bella  creazione  dei  suoi  magistral!,  il  placet  e  Y appello  tocca  1'  in- 
dipendenza della  Chiesa  nell'esercizio  de'  suoi  fondamentali  diritli 
di  dar  leggeai  fedeli  e  giudicare  conformemenle  ad  esse  leggi.  An- 
zi il  detrimenlo  e  qui  piu  grave;  perocche,  non  si  tratta  di  un  sem- 
plice  fatto  illegittimo,  sanabile  per  esplicito  o  almeno  implicito  as- 
senso  deH'autorila  competente ;  ma  si  tratta  della  sovversione  della 
base  stessa  dell'autorita  ecclesiaslica  in  ordine  al  libero  suo  eserci- 
zio.  Di  piu,  quegli  antichi  Imperatori  si  contentavano  di  ritenere  il 
diritto  d'  investitura ,  come  privilegio  concesso  loro  dalla  Chiesa  ; 
ma  il  diritto  di  placet  e  di  appello  si  pretende  modernamenle  dai 
Governi  come  ragione  essenziale  e  nativa  dello  Stato.  Onde  la  qui- 
stione  non  e  qui  di  fatti  ma  di  principii. 

Cio  posto ,  sorge  spontaneamente  questo  discorso :  Se  la  Chiesa 
non  pole  in  niuna  guisa  tollerare  1'  usurpazione  laicale  per  riguar- 
do  all'  investilura,  e  per  isterparla  dalla  societa  cristiana  non  dubi- 
to  an  dare  incontro  a  persecuzioni ,  a  disastri ,  a  guerre  sterminatri- 


20  EN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS 

ci;  come  puo  sperarsi  che  essa  Chiesa  si  pieghi  giammai  a  consenlire 
questo  non  inferiore  disordine  del  placet  e  dell'  appello?  Ne  si  creda 
che  un  tal  punto  interessi  i  soli  Ecclesiastici ;  esso  interessa  general- 
mente  tulti  i  fedeli;  la  cui  liberla  di  coscienza  richiede  1*  indipenden- 
za  del  ministero  sacro  da  ogni  influenza  del  secolo.  Laonde  non  solo 
Vescovi  e  preti,  ma  quanti  sono  catlolici  ed  hanno  zelo  della  causa 
di  Dio  e  della  Chiesa,  non  possono  non  adoperarsi  a  tult'uomo ,  ac- 
ciocche  la  potenza  terrena  cessi  una  volta  da  quel  funesto  e  sacrilego 
sopruso. 

II  che  i  Governi  sapienti  e  temperati  dovrebbero  fare  da  loro  stes- 
si,  senza  contraslo ;  mossi  da  ragioni  non  solo  di  piela  religiosa  e  di 
giustizia,  ma  eziandio  di  prudenza.  Imperocche  essi  dovrebbero  in- 
tendere  che  1'  osiinarsi  a  conlrastar  colla  Chiesa  in  cio ,  in  cui  la 
Chiesa  non  pu6  condiscendere,  e  sforzo  vano  ;  il  quale  non  produce 
altro  effetto,  se  non  d'  indebolire  lo  Stato  collo  scontento  e  colla  di- 
visione  degli  animi,  senza  neppure  il  conforto  di  riuscir  finalmente, 
come  che  sia ,  nell'  impresa.  Inoltre ,  quella  pretensione  nei  tempi 
presenti,  allese  le  mutate  condizioni  della  sociela  e  de'  suoi  rapporti 
colla  religione,  cade  manifeslamente  in  un  anacronismo,  trasportando 
allo  Stato  moderno  una  vera  anticaglia ,  possibile  solamente  in  altri 
tempi  e  in  altri  costumi.  Piu,  esso  coslituisce  un  fuor  d'  opera,  pre- 
sentando  lo  strano  spettacolo  d'un  corpo  politico,  capace  di  comporsi 
non  solo  di  eretici,  ma  di  giudei  altresi  e  di  atei,  il  quale  segga  giu- 
dice  in  cose  stretlamente  spetlanti  all'  insegnamento  e  al  sacerdozio 
cattolico.  Aggiungete  che  una  legge ,  alia  quale  coloro,  per  cui  e 
fatla,  non  solo  non  si  credono  tenuti  di  obbedire,  ma  si  credono  anzi 
tenuti  di  opporre  una  resistenza  passiva,  manca  dell'  intrinseco  ed 
essenziale  caratlere  della  legge,  che  e  di  obbligar  moralmente.  Co- 
stretto  quindi  il  governante  ad  appoggiarsi  alia  sola  forza  maleria- 
le ,  si  trova  nella  dura  necessita  di  andar  contro  alia  natura  deli'  uo- 
mo;  e  pero  non  e  chi  non  vegga  quanto  sia  improvvido  consiglio, 
nei  tempi  massimamente  della  rammorbidita  civilta  moderna,  Tin- 
cocciarsi  a  sostenere  un  tal  punto. 

Ma  dov'  anche  tulte  queste  considerazioni  mancassero ,  il  solo 
pensiero  della  inutilita  della  legge  persuaderebbe  di  abbandonarla. 


UN  AUSILIARIO  DEL  SIG.  L ANGLAIS  21 

E  mai  possibile  nella  presente  pubblicita  e  liberty  della  stampa 
impedire  che  le  decisioni  di  Roma  vengano  a  notizia  dei  cattolici  in 
qualsiasi  parte  del  mondo?  Diffusa  poi  una  tale  nolizia ,  e  possibile 
impedire  alle  coscienze  il  credersi  obbligate  all'  obbedienza?E  vera- 
mente  curioso  il  sig.  D'  Est-Ange ,  allorche ,  citando  le  parole  colle 
quali  il  Vescovo  di  Beauvais  ricordava  ai  fedeli  che  la  pubblicazione 
fatla  in  Roma  delle  decisioni  e  prescrizioni  pontificie  baslava  per 
obbligare  tutti  quelli  che  ne  venissero  in  cognizione ;  esce  in  rab- 
biosa  invetliva  contra  1'egregio  Prelato,  sostenendo  che  cio  e  falso, 
perche  lo  Stato  non  l'ammelte,  e  1'avvocato  generale  Seguier  ne  ha 
parlato  con  disprezzo :  «  Se  Monsignore,  cosi  egli,  si  fosse  ricordato 
del  nostro  dirilto  pubblico ,  come  si  ricorda  dei  delirii  ollramon- 
tani ,  avrebbe  appreso  dalla  requisitoria  del  sig.  avvocato  generale 
Seguier,  a  proposito  della  bolla  In  coena  Domini,  con  qual  disprez- 
zo questa  dottrina  era  trattata  in  Francia.  Ella  e  tanto  contraria  al 
diritto  de'  Sovrani ,  all'  indipendenza  degli  Stati ,  alle  nozioni  piu 
elementari  sopra  la  promulgazione  delle  leggi  ed  altri  atti  pubblici, 
che  non  ha  bisogno  d'essere  discussa. . . .  0  diremo  che  il  Papa  e  pa- 
drone per  tutto?  che  Roma  e  la  Capitale  di  iutli  gli  Stati?..,.  Si  fatte 
allucinazioni  feriscono  troppo  it  buon  senso  1 ».  II  signor  avvocato 
si  riscalda  troppo  :  si  calmi ;  e  considerando  con  pacato  animo  la  co- 
sa,  vedra  che  le  allucinazioni  sono  dalla  parte  opposla,  non  da  par- 
te di  Mons.  di  Beauvais.  La  requisitoria  del  sig.  Seguier  mostra  sen- 
za  dubbio  il  disprezzo,  onde  1'anzidetta  dottrina  era  accolta  in  Fran- 
cia; ma  sapete  da  chi?  dai  correligionarii  di  esso  Seguier,  ossia  dai 
Giansenisti.  Ora  qui  non  si  tratta  di  cosloro,  si  tratta  sol  di  caltoli- 
ci ;  e  i  catlolici  non  vanno  a  dimandare  agli  avvocali  generali,  ma 
bensi  ai  Vescovi  che  cosa  debba  pensarsi  intorno  alia  promulgazio- 
ne delle  leggi  della  Chiesa.  Le  idee  poi  piu  elementari  di  diritto 
insegnano  che  le  condizioni  di  legittima  promulgazione  non  devo- 
no  determinarsi  da  chicchessia,  ma  bensi  dai  legislatore ;  e  il  le- 
gislatore  delle  leggi  della  Chiesa  e  la  Chiesa,  non  il  Governo  civile. 
Se  dunque  la  Chiesa  slabilisce  che  basta  la  pubblicazione  in  Roma 

1  Moniteur  n.  56. 


22  t:N  AUSILIARIO  DEL  SIG.  LANGLAIS 

del  decreti  pontificii  per  obbligare  lutti  quelli,  che  ne  acquistano  co- 
noscenza;  che  cosa  ha  qui  da  fare  il  Seguier  con  tutta  la  coda  del 
suoi  giansenisti ,  o  il  diritto  pubblico  degli  Stati  secolareschi  ?  Que- 
sli  polranno  stabilire  intorno  alia  promulgazione  delle  proprie  leggi, 
Don  gia  intorno  a  quella  di  un'  autorila  distinta  e  indipendente  dalla 
loro.  Ma  dunque  il  Papa  e  padrone  per  tutto?  Si ;  dovunque  ci  ha 
Chiesa  e  figliuoli  della  Chiesa.  Reca  raeraviglia  al  sig.  avvocato  il 
senlire  die  dovunque  ci  ha  una  sociela,  ci  ha  soggezione  al  Capo 
supremo  della  medesima?0  ignora  che  il  Capo  supremo  della  Chie- 
sa e  il  Papa,  e  che  la  Francia  e  parte  della  Chiesa?  Ma  dunque  Ro- 
ma e  Capitale  di  tutli  gli  Stati  ?  Si ;  in  quanto  essi  sono  catlolici  ed 
hanno  citladini  cattolici.  Non  ha  udito  ancora  il  sig.  D'  Est-Ange  la 
frase,  checorre  per  lebocche  ditutti:  Esser  Roma  la  Capitale  del 
mondo  cattolico?  Ci  ha  forse  qualche  Stato  che  non  sia  parte  del 
mondo,  o  che  sia  catlolico  insieme  e  non  appartenga  al  cattolicismo? 
Ma  lasciando  Y  ira  avvocatesca  del  sig.  D'  Est-Ange ,  e  tornando 
all'argomento,  se  1'obbligazione  ne'  fedeli  d'obbedire  alia  Ghiesa  non 
dipende  dallo  Stato,  se  il  debito  di  tale  obbedienza  stringe  issofatlo 
che  si  conoscano  i  decreti  da  essa  Chiesa  emanati ;  se  lo  Stalo  nel- 
le  presenli  condizioni  della  slampa  e  delle  comunicazioni  sociali  non 
puo  impedire  tal  conoscenza ;  a  che  serve  il  placet  ?  A  che  1'  appel- 
lo  per  non  averne  lenuto  conto?  Non  ad  altro,  crediamo  ,  che  a  dar 
materia  da  ridere  alle  persone  sensate ,  e  porger  destro  agli  avvo- 
cati  officiosi  di  acquistarsi  un  merito  col  Governo,  prendendone  be- 
ne  o  male  le  difese. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

DI   CARLOMAGNO1 


xm. 

Si  conchiude  la  questions  delta  Sovranita  romana  , 
altribuita  a  Carlomagno  Patrizio. 

Tolto  di  mezzo  il  fantasma  dei  due  Patriziali,  che  da  un  testo  mal- 
inleso  del  Codice  Carolino  alcuni  modern!  foggiarono  ad  ingombrare 
di  miove  tenebre  la  storia  romana  del  secolo  VIII ;  noi  possiam  ora 
liberamente  procedere  a  compiere  la  dimostrazione  che  avevamo  co- 
minciata ,  cioe  ad  abbaltere  le  ultimo  difficolla  che  dagli  avversarii 
son  mosse ,  affine  di  mantenere  che  la  Sovranita  in  Roma  e  nello 
Stato  di  S.  Pietro  apparlenesse,  non  gia  al  Papa,  ma  bensi  al  Patri- 
zio de'  Romani ;  che  e ,  siccome  gia  nolammo ,  in  lutta  questa  trat- 
tazione  del  Patriziato  che  abbiam  per  le  mani,  la  questione  capitale. 
Tra  coteste  difficolta ,  dopo  avere  sciolte  in  un  articolo  precedente 
quelle  che  eran  tratte  dal  linguaggio  degli  antichi  autori  e  dei  mo- 
mimenti  slorici ,  e  son  le  piu ,  rimane  ora  che  rispondiamo  a  quelle 
che  si  vorrebbero  dedurre  dai  fatti  medesimi  della  storia ,  vale  a 
dire ,  da  cerli  alti  di  potesla  che  i  Re  dei  Franchi  esercitarono ,  di- 
cesi,  nel  governo  degli  Stati  di  S.  Pietro,  e  che  li  moslrano  in  sem- 
biante  di  veri  Sovrani. 

1  Vedi  il  volume  precedente,  pag.  174  e  segg. 


24  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Ora  non  puo  negarsi  che  cotali  atti,  se  fossero  veri,  avrebbero  peso 
gravissimo  nella  presents  conlroversia;  imperocehe,  sebbene  il  fatto 
non  sia  sempre  pruova  sicura  del  diritto,  e  la  storia  dello  Stalo  pon- 
tificio  porga  ne'  tempi  posteriori  troppo  frequenti  esempii  di  atti  so- 
vrani,  esercitati  da  Re  e  da  Imperalori  senz'  altro  diritto  fuor  di  quel- 
lo  che  puo  dare  un'  usurpazione  prepolente ;  ai  tempi  nondimeno  di 
Pipino  e  di  Carlomagno  ,  di  cui  sappiamo  essere  stata  sincerissima 
la  devozione  e  inalterabile  1'  ossequio  alia  S.  Sede,  non  e  credibile 
che  eglino  mai  si  usurpassero  qui  la  potesta  sovrana  del  comando, 
sequesta  veramenle  loro  non  apparteneva,  e  in  loro  non  era  dai  Pa- 
pi  medesimi  riconosciula.  A7eggiamo  adunque  quali  furono  quest! 
atti;  e,  durante  i  presso  a  cinquanl'anni  che  fiori  il  Palrizialo  dei  Re 
Franchi  in  Italia,  cioe  dal  754  all'800,  e  da  presumere  che  ei  siano 
slali  e  molti  e  splendidi  e  di  evidenza  indubitala  :  anzi,  se  Pipino  e 
Carlomagno  erano  i  veri  Sovrani  di  Roma  e  dell'Esarcato,  dobbiamo 
al  tutto  aspellarci  che  gli  atli  della  loro  Sovranila  ivi  fossero  non  pur 
frequenti,  ma  conlinui,  e  che  i  monumenli,  sian  pure  quanto  si  vo- 
glia  scarsi  ed  oscuri,  di  quell'  epoca,  ce  ne  abbian  serbato  luminose 
memorie,  siccome  le  serbarono  luminosissime  della  sovranila  dai 
medesimi  esercitata  in  Francia  e  negli  altri  Slali  a  loro  indubitata- 
mente  soggetti. 

Se  non  che  ,  qui  appunlo  comincia  la  nostra  maraviglia  ,  qui  la 
nostra  espettazione  si  Irova  fin  dal  primo  passo  stranamenle  delusa. 
Per  quanto  abbiamo  ricercato  ed  esaminato  le  opere  degli  storici  e 
dei  campioni  piu  valenti  e  piu  caldi  a  propugnare  la  Sovranila  ro- 
maua  dei  Patrizii  Caroling! ,  gli  argomenti ,  o  piultosto  gl'  indizii , 
ch'  essi  recano  degli  atti  di  questa  Sovranila,  sono  cosi  scarsa  e  mi- 
sera  cosa,  che  puo  dirsi  un  nulla  ;  e  il  non  aver  eglino  saputo,  per 
quanlo  pureil  bramassero,  trovar  nulla  di  meglio,  e  il  riuscire  che 
fanno  cosi  deboli  e  meschini  in  questo  che  doveva  essere  il  capo 
principale  della  lor  difesa,  ci  sembra  dover  costituire  non  solo  un 
pregiudizio  gravissimo  conlro  la  lor  tesi,  ma  la  prova  piu  eloquente 
dell'  insussislenza  e  falsit&  intrinseca  della  medesima.  Cerlo  e  che  i 
suoi  slessi  difensori  mostrano  accorgersi  e  quasi  vergognarsi  di  tal 
poverta;  e  quindi  dee  spiegarsi  in  gran  parte  non  solo  quella  titu- 


DI  CARLOMAGNO  25 

banza  e  timidezza  di  opinion!  che  in  essi,  e  nel  Muratori  specialmen- 
te,  suol  vedersi ,  ma  eziandio  quel  perpeluo  deplorare  ed  esagerare 
che  fanno  1'  oscurila  dei  tempi  e  la  penuria  dei  monument! ,  riget- 
tando  in  tal  guisa  sulle  tenebre  della  storia  la  colpa  che  e  solo  pro- 
pria  dell'errore  storico  da  essi  difeso. 

Di  Pipino  infatti,  per  lulli  quei  quattordici  anni  ch'egli  fuPatrizio 
dei  Romani,  cioe  dal  754  al  768,  niuno  scrittore,  che  sappiamo,  ha 
mai  potato  recare  in  mezzo  pure  un  sol  fatto  che  accennasse  in  lui 
1'esercizio  dell'aulorita  sovrana  nel  governo  di  Roma  o  di  altra  citta 
pontificia.  Laonde  di  lui  qui  non  ci  accade  dir  altro.  Quanto  poi  a 
Carlomagno,  ecco  1'alto  di  cui  suol  menarsi  maggior  romore,  in  pro- 
va  del  comandare  che  Carlomagno  Patrizio  facea  da  vero  Sovrano 
nello  Stato  di  S.  Pielro,  e  dell'ubbidienza  ch'egli  quivi  riscuotea  sen- 
za  niun  contrasto  non  che  dal  popolo  de'  sudditi ,  ma  dallo  slesso 
Pontefice. 

Essendo  Carlo  adirato  contro  i  Veneziani  (ciofu  verso  1'anno  784) 
mando  ordine  in  Italia  che  si  cacciassero  dalle  terre  di  Ravenna  e 
della  Pentapoli  dov'essi  avean  traffico  ;  del  qual  ordine  fallo  consa- 
pevole  Papa  Adriano,  scrisse  subilo  in  quelle  parti  per  far  eseguire 
la  regia  volonla,  e  comando  all'  Arcivescovo  di  Ravenna  che  facesse 
sgombrare  da  tutto  il  territorio  papale  e  ravennale  i  Veneziani  che 
vi  aveano  stanza  e  possedimenli.  Di  tutto  cio  si  ha  testimonianza 
certissima  dallo  stesso  Adriano ,  il  quale,  in  una  Lettera  del  Codice 
Carolino  1,  dando  relazione  a  Carlo  di  tullo  il  falto,  cosi  gli  scrive: 
Ad  aures  clementissimae  regalis  excellentiae  veslrae  inlimantes  in- 
notescimus ,  quia  dum  vestra  regalis  in  triumphis  victoria  PRAECI- 
PIENDUM  EMISIT,  ut  a  partibus  Ravennae  seu  Pentapoleos  expelle- 
rentur  Venetici  ad  negoliandum,  nos  illico  in  parlibus  illis  emisimus 

VESTRAM  ADIMPLENTES  REGALEM  VOLUNTATEM  ,    WSUper  €t  ad  Af- 

chiepiscopum  praeceptum  direximus,  ut  in  quolibet  territorio  nostro 
et  nostro  iure  sanctae  ftavennatis  ecclesiae  ,  ipsi  Venetici  praesidia 
atque  possessiones  haberent ,  omnino  eos  exinde  expelleret ,  et  sic 
Ecclesiae  suae  iura  manibus  suis  teneret.  Ora ,  da  queste  parole 

1  Bpitt.  LXXXIV,  ediz.  del  CENNI. 


26  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

(cosi  ragiona  il  Muratori)  «  ben  si  puo  dedurre  la  suprema  Signoria 
di  Carlomagno  in  quella  provincia  » ,  giacche  «  qui  si  vede,  che  per 
1'Esarcato  Carlo  coraanda  e  il  Pontefice  ubbidisce  1  ». 

Ottimamente,  noi  rispondiamo;  se  coleste  parole  si  dovessero  pren- 
dere  nel  senso  che  per  avventura  offrono  a  prima  vista  ,  e  in  cui  il 
Muratori  le  ha  tolte  senz'  altro  esame.  Ma ,  alcune  riflessioni  ci  vie- 
tano  di  accettare  colal  senso ,  e  ci  spiegano  il  testo  di  Adriano  in 
modo  ben  di  verso. 

Avvertasi  dunque ,  che  nello  stile  ufficiosissimo ,  usato  da  Adria- 
no con  Carlomagno  in  tutte  le  sue  Lettere ,  la  parola  praeceptum 
ed  altre  simili  che  parrebbero  per  se  importare  comando ,  sovente 
altro  non  sono  che  formole  di  ossequio  e  di  urbanita  squisita ;  sic- 
che  andrebbe  grandemente  errato  chi  le  pigliasse  a  rigor  di  termini. 
II  Papa  chiamava  comandi  i  desiderii ,  le  domande ,  le  insinuazioni 
di  Carlo ;  a  quel  modo  appunto  che  anche  oggidi  nella  conversazio- 
ne e  nel  commercio  epistolare  si  usa  continue  tra  le  persone  civili , 
non  per  allro  che  per  segno  di  rispetto  e  per  mostrare  1'animo 
prontissimo  che  altri  ha,  di  compiacere  e  servire  1'  amico  di  quello 
ch'ei  desidera.  E  che  tal  fosse  lo  stile  di  Adriano,  ne  abbiamo  pruo- 
ve  indubitate  nello  stesso  Codice  Carolino.  Cos! ,  nel  principio  del- 
1'  epistola  LXX1II ,  notiflcando  il  Papa  a  Carlomagno  di  aver  subilo 
dato  di  sua  mano  la  consecrazione  episcopale  a  un  colal  Pietro ,  se- 
condo  che  il  Re  ne  1'  avea  richiesto  per  lettere  dal  medesimo  Pielro 
recate  in  Roma,  usa  la  seguente  formola :  lllico  benignae  voluntatis 
vestrae  MAXIDATA,  sicut  solitisumus,  IMPLEVIMUS.  Or  ecco  anche  qui 
Carlo  che  comanda  e  il  Papa  che  obbedisce ,  anzi  professa  di  esser 
solilo  di  ubbidire  ai  comandi  di  Carlo,  e  di  ubbidire  in  cose  ezian- 
dio  di  potesta  e  giurisdizione  meramente  spiriluale ,  qual  era  il 
consacrare  un  Vescovo.  Ma  deh!  chi  non  vede,  non  doversi  queste 
espressioni  di  comando  e  di  ubbidienza,  mandata  ed  implevimus, 
pigliare  in  senso  lelterale?  Chi  e  che  non  iscorga  subito  in  esse  una 
mera  enfasi  di  cortesia  ossequiosa?  Chi  mai  potra  credere  da  senno 
che  Carlo  in  quelle  lettere  commendatizie  pel  suo  candidate  Pietro, 

1  Plena  esposizione  del  diritti  Imperiali  ed  Estensi  ecc.  Cap.  II. 


DI  CARLOMAGNO  27 

avesse  adoperato  col  Papa  formole  d'  imperio  e  non  anzi  di  supplica 
riverentissima,  quantunque  il  Papa  le  chiami  comandamenti ,  man- 
data  voluntatis  vestrae  ?  In  simil  modo  Paolo  I ,  scrivendo  a  Pipino 
<T  aver  conlentalo  il  regio  messo  Andrea  di  non  si  sa  qual  grazia, 
per  la  quale  il  Re  si  era  fatto  intercessore ,  non  dubila  di  chiamare 
precetto  questa  regia  domanda :  Perficientes  causam  praedicti  An- 
dreae,  ut  eius  fuit  voluntas  et  vestra  extitit  PRAECEPTIO;  e  si  esibi- 
see  nel  tempo  stesso  sempre  pronto  a  fare  ogni  piacere  del  Re  :  Quo- 
mam  omnia  quae  vobis  placita  sunt,  et  nobis  omnino  congrua  et  pro- 
spera  esse  videntur  1 . 1  Papi  non  furono  mai  avari  di  cortesia  e  di  ris- 
petto  verso  i  Principi,  e  si  raostrarono  sempre  prontissimi  a  compia- 
cerli  in  ogni  cosa  che  onestamente  potessero ;  e  do  soprattutlo  con 
Principi  cosi  devoti  ebenemeriti  della  S.  Sede,  quali  erano  Pipino  e 
Carlomagno ;  ma  non  percio  si  debbono  pigliare  alia  leltera  le  es- 
pressioni  di  ossequio  e  di  servitu  che  essi  adoperano,  e  mollo  meno 
sopra  cosiffatte  espressioni  piantare  teorie  e  sislemi,  e  fondare  dirit- 
ti  e  signorie  sovrane. 

Da  tullo  cio  deduciamo  che ,  nella  Lettera  di  Adriano  a  Carlo , 
quand'anche  si  concedesse  (e  potrebbe  non  senza  probabil  ragione 
negarsi)  che  quell'  indeterminato  praecipiendum  emisit  debba  inten- 
dersi  di  un  praeceptum  indirizzato  da  Carlo  al  Papa  slesso,  non  pe- 
ro  mai  potrebbe  inferirsene  che  Carlo  avesse  dato  al  Papa  un  vero 
comando,  a  maniera  di  Sovrano,  ne  che  il  Papa,  con  quel  suo  adim- 
plentes  regalem  voluntatem ,  professasse  di  aver  compiuto  un  atto 
doveroso  di  ubbidienza,  a  maniera  di  suddito  o  di  vassallo.  La  sola 
cosa,  che  potrebbe  inferirsi,  sarebbe,  avere  Carlo  significato  al  Papa 
il  suo  desiderio ,  ch'  ei  facesse  sgombrare  i  Veneti  anche  dall'  Esar- 
cato  e  dalla  Pentapoli ,  ed  il  Papa  avere  di  buon  grado  aderito  a 
questo  desiderio,  ch'  ei  per  sola  cortesia  chiamava  precetto.  Quindi 
cade  a  terra  tutto  1'  argornento  del  Muratori ;  e  riesce  al  tulto  fallace 
la  deduzione  ch'egli  ne  traeva  in  pro  della  Signoria  suprema  di  Car- 
lomagno nell'  Esarcato.  II  suo  sofisma  consiste  nell'  avere  interpre- 
tate  con  rigor  legale  due  frasi  ufficiose  di  Adriano,  e  scambiato  una 


28  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

espressione  di  mera  genlilezza  per  ricognizione  aulentica  di  un  dirit- 
to  politico.  Che  direste  voi  di  chi  citasse  un  amico  al  tribunale  e  pre- 
tendesse  di  esercitare  sopra  di  lui  diritlo  rigoroso  di  padronanza,  sol 
perche  quegli  appie  d'  una  leltera  gli  si  e  protestato  servitore  ubbi- 
dientissimo?  Ora  lo  stesso  dee  dirsi  di  chi  presentando  al  tribunale 
della  storia  la  letlera  di  Adriano ,  dalle  frasi  di  essa  sopra  riferile 
pretende  di  inferire  che  nell'  Esarcato  Adriano  ubbidiva  ai  coman- 
di  di  Carlo,  come  di  suo  vero  Sovrano. 

Del  resto,  a  ben  intendere  1*  intero  di  questo  falto  e  dileguare  le 
false  interpretazioni  che  altri  potrebbe  dargli ,  giova  entrare  piu  a 
denlro  nelle  condizioni  del  medesimo,  le  quali  ci  vengono  indicate  e 
da  altre  fonli  storiche  e  da  questa  Lettera  medesima  di  Adriano. 
Ball'  una  parte  Carlomagno  siccome  Patrizio,  cioe  Difensore  di  tutto 
lo  Stato  di  S.  Pietro ,  slendeva  la  sua  au  tori  la  prolettrice  anche  so- 
pra T  Esarcato  e  la  Pentapoli;  eppercio  non  dee  fare  niuna  meravi- 
glia  ch'  egli  s'  ingerisca  negli  affari  di  queste  province,  e  si  adoperi 
a  cacciarne  i  Irafficanti  Veneti.  Dall'  altro  lato,  qual  che  si  fosse  la 
ragione  che  mosse  Carlo  a  prendere  contro  i  Veneti  cosi  severo  prov- 
vedimento,  ella  doveva  essergli  dellata  da  un  risguardo  d'  inleresse 
generate,  che  comprendeva,  insieme  cogli  Stati  suoi  proprii  del  Re- 
gno  italico,  anche  gli  Stati  della  S.  Sede.  II  Muratori  opino  che  ei  si 
conducesse  a  tal  atto,  perche ,  essendo  i  Veneziani  o  di  pendent!  dal 
greco  Imperatore ,  o  suoi  collegati ,  Carlomagno  li  aveva  in  sospet- 
to  di  nemici  che  attentassero  al  suo  Regno  d'  Italia  1.  Ma  forse  e 
piu  verisiraile  la  senlenza  del  Leo  2 ,  che  Carlo  volesse  espulsi  da 
tutti  i  dominii  d'  Italia  i  mercatanti  Veneti,  affine  di  sradicare  dalla 
penisola  1'  infame  traffico,  ch'  essi  da  gran  tempo  faceano ,  di  schia- 
\i  crisliani ,  vendendoli  ai  Saraceni  di  Affrica  e  di  Oriente  3.  Pero, 

1  Annali  d'ltalia,  a.  784. 

2  Storia  degli  Stati  italiani  ecc.  Lib.  Ill,  Capit.  I,  §.  IV. 

3  Nella  vita  di  Papa  Zaccaria,  presso  ANASTASIO  ,  si  legge  come  in  Roma 
stessa  piiimercanli  Veneti  essendo  venuti  a  fare  incettadi  schiavi  da  vendere 
in  Affrica,  il  Papa,  risaputolo,  ne  fece  incontanente  severissimo  divieto,  e 
ricompro  egli  medesimo  a  liberta  gli  schiavi,  sborsando  ai  mercanti  il  prezzo 
a  cui  li  aveano  comprati.  Ma  questi  continuarono  altrove,  per  1'  Italia  e  fuori, 


DI  CARLOMAGNO  29 

o  si  ammella  1*  una  o  1'allra  di  queste  ragioni,  o  anche  1'  una  e  1'al- 
tra  insieme ,  egli  e  chiaro  che  cotesta  proscrizione  de'  Veneti,  ad  ot- 
tenere  lo  scopo,  doveva  esser  fatta  non  solo  negli  Stati  di  Carlo,  ma 
in  pari  tempo  in  quei  del  Papa  e  special mente  nelle  province  di  Ra- 
venna e  della  Pentapoli,  le  quali  eran  quasi  incastrate  negli  Stati  di 
Carlo,  e  con  tanta  distesa  di  riviera  sull'  Adriatico  porgeano  como- 
dissima  scala  al  traffico  della  vicina  Venezia  ,  ed  alle  imprese  che  i 
Veneti  coi  Greci  per  avventura  macchinassero  contro  il  Regno 
d'  Italia. 

Quindi  si  spiega  e  la  premura  di  Carlo  per  discacciare  i  Veneti 
dal  Ravennate  e  dalla  Pentapoli,  e  la  prontezza  del  Papa  nel  secon- 
dare  in  cio  i  voleri  del  suo  Patrizio.  Quella  era  dettata  al  Re  Palri- 
2io  non  pure  dall'  interesse  del  proprio  regno,  ma  eziandio  dall'uffi- 
cio  del  suo  Patriziato  che  grimponea  di  vigilare  alia  sicurezza  degli 
Stali  papali;  e  quesla  al  Pontefice  Sovrano  era  consigliata  dall'evi- 
dente  onesta  e  opporlunita  del  proposlo  provvedimento.  Laqual  evi- 
denza  dove  fosse  mancata,  non  e  punto  a  dubitare,  che  Adriano  invece 
di  adimplere  la  volonla  del  Patrizio,  le  si  sarebbe  fermamente  oppo- 
slo;  siccome  veggiamo  aver  falto  in  altri  casi  nell' Esarcalo  mede- 
simo,  cioe  quando  Carlo  voleva  immischiarsi  nell'elezione  dell'Arci- 
vescovo  di  Ravenna  1,  e  quando  parea  favorire  o  ascollare  troppo 
facilmente  gl'indebiti  ricorsi,  che  alcuni  turbolenti  Ravennaii  a  lui 
faceano  in  dispregio  deH'autorila  sovrana  del  Papa  2.  Ma  nel  caso 
presente,  giuslissimo  essendo  il  volere  del  Patrizio,  il  Papa  non  solo 
vi  aderi  senza  indugio,  ma  si  tolse  egli  stesso  la  briga  di  farlo  pron- 
tamenle  recare  ad  esecuzione,  come  suo  proprio.  Percio  spedi  tosto 
gli  ordini  opporluni  in  quelle  contrade:  Illico  in  partibus  illis  emisi- 
mus,  vestram  adimplentes  regiam  voluntatem,  e  scrisse  all'Arcivesco- 
vo  di  Ravenna,  il  quale  era  cola  come  il  luogotenente  del  Papa,  che 

il  sozzo  commercio;  e  non  ostante  le  leggi  conlro  esso  fulminate  da  Carlo- 
magno,  lo  veggiamo  fiorente  nel  secolo  IX  e  nel  X,  tanto  che  i  Dogi  e  la 
R  pubblica  dovettero  piii  volte  punirlo  con  severe  leggi,  secondo  che  narra 
il  DANDOLO  nella  sua  Cronaca,  presso  il  MURATORI,  Rer.  Ital.  SS.  T.  XII, 
p.  186,  e  p.  206. 

1  Vedi  I'Epist.  XCIV  del  COD.  CAROL,  presso  il  CENNI. 

2  Ivi,  Epist.  XCY1II. 


30  IL  PATRJZIATO  ROMANO 

desse  egli  medesimo  lo  sfratto  a  tutli  i  Veneziani,  non  solo  dai  ter- 
rilorii  apparlenenii  immedialaraenle  alia  sua  Cbiesa  di  Ravenna,  ma 
da  tulto  il  territorio  papale  :  In  quolibet  territorio  noslro,  et  nostro 
iure  sanctae  Ravennatis  Ecclesiae ....  omnino  eos  exinde  expelle- 
ret,  et  sic  Ecclesiae  suae  iura  manibus  suis  teneret. 

Ora,  se  raal  non  ci  apponiamo,  questa  sollecitudine  medesima  del 
Papa  e  le  frasi  ch'egli  adopera  nel  darne  ragguaglio  a  Carlo,  mo- 
slrano  la  sua  vigilante  gelosia  nel  cuslodire  salvi  e  interi  i  diritti 
della  sovranila  della  S.  Sede  nell'  Esarcato.  Pare  ch'  egli  lemesse, 
cio  che  nori  era  improbabile  ad  accadere,  che  gli  ufficiali  e  i  messi 
Franchi,  abusando,  come  talora  faceano,  dell'autorita  e  del  nome  di 
Carlo  (e  appunlo  nella  medesima  Lettera  il  Papa  si  lagna  con  Carlo 
delle  usurpazioni  e  violenze,  commesse  a  quei  di  nel  Ravennate  dal 
Duca  Garamanno,  regio  messo),  ovvero  impazienti  di  vedere  adem- 
piule  le  volonta  del  loro  Principe,  non  s'intromettessero  di  eseguir 
essi  medesimi  lo  scacciamento  dei  Veneli,  che  doveva  esser  fatto 
dalle  potesla  ordinarie  del  luogo,  cioe  dagli  ufficiali  pontiflcii.  Quel 
notare  espressameute  che  Ravenna  e  la  Pentapoli  eran  lerrilorio  pa- 
pale,  e  non  Franco:  In  territorio  nostro  et  nostro  iure;  quello  scri- 
vere  di  avere  ordinato  all'Arcivescovo  che  si  adoperasse  egli  slesso 
a  fare  sgombrare  i  proscrilti,  per  cosl  mantenere  inviolali  i  dirilti 
della  sua  Chiesa :  Et  sic  Ecclesiae  suae  iura  manibus  suis  teneret; 
son  chiare  insinuazioni,  le  quali  voglion  dire,  che  il  diritto  di  esclu- 
dere  i  Veneti  da  quelle  terre  apparteneva  solo  al  Papa,  siccome  so- 
vrano  delle  terre  medesime,  e  ai  ministri  che  da  lui  ne  ricevessero 
il  comando,  e  che  la  volont^i  del  Palrizio,  in  una  materia  soprattutto 
che  tbccava  si  dappresso  le  prerogative  proprie  della  Sovranita,  non 
poteva  ricevere  legittimo  adempimento,  se  non  in  quanto  ella  veni- 
va  autenticata  dal  consenso  e  dal  comando  espresso  del  Sovrano. 

Dalle  cose  fin  qui  ragionate  ci  par  chiarilo  abbaslanza  quanto  sia 
debole  e  fallace  1'argomento  del  Muratori,  e  quanto  lontana  dal  vero 
F  interpretazione  ch'  egli  ha  dato  alle  parole  di  Adriano.  La  Sovra- 
nita ponlificia  nell'Esarcato,  della  quale  le  altre  Leltere  del  medesi- 
mo Adriano  contengono  si  cospicui  document],  non  riceve  al  certo 
niuna  lesione  ue  dalle  formole  adoperate  in  questa  dal  Papa,  ne  dal 
fatto  del  discacciamento  dei  Veneti,  ivi  menzionato.  E  cosi  veramen- 


DI  CARLOMAGNO  31 

te  intesero  il  falto  e  la  Lettera  non  solo  il  Cenni  l,  e  recentemente 
ii  Cappellelti  2,  ma  anche  il  Leo  3,  r  Hegel  4  e  il  Savigny  5,  autori 
cerlo  non  sospetti  di  favoreggiare  soverchiamente  la  potesla  sovrana 
de'  Papi.  Essi  ammettono  bensi,  che  Adriano  condiscese  in  cio  ai 
desiderii  di  Carlomagno,  ma  non  iscambiano  la  condiscendenza  per 
un  atlo  di  soggezione  polilica ;  essi  dicono  che  Carlo,  per  mezzo  del 
Papa,  consegui  nell'Esarcato  il  suo  intento  conlro  i  Veneti,  ma  con 
cio,  ben  lungi  dal  credere  che  Carlo  la  facesse  da  Sovrano  nell'E- 
sarcato, mostrano  anzi  d'  intendere  tutto  1'opposto,  giacche  se  aves- 
se  voluto  operare  egli  da  Sovrano,  non  accadeva  che  invocasse  in 
tal  faccenda  1'  intervento  del  Papa. 

Confutato  in  tal  guisa  il  principale  argomenlo,  che  gli  avversarii, 
affine  di  provare  dagli  alti  medesimi  di  Carlo  ia  sua  Sovranita  nello 
Stato  di  S.  Pietro,  sogliono  meltere  in  campo,  non  vale  quasi  il 
pregio  che  ci  fermiamo  a  parlare  dei  rimanenti.  II  Muratori  accen- 
na  6  fra  questi,  la  ribellione  dell'Arcivescovo  di  Ravenna,  Leone,  e 
il  brigare  che  questi  fece  presso  Carlomagno  per  ottenere  il  dominio 
dell'  Esarcato,  togliendolo  alia  S.  Sede ;  ma  vedremo  fra  breve,  co- 
testa  ribellione  dimostrar  tult'  altro,  e  sonaministrare  anzi  uno  dei 
piu  splendidi  documenti  in  favore  della  Sovranita  posseduta  dai  Papi 
neir  Esarcato,  anche  prima  di  Adriano.  Altrove  egli,  interpretando 
la  Leltera  77. a  del  Codice  Carolino  7,  sembra  insinuare  che  quel  Du- 
ca  Garamanno,  di  cui  abbiamo  poc'anzi  fatto  menzione,  fosse  invia- 
to  dal  re  Carlo  nell'Italia  romana,  per  correggere  molti  abusi  e 
massimamente  il  mercato  che  si  faceva  degli  schiavi  crisliani  8; 
ma  il  vero  e,  che  gli  abusi,  di  cui  parla  quella  Lettera,  de  captiva- 

1  Nelle  note  all'  Epist.  LXXXIV. 

2  Storia  di  Venezia,  Lib.  I,  Cap.  27. 

3  Luogo  sopra  citato. 

4  Storia  della  costituzione  dei  Municipii  italiani  ecc.  ediz.  italiana.  Milano 
e  Torino,  1861  —  a  pag.  166. 

5  Storia  del  Diritte  Romano  nel  medio  evo,  Lib.  I,  Cap.  V,  art.  VII;  dove 
egli  nega  gerieralmente  la  Sovranita  di  Carlo  nell'Esarcato  ai  tempi  di  cui 
•parliamo,  e  ne  attribuisce  al  Papa  la  piena  signoria. 

6  Annali  d' Italia,  a.  783;  Piena  Esposizione  ecc.  Cap.  II. 

7  Cioe  la  LXXXa  del  Cenni. 

8  Annali  d'  Italia,  a.  784  e  785. 


32  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Hone  hominum  et  de  aliis  illicitis  causis  quae  a  prams  perpetrantur 
hominibus,  non  si  riferiscono  agli  Stati  pontificii,  ma  a  quei  cli  Car- 
lo •  e  nella  Lettera  non  si  accenna  punto  che  Garamanno  fosse  man- 
dato  in  Italia  a  correggere  abusi,  ma  egli  apparisce  solo  incaricato 
di  raccomandare  alia  clemenza  del  Papa  un  colal  Giovanni,  monaco 
visionario,  il  quale  avea  fatte  al  Re  certe  rimostranze  impertinent! 
sopra  quegli  abusi  che  sono  nella  Lettera  indicati.  Che  se  in  altra 
Epistola  1  veramente  leggesi,  essere  stati  i  Romani  accusati  presso 
Carlo  di  vendere  schiavi  ai  Saraeeni,  e  lo  zelante  Patrizio  averne 
mosso  doglianzecol  Papa;  niuno  certo  vorra  da  queslo  inferire,  che 
Carlo  comandasse  al  Papa ,  quasi  a  suo  suddito ,  o  presumesse  di 
farla  da  Re  negli  Stati  romani :  siccome  d' altra  parte,  lo  smentire 
che  ivi  fa  il  Papa  quelle  false  accuse,  giustificando  se  medesimo  e  i 
suoi  Romani,  la  cui  riputazione  veniva  dai  malevoli  si  indegnamente 
denigrata  alia  Corte  di  Carlo,  non  puo  per  fermo  pigliarsi  per  pruo- 
va  che  il  Papa  riconoscesse  Carlo  per  suo  Sovrano. 

Del  rimanente,  chi  voglia  intendere  il  vero  significato  di  questi  od 
altri  atli  somiglianti  di  Carlomagno,  e  chiarire  quell' apparenle  con- 
fusione  di  poteri  che  a  primo  aspetto  da  essi  sembra  nascere  nel 
Governo  dello  Stalo  di  S.  Pielro,  non  dee  mai  perdere  di  vista  la 
condizione  singolarissima  in  cui  era  queslo  Stalo,  e  Y  inlima  rela- 
zione  che  correva  tra  il  Ponteflce  suo  Sovrano  e  Carlomagno,  il 
quale  era  a  un  tempo  stesso  Re  dell'  Italia  longobarda  e  Patrizio , 
doe  Difensore,  dell' Italia  romana.  Secondo  il  linguaggio  continuo 
del  Codice  Caroline  ,  il  Papa  e  il  Re  prendevano  a  petto  come  pro- 
prie  le  cause  Y  un  dell'  altro  :  Quia  causa  veslra  nostra  sit,  et  nostra 

1  t  Y  Epistola  LXIV,  in  cui  Adriano,  rispondendo  a  Carlo,  scrive:  Repe- 
rimus  etiam  in  ipsis  vestris  mellifluis  apidbus  de  venalitate  mancipiorum,  quasi 
per  nostros  Romanos  venundati  fuissent  genii  nefandae  Saracenorum;  sed 
nunquam,  quod  absit,  in  tale  declinavimus  scelus,  autpernostram  volunlatem 
factum  fuit;  sed  in  liltoraria  Lang  obardorum  semper  navigaveruntnec  dicendi 
Graeci,  et  exinde  emebant  ipsam  familiam,  et  amicitiam  eum  ipsis  Langobar- 
dis  fecerunt,  et  per  eosdem  Longobardos  ipsa  suscipiebant  mancipia,  etc. 
Notisi  inoltre,  che  questa  Epistola  e  di  circa  sei  anni  anteriore  aH'aHra  in  cui 
si  parla  di  Garamanno  e  del  monaco  Giovanni:  la  prima  essendo  del  778,  e 
la  seconda  del  784,  secondo  gli  accurati  computi  del  Cenni.  Laonde  ncn  pu6 
ammettersi  Ira  1'una  e  Valtra  quella  connessione,  che  al^Muratori  placque. 


DI  CARLOMAGNO  3$ 

veslra  1 ;  i  nemici  dell'  uno  erano  riputali  nemici  anche  deir  allro  : 
Inimici  beati  Petri  alque  nostri,  sen  vestri  2  ;  inimici  beati  Petri  et 
vestri  3  ;  i  fedeli  di  S.  Pietro  eran  fedeli  anche  di  Carlo  e  \iceversa : 
Nostri  veslrique  fideles.  . .  fideliler  servientes  vobis  nobisque  4;  i 
servigi  e  gl'  interessi  del  Papa  erano  anche  servigi  ed  interessi  di 
Carlo :  In  servitio  beati  Petri  et  vestro  atque  nostro  3,  siccome  le 
viltorie  e  le  prosperita  di  Carlo  tornavano  tali  anche  pel  Papa :  Vestra 
exaltatio  nostra  est  laetitia  6.  I  mutui  vincoli  perlanto  di  quest' ul- 
tima alleanza,  originati  dal  Patto  patriziale,  la  comunanza  degl' inte- 
ressi religiosi  e  politici ,  ed  oltre  a  cio  1'amore,  la  stima  e  quindi 
la  fiducia  reciproca  che  legava  quelle  due  grand' anime  di  Adriano  e 
di  Carlo,  facean  si  che  talvolta  quasi  scomparisse  tra  loro  quella  di- 
slinzione  rigorosa  di  poteri  e  dirilli,  di  cui  soglion  essere  cosi  gelosi 
i  Principi,  e  davan  luogo  a  una  ingerenza  promiscua  nel  Governo  dei 
rispettiYi  loro  Stall,  la  quale  in  altri  sarebbe  stata  sopruso  e  usurpa- 
zione ,  ma  in  essi  era  consentita  dal  comune  accordo  cue  streltissi- 
mamente  li  legava.  Quindi  e  che,  siccome  il  Papa  lasciava  al  suo 
fecfel  Patrizio  larghissima  balia  nello  Stato  della  Chiesa,  e  gradiva 
che  egli  ne'  suoi  Regni  la  facesse  poco  men  che  da  Vescovo  e  Legato 
pontificio ;  cosi  anche  Carlo  concedeva  al  Papa  autorita  grandissima 
nel  temporal  governo  dell'  Italia  longobarda.  Se  dall'  una  parle  Carlo 
ordinava  che  si  cacciassero  i  Yeneti  daU'Esarcato  e  dalla  Pentapoli , 
dov'  egli  era  pure  Patrizio ;  dall'  al  tra  Adriano  mandavaordini  in  To- 
scana  al  Duca  Allone  di  allcstire  navi  contro  i  Greci  che  corseg- 
giavano  le  acque  del  Tirreno,  infestando  le  cosle  longobarde  in  cerca 
di  schiavi  italiani  da  vendere  poi  ai  Saraceni  7 ;  dal  qual  fatto  giu- 

1  Epist.  LXXIX.  Sono  parole  di  Carlomagno,  ripetute  e  confermate  da 
Adriano  nel  rispondergli. 

2  Epist.  LXl. 

3  Epist.  LXXVI. 

4  Epist .  XCV.  Cf.  Epist.  LIX. 
3  Epist.  LXYI. 

6  Epist.  LXIV  ecc. 

7  Epist.  LXIY:  DIREXIMUS  exinde  Alloni  Dud,  ut  praepararetplura  navi- 
•  gia  et  comprehenderet  iam  dictos  Graecos  et  naves  eorum  incendio  concrema- 

ret;  sed  noluit  TTOSTRIS  obtemperare  MANDATES  etc. 
Serie  VI,  vol.  II,  fate.  361.  3  20  Marzo 


34  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

stamenle  argomenlo  lo  stesso  Muratori  ,  «  tal  essere  stata  la  fidanza 
di  Carlomagno  in  Papa  Adriano,  che  gli  dava  ancora  una  specie  di 
soprintendenza  sopra  1'  Italia  tutta,  certo  essendo,  che  la  Toscana  , 
dove  il  Duca  Allone  comandava,  non  era  dipendente  dalla  tempo- 
ral giurisdizione  del  Papa  1  ».  Parimente,  se  il  Papa  consenliva  che 
i  sudditi  di  S.  Pietro  sotlo  certe  condizioni  ricorressero  per  sercar 
giustizia  al  tribunale  di  Carlo,  che  del  resto  come  loro  Patrizio  aveva 
ufficio  di  proteggerli  ;  Carlo  altresi  commetteva  al  Papa  piena  pote- 
sta  di  giudicare  in  cause  gravissime  di  Stato  i  sudditi  delle  province,. 
dove  Carlo  era  cerlamente  sovrano  ;  e  tal  fu  la  causa  di  Potone,  Ab- 
bate  di  S.  Vincenzo  al  Volturno,  il  quale  accusato  da  alcunisuoi  mo- 
naci  a  Carlo  di  lesa  maesta,  fu  rimesso  da  Carlo  al  giudizio  del 
Papa,  e  dopo  il  solenne  processo  fattone  in  Roma,  trovato  innocente. 
fu  per  sentenza  del  Papa  assolto  e  ritornato  nella  grazia  del  Monar- 
ca  2.  Ed  a  quella  guisa  che  il  Papa  benignamente  ascoltava  e  ri- 
spondeva  alle  doglianze  di  Carlo  contro  i  sudditi  pontificii  pei  disor- 
dini  ,  veri  o  falsi,  ond'  erano  accusati  ,  non  e  punlo  a  dubitare  che 
Carlo  in  egual  modo  accogliesse  le  querele  che  di  tratto  in  tratto* 
Adriano  moveagli  contro  i  suoi  Messi  e  i  suoi  Duchi  in  Italia  3. 

Ma,  per  non  dedurre  piu  a  lungo  questo  riscontro,  siccome  da 
questi  atti  del  Papa  sarebbe  fallacia  grandissima  1'  inferire  che  egli 
avesse  o  si  arrogasse  potesta  di  sovrano  temporale  negli  Stati  di 
Carlomagno  ;  cosi  dagli  atti  somiglianti  di  Carlo  e  assurdo  il  con- 
chiudere  ch'  ei  fosse  Sovrano  negli  Stati  del  Papa.  La  polesta  Palri- 
ziale  del  Re  de'  Franchi  e  1'  intima  sua  unione  col  Papa,  soprab- 
bastano  adar  piena  ragione  di  quei  pochissimi  falti,  dai  quali,  tra- 
visati  per  soprassello  con  quelle  arbitrarie  e  storte  interpretazioni 
che  sopra  vedemmo  ,  allri  han  voluto  provare  che  Carlomagno,  e 
non  il  Papa,  fosse  il  vero  Sovrano  nelle  terre  di  S.  Pietro  4.  Ollre 


a.  785. 

2  Epist.  LXXVIII  e  LXX1X. 

3  Epist.  LYI,  LXXXI,  LXXXIV  ecc. 

4  Anche  il  SAVIGNY,  nel  luogo  sopra  citato,  nota  contro  il  MURATORI,  che 
essendo  il  Re  Franco  a  que'  di  il  solo  appoggio  temporale  del  Papa,  e  perci<> 
al  Papa  indispensabile,  «  questo  riflesso  puo  dar  ragione  di  molte  circostan- 
ze,  che  falsamente  si  sono  tenute  per  un  segno  di  sovranita  ». 


DI  CARLOMAGNO  35 

di  che ,  qualunque  forza  voglia  pur  darsi  a  queste  lor  prove,  elle 
vengono  interamente  elise  dall'  evidenza  di  altri  fatti ,  che  sono  con 
quella  pretesa  sovranita  di  Carlo  inconciliabili.  Qui  non  ripeteremo 
gli  argomenli  che  gia  recammo  in  altri  articoli,  dove  dagli  atli  ap- 
punto,  che  essenzialmente  son  proprii  della  Sovranila,  abbiamo  dimo- 
strato  chi  fosse  nello  Stato  di  S.  Pietro  il  vero  Sovrano  ^ ;  ma  bensi, 
quasi  a  maniera  di  appendice  e  di  conchiusione  alia  presente  con- 
troversia,  ricorderemo  due  altri  fatli ,  ciascun  dei  quali  in  modo 
splendido  altesla,  1'uno  per  Roma,  1'altro  per  Ravenna,  che  eran  le 
due  Capital!  dell'  Italia  pontificia,  il  solo  Papa  essere  ivi  slato  ii  vero 
Sovrano,  e  come  tale  averlo  riconosciuto  Carlomagno  medesimo. 

Quanto  a  Roma,  allorche  Carlo  voile  farvi  il  suo  primo  ingresso , 
nel  Sabbato  santo  del  774,  sappiamo  dal  Liber  pontificate,  che  ei  ne 
chiese  espressa  licenza  al  Papa  Adriano  :  Obnixe  deprecatus  est..* 
Pontificem,  illi  LICENTIAM  TRIBUI  ROMAM  INGREDIENDI;  e  questa  li- 
cenza non  ebbe  se  non  dopo  i  mutui  giuramenti  di  sicurta  che  il  Re 
e  il  Papa  coi  loro  Grandi  si  furon  dati  sopra  la  tomba  di  S.  Pietro : 
Descendentes  pariter  ad  corpus  beatiPetri...seseque  mutuo  per  sa- 
cramentum  munientes ,  ingressus  est  Romam  cum  Pontifice  ipse 
FrancorumRex  2.  Eppure  Carlo  portava  gia  da  ben  vent'anni  la  di- 
gnita  di  Patrizio  de'  Romani ,  avendola  ricevuta  insieme  con  Pipino 
nel  7o4  da  Stefano  II;  e  anche  teste  Adriano  1'  avea  fatto  accogliere 
alia  discesa  di  Monte  Mario  con  tutti  gli  onori  che  gia  soleansi  usa- 
re  verso  gli  Esarchi  o  Patrizii  imperial!  3.  Se  dunque  il  Patriziato 
gli  dava  la  signoria  sovrana  di  Roma  ,  se  il  Papa  era  soggetto  alia 
signoria  del  Patrizio;  come  va  che  il  Patrizio  chiede  al  Papa  licenza 
di  entrare  in  Roma?  Si  e  egli  mai  udito,  che  un  Sovrano  debba  chie- 
dere  ai  sudditi  licenza  di  entrare  nelle  citta  di  suo  dominio?  E  invece 
di  esigere  giuramenti  e  cautele  di  sicurta,  non  e  egli  piuttosto  debito 
e  costume  di  sudditi  pacific!  1'andare  incontro  al  Principe  e  offerirgii 

1  Vedi  sopra,  gli  Articoli  VIII  e  IX. 

2  ANASTAS.  in  Hadriano,  num.  316. 

3  Obviam  illi  eius  Sanclitas  (cioe  la  Santita  di  Papa  Adriano)  dirigens  ve- 
nerandas  cruces,  id  est  signa,  sicut  mos  esl  ad  EXARCHCM  aut  PATRICIUM  susei- 
piendum,  eum  cum  ingenti  honore  suscipi  fecit.  Ivi,  num.  315. 


36  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

spontanei  le  diiavi  della  citta,  in  attestato  del  riconoscerne  che  fan- 
no  la  padronanza  ?  Noi  non  sappiamo  che  mai  potessero  qui  rispon- 
dere  i  difensori  della  Sovranita  romana  di  Carlomagno  :  e  appunlo 
dal  non  avere  essi  che  rispondere  avviene,  crediamo,  che  inconlran- 
dosi  in  questo  mal  passo,  eglino  o  tacciono  al  tutto  la  cosa,  o  alme- 
no  ne  dissirmilano  1'importanza;  giacche,  quanto  al  negare  o  mettere 
in  forse  1'autenticita  del  falto,  qual  e  narrato  presso  Anastasio,  niun 
critico ,  che  sappiamo,  ne  ha  mai  avuto  1'  ardimento.  Posta  dunque 
la  verila  del  falto,  e  la  sua  Iroppo  evidente  significanza,  e  indubita- 
to  che  esso  non  solo  e  inconciliabile  colla  sovranita  pretesa  di  Car- 
lo, ma  che  esso  dimostra  in  modo  palpabile,  il  vero  Sovrano  di  Ro- 
ma nel  774  essere  slato  non  altri  che  il  Papa  Adriano:  e  se  cio  era 
nel  774 ,  certo  fu  anche  negli  anni  seguenti ,  giacche  la  rinnova- 
zione  e  la  confermazione  solenne  che  allora  fu  fatta  del  Patto  patri- 
ziale  tra  il  Papa  e  il  Re  de'  Franchi,  non  altero  punlo  T  essenza  del 
Patto  medesimo,  e  nulla  aggiunse  ne  tolse  ai  diritti  gia  stabiliti. 

L'altro  fatto,  relativo  a  Ravenna,  ci  viene  con  autorila  del  pari  ir- 
refragabile  attestato  dal  Codice  Carolino  ;  in  una  Lettera  del  quale , 
data  1'atmo  784,  cioe  verso  1'epoca  medesinia  che  Carlo  ordinava  lo 
scacciamento  dei  Veneli  dal  territorio  Ravennate,  rispondendo  Papa 
Adriano  a  una  richiesta  del  Re,  gli  concede  in  dono,  e  in  premio  dei 
suoi  meriti  verso  la  S.  Sede,  i  mosaici  e  i  marmi  del  palazzo  pub- 
blico  di  Ravenna,  i  quali  Carlo  desiderava  per  adornarne  le  sue  ma- 
gnifiche  fabbriche  di  Aquisgrana  1.  Ora,  questo  tratto  di  aulorita  e 
cosi  parlante,  che  il  Muratori  stesso  non  puo  dissimulare  ,  indicar 

1  Praefulgidos  atque  nectareos,  cosi  comincia  la  Lettera,  regalis  potentiae 
wstrae  per  Arvinum  due  em  suscepimus  apices,  in  quibus  referebatur  quod 
palatii  Ravennatis  civitatis  musiva  atque  marmora,  caeteraque  exempla  tarn 
in  strato  quamque  in  parietibus  sita,  vobis  tribueremus;  nos  quippe  libenti 
animo  etpuro  corde,  cum  nimio  amore  vestrae  exccllentiae  tribuimus  effectum, 
et  tarn  marmora  quamque  mosivum,  caeteraque  exempla  de  eodem  palatio  VOBIS 
CONCEDIMVS  AVFERENDA,  quia  per  vestra  laboriosa  regalia  certamina,  multis 
lonis  fautoris  vestri  beati  Petri. . .  EC  clesia  quotidie  fruitur  etc. Epist.  LXXXII. 
Qui  dee  riferirsi  quel  che  narra  EGINARDO,  nella  Vita  Caroli,  c.  26:  Ad  cuius 
(basilicae  Aquisgrani)  structuram  cum  columnas  et  marmora  aliunde  habere 
non  posset,  Roma  atque  Ravenna  devehenda  curavit. 


DI  CARLOMAGNO  37 

esso  lathial  signoria  e  possesso  del  Papa  in  Ravenna  1 ;  ma  noi  ag- 
giungiamo  col  Savigny ,  eke  le  parole  usate  qui  dal  Papa ,  nell'  an- 
nuire  al  desideriodi  Carlo:  VOBIS  CONCEDIMUSAUFEREXDA  etc.,  son 
parole  che  malsi confanno  a  uninferiore  2;  ossia,  in altri  termini,  so- 
no  inconciliabili  con  quella  sovranita  o  alto  dominio  che  il  Muratori 
vi$le  al  Re  Franco  attribuire  sopra  il  Papanell'Esarcato.  Del  resto, 
noi  possiamo  qui  in  favore  del  Pontefice  togliere  in  prestanza  al  Mu- 
ralori  1'argomento  medesimo,  che  egli  in  casosimiglianteal trove  ad- 
opera  ,  e  giustamente ,  in  favore  di  Carlomagno.  Imperocche ,  rife- 
rendo  la  domanda  falta  da  Adriano  al  Re  di  Iravi  e  legnami  de'  bo- 
schi  Spoletani,  per  risarcireil  tetto  della  Basilica  Yaticana  3;  da  tal 
domanda ,  die'  egli  potersi  chiaramente  argomenlare  chi  fosse  allora 
padrone  del  Ducato  di  Spoleto  4.  Or  bene,  noi  diciamo,aragion  pa- 
ri ,  dalla  domanda  che  fece  Carlo  al  Papa  de'  marmi  e  mosaici  pub- 
blici  di  Ravenna  ,  si  puo  chiaramente  argomentare  chi  fosse  allora 
padrone  dell'Esarcato  di  Ravenna.  E  siccome  sarebbe  in  noi  assur- 
do  il  pretendere,  che  il  Papa  fosse  Sovrano  in  quel  di  Spoleto ,  nel- 
1'atlo  stesso  ch'  egli  ne  riconoscea  con  quella  domanda  per  padrone 
Carlomagno  ;  cosi ,  se  pur  non  si  vogliono  ne'  giudizii  storici  aver 

1  Annali,  a.  784.  Stranissima  e  degna  veramente  di  riso  inestiuguibile  e 
la  spiegazione,  data  qui  dal  TETErs7s  HALD  nella  sua  Donatio  CaroliMagni  ex 
Codice  Carolina  illustrata,  etc.  Hauniae,  1836.  La  licenza,  domandata  da 
Carlo  al  Papa,  di  pigliare  i  marmi  di  Ravenna,  egli  la  trasforma  in  un  caso 
morale,  dicendo  che  Carlo  consulto  il  Papa  se  fosse  lecito  convertire  a  uso 
di  chiesa  i  marmi  e  i  musaici  del  palazzo  di  Ravenna;  i  quali  essendo  cosa 
profana,  naturalmente  il  buon  Re  doveva  avere  scrupolo  di  profanar  con 
essi  il  luogo  sacro:  His  vero  consequens  erat,  cosi  1'egregio  Autore,  dopo 
avere  addotto  altri  esempii  di  questioni  canoniche  e  morali,  sopra  cui  Carlo 
soleva  interrogare  il  Papa,  ut  guum  basilicam  mirae  pulchritudinis  a  se  Aquis- 
grani  exstructam,  ornare  vellet,  Romanum  Pontificem  consuluerit,  an  liceret 
palatii  Ravennatis  «  musiva  atque  marmora  »  in  hunc  mum  convertere. 
Pag.  124.  Noi  appena  crediamo  ai  nostri  occhi,  che  una  scempiaggine  si 
tonda  sia  potuta  uscire  dal  cervello  di  uno  scrittore  die  si  da  per  solenne 
critico,  e  che  veggiamo  citato  con  onore  in  Germania. 

2  Luogo  sopra  citato. 

3  Epist.  LXVII. 

4  Annali,  a.  786. 


38  IL  PATRIZIATO  ROMANO  DI  CARLOMAGNO 

due  pesi  e  due  misure,  con  puo  ad  altrui  menarsi  buona  la  prelensio- 
ne,  che  Carlo  fosse  Sovrano  in  quel  di  Ravenna ,  mentre  egli  stesso 
ivi  riconoscea  con  dimostrazione  si  espressa  la  padronanza  del  Papa. 

E  tanto  basli  aver  delto  in  risposta  agli  argomenti,  o  piuttosto  agli 
indizii,  sopra  i  quali  il  Muralori  e  con  esso  lui  tutta  la  scuola  degli  sto- 
rici  regalisti,  si  sono  studiati  di  fondare  la  sovranita  di  Carlomagno  e 
di  Pipino  Patrizii,  negli  Stali  della  S.  Sede.  Riandando  le  cose  fmqui  da 
noi  discorse  sopra  il  Patriziato  romano  dei  Re  di  Francia ,  chiunque  si 
fara  dall'una  parle  a  raccogliere  la  somma  delle  ragioni  messe  in  cam- 
po  dagli  avversarii  ed  a  stimarne  il  peso  sulle  giuste  bilance  della 
critica ;  e  dall'  altra  a  riassumere  tulte  le  prove  e  teslimonianze  da 
noi  recale  non  solo  in  questi  ultimi  sei  arlicoli,  dove  abbiamo  discus- 
sa  la  questione,  in  tutto  quest' argomento  capitalissima,  della  pretesa 
sovranila  di  Carlomagno  Patrizio  nello  Stato  romano  ,  ma  eziandio 
nei  precedent! ,  in  cui  abbiamo  spiegato  1'  origins  del  Patriziato  ro- 
mano dei  Carolingi ,  e  la  sua  natura ,  studiandola  e  nello  scopo  per 
cui  i  Papi  lo  crearono  e  nell'  ufficio  clie  gli  altribuirono  e  nella  giu- 
risdizione  ossia  polesla ,  di  che  ,  convenevolmente  a  tale  scopo  e  a 
tale  ufficio ,  lo  invesiirono ;  chiunque ,  diciamo  ,  si  fara  al  trarre  di 
quesli  conti,  non  potra  esitare  a  conchiudere  con  noi  che  nel  secolo 
YIII  i  Patrizii  Carolingi  altro  non  furono  negli  Stali  di  S.  Pietro,  se 
non  che  Difensori,  subordinati  all'  autorita  sovrana  del  Papa ;  e  che 
il  trasformarli  in  Sovrani  eguali  al  Papa  o  anche  a  lui  superiori , 
non  puo  farsi  altrimenti  che  trasnaturando  tutta  la  storia  di  quel 
tempo,  e  frantendendone  o  falsandone  i  piu  autorevoli  mormmenti. 

Resta  ora,  affin  di  compiere  la  intrapresa  trattazione  ,  che  espo- 
riiamo  brevemente  i  fasti ,  per  dirli  cosi ,  del  Palriziato  romano  di 
Carlomagno ,  doe  gli  atti  piu  illustri  ad  esso  appartenenti ,  inflno  a 
queU'uUimo  coronamento  che  ebbero  nella  creazione  dell'  Impero.  II 
che,  mentre  ci  dara  occasione,  pressoche  ad  ogni  passo  ,  di  chiari- 
re  e  confermare  sempre  meglio  le  dottrine  fmqui  esposte,  ci  aprira, 
al  tempo  stesso,  piana  e  naturale  la  via  a  narrare  la  storia  della  so- 
vranita temporale  dei  Papi ,  conlinuandola  dall'  epoca  in  cui  altrove 
la  lasciamrno  ,  cioe  dal  774  ,  iufino  al  chiudersi  del  secolo  ottavo. 


LA  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

NELLA   SUA   CHIESA 


II  presente  quaderno  viene  fuori  in  un  tempo,  nel  quale  i  pensieri 
di  tutti  i  fedeli  sono  raccolti  nella  Commemorazione  di  quelFeccesso 
di  carita,  che  consumo  in  terra  il  Figliuolo  di  Dio,  dando  la  vita  per 
1'uomo.  II  che  tacitamente  ci  ammonisce,  che  nel  presentarci  che  noi 
facciamo  questa  volta  ai  nostri  leltori,  non  ci  dovremmo  passare  del 
tutto  di  un  argomento  si  solenne,  nella  corrente  quindicina,  a  tulta  la 
Chiesa,  e  che  occupera  certamente  il  loro  animo  piu  di  qualsivoglia 
altro  soggetto.  Ne  in  questo  ci  dipartiremmo  gran  fatto  dal  nostro 
modo  consueto;  che  e  di  trarre  dalle  atlualila,  come  dicono,  que'  te- 
rni  almeno,  che  non  sogliamo  continuare  con  un  seguito  di  trattazio- 
ni.  Poiche  sebbene  I'avvenimento  della  Morte  di  Cristo  eantico, 
1'azione  per6  che  esercita  nel  mondo  e  fresca  di  ogni  di ;  e  quindi  la 
memoria ,  che  ciascun  anno  se  ne  rinnova ,  reca  con  se  la  impronta 
come  di  fatto  recenlemente  accaduto.  Dall'allro  canto  e  pur  un  biso- 
gno  scambievole,  di  noi  e  de'  noslri  lettori,  levarealcuna  volta  nelle 
nostre  conversazioni  un  poco  piu  diretlamente  1'  animo  a  pensieri  di 
Carila  soprannaturale ;  conlristali  come  siamo  da  cotesto  perenne  e 
nauseoso  spettacolo  di  egoismo ,  che  ci  offre  dappertutto  la  Rivolu- 
zione ;  egoismo  spudorato  ne'  fatli ,  benche  ipocritamente  disdetto 
colle  parole. 

Nondimeno  sappiamo  anche  noi ,  che  il  compito  noslro  non  e  di 
lenere  a  predica  i  nostri  leltori :  i  quali  alia  lor  volta,  se  di  buon  gra- 


40  LA  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

do  si  trattengono  con  noi  sopra  soggelti  eziandio  sacri  e  religiosi , 
banno  il  drilto  pero  di  vederli  sempre  considerali  sotto  un  rispelto, 
il  quale  si  confaccia  col  nome,  eke  distingue  il  nostro  Periodico  ed 
e  come  la  tessera  nostra.  A  che  pensando  ci  siamo  deliberali  di  trat- 
tare,  si,  I'argomenlo  della  Passione  del  Signor  nostro;  non  come  pe- 
rd  ebbe  luogo  tanti  secoli  addietro  in  sulla  vetta  del  Calvario  e  nella 
sua  fisica  persona ,  ma  come  si  sta  presentemente  compiendo  sopra 
la  mistica  persona  di  Lui,  che  e  la  Chiesa.  La  quale  considerazione, 
com'  e  chiaro ,  non  ci  discosta  di  un  punto  dalla  traccia  che  siamo 
soliti  seguire  ne'  nostri  temi;  ed  e  dall'altro  lato  efficacissima  ad  in- 
nalzare,  siccome  dicevamo,  i  noslri  animi  dalla  melma  dell'egoismo, 
in  che  si  tiene  cosi  tenacemente  infitto  il  secol  noslro ,  alle  pure  re- 
gioni  della  divina  Carita.  E  Carila  di  falti  slupendamenle  divina 
cosi  nelle  sue  cagioni  come  ne'  suoi  effetli  e  la  Passione  di  Cristo ; 
non  meno  questa,  che  ora  Egli  soffre  nel  suo  mislico  corpo ,  che  quel- 
la  che  gia  tollero  nella  sua  carne  naturale.  E  perocche  tulli  coloro,  i 
quali  sono  membri  vivi  di  Crislo  ,  e  quindi  appartengono  in  senso 
pieno  alia  Chiesa,  sono  per  cio  stesso,  benche  a  diverse  proporzioni, 
soggetto  di  questa  seconda  Passione,  non  puo  tornare  altro  che  caro 
e  profittevole  a  chiunque  di  loro  incontrera  di  leggere  queste  pagine, 
sentirsi  discorrere  per  qua!  raodo  in  tutto  cio  che  egli  per  avvenlura 
soffre  per  la  causa  di  Dio  e  della  giustizia  ,  soffre  per  un  mistero 
ineffabile  di  amore  lo  stesso  Crislo.  Di  che  la  materia  ci  si  offre  na- 
luralmente divisa  in  due  parti  principal!:  la  prima  delle  quali  e,  ri- 
cercare  solto  qual  senso  si  possa  dire  con  verita ,  che  Crislo  palisce 
nella  sua  Chiesa ;  e  la  seconda,  considerare  qual  genere  di  Passione 
il  mondo  presentemente  fa  patire  alia  Chiesa. 


I. 


E  prima  di  tutto  appena  e  necessario  avverlire,  che  quando  dicia- 
mo  che  vi  e  un  senso ,  secondo  il  quale  si  puo  dire  con  verila,  che 
Cristo  patisce  nella  sua  Chiesa ,  intendiarao  escludere  qualsivoglia 
passione  or  di  animo  or  di  corpo,  che  sia  capace  di  cagionargli  rea- 
le  sensazione  di  dolore,  o  come  che  sia  scemamento  di  beatitudine. 


NELLA  SUA  CHIESA  41 

Cio  sarebbe  contrario  ad  uno  de'  dommi  fondamentali  della  nostra 
Fede,  il  quale  e,  che  Cristo,  risuscitato  una  volta  da  morte,  entro  in 
possesso  di  una  vita  come  eternamente  immortale,  cosi  eternamente 
impassibile.  Ball' altro  canto  non  e  difficile  concepire,  come  anche 
sceveralo  cotesto  senso  di  fisica  passione,  rimane  pero  un  senso 
morale,  conforme  il  quale  anche  nella  condizione  di  glorioso  gli 
possono  essere  attribuiti  i  dolori  e  i  patimenti.  Questo  nel  caso  pre- 
sente  ha  luogo,  se  la  passione  della  Chiesa  e  per  se  cagione  sufficien- 
le  ad  essere  passione  di  Cristo,  a  prescindere  dalle  cause,  che  sono 
in  lui ,  in  virtu  delle  quali  e  impossibilitato  di  senlire  fisicamente  il 
dolore.  E  che  appunto  questo  si  avvera ,  a  chi  crede  non  e  difficile 
intenderlo. 

Imperciocche  chi  e  tra  i  fedeli,  il  quale  non  senla  la  maravigliosa 
unita  di  Cristo  colla  Chiesa?  Unita  morale  si  certamente;  ma  non- 
dimeno  di  tanta  eccellenza,  che  ad  averne  un  ragguaglio  non  e  suf- 
ficienle  cercarlo  nelle  altre  unita  morali ,  comunque  perfelte ,  di  cui 
si  abbia  esempio  quaggiu;  ma  e  duopo  commisurarla  colla  perfeltis- 
sima  fra  le  naturali,  che  e  quella  che  vige  nel  composto  umano.  Ne  ad 
altro  la  seppe  rassomigliare  1'Apostolo  Paolo,  quando  ne  voile  dare 
il  giusto  concetto  ai  primi  credenti.  Perocche,  detto  ad  essi,  che  po- 
nessero  studio  di  venirsi  formando ,  colla  verita  della  fede  e  colla 
carita  delle  opere,  membri  ben  complessionati  del  gran  corpo  di 
Cristo,  che  e  la  Chiesa,  spiega  dipoi  la  nalura  e  la  qualita  di  questo 
corpo ,  dimoslrandolo  in  virtu  di  Colui ,  che  e  insieme  suo  Capo  e 
forma  di  sua  unita  cosiffattamenle  costituito,  che  se  ne  debba  ragio- 
nare  non  altrimenti ,  che  se  fosse  di  un  vivente  dotalo  di  perfettis- 
simo  organismo  1.  Con  che  fa  intendere  che  Cristo  e  unito  alia  sua 
Chiesa,  non  come  lo  puo  essere  un  qualsivogliaistitutore,  rispelto  ad 
una  societa  di  uomini  dase  comunque  coadunata  e  diretta;  ma  in  quella 
guisa  che  nell'  uomo  il  capo  e  congiunto  col  corpo,  ed  anzi  come  col 

1  Veritatem  autem  facientes  in  caritate,  crescamus  in  illo  per  omnia,  qui 
est  caput  Chris tus :  ex  quo  totum  corpus  compactum  el  connexum  per  onmem 
iuncturam  subministrationis,  secundum  operationem  in  mensuramuniuscuiusque 
membri,  augmentum  corporis  facit  in  aedificationemsui  in  caritate.  Ephes.IV,' 
15  e  16. 


42  I A  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

vivente  e  iramedesimato  il  principio  vilale.  Perocche  come  da  queslo 
la  materia  ha  essere  e  vita,  cosi  da  Cristo  proviene  alia  Chiesa  es- 
sere  e  vita  soprannaturale:  e  come  la  virtu  di  quello  stesso  principio 
si  dislribuisce  nell'organismo  animate  pe'  diversi  membri ,  riceven- 
done  ciascuno  di  essi,  ftltre  alia  ragione  specifica  di  essere  parti  di 
un  tal  tullo,  ancora  la  facolta  de'  proprii  atti,  e  giusta  misura  e  pro- 
porzione  col  rimanente,-  della  stessa  maniera  la  virtu  di  Cristo  cosi 
si  diffonde  pel  mistico  corpo  della  Chiesa ,  che  ne  attua  eziandio  le 
membra,  partecipando  loro  non  solamente  la  vita  del  tutto,  ma  le 
proprie  disposizioni  di  ciascuno,  rispeUivaniente  ai  fmi  particolari,  e 
in  ordine  al  fine  generale. 

Delia  quale  dollrina  e  legittima  c  immediata  couseguenza,  potersi 
la  Chiesa  considerare  come  una  seconda  Incarnazione  del  Figliuolo 
di  Dio,  rinnovata  ad  esempio  della  prima,  o  piutlosto  come  una 
cstensione  e  quasi  perpeluazione  della  prima.  Perocche  essa,  in 
quanto  tale,  vive  di  una  vita  che  le  proviene  da  intimo  congiun- 
gimento  col  Figliuolo  di  Dio,  ed  e  percio  una  specie  di  vita  divina; 
e  nondimeno  non  rimane  distrutto  per  questo  1'elemento  umano:  non 
allrimenti  da  do  che  veriflcossi ,  quando  il  Verbo  di  Dio  prese  car- 
ne,  risultando  quella  santissima  umanita  divinizzata  certamenle  in 
virtu  della  unione  personale  colla  divinita,  non  pero  assorbita,  come 
pretesero  gia  alcuni  eretici.  E  cosi  ebbe  principio  il  massimo  mira- 
colo  della  onnipotenza  e  della  bonta  di  Dio,  che  lo  stesso  sussistente 
fosse  insieme  Uomo  e  Dio ;  sicche  per  la  ragione  delle  due  nature 
gli  apparlenessero  veramenle  le  umane  propriela  e  gli  attributi  di- 
vini,  e  per  la  ragione  della  unicita  della  persona  si  potessero  con 
verila  naturale  attribuire  a  quell'  Uomo  le  perfezioni  divine,  e  con 
verila  pariment^  nalurale  attribuire  a  quel  Dio  le  proprieta  e  modifi- 
cazioni  umane.  Miracolo  ripetuto  in  maniera  del  pan  ineffabile,  ben- 
che  diversa,  nel  gran  corpo  della  Chiesa,  divinizzata  ancor  essa  per 
la  vita  che  Gesu  Crislo  vive  in  lei,  e  pur  lasciata  con  tutte  le  umane 
condizioni,  perche  composta  di  uomini.  E  cosi  si  avverano  anche  per 
rispetto  a  lei  attribuzioni,  che  sembrano  contraddittorie,  e  non  sono 
che  contrarie.  Perocche  quesla  medesima  Chiesa  e  infallibile,  Don 
potendo  ne  insegnare,  ne  credere  1'  errore  in  materia  di  fede  e  di 


NELLA  SUA  CHIESA  4$ 

coslumi:  e  nondimeno,  tranne  il  sao  Capo  \7isibile,  tutt'  i  suoi.mem- 
bri,  considerati  ciascuno  individualmente,  sono  fallibili.  Questa  me- 
desima  Chiesa  e  indefellibile,  non  polendo  venir  meno  ne  per  in- 
Irinseco  germe  di  morle,  ne  per  soverchiamento  di  estrinseca  vio- 
lenza:  e  nondimeno  non  solo  i  parlicolari ,  ma  inlere  province  e  na- 
zioni  posson  mancare,  perdendo  ogni  principio  di  vita  soprannatura- 
]e.  Finalmente  questa  Chiesa,  considerata  inquanlo  tale,  e  la  diletta 
dello  Spirito  Santo,  senza  ruga  ne  macchia;  e  non  pertanlo  quanli 
di  coloro,  di  cui  e  composta,  sono  magagnati  di  bruttissime  colpe ! 
e  tra  gli  stessi  perfelti,  de'  quali  e  pur  grandissimo  il  numero,  quan- 
le  piccole  macchie  e  adombramenti ,  se  non  ossen7abili  agli  occhi 
umani,  discernevoli  cerlo  ai  divini! 

Cristo  adunque  vive  nella  Chiesa,  come  principio  della  vita  di  essa 
Chiesa,  e  principio  cosl  congiunlo,  che  rende  immagine  della  unione 
iposlatica,  producendo  percio  una  vita  umano-divina ,  ad  imitazione 
della  vita,  che  Cristo  stesso  meno  sulla  terra,  non  ostante  la  perma- 
nenza  degli  elementi  umani  nella  loro  interezza  naturale. 

E  posta  una  tale  verita  a  chi  puo  fare  meraviglia  cioche  abbiamo 
asserito  sin  da  principio,  che  vi  ha  un  senso,  secondo  il  quale  si  puo 
con  ogni  verita  asseverare  che  Cristo  patisce  in  lutto  cio,  che  patisce 
la  sua  Chiesa?  Imperocche  se  e  vero  che  Crislo  forma  un  tutto  con 
essa;  come  puo  accadere  che  questo  tutlo  palisca,  e  il  patimento  non 
si  debba  riferire  a  chi  e  non  pure  precipua  parte  del  medesimo,  naa 
come  principio  atlivo,  che  lo  coslituisce  in  quella  specie  e  ragione  di 
essere?  Anzi ,  a  voler  parlare  con  ogni  rigore  filosofico,  que'pati- 
menti  soao  piu  proprii  di  Lui  formalmente  considerati ;  benche  ma- 
terialmente  non  sono  sentiti  che  ne'  diversi  membri  di  quel  tutto. 

E  infalti ,  come  afferma  T  adagio  delle  Scuole ,  cosi  le  azioni 
come  le  passioni  sono  proprie  de'  Supposli :  Actiones  et  passiones 
sunt  Suppositorum.  Se  Cristo  si  e  congiunto  colla  Chiesa  con  una  si 
intima  unione  da  render  sembianza  di  una  colale  unita  personale  ; 
come  a  lui  si  deve  altribuire  tutto  quello  che  la  Chiesa  opera,  in 
quanto  e  tale,  cosi  parimenle  in  Lui  dee  ricadere  tutto  quello  che  la 
Chiesa  patisce  in  quanto  e  tale.  E  non  vi  ha  dubbio  nessuno  che  1'ope- 
ra  della  Chiesa,  secondo  la  quale  essa  compie  il  fine  della  sua  isti- 


44  LA  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

tuzione,  e  opera  di  Cristo:  e  do  non  solo  per  la  ragione  generate 
dell'  aiuto  della  grazia ,  necessaria  per  ogni  alto  soprannaturale,  e 
che  giustamente  e  delta  la  propria  causa  dell'alto,  perche  essa  ne  da 
la  sufficienza;  ma  per  una  ragione  ancora  piu  particolare,  in  quanlo  la 
Chiesa  e  destinala  a  conlinuare  1'  opera  di  Cristo  sulla  terra.  Peroc- 
che  Cristo  venne  nel  mondo  non  solamenle  per  essere  causa  imme- 
diate di  salute  del  picciol  numero  degli  Ebrei ,  che  accellarono  la 
sua  divina  missione ,  ma  per  essere  altresi  causa  immediata  di  sa- 
lute di  quanti  altri  crederebbero  in  lui  pe'  secoli  avvenire :  e  a  questo 
fine,  dovendo  lasciare  il  mondo  colla  sua  presenza  sensibile,  coslilui 
questa  sua  Societa.  Adunque  1' opera  della  Chiesa  dev' essere  ope- 
ra di  Cristo,  non  per  semplice  somiglianza,  ne  solo  perche  dirella  a 
Lui,  come  a  fine,  ma  per  yera  identita ;  come  appunto  opera  di  Cri- 
sto era  il  suo  ministero  sensibile  Ira  gli  uomini,  fmche  visse  tra  loro. 
E  in  quella  maniera ,  che  anche  allora  quel  suo  minislero  sensibile 
era  distinto  dalla  occulta  azione ,  che  Egli  esercitava  colla  grazia 
neir  inlerno  delle  anime :  non  allrimenli  anche  adesso  cotesla  sua 
opera  visibile  non  e  da  confondere  cogli  aiuli  inlerni ,  che  Ei  mede- 
simo  somminislra  ai  fedeli ,  perche  accetlino  il  magislerio  di  Lui, 
che  si  manifesta  esternamenle  nella  Chiesa. 

E  a  dir  vero  non  altronde  che  da  questo  medesimo  principio  si 
puo  scientificamenle  dimostrare  quella  specie  di  unita,  quasi  perso- 
nale  di  Cristo  colla  Chiesa ,  che  poco  fa  ci  siamo  argomentali  di 
dichiarare  coll'  autorila  dell'  Apostolo.  Perocche  il  modo  dell'  ope- 
rare  dimostra  il  modo  dell'  essere.  Ora  cosi  Cristo  opera  nella  Chie- 
sa, che  quella  e  veramenle  opera  sua ;  e  lutlavia  cosi  opera  la  Chie- 
sa con  Crislo,  che  quella  e  insiememenle  opera  di  lei.  E  dunque  da 
dire  che  la  Chiesa  non  agisce  come  semplice  slrumenlo ;  o  se  come 
tale ,  non  pero  come  strumento  separate,  ma  come  strumenlo  vital- 
mente  congiunto;  in  quella  guisa  che  anche  ilcorpo  puo  esser  detto 
strumento  deH'uomo.  E  se  e  cosi,  come  sono  proprie  di  Cristo  le 
operazioni  della  Chiesa ,  in  quanto  tale ,  cosi  sono  proprie  di  Cristo 
le  sofferenze  di  lei  in  quanto  tale. 

Le  quali  sofferenze  della  Chiesa ,  tanlo  di  per  se  sono  piu  sensi- 
bili  al  cuore  di  Lui ,  quanto  e  maggiore  di  ogni  creata  intelligenza 


NELL1  SUA  CHIESA  45 

1'amor  che  le  reca.  Conciossiache  quesla  si  intima  unione  dell'  uno 
coll'  altra,  che  abbiamo  sin  qui  contemplata,  altro  non  e  die  il  mo- 
do  di  quel  connubio  ineflabile ,  che  il  Verbo  eterno  desidero  sino 
dalla  elernila ,  e  nel  tempo  discese  in  terra  Egli  stesso-per  istrin- 
gerlo  indissolubilmente.  A  questo  fine,  dovendo  assomigliarsi  a  lei, 
rivesli  la  nostra  natura  e  si  circondo  delle  nostre  miserie ;  e  do- 
vendo parimente  assomigliare  lei  a  se,  la  forbi  di  ogni  macchia  col 
lavacro  del  suo  sangue  divino ,  e  la  doto  col  tesoro  de'  suoi  meriti 
infinili.  Per  tal  maniera  umilialosi  Egli  nella  bassezza  di  questa  sua 
dilelta,  e  sublimata  questa  sua  diletta  a  divina  condizione,  strinse  il 
vincolo  nuziale  con  quella  cosi  maravigliosa  unione ,  che  ne  risul- 
tasse  un  congiugnimento  di  perfetta  somiglianza  coll'iinila  naturale. 
II  quale  amore,  quando  anche  non  avesse  cotesto  effetto  di  pro- 
durre  una  cotanta  unione  ,  sarebbe  pero  bastevole  a  fare  che  Cristo 
riputasse  suoi  oltraggi  e  sue  passioni  gli  oltraggi  e  le  passioni  del- 
la  Chiesa.  E  qual  e  quello  sposo,  il  quale  ami  di  caldo  amore  la  sua 
sposa  ,  e  vivamente  non  senla  ogni  grave  offesa ,  che  sia  a  quella 
recata,  o  sia  nell'onore  o  sia  nella  persona?  Questa  anzi  e  la  cagio- 
nie  tra  gli  uomini  delle  gelosie  piu  furibonde,  degli  odii  piu  efferali, 
delle  vendette  piu  alroci.  E  quello  nondimeno  e  amore  di  uomo,  che 
si  fonda  sopra  una  tendenza  sensibile  ,  riposa  nella  corrispondenza 
di  afletti  naturali ,  ed  ha  per  fine  il  compimento  dell'  individuo  u- 
mano  in  ordine  alia  propagazione  della  specie.  Ma  1'amore  di  Cristo 
per  la  Chiesa  e  amore  divino,  e  nondimeno  anch'  esso  prende  calore 
umano  in  un  cuore  immensamenle  piu  sensibile  di  qualsivoglia  cuo- 
re  di  uomo :  e  amore  che  ha  riposo  nella  comunicazione  di  affetti  co- 
si sublimi,  che  eccedono  la  contenenza  della  natura :  e  amore  che  ha 
per  fine  1*  unificazione  permanenle  di  un  principio  umano-divino  per 
la  generazione  delle  anime  alia  vita  soprannaturale ,  e  per  la  loro 
eterna  salute.  E  si  puo  credere  che  Cristo  si  debba  rimanere  in- 
differente  alia  passione  di  questa  sua  Sposa ;  Egli  che ,  appunto  per 
crearsela  e  inanellarla  colla  sua  gemma,  si  condusse  a  patire  la  pro- 
pria  passione,  lasciandosi  straziare  con  ogni  sorta  di  tormenti,  ab- 
beverare  di  ogni  maniera  di  dolori,  calpestare  e  svilire  con  ogni  ra- 
gione  di  oiile  e  di  obbrobrii  ? 


46  LA  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

Conciossiache  il  mislero  del  Calvario  altro  noa  e  che  il  mistero 
della  produzione  della  Chiesa,  e  del  suo  sponsalizio  con  Crislo.  E 
voile  Iddio  adombrarlo  sin  dal  principio  del  mondo  nella  produzio- 
ne  della  prima  Donna,  formata  del  fianco  del  primo  Uomo ,  intanto 
che  dormiva,  e  dipoi  accettata  da  questo  non  pure  qual  compagna  e 
consorte ,  ma  come  parte  di  se.  Non  altrimenli  dal  lato  aperto  di 
Cristo,  addormenlalo  sulla  Croce,  usci  alia  vita  suprannaturale  la  sua 
Sposa,  formata  di  lui,  per  viver  di  lui:  nella  quale  Egli  riguardando, 
come  fu  desto  dal  sonno  della  morle  ,  con  tanto  maggior  ragione  di 
Adamo  pole  dire :  Hoc  nunc  os  ex  ossibus  meis ,  et  caro  de  carne 
mea.  Quindi  e  che  1'ApostoIo  Paolo,  parlando  del  matrimonio,  come 
fu  istitaito  ne'  nostri  primi  parenti ,  lo  dice  gran  Sacramento ,  per- 
che  ordinato  a  significare  1'  unione  di  Cristo  colla  Chiesa,  che  chia- 
ma  Ossa  delle  ossa  di  Lni,  e  carne  della  sua  carne  1. 

Con  quell'atto  ebbe  termine  la  Passione  dell'  Uomo-Dio  nella  sua 
carne  nalurale ,  pereh&  per  esso  oltenne  ;!'  effetto  immediate,  che  si- 
era  proposto  col  sacrifizio  della  sua  vita  divina :  ma  da  quel  punto 
medesimo  incomincio  la  Passione  nel  suo  mistico  Corpo ,  la  quale ,. 
perche  deve  avere  il  suo  efi^elto  nella  compita  glorificazioue  di  que- 
sta  sua  Sposa  amatissima  nel  giorno  estremo,  e  quinci  nella  eterni- 
ta ,  non  avra  fine  che  colla  fine  del  mondo.  E  che  fa  dunque  che- 
Egli  al  presente  e  impassibile?  Certo  impassibile  era  la  sua  divini- 
ta  tra  i  flagelli,  le  trafitture,  le  spine  e  glispasimi  della  Croce:  e 
nondimeno  la  nel  pretorio  di  Pilato  e  in  sulla  vetta  del  Calvario 
pativa  veramente  Dio.  Ora  Cristo,  anche  nella  sua  umanila,  e  inca- 
pace  di  dolore ,  £  vero ;  ma  e  vero  parimente  che  questa  sua  Sposa 
vive  di  Lui ,  unificata  con  Lui.  Come  dunque  non  saranno  suei ,  e 
principal mente  suoi,  tutti  i  patimenti  e  i  dolori  di  Lei? 

E  non  puo  dirsi,  che  i  persecutor!  della  Chiesa  non  lo  intendono. 
Lo  inlendono  tanlo,  che  do  appunto  che  li  muove  a  dare  travaglio  & 
passione  alia  Chiesa  e,  perche  sentono  di  dare  travaglio  e  passione 
a  Cristo.  Imperciocche  perseguitare  il  bene,  perche  si  oppone  a 
qualche  interesse  privalo,  e  stata  cosa  di  ogni  tempo,  e  che  ha  luo- 

1  Ephes  V.  30,  33. 


NELLA  SUA  CHIESA  47 

go  in  tutte  le  congregazioni  di  uomini.  Ma  che  una  societa  sia  per- 
seguilata  furiosaniente,  perche  pia,  religiosa  e  santa;  avvegnache  il 
bene  che  operi  non  sia  contrario  agl'interessi  anche  di  chi  la  perse- 
guiti,  ma  piuttosto  gli  avvantaggi;  questo  non  puo  accadere,  se  non 
perche  si  odia  il  bene  per  se.,  e  conseguentemente  1'  Autore  stesso 
del  bene. 

La  quale  cosa,  a  vero  dire,  trascende  i  confini  della  malizia  uma- 
$ia;  ne  puo  allrimenti  spiegarsi,  salvo  che  ricorrendo  alia  interven- 
xione  di  Satana.  Egli  volendo  opporre  all' opera  di  Cristo  1'  opera 
sua,  ha  ordinato  i  suoi  in  un  gran  corpo,  che  e  dello  anch'esso  Chie- 
sa, uaa  Chiesa  di  maligni :  Ecclesia  malignanlium.  Ed  in  questa 
esso  vive  ed  opera,  come  Cristo  vive  ed  opera  nella  sua ;  e  come  la 
vita  e  1'operazione  della  Chiesa  di  Cristo  e  carita,  cosi  la  vita  e  IV 
perazione  di  cotesta  Chiesa  del  Nemico  di  Cristo  e  odio :  odio  alcuna 
volta  piu  aperto,  alcuna  volta  piu  dissimulate,  ma  sempre  infernale. 
Vero  e  per  altro  che  Satana  stesso,  con  iutto  1'affaticarsi  die  fa  con- 
tro  a  Cristo ,  ad  altro  fmalmente  non  riesce ,  che  a  compiere  i  suoi 
divini  disegni.  E  pero,  come  durante  il  corso  della  vita  mortale  di 
Lui,  la  gelosia  e  1'odio,  che  gli  eccito  contro,  degH  Scribi  e  de'  Fa- 
risei  e  poscia  il  furore  in  che  gli  volse  tutto  il  popolo ,  servirono 
rairabilmente  all'  amoroso  consiglio  di  forrnare  di  se,  specialmente 
nella  Passione,  il  tipo  de'  Predeslinati ;  cosi  la  rabbia,  onde  da  di- 
ciolti  secoli  coll'opra  de'  suoi  ministri  sta  esercitando  la  Chiesa,  ser- 
ve a  fare  piu  manifesta  la  unificazioue  di  Cristo  con  essa  Chiesa,  e 
ad  agglugnere  sempre  nuovi  lineamenti  di  somiglianza  al  ritratto, 
che  la  medesima  e  destinata  a  rendere  del  suo  Sposo  appassionato. 

'^'ATifcflfffi?  £/!^ 

II. 

E  tulto  questo  si  avvera  in  un  modo  affalto  meraviglioso  nella 
persecuzione,  che  arde  presenlemenle  nella  Italia  contro  alia  Sposa 
<li  Cristo ;  o  si  consider!  la  causa  dalla  parte  de'  perseculori ,  che  e 
1'odio  satanico,  onde  sono  informati,  o  si  consideri  1'effetto  nella 
€Jiiesa  stessa ,  che  e  di  rendere  la  somiglianza  di  Cristo  nella  sua 
Passione. 


48  LA  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

Perocche  la  grandezza  della  Italia,  che  dicono  essere  impedita  dal 
perche  sta  locate  nel  bel  mezzo  di  lei  il  trono  pontificale ,  non  e  che 
un  velo  ai  biechi  intendimenti ,  pe'  quali  s'  imperversa  con  si  acca- 
m'ta  persecuzione  contro  al  Seggio  pontificale  e  contro  a  tutla  la  Chie- 
sa.  E  ci  dicano  di  grazia  cotesli  amatori  di  gramlezze  italiane ,  che 
vorrebbero  dunque  essi  fare  della  noslra  Italia  ?  Una  regina  di  re- 
gni  e  d'imperi,  sotto  al  cui  scellro  s'incurvino  tutli  i  popoli?  Una 
maestra  universale  delle  nazioni,  sopra  le  quali  diffonda  i  lumi  delle 
scienze  e  i  ritrovati  dell'  arte  ?  Un  lipo  di  civilta ,  da  cui  allingano 
le  norme  della  vita  e  le  fogge  de'  costurai  tulle  le  genii?  Sappiamo 
che  essi  non  si  levano  a  lanto  colle  speranze  e  neppure  co'  desiderii : 
ma  poniamo  che  lo  sperino  ;  poniamo  che  lo  possano  ollenere.  Che 
avrebbe  di  piu  V  Italia ,  sotto  il  risguardo  appunto  di  grandezza  e 
di  gloria,  di  quello  che  gode  gia  per  benefizio  sovrumano  di  questa 
Ckiesa,  che  e  col  pretesto  della  gloria  e  della  grandezza  di  lei,  cotanto 
odiata  ?  E  non  comanda  essa  coll'  impero  del  suo  Pontefice  a  tutl'  i 
popoli  della  terra?  Non  li  governa  colle  sue  leggi?  Non  gli  ammae- 
stra  colle  sue  verita?  Che  se  vi  ha  differenza  tra  questo  fatlo  e  1'av- 
veramento  di  quel  sogno,  essa  e,  che  ad  una  Italia  fatta  in  quel  mo- 
do  non  si  soggelterebbero  i  popoli  allro  che  riluttanti  e  fremenli,  ne 
prima  che  fossero  accumulati  monti  di  cadaveri  e  fatli  scorrere  fiumi 
di  sangue :  laddove  alia  Italia,  centro  della  Chiesa,  si  assoggellano  i 
popoli  di  ogni  terra,  cosi  i  lontani  come  i  vicini,  non  meno  i  barbari 
che  i  civHi;  per  convincimento  d'inlelletto,  illuminati  dalla  sua  ce- 
leste dotlrina ;  con  liberla  di  volere ,  soggiogati  dalla  sua  divina  ca- 
rila :  e  ne  accellano  le  leggi ,  perche  sante,  ne  tolgono  le  norme, 
perche  pie,  ne  ritraggono  i  costumi,  perche  salutari. 

Ne  dicano  che  questo  era ;  ma  non  e  piu.  Un  ial  gergo  ha  perdu- 
to  oggimai  ogni  significato,  non  dico  tra  i  Caltolici ,  in  mezzo  ai 
quali  non  1'  ha  avuto  giammai ;  ma  anche  Ira  coloro,  che  vi  potevano 
credere.  Lo  ha  ad  essi  dimostrato  la  parola,  ultimamente  uscita  da 
questo  trono  pontificale,  la  quale  non  appena  si  e  fatta  udire,  ed  ha 
ligati  milioni  e  milioni  d'  intellelli ,  lietissimi  di  poterle  sagrificare 
le  loro  antecedenti  opinioni.  Lo  ha  dimostrato  e  lo  sta  dimostrando 
!a  universalila  delle  nazioni  con  un  altro  alteslato  di  stenificazione 


NELLA  SUA  CHIESA  49 

non  minore,  che  e  di  recare  ai  piedi  del  travagliato  Pontefice  tributi 
di  oro  e  di  argento,  che  tanto  piu  fanno  segno  della  slima  e  dell'af- 
fetto  alia  sua  suprema  autorila,  quanto  sono  piu  liberi  e  volontarii. 
Anch'  esso  cotesto  scempio  simulacro  d'  Italia  pagana  parla  le  sue 
parole;  anch'esso  dimostra  i  suoi  portenlosi  bisogni.  Ma  quelle  pa- 
role non  sono  udite,  che  per  essere  derise  e  sbeffeggiale  anche  dai 
suoi  adoratori ;  e  a  que'  bisogni  non  si  soddisfa  da'  popoli,  che  colla 
bestemmia  o  col  fremito  di  chi  e  col  to  e  derubato  dairassassino. 

Non  e  dunque  la  grandezza  o  la  gloria  d'  Italia,  che  si  desideri , 
quella  che  ora  accende  il  fervore  della  persecuzione  contro  alia  Chie- 
sa  di  Cristo.  Tulto  in  contrario :  cio  che  si  odia,  cio  che  si  perseguita, 
cio  che  si  vuole  per  ogni  guisa  dislrutto  e  la  grandezza  e  la  gloria  che 
viene  alia  Italia  dalla  Chiesa,  appunto  perche  le  viene  dalla  Chiesa. 
E  non  e  questo  un  odiare  il  bene ,  perche  bene,  e  tanto  piu  quanto 
e  maggiore?  A  che,  come  dicevamo,  non  giugne  di  per  selaumana 
malizia,  ma  e  necessario  che  sia  ispirala  da  colui ,  che  per  eccesso 
di  malvagita  voile  diventare  il  principio  del  male. 

Di  fatto  chi  e  ora  che  creda  esser  Y  intento  di  questa  guerra  con- 
tro al  Ponleficato  e  alia  Chiesa,  quello  semplicemenle  del  ladro,  che 
vuole  la  roba  altrui,  per  cupidigia  di  avere,  o  quello  del  prepolente 
che  per  mira  unicamente  di  ambizione  ne  usurpa  il  comando?  Vo- 
gliono  spodestare  il  Pontefice  del  suo  dominio  temporale;  verissimo  : 
ma  il  fine  adeguato  non  e  gia  di  possedere  un'  altra  piccola  porzione 
di  terra  da  aggiungere  alle  tante  tiranneggiate  da  loro.  Non  hanno 
essi  medesimi  cedute  allo  straniero,  con  maravigliosa  docilita,  due  si 
fiorenli  province  della  Penisola,  e  non  sono  nel  proposito,  com'e  vo- 
ce  pur  troppo  accreditata,  di  cedergli  ancora  qualche  cosa  di  piu?  II 
fine  proprio  che  li  muove,  quello  che  ha  consigliato  le  passate  cession! 
e  suggerisce  le  future,  e  il  diabolico  proponimento  di  distruggere  il 
Pontificato ,  e  col  Pontificate  la  Chiesa ,  che  e  in  esso  incuntrata. 
Perciocche  credono  e ,  umanamente  parlando  non  a  torto  ,  che  di- 
strutto  il  dominio  temporale  e  quindi  tolta  al  Pontefice  ogni  liberta 
e  indipendenza  di  Sovrano,  rimane  in  lor  potere  inceppargli  dappri- 
ma  e ,  venuto  il  tempo  opporluno  ,  impedirgli  del  tutto  qualsivoglia 
esercizio  di  potesta  spirituale.  Con  che  a  lungo  andare  non  potrebbe 
Serie  77,  vol.  11,  fasc.  361.  4  20  Marzo  1865. 


30  LA  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

fallire  iltolale  annientamento  dell'opera  di  Cristo.  Calcoli,  che  Iddia 
indubitatamente  frastornerebbe,  quando  ne'suoi  decreti  fosse  scritto, 
che  anche  questa  volta  dovesse  cadere  il  Re  di  Roma.  Ma  i  nemici 
di  Dio  non  credono  nella  parola  di  Dio,  neppure  altestata  dalla  slo- 
ria  umana ;  e  sono  fissi  nel  loro  proposito  per  isfogamento  di  odio 
infernale. 

E  chi  pu6  dubitarne,  contemplando  a  quale  croce  essi  mettono  tut- 
todi  la  Sposa  di  Cristo  ,  dovunque  banno  libere  le  mani  o  possono 
giugnere  coll'azione  morale  ?  II  Capo  venerando  di  essa,  benche  sem- 
bri  al  sicuro  da'  loro  colpi,  Egli  piu  che  allri  senle  le  spade  di  co- 
testa  Passione,  trapassalo  nell'  anima  dalla  ingratitudine  di  coloro,  i 
quali  allra  cagione  non  possono  avere  di  odio  contro  di  Lui,  tranne 
i  beneficii,  onde  ha  beneficati  ed  essi  personalmente,  e  questa  Italia, 
e  il  mondo  intero.  Ne  altro  che  spade  sono  gl'  insulti  che  si  fanno 
a  Lui,  come  a  Vicario  di  Cristo,  i  vilipendii,  i  sarcasmi  e  le  calun- 
nie ,  a  cui  e  fatto  segno ,  come  Capo  della  Chiesa ,  finalmente  le 
atroci  beslemmie  che  ode  ripetere  contro  allo  stesso  Crislo  e  contro 
a  Dio.  E  che  diremo  dei  Vescovi ,  che,  dopo  il  Capo ,  sono  la  parte 
piu  elelta  del  mistico  Corpo  di  Gesu  Crislo?  Qual  Catlolico  puo  ri- 
pensare  senza  spasimo  di  dolore  alle  sacrileghe  prigionie,  agFinfami 
giudizii,  alle  ingiuste  pene,  agli  esilii  oltraggiosi  e  a  mille  altre  ini- 
quissime  vessazioni  falte  palire  a  tanti  augusti  personaggi ,  e  che , 
attesa  la  causa  comune  e  la  comune  dignita,  mrono  parimenle  offese 
all'ordine  intero  ?  Ma  maggiore  di  queste  stesse  passioni  sono  da  re- 
putare  i  colpi  replicatamente  dati  alia  loro  autorita,  co'  quali  contra 
ogni  ragione ,  contra  ogni  arnica  coslumanza ,  contro  il  medesimo 
nuovo  principio  di  liberty  stabilito  per  tutli ,  e  solo  per  soperchio  di 
tirannia,  si  e  voluto  incatenare  al  loro  arbilrio,  che  e  arbitrio  di  Sa- 
tana,  1'  esercizio  di  una  potesta  di  dritto  divino. 

La  qual  lirannia  si  distende  per  conseguenza  su  lutti  i  fedeli , 
impedili  di  ascoltare  la  libera  parola  de'  loro  Pastori ,  e  principal- 
mente  sui  Sacerdoli  inferiori ;  i  quali,  perche  dopo  il  ceto  de'  Vesco- 
vi sono  ancora  essi  la  virtu  di  Cristo ,  e  dall'  allro  canto  piu  che 
i  Vescovi  medesimi  si  ritrovano  al  contatto  de'  popoli,  i  quali  deb- 
bono  islituire  alia  vita  cristiana ,  e  sotto  gli  occhi  de'  tristi,  a  cui 

.Wfi.Mfl 


NELL  A  SUA  CHIESA  51 

e  abominio  ogni  cosa  che  sa  di  Cristo ,  sono  anche  piu  degli  siessi 
.  Vescovi  odiatL  E  chi  potrebbe  sol  numerare  i  generi  di  soperchie- 
rie,  a  cui  sono  stati  e  sono  tuttodi  sotloposti  in  ogni  luogo,  e  gli  ol~ 
traggi  al  loro  carattere  o  arrecati  dalle  slesse  autorita,  o  da  esse  al- 
meno  consentiti  ?  E  tutto  cio  in  pena  delta  loro  fedelta  nell'adempiere 
i  doveri  del  ministero,  affidalo  loro  da  Dio,  di  condurgli  le  anime  : 
diventate  cosi  le  vessazioni  patite  da  molti  una  minaccia  continuata 
a  lutli,  che  1'uno  o  1'allro  di  possono  essere  trascinati  in  prigione  o 
cacciati  in  esilio ,  tanto  solo  che  ne  venga  il  capriccio  ad  ogni  piu 
feccioso  impiegatuccio  del  Governo;  equanto  alia  cagione,  puo  som- 
ministrarla  sufficienlissima  ogni  lor  atto,  ogni  loro  parola,  capace  di 
sinistra  interprelazione. 

E  non  e  questo  dall'tina  parte  odio  satanico  conlro  la  Chiesa,  per- 
che  opera  di  Cristo,  e  dall'altra  passione  di  animo  delle  piu  dolorose 
che  possa  soffrire  la  Chiesa?  Imperocche  il  meno  che  si  senta  in  que- 
sto genere  di  persecuzione  da  tanti  pastori  di  anime,  infiaramati  della 
carita  di  Cristo,  e  quello  che  essi  patiscono  nella  loro  persona  o  ne- 
gli  ayeri :  di  cio  anzi  esultano ,  perche  fatti  degni  di  soffrire  alcuna 
cosa  per  chi  die  la  vita  per  loro.  Ma  il  vedere  la  fiumana  della  cor- 
ruzione  che  dilaga  dappertulto,  e  conduce  con  se  alia  perdizione  in- 
Dumerabili  anime  ;  e  intanto  non  poterla  ritenere  ;  non  potere  molle 
volte  neppur  levare  la  voce  e  dire  :  «  Guardatevi :  »  questo  e  cio 
che  li  cruccia ,  che  li  strugge ,  piu  di  quello  che  potrebbe  essere  il 
cuore  di  una  madre,  che  si  vedesse  fare  a  brani  il  proprio  figliuolo, 
ne  gli  polesse  porgere  aiuto.  II  quale  cumulo  di  dolori ,  considerate 
adequatamente  in  tutto  il  corpo  della  Chiesa,  ha  solo  riscontro  in  qucl 
senso  d'infinita  amarezza,  che  provo  Cristo  sulla  Croce,  nel  contem- 
plare  il  si  eccessivo  numero  di  anime ,  che  per  loro  perversa  YO- 
lontci  si  sarebber  perdute,  non  ostante  il  prezzo  di  sangue  divino  che 
egli  yersava  per  tutli. 

E  osano  tuttavia  cotesti  spacciatori  di  liberta  a  parole,  andar  ripe- 
tendo  che  essi  rispettano  anche  la  liberta  della  Chiesa  e  se,  per  fare 
1'  Italia  ed  anche  per  decoro  della  religione,  credono  necessario  torre 
al  Pontefice  il  suo  dominio  temporale ,  gli  lasceranno  non  solo  ,  ma 
gli  difenderanno  ad  un  bisogno  la  libera  facolta  dell'  azione  spiritua- 


1)2  LA  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

le?  Ma  chi  credono  dunque  di  persuadere  con  artifizii  si  meschini? 
Se  i  pad  loro :  e  inutile  sforzo,  essendo  questi  gia  intesi  del  sacrilege 
fine :  se  i  piu  semplici  tra  i  fedeli ;  anche  costoro  oggimai  dalla  evi- 
denza  delle  opere  son  fatti  accorli  della  vanita  delle  parole.  E  certa- 
mente  se  fossero  proceduti  con  maggior  temperanza,  riserbandosi  di 
venire  ai  fatti  piu  aperti,  quando  lo  scoprimento  delle  loro  intenzioni 
non  avesse  potuto  piu  nuocere  al  lor  disegno,  sarebbe  stato  assai  facile 
diffonder  1'inganno  nelle  moltitudini,  ed  accostarsi,  col  suffragio  for- 
se  de'piu,  alia  bramala  soluzione  della  quistione  romana.  Ma  e  tanto 
impossibil  cosa  dissimulare  1'odio,  quanto  I'amore.  Satanasso  e  riu- 
scito  a  trasfondere  la  sua  vita  di  odio  contro  a  Cristo  in  cotesto  corpo 
moslruoso ,  che  e  la  sua  chiesa  setlaria :  ma  come  poi  conlenerlo , 
che  non  iscoppii  da  tulti  i  pod  di  esso  ? 

Conciossiache,  fosse  pure  una  specie  di  necessila,  per  altri  loro  men 
rei  interessi,  quella  tirannia  che  esercitano  sopra  i  Vescovi  e  i  Preli; 
come  pero  puo  spiegarsi  quel  livore  demoniaco  ,  onde  sono  invasati 
contro  i  Frati  e  le  Monache ,  solo  perche,  separati  da  qualsivoglia 
contalto  di  cose  di  secolo,  vivono  in  solitarie  mura  vita  d'  innocenza 
e  di  sanlita?  E  in  vero,  salvo  alcuni  casi  avvegnache  non  rari,  non 
puo  negarsi  che  le  persone  di  que'  servi  e  di  quelle  ancelle  del  Si- 
gnore  sono  in  qualche  modo  rispeltate :  vogliamo  credere  ancora, 
che  i  loro  persecutori  saranno  generosi  a  segno,  di  cedere  tanto  del 
botlino  che  hanno  fatto  delle  loro  cose  che  debba  bastare  per  susten- 
tarne  convenientemente  la  vita.  Che  piu?  Riterremo  altresi,  che  ai 
membri  degl'  Istituli  mendicanti  fara  la  limosina ,  e  volentieri ,  lo 
stesso  Governo.  Ma  se  e  cosi,  perche  dunque  snidarli  con  si  snatura- 
ta  violenza  da  que' cad  domicilii  di  vita  celesliale?  E  che  farebbe 
contro  a  cotesta  Italia,  a  cotesta  Italia,  diciamo,  da  rinnovare  a  glo- 
ria e  grandezza,  quel  loro  vivere  segregate  da  ogni  desiderio  di  be- 
ni  di  terra ,  lasciandone  ad  altri  cosi  le  brame,  come  i  godimenti  ? 

Oh !  che  farebbe  ?  E  non  sono  i  religiosi  e  le  religiose  la  immagi- 
ne  piu  spirante  della  vita  di  Cristo  sulla  terra ;  vita  di  annegazione, 
d'  innocenza,  di  carita,  di  preghiera?  Non  costituiscono  percio  uno 
de'  piu  splendidi  ornamenti  del  corpo  della  Chiesa ,  in  cui  Cristo  vi- 
ve?  Ecco  dunque  perche  si  debbono  cacciar  fuori  de'  loro  ricoveri, 


NELLA  SUA  CHIESA  53 

benche  si  meschini,  privare  delle  rendite  loro  ,  avvegnache  si  scar- 
se  e,  se  fa  bisogno,  gravare  anche  lo  Stato  del  mantenimento  di  mold 
di  loro. 

La  quale  violenza  clii  non  vede  quanto  e  conlraria  non  solo  ai  piii 
sacri  diritti  della  nalura ,  ma  agli  stessi  principii  piu  gelosamente 
voluli  garantire  dalle  moderne  Costituzioni?  E  sono  tra  i  primi  il  di- 
rilto  della  propriela,  la  inviolabilita  del  domicilio,  la  liberla  dell'  as- 
sociazione.  Perche  dunque  cotesti  nomi,  che  vi  suonano  si  venerandi, 
non  avranno  valore  solo  per  rispetlo  a  ciltadini  de'  piii  pacific!,  come 
sono  i  Frati ,  e  a  torme  d'  imbelli  femminelte ,  le  quali ,  oltre  alle 
virtu  angeliche  che  le  adornano,  possono  invocare  a  propria  difesa 
la  debolezza  del  sesso,  rispellata  cotanto  dal  secol  noslro?  Oh!  dico- 
no  che  la  moderna  civilla  non  puo  tollerare  in  niezzo  a  se  la  vita  del 
Chiostro.  Eoco  tutlo  il  processo  dei  religiosi  e  delle  religiose :  pro- 
cesso  che  mentre  ne  forma  la  piu  bella  apologia ,  rivela  insieme  la 
vera  indole  della  presente  persecuzione ,  che  e  di  voler  soffocare , 
quanto  e  da  se,  ogni  alito  di  vita  crisliana ,  e  piu  dov'  e  piu  vivace, 
senz'  altra  ragione,  che  1'  odio  ai  Cristianesimo,  alia  Chiesa,  a  Cristo. 

La  cagione  adunque ,  che  il  Sinedrio  della  setta  toglie  alia  pre- 
sente persecuzione,  contro  alia  Chiesa,  dal  dominio  temporale  del 
Capo  di  essa  Chiesa ,  non  e  che  pretesto ;  e  pretesto  simile  a  quello 
della  polilica  necessita  addolto  gia  dall'  antico  Sinedrio  per  condurre 
Cristo  al  patibolo.  Perche  ragionava  dicendo  ,  che  quando  il  popolo 
accettasse  Cristo  per  re,  come  pur  troppo  era  disposto  a  fare,  pare- 
va  infallibile  che  i  Romani  dovessero  ingelosirne  e  gastigare  tutta  la 
gente  come  di  fellonia  e  ribellione,  aggravando  di  piu  il  loro  giogo, 
e  a  lei  togliendo  quella  larva  che  le  avanzava  dinazione.  E  conchiu- 
deva  dicendo :  Expedit  vobis  ut  unus  moriatur  homo  pro  populo;  et 
non  tola  gens  pereal  l.  Ma  non  era  altro  che  prelesto :  e  lo  conobbe 
sino  il  preside  romano ,  che  dovea  essere  piu  di  loro  interessalo  a 
conservare  intera  1'  autorita  imperiale;  e  piu  lo  dimostrarono  a  fatti, 
incrudelendo  conlro  Crislo  con  una  ferocia,  che  non  ha  esempio  in 
niuna  istoria  di  popolo  ne  civile  lie  barbaro. 

1  IOAN.  XI,  50. 


51  LA  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

A  quesla  forma  medesima  i  ministri  della  Passione  della  Chiesa 
mettono  in  campo  il  pretesto  del  dominio  temporale,  come  un  impe- 
dimenlo  alia  Italia  di  diventare  nazione,  come  una  continua  cagione 
di  tenerle  o  fade  venire  in  casa  gli  stranieri,  come  una  perenne  mi- 
naccia,  dopo  che  e  cominciata  a  diventare  nazione,  che  ne  possa  es- 
ser  disfatta.  Ed  anch'  essi  vanno  ripelendo  agl'  Italiani :  Expedit 
vobis  ut  unus  moriatur  homo  pro  populo,  et  non  tola  gens  pereat. 
II  quale  grido  tanto  piu  credono  poter  essere  accolto,  in  quanto  non 
propongono  una  morte  fisica ,  ma  una  morte  morale.  Finisca  il  Pa- 
pa di  essere  Re :  sia  Papa  soltanto ;  ed  egli  e  la  Chiesa  avranno  pa- 
ce coll'  Italia. 

Ma  i  Giudei ,  che  vollero  ammantare  collo  zelo  politico  il  loro  fu- 
rore contro  a  Cristo ,  usandone  come  leva  nell'  animo  del  prefetto 
della  Giudea  per  determinarlo  a  dar  sentenza  di  morte,  si  'sco- 
prirono  pero,  perche  nou  seppero  contenersi.  E  cosi  sebbene  Pilato 
tenesse  da  Gristo  la  confessione,  che  egli  veramenle  era  Re,  ben- 
che  non  a  modo ,  ne  col  fine  de'  re  terreni :  Rex  sum  ego :  seb- 
bene fosse  gentile,  e  inoltre  ministro  di  un  Sovrano  sospettosissimo, 
come-  era  Tiberio;  tutlo  cio  non  ostante  giudico  Cristo  innocente ,  e 
nequitosi  e  perfidi  i  Giudei :  Sciebat  enim  quia  per  invidiam  tradi- 
dissent  eum. 

Or  chi  vorrebbe  persuadersi  che  i  nuovi  Giudei  stanno  crocifig- 
gendo  la  Chiesa ,  perche  il  suo  Capo  e  Re  lemporale  ?  II  quale  Re- 
gno ,  quando  non  costituisse,  anche  umanamente,  la  maggior  gloria 
dell'  Italia ;  e  fosse  uopo  dislruggerlo  per  lo  bene  di  questa,  chi  non 
vede  che  1'  effello ,  che  e  la  presente  persecuzione ,  supera  infmita- 
mente  la  causa,  che  si  dice  esser  riposta  in  quello  scopo? 

La  vera  causa,  che  moveva  i  Giudei  a  volere  quella  morte  cosi 
crudele  e  obbrobriosa  di  Gesu  Cristo ,  la  espressero  essi  medesimi, 
quando ,  a  malgrado  di  un'  accusa  si  grave  e  non  disdetta  dal  reo , 
pur  accingendosi  Pilato  a  mandarlo  assoluto ,  essi  gridarono  ad  una 
voce  ,  che  Gesu  si  facea  Figliuolo  di  Dio ,  e  dovea  morire  per  cio  : 
Debet  won,  quia  Filium  Dei  se  fecit  1.  E  verissimo  era  che  Cristo 

1   lOANN.  XIX,  7. 


NELLA  SUA  CHIESA  55 

diceasi  tale  :  ma  non  era  men  vero ,  che'ne  avea  somministrate  le 
pruove  piu  comlncenti ,  sia  coll'avveramento  delle  antiche  profezie 
sopra  la  sua  persona ,  sia  col  lioguaggio  onnipotente  de'  miracoli  a 
leslimonianza  della  sua  divinita.  Sicche  i  Giudei  procurarono  a  Cri- 
sto  la  morte,  non  propriamente  come  a  re,  ma  come  a  Dio,  o  piut- 
tosto  come  a  Re-Dio ;  avendo  nello  stesso  tempo  dinanzi  agli  occhi 
tutti  gli  argomenti ,  che  il  dimostravano  tale ,  e  pur  oslinandosi  a 
non  volerlo  come  tale. 

Che  e  letteralmente  cio  che  si  verifica  nella  crudele  Passione  che 
si  fa  in  quesli  tempi  soffrire  alia  Chiesa ;  la  causa  adequata  della 
quale  e  il  Papa-Re :  il  Papa  cioe,  che  non  si  vuole  in  quanto  e  Papa, 
ossia  Capo  visibile  della  Chiesa ,  nella  quale  e  presenle ,  vive  ed 
opera  Cristo  stesso ;  e  che  nondimeno  e  rinnegata  per  odio  alia  ve- 
rita  che  in  lei  sussiste,  e  al  Rene  che  da  lei  e  diffuso.  E  perciocche 
il  presidio  o  lo  strumento  del  Papato ,  presidio  e  slrumento  neces- 
sario  nelle  present!  condizioni  alia  Chiesa ,  e  il  regno  temporale , 
perche  non  si  yuole  la  Chiesa  col  Papa ,  percio  non  si  vuole  il  Papa 
col  regno. 

Ora  se  e  tanta  similitudine,  ed  anzi  quasi  idenlita,  come  abbiamo 
veduto  nella  prima  parte ,  della  Chiesa  con  Cristo,  se  le  cause  che 
mossero  i  persecutori  di  Crislo  sono  quelle  stesse,  che  era  muovono 
i  persecutori  della  Chiesa ;  qual  maraviglia  che  la  Passione  che  ora 
soffre  la  Chiesa,  ritrae  si  di  \1cino  la  Passione  che  pali  Cristo  sul 
Calvario  ?  Perocche  quanta  somiglianza  dell'una  coH'altra  in  tutto ! 
Nelle  accuse  ugualmente  velenosissime ;  nelle  calunnie  cosi  allora 
come  adesso  senza  nessun  freno ,  che  possa  imporre  lo  stesso  senso 
comune,  per  renderle  meno  improbabili ;  ne'  vilipendii  e  negli  ob- 
brobrii ,  de' quali  come  Crislo  fu  satollato,  cosi  ora  e  satollata  la 
Chiesa;  ne' processi  e  ne' giudizii ,  quanto  con  Cristo,  altreUanto 
colla  Chiesa  odiosi ,  illegal! ,  prepotenti ,  ingiustissimi :  finalmente 
nello  spogliamento  di  ogni  proprieta.  Perche  come  Crislo  fu  messo 
jgnudo  nella  sua  croce  ;  e  intanto  i  crocifissori  di  Lui  si  parlivano  i 
suoi  vestimenti,  e  giltavano  la  sorte  sulla  sua  tunica :  cosi  parimen- 
le  la  Chiesa  vede  dalla  sua  Croce  esserle  a  poco  a  poco ,  a  nome 
dello  Stato,  occupali  i  suoi  edifizii,  usurpale  le  proprieta,  incamerali 


56  I A  PASSIONE  DI  GESU  CRISTO 

i  beni :  ed  oggimai  e  redalto  il  disegno  del  lotale  spogliamenlo,  ne 
manca  a  compirlo  che  un  legale  decreto !  Al  quale  ora  stanno  ansio- 
samenle  agognando  i  suoi  manigoldi  tenendo  i  dadi  alia  mano ,  per 
decidere  chi  debbano  essere  i  forlunati  a  raccorre  la  totale  eredita , 
doe  ad  arnministrarla. 

Manca  e  vero  la  carnificina  materiale;  non  perche  non  sieno  mol- 
ti,  i  quali  possano  dire  coll'Apostolo  Paolo :  Ego  enim  stigmata  Do- 
mini lesu  in  corpore  meo  porto  1,  in  senso  di  vere  piaghe  corpora- 
li ,  ricevute  per  la  causa  della  Chiesa ;  ma  perche  non  ancora  si  e 
creduto  dovere  generalmente  venire  alle  scuri  ed  alle  mannaie  per 
maritirizzare  i  corpi.  Di  che  i  moderni  persecutor!  vorrebbero  essere 
non  solo  lodati,  come  puo  essere  dal  viandanle  1'assassino,  che  con- 
tento  della  borsa,  gli  lascia  pero  la  vita;  ma  lodati  ancora,  ma  glo- 
rificali,  come  di  un  eccesso  di  moderazione  e  di  liberalita,  non  pos- 
sibile  ad  aspettare  ,  che  dai  civilissimi  tempi ,  che  essi  hanno  crea- 
li.  Tutto  il  contrario  ,  almeno  per  cio  che  spetta  al  vero  motore  di 
quesla  persecuzione ,  che  e  Satanasso.  II  quale,  non  intendendosi 
punto  n&  di  civilla  ne  di  moderazione,  se  risparmia  i  corpi,  e  spar- 
ge invece  principii  di  tolleranza  e  piacevolezza  con  lutti ,  anche  coi 
Catlolici ,  egli  lo  fa  per  avvalersi ,  dall'una  parte  della  falsa  sieurla 
di  costoro,  e  daH'altra  dell'astuzia  de'  suoi  ministri,  per  alterare  in- 
sensibilmente  gli  elementi  del  cattolicismo,  per  separare  cosi  Cristo 
dalla  Chiesa  e  far  diventare  questa  Chiesa  un  informe  cadavere.  In 
sostanza  come  il  piu,  che  Satanasso  avrebbe  yoluto  ottenere  rispetto 
a  Crislo,  era  certamente  che  la  sua  divinita  fosse  separata  dalla  sua 
umanita :  ma  cio  non  poteva  in  nessun  modo ;  ed  anzi  neppur  sapeva 
con  piena  certezza  se  quell'  uomo  fosse  Dio  :  cosi  per  contrario  egli 
spera  di  potere  dalla  Chiesa  sceverare  1'  elemento  divino  ,  se  non  in 
tullo  il  suo  corpo ,  almeno  in  una  parte  nolabilissima  di  esso  ;  'e  a 
questo  fine  muove  i  suoi  strumenti  che  tengano  questo  modo  di  per- 
secuzione. 

S'inganna  certamente  a  sperarlo,  come  che  sia,  per  la  Chiesa  ade- 
quatamente  presa.  Ma  pur  troppo  e  possibile,  e  cosi  non  riuscisse 

1  Galat.  VI,  17. 


NELLA  SLA  CHIESA  57 

di  fatto,  co'membri  di  essa  Chiesa,  ed  anche  in  grandissimo  numero. 
E  pero  il  miglior  frutto  che  si  possa  da  noi  sperare  di  queste  nostre 
parole  e  un  generoso  riguardo  che  ciascheduno  pigli  di  se ,  per  non 
dare,  sopra  di  se,  vittoria  al  diavolo  contro  a  Cristo.  E  il  tempo ,  in 
cui  Gesu  ripete  ad  ogni  discepolo  suo  quello  che  gia  disse  a  Pietro: 
Simon,  Simon,  ecce  Satan  expetivit,  ut  cribraret  vos  sicut  triticum. 
Ego  autem  rogavi  pro  le  ut  non  deficiat  fides  tua.  Sieno  i  merili 
della  preghiera  di  Cristo  la  nostra  fiducia;  che  cerlo  olterranno  an- 
che a  noi  la  perseveranza ,  se  coopereremo  colle  nostre  preghiere  e 
colla  nostra  vigilanza  ;  come  nella  slessa  occasione  il  medesimo  Si- 
gnore  raccomando  a  Pietro  ed  agli  allri  Apostoli:  Vigilate  mecum... 
Vigilate  et  orate  ut  non  intrelis  in  tentationem.  Ma  la  confermazio- 
ne  ci  ha  da  venire  da  Pietro,  a  cui  lo  stesso  Cristo  soggiunse:  Con- 
firma  fratres  tuos;  e  che  ora  ci  parla  per  bocca  di  Colui  che  tiene  ii 
suo  seggio.  Conciossiache  Pietro  egli  solo  ha  avula  la  promessa  della 
fede  infallibile,  per  essere  forma  comune  del  credere  e  dell'  operare 
di  lutta  quanta  la  Chiesa.  Per  tal  maniera  ogni  fedele  si  rendera 
In  certa  guisa  obbligato  il  medesimo  Crislo:  e  di  che?  Nientemeno 
che  della  sua  vita  divina  in  sulla  terra.  Perciocche  Crislo,  I'abbiarn 
dimostralo,  vive  la  sua  vita  divina  nella  Chiesa.  Per  conseguenza 
quanti  sono  piu  a  partecipare  cotesta  vita,  tanlo  estensivamente  e 
maggiore  una  tale  sua  forma  di  vivere  sulla  terra.  II  che  se  e  vero 
di  ogni  tempo,  ne'  tempi  di  Passione  della  Chiesa,  oltre  a  diventare 
piu  vegeta  in  se  stessa  e  piu  robusta  cotesta  vita  di  Cristo ;  ha  il 
vantaggio  di  appalesarsi  tale,  eziandio  ai  suoi  nemici ;  non  essen- 
do  altra  pruova  piu  convincente  della  divinita  della  Chiesa ,  che  la 
pruova  de'  patimenti. 


•^   TIGRANATE 

RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 


XIV. 

i  -^  '''^-'^ 

vedove. 


Come  intese  (Libanio  pagano)  che  mia  ma- 
dre  contava  quarant'anni  d'eta,  e  gia  da 
venti  era  vedova  del  padre  mio;  rimase 
attonito,  ed  esclamo  ad  alta  voce  verso 
gli  astanti:  Poffare!  quali  donne  -sono 
tra  i  Crislianil  S.  Gio.  GRISOST.  Ad  wia 
vedova  giovane,  2.  (Opp.  ed.  gr.  lat.  Mi- 
gne,  torn.  I,  pag.  601.) 

Acre  sereno,  temperatura  dolce,  campagne  ubertose  ,  un  fmme 
reale  reggente  ancora  le  piu  grosse  navi  da  carico,  erano  i  doni  cho 
la  nalura  aveva  compartito  alia  grande  Antiochia.  L'arte  poi  talmen- 
te  aveva  gareggiato  colla  natura,  che  stanza  piu  magnifica  di  quella 
metropoli  non  possedevano  in  lulto  Oriente  gl'  Imperadori  romani. 
Qui  teneva  sua  corte  Gallo  Cesare,  fratello  di  Giuliano  Y  Apostata, 
e  di  qui  fu  chiamato  in  Illiria  alia  morte,  pochi  anni  addietro  da  Co- 
stanzo  Augusto  :  che  poi  die  la  porpora  a  Giuliano,  e  riusci  infelice 
in  questo  ,  quanto  in  quello  era  paruto  crudele.  E  Costanzo  slesso  si 
piaceva  della  dimora  di  Antiochia  ,  e  vi  sverno  piu  volte  coll'  eser- 


TIGRANATE  —  LE  SANTE  VEDOVE  59 

cito,  pendente  la  lunga  e  ignobile  guerra  contro  i  Persian!  guerreg- 
giata.  Vi  aveva  altresi  ordioate  grandiose  opere  in  sulla  rada  di 
Seleucia,  e  tagliatovi  nella  viva  roccia  un  porlo  per  la  marina  mill- 
tare  e  pel  commercio  di  quello  stermiuato  popolo,  a'  cui  traffici  im- 
messi  piii  non  bastavano  gli  ampii  scali  del  fiume  Oronle. 

Ad  Antiochia ,  siccome  in  altre  grandi  capitali ,  non  era  venuta 
meno  la  mala  gramigna  del  gentilesimo.  I  retori  cbe  vi  lenevano 
scuola  di  leltere,  idolatri  erano  per  la  maggior  parte ;  gli  stregoni , 
i  maestri  di  leurgia  secreta,  i  pontefici  profani  vi  abbondavano ;  e 
a'  loro  empii  guadagni  contribuivano  in  singolar  modo  due  santua- 
rie  di  anlica  superstizione  famigerate,  ii  Giove  Casio  e  1'  Apolline 
Dafuitico,  adorato  quello  sur  un  monte  non  discoslo ,  e  questo  nel 
subborgo  stesso  della  cilta.  Piu  frequentati  che  non  i  templi  erano  i 
teatri  e  gl'  ippodromi :  e  gli  Antiocheni  divenlarono  famosi  in  uitto 
I'Orienle  pel  loro  furore  digiuochi,  di  commedie,  di  corse,  di  cacce 
circensi.  Icristiani  slessi,  travolti  dall'andazzo  comune,  parleggia- 
vano  talora  non  meno  focosamente  dei  pagani  a  favore  di  questo  o 
di  quello  strione:  onde  le  acerbe  rampogne,  con  cbe  alcuni  anni  dopo 
li  vergognava  la  poderosa  eloquenza  del  loro  concittadino ,  Giovanni 
Crisostomo.  Maal  tempo  cbe  abbiam  tra  mano,  Giovanni  era  tultavia 
fandullelto,  unica  gioia  della  santa  sua  madre. 

Antusa  (cosi  chiamavasi  la  madre  di  Giovanni) ,  veneranda  ma- 
trona,  sebbene  giovinetta  poco  piu  cbe  quadriluslre ,  e  gia  vedova, 
inteso  1'  arrivo  di  Tigranale,  non  fu  lenta  a  recarsi  in  casa  di  Placi- 
do,  e  farvi  coll'uno  e  coH'altro  i  suoi  rallegramenti.  Ella  usava  al- 
cuna  volta  in  casa  al  nobile  tribuno,  per  cagione  della  strelta  amici- 
zia  che  era  slata  Ira  lui  e  il  suo  marito  Secondo,  gfande  ufficiale  di 
guerra.  Ne  mai  veniva  ,  cbe  seco  non  conducesse  per  mano  il  pic- 
colo Giovanni:  e  il  buon  Placido  grandissime  carezze  faceva  al  fan- 
ciullo,  figlio  del  lagrimato  amico.  Mentre  il  bimbo  si  sgretolavaun 
croccante,  o  ruzzava  col  cagnuolo,  egli  s'  intratleneva  colla  illustre 
dama,delle  memorie  di  Secondo,  buon'  anima,  si  valoroso  militare.  In 
questi  discorsi  vedevasi  pendere  una  goccia  di  pianto  agli  occhi  della 
pia  vedovella,  e  guatando  il  cielo  :  —  Non  bo  di  lui  che  questo,  di- 
ceva,  die  mi  consoli  sulla  terra !  —  .Poi  al  figlio :  —  Tu  sarai  buo- 


60  TIGRANATE  BACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

no  come  il  babbo ,  neh  vero,  Nannuccio?  —  Placido  soggiugneva  : 
—  Ve',  se  non  e  tutto  suo  padre!  stesso  naso,  stessa  fronte ,  negli 
occhi  poi  non  ne  perde  un  pelo  :  non  gli  mancano  che  i  due  baffi , 
e  poi  la  spada  in  mano  —  E  appiccavagli  sulla  gota  rosata  un  gros- 
so  baciono  soldatesco  —  Lasciatelo  crescere,  e  poi  si  vedra  cio  che 
Iddio  ne  vorra  disporre  —  ripigliava  Antusa,  e  qui  voltando  destra- 
mente  i  discorsi ,  enlrava  in  alte  considerazioni  sopra  i  giudizii  di 
Dio,  che  troppo  si  dispaiano  dai  pensamenti  umani,  e  sulla  morle 
la  cui  falce  inaspeltata  ne  sopraggiugne  e  miete  inesorabile  tutte  le 
speranze  terrene,  quando  piu  liele  ne  fanno  lusinga:  e  gli  allori  guer- 
rieri  si  sfrondano,  e  sfiorisce  la  gloria,  e  al(ro  non  rimane  che  la 
polvere  della  tomba,  e  il  tribunale  del  rigoroso  giudizio  che  non  ha 
appello.  Placido  a  tale  filosofia  si  scoteva  tulto  di  segreto  rimorso,  e 
restavasi  passato  di  smisurato  terrore,  ed  egli  veterano  di  Costan- 
tino  ,  che  cento  volte  aveva  affrontato  le  falangi  irte  di  ferro,  non 
osava  levar  gli  occhi  in  faccia  ad  una  fanciulla. 

La  pietosa  donna  che  per  lo  innanzi  si  mostrava  solo  alia  sfuggi- 
ta,  quanlo  richiedeva  il  dovere  di  cortesia,  quest'  inverno  scorgendo 
il  cadimenlo  del  vecchio  ufficiale  ,  prese  a  spesseggiare  le  visile,  e 
molto  piu  poiche  il  vide  proslrato  al  tutto  di  forze ,  e  fermato  nel 
letto.  Assai  volte  non  contenta  di  venirvi  essa,  conduceva  seco  una 
sua  arnica,  gia  molto  avvanzata  in  eta,  consacrata  essa  pure  alia  ve- 
dovile  continenza.  Aveva  nome  Publia,  nome  chiaro  presso  i  fedeli 
d'  Antiochia,  tra  i  quali  era  stata  sollevata  alia  condizione  di  diaco- 
nessa ,  e  creata  maestra  d'  un  celebre  moiiaslero  di  sacre  vergini. 
Sotto  pretesto  che  Placido  non  avesse  donne  in  casa  che  il  gover- 
nassero,  le  pie'vedove  tornavano  da  lui  assiduamente  —  Per  non 
lasciarli,  diceva  Antusa,  a  mano  di  schiavi ,  io  vengo  a  vederti  al- 
cuna  volta,  e  non  ti  dispiaccia  che  io  ammannisca  i  beveraggi ,  che 
bene  io  me  ne  conosco  —  E  sedeva  a  capo  del  letto,  e  vi  passava  le 
lunghe  ore,  pure  spiando  il  destro  di  frammettere  una  buona  parola. 

Da  parte  sua  Placido  sentiva  tulia  la  dolcezza  di  quei  servigi  cosi 
disinleressati,  porti  da  mano  si  gentile:  e  quando  ell'  era  uscita  della 
presenza,  diceva  a  Tigranate:  — Vedi  bonta  di  cuore  di  queste  buo- 
ne  donne:  Antusa  per  me  e  un  portenlo.  Giovane,  avvenente,  traricca, 


LE  SANTE  VEDOVE  61 

vedova  d'  un  generate  dell'  impero ,  potrebbe  star  sul  galanle  e  sul 
grandiose;  se  ne  volesse  de'partiti  e  de'  piu  lusinghieri,  non  avreb- 
be  che  a  scegliere:  e  no;  la  si  e  rincantucciata  nel  suo  palagio,  dove 
non  patisce  aria  di  mondo,  rilirata,  dimessa  come  una  femminelta 
di  volgo.  Vedestu  quel  velo  nero  che  tulta  1'avvolge  quando  sale  in 
lettiga?  Dalla  morte  del  marilo  non  ha  piu  smesso  il  bruno;  non  co- 
me quell'  altre  cui  tarda  di  scagliarselo  di  dosso  per  rimeltersi  in 
panni  avvistati :  e  io  so  che  non  esce  di  casa  quasi  per  altro  che  vi- 
sitare  i  poveri,  o  per  venir  qui  a  servirmi  come  una  fanticella.  Co- 
tes to  e  vivere  da  vedova  cris liana.  Cosi  farebbe  la  mia  povera  Flac- 
cilla,  se  la  mi  fosse  sopravvissuta :  e  mancata  si  tosto !  Ascoltami. 
Quando  tu  avrai  a  menar  donna ,  non  meltere  F  occhio  fuorche  in 
vergine  cristiana. 

Oh  gua',  babbo,  anco  Libanio,  che  e  si  sfegatato  per  Tellenismo, 
mi  disse  un  giorno  cotesto  che  tu  di'.  Quali  donne,  mi  dicev'  esso 
parlando  proprio  di  Anlusa,  quali  donne  celestiali  hanno  i  cristiani!— 

Se  alcuna  volta  i  famigli  recavangli  cibo  o  bevanda  non  preparata 
da  Antusa  :  —  Non  mi  va,  diceva  1'  infermo ;  mi  fa  miglior  pro;  se 
la  nostra  buona  vedova  ci  melte  essa  la  mano.  Ma  ell'  ha  un  difelto, 
un  difetto  solo,  che  mi  entra  in  cerli  propositi,  che  mi  rimescolano 
lutto.  —  Con  tutlo  questo  difelto  egli  godeva  di  vederlasi  accanto, 
ed  era  tomato  come  un  fanciullo  nelle  sue  mani :  do  che  ella  appro- 
vava  per  salutare,  ed  esso  diceva  che  gli  faceva  bene ;  e  quello  che 
ella  disapprovava,  ei  rigettavalo  come  nocivo,  e  in  ogni  cosa  pen- 
deva  da'  consigli  della  sanla  matrona. 

Non  senza  gran  perche  Anlusa  conducevasi  cosi  sovente  al  lelto 
dell'  infermo,  il  quale  in  fondo  non  abbisognava  di  soccorso,  avendo 
intorno  a  se  una  famiglia  di  schiavi  e  di  ancelle  che  lo  amavano,  e 
sperando  di  venire  affrancati  per  testamento,  lo  servivano  con  uno 
sfoggio  di  sollecitudine  sempre  nuovo.  Inoltre  era  cola  Tigranate, 
capitalovi  in  buon  punto  per  assistere  il  padre  nella  infermila,  e 
certo  adempiva  il  dover  suo  quanto  da  amorevole  figliuolo  si  puo 
volere.  Ma  se  non  era  mestieri  d'aiuto  alle  faccende  caserecce,  1'ani- 
mo  dell'  infermo  piu  che  mai  era  necessitoso  di  medicina  spirituale  ; 
ed  a  questo  mirava  innanzi  tulto  la  piissima  visitatrice.  Pero  coglieva 


62  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

1' opportunita  allorchequegli,  sollevato  alcun  poco  dal  male,  aprivasi 
con  piu  candore  a  quella  ricouoscenza,  clie  tanto  schietta,  e  quasi 
fanciullesca,  si  manifesta  per  lo  piu  da'  valorosi  militari.  Allora  con 
soave  parlare  gli  rammentava  come  corresse  tra'  Cristiani  una  voce, 
lui  essere  battezzato  fin  da  giovanetto,  e  ognuno  fare  le  maraviglie 
del  non  averlo  veduto  rnai,  dacche  era  venuto  a  porre  stanza  in  An- 
tiochia,  rendersi  alle  assemblee  de'fedeli,  ne  dare  pubblico  segno  di 
cristiana  pieta. 

-  Non  posso,  rispondeva  Placido,  che  non  negava  punto  il  suo 
battesimo,  non  posso:  c'  e  un  ostacolo. 

-  E  quale,  se  non  e  troppo  ardimento  il  dimandarlo  ? 

—  Grave,  grave  assai,  insuperabiie. 

-  E  pure  in  cotesto  indebolimento  di  salute,  sarebbe  pur  bene 
provvedere  alia  propria  sicurezza,  ancora  con  qualche  difficolta. 

—  Oh  che  mi  credi  adunque  in  fin  di  morte? 

—  Non  sono  qui,  tribuno,  per  uccello  di  mal  augurio:  altri  cam- 
parono  del  tuo  male,  clie  infine  non  e  altro  che  un  po'  di  languore, 
ed  erano  di  complessione  men  siricera  che  non  la  tua:  ma  che  giova 
il  temporeggiare?  il  sicurarsi  che  nuoce?  Colla  morte  non  si  puo 
fare  a  fidanza.  II  mio  povero  Secondo  (nella  pace  di  Crislo)  era  co- 
me te,  e  ad  un  tratto...  Oh  Dio!  non  ne  parliamo.  Non  dico...  vedi: 
ma  su,  tiriamo  le  cose  al  peggio,  or  che  ti  guasta  il  fare  ricorso  alia 
misericordia  di  Dio  e  della  Chiesa?  sai  pure  che  la  clemenza  divina 
e  promessa  a  chi  non  la  stancheggia  col  procrastinare.  —  E  il  ve- 
terano  sollevando  le  mani  ossute  coprivasi  il  volto,  e  sospirava,  e 
asciugavasi  una  lacrima  sfuggitagli  involontariamenle.  Antusa  rnu- 
tava  discorso  per  allora,  ma  non  falliva  di  ritornarvi  il  piu  tosto  che 
gliene  cadesse  il  buon  punto:  e  quando  ell'  era  uscita  sottentrava  al 
cortese  assalto  la  Publia,  come  che  non  trovasse  per  avventura  al- 
trettanto  agevole  1'accesso  all'animo  dell'  infermo. 

Una  volta  che  quella  pietosa  (e  non  v'  era  Publia)  maggiormente 
lo  stringeva  colle  amorevoli  insistenze,  piu  non  si  tenne  alle  mosse, 
e  con  un  sospiro  desolato  gualandola:  —  Santa  donna,  esclamo,  tu 
hai  passati  gli  anni  tuoi  facendo  il  bene :  tu  fosti  lo  specchk)  delle 
fanciulle,  1'  invidia  delle  spose,  or  sei  1'  esemplare  delle  vedove,  e 


LE  SANTE  VEDOVE  63 

I'ammirazione  della  citta,  e  pero  ti  par  facile  la  virtu:  t'  inganni : 
troppo  e  difficile  ad  un  vecchio  peccatore  rientrare  nell'  assemblea 
dei  fedeli...  Nei  campi  non  ho  fallito  mai  alia  professione  crisliana, 
grazia  a  Dio :  ma  in  Persia,  quando  fui  prigione  di  guerra,  oh  in 
Persia  fu  altra  cosa. 

—  Fratello ,  perche  se'  cristiano  cosi  li  chiamero,  fratello  mio, 
quando  bene  avessi  mancalo  di  fede  al  noslro  Dio,  sai  pure  che  Pie- 
Iro  pianse  e  fu  perdonato. 

—  No,  no:  non  dico  questo:  non  ho  spergiuralo,  non  ho  rinne- 
gato,  non  ho  sacrificato,  che  non  mi  credessi  apostata  dalla  mia 
fede :  ma  V  ho  dissimulata  alia  corte  per  accattare  il  favore  del  Re, 
che  mi  teneva,  tuttoche  prigione,  a  grande  onore.  E  d'  allora  in  qua 
non  fui  piu  ardito  di  comparire  nelle  noslre  assemblee.  Avrei  dovu- 
lo  rientrarvi  con  pubblica  riconciliazione :  non  sono  ipocrila,  non 
oserei  allrimenti  presentarmi  ai  santi  misteri.  Differivo  di  giorno  in 
giorno,  prolungavodi  anno  in  anno;  ed  eccomi  al  capezzale  di  mor- 
te:  che  bene  lo  sento,  si  avvicina  1'ora  mia... 

—  Non  sara  si  prossimo  il  pericolo,  interruppe  Antusa;  lu  vai 
tropp'ollre :  ma  fmgiamo  che  tu  ti  apponga  al  vero  ;  ragione  di  piu 
per  non  porre  tempo  in  mezzo. 

—  A  chi  potremo  rivolgerci  noi?  lo  non  ho  fiducia  alcuna  in  co- 
testo  vescovo  nuovo,  postoci  dall'Imperatore.  lo  sonfiglio  di  S.  Pie- 
tro,  se  tu  nol  sai,  battezzato  alia  sua  tomba,  allorche  ci  fui  colDivo 
Costantino.  La  fede  di  Nicea  mi  accompagno  da  per  tutlo :  adoro 
Gesu  Cristo  vero  Dio,  eguale  al  Padre  e  allo  Spirito  Santo.  Non  vo- 
glio  aver  che  fare  con  chi  sconfessa  il  Verbo :  se  fui  debole,  non  vo- 
glio  pero  essere  eretico.  — 

Antusa  scorgendo  nell'infermo,  oltre  ogni  sua  espettazione,  si  vi- 
gorosa  fede  e  si  chiara ,  certa  oggimai  di  pervenire  all'  intento ,  lo 
venne  per  dolce  e  mansueta  guisa  confortando,  che  non  si  lasciasse 
sgomentare  allo  spauracchio  d'una  momentanea  umiliazione :  laChie- 
sa  essere  madre  indulgente  e  soprattutto  coi  malati :  quanto  al  ve- 
scovo ariano  non  se  ne  desse  pensiero :  essa  non  avere  con  lui  com- 
munione  di  veruna  sorta,  ma  si  solo  col  Vescovo  de'  cattolici  e  coi 
sacerdoti  che  tengono  con  lui. 


64  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

_  E  v'e  allro  Vescovo,  oltre  quello  dell'  Imperadore?  disse  ma- 
ravigliando  il  buon  mililare,  il  quale  de'  falti  di  chiesa  poco  o  nulla 
piu  sapeva. 

—  Si  certo.  Paulino  e  il  nostro  parroco  1  e  pastore :  noi  siamo 
in  comunione  col  Vescovo  Atanasio  di  Alessandria,  col  Vescovo  di 
Roma. 

-  Che  uomo  e  cotesto  Paulino? 

—  Gli  e  un  sacerdote  zelante  che  tiene  le  veci  del  Vescovo ,  fin- 
ehe  non  possiarao  avere  un  Vescovo  callolico. 

—  Ah  se  vivesse  ancora  Eustasio !  quanto  piu  volentieri  accette- 
rei  da  lui  la  penitenza;  da  quel  confessore  di  Gesu  Cdsto;  che  por- 
tava  ancora  i  segni  del  martirio. 

L'inverno  intanto  s'avanzava  e  di  rincontro  alia  fmestradella  stan- 
za, dove  Placido  giaceva,  sorgevano  alcuni  platani,  ma  spogli  inte- 
ramente  di  fronde.  Se  alcuna  volta  egli  si  levava  di  letto,  dando  il 
braccio  al  suo  Tigranale,  vi  si  affacciava,  e  con  occhi  fisi  mirando 
quell'  orrore  della  natura,  gli  pareva  di  scorgervi  un  simbolo  del 
disfacimento  di  sua  vita ;  nc  piu  osava  ripromettere  a  se  come  al 
platano  il  rinnovarsi  di  primavera.  Tigranate  bene  si  accorgeva  che 
alcuna  verila  teneva  occupato  e  sospeso  1'animo  del  padre,  e  1'attri- 
buiva  alle  visile  troppo  frequenti  e  troppo  prolungate  delle  due  ve- 
dove,  soprattulto  all'Antusa.  Perciocche  appunto  dopo  cotali  conver- 
sazioni trovavalo  piu  sopra  pensiero  e  quasi  aslralto  da'  sensi.  In 
questi  ultimi  giorni  1'aveva  sorpreso  sedulo  sul  lelto,  cogli  occhi  la- 
crimosi  e  tutlo  inleso  sopra  un  piccolo  volume,  e  lalmente  inabissa- 
to  nel  suo  vaneggiamento  (cosi  pensava  Tigranale),  che  punlo  non  si 
addava  di  chi  gli  entrasse  in  camera.  Se  da  lui  fosse  dipenduto, 
avrebbe  in  cortese  maniera  allontanala  la  visitaldce  importuna , 
per  non  immalinconire  il  povero  infermo :  ma  questi  non  rifiniva  di 
lodarsi  di  Antusa  e  di  dime  ogni  bene ;  anzi  lagnavasi  se  ella  lardas- 
se  ollre  I'ora  consueta  a  farsivedere.  II  gran  passo  era  risoluto,  non 
restava  altro  che  fare  la  dimanda  della  riconciliazione  a  Paulino. 

1  Parroco,  vocabolo  non  del  tempo  di  cui  scriviamo,  ma  bene  del  tem- 
po era  1'uflicio. 


LE  SANTE  VEDOVE  65 

Tigranale  non  ne  sospettava  fiato.  Dacehe  era  giunto  in  Antiochia, 
ed  erano  poche  setlimane,  non  cercava  altro  sollievo  a'  suoi  guai, 
aggravali  ancora  per  la  malattia  del  padre ,  fuorche  rinchiudersi 
nella  biblioteca :  e  quivi  con  due  schiavi  occupavasi  di  riordinarla  , 
collocare  a  loro  palchelti  certi  nuovi  libri  che  aveva  comperalo  ad 
Atene,  appiccarvi  le  polizze,  spolverare  le  vecchie  pergamene,  ri- 
colorire  i  pomelli  de'  volumi.  Qualche  volta  conducevasi  allo  studio 
di  Alipio,  il  piu  famoso  geografo  di  quella  ela,  e  con  lui  tratlene- 
vasi  a  disegnare  una  carta  delle  Gallic,  grande  e  diligcntemente 
ricercata,  ch'  egli  inlendeva  di  recare  in  dono  a  Giuliano.  Piu  spes- 
so,  affine  di  distrarsi  dalle  dolorose  apprensioni,  in  che  lo  melteva  il 
visibile  declinamento  del  padre,  si  ritirava  qualche  ora  nel  giardi- 
no,  e  tratto  dal  lungo  astuccio  un  suo  vago  Omero ,  delizia  de'  suoi 
piu  verdi  anni ,  lulto  in  nitidissimo  carallere  coi  capoversi  a  oro ,  e 
svolto  il  rotolo ,  e  il  poneva  sopra  un  cespo  ben  tosalo  di  mirli ,  e 
quivi  allalo  declamava  a  gran  voce  ora  la  dipartila  di  Ettore  da 
Andromaca,  ora  Y  abboccamento  di  Priarao  con  Achille.  Una  mat- 
tina  mentre  s'  avviava,  colla  sua  Iliade  sotto  il  braccio,  ad  un  portico 
dove  splendeva  un'  occhiata  di  sole  invernale ,  senle  correre  dietro 
se  un  servo,  che  gli  dice :  —  Signore ,  il  padre  ti  chiama. 

—  Gli  e  preso  male? 

-—  No :  e  nella  sua  stanza  un  forestiere  ,  uomo  grave,  ed  e  gia 
gran  pezza  che  stanno  chiusi  a  consulta:  credo  che  ti  vuole  presen- 
te  al  testamento. 


Serie  T/,  vol.  II,  fasc.  311 .  5  22  Mar  so  1865, 


#6  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  BEL  SECOLO  IV. 

XV. 

11  pianyente. 

Se.  alcuno  insegna  che  dispregevole  e  la 
casa  di  Dio  e  le  adunanze  che  in  essa  si 
celebrano,  sia  anatema.  CONCIL.  GANGIL 
Can.  5.  (Ed.  Pitra,  lus  eccL  graecor. 
torn.  I,  pag.  489.) 

Si  quis  in  dvitate  positus  tres  dominicas  ad 
ecclesiam  non  accesserit  pauco  ( tanto 
al..)f  tempore  abstineat,  ut  correptus  esse 
videatur.  CONCIL.  ILLIBER.  can.  21.  (Coll. 
Cone.  Mansi,  torn.  II,  p.  9. ) 

La  chiamata  Improvvisa  e  pressata,  la  parola  testamento  diedero 
un  rimescolone  al  cuore  di  Tigranate,  che  di  presente  volo  alia  stan- 
za del  padre.  Vi  trovo  un  personaggio  di  aspelto  venerabile,  seduto 
alia  sponila  del  letto,  e  non  lungi  due  altri  sconosciuti :  e  seppe  di 
poi  quello  essere  il  sacerdote  Paulino  e  quesli  i  diaconi  suoi ;  tutti  e 
tre  ad  un  raodo,  in  tonaca  di  colore  oscuro,  e  con  sopravi  un  pove- 
ro  pallio,  con  breve  la  chioma  e  la  barba  distesa.  Attorno  facean  co- 
rona alquanti  cilladini  cristiani;  tra  gli  allri  Flaviano  che  poi  fa  pa- 
triarca  antiocheno,  e  a' pie  del  letto  le  pie  vedove  Publia  ed  Anlu- 
sa,  modestamenle  raccolte  e  col  velo  calato  sugli  occhi.  Placido  volse 
egli  la  parola  a  Tigranate. 

—  Figliuol  mio,  prese  a  dire  con  voce  grave  e  commossa,  tu  vedi 
a  che  sono  condolto,  e  come  la  mia  vita  oggimai  pende  da  un  filo. 
In  questi  momenli  non  si  finge:  io  adopero  nella  pienezza  de'miei 
sensi  e  chiamo  te  in  testimonio  e  questi  fratelli  miei  del  grande  at- 
to  che  sto  per  compiere.  Salutare,  lo  spero,  ti  tornera  per  tutta  la 
vita  la  ricordanza  di  cio  che  in  me  vedrai  in  quest' ora.  Ho  percor- 
sa  lunga  camera,  e  non  senza  gloria  agli  occhi  del  mondo :  gli  ono- 
ri  mililari  li  tengo  dal  piu  nobile  degli  Augusti,  amici  mi  furono 
quasi  tutti  i  piu  illustri  cittadini  che  mi  conobbero,  nella  sventura 
infine  della  cattivita  in  Persia,  di  tanto  mi  fu  cortese  la  forluna,  che 
il  Gran  Re  mi  voile  a  corte,  e  mi  rimando  libero,  colmandomi  di 
favori.  Ora  di  tante  prosperita  non  raccolgo  alcun  conforto,  solo 


IL  PIANGENTE  67 

mi  da  speranza  il  mio  batlesimo.  Cosi  1'avess'io  piu  degnamente 
portato  in  fronte  e  colle  opere  professato !  Ma  poiche  al  mio  dovere, 
per  mia  colpa,  si  unicamente  per  mia  colpa,  son  venuto  meno,  nc 
voglio  fare  umile  confessione  al  cospetto  dei  fratelli,  e  piu  di  lutto 
in  faccia  a  te,  cui  dovevo  con  migliore  esempio  allevare  alia  pieta 
cristiana.  II  cuore  mi  dice,  che  alia  tua  eta,  col  senno  e  cogli  studii 
onde  sei  ricco,  inlenderai  piu  assai  che  non  ti  dicono  le  mie  pa- 
role. — 

Tigranate  non  rispose,  ne  trovava  le  parole  per  rispondere.  Una 
benda  cadevagli  dagli  occhi  in  quell'  istante :  egli  aveva  ignorato 
sino  a  quel  di  che  il  padre  suo  fosse  baltezzato.  Placido  si  rivolseal 
sacerdote :  —  Ministro  di  Dio,  io  Placido  confesso  umilmente  alia 
Chiesa  e  a'miei  fratelli  di  aver  peccato,  perche  per  piu  anni  dimo- 
rando  in  Persia  preferii  1'  onore  mondano  all'  obbligo  della  santa  Re- 
ligione,  e  mi  astenni  dalle  assemblee  dei  cristiani.  Vorrei  potermi 
presentare  in  gramaglia  di  penilente  tra  gli  allri  peccatori  alia 
porta  della  basilica,  e  farvi  pubblica  ammenda  del  mio  delitto :  ma 
poiche  dalla  malatlia  m'  e  tollo  di  compiere  interamente  il  mio  voto, 
ed  io  mi  rendo  in  colpa  alia  presenza  di  questa  adunanza  di  fedeli, 
e  imploro  la  indulgenza  di  Dio  e  della  Chiesa.  Ministro  del  perdono, 
riconciliami  in  grazia  col  Signore  Iddio  onnipotente,  Padre,  Figliuo- 
lo  e  Spirito  Santo:  e  voi,  o  fratelli,  orate  a  Dio  per  me.  -— 

Paulino  levossi  in  piedi  e  con  lui  i  diaconi,  e  chinandosi  verso 
F  infermo,  con  un  viso  in  cui  splendeva  un  misto  di  carita  e  di  au- 
sterezza:  —  Fratello,  gli  disse  con  parole  distinte  e  contate,  la  gra- 
zia del  Signore  ti  scorge  alia  penitenza,  e  benedetta  ne  sia  la  sua 
bonla.  Io  che,  sebbene  indegno,  sostengo  1'  ufficio  di  dispensatore 
delle  celesti  misericordie,  in  nome  suo  ti  accolgo  tra  le  braccia  di 
santa  Chiesa:  ma  ti  sovvenga,  che  se  il  Redentore  benigno  si  lascio 
impietosire  verso  la  Maddalena  penitente,  quella  aveva  inondato  di 
lacrime  i  suoi  piedi  adorabili.  Piangi  tu  adunque  in  prima  la  tua 
colpa,  e  poi  avrai  il  perdono  e  la  pace  del  Redentore.  — 

A  questi  detti  sorse  nella  stanza  un  gemito  universale  dei  circo- 
stanti.  Piangevan  tutli,  e  Paulino  slesso  col  lembo  della  stola  tergeva 
le  sue  lacrime.  Tigranate  credeva  di  assistere  ad  un  mistero,  ad  un 
sogno.  Placido  stendeva  le  mani  sulla  proda  del  giaciglio,  e  bassan- 


68  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

do  gli  occhi  lacrimosi,  ripeteva:  —  Giusta  e  mite  e  la  tua  sentenza,  o 
padre.  Deh,  non  mi  abbandonare  in  questo  pericolo  tremendo,  fa 
ch'  io  ti  vegga  alcuna  volta  presso  al  mio  capezzale;  io  t'aspetto  per 
aprire  il  mio  cuore,  e  tulta  compiere  nella  contrizione  dello  spirito 
la  mia  confessione.  Iiitanto,  mentre  piu  pieno  conforto  io  possa  da 
te  avere,  ecco,  in  segno  della  penitenza  a  cui  mi  consacro,  io  assu- 
mo  la  cenere  ed  il  cilicio.  —  Qui  prese  un  pugno  di  cenere,  che  gia 
prima  a\eva  fatto  riporre  sopra  un  piatlello  da  lato,  e  lutto  se  ne  cos- 
perse  i  biancbi  capelli,  e  il  vollo  e  il  collo  e  il  pelto.  Antusa  dalla 
strelta  del  lello  1'aiuto  a  coprirsi  la  lesta  con  un  drappo  di  rozza  la- 
na ,  spiegandone  le  falcle  dai  fiancbi.  II  sacerdote  tocco  il  panno  e 
stese  la  deslra  sull'  infermo  :  un  diacono  disse  :  —  Chinate  il  capo, 
peniteuti.  —  Paulino  pronunzio  le  preci  rituali  con  cui  ammetteva 
Placido  nel  grado  dei  Piangenli. 

Atteggiandosi  poscia  a  men  grave  contegno  ,  soavemente  Io  ab- 
braccio  e  soggiunse  :  —  Fratello,  fa  cuore ;  la  Cbiesa  non  e  corriva 
al  perdono,  appunto  perche  brama  con  piu  sicurezza  perdonare :  ma 
neppure  e  restia,  molto  meno  e  implacabile.  Anzi  ell'  e  madre  tene; 
rissima,  ed  io  seguendo  le  benigne  disposizioni  dei  sacri  canoni  non 
misurero  la  tua  penilenza  dalla  lunghezza  del  tempo  ,  si  bene  dalla 
sincerita  del  luo  pentimento  :  e  cio  molto  piu  se  la  infermita  ,  che 
Dio  non  voglia,  venisse  a  termini  pericolosi.  Intanto  io  mi  ricordero 
di  te  in  ispecial  maniera,  nel  sanlo  sacrificio,  alia  preghiera  pei  pe- 
nilenti.  — 

Non  e  a  dirsi  se  a  cotali  promesse  restasse  confortato  il  buon  Pla- 
cido. Ne'  di  seguenti  si  tratteneva  alcuna  volta  in  colloquii  col  sa- 
cerdote e  con  altri  de'Tratelli,  che  tornavano  a  visilarlo,  e  ragionar- 
gli  di  cose  celesli :  piu  spesso  ancora  prolungava  i  discorsi  colle  pie 
vedove.  Mandava  altresi  larghe  limosine  all' assemblea  dei  fedeli , 
perche  fossero  dispensate  tra  i  poveri  e  le  vedove  necessitose.  Invi- 
diava  la  condizione  di  quegli  avvenlurosi ,  i  quali  proslrati  alia  so- 
glia  della  chiesa  ,  potevano  con  maggiore  umiliazione  pubblicare  la 
loro  col  pa  e  implorare  le  comuni  preghiere.  Ma  piu  era  inleso  ad 
accattare  la  divina  misericordia  per  se  colla  contrizione  del  cuore , 
colla  coufessione  sacramentale  e  con  frequenli  signiflcazioni  di  rav- 
vedimento  perfetto. 


IL  PJANGENTE  69 

Con  tutto  cio  non  dimenticava  1'obbligo  di  padre  cristiano  inverso 
Tigranate.  Che  anzi  sentendo  che  Iroppo  1'aveva  scandolezzato  colla 
vita  profana  da  se  menata,  affine  di  ripararvi  al  possibile,  ogni  qual 
volta  si  trovava  solo  con  lui ,  gli  entrava  toslo  in  proposili  di  reli- 
gione.  Ed  ora  ricisamenle  e  senza  ambagi,  edora  dalla  lunga  e  per 
vie  coperte  brigavasi  a  lull'  uomo  di  recarlo  ad  istruirsi  del  cristia- 
nesimo  e  non  differire  piu  oltre  di  scriversi  al  ruolo  de'  catecumeni. 
Da  tutte  cose,  come  che  indifferent! ,  loglieva  occasione  di  pure  ri- 
tornare  su  questo  lasto.  Una  sera,  sfollate  gia  le  visile,  Tigranate 
rassettava  un  trofeo  d'  armi ,  che  pendeva  alia  parele  di  rincontro  a 
Placido :  era  una  cotta  commessa  di  lama  embricala,  passala  di  bas- 
so in  alto  da  un'  asla  di  lancia  ,  e  su  questa  una  celata  rilucenle,  e 
da  un  lato  due  giavellotti  incrociati  colla  spada,  dairaltro  lo  scudo. 
Placido  gli  disse  di  forbireil  colmo  dell'elmo  sotto  al  cimiero,  dov'e- 
ra  un  fine  intaglio  in  oro ,  rappresenlanteuna  croce  campata  in  alto 
e  coronata  di  raggi ,  con  sottovi  il  motto  in  sigle  I.  H.  V.  —  Che 
dicono  queste  lettere  ?  dimando  Tigranale. 

—  Nol  sai?  rispose  Placido.  E  il  segno  latino  della  vittoria  del 
Divo  Costantino :  vi  fu  posto  quando  marciammo  sopra  Roma,  e  ci 
stava  a  fronte  il  terribile  Massenzio.  Allora  ,  e  vero  ,  lo  scrivemmo 
ciascuno  alia  meglio,  ma  io  appena  entrato  in  citla  il  feci  lavorare  e 
saldarlo  sopra  di  rapporto  da  un  argentiere.  Sara  una  memoria  del 
tuo  padre. 

—  Ben  mi  sovviene  di  averne  inteso  parlare.  E'  vorrebbe  signi- 
ficare  :  In  hoc  vince,  neh  vero? 

A  queste  parole  parve  che  un  lampo  si  accendesse  nelle  pupille 
dell'  infermo  veterano ;  e  come  se  di  bel  nuovo  gli  splendesse  nel- 
1'alto  del  cielo  la  visione  della  croce,  levo  la  mano  scarnita  e  1'addi- 
tava :  —  In  hoc  vince,  la  croce,  la  croce !  Ecco  il  segno  trionfale 
che  successe  alle  profanita  delle  insegne  anliche:  con  questo  il  Divo 
Costantiuo  ci  guidava  a  certa  vittoria :  ed  era  pure  un  bell'entrare  in 
baltaglia  dietro  queslo  vessillo! 

-  E  pure  non  vinse  sempre,  disse  non  senza  malizia  Tigranate ; 
in  Persia  abbiamo  patili  disaslri  assai. 

—  Ma  chi  portava  il  labaro  in  quelle  battaglie?  proruppe  adiralo 
di  collera  sublime  1'  anlico  tribune.  Gi&  si  sa ,  Dio  non  promise  ia 


70  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

elerno  miracolosa  la  viltoria  a  questo  drappello :  ma  in  Persia  non 
la  vittoria  venne  meno  al  labaro  di  Costantino  ,  ma  il  labaro  di  Co- 
stanlino  alia  vittoria.  Colui  minacciava  della  croce  gl'  infedeli ,  che 
peggio  infedele  egli  stesso  avevasi  nimicalo  il  Crocifisso. 

-  Costanzo  ,  soggiunse  Tigranate ,  che  non  intendeva  dove  an- 
dassero  a  parare  quelle  fiere  parole,  Costanzo  e  pure  crisllano. 

-  Cristiano?  ripiglio  a  dire  vie  piu  animato  il  veccbio,  crisliano 
e  Costanzo?  come  africano  fu  Scipione  dall' Africa  ch'  egli  stermino. 
Ah  tu  non  sai  che  voglia  dire  il  favoreggiare  la  maledetta  genia  de- 
gli  ariani.  E'  sono  i  nemici  di  Gesu  Cristo  ,  che  gli  ricusano  1'  ado- 
razione  divina ,  e  rifanno  il  paganesimo  in  mezzo  alia  cristianita. 
Sappi ,  che  anziche  avere  ad  impacciarmi  con  uno  di  cotali  blasfe- 
mi  io  avrei  prescelto  di  morire  senz'  altrimenti  dimandare  la  ricon- 
ciliazione  della  Chiesa ,  affidandomi  alia  misericordia  del  Signore , 
die  scrula  i  cuori.  Ma  ricordati  bene,  Tigranale  mio  ,  scolpisci  nel- 
T  animo  le  mie  parole  :  Coslanzo  finira  miseramente  e  presto.  Gli 
Augusti  che  guerreggiarono  la  Chiesa  di  Gesu  Cristo,  di  mala.morte 
perirono  ,  lasciando  dopo  se  infamie  e  dispregio.  Sai  quanti  ne  vidi 
io  di  questi  vermini  in  porpora  imperiale  schiacciati  nel  fango,  d'on- 
<le  s'ergevano  velenosi  contro  il  Dio  della  croce?  Cosi  perdoni  il  mi- 
le Signore  a  me,  che  mi  rendo  in  colpa  e  imploro  merce,  com'io  vi- 
di la  sua  vendetta  scoppiare  sopra  ben  otto  o  dieci  di  cosloro:  e  non 
e  storia  antica  il  so  dagli  occhi  miei,  Io,  io  vidi  Diocleziano,  e  Mas- 
simiano  Erculeo,  e  Severo,  e  Galerio,  e  Massimino,  e  Massenzio,  e 
Licinio,  con  tutti  i  loro  diademi  e  gli  eserciti  loro  e  le  armate,  on- 
de  coprivano  la  terra  e  il  mare,  finire  vilmente  quale  di  laccio,  qua- 
le  di  veleno  ,  quale  di  putredine  e  di  ulceri  vergognose  ;  e  le  loro 
donne  io  vidi  mendiche  e  tapine  ,  sgozzate  da  coltello  parricida  ,  e 
qui  in  questa  Antiochia  ,  balzate  per  le  finestre  in  questo  Oronte. 
So  bene  che  il  perfido  va  pretestando  che  i  prelati  abusano  della  sua 
demenza,  che  il  Vescovo  di  Roma  resiste  a'suoi  consigli  amorevoli. 
Si,  e  il  processo  del  lupo  all'agriello.  Ma  altri  lupi  lasciarono  i  denti 
a  questa  contesa.  Fia  stato  a  caso,  dicono  i  sofisti  idolatri.  Lo  so: 
ma  so  altresi  che  tali  casi  per  tardare  non  fallano  ,  e  si  ti  dico 
che  Io  sdegno  di  Dio  da  lungo  tempo  si  accumula  su  quel  capo  tra- 
dilore.  — 


IL  PIANGENTE  71 

Tigranale  trepidava  non  forse  alcuno  intendesse  di  fuori  queste 
acerbe  parole  contro  Augusto  ,  e  avrebbe  voluto  rorapere  quella  fo- 
ga,  ma  ogni  sforzo  era  nulla.  Placido ,  come  die  affannato  ,  brillava 
negli  occhi  e  sembrava  ispirato :  —  Sorga,  deh  sorga  dal  seme  glo- 
rioso  di  Costantino  un  rampollo  non  \1zialo  ,  e  ristori  le  ferite  reca- 
te  alia  Chiesa  dall'  accecato  Augusto.  Giuliano  ,  lo  spero  ,  Giuliano 
sara  desso :  egli  qui  di  sua  mano  edifico  il  tempio  di  S.  Mamante , 
qui  prego,  qui  adoro  Cristo.... 

Tigranate  non  seppe  contenersi  da  un  atto  di  capo ,  die  sembra- 
va dire:  sar&,  ma  non  sembra.  Placido  si  continue:  —  Che  vuoi  dire 
con  cotesto?  Yorrestu  significare  che  Cesare  non  e  migliore  di  Au- 
gusto? Sciagurato,  se  cosi  fosse !  E  il  calice  dell'  ira  di  Dio,  dicono 
le  nostre  Scritture ,  e  in  mano  dell'  Onnipotente  ,  non  e  esaurita  la 
sua  feccia,  vi  berranno  i  prevaricatori  tulti  della  terra.  Se  Giuliano 
tradisce  la  fede  degli  avi  suoi ,  forse  non  raggiugnera  quella  porpo- 
ra  grande  a  cui  agogna,  e  se  1'acquista,  sara  suo  danno,  e  Dio  glie- 
la  strappera  a  brano  a  brano  ,  e  forse  fia  1'  ultimo  della  sua  stirpe 
degenerata. 

Placido  dal  giorno  che  era  entrato  umilmente  nella  penitenza  cri- 
stiana,  non  si  riconosceva  piu,  tanto  sembrava  altr'uomo  da  quel  di 
prima.  Non  appariva  piu  alcuna  traccia  delle  debolezze  dell'eta :  tutto 
assorto  nelle  cogitazioni  del  cielo  e  della  religione,  ne  scopriva  il 
largo  orizzonte,  e  vi  spaziava  colla  mente  rinfrancala  e  sicura ,  sic- 
come  ne'  primi  fervori  del  suo  batlesimo.  E  il  figliuolo  a  rimirarlo 
cosi  trasnaturato  appena  credeva  a  se  stesso,  ecominciava,  senz'av- 
vedersene,  a  tramutare  raffetto  figliale  in  un  senso  indistinlo  di  ve- 
nerazione.  Gio  non  ostante  ,  scorgendolo  ora  spossato  e  affannoso 
dalla  veemenza  del  lungo  parlare ,  gli  si  fece  al  capezzale ,  e,  strin- 
gendogli  ambe  le  mani  per  bel  modo ,  gli  venne  dicendo  :  —  Padre 
mio  ,  omai  datevi  un  po'  di  riposo  ,  che  troppo  dovete  averne  biso- 
gno.  —  Tu  di'  vero,  rispose  Placido,  ma  domatlina  se  Paulina  ve- 
nisse  o  Antusa  ,  e  tu  fagli  passare  tosto;  perche  essi  mi  sono  di 
grande  conforto.  —  Si  assetlo  il  ciliclo  sul  lello ,  e  lasciossi  cadere 
sui  guanciali. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA   ITALIANA 


Sul  vivente  linguaggio  delta  Toscana,  Lettere  di  GIAMBATTISTA  GIU- 
LIANI. Terza  edizione,  prima  fiorentina,  corretta  ed  ampliata. 
Un  vol.  in  8.°  pice,  di  pag.  IX-478.  Firenze,  LeMonnier  1865. 

Che  1'ottimo  avviamento  da  darsi  agli  studii  della  materna  lingua, 
chi  ne  vogiia  tra  di  noi  ristorare  la  italianita  genuina,  sia  di  ricon- 
durre  gl'ingegni  alia  contemplazione  degli  esemplari  fornitici  dai 
secoli  quartodecimo  e  seslodecimo ,  niuno  e  che  ne  muova  dubbio. 
Imperocche  sono  quelli  i  tipi  che  rappresenlano  la  egregia  ed  origi- 
nal forma  del  pensiero  e  della  favella  prettamente  nosjrale ,  e  i  fon- 
damenti  per  noi  di  ogni  bellezza  e  di  ogni  bonta,  nell'opera  del  bello 
scrivere  e  del  parlar  bene.  Ond'  e  che  mai  abbastanza  non  si  lode- 
ranno  quei  parecchi  valentuomini,  e  il  Cesari  in  ispecialita,  i  quali, 
al  nascere  di  questo  secolo ,  rimisero  in  tanta  riputazione  gli  aurei 
trecentisti  e  i  forbitissimi  cinquecentisti,  e  accesero  gli  animi  degl'I- 
taliani  a  riformare  su  di  essi  il  loro  modo  di  concepire  e  di  espri- 
mersi ;  modo  slranamente  disnaturalosi,  pel  mal  vezzo  invalso  di 
barbareggiare  co'  foreslieri. 

Senonche  a  mano  a  mano  che  i  piu  intelligenli  si  addomesticava- 
no  con  gli  autori  dei  due  secoli  summentovali,  venivano  pure  accor- 
gendosi  come  questi  non  rispondessero  in  tulto  all'uopo  di  fare  in 
Italia  rifiorire  1'italiano  linguaggio.  Perocche  osservavano,  che  i  pre- 
delti  antichi  scritlori  somministrano  bene  spesso  1'  uso  antico  :  or 
queslo ,  per  una  lingua  che  dura  vivida  e  rigogliosa  e  che  in  sei- 
cenl'  anni  di  vita  e  soltostata  a  non  piccole  variazioni  ed  ha  ricevuti 
notabili  increment! ,  non  si  confa,  piu  in  ogui  sua  parte  alle  conve- 


BIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  75 

nienze  del  tempo  odierno.  Senza  che  gli  anlichi,  sebbene  scrivessero 
come  neir  eta  loro  parlavasi ,  pure  non  di  tulte  le  cose  scrissero,  ne 
tutla  la  schietta  lingua  parlata  riversarono  nelle  loro  pagine.  Donde 
inferivano,  essere  necessario  che  allo  studio  accuralissimo  di  quest! 
antichi,  si  accoppiasse  quello  sagace  si,  ma  nulla  meno  sottile,  del 
miglior  uso  presente;  il  qual  uso,  niuno  puo  saviamente  negare  che 
debba  essere  e  sia  in  effelto  quel  di  Toscana ,  nido  privilegiato  del 
bello  idioma  e  sede  nativa  delle  sue  piu  care  grazie. 

Posto  un  tale  ragionamento,  la  cui  verita  ci  sembra  fuori  di  con- 
troversia,  non  e  mera\iglia  che  alquanti  lelterati  di  fine  gusto ,  to- 
scani  e  non  toscani,  si  sieno  applicati  con  grande  amore  alia  ricer- 
ca  di  questo  uso  corrente :  e  vaghi  d'  invogliarne  altri  quanli  piu. 
fosse  possibile,  si  sieno  affaticati  di  mellerne  in  \ista  i  frulti  indu- 
bitatamente  amabili  e  preziosi.  Tra  i  Toscani,  per  nominare  soltanlo 
i  coetanei  nostri,  sono  gia  chiari,  quale  piu  quale  meno,  il  Fanfani , 
il  Ricci ,  il  Gradi ,  il  Rigutini ,  il  Gargiolli ,  che  con  lavori  di  squi- 
sita  filologia  si  stanno  adoperando  d'  innamorare  1'  Italia  di  questo 
uso ,  tutto  oro  purissimo  della  lor  patria  miniera.  Dei  non  Toscani, 
due  principalmente  si  erano  fino  ad  ora  segnalati,  per  la  solerzia 
d'  investigare  queste  ricchezze  sulla  faccia  dei  luoghi,  ed  avvantag- 
giarsene  a  comune  profitto.  II  piemontese  Giacinto  Carena,  che  si  e 
renduto  cosi  benemerito  con  la  compilazione  del  suo  laboriosissimo 
Prontuario;  ed  il  Veronese  Padre  Antonio  Bresciani,  commendatissi- 
mo  non  solo  pel  suo  Saggio  di  alcune  voci  toscane  d'arti  e  mestieri, 
ma  forse  piu  per  le  tante  gemme  di  lingua  parlata,  da  lui  raccolte  fra 
quel  gentil  popolo  di  Toscana ,  di  che  ingioiello  poscia  tutte  le  sue 
amene  scrilture,  e  massimamente  i  suoi  Racconti ,  con  tale  larghez- 
za ,  che  egli  e  perfino  incorso  nella  censura  di  prodigo. 

Ma  vuole  giustizia  che  in  riga  con  questi  due,  non  toscani  studios! 
della  toscanila,  si  ponga  altresi  il  Padre  Giambatlista  Giuliani  da 
Asti:  il  quale,  da  circa  dodici  anni,  trasferitosi  in  quella  felice  par- 
te  d'  Italia,  ha  speso  tutti  i  suoi  ozii  facendo\i,  arispetto  del  suo  po- 
polare  linguaggio,  quello  che  uno  sperlo  ed  amoroso  fiorista  suoi  fa- 
re, passeggiando  per  un  giardino  deliziosissimo.  Egli  vi  ha  colto  fio- 
ri  gai,  freschi,  olezzanti  e  pieni  di  venust£  in  grandissima  copia;  e 
quindi,  come  per  saggio  di  quell'  incomparabilmente  piu  che  Irova- 


71  RIVISTA 

si  in  qitel  suolo,  li  ha  disposti  r[iiasi  in  altreltanti  mazzi ,  ed  offedlli 
agli  amanti  della  buona  lingua,  nel  volume  delle  Letters  che  abbia- 
mo  annunzialo.  E  che  11  demo  sia  lornalo  acceilissimo  agl'Ilaliani, 
lo  provano  te  due  edizioni  toriaesi  gia  esaurite ;  per  lo  che  e  slato 
bisogno  metter  mano  a  questa  terza,  molto  migliore  delle  preceden- 
ti,rperche  ritoccata,  dordinata  e  accresciula  di  una  trentina  di  nuo- 
ve  Letlere. 

Lo  spazio  non  ci  basterebbe,  se  anche  solo  trascorrendo  per  le  piu 
fiorite  di  queste  novanla  Leltere  (che  tante  sono)  ci  mettessimo  a 
fame  gustare  le  piu  rilevanti  bellezze  ai  lettori  nostri.  OHreche  sa- 
remmo  impacciati  nelia  seelta,  male  eziandio  ci  riuscirebbe  di  cer- 
nere  e  moslrare  cosi  alia  spicciolata  fiori,  che  si  aggiungono  brio  ed 
avvenenza  1'uno  all'aHro,  pel  delicato  assetlaraenlo  in  ctii  ha  saputo 
collocarli  il  raccoglitore.  Invece  adunque  di  allungarci  in  minute 
pariicolarila  di  osservazioni,  che  ci  lirerebbero  a  non  piu  finirla,  ci 
contenteremo  di  avverlire  i  piu  cospicui  pregl  che  abbiamo  amnu- 
rati  in  questo  pregevolissimo  libro ,  il  quale ,  nel  suo  genere ,  ripu- 
iiamo  non  secondo  a  veruno  altrp  del  simiglianli. 

E  prima  di  tutto  encomiamo  senza  eccezione  la  gasiigalezza ,  si 
nelle  cose  come  oelle  parole,  che  rikice  in  ogni  carta  di  questo  gra- 
zioso  Tolume.  Rara  qualila  in  lavori  di  questa  fatta ,  e'per  cio  piu 
stimabile.  Che  se  la  lode  non  si  vuol  giudicare  insigne  per  riguardo 
all'Aulore,  doppiamente  piu  obblig^Uo  del  laici  epel  carattere  sacer- 
dotale  e  pel  voti  religiosi,  amanlenere  leragioni  dell'onesta;  si  giu- 
dichera  aimeno  prelibala  riguardo  ai  libro  ,  da  chiunque  sappia  co- 
me sia  difficile  imbaltersi  in  altri  libri  di  quesla  sorta,  che  dilettino  il 
gusto  del  bello  lelterario  e  non  offendaoo  il  sentimento  del  buono 
morale.  Intorno  a  che  ci  risovviene  il  pubblico  e  recente  biasimo  del 
signor  Giuseppe  Rigulini  a  ehi,  proponendosi  «  di  raccogHcre  la  fa- 
vella  del  popolo  loscano ,  per  raccomandarla  alle  alt  re  province  ,  e 
per  diffonderlaueiritalia,  si  e  un  po'  troppo  compiaciuto  di  mellere 
in  mosira  gran  parte  di  quella  lingua,  che  non  suona  di  cerlo  in  boc- 
ca  delle  persone  coslumate  e  civili,  e  che  il  delicato  gusto  di  Orazio 
sdegnava  come  immonda  ed  ignominiosa  » .  Tanto  piu ,  aggiunge  e- 
gli ,  che  « Ira'  vecchi  vituperii  dati  al  parlar  nostro ,  vi  e  pur  qucllo 


BELLA  STAMPA  ITALTANA  75 

di  essere  il  linguaggio  del  Irivio  e  del  postribolo  1  ».  Yituperio  che 
il  Padre  Giuliani  ha  dimostrato  essere  calumriosissimo ,  porgendo  in 
quesle  sue  Lellere  una  fiorila  di  cose  ulili,  innocenti,  onorevoii  e  noa 
di  rado  anche  pie,  espresse  in  un  linguaggio  il  piucandido  e  soave, 
che  paia  possibile  parlare  sotto  le  stelle.  Del  che  serapre  gli  avran- 
110  ricouoscenza  tulli  coloro  (e  sono  tanti !)  i  quali  amano  bensi  di 
maneggiare  le  perle  dell'  iclioma  toscano ,  ma  non  d'  imbraltarsi  nel 
suo  lolo. 

Dopo  la  gelosa  castiia  e  della  forma  e  della  sostanza  ,  ci  sembra 
die  in  questa  opera  meriti  special  considerazione  la  ricchezza  di  vo- 
caboli,  di  costruUi,  di  locuzioni,  atlinta  dall'Autore  non  in  questo  o 
in  quel  luogo  della  Toscana ,  e  da  questa  o  da  quell'aUra  delle  tante 
parlate  che  dolceoaente  risuonano  su  pe'  monti  o  giu  per  le  valli  di 
quello  eletto  gruppo  degli  Apennini ;  ma  universalmente  da  lui  leso- 
reggiata  un  po'  da  per  lulto.  II  che  fa  vero  il  lilolo,  Sul  vivente  lin- 
guaggia  della  Toscana,  ch'  egli  ha  posto  in  fronle  alle  sue  Lellere 
Perocche  non  discorre  di  nessun  dialelto  in  parlicolare ,  ne  alcuno 
mostra  di  prediligerne,  e  in  iseaoabio  lutli  li  illuslra  e  si  puo  dire 
che  di  ciascheduno  off  re  qualche  largo  assaggio  da  saporare.  Bel 
procedimento  d'  imparzialila  ragionevole  che ,  mentre  non  picca  YCT 
runo,  lascia- inlalla  la  queslione  del  primato  pe'  Fiorenlini ;  inlorno 
alia  quale  ecco  la  sua  senlenza  : 

«  Si  va  dicendo  tutt'ora  (scriv'  egli  da  Sangemignano)  che  i  Fio- 
renlini favellano  meglio  degli  altri  Toscani ,  e  che  percio  debbono 
ollenere  il  privilegio  di  dar  nome  alia  nostra  lingua.  Siffalto  parere 
acquisla  ancor  piu  credilo,  dacche  la  somma  autorila  del  Manzoni 
sopraggiunse  a  confermarlo.  Ben  sarei  presuntuoso  qualora,  nell'op- 
pormivi ,  io  credessi  di  accertare  nel  vero ;  si  e  agevole  inciampare 
alle  voile,  e  fallire  alquanlo  la  via  nell'  allrui  paese.  Con  cio  il  Bul- 
garini  parea  non  si  ardisse  di  mellere  parola  intorno  alia  fiorentini- 
la,  ed  egli  era  esperlo  e  da  Siena ;  or  dovrei  assicurarmene  io  mal 
dolto  asligiano?  Ma  non  pertanlo  lascero  di  confessarvi,  che  in  qual- 
siasi  rimolo  angolo  della  Toscana  e  presso  1'  infima  genluccia ,  rico- 
nobbi  lanta  bonta  di  linguaggio  e  si  leggiadre  fallezze ,  che  poco 

1  Giunte  ed  osservazioni  al  Vocabolario  dell'uso  toscano,  per  GIUSEPPE 
RIGTJTINI,  pag.  3.  Firenze,  tip.  Cellini,  1864. 


76  RIVISTA 

maggiore  si  troverebbe  a  Firenze.  Dove  sono  iavero  piu  notabili  le 
singolari  proprieta  e  ricchezze  della  lingua,  slante  grinfiniti  usi  del- 
la  civilta,  e  percio  ia  tutto  sembra  che  ogni  terra  simili  a  se  yli  abi- 
tator  produca.  Cio  non  di  maoco,  rispetlo  alia  purila  del  parlare, 
forse  la  gente  fiorentina  si  moslrano  men  cauli  e  gelosi;  certo  non  si 
riguardano  molto  dalla  confusione  de'  moderni  linguaggi.  Degli  scrit- 
toriipiu  degni  e  yalenti ,   seguendo  strettamente  la  lingua  dotta, 
proveggono  bensi  a  quella  del  popolo  ,  ma  non  sempre  la  studiano 
con  visibile  profilto  e  giusta  il  dovere  ,  ne  travagliansi  abbastanza 
concordi  per  salvarla  dall'infesta  barbaric.  Ond'e  che  sovenle  pre- 
valgono  libri  e  scrilti  di  lulte  guise,  ne' quali  le  proprieta  del  patrio 
dialetlo,  non  che  trascelte  ed  usate,  appariscono  guaste,  se  pure  fra 
la  varia  mistura  possono  aneora  dislinguersi.  Aggiugnete  i  peggio- 
rati  cos lu mi  del  popolaccio  ,  i  quali  portano  seco  la  corruzione  della 
favella,  e  v'  inlroducono  le  tante  orribili  voci,  in  che  il  vizio  suol  di- 
nudare  piu  al  vivo  le  sue  laidezze...  La  lingua  vera,  degna  d'essere 
parlata  da  un  popolo  maestro  di  civilta. ,  quale  si  vorrebbe  che  fosse 
ii  popolo  d'ltalia,  bisogna  eleggerla  dalle  varie  genii  di  tutta  Tosca- 
na,  e  loscana  la  chiameremo  per  gratitudine  noi  1.  » 

Con  questa  regola  giudiziosa  il  Padre  Giuliani  si  e  governato  nel- 
lo  slendere  le  sue  Lettere  ,  entro  cui  ha  inneslalo  gioie  di  singolare 
splendore  e  vaghe  si,  che  voi  non  sapreste  definire  se  sieno  piu  lu- 
stranti  quelle  da  lui  colle  su  nel  contado  di  Prato  o  in  quel  di  Sie- 
na, nei  dinlorni  di  Pisa  o  in  quelli  di  Firenze  ,  nei  poggi  di  Sange- 
mignano  o  nella  Yaldelsa.  E  una  tal  regola ,  che  gli  ha  agevolato  il 
modo  di  crescere  le  ricchezze  da  se  cercate,  gli  ha  parimente  aper- 
ta  una  fonte  dilettevolissima  di  variety ,  che  e  una  terza  dole  di  cut 
va  adorno  il  suo  libro. 

La  qual  variela.  risulta  da  due  capi.  In  prima  dalla  coniinua  mu- 
tazione  ch'  egli  ha  F  arle  di  fare  ne'  soggetli ,  sui  quali  successiva- 
menle  si  trattiene.  Qui  e  un  dialogo  con  una  tessitora  di  peneri 
di  seta  in  Pielrasanta.  La  e  uno  scherzo ,  in  cui  vi  snocciola  i 
diversi  norni  ed  usi  delle  ciliege ,  secondo  il  pariare  di  un  con- 
tadino  del  pian  di  Ripoli.  Altrove  vi  raffronta  1'una  con  I'altra  le  ri- 

1  Leu.  XX,  pag.  86,  87. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  77 

sposle  di  due  carbonai,  1'uno  di  Santafiora  sul  Montamiata  e  1'altro 
del  Casentino.  Al trove  vi  da  a  gustare  canli  popolari,  o  vi  riporta 
la  vita  di  un  Sandro,  narrala  colle  sue  parole,  o  quella  di  una  Bea- 
trice di  Pian  degli  Onlani ,  o  vi  descrive  il  carattere  morale  della 
Cieca  diMorino,  o  vi  reca  in  mezzo  le  parole  di  m&poveretta,  che, 
per  piu  ollenere  limosina  ,  racconta  la  sua  misera  condizione  ;  e  via 
via  con  un  inlrecciarsi  di  sempre  godevolissime  novila,  che  voi  vi  di- 
vorate  il  libro,  e  vi  sa  duro  ch'egli  termini  troppo  presto.  E  perche 
sia  noto  il  tenore  che  e'  serba  nel  registrare  i  detli  che  cava  di  bocca 
a'suoi  inlerloculori ,  veggasi  com' egli  lo  dichiara:  «Io  pongo  ben 
cura  di  rilrarvi  quello  che  ho  sentito  ,  e  mi  farei  coscienza  di  pur 
mutare  ed  aggiugnere  parola.  Avvertile  per  altro  che ,  dovendo  io 
star  li  a  segnare  ogni  cosa  ,  non  posso  seguire  continuati  discorsi , 
ne  renderli  sempre  nella  loro  interezza.  Perche  molti  vocaboli  sot- 
traggonsi  al  mio  orecchio  non  abbastanza  destro,  e  anzi  che  poi  af- 
fannarmi  di  riprenderli ,  trascorro  senza  piu.  A  me  basla ,  se  mi 
riesce,  d'avvivare  la  conversazione,  tanto  che  nel  calore  della  favella 
ne  sorgano  quelle  ingegnose  frasi  e  vengano  compili  i  periodi  di  cui 
fo  tesoro  1 » . 

L'altra  sorgente  di  variela,  1'Autore  fa  derivarla  da  cio  ch'egli 
intromelte  di  suo,  quando  nel  preambolo,  quando  nel  corpo,  quando 
nella  chiusa  delle  sue  Lettere,  le  quali  sono  come  altrettanti  castoni 
ove  incassa  le  gioie  che  ha  radunate.  Ma  casloni  cosi  diversi ,  che 
1'  uno  non  e  Taltro :  anzi  appena  si  rassomigliano,  se  pur  ne  eccettui 
alquanle  figure  di  ammirazione  che  lornano  spesso,  e  che  non  era  for- 
se  possibile  evitare  del  lullo ;  siccome  e  impossible  che  moslrando, 
per  grazia  d'  esempio,  a  un  amico  una  collezione  di  peregrini  cimelii, 
tu,  nel  porgliene  soil'  occhio  or  1'  uno  or  1'  altro ,  non  prorompa  in 
esclamazioni  significative  di  meraviglia.  Ma  tranne  questi  ritornelli 
spontanei  e  non  isgradevoli,  perche  nalurali ,  gli  esordii ,  i  Irapassi, 
le  conclusion!  di  queste  Letlere  sono  un  vero  prato  fiorito  di  arguti 
pensieri,  di  ingegnose  sentenze,  di  nolizie,  di  descrizioncelle,  di  pa- 
ragoni  e  di  simili  piacevolezze,  a  cui,  per  renderle  piu  attraenli,  non 
manca  neppure  una  certa  disinvoltura  e  semplicita  di  stile ,  che  li 
alletla  a  ricreartene  senza  noia. 

1  Lett.  VII,  pag.  23. 


78  RI  VISTA 

Oltre  di  che  il  melodo  stesso,  a  cui  attiensi  11  Padre  Giuliani  nel 
proporre  i  suoi  saggi  della  vivente  toscanita,  e  nato  faito  per  toglier 
la  noia,  che  non  rare  volte  s'  ingenera  da  questa  specie  di  esercita- 
zioni  filologiche.  Nel  che  noi  scorgiamo  un  quarto  pregio  del  libro. 

E  in  verita  egli  non  vi  rompe  il  capo  con  sofisticherie  precetlive , 
ne  con  pedantesche  espolizioni  grammatical!.  Ma  per  coiitrario  vi 
presenta  H  alia  buona  i  dialoghelti,  le  narrazioncelle,  le  spiritosita  di 
quella  brava  gente  che  introduce  nella  scena ;  e  in  luogo  di  perdersi 
a  commentarle,  sla  pago  di  farvi  por  mente  al  bello  intrinseco,  schiel- 
to,  poetico  che  sfolgora  da  quelle  proprieta  si  leggiadre  di  un  idiomai 
deltalo  dalla  natura  parlante,  e  ringentililo  dallo  spirito  che  1'avviva. 
Serva  di  esempio,  tra  mille,  questo  principio  della  Lettera  Irentesi- 
manona  scritta  da  Piteglio :  «  Tant'  e :  questo  popolo,  se  voi  Y  ascol- 
tate,  vi  si  porge  tuttora  maestro  di  cose  belle.  La  sua  indole,  squisi- 
tamente  gentile  ,  gli  raffina  il  giudizio  e  Y  affetto  ,  e  trova  all'  uopo 
inlera  corrispondenza  nel  linguaggior  Quanta  e  carino  sto  bimbol 
che  ?  e  vostro,  Lena*!  (Cosi  dicea  maravigliata  una  con  altra  villa- 
nella,  che  recavasi  in  colloun  vezzoso  figliuolelto).  Guarda,  guarda 
cha  icapelli  son  fila  d'  oro...  me  lo  dai  un  bacio,  splendente  amo- 
rino,  me  lo  dai?  Fiori  cosi  delicali,  anche  all'alito  di  chi  li  vagheg- 
gia,  sembrano  smarrire  la  naliva  freschezza;  pero  mi  contento  del~ 
r  ammirarli ,  benedicendo  alia  terra  che  de'  suoi  doni  fa  a  noi  tanta 
letizia  1  ». 

Due  appunti  si  potrebbero  pero  fare  a  questa  veramente  gemmea 
collana  di  Leltere.  L'  uno ,  lievissimo ,  e  dei  versi  che  il  Padre 
Giuliani  si  lascia  sgorgare  dalla  penna  troppo  frequenli  e ,  come 
direbbe  Annibal  Caro ,  strepitosi  un  po'  troppo.  Difetto  assai  te- 
nue ,  e  perdonabile  ad  un  cultore  qual  egli  e  della  poesia  dan- 
tesca.  L'  altro ,  meno  leggiero  ,  e  delle  sue  opinioni  in  materia  di 
lingua,  spesso  varianti ,  alle  volte  quasi  contraddittorie  e  tali  insom- 
ma,  che  non  si  ricava  proprio  il  nelto  di  cio  che  e'  pensi.  Ma  eglt 
medesimo  riconosce  questa  sua  versalilita  ,  Y  accusa  ed  eziandio  la 
scusa,  con  dire  che  ha  «  variato  le  opinioni  al  variare  dei  fatti , 
dalla  cui  diligente  e  continua  osservazione  scaturiscono  le  opinioni 

1  Lett,  XXXIX,  pag.  170. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  79 

stesse  1  ».  La  scusa ,  per  un  libro  di  terza  edizioiie  corretla,  valga 
queilo  che  puo  valere.  Noi  non  vi  ci  fermeremo  sopra.  Piutlosto  ci 
rallegreremo  coll'  Aulore ,  che  quhi  si  sia  ritenuto  dall'  ostentare  le 
altre  variazioni  succedule  nel  suo  opinare  politico  e  religioso,  dopo 
i  rivolginienti  del  1859  che  lo  condussero  alia  cattedra  di  letleratu- 
ra  dantesca  nel  reale  Istituto  di  Fireiize.  Queste  deplorabili  varia- 
zioni ci  occorse  gia  di  deplorare  per  lo  passato  2 :  e  noi  ora  le  ri- 
cordiamo  soltanto  per  congratularci ,  che  in  quest'  opera  non  ne  ab- 
bia  menalo  sfoggio.  Ben  e  vero  che  qualche  lampo  d'  italiaiiita  iibe- 
ralesca  guizza  di  Iralto  in  tratto  per  le  novanta  sue  Leltere.  Ma 
sono  lampi  rari  e  fiochi.  E  se  durando  i  fatti  che  trasformarono  il 
Padre  Giambaltista  in  un  cattedratico  del  reale  Istiiuto  di  Firen- 
ze,  egli  ha  opinato  di  dover  durarla  ad  esallare  la  «  liberta  e  gloria 
della  ristorata  Nazione  3  » ;  e  il  suo  «  stupendo  rinnovamento  4 » ; 
al  variarsi  di  questi  falti ,  ci  giova  sperare  che  forse  variera  in  lui 
anche  la  delta  opinione:  e  quindi  non  ci  pare  niente  ingiurioso 
Fespriraere  confidenza ,  che  allora  si  sentira  mosso  ad  esallare  «  li- 
berla  e  glorie  »  piu  degne  delle  laudi  di  un  minis  tro  di  Dio  e  della 
Chiesa  catlolica,  apostolica  e  roniana. 

A  buono  intenditor  poche  parole. 

Per  conclusione  di  questo  succinto  esame  di  un  lavoro  che  merite- 
rebbe  di  essere  notomizzalo  d$  un  maestro  filologo,  avremmo  gran- 
cle  vaghezza  di  Irascrivere  a  disleso  cerli  sapientissinii  ammoni- 
menli  e  certe  fervide  riprensioni ,  che  1' Autore  fa  agli  odierni  Italia- 
ni ,  a'  quali  « troppo  ancor  diletta ,  ne  restano  dal  millanlarsi  di  ben 
conoscere  le  favelle  slraniere,  e  nulla  li  punge  vergogna  di  trasan- 
4are  la  nostra  ^  se  gia  ancora  lor  cale  del  vederla  profanata  5  » : 
di  che ,  sfogandosi  con  un  amico ,  li  proverbia  e  chiamali  «  i  nostri 
llalogalli » :  e  soggiunge :  «  Perdonami  la  parola,  che  la  verita  c'  e 

;/K<;'i    r  f.!^.-v   TfiviH  «lh,f?|V'Y>ih' /i^r  V^*N> 

1  Avvertenza  pag.  I.  | 

2  Vedi  Civilta  Cattolica,  Serie  Quinta,  Yol.  I,  pag.  718  seg.  a  proposlto 
del  Discorso  intitolato :  Delle  Benemerenze  di  Dante  verso  I' Italia  e  verso  la 
€iviltaf  Prolusione  di  GIAMBATTISTA  GIULIANI. 

3  Lett.  LXXV,  pag.  336.  —  4  Prefazione  pag.  YIU. 
5  Lett.  XXV,  pag.  167-8. 


80  RIVISTA 

tutla :  pur  troppo  1 !  »  E  si ,  diciamo  anche  noi ,  il  Padre  Giam- 
battista  ha  ragione  da  vendere !  Ma  le  angustie  delle  nostre  pagine 
non  consentendoci  di  trascrivere  cose  si  opportune  e  si  belle ,  ci 
restringeremo  ad  esporre  un  dubbio  che  ci  frullava  gia  per  la  testa, 
e  che  la  lezione  di  queslo  volume  ci  ha  fatto  frullare  due  colanli 
phi.  Eccolo.  Lo  «  stupendo  rinnovamento  ( per  servirci  della  so- 
nora  frase  del  Padre  Giambatlista )  che  in  poco  si  e  svolto  e  ora  va 
compiendosi  »  nell'  Italia ,  sara  egli  utile  o  sara  pregiudizievole  al 
vivente  linguaggio  della  Toscana  ? 

II  dubbio  non  e  disprezzabile.  E  gli  argomenli,  su  cui  si  regge, 
son  questi,  che  il  Padre  Giuliani  ci  sommiuistra,  e  che  monta  la  spe- 
sa  di  far  conoscere. 

In  tutta  quanta  e  lunga  e  larga  1'  Italia ,  salvoche  in  alquante 
con  trade  che  circondano  la  Toscana ,  il  volgo  usa  dialetti  forestieri 
in  comparazione  della  lingua  di  lei,  e  gli  uomini  di  qualche  coltura, 
tranne  pochissimi  lellerali ,  usano  e  scrivendo  e  parlando  quel  ger- 
go  italogallico,  che,  per  confessione  del  nostro  Autore,  e  una  cor- 
rullela  della  stessa  barbaric.  «  Noi,  afferma  egli  accennando  ai  Pie- 
monlesi,  per  favella,  si  voglia  o  no,  siam  pure  foreslieri,  in  Italia  2  », 
Quanto  piu  in  Toscana?  Ora  il  moto  produtlivo  dello  « stupendo  rin- 
novamento »  dond'  e  egli  provenuto?  Appunto  dalla  sede  di  questi 
«  forestieri  in  Italia  » .  Dal  Piemonte ;  regione  che  se  per  tutto  il  re- 
sto  e  iperbole  oltraggiosa  dirla  col  Gioberli  la  Beozia  d'  Italia ,  pel 
rispetto  della  lingua  e  forse  solo  una  metafora  discortese.  E  il  moto 
rinnovatore  con  che  si  e  rafforzato  ?  Col  concorso  degli  agenti  delle 
altre  province,  tutte  in  maggiore  o  minor  grado  forestiere  alia  To- 
scana: laquale,  in  quesla  concorrenza,  non  ha  potuto  fornire  che 
forze  minime  a  riscontro  di  tutte  le  altre  insieme ;  e  queste  sue 
forze  sono  state  per  lo  piu  di  suoi  Italogalli  non  meno  in  politica 
che  in  lingua. 

Se  non  che  quali  effelti  verso  la  Toscana  ha  ed  ha  avuto  questo 
«  rinnovamento  »  nello  «  svolgersi  »,  e  quali  ayra  nel  suo  «  com- 
piersi  » ?  Due :  de'  quali  1'uno  si  e  ridolto  e  riducesi  ad  un'assoluta 
dominazione,  1'allro  si  ridurra  ad  una  generale  invasione.  La  presen- 

1  Lett.  XXXH,pag.  133. 

2  Lett.  XII,  pag.  45. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  81 

le  dominazione  in  Toscana  dell'elemento  forestiero,  ossia  non  tosca- 
no ,  e  luculenlissima  quanto  il  sole.  Che  sentenzia  egli  il  Giuliani 
dei  frutti  che  sogliono  partorire  le  forestiere  dominazioni  nei  paesi 
dominati?  Si  legga:  «  Ne  io  poi  saprei  all'  inlulto  ammettere  che  le 
straniere  dominazioni  non  abbiano  polenza  a  guastar  il  linguaggio 
delle  plebi ,  giacche  pur  troppo  si  vede  ( chi  bene  osservi )  come  ii 
male  si  va  insinuando  anche  nelle  piu  umili  e  rilirate  officine.  Mi 
basti  di  ricordarvi  che  i  sarli,  i  carrozzai  e  allre  simili  arli ,  le 
quali  prendono  piu  le  norme  da'  foreslieri ,  hanno  omai  mutato  i 
vecchi  nomi  agli  arnesi  che  si  recano  a  mani  1  » .  Questa  senlenza 
egli  esprimeva  nel  1833,  quando  la  Toscana  era  polilicamenle  li- 
bera  e  soggetta  a,  un  suo  nazionale  Governo ,  residente  nella  sua 
Firenze.  Cio  presupposto,  il «  rinnovamento  »,  che  ha  sottomesso  la 
Toscana  e  i  Toscani  alia  signoria  dei  forestieri ,  potrat  mai  non  ave- 
re  avuta  e  non  avere  potenza  di  guastare  la  parlata  delle  sue  plebi  ? 
Aduuque,  coi  principii  del  Padre  Giuliani,  argomentando  anche, 
come  dicono,  a  prior/,  se  ne  ha  pur  troppo  a  dedurre,  che  lo  «  stu- 
pendo  rinnovamento  »  dev'essere  stato,  ed  e  luttavia  oggidi,  molto 
pernicioso  al  vivenle  linguaggio  della  Toscana. 

Che  se  passiamo  a  vedere  le  cose  a  posteriori,  doe  dal  lato  pra- 
tico,  1'argomento  diviene  proprio  terribile.  Lasciamo  il  giornalismo 
iialogallico,  pattume  per  lo  piu  di  schifezze  morali  e  di  sozzura 
barbarica,  che  nella  Toscana  infetta  ogni  ordine  di  persone,  ed  e 
piu  che  mai  rivollo  ad  ammorbare  le  plebi  delle  cilia,  de'  contadi, 
dei  monti  e  delle  maremme,  per  accalorare  ad  accelerare  in  esse 
lo  «  slupendo  rinnovamento  ».  Lasciamo  la  melma  dei  libercolacci 
immondi ,  lezzo  di  forestierume ,  fastidio  di  turpitudini  e  bava  di 
lingue  sataniche,  la  quale,  col  medesimo  scopo,  si  fa  trascorrere 
pei  colli  e  pei  piani  del  gentilissimo  paese.  Lasciamo  1'apostolato 
erelicale  dei  Valdesi ,  per  razza  e  per  ogni  titolo ,  veri  Tartari  del- 
F Italia,  i  quali,  in  grazia  dello  «  slupendo  rinnovamento  »,  ergono 
caltedre  di  pestilenza  dove  piu  possono  dentro  la  fedele  Toscana. 
Lasciamo  stare  queste  ed  altre  simili  fonli  di  corruzione,  atta  a 

1  Lett.  IV,  pag.  11-12. 
Serie  VI,  vol  II,  f**c.  361.  6  22  Marzo  1865. 


82  RIVISTA 

spegnere  ogni  seme  di  toscanila,  e  poniamo  avvertenza  ad  un  unico 
punto ;  a  quello  deH'ordinamento  pubblico ,  deslinalo  per  sua  na* 
tura  a  comprendere  in  se  tulle  le  appartenenze  del  civile  consorzio. 
E  perche  noi  potremmo  essere  tacciati  di  amplificazione,  percio  ap- 
pelleremo  ad  un  testimonio,  sul  quale  noa  cada  sospelto  di  animo- 
sita :  e  sia  questi  il  sig.  Pietro  Fanfani. 

«  Che  lingua  e  quella  (sono  sue  lamenlazioni )  con  la  quale  i  su- 
premi  magistral!  della  Italia  novella  deltano  le  leggi  e  gli  ordini 
clie  debbono  reggere  il  novello  popolo  italiano  ?  E  grave  a  me  il 
dirlo ;  ma  pure  il  dim.  Le  leggi ,  ordini ,  regolainenti ,  e  tutli  gli 
Atli  pubblici,  sono  barbari  nella  lingua,  oscuri  nel  concetto,  e 
stemperatamente  prolissi :  e  piu  che  barbaro  e  ancora  il  linguaggio 
dei  pubblici  ufficii.  N.e  basta ;  ma  i  capi  d'ufficio ,  che  dal  Piemonte 
vanno  nelle  province  italiane,  hanno,  a  quei  che  pare,  il  mandato 
di  serbar  viva  sifFatta  barbarie ,  dacche  nella  stessa  Toscana  ed  in 
Firenze  si  e  voluto  bandire  le  buone  voci  e  maniere  toscane ,  cani- 
biandole  con  le  piemontesi.  Per  esempio  :  il  passive  e  Yatlivo,  o  il 
dare  e  Yavere  d'un  bilancio,  non  s'  ha  a.dir  piu,  ma  caricamenlo 
e  scaricamento ;  non  s' ha  a  dir  piu  supplied  o  domanda,  ma  n- 
corso ;  e  scambio  di  dire  che  una  Ul  domanda  non  fu  secondata  o 
esandila,  s'ha  a  dire  che  fu  repellita,  o  che  e  stato  repellito  chi 
la  fece ;  le  nostre  botteghe  di  tabaccaio  o  rivendite  di  sale  e  tabac- 
co,  avrebbero  a  divenlare  stanghe  o  stanghigli  —  le  carle  che  fan- 
no  corredo  ad  un  affare,  o  come  anche  si  dice  i  documenli,  hanno 
a  divenlar  pezze  —  lo  scartafaccio  o  slracciafoglio  di  un'  ammini- 
strazione,  si  ha  da  scambiare  in  brogliazzo  —  fare  i  conli,  in  cow- 
tabilizzare  —  la  ces-sione  che  il  mercanle  fa  della  mercanzia  a  un 
allro,  in  divallo  —  le  trine  o  nastri,  in  ganze  o  liametli  —  i  pani 
o  masse  di  metallo,  in  lingotti  —  le  granaglie,  in  mazzaschi  —  il 
concime  o  sugo,  in  pondrette  —  il  libro  de  venditori  di  dogana,  in 
portalile  —  il  crine  tessuto,  in  rapatelle  —  le  merci  fine,  in  tablet- 
terie  —  la  lamiera  o  bandone,  in  tola  —  la  colla  di  pesce,  in  ub- 
biadini—  i  giocaltoli  o  balocchi  o  ninnoli  da  bambini,  in  bimbollot- 
teria  —  i  pifferi  o  zufoli,  in  flagioletti  —  le  nappe,  in  pomponi  — 
le  lampade,  in  quinquets  —  gli  stromenti  musicali,  in  sorinelte  - 
le  pinzetle,  in  tire-fausset  —  il  rame  dorato,  in  tombacco  —  la  lana 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  83 

in  massa,  in  tontissa  —  e  via  e  via  fino  a  migliaia  e  migliaia ,  lutie 
o  in  leggi ,  o  in  tariffs,  o  in  allre  scrilture  pubbliche  da  andar  sotto 
gli  occhi  di  tutti ,  e  da  doverle  intender  tulti ;  per  modo  che  le  al- 
tre  province  d'  Italia  non  piemontesi ,  o  debbono  rassegnarsi  a  non 
sapere  come  governarsi  nelle  bisogne  civili,  o  apprendere  e  far 
I'orecchie  a  quel  barbaro  gergo,  con  detrimento  gravissimo  della 
lingua  materna.  Accenneremmo  anche  la  barbarie  delle  Gazzette 
officiali  ed  officiose:  toccheremrao  1'obbligo  che  avrebbe  il  Governo 
di  istituire  una  censura  sui  pubblici  cartelli  delle  botteghe,  che 
sono  anch'essi  scuola  pestilentissima  di  corruzione  ;  ma  non  voglia- 
rno  parere  censor!  acerb!  ed  appassionati.  A  fare  queste  brevi  os- 
servazioni  ci  rnosse  la  carila  del  nalio  loco :  la  carita  del  nalio  loco 
ci  muove  a  fare  accesa  preghiera  a  chi  puo,  che  rompa  il  corso  a 
questa  barbarica  illuvie ,  la  quale  a  non  molto  lungo  andare  guaste- 
rebbe  al  tutto  la  italiana  favella,  e  snaturerebbe  gli  Italian!  1.  » 

Cio  quanto  alia  dominazione  degl'  Italogalli  in  Toscana.  Ma  ri- 
guardo  alia  generale  invasione ,  che  in  virtu  appunto  di  un  trattato 
tialogaltico,  costoro  sono  per  fare  nel  Granducato,  ci  sembra  che 
non  sia  malagevole  prevederne  le  conseguenze  nocevolissime  all'at- 
tico  suolinguaggio.  Imperocche,  rimanendo  ferma  in  lei  la  costo- 
ro dominazione,  Firenze  si  tramutera  per  soprappiu  in  loro  albergo 
ed  oslello.  Ouindi  siccome  la  Toscana  non  e  capace  di  assorbire 
1'  Italia  gallicizzante ,  Iroppo  piu  grossa  di  lei ;  cosi  infallibilmente 
ella  ne  sara  assorbila  :  e  Firenze  trasformata  in  una  Babele ,  dove 
tutti  gli  accent!  e  i  suoni  dei  dialelti  e  dei  gerghi  della  Penisola 
saranno  confusi,  trasmettera  intorno  a  se  la  spaventosa  eco  della 
nuova  orribile  favella  che  vorra  risultarne  :  favella  sol  degna  d'es- 
sere  adoperata ,  per  uso  di  fabbricare  le  orribili  leggi  che  si  mani- 
polano  dagl'/(a%a//t  del  Parlamento  di  Torino.  E  allora  che.cosa 
sia  per  diventare  I'idioma  dei  Toscani,  dicalo  chi  puo.  Noi  non 
presumiamo  di  esser  da  tan  to. 

I  letlori  nostri  sieno  essi  giudici  del  peso  di  quest'argomentazione 
metastorica,  mela  congellurale.  E  conciossiache  non  siamo  solid 
d'ingrandire  i  pronostici  troppo  sinistri,  li  avviseremo,  per  loro  con- 

1  11  BorgMni,  giornale  di  filologia  e  di  lettere  italiane,  compilato  da 
PIETRO  FANFANI.  Anno  primo  (1863)  N.  2,  pag.  67r69. 


84  RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

solazione ,  che  il  Padre  Giuliani  ha  una  Lellera ,  in  cui  opina  esser 
difficile  che  i  Toscani  accetlino  vocaboli  forestieri ,  giacche  per  na- 
tura  essi  difendono  dalla  corruziorie  il  natio  parlare  1.  Temiamo  che 
questa  sia  una  delle  opinioni  ch'  egli  ha  variate  di  poi,  merce  la  os- 
servazione  di  fatti  contrarii :  e  lo  temiamo,  perche  piu  sopra  abbia- 
mo  allegato  un  suo  parere  circa  la  fiorenlinita ,  e  un  suo  dello  circa 
le  alterazioni  nelle  voci  delle  arti  che  prendon  le  norme  dai  forestieri, 
che  non  concordano  molto  con  la  precilata  opinione.  La  quale  non  e 
suffragata  per  certo  dall'altestazione  di  un  valorosissimo  Fiorentino, 
i  cui  Canti  sopra  Y Italia,  conditi  di  sali  proprio  lucianeschi,  ci  arri- 
vano  menlre  scriviamo  queste  righe.  Imperocche  1'uno  di  essi  Canti, 
che  va  tutlo  in  mostrare  dolentemente  aH'Alighieri  le  cancerose  ulceri 
della  «  ristorata  Nazione »,  si  conchiude  con  questi  versi : 

E  se  stance  non  sei  di  piu  vedere, 

Guarda  la  vaga  Toscana  favella, 

Mirabil  yeste  a  tuo  sommo  sapere. 
Chfc  come  se  in  bel'corpo  alma  piu  bella 

Manco,  non  perde  e'pur  grazia  e  virtute, 

Ma  la  sua  forma  si  guasta  e  ribella; 
Tal  le  Toscane  lettere  perdute, 

E  si  corrotto  il  limpido  linguaggio, 

Che  meglio  ne  sarian  le  lingue  mute. 
E  perche  a  colmo  venisse  1'oltraggio, 

Dell'  Allobrogo  Re  distesi  al  piede 

Gli  Accademici,  im  di  coro  si  saggio, 
De'  tuoi  delta ti  rifacendo  scede, 

Afferman  sia  per  divenir  piu  degno 

L'  Italico  sermone,  avendo  a  sede 
Non  piu  Firenze,  ma  (stoltizia!)  un  regno. 

Checche  ne  sia ,  noi  farem  fine  alia  esposizione  del  nostro  dubbio 
e  insierae  a  quesla  rivista,  pregando  il  cielo  che  sperda  ogni  funesto 
presagio,  e  non  permelta  mai  che  lo  «  slupendo  rinnovamento  »  com- 
pia  d'imbarbarescare  il  giardino  dell'Italia,  anche  nelle  piu  caste  bel- 
lezze  del  suo  vivente  linguaggio ;  come  lo  preghiamo  di  cuore ,  che 
ponga  egli  un  freno  alia  debaccante  barbaric  che ,  sotlo  preteslo  di 
rinnovarli ,  ne  deprava  i  costumi ,  e ,  sotto  colore  di  purificarla ,  ne 
slrazia  la  fede  gia  si  unica  ed  illibala. 

1  Lett.  XXI,  pag.  89. 


BIBLIOGRAFIA 


ANGELELLI  ANTONIO  —  Le  Georgiche  di  Virgilio,  volgarizzate  da  Antonio 
Angelelli,  gia  pubblico  Insegnante  nel  R.  Liceo  Fonteguerri  di  Pistola. 
Firenze  1864,  tip,  di  Federigo  Bencini,  via  dc'  Pandolfini  n.°  24,  a  spese 
dell'  Autore.  Un  opusc.  in  16.*  di  pag.  96. 

L'  Eneide  di  Virgilio  ebbe  molti  tradntlori,  e  tentar  la  pruova  di  una  nuova  versione  italiama. 

fra  questi  ancor  dei  sommi,  che  se  non  attinsero  Essa  per  raggiugnere  la  nitidaeleganza  dello  stile, 

1'allezza  del  testo  originate,  ebbero  pregi  gr&ndi  1'armonia  cosi  difficile  del  verso  sciolto,  e  la  noa 

di  stile  e  di  poesia.  Le  Georgiche  non  furono  for-  istentata  coneisione  dello  stile,  lascia  qualche  cosa 

tanate  agualmente:  molto  minori  in  numero  ne  a  desiderare:  ma  pur  cosi,  com'  c,  merits  posto 

furono  i  volgarizzalori ,  e  per  merilo  niuno  fu  fra  le  migliori  che  1'  han  preceduta,  e  per  piu 

sommo.  Cio  forse  animo  il  ch.   sig.   Angelelli  a  d' un  risguardo  si  avvantaggia  sopra  di  esse, 

ANIVITTI  V.  —  DiscorsI  sacrl  e  letterarii  di  V,  Anivitti,  per  prima  volta  riu- 
niti.  Roma  1864,  tipogr.  di  Benedetto  Guerra,  piazza  deU'Oratorio  di  san 
Marcello  n.  50.  Unvol.  in  Ib.'dipag.  351. 

Tra  i  molti  membri  dell'  illustre  clero  romano,  i  cui  Discorsi  sacri  abbiam  letlo   in  questo  v«- 

i  quali  1'  onorano  per  la  perizia  nelle  sacre  di-  lume  con  singolare  dllenzione  e  gradimento:  tanla 

scipline,  non  mono  che  per  1'edificazione  della  loro  doltrina  Ti  abbiam  trovata,  tanta  facondia  e  lanlo 

Vila,  e  da  annoverare  il  ch.  e  rev.  sig.  Anivitti,  maneggio  di  santi  e  soavissimi  affetti  I 

ANONIMO  —  Arrivo  in  Firenze,  li  3  Febbraio  1865,  di  Sua  Maesta  il  re  Yittorio 
Emmanuele  II.  Un  opusc.  in  16. •  di  pag.  16. 

II  giornalismo  stipendialo  magnified  le  acco-  ma  convincente,  dimostra  che  no:  anzi  al  contrario 
glienze  avute  dal  re  Vitlorio  Emmanuele  a  Fi-  furono  languide,  e  solo  opera  del  Ministero,  ch« 
renze.  Furono  esse  vere?  Questo  opuscolelto,  breve  le  avea  comandate  e  le  pago. 

—  Cenni  storici  del  sacro  eremo  di  Camaldoli,  preceduti  da  alcune  brevi  no- 
tizie  intorno  Vallombrosa  e  la  Yerna,  per  comodo  dei  forestieri.  Firenze, 
tipogr.  all'insegna  di  S.  Antonino  1864.  Vn  vol.  in  16.'  di  pag.  366. 

Quest'  opera  sebbene  non  sia  raccomandala  dal  sacri  Romitaggi  —  E  unita  al  volume  una  finis- 

nome  dell'  illustre  Autore  (avendo  chi  I' ha  scritla  sima  incisione  in  rame  che  rappresenta  al  vero  il 

taciulo  il  suo  per  modestia),  merita  lultavia  buona  sacro  Eremo  e  il  Monastero  di  Camaldoli. 

accoglienza  dal  Pubblico,  non  tanto  in  riguaido  L'Opera  accennata,  che  costa  lire  tre  Italian*, 

delle  materie  che  vi  sono  conlenute,  che  pur  do-  si  spedisce  franca  di  posta  ai  richiedenti,  che  in- 

Trebbero  interessare  gli  amatori  delle  glorie  no-  viano  il  relative  prezzo  per  mezzo  di  vaglia  po- 

stre,  quanto  perche  agevola  ai  viaggiatori  il  modo  stale  affrancalo  al  Sacerdote,  Don  VITTORIO  DEL- 

di  acquistare  una  conoscenza  piu  compiuta  di  quei  CORONA  Direltore  della  predetta  Tipografia. 

—  Dialoghi  sullo  spiritismo  odierno ,  estratti  dall'Ape,  Strenna  parmense. 
Parma  186i,  tip.  F.  Carmignani,  piazza  grande  n.*  27.  Un  opusc.  in  32.* 
di  pag.  36. 

—  Document'!  rlsguardanti  il  santo  Giubileo  dell' anno  1865,  raccolti  dai 
pubblici  giornali  italiaui.  Bologna  1865,  tipografia  A.  Mareygiani,  via 
Malcontenti  n.«  1797.  Un  vol.  in  32.°  dipag.  139. 

Questi  document!  sono :  1'  Enciclica  di  S.  S.  PP.  rio  XVI,  che  comincia  Mirari  vos.  Quesli  quattro 

Pio  IX  degli  8  Dec.  1864;  il  Syllabus;  le  Letlere  document!  sono  stampati  nel  testo  originate  e  nella 

Apostoliche  dello  stesso  Ponteftce  pel  Giubileo  del  versione  loro  italiana.  Vendesi  il  libretto  cent.  50. 
18JG ;  e  liaalmente  1'  Enciclica  di  Papa  Grego- 


g(J  BIBLIOGRAFiA 

ANONIMO  —  Esame  critico  dello  schema  di  legge  intorno  alia  soppressione 
degli  Ordirii  religiosi,  e  all'  ordinamento  dell'Asse  ecclesiastico,  pubbli- 
calo  dall'Anwom'a  nel  1864.  Torino  1864,  dalla  tip.  delV Armenia,  via  Mon- 
tebello  n.°  22,  casa  Giani.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  105. 

—  II  Santuario  clella  Madonna  di  Mongiovino,  nella  Diocesi  di  Citta  della 
Pieve,  Genni  illustrativi.  Perugia,  tipografia  di  V.  Santucci,  diretta  da 
Giovanni  Santucci  e  Giuseppe  Ricci  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  16. 

—  Inonclazioni  in  Firenze  del  3  e  6  Novembre  1844  e  1864.  Provvedimenti 
e  soccorsi  del  Governo  granducale  e  dell'italiano.  Firenze,  a  spese  del- 
rEditore  1864.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  40. 

—  Italia,  Canti  di  un  cri'stiano,  con  un  discorso  e  un  dialogo.  Italia,  il  cen- 
tenario  della  nascita  di  Dante  (1865).  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  86. 

Kscowo,  dialogo  e  canto,  tutto  e  qui  egualmente  degno  di  un  cristiano,  e  di  un  crisliano  di 
alti  penseri,  di  ottimo  gusto  e  di  molte  lettere. 

—  La  predica  d'un  turco  all'  Osteria  della  gente  iraova.  Memorie  d»  Emilio 
o  Racconto  per  tutti.  Firenze,  a  spese  della  Societa  toscana  per  la  diffu- 
sione  di  buoni  libri  1864.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  26. 

Orosmane  e  un  turco  che,  udenclo  bestemmiare  cozzo,  fatto  da  un  maomctlano,  sia  letto  dalle  per- 

i  •ristiani,  se  ne  sdegna  e  H  riraprovera  eon  tal  sone  del  popolo,  ove  sventuratamenle  regni  il 

4fficacia  di  ragioni,  che  debbono  far  breccia  nel  vizio  della  "beslemmia.   Con  cent.  60  se  ne  spe- 

cuore  piii  duro.  Sarebbe  bene  che  questo  predi-  discono  franche  di  posta  dodici  copie. 

-  Osservazioni  sul  discorso  inaugurale  per  1'apertura  deH'Universita  di 
Parma  nel  1864,  del  Marchese  Cavaliere  Guido  Dalla  Rosa,  professore  di 
Meccanica  e  Geometria  descrittiva,  deputato  al  Parlamento.  Torino,, tip. 
de/rArmonia  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  16. 

—  Povero  Padre!  Rncconto.  Appendice  alia  Collezione  di  letture  amene  ed 
oneste.  Anno  5.°Disp.  3.a  Modena,  tipi  deU'Immacolata  1862.  Un  opusc. 
in  32.°  dipag.  32. 

—  Vita  del  Beato  Pietro  Ganlsio  della  Compagnia  di  Gesii.  Vol.  1.°  Monza, 
tipogr.  deir Istituto  del  Paolini  di  1.  A.nnoni  e  C.,  piazza  sant'  Agata 
«.°  480.  Un  vol.  m  H.0 dipag.  192. 

La  Collaria  di  Vile  di  Santi ,  che  stampo  in  lumetli  in  16.°,  ha  fatto  scrivere  questo  compendio 
Monza,  per  adempimento  del  suo  programma,  di  della  Vita  del  B.  Pietro  Canisio.  11  secondo  TOlu- 
non  dare  Vile  diffuse,  che  sorpassino  i  due  TO-  metto  uscka  presto  alia  luce. 

—  Vita  di  S.  Grato  Vescovo  e  Patrono  della  Citta  e  della  Diocesi  di  Aosta, 
potente  contro  i  fulrnini,  le  tempeste  e  gli  animali  nocivi  ai  campi.  Mon- 
za 1864,  tipografia  dell'Islilulo  de  Paolini  di  L.  Annoni  e  C.,  piazza 
S.  Agata  n.°  480.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  96. 

ABNALDI  GIO.  BATTISTA  —  Lettera  pastorale  di  Mons.  Gio.  Battista  Arnaldi, 
Arcivescovo  di  Spoleto,  diretta  al  Clero  e  popolo  della  sua  Archidiocesi, 
in  occasione  dell'indulto  per  la  Quaresima  del  1865.  Assisi  1865,  tipogr. 
di  Domenica  Sensi.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  30. 

Mons.  Arnaldi,  Arcivescovo  di  Spoleto,  insigne  porlunamente  quel  testo  deirAposlolo:  Vigilale, 
per  lo  zelo  e  pei  patimenti  sofferti  fino  alia  pri-  state  in  fide,  viriliter  agile,  confortamini,ovmia 
gionia,  dirige  questa  sua  lettera  pastorale  ai  fe-  vestra  in  charitate  fiant.  Ogni  inciso  di  questo 
deli  della  sua  Archidiocesi,  per  ammomrli  dei  testo  e  un  consiglio;  e  tutti  insieme  stabiliscono 
pericoli  che  mmaeciano  la  Santa  Chiesa,  e  istruirli  la  condolU  piu  cristiana  e  piu  prudente  a  un  tern- 
del  come  si  debbano  eomportare  in  mezzo  ad  essi.  po  che  1'Apostolo  suggerisce  ai  fedeli  che 
J»er  questo  secondo  capo  egli  svolge  molto  op-  nella  persecuzione. 


BIBLKKJRAFIA  87 

ARRIGONI  GIULIO  —  Lettera  pastorale  di  Sua  Eccellenza  Reverendissima  Mon- 
signor  Arolvescovo  di  Lucca  al  suo  Clero  e  popolo.  Lucca,  tipografia 
Landi  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  39. 

In  questa  dotta  ed   eloquente  sua   leltera  pa-  le  misericordie  della  vita  futura,  pure  anche  nella 

storalc  1'illustrissimo  Mons.  Arcivescovo  di  Lucca  presenle  franco  mai  sempre  i  popoH  dalle  ingiu- 

dimostra  come  la  grande  Missione  cattolica,   se  slizie  e  dalle  oppression!. 
ebbc  per  suo  ultimo  intendimento   le  giustizie  e 

ATTI  ALESSAJJDRO  —  Della  munificenza  di  Sua  Santila  Papa  Pio  IX  felicemen- 
te  regnanle,  per  11  sacerdote  Alessandro  Atti,  professore  di  belle  lettere, 
dottore  in  ambo  leleggi  ecc.  ecc.  Roma,  fratelli  Pallotta,  tipografi  in 
piazza  colonna.  Vol.  unico  in  8.°  ctipag.  637. 

BALZOFIORE  FIL1PPO  —  Orazioni  paneglrlche  del  P.  Filippo  Balzofiore  Ago- 
stiniano.  Delle  sue  opereYol.  Quarto.  Roma,  fratelli  Pallotta,  tipografi 
in  piazza  Colonna.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  315. 

—  Delia  venerabile  Serva  di  Dio  Anna  Maria  Taigi,  tratti  principal!  della  sua 
vita,  per  Filippo  Balzofiore  Agostiniano.  Roma  1865,  fraielli  Pallotta,  ti- 
pogmft  in  piazza  Colonna.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  142. 

La  Ven.  Serva  di  Dio,  Anna  Maria  Taigi,  nata  che  i  process!  per  la  Beatiflcazione  della  Serva  di 

in  Siena  nel  1769  e  morta  in  Roma  nel  1857,  Dio  son-coiupmti,  daessiilP.  Balzofiore  ha  tratto 

lascio  tal  concetto  di  sua  santita,  e  tale  ammira-  le  notizie  piii  important!  e  piu  vere,  e  ne  ha  COHTI- 

zione  dei  doni  straordinarii,  dei  quali  Iddio  aveala  posfo  una  Sloria,  compendiosa  e  rapida,  ma  pur 

arricchila,  che  la  vita  scrittane  da  Mons.  Luquet,  sincera  e  sufficient  a  far  conoscere  i  merit!  tlella 

poslulatore  della  sua  causa,  fu  niolte  volte  ristam-  Ven.  Anna  Maria,  i  quali,  per  cio  che  riguarda  <le 

pata  in  Italia;  e  voltata  in  lingue   slranicre  fu  sue  virtu,  varranno  ad  accendere  1'imitazione  nelte 

ampiamente  diffusa  in  Francia,  in  Inghil terra,  in  anime  cristiane ,  e  per  cio  che  riguarda  i    saoi 

America,  e  fino  in  Ciaa.   Se  non  che  quella  vita  doni  varranno  a  crescere  ai  fedeli   la  1'ede  e  Ja 

era  in  molti  Juoghi  monca,  e  quanto  a  cio  che  riconoscenza  verso  Dio,  •che  e  cosi  largo  verso  chi 

riguardala  giovinezza  della  Taigi,  inesatta.  Ora  lo  serve  con  aninio  sempiice  e  devoto. 

BALUFF!  GAETANO  —  La  Ghiesa  romana  riconosciuta  alia  sua  carita  verso  il 
prossimo  per  la  vera  Chiesa  di  Gesii  Cristo ;  opera  del  Gardioale  (iaetano 
Baluffi,  Arcivescovo  Vescovo  d'Imola.  Firenzc  1864,  a  spesc  della  Socicta 
toscanaper  la  diffusione  di  buoni  libri.  Volume  unico  in  8.°  di  pag.  434. 

BARRA  GIOVANNI  —  Cantici  del  Guore  a  Dio,  a  Gesii  ed  a  Maria,  opuscoio  di 
Giovanni  Barra,  sacerdote  napoletano.  Terza  edizione  riveduta  dalV Au- 
to re.  Napoli  1864,  libreria  catfoliea,  sotto  -Finsegna  dell'  Immacolat a 
Concezione,  Largo  Gerolomini  n.°  115-16.  Un  wl.  in  32.°  di  pag.  126. 

BELLONI  GldVAHNI  —  Alia  Sfiia  Vergine  e  al  Snio  Sacramento :  Inni  scritti  da 
Giovanni  Belloni  a  Zarra  di  Serravezza  in  Toscana,  il  Settembre  del  1864. 
Napoli  1^64 ,  stabilimcnlo  tipografico  Parlenopeo,  strada  S.  Pietro  a 
Maiella  n.°  31.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  32. 

—  Nell'Accademia  al  tondo  di  Gapodimonte  presso  Napoli,  tenuta  dai  Reli- 
giosi  del  Ter'Ordine  de'  Riformati  di  S.  Francesco  d'Aseisi,  nel  Genna- 
io  del  1864,  avanti  al  presepio  di  Gesu  Bambino,  imitato  al  vero  da  quel- 
lo  che  si  venera  in  Betlemme,  ottave  di  Giovanni  Belloni.  Napoli  1864, 
stdbilimento  tipografico  di  T.  Cotlrw,  strada  S.  Pietro  a  Maiella  31.  Un 
opusc.  in  16.*  di  pag.  15. 

—  Per  un  Matrimonio:  versi  di  Giovanni  Belloni,  con  una  prosa  in  ossequio 
a  Maria.  Napoti  1864,  tipografia  di  Vincenso-  Prises,  strada  fuori  Porto, 
Medina  n.  4.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.-iS. 


8$  BIBLIOGRAFIA 

BINBI  ENRICO Come  nella  Chiesa  cattolica  si  rappresentano  tutti  i  dlvin! 

Benefizii.  Discorso  eucaristlco  detto  nella  Metropolitana  di  Siena  1'uUimo 
dell'anno  1864,  dal  Canonico  Enrico  Bindi,  Rettore  del  Seminario  arcive- 
scovile.  Siena  1865,  tip.  Sordo-muti  di  L.  Lazzeri.  Un  opusc.  in  8.°  di 
pag.  22. 

Quello  stile  schiettamente  italiano,  ma  virace,  splendono  negli  scritti  del  ch.  sig.  Can.  Bindi , 

disinyolto ,  e  al  tempo  stesso  elegante ;    quella  rilucono  qui  tulte  riunite  in  un  argomento,  quanto 

iottrina   quanto  piena  ,  altrettanto  sinceramente  ampio  in  se  stesso,  altreltanto  ampiamente  trat- 

caHolica;  e  in  fine  queH'amore  per  la  Chiesa  e  tato,  come  la  misura  di  un  discorso  di  ringrazia- 

pel  b<me  delle  anime  che  sono  le  doli  che    ri-  mento  a  Dio  consenliva. 

BOSCO  GIOVANNI  —  11  Pastorello  delle  Alpi,  ovvero  vita  del  giovane  France- 
sco Besucco  d'Argentera,  pel  Sacerdote  Giovanni  Bosco.  Firenze,  a  spese 
della  Societa  ioscana  per  la  diffusione  di  buoni  libri  1864.  Un  opuscolo 
in  Wtli  pag.  32. 

BUON  PASTORE  —  Periodico  seltimanale  di  Lodi,  con  approvazione  dell'Au- 
torita  ecclesiastica.  Lodi  1864,  tip.  vescovile  Cagnola.  Un  fasc.  selti- 
manale a  due  colonne  di  24  pagine.  Rirapito  per  lo  Stato  pontificio  signer 
Cav.  Pietro  Sassi,  spedizioniere  apostolico  in  Roma. 

Nel   grosso   rolume  in  4.°  di  pag.   864,  che  Un  Ottavario  di  discorsi  pei  Morti>  un   Sette- 

contiene  i  52  numeri  del  1864,  abbiam  trovato  quo-  nario  per  1'Addolorata ,  una  Novena  pel  S.  Na- 

sti  argomenti,  assai  atli  a  un  pasture  di  anime  :  tale ;  6.°  Soluzioni  di  quesili  dogmatic!  ,  moral!, 

1.°  Una  spiegazione  (  adattata  a  un  popolo  di  cam-  liturgici,  disposti  secondo  1'ordine  dei  trattati ;  7.» 

pagna)  dell' Erangelo  della  2. «  Domenica  succes-  Un  compendio  di  notizie  religiose  politiche.  La 

siva  alia  pubblicazione  di  ciascun  fascicolo ;  2.°  doltrina  e  unirersalmente  scelta  ,   lo  spirito  e 

Un  sermone  per  le  principal!  solennita ;  3.°  Una  sinceramente  cattolico,  e  qnimli  il  giornale  mo- 

spiegazione  piana  o  corredala  di   esempii  della  rila  di  essere  raccomandato  agli  ecclesiastic!,  per 

dottrina  cristiana  :  4.°  Discorsi  apologetic! ;  5.°  i  quali  e  unicanente  composto. 

CALORI LUIGI  —  Vita  di  Antonio  Alessandrini,  scritta  dal  prof.  Gav.  Luigi  Ca- 
lori.  Bologna  1864,  tipografia  Camberini  e  Parmeggiani.  Un  opusc.  in  4.° 
di  pag.  86. 

GANINI  FILIPPO  —  II  libro  dell'adolescenza,  compilato  da  Filippo  Ganini.  Le- 
zioni  di  Fisica  sperimentale.  Roma  1864,  presso  I'incisore  editoref  pas- 
seggiata  di  Ripetta  n.°  21.  Ediz.  in  8/  di  pag.  353  o  416. 

CARRANO  ANTONINO  —  Centuria  d'iscrizioni  italiane,  per  Antonino  Carrano, 
con  appendice.  Reggio-Calabria,  tipografia  di  Domenico  Siclari  1865. 
Un  opusc.  in  8.*  di  pag.  58. 

CESARI  DOMENICO  LUIGI  —  Ceremonie  della  Messa  privata  e  solenne  non  pon- 
tificale,  secondo  il  rito  romano,  libri  quattro  per  Domenico  Luigi  Cesarl, 
bolognese.  Seconda  edizione  corredata  di  note  e  di  decreti  recenti  dal 
P.  Luigi  Maria  da  Carpi,  Minore  Osservante.  Bologna,  per  Alessandro  Ma- 
reggiani,  tip.  edit.  1864,  via  Malcontenli  1797.  Un  vol.  in  16.°  grande  di 
pag.  XVI.  446. 

CIAMPI  CARLO  MARIA  —  L'ora  eucaristica,  ossia  Considerazioni  proposte  dal 
sac.  romano  Carlo  Maria  prof.  Ciampi ,  a  consacrare  un'ora  del  Giovedi 
santo  alia  Meditazione  della  istituzione  dell'eucaristico  Sacramento.  Ro~ 
ma,  tipografia  di  B.  Guerra  1865.  Un  opusc.  in  32.«  di  pag.  37.  Vendesl 
baiocchi  5. 

COLETTA  LUIGI  —  II  Talmude  e  la  vita  di  Gesii,  ossia  le  origini  del  Cristiane 
simo  e  il  moderno  razionalismo,  per  Luigi  Coletta,  prete  napoletano.  JYa- 


BIBLIOGRAFU  89 

poli,  dalla  Raccolta  religiosa:  LA  SCIENZA  E  LA  FEDE  1864-65.  Un  vol. 
in  8.°  dipag.  212. 

II  chiaro  e  dotlo  prete  napoletano,  sig.  Luigi  una  plena  confulazione,  non  delle  frivol  v.zo  del 

Colelta,  ha  preso  direttamente  di  mira  un  punlo  Renan,  ma  dei  soflsmi  anror  piii  difflr  1    «id  suo 

solo  dell'  infame  libro  del  Renan,  cioe  dire  la  sistema,  il  sig.  Coletla  li  svolge  lutti,  e  con  molto 

bestemmia,  che  Gesu  non  fosse  altro  die  un  al-  nerbo  di  ragionamento  e  di  erudiziune  li  confuta 

Jievo  delle  scuole  ebraiche  dei  suoi  tempi,  e  pero  anzi  li  stritola.  Finalmenle  non  pago  a  queslo  com- 

il  cristianesimo  non  altro  che  un  nuovo  travesti-  pito  da  se  imposlosi,  e  pienaraente  oltenuto,  dal- 

mento  della  dotlrina  giudaica.  E  siccome  il  Re-  1'  esame  stesso  del  Talmude,  che  t-gli  imprende, 

nan  asseriva  di  aver  cio  chiaramente  dedotto  dallo  forma  una  nuova  dimostrazione  della  tesi  contra- 

studio  sul  Talmude,  il  suo   confutatore  esamina  ria  al  Renan:  cioe  dire,  egli  difende  la  Divinita 

da  principio  1'origine  e  il  valore  del  Talmude,  e  di  Gesii  Cristo  con  argomenti  dedotti  unicamenlo 

poi  ripigliando  ad  una  ad  una  le  asserzitni  del  dal  Talmude.  Quest'  opera  di  sacra  polemica  e  per 

Renan  ne  inostra  la  vanila  e  la  slollezza.  E  sic-  la  pienezza  della  dimostrazione  e  per  1'ampiezza 

come  a  soslenere  quella  lesi   il  Renan   non  ha  dell'erudiziona  nel  soggetto  che  svolge,  import  au- 

fatto  che  seguitarc  le  orme  di  alcuni  razionalisti  tissima,  ed  onora  aliamenle  come  lo  zelo  cosi  il 

tedeschi,  molto  piii  dotti  di  lui;  cosi  ad  ottenere  nome  del  ch.  suo  aulore,, 

CORR1DI  FILIPPO  —  La  Scuola  di  Candeli,  discorsi  istruttivi  e  moral! ,  acco- 
modati  alia  intelligenza  del  popolo.  Firenze  1864,  tipogr.  delle  Murate 
di  Stefano  Jouhaud  e  C.  Un  vol.  in  16.°  gr.  dipag.  XXV,  194. 

CORSl  COSIMO  —  Lettera  Pastorale  di  Sua  Eminenza  Rma,  il  Cardinale  Arci- 
vescovo  di  Pisa,  al  Clero  e  al  popolo  della  sua  Diocesi,  per  la  Quaresima 
deli'anno  1865.  Pisa  1865,  presso  P.  Orsotini-Prosperi,  tip.  wrcivesco- 
mle.  Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  19. 

L'Eminentissimo  Cardinale  Arcivescovo  di  Pisa  che  si  tendono  alia  loro  fede  e  alia  loro  pieta , 
in  questa  sua  commovenlissima  letteia  Pastorale  in  questi  tempi  cosi  difficili,  e  li  esorla  a  guar- 
indica  ai  fedeli  della  sua  Archidiocesi  le  insidie,  darsene  con  ogni  diligenza, 

DALIT  ANTONJNO  —  Intorno  all' Episodic  di  Olindo'e  Sofronia  di  Torquato, 

discorso  apologetico  del  sac.  Anlonino  Dalii.  Palermo  1864,  tip.  Barctl- 

lona,  rua  Tormaggi n.  21.  Un  opusc.  in  4.°  dipag.  15. 
DE  CARDENAS  GEROLAMO— II  mio  interrogators  sui  fatti  del  30  Gennaio  1865. 

Pubblicazione  del  conle  Gerolamo  De  Cardenas.  Torino  1865,  tipografia 

Arnaldi.  Un  opww.  in  8.°  di  pag.  15. 
DE  MARI  GIAMBATTISTA  —  La  vita  di  Guglielmina  De  Mari,  giovanetta  ven- 

tenne,  narrata  da  suo  padre,  Giambattista  Principe  di  Acquaviva.  Roma, 

tip.  Monaldi  1865.  Un  opuscolelto  in  12.°  dipag.  40. 

Questo  breve  commentario,  non  meno  grazioso  anime  deboli.  L'affetto  poi,  con  cui  il  signor  Prin- 

per  la  elcganza  dei  lipi  che  per  la  forma  tutu  can-  cipe  di  Acquaviva  ha  sapulo  rilrarle  e  renderle 

dore  ed  amore  che  hasaputo  dargli  chi  lo  ha  del-  amabili,  e  tale  che,  dopo  letto  il  piccolo  volume, 

talo,  riusciradivantaggio  notabile  alle  giovanette  vi  sentite  mosso  non  diremo  se  piu  a  compian- 

che  lo  leggeranno.  Le  virtu  della  piissima  fan-  gere  il  dolore  d'  un  padre  cosi  tenero,  o  ad  in- 

ciulla  che  qui  lor  si  propone  a  modello,  non  hanno  vidiare  la  be)  la.  morte  d'  una  figliuola  cosi  an- 

niente  di  quel  maraviglioso  che  suole  sgomentare  le  gclica. 

DE  SEGUR  —  Alle  persone  di  buoaa  fede.  Le  Obbiezioni  popolari  contro 
TEnciclica,  per  Mons.  De  Segur.  Traduzione  della  D.  1.  G.  N.  Itoma  1865, 
tipogr.  Monaldi.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  40.  Vendesi  cent.  25. 

Mons.  De  Segur  e  tra  gli  scriltori  che  sono  piu  di  quelle  Terita  che  vi  sono  altamenle  insegnata. 

amati  dal  popolo ,    pel   quale  ha  sernpre  scritlo  La  versione  facile,  sciolta,  corretta  e  dovuta  alia 

con  facilita,  con  fuoco,  con  amor  grande ,  per  penna  d'una  pia  dama  (se  non  c'inganna  1'inter- 

difenderne   la  fede  e  la  pieta.    Questo  recentis-  pretazione  delle  lettere  iniziali  che  ne  celano  il  no- 

«imo  suo  libricino  e  veramente   un  tesorelto  per  me) ,  la    quale  dev'  esser  contenta  di  aver  fatto 

la  gente  mencolta:  perche  le  snebbia  la  mente  con  tal  fatica  non  solo  una  buona  versione,  ma 

d'ogni  soflsma  e  calunnia  lanciata  contro  1'En-  eziandio  e  molto  piu  un'opera  veramente  buona. 
oiclica  del  S.  Padre,  e  glie  1'apre  allo  splendore 


00  BIBLIOGRAFIA 

DE  SEGUR  —  Trattenimentl  familiar!  sul  protestantesimo,  di  Mgr.  De  Segar, 
prelato  domesiico  di  S.  S.,  dignltario  del  Capitolo  imperiale.  Traduzione 
dal  francese.  Firenze,aspese  della  societa  toscana  per  la  diffusione  di  buo- 
ni libri,  nclla  tipografia  delle  Murate  1863-64.  in  vol.  in  32."  di  pag.  28L 

Questo  libretto,  scritto  dall'  aurea  e  zelanlissi-  disce  franco  dentro  i  eonfini  delle  province  ita- 

ma  penna  di  Monsignor  de  Segur,  e  stato  slam-  liane  per  centesimi  55  la  copia  :  e  per  Lire  3.  50 

pato  dalla  Societa  toscana  per  la  diffusione  dei  se  ns  spediscono  copie  dodici. 
buoni  libri  in  uaa  graziosa  edizione.  Esso  si  spe- 

DE-VIT  V1NCEKZO  —  L'  anima  divota,  aiutata  nei  suoi  esercizii  spiritual!  al- 
raderopimento  del  suol  doveri  di  carita  verso  Dio  e  verso  il  prossimo. 
Operetta  del  sacerdote  Yincenzo  De-Vit  Firenze,  a  spese  della  Societa 
toscana  per  la  diffusione  di  buoni  libri  1864.  Unvol.  in  16.°  dipag.  278. 

—  Tothis  latinitatis  Lexicon,  opera  et  studio  Aegidii  Forcellini,  Seminarii 
patavini  alumni,  lucubratum  et  in  hac  editione  novo  ordine  digestum, 
amplissime  auctum  a'que  emendatum,  adieclo  insuper  altera  quasi  parte 
onomastico  totius  latinitatis,  cura  et  studio  Boct.  Vincentii  De-Yit,  olim 
alumni  ac  professoris  eiusdem  Seminarii.  Prati,  apud  Alberghettum  et 
Socc.  in  typographic  Aldlna  1865.  Tomi  77,  Dlstributio  XIX.  Un  fasc. 
in  4.°  da  pag.  833  a  913  del  vol.  2.°  Si  giugne  alia  voce  EVITO. 

DI-PIETRO  STANISLAO  —  Musica  sacra  del  P.  Stanislao  Di-Pietro  d.  C.  d.  G. 
direttore  della  Cappella  Gregoriana  nel  Collegio  romano  1865.  Ciascun 
pezzo  vendesi  presso  il  sig.  Alessandro  Befani,  via  del  Seminario  n.9 123. 
AH' Uflizio  ^/rOsservatore  Romano.  Al  deposito  di  stampe  via  S.  Chia- 
ra  47.  Ed  a  via  Pie  di  Marino  4. 

—  Solca  il  mar.  Canzonetta  a  Maria,  scritla  per  voce  di  soprano  con  ac- 
compagnamento  di  Piano-forte.  Franco  1. 

—  Fanciulli,  viparla  la  madre  di  Dio,  voci  di  tenore  e  coro  di  soprani  in 
risposta.  Franco  r/3. 

-  Quando  sard  fra  gli  Angeli,  solo  di  tenore.Franco  r/a. 

-  Se  nell'estremo  istante,  scritta  per  voce  di  basso  :  0  madre  di  amore,  per 
coro  di  soprani.  Franco  1. 

—  Tutta  bella  sei  Maria.  Canto  popolare.  Franco  1. 

FERREIRA  DE  MATHOS  FRANCESCO  —  L'  antidoto  nelle  sciagure,  ossia  rimedio 
eflicace  che  un'  anima  tribolata  pud  ritrovare  nella  considerazionc  della 
Provvidenza  divina.  Napoli,  tipografta  di  Angelo  Frani  1865.  Un  opusc. 
in  8.°  di  pag.  51. 

I'  antidoto  nelle  sciagure  e  il  confidare  nella    che  STOlgesi  eon  lucido  ragionamento,  e  con  op- 
dirina  Provvidenza,  e  il  vivere  conforme  agli    portuni  coosigli  nel  corso  di  questo  libro. 
ot dinamenti  della  medesima.  Questo  e  il  concetto, 

FOGLIETTA  UBERTO  —  Uberti  Folietae  Clarorum  Ligurum  Elogia,  retractatius 
pleniusque  edidit  Aloisius  lacobus  Grassius  Alaxias,  ad  S.  Mariae  Reme- 
diferae  Canonicus,  inque  magni  Genuensis  Atheneaei  Collegio  Philoso- 
pliorum  ac  litteratorum  Doctor  Collegiatus.  Disceptationem  addidit  de 
prioribus  sanctisque  Genuensium  Episcopis,  nominumque  indicem  notis 
chronologicis  locupletavit.  Gennae  MDCCCLX11H,  venundatur  a  Vin- 
centio  Canepa.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  VIII,  333. 

La  nuova  edizione  di  quest!  commentarii  del    illustre  citta  di  Geneva ,  di  cui  vi  sono  celebratt 
Foglietta  non  lorncra  solamente  a  splendore  della    tanli  illustri  figliuoli ;   ma  nello  stesso  tempo  a 


BIBLIOGRAFIA  9f 

vanlaggio  non  leggero  delle  leltere  Mine ,  le  curata  la  edizione  sopra  F  ultima ,  e  percio  pin 

quali  ora  non  pochi  si  studiano,  per  divina  mer-  correlta,  eseguita  essendo  ancor  vivo  1'atUore  e 

ce,  di  rivocare  all'antico  splendore.  II  Foglietta,  sotlo  i  suoi  occhi ,  ha  loro  aggiunto  inoltre  un 

di  fatti,   secondo  la  opinione  non  solo  de'  con-  pregio,  di  cui  eran  mancanti,  ia  distinzione  cioe 

temporanei ,    come   furono  i  Flaminii  ed  i  Ma-  e  1'ordine  de'  tempi,  nonche  alcune  disquisirioni 

nuzii,  ma  de' piu  recenti  ancora,  tra  quali  basta  intorno  ai  piu  antichi  Vescovi  di  Geneva:  ogni 

notare  il  Lagotnarsini  e  il  Tiraboschi ,  merila  il  cosa   comprendendo  in  note  disposte  per  ordine 

vanlo  di  uno  de'  piu  purgali  ed  eleganti  scriltori  alfabetico',    per   non    alterare  menomamente  il 

del  secolo  XVI;   di  quel  secolo  cioe  ,   il  quale  testo.  Raccomandiauio  dunque  caldamtnte  codeslo 

parve  far  mivere  i  tempi  di  Auguslo:  tauto  ge-  libro  non  pure  ai  Genovcsi,  i  quali  vi  hanno  in- 

neralmente  e  con  tanta  felicita  fu  allora  coljivato  teresse  di  patria,  ma  a  quanti  sono  amatori  deite 

1'idioma  del  Lazio.  Ne  questa  pero  e  una  sem-  bellezze  laline  ,   i  quali  vi  troveranno  un  egre- 

dlice  riproduzione  de'  suddetti   commentarii.    II  gio  esemplare. 
chiaro  Can.  Luigi  Giacomo  Grassi,  ollre  ad  aver 

FONTANABONA  LUIGI  —  Modo  di  apparecchiarsi  alia  festa  di  sant' Antonio  da 
Padova,  preceduto  da  un  breve  cenno  suIla  vita  di  lui,  per  Don  Luigi 
Foutanabona  da  Borghetto  di  Yara,  Diocesi  di  Sarzana.  Ferrara,  lipogra- 
fia  di  Domenico  Taddei  18ti5.  Un  opusc.  in  16.°  gr.  di  pag.  31. 

GALLERAKI  ALESSANBRO  -  L'Autorita  dell'Enciclica  dell' 8  Dicembre  1864. 
Discorso  tenuto  nella  chiesa  del  Gesii  di  Roma,  il  19  Febbraio  1865,  dal 
R.  P.  Alessandro  Gallerani  d.  C.  d.  G. 'Roma  1865,  coi  lipi  ^eWOsserva- 
tore  Romano.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  28. 

GHILARDI  —  In  difesa  delle  corporazioni  religiose  e  di  altri  enti  ecclesiasti- 
ci,  appunti  morali,  religiosi.,  sociali  alia  legge  Pisanelli,  chene  minaccia 
la  soppressione.  Secondo  opuscolo  di  Mons.  Gbilardi  de'  Predicatori, 
Yescovo  di  Mondovl.  Torino,  tipogr.  delV Oratorio  di  S.  Francesco  di 
Sales  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  113. 

L'  invitto  e  dottissimo  Vescovo  di  Mondovi  in  fonda  il  progetto  di  legge  per  la  soppressione 
quest'opuscolo  dlmostra  quanto  sieno  insussistenti,  degli  Ordini  religiosi,  presentato  al  Parlamealo 
illusivi  e  irragionevoli  i  molivi,  sopra  i  quali  si  dal  Pisanelli. 

—  Mostruosita  della  legge  Yacca,  opuscolo  di  Mons.  Ghilardi  dei  PP.,Yesco- 
vo  di  Mondovi.  Torino  1864,  dalla  tipografia  dell' Armour,  via  Montebel- 
lo  n.°  22,  casa  Giani.  Un  opusc.  in  16.°  gr.  dipag.  77. 

Alia  legge  Pisanelli  per  la  soppressione  dcgli  Chiesa,  infesta  e  rovinosa  alia  pallia,  barbarica 

Ordini  religiosi  fu  sostituita   la  legge  Vacca:  e  verso  il  civil  consorzio.  A  tutti  e  nota  la  dottri- 

siccome  contro  la  prima  scrisse  forlemente  Mon-  na,  lo  zelo,  la  facondia  dell'  illustre  Vescovo  di 

sig.  Ghilardi,  cosi  fa  ora  contro  la  seconda.  Egli  Mondovi:  quindi  a  noi  basta  il  dire  che  quelle 

la  dimostra  iniqua  in  se  stessa,  sacrilega  ed  em-  tre  qualita  si  trovano  riunite  insieme  in  questo 

pia  verso  Dio,  sconoscenle  e  tirannica  verso  la  utilissimo  opuscolo. 

GIBELLI  GAETANO  —  Avvisi  ai  giovani,  scritti  dal  professore  Gaetano  Gibelli. 
Bologna  1865,  uffizio  delle  letture  della  Domenica,  via  Malcontenti  1797. 
Un  opusc.  in  32."  di  pag.  95. 

Piccolo  libricino  se  tu  ne  guardi  il  volume;  pari  agli  ottimi  e  questo  del  Prof.  Gibelli.  Esso 
ma  se  ne  guardi  la  saviezza  e  1'opporlunita  dei  e  un  bel  dono  a  farsi  ai  giovanetti  nelle  scuole 
consigli  e  la  elegante  gravitk  dello  stile,  libro  e  nelle  famiglie. 

GIUSTINIANI  BIAGIO  —  Ad  onore  della  Madre  dei  Buon  Consiglio  il  mese  di 
Aprile,  proposto  da  Biagio  Giustiniani,  sacerdote  napolitano.  Napoli, 
stamperia  del  Fibreno  1864.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  104. 
-  Esercizii  divoti  per  la  festa  di  S.  Agostino,  di  S.  Monica  e  Maria  Sma 
della  Consolazione,  proposti  da  Biagio  Giustiniani,  sacerd.  nap.  Seconda 
edizione.  Napoli,  stamp,  del  Fibreno  1864.  Un  opuscolo  in  32.°  di  pag.  32* 


92  BIBLIOGRAFIA 

GOSELL'NO  GIULIAN9  —  Congiura  di  Piacenza  contro  Pier  Luigi  Farnese,  de- 
scritta  per  Giuliano  Goselliuo,  scrittore  contemporaneo,  in  12.°  di  pagi- 
ne  XIX-107.  Firenze,  prcsso  Ciacomo  MolM  1864. 

Questo  Tolumetlo  e  il  quinto  delle  Delizie  degli  quello  di  offerire  una  lezione  conferita  diligente- 

eruditi  bibliofili  italiani,  raccolta  di  cose  raris-  menle  con  ua  buon  testo  a  penna:  e  in  cio  si  yan- 

Sime  o  diss^polte  da  manoscrilti  o   da  irreperi-  taggia  sopra  la  edizione  che  ne  fece  il  Rocchi  in 

hili  stampe  r  prodotte,  la  quale  sara  compresa  in  Lucca  1'anno  1762.  Oltre  questo  ha  la  novita  di 

dodici  di  quest!  volumetti.  La  presents  rislampa,  andare  amcchita  d'  un'  altra  assai  leggiadra  scrit- 

che  e  di  soli  254  esemplari,  al  pregio  di  una  turetta  del  cinquecento,  che  conliene  una  biografla 

correzione  squisita  e  di   tipi  e  di  carta  da  vin-  del  (Josellino,  ed  e  lavoro  di  Francesco  Malchiori 

eere  il  dente  edace   di  molti  secoli,   aggiunge  Opitorgino. 

GOUSSET  TOMMASO  M.  G.  —  Teologia  del  Cardinale  Tommaso  M.  G.  Gousset, 
Arcivescovo  di  Reims,  prima  versione  italiana  di  Gianfrancesco  Rambel- 
li,  riprodolta  con  emendazioni.  Parma,  Pietro  Fiaccadori  1864,  fasc.  !Xr 
in  8  •  dapag.  481  a  680  del  vol.  2." 

LAWLEY  FRANCESCO  —  Manuale  del  Vignaiuolo,  o  modo  di  coltivare  le  viti 
e  di  fare  il  vino,  per  F.  Lawley ,  con  80  incisioni  intercalate  nel  testo. 
Firenze  1865,  A.  Bettini  libraio-editorc  da  Santa  Tiinita,  via  de'Torna- 
buoni,  13.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  240.' 

LE  GUILLON  C.  M.  —  I  Santi  del  mese,  o  letture  pratiche  della  vita  dei  Santi 
piu  celebri  e  dei  principal!  misteri  della  Religione.  Opera  dell'  Abate  C. 
M.  Le  Guillon,  canonico  onorario  di  Quiraper,  e  cappellano  della  carita 
a  Parigi  ;  tradotta  dal  sac.  Autonino  Dalu,  coll'oggiunta  di  alquante  note 
e  di  due  indici  alfabetici  per  comodo  dei  leggitori.  Palermo,  stabilimento 
tipografico  di  Francesco  Lao  1855,  !.•  e  2.°  semestre  in  16.°  di  pag.  438  e 
dapag.  439  a  83 L 

In  ogni  di  vien  posta  una  massima,  una  pra-  meniora  dalla  Chiesa,  oltre  il  compenclio  delle 
tica,  un'  orazione  ed  un'  esortazione  analoga  al  principal!  notizie  sloriche,  relative  al  detto  Santo  o 
Santo  o  alia  solcnnita  che  in  quel  gioruo  si  com-  alia  delta  solennila. 

LEONARDI  M.  —  Nelle  esequie  del  P.  Giovambattista  da  Catania,  discorso  fu- 
nebre  pel  prof.  M.  Leonard!  da  Melilli ,  Cappuccino  ,  letto  nella  chiesa 
dei  RR.  PP.  Cappuccini  di  Catania,  il  di  31  Maggio  1864.  Adreale,  co'tipi 
di  Vincenzo  Strano  Meli  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  36. 

LICCARO  VALENTINO  —  Manuale  di  Predicazione  ad  uso  del  C  ero  curato,  del 
sacerdote  Valentino  Liccaro,  gia  cooperatore  parrochiale  di  Tarcento, 
poi  segretario  e  cancelliere  arcivescovile  di  Zara  ecc.  ecc.  Parte  prima ; 
Le  feste  del  Signore,  T.  IV  :  Corpus  Domini  e  sacre.  Venezia,  dalla  tipo- 
grafia  di  F.  A.  Perini  ed.  1864.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  430. 

LU1GI-MARIA  DI  GESU'  —  Trattato  elementare  cl'aritmetica,  del  P.  Luigi-M.a  di 
Gesu,  trinitario  scalzo,  per  uso  dei  giovanetli.  Napoli,  dallo  stabilimento 
tipngraftco  deWAtcneo  1864.  Un  vol.  in  16. •  gr.  dipag.  203. 

LUXARDO  FEDELE  —  Badia  di  san  Giu'.iano  presso  Genova,  pel  sac.  Fedele 
Luxanlo.  Genova,  tip.  della  Gioventii  1864.  Un  opusc.  in  8.e  di  pag.  15. 

MAFFEI  P;  A.  —  Yita  del  Papa  san  Pio  V  dell'  Ordine  dei  Predicated,  per  P. 
A.  Maffei,  alquanto  abbreviata  e  arricchita  di  note,  cavate  da  altri  autori. 
Monza,  tipografia  dell'  Istituto  dei  Paolini,  piazza  di  S.  Agostino  n  480. 
Vol.  3.  in  32.«  dipag.  144,  160  e  116. 

MANUZZI  GIUSEPPE  —  Vocabolario  della  lingua  italiana,  gia  compilato  dagli 
Accadernici  della  Crusca ,  ed  ora  novamente  corretto  ed  accresciuto  dal 


BIBLIOGRAFIA  93 

Cavaliere  abate  Giuseppe  Manuzzi,  seconda  edizione  riveduta  e  notabil- 
meiUe  ampliata  dal  compilatore.  Firenze,  nella  stamperia  del  vocabolario 
e  del  testi  di  h'n#wal864,  dispensa  56  in  4.°  da  pag.  727  o 774  del  vol.  3.» 
Si  giugne  alia  parola  RIBADITO. 

MASINELLI  ANTONIO  —  Lo  stato  delle  scienze  specialmente  sacre  In  Italia , 
memoria  del  Dott.  Don  Antonio  Masinelli,  3.a  edizione.  Modem,  tipogra- 
fia  deir  Immacolala  Concezione  1865.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  27. 

MAZZOLA  LUIGI  MARIA  —  Invito  universale  alia  dolce  divozione  del  sacro 
Cuore  di  Gesu,  diretto  a  tutti  i  cattolici  del  mondo  ,  dal  sac.  napolitano 
Luigi  Maria  Mazzola,  Eddomadario  dell'  insigne  Collegiata  di  S.  Giov. 
Maggiore.  Napoli  1864,  stamperia  e  libreria  di  A.  Festa,  strada  S.  Giov. 
a  Carbonara  n.°  104.  Vn  vol.  in  16.*  di  pag.  467. 

I  motivi  per   praticare  la  devozione  al  sacro  pra  i  varii  punti  della  Vila  e  della  pieta  cristia- 

Cuore  di  Gesu,  il  caro  oggetto   di  essa,  i  frulti  na.  Chiude  1'opera  un  tridno  sull'amore  di  Gesu 

salutari  che  produce,    coslituiscono   1'  argomento  Crislo,  terminato  dalla  consecrazione  di  tutto  se 

delle  riQessiooi  per  tutte  le  mattine  di  un  n.e&e  al  divin  Cuore. 
intero.  Per  la  sera  .yi  sono  assegnate  lezioni  so- 

MEMORIE  per  la  storia  de'  nostri  tempi  dal  congresso  di  Parigi  nel  1856 
ai  giorni  nostri.  Torino  1865,  stamperia  dell'Unione  tipograftco-editrice, 
via  Carlo  Alberto,  casaPomba,  n.  33.  Terza  Serie,  I.°e2.°  Quaderno,  25° 
della  Raccolta.  Ediz^in  8.°  da  pag.  I  a  pag.  128. 

MICHELI  LODOVICO  —  II  Matrimonio,  Poiimetro  di  Lodovico  Miclieli,  per  le 
auspicatissime  nozze  della  incomparable  donzella  romana  Silvia  Merolli, 
col  nobile  giovane  Francesco  Ricciardi  dei  Coriti  di Camaldoli  di  Napoli, 
celebrate  in  Roma  nel  giorno  26Febbraio  1865.  Tipografta  Cesarelii.  Un, 
opusc.  in  4.°  di  pag.  12. 

MONACI  FILIPPO  —  Vita  di  santa  Rosa  Verghie  viterbese,  descritta  dal  P.  Fi- 
lippo  Monaci  d.  C.  d.  G.  Monza  1864,  tipografia  dell' istituto  dei  Paolini 
piazza  di  S.  Agata  n.°  480.  Vn  vol.  in  32.°  di  pag.  208. 

Molti  hanno  scrilto  la  Vila  di   santa  Rosa  da  dalle  diligenze  da  lui  adoperate,    come  egli  ci 

Viterbo;  ma  pure  una  sloria  sincera,  piena,  or-  racconta  nella  prefazione,  e  dal  racconto  stesso 

dinata  delle  sue  geste  a  propriamente  dire,  non  che  egli  ce  ne  offre  in  islile  assai  italiano,  ei  ci 

T'  e.  Ha  ora   tentato   di  farla   il  P.  Monaci :  e  sembra  che  1'abbia  realmente  fatla, 

MONNIN  A.  —  Della  carita.  Discorso  del  sig.  Abate  A.  Monnin,  detto  alle  da- 
me della  carita  di Firenze,  a  spese  della  societa  toscanapcr  la  dif- 

fusione  di  buoni  libri  1865.  L'n  opusc.  in  8.°  di  pag.  23. 

Credere  al  povero,  quale  immagine  e  memoria  sistere  lutlo  1' esercizio.  11  suo   discorso,  largo 

di  Gesu  Redentore  sulla  terra,  e  amare  il  povero  assai  nolle  idee ,  e  pieno  di  uniione  e  di  santo 

con  quell'amore  slesso  che  noi  dobbiamo  a  Gesii  affelto,  e  nato  fatto  per  innamorare  le  anime  di 

Redentore,  sono  i  due  ufflcii  die  i!  ch.  abb.  Mon-  quesla  virtu,  che  costituisce  la  tessera  propria  del 

nin  attribuisce  alia  carita,  e  nei  quali  ne  fa  con-  cristianesimo. 

MONUWENTI  di  storia  patrla  delle  province  Modenesi  —  Cronaca  Modenese 
di  Tommasino  De'  Bianchi,  detto  de'  Lancellotti.  Parma,  Pietro  Fiacca- 
dori  1863,  vol.  II,  fasc.  1,  II  e  HI  in  4.°  da  pag.  1  a  240. 

NARDI  FRANCESCO  —  Discorso  tenuto  nella  cbiesa  del  Gesu  alia  Conferenza 
della  Societa  di  S.  Vincenzo  di  Paoli,  il  di  8  Decembre  1864,  da  Monsignor 
Francesco  Nardi,  Uditore  di  S.  Rota,  e  pubblicato  in  occasione  delle  felici 
nozze  del  Conte  Francesco  Bruschi  Falgari  colla  Contessa  Matilde  Mare- 


94  BIBLIOGRAFIA 

scalchl.  Roma  1865,  dalla  tipografia  Sinimberghi.   Un  opusc.inSS  df 
pay.  20. 

Nobilissimo  discorso  d  questo :  pieno  di   alti    di  S.  Vincenzo  di  Paoli  alimenlino  nei  loro  petti 
pensieri  e  di  caldi  affelti,  di  consigli  generosi  e    la  fede  in  Dio  e  la  carita  yerso  del  prossimo. 
pratici  a  un  tempo,  perche  i  membri  della  Sociela 

ORTALDA  GIUSEPPE  —  I  missionari!  apostolic!  italiani,  sparsi  nelle  missioni 
estere  delle  cinque  parti  del  mondo,  al  Senate  del  Regno.  Torino  1865, 
dalla  lip.  diGiacinto  Marielti.  Un  opusc.  in  4.°  dipag.  96  con  tav. 

Questo  libro  e  indirizzato  ai  Senalori  d'  Italia  tali  i  nomi ,  la  patria  e  il  luogo  della  missione 

per  raccomandar  loro  gl'  interessi  del  missionarii  dei  2056  missionarii  italiani ,  1'  autore  discorre 

italiani,  nell'  esame  delle  leggi  che   li  risguar-  brevemente  delle  singole   missioni ,  e  dei  frutti 

dano.   II  ch.  e  zelante  Canonico  Ortalda  dimo-  che  vi  si  raccolgono  ,   delle  istituzioni  esistenti 

stra  quanta  utilila  essi  arrccano  colle  loro  fatiche  in  Italia  per  educare  i  giovani  chierici  che  vi  si 

alia  causa ,   non  solo   della  Religione   c   della  destinano,  delle  limosine  e  dei  doni  che  si  rac- 


Chicsa,  ma  eziandio  dell'incivilimento  in  lulte  le 
parli  del  mondo,  ove  essi  predicano  agl'  infedeli 
ed  agli  eretici  la  vcra  fedo.  Dopo  aver  ripor- 


colgono  in  Italia,  posti  in  paragone  alle  offerte 
delle  Societa  bibliche  pei  loro  ministri  prote- 
stanti. 


PAZZAGLIA  PASQUALE  —  Collezione  di  discorsi  sacri  del  Can.  Pasquale  Pazza- 
glia ,  arcipretedi  Castelvecchio  in  Savignano.  Bologna,  per  A.  Mareggia- 
ni,  tip.  edit.,  via  Malcontenti  1797,  1865.  Un  vol.  in  16.'  di  pag.  287. 

Questo  libro  conliene  otto  ragionamenti :  cioe  Non  sono  prediche,  ne  discorsi  alia  Chiesa ;  ma 

due  sulla   divinila  di  Gesu  Cristo ,  cinque  sulla  piccioli  Irattali,  i  primi  due  contro  Renan,  gli  al- 

necessita   della  rivelazione  divina,  ed  uno  sulla  tri  cinque  contro  i  razionalisti  e  1'  ultimo  contro 

religione  in  rapporto  all'  uomo  ed   alia  societa.  gl'increduli. 

PERI  PIETRO  —  Storia  dtlla  Svizzera  italiana  dal  1797  al  1802,  compilata  da 
Pietro  Peri,  sugli  abbozzi  e  document!  lasciati  da  Stefano  Franscini.  Lu- 
gano, tip.  e  lit.  cantonale  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  VII.  392. 

I  cinque  anni ,   abbracciati  in  questa  Storia ,  origine.  Al  tempo  stesso  qui  si  ha  il  vero  prin- 

furono  fortunosissimi,  come  per  quasi  tutta  I'Eu-  cipio  della  storia  politica  del  Cantone  del  Ticino, 

ropa ,  cosi  specialmente  alia  Svizzera ,   la  quale  perche  in  quegli  anni  i  cosi  detti  Baliaggi  ita- 

per  la  sua  vicinanza  alia  Francia  dovelle  sentirc  Hani  di  Bellinzona  e  Lugano,  dalla  condizione  di 

vivissimo  il  coutraccolpo  della  gran  Rivoluzione  vassalli  della  Repubblica  svizzera,  cominciarono  a 

francese.  E  di  quesla  sembra  qui  che  descrivasi  passare  a  quella  di  Cantone  sovrano,  eguale  agli 
un  episodic ,  mentre 
rnoli  e  gli  eccessi,  e 


leggono  narrati  tutti  i 
vicende  e  le  peripezie  di 
quella  liberta ,  che  ispirata  e  fomenlata  dalla 
Francia  ,  serbava  fedelmente  anche  nelle  valli 
della  Svizzera  itaiiana  le  sembianze  della  sua 


antichi  Cantoni.Lanarrazioneesemplice,  chiara, 
accurata  ed  anche  assennata  e  retta,  almeno  ge- 
neralmente,  in  que'  giudizii  che  1'  Autore  qua  e 
cola,  ma  con  gran  parsimonia,  va  interponendo 
ai  fatti. 


FRISCO  GIUSEPPE  —  Element!  di  Filosolia  speculativa  secondo  le  dottrine 
degli  Scolastici,  specialmente  di  S.  Tommaso  d' Aquino, perl' Abate  Giu- 
seppe Prisco.  Seconda  edizione,  notevolmente  corretta  dall'  autore.  JVo- 
poli  1864,  stamperia  e  cartiere  del  Fibreno,  strada  Trinita  maggiore 
n.  26.  Due  vol.  in  8.°  di  pag.  XX///,  232,  438. 

Nel  fascicolo  del  1.°  Seltembre  1864  facemmo  sta  esce  ora  alia  luce,  notevolfnenle  corretta,  spe- 

ampio  e  ben  meritato   elogio  di  questi  Elementi  cialmente  in  tutlo  cio  che  risguarda  facilita  e  chia- 

di  Filosofia :  e  ci  gode  1'  animo  nel  vedere  che  rezza.  Essa  si  vende  Lire  8.  50  in  Napoli  al  Vico 

1'accoglienza  fattane  dal  puhblico  abbia  data  ra-  Pazzai-iello  ai  Banchi  Nuovi  N.  >  16  presso  1'au- 

gione  al  nostro  giudizio,  giacche  la  pri:iia  edi-  tore  medesimo,  dal  quate  s'invia  franca  di  posta, 

zione  fu  in  pochissimo  tempo  spacciata  tutta ,  e  a  chi  spedisce,  merce  vaglia  postali,  il  detto  de— 

per  soddisfare  alle  sempre  crescenti  richieste  e  naro.  Ve  ne  e  anco  un  deposito  a  Firenze  pres- 

stato  necessario  intraprenderne  una  seconda.  Que-  so  il  libraro  P.  Ducci. 


BIBLIOGIUFIA 


RAVVI7TI  CONTE  ERNESTO  —  Delle  recent!  avventure  d'  Italia ,  per  il  Conte 
Ernesto  Ravvitti.  Le  cause,  Un  vol.  in  8.°  gr.  dipag.  313.  Venezia,  tipo- 
grafia  Emiliana  1864. 

Cou  quest'  opera ,    di   cui   il  presente  volume  fetti  tulti  i  success!  che  tenner  dielro  alia  pre- 

conliene  solo  la  prima  parte,  1'Autore  si  e  pro-  citata  dichiarazione  di  guerra  nel  1859. 
posto  di  forriire  agl'Italiani  un  quadro  storico  e        II  libro  e  condotto  con  molto  senno:  chiaro , 

ragionato  della  Rivoluzione,  che  dal  1859  in  qua  stringato  e  semplice  nello  stile  :  ricco  di  nolizie, 

sconvolge  tutta  la  noslra  Penisola.  Per  eseguire  di  citazioni,  di  confronti ,  di  osservazioni  acute 
queslo   disegno  egli  ha  ideato  due  naturalissime 
division!  .    1'  una  delle  Cause  intorno  alle  quali 


discorre  in  quesio  volume,  e  1'  altra  degli  Effetti 


e  di  aneddoti  importanti.  Lo  spirito  e  di  cattolico 
schietto  e  di  onestissimo  gentiluomo,  sinceramente 
affezionalo  all'  Italia  ed  al  suo  vero  beno.  Non 


che  sara  matcria  del  volume  seguente.  Le  cause    sappiamo  che  esista  lavoro  di  storia  contempora- 


di  questa  Rivoluzione  esamina  in  due  diversi 
periodi.  11  primo,  che  denomina  Quarant'  anni 
di  preludio,  si  stende  dal  1815  al  1856,  cioe  dal 
Congresso  di  Vienna  al  Congresso  di  Parigi,  e 
abbraccia  tutti  i  principal!  avvenimenti  e  le  tra- 
me  settarie  che  doveano  far  capo  nella  genera- 
le  Rivoluzione:  e  se  ne  tratla  sommariamente  , 
ma  con  sagacia ,  in  sei  capitoli  intitolali :  La 
Carboneria  in  Italia,  Carlo  Luigi  Bonaparte,  La 
Francia  a  Roma  ,  Mediazione  napoleonica  a 
Gaela,  Le  prime  armi  di  Cavour,  La  Sardegna  in 
Crimea.  II  secondo  periodo  ,  che  denomina  / 
palli  secreti,  cotnprende  un  racconto  assai  par- 
ticolareggiato  degli  apparecchi  immediati  della 
Bivoluzione ,  in  allri  nove  capitoli ,  che  sono  / 
primi  concerti,  La  queslione  italiana  al  Con- 
'  gresso,  L'intervenlo  settario,  Fatti  delle  Due  Si- 


nea ,  il  quale  possa  compararsi  a  questo  nel 
merito  di  esibire  in  un  solo  sguardo  tutta  la  tela 
degli  odierni  rivolgimeati.  Percio  lo  raccoman- 
diamo  a  coloro  che  studiano  le  cose  patric,  e  a 
quanti  desiderano  formarsi  un  limpido  concetto 
della  tenebrosa  opera  di  servitu  e  di  distruzione 
nazionale,  che  e  cotesta  della  noslra  Rivoluzione, 
fatlasi  in  nome  della  indipendenza  e  della  nazio- 
nalita.  La  lettura  di  questo  nobilissimo  libro  del 
signor  Conte  Ravvilti  mostra  ad  evidenza  al^ 
luata  la  verita  di  quel  celebre  detto  di  san  Gre- 
gorio  Magno  die :  Huius  mundi  sapientia  est  cor 
inachinationibus  tegere ,  sensum  vcrbis  velare, 
quae  vera  sunt  falsa  ostendere,  quae  falsa  sunt 
vera  demonstrare.  A  do  si  riduce  tutta  la  mac- 
chiavellesca  perfldia  usata  per  fare  la  pretcsa  ri- 
generazione  d'  Italia.  Questo  volume  si  vende 


cilie,  Orsini  e  Plombieres,  II  capo  d'  anno ,  I  Fior.  1,20  nell'  Impero  auslriaco  e  Franchi  3,  50 

pacieri,  I  volontarii  e  la  Lombardia,  Dichiara-  fuori.  Chi  lo  acqaista  si  obbliga  a  prendere  an- 

zione  di  guerra.  Col  che  1'Autore  chiude  la  es-  che  il  secondo  di  prossima  pubblicazione  che  ha 

posizione  delle  Cause,  annoverando  tra  gli  Ef-  per  titolo  Gli  Effvtti. 

RIGUTINI  GIUSEPPE  —  Giunte  ed  osservazioni  al  Vocabolario  delVuso  toscano, 
per  Giuseppe  Rigutini.  In  8.°  gr.  di  pag.  89.  Firenze,  lip.  Cellini  1864. 

Ai  molti  pregi  che  tutti  gl'intenditori  del  hello     compelentissimo   in  quesla   maleria.  Le  giunte 
della  lingua  toscana  riconobbero  nel  Vocabolario 
dell'uso  pubblitato  dal  ch.  sig.  Pietro  Fanfani, 
andavan  congiunti  difetli  inseparabili  da  un  la- 


non  poche  e  le  osservazioni  non  superficial!  che 
si  contengono  nel  presente  opuscolo,  vogliam  cre- 
dere che  debban  servire  a  crescere  e  a  miglio- 
rare  la  seconda  edizione  del  Vocabolario  dell'uso 
che  da  molti  si  aspella ;  e  si  desidera  da  tulti 


\oro  si  difficile  a  condursi  con  perfezione,  com'c 
quello  di  un  simile  vocabolario.  Lasciando  stare 
gli  appunli  di  ragione  morale,  che  tutti  gene-  coloro  che ,  per  riguardo  della  pudicizia  ,  sono 
ralmente  gli  fecero  e  che  sono  troppo  meritati  nella  dura  necessila  di  privarne  i  giovani  loro 
(V.  Civilta  Cattolica ,  Serie  V,  vol.  VIII,  pag.  allievi,  ai  quali  la  prima  edizione  non  puo  con- 
465  seg.),  altri  se  gliene  mossero  di  ragione  let-  cedersi  (come  dice  sapientemente  anche  il  Rigu- 
teraria,  piu  o  men  giusti,  piu  o  men  passionati  tini)  senza  pericolo  del  costume  che  val  meglio 
secondo  1'animo  vario  del  censori.  II  signor  Ri- 
gutini, senza  passione  di  affelto  come  senza  in- 
.giuslizia  di  criterio,  in  questa  raccolta  di  giunte 
e  di  osservazioni ,  che  e  venuto  slampando  in 
un  periodico  e  che  ora  ha  data  fuori  tutta  unita, 
pare  a  noi  che  abbia  ristretto  il  meglio  delle 


della  lingua.  Del  resto  che  il  Vocabolario  dell'uso 
fosse  capace  di  nuove  e  non  piccole  giunte  lo  ha 
provato  ancor  egli  quel  valente  filologo  che  e 
il  P.  Mauro  Ricci  delle  Scuole  Pie ,  inviando  su 
questo  proposito  al  Fanfani,  che  le  ha  messo  in 
luce  nel  suo  giornale  11  Borghini ,  le  saporitis- 


censure,  che  saviamente  si  poteano  apporre  al-    sime  letlere  che  vi  si  trovano,  sollo  1'ameno  pseu- 


1'opera  pur  sempre  stimabilissima  del  Fanfani,  e 
insieme  col  fatto  abbia  dimoslrato  d'essere  eensore 


donimo  di  Fra  Possidonio  da  Peretola. 


ROHRBACHER  ABATE  —  Storia  universale  della  Chiesa  cattolica,  ilal  principio 
del  mondo  fino  ai  di  nostri ,  dell'  abate  Rohrbacher ,  dottore  in  teologia 


06  BIBL10GRAFU 

nell'  Universila  caltolica  di  Lovauio  ecc.  ecc.  Prima  traduzlone  italiana 
sopra  la  terza  edizione,  conlenente  moltisslme  aggiuiite  e  correzioni  del- 
1'autore,  in  seguito  agli  appuuti  falti  alle  due  precedent'!  edizioni.  Secon- 
da  edizione  riceduta  e  corretta.  Torino  1864,  per  Ciacinto  Mariclti,  lipo- 
grafo-librain.  Vol.  Vie  VU  in%.°  di  pag.  824,  950. 

ROMANI  AGOSTINO  — 11  Catechismo  di  un  curato  iutruso,  ed  una  esortazione 
per  corroborare  il  c  .ttolico  nella  fede  di  Gesii  Gristo,  per  D.  Agost,ino  Ro- 
man!, socio  di  varie  accademie  ecc.  ecc.  Roma,  tipografia  Monaldi  1865. 
Un  opusc.  in  16.*  dipag.  44. 

ROTUNDO  ANTONINO  —  La  divozione  al  patriarca  sail  Giuseppe,  utile  a  chic- 
chessia,  promossa  in  nove  discorsini  istruttivi  e  familiari,  del  sac.  Antoni- 
no  Rotundo  di  Alcamo.  Palermo,  stabilimento  tipografico  diFr.  Lao  1865. 
Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  78. 

SANTI  VINCENZO  —  Materia  e  forma,  ossia  element!  costitutivi  dei  corpl.  Pe- 
rv-gia  1865,  slabilimcnto  tipo-lilografico  in  S.  Severo.  Un  opusc.  in  8.» 
di  pag.  15. 

Qucsla  breve  disscrtazionc  ha  valor  grandc,  perchc  il  suo  ch.  autorc  alle  scienzc  mediche  accop- ' 
pia  profoudii  conoscenza  dclla  filosofla. 

SANTORI  CAM1LLO  —  II  principato  civile  del  Romano  Pontefice  e  la  liberta  di 
coscienza.  Osservazioni  del  professore  Camillo  Santori,  sacerd.  romano. 
Roma  1865,  fralelli  Pallotta  tipoyrafi  in  piazza  Colonna.  Unopusc-  in  8.* 
di  pag.  47. 

Inviliamo  i  noslri  Icttori  a  leggere  qucsla  ec-  il  Suarez  c  tutti   i   cattoliri    dottori ,   si   riducc 

ccllento  operetta,  nclla  quale  con  non  poca  doltrina  quella  dotlrina.    Vale   a  dire  che  il  punire  gli 

vengono  dichiaratc  c  scioltc  in   varii  punli ,  le  crelici,  apoitati  dalla  fcdc,  che  hanno  professata 

UilDcoili  die  sogliono  oggi  confonderc  le  nienti  nel  batlesimo ,  e  cosa  lecila  e  sanla ,  pnrchc  si 

«li  niolti,  nella  qucstione  dclla  libcrtiv  di  coscicn-  faccia  da  chi  ha  il  potere  ,  e  conseguenlement* . 

zae  delle  sue  relazioni  col  princJpato  sia  civile  puo  esser   leoita   la  coazione  alia  fede;  che  la 

sia  ecclesiaslico.  Solo  in  alcuni  luoghi ,  i  quali  Chicsa  raltolica  ha   il   potere  <li  punire   e  co- 

parevano  richicdcrla ,  avremmo  voluto  una  piii  stringerc  gli   eretici ;   c  flnalmenlc  che  ad  essa 

tsplicila  e  netta  esposi/ione  della  dotlrina  catlo-  Chicsa  c  stala  conccssa  la  potestk  di  costringere 

lica  sopra  la  coazione  alia  fede.  Avremmo  cioe  i  detli  eretici  non  solo  con  pene  spiritual! ,  ma 

desiderate,  cho  il  ch.  Aulore,  distinguendo  tra  i  anche  tcmporali  e  corporali.  Suarez,  do  fid.  disp. 

dissident!  gli  erelici  e  gli  apostati,  avcssc  aper-  20,  seel.  3. 
tamente  afTcrmati  i  Ire  punti,  ai  quail,  sccondo 

SCHMID  G.  EVV.  — Catechismo  istorico,  ossia  Spiegazione  completa  del  Cate- 
chismo per  via  di  csempii  veri  ed  autentici,  per  G.  Evv.  Schmid,  catechi- 
sta  nella  scuola  superiore  delle  Orsoline  di  Salzbourg.  Prima  versione  i- 
taliana  dalla  francese  dell'ab.  P.  Uelet,  per  G.  Bobbio  sac.  Barnabita.  Par- 
ma, Metro  Fiaccadori  1864.  Vol.  secondo  in  16.f  gr.  di  pag.  ITS. 

S1GNORIELLO  PASQUALE  —  Cenno  storico  della  vita,  virtii  e  miracoli  del  veil. 
Servo  di  Dio  P.  Pompilio  Maria  Pirrottii  delle  Scuole  Pie,  per  Pasquale 
Signoriello,  sacerdote  napolitano.  Napoli  1865,  stamperia  e  librcriadi 
Andrea  Testa,  strada  Carbonara  n.  104.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  XI,  384. 

In  Campi,  Diocesi  di  Lecce ,  nella  non  tarda  sua  vita   e  qui   coscienziosamenle  descrilla  dal 

cli  di  1SG  anni  mort  nel  1776  il  P.  Pompilio  Ma-  ch    prete  napoletano  Pasquale  Signioriello,  sopra 

ria  Pirrotla  delle  Scuole  Pie ,  in   fama  di  gran  i  process!  ordinarii,  compilati  nelle  due  Diocesi 

santita,  confermata   dal   Signore  con  le  assidue  di  Benevenlo  e  di  Lecce. 
grazie  concedute  ai  fedeli  che  lo  invocarono.  La 


BIBLIOGRAFIA  97 

SIMONETTI  LUDOV1CO  —  De  Patavino  Seminario  a  B.  Gregorio  Card.  Barbadico 
instituto,  Ludovici  Simonetti ,  canonic!  patavini  et  in  eodem  Seminario 
Academiae  professoris,  Carmen.  Patavii  j  typis  Seminariilf&l.  Un  opusco- 
lo  inL°dipag.W. 

—  Manus,  sive  nobiliora  manus  ministeria,  Carmen.  Patavii,  typis  Seminarit, 
C.  Salani  et  A.  Selmi  cur.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  22. 

Tfonsappiamo  dissimulate  la  nostra  gioia  tulte  ferrate,  della  Fotografia  e  del  Telegrafo  eleltrico, 
le  TOlle  (e  per  diviua  merce  non  sono  rare),  che  Ognuno  vede  quanta  perizia  di  lingua  e  necessaria 
«i  viene  tra  le  mani  alcun  lavoro  latino,  che  sia  per  esporre  convenientemente  materie  affatlo  sco- 
<?eramente  latino,  di  autori  conlemporanei,  tanto  nosciute  agli  anlichi,  e  inollre  quanta  felicila  di 
se  in  prosa,  quanto  se  in  Tersi.  Tra  i  bellissimi  fantasia  fa  bisogno  per  renderle  accessibili  alle 
pero  che  ci  e  accaduto  di  leggere  in  questi  ul-  grazie  poetiche.  Ora  il  chiarissimo  Professore  noa 
timi  tempi  collochiamo  le  due  poesie,  annunziate  solamente  ha  superate  con  vantaggio  le  soprad- 
qui  sopra ,  del  chiarissimo  canonico  Simonetti,  delte  difficolla,  ma  da  esse  appunto  ci  pare  che 
Professore  del  Seminario  di  Padova.  In  esse  la  pu-  abbia  tralto  le  migliori  bellezze  di  lingua  e  di 
aita  del  linguaggio  gareggia  colle  grazie  della  poesia.  Citiamo  per  esempio,  non  potendo  ripro- 
poesia ,  la  sceltezza  delle  forme  colla  scorrevo-  durlo,  il  lungo  tratlo  intorno  al  Telegrafo  elet- 
lezza  dello  stile,  la  novita  delle  cose  colla  faci-  trico,  che  si  estende  dalla  pag.  11  alia  16.  Ci  ral- 
lita  della  espressione.  E  sono  appunto  i  pregi,  che  legriamo  dunque  e  ben  di  cuore  non  solo  col  si 
costituiscono  i  lineamenli  proprii  di  amendue  i  celebre  Seminario  di  Padova  ,  che  ha  la  forluna 
componimenti ;  ma  che  si  fanno  ammirare  di  piu  di  continuare  con  questo  suo  egregio  Professore 
nel  secondo,  intorno  i  piu  nobili  usi  e  servigi  la  tradizione  de'  suoi  grandi  laiinisli  ;  ma  an- 
della  Mano,  altesa  la  somma  dlfflcolta  dell'argo-  cora  coll'  Italia,  la  quale  vede  rifiorire,  per  co— 
tnento.  Perocche  1'Autore,  fra  le  molte  altre  cose  pia  di  assai  colti  scrittori ,  e  Ira  essi  di  ottimi', 
ha  tollo  in  esso  a  descrivere  in  modo  particolare  le  gloric,  da  molti  altri  pur  troppo  obliate,  del- 
le ultimo  invenzioni  del  Piroscafo,  delle  Strade  1'antica  sua  lingua. 

SPINELLI  GIUSEPPE  —  II  Papa  suddito  e  la  liberla  della  Chiesa  cailolica.  Rac- 
contistorici  pel  sac.  napolitano  Giuseppe  Spinelli.  Napoli ,  stabilimento 
tipografico  del  Tasso,  Mezzocannone  n.  75  p.  p.  nobile,  1862.  Un  vol.  in, 
H.°  dipag.  172. 

Lo  zelante  e  colto  scrittore  di  questo  libro  di-  e  nell'altro  periodo  la    Chiesa  intera  ebbe  impe- 

niostra,  per  via  di  storici  racconti ,  le  tempeste  dimenti  gravissimi,  ostacoli,  persecuzioni,  marti- 

orribili  e  le  lotte  inique  che  ebbe  a  sostenere  la  rii  di  ogni  genere ;  si  trovo  in  una  parola  in- 

€hiesa  in  quei  pochi  seeoli,  nei  quali  i  Ponlefici  ceppata  in  ogni  passo  e  in  ogni  opera.  Per  com- 

Sommi  non  ebbero  Principato :  per  dedurne  quale  piere  il  suo  lema  vi  aggiugne  1'aulore  un  terzo 

sarebbe,  umanamente  parlando,  la  condizione  di  periodo    storico ,   i  Papi   sotto  gl'  imperatori   di 

•essa,  se  i  Papi  ridivenissero  sudditi  di  lerreni  si-  Germania ;  poiche  quantunque  allora  i  Pontefici 

gnori.  Egli  adunque  abbraccia  i  due  period!  sto-  fossero  Sovrani  di  dritto,  pur  nondimeno  per  le 

rici  precedent!  alia  Sovranila  temporale  deiPapi:  prepotenze,  che  nel  fatto  quei  Principi  esercita- 

cioe  i  Papi  sotlo  i  Cesari  pagani  di  Roma,  e  i  vano  negli  Stall  suggetti  al  Papa,  infinite  cala- 

Papi  sotlo  i  Cesari  cristiani  di  Bizanzio.  Nell'uno  mita  ne  provennero  alia  Chiesa. 

S.TRENNE  —  II  tribute  della  gratitudine.  Piccola  Strenna  delle  letture  catto- 
liche  di  Napoli,  per  1'anno  1864.  Napoli,  direzione  delle  letlure  cattoliche, 
Gennaro  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  40. 

—  II  romito  di  Posilipo.  Piccolo  Strenna  per  1'anno  1865.  Napoti ,  direzione 
delle  letlure  caltoliche,  1.°  Gennaio  1865.  Un  opusc.  in  82.°  di  pag.  48. 

—  La  Palocca.  Almanacco  fossanese,  Strenna  per  1'anno  1865.  Anno  primo. 
Fossano,  tipografia  Saccone.  Un  vol.  in  32.°  dipag.  156. 

—  L'  Amico  di  casa  smascherato,  anno  IV,  1865.  Asisi  1864 ,  dai  tipi  di  Do- 
menico  Sensi.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  80. 

SURIN  —  I  fondamenti  della  vita  spirituale,  tratti  dal  libro  dell'  Imitazione  di 
Gesii  Cristo  dal  R.  P.  Surin  d.  C.  d.  G. ;  novella  edizione  riveduta  e  cor- 
retta  dal  P.  Brignon:  prima  traduzione  italiana  pel  P.  Carlo  Gioffredi 

Serle  VI,  vol.  11,  fm.  361,  7  24  Marzo  1865. 


98  BIBLIOGRAFIA 

clelle  Scuole  Pie.  Napoli,  stabilimento  tipoyrafico  di  F.  Yitale.  2  e  4,  Lar- 
*  go  Regina  Coeli,  1864.  Vn  vol.  in  16.°  di  pag.  363. 

11  libro   del   P.  Surin ,   intilolato :    /  fonda-  rito,  falta  per  le  anime  ehe  aspirano  alia  perfe- 

menti  delta  vita  spirituale,  e  stato  sempre  avuto  zione  crisliana.  11  P.  Brignon  non  fece  che  ritoc- 

iu  gran  pregio  per  la  dottrina,  per  la  chiarezza  carvi  lo  stile,  che  era  alquanto  negletto,  e  aggiu- 

e  per  1'unzione.  Esso  e  la  spiegazione  della  mo-  gnervi  qualche  consideraziona  chevisidesiderava. 

rale  si  santa,  compresa  nel  libro  dell'Imitazione  Ora  esce  volgarizzato   in  buona  favella  italiana 

di  Gesu  Cristo,  di  cui  contiene  il  succo  e  lo  spi-  per  opera  del  eh.  P.  Gioffredi,  delle  Scuole  Pie. 

TARNASSI  PAOLO  —  Sermone  dell'avvocato  Paolo  Tarnassi  romano,  re-citato 
nella  solenne  premiazione  dell'lstiluto  tecnico  di  Geodesia  ed  Icodometria, 
il  giorno  19  Gennaio  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  7. 

Auri  sacra  fames :  questa  e  1'epigrafe  che  pre-  schieltamente  italiano  ;  e  conferma  sempre  me- 
cede  il  sermone  e  ne  indica  il  soggetto.  Esso  e  glio  la  fama  che  il  ch.  sig.  Tarnassi  ha  acquistato 
scrillo  con  vena  gentilmente  salirica,  e  con  istile  di  elegante  e  gastigato  scrittore. 

TOMMASO  (S.)  D'  AQUINO  —  Sancti  Thomae  Aquinatis,  doctoris  angelici,  Or- 
dinis  Praedicatorum,  opera  omnia  ad  fidem  optimarum  editionum  accura- 
te recognita  ;  Tomus  decimus  septimus.  Opuscula  theologica  et  philoso- 
phicatam  certa  quam  dubia,  Tomus  II,  Fasc.  IV.  Parmae,  ex  tipographaeo 
Petri  Fiaccadori  1865.  In  4.°  da  pag.  185  a  264. 

UFFIZIO  della  Settimana  Santa  con  dichiarazioni  ad  uso  del  popolo  cristia- 
no.  Genova  1864,  tipografia  della  Gioventit.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  320, 

Importa  molto  che  il  pppolo  cristiano   prenda  disposti  nelle  materie  e  questo  che  abbiamo  qui 

parte  alle  funzioni   della  Seltimana.  Santa:  e  a  sopra  annunciate.  Esso  si  spedisce  franco  di  po- 

prendervi  parte  e  necessario  essere   fornito  d'  un  sta  per  centesimi  70,  a  chi  ne  faccia  richiesta  ai 

Ufllzio ,  che  servagli  di  guida.   Un   tale  uflizio  librai  Bettolo,  Fassi-Como  e  Lamata  in  Genova. 
di  piccolo  prezzo ,  di  caratteri  chiari ,  assai  ben 

UFFREDUCCI  ACHILLE  —  -Guida  domestica  di  Medicina  omeopatica,  per  il  dot- 
tore  Achille  Uffreducci.  Roma  1865,  tipogr.  Tiberina,  piazza  Poll  n.  11. 

L'ordine  delle  materie  trattate  in  questa  Guida  le  funzioni  della  vita;  cosi  riesce  facile  a  chicehes- 
domestica  e  il  seguente:  1.°  Slalistica  altuale  del-  sia  di  trovare  il  nome  dell'  infermita  in  assai 
1'Omeopatia;  11.°  Vita  di  Samuele  Hahnemann;  poco  tempo.  Dippiu,  non  regislra  che  le  malattie. 
III.0Esposizionedellamedicinaomeopatica;lV.0Cri-  le  quali  possono  curarsi  senza  il  medico,  ovvero 
tiche  mosse  conlro  questa  dottrina;  V.°  I  tempe-  quelle  che  debbono  comineiarsi  a  curar  subito, 
ramenti;  VI.°  Tavola  dei  rimedii;  Y1I.°  Regime  del  perche  il  medico  che  sovraggiunge  piu  tardi  non 
malati  e  dei  convalescenti;  VHt.°  Modo  di  ammi-  travi  aggravate  1'  infermo  ;  e  cosi  non  promelle 
nistrare  i  rimedii;  1X.°  Finalmente  la  descrizione  ne  offre  un  libro  che  e  per  la  comune  inaccessi- 
delle  malaltie  e  1'  indicazione  dei  rimedii.  Que-  bile  osopraccarieo,  pe'medici  inutile  e  monco.  Con- 
st' ultima  c  la  parte  piu  importanle  per  una  gui-  chiudenclo  dunque  diciamo,  che  questa  Guida  of- 
da  domestica;  perche  in  essa  chi  I'  usa  desidera  fre  molli  vantaggi  sopra  le  altre,  sia  quanto  alle 
di  trovare  il  rimedio  pronto  a  un  male  che  lo  notizie  che  da  intorno  all'Omeopatia,  sia  quanto 
affanni.  Ma  1'Autore  ha  schivato  molti  scogli  nei  alia  facilita  che  offre  a  fame  uso:  e  il  nome  del- 
quali  sogliono  rompere  gli  altri  manuali.  Egli  1'Autore  d  afflda  che  li  offra  ancora  cii'ca  ai  rimedii 
ha  classificate  alfabeticamente  le  malattie,  ma  a  che  suggerisce,  della  qual  cosa  noi,  estranei  a  tale 
gruppi  sotto  alcuni  capi  speciali,  i  quali  indicano  scienza,  non  possiamo  recar  giudizio, 
le  affezioni  che  attaccano  o  le  parti  del  corpo,  o 

—  Saggio  di  una  nuova  classificazione  delle  malattie  mental*^  del  Dottore 
Achille  Uffreducci.  Roma  1865.  Un  opuscolo  in  4.°  dipag.  12. 

In  questa  Memoria   il   ch.   Dottor  Cffreducci  scenza   intellettuale   ed   alle   facolta  deH'anima 

arreca  la  ragione  vera,   per  la  quale   le  tante  umana.  Quindi  egli,  fondandosi  appunto  sopra  i 

classificazioni ,    ideatesi   flnora ,   delle   malattie'  principii  della  piu  sana  fllosofla,  passa  a  proporre 

mentali,  non  sono  attecchite ,  e  ad  ogni  nuova  una  classificazione,  che  per  cio  riesce  e  piu  com- 

proposta  si  snaettono  o  almen  si  modiflcano.  Egli  prensiva  perche  abbraccia  tutli  i  casi,  e  piu  ra- 

giustamente   aj-reca  cio  ai  concetti  poco  esatti  gionevole  perch6  li  abbraccia  haturalmente  e  sen- 

che  si  hanno  universalmente  intorno  alia  cono-  za  stento. 


BIBLIOGRAFIA  99 

VALLARDI  GIUSEPPE  —  Trionfo  e  danza  della  morte,  o  Danza  Macabra  a  Clu- 
sone,  Dogma  della  morte  a  Pisogne,  nella  provincia  di  Bergamo,  con 
osservazioni  storiche  ed  artistiche  di  Giuseppe  Yallardi,  consultore  arti- 
slico  della  Biblioteca  ambrosiana  ecc.  ecc.  Opera  adorna  di  tavole  illu- 
strative. Milano  1859,  tip.  di  Pietro  Agnelli.  Un  vol.  in  4."  di  pag.  42. 

Nel  medio  evo  fu  usato  di  rnppreserUare  assai  a  Pisogne,  la  qual  seconda  c  piu  il  Dogma  della 

frequentemente  nei  dipinti  Ic  Danze  dei  morti,  clie  Morte,  che  una  Danza  Macabra.  Vi  aggiugne  molte 

soleansi  chiamare  Danze  Macabre,  ora  per  ram-  notizie  intorno  ad  altre  Danze  dei  morti,  esistenti 

mentare  quella  dura  verita  che  tutto  finisce  quag-  in  Italia.  I  disegni  riprodotti  con  molta  fedelta, 

giu,  ora  per  satireggiare  conlro  chi  abusava  delle  in  dieci  tavole  illustrative,  e  la  stampa  non  solo 

ricchezze  e  della  potenza,  ora  per  semplice  sol-  accurata,  ma  elegante,  fan  meritare  a  queslo  libroi 

lazzo  di  fantasia  pitloresca.  Molte  di  queste  pit-  1'ammirazione  dei  bibliofili    e  degli  amatori   di 

ture  si  conservano  fuori  dell'  Italia,  e  sono  illu-  belle  arli.  II  prczzo  ne  e  tenue,  proporzionatamente 

strate  da  eruditi  scritlori :  in  Italia  non  furono  si  all'  importanza  dell'  opera:   poiche  spediscesi  dal 

frequenti,  comealtrove,  ma  non  mancarono;  ed  al  sig.  Giudici,  libraro  in  Clusone,  provincia  di  Ber- 

presente  se  ne  veggono  luttavia  alcune,  piu  o  men  gamo ,  franco  di  posta  per  lire  6 :  e  per  chi  vi 

maltraltate  dal  tempo.  II  ch.  sig.  Vallardi  in  que-  desiderasse  la  grande  tavola  della  Danza  di  Clusone 

sfo  libro  discorre  di  due,  1'  una  a  Clusone,  1'altra  colorata,  per  lire  9. 

VALLAURI  TOMMASO  —  Libera  versione  di  pii  affetti  a  Maria  Immacolata,  espo- 

sti  infante  epigrafi  quanti  sono  i  giorni  della  Novena,  dal  chiariss.  prof. 

Tommaso  Valiauri,  Principe  de'Latinisti.  Genova,  tipografta  di  Gaetano 

Schenone  \8ftt.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.10. 
ZAMMIT  GIUSEPPE  —  losephi  Zammit,  Sacerdotis  Melitensis,  Carmina  etlnscri- 

ptiones.  Pars  I.  Carmina.  Pars  II.  Inscriptiones.  Melitae  1864,  lypis  Ze- 

phynni  Micallef.  Due  vol.  in  8.°  di  pag.  68,  118. 

I  versi  e  le  iscrizioni  latine  del  ch.  Sacerdote  temperate  nelle  immagini.  Se  a  queste  buone  qua- 
Maltese  ,  Giuseppe  Zammit ,  sono ,  generalmente  lita  congiugnessero  piu  scelta  eleganza,  e  mag- 
parlando,  di  assai  buona  tempera ,  cioe  dire  ga-  gior  eslro  poetieo  potrebbero  aunoverarsi  tra  le 
stigats  nello  stile ,    facili-  nell'  armonia    poetica  migliori  scritture  latine  del  nostro  secolo. 
ed   epigrafica,  piene  di  buoni  anzi  pii  concetti , 

ZIGARELLI  DANIELLO  MARIA  —  Biografie  dei  Vescovi  e  degli  Areivescovi 
della  Chiesa  di  Napoli,  con  una  descrizione  del  Clero,  della  Cattedrale, 
della  Basilica  di  S.  Restituta  e  della  Cappella  del  tesoro  di  S.  Gennaro,  per 
Mons.  Daniello  Maria  Zigarelli ,  Yicario  Generale  della  Diocesi  di  Yasto, 
Cameriere  di  pnore  di  Sua  Santita  Pio  IX,  Dottore  in  S.  Teologia  ecc.  ecc. 
JVajpo/i  1861 ,  slabilim.  lipogr.  di  G.  Giola.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  467. 

Dopo  gli  ultimi  lavori  del  Loreti  e  del  Para-  hanno  governato  quell'  illustre  Diocesi.  Oltre  di 

scandolo  intorno  alia  Chiesa  di  Napoli  molte  cure  queste  biografle  egli  ci  da  la  Sloria  delle  princi- 

e  molte  ricerche  si  richiedevano  per  aggiugnere  pali  istituzioni  del  Clen>  secolare  e  regolare,  dei 

a  quelle  date  da  loro  nuove  aotizie.  Questa  fa-  piu  insigni  monument!  dalla  pieta  dei  fedeli  innal- 

tica  i'intraprese  il  ch.  sig.  Zigarelli ,  e  dandone  zati,  e  in  ispecial  modo   della  Caltedrale,  della 

alia  luce  il  frutto  ha  potnlo  comporre  la  biografia,  Basilica  di  S.  Restituta  e  della  Cappella  del  R.  Te- 

quanto  si  puo ,  esatta  di  tutti  i  Yescovi  che  da  soro. 
S.  Asprcno,  discepolo  di  S.  Pietro ,  infino  a  noi 

ZINELLI  FEDERICO  MARIA  —  Lettera  pastorale  dell'  Illustr.  Rever.  Monslgno- 
re  Federico  Maria  Nob.  Zinelli,  Yescovo  di  Treviso^  con  cui  accompagna 
al  suo  Glero  e  al  suo  popolo  1'  Enciclica  Quanta  cur  a  di  Pio  Papa  IX,  con 
osservazioni  sopra  ciascun  errore  condannato,  iionche  1'  elenco  degli  ot- 
taula  errori  condannati  da  Pio  Papa  IX ,  durante  il  suo  glorioso  Pontifi- 
cate, e  pubblica  il  Giubileo  conceduto  dalla  stessa  Santita  Sua.  Treviso, 
stabilimento  tipografico  prov.  e  vesc.  di  G.  Longo  1865.  Un  vol.  in  8.' 
di  pag.  129. 


•  CRONAGA 

CONTEMPORANEA 


Roma  24  Marzo  1865. 


I. 
COSE  1TALIANE. 

STATI  PONTIFICII  1.  Richiami  dell' Episcopate  delle  Marche  e  dell'Umbria, 
presso  il  re  Yittorio  Emmanuele  II,  contro  rabolizione  degli  Ordini  re- 
ligiosi;  sacrilega  profanazione  commessa  dalla  Cassa  ecclesiastica  —  2. 
Elenco  di  libri  Inscritti  nell'/nrftce  de' proibiti  —  3.  Nuove  falsita  del 
Memorial  diplomatique,  pergiustificare  gli  attentati  del  Governo  messica- 
no  contro  la  Chiesa  — 4.  Nota  del  Giornale  di  Roma  e  miove  mentite  date 
dall'  Osservatore  Romano  alle  fallacie  del  Memorial  diplomatique  —  5.  La 
Marchesa  Pepoli  in  Roma ;  sue  relazioni  col  Comitato  rivoluzionario. 

1. 1/  Episcopate  delle  Marche  e  dell'Umbria  indirizzo  al  re  Yittorio 
Emmanuele,  i  cui  Ministri ,  in  "virtu  delle  baionette  e  dei  cannoni  e  del 
diritto  del  piu  forte,  esercitano  il  potere  sovrano  in  quelle  province  ra- 
pite  ai  dominii  di  santa  Chiesa  ,  una  eloquentissima  lettera  per  tutelare 
1'  esistenza  e  le  proprieta  degli  Ordini  religiosi ,  minacciati  d'  una  to- 
tale  distruzione.  Questo  documento,  stampato  anche  nello  Stendardo 
cattolico  di  Genova  del  5  Marzo,  incomincia  col  ricordare  le  iniquita  ed 
infamie  d'ogni  genere  perpetrate  dai  Commissarii  straordinarii ,  e  che , 
suggellate  poi  dal  Governo  usurpatore  di  Torino,  stanno  ora  per  riceve- 
re  il  loro  compimento  con  le  leggi  ed  i  Codici  presentati  all'approvazio- 
ne  delle  Camere.  «  E  omai  consegnata  alia  storia  e  monumentata  dalle 
solenni  protestazioni  e  doglianze  di  tutto  1'  Episcopate ,  la  serie  delle  an- 
ticattoliche  innovazioni  e  degli  oppressivi  ordinamenti ,  di  cui ,  fin  dalla 
prima  era  della  militare  occupazione,  queste  diocesi  furono  segno,  sotto  la 
signoria  del  commissarii  straordinarii ,  qua  mandati  a  restaurare  ( come 


CRONACA  CONTEMPORANEA  101 

dicevano)  1'ordine  morale.  Non  fuvvi  persona ,  cosa  o  istituzione  eccle- 
siastica ,  cui  la  loro  dittatura  e  i  loro  decreti  non  colplssero :  strcmate  le 
chiese  di  sostanze  e  di  Ministri ;  dissacrato  nell'  Umbria  il  Sacramento 
del  matrimonio ;  privata  la  Religione  dominante  di  vitali  guarentigie  e 
di  efficace  tutela ;  syilito  il  sacerdozio ,  tribolato  da  procedure  e  da  c«n- 
traddizioni  di  ogni  guisa ,  e  condannato  pressoche  a  legale  interdizione ; 
quasi  ogni  diritto  ecclesiastico  disconosciuto  o  manomesso.  Sara  sopra 
tutto  memorando  lo  sperpero  delle  claustrali  Famiglie,  e  la  confiscazione 
quasi  generale  delle  sacre  dotazioni-,  ordinata  in  sul  termine  della  loro 
camera  da  quei  reggitori,  con  i  due  decreti  11  Decembre  1860  e  3  Gen- 
naio  1861,  ed  eseguita  istantaneamente  e  con  quella  acerbita  di  misure 
e  conculcazione  di  diritti ,  che  le  stesse  ufficiali  statistiche  ineluttabil- 
mente  dimostrano.  A  tutto  il  1861  i  quadri  della  Cassa  ecclesiastica  dello 
Stato  portavano  il  frutto  di  que'  due  decreti,  nelle  Marche  e  neirilmbria, 
a  queste  cospicue  cifre :  —  Case  religiose  di  Ordini  possidenti  e  mendi- 
canti  soppresse,  721  —  Capitoli  e  Collegiate  soppresse  ,  104  —  Mem- 
bri  di  Ordini  possidenti  messi  fuori  dal  chiostro  entro  quaranta  gior- 
ni,  877  —  Reddito  dei  beni  a  loro  danno  demaniati  (ossia,  rubati)  sino 
a  quel  tempo,  annue  Ln.  3,027,731  41.  Chi  non  avrebbe  creduto,  dopo 
si  luttuoso  spettacolo,  che  doyesse  oggimai  esser  chiusa  la  serie  di  tanti 
danni?  Eppure  si  stanno,  o  Sire,  preparando  su  questo  stesso  tema  nuo- 
ve  ferite,  nuoyi  dolori,  nuoye  sciagure  alia  Chiesa.  Si  medita  di  porre 
al  bando  della  societa  anche  le  ultime  reliquie  del  monachismo,  e  quel 
piccolo  resto  delle  proprieta  ecclesiastiche,  che  gli  anteriori  goyernanti 
aveyano  si  assottigliato  con  enormi  balzelli,  ma  non  aveyano  ancora  in- 
teramente  staggito  a  pro  del  pubblico  erario  ». 

Entrano  poscia  i  Yescoyi  a  dimostrare,  che  codesta  distruzione  riesce 
in  sostanza  a  dare  una  sanzione  legale  a'  principii.  d'  un  pretto  socialismo, 
e  cosi  a  legittimare  qualunque  latrocinio,  potendosi  ognora  invocare  con- 
tro  qualsiasi  anche  priyato  cittadino  quelle  stesse  massime ,  in  yirtu  del- 
le quali  si  confiscauo  i  beni  de'  religiosi  e  loro  si  toglie  1'esistenza  di 
corpo  morale ;  che  tal  fatto  e  in  manifesta  opposizione  con  piu  articoli 
fondamentali  dello  Statuto ;  che  sono  con  cio  yiolati  manifestamente  i 
principii  piu  sacrosanti  di  diritto  e  di  pubblica  morale ;  che  inoltre  si 
commette  un  atto  di  atroce  barbaric  contro  tanti  innocenti ,  spogliati  di 
ogni  avere  e  fin  del  sacro  loro  asilo ;  e  che  non  puo  aspettarsene  altro 
risultato,  fuorche  di  danni  irreparabili  non  solo  per  la  pieta  cristiana,  ma 
eziandio  per  gli  stessi  poyeri ,  che  rimarranno  stremati  d'ogni  sussidio, 
mentre  pel  passato  ne  riceveyano  in  tanta  copia  dai  Religiosi. 

Se  queste  coraggiose  protestazioni  bastano  a  liberare  la  coscienza  dei 
Vescqyi ,  ed  a  mettere  sempre  piu  in  chiaro  di  qual  natura  sia  quella 
civiltd  moderna ,  di  cui  altri  pretende  che  la  Chiesa  debba  farsi  ministra, 
ed  il  Papa  debba  essere  discepolo  e  seguace :  non  baslano  pur  troppo 


102  CRONACA 

(e  1'espenenza  di  cinque  anni  il  dimostra)  ne  a  fare  che  il  Governo 
sardo  si  ritragga  dalla  via  per  cui  lo  sospinge  la  Frammassoneria ,  ne  a 
porre  qualche  rattento  alia  rapacita  de'  ladroni ,  pel  quali  oggimai  nulla 
e  sacro.  Ed  eccone  una  prova  nell'abbominevole  saerilegio,  denunziato 
dall'  Unita  cattolica  del  10  Marzp,  non  potuto  smentire  da  veruno,  e  che 
all'ombra  delle  leggi  si  va  perpetrando  dai  complici  e  servitori  del 
Governo : 

«  Alia  Cassa  ecdesiastica  di  Torino  e  arrivata  una  quantita  di  calici 
ed  altri  vasi  sacri ,  non  esclusi  i  yasetti  degli  olii  santi ,  dentro  cui  sta 
tuttavia  1'olio  benedetto.  Sono  spogli  di  chiese  profanate  nell'Urnbria 
e  nelle  Marche.  II  fatto  e  autentico ,  e  non  yenga  nessuiio  a  negarlo , 
che  noi  1'abbiamo  da  persone ,  le  quali  yidero  cogli  occhi  proprii  quei 
Tasetti  e  quell'olio  benedetto.  A  questo  punto  noi  dunque  siamo  giunti? 
E  chi  commette  simili  sacrilegi,  nel  1848  yolea  solleyare  le  popolazioni 
contro  gli  Austriaci ,  dicendo  che  s'  ungeyano  gli  stiyali  coil'  olio  san- 

to ! E  noi  possiamo  credere  che  uomini  di  tal  fatta  rispetteranno 

Roma,  le  conyenzioni,  i  diritti  della  Chiesa?  » 

2.  I  giornali  de'  Frammassoni  di  Francia  e  del  Belgio  commendarono 
altamente  una  scrittura  pubblicata  in  Messico,  ed  intesa  a  fare  una  apo- 
logia solenne  delle  usurpazioni  sacrileghe  dei  beni  della  Chiesa,  e  del 
recent!  attentati,  che,  per  consiglio  e  per  ordine  del  Maresciallo  Bazaine, 
furono  commessi  da  due  membri  della  Reggenza  e  dal  Governo  imperia- 
le.  Codesto  libello  era  opera  di  un  prete  insignito  del  grado  di  Cappella- 
no  maggiore  dell'esercito  francese,  e  degnissimo  degli  elogi  onde  fu  ce- 
lebrato  dai  nemici  della  Chiesa  e  della  Santa  Sede;  e  percio,  denunziato 
alia  sacra  Congregazione  dell'  Indice,  fu  annoverato  tra  i  libri  che ,  sen- 
za  incorrere  gravi  censure  e  pene  ,  niuno  puo  leggere ,  o  comprare ,  o 
yendere,  o  ristampare,  o  tenere  presso  di  se.  II  Decreto  della  sacra 
Congregazione,  del  13  Marzo,  venne  ptibblicato  nel  Giornale  di  Roma 
del  18,  e  per  esso  furono  proibite  le  opere  seguenti : 

«  L' Empire  et  le  Clerge  mexicain,  par  1'Abbe  Testory ,  Aumonier  en 
chef  de  1'armee  francaise  au  Mexique,  chevalier  de  la  Legion  d'honneur, 
officier  de  1'ordre  imperial  de  Guadalupe.  Mexico  1865. 

«  Les  Musees  d'ltalie  precedes  d'une  dissertation  sur  les  origines 
traditionnelles  de  la  peinture  moderne,  par  Louis  Viardot.  Paris  1859. 

«  De  la  Guerre  et  des  Armees  permanentes,  par  Patrice  Larroque,  an- 
cien  Directeur  de  TAcademie  de  Lyon.  Paris  1864. 

«  Geschichte  der  kirchlichen  Trennung  zwischen  dem  Orient  und  Oc- 
cident von  den  ersten  Anfangen  bis  zur  jiingsten  Gegenwart,  von  Dr.  A 
Pichler  Privatdocent  der  Theologie ,  an  der  Universitat  Miinchen.  1. 
Band.  Byzantinische  Kirche.  Miinchen  1864.  Latine  vero:  Historia 
ecclesiastici  Schismatis  inter  Orientem  et  Occidentem ,  auctore  Dr.  A. 
Pichler. 


CONTEMPORANEA  103 

«  L'ultimo  Papa,  per  Luigi  Gualtieri.  Milano  1864. 

«  Poche  riflessioni  sulla  questione  del  giorno  circa  il  Cappellano  Mag- 
giore  e  Clero  palatine  di  Napoli ;  et  id  genus  similia.  » 

3.  Codesta  condanna  del  libello  dell'Ab.  Testory  sara,  senza  fallo, 
qualificata  come  una  di  quelle  molenze,  con  cui,  a  delta  dei  moderati  e 
sinceri  cattolici  della  France  politique  e  del  Memorial  diplomatique,  la 
Santa  Sedemanda  a  male  tutti  gli  sforzi,  che  si  adoperano  a  riconciliare 
il  cattolicismo  con  la  civilta  moderna ,  il  Pontificate  con  1'  Impero.  Ma 
quella  appellazione  non  iscemera  d'un  punto  il  valore  della  proferita 
condanna,  ed  i  veri  cattolici  ne  sapranno  inferire  di  qual  genere  siano 
codesti  ufficii  conciliativi,  di  cui  tanto  si  glorificano  certi  cotali  profes- 
sori  del  diritio  nuovo,  fondato  sulla  prevalenza  della  forza  materiale  e 
dei  fatti  compiuti. 

Tra  quei  che  si  vantano  ognora  di  saper  colpire  il  giusto  mezzo,  e  di 
essere  per  eccellenza  pacieri  e  mediator!  tra  le  eccessive  pretensioni  de- 
gli-estremi,  niuno  conosciamo  che  possa  andar  di  paro  col  Memorial  di- 
plomatique; la  cui  delicata  coscienza  non  puo  ammettere,  che  chi  siede 
sopra  un  trono  e  porta  corona  per  suffragio  universale,  possa  almeno 
sbagliarsi,  od  essere  da  tristi  consiglieri  ingannato.  E  percio,  posto 
fra  il  Governo  messicano ,  che  afferma  essersi  in  Roma  aperti  i  nego- 
ziati  per  un  Concordato,  ed  il  Papa  che  lo  nega  (come  risulta  dai  do- 
cumenti  da  noi  pubblicati  nel  volume  precedente  ,  pag.  755-61) Tone- 
sto  Memorial,  non  volendo  sottostare  alia  mentita,  data  da\YOsservatore 
Romano  alle  sue  frottole,  ne  spaccio  delle  nuove,  dichiarando,  nel 
n.°  11  del  12  Marzo  (pag.  176-77),  che  egli  <c  non  avea  altra  intenzione 
che  di  rimovere  dal  Governo  dell' imperatore  Massimiliano  1'accusa 
espressa  dal  Monde,  d'aver  voluto  alterare  le  prime  basi  proposte  al 
Papa  ». 

Qui  la  cosa  e  evidente.  II  Memorial  torna  da  capo  ad  affermare  1.°  Che 
realmente  furono  proposte  al  Papa  ed  accettate  le  basi  determinate,  sopra 
le  quali  si  fondavano  le  pretensioni  del  Governo  messicano  per  astringe- 
re  il  Nunzio ,  Mons.  Meglia  ,  a  conchiudere  su  due  piedi  il  Concordato, 
onde  si  doveano  ratificare  quasi  tutte  le  iniquita  del  Juarez,  del  Bazaine  e 
dell'Almonte.  2.°  Che  poi  quel  Governo  non cangio  nulla  a  codeste  basi; 
e  che  percio  la  colpa  del  dissidio  insorto  dee  ricadere  su  chi ,  dopo  aver 
promesso  di  accettarle,  ebbe  la  slealta  di  cambiarle ;  e  si  capisce  che  se 
il  Governo  messicano  non  ebbe  questa  slealta ,  dovette  averla  il  Papa  e 
la  Santa  Sede.  Puo  sembrare  mostruoso  ed  incredibile  questo  assunto 
del  Memorial  diplomatique;  e  percio  noi  riferiamo  iedelmente  tradotte 
le  sue  parole: 

«  Noi  abbiamo,  con  questo  scopo  (di  giustificare  Massimiliano  I)  rap- 
presentato  il  nuovo  contegno  preso  dal  Clero  messicano  dopo  1'arrivo  di 
Mons.  Meglia  in  ufficio  di  Nunzio  apostolico.  Noi  abbiano  indicate,  in 


104  CRONACA 

particolare,  una  nota  dettata  da  Mons.  Meglia,  nella  quale  il  Rappresen- 
tante  della  Santa  Sede  dichiarava,  tra  le  altre  cose:  Che  il  Clero  messi- 
cano  preferirebbe  di  ricevere  il  suo  sostentamento  dalla  carita  pubblica, 
anziche  accettare  un  salario  del  Governo.  Or  questo  passo  del  dispaccio 
del  Nunzio  e  riprodotto  a  verbo,  e  confermato  nella  protestazione  indiriz- 
zata  dall' Episcopate  messicano  all' imperatore  Massimiliano  *  sopra  la 
lettera  che  S.  M.  scrisse,  il  27  Dicembre,  al  suo  Ministro  della  Giustizia. 
Noi  possiamo,  dice  la  protestazione,  assicurare  Vostra  Maesta,  che  sia- 
mo  tutti  disposti  a  vivere  della  pietd  dei  fedeli}  piuttostoche  d'una  dota- 
zione  civile.  » 

Ogni  uorao  onesto  avrebbe  da  cio  inferito  che,  se  in  Messico  il  Nun- 
zio rifiuto  con  tanta  energia  di  acconsentire  alia  proposta  d'  un  salario  al 
Clero,  se  il  Clero  stesso  ribadi  questo  rifluto,  protestandosi  pronto  a  cam- 
pare  di  limosina  anziche  diventare  uno  stipendiato  del  Governo :  dunque 
tal  proposta  non  era  stata  ne  accettata  gia  dal  Papa  in  Roma,  ne  gradita 
dal  Clero;  eppercio  tal  proposta  o  non  fu  mai  fatta,  o  fu  reietta  anche 
prima  a  Roma.  Or  bene :  il  Memorial  voile  ad  ogni  patto  far  credere  che 
Roma  ed  il  Clero  aveano  accettato,  e  che  poi  disdissero,  e  che  dalla  loro 
instabilita  o  slealta  precede  il  dissidio.  Laonde  continue  a  dire :  «  Ci  sta- 
va  a  cuore  di  porre  in  sodo,  che  il  nuovo  contegno  del  Clero  messicano 
si  trovo  in  manifesta  opposizione  con  le  promesse,  fatte  a  Miramar,  al- 
1'arciduca  Massimiliano  dai  Vescovi  del  Messico,  prima  e  dopo  il  loro 
ritorno  da  Roma.  D'  onde  provenne  il  deplorabile  contrasto,  il  cui  effetto 
immediato  .si  fu  d'  impedire  1'  accordo  tanto  desiderabile  tra  la  Santa  Se- 
de e  la  Corte  di  Messico  ». 

Anche  qui  1'affermazione  e  recisa.  I  Yescovi,  prima  e  dopo  il  loro  ri- 
lorno  da  Roma,  si  erano  dichiarati  pronti  a  rinunziare  a'  beni  ecclesia- 
stici,  e  contentarsi  d'un  salario;  ma  sopravvenne  il  Nunzio,  e  tutto  ando 
a  male.  Or  egli  e  assolutamente  falso,  ne  il  Memorial  potra  mai  dimo- 
strar  vero,  che  i  Vescovi  a  Miramar  promettessero  di  accettare  la  con- 
fiscazione  de'  beni  della  Chiesa  e  de'  Religiosi ,  ed  il  compenso  d'  un 
salario.  Si  saranno  proferiti  pronti  ad  incontrare  generosi  sacrifizii ,  in 
quella  forma  ed  in  quella  misura  che  un  componimento  colla  Santa 
Sede  avrebbe  determinato :  ma  lo  spogliamento  della  Chiesa  ed  il  sala- 
rio, non  mai. 

II  Memorial,  dopo  aver  cosi  rappresentato  i  Vescovi  come  banderuole, 
che  promettono  e  disdicono,  aggirati  dalle  suggestioni  del  Nunzio,  trascor- 
se  perfino  a  far  credere,  che  anzi  la  Santa  Sede  stessa  avea  formalmente 
promesso  di  aderire  a  quello  che  pretendeasi  dal  Governo  messicano ,  e 
che  poi,  con  brutto  maneggio ,  ebbe  cangiato  il  si  in  un  no  ,  e  negato 

•I  I  nostri  lettori  .troyeranno,  fra  le  cose  del  Messico,  i  tratli  ptu  rilevanti  di  questo  bellis- 
simo  documento. 


CONTEMPORANEA  105 

quel  che  avea  conceduto.  Ed  anche  qui  citeremo  fedelmente  le  sue 
parole : 

«  Per  conyincere  1'  Osservatore  Romano,  che  noi  parliamo  per  certa 
scienza  fa  bon  escient),  noi  insegneremo  a  lui,  se  non  lo  sa  ,  che  1'arci- 
duca  Massimiliano  ,  prima  di  accettare  definitivamente  la  corona ,  ayea 
spedito  a  Roma  il  signor  Kint  di  Roondendeck,  che  fu  gia  Ministro  del 
Belgio  a  Messico,  per  preparare  1'accordo  preliminare  destinato  a  servire 
di  base  al  future  Concordato.  11  signer  Kint  riferi  a  Miramar  la  promessa 
formale  che,  all'  intento  di  consolidare  il  nuovo  Impero  e  di  agevolare  la 
riconciliazione  delle  fazioni  politiche  nel  Messico,  la  Corte  di  Roma  non 
farebbe  punto  meno  pel  Messico  di  quel  che  essa  avesse  fatto  per  la  Spa- 
gna  ;  e  che  per  conseguenza  si  presterebbe  agli  stessi  componimenti,  coi 
quali  erasi  regolata  la  quistione  della  yendita  dei  beni  ecclesiastici  nella 
penisola  Iberica. 

«  Per  cio  che  concerne  le  relazioni  fra  la  Chiesa  e  lo  Stato ,  il  signer 
Kint  ottenne  parimente  1'adesione  al  sistema  attuato  in  Belgio ,  con  que- 
sta  differenza ,  che  la  religione  cattolica  sarebbe  proclamata  religione 
dello  Stato  nel  Messico.  Sull' applicazione  di  questi  due  principii,  come 
sopra  due  perni,  dovea  posare  il  future  Concordato. 

«  Ecco  le  basi  primordial!  dell'accordo  preliminare,  che  si  era  stabilito 
fra  la  Santa  Sede  e  1'imperatore  Massimiliano,  durante  il  breye  soggiorno 
di  S.  M.  messicana  nella  Citta  eterna.  Noi  crediamo  di  sapere  che  la 
Corte  di  Messico,  ben  lungi  dal  yolersene  disyiare,  come  il  Monde  tento 
d'insinuare,  le  mantiene  sempre ,  e  che  la  Commissione,  incaricata  di 
andare  a  trattare  del  Concordato  direttamente  col  Papa,  sara  munita  d'i- 
struzioni  in  tal  senso.  » 

Confessiamo  schiettamente  che,  a  prima  giunta,  al  leggere  affermazio- 
ni  tanto  categoriche  e  particolareggiate,  entrammo  in  pensiero,  che  dun- 
que  tutto  il  dissidio  fosse  doyuto  procedere  da  qualche  qui  pro  quo  del 
signer  Kint  di  Roondendeck ;  il  quale  ,  per  quella  bramosia  ,  che  sente 
ogni  diplomatico ,  di  far  rilevare  i  suoi  ufficii  col  prestigio  del  felice  riu- 
scimento,  si  fosse  illuso,  ed  ayesse  considerato  e  riferitocome  promesse 
formali  e  determinate,  quelle  che  tutt'  al  piu  (se  pure  ci  fu  qualche  cosa 
di  yero !)  poteano  essere  significazioni  generali  ed  indeterminate  di  ani- 
mo  disposto  a  facilitare ,  quanto  si  potesse  ,  il  componimento  ,  anche  a 
costo  di  grayi  sacrifizii.  Ma  questa  spiegazione  ci  apparye  subito  insus- 
sistente,  nel  yeder  asserito  che  codeste  basi  aveano  avuto  la  sanzione  di 
accordo  preliminare  stabililo  fra  la  Santa  Sede  e  I'  imperatore  Massi- 
miliano,  durante  il  breve  soggiorno  di  lui  in  Roma.  Imperocche  se  fosse 
corso  un  equiyoco,  questo  si  sarebbe  chiarito  nei  supposti  preliminari  fra 
la  Santa  Sede  e  I'lmperatore.  Ora  e  egli  yero  che  si  tenessero  tali  pra- 
tiche  da  Massimiliano  in  Roma?  Noi  teniamo  per  certo  che  no,  sulla  fede 
della  dichiarazione  inserita  nz\Y Osservatore  Romano,  e  da  noi  riferita  nel 


106  CRONACA 

quaderno  precedente  (vol.  I,  pag.  760,  lin.  8-13) .  Resta  dunque fermo  che 
e  fu  raal  informato,  e  non  disse  vero  il  Memorial  diplomatique,  spaccian- 
do  che  Massimiliano  I  qui  in  Roma  avesse  gia  stabilito  le  basi  d'accordo, 
da  cui  si  derivassero  poi  necessariamente  le  altre  sue  pretension! ,  che 
diedero  luogo  ai  rifiuti  del  Nuiizio  ed  alle  protestazioni  de'  Yescoyi.  Ma 
son  vere  almeno  le  trattative  del  signer  Kint  di  Roondendeck  ?  E  vero 
che  egli  riportasse  le  formali  promesse,  che  pretendoasi  da  lui  recate  a 
Miramar,  e  poi  riconferraate  a  Massimiliano  in  Roma  ? 

4.  Qui  la  risposta  ci  e  data ,  in  forma  perentoria  e  che  non  ammette 
ne  dubbii  ne  ambiguita,  dal  Giornaledi  Roma  del  16  Marzo ;  in  cui  fu  in- 
serita  la  seguente  nota:  «  Siamo  autorizzati  a  dichiarare  del  tutto  insus- 
sistenti  e  contra  verita,  le  asserzioni  del  Memorial  diplomatique  (n.  11, 
del  12  Marzo  corrente)  in  ordine  ai  pretesi  significato,  basi  e  risultati 
della  missione  presso  la  Santa  Sede,  affidata  ad  un  Diplomatico  Belga, 
da  S.  M.  1'  Imperatore  del  Messico,  prima  della  sua  assunzione  al  trono». 

Se  queste  parole,  che  hanno  manifestainente  un  carattere  ufficiale ,  a- 
yessero  bisogno  di  qualche  spiegazione  e  confermazione ,  Y  avrebbero 
amplissima  dalle  seguenti  dichiarazioni  inserite  nell'  Osservatore  Roma- 
no del  17  Marzo  : 

«c  II  Memorial ,  non  potendo  recare  dei  fatti  ( giacche  dei  fatti  non  ce 
ne  sono)  i  quali  dimostrassero  1'esistenza  delle  asserle  trattative,  ci  salta 
fuori  col  racconto  di  alterazioni,  che  sarebbero  state  falte  alle  prime  basi 
proposte  al  Papa.  In  tal  modo  egli  tenta  di  sostenere,  che  dunque  le  pri- 
me basi  esistevano.  Ora  torniamo  a  dire  che  queste  alterazioni  sono  un 
sogno,  perche  non  sussistono  e  non  hanno  sussistito  mai  quelle  prime  ba- 
si, intorno  alle  quali  queste  alterazioni  si  vorrebbero  fatte.  Cio  posto, 
non  c'.importa  nulla  di  sapere,  se  il  Memorial  abbia  desunte  tali  notizie 
dal  Monde  o  da  altra  sorgente.  Le  notizie  sono  false;  e  noi  non  vediamo 
in  qual  modo  il  Memorial  possa  dire,  di  avere  fatti  perseveranti  e  sinceri 
sforzi  per  placare  le  passioni  che  cercano  d"  inasprire  il  conflitto  fra  la 
santa  Sede  e  la  Corte  del  Messico,  fmche  si  ostina  a  sostenere  il  falso ,  e 
sostenerlo  di  guisa ,  da  riversare  sulla  Santa  Sede  tutta  Y  odiosita  d'  una 
promessa  mancata. 

«  Intanto,  se  uno  dei  segni  della  menzogna  e  quello  di  mutare  ad  ogni 
istante,  noi  abbiamo  un  altro  argomento  per  convincere  il  Memorial  del- 
la  fatsita  delle  sue  pretensioni.  Finora  egli  aveva  asserito,  che  le  tratta- 
tive erano  state  iniziate  personalmente  fra  il  Santo  Padre  e  Sua  Maesta 
messicana.  Oggi  non  e  piu  vero;  ma  perlo  contrario,  1'  Imperatore,  pri- 
ma di  accettare  la  corona,  avrebbe  inviato  a  Roma  un  personaggio  «  pour 
preparer  I'  entente  pre'liminaire  destinee  a  sermr  de  base  au  futur  con- 
cordat ».  E  qui,  allegata  la  soprariferita  nota  del  diario  ufficiale,  1'  Os- 
servatore conchiude :  «  Se  questa  smentita  del  foglio  ufficiale  non  tian- 
cheggia ,  anzi  non  pone  il  suggello  alle  nostre  primitive  dichiarazioni , 


CONTEMPORANEA  1 07 

egli  ci  pare  che  nessuna  verita  potrebbe  piu  sostenersi.  Lungi  dunque 
che  il  Memorial  ci  abbia  convinti  ch'egli  ragiona  a  bon  escient;  noi  gli 
possiamo  rispondere  che  cerchi  prima  di  mettersi  in  coerenza  con  se  rae- 
desimo,  e  poi  lasci  decidere  ai  savii  ed  agli  spassionati  chi,  fra  lui  e  \0s- 
servatore,  abbia  piu  diritto  di  affermare  :  Nous  parlons  a  bon  escient  ». 

Per  le  cose  fin  qui  discorse  non  intendiamo  di  accagionare  il  Memo- 
rial diplomatique  d'  aver  voluto,  di  proposito  deliberate,  falsificare  i  fat- 
ti  ed  inventar  trottole,  per  calunniare  i  Vescovi  messicani ,  il  Nunzio  e 
la  Santa  Sede :  anzi  siamo  dispostissimi  ad  ammettere  che ,  solo  per  ec- 
cesso  di  zelo  nell'  adempire  al  suo  dovere  di  sostenere  le  parti  di  coloro 
a  cui  servigio  egli  ha  posto  Fopera  sua,  siasi  lasciato  illudere,  fino  a  giu- 
dicare  come  oro  di  coppella  codesta  scoria  di  false  notizie ,  da  lui  spac- 
ciate  come  verita  lampanti.  Ma  questo  varra  a  mettere  sull'avviso  le  per- 
sone  dabbene,  intorno  alia  fede  che  vuolsi  dare  alle  novelle,  che  si  man- 
dano  in  giro  troppo  spesso  per  gli  affari  con  la  Santa  Sede  e  le  relazio- 
ni  tra  certi  Potentati  e  1'  autorita  ecclesiastica. 

5.  Tutti  ricordano  1'  arresto  e  la  diuturna  carcerazione  ed  il  solenne  e 
pubblico  giudizio  d'  una  nobilissima  Principessa  romana ,  tenuto  in  Na- 
poli ,  per  ordine  del  Governo  usurpatore  di  quel  Reame  e  per  sospetto 
che  queila  Dama  s' intranimettesse  d'  intrighi  politici  e  di  trame  ostili  al- 
ia dominazione  di  Yittorio  Emmanuele,  o  favorevoli  al  legittimo  re  Fran- 
cesco II.  In  quella  circostanza  i  diarii  liberali  di  Francia  furono  tutti 
d'accordo  in  celebrare  la  fermezza ,  la  giustizia  ,  la  severa  applicazione 
del  priucipio  che  tutti  sono  uguali  innanzi  alia  legge,  fatta^dal  Governo 
di  Torino  per  mezzo  del  Fisco  napoletano.  Ma  se  il  Governo  pontificio 
facesse  carcerare ,  od  almeno  rimandasse  cortesemente  fuor  di  Roma, 
ne'proprii  Stati,  alquanti  di  quegli  emissarii ,  maschi  e  femmine,  che 
qui  sono  spediti  a  mettere  in  opera  i  mezzi  morali  ed  a  portar  denari , 
ordini,  incoraggiamenti  ai  partigiani  de\Y  annessione  di  Roma  al  Regno 
d'  Italia :  mettiamo  pegno  di  cento  contro  uno,  che  essi  non  troverebbero 
nel  Yocabolario  un  bastevole  numero  d'  epiteti  e  di  sinonimi  vituperosi, 
per  denunziare  al  mondo  intiero  1'esecrabile  Governo  dei  Preti,  che  non 
si  tempera  nemmeno  dal  perseguitare  ,  pei  suoi  tirannici  sospetti,  le  no- 
bili  Dame  che  per  diporto  vengono  a  Roma.  E  tuttavia  il  Governo  pon- 
tificio avrebbe  assai  cagioni  di  valersi ,  e  non  di  rado ,  del  suo  diritto ! 
Qui  ci  basti  riferire  quel  che  leggesi  nell'  Vnita  Cattolica  del  15'  Marzo: 

«  II  famoso  Gioacchino  Pepoli  ha  mandate  a  Roma  la  sua  signora  mo- 
glie,  ed  il  tirannico  Governo  pontificio  1'ha  lasciata  entrare  e  fare.  Ora  il 
cosi  detto  Comitato  nazionale  ha  regalato  alia  Pepoli,  come  moglie  di  suo 
jaarito,  im  calcalettere  lavorato  in  mosaico,  ed  il  mosaico  rappresentava 
il  Campidoglio!  La  Pepoli  scrisse  la  seguente  leltera  di  ringraziamento 
all'  eccelso  Comitato  :  «  All'eccelso  Comitato  liberate  romano.  Profonda- 
<x  mente  commossa  dall'  amabilita  e  dal  .delicate  e  gentile  pensiero  del- 


108  CRONACA 

«  1'  eccelso  Comitato  nazionale  liberale  romano,  sono  ben  lieta  di  essere 
«  presso  mio  marito  e  suoi  concittadini  la  fedele  interprete  dei  generosi 
«  e  liberal!  sentimenti  dei  Romani ,  facendo  voti  ardenti  per  il  nostro 
«  comune  avvenire.  Roma,  6  Marzo  1865.  Firmata:  Frida  Pepoli  di 
«  Hohenzollern  ». 

«  Vorremmo  un  po'sapere,  se  il  ministro  Lamarmora  sarebbe  cosi  buo- 
no,  da  perruettere  che  la  nioglie  d'un  reazionario  venisse  in  Torino  a  co- 
spirare  con  coloro  che  yogliono  togliere  il  regno  a  Yittorio  Emmanue- 
le  II,  facendo  voti  ardenti  per  1'avvenire  di  Mazzini  e  della  Repubblica  1 
Ad  ogni  modo  e  utile  prender  nota  di  questi  mezzi  morali,  adoperati  dal- 
la  moglie  di  chi  ha  sottoscritto  la  Convenzione  del  15  di  Settembre.  » 

II  Debats  del  18  Marzo,  riferito  questo  fatto,  e  qualche  frase  della  let- 
tera  allegata,  soggiunge  gravemente:  «  Questo  puo  yaler  di  risposta  ad 
un  articolo  del  giornale  garibaldino  Roma  o  Morte,  che  aveva  accusato 
il  marchese  Pepoli  d'  aver  rinunziato  al  programma  di  Roma  Capitate 
d 'Italia,  firmando  la  Convenzione  del  15  Settembre. 

STATI  SARDI  1.  Votazione  della  legge  per  1'unificazione  legislativa  —  2.  Duel- 
lo vietato,  e  pena  ai  ricusanti  il  duello  ;  due  pesi  e  due  misure  —  3.  Do- 
tazione  al  Principe  ereditario  —  4.  L'  Episcopate  subalpino  e  la  legge  del 
Matrimonio  civile  —  .5.  Decreti  reali  di  amnistia ;  loro  intelligenza  — 
6.  Pillole  per  Torino  —  7.  II  credito  pubblico  e  il  ministro  Sella  — 
8.  Stato  delTesoro  —9.  Risultato  del  prestito  di  700  milloni  — 10. 1  De- 
putati  aboliscono  la  pena  di  morte  — 11.  Articoli  secreti  della  Conven- 
zione italofranca  smentiti;  preteso  lesto  di  questi. 

1.  La  Sovranita  popolare  e  uno  dei  grandi  principii  dell'  ottantanove, 
sui  cui  riposano  gli  Stati  ammodernati  della  presente  Europa.  Chi  vo- 
lesse  avere  un  indizio  di  piu  del  suo  pratico  yalore,  basterebbe  che  esa- 
minasse  il  modo  tenutosi  dai  Deputati  del  Regno  d'  Italia,  nell'approva- 
re  una  delle  piu  importanti  leggi  che  si  sieno  mai  proposte  dai  Ministri 
a  quell'  assemblea,  dopo  che  1'  Italia  e  Regno  in  grazia  d'un  plebiscite. 
Questa  legge  riguardava  1'  uniticazione  legislativa  da  introdurre  in  tutte 
le  province,  che  finora  si  erano  governate  ciascuna  secondo  i  codici  suoi 
antichi:  e  di  cio  abbiamo  toccato  qualche  cosa  nel  precedente  quaderno. 
Or  veggasi,  secondo  le  irrefutabili  osservazioni  del  giornale  il  Monde  di 
Parigi  dei  4  Marzo.  come  questa  legge  si  possa  dire  approvata  dagl'  I- 
taliani.  «  II  numero  dei  Deputati  e  di  440  ;  i  present!  alia  votazione  fu- 
rono  226;  gli  assenti,  214.  Hanno  votato  pro,  149;  contro,  77.  Compu- 
tando  i  77  voti  contrarii  e  i  214  mancanti,  ne  risulta  che  291  Deputato 
sopra  440  non  hanno  approvata  1'unificazione;  e  che  soltanto  149,  vale  a 
dire  il  terzo,  hanno  risoluta  questa  cosi  rilevante  quistione.  E  che  rap- 
presentano  i  149  unificatori?  II  terzo  degli  elettori.  Quanti  elettori  con- 


CONTEMPORANEA  109 

corsero  a  nominare  questa  Camera?  170,000  !  Qual  e  il  terzo  di  170,000? 
E  06,666  1  Qual  e  la  popolazione  d'  Italia?  22  milioni.  Adunque  56,666 
elettori  la  trinciano  da  supremi  padroni  delle  sorti  di  22  milioni  d'  uo- 
mini !  Ed  ecco  come  il  popolo  e  sovrano  nell'anno  del  progresso  1865 !  » 
Questo  ragionato  specchietto  insegna  piu  e  meglio  che  un  intero  trattato 
di  gius  costituzionale. 

2.  Tutti  sanno  quanto  la  moda  pestifera  dei  duelli  siasi  propagata  in 
Italia,  dopo  il  trionfo  dei  moralissimi  principii  che  hanno  presieduto  al- 
ia sua  rivoluzione,  e  che  ora  laconservano  in  essere.  Questa  orribile  pe- 
stilenza  si  era  gia  fin  dall'anno  scorso  diffusa  tanto,  che  anche  nella  Ca- 
mera se  ne  mossero  querele ;  onde  il  Pisanelli ,  allora  Ministro ,  spac- 
cio,  sotto  i  23  Luglio,  una  sua  Circolare  ai  Procurator!  generali  del  Re, 
severissima  contra  i  duellanti,  che  voleva  sottoposti  al  rigore  delle  vi- 
genti  leggi.  ( V.  Civilta  Cattolica,  Serie  Quinta,  yol.  XT,  pag.  740-41. ) 
Fu  notato  di  poi  che  i  duelli  sovrajecrebbero  quasi  in  onta  della  Circolare 
pisanelliana,  e  che  i  giornali  ne  riferivano  ogni  di  particolarita  minute,  e 
che  tutti  se  la  passavano  liscia.  IKfcmwapero,  foglio  delMazzini,  avendo 
pubblicato  un  articolo  a  proposito  di  una  vertenza  fra  un  ufficiale  di  ma- 
rina e  il  direttore  del  Diritto,  fu  improvvisamente  processato  e  condan- 
nato  per  provocazione  a  duello.  Niun  dubbio  che  con  quest'  atto  il  Fisco 
voile  mostrare  com'  egli  si  ricordasse  delle  leggi  e  della  Circolare  pisa- 
nelliana. Ma  che?  II  Diritto  dei  9  Marzo,  scandolezzato  di  quest'improv- 
vido  rigore  contro  il  caro  fratello  Genova,  usci  fuori  con  un  frementissi- 
mo  articolo,  nel  quale  faceva  alti  richiami,  che  mentre  si  puniscono  i  so- 
spetti  di  provocarea  duello,,  si  lascino  senza  pena  gli  ordinatoridi  duelli. 
Di  fatto,  per  cagione  di  un  violentissimo  articolo  di  esso  Diritto  contro  gli 
uffiziali  superior!  della  marina  ,  era  stato  deputato  uno  di  questi  uffiziali 
a  sfidare  a  duello  il  direttore  del  Diritto.  L'uffiziale  deputato  disse 
che  il  duello  era  contrario  ai  principii  della  sua  coscienza,  e  non  voile  ac- 
cettare  il  mandate:  per  questo  vennedimesso  dal  corpo,  e  la  sua  dimissio- 
ne  fu  pubblicata  nel  giornale  ufficiale.  Evidentemente ,  come  osserva 
1'  Unitd  Cattolica  dei  10  Marzo,  quel  duello  era  non  solo  autorizzato,  ma 
imposto  dal  Ministro  della  marina,  generate  Angiolelti.  Orail  Diritto  co- 
si  ragiona,  pigliando  le  difese  del  caro  Genova:  «  Ci  ha  da  un  lato  una 
provocazione  autorizzata,  e  quindi  sofferta  in  dispregio  alle  leggi ;  ed  ec- 
co ii  direttore  del,  Diritto  e  il  suo  avversario ,  padronissimi  di  provocar- 
si  a  loro  bell'  agio.  Ci  ha  da  un  altro  lato  una  vendetta  ignobiie  da  com- 
piersi ;  ed  ecco  il  gerente  del  Genova ,  condannato  per  provocazione  a 
duello  ».  E  poscia  il  Diritto  spiattellatamente  getta  «  la  responsabilita 
di  tutto  questo  sulla  persona  del  signer  Ministro  della  marina....  proprio 
di  lui,  di  lui....  generate  Angioletti  ».  Certo  il  dolo  dei  due  pesi  e  delle 
due  misure,  anche  nell'  amministrazione  della  giustizia ,  e  qui  manifesto 
a  carico  del  Governo,  propugnatore  e  vindice  del  famoso  ordine  morale. 


•J10  CRONACA 

3.  L'  otto  di  Marzo,  il  minlstro  Sella  presentava  alia  Camera  dci  De- 
putati  un  disegno  di  legge,  per  provvedere  1'Altezza  del  Principe  Umber- 
to,  primogenito  del  re  Yittorio  Emmanuele,  di  un  annuo  assegnamento, 
giacche  egii  entravanella  eta  maggiore,  ed  ii  caso  era  preveduto  nell'arti- 
colo  21  dello  Statuto.  II  Ministro  chiedeva  1'annua  sonama  di  lire  500,000; 
e  poco  appresso  quest'  annua  somma  fu  stanziata.  Veramente  in  un  tem- 
po nel  quate  il  pubblico  erario  versa  in  anguslie  terribili,  tanto  che  il  Re 
stesso,  per  misericordia  del  Regno,  si  e  privato  di  una  parte  del  suopro- 
prio  assegnamento  della  Lista  civile,  sarebbe  doTuto  sembrare  non  inde- 
coreso  pel  ministro  Sella,  fare  pompa  di  uno  di  quegli  atti  spartani ,  che 
alleggerendo  i  pesi  dell' aggravatissimo  Tesoro,  non  avrebbe  poi  danneg- 
giato  troppo  il  Principe  ereditario.  Altri  paesi  meno  spiantati  del  Regno 
italico ,  e  1'  Inghilterra  in  ispecie ,  hanno  dato  esempii  di  econornia  su 
questo  punto,  che  il  Regno  d'ltalia,  docile  imitatore  di  tante  belle  cose 
dei  forestieri,  avrebbe  potato  imitare  con  lode  e  con  utile. 

4.  Si  conoscono  le  inlrepide  proteste  di  tutto  1'  Episcopate  iialiano  con- 
tro  il  pessimo  disegno  della  legge  del  Matrimonio  civile  ,  che  la  rivolu- 
zione  governante  sta  gialili  per  regalare  agi'  Italiani.  NeN'Armonia  di 
Torino deglillMarzo,  siepubblicato,in  aggiunta  atanti  altri  atti  dell'E- 
piscopato,  qualche  brano  di  una  scrittura  che  ha  per  titolo :  Osservazioni 
dei  Vescovi  e  Ordinarii  dioccsani  delle  Province  ecclesiastiche  di  Torino, 
Vercelli  eGenova  alia  Commissione  centrale  del  Senato  del  Regno,  intor- 
no  alia  proposta  di  legge  sul  nuovo  progetto  del  cost  detto  matrimonio 
civile.  Queste  parole  stupende  si  possono  chiamare  un  ultimo  grido  di 
dolore,  che  manda  il  generoso  Episcopate  di  quelle  province,  per  com- 
muovere  la  coscienza  del  Senato,  istituito  di  sua  natura   per  tutelare 
le  ragioni  del  diritto  e  dell'  onesta.  Dio  esaudisca  questi  santi  gemiti 
dei  Pastori ! 

5.  La  Gazzetta  ufficiale,  B.°  62,  del  13  di  Marzo,  pubblicu  il  seguente 
decreto,  che  porta  la  data  di  Firenze,  11  Marzo  1865  :  «  Articolo  unico. 
E  abolita  1'azione  penale  e  sono  condonate  le  pene  pronunciate  per  i  se- 
guenti  reati  commessi  fino  alia  data  del  presente  decreto:  1.°  Per  i  reati 
preveduti  dagli  articoli  268,  269,  270  e  471  del  Codice  penale;  2.°  Pei 
reati  di  stampa  di  pubblica  azione;  3.°  Per  tutti  i  reati  preveduti  dalle 
leggi  sulla  Guardia  nazionale  ».  Piu  innanzi  la  Gazzetta  ufficiak  sog- 
giunge:  «  Con  altro  decreto  della  stessa  data  la  M.  S.,  sulla  proposizio- 
ne  del  Ministro  della  guerra,  si  e  pure  degnata  d'accordare  Tintiera 
condono  delle  pene  incorse  dai  militari  condannati  pei  fatti  d'Aspromon- 
te  ».  Per  1' intelligenza  del  primo  decreto  ristampiamo  i  quattro  articoli 
citati ,  dalla  cui  lettura  apparira  chi  siano  coloro,  ai  quali  si  concede 
F  amnistia. 

Art.  268. 1  ministri  della  Religione  dello  Stato,  o  dei  culti  tollerati, 
che,  nell'  esercizio  del  loro  ministero,  pronunciao  in  pubblica  adunanza 


CONTEMPORA1NEA  111 

un  discorso  coritenente  censura  delle  istituzioni  o  delle  leggi  dello  Sla- 
to,  o  commettano  fatti  che  siano  di  natura  da  eccitare  il  disprezzo  ed  i) 
malconteuto  contro  le  raedesime,  o  coll'  indebito  rifmto  de'  proprii  uffizii 
turbino  la  coscienza  pubblica  o  la  pace  delle  famiglie,  sono  puniti  colla 
pena  del  carcere  da  tre  mesi  a  due  anai. 

Art.  269.  Se  il  discorso,  lo  scritto  o  gli  atti  mentovati  nell'artico- 
Jo  precedente  contengano  provocazione  alia  disobbedienza  alle  leggi  del- 
lo Stato,  o  ad  akri  provvedimenti  della  pubblica  autorita,  la  pena  sara 
del  carcere  non  minore  di  Ire  anni,  e  di  una  multa  non  minore  di  lire 
due  mila. 

Art.  270.  Qualunqne  contravvenzione  alle  regole  vigenti  sopra  la 
necessita  deirassenso  del  Governo,  per  la  pubblicazione  od  esecuzione 
di  provvedimenti  relativi  alia  Religione  dello  Stato  o  ad  altri  cultiy  sara 
punka,  secondo  i  casi,  col  carcere  estensibile  a  sei  mesi,  o  con  multa 
estensibile  a  lire  cinquecento. 

Art.  471.  Ogrri  altro  pubblico  discorso,  come  pure  ogni  altro  scrit- 
to o  fatto,  non  compresi  negli  articoli  precedent!',  che  siano  di  natura  da 
€ccitare  lo  sprezzo  ed  il  malcontento  contro  la  sacra  persona  del  Re,  o 
le  persone  della  Real  famiglia,  o  contro  le  iastituzioni  costituzionati,  sa- 
ranno  puniti  col  carcere  o  col  confmo,  estensibili  a  due  anni,  e  con  mul- 
ta estensibile  a  lire  tremila,  avuto  riguardo  alle  circostauze  di  tempo  e 
di  luogo,  e  alia  gravezza  del  reato. 

Questi  decreti  ci  fanno  sperare,  che  parecchi  Vescovi  e  sacerdoti  ab- 
biano  da  por  termine  alle  prigionie  ed  agli  esigli,  con  cui  stanno  pagando 
la  pena  della  loro  fedelta  a  Dio,  alia  Chiesa  ed  al  Vicario  di  Gesu  Cristo. 

6.  Leggiamo  nell'  Unitd  Cattolica,  del  14  Marzo  il  seguente  aneddoto: 
«  In  questi  giorni  un  amico  del  ministro  Lanza,  parlando  con  lui  a  cuore 
aperto,  come  tra  Piemontesi,  gli  disse:  Peccato  di  dover  lasciare  questa 
bella  Torino!  »  A  cui  il  ministro  Lanza,  recatosi  le  mani  in  cortese,  ab- 
bassati  gli  occhi  e.cogli  occhi  il  capo,  sospirando  disse  nelsuo  linguag- 
gio  medico:  «  Ahimet  Non  e  questa  1' ultima  pillola  che  Torino  dovra 
trangugiare  ».  Cari  conterranei,  prepariamoci  alia  pillola!  Badiamo  che 
la  sara  indigesta !  Pero,  o  mangiar  questa  minestra  o  saltar  questa 
finestra!  » 

7.  «  Ho  la  fondata  eertezza  che  1'Italia  e  ancora  degna  della  fiducia 
dei  capitalist!,  e  puo  ricorrere  senza  timore  akuno  al  credito  pubblico.  » 
Cosi  il  ministro  Sella  diceva,  il  14  Marzo,  alia  Camera.  Ed  il  giorno  dopo 
il  credito  pubblico  gia  gli  rispondeva,  col  tassare  alia  borsa  di  Torino  la 
rendita  a  64,  25.  11  giorno  prima  era  a  64,   80.  La  risposta  fu  pronta  e 
piena  di  significato,  a  provare  che  se  il  Regno  d'  Italia  non  ha  niun  cre- 
dito fuori,  dentro  ne  ha  ancor  meno.  Eppure  egli  ha  da  vivere  di  credito  1 

8.  Nella  medesima  seduta,  il  medesimo  Ministro  espose  qual  fosse  lo 
stato  presente  del  Tesoro  del  Regno  italico.Nel  1863  il  Minghetti  chiese 


CRONACA 

ed  ottenne  un  prestito  di  700  milioni,  col  quale  promise  di  pareggiare 
il  bilancio  del  1866.  Ma  egli,  prima  del  1865,  lascio  alsuo  successore  UB 
Lilancio,  per  riparare  al  quale  dove  anticipare  un'annata  di  imposte: 
e  ora,  non  ostante  quest'  anticipazione,  il  bilancio  e  in  una  deticienza 
che  fa  spavento.  Ecco,  conforme  le  ricapitola  la  Nazione  di  Firenze 
dei  19  Marzo,  le  cifre  di  questo  deficit: «  Aramessa  la  situazione  del  Sella 
a  tutto  il  1864  in  L.  316,847,663,44,  aggiuntovi  il  disavanzo  dell'  eser- 
cizio  corrente  in  L.  207,000,000,  aggiuntovi  il  disavanzo  presunto- 
pel  1866  in  L.  100,000,000,  noi  abbiamo  per  la  fine  del  1866  un  disa- 
yanzo  totale  diL.  623,847,663,44  ».  Quest'e  il  pareggiamentodei  bilanci 
promesso  dal  Minghetti  per  un  tal  anno  1  E  poi  il  disavanzo  presunto 
pel  1866,  e  egli  ben  certo  che  non  debba  raddoppiarsi  e  fors'anco  tripli- 
carsi?  Ma  bastino  queste  cifre  per  ora.  Sono  proprio  eloquenti ! 

9.  A  proposito  del  suddetto  prestito  dei  700  milioai,  la  medesiraa  Na- 
zione  del  giorno  precitato,  ci  da  questa  rara  notizia ,  confermala  da  tutti 
i  fogli. 

«  L'  imprestito  di  700  milioni  venne  compiuto  in  tre  emission],  come 
segue : 

1.  Rendita  L.  33,716,000  prod.        L.    493,250,407 

2.  Rendita  »     15,000,000      »  »     197,559,128 

3.  Rendita  »         715,000     »  »        0,137,700 


L.  51,431,000  L.  690,947,235 

«  II  debito  pubblico  adunque  si  e  accresciuto  della  somma  annuale  di 
L.  51,431,000,  che  corrisponde  al  capitale  nominale  di  L.  1,028,620,000. 
II  capitale,  al  prezzo  di  emissione,  e  di  lire  721,034.000. 

«  Dedottepercommissioni,spesevarie,  interessi  pagati,L.  21, 456,275, 
Testa  il  prodotto  netto  accennato  di  L.  690,947,235,  cosicche  1' imprestito 
rimase  conchiuso  a  7  35  per  cento.  » 

Quest' impresa  anche  sola  dell'ex-ministro  Minghetli,  sarebbe  sufficien- 
te  a  meritargli  una  statua,  per  titolo  d'  immortalita,  dovuta  alia  sua  be- 
neficenza  verso  l'ltalia,non  degl' Italiani,  ma  degli  Ebrei  che  la  spolpano. 

10.  Unadelle  cose  che  ha  sempre  data  grave  molestia  allaFrammasso- 
neria,  cosi  filantropica\>w  essenza,  e  la  pena  di  morte  che  la  umana  giu- 
stizia,  fino  ab  immemorabili,  ha  considerata  necessaria  alia  conservazione 
della  pubblica  tranquillita  sociale  e  civile.  La  Frammassoneria  essendo 
ora  vincitrice  e  dominante  nella  Italia  ,  grazie  ai  potentissimi  patroni 
che  le  danno  spalla  ,  si  e  voluto  levare  anche  questo  bruscolo  dagli  oc- 
chi.  Di  qui  le  adunanze  promosse  e  raccolte,  sotto  nome  di  meetings,  in 
quasi  tutte  le  italiane  citta  ,  per  dimandare  a  grandi  voci  1'abolizione  di 
questa  pena,  insieme  con  quella  degli  Ordini  religiosi ;  giacche  la  Mas- 
soneria  non  credeva  di  poter  meglio  mostrare  la  inutilita  della  pena  de- 


CONTEMPORANEA  113 

bita  agli  assassinii,  che  spronando  il  Governo  a  commettere  egli  medesi- 
mo  un  orribile  assassinamento.  Dopo  le  molte,  la  questione  fu  intavolala 
nel  Parlamenlo,  con  quella  discrepanza  di  opinion!  tra  Deputati  e  Mini- 
stri,  che  indicammo  nell'  ultimo  quaderno.  Ma  il  di  13  di  Marzo  il  nodo 
fu  sciolto.  Contuttoche  e  il  Presidente  del  Consiglio,  generale  Lamarmora, 
e  altri  de'  suoi  colleghi  avversassero  1'abolizione,  questa  yenne  sancita. 
Erano  present!  244  Deputati,  dei  quali  si  astennero  tre.Dei  241  votante, 
150  furono  per  1'abolizione  e  91  contro :  ond'e  che,  con  una  maggioran- 
za  di  trenta  voti,  si  promulgo,  «  abolita  nel  Regno  d'  Italia  la  pena  di 
morte  in  tutti  i  crimini  puniti  colla  medesima  pena  nel  codice  penale 
comune  ».  Dal  privilegio  degli  assassini  furono  eccettuati  i  soldati  di 
terra  e  di  mare,  e  i  cosi  detti  briganti  del  Regno  di  Napoli.  Intorno  alia 
quale  eccezione,  1'  Union  di  Parigi  dei  15  Marzo  fa  questa  savia  avver- 
tenza:  0  cotali  briganti  non  sono  che  ladroni  e  banditi  comuni ;  e  in  tal 
caso  hanno  diritto  al  medesimo  privilegio  che  i  loro  compagni  delle  al- 
tre  province.  0  sono  gente  sollevata,  ribelle  (se  si  vuole)  ed  armata  a 
difesa  di  una  nazionalita  oppressa ,  ma  non  soggiogata ;  e  in  tal  caso  la 
Camera  si  mostra  piu  inesorabile  contro  chi  commette  un  delitto  per 
esaltazione  di  spirito,  che  contro  chi  lo  compie  per  mal  animo  e  cuore 
perverso.  Certo  e  che  qualcheMinistro,  e  il  suo  capo  Lamarmora  special- 
mente ,  ha  provata  grande  amarezza  pel  voto  della  maggioranza  con- 
tro la  pena  capitale.  Del  che  e  argomento  1'  articolo  impacciato  ma  risen- 
tito  dell'officiosa  Opinions  dei  16  Marzo,  che  fa  capire,  cosi  tra  il  chiaro 
e  lo  scuro ,  qualmente  come  nel  Senato  quest'  abolizione  potrebb'  essere 
benissimo  rigettata  ,  per  cagione  della  pubblica  sicurezza ,  ora  piu  che 
mai  turbata  nel  glorioso  Regno  d'ltalia.  Anzi  YUnita  Cattolica  del  mede- 
simo giorno  riferiya ,  per  yoce  corrente  ,  che  il  Ministers  yolesse  fare 
davaati  al  Senato,  del  mantenimento  della  pena  di  morte,  una  cosi  delta 
quistione  di  Gabinetto.  Ne  manca  chi  spera  che  il  Senato  sia  per  riget- 
tare ,  coll'  abolizione  della  pena  di  morte ,  anche  1'  abolizione  degli  Or- 
dini  religiosi ,  la  ruba  dei  beni  ecclesiastici  e  Y  anticristiano  matrimonio 
civile.  Percio  tutti  i  giornalisti  piu  introdotti  nei  misteri  della  Massone- 
ria,  e  i  giudaici  sopra  gli  altri ,  gia  cominciano  a  masticar  tiele  contro  il 
Senato ,  ed  a  mormorare  tra  i  denti  minacce  sdegnose  ,  che  dalla  bocca 
passano  loro  nella  penna. 

11.  La  diceria  che  dietro  i  famosi  articoli  pubblici  della  Convenzione 
italofranca  dei  15  Settembre  1864,  ne  seguissero  altri  segreti,  fu  gene- 
rale  sino  da  che  si  conobbe  la  sostanza  dei  convenuti  patti :  e  molti  la 
spacciarono  per  fatto  indubitatissimo.  Tra  questi ,  i  Mazziniani  con  piu 
persistenza  di  tutti.  Noi  non  sappiamo  quanto  credito  si  possano  meritare 
gli  adepti  del  Mazzini  in  certe  materie.  Sappiamo  pero  che  il  loro  De- 
miurgo  predisse  accertatamente,  nel  giornale  Pensiero  ed  Azione,  la  guer- 
ra  del  1859  e  la  pace  sul  Mincio  e  non  sull'  Isonzo,  avanti  che  di  guerra 
Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  361.  8  24  Marzo  1865. 


Ill  CRONACA 

si  trattasse  alia  scoperta :  e  sappiamo  inoltre,  che  YUnitaltaliana,  nello 
scorso  Settembre,  prima  di  tutti  i  fogli,  annunzio  la  celebre  Convenzione. 
II  Constitutionnel  del  15  di  Marzo  all'  improvviso,  in  una  sua  pretesa 
corrispondenza  da  Geneva,  ha  recati  alcuni  articoli  addizionali  a  que- 
sta  Convenzione ,  e  li  ha  recati  dicendo :  che  nessuno  prende  sul  serio 
qneste  impudenti  e  ridicole  invenzioni.  Senonche  Y  Unitd  Italiana,  pro- 
prio  quellache  fa  da  portavoce  alMazzini,  rispondendo  al  Constitutionnel, 
scrisse  subito :  «  Noi  siamo  in  grado  di  affermare  VERISSIMA  la  sostanza 
di  quei  secreti  articoli  ».  II  dubbio  adunque  cadrebbe  non  sulla  verita 
della  sostanza,  ma  sulla  esattezza  della  forma.  Lasciando  al  tempo  e  ai 
fatti  la  risoluzione  di  questo  dubbio,  noi  intanto  diamo  qui  la  versione 
degli  articoli  pubblicati  e  dichiarati  impudenti  invenzioni  dal  Constitu- 
tionnel. 

f'    •     /  •    '"II    •  '     •        '      f'<  "!"••=       '"          !'    '^•>i'>;       •'"'••• 

Articoli  addizionali  alia  Convenzione  del  45  Settembre  1864. 

«  l.°  S.  M.  il  re  Vittorio  Emanuelle  II  s'  obbliga  formalmente  di  non 
assalire  I* Austria  nei  suoi  possedirnenti  italiani,  senza  il  previo  consenso 
di  S.  M.  1'  imperatore  Napoleone  III,  e  senza  essersi  messo  d'accordo  con 
lui.  Si  obbliga  inoltre  d'impedire  efficacemente  ogni  manifestazione  extra- 
governativa  che  si  organizzasse  nei  suoi  Stati  contro  il  Governo  austriaco. 

«  2.°  S.  M.T  imperatore  Napoleone  III  guarentisce  il  Regno  d' Italia  con- 
tro ogni  assalto  dalla  parte  dell' Austria,  e  si  obbliga,  se  sara  necessario, 
di  concorrere  a  respingerlo  colle  armi. 

«  3.°  Nell'  eventualita  d'  una  guerra  della  Francia  e  dell'  Italia  contro 
1'  Austria,  la  direzione  ne  sara  riservata  a  S.  M.  1'  Imperatore,  come  pure 
il  comando  supremo  delle  forze  alleate,  e  il  diritto  di  decidere  della  pace. 

«  4.'  Nei  caso  che  la  detta  eventualita  si  producesse ,  S.  M.  il  re  Vit- 
torio Emmanuele  si  obbliga  ad  ottenere  dalle  Camere  italiane  pieni  po- 
teri  illimitati  per  un  tempo  indefinite. 

«  5.°  Se  in  conseguenza  d'  una  guerra  in  queste  condizioni,  o  in  con- 
seguenza  di  negoziati  diplomatic},  1'Italia  riuscisse  ad  ingrandirsi  coll'an- 
nessione  di  uuove  province,  S.  M.  1' Imperatore  e  S.  M.  il  Re  convengono 
di  procedere  ad  una  nuova  delimitazione  delle  frontiere  dei  loro  Stati, 
nello  scopo  di  rassicurare  la  Francia  contro  la  preponderanza  delle  forze 
dell'  Italia. 

«  6."  Questa  delimitazione  verra  stabilita  di  comune  accordo,  sia  pri- 
ma della  One  della  guerra,  sia  prima  delta  conclusione  dei  negoziati. 

«  7.°  I  presenti  sette  articoli  dovranno  restare  segreti  fra  i  due  Govern! 
della  Francia  e  dell' Italia,  ed  ogni  infrazione  ad  uno  di  essi  da  una  delle 
parti  contraenti  implichera  il  loro  annullamento,  e  quello  della  Conven- 
zione di  questo  giorno. 

«  Parigi,  IS  Settembre  1864.  » 


CONTEMPORANEA 

II. 
COSE  STRANIERE. 


MESSICO  1.  Esposizione  dell'Episcopato  all'Imperatore  —  2.  Risposta  diMas- 
similiano  I  all' Episcopate  —  3.  Indirizzo  di  Dame  messicane  all'Impera- 
tore, contro  la  liberta  dei  culti  —  4.  Fatti  d'arme,  presa  di  Oajaca  e  morte 
di  Porfirio  Diaz. 


1.  L'attenta  considerazione  dei  fatti  esposti  e  dei  document!  recitati 
nel  precedente  quaderno  (vol.  1,  pag.  754-61)  dee  aver  fatto  capire  a 
chicchessia  il  nuovo  indirizzo  dalo  alle  cose  della  religione  nel  Messico; 
il  quale  indirizzo  certamente  non  risponde  all' espettazione  che,un  anno 
addietro,  erasi  in  tutti  destata,  per  1'alto  concetto  in  che  si  tiene  la  religio- 
sita  e  lo  schietto  cattolicismo  di  Massimiliano  I.  Nel  discorso  ufficiale  rife- 
rito  dal  Moniteur  parigino ,  con  cui  la  Deputazione  messicana  compie  la 
fornaalita  di  offerire  solennemente  quella  corona  all'  arciduca  Ferdinando 
Massimiliano  d' Austria  in  Miramar  il  giorno  10  d' Aprile  1864,  il  presi- 
dente  di  quella,  sig.  Gutierrez  de  Estrada,  non  si  perito  d'insistere  molto 
sul  dire,  the  se  il  Messico  metteva  le  sue  sorti  nelle  mani  di  tal  Princi- 
pe, il  faceva  appunto  «  perche,  cattolico  e  monarchico  per  tradizione  se- 
colare  e  non  interrotta,  trovava  in  S.  M.  imperiale,  degno  rampollo  del- 
1'imperatore  Carlo  Quinto  e  dell' imperatrice  Maria  Teresa,  la  personiii- 
cazione  ed  il  simbolo  di  codesti  due  grandi  principii,  basi  della  prima 
sua  esistenza  » .  E  per  mostrare  che  si  voleva  la  monarchia  anche  perche 
riparasse  alle  ingiustizie  commesse  contro  la  Chiesa  dalla  repubblica,  il 
Gutierrez  dichiaro  apertamente  all'Arciduca:  che  quel  giorno,  lieto  perche 
facea  sperare  quella  bramata  ristaurazione,  «  non  sarebbe  giorno  di  alle- 
grezza  se  non  fosse  anche  giorno  di  giustizia  *  ».  Anzi  in  un  opuscolo 
del  ch.  Mons.  Nardi  2,  stampato  in  Roma  appunto  di  quei  giorni,  leggia- 
mo  ancora,  a  pag.  7,  che  in  altra  circostanza  lo  stesso  personaggio  indi- 
rizzo  coraggiosamente  all'Arciduca  queste  altre  gravissime  parole :  «  Noi 
siamo  cattolici  innanzi  tutto,  sinceramente  e  profondamente  cattolicL  Vo- 
gliamo  la  monarchia,  perche  crediamo  che  piu  giovi  alia  religione ;  ma 
preferiamo  mille  volte  la  repubblica,  co'  suoi  pericoli,  a  tal  monarchia 


4  Dttats,^  Aprile  4864. 

2  Visita  dell' Imperatore  e  dell* Imperatrice  del  Wenico  al  5.  Padre.  Roma, 
ghi  1864. 


116  CRONACA 

che  opprimesse  o  danneggiasse  la  nostra  fede,  dandoci  quel  cattolidsmo 
mutilo  ed  uffidale,  che  altre  nazioni  tollerano,  noi  no  ».  Or  lasciamo  ai 
nostri  lettori  il  giudicare,  se  i  recent!  atti,  cola  compiuti  circa  le  cose  di 
religione ,  siano  tali  da  appagare  i  voti  espressi  dal  Gutierrez ,  che  ben 
sapea  come  la  pensassero  i  suoi  connazionali ;  ed  i  fatti  che  riferiremo  qui 
appresso  proveranno  che  egli  non  s'  apponeva  male. 

Certo  e  fin  d'  ora  che,  se  il  Governo  di  Messico  fece  di  tutto  per  cessa- 
re  ogni  contrasto  coi  liberal!  che  avean  tenuto  il  sacco  al  Juarez ,  e  per 
avvalorare  il  diritto  nuovo  e  quella  certa  maniera  di  conciliazione  che 
ha  per  suo  promotore  il  Maresciallo  Bazaine,  la  Chiesa  ha  tutt'altro  che 
da  rallegrarsi  della  sua  sollecitudine  per  gl'interessi  del  cattolicisrao  ; 
imperocche  i  suoi  atti  piu  solenni  hanno  appunto  per  risultato  di  costi- 
tuire  cola  quel  cattolidsmo  mutilo  ed  uffidale,  a  cui  tanto  ripugnava  il 
Gutierrez.  Ne  puo  chiamarsene  pago  il  Sommo  Pontefice,  il  quale,  come 
riferi  anche  il  Memorial  diplomatique  del  1.°  Maggio  1864  (pag.  377), 
prima  di  dare  a  Massimiliano  I  ed  alia  sua  augusla  consorte  la  santa  Co- 
munione  del  Corpo  e  del  Sangue  di  Gesu  Cristo,  loro  volse  in  nome  di 
Dio ,  per  cui  regnano  i  re  e  governano  gl'  imperanti ,  queste  parole : 
«  Vi  raccomando,  in  suo  nome,  la  felicita  dei  popoli  cattolici  che  vi  sono 
affidati.  I  diritti  dei  popoli  sono  grandi;  bisogna  soddisfarli:  ma  piii 
grandi  e  sacri  sono  i  diritti  della  Chiesa,  sposa  immacolata  di  Gesu  Cri- 
sto, il  quale  ci  ha  riscattati  al  prezzo  del  suo  Sangue,  di  quel  Sangue 
onde  state  per  imporporarvi  le  labbra.  Yoi  rispetterete  dunque  e  i  diritti 
de'  vostri  popoli  ed  i  diritti  della  Chiesa ;  il  che  vuol  dire  che  vi  ado- 
prerete  per  la  felicita  temporalee  spirituale  di  codesti  popoli  ». 

Ma,  in  buona  fede,  e  egli  un  promovere  la  felicita  di  popoli  cattolici^ 
1'aprire  la  porta  all'eresia,  sia  pure  che  soltanto  in  forma  di  tolleranza, 
e  colla  giunta  dello  scrivere  sopra  una  carta ,  che  il  cattolicismo  e  reli- 
gione dello  Stato?  E  quali  vantaggi  puo  sperare  la  Chiesa  per  1'av  venire, 
quando  si  comincia  col  pretendere  da  lei  stessa  la  sanzione  dei  latrocinii 
scelleratissimi  commessi  a  suo  danno,  1'  approvazione  della  tolleranza  di 
tutti  i  culti,  la  facolta  del  Governo  di  metier  mano  nelle  cose  sacre  sotto 
pretesto  di  regalie,  non  che  di  reggere  a  suo  talento  tutto  cio  che  spetta 
i  beni  di  Chiesa,  le  tasse  ecclesiastiche,  le  Confraternite,  gli  Ordini  reli- 
giosi,  e  perfino  gli  Atti  del  Sommo  Pontefice  suggettati  alia  censura  di 
Ministri  laici  ?  Forseche  col  rimettere  a  nuovo  tutte  le  vecchie  catene,  oude 
gli  antichi  Governi  e  1'  empieta  repubblicana  aveario  gravato  cola  1'  Epi- 
scopato  ed  il  Clero,  si  vantaggiano  gl'  interessi  cattolici  e  si  protegge  la 
religione  ? 

Questo  stato  di  cose,  non  immaginario  ma  fondato  sopra  atti  ufficiali  di 
quel  Governo,  altamente  commosse  1'Episcopato  messicano,  che  nell'  av- 
Yenimento  di  Massimiliano  I  al  trono  avea  riposte  tante  speranze.  Eppe- 


CONTEMPORANEA  117 

ro,  appena  letta  nel  Giornale  ufficiale  la  lettera  scritta ,  il  27  Dicembre 
1864,  dall' Imperatore  al  suo  Ministro  Escudero,  da  noi  riferita  nel 
precedente  quaderno;  gli  ArcivescoYi  di  Messico  e  di  Michoacan,  edi 
Vescovi  di  Oajaca  e  Queretaro,  a'  quali  aderirono  prontamente  gli  altri 
dell'Impero,  indirizzarono,  il  di  seguente,  a  Massimiliano  I,  in  forma  di 
esposizione  o  richiamo ,  una  rispettosa  ma  fortissima  lettera ,  stampata 
per  intiero  nel  Monde  del  5  Marzo  1865 ;  della  quale  riferiremo  qui  i 
tratti  piu  rilevanti : 

«  V.  M.  sa  molto  bene,  come  durante  i  trent'  anni  trascorsi  dal  Dicem- 
bre del  1833,  nel  quale  uscirono  le  leggi  del  patronato  e  della  cessazione 
della  coazione  civile,  rispetto  ai  voti  monastici,  alle  decime  ecc.,  fmoallo 
stesso  mese  dell'anno  passato,  nel  quale  i  due  reggenti,  general  e  Almon- 
te e  general  Salas ,  dichiararono  vigenti  le  dette  leggi  di  ri forma,  la 
Chiesa  messicana  non  cesso  mai  di  opporre  il  diritto  al  fatto  contro  tutte 
le  leggi  e  disposizioni  che  violano  la  sua  dottrina,  la  sua  giurisdizione, 
le  sue  immunita  canoniche  e  i  suoi  diritti,  protestando  con  egual  rive- 
renza  e  forza  dinnanzi  ai  rispettivi  Governi,  regolando  la  condotta  cano- 
nica  delle  autorita  ecclesiastiche,  ed  ammaestrando  ed  ammonendo  i  fe- 
deli  sopra  la  forza  degli  obblighi,  che  in  tali  casi  li  stringono  come  catto- 
lici,  apostolici,  romani.  Sa  parimenti  V.  M.,  come  in  tale  procedere  del- 
Ja  Chiesa,  non  hanno  mai  esercitato  il  menomo  influsso,  ne  gl'  interessi 
delle  parti,  ne  la  forma  delle  istituzioni,  ne  il  colore  politico  dei  Governi, 
giacche  la  Chiesa,  intenta  unicamente  alia  sua  missione,  che  e  di  conser- 
vare  intatta  la  dottrina  della  fede,  le  regole  dei  costumi  e  1'autorita  della 
disciplina  canonica ,  non  ha  dato  passo  se  non  in  via  di  difesa ,  quando 
questi  oggetti  sono  stati  combattuti,  e  a  cosi  fare  non  ha  avuto  altro  fine 
che  il  degnissimo  e  santissimo  di  salvare  i  principli ,  a  cui  soggiacciono 
le  relazioni  tra  Chiesa  e  Slato,  di  ristabilire  la  concordia  tra  i  due  poteri, 
e  di  consolidare  sopra  quesla  concordia  la  pace  generale  della  nazione. 
"V.  M.  intende  parimenfi,  per  la  conoscenza  che  ha  della  nostra  storia  na- 
zionale,  come  la  cagione  principalissima,  per  non  dire  unica,  della  guerra 
civile  che  strazia  la  sventurata  patria  nostra,  e  1'impegno  di  un'ardita  mi- 
noranza  nel  combattere  la  Religione  e  la  Chiesa  con  leggi,  che  offendono 
la  coscienza.  Da  ultimo  sa  V.  M.,  che  le  armi  dell' Episcopate  messicano 
per  difendersi,  non  furono  mai  altre  che  il  non  licet  dell' Evangelic,  e  che 
i  suoi  costanti  desiderii  furono,  che  tinisse  la  triste  necessita  onde  nasce 
la  sua  resistenza  passiva ,  mediante  un  accordo  tra  il  Governo  della  na- 
zione e  la  Santa  Sede  Apostolica. 

«  Immensa,  o  Sire,  e  la  pena  e  il  dolore  della  Chiesa  messicana  per 

questa  guerra  ostinata,  che  in  nome  della  liberta,  del  progresso  e  del  se- 

colo  1'  e  venuta  facendo  questa  rivoluzione ,  antica  e  nuova,  che  dopo 

ayer  desolata  Y  Europa  venne  a  combattere  il  suo  nemico ,  cioe  dire,  il 

•  L     '/•• 


CRONACA 

Cattolicismo  in  questa  parte  del  nuovo  mondo.  Allorche,  dopo  tante  vi- 
cende,  si  giunse  a  quell'estremo,  a  che  condusse  le  cose  nel  Dicembre 
del  1860  la  demagogia  trionfante  nella  Capitale  della  Repubblica ;  allor- 
che  vedemmo  consumata  fra  noi  1'  opera,  che  i  nemici  della  Chiesa  si  af- 
faticavano  di  recare  a  fine,  potevamo  lasciare  ogni  speranza,  se  non  1'aves- 
simo  avuta  molto  salda  per  la  nostra  fede  nella  Provvidenza  divina,  ed 
anco  per  1'  intimo  conosciraento  e  per  la  profonda  persuasione  nostra  del 
carattere  cattolico,  che  ha  sempre  segnalato  il  popolo  messicano. 

.«  Questa  speranza  rinforzo,  quando  1'  intervento  trionfante  nella  Capi- 
tale dichiaro  che  non  mirava  a  violare  la  indipendenza,  la  volonta,  i  di- 
ritti  della  nazione,  ma  si  limitava  solo  a  distruggere  il  Governo  di  Don 
Benedetto  Juarez,  affinche  il  Messico  si  costituisse  liberamente;  e  crebbe 
ancora  di  vantaggio,  dando  a  questa  Chiesa  e  a  questo  popolo  la  massiraa 
consolazione,  al  risapersi  che  il  personaggio  chiamato  a  reggere  le  sorti 
del  Messico  era  Yostra  Maesta.  » 

E  qui,  dichiarate  le  cagioni  che  ispiravano  tanta  fiducia  nel  miovo 
Principe,  cioe  la  sua  pieta,  1'  atto  ossequioso  con  cui  avea  voluto  far  be- 
nedire  dal  Papa  la  sua  corona  e  la  yenuta  del  Nunzio  pontificio,  conti- 
nuarono  nel  modo  seguente : 

ft  Quale  dunque  sara  stata  la  nostra  amarezza  e  la  nostra  pena,  quan- 
do, in  vece  di  quello  che  si  desiderava  con  tanta  veemenza,  e  si  sperava 
per  si  forti  motivi ,  abbiamo  veduto  dileguarsi  tutte  le  nostre  speranze 
per  le  manifestazioni  e  il  mandate,  a  cui  si  riferisce  la  lettera  di  V.  M.  a) 
Ministro  di  Giustizia?  In  cotesto  rispettabile  documento  yediamo ,  cbe 
non  vi  fu  accordo  Teruno  col  Nunzio  apostolico  per  manco  di  istruzioni, 
che  V.  M.  non  ha  creduto  bene  di  aspettare  che  vengano,  e  che  per  con- 
seguenza  risolve  di  per  se  solo  le  grayi  quistioni,  e  ordina  che  Le  si  pro- 
pongano  dal  Ministro  di  Giustizia  i  provvcdimenti  conseguenti  a  tale  ri- 
soluzione. 

«  Non  sapendo  quanto  6  accaduto  nelle  conferenze  segrete,  e  affalto 
ignari  dei  documenti  e  delle  istruzioni  che  s'abbia  1'Inyiato  di  Sua  Santi- 
ta,  noi  dobbiarno  rispettare  la  inviolabilita,  nel  cui  seno  riposano  le  cagioni 
deiravvenuto  e  i  motivi  che  abbiano  determinato  Y.  M.  ad  un  passo  di 
si  trascendente  gravita.  Ma  poiche,  nel  nostro  umile  giudizio,  quali  che  si 
fossero  cotesti  motivi,  non  crediamo  che  abbiano  ne  indebolito  il  potere 
sovrano  della  Chiesa  cattolica,  ne  dato,  a  quello  dello  Stato  1'  incremenlo 
sufficiente  a  tranquillare  colle  sue  risoluzioni  la  coscienza  dei  fedeii ;  e 
poiche  questa  circostanza,  lungi  dal  recare  il  bene  desiderate,  lascia  i» 
piedi  tutto  il  male  che  si  soffre,  giacche  solo  il  Sovrano  spirituale  puo 
sciogliere  le  gravi  question!  di  morale,  ed  acquietar  le  coscienze ;  noi  ci 
crediamo  strettamente  obbligati  a  presentarci  a  V.  M.,  supplicandola  as- 
sai  caldamente,  che  si  degni  far  sospendere  gli  effetti  delle  dichiarazioni 
e  degli  ordini  contenuti  nella  soprallegata  sua  lettera. 


CONTEMPORANEA  119 

«  Nel  dare  questo  passo  ci  crediamo  sostenuti,  non  solo  dalle  ragiohi  e 
dai  fondamenti  die  si  fecero  valere,  si  nella  Manifestazione  fatta  dall'Epi- 
scopato  messicano  ai  10  di  Agosto  1859,  per  cagione  delle  cosi  dette  leg- 
gi  di  riforma,  spedite  da  Don  Benito  Juarez  in  Veracruz,  si  nella  Sposi- 
zicm  da  noi  diretta  ai  sigg.  generali  Almonte  e  Salas,  come  a  Reggenti 
dell'Impero,  nel  Dicerabre  deli'aimo  prossimo  passato,  conseguentemen- 
te  alia  circolare  da  essi  spedita  ai  15  di  detto  mese,  dei  quali  document! 
accludiamo  copia  a  V.  M. ,  ma  ci  crediamo  ancora  sostenuti  dal  carattere 
della  piu  alta  gravita,  che  la  questione  ha  ricevuto  dopo  1'  intervento  del 
Santo  Padre  coll'  inviare  un  Nunzio  a  richiesta  di  V.  M.  ; 

«  Le  basi  date  da  V.  M.  al  suo  Ministro  importano,  o  Sire,  1'  abroga- 
zione  del  foro  ecclesiastico,  la  ratificazione  del  disammdrtamento  ed  in- 
cameramento  dei  beni  ecclesiastici ,  la  legittiraazione  degl'  interessi  sor- 
ti  da  tali  operazioni ,  1*  intervento  autorevole  del  potere  civile  sopra  il 
mantenimento  del  culto,  la  estinzione  dei  mezzi  canonici  di  sussrstenza , 
sopra  i  quali  il  cuho  e  suoi  Ministri  hanno  fatto  e  fanno  assegnamento  al 
presente,  e  da  ultimo  la  dichiarazione  di  ampia-e  franca  tolleranza  in 
opera  di  culti ;  con  null'altro  che  dichiarare  religione  dello  Stato  il  culto 
cattolico,  apostolico,  romano. 

«  Sire,  noi  non  cediamo,  ne  cederemo  mai  a  nessuno  in  fedelta  nel 
compiere  gli  stretti  doveri  che  abbiamo  verso  il  Sovrano  teraporale ;  ma 
quando,  per  ubbidire  a  lui,  bisogna  mancare  alia  legge  di  Dio  o  della 
Chiesa,  e  per  conseguenza  cornmettere  una  vera  prevaricazione,  la  resi- 
stenza  passiva  non  deve  mai  passare  per  un  atto  di  disobbedienza ,  per- 
che  la  obbedienza  ha  il  suo  fondamento  nella  legge  di  Dio,  e  cessa  di 
obbligare  quando  cio  che  si  comanda  e  incompossibile  con  essa.  » 

Rammentata  poi  rispettosamente  al  Sovrano  la  suprema  autorita  della 
Chiesa  nelle  cose  spirituali,  che  si  fonda  sopra  un  domma  del  Simbolo,  e 
ia  pienezza  dei  poteri  che  in  tali  materie  spettano  al  Somino  Pontefice, 
presero  a  dimostrargli  che  niun  diritto  egli  avea  di  troncar  le  quistioni 
eccitate  a  suo  beneplacito,  e  che  niuna  vera  necessita  ve  lo  spingeva. 

«  Y.  M.  ci  permettera  che,  protestandole  innanzi  tutto  il  piu  profondo 
nostro  rispetto,  le  manifestiamo,  come  la  sua  rrsoluzione  sovrana  sopra 
i  punti ,  ai  quali  si  riferisce  la  lettera  diretta  al  Ministro  di  (riustizia  ,  si 
riferisce  precisamente  agli  oggetti  della  contesa  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato  ; 
che  non  sarebbero  oggetti  di  contesa,  se  non  invadessero  1'  autorita  spi- 
rituale;  che  cosi  e  stato  dimostrato  costantemente  ai  Governi  dalF  Epi- 
scopalo  messicano ;  che  stanno  in  aperta  opposizfone  colle  basi  sociali 
della  Chiesa  cattolica,  e  in  contraddizione  manifesta  colle  piu  chiare  dis- 
posizioni  de'Canoni,  e  principalmente  coirultimo  Concilio  generale;  che 
sono  stati  espressamente  riprovati  nelle  Allocuzioni  pontificie;  e  che  an- 
che  la  dimanda  e  la  missione  di  un  Nunzio  apostolico  per  1'aggiusla- 


120  CRONACA 

mento  definitive  di  queste  questioni  prova,  che  in  questo  concetto  e  sta- 
ta  la  M.  V.,  chiaro  essendo,  che  se  non  riconpscesse  la  strettissima  ne- 
cessita  del  concorso  dei  due  Poteri  allo  scioglimento  di  dette  questioni , 
non  avrebbe  avuto  tanto  a  cuore  la  missione  di  un  Nunzio  apostolico. 
Dall'altro  lato  V.  M.  qualifica  questa  missione  come  un  mezzo  capace  di 
soddisfare  ai  bisogni  del  paese  e  di  ristabilire  la  pace  negli  spiriti  e  la 
tranquillita  nelle  coscienze  di  tutti  gli  abitanti  dell'Impero;  e  questa  di- 
chiarazione  altrettanto  vera,  quanto  e  precisa  e  coscienziosa,  ci  scusa,  o 
Sire,  uua  superflua  dimostrazione. 

«  Ma  non  possiamo  dispensarci  dall'osservare,  che  cotesti  concetti  sus- 
sistono  tuttavia ;  giacche  1'accordo,  di  che  si  tratta ,  non  ebbe  luogo,  e 
per  quanto  gravi  si  suppongano  le  condizioni  del  presente  stato ,  esse 
non  basteranno  a  fare  che  la  risoluzione  contenuta  nella  lettera  di  V.  M. 
soddisfaccia  ai  bisogni  del  paese,  ristabilisca  la  pace  negli  spiriti  ed  ac- 
quieti  le  coscienze. 

«  Vostra  Maesta  sa  molto  bene,  che  il  Sovrano  temporale  non  puo  nul- 
la  sopra  la  coscienza,.  tranne  il  torre  la  coazione  impostale;  e  che  per 
conseguente,  finche  il  Papa  non  decida  o  il  Sovrano  non  tolga  la  coazio- 
ne, le  coscienze  rimarranno  agitate.  Quanto  alle  giuste  esigenze  del  pae- 
se, non  sappiamo  quali  possano  essere ,  fuori  di  quelle  della  coscienza 
nelle  sue  attinenze  morali  cogl'  interessi. 

«  Non  ci  tratterremo,  o  Sire,  in  quanto  si  attiene  al  congruo  sostenta- 
mento  del  culto  e  de'  suoi  Ministri,  perche  1'interesse,  checche  dicano  i 
gratuiti  nemici  della  Chiesa,  non  ha  mai  avuto  il  menomo  influsso  nella 
condotta  de'suoi  Pastori....  Possiamo  si  bene  assicurare  Yostra  Maesta, 
che  tutti  siamo  disposti  a  sussistere  della  pieta  dei  fedeli,  anziche  di  una 
dotazione  civile ;  poiche  nel  caso  nostro  nulla  ci  e  piu  prezioso  che  la 
dignita  della  Chiesa  e  la  indipendenza  del  suo  ministero. 

«  Rispetto  alia  tolleranza  religiosa,  nulla  veggiamo  che  la  renda,  non 
diremo  urgente,  ma  neppure  scusabile.  II  Messico  e  un  popolo  esclusiva- 
mente  cattolico,  e  la  sua  avversione  alia  tolleranza  dei  culti  si  e  spiegata 
sempre  in  maniera  notevolissima.  Quando  il  Congresso  costituente  del 
1856  discuteva  1'articolo  IS  del  suo  progetto  di  costituzione,  in  cui  si 
stabiliva  tal  tolleranza,  tuttoche  fosse  composto  dei  piu  esaltati  partigiani 
di  cio  che  chiamasi  riforma  e  progresso,  non  ostante  1'  impegno  di  tutti 
per  far  trionfare  questo  divisamento,  ebbesi  ad  abbandonarlo  sotto  il  peso 
irresistibile  della  volonta  nazionale,  spiegatasi  come  non  avea  fatto  mai. 
I  liberali  esaltati  erano  padroni  del  posto ,  eserci  tavano  il  potere  ed  ese- 
guivano  gli  ufficii  in  tutte  parti ;  ma  con  tutto  cio,  e  con  tutto  il  tenere 
costretta  la  liberta  della  parte  contraria  e  principalmente  della  Chiesa , 
non  poterono  rattenere  il  torrente.  Pioveano  da  tutte  parti  le  rimostran- 
ze:  mimicipii,  corporazioni,  popolazioni  intere,  uomini,  donne,  lasocieta 


CONTEMPORANEA 

tutta  si  richiamo  contro  quell'articolo :  lo  stesso  Governo  del  Comonfort, 
vedendo  che  non  era  prudenza  opporsi  al  pubblico  dispiacere  si  univer- 
salmente  manifestato,  prese  parte  attiva  contro  la  tolleranza,  e  1'articolo 
cadde  a  terra  rigettato  da  una  immensa  maggioranza.  Sire,  questo  parla 
molto  alto ,  e  in  sette  anni  non  si  cambia  il  carattere  e  la  volonta  di  un 
popolo.  » 

Conchiudevasi  questo  atto  episcopale  con  iscongiurare  caldissimamen- 
te  1'  Imperatore,  affinche  volesse  porre  fine  «  ai  gravissimi  inconvenienti 
di  premettere  alia  venuta  delle  nuove  istruzioni  pontificie  una  risoluzio- 
ne,  che,  senza  il  requisite  delle  concorrenze  dei  due  Poleri,  lascera  in 
piedi  ed  anco  accrescera  notabilmente  i  mali  che  gia  si  soffrono ,  rende- 
ra  ognora  piu  grave  la  condizione  presente ,  e  non  sappiamo  fino  a  qual 
segno  moltiplichera  gli  ostacoli  »  pel  compiuto  ristabilimento  della  pace 
e  per  la  consolidazione  dell'  Impero. 

Ond'  e  chiaro  che  i  Vescovi,  rivendicando  le  ragioni  della  Chiesa,  con 
sublime  abnegazione  de'  loro  interessi  temporali,  si  contentavano  di  sup- 
plicare  1' Imperatore  che  lasciasse  di  porre,  con  nuovi  fatti  compiuti,  i 
piu  gravi  ostacoli  alia  conciliazione  tra  la  Chiesa  e  1'  Impero. 

2.  La  risposta  del  Governo  fu  fatta  con  una  lettera ,  in  cui  si  vede 
chiaro  ch'egli  si  propose  tre  intenti:  1."  Dimostrare  che  la  lentezza  della 
Santa  Sede  tornava  rovinosa  per  gl'  interessi  dell'  Irapero  ;  e  che  percio 
non  si  potea  indugiare  piu  oltre ;  2.°  Che  il  Nunzio  pontificio  affermo 
prima  e  nego  poi  d'  aver  poteri  per  conchiudere  un  accordo  di  componi- 
mento  ;  3.'  Che  i  Vescovi  parlavano  senza  conoscere  lo  stato  delle  cose, 
e  percio  farebbero  meglio  ad  occuparsi  dell'  istruzione  religiosa  del  loro 
popolo  ,  che  «  non  e  ancora  in  gran  parte  cattolico  nel  vero  senso  del 
santo  Vangelo  »  ;  di  cui ,  per  quanto  pare ,  il  Governo  crede  potersi  far 
maestro  ai  Vescovi.  II  che  apparira  dalle  sue  proprie  parole ,  che  qui 
riferiamo  fedelmente : 

«  Chapultepec  ,  9  Gennaio.  Monsignori.  lo  ho  letto  con  grande  inte- 
resse  la  vostra  esposizione  collettiva  del  29  Dicembre  decorso ;  el' ho 
esaminata  con  la  scrupolosa  attenzione ,  che  esige  il  mio  dovere  di  So- 
vrano.  Voi  avete  fatto  appello  con  molta  ragione  ad  una  delle  poche  doti 
che  Dio  nella  sua  bonta  mi  ha  largita,  cioe  quella  di  amare  la  verita  e  di 
dirla  sempre  con  piacere. 

«  II  senso  delle  vostre  parole  e  esatto,  quando  si  riferisce  a  comuni- 
cazioni  e  ad  atti  che  emanano  dalla  pura  sorgente  del  vero.  In  questo 
caso  io  ascolto  di  buon  animo,  e  adopero  secondo  il  mio  dovere,  secondo 
la  mia  coscienza.  Ma  se  veggo  che  le  divergenze  d'opinioni,  derivanti  da 
una  leale  ricerca  della  verita ,  riposauo  sopra  errori ,  allora  io  mi  abban- 
dono  volentieri  ad  una  spiegazione,  guidato  dal  sentimento  dell'equita. 

«  Voi  indirizzate  nella  vostra  esposizione ,  con  termini  ( non  lo  nego ) 
rispettosissimi ,  alcuni  rimproveri  al  mio  Governo,  volendolo  paragonare 


CRONACA 

con  quello  passato  di  triste  ricordanza.  Yoi  operate  cosi,  ignorando,  co- 
me voi  stessi  avete  confessato  a  piu  riprese  lo.^tato  degli  ultimi  avveni- 
menti  relativi  alle  faccende  ecclesiastiche. 

«  lo  vi  consiglio  amichevolmente,  a  questo  proposito,  di  non  giudicare 
per  1'avvenire  severamente  e  temerariamente,  prima  di  avere  studiata  una 
questione  in  tutti  i  suoi  particolari.  La  calraa,  la  riflessione  e  la  dolcezza 
sono  il  precipuo  ornamento  d'un  dignitario  della  Chiesa.  Yoi  non  sapete 
cio  che  e  avvenuto  a  Roma  fra  Sovrano  e  Sovrano :  non  avete  assistita 
ai  negoziati  col  Nunzio;  voi  non  potete  per  conseguenza  giudicare  da 
che  parte  e  1'  errore  ,  da  qual  parte  vennero  le  usurpazioni ,  se  pure  ve 
ne  furono.  Come  buon  cattolico,  e  Sovrano  fedele  a'miei  doveri,  io  deb- 
bo  coprir  d'un  velo  alcune  cose,  lasciando  a  Dio  e  alia  storia  la  cura 
della  mia  giustificazione ;  ma  desideroe  voglio  rispondere  adalcuni  punti 
della  vostra  esposizione. 

«  Dopo  sette  mesi  di  longanimita  il  mio  Governo  era  in  diritto  d'  as- 
pettarsi  un  Nunzio  ampiamente  rivestito  di  facolta,  per  iinirla  collo  stato 
insopportabile  in  cuisi  trovavano  le  cose,  col  mezzo  di  savie  ed  energi- 
che  riforme  nel  senso  del  verp  cattolicismo.  E  tanto  piu  eravi  ragione 
di  sperarlo  ,  in  quanto  che  il  mio  Ministro  degli  esteri  aveva  spedito  a 
Roma  per  mio  ordine  una  Nota  urgente ,  esponendo  con  leale  franchez- 
za  la  violenta  condizione  in  cui  versavano  le  faccende  ecclesiastiche  ,  e 
la  dura  necessita  in  cui  ci  vedevamo  di  dar  loro  una  soluzione,  se  noa 
interveniva  un  pronto  accomodamento.  Alcuni  documenti  provano,  che 
questa  Nota  era  giunta  a  Roma  prima  della  partenza  del  Nunzio. 

«  Nella  dolce  speranza  di  questo  pronto  regolamento  si  desiderate^ 
noi  abbiamo  ricevuto  il  Nunzio  con  le  distinzioni  raramente  concedute 
a  un  dignitario  della  Chiesa.  Io  feci  piu  di  quello  che  ordinariamente 
fanno  i  Sovrani :  invitai  il  Nunzio  fin  da'  primi  giorni  del  suo  arriva 
ad  una  lunga  conferenza  con  me:  gli  indicai  colla  piu  grande  Iran- 
chezza ,  forse  con  troppa  fidu^ia ,  tutti  i  punti  su'  quali  il  mio  Governo 
poteva,  e  quelli  su'  quali  non  poteva  cedere.  Questi  punti  erano  stati 
indicati  dalla  mia  coscienza  e  dal  mio  dovere  dopo  un  attenlo  studio.  II 
Nunzio  fu  molto  esplicito  a  questa  conferenza;  mi  dichiaro  che  aveva 
poteri  per  diversi  punti,  e  che  per  il  resto  si  sarebbe  trattato  con  Roma 
mediante  un  Concordato. 

«  II  mio  piu  vivo  desiderio  era  cosi  avverato  in  gran  parte ;  ma  co- 
noscendo  1'  eccessiva  lentezza  del  disbrigo  degli  affari  a  Roma ,  pregai 
il  Nunzio  a  trovare,  diaccordo  col  mio  Ministro  della  giustizia  e  de'culti^ 
un  mezzo,  che  aspettando  la  soluzione  detinitiva  de'  punti  in  quistione, 
tranquillizzasse  la  nazione ,  testimoniando  la  nostra  sollecitudine  paterna 
e  la  buona  e  leale  volonta  del  nostro  Governo. 

«  Nella  sua  prima  conferenza  col  mio  Ministro,  il  Nunzio  si  espresse 
nel  modo  medesimo  che  con  me.  II  nostro  Governo  si  abbandono  allora 


CONTEMPORANEA 

alle  piu  care  speranze.  Ventiquattr' ore  dopo  questa  conferenza ,  con- 
traddicendo  a  cio  che  aveva  affermato  il  giorno  innanzi,  11  Nunzio  di- 
chiaro  che  non  aveva  poteri ,  e  lo  fece  quindi  conoscere  al  Ministro  in 
una  lettera  concepita  in  termini  assai  singolari ,  contidando  in  tutta  la 
nostra  indulgenza  e  in  tutta  la  nostra  dolcezza.  II  concorso  dei  due  po- 
teri adunque  mancava.  Come  fare  senza  questo  concorso  un  Concordato 
o  un  accomodamento  qualunque? 

«  Dopo  cio  il  mio  Governo,  che  ha  la  coscienza  della  sua  dignila  e  del 
suo  dovere,  non  poteva  aspettare  altri  tre  mesi  per  esporsi  ad  una  solu- 
zione  simile,  e  lasciare  cosi  pendenti  quistioni  di  un  interesse  vitale  pel 
paese  ,  tanto  piu  che  il  Governo  non  pretendeva  a  nuila  che  non  fosse 
praticato  gia  in  altri  paesi  cattolici,  senza  opposizione  per  parte  della 
Santa  Sede. 

«  La  grande  pluralita  della  nazione  esige ,  ed  ha  diritto  d'  esigere, 
quella  soluzione.  Sopra  ad  un  tal  punto  sono  in  grado  di  giudicare  coil 
piu  sicurezza  di  voi,  Monsignori,  perche  ho  percorso  una  gran  parte  delle 
vostre  diocesi,  mentre  voi  siete  rimasti  nella  Capitate,  dopo  il  vostro  ri- 
torno  dall'  esilio.  Per  cio  stesso  ,  e  dopo  matura  riflessione ,  dopo  aver 
consultata  la  mia  coscienza  ,  dopo  avere  ascoltato  il  parere  di  degni  teo- 
logi ,  io  mi  sono  deciso  ad  un  atto ,  che  non  ferisce  per  nulla  il  dogma 
della  religione  cattolica,  e  assicura  d'  altra  parte  ai  nostri  concittadini  la 
libera  esistenza  della  legge. 

«  Io  voglio,  prima  di  finire,  richiamare  la  vostra  attenzione  su  d'  un 
errore,  nel  quale  siete  caduti.  Voi  dite  che  la  Chiesa  messicana  non  pre- 
se  mai  parte  agli  avvenimenti  politici.  Piacesse  a  Dio  che  fosse  cosi  1 
Ma  esistono  tristi  document],  i  quali  provano  chiaramente  che  i  dignita- 
rii  stessi  della  Chiesa  si  sono  gettati  nelle  rivoluzioni ,  e  che  una  parte 
del  Clero  spiego  ima  resistenza  molto  attiva  contro  lo  Stato. 

«  Convenite,  miei  stimabili  Prelati,  che  la  Chiesa  messicana,  per  una 
deplorevole  fatalita,  si  e  troppo  immischiata  nella  politica  e  nelle  faccen- 
de  de' beni  temporali,  negligendo  percio  Tistruzione  cattolica  del  suo 
gregge. 

«  Si!  il  popolo  messicano  e  pio  e  buono;  ma  non  e  ancora  in  gran 
parte  cattolk-o  nel  vero  senso  del  santo  Yangelo,  e  non  per  sua  colpa.  Ha 
bisogno  che  lo  s'  instruisca ,  che  gli  si  amministrino  i  sacramenti ,  come 
Tuole'il  Vangelo  ,  gratuitamente.  Ma  il  Messico  sara  cattolico,  ve  ne 
assicuro.  Dubitate,  se  vi  piace,  del  mio  cattolicismo  ;  1'  Europa  conosce 
da  lungo  tempo  i  miei  sentimenti ;  il  Santo  Padre  sa  come  io  la  penso ; 
le  chiese  di  Germania  e  di  Gerusalemme ,  che  1'Arcivescovo  di  Messico 
conosce  quanto  me ,  mi  sono  buoni  testimonii  su  questo  punto ;  ma  buou 
cattolico  come  sono,  saro  altresi  Un  principe  giusto  e  liberale. 

«  Ricevete  1'espressione  del  mio  affetto.  Firmato  MASSIMILIANO.  ». 


124  CRONACA 

Lette  queste  cose,  il  Debats  parigino  ne  meno  gran  festa,  e  comincio 
a  dar  la  baia  al  Monde,  rinfacciandogli  che  era  andato  tanto  in  sollucche- 
ro  per  la  pieta  cattolica  di  Massirailiano  I,  e  che  cosi  s'era  tirato  addosso 
la  vergogna  d'essere  corbellato,  trovando  in  lui  il  sangue  di  Giuseppe  II. 
Noi  non  crediamo  che  1'Imperatore  abbia,  col  solo  firmare  questalettera, 
dato  giusta  cagione  di  essere  riputato  infetto  de'  principii  Febbroniani  e 
Giansenistici,  onde  quel  suo  antenato  riusci  tanto  funesto  alia  Chiesa  cat- 
tolica. Ma  ben  possiamo  stimare  assai  profondo  il  rammarico  eccitato  in 
tutti  i  buoni  cattolici ,  al  yedere  firmata  col  nome  di  Massimiliano  I  una 
scrittura ,  ispirata  forse  da  influenze  poderose  e  straniere ,  la  quale  non 
possiamo  credere  ne  concepita  ne  dettata  da  un  Principe,  che  diede  tan- 
te  e  si  belle  prove  di  specchiatissima  religione.  Imperocche  ci  parrebbe 
di  fargli  troppa  ingiuria  nell'  ammettere,  ch'  egli  fosse  capace  di  levar 
cattedra  di  insegnamento  cattolico  addosso  a'  Vescovi,  rampognandoli  di 
fallire  contro  la  mitezza  evangelica,  di  giudicare  temerariamente,  di  aver 
trasandato  il  sacro  loro  Ministero  per  intrigarsi  nelle  cose  politiche,  di 
aver  negletta  1'istruzione  de'popoli  quanto  alle  cose  di  religione,  appo- 
nendo  ad  essi  la  colpa  del  non  essere  quelli  «  in  gran  parte  cattolici  nel 
yero  senso  del  Yangelo  ».  Peggio  ancora:  quell' insinuare  che  Y  ammi- 
nistrazione  de'  Sacramenti  si  faccia  in  forma  che  pute  di  simonia,  cioe 
non  gratuitamente  ;  e  quell'  assumersi  1'  incarico  di  fare ,  checche  vo- 
gliano  i  Vescovi ,  che  i  Messicani  diventino  cattolici,  quasicfee  possa  es- 
serci  un  cattolicismo  diverse  da  quello  che  insegnano  i  Yescovi.  Anche 
peggio  quel  vantarsi  sicuro  in  coscienza,  per  aver  operato  secondo  il 
consiglio  di  ignoti  teologi ,  contro  i  diritti  cosi  altamente  rivendicati  dal- 
la  Santa  Sede,  dall'  Episcopato,  da  tutto  il  Clero  e  da  quasi  tutti  gli  stes- 
si  laici  cattolici. 

Ne  meno  e  biasimevole  in  questa  lettera,  o  certamente  e  fondata  sopra 
un  deplorabile  abbaglio,  quella  figura  oratoria  di  preterizione :  «  Voi  non 
sapete  cio  che  e  avvenuto  a  Roma  fra  Sovrano  e  Sovrano,  non  avete  as- 
sistito  ai  negoziati  col  Nunzio;  voi  non  potete  per  conseguenza  giudicare 
da  che  parte  e  1'errore,  da  qual  parte  vennero  le  usurpazioni,  se  pure  ve 
ne  furono.  Come  buon  cattolico  e  sovrano  fedele  a'  miei  doveri ,  io  debbo 
coprir  d'un  velo  certe  cose  ecc.  »  Appunto  perche  ci  sta  a  cuore  il  rispet- 
to  alia  maesta  di  Massimiliano  I,  ci  e  caro  di  credere,  che  tali  parole  non 
poterono  mai  uscire  dalla  sua  penna.  E  non  valgono  esse  quanto  I'accu- 
sare  il  Papa  Pio  IX  ed  il  suo  rappresentante,  d'aver  commesso  slealta  ed 
usurpazioni?  E  con  qual  fondamento?  Forse  con  quello  delle  trattative 
fatte  in  Roma  da  Sovrano  a  So.vrano?Qr  bene,  giova  ripetere  cio  che  al- 
tra  volta  riferimmo  dall5 Osservatore  Romano :  «  Nei  brevi  momenti,  in  cui 
Sua  Maesta  messicana  si  trattenne  a  Roma,  non  ebbe  luogo  la  menoma 
apertura  di  negoziati ,  tendenti  alia  composizione  delle  cose  ecclesiasti- 


CONTEMPORANEA  125 

che  e  religiose  del  Messico.  Che  anzi,  se  certi  ragguagli  non  fallano, 
1'  Iraperatore  avrebbe  sempre  evitato  di  entrare  in  siffatte  materie,  ri- 
serbandosi  di  trattarne  col  Nunzio  ».  Questa  mentita  categorica  non  e 
indirizzata  solo  al  Memorial  diplomatique,  ma  si  a  qualunque  ha  comu- 
ni  con  lui  le  affermazioni  contrarie.  Posti  fra  un  no  della  Santa  Sede,  ed 
tin  s\  di  qualsivoglia  personaggio ,  niun  uomo  cordato  s'  indurra  mai  a 
credere  piuttosto  al  s\  che  al  no;  e  preferira  sempre  di  ammettere  che, 
essendo  yerissimo  il  no,  sia  forse  scusabile  il  si  per  qualche  equiyoco, 
ovvero  per  quelle  perficlissime  arti,  onde  i  /z^m/isannocirconvenireun 
Principe,  quantunque  savio  e  'di  ottime  intenzioni,  e  fare  in  nome  suo, 
o  costringerlo  a  fare  sotto  1'  iropero  d'unaillusoria  necessita,  anche  quel- 
lo  a  che  la  sua  coscienza  libera  si  rifmterebbe. 

Le  lodi  amplissime,  date  dai  giornali  de'Frammassoni  a  codesta  lettera, 
dovrebbero  bastare  a  mettere  quel  Goyerno  in  dubbio  almeno ,  se  non 
ad  accertarlo ,  circa  la  dirittura  o  la  peryersita  della  yia  per  cui  egli 
e  sospinto,  e  circa  la  bonla  degli  spedienti  posti  in  opera  per  troncare  le 
quistioni  religiose,  dando  ragione  ai  tristi  ed  aggiungendo  ai  danni  della 
Chiesa  anche  le  piu  grayi  accuse  e  la  severita  de'proyyedimenti  dispotici 
delle  regalie. 

II  Nunzio  pontificio  mando  al  Ministro  degli  Affari  esterni  messicano 
una  gagliarda  protestazione  contro  il  Decreto,  da  noi  riferito  1'altra  yolta, 
per  cui  son  rimesse  in  yigore  tutte  le  piu  rigide  cautele  di  Placet  e  d'#~ 
ocequatur  sopra  tutti  gliAtti,i  Rescritti,leBolIe  e  perfmo  i  Dispacci  della 
Santa  Sede.  II  signor  Ramirez  rispose  con  forme  degne  del  tono  assun- 
to  nel  riscontro  fatto  alia  lettera  de'  Vescoyi.  Ma  siccome  questo  ci  e  no- 
to  solo  per  una  relazione  del  Memorial  diplomatique,  c'  indugiamo  a 
buon  diritto  di  recarne  giudizio,  finche  non  abbiamo  sotto  gli  occhi  il  te- 
sto  di  tali  documenti. 

Questo  nostro  riserbo  nel  dar  retta  alle  notizie  del  Memorial  diploma- 
tique ci  e  imposto  dalla  certezza  del  poco  criterio ,  per  non  dire  altro  , 
con  che  egli  procede  nell'affermare  o  negare,  secondo  che  mette  a  bene 
per  la  causa  da  lui  sostenuta.  Di  che  abbiamo  noyella  proya  nella  perti- 
nacia,  con  cui  codesto  periodico,  nel  suo  n.  12  del  19  Marzo,  pag.  191, 
torno  a  ribadire  le  falsita  da  noi  rifmtate  nel  discorrere  piu  sopra  delle 
cose  romane,  mantenendo,  come  pretta  yerita,  contro  la  categorica  men- 
tita del  Giornale  di  Roma,  la  fayola  dei  trattati  diplomatici  del  sig.  Kint 
di  Roondendeck ,  e  delle  formali  promesse  da  lui  ottenute  dalla  S.  Sede. 
E  di  tal  sua  pertinacia  non  sa  allegare  altra  cagione  che  le  parole  della 
riferita  lettera:  To*  non  sapete  do  che  e  avvenuto  a  Roma  da  Sovrano  d, 
Sovrano;  le  quali  per  se  tendono  a  geltare  sul  Sommo  Pontefice  una  taccia 
di  slealta,  o  smemorataggine;  ma  nonprovano,  ne  puntonepoco  esserye- 
ra  la  negata  e  falsa  missione  del  suddetto  diplomatico.  Che  logica  e  que- 


126  C  RON  AC  A 

sta?  Per  mantener  vera  la  missione  del  Kint ,  si  allegano  trattatiye  tra 
Massimiliano  I  ed  il  Papa!  Dato  che  queste  fossero  vere,  non  potrehbe 
esser  falsa  quella  missione?  Che  nesso  passa  tra  quelle  e  questa? 

Certo  e  che  il  Goyerno  imperiale  dee  aver  capito  da  se  stesso  che  il 
troncar  colla  sciabola  le  quistioni  non  le  risolye,  ma  piuttosto  le  aggra- 
Ta ;  e  percio  si  volse  al  partito  di  spedire  a  Roma  una  Deputazione  pre- 
sieduta  dal  suo  ministro  di  Stato,  Velasquez  de  Leon  ,  per  trattare  colla 
Santa  Sede  il  bramato  componimento.  Ma  questo  non  sarebb'egli  riuscito 
assai  piii  facile,  senza  i  fatti  compmti  sullo  scorcio  del  passato  Decem- 
bre  e  dei  primi  giorni  del  Gennaio? 

3.  Per  dimostrare  la  yerita  di  quel  che  ayeano  asserito  i  Yescovi,  cioe 
che  il  popolo  messicano  aborre  dalla  legale  introduzione  del  protestan- 
tesimo  ,  ancorache  sotto  forma  di  pura  tolleranza  ,  ayremmo  in  pronto 
molti  fatti  e  molti  segui  di  aperta  riproyazione,  dati  pubblicamente  ai 
Goyerno  anche  dal  minuto  popolo ,  e  riferiti  in  molte  corrispondenze  di 
cola,  ed  anche  de'giornali  de'Frammassoni.  Ma  ci  vogliamo  contentare 
di  trascriyere  1'  Indirizzo  che  ,  messo  a  stampa  nel  giornale  messicano 
La  Sociedad,  fu  spedito  all'  Imperatore  con  la  firma  di  molte  e  cospicue 
Gentildonne,  che  in  tal  congiuntura  non  yollero  lasciare  ad  alcuno  il 
diritto  di  parlare  in  loro  nome. 

a  Sire.  Noi  che  qui  ci  sottoscriviamo  ,  suddite  di  Y.  M.  e  cattoliche 
sopra  ogni  cosa ,  rimostriamo  rispettosamente  ,  come  sia  giunta  alle  no- 
stre  orecchie  la  yoce,  che  si  pretenda  strappare  dal  pio  animo  della 
M.  V.  il  funesto  decreto  di  tolleranza  dei  culti,  o  meglio,  delle  pubbliche 
sette,  nemiche  dichiarate  della  fede  della  Chiesa. 

«  Atterrite  giustamente,  come  cattoliche,  come  amiche  dell'Impero  e 
come  spose  e  madri  di  famiglia  ,  temiamo  per  la  santa  Chiesa,  temiamo 
per  Y.  M.  e  temiamo  pei  nostri  figli  e  mariti. 

«  I  dissidenti  aborrono  e  perseguono  la  Chiesa  in  ogni  tempo ,  e  tur- 
Jbano  incessantemente  la  pace,  origine  di  tutti  i  beni  sociali.  Noi  pertan- 
to,  nella  nostra  qualita  di  cattoliche,  difendiamo  la  fede  e  con  la  fede  la 
liberta  della  Chiesa  e  la  pubblica  pace. 

«  Amiamo  V.  M.,  cui  acceltammo  con  yiyo  entusiasmo,  perche  sape- 
vamo  che  era  un  Principe  cattolico  egualraente  e  pio ,  degno  discendente 
del  grande  Carlo  V ;  e  temiamo  per  1'augusta  persona  di  V.  M. ,  perche 
*iamo  conyinte  che  questo  fatale  decreto,  alia  cui  sanzione  la  inducono  i 
suoi  cordiali  nemici ,  alienera  pur  sempre  da  Lei  tutti  i  cuori  veramente 
messicani,  che  non  yogliono  altra  fede  da  quella  della  Chiesa  romana. 

«  Temiamo  finalmente ,  come  madri  e  spose ,  perche  1'errore  legitti- 
mato  pud  corrompere  i  cuori  e  le  menti  dei  nostri  mariti ,  e  turbare  per 
sempre  la  pace  delle  famiglie  ,  col  pericolo  della  eterna  perdizione  delle 
anime. 


CONTEMPORANEA 

«  Per  le  quali  cose,  e  per  quel  molto  piii  che  omettiamo  per  amore  di 
brevita  ,  preghiamo  la  M.  V.  die  ,  ricordandosi  come  Iddio  la  condusse 
al  Messico  per  salvarne  la  indipendenza  e  la  santissima  religione  ,  non 
ascolti  i  consigli  di  uoraini  disonesti ,  e  non  permetta  che  nel  Messico 
v'abbia  altro  culto  che  il  cattolico,  apostolico,  romano.  Cosi  Iddio  La  li- 
berera  da  tutti  i  neinici,  ne  assodera  il  trono  e  la  dinastia,  la  colmera  di 
benedizionL 

<(  Ora  per  incidente  aggiugneremo ,  che  dalla  pieta  e  munificenza  del 
regio  suo  cuore  speriamo  eziandio  ,  che  volga  una  occhiata  di  compas- 
sioue  ai  ministri  del  Signore,  immersi  in  una  penosa  miseria,  ed  alle  ver- 
gini  consacrate  allo  stesso  Signore  nostro  Dio.  Le  quali  si  consumano 
d'inedia  e  di  dolore,  ne  per  essere  spogliate  dei  loro  beni  legiltimi  e  del 
loro  chiostri,  ed  essere  fa  tie  segno  alia  persecuzione  dei  libertini  e  degli 
empii,  ebbero  altro  delitto  che  la  loro  virtu.  Supplichiamo  pertanto  alia 
M.  V.  che  annuisca  alia  nostra  petizione.  »  (Seguono  molte  firme). 

4.  Mentre  cosi  ferve  il  contrasto  per  le  cose  di  religione  ,  e  ben  lungi 
dall'essere  cessato  ogni  pericolo  per  le  faccende  politiche  e  militari.  II 
Yaldes,  che  prima  avea  aderito  all'  Impero ,  e  poi  sollevata  la  bandiera 
della  ribellione  a  Toluca  ,  vi  mando  a  fuoco  le  messi  ed  i  granai ,  onde 
traeva  suoi  approvigionamenti  la  Capitale;  quindi,  dispersa  la  sua  ban- 
da  al  sopraggiungere  degli  imperiali  franeesi  e  della  legione  straniera, 
si  trasse  in  salvo.  Un  altro  capo  di  guemglieri ,  il  Rojas ,  con  due  suoi 
colleghi,  Herrera  e  Cairo,  si  sono  impadroniti  di  Zapatlan.  Un  altro  capo- 
banda,  il  Corona,  batte  la  campagna  nello  spartimento  di  Sinaloa,  e  ren- 
de  mdsicuro  1'uscire  da  Mazatlan.  Le  quali  cose  ,  che  forse  non  sono 
esenti  da  esagerazioni ,  vennero  pubblicate  dalla  Gazzetta  di  Wurtz- 
bourg,  come  ricevute  da  uno  dei  volontarii  alemanni  di  cola.  Ma  e  certo 
che  i  soldati  franeesi  uccisi  o  fatti  prigionieri  nel  combattimento  contro 
il  Rosales,  di  cui  abbiam  dato  conto  nel  quaderno  precedente  ,  erano  da 
122  ;  e  questo  rovescio  incoraggi  molto  le  bande  nemiche,  le  quali  pro- 
seguono  a  sperperarsi  quando  si  trovano  a  fronte  degli  imperiali ,  loro 
aprono  il  passo,  poi  si  rannodano  alle  loro  spalle ,  e  talvolta  si  accostano 
fino  alia  Capitale.  Di  che  1' International  di  Londra  gitto  voce,  molto  ac- 
creditata  anche  presso  piu  giornali  franeesi ,  che  si  debbano  spedire  cin- 
que mila  uomini  di  rinforzo  al  Bazaine ,  invece  di  richiamare  in  Francia 
lui  ed  il  suo  esercito ,  come  avea  annunziato  Napoleone  III  alii  15 
Febbraio. 

Ma  un'  insigne  vittoria,  riportata  dal  Bazaine,  avra  forse  a  quest'  ora 
mutato  1'  aspetto  delle  cose.  Dicemmo  che  il  repubblicano  Porfirio  Diaz 
s'era  assai  fortificato  in  Oajaca.  Tra  fanti  e  cavalli ,  egli  aveva  a'  suoi 
ordini  un  7,000  uomini.  II  Bazaine  voile  d'  un  colpo  sterminare  questo 
nucleo  di  resistenza  ,  e  da  piu  parti  ad  un  tempo ,  con  istenti  infiniti , 


128  CRONACA  CONTEMPORANEA 

aprendo  vie  pei  monti,  tra  boschi  e  burroni,  fece  giugnere  parecchi  cor- 
pi  di  truppe  sulle  allure  circostanti  ad  Oajaca.  II  Diaz  mando  fuori  un 
3,000  cavalli ,  perche  molestassero  il  nemico,  i  quali  non  polerono  phi 
rientrare;  ma  non  si  attento  di  uscire  colla  fanteria  alia  campagna,  do- 
ve avrebbe  doyuto  affrontare  un  esercito  dieci  -volte  maggiore  del  suo, 
Attese  dunque  a  premunirsi  di  difesa  contro  1'  assedio.  Ma  il  Bazaine, 
sollecitata  la  costruzione  delle  batterie,  comincio  a  flagellare  di  bombe 
si  fieramente  la  citta,  che  il  presidio,  impossibilitato  a  durare  nella  di- 
fesa, si  arrese  a  discrezione,  in  numero  di  4,000  uomini ,  restando  in 
polere  degli  imperial! ,  con  tutta  la  citta  e  copiosi  magazzini  d'  armi  e 
munizioni ,  anche  60  pezzi  di  buona  artiglieria.  II  Porfirio  Diaz ,  non 
ayendo  a  sperar  misericordia  dai  yincitori ,  cerco  scampo  nella  fuga ; 
ma  perseguitato  e  preso ,  fu  punito  con  1'estremo  supplizio  e  fucilato. 
La  yittoria  parve  si  importante,  che  ne  fu  data  notizia  ufficiale  al  Cor- 
po  legislative  di  Francia,  alii  18  di  Marzo,  per  rassicurar  tulti  sopra 
il  felice  esito  della  spedizione  messicana. 


DEL  DOVERE  DI  TUTELA 

CHE  LO  STATO  HA  VERSO  LA  CHIESA 


I. 

Aspetto  delta  quislione. 

La  pretesa  liber  la  di  coscienza  e  di  cullo  puo  considerarsi  sotto 
due  aspetti :  in  se  medesima,  o  come  conseguonza  della  nalura  del- 
lo  Stalo.  Considerata  in  se  medesima  alcuni  la  difendono  qual  diritto 
essenziale  dell'  uomo ;  altri  qual  espedienle  politico  pel  maggior  be- 
ne  della  societa.  Noi  vedemmo  nel  precedente  articolo  come  sa- 
pientemente  il  Pontefice,  quanto  a  diritto  la  dichiara  delirio,  quanto 
a  spediente  politico  la  dichiara  mezzo  di  perdizione  1. 

E  delirio  come  diritto,  perche  dovrebbe  fondarsi  o  nel  panteismo, 
o  tiell'  indipendenza  della  crealura  dal  Creaiore,  o  nella  negazione  di 
diversila  del  vero  dal  falso.  In\7ece  del  dirilto  di  credere  a  lalento, 
1'uomo  ha  essenziale  dovere  di  accetlare  la  verila  da  Dio  rivelata,  e 
conformare  ad  essa  le  proprie  azioni.  Che  se  per  mala  venlura  non 
sia  ancor  giunto  a  ravvisare  tal  verila  rivelata  ,  ha  stretta  obbliga- 
zione  di  porre  ogni  opera  per  venirne  a  capo.  II  solo  diritlo  che  gli 
compete  in  tulta  questa  faccenda ,  e  di  esservi  condotto  per  via  di 
persuasione  e  non  costretto  colla  violenza.  Ma  do  appunto  la  Chiesa 

1  CIVILTA  CATTOLICA,  Serie  YI,  vol.  I,  pag.  413. 
Serie  TI,  vol.  //,  fate.  362.  9  30  Marzo  1865. 


130  DEL  DOYERE  DI  TUTELA 

ha  sempre  insegnato  per  organo  de'  suoi  Ponlefici  e  de'  suoi  Dollori  ; 
ed  ha  ripreso  il  falso  zelo  di  que'  principi  che  lalvolta  si  son  dilungali 
da  questa  regola.  L'apostolato  della  spada  fu  mai  sempre  preroga- 
tiva  deirAlcorano,  non  del  Vangelo  1. 

fi  poi  mezzo  di  perdizione  come  espedienle  politico,  si  per  la  di- 
scordia  die  pone  Ira'  citladini,  contraria  al  concelio  stesso  di  sociela  ; 
e  si  per  1'ampia  e  sdrucciolevole  via  che  apre  al  corrom  pimento  e 
alia  royina  di  molte  anime.  L'uomo,  nella  presente  condizione  della 
sua  nalura  ,  ha  bisogno  di  molti  aiuti  e  di  molte  caulele  ,  per  pre- 
servarsi  dai  sofismi  dell'  errore  e  dagli  alletlamenli  del  vizio;  ne  le 
moltiludini  imperile  o  la  giovenlu  inesperta  trovano  in  loro  slesse 
sufficiente  schermo  contro  le  arti  di  se'dultori  eloquenti  ed  astuti. 

Questi  due  punti  ,  relalivi  alia  considerazione  della  liberta  di  co- 
scienza  ,  considerate  in  se  medesima,  furono  cla  noi  bastevolmento 
messi  in  chiaro  2.  Resta  ora  che  ci  Yolgiamo  all'  allra  considera- 
zione ,  a  quella  cioe  che  riguarda  la  liberta  di  coscienza  e  di  culti 
come  conseguenza  della  natura  dello  Stato.  Lo  Stato,  dicono  alcuni? 
per  se  medesimo  non  ha  che  fare  colla  religione,  ne  ha  per  compito 
1'eterna  salute  dei  ciltadini.  Esso  non  puo  dare  la  verila  ,  di  cui  e 
sola  ministra  la  Chiesa  ;  e  bench  e  riconosca  essa  Chiesa,  tuttavia  e 
da  lei  distinto.  Dunque  ,  benche  sia  innegabile  che  niuno  ha  diritlo 
all'  errore  ,  e  che  pero  la  liberla  di  coscienza  non  puo  approval's! 
dalla  Chiesa  ;  tullaYia  lo  Stato  dee  permellere  1'  errore  e  lasciare 
libera  balia  a  ciascuno  di  seguire  o  predicare  qualsivoglia  creden- 
za,  purche  non  si  opponga  alia  pubblica  tranquillita.  Almeno  cio  im> 
porta  1'idea  di  societa  incivilita  e  ottimamente  forma  la. 

Questa  falsa  opinione  altresi,  di  non  riconoscere  nello  Stato  il  do- 
vere  di  proteggere  colle  sue  leggi  la  Chiesa  ,  e  riprovata  nell'  Enci- 
clica  ponlificia  :  Contra  sacrarum  Lilterarum  ,  Ecclesiae  ,  sancto- 
rumque  Patrum  doctrinam  asserere  non  dubitant  optimam  esse  con- 
ditionem  societatis,  in  qua  Imperio  non  agnoscitur  officium  coercendi 
sancitis  poenis  violatores  catholicae  religionis  ,  nisi  quatenus 


1  Vedl  PHILLIPS,  Du  droit  ecdesiastique  etc.  tome  seconde,  §.  98.  Defense 
d'employer  la  contrainte  pour  convertir. 

2  GIVILTA  CATTOLICA,  Serie  VI,  vol.  I,  pag.  413. 


CHE  LO  STATO  HA  VERSO  LA  CHIESA  131 

publica  poslulat.  Nel  qual  luogo  lorniamo  ad  avverlire,  cio  che  ab- 
biamo  awerlito  allre  volte,  cioe  non  parlarsi  dal  Pontefice  dell'ipo- 
tesi  particolare  di  tale  o  tal  societa ,  la  quale  puo  Irovarsi  in  cosi 
fatta  contingenza  ,  attese  le  division!  religiose  gia  in  lei  radicate , 
che  la  prudenza  consigli  civil  tolleranza  rispetlivamenle  a  lulli  i  culti, 
senza  protezione  speciale  dell'  unico  vero.  Ma  il  Ponlefice  parla  del- 
la  tesi  generale ,  ossia  della  raassima  in  ordine  all'  ottiraa  forma  di 
reggimenlo ,  vale  a  dire  a  quella  forma  di  reggimento  die  meglio 
dsponda  all'  idea  divina  e  alia  felicila  dei  popoli. 

Vuol  lenersi  d'  occhio  in  quesla  materia  cio  che  Cristo  ne  insegna 
in  una  delle  parabola,  da  lui  recate  nel  capo  decimoterzo  di  S.  Mat- 
teo.  « II  regno  dei  deli,  ossia  la  Chiesa,  egli  disse,  puo  rassorni- 
gliarsi  a  un  Padre  di  famiglia ,  il  quale  semino  del  buon  grano  nel 
proprio  campo.  Dormendo  i  coloni,  venne  un  suo  nemico  e  vi  sopras- 
semino  la  zizzania..  Essendo  quesla  apparsa,  lostoche  crebbe  il  fru- 
mento  ,  i  servi  del  Padre  di  famiglia  andarono  a  lui  e  gli  dissero : 
JNon  hai  tu  pianlato  ottimo  grano  nel  campo?  Donde  dunque  colesto 
loglio?  E  opera  del  mio.  nemico ,  rispose  il  Padrone.  Ed  essi  a  lui : 
Or  vuoi  lu  che  andiamo  e  lo  slerpiamo  dal  campo?  No;  quegli  re- 
plico ,  perche  ci  sarebbe  rischio  che  slerpaste  insieme  col  loglio  il 
frumento.  Lasciate  che  crescano  entrambi  insino  alia  messe ;  e  allora 
diro  ai  mietilori  che  raccolgano  la  zizzania  per  gittarla  nel  fuoco,  e 
il  frumenlo  per  conservarlo  ne'  miei  granai  1  ».  Qui  apertamente  il 
padre  di  famiglia  credelte  di  doyer  dare  anche  alia  zizzania  liberta  di 
vegetazione,  posto  il  male  dell'essersi  di  gia  abbarbicata  nel  .campo; 

1  Simile  factum  est  regnum  caelorum  homini  qui  seminavit  bonum  semen 
in  agro  suo.  Cum  autem  dormirent  homines,  venit  inimicus  eius  et  supersemi- 
namt  zlzanla  in  medio  trilici,  et  abut.  Cum  autem  crevisset  herba  et  fructum 
fecisset,  apparuerunt  et  zizania.  Accedentes  autem  servi  patrisfamilias ,  di- 
.xerunt  ei :  Nonne  bonum  semen  seminasti  in  agro  tuo?  Unde  ergo  habet  zi- 
zania?  Et  ait  illis :  Inimicus  homo  hoc  fecit.  Servi  autem  diccerunt  ei :  Visf 
imus  et  colligimus  ea?  Et  ait:  Non;  ne  forte  colliyentes  zizania  eradicetis 
simul  cum  eis  et  triticum.  Sinite  utraque  crescere  usque  admessem;  etin  tern- 
pore  messis  dicam  messoribus  :  Colligile  primum  zizania  et  alligate  ea  in  fa- 
•sciculos  ad  comburcndum ;  Iriticum  aulem  congregate  in  horreum  meum. 
MATTH.  c.  XIII. 


132  DEL  DOYERE  DI  TUTELA 

ma  non  per  questo  riputo  una  tale  necessila  cosa  buona  per  se  mede- 
sima,  ne  approve  la  negligenza  de'  colon!  d'  aver  lasciato  agio  all'av- 
versario  di  penetrare  nel  suo  podere.  Quella  concessione  fa  voluta 
dallo  stesso  Padre  di  famiglia  come  opporluna  al  presente  stato  di 
cose,  ma  tuttavia  la  dichiaro  disastro ,  inimicus  homo  hoc  fecit; 
disastro  peraltro  da  comporlare  per  fuggire  maggiori  danni,  ne  for- 
te colligentes  zizania  eradicetis  simul  cum  els  et  Irilicum. 

II. 

Di  ire  capi,  per  cut  lo  Stato  e  obbligato  a  protegyere 
colle  sue  leggi  la  Chiesa. 

Che  lo  Stato  debba ,  colle  sue  leggi ,  proteggere  la  religione  cat- 
tolica ,  puo  rilevarsi  da  un  triplice  ordine :  da  quello  in  die  esso  e 
Yerso  i  sudditi ,  da  quello  in  che  esso  e  verso  la  Chiesa ,  da  quello 
in  che  esso  e  verso  Dio. 

I.  Lo  Stato  ha  dovere  d'  assicurare  e  proteggere  da  ogni  offesa  i 
dirilti  dei  cittadini.  Ora  i  ciltadini  han  dirilto  a  non  essere  scando- 
lezzali  da  pubblica  scostumatezza ,  a  non  soffrire  che  i  loro  figliuoli 
vengano  corrotti  nella  mente  o  nel  cuore'da  insidie  di  seduttori ,  a 
non  vedere  vilipesa  e  conculcata  la  loro  fede  dall'  altrui  empielci.  Cio 
e  si  vero  che  nello  Stato  estrasociale  le  famiglie  disperse  avrebbero 
diritto  ad  adoperare  eziandio  la  forza ,  contro  un  vicino  conlumace- 
mente  molesto  e  pregiudiziale  in  punli  di  tanta  rilevanza.  Lo  scan- 
daloso,  il  pervertitore,  il  pubblico  bestemmiatore  di  Dio,  e,  secondo 
ragione,  meritamente  agguagliato  all'ingiusto  aggressore.  Quella  for- 
za dunque  che  ciascun  uomo  avrebbe  diritto  di  adoperare  per  se  me- 
desimo  nella  condizione  ,  come  suol  chiamarsi ,  di  natura ,  convien 
che  venga  adoperala  dallo  Stato,  supposla  la  societa;  e  cio  eziandio 
nell'  ipotesi  liberalesca  che  il  dirilto  sociale  non  sia  allro  che  il  di- 
ritto colletlivo  dei  singoli  associati. 

Di  piu,  dove  la  diversila  di  culti  non  abbia  talmente  invasa  la  so- 
cieta, che  sia  entrata  nelle  idee,  nelle  abitudini,  nei  coslumi  del  po- 
polo;  il  possesso  della  vera  religione  e  bene  non  di  soli  privati,  ma 
sivveramente  della  comunanza.  Ora  e  dovere  strellissimo  dello  Stato 


CHE  LO  STATO  HA  VERSO  LA  CHIESA  133 

lulelare  co'mezzi  suoi  la  conservazione  de'  beni  social!,  e  assicurarli 
da  ogni  assalto  interne  od  esterno.  II  die  ha  tanlo  phi  forza  nella 
presente  maleria  ,  in  quanlo  la  religione  non  e  un  bene  qualunque , 
ma  e  il  bene  massimo  dell'uomo;  giacche  riguarda  isuoi  elerni  de- 
stini :  ed  e  bene  altresi  massimo  della  sociela,  la  quale  trova  in  essa 
il  suo  piu  valido  fondamento.  Se  dunque  e  dovere  dello  Stato  pro- 
teggere  colle  sue  leggi  gli  altri  beni  inferiori ,  quanto  piu  questo 
che  li  supera  tutli? 

In  fine  lo  Stato  ha  massimamente  dovere  di  proteggere  V  impo- 

tenza  del  debole  contro  la  prepotenza  del  forte.  Ora  1*  abuso  della 

forza  puo  aver  luogo,  come  nell'ordine  materiale,  cosi  ancora  nell'or- 

dine  morale.  Chi  ha  maggiore  ingegno,  maggiore  dottrina,  maggiore 

eloquenza,  ha  in  mano  un'arme  potentissima  come  pel  bene  cosi  pel 

male,  e  puo  agevolmente  abusarne  in  danno  allrui.  II  rozzo,  1'idiota, 

1'  uomo  di  scarso  intelletto  non  ha  per  se  stesso  mezzi  a  propulsarne 

1'offesa.  In  suo  aiuto  adunque  uopo  e  che  venga  lo  Stato;  se  e  vero 

che  1'impulso  alia  vita  sociale  e  appunto  il  trovare  presidio  in  quel- 

le  cose ,  a  cui  non  e  baslevole  la  individual  debolezza.  E  do  per 

rispetto  al  danno  che  la  religione  de'cittadini  puo  ricevere  dall'al- 

trui  malizia.  Ma  oltre  a  queslo,  non  vuolsi  ometlere  il  conforto  che 

all'  onesla  della  vita  proviene  loro  dal  rigor  delle  leggi ;  essendo  pur 

troppo  vero  che  sopra  gli  animi  grossolani,  de'  quali  in  ogni  parte  del 

mondo  e  composta  la  maggior  parte  delle  moltitudini ,  fanno  meno 

impressione  le  pene  della  vita  avvenire ,  che  quelle  della  presente. 

Onde  S.  Leone  Magno,  nell'  epistola  al  Yescovo  Toribio,  dice  che 

spesso  il  timore  del  gastigo  temporale,  minacciato  dalle  leggi  civili, 

risveglia  nel  cuore  dei  cristiani  traviati  il  pensiero  della  salute  eterna. 

II.  Venendo  ora  al  secondo  capo,  egli  e  certo  che  non  solo  gli  spic- 

ciolati  individui,  ma  le  associazioni  politiche  altresi  sono  membri  di 

questa  gran  Sociela,  da  Cristo  stabilita  nel  mondo,  doe  della  Chiesa. 

Anzi  piu  ancora  le  associazioni  poliliche;  giacche  queste  formano  di- 

reltamente  1'  assegnamento  fatto  a  Cristo  dal  divin  Padre :  Dabo  tibi 

gentes  haereditatem  tuam.  Come  la  famiglia  e  composta  di  particolari, 

e  la  nazione  di  famiglie ;  cosi  la  Chiesa  e  composta  di  Nazioni.  Pero 

essa  fu  dai  Profeli  rappresentata  come  un  impero  da  succedere  agli 


134  DEL  DOYERE  DI  TUTELA 

antichi  irnperi  della  forza ;  il  quale  colla  sua  polenza  morale  avrebbe 
assoggeltata  al  suo  dominio  la  terra.  Ora  i  membri  di  ogrii  societa 
hanno  dovere  di  concorrere  alia  difesa  di  lei,  e  assicurarne  la  pacifica 
esistenza ,  contro  i  perturbatori  di  dentro  o  gli  aggressori  di  fuora. 
Dunque  lo  Stato,  per  cio  stesso  che  e  callolico  e  rappresenta  una  na- 
zione  cattolica,  e  obbligato  a  proteggere  e  difendere  co'  suoi  mezzi  la 
Chiesa.  Che  se  esso,  apostatando,  in  quanto  e  Slato,  dalla  Fede,  nega 
di  compiere  siffalto  dovere  ;  questo  cade  di  natura  sua  nei  singoli  fe- 
deli :  i  quali  certamente  non  possono  in  faccia  alia  Cbiesa  perdere  la 
lor  natura  sociale ,  per  colpa  di  cbi  sarebbe  destinato  a  rappresen- 
tarli.  In  tal  guisa  sorge  nella  societa  urnana  un  necessario  disordine, 
cioe  una  forza  legittima,  iudipendenle  dal  pubblico  depositado  della 
forza ;  ne  e  mera^iglia  che  fiorisca  un  diritto  non  conforme  alia 
condizione  normale ,  quando  questa  Yiene  abbandonala  e  sconvolta. 
Anche  in  Logica ,  slabililo  un  contraddHtorio  principle ,  ne  segue 
di  necessita  una  contraddittoria  illazione.  La  Chiesa  esseiido  stabi- 
lita  da  Dio  come  societa  perfetta,  ha  ricevuto  senza  dubbio  da  lui 
tutti  i  diiitii  necessarii  alia  sua  conservazione.  Altrimenli  conver- 
rebbe  accusar  Dio  d'  incoerenza,  come  colui  che  avesse  yolulo  il  fine 
negando  i  mezzi.  Ora  tra  i  dirilli  proprii  di  una  Societa  perfetta  ci  e 
quello  di  coazione  contro  i  nemici  interni  ed  esterni.  Nello  stato  di 
scambievole  alleanza  tra  lo  Stato  e  la  Chiesa,  il  predetto  diritto  viene 
da  questa  esercilalo  per  mezzo  di  quello,  in  Yirtu  della  tutela  armata 
che  esso  le  porge.  Quinci  1'  idea  delle  due  spade  ,  la  spirituale  e  la 
materiale,  confederate  insieme  a  salute  del  mondo.  Ma  rolta  una  tale 
alleanza ,  ognun  Yede  che  quel  diritto  della  Chiesa  non  puo  perire , 
siccome  risultante  dalla  nalura  slessa  sociale ,  di  cui  non  dallo  Stato 
ma  da  Dio  fu  rivestita. 

Di  phi,  tutti  i  Dottori  insegnano  che  la  potesta  temporale  dev'  es- 
sere  subordinata  alia  polesta  spiriluale ;  anzi  cio  e  slato  espressa- 
menle  definite  da  Bonifazio  VIII,  nella  sua  Bolla  dommatica :  Unam 
sanctam  Ecclesiam.  Molli  sono  gli  argomenti,  con  cui  cio  si  dimostra ; 
e,  per  saggio  ne  togiieremo  qualcuno  dal  Suarez :  a  II  principal  fon- 
damento  di  questa  verita ,  dice  1'  esimio  Dollore ,  e  chiarilo  dalla 
ragione  insieme  e  dali'  autorita.  Imperocche  si  cava  dall'  unita  della 


CHE  LO  STATO  HA  VERSO  LA  CHIESA  133 

Chiesa  di  Cristo  Signore  ,  significata  abbastanza  nell'  Evangelic ,  e 
da  S.  Paolo  illustrata  nella  prima  ai  Corinlii ,  dove  dice :  Tulti  noi 
come  un  sol  corpo  siamo  battezzali ;  ed  ai  Romani :  Benche  molti , 
siamo  un  sol  corpo  in  Cristo.  Lo  stesso  ripete  agli  Efesii  e  spesso 
altrove.  Adunque  Crislo  Signore  istitui  la  sua  Chiesa  come  un  sol 
regno  spirituale  ,  in  cui  un  solo  sia  Re  e  Principe  spirituale.  Dun- 
que  e  necessario  che  ad  esso  sia  soggelta  la  temporal  potesta , 
come  il  corpo  e  soggetto  allo  spirito.  Col  quale  esempio  san  Gre- 
gorio  Nazianzeno,  nell'  orazione  decimasettima  al  popolo,  spiega  la 
subordinazione  delle  due  potesta;  e  inerilamente.  Imperocche  sicco- 
me  1'uomo  non  sarebbe  debitamenle  composto,  se  il  corpo  non  fosse 
subordinate  all'anima;  cosi  la  Chiesa  non  sarebbe  convenientemente 
slabilita,  se  la  potesta  teraporale  non  sottostesse  alia  spiriluale  .  .  . 
Dov'e  un  sol  corpo,  convien  che  sia  un  sol  capo,  a  cui  tulto  cio  che 
a  quello  appartiene  ,  in  qualche  modo  si  riferisca  :  altrimenti  ne  la 
pace  ne  la  perfelta  unita  polrebbe  avverarsi.  Ora  la  Chiesa  di  Cristo, 
come  e  delto,  e  un  sol  corpo.  Dunque,  benche  siano  in  esso  diversi 
poteri  e  magistrali,  e  necessario  che  tulti  abbiano  subordinazione  tra 
loro ,  sicche  in  qualche  modo  mettan  capo  in  un  solo.  Dunque  o  la 
polesta  spirituale  e  subordinate  alia  temporale,  o  viceversa.  La  pri- 
ma cosa  non  puo  stare;  perche,  come  Papa  Bonifacio  trae  argomen- 
to  da  S.  Paolo ,  le  cose  che  son  da  Dio ,  sono  ordinate,  e  1'ordine 
sarebbe  capovolto,  se  cio  che  appartiene  all'ordine  spirituale  solto- 
stesse  a  cio  che  apparliene  all'  ordine  temporale.  Dunque  e  da  accet- 
tare  la  seconda  parte  della  proposta  disgiuntiva  t . 

1  Sicut  homo  non  esset  rccte  composllus,  nisi  corpus  esset  animae  subor- 
dinalum ;  ita  neque  Ecdesia  esset  convenienter  inslitula,  nisi  temporalis  po- 
testas  spirituali  subderetur. . . .  Vbi  est  unum  corpus,  necesse  est  esse  unum 
caput,  ad  quod  omnia  aliquo  modo  revocentur;  quoniam  alias  neque  pax,  neque 
perfecta  unilas  posset  esse  in  corpore.  Ecdesia  autem  Christi  unum  corpus 
est ,  ut  diximus.  Ergo  quamvis  in  eo  slnt  plures  potestates ,  seu  magistratus, 
necesse  est,  ut  inter  se  habeant  subordinationem,  ita  ut  ad  unum  aliquo  modo 
revocenlur  propter  radonem  factam.  Ergo  vel  spiriiualis  potestas  subordi- 
natur  temporali,  vel  e  contrario.  Primum  did  non  potest:  nam  ut  ibidem  ex 
Paulo  affert  Pontifex:  Quae  a  Deo  sunt,  ordlnata  sunt ;  esset  autem  perversus 
ordo,  si  spiritualia  subiecta  essent  temporalibus.  Ergo  secundum  necessario 
dicendum  est.  De  Legibus,  lib.  IV,  cap.  IX. 


136  »EL  DOVERE  DI  TUTELA 

«  Un  secondo  argomenlo  puo  cavarsi  da  cio ,  che  i  Pontefici  deb- 
bono  rendere  ragione  a  Dio  anche  delle  anime  dei  governanti ,  e 
pascerle  colla  loro  autorita.  Con  quelle  parole :  Pasci  le  mie  peco- 
velle,  anche  i  Re  e  gl'  Imperadori  furono  assoggetlali  a  Pietro ,  per- 
che  anch'essi  sono  compresi  nell'ovile  di  Crislo.  Dunque  anch'essi 
debbono  essere  pasciuti  e  retli  da  Pietro.  Ora,  come  sopra  spiegam- 
mo ,  nella  frase  di  pascere  e  contenuta  anche  la  potesta  di  reggere. 
Ne  vale  il  dire  che  cio  s'inlende  del  reggimento  spirituale ;  imperoc- 
che  la  regola  del  reggimento  temporale ,  acciocche  esso  sia  retto  ed 
onesto ,  debb'  essere  spirituale.  Dunque  e  necessario  che  la  potesta 
di  reggere  nelle  cose  temporal! ,  sia  regolata  dalla  spirituale;  e  questo 
importa  esserle  soggetta  e  subordinata.  E  in  questo  modo  i  Ponle- 
fici  debbono  render  conto  pei  Re  e  per  gl'  Imperatori ,  in  quanto 
appartiene  ad  essi  il  correggerli,  ed  emendare  lulto  cio  in  che  quesli 
peccano  non  solo  come  uomini,  ma  ancora  come  governanti  nell'uso 
della  loro  polesla  1.  » 

Or  chi  non  vede  che  parte  precipua  di  questa  subordinazione  del- 
le leggi  civili  alle  canoniche  si  e  ,  il  far  servire  la  loro  forza  all'  ad- 
empimento  di  quelle?  Una,  a  parlar  propriamente,  e  la  sociela  uma- 
na,  benche  per  conseguire  appieno  il  suo  fine  abbia  bisogno  di  due 
poteri ,  lo  spirituale  e  il  temporale.  Di  qui  nasce ,  qual  necessaria 
inferenza ,  che  cotesti  due  poteri ,  per  cio  slesso  che  son  distinti , 
ban  dirilto  ad  assistenza  j-eciproca.  Allrimenti  1'  opera  di  Dio  sarebbe 
imperfetta,  e  i  mezzi  non  sarebbero  ne  proporzionati  ne  armonizzati 
tra  loro.  Come  dunque  la  Chiesa  aiula  lo  Stato,  informando  i  popoli 

1  Potest  nova  confirmatio  addi,  fundata  in  verbis  Gelasii  Papae  in  cap. 
Duo  sunt,  96  dist.  Quia  pro  animabus  regum  Pontlfices  sunt  reddituri  ratio- 
nem,  insinuans  in  verbis  illis,  Pasce  oves  meas,  eliam  Reges,  et  Imperatores 
Petro  fuisse  subiectos ,  quia  sub  Christi  ovibus  comprehendi  debent;  ergo 
etiam  debent  pasci,  et  regi  a  Petro :  iam  enim  explicuimus  sub  verbo,  pascen- 
di,  etiam  potestatem  regendi  conlineri.  Dices,  hoc  verum  esse  quoad  spirituale 
regimen.  Sed  contra ,  quia  regula  regiminis  temporalis,  ut  sit  rectum  et  ho- 
nestum,  debet  esse  spiritualis;  ergo  necesse  est>  ut  ipsamet  potestas  tempora- 
liter  regendi  reguletur  per  spiritualem,  et  hoc  est  illi  esse  subiectam,  et  sub- 
ordinatam.  Et  hoc  ratione  Pontifices  reddituri  sunt  rationem  pro  Regibus  et 
Imperatoribus,  quia  ad  illos  pertinet  corrigere,  et  emendare  quidquid  ipsi  non 
solum  ut  homines f  sed  etiam  ut  Reges  in  usu  suae  potestatis  peccaverint.  Ivi. 


CHE  LO  STATO  HA  VERSO  LA  CHIESA  137 

ad  ogni  virtu  uraana  e  cittadina,  e  rendendoli  obbedienti  e  tranquilli 
sudditi  dell'  autorila  politica ;  cosi  e  converso  fa  d'  uopo  cbe  lo  Stale 
aiuli  la  Chiesa,  preslando  appoggio  alle  sue  leggi  e  punendo  i  pertur- 
balori  della  fede  e  della  morale  cristiana.  Acconciamente  il  dottis- 
simo  Phillips:  «  Nonbasla  cbe  essi  (i  Principi  cioe)  tutelino  ci6  cbe 
si  riferisce  ai  bisogni  esterni  della  Chiesa ,  il  manteniraento  del  suo 
culto,  i  mezzi  di  sussistenza  pei  suoi  ministri ;  non  essendo  un  corn- 
pimento  pieno  di  tutli  i  loro  doveri  verso  di  lei  il  non  averle  negata 
quella  prolezione  legale,  a  cui  ha  dirilto  ogni  societa  lecita  in  se 
medesima.  Essi  debbono  inoltre,  ed  e  questo  il  fine  supremo,  la 
principale  missione  della  potesta  temporale ,  favorire  lo  stabilimento 
del  Reguo  di  Dio,  e  per  conseguenle  dare  ai  loro  popoli  una  legisla- 
zione,  la  quale  armonizzi  con  la  legge  divina  annunziala  dalla  Chiesa, 
una  legislazione  che  porga  1'appoggio  della  sua  autorita  alle  prescri- 
zioni  della  legge  religiosa  1.  Or  la  prima  condizione  d'un'alleanza  ef- 
ficace  della  legge  dello  Stato  colle  leggi  della  Chiesa,  e  1'  applicazio- 
ne  dei  mezzi  coercitivi,  di  cui  esso  Stato  dispone,  in  tutti  quei  casi, 
nei  quali  la  pena  spirituale  e  insufficiente  2.  La  voce  del  Pastore  non 
ha  sempre  virtu  bastevole  per  allontanare  i  rapaci  lupi  dall'ovile  di 
Gesu  Cristo.  Appartiene  allora  al  Principe,  inveslito  dell' autorita 
della  spada,  armarsi  della  sua  forza  per  reprimere  e  meltere  in  fuga 
tulti  i  nemici  della  Chiesa  3.  » 

III.  E  qui  1'argomento  stesso  ci  porla  a  dir  qualche  cosa  del  terzo 
capo  ;  attesoche  il  Governante  terreno  convien  che  sia  soggetto  a  Dio 
non  sol  come  uomo ,  ma  ancora  come  governante.  Se  negli  atti  cbe 
all'  uno  e  air  altro  ordine  si  riferiscono  egli  opera  come  ente  morale, 
egli  deve  farli  servire  entrambi  alia  divina  gloria.  Ora  do  non  puo 
farsi  altrimenli,  che  cooperando  colla  Chiesa  alia  salute  delle  anime 
e  alia  conservazione  e  propagazion  della  Fede ;  giacche  alia  Chiesa  e 
affidato  da  Dio  1'  incarico  di  procurar  la  sua  gloria  e  procurarla  colla 
santificazione  de'  fedeli.  Laonde  il  Pontefice  S.  Leone  il  Grande  scri- 
vendo  a  Leone  imperatore,  gli  diceva :  Devi  diligentemente  conside- 

1  Can.  Certum  est,  12,  d.  10. 

2  Cap.  Ad  abolendum,  9,  X.  de  Haeret.  (V.  7.)  —  JmperiaUs  fortitudinis 
vlgore  suffulti. 

3  Du  Droit  ecclesiaslique  etc.  Tom.  II,  Ch.  10,  §.  107. 


138  DEL  DOVERE  DI  TUTELA 

rare  che  la  regia  potesta  ti  e  stata  conferita  non  solo  pel  governo  del 
mondo ,  ma  massimamente  pel  presidio  della  Chiesa :  Debes  incun- 
ctanter  advertere,  regiam  poteslatem  libi  non  solum  ad  mundi  regi- 
men sed  maxime  ad  Ecclesiae  praesidium  esse  collatam  1.  E  S.  Ago- 
slino  nel  suo  libro  della  Citta  di  Dio  dice :  Appelliamo  felici  i  cristianl 
Imperanti,  non  perche  regnarono  lungamente,  ne  perche  trapassando 
con  morte  tranquilla  lasciarono  la  corona  a'  figliuoli . . ;  ma  sibbene, 
perche  volgendo  la  loro  potenza  alia  dilatazione  massimamente  del 
culto  di  Dio,  la  fecero  serva  della  maesla  di  Lui :  Christianas  impe- 
ratores  non  ideo  felices  dicimus,  quia  vel  diutius  imperarunt  vel  im- 
perantes  filios  morte  placida  reliquerunt .  . ;  sed  si  suam  potestatem 
ad  Dei  cullum  maxime  dilatandum,  maiestati  eius  famulam  faciunt  2. 
Scrivendo  poi  al  Conte  Bonifacio,  governatore  dell 'Africa,  si  esprime 
cosi:  In  altra  guisa  il  Principe  serve  a  Dio  in  quanlo  e  uomo ,  e  in 
altra  guisa  in  quanto  e  Principe.  In  quanto  e  uomo  serve  a  Dio,  vi- 
vendo  secondo  la  Fede ;  in  quanto  e  Principe  serve  a  Dio ,  con  far 
leggi  che  comandino  il  bene  e  proibiscano  il  male ,  come  fece  il  re 
Ezechia. . .  In  cio  dunque  servono  a  Dio  i  Principi,  come  Prin- 
cipi,  in  quanto  volgono  al  servizio  di  lui  quelle  cose  che  non  pos- 
sono  fare  se  non  i  Principi :  Aliter  servit  Deo  quia  homo  est;  aliter 
quia  etiam  rex  est.  Quia  homo  est,  ei  servit  vivendo  ftdeliter;  quia 
vero  etiam  rex  est,  servit  leges  iusta  praecipientes  et  contraria  pro- 
hibentes  convenienti  vigore  sanciendo,  sicut  servivit  Ezechias,  .  .  In 
hoc  ergo  serviunt  Domino  reges ,  in  quantum  sunt  reges ,  cum  ea 
faciunt  ad  serviendum  illi ,  quae  non  possunt  facere  nisi  reges  3. 
Questo  dovrebbero  capire  i  reggitori  dei  popoli ;  se  amassero  la  vera 
sapienza  ed  intendessero  il  loro  ufficio.  E  dovrebbero  anche  capire 
che  in  cio  non  si  tratta  tanto  dell'  interesse  della  Chiesa,  quanto  si 
tratta  dell'  interesse  loro  proprio.  Imperocche,  la  Chiesa,  la  quale  in 
mezzo  alle  persecuzioni  di  tre  secoli  giunse  ad  impadronirsi  del  mon- 
do, ben  puo  passarsi  della  protezione  del  secolo,  senza  suo  sostanziale 
discapito  e  sotlentrando  Dio  a  tutelarla  per  vie  straordinarie.  Ma  il 
secolo  andra  in  soqquadro,  se  viene  privalo  del  soccorso  della  Chiesa. 

1  Epist.  75. 

2  De  Civil.  Dei,  1.  V. 

3  Epist.  185  ad  Bonifacium. 


CHE  LO  STATO  HA  "VERSO  LA  CHIESA  139 

III. 

L'  anzidelto  dovere  nasce  nello  Stato  non  per  mutazione  intrinseca 
di  natura,  ma  per  mutazione  estrinseca  di  rapporti. 

tin  errore  di  gravissimo  momento  in  questa  maleria  bisogna  schi- 
vare,  ed  e  il  credere  che  lo  Stato  abbia  riveslito  il  dovere  di  tutela 
verso  la  Chiesa ,  per  ragione  d'inlrinseco  mulamento  di  Datura, 
prodotto  in  lui  dal  Crislianesimo.  Cio  condurrebbe  a  mollo  erronee 
conseguenze.  Imperocche  se  il  governanle  politico  si  persuadesse  che 
il  debito  di  tutelure  con  la  sua  sanzione  le  leggi  della  Chiesa  sia  nalo, 
perche  coll'  abbracciare  la  fede  crisliana  1'  aulorita  civile  siasi  inlrin- 
secamente  cambiata  da  cio  che  era  nell'  ordine  naturale,  sicche  1'  ob- 
Liello  suo  non  sia  piu  la  felicita  temporale  riposla  nella  pubblica  pace 
e  nel  mantenimenlo  della  giustizia  tra  cittadini,  ma  sia  propriamenle 
Ja  salute  elerna  delle  anime  o  anche  1'  interim  onesta  de'  costumi ;  se, 
diciamo,  il  governante  politico  si  persuadesse  una  si  esorbitante  opi- 
nione,  egli  per  questo  stesso  si  arroglierebbe  il  diritto  di  far  leggi 
in  maleria  spirttuale,  e  mettere  direttamente  le  mani  in  cio  che  spetta 
a  credenza  e  costume.  Fu  queslo  1'  errore  degl'  Imperatori  del  basso 
Tmpero ,  imitalo  posda  dalle  pretensioni  del  Gallicanismo  e  del  Fe- 
bronianismo ,  e  che  ora  si  vorrebbe  risuscitare  negli  Stati  moder- 
ni,  dopo  che  questi,  come  Stati,  han  cessato  di  essere  caltolici  colla 
liberta  concessa  dei  culti.  Ma  il  secolo  non  si  spaventa  rnai  di  con- 
Iraddizioni  ed  assurdi.  E  necessario  adunque  chiarir  brevemente 
un  tal  punto. 

Diciamo  dunque  che  il  fine  dell*  aulorita.  politica  per  se  stesso  non 
puo  essere  che  naturale.  La  ragione  e  chiarissima  :  giacche  il  fine 
e  proporzionale  al  principio ,  non  potendo  niuna  cosa  superare  la 
causa  da  cui  precede.  Ora  il  principio  dell' aulorita  polilica  e  la  sem- 
plice  natura ;  giacche  essa  non  lira  origine,  come  la  Cbiesa,  da  so- 
prannalurale  istituzione  divina,  ma  da  puro  dettame  della  ragione. 

mque  il  suo  fine  non  puo  essere  che  naturale ;  giacche  la  natura 
puo  superare  se  stessa,  ordinando  a  cio  che  e  fuori  la  cerchia  e  le 
sue.  Ora  se  il  fine  deirautorit£  polilica  per  se  stesso  e  nalurale, 

le  inlrinsecamente  e  rimaso  anche  dopo  il  Grislianesimo.  Iniperoc- 


HO  BEL  DOVERE  DI  TUTELA 

che  qualunque  intrinseco  accrescimento  sopra  Y  ordine  di  natura , 
non  sarebbe  potato  avvenire  in  lei ,  se  non  per  posiliva  collazione 
divina ;  e  questa  collazione  non  ha  avulo  luogo  in  nessun  modo  nella 
legge  evangelica :  giacche  Cristo  non  a  Cesare  ma  a  Pietro  solamenle 
ed  agli  Apostoli  confer!  la  novella  autorita  che  veniva  a  recare  sulla 
terra.  Che  poi  nello  slesso  giro  della  natura  il  potere  politico  sia  di 
per  se  ristretto  al  solo  ordine  esterno,  si  deduce  facilmente  dalcon- 
siderare  che  piu  in  la  non  si  stendono  i  mezzi,  di  cui  esso  dispone; 
e  la  natura  non  prefigge  uno  scopo ,  pel  quale  non  somministri  nel 
tempo  stesso  i  mezzi  opportuni. 

In  che  dunque  si  e  cangiato  il  potere  politico  per  Y  avvenimento 
di  Cristo?  Ha  mutato  i  suoi  estrinseci  rapporti.  Dove  prima  aveva 
relazione  col  fine  puramente  naturale  degl'  individui ;  adesso  1'  ha 
col  fine  soprannaturale  dei  medesimi.  Dove  prima  era  a  conlatlo  con 
un'  autorila  religiosa  o  a  se  attribuila  o  da  se  dipendente;  adesso  ha 
di  fronte  un  sacerdozio  di  origine  piu  alia  che  la  sua  e  da  se  lotal- 
mente  distinto.  Dove  prima  baslava  che  1'  ordine  pubblico  prendesse 
norma  dall'  onesla  de'  costumi ,  conosciuta  per  lume  della  ragione] 
adesso  questa  medesima  onesla  convien  che  sia  retta  dal  vero  rive- 
lalo  e  dalle  prescrizioni  della  legge  crisliana  1.  Di  che  si  vede  che  la 
mutazione  dei  rispetli,  di  cui  parliamo,  si  desume  da  Ire  capi ,  coe- 
rentemenle  a  quelli  che  abbiamo  noverati  nel  paragrafo  precedente. 
II  primo  e ,  perche  nella  societa  cristiana  il  popolo  non  e  piu  com- 
posto  di  semplici  uomini,  ma  di  fedeli ;  cioe  di  uomini  rigenerati  da 
Cristo  alia  vita  della  grazia  e  rivestiti  di  nuovi  dirilti  e  obbligati  a 
nuovi  doveri.  II  termine  dunque  riguardato  dalla  autorila  politica  e 
mutalo;  edogni  mutazione  del  termine  si  lira  dietro  necessariamenle 
mutazion  di  rapporto  nel  soggetto  correlative.  II  secondo  capo  e  che 
per  T  islituzione  della  Chiesa  la  societa  e  per  diritto  divino  sottoposla 
al  governo  di  un  nuovo  potere  supremo ,  al  potere  cioe  sacerdolale, 
indipendente  al  lutto  dal  potere  politico ;  e  col  quale  il  potere  politi- 
co dee  porsi  in  armonia ,  acciocche  1'  andamento  sociale  sia  ordinato 
e  tranquillo.  In  fine  se  il  governante  stesso  ha  abbracciata  la  fede , 
egli  non  puo  non  operare  in  conformita  di  questa  fede,  eziandio  come 

1  Come  ogmm  vede,  qui  prescindiamo  dalla  costituzione  della  Chiesa 
giudaica,  e  parliamo  del  solo  potere  religiose  tra  le  Genti. 


CHE  LO  STATO  HA  VERSO  LA  CHIESA  141 

governante ;  giaccke  la  fede  si  cosliluisce  come  norma  suprema  di 
tutto  1'  operare  morale ,  e  sarebbe  assurdo  il  voler  soltrarre  dall'  or- 
dine  morale  gli  atti  governativi,  quasi  non  fossero  atti  liberi  dell'  uo- 
mo  e  pero  capaci  di  bonta  o  di  malizia  1. 

Dalle  quali  cose  sorgono  due  corollarii.  L'uno  e  che  il  potere  po- 
litico per  1'  avvenimento  del  Cristianesimo  e  stato  rislretto  in  piu 
angusti  limiti;  1' allro  che  nei  nuovi  limiti,  a  cui  venne  ridotto, 
e  stato  elevato  a  un'  eccellenza ,  molto  superiore  alia  propria  na- 
tura.  E  stato  ristretto  in  piu  angusti  limiti,  perche,  come  saviamen- 
te  osserva  il  Suarez,  gli  e  stalo  interamente  sottratto  1'  ordine  re- 

1.  Questa  in  sostariza  e  la  dottrina  che  concordemente  agli  altri  Dottori 
cattolici  insegna  il  Suarez,  la  dove  dice  che  la  potesta  civile,  in  quanto  si 
Irova  nei  principi  cristiani  congiunta  colla  fede ,  benche  non  si  stenda, 
nella  materia  che  riguarda  e  negli  atti  in  cui  si  spiega,  al  fine  soprannatu- 
rale  o  spirituale  dell'  uomo  ;  tuttavia  puo  nelle  sue  leggi  e  in  parte  ancora 
e  tenuto  ad  aver  di  mira  il  fine  soprannalurale  e  ad  esso  riferire  Tatto 
stesso  legislative :  Dico  potestatem  civilem  (etiam  prout  est  in  principibus 
christianis  fidei  coniuncta )  non  extendi  in  maleria  vel  actibus  suis  ad  finem 
supernaturalem  sen  spiritualem  vitae  futurae  vel  praesenlis;  licet,  ipsi  le- 
gislatores  fideles  in  suis  legibus  ferendis  intueri  possint  et  ex  parte  debeant 
supernaturalem  finem,  et  aclum  ipsmn  ferendi  legem  in  supernaturalem  finem 
referre.  De  Legibus,  lib.  3,  cap.  7. 

Scendendo  poi  piu  al  particolare,  resimio  Dottore  dichiara  che  questa 
relazione  della  potesla  civile  al  bene  religioso  si  ha  da  intendere  in  doppio 
modo.  Prima  in  senso  di  positiva  ordinazione,  e  cosi  ordinariamente  e  di 
solo  consiglio,  purche  non  intervenga  speciale  precetto  o  necessita  che  la 
comandi.  Secondamente  in  senso  negative,  cioe  di  cautela  a  non  istabilir 
cosa  alcuna  che  sia  contraria  al  fine  soprannaturale  o  nuoca  al  suo  conse- 
guimento  ;  la  quale  avvertenza  nei  potere  politico  ha  origine  dalla  fede  e 
puo  dirsi  una  virtual  relazione  all' ultimo  fine.  Ne  essa  e  di  solo  consiglio 
ma  e  di  vero  precetto,  massimamente  proprio  del  principe  cristiano  e  cat- 
tolico.  Est  autem  observandum  hanc  relationem  posse  dupliciter  fieri.  Primo 
per  positivam  ordinationem,  et  sic  regulariler  erit  in  consilio,  nisi  speciale 
praeceptum  vel  necessitas  ad  ilium  obligaverit...  Secundo  inlelligi  polest  per 
negationem  tantum,  seu  per  circumspectionem  nihil  statuendi  per  hanc  pote- 
stalem,  quod  sit  contrarium  fini  supernaturali  vel  eius  consecutionem  impe- 
dire  possit ;  quae  observatio  et  prudens  cautio  ex  fide  procedit  et  virtualis 
quaedam  relatio  in  ultimum  finem  did  potest.  Estque  non  tantum  in  consilio 
sed  eliam  in  praecepto,  maxime  proprio  christiani  et  catholid  principis,  ut 
constat.  Ivi. 


DEL  DOVERE  DI  TUTELA 

ligioso ;  il  quale  nel  paganesimo  dipendeva  da  lui.  Allora  la  cura 
della  religione,  in  quanto  pubblica,  aveva  per  iscopo  la  felicila  del- 
la  repubblica,  e  pero  o  era  perlinenza  del  potere  regio,  o  si  con- 
giungeva  con  esso  nella  medesima  persona  del  principe,  o  ad  es- 
so  era  subordinato.  Quindi  veggiamo  il  re  Anio  essere  al  tempo 
stesso  sacerdole  di  Apollo  1 ;  e  presso  i  Roman!  il  supremo  Pontifi- 
cate era  come  corona  e  compimento  della  dignila  imperiale.  Ma 
adesso  nella  legge  evangelica  la  religione ,  cosi  privata  come  pub- 
blica ,  e  intesa  e  voluta  per  se  medesima  ,  siccome  quella  che  ri- 
guarda  la  gloria  di  Dio  e  la  salute  elerna  delle  anime ,  e  non  e 
ordinata  ad  alcun  bene  terreno,  ma  tutti  gli  altri  beni  sono  or- 
dinali  a  lei.  Laonde  ne  e  commessa  la  cura  non  piu  al  princfpe, 
ma  ai  Vescovi  con  a  capo  il  romano  Pontefice ;  e  cio  per  imme- 
diata  islituzione  di  Cristo  2.  Senonche  questa  limitazione  del  pote- 
re civile  e  lornata  in  sua  maggiore  esaltazione  e  piu  sublime  deco- 
ro.  Imperocche  ,  attesa  1'alleanza  in  che  il  potere  civile  deve  cosli- 
luirsi  colla  nuova  autorita  spiriluale ,  e  la  protezione  che  a  lei  dee ; 
esso  da  amministratore  d'  un  bene  meramenle  umano  e  cangialo  in 
cooperatore  di  un  bene  divino ,  non  ristrelto  alia  vita  presente  ma 
riguardanle  altresi  1'avvenire.  Egli  partecipa  indirettamenle  delF  im- 
pero  stesso  universale  della  Chiesa ,  e  la  sua  spada  materiale  per 
una  specie  di  consecrazione  che  riceve  dal  contatto  colla  spiriluale, 
da  strumenlo  di  rnorle  si  converte  in  ministra  di  vita.  Di  cio  lo  Sla- 
to  dovrebbe  meritamente  andar  superbo.  Ma  per  inganno  diabolicor 
esso  da  prima  disconosce  questa  sua  digniia  ,  separandosi  dalla 
Chiesa ;  poscia,  rifaltosi  pagano,  cerca  di  ripigliare  sulla  religione  di 
Cristo  quella  balia,  che  innanzi  esercitava  sulle  superstizioni  uma- 
ne  del  Gentilesimo. 

1  Rex  Anius,  rex  idem  hominum  Phoebique  sacerdos.  VIRG.  Aeneid.  ll\,  28. 

2  Quoad  ilia  quae  pertinent  ad  religionem,  cwilis  potestas  magis  Until  a- 
tanunc  est  in  Ecclesia,  quam  esset  ante  christianam  religionew*  Nam  olim 
cura  religionis  ordinabatur  ad  honestam  f elicit  at  em  reipublicae;  nunc  au- 
tem  reliyio  el  spiritualis  salus  et  felicitas  per  se  primo  intenta  est,  et  reliqua 
propter  illam.  Et  ideo  olim  cura  religionis  vel  pertinebat  ad  potestatem  re- 
giam,  vel  cum  ilia  conmngebatur  in  eadem  persona ,  vel  illi  subordinabatur; 
nunc  autem  cura  religionis  specialiter  Pastoribus  Ecclesiae  commissa  est.  SUA- 
EEZ  De  Legibus,  lib.  IV,  c.  XI. 


CHE  LO  STATO  HA  VERSO  LA  CHIESA  143 

IV. 

Si  risponde  ai  due  sofismi  obbiettati  da  principio. 

E  facile  era  sbrigarsi  con  poche  parole  del  due  sofismi ,  in  virtu 
<le'  quali  dalla  natura  dello  Stato  volea  iuferirsi  V  indifferenza  poliliea 
per  ogui  sorta  di  religione,  e  1'  incapacita  di  tulela  verso  la  Chiesa. 
Lo  Stato,  si  diceva,  ha  per  fine  la  felicita  temporale  degli  uomini  as- 
sociali:  la  pace  doe,  la  giustizia  esterna,  la  copia  de'mezzi,  neces- 
sarii  al  loro  ben  essere  nella  vita  lerrena.  Esso  e  distinto  dalla  Chie- 
sa ,  die  mira  alia  felicila  spirituale  ed  eterna ;  dunque  dev'  esserne 
separato.  Esso  non  puo  dare  la  verita ;  dunque  non  puo  difenderla. 

Noi  potremmo  insistere  sul  fine  stesso  politico  ,  qual  e  descrilto 
dagli  avversarii ,  e  mostrare  com'  esso ,  dopo  1'  apparizione  del  Cri- 
stianesimo,  non  puo  piu  corrispondere  alia  dignila  della  natura 
•umana,  ne  tornare  in  vero  bene  del  suddili,  senza  entrare  in  istretta 
relazione  colla  Cliiesa.  Ma  perdocche  questo  punto  e  stato  abba- 
stanza  da  noi  toccato  in  uh  allro  articolo  1 ;  bastera  qui  solvere  i 
<Iue  argomenli ,  che  sopra  vi  si  fabbricavano.  Egli  e  verissimo  che 
^ssendo  quello  il  fine  dello  Stato ,  lo  Slato  per  do  stesso  apparisce 
distinto  dalla  Chiesa ;  giacche  ogni  sociel&  viene  specificata  dal  pro- 
prio  fine.  Ma  da  do  non  seguo  in  niuna  guisa  che  dev'  esserne  se- 
parato. Anche  il  corpo  e  dislinto  dall'  anima ;  e  nondimeno  nell'  uo- 
mo  non  solo  non  e  da  lei  separato,  ma  e  con  lei  uella  massiina  delle 
unioni  qual  e  quella  di  natura  e  di  persona.  Noi  anzi  dall' essere  lo 
Stato  dMinlo  dalla  Chiesa,  deducemmo  come  necessaria  conseguen- 
za  1'opposto ,  doe  il  didlto  di  scambievole  assistenza  tra  loro  e  di 
armonia  nell'ordinare,  Y  uno  e  1'altra  secondo  il  proprio  fine,  la  me- 
<lesiraa  societa.  Altrimenti,  dovendo  essa  societa  soltostare  ad  amen- 
due  i  poleri ;  correrebbe  rischio,  se  essi  non  fossero  in  concordia  tra 
loro,  di  trovarsi  in  contrasto  con  se  slessa ,  e  venir  lirata  in  parti 
avverse,  con  gravissimo  disturbo  dell'  ordine. 

Del  pari,  e  indubitabile  che  lo  Stalo,  avendo  origine  umana,  non 
puo  dare  la  verita,  la  quale  ha  origine  divina.  La  sola  Chiesa,  a  cui 
Iddio  ha  partecipala  la  sua  infallibilila,  ha  un  tal  potere.  Ma  che  per 

1  GIVILTA  CATTOLICA,  Serie  VI,  vol.  I,  pag.  273. 


144  BEL  DOYERE  DI  TUTELA 

do?  II  corpo  non  puo  dare  1'  anima :  ne  inferireste  voi,  che  avvivato 
una  volta  dair  anima ,  non  puo  concorrere  cogli  atti  suoi  ad  aiutare 
e  difendere  Y  esterna  esplicazione  delle  forze  di  lei  ?  II  falto  vi  smen- 
tirebbe.  Da  quella  premessa ,  che  lo  Stato  non  puo  colla  virtu  sua 
dare  la  verila,  segue  solamente  che  esso  deve  guardarsi  dall'entrare, 
come  che  sia,  nelle  decision!  dommaliche  o  morali ;  e  cio  fa  contro 
le  oltracotate  pretensioni  dei  Placet  e  degli  Exequatur ,  di  cui  gia 
parlammo  nei  precedent!  quaderni.  Ma  in  menoma  guisa  non  segue 
da  quella  premessa ,  che  lo  Stato  ricevendo  la  verila  dalla  Chiesa, 
la  quale  sola  ne  e  maestra  quaggiu,  non  possa  o  non  debba  prestarle 
il  suo  braccio,  sicche  ella  compia  liberamente  la  sua  divina  missione, 
senza  venire  impedita  da  oslacoli  materiali.  Anzi  cio  e  conformissimo 
all' intenzione  di  Dio,  e  all'ordine  della  ragione;  pel  quale  il  corpo 
dee  servire  allo  spirilo  e  la  forza  maleriale  alia  forza  morale. 

E  qui  in  terminando  ci  piace  conchiudere  il  presenle  arlicolo  coi 
ricordare  ai  nostri  letlori  una  gravissima  considerazione.  II  Ponlefice 
proscrivendo  1'erronea  opinione,  la  quale  dice  otlima  forma  di  reg- 
gimento  politico  quella  che  stabilisce  la  liberta  di  coscienza  e  1'  im- 
punita  dei  delitti  religiosi,  afferma  che  essa  e  conlraria  alia  dottrina 
della  sacra  Scrittura,  della  Chiesa  e  de'  Padri :  Contra  Sacrarum 
litterarum,  Ecclesiae  sanclorumque  Patrum  doctrinam.  La  sanla 
Scritlura  loda  sempre  quei  Re  che  fecero  servire  la  spada  delle  leggi 
a  difesa  della  vera  Religione.  Nell'  antico  Testamento  era  prescritto 
che  i  Re  di  Giuda,  nell'  alto  della  loro  consacrazione,  ricevessero  dai 
Sacerdoti  il  libro  della  divina  legge,  per  significare  che  conforme  ad 
essa  dovevano  governare  la  nazione.  Iddio  e  propriamente  Re;  i 
governanli  non  sono  che  suoi  Minislri :  Cum  essetis  Ministri  Regni 
illius  1.  Or  di  che  nuova  foggia  Ministri  sarebbero  quelli,  i  quali 
si  mostrassero  indifferenti  all'  offesa  del  loro  Signore,  e  lasciassero 
che  impunemenle  se  ne  potessero  trasgredire  i  precelti  ?  Sopra  un 
tal  punto  Cristo  stesso  ci  voile  ammaestrare  col  suo  esempio,  per- 
colendo  di  propria  mano  col  flagello  i  profani ,  che  disonoravano  il 
lempio.  La  tradizione  poi  della  Chiesa  e  costante  ne  ammelte  eccezio- 
ne.  Si  consultino  intorno  a  cio  i  decreti  dei  Pontefici,  i  canoni  de'Con- 

1  Sap.  \I. 


CHE  LO  STATO  HA  VERSO  LA  CHIESA  145 

cilii,  gl'  insegnamenti  de'  Padri  e  de'  Dottori,  e  si  troveranno  sem- 
premai  conforrai  nell'  altribuire  ai  principi  cristiani  il  dovere  di 
proteggere  la  Chiesa  e  punire  i  trasgressori  delle  sue  leggi.  Ci  con- 
tenteremo  per  saggio  riportare  1'autorita  di  due  Santi,  che  per  la 
loro  sapienza  nel  governo  della  Chiesa  universale  meritarono  il  so- 
prannome  di  Grandi.  Siano  questi,  san  Leone  Magno  e  san  Gregorio 
parimente  Magno.  II  primo,  nella  sua  leltera  a  Toribio,  parlando  del 
rigore  delle  leggi  conlro  i  disseminatori  di  eretica  dottrina ,  dice : 
Profuit  ista  dislrictio  ecclesiasticae  lenitati,  quae  etsi  Sacerdotali 
contenta  iudicio,  cruentas  refugit  ultiones ,  sevens  tamen  Chris  lia- 
norum  principum  conslitutionibus  adiuvalur:  dum  ad  spirituale  non- 
mmquam  recurrunt  remedium,  qui  timeni  corporate  supplicium  1. 
II  secondo,  scrivendo  all' imperatore  Maurizio,  lo  ammaestra  cosi: 
Ad  hoc  enim  potestas  super  omnes  homines  Dominorum  meorum 
pietati  caelitus  data  est ,  ut  qui  bona  appetunt  adiuventur ,  ut  cae- 
lorum  via  larcjius  paleat,  ut  terrestre  regnum  caelesli  regno  fa- 
mutetur  2. 

A  due  santi  Pontefici  tengan  dietro  due  santi  Doltori.  San  Pier 
Damiani  neirepistola  a  sant'Annone,  Arcivescovo  di  Colonia,  scrive: 
Quoniam  utraque  dignitas  (la  regale  cioe  e  la  sacerdotale)  alternae 
invicem  ulititalis  est  indiga,  dum  et  Sacerdothm  regni  tuilione  pro- 
tegitur,  et  regnum  sacerdotalis  officii  sanctitate  fulcitur  3.  San  Ber- 
nardo poi  scrivendo  al  Pontefice  Eugenio  III,  lo  esorta :  Exerendus 
est  nunc  uterque  gtadius  in  passione  Domini ....  per  quern  autem 
nisi  per  vos?  Petri  uterque  est;  alter  suo  nutu,  alter  sua  manuy 
quoties  necesse  est,  evaginandus  4. 

E  questa  metafora,  cosi  espressiva ,  delle  due  spade ,  da  doversi 
insieme  congiungere,  era  divenuta  si  coraune  nella  Chiesa ,  che  gli 
stessi  principi  secolari  la  usavano  sermonando  nelle  pubbliche  as- 
semblee,  o,  come  ora  si  direbbe,  nei  loro  discorsi  della  Corona.  II  re 
Edgaro  confortava  i  Vescovi,  congregali  a  Dunstan  nell'  Inghilterra, 

1  Epist.  XV,  ad  Turribium  Asturiensem  Episcopum. 

2  Epist.  lib.  3,  Ep.  65,  ad  Mauritium  Augustum. 

3  Epistolarum  lib.  3,  Ep^  6. 

4  Epist.  256,  ad  Eugenium. 

Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  362.  10  30  Marto  1865. 


146  DEL  DOVERE  DI  TUTELA  ECC. 

con  queste  eloquent!  parole  :  «  Emulate  meco,  o  Sacerdoli ,  emulate 
nelle  vie  del  Signore  e  nei  precetti  del  Nostro  Dio.  E  tempo  d'  in- 
sorgere  contra  coioro,  che  dissiparono  la  divina  legge.  lo  ho  in  mano 
la  spada  di  Coslantino,  voi  quella  di  Pietro.  Uniamo  le  desire;  con- 
giungiamo  spada  a  spada,  e  sieno  cacciali  fuori  del  campo  i  leprosi, 
si  mondi  il  santuario  del  Signore ,  e  minislrino  nel  tempio  i  figliuoli 
di  Levi  1.  »  Lo  stesso  Federico  II ,  di  orrorosa  memoria ,  pure  co- 
stretto  dalla  pubblica  opinione,  confessava  ai  Pdncipi,  adunati  nella 
Dieta  di  Wormazia ,  die  la  spada  materiale  era  ordinata  in  aiulo 
della  spada  spirituale  :  Gladius  materialis  constitutes  est  in  subsi- 
dium  gladii  spiritualis  2. 

Che  i  laici  ignorino  questa  perpetua  tradizione  della  Chiesa,  e  un 
difetto  scusabile ;  non  essendo  essi  obbligali  ad  ampie  e  profonde 
cognizioni  di  doltrina  sacra.  Ma  intorno  a  cio  vogliono  avvertirsi 
due  cose:  Tuna,  che  una  eguale  scusa  non  merilerebbero  le  persone 
ecclesiastiche,  per  la  contraria  ragione.  L'  allra,  che  quando  trattasi 
di  malerie  cosi  delicate,  quali  son  le  morali  e  masshnamenle  se  nan- 
no  alcun  rapporto  colla  religione ;  la  prima  cura  d'  ogni  buon  catlo- 
lico  dev'  essere  d'  informarsi  qual  e  intorno  ad  esse  il  sentir  delta 
Chiesa,  per  potere  cosi  assicurare  la  propria  mente  da  ogni  pericolo 
di  errore.  Poco  importa  che  diversamente  ne  pensino  i  Parlainenti 
odierni  o  i  barbassori  del  dirilto  nuovo.  Molte  allre  bestialila  costoro 
insegnano ;  e  starebbe  fresca  la  scienza  umana,  se  dovesse  tenersi  a 
simili  insegnamenli.  II  sincero  cattolico,  il  quale  sa  che  colonna  e 
maestra  del  vero  o  la  Chiesa  di  Gesu  Cristo,  cerca  innanzi  tutto  che 
cosa  pensa  e  giudica  essa  Chiesa,  e  non  cerca  di  lirare  al  proprio 
preformato  giudizio  la  doltrina  di  lei,  stiracchiandola  piu  o  meno 
stranamente,  ma  alia  dottrina  di  lei,  con  docile  e  schielto  animo  ap- 
presa,  volonteroso  conforma  il  proprio  giudizio. 

1  Aemulamini,  o  Sacer dotes,  aemulamini  vias  Domini  et  iustitias  Deinostri, 
Tempus  insurgendi  contra  eos  qui  dissiparunt  legem.  Ego  Constantini,  vos 
Petri  gladium  habetis  in  manibus.  lungamus  dexteras;  gladium  gladio  copule- 
mus,  et  eiiciantur  extra  castra  leprosi,  et  purgetur  Sanctuarium  Domini  et 
ministrent  in  tempio  filii  Levi.  —  Orat.  EDGAR,  reg.  an.  969.  HARDOTJIN  ConciL 
t.VI,  p.  1,  col.  675. 

2  PERTZ,  Monum.  Germ.  hist.  t.  IV,  p.  234. 


LA  SCHIAVITU  DEGL'  INDIANI 

COMBATTUTA  DALLA  CHIESA 


I. 


La  schiavitii  di  fatto,  inlrodolta  dagli  Spagnuoli  a  danno  deyl'  In- 
diani ,  e  con  ogni  sforzo  combattula  dal  Clero. 

Le  ierre  scoperte  del  nuovo  mondo  essendo  da  principle  nominate 
Indie  occidentali,  furono  detti  Indiani  i  popoli  che  le  abitavano.  Or 
eccovi  senza  piu  la  quistione.  La  schiavitii  di  fatlo ,  introdotta  a 
danno  di  quesli  popoli  dagli  Spagnuoli,  fu  essa  approvata  e  conse- 
crata  appie  degli  altari?  11  C.  Rossi,  nella  lezione  da  noi  al trove 
citata ,  afferma  che  si ,  aggiungendo  non  avervi  ombra  di  esagera- 
zione  nelle  sue  parole.  Qui  si  tratla  di  un  fatto.  Esaminiamo  quindi 
la  storia  per  chiarircene. 

I  Repartimientos  o  le  distribuzioni  degl'Indiani  originarono  un  tan- 
to  guaio.  Consistevano  essi  nel  dare  ai  singoli  coloni  spagnuoli  cen- 
to, dugento  e  piu  indigeni,  affinche  si  valessero  dell'opera  loro  nella 
collura  delle  terre  e  nelle  miniere  dell'oro.  Inlrodusseli  o,  per  meglio 
dire,  lollerolli  nei  loro  inizii  il  Colombo,  sforzatovi  da  patli  convenuti 
coi  rivoltosi  di  Roldano;  crebbeli  a  dismisura  il  Bobadilla  per  accat- 
tarsi  difesa  del  suo  iniquo  operare  presso  la  corte ,  merce  il  favoro 


148  LA  SCHIAVITU  DEGL' INDIANI 

della  colonia  1.  Ma  avutane  contezzala  reina  Isabella  mando  pub- 
blicare  ua  bando  per  tutta  la  isola  della  Spagnuola ,  dato  nelle 
istruzioni  all'  Ovando  successore  del  Bobadilla,  che  qualunque  te- 
nesse  Indiani  a  sua  posta,  meltesseli  in  liberla  il  piu  losto,  salvo 
1'usarne  secoado  il  loro  consentimento  ed  a  mercede  corrispondenle. 

L'  Ovando,  pubblicato  T  ordine  ricevuto,  non  guari  appresso  1'  an- 
nullo  con  un  altro  spiccalo  dalla  stessa  Reina.  Gl'  Indiani  furoiio  no- 
vamente  gittati  in  balia  degli  sparlimenti,  e  questa  volta  per  decrelo 
reale.  Scrissero  alcuni,  che  Isabella  fosse  indolta  da  iniqua  ragione 
di  Stato  a  disdire  1'ordine  poco  prima  bandito.  Las  Casas,  testimonio 
del  tristo  avvenimento,  scrive  altramente.  Secondo  lui  ella  incappo 
in  un  laccio ,  teso  alia  sua  pieta.  Tre  mila  erano  gli  uomini  che 
F  Ovando  avea  menato  seco  ai  soldo  de'  reali  di  Spagna.  Veniva- 
no  raeno  le  vettovaglie  in  S.  Domingo;  le  scarse  provvigioni  dei- 
1' isola  male  avrebbono  sopperito  alia  difficolta.  Quale  riparo  al 
danno  temuto?  II  consiglio  fu pronto:  si  torni  agli  spartimenti.  Le 
braccia  degli  Indiani  per  la  cura  degli  Spagnuoli  provvederebbero 
abbondantemente  ad  ogni  bisogno.  Ma  si  opponevano  le  islruzioni 
reali.  Per  averle  riformate  a  talento  1'  Ovando  nella  relazione,  in 
cui  dava  conto  ad  Isabella  dello  stalo  dell'isola,  riferi,  che  gl'Indiani 
per  soverchio  di  liberla  si  erano  gittali  a  far  vita  selvaggia  ,  vaga- 
bonda,  oziosa  e  fuggendo  per  questo  modo  il  consorzio  dei  crisliani 
non  sarebbero  mai  per  la  necessaria  cognizione  venuti  alia  fede.  Or- 
dinasse  perlanlo  S.  Maesta,  che  lanli  per  volta  ed  a  tempo  determi- 
nate si  raccomandassero  alia  solleciludine  dei  coloni  cristiani,  coi 
quali  sforzati  a  \ivere  e  lavorare  piglierebbero  dai  medesimi  cono- 
scenza  della  religione  e  delle  coslumanze.  Tanto  1'  Ovando,  «  e  noi, 
dice  Las  Casas,  che  eravamo  presenli,  sappiamo  che  scriveva  con- 
tro  la  verita  2  » . 

Che  cosi  fosse  scritto  non  ve  n*  ha  dubbio.  Leggete  in  pruova  il 
nuovo  ordinamento,  datoci  quasi  per  inlero  dallo  stesso  Las  Casas. 

1  ROBERSTON,  Storia  deW America,  lib.  II.  HERRERA,  Dec.  I,  lib.  IV,  c.  11. 

2  Porque  los  que  estavamos  presentes  sabemos  el  contrario  ser  verdad.  La 
liberta  pretesa  dal  supplice  ludiano,  Ragione  XI. 


COMBATTUTA  DALLA  CHIESA  149 

Voi  inconlrate  fin  da  prineipio  la  causa  motiva  della  proposta  qual 
fondamento  della  legge  :  «  E  perche  noi  desideriamo,  scriveva  Isa- 
bella, che  i  detti  Indian!  si  convertano  alia  nostra  santa  Fede  cattoli- 
ca,  e  che  siano  addottrinati  in  essa ;  e  perche  questo  si  potra  conse- 
guire  assai  meglio,  comunicando  i  detli  Indiani  coi  Crisliani,  tratlan- 
do  ed  unendosi  gli  uni  cogli  altri,  .  .  .  comando  che  per  I'avvenire 
gli  sforziate  e  gV  induciale  a  trattare  ed  a  conversare  con  essi  » . 
Nel  medesimo  tempo  pero  ordina ,  che  il  governalore  se  la  inlenda 
coi  loro  Cacique  o  capi  pel  numero  ,  si  abbia  riguardo  alia  eta  ed 
alia  condizione ,  siano  temperate  le  faliche ,  ognuno  pagato,  trattato 
e  mantenulo  convenientemente :  in  una  parola  « facciano  e  adem- 
piano  ogni  servigio  come  uomini  liberi  e  non  mai  come  servi  1  » . 
Si  fosse  osservato  almanco  questo  ordinamento !  Ma  che  non  guasta 
una  sraodata  avarizia  ?  L'Ovando  coll'ordine  nuovo  alia  mano,  spar- 
titi  gli  Indiani  a  capriccio,  dielli  in  commenda  ai  nuovi  educatori.  La 
piu  parte  dei  quali,  badando  a  trarre  il  migHor  pro  dei  proprii  inle- 
ressi  e  nulla  al  convertire,  gli  adoperava  senza  posa  or  nelle  miniere 
ed  or  nella  coltura  de'  campi  a  magrissimo  pasto  ,  a  salario  piu 
scarso ,  con  aguzzini  ai  lali  che  colla  verga  in  mano  li  sollecitassero 
perpeluamente  al  lavoro,  fmche  aveano  fiato  in  corpo.  Niun  riguardo 
all'ela,  niun  rispelto  alia  condizioue.  Perili  gli  uni,  si  surrogavano  al- 
tri allo  stesso  marlirio.  Non  v'era  alcun  modo  negli  spartimenli.  In- 
lanto  a'  miseri  non  si  facea  motto  di  religione  ,  ma  si  parlava  cogli 
scandali,  e  si  davano  ammaeslramenli  di  civilta  cogli  alii  della  piu 
cruda  barbaric.  E  cosi  cio  che  dovea  essere  scuola  di  sanli  ed  uma- 
ni  costumi  divenne  un  pesantissimo  giogo  della  piu  dura  schiavilu. 
L'iniquo  procedimento  quale  rea  pestilenza  si  slese  alle  isole  di  san 
Giovanni ,  di  Cuba ,  della  Jamaica  e  in  terra  ferma ,  dove  in  ogni 
banda  si  fe  vigorire  il  costume  della  commenda. 

1  Y  porque  nos  deseamos  ,  que  los  dichos  Indios  se  conmertan  a  nuestra 
S.  Fe  catolica ,  y  que  sean  doctrinados  en  las  cosas  della:  y  porque  esto  se 
podrd  mejor  hazer  comunicando  los  dichos  Indios  con  los  Cristianos,  y  an- 
dando  y  tratando  con  ellos  y  ayuntando  los  unos  a  los  otros . . .  mando  etc. 
Lo  qual  hagan  et  cumplan  como  personas  libres,  como  lo  son,  no  como  sier- 
vos.  Ibid. 


\  50  LA  SCHIAVITIJ  DEGI/ INDIANI 

Per  colmo  di  somma  sventura  v'aveano  anche  gli  schiavi;  de'quali 
faceasi  traffico  per  quelle  coste.  Eccovi  i  commendatarii  all'opera  di 
nuovi  guadagni.  Gl'  infedeli,  caduli  prigioni  in  guerra,  erano  schia- 
vi per  litolo  di  legge.  Ouesto  litolo  fu  il  giuoco  di  mille  ciurraerie  a 
danno  degl'infelici  Indiani.  A  raodo  di  esempio :  Un  commendatore  fa 
dire  al  Cacique :  «  per  I'indomane  lanli  Indiani  al  tal  lavoro  » .  Oue- 
sti  non  risponde  alia  domanda,  perche  il  numero  de'  soggetti  e  molto 
al  di  sotto  del  richiesto  maliziosamente.  II  commendatore  accusalolo 
di  ribellione  gli  e  addosso  con  gente  d'arme  e  lo  fa  schiavo  con  tut- 
ta  la  borgata.  I  governatori  hanno  mezzi  piu  spediti :  fanno  segno  a 
soldali  e  a  capilani,  e  quesji,  correndo  il  paese  sollo  colore  di  pacifi- 
carlo,  ne  traggono  quel  tanlo  di  prigioni  o  schiavi,  che  bastano  al  ca- 
rico  del  navilio  che  aspetta.  Chi  grida  minaccioso  :  «  pel  tal  mese  7 
tanto  oro,  o  lanti  schiavi  •  »  ed  ha  gli  schia^vi ,  perche  e  impossibile- 
fornire  la  quantila  dell' oro  domanclato.  Chi  obbliga  i  tapini  a  compe- 
rare  la  merce  di  \ilissime  sloffe,  e  vuole  in  ricambio  il  tri.sto  prezzo 
di  carne  umana.  I  conquistadores  colle  loro  bande  portano  or  in  que- 
sto  ed  ora  in  quel  popolo  non  minori  disertamenli  1. 

Tale  e  la  origine,  tale  il  progresso  di  quell'  aspra  schiavitu,  onde 
furono  gravati  e  martoriali  gl'Iiidiani.  Chi  ne  fe  la  relazione,  cita  ir> 
pruova  testimonii  del  faltoancora  yivenli,  siappella  alle  deposizioni 
dei  Vescovi  ed  invita  i  regii  ministri  a  cercare  negli  archivii,  dove- 
Iroverebbono  irrefragabili  document*!  di  oltremare  conlenenti  le  que- 
rele,  mosse  da  buoni  conlro  lante  iniquita  dei  tristi.  Ma  nella  origine 
e  nel  progresso  dov'e  1'approvazione  della  Chiesa?  dove  trovate  gl'In- 
diani  non  allrimenli  che  vittime  appiedegli  allari?  dove  il  sacerdotey 
che  ne  ribadisce  i  ceppi  a  riome  della  religione?  II  sopruso,  la  fro- 
de,  laciurmeria  e  la  violenza  furono  i  rei  ministri,  adoperati  a  tanta 
iniquita  dall'  avarizia  e  dall'  arabizione.  La  Chiesa  ne'  suoi  ministri  r 
si,  ebbe  larga  parle  in  questo  fatlo,  ma  quella  del  piu  ardente  e  del 
piu  coslante  oppositore ,  e  fu  sua  merce ,  se  la  sorle  degl'  Indiani  si 
addolci,  se  allargaronsi  i  ceppi  ed  in  fine  se  giacquero  infranti. 

1  Loc.  cit.  Storia  della  distruzione  delle  Indie  occidentali. 


COMBATTUTA  DALLA  CHIESA  lot 

II  Roberston  scrive  :  «  I  missionarii  conformandosi  allo  spirito 
della  religione,  clie  doveano  predicare,  biasimarono  aUamente  le  dot- 
trine  professate  dai  loro  compatriotti  sul  conlo  degl'  Indiani ,  e  con- 
dannarono  i  reparlimientos  o  le  distribuzioni  che  si  faceano  di  essi 
a  maniera  di  schiavi ,  come  coatrarie  alia  giustizia  naturale ,  ai  pre- 
cetti  di  Cristo  ed  alia  vera  pieta  1  ».  Difatto  i  Padri  di  S.  Domenico, 
tornate  vane  le  pratiche,  adoperate  privatamente  affine  di  rammolli- 
re  la  crudelta  dei  commendalarii,  deliberano  di  venire  a  falti  pubbli- 
ci.  II  P.  Montesino,  salito  in  pergarao  alia  presenza  del  Governatore, 
della  sua  corte  e  di  tutto  it  popolo,  imprende  a  perorare  la  causa  dc- 
gl'  Indiani;  fa  rei  di  colpa  gravissima  quanti  aveano  mano  nella  op- 
pressione  e  li  scongiura  di  provvedere  alle  anime  proprie  in  ira  a 
Dio.  Questo  fu  il  segnale  della  lolta  tra  1'avarizia  e  la  carita.  II  co- 
.raggioso  predicatore  riceve  1'ordine  di  ritraltare  quanto  ha  delto  in 
favore  degl' Indiani.  Ma  senza  pro.  I  suoi  fratelli  ne  pigliano  la  di- 
fesa ;  in  pubblico  ed  in  privalo  soslengono  la  stessa  doltrina,  non  cu- 
rando  la  minaccia  dello  sfratto  ed  il  limore  di  gravi  pericoli.  Intan- 
fo  forti  richiami  sono  porlati  conlro  di  essi  alia  corte  di  re  Ferdi- 
fiando.  I  Padri  Moutesino  e  Pietro  di  Cordova  rinavigano  1'Oceano, 
e  difeso  con  caiore  il  diritto  dei  multratlali  Indiani  nel  re-ale  Con- 
siglio ,  ottengono  alleviamenti  alia  loro  sorle.  Ferdinando  die  fuori 
iin  nuovo  ordiaamento,  col  quale  ristrinse  il  lavoro  obbligatorio  de- 
gli  infelici  a  cinque  mesi  per  anno ,  vieto  1'uso  della  sferza  e  del 
carcere ,  impose  che  i  somieri  fossero  surrogati  alle  spalle  degli 
Indiani  e  che  nel  caso  di  qualche  loro  fallo,  non  il  commend  a  tario, 
ma  il  regio  visitatore  facesse  giuslizia  2.  E  nel  1514  a  Pietro  Arias, 
inviato  a  far  conquisle  nel  conlinente  americano ,  fece  streltissimo 
comandamento  di  usare  ogni  cortesia  cogli  abitatori,  di  allettarli  per 
via  di  doni,  anziche  adoperare  lo  spavento  dell'  armi  3. 

Di  li  a  non  molto  ,  annullati  questi  savii  ordinamenli ,  in  forza  di 
altri  decreli  e  rimesso  in  pie  il  barbaro  costume  degli  spartimentL 

1  Lib.  III. 

2  Card.  BALUFFI,  U America  un  tempo  spagnuola  risguardata  sotto  laspet- 
lo  religioso,  c.  IV. 

3  LAS  CASAS,  loe.  cit. 


152  LA  SCHIAVITU  DEGI/  INDIANI 

I  sacri  ministri  gli  si  levano  contro  e  lo  combatlono  arditamente.  II 
Las  Casas,  che  per  ollre  cinquanl'anni  pugno  in  favore  degli  oppres- 
si  prima  in  condizione  di  prete  secolare ,  poi  di  religiose  di  san  Do- 
menico,  da  ultimo  in  quella  di  Vescovo  di  Chiapa,  tragittatosi  di  Ame- 
rica in  Ispagna  chiese  riparo  ai  tanli  guai  della  colonia  al  Cardinale 
Ximenes,  onore  e  luslro  del  sacro  Ordine  Francescano,  che  di  que'di, 
morto  re  Ferdinando,  reggea  la  pubblica  cosa.  II  grande  uomo,  cono- 
sciuti  i  fatti,  spedisce  il  piu  loslo  per  la  Spagnuola  tre  religiosi  geroli- 
mini  ed  nn  giudice  supremo :  a  quelli  da  savissime  istruzioni,  a  queslo 
impone  di  rendere  inlera  giuslizia,  all'uno  ed  agli  allri  amplissimi  po- 
teri,  e  nomina  proleltore  degl'  Indiani  lo  slesso  Las  Casas.  La  colonia 
e  riordinala  secondo  giuslizia.  II  giogo  e  lolto  d'in  sul  collo  degli  op- 
pressi ;  ma  non  in  quel  modo  di  esito  sicuro ,  che  avrebbe  voluto  il 
proteltore.  Laonde  eccovelo  di  nuovo  in  Ispagna  per  ottenervi  altri 
provvedimenli  piu  recisi  in  favore  della  liber  la  degl' Indiani.  Trova- 
to  morente  il  Cardinale,  Iralta  con  Carlo  V,  e  guadagnali  i  consiglie- 
ri  riparte  con  buone  speranze  e  colla  facolla  di  fondare  a  suo  modo 
una  colonia  in  terra  ferma.  Fallitegli  quelle ,  e  riuscili  vani  i  conali 
per  questa,  colpa  1'allrui  malvagila,  rinaviga  in  Europa.  Quattordi- 
ci  volte  egli  corse  su  e  giu  per  TOceano  dall' America  in  Ispagna  e 
dalla  Spagna  in  America,  sempre  in  atlo  di  combattere  or  colla  voce 
ed  orcogli  scritti  in  pro  della  liberta  calpesla  contro  polenli  ed  osti- 
nati  avversarii.  Lo  vedete  nel  Messico  ;  lo  incontrate  nel  Nicaragua; 
lo  rinvenite  nel  Peru.  Egli  non  ha  posta  ferma ,  e  dovunque  lo  chia- 
ma  ladifesa  degl' Indiani.  Nella  grave  el&  di  seltanl'anni  colla  di- 
gnita  di  Vescovo  dalla  Spagna  giunge  in  America.  Vi  sosliene  im- 
perterrilo  le  leggi  di  liberla  promulgate  da  Carlo  V ,  disprezza  le 
minacce ,  affronta  le  sommosse ,  ed  accusato  per  opera  dei  trisli 
oppressori  quale  uomo  sedizioso  e  nemico  al  Re,  scioglie  per  1'  ultima 
volta  verso  la  Spagna ,  dove  riporta  una  splendida  viltoria  sopra  gli 
oppugnatori  della  liberla  indiana. 

L'  esempio  del  Las  Casas  fu  seguitato  dai  Prelati  e  dai  sacri  mi- 
nistri di  ogni  ordine.  I.Francescani ,  gli  Agosliniani ,  i  Padri  della 
Mercede  furono  tutli  con  lui  e  co' suoi  confralelli.  Corse,  e  vero, 
dapprincipio  alcun  disparere  coi  primi ,  cagionato  non  gia  da  vile 


COMBATTUTA  BALL  A  CHIESA  153 

gelosia ,  come  scrisse  il  Roberston  ed  altri  il  copiarono,  ma  sibbene 
per  manco  di  esperienza  e  sotto  il  riguardo  di  piu  grand!  vantaggi 
per  gli  stessi  Indiani.  Quando  alia  pruova  dei  fatti  parve  sicuro, 
che  non  davasi  mezzo  tra  la  liberla  intera  degli  indigeni  e  la  piu 
cruda  oppressione  de'  medesimi ,  stante  la  insaziabile  cupidigia  di 
buona  parte  dei  coloni ,  ogni  diversita  di  opinione  fu  spenta.  I  figli 
di  S.  Francesco  fmo  dai  primi  tempi  della  scoperla  sostengono  i  di- 
ritti  del  libero  indiano  e  li  difendono  con  ogni  sforzo  nel  Messico , 
nel  Yucatan,  nel  Peru;  ed  accolto  in  Haiti  il  Las  Casas  con  parecchi 
de'suoi  nei  1544,  il  provveggono  largamente  del  vitlo  negatogli  dai 
piu  polenti  cittadini ,  in  vendetta  dell'  aver  lui  otlenulo  e  portato  da 
parte  di  Carlo  V  ordini  prcssanti  in  favore  degl'  Indiani.  F.  Francesco 
di  Romano  va  in  Ispagna  ad  impetrare  merce  per  gl'  Indiani  contro 
la  rapacila  di  Pietro  d' Arias.  F.  Giovanni  di  Quevedo ,  Vescovo  di 
Darien,  fa  lo  stesso.  Dopo  di  avere  dipinlo  in  tristo  quadro  cio  che 
accadea  oltre  mare,  ecco  le  parole  con  che  termina  la  sua  esposizio- 
ne  dinanzi  a  Carlo  V  un  altro  francescano,  venuto  pure  di  America : 
«  Aveudo  il  Signore  detto  a  Caino  il  sangue  del  tuo  fratello  Abele 
grida  a  me  dalla  terra,  sara  egli  sordo  queslo  Dio  stesso  alle  gri- 
da  che  mandano  al  cielo  que'  rivi  di  sangue,  onde  tanle  province 
sono  ancora  inondate  ?  Sire ,  per  le  piaghe  adorabili  del  Salvator 
degli  uomini  e  per  le  sacre  stimmate  del  mio  padre  S.  Francesco,  vi 
scongiuro  di  por  fine  ad  una  tirannia ,  la  quale  conlinuata  potrebbe 
trarre  su  la  vostra  corona  tutto  il  peso  dell'  ira  di  chi  e  sovrano  Si- 
gnore dei  re  della  terra  1 ».  II  Domenicano  F.  Girolamo  di  Loaysa 
nel  1534  dalla  America  rinaviga  in  Ispagna  a  perorarvi  conlro  la 
servilu  personale,  nel  1537  accelta  la  dignita  di  Vescovo  di  Carta- 
gena a  tre  condizioni ,  la  prima  delle  quali  e  che  il  principe  guaren- 
tisca  gl'  Indiani  dagli  oppressor!.  Querele  e  suppliche  del  medesimo 
concetto  vengono  dall'Ortiz  e  dai  Mendez,  Vescovi  di  S.  Marta.  Die- 
go Alvarez  Osorio,  Giuliano  Garces,  Giovanni  di  Zumarraga,  Seba- 
stiano  Ramirez  de  Fuenleal,  Vescovi  di  Nicaragua,  Tlaxscala,  Mes- 
sico, S.  Domingo,  faticano  continuamente  in  pro  della  stessa  causa. 

1  Vedi  HENRION,  Storia universal  delle  mission^  Lib.  I,  c.  35. 


LA  scHiAViiu  DEGL' INDIANI 

I  Messicani  non  loccano  cibo  o  bevanda  dal  punto  in  cui  muore 
il  Padre  di  Olmedo  del  sacro  Ordine  della  Mercede,  infmo  a  vederlo 
sepoito ,  pel  gran  dolore  di  aver  perduto  chi  addoltrinavagli  nella 
fede,  e  con  tanto  aniore  veniva  alleviando  gli  affanni  della  loro  pover- 
ta  e  delle  loro  catene.  Al  primo  Vescovo  di  Cartagena,  Tommaso  del 
Toro,  spegne  la  vita  il  cordoglio  per  la  vista  delle  oppression! ,  che 
non  puo  per  niun  conlo  impedire,  e  ad  Antonio  di  Yaldiviejo,  Vescovo 
di  Nicaragua,  la  toglie  il  ferro  micidiale  di  uno  Spagnuolo.  Hernando- 
e  Pedro  di  Contreras,  ribellalisi  alia  Spagna  nel  Nicaragua,  scarica- 
vano  il  loro  furore  sopra  gl'Indiani  manometlendone  la  liberla,  i  benir 
le  mogli,  i  figli,  e  non  di  rado  le  vite.  II  Valdiviejo  fu  alle  prese  con> 
essi  cinque  anni,  tentando  ogni  via  di  mettere  alcuna  piela  in  queglt 
animi  imbesliati.  Ma  senza  pro.  Un  mezzo  estremo  ed  arrischialo 
eragli  offerto  dal  suo  dovere:  la  scomunica.  Ed  a  questo  pure  si  ap- 
piglia.  Poco  appresso,  assaltato  improvvisamente  da  Hernando  nella 
sua  stanza,  cade  Irafitto  da  due  eolpi  di  spada  e  muore  pregando  da 
Dio  merce  al  suo  assassino. 

Eccovi  un  saggio  del  quanto  hanno  operalo  ,  stenlato  e  sofferlo  i 
sacri  ministri  ne'  primi  tempi  delle  varie  scoperle  ,  per  difendere  la 
liberla  degl'  Indiani.  Qual  e  1'  asserto  che  senz  ombra  di  esagera- 
zione  vi  presenta  il  C.  Rossi  ?  Voi  la  sapete.  «  Era  nel  procinto  del 
lempio,  era  appie  degli  altari,  dove  si  conduceano  i  miseri  Indiani, 
e  si  osava  dire  a  ciascuno  di  essi :  tu  non  sei  un  uomo,  ma  una 
cosa,  uno  strumento,  un  -arnese  ,  una  proprieta  del  tuo  padrone  », 
Puo  egli  trovarsi  piu  discorde  1' asserto  col  falto?  Puounaverita  pm 
lampante  esser  travisata  in  falsita  piu  manifesta?  La  Chiesa  combatte1 
la^schiavitu,  ne  condanna  ogni  at  to,  rigetta  dai  suoi  allari  qualunque 
fallisse  in  quesla  parte ;  ed  il  professore  ,  per  1'  opposto ,  la  rappre- 
senta  come  se  1'approvasse,  la  benedicesse  e  la  recasse  a  stretlo  do- 
vere dei  mal  capitati  Indiani !  Andate  ora  e  credeie  alle  accuse  che 
tuttodi  si  spaccia'no  largamente  conlro  i  ministri  della  Chiesa ,  sia 
nei  giornali ,  sia  nei  parlamenti ,  sia  nelle  scuole  ,  quando  un  uomo 
di  quella  riputazione  che  era  il  Rossi  non  si  fa  il  menomo  scrupolo  di 
sostenerne  una  si  grave  nelle  sue  lezioni  e  colla  stampa ,  conlro  la 
verita  si  patente  del  fallo. 


COMBATTUTA  DALLA  CHIESA  155 

II. 

'•    •'  » 

La  teorica  della  schiavitu  a  danno  degli  Indiani 
e  condannata  dal  Papa. 

I  nemici  della  liberta  degli  Indiani  tentarono  a  loro  profilto  1'ar- 
Ce,  che  veggiamo  oggidi  adoperarsi  dagli  avversarii  della  indipen- 
denza  del  Sommo  Pontefice.  Glie  cosa  e  agli  occhi  de'nostri  rige- 
neratori  lo  spogliamento  della  sovranita  pontificia?  Non  altro,  die 
la  conseguenza  pratica ,  dedolta  dalla  giusta  teorica  del  diritto  na- 
^ionale.  Non  altro  che  un  fallo,  il  quale  torna  a  grande  vantag- 
gio  della  Chiesa,  perche  i  Papi,  sgombri  da  ogni  cura  del  Princi- 
pato,  possono  consecrarsi  interamente  al  reggimento  dei  fedeli.  Fate 
die  si  appigli  e  si  radichi  negli  animi  cotesta  teorica:  la  sacrile- 
ga  rapina  non  e  piu  tale,  ma  uri  alto  splendido  di  giustizia.e  di 
carila.  Cosi  i  primi  coloni  della  Spagnuola.  I  quali  vedendo  fiera- 
mente  avversati,  e  per  poco  rotti,  i  proprii  divisamenti  di  arricchire 
a  spese  dell'  altrui  vita,  si  misero  sulle  difese,  accampando  ragioni 
<ii  diritto  e  dicendo  mirabilia  dei  vantaggi  spirituali  e  civili ,  che 
avrebbero  ritratto  dalla  servitu  quogli  sforlunali.  Come  al  presen- 
te  circa  il  dominio  temporale  della  S.  Sede,  cosi  allora  furono  colti 
parecchi  al  laccio  del  cavillo.  Sorta  quindi  una  controversia  assai 
viva,  si  fe'  capo  a  Roma  per  la  decisione.  Papa  Leone  X  rispose 
losto  :  non  solo  la  religione ,  ma  la  natara  eziandio  reclamare  con- 
iro  •  la  schiavitu ;  e  fece  caldi  ufficii  nel  medesimo  tempo  presso  I 
Principi  della  Spagna  e  del  Porlogallo,  affinche  1'uno  e  T  altro  non 
permettesse ,  nei  nuovi  conquisti ,  alcun  alto  iniquo  od  inumano. 
Tanto  ci  riferisce  il  Fabroni ,  citato  con  lode  del  Pontefice  e  della 
Chiesa  romana  dal  Roscoe  l.  Cosi  allora  parliva  dalla  Santa  Sede 

1  Disputabatur  turn  a  Dominicanis  et  Franciscanis,  qui  eo  religionis  causa 

missi  fuerant,  de  sermlute  illorum  qui  in  polestalem  Hispanorum  venerant 

ftequisilus  sententiam  Pontifex  iudicavit  non  modo  religionem,  sed  etiam  na- 
turam  reclamitare  servituti,  egitque  cum  Ferdinando  llispaniarum  rege,  ul 
ne  quid  inhumane ,  ne  quid  iniuste  Us  in  regionibus  colonorum  avaritia  fieri 


156  LA  SCHIAVITU  DEGL'  INDIANI 

il  primo  grido  di  condanna  dell'  iniqua  servilu,  come  teste  usciva 

quello  di  riprovazione  contro  una  liberta  sct>nfmata. 

L'  avarizia  affino  1'  ingegno  a  nuova  teorica.  Gl'  incettatori  di  crea- 
ture umane  fanno  correre  qua  e  cola  la  sentenza :  «  gl'  Indiani  non 
levarsi  nell'  ingegno  sopra  il  comune  dei  bruti ,  essere  quindi  men 
che  uomini,  incapaci  della  religione,  nali  falli  per  servire  ».  Questa 
dottrina  sparsasi,  a  guisa  di  rea  semenza,  altecchisce  in  alcune  parti 
del  Messico.  Non  v'e  piu  senso  di  piela  verso  de'  miseri :  il  nuovo  sole 
del  mallino  non  apporta  loro  che  nuovi  stenli,  nuove  faliche  e  nuove 
stragi  della  sevizie.  Fr.  Garces  dell'  Ordine  de' Predicatori ,  Vescovo 
diTlaxscala,  apostolo  di  quel  paese,  stende  pel  Pontefice  Paolo  III  una 
relazione,  in  cui  da  conlo  della  iniquissima  doltrina  e  delle  orride  con- 
seguenze.  Portati  mille  argomenti  di  falto  in  pruova  della  bonla  dell'in- 
gegno  che  splendea  negl'  Indiani ,  della  capaclla  ia  essi  d'  intendere 
le  cose  della  religione  e  di  esservi  con  grande  frutto  allevati ,  prega 
caldamente  il  Vicario  di  Gesii  Cristo,  che  non  porga  orecchio  a  quanto 
gli  si  riferisse  in  contrario,  ma  che  invece  degni  di  uno  sguardo  com- 
passionevole  que'  popoli ,  i  quali  si  affretlavano  a  torme  di  entrare 
nell'  ovile  del  Signore.  II  Papa  non  tardo  a  venire  in  soccorso  degli 
oppressi  con  una  solenne  decisione  ai  fedeli.  Nella  quale  messo  a 
fondamento  il  precetto  di  ammaestrare  nella  legge  evangelica  tutli 
i  popoli ,  dato  da  Cristo  agli  Apostoli ,  ed  agramente  rampognati  i 
maestri  della  rea  dottrina  sopra  riferita,  viene  alia  sentenza  finale 
in  quesli  termini:  «  Considerando  che  gl'  Indiani,  siccome  veri  uomi- 
«  ni ,  non  solamente  sono  capaci  della  fede  cristiana,  ma  che  ezian- 
«  dio,  come  e  a  noi  noto,  corrono  prontissimamente  ad  essa :  e  vo- 
«  lendo  in  questo  provveder  loro  con  opportuni  rimedii,  in  forza 
«  dell'  autorila  apostolica,  colla  lettera  prcsente  decretiamo  e  dichia- 
«  riamo,  che  gl'  Indiani  sopraddelti  e  tuttele  altre  genii,  che  saran- 
«  no  per  venire  appresso  in  conoscenza  dei  Cristiani,  comeche  siano 
«  fuori  della  fede  cattolica ,  hanno  il  diritto  di  usare ,  fruire  e  go- 

pateretur.  Eius  enim  utilitatis  esse  dixit ,  homines  a  fera  agrestique  vita 
ad  christianum  civilemque  cultum  deducere  communi  humanitatis  iure  atque 
mansuetudine.  Pari  studio  egit  cum  Lusitaniae  rege  etc.  Ecliz.  Pis.  1797, 
p.  227,  228.  Vedi  ROSCOE,  anno  1521,  §.  XI. 


COMBATTUTA  DALLA  CHIESA  157 

<(  dere  senza  impaccio  e  lecitamente  della  lor  liberta  e  del  dominio 
«  di  tutte  le  cose  proprie ;  che  non  debbonsi  ridurre  a  schiavilu  ; 
«  che  e  vano  e  casso  quanto  si  facesse  in  contrario,  e  che  i  mede- 
«  simi  Indiani  e  le  altre  genti  sono  da  allettare  alia  Fede  di  Crislo 
«  colla  predicazione  della  divina  parola  e  coll'esempio  della  buona 
«  vita  ».  Fin  qui  il  Pontefice  1.  Importantissima  decisione,  colla 
quale  al  cospelto  dell'universo  si  proclamava  il  triplice  diritto  di 
que'  popoli :  il  dirilto  della  liberta  individuate,  il  diritto  di  proprieta 
e  il  diritto  dell'autonomia  politica.  Perocche  dichiarando  il  Papa  for- 
malmente,  che  quelle  genti,  doveansi  trarre  alia  Fede  coll'opera  della 
predicazione  e  del  buon  esempio,  e  chiaro  che  la  forza  dell'armi  vo- 
lea  esclusa.  Ne  il  savio  Ponteflce  si  tenne  pago  di  tan  to.  Con  un  suo 
Breve,  indirizzato  al  Cardinale  Tabera,  Arvivescovo  di  Toledo,  niando 
pubblicare  la  pena  della  scomunica  da  incorrersi  issoffatto  contro  chi 
violasse  la  sua  decisione ,  riservata  alia  Sede  apostolica  la  facolla 
di  assolvere  tal  delillo  2.  La  gravila  di  quesla  sanzione ,  che  e  la 
maggiore  della  Chiesa,  vi  dice  quanlo  stesse  a  cuore  del  Papa  la  ri- 
verenza  dovuta  al  diritto  della  liberta. 

Cio  non  ostanle  il  Dottore  Gines  di  Sepulveda,  cronista  di  Carlo  V, 
vide  una  scappatoia  e  si  mise  per  essa.  Die  fuori  pertanto  una  scril- 
tura ,  che  si  riduce  a  due  proposizioni  capital! .  La  priraa  e  che  la 
causa  movenle  e  1'autorita ,  sopra  cui  si  appoggiava  1'operare  degli 
Spagnuoli ,  giustificavano  lutte  le  guerre  gia  fatte  da  essi  contro 

1  Attendentes  Indos  ipsos,  utpote  veros  homines,  non  solum  christianae 
Fidel  capaces  existere,  sed,  ut  Nobis  innotuit,  ad  Fidem  ipsam  promptissime 
currere:  ac  volentes  super  his  congi ~uis  remediis  pr omdere,  praedictos  Indos, 
et  omnes  alias  gentes  ad  notitiam  Christianorum  in  posterum  deventuras, 
licet  extra  Fidem  christianam  existant,  sua  libertate  ac  rerum  suarum  domi- 
nio huiusmodi  uti  et  potiri  et  gaudere,  libere  et  liclte  posse,  nee  in  sermtutem 
redigi  debere :   ac  quidquid  secus  fieri  conligerit ,  irritum  et  inane .  ipsosque 
Indos  et  alias  gentes  Verbi  Dei  praedicatione  et  exemplo  bonae  vitae  ad  Fi- 
dem Christi  invitandos  fore,  auctoritate  apostolica  per  praesentes  litteras 
decernimus  et  declaramus.  —  Veritas  ipsa,  2  lun.  1537. 

2  Pastorale  officium,  18  Mali  1537.  Yedi  SOLORZANO  De  Indiarum  iure:  nel 
Lib.  II,  c.  8  troverai  la  relazione  del  Garces  e  la  dichiarazione  pontificia , 
e  nel  Lib.  Ill,  c.  7  il  Breve  al  Card.  Tabera. 


138  LA  SCHIAVITU  DEGL*  INDIANI 

gl'  Indiani  e  che  si  potea  lecitamente  e  si  dovea  coulinuare  in  esse : 
Taltra,  che  gl'Indiam  erano  obbligati  a  soggetlarsi  al  reggimento 
degli  Spagnuoli ,  pena  1'esservi  sforzati  se  rifiulassero  1.  Che  se  al- 
cuno  opponeagli  la  decisione  di  Papa  Paolo  III ,  se  ne  schermiva , 
dicendo  :  «  che  la  Bolla  del  Papa  era  stata  scritla,  contro  i  soldati, 
che  senza  aulorita  del  principe  li  faceano  schiavi  2  ».  Qnde  egli 
conchiudea :  intervenga  la  autorila  del  Sovrano  ;  il  guerreggiare ,  il 
sollometlere  e  il  ridurre  a  stato  di  schiavitu  gl'Indiani  e  cosa  lecita. 
Qualtro  precipui  motivi  la  fanno  tale  :  la  gravita  del  delilti  che  essi 
commettono,  la  stupidezza  degl'  ingegni,  la  facilila  di  convertirli  sog- 
gelti ,  ed  il  casligo  delle  offese  recale  dai  medesimi  agli  innocentL 
Cosi  la  nuova  teorica  del  Sepulveda.  Ma  che  ?  non  si  tosto  apparve, 
che  ebbe  il  mal  garbo  delle  cose  reielte  e  condannale.  Chiestasi  al 
reale  Consiglio  dell'  Indie  la  licenza  di  pubblicarla  per  le  stampe , 
tocco  all'autore  un  amaro  rifiuto.  Supplicato  della  slessa  Tallro  Con- 
glio  di  Castiglia,  questo  coramise  il  giudizio  alle  universila  di  Sala- 
manca e  di  Alcala,  ed  ambedue  la  rigeltarono  come  dottrina  non  sana. 
Fa  impressa  a  Roma,  ma  sotto  forma  di  corta  apologia,  indirizzala  al 
Vescovo  di  Segovia  3.  Eccole  nuovo  smacco  nella  Spagna.  Un  ordi- 

1  Prologo  alia  disputa  o  controversia  fra  il  Vescovo  Las  Casas  e  UDotto- 
re  Gines  di  Sepulveda. 

2  La  Bulla  de  Paulo  Tercero  no  fue  dada  sino  contra  soldados,  que  sin 
autoridad  del  Principe  hacian  esclavos.  Nella  replica  XII  del  LAS  CASAS  al- 
Tobbiezione  XII  del  Sepulveda. 

3  Forse  ad  alcuno  parra  strano,  che  un  libro,  giudicato  riprovevole  dai 
teologi  e  da  altri  grand!  uominl  nella  Spagna,  sia  stato  con  tanta  facilita  I'm- 
cenziato  per  la  stampa  in  Roma.  Quale  ne  fu  la  cagione?  Non  fu  certamen- 
te  la  liberta  della  stampa ,  che  allora  fosse  in  Roma ,  come  afferma  il  chia- 
rissimo  Gantii :  ne  1'essersi  impresso  senza  facolta,  come  vuole  1'  Henrion. 
Fiuo  dai  1515  nella  sessione  X  del  Goncilio  di  Laterano  sotto  Leone  X  era 
statuito,  che  niuno  stampasse  libri  in  Roma  senza  la  revislone  delVicario 
e  del  Maestro  del  S.  Palazzo.  Oltre  di  che  dovette  ai  chiarissimi  storici 
passare  inosservato  il  passo  nella  Obbiezione  XH,  dove  il  Sepulveda  dice 
il  suo  libro  impresso  in  Roma,  esaminato  ed  approvalo  dai  giudizio  del 
dottissimi  e  gravissimi  Signori  il  Vicario  del  Papa,  il  Maestro  del  sacro  Pa- 
lazzo, e  un  auditore  di  Rota,  citando  in  prova  la  Licenza  della  impressione. 
La  cagione  vera  fu  1'aver  clato  il  Sepulveda  al  suo  scritto  la  forma  di  apo- 


COMBATTCTA  DALLA  CHIESA  1^9 

ne  di  Carlo  V  divieta  la  diffusione  degli  esemplari  ed  impone  di  rac- 
corre  gli  sparsi  per  ovviare  lo  scandalo,  che  ne  sarebbe  seguilo. 
Era  1'anno  1547 ,  quando  il  Las  Casas,  giunto  allora  di  America  ed 
ir,J^a  la  quistione,  die  al  Dotlore  il  cento  per  uno  in  una  sua  vigoro- 
sascriltura.  Brevemente,  la  controvcrsia  fu  ventilala  dinanzi  ad  una 
Congregazione  di  teologi ,  di  legisli  e  del  reale  Consiglio  ,  relalore 
il  famoso  Domenico  Soto.  Le  dodici  obbiezioni  od  argomenli  del 
Las  Casas,  che  il  Sepulveda  avea  tentalo  di  confutare  in  favore  della 
sua  dotlrina,  furono  con  allretlanle  repliche  vittoriosamente  difese,  e 
le  qualtro  ragioni,  con  che  davasi  il  dirillo  agli  Spagnuoli  di  corn- 
batter  gl'  Indiani  e  farli  schiavi,  rimasero  annienlate  1.  La  decisione 
del  Papa  sfolgoro  di  nuova  luce  per  tale  dispula.  La  vittoria  della 
liberla  sopra  la  oppressione  fu,  quanto  alia  teorica,  compila. 

I  traltatori  del  giure  americano  presero  la  decisione  pontificia  a 
norma  per  disciorre  le  question!  di  giustizia  tra  gl'  Indiani  e  gli  Eu- 
ropei  sopra  questo  punto.  Cosi  1'Acosta,  il  De  Silva,  I'Avendafio,  ii 
Solorzano  ed  altri.  I  quali  dicono  apertamente  ai  governalori :  voi 
Bon  polele  costringere  questi  popoli  al  lavoro  delle  miniere,  voi  non 
potete  permeltere ,  che  contro  loro  volonta  servano  nelle  famiglie , 
voi  non  potete  contro  lor  voglia  acconciarli  ai  servigi  delle  officine 
da  panni,  da  cotone,  da  zucchero.  Essi  sono  liberi;  rispettale  il  di- 
ritto  della  loro  liberla.  II  servigio  dello  Stato  richiede  T  opera  loro? 
Ebbene  valetevene ,  giacche  il  Sovrano  ha  1'  autorila  di  coslringervi 
i  renitenti :  il  soldo  pero  corrisponda  alia  falica ,  i  modi  siano  cri- 
stiani,  il  Iratlamento  confacevole,  come  si  suole  colle  persone  libere. 

logia.  Onde  ad  un  uomo ,  quale  era  il  Sepulveda ,  cattolico ,  erudito  e  in 
grande  stima_,  sarebbesi  giudicalo  un'  ingiustizia  vietargliene  la  stampa.  01- 
tredicio,  come  ci  fa  sapere  il  Las  Casas,  essendo  egli  stato  indotto  in  errore 
dagH  uomini  piii  interessati  ne'  guadagni  delle  Indie,  aveatalmente  travisato 
I  fatti  sul  conto  degV  Indiani,  che  agli*cchi  degli  esaminatori,  salvo  il  de- 
creto  di  Paolo  111,  la  quistione  compariva  non  poco  intorbidata.  Onde  il 
citato  Las  Gasas  rispondea :  se  il  Vicario  del  Papa ,  il  Maestro  del  sacro  Pa- 
lazzo e  gli  altri ,  de'  quali  mena  vampo ,  approvatori  del  suo  libro ,  fossero 
stati  informal'!  della  falsila  e  della  iniquila  che  contenea ,  non  avrebbero 
osalo  di  consentirne  la  pubblicazione. 
1  Prologo  dt. 


160  LA  SCHIAVITU  DEGl/  INDUNI 

Badale ,  dicono  ai  preposti  delle  borgale  indiane ,  voi  fate  pascere 
agli  Indian!  i  vostri  greggi,  voi  imponete  ad  essi  di  collivare  le  vostre 
lerre,  voi  vi  giovate  dei  loro  sudori  per  accrescere  i  vostri  guadagni 
in  mille  raaniere:  se  in  questo  v'  e  costringimento,  se  la  ricompensa 
e  al  disotto  del  valore  dell'opera,  voi  offendete  gravemente  la  giusti- 
zia.  Sivolgono  ai  commendatori,  inculcano  gli  obblighi  giurali,  che 
hanno  verso  gl'  Indiani,  ed  a  questi  come  agli  altri  ricordano  il  se- 
vero  precetto  della  restituzioue  di  quanto  gli  hanno  frodati  e  della 
riparazione  ai  danni  loro  cagionati ,  con  ordini  contrarii  alia  loro  li- 
berta.  II  dire  che  lo  slringerli  al  lavoro  e  cosa  ulile  alia  societa,  van- 
taggiosa  allo  stesso  individuo  coslretto,  stante  la  inclinazione  della  sua 
natura  ad  irapigrire ,  si  condanna  come  un  misero  solterfugio  della 
iniquita.  Gl'  Indian!  sono  liberi  liberissimi,  e  questo  basta  1.  S'  isli- 
tui  la  mita,  ossia  1'onere  di  portarsi  a  scavar  le  miniere,  o  ad  altri 
lavori  tanli  Indiani  per  volta  a  dati  spazii  di  tempo,  i  quali  sommati 
riduceansi,  secondoche  si  riferisce  daalcuni,  a  diciolto  mesi  perun 
uomo,  itovi  dai  diciollo  ai  cinquaitt'  anni.  Le  querele  per  questo  peso, 
le  suppliche  del  toglierlo  che  piovvero  alia  corte  reale  dalla  parte  del 
clero,  le  discussioni  e  le  condanne  che  rispettosamente,  ma  con  gran- 
de  calore  ne  pronunziarono  i  moralisli,  le  ritrattazioni  fatle  dall'Ar- 
civescovo  Girolamo  di  Loaysa  e  dal  francescano  Michele  di  Agia,  che 
1'  aveano  per  inganno  consigliato ,  ci  chiariscono  viepiu  come  infino 
alle  ultime  conseguenze  si  volesse  mantenuto  dalla  Chiesa  il  diritto  di 
liberta  negli  Indiani,  dalla  medesima  con  solenne  decreto  asserilo  2. 
Ma  siccome  i  cupidi  non  erano  i  soli  Spagnuoli ,  eccovi  altri  de- 
creti  della  S.  Sede.  I  Porloghesi  di  S.  Paolo,  dieci  giornate  distant! 
dalle  prime  borgate  del  Paraguay,  assaltavano  di  tralto  in  tratto  gl! 
Indiani,  in  esse  raccolti  con  infiniti  stenti  dei  missionarii,  e  ne  porta- 
vano  con  rabbiosa  \iolenza  persone  e  cose.  Urbano  VIII,  conosciuta 
lanta  iniquita,  da  subito  ordine  pressanle  al  colleltore  apostolico  del 

1  Non  dicanl  ergo  Commendatarii  Indos  essesuos:  sui  enimnon  sunt;sicul 
neque  Regis  sunt,  ut  non  sunt  ii,  qui  in  Ilispania,  aut  in  aliis  Coronae  regnis 
tributapendunt:  homo  enim  liber  nullius  est,  sunt  autem  Indi  liberi  iure  ple- 
nissimae  libertalis.  Avendano,  Thesauri  Indici,  tit.  VII,  c.  4. 

2  Vedi  Emo  BALUFFI,  op.  cit.  c.  XV.  Avendano,  op.  cit.  tit.  1,  c.  12. 


COMBATTUTA  DALLA  CHIESA  161 

Porlogallo,  che  vieli  di  fare  schiavi  gl'  Indian!,  venderli,  comperarli, 
baratlarli,  donarli,  spogliarli  delle  cose  loro,  trarli  per  forza  in  allri 
paesi,  offenderli  comecchesia  nella  liberta,  di  prestare  in  tale  opera 
il  proprio  servigio  sotto  qualsivoglia  preteslo  o  colore ,  e  di  soste- 
fiere  ed  insegnare  essere  cosa  lecila  1'operare  altrimenli,  sfolgoran- 
do  nel  medesimo  tempo  colla  scomunica  maggiore  chi  osasse  \io- 
lare  questo  decreto  1.  II  mal  seme  del  trisli  svenluralamente  si 
rifa  e  melte  nuovi  germogH  nell' America:  ma  il  Ponlefice  Benedet- 
to XIV  e  pronto  ad  impedirne  la  propagazione  con  un  altro  decre- 
lo  somiglianle,  che ,  a  guisa  di  pubblico  bando  ,  ordina  si  promul- 
ghi  dai  Prelali  e  da  allri  per  tutli  i  paesi  soggetti  alia  corona  del 
Portogallo  2.  La  Chiesa  fu  la  tulrice  della  liberta  vera  infmo  dal 
suo  nascere,  e  nell' America  non  ismentisce  se  stessa. 

III. 

Influenza  della  Chiesa  nella  leyislazione  in  pro  degl'Indiani. 

La  decisione  del  Pontefice  Paolo  III ,  le  doglianze  de'  Vescovi  c 
de'  missionarii,  la  viva  voce  e  le  scrilture  del  Las  Casas  non  furono 
•argomenti  inulili.  Carlo  Y,  raccolto  un  nobile  consesso  di  Vescovi, 
di  teologi  e  di  legisli  con  altri  dotli,  esperti  neH'amministrare  la  cosa 
•pubblica,  vi  fe'  dibatlere  un  codice  di  leggi,  ttilto  in  acconcio  dei 
nuovi  regni  di  oltre  mare.  II  dirilto  della  liberta  per  gl'Indiani,  pro- 
pugnata  con  tanto  calore  dai  minislri  della  Chiesa,  fu  preso  a  regola 
fondamenlale.  Nell'articoloXX,  dichiaralili  liberi  e  soggelti  al  solo  Re 
di  Spagna,  si  vieta  di  ridurli  in  islato  di  schiavi  sotto  qualsivoglia  moti- 
vo :  neiXXI  di  adoperarli  ne'  servigi  domestic!  Torzatamente.  I1.XXII 
ordina,  che  quanli  si  trovano  schiavi,  siano  messi  in  liberla,  salvo 
quelli,  di  cui  fosse  provato  il  litolo  di  giusto  possesso.  Che  se  lo  Stato 
^abbisognasse  della  loro  opera,  non  siano  gravati  di  soverchia  fatica  e 
la  ricompensa  risponda  al  lavoro;  tan  to  nel  XXIII.  I  depositi  e  le  com- 
mende  erano  state  la  origine  dei  molli  guai.  I  primi  sono  interdetti 

1  Commission,  22  April.  1629. 
Slmmensae,  28  Dec.  1741. 

VI,  vol.  11,  fasc.  362.  1 1  3  Aprile  1865. 


162  LA  SCHIAVITU  DEGI/INDIANI 

ad  ogni  ordine  di  persone  pel  XXV :  e  le  seconde  soggetfate  a  giusta 
riforma  pel  XXVIII.  Schiavitue  spogliamenlisouoseveramenteproi- 
bili  nelle  future  scoperte  in  forza  del  XXXHI :  la  proibizione  deve 
entrare  quale  condizione  ne'  patli  da  stipularsi  cogli  scoprilori ,  per 
ordine  del  XXXVII.  Gl'indiani  di  Haiti,  di  Cuba  e  di  S.  Giovanni 
malmenati,  oppressi,  torturati,  a  riparo  di  tanta  ingiustizia  insieme 
colla  liberla  hanno  nel  XXXIX  la  esenzione  di  ogni  gravezza,  infino 
a  miovo  ordine  del  Sovrano.  Non  basta,  vi  furono  prescritti  seven 
processi  intorno  a'fatii  dei  regii  amministratori,  e  parecchi  ebbero  la 
deslituzione  ed  altri  la  condanna  meritata.  Michele  Diaz  di  Armerida- 
riz  fu  invialo  in  America,  perche  desse  opera  alia  esecuzione  di  quesle 
leggi.  Molle  e  rabbiose  furono  le  grida  contro  di  esse,  non  porhi  gli 
scompigli  e  le  sommosse  per  opera  dei  conquistatori,  dei  coloni  e  dei 
comrnendatarii,  ma  alia  flae  vinse  la  causa  della  liberta  e  della  giu- 
stizia,  merce  la  fermezza  e  lacura  della  Chiesa,  a  cui  i  Re  caltolici  ne 
aveano  affidata  la  custodia.  Onde  se  egli  e  vero,  che  i  soprusi  qua 
e  cola  o  si  manlennero  o  si  rinnovarono,  devesi  pur  confessare,  che 
i  sacri  miuistri  vi  si  opposero  costantemenle ,  che  smascherarono  la 
millita  delle  ragioni  apporlate  dai  rei ,  che  li  dinunziarono  alia  cor- 
te,  e  che  non  si  acquelarono,  fintantoche  non  fossero  uscili  opportunl 
provvedimenli. 

Rifei  iamo  qui  per  disteso  una  lettera  di  Carlo  V  in  data  del  primo 
di  Maggio  del  1543.  Essa  e  una  splendida  lestimouianza  che  con- 
ferma  1'  opera  del  clero  in  favore  degl'  Indiani,  la  grande  parte,  che 
ebbe  lo  stesso  nelle  leggi  sopra  indicate,  e  di  quanlodovea  fare  ap- 
presso.  Eccovi  il  documento  non  meno  onorifico  ai  sacri  ministry 
che  alia  religione  ed'alla  giuslizia  di  chi  1'ha  dtttalo : 

«  II  re  al  devoto  padre  F.  Pietro  di  Angulo,  \icario  del  monistero 
di  Gualimala,  dell' Ordine  di  S.  Domenico. 

«  Voi  sapete  che  appena  informal!  del  bisogno,  che  v'era  di  sta- 
bilire  alcuni  ordinamenti  affine  di  provvedere  a  quanto  spetla  al  savio 
governo  delle  Indie,  ed  al  buon  tratlamento  de'  nalivi  del  paese,  ab- 
biamo  volto  1'animo  a  questo  affare,  1'abbiamo  discusso  e  fatto  discu- 
tere  sollecitamente ;  e  trovando  lutti  i  pareri  d'accordo,  non  abbiamo 
punto  differito  di  stanziare  quelle  ordinanze  oregole,  che  souo  parse 


COMBATTUTA  DALLA  CHIESA  163 

giuste  e  convenient!.  Furono  tosto  messe  a  slampa  alcune  di  esse, 
che  noi  vi  mandiarao,  affinche  leltele,  possiale  comunicarle  ai  moni- 
steri  ed  ai  voslri  religiosi,  e  con  cio  fatla  loro  manifesta  la  volont&  no- 
stra,  sia,  per  opera  dei  medesimi,  notificataagl'lndiani,  in  riguardo 
dei  quali  furono  precipuamenle  composle  cotali  ordinanze.  Onde  noi 
vi  preghiamo  e  v' incarichiamo  di  fare  quanto  e  da  voi,  perche  siano 
eseguite.  Hanno  lutte  di  mira,  come  vedrete,  il  servizio  di  Dio,  la 
conservazione,  la  liberla  ed  il  buon  governo  degl'Indiani,  ed  e  quello, 
che  voi  stesso  e  tulli  i  voslri  fralelli  avele  ardentemente  bramato. 
Noi  fummo  di  cio  ragguagliali.  Sta  dunque  a  voi  in  modo  partico- 
lare  Y  adoperarvi  quanto  e  possibile ,  affinche  siano  puntualmente 
osservate  per  la  vigilanza  dei  nostri  vice-re,  president!,  governato- 
ri  e  di  tulti  gli  altri  giudici  del  paese.  Se  vedrele,  che  in  alcune 
province  o  presso  alcuni  popoli  sono  trascurate  e  violate,  datene 
lor  conto,  affinche  i  governatori  riparino  al  male.   Che  se  quesli 
pure  non  curassero  i  vostri  ammonimenli,  avverliteci  quanto  prima : 
noi  faremo  ed  ordineremo  cio  che  sara  a  proposito.  Coleste  diligenze 
e  cure  son  degne  delia  vostra  professione  e  dell'abilo  che  portale; 
giacche  esse  non  sono  che  la  conseguenza  di  queH'ardenle  fervorc, 
onde  vi  siete  adoperati  in  pro  degl'  Indiani ,  nel  che  voi  ci  avete 
reso  un  servigio  importante  pel  nostro  cuore. »  Tale  si  e  la  testimo- 
nianza  e  la  fiducia  del  potente  Imperatore  verso  i  figH  di  S.  Dome- 
nico,  propugnatori  si  caldi  della  liberla  Indiana  1. 

I  successori  di  Carlo  non  ftirono  da  meno.  Scorrete  di  grazia  ii 
Hbro  VI  della  Recopilacion  de  Leyes.  Per  tulti  quei  tredici  titoli,  in 
che  e  diviso,  voi  vedrete  la  liberla  delllndiano  in  cima  dei  pensieri 
dei  legislated.  Essa  e  guarentita  ne' contratti,  edifesa  nel  lavoro,  e 
sostenula  nella  dirnora ;  s'impone  la  soavita  di  modi  nel  traltarlo;  si 
ordina  severa  giustizia  contro  1'oppressore.  L'Indiano  e  lo  Spagnuolo 
sono  dichiarati  di  egual  diritto  innanzi  alia  legge.  Che  se  v'e  qual- 
che  vantaggio,  e  tutto  pel  primo,  in  quantoche  nel  caso  di  mulua  of- 
fesa,  e  prescritlo  di  usare  piu  di  rigore  col  secondo.  La  pena  della 
confisca  di  tutli  i  beni  e  della  galera  e  minacciata  a  qualunque  osas- 

1  Vedi  HENRION,  Storia  universal  delle  missioni,  Lib.  II,  c.  4. 


164          LA  SCHIAVITU  DEGI/  1NDIANI  COMBATTUTA  DALLA  CHIESA 

se  ridurre  a  schiavilii  gl'  Indian!  del  Tucuman  ,  del  Paraguay  e  del 
Rio  della  Plata.  II  inotivo,  che  si  arreca  di  tutte  quesle  leggi ,  e  i! 
contenuto  nella  decisione  del  Papa  e  fin  da  principle  messo  innan- 
zi  dai  sacri  ministri :  por  que  son  de  su  naturaleza  libres,  como 
los  mismos  Espanoles.  Gl'  Indiani  sono  natural m en te  liberi :  ecco- 
yi  il  tulto. 

Altri  negarono,  che  fosse  slatuita  la  liberla  degl'  Indiani  per  leg- 
ge  di  Carlo  V.  Ma  i  documenti  da  noi  portati  e  specialmente  la  pri- 
ma  legge  proposta  nel  litolo  II  del  Libro  sopra  citato,  dicono  il  con- 
trario.  Altri  scrissero,  che  gli  ordinamenli  regii  giacquero  leltera 
morta,  per  conto  dei  preposli  alia  cosa  pubblica  delle  colonie.  Contro 
di  che  havvi  una  forte  difesa  del  Solorzano,  fondata  sulla  pruova  del 
falto  1.  II  risultato  de'calcoli  moderni,  fatti  sopra  le  popolazioni  del- 
1' America  meridionale,  porlando  che  nel  Messico  i  due  terzi  dei  pre- 
senti  abilatori  siano  di  schiatla  indiana,  o  secondo  1'  Humboldt,  che 
le  colonie  spagnuole  siano  composte  per  nove  decimi  d'iudividui  pro- 
venienti  dagli  antichi  indigeni,  puo  essere  argomento  non  piccolo  che 
gli  Spagnuoli  dovettero  o  cessare  o  raddolcire  di  mollo  i  rei  tratta- 
menti  e  le  oppressioni.  Or  del  benefizio  di  tanta  conservazione  a  chi 
vanno  debitori  i  supersliti  Indiani?  «  Alia  premura,  che  ne  presero 
i  sacerdoti ,  ai  quali  ed  ai  Vescovi  le  leggi  spagnuole  affidarono  il 
\igilar  sulla  vita  e  la  liberla  dei  nalii ,  cosliluendoli  cosi  protettori 
legittimi  » .  Tanto  risponde  con  tutla  verita  il  Canlu. 

Conchiudiamo.  E  smaccata  menzogna  il  dire  che  la  Chiesa  ha 
confermata  e  benedetta  la  schiavitu,  essendo  per  1'opposto  YerM  pro- 
vatissima,  che  essa  I  ha  combattuta  con  ardore  nella  pratica,  1'ha  con- 
dannata  nella  teorica,  ed  ha  procurato  di  sterparla  procurando  leggi 
opportune  e  premendone  la  esecuzione.  Falti  e  documenti  illustri , 
irrefragabili  ne  sono  prova  luculenlissima.  Ripetiamolo,  la  Chiesa  fu 
e  sara  sempre  la  madre  e  la  lutrice  della  vera  liberla ,  come  la  ri- 
Yoluzione  fu  e  sara  la  faulrice  e  la  confermatrice  della  piu  trista  e 
crudele  tirannia.  La  Francia  sul  finire  del  secolo  passato  e  la  Italia 
moderna  ne  sono  testimonii. 

1  De  Indiarum  iure,  T.  I,  lib.  Ill,  c.  VI,  VII. 


LA  CONVENZIONE  DEL  45  SETTEMBRE 


E  LE  CAMERE   FRANCES! 


I. 


Una  speranza. 

Al  primo  pubblicarsi  della  Convenzione  del  1 5  Settembre  dell'anno 
scorso,  noi  fummo  altenli  a  seguir  diligentemenle  i  responsi  che  dal 
due  Gabinetli,  di  Parigi  e  di  Torino,  venivano  di  mano  in  mano,  per 
giungere,  se  fosse  stato  possibile,  a  cavarne  il  vero  costrutto.  Ma  per 
moltiplicare  di  sforzi  ed  aguzzare  d'ingegno,  lutti  i  nostri  esami  non 
riuscirono  ,  se  non  a  conchiudere  che  1'effetlo  ullimo  di  tutte  le  di- 
chiarazioni  ed  illustrazioni ,  quinci  e  quindi  reiterate ,  non  era  altro 
clie  tenebre  e  tenebre  piu  dense  di  prima  1.  Tultavia  ci  confortava 
il  pensiero  del  futuro  riaprimento  delle  Camere  francesi.  La ,  dice- 
vamo  tra  noi ,  non  e  possibile  che  il  nodo  non  venga  al  peltine.  II 
discorso  della  Corona  dovr&  senza  fallo  spiegare  il  vero  senso  delle 
clausole  del  trattato ;  e  dove  le  sue  parole  avessero  bisogno  di  mag- 
gior  luce,  questa  verra  indubitatamente  dai  commenti  e  dalle  chiose, 
che  ne  faranno  i  cosi  detti  Ministri  della  parola,  incaricati  di  rispon- 
dere  in  nome  del  Governo.  Aggiungete  a  cio  le  rivelazioni  del  Libro 
yiallo ,  merce  dei  docuraenli  non  ancor  conosciuti ,  che  esso  porra 
all'  aperlo ;  le  parlate  dei  diversi  oratori ;  e  sopratlutto  gl'  Indirizzi 

1  GIVILTA  CATTOLICA,  Serie  V,  vol.  XII,  pag.  527. 


1GG  LA  CONVENZIONE  DEL  15  SETTEMBRE 

esprimcnli  i  desiderii  della  nazione  per  bocca  d'amendue  i  Corpi  che 
la  rappresenlano,  e  avremo  piu  del  bisogno  per  penelrare  finalmenle 
al  fondo  del  mistero.  Oh  si  questa  volta  la  luce  si  fara,  e  1'  enimma 
verra  deciferato. 

Or  noi  siamo  al  punto  di  vedere  se  i  nostri  calcoli  furono  bene 
islituiti;  giacche  talti  i  falti,  a  cuiessi  appoggiavansi,  sono  oggimai 
in  dominio  della  storia.  II  discorso  della  Corona  si  e  udilo ;  il  Libro 
giallo  e  slato  aperlo  ;  Y  Indirizzo  e  stato  discusso ;  gli  oratori  ban- 
no  parlato ;  i  rappresentanli  official!  del  Governo  hanno  risposto.  E 
quanlunque  all'ora,  in  che  scrhiamo ,  durano  tutta^ia  le  discussion! 
nell'Assemblea  legislativa,  nondimeno,  dal  disegno  dell'Indirizzo  gia 
eompilato,  possiamo  tener  per  certo  che  le  cose  procederanno  allo 
stesso  modo  che  nel  Senato ;  e  pero  stando  a  queslo  ,  gia  abbiamo 
quanto  basta  per  giudicare  dell'  esito  di  quella  noslra  speranza.  Si  e 
ella  dunque  adempita? 

Se  Yolessimo  slare  al  giudizio  del  Memorial  diplomatique  do- 
vrerno  credere  che  si;  conciossiache  coteslo  periodico  tutto  in  gio- 
lito  esclama  cbe  la  luce  desiderata  si  e  fatta :  Nous  avons  dil  que  la 
iumiere  se  ferait  sur  la  Convention  du  45  Septembre;  nous  devons 
dire  aujourd'hui  quelle  sest  faile  1.  Ma  noi  non  siamo  solili  di 
^iurare  sull'aHrui  parola ;  molto  meno  poi  lo  faremmo  su  quella  del 
Memorial,  divenuto  oggimai  una  specie  di  Poeta  cesareo,  di  ollima 
volonla  ma  di  cattivo  gusto.  Amiamo  dunque  meglio  di  considerar 
ia  cosa  da  noi  medesimi ;  e  cio  faremo  brevissimamente  nel  presen- 
ie  articolo. 

IL 

//  discorso  della  Corona. 

Cominciando,  com'  e  dovere ,  dal  discorso  della  Corona,  il  para- 
grafo  relative  alia  Convenzione  e  il  seguente:  «  La  Convenzione  del 
15  Settembre  ,  sce^verata  da  interprctazioni  appassional-e  ,  consacra 

1  Troisieme  annee,  n.  13. 


E  LE  CAMEIiE  FIUNCESI  1G7 

due  grand!  principii :  il  rassodamenlo  del  nuovo  Regno  d'  Italia  e 
1'indipendenza  della  Santa  Sede.  Lo  stato  provvisorio  e  precario,  ehe 
suscitava  tante  apprensioni ,  sta  per  cessare.  Non  sono  piu  le  mem- 
bra  sparse  della  patria  italiana  che  cercano  di  riattaccarsi  per  mezzo 
di  deboli  legami  ad  un  piccolo  Stato,  poslo  a  pie  deile  Alpi ;  ma  e  uu 
gran  Paese,  che  elevandosi  al  disopra  dei  pregiudizii  locali  e  sprez- 
zando  eccitamenti  inconsiderati,  trasporta  ardilamente  nel  cuore  del- 
la  Penisola  la  propria  Capitale  e  la  colloca  in  mezzo  agli  Appennini, 
come  in  una  cittadella  inespugnabile.  Con  quest'atto  di  palriotlismo, 
I'ltaliasicostituisce  definitivamente  e  si  riconcilia  in  pari  tempo  colia 
callolicita:  essa  obbligasi  a  rispettare  1'indipendenza  della  Santa  Se- 
de e  a  proteggere  le  frontiere  degli  Stall  romani ,  e  ci  permelle  in 
tal  raodo  di  rilirare  le  postre  truppe.  II  lerrilorio  pontificio,  efficace- 
mente  guarentito,  trovasi  poslo  sotlo  la  salvaguardia  di  un  trattalo 
che  lega  solennemente  i  due  Governi ». 

Da  questo  paragrafo  quello  che ,  a  parer  nostro ,  si  puo  indubita- 
tamente  dedurre,  si  e  il  defmilivo  abbandono  del  Trallato  di  Zurigo 
e  delle  riserve  apposte  al  primo  riconoscimento  del  Regno  df  Italia. 
Imperocche  se  uno  dei  due  grandi  principii ,  che  la  Convenzione 
consacra,  e  il  rassodamenlo  del  nuovo  Regno  d' Italia  ,  e  se  il  lrat~ 
tato  in  cui  un  tal  rassodamerito  e  consecrate,  lega  solennemente  i  due 
Governi ;  e  chiaro  che  il  Governo  francese,  uno  dei  due,  e  solenne- 
menle  legato  a  riconoscere  il  nuovo  Regno,  qual  e  presenlemente  e 
secondocbe,  come  la  medesima  Convenzione  dice  ,  esso  ora  definiti- 
vamente si  costituisce.  Per  conseguenza  le  riserve  pei  dirilti  dei  Prin- 
cipi  spodestati,  sono  ite  a  monte,  e  il  trattato  di  Zurigo,  che  vietava 
al  Piemonle  di  mutare  i  suoi  confmi,  senza  il  consenso  deH'Europa, 
piu  non  sussiste.  Questo  punto  e  limpidissimo. 

Un  altro  punto,  non  dotalo  di  egual  limpidezza,  ma  posto,  per  dir 
cosi,  come  in  una  penombra,  si  ela  dichiarazione  del  poco  nesso  che 
1'antico  Piemonte  ha  col  resto  d'  Italia.  Imperocche  quelle  frasi  che 
le  membra  sparse  della  patria  cercano  di  riattaccarsi  per  mezzo 
di  deboli  legami  ad  un  piccolo  Stato  posto  a  pie  delle  Alpi,  prese 
in  senso  rigoroso,  sembrano  importare  le  seguenti  cose.  Prima,  che  il 
Piemonte,  propriamente  parlando,  non  appartiene  allapafrt'a  italiana; 


168  LA  CONVENZIONE  DEL  15  SETTEMBRE 

giacche  e  nominato  in  opposizione  alle  membra  sparse  di  lei,  che 
cercano  riattaccarsi  con  lui.  Secondo,  che  per  esso  lo  star  congiun- 
to  con  quelle  non  e  mollo  conforme  alia  sua  natura ;  giacche  un  tal 
riatlacco  non  puo  farsi  se  non  per  mezzo  di  deboli  legami.  Terzo, 
che  esso  non  e  di  grande  imporlanza  per  1'  Italia;  giacche  e  un  pic- 
colo Stato,  e  fa  parte  piuttosto  delle  Alpi,  essendo  poslo  a  pie  delle 
medesime;  ed  e  chiaro  che  le  adiacenze  de'piedi,  come  sarebbero  a 
cagion  d'  esempio  le  scarpe ,  fanno  seguito  de'  piedi  stessi  e  quindi 
del  corpo  a  cui  appartengono  i  piedi.  Queslo  almeno  e  il  senso  na- 
turale  del  discorso ;  ma  forse  e  troppa  pedanleria  voler  interpre- 
tare  rigorosamenle  le  parole  spetlanti  al  linguaggio  diplomatico;  e 
pero  il  detto  sia  per  non  detlo ,  e  veniamo  al  punto  della  sovranila 
temporale  del  Papa. 

.  Quanto  a  questo  punto,  cio  che  risulta  anche  chiarissimamente  dal 
paragrafo,  di  cui  parliamo,  si  e  che  la  Convenzione  consacra  la  per- 
dita,  per  parte  del  Papa,  delle  Legazioni,  delle  Marche  e  dell'Um- 
bria;  ma  quanto  alia  consacrazione  della  sicurezza  per  quel  poco  che 
e  rimaso,  non  ci  scorgiamo  nulla  di  precise.  La  prima  parle  di  que- 
sta  asserzione  apparisse  da  se;  giacche  se  la  Convenzione  consacra  il 
rassodamento  del  nuovo  regno,  e  il  nuovo  regno  si  compone  anche 
delle  province  rubate  al  Papa;  la  Convenzione  consacra  il  possesso 
anche  di  quesle.  Consacrare  il  rassodamento  di  un  enle  composto, 
vale  il  consacrare  1'  unione  delle  sue  parti ;  giacche  per  tale  unione 
esso  e  quello  che  e.  Cio  ha  tanto  piu  forza  per  rispetlo  alle  province 
che  il  Piemonle  ha  tolte  al  Papa,  in  quanto  esse  gli  son  necessarie 
come  legame  che  gli  congiunga  le  province  meridionali ;  le  quali  re- 
sterebbero  altrimenti  divise  da  lui ,  e  per  conseguenza  egli  non  sa- 
rebbe  piu  regno  d' Italia  e  non  potrebbe  piu  rassodarsi  come  tale. 

La  seconda  parte  della  noslra  affermazione  si  prova  facilmente. 
Altesoche  tutto  cio  che  e  delto  per  questo  capo  si  contiene  in  quelle 
parole:  che  il  Governo  italiano  per  la  Convenzione  si  obbliga  a  ri- 
spettare  I' indipendenza  della  Santa  Sede  e  a  proteggere  lefronlie- 
re  degli  Stati  romani.  Or  cio  imporla  la  formale  rinunzia  al  piccolo 
territorio  ponlificio  per  parte  del  Governo  di  Torino?  Nienle  affatto. 
La  protezione  delle  frontiere  degli  Stati  romani,  a  cui  esso  nellaCoH- 


E  LE  CAMERE  FBANCESI  169 

venzione  si  e  obbligato,  consiste  nel  non  invadere  nelasciare  invadere 
da  truppe  regolari  o  irregolari  cotesti  Slati.  Ora  il  Governo  italiano 
si  e  protestato,  che  una  tale  obbligazione  non  ha  nulla  detrallo  al- 
1'antico  voto  del  Parlamento,  proclamante  Roma  Capitate  dell'  Italia, 
giacche  non  si  e  inleso  mai  d'  insignorirsene  colla  forza ,  ma  bensi 
coi  soli  mezzi  morali.  Dunque  per  questa  frase,  la  sovranita  tempo- 
rale  del  Papa  non  e  'assicurata ;  giacche  resta  esposta  all'  uso  dei 
mezzi  morali ,  e  ognun  sa  quali  essi  sieno  pel  Governo  di  Torino 
e  di  quanta  efficacia.  Neppure  1'  e  assicurata  per  1'altra  parte,  cioe 
per  1'obbligo  assuntosi  dal  Governo  italiano  di  rispeltare  V  indipen- 
denza  della  Santa  Sede,  giacche  esso  ha  dichiarato  che  un  tal  rispet- 
to  ha  per  base  la  formola  :  Libera  Chiesa  in  libero  Stalo.  Ora  il 
sig.  La  Guerroniere  ha  saggiamenle  notato  che  il  gergo  di  questa 
formola  importa  I'impadronirsi  di  Roma  lasciandovi  al  tempo  stesso 
il  Pontefice :  «  L'  Italia  non  ha  cancellata  quella  doltrina  che  la  Fran- 
cia  non  ha  accettato:  La  Chiesa  libera  in  libero  Stato.  L' Italia  se 
la  riserva  come  uno  spedienle.  Qual  e  intanto  il  vero  senso  di  que- 
sta dotlrina?  Eccovelo  :  L'  Impero  d'  Italia  con  Roma  per  Capitale, 
il  Re  a  fianco  del  Papa ,  od  almeno  come  forma  di  transazione ,  il 
Re  che  da  Firenze  eslende  la  sua  sovranit&  su  Roma ,  lasciando  al 
Papa  gli  onori,  coprendo  di  privilegi,  di  rispetli,  di  omaggi,  la  sua 
reale  servilu  1  ». 

Del  resto ,  fingiamo  per  poco  che  le  clausole  della  Convenzione 
conlengano  una  vera  rinunzia  ai  presenti  possessi  della  Santa  Sede. 
Qual  guarenligia  abbiamo  che  il  Governo  di  Torino  man  terra  1'  ob- 
bligo  assunto?  II  discorso  della  Corona  dice  che  tal  guarentigid  e  il 
trattato  stesso,  in  quanto  lega  solennemente  le  due  Potenze.  Ma  an- 
che  il  tratlato  di  Zurigo  legava  solennemente  non  due  ma  tre  Poten- 
ze, e  nondimeno  la  Francia  slessa,  che  era  una  delle  tre,  consacra 
ora  il  nuovo  regno  fondalo  sull'  infrazione  di  quello.  Cio  posto,  alia 
mente  di  ognuno  si  affaccia  questo  discorso :  Se  la  Francia  pote,  sen- 
za  mancare  alia  data  fede  e  senza  ledere  la  sua  dignita,  tollerare  che 
una  delle  alte  parti  contraenli  violasse,  poco  dopo  la  stipulazione , 

1  Senato,  Tornata  del  16  Marzo. 


170  LA  CONVENZIONE  DEL  15  SETTEMBRE 

an  trattalo  conchiuso  con  lei ;  perche  non  potra ,  senza  scapito  del 
suo  decoro,  tollerare  il  medesimo  nel  caso  presente?  La  firma  ap- 
posta  da  lei  al  traltato  di  Zurigo  non  aveva  lo  stesso  inchiostro,  che 
«juella  della  Convenzione  del  15  Seltembre?  E  se  1'aver  combatluto 
a'  fianchi  dell'  Ilalia  irapedi  che  si  combatlesse  contro  di  lei ,  per 
eostringerla  a  mantenere  i  patli  giurali ;  questa  ragione  non  vale 
anche  pel  caso  presente?  Sicche  il  discorso  flella  Corona  ci  lascia 
nella  slessa  incertezza  e  oscurita  di  prima. 

III. 

77  Libro  giallo  e  /'  Tndirizzo  del  Senalo. 

II  Libro  giallo  presenta  la  raccolta  dei  document!  diplomatic],  re- 
iativi  alle  cose  dell' Impero.  Apriamo  dunque,  e  leggiamo:  Affari 
d'  Italia.  Nell' esposizione  che  se  ne  fa,  non  troviamo  se  non  la  ri- 
petizione  del  gia  detto  ,  che  colla  Convenzione  viene  assicurata  1'in- 
<Iipendenza  del  Papa,  perche  il  Piemonte  si  obbliga  a  rispeltare  la 
fronliera  del  presente  lerritorio  pontificio  e  Irasporta  a  Firenze  la 
Capitale.  Ma  il  rispeltar  la  frontiera  di  un  altro  Slato  e  dovere  im- 
posto  dal  dirillo  delle  Genti,  non  e  obbligo  che  nasce  da  sliputazion 
di  traltati.  Ouanto  poi  al  trasporto  della  Capitale,  gia  il  Governo,di 
Torino  ha  dichiarato  che  un  tal  fatto,  lungi  dall'essere  una  rinunzia 
a  Roma,  e  anzi  un  mezzo  per  fadlitare,  colla  maggior  vicinanza, 
Tefficacia  de'mezzi  moral!  per  pervenirvi. 

Passiamo  ai  document!.  I  document!  sono  per  lo  piu  gia  noti  e  da 
essi,  come  altrove  vedemmo,  non  nasce'luce  ma  accrescimento  di  le- 
nebre;  i  pochi,  che  ci  sono  aggiunli,  arruffano  peggio  la  malassa  in- 
vece  di  dipanarla.  Imperocche  i'ullimo  dispaccio,  in  data  dei  15  No- 
vembre,  al  Barone  di  Malaret,  fa  altissime  lodi  del  discorso  tenuto 
dal  La  Marmora  nel  Parlamento;  e  in  quel  discorso  il  Capo  del  Ga- 
binello  di  Torino  avea  altamente  dichiarato,  che  per  la  Convenzione 
oon  si  era  nulla  rnulalo  all'anlico  programma  ilaliano.  II  Libro  gial- 
lo adunque  ci  riesce  del  tutto  inutile  ;  se  non  anche  ci  offusca  vie 
maggiormenle.  Ma  vediamo  almeno  se  alcun  raggio  ne  viene  dal- 
llndirizzo  del  Senate. 


E  LE  CAMERE  FRANGESI  171 

II  passo  dell'  Indirizzo  eoncernente  la  quislione  romana  non  e  che 
una  semplice  parafrasi  delle  parole  iisate  dal  discorso  della  Corona. 
Esso  dice  :  «  La  Convenzione  del  15  Settembre  ,  nata  sotto  1'impe- 
ro  d'  una  circostanza  inaltesa  e  rispondente  a  sintomi  pacific! ,  ha 
aperto  nuovi  orizonti  alia  conciliazione.  Trasportando  la  sua  Capitale 
a  Firenze  ,  1'  Italia  ha  inlerdelto  alle  passioni  il  cammino  di  Roma. 
Acceltando  il  tratlato  essa  si  e  associata  con  solenni  promesse  al  vo- 
slro  pensiero  di  proteggere  la  frontiera  pontificia ,  d'assicurare  la 
condizione  finanziaria  del  Governo  ronaano ,  e  di  facilitare  I'arrolla- 
menlo  del  suo  esercito.  De!!e  transazioni  efficaci  son  donque  comin- 
eiate.  E  vostro  desiderio  o  Sire ,  che  esse  facciano  piu  grand!  passi. 
La  Convenzione  lealmente  e  pienamente  eseguita  condurra  a  queslo 
fine.  Ella  lo  sara  per  Vostra  Maesta  ,  la  quale  ha  sempre  voluto  il 
ravvicinamento  dei  due  Stati ;  e  lo  saii  per  1'  Italia ,  che  si  ricorde- 
ra  de'  suoi  impegni  e  della  Francia.  Senza  dubbio  ravvenire  puo  na- 
scondere  degli  eventi  impreveduti.  In  questo  caso  Voslra  Maesla  si 
e  riservata  la  sua  piena  liberla  d'azione,  e  la  Francia  puo  riposare 
sulla  yostra  saggezza  » - 

Per  quanto  sia  roagniika  quella  metafora  dei  nuovi  orizonti  cbe  si 
sono  aperti,  V  Indirizzo  nella  sua  totalila  non  ci  addita  in  essi  nulla 
di  precise  c  di  chiaro.  La  sola  cosa  che  assai  spiccatamente  vi  Iraspa- 
risce ,  si  e  il  titnore  che ,  parti ti  i  Frances! ,  il  territorio  pontificia 
non  resli  a  lungo  tranquillo.  Cio  si  rileva  da  quelle  parole :  Senza 
dubbio  I'avvenire  pub  nascondere  eventi  impreveduti.  L'  Indirizzo 
per  questa  parte  ha  pienamente  ragione :  e  cio  per  ambidue  i  moti- 
Ti,  delle  invasion!  cioe  di  fuori  e  delle  perturbazioni  di  dentro.  E 
quanto  al  primo  capo,  la  difesa  della  fronliera  pontificia  resterebbe 
unicamente  a  carico  dell'  Italia,  la  quale,  come  dice  T  Indirizzo,  si  e 
associata  al  pensiero  di  proteggerla.  Ma  puo  entrare  da  senno  in 
testa  ad  alcuno  cotesta  idea?  Che  si  scriva  o  si  dica,  questo  lo  com- 
prendiamo ;  ma  che  si  creda  e  se  ne  abbia  intimo  convincimento, 
questo  per  verila  non  sappiamo  ingolarcelo.  L* Italia,  ossia  il  Go- 
\erno  di  Torino,  a  guardia  del  terrilorio  pontificio !  Un  Governo  che 
fmora  ha  spoglialo  il  Papa  delle  sue  migliori  Province  e  che  ha  di- 
chiarate  mille  volte  di  volere  in  un  modo  o  in  un  altro  pigliare  il  re- 


172  LA  CONVENZIONE  DEL  15  SETTEMBRE 

sto;  queslo  Governo,  diciamo,  messo  a  guardia  della  frontiera  pon- 
tificia !  Non  vi  presenla  cio  V  idea  del  lupo  messo  a  cuslodia  dell'  o- 
vile?  Ma  esso,  si  dice,  ci  si  e  obbligato  con  solenne  promessa.  A  chi? 
Alia  Francia.  Ma  quante  volte  la  Francia  non  ha  dovuto  lagnarsi  di 
3ui  per  promesse  non  mantenute  ?  E  non  e  divenuta  proverbial  e  la 
sua  mala  fede?  Ma  ora  ,  si  soggiunge ,  si  e  convertito.  Possibile ! 
Tuttavia,  supposla  anche  una  tal  conversione ,  e  prudenza  esporre  un 
convertito  novello  ad  occasioni  prossime ,  qual  e  certamenle  quella , 
di  trovarsi  a  contatto  coll'  oggetlo  lusinghiero,  senz'  altra  difesa  che 
di  negarsene  da  se  stesso  il  godimento?  Nemo  repente  fit  summus. 
Or  non  ci  vuole  una  somma  virtu  per  tanta  annegazione  ,  quale  ap- 
pena  potreste  trovare  in  un  chiostro  di  Certosini?  Ma  il  timore  di 
offendere  la  Francia !  Questo  timore  in  prima  non  e  stato  motivo  ba- 
stevole  in  altre  circostanze ,  come  ,  a  cagion  d'  esempio ,  quando  si 
tratto  dell' invasione  deH'Umbria  e  delle  Marche.  In  secondo  luogo, 
quand'  anche  per  nuova  metamorfosi  fosse  ora  divenuto  possente ,  a 
schermirsene  basta  salvare  le  apparenze.  Basta  non  invadere  da  se 
stesso,  ne  usar  manifesta  connivenza  coi  palriotti  che  volessero  inva- 
dere per  conto  proprio.  Ma  oltre  a  questi,  quanti  altri  mezzi  ci  sono 
per  oltenere  lo  scopo ,  senza  compromettersi  ?  E  quando  il  Governo 
piemonlese  puo  mostrare  con  pubblici  document!  e  fatti  palesi  d'aver 
adempito  da  parte  sua  ogni  onere  assunto  :  respinto  bande ,  seque- 
strate armi,  e  che  nonostante  ogni  sua  opera  quesle  si  son  traforate 
oltre  il  confine;  qual  giusta  ragione  avrebbe  la  Francia  di  corruc- 
ciarsi?  Pretende  forse  1'  impossible  ?  Anche  adesso,  non  oslante 
che  a  guardia  della  frontiera  stanno  non  solo  i  Piemontesi  dall'  una 
parte,  ma  anche  i  Francesi  e  i  Pontificii  dall'altra,  pure  uon  di  rado 
numeroso  stuolo  di  briganli  elude  la  triplice  vigilanza ;  qual  meravi- 
glia ,  che  cio  si  verifichi  sopra  una  scala  piu  grande ,  allorche  a  tal 
guardia  son  rimasi  i  soli  Piemontesi?  Ed  ecco  il  piccolo  territorio 
pontificio  invaso  del  continuo ,  e  messo  a  tal  croce ,  che  anche  pre- 
scindendo  da  sommosse  procurate ,  non  potra  durarla ;  sicche  per 
ristabilirvi  1'  ordine  e  la  quiete ,  bisognera  permellere  finalmente  ai 
Piemontesi  di  entrarvi. 


E  LE  CAMERE  FRANCESI  173 

Quanto  al  secondo  capo  il  Governo  italianosie  protestato  che  esso 
rinunzia  ai  mezzi  violent!,  ma  si  riserba  i  mezzi  moral!  pergiungere 
a  Roma.  Ora  ii  mezzo  morale  per  eceellenza  e  la  volonla  popolare ; 
e  oggirnai  nessuno  ignora  quanto  poco  costa  il  conseguirla.  II  Gene- 
rale  Gemeau  mise  questo  punlo  in  chiarissima  luce  nel  Senato  fran- 
cese.  Egli  mostro  come  in  una  citta  di  dugenlo  mila  anime  niente  di 
phi  facile  che  assoldare  un  cinque  o  seicento  ammutinatori ;  e  quest! 
accresciuti  da  ausiliarii  accorsi  al  convegno,  son  piii  che  bastevoli  a 
cagionarli  un  tumulto,  che  in  onta  del  vero  popolo,  ti  simuli  la  vo- 
lonta popolare.  Di  qui  ai  plebisciti,  simili  a  quei  di  Napoli  e  di  Fi- 
renze,  il  passo  e  brevissimo.  Ed  ecco  il  Governo  italiano  in  legiltimo 
possesso  di  Roma ,  merce  dei  mezzi  morali ;  e  forzato  a  mantenersi 
in  tal  possesso,  per  non  contraddire  al  popolo.  Che  fara  in  tal  caso 
la  Francia?  Essa,  dice  i'  Indirizzo,  si  riserba  liberta  di  azione.  Be- 
nissimo;  ma  cio  non  dice  nulla.  Ovvero,  se  dice  qualche  cosa,  fa 
crescere  le  apprensioni.  Imperocche  la  liberta  in  un  Governo  inci- 
vilito,  anzi  maestro  di  civilta,  qual  senza  dubbio  e  il  francese ,  non 
deve  esercilarsi  in  onta  del  dirillo.  Or  il  diritto  supremo  d'oggigiorno, 
riconosciulo  dalla  slessa  Francia,  e  certamente  la  volonta  popolare. 
Quando  dunque  il  Piemonte  si  trova  in  possesso  di  Roma  non  per 
violenta  invasione,  ma  per  pura  volonta  del  popolo  romano  ,  dimo- 
strata  con  un  plebiscito ,  vorra  la  Francia  cacciarnelo  ?  L'lndirizzo 
dice  ottimamente  che  la  Convenzione  ha  preclusa  la  via  di  Roma  alle 
passioni ;  ma  ora  non  le  passioni,  bensi  il  diritto  e  la  ragione  vi  avreb- 
berro  menato  il  Piemonte.  E  chi  vorra  conlraddire  a  quesla  regola 
d'ogni  bonta  di  azione  privata  e  sociale  ?  E  dove  anche  la  Francia 
s'  inducesse  a  cio ,  sarebbe  cosa  si  agevole  ?  Nel  49  dove  lottar  per 
piii  mesi  per  rilogliere  Roma  a  un  pugno  di  mascalzoni ;  che  sareb- 
be ora  trovandosi  a  fronte  un  regno  di  25  milioni?  E  se,  ollre  a 
queslo  regoo ,  1'  Inghilterra  aggiungesse  il  suo  veto,  ricordando  alia 
Francia  il  principio,  da  lei  stessa  proclamato,  di  non  intervento  ? 


174  LA  CONVENZIONE  DEL  15  SETTEMBRE 

IV. 

Le  par  late  degli  Oratori. 

? 

Ma  via,  Ylndirizzo  dovra  disculersi,  e  nella  discussione  la  luce  s* 
fara;  giacche  e  queslo  il  gran  vantaggio  dei  Parlamenti ,  che  dal 
cozzare  delle  parole,  come  dell'  acciarioo  colla  pietra  focata,  schizza 
la  scintilla.  Vediamo  dunque  che  puo  trarsene  di  netto. 

La  Discussione  ha  messo  assai  bene  in  chiaro  1'assoluta  necessila 
pel  callolicismo  della  sovranita  tern  porale  del  Papa.  Basti  rieordare 
le  parole  del  sig.LaGuerroniere,  colle  quali  1'eloquenle  oratore  mo- 
stra  la  slranezza  dell' idea  di  un  Papa  suddito  del  Re  d'  Italia  :  «  II 
principio  deU'unila  del  catiolicismo,  egli  dice,  assorbito  nell'unita 
italiana!  I  dugenlo  milioni  di  cattolici,  aventiun  capo  che  piu  non 
sarebbe  sovrano!  La  Chiesa  sottomessa  a  tutle  le  mobilila,  a  tutli  i 
capricci  die  nascerebbero  da  questa  subordinazione  del  Vicario  di 
Gesu  Crislo  ai  destini  di  un  popolo,  all'onnipotenza  di  un  Re!  Que- 
sta e  la  base  sulla  quale  1'  Italia  sogna  di  stabilire  la  sua  concilia- 
zione  col  Papalo,  senz'  avvedersi  che  su  questa  base  la  Chiesa  non 
troverebbe  se  non  la  sua  umiliazione,  e  la  sociela  europea  la  piu 
pericolosa  perturbazione  1  ».  II  nobile  Visconle  ha  ancora  neltamen- 
te  chiarita  la  differenza  che  passa  tra  la  sovranita  pontificia  e  quella 
degli  altri  Principi,  per  rispetto  alia  forza  delle  rivoluzioni.  Le  rivo- 
luzioni,  benche  involgano  sempre  delle  sventure,  riescono  nondime- 
no  bene  spesso  ad  assodare  negli  Stati  laicali  un  nuovo  ordine  di 
cose.  Ad  una  dinastia  succede  un'  altra  dinaslia,  ad  una  forma  di 
Governo  un'  altra  forrna.  II  nuovo  Stato ,  col  passar  del  tempo , 
si  consolida.  Ma  relalivamente  allo  Stato  ponlifido,  non  e  cosi. 
«  Se  il  Papa  esce  da  Roma,  lascia  dietro  di  se  un  vuoto  immenso, 
che  niente  puo  riempire  ».  E  la  ragione  e  cbiarissima ;  perche  la 
sua  sovranita  non  e  legata  all'onore  di  una  famiglia  o  all' inleresse 
mulabile  di  un  popolo.  Essa  e  legala  all'  esigenza  di  un  principio 

1  Secluta  del  16  Marzo, 


E  LE  CAMERE  FRANCESI  175 

indestruttibile,  e  all'inleresse  supremo  e  invariable  di  lulto  il  mon- 
<lo,  «  II  Papa  a  Roma,  sovrano  spirituale  e  sovrano  temporale,  e  un 
interesse  ad  un  tempo  di  ordine  europeo  e  di  ordine  politico  e  na- 
zionale  in  Francia.  E  una  delle  condizioni  dell'equilibrio  europeo. 
II  Papa  non  puo  risedere  ne  in  Francia,  ne  in  Austria,  ne  in  Italia  ; 
perche,  perdendo  il  potere  temporale,  conserverebbe  il  potere  spiri- 
tuale. Ora  e  inleresse  comune  che  la  potenza  morale  del  Papato  re- 
sti  indipendenle  da  tutli  gli  Slati  europei,  e  che  la  sua  auloiita  spiri- 
tuale non  apporti  ad  alcuno  di  loro  una  forza,  che  sarebbe  di  pre- 
giudizio  a  tutti  gli  altri....  L'esilio  del  Papa,  ali'eslero  sarebbe  la 
pietra  d'aspettativadi  tutte  le  ostilita  conlro  la  Francia;  all' interne 
lo  spirito  rivolux/ionario  otlerrebbe  un  trionfo,  che  la  slessa  rivolu- 
zione  del  1848  non  gli  ha  dato  1  ».  Oueste  cose,  lo  riconosckmo, 
sono  state  confessate  e  poste  in  luce,  con  una  lealla  che  onora  quel- 
T  assemblea.  Ma  quanto  al  punto  ca pi  tale  di  sapere  che  cosa  impor- 
ta  la  liberta  che  si  e  riservata  il  Govcrno  francese,  non  solo  non  si 
e  detto  nulla  di  determinato,  ma  si  e  avulo  cura  di  avvolgerla  nei 
mistero.  II  sig.  La  Guerroniere  avea  lucidamente  veduto  questo  pun- 
lo  della  quistione  :  «  Che  fara  essa  (la  Francia)  di  questa  liberta? 
«  questo  il  panto  piu  grave  del  dibatlimenlo  ».  Tullavianon  sadare 
alcuna  risposla ,  e  se  n'  esce  dicendo  che  il  Governo  ha  certamenta 

1  Questa  impossibilita  del  Papa  in  luogo  dov'egli  non  slaal  tempo  stesso 
sovrano  temporale,  viene  iSlustrata  eziandio  dal  Morning  Post,  giornale  in- 
glese,  in  data  dei  27  Marzo.  Parlando  esso  dell'ipotesi,  messa  innanzi  dal 
Debats,  che  il  Papa  costretto  a  fuggire  da  Roma  cerchi  un  asilo  nell'  Ingbil- 
terra,  dice:  «  In  questo  paese  il  Papa  sarebbe  soggeito,  come  ogni  altro 
esule,  alle  leggi  municipali  del  regno;  leggi  le  quali  proveggono  per  1'adem- 
pimento  dei  nostri  obblighi  internazlonali.  Ma  cio  non  e  tutto.  II  Santo  Padre 
non  potrebbe,  secondo  noi,  emanare  dal  suo  asilo  le  bolle,  gli  editti  e  le 
sentenze  di  scomunica  che  gli  e  libero  di  proclamare  sul  suo  territorio,  ma 
che  i  Governi  di  Europa  non  lasc'ano  pubblicare  o  eseguire  sui  Joro  terri- 
torii,  senza  loro  ordine  o  permesso  ecc.  » 

Cio  che  il  Morning  Post  dice  dell'  Inghilterra,  a  piu  forte  ragione  vuol 
dirsi  del  regno  italico,  se  il  Papa  fosse  suo  suddito.  A  che  dunque  sarebbe 
ridotta  1'  indipendenza  e  la  liberta  del  Ministero  apostolico,  da  cui  ricevono 
<lirezione  e  lume  le  coscienze  dei  Caltolici  ? 


176  LA  CONVENZIONE  DEL  15  SETTEMBRE 

i  suoi  intendimenli.  Sapevamcelo ;  ogni  ente  inlelleltivo  ha  un'  inlesa 
nelle  sue  deliberazioni ,  ma  quest'  inlesa  volea  sapersi  nel  caso  pre- 
senle.  L'  eloquente  oratore  risponde,  che  egli  non  vuole  interrogarlo. 
Pure  ci  furono  delle  voci  che  misero  alle  stretle  il  Governo  sopra 
questo  parlicolare :  tra  le  altre  quella  del  Marchese  di  La  Rocheja- 
quelin  e  del  Cardinal  Bonnechose.  Quest' ultimo  con  \iva  insislenza 
diceva:  «  lo  ho  apprensioni,  lulli  i  callolici  ne  hanno;  si  temono 
avvenimenli  deplorabili  dopo  la  parlenza  dei  Francesi  da  Roma. 
Y'ha  dunque  qualche  cosa  da  fare:  bisogna  assicurarci  1  ».  II  Go- 
Terno  cosi  pressato  apre  finalmente  la  bocca  e  parla  per  organs 
di  due  suoi  Commissarii ,  il  sig.  Chaix  d'Est  Ange  e  il  Ministro  di 
Slato  Rouher.  Volgiamoci  ad  ascollarli ;  giacche  e  1'  ultima  tavola 
che  ci  resla  in  questo  interpretative  naufragio. 

V. 

ftisposta  dei  rappresentanti  governativi. 

II  primo  dei  due  rappresentanti  balle  la  campagna ,  come  suoi 
dirsi ;  ricordando  i  primi  atli  di  Pio  IX ,  la  Rivoluzione  avvenuta  ia 
Francia,  il  conlracolpo  che  ne  provo  Roma,  lo  scopo  della  spedizione 
francese,  la  necessila  di  porre  un  termine  all'occupazione,  1'oppor- 
tunita  presente  di  eseguire  lo  sgombro ,  ed  assicura  che  dopo  la 
Convenzione  niuna  forza  regolare  o  irregolare  invadera  il  lerritorio 
pontificio.  Son  lulle  cose  oltime  per  dissertare ;  ma  che  non  recano 
niuna  luce  alia  quistione.  Quale  che  sia  il  giudizio  che  si  porti  sopra 
di  loro ;  non  e  questo  cio  che  si  cerca  presentemenle.  Cio  che  si  cer- 
ca  si  e  di  sapere  che  importa  la  liberta  di  azione  riservatasi  dalla 
Francia,  ossia  cio  che  essa  fara  nel  caso  cbe  il  Piemonle,  coi  mezzi 
morali,  s'inlende,  riesce  ad  impossessarsi  di  Roma.  Di  questo  pun- 
to  il  sig.  Chaix  D'Est  Ange  non  fa  motto;  anzi  fa  mostra  di  non  es- 
sersene  neppure  avveduto.  Non  cosi  il  secondo.  Quesli  comincia  in 
guisa ,  che  sembra  voler  appagare  pienamenle  la  nostra  curiosil^ : 

1  Tornata  del  17  Marzo. 


E  LE  CAMERE  FRANCESI  177 

«Signori,  egli  dice,  entro  subito  nell'intimo  del  diballimenlo ;  lo  fo 
senza  riflessioni  preliminari,  senza  osservazioni,  perche  mi  tarda  di 
apporlare  nelle  vostre  coscienze  i  lumi  e  la  verita ».  Oh!  questa  volla 
ci  siamo :  il  signor  Ministro  rimovera  fmalmente  ogni  velo  e  ci  fara 
intendere  la  cosa  come  va  e  come  non  va.  Speranza  vana.  II  signor 
Minislro  tosto  soggiunge  che  la  Convenzione  e  chiara  per  se  stessa, 
e  che  non  sa  vedere  quali  obbiezioni  vi  si  possano  fare.  Caschiamo 
dalle  nuvole !  Se  e  lanto  chiara,  onde  avviene  che  tanto  ci  si  disputa 
sopra ,  e  che  gli  stessi  due  Governi  contraenli  le  danno  una  con- 
traddittoria  spiegazione?  Nondimeno  vediamo  come  il  sig.  Ministro 
prova  1'una  e  1'altra  parle  della  sua  affermazione.  Quanto  alia  pri- 
ma,  la  prova  si  riduce  a  questo.  La  Convenzione  guarentisce  la  fron- 
tiera  ponlificia,  perche  la  da  in  custodia  al  Governo  ilaliano.  Gua- 
rentisce la  tranquillita  inlerna  del  terrilorio  ponlificio,  perche  stipula 
i  mezzi  pel  Pontefice  di  formarsi  un  esercito ;  e  tutto  cio  senza  ces- 
sare  di  mantenere  le  riserve  gia  fatte  nel  18Q2.  Noi  vedemmo  quan- 
to  quella  custodia  e  innaturale ,  e  quanto  i  mezzi  di  formazione  per 
1' esercito  impossibili.  Percio  possiamo  ora  passarcene.  Ma  quel- 
lo  che  ci  slupisce  si  e  che  si  dicono  mantenule  le  riserve  del  62  , 
mentre  il  discorso  della  Corona ,  che  dee  saperne  un  poco  piu  del 
yero  senso  della  Convenzione ,  dice  che  questa  consacra  il  rassoda- 
mento  del  regno  d'  Italia.  II  regno  d'  Italia ,  come  sopra  notammo , 
non  puo  rassodarsi  se  non  ritenendo  le  province  rapile  al  Papa , 
le  quali  non  solo  ne  formano  parte ,  ma  ne  costiluiscono  il  legame 
colle  province  meridionali.  Or  si  puo  consacrare  il  rassodamento 
d'  un  regno ,  senza  consacrare  per  cio  slesso  il  mantenimento  delle 
parti  che  lo  compongono  e  che  sono  condizione  necessaria  della  sua 
esistenza  ? 

Quanto  alia  seconda  parte  il  signor  Rouher  riduce  le  obbiezioni  a 
tre :  alia  mancanza  di  convenienza  verso  il  Pontefice ;  al  sospelto  di 
slealla  nel  Governo  di  Torino ;  all'impossibilita  di  servirsi  dell'  eser- 
cilo,  quand'anche  si  giungesse  a  formarlo.  Alia  prima  risponde  che 
se  si  fossero  volti  a  Roma  avrebbero  ricevuto  una  negativa.  Questa 
soluzione  e  simile  a  quella  di  chi  dicesse  di  non  avere  mancato  a 
nessuna  convenienza  entrando  in  casa  vostra  senza  vostro  permesso, 
Serie  Y7,  vol.  II,  fasc.  362.  12  3  Aprile  1865. 


178  LA  CONVENZIONE  DEL  15  SETTEMBRE 

percbe  se  1'avesse  chiesto,  voi  glielo  avresle  negate.  Ma  il  signer 
Rouher  soggiunge,  che  una  volta  Roma  alle  proposte  di  trattalive 
rispose:  Perche  vi  volgete  sempre  a  noi?  Trattale  prima  col  Piemon- 
le;  noi  poscia  esamineremo.  —  Si ;  ma  voi  non  solo  avele  trattato, 
ma  avete  conchiuso ;  e  qui  sta  la  sconvenienza. 

Alia  seconda  obbiezione  risponde  assicurandoci  che  1'Italia  rivaleg- 
gera  di  lealta  collaFrancia.  Veramente  quest'  assicurazione  non  ri- 
sponde al  passato;  e  quanto  all'avvenire,  abbiamo  veduto  piu  sopra 
come  il  Piemonte  puo  giugnere  a  Roma,  senza  potere  esser  tacciato 
di  slealta. 

Per  do  che  spetta  alia  terza  il  sig.  Rouher  si  meraviglia,  come  si  sia 
potato  mellere  indubbio  cheil  Pontefice  debba  usare  la  forzacontro 
i  sediziosi  e  i  rivoluzionarii.  «  Si,  egli  esclama,  il  Papa  puo  avere 
una  forza  armata ;  si ,  il  Papa  deve  usarne.  Non  e  lecito  ad  un  So- 
vrano  di  mancare  a  questo  tristo  e  doloroso  dovere  di  vincere  e  di 
schiaedare  1'insurrezione,  quando  si  leva  in  faccia  a  lui.  E  se  il  cuo- 
re  generoso  del  Sanlo  Padre  esitasse  a  colpire  alcuni  figli  ribelli,  non 
dovrebbe  dimenlicare  che  dietro  a  questi  figli  vi  e  la  Catlolicita  in- 
tera,  per  la  quale  egli  ha  il  dovere  di  conservare  la  sua  sovranil£ 
temporale  ».  Questi  sensi  del  signor  Ministro  sono  giustissimi  e  no- 
bilmente  espressi;  ma  non  ricordiamo  bene  se  consimili  parole 
sieno  stale  udite  nel  medesimo  luogo  quando  avvennero  i  fatti  di  Pe- 
rugia, e  di  piu  non  sappiamo  profetare  se  saranno  ripetule,  dove  il 
Papa  si  trovasse  veramente  nella  dura  necessita  di  comandare  il 
fuoco  sopra  i  tumultuanti  nelle  piazze  di  Roma.  Checche  $ia  pero 
di  questa  e  di  tutte  le  altre  soluzioni  e  prove,  veniamo  al  pun- 
to  capitale.  II  punto  capitale  era  di  sapere  che  cosa  importasse  la 
liberta  d'azione  che  la  Francia  si  era  riserbala,  ossia  che  cosa 
essa  farebbe  nell'ipotesi,  al  certo  non  impossible,  di  rivoluzione, 
onde  che  sia  procurata,  nello  Stato  pontificio.  Ora  intorno  a  questo 
punto  il  signor  Ministro  ci  lascia  all'oscuro,  anzi  protesta  espres- 
samente  di  non  volere  dir  nulla.  «  Ctie  si  chiede?  Che  il  Governo 
dica  ciofche  far^,  fra  due  anni?  Non  possiamo  rispondere.  Noi  stia- 
mo  attendendo,  desiderando,  sperando ;  e  non  vogliamo  fin  da  ora 
scrivere  un  won  possumus.  II  Governo  dee  riservare  la  sua  azione; 


E  LE  CAMERE  FRANCESI  179 

ed  infatli  che  cosa  polrebbe  dire?  Possiam  noi  dichiarare  che  se 
fra  due  anni  la  rivoluzione  minacciasse  novamente  il  trono  del 
S.  Padre,  noi  non  ritorneremo  a  Roma?  Ma  cio  sarebbe  un  incorag- 
giare  i  rivoluzionarii,  e  per  mio  conto  io  non  terr6  mai  un  simile 
linguaggio.  Dovremmo  dire  che  fra  due  anni  ritorneremo  a  Roma? 
No;  perciocche  noi  vogliamo  la  conciliazione  fra  le  due  Potenze,  non 
mediante  la  guerra  ma  mediante  la  pace.  Ecco  perche  il  Governo 
non  vuol  rispondere  ». 

Noi,  a  dir  vero,  non  intendiamo  bene  la  forza  di  quest' ultima  ra- 
gione.  La  Francia  non  puo'diehiarare  che  ritornerebbe  a  Roma  a 
soffocarvi  la  rivoluzione,  perche  \7uole  che  il  Governo  italiano  si  con- 
cilii  col  Papato  mediante  la  pace.  Ma  di  grazia :  II  Governo  italiano 
aspira  luttavia  al  possesso  di  Roma,  o  ci  harinunziato?  Se  ci  ha  ri- 
nunzialo,  non  dev'essergli  discara  qualunque  minaccia  contro  la  Ri- 
voluzione, che  tentasse  spodestare  il  Pontefice.  Se  poi  ci  aspira  lut- 
tavia, una  delle  due:  o  voi  amate  che  deponga  queste  aspirazioni, 
ovvero  che  le  conservi.  Questa  seconda  parle  non  puo  dirsi,  perche 
rovescerebbe  interamente  1'assunto  vostro,  di  dimostrare  cioe  che  la 
Convenzione  assicura  il  Papato.  Dunque  convien  dire  la  prima,  cioc 
volersi  da  voi  che  il  Governo  italiano  deponga  quelle  aspirazioni. 
Ma  a  conseguire  cio,  niente  di  piu  efficace  che  dichiarargli  franca- 
raente,  esser  voi  disposto  ad  usare  ancbe  la  forza  per  sostenere  la 
Sovranita  temporale  del  Pontefice.  Secondo  il  nostro  debole  modo  di 
vedere,  la  conciliazioue,  che  desiderate  per  vie  pacifiche,  dovea  in- 
durvi,  piultosto  che  alia  reticenza,  alia  dichiarazione.  Sicche  dopo 
questo  discorso  si  rimane  in  maggiore  oscurita  di  prima,  perche 
non  solo  si  nega  risolulamenle  di  dire  11  contegno  che  terra  la  Fran- 
cia negl'  indubitabili  tentalivi  del  la  Rivoluzione  a  danno  del  Papa, 
ma  di  queslo  silenzio  si  assegna  una  ragione  che  avrebbe  dovuto 
consigliare  anzi  il  contrario. 

Dair  esame  che  altra  volta  facemmo  della  Convenzione ,  fummo 
costrelti  a  defmirla :  Negotium  perambulans  in  tenebris.  Quesla  de- 
finizione  sussiste  tutlora.  Nondimeno  cio  non  detrae  nulla  al  sicuro 
trionfo  della  Chiesa.  Anzi  quanto  piu  sembreranno  venir  meno  i  pre- 
sidii  umani,  tanlo  un  tal  trionfo  sara  piu  vicino. 


-;;;    TIGRANATE 

RACGONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV, 


XVI. 

La  riconciliazione. 

Coloro  clie  ridottl  sono  in  fine  di  morte  , 
se  abbisognano  di  riconciliazione  e  la 
dimandano,  ponendosi  dinanzi  agli  occhi 
il  giudizio  che  li  aspetta ...  ma  con  fer- 
ma  fiducia  di  ottenere  la  remissione  e  la 
liberazione  dalla  pena  eterna ,  sapendo 
essere  vera  e  certa  la  benignka  del  Si- 
gnore;  anche  essi  man  dare  prosciolti  e 
secondo  il  cuore  di  Dio  e  secondo  la  ca- 
rita.  S.  PIETRO  D'ALESS.  Epist.  canon,  a 
Conone,  2.  (Edit.  Pitra,  Inst.  eccl.  Grace, 
torn.  I,  pag.  546.) 

In  tutti'quei  giorni  che  tennero  dielro  al  solenne  ravvedimento  di 
Placido,  e  all'  entrare  nella  via  della  penitenza  canonica ,  Tigranalo 
pareva  nell'  aspelto  come  uomo  percosso  da  fulmine  e  fuori  della 
memoria.  Saliva  dall'  alrio  al  solario,  scendef  a  dal  solario  all'  atrio, 
passava  dalla  biblioteca  al  giardino  e  tornavasi  dal  giardino  alia  bi- 
blioteca,  s'avvolgeva  d'una  in  un'altra  stanza,  pensoso  sempre  e  Ira- 
vagliato  da  nuovi  disegni  di  religione.  Divertimenti  strepitosi  che 


TIGRANATE  — -  LA  RICONCILIAZIONE  181 

ne  lo  svagassero  non  frequentava ;  che  la  pieta  verso  il  padre  infer- 
mo  nou  gli  consentiva  di  pure  bramarli.  Lasantila  del  crislianesimo 
gli  brillava  spesso  all'  animo  ,  e  il  rapiva  di  profonda  ammirazione. 
Se  non  che  allora  quando  entrava  a  deliberare  del  dare  un  passo  ri- 
soluto,  ed  ecco  gli  si  affacciava  1'intoppo  falale ,  della  lellera  di  Ce- 
sare.  E  lalora  allresi  tornavangli  alia  mente  i  sofismi  vanissimi  con- 
tro  i  Galilei ,  intesi  alia  scuola  di  Libanio  e  in  certi  tu  per  tu  con 
Giuliano. 

Certo  egli  non  vi  scorgeva  per  entro  fondo  di  evidenza  ;  ma  pur 
bastavano  a  trallenerlo  ,  e  riniandare  a  miglior  tempo  il  lorre  par- 
lito.  Intanto  si  adagiava  negli  ingannevoli  pensamenli  del  nalura- 
lismo.  —  La  religione  delia  natura  ,  diceva  a  se  medesimo ,  non 
puo  essere  altro  che  buona.  Un  Dio  creatore  e  conservatore  del 
mondo,  la  virtu  per  culto  ,  la  felicila  ,  quale  che  sia,  nell'allra  vita, 
per  premio,  una  punizione  per  castigo,  ecco  quanto  vi  ha  di  piu  so- 
do  nelle  spedilazioni  di  Anassagora,  di  Platone,  di  Socrate :  questa 
e  la  sapienza  recondita  di  Omero :  Cicerone  e  dello  stesso  avviso  : 
i  Cristiani  non  contraddicono.  Giuliano  e  Libanio  vi  aggiungono  sa- 
criflzii  agli  Dei,  a  Mitra,  alia  Luna:  e  un'ubbla  innocente.  Mio  pa- 
dre vuol  morire  nella  cenere  e  nel  cilicio  per  devozione  a  Cristo : 
cotesto  nol  fa  ne  migliore  ne  peggiore ;  conlento  lui,  contenli  tulli. 
Quanlo  a  me,  ci  voglio  rifletlere.  Sbrighiamo  prima  la  lettera :  poi 
si  vedra.  — 

Altre  volte  1'  investiva  come  un  nembo  di  ragioni  opposte ,  e 
balenavangli  d'ogni  parte  come  lampi  di  luce  lerrifica:  —  Se  questo 
Dio  ha  parlato  ai  mortali  per  bocca  di  Gesu  Cristo  ,  perche  rifiulo 
la  sua  rivelazione?  perche  mi  ribello  alia  sua  legge?  E  vero  :  ma 
chi  mi  assicura  che  il  Dio  dei  Cristiani  sia  veracemente  1'ambascia- 
tore  del  Dio  del  cielo?  Or  come  nol  sarebbe?  puo  un  saltimbanco, 
un  imposlore  generare  nel  mondo  una  religione,  in  cui  la  virtu  e  si 
pura,  si  incontrastabile,  si  eroica?  —  E  qui  gli  si  schieravano  di- 
nanzi  alia  mente  le  anime  eccelse  che  tra'Cristiani  aveva  conosciuto: 
Gioviano,  Valentiniano,  Ormisda,  il  diacono  Sabino  di  Milano,  i  due 
amici  di  Atene  Gregorio  e  Basilio,  e  Flaviano  di  Antiochia  che  usa- 
va  alcuna  volta  in  casa  del  padre ,  e  Publia  e  la  veneranda  Anlusa 


182  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

che  stavangli  lultodi  solto  gli  occhi :  e  dopo  quest!  il  numero  grande 
dei  Vescovi,  famosi  allora  per  1*  esilio  e  le  calene  soslenule  per  non 
proferire  una  parola  disonorevole  al  loro  Cristo  ,  e  grandeggiavagli 
allo  sguardo  dello  spirito  Liberio  di  Roma  imperterrito  in  faccia  al- 
1'Imperalore,  in  alto  di  riegargli  un'ingiusla  dimanda,  eraramentar- 
gli  i  diritti  della  verila  :  e  dopo  costoro  vedeva  innalzarsi  contro  a 
lui  quasi  un  esercito  infmito  di  marliri,  vegliardi,  donne,  fandulletti, 
correnli  volenterosi  a'piu  spietali  supplizii  per  non  fallire  la  fede  al 
loro  Dio  ;  e  di  queste  memorie  magnanime  piene  erano  tuttavia  le 
famiglie  crisliane,  dopo  V  atroce  persecuzione  di  Licinio.  —  E  un 
ciurmadore  ribaldo,  sclamava  tutto  solo  Tigranale ,  che  si  menljsce 
Iddio  celeste,  pu6  infondere  si  prodigiosa  virtu  in  petti  si  fiacchi? 
No,  no :  qnesta  e  bene  la  forza  d'un  Nume :  il  Dio  vero  ha  parlato, 
anzi  parla  tuttora.  E  io  non  1'ascoltero?  Dio  comanda  ed  io  gli  resi- 
stero?  —  E  al  lume  di  si  inelutlabili  verila  Tigranale  gia  si  risol- 
veva  di  correre  alia  chiesa  e  dimandare  il  catecumenalo  a  Paulino  : 
e  riecco  il  fatale  dispaccio  idolatrico  ,  a  frapporsi  al  divisamento ;  e 
il  cuore  debole  e  indeciso  smarrirsi,  e  tornare  in  balia  della  dubita- 
zione,  e  avvolgersi  in  un  labirinto  di  mezzi  termini  e  d'  incertezze, 
senz'approdare  ne  a  risoluzione  ne  a  termine. 

Al  fine  d'una  giornata  frbbrile,  trascorsa  tulta  in  cotali  erramenli 
inestricabili ,  sedeva  egli  nella  stanza  del  padre.  Placido  laceva  ,  e 
Tigranate  curvo  verso  il  focolare  e  colle  mani  incrociale  sur  un  gi- 
nocchio,  non  facea  motto.  Placido  ruppe  pel  primo  il  lungo  silenzio  : 
—  Tigranate,  un  pensiero  mi  cade  in  mente :  apri  il  mio  scrigno. 

—  Quale? 

—  Quello  scrignelto  di  cedro,  su  cui  e  la  statua  del  Pastore  con 
in  collo  la  pecorella. 

—  E  in  quella  che  Tigranate  volgeva  3a  chiave,  soggiunse:  —  E 
tempo  che  li  sveli  un  secreto.  La  enlro  dev'  essere  una  pergamena 
piegata  e  munila  del  mio  suggello:  e  Talbero  della  famiglia.  Vo'  che 
tu  la  conosca,  mentre  io  posso  dartene  a  bocca  gli  schiarimenti.  - 
Tigranate  ne  prese  non  poca  maraviglia:  percho  il  padre  non  gli 
aveva  fmo  a  quel  di  mosso  parola  di  sua  gente,  ne  della  sua  patria. 
Ma  Placido,  come  se  gli  leggesse  in  vollo  rammirazione:  —  Figliuo! 


LA  RICONCILUZIONE  183 

mio,  continue,  lu  udisti  la  mia  confessione  pubblica ,  ora  ti  debbo 
entrare  in  qualche  altro  parlicolare  che  vi  si  altiene,  prima  che  Id- 
dio  mi  chiarni  all' altra  vita;  affinche  meco  non  sia  sepolta  una  me- 
moria  che  potrebbe  tornarli  giovevole. —  Tigranate  spiego  la  mem- 
brana  al  lume  della  lucerna  con  indicibile  curiosita,  e  corse  rapida- 
mente  coll'occhio  la  genealogia  paterna.  Molti  erano  i  nomi  di  zii, 
nipoti,  cugini.  —  Or  dove  sono  costoro,  o  babbo? 

—  A  Torino,  a  Pollenza,  a  Milano,  e  va  dicendo. 

—  Nessuno  ha  gradi  nell'  esercito? 

—  Nessuno. 

—  Che  fan  no  essi  adunque? 

—  E'  sono  tulti  orafi  di  professione,  o  ricamatori  o  simigliante. 
L'  orgoglio  di  Tigranate  sentissi  offeso.  Aveva  sempre  pensalo 

avere  la  sua  linea  da  una  lunga  serie  di  illustri  mililari  italiani,  e 
scopriva  per  la  prima  volta  di  non  aver  lume  di  alcuna  casata.  Tut- 
tavia  dissimulo  la  puntura ,  e  non  volendo  perdere  1'  occasione  di 
quella  apertura  che  gli,porgeva  il  padre,  e  poteva  esser  1'  ullima, 
disse:  —  Or  perche  non  me  ne  parlasti  prima  d'ora,  che  forse  avreb- 
bemi  giovato  allorche  fui  a  Milano  e  a  Torino  ne'  mesi  scorsi? 

—  Figliuolo,  e  una  debolezza:  volevo  che  ignorata  fosse  1'  origin 
mia,  perche  ignorata  restasse  una  circoslanza  (stolto!),  che  e  una 
grazia  mirabile  di  Dio. 

—  Una  grazia  di  Dio? 

—  Posso  dire  che  uno  stesso  giorno  mi  trasse  dall'  arte  di  mia 
famiglia,  e  dalle  lenebre  del  paganesimo:  e  io  ingralo  per  abbuiare 
il  mio  baltesimo  ogni  cosa  ti  celai :  e  ora ,  ora  si  vorrei  bandirla  a 
suon  di  Iromba  per  tutta  Antiochia. 

—  Bandirla?  bandire  che? 

—  E  un  favore  divino:  che  porlento!  —  E  senza  spiegarsi  altri- 
menti,  ripeteva:  — Che  portento! 

—  Parla,  padre  mio,  se  porlento  vi  ha  che  ti  riguardi  d'appresso, 
non  me  lo  nascondere:  che  io  non  ne  vidi  mai,  e  ne  sarei  curioso  al 
sommo.  Chi  sa  che  un  portento  non  mi  desse  la  spinla  a  tale  risolu- 
zione,  che  tu  ne  fossi  con  lento? 


184  TIGBANATE  RACCONTO  STOR1CO  DEL  SECOLO  IV. 

—  Non  udistii  mai  parlare  della  cruce  apparsa  in  cielo  al  Divo 
Costanlino? 

—  Piu  d'  una  volta :  ma  che  vuoi?  tante  ne  ho  intese  dire  dai  fi- 
losofi  di  Alene,  che  veramenle. . . 

—  Trislo  a  me !  interruppelo  Placido,  baltendosi  la  mano  in  fronle 
e  dolorosamente  sospirando,  sciagurato !  di  queslo  doveva  io  intrat- 
tenere  la  tua  fanciullezza,  di  questo  parlare  lulti  i  giorni;  e  me  ne 
sovviene  solo  al  lelto  di  morte,  quando  1'animo  luo  e  gia  preoccu- 
pato  dalle  follie  dei  sofisti  idolatri.  —  E  dimenticando  il  discorso 
incominciato,  si  struggeva  amaramente  sclamando:  —  Ora  il  figliuol 
mio  sarebbe  cristiano  come  me,  meglio  di  me !  Signore  pietoso,  non 
me  ne  dimandate  conto  al  voslro  tribunale  tremendo!  Va,  Tigranate, 
va  losto,  vola  a  Paulino,  questo  nuovo  delitto,  che  mi  trovo  sull'ani- 
ma,  mi  opprime,  voglio  rivelarlo,  voglio  pubblicarlo:  mi  strazia:  e 
una  codardia,  e  una  villa.  —  E  cosi  dicendo  versava  un  profluvio 
di  lacrime  sconsolale. 

—  Padre  mio,  rispondeva  Tigranate,  e  presso  la  mezza  nolte : 
troppo  saremmo  imporluni  a  turbare  ora  1'altrui  quiete.  Domani,  do- 
mani  all' alba  sarai  obbedilo  di  ogni  luo  desiderio.  Inlanto  dalti  pace: 
fa  di  requiare  almeno  qualche  ora.  —  Con  quesle  e  con  simili  ra- 
gioni,  non  senza  difficolla,  egli  pervenne  a  tranquillare  alcun  poco 
1' infermo,  e  ridusselo  a  rimellere  alia  dimani  1'abboccamento  con 
Paulino.  Non  faceva  ancora  ben  giorno,  e  Tigranale  gia  era  alia  casa 
del  sacerdote,  coll' ambasciata  del  padre:  e  quegli  si  dispose  di  ve- 
nire di  presente  a  consolarlo:  voleva  pero  venirvi  solo.  Fu  indarno: 
perche  Placido  aveva  gia  spacciati  messi  sopra  messi  e  quanti  piu 
pole  de'fratelli  cristiani,  e  Paulino  trovo  la  stanza  dell' infermo  gre- 
mila  di  fedeli,  accorsi  alia  chiamata  premurosa. 

Placido  lo  salulo  umilmenle  e  si  levo  a  sedere  sul  letto;  poi  con 
voce  ferma,  piu  che  non  sembravano  con  sen  tire  le  forze  gia  sceme, 
incomincio  :  —  Una  colpa  mi  resta  tuttavia  da  palesare  al  cospelto 
della  Chiesa,  alia  quale  non  posi  mente  1'  altro  giorno :  confesso  con 
mia  onta  grande  e  per  sollievo  dell'anima  mia,  che  non  solo  mi  se- 
parai  dalle  riunioni  dei  fedeli  quando  fui  in  Persia,  ma  dissimulai 
altresi  il  mio  battesimo :  prega  per  me,  o  ministro  del  Signore,  e 


LA  RICONCILIAZIONE  185 

fa  pregare  i  fratelli  quando  saranno  assembrati  nella  basilica.  — 
Paulino  gli  si  accosto,  e  gli  dimando  sotlo  voce,  se  dissimulate  avesse 
negando  di  essere  cristiano  a  chi  per  avvenlura  lo  avesse  richiesto  di 
sua  religione.  —  Oh  questo  no,  rispose  forte  ,  tolga  Iddio  da  me  si 
orribile  misfallo  :  fui  debole,  ma,  il  dico  per  renderne  grazie  a  Dio, 
non  negai,  non  disdissi ,  non  m'  infiusi  idolatra.  Solo  lacqui,  perche 
meno  scandalosa  riuscisse  la  mia  assenza  dalle  pubbliche  assem- 
blee:  E  di  quesla  dissimulazione  imploro  la  misericordia  di  Dio.  — 
£  cosi  dicendo  si  risolveva  in  lacrioie  di  amara  compunzione.  I  fra- 
telii  anch'essi  Ira  i  singulti  e  i  sospiri  ammiravano  la  perfetta  con- 
versione  del  tribuno,  e  Tumilla  profonda,  colla  quale  si  accusava 
piu  assai  che  non  richiedesse  il  rigore  dei  sacri  canoni.  Paulino 
intenerilo  benediceva  la  divina  clemenza,  che  si  largamente  versasse 
il  dono  della  sua  grazia  su  quell'  anima  altre  volte  traviata :  e  vol- 
gendosi  a  lui  con  benigne  parole  gli  veniva  dicendo :  —  Fratello  , 
non  li  confondere  piu  ollre  sopra  cotesto:  gia  abbondanlemenle  com- 
piesli  il  prescritlo  dalle  sanle  leggi :  ora  apri  il  cuore  alia  fiducia 
del  perdono ,  che  il  pietoso  Iddio  non  ti  neghera :  non  puo  fallire 
alia  sua  promessa ;  confida :  egligia  li  stende  lebraccia,  come  il  pa- 
dre evangelico  al  figliuol  prodigo :  lu  sei  la  pecorella  smarrita,  ch'egli 
va  cercando  ansiosamenle,  ne  puo  tardare  a  riportarli  con  gioia  al- 
1'ovile:  gia  gli  angeli  del  Signore  preparano  la  festa  che  in  cielo 
si  fa  per  ciascun  peccatore  che  si  ravvede.  —  Placido  a  questesoavi 
parole,  lutto  si  confortava  e  rasserenava. 

Antusa  trasse  un  po'  da  parte  il  sacerdole ,  e  colle  mani  giunte 
guardandolo  con  dolce  modestia  :  —  Padre  nostro,  gli  disse,  se  non 
e  troppo  impronta  la  mia  preghiera ,  io  li  supplico  di  aver  piela  del 
nostro  fratello  :  piegali  alle  sue  lacrime ,  metti  un  termine  alia  sua 
afflizione  ,  e  rendilo  alia  pace  della  Chiesa.  Nol  chiedo  per  me,  che 
non  ho  meriti  da  tanto ,  ma  per  quesli  sanli  confessori  che  tu  vedi : 
guardali ,  eglino  portano  ancora  gli  orecchi  mozzi,  e  le  cicalrici 
dei  flagelli  e  logori  i  polsi  dalle  catene ,  che  patirono  per  Gesu  Cri- 
sto  :  essi  dimandano  indulgenza :  padre,  perdona.  — -  V  erano  in- 
fatli  tra  gli  astanli  due  vecchi ,  venerati  in  tulta  Antiochia,  pel  me- 
rito  de'  gloriosi  martirii  sofferli  sotto  Massimino  e  sotlo  Licinio.  Le 


186  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

parole  della  pia  vedova,  proferile  sommessamente,  furono  inlese,  piii 
dagli  alii  e!^  dalle  parole,  dai  circostanti ;  e,  piangendo  ognuno,  prc- 
sero  ad  incalcarle :  -  -  Padre  ,  perdona,  padre ,  rendici  il  nostro 
fralello.  -  -  Paulino  a  si  gradita  violenza  non  resislelle  ne  si  rese 
malagevole.  ma  considerando  la  colpa  non  come  delle  piu  gravi 
sotloposte  alia  penilenza  canonica,  la  confessione  voluta  da  Placido 
pubblica,  mentre  bastava  la  privata,  la  riconciliazione  chiesta  prima 
che  il  pericolo  di  morte  fosse  urgenle,  e  soprallullo  le  felici  disposi- 
zioni  del  penitente,  slimo  non  venirtneno  ai  sacri  canoni,  conceden- 
do  fin  d'  allora  la  plenaria  riconciliazione. 

Mando  adunque  per  due  diaconi  che  1'  assislessero  nella  solenne 
ceriraonia,  ed  entro  inlanto  a  ragionare  lungamenle  della  divina  cle- 
menza.  Gii  spiego  come  la  pace  che  da  la  Chiesa  ai  ravveduli  e  sim- 
bolo  dell'elernapace  dei  santi,  e  1' assoluzione  sacramenlale,  che  la 
precede  e  1'  accompagna,  non  pure  copre  la  moHitudine  de'  peccali, 
ma  al  lullo  li  scancella  e  li  annienta ;  ond'  e  che  1'  ainore  di  Gesu  Cristo 
verso  1'  anima  riconciliata ,  e  come  il  sorriso  dello  sposo  alia  vergine 
amata  nel  giorno  primo  delle  nozze,  e  rarometle  al  divino  amplesso 
nel  mistero  dell'  Eucarislia,  come  ad  arra  della  unione  svelata  dei 
secoli  elerni.  A  tali  discorsi  1'infermo  rifioriva  lutto  di  consolazione 
esuberante,  ne  piu  sembrava  risentire  del  male.  Gli  udilori  giubila- 
vano  di  lelizia  purissima ,  e  nel  cuore  gia  si  congralulavano  del  ri- 
cuperato  fralello.  AHro  piu  non  restava,  fuorche  cominciare  il  sacra 
rilo  della  riconciliazione. 

II  diacono  inlimo :  —  Orate,  penitenli  —  Si  alzarono  tulli  a  que- 
sta  parola  ,  e  si  posero  ginocchioni :  e  quegli  prosegui  la  formola , 
suggerendo  le  preghiere :  —  Affinche  Dio  fiacchi  la  possa  di  satana 
e  ne  spezzi  i  lacci :  e  affinche  cancelli  il  chirografo  della  condanna- 
zione  e  scriva  il  penitente  nel  libro  della  vita.  E  con  piu  ardore 
preghiamo  affinche  i  peccatori  perseverino  nelle  buone  opere  ,  e 
Iddio  amatore  degli  uomini  placato  ridoni  loro  la  lelizia  deila  saluto 
e  li  confermi  nello  Spirito  Santo  ,  onde  non  ricadano :  ma  parteci- 
pando  dei  divini  misleri,  e  fittti  degni  figliuoli  di  Dio,  conseguisca- 
no  la  vita  elerna.  Ripetiamo  per  loro  con  fervore :  Signore,  miseri- 
cordia.  Salva,  o  Dio,  i  penilenli  e  li  risuscita  colla  tua  clemenza.  — 


LA  RICONCILIAZIONE  187 

A  queste  celesliali  parole  altri  levavano  le  mani  al  cielo  in  alto  di 
preghiera,  altri  prosternati  mandavano  gemiti  dolorosi:  Publia  e 
Anlusa  col  voltoa  terra  lacrimose  e  umiliate  sosplravano  implorando 
la  divina  pieta:  Placido  involto  nel  suo  cilicio  ora  eol  guardo  dolen- 
te  cercava  il  cielo,  ora  tullo  s'  inabissava  e  si  restringeva  nella  con- 
trizione,  e  sembrava  pendere  mezzo  tra  il  paradiso  e  la  terra.  Ma 
quando  il  diacono  fu  alia  conclusione:  —  0  risuscitati  da  Dio,  per 
virtu  del  suo  Cristo,  inelinate  il  capo  e  ricevete  la  sua  benedizione  — 
il  volto  di  Placido  lampeggio  di  tale  un  riso  sereno,  che  parve  la 
gioia  del  paradiso  \1  fosse  dipinta ;  e  il  riverbero  di  quella  luce 
si  difforidesse  a  serenare  gli  astanti.  I  minislri  trassero  in  mezzo 
col  rituale,  e  svolto  il  rotolo  con  riverenza ,  il  presentarono  al  sa- 
cerdote,  pur  tenendolo  per  gli  slaggi  disteso  dinanzi  a  lui.  Egli  in- 
vocalo  1'aiuto  divino,  pronunzio  :  —  La  pace  a  tulti.  Preghiamo  il 
Signore.  —  E ,  stese  le  mani  sul  capo  del  penitente ,  recilo  la  ri- 
conciliazione  solenne. 

—  Benigno  Signore,  buono  e  umano,  il  quale  per  la  tua  miseri- 
€ordia  mandasli  in  terra  1'  Unigenito  Figlio  tuo,  affinche  scancellasse 
la  sentenza  contro  i  peccatori ,  e  frangesse  le  catene  delle  loro  col- 
pe ,  e  annunziasse  la  liberazione  agli  schiavi,  libera  lu,  o  Signore, 
colla  tua  bonla  questo  servo  tuo  Placido  dal  legame  che  lo  annoda  ; 
e  concedigli  che  senza  peccato  in  ogni  tempo ,  in  ogni  luogo  si  pre- 
senti  al  tuo  cospetto ,  e  con  fiducia  e  in  pura  coscienza  imp'ori  la 
(ua  misericordia  :  perche  tu  sei  Dio  misericordioso  e  amalore  degli 
uomini,  e  noi  ti  rendiamo  gloria :  gloria  al  Padre,  al  Figliuolo,  allo 
Spirito  Santo ,  ora  e  sempre  e  nei  secoli  dei  secolL 

—  Amen !  rispose  1'  assemblea. 

—  La  grazia  del  Signor  nostro  Gesu  Cristo,  la  carita  di  Dio  Pa- 
dre, e  la  comunione  dello  Spirito  Santo  sia  con  tulti  voi. 

—  Amen ! 

—  A  quest' ultimo  Amen,  compita  la  Lilurgia  sacra  del  perdono, 
i  fedeli  formarono  ii  segno  della  croce,  e  levatisi  in  piedi,  tutli  lieti 
e  consolati  si  fecero  intorno  a  Placido,  che  piu  di  loro  raggiava  da- 
gli  occlu  e  dalla  fronte.  Antusa  non  era  certo  la  meno  tdpudiante  di 
quella  santa  radunanza ,  ma  per  modestia  ponevasi  dielro  agli  altri. 


188  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

Ciascuno ,  come  suggerivagli  la  sua  carila,  rivolgeva  alcuna  dolce 
parola  al  riconciliato :  ma  la  piu  dolce  dissela  il  sacerdote  Paulino: 
—  Fratello  nostro ,  poiche  tu  sei  renduto  alia  comunione  del  santo 
banchetto,  io  qui  1'imbandiro  dimani.  Le  nostre  buone  sorelle  Antusa 
e  Publia  faranno  di  apparecchiare  ogni  cosa  necessaria  alia  celebra- 
zione  dei  santi  misted.  —  Anlusa  a  queste  parole  non  capiva  in  se 
dalla  gioia,  e  come  di  favore  falto  a  lei  stessa ,  ne  rendette  umili 
grazie  al  sacerdote.  Ma  Placido  ,  che  era  lungi  dall' aspettarsi  tale 
cumulo  di  privilegi ,  rispose:  —  Gran  merce,  Padre  mio ;  io  il  bra- 
mo  di  tutto  cuore ,  ma  bene  a  maggiore  ragione  che  non  il  pio  Cen- 
turicne  ,  io  tribuno  peccalore  debbo  dire :  Signore,  non  son  degno. 
Non  sarebbe  assai ,  se  mi  mandassi  la  sacra  Eucaristia  per  mano 
del  diacono,  all'ora  che  i  nostri  fratelli  parlecipano  al  sacrifizio 
nella  basilica  maggiore  ? 

—  Non  e  facile  a  otlenersi  cotesto.  Tu  sai  che  in  questi  tem- 
pi infelici  gliariani,  protelti  da  Augusto ,  ban  raesse  le  branche 
sopra  lutte  le  chiese  nostre ,  e  a  noi  e  forza  di  adunarci  negli  ado- 
ralorii  privali.  Per  dimani  adunque ,  che  non  e  di  solenne ,  io  lerro 
qui  la  santa  Assemblea  con  quesli  nostri  fratelli.  Ricevi  adunque  il 
benefizio  che  la  Chiesa  ti  offre  con  umilla  e  con  fiducia. . . .  > 

—  E  con  riconoscenza  infinita.  Dio  sia  benedelto  ,  e  il  suo  Cristo 
glorificato.  Non  osavo  piu  promettermi  la  consolazione  di  assistere 
al  Sacrificio  divino  e  pregare  coi  fralelli :  e  certo  la  mia  lunga  as- 
senza  meritava  bene  questo  castigo.  Ora  sembra  che  Iddio  abbia 
scordato  il  mio  delitto,  e  mi  sopraffa  di  misericordie  inaspettate.  Che 
grazia !  Dopo  adorati  i  sacrosanli  Misteri ,  dopo  il  Viatico  della  ce- 
leste patria  ,  la  morte,  oh  si  la  morte  slessa  mi  fia  dolce  e  deside- 
rata :  morire  nella  pace  della  Chiesa ,  tra  le  preghiere  dei  fratelli : 
oh  questo  non  e  morire ,  e  passare  da  giubilo  a  giubilo.  Che  grazia ! 

Paulino  si  rivolse  all'adunanza :  —  Figliuoli  miei ,  Iddio  benedetto 
che  trae  dal  male  il  bene ,  si  vale  della  persecuzione  dei  nemici  suoi 
per  concedere  un  conforto  di  piu  al  nostro  caro  infermo.  Qui  cele- 
breremo  le  cose  sante  dimani ,  se  piace  a  Dio. 

—  Iddio  te  nerimeriti,  dissero  alcuni  colla  bocca,  e  lutli  col 
cuore ,  Dio  te  ne  rimeriti. 


LA  SACRA  LITtRGIA  189 

XVII. 
La  sacra  Liturgia. 

Per  idem  tempus  cum  trans  Tiberim  apud 
quamdam  clarissimam  inmtalus  sacrifi- 
cium  in  domo  offerret ,  etc.  PAULIN.  Vita 
S.  Ambros.  10.  (In  Opp.  S.  Ambr.  ed. 
Migne,  torn.  I,  pag.  30.) 

Infermo  o  dicadulo  e  bene  quello  spirilo  che  non  sente  1'armonia, 
la  grandezza,  la  rnaesta  celestiale  del  culto  esterno ,  quale  a  Dio  lo 
porge  la  Chiesa  di  Gesii  Cristo.  Variarono  i  sacri  rili  per  verita  in 
qualche  loro  apparenza  accessoria  col  variare  de'  tempi ;  ma  il  fondo 
essenziale  di  islituzione  divina,  lo  spirito  di  simbolisrao  misterioso  che 
li  anima  e  li  avviva ,  non  mulo  giammai  per  mulare  di  secoli ;  e  le 
cerimonie  di  oggidi,  filiate  in  gran  parle  dalle  cerimonie  primitive, 
tutta  spirano  Torezza  divina  delle  eta  antiche.  Pole  certola  sacra  Li- 
turgia passare  dal  cenacolo  di  Gerusalemme  nelle  case  de'  Crisliani, 
celare  i  suoi  splendori  nelle  catacombe ,  sfoggiare  di  pompa  augusta 
nelle  basiliche ,  pellegrinare  sui  campi  militari  tra  le  bandiere  di 
Costantino,  fiorire  sotto  le  cupole  bizantine,  raccogliersi  sotto  i  si- 
lenti  duomi  degli  Arabi,  dei  Lombardi,  dei  Settentrionali,  grandeg- 
giare  ne'  templi  armoniosi  del  Brunelleschi ^e  di  Michelangelo:  ma 
in  tanlo  succedersi  di  condizioni,  raccolse  nuove  grazie,  siamman- 
to  di  colori  phi  avvistali ,  nulla  perdendo  della  intrinseca  bellezza , 
onde  viemeglio  allelta  gli  occhi  del  semplice ,  e  conquide  di  mara- 
viglia  la  menle  del  pensalore. 

Menlre  gli  apparecchi  dei  sanli  Misteri  si  sollecilavano  in  casa  di 
Placido ,  Tigranate,  dubbioso  di  non  potere  forse  compiere  cosi  pre- 
sto il  suo  mandalo,  si  ritirava  al  suo  studio,  e  scriveva  aGiuliano : 

«  Tigranale  saluta  Giuliano  Cesare 

«  Antiochia  mi  e  dolce  palria,  ma  non  mi  compensa  a  gran  pezza 
1'alto  onore  di  vivere  nella  tua  comitiva  e  godere  della  sua  presenza. 
Ma  forza  e  piegarsi  ai  decreli  del  cielo,  cui  piacque  di  togliere  a  me 


190  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

la  fiducia  di  un  protetlore ,  e  a  te ,  Cesare ,  un  servilore  fedele ,  cui 
per  incomparabile  degnazione  donavi  il  nome  di  amico.  Disegnavo 
di  svagarmi  da  questa  profonda  afflizione  seguilando  1'  esempio  del- 
Tltacese, 

«  Che  di  molte  citta  Tide  i  costumi. » 

Ma  ecco  cbe  il  padre  mio,  da  grave  infermila  soprappreso,  m'  inca- 
tena  al  suo  lello  coi  vincoli  della  pieta  filiale.  Non  mi  e  dura  tale 
catena ,  pure  mi  pesa  assai  in  quesle  circoslanze ,  in  cui  gia  coll'a- 
nimo  ero  tulto  in  volta  a  pellegrinare  in  remote  contrade.  Spero  lut- 
tavia ,  anzi  ne  son  certo ,  che  per  aggiornarsi  il  piacere  divisato  non 
mi  fia  tolto. 

« I  saluli,  che  tu  mi  imponesli  di  reeare  ai  tuoi  ammiratori  di  Ate- 
ne ,  coltnarono  essi  di  giubilo ;  a  me  accrebbero  1'  amarezza,  rinno- 
vandomi  vie  piu  viva  la  piaga  che  portavo  nel  cuore.  Ciascuno  be- 
nediceva  1'augusto  Costanzo  della  seel  la,  e  ne  prometteva  gloria  a 
lui  e  salute  all'  impero.  Ah,  perche  la  comune  letizia  e  per  me  me- 
scolata  di  tanlo  dolore  ?  Non  voglio  tuttavia  smeltere  la  speranza. 

«  II  Dio  celeste  prosperi  le  lue  armi ,  e  solto  i  tuoi  auspicii  rialzi 
la  forluna  della  repubblica  romana.  Vale  ,  Cesare.  » 

Rilesse  due  o  Ire  volte  la  lettera ,  studiandola  minutamente ,  e 
notomizzando  ogni  sillaba ,  affine  di  assicurarsi  che  bastasse  per 
avvisare  a  Giuliano  Y  impedimento  sopravvenuto,  e  nel  tempo  stesso 
non  potesse  risvegliare  pure  un'  ombra  di  sospelto  nell'animo  di  Co- 
stanzo ,  caso  che  il  foglio  cadesse  nelle  sue  mani.  Per  cotesto  can- 
cello  quelle  parole  :  «  Non  voglio  tuttavia  smeltere  la  speranza  » ,  e 
modifico  1'  ultima  clausola ,  riscrivendo :  « II  Dio  celeste  prosperi  le 
armi  romane  solto  la  tua  condotta ,  e  sotto  gli  auspicii  di  Costanzo 
augusto  rialzi  la  forluna  della  repubblica  ».  Vi  aggiunse:  «  Daload 
Antiochia ,  alle  calende  di  Marzo,  sotto  il  consolato  di  Costanzo  au- 
gusto VIII  e  di  Giuliano  Cesare  ». 

Placido,  che  di  tutto  questo  buio  segrelo  nulla  sospettava ,  passo 
il  rimanente  del  giorno,  dalla  cerimonia  della  riconciliazione  fioo  al- 
ia sera ,  assorto  sempre  nella  contemplazione  del  sovrano  alto  da 
compiere  il  dimani ,  e  forse,  bene  il  presenliva,  era  1'  ultimo  della 


LA  SACRA  LHURGIA 

sua  camera  cristiana.  Alcuna  volta  chiamava  a  se  Tigranate,  e 
tratlo  di  sotto  1'origliere  il  sacro  volume  dell'  Evangelic)  di  S.  Gio- 
vanni, facevasi  recitare  ponderatamente  la  passione  del  Salvalore,  o 
il  capo  sesto  dove  si  ragionano  le  immortal!  promesse  serbale  a  chi 
degnamente  si  ciba  del  Pane  che  e  Cristo.  Intanlo  la  diaconessa  Pu- 
blia  e  la  pia  Antusa,  aiutale  da  Pisto  e  dalle  ancelle  crisliane,  si  da- 
vano  gran  faccenda  ad  allestire  1'occorrente  per  la  tornata  del  di 
seguenle. 

In  una  stanza  dappresso  fece  collocare  una  inensa  d'ebano  con  va- 
ghi  commessi  di  argento,  la  piii  preziosa  che  fosse  nel  palagio  di 
Piacido  :  e  perche  la  camera  piu  ritraesse  della  Chiesa  voile  che  di 
presente  vi  fossero  Irasportate  certe  colonnelle  mobili  di  un  suo  o- 
ratorio  di  villa,  e  fece  drizzarle  a'  fianchi  della  mensa,  una  per  cia- 
scun  angolo,  ed  agli  architravi  sovrimposli  appiccare  i  corlinaggi , 
ad  imilazione  del  conopeo  solito  sospendersi  nelle  basiliche  atlorno 
al  santuario.  Piii  coppie  di  bracciuoli  uscivano  dai  capilelli  e  riunen- 
dosi  in  alto  rivestite  di  drappi  formavano  un  ricco  sopraccielo,  sor- 
monlato  da  un  gigiione  doralo ,  di  vaghissima  vista.  E  Placido  dal 
suo  letlo  poleva  a  bell'  agio  contemplare  il  pieloso  lavorio,  perche  il 
iempielto  era  poslo  a  bello  studio  di  rincontro  a  lui.  Di  sua  mano 
Anlusa  distese  sulla  tavola  la  palla,  ossia  lovaglia,  che  era  un  finis- 
simo  setino  indiano,  da  lei  stessa  con  lunga  divozione  ricamato  a  o- 
ro  e  gemme,  con  animo  di  donarlo  al  marlino  o  vogliam  dire  tern- 
pio  dedicate  al  martire  S.  Marnanle.  Ne  la  diaconessa  dimentico  di 
apperrdere  con  una  calenuzza  d'  argento  dentro  al  tempielto  ( che  ci- 
borio  si  chiamava  allora )  una  colomba  colle  ali  d'  oro  spiegale ,  fi- 
gura  dello  Spirito  Santo  assistenle  al  Sacrifizio  dell'  amore.  Dispose 
dielro  all'altare  i  candelieri  e  i  torchietli  profumati,  e  pressovi  i  ba- 
cili,  i  mesciacqua  colle  ampolle  per  la  fredda  e  per  la  calda ,  i  ma- 
nutergi,  i  veli ;  breve,  ogni  cosa  necessaria  alia  sacra  Liturgia. 

I  diaconi  erano  intanlo  sopravvenuli  ad  acconciare  sulla  credenza 
i  vasi  sacri.  Le  pie  donne  pregarono  che  loro  fosse  porto  a  baciare 
il  piede  del  sacro  calice,  sul  quale  era  di  buono  smalto  rappresenta- 
to  il  divin  Pastore  che  si  reca  in  collo  la  pecorella  smarrita:  in  che 
furouo  imitate  da  Placido.  Con  lui  assai  a  lungo  si  trallennero  le  san- 


192  TIGRANATE  RACCONTO  STOR1CO  DEL  SECOLO  IV. 

te  vedove  in  ragionamenli  di  spirito,  dicevoli  alle  condizioni  d'un  in- 
ferine  gia  vicino  all'  ultimo  Viatico.  Ma  Anlusa  non  pole  restarvi 
tropp'ollre,  perche  le  rimaneva  lultavia  da  preparare  il  pane  dell'o- 
blazione,  e  voleva  di  sua  mano  impastarlo.  Intrise  in  una  madietta 
d'  argenlo  alquante  manatelle  di  farina  purissima  di  primo  velo,  e 
con  un  micolino  di  lievilo  ne  ebbe  formalo  un  candido  panetto  in 
forma  di  mandola :  v'  impresse  neltamerite  una  croce  nel  colmo,  e 
intorno  alcuni  caralteri ,  il  cui  significato  era :  Gesu  Cristo  Yince. 

—  Al  vino  dell'offertorio  ci  pensero  io,  disse  Placido,  che  ne  ho  pa- 
recchi  fiaschi  di  Palestina,  e  mi  dara  maggior  divozione.  —  E  cosi 
fu  falto. 

Tigranate  con  infinite  curiosil&  aveva  mirato  partitamente  quel- 
1'  apparecchio ,  e  si  riprometteva  di  assistere  il  di  seguente  con  al- 
trettanta  e  piu  alia  celebrazione  de'  cristiani  misteri.  Ma  quale  fu  ii 
suo  disinganno,  allorche  il  padre  il  chiamo  a  se  ,  e  recatosi  tutlo  in 
aspetto  grave,  gli  disse:  — Figliuolo  mio,  a  te  non  e  permesso  di 
trovarti  presente  alle  sacrosante  cose  degl'  iniziali ;  al  piu  polresti 
Irallenerti  sino  alle  prime  cerimonie  :  ma  quando  vedrai  gli  astanti 
prosternarsi  ed  orare  in  silenzio  ,  ritirati.  Ordinerai  a  nome  mio  a 
Pislo  e  agli  schiavi  cristiani,  di  trovarsi  puntualmente;  lu,  no:  tu 
sei  profano.  —  E  qui  un'  amara  lagrima  guizzo  tra  le  palpebre  del- 
1'  iofermo.  Pero  allro  non  aggiunse,  ne  Tigranate  oso  porgere  alcu- 
na  rimoslranza.  Ma  in  quella  vece  comincio  seco  stesso  ad  almanac- 
care  del  modo  di  soddisfare  la  curiosila ,  non  biasimevole ,  credeva 
egli,  ed  appagare  ad  un  tempo  gli  scrupoli  del  suo  padre.  Osserva 
pertanto  che  sulla  sala,  dov'era  eretto  Taltare,  si  aprivano  piu  altre 
stanze  ;  nulla  adunque  riuscire  piu  facile  che  affacciarsi  ad  una  ,  e 
a  traverse  le  portiere  contemplare  a  tutt'  agio  il  rito  misterioso. 

—  0  che  male  si  puo  pensare  in  cotesto?  alia  fine  non  per  violare  i 
misteri  io  vi  assislo,  ma  per  iscuriosirmi  d'  un  gusto  piu  pio  che 
empio :  e  se  un  giorno  ho  ad  essere  de'  Cristiani,  non  e  forse  bene 
ch'  io  sia  in  prima  informato  de'  lore  sacramenti  ?  — 

Venutocosi  il  mattino,  e  accommiatatosi  dal  padre  e  da  Paulino, 
che  aveva  presso  lui  vegliata  la  nolle,  fu  alia  stanza  attigua :  ne 
serro  dietro  se  la  porta ,  chiuse  le  finestre  e  si  accosto  in  punta 


LA  SACRA  LITURGIA  193 

de' piedi  all'uscio  chedava  nella  cappella,  e  tirato  chetamente  a  se 
un  battente,  vide  distintaraente ,  come  che  tramezzasse  il  drappo, 
entrare  1'un  dopo  1'  altro  i  fedeli  nell'  oratorio,  e  raccolti  e  taciturn! 
prendere  posto  attorno  al  santuario ,  i  cui  cortinaggi  eran  calati. 
Mancava  solo  Antusa ,  rimasa  presso  al  letto  dell'  infermo.  Un  dia- 
cono  disse  alto  :  —  Quanti  siamo  fedeli  pieghiamo  le  ginocchia.  Pre- 
ghiamo  Iddio  per  mezzo  del  suo  Cristo :  tutti  intesi  supplicbiamolo 
pel  suo  Cristo.  —  Prostratisi  adunque  ginocchioni ,  diedero  princi- 
pio  alia  preghiera  del  silenzio ,  nella  quale  ciascuno  secretamente 
implorava  perdono  de'suoi  falli.  Alcuno  vi  fa  che  venue  ad  inginoc- 
chiarsi  a'  piedi  di  Paulino :  gli  rimordeva  forse  V  ammo  di  qualche 
leggera  colpa  occorsagli  ne'  giorni  antecedent!,  e  ricevutane  1'assolu- 
ziorie  si  rilrasse.  Altri  pure  allo  stesso  modo  si  confessarono.  Alle  pre- 
ci  del  silenzio  tenne  dietro  la  preghiera  delle  esclamazioni.  II  diaco- 
DO  ordinava  una  distinta  invocazione  prima  per  la  pace  della  Chiesa, 
sparsa  per  tutta  la  terra,  poi  per  la  parrocchia,  pel  clericato  secolare, 
peimonaci,  per  gl'  infermi,  pei  benefattori,  pei  neofili,  per  gli  ere- 
tici,  per  gl'infedeli  (e  di  questa  prese  non  poca  maraviglia  Tigra- 
nate,  e  disse  seco  medesimo :  Questa  e  per  me,  vedremo  se  e  esau- 
dita)  e  pei  fedeli  infme  ,  di  lutto  il  mondo.  A  ciascuna  delle  quali 
proposte  il  popolo  rispondeva  :  —  Signore,  abbiate  misericordia ! 

—  Destatevi,  o  fratelli,  raccomandiamoci  al  Dio  vivente,  per  me- 
diazione  del  suo  Cristo.  —  E  1'  assemblea  di  nuovo  fervore  accesa 
supplicava  a  Dio. 

Intanto  Paulino  levatosi  in  piedi,  con  una  colletla,  ossia  preghiera 
universale,  raccogliendo  in  uno  i  voli  p6rti  daciascheduno,  oro  a  no- 
me  di  tutli :  e  gli  fu  risposlo :  —  Amen  !  — 

—  La  pace  del  Signore  dimori  con  tutti  voi,  ripiglio  Paulino :  e  il 
popolo : 

—  E  collo  spirito  tuo. 

—  Bacialevi  tulti  col  bacio  del  Signore,  disse  il  diacono  —  e  in- 
contanente  gli  uomini  abbracciarono  gli  uomini,  e  le  donne  simil- 
mente  le  donne,  senza  dislinzione  ne  di  lijjere,   ne  di  schiave,  ba- 
ciandosi  in  fronte  in  segno  di  perfelta  carita:  e  net  tempo  stesso  i 
ministri  dell'altare  porsero  il  bacio  simbolico  alsacerdote.  E  fu  lenero 

Serie  VI,  vol.  H,  fasc.  362.  13  5  Aprile  1865. 


194  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

spettacolo  per  Tigranate  vedere  i  fratelli  affollarsi  attornoal  lettodel 
padre  suo,  e  ciascuno  stringerlo  affettuosamente  nell'  arnplesso  cri- 
stiano.  La  quale  pietosa  cerimonia  fornita,  il  diacono  ordino  che  si 
offerissero  i  doni  all'altare:  edecco  gliastanti  I'uno  dopo  1'altro  avan- 
zarsi,  e  deporre  sur  una  guantiera  la  propria  limosina.  Antusa  per 
sua  offerta  porse  involto  in  bianco  lino  il  pane  del  Sacrifizio,  ch'ella 
aveva  cotto  la  raattina  istessa,  e  sopra  un  vassoietto  d'argento  don6 
il  vino ,  dicendo  al  cherico  sotto  voce :  —  Questa  e  T  oblazione  di 
Placido :  —  e  vi  aggiunse  di  lui  una  borsa  colma  di  monete  d'  oro, 
con  una  scritta  che  leggeva :  — Pei  poveri,  per  le  vergini  consacrate, 
per  le  sanle  vedove,  affinche  preghino  per  Placido  peccatore.  —  Al- 
cuni  avevano  offer lo  vaselli  d'incenso,  e  qualche  povero  una  piccia 
di  pane  casalingo.  I  ministri  raccolsero  ogni  cosa  in  una  sportella, 
e  queste  collocarono  sull'  altare,  dove  Paulino  recito  T  offertorio  dei 
sacri  doni. 

II  suddiacono  diede  1'acqua  alle  mani  del  sacerdote  ,  che  intanto 
recilava  il  sal  mo  :  —  Lavero  le  mie  mani  nell'innocenza :  e  le  mani 
lavaronsi  pure  gli  altri  assistenti  al  celebrante.  I  fedeli  gia  eransi 
purificati  prima  di  entrare.  Dall'aHra  parte  il  diacono  aveva  posto 
sulla  mensa  il  pane  e  il  vino,  e  sopra  vi  teneva  sospeso  il  pannolino, 
che  aveva  servito  a  velare  il  calice ;  e  a  quando  a  quando  con  lieta 
agitazione  il  menava,  come  in  atlo  di  allontanarne  grinsetti  volanti 
e  ogni  qualsiasi  menomo  fior  di  polvere.  II  cheavendo  scortodalsuo 
luogo  labuona  Antusa,  fe'  cenno  modestamenteadun  acolito,  esservi 
altresi  il  flabello  di  penne  di  pavone  ,  che  essa  a  quest'  uopo  aveva 
riposto  a  un  lato  della  credenza.  Cos!  si  entro  nelle  secrete  cose  del- 
1'azione  divina.  Ma  prima  un  minisiro  anche  una  volta  si  rivolse  al 
popolo ,  e  comando  secondo  il  rito :  —  Fuori  i  catecumeni !  fuori  i 
penilenli !  (  e  qui  brillo  di  gioia  il  cuore  a  Placido ,  che  disse  a  se 
slesso :  ora  non  saro  piu  reietto )  fuori  gl'  infedeli !  fuori  gli  eretici! 
Madri,  rilenetepresso  voi  i  vostri  fanciulli.  Niuno  si  accosli  con  animo 
maculato  di  odio  o  di  ipocrisia.  Vigiliamo  al  cospetto  di  Dio :  immo- 
liamo  TOstia  santa  con  timore  e  tremore.  — 

Non  si  udiva  nella  stanza  un  respiro,  ma  solo  le  sacre  parole  del- 
T  inno  serafico,  dai  fedeli  accompagnato  col  cuore  sino  al  trisagio : 


LA  SACRA  LITURGIA  195 

-  Santo,  Santo,  Santo,  —  che  tulti  prommziarono  alto,  come  voles- 
sero  le  loro  voci  confondere  coi  canti  del  cori  angelici.  Qui  calarono 
i  corlinaggi  del  Sanluario,  e  1'assemblea  parve  piu  che  mai  assorla 
nella  contempt  azione  dell'eccelso  misterio  gia  gia  per  consummarsi. 
Alia  formola  sacrosanta  della  consecrazione,  proferita  dal  sacerdote 
con  voce  Iremante  di  riverenza,  fu  risposto :  —  Crediamo  !  — 

Si  sollevarono  allora  le  cortine,  ma  gia  le  venerande  Specie  erano 
state  colla  palla  di  seta  diligentemente  velate,  e  dinanzi  ad  esse  ad 
alta  \7oce  si  invocarono  i  Santi  e  i  Martiri  di  Gesu  Cristo :  si  rinno- 
varono  le  orazioni  per  la  Chiesa  e  per  1*  Imperio  ,  si  suffragarono  le 
anime  dei  fratelli  defunti,  e  la  divota  supplicazione  termino  colla  so- 
lenne  dossologia:  —  Gloria  al  Padre,  al  Figlio,  allo  Spirilo  Santo 
nei  secoli  dei  secoli. 

—  Amen ! 

Era  giunto  1'istante  della  Comunione :  pero  il  sacerdote,  recitata 
1'orazione  domenicale  e  spezzalo  il  divin  Pane,  si  rivolse  all'  adu- 
nanza  ,  e  levandolo  in  alto  lo  presento  all'  adorazione  dei  fedeli,  e 
poscia,  prima  di  porgerlo  ai  comunicanti,disse  in  tuono  grave  e  so- 
lenne :  —  Le  cose  sante  sono  pei  sanli ! 

—  Uno  e  il  Santo,  risposero,  ed  e  Gesu  Cristo  Signor  nostro  nella 
gloria  di  Dio  Padre.  Benedetto  siane'  secoli.  Amen.  Gloria nell'altis- 
simo  de'  cieli  e  pace  sulla  terra ,  regni  Ira  gli  uomini  la  buona  vo- 
lonta.  Osanna  al  Figliuolo  di  Davidde!  Benedetto  Lui  che  viene  nel 
nome  del  Signore.  Egli  apparve  anche  a  noi :  Osanna  nell'  allis- 
simo.  - 

Allora  i  diaconi  ed  i  ministri  si  presentarono  genuflessi  a  parteci- 
pare  del  Misterio  adorando  e  tremendo.  II  sacerdote  diceva:  —  II 
Corpo  del  Signore !  —  il  comunicante  stendeva  la  mano,  e  ricevu- 
tolo,  rispondeva:  —  Amen!  —  e  cosi  al  calice:  —  II  Sangue  di 
Gesu  Cristo  I  -  -  e  quegli  ne  assaggiava  una  stilla :  —  Amen  I  — 
Dopo  il  clero  si  accostarono  innanzi  a  tutti  Publia  e  Antusa,  che  come 
consacrate  alia  vedovile  conlinenza,  secondo  il  rituale  dovevano  pre- 
cedere  il  resto  del  popolo.  Genuflessero,  e  nella  mano  destra  con  in- 
finita  riverenza  accolsero  il  Pane  celesteredalosiuno  sguardo  infocato 
il  recarono  alle  labbra:  e  poi  libarono  del  calice  e  dissero  Amen. 


196  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

Antusa  prese  quindi  per  mano  il  suo  figliuoletto  ,  lo  pose  in  piedi 
dinanzi  a  se,  gli  ravvio  i  capelli,  dicendogli  all'  orecchio :  —  Nannuc- 
cio,  giungi  le  manine  e  apri  la  bocca;  ecco  Gesu  vivo  viene  a  te.  — 
E  il  biondo  angioletto ,  bene  addestrato ,  ubbidi ,  sporse  la  lingua 
a  fior  di  labbra,  e  il  sacerdote  vi  depose  un  frammento  del  sacro 
Pane  intinto  nel  calice.  In  simil  modo  comunicaronsi  gli  altri,  e  ulti- 
mo Placido,  che  di  celestiale  gioia  inebriato,  quasi  pareva  delle  altre 
cose  non  sentire  ,  e  gia  gustare  per  accenno  un  saggio  della  bea- 
titudine  dell'aUra  vita.  Taluno  vi  fu  che  dovendoil  di  seguente  porsi 
a  lunga  navigazione,  spezzo  il  Pane  datogli  dal  ministro,  e  ne  serbo 
una  particella  in  una  pissidetta  d'argento  a  cotesto  fine  recata,  e  rav- 
vollala  in  un  drappo  d'oro,  se  la  nascose  in  seno. 

Lunga  fu  1'azione  delle  grazie,  ancor  dopo  la  beriedizione  del  sa- 
cerdote e  il  commiato :  lie  in  pace.  I/  assemblea ,  profondamente 
commossa  di  gratitudine  a  Dio  pel  riacquistato  fratello,  non  poteva 
finire  di  magnificarne  la  bonla,  e  raccomandavagli  nel  tempo  islesso 
le  ultime  ore  deH'infermo.  Niuno  era,  che  prima  diuscire  non  dicesse 
qualche  onorevole  parola  a  Placido :  ma  quesli  piu  col  sorriso  rispon- 
deva  che  colle  parole :  lanto  era  assorlo  nelle  delizie  superne.  E  cosi 
passo  il  rimanente  del  giorno. 

Tigranate  un  tale  coniegno  attribuiva  allo  spossamento,  natural 
conseguente  delle  commozioni  del  mattino.  Ma  ben  dovette  ricreder- 
sene,  allorche,  licenziali  gli  estranei  e  ridotla  ogni  cosa  in  silenzio 
pel  cader  della  nolle,  egli  si  trovo  a  solo  a  solo  col  padre  suo. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA   ITALIANA 


Scritli  amichevoli  pei  Deisti,  di  CLEMENTE  BARONI  ,  prete  cattolico. 
Milano,  Dilta  Boniardi-Pogliani.  Torino  ,  presso  Marietti  1864. 
Un  vol.  in  8.°  di  pag.  XII.  317. 

La'maniera,  colla  quale  annunziauimo  quest'  opera  in  uno  dei  pre- 
cedent! quaderni,  puo  all'Aulore  di  essa,  ed  altresi  ai  nostri  leltori, 
valere  a  sufficient  pruova  della  nostra  benevolenza ,  e  diciamo  an- 
che  del  nostro  rispetto  verso  tutti  quegli  scrittori ,  che  ne'  presenti 
tempi  calamitosi ,  informati  da  santa  intenzione  ,  si  sludiano ,  come 
posson  meglio,  di  raffermare  e  ribadire  i  buoni  principii,  e  di  estir- 
pare  gli  errori,  che  si  spargono  dagli  uomini  iniqui,  siccome  zizza- 
nia  in  mezzo  al  grano.  Ma  ,  anche  a  voler  prescindere  da  questo  , 
dal  lenore  che  noi  terremo  nell'  esaminare  ed  appuutare  alcune  parti 
del  suo  libro,  il  Rev.  .sig.  Baroni  tocchera  con  mano,  che  noi  conti- 
nuiamo  a  stimare  i  desiderii  dell'  ottimo  cuore  che  si  chiude  in  pet- 
to; benche,  dobbiamo  pur  confessarlo,  non  siano  stati  messi  in  ope- 
ra con  una  esecuzione  del  tutto  felice.  E  se  egli  rifarSi  cotesti  suoi 
scritti ,  separando  ,  come  dice  la  sacra  Scritlura  ,  dalle  molte  cose 
preziose ,  che  vi  ha  messe ,  le  vili  1 ;  non  e  punto  da  dubitare  che 

1  Et  si  separaveris  pretiosum  a  vili,  quasi  os  meum  eris.  IEREM.  XI,  19. 


198  RIVISTA 

essi  non  sieno  per  riuscire,  non  solamente  pe'  deisti  ma  ancora  pei 
cattolici ,  di  quella  utilita  die  egli  spera ,  e  che  noi  desideriamo.  E 
si  gli  auguriamo  che  Iddio  custodisca  verde,  per  lungo  spazio  di  an- 
ni ,  la  sua  onorata  vecchiezza,  perche  egli  possa  e  ripurgare  cotesto 
primo  suo  lavoro  ;  ed  ancora ,  se  fia  mestieri,  tutti  gli  altri,  i  quali 
dice  avere  preparali  sopra  somigliante  argomento  e  tenere  in  serbo, 
e  faccia  cosi  loro  vedere  la  pubblica  luce. 

Tutta  1'  opera  e  scompartita  in  trenta  capi,  in  ciasciino  de'quali  il 
ch.  Autore  prende  a  trattare  o  di  uno  di  que'  pretesti ,  che  sogliono 
indurre  e  rilenere  gli  uoraini ,  raassimamente  ai  nostri  giorni,  nella 
incredulita  ,  ovvero  di  qualche  argomento  ,  che  egli  reputa  piu  op- 
portuno  alia  emendazione  di  cotesti  traviati.  I  titoli  de'  capi  suddetti 
sono,  per  cagion  d'esempio,  la  sacra  bibbia,  ragione  e  rivelazione, 
Gesu  Cristo  Uomo-Dio  ,  peccato  originale  ,  il  giogo  del  Signore  ,  il 
giogo  della  Chiesa,  il  giogo  della  Confessione,  monaci  e  suore,  pre- 
sunzione  e  progresso,  spiriti  forti  e  liberi  pensalori.  E  vengono  co- 
tali  argomenli  esposti  in  maniera  da  commuovere  il  cuore,  anzi  che 
da  convincere  1'  intelletto  :  e  cio  per  cagione  della  sentenza  in  cui  e 
T  Autore  ,  della  quale  diremo  piu  innanzi.  A  questo  effetto  anehe  a- 
michevole  e  lo  stile  ,  e  cosi  esso  corrisponde  al  titolo  di  scritti  ami- 
chevoli,  che  sta  in  fronte  a  tulto  il  libro. 

Nella  prefazione,  che  ha  per.  litolo:  La  mia  intenzione,  egli  affaz- 
zona  un  simbolo  nella  guisa  migliore  ,  onde  potrebbe  formarlo  un 
deista  o  razionalista  di  oggidi ,  contrario  ed  avverso  al  simbolo  cri- 
stiano  per  quel  che  tace  ,  non  per  quel  che  afferma  :  e  soggiunge , 
rivolgendosi  al  deista:  «  lo  non  aspiro  a  mandare  sossopra  il  tuo 
simbolo,  ma  si  confido  di  giungere  a  compirlo.  Perche  spero  di  ren- 
derli  persuaso  ,  che  quanto  credi  non  basla  ad  assicurare  la  sorte 
della  lua  anima  immortale  ;  che  e  dovere  di  credere  ,  che  convien 
credere,  ed  e  ragionevole  di  credere  il  vero  rivelato  »  1.  Conchiude 
poi  questa  prefazione  colle  parole  seguenti:  «  Qualora  mi  si  diman- 
dasse:  hai  tu  veramente  scritta  questa  operetta  pei  soli  deisti,  scet- 
tici,  razionalisti,  in  somma  pei  miscredenti?  lo  allora  non  potrei  na- 

1  Pag.  V. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  199 

scondere  un  mio  pensiere,  un  desiderio,  una  cara  speranza ,  che  mi 
sostenne,  per  cosi  dire,  la  penna,  e  mi  fu  il  piu  coofortevole  eccila- 
mento  a  perseverare  finche  T  ebbi  compita.  Ed  e  ,  che  mi  lusingo, 
che  queste  famigliari  conferenze  possano  fare  un  po'  di  bene  non  so- 
lo agli  increduli  ma  ad  altri  molti.  Parmi  che  possano  confermare 
nella  fedei  buoni  credenti,  servire  di  qualche  appoggio  ai  vacillan- 
ti,  e  suggerire  a  tutli  que'miei  fratelli,  che  di  questi  tempi  non  pos- 
sono  evitare  di  conversare  cogl'  increduli ,  qualche  buona  risposta, 
qualche  ragione  favorevole  alia  fede  catlolica,  che  sia  facile,  chiara, 
amichevole,  od  almeno  senza  fiele ,  e  valga  a  disacerbare  gli  animi, 
e  conservare  la  pace  ed  il  vicendevole  amore.  E  questa,  anzi  questa 
sola,  alia  fine,  e  la  piu  preziosa  ricompensa  a'  miei  poveri  studii,  a 
cui  io  possa  aspirare  senza  invadere  i  confini  della  presunzione  »  1. 
Questa  e,  chi  puo  dubitarne?  intenzioue  santa  e  retta,  e  questi  de- 
siderii  sono  dinanzi  agli  uomini  tutti  dabbeni  e  cordali ,  e ,  cio  che 
piu  monta ,  dinanzi  a  Dio  mollo  lodevoli ;  il  quale  altresi  non  lascia 
di  rimeritare  chi  gli  ha,  assai  largamente.  Con  lutto  cio  non  ci  gar- 
beggia  interamente  quella  clausola,  onde  1'  Autore  significa  di  vo- 
lere  «  che  le  sue  ragioni  sieno  senza  fiele ,  e  valgano  a  disacer- 
bare gli  animi  e  conservare  la  pace  ed  il  vicendevole  amore  » ;  e  ci 
sembra  che  essa  guasti  il  suo  nobile  proponimento ,  e  attrappi ,  per 
cosi  dire  ,  i  suoi  pii  desiderii.  Imperciocche  egli  e  in  questa  opinio- 
ne ,  che  il  portar  fiele  contra  alcuno,  che  in  nostra  lingua  val  quanto 
portare  odio ,  si  verilichi  ogni  qual  volta  uno  aspreggia  un  allro, 
cioe  gli  parla  con  asprezza  ;  ed  inoltre  che  parlino  cosi  fattamenle 
quelli ,  che  con  liberta  condannano  i  vizii  e  gli  errori,  e  disappro- 
vano  i  viziosi  e  gli  stolti,  appellando  co'  proprii  loro  nomi  i  peccati 
e  i  peccatori.  Laonde  ove  discorre  della  tolleranza,  afferma  con 
tutta  verita  «  che  i  preli  cattolici  romani  e  tutli  i  buoni  della  noslra 
Chiesa  non  possono  dissimulare  il  loro  dolore,  allorche  vedono 
diffondersi  il  deismo  ».  E  per6  parla,  siccome  conviene,  agl'  incre- 
duli ne'  termini  seguenti :  «  Noi  crediamo  in  Gesu  Cristo  ,  ed  a  lui 
vogliamo  bene :  noi  siamo  persuasi  che  le  vostre  dottrine  facciano 

1  Pag.  XI. 


200  RIVISTA 

molto  male  alle  anime  del  nostri  fratelli ,  ed  offendano  gravemente 
il  nostro  carissimo  Redentore ;  e  noi  amiamo  siccome  fratelli  YOI 
pure,  benche  Iraviati ;  ma  le  vostre  dottrine  non  possiam  tollerarle. 
Che  volete?  A  noi  pare  di  senlirci  ripetere  all'  orecchio  le  seguenti 
parole  del  nostro  Gesu  Cristo  istesso  (  doveva  dire  di  S.  Pietro  1 )  : 
Siate  solleciti  e  vigilale,  perche  1'avversario  nemico  voslro  va  spian- 
do  intorno  intorno  all'ovile  come  leone  che  rugge  per  fame  a  fine  di 
penetrarvi  e  fare  macello  ».  Ma  poi  per  un  certo  rimorso  di  coscien- 
za  finisce  con  dire:  «  Guardate  pertanto  se  ci  sarebbe  possibile  di  dis- 
simulare  e  starcene  indifferenti.  Ne  da  voi  cerchiamo  approvazione , 
ma  siamo  content!  che  ci  perdoniate  »  2.  Alia  stessa  guisa,  nel  capo 
in  cui  ragiona  intorno  agli  spiriti  forti  ed  a'liberi  pensatori,  essendo- 
si  valuta  del  drilto  o  piuttosto  avendo  compiuto  il  dovere  di  chia- 
mare  le  cose  e  le  persone  coi  loro  nomi ;  perche  dice,  che  i  miscre- 
denli  non  gia  spiriti  forti  sono  da  appellarsi ,  ma  spiriti  deplorabil- 
mente  leggeri,  menli  mal  sane  e  travianti,  spiriti  enormemenle  paz- 
zi  e  deliranti,  e  che  sono  uomini  malvagi,  uomini  appestati ,  uomini 
pestiferi ,  ed  i  rnostri  piu  turpi  della  nalura  morale ,  e  che  le  opere 
loro  sono  eminentemente  malvage,  ed  il  loro  apostolato  e  impudente 
ed  infame;  dopo  essersi  servito  di  cotali  denominazioni,  e  dopo  aver 
detto  molte  cose  egregie  sopra  di  questo  argomento  ,  alia  fine  si 
pente  di  aver  avuto  mal  fiele  ;  e  dimanda  perdono  in  questa  forma : 
«  Non  ho  avuto  per  iscopo  di  aspreggiarvi,  o  miei  liberi  pensatori  e 
spirili  forti ,  ne  di  vilipendere  menomamente  il  voslro  ingegno  e  la  • 
vostra  dottrina  ;  ma  si  di  farvi  un  po'  di  bene  provocando  la  vostra 
gelosa  attenzione  »  3. 

Ma  se  la  cosa  e  cosi ,  sorge  incontanente  una  grave  difficolta  in- 
torno al  senso  della  epigrafe,  colla  quale  1'Autore  ha  messo  a  luce 
quesli  amichevoli  scritti : 

«  Gesu  Cristo  nostro  Signore  e  Maestro 
non  aspreggiava  chei  Farisei. 
(  Verila  storica)». 

1 1.  Epist.  V,  8.  —  2  Pag.  152.  —  3  Pag.  274. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  201 

Imperciocche  se  e  vero  che  1'aspreggiare  e  cosa  inseparabile  dal 
parlare  con  liberla,  Gesii  Cristo  aspreggio  non  solamente  i  Farisei , 
ma  tutli  coloro  che  riprese  liberamente ;  per  cagione  d'  esempio 
S.  Pietro,  allorche  chiamollo  Saianasso  1,  e  que'due  discepoli  che  si 
recavano  ad  Emmaus,  allorche  diede  loro  il  nome  di  stolti  2.  E  se 
non  si  puo  senza  mal  fiele  e  senza  odio  peccaminoso  biasimare  il 
vizio  con  liber  ta  e  tacciare  il  vizioso,  allora  1'  Autore  non  dovea  di- 
re che  Gesii  Cristo  aspreggio  solo  i  Farisei,  ma  piuttoslo  che  non 
aspreggio  nessuno.  Perche  da  una  parte  Egli  ne  commise  ne  poteva 
commeltere  peccato,  e  dall'  altra  diede  esempio  di  ogni  \irtu,  spe- 
cialmente  di  mansuetudine  e  di  modest-la.  La  quale  verita  non  e  so- 
lamente storica  ma  ancora  teologica. 

E  siamo  cerli  che  il  ch.  scrittore ,  considerando  bene  questo  che 
diciamo  ,  piuttosto  si  fara  scrupolo  del  contrario ;  cioe  di  affermare 
che  egli  slima  i  deisli ,  e  gli  ama  con  predilezione ,  di  chiamarli 
uornini  forniti  di  elelta  inlelligenza ,  di  vasta  dottrma  ,  di  squisito 
inlendimento ,  di  cuore  eccellente  3 ;  di  ammirare  in  Voltaire  e  di 
lodare  I'ingegnostraordinario,  lalimpidezza  di  mente,  la  grande  eru- 
dizione  e  il  non  comune  buon  senso  4 ;  di  vantare  la  severa  e  strin- 
gente  dialeltica  ,  la  buona  fede  e  la  dignita  di  carattere  di  Gian  Gia- 
como  Rousseau  5 ;  la  testa  nitida  ed  il  buon  senso  squisito  di  Benia- 
mino  Franklin  6;  la  valentia  di  Herder  e  di  Schlegel  7;  la  premi- 
nenza  della  scienza  di  Humbold  8 ;  la  forza  di  dialettica  e  la  squisi- 
tezza  di  sentimento  di  Ugo  Foscolo  9;  ed  il  valore  deiringegno  di 
RenaniO.  Dappoiche  siccome  Iddio,  che  e  santita  per  essenza,  ha 
similmente  in  odio  1'empio  e  l'empiet£  sua  11,  cosi  qualunque  uomo 
giuslo ,  senza  diventare  peccalore ,  anzi  affine  di  non  diventarlo ,  e 
mestieri  che  odii  con  un  odio  santo  cosi  le  iniquita  come  gl'  iniqui 
in  quanto  iniqui.  Ne  puo  fare  altrimenti  il  ch.  Baroni  ogni  di,  quando 
nella  recitazione  attenta  e  devota  dell'  ufficio  divino,  pcrviene  a  quel- 
la  parte  del  Salmo  cenlodiciotto ,  la  quale  incomincia  colle  parole 


1  S.  MATTH.  XVI,  23.  —  2  S.  Luc.  XXIV,  25.  -  3  Pag.  III.  -  4  Pag.  43.  - 
5  Pag.  44.  —  6  Pag.  15.  —  7  Pag.  20.  —  8  Ivi.  —  9  Pag.  86.  —  10  Pag.  47. 
—  11  Similiter  autem  odio  sunt  Deo  impius  et  impietas  eius.  SAP.  XIV ,  7. 


202  RIVISTA 

«  Iniquos  odio  habui:  el  legem  tuam  dilexi  »,  e  lermina  con  quelle 
altre  « Proplerea  ad  omnia  mandata  tua  dirigebar :  omnem  mam 
iniquam  odio  habui ».  Quest' odio  santo  col  quale,  come  molto  bene 
espone  S.  Agostino  l,  non  si  odia  la  natura  dei  peccatori,  per  la  qua- 
le sono  uomini,  ma  la  loro  iniquita,  onde  sono  nemici  della  legge  di- 
vina ;  e  pero  il  Salmista  non  dice  iniquos  odio  habui,  et  dilexi  iustos, 
ma  iniquos  odio  habui,  et  legem  tuam  dilexi',  quest' odio,  diciamo, 
non  e  peccalo  contrario  alia  carita  vera  e  sopranriaturale  che  lo  Spiri- 
to  Santo  diffonde  ne'  cuori  umani ;  ma  senza  di  esso  questa  carila  si 
muta  in  quell'  altra  viziosa  e  pelosa,  la  quale  non  serve  nulla  a  con- 
servare  la  pace  tra  uomini  ed  uomini ,  e  conferisce  molto  a  pertur- 
bare  quella  che  deve  sussistere  Ira  gli  uomini  e  Dio. 

Chi  verso  gl'  iniqui  non  ha  questa  carita  naturale  e  disordinala , 
ma  quella  che  e  soprannaturale  e  divina,  non  gli  ammira,  ma  gli 
compatisce,  non  li  loda,  ma  gli  ammaestra.  E  ben  vede  che  la  loro 
scienza  o  e  vana  e  fallace,  o  e  delle  cose  material!  anzi  che  delle 
spirituali ,  o  finalmente  che  quello  che  essi  dicono  intorno  a  cio  che 
trascende  i  conflni  della  materia ,  ed  appartiene  o  all'  ordine  deile 
nature  spirituali  o  a  quella  delle  leggi  morali ,  tutto  si  ritrova  e  con 
maggior  pienezza  esposto,  e  non  mescolato  conerrori,  si  nelleopere 
de'  Padri  della  Chiesa ,  come  negl'  innumerevoli  volumi  de'  teologi 
e  degli  altri  scrittori  cattolici.  Ma  il  ch.  Autore  ingenuamente  rac- 
conta  «  come  egli  dopo  avere  sludiala  nella  sua  diocesi  la  scienza 
dogmatica,  che  non  era  a  livello  de'  tempi ,  e  non  giungeva  neppure 
agli  Enciclopedisti,  pervenne  alia  eta  di  ventiquattro  anni  senza  aver 
toccato  alcun  libro  di  filosofia  religiosa  dalla  Chiesa  vietato.  Ed  ap- 
pena  uscito  dal  seminario  chiese  all'  indulgente  Arcivescovo  Gais- 
ruk  la  licenza  pei  libri  proibili ,  ed  avutala  amplissima,  s'  ingolfo 
nella  lettura  delle  opere  de'  piu  famosi  miscredenti  della  seconda 
meta  del  secoloX VIII,  con  tale  una  imprudenza  e  pertinacia,  che  fu 
grazia  speciale  di  Dio,  che  non  gli  riuscisse  fatale.  Perocche  la  sua 
fede  si  annebbio,  e  si  turbo  e  vacillo,  urtando  non  contra  lo  scoglio 
dell1  empieta,  ma  del  deismo,  ne  per  cagione  delle  procaci  bestem- 

1  Serm.  24  in  psalm.  118. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  203 

mie,  ma  per  le  voci  caute  ed  insinuanti  di  quello  spiritualismo  filoso- 
fico,  che  vesle  le  forme  del  sentimento ,  e  talvolta  si  avvicina  e  par 
quasi  si  combini  e  si  amalgami  all'  ascetismo  delle  anime  piu  elette 
e  ferventi  1  » . 

Le  quali  parole  abbiamo  voluto  riferire ,  perche  non  solamente 
spiegano  I'  ammirazione,  che  1'Autore  moslra  di  avere  per  gli  scrit- 
tori  eterodossi ;  ma  ancora  perche  discoprono  la  fonte  di  quel  vizio 
che  corrompe  in  varie  parti  il  suo  libro.  E  questo  vizio  appunlo  il 
falsissimo  sistema,  il  quale  fa  consislere  la  religione  nel  sentimenlo 
religioso;  edegli,  senza  avvedersene,  lo  ha  contralto  e  attinto  a  quelle 
letture  perverse;  e,  cio  che  e  piu,  nel  tempo  medesimo  che  lo  ri- 
prova  negli  autori  di  quelle  opere ,  lo  ha  trasfuso  nella  sua.  Pare 
proprio  alcune  volte  di  ascoltare  o  uno  de'  caporioni  tedeschi,  o  uno 
degli  scimiatici  francesi :  e  di  leggere  o  lacobi,  0  Schleiermacher,  o 
De  Witte,  o  Gian  Giacomo  Rousseau ,  o  Beniamino  Constant,  o  Er- 
nesto Renan.  Per  cagion  d'esempio  allorche  afferma  «  io  credo  e 
amo ;  il  mio  am  ore  e  fede,  e  la  mia  fede  e  amore  2  »  ;  allorche  dice 
piu  semplicemente  che  «  la  fede  e  un  sentimento  3 » ;  e  che  «  non  e 
calcolo  ne  assioma ,  ma  cosa  vincolata  e  dipendenle  dal  sentimen- 
to 4 »  ;  e  quando  ammira  «  la  stoltezza  della  croceper  esser  la  vera, 
la  grande  poesia  della  vita  morale,  la  poesia  dell'anima ,  che  immen- 
samente  prevale  alia  poesia  della  parola  5  » ;  e  finalmente  ove  enco- 
mia le  donne  «  perche  esse  generalmente  non  ragionano  la  loro  fede, 
ma  Thanno  ferma  e  radieala  nell'anima,  per  quel  naturale  islinto  o 
sentimento  religioso,  che  Iddio  pose  loro  nel  cuore,  come  a  compenso 
di  quanto  manca  al  femminile  intelletto  6  ».  Ed  in  generale  tanlo 
peso  egli  da  a  queslo  sentirneato,  che  dice  «  se  mi  si  chiedesse  quale 
delle  due  facolta  sia  piu  nobile  la  ragione  o  il  sentimento,  quale  piu 
amabile  nella  umana  famiglia,  quale  piu  utile  per  1'  individuo  e  pel 
sociale  consorzio  >  ionon  esiterei  a  rispondere:  e  il  sentimento  7'». 

No,  otlimo  sig.  Baroni ,  cotesto  linguaggio  non  si  ode  nelle  scuo- 
le  ove  s'  insegna  la  sana  filosofia,  ne  in  quelle  ove  si  espone  la  teo- 

1  Pag.  13  e  14.  -  2  Pag.  54.  -  3  Pag.  110.  —  4  Pag.  194.  -  8  Pag.  104. 
—  6  Pag.  192.  —  7  Pag.  90. 


201  RIYISTA 

logia  cattolica ;  ovvero  allor  solamente  si  fa  udire,  quando  se  ne  vuol 
far  udire  la  rifulazione.  Chi  rettamenle  filosofa ,  sostiene  che  non  e 
criterio  di  verita  il  senlimealo,  ma  si  bene  la  ragione,  e  che  non  puo 
essere  altrimenti,  essendo  il  sentimento  una  cosa  mutabile,  e  piulto- 
sto  una  sorgenle  di  errori.  II  teologo  poi  s'  indegria,  allorche  ascolla 
che  la  (ede  e  sentimento,  o  che  dipende  dal  sentimento,  sia  che  s'  in- 
tenda  con  questo  nome  la  sensibilita,  che  suol  essere  vie  piu  squisita 
nei  fanciulli  e  nelle  donne ;  giacche  questa  e  un  affare  che  in  gran 
parle  spetta  ai  nervi :  sia  an  che  che  s'  intenda  quel  sen  so  spiritual  e 
che  supera  di  lunga  mano  i  sensi  corporei ,  che  e  naturalmente  in 
noi  insilo  da  Dio,  e  che  ci  fa  assaporare  in  certa  maniera  il  giusto  e 
1'onesto  propostoci  dall'intellelto;  poiche  tal  sentimento  appartiene 
all'  ordine  ed  alia  perfezione  della  nalura,  laddove  la  fede  e  un  orna- 
inento  del  tutto  soprannaturale.  Yi  ha  altresi ,  chi  lo  nega?  un  altro 
senso  piu  nobile  e  piu  prezioso,  che  non  e  rampollo  della  nalura,  ma  e 
dono  della  grazia,  col  quale  non  assaggiamo,  per  cosidire,  laonesla 
e  la  retliludme  naturale,  ma  la  rivelazione  e  la  legge  soprannaturale. 
Esso  consiste  nella  sapienza,  primo  dono  dello  Spirito  Santo,  e  si  ad- 
dimanda  con  questo  nome,  appunlo  perche  da  all'  intelletto  un  certo 
sapore,  onde  possa  gustare  tutto  cio  che  ha  rivelato  Iddio ,  vederne 
la  convenienza,  e  sperimentarne  la  dolcezza  con  una  soa^ila  inespri- 
mibile  di  affetto.  Ma  ne  anche  cotesto  celestial  e  sentimenio  si  ha  da 
confondere  colla  fede,  perche  esso  non  e  in  tutti  quelli  che  hanno  la 
fede,  ma  solamente  in  coloro  che  oltre  alia  fede  hanno  ancora  la  ca- 
rita,  che  e  la  precipua  delle  teologali  virtu ;  sieno  fanciulli  o  vecchi, 
sieno  uomini  o  donne,  sieno  padroni  o  servi,  sieno  greci  o  barbari. 
E  con  esso  si  tiene  in  freno  e  si  ordina  e  si  fa  servire  all'  esercizio 
delle  virtu,  che  che  si  trova  nella  natura,  tanto  la  tenerezza  e  la  sen- 
sibilila  del  cuore,  quanlo  V  asprezza  e  la  ferocia  dell'  animo. 

E  per  fermo  una  cosa  strana,  che  mentre  il  ch.  Autore  sia  in  que- 
sta opinione,  che  la  fede  e  la  religione  di  Gesu  Cristo  consista  in  un 
senlimento  ingenito  e  connalurale ,  riprenda  poi  in  generate  tulli 
gl'  increduli  di  quesli  nostri  giorni ,  perche  dicono  «  che  Gesu  Cri- 
sto non  islilui  nessun  culto  eslerno,  ne  sacerdozio,  ne  tempio,  ne  al- 
tare,  ne  sacrifizio,  ne  lascio  codice  nessuno  di  morale ,  nessuna  re- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  205 

gola  di  vila.  Stanteche  la  religione  da  lui  instituita  e  una  religione 
filosofica,  unculto  in  grande,  unsentimento  di  amore,  d'uguaglian- 
za,  di  fratellanza ;  un  bello  tutto  ideale ,  un  profumo  ,  un  etere ,  un 
fluido  immensamente  elastico ;  nulla  di  sensibile,  nulla  di  positivo, 
nulla  di  quelle  piccolezze  d'  esteriore  apparenze  che  vennero  inven- 
tate  dai  preli  1  ».  E  sirailmente  e  bene  strano ,  cbe  si  maravigli  in 
ispezialta  del  libro  di  Renan,  vedendo  «  non  solo  in  alcune  frasi  iso- 
late, ma  nell'  intera  tessitura  di  esso  ,  campeggiar  questa  massima 
che  la  sola  religione  vera  e  razionale  deU'umamta  e  quella  insegna- 
ta  da  Gesu ,  ma  che  essa  tulta  quanta  non  consiste  in  altro  che  nel 
sentimento.  Che  quel  Grande  non  lasclo  ai  suoi  proseliti  ne  dogmi 
formali  e  delerminali  di  fede  religiosa,  ne  codice  di  dottrina,  ne  pra- 
tiche  esteriori,  ne  alcuna  lilurgia.  Che  ne  anche  i  sacri  riti  del  bat- 
tesimo  e  della  cena ,  che  sono  pure  ammessi  dai  piu  audaci  prote- 
stanti,  sono  rili,  ossia  atti  esterni,  ma  meri  atti  di  sentimento,  come 
quelli  che  si  debbono  interpretare  in  senso  mislico  e  spirituale  2  ». 
Queste  riprensioni,  diciamo,  e  queste  maraviglie  sono  strane.  Per- 
che  in  cio  che  1'Autore  riprende  estupisce,  eriposto  appunto  il  vele- 
no  del  falsissimo  e  perniciosissimo  sislema,  che  vuole  stabilire  la  reli- 
gione in  un  sentimenlo  del  cuore,  piuttosto  che  in  una  persuasione 
della  mente.  I  vecchi  eretici  pretendevano  che  la  sacra  Scrillura  si 
dovesse  interpretare,  non  dalla  pubblica  aulorila  della  Chiesa,  ma  col 
particolare  spirilo  delle  persone  individue ;  e  battendo  questa  via 
disastrosa  ammettevano  come  verita  ogni  piu  stravagante  inlerpre- 
tazione  ed  ogni  piu  falso  commento,  affermando  che  erano  convinti  a 
cosi  fare  da  evidenli  ragioni.  E  poiche  non  disconoscevano  la  forza  e 
II  peso  della  ragione  in  queste  cose  che  appartengono  alia  religione, 
potevano  i  cattolici  impugnarli  facilmente  da  ogni  lato,  confutarli , 
dimostrare  che  si  contraddicevano  ,  ed  esporli ,  come  si  dice ,  alia 
berlina.  Cotale  gravissimo  scorno  cuoceva  assai ;  e  pero  gli  erelici 
o  piultoslo  gli  apostati  odierni  hanno  pensato  quest'  altro  ripiego  co- 
modissimo,  di  dire  cioe  che  la  ragione  e  la  mente  non  si  devorio  con- 
tare  per  nulla  in  falto  di  religione,  ma  in  luogo  loro  si  hanno  da  so- 

1  Pag.  59.  —  2  Pag.  260. 


206  RIVISTA 

stituire  il  sentimento  e  il  cuore.  Fa  dunque  un'  opera  strana,  ci  si 
permetta  di  ripetere  questo  termine,  ed  allo  stesso  tempo  inutile,  chi 
riprende  costoro,  jion  solo  senza  prima  aver  provato  cho  il  loro  prin- 
ciple e  falso,  ma,  cio  che  e  piu,  mostrandosi  persuaso  che  e  vero.  E 
cosi  quantunque  voi  parliate,  sig.  Baroni,  molto  bene  del  culto  ester- 
no,  delle  ceremonie,  de'  tempii ,  della  confessione ,  della  morigera- 
tezza  de1  costumi ,  della  verita  di  Gesii  Cristo ;  pur  nondimeno  par 
che  perdiate  il  tempo  dicendo  ai  deisti ,  che  provasi  un  gran  gusto 
ad  onorare  Iddio  esteriormente ,  a  passare  alcune  ore  in  una  chie- 
sa,  ad  aprire  le  proprie  colpe  ad  un  confessore,  ad  osservare  la  ca- 
stita,  ed  a  riputare  Gesii  Cristo  qual  e  descritto  nel  Vangelo,  e  con- 
servato  dalla  tradizione.  No,  possono  essi  rispondervi,  noi  sentiamo 
piu  gusto  inchinando  col  solo  animo  1'  Ente  supremo  ,  ed  il  nostro 
senlimento  ci  trae  piullosto  ai  teatri  che  alle  chiese,  ed  alia  emanci- 
pazione  anzi  che  alia  mortificazione  della  carne.  Come  poi  vi  salta 
in  testa  di  parlarci  di  confessione?  e  di  affermare  dinanzi  a  noi  il 
Cristo  Dio  e  il  Cristo  slorico?  Avete  forse  dimenticato  il  vecchio  a- 
dagio,  che  non  si  deve  dispulare  intorno  ai  gusli? 

Ma  vogliamo  far  notare  la  contrarieta  tra  due  conseguenze  che  de- 
rivano  dal  principio  vero ,  e  due  altre  che  si  traggono  dall'  opposto 
principio  falso.  Secondo  la  cattolica  dottrina,  la  fede  euna  virtu  che 
appartiene  formalmente  non  alia  volonta  ma  all'  intelletto,  e  pero  i 
suoi  atti,  siccome  in  generate  lulti  gli  altri  atti  intellellivi  che  si  ver- 
sano  sopra  gli  obbietti  non  evident!  e  non  credibili  per  loro  stessi , 
si  debbono  risolvere  ne'  motivi  estrinseci ,,  che  si  dicono  motivi  di 
credibilita.  In  forza  de'  quali  motivi  noi  catlolici  giudichiamo  esser 
cosa  onesta  e  necessarla  il  credere  alia  divina  riv-elazione ;  e  benche 
in  questo  giudizio  non  si  ha  la  certezza  metafisica  ma  la  morale,  pur 
nondimeno  esso  rimuove  ogni  dubbio  prudente  ed  ogni  paura  di  erro- 
re.  Ancora  per  cotesti  motivi  noi  difendiamo  la  nostra  fede  dai  mor- 
si  de'  miscredenti ;  dimostriamo  che  non  solamente  non  vi  e  alcuna 
ragione  di  non  credere,  ma  che  non  credendo  si  va  conlro  ragione; 
e  possiamo  affermare ,  cio  che  comunemente  dicono  i  Padri  della 
Chiesa,  che  chi  repugna  alia  verila  della  rivelazione  e  uno  stupido 
ed  un  pazzo.  Inoltre  poiche  la  fede  e  uu  dono  del  tulto  soprannatu- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  207 

rale,  egli  segue  che  e  comparlita  gratuitamente,  e  die  non  puo  1'uo- 
mo  colle  operazioni  natural!  positivameute  disporsi  a  riceverla,  o  in 
alcuna  maniera  meritarla.  Laonde  fu  gia  condannato  1*  errore  del 
Semipelagiani ,  i  quali  pensavano  che  ne'  conati  del  naturale  libero 
arbitrio  si  conliene  una  disposizione  positiva  ed  una  specie  di  meri- 
to  rispello  alia  fede.  Per  lo  contrario  chi  erra ,  stiinando  cbe  la  fede 
&  un  sentimento  nalurale ,  un  sentimento  del  cuore ,  un  sentimento 
che  ha  in  parte  sue  radici  nella  irritability  e  ne'  nervi  del  corpo ;  non 
puo  sentire  ne  pregiare  la  forza  de'  raotivi  che  la  rendono  credibile 
all'  intelletto ,  ne  puo  capire ,  come  non  si  puo  essa  meritare.  Ecco 
perche  il  ch.  Autore  afferma  primieramenle  «  che  sicconie  un  catto- 
lico  puo  provare  con  solidi  e  splendidissimi  argomenti ,  che  Gesu 
Cristo  e  1'  Uomo-Dio;  cosi  qualunque  incredulo,  da  Ebione  Giudeo, 
che  visse  ai  tempi  di  Pielro  Apostolo,  sino  al  sig.  Ernesto  Renan, 
professore  pubblico,  che  scrive  ai  tempi  di  Pio  IX,  puo  del  pari  pro- 
durre  delle  ragioni,  che  inducano  a  sospettare,  che  Gesu  Cristo  pos- 
sa  essere  stato  semplicemente  uomo.  Che  pero  entrambi,  il  cattolico 
e  T  incredulo,  nel  campo  della  umana  discussione  possono  tenere  al- 
ta  la  fronte ,  ed  enlrambi  hanno  il  diritto  di  non  essere  disprezzati 
come  imbecilli.  Che  fmalmente  1'  incredulo  non  e  vincibile  da  uma- 
no  argomento,  come  quello  che  sta  fieramente  agguerrito  nel  campo 
della  sua  ragione,  inespugnabile  agli  argomenti  de'caltolici  l  ».  E 
dice  inollre  esortando  il  lellore  incredulo  ad  abbracciare  la  fede: « la 
fede  ingenera  amore,  ne  puo  scompagnarsi  da  amore,  ed  e  sola  una 
cosa  con  amore.  Ne  a  te,  mio  lettore ,  puo  essere  gran  fatto  difficile 
di  conseguir  questa  fede.  E  vero  che  dessa  e  una  virtu  soprannatu- 
rale,  un  dono,  una  grazia;  ma  Iddio  non  puo  rifiutar  questa  grazia 
a  chi  si  sforza  di  meritarla.  E  per  meritarla  basta  che  tu  abbi  fidu- 
cia  nel  tuo  Dio ;  che  alia  fine  e  il  nostro  Dio  stesso ,  e  che  tu  senta 
per  lui  quell'  amore  che  gli  e  dovuto.  Allora  otterrai  anche  la  fede 
e  1'amore  nel  Verbo  di  Dio  incarnato ,  allora  giugnerai  a  credere  ed 
amare  Gesu  Crislo  2  ».  E  dunque  manifesto  che  mentre  T  Autore  in 
luogo  del  principio  vero  ne  pone  uno  che  e  falso  ,  poiche  invece  di 

1  Pag.  IX  e  X.  —  2  Pag.  120. 


208  RIVISTA 

affermare  che  la  fede  e  un  dono  infuso  soprannaturalmente  nell'  in- 
telletto,  dice  che  e  un  sentimento  naturalmente  insito  nel  cuore: 
nega  per  conseguenza,  che  contro  i  motivi  di  credibilita  non  si  puo 
opporre  alcuna  ragione  di  valore  ,  e  sos  tiene  che  gli  argomenti  dei 
caltolici  possono  venire  in  bilancio  colle  obbiezioni  degl'  increduli ; 
nega  che  la  fede  e  un  dono  gratuito ,  e  sostiene  che  e  come  una 
mercede  che  si  merila  daU'uomo,  e  si  paga  da  Dio.  Yero  e,  che  nel 
luogo  mentovato  egli  afferma,  che  la  fede  e  una  virtu  soprannatura- 
le,  che  e  un  dono,  che  e  una  grazia :  ma  questa  confessione  nelle  pa- 
role seguenti  viene  rivolta  e  capovolta,  per  cosi  dire,  siccome  acca- 
de  delle  cose  che  si  specchiano  ne'  laghi  e  vi  si  veggono  a  rove- 
scio.  Dappoiche  incontanente  egli  soggiunge,  che  Iddio  non  puo  rifiu- 
tare  questa  grazia,  che  1'  uomo  sforzandosi  la  puo  meritare,  e  che  si 
sforza  confidando  in  Dio  colla  sola  facolla  naturale.  Dal  che  se- 
gue di  necessila,  che  la  fede  non  e  una  grazia  ,  non  e  un  dono,  non 
e  una  virtu  soprannaturale.  E  questa  falsita.  apparisce  piu  mamlesta- 
mente,  appunto  per  la  vicinanza  delle  parole  precedent! ,  nelle  quali 
si  contiene  la  verita;  poiche  le  cose  contrarie,  allorche  sono  vicine, 
risaltano  di  vantaggio. 

Ma  questo  dire  una  cosa  .e  disdirla ,  questo  affermare  e  negare 
una  stessa  verita,  s'  incontra  piu  di  una  volta  nel  libr  o  del  sig.  Baro- 
ni.  E  a  darne  un  esempio ,  oltre  al  gia  detto ,  basli  riferire  cio  che 
egli  afferma ,  quando  discorre  intorno  al  peccato  originale  ,  ed  agli 
effetti  che  ha  prodotli.  Nel  capo  intitolalo  ragione  e  rivelazione,  affer- 
ma «  che  dal  prime  creato  fu  degradata  1'umana  natura ,  che  per  la 
gran  colpa  di  quel  primo  fu  indebolita  la  ragione  in  tutta  1'  urnana 
progenie ;  indebolita  a  segno  ,  che  puo  1'  uomo  solamente  conoscere 
i  dritli  e  i  doveri ,  che  si  riferiscono  agli  altri  uomini  suoi  uguali , 
ma  non  puo  ne  vedere  ne  comprendere  ne  confronlare,  ne  giudicare 
reltamenle  le  idee ,  che  appartengono  al  mondo  invisibile,  alia  sfera 
degli  spiriti,  all'Ente  infinito  ed  eterno.  Perocche  dal  primo  islan- 
te  di  quella  immensa  sventura  si  addenso  Ira  la  mente  dell' uomo  e 
Dio  una  nebbia  si  fitta ,  che  se  Iddio  stesso  non  1'avesse  rischiarata 
con  un  raggio  di  luce  suprema ,  V  uomo  sarebbe  restalo  in  tanta  te- 
nebria  da  non  iscorgere  piu  nulla  dell'  Ente  infinito.  E  questa  luce 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  209 

suprema  altro  non  e  che  la  Rivelazione  l.  La  quale  se  oltre  al  darci 
la  cognizione  di  Dio ,  non  ci  manifestasse  nello  stesso  tempo  la  sor- 
gente  de'  mali  che  opprimono  la  terra ,  la  quale  fu  appunlo  la  colpa 
di  Adamo ;  noi  ci  troveremmo  costrelti  a  credere  all'assurdo ,  che 
esistano  due  Dei ,  quello  del  bene  e  quello  del  male  in  eterno  con- 
trasto  tra  loro ,  e  che  il  deslino  della  misera  umanita  sia  abbando- 
nato  alia  forluita  prevalenza  dell'  UQO  o  dell'altro  de'  due  Esseri  che 
si  combaltono  perpetuamente »  2.  Quante  cose  in  cosi  poche  paro- 
le !  Dapprima  afferma,  che  il  peccalo  di  origine  fula  colpa  del  primo 
creato  doe  di  Adamo ;  e  poi  nel  capo  ove  parla  del  peccato  origina- 
le  ,  ben  due  volte  asserisce  «  che  fu  il  peccato  de'  due  primi  da  Dio 
creati ,  il  quale  trasmesso  a  coloro  che  essi  procrearono ,  guasto  e 
degrado  tutta  1'  umana  progenie  »  3.  Or  la  massima  parte  de'  teolo- 
logi  insegna ,  che  il  detto  peccato  non  fu  quello  di  Eva,  ma  quello 
di  Adamo ,  dicendo  1'Apostolo  che  «  per  un  uomo  il  peccato  entro 
in  questo  moado  »  4 :  sulle  quali  .parole  S.  Tommaso  argomentan- 
do ,  afferma ,  che  altrimenti  si  sarebbe  dovuto  dire  ,  che  entro  per 
tulti  e  due,  doe  per  Adamo  e  per  Eva,  perche  peccarono  enlrambi  ; 
o  meglio  che  entro  per  Eva ,  perche  essa  pecco  prima  di  Adamo  5 : 
ne  dubita  il  Suarez  di  asserire ,  che  quesla  sola  sentenza  e  vera  6. 
Pur  nondimeno  ad  alcuni  sembra  avere  qualche  probabilila  Y  opi- 
nione  conlraria  di  coloro ,  i  quali  interpretano  nel  loro  senso  le  pa- 
role dell'  Ecclesiastico  «  dalla  donna  ebbe  principle  il  peccato ,  e 
per  cagione  di  lei  tulti  moriamo  »  7.  Laonde  non  diciamo,  che  1'Au- 
tore  abbia  qui  abbandonato  la  verita ,  abbracdando  1'errore ;  ma  sol 
facciamo  osservare ,  com' egli  facilmente  affermi  ad  un  tempo  una 
sentenza  e  la  sua  contraria.  Ma  tutte  le  altre  cose  che  egli  asserisce 
degli  effetti  di  questa  colpa  ne'  luoghi  sopraccitati  sono  erronee ;  ed 
inlanto  la  verita  a  colali  error!  contraria  e  da  lui  stesso  affermaia 

1  Pag.  32,  33.  —  2  Pag.  65.  —  3  Pag.  64,  66. 

4  Per  unum  hominempeccalumin  hunc  mundum  intravit.  Ad  Rom.  V,  12. 

5  Summa  Theol.  1.  2.  q.  81,  art.  5. 

6  De  vitiis  et peccatis.  Disp.  IX,  sect.  3. 

7  Amuliere  initium  factum  est  peccati,et  per  illam  omnes  morimur. 
XXV,  33.  Yedi  CORNELIO  a  LAPIDE  nel  commento  di  questo  luogo. 

Serie  VI,  vol  II,  fasc.  362  14  5  Aprile  1865 


210  RIVISTA 

quasi  immediatamente  appresso  ;  perocche  dice :  « II  vero  gastigo , 
che  subi  1'  uman  genere  per  questo  peccato ,  consisle  neli'essere 
stato  privato  dei  doni  soprannaturali  di  cui  Dio  aveva  largheggiato 
coll'  uomo  primo,  e  per  cui  era  sublimata  1'umana  natura;  ne  in 
altro  che  in  cio  il  gastigo  consiste.  II  principale  di  questi  doni  era 
la  grazia ,  conservando  la  quale  poteva  1'  uomo  innalzarsi  alia  glo- 
ria, cioe  alia  chiara  visione  dell'essenza  divina.  L'altro  dono  che 
egli  ha  perduto ,  fu  la  sottomissione  dei  sensi  alia  ragione  :  di  che 
la  corrotla  natura  e  la  necessita  della  morte.  Iddio  ridusse  1'  uomo 
dopo  la  colpa  allo  stato  medesimo  in  cui  senza  ingiustizia  avrebbe 
potulo  crearlo.  E  la  Chiesa  condanno  non  solo  come  opinione  ete- 
rodossa ,  ma  come  errore  filosofico  la  seguente  opinione  di  Baio : 
Dio  non  avrebbe  poluto  creare  originariamente  T  uomo  qual  egli 
or  a  nasce  »  1. 

E  questa  condanna  poteva  bastare  a  fargli  comprendere ,  che 
T  intelletto  umano  non  fu  ridotlo  per  la  colpa  di  origine  a  quella  im- 
becillita  ed  a  quella  tenebria,  che  pur  egli  afferma.  Perche  se  fosse 
vero  che  T  uomo,  per  cagion  di  esso  peccato,  non  puo  senza  rivela- 
zione  e  conseguentemente  senza  elevazione  conoscer  nulla  di  Dio , 
anzi  e  costrelto  ad  ammettere  il  rnoslruoso  errore  del  dualismo  ;  al- 
lora  la  creazione  dell' uomo  senza  rivelazione  e  senza  elevazione, 
cioe  la  creazione  dell'  uomo  qual  nasce  al  presente  ,  sarebbe  ripu- 
gnante ;  giacche  ripugna  che  Iddio  crei  1'  uomo  in  una  condizione , 
nella  quale  non  solo  trovisi  impossibililato  a  conoscere  le  verila  ne- 
cessarie>  ma  altresi  costretlo  ad  ammettere  errori  capital!.  Oltre  di 
cio ,  come  mai  ha  egli  poluto  dire  ,  che  senza  niuna  conoscenza  di 
Dio  potrebbero  gli  uomini  conoscere  i  doveri  e  i  dritti ,  che  appar- 
tengono  agli  altri  uomini  uguali  ?  Puo  forse  1'  uomo  riconoscersi  ob- 
bligato ,  senza  punto  conoscere  il  primo  imperanle?  Or  chi  mai 
terrebbe  egli  per  tale?  Non  Dio  ,  perche  1'Autore  afferma  che  nol 
conoscerebbe ;  non  alcuno  degli  uomini ,  perche ,  come  egli  stesso 
dice,  son  tutti  eguali.  Finalmente  ilnegare,  che  1'uomo  non  illu- 
minato  dalla  fede  puo  conoscere  Iddio,  e  lo  stesso  che  contraddire 

1  Pag.  68,  e  69. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  211 

apertamente  all'Apostolo ,  il  quale  insegna  che  dalla  considerazione 
delle  visibili  creature  si  puo  naturalmente  pervenire  alia  corioscen- 
za  del  creatore  invisible ,  della  sua  sempiterna  virtu ,  e  della  sua 
divinita;  e  pero  riprende  e  chiama  inescusabili  igentili,  i  quali 
avendo  conosciuto  Iddio  ne  gli  tributarono  onore ,  ne  gli  renderono 
grazie  l. 

Ora,  chi  il  crederebbe!  il  ch.  Autore  non  page  di  contraddirsi 
affermando  dopo  i  menlovati  errori  le  opposte  verila ,  si  contraddi- 
ce  aocora ,  affermando  dopo  quegli  errori  altri  errori ,  i  quali  vanno 
a  ferire  in  un  segno  diametral  men  te  opposlo  a  quello ,  nel  quale 
feriscono  i  primi.  Dopo  aver  delto ,  che  la  rivelazione  e  assolutamen- 
te  necessaria  a  farci  conoscere  Tesistenza  del  peccato  originate,  e 
che  senza  di  questa  conoscenza  il  nostro  intelletto  e  necessitato  ad 
ammettere  il  dualismo ;  soggiunge  subilo  che  « lutti  i  popoli  del 
globo ,  anche  quelli  a  cui  la  rivelazione  non  giunse  colla  storia  mo- 
saica,  e  persino  i  selvaggi ,  hanno  dovuto  ammettere  una  col  pa  di 
origine ,  per  una  idea  tradizionale ,  o  per  una  specie  di  intuizione, 
o  direi  per  islinto,  cioe  per  una  deduzione  di  buon  senso  »  2.  E  cosi 
con  due  ragioni,  le  quali  sono  contraddittorie  1'una  ali'allra,  con- 
traddice  ad  una  stessa  verila ,  cioe  che  il  domma  del  peccato  di  ori- 
gine e  uii  domma  soprannaturale.  Inoltre  asserisce,  che  I'uomo ,  a 
cui  manca  la  rivelazione  e  la  fede ,  non  conosce  nulla  di  Dio ,  ed 
ignora  conseguenlemenle  i  suoi  doveri  verso  di  lui.  E  pur  egli 
stesso  afferma  che  «  i  deisti  non  solo  credono  in  un  Dio  di  vago 
concetto ,  ma  credono  in  quel  Dio  stesso  in  cui  sta  fissa  1'  idea  cri- 
stiana ;  credono  negli  atlributi  di  lui  che  sono  razionalmente  inclusi 
nella  vera  idea  di  Dio ;  credono  certi  dogmi  che  ne  sono  la  logica 
conseguenza ,  e  costituiscono  la  cosi  delta  teologia  nalurale ;  e  final- 
menle  credono  che  I'uomo  lo  deve  adorare,  pregare  ed  amare  »  3. 
Ne  reputa  che  hanno  solamente  la  conoscenza  di  cotesli  e  di  tutti  gli 
altri  doveri,  nia  che  sono  ancora  naturalmente  forhiti  della  virtu  di 
compierli  con  tutta  perfezione.  Laonde  si  fa  ad  esorlare  un  deista 
colle  parole  seguenti:  «  Comincia  dal  vivere  vita  illibata  e  sincera 

1  Ad  Rom.  I,  20, 21—2  Pag.  65.  -  3  Pag.  IV  e  V. 


212  RIVISTA 

menle  virluusa,  ne  per  insegnartela  m'  e  d'  uopo  di  spender  parola, 
perche  la  conosci  al  pad  di  me.  Comincia  dunque  e  continua  a  viver 
bene  1 ».  Tutlo  questo  tratto  sente  degli  error!  gia  condannati  di 
Pelagio  e  de'  suoi  seguaci.  Perocche  afferma  in  sostanza,  che  chi  e 
privo  della  grazia  sanlificante,  possa  osservar  di  fatti  per  un  tempo 
considerabile  lutti  i  precetti  della  legge  naturale,  e  superare  onesta- 
mente  tulte  le  tentazioni  ancorche  gravi :  e  pero  che  sieno  monde  ed 
imperale  da  virtu  tutte  le  azioni  di  colui,  che  ha  1'  anima  immonda 
pel  peccato  abiluale.  E  poi,  a  dire  il  vero,  non  comprendiamo  per- 
che TAutore,  mentre  invitaalla  conversione  cotesli  uomini  miscreden- 
ti,  non  adoperi  le  formole  consuete,  che  si  leggono  nella  sacra  Scrit- 
tura;  come,  per  cagion  d'  esempio,  «  fate  penitenza  nella  cenere  e 
nel  cilizio  »,  ovvero  «  affliggetevi  col  digiuno  e  col  pianto »,  epiutto- 
sto  si  content!  di  dire  «  cominciate  a  vivere  una  vita  illibata ».  Forse 
che  approva  quella  scoperta  onde  si  vantava  Lulero ,  allorche.  scris- 
se,  che  finalmente  collo  studio  di  uomini  eruditissinQi  era  giunlo  a 
sapere,  che  la  voce  penitenza  non  significa  odio  ovvero  dolore  della 
vita  preterita,  siccome  slimarono  gli  antichi ;  ma  che  vale  piultosto 
amore  della  giustizia  e  di  vita  novella ;  e  conseguentemente  non  ha 
mil  la  di  aspro  e  di  amaro,  ma  e  tulto  soavita  e  dolcezza  2  ? 

Non  e  nostro  intendimento  fare  la  rassegna  di  tutte  le  altre  pro- 
posizioni  teologiche  di  questi  scritti  amichevoli,  le  quali  sarebbe  me- 
stieri  o  cancellare  o  correggere ;  e  pero  sol  diremo  di  alcune  appar- 
tenenti  ai  due  capi  intilolati :  La  sacra  BibUa,  e  Gesu  Crislo  Uo- 
mo-Dio.  Nel  primo  TAutore  chiama  la  Bibbia  fondamento  della  ri- 
\elazione  3,  ed  organo  vero  della  parola  di  Dio  4;  ed  attribuisce  ad 
essa  la  conversione  del  mondo.  Cio  prova  nel  modo  seguente.  Meite 
le  opere  epistolari  del  filosofo  di  Egina ,  doe  di  PI  atone ,  a  fronte 
delle  leltere  dell'Apostolo  di  Tarso,  doe  di  S.  Paolo ;  domanda,  quan- 
ti  uomini  sono  stali  convertili  da  quelle  ?  Una  nazione  forse ,  una 
provincia,  una  cilta,  o  una  borgata?  e  risponde  sempre  di  no.  Indi 

1  Pag.  XI. 

2  In  una  lettera  al  Vicario  del  suo  Ordine,  scritta  1'anno  1518. 

3  Pag.  1.  —  4.  Pag.  28. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  213 

esclama:  «  Qual  differenza  tra  tutte  le  lettere  di  quel  filosofo,  ed  una 
sola  dell'Apostolo !  Questi  scriveva  a'  Tessalonicesi  la  prima  sua  let- 
tera, loro  parlando  del  -Dio  ignoto,  e  di  una  ignota  e  severa  morale, 
e  non  dubitava  punto  di  esser  inteso  :  e  non  solo  fu  inteso,  ma  li 
converliva  al  culto  del  Dio  ignoto  ed  alle  austerila  d'una  vita  affalto 
nuova.  E  lf  hanno  capito ;  e  posero  in  atto  i  di  lui  precetti  sapienti  ed 
idioti,  ricchi  e  poveri,  donne  e  fanciulli,  dopo  pochi  mesi  di  ammae-. 
stramento  1  » .  Ma,  lasciando  stare  che  allribuisce  certamente  a  Pla- 
tone  quelle  lettere  che  forse  non  sono  di  lui,  lutto  cio  che  dice  di 
S.  Paolo  e  de'  Tessalonicesi  e  un  tessuto  di  svarioni.  Dapprima  la 
predica,  nella  quale  S.  Paolo  parlo  del  Dio  ignoto,  non  fu  falta  iu  Tes- 
salonica,  metropoli  della  Macedonia,  ma  in  Atene,  capitale  deH'Atli- 
ca;  e  ad  essa  si  convertirono  pochissimi.  I  Tessalonicesi  poierano  in 
quel  tempo  gia  stali  ridotti  alia  fede,  per  le  molte  e  fen7enli  predi- 
cazioni  che  aveva  fatte  1'Apostolo  nella  loro  citta,  sia  nelle  sinagoghe 
degli  ebrei,  sia  nelle  radunanze  de'  genlili.  Dopo  di  che  1'Apostolo  si 
condusse  in  Berea,  altra  cilia  della  Macedonia,  e  predicovvi  il  Vangelo  ; 
e  di  cola  navigo  per  Atene  e  vi  fece ,  siccome  abbiamo  detlo ,  la 
predica  sopra  il  Dio  ignoto.  Slando  dunque  in  Atene ,  ed  avendo 
gi^i  fatla  la  delta  predica ,  affine  di  consolare  e  di  rassodare  quelli 
di  Tessalonica  sped!  loro  Timoteo ;  il  quale  ritornaio  in  Atene  narro 
aH'Apostolo  la  costanza  ed  il  fervore  di  que'  buoni  Tessalonicesi  ; 
ed  allora  S.  Paolo  scrisse  la  sua  lettera ,  la  quale  non  solo  e  la 
prima  delle  due  che  mando  a  quelli  di  Tessalonica ,  ma  e  anche  la 
prima  di  tutte  le  altre  che  scrisse.  Adunque  non  fu  la  leltera  scritta 
che  convert!  i  Tessalonicesi,  come  afferma  1'Autore;  il  quale  avreb- 
be  facilmenle  evilato  questo  errore ,  leggendo  la  lettera  medesima 
che  cita,  ed  il  capo  diciassettesimo  degli  Alii  aposlolici. 

E  se  egli  avesse  miglior  dotlrina  teologica ,  piu  vasta  conoscenza 
degli  errori  degli  eretici  e  delle  refutazioni  che  ne  hanno  falte  i  cal- 
tolici ,  e  maggiore  perizia  della  stessa  Scrittura ;  non  asserirebbe 
che  questa  e  il  fondamento  della  fede,  e  1'organo  della  parola  di- 
vina.  Noi  cattolici,a  differenza  de'novatori  del  secolo  decimosesto,  e 

1  Pagr28e29. 


BIVISTA 

di  tulti  coloroi  qualihanno  ereditalo  ed  ereditano  i  loro  errori,  dicia- 
mo  che  ilfondamento  della  nostrafede,e  1'organo  della  divina  rivela- 
zione  ela  voce  viva  ed  il  magistero  del  corpo  de'Vescovi,  e  sopraltutto 
del  loro  capo,  cioe  del  Pontefice  Romano.  E  non  dubitiamo  che  con 
cotesta  santa  predicazione  non  si  custodisca  infallibilmente ,  e  che 
in  lutte  le  conlroversie  non  s'  interpret!  e  non  si  spieghi  autenlica- 
mente  la  parola  di  Dio ,  la  quale  non  si  contiene  tutta  nella  Bibbia , 
ma  anche  in  parte  nella  tradizione.  II  perche,  ci  sarebbe  piaciulo, 
vedere  spesse  volte  negli  scritti  amichevoli  del  sig.  Baroni  il  nome 
di  Pio  IX ,  ma  specialmente  in  cotesto  capo ,  ov'  egli  parla  della 
Bibbia.  Ed  intanto,  se  ben  ci  ricordiamo,  egli  lo  nomina  due  sole 
volte :  la  prima  affine  di  determinare  1'epoca  uella  quale  Renan  ha 
scritlo  il  suo  libro  contra  Gesu  Crislo  1 ;  e  1'allra,  ove  dice  che 
nel  1848  1'  indipendenza  s'inizio  col  nome  del  venerato  Pontefice  2. 
Nell'altro  capo  sopra  Gesu  Cristo  Uomo-Dio,  due  errori  sono 
scappati  dalla  penna  del  ch.  Autore.  II  primo  cola  ove  scrive  «  as- 
serisco  che  e  assurdo  assolutamente  il  dire ,  la  vita  e  la  morle  di 
un  Dio  ;  perche  1'idea  di  vita  e  di  morte  e  esclusa  ed  incompalibile 
colla  idea  di  Dio  3  ».  Primieramente,  voi  asserile  troppo  ,  sig.  Ba- 
roni, stanteche  quella  proposizione  ha  due  parti,  cioe  di  altribuire  a 
Dio  la  vita,  e  di  altribuirgli  la  morte.  Pertanto  sarebbe  slato  piu  sano 
consiglio  distinguere  e  dire  che  essa  e  assurda  non  in  quanlo  attri- 
buisce  a  Dio  la  vita,  ma  in  quanto  gli  altribuisce  la  morte.  Ma  essa, 
signor  mio,  non  si  deve  dire  assurda  in  nessuna  mauiera  ;  percioc- 
che  attribuisce  la  vita  e  la  morte  a  Dio,  sussistenle  in  Gesu  Cristo, 
nella  divina  e  nella  umana  natura.  Or  una  delle  regole  che  danno  i 
teologi  cattolici  intorno  alia  comunicazione  degl'idiomi  e  questa:  che 
la  voce  uomo,  e  tutte  le  allre  che  per  ragione  dell'  essenza  si  attri- 
buiscono  aH'uomo  assolutamente  e  soslanzialmente,  si  possono  attri- 
buire  con  verita  e  con  propriela  a  Dio  e  al  Figliuolo  di  Dio.  Citano 
a  conferma  alcuni  esempii  della  sacra  Scrittura,  siccome  son  questi : 
« Dio  s'acquisto  la  Ghiesa  col  suo  sangue  4,  Uccideste  1'Autore  della 

1  Pag.  IX.  —  2  Pag.  172.  —  3  Pag.  47.  —  4  Act.  XX,  28. 


BELLA  STAMP  A  ITALIANA  215 

vita  l,  Crocifissero  il  Signore  della  gloria  2  ».  Ed  apportano  una 
facilissima  dimostrazione.  Poiche,  dicono,  uno  stesso  supposto  sussi- 
stendo  in  amendue  le  nature,  gli  si  possono  assolutamente  atlribuire 
tutte  quelle  cose  che  gli  convengono  per  ragione  di  tutte  e  due  le 
nature  3.  II  riprendere  questo  linguaggio  ed  il  volerne  tenere  un 
altro,  siccome  avverte  S.  Tommaso  ,  sa  di  nestorianismo  4.  II  se- 
condo  errore  e  in  quelle  parole  :  «  Gesu  Cristo  dice  apertamente  , 
che  egli  ed  il  Padre ,  cioe  Dio,  sono  uno  solo  5  ».  No,  sig.  Baroni, 
non  dice  cosi ;  ma:  lo  ed  il  Padre  siamo  una  cosa  sola  6,  cioe  siamo 
due  persone  distinte  ,  ma  consustanziali ;  tutti  e  due  siamo  un  Dio 
solo.  Voi  intanto  colla  vostra  citazione  o  versione  infelice  ,  venite  a 
confondere  le  persone.  Imperciocche  quando  in  nostra  lingua  dicia- 
mo  che  due  sono  uno  solo,  vogliamo  far  intendere  che  non  sono  al- 
trimenti  due  persone  o  due  supposli,  ma  uno. 

Oltre  di  questi  errori  mentovati  che  sono  meramente  teologici , 
s'  incontrano  riel  libro  del  sig.  Baroni  alcune  altre  proposizioni ,  in- 
torno  ad  argomenti  misti  di  religione  e  di  politica,  di  giurisdizione 
ecclesiastica  e  di  potere  civile ,  di  dritti  e  di  doveri ,  le  quali  non 
sapremmo  dire  quanto  valore  abbiano  a  converlire  i  miscredenti  e 
i  deisti.  Ma  non  dubitiamo  che  esse  non  debbano  apportare  dan  no  o 
almeno  scandalo  ai  buoni  cattoli6i ,  come  quelle  che  approvano  una 
dottrina  pestifera ,  la  quale  contraddice  agli  ammaestramenti  pur 
troppo  chiari  de'Vescovi  e  dello  stesso  Romano  Pontefice.  Ne  altro  vo- 
gliamo fare  che  riportare,  una  dopo  Y  altra,  alcune  solamente  di  cotali 


1  Act.  Ill,  15. 

2  I.  ad  Cor.  11,8. 

3  Cum  sit  idem  suppositum  subsistens  in  utraque  natura,  de  illo  absolute 
did  possunt  quae  ratione  utriusque  naturae  illi  conveniunt.  SUAREZ  ,  de  In- 
carn.  Part.  I,  disp.  35,  sect.  4. 

4  Nestoriani  voces  quae  dicuntur  de  Christo,  dividere  volebant  hoc  modo, 
ut  ea  quae  pertinent  ad  humanam  naturam,  non  dicerentur  de  Deo,  nee  ea 
quae  pertinent  ad  divinam  naturam,  dicerentur  de  homine.  Summa  theol 
3.  p.  q.  16,  art.  4. 

5  Pag.  50. 

6  Ego  et  Pater  unum  sumus.  IOANN.  X,  30.    . : 


216  RIVISTA 

proposizioni  colle  parole  stesse  dell'Autore,  senza  occuparci  di  refu- 
tarle;  giacche,  siccome  abbiamo  detto,  e  manifesta  la  opposizione  di 
esse  agl'insegnamenli  de'Vescovi  e  alle  defmizioni  della  Cattedra  apo- 
stolica.  E  siamo  certi  che  1'  ottimo  sig.  Baroni  condannera  cosi  questo 
elenco  che  soggiungiamo ,  come  tutti  gli  altri  error!  che  si  conten- 
gono  nel  suo  libro  :  perocche  lo  veggiamo  pieno  di  zelo  per  la  salute 
delle  anime  altrui,  e  con  cio  egli  dimostra  di  amare  la  salute  propria 
con  carita  uguale  o  anche  maggiore.  L'  elenco  e  questo  : 

1.  La  crisi  sociale  dell' oltantanove  fu  la  battaglia  e  la  vittoria 
della  ragione,  del  dritto  e  della  giustizia,  contra  gli  abusi,  la  prepo- 
tenza  e  la  tirannide  legale  1. 

2.  Nessuna  rivoluzione  fu  piu  giusla  e  plausibile  da  tutti  i  buoni, 
che  quella  dell'  ottantanove  2. 

3.  I  dogmi  deir  oltantanove  sono  una  legitlima  deduzione  del  Van- 
gelo  ; .  anzi  sono  gli  stessi  dogmi  del  Vangelo  ,  come  1'  acqua  del 
fonte  e  quella  derivata  dal  fonte.  Atluare  quelle  massime  non  e  altra 
cosa  che  attuare  il  Vangelo  3. 

4.  La  religione  del  Vangelo  ,  anzi  che  la  vittima ,  e  il  piu  solido 
fondamento  delle  massime  dell'  ottantanove  4. 

5.  Tutla  1' Italia  vuol  Roma  per  sua  Capitale  politica;  ma  1'im- 
mensa  maggioranza  vuole  che  in  Roma  col  Re  d'  Italia  abbia  libera 
ed  indipendente  la  sua  sede  ,  il  Capo  supremo  del  caltolici  di  tutto 
il  globo  5. 

6.  II  Governo  e  obbligato  politicamente  a  tollerare  tutti  i  culti. 
E  puo  ben  essere  indifferente,  o  se  e  cattolico,  dissimulare  il  proprio 
dolore  se  si  diffonde  il  deismo  6. 

7.  II  Governo  puo  e  anche  deve  acconsenlire  la  libera  ma  dignito- 
sa  discussione  filosofica  delle  cattoliche  verita  7. 

8.  La  liberta  della  stampa,  che  discule  le  cosi  dette  opinioni  reli- 
giose, e  di  natural  diritto  8. 

9.  Chiunque  vive  a  spese  allrui,  senza  meritarselo  colle  opere,  e 
sia  sano  e  capace  di  guadagnare,  colui  senza  eccezione  e  ladro  9. 


1  Pag.  219.  -  2  Pag.  220.  —  3  Pag.  222.  —  4  Pag.  223.  —  5  Pag.  197 
—  6  Pag  152.  —  7  Pag.  ISO.  —  8  Pag.  225.  —  9  Pag.  159.  " 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  217 

10.  II  chiericato  oramai  non  cammina  piu  alia  testa  del  sociale 
progresso  1. 

Per  cosiffatte  proposizioni  e  per  tutto  il  rimanente  che  abbiamo  di 
sopra  nolato,  siccome  bisognevoli  di  emendazione,  ogimno  vede  che 
possiamo  opportunamente  conchiudere  con  quella  sentenza  de'sa- 
pienti,  la  quale  dice :  che  lo  zelo  senza  la  scienza  sufficiente,  in  quella 
che  cerca  di  giovare,  apporta  nocumento  2.  La  quale  scienza  e  sapere 
distinguere  il  vero  e  il  falso,  corroborare  quello,  e  questo  ribattere; 
e  da  coloro  si  acquista  che  svolgono  le  opere  degli  uomini  ammae- 
strati  nella  scuola  della  cattolica  Chiesa ,  la  qual  possiede  e  difende 
la  verita,  e  discopre  e  com'batte  gli  errori :  le  opere  cioe  dei  Padri  e 
dei  Teologi,  e  soprattutto  de'  seguaci  e  degli  espositori  di  S.  Tom- 
maso.  Ed  al  presente  e  allresi  assolutamente  necessario  a  questo 
effetto  studiare  gli  atti,  cioe  le  Lettere  encicliche,  le  Allocuzioni  e  gli 
altri  simili  document!  del  noslro  Pontefice  Pio  IX,  il  quale  con  luci- 
dezza  d'  ingegno  e  con  apostolica  liberta  sfolgora  dalla  Caltedra  di 
Pietro  tutt'  i  mostri  di  errori ,  che  si  generarono  e  si  propagano  da- 
gli  uomini  perversi  di  quesla  nostra  eta.  E  se  il  sig.  Baroni  ha  at- 
tinto  il  vero  a  cotali  fonti,  dimostri  la  sua  scienza  con  tulta  purezza, 
e  senza  parleggiare  punto  coll'  errore  :  ed  allora  tutli  i  suoi  scritti 
saranno  non  solamente  amichevoli  ma  allresi  profittevoli :  cioe  ami- 
chevoli  di  fatti,  perocche  1'  amicizia  sincera,  siccome  insegnano  i  filo- 
sofi  morali,  e  comunione  e  comunicazione  di  beni. 


1  Pag.  9. 

2  Zelum  habens  absque  scientia,  dum  prodesse  festinat,  invenitur  obesse. 
Sentenza  attribuita  a  S.  Bernardo. 


ARCHEOLOGIA 


1.  Scoprimenlo  del  sepolcro  di  Giosue  nella  Palestlna  —  2.  Una  iscrizione 
di  Delfo,  che  da  il  novero  de'  popoli  e  de'  suffragi,  competent!  a  ciascuno 
di  essi,  nel  Consiglio  degli  Anfizioni. 

1 .  Non  sappiamo  qual  giudizio  faranno  i  dotti  di  una  maravigliosa  sco- 
perta,  che  il  ch.  sig.  Guerin,  nel  quaderno  del  passato  Febbraio  della 
Revue  Arche'ologique,  annunzia  da  se  fatta  nella  Palestina ,  fra  le  Rovine 
di  Tibneh  nelle  vicinanze  dell'antica  Gofna,  al  presente  Diifneh.  Si  trat- 
ta  nullameno,  che  del  ritrovamento  del  sepolcro  di  Giosue,  gran  capita- 
no,  cora'e  noto,  degli  Ebrei,  e  successore  di  Moise  nell'incarico  di  do- 
vere  introdurre  quel  popolo  nella  Terra  promessa.  Quanto  a  noi ,  ben- 
che  non  facciamo  professione  di  antichita  orientali ;  e  inoltre  in  tanta 
distanza  di  luoghi  non  si  potrebbe  con  sicurezza  giudicare  delle  qualita  e 
de'  caratteri  proprii  de'  monumenti ;  le  pruove  pero ,  che  ne  adduce  1'  il- 
lustre  scienziato,  ci  hanno  aria  di  molta  verosimiglianza ;  e  crediamo  di 
fare  cosa  gratissiraa  ai  nostri  lettori ,  arrecandone  qui  un  picciolo  sunto. 

Le  rovine  esplorate  dal  Guerin  ingombrano  gran  parte  di  quella  mon- 
tagna ,  che  si  leva  dirirapetto  a  Tibneh ,  da  cui  prendono  il  nome ;  e  in 
mezzo  ad  esse  s'incontrano  in  piu  luoghi  escavazioni  sepolcrali.  Una  fra 
tutte  attira  principalmente  gli  sguardi  e  rammirazione  dell'osservatore. 
Ha  innanzi  a  se  un  Yestibolo ,  da  prima  bislungo ,  e  che  poi  riesce  in 
una  specie  di  cortile  quadrate,  intagliato,  come  tutto  il  monumento,  nel- 
la roccia.  11  detto  Yestibolo  e  sostenuto  da  quattro  colonne  assai  sempli- 
ci ,  delle  quali  le  due  estreme,  in  forma  di  pilastri,  sono  per  meta  incor- 
porate colla  roccia,  e  le  due  di  mezzo  ne  sono  in  tutto  rilevate.  II  fron- 
tespizio  per  la  massima  parte  e  mutilato ;  ma  tutte  le  pareti  si  yeggono 
ancora  per  ogni  verso  forate  di  88  piccoli  buchi  di  varie  forme,  che 
chiaramente  apparisce  essere  stati  destinati  a  sostenere  altrettante  lu- 
cernette ,  o  piccole  lampane.  Si  passa  quinci ,  per  un'  angusta  porta  ret- 
tangolare,  nella  stanza  sepolcrale,  nella  quale  sono  disposte  simmetrica- 
mente  i  fori  pe'  loculi.  Quello  di  mezzo  fu  creduto  dapprima  destinato 


ARCHEOLOGIA  219 

al  personaggio  principal :  ma  dopo  piu  esatte  osservazioni  si  rinvenne 
al  di  la  della  parete,  che  guarda  1'ingresso,  un'altra  piccola  stanza,  la 
quale,  capace  com'e  di  un  solo  sepolcro,  iiaturalmente  dovette  servire 
al  personaggio  principale,  rimanendo  la  prima  stanza  comune  sepolcreto 
di  altri  membri  di  sua  famiglia. 

Tutte  le  particolarita  di  questo  monumento,  specialmente  la  circostan- 
za  di  avere  nel  suo  vestibolo  un  si  gran*  numero  di  buchi  da  collocarvi 
le  lucernette ,  fanno  conchiudere ,  che  esso  appartenne  a  qualcuno  dei 
piu  illustri  personaggi  deH'antichitao  Difatti  dice  il  Guerin ,  che  di  nic- 
chie  per  collocarvi  lucerne  spesso  se  ne  incontra  nelle  necropoli ,  di  cui 
e  tanta  copia  nella  Palestina.  Ma  tali  nicchie  sono  sempre  pochissime; 
quante  cioe  poteano  essere  necessarie  per  dar  comodo  di  rischiarare 
quegli  aditi  tenebrosi ,  ossia  nel  deporvi  i  cadaveri  de'  defonti ,  ossia  nel 
yisitarvi  i  gia  deposti.  Laddove  Je  nicchie  de'  lumi  di  questo  monumen- 
to, si  per  la  loro  gran  moltitudine,  come  pel  luogo  in  cui  sono  incavate, 
che  non  e  1'  interno  del  sepolcro  ma  il  vestibolo,  dimostrano  chiaramente 
che  doveano  servire  per  una  illuminazione  piu  splendida ,  in  onore  cer- 
tamente  di  qualche  defunto  assai  celebre :  tanto  piu  che  un  tal  esempio, 
e  unico  di  questo  monumento.  Crede  dunque  il  Guerin,  che  il  personag- 
gio quivi  seppellito,  e  tanto  straordinariamente  onorato,  sia  Giosue, 
quegli  che  introdusse  il  popolo  ebreo  nella  Terra  di  Canaan. 

In  effetto  si  legge  nel  libro  di  Giosue  ^ :  Cumque  complesset  sorte  di- 
mdere  terram  singulis  per  tribus  suas,  dederunt  filii  Israel  possessionem 
losue  filio  Nun  in  medio  sui,  iuxta  praeceptum  Domini,  urbem  quam 
postulavit  Tamnath-Saraa  in  monte  Ephr aim,  et  aedificavit  civitatem; 
habitavitque  in  ea.  Nel  medesimo  libro  2  e  cosi  descritta  la  morte  e  la 
sepoltura  del  gran  Capitano :  Et  post  haec  mortuus  est  losue  filius  Nun, 
servus  Domini,  centum  et  decem  annorum ;  sepelieruntque  eum  in  finibus 
possessions  suae  in  Tamnath-Sare,  quae  est  sita  in  monte  Ephraim,  a, 
septentrionali  parte  montis  Gaas.  Le  quali  circostanze  sono  nello  stesso 
modo  attestate  dal  libro  de'  Giudici  3.  Ma  la  citta  conceduta  a  Giosue  nel 
testo  ebraico  e  notata  rPDTUpn  Timnath-Serah;  ed  in  un'altra  versio- 

ne  e  scritta  D'nrjTUqn  Timnath-Heres.  Presso  i  Settanta  la  medesima 

citta  altre  volte  e  chiamata  ©apowapatx ,  ed  altre  volte  0a{*va<rax«p.  Cosi 
parimente  il  monte,  che  tanto  nel  testo  ebraico,  quanto  nella  Vulgata  e 
detto  Gaas,  nella  versione  de'  Settanta  e  appellate  Galaad.  Nel  libro  pero 
dei  Giudici,  al  luogo  citato,  e  perfetta  conformita  della  versione  de' Set- 
tanta col  testo  ebraico  e  colla  Yulgata,  essendo  in  essa  designata  non  pid 


\  Cap.  XIX,  VY.  49,  50. 

2  Cap.  XXIV,  w.  29,  50. 

3  Cap.  II,  v.  9. 


ARCHEOLOGIA 

col  nome  di  ©aavacapay.,  o  0aavaar/ao  la  citta  di  Giosue,  ma  con  quello  di 

0a4u.va6a5s;  ;   6  11  monte  DOH  6  piu  mominatO  raXaa£,  ma  Faa's. 

Dalle  quali  diversita,  col  paragone  del  testo  ebraico,  risulta  chiara- 
mente  che  il  nome  della  citta  ,  per  divino  precetto  destinata  a  Giosue,  e 
propriamente  quello  di  Timnath,  a  cui  fu  aggiunto  1'epiteto  di  Serah  o  di 
Heres  secondo  il  testo  ebraico,  di  Sarach  o  di  Sachar  presso  i  Settanta, 
per  distinguerla  da  altre  citta  cfella  Palestina,  che  avevano  il  medesimo 
nome.  E  quanto  a  questa  aggiunzione  non  dee  fare  meraviglia  la  diver- 
sa  lezione  del  testo  ebraico,  di  Serah  ed  Heres,  tradotto  da'  Settanta  or 
Sachar,  or  Sarach  :  perocche  le  letlere  ebraiche  sono  le  stesse  nell'  una 
e  nell'altra  parola  ;  solo  1'ordine  e  inverso  ,  PHD  Serah  :  D^H  Heres.  I 
Giudei  (avverte  il  sig.  Smith  nelle  sua  edizione  del  Dizionario  della  Bib- 
hia)  ritengono  come  vera  la  lezione  D1p»  a  cui  danno  il  significato  di 
sole;  ravvisandovi  un'  allusione  al  prodigio  piu  meraviglioso  operate  da 
Giosue,  che  fu  quello  di  arrestare  il  corso  del  sole.  Altri  ,  forse  con  mi- 
nor fondamento  di  verita,  difendono  1'altra  lezione. 

Checche  sia  del  nome  aggiunto,  il  sig.  Giieriu  non  crede  punto  ingan- 
narsi,  affermando  che  la  Thimnath  della  montagna  di  Efraim,  che  fu  do- 
nata  a  Giosue,  e  in  cui  fu  seppellito,  come  racconta  la  Bibbia,  sia  la  Kir- 
beth-Tibneh,  nelle  cui  vicinanze  si  scorge  il  sepolcro  teste  descritto.  Di 
fatto,  salvo  una  leggiera  variazione,  i  due  nomi  si  rassomigliano,  o  pint- 
tosto  s'identificano.  Ma  cio  che  piu  monta,  la  circoscrizione,  che  offre  la 
Bibbia,  della  citta  di  Giosue,  si  conviene  a  maraviglja  colla  postura  di  Kir- 
bet-Tibneh,  situata  precisamente  nel  bel  mezzo  della  montagna  di  Efraim, 
e  dominata  al  sud  da  una  collina  ,  che  corona  il  piccolo  villaggio  di 
Deir-ed-Dham  ,  ed  offre  nel  suo  lato  settentrionale  quel  numero  di  esca- 
vazioni  sepolcrali,  di  cui  sopra  si  e  parlato.  Non  puo  dunque  cader  dub- 
bio,  che  questo  colle  non  sia  il  Gaas  o  Galaad  de'  Libri  santi,  e  per  con- 
seguenza  che  tra  i  sepolcri  in  esso  scavati  si  debba  ritrovare  quello  di 
Giosue.  Ora  di  tutti  i  sepolcri  piu  magnifico  senza  dubbio  e  il  descritto 
pocanzi,  ed  inoltre  offre  eyidentissimi  segni  di  un  singolarissimo  onore, 
in  che  fu  presso  gli  antichi.  E  da  conchiudere  adunque,  che  esso  e  il  se- 
polcro del  sommo  Capitano  ,  che  introdusse  il  popolo  eletto  nella  Terra 
promessa. 

La  quale  conseguenza  e  confermata  da  due  passi  dell'  Onomastico  di 
Eusebio,  e  piu  ancora  da  una  testimonianza  di  S.  Girolamo. 

Eusebio  alia  parola  0apa6aaPi,  soggiugne:  «  Citta  di  Giosue  figliuolo 
di  Nave,  situata  in  sul  monte.  Questa  e  Tamna  posta  nell'  alto  della  mon- 
tagna ;  ed  anche  adesso  vi  si  mostra  il  monumento  di  Giosue  ,  ed  appar- 
tiene  alia  tribu  di  Dan  1  ».  Ed  alia  parola  r*a?  dice  :  «  Gaas,  monte  di 


1  ©aijt-vaOcapa,  TTO'XI;  IY)«JOU  TOU  Nauvi  sv  TW  opst  xst|/.£vv]  *  aurn  earl  0au.va  TQ  xat 
,  sv  ip  et?  hi  vuv  S"£t>cvuTat  TO  TOU   Ir.aou  p.vru.a,  ^uXyj?  Aav. 


ARCHEOLOGIA  221 

Efraira,  nel  cui  lato  settentrionale  sepellirono  Giosue.  Vi  si  mostra  anche 
a'  nostri  giorni  il  suo  monumento,  d'accanto  al  villaggio  di  Tarana  l  ». 

S.  Girolarao  poi,  nella  sua  necrologia  di  santa  Paola,  attesta  che  que- 
sta  illustre  matrona  si  reco  sulla  montagna  di  Efraim  a  venerarvi  le  tom- 
be  di  Giosue  e  di  Eleazaro,  collocate  1'una  dirimpetto  all'altra.  «  Yenero 
ancora,  egli  dice,  le  tombe  di  Giosue,  figliuolo  di  Nave,  e  di  Eleazaro, 
figliuolo  del  sacerdote  Aronne,  situate  1'una  di  fronte  all'altra;  essendo 
il  primo  di  essi  seppellito  in  Tamnat-Sare  dalla  parte  settentrionale  del 
monte  Gaas,  e  1'altro  in  Gabaa  ,  citta  del  suo  figlio  Finees  ;  e  molto  ma- 
ravigliava  ,  che  il  distributor  di  tante  terre  avesse  scelto  per  se  luoghi 
cosi  aspri  e  montuosi  2  ». 

Le  quali  indicazioni  del  santo  Dottore  aggiungono  la  piena  evidenza 
alia  cosa.  Imperocche  la  citta  di  Gabaa  ,  in  cui  santa  Paola  si  condusse 
a  venerare  le  reliquie  di  Eleazaro,  si  ritrova  a  piccola  distanza  da  Kir- 
beth-Tibneh  (al  presente  Djiba),  situato  sopra  una  montagna  assai  vici- 
na  e  nel  prospetto  di  Deir-ed-Dham,  Sicche  ponendo  in  Kirbeth-Tibneb 
il  sepolcro  di  Giosue,  la  espressione  di  S.  Girolamo  e  regione  venerata 
est  e  propria  e  naturale  :  per  contrario  sarebbe  falsa  ,  se  si  volesse  coi 
rabbini  collocare  Thimnat-Serah,  o  Heres,  e  per  conseguenza  il  sepolcro 
di  Giosue,  nel  piccolo  villaggio  di  Kefer-Heres  a  due  ore  incirca  di  di- 
stanza ,  al  sud-ovest  di  Sichem.  Alia  quale  supposizione,  cbe  non  puo 
esser  fondata,  salvoche  sulla  fortuita  somiglianza  del  nome  Hares  ,  noa 
che  la  testimonianza  di  S.  Girolamo,  contraddice  ancor  quella  di  Eu- 
sebio.  Perocche  abbiamo  inteso  da  lui,  che  la  citta  di  Tamnathsara 
apparteneva  alia  tribu  di  Dan:  e  nondimeno  e  pur  certo,  che  la  tribu 
di  Dan  non  comprendeva  il  territorio,  in  cui  e  posto  il  villaggio  di 
Refer-  Hares. 

Pertanto  se  si  concede,  com'  e  necessario,  che  Kirbet-Tibneh  sia  un 
avanzo  dell'antico  Thimna  attribuito  a  Giosue;  se  si  ammette,  come  non 
puo  negarsi,  che  la  montagna  al  sud  sia  il  Gaas  della  Bibbia,  e  che  quin- 
di  si  dee  cercare  sul  suo  lato  settentrionale  il  sepolcro  del  gran  Condot- 
tiero,  bisogna  conchiudere  che  questo  sepolcro  e  stato  ritrovato.  II  che 
viene  attestalo  dagli  stessi  indizii  di  antiehita,  che  esso  offre,  essendo 
1'escavazione  di  quel  genere,  che  doveano  probabilmente  usare  i  Cana- 
nei,  prima  che  gli  Ebrei  entrassero  nel  loro  paese. 

Conchiude  il  dotto  archeologo  la  sua  esposizione  colle  seguenti  sen- 
tenze,  che  ci  piace  riportare  letteralmente  tradotte  :  «  Niuna  cosa  assolu- 


1  race;,  opo;   fccppaiij.,  06  sv  $op£ioi{  eda^av  Iviaouv  *  ^eixvyrai  Si  &nri<n)[/.Gv  si?  sn 
vuv  OWTOU  TO  p-vviaa  TrXnatov  Oaava  jc(o|/.n$. 

2  Sepulcra  quoque  in  monte  Ephraim  lesu  filii  Nave  et  Eleazari  filii  Aaron  sacer- 
dotis  e  regione  venerata  est,  quorum  alter  condilus  est  in  Tamnath-Sare  a  septeniriona  • 
U  parte  montis  Gaas,  alter  in  Gabaa  filii  sui  Phinees;  satisque  mirata  est  quod  distri- 
butor possessionum  sibi  montana  et  aspera  delegisset.  Epitaph.  Paul.  §.  ^3. 


222  ARCHEOLOGIA 

tamente  si  puo  opporre,  sotto  il  risguardo  dell'architettura,  in  forza  della 
quale  il  suddetto  monumento  non  possa  essere  riferito  alia  eta  stessa  di 
Giosue.  E  benche  non  vi  si  legge  il  norae  di  questo  celebre  personag- 
gio;  che  con  cio  sarebbe  tolta  ogni  quistione;  egli  mi  sembra  che  le  tan- 
te  nicchiette  pe'lumi,  incavale  nellepareti  del  yestibolo,  debbano  valere 
quasi  altrettanto,  che  una  iscrizione,  in  favore  della  opinione  che  io  so- 
stengo.  Imperciocche  un  tal  fatto  da,  a  mio  giudizio,  una  impronta  tutta 
particolare  a  questa  tomba ;  e  pruova,  come  ho  gia  detto  e  come  mi  pia- 
ce  di  ripetere,  la  importanza  singolare  del  personaggio,  a  cui  era  desti- 
nata.  Or  questo  personaggio  in  una  piccola  cittadella  ,  come  Thimnath- 
Serah  ( che  quantunque  capo-luogo  di  una  toparchia  non  ha  nella  storia 
altro  lustro,  che  quello  di  essere  il  suo  nome  accompagnafo  col  nome  di 
Giosue) ,  puo  essere  altro  da  colui,  che  ebbe  1'onore,  negato  da  Dio  allo 
stesso  Moise,  d'  introdurre  gli  Ebrei  nella  terra  di  Canaan ,  e  di  fondare 
la  loro  dominazione  in  quel  paese  ?  »»• 

2.  Tra  i  molti  monumenti  della  Grecia,  che  il  sig.  Carlo  Wescher  si 
studia  continuamente  di  rivendicare  alia  pubblica  luce,  ci  e  sembrato  di 
massima  rilevanza  quello  che  ha  scoperto  in  Delfo,  son  pochi  anni,  e  che 
ultimamente  ha  pubblicato  nel  Bullettino  dell'  Istituto  di  Corrispondenza 
archeologica.  Esso  e  una  lunga  iscrizione,  incisa  nella  parte  inferiore  di 
quel  marmo,  che  e  conosciuto  nel  Corpus  Inscriptionum  graecarum,  col 
titolo  di  Monumento  bilingue  di  Delfo1.  II  Dodwell,  che  si  coudusse 
sin  dal  principio  del  presente  secolo  a  studiare  il  marmo  per  emendare 
le  scorrezioni ,  incorse  nella  prima  pubblicazione,  aveva  gia  osservato 
che  di  sotto  a  quella  scrittura,  che  era  jn  due  colonne,  1'una  in  greco, 
Taltra  in  latino,  ne  correva  un'altra  pur  di  due  colonne,  ma  in  soli  ca- 
ratteri  greci,  piu  piccoli,  e  assai  difficili  a  leggere.  Tuttavia,  contento 
di  averlo  notato,  non  si  euro  di  altro  che  delle  correzioni  della  prima. 
II  sig.  Wescher  e  riuscito  a  leggere  cio  che  rimane  discernibile  di  que- 
sta seconda  iscrizione,  superando  le  gravissime  difficolta ,  tanto  della 
lettura  in  se  stessa,  quanto  del  luogo,  non  accessibile  alia  luce  del 
giorno.  Essa  originariamente  costava  di  sessantasei  linee.  Cio  che  ne 
avanza ,  offre,  dice  il  dotto  archeologo,  assai  preziose  notizie.  II  piu  e 
che  scioglie  una  quistione  riguardante  il  consiglio  degli  Anfizioni ,  assai 
agitata  fra  gli  eruditi ,  ne  mai  potuta  risolvere ;  quali  cioe  fossero  i  po- 
poli,  che  componevano  questo  consiglio,  e  quanti  i  voti  di  ciascuno. 

II  monumento,  che  il  Wescher  ha  decifrato,  porge  la  risoluzione  di 
una  tal  controversia ,  perche  tra  le  altre  cose  contiene  la  lista  de'  popoli 
che  mandavano  lor  deputati  in  Delfo ,  e  i  voti  che  competevano  a  cia- 
scuno. II  Wescher,  riserbando  ad  altro  tempo  la  pubblicazione  intera  di 
tutta  la  sua  interpretazione,  per  ora  da  fuori  solamente  quelle  parti ,  che 

\  Corp.  Ins.  grace,  n.  \T{\. 


ARCHEOLOGIA 


si  riferiscono  al  proposto  argomento.  Noi,  non  avendo  spazio  sufficiente, 
ci  contentiamo  di  riprodurre  1'  elenco ,  che  egli  ne  estrae ,  de'  popoli  e 
de'  suffragi.  Esso  e  il  seguente : 


Buo 
860 


'AOrjvauiW 


due  suffragi 


un  suffragio  solo 


060 


un  suffragio  solo 


Il£ppa$(x>v  ....... 

^°  I  due  suffragi 

ouo  ^ 

V&     m  suffragio  solo 
Aoxpojv   Eaiu£pttov  .....     4^390?  {Jua  i 


La  somma  totale  offre  diciassette  popoli  e  ventiquatro  voti.  Ma  se  noi 
interroghiamo  le  antiche  memorie  ,  due  cose  ci  sono  attestate,  come  cer- 
te;  Tuna  e,  che  il  nuraero  de'  popoli,  che  da  principio  aveano  diritto  al- 
1'assemblea  degli  Anfizioni,  era  di  dodici  ;  1'altra,  che  a  ciascuno  di  quei 
popoli  erano  attribuiti  due  yoti.  Nell'elenco,  ricavato  dalla  iscrizione  di 
Delfo,  si  troyaoo  sette  popoli  che  disponevano  di  due  voti.  Essi  sono  i 
Delfi  ,  i  Tessali  ,  i  Focesi  ,  i  Beoti  ,  gli  Achei  Ftii  ,  i  Magnesii  ,  gli  Enia- 
ni.  Questi  dunque  formavano  quattordici  voti.  Dieci  altri  popoli  ave- 
vano  il  diritto  di  un  solo  voto;  ed  erano  :  i  Dori  della  metropoli,  gli  Ate- 
niesi,  i  Maliesi,  i  Dolopi,  i  Locresi  Ipocnimidii,  i  Dori  delpeloponneso, 
gli  Eubei,  gli  Etei,  i  Perrebi,  i  Locresi  esperii. 

E  dunque  verificata  la  condizione  de'  ventiquattro  voti.  L'altra  condi- 
zione  che  i  popoli  fossero  dodici  in  tutto,  con  due  voti  ciascuno,  sara  ve- 
rificata, se  puo  provarsi  ,  che  gli  ultimi  dieci  erano  considerati  ciasche- 
duno  come  una  meta  di  un  popolo,  in  guisa  che  due  insieme  ce  formas- 
sero  uno.  La  qual  cosa  si  puo  facilmente  dimostrare. 

E  quanto  ai  Dori  non  occorre  nessuna  difficolta.  I  Dori  del  Parnasso 
e  quelli  del  Peloponneso,  con  alia  testa  i  Lacedemoni,  appariscono  pres- 
so  gli  antichi  autori  come  parti  di  un  medesimo  tutto,  aventi  i  medesimi 
diritti  civili.  Che  pero  disse  1'oratore  Eschine,  che  chi  veniva  da  Dorio 
e  da  Citinio,  e  chi  da  Lacedemone,  aveva  lo  stesso  diritto  :  ^v  fama,  IK 


224  ARCHEOLOGIA 

Awpt'ou  xxl  KuTwwu  ?oov  Aaxe£<movioi?  1.  Si  sa  che  Dorio  e  Citinio  erano  due 
piccoli  yillaggi  ,  locati  alle  falde  del  Parnasso. 

Gli  Ateniesi  poi  e  gli  Eubei  si  trovano  anch'  essi  riuniti  sotto  il  co- 
mune  vocabolo  di  Gioni,  in  tutti  gli  elenchi  tramandatici  dagli  antichi. 
Al  che  allude  probabilmente  lo  stesso  Eschine,  dicendo  che  il  lonio  di 
Eritrea  o  di  Priene  aveva  lo  stesso  diritto  che  gli  Ateniesi  :  waxw  I*.  TWV 

Iwvwv  TOV  'Eps-pisa,  x  IIptYivs'a  (  tdov  S'uvaasvcv  J  TO!;  'A6atvaict;.    Lo    StCSSO    C    dft 

dire  delle  due  divisioni  de'  Locresi  ,  come  yiene  atlestato  apertamente 
da  Pausania  2. 

Argomentando  dall'analogia  ,  si  puo  con  ogni  ragione  inferire  che  le 
altre  quattro  popolazioni  erano  considerate  come  due;  ridotti  probabil- 
mente i  Maliesi  cogli  Etei,  ed  i  Perrebi  co'Dolopi.  Sicche  tulta  1'  assem- 
blea  degli  Anfizioni  doyeva  essere  costituita.in  dodici  popoli  nella  se- 
guente  maniera  : 


1.  AsAcpoi  7. 

2.  OsaaaXoi  8-  MaXisT?  —  Oiiatoi 
3-  ^>uxet?                                           9- 

r     *        ^  \  01  I/,  IleXoTCOVvfcu        ^  A 
4.  Awpiei?  <  ,  10  . 

•     r 

v 
5' 


Questa  enumerazione  ,  dedotta  da  un  monumento  di  tanta  autorita, 
non  solo  non  e  in  contrasto  colle  tre  liste,  ciascheduna  incompiuta,  rica- 
yate  da  Eschine,  da  Pausania  e  da  Libanio  ;  ma  in  parte  ne  yiene  con- 
fermata,  e  in  parte  manifesta  qualche  sbaglio  in  quelle  incorso  per  er- 
rore  de'copisti,  o  ne  concilia  le  differenze. 

Per  rispetto  alia  eta  del  monumento,  1'autore  lo  giudica  posteriore  alia 
dominazione  degli  Etoli,  e  anteriore  a  quella  di  Augusto:  posteriore 
agli  Etoli  ;  perche  questi  ,  che  nelle  iscrizioni  anfizioniche  figurano  sem- 
pre  nel  luogo  di  onore,  qui  non  sono  nominali  :  anteriore  alia  domina- 
zione di  Augusto  ;  perche  sappiamo  da  Pausania,  che  Augusto  modified 
il  Consiglio  degli  Anfizioni,  introducendoyi  la  citta  di  Nicopoli,  che 
nella  iscrizione  non  yiene  mentovata.  La  forma  de'  caratteri  si  conyiene 
con  questa  conclusione. 

\  STEPH.  biz.  ad  voc.  Awptov. 
2  PAUSAN.  X,  8,  5 


CRONACA 

CONTEMP  ORANEA 


Roma  8  Aprile  1865. 
I. 

ALLOCUZIONE 

DEL  SANT1SSIMO  SIGNOR  NOSTRO 

PIO  PER  DIYINA  PROYVIDENZA  PAPA  IX. 

TENUTA  NEL  CONCISTORO  SEGRETO 

DEL  27  MARZO  1865. 

VENERABILI  FRATELLI 

La  cura  ela  sollecitudine  di  tutte  le  Chiese  a  Noi  impqsta  da  Dio,  Ve- 
nerabili  Fratelli,  richiede  che  in  questo  giorno  vi  comunichiamo  tal  cosa 
ehe  riguarda  la  Chiesa  orientate.  I!  venerabile  Fratello  C'emente  Bahus, 
Patriarca  A.ntioeheno  dei  Greco-Melchiti,  dopo  di  aver  sostenuto  parecchi 
anni  egregiamente  il  suo  ministero,  Ci  chiese  con  istanti  preci  di  consen- 
tirgli  che  abdicasse  il  Patriarca  to.  Noi ,  tenendo  present!  le  doti  esimie, 
ond'egli  e  adorno,  e  desiderando  percio  che  durasse  ancora  nella  dignita 
e  nel  ministero  del  Patriarcato,  ritardammo  per  molto  tempo  codesta  ab- 
dicazione,  e  lui  esortammo  a  continuare  nel  reggimento  e  neiramministra- 
zione  di  quella  Chiesa  patriarcale.  Egli  pero,  tenace  del  proposito,  e  sen- 
tendo  umilmente  di  se  e  desiderando  ardentemente  di  tornare  all'antica 
sua  yita  monastica  e  ritirata,  ed'intendere  piu  liberamente  ai  diyini  uffi- 
cii:  tanto  presso  di  Noi  insto  quanto  seppe  e  potette,  ne  si  rimase  d'insistere 
finche  non  ci  determinammo  final rnente  ad  annuire  ai  suoi  yoti.  Per  il 
che  incaricammo  il  venerabile  Fratello  Giuseppe  Valerga ,  Patriarca  La- 
tino Gerosolimitano  e  Pro-Delegato  Apostolico  della  Siria,  perche  in  no- 
me  e  per  autorita  Nostra  e  di  questa  Sede  Apostolica,  accogliesse,  accet- 
tasse  e  ratiticasse  la  rinunzia  del  mentovato  yenerabile  Fratello  Clemente, 
e  lo  sciogliesse  pienamente  dal  vincolo  che  lo  teneva  legato  alia  ricor- 
data  Chiesa  Antiochena  patriarcale  dei  Greco-Melchiti.  Quindi  i  Vesco- 
vi  di  quella  nazione,  convocati  dallo  stesso  venerabile  Fratello  Clemen- 
te, dopo  la  sua  abdicazione  fatta  in  quel  consesso  e  da  Noi  ammessa  per 
mezzo  dello  stesso  venerabile  Fratello  Patriarca  Gerosolimitano,  conven- 
nero  alia  elezione  del  nuovo  Patriarca  di  quella  Chiesa.  Adunque  dati  i 

Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  362.  15  8  Aprile  1865. 


226  CRONACA 

suifragi  opinarono  di  fregiare  di  cosi  insigne  dignita  i)  venerabile  Fratel- 
lo  Gregorio  Jussef,  Yescovp  di  Tolemaide.  La  quale  elezipne  torno  gran- 
deinente  gradita  ai  Vescovi,  ai  Monaci,  ai  maggiorenti  di  quella  nazione 
ed  a  tutto  il  popolo ;  perciocche  erano  gia  note  alia  nazione  de'  Greco- 
Melchiti  le  virtu  egregie,  onde  1'eletto  Patriarca  primeggia.  Poscia  lo 
stessq  venerabile  Fratello  Gregorio  Jussef,  annuaziandoaNoi  con  rispet- 
tosissime  lettere  la  sua  elezione,  dichiaro  con  apertissime  parole  di  non 
hramar  altro  piii  ardentemente,  quanto  1'essere  fcrmamente  unito  con  fe- 
delta  somma,  rispetto  ed  ubbidienza  a  Noi  ed  a  questa  Cattedra  di  Pie- 
tro,  e  caldamente  ci  supplico  di  confermarlo,  coll'Apostolica  'Nostra  Au- 
torita,  Patriarca  Antiocheno  de'  Greco-Melchiti,  e  di  volerlo  decorare  del- 
1'onore  del  sacro  pallio.  Fatta  accurata  disamina  e  discussione  sulle  cose 
tutte  da  Noi  e  dalla  Congregazioae  de'  YY,  FF.  NN.  Cardinali  di  S.  R.  C. 
della  Propagazione  della  fede,  i  quali  preseggonp  agli  affari  delle  Chiese 
prientali,  giusta  il  parere  della  stessa  Congregazione  giudichiarao  di  con- 
fennare  questa  elezione,  ov\ero  postulazione,  con  tanto  waggior  com- 
piacimento,  in  quanto  sappiamo  che  il  venerabile  Fratello  Gregorio  Jussef 
e  adorno  di  singolare  religione,  di  pieta,  di  prudenza  e  di  altre  preclare 
doti.  Laonde  nutriamo  speranza  che  egli  adempia  con  somma  cura  e  con 
industria  e  con  zelo  le  parti  tutte  del  vastissimo  non  meno  che  gravo- 
sissimo  uffizio,  e  che  costantemente  faccia  di  procurare  la  maggior  glo- 
ria di  Dio  e  la  salute  delie  anime.  Che  percio  slimiamo  di  prosciogliere 
3o  stesso  venerabile  Fratello  Gregorio  Jussef  dal  vincolo  che  lo  astringe 
alia  Chiesa  episcopale  di  Tolemaide,  e  di  confermarlo  Patriarca  Antioche- 
no della  nazione  Greco-Melchita  e  decorarlo  dell'onpre  del  sacro  pallio, 
non  che  arricchirlo  di  tutti  i  privilegi  onde  eran  soiiti  adornarsi  da  que- 
sta Apostolica  Sede  i  predecessori  di  lui.  Per  tal  modp  faremp  cosa  a  lui 
sommamente  gradita  e  grandemente  accetta  all'  inclita  nazione  Greco- 
Melchita,  cui  quesl'Apostolica  Sede  ha  sempre  circondata  e  circonda 
raeritamente  della  sua  benevolenza.  Quid  vobis  videtur? 

Coll'autorita  dell'onnipotente  Iddip,  de'  SS.  Apostoli  Pietro  e  Paolo,  e 
colla  Nostra,  confermiamo  ed  approviamo  1'elezione,  ovvero  postulazione 
fatta  dai  venerabili  Fratelli  Yesco^i  della  nazione  de'  Greco-Melchiti  in- 
torno  alia  persona  del  predetto  Yescovo  Gregorio  Jussef,  che  sciogliamo 
del  vincolo  ond'era  legato  alia  Chiesa  di  Tolemaide,  e  lo  trasferiamp  alia 
menzionata  palriarcale  Chiesa  Antiochena  de'  Greco-Melchiti ,  destinan- 
dolo  Patriarca  e  Pastore  della  stessa  nazione ,  siccome  trovasi  espresso 
Del  decreto  e  nella  schedola  concistoriale.  In  nomine  Patris  i  et  Filii  f 
et  Spiritus  f  Sancti.  Amen. 

Ora  poi,  giusta  il  costume  di  antica  istituzione,  parlando  della  acerba 
morte  deirillustre  re  di  Baviera  Massimiliano  Secondo,  Yi  manifesliamo, 
Yenerabili  Fratelli ,  aver  noi  provato  il  massimo  dolore,  non  appena  ap- 
prendemmo  ch'egli  era  trapassato  di  questa  vita.  Imperpcche  perdemmo 
in  Lui  un  Principe,  il  quale,  carissimo  a'suoi  popoli,echiaro  per  lo  splen- 
dore  della  pieta ,  della  prudenza  e  delle  altre  virtu ,  nudriva  un  attacca- 
mento  ed  un  rispetto  profondissimo  per  Noi  e  per  questa  Sede  Apostolica. 
E  sebbene  la  rnorte  piissima  da  Lui  fatta  ci  faccia  sperare,  che  egli  gia 
fruisca  dell'eterna  beatitudine,  tuttavia  eccitiamo  la  Yostra  esimia  reli- 
gione a  suffragare  presso  Dio  con  preghiere  Tanima  sua.  Noi  certamente 
non  omettemmo  di  cio  fare  in  private  e  lo  faremo  eziandio  con  pubbliche 


CONTEMPORANEA 

esequie  nella  Nostra  pontificia  Cappella ,  il  giorno  sei  del  prossimo  mese 
di  Aprile. 

Ora  poi,  quantuaque  ci  abbiano  arrecata  acerbissima  afflizione  le  tri- 
stissime  cose  ayyenute  di  recente  nell'Impero  messicano.  fuori  d'ogni 
opinione  ed  espettazione  Nostra,  e  degli  attestati  di  filiale  osservanza , 
pliertici  in  varii  tempi  dal  carissimo  in  Gristo  iiglio  Nostro  Massimiliano 
imperatore  del  Messico,  pure  npn  reputiamo  punto  di  tener  oggi  discorso 
su  quelle  cose  medesime.  Conciossiache  Ci  conforta  una  speranza,  che  lo 
stesso  Imperatore,  memore  del  proprio  doyere  e  del  proprio  bene,  e  se- 
riamente  rifleltendo,  che  la  religione  cattolica  e  la  sua  salutare  dpltrina 
gioya  in  massimo  grado  alia  felicita  e  alia  consistenza  degli  Imperii,  non 
che  alia  floridezza  eziandio  temporale  ed  alia  tranquillita  dei  popoli,  yo- 
gi ia  ritrarre  il  piede  dal  sentiero,  pel  quale  miseramente  siemessp,  e 
secondare  le  nostre  giustissime  brame  e  domande,  e  dar  soddisfazione 
ai  yoti  e  ai  richiami  di  quella  cattoSica  nazione  e  riparare  nel  suo  Impero 
ai  gravissimi  disastri  della  Chiesa,  e  difendere  i  suoi  venerandi  diritti, 
la  sua  liberta ,  i  sacri  Pastori ,  i  Ministri  e  le  sue  Istituzioni ,  e  conser- 
vare  precipuamente  cpi  Yescovi  una  singolare  concordia ,  conforme  ri- 
chiede  al  tutto  la  religione  e  la  giustizia,  e  indubitatamente  si  con^iene 
ad  un  Principe  cattolico. 

Ma  in  nessun  modo  possiamo  trattenerci  dal  tributare,  anche  in  questa 
occasione,  nel  Vostro  amplissimo  Consesso,  meritale  e  somme  lodi  ai  ye- 
nerabili  Fratelli  i  sacri  Pastori  dell'  Orbe  cattolico,  i  quali,  fra  tanta  con- 
giura  contro  la  nostra  divina  religione,  e  fra  tanta  depravazione  di  molti 
uoraini ,  ci  danno  ogni  giorno  Yiemmaggiormente  splendidi  motivi  di 
refrigerip,  di  gaudio  e  di  consolazione,  in  mezzo  alle  gravissime  acerbita, 
da  cui  siamo  afflitti.  E  infatti  i  medesimi  venerabili  Fratelli ,  dal  fondo 
dell'animo,  con  un  anaore  ed  un  ossequio  certamente  ammirabili,  congiun- 
ti  a  Noi  e  a  questa  Cattedra  di  Pietrp,  madre  e  maestra  di  tutte  le  Chiese, 
ne  spaventati  da  yerun  pericolo  o  disgrazia,  e  postergando  ogni  umano 
rispetto ,  e  interamente  sprezzando  gi'  ingiusti  decreti  emessi  dall'airto- 
rita  civile  contro  la  Chiesa ,  sommamente  si  gloriano  di  difendere  con 
animo  invitto  la  yerita  e  1'unita  cattolica,  e  la  suprema  potesta,  autorita, 
liberta  ed  i  diritti  Nostri,  della  Chiesa  e  di  questa  Apostolica  Sede,  e  di 
rivendicarli  ora  colla  voce,  ora  cogli  scritti ;  e  al  tempo  istesso,  con  Let- 
tere  anche  recentissime,  dirette  tanto  a  Noi  quanto  ai  fedeli  commessi  alia 
loro  tutela,  gioiscono  di  ripudiare  e  condannare  apertamente  e  pubblica- 
mente  quelle  cose  che  Noi  condanniamp ,  ne  tralasciano  di  resistere  con 
sacerdotale  fortezza  ai  aefandi  consigli  ed  attentati  di  uomini  nemici,  e 
imbevere  di  sana  dottrina  e  guidare  sul  cammino  della  salute  i  fedeli  a 
loro  affidati. 

Del  quale  omaggio  di  giustissime  lodi  sono  principalmente  degnissimi 
i  yenerabili  Fratelli  sacri  Pastori  d' Italia.  Dapppiche  essi,  cpiantunque 
sottoposti  a  piu  gravi  ingiurie  e  persecuzioni  dagli  avversarii,  e  tormen- 
tali  per  tutte  le  guise,  pure,  adempiendo  strenuamente  il  loro  ministero, 
non  mai  cessaronp  ,  ne  cessano  con  singolare  uniformita  di  animp  ,  dal- 
1'aizare  la  yoce  episcopale,  e  fprtemente  richiamarsi  e  protestarsi  contro 
ognuna  delle  riproveyoli  ed  ingiustissime  ieggi,  emanate  dal  Governo 
subalpino  ai  danni  deila  Chiesa,  de'  suoi  sacri  Istituti,  Ministri  e  diritti, 
e  contro  i  quasi  innumereyoli  e  al  tutto  sacrileghi  attenlati  dal  medesi- 


228  CRONACA 

mo  Governo  consummati.  E  gli  stessi  Vescovi  d' Italia,  con  una  virtu  e 
costanza  al  certo  mirabili ,  pugnando  valorosamente  per  Cristo  e  la  sua 
Chiesa,  e  solleciti  della  salute  del  proprio  gregge,  non  temono  di  soffrire 
eziandio  1'esiglio ,  il  carcere  e  qualsiasi  altra  asprezza,  seguaci  delle  ve- 
stigia illustri  degli  Apostoli  che  tornavano  giubilanti  dal  cospetto  del 
Concilio,  poiche  furono  trovati  degni  di  patir  contumelia  pel  nome  di 
Gesu  *.  Per  la  qual  cosa,  mentre  ci  rammarichiamp  di  cuore  per  le  gra- 
vissime  angoscie  dei  medesimi  venerabili  Fratelli,  e  facciamo  Nostri. 
proprii  i  loro  patimenti  e  le  Noslre  lagrirae  confondiamo  colle  lagrime 
loro,  rendiamo  umilissime  grazie  al  Padre  delle  misericprdie  e  Dio  di 
pgni  consolazione,  vedendp,  per  singolare  aiuto  della  divina  sua  grazia, 
i  Vescovi  cattolici  devotissirai  a  Noi  e  a  questa  Santa  Sede  ,  rinvigorire 
gagliardamente  nello  spirito  della  Fede,  e  virilmente  combattere  per  la 
difesa  della  santa  sua  Chiesa. 

Ypi  frattanto,  Venerabili  Fratelli,  in  tanta  malvagita  di  tempi,  in  tanto 
detriraento  delle  anime,  continuate  nella  yostra  egregia  religione,  appr- 
gere  senza  intermissione  insierae  con  Noi,  fervidissime  preghiere  a  Dio, 
affinche  questa  Sede  Apostplica  vessata  da  tante  ingiurie,  la  Chiesa  lace- 
rata  da  tante  ferite,  e  la  cristiana  e  civile  repubblica  afflitta  da  tante  ca- 
lamita,  colla  sua  onnipotente  virtu  aiuti  e  consoli ;  e  affinche  spargendo 
benignamente  sopra  di  tutti  le  ricchezze  della  sua  grazia  divina  e  della 
sua  misericordia.  faccia  che  tutti  i  popoli ,  le  genti  e  le  nazioni  conosca- 
np,  amino,  temano  e  lodino  LuleQuegli,  che  esso  mando,  Unigenitp 
Figlip  suo  Signor  Nostro  Gesu  Cristo,  e  adempiendo  diligentemente  tutti 
i  suoi  precetti,  camniinino  per  quella  via  che  conduce  alia  vita. 

II. 
COSE  ITALIANE. 

STATI  PONTIFICII  1.  Concistoro  segreto;  nomine  di  Vescovi  —  2.  Nuove  men- 
zogne  del  Memorial  diplomatique  —  3.  Nota  dell'Emp  Segretario  di  Stato 
al  Ministro  Plenipotenziario  dell'  Imperatore  del  Messico  in  Roma. 


1.  La  mattina  del  lunedi  27  Marzo,  la  Santita  di  Nostro  Signore  Papa 
Pio  IX,  nel  palazzo  apostolico  Vaticano  ha  tenuto  il  Concistoro  segreto; 
nel  quale,dopo  la  soprarriferita  Allocuzione,  ha  proposto  le  seguenti  Chiese. 

Chiesa  metropolitana  di  Alby  in  Francia ,  per  monsignor  Gianpaolo 
Francesco  Felice  Maria  Lypnnet,  promosso  dalla  Sede  di  Valence. 

Chiesa  cattedrale  di  Ormeto  negli  Stati  pontificii,  per  monsignor  Ma- 
rino Marini,  trasferito  dalla  chiesa  arciyescoyile  di  Palmira  in  partibus. 

Chiesa  cattedrale  di  Ferentino  negli  Stati  pontificii,  per  monsignor 
Gesualdo  Vitali,  trasferito  dalla  chiesa  vescovile  diAgatopoUwpar/i'to, 
e  dal  suffraganeato  di  Ostia  e  Velletri. 

Chiesa  cattedrale  di  Jaen  nella  Spagna,  per  monsignor  Antonino  Mone- 
scillo,  trasferiio  dalla  Sede  di  Calahorra  e  Calzada. 

Chiesa  cattedrale  di  S.  Ippolito  in  Austria,  per  monsignor  Giuseppe 
Fessler,  trasferito  dalla  chiesa  vescovile  di  Nissa  in  partibus. 

\  Act.  Apost.  Cap.  V,  v.  4\. 


CONTEMPORANEA  229 

Chiesa  cattedrale  di  Transilvania  in  Austria,  pel  R.  D.  Michele  Foga- 
rasy,  sacerdole  diocesano  di  Transilvania. 

Chiesa  cattedrale  di  Chalons  in  Francia,  pel  R.  D.  Guglielmo  Renato 
Meignan,  sacerdote  diocesano  di  Laval,  vicario  generale  in  Parigi. 

Chiesa  cattedrale  di  Valence  in  Francia,  pel  R.  D.  Francesco  Niccola 
Gueullette,  sacerdote  di  Moulins,  e  canonico-parroco  in  quella  Cattedrale. 

Chiesa  cattedrale  di  Perpignan  in  Francia,  pel  R.  D.  Stefano  Emilio 
Ramadie,  sacerdote  di  Montpellier,  parroco  in  S.  Giacomo  di  Rerziers. 

Chiesa  cattedrale  di  Twj  nella  Spagna,  pel  R.  D.  Raimondo  Garcia  y 
Anton,  sacerdote  diocesano  di  Orihuela. 

Chiesa  cattedrale  di  Nuova  Segovia  nelle  hole  Filippine,  pel  R.  P. 
Fr.  Giovanni  Giuseppe  Aragones,  sacerdote  di  Madrid. 

Chiesa  cattedrale  di  S.  Cristoforo  di  Avana  nell'  isola  di  Cuba,  pel 
R.  P.  Fr.  Giacinto  Maria  Martinez,  sacerdote  diocesano  di  Vittoria. 

Chiesa  cattedrale  di  Treveri  in  Prussia,  per  monsignor  Leopoldo  Pell- 
dram,  sacerdote  diocesano  di  Rreslavia. 

Chiesa  cattedrale  di  Gand  nel  Belyio,  pel  R.  D.  Enrico  Francesco 
Bracq,  sacerdote  diocesano  di  Gand,  professore  di  sagra  Teologia. 

Chiesa  cattedrale  di  Parana  nella  repubblica  di  Buenos  Aijres,  pel  R. 
D.  Giuseppe  Gelabert,  sacerdote  diocesano  di  Parana. 

Chiesa  cattedrale  di  Puno  nel  Peril,  pel  R.  D.  Giovanni  Maria  Huuer- 
ta,  sacerdote  di  Lima,  canonico  in  quella  Metropolitana. 

Chiesa  cattedrale  di  Guamanga,  od  Ayacucho  nel  Peril,  pel  R.  D.  Giu- 
seppe Francesco  Ezechiele  Moreyra,  sacerdote  di  Lima. 

Chiesa  di  Huanuco,  da  Sua  Santitd  eretta  in  cattedrale  nel  Peril,  pel 
R.  P.  Emmanuele  Teodoro  del  Valle,  sacerdote  arcidiocesano  di  Lima. 

Chiesa  cattedrale  di  Cuzsco  nel  Peru ,  pel  R.  D.  Giuliano  Ochoa ,  sa- 
cerdote diocesuno  di  Cuzsco ,  arcidiacono  in  quella  Cattedrale. 

Chiesa  cattedrale  di  Arequipa,  nel  Peru,  pel  R.  P.  Fr.  Giovanni  Ca- 
lienes,  sacerdote  d' Arequipa. 

Chiesa  cattedrale  di  Chachapoyas  nel  Peril,  pel  R.  P.  Fr.  Francesco 
Solano  Risco,  sacerdote  di  Lima. 

Chiesa  vescovile  di  Paleopoli  nelle  parti  degVinfedeli,  pel  R.  D.  Ga- 
briele  Mariassy,  sacerdote  diocesano  di  Scepusio. 

Chiesa  vescovile  di  Tespio  nelle  parti  degT  infedeli ,  pel  R.  D.  Pietro 
Jgnazio  de  Renayente  ,  sacerdote  arcidiocesano  di  Lima. 

Chiesa  vescovile  di  Caristo  nelle  parti  degF infedeli,  pel  R.  D.  Emma- 
nuele Francesco  Barruttia  y  Croquer ,  sacerdote  di  Guatimala. 

Dopo  cio  il  Santo  Padre  "ha  notificate  le  seguenti  elezioni ,  dall'  ultimo 
all'odierno  Concistoro,  effettuate  per  organo  della  sagra  Congregazione 
di  Propaganda  Fide.  Chiesa  arcivescovile  di  Teodosiopoli  nelle  parti  de- 
yr  infedeli,  per  monsignor  Enrico  Amanton,  promosso  dalla  Chiesa  di 
Arcadiopoii  in  partibus.  Chiesa  arcivescovile  di  Nazianzo  nelle  parti  de- 
gV  infedeli ,  pel  R.  D.  Giuseppe  Sembratdwicz ,  sacerdote  ruteno ,  depu- 
tato  Vescovo  greco  ordinance  in  Roma,  Chiesa  cattedrale  di  Trebisonda, 
di  rito  armeno,  pel  R.  D.  Giovanni  Ghiureghian.  Chiesa  vescovile  di  Cri- 
sopoli  nelle  parti  degV  infedeli,  pel  R.  D.  Claudio  Maria  Depommier,  sa- 
cerdote arcidiocesano  di  Chambery,  alunno  del  Seminario  per  le  missioni 
straniere  in  Parigi ,  missionario  nelle. Indie,  deputato  vicario  apostolico 
di  Coimbatour  nelle  Indie  oriental]. 


JJ30  CRONACA 

Finalraenle  si  e  fatta  a  Sua  Beatitudinel'istanza  del  sagroPallioperla 
Chiesa  patriarcale  d'Antipchia  de'Greci-Melchiti,  dopo  la  quale  il  Procu- 
ratore  di  monsigripr  Patriarca  ,  con  apposita  praziooe,  ha  reso  le  debite 
grazie  alia  Santita  di  Nostro  Signore.  Quindi  e  succeduta  la  postulazio- 
ne  del  sacro  Pallio  per  la  Chiesa  metropqlitana  di  Alby. 

2.  Con  senso  di  profondo  disgusto  abbiam  letto  nel  Memorial  diploma- 
tique del  26  Marzq,  pag.  203-4,  rinnovarsi  le  iinpudenti  asserzioui,  con 
che  nei  precedent!  suoi  numeri  avea  spacciato,  che  dal  Santo  Padre  si 
fossero  fatte  promesse  tali  all'  Iraperatore  del  Messicp,  che  ne  rimaneva- 
no  giustificati  i  decreti,  ond'  egli,  a  scanso  di  maggiori  mali,  avea  tutto 
da  se  troncato  grindugi,edera  proceduto  agli  atti  gravissimi  da  noi  es- 
posti,  co'  documenti  ufficiali,  nei  due  precedent  nostri  quaderni.  II  Me- 
morial, contro  le  mentite  ufliciali  del  Giornale  di  Roma ,  e  le  autorevo- 
lissime  raandategli  per  1'  Osservatore  Romano ,  pretese  che  erano  pura 
verita  quelle  sue  favole;  e,  coll'usato  stile  de'moderati,  in  forme  melate, 
oso  ricacciare  in  yiso  al  Santo  Padre  la  taccia  d'aver  proroesso  e  pqi  dis- 
detto.  Eccole  sue  parole,  con  che  esprime  la  fiducia  di  un  componimen- 
to  rispondente  alle  supposte  promesse  del  Papa,  ed  agli  accordi  prelimi- 
nari  pattoyiti  in  Roma  :  «  Noi  ne  abbiamo  guarentigia  nelle  paterne  as- 
sicurazioni  e  nelle  benevole  promesse  ch'  egli  (il  Santo  Padre)  si  degno 
di  fare  all'  imperatore  Massimiliano,  e  delle  quali,  malgrado  delle  mentite 
dei  giornali  ostili  o  mal  informali,  noi  affermiamo  novamente  la  perfet- 
ta  autenticita ».  Non  credevamo  la  cortigianeria  capace  di  tanta  perfidia ! 
Chi  ha  letto,  nella  soprariferrita  Allocuzione  del  Santo  Padre,  le  parole 
da  lui  pronunziate  quanto  al  Messico,  non  puo  serbare  il  raenomo  dubbio 
circa  la  rea  indole,  diciamo  schietlo,  circa  1' impostura  contenuta  nelle 
frottole  spacciate  dal  Memorial. 

3.  Ma  chi  ne  dubitasse,  per  soverchia  deferenza  a  qualche  personag- 
gio  clie  yi  e  mescolato,  legga  e  mediti  la  seguente  Nota  dell'  Em.  Card. 
Antonelli,  pubblicata  nel  Journal  de  Bruxelles  del  29,  nel  Bien  public  de 
Gand  del  30  Marzo,  e  neUa  Unitd  Cattolica  del  1.°  Aprile,  dalla  quale  noi 
la  trascriviamo. 

Copia  di  Nota  dell' E  mo  Segretario  di  Stato  al  signor  D.  Ignazio  Agui- 
lar,  ministro  plenipotenziario  di  S.  M.  I'  Imperatore  del  Messico  presso 
la  S.  Sede,  in  data  dei  9  Marzo  1865. 

«  La  lettera  che  S.  M.  Massimiliano  I,  imperatore  del  Messico,  diresse, 
in  data  dei  27  Dicembre  p.  p.,  al  sig.  Escudero,  mfnistro  di  grazia  e  giu- 
stizia ,  e  che  nello  stesso  giorno  yenne  pubblicata  nel  periodicp  officiale 
dell'  Impero,  mentre  produsse  ovunque  nei  cuori  caltolici  la  piu  doloro- 
sa  sorpresa,  fu  causa  di  profondo  disgusto  ed  arnarezza  all'  animo  del 
Santo  Padre.  Le  comunicazioni  poi  che  giunsero  in  seguito  per  parte  del- 
la  Nuoziatura  apostolica,  non  che  la  Nota  che  Vostra  Eccellenza  si  com- 
piacque  dirigere  al  sqttoscritto  Cardinale  segretario  di  Stato,  in  data  de- 
gli  8  Febbraio  p.  p.,  in  nulla  ebbero  a  diminuire  le  fondate  apprensioni, 
che  in  seguito  di  quell'  atto  si  dovettero  concepire  pei  gravi,  pericpli  cui 
trovasi  esposta  la  Chiesa  cattolica  nell'  Impero  messicano.  E  percio  che 
lo  scrivente  Cardinale ,  in  seguito  degli  ordini  ricevuti  da  Sua  Santita , 
si  fa  un  dpvere  di  richiamare  seriamente  V  attenzipne  di  V.  E.  sopra  un 
successo  si  deplorabile,  nella  speranza  che  le  sentite  doglianze  ed  i  giu- 
sti  reclami  della  Sede  apostolica  abbiano  ad  essere  favorevolmente  accol- 
ti  presso  il  trono  del  noyello  Monarca. 


CONTEMPORANEA  231 

« Innanzi  lutto  lo  scrivenle  Cardinale  non  puo  dispensarsi  dal  fare  le  sue 
osservazioni  sopra  una  doppia  assertiva,  contenuta  nell'esordio  della  lette- 
ra imperiale,  la  quale,  mentre  puo  dirsi  dettata  come  a  baseefondamento 
delle  misure  annunziate  in  quel  docuraento  a  danno  della  cattolica  Chie- 
sa,  tende  a  far  ricadere  sul  Capo  augusto  della  medesima  una  odiosa  ed 
ingiusta  responsabilita.  Con  la  prima  di  esse  si  allude  anegoziazioni,  che 
diconsi  direttainente  aperte  a  Roma  fra  Sua  Maesla  ed  il  Sommo  Ponte- 
fice  « alio  scopo  di  adottare  un  mezzo,  che  mentre  desse  soddisfazione  al- 
«  le  giuste  esigenze  del  Paese,  ristabilisse  ad  un  tempo  la  pace  negli  spi- 
«  riii,  e  la  tranquillita  nelle  coscienze  di  tutti  gli  abitanti  dell'  Impero  ». 
Tale  assertiva ,  se  si  considera  in  genere  ,  tende  ad  insinuare  Y  idea 
che  in  Roma ,  durante  il  soggiorno  di  Sua  Maesta ,  ebbero  luogo  delle 
trattative  sulla  sistemazione  degli  affari  religiosi  del  Messico ;  se  poi  si 
esamina  nel  suo  contesto  ed  in  rapporto  alle  misure  che  in  appresso  si 
passa  a  dettare,  potrebbe  far  credere,  a  chi  non  conosce  a  fondo  le  mas- 
sime  ed  i  principii  della  Sede  apostolica,  che  le  tratlative  cadessero  pre- 
cisamente  sui  punti  della  lettera  imperiale:  quasi  che  ritirando  il  Santo 
Padre  la  sua  adesione  ai  concert!  gia  presi,  T  Imperatore  sia  stato  co- 
stretto  a  dettare  con  la  propria  autorita  cio  che  ayeva  iniziato  a  Roma 
con  annuenza  ed  accordo  dello  stesso  S.  Padre.  Ora  Sua  Maesta  sara  be- 
ne  in  grado  di  ricordare  che,  durante  la  sua  breve  dimora  in  questa  Do- 
minante ,  niuna  trattativa  ebbe  luogo  relativamente  agli  aflari  religiosi 
del  Messico ;  e  molto  meno  riguardo  ai  punti  da  Essa  indicati  nella  sua 
lettera  al  ministro  Escuderp,  e  giammai  palesati  a  chicchessia  innanzi  al- 
1'arrivo  del  Nunzio  apostolico.  Non  e  gia  che  il  Santo  Padre  non  avesse 
desiderato  di  trattenere  quel  Monarca  inqualche  conferenza,  per  mettersi 
d'accordo  sui  principali  punti  della  questione  ecclesiastica  ;  ma  sia  per  la 
brevita  del  tempo,  che  piacque  a  Sua  Maesta  di  passareinRoma,  sia  per 
altre  ragioni ,  che  qui  non  occorre  ricordare ,  Sua  Santita  doyette  com- 
prendere  che  non  era  certamente  in  animo  dell'  Imperatore  di  aprire  in 
quella  congiunlura  alcuna  negoziazione  sugli  affari  religiosi  del  Messico ; 
'e  videsi  quindi  nel  caso  di  doyersi  limitare  a  raccomandare  genericarnen- 
le  alia  protezione  della  Maesta  Sua  T  avvenire  della  cattolica  Religione 
nei  suoi  novelli  dominii. 

«  Non  meno  infondata  si  eTaltra  assertiva,  con  la  quale  1' Imperatore 
dichiara  che  con  estrema  sua  sorpresa  il  Nunzio  apostolico  ha  manifesta- 
to,  che  era  privo  d'  istruzioni  e  che  doveva  attenderle  da  Roma.  Chi  vo- 
lesse  fermarsi  al  senso  ovyio  e  naturale  di  queste  parole ,  senza  porre 
mente  alia  prudenza  e  saviezza  della  Sede  apostolica ,  dovrebbe  neces- 
sariamente  conchiudere  che  il  Santo  Padre  invio  il  suo  rappresentante  a 
Messico  ,  senza  alcun  incarico  ,  istruzione  o  facolta  sopra  i  varii  articolr 
loccanti  il  riordinamento  delle  cose  religiose ;  dal  che  naturalmente  do- 
Trebbe  inferirsi  o  la  niuna  premura  della  Santa  Sede  per  siffatto  riordi- 
namento, p  una  mancanza  completa  di  deferenza  verso  il  novello  Sovra- 
flo.  Una  si  gratuita  supposizione  quanto  sia  aliena  dal  vero,  potra  facil- 
mente  riconoscerlo  chiunque  per  poco  consideri  quale  sia  lo  scopo  dei 
Romani  Pontefici  nell'inviare  i  loro  rappresentanti  nei  regni  cattolici, 
quale  la  sollecitudine  della  Sede  apostolica  nel  provvedere  alia  quiete 
e  tranquillita  delle  coscienze  dei  fedelr ,  quale  1'  interesse  della  Chiesa 
nel  sostenere  i  proprii  diritti,  quali  infine  i  vantaggi  che  la  presenza  ed 


232  CRONACA 

autorita  dei  Nunzii  apostolic!  produsse  costantemente  in  ogni  epoca  ed  in 
tutti  i  paesi  della  cattolicita.  Che  se  poi  I'assertiva  di  mancanza  d'istru- 
zioni  nel  Nunzio  apostolico  di  Messico  vuolsi  riferire  ai  varii  articoli  pro- 
postigli  da  Sua  Maesta,  ed  in  parte  anche  riportati  nella  succitata  letle- 
ra  imperiale,  non  saprebbesi  assolutamente  in  tal  caso  spiegare  la  estre- 
nia  sorpresa  che  tale  mancanza  produsse  a  Sua  Maesta ,  non  tanto  per- 
che  i  suddetti  articoli  non  furono  mai  conosciuti  dalla  Santa  Sede,  come 
si  disse  di  sopra,  quanto  principalmente  perche  Sua  Maesta,  antecedente- 
mente  all'arrivo  del  Nunzio  apostolico,  dovette  conoscere  che  le  istruzio- 
ni  del  niedesimo  erano  ben  different!  da  quelle,  che  Essa  faceva  mostra 
di  aspettare.  V.  E.  infatti  ricorda  assai  bene  il  contenulo  della  Nota  che 
lo  scrivente  Cardinale  ebbe  a  dirigerle,  in  data  dei  26  Settembre  dello 
scorso  anno,  allo  scopo  di  annunziarle  la  nomina  di  Monsignor  Meglia  al- 
1'alto  oflicio  di  Nunzio  apostolico  pressq  1'  Imperatore  di  Messico.  In  es- 
sa  furono  esplicitamente  indicate  le  basi  della  missione  del  novello  rap- 
presentante,  sia  per  cio  che  si  riferisce  all'  esclusiyita  della  cattolica  re- 
ligione,  sia  per  cio  che  riguarda  la  piena  liberta  dei  Yescovi  nell'  eserci- 
zio  del  loro  pastorale  ministero,  il  ripristinamento  degli  Ordini  religiosi , 
ia  tutela  del  patrimonio  della  Chiesa  e  dei  diritti  ad  esso  inerenti,  sia  fi- 
nalmente  per  cio  che  concerne  il  ristabilimento  della  ecclesiastica  disci- 
plina.  Or  bene,  se  questa  Nota,  che  conteneva  la  esplicita  enumerazione 
delle  basi  della  missione  di  Monsig.  Meglia  (basi  diametralmente  opposte 
a  quelle  offerte  da  Sua  Maesta),  precedette  in  Messico  di  oltre  un  mese 
1'arrivo  del  Nunzio  apostolico ,  S.  M.  1'  Imperatore  ebbe  tutto  1'  agio  di 
conoscere  quali  fossero  in  sostanza  le  istruzioni  del  medesimo  ;  e  quindi 
la  sorpresa,  di  cui  e  menzione  nella  lettera  imperiale,  farebbe  un  singo- 
lare  contrasto  con  Y  esistenza  del  surriferito  documento. 

«  In  seguito  di  tali  spiegazioni  facilmentecomprendera  V.  E.  con  quan- 
ta ragione  il  Nunzio  apostolico,  come  nella  prima  udienza  avuta  da  S.  M. 
1'  Imperatore  ,  cosi  nelle  altre  successive  ayiile  con  S.  M.  1'  Imperatrice 
e  col  Ministro  di  grazia  e  giustizia ,  dichiarasse  costantemente  la  sua 
sorpresa,  per  la  proposta  delle  basi  che  yolevansi  adottare  dal  Governo 
per  un  riordinamento  degli  affari  religiosi ,  e  ch'  egli  stesso  dichiaro 
fin  da  principio  contrarie  alle  idee  ed  alle  speranze  concepite  dalla  S.  Se- 
de.  Comprendera  ad  un  tempo  V.  E.  come  il  prelodato  Nunzio  apostoli- 
co, ben  conscio  delle  intenzioni  del  S.  Padre,  non  potesse  usare  un  dif- 
ferente  linguaggio  nelle  varie  conferenze  avute  in  proposito ;  sicche  nel- 
la Nota  officiale,  diretta  al  Ministro  di  grazia  e  giustizia  in  data  dei  25  Di- 
cembre,  responsiva  ad  altra  del  precedente  giorno,  pote  francamente  di- 
chiarare,  che  nell'udienza  concessagli  il  giorno  17  da  S.  M.  1' Imperatore, 
al  leggere  il  progetto  presentato  da  Sua  Maesta  ,  ebbe  a  rispondere  con 
franchezza  che  le  sue  istruzioni  erano  in  tutto  conformi  a  quanto  Sua 
Santita  esprimeya  nella  sua  lettera  al  Sovrano ;  e  che  le  stesse  cose  egli 
ripete  e  sviluppo  nelle  conferenze  successive  con  S.  M.  1'lmperatrice  e  lo 
stesso  Ministro  di  grazia  e  giustizia. 

«  Ne  in  verita  altra  poteva  essere  la  condotta ,  altro  il  linguaggio  del 
Rappresentante  della  Sede  apostolica.  Incaricato  egli  espressamente  dal 
S.  Padre  di  tutelare  e  proteggere  la  esclusivita  della  cattolica  Religione  in 
un  paese  eminentemente  cattolico,  come  avrebbe  egli  potuto  ammettere 
per  base  di  una  trattativa  la  tolleranza  di  tutti  i  culti ,  quando  la  stessa 


CONTEMPORANEA  233 

S.  Sedenei  suoi  trattati  con  Governi  di  popolazioni  raiste  non  fu  mai  in  gra- 
do  di  riconoscere  in  principio  una  siffatta  tolleranza,  e  solo  guarenti,  ove 
esisteva  in  via  di  fatto,  che  cio  fosse  senza  pregiudizio  alcuno  della  cat- 
tolica  Religione?  La  nazione  messicana  poi  vanta  fra  le  prime  sue  glo- 
riela  esclusivita  della  cattolica  Religione,  e  la  storia  di  questi  ultimi  tem- 
pi ben  ci  ricorda  qual  risultato  avessero  i  ripetuti  tentativi  dei  nemici 
della  Chiesa,  per  introdurre  nel  territorio  messicano  la  liberla  dei  culti. 
Una  tale  misura,  per  nulla  reclamata  dall'attuale  condizione  di  Messico, 
che  anzi  respinta  dal  voto  universale  dei  popoli ,  mentre  riuscirebbe  di 
funesto  esempio  alle  altre  popolazioni  e  agli  altri  Governi  dell'  America 
meridionale,  apporterebbe  al  Messico  una  serie  di  calamita,  e  lungi  dal 
facilitare  il  rioi  dinamento  degli  affari  religiosi ,  ad  altro  non  servirebbe 
ma  ad  intievolire  viepiu  la  catlolica  fede  e  ad  abbattere  per  sempre  la 
ecclesiastica  disciplina. 

«  Passando  poi  a  parlare  dei  beni  della  Chiesa,  ogni  principio  di  giusti- 
zia  domanda  che  il  patrimonio  ecclesiastico,  insieme  ai  diritti  ad  esso  an- 
nessi,  sia  dal  Governo  civile  rispettato  e  guarentito.  Cio  esige  la  natura 
della  Chiesa,  yera  e  perfetta  societa  distinta  ed  indipendente  dal  potere 
ciyile;  cio  e  ooyuto  alia  liberta  ed  indipendenza  dei  sacri  Pastori  e  de- 
gli altri  Ministri  dell'Altare;  cio  richiede  il  sostentamento  e  sollievo  dei 
poyeri  ;  cio  il  decoro  del  culto  divino ;  cio  inline  reclamano  gli  stessi  in- 
teressi  dell'  ordine  sociale,  la  cui  esistenza  e  seriamente  minacciata,  oye 
lo  spoglio  violento  e  1'usurpazione  deH'altrui  legittima  propriela  yiene  au- 
torizzata.  Non  sarebbe  adunque  possibile  che  la  Chiesa  cedesse  allo  Sta- 
to  tutti  i  suoi  diritti  sul  patrimonio  ecclesiastico  ;  e  molto  meno  la  Santa 
Sede  potrebbe  permettere  che  ad  una  dotazione  libera  ed  indipendente, 
altra  ne  yenisse  sostituita  dal  pubblico  tesoro,  che  ponesse  i  Ministri  di 
Dio  in  eguale  condizione  degli  altri  pubblici  funzionarii  dello  Stato.  Ne 
questo  per  certo  si  attendevano  i  Vescoyi  ed  il  Clero  messicano,  quando, 
uniti  a  tutti  i  cittadini  di  quella  nazione,  alzavano  preghiere  a  Diq  per 
affrettare  1'arrivo  del  novello  Sovrano,  da  loro  stessi  chiamato  a  salire  ii 
trono  imperiale ;  dal  quale  invece  domandarouo  che  distruggesse  con 
mano  potente  e  gagliarda  1'opera  della  riyoluzione,  e  riponesse  la  Chiesa 
nel  perfetto  esercizio  dei  suoi  sacrosanti  diritti. 

«  Le  decime  inoltre,  i  diritti  cosi  detti  di  stola,  ed  altri  simili  emolu- 
menti,  soliti  a  darsi  dalla  pieta  dei  fedeli  nell'amministrazione  di  alcuni 
Sagramenti,  sono  anch'essi  diritti  proprii  del  sagro  ministero,  e  la  Chiesa 
che  ne  ha  mai  sempre  regolato  1'  esercizio,  gli  ha  sempre  guareutiti ,  co- 
me quelli  che ,  mentre  aprono  un  campo  alia  generosa  pieta  dei  fedeli,  i 
quali  dalla  Chiesa  riceyono  grazie  e  favori  di  un  ordine  soprannaturale, 
permettono  anche  ai  ministri  del  santuario  di  vivere,  com'  e  giusto  e  do- 
yeroso,  delle  stesse  fatiche  e  dei  sudori  del  pastorale  loro  ministero. 

«  Altre  simili  osservazioni  potrebbero  farsi  sul  resto  delle  basi  propo- 
ste  da  S.  Maesta  al  Nunzio  apostolico,  relativamente  agli  Ordini  religiosi, 
al  registro  civile,  all'  immunita,  ai  cimiteri.  Ma  tralasciando  ,  per  amore 
di  breyita,  di  fermarsi  sull'esame  di  questi  articoli,  che  non  troyansi  ben 
definiti  nel  progetto  imperiale  ,  il  sottoscritto  Cardinale  non  puo  lasciare 
senza  speciali  osservazioni  la  quinta  fra  le  basi  proposte  da  Sua  Maesta, 
oye  e  detto  che  I'lmperatore  e  i  suoi  successori  avranno  IN  PERPETUUM  tut- 
ti i  privilegi  e  le  prerogative,  che  i  Re  di  Spagna  aveano  sidle  chiese  dei 


234  CRONACA 

dominii  spagnuoli  nelle  Americhe.  Y.E.  ben  sa  che,  ad  eccezione  del  dirit- 
to  di  patronato  sui  benetizii  eeclesiastici,  concesso  dalla  s.m.di  Giulio  II 
ai  Sovrani  di  Spagna  e  di  qualche  aitro  speciale  privilegio  contenuto  in 
altriatti  pontificii,  tultak  ingerenza,  che  si  pretese  esercitare  sulle  cose  e 
persone  ecdesiastiche  di  America,  fu  contrariata  mai  sempre  e  riprovata 
dalla  Sede  apostolica.  Conosce  inoltre  V.  E.  come  i  Roman!  Ponlefici  si 
opposero  con  ogni  energia  alia  riproduzione  di  simili  abusi  nei  Gpverni, 
suceeduti  alia  Spagna,  nelle  varie  repubbliche  dell'America  meridionale, 
e  come  npn  pochi  di  essi,  benche  avversati  in  mille  modi  dallo  spirito 
demagogico  dei  partiti  e  dalle  inassime  di  una  falsa  filosofia,  fecero  ra- 
gione  ai  reclaim  della  Santa  Sede,  e  rendendo  omaggio  alia  suprema  au- 
torita della  medesima,  stipularpno  dei  Concordat,  ovee  gli  abusi  eredi- 
tati  scqmparvero,  ed  alcuni  dei  legittimi  privilegi  vennero  dinuovo  con- 
cessi  ai  capi  di  quelle  novelle  repubbliche. 

«  Ora  duoque  lo  scrivente  e  in  obbligo  di  dichiarare  che,  fatta  una  di- 
stinzione  fra  i  privilegi  legittimi,  concessi  una  yplta  alia  Spagna,  e  la  in- 
debita  ingerenza  esercitata  alle  volte  sopra  yarii  puoti  delle  cose  e  per- 
sone ecclesiastiche,  1'attuale  dinastia  del  novello  Imperatore  non  potreb- 
be  in  modo  alcimp  succedere  al  godimento  dei  primi,  concessi  esclusiva- 
mente  alia  dinastia  di  Gastiglia  e  Leone,  senza  una  speciale  e  nuova  COB- 
cessione  per  parte  della  Sede  Apostolica  ;  e  che  in  quanto  alia  seconda1, 
ogni  atto  del  noyellp  Reggitore  del  Messico  sarebbe  una  vera  usurpazio- 
ne,  egualmente  ingiusta  che  riprovevole,  e  la  Santa  Sede  noa  cesserebbe 
mai  dal  protestare  e  reclamare  contro  una  pretensipne  diretta  a  distrug- 
^?ere  1'  autorita  della  Chiesa ,  e  ad  allarmare  lo  spirito  e  le  coscienze  dei 
Pastori  e  dei  fedeli. 

«  Mentre  per  altro  il  Santo  Padre  trovasi  in  dovere  di  far  nota,  col  mez- 
zo del  sottoscritto  ,  questa  formale  diffidazipne  all'  imperial  Corte  del 
Messico  sopra  ua  punto  cosi  rilevante ,  non  intende  con  cio  di  ricusarsi 
di  entrare  in  amiehevoli  trattative  per  istabilire  i  mutui  rapporti  fra  la 
Chiesa  e  lo  Stato,  e.per  irapedirela  riproduzione  dei  lamentati  abusi.  A 
questo  tine  appimto  spno  direlte  le  istruzioni  gia  date  al  Nunzio  aposto- 
lico  sopra  tutti  i  punli  deli'  ecdcsia-stiea  disciplina  ;  le  quali  essendo  det- 
tate  da  uno  spirito  di  perfetta  conciliazione,  non  potranno  a  meno  di-fa- 
cilitare,  nel  vero  interesse  delta  Chiesa  e  dellp  Stato,  la  soluzipne  delle 
piii  ardue  e  difficili  quistioni.  In  virtu  di  tali  istruzioiii  il  Nunzio  appsta- 
lico  e  autorizzato  a  ricevere  dal  Governo  imperiale  quei  progelti  di  ge- 
nerale  accpmpdamento  degli  affari  religiosi,  che  meglio  corrispondano  ai 
yeri  e  reali  bisogai  della  Chiesa  messicaua  ,  e  che  sieop  couibrmi  aiie 
massime  e  ai  principii  proclamati  nelle  varie  Convenzioni,  conchiuse  coi 
Governi  di  cattoliche  nazioni.  La  Santa  Sede  sara  sempre  pronta  ad 
accogliere  con  benevolenza  siffatte  proposte  ,  e  custode  gelosa  del  pote- 
re  che  ebbe  da  Dio  per  edificare  e  non  gia  per  distruggere,  sara  ben 
cpntenta  di  concorrere  con  la  sua  autorita  a  stabilire  e  sanzionare  1'  atta 
di  accordo  e  di  aileanza  fra  i  due  supremi  poteri. 

«  Questa  e  la  lusinga  che  il  Santo  Padre  ama  ancora  di  nudrire ,  non 
ostante  gli  avvenimenti  ultimi  del  Messico,  che  lo  hanno  si  profonda- 
mente  conturbato.  Sua  Santita  ritiene  per  fermo  che  per  ridonare  la  pa- 
ce agli  spiriti ,  per  calmare  le  ansieta  delle  coscienze ,  per  assicurare  la 
prosperita  della  Chiesa,  per  consolidare  infme  lo  stesso  ordine  civile,  e 


CONTEMPORiNEA  235 

assolutamente  indispensabile  che  i  due  poteri  si  niettano  pienamenle  di 
accordo ,  e  che  1'autorita  civile,  rispettando  i  diritli  della  Chiesa ,  riceva 
da  questa  un  sicuro  e  valido  appoggio.  Non  vuol  credere  il  Santo  Padre 
che  Sua  Maesta,  educata  in  seno  di  una  cattojica  famiglia ,  cosi  bene  ani- 
mata  a  riguardo  della  Chiesa,  sia  per  disconoscere  il  vero suo  interesse, 
e  lo  scopo  reale  della  missione  affidatagli  da  Dio.  Spera  invece  che  la 
stessa  Maesta  Sua  vorra  recedere  dal  canimino  tracciato  nella  lettera  al 
suo  ministro  Escudero ,  e  che  vorra  quindi  dispensare  la  Santa  Sede  dal 
prendere  quelle  mi  sure  che  valgano  a  mettere  in  salvo  in  faccia  al  Mon- 
do  la  respousabilita  del  Capo  augusto  della  Chiesa;  tra  le  quali  non  sa- 
rebbe  certamente  1'  ultima  il  richiamo  del  pontificio  Rappresentante  dal 
MessJco,  onde  non  resti  ivi  impotente  spettatore  dello  spoglio  della  Chie- 
sa e  della  yiolazione  dei  suoi  piu  sacrosanti  diritti. 

«  Lo  scrivente  Cardinale,  nel  pregare  V.  E.  a  voler  fare  giungere  al 
trono  di  Sua  Maesta  questi  sentimenti  e  queste  dichiarazioni  del  Capo 
della  Chiesa ,  prolitta,  ecc.  » 

STATI  SARDI  1.  II  Senato  discute  edtipprova  il  matrimonio  civile  —  2.Dichia- 
razione  dell' Episcopate  deH'Umbria  circa  i  lisultati  di  tal  legge,  ivi  intro- 
dotta  dal  Pepoli  —  3.  Frulti  immorali  del  matrimonio  civile  provali  a 
punta  di  statistiche  —  4.  Duello  comantlato  dal  sig.  Angioletti,  ministro 
della  Marina;  punizione  da  lui  inflitta  a  chi  rifmlo  il  duello  —  o.  Spese  per 
la  slcurezza  pubblica  -—  6.  Mentita  al  Mazzini  circa  il  snpposto  protocpl- 
lo ,  aggiunto  alia  Convenzione  del  15  Settembre,  per  la  cessione  del  Pie- 
monte  alia  Francia. 

1. 1  nostri  timori  non  erano  pur  troppo  fondati  sul  falso ;  e  quella  lai- 
dezza  legale,  che  si  denomina  matrimonio  civile,  inserita  dal  Vacca  nel 
nuovo  codice,  fn  approvata  anche  dal  Senato.  La  sanzione  del  Re,  secon- 
do  i  dettati  coslituzionali,  ora  che  son  d'accordo  Ministri  e  Camere ,  non 
puo  mancare;  e  cosi  1'  Italia  avra  fatto  un  gran  passo  di  piu  verso  quel 
termine  fatale,  a  cui  la  sospinge  la  Frammasoneria;  la  quale,  come  riferim- 
mo  altre  volte,  recitando  le  proprie  parole  dei  capi  della  setta,  ha  per  suo 
line  ultimo  di  abbattere,  lion  pure  la  sovranita  temporale  ma  eziandio  la 
spirituale  del  Papa,  e  sterminare  cosi  al  tutto  il  cattolicismo. 

Alii  16  Marzo  si  comincio  la  discussiqne  sopra  questo  argomento  nel 
Senato,  dopo  che  la  Camera  avea,  quasi  senz'  altro  contrastp  che  un  bel 
discorso  di  Cesare  Cantu,  pienamente  approvata  a  grandissima  pluralita. 
di  suffragi  codesta  legge,  diretta  a  scristianeggiare  in  Italia  il  matrimo- 
liio.  11  Minislero  avrebbe  voluto  che  anche  ii  Senato,  ad  occhi  chiusi, 
per  non  fare  cosa  ingrata  alia  setta  dominante,  approvasse  tale  enormez- 
za,  senza  molestia  di  disarnine  od  opposizioni.  Percio  il  Vacca  diceva  ai 
Senatpri:  «  Se  tornera  impossibile  una  discussipne  particolareggiata , 
sara  lieto  tutlavia  il  Minislero,  se  gli  verrannp  dati  dal  Senato,  in  quella 
forma  che  ei  stimera  piu  appropriata  (purche  non  renda  necessario  un 
nuovo  esame  nella  Camera  dei  Deputati) ,  quei  consigli  che  riputera  ne- 
cessarii,  affiiie  di  recare  a  maggiore  perfezione  i  Codici  e  le  leggi  da  pub- 
hlicarsi  A. 

Questa  era  una  vera  insolenza  contro  il  Senato,  detta  per  giunta  da 
un  Ministro  senatore.  II  conte  Sclopis  se.ne  dolse,  nella  tornata  del  15  dl 
Marzo,  colle  seguenti  parole:  «  Non  so  se  il  signor  Ministro  della  giustizia 


236  CRONACA 

lo  abbia  detlo  per  celia,  ma  e  anche  strana  la  locuzione,  d'  invitare  il  Se- 
nato  a  fare  in  quel  modo  che  egli  creda  piu  appropriate,  proponendogli 
di  emettere  le  sue  osservazioni,  purcbe  non  si  debba  rimandare  la  legge 
all'  altro  ramo  del  Parlamento.  Ma  e  dunque  spodestare  il  Senato  che  si 
vuole?  Ma  dunque  o  tacera  la  voce  del  Senato,  o  si  riduce  e  si  impiccio- 
lisce  1'azione  del  Senalo  al  punto  di  dare  soltanto  dei  consigli?  1  ».  Lo 
stesso  ministro  La  Marmora  fu  obbligato  a  chiedere  scusa  al  Senato  della 
poco^  fortunata  frase  del  suo  collega;  e  con  quest' esordio  s' incominciava 
la  discussione  sul  matrimonio  civile.  I  Senatori  doveano  sapere  che  chi 
non  rispettava  ne  il  Pontetice,  ne  la  Chiesa,  ne  i  Sacramenti,  poco  rispet- 
to  poteva  sentire  pel  Senato  del  Regno.  Di  poi  passavasi  a  favellare  in 
generate  della  vptazione  a  vapore  di  una  massa  enorme  di  nuove  leggi, 
cioe  qualtro  Codici  intieri  e  cinque  leggi  organiche,  che  si  debbono  attua- 
re  in  Italia,  per  compiere  r  unificazione  legislativa.  II  senalore  Tccco 
deplorava  la  necessita  di  discutere  a  questo  modp,  «  conseguenza  dell'ob- 
bligo  disastroso  del  trasferimento  di  questa  Capitale,  impostoci  nel  ter- 
mine  di  sei  mesi  da  una  infausta  Convenzione  2  ».  Ed  il  senatore  Chigi 
soggiungeva:  «  Preoccupato  dall'  idea  che  nessun  Inglese  od  Americano 
voterebbe  un  blocco  di  leggi  senza  discussione  vera ,  quantunque  cono- 
sca  che  si  pone  innanzi  la  ineluttabile  necessita ,  avendo  tale  necessita 
servito  da  5  anni  a  questa  parte  piu  o  meno  allo  stesso  oggetto,  dichiaro 
che,  non  sentendomi  da  meno  di  qualsiasi  Inglese  o  Americano,  votero 
contro  3  ».  Dopo  questa  generica  discussione,  il  17  di  Marzo,  s'  entro 
nelle  viscere  deU'argomento. 

L'esito  della  discussione  dimostro  quanto  yalga  il  meccanismo  costitu- 
zionale  e  parlamentare ,  quando  e  maneggiato  da  un  Ministero  che  sa 
prepararsi  a  modo  suo  Senato  e  Camera  di  Deputati.  La  ragione  e  la  giu- 
stizia  potra  splendere  di  luce  smagliante,  come  un  sole  di  mezzodi ;  ma 
quando  si  verra  a  suffragi,  la  pluralita  del  numero  dei  divoti  al  Ministe- 
ro ,  convocati  a  tempo,  anche  senza  aver  udito  sillaba  dei  tenuti  ragiq- 
namenti ,  votera  secondo  il  cenno  avuto  da  chi  comanda  e  paga  e  distri- 
buisce  ufficii  ed  onori ;  ed  ecco  fatto  il  becco  all'  oca. 

Non  ci  prendiamo  1'  incarico  di  fare  1'analisi  di  quella  discussione,  che 
troppo  diverrebbe  prolissa;  ma  ci  basti  dire  che  parlarono  egregiamente, 
benche  in  diverse  forme  e  con  sensi  varii,  contro  la  sporcizia  del  concu- 
binato  legale,  i  senator!  Revel,  Castagnetto,  Siotto  Pintor,  Mameli,  Dra- 
gonetti,  Cataldi,  Chigi,  Sclopis,  Ghiglini,  Mpns.  Collabiana  Vescovo  di 
Casale,  e  qualche  altro,  che  con  grande  coraggio  si  espqsero  percio  alle 
beffe  ed  ai  sarcasmi  de'settarii.  Per  contro  furono  tra  i  piu  ardenti  soste- 
nitqri  del  disegnp  ministeriale  parecchi  Senatori,  tratti  dal  reame  di  Na- 
poli ,  come  quelli  che  dalle  dottrine  Tanucciane  erano  gia  predisposti  a 
sancire  ogni  enormezza  in  tal  genere. 

Indarno  furono  proposte  parecchie  modificazioni  per  salvare  almeno  la 
necessita  della  benedizipne  nuziale  pe'  cattolici ,  o  decretare  la  nullita 
del  matrimonio  dei  preti  e  frati  apostati ,  ovvero  pel  caso  in  cui  la  cele- 
brazione  dal  sacramento  innanzi  alia  Chiesa  fosse  stipulata  come  condi- 

-I   Atti  uff.  del  Senato,  n.<>  400, 
2  Atti  uff.  num.  cit.  pag.  ^ 
5  Attiuff.,  num.  404,  pag. 


CONTEMPORANEA  237 

zione  del  contralto.  A  nulla  valse  il  moslrare  la  giustizia  di  dare  almenq 
qualche  soddisfazione  al  sentimento  cattolico.  La  pluralita  dei  Senator! 
respinse  tutte  inesorabilmente  quelle  pronoste,  nella  tornata  del  24  Mar- 
zo ;  ed  in  quella  del  29,  venutosla  squittinio  segreto  sopra  questa  legge 
dell'unificazione  legislativa,  che  comprende  pure  il  matrimonio  civile, 
quella  fu  approvata  da  70  voti  favoreyoli  sopra  104  yotanti. 

2.  L'Episcopato,  ed  anche  i  semplici  fedeli,  con  richiami  e  protestazioni 
e  pelizioni  numerqsissime  ,  ayeano  posto  in  opera  tutti  gli  spedienti  of- 
ferti  dalla  cqstituzione ,  per  risparmiare  questa  sacrilega  e  yituperosa 
bruttura  all'infelicissima  Italia.  Ma  era  scritto  nei  decreti  di  chi  regge  le 
cose  del  nuovo  regno  ,  che  questo  portato  della  rivoluzione  e  dei  princi- 
pii  del  1789  dovesse  ammorbare  anche  la  penisola  nostra,  con  quel  frutto 
che  i  Yescovi  dell'Umbria  in  una  loro  dichiarazione,  stampata  mWUnita 
Cattolica  del  19  e  21  Marzo  ,  dimostrarono  essersi  gia  cominciati  a  pro- 
durre  nell'  Umbria,  dove  il  concubinato  civile  fu  bandito  come  legge  da 
quel  marchese  Gioacchino  Pepoli ,  che  recentemente  manipolo  la  Con- 
venzione,  ond'e  rassodato  il  nuovo  regno  in  onta  del  Trattato  di  Zurigo. 

Po'sti  in  chiaro  i  danni  gravissimi  recall  percio  alia  religione  ed  al 
buon  costume,  le  lotle  che  ne  derivarono  contro  Taulorila  nella  Chiesa, 
le  laidezze  d'  ogni  genere  che  viluperarono  le  cilta  ,  le  violenze  fatte  ai 
parrochi ,  la  rovina  delle  coscienze,  dimostrarono  come  percio  ancora 
n'andassero  a  male,  non  pure  la  concordia  delle  famiglie  ,  ma  persino  la 
stabiiila  delle  npzze,  moltiplicandosi  i  divorzii,con  irreparabiledelrimento 
della  prole.  E  tinirono  scongiurando  che  si  mettesse  termine  a  tanta  in- 
famia.  II  Senalo  invece  la  legittimo. 

3.  La  parola  dei  Vescovi  non  potea  trovare  ascolto  dai  seltarii,  i  quali 
procedendo  per  impulse  irreligioso  ed  empio ,  non  badano  a  ragioni,  e 
neppure  a  quella  irresislibile  eloquenza  delle  statistiche  ,  a  cui ,  quando 
non  si  tralla  di  religione ,  sogliono  piegarsi  e  darsi  vinti.  II  senatore 
Chigi,  nella  tornata  del  20  Marzo  ,  avea  ,  a  punta  di  cifre  autenliche  , 
messe  in  evidenza  le  schifose  sequele  del  malnmonio  civile,  Iraendone  i 
dati  di  la  dove  e  legge  di  Stalo.  Egli  avea  citato  il  signor  Carlo  Dupin  , 
che  nella  tornata  del  2  Gennaio  1843,  diceva  all'accademia  delle  scienze 
di  Parigi,  «  che  il  terzo  dei  bambini  che  nascono  in  quella  immensa  cit- 
ta,  sono  baslardi ;  che  un  ottavo  incirca  dei  bambini  viene  esposto  ed 
abbandonato  appena  nalo ;  che  un  terzo  dei  nati  spira  allo  spedale  sopra 
un  misero  pagliericcio  ».  Egli  avea  letto  uno  squarcio  di  lettera  d'  un 
pubblicisla  della  scuola  irreligiosa  di  Francia  ,  che  riconosce  per  oracqli 
il  Liltre  e  1' About ;  nella  cjuale  diceasi  che  «  la  race  ouvriere  viye  in 
gran  parte  in  concubinaggio  »  ;  poi  avea  allegato  i  seguenti  risultali : 

«  Nella  statislica  pubblicala  nel  1860  da  Block  (  ebreo  di  religione) 
resumente  le  statistiche  ufficiali ,  dietro  uno  scandaglio  riportantesi  agli 
anni  1781-82-83-84,  la  Francia,  allora  sottomessa  ai  malrimonii  pura- 
mentereligiosi,  contava  in  media  annualmente  229,000  matrimonii  sopra 
una  popolazione  di  circa  24  milioni  di  anime.  La  popolazione  dunque  era 
di  un  malrimqnio  per  104  abitanti. 

«  Durante  il  periodo  dal  1831  al  1856  ,  sotto  lo  impero  della  legge  at- 
tuale  non  e  piu  che  280,000  per  36  milioni  di  anime,  cioe  1  sopra  129. 

«  About  pure  constata  che  in  Francia  la  popolazione  decresce  di  un 
16,483  nascite  all'anno. 


238  CRONACA 

«Ecco,  secondo  il  dizionarip  di  Economia  politica 
la  proporzione  del  numero  dei  matrimonii  a  quello  degli  abitanti,  e  quello 
delle  nascite  illegittime  al  numero  totale  delle  nascite : 

«  Pieraonte  un  matrimonio  su  154  abitanti  e  212  nascite  illegittime 
su  10,000.  Belgio  tin  matrimonio  su  154  abitanti  e  745  nascite  ille- 
gittime  su  10,000.  Francia  un  matrimonio  su  123  abitanti  e  774  nasci- 
te illegittime  su  10,000.  Ora  tra  i  figli  natural),  il  numero  degli  ahorti 
s'innalza  al  doppio  di  cio  che  e  tra  i  tigli  legittimi.  Cosi  arriva  in  Fran- 
cia alia  proporzione  di  310  su  10,000  nascite,  inentre  in  Pieraonte  snlle 
stesse  10,000  non  e  che  di  107.  Due  terzi  meno!  1  Adunque  protestanti 
e  cattolici  pensano  egualmente  sul  matrimonio  civile.  » 

4.  Al  Governo  di  Torino  poco  preme  di  moralita,  purche  si  venga  a 
capo  del  suo  disegno  di  tbggiar  1' Italia  sul  modello  degli  Stati,  in  cui  e 
piu  malmenata  dalle  leggi  la  Religione  cattolica.  Anzi  neppur  si  cura  di 
violare  le  proprie  leggi  civili ,  quando  riguardano  un  punto  di  morale. 
Abbiamo  accennato  altra  volta  al  cinismo  con  che  gli  stessi  Ministri  e 
4egislatori  si  beffavano  delle  proprie  circolari,  leggi,  ordinazioni,  e  dei 
Fisco,  rispetto  a  quell' assassinio  premeditate  che  dicesi  duello.  Or  ecco 
quello  che  fu  stampato  a  Torino  dall'  Unita  Cattolica  del  29  Marzo,  senza 
che  veruno  osasse  mupverne  richiamo  come  di  racconto  inesatto. 

«  In  conseguenza  di  varii  articoli  di  gravissime  censure  contro  parec- 
chi  uffizial-i  della  marineria  pubblicati  dal  Diritto  ,  il  Ministro  della  ma- 
rina ordino  che  un  uffiziale  dello  stesso  corpo  andasse  a  slidare  il  diret- 
tpre  di  quel  giornale.  La  scelta,  o  sorte  che  sia  ,  cadde  sul  luogotenente 
di  vascello  Cesare  de  Negri ,  il  quale,  dopo  aver  accettato  il  mandato,  e 
Tenuto  a  posta  a  Torino ,  fatto  miglior  senno ,  dichiaro  che  la  sua  co- 
scienza  non  gli  permetteva  di  fare  un  duello.  II  Ministro  destitui  imme- 
diatamente  il  luogotenente,  per  aver  rifiutato  di  eseguire  una  cosa  del 
pari  condannata  dalle  leggi  divine  ed  umane,  e  dalla  propria  coscienza. 
Non  contento  di  cio  il  Ministro  fece  intimare  all'altro  ufliciale  De  Negri 
Alberto,  fratello  del  Cesare,  che  egli  doveva  sottentrare  al  fratello  nel  /x>- 
5/0  d'  onore  da  questo  abbandonato.  II  De  Negri  Alberto  si  sottopose  al- 
1'ordine  iniquo,  e  venne  a  presentare  il  duello  al  direttore  del  Diritto.  Ma 
questi  fece  giudicare  il  caso  dagli  uomini  competent! ,  i  quali  decisero 
che  «  il  buon  senso,  la  morale,  la  cavalleria  impedivano  una  partita  alle 
armi  fra  uomini  che  neppure  si  conoscevano,  e  Ira  cui  non  era  corsa  of- 
fesa  di  sorta  ».  Ma  il  Ministro  non  si  die  vinto,  e  ordino  al  signer  Alber- 
to De  Negri  d'  insultare  il  direttore  del  Diritto  per  costringerlo  a  batters! 
con  lui.  Naturalmente  il  De  Negri  respinse  questa  yillana  proposta;  quin- 
di  venne  anch'essso  destituito  1  Che  piu?  Destitui  lo  stesso  contrammi- 
raglio  Wright,  percbe  non  costrinse  il  luogotenente  Alberto  De  Negri 
a  provocare  con  un  insulto  il  direttore  del  Diritto.  Tali  sono  i  fatti  espp- 
sli  dal  Diritto  del  28  Marzo,  con  parole  di  sommo  disprezzo  verso  il  Mi- 
nistro ed  il  suo  indegno  procedere.  »  Qui  e  inutile  aggiungere  parole 
di  comento. 

5.  L'Armonia  di  Torino  (n.°  74)  ricavp  dall'esposizipne  finanziaria  dei 
ministro  Sella  una  parte  delle  spese  che  si  fanno  per  la  sicurezza  pubblica; 
la  quale,  come  si  sa,  e  tanta  che,  non  solo  nell'  isola  di  Sicilia,  ma  ezian- 
dio  nella  stessa  Torino  e  d'  uppo  camminare  armato  di  buone  pistole  a 
ri volta,  chi  voglia  avventurarsiaduscire  la  sera,  senza  grave  pericolo  di 
essere  spogliato  da'  ladri  od  assassinate  da'  malandrini.  Ecco  le  parole 


CONTEMPORANEA  239 

del  citato  giornale:  «  La  Pplizia  ci  costa  all'aimoL.  55,461,085  70,  cipe: 
il  Ministro  della  guerra  pel  carabinieri ,  L.  20,956,624;  quello  dell'  in- 
terno,  L.  30, 717, 112  45;  quellp  della marina, pel  galeptti,L.3,784,34929. 
E  cio  senza  le  spese  di  giustizia,  cioe  stipend!!  a  magistral'!,  perizie,  testi- 
monii  ecc.  Dunque  abbiamo  un  bilancio  di  Polizia,  che  ci  cosla  piu  di 
55  milioni,  e  siamo  mangiati  vivi  dai  malandrini!  Vale  proprio  la  spesa!» 

6.  Nel  precedente  quaderno  (pag.  114)  abbiamo  recitato  i  supposti  ar- 
ticoli  d' un  protocollo  addizionale,  che  V  Unitd  italiana  spaccio  esserst 
stipulate  tra  la  Francia  e  I'ltalia,  insieme  con  la  famosa  Convenzione  del 
15  Settembre.  11  Constitutionnel  appello  quella  nptizia  mazziniana  col  no- 
me  di  impudent!  e  ridicole  invenzioni.  L'  Unitd  italiana,  punta  sul  vivo, 
dichiaro  che  il  20  Marzo  avrebbe  pubblicato  un  documento,  onde  sarebbe 
chiarito  esser  verissima  la  sostanza  di  quegli  articoli.  La  curios!  ta  pub- 
blica  era  eccitata  in  sommo  grado  da  codeste  altercazioni  fra  rivoluzionarii 
moderati  e  repubblicani.  L'  Unitd  italiana  tenne  parola,  ed  alii  20  Marzo 
pubblico  una  lettera  del  Mazzini,  in  cui,  non  solo  si  cqnfermava  1'esisten- 
za  di  quel  protocollo  segreto,  ma  s'indicava  perfino  il  luogo  ed  il  modo 
con  che  si  conservava  nell'Archivio  del  Miuistero.  11  Governo  di  Torino 
temette  che  quella  pretesa  rivelazione  dovesse  produrre  qualche  perico- 
losa  agitazione,  e  fece  subitq  sequestrare  1'  Unita  italiana.  Ma  il  di  ap- 
presso  piu  altri  giornali,  anzi  gli  stessi  diarii  ufficiosi,  stamparono  impu- 
nemente  una  lettera,  pur  del  Mazzini,,  la  quale  ci  pare  di  dover  qui  rif'e- 
rire  (vera  q  falsa  che  ne  sia  la  contenenza)  tal  quale  fu  pubblicata  dalla 
Far f alia,  diario  torinese;  perche  quando  pure  il  fatto  sia  insussistente, 
questo  documento  prova  quali  siano  le  apprensioni  piu  gagliarde  onde 
sono  crucciati  i  democratic!  iialiani,  dopo  aver  raccolto  si  copiosi  frutti 
dall'alleanza  e  protezione  francese.  Ecco  la  lettera  del  Mazzini : 

«  L'  istinto  popolare  ha  rivelato  alia  provincia  piemontese  d'  Italia  ira 
pericplo.  Questo  pericolo  e  fondato.  Esiste  nell'  ufficio  del  Ministero  degli 
esteri  un  rotolo  di  otto  pagine,  in  cartoncino  inglese,  avvolto  in  rasp  ci- 
lestro.  Questo  rotolo  coritiene  un  protocollo  aggiunto  alia  Convenzione 
del  15  Settembre  1864.  E  il  protocollo  dichiara:  Che  il  Governo  italiano 
s'assume  d'astenersi  da  ogni  impresa  sul  Veneto,  e  d'impedire  energica- 
mente  qualunque  impresa  sul  Veneto  volesse  tentarsi  dal  Partito  d'azione 
o  da  altri ;  —  che,  se  avvenimenti  imprevedibili  e  piu  potenti  degli  ob- 
blighi  assunti  concedesserp  sia  Roma,  sia  Venezia  all'. Italia,  avra  luogo 
una  rettificazione  di  frontiers  tra  la  Francia  e  1'  Italia;  —  che  la  discus- 
sione  esordira  dal  tiume  Sesia,  considerato  come  frontiera  della  Francia. 
11  protocollo  ha  la  lirma  del  ministro  Visconti-Venosta  e  d'altra  persona. 

«  Nessuno  vorra,  suppongo,  pretendere  ch'  ip  riveli  la  sorgenle  della 
mia  certezza.  Ma  io  ricprdero  agli  Italiani,  che  rivelai,  un  anno  prima  del 
fatto,  la  cessione,  statuita  a  Plombieres,  di  Nizza  e  Savoia,  e  che  io  tras- 
misi  all'  Unitd  ilaliana  la  sostanza  deila  Convenzione.de!  15  Settembre, 
prima  assai  che  alcuno  in  Italia  ne  sospettasse. 


educata 

mento  e  il  patibolo  per  gli  uomini  che  Io  firmarono.  Io,  avverso  alia  pena 
di  morte,  non  vedp  che  una  risposta  degna  dell' Italia  e  segnatamente  del 
piccolo  Paese  appie  delle  Alpi:  dire,  con  fatti,  all'  Imperatore  stranicro: 
Sire,  voi  errate :  avremo  Venezia,  e  non  avrete  il  Piemonte. 
«  13  Marzo.  Vostro  GIUSEPPE  MAZZINI.  » 


240  CRONACA 

Tuttpche  il  Mazzini  si  vanti,  ed  a  ragione,  d'ayer  saputp  e  denunziato 
gia  altri  gravissimi  fatti,  prima  d'pgni  altro,  e  mentre  gli  autori  di  essi 
credevano  ogni  cosa  sepolta  nel  piu  profondo  segreto  ,  pure  la  mentita 
oppostagli  dal  ministro  La  Marmora  e  dal  Yisconti  Venosta,  nella  Came- 
ra del  Deputati  nella  tornata  del  23  Marzo ,  risppndendp  al  Deputato 
Massari ,  e  cosi  esplicita  ed  energica ,  che  non  ci  sappiamo  indurre  a 
prestar  fede  anzi  all'  affermazione  che  al  diniego.  Yero  e  che  quando 
iUnita  italiana  svelo,  fin  dal  15  Agosto,  la  Convenzione  che  fu  poi  fir- 
mata  alii  15  Settembre,  quei  che  1'aveano  firmata,  ed  eransi  obbhgati  a 
serbarla  sotlq  strettissimo  segreto ,  ne  furonp  sgomentati ,  come  risulto 
dalle  indagini  fatte  dalla  Commissions  d'inchiesta,  istituita  dalla  Camera 
dei  Deputati,  pei  fatti  del  Settembre.  Ed  e  pur  verissimo  che  il  Cavour, 
con  niente  minore  energia  che  il  La  Marmora  ,  avea  negato  1*  esistenza 
d'un  trattatq  di  commercio  assai  svantaggioso  coll'lnghilterra,  nel  giorno 
stesso  in  cui  la  regina  Yiltoria  1'annunziava  nel  Parlamento,  come  gia 
conchiuso  e  ratificato;  come  lo  stesso  Cavour  nego  e  fece  negare  con  le 
forme  piu  recise  e  categoriche  la  cessione  della  Savoia  e  di  Nizza  ,  che 
gia  era  patloyita,  e  cominciaYa  ad  affettuarsi,  e  fu  compiuta  sol  due  mesi 
dopo.  Di  che  puo  leggersi  utilmente  cio  che  scrisse  YUnita  Cattolica  del 
23  Marzo.  Lasceremo  dunque  ai  fatti  la  cura  di  giustificare  il  Mazzini  od 
i  suoi  contraddittori. 

HI. 

COSE  STRANIERE. 

FRANCIA  1.  CennI  soprai  document!  del  Libra  giallo,  e  le  discussioni  clel- 
1'  Indirizzo  nel  Senate  —  2.  Lettera  di  Napoleone  III  per  favori  alia 
citta  di  Lione  —  3.  Morte  del  Duca  di  Moray  —  4.  II  Marchese  di  La- 
valelte  e  nominato  Ministro  per  gli  affari  interni. 

1.  In  questo  stesso  quaderno  abbiamo  espostp,  con  quel  riserbo  che 
ci  era  imposto  dai  piu  giusti  mptivi,  quali  schiarimenti  sopra  la  Conyen- 
Tenzione  del  15  Settembre,  si  ritraessero  si  dai  documenti  comunicati  dal 
Goyerno  francese  alle  Camere  nel  Libro  giallo,  e  si  dalle  discussioni  fat- 
te nel  Senate  circa  questo  punto,  nel  disaminare  lo  schema  d'  Indirizzo. 
Qui  ci  bastera  pertanto,  e  per  gli  stessi  moliyi ,  di  toccare  alia  sfuggita 
alcun  che  della  contenenza  di  codesti  documenti  e  del  risultato  di  quelle 
discussioni,  lasciando  che,  chi  non  ne  fosse  pago  ,  yada  a  leggere  i  pri- 
mi  nel  Memorial  diplomatique  del  19  Febbraio,  ed  il  resoconto  delle  se- 
cpnde  nei  diarii  quotidiani ,  che  ristamparono  ii  sunto  ufficiale  del  Mo- 
nit eur. 

Intorno  alle  cose  d' Italia,  il  Libro  giallo  contiene!9  documenti,  mol- 
ti  dei  quali  gia  furonp  da  noi  starapati  distesamente  dal  Settembre  in 
qua.  II  primo  dei  diciannove  e  il  dispaccio  al  Conte  di  Sartiges ,  da  noi 
recilatp  nella  Serie  Y,  vol.  XI,  pag.  373,  col  quale  annunziaya  lo  sgom- 
bero  di  Roma,  e  ne  svolgeva  i  motiyi.  II  secondo,  spttola  data  del  23  Set- 
tembre, allo  stesso  Ambasciadore  in  Roma,  gli  notified,  dopo  che  era  gia 
stipulata  e  ratiticata,  la  Conyenzione  del  15  Settembre,  in  cui  il  Gover- 
no  iinperiale  scorgeya  pienamente  guarentiti  gl'  interessi,  la  sicurezza  e 


CONTEMPORANEA  241 

T  indipendenza  della  Santa  Sede.  II  terzo,  pur  del  23  Settembre  ,  al  Ba- 
rone  Malaret ,  ministro  di  Francia  a  Torino ,  gli  spiegava  il  senso  della 
Convenzione,  conlenendo  molte  lodi  air  Italia  ed  al  suo  Governo,  alia 
cui  lealta  si  commetteva  la  guarentigia  e  la  sicurezza  deilo  Stato  ponti- 
ficio.  II  quarto  e  il  testo  delta  Convenzione  stessa.  II  quinto  e  una  rispo- 
sta,  indirizzata,  al  Gramont  ambasciadoreaVienna,  sopra  i  richiamimos- 
si  dall' Austria  per  la  Gonvenzione ;  circa  la  quale  quel  Gabinetto  doleva- 
si  che  1.°  questa  si  fosse  stipulata  senza  saputa  del  Papa ;  2.°  che  con  es- 
sa  si  fosse  annientato  il  Trattato  di  Zurigo  e  ratiticata  1'  usurpazione  del- 
fe  Toscana;  3.°  che  non  si  fossero  consultate  lePotenze  cattoliche,  d'ac- 
cordo  con  le  quali  erasi  affettuato  1'  intervento  francese  a  Roma.  II  Drouyn 
de  Lhuys  rispose ,  in  sentenza  ,  che  a  bella  posta  non  s'  era  fatto  saper 
nulla  a  "Roma,  perche  si  prevedevano  i  rifiuti  ele  opposizioni  che  sareb- 
bersi  incontrate,  e  perche  il  Papa  stesso  deve  essere  eontento  che  cessi 
1'  intei'vento,  per  riacquistare  la  piena  sua  indipendenza ;  che  quanto  al 
trasporto  della  Capitale  a  Firenze,  cio  non  alterava  punto  lo  stalo  presen- 
te  di  cose  in  Italia,  poiche  di  fatto  Vittorio  Emmanuele  da  quattr'  anni 
regna  pacificamenle  stilla  Toscana ;  e  da  ultimo,  piu  seccamente,  che 
non  se  n'  era  fatto  parola  a  Vienna,  perche,  siccome  la  Francia  sola  por- 
tava  gli  oneri  dell' occunazione  di  Roma,  cosi  da  nirno  avea  a  premiere 
consiglio  circa  il  tnodo  di  spacciarsene. 

II  sesto,  sotto  il  1.°  Ottohre,  e  un  dispaccio  al  conte  Sartiges,  in  cui 
si  approva  ampiamente  il  contegno  riseryatissimo,  con  cui  yenne  accolta 
dal  Santo  Padre  e  dall'  Emo  Segretario  di  Stato  la  comunicazione  sopra 
il  Trattato  del  15  Settembre.  II  settimo  e  un  dispaccio,  sotto  il  3  Ottobie, 
al  Malaret  in  Torino,  circa  1'interpretazione  delle  clausole  che  prefiggono 
il  termine,  onde  incominciano  i  due  anni  per  lo  sgombero  di  Roma.  L'ot- 
tavo  e  la  dichiarazione  stipulata  a  Parigi  a  tal  proposito.  II  nono,  sotto 
I'll  Ottobre,  e  un  altro  dispaccio  al  Sartiges,  in  cui  si  riconosce  ragio- 
nevole  e  giusto  che  la  Santa  Sede  rifugga  dal  trattare  ufficialmente  della 
Convenzione  ,  e  di  chiarire  i  suoi  intendimenti  per  1'avvenire,  e  sopi-at- 
tutto  dal  dare  verun  segno  di  adesione  a  proposte,le  quali,  anche  per  in- 
diretto ,  implicassero,  un  riconoscimento  dell'  usurpazione  delle  perdute 
province.  Nel  decimo,  del  15  Ottobre,  al  Malaret ,  il  Drouyn  de  Lhuys 
gli  spiega  che  il  Governo  italiano  dee  premunirsi  contro  gfi  attentati  di 
chi  s' immaginasse  che  Firenze  debba  essere  solo  una  sosta  (une  etape] 
per  giungere  a  Roma  ;  ma  ha  cura  di  aggiungere  che  questo  non  dee 
guardarsi  percio  come  assetto  definitive  d'  Italia,  e  che,  mirando  ad  una 
conciliazione  fra  1' Italia  ed  il  Papato,  non  si  presume  pccorrere  a  tutti 
gli  eventi  futuri  ed  impreveduti.  Nell'undecimo  al  Sa^tiges,  sotto  il  22 
Ottobre,  lo  stesso  Ministro  riconosce  che  le  spiegazioni  date  in  Torino 
alia  Convenzione  giustiticano  in  qualche  senso  le  diffidenze  della  Santa 
Sede ;  e  percio  approva  il  temporeggiare  di  questa  quanto  al  prender 
qualsiasi  determinazipne.  II  duodecimo  al  Malaret,  sotto  il  28  Ottobre, 
attenua  le  interpretazioni  date  dal  Nigra  ,  e  dice  chiarp  che  per  mezzi 
moralinon  si  deono  intendere  le  occulte  macchinazioni  rivoluzionarie  per 
impadronirsi  di  Roma.  11  decimo  terzo  ed  il  decimoquarto  furono  da  noi 
Tiferiti  distesamente  nel  vol.  XII ,  pag.  615-19.  II  decimo  quinto  e^un 
dispaccio  del  Nigra,  da  noi  mentovato  ivi  a  pag.  618,  con  cui  giustifica 
le  sue  interpretazioni  e  le  concilia  con  quelle  del  Drouyn  de  Lhuys. 
Serie  VI,  vol.  11,  fasc.  362.  16  8  Aprile  1865, 


242  CRONACA 

II  decimosesto  e  un  dispaccio  del  Drouyn  de  Lhuys  al  Malaret ,  sotto 
il  15  Novembre,  in  cui  loda  altamente  il  discorso  tenuto  dal  La  Marmora 
alii  12,  e  tace  assolutamente  del  dispaccio  altero  che  questo  Generale 
ayeva  scritto  e  pubblicalo  alii  7,  da  noi  riferito  nel  citato  vol.  XII,  a  pa- 
gina  619. -Ma  vi  si  dice  che  «  Roma  ed  il  Patrimonio  di  san  Pietro  non 
sono  puntp  indispensabili  aU'unita  italiana  »,  e  per  contro  e  necessaria 
una  conciliazione  fra  la  Santa  Sede  e  1'  Italia.  Gli  ultimi  tre  espongono 
le  doglianze  acerbe  del  sig.  Drouyn  de  Lhuys  per  la  pubblicazione  del- 
1  Enciclica  e  per  la  condanoa  splenne  ivi  bandita  contro  i  principii  della 
societa  moderna,  sopra  i  quali  si  fpnda  1'Impero;  e  certi  richiami  asprissi- 
mi  per  aver  il  Nunzio  Monsig.  Chigi  scritte  le  riferite  leltere  ai  Yescovi 
di  Poitiers  e  di  Orleans. 

Le  discussioni  nel  Senato,  sopra  il  paragrafo  dell'Indirizzo  che  riguar- 
dava  la  Convenzione  del  15  Settembre,  le  arrecarono  quella  luce,  che 
vedemmo  al  trove.  Ma  dobbiamo  tributare  un  sincere  tribute  di  commen- 
dazione  al  yalore,  all'  eloquenza,  al  coraggio  insigne,  con  che  riyendica- 
rono  le  ragioni  della  Santa  Sede ,  e  difeserp  la  causa  di  Roma,  il  Cardi- 
nale  Bonnechose ,  Arcivescovo  di  Rouen ,  il  Generale  Gerneau ,  il  mar- 
chese  La  Rochejaquelin,il  senatore  Le  Roy  de  Saint- Arnaud,  ed,  a  modo 
loro,  anche  il  marchese  De  Boissy  ed  il  La  Guerronniere,  dalle  argomenta- 
zioni  dei  quali  molto  fiaccamente  si  schermirotio  il  Chaix-d'Est-Ange  ed 
il  ministro  di  Stato  signor  Rouher ,  con  la  cpnclusione  del  non  voler  dir 
nulla  di  chiaro,  circa  il  senso  in  che  doveasi  intendere  la  libcrtd  d'azione 
della  Francia,  pel  caso  che  i  mezzi  morali  riservatisi  dalla  rivoluzione 
italiana  riuscissero  ad  un  sollevamento  in  Roma  contro  1'autorita  sovrana 
del  Sommo  Pontefice. 

Quasi  egualmente  caldo  fu  il  dibattimento  sopra  il  contegno  del  Clero 
di  Francia  e  1'influenza  degli  Ordini  religiosi ,  vivamente  impugnati  con 
fieri  assalti,  per  ravvivare  lo  spento  Gallicanismo ,  dal  signor  Rouland 
Gpvernatpre  della  Banca  e  dal  senatore  Boojean.  Ma  quest!  furono  con 
trionfali  dimostrazioni  ribattuti  dal  Cardinale  Bonnechose,  che  nella  di- 
fesa  degli  Ordini  religiosi  ebbe  valido  aiuto,  in  forme  temperatissime, 
da  Mousignor  Darboy,  Arcivescovo  di  Parigi.  Questi  fece  notare  che  lo 
spettacolo  dell'obbedienza  ed  abnegazione  de'  religiosi  non  e  soverchio  a 
questi  tempi,  e  che  il  loro  concorsp  e  utilissimp  al  Clero;  e  parlo  in  mo- 
do,  che  il  sig.  Delangle  ,  che  erasi  proposto  di  parlare  in  tal  materia,  e 
si  sapeva  che  contro  i  Religiosi,  vi  rinunzio. 

L'lndirizzo  fu  vptato  tal  quale  era  stato  proposto  dalla  Commissione 
incaricata  di  compilarlo ;  ed  i  nostri  lettori  n'  ebbero  piu  sopra  il  tratto 
che  riguarda  la  Convenzione  del  15  Settembre.  Anche  il  resto  va  tutto 
in  pienissima  approvazione  dell'operato  dall'Imperatore. 

2.  S.  M.  1'imperatore  Napolecne  III ,  giustamente  preoccupato  degli 
interessi  della  citta  di  Lione,  scrisse  il  20  Febbraio,  e  mando  pubblicare 
nel  Moniteur  una  lettera  al  Ministro  sopra  gli  Affari  interni ,  per  signifi- 
cargli  la  sua  volonta  di  vantaggiare  assai  le  condizioni  di  quella  citta , 
coi  seguenti  provvedimenti :  1."  Affrancare  d'ogni  tassa  di  pedaggio  i 
ponti  sulla  Saona ;  2.°  Demolire  il  recinto  di  fortificazioni  da  cui  e  stretto 
e  dominato  il  quartiere  della  Croix-Rousse ,  con  gran  disagio  degli  abi- 
tanti,  che  yi  scorgevano  anche  un  segno  di  diffidenza  del  Governo  e  co- 
me una  minaccia  sospesa  sul  loro  capo ,  per  Y  occorrenza  di  torbidi ; 


CONTEMPORANEA  243 

3.'  Lo  sgombero  della  Metropolitana  e  dell' Arcivescovado  ,  mediante  la 
demolizione  delle  case  circostanti ;  4.°  La  formazione  di  piazze,  messe  ad 
alberi  e  giardini,  alia  Guillotiere  e  sull'area  del  gran  Seminario.  Con  que- 
sto  si  porgera  agli  operai  una  opportunita  di  buoni  guadagni ;  ppiche  ad 
eseguire  queste  cose  si  dovranno  spendere  da  4,500,000  franchi.  Di  che 
si  fece  ,  a  ragione  ,  gran  festa  in  quella  citta  ,  dove  si  dice  che  tra  non 
molto  debba  1'  Imperatore  fare  una  visita ,  conducendo  seco  il  Principe 
imperiale. 

3.  Appunto  quando  stavano  per  incominciare  nel  Corpo  legislativo  le 
spinpse  discussioni  sopra  1'Indirizzo,  yenne  meno  all'Imperatore  un  vali- 
dissimo  aiuto,  per  la  morte  inaspettata  del  Duca  di  Morny.  II  quale  gia 
da  qualche  tempo  era  malato,  ma  diceasi  che  leggermente ;  poi  alii  8  di 
Marzo  comincio  a  dechinare  a  precipizio.  La  sera  del  9  ii  marchese  di 
Lavalette  ,  suo  intimo  amico  ,  recossi  frettolosamente  alle  Tuileries  ,  ed 
espose  all'Imperatore  ed  all'  Imperatrice  il  desiderio  del  mprente  ,  di  ri- 
Tedere  una  volta  ancora  le  LL.  MM.  che  qualche  giorno  innanzi  erano 
state  a  visitarlo,  e  che  senza  indugio  nel  vollero  compiacere,  rimanendo 
con  lui  lungo  tempo  in  istretto  colloquio ,  per  quanto  il  comportava  la 
debolezza  del  moribondp.  Verso  le  3  ore  dopo  la  mezzanotte  dal  9  al  10 
fu  sopracchiamato  1'Arcivescovo  di  Parigi ,  che  gli  amministro,  dice  il 
Moniteitr,  i  Sacramenti  della  Chiesa;  ed  alle  ore  8  di  qaella  stessa  mat- 
tina  il  De  Morny  cesso  di  viyere.  I  suoi  funerali,  per  decreto  dell' Impe- 
ratore ,  come  a  benemerito  dello  Slato  ,  furono  fatti  con  istraordinaria 
pompa  a  spese  del  Governo. 

Trattandosi  d'  uomo  tanto  insigne,  che  ebbe  parte  precipua  nella  fpn- 
dazione  del  presente  Impero  francese,  e  che ,  a  giudizio  di  quanti  ii 
conobberp,  avea  parti  singolarissirne  d'  ingegno,  di  fortezza  d'animp  e 
di  accorgimentp  politico,  piacerebbe  fprse  a  tutti  1'  averne  una  concisa 
ma  compiuta  biografia.  Ma,  per  quanti  giornali  francesi ,  anche  ufficiosi, 
abbiam  ricercato,  nulla  scoprimmo  che  riguardi  le  sue  origini  ed  i  suoi 
antenati. 

Checche  sia  di  cio,  i  diarii  francesi  ci  fecero  sapere  della  sua  vita  le 
segueuti  circoslanze,  che  trascriviamo  dal  Giornale  di  Roma,  n.*  61. 

«  Carlo  Augusto  Luigi  Giuseppe  conte,  poi  duca  di  Morny,  era  nato 
nel  1811.  Nel  1832  usciva  dalla  scupla  di  stato  maggiore  come  luogote- 
neate  del  1°  Keggimento  dei  lancieri.  Servi  in  Africa  sotto  il  duca  d'Or- 
leans  e  fece,  sotto  Changarnier,  la  campagna  di  Mascara  e  quella  di  Co- 
stantina,  nella  quale  fu  ferito.  Fu  decorato  per  aver  salvato  la^ita  al  Ge- 
nerale  Trezel.  Nel  1842  \eniya  nominato  deputato  del  Puy-de-D6rne. 
Nel  1849  si  applicava  alle  operazioni  industrial  e  fmanziafie,  per  lui 
tanto  lucrose,  ed  era  eletto  all'  assemhlea  legislativa  dal  Puy-de-D6me. 
AU'epoca  del  Decembre  assumeva  il  portafoglio  dell'  interno  e  solo  dei 
nuovi  Ministri  firmava  i  primi  proclami.  Nel  1852  si  ritirava  dal  Ministe- 
ro,  e  nel  1854  succedeva  al  sig.  Billault  come  presidente  del  Corpo  le- 
gislativo. Dal  1856  al  1857  era  ambasciatore  in  Russia,  ove  sposo  la 
figlia  di  un  grande  signore  del  paese.  Ritornato  in  Francia  fu  di  nuovo 
chiamato  a  presiedere  il  Corpo  legislativo.  La  sua  morte  e  una  grande 
perdita  per  1' Imperatore.  » 

Finora  non  gli  fu  dato  successore  nella  carica  di  Presidente  del  Corpo 
legislativo. 


244  CRONACA 

4.  Con  sorpresa  uniyersale  il  Moniteur  del  29  Marzo  pubblico  un  de- 
creto  imperiale,  per  cui  il  senatore  marchese  di  Lavalette,  quel  medesimo 
che  non  ha  molto  fu  Ambasciadore  di  Francia  a  Roma,  mentre  era  Mini- 
stro il  Thouvenel,  venne  chiamato  alia  carica  di  Ministro  sopra  gli  affari 
interni,  in  vece  del  sig.  Boudet,  che  fu  nominate  Senatore.  II  giornale 
le  Alpi  di  Torino  pubblico  una  lettera  dell'  Imperatore,  la  quale,  se  fosse 
aulentica,  dichiarerebbe  il  motivo  della  mutazione,  avyenuta  pel  bisogno 
«  di  dare  ai  varii  rarai  del  pubblico  servizio  una  direzione  piu  ferma,  sq- 
prattutto  riguardo  alia  stampa  ».  Si  sa  che  la  figlia  del  sig.  Rouher,  mi- 
nistro  di  Stato,  sposo  il  sig.  Welles  di  Layalette ,  figlio  adottivo  del 
nuovo  Ministro. 

PRUSSIA  1.  Conflitti  fra  la  clemocrazia  e  le  Potenze  alemanne  —  2.  Bandi  del 
principe  Federico  Carlo  di  Prussia  e  del  re  Guglielmo  1  —  3.  Diffidenza 
conlro  la  Prussia;  dispacci  del  Bismark ;  replica  della  Baviera;  rifmto  del 
Wurtemberg  di  partecipare  ad  una  coalizione  contro  la  Prussia  e  -'Austria 
—  4.  Riapertura  delle  Camere  a  Berlino  ;  discorso  del  Re  —  5.  II  Grabow 
rieletto  Presidente  della  Camera  dei  Depulati;  sue  dichiarazioni  contro  il 
Governo;  applausi  percio  riscossi  da'  democratic*! ;  gli  viene  offerta  una 
corona  civica—  6.  Nuovi  ed  acerbi  contrast*!  fra  il  Ministero  e  la  Camera; 
questa  si  rifiuta  a  fare  un  Indirizzo  di  risposta  al  Re  —  7.  Indirizzo  della 
Camera  dei  Signori  —  8.  Disegni  di  componimento  per  la  quistione  del- 
1'organamento  deU'esercito  — 9.  Pratiche  per  1'annessione  dei  Ducati  del- 
F  Elba  alia  Prussia 

1.  II  yolgere  delle  cose  gia  da  pezza  in  Germania ,  e  specialmente  in 
Prussia  ed  Austria,  ya  per  un  cerio  modo,  che  sarebbe  un  fenomeno  po- 
litico inesplicabile,  se  non  si  ammettesse,  die  parecchi  alraeno  dei  capi 
delle  varie  fazioni  liberalesche  di  cola  se  1'inteudano  direttamente  con  chi 
ha  tutto  1'interesse  a  fare,  che  in  Alemagna  regni  perpetua  discordia  tra 
i  Potentati  di  maggiorconto,  non  meno  che  tra  i  Principi  ed  i  popoli  de- 
gli  Slati  piu  iufluetiti.  Ne  questo  dee  parer  inverosimile  o  raostruoso  a  chi 
abbia  giusto  concetto  di  quel  che  e  la  Framinassoneria  europea.  Questa 
non  conosce  ne  doyeri  di  fedelta  nei  sudditi  verso  il  proprio  legittinio  So- 
vrano,  ne  carita  di  patria,  ne  santila  di  giuramenti,  ne  obblighi  di  Trat- 
tati,  ne  vincoli  di  religioue,  ne  sentimenlo  di  yera  dignita  nazionale,  ne 
ritegno  di  naturale  onesta.  Molti  diarii  politici  di  Vienna,  di  Berlino,  di 
Dresda,  di  Monaco,  d'Augusta,  di  Francfort,  roba  per  lo  rjiu  dei  Giudei, 
pare  che  siano  prezzolati  per  coltivare  la  malevolenza  fra  i  Principi  d'A- 
lemagna,  e  per  fomentare  le  gare,  i  rancori,  gli  odii  fra  i  popoli,  ed  im- 
pedire  che  mai  non  possano  cpnvenire  tra  loro,  neppure  in  quelle  cose, 
onde  senza  fello  deriverebbesi  lasicurezza  e  la  forza  della  nazione,  con- 
tro,i  nemici  esterni  e  contro  gl'  interni  sommovitori. 

E  ayviata  quaiche  pratica  d'accordo  fra  1' Austria  e  la  Prussia?  E  su- 
bito  si  mettono  in  opera  i  piu  abietti  artitizii,  onde  iscoprire  i  segreti  di 
Stato,  carpire  i  document!  diplomatici  piu  gelosi,  e  gettarli  in  pubblico, 
e  cosi  aizzare,  per  esempio,  la  Francia  a  muovere  richiami,  destare  i  so- 
spelti  e  le  gelosie  della  Russia,  e  serninare  la  diflidenza  tra  i  due  Sovrani 
che  inteiideano  a  far  tacere  le  loro  rivalita ;  ed  ecco  renduto  impossibile 
ogni  componimento.  Le  minacce  rivoluzionarie  del  Regno  d Italia,  spr- 
rette  dalla  Diplomazia  e  dalla  alleanza  francese,  danno  luogo  a  presentire 


CONTEMPORANEA 


245 


un  non  lontano  assalto  simultaneo,  contro  1'Auslria  nel  Veneto  e  contro  la 
Prussia  sul  Reno?  Ragion  vorrebbe  che  si  mettessero  da  banda  i  pette- 
golezzi  parlamentari  e  le  pretensioni  curiali ,  e  si  dessero  a'  Governi  i 
mezzi  aa  tenersi  presLi  a  vigorosa  difesa ,  ed  in  tale  atteggiamento  poli- 
tick e  militare  ch^  per  se  solo  dovesse  bastare  a  levare  il  ruzzplo  di  ca- 
po a  certi  cotali,  pei  quali  e  legge  di  propria  salute  lo  scompiglio  in  casa 
allrui.  Ma  no!  Bispgaa  invece  che  cola  i  liberali  siauo  sempre  occupati 
a  fa;  contraoto  a'  Ministri,  sia  quanto  airamministrazipne  della  giustizia, 
sia  quanto  a  provvedinienti  per  1'erario,  sia  quanto  ai  rapporti  federali, 
sia  quanto  agli  ordini  interni,  sia  quanto  a  ritbrme  necessarie  nell'orga- 
namento  degli  eserciti,  sia  quanto  al  numero  de!le  milizie  da  tenere  sotto 
le  bandiere,  sia  perfino  quanto  alia  fermezza  nel  dichiararsi  risoluti  a  re- 
spingere  le  offese,  ondeche  provengano,  che  minaccianp  1'  integrita  del- 
1'  Impero  o  le  frontiere  del  Regno.  La  democrazia  prussiana,  da  oltre  a 
due  anni;  non  cessa  dalj'osteggiare  nel  raodo  piu  violento  il  re  Gugliel- 
mo  I,  che,  riconosciuti  i  vizii  del  sistema  dell'esercito  prussiano,  i'ermo 
di  rinioverli  con  prolungare  alquantp  il  tempo  d'  istruzione  de'  spldati. 
Nel  Reichsrath  austriaco  i  liberali  piu  accesi  sono  appunto  quelli ,  che 
Don  rituggono  da  spilorcerie  disonorate ,  preteudendo  che  il  Governo  e 
lasci  incompiute  le  munizioni  dei  porti  e  delle  fortezze,  e  discioiga  in 
parte  notevole  i  corpi  migliori  di  truppe,  e  prenda  ogni  pretesto  per 
cozzare  con  la  Prussia ,  e  si  rifiuti  alle  alleanze  co'  yicini ,  e  si  studii  di 
guadagnare  le  buone  grazie  della  Francia  e  dell' Italia,  sempre  col  pre- 
testo che  questo  e  1'unico  mezzo  di  rifornire  e  riordinare  le  iinanze. 

Poi  tutti  sanno  qual  sia  il  contegno  della  Sassonia,  della  Baviera,  del 
Wiirtemberg,  dell' Hannover  e  d'altri  Stati  minori,  la  cui  massima  pre- 
occupazione  si  e  di  attraversarsi  all' Austria  ed  alia  Prussia,  e  crescere 
gli  pstacoli  che  si  frappongono  alia  loro  concordia  ;  e  percio  ,  quando  H 
vediamo  carezzare  il  Nalionalverein,  quando  trattare  d'una  lega  specia- 
le  degli  Stati  minori  contro  i  maggiori,  quando  farrivivere  i  disegni  d'u- 
na Confederazione  del  Reno  alleata  alia  Francia,  quando  atleggiarsi  in 
aspetto  di  campioni  della  liberta  contro  laf^p'oweaustro-prussiana.  Co- 
si  Gabinetti,  Parlamenti ,  giornali,  associazioni  liberalesche,  gridando 
continuamente  che  dee  prpcacciarsi  con  ogni  sforzo  1'unita  e  la  graudez- 
za  alemanna ,  in  realta  paiono  intesi  a  far  di  tutto  per  isnervar  le  forze 
della  comune  patria  e  metterla  alia  merce  di  qualche  Potente  straniero. 

Ma  questo  si  parra  chiarp  da  quanto  riferiremo  qui  appresso  circa  al- 
le cose  proprie  della  Prussia,  delle  quali  non  era  d'  uopo  occuparsi  in 
raodo  speciale  dacche,  come  riferimmo  a  suo  tempo  *,  furono  chiuse,  alii 
25  Gcnnaro  del  passatp  anno,  le  Caraere  di  Berlino,  e  cosi  fu  posto  ter- 
mine  agli  interiori  dissidii,  e  lasciata  libera  la  mano  al  Governo  nel  con- 
durre  i  negozii  della  sua  politica  esterna ;  di  che  abbiam  renduto  conto 
nel  discorrere  delle  faccende  tra  1'Alemagna  e  la  Danimarca. 

2.  II  priacipe  Federigo  Carlo  di  Prussia  ,  succeduto  allo  Wrangel  nel 
comando  supremo  delle  truppe  alleatenello  Schleswig-Holstein,  fece  pub- 
blicare,  sotto  il  5  Dicembre  1864,  un  bando  ai  popoli  dei  Ducati ;  nel  qua- 
le,  accennato  al  Trattato  di  pace  conchiuso  il  30  Ottobre,  e  ratificato  al- 
ii 16  Novembre,  ne  riferi  1'articolo  3.°  per  cui  «  S.  M.  il  Re  di  Danimar- 

-I   Civ.  Call.  Serie  V,  vol.  IX,  pag.  736-6L 


246  CRONACA 

ca  rinunzia  a  tutti  i  suoi  diritti  sui  Ducati  di  Schleswig,  -Holstein  c 
Lauembourg  in  favore  delle  LL.  MM.  1'  Imperatore  d'Austria  ed  il  Re  di 
Prussia ,  impegnandosi  di  riconoscere  le  disppsizioni  che  le  Maesta  Lorp> 
prenderanno  circa  i  detti  Ducati ».  Poi  il  Principe  di  Prussia  continue 
nei  termini  seguenti : 

«  Per  questa  cessione,  il  possedimenlo  temporaneo  dei  Ducati  dell' Hoi- 
stein  e  del  Lauembourg  passo  alle  LL.  MM.  1'  Imperatore  d'  Austria  ed 
il  Re  di  Prussia,  che  difatto  n'entrarono  in  possesso.  Nello  stesso  tempo- 
1'  esecuzione  decretata  dalla  Dieta  germanica,  il  1.°  Ottobre  ed  il  7  De- 
cembre  1863,  ha  raggiuntp  il  suo  termine;  il  cbe  dalle  dette  Potenze  fu 
significato  alia  Dieta  net  giorno  1.°  Dicembre  (1864),  e  cesso  per  conse- 
guente  1'amministrazione  dei  Gommissarii  civili  nei  Ducati.  Cosi  pure  le 
truppe  Sassoni  ed  Anuoveresi  usciranno  da  codesto  territorio,  che  sara 
occupato  esclusivamente  per  1'  avvenire  da  truppe  austriache  e  prussia- 
ne.  I  due  alti  Govern!  risolvettero  di  unire  provvisoriamente  1'ammini- 
straziooe  superiore  dei  tre  Ducati  nelle  mani  dei  loro  Commissarii  civi- 
Ji,  incaricati  fin  qui  del  Governo  dello  Schleswig,  e  d'istituire  cosi  uno 
stato provvisorio  confacenteall'  interesse  dei  Ducati ;  il  quale  stato  quel- 
Ji  cercheranno  di  far  cessare  con  una  risoluzione  quanto  piu  si  possa 
pronta  intorno  all'  ayvenire  dei  Ducati ,  teuendo  conto  di  tutti  i  diritti  e 
de'  titoli  hen  fondati.  » 

Non  facendo  verun  capitate  diqueste  ultime  clausole  e  riserve ,  ma 
guardando  solo  al  tono  da  padrone,  con  che  il  principe  Federico  Carlo 
riYendicava,  come  proprieta  almen  temporanea  dell'Austria  e  della  Prus- 
sia, i  tre  Ducati ,  sentirono  raddoppiate  le  loro  gelosie ,  cresciuti  i  loro 
sospetti,  commossi  i  loro  sdegni,  non  pure  le  Potenze  minori,  che  nella 
Dieta  di  Francfort  aveano  fatto  cosi  aperta  opposizione  alia  proposta  di 
considerare  come  condotta  a  termine  \esecmione  federale  ^,  ma  si  ancora 
k  democrazia  alemanna,  che  spera  sempre  di  veder  risprgere  la  Diela  fa- 
mosa  del  1848.  Si  pjetendeva,  ed  il  rappresentante  di  Baden  1'avea  es- 
presso formaimente  alia  Dieta  nella  seduta  del  5  Decembre,  che  1'Austria 
e  la  Prussia  «  non  assumessero  1'amministrazione  temporanea  dei  Ducati 
altrimenti  che  in  qualita  di  mandatarii  della  Dieta  ».  Al  vedere  invocata 
invece  il  puro  titolo  di  possesso  per  la  cessione  fattane  da  Cristianp  IX, 
il  bando  del  principe  Federigo  Carlo  fu  guardato  quasi  come  una  riven- 
dicazione  di  dominio,  indipendente  da  qualsiasi  ingerenza  della  Dieta,  e 
come  e  una  nuova  e  medilata  umiliazione  inflitta  dalle  due  grandi  Poten- 
ze alle  Potenze  secondarie;  le  quali  vedremo  poi  come  ne  facessero  lorn 
risentimenti ,  con.quel  profitto  per  Vunita  nazionale  alemanna ,  che  pu6 
deriyare  da  rabbiosi  contrasti. 

?  A  gettare  olio  sulla  vampa  s'agginnse  un  bando  del  re  Guglielmo  I  al- 
1'esercito  prussiano  reduce  dai  Ducati ,  e  pubblicato  pure  alii  7  Dicem- 
Lre;  nei  quale  ,  celebrate  le  ottenute  yiltorie  ,  ed  il  yalpre  delle  truppe 
austriache,  volgendosi  specialmente  ai  suoi,  prosegui  a  dire:  «  Numerosc 
schiere  del  nostro  esercito  protessero,  con  laborioso  servigio,  le  frontiere 
orientqli  dello  Stato  contro  la  ribellione  ond'erano  ininacciate ;  e  gli  altri 
corpi  mantennero  ,  con  infaticabile  operosita  la  nostra  rinomanza  di  es- 
sere  ognora  pronti  alia  guerra.  Cosi  il  nuoyo  organamento  dell'esercito 
La  sostenuto  con  isplendore  il  suo  esperimento  ». 

\  Civ.  Catt.  Serie  VI,  vol.  I,  pag.  578-79. 


CONTEMPORANEA  247 

Qui  era  manifesto  che  il  re  Guglielmo  I  gloriavasi  del  concorsp  fatlo 
dare,  almen  per  indiretto,  dalle  truppe  prussiane  a  quelle  dell'  impero 
russo,  per  reprimere  il  sollevamento  de'  Polacchi,  coli' impedire  che  trq- 
vasse  presidii  e  conforti  nella  Posnania;  di  che  non  e  a  dire  quanto  ri- 
bollissero  le  ire  di  quella  fazione,  che  yoleva  impegnare  la  Prussia  a 
mettersi  in  coiitrastq  con  la  Russia  ,  lasciandp  almeno  pervenire  soccorsi 
a'  sollevati  di  Polonia.  Ma  piu  aocora  si  senti  ferita  la  democrazia  prus- 
siana  dal  vedere,  che  il  re  Guglielmo  I  non  perdeva  occasione  veruna  di 
ribadire  il  suo  proposito,  di  mantenere  1'organamento  da  liii  attnato  per 
I'esercito  e  reietto  gia  piu  volte  dalia  Camera  de'  Depulati ,  che  percio 
«ra  stata  reiteratamente  sciolta,  e  poi  prorogata  alii  25  del  preceduto 
Gennaio.  Laonde  yiepiu  s' incornarono  gli  oppositori  nel  disegno  di  ri- 
pigliare  piu  ostinatamente  che  raai  il  contrasto  conlro  questa  volonta  cost 
manifesta  del  re  Guglielmo  I.  E  tennero  parola. 

3.  Le  d'ffidenze  eccitate  contro  il  Gpverno  prussiano,  al  di  fuori  nelle 
Potenze  secondarie,  circa  i  suoi  disegni  di  annessione  dei  Ducati:  e  al  di 
dentro  quanto  al  proposito  di  attuare  a  modo  suo  la  costituzione ,  creb- 
l)ero  quiudi  a  dismisura  pei  nuovi  ardimenti  del  Bismark  e  per  le  ferrne 
parole  usate  dal  Re  in  solenrii  congiunture.  Ma  le  prime  avvisaglie  eb- 
bero  luogo  ne'giornali  de'Governi  e  tra  i  fumi  de'banchetti.  La  Gazzetta 
nfficiale  di  Baviera  ,  avvalendosi  delle  parole  proferite  dal  Mensdorf- 
Pouilly  nel  Reichsrath  austriaco,  cioe  che  «  1'avvilirsi  da  se  non  giovo 
mai  a  conservare  e  ralForzare  uno  Stato  »,  e  parlando  in  nome  del  Gover- 
no  Ba^aro,  dichiaro  che  quella  yerita  non  dovea  applicarsi  solo  all'Au- 
stria,  ma  anche  alia  Confederazione  germanica;  la  quale  non  si  potrebbe 
lasciar  trasformare,  per  opera  d'uno  de'  suoi  membri ,  in  istrumento  di 
dominazione  dei  piu  forti  sopra  i  piu  deboli ,  e  che  percio  quella  farebbe 
male  a  cercare  nelle  concessioni  il  mezzo  di  difendersi.  «  Ogni  conces- 
sione  e  considerata  come  segno  di  debolezza,  e  diviene  pretesto  a  nuove 
pretensioni.  Non  v'e  che  uua  resistenza  incrollabile,  fondala  sul  diritto, 
la  quale  possa  cessare  il  pericolo  che  si  corre  dalla  Confederazione  e  pre- 
servarla  dal  cadere  sotto'quel  giogo.  Non  bisogna,  in  tali  congiunture, 
contare  il  numero  delle  baionette  di  cui  altri  puo  essere  armato,  ma  conli- 
dare,  prima  di  tutto,  nella  forza  irresistibile  del  diritto,  innanzi  alia  qua- 
le in  ogni  tempo  dovettero  poi  curvarsi  que'  medesimi  che  non  voleano 
teuerue  conto,  e  che  ebbero  a  fade  omaggio  almeno  coll'  attribuire  le 
apparenze  della  giustizia  alle  ingiustificabili  loro  azioni  ».  Ognunp  capi 
subito  contro  a  chi  fossero  scoccate  queste  saette,  e  perche  cosi  si  dava 
di  sprone  alia  Dieta. 

Cosiffatte  parole,  quando  si  usano  da'  difensori  della  Santa  Sede,  per 
giustilicarne  i  non  possumus,  qualiticati  dalla  Frammassoneria  come  ol- 
truggi  alia  civilta  mpderna,  altirano  sulle  labbra  de'  liberal!  della  tempe- 
ra del  Debats  un  ghigno  di  scherno.  Ma  quando  si  sentono  proferite  dalla 
Baviera  contro  le  maggiori  Potenze  alemanne,  si  esaltano  ,  dagli  stessi 
apologisti  dell'  assassinio  di  Casteltidardo  e  dei  plebisciti  rivpluzionarii 
€omprali  in  Italia  ,  come  nobili  sentimenti  e  come  risoluzioni  degne  di 
trovare  conforto  ed  aiuto  da  tutta  Europa.  E  cosi  fece  appunto  il  citato 
Debats  del  16  Dicembre,  dimenticando  d'avere  schernito  la  forza  morale 
della  Santa  Sede  e  delle  coudanne  pontificie,  perche  non  sono  sostenute 
da  poderosi  eserciti ,  dagli  avertissements ,  dai  comuniques  e  dai  Gen- 
darmes  I 


248  CRONACA 

Se  in  Baviera  gli  umori  ingrossavano  al  vedere  i  procedimenti  spi- 
gliati  della  Prussia ,  in  Sassonia  prorompevano  in  isfoghi  anche  piii  ar- 
denti.  II  sig.  De  Beust,  nel  giorno  dell'  anniversario  di  S.  M.  il  Re  suo 
Signore  ,  diede  un  solenne  banchetto,  e  Yanto  in  un  brindisi  caloroso  la 
yirtu  del  Re  che  stette  saldo  nei  duri  frangenti  a  cui  fu  posto  per  mante- 
nere  i  diritti  federali,  rassicurato  pero  dalia  devoziqne  de'  suoi  popoli,  i 
quali  sanno  che  egli  non  indietreggia  dal  compiere  i  suoi  doyeri  a  qual- 
sivoglia  costo,  pel  bene  dell'  Alemagna  ;  e  che  per  Tonore  di  quelli  e  di 
questa  egli  e  «  pronto  a  mettere,  come  posta  al  giuoco,  la  sua  stessa  co- 
rona »  (Debate  17  Dicembre). 

Questo  parlare  diede  sui  nervi  a  Berlino,  d'onde,  per  bocca  della 
Gazzetta  della  Croce,  si  rispose  con  ironia  disdegnosa  in  questi  termini : 
«  Sappiam  bene  che  non  si  deonp  pesare  al  bilancino  dell'orafo  i  discorsi 
proferiti  dopo  pranzo.  E  percio  siamo  lontanissimi  dal  muover  rimprovero 
al  sig.  De  Beust  per  aver  pronunciata  codesta  frase.  Tuttavia  maprodu- 
zione  di  tal  genere  eassolutamente  biasimevole,  quando  all'entusiasmoco- 
mico  si  mescqlano  cavilli  giuridici,  e  mentre  si  mena  yanto  d'essere  difen- 
ditore  del  diritto  federale  proprio  quando  1'organo  ufficiale  della  Confede- 
razione  ha  reietto  puramente  e  semplicemente  le  pretensioni  del  sig.  De 
Beust,  mettendolo  nella  curiosa  necessita  di  imbrancarsi  tra  i  beneCattod 
disconosciuti.  Ci  faremo  altresi  lecito  di  dubitare  tino  a  qual  punto  que- 
sto  Ministro  abbia  renduto  gran  servigio  al  suo  Re,  dicendp  che  la  coro- 
na di  lui  servirebbe  di  posta  al  giuoco  nella  partita  incominciata.  Si  sa 
che  gia  una  volta  la  Sassonia  giuoco  la  sua  corona,  e  che  allora  n'  ebbe 
perduta  la  meta.  Essa  ben  potrebbe  perdere  anche  il  resto,  se  tornasse 
da  capo  ».  Lasciamo  pensare  a'  nostri  lettori  quanto  codesto  scambio  di 
protestazioni,  di  disfide  e  di  minacce  sia  giovevole  all'accordo  fra  le  Po- 
tenze  germaniche  ed  a\Yunita  alemanua ;  e  quanto  ne  dovessero  crescere 
le  gare,  i  rancori  e  le  diffidenze. 

La  Baviera  e  la  Sassonia,  esacerbate  da  questi  ripicchi,  e  consa- 
pevoli  forse  dei  maneggi  del  Bismark,  credettero  di  doversi  sempre  piu 
recar  sulle  ditese,  ed  avviarono,  come  altra  yolta  accennammo,  calde 
pratiche.per  formare  una  specie  di  lega  degli  Stati  secondarii  fra  loro, 
onde  tener  testa  alle  due  maggiori  Potenze.  La  cosa  si  seppe  a  Berlino; 
e  la  Gazzetta  della  Croce,  coll'usato  suo  cqmpatimento  sarcastico,  ne 
parlo  come  d'una  di  quelle  bambinerie  di  cui  non  importa  far  caso.  «  II 
risultato  piu  favorevole,  che  si  possa  ottenere  dalla  Baviera,  sarebbe 
una  lega  dei  cinque  Stati,  che  nella  risoluzione  federale  del  5  Decembre 
(in  cui  si  decreto  finita  1'esecuzione  federale  contro  la  Danimarca)  si 
trovarono  in  minoranza.  I  Goyerni  di  codesti  Stati  faranno  quello  che 
vorranno.  Quanto  a  noi,  sappiamo  abbastanza  1'astrqnomia  politica  e 
teniamo  per  fermo  che  i  satelliti  non  diventeranno  inai  stelle  fisse  ».  E 
\Ost-Deutsche-Post  da  Vienna,  facendo  eco  al  suo  confratello  di  Berlino, 
ribadi  piu  forte  il  chiodo,  dicendo:  «  Cio  che  v'ha  di  piu  interessante, 
per  ora,  nella  quislione  alemanna,  si  e  il  dimenarsi  degli  Stati  seconda- 
rii. Questo  miscuglio  di  potenza  e  d'impotenza,  di  fiducia  in  se  stesso  e 
di  fprzata  soggezione  ad  altrui,  onde  si  distingue  codesto  gruppo,  si  tro- 
va  in  tale  stato  di  fermentazione,  che  potrebbe  derivarne  una  decompq- 
sizione  totale,  ed  anche  uno  scioglimento  della  Confederazione  germani- 
ca  ».  E  caduta  questa,  e  agevqle  intendere  chei  pesci  piccoli  cadrebbe- 
ro  in  bocca  ai  pesci  grossi,  ossia  i  satelliti  rischierebbero  forte  di  cedere 


CONTEMPORANEA  M9 

alia  forza  di  altrazione  ed  essere  precipitati  sul  loro  pianeta,  per  confon- 
dersi  con  esso. 

Questa  guerra  di  giornali  non  era  che  un  indizio  dell'altra  piu  aspra 
che  si  facevano  i  Gabinetti  con  ladiplomazia.  Nellatornata  del  5  Dicem- 
bre  la  Dieta  federate  avea  accettato  la  proposta  austro-prussiana  di  di- 
chiarar  giunta  al  suo  termine  Yesecuzione  decretata  nell'Holstein;  e  con 
cio  avea  costretto  la  Sassonia  e  1' Hannover  a  ritirare  le  loro  truppe.  Ma 
cinque  degli  Stati  secondarii,  tra  quali  i  piii  ardenti  erano  la  Sassonia  e 
la  Baviera,  vi  si  erano  opposti,  alfegando:  1.°  Che  Cristiano  IX  non  avea 
pptuto  cedere  verun  diritto  all' Austria  ed  alia  Prussia  sopra  i  Ducati 
diHolsteine  Lauembourg,  poiche  nessuno  ne  possedeva  per  difeltp  di 
riconoscimento  della  Dieta ;  2.°  Che  percio  doveasi  mutare  \esecuzione 
in  pccupazionee  sequestro  inmano  alia  Dieta,  finche  non  fossero  chiariti  i 
diritti  del  legittimo  Sovrano,  a  cui  si  dovrebbero  dalla  Dieta  stessa  con- 
segnare  quegli  Stati.  II  Bismark  si  adonlo  di  tali  proposte,  ancorche  fos- 
sero reiette  dalla  pluralita  della  Dieta,  giudicando  che  cosi  quelle  Poten- 
ze  secondarie  ayessero  disconosciuto  il  valore  del  Trattato  di  pace  con  la 
Danimarca,  ed  i  diriui  dell' Austria  e  della  Prussia,  attribuendo  alia  Die- 
ta una  specie  di  allo  dominio,  ovvero  diritto,  di  occupare  e  sequestrare 
cjualunque  territorio,  la  cui  successione  sia  capace  di  litigio.  Diche  solto 
il  13  Dicembre  spedi  al  rappresentante  prussiano  presso  la  Corte  di  Mo- 
naco di  Baviera,  un  dispaccio  assai  diffuso  x,  net  quale  fece  pompa  della 
magnanimita  e  sopportazione  usata  verso  le  indiscrete  pretensioni  della 
Sassonia,  le  ribatie  come  insussisienti ,  e  fini  con  una  specie  di  monito- 
rio:  si  badi  bene  che  niuno  oggimai  ardisca  «  porre  in  dubbio  la  ferma 
risoluzione  della  Prussia,  quanto  al  fare  1'uso  piu  ampio  della  intiera 
liberta  d'azioae,  che  risulterebbe  per  lei  qualora  fossero  disconosciuti  i 
Trattati  ».  Sicche  parve  voler  dire:  se  vi  contentate  con  buon  garbo  di 
non  piu  molestarci  con  richiami  circa  il  diritto  di  possesso  legittimo  per 
noi,  fondato  nel  Trattato  di  pace  con  Cristiano  IX,  sta  bene ;  altrimenti, 
disconoscendo  quel  Trattato,  ne  consegue  che  i  Ducati,  non  appartenen- 
do  per  vostra  confessione  a  Cristiano  IX,  non  essendo  ancora  ne  di  di- 
ritto riconosciulo  ne  di  fatto  sotto  lo  scettro  d'altro  pretendente,  saranno 
primi  occupantis,  e  ce  li  terremo  percio  noi  stessi  che  gia,  per  averli, 
abbiam  speso  tanti  tesori  e  tanto  sangue. 

Questa  maniera  spiccia  di  trattare  ie  cose  dispiacque  assai  a  Monaco, 
d'onde  fu  spedita  a  Berlino  una  replica  abbastanza  risentita,  in  cui,  senza 
romperla  apertamente,  si  rifiutavano  con  calore  e  fermezza  le  ragioni  del 
Bismark  e  si  manteneva  la  giustizia  dell'  opposizione  fatta  nella  Dieta, 
per  interesse  dell'Alemagna;  dimostrando  che  le  teoriche  del  Gabinetto  di 
Berlino,  qualora  fossero  attuate  nella  loro  ampiezza,  come  gia  faceasi  pel 
caso  presente  dei  Ducati,  riuscirebbero  a  nulla  meno  che  ad  annientare  il 
principio  fondamentale  della  Confederazione,  secondo  il  quale  tutti  i  mem- 
bri  di  essa  sono  eguali.  II  Bismark  lascio  dire,  e  tempesto  di  dispacci 
i'alleato  di  Vienna,  proppnendo  sempre  nuove  forme  di  risolvere  la  qui- 
stione,  le  quali  sarebbe  inutile  di  qui  accennaiC,  poiche  nessuna  di  esse 
Yenne  tinpra  accettata  dall' Austria;  la  quale  eastretta  aprocedere  in  cjue- 
sto  negozio  con  somma  cautela ,  si  per  non  offendere  le  Potenze  minori 
gia  molto  diffidenti,  e  si  per  non  allargare  troppo  la  mano  verso  la  Prus- 

\  Debate,  del  6  Gennaio. 


2oO  CRONACA 

sia,  che  piu  tardi  potrebbe  abusare  di  tale  generosita,  e  si  per  non  ridursi 
a  cimento  di  rompere  i'alleanza  tra  Vienna  e  Berlino,  cbe  costo  gia  tanti 
sacrifizii,  seuza  che  siasi  tinora  raccolto  dall' Austria  verun  sodo  prqtitto, 
mentre  hivece  la  Prussia  difatto  e  pressoche  padrona  dei  Ducati  e  di  stu- 
pende  posizioni  marittime. 

II  signer  Bismark,  da  quell'ayveduto  uomo  di  Stato  che  egli  e,  man- 
dando  quel  sup  dispaccio  altiero  a  Monaco,  ayea  ben  preseniito  che  di 
la,  non  pure  si  risponderebbe  su  quel  tono,  ma  si  farebbero  pratiche  co~ 
gli  altri  Stati  minori,  per  attuare  la  divisata  lega ;  e  fu  pronto  al  riparo? 
mandando  lo  stesso  giorno  simili  dispacci,  nello  stesso  senso,  a'  suoi  rap- 
presentanti  presso  la  Sassonia  ed  il  Wurtemberg.  Colla  priraa  uso  maniere 
assai  piu  rigide,  secche  e  minacciose  che  colla  Bayiera;  ma  col  Wurtem- 
berg fu  cortese  ed  ammodato,  come  chi  sa  d'ayer  ragioni  da  vendere,  ma 
non  crede  di  doyerne  far  pompa  verso  di  amici.  La  tattica  da  lui  usata 
ebbe  suo  effetto.  Alii  5  Gennaio  una  interpellanza  fu  diretta,  nelle  Camere 
di  Stuttgard  ( Wtirtemberg),  al  sig.  Yarnbuhler  per  sapere  1.°  Se  v'era 
sperauza  che  1'  unione  delle  maggiori  Potenze  riuscisse  a  soluzione  sod- 
disfacente  della  quistione  dei  Ducati:  2.°  Se  non  era  opportuna  una  lega 
fra  gli  Stati  minori ;  3.°  Se  net  caso  che  questa  si  effettuasse,  ayrebbe  in- 
dirizzo  liberale.  II  Ministrorispose  che  si  alia  prima  interrogazione,  rac- 
comandando  di  aspettare  con  quiete  1'esito  delle  pratiche  avyiate ;  e  quan- 
to  alia  seconda,  che  era  la  piu  rilevante,  si  dichiaro  in  questi  tertuini; 
«  Considero  1'  unione  delle  due  grandi  Potenze  alemanne  come  una  con- 
dizione  pel  risolyimento  di  quella  quistione,  e  come  utile  in  generale  al- 
1'Alemagna.  Una  lega  degli  altri  htati  federali,  o  d'una  parte  di  )oro> 
per  opporsi  a  quella  delle  due  grandi  Potenze,  non  mi  sembra  per  ora  ne 
necessaria  ne  opportuna.  Dal  pensiero  di  appoggiarsi  ad  aiuti  esterni 
contro  i 'Austria  e  la  Prussia  rifuggono  certo  tutti  i  Goyerni  alemanni,  ed 
io  lo  respingo  con  tutta  1'energia  ecc.  »  (Debats,  10  Gennaio). 

Quesle  dichiarazioni  appagarono  la  Camera,  che  s'  acqueto  ad  aspet- 
tare; e  percio  e  chiaro  che  la  disegnata  lega  non  si  pote  stringere,  ed  a 
poco  a  poco  le  Potenze  secondarie,  persuase  della  inanita  de'  loro  sforzi? 
tornarono  agli  antichi  procedimenti  piu  riserbati  e  cauti. 

4.  A  mezzo  Gennaio,  il  di  14,  furono  riaperte  le  Camere  prussiane, 
chiuse  fin  dal  25  Gennaio  dell'anno  precedente.  II  re  Guglielmo  I  in  per- 
sona yi  pronunzio  un  discorso,  riferito  anche  nel  Memorial  diplomatique 
del  22  Gennaio;  nel  quale,  esposti  i  felici  eyenti  delia  guerra  contro  la 
Danimarca  e  commendato  assai  il  valore  delle  truppe,x  venne  subito  ai 
punto,  ond'  ebbero  origine  le  scissure  tra  il  Ministero  e  la  Camera  dei 
Depuiati,  cioe  aM'prganamento  deU'esercito,  manifestando  formalmente  la 
yolonta  irremoyibile  di  mantenere  i  nuoyi  ordini,  da  cui  erasi  deriyato 
tanto  bene.  Di  codesto  discorso  riferiremo  qui  i  brani  che  principalmente 
toccano  le  piu  delicate  quistioni  interne  e  le  relazioni  esterne. 

«  Dopo  il  periodo  di  cinquant'  anni  di  pace,  solo  interrotto  da  onore- 
voli  ma  brevi  campagne,  1'educazione  e  la  disciplina  della  mia  armata, 
1'utilita  del  suo  organameuto  e  del  suo  armamento  sono  state  luminosa- 
mente  provate  dalla  guerra  dello  scorso  anno ,  che  la  inlemperie  della 
stagione  e  la  valorosa  resistenza  del  nemico  renderanno  per  sempre  me* 
moranda.  Si  deye  all' organamento  presente  deU'esercito,  che  la  guerra 
abbia  potuto  esser  condotta,  senza  che  si  abbia  doyuto  portare  attentato, 
coll'appello  della  landwehr,  alle  relazioni  del  layoro  e  di  famiglia  della 


CONTEMPORANEA  251 

popolazione.  Dopo  una  simile  esperienza,  e  ancora  piu  stretto  mio  dovere 
di  sovrano  di  mantenere  le  presenti  istituzioni  e  di  syolgerle  sulla  base 
<isistente,  per  dar  loro  una  maggiore  perfezione.  Debbo  ripromettermi  che 
ie  due  Camere  del  Parlamento  mi  presteranno  la  loro  cooperazione  costi- 
tuzionale  per  adempiere  questo  dovere. 

«  Lo  svolgimento  della  marina  ha  pure  creato  dei  doveri  particolari. 
Colla  parle  ch1  essa  ha  preso  alia  guerra,  la  marina  ha  acquistato  giusti 
litoli  alia  mia  riconoscenza,  ed  essa  ha  mostrato  la  sua  alta  importanza 
pel  paese.  Se  la  Prussia  vuole  adempiere  1'  alta  missione  che  le  e  asse- 
gaata  per  la  sua  situazione  geografica  e  per  la  sua  posizione  politica,  bi- 
sognera  che  dia  alia  sua  marina  gli  svolgimenti  convenienti  e  che  non  te- 
ma  di  fare  a  questo  scopo  grandi  sacriticii.  Con  questo  convincimento  il 
mio  Goyerno  vi  presentera  un  disegno  d'aumento  della  armata  di  mare 

«  II  concenlramento  di  truppe  sulla  frontiera  polacca  ha  potuto  cessare 
dopo  repressa  1'  insurrezione  nel  paese  vicino.  II  contegno  moderato,  ma 
fermo  del  mio  Governo  ha  posto  la  Prussia  al  sicuro  dai  soprusi  dell'  in- 
surrezione, mentre  i  tribunali  competenti  colpivano  gl'  individui  colpevoli 
di  partecipazione  isolata  a  tendenze,  ayenti  per  iscopo  la  separazione  di 
una  parte  deila  monarchia. 

«  Lo  stato  prospero  delle  nostre  finanze  ci  ha  permesso  di  far  la  guerra 
alia  Danimarca  senza  aver  ricorso  ad  un  prestito. 

a  Questo  e  tal  risultato  che  deve  eccitare  una  grande  soddisfazione. 
Esso  ha  potuto  conseguirsi  merce  un' amministrazione  economica  e  pre- 
veggente,  merce  soprattutto  gli  eccedenti  rilevanti  delle  rendite  pubbliche 
in  questi  due  ultimi  anni 

«  II  mio  Governo  ha  fatto  eseguire  i  lavori  tecnici  preparatorii  per  la 
costruzione  d'  un  canale  fra  il  mare  del  Nord  e  il  mar  Baltico,  attraverso 
i'  Holstein  e  lo  Schleswig,  il  quale  sia  costantemente  navigabile  pei  basti- 
menti  di  commercio  e  di  guerra  di  ogni  dimensione.  Vista  1'  importanza 
di  questa  grande  impresa  per  gl'  interessi  del  commercio  e  della  marina 
prussiana,  il  mio  Governo  si  sforzera  di  garantirne  1'eseguimento  con  una 
partecipazione  dello  Stato  alle  spese  che  ne  saranno  la  conseguenza 

«  La  pace  colla  Danimarca  ha  reso  all'Alemagna  la  contrastata  sua 
frontiera  setlentrionale,  ed  agli  abitanti  di  quelle  contrade  la  possibilita 
di  prendere  parte  altiva  alia  nostra  vita  nazionale.  La  mia  politica  ayra 
per  compito  di  assicurare  questa  conquista  con  istituzioni  che  ci  facilkinq 
il  dovere  d'onore  di  proteggere  questa  frontiera,  e  di  permettere  aiDucati 
d'  impiegare  e  di  far  valere  le  loro  ricche  forze  nell'  interesse  dello  svol- 
gimento della  forza  di  terra  e  di  mare  della  patria  comune.  Col  mantenere 
queste  legittime  dimande,  cerchero  di  porne  il  compimento  d'accordo  coa 
lutte  le  pretese  fondate  e  del  paese  e  del  Sovrano 

«  Le  nostre  relazioni  con  tutte  le  altre  Potenze  non  sono  state  turbate 
in  verun  modo  e  continuano  a  presentare  il  carattere  piu  felice  e  piu  sod- 
disfacente. 

«  Signori,  il  mio  voto  piu  ardente  si  e  che  la  differenza  insprta,  in 
questi  ultinii  anni,  tra  il  mio  Governo  e  la  Camera  dei  Deputati,  riesca  ad 
una  conciliazione.  I  memorandi  avvenimenti  del  1864  avranno  contribuito 
ad  illuminare  gli  animi  sul  bisogno  di  migliorare  un'  organizzazione  mi- 
litare,  la  quale  ha  superalo  la  prova  d'  una  prospera  guerra. 

«  Sono  risoluto  a  nspettare  ancora  ed  a  tutelare  i  diritti  che  la  Costi- 
tuzione  ha  assegnato  alia  rappresentanza  del  Paese;  ma  se  la  Prussia  de- 


CRONACA 

Ye  mantenere  la  sua  indipendenza  e  il  grado,  al  quale  ha  diritto  fra  gli 
Stati  dell'Europa,  il  suo  Governo  deve  essere  fermo  e  forte,  e  con  puo 
esservi  accordo  colla  rappresentanza  del  paese  che  col  mantenimento 
dell'prganizzazione  dell'esercitp,  la  quale  garantisce  la  suayirtu  militare, 
e  quindi  la  sicurezza  della  patria.  » 

I  nostri  lettori  avranno  notato  da  se  il  tono  fermo,  con  cui  il  Re  parlo 
della  volonta  sua  di  mantenere  il  nuovp  organamento  dell'  esercito ;  e  la 
franchezza  con  cui  accenno  alia  repressione  delle  mene  rivoluzionarie  sui 
confmi  del  reame  di  Polonia ;  la  cura  onde  rilevo  i  lavori  gia  imprest 
per  un  canale  marittimo  a  traversp  1'  Holstein  e  lo  Schleswig,  come  se  si 
trattasse  di  cose  domestiche  fatte  in  casa  propria ;  la  disinvoltura  con  la 
quale  affermo  che  adoprerebbe  la  sua  politica  a  rassodare,  con  opportu- 
ne istruzioni ,  la  conquista  fatta  sopra  la  Daniniarca ,  ed  a  far  valere  le 
ricchezze  dei  Ducati  per  crescere  le  forze  della  comune  patria. 

Ma  i  Deputati  capirono  che  da  tutte  queste  belle  cose  il  Governo  si 
proponeva  di  ricavare  il  frutto  espresso  nella  conclusione :  dunque  desi- 
stete  dal  farmi  contrastp,  approvate  il  nuovo  organamento  dell' esercito. 
II  Re  ayeva  parlato  chiaro ;  la  Camera  si  credette  in  debito  di  parlare 
anche  piu  chiaro,  benche  in  altra  forma. 

5.  Adunatasi,  il  di  16  Gennaio,  la  Camera  dei  Deputati  procedette  al- 
1'elezione  del  proprio  Presidente,  e,  con  222  suffragi  sopra  258  votanti, 
rielesse  a  tale  ufficio  appuntoa  quel  medesimoBorgomastro  sig.  Grabow, 
che  collo  stesso  titolo,  nelle  precedent!  sessioni,  si  era  segnalato  per  1'in- 
flessibile  sua  opppsizione  al  Ministero,  ed  avea  sempre  capitanato  la  de- 
mocrazia  ne'  suoi  assalti.  Questa  era  una  indiretta,  ma  vigorosa  risposta 
della  Camera  al  Re.  Ma  il  Grabow  non  se  ne  tenne  soddisfatto,  e  -voile, 
appena,  risalito  al  seggio  di  Presidente,  manifestare  i  suoi  proprii  senti- 
menti ;  laonde,  ringraziata  con  calde  parole  la  Camera  per  questo  nuo- 
yo  segno  di  fiducia ,  e  richiestala  di  concorso  benevolo  ed  energico  per 
gl'  interessi  della  patria ,  usci  fuori  in  questa  filippica  contro  il  Gover- 
no: «  Signori.  Al  mpmento  della  chiusura  dell' ultima  sessione,  si  era 
precariamente  rinunciato  alia  speranza  d'un  accordo  con  questa  Camera. 
Poscia,  processi  contro  la  stampa  liberale;  misure  disciplinari  contro  gli 
ufficiali  pubblici  liberali ;  rifiutata  la  confermazione  delle  elezioni  comu- 
nali ;  sospetti  e  calunnie  contro  i  cittadini  liberali  si  sono  prodotti  in 
maggiore  abbondanza  ancora  che  negli  anni  precedents  (Bravo)!  II  sen- 
timento  liberale  e  messq  al  bando  (verissimo).  La  fedelta  ha  le  sue  con- 
vinzioni;  il  piu  bel  gioiello  del  pubblico  ufficiale  vecchio-prussiano  e 
stato  1'  obbietto  della  proscrizipne  neo-prussiana  (vivo  assenso).  Si  mette 
la  scure  all'  arteria  dell'  amministrazione  autpnoma  della  citta  e  dei 
comuni,  che  dopo  il  1808  aveya  prodotto  i  bei  frutli  dal  sentimento  col- 
lettivo  e  della  prosperita  collettiva  ,  per  determinare  1'opinione  pubblica 
tre  volte  provata,  la  potenzapiu  forte  dello  Stato,  a  ritornare  addietro; 
per  forzare  la  Camera  dei  Deputati  a  sottomettersi  e  per  cosi  legare  le 
arterie  vitali  della  vita  costituzionale  (Bravo).  Intanto  la  coscienza  del 
popolp  prussiano  e  dei  suoi  rappresentanti  eletti ,  che  hanno  giurato 
avanti  a  Dio  e  alia  Corona  di  rispettare  coscienziosamente  la  Costituzio- 
ne,  non  pieghera  sotto  1'effetto  d'alcuna  potenza  della  terra,  poiche  si 
tratta  di  conservare  la  santita  dei  diritti  costituzionali  della  corona  e  del 
popolo  ( Bravo) . 


CONTEMPORANEA  253 

«  La  divisa  reale :  «  Solo  chi  si  colloca  sulla  rupe  del  diritto,  si  trova 
sulla  rupe  dell'onore  e  della  vittoria;  »  questa  divisa  noi  1'abbiamo  as- 
sunta  (Benissimo!)  Sotto  guesta  bandiera  non  possiamo  trovare  1'accor- 
do  che  vivamente  desideriamo  da  alcuni  anni,  ma  inyano,  senon  per 
una  via  che  rende  possibile  di  npn  abbandonare  i  diritti  dei  popoli  giu- 
rali  e  affidati  alia  nostra  fedelta  coscienziosa  (Braco).  Voglia  il  Go- 
yerno  del  Re  entrare  con  noi  in  si  fatta  via,  per  la  salute  ed  il  vantaggiq 
della  patria  nostra,  la  cui  prosperita  e  il  cui  onore  saranno  sempre  sacri 
pei  nostri  cuori  prussiani  1  » 

II  Ministro  degli  affari  interni,  signor  Eulembourg,  non  pote  compor- 
tare"  questo  assalto,  e  nella  tornata  del  17  ,  dolendosi  dell'  «  amara  cri- 
tica  »  fatta  dal  Grabow  al  Governo  ,  e  della  tetra  sua  descrizione  dello 
statp  del  paese,  cosi  continue  a  dire:  «  Lascio  da  parte  il  chiedere  ,  in 
virtu  di  qual  diritto  il  signor  Presidente  ha  potuto  sollevare,  prima  ancora 
che  la  Camera  fosse  costituitae  mentre  erano  assenti  i  rappresentanti  del 
Governo,  un'accusa  generate  contro  il  Ministero,  appunto  allora  quando 
egli  avea  appena  finito  di  protestarsi  che  adempirebbe  imparzialmen- 
te  il  suo  uffizio.  Ma  ben  voglio  e  posso  chiedere :  quale  impressione  cio 
debba  aver  fatto  sul  reale  nostro  Signore  ,  sul  Governo  e  sul  popolo? 
posciache,  immediatamente  dopo  avereilRemanifestato  il  voto  che  1'op- 
posizione  fra  il  Governo  e  la  Camera  dei  Oeputati  possa  essere  leyata 
via  per  componimento,  il  Presidente  della  Camera  s'  affretto  di  dichiara- 
re,  dalTalto  del  sublime  suo  posto  ,  che  non  mai  questa  opposizione  era 
stata  tanto  spiccata  quanto  adesso,  e  che  un  accordo  e  oggimai  impossi- 
bile,  se  il  Governo  non  si  arrende  ai  voleri  della  Camera !  II  Governo 
deplora  sinceramente  questo  procedere  del  signor  Presidente ;  ma,  dato 
pure  che  la  pluralita  dalla  Camera  Tapproyasse  ,  il  Governo  non  rinun- 
ziera  percio  ai  suoi  intendirnenti  conciliativi.  In  quanto  sara  possibile 
daremo  a  vedere,  nella  sostanza  come  nella  forma  degli  atti  nostri,  quanto 
e  sincero  il  nostro  desiderio  di  far  cessare  il  presente  conflitto  ». 

II  Grabow  replied  alteramente,  che  avea  coscienza  d'aver  fatto  bene  a 
mettere  in  chiaro  le  cose,  perche  questo  e  il  solo  mezzo  efficace  a  conci- 
liazione  secondo  la  giustizia  e  la  verita. 

La  Camera,  col  suo  silenzio,  interrotto  solo  da  poche  parole,  pro  e 
contro,  di  due  Deputati,  fece  capire  che  dava  ragione  al  Grabow;  al  qua- 
le, di  li  a  non  motto,  pervenne  un'altra  pubblica  manifestazione  di  grati- 
tudine  pel  suo  contegno,  con  che  la  democrazia  alemanna  si  piacque  di 
significargli  cjuanto  le  tornasse  accetta  la  sua  indomita  fermezza  nel  tener 
testa  contro  i  voleri  del  Re  e  nel  sostenere  le  pretensioni  della  Camera, 
Trecento  elettori  di  Colonia  gli  mandarono  presentare  una  corona  d'  ar- 
gento  a  rami  di  quercia,  accompagnata  da  un  indirizzo  ardito,  col  quale, 
come  si  legge  nel  Debats  del  3  Febbraio,  dichiaravano  il  pieno  loro  com- 
piacimento,  si  delle  parole  con  cui  egli  denunzio  gli  abusi  del  Governo  e 
descrisse  le  tristi  condizioni  della  patrie,  assicurando  che  quelle  parole 
«  aveano  sonato  ben  alto  in  tutto  il  paese  e  molto  al  di  la  delle  frontiere 
della  patria,  in  tutti  i  cuori  illuminati  ed  indipendenti  ».  I  setlarii,  si  sa, 
non  conoscono  patria,  e  son  pronti  ognora  a  sacrih'carla  a  vantaggio  della 
setta,  e  trionfano  degli  inlerni  dissidii,  quando  questi  si  possono  volgere 
a  depressione  della  monarchia.  Percio  ancora  si  felicitava  da  codesti  Co- 
loniesi  il  Grabow,  per  aver  fatto,  come  vedremo  a  suo  luogo,  che  la  Ca- 


254  CRONACA 

mera  si  rifiutasse  a  qualunque  indirizzo  di  risposta  al  discorso  del  Re, 
some  per  dirgli :  Siete  intrattabile,  ed  oggimai  con  yoi  occorrono  fattj 
non  parole  1  11  Grabow  riceyette  la  corona  e  1'  indirizzo  con  mostra  di 
sentito  piacere,  ma  protestandosi  che  egli  riguardava  tale  omaggio  come 
fatto  a  tutta  la  rappresentanza  nazionale,  e  che  in  nome  di  lei  1'accettava. 

6.  Con  questi  fomenti  e  chiarp  che  i  contrast! ,  non  che  scemassero, 
doveauo  crescere  appunto  in  ragione  del  fayore  in  che  pareano  grandeg- 
giarepresso  laFrammassoneria  gli  avversarii  del  Ministero  e  del  Re.  Onde 
di  tanto  si  ringagliardi  la  pertinacia  degli  oppositori,  che  neppure  rifug- 
gonp  da  minacee  di  sollevamento,  manifestate  nelle  loro  corrispondenze 
a'  giornali  stranieri.  E  pur  teste  scriveano  all'  Italic  che,  sebbene  il  Re 
sembrasse  disposto,  anzi  a  prorogare  che  a  sciogliere  di  bel  nuovo  la  Ca- 
mera, che  durava  inflessibile  ne'  suoi  propositi,  tuttavia  «  nelle  present! 
cpngiunture  e  coi  disegni  d'annessione  dei  Ducati,  che  si  covano  dal  Ga- 
binetto  di  Rerlino,  la  pace  interna  non  e  solamente  necessaria,  ma  indi- 
speiisabile;  laonde  tutto  induce  a  credere  che  il  Re  di  Prussia,  di  cui  ben 
si  conosce  1'accorgimento  nel  temporeggiare,  non provocher a  mal  a  pro- 
posito  un  mommento  del  partito  d'azione  ».  Stando  le  cose  in  questi  ter- 
mini, non  dee  fare  meraviglia  che  serapre  piu  s'inasprisse  il  conflitto  fra 
la  Camera  ed  il  Governo,  scambiandosi  daH'unaedaU'altra  parteacerbe 
dichiarazioni,  quando  la  disamina  dei  bilanci  ne  comincio  a  porgere  1'oc- 
casione.  Ed  il  mal  animo  della  Camera  spicco  subito  nella  risoluzione 
quasi  unanime  con  che,  respinti  gli  schemi  tilndirizzo,  compilati  da  ua 
certq  numero  di  Deputati  cattolici,  che  volcano  tenere  aperta  la  porta  alia 
conciliazione,  tutti  gli  altri  votarono,  nella  tornata  del  24  Gennaio,  che  non, 
era  d'uopp  d'alcun  Indirizzo,  posciache  ilGpyerno  avea  fatto  della  qui- 
stione  militare,  intorno  a  cui  yolgeva  il  dissidio,  una  specie  di  noli  me 
tangere,  da  cui  esso  non  voleya  recedere ,  ed  in  cui  la  Camera ,  salvi  i 
suoi  diritti,  non  potea  piegarsi. 

Ma  a  tal  decisione  della  Camera  dovette  conferire  non  poco  la  dichia- 
razione  fatta  dal  ministro  Eulembourg  circa  1'  impossibility  che  il  Re  ed 
il  Governo  rinunciassero  al  nuovo  organamento  dell'esercito.  Ecco  le  sue 
parole,  trascritte  anche  dal  Debats  del  28  Gennaio: 

«  Rammentate  per  un  istante,  ye  ne  prego,  o  Signori ,  1'essenza  della 
questione  militare!  Figuratevi  un  monarca  il  quale,  soldato  nell'  anima, 
ha  apprezzato  nella  profondita  piu  intima  1'  importanza  della  sua  armata 
per  lui  e  per  la  sua  patria;  le  cui  riflessioni  ed  aspirazioni  da  lungo  tem- 
po non  sono  state  iudirizzate  che  a  dare  a  questa  istituzione  un  organa- 
mento, capace  di  guarentire  la  forza  e  la  solidita  che  essa  ha  avuto  tino 
ad  ora,  edi  portarla  ad  uno  stato  d'istruzione,  atta  a  mantenerla  all'altezza 
di  una  delle  prime  armate  dell'  Europa  1  Figurateyi  un  monarca,  il  quale 
crede  di  avere  infine  trovato  simile  organamento,  che,  coll'assenso  della 
rappresentanza  nazionale ,  la  realizza  proYvisoriamente  e  che  crede  si 
importante ,  si  necessaria  che  non  vi  rinuncia  ,  anche  quando  il  paese  si 
troya  minacciato  dal  pericolo  di  restare  senza  bilaricio.  Figuratevi  poscia 
una  guerra  yittoriosa,  una  guerra  cui  1'armata  ha  fatto  soltp  1'impero  del 
suo  nuovo  organamento,  e  riflettete  anche  alle  conchiusioni  che  natural- 
mente  ne  seguiranno,  cioe  che  forse  sarebbesi  potuto  yincere  parimenti 
senza  la  nuova  organizzazione,  ma  che  non  sarebbesi  vinto  con  tanta  si- 
curezza  sotto  1'impero  cosi  completo  della  disciplina  e,  se  posso  cosi  es- 


CONTEMPORANEA.  255 

primermi  con  pari  eleganza  e  non  sotto  le  forme  che  hanno  fatto  le  loro 
prove  ed  hanno  trovato  in  questa  guerra  la  loro  giustificazione. 

«  Ricordate  inoltre  die  i  pericoli  che  si  annettevano  alia  mancanza 
d'un  bilancip,  non  si  sono  presentali.  Ed  e  a  im  simile  monarca  che  voi 
dimandate  di  rinunciare  a  quest'opera,  in  favor  della  quale  parlano  tutti 
i  fatti,  e  di  dire  :  «  lo  e  il  mio  Governo  cerchiamo  la  conciliazione  nella 
«  distruzioue  di  una  parte  dell' opera  che  ha  reso  grande  la  Prussia!  » 
Cid  e  impossibile ,  o  Signori ,  interamente  impossibile !  Ne  il  Monarca 
presente  della  Prussia  ,  ne  alcuno  altrq  Re  di  Prussia,  finche  vivremo  , 
abbandonera  il  minimo  puntp  dei  principii  di  questo  riorganameuto  del- 
1'armata  ne  delle  disposizioni  legali ,  ch'  esso  considera  come  i  corollarii 
necessarii ;  e  i  Re  di  Prussia  hanno  una  durata  piu  lunga  di  uria  Camera 
di  Deputati  eletti  per  tre  anni.  .  .  . 

«  Signori,  rinunciate  all'idea  di  esercitare  il  vostro  diritto  risguardante 
il  bilancio  nella  questione  militare;  cercate  qualche  altro  tema,  qualche 
altro  terrenosul  quale  possiate  poter  fare  valere  il  vostro  diritto,  benche 
possa  esservi  difficile  lo  scoprire  un  simile  terreno  ,  perche  voi  troverete 
il  Governo  pronto,  finche  circostanze  di  fatto  nol  renderanno  impossibile, 
ad  ammettere  1'interprelazione  degli  articoli  della  legge  alia  quale  vi  at- 
tenete.  Fate  scomparire  dalla  scena  la  questione  militare;  essa  allora  sa- 
ra  una  lezione  pei  tempi  futuri;  allora  tutta  la  lotta  che  sosteniamo  da 
tre  anni,  e  che  continuera  indefinitamente  se  non  cedete  su  questo  punto, 
sara  nullameno  salutare  per  la  patria  e  contribuira  allo  svolgimento  della 
yita  costituzionale  piu  che  non  credete.  Signori,  non  lasciate  la  manife- 
stazione  di  un  tale  patriottismo  ai  vostri  successori ;  mettete,  piu  presto 
che  e  possibile,  la  mano  all'opera,  per  rendere  la  Prussia  unita,  e  quindi 
cosi  grande  e  cosi  forte,  quanto  merita  di  esserlo.  » 

L'esortazione  deU'Eulembourg  riusci  precisamente  ad  uno  scopo  tutto 
contrario  all'inteso;  ed  i  Deputati  ,  col  respingere  ogni  proposta  d'lndi- 
rizzo,  dissero  chiaro  al  Re :  Voi  non  volete  fare  a  modo  nostro?  E  noi 
terremo  saldo,  ne  spenderemo  indarno  altre  parole  per  chiedervi  quello 
che  ci  avete  dichiarato  impossibile. 

7.  Grande,  senza  dubbio,  dovett'essere  il  rammarico  del  Re  al  vedersi 
cosi  tornar  vano  ogni  maneggio  per  un  componimento  co' Deputati; 
ma,  per  compenso,  ebbea  trovare  conforto  neU'amplissimo  indirizzo  del- 
la  Camera  dei  Signori  (Debats  del  26  Gennaio),  nel  quale  era  espressa 
la  pienissima  adesipne  di  queslo  Corpo ,  a  cui  egualmente  compete  la 
rappresentanza  nazionale,  e  che  proferivasi  pronto  a  sostenere  il  Re  e  la 
Corona  con  ogni  favore.  Qualche  modificazione ,  proposta  dal  sig.  Bloe- 
mer ,  in  cui  si  accennava  il  desiderio  di  veder  cessato  quel  conflitto  fra 
la  Corona  e  la  Camera  ,  venne  respinta ,  dopo  le  spiegazioni  applauditis- 
sime  del  Bismark.  II  quale,  posto  in  sodo  che  il  presente  Gabinetto  non 
ayea  creata  questa  condizionedi  cose,  ma  che  essa  dovea  imputarsi  prin- 
cipalmente  alia  malaugurata  risoluzione,  presa  dalla  Camera  col  voto  del 
23  Settembre  1862  ,  venne  sppnendo  che  la  Costituzione  non  impone  a 
Teruno  dei  tre  Poteri,  cioe  Ministero  ,  Camera  dei  Signori ,  Camera  dei 
Deputati,  1'obbligo  di  soggettarsi  al  sic  volo,  sic  iubeo  d'uno  qualsiasi  di 
essi ;  che  perci6  il  conflilto  non  potea  cessare  che  per  un  componimento, 
e  che  questo  rendeasi  impossibile  solo  per  cio,  che  mentre  la  Corona 
facea  di  tutto  per  venire  ad  accordi  cedendo  sotto  molti  risguardi ,  la 


256  CRONACA  CONTEMPORANEA 

Camera  teneasi  irremoyibilmente  sul  diniego  di  pur  cedere  un  apice  delle 
sue  pretension!.  L'  indirizzo  proposto'fu  approvato  da  84  suffragi  contro 
6,  e  ricevuto  dal  Re  con  grande  effusione  di  compiacenza  e  con  mostra 
di  fiducia  nella  cooperazione  del  Signori.  E  certo  Guglielmo  I ,  avendo 
della  sua  il  partito  feudale  e  la  nobilta,  e  per  giunta  1'esercito,  puo  darsi 
pace  dell'opposizione  dei  Deputati ,  perche  a  peggio  andare  puo  riman- 
darli  a  casa,  e  fare  per  1'anno  1865  come  fece  pel  1864. 

8.  Tuttavia  le  pratiche  di  conciliazione  non  furono  al  tutto  abban- 
donate  dal  Ministero,  benche  non  tralasciasse  di  quando  in  quando  di 
far  sentire  a' Deputati,  come  teste  per  bocca  del  Generale  de  Hoon,  mi- 
nistro  della  Guerra ,  che  1'  incocciarsi  a  Tolerla  spnntare  potrebbe  aver 
per  conseguenza  quel.  che  accade  a  chi  yuol  tutto  o  niente ,  e  che ,  du- 
randola  a  questo  modo ,  potrebbe  pericolare  la  stessa  Gostituzione.   Un 
disegno  di  legge  sopra  il  servizio  mililare  fu  presentato,  alii  7  Febbraio, 
alia  Camera  dei  Deputati ,  steso  in  20  articoli  riferito  nel  Debats  del  13 
Febbraio ;  dal  quale  apparisce  manifesto  il  proposito  del  Governo  di 
mantenere,  a  qualunque  costo,  lapresente  organizzazione  dell'esercito  di 
terra  e  di  formare  una  potente  marina  militare. 

Sembra  che  da  ultimo ,  per  tentare  ancora  una  via  d'accordo ,  il  Mi- 
nistero abbia  proposta  di  riconoscere  alia  Camera  la  prerogativa  di  tissa- 
re  ogni  anno  il  numero  delle  cerne  da  chiamarsi  sptto  le  baudiere,  os- 
sia  il  contingente  militare,  purche  quella  si  contend  dal  canto  suo  diap- 
provare  tal  quale  sta  il  nuovo  ordinamento,  quanto  alia  durata  del  tem- 
po che  i  soldati  dovranno  passare  sptto  le  armi.  E  diceasi  che  qualche 
speranza  cominciava  a  mostrarsi ,  di  veder  finalmente  risolto  con  questo 
componimento  il  si  diuturno  litigio. 

9.  Intanto  fervono  i  maneggi  del  Gabinetto  prussiano  per  ottenere 
un'annessione  almenp  parziale  e  velata  dei  Ducati  dell'  Elba.  Si  riusci  a 
combinare  una  bandiera  provvisoria  pei  Ducati,  la  quale  venne  ricono- 
sciuta  dalla  Francia ;  ma  questa ,  rifiuto  poi  di  continuare  ai  Ducati  i 
favori  commerciali  di  cui  godevano  prima,  recandone  per  cagione,  che 
quelli  erano  stipulati  con  un  Governo  che  avea  cessato  di  esistere,  e 
percio  erano  di  fatlo  annullati.  Di  che  il  Bismark  fu  altamente  tratitto. 
I  partigiani  deH'annessione  si  danno  attorno  con  molta  solerzia  per  rac- 
cogliere  firme  ad  indirizzi  da  presentarsi  al  Re  di  Prussia,  affiuche  si 
degni  di  stendere  sopra  di  loro  lo  scettro  e  la  protezione  sua;  gli  ufficia- 
li  pubblici,  che  non  si  mpstrano  abbastanza  zelanti  a  questo  proposito, 
sono  cangiati ;  i  municipii  sonp  carezzati  o  infreriati  con  molta  sagacia , 
secpndo  che  le  loro  manifestazioni  favoriscpno  p  contrariano  tali  disegni; 
ed  il  re  Guglielmo  I  si  dispone  a  fare  un  viaggio  nei  Ducati  stessi ,  do- 
ve 1'occhio  del  padrone ,  come  si  sa ,  puo  supplire  a   molti  difetti  ed  in- 
fervorare  le  pratiche,  e  spllecitare  qualche  forma  di  plebiscite,  sopra  cui 
fondare  quel  diritto  che  risulta  &&\\' opinione pubblica  e  dal  voto  popolare. 
Ma  resta  a  yincere  la  ripugnanza  dell'Austria  ,  che  non  sembra  ancora 
disposta,  ne  a  parteggiare  apertamenle  per  la  Prussia,  poslergando  i 
diritti  della  Dieta  ed  i  richiami  della  Potenzesecondarie,ne  a  lasciare  di 
tanto  rinlbrzare  la  sua  emola  ,  quanto  risulterebbe  dall'annessione  dei 
Ducati ,  senza  prima  avere  stipulati  e  guarentiti  efficacemente  i  proprii 
interessi  con  adeguati  compensi. 


IL  MATRIMONIO  CRISTIANO 

E 

LE  ASSEMBLES  TORINESI 


Mentre  i  Senator!  e  i  Depuiali  della  novella  Italia  discutevano,  negli 
scorsi  mesi  di  Febbraio  e  di  Marzo,  le  leggi  intorno  al  Matrimonio 
civile,  il  sig.  Canlii  ha  citate  quelle  celebri  parole  di  Walpole :  Noli 
quieta  movere:  non  muovere  le  cose  che  sono  quiete.  Con  che  ci 
sembra  aver  egli  dalo  a  quegli  uomini  di  Stato  il  migliore  ed  il  piii 
opportune  consiglio,  che  si  potesse.  Ma  essi  nol  seguitarono,  peroc- 
che  votarono  favorevolmente  per  quelle  inique  proposte ;  e  cosi  di- 
mostrarono  che  il  capogirlo  italiano  non  appartiene  solamente  alia 
capitale  murale,  ma  che  si  e  comunicato  ancora  ai  loro  cervelli  di- 
plomatici. 

Forse  i  nostri  lettori  penseranno,  che  noi  approriamo  il  consiglio 
del  sig.  Cantu,  e  deploriamo  che  i  reltori  d'  Italia  lo  abbiano  mise- 
rabilmente  rigellato;  per  la  ragione,  che  i  detti  amminislratori  della 
cosa  pubblica  hanno  d'innanzi  agli  occhi  tante  altre  cose  che  si 
muovono,  le  quali  converrebbe  fermare,  e  tante  incerte,  che  sarebbe 
opportune  di  slabilire,  e  tante  vuote,  specialmenle  le  casse,  le  quali 
non  si  sa  come  si  possano  riempire,  e  pur  si  debbono.  Stanleche, 
quale  che  sia  la  loro  opinione  intorno  alle  allre  specie  di  vacuila, 
ben  sappiamo  che  i  nostri  politic!  aborrono  il  vacuo  monelale  di 
comune  consenso  e  per  una  sorta  d'  istinto  irresistibile.  Egli  dun- 
^que  pareva  conveniente  assai,  che  prima  di  metlere  in  movimento 
Serie  Y7,  vol.  II,  fasc.  363.  17  21  Aprile  1865. 


258  IL  MATRIMONIO  CRISTIANO 

e  di  agitare  le  cose  quiete  e  tranquille,  i  Senator!  e  i  Deputati  si  do- 
vessero  occupare  di  ricondurre  in  calma,  e  di  riparre  in  ordine  lutte 
quelle  che  sono  scompigliate,  e  si  dimenano  sconvenevolmente. 

Ma  per  quanto  quesla  ragione  escogitata  dai  noslri  leltori  sia  buo- 
na,  per  quanto  essa  sia  vera,  e  per  quanto  sia  capace  di  fare  stimare 
quel  consiglio  e  lodevole  per  colui  che  lo  ha  dato,  e  profiltevole  se 
lo  avessero  abbracciato  coloro  ai  quali  era  suggerito;  noi  non  ne  ab- 
biamo  bisogno.  Conciossiache  ve  ne  ha  delle  altre  di  una  efficacia 
maggiore,  e  di  una  forza  assoluta ;  come  quelle,  le  quali  persuadono  a 
lasciare  stare  il  matrinionio  come  sia,  in  ogni  tempo,  in  ogni  condi- 
zione  di  governo,  ed  anche  nel  caso  che  i  Senatori  e  i  Deputati  non 
avessero  niun'  altra  cosa  onde  occuparsi  utilmente,  e  non  si  offrisse 
ai  parlamentari  niun  altro  soggetto  da  far  pompa  o  soda  o  vana  di 
eloquenza.  E  ci  si  consenta,  che  esponiamo  brevemente,  se  non  tulte, 
alcune  almeno  di  queste  ragioni;  e  che  uniamo  cosi  la  nostra  voce, 
qual  che  essa  sia,  con  quelle  di  tanti  egregi  e  cattolici  scrittori,  sieno 
laici  sieno  ecclesiastici,  i  quali  energicamente  riprendono  e  viluperano 
questo  atlo,  come  quello  che  compete  piuttosto  a  distruttori  di  popoli 
e  di  citta,  che  a  facitori  di  nazionalita  e  di  regni. 

Dapprima  affermiamo  francamente ,  che  i  reggitori  del  nostro 
paese  son  venuti  a  perdere  la  ripulazione,  se  pur  ne  avevano,  non 
diciamo  collo  stabilire,  quanto  e  in  loro,  e  col  sancire  le  leggi  del 
matrimonio  civile;  ma  sol  mettendo  queste  leggi  in  seria  discussio- 
ne.  Perche  da  noi  italiani,  e  da  tutti  gli  altri  cattolici  che  sono  sparsi 
sopra  la  terra,  deve  per  questo  solo  il  loro  Senato  e  la  loro  Camera 
essere  necessariamente  riguardala,  come  una  sinagoga  di  peccatori, 
e  come  una  congregazione  di  maligni.  Ne  puo  essere  allrimenti. 
Perciocche  tutti  i  caltolici  ritengono  che  la  cattedra  della  verila  e 
quella,  ove  siede  il  venerato  Pontefice  Pio  IX;  e  noi  italiani,  la  Dio 
merce ,  piu  vivamente  lo  crediamo  ,  per  aver  la  disposizione  divina 
eretta  questa  sede  luminosa  appunto  in  mezzo  a  noi. 

Or  volge  appena  il  quinlo  mese ,  da  che  1'  augusto  Gerarca  ha 
dato  a  lutta  la  Chiesa  che  gli  e  soggetta ,  i  piu  precisi  ammaestra- 
menti  intorno  a  questi  punti.  Nell' atlo  degli  8  Dicembre  del  1864, 
Egli  ha  solennemenle  condannato  gli  errori ,  co'  quali  si  afferma , 


E  LE  ASSEMBLES  TORINESI  259 

che  non  si  puo  in  niun  modo  tollerare ,  che  Cristo  abbia  elevato 
il  matrimonio  alia  dignita  di  sacramento;  che  il  sacramento  del 
matrimonio  non  e  che  una  cosa  accessoria  al  contralto,  e  da  questo 
separabile,  e  lo  stesso  sacramento  e  riposto  nella  sola  benedizione 
nuziale;  che  il  vincolo  del  matrimonio  non  e  indissolubile  per  dritto 
di  natura,  ed  in  varii  casi  puo  sancirsi  per  la  civile  aulorita  il  di- 
Yorzio  propriamente  detto;  che  la  Chiesa  non  ha  la  potesta  d'indurre 
impedimenti  dirimenti  il  matrimonio,  ma  tale  polesla  compete  all'au- 
torita  civile,  dalla  quale  debbono  togliersi  gl' impedimenti  esisleuti; 
che  la  Chiesa  incomincio  ad  introdurre  gl'  impediment!  dirimenti 
ne'secoli  posteriori  non  per  dritto  proprio,  ma  usando  di  quello  che 
ricevette  dalla  civile  potesla;  che  i  canoni  tridentini,  ne'  quali  s'  in- 
fligge  scomunica  a  coloro  che  osano  negare  alia  Chiesa  la  facolla  di 
stabilire  gl' impedimenti  dirimenti,  o  non  sono  dommatici,  ovvero  si 
debbono  intendere  emanati  per  1'anzidelta  potesta  ricevuta;  che  la 
forma  del  Concilio  tridentino  non  obbliga  sotto  pena  di  nullita  in 
que'  luoghi,  ove  la  legge  civile  prescriva  un'  altra  forma,  ordinando 
che  il  matrimonio,  celebrato  con  questa  nuova  forma,  sia  valido;  che 
Bonifazio  VIII  pel  primo  asseri  che  il  voto  di  castita,  emesso  nella 
Ordinazione,  fa  nullo  il  matrimonio;  che  in  virtu  del  contralto  mera- 
mente  civile  puo  aver  luogo  tra'  cristiani  il  vero  matrimonio;  ed  e 
falso  che  o  il  contralto  di  matrimonio  tra'  cristiani  e  sempre  sacra- 
mento, ovvero  che  il  contralto  e  nullo,  se  si  esclude  il  sacramento; 
che  le  cause  matrimoniali  e  gli  sponsali  di  loro  natura  appartengono 
al  foro  civile;  e  fmalmente  .quegli  altri  due  errori  dell'abolizione  del 
celibato  de'  chierici,  e  della  preferenza  dello  stato  di  matrimonio  allo 
stato  di  verginita  1. 

A  questi  insegnamenti  del  Sommo  Pontefice,  siccpme  a  lutti  gli 
altri  che  sopra  somigliante  inaleria  sono  stati  dati  o  da  Lui,  o  dai 
suoi  Predecessori,  o  dai  Concilii  universali,  noi  callolici  aderiamo 
con  lulta  sincerita  di  animo,  e  con  tutta  pienezza  di  affetto.  Giacche 
non  riputiamo,  secondo  che  dice  S.  Paolo  2,  che  la  voce  di  colali 

1  Syllabus,  §.  VIII:  Errores  de  matrim&nio  christiano. 

2  Cum  accepisselis  a  nobis  verbum  auditus  Dei,  aceepistis  illud,  non  ut 
wrbum  hominum,  sed  (sicut  est  vere)  verbtim  Dei.  1.  Thess.  II,  13. 


260  IL  MATRIMONIO  CRISTIANO 

maestri  sia  voce  di  uomini;  ma  la  teniamo,  quale  e  veramente,  per 
Yoce  di  Dio. 

Ecco  perlanlo  qual  eintorno  al  matrimonio  cristiano  la  professione 
di  fede,  la  quale  fa  un  vero  cattolico  ed  un  onorato  e  degno  italiano. 
Egli  crede ,  che  nella  legge  di  grazia  e  stato  elevato  questo  natural 
contratto  alia  dignita  di  sacramento  da  Gesu  Cristo ;  il  quale  ha  vo- 
lulo  che  1'  unione  coniugale,  ordinata  naturalmente  a  procreare  gli 
uomini,  rappresenli  1'  unione,  onde  esso  Salvatore  si  congiunge  spi- 
ritualmente  alia  Chiesa  ,  facendola ,  mediante  lo  spirilo  soprannatu- 
lale  che  le  infonde ,  vivere  una  vita  divina  ed  attuosa ,  sicche  essa 
cooperi  col  suo  Sposo  a  rigenerare  come  figliuoli  di  Dio  i  figliuoli 
degli  uomini.  E  siccome  questa  unione  di  Cristo  colla  sua  Chiesa  e 
indissoluble  ed  eterna,  cosi  anche  il  malrimonio  cristiano  ,  allorche 
e  consummato,  persiste  insinattanto  che  persiste  la  vita  de'  coniugi. 
Ne  puo  forza  umana  separare  cio  che  ha  congiunto  Iddio  1.  Inoltre 
poiche  i  sacramenli  della  noslra  legge  non  sono  vane  significazioni 
ed  inulili  elementi,  niun  cattolico  dubita,  che  i  coniugi  crisliani  non 
vengano  corroborali,  purche  essi  non  le  facciano  ostacolo,  dalla  gra- 
tia santificante.  E  con  cio  essi  possono  rappresentare  praticamente, 
nella  conversazione  della  vita  e  neH'adempimento  degli  ufficii  coniu- 
gali,  i  soprannaturali  ufficii  che  si  esercitano ,  e  le  eccelse  relazioni 
che  corrono  tra  Cristo  e  la  Chiesa.  Per  tal  modo  comprendesi  pie- 
namente  tutta  la  forza  di  quelle  magnifiche  e  nobili  esorlazioni  del- 
1'Apostolo,  ove  dice :  «  Le  donne  sieno  soggette  ai  loro  marili  come 
al  Signore;  conciossiache  1'uomo  e  capo, della  donna,  come  Cristo  e 
capo  della  Chiesa,  ed  Egli  e  Salvatore  del  corpo  suo.  E  pero  come 
]a  Chiesa  e  soggetta  a  Crislo ,  cosi  ancora  le  donne  ai  loro  marili  in 
iutto.  Uomini ,  amate  le  vostre  mogli,  come  anche  Cristo  ama  la 
Chiesa,  e  diede  per  lei  se  medesimo,  affine  di  santificarla,  mondan- 
dola  col  lavacro  di  acqua  nella  parola  di  vita.  Cosi  anche  i  mariti 
debbono  amare  le  loro  mogli,  come  i  corpi  proprii.  Chi  ama  la  pro- 
pria  moglie  ama  se  stesso.  Perciocche  nessuno  odio  mai  la  propria 

1  Quod  ergo  Deus  coniunxit,  homo  non  separet.  S.  MATTH.  XIX,  6. 


E  LE  ASSEMBLES  TORINESI  261 

carne,  ma  la  nutrisce  e  la  conserva,  siccome  fa  Cristo  della  Chiesa  ; 
perche  noi  siamo  membra  del  suo  corpo,  della  sua  carne  e'delle  sue 
ossa  1  ». 

Oltre  a  cio  noi  cattolici,  secondo  la  doltrina  della  Chiesa,  teniamo 
che  la  ragione  di  sacramento  non  e  una  qualita  accidental,  aggiunta 
al  contralto  coniugale,  ma  e  di  essenza  al  matrimonio  stesso  de'cri- 
sliani  2.  Dal  che  segue  di  necessita  che  cotai  matrimonio  nella  sua 
sostanza  e  immedialaraente  soggetto  alia  ecclesiastica  giurisdizione, 
e  non  alia  potesta  civile.  Imperciocche  se  la  ragione  di  sacramento 
non  e  qualita  del  contralto  ,  ma  e  per  la  divina  elevazione  il  con- 
tralto medesimo  ;  egli  e  chiaro,  che  il  matrimonio  cristiano ,  subli- 
mata  la  sua  nalura,  e  divenuto  una  cosa  religiosa  e  sacra,  ed  e  sta- 
to  messo  nel  numero  de'  segni  efficaci  e  degli  struraenti  sensibili 
insieme  espiriluali,  iquali  comunicano  la  grazia  ed  operano  la  san- 
tificazione  degli  uomini.  Laonde  per  doppia  ragione  esso  non  puo 
dipendere  dal  civile  potere;  si  perche  e  cosa  sacra,  e  si  perche  e  un 
sacramento  :  ma  deve  per  lo  conlrario  assolutamenle  appartenere 
alia  ecclesiastica  autorita ,  alia  quale  e  slata  da  Crislo  pienamenle 
commessa  la  cura  delle  cose  sacre,  ed  in  maniera  speciale  la  cuslo- 
dia  e  ramministrazione  de'  sacramenli. 

Dalla  quale  dottrina  due  conseguenze  si  derivano  legiltimamente 
e  facilmenle.  La  prima  e,  che  alia  Ghiesa  sola  apparliene  lo  stabilire 
le  condizioni  e  le  formalila ,  onde  si  ha  da  celebrare  il  matrimonio 
cristiano  in  maniera  lecita  o  valida ;  ed  il  sancire  quali  sieno  gl'im- 
pedimenti  che  rendano  illecito  o  anche  irrito  questo  contralto ,  e  le- 
ghino  o  inabilitino  rispetto  ad  esso  le  persone  contraenli.  II  perche, 
giusla  T  irrefragabile  definizione  del  Pontefice  Pio  IX  :  «  Una  legge 
civile,  che  supponendo  divisibile  pei  cattolici  il  sacramento  dal  con- 
tralto di  matrimonio,  pretenda  di  regolarne  la  validita  ,  conlraddice 
alia  dottrina  della  Chiesa,  invade  i  dritli  inalienabili  della  medesima, 
e  praticamente  parifica  il  concubinalo  al  sacramento  del  malrimonid, 
sanzionando  legitlimo  1'uno  come  raltro  3  ».  L'allra  conseguenza  e, 

1  Ad  Ephes.  V,  22-30. 

2  Lettera  di  S.  S.  Pio  IX  a  S.  M.  Re  Vittorio  Emmanuele,  ai  9  Settembre 
1852,  sul  matrimonio  civile. 

3  Lettera  citata. 


262  IL  MATRIMONIO  CRISTIANO 

che  la  potesta  civile  ordinata  e  saggia,  lasciando  alia  Chiesa  calloli- 
lica  tutto-cio  che  spetta  alia  validila  ed  alia  natura  del  contratto  con- 
iugale ,  non  si  puo  lecitamente  ed  efficacemente  occupare  ,  che  del 
soli  accessorii  di  esso  contratto,  e  di  quegli  effetti  che  diconsi  civili. 
Anche  questa  seconda  conseguenza  vien  lucidamente  insegnala  dal 
menlovato  Ponteflce  Pio  IX-:  «  Non  vi  e  ,  egli  dice,  altro  mezzo  di 
conciliazione,  che  rilenendo  Cesare  quello  che  e  suo,  lasci  alia  Chie- 
sa cio  che  ad  essa  appartiene.  II  potere  civile  disponga  pure  degli 
effetti  civili  che  derivauo  dalle  nozze ,  ma  lasci  alia  Chiesa  il  rego- 
larne  la  validila  fra  i  crisliani.  La  legge  civile  prenda  le  mosse  dalla 
validila  o  invalidita  del  matrimonio  ,  come  sara  dalla  Chiesa  deter- 
minate ;  e  partendo  da  questo  fatto ,  che  e  fuori  della  sua  sfera  il 
coslituirlo,  disponga  allora  degli  effetti  civili  1  ». 

Tale  e  la  somma  della  doltrina  inlorno  al  matrimonio  cristiano,  la 
quale  s'  insegna  e  si  professa  da  noi  italiani  e  dagli  allri  cattolici. 
Intanto  nelle  funeste  assemblee  di  Torino  vien  proclamata  e  sosle- 
nuta  una  dottrina  diametralmente  opposta,  cosi  ne'suoi  fondamenli , 
come  nelle  sue  conseguenze  :  la  quale  per  questo  appunlo  e  da  noi 
riguardata  come  una  dottrina  peslilenziale  ed  incomoda.  Si  affernia 
ivi  che  il  contralto  nuziale  e  divisibile  dal  sacramento,  si  sostiene 
che  il  civile  reggimento  non  deve  riconoscere  gl'impedimenti  che  so- 
no  decretati  dalla  Chiesa,  si  attribuisce  alia  laica  potesta  il  dritto  di 
stabilire  in  quella  vece  altri  nuovi  impediment!  secondo  che  le  ag- 
grada ,  si  nega  che  il  matrimonio  si  debba  celebrare  giusta  la  forma 
prescritta  dal  Concilio  tridentino,  e  si  ordina  che  non  sia  valido  se 
non  si  celebri  dinanzi  a  questo  o  a  quell'impiegato  o  ufficiale  o  com- 
messo  del  Governo. 

Cosi  in  queste  orgie  non  si  dice  nulla  di  specioso  per  merito  di 
novita,  ma  sono  ignobilmente  parodiati  i  vecchi  delirii  de'  razionalisli 
e  de'  doltrinarii,  de'furiosi  e  de'  baccanti,  che  agitarono  e  manomisero 
la  Francia  nel  secolo  scorso,  de' giansenisti  e  regalisti  che  si  unirono 
in  sinodo  nella  citta  di  Pistoia,  de'  semiluterani  e  de'  luterani  puri, 
de'  calvinisli  e  de'  valdesi.  In  una  parola  sono  imitati  e  rappresen- 

1  Lettera  citata. 


E  LE  ASSEMBLES  TORINESI  263 

tali  coloro  che  hanno,  come  gia  disse  S.  Pietro,  gli  occhi  pieni  di 
adulterii  l,  e  la  coscienza  cauleriata,  giusla  1'espressione  di  S.  Paolo  2; 
e  pero  proibiscono  le  nozze  37  cioe  muovono  ogni  pietra,  acciocche 
invece  del  legiltimo  e  indissoluble  matrirriouio  sia  sostituita  la  comu- 
nione  delle  donne,  e  la  liberta  del  concubinato.  E  per  questa  ragione, 
siccome  di  sopra  abbiamo  affermato,  coteste  assemblee  torinesi  sca- 
pitano  di  considerazione  e  di  ripulazione;  perciocche  quelle  Camere 
invece  di  essere  tenute  come  un  luogo,  ove  convengano  maturi  e  sa- 
pienti  giureconsulti,  sono  slimate  come  uno  spedale  di  uomini  in- 
fermi  e  pestilenti,  i  quali,  per  dare  giunla  alia  derrata,  cerchino  di 
diffondere  la  peste,  e  di  comunicare  il  morbo. 

Ne  si  puo  questo  fatto  scusare  in  nessuna  maniera  col  titolo  di 
ignoranza.  No,  esso  e  una  di  quelle  colpe,  le  quali  senza  temerita  si 
posson  riguardare  come  originate  da  malizia.  Conciossiache  tutto 
quello  che  era  mestieri  di  dire  con  Ira  un  tal  disegno  di  legge  iniqua 
e  sacrilega,  tutto  fu  gia  detto  e  pubblicato  per  1'Italia,  e  ormai  piu 
di  dieci  anni ;  allorche  cioe  il  mentovato  disegno  si  incomincio  la 
prima  volta  a  mettere  in  campo.  Teslimonii  ne  sono  gl'innumereyoli 
articoli  de'  giornali  e  de'  periodici  cattolici,  le  leltere  pastorali  e  spe- 
cialmente  quelle  fatte  collettivamente  del  noslro  ammirabile  Episco- 
pate,, e  soprattutto  le  Allocuzioni  e  le  Letlere  apostoliche  del  S.  Padre 
Pio  IX.  Imperciocche  siccome  accade  che  quando  si  sparge  il  ru- 
more  del  nemico  che  sopravviene,  o  della  peste  che  invade,  tutti  e 
massimamente  coloro  che  soprastanno  alia  societa,  usano  le  oppor- 
tune precauzioni  per  difenderla  dai  mali  imminenti ;  cosi  il  nostro 
Gerarca  e  gli  allri  nostri  ecclesiastici  Pastori,  oltre  agli  altri  provve- 
dirnenti,  sollecitamente  avvertirono  sin  da  quel  tempo  i  fedeli  com- 
messi  alia  loro  cura,  del  pericolo  in  cui  versavano,  di  essere  avve- 
lenati  dalle  pestifere  prescrizioni ;  e  procurarono  di  spaventare, 
quanto  era  in  loro,  i  micidiali  avvelenatori.  Nenoi  lasciammo,  se- 
condo  il  debole  polere,  di  contribute  alia  difesa  del  comune  patri- 
monio  della  verita  e  della  santita  delle  leggi  religiose  e  divine,  che 

1  II.  Epist.  II,  14. 

2  I.  Epist.  adTimoth.W,  2. 

3  Ibid.  vers.  3. 


264  IL  MATRIMONIO  CRISTIANO 

si  vecleva  minacciato  1 :  il  quale  ufficio  nobilmente  e  valorosamente 
si  principle  sin  d'allora  ad  esercitare,  siccome  abbiamo  delto,  dagli 
altri  periodici  e  giornali  italiani.  Al  suono  di  tante  voci,  alia  copia 
di  tanti  scritli  di  forme  cosi  diverse,  e  cosa  impossible  che  dalle 
menli  de'nostri  Senatori  e  Deputali,  non  sia  stata  discacciata  ogni 
turpe  ignoranza,  intorno  al  punto  di  che  tratliamo. 

Ma  vi  e  di  piu.  Perche,  quando  ancora  tutti  i  buoni  fossero  siati  muti 
insino  a  questo  tempo,  saria  bastato  ad  illuminare  quelle  menti  legisla- 
trici  cio  solo,  che  ha  delto  nella  Camera  de'  Deputati  il  soprallodato 
sig.  Cantu,  per  frastornare  la  malaugurata  volazione.  Vogliamo  ripor- 
tare  alcune  di  quelle  nobili  parole,  degne  veramenle  di  chi,  secondo 
che  egli  stesso  affermo,  erasi  prefisso  di  parlare  e  di  prolestare,  contro 
la  legge  proposta,  e  come  cattolico,  e  come  capo  di  famiglia,  e  come 
cittadino,  e  come  deputato:  «  Quando,  egli  disse,  io  venni  in  questo 
Consesso,  credetti  mio  dovere  conoscere  le  leggi,  lostatulo,  ildritto 
amministralivo,  un  po'  distoria,  di  statislica :  ma  non  m'immaginava 
dovesse  sapervisi  tanlo  di  dritto  canonico,  com'e  necessario  quando 
continuamenle  si  parla  di  dritti  papali,  di  vescovi,  di  canonici,  di 
benefizii,  di  manomorta.  Mi  professo  ignorantein  tali  materie,  quanto 
ne  devono  essere  esperti  quelli  che  ne  favellano  :  ma  e  fortuna  che, 
uel  fatlo  presente  basta  discutere  del  fatto  :  non  disputiamo,  verifi- 
chiamo.  Ora,  sino  i  bambini  sanno  che  il  matrimonio  e  un  sacra- 
mento :  Sacramentum  magnum  lo  dicoao  i  teologi :  quiudi  e  ispe- 
zione  unica  della  Chiesa.  Gli  eretici  per  togliergliela  dovettero  negare 
che  fosse  sacrameiito :  ne  sacramento  vi  e  senza  intervento  ed  aulo- 
rita  della  Chiesa.  Si  puo  schiamazzare,  si  puo  mentire,  sipuoanche 
beslemmiare ;  ma  riman  sempre  vero,  e  non  si  puo  dislruggere  ii 
falto,  che  la  Chiesa  cattolica  professi  questi  due  dommi:  non 
v'ha  altro  matrimonio  fra  i  cristiani  che  quello  che  e  ad  un  tempo 
sacramento :  e  per  essere  sacramento,  e  quindi  vero  matrimonio, 
deve  intervenire  1'autorita  e  Tassenso  della  Chiesa  2  » . 

1  Vedi  per  cagion  d'esemplo,  Cimlta  Cattolica,  Serieprima,vol.lX,  pag. 
393  eseg.  Serie  seconda,  vol.  II,  pag.  434  e  seg.  Vol.  Ill,  pag.  129  e  seg., 
e  pag.  244  e  seg.  Vol.  IV,  pag.  289  e  seg. 

2  Atti  ufficiali  della  Camera  de'  Depulati  di  Torino.  Tornata  del  14  Feb- 
braio 


E  LE  ASSEMBLES  TORINESI  265 

Essendo  le  cose  in  quesli  termini  non  e  mestieri  grande  scienza 
politica  a  intendere  ,  che  era  cosa  piu  opportuna  lasciare  il  matri- 
monio  nella  sua  tranquillila  e  nella  sua  quiete.  Mentre  il  volerlo 
muovere  e  un  atlentato  non  solaraente  sacrilego  ,  ma  altresi  inutile 
e  ridicolo.  E  fare  leggi  che  tocchino  la  sua  natura  e  la  sua  validita , 
e  la  slessa  cosa  che  decretare ,  verbigrazia  ,  che  la  laliludine  di  To- 
rino, invece  di  essere  settentrionale,  cominci  ad  essere  d'oggi  innanzi 
meridionale :  ovvero,  per  dare  un  esempio  di  materia  piultosto  poli- 
tica che  geografica ,  e  la  slessa  cosa  che  se  il  municipio  torinese  or- 
dinasse  a  Torino  che  continui  ad  essere  la  Capitale  d' Italia,  e  vie- 
tasse  che  cominci  ad  esserla  Firenze.  La  piu  elementare  cognizione 
di  polilica  basta  a  far  com  premiere  ,  che  condizione  essenziale  alia 
forza  di  una  legge  ed  al  valore  di  una  sentenza  si  e  ,  che  il  giudice 
sia  competente  e  che  la  materia  della  legge  sia  soltoposta  alia  giu- 
risdizione  del  legislatore.  Poiche  il  volgare  concetto  della  legge  im- 
porta ,  che  essa  sia  una  ordinazione  della  ragione,  promulgata  a  co- 
mun  bene,  da  chi  possiede  raulorita.  Or  I'autorita  di  porre  la  mano 
sul  matrimonio  cristiano  non  e  nel  Seiiato,  non  e  ne'Deputali,  non  e 
ne'Re,  non  e  ne  anche  negl' Imperatori.  E  none,  perche  il  detto 
matrimonio  e  una  cosa  sacra  ed  un  sacramento :  do  che  sanno  anc& 
i  bambini. 

Benche  queste  leggi  non  sono  inefficaci  e  vane,  per  la  sola  ragio- 
ne del  difello  di  autorita  ,  in  coloro  che  altentano  di  sancirle  ;  ma 
anche  per  un'altra  ragione  di  non  minor  peso :  cioe  che  esse,  in  luo- 
go  di  produrre  il  bene  della  comunila,  le  cagionano  mali  gravissimi. 
E  per  fermo,  come  abbiamo  detto  poco  anzi,  la  legge  dev'essere  or- 
dinala  al  bene  sociale;  e  pero  non  puo  esser  legge  qualunque  dispo- 
sizione,  la  quale  invece  di  beneficare  danneggia,  invece  di  edificare 
abbatte,  invece  di  piantare  estirpa,  invece  di  ordinare  dissipa,  con- 
fonde,  dislrugge.  Anche  questa  ragione  e  stata  rapportata  e  dichiarala 
mille  volte.  Primieramente  i  nostri  Vescovi  nelle  dottissime  leltere 
pastorali,  che  abbiamo  di  sopra  lodate,  enumerarono  ad  una  ad  una 
le  funeste  conseguenze ,  che  debbono  necessariamente  scalurire  dal 
malrimonio  civile.  Le  principali  son  queste  :  il  privar  della  grazia 
divina  e  sacramenlale  ,  la  quale  non  si  da  ,  se  il  matrimonio  non  e 
celebrato  dai  cristiani  secondo  le  ecclesiastiche  prescrizioni;  il  favo- 


266  IL  MATRIMONIO  CRISTIANO 

rire  legalmente  la  irreligione  ,  Y  eccitare  una  incessante  lotta  contra 
la  Chiesa,  il  perturbare  le  coscienze  de'citladini,  il  foraentare  la  cor- 
rutlela  de'  costumi ,  il  porre  in  pericolo  la  stabilita  delle  nozze  e  la 
stessa  unita  del  raatrimonio  ;  fmalraente  il  sovvertire  la  tranquillita 
della  famiglia,  1'impedire  I'educazione  della  prole,  e  perturbare  affat- 
to  lo  stesso  ordine  sociale.  Giacche  alia  fin  delle  fini  la  societa  civi- 
ca  si  compone  dalle  societa  domestiche ;  e  queste  sconvolte  e  mano- 
messe,  di  necessita  si  sconvolge  e  si  manomelte  ancor  quella. 

Fecunda  culpae  saecula  nuptias 
Primum  inquinavere,  et  genus,  et  domos  : 
Hoc  fonte  derivata  clades 
In  patriam  populumque  fluxit l. 

E  cotali  sciagure  sono  state  ricordate  e  descritte  nelle  stesse  as- 
semblee  torinesi.  Vi  ebbe  chi  affermo  ,  che  il  raatrimonio  non  ealto 
civile,  e  per  farlo  tale  la  proposta  di  legge  lo  chiaraa  contralto,  che 
lo  abbassa  al  grado  di  una  compra  o  di  una  vendila,  o  di  una  laida 
locazione  di  opere  2.  AHri  disse,  che  sancendoil  mairimonio  civile, 
non  si  tien  conto  dell'  altezza  a  cui  il  sacramento  eleva  il  matrimonio 
cattolico ;  ed  in  contrario  si  preferisce  che  esso  entri  nel  numero  dei 
contratti  piu  materiali  e  piu  vili  3.  Allri  non  dubito  di  asserire, 
che  i  soli  nemici  piii  dichiarati  dell'  ordine  sociale,  e  tulti  essi  senza 
eccezione  di  niuna  sorta,  sono  irapazienti  di  questa  legge  £.  Un  al- 
tro  accerto  di  aver  sentito  nelle  famiglie  benedelte  da  Dio  1'  affetto, 
la  speranza,  il  coraggio ;  ed  invece  di  aver  trovato  nelle  famiglie 
congiunte  dal  sindaco  1'  indifferenza,  lo  sconforlo,  il  vuoto  5.  Final- 
mente  fu  affermato  da  un  altro,  non  esser  possibile  che  1'unione 
coniugale  raggiunga  il  suo  scopo ,  e  che  sia  fonte  di  bene  alia  fami- 
glia ed  alia  sociela ,  se  i  coniugati  non  adempiono  1'  uno  verso  1'  al- 
tro i  doveri  inorali ,  che  solo  Iddio  ha  1'autorita  d'  imporre  6. 

1  HOMT.  Lib.  Ill,  carm.  VI. 

2  Siotto  Pintor,  Atti  uff.  del  Senate  di  Torino.  Tornala  del!7  Marzo  1865. 

3  Di  Castagneto,  Atti  uff.  Tornata  del  21  Marzo. 

4  Chigi,  Atti  uff.  Tornata  del  20  Marzo. 

5  De  Gori,  Atti  uff,  Tornata  del  18  Marzo. 

6  Ghillmi,  Atti  uff.  Tornata  del  18  Marzo. 


E  LE  ASSEMBLEE  TORINESI  267 

Ma  cio  che  pur  doveva  occupare  principalmente  la  considerazione 
delle  Camere,  e  conciliare  la  loro  attenzione,  fu  il  discorso  tenuto  su 
questo  proposito  dal  sig.  Chigi,  nella  tornata  del  20  Marzo.  Perocche 
egli  con  argomenti  aitinti  non  da  principii  astralti ,  ma  dalla  osser- 
vazione  e  dalla  esperienza,  procedendo  da'  calcoli  della  statistics,  ha 
messo  sotto  gli  occhi  alcune  cifre  mmieriche,  che  veramente  incu- 
tono  spavento.  S'e  egli  servito  degli  elemenli  che  somministrano 
gli  uomini  polilici  d'  Europa,  la  cui  perizia  ed  autorita  non  puo  es- 
sere  in  veruna  maniera  rivocata  in  dubbio.  Ed  acciocche  le  sue  pa- 
role riuscissero  vie  piu  efficaci ,  ha  voluto  soprattutto  far  rilevare 
cio  che  succede ,  in  forza  del  delto  malrimonio  civile,  nelle  regionl 
piu  colte,  ed  in  ispecialta  in  Francia,  che  in  fatto  di  civilta  viene 
riputata  fra  tutte  le  altre  la  sede  piu  cospicua ,  e  la  sorgente  piu 
ricca.  In  quesle  sue  argomenlazioni  cosi  evident!  ed  incontraslabili, 
quali  sogliono  essere  le  deduzioni  della  malematica  o  pura  o  misla, 
egli  ha  messo  in  chiaro  quatlro  cose.  Primieramente  chene'men- 
zionati  paesi  il  numero  de'  matrimonii  legittimi  e  minore  assai  delle 
illegittime  congiunzioni.  In  secondo  luogo,  che  de'  bambini  che  na- 
scono,  salvo  un  quinto,  altri  sono  bastardi,  altri  vengono  esposti  ed 
abbandonati  appena  messi  a  luce ,  ed  altri  muoiono  negli  spedali 
su  miseri  pagliericci.  Inoltre  che  il  numero  de'  condannati  per  comu- 
ni  delilti  e  grande  a  dismisura ,  e  che  per  la  maggior  parte  e  d'uo- 
mini  bastardi.  In  fine  che  la  popolazione  si  va  in  modo  sensibile 
snervando  e  diminuendo.  Possono  i  nostri  lettori,  se  vogliono,  per- 
correre  questo  rilevante  discorso,  e  riguardare  le  cifre,  che  vi  sono 
riportate,  negli  A.tti  ufficiali  del  Senato  di  Torino.  Ma  noi  nel  prece- 
denle  quaderno  ne  abbiamo  inserito  un  sunto  sufficiente  1 . 

Sono  reprensibili  i  legislated ,  quando  fanno  leggi  ovvero  le  mu- 
tano  senza  necessila. » Perciocche  il  bene  della  societa  esige  una 
certa  tranquillita;  e  non  si  deve  questa  perturbare,  ne  anche  col- 
T  agitazione  che  sogliono  cagionare  le  nuove  ordinanze ,  se  pure  il 
disagio  di  cotal  commovimento  non  e  per  essere  compensato  dalle 
ulilita  e  dai  vantaggi  delle  novelle  prescrizioni.  Che  e  dunque  a  dirsi 

1  Civilta  Catt.  Ser.  VI,  vol.  II,  pag.  257. 


268  IL  MATRIMONIO  CRISTIANO 

de'  noslri  Deputali  e  Senalori,  i  quali  fanno  leggi  senza  aulorila,  e  le 
fanno  dislruggendo  le  leggi  gia  esistenti ,  e  ben  conoscendo  che  gli 
dfelti  di  cotesli  loro  altenlati  sono  al  tutto  funesli  e  perniciosi  all'or- 
dine  sociale?  Oza  stese  la  mano  all'arca  del  Signore,  per  sorreggerla 
in  quella  che  cadeva ;  e  Dio  si  sdegno,  ed  in  pena  delta  sua  lemerita 
fecelo  ivi  stesso  incontanente  morire  1.  Ma  i  noslri  Senatori  ed  i  no- 
stri  Deputali  Iratlano  le  cose  sacre,  e  prendono  in  mano  i  sacrament! 
della  Chiesa,  non  per  addrizzarli  e  sostenerli,  bensl  per  farli  cadere 
per  lerra,  e,  se  fosse  possibile,  annienlarli. 

In  lanto,  per  le  cose  fin  qui  ragionate,  i  nostri  lellori  possono  di- 
slinguere  le  false  e  le  vere  ragioni  di  lanto  empio  e  sacrilege  alten- 
talo.  Nelle  assemblee  lorinesi  si  e  procurato  di  coonestare  e  di  giu- 
stificare  la  proposta  di  legge  intorno  al  matrimonio  chile,  con  dire, 
che  compete  al  polere  civile  stabilir  le  condizioni  di  legitlimila  del 
matnmonio  e  della  famiglia ;  €he  il  potere  civile  dovea  final mente 
rivendicare  la  giurisdizione  che  gli  spelta,  e  che  per  invasione  del 
polere  ecclesiaslico  o  per  volonlaria  concessione  aveva  perdulo  ;  e 
che  cosiffalte  disposizioni  sono  richiesle  per  guarentire  la  liberta  di 
coscienza,  per  secondare  lo  spirito  di  civil  la  e  di  progresso,  e  final- 
mente  per  seguitare  1'esempio  di  altre  civili  nazioni.  Questi  sono  i 
motivi  falsi ;  e  crediamo  d'  infastidire  chi  legge,  spendendo  allre  pa- 
role affine  di  chiarire  di  vantaggio  colale  falsila.  Altresi  deve  ripularsi 
insussislenle  quell'  allro  prelesto  che  adducono  i  noslri  amminislrato- 
ri ;  quello  cioe  della  erezione  degli  alii  dello  slato  civile.  Perche,  la- 
sciando  slare  che  a  fine  di  regislrare  i  malnmonii  non  e  pun  to  espe- 
dienle,  e  molto  meno  e  necessario  il  secolarizzarli ;  due  cose  sono  cer- 
tissime.  L'una  e  che  i  regislri  matrimoniali  si  fecero  da  anlico  tempo 
per  ecclesiastica  disposizione,  e  si  fanno  lultora  nelle  chiese  parroc- 
chiali,  al  pari  degli  altri  regislri,  delle  nascite  e  delle  morli.  La  se- 
conda  e  questa,  che  prima  della  rivoluzione  francese,  quando  cioe  il 
Governo  laico  non  era  cosi ,  com'  e  ora,  separalo  dall'  ecclesiaslico, 
secondo  che  osserva  il  sig.  Toullier ,  colali  regislri  erano  tenuti  con 

1  Imtusque  est  indignalione  Dominus  contra  Ozam ,  et  percussit  eum  su- 
per temeritate;  qui  mortuus  est  ibl  iuxta  arcam  Dei.  3.  Reg.  VI,  7. 


E  LE  ASSEMBLES  TORINESI  269 

esattezza  e  con  fedelta,  perch e  venivano  commessi  a  persone,  il  cui 
sacro  ministero  esige  istruzione  e  probita :  e  che  il  Governo  non  e  sta- 
to  sempre  felice,  sostituendo  in  cambio  de'  parrochi,  officiali  ed  im- 
piegati  laici ;  essendosi  in  molti  comuni  notate  inesattezze,  omission! 
ed  auche  infedelta.  Stanteche  in  alcuni  luoghi  il  registro  non  era  con- 
fidalo  all'  uomo  phi  capace,  ne  in  alcuni  allri  all'  uomo  piu  morale  1. 
Per  la  qual  cosa  si  potrebbe  sospettare,  che  lanto  zelo  di  erigere  gli 
atti  dello  stato  civile  derivi  da  cio,  che  questa  erezione  di  alti  non  si 
fa  dal  Governo ,  senza  riscotimento  di  buona  moneta  :  e  questa  e 
profi  Ue vole  ed  anche  necessaria  ad  empire  quel  vuoto  di  casse,  che 
abbiamo,  sul  principio,  mentovato.  L'  unica  ragione  vera  d'  una  tale 
proposta  di  legge  pensiamo,  che  sia  quella  di  separare  lo  Stato  e  di 
renderlo  indipendente  dalla  Chiesa.  Che  questo  sia  il  vero  motivo  , 
che  impelle  i  legulei  d'ltalia,  non  si  puo  per  niun  conto  dubitare.  Si 
perche  essi  apertamente  lo  confessano  nel  presenle  allenlato;  e  si  per- 
che  con  molte  altre  precedent!  loro  disposizioni  hanno  con  evidenza 
dimostrato  ,  che  affine  di  costituire  la  nazione  e  di  fare  1'  Italia  essi 
reputano  necessario  disfare  la  Chiesa  e  dislruggere  la  Religione  ;  o, 
per  dir  meglio,  che  in  questo  disfacimenlo  essi  fanno  consistere  quel 
facimento. 

E  noi  per  lulto  questo  rendiamo  grazie  a  Dio  ,  il  quale  non  per- 
mette  mai  il  male,  senza  che  ne  risulti  qualche  bene ;  mal  grado  che 
ne  abbiano  i  maligni.  Ed  il  bene,  che  ora  risulla  dal  male,  si  e,  che 
i  nostri  polilici  si  sono  anche  un'  altra  volta  smascherali.  Avevano 
limessa  la  maschera,  contro  ogni  costume,  anlicipando  il  tempo  so- 
lito  del  carnevale,  cioe  nel  mese  di  Settembre;  allorche,  ad  occa- 
sione  della  famigerata  Convenzione ,  essi  protestarono  di  essersi  ri- 
conciliati  col  Papa ,  di  voler  che  il  Papa  liberamente  esercitasse  la 
sua  spirituale  giurisdizione  ,  di  consentire  che  il  Papa  regolasse  le 
coscienze  e  che  amministrasse  le  cose  sacre ,  secondo  la  divina  isli- 
tuzione.  Tre  mesi  appresso  il  Papa  esercita  la  sua  giurisdizione , 
dispone  delle  cose  sacre ,  regola  le  coscienze ,  pubblicando  Y  Enci- 
clica  ed  il  Sillabo.  Ed  ecco  che  dopo  tre  altri  mesi  1'  assemblea  to- 
rinese  insorge,  e  prende  a  combattere  il  matrimonio  cristiano ,  in- 

1  Droit 'civil  francais,  torn.  I,  n.  301. 


270  IL  MATRIMONIO  CRISTIANO  E  LE  ASSEMBLEE  TORINESI 

torno  al  quale  il  S.  Padre ,  interprets  della  volonta  di  Dio  ,  custode 
della  tradizione ,  regolatore  della  disciplina,  e  difensore  della  stessa 
pace  sociale,  aveva  esposta  1'  antica  doltrina  e  condannali  i  conlrarii 
errori ;  acciocche  niun  temerario  s'  ardisse  di  separare  cio  che  Dio 
lia  congiunto  ,  niun  maligno  perturbasse  cio  che  riposa  nella  tran- 
quillita  dell' ordine,  e  niun  profano  violasse  con  mano  sacrilega  quel- 
lo  che  e  religioso  e  sacro.  I  parlamentarii  ed  i  politici  torinesi  vo- 
gliono  abrogare  queste  leggi,  contraddire  a  questi  insegnamenti ,  e 
mettere  la  licenza  in  luogo  del  sacramento  :  e  cosi  tirano  giu  la 
maschera,  e  discoprono  le  loro  vere  intenzioni.  E  noi ,  siccome  di- 
cevamo,  ringraziamo  Iddio;  perche  finalmente  e  sempre  un  bene, 
e  talora  e  un  bene  imprezzabile ,  il  sapere  la  wita ,  il  conoscere  le 
cose,  il  dislinguere  gli  uomini. 

E  questo  al  presente  si  puo  fare  e  toccar  con  mano  da  ognuno  ; 
non  per  via  di  deduzione,  ma  colla  semplice  osservazione.  Ognuno, 
senza  esser  dotato  di  grande  ingegno ,  e  fornito  di  pellegrina  erudi- 
zione,  si  puo  rendere  capace  della  verita  di  cio,  che  scrisse  S.  Paolo 
a  Timoteo.  Yale  a  dire  che  queste  tre  cose  vanno  insieme;  dir  men- 
zogna  per  ipocrisia,  avere  un  cauterio  nella  coscienza,  e  eombatlere 
le  nozze  legittinie :  In  hypocrisi  loquentes  mendacium ,  cauteriatam 
habentes  suam  conscientiam,  prohibentes  nubere  1. 

Or  quando  avvenisse,  che  queste  empie  prescrizioni ,  apposte  le 
inique  firme,  s'imponessero  in  maniera  lurchesca  ai  cattolici  italiani, 
non  per  questo  si  sarebbe  fatto  un  passo  di  piu  ad  ordinare  la  nostra 
Italia.  Perche  1'  ordine  non  e  senza  Religione  e  senza  Dio.  Al  piu  si 
sarebbe  tentata  una  unione ,  la  quale  puo  aver  luogo  e  lo  ha  di  fatti 
anche  ove  non  e  ordine  nessuno,  ma  orrore  sempiterno.  Contuttocio 
noi  siamo  certi  che  la  fede  non  si  dipartira  dai  petti  italiani :  ne  du- 
bitiamo  che  siccome  1'unione  di  Cristo  cogli  uomini  fedeli ,  che  e  la 
Chiesa,  puo  ben  esser  cornbaltuta  in  Italia  ma  non  distrutta;  cosi  il 
matrimonio  cristiano ,  che  e  il  gran  segno  o  sacramento  di  questa 
unione  di  Cristo  e  della  Chiesa,  non  resti  inviolalo  contra  i  conati  e 
le  macchinazioni  delle  porte  infernali.  Ove  non  sipno  annientare  la 
cosa  significata,  non  si  giungera  ad  annientare  la  significazione. 

1  I.  Epist.  ad  Timolh.  IV,  2,  3. 


DELU  APPELLO  COME  D' ABUSO 


L 


Mancanza  di  titolo  per  parte  dello  Staio. 

Le  usurpazioni  dei  sacri  dirilti  della  Chiesa,  contenule  negli  ar- 
iicoli  organic!,  si  rannodano  intorno  a  due  punli  capital!:  a  quellcv 
dell' 'exequatur,  e  a  quello  dell'  appello  come  d'  abuso.  Noi  abbiamo 
ragionato  d'  amendue  promiscuamente  nei  precedent!  arlicoli  1 ;  ma 
in  parlicolar  modo  ci  siamo  fermati  sopra  del  primo,  promettendo  di 
dir  quaiche  cosa  separatamente  del  secondo.  Veiriamo  ora  ad  attene- 
re  la  nostra  promessa. 

Cotesto  appello,  considerate  iiella  sua  generalila,  e  il  ricorso  all'au- 
torita  civile  sotlo  pretesto  di  abuso  dell'autorita  ecclesiastica,  sia  nel- 
la  pronunziazione  di  giudizii ,  sia  nell'  esercizio  del  sacro  ministero. 
L'autorita  civile  pretende  d'aver  diritto  a  ricevere  tali  ricorsi  e  giu- 
dicarne  legittimamente  con  ultimata  sentenza.  Noidiciamo  die  que- 
sta  sua  pretensione  e  al  tutto  destituita  di  fondamento.  In  fatli  d'on- 
<le  nascerebbe  nello  Slalo  un  tal  diritto  ?  0  dalla  concessione  della 
Chiesa,  o  dalla  natura  del  potere  civile;  oltre  a  queste  due  fonti  non 
puo  immaginarsene  verun'  altra.  Ora  amendue  sono  false. 

1  Civilta  Cattolica,  Serie  YI,  vol.  I,  pag.  641,  e  vol.  II,  pag.  7. 


272  DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO 

E  quanto  alia  prima,  nessun  documento  si  e  mai  recalo,  ne  puo 
reiarsi,  d'un  fatto  si  strano,  pel  quale  la  Chiesasi  sarebbe  spogliata 
della  propria  indipendenza  e  sotlomessa  da  se  medesima  aH'autorita 
laicale.  Diciamo  die  si  sarebbe  spogliata  della  propria  indipenden- 
2a,  perche  T  appello  suppone  subordinazione  di  tribunali :  Appellatio 
est  ab  inferiori  ad  superior  em  iudicem  provocatio  1.  Onde  1'  appel- 
lare  dal  giudizio  della  Chiesa  al  giudizio  dello  Stato ,  involge  neces- 
sariamerite  T  idea  di  superiority  dello  Stato  a  riguardo  della  Chiesa, 
Ora  e  lanlo  alieno  dalla  Cbiesa  lf  aver  mai  consentito  a  un  tanto  disor- 
dine ;  cbe  essa  per  contrario  lo  ba  ab  anlico  e  sempre  costantemente 
e  fonnalmente  condannato.  Basti  ricordare  il  Concilio  antiocheno,  in 
cui  si  fulmino  sentenza  di  scomunica  contro  cbi  dal  ghidice  ecdesia- 
stico  appellasse  al  secolare  2.  Ma  per  venire  a  tempi  put  recenti , 
Sisto  IV  con  apposita  bolla,  1'anno  1471 ,  proscrisse  solennemente 
questa  pretensione  dell'  appello  per  parte  dello  Stato ;  Leone  XII , 
nel  1824,  in  una  sua  lettera  al  Re  di  Franda,  la  cbiamo  usurpazione 
manifesta  dei  piu  sacri  diritli  della  Chiesa ;  ed  il  regnante  Pio  IX , 
Delia  condanna  degli  scritti  di  Nepomuceno  Nuytz,  tra  gli  altri  error! 
di  lui  annovero  anche  questo  dell'  appello  per  abuso. 

Cotesta  pretensione  dello  Stato  trae  la  sua  prima  origine  dalla 
famosa  prammatica  sanzione  di  Carlo  VII ,  compilata  ,  nell'  assem- 
hlea  di  Bourges,  in  ventitre  articoli,  sopra  gli  sdsmatid  decreti  del 
Conciliabolo  di  Basilea.  «  La  prammatica  sanzione ,  cosi  il  Phillips , 
era  principalmente  diretta  contro  la  moltiplicita  dei  beneficii ,  con- 
feriti  in  Francia  dalla  Corte  di  Roma,  contro  i  numerosi  process! 
cbe  erano  deferiti  al  Sommo  Pontefice  dagli  ecclesiastici  francesi , 
e  contro  le  tasse  esorbitanti ,  levale  sopra  i  fedeli  a  profilto  del  te- 
soro  pontificio.  Tutti  quesli  punti ,  dall'  assernblea  di  Bourges  a 
questa  parte ,  fornirono  inateria  ad  appelli  dinanzi  la  potesta  seco- 
lare, contro  le  sentenze  dei  giudici  ecclesiastici,  e  cosi  la  pramma- 
lica  sanzione  si  puo  considerare  come  la  principal  sorgenle  deH'ap- 
pellazione  per  abuso.  Ma  i  Parlamenti  diedero  losto  a  divedere,  per 

1  Cap.  Placuit  2,  q.  6. 

2  Cone.  Antioch.  an.  341,  can.  11,  can.  12  (can.  Si  quis  a  proprio}  2;. 


DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO  273 

1'accoglienza  che  essi  facevano  di  quest!  appelli,  che  intendevano 
di  travalicarei  termini  posti  dall'anzidelta  prammalica;  sicchefin  dal- 
1'anno  1453  Carlo  VII  si  trovo  nella  necessita  di  pubblicare  un'  or- 
dinanza,  per  mettere  alcun  limite  a  queste  usurpazioni  arbitrarie. 
Tentativo  impotente ;  i  Parlamenti  con  tultocio  continuarono  il  loro 
cammino  per  la  via  in  cui  si  erano  messi;  e  malgrado  la  rivocazione 
della  prammatica  sanzione  per  Luigi  XI ,  malgrado  la  pubblicazione 
d'una  bolla  di  Sisto  IV,  nel  medesimo  anno  diretta  contro  si  fatti 
appelli,  questi,  deslituiti  sin  d'allora  anche  del  fondamento  del  di- 
rilto  secolaresco ,  si  perpetuarono  senza  interruzione ,  e  non  dispar- 
vero  neppure  a  fronte  del  Concordato  dell' anno  1515,  conchiuso  tra 
Leone  X  e  Francesco  I  l.  »  Adunque  non  alcuna  concessione  della 
Chiesa,  la  quale  non  condiscese  mai,  e  per  opposlo  si  e  sempre  ri- 
chiamata  di  un  tanlo  aggravio,  ma  solo  lo  spirito  di  scisma  e  1'arbi- 
trio  secolaresco  sono  stati  i  veri  fattori  di  questo  enorme  abuso  del- 
lappello  come  d' abuso,  per  usarela  frase  di  Feneion.  Ora  ognun 
vede  che  un  ordinamenlo  intorno  a  relazioni  della  Chiesa  collo  Stato, 
fatto  senza  inlervento  di  essa  Chiesa,  anzi  contro  la  volonta  e  le  de- 
cision! di  lei,  non  puo  partorire  alcun  effetto  giuridico. 

I  difensori  di  quel  preteso  diritto,  non  potendo  contrastare  all'evi- 
denza  del  fatto,  non  si  appoggiano  in  nessun  modo  alle  concession! 
della  Chiesa,  ma  unicamente  alia  natura  del  potere  politico.  Essi 
dicono:  il  pofere  politico  ha  il  diritlo  di  vegliare  all'osservanza  delle 
proprie  leggi,  e  proteggere  le  ragioni  dei  cittadini.  Se  dunque  il 
giudice  o  il  ministro  ecclesiastico,  nel  dar  sentenza  o  nell'esercitare 
il  proprio  ministero,  reca  offesa  alle  une  o  agli  altri,  esso  potere  po- 
litico puo  e  deve  entrare  a  conoscere  del  fatlo  e  punire  1'  abuso.  In 
cio  il  potere  politico  non  esce  fuori  delle  sue  attribuzioni ;  egli  non 
entra  agiudicare  del  cullo  o  delle  dottrine  della  Chiesa,  ma  guarda 
unicamente  alia  legge  stabilita  dallo  Stato,  in  ordine  a  cui  ha  certa- 
mente  competenza,  lume  e  giurisdizione,  per  rispetto  a  tulti  i  mem- 
bri  della  Societa  civile,  della  quale  niuno  neghera  che  facciano  parle 
eziandio  gli  ecclesiastici. 

.1  Du  droit  ecclesiastique  etc.  t.  3,  pag.  191. 
Serie  MI,  vol.  11,  fasc.  363.  18  21  Aprile  1865. 


274  DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO 

Ma  non  ci  e  meslieri  di  grande  scienza  per  capire  la  falsita  di  que- 
sto  discorso.  Qiri  non  si  tratta  di  un'  ofFesa  cite  il  magistrate  eccle- 
siastico  faccia  alle  leggi  civili  o  ai  membri  della  sociela  civile  ,  in 
qualila  di  semplice  privato.  In  tal  caso  potrebbe  apparire  meno  irra- 
gionevole  che  il  giudice  laico ,  preposto  alia  custodia  delle  leggi  e 
alia  difesa  delle  ragioni  dei  cittadini,  chiamasse  al  proprio  Iribunale 
1'esame  d'una  tal  causa.  Tultavia  anche  do  ripugna  in  una  sociela 
cristiana ;  giacche  ,  come  sapientemente  osserva  il  gran  Pontefice 
S.  Gregorio  VII,  essendo  anche  i  giudici  e  governanli  terreni ,  con 
esclusi  i  Re  e  gl'  Imperatori ,  figliuoli  e  discepoli  dei  Sacerdoli  di 
Dio ,  non  possono  convenientemente  ,  sotto  qualunque  aspelto ,  eri- 
gersi  in  loro  giudici ;  essendo  miseranda  insania  che  per  qualsiasi 
capo  il  figliuolo  giudichi  il  padre  ed  il  discepolo  il  proprio  maestro: 
Nonne  miserabilis  insaniae  esse  cognoscitur  ,  si  films  patrem ,  di- 
scipulus  magistrum  sibi  conetur  subiugare,  et  imqiiis  obligationibus 
ilium  suae  potestati  subiicere  ,  a  quo  credit  non  solum  in  terra  sed 
etiam  in  caelis  se  ligari  posse  et  solvi  1?  E  questa  faccenda  dell'im- 
munita  ecclesiastica  e  di  tanla  cerlezza  nella.doltrina  callolica.  che 
1'esimio  Suarez,  dopo  averla  diiigentemente  discussa,  slabilisce  che 
il  cosi  detto  privilegio  del  foro  a  rispello  dell'  ordine  clericale  e  non 
solo  di  diritto  umano,  ma  anche  di  diritto  divino :  Resolutio  cerla  et 
indubitata  in  hac  materia  est  Clericos  esse  exemptos  a  potestate  civili 
iure  divino  pariter  et  humano ;  nam  his  fere  verbis  hoc  docent  iura 
canonica  et  sacra  Concilia,  praesertim  Lateranense  sub  Innocen- 
tio  III,  et  aliud  sub  Leone  J,  Tridentinum  et  Coloniense  2.  La  ci- 
vilta  moderna  non  vuol  saperne,  quanto  a  immunita  del  Clero,  di- 
cendola  ripugnante  all'eguaglianza  di  tulti  in  faccia  alia  legge;  e  con 
una  delle  sue  solite  conlraddizioni  ^  non  ha  credulo  ripugnare  a  tale 
cguaglianza  il  concedere  quel  privilegio  a  magislrati  laid,  come  sa- 
rebbero  i  Ministri  regii,  i  Senatori,  i  Deputati  del  popolo.  Ma  come 
abbiamo  detlo,  non  e  questa  la  generale  quistione  che  ci  occupa  pre- 
sentemente.  La  quislione  presente  e  assai  piu  rislretta;  giacche  ri- 

1  Epistolarumllh.  8,  ep.  21. 

2  Defensio  Fidel  etc.  lib.  IV,  c.  IX. 


DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO  275 

guarda  il  ministro  ecclesiastico  non  come  persona  privata,  ma  come 
persona  pubblica,  nell'  ufficio  cioe  del  proprio  minislero  e  Dell'  eser- 
cizio  del  proprio  potere.  Solto  un  tale  aspetto  1'argomento  dei  politic! 
assai  piu  agevolmente  si  manifesla  sofistico,  e  cade  per  terra  con  una 
semplice  distinzione.  Imperocche  appartiene  certamente  al  potere  po- 
litico il  vegliare  all'osservanza  delle  sue  leggi,  e  alia  tutela  dei  dirit- 
ti  dei  cittadini ,  ma  in  quel  giro  di  azioni  in  cui  la  societa  e  soggetta 
alia  sua  giurisdizione,  non  in  quello  in  cui  essa  esce  fuori  della  sua 
giurisdizione  ed  en  Ira  in  una  giurisdizione  diversa.  Ora  la  sociela 
cristiana,  a  rispetto  dei  giudizii  ecclesiastic;,  e  del  mantenimento  dei 
dirilti  dei  fedeli  a  fronte  del  ministero  sacro ,  esce  fuori  della  giu- 
risdizione civile,  ed  ha  riguardo  alia  sola  giurisdizione  della  Chiesa. 
Dunque  in  ordine  ai  due  predetti  capi  il  potere  civile  non  ha  nienle 
che  fare.  E  nel  vero  il  giudizio  ecclesiastico  e  1'  applicazione  d'  una 
legge  indipendenle  dallo  Slato,  e  pero  non  soggetla  all'  interpretazion 
dello  Stato.  Come  puo  dunque  lo  Stato  rivedere  un  tal  giudizio ,  se 
egli  e  incompetente  ad  interpretare  lanorma,  in  virtu  di  cui  fu  pro- 
ferilo?  Del  pari,  il  minislero  sacro  ha  ordine  ai  cittadini,  non  in 
quanlo  sono  cittadini ,  ma  in  quanto  sono  fedeli ,  cioe  in  quanto 
escono  dal  giro  politico  ed  entrano  nel  giro  religioso.  In  questo  giro 
la'  sola  Chiesa  e  conoscitrice  e  definilrice  dei  loro  diritti.  Come  puo 
dunque  lo  Stalo  assumersi  1'  ufficio,  di  difenderli  a  fronte  di  essa  Chie- 
sa? Per  dire  cio,  bisognerebbe  stabilire  questi  due  assurdi:  1'uno, 
che  la  legge  civile  subordina  a  se  la  legge  ecclesiastica  e  quindi 
1'applicazione  che  ne  fa  il  magistrate  sacro ;  V  altro,  che  il  ministero 
ecclesiastico  e  soggelto  allo  Stato  come  sua  emanazione  e  perlinenza. 
Ambidue  distruggerebbero  da  capo  a  fondo  la  divina  origine  della 
Chiesa  e  la  sua  indipendenza  dal  secolo. 

Curioso  poi  e  quel  modo  di  parlare  :  Lo  Stalo  non  entra  a  giudi- 
care  della  doltrina  religiosa ;  guarda  unicamente  alia  sua  legge ,  e 
gli  basla  sapere  che  si  e  operato  contro  di  essa.  Cio  e  come  se  altri 
dicesse :  Lo  Stalo  non  entra  a  giudicare  del  giure  nalurale ;  egli  ha 
fatto  le  lali  e  tali  leggi,  e  gli  basta  sapere  che  si  e  negata  ad  esse 
obbedienza.  In  tal  modo  la  piu  sfrenata  ed  orribile  lirannia  divenle- 
rebbelegitlima;  e  lo  Stato  avrebbe  facolta  di  stabilire  ad  arbilrio 


276  DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO 

checche  gli  attalenta,  senza  alcun  riguardo  ai  principii  eterni  di  mo- 
ralita  e  di  giustizia.  Le  iniquita  phi  delestabili  merilerebbero  obbe- 
dienza ,  tanto  solo  clie  fosse  venuto  in  tesla  ad  un  legislatore  il 
sancirle. 

Noi  imprechiamo  Nerone ,  che  condanno  alia  croce  S.  Pietro.  Ma 
secondo  la  teorica  di  cotesti  politici,  Nerone  sarebbe  innocentissimo. 
Egli  avria  potuto  giuslificarsi  col  loro  argomento :  lo  non  entro  in 
teologia,  disputando  la  verita  o  falsita  del  Cristianesirao ;  io  guardo 
alia  legge,  rispetto  alia  quale  ho  certamente  conipetenza,  lume,  giu- 
risdizione.  Or  la  legge  viela  che  senza  approvazion  del  Senalo  s'in- 
troducano  nuovi  culli.  Avendola  dunque  quest'  uomo  prevaricata  , 
egli  e  condannabile  per  abuso.  Yorreste  voi  forse  negare  ad  un  prin- 
cipe  einico  il  diritto  di  appello  come  d'  abuso  ?  Se  esso  e  inerente 
alia  natura  stessa  del  potere  politico ,  dee  competere  non  meno  al 
principe  einico,  che  al  principe  fedele.  Yedete  se  i  principii  del  di- 
ritlo  nuovo  giovino  a  qualche  cosa !  Essi  valgono  perfmo  a  giustifica- 
re  un  Nerone,  e  con  lui  tutli  gli  antichi  persecutori  del  Cristianesimo ! 

II. 

Vanita  del  preteslo. 

A  rispetto  d'  uno  Stalo  che  riconosce  il  Vangelo  e  la  verit&  della 
Religione  cristiana ,  apparisce  manifestissima  la  stranezza  degli  ap- 
pelli,  di  cui  qui  parliamo.  Secondo  la  dottrina  cattolica ,  il  potere 
civile  e  paragonato  al  potere  spirituale,  come  il  corpo  aH'anima.  Or 
non  e  egli  assurdo  che  il  corpo  pretenda  di  chiamare  al  suo  sinda- 
cato  le  facolta  dell'anima,  sott'  ombra  d'  aver  elleno  abusato  a  suo 
danno  nel  loro  esercizio?  Secondo  la  dottrina  cattolica,  i  governanti, 
quali  che  sieno,  sono  ancor  essi  pecorelle  deH'ovile  di  Cristo,  di  cui 
i  Vescovi  sono  i  paslori.  Or  non  e  egli  ridicolo  che  le  pecorelle  seg- 
gano  pro  tribunali  contro  i  loro  pastori ,  sotto  pretesto  d'  aver  essi 
abusato  del  loro  ufficio  nel  pascerle  e  governarle  ?  Secondo  la  dot- 
trina cattolica  il  magistrate  ecclesiastico  applica  ai  popoli  la  legge 
divina,  menlre  il  magistrate  civile  applica  la  legge  umana.  Or  non  e 


DELL*  APPELLO  COME  D'  ABUSO  277 

un'  enorme  sovversione  dell'  ordine ,  che  1'  applicazione  della  prima 
sia  giudicala  con  1'  applicazione  della  seconda? 

Si  dira :  non  1'  applicazione  della  legge  divina,  ma  1'abuso  che  pud 
fame  1'uomo  e  quello  che  s'intende  di  giudicare :  giacche  non  puo  ne- 
garsi  che  il  magistrate  ecclesiaslico  puo  abusare  del  suo  potere.  Que- 
sta  scusa  e  vanissima.  Ammessa  1'ipotesi  della  possibilila  dell'abuso, 
non  ne  segue  in  nessun  modo  1'illazione  che  vorrebbero  gli  avversa- 
rii.  L'  abuso  di  un  potere  non  distrugge  esso  potere,  ne  lo  sottopone 
ad  un  allro  ;  altrimenli  non  sarebbe  piu  possibile  alcun  potere  su- 
premo Ira  gli  uomini.  Se  la  Chiesa ,  assolutamente  parlando ,  puo 
abusare  del  suo  potere  contro  la  legge  civile ,  niuno  rivochera  in 
dubbio  che  mplto  piu  facilmente  possono  i  governanli  lerreni  abusare 
del  loro  potere  contro  la  legge  canonica.  Se  dunque  la  possibilita 
del  caso  e  ragione  sufficiente  per  attribuire  allo  Stato  il  diritto  di 
appello,  rispetlivamenle  alia  Chiesa;  mollo  piu  dev' essere  ragion 
sufficiente  per  attribuire  un  eguale  diritto  alia  Chiesa  rispeltivamen- 
te  allo  Stalo.  Cosi  si  appellera  al  giudice  laico,  contro  il  magistrate 
ecclesiastico ;  e  poscia  si  appellera  di  bel  nuovo  al  magislrato  eccle- 
siastico contro  il  giudice  laico.  II  qual  circolo  vizioso  si  produrrebbe 
all'  infinito. 

Agli  avversarii  non  garbeggia  una  tale  inferenza.  Essi  vogliono 
dare  allo  Stato  1'  anzidetlo  dirilto,  e  nel  tempo  slesso  non  inlendono 
darlo  alia  Chiesa.  Ma  sopra  qual  fondamento  ?  Se  lo  Stato,  in  quan- 
to  tale,  e  indipendente  dalla  Chiesa ;  non  e  del  pan,  anzi  a  piu  forte 
ragione ,  la  Chiesa  ,  in  quanlo  tale  ,  indipendente  dallo  Stato  ?  Se  i 
magistrati  ecclesiastic! ,  come  ciltadini  son  suddili  dello  Stalo;  non 
sono  i  magistrati  e  i  governanti  civili ,  come  fedeli ,  suddili  della 
Chiesa?  Se  lo  Slato  ,  per  essere  societa  perfetla  nel  proprio  ordine, 
ha  polere  giudiziario  ,  lerminante  in  se  slesso ;  non  e  da  dire  molto 
piu  ragionevolmente  il  medesimo  della  Chiesa,  la  quale  e  societal 
perfetta  assai  piu  dello  Slato,  istituita  da  Cristo  solto  forma  di  regno, 
e  di  regno  che  trae  origine  dal  cielo :  Regnum  meum  non  est  de  hoc 
mundo  ? 

Ma  dunque  come  si  fara  per  riparare  gli  abusi  che  possono  inter- 
venire  nell'esercizio  del  potere  ecclesiastico?  La  maniera  di  riparare 


278  DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO 

ad  abusi  si  fatli  e  chiarita  da  Bonifazio  VIII ,  nella  sua  bolla  dom- 
matica:  Unam  Sanctam  Ecclesiam:  «  Se  trasvia,  dice  il  Pontefice, 
la  potesta  terrena,  sara  giudicala  dalla  potesla  spirituale ;  se  poi  tras- 
via la  potesta  spirituale  ,  in  tal  caso  quella  che  e  di  grado  inferiore 
sara  giudicata  dalla  superiore ;  ma  la  suprema  dal  solo  Dio  potra 
essere  giudicata,  non  mai  dall'uomo ;  Si  deviat  terrena  potestas,  iu- 
dicabitur  a  polestate  spirituali;  sed  si  demalspiritualis,  minor  a  suo 
superiori;  si  vero  suprema,  a  solo  Deo,  non  ab  homine,  poterit  iudi- 
cari ».  Si  avverta  che  qui  il  Pontefice  parla  solennemente  in  qualita 
di  Maestro  e  Doltore  della  Chiesa ,  e  per  conseguenza  niuno ,  che 
voglia  rimanere  cattolico,  puo  contraddirgli. 

Ogni  ministro  che  commette  abuso  nell'esercizio  del  suo  ministe- 
ro,  non  puo  essere  giudicato  ,  se  non  da  quella  autorita ,  a  cui  quel 
ministero  stesso  e  sottoposto.  II  ministero  sacro  non  e  sottoposto  che 
airaulorit&  della  Chiesa.  A  questa  autorita  dunque  ,  e  non  ad  altra, 
conviene  ricorrere,  in  caso  di  abuso  per  parte  de'subalterni  ministri. 
Che  se  Y  abuso  del  potere  secolaresco  verso  la  Chiesa  puo  e  deve , 
secondo  il  citato  insegnamento  del  Ponlefice  ,  essere  giudicato  dal- 
1' autorita  ecclesiastica,  cio  nasce  dalla  necessaria  subordinazione  del 
corpo  allo  spirito,  della  vita  presenle  alia  fulura,  dell'ordine  naturale 
all'ordine  soprannaturale.  II  medesimo  discorso  non  puo  certamente 
farsi  in  favor  dello  Stato.  Oportet  gladium  esse  sub  gladio,  et  tem- 
poralem  auctoritatem  spirituali  subiici  potestati.  Nam  .cum  dicat 
Apostolus:  Non  est  potestas  nisi  a  Deo;  quae  autema  Deo  sunt,  or- 
dinata  sunt ;  non  ordinata  essent ,  nisi  gladius  esset  sub  gladio  et 
tanquam  inferior  reducer etur  per  alium  in  suprema  1. 

Ne  dire  che  in  lal  caso  la  Chiesa  giudicherebbe  in  causa  pro- 
pria.  Imperocche ,  primieramente  una  simile  obbiezione  varrebbe 
eziandio  per  lo  Stato ,  nella  falsa  ipotesi  che  a  lui  competesse  il  di- 
ritto  di  appello  in  caso  di  conflitto.  Anzi  per  parte  dello  Slato  questa 
obbiezione  crescerebbe  di  peso;  essendo  molto  piu  facile  che  nel  giu- 
dicare  si  allucini  lo  Stato  e  si  faccia  trasporlare  da  ragioni  egoisti- 
che ,  per  aver  in  mano  la  forza  materiale ;  laddove  la  Chiesa  non 

1  Bolla  citata  di  Papa  Bonifazio  YIII. 


DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO  27  # 

avendo,  a  rispelto  dei  singoli  Stati ,  alfra  forza  che  la  morale,  e  co- 
stretta  nei  suoi  giudizii  a  procurare  1'evidenza  del  diritto  e  della  giu- 
stizia.  In  secondo  luogo  diciamo  che  una  tale  obbiezione  e  al  tutlo 
fuor  di  proposito;  giacche  in  ogni  ordine  giurisdizionale,  se  non  vo- 
gliamo  procedere  in  infinite,  e  neeessario  che  il  potere  supremo  ab- 
bia  diritlo  di  giudicare  in  causa  propria  ,  rimanendo  esso  giudiea- 
bile  dal  solo  Dio.  Che  se  per  avventura  interviene  in  quel  giudizio 
alcun  eccesso  o  alcun  errore  ;  e  questa  una  conseguenza  necessaria 
della  infermit&  umana ,  tollerabile  al  modo  stesso  onde  si  tollerano 
le  pestilenze,  le  carestie  e  le  intemperie  delle  stagiorii.  Cio  molto  piu 
ha  luogo  a  riguardo  della  Chiesa;  la  quale  per  esserci  madre  ci  ren- 
de  men  dura  la  tolleranza  di  qualsiasi  aggravio  che  da  lei  per  sorte 
ci  venisse ;  e  per  1'  autorila  divina  onde  e  inveslita,  fa  si  che  quella 
tolleranza  diventi  in  noi  alto  di  religione  e  di  piela  verso  Dio.  II  che 
ottimamente  comprese  quel  modello  de'  Principi  crisliani ,  che  fu 
Carlomagno;  il  quale  parlando  nei  suoi  Capitolari  dell' ossequio  da 
prestarsi  alia  Santa  Sede,  dice :  In  memoria  del  beato  Apostolo  Pielro 
onoriamo  la  Santa  Romana  ed  Apostolica  Sede,  acciocche  quella  che 
e  per  noi  madre  della  dignita  sacerdotale,  debba  esserci  altresi  mae- 
stra  della  ragione  ecclesiastica.  Per  la  qual  cosa  dobbiamo  osservare 
con  mansuetudine  rumilla ;  sicche  quanlunque  da  essa  Santa  Sede  ci 
venisse  imposio  alcun  peso  gravissimo  ,  tuttavia  vi  sottoponiamo  il 
collo  e  con  pia  devozione  lo  comporliamo ;  In  memoriam  beati  Petri 
Apostoli  honoremus  Sanctam  Romanam  et  Apostolicam  Sedem ,  ut 
quae  nobis  sacerdotalis  mater  est  dignilatis  ,  esse  debeat  magistra 
ecclesiaslicae  rationis.  Quare  servanda  est  cum  mansuetudine  humi- 
litas;  ut  licet  vix  ferendum  ab  ilia  Sancta  Sede  imponatur  iugum, 
feramus  et  pia  devotione  toleremus  1. 


1  Capit.  De  honoranda  Sede  Apostolica,  anno  801. 


280          DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO 

III. 

Laio  ridicolo  delta  legye. 

Quanto  a  questo  punto  non  vogliamo  dir  nulla  del  noslro,  ma  solo 
ripetere  le  giudiziose  e  saliriche  osservazioni  del  signor  Cormenin,  il 
quale  cosi  ne  parla  a  proposito  degli  arlicoli  organic!:  «  Gli  appelli 
come  d'abuso  furono  risuscitali  con  formole  talmente  assolute ,  che 
esse  comprendono  lulti  i  casi  possibili ;  e  basla  leggere  la  vaghissima 
definizione  che  ne  fu  data,  ed  ela  seguente:  —  Arl.  6.°  I  casi  d'abu- 
so sono :  §.  I,  La  usurpazione  o  T  eccesso  di  poled ,  la  conlrawen- 
zione  alle  leggi  ed  ai  regolamenti  della  Repubblica.  §.  II,  L'infrazione 
delle  regole  consacrale  dai  canoni  ricevuti  in  Francia.  §.  Ill,  L'at- 
lenlato  alle  liberlti,  franchigie  e  coslumi  della  Chiesa  gallicana. 
§.  IV,  Ogni  inlrapresa  o  procedimenlo  che,  nell'  esercizio  del  culto, 
puo  cimenlare  1'onore  dei  cittadini,  lurbare  arbitrariamente  la  loro 
coscienza,  degenerare  contro  essi  in  oppressione,  o  in  ingiuria,  o  in 
pubblico  scandalo. »  Aualizziamo  questi  quatlro  paragrafi. 

«  Noi  diremo,  in  quanto  al  primo  paragrafo,  che  le  leggi  criminali 
esistenti  dovevano  bastare  per  reprimere  le  usurpazioni  e  gli  abusi 
di  potere  contro  la  sicurezza  dello  Stato,  o  le  ribellioni  contro  le  leg- 
gi. II  codice  penale,  promulgate  nel  1811,  contiene,  in  forma  d'ap- 
pendice  al  Concordato,  un  capilolo  spavenlosissirao  sui  delitli  degli 
ecclesiastici.  II  lusso  delle  sue  precauzioni  e  delle  sue  pene  e  infiui- 
to;  non  vi  si  parla  che  di  corrispondenze  con  Sovrani  stranieri  e  di 
cospirazioni  ordite  contro  lo  Stato.  Fa  stupire  che  un  cosi  gran  con- 
quislatore,  come  I'imperatore  Napoleone  ,  i  cui  esercili  vittoriosi  fa- 
ceyano  allora  tremare  sui  loro  troni.  tutti  i  Re  dell'  Europa,  abbia 
avuta  tanta  paura  della  fanlasima  del  clero.  Tutta  questa  parie  del 
codice  penale  e  curiosa  a  leggere ,  e  provoca  il  riso  mescolato  di 
compassione.  Era  per  lo  meno  pigliarsi  un  cruccio  inutile  e 
mal  prevedere  1'  avvenire  ;  perocche  da  35  anni  a  quesla  parte  noi 
abbiamo  avulo,  per  grazia  di  Dio  ,  assai  rovesciamenti  e  mutazioni 
piacevoli  e  varie  nella  forma  del  nostro  governo  ;  e  nondimeno  nes- 


DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO  281 

sun  Cardinale ,  nessun  Arcivescovo  o  Vescovo  ,  nessun  curato  ,  che 
io  sappia ,  non  ha  mai  eccitato  il  popolo  alia  rivolta ,  ne  ha  tirato 
colpi  di  facile  eontro  le  Carte  ,  le  Costituzioni,  gli  Atti  addizionali , 
i  Senati,  le  Camere,  gl'  Imperatori  ed  i  Re. 

«  Ilsecondo  paragrafo  dell' art.  6.°  degli  organici  non  e,  nella 
bellezza  del  suo  assoluto,  cio  che  vi  ha  di  piu  canonico  al  mondo  , 
ancorcbe  esso  si  a  stato  quivi  collocato  per  reprimere  le  infrazioni 
delle  regole  consacrate  dai  Canoni  ricevuli  in  Francia.  La  verita  si 
e  che  non  si  Irova  un  sol  membro  del  Consiglio  di  Stato,  incaricato 
d'  applicare  questo  paragrafo ,  il  quale  sia  in  condizione  di  dire 
quali  sono  i  canoni  ricevuti  in  Francia  dall'  origine  della  Monarchia 
fmo  ai  giorni  nostri.  Sopra  di  cio  nessuno  di  loro  si  e  brigato  mai 
d'istruirsi ;  e  questo,  dimandatelo  pure  ad  essi,  e  loro  perfettamenle 
indifferente.  Non  importa!  Dovendo  essi  giudicare,  poiche  son  pa- 
gali  per  questo,  essi  non  tralasceranno  per  cio  di  giudicare  che 
tale  o  tal  canone  e  stato  o  non  e  slalo  ricevuto  in  Francia  o  altrove. 
Da  chi?  In  quali  forme?  Yalevoli  o  non  valevoli?  Cio  ad  essi  poco 
monta.  Nessuna  legge,  inserita  nel  Bullettino,  ne  fa  parola.  Essi 
hanno  dunque  la  mano  libera  ad  applicare  un  canone  ricevuto  in 
Neustria,  in  Aquitania,  nella  bassa  Brettagna,  nel  paese  Vessino,  e 
di  punire  1'  infrazione  enorme  commessa  eontro  ii  predetto  canone. 
Ma  che  cosa  costituisce  un'  infrazione  ai  canoni?  A  quali  indizii  si 
riconosce  un'  infrazione  di  tal  nalura?  Basta  per  essa  un  sol  indizio 
o  se  ne  richiedono  molti?  Se  la  legge  da  la  defmizione  dell'm/hmo- 
ne,  allegatemi  quesla  legge ;  se  la  legge  non  ne  da  alcuna,  come 
potete  voi  applicarla?  Se  voi  1'  applicate,  non  fate  voi  cio  che  non 
sapete  fare,  e  non  siele  voi  un  giudice  arbitrario,  per  non  dire  di 
piu?  Ci  ha  ancora  un  altro  inconvenienle  assai  grave,  che  sgorga 
dall'  assolulo  cosl  vantalo  del  detto  paragrafo,  ed  e  che  i  canoni  ri- 
cevuti in  Francia  sono  quelli  della  S.  Chiesa  Romana.  Or  la  santa 
Chiesa  Romana  prescrive,  sotlo  la  denominazione  di  canone,  eerie 
regole  in  tesi  spiriluale,  tanto  sul  domma  e  sulla  fede,  quanto  sulla 
disciplina ;  e  conviene  aggiungere  che  per  piu  di  tre  quarte  parti 
dei  canoni  disciplinari  V  autorita  civile  non  vi  entra  assolutamente 
per  nulla.  Cio  non  ostanle  glf  incanonici  articoli  della  legge  del 


282  DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO 

18  Germinale  anno  X  stendono  la  mano  del  Consiglio  di  Stato  sopra 
le  infrazioni  pretese  di  regole  puraraente  dommatiche.  E  questa,  con- 
venitene,  una  bella  e  buona  usurpazione  del  diritti  della  Chiesa,  e 
la  piu  qualificata;  ne  e  da  maravigliare  che  la  S.  Sede  non  1'abbia 
trovata  troppo  di  suo  gusto. 

«  Sara  almeno  probabile  cbe  quesli  giudici  del  Consiglio  di  Stato, 
giudicanli  con  grande  sfoggio  di  canoni,  sopra  casi  puramenle  spiri- 
tuali,  sieno  dottori  della  Sorbona,  versali  nelle  decretali  e  nelle  enci- 
cliche,  o  almeno  preli  addetti  a  qualche  parrocchia,  o  sagreslani  in 
sedicesimo!  Niente  di  tulto  cio,  ve  lo  giuro ;  essi  non  sono  ne  dolto- 
ri,  ne  pievani,  ne  sagrestani.  Quanto  ad  essere  accademici,  e  un 
altro  discorso;  e  ancora  meglio,  quanto  ad  essere  giudei,  protestanii, 
razionalisii,  filosofi,  sansimoniani,  panteisti  e  indifferentisti  di  prima 
classe  e  di  prima  forza.  Ecco  i  giudici  spiritual!  dei  santi  canoni , 
dei  quali  non  un  solo  ba  fatto  il  menomo  corso  di  dirillo  canonico, 
in  Sorbona  o  allrove,  e  volentieri  se  ne  passa !  Volete  voi  dunque, 
si  dira,  che  s'incaricluno  i  tribunali  ordinarii  di  giudicare  il  prete? 
Nienle  affatto  —Chi  dunque?  — -  Ne  essi,ne  voi.  I  capi  della  Cbiesa, 
nell'ordine  della  gerarchia  spirituale,  sono  i  soli  giudici  competent! 
per  giudicare  casi  puramente  spiritual!. 

«  Andiamo  innanzi.  II  terzo  paragrafo  dell'  art.  6.°  affida  del  pari 
all'onnipotenza  del  Consiglio  di  Stato,  rattentato  alle  liberta,  fran- 
cbigie  e  costumi  della  Chiesa  gallicana ;  ed  eccoci  al  piu  vivo  della 
quistione.  Sarebbe  bello  il  vedere  che  un  curato  o  il  suo  vicario 
avesse  1'ollracotanza  di  negare  qualcuna  di  tali  liberta;  soslenendo 
per  conlrario  che  esse  sono  oppression!  e  servitu !  Voi  vedreste  to- 
slo  cotesto  eresiarca  e  papista  di  primo  grado,  trascinato  dinanzi  al 
Consiglio  di  Stalo,  a  fine  di  comparirvi  per  rispondere  alia  accusa 
di  attentato.  Non  gli  salti  in  cervello  nei  preliminari  della  sua  dife- 
sa  di  dimandare  che  cosa  e  cotesta  Chiesa  gallicana,  e  se  ci  ha  una 
Chiesa  Ircana,  una  Chiesa  Iberiana,  una  Chiesa  Caucasiana.  E  perche 
non  vi  dovrebbero  essere  dei  pari  questi  diversi  e  piacevoli  nomi  ? 
Si  guardi  pure  di  aggiungere  che  nella  sua  opinione  di  buon  cattoli- 
€0  nessuna  Chiesa  ha  ne  puo  avere  nome  proprio,  e  che  tulte  sono 
e  debbono  essere  per  lo  stesso  tilolo  figlie  sommesse,  tenere,  fedeli, 


DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO  283 

obbedienli,  rispettose  della  loro  sanla,  unica  e  veneranda  madre  , 
k  Chiesa  romana !  Si  direbbe  che  una  simile  obbiezione  ha  un  odore 
spiccatissimo  e  puzzolenlissimo  d'ultramontano ;  che  egli  aggrava  la 
sua  colpa ;  che  questo  gli  fara  male,  e  che  egli  dicendo  cio  abdica 
evidentissimamente  la  sua  qualita  di  cittadino  franccse,  per  obbe- 
dire  a  ua  sovrario  straniero ;  enormezza  che,  congiunla  alia  prima , 
la  raddoppia  e  costituisce  UQ  attentato  di  prima  classe,  qualificato 
per  tale.  Convien  dire,  per  essere  giusli,  che  fmora,  non  si  sono 
accusati  preti  e  Yescovi  d'  a-vere  infranto  le  regole  spiritual!  dei  ca- 
noni,  ne  d'avere  attentato  ai  fulmini  gallicani  del  maestro  Pilhou; 
ma  questo  puo  accadere,  e  noi  siamo  di  gia  in  buona  via.  La  stam- 
pa  ha  gia  dato  il  segnale  di  tromba  contro  I'  infrazione,  e  voi  avete 
udito  phi  d'una  robusta  voce  strepitare  dalla  tdbuna  contro  1'  atten- 
tato. La  spada  del  germinale  e  sollevata  sulla  testa  del  clero,  e  noi 
siamo  destinati  a  passare  per  tutte  le  persecuzioni  del  ridicolo ,  at- 
lendendo  qualche  cosa  di  meglio. 

«  Resta  il  quarto  paragrafo  dell'  art.  6.°  Noa  ammirate  voi  il  vago 
premeditalo  di  quest'  articolo,  che  colpisce  d'abuso  ogni  intrapresa, 
ogni  procedimento  che  nett  esercizio  del  culto  pub  cimentare  I'onore 
dei  ciitadini,  turbare  arbitrariamente  la  loro  coscienza,  degenerare 
contro  diessi  inoppressione,  o  in  ingiuria>  o  in  scandalo  pubblico? 
Si  converra  che  non  era  facile  di  fare  una  scelta  di  termini,  piu  ac- 
conci ,  cioe  di  termini  che  non  dicendo  niente,  dicono  tutlo  ;  e  que- 
sto era  lo  scopo.  Egli  basta  di  sottolineare  questi  termini,  e  lasciare 
ai  lettori  di  buon  senso  il  fame  da  loro  stessi  il  commento.  Non  vi 
ha  certamente  un  sol  prete  in  Francia,  il  qualein  tutte  le  domeniche 
nel  celebrare  la  Messa,  nel  chiamare  1'  inserviente  e  nel  montare  in 
pulpito,  non  sia  esposto  a  cadere  nei  lacci  di  questa  definizione 
giudaica.  Per  buona  ventura  i  tribunali ,  di  cui  il  favore  pel  clero 
non  e  mai  stato  troppo  grande,  e  che  amano  di  dimenarsi  in  larghez- 
ze  arbitrarie  di  testi,  non  sono  stali  chiamati  dalla  legge  del  Germi- 
nale ad  applicarla.  Lo  scandalo  della  repressione  sarebbe  stato  cento 
volte  peggiore  dello  scandalo  represso ;  e  le  cure  dei  villaggi  e  le 
sagrislie,  e  i  palazzi  episcopali,  afflitti  dalle  spedizioni  degli  uscie- 
ri,  sarebbero  stati  ben  tosto  vuoli  di  preti  e  di  prelati.  II  campa- 
gnuolo,  il  cittadino  piu  indevoto,  per  avere  il  piacere  di  malmenare  il 


284  DELL  APPELLO  COME  D  ABUSO 

suocurato  all'udienza  della  sua  piccola  polizia  correzionale,  avrebbe 
detto  d'  essere  stato  turbalo  arbitrariamente  nella  sua  coscienza,  e 
si  sarebbero  udile  lunghe  filastrocche  per  defmire  che  cosa  e  e  che 
cosa  non  e  la  coscienza,  e  che  ci  vuole  o  non  ci  vuole  per  turbarla, 
e  come  T  onore  dei  cittadini  vien  offeso  o  non  offeso  dalla  parola  del 
prete.  Noi  ci  abbiamo  perduta  una  infmita  di  dissertazioni  sul  gusto 
delle  ciabatte,  sapientissime,  e  che  non  avrebbero  mancalo  d'  arric- 
chire  il  dizionario  del  diritlo  canonico ;  ma  noi  vi  abbiamo  guada- 
gnato  del  riposo:  ed  il  Consiglio  di  Stato,  io  ne  convengo,  yede  le 
cose  piu  in  grande,  tralla  gli  appelli  a  porte  chiuse,  e  non  si  lascia 
infiammare  dalle  passioni  del  luogo.  Piu  d'una  volla  nondimeno,  se 
la  noslra  mano  di  libellista  non  1'  avesse  preso  pei  capelli  e  arrestato 
sul  pendio  sdrucciolevole  dove  egli  correva,  egli  si  sarebbe  gittato 
dietro  1'arlicolo  6.°  negli  abissi  dell' usurpazione.  Tanto  i.Corpi  an- 
che  piu  elevati  e  piu  saggi  sono  propensi  ad  abusare  dei  poteri  ar- 
bitrarii ,  che  la  legge  ad  essi  abbandona. 

«  E  cosi  avvenne  che  solto  pretesto  che  si  opprimesse  arbitraria- 
menle  la  loro  coscienza  religiosa,  rifiutando  ai  proprii  parenti  la  sepol- 
tura  ecclesiastica,  cerli  colali,  che  di  coscienza  religiosa  non  avevano 
punlo,  andavano  formando  e  moltiplicando  a  torto  e  a  rovescio  dinanzi 
al  Gonsiglio  di  Stato  gli  appelli  come  d'abuso.  Fu  mestieri  impiegare 
il  raziocinio  e  1'ironia,  per  dimostrar  che  la  sepoltura  materials  ve- 
niva  data  ai  morti  per  cura  della  polizia  municipale ,  e  che  la  se- 
poltura ecclesiastica  non  era  che  una  frase  impropria  ed  abusiva  ; 
poiche  nel  fatto  il  prete  non  nega  la  sepoltura,  doe  1'  inumazione, 
ma  solo  le  preci,  cioe  una  cosa  impalpabile,  astratta,  spirituale  ,  e 
che  non  si  poteva  senza  oppressione  forzar  la  sua  bocca  a  psalmo- 
diare  orazioni,  e  il  suo  cuore  a  pregare.  Si ;  ci  fu  uopo  per  quindici 
anni  di  mordaci  libelli  e  dell'  intervento  degli  organi  piu  accredi- 
tati  della  slessa  stampa  ministeriale ,  per  vincere  la  resistenza  dei 
toleranli  filosofi  dei  Consiglio  di  Stato.  Voi  mi  dimanderete:  a  che 
dunque  serve  la  filosofia  ?  Ed  io  vi  rispondero :  a  che  non  serve  il 
libello  l?  »  Ricordatevi:  non  siamo  noi  che  diciamo  queste  cose;  e 
un  giurisla  francese. 

1  Encyclopedic  du  dix-neuvieme  siecle,  alia  parola:  CONCORDAT. 


DELL'  APPELLO  COME  D'  ABLSO  285 

IV. 

Vero  fondamenio  dell' error  edei  politici. 

Se  si  cerca  la  vera  radice,  onde  pullula,  come  ogni  allra  usurpa- 
zione  dello  Stato  verso  la  Chiesa ,  cosi  questa  in  ispecie  dell'  appello 
per  pretesto  d'  abuso ;  tal  radice  si  troveii  nelF  erronea  persuasione 
che  lo  Stato  sia  1'unico  potere  sociale,  a  cui  sia  sottoposla  1'umana 
comunanza.  Cio  e  interamente  falso.  La  Societa  umana  e  per  ordi- 
nazione  divina  sottomessa  eziandio  all'autorita  religiosa  della  Chiesa; 
anzi  molto  piu  a  questa,  die  non  a  quella  dello  Stalo.  Imperocche 
1'  individuo  e  la  famiglia  non  ha ,  assolutamente  parlando  ,  nessuna 
morale  obbligazione  di  entrare  e  mantenersi  nel  consorzio  civile ; 
per  conlrario  ciascuno  uomo,  ciascuna  famiglia,  ciascun  popolo  ha 
dovere  slrellissimo  di  entrare  e  mantenersi  nella  Societa  della  cat- 
tolica  Chiesa,  e  sotlostare  all'autorita  del  suo  Capo  supremo  ,  sotto 
pena  di  eterna  dannazione  :  Subesse  Romano  Pontifici  omni  huma- 
nae  creaturae  declaramus,  dicimus  et  definimus  omnino  esse  de  ne- 
cessitate salutis  1.  I  politici  non  vogliono  udire  talverita.  Essi  ame- 
rebbero  chiudere  tutta  1'  azion  della  Chiesa  nel  solo  foro  invisibile 
della  coscienza,  o  se  le  concedono  qualche  esleriore  ingerenza,  vor- 
rebbero  che  questa  ingerenza  fosse  dipendenle  dalla  suprema  legge 
dello  Stato,  come  qualunque  altra  associazione  civile.  Laonde  il  loro 
errore  e  fondalo  sopra  1'  implicita  negazione  di  varii  dommi ,  quali 
sarebbero  la  visibilita  della  Chiesa  come  corpo  sociale ,  la  sua  di- 
stinzione  e  indipendenza  dallo  Stato ,  la  divinita  dei  suoi  poteri  go- 
yernativi  in  ordine  alia  santificazion  de'fedeli. 

I  politici ,  tutli  volli  alia  terra  e  alia  magnificazione  dello  Stato , 
BOD  intendono  un'acca  della  nalura  della  Chiesa  di  Cristo,  della  sua 
grandezza  nel  mondo,  dell'  ufficio  che  elia  e  destinala  ad  esercitare 
tra  le  genii.  Per  conoscere  un  tal  punto,  essi  dovrebbero  volgersi  a 
penetrare  il  pensiero  divino ,  manifestato  nelle  divine  Scrilture ,  e 

1  Bolla  dommatica  di  Papa  Bonifazio  VIII:  Unam  Sanctam. 


286  »ELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO 

proclamato  dalla  Chiesa  stessa ,  conscia  del  proprio  essere  e  della 
propria  missione.  Allora  intenderebbero  essere  propriamente  la  Chie- 
sa un  yero  impero  quaggiu ,  V  impero  cioe  dello  spirito  succeduto 
agl'  imperi  della  forza ,  per  educare  e  condurre  a  salute  il  genere 
umano.  Aprano  la  profezia  di  Daniele  al  capo  secondo,  e  leggano  la 
successione  degl'imperi  che  avrebbero  dominate  la  terra.  Da  prima 
quello  degli  Assiri ,  poscia  quello  de'  Persiani ,  poscia  quello  dei 
Greci,  da  ultimo  quello  de'  Romani,  che  col  suo  ferreo  sceltro  avreb- 
be  abbatluto  e  a  se  assoggettato  ogni  cosa. 

Quicumque  mundi  terminus  obstitit, 
Hunc  tang  at  armis  1. 

Ma  tutli  quest'  imperi  materiali  dovevano  cadere  1'  uno  dopo  I'allro, 
e  sorgere  fmalmente  un  regno  di  origine  non  umana  ma  dlvina,  che 
sarebbe  durato  in  eterno :  In  diebus  regnorum  illorum  suscitabit 
Deus  caeli  regnum,  quod  in  aeternum  non  dissipabitur ,  et  regnum 
eius  alteri  populo  non  tradetur;  comminuet  autem  et  consumet  uni- 
versal, regna  haec,  et  ipsum  stabit  in  aeternum  2.  Risoluta  nel  decreto 
dbino  la  riordinazione  del  genere  umano  per  Cristo,  Iddio  per  pre- 
disporlo  ed  avvezzarlo  alle  leggi  dell'  ordine  ed  ai  legami  di  societa 
religiosa  universale,  lo  consegno,  quasi  cavallo  al  domalore,  al  go- 
verno  della  forza  materiale,  acciocche,  addestrato  e  reso  traltabile , 
potesse  poi  agevolmente  sottostare  alia  forza  morale  e  all'  impero 
della  verila  e  della  giiislizia.  Un  tale  impero  e  la  Chiesa;  annunziata 
pero  come  regno :  Evangelium  regni.  Essa  nell'  ordinazione  divina 
e  succeduta  agli  antichi  imperi  universal!  del  mondo ,  e  massima- 
mente  al  romano ,  che  di  tutti  fu  il  piu  esteso  e  potente.  Anzi  puo 
dirsi  che  in  lei  lo  stesso  impero  romano  si  e  trasformato  da  mate- 
riale in  spirituale.  Roma  dominava  il  mondo  colle  armi  per  mezzo 
de'  suoi  Imperadori ;  adesso  lo  domina  colla  religione ,  mediante  i 
suoi  Ponlefici :  Quidquid  non  possidet  armis,  Relligione  tenet.  A  que- 
st' Impero  appartengono  popoli  e  nazioni ,  da  lei  soggiogati  non  col 

1  ORAZIO,  Odarum,  lib.  3. 

2  DANIELIS  c.  II,  v.  44. 


DELL'  APPELLO  COME  D'  ABUSO  287 

ferro  ma  colla  croce.  Tutte  le  cose  appartenenti  all'ordine  naturale 
e  alia  civilta  di  tali  popoli  e  nazioni,  non  vengono  menomate  o  di- 
strutte  per  si  falta  soggezione ;  ma  piu  veramente  vengono  nobilita- 
te ,  attese  le  relazioni  che  rivestono  coll'  ordine  della  grazia  e  del 
fine  soprannaturale  dell'  uomo.  I  poteri  politici  restano  anche  essi, 
perche  necessarii  al  ben  essere  temporale  della  sociela,  e  alia  tu- 
tela  dei  buoni  e  alia  punizion  de'malvagi.  Ma  restano  di  nalura  loro 
subordinati  a  quello ,  che,  comedicemmo,  e  vero  Impero  univer- 
sale ;  come  gli  antichi  regni ,  soggiogati  da  Roma ,  erano  soggetti 
a  Roma  e  tributarii  di  Roma.  La  sola  differenza  e,  che  quell'  anlica 
soggezione  era  forzata,  conseguita  per  \ia  di  vitlorie  materiali,  ed 
ordinata  ad  un  fine  terreno ,  che  si  assommava  principalmente  nel 
dominante;  laddove  questa  soggezione  e  spontanea,  ottenuta  per 
trionfi  moral!,  e  diretta  al  bene  spirituale  ed  eterno  degli  stessi  sog- 
getli.  Questa  e  1'  idea  che  della  Chiesa  si  ricava  dalle  divine  Scrit- 
ture,  dalle  tradizioni  ecclesiasliche,  dagl' insegnamenti  de' Sommi 
Pontefici ,  tra'  quali  basti  nominare  un  Gregorio  VII,  un  Innocen- 
zo  III,  un  Bonifazio  VIII.  I  politici  non  capiscono  nulla  di  tullo  cio, 
essi  non  sanno  apprezzar  altro  che  baionette  ,  cannoni ,  gendarmi , 
bargelli  e  va  dicendo.  La  forza  morale  del  nuovo  impero,  suscilato 
da  Dio  per  reggere  e  governare  in  riome  di  esso  Dio ,  popoli  e  Re 
ed  ogni  altra  altezza  terrena ,  e  al  di  sopra  del  loro  intendimento. 
Essi  negano  lali  prerogative  della  Chiesa.  Facciano  a  loro  senno  ; 
anzi,  se  cosi  loro  aggrada,  rinneghino  la  Chiesa  stessa,  ed  abbrac- 
cino  T  Alcorano.  Ma  non  isperino  giammai  di  strappar  dalla  mente 
dei  sinceri  caltolici  la  vera  idea  della  Chiesa  e  delle  sue  relazioni 
collo  Stato ;  la  quale  idea  niun  savio  pensera  mai  che  si  debba  atli- 
gnere  da  altra  fonte,  che  dagli  Drdinamenti  di  Dio,  da  cui  ogni  crea- 
tura  dipende  e  ogni  pertinenza  privata  o  pubblica  dell'  uomo. 


TIGRANATE 

RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 


XVIII. 

Un  lampo  del  segreto. 

Chiamati  dipoi  artefici  in  oro  e  gemme, 
siede  in  mezzo  ad  essi,  e  descrive  1'imma- 
gine  del  Segno,  e  ord'ma  che  sia  rappre- 
sentato  in  oro  e  pietre  preziose.  E  el 
rammenta  d'  averlo  veduto  alcuna  volta 
cogli  occhi  nostri.  EUSEB.  VitadiCostant* 
I,  30.  (Opp.  edit.  gr.  lat.Migne  torn.  II, 
pag.  946.) 

Placido  adunque  trovaiosi  a  tu  per  tu  con  Tigranate,  e  stato  assai 
lunga  pezza  in  silenzio,  gravido  di  grande  pensiero,  incomincio  im- 
provvisamente:  —  E  lunga  ora  chc  io  meco  delibero  se  parlare  piu 
mi  convenga  o  tacere. .  . 

—  Deliberare !  e  non  puoi  confidarmi  a  sicurezza  checche  ti  cade 
in  mente,  poiche  siam  soli?  non  sono  tuo  figlio? 

—  Figlio,  ripiglio  Placido  calcando  sopra  questa  parola,  figlio:  e 
intanto  gli  avvisi  e  i  consigli  di  colui  che  tu  chiami  padre,  nulla  pos- 
sono  sul  luo  cuore.  E  io  muoio,  e  ti  lascio. . . 

—  Ne  muori,  ne  mi  lasci,  babbo :  Non  senli  come  ti  se'  rinfraa- 
cato?  tu  parli  con  voce  e  con  forza  di  sano. 


TIGRANATE  —  UN  LAMPO  DEL  SEGRETO          289 

—  E  tu  credi  che  il  morire  mi  sia  amaro  ?  e  che  io  paventi  1'  ul- 
lim'  ora,  dopo  celebrati  i  misteri  di  queslo  giorno?  Ah  lu  non  sai 
quanta  sicurezza  di  beata  immorlalita  infondano  i  nostri  arcani  sa~ 
criflcii!  Dolorosa  mi  e  una  cosa  sola  e  piena  di  inestimabile  cordo- 
glio,  che  io  ti  lascio  non  peranche  iniziato  alia  religion  nostra.  Do- 
vevo  parlartene  prima  d'  ora;  dovevo  darli  migliori  esempii :  il  tuo 
animo  retto  ne  avrebbe  fallo  suo  pro. 

—  Babbo,  a  che  li  confondi  sopra  cotesto?  ti  dissi  io  forse  che  non 
sia  per  rendermi  a'  tuoi  avvisi?  Tutto  il  contrario;  pure  di  questo  io 
penso  di  e  notte,  e  per  avventura  ci  sono  piu  presso  che  non  imma- 
gini  tu.  Vuoi  di  piu?  per  poco  ch'  io  non  detti  il  mio  nome  tra  i  ca- 
tecumeni  a  Milano :  ad  Alene  ci  fui  a  un  pelo. 

—  Che  dubili  adunque?  che  lemporeggi?  che  aspetti? 
Tigranate  calo  il  volto  in  seno,  e  per  risposla  gli  usci  involontario 

un  sospiro  somigliante  a  gemito  di  cuore  oppresso.  Egli  era  lungi 
assai  dalla  viltoria  eonlro  se  stesso,  e  tulta  sentiva  la  vergogna  della 
sua  irresoluzione.  Cosi  stetlero  lunga  pezza  muti  e  senza  guardarsi. 
Placido  rientro  nel  discorso:  —  E  bene  anche  cotesla  mezza  pro- 
messa,  che  mi  rinnovi  al  lefto  di  morte,  mi  e,  se  non  di  piena  conso- 
lazione,  certo  di  qualche  conforto,*e  meco  la  portero  nella  tomba  e 
al  tribunale  di  Dio  per  mia  discolpa.  Ti  sovvenga  pero  che  tu  mi 
appartenesli,  e  che  colui,  che  tu  chiamasli  luo  padre,  fu  cristiano, 
sebbene  fiacco  e  indegno  di  si  gran  nome. . .  Ma  almeno  non  negai 
il  mio  Cristo  giammai. . .  no,  mio  Dio  (e  qui  congiugneva  le  mani  e 
sollevava  le  pupille  lagrimose  al  cielo )  dal  di  ch'  io  vidi  la  croce, 
adorai  serapre  il  Verbo  falto  came. . .  Figliuolo ,  dal  cielo  altendero 
il  compimento  della  tua  promessa.  — -  Tigranate,  che  volentieri  avreb- 
be cessalo  quel  si  streito  discorso,  e  cambialolo  in  altro  piu  agevole, 
al  nome  di  croce,  colse  la  palla  al  balzo  ed  enlro  a  dire :  —  Oh  ap- 
punlo  ier  sera  accennasti  pure  della  gran  visione  e  poi  ne  fu  nulla. 
Che  fu  adunque  di  quella  croce  ?  che  io  fui  sempre  voglioso  di  sa- 
perne  il  nelto. 

—  Toccava  a  me  parlartene  e  sempre  il  dissimulai!  e  forse. . . 

—  E  rieccoci  ai  rimpianti  di  ieri.  Padre  mio,  non  darti  piu  affanno, 
e  poi ,  il  vedi ,  hai  bisogno  d'  un  po  di  quiete. 

Serie  Y/,  vol.  II,  fasc.  363.  19  2i  Aprile 


290  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

—  Di  quiete?  e  non  sai  che  il  solo  pensiero  di  quel  giorno  mi  rin- 
giovanisce,  non  che  riposarmi !  Ascolta ,  ascolla  tutto ,  e  sia  questa 
T  ultima  memoria  che  io  ti  lascio.  lo  ero  giovane  come  te  un  giorno, 
come  te  lonlano  dai  pensieri  dell'  altra  vita,  come  te. . .  non  come  ter 
come  altri,  nemico  dei  misteri  cristiani.  Pensa  che  nella  officina  di 
mio  padre,  dove  tenevamo  da  venti  schiavi  all'arte,  non  si  lavorava 
quasi  altro  che  amuleti  e  statue  di  Falsi  numi ,  Dee  Matrone,  Madri 
dei  Cesari,  e  Diane  soprattutto,  che  era  la  grande  superstizione  dei 
nostri  poveri  Taurini.  Quando  la  noslra  citta  fu  occupata  dal  Divo 
Costantino,  dopo  rotla  una  gran  partita  di  cavalleria  sortita  a  com- 
batterlo,  noi  giovani  uscimmo  a  vedere  quelle  sue  valorose,  sebben 
poche  legioni,  accampate  lunghesso  le  mura  della  citta.  Correva  voce 
che  un  immenso  esercito  di  Massenziani  si  attestasse  tra  Milano  e 
Brescia,  sotto  gli  ordini  di  un  gran  generate,  Severo,  per  contendere 
al  vincilore  il  passo  di  Roma,  Non  sapevamo  renderci  capaci,  che 
egli  arQisse  di  cimentarsi  a  tanta  impresa  con  si  poche4  forze,  e  te- 
mevamo  ancora  per  noi  stessi,  che  avevamo  favorito  Costanlino  col 
chiudere  le  porte  in  faccia  ai  Massenziani,  quando  tornavano  in  isba- 
raglio  per  ripararvisi.  Egli  ce  ne  fu  ric*onoscente,  e  di  gran  feste 
fece  alia  nostra  giovenlu  che  accorreva  al  suo  campo.  •>% ;.£ 

—  Era  il  mezzogiorno  di  poco  passato,  quand'  ecco  io  sento  negli 
accampamenli  voci  di  maraviglia:  ciascuno  guatava  all'alto  verso  le 
colline  oltre  il  fiume,  e  addilava  il  cielo  a  chi  gli  era  vicino;  si  chia- 
mavano  gli  uni  gli  altri  fuori  delle  tende  a  mirare  il  prodigio.  Che 
spettacolo !  Un  immenso  globo  di  nube  raggiante  si  ergeva  nell'aria, 
e  divenlando  ad  bra  ad  ora  piu  luminoso  nel  mezzo ,  vi  scorgemmo 
chiaramenle  disegnata  una  croce,  ma  di  tanta  luce,  che  appena  1'oc- 
chio  la  potea  sostenere.  Un  motto  si  leggeva  sotto  essa:  In  Questo 
Vinci;  e  tanto  sfolgoranle,  che  pareva  scritto  coi  piu  vivi  raggi  del 
sole.  Dirli  il  lungo  grido  di  gioia  che  sorse  tra  le  legioni,  e  impossi- 
bile.  I  soldati  si  salutavano  a  vicenda,  si  abbracciavano  giubilanli, 
promettendosi  infallibile  vittoria,  i  viva  Costantino  augusto  ferivano 
le  stelle.  Invece  i  Cristiani,  quali  colla  fronte  a  terra,  quali  colle 
braccia  spante  adoravano  quel  segno  celeste.  E  cosi  dopo  lunga  ora 
il  portento,  rimpiccolendosi  a  poco  a  poco,  svani  e  scomparve. 


UN  LAMPO  DEL  SEGRETO  291 

Mi  ricorda  che  tornaio  a  casa  dissi  a  mio  padre:  Omai  non  abbia- 
mo  piu  che  temere  ne  da  Massenzio,  ne  da  Severe:  la  viltoria  e  di 
Costantino.  —Ma  quale  fu  la  nostra  marayiglia,  quando  il  di  seguen- 
te,  di  gran  mattino  vediamo  entrare  nel  laboratorio  un  ufficiale  di 
corte,  e  chiedere  premuroso  di  mio  padre:  —  Augusto,  diss'  egli, 
ti  chiama  al  suo  padiglione.  —  Mio  padre  stimando  che  gli  dovesse 
commettere  alcun'  opera,  s'  infilzo  la  toga,  accenno  a  me  di  segui- 
tarlo,  e  fummo  al  campo.  Quanlo  era  bello  Costantino  in  quel  gior- 
no !  quale  fierezza  nel  guardo,  quale  maesta  gli  usciva  dal  sembiante! 
E  pure  ci  saluto  con  una  cortesia,  che  bisognava  vedere  per  cre- 
derci.  —  Questi  e  il  miglior  orafo,  disse  1'  ufficiale  additando  mio 
padre,  che  sia  in  questa  cilta.  —  E  Augusto :  —  Ho  bisogno  del- 
1' opera  tua,  ma  sollecita  giorno  e  nolle  senza  ristare.  —  Augusto, 
rispose  mio  padre,  comanda,  e  vedrai  come  si  obbedisce  al  piu  glo- 
rioso  degl'  Imperatori. 

Costanlino  allora  si  pose  a  sedere  ,  che  era  in  piedi ,  e  ci  mostro 
lo  stendardo  coll'  effigie  della  famiglia  augusta,  che  si  doveva  mon- 
tare  secondo  un  suo  nuovo  disegno,  e  n'  aveva  di  sua  mano  tratteg- 
giato  un  bozzetto.  Era  una  grande  asta*  laminata  d'  oro  ,  e  per  for- 
mare  la  croce  un  braccio  traverse,  dal  quale  doveva  pendere  il  drap- 
po.  In  capo  all'  asta  voile  che  si  ergesse  il  nome  vittorioso  di  Cri- 
sto ,  simboleggiato  da  un  Chi  e  da  un  Rho  bellamente  inlrecciali 
in  un  monogramma.  —  E  in  questi ,  diss'  egli ,  cio  che  c'  e  di  piu 
prezioso  tra  le  gemme  versa  e  profondi  al  possibile,  niun  lesoro,  che 
v'  impiegassi,  fia  soverchio.  —  Cosi  il  labaro,  primo  vessillo  cristia- 
no,  che  sventolasse  tra  le  armi  di  Roma ,  fu  al  padre  mio  commes- 
so  da  Costantino.  Poi  si  trasse  di  capo  1'  elmo  e  soggiunse  :  —  Ra- 
dine  ogni  altro  fregio  dalla  lesliera ,  e  d'  ambi  i  lali  vi  salderai  di 
rapporlo  il  divino  monogramma,  e  tramezzo  un  astro  scintillante  di 
gioie.  Per  la  scelta  in  te  mi  rimetto :  ma  prima  del  terzo  giorno  I'o- 
pera  sia  qui  senza  fallo. 

Pensa,  Tigranate,  com'  io  tornai  all'  officina  con  queU'elmo  in  ma- 
no,  lo  entravo  in  un  nuovo  mondo,  e  vaneggiavo  di  maraviglia.  Mi 
pareva  di  veder  vivi  sotto  la  visiera  i  due  grandi  occhi  dell'  Impera- 
lore  vitlorioso,  la  croce,  il  nome  di  Cristo  intesi  dalle  sue  labbra,  mi 


292  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

penetravano  nel  cuore.  Mio  padre  stancava  i  fabbri  e  la  fucina ,  io 
non  ebbi  posa  di  giorno ,  non  dormii  la  nolle :  e  se  alcun  poco  mi 
vinceva  il  sonno,  ed  ecco  il  volto  di  Coslantino  mi  si  parava  dinanzi 
agli  occhi,  e  sembrava  che  mi  gualasse,  e  che  il  labaro  fiammeggias- 
se  e  1'elmo  e  il  norne  del  Crislo.  Breve,  Ire  di  ne  andai  ebbro  e  de- 
lirante,  e  in  capo  al  terzo,  quando  gia  il  lavoro  era  in  acconcio  d'es- 
sere  riporlato  ad  Augusto,  dissi  a  mio  padre:  —  Io  saro  soldalo  di 
Coslantino. 

Augusto  trove  1'opera  di  suo  gusto  appuntino,  come  che  condotta 
con  lavorio  si  rovinoso  :  adalto  di  sua  mano  la  criniera  all'  elmetto 
e  squassandola  in  presenza  degli  astanli ,  e  brandendo  il  labaro : 

—  Amici,  disse,  allegramente,  alia  vittoria :  con  questo  vinciamo.  — 
E  die  ordine  a  un  primicero  del  comitato,  che  noi  fossimo  di  presente 
soddisfalti  alia  reale.Jlio  padre  pose  un  ginocchio  a  terra  e  disse: 

—  Augusto  sempre  viltorioso,  una  mercede  sola  ti  chieggo.  . .  . 

—  E  quale?  interruppe  con  mollo  favore  Augusto. 

—  Che  queslo  mio  figlio  sia  de'  tuoi  soldati.  — 

Costantino  mi  misuro  dal  capo  ai  piedi  con  quel  suo  sguardo  se- 
reno,  e  proferi  queste  precise  parole :  —  Poiche  il  volete ,  ollre  la 
dovuta  mercede  ,  avete  ancor  questa.  Tu ,  fanciullo ,  sarai  de'  cm- 
quanta  che  circonderanno  questo  stendardo  nelle  battaglie.  —  Che 
giorno,  Tigranate  mio,  fu  quello  !  che  istante  !  quello  fu  il  principio 
della  mia  fortuna  (e  qui  la  voce  di  Placido  acquistava  un'energia  feb- 
brile) :  a  Brescia ,  a  Verona  io  mi  batlevo  solto  al  labaro ,  a  lato  di 
Coslantino:  a  Roma  ...  oh  Roma,  culla  della  mia  fede ,  quanlo  mi 
e  dolce  rammenlarti  su  questo  letlo  di  morte !  oh  Roma  dalle  cento 
basiliche  .  .  .  Roma ,  tomba  di  san  Pietro  e  di  san  Paolo !  .  .  .  Gli 
Apostoli  da'loro  sepolcri  ci  stendevano  la  mano.  . .  .  Vedi  il  Tevere 
che  serpeggia  sotto  il  mausoleo  di  Augusto?  e  lambe  la  mole  Adria- 
na?  Io  vedi  che  si  frange  alia  proda  del  Palalino?  .  .  .  di  qua  le 
colline  valicane  e  pianura,  pianura  .  .  .  quel  muro  di  ferro  lucente, 
irlo  di  lance  e  di  spade  son  le  corazze  della  guardia  di  Massenzio,  e 
qui  le  coorti  di  Costanlino,  le  noslre  lurme  ,  a  lancia  in  resta,  a  te- 
sta chinata  in  sulle  criniere  dei  cavalli ,  che  si  disserrano  ad  inve- 
stirle.  .  .  .  Ti  veggo,  Costanlino  orrendo ,  implacabile ,  ti  ravviso 


UN  LAMPO  DEL  SEGRETO  293 

alia  croce  dell'elnao,  al  labaro  che  li  precede ,  alia  spada  che  divora 
la  folta  dei  nemici  .  .  .  come  urta  e  alterra  e  conculca !  .  .  .  ti  se- 
guo,  io  copro  il  luo  fianco ,  la  inia  spada  ribalte  la  spada  che  ti  mi- 
naccia.  .  .  .  Ahi!  .  .  .  il  cielo  fugge  dagli  occbi  miei.  .  .  .  Tu  chi 
sei,  vegliardo?  ...  <,.'-; 

Tigranate  si  accorgeva  troppo  bene  che  a  Placido  fuggiva  la  men- 
te:  quelle  ricordanze,  la  debolezza ,  la  pieta,  tutto  cospirava  a  raet- 
terlo  in  quel  tumultuoso  delirio.  Di  che  egli  chiamo  Pisto,  lo  schiavo 
fedele  che  instancabilmente  vegliava  ad  ogni  servigio  nell'  antica- 
mera,  e  ordinogli  che  di  presente  recasse  una  bevanda  calmante,  ed 
intanto  pose  la  raano  sulla  fronte  del  vecchio,  che  tulta  era  in  fuoco. 
—  Babbo,  gli  veniva  dicendo  soavemente,  assai  mi  dicesli :  or  posa, 
posa  un  poco,  acchetali,  il  sonno  ti  giovera.  .  .  . 

E  provavasi  di  levargli  di  dielro  le  spalle  i  guanciali  perche 
giacesse.  Ma  Placido  con  gli  occhi  sbarrali  e  fissi  come  di  vetro 
scinlillante,  il  respingeva  colla  mano,  conlinuando:  —  Tu  chi  sei, 
vegliardo  ?  come  splende  la  mitra  sul  tuo  capo  ? . . .  e  questa  schie- 
ra  bianca  che  dimanda?  .  .  .  Vi  sento :  II  cavallo  e  il  cavaliere  van 
travolli  ne'  flutti,  e  1'onda  ingoia  il  carro  di  Faraone  e  il  suo  esercito 
con  lui . . .  la  deslra  tua,  o  Signore,  e  glorificala.  E  tu  sei  duce  mi- 
sericordioso  al  popol  tuo  ...  chi  si  agguaglia  a  Jehova  ?  .  .  .  Dio 
regna  in  eterno  e  vince  1'  eternita  .  .  .  e  immobile  e  ii  tuo  san- 
tuario. . ,  — 

Con  questi  e  piu  altri  simiglianti  vaniloquii  delirava  1'infermo,  che 
spossato  al  fine  restossi  e  tacque.  Pisto  interpret  a  Tigranate  il  senso 
di  quelle  parole  tronche,  come  quegli  che  cristiano  era,  e  per  lunga 
ed  intima  servilu,  o  piuttosto  amichevole  intrinsichezza,  sapeva  ogni 
cosa  del  padrone.  Placido  era  caduto  ferito  nella  gran  battaglia  con- 
tro  Massenzio ,  nel  momento  che  il  tiranno,  incalzalo  da  Costantino, 
precipitava  nel  Tevere.  Pero  portato  fuori  della  mischia,  era  stato 
raccolto  in  una  villa  di  crisliani  sui  colli  vaticani ,  a  pie  de'  quali  fu 
combattuta  quella  fauiosa  giornata.  Cola  riavutosi ,  e  istruito  della 
fede,  aveva  poi  ricevuto  il  battesimo  nella  basilica  di  S.  Pietro.  II 
vegliardo  mitralo  accennare  al  venerando  Melchiade ,  allora  Vesco- 
vo  di  Roma;  la  schiera  bianca  significare  i  sacerdoti  che  salmeggia- 


291  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

vano  a  Dio,  e  ringraziavanlo  della  vittoria  di  Costantino,  die  promet- 
teva  pace  alia  Chiesa  universale.  Placido  avere  senza  dubbio  inleso 
piu  volte  i  cantici  sacri,  e  quello,  di  cui  rammentava  sparsamente  al- 
cuni  emistichii,  essere  un  inno  sacro  del  libri  divini  dei  Crisliani,  il 
quale  per  avventura  aveva  piu  scosso  la  sua  fantasia  bellicosa. 

Mentre  cosi  discorrevano  Pisto  e  Tigranale  in  disparle ,  sperando 
che  1'infermo  dovesse  appiccar  sonno ;  questi  a  riprese  inlerrotta- 
mente  mugolava,  ora  con  fremito  sordo,  ora  con  mormorio  confuso, 
ora  con  poche  parole  scolpite  e  solenni.  E  allora  Tigranate  da  un  lato 
e  Pisto  dall'altro  si  argomenlavano  di  tranquillarlo.  Placido  teneva 
gU  occhi  chiusi :  gli  aperse  repente  e  gualando  colle  luci  torbe  1'u- 
no  e  1'altro  :  —  Dove  mi  traete ,  crudeli ,  grido  con  affanno  e  con 
orrore.  Ah  Costanzo  tralignalo !  lu  fai  guerra  ai  vescovi  e  trionfi :  in 
faccia  ai  Persiani,  tu  cedi,  tu  fuggi .  .  .  vigliacco !  tu  tradisci  il  san- 
gue  nostro,  ti  e  vile  il  soldato  romano  .  .  .  e  ci  lasci  alia  schiaccia  ; 
codardo! . .  .E  nel  vaneggiamento  scagliava  le  mani  come  chi  impreca. 
Pisto  lento  di  ricoraporgliele  sotto  la  coperta,  e  Placido:  —  Barba- 
ri,  rispettatemi.  Chi  osa  legare  un  Iribuno  romano?  ... 

—  Babbo,  nessuno  ti  offender  questi  e  Pisto  ,  io  sono  il  luo  Ti- 
granate. ... 

-  Pisto!  Tigranate !  Che  vuoi  Gran  Re ,  ch'  io  faccia  di  questo 
fanciullo?  .  .  .  Principessd  infelice !  il  tuo  Tigranate  io  1'adotto  per 
mio  figlio  ,  mi  sara  un  pegno  sacro ,  Io  nutriro  sul  mio  petto .  .  . 
muori  tranquilla,  tel  giuro  pel  Verbo  divino,  I'educher6  a  Cristo. . . 
sara  due  volte  figlio  del  Gran  Re.  ...  — 

A  queste  parole  che  si  poco  sapevano  di  vaniloquio  e  si  cbiara- 
mente  accennavano  un  secreto  tremendo ,  di  cui  Pisto  solo  era  con- 
sapevole,  con  alto  subitaneo  e  indeliberato  egli  si  batle  la  fronte  colla 
palma :  —  Dio  grande  !  qual  velo  si  squarcia  in  quest'  istante !  — 
Pisto,  che  arcano  e  cotesto?  lu  il  sai :  il  leggo  nel  tuo  volto:  lu  solo 
ci  accompagriasti  dalla  Persia:  parla. 
-  Non  posso. 

—  II  voglio. 

—  Non  e  permesso. 

—  Tel  comando. 

—  E  un  segreto  di  morle. 


TUTTO  IL  SEGRETO 

XIX. 

Tutto  il  segreto. 


Cadaver  (Acepslmae  martyrls)  .  .  .  clam 
sublatum  est  industria  filiae  regis  AT- 
meniae,  quae  per  eos  dies  in  arce  Me- 
diae obses  detinebatur.  Atti  di  S.  Ace- 
psima,  scritti  in  caldaico,  e  tradotti 
dall'AssEMANi,  ActaMart.  orient,  torn. 
I,  pag.  193. 

Placido  era  passalo  alia  pace  del  Signore,  tre  di  dopo  la  sua  ple- 
naria  riconciliazione  colla  Chiesa.  Antusa  gli  aveva  chiusi  gli  occhi, 
Tigranate  le  labbra  ,  e  i  pieiosi  fratelli  levato  avevano  il  cadavere  e 
governatolo  di  tulto  punlo  per  lasepollura.  Ma  Tigranale  non  aveva 
atteso  fino  ad  ora  per  chiarire  le  misteriose  parole,  sfuggite  sul  deli- 
rio  a  colui  ch'egli  teneva  per  suo  padre.  Pisto  da  lui  pressato  ,  mi- 
nacciato  ,  costrelto  ,  aveva  infine  squarciato  interamente  il  velame  , 
che  gli  diveniva  impossible  di  mantenere  piu  a  lungo  ;  e  tutta  gli 
aveva  raccontata  per  filo  e  per  segno  la  storia  maravigliosa  della  sua 
infanzia.  E  bene  egli  la  doveva  sapere  ,  perche  ,  tolti  i  pochi  anni 
dello  studio  di  Atene  ,  egli  aveva  con  instancabile  fedella  vigilato 
tulli  gl'lstanti  di  Tigranate,  dalla  culla  sino  al  giorno  presente. 
—  Tu  sei  figlio  del  Re  di  Persia,  gli  diceva  egli,  dopo  che  ebbe  otte- 
nuta  replicata  sicurta  di  eterno  segreto,  tu  sei  figlio  di  quel  Sapore, 
che  regna  oggidi  sul  maggiore  imperio  dell'  Asia  ;  e  tua  madre  e  una 
principessa,  la  nobile,  la  pia  Tecla  >  che  tuo  padre  fece  prigioniera 
nella  guerra  conlro  Tiridale  re  di  Armenia. 

-  Di  donna  schiava  adunque?  taci  ,  taci  ;  altro  non  voglio  sa- 
pere ...  no  :  parla. 

-  Di  schiava  no,  ma  di  regina  :  ed  ella  sarebbe  forse  ancora  sul 
trono,  e  tu  presso  al  soglio,  se  i  Maghi  non  le  avessero  crudelmente 
strappata  1'  afiezione  del  Gran  Re.  Infelice!  ...  No,  avventurosa; 
ell'eincielo! 


296  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

—  Sapore  adunque  le  diede  morle  ? 

—  No :  la  ripudio.  Ed  e  gloria  grande  di  Tecla,  e  tua  fortuna,  se 
tu  sai  conoscere  il  dono  di  Dio.  —  E  qui  Pisto  levo  gli  occhi  al  cie- 
lo  in  atto  sublime ,  in  cui  tutta  splendeva  la  magnanimita  del  cri- 
stiano,  e  spariva  la  bassezza  dello  schiavo ;  e  aggiunse  :  —  La  ter- 
ra e  fango,  e  nulla :  qual  lu  mi  vedi ,  scliiavo  di  Placido  e  luo ,  non 
nacqui  pero  in  quesla  condizione,  ma  per  te  la  simulai.  .  .  . 

—  Tu  nori  sei  scliiavo? 

—  Yoglio  esserlo.  Finche  non  avro  compiuto  1'incarico,  dal  cielo 
e  da  tua  madre  impostomi,  saro  sempre  tuo  schiavo.  So  che  il  tuo  pa- 
dre di  adozione  nel  testamento  mi  rende  a  quella  liberla,  che  sa  es- 
sere  mio  dirilto  :  ma  innanzi  ad  ogni  altro  diritto,  tengo  a  cuore  il 
mio  dovere,  la  promessa  ch'  io  feci  di  non  abbandonarti ;  invano  mi 
renderesti  libero,  io  saro  teco,  se  non  mi  rigetti,  servo  fedele. 

—  Servo  no,  ma  liberlo,  ma  amico,  disse  Tigranate  stendendogli 
la  mano. 

—  Come  ti  piacera. 

—  Prosegui.  Qual  e  1'incarico  che  hai  da  mia  madre  ?  Che  e  di 
lei?  —  Pisto  si  coperse  il  volto  col  lembo  della  manica ,  e  ruppe  in 
un  pianto  doloroso,  si  che  a  gran  pena  pote  tra  i  singulli  conlinuare 
la  crudele  istoria. 

La  giovane ,  la  vezzosa  Tecla  caduta  nelle  mani  di  Sapore  vitlo- 
rioso,  ne  aveva  rapito  il  cuore,  e  allora  quel  principe  non  aveva  che 
ventitre  anni.  Non  rinuncio  essa  alia  sua  fede,  che  era  cristiana,  nel 
salire  al  trono.  II  primo  frutto  di  tale  unione  fu  Tigranate,  e  fu  1'ul- 
timo  altresi.  Perciocche  venuto  F  Arcimago  a  richiedere  il  regio 
bambino  per  passarlo  all'acqua  ed  al  fuoco  nel  tempio  del  Sole ,  ed 
essa  il  ricuso  inesorabilmente :  era  risolula  di  allevarlo  cristiano, 
quand'anche  la  corona  della  terra  dovesse  essere  immolala  alia  co- 
rona del  cielo.  Le  suppliche,  le  minacce  non  giovarono  a  scuotere 
la  costanza  della  reina.  Adunque  il  consiglio  dei  Salrapi,  sobillato  (e 
non  avea  bisogno)  dai  principi  della  setta  dei  Maghi,  fece  intendere 
al  monarca,  che  per  salute  del  reame  era  necessario  di  venire  al  la- 
glio,  con  quest'  ostinata  femmina ,  che  levata ,  dicevano  essi ,  dalla 
polvere  al  soglio  del  Re  dei  Re ,  perfidiava  ad  educare  pel  trono  dei 


TUTTO  IL  SEGRETO  297 

Sassanidi  un  nemico  del  Sole  e  dellc  patrie  leggi.  —  £  d'uopo  farla 
perire ,  ripelevano  essi ,  sotto  varie  parabole ,  al  giovane  sovrano. 
—  Essa  e  il  suo  frullo  —  aggiugnevano  allri. 

Sapore  conosceva  che  il  regno  nol  teneva  dalla  ragione  del  dirit- 
to,  ma  dal  beneplacito  di  quegli  stessi  consiglieri,  i  quali  avevano 
rapito  lo  scettro  ad  Ormisda,  suo  fratello  maggiore,  per  darlo  a  lui : 
e  Ormisda  era  tuttora  vivo.  E  per  giunta  egli  era  giovane,  inesper- 
to,  e  Iroppo  bene  sapeva,  che  a  quei  perfidi  qualsiasi  delillo  sarebbe 
paruto  un  gioco  ,  tanto  solo  che  sicurassero  la  loro  superstizione. 
Piegossi,  e  cedetle  alia  prepotente  gelosia  di  Stato.  Altri  sparsero 
che  un  nuovo  amore  avesse  allacciato  il  suo  cuore,  e  ch'egli  toglies- 
se  con  dissimulate  piacere  il  pretesto  sempre  specioso  della  religio- 
ne,  per  troncare  il  primo  vincolo.  Checche  ne  fosse  ,  la  regina  e  il 
picciolo  Tigranate  scomparvero  improvvisamente ,  trasportati  con 
infinita  segretezza  in  un  caslello  lontano  dalla  reggia :  e  si  divulgo , 
ch'ella  fosse  perita  insieme  col  figliuolo.  Un  vecchio  eunuco,  fidatis- 
sima  creatura  dell'Arcimago,  fu  depulato  governatore  del  castello,  e 
custode  della  reale  prigioniera.  II  Re  le  fece  sapere,  che  la  sua  per- 
tinacia  nelle  religioni  straniere  le  avevano  tolto  1'  affelto  dello  sposo; 
ed  essere  effetto  della  divina  benignita  di  lui ,  che  altro  peggio  non 
le  fosse  intervenuto ,  giacche  il  senato  dei  Satrapi  1'aveva  giudicala 
a  morle :  non  desse  segno  di  essere  viva  ,  perche  al  primo  rumore 
che  di  lei  venisse  alia  corte,  pericolerebbe  essa  e  il  suo  figlio. 

Un  signore  armeno,  detlo  Arbazane,  che  poi  si  chiamo  Pisto,  per 
contraffare  lo  schiavo  sin  nel  nome,  fu  il  solo  confidente  che  la  ripu- 
diata  principessa  pole  conservare  ,  il  solo  che  voile  seguitarla  nella 
sua  disgrazia,  il  solo  che  recava  a  Sapore,  in  altissimo  secreto  ,  no- 
velle  della  sposa  reietlae  del  figliuolo  diseredato.  II  Re  rifuggiva  dal 
bruttarsi  le  mani  nel  sangue  suo,  e  gli  sapeva  male  di  avere  ad  in- 
crudelire  contro  una  sposa  gia  amata ,  e  sempre  innocente :  e  come 
era  stato  lielissimo,  allorche  Ormisda  suo  fratello  dalla  prigione  era- 
si  trafugato  in  terra  romana  ,  e  invece  di  inseguirlo  avevagli  anzi 
mandato  addietro  ancor  la  moglie ;  cosl  avrebbe  bramalo  occasione 
di  spacciarsi  senza  nuovo  delitto  e  di  Tecla  e  del  fanciullo.  Tardo 
parecchi  anni,  ma  pure  infine  il  buon  destro  si  present.  Pislo  pose 


298  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

gli  occhi  in  Placido  tribuno  romano  ,  che  gia  da  piu  anni  viveva  a 
Ctesifonte,  come  colui  che  era  stato  fatto  prigione  nella  infelice  gior- 
nata  di  Nisibi,  e  in  grazia  del  suo  allo  grado,  veniva  sostenuto  sotto 
guardia  cortese ,  intanto  che  nascesse  il  bisogno  di  cambiarlo  con 
qualche  illustre  prigioniere  persiano. 

Placido  col  suo  far  nobile  e  dignitoso  era  giunto  a  cattivarsi  la 
grazia  del  Gran  Re.  Perciocche  Sapore  piu  volte  gli  aveva  proposlo 
di  rimandarlo  libero  e  colmo  di  ricchezze  sfondolate ,  tanto  solo  che 
egli  impegnasse  la  sua  parola  di  conservare  soppiatta  corrisponden- 
za  con  lui,  e  tenerlo  avvisato  delle  mosse  dell'esercito  romano.  Ma  il 
magnanimo  tribuno  rifiuto  costantemenle  Tiiifarae  mercato :  di  che 
il  principe,  il  quale  di  generosila  si  piccava  forte,  1'ebbe  a  dieci  co- 
lanti  in  maggior  concetto.  Laonde  allorche  Pisto  gli  suggeri  di  affi- 
dare  il  picciolo  Tigranate  all'ufEciale  romano,  che  il  nutricasse  in  suo- 
lo  straniero  ,  lungi  dalle  insidie  de'  Maghi ,  il  suo  cuore  paterno  si 
ridesto,  e  piacquegli  il  partito. 

Non  sospetlava  egli  pure  in  ombra  che  Placido  fosse  cristiano , 
perocche  questi  aveva  in  ogni  incontro  dissimulata  la  sua  religione. 
E  certo  se  il  tribuno  prigioniero  si  mostro  debole  in  questo,  non  era 
pero  indegno  di  ogni  compassione.  Al  suo  primo  giugnere  nella  va- 
sta  metropoli  della  Persia,  che  era  a  que'di  Ctesifonte,  il  primo  spet- 
tacolo,  che  gli  si  paro  dinanzi ,  fu  si  fiero  e  truculento  da  crollare 
qualsiasi  fortezza  piu  sicura.  Un  vegliardo  incanutito  nella  corte  , 
servidore  e  nutrizio  del  Re ,  e  pressoche  suo  amico ,  per  nome  Gu- 
sciatazade  l ,  veniva  trascinato  a  lasciare  la  testa  sul  patibolo :  i 
banditori  precedevanlo,  trombando  tra  i  popoli  accorsi  la  sentenza 
reale,  che  condannava  a  morte  quel  vecchio,  perche  oslinato  di  non 
adorare  il  Sole.  Questo  avveniva  un  giovedi  sanlo.  II  venerdi  se- 
guente  fu  tratto  al  cospetto  del  tiranno  il  vescovo  Simeone ,  il  quale 
ebbe  lo  stesso  giorno  mozza  la  tesla ,  e  come  lui  cento  altri  ministri 
dell'altare.  Distruggevansi  le  chiese,  incendiavansa  i  monisleri  delle 


1  E  FUstazade  del  Marlirologio  romano  e  degli  storici  greci :  ma  gli  atti 
autentici  e  antichissimi,  pubblicati  dairAssemani,  gli  danno  il  nome  che  noi 
gli  diamo. 


1TTTO  IL  SEGRETO  299 

sacre  vergini,  i  fedeli  si  vedevan  rivolti  a  tenere  le  sacre  assemblee 
nel  buio  della  nolle  e  fuori  dell'  abilalo.  Placiclo  fu  debole  :  non  oso 
confondersi  coi  fralelli  perseguitati ,  e  yisse  come  pagano  ,  Iranne 
che  giammai  non  piego  le  ginocchia  agl'idoli  vani  della  conlrada. 

Una  lale  cadula,  inescusabile  dinanzi  a  Dio,  e  cagione  di  poi  di 
lante  lagrime  a  lui  slesso  gia  ravvedulo ,  fu  lultavia  dal  benigno  Si- 
gnore  rivolta  a  bene.  Perciocche  Sapore ,  con  lulta  fidanza  avutolo 
a  secrelo  parlamenlo.  —  Romano,  gli  disse ,  la  vita  lua,  non  che  la 
liberla,  e  in  mano  mia;  ma  io  lungi  dal  vendicare  sopra  di  le  le 
lante  vile  de'miei  servi,  mielute  nella  ingiusta  guerra  che  io  sosten- 
go  dai  tuoi,  sono  venuto  in  divisamenlo  di  colmarti  di  favori ,  se  lu 
sei  uomo  di  render tene  degno. 

—  Gran  Re,  rispose  Placido,  i  Romani  li  guerreggiano ,  ne  a  me 
soldato  sta  di  giudicarne  le  ragioni :  ma  quello  che  dire  ti  posso  si 
e,  che  essi  tengono  in  alto  pregio  il  tuo  valore.  Io  oltre  al  valore  ne 
sperimentai  altresila  clemenza  :  pero  in  cosa  che  uom  romano  possa, 
mi  rechero  a  grande  onore  di  ubbidire. 

—  Se  i  Romani  sono  quei  generosi  che  si  millanlano  ,  e  lu  sei 
quale  mi  sembri,  puoi  ubbidirmi.  Ascolta.  Vi  e  un  fanciullo  che  i 
miei  cortigiani,  per  gelosia  di  servirmi ,  metterebbero  a  morte ,  se 
Io  scoprissero :  io  sono  stanco  di  celarlo,  e  mi  risolvo  di  affidarlo  a 
le,  se  mi  giuri  secrelo  inviolabile. 

—  Re  dei  Re,  la  tua  fiducia  mi  commove  di  profonda  riconoscenza; 
e  lu,  permelli  che  il  dica,  bene  la  collocasti.  II  mio  petto  e  sacrario 
inaccessibile  ,  allorche  do  la  mia  promessa.  Ma  dove  potrei  io  na- 
scondere  un  fanciullo,  che  il  Re  di  Persia  non  pu6  celare  ? 

—  Fuori  del  mio  imperio ;  tanto  lungi  che  i  Maghi  nol  possano 
raggiugnere ;  tanto  presso,  che  io  possa  riceverne  frequenti  novelle : 
a  Carri  o  ad  Anliochia :.  scegli. 

—  Dunque  mi  rendi  alia  liberta? 

—  Alia  liberta  senza  dubbio ;  e  il  mio  reale  tesoro  li  e  aperto 
fin  d'ora. 

-  Gran  Re,  possa  lu  esser  felice,  quanto  sei  generoso. 

-  Sai  tu  che  cosa  guadagno  a  le  la  mia  fiducia  ,  a  le  straniero , 
romano,  nemice? 


300  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

—  No,  Re. 

—  II  tuo  rifiuto  di  servirmi  a  danno  della  tua  patria.  Quando  mi 
dicesti :  Ho  giurato  al  inio  principe ,  non  \ioler6  il  sacramento  di 
fedelta  ,  allora  ti  ammirai.  Se  lu  consentivi  li  avrei  ricolmo  di  oro 
e  di  dispregio. 

—  E  giuslo  era. 

—  Or  bene  farai  a  me  1'istesso  sacramento,  che  facesli  al  tuo  Im- 
peratore,  giurami  per  1'istesso  Iddio  per  cui  giurasti  a  lui. 

—  Quale  fedelta  mi  richiedi  ?  pure  di  questa  sola  del  silenzio  su 
cotesto  fatto,  o  altra  ? 

—  Segreto,  solo  segreto  ,  impenetrable  segreto  sull'  origine  di 
questo  fanciullo.  II  crescerai  come  da  te  adottato.  Esso  deve  igno- 
rare  d'onde  egli  sia:  tu  slesso  non  cercarlo.  Lo  giuri? 

Placido  alzo  la  mano  e  disse :  —  Pel  Dio  del  cielo  che  adoro,  per 
cui  giurai  fedella  a  Costantino  augusto  e  a  Costanzo  augusto  suo  fi- 
glio,  giuro  al  Re  dei  Re,  a  Sapore  il  grande,  che  niuno  al  mondo  sapra 
il  segreto,  che  oggi  mi  confidi  —  Sapore  si  tolse  dal  dito  un  anello, 
e  spezzatolo  col  pome  del  pugnale,  ne  die  un  semicerchio  a  Placido, 
Faltro  ritenne  per  se ;  e  aggiunse :  —  Allorche  li  si  presentera  uno 
sconosciuto,  in  abito  di  mercatante,  o  di  mendieo,  o  di  filosofo,  o 
d'altro,  e  ti  porgera  questo  frammento,  e  tu  vedrai  che  combacia 
col  tuo,  ricevi  da  lui  le  mie  ambasciate  e  1'  oro  che  t'  inviero,  e  a 
lui  parimente  a  piena  sicurla  commelti  le  novelle  del  fanciullo.  Cosi 
farai  e  non  allrimenli.  Lo  giuri? 

—  Lo  giuro. 

—  E  alia  lua  morte,  che  il  gran  Sole  tenga  da  te  lontana,  ii  la- 
scerai  tu  erede  delle  ampie  possession!  che  gli  acquisterai  del  mio 
tesoro? 

—  Lo  giuro. 

—  Or  sappi,  che  il  giorno  in  cui  questo  fanciullo  fosse  trovato  in 
Persia  e  riconosciuto,  egli  cadrehbe  tosto  viltima  dell'  odio  dei  Ma- 
ghi :  io  slesso  nol  potrei  salvare.  Le  ragioni  del  regno  sono  ineso- 
rabili.  Che  anzi  se  lu  Iradissi  il  secreto  ai  Romani,  1'ira  mia  li  rag- 
giugnerebbe,  quand'anche  salissi  in  cielo  o  li  profondassi  nell'  abis- 
so.  La  mano  di  Sapore  e  lunga,  e  ferisce  sino  agli  ullimi  confini 
della  terra. 


TUTTO  IL  SEGRETO  301 

—  Re  del  Re,  superfltia  e  la  minaccia.  Parola  giurata  di  Placido, 
e  basta. 

-  Parola  di  Re,  disse  Sapore. 

Con  tale  accordo  partissi  Placido  da  corte.  In  pochi  giorni  si  ebbe 
formata  una  numerosa  famiglia  di  servi  e  di  schiave,  affine  di  me- 
glio  cclare  il  fanciullo.  Ne  riusci  malagevole  a  Pisto  di  persuadere 
la  sventarala  Tecla  di  consegnare  il  bambino  Tigranate :  perciocch& 
la  forza  non  poteva  contrapporre  alia  forza ;  e  oltre  a  cio  le  fece  in- 
tender  che  i  disegni  del  Re  miravano  a  salvare  la  vita  al  fanciullo, 
e  che  in  picciol  tempo  non  gli  fallirebbe  il  destro  di  trafugare  lei 
stessa  e  ricongiugnerla  col  caro  figliuoletto,  in  terra  straniera.  Una 
sola  condizione  essa  interpose,  che  Pisto  seguisse  il  figliuol  suo , 
sino  a  vederlo  adagiato  a  Carri,  e  assicuratosi  cogli  occhi  suoi  delle 
<xmdizioni  delle  persone  e  del  luogo,  e  tornasse  a  riferirlene  le  no- 
yelle.  Pisto  glielo  promise. 

II  tribuno,  siccome  aveva  giurato  al  Re,  cosi  ogni  cosa  santamen- 
te  osservo.  Tolse  casa  a  Carri,  grande  cilia  romana,  e  mando  correr 
voce  il  fanciulletto  essergli  nato  in  Persia,  dove  la  madre  era  morta. 
Vero  e  che  morta  non  era  la  infelice  madre  di  Tigranate,  ma  mena- 
va  una  vita  peggior  d'ogni  morle.  Perciocche  come  si  vide  separata 
dal  caro  pegno  delle  sue  viscere,  sola  co'suoi  dolorosi  pensieri  gior- 
no  e  nolle,  si  trovo  inabissala  in  si  profonda  malinconia,  che  se  la 
rassegnazione  alia  divina  Provvidenza  non  T  avesse  soslenula,  ella 
perdevane  senza  folio  la  ragione  della  mente.  Ritorno  alia  fine  a 
confortarla  il  buon  Pisto,  che  la  rassicuro  del  figliuolo  giunto  a  sal- 
vamento  in  Carri,  dove  Placido  tenevalo  a  grande  cura  custodito,  e 
d'ogni  agio  fornito  piu  come  principe,  che  come  privalo. 

—  E  cotesto  e  poco,  e  nulla,  sclamava  la  principessa  cristiana; 
fmche  io  nol  sapro  battezzato  non  avra  conforto  il  mio  cuore.  Ah, 
me  sconsigliata !  ch'io  non  dovevo  a  niun  patto  affidarlo  a  mano  al- 
trui !  meglio  era  ch'io  ii  vedessi  morire  tra  le  mie  braccia  crisliano, 
che  non  saperlo  vivo  elielo,  mainfedele.  Or  chi  mi  assicura  ch'egli 
non  perda  il  trono  del  cielo,  come  gia  perdelle  quello  della  terra? 

—  Che  dubiti,  Regina?  Placido  e  cristiano  siccome  noi. 

—  Ti  promise  egli  che  il  fara  baltezzare  a  suo  tempo  ? 


302  TIGRANATE  BACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

—  Promessa  non  ne  chiesi,  poiche  egli  non  usa  alle  nostre  as- 
semblee. 

—  Or  com'e  cristiano? 

—  Parla  siccome"  cristiano,  in  tutto  il  suo  palagio  non  v'e  ombra 
di  superstizione  idolatra,  fa  il  segno  della  croce  sulle  vivande,  e 
tiene  nelle  sue  stanze  il  buon  Pastore,  dinanzi  al  quale,  cred'  io,  fa 
le  sue  divozioni  in  secreto.  Non  puo  essere  altro  che  cristiano  nel 
suo  cuore. 

Se  colali  desiderate  novelle  disacerbavano  in  parte  la  crudeje 
piaga  del  cuore  materno  e  cristiano,  non  era  pero  che  la  misera 
principessa  si  desse  pace  e  consolazione.  La  ricordanza  e  il  deside- 
rio  dell'unico  figliuolo  struggevanla  a  ciascun'ora  d'inestimabili  pas- 
sioni.  II  perche  non  rifiniva  di  slringere  Pisto,  che  dovesse  trovar 
via  e  verso  di  levarla  di  cola  e  condurla  presso  il  suo  figlio,  dov'  el- 
la  trasfigurata  in  ancella ,  se  fosse  neeessario,  voleva  accertarsi  di 
vederlo  crescere  nella  religione  di  Gesu  Cristo.  Si  aggiugneva  a 
questo  che  il  paese  dov'ella  gemeva  in  cattivita,  andava  di  que'gior- 
ni  lulto  a  ferro  e  fuoco :  perche  i  Maghi  non  meltendo  piu  freno  al 
loro  furore  contro  i  crisliani ,  battevano  le  campagne  e  le  ville  in 
traccia  di  essi,  e  ogni  di  ne  traevano  le  intere  famiglie  alia  carnefi- 
cina.  La  Regina,  rivale  della  ripudiata,  che  avrebbe  forse  potuto 
ammansare  il  regio  sposo,  riusciva  invece  la  piu  spietata  istigatrice 
della  persecuzione,  e  si  deliziava  alia  vista  dei  supplizii  delle  donne 
cristiane.  Guai  alia  svenlurata  prigioniera,  se  tra  tali  orrori,  la  Rei- 
na  fosse  giunta  a  penetrare  ch'  ella  lultavia  viveva :  non  avrebbe 
dato  tregua  al  marito,  sino  a  ottenere  che  tolta  fosse  a  lei  la  vita  e 
a  se  la  spina  d'una  rivale. 

D'  altra  parte  accorgevasi  Tecla  che  la  guardia  del  castello  non 
esercitavasi  piu  cosi  rigorosa  come  da  principio.  Conosceva  1'animo 
del  Re,  che  dove  non  fosse  stato  da  altri  adizzato  con  quelle  sacrile- 
ghe  superslizioni,  non  avrebbe  giammai  incrudelito  contro  di  essa: 
e  ricordava,  come  egli  aveva  giubilato  secrelamente,  allorche  gli  fu 
riferita  la  fuga  di  Ormisda  fuori  del  regno.  II  trafugamento  stesso 
di  Tigranate,  operato  da  lui,  era  in  certa  guisa  malleveria  che  esso 
non  si  darebbe  troppa  briga  di  mandarla  inseguire,  se  ella  di  per  s& 


TUT10  IL  SEGRETO  303 

cercasse  il  suo  scampo.  Si  risolvette  adunque  di  porre  mano  all'  im- 
presa.  Fosse  pertanto  connivenza  del  castellano,  ordinata  dal  Re,  fos- 
se incuria,  fosse  sorpresa,  il  fatto  le  riusci  a  maraviglia,  quanto  ai 
calarsi  di  nolle  per  un  muco  nei  giardini  di  solto.  Non  cosi  il  rima- 
nente  del  disegno.  Dovette  errare  lungamente  per  luoghi  forest!  e 
fuor  di  mano,  traversar  lande  ingspitali,  trascorrere  nottetempo  sel- 
ve  paurose  di  belve  feroci,  affondarsi  tra  burroni,  guadare  torrent! 
sempre  in  forse  della  vita,  sempre  dubitando  il  mattino  della  sera, 
e  la  sera  della  diinane:  e  cio  per  piu  mesi,  senz'altro  provvedimen- 
to  die  i  panni  di  dosso,  e  il  cibo  accattato  a'  casolari  dei  pastorL 
Pisto,  che  in  quella  distretla  era  1'  unico  suo  sostegno,  servivale  di 
guida  e  di  servo :  egli  prendeva  lingua  delle  contrade  e  delle  vie , 
ammanniva  il  mangiare,  la  nolle  le  inlrecciava  di  frasche  un  po'  di 
capanno,  e  soprattutto  sforzavasi  di  darle  conforto  con  sante  parole 
attinle  ai  libri  divini,  e  con  ragionarle  della  divina  Provvidenza,  che 
assisle  invisibile  compagna  ai  passi  del  giuslo.  Piu  volte  la  vide  ve- 
nir  meno  di  sfinimento  e  di  disagio;  e  temette  di  non  averle  a  dare 
il  comandamento  dell'anima  sopra  un  sasso  o  tra  gli  orrori  di  una 
caverna. 

Pur,  come  piacque  aDio,  la  fuggiasca  principessa  giunse  a  var- 
care  1'Eufrate,  e  dopo  lungo  e  disastroso  pellegrinare  vide  aprirsi 
dinanzi  la  casa  ospitale  e  sicura  del  buon  Placido  in  Carri.  Se  non 
che  quasi  uno  stesso  fu  il  termine  del  viaggio  e  della  vita.  Invano  il 
pieloso  tribuno  le  profuse  lutti  i  soccorsi,  che  la  carita  crisliana  e  il 
rispelto  di  una  grande  e  gloriosa  e  immeritata  sventura  gli  consiglia- 
vano :  la  infelice  madre  non  gode  che  una  settimana  la  gioia  di  ab- 
bracciare  il  suo  piccolo  Tigranate,  e  di  vederlo  fmalmenle  sicuro 
dagli  artigli  de'  suoi  crudeli  nemici. 

In  sull'ultim'ora  chiamo  a  se  Placido  e  si  fece  molte  volte  promet- 
tere  che  il  iigliuolo  suo  non  sarebbe  ricondotlo  in  Persia,  ne  per- 
siano  alcuno,  che  fosse  infedele,  lasciatogli  accostare  giammai.  II 
fanciullo  toccava  allora  de'  sett'  anni,  e  secondo  T  uso  comunissinio 
d'allora,  non  era  peranco  battezzato  :  ma  la  pia  donna  moribonda, 
dopo  aver  pregato  lungamente  per  lui,  lo  fece  accostare  alia  sponda 
del  letto,  lo  abbraccio  e  gli  pose  sul  capo  un  piccolo  volume  dei 


304  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

santi  vangeli  e  prego :  —  Meglio  assai  per  te,  figliuolo  mio,  questa 
corona,  che  ogni  altra  di  quaggiu.  Faccialddio  ch'io  ti  vegga  renel 
cielo,  anzi  che  sulla  terra,  dove  tutto  .e  vanita  e  ingiuslizia  e  dolore. 
Signore  della  misericordia  e  unico  amatore  degli  afflilli,  ascolta  1'e- 
stremo,  il  piu  acceso  voto  d'una  sposa  reietta  dal  talamo,  d'una  Re- 
gina  raminga  per  serbarti  fede.  No* non  rimpiango  la  passata  gran- 
dezza ,  che  e  cenere  e  verme :  solo  ti  priego ,  cio  che  lu  vuoi  ch'  io 
prieghi,  fa  che  su  questo  capo  amato  scenda  un  giorno  il  santo  bal- 
tesimo.  —  E  in  quesle  parole  rendette  1'anirna. 

Placido  non  rimase  lungamente  a  Garri,  perciocche  la  guerra, 
riaccesa  quasi  ogni  nuovo  anno  tra  la  Persia  e  1'Impero,  rendeva  mal 
sicuro  quel  luogo  di  confine :  ecosl  fu  tramutatoadAntiochia,  donde 
non  era  guari  piu  difficile  il  commercio  delle  ambasciate  col  re  Sa- 
pore,  per  cagione  del  gran  numero  de'  trafficanti  foreslieri,  che  yi 
affluivano. 

Tale  era  la  storia  arcana  dell'infanzia  di  Tigranate,  la  quale  egli 
udi  la  prima  volla,  con  cento  altri  particolari,  dalla  bocca  di  Pisto, 
dopo  che  Placido  nel  delirio  glie  n'ebbe  aperli  i  primi  cenni.  Allora 
comprese  chiaramente  le  parole  tronche,  che  dapprima  apparivangli 
si  misteriose:  ene'  giorniche  quegli  sopravvisse,  quasi  sempre  va- 
neggiando  su  questo,  egli  ebbe  la  piena  confermazione  di  quanto 
gli  diceva  lo  schiavo.  Ma  schiavo  gia  piu  non  era  Pisto,  perche,  ol- 
treche  il  testamento  lo  francava  in  faccia  al  pubblico,  Tigranate  nol 
teneva  in  con  to  d'altro  che  d'impareggiabile  amico,  cui  andava  de- 
Mlore  della  stessa  vita.  Ne  meno  egli  sentiva  di  riconoscenza  verso 
il  suo  padre  adottivo,  il  quale  1'aveva  in  ogni  tempo  accarezzato  e 
amalo  qual  vero  padre:  e  dolevasi  di  uon  polergli  parlare  della  sua 
gratitudine  e  moslrargliela  a  fatli,  com' egli  aveva  lungamente  meri- 
tato.  Piu  manifesta  altresi  comprendeva  la  ragione  del  tanlo  ramma- 
ricare,  di  non  averlo  prima  d'ora  istradato  al  cristianesimo.  Ma  la 
tema  di  ridestare  i  suoi  rimorsi,  se  avesse  falto  segno  di  aver  pene- 
trato  il  fatale  segreto,  lo  persuase  a  lasciarlo  partire  di  questa  vita, 
colla  coscienza  sicura  di  avere  fedelmente  osservalo  il  giuramento 
di  Persia:  solo,  per  maggiore  consolazione  di  lui,  ne'  lucidi  inter- 
valli,  il  veniva  rassicurando  ch'egli  pensava  seriamente  di  entrare 
nel  catecumenato. 


TUTTO  IL  SEGRETO  305 

Se  non  che,  quand'  egli  trovavasi  solo ,  la  Persia,  Ctesifonte,  Sa- 
pore  gli  ardevano  present!  continuamente  al  pensiero,  e  la  vile  per- 
secuzione  della  madre,  e  la  forluna  reale  che  gli  spettava,  per  dirillo 
di  sangue  che  gli  scorreva  nelle  vene.  Non  e  a  dire  se  infiniti  e 
vorticosi  disegni  gli  tenessero  di  e  notte  1'  animo  in  tempesta.  Fug- 
gito  il  sonno  dagli  occhi  suoi ,  jquando  veniva  a  conversazione  con 
altri ,  durava  fatica  grande  a  raltrappare  la  mente  al  discorso,  e  ri- 
spondere  a  proposito.  —  Andro  io  in  Persia,  tentero  lariscossa  della 
mia  corona?  Ma  e  chi  osera  pure  meco  affiatarsi,  se  regna  mio  padre, 
che  riconoscere  non  mi  vuole,  ne  puo?  Affrontera  egli  per  me  la  setta 
oltrepotente  dei  Maghi ,  che  migiudico  a  morte,  e  da  cui  esso  rico- 
nosce  lo  scettro?  E  volesse,  mi  abbassero  io,  contro  coscienza,  a 
bruciare  incenso  al  loro  Sole  ?  —  Oui  Tigranate  tilubava  un  istante, 
parendogli  ehe  fosse  una  lustra  innocenle,  poiche  il  cuore  non  con- 
sentiva :  ma  tosto  le  parole  magnanime,  riferitegli,  della  principessa 
sua  madre,  il  ripungevano  di  nobile  rimorso  e  di  eroica  emulazione. 
—  Quell'  anima  eccelsa  non  cedeva :  essa  mirava  al  diadema  del  cie- 
lo.  Ah  se  quello  mi  attende ,  bella  e  ogni  iattura...  Or  non  potrei 
presentarmi  a  Coslanzo,  e  dichiarargli  i  miei  diritti?  Mi  dia  alcune 
legioni,  ed  io  varco  1'  Eufrate,  fo  popolo,  marcio  sopra  Ctesifonte... 
E  qual  pro  d'un  delitto?  Costantino  non  valse  a  rimettere  in  trono 
Ormisda  mio  zio ,  e  successore  legittimo ,  quando  il  soglio  era  occu- 
pato  da  un  re  fanciullo;  e  Costanzo  potra  meglio  a  favor  mio?  E 
non  vorra  il  codardo.  Forse  Giuliano,  se  ascendesse  all'  impero,  al- 
cuna  cosa  oserebbe  per  me.  Chi  sa?  Vedremo  che  risponde  il  Pon- 
tefice  della  Luna....  Stolto!  lascereimi  forse  indurre  a  prestar  fede  a 
tali  ciurmerie?  E  tulto  il  mondo  cospirasse  a  chiamarmi  al  regno , 
vorrei  io  regnare  a  danno  del  padre  mio?  Oh  s'  io  fossi  sicuro  della 
corona  del  cielo ,  lasciatami  per  unico  retaggio  dalla  mia  madre ! 
tulto  e  qui....  Almeno  io  voglio  adorare  la  sua  tomba.  A  Carri,  vo- 
liamo  a  Carri,  si  parta.... 

In  cotali  pensieri ,  o  piuttosto  vaneggiamenli ,  assorbivansi  le  ore 

di  Tigranate:  e  da  questi  venue  a  riscuoterlo  il  flebile  canto  d'un 

salmo,  recitato  a  coro  nella  sala  dove  luttora  giaceva  la  spoglia  esa- 

mme  di  Placido.  I  divoti  fratelli  della  compagnia  della  misericor- 

Serie  Y7.  vol.  II,  fasc.  363.  20  24  Aprile  1865. 


306  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

dia  J,  copiati  dicevansi  allora,  avevano  vegliato  inpreghiera  accan- 
to  al  feretro,  ed  ora  di  buon  mattino,  essendo  giunta  la  cbieresia  per 
levare  il  cadavere,  e  recarnelo  alia  chiesa ,  si  rinnovava  il  lugubre 
salmeggiamento.  Tigranate  ebbe  in  disparte  il  sacerdote  Paulino,  e 
gli  disse,  essere  suo  intendimento,  che  si  ergesse  sepolcro  splendi- 
do  al  padre  suo :  pero,  com'  egli  doveva  allonlanarsi  per  assai  tem- 
po da  Antiochia  ,  pregavalo  di  I6rre  sopra  di  se  ili  pensiero,  ordi- 
nasse  ogni  cosa  secondo  1'  uso  cristiano,  che  egli,  innanzi  di  parlire 
lascerebbegli  di  che  sopperire  al  dispendio ,  e  alcuna  cosa  altresi 
per  la  chiesa.  —  Figliuolo,  rispose  il  sacerdote,  pio  e  santo  e  il  tuo 
divisamento :  ma  quanto  al  tumulo  non  e  uso  de'  cristiani  di  sfog- 
giare  in  marmi  o  in  bronzi  mortuarii :  coslumano  essi  piultosto  di 
largheggiare  a  pro  de'  poverelli  e  delle  vedove  derelitte ;  e  coleslo 
crediamo  noi  fermamente  giovi  a  refrigerio  delle  anime  trapassate. 
Pero  se  ti  place  di  assecondare  le  intenzioni  del  padre  tuo,  sii  pago 
d'  innalzargli  onorevole  si,  ma  modesta  memoria.  Quanto  alia  limo- 
sina,  rimetiila  alle  mani  di  Publia  e  di  Antusa  :  esse  nel  distri- 
buirle  le  fioriranno  di  carita  e  di  preghiere  viepiii  valevoli  a  suf- 
fragio,  e  piu  gradite  all'  anima  del  defunlo.  —  Tigranate  non  inlese 
interamente  il  senso  e  la  ragione  di  cotali  parole  :  pure  si  acconcio 
di  buon  grado  all'  avviso  del  sacerdote ;  ed  entro  nella  sala  di  lutto 
a  dare  1'  ultimo  addio  al  cadavere  del  suo  non  piu  padre,  ma  sem- 
pre  venerato  benefattore. 

Fino  a  quel  di  Tigranate  non  aveva  mai  contemplato  di  proposito 
le  cerimonie  funerarie  dei  cristiani,  e  sentivasi  commuovere  profon- 
damente  alia  vista  di  quella  meslizia  sincera,  ma  temperata  e  digni- 
tosa  dei  fratelli,  che  cantavano  a  Dio,  implorando  requie  allo  spirito 
immortale.  II  corpo,  invollo  in  bianco  lino  e  disleso  in  una  bara,  fu 
levato  in  ispalla  dai  copiati.  Quindi  nella 'piazza  e  lungo  la  slradasi 
esplico  la  processione,  ciascuno  recando  in  mano  una  candela  ac- 
cesa,  e  allernando  schiera  con  schiera  la  solenne  cantilena  dei  salmi. 
Antusa,  anch'essa  col  cero  ardente,  seguitava  passo  passo  la  bara, 
e  giunta  alia  chiesa,  lascio  che  la  comitiva  entrasse,  ed  essa  rimase 

1  Nome  recente,  cosa  antica. 


TUTTO  IL  SEGRETO  307 

nel  nartece,  ossia  nel  vestibolo  dinanzi  all'ingresso.  Quivi  buon  nu- 
mero  di  poveri  era  gia  adunato,  in  atlesa  delle  larghezze  usate  in 
tal  congiuntura  dalle  famiglie  del  ricchi.  E  la  santa  matrona,  arnica 
veramente  cristiana  di  Placido ,  prese  a  fame  la  rassegna,  distri- 
buendo  a  ciascheduno  qualche  moneta  :  e  ancora  nulla  sapeva  della 
intenzione  di  Tigranate,  ma  donava  del  suo.  Di  che  questi  maravi- 
gliando,  trasse  avanti,  e  :  —  Amici,  disse ,  alia  casa  del  raorto  vi 
sara  distribuzione  copiosa  per  lutti  questa  sera.  Pregate  il  Cristo 
per  lui.... 

—  E  il  suo  figlio  ,  si  mormoro  nella  turba ;  Iddio  faccia  bene  a 
te,  e  dia  riposo  all'  anima  di  tuo  padre.  — 

Quelli  entrarono  nella  basilica ,  per  assistere  alia  Messa  del  mor- 
torio,  e  Tigranale  tornossi  a  casa,  seco  stesso  deliberando  di  spac- 
ciarsi  quanto  prima  del  negozio  commessogli  da  Giuliano,  per  tro- 
Tarsi  libero  dipoi  ai  mum  disegni,  che  ancor  non  ben  certi  ne  divi- 
sali,  pure  cosi  in  confuso ,  tumultuavangli  in  mente  e  il  rapivano 
verso  la  Persia  irresistibilmente. 


LO  SPIRITISMO 

NEL  MONDO  MODERNO  * 


XXXIII. 

/ 

Origine  delle  due  ipotesi  fluidiche. 

Una  spiegazione  del  fenomeni  mesmeric!  bisognava  darla,  poiche 
i  falti  erano  indubitati.  L'unica  veramenle  plausibile  o  non  si  vede- 
va,  perche  tutlo  era  a  quei  di  naiura  e  forze  fisiche,  o  non  piaceva, 
perche  contrariava  quella  miscredenza  die  era  alia  moda.  Convenne 
adunque  lorlurare  il  cervello  per  idearne  qualcuna,  che  appagasse  la 
curiosita  del  pubblico.  Fosse  pure  essa  esposla  a  cader  presto  dinan- 
zi  alia  mentila  dei  fatti  nuovi  non  preveduti ,  o  dei  vecchi  meglio  esa- 
minati ,  poco  importava :  poiche  v'  era  ii  ripiego  di  sostituirvene 
un'  altra ,  la  quale  potesse  per  qualche  tempo  occupare  1'  altenzione 
delle  persone,  e  allontanarle  dal  pericolo  di  scoprire  la  verita.  Cosi 
procedendo  di  spiegazione  in  ispiegazione ,  e  d'  ipotesi  in  ipotesi  si 
lascio  radicare  1'opinione,  che  il  mesmerismo  potesse  infine  essere 
assolulo  <T  ogni  sospelto  di  origine  misleriosa  e  maligna;  e  che  di 
piii  fosse  ancora  possibile  di-  spiegarlo  con  le  leggi  naturali ,  e  di 
subordinarlo  alle  cause  fisiche,  o  fossero  quesle  di  gia  coriosciute,  o 
si  dovessero  novamente  scoprire.  Cosi  procedendo  si  ebbe  una  serie 

1  Yedi  il  vol.  I  della  Serie  VI,  pag.  552  e  segg. 


LO  SPIRITISMO  NEL  MONDO  MODERNO  ,         309 

<T  ipotesi,  piu  o  meno  ingegnose,  piii  o  meno  arrischiate,  di  cur  cia- 
scuna  ha  il  vanto  di  avere  per  qualche  poco  di  tempo  intrattenuto  il 
mondo ,  e  ciascuna  altresi  la  vergogna  d'essere  stata  abbandonata 
come  o  insufficiente  o  assurda.  Noi  le  andiamo  svolgendo,  non  secon- 
do  1'ordine  della  loro  successione  temporaria,  ma  secondo  quello  del- 
la  loro  importanza  filosofica.  Cosi  ponemmo  in  primo  luogo  1'  ipotesi 
spontanea ,  che  diceva  allucinati  lulti  coloro  che  si  facessero  mes- 
merizzare  :  essa  e  infatti,  se  non  la  piu  spontanea  almeno  la  piu  in- 
genua  di  lutte.  La  seconda  ipotesi  da  noi  rifmlata  fu  la  meccanica, 
che  fa  derivare  dall'  urto  inateriale  dei  corpi  ogni  loro  movirnento 
mesmerico,  e  piutlosto  che  semplice  puo  dirsi  inconcludenle.  Venia- 
mo  ora  a  due  allre  ipolesi,  le  quali  hanno  piu  apparenza  di  ragione- 
volezza  e  piu  apparato  di  scienza ;  ed  entrambe  partono  da  un  me- 
desimo  punto ,  sebbene  poi  nel  cammino  divariino  e  giungano  a 
termini  disparatissimi. 

II  fondamenlo  comune  a  quesle  due  ipotesi  differenti  e  posto  nella 
possibilila  specolativa  di  trovare  una  cagione,  proporzionala  agli  ef- 
fetti  che  voglionsi  spiegare.  Colesta  possibilila  si  dimoslra,  nella  costo- 
ro  sentenza,  con  assai  facile  ragionamenlo.  Esso  cosi  precede.  V'ha 
nella  nalura  cagioiii  che  producono  separatamenle  ciascuno  degli  ef- 
fetti,  che  trovansi  riunili  insieme  nel  mesmerismo.  L'  oppio  assopi- 
sce  ed  addormenta :  1'amileno  estingue  le  facolta  sensitive:  alcuni 
veleni  generano  convulsioni ,  altri  inlorpidiscono  le  membra ,  altri 
ravvivano  le  sensazioni,  e  cosi  puo  la  farmacologia  assegnare  per  cia- 
scun  falto,  che  nei  magnelizzati  si  osserva ,  una  sostanza  capace  di 
provocarlo.  Or  se  cio  e,  come  ei  par  certissimo,  perche  non  potranno 
tutli  questi  effetti  venire  complessivamente  prodotti  da  una  causa 
unica  ,  la  quale  contenga  in  se  sola  le  virtu  che  separatamente  si 
trovano  in  quelle  varie  sostanze  ?  Ne  questa  causa  unica  e  universa- 
le  e  difficile  a  ritrovare ;  poiche  ora  le  scienze  sperimentali  concor- 
dano  in  attribuire  tutti  i  fenomeni  fisici  che  si  osservano  nella  natura 
ad  un  fluido  unico,  nel  suo  essere  sottilissimo,  nella  sua  diffusione 
universalmente  sparso,  che  penetra  lutti  i  corpi,  che  tutli  li  circonda 
ed  investe.  Siccome  prima  di  scoprire  il  fluido  elettrico  e  le  leggi 
della  sua  azione  ,  ad  ogni  fenomeno  parziale  si  assegnava  una  spe- 


310  LO  SPIPJTISMO 

dale  caglone;  e  1'  aderire  delle  pagliuzze  fu  delta  qualita  esclusi- 
va  dell'  ambra  ,  e  il  volgersi  verso  il  polo  privilegio  della  pietra  ca- 
lamita;  e  cosi  via  via:  ma  quando  quel  fluido  fa  veduto  e  quelle  leggi 
stabilite,  tutti  quei  fenomeni  diversi  si  unificarono  sotlo  un  agente  uni- 
co  ed  universale ;  cosi  e  non  altrimenti  puo  avvenire  nel  caso  nostro. 
L' agente  universale  di  tutti  quesli  effetli  puo  essere  un  cotal  fluido, 
il  quale  contenga  in  se  le  virtu  di  quei  corpi,  che  solo  perche  capaci 
di  atluarle  diversamente  nell'  opera  ne  furono  fin  qua  creduti  ge- 
neratori.  E  questo  procedimento  e  proprio  della  nalura,  la  quale 
ama  la  semplicila,  e  con  piccioli  mezzi  ottiene  grandi  effetti. 

Ma  qual  sara  esso  queslo  fluido  cosi  virtuoso  e  cosi  possente  ? 
Qui  si  separano  coloro,  che  fin  qua  procedettero  uniti  e  concordi. 
Poicke  gli  uni ,  parte  amando  di  reggersi  sopra  base  piu  solida,  parte 
attirati  dalle  maraviglie  che  vedevano  prodursi  sempre  maggiori 
dalle  applicazioni  deirelettricita  minerale,  a  questa  senz'altro  ricor- 
sero,  come  alia  cagione  sufficientissima  dei  fenomeni  mesmerici,  e  li 
dissero  per  conseguente  generati  tutli  dal  fluido  eletlrico.  Gli  altri 
per  converse,  ed  erano  per  lo  piu  medici  di  professions,  essendo  tul- 
ti  applicati  allo  studio  dell'  elettricita  animale ,  ed  osservando  eerie 
leggi  in  questa,  che  in  quella  venivano  meno,  ad  essa  s'atlennero,  e 
definirono  che  il  mesmerismo  non  era  che  il  complesso  dei  fenomeni 
generati  dal  magnelismo  animale.  Ecco  dunque  due  imove  ipolesi , 
che  dobbiamo  ora  disculere :  le  quali  per  quanlo  collimino  nel  prin- 
cipio  generate  che  le  genera ,  per  allreltanto  si  diversificano  nello 
speciale  loro  svolgimento.  Per  piu  chiarezza  chiameremo  la  prima 
ipotesi  elettrica,  la  seconda  ipotesi  zoomagnelica. 

XXXIV. 

Vizio  di  una  tale  origine. 

Ma  innanzi  di  favellaro  parlitamente  di  ciascuna  d'esse,  e  da  porre 
In  esame  il  fondamento  generale  di  ambedue.  Queslo  fondamento, 
ridotlo  in  brevi  termini ,  abbraccia  due  asserzioni.  La  prima  e 
storica ,  ed  asserisce  che  nel  giro  degli  agenti  fisici  puo  facilmenle 


NEL  3IONDO  MODERNO  311 

trovarsi  nella  natura  uno  che  corrisponda  a  ciascuno  dei  fenomeni 
raesmerici.  L'  altra  e  ipotetica ,  ed  e  che  puo  e  dee  trovarsi  un 
agente  fisico  ,  die  abbia  in  se  solo  tulte  le  virtu ,  sparse  individual- 
menle  negli  altri.  Se  1'una  o  1'altra  di  queste  due  proposizioni  fosse 
falsa,  ne  seguiterebbe  la  falsita  di  tutto  il  fondamento,  sul  quale  per 
conseguenza  nulla  piu  potrebbe  appoggiarsi.  Ora,  per  mala  fortuna 
degli  specolatori  che  vi  si  vollero  altenere,  si  1'una  come  1'altra  pro- 
posizione  e  assolutamente  falsa. 

E  falso  ,  in  primo  luogo ,  che  nei  fenomeni  mesmerici  non  vi  sia 
veruno,  al  quale,  preso  isolatamente ,  non  corrisponda  una  cagione 
fisica,  un  agenle  naturale.  Cio  e  vero  di  alcuni,  o,  se  vuolsi,  ancora 
di  molti :  ma  molli  'pure  ve  ne  sono,  ai  quali  non  puo  assegnarsi  que- 
sta  nalurale  cagione.  Ad  alcuni ,  in  effelto  ,  non  puo  assicurarsi  tal 
cagione,  perche  vi  ripugna  la  loro  natura  intrinseca.  E  da  qual  forza 
naturale  puo ,  a  cagion  di  esempio  ,  derivarsi  il  parlare  ex  abrupto 
lingue  ignote,  ne  mai  piu  udile,  non  che  apprese?  Qual  .cagione  as- 
segnarsi al  conoscere ,  quasi  si  fosse  presenle ,  gli  avvenimenti  di 
regioni  remotissime?  Qual  cagione  all'  indovinare  ,  cosi  appunlino, 
gl'  interni  e  secretissimi  pensieri  allrui  ?  Qual  cagione  alle  scritture 
tracciate  da  una  matita ,  chiusa  lutto  sola  in  un  semplicissimo  bos- 
soletto  ?  Qual  cagione  ai  suoni  che  si  producono  neli'  aria ,  quando 
non  v'.e  nessuno  strumenlo  che  li  possa  generare ,  ne  da  vicino  ne 
da  lontano?  Qual  cagione  a  quella  mano  tronca  e  ghiacciata  che  vi 
si  presenta  la  solto  la  vista ,  e  vi  si  fa  sentire  al  talto  con  quelle 
strelle,  quanto  incomode  altrettanto  abborrite?  Niuna  al  certo  puo 
idearsene  ne  per  questi  fatti,  neper  molti  altri  consimili,  nell'ordine 
degli  agenli  fisici :  e  la  cosa  e  si  manifesta,  che  faremmo  insulto  al 
buon  senso  se  volessimo  tratlenerci  a  dimostrarla. 

Oltre  di  questi,  vi  sono  eziandio  altri  fenomeni,  cui  non  puo  asse- 
gnarsi tal  agente,  per  la  sproporzione  troppo  grande  che  corre  tra  la 
effetto  prodotto  e  la  cagione  produltrice.  Cosi  puo  al  certo  trovarsi 
una  forza  naturale  che  attragga  a  se  i  cor  pi  circostanti :  ma  quando 
il  corpo  attratto  e  fuori  ogni  misura  grande  ,  questa  forza  dovrebbe 
essere  anche  essa  smisurata  ,  e  manifestarsi  per  tale  in  ogni  altro 
accidente  della  sua  azione.  Se  do  non  accade ;  se ,  per  lo  contrario, 


LO  SP1RITISMO 


una  tavola  pesantissima  si  leva  da  se  in  aria  e  aderisce  alia  soffitta, 
mentre  un  trespoletto  dei  piii  leggeri  restasene  tranquillo  al  suo  can- 
luccio,  potro  io  forse  dire  che  sia  1'  attrazione  della  \7olta  che  attiros- 
si  la  tavola  e  rifiuto  il  trespoletto?  Lo  stesso  dicasi  di  mille  altri  casi 
somiglianti,  che  sono  ovvii  ,  come  gia  vedemmo,  nel  mesmerismo, 
e  che  per  la  loro  grandezza  medesima  si  sottraggono  aU'influenza  di 
cause  relalivamenle  debili  ed  esigue. 

Conchiudendo  adunque  diciamo  ,  che  molti  sono  i  fenomeni  mes- 
merici,  ai  quali  ,  anche  presi  alia  spicciolata  ,  non  si  puo  assegnare 
nel  giro  delle  forze  meraraente  fisiche  una  causa  propria  e  naturale. 
La  prima  proposizione  adunque  e  storicamente  falsa.  Ne  la  seconda 
e  men  falsa  nel  suo  rispetto  logico.  Essa  pretende  che  sia  sempre 
possibile  il  trovare  un  agente  unico  ,  che  conlenga  virtualmente  in 
se  solo  le  forze  che  trovansi  spartilamenle  in  molti.  Specolalivamen- 
te  parlando  cio  e  possibile  solamente,  quando  quelle  forze  non  fosse- 
ro  contrarie  fra  loro,  perche  allora  riunite  si  eliderebbero  o  distrug- 
gerebbero  a  vicenda.  II  ghiaccio  aggela  ,  il  fuoco  brucia  .  ecco  due 
attivila  diverse  in  due  corpi  differenti.  Ma  chi  potra  immaginare  un 
terzo  corpo,  che  abbia  le  due  altivita  congiunte  insieme  di  aggelare 
e  di  bruciare  al  tempo  stesso?  Or  cio  appunto  si  avvera  dei  fenome- 
ni mesmerici  ,  molti  dei  quali  hanno  indole  talmenle  contraria  fra  di 
loro,  che  non  possono  partire  da  una  causa  unica  ,  se  questa  e  me- 
ramente  naturale.  Tali  sono  ,  per  citarne  alcuni  ,  1'  insensibilita  e 
r  eccitamento  straordinario  dei  sensi,  la  rigidita  e  1'estrema  mobilita 
delle  membra.  Adunque  anche  se  ciascuno  di  quesli  fenomeni  po- 
tesse  avere  la  sua  causa  naturale  da  se  ,  non  per  questo  potrebbe 
dedursene  che  fosse  possibile  concentrare  tutte  quelle  forze  spartite 
in  un  agente  solo,  che  a  tutte  loro  equivalesse. 

Ma  poniamo  anche  che  tra  i  fenomeni  mesmerici  non  fosse  mai 
contrarieta.  Ne  conseguilerebbe  e  vero  che,  speculativamente  parlan- 
do, possa  esservi  una  cagione  capace  di  produrli  tulti;  ma  non  ne  se- 
guirebbe  che  ,  praticamente  parlando  ,  questa  cagione  esista  nella 
realta  delle  cose  :  giacche  dal  potere  non  si  puo  raai  argomentare 
1'  essere  degli  oggetti  contingent!.  Per  poter  conchiudere  che  vi  sia 
una  causa  cosi  ricca  di  allivita,  bisogna  addurre  pruove  dirette  ed 


NEL  MONDO  MODERNO  313 

efficaci.  Tale  non  e  cerlamenle  quel  naturale  islinto  del  nostro  intel- 
letto,  che  ci  spinge  nello  studio  della  nalura  a  compor  sempre,  per 
giugnere  a  sintesi  ample  ed  efficaci :  poiche  non  si  tralta  come  noi 
possiamo  intellettualmente  aggruppare  i  fatti ,  ma  trattasi  bensi  co- 
me realmenle  quei  fatli  si  trovino  nella  naiura  concatenati.  Tale 
neppure  e  quel  principio  vero  ed  universale  che  la  semplicila,  pro- 
pria  della  nalura  cosi  molteplice  e  varia  nei  fenomeni  esterni,  di- 
jnora  propriamente  n'ella  partita,  anzi  nella  unicita  delle  cause:  poi- 
che quesla  partita  e  in  primo  luogo  relativa  e  non  assolula,  e  devesi 
in  secondo  luogo  non  assumere  a  priori,  ma  dimoslrare  a  posteriori 
nei  varii  casi,  ai  quali  si  voglia  altribuire.  Or  questa  dimostrazione 
a  posteriori"  e  quella  che  manca  nei  caso  nostro,  come  piu  special- 
mente  ci  accingiamo  a  provare ,  entrando  nella  specialita  delle  due 
ipotesi  sopra  indicate.  Per  ora  ci  basti  di  avere  osservalo ,  che  il 
concetto  generatore  di  eutrambe  e  un  concetto  falso,  il  quale ,  lungi 
dail'aggiugnere  dignita  e  forza  alle  illazioni,  che  se  ne  vollero  dedur- 
re,  getta  sopra  loro  tutto  il  sospetto  e  tulta  la  dubbiezza. 

XXXV. 

Si  confula  Pipotesi  eletlrica. 

Nei  volere  indicare  in  ispecie  qual  sia  quella  sostanza  unica,  dotata 
di  tulte  le  forze  che  occorrono  a  produrre  1  fenomeni  mesmerici,  al- 
cuni,  come  i  sigg.  Caupert,  Maupied  e  Charpignon,  si  appigliarono 
alia  elettricita  minerale.  La  principale  dimostrazione  arrecata,  per 
farla  acceltare  come  tale,  e  1'argomento  dell' analogia.  L'  elettricita , 
dicono  essi ,  produce  nei  corpi  inorganici  e  nei  corpi  organici  molti 
effetti ,  somiglianli  a  quelli  che  suol  produrre  il  mesmerismo.  Anzi 
dippiu,  questa  somiglianza  non  si  scorge  soltanto  in  quegli  effetti , 
ma  si  scorge  eziandio  nei  procedimenti  che  si  usano  si  nell'  una  co- 
me nell'altro  per  ottenerli.  Luci,  roteamenti,  scosse,  intorpidimenti, 
insensibilila ,  sono  effelti  ad  ambedue  comuni :  lo  slrofinio  e  per  la 
eletlricila  il  mezzo  di  eccilarla,  come  le  passale  sono  il  mezzo  pel 
mesmerismo.  Non  si  stia  dunque  a  cercar  piu  oltre  una  cagione  che 


314  LO  SPIRITISMO 

ci  sta  si  presso.  Molto  piii  che  sonosene  avuli  indizii  manifest!  in 
parecchi  casi ,  e  soprattulto  in  due  :  nel  sonno  ottenuto  dal  Charpi- 
gnon  per  mezzo  della  pila  di  Volta ,  e  nella  depressione  delle  forze 
conseguita  colle  correnti  elettriche  dal  Remak  e  dal  Becquerel.  Tali 
sono  in  compendio  le  pruove  arrecate  in  favore  dell'  ipotesi  elettrica, 
cui  dobbiamo  ora  tritamente,  sebbene  non  diffusamente,  vagliare. 

In  primo  luogo  noi  abbiam  dritto  di  esigere  da  questa  ipotesi  una 
spiegazione,  almeno  sufficienle,  di  tutti  quanti  i  mesmerici  fenomeni, 
e  non  gia  solamente  di  alcuni.  Or  questo  appunto  e  il  suo  difetto 
principale:  essa  non  puo  neppure  avere  la  pretensione  di  spiegarne 
la  maggior  parte.  Rammentino  i  nostri  lettori  la  enumerazione  che 
noi  facemmo  a  suo  luogo  1  di  tutti  i  fenomeni  mesmerici ;  rammen- 
tino  quei  fatti  piu  cospicui  che  sparsamente  riferimmo  nel  corso 
di  questa  trattazione :  cio  solo  basta  per  convincerli  della  inanita 
di  questa  ipotesi.  Avendo  innanzi  di  se  piu  di  un  ceniinaio  di  acci- 
denti  speciali  da  spiegare,  non  e  gia  una  gran  pruova  di  buon  senso 
il  trascurarne  piu  che  i  nove  decimi,  e  contemplarne  solo  quel 
piccolissirao  numero ,  che  e  capace  di  entrare  nella  slretta  cerchia 
delineatasi.  In  questa  ,  per  dir  yero ,  non  entrario  in  nessun  modo 
quei  fatti  psicologici  che  costituiscono  una  classe  molto  estesa ,  e 
che  formano  la  specialita  caratteristica  di  questi  fenomeni :  non  il 
sonnambulismo  semplice,  nonillucido,  non  Testatico,  conrim- 
mensa  varietal  dei  loro  casi  particolari ;  non  le  manifestazioni  spi- 
ritistiche,  ossieno  per  via  d'  interprelazione,  ossieno  per  via  di 
scrittura,  ossieno  per  via  di  audizione,  ossieno  finalmente  per  via  di 
\isione.  Dei  fatti  fisioloyici  appena  qualcuno  e  posto  tra  i  possibili  a 
spiegarsi  colla  elettricila:  la  piu  gran  parte  e  lasciata  fuori  d'  ogni 
sua  applicazione.  Le  funzioni  sospese,  le  sensazioni  intervertite,  la 
circolazione  interrotta,  il  respiro  cessato,  il  tessuto  cellulare  gonfia- 
to,  le  membra  irrigidite,  e  mille  altri  slravaganti  perturbamenti  del- 
1'organismo  umano  non  possono  per  niun  modo  arrecarsi  alia  forza 
della  eleltricila.  Dei  fatti  fisici  e  dei  meccanici  la  piu  gran  parte  ec- 
cederattivita  dell' elettrico :  come  raprimento  delle  porte  e  degli 

1  Civilta  Gattolwa,  Serie  V,  vol.  XII,  pag.  198  e  segg. 


NEL  MONDO  MODERNO  315 

armadii  chiusi  a  chiave;  lo  spostamento  capriccioso  degli  arnesi  an- 
cor  piu  pesanti,  le  folate  impetuose  di  vento ,  le  soavi  melodie  ar- 
monizzate  nell'ana,  e  cosi  via  via  di  molli  e  molli  allri.  Laonde  non 
puo  riputarsi  ipotesi  alta  a  spiegare  il  mesmerismo  questa  elettrici- 
ta,  alia  cui  efficacia  la  piu  gran  parle  dei  casi  mesmerici  si  sottrae. 
Essa  adunque  e  al  certo  insufficient  per  quel  moltissimo  che  omet- 
te,  quando  anche  fosse  giusla  in  quel  pochissimo  che  ammette. 

Ma  tale  sventuratamente  neppur  e.  Quei  pochi  fatli,  che  essa  pre- 
tende  di  spiegare,  dimostrano  appunto  nei  loro  caratteri  una  origins 
ben  differente  dalla  elettricita.  Noi  intendiamo  di  assodar  bene  que- 
slo  punto,  perche  esso  non  Yale  solamente  a  porre  in  dubbio  questa 
ipotesi,  ma  a  sbandirla  come  assurda.  Or  ecco  il  nostro  ragionamen- 
fo.  Se  il  iluido  elettrico  e  in  sostanza  la  cagione  di  alcuni  almeno 
dei  fenomeni  mesmerici ;  dovra  senza  dubbio  verificarsi  che  in  tali 
fenomeni  sieno  atluate  quelle  leggi  certe  e  costanli ,  che  reggono 
qualsivoglia  altra  operazione  elettrica.  Ma  nei  pochi  fenomeni  mes- 
merici, che  sogliono  citarsi  come  proddtti  dalla  eleltricita ,  nessuna 
di  quelle  leggi  si  avvera.  Adunque  il  iluido  elettrico  non  puo  esser- 
ne  la  cagione. 

La  maggiore  di  questo  ragionamento  e  filosoficamenle  certa.  Le 
cause  naturali  avendo  un  essere  ristretto  in  quanto  all'  entita  loro,  ai 
tempo,  allo  spazio ;  hanno  Toperazione  ugualmente  ristrelta  e  tra'  me- 
desimi  conflni  circoscrilta.  Questa  restrizione  dell'  operare  e  quella 
che  ne  constituisce  le  leggi,  le  quail  possono  in  certa  guisa  chiamarsi 
i  confini  dell'operazione.  Oltrepassare  questi  confini  val  quanlo  1'ope- 
rare  fuori  la  propria  natura,  cessare  di  essere  quello  che  si  era,  per 
assumere  un  essere  rispondente  alia  nuova  maniera  di  operare.  Laon- 
de una  volla  che  si  sia  con  certi  indizii  scoverta  la  legge  propria  di 
un  agente  fisico,  questa  legge  dovra  trovarsi  altuala  sempre  in  ogni 
atto  che  da  esso  derivi.  E  quindi  per  lo  contrario,  ove  si  scorgesse  ma- 
nifestamente  contraddetta,  deve  inferirsene  che  non  da  quello  stesso 
agente  quell'  atto  si  origina,  ma  da  agenle  diverse.  E  questo  difatli 
e  il  criterio  pralico  di  quanti  studiano  nei  fenomeni  della  natura,  per 
iscoprirne  le  cagioni :  osservare  quali  leggi  le  governino,  perche  dal- 
la diversita  delle  leggi  possano  arguire  la  diversita  delle  cause. 


316  10  SPIRITISMO 

Or  le  leggi  che  governano  la  elettricita,  lungi  dallo  scorgersi  at- 
luate  nei  fenomeni  mesmerici,  si  veggono  anzi  sempre  da  loro  con- 
traddelte.  Questa  era  la  minore  del  nostro  sillogismo,  ed  essa  si  di- 
mostra  con  tutta  la  evidenza,  percorrendo  singolarmente  queste  leggi. 

Le  leggi  fondamentali  delle  azioni  elettriche  si  riducono  a  due, 
comprese  dal  Coulomb  in  una  sola  formola.  Essa  annuncia  che:  «  Le 
attrazioni  e  le  ripulsioni  elettriche  stanno  in  ragione  composta  della 
quantita  del  tluido,  ed  in  ragione  inversa  del  quadrato  delle  distan- 
ze ».  Per  la  prima  parte  di  questa  legge  dovrebbe  avverarsi  che  in 
tutte  le  operazioni  mesmeriche,  quanto  e  maggiore  il  fluido ,  che  il 
magnetizzatore  partecipa  al  magnelizzato,  tanto  debba  essere  piu 
grande  l'effetlo  che  in  questo  si  produce.  Or  a  cio  contraddicono 
aperlamente  i  molteplici  e  capricciosi  accident!  del  mesmerismo.  Noi 
gia  il  diceramo,  ed  ora  qui  giova  di  ricordarlo.  Spesso,  anzi  spes- 
sissimo  accade  che  per  quanto  sudi,  e  si  agiti,  e  si  sforzi  il  magne- 
tizzatore, nulla  il  paziente  ne  parlecipa,  in  nulla  si  risente.  Talora 
per  lo  conlrario  bastera  un  gesto,  una  parola,  un'occhiata  a  provo- 
care  i  fenomeni  mesmerici  nel  paziente:  anzi  non  di  rado  non  v'  e 
neppur  bisogno  di  quel  geslo,  di  quella  parola  e  di  quell'  occhiata, 
ma  basta  un  semplice  atto  di  volonla :  e  fmalmente  per  colmo  di  con- 
trariela  alcune  volte  la  semplice  presenza  del  magnetizzatore ,  senza 
nessuna  sua  ne  esterna  ne  interna  partecipazione ,  e  stata  acconcia 
a  mesmerizzare  abbondantemente  le  persone.  Egli  e  adunque  troppo 
cliiaro  che,  se  dovessero  attribuirsi  alia  elettricita  questi  fenomeni, 
essi  non  dovrebbero  mai  mancare,  posta  la  causa  sufficiente  dell'  e- 
missione  del  fluido  del  magnetista ;  non  dovrebbero  mai  esservi,  tolta 
di  mezzo  quell'  emissione  del  fluido ;  e  fmalmente  si  rafforzerebbero 
o  si  affievolirebbero  coll'afforzarsi  od  afllevolirsi  di  quella  emissione. 
Adunque  conchiudasi  che  questi  fenomeni  mesmerici  non  possono 
arrecarsi  alia  elettricila,  perche  questa  opera  in  ragione  della  pro- 
pria  quanlita,  e  quelli  non  hanno  a  tal  quantila  nessun  rispetlo. 

Ne  pure  hanno  rispelto  alia  seconda  parte  della  legge  di  Coulomb, 
che  risguarda  le  dislanze.  L'eleltricita  e  talmente  nell'operare  legata 
alia  dislanza ,  che  basta  crescer  questa  del  suo  doppio,  del  suo  tri- 
plo  e  cosi  dipoi ,  per  vedere  ridolta  quella  non  gia  solo  alia  propria 


NEL  MONDO  MODERNO  317 

meta ,  ma  al  quarlo ,  ne  solo  al  proprio  terzo  ma  al  nono,  e  va  di- 
scorrendo,  cio  che  importa  la  ragione  inversa  del  quadrato  delle  di- 
stanze.  Cosicche  allontanando  progressivamenle  un  corpo  da  una 
sorgente  di  elettricila,  in  brevissim'  ora  vedesi  nel  corpo  allontanato 
cessata  ogni  azione  (almeri  sensibile)  di  quella  forza  si  atluosa.  Ora 
puo  egli  dirsi  altrettanto  del  mesmerismo?  In  esso  la  distanza  e  con- 
dizione  indifferentissima,  e  tutti  i  magnetofili  si  accordano  in  questo 
punlo.  Sia  il  soggetto  vicino  e  presenteal  magnetista:  siane  lontano 
di  poco  o  di  mollo  :  abitino  anzi  la  stessa  terra  o  dimorino  in  regio- 
ni  diverse  e  remotissime  ;  e  un  fatto  le  mille  volte  accertato ,  che  i 
magnetizzatori  producono  senza  difficolta  veruna  gli  stessi  effelti  nel 
loro  soggetto.  Adunque  nell' elettricila  la  distanza  e  la  misura  del- 
1'azione ;  nel  mesmerismo  la  distanza  nulla  osta,  nulla  scema,  nulla 
fapilila.  Or  .se  e  cosi,  come  si  potranno  gli  effelti  di  questo  ascrive- 
re  a  quella?  Abbiamo  adunque  tutto  il  diritto  di  rigettare  1'ipotesi 
dell*  elettricita  minerale ;  poiche  le  leggi  di  questa  non  si  corrispon- 
dono  mai  nei  fenomeni  mesmerici. 

XXXVI. 

Si  segue  la  confutazione  dell'ipotesi  elettrica. 

Ma  cio  non  basta  ancora.  Non  solamente  le  leggi  dell'azione  elet- 
trica non  si  avverano  nel  mesmerismo  ,  ma  neppure  vi  si  riscontra 
la  natura  degli  effetti  fisiologici,  che  certamenle  produce  relettricita. 
Questa  osservazione  venne  gia  fatta  dal  ch.  G.  M.  Caroli,  nella  sua 
pregevole  opera  del  Magnetismo  animale  in  ordine  alia  ragione  ed 
alia  rivelazione ;  e  noi  ci  pregiamo  di  riferirla  colle  stesse  sue  pa- 
role in  questo  luogo.  Parlando  egli  adunque  degli  effetti,  che  T  elet- 
tricita produce  invariabilmente  nei  corpi  animali,  che  le  si  soltomet- 
tono,  cosi  ragiona :  «  Niuno  ignora  che  la  qualM  propria'di  tali 
effetti  e  la  scossa ,  V  irritazione ,  il  commovimento  ,  phi  o  men  forte 
secondo  la  maggiore  o  minore  potenza  della  batteria  adoperata  ; 
scossa  che  puo  giungere  per  fino  all'uccisione  del  temerario  esperi- 
mentatore.  Se  il  lettore  pazientemenle-  si  assumesse  di  scorrere  un 
per  uno  tutti  gli  esperimenli  fisiologici ,  che  vennero  colla  elettricil& 
eseguiti  da  moltissimi  scienziati ,  troverebbe  che  tutto  si  riduce  a 


318  LO  SPIRITISMO 

scosse,  a  contrazioni ,  a  irrilamenti ,  a  guizzi ,  a  rapide  e  passeg- 
giere  convulsion!  di  muscoli  e  di  nervi ,  provocale  dal  fluido  elet- 
trico.  Le  quali  cose  ehe  hanno  mai  a  fare  cogli  addormentamenti, 
coisopori,  coi  sonni  del  Magnetismo  animale?  Non  abbiamo  qui 
una  recisa  e  nelta  opposizione  dieffelli?  L'elettricita  (sliamone  cerli) 
scuote  e  sveglia  e  fa  balzare  di  violenza,  ed  anco  uccide :  il  Magne- 
tismo animale  intorpidisce ,  addormenta  e  getla  1'  uomo  in  profondo 
letargo.  Domine !  e  si  vorrebbe  che  il  Magnetismo  animale  non  fosse 
che  effetto  di  eleltrizzazione?  Si  puo  egli  dare  una  piu  ridicola  e  piu 
singolare  dimenlicanza  della  logica  e  del  senso  comune  ?  »  Fin  qui  il 
chiarissimo  autore,  e  con  piena  ragione:  poiche  1'azione  dell'elettri- 
cita  sopra  1'  organismo  animale  si  manifesta  non  gia  nel  dimorare 
che  essa  fa  sopra  le  parli  unite  ed  omogenee  ,  ma  nello  scorrere  e 
passare  dall'una  all'altra,  turbandone  1'equilibrio  relativo.  Or  questo 
turbamento  puo  scuotere  ,  puo  commuovere ,  puo  far  guizzare  con 
piu  o  meno  violenza ;  ma  e  manifestamente  contrario  a  quella  tran- 
quillila  e  quiete  atta  a  generare  Yipnotismo.  In  una  parola  1'eleltricita 
e  eccitante,  e  il  mesmerismo,  ordinariamente  parlando,  e  deprimen- 
te.  L'  uno  adunque  non  puo  scambiarsi  coll'  altra ,  e  debbono  ripu- 
tarsi  onninamente  diversi. 

Del  resto  non  V  e  bisogno  di  tutli  questi  discorsi  si  complicati 
per  giugnere  a  questa  illazione  :  basla  per  accertarsene  di  ricorrere 
a  quei  mezzi  sperimentali ,  che  sono  come  gl'indizii  certi  della  pre- 
senza  deli'elettricita,  tutte  le  volte  che  essa  e  in  giuoco.  Si  vegga 
In  primo  luogo  se  la  bussola,  questa  accortissima  spia  d'ogni  meno- 
ma  elettricila,  ve  ne  discopra  la  presenza  negli  sperimenti  mesmeri- 
ci.  E  stata  molte  volte  interrogata  :  sempre  ha  risposto  con  un  no 
invariabile.  Non  mai  il  piu  piccolo  sposlamento,  non  mai  la  piu  pic- 
cola  oscillazione !  Eppure  a  udire  cotesti  sostenitori  della  ipotesi  elet- 
trica,*grandi  sono  le  correnti  di  questo  fluido  che  si  svolgono  ad 
ogni  passata,  che  si  accumulano  in  ogni  soggelto !  Or  1'ago  calami- 
tato ,  che  pur  devia  dalla  sua  posizione  naturale  al  piu  picciolo  sen- 
tore  della  piu  esile  correntuzza  di  elettricita,  e  rimaso  costantemente 
immobile  durante  il  passaggio  di  si  grandi  quantita  di  fluido  magne- 
tico.  Come  cio  avvenne?  Questo  primo  esperimento  adunque  ci 
escludel' elettricila. 


NEL  HONDO  MODERNO  319 

Se  n'e  fatfco  un  secondo  coll'eguale  risultamento.  Le  sostanze  iso- 
lanti  arrestano  immancabilmente  ogni  comunicazione  della  elettrici- 
ta. Quindi  se  esse  s'interpongano  tra  la  sorgente  dell'  elettrico,  e  il 
corpo  che  si  vuole  elettrizzare,  e  vano  ogni  tentativo  :  il  fluido  elet- 
Irico  non  passera  mai  da  quella  a  questo.  Ora  il  Dott.  De  Sere  1 , 
fra  tanti  altri ,  ci  assicura  aver  egli  interposto  gran  numero  e  gran 
massa  di  queste  sostanze  fra  il  magnetisla  e  il  suo  soggetto  ,  senza 
aver  visto  scemare  per  nulla  1'azione  di  quello  su  questo.  Essa  adun- 
que  nulla  ha  che  fare  colla  elettricita. 

Possiamo  adunque  conchiudere  la  nostra  confutazione ,  dicendo 
che  il  mesmerismo  ha  nella  sua  azione  leggi  non  solo  diverse  ma 
eziandio  opposte  a  quelle  della  elettricita ;  produce  effetli  molto  dis- 
simili ;  e  non  presenta  nessun  segno  di  quelli  che  questa  invariabil- 
mente  presenta.  Lungi  adunque  dal  potersi  identificare  coll'  elettrico, 
se  ne  deve  necessariamente  dislinguere  e  separare. 

*  Non  ci  rimane  ora  che  di  rispondere  alle  due  testimonianze  arre- 
cate  in  favore  della  ipotesi  elettrica ,  1'  una  desunta  dalle  sperienze 
del  Charpignon  e  del  Gasparini,  1'  altra  da  quelle  del  Remak  e  del 
Becquerel.  II  faremo  brevemente.  II  Charpignon  medesimo  ci  forni- 
sce  il  modo  di  solvere  la  sua  obiezione.  Egli  ottenne  e  vero  d'  in- 
durre  colla  pila  di  Volta  il  sonno  in  qualche  persona ;  ma  tal  fatto 
non  gli  riusci  ugualmente  con  tutti,  ne  il  sonno  indotto  fu  simile  al 
sonno  mesmerico,  ne  il  consegui  coll'  uso  delle  valide  correnti  elettri- 
che.  In  primo  luogo  adunque  questo  successo  non  pole  mai  oltenerlo 
che  esclusivamente  sulle  persone  abituate  gia  di  lunga  mano  al  mes- 
merismo :  cio  lascia  dubbio  se  esso  fosse  effetto  della  pila  di  Volta,  o 
dell'  influenza  mesmerica ;  e  con  tal  dubbio  questo  argomento  non 
puo  nulla  conchiudere  a  favore  della  elettricila.  In  secondo  luogo  il 
sonno  che  ottenne,  fu,  secondo  che  egli  stesso  ci  attesta,  «  un  sonno 
placidissimo,  nel  quale  le  persone  diceano  di  vedere  cose  piacevoli, 
ridenti,  che  le  rendeano  sodisfatte  di  quello  stato  ».  Or  questo  rasso- 
miglia  phi  a  queir  assopimento  che  ingenerano  1'  oppio,  1'  haschish, 
e  altre  sostanze  narcotiche,  che  non  a  quello  stato  di  sonnambulis- 
mo  mesmerico  leggero ,  spedito,  atto  ad  ogni  intellezione  e  tut  to  a 

1  Application  du  Sonnambulisme,  pag.  192, 


320  LO  SPIRITISMO  NEL  MONDO  MODERNO 

grado  e  a  posta  del  magnetista.  Finalmente  il  doversi  usare  legge- 
rissime  correnli  per  tali  pruove,  1'  attribuire  che  fa  il  Charpignon 
medesimo  il  sonno  ingenerato  piii  al  rumore  dell'  ancora  sulla  cala- 
mila  temporanea  che  non  all'efficacia  delle  correnli,  1'  esigere  silen- 
zio  e  quieie  intorno  al  suo  soggetto  per  ollenerne  1'  assopimento ; 
tutte  quesle  circostanze  molto  estranee  alle  leggi  della  eleltricila ,  e 
molto  analoghe  a  quelle  del  raesmerismo,  fan  sospettare  che  non  sia 
stato  1'elettrico  1'agenle  provocatore  del  sonno,  ma  un  semplice  stru- 
mento,  o  come  dicesi  nel  linguaggio  mesmerico,  un  sostituto  magne- 
tico  in  mano  d'  un  mesmerista.  II  fatto  dunque  del  sig.  Charpignon 
non  suffraga  per  nulla  la  ipotesi  elettrica. 

Ma  neppure  la  suffraga  1'  azione  iposteniea,  scoperta  nella  elet- 
tricita ,  applicata  all'  umano  organismo  ,  dai  celebri  Remak  e  Bec- 
querel.  «  Quell'azione,  cosi  dice  il  citato  ch.  Caroli,  riesce  veramen- 
te  a  scemare  e  sospendere  ed  anco  togliere  la  sensitivita  o  motivita 
in  uno  e  piii  nervi  o  muscoli,  per  cui  scorra  1'eletlrico  in  cerla  do- 
se e  maniera  determinata,  ma  noa  produsse  mai  1'  assopimento  , 
I'addormentamento  totale  del  paziente,  Yinsensibilita  dell'intiero  or- 
ganismo, e  molto  meno  1'  insensibilila  accompagnata  dalla  molilita 
di  esso,  quale  resta  nei  soggetli  magnetizzati  l » .  In  piu  brevi  termi- 
ni :  quell'azione  deprimenle  e  parziale  e  circoscritta,  non  mai  to- 
lale  e  indefmita;  essa  adunque,  anziche  giovare  alia  ipotesi  elettrica, 
1'oppugna  e  la  distrugge. 

Possiamo  adunque  conchiudendo  asserire,  che  questa  ipotesi  man- 
ca  assolulamente  di  lutti  i  caratteri  di  una  spiegazione  scientifica; 
poiche  essa  si  appoggia  ad  un  fondamento  del  tulto  falso;  lascia  tre 
quarte  parti  del  fatto  fuori  della  sua  cerchia,  e  1'  altra  parle  che  pre- 
tende  di  abbracciare  non  solo  non  la  chiarisce,  ma  la  oscura;  manca  di 
ogni  rigorosa  dimostrazione ;  ed  ha  contro  cli  se  non  solo  tutta  la  teo- 
rica  della  elettricita,  ma  eziandio  la  pruova  direlta  dello  sperimento,  e 
il  suffragio  degli  uomini  piu  insigni  nelle  fisiche  discipline.  Possiamo 
infme  aggiugnere  che  essa  e  al  presente  ripudiata  da  tulli  i  professorl 
e  trattatisti  di  Spiritismo,  i  quali  la  rigettano  con  isdegno,  temendo 
di  dar  nel  ridicolo  se  si  mostrassero  inchinati  a  pur  discuterla. 

1  CAROLI,  Ivi,  Tom.  I,  pag.  328. 


RIVISTA 

DELIA 

STAMP!  ITALIANA 


I. 


La  storia  patria,  compilata  sui  programmi  ministeriali  ad  uso  del- 
le  scuole  d' Italia,  distinta  in  antica,  media  e  moderna  fino  at 
4864  ,  del  prof.  GIUSEPPE  BANFI.  Un  volumetto  in  12.°  diviso 
in  tre  parti,  di  pag.  94,  80,  72.  Milano,  dittaG.  Agnelli  1862. 

La  storia  d' Italia ,  dalla  caduta  dell'  Impero  d'  Occidente  fino  ai 
nostri  giorni ,  raccontata  ai  giovanetti  da  una  madre  di  fami- 
glia.  Vol.  due  in  8.°  pice,  di  pag.  427  ,  212.  Prato,  tip.  F.  Al- 
berghelti  e  Comp.  1864. 

Se  e  vero  che  la  sloria  dev'essere  maestra  della  vita  si  pubblica 
<jome  privata  ,  si  dei  popoli  come  dei  principi ,  niuna  cosa  dunque 
si  avrebbe  a  trattare  con  maggiore  accuratezza  e  con  maggiore  scru- 
polosita  di  coscienza,  dei  libri  deslinati  appunto  a  imbevere  di  sto- 
rica  erudizione  la  gioventu.  Eppure,  generalmente  parlando,  noi  in 
Italia  non  abbiamo  sorta  di  opere  elementari  piu  digiune ,  piu  ba- 
cate  o  piu  stravolte,  di  quelle  che  vanno  sotlo  nome  di  compendii  o 
di  sommarii  di  storia  patria.  L'  odierno  liberalismo ,  che  ha  la  virtu 
di  corrompere  tutto  cio  ch'egli  infetla  con  1'alito  pestilenziale,  ha  po- 
sto  singolar  cura  di  spargere  il  suo  tossico  in  quesle  opericciuole , 
Serie  VI,  vol.  //,  fasc.  363.  21  27  Aprile  1865. 


PJ  VISTA 

falte  per  servire  di  testo  scolastico  alia  studiosa  adolescenza.  Po- 
tremmo  di  questa  vergogna  ilaliana  addurre  molte  prove.  Ma  giac- 
che  ci  sono  capitate  alle  mani  le  due  operetle  citate  qua  sopra ,  ci 
varremo  della  prima  e,  per  la  sua  parte ,  anche  della  seconda ,  ad 
argomento  di  confermazfone. 

Nella  sioria  del  Banfi  non  riprendiamo  la  brevita  ,  percbe  quesla 
dote  vi  e  cospicua  ,  e  sta  bene  in  un  ristretto  per  uso  delle  scuole. 
Nemmeno  ci  vogliamo  perdere  a  censurare  lo  stile,  scapigliato  anzi 
che  no,  e  la  lingua  troppo  spesso  da  gazzelliere.  Questa  e  la  scorza, 
che  sempre  s'avrebbe  a  riforbire  alcun  poco :  ma  a  noi  preme  il  mi- 
dollo,  il  quale  consiste  nella  esposizione  dei  falli  o  nella  descrizione 
degli  uomini ,  e  nei  giudizii  che  le  accompagnano.  Or  le  une  e  gli 
altri  frequentemente  appariscono  riprovevoli,  soprattulto  quando  vi 
ayvenga  d'  imbattervi  in  alcuno  di  quei  punti ,  che  sono  come  le 
pietre  di  paragone  per  1'oro  fine  della  consorteria  liberalesca. 

Vediamolo  in  pochissime  cose,  che  saranno  saggio  del  rimanente. 
Costantino  e  dipinto  con  negrofumo  dal  Banfi  ,  perche  in  soslanza 
trasferi  il  seggio  deir  Impero  in  Bisanzio  ,  e  abbandono  Roma.  La- 
sciamo  stare  se  politicamente  egli  facesse  bene  o  male.  Tutli  i  savii 
dell'  antichila  e  dei  tempi  moderm  in  quesla  traslazione  hanno  scor- 
to  un  consiglio  della  Provvidenza  ,  che  disponeva  Roma ,  non  gia  io 
Capitale  della  Frammassoneria  ilaliana,  ma  in  loco  santo 

U'  sede  il  successor  del  Maggior  Piero. 

Per  questo  falto  il  Banfi  stizzitosi  con  Costantino,  gli  reca  in  dubbio 
rapparimenlo  prodigioso  della  Croce,  prima  che  combattesse  contro 
Massenzio;  gli  toglie  il  merito  di  avere  protetta  e  beneficata  la 
Chiesa,  contentandosi  di  dire  che  «  i  Cristiani  furono  tollerali » ;  af- 
ferma  che  «  il  carattere  di  quest'  uomo  fu  un  laberinto  » ;  e  termina 
con  farlo  ariano  e  baltezzato  da  un  prete  ariano :  favola  dimostrala 
insulsa  dai  critici  phi  sagaci.  Tal  e  il  castigo  che,  a  spese  della  ve- 
rita  storica,  costui  da  a  Costantino  Magno,  per  la  colpa  di  non  aver 
pensato  a  serbare  Roma  in  Capitale  della  futura  Italia  una. 

Giuliano  1'apostata  per  contrario,  uomo  carissimo  agli  unitori  d'  I- 
talia ,  e  ritratto  con  tinte  rosee.  «  Fu  buon  soldalo ,  abile  in  gover- 


BELLA  STAMP  A  ITALIANA  323 

ware,  eloquente,  studioso  della  filosofia,  di  grande  spirito,  di  costumi 
austeri  ».  Delia  sua  empiela,  perfidia  e  fierezza,  Dulla.  In  biasimo 
poi  della  sua  scelleralis^ima  aposlasia,  neppure  un  iota.  Che  piu? 
Ouesto  mostro  che  s'  aguzzava  1'  ingegno  per  islerminare  sapienle- 
mente  i  Cristiani  dal  mondo,  «  si  aslenne  dall'ucciderli ».  E  lultavia 
il  marlirologio  romano  registra  parecchi  santi  Marliri,  uccisi  nella 
sua  persecuzione. 

Ma  le  stollezze  che  il  Banfi  scombicchera  giu,  dove  tocca  delle 
origini  del  potere  temporale  dei  Papi,  fanno  stomaco.  II  longobardo 
Liulprando,  che  restituisce  le  citta  tolie  al  Pontefice  Zaccaria  e  v'ag- 
giunge  Sutri,  da  un  «  primo  esempio  di  tali  dominazioni  (forse  avra 
voluto  dire  donazioni) ,  nucleo  di  un  regno  che  non  doveva  essere 
rovesciato  che  Lopo  mille  e  piu  anui ,  dai  discendenti  dei  Franchi 
stessi  (il  Ban/i  metie  a  dirittura  in  conto  dei  Francesi  odierni,  tutti 
i  latrocinii  del  Piemonte  suyli  Stall  della  Santa  Sede)  ,  che  hanno 
avuto  tanta  parte  sotto  Carlo  Magno  a  fondarlo,  e  che  doveva  costa- 
re  tanto  sangue  versato  sulle  fore  he,  sul  campo  di  batlaglia,  negli 
esigli,  nelle  prigioni,  tra  le  torture  ».  E  queslo  e  in  compendio  il  re- 
gno lemporale  dei  Papi,  secondo  il  Banfi  storiografo  ad  mo  delle 
scuole  d' Italia. 

Dopo  di  che,  sollevandosi  nelle  region!  della  filosofia  giuridica : 
«  Liutprando  aveva  egli  il  dirilto  di  donare  al  Papa  un  popolo?  in- 
terroga  esso;  il  Papa  aveva  egli  il  diritto  di  accettare  un  tal  dono? 
Un  popolo  non  e  che  di  Dio,  perche  Dio  lo  ha  create  ».  Ne  si  accorge 
il  sig.  Banfi  che,  ceteris  paribus,  i  medesimi  quesili  si  potrebbero 
muovere  intorno  alia  donazione  della  sua  Lombardia,  fatta  nel  1859 
dall' Imperatore  dei  Fraucesi  al  Re  di  Sardegna;  poiche  i  Lombardi 
furono  prima  conquistali  sugli  Austriaci  dalle  armi  del  «  magnani- 
mo  alleato  » ,  e  poi,  senza  tante  coramedie  di  plebisciti,  con  un  tratto 
di  penna  nel  colloquio  di  Villafranca,  ceduti,  ossia  donali,  al  re 
Yittorio.  Se  il  Re  ha  avuto  diritto  di  acceltare  da  Napoleone  III  in 
dono  il  popolo  lombardo  «  create  da  Dio  »  (e  certo  il  Banfi  si  *guar- 
dera  bene  di  negare  questo  dirilto  al  suo  Re) ;  in  pari  modo  lo  ebbe 
Zaccaria  di  accettare  da  Liutprando  ii  popolo  di  Sutri.  Curiosi  que- 
sti  liberali,  che  vogliono  sempre  misurare  con  due  canne  e  bilancia- 
re  con  due  pesi ! 


324  RIVISTA 

Ne  meno  burleschi  sono  i  piagnistei  dell'Autore,  sopra  la  sorte  dei 
Longobardi  vinti  e  distrutti  da  Carlomagno ,  perche  essi  avrebbero 
potato  fare  Y  Italia  una.  «  I  Papi,  scrive  egli,  forse  li  avrebbero 
tollerati ,  se  non  avessero  tentato  di  unire  1'Italia  ad  unita  politica  , 
di  torre  al  Pontefice  quel  che  cominciava  a  divenire  potere  tempo- 
rale,  Patrimonio  di  san  Pietro,  di  movere  sopra  la  loro  Roma,  en- 
trarvi  e  trovarsi  di  fronte  due  grandi  nella  medesima  citta,  un  Papa 
e  un  Re.  L'ardua  questione  non  pole  essere  sciolla  dopo  mille  e  piu 
anni  da  che  Italia  soffre,  combatte  e  prega  » .  Donde  impariamo  che 
1'Italia  da  « mille  anni »  spasima  per  la  sua  unila  politica,  e  « prega  » 
per  ottenerla.  Eppure  la  signora  Madre  di  famiglia,  di  cui  parlere- 
mo  tra  poco,  ci  assicura,  nella  sua  storia,  che  « Francesco  Burlamac- 
chi  gonfaloniere  di  Lucca,  primo  di  tutti,  nel  1546,  ebbe  il  concetto 
di  ridurre  1'  Italia  ad  unita  » . 

Per  rnero  saggio  di  quel  che  valga  lo  spirito  e  il  criterio  dello 
storiografo  ad  uso  delle  scuole  d'  Italia ,  crediamo  che  bastino  que- 
ste  poche  osservazioni :  che  avremmo  di  che  multiplicand  fino  a  rad- 
doppiare  il  suo  stesso  volume.  Avvertiremo  bensi  che,  piu  egli  pro- 
cede  verso  i  tempi  nostri,  e  piu  farnetica  per  1'amore  di  questa  sua 
Italia,  assumendo  lo  slile,  le  forme  e  Taria  de'  piu  triviali  giornalisti 
alia  moda ,  e  accumulando  sui  Papi  e  sui  Principi  della  Penisola  un 
odio  insensato;  fino  a  tanto  che,  pervenuto  all'autunno  del  1861,  si 
addormenta  e,  sognando,  delta  questo  periodo :  «  Appena  la  Francia 
ci  avra  data  la  Capitale,  se  dovremo  colle  baionelte  snidare  1' Austria 
dal  quadrilalero,  dovremo  valicare  le  Alpi,  correre  trionfalmenle  e 
pianlare  anche  noi,  come  Napoleone  I,  la  nostra  bandiera  sui  ca- 
stello  di  Schoenbrunn,  e  di  la  imporre  la  pace,  a  patto  che  libero 
sia  il  Veneto  non  solo,  ma  il  Trentino,  Trieste  e  Y  Istria  ».  Che  bel 
sogno  eh?  Fortuna  che  il  Banfi  ha  avuto  1'accortezza  di  stampare 
nel  frontispizio ,  che  la  sua  storia  patria  e  compilata  sui «  program- 
mi  minisleriali » ! 

Veniamo,  ma  piu  sbrigatamente ,  alia  Madre  di  Famiglia.  II  suo 
compendio  e  incomparabilmenle  piu  pregevole  per  ordine,  per  copia, 
per  istile,  per  moderazione,  che  non  e  il  sopra  mentovato  del  Banfi. 
Oltre  di  che  non  ha  nessuna  aperta  ingiuria  alia  Chiesa  cattolica , 
di  cui  questa  signora  discorre  sempre  con  sufficiente  riverenza. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  325 

Senonche  anche  in  questo  lavoro ,  che  poteva  riuscire  tanto  bello  e 
profittevole ,  v'  ha  tali  pecche ,  che  scemano  di  assai  il  merito  dei 
pregi  che  non  gli  neghiamo. 

L'Autrice  troppo  inconsideratamente  attinge  spesso  i  suoi  giudizii, 
in  ispecie  sopra  i  Papi  e  i  Principi ,  da  scrittori  sospelli  per  ispirilo 
di  parte  o  per  mala  fede :  e,  quel  che  e  peggio,  non  si  mostra  infor- 
mata  di  parecchie  opere  apologeliche,  che  in  quesli  ullimi  tempi  ban- 
no  asterse  di  grandi  macchie,  gittate  dalla  calunnia  dei  settarii  sul 
nome  di  Pontefici,  venerandi  per  sanlila  o  per  forlezza  d' indite  im- 
prese.  Vogliamo  credere  che  questa  ignoranza  non  sia  affettata,  ma 
e  pur  increscevole.  Di  eerie  istituzioni,  come  verbigrazia  dell'Inqui- 
sizione,  essa  favella  con  una  leggerezza,  la  quale,  se  e  perdonabile 
in  donna,  non  e  scusabile  in  una  Madre  di  Famiglia  che,  non  pre- 
gata  da  nessuno,  piglia  il  carico  d'  insegnare  la  sloria  ai  «  giova- 
nelli » .  II  suo  cuore  morbido  e  sensitivo  pena  in  rammemorare  i  sup- 
plizii  a  cui,  ne'  secoli  decimoquinto  e  decimosesto,  si  sottoponevano 
legalmente  gli  eretici  in  tutli  i  paesi  di  Europa ;  e  quesla  sua  pena 
s'intende  e  si  spiega:  quantunque  la  buona  Madre,  che  sa  tanle  belle 
cose,  abbia  anco  da  sapere  che,  in  quei  secoli,  gli  eretici  dommaliz- 
zanti  cadevano  in  colpa  di  lesa  divinila  e  di  leso  ordine  pubblico , 
colpa  ammessa  allora  per  capilale  nel  gius  comune ,  e  punila  colla 
morte.  Ma  perche  poi  non  manifesta  un'  egual  pena  degli  strazii , 
degli  assassinamenli  e  delle  alrocit£  nefandissime ,  con  cui  quegli 
eretici  afiliggevano  di  conlinuo  le  intere  citta  e  province  dei  Cattoli- 
ci?  Anzi  perche  ne  tace,  come  se  queste  ribalderie  mai  non  fossero 
avvenute?  Ella  che  spande  lagrime  si  pietose  sopra  gli  Ugonotti , 
trucidati  la  notte  di  san  Bartolommeo  in  Parigi ,  perche  non  ha  un 
sospiro  per  le  migliaia  e  migliaia  di  Cattolici,  tagliati  a  pezzi  da  co- 
storo  in  tutta  la  Francia,  e  poi  dai  Luterani  nelle  orribili  sollevazioni 
dell'  Alemagna?  Ella  che  appunta  il  santo  Papa  Pio  V  di  essere  stato 
«  tenerissimo »  della  Inquisizione,  perche  non  trova  una  paroletta 
sola  di  biasimo  per  riprendere ,  a  mo'  d'  esempio ,  o  Arrigo  VIII  o 
la  feroce  Elisabetta  delle  loro  immani  s#vizie? 

Aggiungeremo  poi,  cosi  per  le  generali,  che  alcuni  fatli  del  medio 
evo  sono  da  lei  rappresentati  in  modo  o  poco  crilico,  o  anche  alieno 


326  RIVISTA 

dalla  verita;  e  che  nel  sentenziare  sulle  cagioni  e  sugli  effetti  dei 
grandi  event!  succeduti  negli  ultimi  tre  secoli ,  fa  prova  di  un  di- 
scernimento  alquanto  losco,  come  lo  fa  nel  giudicare  di  cerli  uomini, 
singolarmente  di  letterati ,  ai  quali  sta  paga  di  tributare  elogi  fiori- 
tissimi,  senza  punlo  mettere  in  guardia  « i  giovanelli  »  dei  vizii,  on- 
d'  essi  contaminarono  la  loro  vita  e  i  loro  scritti.  Cosi ,  per  grazia 
di  esempio,  che  danno  ne  sarebbe  procedulo  alia  sua  storia  se,  dopo 
incensato  e  scusato  il  Machiavello  con  una  benignita  al  tutto  da  Ma- 
dre  di  famiglia,  avesse  soggiunlo  che  le  opere  di  costui  vanno  lette 
con  le  debite  cautele?  Medesimamente  che  male  ci  sarebbe  stato  ad 
avvertire  i «  giovanetti  »  che  quel  Yiltorio  Alfieri,  il  quale  ella  corona 
di  tanli  allori,  era  un  empio  ,  nemico  giurato  del  Clero  e  dei  Re,  e 
per  cio  da  non  leggersi  sprovvedutamenle  ?  E  qual  nocumento  alia 
verita  e  alia  virtu  avrebbe  ella  recato,  se  alle  lodi  di  cui  inghirlanda 
Giacomo  Leopardi,  avesse  unito  1'avviso  chiaro  pei  «  giovanetli  », 
che  questo  infelice  scrisse  da  ateo,  e  riempi  le  sue  carte  de'  sensi  di 
wna  disperazione  che  offende  1'anima,  e  oltraggia  Iddio  creatore  e  re- 
dentore  degli  uomini  ? 

Forse  al  senno  dell'Autrice  ha  fatfco  velo  1'amore,  che  ella  non  dis- 
Simula,  per  le  dottrine  liberalesche  dei  nostri  giorni,  a  cui  per  cio  si 
accosta  troppo  piu  che  non  convenga  a  donna  assegnata.  E  questo 
e  proprio  il  difetto  che  magagna,  ove  piu  ove  meno,  tutta  la  sua  sto- 
ria ,  e  che  traspira  subito  nella  medesima  dedica  che  ella  ne  fa  ai 
«  padri  di  famiglia  » ;  nella  quale  non  esita  di  asserire  che  la  «  pa- 
tria  nostra,  per  bonta  di  Dio ,  e  ora  incamminata  ad  alti  destini  ». 
Mentre  ogn'  Ilaliano  onesto  e  cattolico  piange  ora  la  servitu  della 
patria ,  tan  to  piu  vergognosamente  incalenata  allo  straniero,  quanto 
meno  si  vuoi  far  apparire ,  e  lamenta  la  tirannide  della  dominante 
fazione,  che  la  dissangua  nelle  sostanze,  la  corrompe  nei  costumi,  la 
lacera  nell'unila  religiosa,  la  strazia  nel  suo  Glero,  ne' suoi  Vescovi 
e  nel  Capo  visibile  della  Chiesa;  la  Madre  di  famiglia  fa  mostra,  a 
dir  poco ,  di  cervello  bene  scarso ,  celebrandone  1'  incamminamento 
ad  «  alti  deslini » ;  e  cio  «  per  bonta  di  Dio  » . 

In  conclusione,  a  parer  nostro,  ne  1'  uno  ne  1'  altro  di  questi  due 
compendia  storici  sono  da  mettersi  nelle  mani  dei  giovanetti ,  o  da 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  327 

prendersi  per  testo  nelle  scuole.  Al  quale  uso  finora  noi  non  cono- 
sciamo  libro  che  sia  piu  appropriate  della  Storia  d' Italia  di  D.  Gio- 
vanni Bosco  di  Torino  ,  le  cui  edizioni  godiamo  di  vedere  cresciute 
gia  tanto,  e  che  noi  esortiamo  lulti  i  padri  di  famiglia  e  gl'  istitutori 
a  preferire  a  quante  allre  vengono  oggidi  in  luce,  piu  tosto  per  gua- 
stare  che  per  ammaestrare  la  povera  giovenlu. 

II. 

Le  Lettere  e  le  Arti  belle  in  Italia  a  di  nostri;  libri  due  del  dottore 
I.  G.  ISOLA.  —  Genova,  tipografia  di  Gaetano  Schenone,  1864. 
Un  vol.  in  8.°  di  pagine  408. 

In  nessun  tempo  si  e  scritto  tanto  intorno  alle  Arti  del  Belio , 
quanto  in  questo  secolo  noslro  :  e  nondimeno  e  si  lontano  il  secolo 
nostro  da  quella  perfezione ,  a  cui  le  medesime  Arli  pervennero  gia 
ne'  tempi  del  loro  splendore ,  come  gli  scrittori  dell'eta  moderna  so- 
pravanzano  gli  antichi  nella  moltiplicita  e  sottigliezza  delle  loro  inve- 
stigazioni  rispetto  ai  principii  ed  alle  leggi,  che  le  riguardano.  E  chi 
sa  che  i  posteri  nostri,  nel  fare  anch'  essi  i  loro  studii  sopra  1'  anda- 
mento  e  il  progresso  delle  Arti  del  secolo  XIX,  non  vorranno  collo- 
care  fra  le  ragioni  si  del  loro  poco  avanzarsi,  e  si  de'loro  molti  difet- 
ti ,  appunto  questa  folia  di  dottrine  filosofiche  intorno  al  Bello ,  che 
veggiamo  tanlo  piu  facilmente  molliplicarsi,  quanlo  sono  piu  rare  ad 
apparire  opere  veramente  belle?  Noi  non  vogliamo  pre venire  que'no- 
slri  fuluri  giudici,  cerlamente  piu  competenti  di  noi.  Ci  sembra  pera 
che  cotesta  foga  di  dottrineggiare  in  opera  di  Estelica;  coteslo  dirit- 
to,  che  si  assumono  lutli,  grandi  e  mediocri,  filosofi  e  sofisli  di  go- 
vernare  le  Arti,  non  debba  per  se  partorire  altro  effelto,  che  quello 
di  cacciare  la  confusione  e  il  disordine  fra  le  Arli  slesse,  e  far  venire 
il  capogirlo  alle  menti  degli  Artisti. 

Oh  bella  accoglienza  ,  dira  qui  il  lettore,  e  questa  che  voi  fate  al 
Traltato  intorno  alle  Lettere  §d  alle  Arti  belle ,  annunziato  da  voi ! 
E  non  e  questo  un  dargli  il  mal  arrivato?  Sarebbe  vero,  se  noi  lo 
meltesimo  in  fascio  colle  allre  scritture  che  tratlano  il  medesimo  sog- 


328  RIVISTA 

getlo.  Ma  non  e  il  caso.  E  pero  quanto  piu  siamo  noiati  del  vezzo 
comune  di  filosofare  inopportunamente  e  a  sproposilo  di  Estetica , 
e  dobbiamo  per  conseguenza  essere  men  disposti  in  favore  di  somi- 
glianti  pubblicazioni ;  tanto  puo  essere  piu  sicuro  il  ckiaro  Autore 
di  questo  libro  della  sincerita  delle  lodi,  che  noi  gli  faremo,  e  solto 
un  rispello,  del  valore  allresi  del  nostro  giudizio.  Imperocche  dall'u- 
na  parle,  considerata  la  cosa  in  se  stessa,  non  puo  che  tornare  a  van- 
taggio  delle  Arti  stesse  esaminare  con  accuratezza  i  principii,  sopra 
cui  esse  poggiano,  ed  additare  le  vie  che  debbono  battere.  II  che,  a 
vero  dire,  si  e  usato  di  far  sempre  ,  avvegnache  con  parsimonia :  e 
noi  medesimi  non  1'abbiamo  creduto  alieno  dal  nostro  scopo ,  dando 
luogo  in  questo  stesso  Periodico,  alle  Teoriche  del  Bello,  che  ci  siamo 
studiato  di  esporre  secondo  i  principii  di  S.  Tommaso.  Dall'altra  parte 
le  disorbitanze  di  alcuni,  le  importune  astratlezze  di  altri,  e  i  princi- 
pii quasi  sempre  di  falsa  filosofia,  lolti  a  fondamenti  da  farvi  posare 
le  ragioni  della  Estelica ,  donde  unicamente  proviene  il  pericolo  alle 
Belle  Arti ,  sono  anzi  un  ammonimento  per  gl*  ingegni ,  formali  a 
forli  e  buoni  studii,  che  debbano  mettere  ogni  opera  di  ricondurre  la 
disciplina  delle  Arli  ai  veri  principii ,  e  ripurgarla  del  falso  che  le 
corrompe,  e  del  vano  che  le  gonfia. 

II  che  ci  pare  che  abbia  avuto  in  mira  il  chiaro  dotlor  Isola  in 
questa  sua  opera ;  la  quale  non  e  propriamente  un  Trattato  di  Este- 
tica, secondo  il  valore  che  al  presente  si  da  a  questa  parola,  ne  tut- 
tavia  un  semplice  Manuale  di  precetti  a  scopo  determinate  e  a  re- 
gole  fisse.  Egli  forse  dall'  un  canto  avii  inteso  di  evitare  lo  scoglio, 
in  cui  tanti  allri  sono  venuti  ad  urlare  per  quella  smania  di  filosofare 
su  tutto,  e  ridurre  ogni  cosa  a  formole  astratte ;  e  dall'altro  era  per- 
suaso  che  non  sarebbe  bastato  al  fine,  di  convincere  gl'  intelletti,  pi- 
gliare  il  tono  del  pedagogo ,  e  che  tornerebbe  superfluo  discendere 
alle  minutezze.  Comunque  sia ,  cio  che  si  pare  dal  fatto ,  egli  si  e 
contenlato  di  detlare  alcune  sue  considerazioni,  le  quali  riguardano  si 
veramenle  i  piu  generali  principii  del  Bello ,  ma  non  isfumano  pero 
nelle  consuete  astruserie ,  e  piu  che  altro  mirano  costantemente  alia 
pratica ;  contengono  i  documenti  piu  sustanziosi  e  necessarii ,  ma 
nondimeno  non  formano  un  tutto  divisato  secondo  le  sue  parti, 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  329 

sicche  possa  servire  all'uopo  di  una  istituzione  compiuta.  E  per 
questo  noi  crediamo  che  1'  Autore  non  si  e  curato  di  una  piu  esatta 
divisione  delle  materie,  ne  d' intestazioni  di  capitoli,  ne  d'indici  cor- 
rispondenti.  II  che,  se  sarebbe  grave  difetlo  in  un'  opera  che  avesse 
uno  scopo  piii  determinate,  non  vediamo  perche  alcuni  lo  abbiano 
giudicato  riprensibile  in  questa,  che  ha  im'indole  tulta  diversa. 

Imperocche  le  considerazioni  del  chiaro  Autore  si  versano  sola- 
inenle  sopra  di  alcuni  punti  cardinali  e  generalissimi ,  che  sono  co- 
me i  perni  maestri  che  debbono  reggere  e  governare  le  Arti,  se  si 
vuole  che  asseguano  il  loro  fine :  come  per  contrario  dal  violarli  o 
non  tenerne  conto  dipende  il  guasto  e  la  corruttela  delle  medesime , 
quando  anche  abbondassero  i  pregi  secondarii.  Diamone  un  saggio. 

II  primo  principle  delle  Arti  e  il  Bello :  questo  anzi  ne  costituisce 
il  concetto  formale ,  perche  esse  altro  non  sono  che  manifestazioni 
del  Bello.  Nondimeno  non  puo  il  Bello  andar  disgiunto  dal  Vero  e 
dal  Bene;  dal  Vero,  perche,  secondo  la  enfatica  espressione  di  Pla- 
tone ,  il  Bello  e  lo  splendore  del  Vero :  dal  Bene  poi ,  perche  il  Bel- 
lo delle  Arti  deve  avere  un  fine  proporzionato  alia  natura  ragio- 
nevole ,  a  cui  quelle  son  dirette ;  ed  un  tal  fine  non  puo  essere  al- 
tro che  un  bene  proprio  di  lei.  Adunque  nella  perfelta  armonia  del 
Bello  col  Vero  e  col  Bene  sta  la  perfezione  delle  Arti :  e  pero  come 
il  loro  decadimento  deve  necessariamente  originarsi  dal  disaccordo 
di  queste  qualita ;  cosi  se  decadute  si  vuole  tornarle  ad  onore  e  di- 
gnila,  non  puo  farsi  altrimenti  che  ristaurando  questo  accordo. 

II  campo  del  Vero  e  la  natura ;  e  gli  danno  svolgimento  le  scien- 
ze,  la  cultura,  1'esercizio.  Chi  manca  delcorredo  di  molteplici  e  utili 
cognizioni  si  lascera  facilmente  trasporlare  dalle  opinioni  volgari,  e 
invece  di  farsi  guida  delle  moltitudini,  come  furono  i  primi  poeti  ed 
oratori,  sara  da  queste  trascinato.  Cio  non  vuol  dire,  che  il  Poeta  non 
dee  studiare  di  rendersi  popolare:  dev' essere  popolare;  in  guisa 
pero,  che  abbia  il  popolo  a  discepolo,  non  che  1'abbia  a  maestro.  Nel 
qual  proposito  1'illustre  Autore  ha  due  capitoli,  il  V  e  il  VI,  di  altissi- 
mo  interesse  intorno  agli  argomenli  politici,  voluti  spacciare  da  mol- 
ii ,  come  i  piu  gravi  e  quasi  gli  unici  soggelti  rimasti  alia  moderna 
poesia ;  in  lanto  che  altro  quasi  non  debba  cantare  il  Poeta ,  se  gli 


330  RIVISTA 

cale  di  questo  nome ,  che  non  sieno  speranze  o  glorie  nazionali ,  in 
maniera  da  eccitare  gagliardamenle  gli  animi  allo  scacciamento  del- 
lo  straniero ,  alia  indipendenza  delta  patria ,  alia  grandezza  della 
nazione.  La  quale  dottrina,  che  risguardata  esteticamente,  come 
soltanto  la  considera  1'  Autore,  e  del  tutlo  irragionevole,  perche  cir- 
coscrive  entro  liraili  angustissimi  il  campo  del  vero  e  dell'  interesse 
poelico;  coasiderata  nel  suo  vero  intendimenlo,  che  e  quello  di  far 
servire  le  Arti  del  Bello  ai  fmi  delle  Sette,  riesce  a  darmo  inestima- 
bile  non  pure  delle  Arti  stesse,  ma  dell'intera  societa. 

Come  la  moliitudine  non  e  ispiratrice  del  Vero;  cosi  ne  anco  e 
giudice  del  Bello.  Del  Bello,  come  del  Vero,  non  sono  giudici  altro 
che  i  savii.  Pero  mal  farebbe  chi  nel  produrre  un'opera  di  arte  pren- 
desse  le  norme  dal  gusto  popolare,  se  lo  conoscesse  fallace.  II  gusto 
si  deve  anzi  formare  collo  studio  della  Natura,  e  di  coloro  che  nella 
imitazione  della  Natura  si  sono  segnalati  sopra  gli  altri ,  secondo  il 
giudizio  de'  secoli.  Perocche  le  leggi  generali  del  Bello  sono  immu- 
tabili ,  pognamo  che  la  materia ,  in  cui  queste  leggi  hanno  luogo , 
possa  soggiacere  a  molte  e  svariate  modificazioni. 

Or  quali  saranno  gli  esemplari  da  togliere  a  guida  e  maestri,  nel- 
la difficile  impresa  di  ritrarre  il  Bello  dalla  Natura,  conforme  i  diver- 
si  rispetti,  onde  puo  essere  imilata  dalle  Arti?  Qui  si  appresenta 
all'  Autore  la  controversia  si  lungamente  agitata  del  Classicismo 
e  del  Romanticismo.  Egli  la  risolve  vittoriosamente  a  favore  della 
vera  scuola :  di  quella  cioe  che,  non  brigandosi  punto  di  nomi  vani, 
fa  suo  capitale  del  senno  degli  antichi,  greci,  romani,  italiani,  e  non 
isdegna  di  torre ,  se  si  vuole ,  eziandio  dagli  oltramontani ,  cio  che 
puo  acconciamente  innestarsi  col  classico  gusto,  ed  e  per  ventura 
piu  conforme  alia  moderna  civM.  Questo  arbitrio  pero  &  da  inten- 
dere  solamente  per  rispetto  all'  elemento  mutabile  e  non  ai  principii, 
che  sono  in  gran  parte  discordanti  da  quelli  che  formarono  la  norma 
de'  Classici.  La  precipua  differenza ,  da  cui  si  derivano  quasi  tutte 
le  altre ,  sta  in  questo ,  che  i  Classici  studiavano  all'  ideale ,  e  da 
esso  ricavavano  le  leggi ,  che  doveano  governarli  nella  esecuzione 
de'  loro  lavori :  per  contrario  i  rinnovatori  delle  Arti  sludiano  al  rea- 
le ;  e  quindi  dispregiano  lutte  le  regole  degli  antichi ,  n&  vogliono 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  331 

leggi ,  che  afFrenino  i  loro  ingegni :  come  la  natura ,  dicono  essi ,  e 
libera  e  sciolta  nelle  sue  produzioni.  II  che  si  verifica  massimamente 
ne'  Drammi ,  nelle  Tragedie  e  nei  Romanzi ;  con  quanto  detrimento 
del  buon  guslo  e  danno  del  pubblico  costume ,  lo  puo  giudicare 
ognuno,  che  abbia  qualche  cognizione  delle  lor  opere. 

Ma  lo  strumento  della  manifestazione  del  Bello  nelle  Arli  della  pa- 
rola  e  la  lingua :  quindi  come  nella  parola  s'  incarnano  in  certa  gui- 
sa  i  concetti ;  cosi  e  difficile  sceverare  il  bello  delle  idee  dal  bello 
della  espressione.  Donde  si  fa  palese  la  vanila,  o  piuttoslo  la  ignoran- 
za  di  coloro,  i  quali  dicono  di  non  volersi  curare  punto  della  lingua, 
perciocche  il  tutto  sta  ne'  concetti ;  e  poco  monta  che  questi  sieno 
significati  per  un  modo  o  per  un  altro.  L'Autore,  dimoslrata  la  fa- 
tuita  di  un  tal  discorso  ,  e  per  opposto  la  necessila  di  conservare  la 
purezza  della  lingua  e  le  proprieta  dello  stile ;  si  Iraltiene  per  molti 
capi  intorno  a  quistioni  di  lingua,  che  egli  risolve  colla  consuela 
aggiustatezza ;  e  richiama  gl'  Italian!  principalmente  agli  aurei  auto- 
ri  del  Trecento  ed  all'uso  toscano. 

Le  idee  sin  qui  esposte  dall'  Autore,  niuno  puo  negarlo,  son  giu- 
stissime.  Ma  egli  discopre  la  radice  di  ogni  piaga  delle  Arti,  nel  libro 
secondo,  additandola  nel  guasto  della  Filosofia,  si  razionale,  si  mo- 
rale, e  noi  possiamo  aggiungere  anche  sociale.  Ne  potrebb'  essere 
altrimenli,  giacche  come  la  vita,  cosi  anche  le  Arti,  che  sono  in  certo 
modo  il  riflesso  della  \ita,  non  possono  altrove  ispirarsi  che  ne'  prin- 
cipii  allinli  da  quella  triplice  fonte.  L'Autore  discorre  di  alcurii  si- 
stemi,  riusciti  piu  fatali  alle  Arli,  e  questi  egregiamente  avverte  es- 
sere il  Parileismo  ed  il  Sensismo.  I  quali  se  sembrano  opposli  Ira 
loro,  perche  il  primo  vorrebbe  fare  dell'uomo  un  Dio;  laddove  il 
secondo  lo  deprime  nella  condizione  de'  bruti ;  nella  sostanza  pero 
tornano  allo  stesso,  facendo  amendue  oggetlo  della  felicila  lo  sfoga- 
mento  delle  proprie  passioni.  E  qui  con  molte  savie  considerazioni 
lamenta  i  gravissimi  pericoli,  che  non  solo  ai  giovani  inesperti,  ma 
anche  agli  uomini  maturi  sono  creati  da  tanle  turpitudini,  che  si 
presentano  colle  apparenze  del  Bello,  e  quindi  piu  facilmente  si  fan- 
no  slrada  nell'animo.  Di  che  se  i  Gentili  poteano  Irovaro  qualche 
scusa  nella  loro  falsa  religione,  come  la  potranno  trovare  coloro  ai 
quali  splende  la  luce  del  Cristianesimo? 


332  RIVISTA 

Ma  tornando  alia  ragione  radicale  di  ogni  corruttela  delle  Arti, 
che  e  la  falsa  Filosofia ,  con  molta  ragione  1'  egregio  Autore  osserva 
che  non  mai  potranno  esse  racquistare  dapperlullo  Y  anlico  splen- 
dore  e  mantenerlo,  se  non  saranno  ristaurati  universalmente  gli 
studii  filosofici.  Giacche  non  puo  negarsi,  che  anche  fiorendo  una 
buona  Filosofia,  per  altre  cause  che  inlervengano,  possono  le  Arti 
patire  detrimento ;  ma,  se  generalmente  vige  una  falsa  Filosofia,  non 
possono  non  patirlo,  e  sotto  rispetti  anche  piu  assoluti  e  con  esten- 
sione  molto  maggiore.  Una  pruova  piu  patente  di  questa  verita  sono 
i  drammi  moderni ;  i  quali,  se  considerali  secondo  1'  arle  offrono  un 
si  gran  numero  di  difelli,  la  scaturigine  di  essi  e  la  perversa  mora- 
le, da  cui  sono  informal!. 

Sicche  non  potrebbe  sperarsi  una  ristaurazione  universale  delle 
Arti,  se  prima  non  si  procaccia  la  ristaurazione  filosofica.  A  questa 
conseguenza  dopo  le  cose  ragionate  niuno,  che  ha  fior  di  senno,  sa- 
prebbe  contraddire.  Solamente  il  lettore  ha  il  dirilto  di  addimanda- 
re  un  sicuro  criterio ,  con  cui  possa  fra  tanti ,  che  si  vantano  mae- 
stri della  verace  sapienza ,  distinguere  i  propagator!  del  vero  e  i 
banditori  del  falso.  Un  tal  criterio  1'  Autore  1'addita  nel  Cristianesi- 
mo.  Perocche ,  in  primo  luogo ,  quella  dotlrina  e  cerlamente  da  ri- 
pudiare ,  che  in  qualsivoglia  modo  ripugna  alle  verita  rivelate.  In 
secondo  luogo  lanto  e  maggiore  fondamento  di  verita  in  un  sistema 
filosofico,  quanto  questo  e  piu  con  for  me  ai  dommi  che  sono  proposti 
dalla  Fede.  Che  se  ancora  si  cerchi  piu  determinata  risposta,  e'pare 
che  si  dovrebbe  ritornare  a  que'  tempi ,  ne  quali  una  era  la  Filoso- 
fia, professata  generalmente  da  tutti ;  dalla  quale ,  come  nota  Y  Au- 
tore, gia  sono  due  secoli  si  e  fatto  divorzio ,  con  si  grande  scompi- 
glio,  che  n'  e  conseguitalo  nella  scienza,  e  con  tanta  disperazione  di 
potere  pervenire  all'  acquisto  del  vero. 

Nondimeno,  ritornati  ancora  nel  loro  dritto  senliero  gli  studii  del- 
la  Filosofia,  assai  allre  cose  rimarrebbe  da  riformare,  per  oltenere 
il  pieno  effetto  del  ristoramento  desiderate.  Tutte  pero  si  possono 
compendiare  nel  concetto  di  una  bene  intesa  islituzione  lelteraria.  Le 
osservazioni,  che  fa  su  tal  proposito  1'Autore,  sono  di  vario  genere  ; 
le  quali,  considerate  ciascheduna  per  se,  sono  giustissime,  e  risguar- 
date  nel  loro  complesso  offrono  cio  che  gli  animi  piu  ammodali  po- 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  333 

trebbero  desiderare,  per  vedere  tra  noi  a  poco  a  poco  rifiorire  le 
lettere. 

Le  leoriche  sin  qui  esposte  sembra  che  riguardino  piu  propria- 
mente  la  Poesia  e  le  altre  facolla,  che  manifestano  il  bello  collo  stru- 
mento  della  parola.  II  che  forse  puo  parere  ad  alcuno  un  po  meno  di 
cio  che  era  promesso  dal  litolo.  Mal'Autore,  oltre  ad  avere  nel 
corso  dell'  opera  piu  volte  applicato  esplicitamente  i  principii  alle 
Arti  inferior!,  consacra  nella  fine  di  essa  un  capo  intero  alia  Pittura  j 
della  quale  si  contenta  di  considerare  un  sol  difetto,  ma  troppo  uni- 
versale  ai  tempi  nostri,  e  che  e  del  tulto  conforme  a  quello  che  forma 
il  vizio  pur  principale  delle  altre  Arti  piu  nobili.  Questo  e  cio  che 
egli  chiama  naluralismo  deir  arte ;  e  consiste  nello  studio  di  ritrarre 
la  nalura  qual  e  in  se  stessa ,  invece  di  farsene  esemplare ,  come 
praticavano  gli  antichi ,  per  ricavarne  i  tipi  ideali.  Non  insisteremo 
sugli  argomenti,  pe'  quali  ci  basta  notare  che  hanno  iutta  la  eviden- 
za ,  per  convincere  ogni  amante  del  Bello  della  falsitei  del  principio 
predominate . 

Conchiudiamo  intanlo  col  tributare  le  debite  lodi  all'  Autore ;  il 
quale  in  un  tempo,  in  che  sono  accolte  comunemente  dottrine  tanto 
opposte ,  e  sottilissimi  errori  hanno  preso  il  posto  della  verila ,  egli 
ha  saputo  scrivere,  rion  gia  poche  pagine,  ma  un  intero  libro;  in  cui 
se  un  qualche  severo  censore  puo  rimanere  poco  conlento  della 
disposizione  delle  materie ,  o  ad  allri  alcuna  volta  puo  sembrare  un 
po  pesante  lo  stile,  niuno  pero,  che  sia  giusto  estimatore,  puo  accu- 
sare  di  falsila  i  principii ,  d'  inesattezza  i  giudizii ,  o  di  fallacia  le 
norme. 


III. 


La  Societa  Romano,  ,  delizie  esletiche  di  H.  TAINE,  nella  Revue 
des  deux  Mondes  di  Parigi,  del  45  Aprile 


Cerli  mali  esempii  sono  proprio  appiccaticci.  Alquanti  anni  ad- 
dietro  due  celebri  buffoni  del  demimonde  di  Parigi,  vale  a  dire  gli 
onorabili  Edmondo  About  e  Amedeo  Achard  ,  stampavano  due  sci- 


334  BI  VISTA 

nmnitissimi  romanzetti  da  Yiaggiatori,  pieni  zeppidi  capestrerie  e  di 
empieta  contro  Roma.  Che  e ,  che  non  e?  Costoro  ebbero  la  rara 
sorle  di  far  ridere  il  loro  pubblico,  e  insieme  di  metier  da  parte  un 
gruzzoletto  di  marenghi,  che  trapasso  i  conflni  d'  ogni  loro  lelleraria 
speranza.  Non  sappiamo  se  questa  buona  forluna  altirasse  loro  1'in- 
vidia  di  molti.  Certo  e  per6  che,  se  li  per  li  non  ebbero  degl'  invi- 
diosi,  ebbero  certamente  degli  emoli;  e  i  de  la  Varenne,  i  Monnier, 
i  Key ,  tulli  fior  di  storici  delle  odierne  cose  italiane ,  ad  uso  degli 
estaminels  e  dei  cabarets  francesi ,  ne  slanno  per  testiinonii.  II  trislo 
esempio  adunque  non  fu  senza  imitatori,  tra  quella  generazione  di 
imbrattacarte,  che  possono  succhiarsi  un  poncio  in  fratellevole  croc- 
chio  con  ua  Edmondo  About  e  con  un  Amedeo  Achard. 

Ma  do  che  desta  qualche  meraviglia,  si  e  che  anche  alia  gia  gra- 
ve e  gia  matronale  Revue  des  deux  Mondes,  sia  saltato  il  licchio  di 
deporre  il  peplo  da  sacerclotessa  di  Minerva  Apaturia ,  e  di  infra- 
scarsi  da  Baccante,  per  buffoneggiare  intorno  all'  Italia  e  in  ispeeial- 
ta  intorno  a  Roma,  cosi  sguaiatamerite  come  i  suddetli  due  famosi 
Satiri ;  e  che  per  farlo,  abbia  pigliato  al  suo  soldo  nientemeno  che 
un  Professore  di  Estetica,  un  H.  Taine;  il  quale  se  in  punlo  di  inci- 
villa  schifose ,  di  bestemmie  squisile,  di  turpiloquio  e  di  castrone- 
rie,  non  vince  i  due  sopra  encorniaU  giullari,  non  sia.  Segno  manife- 
sto che  la  impresa  commerciale  del  signor  Buloz,  proprietario  della 
ponderosa  Revue ,  sta ,  come  corre  voce ,  sul  declinare ;  se  non  in 
quanto  a  gran  passi  avvicinasi  a  una  liqwdazione,  che  ridurrebbe  a 
buonissimo  prezzo  la  merce  degli  scrittori  mestieranti ;  certo  in  quan- 
to perde  sempre  piu  ogni  autorita  magistrale.  Ma  checche  sia  di  cio, 
sembra  a  noi  merilevole  di  osservazione  questa  nuova  infamiaj  onde 
la  incredula  Revue  macchia  la  sua  inonorata  vecchiaia. 

Sappiano  pertantoi  nostri  lettori  ilaliani,  e  massimamente  romani, 
che  il  signor  H.  Taine  s'e  messo  a  stampare,  sino  dal  Decembre  dello 
scorso  anno,  una  serie  di  articoli  ch'egli  ha  intilolali :  L3 Italic  et  la 
vie  ilalienne,  i  quali  sono  una  quintessenza,  non  diremo  solo  di  spro- 
posili  e  di  strampalaterie  incredibili,  ma  di  ingiurie,  di  calunnie  e 
di  vituperii  sozzissimi  contro  quanto  ha  la  patria  nostra  di  grande, 
di  puro,  di  eccelso  in  opera  d'  arti,  di  costumi,  di  religioner  cosi 


BELLA  STAMM  ITALIANA  335 

clie  1'  Italia  e  la  sua  gente  e  il  suo  onore  e  la  sua  fede ,  sotto  le 
zampe  di  questo  indefinibile  professore,  diventaoo  alcun  che  peggio 
del  brago.  Costui  ci  e  sceso  in  Italia  con  la  fantasia  gia  ingombra  di 
tulle  le  piii  luride  immagini,  raccolte  nei  lupanari  di  Parigi,  o  tra  le 
immondezze  scritte  dai  Balzac  e  dai  Sue;  e  con  in  capo  questo  cor- 
redo  di  estetica  veramenle  suina,  e  venuto  a  giudicare  delle  nostre 
usanze,  dei  noslri  capolavori,  del  nostro  cattolicismo,  delle  nostre 
cbiese,  delle  nostre  citta,  dei  nostri  popoli.  E  impossibil  cosa,  per 
un  animo  che  ritenga  ancora  un  briciolo  di  onesla ,  seguire  questo 
laido  ciurmatore  nelle  sue  descrizioni  e  digressioni,  senza  arrossire 
€  sentirsi  fremere  di  dispetto.  Costui  non  gode,  non  esulta,  non  tri- 
puelia,  jse  non  quando  inconlra  brutture  od  oggetli  volultuosi.  Per 
lui  non  c'e  altro  bello  che  1'inverecondo.  La  estetica  sua  e  quella 
unicaraente  degli  Animali  parlanti  del  Casti.  Ove  non  iscuoprasoz- 
zure,  ve  le  indovina  e  ve  le  crea  con  una  perspicacia  e  con  una 
fecoiidita  portentosamente  stomachevoli ,  anzi  sacrileghe:  giacche, 
sotto  i  suoi  sguardi  impuri,  i  Crisli  crocifissi  si  mutanoin  profanita, 
le  tele  o  le  staluedeH'inimacolata  Madre  di  Dio,  delle  sante  Yergini, 
delle  Martiri  e  degli  Angioli  si  trasformano  incontaminazioni,  che  la 
penna  ci  rifugge  dai  solo  adombrare.  Come,  al  dir  di  san  Paolo, 
lulte  le  cose  sono  monde  ai  mondi:  Omnia  munda  mundis  ;  cosi,  per 
la  ragione  dei  contrarii,  alle  animeinfette  ogni  cosa  e  infezione:  Coin- 
quinatis  autem  et  infidelibus  nihil  est  mundum,  sed  inqumatae  sunt 
eorum  et  mens  et  conscientia  1.  E  che  do  sia  pur  troppovero,  ce  lo 
chiariscono  queste  putidissime  lettere  di  H.  Taine.  II  quale  a  che 
allo  segno  sia  egli  infelto,  lo  adclimostra  scrivendo ;  e  se  sia  infedele, 
musulmano,  giudeo  o  buddisla,  lo  ignoriamo  :  ma  sicuramente,  dai 
suo  linguaggio  fetido  e  blasferno  conlro  tulto  cio  che  e  santo,  pos- 
siamo  argomentare  che,  quando  pure  abbia  il  ballesimo  di  cristiano, 
non  ne  abbia  la  fede. 

I  leltori  adunque  ci  avranno  per  iscusati  se,  in  confermazione  di 
quello  che  asseriamo,  ci  asteniamo  dall'  esemplificare.  La  materia  e 
troppo  lubrica  e  gelosa;  e  ancor  volendolo,  non  ci  verrebbe  fatto  di 

1  Ep.  ad  Titum,  c.  I,  15. 


336  RTOSTA 

allegare  un  unico  esempio,  il  quale  non  fosse  di  offesa  o  al  pudore 
o  alia  piela.  Ne  lo  scopo  clie  ora  ci  proponiamo,  e  di  raettere  in  luce 
la  miscredenza  o  la  sudiceria  dell'onorabile  signer  Taine.  Invece  la 
intenzione  nostra  e  di  rallegrare  un  po'  i  Romani,  offerendo  loro 
un  gustosissimo  saggio  delle  delizie  estetiche,  di  cui  cotesto  gaglioffo 
fa  bella  la  Revue  des  deux  Mondes  sul  loro  conto.  Noi  non  confute- 
remo,  perche  le  ignobili  stolidezze  di  costui  si  confutano  col  solo 
recarle  in  evidenza.  Nemmeno  andremo  per  le  lunghe,  stanteche  cer- 
te  droghe  vogliono  essere  servite  con  parsimonia.  Sceglieremo  per 
cio  qui  e  cola  alcuni  piu  notevoli  passi  dalle  due  sue  lettere,  che  tutte 
si  aggirano  sulla  odierna  Societa  Romana,  e  che  sono  destinate  a 
porgere  un  concetto  storico  e  genuino  di  Roma  e  dei  Romaui,  quali 
sono  oggidi. 

II  signor  Taine  confessa  che ,  in  un  mese  appena  di  soggiorna 
nella  cilta  di  Roma,  egli  non  e  stato  al  caso  di  farsi  molto  addentro 
nelle  faccende  intime  e  domestiche  dei  Romani :  ma  egli  qui  ebbe 
amid  di  diversi  ordini  e  di  diverse  opinioni,  tutti  cortesi  e  parecchi 
giudiziosissimi.  Le  cose  quindi  che  egli  riporta  sono  un  sunlo  di  cin- 
quanta  o  sessanta  ragionamenli  e  discussioni,  ch'  egli  ebbe  con  tali 
amici,  senza  reticenze  e  andando  sino  al  fondo  delle  materie  ragio- 
nate  e  discusse.  Queslo  preambolo  rellorico  gli  e  stato  necessario, 
come  al  cerretano  V  orpello  per  indorare  le  pillole. 

Cominciamo  dal  caraltere,  ossia  dal  naturale  dei  Romani.  Che 
gente  sono  essi?  Fuor  di  modo  perspicaci,  calcolatori,  furbi,  ma 
wienie  meno  egoisti.  Son  padroni  di  se  medesimi,  non  vogliono  com- 
promettersi,  non  pensano  che  a  tirar  ciascuno  I'  acqua  nel  suo  mu- 
Uno,  a  vantaggiarsi,  a  truffare  gli  altri  e  a  truffarsi  vicendevolmen- 
te.  Quella  che  noi  chiamiamo  delicatezza  e  a  loro  sconosciuta.  Vi  e 
un  buon  numero  d'usurai  tra  i  personaggi  piu  noUR  e  piu  ricchi. 
Ognuno  ha  il  suo  proteltore;  ed  e  impossibile  campare  altrimenti: 
ne  bisogna  uno  per  ottenere  ogni  piu  piccola  cosa,  per  farsi  render 
giustizia,  per  incassare  le  proprie  rendiie,  per  conservare  iproprii 
beni.  Uno  dei  miei  amici  (forse  di  quelli  giudiziosissimi)  paragona 
questo  paese  air  Oriente,  dove  ha  viaggiato:  con  questo  divario,  che 
qui  le  cose  non  sono  guidate  dalla  forza,  ma  dalla  destrezza:  /'wo- 


BELLA  STAMPA  ITAL1ANA  337 

mo  accorto  e  ben  appoggiato  pud  conseguir  tutlo.  II  vivere  e  qui 
una  leg  a  e  un  combaltimento,  ma  sotterraneo:  non  punto  energia 
brutale :  qui  si  fanno  mine  e  conlromine,  con  artifizii  studiati  e  con 
trabocchelli  scavati  died  anni  innanzi.  Qui  la  poltroneria  e  in  ono- 
re.  Nella  universale  miseria,  in  cui  ognuno  languisce,  tutli  si  assi- 
stono  r  un  I  altro :  un  accaltone  non  e  uomo  fuori  di  posto,  e  nep- 
pure  e  tale  un  galeotto:  sono  persone  oneste;  oneste  quanta  le  al- 
tre,  ma  disgraziate.  L'  uomo  qui  non  ha  naturalmente  I'  idea  della 
giustizia.  La  mancanza  di  ritegno  e  qui  totale;  costoro  non  cono- 
scono  i  piccoli  riguardi  della  nostra  sodeta,  il  riserbo,  la  buona 
creanza.  Ed  abbisognano  per  appunto  che  un  forbito  cavaliere , 
com'e  il  signor  Taine,  la  insegni  loro!  Desiderano  essi  vivamente  di 
diventare  Ilaliani?  (Quasi  che  i  Romani  sieno  Cosacchi)  SI  e  no. 
1  miei  amid  pretendono  che  essi  detesterebbero  i  Piemontesi  alia  fine 
di  un  mese.  Quasi  che  per  esser  Italiani,  i  Romani  avessero  mestie- 
ri  di  farsi  Piemontesi;  e  quasi  che  per  detestare  i  Piemontesi ,  in 
quanto  con  questo  nome  si  designano  i  liberalaslri  venduti  alle  sette, 
i  Romani  aspeltassero  d'  esser  caduli  tra  le  loro  granfie.  /  Romani 
sono  avvezzi  alia  licenza,  all'  impunita ,  alia  infingardaggine ,  al 
governo  del  favore ,  e  si  sentirebbero  in  mal  essere  se  ne  fossero 
privi.  E  che  altro  porterebbero  in  Roma  quesli  Piemontesi,  se  non 
proprio  la  licenza,  /'  impunita  e  il  governo  del  favore  a  pro  di  tutti 
i  ribaldi  della  Frammassoneria?  E  cio  basti  quanto  al  caraltere  ge- 
nerale.  I  colori  son  telri,  ma  sono  del  signor  Taine.  Oual  mera^iglia 
poi  che  uno,  il  quale  vi  Irasfigura  la  Madonna  in  cio  che  non  osiamo 
dire,  vi  trasfiguri  il  popolo  piu  nobile  del  mondo  in  una  turba  di  fur- 
fanli?  Si  sa ;  la  botte  non  da  se  non  quel  \ino  che  ha.  Un  Taine  non 
puo  scrivere  che  da  Taine. 

Quanlo  alia  vita  inlerna  dei  Romani  e  ai  loro  costumi,  ci  guarde- 
rem  bene  dal  tradurre  un  millesimo  delle  infamila  che  costui  scrive, 
col  bel  francese  che  e  di  moda  nelle  maisons  d'or  di  Parigi.  Come 
egli  laceri  Tonore  delle  fanciulle  e  delle  donne  romane ,  non  dire- 
mo.  Le  sono  gerililezze  propriamente  da  Taine!  Un  Romano  e  una 
Romania,  scrive  egli,  mettono  nei  panni  tutto  il  danaro  che  lucrano 
o  che  loro  e  donato.  Ma  cio  non  toglie  che  si  possa  uscire  in  berrel- 
Serie  77,  vol  II,  fasc.  363.  22  27  Aprile  1865 


338  RIVISTA 

tino  e  con  I'abito  sdruscito;  poiche  nessuno  yuarda  ai  fatti  degli  al- 
tri;  ognuno  bada  a  divertirsi,  e  le  scappatelle  son  tollerale.  L'ali- 
menlo  del  Romani  e  scarso  e  cattivo:  mangiano  paste,  formaggio, 
cavoli  e  ftnocchi :  non  fanno  fuoco  I'  inverno :  i  loro  mobili  son  me- 
schini;  tutto  e  per  I-  apparenza.  Si  vede  per  le  jlrade  o  sul  Pincio 
una  quantita  di  donne  in  isfarzosi  manti  di  velluto,  nna  calca  di 
bei  zerbinotli  lisciati  e  in  guanti  nuovi:  I  esterno  e  attillato  ,  splen- 
dido,  pien  di  freschezza;  ma,  per  carila,  non  esaminate  i  lor  panni 
di  sotto!  Le  donne  passano  tutto  il  santo  giorno  alia  finestra,  e  se 
sono  ricche,  vanno  alia  messa,  indi  al  Corso,  poi  ancora  al  Corso. 
Nella  classe  di  mezzo  usano  le  veglie,ma  singolari.  Siservono  bic- 
chieri  d'acqua  senza  zucchero.  Ognuno  vi  si  occupa  ad  armeggiare 
co'suoipensieri,  o  adosservare  altrui  (sono  \7eglie  da  Certosini).  Trat- 
to  tratto  s'  interrompe  questa  silenziosa  consider  azione,  per  ascollare 
un  poco  di  musica.  Nella  minutissima  borghesia  non  si  serve  niente 
affatto,  neppure  un  bicchier  a"  acqua.  C'  e  un  piano  forte ;  per  lo  piu 
qualcheduno  canta.  Non  mai  fuoco  I' inverno :  le  dame  fanno  circolo 
coi  loro  manicotti  dinanzi :  le  piu  favorite  ricevono  uno  scaldino  da 
tener  in  mano.  Questo  si  ha  per  bastante :  qui  tutti  sono  di  facile 
contentatura.  E  pensare  die  queste  corbellerie  sono  il  sunto  di  cm- 
quanta  o  sessanta  ragionamenti  del  signor  Taine  con  amid  corlesi 
e  giudiziosissimi  I  E  pensare  cli1  egli  afferma  d'  aver  toccato  il  fondo 
delle  cose  t  Ahi  povero  sale  francese,  quanto  se'  dolce  in  questa  zucca! 

Veniarao  ora  agli  ordini  parlicolari  dei  cittadini.  Pochissimi  sono 
gli  arlisti  in  questa  citta  popolata  di  capolavori  d'arte.  Trenfanni 
fa,  ollre  Camuccini  c'erano  alquanti  freddi  imitatori  di  David :  oggi 
si  volgono  a  una  insipidezza  graziosa;  gli  scultori  danno  almarmo 
un  pulimento  perfetto  per  incontrarilgenio  deiricchi  di  oltremonte; 
questo  e  lapice  della  loro  valentia,  e  non  vanno  piu  innanzi.  Per  lo 
piii  sono  operai  (non  artisti)  che  fabbricano  delle  copie.  II  pubblico 
grossolano  ancor  egli  e  caduto  in  basso:  i  Romani  non  guslano  i  loro 
capolavori,  se  non  per  mezzo  degli  ammiratori  stranieri  (special- 
menle  quando  sono  del  taglio  dei  Taine) . 

E  i  nostri  medici  che  cosa  sono  ?  Les  medicins  sont  des  donneurs 
de  lavemens.  E  i  noslri  maestri  chirurgi?  Sono  des  barbiers  de 


BELLA  STAMPA  ITALIAN  A  339 

village.  Ne  volele  una  prova?  Leggele.  Nello  spedale  degli  amma- 
lati  di  cute,  si  fanno  ai  tiynosi  incisioni  nella  testa ;  cicalrizzatasi 
la  piaga,  si  pongono  in  fila  tutti  i  malati,  e  si  passa  lore  sul  capo 
wi  pennello  imbevuto  d'  una  certa  mislura.  Quell'  identico  pennello 
serve  per  tutti;  e  forse  sono  piu  anni  che  va  in  giro.  Si  pub  giudi- 
care  da  questo  il  decor o  e  I'importanza  in  che  sono  qui  le  profes- 
sioni  liberali!  Non  si  parli  dei  celebratissimi  giurisperiti  romani.  II 
signer  Taine  ve  li  spiccia  con  un  frizzelto:  essi  sono  des  praticiens 
de  chicane. 

Qual  e  la  cagione  di  questo  avvilimento  o  depravamenlo  dell'in- 
gegno  dei  Romani?  Eccola:  La  vera  coltura  e  loro  interdetta.  E  im- 
possibile  viaggiare  senza  un  passaporto  del  Papa;  e  queslo  passa- 
porlo  e  spesso  negato.  La  polizia,  che  lascia  fare  a  ciascuno  quel  che 
vuole,  non  tollera  che  i  Romani  sapplichino  ad  alcuna  delle  scienze 
che  si  accostano  alia  religione  ed  alia  politico.  Un  uomo  che  sludii 
e  legga  mollo,  ancorche  in  casa  sua  e  a  porte  chiuse,  cade  sotto  la 
sua  vigilanza.  E  infaslidilo,  e  assediato  dalle  visite  fiscali  pel  seque- 
stro  dei  libri  proibiti :  lo  accusano  dirilenereimmaginioscene.  Egli 
e  sottoposto  a  precetto,  vale  a  dire  all'obbligo  di  ritirarsi  in  casa 
all'Ave  Maria,  e  di  non  uscirne  dopo  coricatosi  il  sole  (quasiche  il 
sole  di  Roma  si  corichi  dopo  YAve  Maria) ;  se  una  volta  il  misero 
trasgredisce  il  precetto,  lo  meltono  in  prigione.  E  un  diplomatico 
straniero  ha  nominate  a  lui  (cioe  al  signor  Taine)  un  amico  suo  a 
cui  quesla  disgrazia  e  accaduta ! 

Non  e  quindi  a  stupire  se  in  una  citta  come  Roma,  nella  quale 
non  si  puo  neppure  leggere  di  nascoslo  senza  dar  negli  occhi  della 
polizia,  allirarsi  addosso  un  precetto  e  andar  in  prigione ;  non  e  me- 
raviglia ,  diciamo ,  che  in  una  cilia  tale ,  si  incontri  un  matematico 
solo,  e  poi  uno  o  alpiu  un  paio  di  antiquarii:  non  altro.  II  reslo  dei 
Romani  son  lutli  poltroni  e  ignoranti:  giacche  in  questa  citta  allato 
della  poltroneria  fiorisce  la  ignoranza,  come  il  car  do  selvatico  allato 
dell'ortica.  II  tipo  dello  spirito  di  quesli  poveri  Romani  volete  sape- 
re  dov'  e  finalmente  ?  E  nel  CALANDRINO  delle  antiche  marionette. 

E  i  giovani  romani  ?  Ancor  eglino  debbon  essere  naluralmenle 
giovani  Calandrini.  Un  giovane  romano,  seguila  il  nostro  eslelico, 


340  RIVISTA 

si  pud  r assomigliare  a  un  uomo  che  fa  la  meriggiana:  e  inerte , 
odia  lo  sforzo  e  s'  irriterebbe  d?  essere  incommodato  ,  d'  essere  co- 
slretto  a  fare  qualunque  cosa  si  sia.  Quand*  e  uscito  dal  suo  bureau 
(dunque  almeno  si  adatta  a  stare  in  un  bureau!)  si  vesle  il  meglio 
che  possa,  e  va  porsi  sotto  una  cerla  finestra:  e  vi  dura  delle  mez- 
ze  giornate  inter  e.  Quando  i  giovani  romani  non  fanno  i  piantoni 
solto  le  finestre,  passeggiano  continuamente  pel  Corso  . . .  e  s*  intri- 
gano  di  mille  peltegolezzi  femrainili,  che  assottiglian  loro  I'ingegno. 
Tra  loro  poi  sono  garbali,  ridenti,  complimenlosi ,  ma  infinti,  sem- 
pre  in  sull'  avviso  e  sollecili  di  truccarsi  /'  un  I'  altro ,  e  di  far  si 
scambievolmente  tiri  brutli* 

Viene  la  volta  dei  nobili,  per  descrivere  i  quali  il  signor  Taine  im- 
piega  la  seconda  delle  due  sue  letlere,  che  comincia  addirittura  cosi : 
Quant  a  /'  arislocratie ,  on  la  dit  bete.  Fuor  di  dubbio  1'  avra  intesa 
dir  tale  da  que'  suoi  amici  cortesi  e  giudiziosissimi,  che  gli  hanno 
delto  tutlo  senza  reticenze.  Che  piu?  Quasi  tutli  i  nobili  Romani 
hanno  ringegno  sostanzialmente  oltuso  ed  angusto,  per  una  ragioiie 
fisiologica,  che  egli  stesso  chiama  una  particolarita  singolare :  ed  e 
il  numero  troppo  scarso  degl' incrociamenti ,  e  la  stagnazione  del 
sangue,  sempre  rinchivso  nelle  medesime  vene.  La  lesi  e  la  prova  so- 
no degne  del  signer  Taine!  /  ritralli  loro  si  possono  contemplare  nel- 
la  leggiadra  commedia  del  conte  Giraud  « Z'  aio  nell'imbarazzo  » :  e 
medesimamente  il  principe  Lello,  nella  «  Tolla »  del  signor  Edmondo 
About,  e  preso  sul  vivo.  Vedete  come  i  democratic!  Taine  e  About  si 
danno  la  mano,  quando  si  tratta  di  gettar  il  loro  fango  fraterno  ad- 
dosso  T  aristocrazia  romana? 

Ma  egli  e  tempo  che  facciam  punto,  perocche  troppo  ci  avvediamo 
che  ogni  bel  giuoco  vuol  durar  poco ;  e  le  ingiurie  onde  cotesto 
mascalzone  oltraggia  il  patriziato  di  Roma,  che  e  Ira  i  piu  illustri  d'Eu- 
ropa,  sono  cosi  plaleali  e  vigliacche,  che  non  reggerebbe  a  noi  la 
pazienza  di  trascriverle,  ne  ai  lellori  quella  di  sopportarsele  solto 
gli  occhi.  Del  resto ,  per  un  mero  saggio,  stimiamo  che  il  riferitone 
finora  sia  piu  che  bastevole. 

I/  onorabile  signor  Taine,  rimorso  per  avventura  dalla  coscienza 
che  lo  rimproverava  di  sballare  pazzie  troppo  insensate,  in  una  delle 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  341 

precedent!  letlere,  avea  finto  che  gli  amici  lo  rampognassero  di  irri- 
verenza  soverchia  nel  buttar  giu  le  sue  forsennatezze,  come  veniva- 
no  venivano.  Alia  quale  rampogna  risponde,  che  in  verita  egli  in 
queste  sue  lettere  non  adopera  ne  lo  sbozzatoio,  ne  il  pennello,  ne 
la  squadra,  cioe  che  le  scombicchera  alia  rimpazzata :  ma  prega  che 
si  lasci  ii  suo  strumenlo  render e  il  suono  che  gli  e  proprio.  Oltima 
risposta.  Or  qual  e  egli  cotesto  suo  strumento,  e  qual  proprio  suono 
rende  egli  ?  Non  lo  diremo  noi ;  lo  dicano  invece  i  Romani ;  essi 
che,  per  sentenza  del  Taine,  sono  tanli  Calandrini ! 

Ogni  favola  ha  da  avere  la  sua  moralita.  E  la  moralita  di  questa 
favola  sia  pei  Romani  di  conoscere  sempre  meglio,  con  quali  arli 
di  frodolente  perfidia  i  nemici  della  Santa  Sede  procurino  di  com- 
batlerne  la  grandezza  ed  ii  Principato  civile.  Ecco  un  Taine,  pagato 
e  ingrassato  e  mandato  viaggiare  in  Italia  dalla  Revue  des  deux 
Mondes,  per  che  fine  ?  Perche  cerchi  nuovi  pretesti  da  svillaneggia- 
re  la  Chiesa  cattolica  e  da  melterne  in  beffe  il  suo  supremo  Gerarca 
e  la  citta  metropoli  dell'  orbe,  sul  quale  si  stende  il  celeste  suo  ini- 
pero.  Questo  Taiue  non  trova  altro  miglior  modo  di  vituperare  la 
Chiesa  e  il  Papa,  che  quello  di  schernire  furfantescamenle  il  popolo 
romano,  perche  suddito  fedele  al  successore  di  san  Pietro.  E  que- 
sto  egli  fa  sotto  forma  di  lettere  estetiche,  e  lo  fa  con  la  impudenza 
che  abbiamo  veduta.  Che  cosa  dedurnepertanto?  Convien  dedurne 
che  T  abbiezione  di  questi  ocliatori  di  Dio,  di  Crislo  e  del  suo  Vica- 
rio  in  terra,  deve  pur  esser  profonda,  mentre  non  inorridiscono  di 
far  gli  guerra  con  armi  si  misleali  ed  obbrobriose.  Per  Roma  e  pei 
Romani,  le  calunnie  e  le  goffe  buffonerie  di  un  Taine  sono  una 
splendida  gloria :  giacche  quanto  e  vero  che  le  lodi  dei  tristi  equi- 
valgono  ad  un  vituperio,  altreltanto  5  verissimo  che  i  loro  viluperii 
equivalgono  ad  una  lode.  Guai  a  Roma  ed  ai  Romani,  se  un  giorno 
dovessero  mai  meritare,  che  la  Revue  des  deux  Mondes  ripagasse 
un  Taine,  per  tributar  loro  gli  elogi,  che  questo  immondissimo  ciar- 
livendolo  Iributa  al  Piemonte ! 


BIBLIOGRAFIA 


ANONIMO  —  Delia  imitazione  della  B.  Vergine  Maria,  con  giunta  di  sei  sermo- 
ni  sul  Magnificat  R  sulla  Sahe  Regina,  cavati  dalle  opere  di  S.Bernardo. 
Napoli,  dai  tipi  dell'  Eco  di  N.  S.  delle  Vitlorie  1865.  Un  vol.  in  32.°  di 
pay.  218. 

—  Dialogo  fra  un  curato  del  Carrarese  e  Andrea  suo  parrocchiano,  nel  qua- 
le,  data  una  generate  idea  deU'empio  opuscolo  Luce  Evangelica,  stampa- 
to  a  Torino  sotto  il  nome  di  G.  Perazzi,  si  parla  della  sacramental  Confes- 
sione  da  esso  rigettata.  Torino,  tip.pontificia  Pietro  diG.  Marietti  1865. 
Un  opusc-  w8.°  di  pug.  16. 

—  II  divoto  dell'  Immacolata  Concezione  di  Maria,  istruzioni  e  pie  pratiche 
per  la  Novena  e  per  la  festa  di  M.  Vergine  Immacolata.  Milano,  tipogra- 
fia  e  libreria  arcwescpmle,  dilia  Giacomo  Agnelli,  via  diS.  Margherita 
n.°  1,  1865.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  47. 

—  II  giardino  dell'  Immacolata.  Torino  1865,  Pietro  di  G.  Marietti,  tipogra- 
fo  ponlificio.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  56. 

—  II  S.  Rosario,  e  invito  ai  fedeli  ad  una  sacra  lega  per  i  presenti  bisogni  di 
S.  Chiesa,  estratto  dalla  Stella  dell'  Umbria.  Ism  1865,  tipografia  di  Do- 
menico  Semi.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  20. 

—  I  Moralisti  della  Rivoluzione.  Firenze  1865,  tip.  Virgiliana  per  M.  Casi- 
ni,  via  Valfonda  79.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  16. 

—  I/  eco  del  Purgatbrio,  pubblicazione  mensile,  indirizzata  al  suffragio  dei 
fedeli  defunti.  Bologna,  u/fizio  delle  letlure  della  Domenica,  via  Malcon- 
tenti  1797, 1865.  Un  opuscolo  in  8.«  dipag.  32. 

—  Memorie  per  la  storia  de'  nostri  tempi,  dal  Congresso  di  Parigi  nel  1856 
ai  giorni  nostri.  Terza  Serie,  3.°  e  4.°  quaderno,  27.°  e  28.° della  Raccolta. 
Torino,  direzione  delV  Unila  Cattolica. 

Piu  altre  volte  abbiamo  annunziata  c  common-  opera,  e  invece  di  rinnovare  le  raccomandazioni 

data  questa  utilissima  Raccolta,  le  cui  belle  e  buone  agl'  Italian!  perche  la  favoriscano,  ci  contenteremo 

doli  di  stile,  di  dotlrina,  di  yivezza,  di  veracita,  di  soggiungere  che  il  Santo  Padre  Pio  IX,  con 

di  precisione  sono  gia  note  ai  tanti  leltori  del-  leltera  dei  15  Febbraio  1865  al  cayaliere  Stefano 

ITnt'fd  Cattolica,  dal  cui  ufflzio  escono  i  suoi  Margotti,  ha  encomiale queste Memorie,  dichiaran- 

quaderni.  Invece  di  ripetere  gli  elogi  che  tutto  do:  «  Giudichiamo  che  tu  intraprendesti  un' opera 

il  giornalismo  cattolico  dell'  Italia  ha  tributato  al  assai  utile  ai  posteri  »  ;  e  «  approvandone  Som- 

chiarissimo  Margotti,  autore  principale  di  questa  mamente  il  divisamento*. 


BIBLIOGRAFIA 


ANONIMO  —  Milano  sacro,  ossia  stato  del  Glero  e  delle  Comunita  religiose 
della  citta  e  Diocesi  di  Milano  nell'anno  1865.  Milano,  tip.  e  libr.  arciv., 
ditto,  Giacomo  Agnelli,  na.S.  Maryheritan.  1.  Unvol.  in  16.°  di  pag. ^61. 

-  Narrazione  storica  delle  feste  celebrate  nell'Isola  del  Gozo,  in  occasion© 
dell'erezione  della  CollegiataMatrice  in  chiesa  cattedrale,  edell'ingresso 
solenne  di  Mons.  D.  M.  Francesco  Buttigieg,  primo  Yescovo  dell' Isola 
medesima.  Malta,  Zefirino  MicaUef  tipografo,  sir.  S.  Lucia  n.  45, 1864. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  52. 

La  piccola  isola  del  Gozo  coll'  isoletta  adia- 
cente  di  Comino  faceva  parte  della  Diocesi  di 
Malta,  dal  cui  porto  principale  dista  diciotto  mi- 
glia.  Due  ragioni  faceano  desiderare  ai  Gozilani 
di  vedersi  costituiti  in  Diocesi  propria,  e  al  tutto 
staccata  dalla  Maltese.  La  prima,  il  Tedersi  spesso 
abbandonati  nelle  cure  spiritual!,  atteso  la  distan- 
za  del  Vescovo,  la  quale  sebbene  fosse  non  gran- 
de,  era  nondimeno  malagevolissima  a  percorrere 
pei  pericolosi  canali  che  dividono  il  Gozo  d;t  Malta. 
La  seconda,  1'aver  nel  loro  ricinto  quanto  bastava 
a  formare  una  Diocesi ;  un  gran  Tempio  con  un 
Collegio  canonicale,  molle  parrocchie ,  tre  con- 
venti,  un  Ospedale,  un  Monte  di  pieta,  un  Liceo, 


Settembre  del  1864,  quando  nel  Concistoro  del  22 
di  delto  mese  venne  preconizzato  a  pri.mo  Vescovo 
diocesano  dell'  isola  del  Gozo  mons.  Michele  Fran- 
cesco Buttigieg.  Non  e  a  dire  la  gioia  con  che 
una  tal  notizia  fu  aceolla  nell'  isola;  le  feste  splen- 
didissime  onde  la  festeggiarono,  i  devoti  ringra- 
ziamenti  che  ne  porsero  al  Signore,  la  piela  re- 
ligiosa  onde  assistettero  alle  cerimonie  che  vi  si 
fecero  per  la  istallazione  del  nuovo  Vescovo*  No  i 
percorrendo  la  bella  Narrazione  di  tali  feste  ab- 
biamo  ammirato  la  pieta  del  Gozilani,  che  hanno 
tanto  esullato  per  questa  grazia  otlenula,  e  ab- 
biamo  detto  tra  noi :  bello  spetlacolo  e  cotesto, 
in  un  tenipo  in  cui  si  cacciano  i  Vescovi,  o  si  vo- 
gliorio  da  pertutto  reslringere,  allietarsi  tanto  di 
averne  conseguito  uno  speciale  !  i  Gozilani  hanno 
provato  che  ne  erano  veramentt  degai. 


una  Biblioteca,  e  una  popolazione  di  sopra  18  mila 
abitanli.  Per  le  quali  cagioni  fin  da  28  anni  ad- 
dielro  fu  supplicata  la  S.  Sede  per  la  divisione 
della  Diocesi:  ma  essa  non  fu  conceduta  che  nel 

—  Principii  elementari  di  filosofia  morale.  Edizione  quarta  ricorretta.  Torino, 
tip.  ponlificia  Pietro  di  G.  Marietti  1865.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  502. 

Diciamo  brevemente  dell'ordine  e  dello  spirito    tuzioni  esso  e  non  solo  innocuo  ma  buono ;  an- 


di  questo  compendio  di  filosofia  morale.  Esso  di- 
videsi  in  due  parti:  ETICA  GENERALE,  ed  ETICA 
PARTICOLARE.  L'  Etica  generale  ha  tre  sezioni.  La 
prima,  Anlropologia  morale,  tratta  delle  facolta 
e  degli  alti  umani  relativamente  alia  morale;  la 
seconda,  Nomologia  morale,  tralta  della  legge 
nelie  sue  diverse  dislinzioni,  e  del  principio  ge- 
neratore  della  legge;  la  terza,  Logica  morale,  tratla 
della  coscienza  morale  e  della  imputazione.  L'Etica 
particolare  ha  qualtro  Sezioni.  La  prima,  Diceo- 
sina,  espone  i  doveri  dell'uomo  verso  Dio,  verso 
se  stesso,  verso  il  prossimo,  o  che  questo  si  con- 
sideri  individualmente  preso,  o  che  si  consider! 
vivente  in  socielk  domestica,  civile,  o  religiosa. 
La  seconda,  Aretologia,  spiega  la  natura  della  virtu 
e  del  vizio,  presi  in  se  stessi,  o  nelle  loro  specie. 
La  terza,  Teletica,  parla  della  perfezione  dell'uo- 
mo, come  conseguenza  della  virtu.  La  quarta, 
Eudemonologia,  iratla  della  felicila  umana,  con- 
siderata  come  conseguenza  ed  effetlo  della  virtu 
perseverante.  Queslo  quadro,  abbastanza  compiuto 
ed  abbastanza  ordinato ,  tratlandosi  di  un  sera- 
plice  compendio,  se  offre  materia  a  qualche  cen- 
sura,  quesla  noa  puo  cadere  se  non  sopra  omissio- 
ni,  forse  appositamente  fatle,  e  forse  anco  ragio- 
nevolmente ,  e  sopra  disposizioni  di  parti ,  che 
possono  differentemenle  collocarsi  o  prima  o  poi, 
giusta  il  diverso  concetto  che  guida  1'ordine. 
In  quanto  allo  spirito  che  domina  queste  isti- 


nunciandovisi  chiaratnente  quelle  verila,  sia  d'or— 
dine  religiose  sia  d'ordine  morale,  le  quali  soglion* 
ai  nostri  giorni  mellersi  da  tanli  in  forse,  o  almeno 
passarsi  sotlo  silenzio  Troviamo  pero  in  piu  di 
un  luogo  qualche  omissione,  che  non  rende  al 
certo  ne  viziosa,  ne  pericolosa  1' opera,  ma  la 
rende  un  colal  poco  incompiuta.  Ne  ciliamo  sol- 
tanto  due.  Tutto  cio  che  1'AutOre  dice  intorno  alia 
Religione  rivelala  e  caltolicamenle  detto,  e  detto 
anche  con  vigore:  ma  la  Irattazione  finisce  col- 
1'  indicazione  generale  del  Cristianesimo.  Ei  pareva. 
che  dovesse  proseguirsi  col  parlare  piu  esprcs- 
samente  della  Chiesa  caltolica,  nella  quale  solo 
quella  rivelazione,  coi  caratleri  che  1'Autore  stesso 
esige,  si  conserva  intalta.  Cosi  favellando  del  go- 
verno  costituzionale  ,  1'  Autore  espone  come  sia. 
esso  organizzato ,  sopra  quali  principii  fondato, 
e  di  quali  vantaggi  fecondo :  ma  avrebbe  egli 
dovuto  fame  eziandio  scorgere  i  difetli  e  i  pericoli 
che  ha. in  cosi  gran  numero,  afflnche  gli  sludenti 
di  diritto  ne  formino  un  concetto  adequate,  secon- 
do  i  veri  principii  della  scienza.  In  somma  que- 
sta  istituzione  puo  accettarsi  impunemente  da  una 
scuola  cattolica,  ma  il  professore  dovra  qui  e  cola 
farvi  delle  giunte  e  delle  applicazioni,  non  solo 
ulili,  ma  alcuna  volta  indispensabili.  Ma,  fatto 
queste,  se  ne  trovera.  contento  per  la  chiarezza, 
per  la  brevilk  e  per  1'ordine  dei  concetti. 


344  BIBLIOGRAFIA 

ANONIMO  — -  Progressist!.  Roma  dalla  tipografia  Forense  1864.  Un  opusc. 
in  16.°  di  pag.  96. 

Sotto  questo  titolo,  vanamente  usurpato  da  tanti,  signati  i  santi  Domenico  ,  Tommaso  d'  Aquino, 

o  degnamente  portato  da  pochissimi ,  da  quelli  Antonio  di  Padova,  e  Bonaventura,  le  cui  biografie 

doe  die  avanzarono  essi  sempre  e  fecero  avanzare  si  uniscono  insieme  in  questo  libretto.  Fa  parte, 

gli  aHri  nelle  virtu  e  nella  santa  vita,  son  de-  come  il  seguente,  delle  Letlure  Cattoliche. 

—  Riforme  cattoliche,  puntata  unica.  Roma ,  dalla  tipografia  Forense  1865. 
Un  opusc.  in  16.°  dipag.  88. 


Sotfo  questo  tilolo,  molto  acconcio  a  indicate 
il  fine  per  cui  la  Provvidenza  desta  nella  sua 
Chiesa  i  gran  Santi,  raccolgonsi  le  brevi  bio- 
grafie di  S.  Teresa,  di  S.  Ignazio  di  Lojola,  di 
S.  Girolamo  Emiliani,  di  S.  Francesco  di  Sales  e 
di  S.  Vincenzo  di  Paoli.  Queslo  bel  volumelto 
fa  parte  delle  Letture  Cattoliche  che  si  stampa- 

—  Scene  clella  nuova  Capitale.  Atto  primo:  I  preparativi.  Terza  edizione.  Fi~ 
renze,  tip.  di  Simone  Birindelli,  via  de'  Cerchi  n.  6,  1865.  Un  opusc.  in 
8.»  di  pag.  93. 


no  in  Roma  col  fine  di  spargere  nelle  famiglie 
utili  libri  a  buon  mercato.  E  in  efl'etto  per  avere 
ogni  mese  un  libretto  in  16.°  di  circa  100  pa- 
gine  basla  pagare  soli  3  paoli  1'anno  in  Roma, 
e  fuori  di  Roma  paoli  4.  Chi  vuole  associarsi  si 
diriga  in  Roma  alia  Tipografia  Forense. 


Chi  vuol  conoscere  i  lamenti  dei  fiorentinl  pei 
danni  che  reca  loro  il  trasferirsi  a  Firenze  la  Ca- 
pitale d' Italia,  legga  questo  piccolo  libretto,  che 
li  «spone  in  tante  scene  vive  e  animatissime.  Que- 


sta  che  annunciamo  e  la  terza  edizione,  fattasene 
in  brevissimo  tempo;  tanta  e  stata  1'avidita,  colla 
quale  le  due  precedent!  sono  state  cerche  e  com- 
perale. 

APICELLA  STEFANO  —  Ernesto  Renan  al  tribunale  deile  Nazioni  e  della  Ragio- 
ne,  ossia  la  divinita  di  Gesii  Cristo,  dimostrata  dalla  umanita  e  dalla  ragio- 
ne,  pel  sacerdote  Stefano  Apicella.  Napoli,  pe'tipi  di  Vincenzo  Manfredi, 
strada  S.  Nicandro  n.  4,  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  204. 

Le  confutazioni  del  libro  di  Renan  contansi  in  mo  argomento  e  questo:  II  genere  umano  intero 
Europa  non  piu  a  dozzine,  ma  a  centinaia.  Cio  non 
fu  effelto  del  valore  inlrinseco  di  quel  sofista,  ma 
dell' indignazione  eccitatasi  in  tutti  i  cristiani  a 
tanta  audacia.  Noi  ne  abbiamo  registrati  moltis- 
simi,  e  nondimeno  ci  si  presentano  di  continuo 
dei  nuovi  a  indicare.  Questo  del  ch.  sig.  Apicella 
dimostra  la  Divinita  di  Gesu  Cristo  con  due  ga- 
gliardissimi  argomenli,  svolti  con  ampiezza  grande 
di  erudizione,  e  con  profondita  di  dottrina.  II  pri- 

ARA  CASIMIRO  —  Raccolta  dei  provvedimenti,  decreti  e  decisioni  della  Corte 

dei  Conti  del  Regno  d'  Italia,  fatta  per  cura  dell'  avvocato  Ara  Gasimiro. 

Torino  1865,  tip.  del  Palmaverde  di  Caldo  e  Pellino,  via  Bellezia  n.  8. 

Vol.  primo  in  4.°  dipag.  40. 
BARRETTA  ALFONSO  M.  —  Divini  voluminis  exegetico-scientifica  Synopsis  per 

Alphonsum  M.m  Barretta,  Canonicum  Theologum,  exposita  et  in  duos 

libros  distributa.  Liber  secundus,  pars  secunda,  De  libris  no»i  testamenti. 

Torino,  lipografia  dell'  oratorio  di  S.  Francesco  di  Sales  1865.  Un  vol. 

fa  8.°  da  pag.  592  a  908. 


attende  un  Dio-Redentore,  e  lo  riconosce  nella 
persona  adorabile  di  Gesu  di  Nazaret.  Adunque  o 
tutto  il  genere  umano  e  stolido,  o  Gesu  di  Nazaret 
e  Dio-Redentore.  II  secondo  argomenlo  precede 
cosi.  Gesu  di  Nazaret  si  dice  Dio,  e  fonda  una 
religione  cui  promette  1'eternita.  0  era  dunque  un 
grande  imposlore ,  e  la  religione  da  lui  fondata 
sarebbe  ita  in  dilieguo ,  o  e  forza  di  riconoscere 
in  lui  il  vero  Dio  fatto  uomo. 


Colla  pubblicazione  di  questa  seconda  parte  si 
termina  insieme  il  libro  secondo,  e  tutta  la  sinossi 
della  sacra  Scrittura.  E  da  do  che  scrivemmo, 
annunciando  la  pubblicazione  del  primo  libro, 


possono  i  nostri  lettori  facilmente  chiarirsi,  che 
questa  opera  del  ch.  Abate  Barretta,  non  e  sol- 
tanlo  un  compendio  di  quello,  che  e  scrilto  nei 
due  Testamenti,  siccome  parrebbe  dover  essere  a 


(Ser.  V,  vol.  X,  pag.  79),  e  quella  della  prima    considerarne  il  solo  titolo  modesto  di  Sinossi.  Essa, 
parte  del  secondo  (Ser.  VI,  vol.  I,  pag.  473),    siccome  accennammo  ai  luoghi  mentovati,  oltre 


BIBLIOGRAFIA  345 

ad  un  ristretto  del  sacro  testo,  nel  quale  il  ch.  cuni  ceuni  biografici  intorno  alle  personC  che  in 

Autore  ha  saputo  unite  la  brevita  e  la  chiarezza;  essa  sono  nominate,  piu  celebri  per  le  virtu,  ovvero 

contiene  dotle  note  che  spianano  i  luoghi  piu  dif-  piu  segnalate  pe'  vizii.  Ripetiamo  volentieri,  che 

ficili  ed  oscuri,  i  prolegomeni  cioe  1'  introduzione  questa  opera  ci  sembra  degna  di  essere  raccoman- 

allo  studio  della  Scrittura,  il  codice  delle  leggi  data,  che  essa  e  rilevante  pel  suo  inlrinseco  valore, 

giudaiche,  molte  appendici  sopra  i  pesi  e  le  mi-  e  che  verrebbe  utilmente  adoperata  ne'  Seminarii 

sure  usate  dal  popolo  ebreo,  e  sopra  la  Geografla  ecclesiastici,  perche  scritla  in  latino  e  con  metodo 

e  1'  Istoria  naturale  della  Bibbia,  e  flnalmente  al-  accomodato  all'  insegnamento. 

BAUDRAND  —  L'anima  sul  Calvario  che  considera  i  patimenli  di  Gesii  Cristo 
e  che  trova  ai  piedi  della  Croce  conforto  alle  proprie  pene,  con  istruzloni 
sulle  varie  tribolazioni  nelle  different*!  condizionl  della  vita,  dell'  ab.  Bau- 
drand,  coll'aggiunta  delle  preghiere  per  assistere  alia  S.  Messa  e  degli  ap- 
parecchi  per  ben  confessarsi  e  comunicarsi.  Milano,  tip.  arciv.  Ditto, 
Giacomo  Agnelli,  via  S.  Margherita  n.  1.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  279. 

Qnesta  puo  dirsi  la  gemma  delle  opere ,  tutte  adunque  le  considerazioni  sono  lutte  rivolle  a 

preziose,  del  pio  e  dotto  Abb.  Baudrand.  Egli  in-  meditare  la  passione  di  Gesu  Cristo,  nella  seconda 

tende  di  condurre  1'anima  cristiana  sul  Calvario  a  fame  1' applicazione  alle  proprie  sofferenze.  II 

si  per  contemplarvi  le  pene  di  UH  Dio  che  muore,  libro  e  stato  molte  volte  stampato:  e  cio  mostra 

e  accendersi  il  petto  di  amore  e  gratitudine,  e  si  che  esso  e  slato  trovato  assai  buono.  Questa  nuo- 

per  portarvi  ella  stessa  le  proprie  pene  e  rinve-  va  edizione  ha  il  pregio  di  essere  piu  correlta 

nirvi  conforto  e  alleviamento.  Nella  prima  parte  delle  altre,  sia  nella  versione,  sia  nella  stampa. 

BENASSI  PIETRO  —  Le  sense  piii  comuni  che  sogliono  addurre  i  genitori  tra- 
scurati,  nel  mandare  i  loro  figliuoli  alia  dottrina  cristiana,  prese  ad  esa- 
me  dal  curato  Pietro  Benassi  di  Ferrara.  Ferrarq,  tip.  Taddei  1865.  Un 
opusc.  in  32.°  dz  pag.  64. 

BENZONE  CAMILLO  —  Errori  condannati  e  Giubbileo  concesso  dalla  Santita  di 
Nostro  Signore  Pio  Papa  IX,  nella  lettera  enciclica  del  giorno  8  Dicem- 
bre  1864.  Ammonimento  terzo  di  monsignore  Gamillo  Gonte  Benzone,  Ve- 
scovo  di  Adria,  al  Clero  e  popolo  dellasua  Diocesi,  Adria,  dal prem.  stab. 
Up.  vesc.  di  Giuseppe  Vianello  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  79. 

BERTUZZI  CARLO  —  Pei  solenni  suffragi  dalla  chiesa  di  S.  Filippo  Neri  in  Cen- 
to al  defunto  sacerdote  D.  Giovanni  Zucchini ,  elogio  funebre  recitato 
daU'Eccnio  e  Rrao  sig.  Canonico  Don  Carlo  Bertuzzi,  Dottore  in  sacra 
teologia,  membro  di  varie  accademie.  Cento  1864,  tipogr.  Lanzoni  Soffri- 
ti.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  11. 

BES1  GIUSEPPE  —  Corso  elementare  di  agricoltura  teorico-pratica  del  Dott. 
Giuseppe  Besi,  professore  di  agraria  nell'  istituto  tecnico  di  geodesia  e 
icodometria  ecc.  ecc.  Roma,  tipogr.  della  Rev.  Cam.  Apostolica  1864. 
Vol.  II  in  8.°  di  pag.  240,  con  tavole. 

Lodammo  gia  la  l.a  Parte  di  questi  Element!  pero  di  entrare  a  parlaredi  ciascuna  collura,  da- 

di  Agricoltura  del  ch.  Prof.  Besi.  Ora  che  esce  remo  alcun  cenno  sull'adattamento ,  cioe  a  dire 

alia  luce  il  primo  fascicolo  della  II."  Parte,  nulla  sul  modo  piu  conveniente  di  preparare  a  piu  utile 

diremo  dei  suoi  pregi,  bastandoci  il  ripelere  che  collivazione  il  terreno.  Cio  fatto,  nella  prima  se- 

essi  sono  uguali  al  resto  dell'Opera  gia  divulgata;  zione  tratteremo  in  allrettanti  capiloli:  1.°  Delle 

e  solo  indicheremo  la  continenza  e  1*  ordine  delle  erbe  che  si  coltivano   per  le  loro  semenze  ali- 

materie  di  questo  1.°  fascicolo.  E  il  faremo  colle  mentari,  tanto  cereali,  che  leguminose;  2.°  Dei 

parole  stesse  dell'  Autore,  le  quali  dicono  cosi:  foraggi,  ossia  delle  erbe  che  si  deslinano  piu  espres- 

«  Comprende  questa  seconda  parte  del  noslro  corso  samente  a  nutrire  il  bestiame  e  che  si  ritraggono 

elementare  due  grandi  sezioni:  nella  prima  si  espo-  dai  prali  natural!    e  artificial*;  3°  Delle  piante 

ne  la  coltivazione  in  grande  delle  erbe  e  di  alcu-  sarchiate,  e  delle  cosi  delte  industriali  di  vario 

ne  piante  vivaci;  nella  seconda  la  coltivazione  e  genere;  4.°  Infine  degli  ortaggi  che  possono  essere 

moltiplicazione  degli  alberi  e  degli  arbusti.  Prima  altresi  coltivati  in  grande.  Suddivideremo  tali  ca- 


316  BIBLIOGRAFIA 

pitoli,  avendo  riguardo  ai  pdncipii  che  le  diffe-    piu  facile  dirigerne  ed  alternarne  aH'opportunita 
renti  piantc  assorbono  dal  terreno,  e  che  predomi-    la  coltivazione.  » 
nano  nelle  loro  ceneri.  Per  tal  modo  rimarra  sempre 

BOSCO  GIOVANNI  —  Dialoghi  intorno  all'  istruzione  del  Giubbileo,  colle  prati- 
che  divole  per  la  visila  delle  chiese,  del  sacerdoteBosco  Giovanni.  Tori- 
no, tip.  deli'  oral.  diS.  Franc,  di  Sales  1865.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  96. 

BUSCARINI  GIUSEPPE  —  Giuseppe  Buscarini,  Arcidiacono  della  chiesa  catte- 
drale,  Vicario  generate  capitolare  della  Diocesi  di  Bcrgo  San  Doimmo,  ai 
Venerabile  clero  ed  amatissimo  popolo  salute  nel  Signore.  Borgo  San 
Donnino,  dal  la  lipogr.  Verdesi.  in  opusc.  in  8.°  dipag.  23. 

BUZZONI  PIETRO  —  I  semi  dei  Bachi  giapponesi  ed  i  metodi  prlncipall  per  ri- 
levarne  e  misurarne  la  sanita  o  1'  infezione ;  studii  di  Pietro  Buzzoiii.  Mi- 
lano,  coi  tipi  della' Ditta  Giacomo  Agnelli ,  via  santa  Margherita  n.  1, 

1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  46. 

La  malattia  dei  bachi  da  seta,  per  cui  i  loro  vigore  di  produzione,  della  loro  sanita.  Come  farlo? 

semi  vengono  gravemente  infelti  di  alrofia,  e  stato  II  libro  del  ch.  sig.  Buzzoni  insegna  di  ricorrere 

per  una  parte  non  piccola  dell'  Italia  un  vero  di-  al  microscopic,  e  indica  il  come  ci  si  debba  ri- 

saslro,  per  cui  riparare  si  son  cercati   con  im-  correre  per  esserne  guidati  a  retto  giudizio.  Esso 

menso  dispendio   semi    cinesi ,  semi  giapponesi.  e  pieno  di  avvedimenti  molto  pratici,  e  certo  puo 

Ma  questi  possono  pure  essere  infelti  dello  stesso  rendere  grande  servigio  a   quei  coltivatori ,  che 

male:  anzi  v'  ha  chi  asserisce  che  sieno.  Bisogna  in  cosa  di  tal  momento  non  YOgliono  lasciarsi  alia 

dunque  pria  di  accetlare  dai  semai  i  semi,  sieno  balia  del  caso. 
essi  italiani  sieno  forestieri,  accertarsi  del  loro 

CANO  EUGENIO  —  Orazione  panegirica  al  Marlire  S.  Efisio,  delta  nella  sua 
chiesa  in  Cagliari,  il  15  del  1865,  da  Eugenio  Cano,  Teologo  aggregate 
nella  regiaUnivrslta  ecc.  ecc.  Tipoyr.  Timon.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  36. 

CASASSAJAS  D10NISIO  —  Pe;it  manuel  de  devotion  affectueuse  et  pratique  au/ 
sacre-Coeur  de  Jesus,  extrait  des  ecrits  de  la  bienheureuse  Marguerite 
Marie  Alacoque,  par  Denys  Casassajas,  pretre  espagnol,  du  Diocese  de 
Vich ,  Docteur  en  sacree  theologie  etc.  etc. ;  traduit  de  V  italien  sur  un 
exemplaire  delatroisieme  edition.  Rome,  imprimerie  Salviucci  Ib65.  Un 
opusc.  in  16.°  di  pag.  95.  Prezzo  bai.  5. 

CELESIA  MICHELANGELO  —  Lettera  pastorale  al  clero  ed  al  popolo  della  dio- 
cesi  di  Patti,  intorno  alia  Enciclica  degli  8  DIcembre  1864,  ed  al  Giubbileo 
con  essa  accordato.  Roma,  tip.  Salviucci  1865.  Unopusc.  in  X.°  dipag.  31. 

CIAMPI IGNAZIO  —  Le  rappresentazioni  sacre  del  Medio  evo  in  Italia,  conside- 
rate nella  parte  comica  da  Ignazio  Giampi.  Roma,  tipogr.  delle  Belle  Arti 

1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  55. 

II  valoroso  signer  Ciampi  in  questo  opuscolo  ha  misti  di  profano  e  di  sacro  la  parte  comica,  che 

raccolto  un  vero  tesoretto  di  notizie  curiosissime  via  via  venne  poscia  generando  la  commedia  del 

spettanti  all'  origine  e  alia  varia  forma  di  quelle  Secolo  XVI  e  dei  secoli  susseguenti.  Ma  non  ostantc 

Rappresentazioni  sacre,  che  in  Italia,  durante  il  1'arduita,  egli  raggiunge  assai  bene  il  suo  scopo, 

medio  evo,  tennero  luogo  de'  modern!  spettacoli  e  si  puo  dire  che  porga  in  mano  il  filo  che  col- 

teatrali.  Arduo  e  I' intendimenlo  che  s'  e  proposto,  lega  la  Commedia  moderna  con  gl'ibridi  drammi 

di  ricercare  cioe  in  que'  drammi^  ora  sacri ,  ora  dei  tempi  dell'  evo  medio. 

—  Oltre  1'Alpe  e  il  Mare,  ossia  i  viaggi  italiani ;  lettera  di  Ignazio  Ciampi. 
Roma,  tipografia  delle  Belle  Arti  1865.  Un  opuscolo  in  8.°  di  pag.  32. 

Con  questa  lettera  1'  erudito  signor  Ciampi  in-  terre  lontanissime;  e  insieme  indicare  i  vantaggi 

tende  sciogliere  il  problema  politico-storico,  del  molleplici   che  ricavare  si  possono  dagl'  Italiani 

perche  gl'  Italiani  da  tanto  tempo  non  sieno  piu  che  viaggiano. 
aominati  Ira  i  grand!  Tiaggiatori  e  scoprilori  di 


BIBLIOGRAFIA  347 

COCCHI LUIGI  —  La'poesia  sempre  tenuta  in  pregio  dalle  colte  nazioni,  ragio- 
namento  per  1'abate  D.  Luigi  Gocchi.  ,Roma  1865,  tip.  Guerra.  Un  opusc. 
in  S.o  dipag.  18. 

COCOZ  RAFFAELE  —  Orazione  panegirica  di  S.  Tommaso  d'Aquino ,  recitata 
il  7  Marzo  1865  in  santa  Maria  Novella  di  Firenze  dal  R.  P.  M.  Raffaele  Co- 
coz,  dell'Ordine  dei  Predicatori.  Firenze  1865,  tipografia  Virgiliana  per 
Masslmiliano  Casini,  ma  Valfonda  N.°  79.  Un  opuscolo  in  8.°  di  pag.  48. 

CORSI  COSIMO  —  Lettera  pastorale  di  Sua  Eminenza  Reverendissima  il  Cardi- 
nale  Arcivescovo  di  Pisa  al  Clero  e  al  popolo  della  sua  diocesi,per  il  Giu- 
bileo  dell'anno  1865.  Pisa,  presso  P.  Orsolini  Prosperi,  tip.  arcivesco- 
vile  1865.  Un  opusc.  in  8."  di  pag.  16. 

COSTAMAGNA  GAETANO  —  Diario  mariano,  ossia  giaculatorie  di  Maria  SS.  per 
ciascun  giorno  dell'anno,  del  teologo  Costamagna  Gaetano.  Torino,  tip. 
detV  orat.  di  S.  Francesco  di  Sales  1864.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  30. 

COSTANTINI  DOMENICO  —  All'  Emo  e  Rffio  Cardinale  Carlo  Reisach,  prefetto 
della  S.  C.  degli  Studii,  della  Vergine  divotissimo,  perito  dell'ecclesiasti- 
ca  Musica,  d'ogni  pietoso  divisamento  e  d'ogni  opera  beriedetta  promo- 
tore  e  patrono,  Domenico  Costantiui,  Gappeilaao  Cantore  pontificio,  que- 
ste  litanie  laurelane  in  dieci  e  olto  guise  da  lui  musicate,  novellamente 
in  seguito  di  altre  diecisette  di  gia  pubblicate,  intitcla,  offre  e  purge  osse- 
quioso,  1'A.  di  N.  S.  1865.  Roma,  lit.  Tiberina,  via  del  Pozzetfo  A'.°  145. 

Domenico  Costantini,  cappellano  cantore  pon-  tanie  a  Ire  e  quattro  voci  con  la  risposta  del  po- 

lificio,  pubblico  nel  1857  le  Canzonette  popolari  polo,  e  la  copiosa  edizione  di  queste  e  omai  presso 

a  lode  di  Maria  SSma ,   e  con  successo  tale  che  il  suo  termine.  Qra  ne  da  alia  luce  altre  diciotto, 

ne  ha  terminata  la  seconda  edizione,  e  mo  lie  ri-  diverse  da  quelle ,  ma  parimenti  a  tre  e  quallro 

cerche  gli  si  fanno  perche  ne  inlraprenda  una  voci  con  la  risposta  del  popolo;  ed  il  prezzo  per 

terza,  che  lulti  desiderano  piii  ampia  della  pre-  gli    associati   per  tutte    le  diciotto   in  una  sola 

cedente.  Nel  1859  pubblico  ancora  dieciselte  Li-  copia  e  di  bai.  60;  e  pei  non  associati  di  sc.  1,  40. 

DA  CIVEZZA  MARCELLING  —  La  Desolata,  parole  del  P.  Marcellino  da  Civezza 
M.  0.  Roma,  tipografia  Tiberina,  piazza  PoliN.*  11,  1865.  Un  opuscolo 
l»  8.' rfi  pa0. 32. 

D'  ALCANTARA  S.  P1ETRO  —  Trattato  della  orazione  e  meditazione  di  S,  Pie- 
tro  d' Alcantara,  riformatore  dell'Ordine  francescano,  versione  ricorret- 
ta.  Bologna,  per  A.  Mareggiani  tip.  edit,  via  Malcontentin.  1797,  1865. 
Un  vol.  inn."  dipag.  218. 

Questo  libricino  fu  scritto  da  S.  Pietro  d'  Al-  allresi  lodato  con  parole  assai  calde  da  Urbano  VIII 

cantara  per  preghiera  e  servigio  d'un  pio  cava-  e  da  Gregorio  XV,  sapientissimi  Ponteflci.  Non 

Here  spagnuolo.  Esso  fu  sempre  ripulalo  un  pic-  dobbiamo  adunque  aggiugnere  altro  per  metterlo 

ciolo  capolavoro  d'ascetica,  e  tenuto  in  gran  pre-  in  pregio  presso  le  persone  devote, 
gio  da  uoniini  insigni  per  santila  e  dottrina.  Fu 

DALL'OLIO  LUIGI  —  Di  alcuni  alllneamenti  e  allargamenti  delle  strade  e  piaz- 
ze  della  citta,  proposta  di  Luigi  Dali'Olio,  gia  conservatore  delle  acque  e 
strade.  Roma,  coi  tipi  dell'Osservatore  Romano  1865.  Un  opuscolo  in  8.° 
dipag.  25. 

L'  abbellimento  della  citta  di  Roma  e  da  tutti  P  Olio,  il  quale  discorrendo  rione  per  rione  in— 

•desiderate,  e  sol  ritardato  dal  prudente  pensiero  dica  in  ciascuno  le  deniolizioni  delle  casipole,  gli 

-di  non  aggravate  il  popolo  di  balzelli  eccessivi  allargamenli  e  i  raddrizzamenti  delle  vie,  che  sa— 

per  cose  che  non  sono  di  grande  necessita.  Ma  e  rebbero  di  maggior  necessita.   E  bene  che  tutti 

t>ene  avere  un  disegno  generale  di  abbellimento,  i  Romani  studiino  questo  progetto,  in  prima  per- 

«he  possa  venire  a  poco  a  poco  attuandosi,  pro-  che  tutli  si  persuadano  dell'  utilita  che,  ne  pu& 

fittando  delle  circostanze  propizie  che  si  presen-  trarre  Roma  esegUbndolo ,   e  poi   perche  tutti  Si 

lassero.  Questo  disegno  e  propostodal  ch.  sig.  Dal-  dispongano  a  concorrervi  perche  si  eseguisca. 


348  BIBLIOGRAFIA 

D'ALOE  STANISLAO  —  Storia  della  chiesa  di  Napoli,  provata  con  monument!. 
Libri  cinque  del  Commendatore  Stariislao  D'Aloe.  Napoli,  stabilimento  ti- 
pografico,  strada  Banchi  Nuovi  13 ,  1861.  Un  vol.  in  4.°  di  pag.  621  cow 
tavole. 

Le  vicende  della  Chiesa   napoletana  vengono  so  ai  document!  original! ,  esistenti  negli  archivii 

narrate  in  questa  Storia,  con  crilica  avveduta  si  del  regno  di  Napoli ,  per  accertare  moHi  punti 

ma  sobria,  e  con  ampiezza  larga  ma  non  minu-  dubbiosi,  e  scoprire  molti  fatti  dimenticati ;  e  sotto 

ziosa.  Moltissimi  prima  del  ch.  sig.  D'  Aloe  hanno  questo  rapporto  il  suo  lavoro  acquista  grande  im- 

tentato  la  medesima  opera :  ma  colpa  dei  tempi  portanza.  Come  storico  adunque  egli  merita  lutta 

e  degli  studii  o  sono  stati  soverchiamente  ere-  la  lode  di  accorto  e  diligente  cercatore  della  ve- 

duli ,    o  soverchiamente   reslii  ad   ammettere  le  rita :   come  scrittore  merita  quella  di   ordinato, 

tradizioni,  e  tale  si  e  troppo  perduto  in  certe  mi-  grave  e   rapido  narratore.  Noi  vogliamo  ancora 

nutezze  ttascurando  le  cose  piu  gravi,  mentre  lal  aggiugnervi  1'  aitra  lode  che  egli  ben  merita  di 

altro  ha  omesso  troppe  cose ,  che  picciole  in  se  principii  sicuri  in  lutto  cio  che  riguarda  le  qui- 

aveano  pero   grande  importanza  nel  concatena-  stioni  di  dritto  ecclesiastico ,  e  i  rapporti  tra  la 

mento  dei  falti.  II  D'  Aloe  si  e  giovato  delle  opere  Chiesa  e  lo  Stato.  L'  opera  si  vende  presso  il  li- 

stampate  innanzi,  peraccettarne  ilcerto,  eripudiar-  braro  Dufrene  in  Napoli,  strada  Medina  n.  61,  al 

ne  il  falso;  e  si  e  giovato  degli  errori  altrui  per  prezzo  di  L.  13,  franco  di  porto. 
ischivarli  egli  stesso.  Ma  egli  ha  fatto  dippiu  ricor- 

D'AVINO  VINCENZIO— Enciclopedia  dell'Ecclesiastico,  compilata  dall'Abb.Yin- 
cenzio  d'Avino  ;  ediz.  seconda  riveduta,  aumentata  e  in  parte  rifusa.  To- 
rino ,  Pietro  di  Giacinto  Marietti  tip.  editor  e,  piazza  B.  V.degliAngeli. 
Disp.  25. a  e  26.a  in  4.°  da  pag.  585  a  712. 

DE  ANGELIS  CLEMENTE  —  Metropea  latina ,  ossia  Arte  della  versificazione  la- 
tina, esposla  in  versetti  italiani,  con  prospetti  sinottici  dei  metri  oraziani 
ed  ecclesiastic*!,  perD.  Clem.  DeAngelis.  Modena,  tip.  dell'  Imm.  Conce- 
zione  1865.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  72. 

Vi  sono  molti  trattatelli  per  insegnare  ai  fan-  sig.  De  Angelis  e  tutto  in  versi  italiani,  rimati 

ciulli  le  leggi  metriche  della  Poesia  latina:  ve  ne  per  lo  piu  a  due  a  due,  e  per  la  piu  gran  parte 

sono  in  prosa  e  in  versi ,  ve  ne  sono  in  latino  oltonarii,  e  di  facile  dicitura.  Per  chiarir  meglio 

ed  in  italiano.  Ma  siccome  nessuno  tocca  la  per-  i  precetti,  sonovi  aggiunti  i  prospelti  sinoltici,  che 

fezione,  e  sul  bene  si  spera  di  far  sempre  il  me-  contengono  le  misure  dei  piedi  e  dei  versi,  e  gli 

glio,  cos\  non  si  fa  mai  posa,  e  se  ne  veggono  esempii. 
sempre  di  nuovi  uscire  alia  luce.  Questo  del  ch. 

DI  SALES  S.  FRANCESCO  —  II  direttore  spiritual  delle  religiose  e  di  chiunque 
brama  camminar  sicuro  e  con  frutto  nella  via  dello  Spirito  Santo ,  rica- 
vato  dalle  opere  di  san  Francesco  di  Sales.  Torino,  per  Giacinto  Mariet- 
ti tipografO'libraio  1865.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  184. 

ECO  DEL  PURGATORIO  —  Pubblicazione  mensuale  indirizzata  al  suffragio  dei  fe- 
deli  defunti.  Bologna  1865,  uffizio  delle  Letture  della  Domenica,  via  Mal- 
contenli  1797. 

Questo  periodico  si  e  proposto  per  fine  di  ac-  le,  e  il  prezzo  annuale  di  associazione  si  6  per 

crescere  nei  fedeli  la  carila  e  la  devozione  ver-  le   province  d'Halia  L.  2. 50,  per  Roma  e  pel 

so  le  anime  benedette  del  Purgatorio.  Ogni  mese  Veneto  L.  3. 
si  pubblica  un  elegante  fascicolo  di  32  facciuo- 

FAA'  DI  BRUNO  F.  —  Sacre  lodi  pel  mese  Mariano,  per  cura  del  cavaliere  F.  Faa 
di  Bruno,  dottore  in  iscienze.  Torino,  tip.  dell'  oratorio  di  S .  Francesco 
di  Sales  1864.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  95. 

A  servigio  di  quanti  consacrarono  il  mese  di  Chi  volesse  poi   fornirsi  della  musica  adattala 

Maggio  a  Maria  SSma,  trovansi  raccolte  in  que-  a  queste  sacre  Lodi,  dovrebbe  procacciarsi  il  li- 

sto  libriccino  le  lodi    riguardanti  la   gran   Ma-  bretto  del  Maestro  Blanchi,  intitolato   Canzonci- 

dre  di   Dio ,  pubblicate  gik  innanzi  nel  libro  ne ,  o  la  Raccolta  di  musica  per  sacre  Lodi  del 

del  cav.  Faa  di  Bruno,  La  Lira  callolica ;  e  in  cav.  Faa  di  Bruno, 
alcuni  libretti  dell'  esimio  fu  maestro  Blanchi, 


BIBLIOGRAFIA  349 

FABRETTI  ARIODANTE  —  Glossarium  Halicum,  in  quo  omnia  vocabula  conti- 
nentur  ex  Umbricis ,  Sablnis ,  Oscis,  Volscis,  Etruscis  caeterisque  monu- 
mentis  quae  supersunt  collecta,  et  cum  interpretationibus  variorum  expli- 
cantur,  cura  et  studio  Arioclantis  Fabretti.  Aug.  Taurinorum,  ex  officina 
Regia  1^64.  Fasc.  Xin  fol.  dapag.  1505  a  1696. 

FERRERI  SEVERING  —  Un  vero  amico,  ossia  guida  della  gioventii  sul  cammin 
della  vita,  letture  morali  sugli  evangelii  per  ciascun  giorno  dell' anno. 
Versione  dal  francese  del  sac.  Ferreri  Severino  torinese.  Torino,  per  Gia* 
cinto  Marietti  tipografo  libraio  1865.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  660. 

Con  questo  libro,  il  pio  e  dotto  abate  Pages,  della  nostra  fede ,   e  i  principal!  insegnamenti 

intese  di  somministrare  una  semplice  e  soda  let-  della  morale  cristiana    che  vi  si  contengono.  II 

tura  ad  ogni  falta  di  persone ,  anche  giovani  o  metodo  poi  e  tale  che  mentre  offre  una  Lettura 

poco  islruile ,  un   argomento   di   sanle  medita-  morale  per  ciascun  di,  somministra  in  pari  tempo 

zioni  per  le  comunila  religiose,    una  guida  ai  la  materia  per  la  meditazione ,  spartita  in  due 

genitori  e  maestri  per  istillare  buone  massime  punti,  bene  fra  loro  accordali  in  un  concetto  solo, 

nel  cuore  della  giovenlu,  ed  insieme  un  aiulo  ai  II  tradultore ,  sig.  Ferreri  Severino ,  che  solo  in 

predicated ,  che  amano  la  facile  chiarezza  nella  qualche  punto  ha  estese  le  applicazioni  pratiche  e 

sacra  eloquenza.  Poiche  non  solamente  egli  spie-  faltele  piu  universali,  nel  resto  nulla  ha  cambiato 

ga  ogni  domenica  il  Vangelo,  ma  sopra  questo  ne  alia  sostanza  della  dottrina ,  ne  alia  semplici- 

si  ferma  il  piu  delle  -volte  la  settimana  intera,  e  ta  dello  stile,  quali  trovansi  nel  testo  originale. 

svolge  solto  tutti  i  risguardi  i  grandi  principii  Vendesi  Lire  3  italiane. 

FOGLIANO  CARLO  —  Brevi  discorsi ,  detti  nel  triduo  fattosi  per  la  festa  della 
santa  Infanzia,  dal  sac.  D.Carlo  Fogliano,  iiella  chiesa  dei  santi  Martiri 
in  Torino,  seguiti  da  alcune  notizie  intorno  all'organizzazione  di  detta  o- 
pera  ed  ai  suoi  vantaggi.  Torino,  tip.  dell' oratorio  di  S.  Francesco  di 
Sales  1865.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  61. 

FRASSINETTI  GIUSEPPE — Due  gioie  nascoste,  per  Giuseppe  Frassinetti,  priore 
a  S.  Sabina  in  Geneva.  Torino,  tip.  dell'orat.  di  S.  Franc,  di  Sales  1864. 
Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  64. 

Le  due  gioie  nascoste,  delle  quali  il  pio  e  ze-    quenza  della  santa  Comunione,  e  la  santa  Vergi- 
lante   sacerdote  sig.  Frassinetti  intende  di  mo-    uila. 
strare  alle  animo  pie  la  preziosita,  sono  la  frc- 

GASTALDI  LORENZO  —  Memorie  storiche  del  teologo  Giovanni  Ignazio  Vola , 
sacerdote  torinese.  Torino,  tip.  dell'orat.  di  S.  Franc,  di  Sales  1865.  Un 
vol.  in  32.°  dipag.  216. 

Nel  1858  passo  agli  eterni  riposi  dopo  sessan-  innanzi  a  Dio,  e  nella  stima  di  virlii  sacerdotal! 

tuno  anno  di  vita  santa  e  zelantissima,  1' anima  innanzi  al  prossimo.   11  racconto  della  sua  vita 

del  teologo  Giovanni  Ignazio  Vola,  nato,  vivuto,  sara  di  molto  utile  al  clero,  specialmente  perche 

e  morto  in  Torino.  Egli  fu  tutto  dedilo  agli  stu-  essa  scorse  tutta  entro  i  limiti  di  quella  perfe- 

dii  ed  ai  minister!  ecclesiastici :  ma  vi  accoppio  zione  ,  che  e  imitabile  a  qualsiasi .  persona  di 

quel  fervore  di   spirito,  e  quella  perfezione  di  chiesa. 
vila  inleriore,  per  cui  si  levo  alto  nella  santita 

GIUCCI  GAETANO  —  Storia  della  vita  e  del  pontificato  di  Pio  VII,  opera  di 
Gaetano  Giucci.  Roma,  tipografia  di  Gaetano  Chiassi,  piazza  Montecito- 
rio  119  , 1857.  Due  vol.  in  8.°  dipag.  XV,  231.  233. 

Benche  questa  novella  vita  del  gran  Ponleftce  tende  di  conlinuare  la  vita  dei  Papi  di  Giuseppe 

Pio  VII  siasi  cominciata  a  stampare  nel  1857  ;  essa  Novaes  ;  e  pero  a  questa  di  Pio  VII  fara  seguire 

tutlavia,  per  varii  impediment!  che  non  occorre  le  tre  di  Leone  XII,  di  Pio  VIII  e  di  Gregorio 

qui  racconlare ,   non  e  poluta  venire  a  luce  so  XVI.  Lodevolissimo  intento,  il  quale  gli  riuscira 

non  in  quest!  ultimi  giorni :  e  noi  inlanto  ci  af-  con  molto  buono  effetto,  giacche  egli  ad  una  bre- 

frettiamo  di  annunziarla ,  come  opera  stimabile  vila  sustanziosa  congiunge  chiarezza  nella  espo- 

assai  e  per  piu  di  un  rispetto  da  anteporsi  a  sizione,  ordine  nella  narrazione  e  diligenza  nelle 

quella  dell'Artaud.  L'egregio  signor  Giucci  in-  ri-erche. 


350  BIBL10GRAFIA 

HAHN-HAHN  IDA  —  Doralice  ,  scene  contemporanee  della  Contessa  Ida 
Hahn-Hahn,  versione  di  Giulio  Borgia  Mandolini.  Volumi  due  in  12.°  di 
pag.  W-278,  296.  Roma,  tipogr.  Monaldi  1865. 

Annunziammo  gia  la  versione  di  questo  impor-  un  po'  prolisso  il  dialogo:  ma  (siccome  ci  accadde 
tante  lavoro,  non  appena  il  chiaro  giovane  signer 
Borgia  Mandolini  ne  pubblico  il  primo  fascicolo. 
Ora  che  tutta  la  versione  e  uscita  in  pubblico,  rac- 
colta  in  due  graziosi  volumelti  di  bella  stampa  e 
di  forma  gentile,  non  solo  ne  rinnoviamo  1'an- 
nunzio ;  ma  ne  raccomandiamo  la  diffusione  per 
tutta  1'  Italia.  Quest'opera  della  valorosa  e  calto- 
lica  Donna  ha  il  pregio  di  aggirarsi  tulta  sopra 
la  grande  piaga  della  odierna  societa,  che  e  il  na- 
turalismo  religioso  in  leorica,  e  lindifferenlismo 
in  pratica.  Le  scene  che  pennelleggia  sono  belle, 
lenere  e  sommamente  istruttive.  Ben  e  vero  che 
Si  discostano  alquanlo  dalle  usanze  della  nostra 
Italia  anche  troppo  cattolica,  per  fare  che  tanta 
sia  la  indifferenza  e  miseria  religiosa,  quanta  si 
mostra  in  alcuni  personaggi  posti  in  campo  nel 
Racconto  della  nobile  Contessa.  Ma  anche  gl'Ita- 
liani  avranno  assai  da  impararvi  dentro.  Forse  e 

HUGUET.  P.  —  Novena  a  san  Giuseppe  ed  associazione  del  culto  perpetuo  a 
suo  onore,  del  R.  P.  Huguet,  tradotta  dal  trancese  dalla  damigella  Giu- 
seppina  Pellico.  Quarta  edizione  con  aggiunte  e  correzioni.  Torino  1865, 
coi  tipi  di  Pietro  di  G.  Marietti,  piazza  B.  V.  degli  Angeli  n.°  2.  Un  opusc. 
in  32.°  di  pag.  96. 

1GNAZIO  (P.)  DEL  COSTATO  DI  GESU'  —  La  scuola  di  Gesii  appassionato,  aper- 
ta  al  cristiano  con  la  quotidiana  meditazione  delle  sue  pene,  del  P.  Igna- 
zio  del  Costato  di  Gesu,  sacerdote  Passionista,  aggiuntovi  in  fine  un  tri- 
duo  a  Maria  SS.  Addolorata,  con  altre  pie  preghiere.  Bologna,  dalla  tip. 
Mareggiani  1865.  Un  vol.  in  32.'  dipag.  209. 

LANTERO  GIUSEPPE  —  Postrema  saecula  sex  Religionis  Augustinianae,  in  qui- 
bus  breviter  recensentur  illustriores  viri  Augustinianenses,  qui  sanctita- 
te  et  doclrina  floruerunt,  post  magnam  Ordinis  unionem  peractam,  anno 
MGCLVI,  ab  Alexandro  IV  usque  ad  haec  tempora,  per  Fr.  losephum  Lan- 
teri  Ligur-lodanensem ,  Augustinianum.  Tulentini ,  ex  typogr.  Guidoni 
1858-1859.  Romae  ex  typ.  Bernardi  Morini  1860-1863.  Tre  wlumi  in  8.* 
dipag.  complessivamentel%%to. 


notarlo,  toccando  dell'  altro  suo  Racconto  che  ha 
per  tilolo  Maria  Regina)  questa  prolissila  e  ri- 
chiesta  dall'  indole  nazionale  de'  suoi  scritti,  e  dal 
fine  di  ammaestrare  che  principaimente  si  pro- 
pone. II  diligente  volgarizzalore  alia  traduzione 
ha  aggiunte  note  rare,  ma  opportune.  Avverliamo 
da  ultimo,  che  in  genere  questi  due  volumi  non 
sono  fatti  per  fanciulle  o  giovanelte,  ma  per  perso- 
ne  che  ad  una  certa  maturita  o  coltura  di  mente 
accoppiino  un  poco  di  esperienza  del  mondo;  im- 
perocche  vi  si  svolgono  episodii  e  vi  si  discutono 
materie  che,  per  recare  profitlo,  ricercano  queste 
due  cose.  I  due  volumi  si  vendono  in  Roma  al 
prezzo  di  paoli  6  all'  uffizio  dell'  Osservalore  Ro- 
mano, di  Propaganda  Fide  e  alia  libreria  Marini, 
e  pel  resto  d'  Italia  in  Bologna  all'  uffizio  delle 
Piccolo  letturecattoliche&lvrwiodi  lire ital. 3,25. 


Gran  servigio  ha  reso  il  chiarissimo  P.  Giu- 
seppe Lanlero,  dell'  inclito  Ordine  degli  Agosti- 
niani,  non  solo  a  questo  suo  Ordine,  ma  a  tutta 
la  Chiesa  ed  alia  inlera  Societa  civile,  intessen- 
do  brevi  ma  succose  biografie  de'  personaggi  piu 
illustri  di  tanto  antica  e  venerabile  religione 
quanto  e  1' Agostiniana.  Annunziamo  assai  tardi 
questa  insigne  opera,  avuto  riguardo  al  tempo, 
da  che  fu  cominciata  a  pubbiicare ,  perche  tardi 
ci  e  pervenula :  opportunamente  pero  e  piu  che 
in  qualsivoglia  altro  tempo ;  perche  appunto  ora 
si  stanno  adoperando  i  nemici  degli  Ordini  re- 
ligiosi  per  abbatterli  e  diradicarli  dal  suoio  d'l- 
talia.  Vegga  il  mondo  contro  quali  uomini  o 
quali  istituzioni  si  arrabbiatamente  combalte  I 


Giacche  in  questo  fatto  vale  a  meraviglia  1'argo- 
mento  della  parita;  e  dai  frutti  che  rende  una 
famiglia  religiosa  si  puo  fare  ottima  ragione  del 
frutti  che  haniio  reso  e  rendono  le  altre.  11  che 
se  non  giova  ad  impedire  il  colpo  fatale,  e  non- 
dimeno  un  nuovo  argomento  a  dimostrare  1'indole 
della  presenle  persccuzione,  e  fare  che  aprano  gli 
occhi  alcuni  di  quegl'illusi,  che  ancora  credes- 
sero  alle  protesle  de1  seltarii.  Sarebbe  questo  il 
miglior  premio  che  il  dotlissimo  padre  Lantero 
potrebbe  aspetlarsi  delle  infinite  fall  che,  dovute 
da  lui  durare,  per  diseppellire  dall'oblio  tante 
preziose  memorie,  e  della  squisita  di'igenza,  con 
cui  ha  condotto  a  termine  il  lavoro. 


BIBLIOGRAFIA  351 

L'EPISCOPATO  TOSCANO  A  PIO  IX.  —  Pisa,  tip.  di  Letture  Cattoliche,  diretta 

da  Giov.  Alisi  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  14. 
LEBON  HUBERT  —  Le  delizie  eucaristiche,  per  Hubert  Lebon  ;  tradtizione  dai 

francese  di  A.  A.  Amadei ;  seconda  edizione.  Torino  1865,  per  Giacinto 

Marietti,  tipografo  libraio.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  183. 
MART1NENGO  F.  —  II  Pievano  cattolico,  ossia  la  falsita  del  protestantesimo, 

dimostrata  al  buon  popolo  italiano  per  via  della  ragione  e  de'  fatti,  da 

F.  Martin  en  go,  prete  della  Missione.  Torino,  tipogr.  pontificia  Pietro  di 

G.  Marietti  1865.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  410. 

Non  sono  molti  anni  che  in  Italia  niuno  senti-  giamo  ora  un  nuovo  e  dei  piu  valid!  per  la  sua 

•va  il  bisogno  di  scrivere  libri  per  rimuovere  il  scienza  e  dei  meglio  agguerriti  per  1'  arte  della 

popolo  dal  protestantesimo :  ora  se  ne  stampano  polemica,  e  dei  PJJU  destri  per  le  atlraltive  dello 

a   dozzine,    e  si    desiderano  e   si   leggono   con  stile.    Questo  e    il   ch.    sig.   Martinengo,  pretc 

avidita.  Donde  un  tal  cangiamento  ?  Da  questo  della  Missione.  Egli  un  po'con  dialoghelti  argu- 

solo :  la  liberla  data  all'  errore  ha  ora  scatenalo  ti,  un  po'con  racconti  saporiti,  un  po'  con  satire 

contro  la  fede  del  popolo  una  legione  di  predi-  pungenti,  un  po'con  nerborute  dimoslrazioni  svol- 

canli,  i  quali  ne  insidiano  in  tutti  i  modi  la  sim-  ge    i    punti  piu  controversi  tra  i   cattolici   e  i 

plicita,  la  seducono,  1'attirano,  la  sforzano.  Non  protestanti,  applicando  la  dotlrina  stmpre  inse- 

si  puo  dunque  lasciar  loro  libero  il  campo :  bi-  gnala  dalla  Chiesa  agli  errori  moderni,  e  ai  torti 

sogna  opporvisi  gagliardamente  per  salvare  dal-  antichi  degli  eretici  aggiugnendo  i  nuovi.  II  li- 

la  prevaricazione  tante  anime.  E  grazie  a  Dio  di  bro   e  pieno  di  sodissimi    insegnamenli,    e  tulti 

questi   zelanti  apologisti  della  nostra   religione  detlati  con  amenita  e  bel  garbo  di  stile. 
non  mancano.  Ai  molti  indicati  innanzi,  aggiun- 

MELANDRI  GIUSEPPE  — II  concetto  di  Maria  Santissima  secondo  Dante  Alii- 
ghieri,  per  Giuseppe  Melandri  d.  C.  d.  G.  Bologna ,  libreria  dell'  Imma- 
colata,  via  Larga  S.  Giorgio  777,  1864.  Un  opusc.  in  16.° dipag.  75. 

Ora  che  la  gioventu  studiosa  d' Italia  e  tutta  sublime  concetto  ne  avesse,  qual  parle  le  altri- 

allettata  a  informarsi  dei  pensieri  di  Danle  Alii-  buisse  nella  economia  della  salvezza  del  genere 

ghieri,  cui  i  nuovi  rigeneratori  d'  Italia  si  piac-  umano,  come  si  studiasse  di  accenderne  in  tulti  i 

ciono  di  presentare  come  capo  e  principio  della  cuori  la   riverenza  e  1'amore.    Ondeche  egli   a 

loro  setta,  non  e  disutile  il  venire  moslrando  di  buon  dirillo  termina,  esortando  i  giovani  a  stu- 

quai  sentimenti  di  pieta  cristiana  egli  fosse  pro-  diare  negli  scritti  del  sommo  nostro  poela,  non 

fondamente  animato.  lino  solo  di  questi  senli-r  il  Dante  imbacuccato   da  liberalaslro   per  impo- 

nicnti  svolge  il  ch.  P.  Melandri  in  qnesto  gra-  stura  dei  nostri  moderni  patarini,  ma  il  Dante 

zioso  librellino ;  cioe  dire  la  divozione  ch'  egli  schiettamente  cattolico  e  pienamente  italiano,  il 

nutri  caldissima  pnr  la  Beala  Vergine  Maria.  Ei  Dante  del  secolo  decimoterzo,  il  Dante  cioe  vivo 

lo  fa  mostrando  dalle  varie  opere  di  Danle  qual  e  vero,  coi  suoi  aiFetti  e  coi  suoi  principii. 

MIGLIOR  FRANCESCO  —  Sacra  orazione  encomiastica  del  Martire  S.  Efisio,  re- 
citata  nella  chiesa  Gagliaritana  di  S.  Antonio  Abate  dal  beneficiato  par- 
roco  teol.  Francesco  Miglior  —  Cagliari,  tip.  Timon'Wffi.  Un  opusc.  in 
8.°rf«  pag.  23. 

Con  rapidi,  ma  eloquent!  tratti,  1'  illustre  Ora-  gloriosa  camera,  prima  come  guerriero,  poi  come 

tore  metle  in  chiara  luce   qucsla  palria  gloria  apostolo,  confessor  della  fede,  e  mar  tire,  e  fl- 

della  Sardegna,  che  fu  il  gran  martire  S.  Efisio,  nalmente  co.ne  patrono  immortale  dell'  isola,  da 

rappresentandolo  nei  successivi  sladii  della  sua  lui  santificata  colle  virtu  e  col  sangue. 

MILOZZI  FRANCESCO  —  Doctoris  Grammaticae  tradendae  in  Seminario  Vatica- 
no,  de  ludae  Machabaei  rebus  gestis.  Romae;  ex  typographeo  CaietaniMe- 
nicantii,  anno  Chr.  MDCCCLXV.  Un  volumetto  in  8.°  dipag.  40. 

In  altra  occastone  ci  e  toccato  di  lodare  la  la-  Ruinart.   Ora  non  possiamo  far  altro ,   per  ris- 

linita  facile  e  purgata  del  ch.  professore  Mi-  petto  a  quesla  sua  esposizione  de'  Fatli  di  Giuda 

lozzi ;  quando  cioe  diede  alia  luce  la  sua  nar-  Maccabeo ,  che  far  notare   come  que'  medesimi 

razione  degli  Mti  sinceri  de'  Martiri,  secondo  il  pregi  di  lingua  e  di  stile,  correttissima  general- 


352  BIBL10GRAFIA 

mente  1'una ,  leggiadro  e  scorrevole  1'altro,  vi  cor  colla  pralica,  come  da  quelli  si  possano  af- 

fanno  le  medesime  pruove.  Bel  modo  e  qucsto  tingere   acconciamente  le  grazie  piu  elette  del 

d'istruire  i  giovanetti :  non  solo  proporre  gli  ot-  dire  senza  ombra  di  servllila. 
timi  esemplari  de"  Classici;   ma  dimostrare  an- 

MINA'  LA  GRUA  ANTONIO  —  Sopra  Vitterizia  eudemica  e  su  le  malaltie  ordina- 
rie  dei  contadini  di  Gastel'nuono,  memoria  per  Antonio  Mina  La  Grua,  Dot- 
tore  in  Filosofia  e  Medicina  della  facolta  di  Messina  ecc.  ecc.  Palermo, 
tip.  di  Bernardo  Vizzi,  via  Cintorinari  dirimpetto  S.  Francesco  1856.  Un 
opusc.  in  8.°  dipag.  31. 

MONNIN  ALFREDO  —  Mater  Admirabilis,  ossia  i  primi  quindici  anni  di  Ma- 
ria Immacolata ,  per  1'Abate  Alfredo  Monnin ,  Missionarlo  ,  autore  della 
vita  delCurato  d'Ars.  Appro vato  daMons.  di  Langalerie,  Vescovo  di  Bel- 
ley  —  Parigi,  Carlo  Donniol  libraio-editore,  via  Tournon  28,  1865.  Un 
vol.  in  8.°  dipag.  464. 


pertulto  ua  esemplare,  a  moltiplicarlesi  il  culto 
in  ogni  sorta  di  ossequii,  a  oltenere  dalla  Sanla 
Sede  favori  segnalati  di  preziose  indulgenze.  E 
Maria  Santissima  lia  mostrato  di  gradire  qucsto 
ossequio  per  mezzo  delle  innumerevoli  grazie  che 
ha  conceduto  e  tultavia  concede  a  chi  la  venera 
sotlo  un  lal  titolo.  Or  questo  libro  e  tutto  desti- 
nato  a  promuovere  quesla  devozione  a  Maria  Fan- 
ciulla  nel  Tempio.  Per  lo  spazio  di  trenta  giorni 
il  pio  e  dotlo  autore  contempla  la  vita  di  Maria 
in  quella  tenera  eta,  e  ne  fa  acconcissime  appli- 
cazioni  alia  vita  cristiana  delle  donzelle.  V'ag- 
giugne  poi  i  racconti  dei  favori  piu  cospicui  che 
si  son  ricevuti  dall'invocarla  solto  questo  titolo. 
Tutto  il  libro  e  pieno  di  sanla  unzione,  e  mentre 
da  un  pascolo  alia  pieta  piu  tenera,  alimeuta  di 
alti  e  nobili  pensieri  la  mente. 


Sulla  parete  di  un  vasto  corridoio  nel  Con- 
vento  della  Trinita  dei  Monti  a  Roma  fu  nel 
1844  dipinta  a  fresco  un'immagine  di  Maria,  che 
la  rappresenta  in  sull'eta  di  quindici  anni  as- 
sisa  negli  atrii  del  Tempio  Qlando  lino.  Dall'un 
canto  una  paniera  da  lavoro  e  un  libro  semi- 
aperto ;  dall'aHro  un  giglio  tutto  in  fiore.  Essa 
era  destinata  ad  alimentare  la  pieta  delle  Reli- 
giose del  Sacro  Cuore,  quando  le  si  raccoglievano 
intorno  nelle  ore  del  manuale  lavoro:  e  le  fu 
dato  il  titolo  di  Mater  admirabilis.  A  poco  a 
poco  quel  dipinto  fu  ripeluto  In  mille  forme,  e 
1'immagine  di  Mater  admirabilis  e  sparsa  per 
opera  del  bulino  ,  del  bronzo  ,  e  del  vetro  per 
lutta  la  cristianila.  Essa  risponde  a  un  dilicalo 
concetto :  quello  di  proporre  la  beata  Vergine  a 
modello  e  a  protettrice  delle  fanciulle,  nelP  eta 
loro  adolescente.  Cid  e  bastato  a  volersene  da- 

MULLOIS  ISIDORO  —  La  Domenica  al  popolo,  per  1'abate  Isidore  Mullois,  Mis- 
sionario  apostolico  e  primo  cappellano  di  Napoleone  III.  Milano ,  tipogr. 
arcivescovile,  ditta  Giacomo  Agnelli,  via  S.  Margherita  n.°  1,  1865.  Un, 
opusc.  in  32.°  di  pag.  39. 

—  I  falsi  uomini  grandi,  per  1'  abate  Isidore  Mullois ,  Missionario  apostolico 
e  primo  cappellauo  di  Napoleone  III.  Milano ,  tipogr.  e  libreria  arcivcsco- 
vile,  ditta  Giacomo  Agnelli,  via  S.  Margharita,  n.°  1.  1864.  Un  opusc.  in 
16.°  dipag.  27. 

—  II  piccolo  mese  di  Novembre  ,  o  Fate  la  carita  ai  trapassati ,  per  1'  abate 
Isidore  Mullois ,  Missionario  apostolico  e  primo  cappellano  di  Napoleo- 
ne III.  Milano,  tipogr.  e  libreria  arcivescovile,  ditta  Giacomo  Agnelli,  via 
S.  Margherita,  n.°  1, 1864.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  47. 

NARDI  FRANCESCO  —  Intorno  alia  sacra  Congregazione  dell'  Indice.  Lettera 
al  sig.  Rouland  Senatore,  di  Mons'gnor  Franc.  Nardi,  Uditore  di  S.  Rota, 
Consultore  della  S.  C.  dell' Indice.  Roma,  tip.  SinimberghiWS.  Un  opusc. 
in  8.°  di  pag.  15. 

Sparlare  di  quello  che  ignorasi ,  purche  sia  signor  Rouland,  Governatore  della  Banca  di  Fran- 
contro  la  Chiesa  caltolica  e  in  ispregio  d'ogni  cia,  nella  contingenza  che  discutavasi  fra  i  se- 
autorita  piu  sacra,  e  vezzo  oggidi  comune  dei  natori  lo  schema  d'Indirizzo  in  risposta  al  di- 
politici  e  dei  grandi  sopraccio  degli  Stati.  H  scorso  della  Corona,  si  lascio  trasportare  da 


BIBLIOGRAFIA 


353 


mctodo  prudcnle  c  caritativo  ch'ella  serba  net 
procedere  all'esame  o  alia  censura  dei  libri.  In 
un  tempo  come  il  nostro,  nel  quale  si  combatte 
la  verita  piu  coi  pregiudizii  che  coi  sofismi, 
questa  lettera  e  cosa  plena  di  opportunity  per- 
che risponde  con  una  quindicina  di  pagine  a  vo- 
lumi  interi  di  diatribe  c  di  calunnie,  che  si  spar* 
gono  dai  trisli  e  dagl'  ipocriti  contro  VIndice.  I 
propagator!  di  buoni  scritti  in  Italia  e  fuori , 
farebbero  cosa  ulilissima  a  riprodurla  e  diffon— 
derla  popolarmente. 


queslo  vezzo  oltre  i  confini,  non  diremo  del  ra- 
gionevole  ,  ma  del  decoro  civile.  Tra  le  allre 
cose  che  censuro  avventatamente,  v'  ebbe  la  ro- 
mana  Congregazione  dell'  Indice ;  e  tanti  spro- 
positi  disse,  quante  furono  le  sentenze  ch'  egli 
proferi  contro  questa  venerabile  istituzione.  Per 
aggiustargli  il  latino  in  bocca  e  insegnargli  a 
non  cinguettare  di  cio  che  non  conosce,  il  va- 
lenlissimo  Monsignor  Nardi  gli  ha  indirizzata 
questa  breve  ina  sugosa  e  calzante  leltera  ,  che 
euna  stupenda  apologia,  non  solo  della  Congre- 
gazione dell' Indice  per  se,  ma  soprattutto  del 

PALLADINO  MARIO  —  II  Crociato  di  Cheffontaines ,  storia  contemporanea. 
Napoli  1865,  u/fizio  delle  Letture  cattoliche.  Un  opuscolo  in  16.°  di 
pag.  80. 

La  Storia ,   che  narra  il  giovine  scritlore  di  in  premio  una  niorte  di  santo.  Cio  che  1'Autore 

queste  pagine,  contiene  i  pielosi  casi  del  Zuavo  vi  reca  di  suo  e  la  bonta  dello  stile,  benche  al- 

ponlificio  Giacinto  di  Lanascol,  il  quale  con  tanti  cuna  volta  un  po'  ridondante,  la  vivacita  delle 

altri  valorosi  garzoni  francesi   e  belgi  consacro  descrizioni ,   il  calore  dell'  affetto  e  la  pieta  di 

la  sua  spada  c  la   sua  vita  alia  difesa  del  do-  considerazioni  sodamente  crisliane,  innestate  per 

minio  temporale  del  romano  Pontefice,  e  n'ebbe  acconcia  maniera  colla  narrazione. 

PARDINI  FRANCESCO  —  Orazioni  di  M.  Tullio  Cicerone,  recate  in  italiano  per 
diversi  autori,  e  riprodotte  in  luce  con  note  compilate  dall' Abate  France- 
sco Pardini,  professore  di  Belle  lettere  nel  Seminario  Gavl  di  Livorno.  Li- 
vorno,  stamperia  di  Giuseppe  Fabbreschi  e  C.°  1856-1857.  Due  voL  in  8." 
dipag.Wk,  e  J7/-283. 

Abbiamo  sotto  gli  occhi  i  due  volutni ,  che  rizzate  da  C.  Frangipane ;  e  le  medesime  vol- 
hanno  lo  stesso  titolo ,  il  primo  etampato  nel  garizzale  per  Brunetto  Latini ;  un  altro  volgariz- 
1856,  e  il  secondo  colla  indicazione  di  Tomo  1°  zamento  della  stessa  orazione  per  M.  Marcello 
nel  1857.  Queslo  secondo  contiene  la  Vita  di  fallo  da  Leonardo  Bruni  ,  e  inflne  le  Filippichc 
M.  Tullio  Cicerone,  scrilta  da  Plutarco  e  tradot-  Prima  e  Seconda,  tradolte  daG.  Ragazzoni.  Ognu- 
ta  in  italiano  da  Girolaniu  Pompei ,  e  la  Vita 
polilica ,  privata  e  letteraria  del  medesimo  M. 
Tullio,  scritta  da  G/Vit  Le  Clerc  e  tradotta  dal 
ch.  signer  Pardini.  L'altro  volume,  stampato  nel 
1856,  contiene  le  Orazioni  pel  ritorno  di  M.  Mar- 


na  di  queste  version!  e  accompagnata  da  ag- 
giustatissime  Note,  scritte  dal  ch.  sig.  Pardini, 
il  quale  ha  posta  ogni  cura,  perche  questa  utile 
raccolta  de'  piu  -eleganti  volgarizzamenti  tulliani 
riuseisse  corretta. 


cello,  per  Q.  Ligario,  e  per  Deiotaro  Re,  volga- 

PARNISETTI  PIETRO  —  Osservazioni  meteorologiche  fatte  in  Alessandria  alia 

specola  del  Seminario  1864.  Anno  undecimo.  Alessandria,  tipogr.  Astuii 

Carlo  1865.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  32. 
PASINATI  STANISLAO  L.  —  11  Monachismo  ,  per  Stanislao  L.  Pasinati ,  prete 

napolitano.  Napoli ,  stab,  tipogr.  del  Sermo  Tullio  1865.  Un  opusc.  in 

16.°  di  pag.  95. 

Ora  si  muove  guerra  finita  al  monachismo , 
perche  si  vuole  demolire  al  tutto  la  Chiesa  cat- 
lolica.  Difenderlo  adunque  e  dovere  d'ogni  fedeJe 
cd  insieme  e  alto  di  coraggio  cristiano.  Ma  il 
ch.  sig.  Pasinali  merita  una  lode  speciale,  per- 
che lo  fa  con  tanta  scioltezza  di  movimenti ,  e 
sicurezza  di  colpi ,  che  non  puo  desiderarsi  me- 
glio.  Ei  riguarda  in  primo  luogo  lutto  cid  che 
di  moralmeule  bello  e  grande  contiene  e  pre- 

Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  363. 


senta  il  monachismo,  poi  tutto  cio  che  di  moral— 
mente ,  socialmente  e  religiosamente  utile  csso 
promette  e  partorisce  al  mondo.  Queste  due  idee 
cardinal!  le  svolge  con  istile  leggero  ed  ameno, 
e  cosi  invaghisce  il  lettore  ,  anzi  lo  seduce  e  lo 
obbliga  a  flssare  la  sua  attenzione  sopra  pensieri 
e  faiti ,  cui  altrimenU  avrcbbe  allontanati  da  se, 
e  scbivati. 


29  Aprile  1865. 


BIBLIOGRAFIA 


PASINATI  STANISLAO  L.  —  La  salute  su  d'una  tomba :  racconto  per  Stanislao 
Luigi  Pasinati,  prete  napolitano.  Bologna,  via  largaS.  Giorgio  777, 1865. 
Un  opusc.  in  16.°  dipag.  83. 

netta,  che  e  il  suo  amore ;  ed  ei  vedendola  per 
caso  sul  feretro  divenuta  cadavere,  sentesi  mutato 
il  cuore  in  petto ,  cangia  coslumi  e  vita,  e  ve- 
ste  cocolla  di  monaco.  Questa  semplice  tela  serve 
al  ch.  sig.  Pasinati  per  ricamarvi  sopra  un  si 
grazioso  racconto,  che  noi  lo  proponiamo  ai  gio- 


vani  ed  alie  giovanette  ,  non  solo  per  onesto 
passatempo ,  ma  eziandio  per  utile  morale  delle 
loro  anime. 


Un  giovanotlo  di  nobile  casato,  ma  guasto  da 
cattiva  educazione,  che  1'aveano  lasciato  in  ba- 
lia  di  pessimi  libri  e  di  piu  tristi  amici,  in  mezzo 
ai  tumulti  della  vita  dissipata  s'invaghisce  d'una 
gentile  e  pia  giovanetta,  e  si  propone  di  torla 
in  isposa.  S'oppongono  a  tal  marilaggio  gli  odii 
che  i  rispettivi  loro  genitori  nutrono  da  lunga 
pezza :  ondeche  quegli  ne  fa  le  disperazioni,  nc 
divien  malato,  propone  per  fino  di  uccidersi.  In 
questa  muore  santamente  nel  Signore  la  giovi- 

PAZZAGLIA  PASQUALE  —  Gollezione  di  discorsi  sacri,  del  can.  Pasquale  Paz- 
zaglia,  Arclprete  di  Castelvecchio  in  Savignano.  Volume  Unico.  Bologna, 
per  A.  Mareggiani  tipogr.  edit. ,  via  Malcontenti  1797,  1865.  Vn  vol.  in 
16.*  di  pay.  287. 

PELLICANI  ANTONIO  —  L'ordine  nelle  societa  cristiane,  parenesi  per  Antonio 
Pellicani  d.  C.  d.  G.  Torino  1865,  Pietro  di  G.  Marielti  tipografo  ponti- 
ficio.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  111. 


La  rivoluzione  pone  tutto  sossopra,  prima  coi 
jrincipii  sovvertitori,  poi  coi  fatti  piu  violenti. 
Questa  sovversione  nei  principii  si  va  tentan- 
do  ogni  di  piu  in  Italia:  quella  dei  fatli  si  va 
consummando  a  poco  a  poco.  Bisogna  illuminar 
la  gente,  perche  si  accorga  del  precipizio  ove  e 
spinta.  11  ch.  P.  Pellicani ,  nervoso  ed  efflcace 


scrittore,  il  fa  in  questa  operetta,  picciola  di 
mole,  piena  di  cose.  Esso  esamina  le  tre  soeieta, 
la  domestica,  la  civile  e  la  religiosa,  e  addita 
quale  in  ognuna  debba  essere  1'  ordine  secondo 
ragione  e  fede,  e  come  quest'ordine  venga  minac- 
ciato  dalle  male  dotlrine  moderne ,  e  per  qual 
via  possa  essere  rimesso  ove  gia  sia  stato  guasto. 


PETRONIO-RUSSO  SALVATORE  —  Un  nuovo  trionfo  del  cattolicesimo  per  la 

tutelata  conversione  dell'  ebreo  Coen ,  discorso  del  sacerdote  Salvatore 

Petronio-Russo,  Dottore  in  sacra  teologia  e  dritto  canonico.Camw'a,  tip. 

il  Leone  di  san  Marco,  piazza  Stesicorea  n.°  45  e  46,  1864.  Vn  opusc.  in 

16.'  dipag.  56. 

Si  e  fatto  tanto  strepito  intorno  alia  conver-  rivenirvi  sopra.  Questo  racconto,  fatto  da  chi  fu 
sione  del  piccolo  israelita  Coen,  che  per  qualche  testimonio  anzi  parte  dell'avvenimenlo,  giovera 
tempo  tulla  la  stampa  di  Europa  non  si  occupo 
che  di  lui.  Si  scrisse  tutto,  fuorche  la  verita  del 
fatto  e  la  giustizia  del  dritto.  Ora  che  le  passion! 
destatesi  per  quel  fatto  si  sono  calmate ,  e  bene 

PIRANI  GIOVANNI  —  Arte  poetica  di  Marco  Girolamo  Vida,  tradotta  dal  pro- 
fessore  Giovanni  Pirani,  libri  tre.  Cesena,  tipogr.  G.  C.  Biasini  1864.  Un 
opusc.  in  8.°  dipag.  83. 


mollo  a  far  conoscere  la  storia  genuina  dell'ac- 
cadulo,  e  a  gettar  luce  sopra  le  questioni  di 
dritlo  che  vi  si  collegano. 


Questa  traduzione  in  versi  sciolti  della  Poetica 
di  Marco  Girolamo  Vidu,  benche  sia  frutto  degli 
studii  giovanili  dell'egregio  sig.  Pirani,  e  non- 
dimeno  commendevole  per  molte  buone  qualila: 
e  la  modestia  soverchiamenle  peritosa,  ond'  egli 
si  scosa  del  mellerla  in  luce ,  prova  ch'  egli  ha 
un'idea  assai  alta  della  eccellenza  di  perfezione 
a  cui  si  debbon  condurre  i  lavori  di  questa  fat ta, 
ma  non  prova  ch'  egli  nell'  eseguire  questo  suo, 
sia  rimaslo  troppo  di  sotto  a  un  tale  grado  di 
perfezione.  11  verseggiare  e  per  lo  piu  schiel- 
to  Q  &  via  andare  fluido  e  scorrevole.  Se  quanto 


all'  armonia  del  verso  c'  e  appunto  da  fare,  egli 
e  piu  per  1'  eccesso  che  pel  difetto.  La  lingua 
altresi  e  castigala  ,  e  fiorita  di  belle  eleganze. 
Qualche  latinismo  qui  e  cola  si  sarebbe  per  av- 
ventura  potuto  lasciare,  senza  sconcio  della  no- 
billa  della  elocuzione,  se  non  fosse  che  il  tradut- 
tore  abbia  forse  voluto  ricordare  ai  leltori,  la  con- 
dizioue  del  testo  che  esso  volgarizzava.  Ma  certo 
e  che  questa  versione  merita  un  onorevole  posto 
fra  le  opere  di  questa  specie  che  si  sono  pubbli- 
cate  recentemente ,  e  noi  ne  facciamo  cordiali 
gralulazioni  al  vuloroso  signer  professore  Pirani, 


BIBLIOGRAFIA 


355 


POGGIOL!  MICHELANGELO  —  De  amplitudine  doctrinae  botanicae,  qua  prae- 
stitit  Fridericus  Caesius,  Michaelis  Angeli  Poggioli,  in  Archigymnasio  Ro 
mano  Doctoris  Decurialis  Botanices ,  commentatio  ,  losephi  filii  cura  et 
studio  mine  primum  vulgata.  ftomae,  ex  typogr.  Bonarum  Artium  1865. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  31. 

POZZI  ALFEO  —  Le  prime  analisi  del  pensiero  e  della  parola,  ossia  avviamen- 
to  agli  studii  della  logica  e  de'.la  grammatica  generate,  dialoghi  ed  eser- 
cizii  offerti  agli  student!  dei  licei  e  del  tecnici  istituti,  ai  maestri  elemen- 
tari,  alle  scuole  normali  e  alle  scuole  feminili  superior!  da  Alfeo  Pozzi, 
professore  riel  Gollegio  mill  tare  di  Milano.  Milano,  stabilimento  tipograft~ 
co  della  ditto,  Giacomo  Agnelli  nell'orfanotrofio  maschile  1865.  Un  vol.  in 
%.*dipag.  208. 


ll  ch.  sig.  Pozzi  si  e  preflsso  in  questo  libro 
di  avviare  i  giovanelti  allo  studio  della  logica  e 
della  grammatica  generate.  La  prima  parte  del 
libro ,  che  e  intitolata :  Le  'prime  analisi  del 
•pensiero,  manoduce  soavemente  il  fandullo  dal- 
1'idea  flno  al  sillogismo.  La  seconda  parte  che 
ha  per  titolo  :  Le  prime  analisi  delia  parola, 
comincia  a  iruttar  della  voce  per  giugnere  flno 
alia  grammalicae  alia  elnografla.  Perche  il  libro 
Sia  acconcio  alia  lenera  eta,  e  non  disulile  alia 
piii  adulta,  1'autore  precede  con  piccioli  e  cauti 
passi ,  sceglie  le  cose  piii  utili  e  necessarie  a 
sapere,  le  svolge  per  tulti  i  versi  e  con  islile 


piano  e  con  metodo  sagace  ingerisee  a  poco  a 
poco  i  suoi  insegnamenti.  II  fondo  della  dottrina 
ideologica  e  sicuro ,  perche  non  tocca  i  sislemi 
che  dividono  le  scuole,  e  si  attiene  alle  nozioni 
piu  acceltale  e  piii  comuni.  Egli  ha  scritto  pel 
fanciulli  scolari  e  per  i  maestri  e  le  maestre  di 
grammatica.  Per  quanto  abbia  fatto  per  renders! 
intelligibile  ai  primi,  noi  crediamo  che  diflicil- 
mente  questo  libro  possa  riuscir  loro  di  vero 
profitto.  Utilissimo  pero  lo  riputiamo  a  chi  devc 
insegnare  la  grammatica  ;  perche  cosl  si  appren- 
de  ad  insegnarla  con  miglior  intelligenza  e  mi- 
glior  melodo. 


ROHRBACHER  —  Storia  universale  della  Chiesa  cattolica  dal  principio  del 
morido  fino  ai  di  noslri,  dell'abate  Rohrbacher,  Dottore  in  Teologia  del- 
V  Universita  cattoiica  di  Lovanio  ecc.  ecc.  prima  traduzione  :taliana  so- 
pra  la  tern  ed.  Torino,  per  Giacinto  Marietti  tipografo  libraio,  vol.  IK 
in  8.°  di  pag.  839. 

RO&1NI  CARLO  M.  —Carol!  MariaeRosinii,  Episcop'  Puteolani,  ^AZMATONIKEE 
seu  Larvarum  victor,  comoedia  ab  Aloisio  Palumbo  retractata.  Augustas 
Taurinorum,  ex  officina  ascelerii  salesiani  an.  1865.  Un  opusc.  in  lb.°  di 
pag.  53  con  tav. 


Monsignor  Carlo  Maria  Rosini  fu  zelantissimo 
Vescovo  della  diocesi  di  Pozzuoli,  nel  napolitano, 
e  scrittore  di  aurea  latinila.  Uno  de'suoi  piu  pre- 
diletti  esercizii  era  comporre  commedie  in  istile 
plautino,  e  darle  poi  a  rappresentare  agli  alunni 
del  suo  Seminario  ne'tempi  delle  vacanze.  Con 
che  grandi  vantaggi  otteneva;  e  quello  princi- 
palmenle  che  si  venisse  insinuando  in  que'  gio- 
Tanetti  il  gusto  latino  piu  etlicacemenle  non  solo, 
per  la  virtu  dell'azione  drammatica  ;  ma  eziandio 
con  diletto,  per  lo  piacere  che  arreca  il  sollazzo 
della  scena.  Queste  commedie  pero,  tulle  flore  di 


eleganza  e  di  lepore  comico,  non  furono  mai  pub- 
blicate.  Quest' una  ora  esce  la  prima  volta  alia 
luce,  per  cura  del  P.  Palumbo,  che  fu  g&  alun- 
no  di  quel  Seminario  ai  tempi  di  Mons.  Rosini. 
Non  e  pero  in  tutto  qua!  fu  rappresentala.  II 
P.  Palumbo,  che  ognuno  sa  quanto  valga  in 
queslo  genere  di  componimenti,  ha  creduto  ritoo- 
carne  alquanlo  i  melri,  riducendoli  tulti  al  sena- 
rio  giambo.  la  quale  cusa  noi  crediamo  che  egli 
vorra  fare  per  le  altre,  se,  come  speriamo,  que- 
sto primo  saggio  sara  accolto  favorevolmente 
dai  dotti. 


BOSS1  GIROLAMO  —  II  princlpato  di  Monaco,  studii  storici  del  professore  Gi- 
rolamo  Rossi,  gia  provveditore  agli  studii  nel  Collegio  di  Ventimiglia  ecc. 
2.a  edizioue.  Mentune,  Pasquale  Amarante  ediiore-libr&io  1S64.  Un  vol. 
in  8.°2>.°  dipag.  115. 

II  piccolo  principato  di  Monaco  ha  molta  im-    eitta  antiche,  perche  fu  teafro  sanguinoso  di  lotto 
portanza  nella  storia  italiana,  perche  componesi  di    tra  Guelfl  e  Ghibellini,  perche  ncllo  guerre  tra  i 


356  BIBLIOGRAFIA 

Frances!,  gli  Spagnuoli  c  gl'  Italiani  prese  parte  adunque  che  ne  ha  scrilto  il  ch.  sig.  Rossi  desta 

attuosa,  e  perche  inflne  fu  signoreggiato  da  una  vivo  interesse  nei  lellori  per  la  varieta  del  casi, 

di  quelle  grand!  famiglie  italiane,  che  sorte  nei  e  molto  ancora  li  appaga  per  la  rapidita  del  rac- 

feroci  tramestii  delle  passioni  popolari  toccarono  conto  e  la  veracita  della  esposizione. 
grande  altezza  di  gloria  e  di  potere.  La  Storia 

SALA  ARISTIDE  —  II  Mese  di  Maria,  del  sacerdote  milanese  Aristide  Sala,  ca- 
nonico  onorario  della  Cattedrale  di  Cingoli  ecc.  ecc.  Pinerolo ,  lipogra- 
fia  di  Giuseppe  Chiantore  1865.  Un  vol.  8.°  dipag.  416. 

E  omai  divenuto  universale  il  pio  costume  di  Beata  Vergine,  come  la  sacra  Storia  e  la  pia  tra- 

consecrare  a  Maria   Santissima  il  mese  di  Mag-  dizione  ce  Than  trasmessa :  e  per  compiere  il  nu- 

gio:    e  a   guidare  i  fedeli  in  questa  pratica  si  mero  dei  giorni   del  mese  seguono  tre  altri  ra- 

gradita  e  si  utile  v'e  una  dovizia  di  libri,  che  gionamenti  sul  culto  della  B.  Vergine,  e  i  qualtro 

formerebbero,  se  si  raccogliessero  tulti  insieme,  ultimi ,  coi  quali  si  chiude  il  mese,  parlano  del 

una  picciola  biblioteca.  Ognuno  ha  il  suo  pre-  peccato,  della  Confessione  e  della  Comunione.  Alia 

gio  da  se ,  e  risponde  a  un  pensiero,  a  un  bi-  fine  del  libro  si  trovano  le  preghiere  pel  mattino 

sogno  specialc  delia  pieta  religiosa.  Questo,  che  e  e  per  la  sera,  per  la  Messa,  per  la  Confessione  e 

composto  dal  ch.    ranonico  Aristide  Cav.  Sala,  per  la  Comunione. 
espone  in  ventiquattro  ragionamenti  la  -vita  della 

SANTI  VINCENZO  —  Della  natura  dell'  anima,  dell'  intelletto  e  della  cogitati- 
va.  Perugia,  tipografia  di  V.  Santucci,  diretta  da  Giovanni  Santucci  e  Giu- 
seppe Ricci  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  21. 

E  questo  un  compendio  di  tutta  la  dottrina  di    dell'  anima  umana,   molto   sicuro  e  molto  ben 
3.  Tommaso   intorno   alia  natura  e  alle   facolta    fatto. 

SANTORI  CAMILLO  —  II  Principato  civile  del  Romano  Pontefice  e  la  liberta  di 
coscienza,  osservazioni  del  professore  Camillo  Santori,  sacerdote  roma- 
no.  Roma,  Pallotta  1865.  In  8.°  di  pag.  47. 

I  punti  che  svolge  questo  sapiente  trattatello  Principato  civile  del  Romano  Pontefice:  e  lo  strin- 
del  ch.  professore  Santori ,  sono  di  grandissima  gato  ragionamento  unisce  con  tale  copia  di  eru- 
importanza  ai  di  noslri,  e  la  sodezza  della  dottrina  dizione  storica,  giuridica  e  politica,  che  anche  uno 
e  1'intelligenza  si  teorica  come  pratica  delle  gelose  non  perito  di  teologia  e  di  canonica,  ha  di  che 
questioni  che  scioglie,  mostrano  quanto  s'  ingan-  trarre  diletto  e  Tantaggio  nolevolissimo  dalla  sua 
nino  coloro  che  giudicano  Roma  poco  -versata  nella  ponderata  lettura.  L'ordine,  la  chiarezza,  la  preci- 
conoscenza  delle  idee  dette  moderne.  11  Santori  in  sione,  la  temperanza  e  le  altre  belle  doti  di  cui  fa 
quest'opuscolo,  tenue  per  la  mole  ma  poderoso  per  prova  qui  il  prof.  Santori,  sono,  a  parer  nostro, 
la  sustanza,  si  puo  dire  che  non  lascia  di  consi-  molto  acconce  per  produrre  ottimi  frutti  anche 
derare  "verun  rispetto  della  coniroversia,  che   si  fuori  d'  Italia.  L'Opera  si  vende  alia  libreria  Bot- 
agita  ora  sulla  liberta  di  coscienza  in  ordine  al  tacchi  in  Roma,  Via  Pie  di  Marino  n.  1. 

SERRATO  ANTONIO  —  Orazione  funebre  di  Monsignor  Carlo  Giacinto  Valerga, 
Vescovo  di  Miriofide  e  Vicario  apostolico  del  Quillon,  delta  dal  Teologo 
Antonio  Serrato,  Prevosto  e  Vicario  foraneo  di  Loano.  Albenga,  tipogra- 
fia vesc.  di  T.  Craviotto  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  16. 

STUB  PAOLO  —  Meditazioni  per  gli  ecclesiastic!  in  tutti  i  giorni  dell'anno,  del 
P.  Paolo  Stub  Barnabita.  Torino  1864,  Pietro  di  G.  Marietti,  tipografo 
pontificio.  Vol.  3.°  in  8.°  dipag.  574. 

TARING  CAN.  PIETRO  —  Maria  Vergine,  modello  della  donna  cristiana  riguar- 
clata  come  giovane,  sposa,  madre  e  vedova ;  pel  canonico  Pietro  Tarino, 
Dottore  in  teologia  e  filosofia.  Biella,  tipogr.  e  litogr.  di  G.  Amosso,  1865. 
Un  vol.  in  16.°  gr.  dipag.  390. 

II  dotlo  e  pio  antore  si  e  proposto  in  questa  all'  amore  di  Dio,  avvalendosi  di  quella  soave  e 
sua  operetta  di  ampliare  il  culto  della  Madre  di  pur  tanto  efflcace  influenza   che  sa  esercitare  la 
Dio  per  riparare  ai  danni  gravissimi  ond'e  afiBitta  donna  veramente  cattolica,  modellata  secondo  quel 
la  societa  cristiana ,  e  di  condurre  gli  uomini  perfettissimo  esemplare  che  e  la  Immacolata  Ver- 


BIBLIOGRAFIA  357 

gine  Maria.  Questa  operetta  ci  sembra  degna  di  gere  nel  cuore  di  lei  i  germi  delle  piu  sode  vir- 

speciale  commendazione  per  T  ampiezza  del  disc-  tu,  che  le  debbono  essere  inseparabih  compagne 

gno,  per  la   sodezza  dei  principii,    per  la  con-  in  qualsiasi  stato  di  vita.  L'opera  e  divisa  in  quat- 

catenazione  e  distribuzione   delle  parti,  e  per  la  tro  parti,  che  sono  distribute  in  trentuno  capi- 

copia  de'santi  ed  oppodunissimi  ammaestramenti  tolo,  quanti  sono  i   giorni  del  mese  di  Maggio, 

cbe  di  mano  io  mano,  procedendo  con  molta  na-  offrendo    cosi   materia    di  assai  proficua  lezione 

turalezza  di  discorso,  egli  vi  ha  inculcato,  per  alle  fanciulle  e  donne  cristiane,  che  vogliono  san- 

forma  che  valgano   ed  a  cessare  i  pericoli  ond'e  tiflcare  quel  tempo,  consecrato  in  ispecial  modo 

insidiata  1'educazione  di  una  fanciulla,  ed  a  svol-  ad  onore  della  Vergine. 

T.  M.  F.  —  Roma  al  cospetto  del  popolo,  ossia  ragionamentl  familiari  pel  po- 
polo  sui  beni  della  Chiesa  ed  ecclesiastici  e  sul  dominio  temporale  dei 
Papi,  operetta  utilissima  ad  ogni  ceto  di  persona,  per  T.  M.  F.  Ediz.  secon- 
da.  Napoli,  stamperia  e  libreria  di  A.  Festa,  strada  S.  Gio.  a  Carbonara 
N.  104,  1864.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  192. 

TROSCIA  BUONFIGLIO  —  La  Quaresima  in  compagnia  di  Maria  Yergine  Addo- 
lorata;  Meditazioni  proposte  dal  P.  M.  Buonfiglio  Troscia  de'  Servi  di 
Maria,  le  quali  possono  anche  servireper  qualunque  altro  tempo  dell' an- 
no. Bologna,  per  A.  Mareggiani  tipogr.  ed.  1865.  Un  vol.  in  16.°  di 
pag.  221. 

Quesla  operetta ,   scritta   pel  popolo   dal  suo  piu   che  nell'  antico  testamento ;   4.°  Non  puo 

dotto  aulore,  e  riuscita  nel  fatto  mollo  popolare,  unirsi  insieme  autorila  sacerdotale  e  autorita  ci- 

prende  a  confutare  quattro  error! ,  che  si  spar-  Tile,  e  quindi  il  Papa  non  puo  essere  Re.  Dopo 

gono  con  malignita,  e  dalla  gente  meno  istruita  di  avere  doltamente  e  lucidamenle  rifiutali  que- 

si  accettano  con  soverchia  bonarieta.  Essi  sono  i  sti  errori,  1'autore  espone  lavera  cagione  per  la 

seguenti :  1.°  I  preti  son  ricchi  e  non  debbono  quale  tanto  si  maledice  e  perseguita  la  Chiesa, 

esserlo  ;  2.°  I  preti  dei  nostri  di  sono  piu  ricchi  gli  Ecclesiastici,  e  segnatamenle  il  Romano  Pon- 

degli  antichi  leviti;  3.°  Yi  sono  troppi  preti,  e  teflce  e  il  suo  Dominio  temporale. 

VACHETTA  C.  ANTONIO  —  Novena  dello  Spirito  Santo,  ovvero,  Nove  medi- 
tazioni  da  farsl  in  apparecchio  alle  feste  della  Pentecoste ,  scritte  dal  si- 
gnor  Carlo  Antonio  Yachetta,  sacerdote  dalla  Gongregazione  della  Missio- 
ne ,  coll'  aggiunta  di  tre  nuove  meditazioni  per  ciaschedun  giorno  della 
Pentecoste,  cavate  dagli  Atti  apostolici.  Torino,  tipogr.  dell'  oral,  di 
S.  Franc,  di  Sales  1865.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  61. 

VALLAURI  TOMMASO  —  Epitome  Historiae  patriae ,  accedit  Lexicon  Latino- 
italicum.  Editio  tertla  diligentissime  emendata.  Augustas  Taurinorum,  ex 
officina  asceterii  salesiani  an.  1864.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  85. 

L'illustre  professor  Vallauri,  tra  i  modern!  la-  so  corretto  ,  describe  compendiosamente  in  tre 

tinisti  meritamenle  celebrate  come  il  piu  facon-  brevi  libri  la  Storia  dei  Reali  di  Savoia,  dalla 

do  e  anche  il  piu  elegante ,  ha  scritto  questo  loro  origine  che  monta  al  secolo  decimo  prime 

Compendio   della  Storia  patria  pei  Piemontesi,  flno  al  1798.  Perche  poi  i  fanciulli  abbiano  in- 

afflne  di  fornire  alle  scuole  un  libro  che  si  po-  sieme   col  testo  da  volgarizzare  il  sussidio  d'  un 

tesse  volgarizzare  dai  giovanetti,  non  solo  senza  buon  Dizionario,  atto  alia  loro  eta  e  capacita,  in 

pericolo  della  loro  educazione,  ma  eziandiocon  fine  della  Epitome  il  ch.   Vallauri  ha  aggiunto 

vantaggio  della   loro  istruzione.   Egli  adunque  un  Lexicon  Latino- Italicum,  compilato  apposta 

con  istile  sommamenle  semplice  e  al  tempo  sles-  per  questo  fine. 

VERATTI BARTOLOMEO  —  Delia  vita  e  delle  opere  del  Cav.  Fortunato  Cavaz- 
zoni  Pederzini,  Commentario  storico  del  Cav.Bartolomeo  Yeratti.  Mode- 
na,  tipografia  dell'  erede  Soliani  1865.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  65. 

II  cav.  Fortunato  Cavazzoni-Pederzini,  manca-  ultimi  tempi  ha  prodotti.  Per  officii  esercitati , 

loai  vivi  il  dl  22  Decembre  1864,  fu  tra  i  per-  per  lettere  e  scienze  professate,  per  Tirtu  prati- 

sonaggi  piu  riveriti  nella  sua  patria  e  piu  lar-  cate,  e  per  onori  ricevuti  si  concilio  la  benevo- 

gamenle  conosciuti  fuori,  che  Modena  in   quesli  lenza  e  la  stima  di  tulti.  In  cima  ad  ogni  suo 


338  BIBLIOGRAFIA 

affetto  fa  1'amore  e  la  ubbidienza  alia  Chiesa  cat-  tanto  affetto,  clie  mostrasi  Pamico  si,  ma  1'amicO 

lolica,  dalla  quale  non  si  diparti  mat  in  quanto  imparziale  dell'illustre  defonto.  Inline  a  modo  di 

o  scrisse  o  opero.  Di  lui  parla  queslo  Commenta-  Appendice   leggonsi  i  Cenni    biograflei  sopra  il 

rio  storico  del  ch.  Cav.   Veralti,  e  ne  parla  con  can.  Dott.  D.  Luigi  Cavazzoni-Peder.lni ,  fratel- 

tanta  critica  e  con  tanta  cautela,  e  insieme  con  lo  del  cav.  Fortunate,  e  a  lui  premorto- 

VIGLIONI  STEFANO  —  De  Christ!  sanctissima  divinitale  adversus  Hernestum 
Rerianum  et  nuperrimos  iricredulos,  Stephani  Viglionii,  in  Aversano  Feini- 
nario  Rhetorices  Professoris,Oratio.JVeapo^e  typis  Germanici Rossi  1865. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  28. 

francese  accademico.  Un  cosi  nobile  argomento 
e  qui  trattato  con  molta  dignita ;  poiche  lo  stile 
veramente  latino  e  ollre  a  cio  grave  e  senten- 
zioso,  e  lo  svolgimento  dell'argomentazione  e  lu- 
cido,  nervoso  e  copioso. 


Nel  Seminario  di  Aversa  si  tenne  un'Accade- 
mia  letleraria,  ove  venne  recitata  questa  Orazione 
latina.  Essa  e  scritla  conlro  di  Renan  ;  e  delle 
due  parti  di  che  si  compone,  la  prima  e  volla  a 
dimostrare  direttamente  la  Divinita  di  Gesu  Cri- 
sto,  la  seconda  a  confulare  alcuni  dei  sofismi  del 


VIVENZI  PIETRO  —  Yita  di  Suor  Maria  Crocifissa,  nel  secolo  nobile  Paola  dl 
Rosa,  fondatrice  e  superiora  della  Ancelle  della  Carita,  dettevolgarraente 
le  Ospitaliere,  scritta  dal  sacerdote  Pietro  Vivenzi,  direttore  spirituale  del 
Seminario  \rescovile  di  Brescia.  Brescia ,  tip.  vescovile  del  Pio  istituto 
1864.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  312. 

Paola  di  Rosa,  ra rpollo  di  nobile  prosapia  bre-  dalla  S.  Sede,  e  governo  con  pvudenza  e  soavita 

sciana,  fu  educata  presso  Je  Religiose  Salesiane  a  ammirabile.    Ma  queslo   suo   zelo  pel   bene   del 

tutte  le  virtu  di  pia  donzella.  II  primo  saggio  che  prossimo  fu  accoppiato  a  tanta  virtu  interiore  e 

ne  delte  fu  nell'  assislenza  che  porse  ai  colerosi,  a  tante  grazie  straordinarie  del  Signore ,  che  la 

dispregiando   ogni    pericolo    di    vita.   Da   quel  sua  vita  puo  proporsi  a  model  lo  di  perfezione  cri- 

tempo  si  delle  lutta  all'  esercizio  della  piu  fina  sliana.  Quesla  che  ne  ha  scritto  il   ch.  sig.  Yi— 

ben 


carita.  Molte  opere  pie  diresse,  molte  ne  istitui : 
principalissimo  fu  1'  Istituto  delle  Ancelle  della 
Carita,  dette  volgarmente  le  Ospitaliere,  che  essa 
fondo ,  promosse  largamente,  vide  approvato 


venzi  ha  ancora  il  merilo  di  essere  assai 
fatta,  e  capace  di  ispirare  I'amore  della  virtu  non 
solo  coi  fatti  che  riferisce,  ma  allresi  colla  unzio- 
ne  e  sapienza  cristiana  onde  li  narra. 


ZAMBONI  CAMILLO  —  II  Mese  di  Marzo  in  onore  di  san  Giuseppe  ,  sposo  pu- 
rissimo  di  Maria  Vergine,  per  D.  Camillo  Zamboui,  sac.  bolognese.  Bo- 
logna, libreria  dell'Immacolata,  via  Larga  S.  Giorgio  777,  1864.  Un  opusc. 
in  H.°  dipag.  87. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  29  Aprile  1865. 


1. 
COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1.  Funerali  celebrati  nella  cappella  Papale  a  S.  M.  Massimi  - 
liano  II  re  di  Baviera  —  2.  Solennita  della  Settimana  santa  e  della  Pas- 
qua;  straordinario  concorso  di  forestieri ;  somma  totale  del  Denaro  di 
S.  />fe£/'o,  offerio  a  Sua  Santita  dal  1860  all' Aprile  1865  —  3.  Anniversa- 
rio  del  12  Aprile  festeggiato  dal  popolo  romano  alii  19. 

1.  La  mattina  di  Giovedi  6  Aprile,  secondo  1'annunzio  datone  dalla 
Santita  di  Nostro  Signore  nel  Concistoro  tenuto  addi  27  del  trascorso 
mese  di  Marzo,  hanno  avuto  luogo  nella  Cappella  Sistina  al  Vaticano  1'E- 
sequie  in  suffragio  del  def'unto  Massimiliano  II,  re  di  Baviera.  Sua  San- 
tila ha  assistito  in  Trono  alia  Messa  solenne,  che  e  stata  pontificata  dal- 
1'EiTio  e  Rmo  signer  Cardinale  di  Reisach ;  e  la  stessa  Santita  Sua  ha 
fatto,  secondo  it  rilo,  1'assoluzione  sopra  il  tumulo.    Sono  interyenuti 
alia  funebre  cerimonia  gli  Emi  e  Rmi  t»ignori  Cardinali,  Patriarchi,  Ar- 
civescovi  e  Vescovi,  il  Magistrate  romano,  i  diversi  Collegi  del  Prelati, 
e  gli  altri  che  hanno  posto  in  queste  speciali  funzioui.  In  apposita  tri- 
buna  vi  hanno  assistilo  le  LL.  MM.  il  Re  e  la  Regina  del  regno  delle 
Due  Sicilie,  S.  M.  il  re  Luigi  di  Baviera,  e  le  LL.  AA.  RR.  il  Conte  e 
la  Contessa  di  Irani.  In  altre  tribune  eranvi  ancora  molti  membri  del 
Corpo  Diplomatico  accreditato  presso  la  Santa  Sede.  II  coiicorso  alia 
Cappella  e  stato  numerosissimo. 

2.  II  florido  stato  di  salute  in  che  piacque  a  Dio  Signor  Nostro  di  con- 
servare  la  venerata  persona  del  Somino  Pontefice  suo  Vicario  in  terra,  e 
la  continuata  bellezza  della  sfagione,  sorridente  per  le  delizie  d'  una 
splendida  primavera,  fecero  si  che,  assislendo  o  pontificando  la  Santita 
Sua,  potessero  aver  luogo,  con  lo  sfoggio  della  loro  impareggiabile  ma- 
gnificenza,  tutte  le  cerimonie  auguste  della  Settimaua  santa  e  della  Pas- 


360  CRONACA 

qua,  fra  tale  concorso  straordinario  di  persone  d'ogni  nazione,  onde,  in 
parita  di  circpstanze,'  da  molti  anni  in  qua  mai  non  erasi  veduta  cosi 
stipata  la  Basilica  Vaticana. 

«  Un  tal  fatto,  dice  il  Giornale  di  Roma  del  12  Aprile,  discorrendo 
della  funzione  Papale  tenula  in  san  Pietro  la  Doraenica  delle  Palme,  un 
tal  fatto  era  degno  di  essere  avvertito,  come  quello  che  porge  una  singo- 
larita,  la  quale,  dalle  circostanze  dei  tempi  che  corrono,  veste  tal  carat- 
tere  che  sempre  meglio  concreta  insieme  e  sviluppa  qual  sia  il  pensiero 
cattolico  sopra  Roma,  e  quale  la  destinazione  che,  negli  ordim  della 
Provvidenza,  e  segnata  alia  eterna  Citta.  Mentre  le  fprze  riunite  della 
rivoluzione  o  agognano  a  sbandire  da  essa  il  Yicario  di  Gesu  Cristo,  per 
tornarvi  un  Cesare  che  riceva  la  sua  corona  non  piu  dall'  Autorita  che 
impera  dal  Vaticano,  ma  da  una  turba  di  novatori  che  imperversi  dal 
Campidoglio ;  o  congiurano  a  rilegare  il  supremo  Gerarca  in  un  angolo 
di  essa,  incatenandone  alle  loro  voglie  perverse  la  liberta,  che,  incep- 
pata,  farebbe  perire  la  liberta  stessa  del  genere  umano:  come  veggiamo 
noi  adoperare  i  fedeli?  Da  che  1'aspra  guerra,  quando  aperta,  quando 
velata  d'ipocrisia,  si  e  rotta  contro  Roma,  verso  di  questa  hannp  essi 
raddoppiato  il  lorq  affetto ;  e  come  figli  amorosi,  impazienti  a  non  ristar- 
si  in  vista  del  pericolo  che  corre  la  madre,  esposta  ad  indecorosi  oltrag- 
gi  e  a  dissennate  minacce,  generosamente  levaronsi  a  sua  difesa  e  so- 
stegno.  Ne  contenti  delle  prove  con  che,  da  Iqntano,  a  lei  testimoniavano 
le  proprie  simpatie,  cavando  partito  dai  mezzi  rapidi,  onde  i  trovati  del- 
1'ingegnqhan  saputo  ravyicinare  fra  loro  le  diverse  region! ,  eccoli  ai 
sette  colli,  non  di  altro  avidi  che  di  vagheggiarvi  quanto  ha  fatto  dare 
1'appellativq  di  Eterna  alia  Citta,  che  sopra  dei  medesimi  si  allarga  e 
distende.  Di  qui  il  progressive  aumento  dei  fedeli  che  vi  concorre,  e  il 
prescegliere  che  il  numero  grandissimo  di  essi  fa,  per  compiere  la  visita, 
quel  tempo  che  ricorda  la  umiliazione  ed  il  trionfo  aell'lIomo-Dio.  Poiche 
e  appunto  sotto  il  predominio  delle  idee  che  1'  opera  divina  della  Reden- 
zione  suscita  ed  alimenta,  che  vuol  essere  considerata  questa  Roma,  cui 
sempre  dall'orgoglio  umano  si  cerco  di  umiliare,  e  che  dalla  umiliazione 
stessa  cavo  costantemente  motivo  di  gloriosi  trionfi.  » 

E  qui,  toccato  de'monumenti,in  cui  rifulgono  scolpiti  questi  trionfi,  e 
della  yerace  grandezza  che  derivasi  a  Roma  dall'essere  centro  dell'unita 
cattolica,  il  diario  rqmano  segue  a  dire:  «  Ma  queste  impressioni,  questi 
concetti,  e  le  reminiscenze  che  ne  seguono,  rimangono  offuscate,  anzi 
diremo  vinte,  nella  sublime  idea  che  Roma  acquista  dalla  persona  augu- 
sta  del  Yicario  di  Gesu  Cristo,  il  Dqttore  vivente  di  cio  che  si  ha  da  cre- 
dere ed  operare,  il  successore  di  Pietro,  pel  quale  la  citta  dai  sette  colli 
e  divenuta  quanto  e,  e  tale  durera,  essendoche  la  descritta  sua  grandez- 
za da  esso  emani  ed  a  lui  faccia  ritorno.  Or  quanta  significazione  noq 
hanno  gli  attestati  di  venerazione,  di  obbedienza,  di  fedelta  che  rendonp 
al  venerato  Padre  e  Maestro  questi  fedeli,  venuti  alia  sua  Sede  dalle  piu 
lontane  parti  dell'  orbe !  E  prostrati  al  suo  trono  e  baciando  i  suoi  piedi, 
non  solo  a  nome  proprio,  ma  si  ancora  dei  loro  connazionali,  con  sensi 
di  omaggio,  con  parole  di  fede,  di  amore  e  di  riverenza  verso  di  lui, 
della  Sede  appstolica,  ne  attestano  i  conculcati  diritti !  E  il  Santo  Padre, 
nella  carita  di  Gesu  Cristo,  con  la  quale  tutti  questi  suoi  figli  accoglie, 
ed  a  loro  si  porge  benevolo,  sa  per  ciascuno  trovare  espressioni  che  con- 


CONTEMPORANEA  361 

solino  nell'  ambascia,  rafforzino  la  speranza  nel  dubbio,  sollevino  il  cuo- 
re  e  il  pensiero  al  cielo,  da  dove  aspettare  1' aiuto.  Ne  intanto  si  tiene 
dallo  esprimere  la  consolazione  e  il  conforto  che  riceve  per  le  testimo- 
nianze,  che  a  lui  e  a  questa  Santa  Sede  vengono  da  tutte  le  diverse  par- 
ti, ancora  le  piu  lontane  del  mondo,  e  la  gratitudine  del  cuore  significa 
pure  verso  colpro,  che  coi  mezzi  pecuniarii  recano  aiuto  all'impoverito 
Tesoro  apostolico.  II  quale  aiuto,  dall'ultima  volta  che  ne  annunziammo  la 
somma  complessiva,  si  e  accresciuto  di  un  milione  discudi  romani,  pari 
a  fr.  5,376,300;  si  che  1'intera  somma  dell'O&oJo  di  S.  Pietro  ascende 
a  questo  di  ad  otto  milioni  di  scudi,  equivalent!  a  fr.  43,010,400.  La 
benedizione,  che  il  Santo  Padre  invoca  dall'  alto,  ed  impartisce  a  questi 
figli,  che  tanto  gli  si  mostrano  devoti,  compie  e  termina  il  quadro  che, 
per  le  genii  venute  da  ogni  popolo  e  nazipne,  presenta  Roma  in  questi 

fiorni  di  sublimi  memorie,  e  fa  rifulgere  in  essa  la  destinazione  che  le 
a  fatto  la  Provyidenza,  moderatrice  suprema  degli  eventi  umani  ». 
3.  Le  parecchi  decine  di  migliaia  di  forestieri,  che  trovaronsi  in  Roma 
accolti  per  le  solennita  della  Pasqua,  poterono  vedere  con  gli  occhi  loro, 
e  loccar  con  mano  essi  medesimi,  qual  fondamento  abbiansi  nel  vero  le 
pertidissime  calunnie  degli  aperti  nemici  e  de'  falsi  amici,  quando  rap- 
presentano  il  popolo  Romano  come  oppresso  da  una  obbrobriosa  seryitu, 
gemente  sotto  una  crudele  tirannia,  e  smanioso  di  francarsi  ad  ogni  co- 
sto  dalla  dominazione  soyrana  delVicariodi  Gesu  Cristo.  In  mezzo  a  tan- 
ta  folia  non  un  leggerissimo  disordine,  non  uno  scompiglio ;  anzi  appena 
fu  cbe  si  commettesse  alcuno  di  quei  vulgari  attentati,  onde  ladri  e  ma- 
riuoli  sogliono  altrove  funestare  i  pubblici  festeggiamenti.  Ordine  mira- 
bile,  letizia  universale  e  procedimenti  degni  di  popolo  educato  a  vera  e 
scjuisita  civilta  cristiana,  ecco  lo  spettacolo  che,  in  tutto  questo  tempo,  di 
se  diedero  i  Romani  a'  forestieri ;  i  quali,  tornando  alle  patrie  loro,  pq- 
tranno  ridurre  alia  giusta  misura  le  ipocrite  e  scellerate  nenie  dei  bandi- 
tori  del  diritto  nuovo,  che  non  cessano  dal  pregare  a  questo  popolo  un 
benigno  risguardo  di  cielo,  onde  siagli  impartita  la  liberta  e  la  beatitudi- 
ne  di  partecipare  al  ristaurato  ordine  morale,  di  che  son  larghi  alia  ri- 
manente  Italia,  per  via  di  balzelli,  di  carceri,  di  esilii,  di  supplizii,  i  so- 
praccio  della  rivoluzione  italiana,  ed  i  giurati  nemici  della  religione 
cattolica. 

Ma  uno  speltacolo  sorprendente ,  e  che  di  gran  lunga  supero  1'aspetta- 
zione,  diede  di  se  questo  buon  popolo  la  sera  del  19  di  Aprile,  nella 
quale  si  festeggio,  con  isppntanea  ed  universale  gara  di  pompa  e  di  lu- 
minarie  vaghissime,  1'anniversario  di  quel  giorno  12  dello  stesso  mese, 
in  cui  Pio  IX  e  rientro  trionfante  alia  sua  Sede  dopo  i  miserandi  eventi 
del  1848  e  del  1849 ,  ed  usci  incolume  da  grave  rischio  della  vita  ,  in- 
corso  nel  chiostro  di  sant'Agnese  fuori  delle  mura.  L'anniversario  di 
quel  giorno  cadeva,  quest' anno ,  nel  Mercoldi  santo,  e  percio  nefu  pro- 
tratta  la  ricordanza  al  di  dell'ottava ;  in  cui  Sua  Santita ,  secondo  il  con- 
sueto,  si  condusse  a  sant'Agnese,  assiste  al  canto  dell'Inno  Ambrosiano 
ed  alia  esecuzione  d'  un  Inno  in  onore  della  invitta  Martire,  cantato  da 
un  corp  di  centoventisei  sceltissime  voci.  A  stento  il  Santo  Padre,  nel 
partirsi  di  cola,  verso  sera,  pote  aprirsi  la  via  fra  la  calca  degli  accorsi , 
che  gli  si  stringevano  attorno  per  fargli  plauso  ed  invocarne  la  benedizio- 
ne. La  via  Nomentana,  dalla  porta  Pia  alia  Basilica,  era  tutta  ornataqua 


362  CRONACA 

con  arazzi  e  drappi ,  la  con  decorazioni  villerecce.  Quapto  all'  interno  di 
Roma,  richiederebbesi  tutto  intiero  uno  di  quest!  nostri  quaderni  perde- 
scrivere  partitamente  quali  e  quante  cose  furono  poste  in  opera  dagli 
amantissimi  figliuoli  di  Pio  IX,  per  rendere  splendida  e  degna  al  tutto  di 
Roma  tal  solennita.E  certo  gli  stranieri,che  trasecolavano  d'ammirazio- 
ne  alia  loro  vista,  ne  porteranno  lontana  la  fama  ,  e  renderanno  testi- 
monianza,  che  quanto  ne  stampo  YOsservatore  Romano  ed  \\Giornale  di 
Roma,  non  che  ecceda  per  esa^erazione,  a  mala  pena  puodirsi  che  ade- 
gui  lo  sfoggiq  di  pompa  e  di  letizia,  con  che  i  Romaui  vollero  in  tal  con- 
giuntura  manifestare-i  loro  sensi  verso  I'augusto  Sovrano  e  Padre. 

Noi,  e  per  serbare  qualche  memoria  di  cosi  splendido  fatto,  ed  anche 
a  vantaggio  di  que'  lontani,  che  avessero  qualche  pratica  di  questa  Capi- 
tale  del  mondo  cattolico,  riferiremoqui  una  parted!  cio  che  leggevasi  nel 
Giornale  di  Roma  del  20  Aprile. 

«  Quando  il  Santo  Padre  rientrava  in  citta ,  e,  riconducendosi  al  Nrati- 
cano,  percorrevala  fra  le  dimostrazioni  dell'affetto  riverente  dei  suoi 
figli ,  il  giorno  era  omai  declinato ;  e  la  luce  del  maggior  pianeta  yeniva 
surrogata  dal  chiarore  delle  lampane,  delle  faci ,  dei  doppieri ,  disposti 
ove  seroplicemente  ed  ove  con  artificio  di  svariatissimi  disegni,  per  le 
finestre,  pei  balconi,  per  le  front!  dei  tempii  e  dei  grandi  editicii,  e  per 
macchine  in  numero  straordinario  innalzate  nei  fori  e  nellevie.  Non  era- 
vi  parte  di  Roma  che  non  ofl'erisse  allo  sguardo  qualche  singolarita,  ac- 
concia  a  fermare  Tattenzione  del  riguardante ,  la  quale  divenivane  mera- 
vigliata  ed  attonita. 

«  Nella  grande  via  del  Corso  la  ricchezza  della  luminaria  delle  case 
dei  privati  era  fatta  vaghissima  dai  candeSabri  del  gas,  di  che  migliaiadi 
iiammelle  spiccavano  dalle  corone  che  ad  essi  vennero  soprapposte.  Mi- 
surando  con  un  girar  di  sguardo  la  lunghezza  di  quella  via,  di  soprave- 
devasi  andare  a  terminare  colla  croce  di  S.  Pietro,  campata  sulle  alte 
mura  della  torre  di  Aracoeli ,  di  sotto  con  I'Obetisco  della  piazza  del  Po- 
polo,  delineate  dalle  faci.  Similmente  le  altre  vie  principal!  finncheggia- 
le  da  cplonnine  con  tiaccole,  e  i  viali  del  Pincio,  la  gradinata  della  Tri- 
nita  dei  Monti ,  la  cordonata  e  la  piazza  del  Campidoglio ,  la  via  di  Ar- 
gentina, quella  dei  Serpenti,  1'altra  dei  Giubbonari,  e  molte  e  molte  an- 
cora  da  rendersi  pressoche  impossibile  tesserne  il  novero. 

«  Ma  cio  che  fermava  meglio  1'attenzione  erano  le  mille  e  piu  imma- 
gini  della  gloriosa  Madre  di  Dio ,  esposle  alia  invocazione  del  passeggie- 
ro  sulla  faccia  degli  edificii,  od  in  particolari  edicolette,  le  quali  vede- 
vansi  ornate  tutte  sontuosamente  con  panneggi  ed  arazzi ,  e  circondate 
da  profusione  di  lumi.  Poi  era  toccante  cosa  nelle  epigrafi ,  nelle  poesie, 
nelle  sentenze,  che  o  sotta  o  da  presso  a  quelle  immagini  erano  poste, 
leggere  le  espressioni  della  santa  tiducia,  che  nel  patrocinio  di  Maria  si 
ripone  dal  popolo,  e  la  preghiera  urnile  che  si  degni  continuare  ad  esser 
propizia  al  Pontefice  Sommo  ed  a  Roma.  Similmente  era  bello  portare 
la  osservazione  sulle  altre  scritte,  che  i  sensi  deH'animo  facevano  aperti» 
e  cosi  leggendo  meditare  quali  fossero  gl'intendimenti  nobili  e  religiosi 
che  mettevano  in  vista  il  carattere  speciale  della  festa  Romana. 

«  E  questo  che  noi  abbiamo  accennato,  distinto  per  la  splendida  ric- 
chezza, e  per  le  singolarita  della  significazione,  era  esteso  a  tutta  intera 
la  citta.  La  quale  pero  altre  singolarita  offerse  veramente  artistiche  e  di 


CONTEMPORANEA  363 

slupendo  effetto.  La  piazza  Colonna  avea  mutala  la  bella  fontana  in  una 
giardinicra  elegantissima ,  chiusa  come  in  anfitealro  che  le  due  braccia 
riuniva  alia  colonna  Antonina.  II  foro  Traiano  illuminavasi  in  tutto  ilcir- 
euito  a  doppio  ordine  di  faci ,  e  la  Colonna  coclide,  che  vi  sorge  nel 
mezzo,  sormontata  dalla  statua  enea  del  Principe  degli  Apostoli,  ritrae- 
vane  mirabile  effetto.  Di  egual  modo  nelle  piazze  di  S.  Eustachio  ,  di 
Campo  Marzo,  di  S.  Carlo  ai  Catinari ,  in  cjuella  di  Venezia,  nell'aUra 
della  Madonna  dei  Monti ,  grandiose  macchine  innalzaronsi  con  la  effigie 
di  Maria  Santissima  nel  mezzo,  tutte  illuminate  con  lampadini  e  fiammelle 
di  gas.  Piu  sorprendenti  poi  mostravansi  gli  apparecchi  arcbitetlonici , 
che  elevaronsi  a  S.  Lorenzo  in  Lucina,  in  Piazza  Barberini ,  al  Foro  Ago- 
nale,  alia  Minerva ,  a  Ponte.  Nel  primo  il  prospetto  era  a  disegno  gotico 
elegantissimo  :  statue  ed  emblemi ,  eseguiti  altri  a  colori,  altri  a  mezza 
tinta,  ritraevano  1'effigie  del  santo  Martire  Lorenzo  ,  e  la  virtu  della  Ca- 
rita  e  della  Fortezza.  La  celebre  fontana  del  Tritone  vedevasi ,  nel  se- 
condo  degl'indicati  luoghi,  riempire  il  fornice  di  un  arco  trionfale  son- 
tuosissimo.  L'  immenso  Foro  Agonale  era  per  meta  circondato  da  unpor- 
ticato,  le  cui  ale  andavano  ad  unirsi  alia  fronte  di  un  edificio  Basilicale, 
Vostrutto  in  stile  bizantino,  terrninato  da  un  timpano  in  cui  era  ritratto 
il  Concepimenlo  Immacolato  della  Vergine.  La  piazza  della  Minerva  ap- 
parve  tramutata  in  una  grande  sala  sul  sistema  cinese;  quella  di  Ponte 
dava  a  vedere  un  grandiose  slendardo,  sorretto  da  duecolossali  colonne. 
E  lo  stendardo  con  nobilissima  composizione  dell'egregio  pittore  Caval- 
leri,  mostrava  il  glorioso  ritorno  da  Gaeta  dell'  invitto  Pontefice  e  Re  , 
che  vedevasi  su  nobile  cocchio ,  cui  stavano  aggiogati  i  leoni ,  simbolo 
della  Fortezza ,  ed  era  corteggiato  dalle  virtu  della  Fede,  Speranza  eCa- 
rita,  nientre  Tiridedi  pace  spunta  in  terra  sul  suo  passaggio,  e  se  ne 
rallegrano  le  arti  sorelle,  la  Pittura,  la  Scultura,  rArchitettura. 

«  Ed  altra  pittura  stupenda  ammiravasi  alia  Rotonda,  eseguita  dal 
S^zzi  sui  disegni  del  Cav.  Pasqualoni.  Si  voile  con  essa  rappresentare 
1'ufficio  che  tiene  il  Pontefice  di  supremo  Maestro  della  cristianita.  Quin- 
di  I'augusta  persona  di  Lui ,  vestita  in  abiti  pontificali ,  e  cinta  il  capo 
di  Triregno ,  vedevasi  nel  quadro  stringere  colla  destra  le  chiavi ,  e  col- 
la  sinistra  tenere  sul  ginocchio  aperto  un  libro  nelle  cui  pagine  e  scritto : 
Enciclica  degli  8  Decembre ,  e  Syllabus ,  cioe  a  dire  il  sommario  degli 
errori  che  Egli  ha  condannato  nel  suo  glorioso  Pontiticato.  Lo  circonda- 
Tano  i  Vescovi  deH'orbe;  ed  alcune  figure  vi  rappresentavanole  nazioni, 
che  a  lui ,  spogliato,  qffrono  il  Denaro  di  S.  Pietro.  II  Redentore,  dal- 
1'alto,  muove  gli  Angeli  a  difendere  il  suo  Yicario,  dinnanzi  al  quale, 
in  un  braciere,  ardono  i  libri  degli  empii;  e  la  lussuria  e  1'errore,  ri- 
tratti  in  figure  di  orrendo  aspetto ,  fuggono  a-  cercar  nascondiglio  nelle 
tenebre  da  cui  sono  escite.  La  piazza,  ove  il  dipinto  era  esposto,  brilla- 
Ta  per  la  illuminazione ,  ed  il  portico  del  Pantheon  di  Agrippa  veniva  ri- 
schiarato  da  una  grande  Croce  a  lampadini. 

«  Vaghissimi  ancora  davansi  a  vedere  i  luoghi  che  si  tramularono  in 
giardini.  Splendido  era  per  tal  guisa  divenuto  Campo  di  Fiori ,  ove  le 
aiuole  con  violette,  camelie  ,  ed  ogni  altra  generazione  di  fiori,  contor- 
navano  i  palmizii  e  gli  arbusti,  che  rigogliosi  sorgevano  attorno  ad  un 
laghetto,  alimentato  da  fonte-che  si  fece  zampillare  da  una  scogliera  ar- 
tificiale.  Similmente  per  questo  genere  distinguevansi  il  porto  di  Ripetta 


364  CRONACA 

e  la  fontana  di  S.  Maria  in  Trastevere ,  che  si  ricinse  da  un  porticato  ad 
archi  acuti. 

«  Intantp  a  ponte  Sant'Angelo  la  merayigliosa  veduta,  che  porge  1'as- 
sieme  degli  edificii  che  lo  circondano,  chiudeva  la  singplarita  dello  spet- 
tacolo  coll'essere  venuti  a  fermarsi ,  ove  il  Tevere  spazia  tra  Santo  Spi- 
rito  ed  i  dinlorni  di  S.  Giovanni  dei  Fiorentini,  quattro  vapori  della  Ma- 
rina ppntificia ,  pavesati  a  festa ,  ed  altre  grandi  barche.  I  colpi  di  can- 
none,  i  palloncini  che  lanciavano  in  aria ,  le  bombe,  i  girelli  che  si  man- 
davano  a  guizzare  per  1'acqua ,  le  faci  disordinatamente  sparse  per  le  ri- 
pe, e  che  si  moltiplicavano  nelle  onde,  il  suono  del  concerto  musicale 
dei  Zuavi ,  i  fuochi  di  bengala,  che  a  quando  a  quando  si  accendevano, 
e  facevanp  specchiare  nel  biondo  Tebro  i  maestosi  archi  del  Ponte  Adria- 
no ,  e  la  rispondenza  delle  luminarie  che  brillavano  nella  facciata  inferio- 
re  dell'arcispedale ,  nella  cupola  dei  Fiorentini ,  nella  grande  croce  di 
S.  Pietro  ,  che  splendeva  sul  nupvo  caseggiato  a  piazza  Pia,  e  il  Borgo 
che  da  questa  andava  a  toccare  il  Vaticano ,  tutto  intersecalo  da  arcua- 
zioni  a  lampioncini ,  producevano  un  effetto  mirabile.  Come  pure  fu  stu- 
pendp  quello  che  si  ottenne  al  Foro  Romano,  ove  gli  alberi  che  vi  gran- 
deggiano  venivano  a  formare  una  galleria  di  lumi,  postivi  dai  Reggimen- 
to  di  Linea  pontiticia. 

«  Le  bandiere  dai  colori  bianco  e  giallo  sventolavano  per  ogni  dove : 
la  effigie  del  Santo  Padre ,  ritratta  in  busti  o  in  pitture,  ad  ogni  muover 
di  passo  scontravasi.  II  fuoco  di  bengala  acceso  ad  intervalli  nei  luoght 
monumental!  raddoppiayane  1'effetto,  e  nella  varieta  degli  apparecchi 
portava  una  novella  varieta  con  la  luce  colorata  che  rischiarava  gli  og- 
getti.  La  fontana  di  Trevi  apparve  piu  bella  in  queste  diverse  trasforma- 
zioni  di  luce.  Da  ultimo  liete  sinfonie,  suonate  dai  cpncerti  militariFran- 
cesi  e  Pontificii ,  disppsti  nelle  diverse  piazze  ,  emm'endo  1'aria  coi  me- 
lodiosi  concenti,  terminavano  e  completavano  la  uniyersale  letizia. 

«  II  Santo  Padre,  recandosi  a  S.  Agnese  per  le  vie  di  Tordinona ,  di 
S.  Lorenzo  in  Lucina  e  per  la  piazza  Barberini ,  e  tprnando,  fattp  gia  fo- 
sco  il  cielo ,  per  la  piazza  di  Yenezia,  di  S.  Carlo  ai  Catinari ,  di  Campq 
di  Fipri,  del  Foro  Agonale,  e  di  Ponte,  pote,  tra  gli  applausi  dei  suoi 
fedeli  sudditi ,  godere  in  parte  della  vista  di  tante  opere  belle ,  ed  ag- 
giungere  un'altra  prova  alle  continue  che  riceve ,  di  qtianto  i  Romani 
lo  abbiano  in  riverenza  e  in  amore.  Poiche,  le  grandi  spese,  quante  do- 
vettero  esser  necessarie  a  festa  cosi  straordinariamente  spntuosa,  e  bene 
notarlo  ,  non  si  debbono  che  alia  sola  spontaneita  di  private  oblazioni. 

«  Per  la  citta ,  ornata  nel  decpro  e  nella  vaghezza  che  abbiamo  deli- 
neata,  fino  a  notte  tardissima,  ilare  e  quieto  passeggip  un  pppolo  innu- 
mereyole.  Tanta  tranquillita  di  pace  e  tanta  serenita  di  gaudio  potranno 
invidiare ,  ma  non  per  fermo  negare  i  nemici  della  societa  e  della  Reli- 
gione.  Essi  felici  se  ai  voti  ed  agli  augurii ,  che  in  circostanza  si  bella 
fecero  i  Romani ,  si  degnera  di  arridere  benigno  il  cielo.  » 


CONTEMPORANEA  365 

STATI  SARDI  1.  Statistica  criminale  del  mese  di  Gennaio  del  1865  —  2.  Do- 
manda  di  un  nuovo  imprestito  di  425  milioni  —  3.  Quanto  costo  il  Mini- 
stero  del  Minghetti  —  4.  Cangiamenti  allo  schema  di  legge  per  1'  aboli- 
zione  degli  Ordini  religiosi  ed  il  latrocinio  dei  beni  ecclesiaslici  —  5.  Pro- 
fenda  assicurata  dal  Vacca  allo  scomunicato  Mongini  —  6.  Elenco  delle 
Diocesi  private  di  Vescovi  —  7.  Dichiarazioni  di  guerra  al  cattolicismo , 
fatte  da'  Frammassoni  nel  Diritto. 

1.  Avuta  nel  colloquio  di  Chambery  la  certezza,  che  la  Francia  non  si  op- 
porrebbe  alia  invasione  delle  Marche  e  deH'Umbria,  disegnata  sptto  prete- 
sto  di  impedirvi  UQ  sollevamento  e  con  promessa  di  rispettarvi  1'autorita 
del  Sommo  Pqntefice,  come  fece  poi  sapere  con  un  suo  dispaccio  il  sig. 
Thouvenel, ministro  di  Napoleone  III:  il  Cavour  ed  il  Farini,  nell'atto  di 
spingere  le  truppe  piemontesi  all'esecuzionedi  quel  disegno,  pubblicaro- 
no,  I'll  Settembre  1860,  un  bando,  firmato  anche  dal  Re,  nel  quale  si  met- 
teanp  in  bocca  a  Yittorio  Emmanuele  II  queste  parole :  «  Mi  accusano  di 
ambizione.  Si,  ho  una  ambizione,  ed  e  quella  di  ristorare  iprincipii  del- 
1'ordine  morale  in  Italia  ».  Or  si  sa  come  siasi  noi  ristaurato  1'ordine  mo- 
rale ;  incarcerando  cioe  Vescovi  e  preti ,  spogliando  di  tutto  e  mettendo 
sul  lastrico  Frati  e  Monache,  cangiandq  le  chiese  in  magazzini ,  sfrenan- 
do  ad  ogni  licenza  contro  la  Chiesa  ed  il  Papato  i  diarii  della  Frammas- 
soneria,  istituendp  in  ogni  citta  e  borgata  case  di  toller ama,  e  moltipli- 
cando  gli  scandali  di  turpissime  immoralita  in  quella  proporzione,  che  si 
aumentavano  i  balzelli  onde  sopperire  agli  scialaqui,  di  che  s'ingrassava- 
no  i  capprali  della  rivoluzione. 

1  frutti  di  questo  ordine  morale,  ristaurato  a  norma  dei  famosi  princi- 
pii  liberaleschi  e  del  diritto  nuovo,  si  ricolsero  presto  e  copiosi ;  e  ne  pre- 
sentiamo  a'  nostri  lettori  un  saggio,  che  ci  e  offerto  dalla  Gazzetta  Uff,- 
ciale  del  Regno  <X  Italia,  e  che  bastera  a  far  ragione  del  troppo  piu  da 
ripromettersene  per  ]'  avvenire.  II  diario  ufficiale  adunque  pubblico  due 
specchi  importantissimi ;  T  uno  nel  suo  n.°  75  del  28  di  Marzo ,  ed  e  il 
«  Prospetto  degli  arresti  effettuatisi  nelle  province  dello  Stato,  durante  il 
mese  di  Gennaio  1865,  distinti  secondo  la  designazione  del  Codice  pena- 
le  e  desunti  dai  rapporti  pervenuti  al  Ministero  degli  Interni  »  ;  1'  altro 
Del  suo  n.°  81  del  4  Aprile,  ed  e  il  «  Prospetto  dei  reati  commessi  ».  Da 
questi  due  specchi  risulta  che  nel  solo  mese  di  Gennaio  1865  nel  Regno 
d'  Italia,  dove  fu  ristabilito  1'ordine  morale,  e  dove  da  quattro  anni  Tor- 
dine  morale  regna  e  governa,  in  un  solo  mese,  notisi  bene,  furono  com- 
messi 7287  reati ,  nqn  compresi  quelli  di  1249  renitenti  alia  leva  mili- 
tare,  e  92  diserzioni;  in  tutto  8628  delitti.  Gli  arresti  che  si  operarone 
nello  stesso  mese  di  Gennaio  ascesero  soltanto  a  4934,  senza  contarvi 
471  renitenti  arrestati  e  78  disertori.  Ma  se  il  numero  degli  arrestati  deve 
essere  esatto  ,  perche  d'ogni  arresto  si  fa  relazione  al  Ministro,  puo  dirsi 
Iq  stesso  del  numero  dei  delitti?  No,  perche  tutti  i  delitti  commessi  non 
si  dinunziano  ,  o  non  si  scoprqno  dalla  Polizia.  Laonde  puo  affermarsi, 
senza  tema  di  fallire,  che  la  cifra  criminale  del  mese  di  Gennaio,  dataci 
dalla  Gazzetta  Ufficiale,  e  inferiore  di  gran  lunga  alia  verita. 

Ora  perche  ne  resti  documento  per  gli  avvenire,  ed  affinche  i  presenti 
possano  dai  frutti  conoscere  la  pianta ,  ricaveremo  dair  Unitd  Cattolica, 
ehe  li  trasse  dai  due  specchi  mentovati,  alcuni  dati  relativi  ai  maggiori 
delitti. 


366  CRONACA 

Commessi  Arresti 

Omicidii  e  tentativi  223  218 

Ferite  e  percosse  1693  842 

Diffamazioai  232  40 

Grassazioni  336  226 

Furti  e  tentativi  2819  1140 

Truffe  173  120 

Incendii  delittuosi  172  28 

Contro  la  sicur.  dello  Stato  20  218  (sic) 

Contro  ia  pubblica  amniin.  142  169 

Contro  la  fed.  pubb.  44  35 

Giuochi  proibiti  67  70  (sic) 

Keuitenti  alia  leva  1249  471 

Diserzioni  92  78 

Contro  1'ord.  delle  famiglie  74  27 

Contro  il  buon  costume  79  72 

•Duelli  5  5 

II  Pensiero  Italiano  del  5  di  Aprile,  dice  che  quest!  dati  sono  ben  poco 
lusinghieri  sullo  stato  morale  delle  nostre  popolazioni ,  ed  ha  ragione. 
Eppure  era  la  liberta  che  doveva  moralizzare  gli  Italiani,  etutti  veggo- 
no  come  li  moralizza! 

«  Ne  vengano  a  dirci,  esclama  giustamente  sdegnala  1'  Unitd  Cattoli- 
m  del  6  Aprile,  ne  vengano  a  dirci  che  questa  e  colpa  de'  passati  Go- 
verni;  perche  se  fosse  cosi,  i  delitti  dovrebbero  tanto  piu  diminuire,  quan- 
to  piu  il  Governo  nuovo  sparge  sul  popolo  la  sua  influenza ;  e  veggiamo 
per  contrario  che  i  delitti  aumentano.  E  che  aumentino  basta  a  provarlo 
questo  fatto  solo ,  che  il  Ministero  ha  domandato  teste  ed  ottenuto  dalla 
Camera  inolti  milioni  di  piu  per  combattere  i  bricconi. 
-  «  Quaoto  costano  i  bricconi  al  Regno  d'  Italia?  Questo  conto  elpquen- 
te  puo  servire  di  commento  alia  statistica  dei  delitti  e  degli  arresti.  Fac- 
ciamolo.  Pei  carabinieri  paghiamo  21  milione  (lire  20,959,624),  e  il  Mi- 
nistro  della  guerra  dice  che  non  bastano.  Per  la  polizia  ainministrativa  e 
preventiva  il  Ministro  dell'  interno  spende  tredici  milioni  (L.  13,290,000) . 
Per  le  galere  spendiamo  quasi  4  milioni  (L.  3,784,549  25).  Per  le  car- 
ceri  spendiamo  17  milioni  e  mezzo  ( L.  17,427,  112  45).  In  totale  la 
pubblica  sicurezza  costa  ogni  anno  al  regno  d' Italia  cinquantacinque  mi- 
lioni e  mezzo  (L.  55,461,085  70) ,  e  si  tocca  con  mano  che  pubblica  si- 
curezza abbiamo!  ISel  solo  mese  di  Gennaio  del  1865  si  sono  commes- 
si  7287  read ! 

«  Ma  non  fanno  nulla  i  nostri  governanti  per  mettere  un  riparo  a  que- 
sta orribile  condizione  di  cose?  Non  fanno  nulla?...  Oh  !  si,  hanno  fatto 
e  fanno  moltissimo  ,  ed  applicano  alia  politica  il  sistema  omeopatico  del 
Similia  similibus  curantur.  State  a  vcdere. 

«  Nel  solo  mese  di  Gennaio  1865  si  sono  commessi  in  Italia  duecento 
ventitre  omicidii ,  ossia  furono  altrettanti  innocenti ,  uomini  onesti ,  pro- 
bi  cittadini  manclati  aH'altro  mondo  dagli  scellerati.  Procedendo  di  que- 
sto passo  avremo  dentro  1'anno  2676  omicidii.  La  Camera  dei  Deputati 

ne  commuove ed  abolisce  la  pena  di  morte! 

«  Nel  solo  mese  di  Gennaio  1865  si  sono  commessi  in  Italia  tra  gras- 
sazioni  e  furti  tremila  cento  sessantacinque  reati.  Lasciando  stare  il  ere- 


CONTEMPORANEA  367 

scit  eundo ,  questa  cifra  del  raese  di  Gennaio  serve  per  annunziare,  che 
hel  regno  deWordine  morale  avremo  in  tutto  1'anno  corrente  37,980  tra 

furti  e  grassazioni.  II  Ministero  se  ne  commuove, e  propone  la  spo- 

gliazione  della  Chiesa  e  I'  incameramento  de'  beni  ecclesiastic!  ! 

«  Nel  solo  mese  di  Gennaio  si  sono  commessi  in  Italia  settantanove  rea- 
ti  coDtro  il  buon  costume,  settantaquattro  contro  1'ordine  delle  famiglie, 
quindici  contro  la  religione  dello  Stato.  Avremo  in  lutto  1'anno  di  simili 

delilti  1916.  II  Senato  del  Regno  se  ne  commuove, ed  approva  la 

legge  sul  matrimonio  civile.  Cosi  si  governa  in  Italia ,  e  la  patria  no- 
stra  ha  Senatori,  Deputati  e  Ministri  di  tanto  senno,  di  tanta  prudenza 
e  di  tanta  giustizia !  » 

Cosi  procedono  le  cose  per  1'influenza  dei  principii  liberaleschi  appli- 
cati  da  quell' Italia,  che  poc' anzi  riscosse  da  qualche  potente  Governo 
lodi  splendidissime  di  sapienza  e  di  moderazione.  Or  che  avverra  quando 
sia  in  pieno  vigore  la  legge,  approvata  gia  dalla  Camera  e  dal  Senato 
per  1'  unificazione  legislativa  e  1  estensione  a  tulta  Italia  del  Codice  pe- 
nale  ,  in  cui  cessano  di  essere  puriiti  come  delitti  non  solo  la  bestemmia 
ed  il  sacrilegio,  ma  persino  la  pederastia,  Ip  stupro  ed  il  giuramento 
falso?  Che  sara  dopo  istituito  il  matrimonio  civile,  e  riconosctuto  il  ma- 
trimonio de'  preti  apostati,  e  data  al  Governo  la  facolta  di  porre  o  togiie- 
re  gl'  impediments  e  dare  le  dispense  ? 

2.  Un  Governo,  che  scioglie  cosi  il  frenoad  ogni  turpitudine,  si  yuole 
pagar  caro;  ed  il  ministro  Quintino  Sella  non  ebbe  torto  percio  di  chiede- 
re  teste  la  facolta  di  contrarre  un  nuoyo  imprestito  di  425  milioni,  senza 
i  quali  si  protesto  di  non  poter  tirare  innanzi  a  far  le  spese  dello  Stato. 
Dove  vanno  lutti  questi  deriari?  Chi  lo  sa?  I  diarii  torinesi  parlarono 
assai  d' un  fattp  che,  se  fosse  bene  ricercato,  potrebbe  gettare  qualche 
luce  sui  procedimenti  dei  liberali;  ed  e  che  la  Corte  dei  conti  avrehbe  re- 
spinto  come  irregolari  tanti  mandati  da  ragguagliare  la  somma  di  Li- 
re 56,  077,  606,  dei  quali  parte  furono  spediti  nel  1863  per  la  somma  di 
L.  16,919,829,  e  parte  nel  1864  per  Lire  39,177,177.  Se  i  mandati  era- 
no  irregolari ,  queste  somme  non  si  doveano  pagare  dal  Tesoro.  Perche 
ed  a  chi  furono  sborsate  ? 

Inoltre  ,  fra  le  maggiori  spese  relative  al  bilancio  del  Ministero  degli 
interni  pel  1863,  e  segnata  una  somma  di  Lire  250,000 ;  circa  1'  uso  delia 
quale  cosi  si  dichiaro  la  Commissione  della  Camera:  «  250,000  Lire  furo- 
no erogate  per  venire  in  soccorso  alia  cosi  delta  convenzionalmente  emi- 
grazione  italiana,  che  molte  volte  non  fune  e  emigrazione  di  sorta  ».  Vuol 
iire  che  quel  bocconcino  fu  digerito  da  chi  avea  buon  appetite.  La  Came- 
ra rigetto  una  spesa  di  700,000  Lire  ,  fatta  dal  Ministero  responsabile  , 
ahe  non  rispose  di  nulla;  e  chi  ha  avuto,  ha  avutp.  Quando  le  casse  so- 
no vuote,  si  fa  a  condizioni  di  usura  rovinosa  un  imprestito  ,  che  la  Ca- 
mera approva  invariabilmente  sotto  pretesto  di  necessita  politica;  poi  i 
Ministri  vi  pescano  a  due  mam  ,  e  si  tira  innanzi.  Basti  recare  un  breve 
tratto  della  relazione,  che  il  deputato  Broglio  presento  alia  Camera  sopra 
codesto  nuovp  imprestito  di  425  milioni.  «  L'jtalia  ha  contralto  dal  1860 
in  qua  un  debito  enorme.  Nelle  province  antiche  si  sono  fatti  nel  1860 
due  prestiti :  uno  di  100,  1'altrp  di  150  milioni ;  se  ne  fece  uno  di  10  mi- 
lioni neli'Emilia;  si  alieno  un  milione  e  mezzo  di  rendita  inToscana;  simili 
-alienazioni  furono  pur  fatte  a  Napoli  ed  in  Sicilia:  il  totale  dei  debiti  con- 
tratti  in  quell' anno  fu  di  quasi  377  milioni.  Nel  1861  abbiamo  avuto  un 


368  CRONACA 

prestitodiSOO  milioni;un  altro  di  700  nel  1863:  ora  se  ne  chiedono  425: 
sono  dunque  piu  di  due  miliardi  in  sei  anni,  senza  contare  alcune  picco- 
le  emissioni  di  rendita ,  fatte  per  varie  cagipni ,  che  qui  sarebbe  inutile 
esporre  minutamente,  e  senza  200  milioni  di  beni  demaniali,  o  poco  me- 
no,  venduti ».  Ma  conchiuse,  e  questo  si  sapeva  anticipatamente,  che  bi- 
sognava  consentire  all'  imprestito ,  perche  ad  ogni  modo  la  palingenesia 
italiana  costava  meno  che  la  francese,  e  j'llalia  cosi  era  fatta. 

3.  Discutendosi  sopra  codestp  imprestito  di  425  milioni,  nella  tornata 
del  18  Aprile,  il  deputato  Allievi  dimostro  come  i  precedenti  imprestiti  di 
300  e  di  700  milioni  ofossero  stati  interamenteassorbiti  dal  deficit,  o  non 
bastassero  nemmeno  a  colmarlo;  imperocche,  disse  egli,  «  riassumendo 
tutti  questi  deficit  per  i  qualtrq  anni  precedenti,  io  trovo  un  disavanzo 
complessivo  di  circa  mille  e  seicento  milioni  ».  La  cifra  esatta  e  di  1625 
Jiiilieni !  Cosi  amministrano  le  fmanze  dello  Stato  codesti  grandi  uomini. 

Ma  il  deputato  Boggio  nella  stessa  tornata  ebbe  a  porre  in  chiaro  ben 
altre  e  piu  gravi  cose,  alle  quali,  tanta  era  1'  evidenza  ,  non  si  pole  con- 
traporre  nulla  dai  paladini  del  passato  e  del  presente  Ministero  ;  e  ne 
tratteremo  di  proposito  un'altra  volta.Qui  ci  basti  accennare  che  egli,  in 
-sostanza  dimostro  o  falsificati  o  sbagliati  i  calcoli  finanzieri  del  Minghetti 
e  del  Sella,  non  per  decine  di  migliaia  di  Lire,  ma  per  qualche  centinaio 
di  milioni.  11  Minghetti ,  con  lungo  ed  intralciato  discorso  ,  avea  pretesq 
^ii  fare  1'  apologia  della  sua  amministrazione  ,  ma  avea  creduto  di  darsi 
^ran  merito  di  lealta,  confessando  d'  avere  sbagliato  nei  suoi  calcoli  d'  un 
36  milioni.  II  deputato  Boggio  prese  a  disamina  quella  esppsizione ,  e 
fece  strabiliare  tutti  per  la  lucidita  con  la  quale  dimostro,  che  il  Minghet- 
ti avea  errato,  non  di  36,  ma  di  525  milioni.  Ed  ecco  in  sostanza  1'argo- 
mentazione,  con  la  quale  pose  in  chiaro  gli  sbagli  e  gli  scialacqui  del 
.Minghetti. 

Questi  avea  detto  alia  Camera:  datemi  700  milioni  ed  io  nel  1866  vi 
do  il  pareggio ,  ossia  la  differenza  fra  1'entrata  e  la  spesa  sara  appena  di 
36  milioni.  La  Camera  gli  diede  i  700  milioni.  Ed  ora?  Ora  siamq  a  que- 
sto che  i  700  milioni  sono  consumati,  e  nel  1866  invece  di  36  milioni  di 
deficit,  se  ne  avranno  almeno  100  secondo  Sella,  e  200  secondo  Brogliq; 
piu  i  425  railioni  del  nuovo  prestito.  E  cosi  sono  525  milioni  di  sbilancio 
al  1866,  invece  dei  36  milioni.  Ecco  come  il  Minghetti  ha  saputo  far  bene 
i  calcoli !  Quale  meraviglia  se  dopo  questi  sbagli  di  piu  che  500  milioni 
inun  sol  tratto,  egli  sbagli  di  74,700,000  sui  cqnti  di  cassa?  Egli  affer- 
mp  che  alia  sua  caduta  lasciq  in  cassa  75  milioni  che  ridusse  a  70 ,  to- 
gliendo  via  5  milioni  di  conti  correnti.  Invece  i  70,000,000  siriduconoa 
284,000  lire  effettiye:  il  resto  sono  carte  contabili ,  deficit  di  agenti  del 
tesoro,  e  per  16  milioni  rame  smonetato. 

II  Minghetti  parla bene,  continue  il  Boggio:  udii  Y altro  giorno  lodare 
le  sue  forme  di  dire  cosi  eleganti ,  cosi  poetiche :  e  mi  prese  yaghezza  di 
sapere  quanto  costasse  un  Ministro  delle  fmanze  poeta.  Misericordia ! 
Costa  piu  egli  solo  di  quanto  vale  tutto  il  Ministero  secondo  il  Lamarmo- 
ra.Yi  disse  questi  ai  di  scorsi,  cbe  non  credea  di  valer  egli  ed  i  colleghi 
3,000,000  di  lire  airanno.  Fu  troppo  modesto!  Minghetti  ci  e  costa- 
to  3,000,000  al  giorno.  Fu  Ministro.  630  giorni  e  liquido  1,900,000,000 
lire?  L'pratore  passo  a  discutere  poi  della  peregrina  teoria  che  aveva 
Minghetti  di  fare  economic.  Ne  promise  per  100,000,000.  In  che  modo? 
-Facendo  pagare  dal  contribuente  al  comune  ed  alia  provincia  cio  che  pri- 


CONTEMPORANEA  .        369 

ma  pagava  allo  Stato!  Cosicche  fare  un  pagamento  in  una  cassa  diversa, 
costituiva  per  lui  un  risparmio ! 

II  depulato  Boggio  dimostro  ancora  che  il  deficit  al  1866  sara  non 
di  625  milioni,  come  lo  calcolo  il  Sella,  ma  di  828  milioni,  quand'anche 
si  calcoli,  e  si  ottenga  in  yerita  dal  tribute  sppra  la  ricchezza  mobile  per 
il  1866,  il  prqvento  non  piu  di  soli  60,  ma  di  100  milioni.  Analizzando  i 
singoli  bilanci,  provo  che  non  e  possibile,  anche  colle  nuove  leggi  orga- 
Liche ,  e  merce  la  modificazione  radicale  delle  circoscrizioni ,  economiz- 
zare  piu  di  60  milioni.  Laonde  nel  1866  si  avranno  200,000,000  di  deficit; 
Del  1867  altri  200,000,000  almeno;  e  cosi  fra  due  anni  si  dovra  fare  un 
altro  prestito  di  400,000,000 !  Dove  si  va  a  questo  modo?  Alia  bancarotta. 

Codesto  mostro  delle  Finanze  del  nuovo  Regno  d'  Italia  non  puo 
essere  adeguatamente  simboleggiato  che  dal  Cerbero  degli  antichi,  che 
«  con  tre  gole  caninamente  latra  »  per  la  gran  fame  ;  e  quando  gli  hai 
gittato  in  pasto  un  monte  di  roba,  t'accorgi  che,  lungi  dalF  essere  sa- 
tollo,  ha  piu  fame  che  prima.  I  savii  legislator^  a  cui  spetta  il  regolargli 
la  pastura,  riflettendo  che  questa  in  fin  de'  conti  non  si  ha  da  pagare 
con  la  borsa  loro  propria,  ma  con  quella  del  beatissimo  popolo  sovrano, 
di  cui  essi  sono  i  rappresentanti,  non  la  guardano  pel  sottile,  e  gia  da 
pezza  sono  risoluti  ad  imbandire  al  Cerbero,  prima  di  tutto  i  beni  di 
Chiesa,  quanti  sono;  poi,  se  occorre,  anche  i  beni  de'  privati,  brucian- 
do  da  ultimo,  se  occorre,  il  gran  libro  del  Debito  pubblico.  Affinche 
questa  ultima  asserzione  non  paia  esagerata,  citeremo  qui  le  parole  del 
deputato  Macchi,  dette  nella  tornata  del  27  Giugno  I860,  in  cui  disami- 
no  1'ipotesi  che  si  doyesse  giungere  «  all' inevitabile  bivio  d'immolare 
o  i  creditori  della  nazione  o  i  proprietarii  delle  terre  ».  II  Macchi,  con 
fierezza  spartana  (poiche  non  trattavasi  d'un  micolino  di  roba  sua,  ma 
dell'altrui)  grido  alto:  «  Quand'anche,  a  furia  d'imprestiti  e  d'imposte, 

10  Stato  fosse  veramente  condotto  alia  ineluttabile  necessita,  o  di  assor- 
hire  gran  parte  delle  proprieta  private,  o  di  getlare  alle  fiamme  il  libro 
del  Debito  pubblico,  purche  con  cio  ci  fosse  concesso  il  bene  supremo 
di  vivere  liberi  (e,  aggiungeremo  noi,  al  Deputato  Macchi  e  consorti 
quello  di  mangiare  a  quattro  palmenli  a  spese  del  libero  popolo) ,  poco 
a  noi  premerebbe!  »   (Atti  ufficiali  della  Camera  del  1860,  n.°  107, 
Pag-  416). 

4.  Niuno  allora  contrasto  al  Macchi,  essendo  tutti  egualmente  disposti 
ad  essere  generosi  delFaltrui.  E  questo  ci  pare  manifesto  nell'unanimita 
con  la  quale  gia  fu  risoluta  1'  abolizione  degli  Ordini  religiosi  e  la  confi- 
scazione  delle  proprieta  ecclesiastiche,  presentate  dal  Vacca  e  dal  Sella 
come  uno  spediente  da  rifornire,  in  parte  almeno.  coi  beni  loro  apparte- 
nenti  le  esauste  Finanze.  Tuttavia,  come  notammo  altra  volta,  quest'os- 
so  non  puo  bastare  ai  molti  cani  che  sel  vanno  disputando.  II  Yacca  ed 

11  Sella  volevano  darlo  a  rodere  tutto  intero  allo  Stato ,  cioe  al  Ministe- 
ro  delle  Finanze ;  ma  il  Ricasoli,  col  Corsi  e  1'onorevole  sua  consorteria, 
come  abbiam  riferito  nel  precedente  volume,  a  pag.  744-45,  voleano  ri- 
serbarne  qualche  parte  a  disposizione  di  certe  Congregazioni  municipal  o 
provinciali  di  laici,  che  avrebbero  dovuto  sbocconcel'larlo  a  loroposta,  a 
cui  meglio  piacesse.  Percio  la  Commissione  della  Camera,  presieduta  dal 
Ricasoli,  respingeva  il  disegno  di  legge,  presentato  dal  Yacca  alii  7  Feb- 
braio  per  aver  facolta  di  compiere  quel  latrocinio ,  e  ne  sostituiva  un 

Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  363.  24  29  Aprile  1865. 


370        .  CRONACA 

altro.  II  Vacca  teneva  forte  pel  suo ,  la  Commissione  non  voleva  cedere. 
Che  fece  il  Vacca?  Al!i  12  Aprile  egli  presento,  sotto  il  titolo  di  emenda- 
menti, non  meno  di  23  articoli  da  surrogare  a  quelli  della  legge  da  se 
proposta,  pei  quali  sarebbero  ora  imbanditi  al  Cerbero  i  soli  beni  dei  Re- 
ligiosi ,  tenendo  in  serbo  per  un  altro  pasto  quelli  del  Clero  secolare  e 
delle  Opere  pie.  Questi  emendamenti  furpnoriferiti  anche  dalla  Unita  Cat- 
tolica  del  14  Aprile.  Ma  pericolarono  d'incontrare  mala  sorte.  Dapprima 
perche  fu  negata  la  costittizionalita  di  far  cpsi,  con  una  gherminella,  il 
bel  tiro  di  sottrarre  alia  disarnina  degli  Uffizii  una  legge  sostanzialmente 
diversa ,  presentandpla  sotto  titolo  di  emendamento  ad  un'altra  gia  res- 
pinta  da!la  Coramissione.  Poi,  e  questo  forse  fu  il  motivp  piu  efficace, 
perche  limitavasi  a  decretare  la  rapina  delle  sostanze  dei  Frati  e  delle 
Monache,  insufficient!  all'appetito  di  chi  se  lo  sentirebbe,  non  pago,  ma 
appena  stuzzicato  dal  mangiare  tutti  in  una  volta  anche  quelli  dei  Ve- 
scovi  e  del  Clero. 

In  questo  mezzo  ecco  uscir  fuora  il  Boncomagni,  con  dodici  articoli  di 
sua  inyenzione ,  intesi  a  dare  satisfazione  parte  al  Ministero  e  parte  alia 
Commissione,  per  salvare,  come  si  dice,  la  capra  e  i  cavoli,  a  spese,  gia 
s'intende,  degli  Ordini  religiosi.  Questo  portatp  della  sapienza  del  Bon- 
compagni ,  insieme  con  parecchi  emendamenti  presentati  da  altri  suoi 
colleghi,  vennero  riferiti  anche  dall'  Unita  cattolica  del  19  Aprile;  ma 
sarebbe  inutile  il  tenerne  discorso,  perche  il  votp,  pronunciato  dalla  Ca- 
mera alii  20,  la  diede  vinta  al  Vacca  ed  al  suo  disegnp  modificato,  ecosi 
non  e  probabile  che  debbano  essere  accettate  le  modificazioni  proposte 
da  altri.  La  vittoria  del  Vacca  fu  doppia.  Imperpcche,  dapprima  avendo 
il  Crispi  messa  sul  tappeto  quella  che  dicesi  quistione  pregiudiziale ,  se 
fosse  cioe  conforme  allo  spirilo  della  Costituzione,  ed  ai  regolamenti ,  ft 
prendersi  a  disamina  da  tutta  la  Camera,  senza  che  prirna  fosse  dtscussa 
negli  Uffizii,  una  nuova  proposta  di  legge,  sol  perche  offerta  in  forma  di 
emendamenti  ad  altra  gia  reietta  dagli  Uffizii  stessi,  la  Camera,  dopo  vi- 
ve  altercazioni,  assent!  che  si  mettesse  da  parte  questa  obbiezione  ,  e  lo 
stessp  Crispi  se  ne  contentp  ,  per  T  istanza  fatta  dai  membri  della  Com- 
missione, presieduta  dal  Ricasoli. 

Poi  si  venne  a  trattare  se  la  base  della  discussione  dovesse  essere  il 
disegno  presentato  dal  Vacca,  coi  recenti  emendamenti,  ovvero  quell'  al- 
tro elaborato  dalla  Commissione,  come  dicemmo  nel  precedente  volume 
a  pag.  745.  La  Camera  ,  a  maggioranza  di  suffragi ,  diede  la  preferenza 
a  quello  del  Vacca,  il  quale  pfferiva  maggiore  sicurta,  che  le  sostanze  dei 
Religiosi  fossero  volte  a  protitlo  dello  Stato.  Di  che  il  Corsi,  relatore  del- 
la  Commissione,  dichiaro  che  questa  si  terrebbe  come  uno  spettatore  pas- 
sivo.  E  qui  sorse  nuovo  impiccio;  essendo  illegale  e  contrario  alia  Costi- 
tuzione,  come  con  grande  energia  spstenne  il  Crispi  in  mezzo  ad  uno 
indescrivibile  tafferuglio,  che  si  esamini  una  legge  senza  che  esista  una 
Commissione  che  ne  sostenga  le  difese.  II  Corsi  ripiglio  che  la  Commis- 
sione esisteva,  e  cio  bastava,  quand'  anche  rinunziasse  a  partecipare  al- 
ia discussione.  Trattandosi  di  arraffare  roba  altrui  per  la  comurie  man- 
giatpia,  i  liberali  sogliono  presto  esser  d'  accordo.  La  tempesta  si  abbo- 
naccip,  il  disegno  del  Vacca  si  comincio  a  discutere  il  di  21,  e  non  v'ha 
dubbio  che  sara  approvato  dalla  docile  pluralita  dei  Deputati  ministeria- 
li ;  benchfc  i  Sicilian! ,  che  presentono  grossi  guai  in  Sicilia  se  i  beni  dei 
Frati,  invece  di  essere  lasciati  a  disposizione  de'Comuni,  siano  dati  a  di- 


CONTEMPORANEA  371 

vorare  alle  Finanze,  siansi  tutti  astenuti  dall'assislere  alle  seguenti  sedu- 
te,  per  prqtestarsi  contro  quel  partitq. 

II  compiuto  assassinio  degli  Ordini  religiosi  puo  durique  fin  d'  ora  ri- 
guardarsi  come  irrevocabilmente  fermato  ;  e  sara  una  novella  prova  di 
quello  spirito  di  saviezza,  di  temperanza  e  di  conciliaziqne,  per  cui  al 
nuovo  Regno  d'ltalia  furono  teste  prodigate  lodi  in  Francia;  ed  al  tempo 
stesso  sara  un  chiaro  argomento  della  iiducia  che  si  merita  codesto  Go- 
verno  ,  quandq  si  protesta  pronto  a  rispettare  la  piena  indipendenza  del 
Sommo  Pontetice  ed  a  tutelare  con  tutte  le  sue  forze  la  religione  e  la 
Chiesa,  purche  siagli  dato  di  succedere  alia  Francia  neH'incarico  di  pre- 
sidiare  Roma,  ed  alia  Santa  Sede  nel  diritto  di  governare  i  popoli  de'suoi 
Stati  non  ancora  soggiogati  dalla  rivoluziqne. 

o.  Un'altra  prpva  se  ue  ha  nella  giustizia  e  nella  generosita,  con  cui  si 
serve  dei  beni  di  Chiesa  per  istipendiare  1'  apostasia  e  far  paghi  d'  ogni 
loro  desiderio  gli  scomunicati,  che  si  mostrano  piu  pertinaci  pel  calpesta- 
re  le  censure  ecclesiastiche  onde  sono  colpiti.  I  nostri  lettori  non  avran- 
no  dimenticato  1'infelice  prete  Pietro  Mongini,  che  fu  gia  parroco  di  Og- 
gebhio,  e  che  si  merit.6  d'essere  solennemente  bandito,  per  sentenza  pub- 
blicata  in  Roma  ,  come  scomunicato  vitando.  Egli  continuava  a  far  da 
parroco  ed  a  mangiarsi  le  rendite  della  parrocchia.  Lo  scandalo  era  im- 
mense. Or  ecco  in  qual  modo  fu  acconciata  la  cosa  dal  Vacca,  secondo 
che,  con  stile  di  empia  beffa,  ci  e  narrato  dalla  giudaica  Opinione  del  15 
Aprile. 

'<  Anche  la  quistione  Mongini  e  fmita.  I  nostri  lettori  la  conoscpno. 
Trattasi  del  cav.  D.  Pietro  Mongini,  parroco  di  Oggebbio,  il  quale  si  eb- 
be  non  sappiamo  quante  persecuziooi  dal  Yescovo  di  Novara  e  quante 
scomuniche  da  Roma.  II  Ministro  Guardasigilli  ha  detinita  questa  coutro- 
versia,  accordando  al  parroco  Mongini  un  impiego  neU'Economato  gene- 
rale.  Nella  lettera,  colla  quale  il  Guardasigilli  cqmunica  al  jMongini  que- 
sta risoluzione,  si  aggiuuge  che  il  Governo  ufficiera,  perche  sia  dair  Or- 
dinario  diocesano  nominate  un  economo  spirituale  della  parrocchia,  dis- 
ponendo  pure  perche  il  Mongini  stesso  abbia  un'equa  parte  delle  rendite 
aella  parrocchia.  Di  questa  soluzione  non  sappiamo  quanto  sara  conten- 
to  Monsignor  Yescovo  di  Novara  ;  ma  vogliamo  credere  che  lo  sara  il 
Mongini.  » 

6.  La  tenerezza  del  Governo  italiano  per  gli  apostati  e  scomunicati  va 
di  paro  con  la  crudelta,  onde  perseguita  i  religiosi  e  preti  fedeli  ai  loro 
TOti  ed  alia  santita  del  loro  carattere.  Non  regge  1'animo  al  Vacca  di  la- 
sciare  uno  scomunicato  vitando  senza  grassa  profenda ;  ma  quando  si 
tratta  di  consentire  il  ritqrno  a  Yescovi  iniguamente ,  e  senza  colpa  ne 
processo  verunq,  sbanditi  dalle  loro  diocesi ;  quando  si  tratta  di  lasciar 
yacanti  per  anni  ed  anni  decine  di  Diocesi,  con  incalcolabile  detrimento 
delle  anime,  oh  allora  egli  si  mostra  ispirato  da  scrupolqso  amore  di  le- 
galita,  e  nulla  vi  ha  che  basti  a  rimoverlo  dalla  piu  rigida  applicazione 
del  regio  Placet  e  Az\V Exequatur;  in  virtu  dei  quali  processa,  incarcera, 
Landisce,  spoglia  e  tormenta  in  ogni  modo  chi ,  per  non  calpestare  i 
sacri  Ganoni  e  la  giurata  fedelta  verso  la  Chiesa  e  la  Santa  Sede,  si  ri- 
fiuta  a  piegare  il  ginocchio  innanzi  all'idolo  della  rivoluzione. 

Ed  affinche  niuno  possa  illudersi  e  credere,  che  queste  siano  esagera- 
zioni  di  linguaggio,  riferiremo  qui  AdYUnita  Cattolica  del  4  Aprile  un 
elenco  de'  Yescovi  perseguitati  dal  Governo  italiano,  quale  risulta  da 


372  CRONACA 

documenti  ufficiali  e  da  fatti  notorii.  II  quale  elenco  diventerebbe  spa- 
ventoso,  se  fosse  continuato  coi  nomi  del  Parrochi  e  Sacerdoti  e  Reli- 
giosi  che  iniquamente  od  arbitriarmente  furono  o  sostenuti  in  carcere  q 
sbanditi ;  per  nulla  dire  delle  piu  centinaia  di  Religiosi  e  di  Monache,  ai 
quali  dopo  averli  spogliati  de'  loro  beni,  senza  il  minimo  pretesto  di  reato 
qualsiasi,  venne  inflitta,  sotto  norae  di  concentramento,  la  carcere  o  la 
pena  della  deportazione  in  luoghi,  dove  si  mandano  a  scontare  lor  delitti 
i  ladri  ed  assassini.  Or  ecco  il  noyero  de' Vescovi. 

Vescovi  processati  e  condannati :  Cardinale  Vescovo  d'Imola  —  Arci- 
vescpvq  di  Torino  —  Vescovo  di  Faenza  —  di  Mondovi  —  di  Saluzzo 

—  di  Piacenza  —  di  Parma  —  di  Fossombrone  —  di  Foggia  —  Vicario 
capitolare  di  Bologna  —  1  Vicarii  generali  di  Napoli,  monsignori  Mare- 
sea  e  Tipaldi. 

Vescovi  processati  e  riconosciuti  innocenti:  Cardinale  Vescovo  di  An- 
cona  —  di  Jesi  —  Arcivescovo  di  Urbino  —  di  Spoleto  —  di  Came- 
rino  —  Yescovo  di  Fano  —  di  Orvieto  —  di  Guastalla  —  di  Vallo  e 
Capaccio  —  di  Anglona  e  Tursi  —  Arcivescovo  di  Conza  e  Campagna 

—  di  Rossano  —  di  Sorrento. 

Vescovi  trascinati  a  Torino :  Cardinale  Arcivescovo  di  Pisa  —  Ye- 
scovo di  Piacenza  —  di  Faraagosta,  Yicario  capit.  di  Milano  —  Car- 
dinale Arcivescovo  di  Fermo  —  Vescovo  di  Avellino,  dei  quali  i  due 
ultimi  da  cinque  anni  sono  sostenuti  in  Torino. 

Vescovi  ogyictt  in  esilio :  Cardinali  Arcivescovi  di  Napoli  e  di  Bene- 
vento  —  Arcivescovo  di  Cagliari  —  di  Sorrento  —  di  Reggio  di  Cala- 
bria —  Yescovo  di  Sessa  —  di  Aquila — di  Castellamare  —  di  teramo  —  di 
PaUi— Arcivescovo  di  Gaeta  —  di  Acerenza  e  Matera—  di  Bari  —  di  Brin- 
disi  —  di  Chieli  —  di  Manfredonia  —  di  Salerno  —  di  Taranto  —  Ye- 
scovi  di  Andria  —  di  Anglona  e  Tursi  —  di  Ascoli  e  Cerignola  —  di 
Aversa  —  di  Bitonto  e  Ruvo  —  di  Bova  —  di  Caiazzo  —  di  Calvi  e 
Teano  —  di  Caserta  —  di  Catanzaro  —  di  Cerreto  —  di  Cotrone  —  di 
Gravina  e  Montepeloso  —  di  Lacedonia  —  di  Mileto  —  di  Muro  —  di 
Nicastro  —  di  Nicotera  e  Tropea  —  di  Nola  —  di  Oria  —  di  Termoli 

—  di  Troja  —  di  Gallipoli  —  di  Yallo-Capaccio  —  Abate  Ordinario  di 
Monte  Vergine. 

^  Vescovi  eletti,  che  non  possono  prender  possesso  delle  .loro  sedi :  Ar- 
civescovo di  Milano  — -  di  Ravenna  —  di  Bologna  —  Yescovo  di  Pavia 

—  di  Borgo  San  Donnino  —  di  Cesena  —  di  Comachio  —  di  Ripatran- 
sone  —  di  Montefeltro  —  di  Rimini  —  di  Loreto  e  Recanati  — di  Osimo 
e  Cingoli  —  di  Nocera  —  di  Citta  di  Castello  —  di  Calvi  e  Teano  — 
d'Orvieto 

Ai  quali,  malgrado  degli  scherni  del  De'bats,  con  gran  ragione  ag- 
giunse  YUnitd  Cattolica  anche  quelli  che,  a  saputa  di  tutti,  sopraffatti 
dagli  strapazzi  e  dal  crepacuore,  perdettero  la  vita  o  neU'esilio  o  nelle 
proprie  Diocesi,  lasciate  fmora  vacanti  per  le  inique  pretensioni  del  Go- 
verno  rivoluzionario.  Questi  sono  iseguenti.  ~  Cardinale  Yiale-Prela 
Arcivescovo  di  Bologna  —  Vescovo  d'Asti  — di  Cagli  e  Pergola  — 
di  Loreto  e  Recanati  —  di  Osimo  e  Cingoli  —  di  Amelia  —  di  Senigaglia 
~  di  Orvieto  —  di  Macerata  e  Tolentino  —  di  Nocera  dei  Pagani  — 
di  Amalfi  —  d'Isernia  e  Venafro  —  di  Aquino,  Ponte-Corvo  e  Sora  — 
di  Boyino  —  di  Marsico  e  Potenza  —  di  Ugento  —  Monsignor  Maresca 
Vicario  generale  di  Napoli. 


CONTEMPORANEA  373 

Ma  il  danno  che  cqnsegue,  anche  prescindendo  da  tali  persecuzioni, 
dalla  vacanza  delle  Diocesi,  e  incalcolabile !  La  Diocesi  d'Alba  e  vacante 
dal  1833,  Alessandria  fin  dal  1854,  Aosta  ed  Asti  dal  1859,  Fossano 
dal  1852,  Vigevano  dal  1859,  Torino  dal  1862,  Saluzzo  dal  1864,  e  que- 
st' anno  si  rese  vacante  il  vescovato  di  Cuneo ;  nove  Vescovati  vacant! 
nel  solo  Piemonte.  In  Sardegna  Bisarcio  e  vacante  dal  1847,  Bosa  dal 
1845,  Ogliastra  dal  1853,  Galtelli-Nuoro  dal  1857  ,  Ampurias  e  Tempio 
dal  1854,  Oristano  dal  1860,  Alghero  dal  1863,  Sassari  dal  1864.  Delle 
undid  Diocesi  della  vasta  isola  di  Sardegna,  otto  sono  vacanti,  e  cjuella 
di  Cagliari  e  priva  del  suo  Arcivescovo,  da  quattordici  anni  in  esilio!  In 
Liguria  e  vacante  dal  1863  Luni-Sarzana ;  sonq  vacanti  in  Toscana  le 
sedi  episcopal!  di  Arezzo,  Fiesole,  Grosseto,  Livorno,  Pistoia  e  Prato, 
Sovana  e  Pitigliano,  Modigliana.  Nelle  diocesi  pontificie  vacano  Cervia, 
Cagli  e  Pergola,  Macerata;  e  in  quelle  delle  Due  Sicilie,  Ariano,  Boiano, 
Gerace,  Conversano,  Isernia  e  Venafro,  Policastro,  Messina,  Catania  e 
forse  altre  che  dimentichiamo.  Aggiungasi  a  questo  il  numero  soprarife- 
rito  de'  Vescovi  esuli,  e  quelloKle'  Vescovi  che  non  poterono  ancora  pren- 
dere  possesso,  alcuni  dei  quali  aspettano  fin  dal  1860. 

Percio  non  piii  amministrazione  della  sacra  Confermazione,  non  piu 
sacre  ordinazioni,  non  piusinodi,  non  piu  visile  pastprali.  Monsignor 
Balma,  Yescovo  di  Tolemaide,  trovasi  oggidi  ad  araministrare  la  sacra 
Cresima  in  una  Diocesi  di  Sardegna,  dove  non  si  cresimo  piu  da  trenta- 
sei  anni !  Ognuno  vede  quanto  sia  deplorabile  questo  stato  di  cose,  e 
con  quanta  ragione  dovesse  esserne  alftitto  il  cuore  del  Nostro  S.  Padre 
Pio  IX. 

7.  Di  questi  giorni  corse  voce  per  Torino  che  il  Commendatore  Saverio 
Vegezzi ,  che  era  Ministro  col  Cavour  appunto  quando  fu  corapiuta  1'  u- 
surpazione  violenta  delle  Marche  e  dell'  tfrabria,  fosse  dal  re  Vitlorio  Em- 
manuele  spedito  a  Roma,  con  incarico  di  trattare  delle  Diocesi  vacanti. 
Vero  o  falso  che  sia  questo  scopo  del  viaggio  del  Vegezzi  a  Roma ;  sin- 
cera  o  no,  spontanea  o  forzata  che  sia  la  disposizione  mostrata  cosi  dal 
Governo  rivoluzionario  di  Torino  a  porre  un  termine  a  cosi  miserando 
stato  di  cose,  per  via  d'un  equo  cqmponimento  con  la  Santa  Sede:  certo 
e  che  il  solo  parlarsene  ebbe  per  risultato  di  fare  che  i  Frammassoni,  con 
piu  limpidezza  che  mai ,  bandissero  alto  il  lorq  prqposito  di  sterminare 
il  cattolicismo ;  e  cosi  si  ayra  il  vantaggio  di  udire  dichiarato  di  pro- 
pria  bqcca  degli  italianissimi  che:  1.°  la  sovranita  temporale  del  Papa  e 
condizione  indispensabile  all'esercizio  della  sua  podesta  spirituale;  2.° che 
disperando  di  poter  per  ora  abbattere  direttamente  la  prima ,  volgono 
tutti  gli  sforzi  contro  la  seconda ,  anzi  contro  il  cattolicismo  stesso.  E 
cosi  si  parra  anche  viemeglio,  quanto  sia  assurda  la  chimera  della  ri- 
conciliazione  del  Ponteficato  supremo  e  della  Chiesa  cattolica  con  Y Italia 
fabbricata  dai  Frammassoni.  Ecco  alcune  parole  del  Diritto  di  Torino , 
sotto  il  20  Aprile. 

«  Mentre  fra  noi  vanamenle  si  fantastica  sulla  partenza  del  Commen- 
datore Vegezzi  per  Roma,  che  certo  non  sarebbe  di  buon  augurio  per 
Funita  nazionale;  mentre  molti  s'illudono  per  la  pronta  aniiessipne  della 
eterna  Citta  all' Italia,  o  per  una  impossibile  conciliazione  tra  il  Papato 
ed  i  principii  liberali  e  civilizzatori  della  nostra  rivoluzione;  niuno  pone 
mente  alle  dichiarazioni  solenni  che  teste  il  Governo  imperiale  ha  riuno- 
vato  su  tale  proposito ,  nella  discussione  fattane  dal  Corpo  legislative 


374  CRONACA 

francese.  La  quistione  romana  e  stata  risoluta  dalla  Convenzione  del  15 
di  Settembre.  Roma  fu  dislinta,  separata  dall' Italia;  e  1'Imperatore  ed 
il  Papa  hanno  reciproco  interesse  che  non  vi  sia  riunita...  Roma  s ara 
nostra  quando  /'  elemento  rivoluzionario  ridurrd  il  Papa  a  vivere  m 
mezzo  ad  un  popolo  che  non  ama  piu  fcde,  quando  il  cattolicismo  sara 
quasi  affatto  perduto  in  Italia...  Noi  abbiarno  sempre  ritenuto  che  il  do- 
minio  spirituale  fosse  la  base  del  dominio  temporale,  piu  che  non  questo 
di  quello...  L'  Italia  non  ha  ne  puo  avere  la  sua  Capitale,  perche  gl'in- 
teressi  del  cattolicismo  non  lo  consentono...  Non  ci  puo  essere  transa- 
zione  tra  1'  Italia  e  il  Papato.  Finche  Roma  non  e  nostra,  1' Italia  proceda 
nella  distruzione  di  quella  Fede,  per  cui  il  Papa  vuole  esser  Re  nella 
nostra  Capitale...  All' Italia  ora  non  fa  d'uopopiii  di  occuparsi  della 
quistione  romana,  siccomefece  sino  al  presente.  La  rivoluzionenel  clero, 
Ja  forza  morale  o  materiale,  la  Convenzione  o  la  conciliazione  non  risol- 
vono  piu  la  quistione  romana.  E  tempo  perso  a  pensarvi...  Al  cattolici- 
smo, che  esige  la  sovranita  temporale  del  Papa,  1' Italia  volga  oggi  la 
sua  mira.  Facciamo  in  modo  che  il  popolo-  ne  conosca  la  fallacia  e  la  ca- 
ducita...  Questa  e  la  sola  via  che  ci  puo  guidare  a  Roma  ».  Poveri  fre- 
netici !  Se  non  avete  altra  via  che  lo  sterminio  del  cattolicismo,  a  Roma 
non  giungerete  mai !  Non  esistera  piu  un  granello  dell'  arena,  sulla  quale 
e  fondata,  perche  fondata  sull'  iniquita,  la  vostra  Italia ,  quando  il  Catto- 
licismo  continuera  a  regnare  nel  mondo:  Portae  inferi  non  praevalebunt. 
Questa  parola  ha  fin  qui  mandati  a  vuoto  tutti  i  conati  dell'  inferno ,  e 
bastera,  statene  certi ,  a  conquidere  anche  i  nemici  scatenati  dal  1859  ia 
qua  a  danno  della  Chiesa  e  del  Papato. 

II. 

COSE  STRANIERE. 

FRANCIA.  1.  Lettera  del  Santo  Padre  a  Monsignor  Dupanloup  circa  il  suo  opu- 
scolo  :  La  Convenzione  del  15  Settembre  ecc.  —  2.  Discussione  dell'  Indi- 
rizzo  del  Gorpo  legislativo  air  Imperatore  —  3.  Parole  dell'  jndirizzo 
sopra  la  Convenzione  del  15  Settembre  ;  modificazioni  proposte;  discorso 
del  sig.  Thiers  —  4.  Risposta  del  ministro  di  Stato  sig.  Rouher ;  scon- 
forto  del  Frammassoni  —  5.  Viaggio  di  Napoleone  HI  in  Algeria. 

1.  Abbiamo  recitato  nel  precedente  volume  (a  pag.  637)  la  lettera  di 
eongratulazione,  scritta  da  Mons.  Chigi,  Nunzio  apostolico  presso  la  Cor- 
te  imperiale  di  Francia,  a  Monsignor,  Dupanloup  Vescovo  di  Orleans,  in- 
torno  al  suo  eloquente  opuscolo  sopra  la  Convenzione  del  15  Settembre 
e  1'  Enciclica  pontificia  dell'  8  Dicembre.  Essendosi  poi  da  parecchi  gior- 
nali  fatta  menzione,  non  sempre  con  esatti  particolari,  d'  una  lettera,  in- 
^iirizzata  dal  Santo  Padre  Pio  IX  al  medesimo  Vescpvo  di  Orleans,  cre- 
diamo  opportune  di  riferirla  qui  per  intiero,  volta  in  italiano,  quale  fu 
pubblicata  col  testo  latino  dall'  Unita  Cattolica  del  14  Marzo. 

Al  Venerabile  Fratello  Felice  Vescovo  d'Orleans  —  Pio  PAPA  IX. 

«  Venerabile  Fratello,  salute  ed  apostolica  benedizione.  Tale,  o  Ye- 
nerabile  Fratello,  e  il  concetto  che  abbiamo  della  tua  riverenza  ed  affe- 
zione  verso  di  Noi,  che,  sebbene  non  ci  fosserp  ancora  giunti  cjuegli  scritti, 
in  cui  felicemente  ed  utilmente  congiungesti  cose  disparatissime,  gia  ci 


CONTEMPORANEA  375 

parea  di  udire  la  tua  voce  frammista  alle  nobili  voci  dei  tuoi  Fratelli ;  i 
quali,  messa  da  parte  ogni  umana  considerazione  ed  ogni  rischio,  quasi 
tutti,  con  costanza  e  liberta  sacerdotale,  difendevano  presso  i  supremi 
Ministri  dell'lmpero  i  conculcati  diritti  di  questa  Sede  e  proprii,  e  pro- 
curavano  di  avvisare  nello  stesso  tempo  i  fedeli  commessi  alle  loro  cure 
del  pericolo  degli  errori  da  Noi  condannati,  dichiarando  di  esecrarli  nel 
senso  medesimo,  in  cui  vennero  da  Noi  riprovati.  Per  lo  che,  se  giocon- 
da,  non  certo  inaspettata  ci  giunse  la  diligenza  con  cui  dichiari  d'avere 
spedito  cppia  delle  Nostre  Lettere  a  tutti  i  parrochi  della  tua  diocesi,  e 
i'offertoci  opuscolo,  nel  quale,  lodando  gl'impavidi  richiami  dei  tuoi 
Fratelli,  dichiari  di  unirti  con  tultol'animo  ai  medesimi.  Avidamente 
ieggendo  questo  lavoro,  non  senza  piacere  vedemmo  che  tu,  npn  solo 
raccogliesti  e  condannasti  al  nieritato  disprezzo  !e  calunnie  e  gli  errori 
dei  giornali,  dai  quali  schifosamente  era  stato  pervertito  il  senso  della 
dottrina  da  Noi  proposta ;  ma  eziandio  altamente  rimproyerasti  1'ingiu- 
riosa  proibizione  con  cui,  lasciando  agli  inetti  ed  avversi  scrittori  la  li- 
cenza  di  sfringuellare,  si  voile  togliere  la  facolta  di  pubblicare  e  di  spie- 
gare  le  Nostre  Lettere,  ai  soli  legittimi  interpreti  delle  medesime,  a  cui 
soltanto  furono  indirizzate.  E  ci  compiacemmo  principalmente  di  quella 
enumerazione  di  turpi  e  procaci  macchinazioni  e  frodi,  distruzioni,  im- 
manita  cbe,  apppggiato  ad  indubbii  e  pubblici  fatti,  hai  voluto  mettere 
sottogli  pcchi  di  tutti  nella  prima  parte  del  tuo  scritto,  per  raanifestare 
gl'intendimenti  di  coloro,  alia  cui  preclara  custodia,  colla  Coavenzione 
del  15  del  passato  Settembre,  piacque  affidare  il  resto  della  preda  e  la 
santita  dei  Nostri  diritti.  Ti  attestiamo  percio  la  riconoscenza  dell'anirao 
Nostro,  ritenendp  per  certo  che  tu,  pel  zelo  con  cui  sei  solito  a  difendere 
ia  causa  della  religione  e  della  yerita,  spiegherai  al  tuo  popplo  il  vero 
senso  delle  Nostre  Lettere,  con  istudio  ed  accuratezza  non  minore  della 
forza  adoperata  nel  ribattere  le  calunniose  iriterpretazioni  apposte  alle 
medesime.  E  mentre  di  tale  studio  ti  auguriamoampia  mercede,  auspice 
di  questa,  e  testimonio  della  Nostra  speciale  bcnevolenza  amorevolissi- 
marnente,  compartiamo  a  te  ed  a  tutta  la  tua  diocesi  1'  apostolica  Beae- 
dizione. 

«  Dato  a  Roma,  presso  S.  Pietro,  il  giorno  4  di  Febbraio  1865.  Del 
Nostro  Pontificato  1'anno  XIX.  » 

2.  II  Corpolegislativo  in  Francia  udi  leggersi  dal  suo  Yice-presidente 
sig.  Schneider,  nella  tornata  del  18  Marzo,  lo  schema  d'lndirizzo,  pre- 
parato  dalla  Commissione  a  cio  deputata,  ed  il  cui  testo  puo  vedersi  per 
disteso  anche  nel  Debats  del  19  ;  ed  in  quella  del  27  Marzo  ne  fu  comin- 
ciata  la  discussione  generale  che  si  lermino  alii  29.  Di  che  ci  dobbiam 
contentarc  che  siano  qui  accennati  di  volpalcuni  punti  principal!.  II  sig. 
Emilio  Ollivier,  che  primp  scese  neirarringo,  incalzp  molto  il  Governo 
ad  allentare  alquanto  le  pastoie  onde  sonoinceppati  i  liberali ,  mpstrando 
di  aver  gran  fiducia  che  Napoleone  III  dovesse  indurvisi,  perche  mostro 
a'  fatti  di  voler  satisfare  a'  bisogni  conosciuti.  «  Partito  per  r  Italia  per  ef- 
fettuarvi  la  fcderazione,  ne  porto  indietro  Yunita;  dopo  disconosciuto  ia 
Italia  e  nel  Messicp  il  principio  di  non  intervento,  lo  sostenne  poi  con  pill 
vigore  che  1'  Inghilterra  stessa  ».  E  cosi  via  via,  discorrendo  pei  varii 
passi  dati  a  fayore  della  liberta  di  commercio,  d'insegnamento,  e  simili. 
II  deputato  Plichon  pose  in  tutta  luce  le  miserande  condizioni  a  che  1'  in- 


376  CRONACA 

tervento  francese  nel  1859  e  il  non  intervento  francese  nel  1860  ayea  ri- 
dotto  la  Santa  Sede  ,  alia  cui  sovranita  temporale  davasi  il  tracollo  con 
la  Convenzione  del  15  Settembre  ,  che  abbandonavane  la  difesa  a'  suoi 
giurati  nemici  ed  a  chi  1'  avea  fin  qui  insidiata  e  spogliata. 

E  qui  e  da  porre  in  nota  che,  ayendo  il  Plichon  affermato  cbe  Drouyn 
de  Lhuys  avesse  scritto :  «  Sarebbe  nullo  il  Trattato  se  Firenze  non  fosse 
capitale  definitives  » ;  il  Vice  Presidente  lo  corresse,  con  grande  attenua- 
zione  del  senso  supposto  dal  Plichon,  metlendo  in  sodo  che  il  Drouyn  de 
Lhuys  ayea  detto  sol  questq :  che  il  Trattato  sarebbe  nullo  se  1'  Italia 
si  ritiutasse  ad  eseguirlo.  II  discorso  del  Plichon  fu  eloquentissimo,  mas- 
sime  per  quella  parte  che  riguardaya  la  causa  della  Santa  Sede,  essendo 
ayvalorato  da  quegli  argomenti  che  gia  aveano  con  tanta  gagliardia 
esposti  e  Mons.  Dupanloup  nel  sopramentoyato  suo  opuscolo,  ed  il  Card. 
Bonnechose  con  piu  altri  nel  Senato. 

Spicco  molto,  nella  tornata  del  28 ,  un  discorso  del  Thiers  che  trat- 
to  arapiamente  del  modo  con  che  il  Goyerno  applica  i  principii  liberali 
che  professa :  ma  gli  fu  risposto,  con  garbo  e  con  forza,  dal  sig.  Thuillier. 
In  quella  del  29  il  deputato  Kolb  Bernard  yenne  ricercando  con  quale  e 
quanta  imparzialita  si  attuassero  codesti  medesimi  principii  liberaleschi , 
quando  i  cattolici  1'inyqcano  e  se  ne  yalgono  per  yantaggio  della  lorq 
coscienza ,  per  opere  pie,  quali  erano  le  esercitate  dalle  Conferenze  di 
san  Vincenzo  de'  Paoli ,  per  difesa  della  Santa  Sede ;  e  pose  in  rilieyo  la 
severita  usata  contro  gli  Atti  pontificii  ed  episcopali ,  e  la  sfrenata  licen- 
za  conceduta  ai  Frammassoni  nei  loro  assail!  per  lastampa  contro  la  Chie- 
sa  e  la  Religione  cattolica. 

Alii  30  di  Marzo  si  entro  nella  discussione  particplareggiata  dei  singo- 
li  paragrafi  dell'  Indirizzo,  che  essendo  compilato  in  forma  di  parafrasi 
encomiastica  del  discorso  recitato  daH'Imperatore,  porgeya  il  destro  agli 
oppositori  di  trarre  in  mezzo  le  cagioni  di  loro  scontento  ed  esporre  i 
loro  desiderii.  II  che  fu  fatto  in  forma  di  emendamenti  ossia  moditicazio- 
ni  da  spstituire  alle  frasi  usate  dai  compilatori  di  quel  documento ;  e  la 
discussione,  scendendo  a'particqlari,  divenne  molto  piu  ardente  e  passio- 
nata,  e  si  prptrasse  fino  al  15  di  Aprile.  Codeste  mqdificazioni  suggerite 
e  syoltedagli  oppositori,  riguardavano  punti  capitalissimi  per  un  Goyer- 
no qual  e  quello  a  cui  reggesi  presentemente  la  Francia ;  cioe  chiedeva- 
si  maggiore  liberta  di  stampa,  sottraendola  all'autorita  amministrativa  e 
suggettandola  solo  al  giudizio  de'  Tribunali ;  chiedeyasi  che  non  fosse 
inceppata  la  liberta  de'cittadini  quanto  al  conyenire  tra  loro  ed  organiz- 
zare  le  loro  forze  nelle  lotte  dei  comizii  elettorali ;  si  proponevano  dise- 
gni  per  migliorie  quanto  alle  regole  sopra  la  tassa  deirinteresse  negli  af- 
fari  di  commercio ;  quanto  aH'agricoltura  ed  ai  layori  pubblici ;  quanto  ai 
dirilti  paterni  ed  alle  leggi  di  successione ;  quanto  al  discentramento  degli 
aifari  amministratiyi ;  quanto  all'  insegnamento  da  rendersi  obbligatorio 
e  gratuito.  Altri  esprimeyano  rammarico  perche  non  fosse  ancora  richia- 
mato  1'esercito  del  Messico ;  perche  una  conveniente  organizzazione  non 
avesse  rimosso  ancora  i  pericoli  che  minacciano  1'  Algeria  e  di  tantq  in 
tantq  yi  raccendono  la  guerra.  E  cosi  yia  yia  d'  altri  cotali  argomenti  di 
politica  interna  ed  esterna. 

Tutti  codesti  emendamenti,  dopo  animatissime  dispute,  furono  inesora- 
hilmente  respinti  dalla  pluralita  dei  Deputati.  Ma  si  ricolse  il  frutto  di 


CONTEMPORANEA  377 

alcune  dichiarazioni  del  Governo  circa  punti  di  altissima  rilevanza.  Tra 
le  quali  fu  notata  quella  che  risguarda  il  Messico.  Mentre  1'lmperatore, 
nel  suo  discorso  del  15  Febbraio,  ayea  promesso  che  1'esercito,  spedito 
cola  a  piantarvi  il  troao  di  Massimiliano  II ,  rientrerebbe  tra  breve  in 
Francia,  come  quello  che  sta  a  presidio  di  Roma;  e  cosi  si  chiudereb- 
be  il  tempio  della  Guerra:  per  contro  il  sig.  Rouher,  messo  alle  stret- 
te,  lini  un  suo  discorso,  nella  tornata  dell'  11  Aprile,  con  queste  paro- 
le :  «  IQ  nome  dell'  Imperatore  e  in  norae  della  Francia  (ognuno  vede 
quel  che  significhi  questa  solenne  invocations !)  1'  esercito  francese  non 
deve  rientrare  nella  metropoli ,  finche  il  suo  scopo  non  sia  conseguito,  e 
finche  non  abbia  trionfato  degli  ostacoli  incontrati  ».  II  che  vuol  dire,  se 
sono  vere  le  notizie  che  giungono  dal  Messico ,  che  le  truppe  francesi 
resteranno  cola  del  tempo  assai !  A  conciliare  queste  differenze  di  lin- 
guaggip  tra  Napoleone  III  ed  il  Rouher,  qualcuno  fece  osservare  che  in 
Febbraio  i  Confederati  del  Sud  degli  Stati  Uniti  mostravano  di  volere  e 
potere  ancora  sostenere  per  buon  tratto  la  guerra,  senza  disperare  della 
ioro  indipendenza;  e  per  1'  opposto  nell'  Aprile  gia  appariva  manifesta  a 
tutti  la  impossibility  in  cui  erano  di  resistere,  come  difatto  il  Lee  ebbe 
poi  a  metlere  giu  le  armi  e  darsi  vinlo,  e  capitolare.  Ed  ognuno  sa  che 
gli  American!  degli  Stati  Uniti  non  yedono  di  buon  occhio  e  non  amano 
punto  il  nuoYO  Impero  messicano. 

Ancora  e  da  notare  quel  che  accadde  nella  tornata  del  10  Aprile , 
quando  il  deputato  Gueroult,  in  atto  d'uomo  che  trambascia  di  spavento 
per  un  pericolo  che  sembra  disfidare  ogni  riparo  ,  pretese  dimostrare 
liinesta  alia  Francia  la  tolleranza  del  Governo  verso  le  Congregazioni 
religiose,  ch'egli  rappresento  come  un  esercito  imponente,  onde  oggimai 
ttitto  e  invaso  e  poco  men  che  dominato.  II  signor  Rouher  gli  rispose 
pacatamente ,  che  non  nella  disunione  della  Chiesa  e  dello  Stato ,  ma 
nella  Ioro  concordia  risiede  la  Ioro  forza ;  e  si  distese  ricercando  in  che 
debbano  consistere  le  condizioni  di  tal  concordia  ,  cioe  nella  reciproca 
indipendenza  nelle  cose  di  esclusiva  competenza  dell'  uno  o  dell'  altra. 
La  tilippica  del  Gueroult  ebbe  nel  Corpo  legislativo  quello  stesso  risul- 
tato  che  quelle  del  Rouland  e  del  Bonjean  nel  Senato ,  che  fecero  un 
buco  nell'acqua. 

Reietti  ad  uno  ad  uno  tutti  gli  emendamenti ,  benche  non  senza  qual- 
che  contrasto  di  yoti  contrarii  tino  in  numero  di  oltre  a  70  ed80;  la 
discussione  fu  chiusa  nella  tornata  del  15  Aprile,  nella  quale  1'  interp 
Indirizzo  fu  approvato  da  249  sutfragi  contro  15,  essendo  264  i  votanti. 

3.  Nell'  Indirizzo  eravi  un  paragrafo,  che  risguardava  la  Convenzione 
del  15  Settembre,  1'assetto  dato  per  essa  alle  cose  d' Italia,  e  le  guaren- 
tigie  che  per  tal  modo  erano  date  alia  Santa  Sede.  Eccone  le  parole : 

«  Sire.  Esisteva  in  Italia  una  condizione  di  cose,  che  per  tutti  gli  uo- 
ni  assennati  ed  illuminati  era  argomento  di  giusti  timori.  Conveniva 
conciliare  il  cqnsolidamento  del  regno  d'ltalia,  in  parte  fondato  dalle  no- 
stre  mani ,  e  il  mantenimento  dell'  indipendenza  della  Santa  Sede.  La 
Convenzione  del  15  Settembre  ha  voluto  raggiungere  questp  duplice 
scopo.  Mediante  questp  solenne  impegno,  il  Governo  italiano  si  obbliga 
a  rispettare  il  territorio  pontificio  ed  a  proteggerne  i  confini  contro  qua- 
lunque  assalto  diretto  o  indiretto  ,  guarentendo  per  tal  modo  efficace- 
mente  1'indipendenza  del  Sommo  Ponteiice.  D'  altro  canto,  col  trasferire 


378  CRONACA 

e  stabilire  Ja  propria  Capitale  a  Firenze  ,  costituisce  se  stesso  in  mpdo> 
definitive.  Noi  facciamo  assegnamento  sull'esatta  e  leale  esecuzioned'im- 
pegni,  chelegano  reciprocamente  1'ltalia  e  la  Francia. 

«  Vi  sono  senza  dubbio,  Sire,  degli  ayvenimenti  che  1'umana  pru- 
denza  non  puo  sempre  prevedere  od  impedire;  ma,  pieni  di  fiducia  nella 
Yostra  saggezza ,  yi  approviamo  di  avere  riservato  a  questo  riguardo  la 
Yostra  inlera  liberta  d'azione.  » 

Ognuno  vede  con  quale  elasticita  di  frasi  e  qui  toccato  questo  grava 
negozio.  Se  vi  si  parla  deW  indipendenza,  non  si  dice  verbo  della  sovra- 
nila  territoriale  della  Santa  Sede.  Se  da  una  parte  si  allerma  costiiuito 
in  modo  definitive  il  Regno  italiano  ,  con  che  son  gettati  all'aria  gli  ul- 
timi  brandelli  del  Trattato  di  Zurigo  ,  per  altra  parte  e  riservata  1'iutera 
liberta  d1  azione  pei  casi  impreyeduti  o  che  non  si  potranno  impedire. 
Cosi,  checche  avvenga  o  facciasi,  la  giustificazione  dell'avvenulo  o  del- 
1'operato  sara  pronta. 

A  questo  paragrafo  era  proposto  un  emendamento,  firmato  da  15  Depu« 
tali  del  fiore  della  democrazia,  quasi  tutti  scrittori  MSi&cle  e  <\e\Y Opinion 
nationals;  i  quali  chiedevano  che  si  dovesse  dire  cosi :  «  A  Roma  la 
Convenzione  del  15  Settembre  ci  promette  il  ritorno  delle  nostre  truppe; 
e  risponde,  sotto  questo  rispetto,  alia  politica  che  noi  abbiamo  consiglia- 
ta.  Il  Gpverno,  senza  contraddirsi,  non  potrebbe  disconoscere  in  Italia  i 
priricipii  che  formanq  la  base  del  nostro  diritto  pubblico  ». 

E  chiarp  anche  pei  ciechi,  che  il  GoVerno,  se  non  per  altro,  per  sen- 
timento  di  dignita,  non  potea  permettere  che  si  acceltasse  questa  frase, 
come quella,  per  la  quale  esso  sarebbe  messo  in  \ista  d'incoerente,  e  per 
giunta  lodato  solo  in  quanto  sarebbesi  lasciato  rimorcbiare  dai  democra- 
tici  a  far  quello  che  essi  -vole\7ano  da  piu  anni,  ed  a  che  sempre  erasi 
rifiutato.  Laonde  nella  tornata  del  12  questo  emendamento,  sostenutpdal 
signor  Giulio  Favre,  fu,  dopo  breve  disamina,  respinto ;  ma  nontroviama 
nel  suntp  ufficiale  degli  atti  il  numero  dei  voti  che  furono  favoreyoli  o 
contrarii. 

Alcuni  altri,  devoti  al  Governp  e  membri  della  Commissione  dell'Indi- 
rizzo,  aveano  chiesto  che  si  aggiungessero  queste  parole:  «  La  Conven- 
zione guarentisce  efficacemente  1'indipendenza  del  Papato,  consolidando 
il  principio  della  sua  sovranita  temporale».  II  signor  Granier  de  Cassa- 
gnac,  che  distese  lo  schema  d'Indirizzo,  spiego,  in  questa  stessa  seduta 
del  12  Aprile,  che  erasi  ritiutato  di  inserire  questa  giunta  «  a  cagione 
dell'interpretazione,  di  cui  essa  poteva  essere  argomento  al  di  fuori  ».  II 
che  yal  quanto  dire,  perche  si  temeva  di  scoraggire  troppo  i  rivoluzio- 
Darii,  levando  loro  ogni  speranza  di  mai  piu  abbattere  la  Sovranita  tem- 
porale  del  Papa  ;  o  perche  non  si  voleva  assumere  verun  impegnodi  do- 
verla  poi  difendere.  Percio  anche  questa  mutazione  furespinta  dal  Corpa 
legislative. 

Poi  si  venne  alia  discussione  d'un  altro >  emendamento,  presentato  e  fir- 
mato dal  signor  Kolb  Rernard  con  25  altri  caitplici,  che  chiedeveno:  si 
sostituissero  alle  parole  mantenimento  dell'  indipendenza  della  Santa 
Sede,  queste  altre :  «  mantenimento  della  Sovranita  territoriale  della 
Santa  Sede,  condizione  della  sua  indipendenza  ».  Intorno  a  che  si  ven- 
nero  prolungando  i  dibattimenti  fino  al  15  di  Aprile,  dopo  che  il  Kolb 
Bernard  con  un  bellissimo  ragionamento,  a  puntadi  prove  edifatti,ebbe 


CONTEMPORANEA  379 

messo  di  bel  nuovo  in  chiaroilniua  assegnamento  chepoteva  farsi  sulle 
promesse  e  sulla  lealta  del  Governo.  italiano,  e  sull'  obbedienza  del  par- 
tito  mazziuiano  ai  voleri  di  coloro  che  aveano  stipulate  la  Convenzione, 
quantoal  rispettare  quel  che  rimane  di  territorio  alia  Santa  Sede. 

La  palma  oraloria  i'u  da  tutti  decretata  al  signor  Thiers,  che  prese  a 
trattare  a  fondo,  uella  tornata  del  13  Aprile,  tuttalaquistione,  svolgendola 
in  due  parti,  I'una  che  riguarda  1'unita  italiana,  Taltra  che  spetta  alia 
quistione  propriamente  romana.  Quanto  alia  prima  egli  si  applied  a  pro- 
Tare  che  all'uoiia  italiana  dovrebbe  ripugnare  il  Governo  francese,  per- 
che  quella  e  politicamente  inutile  anzi  nociva  agli  interessi  politici  della 
Fraucia. 

Questa  parte  fa  svolta  con  gran  maestria  dal  Thiers,  che  percio  ebbe 
&  biasimare  assai  la  guerra  del  1859,  e  le  condiscendenze  del  1860,  onde 
si  derivo  tutto  il  resto.  E  quanto  a  cio  ci  permetteremo  una  sola  rifles- 
sione.  Trattandosi  di  guerra,  che  costo  tesori  immensi  ed  il  sangue  di  ol- 
tre  a  100,000  uomini,  ci  pare  che  1'occuparsene  solo  sotto  il  risguardo 
dell'utile  politico,  sia  cosa,  conforme  si  al  diritto  nuovo,  ma  men  degna 
d'un  uomo  che  voglia  leyarsi  a  giudicare  gli  atti  di  un  Governo.  Utile  od 
inutile  che  sia,  sotto  il  risguardo  dei  vantaggi  material!,  una  guerra; 
costasse  pure  la  vita  di  un  solo  uomo;  sara  sernpre  biasimevole  quando 
aon  sia  giusta,  ossia  impresa  per  la  tutela  o  per  la  rivendicazione  d'un 
dritto,  di  cui  non  si  puo  ottenere  per  altra  via  la  salisfazione  necessaria. 
E  pero,  quand'anche  la  Francia  ayesse,  per  la  guerra  del  1859,  ritratto 
immenso  profitto  d'influenza  politica,  di  potenza  militare,  di  dominio 
territoriale,  se  quella,  per  ipotesi,  fosse  stata  ingiustamente  provocata  e 
sosteuuta,  sarebbe  sempre  biasimevole;  come  per  contrano,  se  fosse  riu- 
scita  ad  esito  infelice,  ma  impresa  per  legittima  difesa  d'un  vero  diritto, 
ogni  uomo  onesto  la  dovrebbe  commendare.  Equesto  valeanche  per  1'a- 
pologia  che  ne  fece  poi,  alii  15,  il  signor  Rouher,  ministro  di  Stato,  inge- 
gnandosi  di  provare  che  1'  interesse  politico  e  militare  della  Francia  esi- 
geva  che  si  desse  mano  alia  rivoluzione  italiana,  e  le  si  accrescessero 
forze  contro  I'Austria.  E  di  cio  basti. 

Ma  nella  seconda  parte,  in  quella  che  risguardava  direttamente  la  Con- 
venzione del  15  Settembre,  puo  dirsi  che  il  sig.  Thiers  supero  se  stesso. 
Fare  1'analisi  del  suo  discorso  sarebbe  quanto  snervarlo  del  tutto,  perche, 
ammessi  i  principii  politici  del  Thiers,  nulla  vi  manca  e  nulla  sovrabbon- 
da.  Ben  inteso  che  egli,  liberale  e  sorto  dalla  rivoluzione,  non  potea  scam- 
pare  dall'  impiccio  in  che  si  trovano  i  professor!  della  sovranita  delpopolo; 
€  pero  se  ne  trasse  fuori  coll'ammettere  troppo  facilmente  il  diritto  dei 
popoli  a  foggiarsi  un.  Governo  quando  e  come  loro  piace;  il-che  e  quan- 
to dire  il  diritto  della  rivoluzione.  Checche  sia  di  cio,  ecco  qualche  breve 
squarcio  del  suo  discorso,  che  riguarda  i  motivi  della  Convenzione,  la  pre- 
tesa  conciliazione  del  Papato  con  la  rivoluzione  e  la  Sovranita  del  Papa. 

«  lo  ho  sentito  alcune  persoue  saggie  in  Italia  ripetere  quanto  avea 
detto  il  signor  Billaull,  che  I' Italia  dovea  contentarsi  di  quel  che  ha:  ,ma 
per  praticare  questa  politica,  gli  uomini  saggi  aveano  bisogno  del  soc- 
corso  della  Francia  contro  gli  spiriti  ardenti,  ai  quali  si  dovea  dire  chiaro: 
No!  Voinon  avrete  mai  piii  Roma  contro  il  voto  dei  caUolici!  No\  Voi 
non  avrete  mai  piu  Venezia  contro  la  volonta  dell'  Europa!  Ma  non  si 
voile  parlare  cosi;  ed  ecco  che  cosa  avvenne.  A  Venezia  non  era  da  peu- 
sarci  nemmeno ;  ma  restava  Roma  ove  regna  un  povero  Prete  profonda- 


380  CRONACA 

mente  rispettabile  e  profondamente  rispettato,  che  pero  non  dispone  di 
SOD  mila  baionetle.  Egli  avea,  e  vero,  una  grande  forza  morale,  che  si 
dovea  temere;  ma  la  forza  morale  non  si  fa  sentire  che  col  tempo:  si  disse 
adunque  che  era  possibile  far  qualche  cosa  riguardo  Roma.  Si  pose  ma- 
no  all  opera  per  risolvere  questo  problema :  operare  in  modo  che  in  Ita- 
lia si  credesse  che  Roma  veniva  concessa  alia  rivoluzione;  ed  in  Francia 
sicredesse  Roma  assicurata  al  Papa!  II  problema  non  era  facile,  e  riusci 
alia  Cpnvenzione  del  15  di  Settembre,  della  quale  voi  conoscete  le  stipa- 
lazioni....  Gli  autori  del  problema  duplice  argomentarono  cosi:  gl'  Italiani, 
avendo  considerato  sempre  la  presenza  dei  Francesi  come  un  ostacolo  al 
progresso  ed  al  compimento  delle  aspirazioni  nazionali,  crederanno  che, 
quando  i  Francesi  ayranno  sgombrato  Roma,  sara  ad  essi  piu  facile  d'ar- 
rivaryi;  i  cattolici,  siccome  penseranno  che  gl' Italiani  non  mutano  Capi- 
tale  per  un  anno  o  due,  cosi  supporranno  che  lo  stabilimento  dell'  Italia  a 
Firenze  e  definitiyo ;  e  siccome  fu  stipulate  ancora  che  1'ltalia  non  assal- 
tera  il  territorio  del  Santo  Padre,  cosi  saran  creduti  al  sicuro  gl'interessi 
del  Cattolicismo. 

«  Sperare  d'  essere  riusciti  con  questo  a  sciogliere  il  problema,  e  far 
poco  onore  a  coloro,  ai  quali  si  attribuisce  questa  speranza.  Nella  Con- 
yenzione  piacque  soprattutto  ai  Piemontesi  la  stipulazione  dello  sgombro 
di  Roma;  ma  essi  furono  inquietati  da  una  sola  cosa.  Qual  impegno  avete 
yoi  assunto,  chiesero,  col  trasporto  della  Capitale?  I  diplomatic!  risposero: 
non  abbiamo  assunto  nessun  altro  impegno,  fuorche  di  andare  a  Firenze, 
senza  rinunciare  a  Roma!  Ci  siamo  obbligati  solo  a  non  andare  a  Roma 
colla  forza ;  ma  sappiamo  benissimo  che,  quando  i  Francesi  abbandone- 
ranno  Roma,  il  nostro  programma  si  compira ,  e  saranno  soddisfatte  le 
aspirazioni  nazionali.  —  In  questo  inodo  il  problema  per  1' Italia  e  sciolto: 
1' Italia  crede  avere  Roma,  e  nella  mia  opinione  ella  ha  ragione ! 

<f  So  che  ayete  detto  in  Senatq,  o  signori  Commissarii  del  Goyerno,  che 
non  si  rinunciaya  ad  una  riconciliazione  tra  1'  Italia  e  la  Corte  di  Roma; 
ma  ci  ayete  yoi  pensato?  E  cosa  seria?  Una  riconciliazione  tra  il  Papato 
e  1'  Italia;  tra  1'  Italia  che  yuole  Roma,  e  che  la  yuole  assolutamente;  e 
il  Papa  che  potrebbe  abbandonare  una  proyincia,  ma  che  non  puo  ab- 
Landonare  Roma,  senza  abbandonare  nello  stesso  tempo  il  potere  tempo- 
rale,  e  per  conseguenza  senza  yiolare  il  suo  giuramento;  tra  1'  Italia  che 
yuole  Roma,  e  il  Papa  che  non  puo  rinunciarvi?  Ah!  signer  Ministro  di 
Stato,  ci  trattate  soyente  senza  riguardi  (Interruzione).  Abbiamo  yisto  a 
auesta  tribuna  grandi  Minislri,  d'un  ingegno  riconosciuto  da  tutto  il  mon- 
do,  d'  una  grande  nobilta,  con  una  yolonta  preponderante  nel  Goyerno 
dello  Statq;  ma  essi  almeno  ci  faceano  1'  onore  di  rispettarci  (Merruzio- 
ne),  non  ci  dice\ano,  come  yoi  ce  1'ayete  detto  ayant'  ieri,  che  una  delle 
nostre  proposte  era  la  beffa  di  tutto  il  mondo  (Rumori)l  lo  non  imiterp 
yoi,  perche  la  yera  dignita  non  consiste  nell'essere  rispettato  dagli  altri, 
ma  nel  rispettare  se  stessi !  Diro  solo  che,  se  qualche  cosa  eccita  la  befla 
di  tutto  il  mondo,  e  questa  riconciliazione  impossibile! 

«.Rouher,  ministro  di  Stato.  Ancorche  fosse  un  sogno,  sarebbe  sempre 
rispettabile ! 

«  Thiers.  L'  impossibile,  quando  e  oggetto  d'una  promessa,  non  e  mai 
degno  di  rispetto ! 

,  «  Ora  qual  e  il  contegno  della  Francia  verso  il  Capo  del  Cattolicismo? 
E  egli  yero  che,  dacche  noi  siamo  entrati  in  Italia,  tutto  vi  si  fa  per  yole- 


CONTEMPORANEA  381 

re  della  Francia?  E  egli  ugualmente  vero  che,  dacche  noi  siamo  entrati  in 
Italia,  i  principi  italiani  furono  spossessati?  Queste  cose  non  sono  punto 
dubbie !  Vedete  adunque  quale  responsabilita  noi  incorreremo  per  la  cadu- 
ta  del  potere  temporale!  Finora  la  salvezza  del  Papa  fu  opera  nostra,  e  il 
Governo  se  ne  vanto  sovente  (S\  e  vero!) :  oggi  ancora,  senza  nessuno  sfor- 
zo,  la  sorte  del  Papa  e  nelle  nostre  mani ;  con  una  sola  parola  possiamo 
rovinarlo !  Non  solamente  voi ,  ma  tutto  il  mondo  sa  che  la  sua  esistenza 
dipende  da  noi !  tutto  dipende  da  una  sola  parola  che  dira  la  Francia ! 

«  Ma  io  lo  ripeto:  se  1'  interesse  della  Francia  esigesse  da  vpi  la  distru- 
zione  dell'  unita  cattolica,  potreste  essere  scusati ;  ma  senza  di  questo  TOI 
violate  la  liberta  di  coscienza  dei  cattolici,  tra  i  quali  non  ayete  nessun 
diritto  di  portare  la  desolazipne  senza  un  interesse  grandissimo.  Esiste 
quest' interesse?  In  fede  mia  il  mondo  riderebbe  di  noi,  se  intendesse 
fatta  questa  domanda:  E  egli  nell'  interesse  francese  abbandonare  il  Cat- 
tolicismq? 

«  Si  dice  che  il  Papa  restera  indipendente  dppo  la  caduta  del  potere 
temporale;  ci  si  promette  la  Chiesa  libera  nel  libero  Stato !  Esamino  le 
conseguenze  della  rivoluzione  che  si  vuole  lasciar  compire  a  Roma,  ed 
affermo  che  il  Papa  sceso  dal  sup  trono  non  sara  piii  libero;  1'unita  catto- 
lica verra  distrutta;  gli  ayanzi  di  essa  si  disperderanno  e  si  fisseranno 
per  la  Spagna  a  Toledo;  per  la  Francia  a  Parigi;  per  1' Austria  a  Praga  o 
ibrse  a  Vienna  1  E  un  singolare  scioglimentp  per  gli  amici  della  liberta, 
Tedere  il  centro  deH'autorita  religiosa  stabilito  a  Parigi  1  Io  ebbi  1'  onore 
di  conoscere  personalmente  i  prelati,  che  per  molti  anni  occuparonq  1'Ar- 
civescovato  di  Parigi ;  rendo  giustizia  al  Ibro  carattere,  alia  loro  scienza; 
ma  non  avrei  voluto  in  nessun  di  loro  il  capo  della  Chiesa  cattolica  in 
Francia.  E  perche,  Signori?  Perche  la  Cattedrale  di  Notre  Dame  e  troppo 
yicina  alle  Tuileries ! 

«  Sono  alieno  dal  supporre  alle  Tuileries  il  divisamento  di  farsi  capo 
della  religione,  che  e  lontano  dal  pensiero  dell'  Imperatore:  egli  e  troppo 
sapiente  per  accarezzare  questo  desiderio;  ma  il  carattere  d'un  principe 
non  e  un'  instituzione,  e  percio  non  vorrei  il  governo  della  Chiesa  catto- 
lica a  Parigi.  Quindi  lo  dichiaro  con  tutta  sincerita:  o  yoi  non  farete  nul- 
la,  o  riuscirete  alia  formazione  di  chiese  naziqnalij  e  questo  sarebbe  per 
gli  amici  della  liberta  il  piu  detestabile  scioglimento  della  quistione...» 

4.  II  sig.  Rouher  rispose  al  Thiers,  nella  tornata  del  15,  stendendqsi 
in  prima  a  ribattere  gli  argqmenti  allegati  dall'ayversario  contrp  \unita 
italiana,  e  sviandq  il  dibattimento  da  una  disamina  di  principii  ad  una 
serie  di  recriminazioni  contro  il  Thiers,  per  provarlo  incoerente,  che  im- 
pugnava  a^esso  ciq  che  avea  difeso  altre  Yolte.  II  che  non  yediamp 
quanto  sia  a  proposito  in  si  grave  quistione.  Poiche,  dato  pure  che  il 
Thiers  altra  yolta  avesse  favorito  a  potere  la  rivoluzione  italiana,  e  par- 
teggiato  per  essa  contro  1'  Austria,  ne  seguirebbe  soltanto  che  ora,  di- 
chiarandosi  contrario  a  quella  ed  all'  unita  italiana ,  avrebbe  profittato 
delle  lezipni  che  il  tempo  ed  i  fatti  sogliono  dare  a  tutti,  benche  i  soli 
uomini  di  senno  inostrinsi  capaci  d'intenderle  e  vantaggiarsene. 

Poi  il  sig.  Rouher  *  venne  di  proposito  a  parlare  della  Convenzione. 
La  France,  N.  107-108  celebro  il  suo  discorso  come  un  trionfo  decreta- 

\  II  suo  discorso  leggcsi  per  intcro  tradotto  neWOstervatore  Romano  del  22,  245  25  c 
26  Aprile. 


382  CRONACA 

to  alia  Santa  Sede  contro  le  passipni  rivoluzionarie,  mettendo  in  rilievo 
che  da  esso  si  inferisce ;  1.°  Che  i  Romani  non  hanno  diritto  di  annctter- 
si  all'  Italia  punto  piu  di  quello  che  i  Sassoni  ed  i  Badesi  di  unirsi  alia 
Prussia;  2.°  Che  il  Traltato  del  15  Settembre  riconosce  in  Italia  due  so- 
vranita,  due  nazioni  distinte,  ed  assicura  la  loro  coesistenza  contiuua; 
3.°  Che  1'obbligo  della  Francia  e  teraporaneo,  e  quello  dell'  Italia  e  per- 
manente,  in  questo  senso :  che  la  Francia  deve  sgombrare  da  Roma  en- 
tro  due  anni,  rnentre  1'  Italia  «  deve  rispettare  sempre  il  territorio  ponti- 
ficio  » ;  4.°  Che  il  Governo  francese  ripone  1'indipendenza  della  S.  Sede 
non  « in  certe  condizioni  nebulose  e  vaghe»,  ma  «  nel  possedimento  del 
suo  territorio  ».. 

La  France  fa  grande  schiamazzo  di  queste  cose,  forse  perche  dimenti- 
co  le  moltealtre,  assai  piu  gravi  ed  esplicite,  che  in  prima  Napoleonelll, 
nelle  sue  lettere  al  Santo  Padre  ed  a  Vittorio  Emmanuele,  ed  in  piu  con- 
giunture  a  viva  voce;  poi  eziandio  in  nome  suo  avea  scrilto  il  Rouland. 
nel  1859,  e  detto  dalla  Tribuna  il  Billault.  Le  quali  dichiarazioni  e  pro- 
messe  forraali  non  impedirono  punto  che  si  rubassero  al  Papa  prima  le 
Romagne,  poi  le  Marche  e  1'Umbria.  Inoltre  la  France  pare  non  aver  ca- 
pito  la  forza  delle  parole,  con  cui  il  sig.  Rouher  fu  sollecito  di  dichiara- 
re:  «  lo  riconosco  ai  Romani  dei  diritti  interni,  il  diritto  di  mescolarsi  del 
proprio  Governo,  la  partecipazione  al  Governo,  la  sovranita  del^  popolo 
come  la  inteudiamo  noi ;  ma  non  quello  di  cangiare  la  carta  d'Europa 
con  estensioni,  annessioni  od  assorbimenti  ».  Se  i  Romani  son  sovrani 
in  casa  loro,  e  possono  cangiare,  ove  lor  piaccia,  il  loro  Governo,  che 
sovrauita  si  lascia  dal  Rouher  al  Papa?  Questo  pare  quanlo  dire :  aspetta- 
te,  o  Romani,  che  siam  partiti  noi;  e  allora,  se  volete  organare  costi  ua 
Governo  sui  principii  dell'  89,  in  cui  il  Re  regni  ma  non  goyerni,  ma  la 
cosa  pubblica  vada  per  forme  costituzionali  o  parlamentari,  fate  pure! 
Certo  la  cosa  fu  capita  in  tal  senso  dal  sig.  Pelletan,  che  ne  prese  atto  , 
interrompendo  il  Rouher  per  dirglielo;  e  fu  inteso  il  senso  della  sua  in- 
terruzione,  in  quanto  pareva  dire:  se  i  Romani  ban  diritto  di  cambiare 
il  loro  Governo,  perche  non  1'  avrebbero  i  Parigini?  Difatlo  il  Rouher, 
dopo  un  gran  tumulto  di  voci,  si  lascio  scappare:  «  Si,  ma  se  una  mino- 
rauza  faziosa  tentasse  di  rovesciare  il  Governo,  la  pluralita  la  schiacce- 
rebbe!  » 

II  Rouher  conchiuse  il  discorso  affermando  1.°  Che  da  parte  del  Go- 
yerno  italiano  v'era  rinunzia  assoluta  e  formale  d'usar  mezzi  violenti  per 
impossessarsi  di  Roma;  2,°  Che  se  I*  Italia  fomentasse  a  Roma  un  solle- 
vamento,  violerebbbe  il  Trattato,  e  la  Francia  sarebbe  libera  dai  contrat- 
ti  impegni.  Allora  gli  fu  chiesto  perche  dunque  rifiutavasi  a^  accetlare 
il  proposto  emendamento;  e  fu  risposto:  «  perche  inutile,  essendo  che 
il  concetto  di  esso  gia  sta  nel  discorso  deH'Imperatore  ed  anche  nel  para- 
grafo  dell'Indirizzo  ».  Ma,  cio  posto,  perche  vi  pesa  che  si  esprima  chia- 
ro?  Perche,  fu  risposto  dal  Rouher,  perche  questa  esigenza  darebbe  se- 
gno di  diffidenza. 

Non  puo  negarsi  che  il  Rouher  avesse  detto  cose  da  ispirar  fiducia 
piultostoche  diffidenza  ai  difensori  della  Santa  Sede.  Egli,  dopo  deplo- 
rati  gli  acciecamenti  che  impegnano  il  Santo  Padre  in  deplorabili  resi- 
stenze,  per  isperanza  che  la  presente  unita  italiana,  «  cementata  col  san- 
gue  della  Francia  »  s' infrangera,  avea  detto  chiaro:  «  Quel  che  noi  vo- 
gliamo  si  e  il  Papato :  e  che  Roma  prosegua  a  vivere  nello  stato  presen- 


CONTEMPORANEA  383 

te,  e  che  1'  Italia  conservi  la  sua  unita,  ma  che  in  pari  tempo  rispetti  il 
territorio  del  Santo  Padre,  rispetti  i  grandi  interessi  del  cattolicismo.... 
Ne  in  modo  diretto  ne  in  modo  indiretto,  ne  aiutando  la  rivoluzione,  ne 
lasciandola  fare,  1'Italia  puo  lasciare  assalire  il  territorio  pontificio,  senza 
violare  la  Convenzione...  In  ogni  caso  la  Francia,  che  ha  firmato  laCon- 
•venzione,  la  fara  rispettare.  La  Convenzione  riconosce  1'  unita  italiana, 
ma  consacra  in  pan  tempo  i  limit!  del  territorio  ponlificio;  rispetta  1'or- 
ganamento  presente,  ma  interdice  tutti  i  nuovi  svolgimenti ».  E  qui  si  era 
disteso  a  provare  che  la  Santa  Sede  potrebbe  aver  pecunia  ed  uomini  da 
formarsi  un  esercito,  e  che  di  questo  esercito  non  solo  potrebbe,  ma  do- 
mebbe  valersi  areprimere  ogni  sollevamento,  fosse  pure  con  ispargimen- 
to  di  sangue. 

Vero  e  che  poco  dopo  soggiunse,  che  esso  riconosceva  al  popolo  ro- 
inano  il  diritto  di  moditicare  i!  suo  organamento,  il  suo  regime  interno, 
purche  pero  non  si  lasciasse  assorbire >  da  altro  popolo;  perche  questo 
sposterebbe  1'equilibrip  europeo.  Ma  siccome  capi  che  cio  varrebbe  di 
pretesto  ai  riyoluzionarii,  si  vplto  a  questi  con  tuono  di  minaccia,  ammo- 
nendo  1'  Italia  ad  assettare  i  suoi  affari  interni ,  senza  cercare  altro. 
«  L'  Italia  non  getti  iraprudentemente  i  suoi  occhi  su  quel  territorio  di 
poche  leghe  quadrate  e  su  d'una  popolazione  di  600,000  anime;  perche 
in  quel  giorno  che  cio  facesse,  andrebbe  incontrp  ad  immenso  pericolo ! 
(Benissimo !}  Se  non  vuole  gettarsi  in  una  situazione  incerta  e  precaria, 
Bon  pensi  a  Roma !  Se  vuole  evitare  gli  elementi  di  disspluzione  e  di 
morte,  non  pensi  a  Roma !  Se  vuole  evitare  formidabili  conflitti,  non  pen- 
si  a  Roma!  » 

Certo  queste  erano  parole  che  poteano  signiticare  molto.  Ma  il  Thiers 
sapea  che  di  parole  forti  se  n' erano  dette  assai  nel  passato,  le  quali  non 
ayeano  pero  impedito  i  fatti  contrarii ;  ed  egli  non  era  uomo  da  appagar- 
si  di  parole.  Egli  replied,  e  la  sua  replica  ^  fu  sfolgorante.  II  Rouher, 

rslo  alle  strette  e  rincattucciato,  senza  un  varco  a  scappatpie,  dovette 
fare  quelle  dichiarazioni  degli  obblighi  formali  assunti  dall'  Italia,  dei- 
le  due  sovranita  coesistenti,  delle  due  nazioni  distinte,  del  rispelto  che 
sempre  si  dovra  avere  pel  presente  territorio  pontiticio,  proteslandosi 
contro  ogni  equivocazione,  e  dichiarando  inutile  1'emendamento,  appun- 
to  perche  1'indipendenza  della  Santa  Sede  laceasi  dalla  Francia  cpnsiste- 
re  nella  guarentigia  della  sovranita  sopra  il  suo  presente  lerritorio. 

L'  emendamento  del  Kolb  Rernard  e  de' suoi  colleghi  fu  ppsto  a'  voti ;  c 
benche  il  Rouher  facesse  tanto  sentire,  che  guarderebbesi  come  segno 
di  diffidenza  contro  il  Governo  il  votare  in  favore  di  esso,  si  contarono 
84  voti  fayorevoli  ad  ammetterlo,  essendo  169  quei  che  vi  si  opponeva- 
no,  e  253  i  yotanti. 

Questo  risultato  addoloro  profondamente  i  Frammassoni ,  non  pure 
d'ltalia,  ma  eziandio  d'Inghilterra  e  Relgip.  L'  fydependance  Beige  del 
18  e  19  Aprile  reco  due  corrispondenze  parigine  ,  che  mandano  alti  lai 
contro  la  dabbenaggine  del  Rouher  e  la  vigoria  del  Thiers.  «  L' ultimo 
giorno  della  discussione  dell'Indirizzo,  dice  la  prima,  non  parve  buono  a 
nessuno.  Non  al  Governo ,  che  si  trovo  troppo  impegnato  in  dichiara- 

\  Anche  qudsta  e  riferita,  tradotta  dal  testo  "del  Moniteur,  ueWOsservatore  Romano  del 
26  e  27  Aprile. 


384  CRONACA  CONTEMPORANEA 

zioni,  alle  quali  il  campione  dello  Stato  fu  spinto  nello  schermirsi  contro 
un  valente  spadaecino  oratorio.  Non  al  Corpo  legislative,  dove  la  discus- 
sione  divenne  appassionata  in  modo  deplorabile ,  pei  modi  tenuti  dal  si- 
gnor  Rouher.  Non  all' Italia,  che  non  potra  essere  grata  all'  oratpre  del 
Governo,  per  la  cura  eccessiva  da  lui  posta  in  rassicurare  il  partito  cle- 
ricale.  Non  al  partito  clericale,  il  quale,  poco  appagandosi  delle  conces- 
sioni  che  gli  si  venivano  facendo  ,  ha  espresso,  con  84  suffragi  dati  al- 
Y  emendamento  Papista,  un  vero  voto  di  stiducia  contro  il  Governo  ». 

L'altra  corrispoudenza  moslra  anche  maggiore  sconforto.  Maraviglian- 
dosi  che  il  Governo  mettesse  tanto  impegno  per  impedire  che  si  aggiun- 
gesse  all'Indirizzo  una  parola,  una  sola  parola,  la  quale,  per  confessione 
del  Rouher  stesso,  esprimeva  il  vero  pensiere  del  Governo ;  il  corrispon- 
dente  segue  a  dire  :  «  Questo  contegno  del  Governo  bastera  forse  a  ris- 
parmiare  disinganni  amari  agli  uomini  di  Stato  italiani,  che  pur  sono  si 
lurbi  e  ches'ingegnerannoperiscoprirviqualchesott'inteso  (arriere-pen- 
see)1! Non  lo  so.  Per  me,  che  avea  fatto  plauso  alia  Convenzione,  e  che, 
come  voi  e  tutti  gli  altri,  avea  creduto  di  scorgervi  condannato  il  Potere 
temporale  del  Papa  a  cadere  tra  poco,  riconosco  ora  che  mi  spnp  inganna- 
to !  Codest'  atto  diplomaticp  non  puo  piu ,  dopo  1'  odierna'  dichiarazione, 
meritare  le  simpatie  liberali.  Ma,  in  fin  de'  conti,  e  sempre  un  guadagno 
il  sapere  a  che  punto  si  sta ;  e  noi  dpbbiamo  felicitarci  che  la  discussione 
abbia  tratto  il  Governo  a  spiegazioni,  le  quali  certo  potrebbero  essere  piu; 
sthiette  e  precise,  ma  che,  anche  come  sono,  e  voi  ne  converrete,  ci  ren- 
dono  impossibili  non  meno  le  illusioni  che  i  disinganni  ».  Di  qui  e  chiaro 
che  la  Frammassoneria  guarda  la  Convenzione,  quale  fu  spiegata  alii  IS 
Aprile  dal  Rouher  in  nome  del  Governo,  come  una  guarentigia  assoluta 
del  presente  territorio  pontiticio ,  per  contrapposto  alle  spiegazioni  date 
dal  Nigra  ne'  suoi  dispacci,  e  dal  Lanza  e  dal  Pepoli  nel  Parlamento  di  To- 
rino ;  cioe  come  un  veto  asspluto  contro  la  venuta  dell'/tofta  a  Roma. 

Presso  a  poco  sul  tono  dei  Corrispondenti  dell'  Independence  Beige  la 
discprrono,  intornp  a  cio ,  i  giornali  tutti  de'  Frammassoni  italiani ;  ed  i 
diarii  mazziniani  si  mostrano  perciosmaniosi,  infuriati,  e  masticano  brutte 
minacce  fra  i  denti,  e  profetizzano  sciagure  pel  di  della  vendetta.  II  che 
non  sappiamo  se  facciano  davvero ,  perche  siano  proprio  convinti,  che 
non  mai  la  Francia  soppprtera  che  essi  possano  impadrouirsi  anche  di 
Roma  e  del  Patrimonio  di  san  Pietro:  ovvero  se  facciano  cosi  sol  per  re- 
citare  la  parte  Ipro  assegnata  nel  dramma ,  come  fecero  altre  volte,  per- 
che mostrandosi  corrucciati  e  diffidenti  sperino  di  far  ritrattare  quelle 
dichiarazioni  per  la  parte  che  fa  contro  di  loro. 

5.  Intanto  e  certo  che  1'  imperatpre  Nappleone  HLnon  e  punto  preoc- 
cupato  del  disgusto  dei  settarii  italiani ;  poiche  volse  i  pensieri^  le  cure 
alle  cose  interne,  anzi  credette  di  poter  eziandio  per  piu  settimane  di- 
partirsi  dalla  Francia  e  condursi  in  Algeria,  lasciando  all'  Imperatrice  la 
Keggenza  dell'Impero  con  1'assistenza  del  Consiglio  private.  Le  ultime 
notizie  recaronp  che  1'Imperatore  si  melterebbe  in  mare  a  Marsiglia  il  29, 
e  pretesero  indicare  anche  i  luo^hi  da  visitare,  e  le  fermate  nel  viaggio, 
e  lo  scopo.  Noi  ci  riserbiamo  di  parlarne  a  cose  fatle.  Ma  e  indubitato 
che  un^nuovo  sollevamento  d'  una  parte  della  grande  Kalilia  preoccupa 
molto  1'  Imperatore,  bramoso  di  paciticare  al  tutto  1'Algeria, 


LA  FRAMMASSONERIA 

E  L'  ABOLIZIONE  BELLA  PENA  DI  MORTE 


Se  i  codini,  se  i  retrogradi,  se  i  clerical!,  se,  Ira  i  liberal!  stessi 
i  men  rompicolli,  se  tra  i  Deputati  i.meno  pazzi,  se  tra  i  Senator!  i 
piu  assennati,  se  insomma  la  gente  sa^7ia  e  le  persone  dabbene  par- 
leggiassero  per  V  abolizione  della  pena  di  morte ,  non  vi  sarebbe  in 
verita  di  che  fame  grand!  maraviglie.  Giacche ,  qual  maraviglia  Y! 
potrebbe  essere  in  questo,  che  uomini  imbevuti  piu  o  meno  dello  spl- 
rilo  lene  e  clemente  della  Chiesa ,  abborrenli  dal  sangue  e  da  ogni 
crudelta,  pacific!,  mil!,  cortesi,  ben  educati,  tenaci  si  della  giuslizia, 
ma  amanti  ancor  della  clemenza,  cercassero  ogni  modo  di  pur  farla 
una  volta  finita  col  truce  spettacolo  del  patibolo  e  della  mannaia? 
Invece  se  i  libertini ,  i  progressist! ,  i  democratic!,  i  frammassoni  e 
quant!  sono  piu  innanzi  nelle  empie  teorie  del  liberalismo  moderno, 
fossero  propugnatori  instancabili  dell'  ultimo  supplizio ,  quesla  do- 
\rebbe  parere  cosa  al  tutto  naturalissima.  Giacche  qual  cosa  piu 
naturale  se  non  che  il  compiacersi  della  morle  altrui  i  cospiralori  > 
i  settarii ,  gli  abbarratori ,  i  bombardatori ,  i  pugnalatori ,  i  sicarii 
di  professione ,  i  gridatori  di  mesliere  di  qualche  Viva  bensi ,  ma 
assai  piu  di  molle  Morli  a  questo  e  a  quello  ? 

Pure,  non  si  sa  come,  la  cosa  va  lutto  al  rovescio.  I  sanguinarii, 
i  crudeli,  i  sicarii,  i  frammassoni  vogliono  abolita  la  pena  di  morle. 
SerieVl,vol.Il,fasc.m.  25  5  Maggio  1865. 


386  LA  FRAMMASSONERIA 

I  miti,  i  cortesi ,  i  pacific! ,  i  buoni  cattolici  la  vogliono  mantenuta. 
Yi  sono,  e  vero,  eccezioni  di  qua  e  di  la ;  e  come  non  mancano  cat- 
tolici e  filantropi  di  buona  fede  che  vogliono  abolito,  cosi  si  Irovano 
dei  liberal!  sbrancati  ch%  vogliono  conservato  il  palibolo.  Ma  non  si 
puo  negare  che  il  grosso  della  gente  savia  e  dabbene  non  sia,  anche 
in  questa  questione ,  conservatore ,  e  che  il  branco  dei  liberali  non 
sia,  anche  in  questa  questione,  abolitore. 

Or  come  si  spiega  questo  fenomeno  ? 

Per  ispiegare  questo  fenomeno,  che  a  prima  vista  puo  parere  assai 
strano,  bisogna  dichiarare  in  qual  senso  la  gente  savia  e  dabbene 
sia  conservatrice  della  pena  di  morte ,  e  in  qual  senso  ne  sia  aboli- 
trice  la  gente  pazza  e  malvagia.  Da  questa  dichiarazione  si  vedra 
quanlo  sia  ragionata  e  mite  1'  apparente  severita  dei  conservator! , 
e  quanlo  sia  invece  pazza  e  crudele  1'  apparente  filantropia  degli 
abolitori.  Si  scorgera  doe  che  la  gente  savia  e  dabbene  pare  esse- 
re  conservatrice  della  pena  di  morte :  ma  ne  e  in  verita  la  vera  abo~ 
litrice.  Laddove  la  gente  pazza  e  crudele  ne  sembra  1'  abolitrice, 
ma  ne  e  in  fatti  la  vera  conservatrice.  Si  scorgera  in  una  parola  che, 
come  accade  nelle  altre  questioni  di  liberld,,  di  fraternila,  di  ugua- 
glianza,  di  suffragio  universale,  di  divisione  di  poteri,  di  responsabili- 
ta  minisleriale,  d'irresponsabilita  regia,  di  liberta  di  stampa  ecc.  ecc. 
cosi  in  quesla  deli'abolizione  della  pena  di  morte,  il  liberalismo  non 
ha  per  se  altro  che  il  mantello  del  traditore  e  deli'ipocrita. 

E  per  dichiarare  in  primo  luogo  in  qual  senso  la  gente  savia  e 
dabbene  sia  conservatrice  della  pena  di  morte,  e  da  considerare  che, 
tre  potendo  essere  i  fini  di  una  pena,  Y  emendazione  del  reo,  la  ri- 
storazione  dell'ordine  e  la  difesa  della  societa,  facilmente  si  concede 
che  pel  primo  scopo  la  pena  di  morte  uon  e  necessaria.  Benche 
possa  essere  utile.  Infatti,  chi  non  sa  che,  per  lo  piu,  la  pena  di 
morte  converte  ed  emendailreo?  II  che  ben  prova  il  proverbio 
popolare  che  dice :  di  cento  impiccati  uno  dannato.  Ma  e  chiaro  che 
ed  il  reo  si  puo  emendare  anche  vivendo,  e  non  si  converte  neces- 
sariamente  morendo.  Se  dunque  la  pena  non  avesse  altro  scopa 
che  I'emendazione  del  reo,  e  chiaro  che  la  pena  di  morte  si  polreb- 
be  abolire  come  non  necessaria. 


E  I/  ABOLIZIONE  BELLA  PENA  DI  MORTE  387 

Piu  calzante  argomenlo  in  favor  della  pena  di  morte  e  quello  che 
si  prende  dal  secondo  fine  della  pena,  che  e  la  ristorazione  dell'ordi- 
De:  —  Tu  hai  ucciso,  dunque  sarai  ucciso ;  e  le  ragioni  saranno  pari. 
Quicumque  effuderit  humanum  sanguinem,  fundetur  sanguis  illius. 
(Gen.  IX,  6.)  —  Ma  siccome  non  e  pari  in  tulli  gli  assassini  la  colpa 
(giaoche  altra  e  la  colpa  del  parricida,  altra  del  regicida,  allra  del- 
T  assassino  di  slrada  ecc.  ecc.),cosi  non  dovrebb'essere  pari  la  pe- 
na, per  otlenere  1'esatlo  ragguaglio.  E  siccome  la  reita  del  delitto  di 
uccisione  cresce  o  stninuisce  secondo  i  casi,  cosi  cresce  o  smiimisce 
la  pena  stessa  di  morte,  la  quale  per  forza  e  piu  crudele  e  dolorosa 
(per  cagion  di  esempio)  ad  un  padre  affelluoso  di  numerosa  fami- 
glia,  che  non  ad  uno  scapolo  disperato. 

Ma,  se  non  piu  calzante,  certo  piu  evidente  resla  1'  argomento 
per  la  conservazione  della  pena  di  morte,  che  si  ricava  dal  bene  che 
ne  sorge  alia  sbciela,  assicurata  cosi  contro  nuovi  delitti  dell'ucciso- 
re,  per  I'impossibilita  fisica  in  cui  e  posto  di  ricadere,  e  contro  nuo- 
yi  delitti  di  allri,  per  il  salutare  terrore  che  a  tulti  s'incute. 

E  dunque  evidente  che,  qualunque  siasi  il  motivo  che  muove  prin- 
cipalmente  i  savii  e  gli  onesli  alia  conservazione  della  pena  di  mor- 
te ,  esso  e  sempre  un  motivo  forte,  alto  e  nobile.  Giaeche  o  si  muo- 
vano  dall'amor  della  giustizia ,  che  vuole  ristorato  1'ordine  e  raggua- 
gliate  le  ragioni,  o  dall'amore  della  sociela,  che  essi  desiderano  assi- 
curare  da  delitti,  o  da  ambedue  insieme  quesli  motivi ;  non  si  puo 
negare  che  quesle  non  siano  ragioni  di  ordine  superiore  e  sociale, 
degne  di  ogni  rispetto  e  considerazione  del  legislatore. 

Ma  noi  qui  non  tanlo  intendiamo  di  mostrare  la  licitezza ,  conve- 
nienza  e  necessila  relativa  della  pena  di  morle,  cosa  che  supponia- 
mo  dimostrata  e  conceduta  dalla  gente  savia  e  dabbene ;  quanto  di 
dichiarare  quello  che  sopra  ci  proponemmo,  cioe  che  mentre  i  savii 
ed  onesti  parteggiano  per  la  conservazione  di  quesla  pena ,  ne  sono 
in  verit^t  gli  abolitori. 

II  che  si  dimostra  facilmente  colla  ragione  e  col  falto. 

Colla  ragione:  Giaeche  qual  e  lo  scopo  inleso  da  quelli  che  vogliono 
mantenuta  la  pena  di  morte  ?  Evidentemente  lo  scopo  da  essi  inteso  si 
e  di  diminuire  e,  se  si  puo,  di  logliere  affatto  di  mezzo  gli  assassinii. 


388  1A  FRAMMASSONERIA 

Or  chi  non  vede  che  cosi  essi  intendono  direttamente  ad  abolire  la 
pena  di  morte?  E  non  gia  ad  abolire  la  pena  di  morte  soltanto  per  gli 
assassini,  come  vogliono  i  liberal!,  ma  per  gli  assassinati  ancora,  o 
meglio  per  gli  assassinabili  innocenti,  dei  quali  i  liberali  nulla  si 
curano.  E  dunque  evidente  che  i  conservatori  della  pena  di  morte 
cooperano  ed  intendono  efficacemente  all'  abolizione  lotale  della  pena 
di  morle  degli  innocenti  in  prima,  e  poi  necessariamente  ancora  dei 
rei  e  degli  assassini. 

Ma  qui  ci  pare  udir  i  liberali  opporre  che  il  falto  va  contro  la 
teoria,  perche  gli  assassinii  non  cessano  da  tanto  tempo,  da  che  la 
pena  di  morte  e  in  vigore. 

Al  che  si  risponde  in  prima  che,  se  durano  gli  assassinii  menlre 
dura  la  pena  di  morte ,  molto  piu  sarebbero  durati  e  cresciuti  se 
fosse  stata  abolita,  e  durerebbero  e  crescerebbero  se  si  abolisse.  Ma 
ci  piace  prender  la  cosa  da  piu  alto,  venendo  a  dimoslrare  col  fatlo 
che  la  gente  savia  ed  onesta,  conservatrice  della  pena  di  morte,  ne  e 
stata  e  ne  sara  sempre  piu  di  fatto  1'abolitrice. 

Che  cos'era  valutata  la^vita  dell'uomo,  prima  che  Gesu  Cristo  ve- 
nisse  in  terra  a  darci  colla  sua  morte  la  vita  ?  Dio  buono !  Chi 
non  sa  che  la  vita  dell'uomo  non  valeva  allora  nulla?  Non  si  olte- 
neva  una  vittoria  senza  che  i  vinti  fossero  passati  a  fil  di  spada. 
Piu  che  la  mela  del  mondo  era  schiava  del  rimanente ,  e  polevasi 
scannare,  se  non  senza  delitto,  almeno  senza  gran  rimorso  e  senza 
niuna  pena.  Gli  stessi  figliuoli  poteano  esser  uccisi  dal  padre.  Agli 
Dei  si  sacrificavano  vitlime  umane.  I  bambini ,  che  nascevano 
mal  conformati ,  erano  ammazzati.  Cio  accadeva  tra  i  popoli  ci- 
vili,  in  Grecia  ed  in  Roma.  Or  fate  voi  ragione  dei  popoli  incivi- 
li  e  dei  barbari.  Cio  che  accade  ancor  adesso  neirAffrica,  dove, 
per  una  festa ,  si  trucidano  centinaia  di  uomini  e  di  donne  presi 
a  caccia  come  le  salvaggine ,  accadeva  allora  in  pressoche  tutto  il 
mondo.  Ecco  qual  era  il  mondo  pagano,  al  quale  i  nostri  liberaK 
vorrebbero  ricondurci.  E  sia  qui  detto  di  passata,  che  quando  i  li- 
berali poterono  per  alcuni  anni  regnare  in  Francia  nel  secolo  pas- 
sato  (unico  tempo  ed  unico  paese  dove  il  liberalismo  pote  mostrar- 
sl  pienamente  qual  e ) ,  si  sa  da  tutti  che  la  vita  umana  vi  fu  pur 


E  L'  ABOLIZIONE  BELLA  PENA  DI  MORTE  389 

trattata  alia  pagana  ed  alia  liberalesca.  Le  piccole  ghiglioltine  si 
porlavano  allora  appese  come  ciondoli  e  vezzi  all'  orologio ,  secondo 
che  ora  si  porlano  dai  nostri  liberali  le  bombe  all'  Orsini.  II  simbolo 
della  morle  era  allora  in  Francia,  come  ora  in  Italia  presso  i  libera- 
li, un  ornamento.  Siccome  quelli  che  altendono  alia  vita  spirituale 
si  tengono  dinanzi  un  teschio  per  pensar  cosi  meglio  alia  morte 
propria ,  cosi  i  liberali  usarono  la  gbigliottina  ed  usano  ora  le  bom- 
be  ,  come  un  ricordo  conlinuo  cbe  sminuisca  in  loro  1'  orrore  alia 
morte  altrui. 

Ma  tornando  aH'argomento,e  noto  che,  secondo  che  si  ando  pro- 
pagando  1'Evangelio,  e  la  Chiesa  prese  a  regnare  ne'  popoli,  nella 
stessa  proporzione  s'  ingentilirono  i  costumi,  e  la  vita  umana  fu  sem- 
pre  piu  rispettata.  Dov'e  che  la  vita  umana  continua  a  disprezzarsi  ? 
Dove  la  Chiesa  non  pote,  o  pote  poco.  Civilta,  si  voglia  o  non  si  vo- 
glia,  e  figliuola  del  cristianesimo :  e  popolo  barbaro  equivale  a  po- 
polo  non  cristiano. 

Si  ando  dunque  sempre  piu  abolendo  la  pena  di  morte  nel  mon- 
do,  a  misura  che  ando  dilatandovisi  e  perfezionandosi  la  civilla  cri- 
stiana,  rimanendo  stazionarii  la  crudelta  e  il  disprezzo  abituale  del- 
la  vita  umana ,  nei  paesi  dove  il  Vangelo  o  non  penetro  o  non  alli- 
gno.  Siccome  parimente  si  vede  che  si  ritorna  nei  varii  paesi  piu  o 
meno  alia  barbaric  e  quindi  al  disprezzo  della  vita,  secondo  che  piu 

0  meno  si  sminuisce  1' influenza  evangelica.  II  che  accade  per  esem- 
pio  in  molte  parti  di  America,  dove  un  colpo  di  revolver  e  piu  presto 
e  piu  spesso  lanciato,  che  non  al  trove  un  bel  motto  arguto. 

Or  suppongasi  che  1'  influenza  della  Chiesa  si  fosse  sempre  e  da- 
pertutto  conservata ,  non  e  egli  evidente  che  di  fatto  ora  la  pena  di 
morle  non  avrebbe  piu  luogo  ?  Delitti  ed  assassinii  ve  ne  sarebbero 
stall  certamenle  sempre:  ma  sarebbero  sempre  andati  diminuendo; 
tanto  che  la  pena  di  morte  sarebbesi  a  quest'  ora  da  per  tutto  potuta 
abolire,  come  non  piu  necessaria.  Giacche  ingentilendosi  sempre  piu 

1  coslumi,  e  divenendo  percio  gli  uomini  sempre  piu  sensibili  a  pen« 
anche  minori,  non  ci  sarebbe  piu  stata  la  necessity  di  colpire  fiera- 
mente  le  immaginazioni  col  patibolo,  e  si  sarebbe  ottenuto  lo  stesso 
scopo  senza  nuovo  sangue. 


390  LA  FRAMMASSONERIA 

Quesla  infatti  e  la  gradazione  naturale  nel  rispello  sempre  mag- 
giore  alia  vita  umana.  In  priina  ,  che  non  si  uccidano  innocent!  ; 
poi,  che  nell'uccidere  i  rei  non  si  incrudelisca:  poi,  che  si  diminui- 
scano  i  casi  della  pena  di  morle :  infine,  che  questa  si  abolisca.  A 
quest' ultimo  scopo  lencle  naturalmenle  la  civilta  cristiana. 

Ed  ecco  come  sia  verissimo  che  la  gente  savia  e  dabbene,  che  e 
^videntemenfce  la  piu  informata  dello  spirito  evangelico  e  crisliano, 
col  parteggiar  che  fa  per  la  conservazione  presente  della  pena  di 
morte  ,  tende  e  coopera  alia  sua  abolizione.  Siccome  a  poco  a  poco 
ne'  paesi  civili  e  cristiani,  coll'  applicazione  delle  doltrine  evangeli- 
che  si  e  venuto  a  diminuire  i  delitli  e  ingentilire  i  costumi,  cosi  di 
natura  sua  a  poco  a  poco,  le  stesse  cagioni  producendo  gli  stessi 
effetti,  si  verrebbe  a  poter  ottenere  con  minori  pene  lo  stesso  spa- 
vento  ai  tristi,  e  la  stessa  ristorazione  dell'ordine  offeso.  Che  se 
ora,  nel  comune  senso  di  lutte  le  persone  savie  e  dabbene,  e  ancor 
necessaria  la  pena  di  morte ;  do  evidentemente  accade  perche  non  si 
e  ancor  giunti  generalmente  a  quello  stato  di  civilla  e  di  gentilezza, 
che  rende  inutile  o  almen  non  piu  necessario  1'  ultimo  supplizio,  a 
spavento  dei  trisli  e  a  difesa  della  vita  degl'  innocenti. 

Or  di  questo  chi  ne  ha  la  colpa? 

Ne  ha  la  colpa  il  liberalismo. 

Infatti  il  liberalismo  consente  ora  anch'  egli  e  confessa  quello  che 
del  resto  gia  sapevamo  tutti  da  un  pezzo,  cioe  che  egli  ha  per 
iscopo  la  distruzione  della  Chiesa  e  del  Cattolicismo  1.  I  liberali 

1  Ecco  cio  che  pubblicava  il  Dlritto  di  Torino  nel  suo  n.°  del  20  Apri- 
le:  «  Roma  sara  nostra  quando  1'elemento  rivoluzionario  ridurra  il  Papa  a 
vivere  in  mezzo  ad  un  popolo  che  non  avra  piii  fede,  quando  il  cattoli- 
cismo sara  quasi  affatto  perduto  in  Italia.  Resti  il  Papa  sovrano  temporale 
ancora  qualche  tempo,  e  la  Fraucia  avra  ottenuto  questo,  che  il  Papa  per 
noi  sara  un  re,  ma  non  piu  un  Papa.  ISoi  abbiamo  sempre  ritenuto  che  il 
dominio  spirituale  fosse  la  base  del  dominio  temporale,  piu  che  non  questo 
di  quello.  II  disordine  e  gl'intrighi,  in  cui  ci  troviamo  per  tale  queslione, 
sono  derivati  appunto  dal  non  avere  mai  detto  al  popolo  con  tutta  fran- 
chezza  la  verita.  L'ltalia  non  ha,  ne  pud  avere  la  sua  Capitale,  perche  gl'in- 
teressi  del  cattolicismo  non  lo  consentono.  Ebbene,  non  crediamo  che  un 
popolo  debba  sacrificarsi  ad  una  religioue,  ne  che  una  nazione  debba  ser- 


E  L'  ABOLIZIONE  BELLA  PENA  DI  MORTE  B91 

sono  anticristiani  natural menle  ed  essenzialmenle.  Cio  e  ora  noto  ad 
ognuno,  e  non  accade  che  ci  dilunghiamo  a  dimostrarlo. 

Or  che  oltengono  essi  i  liberal!  con  questa  lore  guerra  accanita  e 
continua  alia  Chiesa  ed  al  suo  spirito?  Non  certo  la  distruzione  del- 
la  Chiesa  che  e  indefettibile :  ma  bensi  un  indebolimento  nei  popoii 
dell'influenza  di  quella  Chiesa  e  di  quel  Vangelo  che  li  sbarbarl,  e 
civilizzo  con  tanta  fatica  e  con  tanto  stento.  E  basta  il  guardare  al- 
I'effelto,  ottenuto  in  America  dalle  teorie  liberalesche,  per  intendere 
a  che  verrebbe  il  mondo  e  1'umana  sociela,  quando  a  frenare  le  pas- 
sioni  non  ci  fossero  altri  mezzi  che  i  liberaleschi.  Certo  non  vi  ha 
paese  che  si  possa  chiamare  moderno,  quanto  gli  Stati  Unili.  Cola  lo- 
spirito  moderno,  la  civilta  moderna,  il  liberalismo  moderno  sono  in 
tutlo  fiore.  Or  bene  quali  ne  sono  i  frutti?  Una  guerra  civile,  ster- 

vir  di  nutrimento  al  cattolicismo.  Quando  una  religione  esige  il  sacrifizio 
di  un  popolo,  non  e  piii  religione  ;  e  noi  non  abbiamo  mai  creduto',  oltre 
gli  argomenti  che  ci  vengono  dalla  scienza,  che  il  cattolicismo  fosse  una 
religione  da  tenersi  in  buon  conto,  appunto  percle  e  stato  sempre  la 
ragione  della  schiavitii ,  della  divisione  d'  Italia ,  ed  il  suo  tormento  ed 
il  suo  vampiro. 

«  Non  ci  puo  essere  adunque  transazione  tra  1'  Italia  e  il  Papato.  Finche 
Roma  non  e  nostra,  1' Italia  proceda  nella  distruzione  di  quella  fede,  per  cui 
il  Papa  vuol  essere  re  nella  uostra  Capitale.  E  desso  che  a  cid  ci  costringe. 

«  All'Italia  ora  non  fa  duopo  piu<Ii  occuparsi  della  questione  romana,  sic- 
come  fece  fino  al  preseote.  La  rivoluzione  nel  clero,  la  forza  morale  o  ma- 
teriale,  la  convenzione  o  la  conciliazione  non  risolvono  piii  la  quislione 
romana.  E  tempo  perso  a  pensarvi.  Lo  sperare  in siffatti  espedienti  sarebbe- 
ro  rovinose  illusioni. 

«  Al  cattolicismo,  che  esige  la  sovranita  temporale  del  Papa,  1'Italia  volga 
oggi  la  sua  mira.  Facciamo  in  modo  che  il  popolo  ne  conosca  la  fallacia  e 
la  caducita;  combattiamone  direttamente  gli  errori  e  le  pretese;  esso  e  una 
istituzione  a  cui  la  forza  della  ragione  e  il  cambiamento  dei  secoli  recarono 
irreparabili  danni,  ad  onta  chefinora  lasuperstizione,  I'ignoranza  e  la  tiran- 
nia  congiurassero  a  mantenerlo  venerate  e  inviolate  da  qualsivoglia  sospet- 
to  ed  offesa. 

«  Questa  e.ora  la  sola  via  che  ci  puo  gui dare  a  Roma,  il  solo  mezzo  per 
mantenere  immutabile  il  plebiscite  e  salvare  runita  dagli  intrighi  della  di- 
plomazia,  dalla  scaltrezza  della  corte  di  Roma,  e  dalle  concession*!  degli 
uomini  che  ci  governano.  » 


392  LA  FRAMMASSONERlA 

minatrice,  di  cui  non  ha  esempio  la  storia ,  coll'  appendice  di  assas- 
sinii  politic!  di  ferocia  inaudita ,  onde  il  mondo  civile  e  ancora  inor- 
ridito.  Ecco  1'amore,  la  carila,  1'affetto  liberalesco !  Ecco  la  filanlro- 
pia  moderna  alia  prova !  E  dunque  chiaro  che  il  liberalismo ,  ten- 
dendo  a  scristianeggiare  il  mondo  ,  tende  naturalinente  a  imbarba- 
rirlo,  e  percio  a  riempierlo  di  stragi,  di  vendelle  e  di  sangue. 

Ma,  dira  taluno,  poiche  il  liberalismo  e  si  natural mente  barbaro 
e  selvaggio,  perche  ha  tanto  orrore  alia  pena  di  morte? 

II  perche  e  chiaro.  II  liberalismo  abolendo  la  pena  di  morte,  sca- 
tena  gli  assassini,  salva  i  suoi  sicarii,  spaventa  i  buoni,  assicura  i 
tristi.  Chi  non  vede  che  il  liberalismo  ha  ogni  interesse  nell'abolire 
la  pena  di  morte,  e  non  ne  ricava  alcun  danno?  Non  ne  ricava  dan- 
no  perche,  se  egli  condanna  a  morte  taluno,  non  ha  bisogno  del  car- 
nefice  ufficiale ,  avendo  ai  suoi  ordini  prezzolali  e  giurati  sicarii 
pronti  ad  ogni  occasione.  Vi  ha  invece  ogni  interesse  perche  i  suoi 
sicarii  ufficiali  e  prezzolati  saranno  dopo  1'  assassinio  sicuri  dal  car- 
nefice  ufficiale.  La  cosa  e  tanto  chiara,  che  veramente  non  si  puo 
intendere ,  come  i  popoli  col  loro  buon  senso  naturale  non  la  intui- 
scano  da  se,  senza  bisogno  di  tanle  spiegazioni. 

Infalti,  se  il  liberalismo,  nell'  abolizione  che  promuove  della  pena 
di  morte,  non  avesse  il  secondo  e  celato  fine  di  assicurare  gli  assas- 
sini e  i  sicarii  a  spese  degli  onesti ,  perche  non  comincerebbe  col- 
1'  abolire  la  pena  di  morte  contro  i  suoi  adepti  della  frammassoneria 
e  delle  sette  segrete  ?  Sono  davvero  curiosi  questi  liberali !  Essi 
raccomandano  alle  nazioni  e  ai  regni  di  abolire  il  carnefice,  ma 
intanto  essi,  nel  loro  regno  occulto,  lo  mantengono. 

Si  sa  infatli  che  il  giuramento  massonico  e  il  seguente :  «  lo 
«  giuro,  in  nome  dell'Architetlo  di  tutli  i  mondi,  di  non  mai  rive- 
« lare  i  segreti ,  i  segni ,  i  gesti ,  le  parole ,  le  dottrine  e  le  costu- 
«  manze  dei  Framassoni ,  di  conservare  su  tullo  cio  un  eterno  si- 
ft lenzio.  lo  promelto  e  giuro  di  non  mai  tradire,  ne  colla  penna, 
«  ne  con  segni ,  ne  con  parole ,  ne  con  gesti ,  di  non  fare  scrivere , 
«  litografare ,  incidere  o  stampare ,  di  non  mai  pubblicare  cio  che 
«  qui  mi  si  confida ,  o  che  mi  polra  essere  confidato  all'av  venire. 
«  Se  io  mancassi  mai  alia  mia  parola ,  mi  soltometto  alia  pena  se- 


E  L'  ABOLIZIONE  BELLA  PENA  DI  MORTE  393 

«  guente :  che  mi  si  brucino  le  labbra  con  un  ferro  rovente,  che 
«  mi  si  tagli  la  mano ,  che  mi  si  strappi  la  lingua ,  che  mi  si  tagli 
«  la  gola,  che  il  mio  cadavere  sia  appeso  in  una  loggia,  allor- 
«  quando  si  ammetiera  un  nuovo  fralello,  in  punizione  della  mia 
«  infedelta,  e  per  terrore  degli  altri ;  che  lo  si  arda  in  seguito  e  che 
«  se  ne  geltino  le  ceneri  al  venlo,  che  non  rimanga  alcuna  Iraccia 
«  del  mio  tradimento.  Come  e  vero  che  il  grande  Iddio  mi  vede. 
«  Cosi  sia.  » 

Ci  pare  che  prima  di  proporre  in  Italia  1'abolizione  della  pena 
di  morte,  avrebbero  dovuto  i  signori  liberali  proporre  1'abolizione  di 
questo  massonico  giuramento.  E  non  si  fa  nessun' ingiuria  ai  signori 
Deputati  liberali  della  Camera  lorinese  supponendo  che,  salve  poche 
eccezioni,  tutti  1'abbiano  prestato,  e  sappiano  per  conseguenza  che 
i  novizzi  del  loro  ordine  lo  vanno  in  Italia  prestando  ogni  giorno. 

Vi  e  stato  si,  in  questi  ultimi  anni,  un  qualche  tentativo  di  ri- 
forma  nell'ordine  massonico  italiano.  Per  esempio,  Ausonio  Franchi 
in  un  suo  Discorso  alia  Loggia  Insubria  di  Milano,  tenulo  il  di 
30  Maggio  del  1864,  diceva  cosi :  «  Fratelli :  La  Massoneria  ita- 
liana  trovasi  oggidi  al  punto  di  dover  deliberare  su  le  condizioni 
della  propria  esislenza.  E  ridotta  in  uno  stato ,  ove  le  e  impos- 
sibile  di  mantenersi.  Ilcentro,  che  rappresentava  1'unitci  del  suo 
organismo,  s'e  disciolto;  i  consigli,  le  giunte,  i  congress!,  che 
miravano  a  ricostituirlo,  non  riuscirono  finora,  ne  e  guari  proba- 
bile  che  sieno  per  riuscire  prontamerite  e  felicemente  nell'ardua 
impresa ;  e  le  varie  membra  della  Massoneria ,  divise  e  discord! 
fra  loro,  non  compongono  piu  un  corpo  solo,  che  viva  una  vita 
commune,  e  molliplichi  1'azione  di  ciascuno  con  la  cooperazione 
di  tulti.  Che  cosi  la  non  possa  durare,  e  dunque  cosa  troppo 
evidente  ». 

E  quale  riforma  proponeva  il  Franchi  ?  In  primo  luogo  una  ri- 
forma  nel  fine  e  nello  scopo  ;  giacche ,  secondo  il  Franchi ,  lo  scopo 
presente  della  Massoneria  dovrebb'  essere :  «  Applicare  pralicamen- 
te  i  principii  della  Massoneria  ad  ogni  forma  e  funzione  della  vita 
civile,  mediante  1' incorporazione  di  lutta  la  parle  liberale  nell'or- 
ganismo  dell' associazione  massonica;  in  guisa  che  tulti  i  fautori 


394  LA  FRAMMASSONERIA 

<li  liberla  e  giustizia ,  fratellanza  ed  eguaglianza  compongano  una 
vasta  famiglia ,  la  vera  chiesa  dell'Umanita,  die  debba  col  tempo 
succedere  alle  chiese  e  congregazioni ,  confraternite  e  compagriie , 
si  moltiplici  e  moltiformi,  del  fautori  d'ignoranza  e  superstizione, 
di  privilegio  e  despotismo.  Tal  e  il  fine,  a  cui  puo  e  dee  rivol- 
gersi  la  Massoneria ,  per  essere  ancora  un  institute  vivenle  e  po- 
tente,  imo  strumento  efficace  e  salutare  di  progresso  verso  un 
mioYO  e  miglior  ideale  deirumanita  ». 

Proponeva  poi  il  Franchi  una  riforma  ne'mezzi.  E  in  prima  1'abo- 
lizione  di  alcuni  simboli,  poi  i'attuazione  di  societa  di  beneficenze  e 
altre  ipocrisie.  Infme  la  modificazione  dell'  ordinamento  e  statute 
massonico.  Di  tutto  si  parla  in  questo  progetto  di  riforma ,  fuorche 
dell'  abolizione  del  giuramento. 

Una  sola  loggia  abbiamo  fcrovato  che  abbia  osato  propovre  timida- 
mente  1'  abolizione  di  queslo  giuramento  di  morle.  Ed  e  la  loggia 
Italia  di  Costantinopoli.  La  quale  in  una  circolare,  in  cui  trasmette 
ai  varii  poteri  massonici  che  oggi  si  stanno  di  fronte  ed  alle  loggie 
sorelle  un  riassunto  di  cib  che  la  loggia  di  Costanlinopoli  all'unani- 
mita  deliberava,  espone  nell'articolo  undecimo  il  limido  suo  desiderio 
di  sopprimere  nelle  formole  dei  giuramenti  le  frasi  antiquate  che 
ripugnano  allo  spirito  illuminato  dei  tempi  ed  al  vero  carattere  mo- 
rale della  stessa  istiluzione  massonica.  E  chiaro  che  qui  si  allude  al 
giuramento  di  morte,  ed  e  curioso  che  un  tal  consiglio  di  mitezza  ab- 
bia dovulo  \enire  alia  massoneria  italiana  dalla  Turchia.  Ma  la  Tur- 
chia  puo  andarsi  a  riporre  coi  suoi  consigli  di  mitezza.  La  Massoneria 
italiana  non  ha  acceltato  il  suo  voto  illuminato,  ed  ha  conservato  il 
giuramento  che  non  ripugna  nienle  affalto  al  vero  caraltere  mo- 
rale dell'  istiluzione  massonica.  Resta  dunque  inteso  che  d'  ora  in- 
nanzi,  come  pel  passato,  al  frammassone  traditore  dei  segreti  si  po- 
tranno  bruciar  le  labbra,  tagliar  la  mano ,  slrappar  la  lingua,  segar 
la  gola,  rimanendo  appeso  in  una  loggia  il  suo  cadavere,  che  poi  sa- 
ra  bruciato. 

Sembra  pero  che  neanche  il  timore  di  tante  pene  possa  frenare 
la  smania  di  tradire,  che  arde  nel  pio  petto  di  qualunque  siasi  fram- 
massone. Giacche  abbiam  letto  nel  Bolletlino  ufficiale  del  Grande 


E  I/  ABOLIZIONE  DELLA  PENA  DI  MORTE  395 

Oriente  italiano  un  avviso  curioso  che  dice  cosi :  «  Da  oltre  un  me- 
«  se  si  pubblicano  i  document!  riguardanti  la  nuova  fase ,  in  cui  e 
«  entrata  la  massoneria  italiana.  E  queslo  uno  scandalo  intollerabila 
«  sul  quale  il  grande  Oriente  dimissioriario  richiama  1'  altenzione  di 
«  tutti  i  liberi  muratori  d'ltalia  ».  Avviso  ai  Iradilori  dei  segreti  mas- 
sonici.  I  quali  traditori,  del  resto,  debbono  consolarsi  che  non  si  sia 
riuscito  finora  ad  abolire  la  pena  di  morle  in  Italia.  Giacche  se  fos- 
se stata  abolita,  si  sarebbe  poluto  far  loro  la  festa  secondo  il  giura- 
mento,  senza  pericolo  che  il  sicario,  anche  colto,  dovesse  andar  poi 
sul  patibolo.  Laddove  ora  essi  tradilori  sono  difesi  in  qualche  modo 
da  quell' orror  naturale  che  i  loro  sicarii,  come  tutli  gli  uomini  anche 
assassini  ( checche  ne  sofistichino  in  contrario  gli  avvocatonzoli  pa- 
trocinatori  dell'abolizione)  hanno  al  carnefice  non  ancor  abolilo. 

Se  dunque  il  liberalismo  vuole  1'abolizione  della  pena  di  morte,  nou 
e  per  amore,  ma  per  odio  dell'  umanita;  pel  proprio  interesse  parti- 
colare,  ed  anche,  se  volele ,  per  ipocrisia  ;  per  coprire  cioe  con  un 
nuovo  mantello  di  filantropia  e  di  beneficenza  quel  suo  spirito  crude- 
le,  sanguinario,  barbaro  e  satanico,  da  cui  e  mosso  in  odio  della  so- 
cieta  cristiana,  redenta  da  Gesu  Crislo  ,  civilizzata  dalla  Chiesa  ,  la 
quale  egli  vuole  ridurre  al  paganesimo  ed  alia  barbaric  antica. 

Che  imporla  al  liberalismo  moderno  del  benessere  degli  uomini? 
Egli  non  cerca  che  il  Irionfo  della  sua  causa  con  qualsivoglia  mezzo. 
La  sua  causa  e  quella  del  diavolo,  nemico  capitale  dell'umana  nalu- 
ra.  I  suoi  mezzi  sono  tulli  quelli  che  servono  allo  scopo,  senza  scel- 
ta  e  senza  distinzione.  Percio  quando  serve,  per  esempio,  la  pena  di 
morle  per  gli  innocenli,  il  liberalismo  ha  lo  stato  d'  assedio,  le  fuci- 
lazioni  sommarie,  i  giuramenti  settarii,  le  leggi  Pica,  i  sicarii,  i  pu- 
gnalatori,  e,  per  far  piu  presto,  i  bombardalori.  Per  la  sicurezza  poi 
degli  assassini,  per  la  salvaguardia  de'sicarii,  per  1'oppressione  tiran- 
nica  dei  buoni,  vie  1'abolizione  della  pena  di  morle,  in  prima  pei  de- 
lilli  polilici,  poi  ancora  pei  delitti  comuni.  Cosi  il  liberalismo  diventa 
padrone  della  vita  di  tutti ;  come  coll'  islruzione  obbligatoria  vuol 
essere  padrone  dell'anima,  colla  coscrizione  dei  corpi ,  colle  tasse  e 
coi  prestili  delle  borse.  Lasciale  fare  al  liberalismo,  e  il  mondo  non 
avra  mai  avuto ,  non  diciamo  la  pratica ,  ma  neanche  T  idea  della 


396  LA  FRAMMASSONERIA 

tlrannia  e  della  barbarie  che  si  prepara.  Or  mentre  si  corre  a  preci- 
pizio  verso  lo  stato  lirannico  e  selvaggio,  e  ben  giusto  che  i  liberali 
si  vanlino  apostoli  della  liberta  e  della  civilta ,  e  che  si  trovino  an- 
cora  dei  dabbeimomini  che  si  offendono  quando  non  si  parla  con 
ogni  rispetto  dei  frammassoni  e  del  liberalismo 'moderno. 

Che  se  (per  lornare  all'argomento  e  per  conchiudere)  che  se  la- 
luno  dicesse  che,  sotto  questa  apparenie  filantropia,  onde  i  liberali 
propugnano  Y  abolizione  della  pena  di  morte,  cova  la  piu  crudele  e 
la  piu  satanica  smania,  che  mai  abbia  amridato  in  cuore  umano,  con- 
tro  ogni  prosperita  temporale  ed  eterna  dei  suoi  simili ;  chi  dicesse 
questo  farebbe  forse  ingiuria  alle  intenzioni  di  molti  liberali ,  ma  in- 
dovinerebbe  appuntino  le  intenzioni  di  chi  guida  e  regge  il  liberalis- 
mo.  II  liberalismo,  non  gia  quel  falso  ed  apparente,  che  piglia  que- 
sto nome  solo  perche  parleggia  piu  o  meno  per  certe  piu  o  meno  li- 
bere  forme  di  governo,  ma  il  vero  liberalismo,  quello  che  ha  fatto 
divorzio  dalla  Chiesa  che  chiama  antica ,  e  vuole  una  sociela  senza 
Dio  ch'  egli  chiama  moderna,  questo  vero  liberalismo  settario,  mas- 
sonico  e  satanico  che  si  chiama  la  rivoluzione,  il  progresso,  la  ci- 
vilta moderna ,  questo  liberalismo  ,  se  non  in  tulti  i  suoi  cagnotti , 
certamente  ne'suoi  capi  e  guidatori,  non  respira  che  quell' odio  al- 
1'uomo  redento  da  Gesu  Cristo,  che  e  il  distintivo  del  diavolo,  vero 
grande  Oriente  della  frammassoneria.  Or  mirisi ,  di  grazia,  quanto 
bene  e  secondato  quest'  odio  del  diavolo  contro  1'umana  natura  dagli 
abolitori  della  pena  di  morte.  Giacche  qual  pena  propongono  quest! 
abolitori  invece  della  morte  ?  Propongono  la  carcere  cellulare  per- 
petua,  cioe  una  pena  che,  a  giudizio  degli  uomini  competent!,  con- 
duce il  povero  condannato  alia  pazzia  ed  alia  disperazione  in  questa 
vita,  e  percio  ad  una  terribile  probabilita  di  dannazione  nell'  allra. 
Tutti  i  nostri  lettori  debbono  aver  letto  in  qualche  giornale  la  de- 
scrizione  spaventosa  del  carcere,  cui  sono  condannali  i  graziati  della 
vita  fratelli  La  Gala.  Ciononostante  vogliamo  qui  riporla  sotlo  i  loro 
occhi,  copiata  fedelmente  dall' OptVwwe  dei  1  Aprile  1865:  «  Quel 
moslro  di  ferocia,  che  si  e  Cipriano  La  Gala,  venne  tradotto,  or  fan 
pochi  giorni,  nel  Bagno  del  cantiere  della  Foce. 

«  Cola  venne  rinchiuso  in  una  cella  di  rigore,  lunga  2  melri,  lar- 
ga  1,  20,  alta  2.  Gli  venne  altaccata  al  piede  una  grossa  catena  di 


E  L'  ABOLIZIONE  BELLA  PENA  DI  MORTE  397 

circa  20  chilogrammi  di  peso,  Infissa  nel  muro  che  non  gli  lascia 
che  un  metro  di  ambito.  La  luce  e  1'aria  non  gli  giunge  che  per  un 
piccolo  finestrino  praticato  nella  porta  e  munito  di  forti  sbarre,  ed 
al  quale  la  catena  non  gli  consente  di  potersi  avvicinare.  II  letto  e 
un  banco  di  pietra,  con  sopra  un  piccolo  stramazzo  ed  una  coperta 
di  lana;  ai  piedi  sta  un  foro  che  fa  ufficio  di  latrina.  Rimpetto  alia 
porta  sta  una  sentinella,  vigilata  a  sua  volta  da  altre  due,  e  chiuse 
in  un  corridoio  con  fmestre  a  sbarre  e  porte  robustissime.  Ad  ogni 
tre  ore  i  guardiani  visitano  il  detenuto,  per  ispezionarlo  e  provve- 
derlo  della  razione  giornaliera  di  mineslra,  pane  ed  acqua.  Per  sei 
mesi  e  proibito  ai  guardiani  ed  impiegati  di  comunicare  con  lui  e 
di  indirizzargli  la  parola.  Nello  stesso  modo  e  tenuto  il  fratello  Gio- 
na  a  Portoferraio.  Dicesi  che  il  Cipriano  La  Gala  si  lagnasse  perche 
lo  si  liene  come  una  beslia  feroce,  e  che  dicesse  essere  mille  volte 
preferibile  la  morte  a  quella  triste  esistenza.  » 

Noi  domandiamo  ai  nostri  lettori,  se  non  preferirebbero  anch'  essi 
la  morle  ad  una  simile  vita.  Or  queste  sono  le  grazie  liberalesche  r 
questa  e  la  filantropia  seltaria.  Dare  ad  un  condannato  molte  morli 
Invece  di  una ,  e  porlo  nella  quasi  necessita  di  morir  disperato. 
£  evidente  che  questo  e  odio  del  piu  raffinato  conlro  1'umana  nalu- 
ra  ,  che  si  vuole  perduta  nella  vita  temporale  e  nell'  eterna.  Ed  e 
evidente  parimente  quello  che  ci  siamo  proposti  di  dimostrare ,  cioe 
che,  come  nelle  altre  questioni  di  liberla,  di  uguaglianza,  di  respon- 
sabilita  minis teriale  ecc.  ecc. ,  cosi  in  questa  dell'  abolizione  della 
pena  di  morte,  il  liberalismo  non  ha  per  se  altro  che  il  mantello  del 
traditore  e  dell'  ipocrita. 


LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

NELLE  INDIE  OCCIDENTALI 


I. 


Se  i  sentimenti,  conche  si  procedette  alia  conversions  degl'  Indianir 
fossero  quelli  della  violenza,  o  della  ragione  e  della  carita. 

La  Chiesa  asseri  la  liberta  polilica  e  propugno  la  liberta  indivi- 
duale  degl'  Indian!  Le  decision!  dei  Ponlefici  e  le  opere  egregie  del 
Prelati  e  dei  missionarii,  arrecate  in  due  articoli  antecedent!,  pongo- 
no  fuori  di  controversia  quest!  due  fatli  1.  Yeniamo  all'  esame  degli 
altri  due  punt!  in  controversia.  La  conversione  di  que'  popoli  alia 
fede  fu  spontanea  o  violenta?  La  Chiesa  prese  stanza  nel  nuovo  mon- 
do  da  donna  libera  o  da  serva? 

La  violenza,  secondo  il  conte  Rossi,  la  carneficina,  secondo  il  Mar- 
montel,  furono  i  mezzi  adoperali  per  impiantare  e  crescerenel  nuovo 
mondo  la  religione  catlolica.  Da  chi  fu  consigliata  ,  da  chi  fu  incul- 
cala  tanta  iniquita  e  tanta  ferocia?  la  risposta  e  pronta :  dal  fanatis- 
mo  religioso  e  dai  banditori  dell'  Evangelo.  Cosi  mostra  di  credere 
II  cavaliere  Luigi  Bossi,  volgarizzatore  della  vita  di  Leone  X  ,  com- 
posta  dal  Roscoe.  «  Si  puo  anche  dubitare  ragionevolmente,  egli 

1  V.  Serie  VI,  vol.  I,  pag.  662;  vol.  II,  pag.  147. 


LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE  ECC.  399 

scrive  in  atteggiamento  filosofico ,  che  molie  crudelta  si  sarebbero 
risparmiate,  che  tutt'allra  sarebbe  stata  la  condotta  dei  priori  coloni, 
che  un  diverse  ordine  di  cose  si  sarebbe  stabilito ,  se  non  si  fossero 
spediti  con  troppa  precipitazione  i  missionarii  a  que'  popoli.  Se  non 
si  fossero  inlrodotte  da  principio  le  idee  religiose  ,  gli  Spagnuoli 
avrebbero  mancato  per  lo  meno  di  un  pretesto  di  perseguilare  quei 
popoli  innocenli  e  forse  sarebbero  state  per  tal  modo  impedite  molte 
stragi,  che  il  fanatismo  religioso  non  servi  se  non  a  rendere  piu  fre- 
quenti,  piu  estese,  piu  barbare  1  ».  Queste  accuse  aperte,  comeche 
addolcite  con  un  forse,  s'  incontrano  in  altri  storici  nostrali,  ritratte 
<x>me  in  penombra.  Essi  foggiarono  cotes ta  maniera  di  pensare  nien- 
temeno,  che  sopra  un  romanzo ;  quello  degl'  Incas.  Secondo  1'autore 
di  questo  libro  pestilente  1'uso  della  ferocia  cogl'infedeli  per  conver- 
tirli ,  essendo  prima  in  opinione  di  lecito ,  divenne  un  domma ,  un 
precetto  a'terapi  della  scoperta  di  America.  Fu  il  Papa  Alessandro  VI 
€he  vi  appose  il  suggello  dell'  autorita  apostolica  2.  Sicche  la  teo- 
rica  e  la  pratica  seguilata  nella  conversione  degl'  Indiani  fu  quella 
del  servaggio  piu  brutale ;  il  costringimento  degli  animi  e  delle 
coscienze.  Mettiamo,  di  grazia,  questa  sentenza  al  saggio  infallibile 
dei  document!. 

Si  cita  la  Bolla  di  Alessandro  VI.  Ecco  la  parte  del  documento 
pontificio  che  si  riferisce  alia  quistione :  «  Vi  esortiamo  con  sommo 
calore,  scrivea  il  Papa  ai  Re  di  Castiglia,  Ferdinando  ed  Isabella,  e 
pel  santo  lavacro,  onde  siete  obbligati  ai  precetti  apostolici,  e  per  le 
Tiscere  della  misericordia  del  nostro  Signore  Gesu  Cristo  vi  doman- 
diamo  pressantemente,che  vogliate  e  dobbiate  indurre  ad  abbraccia- 
re  la  religione  cristiana  i  popoli,  slanziali  in  quelle  isole  e  lerre.  » 
Ma  con  quali  mezzi?  Gli  avete  designali  accanto  di  un  formale  pre- 
celto  in  questi  termini :  «  Vi  comandiamo  in  \1rtu  della  santa  obbe- 

1  ROSCOE,  Vita  di  Leone  X,  v.  IX,  nota  addiz.  XXIII. 

2  Get  esprit  (di  fanatismo)  regnait  en  Espagne,  et  il  avail  passe1  en  Ame- 
rique  avec  les  premiers  conqucrants.  Mais  cowme  si  on  eut  craint  qu'il  ne  se 
ralentit,  on  fit  un  dogme  de  ses  maximes,  un  precepte  de  ses  fureurs.  Ce  qui 
•itabM^d  n'etait  qtfune  opinion,  fut  reduit  ensystfaie.  Unpapey  mit  le  sceau 
de  la  puissance  apostolique.  Preface. 


£00  LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

dienza  che  destiniate  per  le  terre  ed  isole  sopraddette  uomini  proM 
e  temenli  Dio,  dolti,  periti  ed  esperti,  affinche  istruiscano  nella  fede 
caltolica  ed  informino  ai  buoni  costumi  gli  abilatori » .  Tale  e  il  sen- 
timento  di  Papa  Alessandro  1.  Dov'e  il  domma  della  violenza  ?  Dove 
sono  i  comandi  feroci  di  usare  ferro  e  fuoco  nella  opera  della  con- 
yersione?  Nella  slrana  fantasia  deU'empio  romanziere,  e  nella  buona 

0  rea  fede  di  chi  ne  copia  i  concetti.  Voi  vi  trovale  in  faccia  di  uomi- 
ni scelti,  di  uomini  prudenti,  di  uomini  che  primeggiano  per  dottri- 
na  e  per  pieta.  Questi  e  non  allri  in  forza  del  precetto  apostolico  souo 

1  banditori  dell1  Evangelo  ,  quesli  debbono  essere  spediti  tra  gl'  In- 
<Kani ,  affinche  non  gia.  colla  punta  della  spada  a  guisa  del  musul- 
mano,  ma  col  fulgore  della  virtu  e  della  scienza  li  traggano  alia  fede 
cattolica.  Leggete  il  Breve  che  lo  stesso  Papa  indirizzo  al  P.  Boyl 
che  fu  il  primo  elello  a  Vicario  apostolico  del  nuovo  mondo.  La  stes- 
sa  scelta,  gli  stessi  mezzi.vi  si  pareranno  dinanzi.  lesus  coepit  fa- 
$ere  et  docere:  cosi,  e  non  altrimenti  vuole  il  Pontefice  che  si  pro- 
ceda  nella  conversione  degl*  Indiani. 

Questa  norma  e  pure  consigliata  e  severamente  imposta  da'Pon- 
tefici  successori.  Leone  X  scrive  a  re  Ferdinando : «  Si  osservino  co- 
gl'Indiani  le  regole  della  umanita  e  si  adoperi  soavila  di  modi,  que- 
sti  sono  i  mezzi  acconci  per  ridurli  a  Cristo  2  » .  Adriano  YI  a'missio- 
Darii,  che  primi  scioglievano  pel  Messico,  ordina  di  pigliare  a  norma 
1'esempio  degli  Apostoli ;  a  Cortes  ed  a'  compagni  con  un  suo  Breve 
raccomanda  di  adoperarsi  con  lutta  la  premura  nella  conversione  di 
que'  popoli ,  ma  con  la  pace  e  cogli  atti  di  pii  cristiani  3.  Paolo  III 

1  Hortamur  DOS  quamplurimum  in  Domino,  etper  sacri  lavacri  susceplio- 
nm,  qua  mandatis  apostolicis  obligati  cstis,  et  viscera  misericordiae  Domini 
lesu  Christi  attente  requirimus,  ut .  .  .  populos  in  huiusmodi  insulis,  et  ter- 
•ris^degentes  ad  christianam  religionem  snsdpiendam  inducere  velitis  et  de- 
lealls.  .  .  .  Et  insuper  mandamus  vobis  invirtute  sanctae  obedientiae  ad  ter- 
ras firmas  et  insulas  praedictas  mros  probes  et  Deum  timentes,  doctos,  peritos 
-et  expertos  ad  instruendum  incolas  et  habitatores  praefatos  in  fide  catholica 
4t  bonis  moribus  imbuendum  destinare  debeatis.  Inter  caetera. 

2  FABRONI  in  Vita  Leonis  X. 

3  TORQUEMADA,  Monarchia  Indiana,  lib.  XV,  cap.  4.  BERNALD  DIAZ  ,  Hist. 
verdad.  cap.  167. 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  401 

non  condanno  altamenle  le  offese  che  sotto  qualsivoglia  colore  si  re- 
cassero  agl'  Indiani  idolalri ,  sia  nella  persona ,  sia  negli  averi  J  ? 
Pio  V  non  invio  tenerissime  letlere  all'  Arcivescovo  ed  al  Vicere  del 
Messico  in  pro  de'  medesimi  ?  Eccovi  i  dommi ,  eccovi  i  comandi , 
che  escono  dalla  S.  Sede. 

Ma  lo  spirilo  del  fanatismo  regnait  en  Espagne  el  il  avail  passe 
en  Amerique  avec  les  premiers  conquer  ants.  Sfrontala  calunnia  ! 
Essa  e  par  to  ignominioso  di  quelFastio  profondo,  che  concepito  dalla 
eresia  e  passato  in  retaggio  alia  incredulita  moderna  da  in  isfoghi 
forsennati,  anche  ora  nei  giornali  della  selta  contro  la  nazione  spa- 
gnuola,  perche  si  mantiene  fedele  al  caltolicismo.  Volete  vedere  quale 
spirito  regnasse  in  Ispagna  a'  tempi  di  cui  scriviamo?  Pigliate  le 
istruzioni ,  che  furono  date  dai  Re  Ferdinando  ed  Isabella  al  primo 
discopritore  del  nuovo  mondo,  a  Cristoforo  Colombo.  Leggele  il  pri- 
mo capo.  Da  principio  i  due  Monarch!  palesano  la  gioia  singolare  , 
onde  sono  compresi  per  la  discoperta  dei  nuoYi  paesi,  slanle  1'accre- 
scimento  di  gloria,  che  ne  sarebbe  venulo  a  Crislo  ed  alia  sua  Chie- 
sa ,  merce  la  conversione  degli  abitatori  alia  fede.  «  Mano  dunque 
all' opera ,  soggiungono ,  e  1'  ammiraglio  vi  ponga  ogni  suo  studio  e 
fatica.  I  mezzi  siano  1'insegnamenlo,  la  soavita  de'modi,  la  dimostra- 
zione  di  affelto  e  di  onore ,  la  larghezza  di  doni  graditi  e  sovra  ogni 
altra  cosa  folgoreggino  gli  esempii  delle  virtu.  Chi  operasse  allri- 
menli,  sia  punito  severamente ».  La  reina  Isabella,  essendo  presso  a 
morire,  delta  un  capitolo  nel  suo  testamento,  speilante  alia  conversio- 
ne degl'  Indiani ,  in  cui  si  dice :  « II  fine  che  si  ebbe  nello  spedire  i 
navigli  in  cerca  di  nuove  terre,  fu  di  aggrandire  il  regno  di  Crislo  : 
Papa  Alessando  nella  Bolla  di  concessione  ce  ne  ha  dato  1'incarico,  e 
noi  ci  siamo  obbligati  a  compirlo.  Percio  supplico  affetluosamente 
il  Re  mio  signore  ;  impongo  ed  ordino  alia  Principessa  mia  figlia  ed 
al  Principe  suo  consorte,  che  1'adempiano  con  fedella,  echel'abbia- 
no  in  mira,  qual  fine  precipuo  della  loro  signoria.  A  tale  uopo  non 
consentano  mai  che  gli  abitanti  delle  Indie  ricevano  aggravio  nelle 
persone  o  nelle  cose,  ordinando  invece,  che  siano  trattali  con  giusti- 

1  Pastorale  oflieium. 
Serie  YJ,  vol.  11,  fasc.  364.  26  5  Maggio  1865. 


402  LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

zia  e  benignita  1 ».  Tali  sono  i  furori  del  fanatismo ,  che  accompa- 
gnarono  il  primo  conquislalore. 

Parimente  quelli  che  tennero  dietro  a  questi.  Scorrele  quel  cor- 
po  d'  istruzioni,  che  compose  ii  Cardinal  Ximenes  intorno  al  modo 
di  recare  alia  religione  ed  alia  ci villa  gl'  Indiani,  e  vi  piacerete  di 
aver  Ira  mano  un  capolavoro  di  saviezza,  di  giustizia  e  di  fma  cari- 
ta.  II  Torquemada  \i  offre  ordinarnenli  e  rescritti  deli'  imperadore 
Carlo  V  e  di  Filippo  II.  Esaminateli  a  voslra  posta.  Ritraggono  tut- 
ti  dagli  amorosi  sentimenti  e  dallo  scopo  piissimo  d'  Isabella.  Se  i 
due  principi  inlimano  laliberta  clegl'  Indiani,  se  ordinano  trattamen- 
ti  benevoli  e  mite  reggimento,  il  molivo  precipuo  e  il  desiderio  del- 
la  Conversion  de  los  naturales  a  nuestra  santa  Fe  catolica  y  para 
su  buen  tratamiento.  Per  questo  scemano  le  gravezze ,  raddolcisco- 
no  il  lavoro,  privilegiano  i  convertiti.  II  prete  sospello,  il  frate  sfra- 
lato  sono  arnesi  di  rifiuto  per  la  sanla  opera,  e  sono  ricacciati  in  Eu- 
ropa.  I  buoni  per  1'opposto  si  moltiplicano  con  annovali  spedizioni, 
ed  a  misura  del  loro  numero  si  molliplicano  pure  le  fabbriche  di 
nuovi  conventi  nel  mezzo  delle  popolazioni  indiane.  Pubblici  spedali, 
ricoveri  di  mendici ,  luslro  di  sacri  templi ,  scuole  gratuite ,  case  e 
collegi  in  cui  si  allevano  i  fanciulli  alia  scienza  e  le  fanciulle  ai  la- 
vori  donneschi  e  quelli  e  queste  a'civili  coslumi,  ed  ogni  allro  allet- 
tamento  della  carita  cattolica ,  lutto  e  messo  in  opera  dai  savii  mo- 
narchi  per  indurre  ad  una  soda  e  verace  conversione.  I  governatori 
non  di  rado  falliscono  a  tanta  sollecitudine.  E  pero,  ad  ovviare  queslo 
male,  s'impone  a  Padri  di  S.  Domenico,  di  S.  Francesco,  di  S.  Ago- 
stino ,  che  facciano  la  rassegna  di  quanlo  accade  di  reo  e  ne  diano 
conlo.  Fra  Giovanni  di  Zumarraga,  primo  Vescovo  del  Messico,  & 
dichiarato  protellore  degl'  Indiani ;  il  prele  Gasea  e  spedito  al  Peru 
per  farvi  osservare  ad  ogni  patio  le  leggi  favorevoli  agl' Indiani, 
Diego  Ramirez,  Vescovo  di  S.  Domingo,  e  investilo  deH'autorila  di 
visitatore  per  que'regni  oltramarini,  con  ordine  di  slerpare  con  mano 
risoluta  gli  abusi  e  di  farvi  rifiorire  la  obbedienza  alle  regie  ordi- 
nanzein  pro  degl'indigeni.  Una  lettera  del  re  Filippo  vi  da  la  causa 

1  LAS  CASAS.  Conquista  dell'Indie.  Replica  XII. 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  403 

movente  di  tante  cure,  ed  il  mezzo  per  giungere  a  capo  del  fine  pro- 
posto.  Essa  e  scritta  alia  Udienza  e  reale  Cancelleria  della  Nuova 
Spagna,  addi  dicianove  del  Giugno,  anno  1566,  in  quest!  termini: 

«  A  voi  e  ben  noto  1'  obbligo ,  con  che  noi  teniamo  la  signoria  di 
cotesti  regni.  II  quale  e  di  procacciare  per  ogni  via  e  con  mezzi  ac~ 
conci  la  conversione  de'  paesani  alia  nostra  santa  Fede  cattolica.  E 
siccome,  infino  dal  primo  discoprirli,  i  religiosi,  che  vissero  costi  e 
vivono  tultavia,  hanno  posto  e  pongono  in  tale  impresa  specialissima 
cura,  cogliendo  copiosissimo  frutto  di  conversion!  e  di  doltrina; 
cosi  e  mestieri  e  pel  servizio  di  nosiro  Signore  e  per  iscarico  della 
nostra  coscienza ,  che  non  si  venga  meno  in  opera  si  santa ,  e  che  i 
ministri  di  essa  siano  favoreggiati  e  conforlati.  Onde  v'  incarico  e  vi 
ordino  di  giovarli ,  di  onorarli  grandemente  e  di  animarli ,  affinche 
operino  quei  tanto,  che  hanno  operato  finqui,  e  piu  se  fosse  possibile, 
come  dalla  loro  bonta  speriamo  che  siano  per  fare.  Con  questo  ci 
terremo  per  assai  ben  serviti  da  voi  l.  »  Fin  qui  la  lellera. 

Dunque  la  coscienza  e  il  motive:  il  fine  la  conversione:  il  mezzo 
non  il  ferro,  non  il  fuoco,  non  lo  sterminio,  o  quale  che  siasi  violenza, 
ma  1'opera  di  pacific!  religiosi,  1'abnegazione  della  loro  vita,  la  dot- 
trina.  Aprite  ora  la  raccolta  delle  leggi  risguardanli  le  Indie.  Eccovi 
quelle,  che  spetlano  agli  scopritori  di  miove  nazioni  ed  ai  fondatori  di 
nuove  colonie.  «  Badate,  dicono  agli  uni  ed  agli  altri,  di  non  far  loro 
la  menoma  onta  od  ingiustizia,  di  non  adoperare  modi  aspri  e  scon- 
venevoli,  ma  invece  usate  con  esse  piacevolezza,  afFezionatevele  colle 
cortesie.  In  questa  maniera  e  non  in  quella  voi  le  trarrete  a  Cristo, 
come  e  vostro  dovere  ».  Si  fa  un  litolo  a  parte  sopra  il  buon  tratta- 
mento  degli  Indiani ,  dove  si  dice :  «  Una  delle  cure  piu  grandi,  che 
abbiamo  avuto,  si  e  di  procurare  per  ogni  via  che  gl'  Indiani  fossero 
ben  traltati,  e  conoscessero  il  grande  beneficio,  falto  loro  da  Dio  no- 
stro  Signore  nel  trarli  dal  misero  stato  del  paganesimo  alia  nostra 
santa  Fede.  A  questo  nostro  precipuo  e  bramato  intendimento  tor- 
nando  d'impaccio  la  dura  soggezione  e  la  schiavitu,  abbiamo  ordina- 

1  YediF.  JuANDElORQUEMADA,  Monarchic, Indiana,  lib.XVII,  c.  19,  20,  do- 
ve si  contengono  i  document!  dei  rescritti,  lettere  ed  ordinamenti  indicatl. 


£04  LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

to  che  siano  liberi  e  retti  soavemente.  I  preposti  alia  cosa  pubblica 
puniscano  quelli,  che  violassero  queslo  ordinamento,  e  pongano  ogni 
studio  affinche  siano  istruiti  nella  Fede  catlolica ,  ben  trattali ,  pro- 
tetti,  difesi,  mantenuti  ne'diritti  della  giustizia  e  della  liberta  ». 
E  cio  per  qual  motivo  ?  Perche  Y  operare  di  tal  guisa  e  il  mezzo  phi 
efficace  e  piu  conveniente  a  raccorre  frutto  abbondante  di  conversion! 
per  la  coltura  de'  sacri  ministri  1.  Non  vi  pare  che  questa  sia  una 
solenne  mentita  alia  sentenza  degli  avversarii?  Essi  vi  dipingono  la 
Spagna  come  la  sede  del  piu  cieco  fanatismo,  ed  i  conquistatori  suoi 
figli  portanli  in  America  furori  di  religioni  e  schiavitu  delle  coscien- 
ze ;  quando  per  1'opposto  gli  ammonimenti  e  le  raccomandazioni  che 
gli  accompagnano,  i  rescritli,  i  bandi  ele  leggi,  che  lengono  lor  die- 
tro,  impongono  pace,  soavita  di  modi  e  libero  convincimenlo. 

Sapete  invece  nel  pelto  di  chi  si  annida  il  piu  cieco  e  piu  feroce 
fanatismo?  E  proprio  uel  petto  dei  promotori  della  rivoluzione.  Non 
altramente  che  i  Re  di  Spagna  per  1'America,  essi  vi  hanno  detto  e 
ridetto,  che  1'opera  loro  e  di  ristorare  in  Italia  1'  ordirie  morale.  Ma 
con  quali  senlimenti ,  per  quali  mezzi  hanno  incominciato  e  prose- 
guono  un'  opera  si  santa?  Inostri  lettori  uon  1'  ignorano.  Col  ferro  e 
col  fuoco  adoperati  colla  ferocia  piu  selvaggia.  «  Combatlele,  disper- 
dete  inesorabilmenle  quei  compri  sicarii  —  Faccia  pubblicare  che 
fucilo  tutti  i  paesani  armati  che  piglio.  Oggi  ho  gia  cominciato  — 
Colpite  i  reazionarii  senza  pieta ».  Ecco  gli  ordini  del  Cialdini,  men- 
tre  Brno  ammazza  a  rompicollo,  e  tira  colpi  di  pis  tola  agli  ufficiali, 
che  osano  far  motto  di  disapprovazione !  Non  \i  pare  di  udire  gli 
urli  della  iena  quando  leggete  in  un  bando  ai  soldali :  «  Siate  ineso- 
rabili  come  il  destino.  La  pieta  e  delitto.  Noi  gli  annienteremo , 
schiacceremo  il  sacerdotal  vampiro ,  purificheremo  col  ferro  e  col 
fuoco  le  regioni  infeslate  dair  immonda  sua  bava  ?  »  Quando  sentite 
la  grida :  «  Chi  e  col  to  con  un'  arma  da  taglio ,  sara  fucilato  imme- 
diatamenle :  chi  parla  d'  insorgere ,  sara  fucilato  immedialamente : 
chi  dice  una  parola  d'  insulto  allo  stemma  regio ,  e  dannato  alia 

1  Lib.  IV,  Tit.  YII,  1.  23.  ibid.  Tit.  I, 1. 1,  et  Tit.  IV,  1. 1,  2,  7.  Lib.  VI, 
Tit.  X,  1.  3. 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  405 

stessa  pena?  »  Non  e  ii  tulto ;  dovete  aggiungere  qual  suggello  la 
legge  Pica  I  Di  questa  non  e  un  feroce  capitano  1*  autore ,  ma  sono 
i  Depulati  della  nazione ,  che  discutono  e  stanziano  arlicoli  della  piii 
cruda  barbaric ,  che  ne  prolungano  la  durata ,  non  ostante  il  fre- 
mito  universale  di  tuiti  i  paesi  a  cui  ne  giunge  la  novella.  Eccovi  i 
sentimenti ,  eccovi  i  mezzi  coi  quali  si  propagano  in  Italia  le  doltri- 
ne  della  rivoluzione,  e  s'  impiania  Y  ordine  morale  dai  rivoltosi  vera- 
menle  fanatici. 


II. 


La  formola  delle  intimazioni  data  ai  conquistatori  e  le  accuse 
del  Las  Casas  contro  il  Vescovo  Juan  $e  Quevedo. 

Ai  document!  arrecati  sono  opposti  dagli  avversarii  altri  docu- 
menti,  ai  fatti  altri  fatti.  Qual  e  il  lor  valore?  Pesiamoli.  II  primo  e 
la  intimazione,  che  i  conquistadores  facevano  ai  popoli  delle  isole  e 
terre  scoperte  per  ordine  dei  reali  di  Spagna.  L'Herrera  la  riporta 
teslualmenle,  mettendola  in  bocca  di  Alonso  di  Ojeda.  In  essa,  data 
una  breve  notizia  della  origine  e  della  redenzione  dell'  umana  specie, 
«  II  Redentore ,  vi  si  dicea ,  ha  lasciato  in  questo  mondo  a  proprio 
vicario  il  Papa,  con  amplissima  giurisdizione  sopra  tutte  le  nazioni  e 
signorie  della  terra ;  i  popoli  fin  d'allora  1'  hanno  obbedito  ed  osse- 
quiato  qual  padrone,  re  e  superiore  dell'  universe.  I  re  cattolici  aven- 
do  ricevuto  in  dono  da  un  Papa  le  isole  e  la  terra  ferma  di  quest! 
paesi ,  lutti  gli  abitatori  sono  obbligali  a  darsi  in  loro  soggezione  ». 
A  questo  punto  si  proponea  la  disgiunliva :  o  voi  riconoscele  la  Chiesa 
quale  signora  e  reggitrice  suprema  dell'  universo ,  il  Sommo  Pon- 
tefice  in  suo  nome  e  sua  Maesta  in  luogo  di  lui  in  forza  della  dona- 
zione,  ed  avreto  bene;  o  rifiutate  sdegnosamente ,  ed  in  tal  caso 
«  vi  dichiaro  ,  che  coll'  aiuto  di  Dio  entrero  in  campo  contro  di  voi 
poderosamente,  vi  guerreggero  da  ogni  lato  ed  in  ogni  maniera  che 
per  me  si  possa,  vi  sommettero  al  giogo  ed  alia  obbedienza  del- 
la  Chiesa  e  di  Sua  Maesta;  vi  torro  mogli  e  figli,  li  faro  schiavi,  li 
vender 6  come  tali ,  e  ne  usero  secondo  gli  ordini  di  Sua  Maestri ;  vi 


106  LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

portero  tutti  i  mali  e  danni  chepolro  come  a  vassalli,  che  non  obbe- 
discono,  che  ricusano  di  ricevere  il  loro  Signore,  gli  fannoresistenza 
e  contrasto  l ».  Cosi  il  documento  opposto.  Sopra  del  quale  chi  gri- 
da  alia  ingiustizia  dei  liloli ,  coi  quali  si  conquistavano  paesi  inof- 
fensivi;  chi  alia  stolta  pretesa,  che  popoli  interi  si  arrendessero  ad 
una  inlimazione  di  cose  soverchianti  la  loro  inlelligenza  od  in  lingua 
non  conosciuta ;  e  chi  al  fanatismo,  onde  col  ferro  alia  mano  si  fa- 
ceano  schiave  le  coscienze  della  religione  cattolica.  II  Pontefice,  di 
cui  s'invocava  1'autorita,  le  dottrine  della  Chiesa  romana  son  fatte 
segno  di  pungenti  accuse,  per  parte  degli  eretici,  degl'increduli  e  di 
qualche  scrittore  cattolico. 

Si  fa  carico  di  fanatismo  al  Papa.  Or  bene  il  Papa  risponde,  addi- 
tandoci  1'  ordine  cha  si  contiene  nella  sua  leitera  a  Ferdinando  e  ad 
Isabella.  L'  abbiamo  riferito  di  sopra.  Si  comanda  la  spedizione  di 
preli  e  religiosi  dotli  e  di  virtu  sperimentata :  con  questo  e  non  con 
altro  mezzo  si  vuole  la  conversione  degl'infedeli.  La  reina  Isabella 
non  aHrimenti  intese  il  suo  obbligo  e  T  esegui  coi  suoi  ordinamenti. 
La  salmeria  del  Colombo  nel  secondo  viaggio  ne  euna  prova  di  fatto, 
come  nota  il  Las  Casas.  Si,  ripigliano  gli  avversarii,  ma  la  formola 
della  intimazione  non  e  essa  1'opera  di  teologi  e  di  canonist!?  Lo  dice 
THerrera.  Pognamo  pure  che  tutti  i  teologi  e  canonisti  della  Spagna 
siano  convenuti  nel  detlarla ;  con  quale  giustizia  vorreste  voi  fame 
un  capo  di  accusa  contro  del  Papa  e  della  dottrina  romana?  Egli 
ordina  la  pace,  ed  essi  la  guerra ;  egli  vuole  la  persuasione  della 
parola,  ed  essi  quell  a  del  ferro;  egli  da  qual  mezzo  la  virtu,  ed  essi 
-il  vizio  della  crudelta  e  della  ingiustizia.  Be  Ferdinando  adunqueed 
i  suoi  consiglieri  sarebbono  da  ripigliarsi,  in  ogni  caso,  come  rei  di 
aver  calpestato  un  ordine  esplicito  del  Pontefice. 

Ma  non  accusiamo  all'impazzafca.  Alcuna  volta  gli  storici  fanno 
come  1'Achard,  scrittore  d'iniqui  articoli  sopra  la  citt&  di  Roma.  Si 
appigliano  a  do  che  si  para  loro  dinanzi  a  prima  giunta,  e  senz'al- 
tra  briga  ne  tirano  le  conseguenze.  Quell'  Herrera,  che  ci  serba  ii 
documenlo  della  intimazione,  ci  e  largamente  cortese  piu  sotto  di  un 

1  Hist,  de  las  Indias  Occid.  Dec.  I,  Lib.  VII,  c.  14,  an.  1510. 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  407 

altro,  che  contiene  gli  ordini  da  osservarsi  priraa  e  dopo  la  intimazio- 
ne.  Questo  e  dato  al  Pedrarias  nel  1514.  Per  cio  che  spetta  alia  nostra 
quistione,  diceasi  in  esso :  «  Ordinasse  il  capitano  prima  di  ogni  al- 
tra  cosa  quello  che  concerneala  fede  cattolica,  la  conversione  degl'In- 
diani  ed  il  servizio  di  Dio  :  a  lal  uopo  se  gli  dava  a  compagno  della 
spedizione  il  Vescovo  Fra  Giovanni  de  Quevedo  con  altri  religiosi. 
Procurasse  che  gl'  Indiani  vivessero  in  concordia  ed  amore  cogli 
Spagnuoli,  e  per  quesla  via  si  oltenesse  ogni  cosa.  Non  consentisse 
pertanto ,  che  si  rompesse  loro  per  niun  conto  la  data  fede ,  o  che 
si  arrecasse  ai  medesimi  alcun  danno.  Per  questo  mezzo  verreb- 
bero  piuttoslo  alia  nostra  religione  e  maggior  guadagno  si  avreb- 
be  dalla  conversione  di  cento  in  cotal  modo ,  che  da  quella  di  mille 
per  altra  via».  Ma  se  questi  mezzi-  non  riuscissero,  che  dovra  fare 
il  conquislatore?  Eccovi  il  formale  precelto,  che  gli  si  da  per  tal 
caso:  .«  Non  muova  le  armi  contro  di  essi  per  niun  conto ,  salvo  se 
gl'  Indiani  non  si  facessero  assalitori  o  recassero  alcun  danno  agli 
Spagnuoli.  II  che  avvenendo  non  rompa  tosto  la  guerra ,  ma  faccia 
precedere  le  usate  intimazioni  una,  due,  tre  volte  e  piu,  secondoche 
fosse  necessario;  e  cio  per  mezzo  di  una  persona,  che  conoscendo  il 
linguaggio  sappia  chiarirli  dei  gravissimi  danni  provenienti  dalla 
guerra  e  specialmente  dalla  schiavitu;  sicche  ne  abbiano  intero  co- 
noscimento,  e  non  possano  quindi  opporre  la  scusa  della  ignoranza. 
Badasse  bene  a  questi  punli,  perche  sopra  di  essi  appoggiavasi  il 
poter  operare  in  buona  coscienza  1  » .  Chi  non  vede  in  questa  or- 
dinanza  pratica  incarnato  il  comando  del  Papa,  svolta  la  istruzione 
data  dalla  reina  Isabella  al  Colombo,  ed  eseguito  puntualmente  il 
capitolo  del  testamento  falto  dalla  medesima  in  pro.  degl'  Indiani? 
La  forza  della  persuasione  merce  della  virtu  e  dell'  insegnamento, 

1  Avia  Castellanos,  que  sabian  la  lengua,  con  ella  les  diesse  primero  a  en- 
tender  el  bien  que  se  les  seguiria,  en  ponerse  debaxo  de  la  real  obedienciar 
y  los  dannos  que  de  las  guerras  les  avion  de  resultar,  y  mas  aviendo  de  ser 
esclavos  los  que  se  tomassen  en  ella,  y  que  les  Mziesse  enlender,  que  cosa  era 
ser  esclavos,  de  manera  que  dello  luviessen  entera  noticia  sin  poder pretender 
ignorancia :  porque  para  poderlo  ser  y  tenerlos  los  Castellanos  con  buena 
consciencia,  estava  todo  el  fundamento  en  lo  suso  dicho.  Dec.  I,  lib.  X,  c.  17. 


408  LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

e  la  pacifica  convivenza  dei  due  popoli,  eccovi  i  mezzi  ordinati  per 
la  conversione  di  que'  miseri  idolatri.  Dunque  e  false  che  la  reli- 
gione  fosse  imposta  per  la  violenza,  e  falso  che  contro  ai  riluttanti  si 
dovesse  adoperare  il  ferro  ed  il  fuoco  per  cieco  fanatisrao.  La  schia- 
Yilu  delle  coscienze  per  parte  del  Papa  e  dei  principi  spagnuoli  e  una 
prettacalunnia.  Si,  poteasi  venire  alle  armi  contro  gl' Indiani,  ma 
quando  il  dirilto  di  giusla  difesa  lo  richiedea  ;  quando  si  erano  os- 
servate  le  leggi  pel  cominciamento  della  guerra ;  dopo  che  si  era 
fatlo  capire  agl'  iniqui  assalitori  la  gravita  dei  danni  che  sarebbero 
loro  incolti,  se  non  si  rimanessero  di  assalire.  L'  iniquo  assalto  e  la 
perlinacia  erano  i  motivi,  sopra  cui  fondavasi  il  diritto  di  prender 
le  armi,  e  non  il  rifiuto  di  abbracciare  la  proposla  religione.  Adun- 
que  e  falso,  che  si  opprimessero ^opoli  inoffensivi;  e  falso  che  si  in- 
timassero  ordini  in  lingua  non  intesa ;  e  trisla  menzogna  il  dire, 
che  colla  minaccia  della  spada  si  costringessero  gl'  intellelti  e  le 
coscienze  a  piegare  sotto  il  giogo  di  credenze  incognito. 

Cotale  istruzione,  attemperata  al  dirilto,  si  puo  egli  affermare  che 
fosse  data  anche  all'Ojeda,  e  che  sia  stata  poscia  eseguita  dai  conqui- 
stalori?  II  racconto  dell'  Herrera  ci  da  la  risposta  per  la  prima  parte 
della  dimanda.  Perocche  egli  ci  dice  esplicitamente ,  che  1'  Ojeda 
avea  ordini  recisi  dal  Re  di  trarre  gl'  Indiani  a  se  ed  alia  religione 
colla  soavila  de'  modi ,  en  todas  maneras,  e  a  tal  uopo  erano  venuli 
con  lui  dalla  Spagnuola  alcuni  religiosi  e  parecchi  Indiani,  che  par- 
lavano  il  linguaggio  di  terra  ferma.  Per  mezzo  di  questi  si  fe'  la  do- 
manda  di  un  pacifico  accoglimento ,  appresso  la  intimazione  sopra 
riferita.  Tornata  questa  a  vuolo,  1'Ojeda  non  da  su  le  armi;  anzi  av- 
via  il  traffico  della  merce  portata.  Che  se  indi  a  non  molto  va  loro 
addosso  colla  sua  gente ,  V  e  costretto  dalla  propria  difesa.  Giacche 
gl'Indiani  fieramente  adirati,  a  cagione  dei  danni  ricevuti  alcun  tem- 
po innanzi  da  un  Cristoval  Guerra  ,  erano  deliberati  di  farla  finita 
cogli  stranieri.  I  modi  cortesi ,  la  intimazione  in  lingua  conosciuta, 
la  guerra  per  diritto  di  propria  difesa  ,  che  sono  i  tre  punti  capilali 
della  istruzione  data  al  Pedrarias ,  non  li  riscontrate  voi  eseguili  a 
capello  dall'  Ojeda?  L'  argomento ,  che  egli  avesse  ricevuto  i  mede- 
i  comandi,  non  puo  essere  piu  spiccato. 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  409 

Per  r  altra  parle  della  domanda  pigliamo  a  saggio  la  cronaca 
di  Bernald  Diaz  del  Castillo ,  ito  in  America  col  Pedrarias.  Egli  ci 
racconta  ,  che ,  smontati  sul  continente  i  mille  e  cinquecento  soldali 
del  navilio ,  non  trovarono  che  conquistare.  Per  qual  motivo?  Per- 
che  tutto  era  in  pace.  Adunque  non  si  facea  guerra  per  la  religio- 
ne ,  o  senza  altra  giusla  cagione.  Alcuiii  soldati ,  e  con  essi  il  no- 
stro  Bernald  ,  bramosi  di  miglior  fortuna ,  nel  Febbraio  del  1517  , 
prendono  soldo ,  nell'  isola  di  Cuba ,  sopra  la  piccola  flotta  di  Her- 
nandez da  Cordova.  Discoprono  il  Yucatan  e  ,  di  la  costeggiando , 
vanno  infino  alia  Florida.  Ingaggiano  parecchi  combattimenti  per 
quelle  prode  silvestri ,  ma  sempre  a  cagione  di  giusta  difesa.  Tor- 
nati  da  questa  impresa,  per  rifornirsi  di  uomini  e  di  migliori  legni, 
muore  il  capitano.  Bernald  piglia  parte  alia  spedizione  del  Grijalva, 
nel  1518.  Preso  terra  al  rio  de  Tabasco,  due  Indiani  della  flotta 
accontatisi  cogli  abitalori  del  luogo ,  gl'  invitano  a  darsi  all*  Impe- 
ratore  colla  formola  sopra  riferila ,  intralasciando  quanto  spettava 
al  Papa  ed  alia  Chiesa.  Avulo  un  solenne  rifiuto ,  non  si  va  piu  ol- 
tre.  Di  rilorno  si  da  soldato  al  Cortes.  Ouesto  grande  conquistatore, 
approdando  colla  sua  gente  a  Tabasco,  trova  tutti  gl'  Indiani  in  as- 
setto  di  batlaglia.  II  consiglio  che  prende  si  e  di  mandarli  pregan- 
do  piu  volte ,  che  depongano  le  armi ,  voler  lui  pace  e  non  guerra , 
e  traltamenti  scambievoli  da  fratelli.  Permanendo  quelli  nelle  mi- 
nacce,  ordina  che  si  faccia  in  loro  lingua  la  usata  intimazione,  colla 
sola  domanda  che  lasciassero  i  suoi  venire  a  terra  e  provvedersi  di 
acqua.  II  nuvolo  di  freccie  scaricato  sopra  la  sua  nave  e  la  risposla 
degl'  Indiani,  ed  il  segnale  della  pugna  per  Cortes,  che  gli  sbaratta 
tulti  dal  lido.  I  Caciqui  vinti  ed  altri,  mossi  dalle  cortesi  parole  del 
conquistatore,  traggono  a  lui ,  accettano  la  signoria  e  la  prolezione 
dell'  Imperatore  e  ne  fanno  pubblico  alto. 

E  la  religione  ?  Un  interprete  espone  i  precipui  capi  della  Fede : 
si  erge  una  rozza  cappella ,  dove  e  posta  la  sacra  immagine  della 
Vergine,  e  a  Cintla,  luogo  del  primo  comballimenlo ,  s'  incide  in  un 
grande  albero  la  croce.  In  sul  partire  si  esorta  quel  popolo  a  rive- 
rire  1'  immagine  e  la  croce ,  dicendo  che  ne  avrebbe  grande  merce. 
Queslo  e  il  tutto.  Che  se  neir  isola  di  Cozumel  il  Cortes  ordina , 


410  LA  COSC1ENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

clie  gl'  idoli  di  un  tempio  siano  infranti  e  gittati  al  suolo  ,  cio  non 
e  per  isforzare  al  battesimo  i  popoli ,  che  gli  adoravano  ,  ma  per 
dare  una  pruova,  che  vanamente  un  loro  sacerdote  minacciava  guai 
e  naufragi  a  chi  li  avesse  loccati.  Al  porlo  di  S.  Giovanni  di  Ulua  coi 
governatori  di  quella  provincia  ed  al  Messico  col  Montezuma  non  usa 
allramente.  Si  professa  crisliano,  espone  brevemente  le  credenze 
della  sua  religione,  condanna  la  idolatda  coi  suoi  riti  nefandi ,  onora 
con  segni  di  profondo  rispetto  il  Padre  Bartolomeo  da  Olmeda  e  gli 
altri  missionarii  die  sopravvengono  ,  ed  assiste  divotamente  ai  di- 
vini  uffizii  alia  presenza  degl'  infedeli,  che  vi  accorrono  ,  o  invilati 
o  per  curiosita  1.  Ne  muta  slile  resosi  padrone  del  Messico.  Cer- 
cate  in  prova  la  storia  del  Torquemada,  e  vi  accerlerete,  che  la  con- 
versione  di  quel  vasto  regno  e  dovula  ad  uno  -seel  to  drappello  di 
religiosi,  chiesli  da  lui  al  Papa  ed  all'  Imperalore.  1  quali  voi  scor- 
gete  ad  uno  o  a  due  insieme  correre  le  singole  province,  aventi  Dio 
solo  per  appoggio,  la  divina  parola  per  arme,  e  1'  esenipio  delle  virtu 
piu  sublimi  qua!  soave  attraimento  dei  popoli  alia  fede  2.  Eccovi  le 
violenze,  che  si  sono  fatle  dappertutto  alle  coscienze,  per  incalenarle 
schiave  alia  religione  di  Cristo. 

Pruove  di  tanto  peso ,  le  quali  dimoslrano  che  la  celebre  formola 
riduceasi  ad  una  cerimonia  di  minacce ,  per  gli  avversarii  sono  un 
nulla.  Una  testimonianza  del  Las  Gasas  e  lutto.  Nella  Storia  della 
distruzione  delle  Indie  occidenlali,  favellando  questi  della  impresa 
confidata  al  Pedrarias,  scrive  cosi :  «  La  cecita  degli  uomini  prepo- 
sti  al  governo  delle  Indie  fu,  nell'ordinare  la  conversione  di  que'  po- 
poli, di  lenebre  si  fitte  che  immaginaronsi  e  fecersi  porre  in  uso 
intiraazioni,per  le  quali  erano  posli  tra  due,  o  venire  alia  fede  e  dar 
obbedienza  al  Re  di  Castiglia,  o  aver  guerra  a  fuoco  e  sangue  e 
schiavilu  » .  Dello  quindi  del  feroce  abuso  che  erasi  fatto  di  tale  or- 
dinamento  per  avere  schiavi  a  man  salva,  afferma,  che  il  capilano, 
gli  ufficiali,  e  quello  chee  peggio,  il  primo  Vescovo  del  Darien,Fra 


1  Historia  verdadera  de  la  Conquista  de  la  Nneva-Espana.  C.  1-7 ,  8, 
11,  31,  38,  90  etc. 

2  Monarchia  Indiana,  lib.  XV. 


NELLE  INDIE  OGCIDENTALI  411 

Giovanni  di  Quevedo,  partecipavauo  in  tanta  malvagita  per  un  vii 
guadagno.  II  consiglio  delle  Indie  con  a  capol'Arcivescovo  di  Bur- 
gos e  qui  accusato  di  un  iniquo  e  barbaro  ordinamento,  ed  il  Ve- 
scovo  del  Darien,  consigliere  del  Pedrarias,  di  averne  consentita 
1'  esecuzione  e  faltone  suo  pro.  Accusa  gravissima !  Ma  e  da  leriersi 
per  fondata?  II  Las  Casas  facendo  una  grande  incetta  di  quanlo  se 
gli  racconlava  di  fatti  in  acconcio  della  pielosa  e  giusta  causa  presa 
a  difendere,  non  pare  che  badasse  tanlo  pel  sollile,  se  fossero  veri 
o  no.  Falto  sta  che  presso  1'  Ecbard  v'  e  cbi  giunge  persiuo  a  cre- 
dere non  forse  stia  celato  solto  il  menlito  nome  di  Las  Casas  un 
qualche  nemico  della  Spagna.  Tanto  gli  sembra  inverosimile  una 
parte  de'  suoi  racconti  1.  Non  arnmettendo  tal  supposto,  abbiamo 
Niccolo  Antonio,  scritlore  di  fina  critica,  il  quale  sentenzia,  esser 
verosimile  avere  il  Las  Casas  attribuito  a  enorme  e  crudele  scelle- 
ralezza  degli  Spagnuoli  alcuui  atti ,  cui  scusava  la  necessita  o  il  di- 
ritto  della  guerra ;  ed  averne  colorito  allri  a  nere  linte  per  amplifica- 
zione  2.  Abbiamo  il  Morelli,  professore  nella  Universita  della  Nuo- 
va-Cordova  del  Tucuman,  grande  conoscitore  delle  cose  indiane,  il 
quale  fa  rilevare  delle  pecche  non  piccole  in  tali  racconti  3. 

Checche  ne  sia ,  quanto  alia  nostra  quistione  abbiamo  le  prove 
in  favore  alia  mano.  II  Las  Casas  accusa  il  Consiglio  sopra  le  In- 
die per  la  formola  riferita.  Ma  non  fa  motto  della  istruzione  con 
che  la  si  voile  accompagnata.  L'uno  e  1'altro  documento  essen- 
do  consegnati  ad  un  tempo,  non  debbono  andar  divisi  nel  giudizio 
dello  storico.  Or  bene,  se  nella  formola  incontri  ruvide  minacce,  ap- 
poggiate  a  titoli  che  non  reggono  alia  pruova  del  diritto;  nella  istru- 
zione li  avvieni  in  uu  valido  correttivo,  in  quanlo  v'e  determinate  il 
caso  della  giusta  difesa,  nel  quale  solo  debbono  effettuarsi  le  minac- 
ce. Accusa  il  Vescovo  Quevedo.  Ma  il  Las  Casas  dimentica  di  es- 
sersi  trovato,  nel  1519,  di  fronte  al  Quevedo  nel  consiglio  reale  le- 
nuto  in  Barcellona ,  e  di  averlo  sentito  muovere  gravissime  querele 


1  Script.  0.  P.  verbo  Barth.  de  Las  Casas. 

2  Bibl.  Nov.  Blsp.  verbo  Barlh.  de  Las  Casas. 

3  Fasti  Norn  Orbis  et  Ordinal.  App.  Breviarium  Ord.  28,  49,  59, 


412  LA  COSCIENZA  E  LA  CHlESA  SCHIAVE 

contro  il  Pedrarias  ed  i  suoi  compagni:  ne  rammenta  due  memorie 
che  il  medesimo  scrisse  all'Imperatore,  esponendo  nell'una  i  rei  modi 
adoperati  cogl'  Indian!,  e  proponendo  nell'altra  i  mezzi  acconci  al  ri- 
paro.  Non  e  egli  del  tutlo  inverosimile,  che  chi  avea  corso  tante  mi- 
gliaia  di  migliaper  mare  coll'  inlendimento  di  accatlare  merce  agl'  In- 
diani  accusando  gl'iniqui  oppressori,  fosse  uno  di  questi,  ed  avesse 
lorde  le  mani  dei  guadagni,  tratti  dall'opprimere?  Vero  e  che  il  Queve- 
do  nella  sua  relazione  affermo  che  gl'Indiani  erano  servi  per  natura. 
Ma  cio  in  qual  senso?  Che  egli  non  intendesse  di  condannarli  a  per- 
petua  schiavitu  nel  senso  ovvio ,  ne  fanno  fede  non  solo  le  accuse 
date  a  chi  maltrattava  quegl'  infelici  da  schiavi,  ma  eziandio  una 
ampla  sua  dichiarazione.  Da  una  parte  del  paese,  che  era  andalo  a 
riconoscere,  avea  il  capitano  Francesco  Bezerra  menato  al  Darien 
un  grande  numero  d'  Indiani,  ridotli  da  lui  a  stato  di  schiavi.  Alia 
sua  venuta  ecco  accendersi  una  disputa  assai  gagliarda  sopra  la 
licitezza  di  tal  fatlo.  Era  il  Quevedo,  che  contraddicendo  dichiarava 
altamente  non  esser  punto  lecito  questo  modo  di  operare  1.  II  senso 
adunque  in  che  deve  intendersi  la  servitu  degl'  Indiani  da  lui  affer- 
mata  si  e  quello  di  Aristotele,  vale  a  dire,  che  stante  la  ignavia,  la 
rozzezza  ed  i  loro  vizii  grossolani  doveano  esser  retti  a  vita  civile 
e  cristiana  dalla  saviezza  e  religione  degli  Spagnuoli.  Ghiariti  cosi  i 
fatti  cadono  disciolle  le  accuse  del  Las  Casas.  Gl*  Indiani  non  giac- 
quero  vittima  del  fanalismo  religiose,  ma  della  ingordigia. 

III. 

La  teorica  del  Sepulveda  ed  il  fanatismo  del  P.  Valverde. 

Ciance!  replica  il  Marmontel.  Come  volete  esplicare  altramente  le 
tante  crudelta  commesse  dai  Castigliani,  secondoche  ci  narra  il  Las 
Casas?  Una  passione  anche  nel  piu  forte  del  suo  accesso  non  basta 
a  mettere  negli  animi  umani  tanta  ferocia.  fi  di  mestieri  che  vi  si 
aggiunga  1'  opera  di  un'  altra  causa  prepotenle :  tale  e  il  fanatismo 

1  HERRERA  Dec.  II,  lib.  1,  c.  4;  lib.  4,  c.  4,  5. 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI 

religiose.  Queslo  solo  coll'orpello  della  saniita  e  del  piacimento  di- 
vino  ha  la  forza  d'indurre  a  perpetrare  le  immanita  piu  selvagge. 
Cita  in  pruova  la  formola  della  intimazione.  Di  questa  si  e  gia  par- 
lato.  Cita  la  teorica  del  Sepulveda  e  la  fa  causa  morale  di  perverti- 
mento  e  di  lutte  le  atrocila.  Lasciando  stare ,  che  i  racconti  del  Las 
Casas  sono  un  fondamento  non  sodo  a  tanta  deduzione;  lasciando 
stare,  che  la  cilata  teorica  dicea  bensi  lecito  il  guerreggiare  gl'  India- 
ni,  ma  non  mai  il  martoriarli  soggetti;  lasciando  stare  quesle  ed  altre 
osservazioni,  non  fu  Tallegata  teorica  riprovala  dai  due  consigli  reali 
in  cui  sedeano  canonisti,  teologi  e  Yeseovi,  non  fu  condannata  come 
rea  dalla  Universita  di  Salamanca,  non  le  era  il  comune  sentimento 
degli  Spagnuoli  avverso  a  tal  segno  che  messa  alle  stampe,  Carlo  V 
ripulo  doversi  con  pubblico  bando  divietare  1'  entrata  degli  esemplari 
nei  regni  della  Spagna?  Donde  consegue  esser  falso  che  gli  animi 
di  quella  nazione  fossero  tutti  compresi  da  cieco  fanatismo  religioso, 
o  che  gli  avesse  tratti  ad  esso  la  opinione  del  Sepulveda,  1*  una  e 
1'  altra  cosa  affermata  dall'avversario  con  palente  contraddizione.  II 
Marmontel  si  adopero  a  lutt'uomo  cogli  altri  Enciclopedisti  a  sbrat- 
tare  la  Francia  della  superstizione  (il  caltolicismo),  che  figliava  il  mo- 
stro  si  crudele  del  fanatismo.  I  comuni  sforzi  riuscirono  dare  alia 
Francia  reggilori  e  statuti  smorbati  da  tanta  pestilenza.  Che  ne  av- 
Tenne  ?  In  questa  nuova  condizione  appunlo  si  videro  arrostir  vive  le 
dame  piu  delicate ,  si  vide  passeggiare  a  modo  di  trionfanle  1'  orrido 
ferro  della  ghigliollina ,  si  videro  menare  oscene  danze  sopra  cu- 
muli di  martoriati  ed  uccisi  cittadini.  E  la  rivoluzione  che  informa 
alia  crudelta  delle  tigri  e  delle  iene  e  fa  sospirare  ai  giornali  dell' Ita- 
lia il  rinnovamento  delle  orgie  e  delle  stragi  crudeli  del  novantatre , 
uon  il  cattolicismo  o  la  religione  apostolica  romana.  Questa  fa  scri- 
vere  dai  proprii  seguaci  ai  tiranni,  dietro  i'  esempio  di  Terlulliano : 
noi  vi  possiamo  schiacciare  col  nostro  numero ;  nol  facciamo  per 
vostro  vantaggio  e  in  ossequio  della  noslra  credenza. 

Si :  ma  che  ci  dite  delle  slragi  di  Caxamalca,  provocate  dai  P.  Val- 
verde,  e  degli  animi  inferociti  per  le  sue  parole  fanatiche?  Dalle  di- 
verse esposizioni  del  fatto  avrete  la  risposta.  Essendosi  il  Pizzarro 
assai  bene  acquartierato  colla  sua  gente  nel  luogo  piu  forte  della  citta 


LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

sopraddetta,  mando  invitare  ad  amichevole  colloquio,  entro  la  piazza, 
1'  Inca  Atahualpa  o  Atabalipa,  che  poco  discosto  stava  accampato  con 
trenlamila  soldati.  II  quale,  accettato,  dopo  qualche  tergiversare,  1'  in- 
vito,  si  mosse  con  grande  accompagnamento.  II  Roberston  racconla  il 
fatto  cosi :  « L'  Inca  essendo  arrivato  al  quartiere  degli  Spagnuoli,  il 
P.  Vincenzo  Valverde,  sacerdote  della  spedizione,  1'affronta  col  Cro- 
cifisso  neir  una  mano  e  col  Breviario  nell'  altra  e  gli  fa  un  lungo 
discorso  intorno  la  Creazione,  la  cadula  di  Adamo,  la  Incarnazione, 
I  patimenti  e  la  risurrezione  di  Gesii  Cristo,  la  elezione  di  S.  Pietro 
al  grado  di  Vicario  di  Dio  sopra  la  terra  e  via  via,  commentando  di- 
stesamenle  la  usata  formola  delle  inlimazioni ».  Questa  diceria  fu  si 
male  tradotta  dall'  interprete  ignorante,  conoscitore  assai  scarso  della 
lingua  degli  Spagnuoli  e  mal  deslro  nell'esplicarne  i  concetti  in  quella 
dell'  Inca  Atahualpa,  che  questi  non  comprese  pressoche  nulla,  ma  il 
poco  basto  per  empiric  di  slupore  e  di  sdegno.  «  Risposto  cbe  egli  era 
padrone  dei  suoi  Stali  e  niuno  avea  dirilto  di  donarli,  ed  altri  d'  in- 
signorirsene ,  che  uon  volea  abbandonare  la  propria  religione  per 
quella  degli  Spagnuoli,  e  dette  allre  cose  ordinatamente ,  chiede  al 
Yalverde  dove  avesse  appreso  le  sue  doltrine.  In  questo  libro ,  gli 
risponde  subito,  traendosi  della  tasca  il  Breviario.  L'  Inca  lo  apre  e 
sfogliandolo  sel  reca  all'orecchio.  Esso  lace,  ei  replica,  non  mi  dice 
parola,  e  giltalo  in  terra  con  disprezzo.  II  Monaco,  furibondo  per  tale 
atto,  si  volge  ai  compagni  gridando:  —  Alle  armi ,  crisliani ,  alle 
armi ;  s'  insulta  la  parola  di  Dio ;  vendicate  la  profanazione  sopra 
questi  empii  cani.  —  Pizzarro  da  il  segno  dell'assalto  ai  soldati,  che 
ardeano  d'  impadronirsi  delle  ricche  spoglie.  La  slrage  fhusce  col 
giorno;  e  piu  di  qualtromila  Peruviani  sono  trucidati  su  la  piazza  1  ». 
Cosi  il  Roberston,  cavando  il  suo  racconto  da  altri  scrillori.  Orrore 
pel  fatto  alroce ,  disprezzo  e  indegnazione  per  1'  uomo  che  1'  ha  pro- 
voealo,  sono  gli  affetti,  che  a  questa  leggenda  rimescolano  1'animo  di 
chi  non  sa  esser  corsa  ben  altramente  la  cosa.  Cerchiamone  il  filo 
presso  d'  uno,  che  ne  fu  parle. 

1  Lib.  VL 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  415 

Lo  Xeres  compagno  e  segretario  del  Pizzarro,  dando  conto  minuto 
a  Carlo  V  dell'  impresa,  ecco  in  quali  termini  riferisce  T  operato  dal 
Yalverde,  che  noi  fedelmente  voltiamo  dallo  spagnuolo :  «  II  gover- 
natore ( Pizzarro)  come  vide  1'  Inca  ed  il  suo  accompagnamento,  do- 
manda  a  F.  Yincenzo,  se  volesse  porlarsi  a  parlare  ad  Alabalipa  con 
un  interprete.  Egli  risponde  che  si;  parte  colla  croce  nell'  una  mano, 
e  colla  Bibbia  nell'altra,  e  messosi  tra  la  genie  giunge  ad  Atabalipa, 
e  per  mezzo  dell'  inlerprele  gli  parla  cosi :  lo  sono  sacerdote  di  Dio  : 
insegno  ai  cristiani  le  cose  del  Signore  e  di  questo  stesso  vengo  ad 
ammaestrar  voi.  Cio  che  io  insegno  e  quello  che  Dio  parlo  e  che  si 
conliene  in  questo  libro.  Quindi  da  parte  di  Dio  e  dei  Crisliani  ti 
prego  che  sia  loro  amico,  perche  cosi  vuole  Iddio,  e  ne  avrai  bene 
da  lui.  Vieni  a  favellare  col  governatore,  che  ti  aspella.  Atabalipa  per 
risposta  chiede,  che  gli  dia  il  libro  per  vederlo,  e  quesli  gliel  porge 
chiuso.  Atabalipa  non  trovando  modo  di  aprirlo ,  il  religioso  slende 
il  braccio  per  aprirglielo.  Ma  Atabalipa  con  grande  sdegno  gli  da 
d'  un  colpo  nel  braccio,  non  volendo  che  gliel'  aprisse,  e  tanto  si  stu- 
dia,  che  alia  fine  1'apre  egli  stesso,  e  non  mostrando  alcuna  meraviglia 
sia  delle  lettere,  sia  della  carta,  come  usano  gli  altri  Indiani,  gittalo 
cinque  o  sei  passi  da  se  lontano.  Alle  parole  del  religioso  risponde 
superbamente  per  mezzo  dell'interprete  cosi :  So  bene  quello  che  ave- 
te  fatto  per  via :  come  avete  maltrattato  i  miei  Caciqui  e  dato  il  sacco 
alle  case.  A  cui  il  religioso:  I  Cristiani  non  hanno  operato  cos):  alcuni 
Indiani  avendo  portalo  stoffe  senza  saputa  del  governatore,  quest! 
mando  restituirle.  Atabalipa  di  nuovo  :  Quinci  non  parliro  in  fino  a 
che  non  mi  si  rechi  il  lutto.  II  religioso  die  volla  colla  risposta  al  go- 
vernatore. '  Atabalipa  rizzatosi  in  piesu  la  lettiga  disse  a'  suoi,  che  si 
tenessero  apparecchiati  1 ».  Eccovi  il  fatto,  quale  si  ha  dalla  relazio- 
ne  che  si  compose  sopra  luogo  appresso  I'avvenimento,  e  che  prima 
corse  in  Europa ,  col  titolo  di  verdadera.  La  semplicila  del  deltato, 

1  Verdadera  relation  de  la  Conquista  del  Peru,  y  promncia  del  Cuzco 
embiada  a  su  Magestade  etc.  La  edizione  e  1'  antica  e  rara  del  1547  a  carat- 
teri  gotici. 


416  LA  COSCIENZA  E  LA  CH1ESA  SCHIAVE 

la  naturalezza  del  modi  e  la  conformila  del  linguaggio  con  quello 
adoperato  dal  Pizzarro  intorno  la  pace  per  tutto  il  viaggio,  vi  dicono, 
eke  le  conviene  meritamente  cotesto  nome.  II  colorito,  1'andatura 
ammanierata  e  le  inesattezze  di  quella  del  Roberston  vi  mostrano  il 
contrario.  In  questa  il  P.  Valverde  vi  comparisce  dapprima  col  Bre- 
viario  nell'  una  mano ,  e  poscia  vi  e  fatto  vedere  tulto  inteso  a  trar- 
lo  di  tasca.  Si  afferma  che  1'  Inca  non  comprese  pressoche  nulla 
della  diceria  del  irate,  e  quindi  1*  udite  ribatterla  con  acconci  e  stu- 
diati  argomenti  punto  per  pimlo ,  come  se  1'  avesse  scrilla  dinanzi. 
Queste  due  sole  osservazioni  non  bastano  a  farcela  conoscere  per  un 
racconto  gittato  in  carta  a  capriccio  dello  scriltore  ? 

V  e  di  piu.  Garcilasso  de  la  Vega,  discendente  dagl'  Inchi,  ne'suoi 
eommentarii  la  rigetla  come  sozza  calunnia,  lestificando  di  aver  udi- 
to  condannarla  per  tale  dalia  bocca  di  alcuni  conquislatori  trovalisi  al 
fatto.  II  P.  Valera,  figlio  di  uno  di  questi,  depone  che  non  altramente 
affermava  il  proprio  genitore.  L'  Herrera  che,  nello  scrivere  le  sue 
decadi ,  ebbe  alia  mano  tutti  i  document!  corrispondenti ,  riposti 
nei  reali  Archivii  di  Madrid,  si  liene  slrettamente  alia  relazione  dello 
Xeres  ,  ne  cura  1'  altra  piu  che  una  maligna  storiella.  In  fine  le 
opere  del  Valverde  e  la  stima  in  cui  fu  lenuto  eel  danno  per  tut- 
t'altro  che  per  pazzo  fanatico.  Del  1534  egli  e  in  Ispagna,  tornatovi 
affine  di  perorare  la  causa  dei  Peruviani  malmenati.  Nel  medesima 
anno  e  da  Carlo  V  nominalo  Vescovo  di  Cuzco,  e  questo  ,  scriveagli 
la  Regina,  por  la  buena  relation  que  de  vuestra  persona  el  Empe- 
rador  mi  Senor  ha  tenido.  Negli  atti  concisloriali  di  Papa  Pao- 
lo III,  1538,  leggesi  che  il  Valverde  fu  preposto  alia  Chiesa  nomi- 
nata,  utpote  qui  inlndorum  conversione  multum  insudaverat.  Scio- 
glie  dalla  Spagna  alia  volta  del  Peru ,  e  col  carico  di  Vescovo  gli 
e  confidato  ancor  quello  di  Visitatore  dell'  azienda  reale ,  di  protet- 
tore  degl'Indiani  e  di  comporre  col  Licenziato  Guevara  il  dissi- 
dio  insorto  tra  Ferdinando  Pizzarro  e  1'  Almagro.  Nel  1543  sbar- 
ca  con  altri  compagni  nell'  isola  de  la  Puna  ,  per  convertire  a  Cri- 
sto  gli  abitatori ,  ed  ucciso  da  essi  in  una  misera  chiesicciuola  che 
avea  alzato  ,  le  sue  carni  rosolate  servono  di  fiero  pasto  a  que'  can- 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  417 

nibali  l.  Tutli  quest!  argomenti ,  prova  lampante  della  sua  saviezza 
e  del  suo  zelo  ,  conformant)  che  egli  fu  turpemenle  calunniato.  Qual 
maraviglia?  non  tocco  di  que' tempi  la  stessa  sorte  anche  al  Las  Ca- 
sas?  Veritas  odium  parit.  Essi  diceano  la  verita  contro  del  tristi. 
Eccovi  la  cagione.  Non  vediamo  rinnovarsilo  slesso  caso  sotlo  i  no- 
stri  occhi  ?  Quante  schifose  calunnie  non  ci  avviene  o  di  leggere  o 
di  sentire  contro  gli  Ordini  religiosi,  contro  1'Episcopato,  contro  lo 
stesso  Vicario  di  Gesu  Cristo?  Una  sola  via  rimane  a'  cattolici  per 
non  divenir  giuoco  delle  menzogne  che  ridondano  a  danno  della  re- 
ligione :  la  diffidenza ,  e  la  incredulila.  L'  arte  di  falsare  la  sloria 
delle  persone  di  Chiesa,  incominciata  sfrontatamenle  dai  Centuria- 
lori ,  praticata  per  sistema  dai  pretesi  filosofi ,  si  continua  ora  dai 
rivoltosi  alia  distesa. 

Intanto  da  cio  che  abbiamo  ragionato,  e  manifesto,  che  nella 
conversione  degli  Indiani  non  si  procedette  con  sentimenli  vio- 
lenli ,  ma  con  quelli  della  ragione  e  della  carita.  E  i  fatli?Tocchere- 
mo  in  allro  quaderno  tale  quislione  e  quanto  spetla  alia  condizione 
della  Chiesa. 


1  GARCIL\SSO  P.  II,  lib.  1,  c.  25.  HERRERA  Dec.  V,  lib.  2,  c,  11.  GIL  GON- 
ZALES  DAVILA,  Teatro  Eccl.  De  laprimiliva  Iglesia  tie  las  Indias,  Tom.  II. 
FONTANA,  Monumenta  Dominic.  Cf.  ECHARD,  T.  II.  TOURON,  Histoire  etc. 
lib.  26. 

Serie  77,  vol.  11,  fasc.  364.  27  8  Maggio  1865 


L'  INDIPENDENZA  PAPALE 

E  LE  GUARENTIGIE  FRANCESI 


I. 


Ultime  dichiarazioni  del  Governo 
al  Corpo  legislativo. 

Questa  volta ,  HOD  puo  negarsi ,  sembra  che  il  Governo  francese 
siasi  indotto  ad  uscire  dagli  equivoci,  in  cui  erasi  tenuto  fmora,  ed 
abbia  voluto  parlar  chiaro  per  bocca  del  sig.  Rouher,  che  rappre- 
sentavalo  nell'Assemblea  legislativa.  Egli  ha  fatto  sentire  al  pre- 
teso  regno  d'  Italia  ammonimenti  gravissimi :  «  Non  getti  impru- 
dentemente  i  suoi  occhi  su  quel  lerritorio  di  poche  leghe  quadrate 
e  su  di  una  popolazione  di  seicentomila  anime ;  perche  in  quel 
giorno  incontrera  un  immense  pericolo.  Se  non  vuol  gettarsi  in  una 
condizione  incerta  e  precaria,  non  pensi  a  Roma.  Se  vuole  evitare 
elementi  di  dissoluzione  e  di  morte ,  non  pensi  a  Roma.  Se  vuole 
evitare  formidabili  conflitti,  non  pensi  a  Roma  l.  »  Egli  ha  delto 
spiegatamente  che  il  Papato  e  T  Italia  debbono  coesistere  insieme. 
Ed  acciocche  non  cadesse  dubbio  sulla  natura  di  tal  coesistenza , 
soggiunse  che  essa  s'  intende  in  quanto  I'una  non  dee  mai  assor- 
lire  I'altra.  «  Per  la  Francia,  la  Convenzione  del  15  Settembre 
costituisce  e  riconosce  due  esistenze  distinte,  due  aulonomie,  due 

1  Tornata  del  15  Aprile. 


I/  INDIPENDENZA  PAPALE  E  LE  GUARENTIGIE  FRANCESI  419 

sovranita ;  e  quando  noi  imponiamo  all'  Italia  il  rispetlo  del  terri- 
torio  pontificio,  noi  1'  intendiamo  in  questo  senso,  che  le  due  sovra- 
nita coesisteranno  a  fronte  1'una  dell'altra ;  e  1'una  non  ha  il  diritto 
d'assorbire  1'allra.  Noi  ci  siamo  obbligati  a  lasciar  Roma  fra  due 
anni ;  ma  Tobbligazione  dell'  Italia  non  e ,  si  sappia  bene ,  un'ob- 
bligazione  biennale.  Essa  si  e  obbligata  a  rispettar  sempre  la  fron- 
iiera  ponlificia  1.  »  E  poiche  il  dubbio  principale  cadeva  sopra  la 
parola  indipendenza  del  Papato,  e  molti  Deputati  insistevano  che 
si  chiarisse  un  tal  punto ;  il  ministro  Rouher  si  prolesto  che  per 
€ssa  s'  intendeva  la  sovranita  temporale  del  Pontefice :  «  Ci  si  ob- 
bietta  che  la  resistenza  da  noi  fatta  agli  emendamenli,  ha  per  fine 
di  proteggerci  coiraiulo  d'  un  equivoco,  in  quanto  parliamo  dell'  in- 
dipendenza del  Santo  Padre  e  non  del  territorio  ponlificio,  e  che  in 
processo  ci  gioveremo  di  quest*  ambiguita  di  linguaggio.  lo  prolesto 
con  lutta  forza  contro  cotesta  interpretazione.  Noi  non  ci  rifuggia- 
mo  menomamente  in  un  equivoco  di  parole.  Noi  non  collochiamo 
per  veruna  guisa  la  sovranita  del  Ponlefice  in  condizioni  nebbiose 
ed  incerte ;  ma  la  riponiamo  nel  possesso  del  suo  territorio :  Nous 
ne  placons  pas  I'  independence  du  Saint-Siege  dans  des  conditions 
nuageuses ;  nous  la  placons  dans  la  possession  de  son  territoire. 
Se  I'emendamento  non  dimanda  che  questo,  esso  e  inutile ;  poiche 
cio  che  dimanda,  e  contenuto  nel  discorso  del  trono  e  nella  forma 
dell'  Indirizzo  2.  » 

Quanto  poi  al  timore  di  slealla  per  parte  del  Governo  torinese,  e  alle 
sue  inlerpretazioni  nulla  rassieuranti,  il  sig.  Rouher  uso  formole  non 
meno  categoriche.  «  No,  egli  disse,  gl'  Ilaliani  non  lacereranno  la 
Convenzione,  che  essi  hanno  sotloscritta  con  noi ;  percioccke  noi  la 
faremo  loro  rispettar  e,  se  essi  la  dimenticassero.  E  da  quando  in 
qua  i  contratti  vengono  indeboliti  per  le  interpretazioni  posteriori , 
che  vorrebbero  dar  loro  le  parti  inleressate?  Essi  sono  cio  che 
sono ;  la  Francia  li  ha  segnati ,  e  la  Francia  ne  assicurera  il  n- 
spetto  verso  tutti  e  contro  tutti.  »  II  tuono,  come  si  vede,  e  assai 
alto ;  e,  se  vi  piace,  piu  che  un  poco  eziandio  minaccioso.  Non 
egualmente  esplicito  fu  il  linguaggio  del  sig.  Ministro  per  ci6  che 

X  Tornata  del  15  Aprlie.  —  2  Ivi. 


420  L'  INDIPENDENZA  PAPALE 

spetta  alia  liberla  d'azione ,  riservatasi  dalla  Francia  pel  caso  che 
il  Governo  di  Torino  in  un  modo  indiretto  giungesse  ad  insignorirsi 
di  Roma,  chiamatovi,  a  cagion  d'esempio,  dal  voto  popolare,  dopo 
una  rivoluzione  interna  e  sponlanea.  Qui  egli  non  si  spiega  con  la 
stessa  limpidezza,  ma  lultavia  fa  abbastanza  trasparire  il  pensiero 
del  suo  Governo.  Egli  disse :  «  Noi  coll'  Italia  non  abbiamo  fatlo 
stipulazioni ;  solo  le  abbiamo  detto :  Seguite  il  pendio  della  saggez- 
za  e  della  civil  ta ;  non  date  di  cozzo  contro  il  sentimento  cattolico, 
contro  le  grandi  Potenze  del  mondo.  II  Papato  e  1'  Italia  debbono 
coesistere  sotto  pena  di  suicidio  per  la  stessa  Italia.  Voi  temete 
agitazioni  interne,  pericoli  remoli;  io  invece  spero,  e  non  credo  a 
nuove  agitazioni;  credo  giunta  1'ora  del  rappaciamento  e  del  ri- 
spelto,  e  che  la  pacificazione  sia  fatta.  Spero  che  la  Convenzione  ci 
proteggera  tutti,  Italia,  Francia  e  Papato.  Ma  voi  non  conservate 
questa  liberta.  Saran  forse  mutate  le  circostanze  all'  indomani  del 
volo  dell'  Indirizzo.  Forse  la  quistione  non  rimarra  intera.  Che?  ave- 
te  voi  per  cio  bisogno  di  affidarvi  alia  redazione  di  emendamenti ,  i 
quali  sembrano  indicare  sfiducia  e  inquietudine?  Si  potrebbe  forse 
operare  per  sorpresa  in  faccia  all'Imperatore,  ed  altuare  non  so 
quale  rivoluzione  cosmopolita  1  ?  »  Intelligenti  pauca. 

II. 

Cause  determinanti  a  tali  dichiarazioni. 

CM  ricorda  i  riserbi  e  le  formole  incerte  ed  elastiche ,  in  che  lo 
stesso  sig.  Rouher  era  involto  per  1'  innanzi ,  a  fronle  eziandio  della 
pressa  fatlagli  nel  Senato;  dimandera  con  meraviglia  qual  forza  ab- 
bia  potuto  costringere  un  si  abile  e  potenle  schermidore  ad  uscir  fi- 
nalmente  dalle  sue  trincee?  Diciamo  apertamente  che  ci6  e  dovuto 
all'assalto  irresistibile ,  datogli  dal  sig.  Thiers.  Gia  altri  Oralori 
cattolici  avevano  maestrevolmente  aperta  la  breccia;  tra  i  quali 
spiccarono  segnatamente,  per  la  valentia  ed  eloquenza  del  discorso, 
il  sig.  Plichon  nella  discussione  generale  deli'Indirizzo,  e  il  si- 
gnor  Kolb  Bernard  nella  difesa  dell'  emendamento,  proposto  pel  pa- 

1  Luogo  sopraccitato. 


E  LE  GUARENTIGIE  FRANCESI 

ragrafo  19.  Per  dire  soltanto  di  quest' ultimo,  ecco  un  breve  sunto 
del  suo  ragionamento.  Benche  la  Francia  fosse  ila  a  Roma  pel  ri- 
stabilimento  e  per  la  consolidazione  della  sovranita  temporale  della 
Santa  Sede ;  nondimeno  1'opera  sua  e  stata  fin  qui  dominata  e  so- 
verchiata  dall'opera  della  Rivoluzione.  Teslimonio  il  fatto ;  attesi  i 
meschini  termini,  a  cui,  in  onta  delle  armi  francesi,  quella  sovranita 
e  presentemente  divenuta.  Senonche  non  e  mestieri  illuminarsi  di 
questa  sinistra  luce  del  passato,  per  dimandare  all'avvenire  1'esilo 
della  Convenzione  del  15  Setlembre.  «  Tutto  sembra  indicare  che  i 
signori  Pepoli  e  Nigra,  quando  firmavano  la  Convenzione,  dicevano 
sottovoce :  Oggi  Firenze,  domani  Roma.  Cio  che  dicevano  soltovoce 
il  giorno  della  sottoscrizione,  1'  indomani  dicevano  altamente ;  e  la 
stampa  italiana  di  tutti  i  paesi ,  tutti  gli  uomini  di  Stato  e  i  Ministri 
ilaliani  tenevano  il  medesimo  linguaggio.  II  voto ,  che  dichiarava 
Rorna  Capilale  del  regno  d'  Italia,  fu  solennemente  mantenuto. »  Ora 
1'altitudine  e  le  parole  adoperate  finora  dal  Governo  francese  sono 
tali ,  da  dissipare  a  questo  riguardo  le  giuste  inquieludini  de'  Calto- 
lici?  Le  affermazioni  della  Francia  sono  una  sufficiente  risposta  alle 
affermazioni  dell' Italia?  No.  Tutti  i  suoi  atti  ufficiali  non  parlano 
che  dell'  indipendenza  della  Santa  Sede,  eppur  non  e  di  molto  tras- 
corso  il  tempo,  in  cui  da  certuni  si  rappresentava  il  palazzo  Vatica- 
no  coll'annesso  giardino,  come  sufficient!  alia  libera  azione  del  Pon- 
tefice.  «  Una  formale  guarentigia  del  poter  temporale  non  si  trova 
ne  nel  discorso  del  trono,  ne  nell'  Indirizzo  del  Senato,  ne  nel  no- 
stro  Indirizzo.  » 

Quand'  anche  la  Convenzione  stabilisse  baslevoli  guarentigie,  chi 
ci  assicura  della  sua  fedele  esecuzione?  La  firma  della  Francia? 
Ma  essa  fu  apposta  anche  al  traltato  di  Zurigo.  La  firma  forse  del 
Piemonte  ?  Sarebbe  uno  scherno  al  buon  senso. 

Ma  il  peggio  e  che  tali  guarentigie  non  si  trovano.  0  pu6  aversi 
per  tale  1'  illusoria  armata,  a  formare  la  quale  viene  autorizzato  il 
Ponlefice?  La  Convenzione  vieta  solo  1'assalto  manifesto.  Ma  la  ri- 
voluzione  ha  altri  mezzi  in  sua  balia.  La  corruzione,  i  colpi  di  ma- 
LO,  camuffati  in  espressione  della  pubblica  opinione,  in  somma 
1'intero  programma,  che,  non  haguari,  il  giornale  l&Nazione  met- 
teva  fuori.  Conlro  questo  lavorio  de'  Comitali,  cosi  bene  organato, 


422  !•'  INDIPENDENZA  PAPALE 

quali  precauzioni  avete  voi  prese?  Quali  guarentigie  avele  offerle  al 
Pontefice?  I  dispacci  forse  diretti  al  vostro  Ambascialore  in  Roma; 
dispacci  tanto  seven  verso  la  S.  Sede,  tan  to  benevoli  verso  il  Pie- 
monte,  e  nei  quali  le  province  invase,  son  chiamate  gli  Anlichi  Stati 
della  Chiesa!  Adunque,  rimanendo  cosi  le  cose,  puo  la  Francia  riti- 
rarsi  da  Roma?  Puo  lasciare  il  Papato,  circondato,  senzadifesa,  da 
volonta  nemiche?  Isolato  in  mezzo  a  baionette  unilarie,  per  le  quali 
cerlo  non  vi  era  che  un  freno',:  la  presenza  della  bandiera  francese? 
Voi  avete  la  ferma  volonta  di  accorrere  a  difesa  del  Papato,  in  caso 
di  pericolo.  Se  non  1'aveste,  sareste  i  complici  della  rivoluzione.  Ma 
siele  poi  cerli  di  poterlo?  Non  potreste  esserne  impediti  da  qualche 
combinazione  politica?  Avrete  cuore  d'affronlare  allora  il  rimprovero 
d'aggiungere  alia  violazione  del  principio  di  non  intervento,  la  viola- 
zione  del  suffragio  universaie?  Si,  del  suffragio  universale;  giacche 
la  rivoluzione  ha  phi  d'una  tattica  a  sua  dispozione.  Partiti  i  Fran- 
cesi,  si  lasceranno  continuare  verso  il  Papa  gli  omaggi:  poi,  un  bel 
giorno,  di  mezzo  alle  ovazioni  sorgera  il  grido  di  scontento,  il  cla- 
more,  1'accusa  in  fine.  Questa  scienza  e  antica ;  fu  adoperata  nel  47: 
perche  i  suoi  insegnamenii  dovrebbero  restare  sterili  ?  Allora ,  chi 
sa?  1'ardore  della  devozione  invadera  il  governo  italiano.  Accorrera 
in  Roma  per  difendervi  il  S.  Padre;  e  cosi,  essendo  tutto  apparec- 
chialo,  sara  giunto  il  momento,  in  cui,  secondo  la  frase  del  gene- 
rale  La  Marmora,  la  quislione  romana  sara  matura  1.  » 

Questo  raziocinio  e  lampante,  e  stringentissimo ;  nondimeno  il  si- 
gnor  Rouher  non  se  ne  commosse  gran  fatto,  egli  mantenne  il  silen- 
zio.  Ma  fu  tosto  ad  investirlo  il  Thiers,  il  quale,  dopo  aver  mostralo 
quanto  fosse  improvvida  la  guerra  del  59,  e  non  pure  pericolosa 
per  la  Francia,  ma  nociva  alia  stessa  Italia  1'unila  statuale  che  te 
si  e  permessa ;  viene  alia  quistione  romana,  e  pone  in  luce  quest! 
punli.  L'agitazione,  che  tultavia  regna  negli  animi,  nasce  dal  lin- 
guaggio  equivoco,  che  fmora  si  e  usato.  Non  si  e  voluto  dire  chia- 
ro  agl'  italiani :  No,  voi  non  avrete  Roma ,  contro  il  voto  del  Cat- 
tolicismo ;  no,  voi  non  avrele  Venezia,  contro  il  voto  dell'  Europa. 
Che  ne  e  avvenulo?  Non  potendosi  per  ora  pensare  a  Venezia,  si 

I  Tornata  del  12  Aprile. 


E  LE  GUARENTIGIE  PRANCESI 

e  pensalo  a  Roma ;  dove  il  venerando  Pontefice  non  disponeva  di 
cinquecentomila  baionette.  Disponeva  egli  bensi  di  una  forza  mora- 
le, che  si  doveva  temere ;  ma  la  forza  morale  non  si  fa  senlire  che 
col  tempo.  Data  mano  pertanto  al  difficile  problema,  si  e  pensato  di 
fare  in  modo,  che  verso  i  liberali  italiani  si  facesse  vista  di  consegnar 
loro  Roma ;  verso  i  cattolici  si  facesse  vista  di  non  abbaridonarla. 
Ecco  la  Convenzione.  Gl'  Italiani,  obbligandosi  a  non  far  uso  de'mezzi 
violenti,  si  son  riservati  il  progresso  morale  e  le  aspirazioni  nazionali. 
II  progresso  morale  per  essi  oggigiorno  non  e  altro  che  un  movimen- 
to,  bene  spesso  manipolato,  per  rovesciare  un  Governo  e  chiamarvi 
in  suo  luogo  Vittorio  Emmanuele.  Le  aspirazioni  nazionali  poi  sono 
il  voto  del  Parlamento  del  1861,  col  quale  si  dichiaro  Roma  Capi- 
tale  d'  Italia.  Or  la  Convenzione  ha  detto  tra  se :  Avendo  gl'  Italiani 
sempre  riputato  che  la  presenza  dei  Francesi  in  Roma  sia  1'unico 
ostacolo  ai  loro  disegni,  si  persuaderanno  che  lo  sgombro  di  quelli 
apra  la  via  per  I'aUuazione  di  questi.  D'altra  parte,  non  polendo  i 
cattolici  pensare  che  si  cambii  Capitale  per  imo  o  due  anni,  ere- 
deranno  che  lo  stabilimento  deli'  Italia  a  Firenze  assicuri  al  Ponte- 
fice il  possesso  di  Roma.  Cosi  si  e  procurato  di  appagare  ambe  le 
parti.  Ma  i  diplomatici  piemonfcesi  e  il  Parlamento  hanno  abbastan- 
za  dichiarato  che  la  loro  andata  a  Firenze  e  provvisoria.  «  L'  Italia 
crede  che  la  Convenzione  le  cede  Roma ,  ed  a  parer  mio  ha  ragio- 
ne.  »  Dall'altra  parle  il  Governo  francese  che  cosa  ha  fatlo  per  dis- 
truggere  queste  interpretazioni  ?  II  sig.  Drouyn  de  Lhuys  dev'  esse- 
re  ben  contento  della  disposizione  della  Costituzione ,  che  dispensa 
i  Ministri  dal  venire  nelle  Camere  a  sostenere  i  loro  atti.  «  Natural- 
mente  egli  voile  provocare  alcune  spiegazioni ;  e  fu  allora  che  noi 
vedemmo  quei  documenti ,  che  hanno  cosi  forlemente  preoccupata 
T  Europa,  ed  afflitti  gli  uomini ,  i  quali  desiderano  che  la  Francia 
abbia  una  politica  ben  chiara.  Voi  conoscete  il  dispaccio,  in  cui 
il  Ministro  ha  esposto  selte  punti.  Perche  sette  punti ,  e  non  un  so- 
lo? Un  solo  bastava.  Era  da  dire  agl'Italiani  semplicemente  que- 
sto:  Che  intendete  voi  colla  Convenzione?  Che  dopo  esservi  stabi- 
liti  a  Firenze,  i  Francesi  vi  lasceranno  Roma?  Che  vi  sara  allora  in 
questa  cilta  una  rivoluzione?  Che  voi  vi  sarete  chiamati,  e  ci  an- 
drete?  Gl'  Italiani  \i  avrebbero  certamente  risposto :  Si ,  e  questo 


!•  INDIPENDENZA  PAPALE 

quello  che  noi  vogliamo.  Passeremo  due  anni  a  Firenze  e  andremo  a 
Roma,  quando  voi  non  ci  sarete  piu.  Ma  era  queslo  un  parlar  trop- 
po  chiaro ,  ed  il  signer  Ministro  degli  affari  esleri  sarebbesi  tro- 
vato  in  questa  difficile  posizione  :  o  di  lacerare  la  Convenzione,  con- 
.fessando  che  egli  aveva  firmato  un  alto  importante,  senza  compren- 
derne  il  seriso ;  oppure  riconoscere  che  Roma  apparliene  agl'  Italia- 
ni,  e  che  in  conseguenza  il  sig.  Thouvenel  avrebbe  potuto  occupare 
il  suo  posto  cosi  bene,  come  lui  almeno.  Non  si  e  volula  questa 
chiarezza,  e  si  e  preferito  di  restare  nel  tristo  equivoco,  che  anche 
ora  si  procura  di  conlinuare,  e  che  non  giova  ad  alcuno  1.  » 

Da  questi  soli  Iratti  ognuno  puo  comprendere  i  fieri  e  risoluti 
colpi  che  il  Thiers  avventava,  e  le  dure  strette  a  cui  veniva  da  lui 
messo  il  Governo.  E  ben  ne  die  moslra  il  sig.  Rouher,  il  quale  non 
seppe  allrimenli  schermirsene,  che  procurando  di  deviar  la  discus- 
sione,  tramutandola  in  personale.  Egli  si  studio  di  moslrare  che  le 
teoriche  ed  i  giudizii  present!  del  Thiers  erano  in  contraddizione  con 
quelli,  da  lui  professati  allra  volta.  La  tattica  slava  per  conseguire 

10  scopo :  giacche  il  Thiers  da  prima  grandemente  se  ne  commosse. 
Ma  tosto,  da  accorlissimo  e  valente  combattilore,  se  ne  riebbe.  Egli 
avrebbe  potuto  agevolmente  dimostrare  che,  quali  che  fossero  state 
le  sue  antiche  idee  contro  1'  influenza  dell'  Austria  e  in  favore  della 
liberla  d'  Italia,  esse  non  mai  erano  trascorse  fino  a  volere  1*  unita 
politica  della  Penisola.  Quanto  poi  alia  quistione  romana,  egli  avea 
sempre  sostenuta  la  necessila  del  poter  temporale  della  Santa  Sede; 
e  ne  avea  in  pronto  la  pruova  ne'  suoi  famosi  discorsi  nell'Assemblea 
di  Parigi  ai  tempi  della  repubblica.  Ma  egli  non  voile  neppur  toccare 
tutto  cio.  Posta  inleramenle  da  banda  la  sua  individuale  difesa,  torno 
fieramente  alia  carica  sulla  quistione  religiosa  e  politica:  «  Ho  pro- 
vato,  pochi  istanti  fa,  una  emozione,  della  quale  non  ho  saputo  guar- 
darmi.  Essa  e  passata  . .  .  Avrei  grande  rammarico,  se  impiccolissi 
questa  solenne  discussione,  faceudola  dipendere  da  una  quistione  per- 
sonale 2.  »  Con  questo  nobile  disinteresse  egli  sconcerto  pienamente 

11  suo  avversario.  Brandendo  poscia  le  armi  ricomincio  dal  dichiarare, 
che  anche  dopo  la  parlata  del  Rouher,  1'  equivoco  sussisteva.  «  Quale 

1  Tornata  del  13  Aprile.  —  2  Tornata  del  15  Aprile. 


E  IE  GUARENTIGIE  FRANCESI  425 

&  la  condizione  in  che  si  e  posto  il  Papa  a  fronte  dell'Italia?  Si  dice  che 
il  Papa  siasi  ostinalo  nel  suo  non  possumus  •  che  non  ha  voluto  fare 
concessioni ;  che  V  Italia  al  contrario  ne  ha  fatte,  e  che  e  stato  ne- 
cessario  prendere  un  partito,  perche  1'  oecupazione  di  Roma  non  po- 
teva  essere  indefinita.  Ma  il  Papa  non  e  un  Sovrano  regolare?  un 
Sovrano  che  ha  mille  anni  d'  esistenza?  Ora  ch'  e  accaduto?  Gli  si 
tolsero  da  principio  le  Legazioni,  poscia  le  Marche.  Che  gli  e  rima- 
sto?  II  terrilorio  romano.  Eccovi  adunque  un  Sovrano  legittimo,  al 
quale  si  tolgono  i  quattro  quinti  de'suoi  Stati;  e  quando  egli  ricusa 
di  abbandonare  1'  ultimo  quinto,  si  grida  ostinato,  chiusosi,  come  in 
trincea,  nel  suo  non  possumus,  e  che  si  rifiuta  ad  ogni  conciliazione. 
fi  vero  che  gli  si  vuol  togliere  I'  ultimo  quinto  ?  lo  sostengo  che  se 
un  solo  Ministro  italiano  avesse  detto  a  Torino  che  1'  inlenzione  del 
Governo  era  di  stabilirsi  definitivamente  in  Firenze,  la  Convenzione 
non  sarebbesi  votata.  Essa  non  fu  votata ,  se  non  per  essersi  delto 
ch'era  una  lappa  verso  Roma.  Ecco  dunque  lo  stato  delle  cose,  ri- 
spettivamenle  al  Papa :  il  Papa  e  un  ostinato  ,  perche  dopo  di  aver 
perduto  i  quattro  quinti  de'  suoi  Stati ,  rifiuta  di  ascoltare  le  pretese 
proposizioni ,  che  si  vorrebbero  fargli.  »  Che  diceva  qui  il  sig.  Bil- 
lault  il  12  Marzo  1862  ?  Che  noi  resteremmo  a  Roma,  finch  e  le  com- 
plicazioni  italiane  non  Irovassero  una  soluzione.  Ecco  gl'  impegni, 
che  sono  stati  presi.  Ora  voi  vi  affrettate  in  questo  momento  a  rili- 
rarvi  da  Roma.  Cio  non  e  rassicurante ,  voi  dovete  confessarlo,  pei 
Cattolici ;  a  nome  dei  quali  io  parlo  in  queslo  momento  come  cittadi- 
no,  e  invocando  il  gran  principio  della  liberla  di  coscienza.  Quale 
guarentigia  offerile  voi  al  Papa?  La  Convenzione  del  15  Seltembre. 
Ora  se  essa  non  avesse  ricevula  che  una  sola  interpretazione,  1'am- 
melterei  per  tale ;  ma  essa  ne  ha  ricevute  due  differenlissime. 

Passa  poscia  il  Thiers  a  dimoslrare  la  vanila  della  difesa  che  si 
concede  al  Papa ,  mediante  la  formazione  d'  un  esercilo.  II  Papa  ne 
avea  uno  prima  di  Caslelfidardo.  Niuno  credeva  che  il  Governo  fran- 
cese  lo  abbandonasse ,  come  niuno  credeva  che  lasciasse  lacerare  il 
traltato  di  Zurigo.  Che  e  avvenulo  dell'  uno  e  dell'  altro  ?  Ed  ora  in 
condizioni  tanlo  peggiori  si  pretende  che  ilPapa  formi  un  allro  eser- 
cito ,  quando  nessuno  piu  crede  che  si  possa  per  tal  mezzo  conserva- 
re  la  sovranila  pontificia !  Forse  per  formarlo  gli  fornirete  voi  stessi 


426  L1  INDIPENDENZA  PAP  ALE 

uomini  e  danaro?  Ma  allora  valeva  meglio  mantenere  le  truppe  fran- 
cesi  a  Roma ;  il  che  aveva  ancora  un  vantaggio  per  la  dignila  del 
$.  Padre ,  in  quanto  gli  risparmiava  il  cimento  d'  esser  costretto,  per 
manlenersi  al  Valicano  ,  d'  inondare  di  sangue  la  piazza  di  S.  Pie- 
tro.  « lo  dico  che  non  v'  e  nulla  nella  Convenzione ,  che  sia  tale  da 
rassicurarci :  o  piuttoslo  dico  che  una  sola  cosa  potrebbe  fare  cio , 
se  fosse  possibile  di  prenderla  con  serieta.  Essa  e  la  liberta  di  azio- 
ne,  che  il  Governo  francese  si  riserva.  Ma  che  vale  questa  riserva?.., 
Quando  voi  avrele  lasciato  Roma,  suppongo  che  un  movimento  ob- 
blighi  il  Papa  a  lasciare  la  citla  eterna  e  che  il  re  Vittorio  Emma- 
nuele  sia  chiamato  ad  impadronirsi  degli  Stati  romani.  Qui  si  pre- 
senla  il  caso  della  liberta  d'  azione,  che  vi  siete  riservata.  Voi  al- 
lora rientrerele  in  Roma  ?  lo  diro  subito  che  tornava  meglio  restarvi. 
Dipoi  vi  domando :  in  virtu  di  qual  principio  rientrerele  voi  in  Roma? 
Oggi  ci  dite  che  ne  uscile  per  rispetto  al  principio  del  non  interven- 
to ;  ma  qual  principio  invocherele  per  rientrarvi?  Al  presente  vi  po- 
tete  restare  senza  difficolla ;  ma  per  rientrarvi,  sarete  obbligati  a  un 
nuovo  assedio  di  Roma ,  oppure  dovrele  richiedere  il  concorso  del- 
FEuropa.  In  quest'ultima  ipotesi  quale  sarebbe  la  vostra  posizione?  » 
In  fine  il  sig.  Thiers  disse  che  remendamento,  benche  non  propo- 
sto  da  lui ,  veniva  nondimeno  da  lui  approvato,  siccome  dichiarante 
che  cosa  s'  intendesse  per  indipendenza  della  Santa  Sede ,  sopra  il 
qual  punto  egli  giudicava  che  lutli  gli  atti  del  Governo  avevano  fmo- 
ra  mantenuto  1'  equivoco  :  «  Gl'  Italiani ,  cosi  egli  finisce ,  pronun- 
cieranno  fino  a  che  lo  si  vorra,  questa  parola  d'  indipendenza  della 
Santa  Sede ;  essi  diranno  che  la  vogliono  rispeltare ;  essi  non  pre- 
tendono  scacciar  da  Roma  il  Santo  Padre.  Essi  vogliono  lasciarlo 
al  Vaticano  in  quella  parte,  che  tutti  quelli ,  i  quali  hanno  visitato 
Roma,  conoscono  cosi  bene  sotto  il  nome  di  Citta  Leonina.  Ivi  sara 
rispettato,  venerato,  guardato  dalle  truppe  dell'  Italia.  V'ha  di  piu :  si 
narra  che  in  altri  tempi  gl'imperatori  d'Alemagna  trovandosi  pres- 
so  il  Papa,  si  riputavano  onorati  di  tenere  la  staffa  al  Santo  Padre. 
Ora,  io  non  dubito  che  il  re  Vittorio  Emmanuele,  il  quale  e  un  bra- 
vo soldato  e  un  buon  cittadino,  non  si  onori,  alia  sua  volla,  di  tener 
la  staffa  al  Papa.  (Si  ride}.  E  inlanto,  gl'  italiani  non  vogliono  il  po- 
tere  temporale.  Non  facciam  dunque,  o  signori,  piu  giuoco  sulle  pa- 


E  LE  GUARENTIGIE  FRANCESI 

role.  II  merito  dell'  emendamento  e  di  pronunciare  la  parola  essen-  * 
ziale  governo  temporale  e  di  far  cessare  1'equivoco.  Non  dimenticate 
che  la  Convenzione  del  15  Setlembre  vi  ha  posto  in  una  condizione 
difficile,  e  che  non  potete  trovare  appoggio,  con  quesla  Convenzione, 
che  in  due  pensieri  chiaramente  manifeslati :  il  voslro  e  quello  della 
Camera.  Sarebbe  cosa  grave  il  respingerla :  non  vogliamo  togliervi 
la  vostra  liberta  d'azione;  ma  invece  vogliamo  darvi  forza  contro 
T  Italia.  La  Convenzione  vi  ha  creato  uno  stato  scabroso  ;  se  avete 
Fappoggio  della  Camera,  se  1' Italia,  che  e  accortissima,  vede  dietro 
a  voi  1'adesione  della  Francia,  ben  comprendera  quanlo  sarebbe 
grave  pel  Governo  francese  provocare  una  rivoluzione  religiosa  e 
separarsi  dal  paese.  L'  Italia  sapra  che  il  pensiero  della  Francia  si  e 
che  il  territorio  del  Santo  Padre  gli  sia  assicurato ,  e  che  la  sua  so- 
vranita  temporale  sia  perfettamenle  indipendente  1.  » 

Non  si  poteva  con  maggior  nerbo  e  lucidezza  di  discorso  mettere 
a  nudo  la  verila  e  costringere  1'Oralore  governativo  a  parlare;  giac- 
che  il  silenzio  stesso  in  tal  congiuntura  sarebbe  stalo  eloquente.  Non 
e  dunque  meraviglia  che  egli  abbia  dato  quelle  si  esplicite  spiega- 
zioni,  protestando  che  per  indipendenza  della  Santa  Sede  intendevasi 
il  possesso  del  suo  territorio,  che  la  rinunzia  del  Piemonte,  contenuta 
nella  Convenzione,  era  assoluta,  che  in  nessun  caso  la  Francia  avreb- 
be  permessa  1'  umiliazione  e  la  sudditariza  del  Pontefice.  I  Diarii  li- 
berali  ne  sono  ili  in  furia ;  ma  essi  non  sono  meno  ingiusli  che  av- 
ventati.  Se  si  fossero  posti  nei  panni  del  sig.  Rouher ,  avrebbero  di 
leggieri  capito  che  egli  non  si  lascio  trasportare ,  come  essi  dicono , 
al  di  la  dei  termini  prudenziali ;  ma  fece  semplicemente  do  che  non 
poteva  piu  schivare  nelle  angustie,  in  cui  era  stato  ridotto  dall1  impla- 
cabile  logica  del  signor  Thiers. 

III. 

Se  le  fatte  dichiarazioni  dieno  finalmenle  sicurezza. 

Possiamo  noi  dunque ,  dopo  si  fatte  dichiarazioni,  rassicurarci  c 
dormire  tranquilli,  sopra  un  affare  che  tanlo  inleressa,  quale  e  quello 

1  Tornata  del  15  Aprile.  •  -'W 


428  !•'  INDIPENDENZA  PAPALE 

della  liberta  ed  indipendenza  della  Sanla  Sede  ?  Cosi  sembra ,  die 
interroghino  i  Cattolid  ;  e  noi  ci  sforzeremo  di  chiarir  brevernente 
la  risposla. 

Due  cose  bisogna  distinguere  in  questo  particolare :  la  quistione  in 
se  stessa,  le  intenzioni  del  Governo  francese.  Quanto  alle  intenzioni 
del  Governo  francese,  se  esse  per  innanzi  giustamente  si  chiamavano 
incerte  e  dubbiose,  1'ambiguita  e  1'incertezza  seinbrano  bastevolmen- 
te  rimosse  dalle  dichiarazioni  del  sig.  Rouher.  Da  esse  indubitala- 
mente  appadsce  che  il  Governo  francese  intende,  die  il  Sommo  Pon- 
tefice resti  sovrano  temporale  ;  che  senza  tal  sovranila  sia  impossi- 
foile  1'indipendenza  dell'aposlolico  ministero  e  quindi  la  pace  in  Eu- 
ropa ;  che  il  Piemonte ,  coll'  andata  a  Firenze  ,  abbia  defmitamente 
scelta  la  Capitale;  che  dove  in  qualunque  modo  si  attenlasse  d'  an- 
dare  a  Roma,  ne  sarebbe  cacciato  colla  forza.  Queste  cose  sono  basle- 
volmente  fatle  capire  dal  Rouher ;  almeno  cio  suouano  le  sue  parole. 

Vero  e  che  anche  nel  59  il  signer  Rouland  fece  un'  esplicita  pro- 
messa,  che  le  armi  francesi  non  avrebbero  tollerato  che  il  Sommo 
Pontefice  fosse  in  niun  modo  leso  nei  suoi  diritli  di  sovrano  tempo- 
rale,  e  nondimeno  il  Pontefice  fu  poco  dopo  spogliato  di  quasi  lullo 
il  suo  territorio.  Ma  in  prima  il  Rouland  ha  nell'uUimo  suo  discorso 
al  Senalo  fatto  palese  qual  fiele  giansenistico  si  nascondesse  in  seno ; 
laddove  niente  di  somigliante  puo  sospetlarsi  nel  Rouher.  In  secondo 
luogo  quella  promessa  del  Rouland  era  falta  ai  Vescovi ;  laddove  le 
dichiarazioni  del  Rouher  sono  falte  alia  nazione  fraucese,  rappresen- 
tata  da'  suoi  Deputali.  Ora  ai  Vescovi  si  puo,  tanlo  e  tanto,  mancar 
di  parola ;  il  medesimo  non  crediamo  che  possa  farsi  all'  intera  na- 
zione. Del  resto  checche  sia  del  passato,  noi  parliamo  del  presente, 
e  del  presente  quale  apparisce  dalle  parole,  le  quali,  come  ognun 
sa,  ci  furono  date  da  Dio  per  segni  manifestalivi  del  pensiero.  Con- 
siderate esse  come  tali,  diciamo  risolutamente  che  dal  discorso  del 
Rouher  le  intenzioni  del  Governo  francese ,  esposte  di  sopra ,  si 
manifestano  con  chiara  evidenza,  e  cosi  furono  altresi  intese  dalla 
dvoluzione,  che  quindi  ne  slrabilio  fieramente. 

Cio  per  1'una  parte ;  quanto  all'altra,  cioe  alia  quistione  conside- 
rala  per  se  slessa,  e  tutt'altro  discorso.  La  sovranila  lemporale  del 
Papa  non  e  in  nessun  modo  assicurata. 


E  LE  GUARENTIGIE  FRANCESI 

Non  1'  e  per  parle  delle  Finanze  :  giacche  V  offerta  divisione  del 
debito  pubblico  non  e  accettabile ,  siccorae  quella  che  inchiude  un 
tacito  riconoscimento  dell'  usurpazione  piemontese ;  ed  oltre  a  cio  il 
microscopico  regno,  rimaso  al  Papa,  non  gli  offre  i  mezzi  sufficient! 
alle  spese,  che  gli  son  necessarie  per  mantenersi  sovrano.  Ne  le 
largizioni  spontanee  dei  fedeli,  o  le  coniribuzioni  paltuite  degli  Stati 
catlolici  sono  un  rimedio  opportune ;  giacche  le  prime  costituiscono 
una  condizione  precaria  ed  incerta ;  le  seconde  nocerebbero  all'  in- 
dipendenza  e  alia  dignila  del  Pontefice. 

Non  1'e  per  parte  dell'esercilo.  Imperocche\  primieramente,  come 
ben  osserva  il  Thiers,  dopo  1'esempio  di  Castelfidardo,  mancaragio- 
Bevolmenle  lo  zelo  a  formarlo;  e  in  secondo  luogo  mancano  i  mezzi 
pecuniarii  per  mantenerlo,  nelle  angustie  di  territorio,  a  che  il  Papa 
e  stalo  ridollo.  Ma  senza  cio  la  sua  missione  sarebbe  del  tutto  vana  ; 
giacche  non  polrebbe  avere  allro  scopo,  che  di  difendere  la  fron- 
tiera,  bastando  alia  pace  inlerna  la  gendarmeria,  e  la  famiglia  del 
Criminale.  Or  sarebbe  per  lo  meno  ridicolo  il  volere  che  un  eser- 
cito,  anche  di  ventimila  uomini ,  difenda  la  fronliera  da  chi ,  con 
animo  ostile,  ne  ha  in  pronto  quattrocentomila. 

Non  1'e  per  parle  della  stessa  Roma.  La  qaale,  altesa  la  sua  gran- 
dezza,  il  numero  de'  suoi  abilanti,  I'accorrervi  de'  foreslieri,  vi  pre- 
senlerebbe  1'idea  di  un  gran  capo  senza  corpo,  o  al  piu  con  un  corpa 
da  bambino;  ente  mostruoso  ed  innaturale,  epero  non  duraluro.  Di 
piu  vi  presenterebbe  1'idead'un  territorio  sommamente  bisognosod'in- 
dipendenza ,  e  nondimeno  sommamente  dipendente  ;  siccome  quello 
che  e  stretto  d'ogni  parte  dalle  braccia  di  un  potente  vicino,  avver- 
so  di  volonla,  d'  istituzioni,  di  tendenze,  e  bramoso  d'ingoiarselo', 
quando  che  sia. 

Non  1'e  per  parle  della  Convenzione.  Imperocche  si  ha  un  bel  dire 
che  ella  e  intesa  dalla  Francia  cosi  e  cosi.  Ogni  nozione  piu  elemen- 
tare  di  diritto  pubblico  basta  per  fare  intendere  che  un  contralto 
sinallagmatico  non  puo  obbligare  ambe  le  parli  se  non  a  cio  che  vi  e 
chiaramente  espresso,  o  nella  cui  interpretazione  ambe  convengono. 
Or  nella  Convenzione  non  e  espressa  se  non  la  rinunzia  per  parte  dei 
Piemonte  ai  cosi  delti  mezzi  violenli ;  tullo  il  resto  e  abbandonato 
alle  conlingenze  future,  che  1'abilila  rivoluzionaria  sapra  certamente 


430  L'  INDIPENDENZA  PAPALE 

a  suo  senno  preparare  per  profittarne.  Quanto  poi  alle  interpretazio- 
ni  fattene  dalla  Francia,  esse  non  solo  non  sono  accettate  dalla  con- 
troparte ,  ma  sono  formalmente  contraddette  e  respinte.  Qual  obbli- 
gazione  adunque  possono  elle  produrre?  . 

Che  piu?  Non  1'e  neppure  per  parle  delle  dichiarazioni  fatte  dal 
Rouher  a  nome  del  Governo,  se  si  guardano  alquanto  piii  soltilmen- 
te.  Imperocche  egli  nega  ai  romani  il  diritto  di  anneltersi  all'Italia, 
ma  riconosce  in  loro  il  dirilto  di  far  mulazioni  all'interno.  «  Rico- 
nosco  nei  Romani  un  diritto  di  Sovranila ;  ma  questo  diritto  non  e 
che  un  dirilto  interno,  il  quale  non  polrebbe  arrivare  fino  al  diritto 
di  anneltersi  ad  uno  Stalo  vicino  1  » .  E  poscia  tornando  sullo  stesso 
soggelto,  aggiunge :  «  Riconosco  nel  popolo  romano  alcuni  diritti  di 
Sovranita,  ma  questi  diritti  hanno  dei  limiti.  Puo  un  popolo  mutare 
il  suo  organamento  interno,  ma  non  ha  diritto  di  lasciarsi  assorbira 
da  un  allro  popolo.  Vi  ha  in  cio  una  quistione  di  equilibrio  2.  » 
Questa  teorica  e  falsa,  e  contraddittoria,  e  distruttiva  di  tutte  le  as- 
sicurazioni  date  dal  signer  Ministro.  E  falsa,  perche  fondata  sull'as- 
surda  dottrina  della  sovranila  popolare,  intesa  nel  senso  di  Rousseau, 
in  cui  il  popolo  e  sempre  sovrano ,  anche  quando  legitlimamente  ha 
un  sovrano.  Basta  il  buon  senso  per  intendere  che  I'organamenlo  go- 
yernativo  non  puo  mutarsi,  se  non  da  chi  ha  il  diritto  di  governare, 
e  il  diritto  di  governare  e  nel  principe,  non  nel  suddito.  E  poi  con- 
traddittoria  1'anzidetta  teorica :  primieramente  perche  il  signor  Rou- 
her non  vorrebbe  applicarla,  almeno  nel  presente,  alia  Francia;  e  sa 
quivi  il  popolo  sovrano  volesse  fame  uso ,  non  si  consulterebbe  la 
maggioranza,  ma  si  chiamerebbe  1'esercito  a  capacilarlo  colla  mitra- 
glia.  In  secondo  luogo,  perche  se  il  popolo  e  veramente  sovrano,  non 
si  vede  perche  non  possa  liberamente  annettersi  ad  altro  popolo,  dove 
il  creda  conveniente  ai  suoi  interessi.  Questo  e  come  se  altri  dicesse 
che  il  proprietario  puo  ordinare  diversamente  i  suoi  beni ,  ma  non 
ha  dirilto  di  alienarli.  Si  ricorrealla  ragion  d'equilibrio?  Ma  con  cio 
si  cade  in  una  nuova  contraddizione ;  perciocche  se  1'idea  del  bene 
generate  puo  limitare  un  diritlo,  non  si  vede  perche  non  possa  limi- 
tarne  un  altro.  Se  la  bilancia  europea  puo  vielare  al  popolo  romana 

1  Tornata  del  15  Aprile.  —  2  Ivi. 


E  LE  GUARENTIGIE  FRANCESI  431 

die  si  annetta  al  Piemonte;  non  si  vede  perche  1'interesse  generate 
di  tutto  il  Caltolicismo  non  possa  vietare  al  medesimo  popolo  di  mu- 
tare  il  suo  organamento  interne.  E  maggiore  forse  1'interesse  mate- 
riale  dell'Europa,  cbe  non  1'interesse  spirituale  di  tutta  laCristianita? 
Infme  e  teorica  distrultiva  delle  slesse  assicurazioni  del  sig.  Rouher; 
perche  riconosciuto  un  tal  diritlo  nel  popolo  romano,  sara  cura  dell'I- 
talia  il  fare  che  esso  agogni  mutamenli  organic!  inconciliabili  colla 
sovranita,  vera  e  non  nominate ,  del  Pontefice.  In  tal  caso  che  cosa 
avverra  ?  La  teorica  del  signor  Rouher  parla  chiarissimo,  e  non  cre- 
diarao  che  egli  voglia  in  tal  frangente  ritrattarla.  II  Ponlefice ,  non 
potendo  esser  suddito  di  un  altro  Sovrano  (sia  Re,  sia  popolo>  poco 
monta) ,  sara  costretto  a  rilirarsi ;  e  il  preteso  popolo  romano,  rima- 
so  senza  capo  politico ,  potra  essere  impedito  dal  darsene  uno  a  sua 
volonta ,  invitando  il  Re  d'  Italia?  Che  fara  allora  la  Francia?  Verr& 
con  un  esercilo  a  ristabilire  1'ordine  di  prima.  Ma  quand'  anche  fosse 
ella  risoluta  a  un  passo,  che  tanto  le  ripugna,  di  far  guerra  a  quelli 
slessi  che  ha  liberati  1 ;  le  sarebbe  poi  permesso  dall'Inghillerra? 
E  prescindendo  da  cio ,  si  ricordi  quanto  ella  dovette  travagliarsi 
per  simile  impresa  nel  49  ,  allorche  non  aveva  a  fronte  che  il  solo 
Garibaldi  con  piccolo  esercito,  per  lo  piu  ragazzi  o  mascalzoni.  Che 
sarebbe,  quando  avesse  a  conlrastare  con  chi  puo  opporle  un  eser- 
cito di  quattrocentomila  uomini? 

Ma  non  ci  e  bisogno  di  tanto.  II  signor  Rouher,  rispondendo  al- 
1'obbiezione :  che,  nonostante  la  sua  teorica,  vielante  1'annessione  dei 
popoli,  si  era  luttavia  tollerata  1'annessione  delle  Legazioni  e  delle 
Marche  e  deU'Umbria;  disse  che  cio  era  succeduto  per  necessita 
imperiose,  e  per  non  coslringere  colla  forza  popolazioni  frementi. 
«  In  quanto  all'annessione  delle  Legazioni  non  ho  ad  esaminare  se 

1  C'  oggimai  buffonesco  Memorial  diplomatique  con  questa  ragione  ap- 
punto  giustifica  la  Francia,  dal  non  essersi  opposta  al  Piemonte  nella  inva- 
slone  delle  Marche  e  deH'Umbria.  PauvaU-on  recommencer  la  guerre  contro 
ceux  memes,  quon  venait  d'affranchir?  (23  Avril  1865).  Non  s'accorge  1'  ob- 
bligato  scrittore  che  se  questa  ragione  e  suprema ,  essa  ha  valore  per  qual- 
sivoglia  altro  caso,  che  possa  presentarsi.  Se  poi  non  e  suprema ,  e  vana- 
mente  allegata;  perche  poteva  benissimo  cadere  per  terra  a  fronte  di  ragioni 
piu  giuste  ed  urgenti. 


432  L'  INDIPENDENZA  PAP  ALE  E  LE  GUARENTIGIE  FRANCES1 

sia  stala  spontanea  o  provocata ;  cosi  per  le  Marche  e  per  T  Umbria. 
Questc  quistioni  furonvi  sottoposte  nel  1860  e  1861,  e  voi  le  giudi- 
casle.  II  Governo  allora  vi  disse  i  suoi  dolori  e  la  difficolta  del  caso. 
Non  gia  che  fosse  impossibile  fare  indietreggiare  il  Piemonte  ;  ma 
bisognava  che  laFrancia  facesse  gravitare  un'  occupazione  indefinita 
su  popolazioni  fremenli  e  agitate.  In  cio  non  vi  fu  per  parte  del  Go- 
yerno  francese  un  atto  di  assenso ;  vi  fu  un  atto  di  rassegnazione  in 
presenza  di  difficolla  d'un  ordine  immense  1.  »  Queste  parole  sono 
tanl'  oro.  In  vista  d'un  si  cospicuo  esempio,  dovra  riputarsi  impro- 
habile,  che  esso  si  rinnovelli  per  quest'  ultima  annessione?  Se  allora 
le  difficolta  furono  d'  un  ordine  immenso,  non  saranno  al  certo  mi- 
nori  in  questo  nuovo  emergente.  Qual  ripugnanza  che  a  loro  ri- 
guardo  il  Governo  francese,  non  cercando  come  la  cosa  sia  avvenu- 
ta ,  faccia  di  bel  nuovo  sentire  alia  Camera  i  suoi  dolori ,  esponga 
la  difficile  condizione  delle  cose ,  e  benche  non  vegga  impossibile 
fare  indietreggiare  il  Piemonte,  consideri  nondimeno  che  per  cio 
bisognerebbe  far  gravitare  una  occupazione  sul  popolo  romano  fre- 
mente  e  agitato  ?  Sarci  certo  di  bel  nuovo  il  caso  di  non  fare  ( ne 
guardi  il  cielo )  alto  di  assenso ;  ma  sol  di  fare  un  atlo  di  rassegna- 
zione, in  presenza  di  difficolta  di  un  ordine  piu  che  immenso. 

Ne  la  faccenda  della  bilancia  europea ,  che  era  Tunica  arme  ado- 
perala  dal  sig.  Rouher,  potrebbe  in  sostanza  essere  ostacolo.  Im- 
perocche  se  essa  non  ha  perduto  Tequilibrio  per  la  formazione  di 
un  regno  di  24  milioni,  potra  dirsi  sul  serio  che  vada  a  rompicollo, 
dove  a  questi  ventiquattro  milioni  si  aggiungano  non  piu  che  altre 
seicento  mila  anime? 

Sicche,  il  tutto  ben  computato,  e  da  conchiudere  che  eziandio 
dopo  la  discussione  del  Corpo  legislative,  benche  siasi  fatto  al- 
quanto  di  luce  sopra  le  benevole  intenzioni  della  Francia ;  nondi- 
meno, per  cio  che  concerne  la  sostanza  dell'affare,  la  Convenzione 
resta,  quale  fu  definila  da  principio,  negotmm  perambulam  in  te- 
nebris;  e  con  cio  sia  posto  termine  a  questo,  ornai  troppo  incre- 
scioso,  argomento. 

1  Tornata  del  15  Aprile. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

DI  CARLOMAGNO1 


XIV. 


Ribellione  dell' Arcivescovo  di  Ravenna  contro  la  Sovranita 
di  Papa  Adriano. 

Dopoche  Carlomagno  ebbe,  nell'Aprile  del  774,  riconfermalo  in 
Roma  con  Papa  Adriano  il  Patto  d'  alleanza ,  che  gia  da  vent'  anni 
stringea  colla  S.  Sede  la  nuova  dinaslia  dei  Re  di  Francia,  e  dopo 
la  splendida  vittoria  che  poco  appresso  egli  riporto  del  Re  Deside- 
rio,  colla  conquista  di  Pavia  e  di  tulto  il  regno  Longobardo ;  il  primo 
allo  di  Carlo ,  nella  sua  qualila  di  Palrizio  de'  Roraani,  ossia  Difen- 
sore  della  Chiesa  Romana ,  fu  di  restituire  a  S.  Pietro  tutte  le  giu- 
stizie,  usurpategli  poc'  anzi  dal  Re  de' Longobardi.  Res  a  Langobar- 
dorum  regibus  ereptae,  Adriano  Romanae  Ecclesiae  rectori  resli- 
tutae ,  dice  Eginardo  2  :  e  con  lui  i  Fasti  Carolini  altestano  che  Re 
Carlo,  prima  di  tornare  in  Francia,  laetus  sancto  Petro  reddidit  ci- 
vitates  quas  debuit  3.  Tra  coteste  giustizie  tenean  luogo  principalis- 
simo  le  belle  province  dell'  Esarcato  e  della  Pentapoli,  lequali,  dac- 
che  per  la  Donazione  di  Pipino  erano  stale  assicurate  in  perpetua 
ed  assoluta  signoria  de'Papi,  formavano  la  parte  piu  ampia  ed  opu- 

1  Vedi  questo  volume  pag.  23  e  segg. 

2  Vita  Caroli,  c.  6. 

3  Presso  il  MAI,  Spidleg.  Roman.  T.  VI,  p.  185. 

Serie  77,  vol.  II,  fasc.  364.  28  8  Macjgio  180$. 


43 1  JL  PATBIZIATO  ROMANO 

lenla  dello  Stato  di  S.  Pietro.  Cacciatine  pertanto  i  recenli  invasori, 
elle  furono  rimesse  in  potesla  di  Adriano ,  il  quale  non  indugio  a  ri- 
pigliarne  il  comando ,  ed  a  mandare  per  tulle  le  cilia  e  lerre  i  suoi 
giudici,  attori  ed  official!  che  ne  amministrassero  il  governo,  al 
modo  stesso  che  gia  soleasi  fin  dai  tempi  di  Papa  Stefano  II. 

Ma  ecco  che ,  in  sul  bel  cominciare  di  questa  prima  Rislorazione 
del  Governo  ponlificio,  sorse  improvviso  ad  impedirla  un  nemico, 
non  gia  esterno  e  barbaro ,  com'  erano  teste  i  Longobardi ,  ma  in- 
Idnseco  e  tale ,  che  da  lui  men  che  da  ogni  altro  doveva  il  Papa 
aspettarsi  simile  oltraggio.  Quesli  fu  Leone ,  Arcivescovo  di  Raven- 
na;  quel  medesimo,  che  quallr'  anni  innanzi,  per  1'autorevole  inter- 
vento  del  Papa  Slefano  III  e  del  Patrizio  CaHomagno  ,  aveva  ottenu- 
to  il  possesso  di  quella  nobilissima  Sede ,  cacciandone  Michele  Scri- 
niario ,  il  quale  ,  merce  il  favore  e  la  polenza  di  Re  Desiderio ,  vi  si 
era  violenlemente  inlruso  e  mantenuto  per  oltre  a  un  anno  1.  Imme- 
more  di  si  gran  beneficio,  Leone  rivolse  a  danno  della  S.  Sede  quel- 
la dignila,  che  avea  da  lei  conseguita,  polendo  in  lui  piu  che  la  gra- 
liludine  e  il  dovere ,  1'ambiziosa  voglia  di  signoreggiare. 

Da  questa  sospinto,  egli  rioomincio  sotto  nuove  forme  contro  Roma 
le  superbe  rivalila,  esercitate  gia  da  alcuni  suoi  predecessori ;  i  qua- 
li ,  come  e  noto ,  mal  comportando  che  Ravenna ,  sede  un  tempo 
degl'  Imperatori  e  dei  Re  goti ,  e  poi  degli  Esarchi  d'  Italia ,  dipen- 
desse  nell'  ordine  gerarchico  da  Roma ,  aveano  brigato ,  piu  d'  un 
secolo  innanzi,  ed  oltenulo  da  Costanle,  imperatore  erelico  d'Orien- 
le,  un  diploma  di  autocefalia,  cioe  d'  indipendenza  da  qualsiasi  altro 
Vescovo,  e  nominatamente  dal  Vescovo  e  Patriarca  dell'antica  Roma ; 
e  in  questa  scismalica  indipendenza  eransi  ostinati ,  qual  piu  qual 
meno,  fin  verso  i  principii  del  secolo  ottavo.  Da  un  cinquanl'anni  in 
qua  cotesti  orgogli  si  erano ,  se  non  del  tutto  spenti ,  cerlo  almeno 
sopili  nella  Chiesa  ravennale ;  e  ad  attutarli  avean  dovuto  grande- 
mente  contribuire  anco  le  dure  circoslanze,  in  cui  Ravenna  a  quei  di 
trovossi,  e  il  bisogno  che  quindi  sentiva  di  slringersi  a  Roma  e  d'  in- 
vocare  la  protezione  de'  Pontefici.  La  persecuziorie  suscitata  in  Italia 

1  ANASTAS.  in  Stephana  111;  COD.  CAROL.  Epist.  XCIV,  ecliz.  del  CENNI. 


DI  CARLOMAGNO  435 

dagl'  Imperatori  iconoclasti ,  il  mal  governo  da  essi  fatto  del  popoli 
per  mezzo  degli  ultimi  Esarchi,  1'abbandono ,  in  cui  le  province 
specialmente  di  Ravenna  e  della  Pentapoli  erano  al  tempo  slesso  la- 
sciate ,  di  ogni  difesa  contro  la  ferocia  de'  Longobardi ,  e  quindi  le 
ripetute  invasion!  ch'elle  avean  dovuto  soffdre  da  Liutprando  e  da 
Astolfo ,  facilmente  avean  persuaso  tutti  gli  ordini  del  clero  e  del  po- 
polo  ravennale  a  porsi  sotto  1'egida  di  S.  Pietro ,  unica  forza  e  sal- 
vezza  dell'  Italia  romana  in  que'  tempi  calamitosi.  Ed  altrove  abbiam 
narrato  1  con  qual  fervore  di  ossequitfse  suppliche  1'Arcivescovo 
Giovanni  e  tutt'  i  Ravenuati  invocassero  nel  743  la  prolezione  di  Pa- 
pa Zaccaria  contro  Liutprando ,  e  quanto  efficace  la  sperimentassero, 
siccome  1'  aveano  gia  sperimentata  non  dissimile  in  simili  frangenti 
dai  due  suoi  predecessor! ,  Gregorio  II  e  III. 

Eslintosi  poi ,  col  governo  degli  Esarchi ,  il  dominio  imperiale 
nell'  Esarcato ,  e  stabilita  nel  medesimo  per  le  vitlorie  e  per  la  Do- 
nazione  di  Pipino ,  non  meno  che  pel  voto  de'  popoli  riconoscenti ,  la 
Sovranita  dei  Papi ,  gli  Arcivescovi  di  Ravenna  diventarono  sudcli- 
ti ,  anche  civili ,  del  Pontefice  Romano ;  e  come  tali  a  lui  dovettero 
da  indi  innanzi  prestare  special  giuramento  di  fedelta  2,  oltre  all'  ub- 
bidienza  che  gli  prometteano  come  a  Pontefice ,  nell'atto  di  ricevere 
dalle  sue  mani  ( secondo  1'  uso  antico ,  e  inlerrotto  solo  durante  la 
pretesa  autocefalia)  1'episcopale  consacrazione.  Sappiamo  infalti  per 
testimonianza  di  Papa  Adriano  3  ,  che  Stefano  II,  come  prima  ebbe 
ricevuta  da  Pipino,  nel  756  ,  la  consegna  solenne  delle  citt£,  piglio 
incontanente  possesso  dell'  autorita  sovrana  in  tulto  1'  Esarcato ,  col 
distribuire  cola  lulte  le  cariche  di  governo,  cunclas  acliones  exarcha- 
tus  ad  peragendum  distribuebat,  e  col  mandare  da  Roma  i  diplomi  a 
tutt'  i  governatori  ed  ufficiali ,  omnes  adores  ab  hac  Romana  urbe 

1  Origini  della  Sovranita  temporale  dei  Papi,  Cap.  V. 

2  A  questo  giuramento  allude  senza  dubbio  Adriano  I,  quando  accusa  di 
spergiuro  Leone,  ribellatosl  alia  temporale  Sovranita  della  S.  Sede:]Y(w  re- 
putans  de  sua  promissione,  quam  beato  Petro  et  eius  vicariis  iureiurando 
adhibuit,  sed  sicut  transgressor  mandatorum  Dei  in  periurii  reatus  incidit. 
COD.  CAROL.  Epist.  L1V. 

3  Ivi.  Epist.  LII. 


436  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

praecepla  earumdem  actionum  accipiebant.  Ed  in  Ravenna  slessa 
invio  a  risedervi  in  suo  nome  ed  a  soprantendere  alia  giustizia,  due 
illustri  personaggi,  tolti  1'uno  dal  clero,  1'altro'dal  laicato  romano, 
cioe  Filippo  prete  ed  Euslacbio  duca ;  indices  ad  faciendas  iustitias 
omnibus  vim  palientibus  in  eadem  Ravennalium  urbe  residentes  ab 
hac  Romana  urbe  direxit,  Philippum  videlicet  illo  in  tempore  presby- 
terum  simulque  etEustachium  quondam  ducem  l.  Ma  nel  tempo  stes- 
so  ei  lascio  all'  Arcivescovo  di  Ravenna  ,  che  a  quei  di  era  Sergio , 
la  general  soprintendenza  dell'  Esarcato  2  e  forse  anche  della  Penta- 
poli ,  conferendogli  una  potesta  somigliante  a  quella  che  poi  ebbero 
i  Cardinali  Legali  delleRomagne  e  delle  Marche.  Molti  indizii  ci  ren- 
dono  sicuri  di  do ;  ma  qui  ci  basla  allegarne  due  soli,  che  si  riferisco- 
no  entrambi  alia  persona  medesima  di  Sergio ,  e  1'  un  1'altro  si  illu- 
strano  mirabilmente.  Imperoccbe,  dall'  una  parle  leggiamo  in  Agnel- 
lo  ravennale ,  scrittore  del  IX  secolo  ,  che  Sergio  iudicavil  a  finibus 
Perticae  totam  Pentapolim  et  usque  ad  Tusciam  et  usque  ad  men- 
sam  Uvalani ,  velut  exarchus ,  sic  omnia  disponebat ,  ut  soliti  sunt 
modo  Romani  facere  3 ;  la  quale  asserzione  ,  pognamo  che  ab- 
bia  dell'  esagerato ,  quanto  alia  soslanza  tultavia  non  V  e  niuna  ra- 
gione  di  rigettarla  per  falsa :  e  dall'altra  parle  troviamo  che  Leone , 
successqre  di  Sergio ,  aspirando  alia  signoria  di  tutlo  TEsarcato,  al- 
legava  per  se  1'esempio  della  potesta  esercitata  gia  dal  suo  anteces- 
sore ,  e  che  a  quest'  eserapio  rispondendo  Adriano ,  non  negava  gia 
tal  poles  la ,  ma  solo  dimostrava  essere  stata  dipendenle  e  soggetta 
a  quella  di  Papa  Stefano  4. 

Fin  dai  primordii  adunque  della  Sovranila  pontificia  nelle  Roma- 
gne,  il  Metropolitano  di  Ravenna  che  gia  era  cola,  per  le  vastissime 

1  Ivi.  Questo  prete  Filippo  era  probabilmente  quel  medesimo,  che  nel- 
V  anno  761  si  trova  sottoscritto  alGostituto  di  Paolo  I,  come  prete  Cardinale 
del  titolo  di  S,  Marco.  Piu  tardi  fu  creato  Yescovo,  come  e  detto  in  questa 
Leltera  medesima  di  Adriano. 

2  Vedi  il  SIGONIO,  De Regno Italiae,  sulla  fine  del  Lib.  HI;  e  il  Rossi,  Hutor. 
Ravenn.  L.  V. 

3  AGNELLUS,  in  Vita  Sergii,  c.  4,  presso  il  MURATORI,  Her.  ItaL,  T.  II,  e 
presso  il  MIGNE,  Patrolog.  lat.  T.  CYI. 

4  COD.  CAROL.  Epist.  LII. 


DI  CARLOMAGNO  137 

possession!  della  sua  Chiesa,  il  piu  ricco  e  potente  principe  della 
terra,  divento  eziandio  il  piu  eminente  magistralo  del  nuovo  Slato, 
merce  gli  amplissimi  poteii  oode  il  nuovo  Sovrano  lo  invesli,  quasi 
suo  vicario.  Macio  non  parve  baslare  all'alterigia  di  alcuni.  Sergio 
stesso  comincio  a  muovere  superbi  contrast!  ai  comandi  sovrani  di 
Stefano  II ;  per  lo  che  il  Papa,  toltolo  da  Ravenna ,  lo  fece  venire  a 
rendergli  di  se  ragione  in  Roma  1.  E  qui  ei  trovavasi  luttavia,  allor- 
che  Stefano  mori,  e  gli  fu  succeduto  Paolo  I;  ma  questi  uon  tardo  a 
riammettere  2  in  grazia  1'  Arcivescovo  raumiliato ,  e  dato  sesto  alle 
lili  che  contro  di  lui  pare  che  al  tempo  medesimo  avessero  mosso  i 
Ravennali,  lo  rimando  alia  sua  sede,  dove  1'  ebbe  indi  innanzi  fede- 
le  e  zelante  ministro  3.  Pero  ,  quel  che  in  Sergio  era  stalo  un  molo 
passaggiero  d'  inobbedienza ,  cancellato  poi  da  lunga  e  costante  fe- 
della,  nel  suo  successore  Leone  (giacche  dell'  intruso  Michele,  dop- 
piamenle  ribelle  alia  sovrauila  del  Papa,  e  superfluo  parlare),  appar- 
ve  ribellione  dichiarata  e  ferma  nel  violento  disegno  di  soppiantare 
per  tutlo  T  Esarcato  e  la  Pentapoli  la  Sovranila  pontificia. 

Tristi  sentori  di  animo  indocile  e  superbo  egli  avea  gia  dati  ad 
Adriano  nel  772  4,  allorche  di  suo  capo  e  conlro  gli  espressi  coman- 

1  Omnes  in  hoc  cognoscere  possunt,  qualem  potestatem  eius  (Stephani)  ter- 
beatitudo  in  eamdem  Ravennatium  urbem  et  cunctum  Exarchatum  habuit,  qui 
etiam  archiepiscopum  Sergium  exinde  abstulit,  dum  contra  eius  voluntatem 
agere  spiritu  superbiae  nitebatur.  Ivi  —  Che  qui  si  parli,  non  di  potesta  ec- 
clesiastica,  ma  civile  e  politica,  e  evidente  da  tutto  il  contesto  e  dallo  scopo 
della  Lettera,  giacche  a  questa  polesta  erasi  ribellato  Leone ,  contro  del 
quale  scrive  il  Papa. 

2  Vedi  il  COD.  CAROL.  Epist  XIII.  La  storia  di  Sergio  e  della  sua  chiamata 
a  Roma  trovasi  assai  confusa  presso  1'  Ughelli,  ed  altri  che  ban  seguito  la  so- 
la guida,  spesso  inettissima,  di  Agnello  ravennate.  A  ben  chiarirla,  e  d'uo- 
po  consultare  le  lettere,  qui  citate,  del  Codice  Carolino,  come  gia  noto  op- 
portunamente  il  Cenni,  negli  egregi  suoi  commenti  alle  medesime.  L'AMA- 
DESI  1'ha  meglio  di  ogni  altro  deciferatanellainsigne  sua  Opera:  Chronota- 
scis  Antistitum  Ravennalum,  T.  I.  Prolegoni.  p.  XL,  e  T.  II,  p.  13-18. 

3  L'Epistola  XXVI  del  COD.  CAROL,  porge  un' insigne  testimonianza  della 
fedelta  di  Sergio  a  Paolo  I. 

4.Se  potessimo  prestar  fede  ad  Agnello,  Leone  avrebbe  dato  anche  assai 
prima,  quando  cioe  era  semplice  diacono  e  vicedomino  dell'  Arcivescovo, 


438  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

di  del  Papa,  come  altrove  narrammo  l,  fece  dal  Consolare  della  cilta 
soprattenere  in  Ravenna  e  poi  uccidere  segrelamente  in  carcere  Paolo 
Afiarta;  e  cio  nel  tempo  stesso  che  il  Papa  adoperavasi  con  tanlo  zelo 
in  pro  dell' Arcivescovo,  che  con  pressanti  suppliche  1'  avea  leste  pre- 
gato  di  soccorrere  la  provincia  di  Ravenna  conlro  1'  invasione  gia, 
cominciata  di  Desiderio.  E  quanlunque  Leone  si  umiliasse  poi  a  chie- 
dere  scusa  del  fatto  ed  a  placare  1'  ammo  del  Papa  troppo  giustamente 
irritato,  e  assai  verisimile  tuttavia  che  i  severi  rimproveri  fattigli  da 
Adriano  lasciassero  in  cuore  all'  orgoglioso  Prelato  una  profonda  e 
amara  ferita,  e  che  per  esalarne  il  veleno,  egli  solo  aspettasse  tempi 
meno  avversi.  Quindi ,  tosto  che  per  le  armi  di  Carlomagno  fu  an- 
mentata  in  Italia  la  potenza  dei  Longobardi,  e  1'Esarcato  colle  altre 
province  romane  pole  finalmente  respirare  dalle  continue  ambasce, 
in  che  il  timore  di  quei  barbari  vicini  lo  leneva,  1'Arcivescovo  Leo- 
ne non  istette  piu  saldo  alle  mosse,  e  posto  da  lato  ogni  rispetlo 
verso  il  Papa,  proruppe  in  aperla  fellonia.  II  gran  rivolgimenlo,che 
allora  operavasi  in  Italia,  dovette  anche  sembrargli  occasione  oppor- 
tunissima  a  soddisfare  la  propria  ambizione  ,  conquistando  per  se  e 
pe'  suoi  successori  un  principato  indipendente  nel  piu  bel  cuore 
della  penisola,  merce  di  cui  potesse  rivaleggiare  di  temporale  po- 
tenza coi  Pa  pi,  i  quali  anch'  essi  da  breve  tempo  eran  diventati 
Sovrani. 

Ora,  a  colorire  questo  audace  disegno,  siccome  egli  ben  vedeva 
essergli  sopra  tutto  di  meslieri  il  favore  di  Carlomagno,  cui  la  vit- 
toria  avea  fatlo  arbitro  delle  cose  d'  Italia ;  percio,  la  prima  cosa,  ei 
rivolse  lutto  1'animo  a  conquistarselo.  E  forse  a  questo  scopo  erano 
gia  drizzate  le  sue  mire  fin  dal  principle  del  773,  se  e  vero  quel 
che  narra  Agnello  ravennale,  che  cioe  Leone  mandasse  allora  in 

un'  orribile  prova  di  odio  crudele  contro  II  Papa;  giacche,  a  delta  di  quello 
storico  (in  Vita  Sergii  c.  4),  egli  con  alcuni  del  Clero  di  Ravenna  fu  autore 
del  consiglio  di  uccidere  il  Papa  Stefano,  precipHandolo  nel  fmme;  e  cio, 
per  salvare  i  tesori  della  Chiesa  ravennate,  che  il  Papa  (dice  Agnello}  ago- 
gnava  di  rapire.  Ma  tutta  la  narrazione  e  un  tal  tessuto  di  falsita  e  di  scem- 
piaggini,  che  non  vorremmo  rispondere  della  verita  pur  d'una  sillaba. 
1  / primi  Papi  Re  ecc.  Gap.  VIII. 


DI  CARLOMAGNO  439 

Francia  il  suo  diacono  Martino,  per  invitare  Carlo  all'impresa  di 
liberare  1' Italia  dai  Longobardi  1,  nel  tempo  stesso  eke  a  Carlo 
giungeva  con  somigliante  missione  il  Legato  di  Papa  Adriano.  Pare 
altresi  dai  fatti  susseguenti  che,  durante  il  lungo  assedio  di  Pavia, 
1'Arcivescovo  brigasse  a  lal  fine  presso  il  Re,  e  forse  gli  carpisse 
qualche  vaga  promessa,  da  lui  poscia  interpretata  largamenle  a  se- 
conda  delle  proprie  brame  e  messa  in  campo  come  concessione  for- 
male.  II  cerlo  si  e  che,  compiuta  dai  Franchi  la  conquista  longobarda 
e  appena  tomato  Carlomagno  in  Francia,  Leone  senz'  allro  indugio  si 
dichiaro  ribelle  alia  SovranitSt  del  Papa,  e  mettendo  innanzi  il  nome 
e  1'autorila  di  Carlo,  s'impadroni  di  tulta  la  Romagna.  OHre  la  ca- 
pitale  Ravenna,  occupo  co'  suoi  milili  e  ufficiali  Faenza,  Forli,  For- 
limpopoli,  Cesena,  Bobio  (presso  Sarsina),  Comacchio,  il  ducato  di 
Ferrara,  Imola  e  Bologna;  cacciando  da  ogni  luogo  gli  ufficiali  e  gli 
attori  pontificii,  ed  altri  soslituendone  a  piacer  suo  ,  ed  ogni  cosa 
ordinando  a  maniera  di  Sovrano  2.  Altrellanto  voile  fare  nelle  due 
Pentapoli  (la  maritlima  e  la  mediterranea ) ,  che  stendevansi  da  Ri- 
mini a  Gubbio ;  e  percio  vi  spedi  un  suo  agente,  per  nome  Teofilalto, 
a  sommuoverle  e  ribellarle  al  Papa;  ma  i  Pentapolitani  sleltero  saldi 
nella  fede  e  ubbidienza  che  alia  S.  Sede  professavano,  ed  opposero  si 
ferma  resistenza  all'  invasore ,  che  Adriano  ebbe  altamente  a  lodar- 
sene  nelle  sue  lellere  a  Carlomagno  3.  Al  tempo  stesso  pare  a  noi 

1  AGNELLUS,  in  Vila  Leonis. 

2  Postquam  vestra  excellentia  a  civitate  Papia  in  partes  Franciae  remea- 
vit,  ex  tune  (Leo  archiepiscopus)  tyrannico  atque  procacisslmo  intuitu  rebel- 
Its  beato  Petroet  nobis  extitit,  et  in  suapoteslate  diversas  civitates  Aemiliae 
detinere  videtur,  scilicet  Faventiam,  Forum  populi,  Forum  Livii,  Cesinas, 
Bobium,  Comiadum  (Comaclum),  ducatum  Ferrariae,  sen  Imolas  atque  Bo- 
nonias,  asserens  quod  a  vestra  excellentia,  ipsae  civitates  una  cum  unwersa, 

Pentapoli  illi  fuissent  concessae Ibidem  actor •es,  quos  wluit,  constituit, 

et  nostros  quos  ibidem  ordinavimus  proiicere  visus  est.  Sed  et  cunctas  actio- 
nes  infra  civilatem  Ravennatium  ipse  ordinavit  etc.  COD.  GAROL.  Epist.  LIT. 

3  Et  continuo  direxit  Thcophylactum  missum  suumper  universam  Penta- 
polim  hoc  ipsum  denuntians  ( promulgando  cioe  la  pretesa  concessione  di 
Carlo),  cupiens  eosdem  Pentapolenses  a  nostro  sermtio  separare;  sed  ipsi  nullo 
modo  se  illi  humiliare  inclinati  sunt}  nee  a  sermtio  beati  Petri  et  nostro  re- 


440  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

che  debba  riferirsi  il  'prendere  cbe  fece  Leone  1'  ambizioso  litolo  di 
Esarca  d'  Italia  1,  scrivendo  in  fronte  a'  suoi  diplomi :  Leo,  servits 
servorum  Dei,  divina  gratia  sanctae  calholicae  Ecclesiae  Ravenna- 
tis  Archiepiscopus  et  Primas,  ITALIAE  EXARCHUS. 

A  quest!  fatti  cosi  risoluli  1'Arcivescovo  non  manco  di  aggiungere 
e  mandar  di  paro  le  cautele  diplomalicbe  ,  collo  spedire  in  Francia 
suoi  messi,  che  reridessero  buona  ragione  a  Carlomagno  di  coleste 
imprese  e  ne  preoccupassero  1'  animo  in  favor  suo  contro  le  querele 
cbe  senza  fallo  non  tarderebbero  a  giungergli  sopra  cio  da  Roma  2. 
E  infalti  Papa  Adriano,  appena  ebbe  ricevute  dall'  Esarcato  cosi 
strane  e  dolorose  novelle,  invio  immantinente  al  Palrizio  e  Difenso- 
re  della  S.  Sede  il  suo  cubiculario  Anaslasio  con  una  lettera,  in 
cui,  dopo  esposli  gli  allentati  del  ribelle  Arcivescovo,  e  dopo  ricor- 
dali  gl'irrefragabili  dirilti,che  sopra  tutto  1'Esarcato  avea  la  S.  Sede 
in  virlu  della  donazione  di  Pipino,  confermata  poc'  anzi  cosi  solen- 
nemente  da  Carlo  medesimo,  lo  prega  islantemenle  di  reprimere  la 
protervia  e  smentire  le  vanterie  di  Leone,  il  quale,  del  regio  nome 
abusando,  se  ne  faceva  scudo  alle  sue  invasioni ;  non  tolleri  che  il 
Ponteflce  e  la  S.  Chiesa  Romana  soggiaccia  a  si  grave  onta,  che  ella 
venga  ora,  ai  tempi  di  Re  Carlo,  violentemente  spossessata  di  quella 


cedere  maluerunt,  magis  autemfirmi  innostrisapostolicismandatis,  quemad- 
modum  extiterunt  sub  nostro  praedecessore  domno  Stephana  Papa,  cui  san- 
ctae recordationis  genitor  tuus  simulque  et  praeclara  excellentia  tua  ipsum 
Exarchatum  sub  lure  beati  Petri  permanendum  tradidit,  in  omnibus  firmiter 
permanere  noscuntur.  Ivi.  —  Le  slesse  lodi  del  Pentapolitani  son  ripetute 
nell'  Epist.  LIV  e  nella  LV,  dove  si  legge:  De  reliquis  vero  cimtatibus  utra- 
rumque  Pentapoleo.?  ab  Arimino  usque  Eugubium  omnes  more  solito  ad  nostri 
advenerunt  praesenliam,  et  praecepta  actionum  de  ipsis  cimtatibus  a  nobis 
susceperunt,  et  in  nostro  servitio  atque  obedicntia  fideliter  cuncti  permanent. 

1 II  Sigonio  e  il  Rossi  vogliono  che  questo  (ilolo  fosse  usato  anche  prima 
dagli  Arcivescovi  di  Ravenna,  come  distintivo  della  potesla  legillima,  che 
avean  dal  Papa  di  governar  1'Esarcato;  ma  dal  non  sapersi  di  certo  che  inai 
1'adoperasse  altri  che  Leone,  a  noi  si  rende  piii  verosimile,  che  egli  siastalo 
1'  inventore  di  quel  fastoso  nome,  e  non  cominciasse  a  fregiarsene  se  non 
dopo  la  sua  ribellione. 

2  COD.  CAROL.  Epist.  LII. 


Dl  CARLOMAGNO  Ml 

signoria,  eke  libera  e  plena  avea  goduta  al  tempo  dei  Re  longobar- 
di;  del  che  i  suoi  nemici  gia  I'insultavano  dicendo  :  or  che  vi  ha 
giovato  che  i  Longobardi  siano  stall  distrutli  e  che  in  lor  vece  regni- 
no  i  Franchi  ?  ecco,  non  solo  non  vi  si  e  atlenuto  nulla  di  quelle 
cosi  larghe  promesse  che  teste  vi  fecero,  ma  vi  vien  ritollo  eziandio 
quel  che  da  Pipino  gia  era  stato  realmente  concesso  a  S.  Pietro. 
Soggiunge  Adriano,  1'esempio  della  potesla  esercitata  dall'Arcive- 
scovo  Sergio  non  suffragar  nulla  alle  smisurate  pretendenze  di 
Leone ,  essendo  notissimo  che  Sergio  era  slato  soggello  al  Papa 
Stefano  II,  dal  quale  fu  eziandio,  per  eerie  sue  orgogliose  opposi- 
zioni,  rimosso  da  Ravenna;  Stefano  II  aver  liberamente  esercitalo 
tutt'  i  dirilli  della  sovranita  in  Ravenna  e  in  tulto  1'Esarcalo;  ne 
allro  voler  egli  al  presente,  se  non  che  possedere  e  governare  1'E- 
sarcato,  come  gia  1'avea  possedulo  e  governato  Stefano:  percio  in- 
voca  il  braccio  di  Carlo,  sotlo  la  cui  lutela  erano  tulle  le  giustizie  di* 
S.  Pielro,  e  gli  domanda  che  il  ribelle  Arcivescovo  venga  consegna- 
lo  nelle  sue  mani,  sub  nostra  potestate  contradere  digneris  l. 

Or.qui ,  prima  di  proceder  ollre,  non  e  da  lasciare  senza  rispo- 
sta  T  argomenlo  che  da  questo  ricorso  di  Adriano  a  Carlo  e  da  tut- 
to  il  fatto  dell'  Arcivescovo  Leone  ,  il  Muratori  si  avviso  di  trarre 
in  pro  della  sua  opinione  favorila ,  che  la  sovranit&  dell'  Esarcato 
risedesse  non  gia  nel  Pontefice ,  ma  in  Carlomagno.  Ricorsero 
(die' egli,  e  in  ci6  sta  il  nerbo  di  tulta  la  sua  argomentazione) 
m  tal  occasione  tanto  Leone  quanto  il  Papa  al  Re ;  segno  che  il  ri- 
guardavano  per  padrone  di  quegli  Stati  2.  Speciosa  illazione,  ma 
fallacissioia,  e  contraddelta  dal  contesto  intero  di  queste  lettere  me- 
desime  di  Adriano.  Ben  possiamo  concedere,  quanto  a  Leone,  ch'  ei 
riguardasse  Carlomagno  per  suo  Sovrano  ,  e  che  dipendentemente 
da  lui  (come  vuole  il  Muratori)  governasse  e  signoreggiasse  1'Esar- 
cato ,  poiche  da  lui  diceva  essergli  state  concesse ,  e  non  cer- 
tamenle  in  signoria  assolula,  quelle  cilia.  Ma,  per  cio  che  tocca  il 
Papa,  neghiamo  al  lutto  ch'ei  ricorresse  a  Carlo,  perche  il  riguar- 

1  Ivi,  Epist.  L1I.  Cf.  Epist.  LIV  e  LY. 

2  Plena  Esposizione  dei  diritti  imperiali  ecc.  Cap.  II. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

dasse  come  padrone  di  quegli  Stati.  II  suo  ricorso  riceve  in  primo 
luogo  spiegazione  pienissima  da  questo  solo,  che  Carlomagno,  sic- 
come  Patrizio  de'  Romani ,  era  il  proletlore  giuralo  della  S.  Sede  e 
di  tutte  le  giustizie  di  S.  Pietro  ,  tra  le  quali  era  anche  il  dominio 
sovrano  dell'  Esarcalo :  laonde  la  spiegazione  recata  in  mezzo  dal 
Muratori ,  lungi  dal  doversi  ammeltere  come  necessaria  ed  unica, 
riesce,  per  lo  meno,  superflua  e  gratuita.  Ma,  di  piu,  ella  e  diretla- 
mente  contraria  al  tenore  stesso  del  ricorso  pontificio.  Imperocche, 
o  si  riguarda  il  litolo,  per  cui  Adriano  invoca  il  braccio  di  Carloma- 
gno ;  e  questo  tilolo  non  e  gia  la  sovranita  di  Carlo,  della  quale  non 
si  trova  nelle  leltere  del  Papa  il  menomo  cenno,  ma  bensi  il  suo 
Patriziato ,  1'  obbligo  doe  ch'  egli  avea  di  proteggere  i  diritti  della 
S.  Sede,  le  prornesse  da  lui  giurate  a  S.  Pietro,  il  Patto  d'  alleanza, 
tesle  da  lui  confermato  insieme  colla  donazione  di  Pipino :  o  si  con- 
siderano  i  dirilti  che  Adriano  rivendica  come  suoi  proprii ;  e  que- 
sti  comprendono  il  pieno  e  libero  possesso  dell'  autorita  sovrana 
nell'  Esarcato ,  quale  appunto  era  gia  stata  esercitata  da  Stefano  II , 
senza  niuna  dipendenza  da  chi  che  si  fosse  :  o  finalmenle  si  esami- 
Ba  il  conlegno  assunlo  da  Adriano  a  rispetto  di  Leone ;  e  tal  conte- 
gno  non  e  gia  quello  che  il  Muratori  tacitamente  gli  attribuisce , 
cioe  di  un  competitore,  che  contenda  contro  un  suo  rivale  quasi  a 
pie'  pari  dinanzi  al  tribunale  di  un  giudice  o  padrone  ad  entram- 
bi'superiore ,  ma  e  bensi  il  risolulo  e  autorevole  contegno  di  un 
Sovrano  verso  un  suddito  ribelle  e  spergiuro,  rebellis  beato  Petro 
etnobis  1,  cui  vuole  represso  da  chi  ne  avea  la  forza  e  il  debito, 
a  se  riservando  il  diritto  supremo  di  punirlo ,  losto  che  gli  fosse 
dato,  come  chiedea,  nelle  mani.  Tutto  il  tenore  adunque  di  que- 
ste  lettere  del  Papa,  lontanissimo  dal  significare,  che  il  Papa  ri- 
guardasse  Carlo  come  padrone  dell'  Esarcalo,  dal  cui  arbitrio  di- 
pendesse  il  darne  o  toglierne  la  signoria  a  chi  gli  fosse  in  grado, 
dimostra  anzi  il  contrario ,  essere  cioe  la  signoria  sovrana  dell'  E- 
sarcato,  secondo  la  mente  di  Adriano,  diritto  indubitabile  e  gia  an- 
tico  della  S.  Sede,  e  Carlomagno  aver  solo  1' obbligo  di  mantener- 

1  COD.  CAROL.  Epist.  LII. 


DI  CARLOMAGNO  143 

la  e  difenderla  oontro  le  usurpazioni  di  Leone.  La  sovranita  pertanto 
del  Ponteflce,  non  che  venga  a  vacillare  pel  contrasto  mossole  da 
Leone  e  pel  ricorrere  che  entrambi  fecero  a  Carlomagao,  riceve  piut- 
tosto  nuova  e  piu  evidente  confermazione ;  e  Carlomagno  sempre 
piu  chiaramente  apparisce ,  essere  stato  non  gia  Sovrano  ,  ma  solo 
Patrizio ,  ossia  protettore  dello  Stalo  di  S.  Pietro.  Ma  ripigliamo  il 
filo  della  storia. 

Tostoche  Carlo  ebbe  ricevuta  la  lettera  di  Adriano ,  non  tardo  a 
consolarlo ,  mandandogli ,  pel  medesimo  messo  Anastasio ,  amplis- 
sime  assicurazioni  della  sua  fedelta  sincerissima  ed  immulabile  ver- 
so S.  Pietro  nelle  promesse  che  sulla  sacra  sua  tomba  avea  giu- 
rate  in  Roma  pochi  mesi  innanzi  1.  Ma  non  percio  fu  incontanente 
soffocata ,  secondo  i  desiderii  del  Pontefice ,  la  ribellione,  ne  conse- 
gneto  il  suo  autore  alia  giustizia  ponlificia.  Anzi ,  essendosi  Leone 
in  quei  mezzo  recato  in  persona  alia  Corte  del  Re  2 ,  a  perorare  la 
propria  causa ,  tanto  non  v'  incontro  quei  rigori  e  quelle  ripulse , 
che  parea  meritare ,  che  anzi ,  tomato  indi  a  poco  liberamente  alia 
sua  Sede ,  spiego  maggior  fasto  e  baldanza  di  prima ,  e  continuo 
verso  il  Papa  nel  medesimo  contegno  di  ribellione  e  di  ostilita  3.  A 
quei  di  Ravenna  e  delle  allre  citta  dell'  Emilia  vieto  con  severe  mi- 
nacce  di  recarsi  a  Roma  a  ricevere  dal  Papa  ordini  e  cariche ,  co- 
me avean  fatto  per  1'  innanzi  ed  erano  dal  canto  loro  tuttavia  dispo- 
sti  di  fare.  Gli  attori  e  ministri  pontificii  seguito  a  trattare  come  ne- 
mici,  altri  cacciando  dalle  citta  ed  altri  eziandio  incarcerando;  e  tra 
questi  viene  specialmente  ricordato  nelle  lettere  di  Adriano  un  co- 
tal  Domenico ,  il  quale ,  siccome  protelto  di  Carlomagno  e  da  lui 
personalmente  raccomandato  al  Papa  nella  chiesa  di  S.  Pietro,  era 

1  Ivi,  Epist.  L1II.  L'  ordine  cronologico,  stabilito  a  ottima  ragione  dal 
Cenni  in  queste  Lettere  di  Adriano,  ha  recato  gran  luce  nella  storia  di  que- 
sti fatti,  i  quali  si  trovano  assai  confusi  presso  il  Muratori  ed  altri,  per  la 
confusioue  appunto  e  pel  disordine  dei  tempi,  a  cui  rapportano  le  Lettere. 

2  Epist.  LIU. 

3  Qnando  avestro  regali  vestiyio  reverse  est  Leo...,  in  magnam  super- 
biam  tyrannicam  elationem  pervenit,  et  nullo  modo  sicut  antea  nostris  aposto- 
licis  obtemperare  inclinalus  est  mandatis  etc.  Epist.  LIV.  Cf.  Epist.  LV. 


£44  1L  PATRIZIATO  ROMANO 

stato  da  Adriano  creato  Conle  e  raandato  al  governo  della  citta  di 
Gabello ;  ma  indarno  ,  perche  il  violento  Arcivescovo  avea  toslo  in- 
viato  cola  una  masnada  di  sue  milizie,  a  prendere  il  Conte  e  condurlo 
incatenato  a  Ravenna ,  dove  era  tutlavia  prigione.  Fra  le  citta  poi 
dell'anlico  Esarcato,  Leone  vantava  singolari  pretensioni  sopra  Imo- 
la  e  Bologna ;  le  quali ,  benche  indubilatamente  comprese  nella  Do- 
nazione  di  Pipino ,  e  reclamale  spesso  dai  Pa  pi  1 ,  tultavia  non  era- 
no  mai  venute ,  a  quanto  pare ,  in  possesso  dei  medesirai ,  ed  eran 
certamente  longobarde  al  tempo  della  discesa  di  Carlomagno  2.  Ora 
1' Arcivescovo  asseriva ,  che  Carlo,  nel  restituirle  all' Esarcalo,  a 
cui  ab  antico  appartenevano ,  le  avea  concesse  in  signoria  perpetua 

1  COD.  CAROL.  Epist.  XI,  XVII,  XVIII;  ANASTAS.  in  Stephano  II. 

2  La  storia  d'  Imola  e  di  Bologna  in  quest!  anni  e  assai  oscura.  Certo  e 
che  nel  756  elle  non  furono  tra  le  citta,  di  cui  1'abbate  Fulrado  fece  solenne 
consegna  al  Papa;  1'anno  seguente,  Desiderio  negavale  a  Paolo  I  che  le  do- 
mandava,  secondo  i  patti  dal  Re  medesimo  giurali;  e  nel  738  il  Papa  insiste- 
va  tuttavia  per  riaverle,  ma  forse  indarno.  Non  sappiamo,  se  elle  poscia  fa- 
cessero  parte  di  quelle  giustizie,  che  Desiderio  ora  restituiva  ed  ora  rito- 
glieva  alia  S.  Sede;  ovvero  se  elle  entrassero  nel  novero  di  quelle  dmtates 
plurimae,  che  alcuni  Annalisti  Franchi  narrano  essere  state,  nel  770,  per 
opera  della  regina  Bertrada,  rendute  a  S.  Pietro.  Ma  nel  772  pare  che  elle 
fossero  dei  Longobardi;  giacche  le  prime  citta  pontificie  che,  nel  rompere 
improvvisamente  guerra  ad  Adriano,  Desiderio  invest!,  furono  Faenza  e  Fer- 
rara;  segno  che  fin  qua  stendevansi  allora  le  frontiere  longobarde.  Ad  ogni 
modo  pero ,  Imola  e  Bologna  rimasero  involte  nella  generale  invasione  che 
Desiderio,  nel  processo  di  quella  guerra,  venne  facendo  del  territorio  pon- 
tificio.  Disfatto  poi  Desiderio  nel  774,  pare  che  Leone  si  affrettasse  di  oc- 
cuparle,  nel  tempo  stesso  che  il  Papa  accingevasi  a  pigliarne,  forse  per  la 
prima  volta,  possesso,  siccome  indica  il  mandare  ch'  egli  fece  cola  Grego- 
rio  saccellario  ad  esigere  dagli  abitanti  il  giuramento  di  fedelta  e  chiamarne 
i  giudici  a  Roma,  mentre  d'altra  parte  non  si  parla  di  atlori  pontificii  che  ivi 
gia  risedessero,  come  nelle  altre  citta,  e  venissero  poi  da  Leone  cacciati. 
Elle  rimasero  quindi  in  potere  di  Leone  fmo  al  776,  nel  qual  anno,  repressa 
la  ribellione  dell' Arcivescovo,  anche  Imola  e  Bologna  dovettero,  con  tutto 
1'Esarcato,  venire  in  pacifico  possesso  della  S.  Sede;  giacche  indi  innanzi  non 
si  ha  piii  niun  richiamo  del  Papa  per  esse,  e  nel  diploma  di  Lodovico  Pio 
elle  son  noverate  colle  altre  citta  dell'Esarcato,  siccome  possesso  gia  antico 
del  Papa. 


DI  CABLOMAGNO  M5 

non  gia  a  S.  Pietro  e  al  Pontefice,  ma  a  lui,  Metropolitano  di  Raven- 
na 1:  quindi,  non  solo  ei  se  n'era  tosto  impadronito  e  lenevale  gelo- 
sameute  in  suo  potere  ,  con  divietare  eziandio  ai  cittadini  di  recarsi 
a  Roma;  ma,  avendo  Adriano  mandato  cola  Gregorio  suo  saccellario, 
per  condurre  a  Roma  i  giudici  di  quelle  due  citta  e  per  esigere  da 
tutti  gli  abitanti  il  giuramento  che  dovean  presiare  tutti  i  nuovi  sud- 
diti  ponlificii,  di  fedelta  a  S.  Pietro  e  al  Pontefice  come  Sovrano ,  e 
insieme  a  Carlomagno  come  Patrizio  de'Romani ;  Leone  avea  ricisa- 
mente  vietalo  il  passo  all'Inviato  papale,  e  impeditogli  di  metier  pie- 
de  nelle  due  citta ,  non  che  di  adenapiere  ivi  pacificamenle  la  sua 
missione  2. 

A  dir  vero,  questi  fatli  e  portamenti  dell'Arcivescovo  ravennale  a  pri- 
ma  frontesembrano  inapossibili  a  spiegare  senza  qualche  connivenza 
almeno  di  Carlomagno;  ne  ci  maravigliamo  che  al  Muralori  paresse  dif- 
ficile a  credere,  che  Leone  cosi  operasse  senza  saputa  e  conlro  il  vole- 
re  di  Carlo,  con  restar  poi  allo  scuro  (egli  soggiunge),  come  un  Re  si 
amico  e  divolo  alia  S.  Sede  comportasse  atti  tali  dall'Arcivescovo  di 
Ravenna  in  vilipendio  del  Sommo  Pontefice  3.  Tultavolta,  se  ben  si 
considera,  non  manca  la  via  di  conciliare  colla  verita  di  questi  fatti 
1'onore  di  Carlomagno :  imperocche  noi  non  polremo  mai  iudurci  a 
credere,  che  ei  veramente  venisse  meno  alia  lealla  dei  giuramenti 
fatti  a  S.  Pietro,  e  giocasse  qui  quasi  a  doppio  giuoco,  dando  all'Ar- 
civescovo  ravennate  quel  che  avea  gia  rendulo  e  confermato  al  Papa 
e  favoreggiando  Tambizione  del  ribelle  in  onta  deH'autorila  del  legit- 
timo  Principe:  cose  tutle  troppo  ripugnanti  all'alto  senno,  non  meno 
che  alia  pieta  e  interezza  di  quel  nobilissimo  Re.  Ma,  queste  salve, 
ben  puo  credersi  che  egli  avesse  dato,  come  gia  accennammo,  qual- 
che vaga  parola  all'ufficioso  Arcivescovo,  come  a  dire  di  volere  a  lui 
mantenuti  ed  ampliati  eziandio  gli  onori  della  sua  Sede,  e  quella  po- 
ll At  vero  de  civitatibus  Imulensi  sen  Bononiensi  itaprofamzat  dicens,  quod 
vestra  excellentia  ipsas  civitates  minirne  beato  Petro  et  nobis  concessit,  sed 
sibi  ipse  archiepiscopus  a  vobi*  fuisse  concessas  ac  traditas  asserit  sub  sua 
potestate  permanendas  etc.  Epist.  L1V.  Cf.  Epist.  LV. 
2  Epist.  LV. 
Z  Annali  d' Italia,  n.  777. 


446  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

testa  quasi  esarcale  che  il  suo  antecessore  Sergio  avea  gia  posse- 
duta,  colla  giunta  forse  di  qualche  special  diritto  sopra  Imola  e  Bo- 
logna, che  ora  venivano  incorporate  novamente  all'Esarcato:  le  quali 
promesse  o  concessioni  Carlo  intendeva  in  tal  modo,  che  sempre  fos- 
sero  salvi,  come  ai  tempi  di  Sergio,  i  dirilti  e  la  Sovranila  del  Papa 
in  tutto  1'Esarcato ;  ma  1'ambizioso  Leone  interpretandole  in  sen- 
so  assoluto,  erasi  affrettato  di  dare  a  questa  sua  inter  pretazione, 
colFaudacia  e  prontezza  de'  fatti,  ilvalore  che  per  se  ellanon  aveva, 
e  quel  suggello  che  anche  allora,  come  ai  di  nostri,  presso  le  molti- 
tudini  degli  stolti,  sempre  fa  riverito,  il  suggello  cioe  del  fatto  com- 
piulo.  Che  se  poi  Carlomagno,  non  ostanti  le  querele  e  rimostranze 
gravissime  del  Papa,  non  venne  subito  a  reprimere  con  mano  ga- 
gliarda  e  severa  gli  eccessi  dell'Arcivescovo ;  ciovuoleagevolmente 
condonarsi  alle  difficili  circostanze  di  quel  tempo,  che  a  noi  son  note, 
e  ad  altre  ancora  forse  piu  gravi  che'noiignoriamo.  La  terribil  guer- 
ra  coi  Sassoni  teneva  allora  (dall'autunno  del  774  sino  al  fine  del 
775)  occupatissimo  il  Re  Carlo  in  Francia  e  al  di  1&  del  Reno,  come 
puo  vedersi  negli  Annali  di  Eginardo ;  ed  in  Italia  la  novila  del  go- 
verno  Franco,  e  le  vaste  trame  che  gia  ordivansi  per  rovesciarlo,  tra 
i  Duchi  Longobardi  del  Friuli,  di  Spoleto  e  di  Benevento,  trame  nel- 
le  quali  ebbe  mano,  come  tosto  vedremo,  anche  1'Arcivescovo  Leone, 
non  permettevano  per  avventura  ai  Conti  e  ai  Ministri  di  Carlo  di 
reprimere  i  disordini  dell'Esarcalo  con  quella  severita  e  prontezza 
che  sarebbesi  poluto  in  tempi  di  pace  sicura.  Laonde  non  e  mara- 
Yiglia  che  in  tal  condizione  di  cose  I'Arcivescovo  osasse  e  potesse 
impunemente  insolentire  cotanto,  tenendo  per  parecchi  mesi  alta  la 
bandiera  della  ribellione  contro  il  Papa. 

Tuttavia,  a  molto  non  ando  che  la  sua  tracolanza  venisse  final- 
mente  abbattuta,  e  restituito  al  Papa  intiero  il  possesso  de'  suoi  di- 
ritli  nell'Esarcate.  In  qual  modo  cio  avvenisse,  non  puo  altramente 
definirsi  per  mancanza  di  documenti  espressi ;  pero  il  fatto  e  indubi- 
tato,  giacche,  come  noto  lo  stesso  Muratori  l,  ei  chiaramente  si  rac- 
coglie  dalla  serie  degli  atti  susseguenti.  Nondimeno,  se  e  lecito  il 

1  Annali  d' Italia,  a.  777. 


DI  CARLOMAGNO  417 

congetturarne  anco  il  come  e  il  quando,  noi  facciam  ragione  dal  ri- 
sconlro  delle  dale  e  di  varie  circostanze,  che  cio  dovesse  accadere 
alia  seconda  e  repentinadiscesa,  che  Carlomagno  fece  in  Italia  nella 
primavera  del  776,  per  soffocare  la  ribellione  del  Friuli. 

Questa  ribellione,  il  cui  centro  era  nelle  province  orientali  del- 
1'alta  Italia,  stendea  le  sue  trame  per  tutta  la  penisola,  dovunque 
eran  Duchi  Longobardi,  lasciati  incautamente  da  Carlo  nei  loro  an- 
tichi  governi.  Insieme  con  Rotgauso  duca  del  Friuli  e  co'suoi  imme- 
diati  aderenti,  quali  erano  Stabilino  suo  suocero  che  comandava  in 
Treviso,  e  Gaido  duca  di  Vicenza,  e  Potone  e  Cacone  duchi  di  Brescia, 
cospiravano  Ildebrando  duca  di  Spoleto,  Reginaldo  duca  di  Chiusi,  ed 
Arigiso  duca  di  Benevento,  tutti  risoluti  di  cacciare  i  Franchi  d'ltalia, 
e  rimeltere  sul  trono  di  Pavia  Adelchi,  il  quale  di  giorno  in  giorno 
era  aspettato  da  Costantinopoli  con  una  flotta  greca  1,  che  dovea  sbar- 
carlo  sulle  spiagge  veneie  o  ravennati.  Ora,  Ira  i  complici  di  si  va- 
sta  congiura  era  anche  1'Arcivescovo  di  Ravenna ;  cosa  non  solo  na- 
turalissima  a  presumersi  per  le  ragioni  che  1'accorto  lettore  puo  age- 
volmente  indovinare,  ma  indubitata  per  1'espresso  attestarla  che  fa  il 
Pontefice,  scrivendone  a  Carlomagno.  Imperocche,  avendoil  Patriarca 
diGrado,  Giovanni,  in  sul  fine  dell'Ottobre  del  775  mandalo  avviso 
al  Papa  delle  congiure  che  bollivano  neiralta  Italia,  questi  mando  im- 
mantinente  a  Carlo  la  lettera  stessa  del  Patriarca ,  dolendosi  ad  un 
tempo  d'averlaegli  ricevuta>con  evident!  segni  dell'essere  stataper 
via  dissuggellata  e  poi  richiusa,  e  cio  per  arbitrio  dell'  Arcivescovo 
Leone,  il  quale  s'era  fattolecito  di  aprirla  e  di  leggerla,  non  per  altro 
fine  (scriveil  Papa),  siccome  e  a  tutti  manifesto,  se  non  che  di  rive- 
larne  al  Duca  Arigiso  edagli  altrinemici  nostri  e  vostri  il  contenuto; 
donde  la  Crislianita  Vostra  eccellentissima  puo  avere  buon  saggio  di 
che  falsa  tempra  sia  la  fede  dell' Arcivescovo  2.  Questi  adunque,  pron- 

1  COD.  CAROL.  Epist.  LVIII. 

2  Innotescimus  excellentiae  tuae,  suscepisse  nos  epistolam  directam  nobis 
a  loanne  patriarcha  Gradense;  mcesima  septima  enim  die  Octobris  mensis  ipsa 
ad  nos  pervenit  epistola,  et  protinus  nee  potum  nee  cibum  sumpsimus  neque 
nos,  neque  huiiis  scriptor  nostrae  apostolicae  relationis,  sed  eadem  hora  eo- 
demque  momento  ipsam  antefati patriarchae  epistolam  cum  his  nostris  apo~ 


418  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

to  ad  abbracciare  tutt'i  parlili,  da  cui  polesse  sperar  favore  alle  sue 
ambiziose  mire,  nel  tempo  slesso  che  si  professava  fedelissimo  a 
Carlo  e  del  suo  nome  valevasi  coi  Romani  e  coi  Franchi,  tenea  se- 
gretamente  mano  coi  grandi  Longobardi,  i  quali  maccbinavano  no- 
vita  contro  Carlo  e  contro  il  Papa,  non  senza  speranza  di  buon  riu- 
scimento. 

Ma  la  prontezza  e  1'energia  di  Carlomagno  avendo  soffocato  quasi 
in  sul  nascere  queslo  nuovo  incendio  di  guerra,  e  uccisi  o  dispersl 
o  sottomessi  i  suoi  autori ;  anche  Leone  dovette  certamente  umi- 
liarsi  e  mutar  condotta,  ed  ebbe  forse  a  gran  merce,  che  lasuaper- 
fidia  verso  Carlo  e  la  ribellione  contro  il  Papa  non  venissero  dal  Re 
Patrizio  e  dal  Papa  punite  piu  severamente  di  quello  cbe  coll'  obbli- 
go  impostogli  di  tenersi  quinci  innanzi  nei  confini  della  propria  di- 
gnita,  lasciando  al  Pontefice  libero  1'  esercizio  della  Sovranila  in 
tutto  T  Esarcalo.  Certo  e,  che  da  quel  tempo  in  poi,  nelle  lette- 
re  di  Adriano  non  si  legge  piu  niuna  querela  contro  1'Arcive- 
scovo,  nealtramente  veruna  menzione  di  lui  l.  Del  reslo,  egli  poco 
sopravvisse  a  questi  fatti,  essendo  morto  nei  principii  del  777  2;  e 
con  esso  lui  disparve  per  sempre  dalla  scena  politica  quel  fantasma, 
die  egli  avea  vagheggiato,  di  Principato  indipendente,  da  costituirsi 
a  spese  del  regno  pontificio  neH'anlico  Esarcato,  e  da  lasciarsi  in 
perpetuo  retaggio  agli  Arcivescovi  suoi  successori.  Niun  di  questi 
oso  mai  piu  di  risuscitare  il  superbo  titolo  diExarchus  Italiae  ;  anzi 

stolicis  syllabis  vobis  transmlsimus.  Itaque  valde  tristes  effecti  sumus,  quo- 
niam  asifoniatas  bullas  eiusdem  epistolae  reperimus,  a  Leone  archiepiscopo 
primitus  relecta  nobis  directa  est,  et  in  hoc  comprobare  potest  excellentissima 
Christianitas  vestra  quails  est  fraudulenta  fides  ipsius  Leonis  archiepiscopi; 
quia  non  pro  alio  praesumpsit  eamdcm  cpistolam  primitus  reserareac  relege- 
re,  nisi  ut  omnia  quae  ibi  ascripta  sunt,  ut  certe  omnibus  manifestum  est, 
annuntiaret  tarn  Arghiso  duel  Beneventano,  quam  reliquis  nostris  vestrisque 
inlmicis;  et  dubium  non  est  cuncta  iam  praefatis  aemulis  ab  eodem  archiepi- 
scopo esse  annuntiata.  Epist.  LIV. 

1  L'ultima  Lettera,  In  cui  Adriano  parla  e  si  querela  di  Leone,  cioe  la 
LV.%  e  degli  ultimi  di  Novembre  del  775. 

2  II  Rossi,  Histor.  Ravenn.  Lib.  V,  e  con  lui  I'AMADESI,  nella  Chronota- 
xls,  assegnano  la  morte  di  Leone  al  14  Febbraio  del  detto  anno. 


DI  CARLOMAGNO  149 

verso  quel  tempo  appunlo  comincio  ad  andare  in  disuso  il  nome 
stesso  di  Esarcato,  sotlenirando  in  suo  luogo  quello,  che  tuttora  vige, 
di  Romagna  1  (in  latino  Romania,  Romaniola  o  Romandiola),  il 
quale  porta  espressa  nella  sua  radice  medesima  la  dipendenza  poli- 
lica  di  quella  provincia  da  Roma.  E  che  da  indi  in  poi  Papa  Adriano 
cornandasse  da  Sovrano  in  Ravenna  e  in  iulta  la  Romagna ,  chiara- 
menie  lo  dimostrano,  come  nota  anche  il  Pertz  2,  le  sue  letlere  se- 
guenti  del  Codice  Caroline ;  specialmente  la  LXXXII3,  in  cui  egli 
concede  a  Re  Carlo  i  marmi  e  i  mosaici  pubblici  di  Ravenna ,  e 
la  LXXXIV a ,  dove  scrive  di  aver  mandato  ordine  all'  Arcivescovo 
ravennate,  che  facesse  di  cola  sgombrare  i  Veneti  da  tutto  il  terrilo- 
rio  ponlificio.  Da  quest'ultima  si  rileva  eziandio,  che  1'Arcivescovo 
era  tomato  ad  essere  in  Romagna  il  primo  minislro  del  Papa,  e  so- 
praintendente  al  governo  generale  della  provincia;  ilqual  costume, 
introdotto  gia,  come  vedemmo,  da  Stefano  II,  seguito  poscia  a  man- 
tenersi  anche  dopo  Adriano,  avvegnache  rimanga  oscuro  in  quale 
epoca  ei  cessasse  3. 

Pero ,  le  antiche  gare  di  Ravenna  con  Roma ,  e  quello  spirito  di 
scisma  e  di  avversione  ai  Papi  che  in  altri  tempi  erasi  mostrato 
cosi  vivo  nella  Capitale  dell'  Esarcato,  certamenle  non  si  spen- 
sero  collo  spegnersi  della  ribellione  di  Leone.  A  quando  a  quan- 

1  BERETTA,  Dissert,  chorograph.  de  Italia  medii  aevi,  presso  il  MURATORI. 
Her.  Ital.  T.  X,  pag.  XLVI.  II  primo  esempio  forse  di  questa  nuova  deno- 
minazione  di  Romania  e  quel  che  leggesi  riel  Capitulare  dell'  a.  783,  il  cui 
Cap.  16  parla  dei  servi  fuggitivi,  qui  in  partibus  Beneventi  ant  Spolcti,  sive 
ROMANIAE,  vel  Pentapoli  confugium  faciunt.  Quindi  non  puo  ammettersi  I'o- 
pinione  del  CENNI  (Monum.  Domin.  Pontif.  II,  337) ,  che  il  nome  di  Romania 
cominciasse  solo  in  sul  fine  del  secolo  XII ;  ne  quella  del  BORGIA  ( Memorie 
star,  di  Benevento,  III,  126 ) ,  che  ne  ritrae  T  origine  verso  il  principio  del 
Kiedesimo  secolo. 

2  Nella  Prefazione  al  Diploma  di  Lodovico  Pio,  Monum.  Germ.,  Legwn  T.II. 

3  Dalle  parole  sopra  citate  di  AGNELLO,  ove  dice  che  TArcivescovo  Sergio 
iudicavit....  velut  Exarchus,  sic  omnia  disponebat,  ut  soliti  sunt  modo  Ro- 
mani  facere,  sembra  da  inferire,  che  ai  tempi  di  Agnello,  il  quale  scrivea 
verso  1'anno  840,  il  governo  generale  della  Romagna  fosse  gia,  nou  piii  nelle 
inani  dell'Arcivescovo  ravennate,  ma  in  quelle  di  ufficiali,  mandali  espres- 
samente  da  Roma. 

Serie  Y7.  vol.  llt  fasc.  364.  29  10  Maggio  1865. 


450  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

do  quello  spirito  parea  ravvivarsi ;  e  il  nostro  lettore  gi£  sa ,  come 
Papa  Adriano  ebbe  piu  volte,  e  fin  negli  ultimi  anni  del  suo  regno, 
a  combattere  la  protervia  di  parecchi  potenti  ravennali,  mal  soffe- 
renli  del  giogo  pontificio  1.  Nel  secolo  seguente  poi,  a  non  dire  del- 
le  ambiziose ,  benche  impotent!,  lotle,  risuscitate  da  Giorgio  e  da 
Giovanni  X,  Arcivescovi,  contro  la  supremazia  temporalee  spiritua- 
le  del  Papa ;  egli  basta  leggere  il  Liber  pontificalis  di  Agnello,  cro- 
naca  tutta  pregna  di  amarissimo  fiele  conlro  Roma  e  contro  i  Pa  pi, 
per  convincersi  come  anche  allora  le  vecchie  nggie  covassero  pro- 
fonde  in  cuore  a  una  parte  almeno  del  clero  ravennate,  di  cui  Agnel- 
lo era  membro  si  cospicuo.  Tultavia  questi  fumi  di  superbia  e  que- 
ste  velleita  ribelli  dovettero  a  poco  a  poco  venir  meno ,  pel  mancar 
loro  di  quel  fomite  appunto  che  le  avea  finqui  nutrite ,  lo  splendore 
doe  e  la  materiale  potenza  della  citl^.  Dal  secolo  V  in  qua,  per  la 
residenza  che  vi  avean  fissala  gli  ullimi  Imperatori  d'  Occidente  ,  a 
poi  Odoacre  e  Teodorico  e  gli  altri  Re  goti ,  ed  infme  gli  Esarchi 
che  di  cola  reggevano  tutla  la  penisola ,  Ravenna  era  stata  la  vera 
Cap! tale  d'  Italia,  chiamata  percio  la  Roma  del  basso  Jmpero ,  e  da 
lei  dovea  civilmente  dipendere  la  slessa  Roma  :  oltre  di  che  ,  per  la 
sua  poslura  a  mare,  e  pei  magnifici  e  capacissimi  porti  onde  Augusta 
1'avea  munita,  ella  era  da  otto  secoli  1*  unica  Regina  dell' Adriatico 
e  il  piu  ricco  emporio  del  commercio  coll'  Oriente.  Ma,  ne'  tempi  di 
cui  scriviamo,queste  grandezze  gia  erano  pressoche  interamente  spa- 
rile.  Forse  un  ultimo  raggio  di  maesta  regale  fu  in  lei  ravvivato  dalla 
presenza  di  Pipino,  figlio  di  Carlomagno  e  Re  d' Italia:  non  gia  che 
noi  crediam  vero  quello  che  alcuni  storici  asserirono  V  avere  doe 

1  Vedi  COD.  CAROL.  Epist.  LXXVII  e  XCVIII. 

2  Rossi,  Hist.  Ravenn.  Lib.  V,  all'  a.  805;  SIGONIO,   De  Regno  llaliae, 
Lib.  Ill,  ed  altri.  Ma  ottimamente  il  MURATORI  (Annali  d' Italia,  a.  792)  noto 
non  trovarsi  negli  antichi  monumenti  chlare  e  sicure  prove  di  tale  asserzio- 
ne.  Anzi  yi  si  trovano  prove  safficienti  del  contrario.  I  Capitolari^  promul- 
gati  in  Italia  da  Pipino  o  da  Carlomagno,  son  dati  da  Pavia,  non  mai  da  Ra- 
venna; e  Pavia  sempre  apparisce  Capitale  del  Regno  italico.  Tra  le  citta  poi 
del  Regno,  pare  che  la  stanza  favorita  di  Pipino  fosse  Verona,  siccome  canta 
il  Ritmo  Veronese,  scritto  sotto  il  regno  dello  stesso  Pipino:  Magnus  habitat 
in  U  Rex  Pippinus  piissimus  etc.  (MURATORI,  Rer.  Italic.  T.  II,  P.  II,  p.  1095); 


DI  CARLOMAGNO  451 

Pipino ,  col  consenso  del  Papa ,  stabilmente  fermata  la  sua  corte  in 
Ravenna,  dichiarandola  reggia  e  capo  del  Regno  ilalico  ;  ma  sibbene 
perche  egli  vi  tornava  sovenle,  e  giovandosi  del  silo  opportunissimo 
di  Ravenna  e  dell'  ampia  facolta  che  gliene  concedeva  il  Pontefice, 
quivi  facea  capo  colle  sue  milizie  ed  allestiva  le  sue  flotte,  e  quinci 
pigliava  le  mosse  per  le  sue  frequent!  spedizioni  di  terra  o  di  mare, 
ora  contro  il  Duca  ribelle  di  Benevento,  ora  contro  i  Greci  e  conlro 
i  Veneti  loro  alleati. 

Del  rimanente,  le  condizioni  e  le  fortune  di  Ravenna  si  trovavano 
oggimai  del  tulto  cangiate.  Dall'  una  parte,  Roma  sotto  il  nuovo  re- 
gno  de'  Papi ,  e  poco  appresso  per  la  rinnovazione  dell'  Impero  in 
Carlomagno ,  avea  ripiglialo  di  nome  e  di  fatto  1'  antica  dignila  di 
Capitale,  non  solo  d'  Italia,  ma  di  tulto  1'  Occidenle ;  e  dall'  altro  la- 
to  Venezia,  merce  la  crescente  audacia  e  prosperila  delle  sue  navi- 
gazioni,  gia  si  recava  in  mano  1'  assolula  signoria  del  mare  Adriati- 
co  e  tutto  il  traffico  delt'Oriente.  Sopraffatla  da  queste  due  grandi 
rivali,  Ravenna  dovette  rassegnarsi  a  perdere  per  sempre  il  doppio 
scettro  della  terra  e  del  mare ,  e  contentarsi  oggimai  di  non  esser 
altro  che  Capitale  delle  Romagne,  e  la  prima  fra  le  cilia  suddite  di 
Roma :  condizione,  in  cui  ella  pur  fmalmente  col  volgere  del  tempo 
si  adagio  di  buon  grado ,  vinta  non  solo  dalla  necessita  ineluttabile 
degli  avvenimenti ,  ma  altresi  da  quella  bonta  e  riverenza  con  cui  i 
Pontetici  sempre  la  trattarono ,  non  tanto  per  riguardo  alle  passate 
glorie  della  cilia  profana,  quanto  per  un  senso  di  predilezione  paler- 
na  verso  quella  nobilissima  Chiesa ,  da  essi  chiamata  col  dolce  no- 
me di  figlia  primogenita  della  Chiesa  Romana  l. 


e,  benche  egli  morisse  in  Milano,  a  Verona  fu  trasportato  il  suo  cadavere  a 
seppellire  nella  basilica  di  S.  Zenone,da  lui  splendidamente  riedificata.  Lad- 
dove  in  Ravenna  ei  non  comparisce  mai  che  di  passaggio  e  in  mossa  per  le 
sue  spedizioni  militari:  come  nel  793,  in  cui  ivi  fu  raggiunto  dal  fratello 
Lodovico,  per  recarsi  poi  insieme  a  combattere  Grimoaldo;  e  nell'800,  quan- 
do  ivi  riceve  da  Carlomagno,  che  recavasi  a  Roma,  1'esercito  per  la  guerra 
del  Reneventano;  e  verso  1'8U9  che  vi  si  allesti  per  la  spedizione  veneta. 

1  Gosi  chiamavala  fra  gli  altri  Innocenzo  HI,  quasi  primogenita  filiaApo- 
stolicae  Sedis  (Regest.  Lib.  V,  Epist.  6). 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA  ITALIANA 


I. 


Monumenti  di  storia  patria  delle  Province  Modenesi;  Statuta  Ci- 
vitalis  Mutinae  anno  1327  reformata,  conProemio  del  Marche- 
se  CESARE  CAMPORI.  Parma,  Pietro  Fiaccadori,  1863-64  —  Un 
vol.  in  4.°  grande  di  pagine  CCLXXVIII  e  750. 

Del  Governo  a  Comune  in  Modem ,  secondo  gli  Staiuti  del  45%7 
ed  altri  Documenti  sincroni  —  Narrazione  del  Marchese  CESA- 
RE CAMPORI.  Modena,  coi  tipi  di  Carlo  Vincenzi,  1864. 

A  ben  intendere  la  storia  del  medio  evo  nel  suo  periodo  piu  fio- 
rente,  che  fu  presso  di  noi  1'  et£  dei  Comuni ,  uno  dei  mezzi  piu  ac- 
conci  e  certamente  quello  di  studiare  per  entro  ai  codici  delle  leggi 
municipal!,  ossia  degli  Staiuti,  onde  quei  Comuni  si  governarono. 
Ouan  Unique  rozzi,  disordinati  e  in  for  mi,  e  lontanissimi  dull  a  macs  la 
ed  eleganza  scientifica  dei  codici  romani,  e  benche  larghe  impronte 
essi  portino  tuttavia  dell'  eta  barbarica ,  dalla  quale  i  Comuni  usci- 
rono;  si  trovano  nondimeno  in  cotesti  Statuli  ricche  vene  di  sapien- 
za  civile,  di  cui  puo  giovare  anche  ai  tempi  nostri,  pur  cosi  Ionian! 
e  diversi  da  quelli ,  il  far  tesoro ;  e  ad  ogni  modo  essi  sono  il  mo- 
numento  piu  vivo  e  meglio  parlante,  da  cui  ci  venga  rivelata  la  sto- 


RIVISTA  DELLA  STAMPA  ITALIANA 

ria  intima  di  quelle  repubbliche  quasi  sovrane ,  che  levarono  di  se 
tanta  fama.  I  cronisli  e  gli  storici  contemporanei ,  in  que'  loro  ab- 
bozzi  o  scheletri  di  storia,  dove  ci  ban  Iramandato  le  guerre,  le  rivo- 
luzioni  e  gli  altri  avvenimenti  piu  iliustri  di  quell'ela,  non  ci  mostra- 
no  della  sociela  d'allora  fuorche  solo  la  vita  esteriore  e  pubblica.  Ma 
chi  voglia  penetrare  negli  arcani  della  vita  inlerna,  e  conoscere  piu 
a  dentro  lo  spirito  dei  Comuni,  1'  organismo  del  lor  governo,  le  abi- 
tudini  domesticbe  e  ciltadine,  e  quant' altro  si  attiene  alle  intrinse- 
che  condizioni  della  loro  ci  villa,  al  tutto  e  d'uopo  che  si  faccia  a 
svolgere  con  diligente  studio  gli  Statuti ,  nei  quali  le  citta  italiane 
hanno  lasciato  di  se  il  piu  fedeie  ritratto  che  desiderare  si  possa , 
rilralto  animato  e  spirante  anche  oggidi  quelle  passioni ,  quei  difelli 
e  quelle  grandezze  medesime,  che  allora  eran  vive  e  che  formarono 
il  caraltere  lutto  proprio  di  quei  tempi. 

Quindi  e  che  saviamente  i  moderni  illustrator!  della  storia  noslra, 
nel  trar  fuori  dal  sepolcro  degli  archivii  i  monumenti  storici  del 
medio  evo,  il  primo  pensiero  rivolsero  agli  Statuti  e  alle  leggi  mu- 
nicipali ;  e  delle  tre  grandi  categoric ,  io  cui  sogliono  distribuire 
tutli  cotesli  monumenti ,  la  prima  ban  riserbata  esclusivamente  alle 
Leggi ,  lasciando  la  seconda  alle  Carte  diplomaliche ,  e  la  terza 
agli  Scrittori  ossiano  storiografi ;  giacche ,  essendo  le  leggi  la  base 
primaria  della  vita  e  dell'  essere  di  ogni  ordinata  sociela ,  giuslo 
e  che  elle  sian  poste  altresi  come  principal  fondamento  air  edificio 
scientifico  della  sua  storia.  E  gia  e  venula  in  luce  una  bella  dovizia 
di  Staluti  comunali  dei  secoli  di  mezzo ,  mentre  altri  se  ne  vanno 
da  ogni  parte  scavando  e  pubblicando.  La  gran  Raccolta  dei  Mo- 
numenta  historiae  patriae  di  Torino ,  iniziata  nel  1836  sotto  gli 
auspicii  del  re  Carlo  Alberto ,  tra  gli  undici  grossi  tomi  in  foglio 
che  fino  al  presente  numera ,  due  ne  ha  tutti  di  Leggi ;  il  primo  dei 
quali  contiene  dieci  corpi  di  Staluti,  dal  secolo  XII  al  XV,  apparte- 
nenli  alle  cilia  di  Torino,  Geneva,  Susa,  Nizza,  Aosta,  Chieri,  Ca- 
sale ,  Ivrea ,  Moncalieri ,  ed  illustrati  con  dolte  prefazioni  da  Fede- 
rigo  Sclopis,  dal  Cibrario,  dal  Datta,  dal  Sauli  e  dal  Raggio ;  1'  al- 
tro e  la  classica  edizione  delle  Leggi  longobarde ,  fatta  dal  Baudi  di 
Vesme.  Ad  esempio  della  regia  Deputazione  torinese ,  somiglianli 


454  RIVISTA 

pubblicazioni  si  sono  quindi  venute  facendo  dalle  dotte  Sociela,  che 
in  altre  citta  e  province  d' Italia  si  sono  costituite,  col  medesimo  sco- 
po  di  pubblicare  ed  illusirare  i  monument!  storici ,  ciascuna  della 
propria  patria.  Cosi,  nello  Stato  di  Parma  e  Piacenza,  cominciatisi 
nel  1855  a  stampare  coi  nobili  tipi  del  Fiaccadori  i  Monumenta  hi- 
storica  ad  provincias  Parmensem  et  Placentinam  pertinentia,  il  pri- 
mo  luogo  fu  dato  ai  varii  Statuti  di  quelle  due  illustri  cilta,  compila- 
ti  nei  secoli  XIII  e  XIV,  i  quali  formano  cinque  bei  volumi  in  quar- 
to. Cosi ,  in  Modena ,  la  Deputazione  di  storia  palria  pose  mano  a 
pubblicare  gli  Statuti  del  1327,  1'  edizione  dei  quali ,  raccomandata 
alle  cure  del  dotto  Marchese  Cesare  Campori ,  ci  ha  dato  lo  splen- 
dido  volume  ,  che  abbiamo  annunziato  in  capo  a  questa  rivista.  Ed 
in  Bologna  si  e  parimente  cominciala  la  stampa  degl'  importantis- 
simi  Statuti  del  Comune  di  Bologna  dali'  anno  1245  al  1267  ;  ed 
altri  altrove  si  stanno  ordinando  per  le  stampe.  Di  modo  che,  ai  mol- 
ti  inediti  che  ora  si  mettono  in  luce  aggiungendo  quei  pochi,  i  quali 
gia  da  lungo  tempo  son  pubblicati,  come  gli  Statuta  Civitatis  Pisto- 
riensis  editi  dal  Muralori  nelle  Antiquitates  Ital  T.  IV,  gli  Staluti 
di  Verona  del  1228,  pubblicati  dal  dotto  Arciprete  Bartolomeo  Cam- 
pagnola  nel  1728,  gli  Statuti  di  Beiievento  del  1202,  editi  dal  Borgia 
nel  1764,  nella  Parte  II  delie  sue  pregiatissime  Memorie  istoriche  di 
Benevento,  ed  altri  consimili ;  puo  sperarsi  che  nel  corso  di  non  molti 
anni  veggasi  adempiuto  il  voto  dei  phi  insigni  letterati  d'  Italia,  di 
avere  cioe  una  raccolta  generale  degli  Staluti  delle  citta  italiane,  so- 
pra  il  qual  fondamento,  con  maggior  saldezza  che  mai  non  siasi  fat- 
to  finora,  possa  poi  costruirsi  la  vera  sloria  dei  nostri  Comuni. 

Ad  illustrar  la  quale  non  poco  eziandio  giovera  1'aggiungere,  allato 
dei  precedent!,  gli  Staluti  dei  piccoli  Comuni  rurali:  imperocche,  come 
gia  noto  il  sommo  Muralori  1,  il  cui  vasto  ed  acuto  sguardo  penetro 
in  tulli  gli  arcani  del  medio  ev.o,  dopo  la  pace  di  Costanza  gli  spiri- 
ti  di  liberta  cittadina  si  dilatarono  talmente,  e  il  costume  di  compor- 
re  Staluti  municipal!  venne  presso  gl'  Italiani  in  tanta  voga,  che  non 
solo  le  maggiori  e  piu  poteuli  citta ,  ma  persino  le  castella  e  i  bor- 

1  Antiquit .  Ital.  T.  II,  nella  Dissert.  XXII. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  453 

ghi  di  campagna,  alle  cilta  soggetti,  vollero  avere  un  corpo  di  leggi 
municipali  lor  proprie  e  darsi  aria  di  repubbliche  signore.  I  codici 
di  quest!  Statuti  rustic!  piu  difficilmente  ban  potuto  reggere  alle  in- 
giurie  del  tempo  e  giungere  fmo  a  noi;  la  qual  rarita  oggidi  accre- 
sce  il  loro  pregio.  Ma  anche  senza  cio ,  eglino  son  pregevoli  per 
1'  ingenua  e  viva  piltura  che  ci  presentano  dei  coslumi  di  quei  tem- 
pi, e  dell'  organamento  dello  stato  sociale  fin  negli  ultimi  suoi  ele- 
menti ;  siccome  puo  vedersi  in  quei  codici,  che  in  quesli  anni  si  son 
venuti  pubblicando  ;  per  esempio  ,  negli  Statuti  di  Aglie  del  1448, 
in  quei  di  S.  Giorgio  del  1343,  del  1422  e  del  1468,  in  quei  di  Stram- 
bino  del  1438  ,  in  quei  di  Pavone  del  1326  ,  tutti  appartenenli  alia 
provincia  d'  Ivrea ,  e  pubblicati  nel  1856-58  in  Torino  tra  i  Monu- 
menti  legali  del  Regno  Sardo  dal  secolo  XII  al  XV ,  raccolti  ed 
illustrati  per  euro,  di  una  Societa  di  Giureconsulti. 

Se  non  che,  pochi  sono  per  avventura  i  lettori,  ai  quali  basti  o  la 
borsa  per  fare  acquisto  delle  voluminose  e  splendide  edizioni,  in  cui 
questi  Monumenti  si  van  pubblicando ,  ovvero  1'  agio  e  il  talento  di 
mettersi  per  entro  a  quest'  ampia  selva  di  leggi  del  medio  evo ,  sel- 
va  troppo  spesso  selvaggia  e  per  1'  aridezza  della  materia  e  per  la 
rozzezza  dello  stile  e  per  la  barbarica  oscurila  del  linguaggio.  Laon- 
de  oltimo  servigio  rendono  al  pubblico  quei  dolti ,  i  quali  togliendo 
per  se  tutlo  Y  arduo  di  questa  incresciosa  falica ,  si  adoperano  ad 
estrarre  dagli  Statuti  il  fiore  piu  bello  e  il  miglior  succo  della  loro 
sostanza ,  esponendo  con  bell'  ordine  in  poche  pagine  tutto  cio  che 
essi  contengono  di  piu  importante  e  caratleristico,  per  farci  conosce- 
re  1'  interno  organamento  di  ciascun  Comune ,  e  le  varie  fasi  a  cui 
soggiacque,  la  costituzione  e  i  procedimenti  delle  assemblee  popola- 
ri,  lo  spirito  delle  fazioni  che  alternamente  succedeansi  nel  coman- 
do,  e  leire  acca^te  con  cui  combaltevausi ,  i  principii  politici  e  re- 
ligiosi  onde  informavansi  le  leggi ,  i  difelti  e  i  pregi  della  legislazio- 
ne  civile  e  criminale,  I'economia  dei  provvedimenli  edilizii,  i  costu- 
mi,  le  arti,  le  Industrie,  i  commerci,  gli  studii,  gl'incrementi  di  ci- 
Tilt£  e  tutti  insomnia  gli  elementi  piu  intimi  della  vita  dei  Comuni; 
e  insieme  con  essi  le  ragioni  della  potenza  e  grandezza,  a  cui  i  Co- 
muni  pervennero  nell'  epoca  del  loro  massioao  fiorimento ,  non  che 


456  RIVISTA 

quelle  della  decadenza,  per  cui  quasi  lutti,  piu  o  men  lardi,  spossati 
ed  esausti  dagli  eccessi  medesimi  della  lor  liberta  tempestosa ',  di- 
vennero  preda  di  qualche  citladino  prepotente  o  di  un  avventuriere 
fortunate  e  sovente  di  un  liranno.  Di  questo  bel  lavoro ,  il  quale  o- 
gnun  vede  quanto  debba  tornar  proficuo  alia  storia  italiana,  uno 
splendido  saggio  abbiam  veduto  in  quelle  sugose  Prefazioni,  che  A- 
madio  Rorichini  pose  innanzi  ai  singoli  volumi  degli  Statuti  Parmen- 
si  sopra  mentovati ;  ed  ora  un  altro  ne  abbiamo  nel  gran  Discorso 
proemiale,  che  il  Marehese  Cesare  Campori  ha  premesso  al  volume 
degli  Staluti  Modenesi.  Non  sappiamo  che  le  Prefazioni  del  Roiichi- 
ni  siano  state  stampate  a  parte  ;  ma  ben  meriterebbero  d'  esserlo , 
che  si  avrebbe  con  ci6  un  eccellente  libro,  dove  il  comune  dei  letto- 
ri  con  dilello  pari  all1  utilita  troverebbe  nel  fedel  ritratto  del  Comu- 
ne di  Parma  una  viva  immagine  di  quel  che  furono  ( giacche  tutti 
grandemente  si  somigliano)  i  Comuni  italiani  del  medio  evo,  E  que- 
sto e  il  saggio  avvedimento ,  che  ha  messo  in  opera  il  Campori,  col 
fare  in  forma  popolare  una  seconda  edizione  del  suo  Proemio,  arric- 
chita  di  alcune  giunte  e  di  Documenti  inediti,  nel  libro  DelGoverno 
a  Comune  in  Modena,  del  quale  vogliamo  qui  rendere  ai  nostri  let- 
tori  qualche  ragguaglio. 

In  coteste  pagine  adunque  il  dotto  Autore  espone  la  forma,  con 
che  il  libero  Comune  di  Modena  si  governo  durante  i  due  secoli  in- 
circa  che  esso  fu  in  balia  di  se;  cioe  dal  tempo  in  cui,  scomparso 
colla  morte  della  Contessa  Matilde  ogni  vestigio  di  signoria  feudale, 
la  citta  comincio  a  reggersi  con  proprii  consoli  e  indi  a  Podesla , 
fino  all' anno  1336,  nel  quale  ella  venne  in  dominio  stabile  degli 
Estensi,  che  solo  a  tempo  gia  1'aveano  tenuta  dal  1289  al  1306.  Egli 
abbraccia  e  distingue  tutla  la  materia  del  suo  libro  in  12  Capitoli, 
intitolati:  Del  Podesta;  Assemblee  popolari ;  De' yubblici  officiali; 
La  Chiesa;  Finanze;  Legislazione  civile  e  criminale ;  Condizioni 
della  citta,  leggi  suntuarie  ed  allre;  Milizie ;  Delle  diverse  qualila 
di studii in  Modena;  Arti,  Industrie  e  commercio ;  Acque  e  s trade; 
Agricoltura.  E  in  ciascun  d'essi  lucidamenle  svolge  il  soggetto  pro- 
posto,  merce  il  ben  inteso  ordinamento  dei  fatii  e  delle  nolizie;  di 
inodo  che  quello  che  nei  *setle  Libri  degli  Statuti  si  trova  sparso  in 


DELIA  STAMPA  ITALIANA 

piu  luoghi  e  confosamente  intorno  a  una  medesima  materia,  ivi  ei 
lo  raccoglie  e  presenta  nettamente  in  compendio,  citando  ad  ogni 
trallo  le  rubriche  original! ,  donde  le  singole  notizie  ha  derivate. 
Benche  poi  gli  Statuti  siano  la  fonte  principalissima  e  perpetua,  a  cui 
coteste  notizie  egli  attinge,  non  dovendo  il  suo  libro  essere  altro  in 
sostanza  che  un  sunto  ordinalo  degli  Staluli  medesinii;  tuttavia  egli 
ricorre  talora  anche  ad  altre  sorgenti  storiche,  cioe  alle  Cronache , 
ai  Diplomi  e  simili  monumenti,  donde  raeglio  possa  illustrarsi  il  te- 
ma  che  ha  per  le  mani;  e  non  di  rado,  a  riscontro  delle  leggi  e  co- 
stumanze  di  Modena ,  reca  quelle  di  altri  Comuni  e  citta  lombarde , 
dal  qual  confronlo  raaggior  luce  riceve  il  suo  argomento.  Oltre  a 
cio ,  all'  esposizione  positiva  dei  fatti  egli  va  con  saggia  sobrieta 
framrnettendo,  come  filosofo  della  storia,  anche  1'ideale  estimazione 
dei  medesinii ,  coll'  indicare  la  lor  connessione ,  le  cause  donde  di- 
pendono  e  lo  spirito  che  li  informa,  col  rilevare  quel  che  in  essi  me- 
rita  lode  o  condanna ,  e  con  altre  cotali  riflessioni ,  savie  per  lo  piu 
ed  opportune  a  formare  neiranimo  dei  lettori  un  retto  giudizio  della 
storia. 

Non  e  qui  nostro  intendimento  tener  dietro  al  dolto  Autore  in  tut- 
ti  i  suoi  passi ,  e  ristringere  in  breve  compendio  Tesposizione  ch'  ei 
fa  del  reggimento  comunale  di  Modena ;  esposizione  che  gia  e  un 
compendio  per  se  medesima  di  quanto  si  contiene  nel  vasto  corpo 
degli  Statuti.  Bensi  crediamo  piu  ulil  consiglio  di  nolare  qualche 
iratto,  dove  1'  illustre  Marchese  ci  sembra  aver  dato  in  fallo  e  fran- 
leso  per  avventura  il  vero  concetto  dei  tempi  e  degli  uomini,  dei 
quali  egli  ci  ha  rappresentata  nel  rimanente  una  cosi  fedel  dipintura. 

Prima  per6  di  venire  ai  tempi  anlichi ,  ci  permetta  il  sig.  Mar- 
chese di  querelarci  con  esso  lui  del  troppo  ingiusto  e  strano  rimpro- 
vero,  ch'egli  nella  prima  pagina  del  Proemio  muove  ai  Modenesi  dei 
tempi  moderni  ed  ai  loro  legittimi  Principi,  dicendo  che  solo  teste 
«  col  rinascere  a  liberla  »  cioe  col  divenir  sudditi  del  Piemonte,  i 
Modenesi  abbian  potuto  «  dedicarsi  con  frutto  »  a  questo  genere  di 
studii  storici,  vietandolo  prima  d'  ora  il  trovarsi  che  faceano  «  co- 
stretti  da  piu  rigido  Governo  » .  E  si  e  dunque  cosi  presto  dimenti- 
cato  cosla,  che  sotlo  gli  auspicii  appunto  dei  Principi  Estensi  fiori- 


458  RIVISTA 

rono  in  Modena  im  Sigonio ,  un  Muratori,  un  Tiraboschi,  doe  i  piu 
gran  maestri  che  in  queslo  genere  di  studii  abbia  dato  1'  Italia  del 
tempi  rnoderni?  Noi  auguriamo  al  Campori  e  a'  suoi  dotti  colleghi , 
che  sotto  1'  influsso  della  liberta  regalata  loro  dal  Farini,  possano 
coltivare  cotesli  studii  «  con  frutto  »  se  non  uguale,  almeno  non  dis- 
simile  da  quelio ,  con  cui  gia  li  coltivarono  sotto  il  costringimento  e 
il  rigore  estense  quei  grandi,  e  che  da  tutti  ammirasi  nelle  loro  ope- 
re  immortali ;  ma  non  ci  pare  buon  cominciamento  il  disconoscere 
in  tal  guisa  la  tradizione  illustre  dei  maggiori,  e  il  professare  ingra- 
litudine  a  quell  a  dinastia,  che  tra  le  dinastie  sovrane  d' Italia  e  stata 
sempre  una  delle  piu  splendide  nel  proteggere  ogrii  maniera  di  buo- 
ni  studii  e  di  arti  belle.  Se  non  che  1'  ingratitudine  verso  i  Principi 
spodestati  e  il  menomo  tra  i  peccati  delle  Rivoluzioni ;  e  piacesse  a 
Dio  ch'  elle  non  trascorressero  mai  a  maggiori  eccessi.  Cosi ,  nella 
rivoluzione  del  1306,  dopo  che  la  fazione  popolare  ebbe  cacciato 
da  Modena  Azzo  d'Este,  leggiamo  nel  Campori,  essersi  introdotto  il 
costume  che,  ad  ogni  seduta  del  Consiglio,  uno  dei  Difensori  comin- 
ciasse  esortando  a  mantenere  la  liberta  conquistata  e  ridicendo  le 
male  opere  di  Azzo,  che  Dio  (dicea  la  legge)  per  sua  raisericordia 
levi  tosto  dal  mondo  e  lo  mandi  all'  inferno  persaecula  saeculorum, 
Amen;  ed  essersi  inoltre  deputata  una  Commissione  a  ricercare  i  do- 
cument! che  meltessero  in  chiaro  il  mal  governo  di  Azzo  d'Este: 
esempio  (soggiunge  il  Campori)  che  nel  1860  il  Dittatore  Farini  voile 
imitato  per  riguardo  agli  Austro-estensi.  Tant'e:  coteste  rivoluzioni 
si  somigliano  anche  a  piu  secoli  di  distanza,  e  sempre  si  mostrano, 
negli  atti  ora  feroci  ora  ridicoli,  le  medesime  pazze ;  eppur  trovano 
sempre,  anche  tra  coloro  che  men  dovrebbero,  chi  faccia  plauso 
alle  loro  pazzie  e  chi  alle  vittime  da  loro  abbaltute  aggiunga,  se  non 
altro,  il  calcio  dell'  asino.  II  nostro  Autore  troppo  e  lontano  da  sif- 
fatte  vilta  ed  ingiuslizie ;  e  siccome  egli  condanna  di  poco  crisliana 
quella  legge  di  maledizione,  che  i  democratic!  del  1306  sancirono 
contro  Azzo;  cosi  siam  certi  ch'  egli  abborrirebbe  di  far  coro  alle 
maledizioni  scagliate  dai  liberalastri  d'oggidi  dietro  gli  Auslro-esten- 
si.  Tanto  piu,  che  se  quell'  Azzo  antico  ebbe  per  avvenlura  qualche 
colpa  verso  i  Modenesi  che  gli  meritasse  il  cacciamento;  i  modern! 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

Duchi  certamente  altra  non  ne  ebbero  fuorche  quella  di  avere  per 
lunghi  anni  beneficato  e  retto  lo  Stato  con  un  governo  che  fu  vero 
modello  di  governo  saggio  e  cristiano.  E  ne  e  prova  luminosissirua 
quel  processo  medesimo  di  mal  governo,  che  il  Dittalore,  d'  infelice 
memoria,  voile  lor  fare;  non  essendo  tutlii  suoi document! riuscili  ad 
altro,  che  ad  un  fiasco  solenne  dell'accusatore  e  ad  un  insigne  pane- 
girico  dell'  accusato,  atteso  la  inanila  maravigliosa  delle  accuse. 

Ma  lasciamo  da  parte  la  Modena  d'  oggidi,  incatenaia  dalla  rivo- 
luzione  al  regio  carro  del  Piemonte,  e  veniamo  a  quella  che,  cinque 
e  sei  secoli  fa,  governavasi  a  libero  Comune.  Nel  giudicar  della  qua- 
le  noi  temiamo  forte  che  il  nobile  Marchese  in  piu  d'  un  Iralto  siasl 
lasciato  far  velo  all'  intelletto  da  certe  idee  dominant!  del  moderno 
liberalismo ;  idee  false  in  se  medesime,  e  piu  false  ancora  quando  si 
applicano  alia  societa  e  alia  democrazia  del  medio  evo.  Certo  e  che 
specialmente  per  quel  che  riguarda  le  relazioni  dello  Stalo  colla 
Chiesa,  un  dei  punti  in  cui  i  nostri  liberali  sogliono  maggiormente 
sbalestrare,  sovente  abbiamo  desiderate  in  lui  quell'assennatezza  e 
verila  di  giudizii,  di  cui  altrove  egli  da  si  buon  saggio. 

Egli  sembra  credere  in  primo  luogo  che  i  diritti  polilici  e  le  si- 
gnorie  de'  Vescovi ,  i  privilegi  e  le  immunila  del  clero  nel  medio  evo 
quasi  allro  non  fossero  che  usurpazioni  fatte  allo  Stato  ,  e  che  lo 
Slato  nel  combatterle  altro  non  facesse  che  rivendicare  il  proprio 
diritto.  Per  lui  coteste  immunila  e  codesti  diritli  sono  appartenenze 
dello  Stato  1 ;  sono  favori  e  privilegi  improvvidi  ed  ingiusti  che  i  Re 
e  gl'Imperalori  concedeltero  agli  uomirii  di  chiesa;  privilegi  fune- 
sti  a  tulta  la  societa  ,  perche  da  essi  derivarono  quelle  guerre  del- 
1'  immunita,  che  fecero  spargere  il  sangue  a  torrenti  2  ,  e  pernicio- 
si  al  clero  stesso  ,  perche  impiglianclolo  nelle  cure  temporal!  il  disto- 
glievano  da  quegli  uflicii  piu  sublimi,  che  soli,  die'  egli,  si  confanno 
alia  sua  condizione  3.  Quindi,  menlre  dall'  una  parte  egli  biasima 
il  clero,  ora  come  ingiusto,  ora  come  cupido  ed  ambizioso,  ed  ezian- 
dio  Qome  violento  e  feroce  pel  difendere  che  facea  i  suoi  diritli  4  • 
daU'altra  pkte  esalta  «  1'energia  e  la  sapienza  »  5  del  Comune,  che 

1  Pag.  99  e  101.  —  2  Pag.  100.  —  3  Pag.  99  e  102.  —  4  Pag.  101.  - 
3  Pag.  131. 


160  RIVISTA 

adoperavasi  a  distruggerli,  e  i « lodevoli  conali  »  che  facea  «  per  tor 
di  mezzo  inveterali  abusi  »  ,  quali  erano  le  «  immunita  ecclesiasti- 
che »  1 ;  e  benche  conceda  aver  esso  a  travalicati  alcuna  flata  i  li- 
Hiiti  della  giustizia  »  con  vessazioni  eccessive ;  a  queste  nondirneno  il 
Campori  trova  facile  la  scusa,  nolando  che  «  non  e  sempre  dell'  infer- 
ma  natura  umana  il  frenare  gli  sdegni ,  sovralulto  se  provocati  2  ». 
Quello  pero  che  il  sig.  Marchese  non  sa  ne  scusare  ne  intendere, 
si  e  che  il  clero  si  oslinasse  a  difendere  le  sue  immunita ,  che  i  Ve- 
scovi  e  gli  Abbali  non  cedessero  subito  alia  prima  richiesta  tutte  in 
un  fascio  le  loro  antiche  regalie  e  feudalita ,  « liberandosi  cosi  da 
quelle  brighe  mondane,  alle  quali  dalla  vocazion  loro  non  sono  chia- 
mati  i  chierici  3  » ;  e  che  i  Papi  con  tanle  Bolle  traessero  in  campo 
a  difendere  i  privilegi  del  clero  e  a  condannare  le  leggi  del  Comune 
a  quei  privilegi  contrarie ,  leggi  cosi  savie  ,  cosi  giuste ,  cosi  utili 
alia  santificazione  del  clero  medesimo.  Ma  cio  che  gli  riesce  al  tulto 
inlollerabile ,  si  e  quella  «  funesla  intromissione  delle  pene  eccle- 
siastiche  nel  governo  della  cosa  pubblica ,  protralta  cosi  a  lungo  »  , 
cioe  fino  all' anno  del  Signore  1217 ,  in  cui  il  Vescovo  Martino  sco- 
municava  i  Vignolesi  4 ;  si  e  quella  frequenza  di  scomuniche  e  d'  in- 
terdetti,  con  cui  « il  Papa  guelfo  colpiva  nei  nostri  ghibellini  gli  av- 
versarii  politici,  vie  piu  se  a  quegl'  Imperatori  aderissero,  che  avean 
piati  colla  Corte  ponlificia  ( vuol  dire ,  agl'  Imperatori  scismatici  e 
scomunicali ) ,  ovvero  facevasi  puntello  a  privilegi  del  clero ,  a  pos- 
sessi  lerritoriali  di  esso  o  anche  a  pretension!  di  Bolognesi  e  di  Mo- 
nad nonantolani  5  » .  E  qui ,  alia  vista  di  cosi  orrendi  abusi  il  buon 
Marchese  non  potendosi  piu  contenere ,  perde  la  flemraa  consueta 
e  tra  sdegnato  e  dolente  esclama :  «  Fu  scandalo  e  lamento  delle  ani- 
me  pie  quel  vedere  la  religione  a  modo  di  arma  politica  adoperata , 
e  come  le  umane  passioni  venissero  componendo  a  foggia  loro  un 
Dio  guelfo  che  da  se  respingeva  i  ghibellini ,  e  coloro  che  al  clero 
quelle  immunita  e  que'  diritti  non  consentissero ,  che  non  sono  di  par- 
ticolari  uomini  o  di  una  casta ,  ma  pertengono  allo  Stato » .  E  siegue 
inveendo  contro  le  Bolle  di  Clemente  V  e  Giovanni  XXII ,  e  di  al- 

1  Pag.  198.  —  2  Pag.  103.  —  3  Pag.  93.  —  4  Pag.  93.  —  5  Pag.  100. 


BELLA  STAMP!  ITALIANA  461 

tri  Papi  (che  allrove  nomina  1 ,  lonocenzo  III,  Onorio  III,  Inno- 
cenzo  IV )  come  rei  di  simili  eccessi ;  le  quali  Bolle  egli  vorrebbe 
che  le  pagine  della  storia  mai  non  ci  avessero  conservato ;  ma  elle 
ci  rimangono  pur  troppo  «  a  condanna  delle  prevaricazioni  di  alcuni 
dignitarii  ecclesiastic!  (cioedeiPapi  predetti)  in  un'epoca  aliena 
dalla  mansuetudine  »  ;  quantunque  ( e  questa  e  1'  unica  sua  consola- 
zione)  «  dalle  opere  di  costoro  nessuna  ingiuria  riceve  la  religione, 
che  troppo  apertamente  nelle  sacre  carte  ogni  qualila  (die' egli)  di 
violenza  e  vendetta,  la  cupidigia  e  1'ambizione  condanna  2  ». 

Del  resto ,  egli  aggiunge ,  queste  acerbe  contese  del  Comune  col 
clero,  in  Modena,  come  a  Parma  e  in  lante  allre  citta,  di  grand'  uti- 
le  tornarono  e  di  gran  decoro  alia  societa  civile ,  in  quanto  che  elle 
«  condussero  ad  una  gradata  emancipazione  del  laicato  dalla  teocra- 
zia ,  che  troppo  nelle  bisogne  temporali  erasi  intromessa  3  » ;  e  tut- 
te  cotesle  leggi  contro  il  clero  «  ci  provano  che ,  se  il  fecondo  prin- 
cipio  di  una  libera  Chiesa  in  libero  Stato ,  da  un  eminente  legisla- 
tore  e  minislro,  che  tutta  Italia  lamenta  perduto,  saviamente  propu- 
gnato ,  non  fu  poluto  dai  padri  nostri  se  non  in  parte  ridurre  in  alto, 
inolto  per  altro  essi  fecero  per  inlrodurlo  irrevocabilmenle  nel  codi- 
ce  loro  e  nelle  norme  del  governo  4  ».  Di  modo  che,  a  parere  del 
Campori,  i  legislalori  Modenesi  del  1327  furono  i  precursor!  del 
nostro  gran  Cavour,  e  il  sistema  oggidi  seguito  dal  Parlamento  e 
dal  Governo  italiano  a  riguardo  della  Chiesa  altro  non  e  che  il  per- 
fezionamento  di  quello,  che  gia  iniziarono  i  famosi  nostri  Comuni  del 
medio  evo. 

Quest'  ultimo  passo ,  che  abbiam  citato  dell'  Autore ,  ci  mostra 
qual  sia  T  errore  fondamentale  della  sua  dottrina  storica,  in  do  che 
riguarda  le  relazioni  dello  Stato  colla  Chiesa,  nel  libero  Comune  di 
Modena  e  negli  altri  Comuni  di  quel  tempo :  errore  per  altro  che  non 
e  suo  proprio ,  ma  puo  dirsi  volgare  presso  tutta  la  scuola  dei  libe- 
rali,  e  di  quelli  specialmente  che  chiamansi  moderati.  Essi  grande- 
menle  ambiscono  di  ripetere  le  loro  origini  dalle  Repubbliche  ita- 
liane  del  medio  evo,  le  grandezze  e  le  glorie  di  quell'eta  democratica 

1  Pag.  129, 130.  -  2  Pag.  101.  -  3  Pag.  102.  -  4  Pag.  127. 


162  RIVISTA 

riguardano  come  retaggio  di  famiglia,  e  que'  fieri  e  potent!  popolari 
che  sfidavano  le  ire  degli  Arrighi  e  dei  Barbarossa  venerano  come 
loro  padri  e  maestri.  Quindi  e  non  solo  1'esaltare  che  fanno  e  Tammi- 
rare  colanto  le  istituzioni,  gli  ardimenti,  i  civili  progress!  di  quell'eta; 
ma  lo  studio  altresi,  con  cui  si  adoperano  di  persuadere  che  lo  spirito 
di  quei  tempi,  spirito  eminentemenle  italiano,  sia  quel  desso  appunto 
che  oggidi  si  vede  risorto  neir  italianismo  liberalesco ,  dopo  il  fer- 
reo  sonno  di  quattro  secoli  in  cui  lo  tenne  oppresso  il  despotismo. 

Ma,  vaglia  il  vero,  essi  vanno  in  do  stranamenle  errati.  L'  Italia  dei 
Comuni  e  assai  piu  lontana  per  indole  e  principii ,  di  quello  che  non 
sia  per  intervallo  di  tempi ,  dall'  Italia  degli  odierni  liberal! ;  la  ge- 
nealogia  dei  quali ,  checche  essi  dicano ,  non  risale  piu  in  la  dei 
Principii  dell'89 ,  e  non  e  germe  schietto  italiano ,  ma  innesto  spu- 
rio  portatoci  d'oltremonti.  Avrebbe  tema  di  un  bel  libro ,  chi  si  fa- 
cesse  a  discorrere  tutte  le  differenze  che  passano,  sotto  ogni  rispet- 
to ,  tra  la  democrazia  dei  Comuni  del  medio  evo ,  e  quella  che  pro- 
fessano  i  nostri  liberali ;  ma  noi  volendone  qui  toccare  un  rispetto 
solo,  attenentesi  al  presentc  nostro  argomento,  quello  cioe  delle 
relazioni  dello  Slato  colla  Chiesa ,  diciamo  essere  tanta  in  cio  la  dif- 
ferenza  tra  i  Comuni  d'allora  e  i  liberali  d'oggidi ,  quanta  puo  es- 
sere Ira  due  termini  non  sol  divers! ,  ma  diametralmente  opposti. 

Infatti ,  mentre  da  un  lato  il  famoso  principio  d'  oggidi ,  libera 
Chiesa  in  Iffiero  Stale,  imporla,  in  teorica,  separazione  inlera  dello 
Stato  dalla  Chiesa,  e  in  pralica,  persecuzione  piu  o  men  dichiarata 
e  violenta  dello  Stato  aleo  contro  la  Chiesa;  nel  medio  evo  al  conlra- 
rio,  e  specialmente  nei  nostri  Comuni,  lo  Slato,  che  era  intimamente 
cristiano,  professava  slretta  congiunzione  colla  Chiesa,  i  cui  dogmi, 
le  leggi,  lo  spirito  informavano  tutte  le  fibre  della  societa.  Quella 
liberta  dei  culti,  che  oggi  si  vanta  come  legge  fondamentale  degli 
Stati  liberali,  allora  non  cadea  nemmeno  in  sogno  ai  nostri  repubbli- 
cani,  i  quali  avrebbero  fatto  ardere  per  eretico  chi  si  fosse  avvi- 
sato  di  fame  in  parlamento  del  Comune  1'assurda  proposta:  e  ne  fan 
testimonianza  le  severissime  leggi,  che  in  lutti  i  loro  Slatuli  si  veg- 
gono  contro  gli  eretici  e  contro  i  violator!  pubblici  del  culto  cat- 
tolico.  E  quei  contrasti  medesimi  che  allora,  come  in  ogni  tempo, 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  463 

la  potesta  civile  moveva  a  quando  a  quando  contro  Y  ecclesiastica, 
non  derivavano  gia,  come  al  di  d'  oggi ',  da  odio  religiose  e  da 
opposizione  sislematica  contro  il  Papato,  conlro  la  Chiesa,  conlro 
il  Caltolicismo,  ma  da  tult'  altra  e  assai  men  rea  cagione,  ed  erano 
d'  indole  ben  diversa  :  erano  scissure  passaggiere,  erano ,  per  dir 
cosi,  contese  dimestiche,  e  prolervie  di  figli  contro  la  lor  madre, 
figlidiscoli  si  e  talvolta  ribelli,  ma  pur  sempre  figli;  laddove  la 
guerra  dei  liberali  moderni  e  guerra  di  nemici  mortali,  che  mirano 
a  dislruggere,  se  fosse  possibile ,  le  basi  medesime  della  Chiesa  di 
Crislo,  e  Cristo  e  la  Chiesa  sterminare  dal  mondo, 

Quesla  opposizione  tra  lo  spirilo  cristiano  dei  Comuni  e  lo  spirito 
anticristiano  della  moderna  demagogia  si  manifesta  chiarissima  fin 
nelle  prime  origini  di  quelli,  e  poscia  in  tulle  le  fasi  e  in  tutti  gli  alti 
della  lor  vita  politica.  Donde  sia  nata  la  demagogia  liberale  dell' Ita- 
lia presente,  1'abbiamo  accennato  poc'  anzi ;  ella  usci  dal  seno  della 
piu  empia  e  sozza  Rivoluzione ,  che  abbia  mai  contaminate  la  terra. 
Laddove  le  liberla  antiche  dei  Comuni  nacquero  in  seno  alia  Chiesa 
e  all'  ombra  di  lei  si  svilupparono  e  crebbero.  Secondo  la  leggiadra 
immagine  del  Leo,  vagheggiata  anche  dall' Hegel  1:  il  polere  dei 
Vescovi  fu  come  la  gemma,  in  cui  rimase  chiuso  per  un  certo  tempo 
il  fiore  della  vita  delle  citla  ilaliane,  fmche  venne  il  di  che  la  gemma 
si  aperse  e  presenlo  allo  sguardo  nel  suo  interiore  come  un  ferace  e 
frutlifero  campo,  sul  quale  fiorivano  rigogliose  le  cilia  d' Italia.  La 
Chiesa  infalti,  in  que'  tempi  caiamitosissimi  che  corsero  per  Y  Italia 
dal  cadere  del  secolo  IX  fino  al  secolo  XI,  tempi  di  anarchia  civile, 
di  guerre  feroci,  d'invasioni  desolatrici;  la  Chiesa,  diciamo,  era 
F  unica  potenza  salvatrice,  che  rimanesse  in  piedi,  1'unico  principle 
d'  ordine,  di  vita  e  di  difesa  socia'e  che  avessero  i  popoli.  Percio 
questi  intorno  a  lei  si  stringevano,  ricoverandosi  aH'ombra  delle  sue 
ali  materne:  gli  abitanti  delle  citta,  abbandonati  dalla  potesta  regia, 
oppressi  dalla  prepotenza  feudale  dei  Conti  e  dei  Baroni,  e  travagliati 
da  disastri  d'  ogni  maniera,  al  Vescovo  ricorrevano,  il  quale  piglian- 
do  la  lor  tutela,  diventava  anche  nel  temporale  loro  padre  e  signore. 

1  Storia  della  Costitusione  dei  MwicipU  italiani,  pag.  438. 


£64  RIVISTA 

In  tal  guisa  nacquero  le  signorie  temporal!  di  molti  Vescovi,  special- 
mente  neir  alta  Italia;  e  per  dire  della  sola  Modena,  che  ne  e  forse 
1'  esempio  phi  antico,  le  regalie  e  il  dominio  che  in  essa  ottenne,  fin 
dall'  892,  il  Vescovo  Liduino,  per  diploma  dell'  imperatore  Guido  da 
Spoleto,  confermato  poi  dai  seguenli  Re  ed  Imperatori,  furono  pre- 
mie dell'aver  esso  riedificato  le  mura,  le  porle,  i  ponli  della  cilia,  e 
restiluito  ai  Modenesi  la  patria,  che  dalle  inondazioni  devastatrici  era- 
no  stati  coslretti  d'abbandonare  1.  E  cola  eziandio,  dove  i  Vescovi 
non  ebbero  il  principalo  della  citla,  la  loro  aulorila  nondimeno  sem- 
pre  apparisce  come  il  sostegno  principale  dei  cittadini,  e  il  cenlro  da 
cui  pigliavano  unita  e  indirizzo  gli  element!  della  vita  del  Comune;  il 
quale,  ne'suoi  primordii,  appenapuo  distinguersi  dalla  Parrocchia  e 
dalla  Diocesi :  tanto  era  intimo  1'accordo  dello  Stato  colla  Chiesa,  de- 
gl'  interessi  civili  coi  religiosi. 

E  merce  appunto  di  questo  invidiabile  accordo,  come  lo  chiama 
T  Hegel  2,  venne  a  svilupparsi  la  grandezza  e  la  liberta  dei  Comuni. 
Le  signorie  e  le  franchigie  ecclesiastiche  furono  la  culla  delle  signo- 
rie e  delle  franchigie  comunali.  II  reggimenlo  paterno  dei  Vescovi, 
la  cui  dolcezza  e  rimasta  proverbiale  in  Germania  3,  e  la  lor  polente 
influenza -nel  la  cosa  pubblica,  fu  quella  che  in  Italia  spiano  la  via 
alia  formazione  delle  repubbliche,  ora  colla  facilila  ond'essi  ammi- 
sero  al  consorzio  del  Governo  e  dei  consigli  i  cittadini,  ora  coll'age- 
volare  che  a  questi  fecero  presso  gl' Imperatori  il  conseguimenlo 
delle  bramale  franchigie,  ed  ora  per  altre  vie  piu  o  men  diretle. 
Vero  e  che  i  Comuni,  tosto  che  cominciarono  a  gustare  la  liberta  e 
il  comando,  non  si  contennero  nei  giusli  limili ;  ma  inorgogliti  e  in- 
grati  contro  la  Chiesa,  vollero  usurpare  per  se  ogni  cosa,  togliendo 
a  poco  a  poco  ai  Vescovi  le  regalie  e  il  dominio,  e  facendo  talvolta 
guerra  eziandio  ai  privilegi  ed  alle  immunita,  che  il  clero  ab  anlico 
possedeva  per  titoli  sacrosanti.  Ma,  in  primo  luogo,  il  processo  me- 
desimo  di  coteste  invasioni  mostra  quanlo  sia  falso  il  concetto  insi- 

1  HAULLEVILLE,  Histoire  des  Communes  lombardes,  T.  I,  p.  184. 

2  Lib.  cit.  p.  439. 

3  Unter  dem  Krummstabe  ist  gut  wohnen,  (E  dolce  vivere  sotto  il  Pastorale) 
antico  proverb  io  tedesco. 


DELL  A  STAMPA  ITALIANA  465 

nuato  dal  Campori,  che  cioe  i  diritti  lemporali  del  clero  fossero  una 
usurpazione  fatta  gia  allo  Stalo  laicale,  e  che  lo  Stato  ossia  il  laicato 
nel  combatterli  allro  non  facesse  che  rivendicare  le  proprie  apparte- 
nenze ,  ed  eraanciparsi  dal  giogo  soperchiante  della  teocrazia.  La 
verita  sta  appunlo  nel  contrario:  giacche  1'usurpatore  fu,  non  il  clero, 
ma  il  laicato,  non  la  Chiesa,  ma  lo  Stato,  il  quale  spossesso  la  Chiesa 
di  quel  dorninio  che  ella  aveva  acquistato  nella  cilia  a  cosi  giusti  ti- 
toli,  ed  esercitato  con  tanta  mitezza  e  ulilila  del  pubblico.  Quanlo  poi 
a  quello  spauracchio  della  teocrazia,  Rien  n  est  plus  risible,  dice 
1'  Haulleville,  que  Us  peintures  que  quelques  historiens  modernes 
font  de  la  theocratic  en  Italic  an  XIH siecle....Qu  onneparle  pas 
d' oppression  des  miles  par  les  eveques:  si  quelqu  un  se  montra  op- 
presseur,  ce  furent  les  autorites  communales  1.  E  siegue,  cilandone 
parecchi  esempii  di  Modena  stessa,  e  di  Parma,  di  Piacenza,  Mila- 
no,  Lucca,  Firenze  ecc.  I  Vescovi  adunque  e  il  clero  nel  difendere  il 
loro  possesso  altro  non  faceano  che  opporre  la  resistenza,  che  ogni 
legittimo  possessore,  ogni  innocente  oppresso  ha  diritto  di  opporre 
alia  prepotenza  dell'usurpatore  e  dell'oppressore:  e  do  posto,  come 
puo  egli  mai  uno  storico  di  senno  e  di  coscienza  far  loro  carico  di  lal 
difesa,  come  di  un  delitto? 

Del  rimanente ,  in  cotes ti  diritti  che  il  clero  difendeva,  sono  da 
ben  dislinguere  due  calegorie,  che  il  Campori  troppo  spesso  confon- 
de :  bisogna  distinguere  cioe  i  diritti  signorili  e  principeschi,  che  i 
Vescovi  aveano  in  molte  cilia,  e  quegli  altri  diritti ,  che  piu  comu- 
nemente  intendonsi  sotlo  nome  d'  immunita  ecclesiasliche  ed  appar- 
tengono  a  tutti  i  chierici ,  come  sono  i  privilegi  del  foro ,  1'  esenzio- 
ne  dei  beni,  e  simili.  Quanto  alia  prima  specie  di  diritti,  la 
Chiesa  non  ne  fu  mai  gran  fatto  tenace.  Allorche  le  condizioni  dei 
tempi  e  la  necessity  o  1'utilila  pubblica  1' aveano  richiesto ,  i  Vescovi 
aTean  preso  in  mano  le  redini  del  Governo,  ed  eran  divenuti  Conti 
e  Principi ;  ma ,  mutate  quelle  condizioni ,  e  giunte  le  comunanze  a 
civile  maturila,  essi  facilmente  cedettero  a  queste  il  comando,  di  cui 
mosiravansi  cosi  yogliose;  e  i  Papi,  benche,  come  difensori  supre- 

1  Lib.  cit.  T.  II,  p.  334. 
Serie  \1}  vol.  II,  fasc.  364.  30  10  Magglo  1865, 


466  RIVISTA. 

mi  di  ogni  diritto,  talvolta  reprimessero  le  tracotanze  dei  laid  con- 
tro  la  signoria  temporale  de'  Vescovi,  nondimeno  furon  ben  lungi 
dal  pretendere  che  questa  fosse  inalienabile.  Pasquale  II ,  come  e 
noto ,  si  profferse  a  cedere  per  parle  della  Chiesa  tutli  i  baronaggi 
feudali ,  purche  1'  imperatore  Arrigo  V  rinunziasse  dal  suo  canto  alle 
investiture  dei  Vescovi  col  pastorale  ed  anello:  e  S.  Gregorio  VII, 
propugnalore  acerrimo  della  liberla  e  potesta  ecclesiaslica ,  fu  cosi 
poco  amico  alle  signorie  feudali  dei  Prelati,  che  anzi  a  lui  e  ai  Papi 
suoi  successori  ed  imitatori  si  deve  in  gran  parte,  prima  il  decadere, 
e  poi  lo  sparire  che  fecero  a  mano  a  mano  cotesle  signorie  in  Italia, 
per  modo  che  sulla  fine  del  secolo  XIII  non  ve  ne  era  tra  noi  quasi 
piu  nissuna,  quantunque  in  Germania  molle  siano  durate  fino  ai  tem- 
pi nostri. 

Ma  non  cosi  avvenne  delle  immunita,  che  propriamenle  diconsi 
ecclesiastiche.  Queste  non  solo  cran  fondate  sopra  antichissimi  e  ir- 
refragabili  titoli  di  possesso,  ma  avevano  in  lima  connessione  co- 
gl'  interessi  piu  vitali  della  Chiesa  e  col  suo  spirituale  minislero,  es- 
sendo  la  salvaguardia  della  liberta  e  della  dignita  del  sacerdozio  in 
mezzo  al  civile  consorzio.  Qual  meraviglia  pertanto  che  la  Chiesa  le 
difendesse  con  lanta  coslanza?  che  i  Vescovi  e  i  Papi  opponessero 
cosi  salda  resistenza  ai  Comuni,  ogni  qual  volta  questi  le  violassero? 
e  che  con  interdetti  e  scomuniche  punissero  i  violatori  e  ne  raffre- 
nassero  gli  eccessi  ?  Si  persuada  pure  il  signor  Campori ,  che  lo 
scandalo  e  il  lamento  delle  anime  veramente  pie  non  era  a  que'  di , 
come  nemmeno  ai  di  nostri ,  1'  uso  che  facesse  la  Chiesa  delle  pene 
ecclesiastiche  contro  i  laici  trasgressori  delle  immunila  ed  usurpatori 
dei  beni  del  clero ;  ma  bensi  1'  abuso  che  cotesti  laici  faceano  e  fanno 
della  potesta  civile  e  della  forza  materiale  contro  i  dirilti  della  Chie- 
sa. E  sia  pure  che  certe  anime  pie  alia  maniera  di  un  Arnaldo  da 
Brescia,  di  un  Marsilio  patavino,  o  dei  Fraticelli  e  altri  cotali  erelici, 
declamassero  conlroPapi  e  Vescovi  pel  difendere  che  facevano  ezian- 
dio  con  pene  spirituali  le  temporalita  della  Chiesa ;  certo  e  pero  che 
lo  spirito  pubblico  della  Cristianita  riveriva  general  men  te  come  giu- 
stissime  coteste  leggi  punitive  della  potesta  ecclesiaslica;  i  Re  e  gli 
Imperatori  le  confermavano  coi  loro  editti,  e  le  corroboravano  colla 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  467 

forza  del  braccio  secolare ;  i  popoli  le  osservavano  e  le  temevano ;  ed 
i  rei  che  ne  erano  colpili,  bene  spesso  a  que'  colpi  salutari  si  raumi- 
liavano,  e  venivano,  non  solo  i  privati ,  ma  anco  le  citta  e  i  Comu- 
ni ,  venivano  pentiti  a  cercare  il  perdono  e  la  pace  della  Ghiesa, 
restituendole  i  suoi  dirilli. 

Cosi ,  per  dime  un  solo  esempio  fra  mille ,  nel  1279  il  Comu- 
ne  di  Modena  mando  a  Firenze  il  suo  sindaco  Andrea  Donelina, 
a  chiedere  umilmente  al  Cardinale  Latino,  legato  di  Nicolo  III,  la 
remissione  della  scomunica  e  dell'  interdetto,  con  formale  promes- 
sa  di  abrogare  gli  Statuti  contrarii  alle  immunita  ecclesiastiche, 
che  erano  stati  causa  di  quel  castigo;  e  nel  1283  avendo  il  Ve- 
scovo  Ardizzone  fatto  al  Podesta ,  al  Capitano  e  ai  Sapienti  e  Di- 
fensori  del  Comune,  inlimazione  legale  di  cancellare  defmitivamente 
dal  libro  degli  Statuti ,  omnia  Statuta,  provisiones  et  alia  accepta- 
ta  contra  libertatem  Ecclesiae;  fu  risoluto  nel  Consiglio  generate 
della  cilia ,  che  da  indi  innanzi  tutti  cotesti  Statuti  contrarii  alia  li- 
berta  della  Chiesa  si  dovessero  aver  per  nulli :  Facta  est  ordinatio 
in  Consilio  generali  Mutinae  quod  Statula ,  provisiones  et  refor- 
mationes,  si  qua  essent  contra  libertatem  Ecclesiae,  nullius  essent 
momenti  1.  Yero  e  che  quesli  pentimenti  non  erano  sempre  dure- 
voli ;  ma,  ad  ogni  modo  essi  mostrano  che  la  santita  del  dirilto 
della  Chiesa  nel  difendere  le  immunila  e  nel  punirne  i  violator! 
eziandio  colla  scomunica,  era  pubblicamente  riconosciuta  e  riverita 
dai  Comuni ;  e  che  il  violarle  o  ii  combalterle  che  questi  talora  fa- 
cevaiio  era  impeto  momentaneo  di  passione  disordinata,  e  non  gia, 
come  vorrebbe  farci  credere  il  Campori ,  sislema  pensato  di  poli- 
tica  e  zelo  di  rivendicare  allo  Stalo  i  suoi  inalienabili  dirilli.  E  per- 
cio  appunlo,  che  la  Ghiesa  da  un  lato  fu  costantissima  nel  difendere 
queste  immunila,  e  dall'  altro  la  societa  civile  intimamente  rispetta- 
vale,  come  giuslissime  e  sacrosante ;  percio ,  diciamo ,  e  avvenuto 
che  elleno  trionfando  di  tutte  quelle  lolte,  siano  sopravvissule  al- 

1  Vedi  le  Intimazioni  legali  del  Vescovo  Ardizzone  ecc.  pubblicate  ed  il- 
lustrate dal  Marchese  GIUSEPPE  CAMPORI  ,  negll  Atti  e  Memorie  delle  RR. 
Deputazioni  di  storia  patria  per  le  province  Modenesi  e  Parmensi.  Vol.  I, 
p.  337  e  segg. 


168  RIVISTA 

T  epoca  dei  Comuni,  e  si  sieno  manlenute  fmo  ai  tempi  moderni, 
ai  quali  soltanto,  ed  alia  loro  liberta  profondamente  atea  era  riser- 
bato  il  manomeltere  e  il  distruggere  tutte  le  liberta  della  Cbiesa , 
lion  solo  spogliandola  violentemente  per  via  di  fatto ,  ma  negandole 
ancora  ogni  diritto. 

Piacesse  a  Dio,  che  i  liberali  moderni  imilassero  daddovero  quei 
nostri  anticbi  repubblicani ,  dei  quali  pretendono  essere  i  legiltimi 
discendenti  I  e  fossero  italiani  al  modo  che  furono  quei  noslri  glo- 
riosi  Comuni!  La  prima  qualila  del  cittadino  italiano  era  a  quei 
di  T  essere  cristiano  caltolico  ;  ogni  Comune  avea  per  patrono 
un  Santo ,  solto  il  cui  nome  governavasi  la  cosa  pubblica ;  e  la 
religione  informava  del  suo  spirito  tutti  gli  alti  della  vita  civile. 
Mentre  oggi  si  spogliano  e  disertano  le  chiese ,  la  piela  dei  noslri 
padri  innalzo  allora  quelle  magnifiche  Caltedrali,  che  formano  tutla- 
via  la  nostra  ammirazione,  e  fondo  ricchissimedotazioni  di  chiese,  di 
monasteri,  d'inslituli  pii  d'ogni  maniera.  Oggi  nelle  Camere  italiane 
i  nostri  legislalori  bestemmiano  impunemenle  quanlo  v'  e  di  piu  sa- 
crosanto  ,  mentre  allora  ogni  Comune  avea  ne'suoi-Statuli  pene  se- 
verissime  contro  i  beslemmiatori  e  gli  oltraggiatori  pubblici  della  re- 
ligione. Al  Papa,  ai  Vescovi,  al  clero,  siccome  padri  e  maestri  della 
societa  cristiana,  si  deferiva  allora  autorila  grandissima  anche  nelle 
cose  meramenle  civili  e  politiche ;  appunto  perche  niuno  sognava 
quella  mostruosa  separazione  della  Chiesa  dallo  Stato ,  che  oggidi 
tanto  si  vagheggia ,  e  molto  meno  quell'  assurda  empieta  di  far  la 
Chiesa  schiava  dello  Slato  e  di  ridurre  i  ministri  di  Dio  alia  condi- 
zione  di  servi  salariati  di  un  qualsiasi  Governo.  E  i  monaci  e  frati , 
che  ora  si  cacciano  a  furore ,  e  si  ^7orrebbero  sterminati  dal  mondo, 
dovunque  splende  la  luce  della  civil  la  liberalesca  ,  siccome  ombre 
malefiche  e  luridi  avanzi  di  anliquala  barbaric;  chi  non  sa  con  quanta 
riverenza  ed  amore  fossero  trallati  dalle  repubbliche  del  medio  evo,  e 
quanta  autorila  e  potenza  esercilassero  in  lulli  gli  ordini  della  sociela 
civile?  Anche  il  Campori  ce  ne  fa  buona  testimonianza  1 ;  e  volendo 
spiegare  perche  a  quei  tempo  gli  Ordini  religiosi  godessero  in  Ila- 

1  Pag.  110. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  469 

lia  tantofavore,  soggiunge,  che  il  furore  delle  fazioni,  i  grand!  delit- 
iie  mal  repressive  guerre  e  le  rovine  da  esse  cagionate,  1'ansia  de- 
gli  animi  pel  continui  pericoli  sovrastanti  dovevano  fare  accogliere 
con  entusiasmo  quegli  uomini  preganti  pace  tra  i  contendenti,  e  pre- 
dicant! coll'  esempio  la  necessita  della  penitenza.  Ma,  da  buon  libe- 
rate ,  egli  tosto  ripiglia ,  che  «  lo  scopo  sociale ,  cui  miravano  i 
monaci  e  che  a  quell'  eta  non  faceva  difetlo ,  collo  svilupparsi  della 
cimlta  ebbe  a  modificarsi  o  a  cessare ;  »  sicche  ai  tempi  nostri  ci- 
vilissimi  i  monaci  piu  non  avrebbero  ragione  sociale  di  esistere. 
Quasi  che  oggidi  piu  non  vi  siano  al  mondo  fazioni  e  guerre ,  e  tre- 
pidazioni  e  disaslri,  e  grandi  delitti  invendicati ,  e  cento  altre  tristi- 
zie ;  laonde  riescano  superflui  cotesli  uomini  preganti  pace  e  predi- 
cant! penitenza  :  per  non  dire  dei  tanti  allri  fini  religiosi  e  social! , 
per  cui  il  clero  regolare  sempre  fu  e  sar&  utilissimo  nella  societA 
cris  liana. 

Anzi  osiam  dire,  che  anche  negli  ufficii  puramente  civili  il 
minislero  dei  frali  riuscirebbe  al  presente ,  come  gia  in  quei  seco- 
1! ,  assai  piu  utile'  spesso  che  non  quello  de'  laici.  In  Modena  (e  lo 
stesso  usavasi  in  altri  Comuni )  piu  d'  una  volta  furono  commes- 
se  ai  frati  pubbliche  cariche,  e  alcune  specialmente  piu  delicate,  che 
esigevano  maggior  fedella  e  disinteresse.  Cosi,  nel  1306,  dovendo- 
si  comporre  il  Consiglio  generale,  il  popolo  a  sei  frati  die  1'  incarico 
di  scegliere  dieci  cittadini  per  porta ,  i  quali  poi  fossero  eleltori  di 
-400  consiglieri  1:  e  nel  Consiglio  talora  adoperavasi  un  frate  a  rac- 
cogliere  entro  un  sacchelto  le  fave  dei  voti  legislativi  2 :  ed  al  gelo- 
sissimo  ufficio  di  massaro,  cioe  di  cassiere  generale  delle  finanze,  so- 
lea  deputarsi  un  frate.  Ora  credete  voi,  che  in  simili  bisogne  i  frati 
anche  oggidi  non  potessero  tornare  utilissimi  allo  Slato?  e  le  finanze 
rovinatissime  di  certi  Stati  non  pare  a  voi  che  andrebbero  un  po' 
meglio,  se,  invece  di  essere  fra  le  ugne  di  certe  arpie  laicali,  fosse- 
ro lasciate  in  mano  ai  frati?  Quell'  ingegno  argutissimo  che  fu  1'  A- 
bate  Martinet ,  si  pose  un  giorno  a  dimostrare  3  che  un  Parlamen- 

1  CAMPORI,  pag.  37. 

2  Pag.  53. 

3  Platon-Polichinelle,  2e  partie,  Chap.  XXXIX  et  XL. 


470  RI  VISTA 

to  di  monaci  e  frati  sarebbe  la  migliore  assemblea  legislativa  che 
potesse  immaginarsi  ai  tempi  noslri  per  uno  Stato  anche  vasto ,  co- 
me la  Francia;  e  il  suo  argomenlo  potrebbe  facilmente  slenders!  a  pa- 
recchie  altre  parti  della  macchina  governativa  ,  quale  oggidi  si  usa 
negli  Stati  costituzionali.  Ma,  fuor  di  celia,  il  fatto  e  che  i  Govern! 
popolari  del  medio  evo  furon  tenerissimi  dei  frati ,  e  che  in  do  si 
dispaiano  infmitamente  dai  Governi  liberal!  alia  moderna.  Quesli  se 
han  qualche  lenerezza  ,  1'  hanno  solo  per  i  frati  sfratati  e  apostati ; 
laddove  i  primi  rigettavano  con  vitupero  cotesli  rifiuti  dei  chiostri ; 
ed  a  Modena  specialmente  v'  era  una  legge ,  la  quale  il  Campori 
trova  severa  1,  che  chi,  dopo  slato  frate  un  anno ,  lasciasse  1'  abito, 
non  fosse  ammesso  ad  ufficio  alcuno,  e  non  fosse  nemmeno  accettato 
in  tribunale  come  teslimonio. 

Egli  e  ben  vero,  che  questo  amore  dei  frati  non  basta,  ci  avverte 
il  Campori  2,  a-dimostrare  ia'somma  pieta  de  padri  nostri;  i  quali, 
d'altra  parte,  facean  guerra  talvolta  alle  immunita  clericali  e  si  attira- 
van  sul  capo  gl'interdetti.  Pii  furono  essi  al  modo  loro,  non  a  quello 
che  alcuniprediligono.  Verissimo:  la  loro  pieta  non  giunse  pur  troppo 
a  quel  grado  ideale  di  somma  e  perfetta  pieta,  che  uno  Stato  cristiano 
dovrebbe  inalterabilmente  professare  verso  la  sanla  madre  Chiesa  : 
essi  furono  pii  al  modo  loro ,  cioe  al  modo  d'  uomini  imperfelti ,  che 
spesso  prevaricano  per  passione  al  dovere  da  essi  conosciuto.  Ma 
eglino  furono  ben  lungi  altresi  dall'  esser  pii,  al  modo  che  vorreb- 
bero  essere  oggidi  certi  liberali  moderati,  certi  troppo  semplici  pa- 
negiristi  della  Chiesa  libera  in  libero  Stato.  Lo  spirito,  le  massime, 
i  costumi ,  le  leggi ,  la  storia  intera  dei  Comuni  altamente  grida- 
no  contro  questa  sciagurata  massima ,  che  il  liberalismo  odierno  ha 
tolla  per  sua  divisa ;  e  quindi  possiamo  a  tutta  ragione  conchiudere 
che  ,  per  cio  che  riguarda  le  relazioni  dello  Slato  colla  Chiesa ,  non 
v'&  niuna  soiniglianza  ne  affinita  tra  la  liberla  degli  antichi  Comuni 
e  il  liberalismo  dell'  Kalia  moderna. 

Ci  duole  che  una  verila  si  lampante  sia  sfuggita  agli  occhi  del 
nostro  Aulore ,  e  che  il  suo  libro ,  cosi  asseiinato  in  altre  parti , 

1  Pag.  136.  -  2  Pag.  111. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  471 

in  quesla  principalmente  si  mostri  tanlo  povero  di  senno  storico. 
Se  quei  buoni  Modenesi  del  medio  evo  potessero  alzar  la  voce 
dalle  lor  tombe,  sarebbero  i  primi  a  protestare  contro  1'  onore  che  il 
Campori  lor  voile  fare,  ma  che  eglino  terrebbero  per  oltraggio  gran- 
dissimo,  di  essere  doe  riputati  precursor!  e  complici  della  moder- 
na  empiela  liberalesca ;  ed  a  quella  protesta  senza  dubbio  farebbe- 
ro  eco  e  plauso  sincerissimo  lutti  i  Modenesi  d'  oggidi ,  tulti  quelli 
almeno ,  ai  quali  son  veramente  care  le  glorie  della  loro  citta  ,  in 
ogni  tempo  insigne  fra  le  citta  d'  Italia  per  pieta  e  religione. 

II. 

Italia.  Cantidiun  Crisliano  — -  Italia,  ilcentenario  di  Dante. 
Un  volume  in  8.°  di  pag.  84. 

Non  potremmo  noi  fare  ne  piu  vero  ne  phi  alto  elogio  di  questa 
serie,  benche  breve,  di  Canti,  che  dirla  uno  de'bei  ritralti  di 
poesia  dantesca ,  in  opera  di  flagellare  le  grandi  e  pubbliche  colpe. 
Di  falti  tutto  ci  par  dantesco ;  il  pensiero  robusto  e  dignitoso  nel 
suo  concetto,  scolpito  e  nobile  nella  sua  espressione;  le  immagini 
sobrie,  mavivaci;  1'affetlo  vigoroso  e  caldo,  ma  non  punto  sfor- 
zato;  lo  stile  temperato  col  soggetto,  ma  sempre  rapido;  final- 
mente  puro  e  gastigato  il  linguaggio,  Che  se  alcuna  volta  pecca  di 
oscurila ;  se  1'  armonia  non  e  sempre  sentita ;  se  alcun  modo  puo 
essere  censurato  di  poca  italianita ;  in  una  parola,  se  fra  i  molti  pregi 
possono  esser  notati  difetti  contrarii,  o  sia  nello  svolgimento  poetico, 
o  sia  nella  dizione  ;  essi  pero  non  distruggono  il  bello  del  tutto ,  e 
solo  fanno  desiderare,  che  il  Poeta  con  piu  assiduo  esercizio  di  una 
facolta,  di  cui  si  mostra  assai  bene  fornito,  ma  forse  non  egualmen- 
te  abituato  ,  faccia  disparire  i  pochi  nei  che  1'  annebbiano. 

Ma  quale  e  dunque  il  soggetto  di  quesli  versi?  II  titolo  lo  dice: 
e  1'  Italia.  E  forse  qualcuno,  sentendo  lodarsi  a  si  alto  segno  1'  Auto- 
re,  come  tulto  informato  di  dantesca  poesia ;  chi  sa  che  non  creda 
essersi  anch'  egli  accordato  co'  Corifei  della  nuova  Italia ;  e  come 
questi  fanno  a  Dante  feste  e  baldorie ,  perche  dicono  di  avere  ap- 
preso  da  lui  il  concetto  di  quella  grandezza ,  a  cui  essi  finalmente 


BIVISTA 

sono  riusciti  a  recare  la  Patria ;  cosi  il  nostro  Poeta  ne  risvegli  il 
canto,  per  celebrarne  la  medesiraa  idea ! 

Se  non  che ,  tra  i  Dantisli  della  rivoluzione  e  1'  Autore  di  quest! 
versi,  passa  una  gran  differenza.  Quesla  e,  che  i  primi  commendano 
in  Dante  i  loro  sogni ;  malizia  o  inganno  che  sia :  ma  di  quello  che 
Dante  scrisse,  punto  non  si  brigano  di  sapere;  e  per  molti  di  loro  la 
Divina  Comraedia  non  e  poema  piu  italiano  che  arabo.  Laddove  il 
secondo  non  solo  ha  studiato  in  Dante ,  per  conoscere  il  pensiero  di 
lui ;  ma,  per  quanlo  e  possibile,  si  e  adoperato  di  far  suo  il  modo  di 
concepire  di  quel  sommo.  Pero  la  sua  Italia  e  la  Italia  della  Rivo- 
luzione pur  essa ;  da  sfolgorarla  pero ,  come  Dante  sfolgoro  1'  Italia 
de'suoi  tempi,  divisa  da  fazioni ,  conlristata  da'suoi  mille  tiranni, 
ammorbata  dai  loro  innumerevoli  delilli.  La  quale,  se  punto  si  di- 
versifica  dalla  presente ,  si  diversifica  in  cio ,  che  ne  rimane  mille 
tanti  al  di  sotlo  per  ogni  opera  di  tristizia ,  e  calamita  pubbliche 
de'  popoli  e  private  de'  ciltadini. 

Daremo  ai  leltori  un  piccolo  saggio  di  quesle  poesie,  toccando  de- 
gli  argomenli  che  trattano,  e  recandone  in  mezzo  di  piccioli  brani , 
per  esempio  del  rimanente. 

Come  dicevamo,  1'  Italia  rifalta  e  il  soggetto  de'  Canti.  Pero  nel 
primo  di  essi  il  Poela  s'  interroga,  non  forse  questa  Terra,  dopo  tan- 
te  e  si  lutluose  sperienze ,  e  falla  scorta  dalla  voce  de'  suoi  savii , 
si  sia  finalmenle  consigliata  di  sorgere  dallo  stato  di  abiezione , 
d'  ignavia  e  di  avvilimento  morale,  in  cui  da  si  gran  tempo  pe'  suoi 
vizii  dimorava.  Di  cio  gli  fanno  speranza  gli  eccitamenti  a  grandez- 
za,  a  gloria,  a  virtu,  che  ode  dapperlutto,  e  gli  onori  centenarii 
che  sono  a  Dante  decretali. 

Dunque  ebbe  Italia  infin  se  stessa  a  vile, 

Riscossa  a  un  tratto  de'  suoi  eccessi  al  tuono, 

All'acuto  lezzar  di  suo  covile? 
Se  questi  1  applaude,  e  se  vero  anche  e  il  suono 

Che  onor  rinnova  al  suo  divin  Poeta, 

Del  retto  accesi  omai  gli  animi  sono? 

1  Se,  cioe,  applaude  ai  sapienti,  de'  quali  ha  parlato  innanzi. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  473 

II  che  se  e  vero,  cio  che  dunque  si  brama  non  dovrebbe  essere  al- 
tro,  che  quanto  puo  fare  grande  e  felice  ogni  nazione  :  la  soggezione 
a  Dio,  la  venerazione  e  1*  araore  alia  religione ,  il  rispetto  al  dritto , 
la  vera  scienza,  la  legittima  indipendenza. 

Questa  e  si  cerlamente  la  idea  della  vera  grandezza  nazionale.  Ma 
tutto  in  conlrario  1' ban  no  intesa  i  riformatori  dell' Italia :  e  come 
ce  1'  hanno  essi  foggiata,  con  quai  mezzi  e  sino  a  qual  segno,  eel  di- 
pinge  il  Poela  a  vivi  colori  nel  secondo  Canto ,  facendo  de'  principal! 
di  quelli  e  delle  opere  loro  ima  breve  e  fedele  rassegna.  Reciliamo- 
ne  qualche  Iratlo : 

Venite  innanzi  voi,  che  i  primi  siete 

Fabbri  d'  Italia,  e  se  alia  magna  impress 

Questo  e  il  cammino  o  il  fin  mi  rispondete  I 
Coll'epa  grassa  e  con  la  vista  lesa, 

Padre  Cavour,  quest'  e  la  liberta 

Che  proraettevi,  e  la  libera  Chiesa? 
Libero  Stato,  sola  verita 

Di  lue  menzogne ;  e  d'onde  Italia  infine 

Ne'  parricidi  suoi  ebbe  unita. 
I  parricidi,  che  aggiustando  al  crine 

Dell'  infranta  corona  i  pezzi,  a  galla 

Van  sull'onde  fecciose  cittadine. 
Prima  razza  davvero  e  prima  stalla, 

Airarmento  minor  d'esempio,  come 

La  bestia  impingua  sul  comun  che  avvalla. 
E  qual  linguaggio  mai  puo  darmi  un  nome, 

A  dir  le  moltitudini  efferate, 

Disbramandosi  sempre,  e  sempre  indome? 

E  cosi  seguita ,  con  pochi  ma  sentiti  colpi  di  pennello  maestro,  a 
tratteggiare  gli  altri  mali  e  le  sempre  crescenti  rovine,  che  mollipli- 
ea  la  Rivoluzione;  1'onta  de'  costumi,  i  latrocinii,  le  carnificine,  gli 
assassinii  pubblici  e  privati.  Ecco  poche  stanze ,  ma  sugosissime , 
sulla  guerra  civile  dell'  Italia  meridionale. 

Sono  a  fronte  due  parti.  Incendia  1'una 
D' Italia  in  nome,  e  ammazza,  e  si  rincagna 
Fin  contro  yecchi,  e  donne  e  infanti  affuna. 


474  RIVISTA 

E  perche  1'altra  indietro  non  rimagna, 

Brucia,  rapina,  uccide,  il  sangue  spreme, 

E  smerabra  e  squarta  e  caya  fuor  1'entragna. 
0  veramente  rinnovato  seme 

De'  prischi  padri !  0  mia  virtu  latina, 

Che  rifiorisci  di  feconda  sperae ! 

Or  che  sara  da  sperare  per  la  civile  societa  tra  le  future  generazio- 
ni?  A  fame  congettura  da  pessimi  germogli,  che  sono  cosi  pestilenziali 
alia  presente,  non  e  da  pronoslicare  altro  che  danni  ognora  piu  gravi. 

E  gia  qual  fia  la  messe  da  segare, 

Ben  a'  carapi  si  yede ;  e  quai  saranno 

I  novi  arnesi,  alia  fucina  apparel 
Di  tanto  sangue  e  lutto,  nasceranno 

Ad  altro  i  figli  che  a  yendetta?  Ahi,  sempre 

D'  inique  eta  perverse  eta  si  fanno ! 

Ognuno  sa  che  1'arte  di  preparare  le  rivoluzioni,  sicche  riuscis- ] 
sero  a  stabil  fine ,  fu  quella  di  falsare  le  scienze ;  stabilendo  massi- 
me  di  sovversioni,  come  principii  di  vera  dottrina,  ed  elevando  i 
suggerimenli  delle  passioni  in  assiomi  di  diritlo.  Con  questo  lungo 
lavorio  si  e  giunto  altresi  a  formare  codesto  ludibrio  dell'umana  na- 
tura ,  che  vuol  farsi  nominare  Regno  d'  Italia.  Che  pero,  a  conser- 
varlo,  si  melte  ogni  opera  di  riconfermare  le  menti  negli  errori,  te- 
nendo  lonlano,  quanto  e  possibile,  la  luce  della  verita,  e  procurando 
che  domini  o  1'ignoranza,  o,  che  e  peggio,  la  falsa  scienza.  A  che 
conduce,  se  non  fosse  altro,  la  liberla  sfrenata  del  pensiero  :  che  co- 
me una  e  la  verita,  cosi  una  e  la  vera  scienza ;  quella  che  muove  da 
Dio,  e  riconduce  a  Dio.  Entro  questo  argoraenlo  si  contiene  il  terzo 
Canto,  pieno  di  alti  concetti,  de'  quali  toccheremo  alcuni.  Dopo  ra- 
gionato  dell'  eccellenza  della  vera  scienza  e  della  sua  unita,  nel  sen- 
so  accennato  di  sopra,  la  mette  in  confronto  colla  scienza,  che  am- 
manniscono  alia  povera  Italia  i  Dottori  della  Rivoluzione.  A  giudi- 
carne  egli  crede  bastevole  fare  un  picciol  ritraito  morale  di  ciascun 
di  costoro :  dopo  di  che  volto  all'  Alighieri  cosi  esclama  : 

E  tu,  divo  Alighier,  gli  occhi  disserra, 
Tu  che  a  formar  1'angelica  farfalla 
Gridi  ch'  e  posto  1'uoni  sopra  la  Terra ; 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  475 

E  che  qualunque  via  mostri  che  falla 

Che  non  sia  Cristo ;  e  che  cittade  vera, 

Di  volontati  accordo,  DOD  s'astalla 
Che  in  solo  Cristo;  ed  Ei  1'eterna  spera, 

Onde  la  scienza ;  ed  Ei  virtu  infinita, 

Che  alia  nostra  virtu  da  forza  intera : 
Apri  gli  occhi,  o  divin,  che  vuoi  la  vita 

In  Cristo  tutta,  e  vedi  in  quai  dottrine 

La  gioventude  italica  e  nudrita  1 
Vedi  la  morte,  yedi  le  mine ; 

E  come  dalle  scuole,  ove  di  basti 

S'incarcano  gl'ingegni,  e  in  cui  le  Erine 
Spengono  il  santo  amore  e'  pensier  casti, 

Tratta  e  la  gioventii  nell'orgie,  ch'ebbre 

Martellano  1'  Uom  Dio,  che  tu  cantasti. 

II  Canto  IV  tralta  della  Patria;  e  mostra  che  Y  Italia,  non  che  es- 
ser  divenuia  degl'  Italian!,  con  cio  che  si  e  macckinato  sotto  appa- 
renza  di  amor  di  patria,  e^stata  anzi  sfacciatamente  yenduta  e  mes- 
sa  alia  balia  dello  straniero. 

Nel  V  e  chiamata  in  esame  questa  fittizia  unita,  per  la  quale  sono 
state  adunate  in  un  sol  corpo  membra  disparatissime.  Ma  non  gia 
corpo  risultante  da'  suoi  natural!  costitutivi,  si  veramente  un  mo- 
stro  n'  e  polulo  riuscire,  che  si  manliene  cosi  composto,  non  punto 
per  yirtu  d'intrinseco  principio  di  unita,  cioe  della  ragione  e  del  di- 
ritto,  ma  per  la  estrinseca  violenza  della  forza. 

II  VI  e  direlto  ai  Potenlati,  e  potremmo  inlitolarlo  il  colpevole  In- 
tervento,  e  il  colpevole  Non  intervento.  In  esso  il  Poeta ,  lamentato 
per  alcuni  versi  le  ingerenze  straniere  nella  Italia ,  e  1'  arbitrio  set- 
tario  che  ha  fatto  e  fa  strazio  crudele  d'  ogni  piu  sacrosanto  diritto , 
yolge  con  meraviglia  gli  occhi  ai  Sovrani  di  Europa ,  che  vede  con- 
lemplare  con  animo  inseusibile  tanto  scempio ;  offesi  o  da  cecita,  che 
non  fa  lor  scorgere  in  quest!  mali  il  proprio  pericolo ,  ovvero  impe- 
diti  da  discordie,  che  li  disunisce  e  li  rende  impotent!  ad  arrecarvi 
rimedio.  Pero  esclama: 

Che  fanno  i  Regi  tutti,  che  al  segnale 
Della  vergogna  almen  levati  insierae, 
A.llo  Spirto  del  mal  non  troncan  1'ale? 


476  RIVISTA 

Or  godi,  Italia ;  che  alle  tue  supreme 

Nozze,  acciocche  non  fossero  turbate, 

Fe  di  sua  luce  Iddio  lor  menti  sceme. 
Onde  simili  a  te,  di  Lui  private, 

Son  elli  esempio  di  nature,  in  gioco 

Da  serpente  magnetico  aggirate. 
In  lor  consiglio  nulla  impresa  ha  loco, 

Ciascun  dal  suo  fantasima  e  riscosso, 

Cupido  ognun  di  se,  tutti  son  poco. 

Unica  eccezione  di  si  universale  tristizia,  o  imprevidenza,  o  dappo- 
caggine,  e  il  supremo  Ponlefice,  il  Re  di  Roma.  Vogliamo  che  il  let- 
tore  gusti  per  intero,  senz'  altro  nostro  commento,  questo  bellissimo 
tratto.  Dice  dunque  cosi : 

Men  sopra  gli  altri  un  sol ;  che  tocco  e  scosso 

Non  che  dal  serpe,  dair  inferno,  Ei  stando 

Sulla  pietra  eternal,  dice :  Non  posso ! 
Suso  tragge  le  palme,  in  Dio  mirando, 

Fervida  prece  notte  e  giorno  leva, 

E  secure  di  Dio,  geme  aspettando. 
Geme,  in  veder  Babelle  che  solleva 

Le  rotte  coma  alle  stoltizie  prime, 

E  di  Cristo  1'ovil  persegue  e  aggreva. 
Geme,  che  infino  al  loco  ov'  Ei  sublime 

Vice  ha  di  Cristo,  arriva  il  maledetto 

Satanna,  e  il  puzzo  del  suo  fiato  imprime. 
E  con  quanto  puo  mai  toccar  1'affetto, 

Invita  a  tregue,  a  patti ;  ed  Ei  costante, 

Dice :  Non  posso !  con  la  croce  stretto. 
Oh,  vivo  lume  di  due  voci  sante  1 

Oh,  fortezza  d'amor,  se  conosciuta 

Fosse  dal  mondo,  che  tempesta  errante ! 
E  invece  alia  parola  che  rifiuta 

Rinfoca  1'odio,  e  le  bestemmie  accarca 

L'  insana  moltitudine  perduta. 
Di  quella  voce  al  suon  le  ciglia  inarca 

II  saccente  del  secolo,  che  aspetta 

L'ignudo  pescator,  la  rozza  barca. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  477 

Stolto !  che  col  Giudeo  d'un  pane  affetta ; 
Quest!  cerca  un  messia  non  sovrumano, 
Simone  alzato  in  Cristo  egli  rigetla. 

Quindi  Roma  papale  e  la  vera  salute  del  mondo  lutto,  nonche  di 
questa  nostra  Italia.  Che  percio  contro  essa  principalmente  si  arro- 
vella  la  Rivoluzione  ;  e  quella  conquistata  crede  di  avere  ottenulo  il 
finale  Irionfo:  come  per  opposto  si  crede  appena  al  principio  delle 
sue  imprese,  se,  fatto  ogni  altro  guadagno,  non  e  padrona  di  Roma. 
E  questo  appunto  e  il  soggetto  dell'  VIII  ed  ultimo  Canto,  nel  quale 
il  Poeta  fa  di  torre  ai  tristi  1'  empia  speranza  di'potere  giammai  sog- 
giogare  la  divina  virtu  che  la  sosliene ;  avvegnache  possano  avere  a 
quando  a  quando  maleriali  e  temporanei  vantaggiv 

0  dispetta  del  Ciel,  empia  semenza, 

Or  tu  se'  ignara,  che  di  sveglier  Roma 

Precipito  mai  sempre  la  demenza? 
II  fulmine  non  senti  che  gia  toma? 

Non  la  guerra  fra  voi,  da  che  s'alzaro 

Le  sacrileghe  ciglia  alia  sua  chioina? 
Che  se  perfide  lance  la  privaro 

Di  sue  vesti  gran  parte,  quelle  vesti 

Onde  i  secoli  e  Dio  la  circondaro  ; 
Non  v'accorgete  voi  che  furon  quest! 

Delia  morte  d' Italia  i  primi  allori? 

De'  quai  tu,  Gallia,  la  corona  avesti. 

Gran  forza  e  quasi  sovrumana  halaPoesia;  specialmente  quando 
chi  ne  possiede  1'arte  sa  ispirarla  ai  veri  sublimi  della  Religione ! 
Informata  di  si  divina  virtu  essa  e  luce  ed  amore,  se  si  fa  a  rischia- 
rare  le  menti  desiderose  della  verita,  e  a  molcere  i  petti  innamorati 
del  bene ;  ed  e  schianto  di  fulmine,  se  si  rivolge  a  sfolgorare  gli  er- 
rori  e  percuolere  i  tristi.  A  queslo  modo  dimostro  il  sommo  della  sua 
efficacia  per  opera  del  massimo  fra  i  poeti ;  e  in  somiglianle  guisa 
puo  tornare  al  suo  vero  onore,  per  opera  di  coloro,  che  la  sappiano 
convenevolmente  derivare  dalle  medesime  fonli. 


SCIENZE   NATURALI 


1.  Foto-scultura  —  2.  Usi  dell'olio  di  petrolio  —  3.  Macchina  daprodurre 
il  freddo  —  4.  Acido  fenico  —.5.  Istmo  di  Suez. 

1.  Per  mezzo  delle  fotografie  plane  si  puo  eseguire  un  busto,  una  sta- 
tua  o  un  altro  oggetto  qualunque  di  tre  dimension!,  con  un  processo  mec- 
canico,  e  senza  1'opera  di  uno  scultore  che  copii  1'originale,  ed  ancora 
senza  che  colui  che  ritrae  abbia  visto  1'originale.  Quest' applicazione 
della  fotografia  chiamata  foto-scultura,  e  invenzione  del  sig.  Willeme 
eccellente  scultore  francese,  il  quale  ogni  qual  volta  poteva  procurarsi 
una  fotografia  di  quelli  che  volevano  essere  scolpiti,  si  studiava  di  va- 
lersene  nella  esecuzione  de'  bassirilievi,  de'  busti  e  delle  statue  che  gli 
erano  ordinate.  Seguendo  con  una  delle  punte  del  pantografo  i  contorni 
della  pruova  fotografica,  percorreva  coll'altra  punta  il  modello,  e  cosi  ne 
scopriva  e  correggeva  i  difetti.  Ma  cio  che  otteneva  con  una  sola  fotogra- 
fia della  persona  o  dell'oggetto,  comprese  di  leggeri  che  avrebbe  otte- 
nuto  incomparabilmente  meglio  con  molte:  e  quindi  penso,  che  se  avesse 
avuto  in  mano  un  sufficiente  numero  di  profili  fotografici ,  ricavati  nello 
stesso  tempo  da  un  egual  numero  di  camere  oscure,  collocate  in  cerchio 
attorno  all'esemplare,  facilmente  avrebbe  potuto  comparando  col  profile 
di  ciascuna  fotografia  il  profilo  corrispondente  del  modello,  condurre  que- 
sto  a  perfetta  somiglianza.  Donde  fece  ihcontanente  un  altro  passo,  pen- 
sando  che  in  luogo  di  correggere  il  modello  quando  era  quasi  finito,  po- 
teva applicare  di  primo  tratto  il  pantografo  alia  massa  di  argilla  abbozzata 
allagrossa,  e  tagliarla  intorno  di  mano  in  mano,  seguitando  1'uno  dopo 
1'altro  i  segni  delle  diverse  pantografie.  Nella  pratica  il  numero  delle  fo- 
tografie, rappresentanti  1'oggetto  sotto  different!  punti  di  vista,  e  di  ven- 
tiquattro:  e  non  si  deve  far  altro  che  girare  quindici  gradi,  cioe  la  ven- 
tiquattresima  parte  della  circonferenza  di  cerchio,  il  bozzo  di  creta  dopo 


SCIENZE  NATURAL!  479 

cseguito  ciascun  profile  colla  punta  del  pantografo ;  con  che  dopo  1'  inte- 
ra  rivoluzione  si  avra  una  riproduzione  solida  e  perfetta  delle  ventiquat- 
tro  fotografie.  II  perche  siccorae  la  fotografia  serve  a  copiare  i  quadri  dei 
grandi  maestri,  cosi  la  foto-scultura  yarra  a  riprodurre  le  opere  di  scultu- 
ra  senza  far  loro  perdere  niuno  de'pregi  che  le  rendono  celebri. 

2.  I/olio  di  petrolio  e  stato  riguardato  e  adoperato  insino  ad  ora  quasi 
unicamente  come  sostanza  illuminante,  e  sotto  questo  rispetto  si  puo  di- 
re che  ha  incontrato  numero  uguale  di  ayyersarii  e  di  difensori.  Laonde 
se  non  si  volesse  o  lion  si  potesse  far  servire  ad  altro  uso,  la  sua  fortuna 
non  sarebbe  per  ancora  assicurata  certamente.  Ma  esso  e  utile  in  molte 
altre  applicazioni  dell'  industria,  delle  quali  una  delle  piu  curiose  e  delle 
piu  important!  e  quella  che  spetta  all'arte  tintoria. 

Quest'  arte  ha  fatto  in  questi  ultimi  tempi  notevoli  progress! ,  e  fa- 
ranne  altri  nuovi  merce  del  petrolio,  il  quale  in  fatto  di  colorazione  pro- 
duce effetti  rilevanti :  ed  avrebbe  luogo  in  essa  un  yero  rivolgimento, 
se  fosse  possibile  di  ottenere  a  buon  mercato  le  delicate  gradazioni 
de' colon  col  dett'olio,  specialmente  quelle  del  color  malva  cotanto 
ricercate.  Cotali  gradazioni  sono  prodotte  col  mezzo  dell'anilina,  che  e 
un  estratto  dell'am'/  o  anir,  yarieta  delle  indigofere ;  la  quale  sostan- 
za, benche  da  lungo  tempo  scoperta  dagli  uomini  di  scienza,  non  e 
stata  finora  convenientemente  pregiata.  Ora  il  petrolio  contiene  i  prin- 
cipii  dell'anilina. 

Ma  ecco  un' altra  applicazione  di  maggior  utilita.  II  dottor  Decaisne 
d'Anversa  ha  scoperta  questa  nuova  e  singolare  proprieta  dell'olio  di  pe- 
trolio, di  distruggere  instantaneamente  1'insetto  parassilo  che  chiamasi 
acarus,  e  che  e  la  cagione  della  malattia  della  pelle,  conosciuta  col  nome 
di  scabbia.  La  maniera  di  applicare  il  rimedio  e  semplice  assai,  perche 
basta  solo  stendere  1'olio  sulla  parte  malata,  senza  ne  anche  strofinarla. 
11  vapore  poi  dell'olio  e  sufficiente  a  disinfettare  le  vestimenta  ammor- 
bate  dal  veleno.  Non  vi  ha  dubbio,  che  lo  stesso  rimedio  non  si  possa- 
adoperare  nelle  altre  malattie  della  pelle,  che  hanno  una  origine  analoga 
negl'insetti  parassiti :  ed  e  ancora  da  credere,  che  i  contadini  e  gli  agri- 
coltori  se  ne  possano  giovare  nell'esercizio  di  loro  professione. 

3.  Richiesto  il  sig.  Kirk  fin  dal  principio  dell'anno  1862,  se  si  potesse, 
ad  ottenere  il  freddo,  adoperare  un  agente  diverso  dall'etere,  gli  yenne 
subito  nelFanimo  1'aria  atmosferica,  si  perche  in  essa  non  s'  incontra  ye- 
run  pericolo,  e  molto  piu  perche  non  costa  nulla ;  e  dopo  yarie  espe- 
rienze  giunse  finalmente  a  costruire  un  piccolo  modello  atto  a  congelare 
il  mercuric.  Laonde  fu  immediatamente  costruita  una  grande  macchina, 
la  quale  operando  in  maniera  soddisfacente,  si  mise  da  banda  la  macchi- 
na ad  etere:  e  nello  scorso  anno  se  n'e  fabbricata  un' altra  piu  potente, 
che  somministra  nello  spazio  di  yentiquattro  ore  tre  tonnellate,  cioe  tre 
mila  chilogrammi  di  ghiaccio.  Ecco  Aorincipio,  su  cui  sono  state  co- 


480  SCIENZE  NATURALI 

strutte  queste  macchine.  Se  chiudesi  una  certa  quantita  di  aria  in  un 
yaso  resistente,  il  quale  comunica  con  una  pompa  ad  aria,  e  si  fa  di- 
scendere  lo  stantuffo  spingendolo  colla  mano ;  egli  e  chiaro  che  si  corn- 
prime  1'aria  chiusa,  e  che  nell'atto  della  compressione  si  riscalda.  Or  se 
dopo  essersi  raffreddata  si  lascia,  che  agisca  contro  lo  stantuffo  e  ritorni 
al  suo  volume,  essa  si  dilatera  nello  stesso  tempo  e  continuera  a  raffred- 
darsi ;  ma  lo  stantuffo  non  verra  ricondotto  al  punto  onde  si  era  partito, 
perciocche  lo  sforzo,  che  fa  1'aria  dilatandosi,  e  minore  di  quello  che  fu 
adoperato  a  comprimerla. 

Affine  di  trasformare  quest'  apparecchio  elementare  in  una  macchina 
di  raffreddamento,  conveniva  soddisfare  a  due  condizioni.  La  prima  era 
che  la  compressione  o  il  riscaldamento,  e  la  dilatazione  o  il  raffredda- 
mento si  operassero  in  due  compartimenti  separati ;  de'  quali  il  primo 
fosse  tutto  circondato  di  acqua  che  assorbisse  il  calore  generate,  e  1  altro 
fosse  cinto  della  sostanza  che  si  voleva  raffreddare,  alia  quale  si  venisse 
cosi  togliendo  il  calore.  Uno  de' compartimenti  essendo  perquesto  modo 
assai  freddo  e  1'altro  caldo,  la  seconda  condizione  era,  che  1'aria  andasse 
continuamente  da  un  compartimento  all'altro,  senza  portare  con  se  il  ca- 
lore del  compartimento  caldo  al  compartimento  freddo.  Per  cagion  d'e- 
sempio,  se  la  temperatura  del  compartimento  caldo  fosse  stata  di  70  gradi 
e  quella  del  compartimento  freddo  si  fosse  trovata  a  zero,  1'aria  sarebbe 
dovuto  entrare  nel  compartimento  freddo  prima  che  si  fosse  dilatata, 
avente  una  temperatura  il  piu  che  era  possibile  vicina  a  zero,  e  ritor- 
nare  nel  compartimento  caldo  perche  fosse  di  nuovo  compressa,  con  una 
temperatura  presso  a  poco  di  70  gradi.  Tutto  cio  si  e  ottenuto  agevol- 
mente  merce  della  bella  invenzione  di  Stirling ,  alia  quale  si  da  qualche 
•volta  il  nome  di  rigeneratore  o  spiratore ;  Yale  a  dire  adoperando  un  gran 
numero  di  tele  metalliche,  a  traverse  delle  quali  1'aria  successivamente 
va  e  viene  da  un  compartimento  all'altro.  Allorche  la  macchina  opera 
,bene,  le  prime  tele,  che  sono  dalla  parte  del  compartimento  caldo,  diven- 
tano  cosi  calde  come  questo  compartimento,  e  le  ultime,  che  sono  verso 
il  compartimento  freddo,  si  raffreddano  al  paro  di  esso;  mentre  quelle  al- 
tre  che  sono  nel  mezzo  hanno  i  varii  gradi  delle  temperature  intermedie. 

Cosi  dunque  il  sig.  Kirk  valendosi  di  questo  ritrovato  dello  Stirling 
ha  saputo  fare,  che  1'aria,  siccome  allorche  si  parte  dal  compartimento 
caldo,  riscaldi  le  tele  raffreddando  se  medesima ;  cosi  per  lo  contrario 
allorche  se  ne  ritorna,  riscaldando  se  medesima  raffreddi  le  tele:  e  che 
quantunque  essa  vada  continuamente  dalla  camera  calda  alia  fredda  e 
dalla  fredda  alia  calda,  nientedimeno  non  porti  seco  il  calore,  il  quale  di- 
minuirebbe  il  suo  potere  refrigerativo  nel  tejnpo  che  si  dilata.  I  vantaggi 
di  questa  sua  macchina  sono  i  seguenti :  1.°  Che  non  entra  in  essa  nes- 
sun  vapore  infiammabile  o  mefitico ;  2.°  Che  si  puo  moderare  a  talento 
il  potere  refrigerativo,  moderando  la  forza  motrice ;  3.°  Che  tutte  le  ser- 


SCIENZE  NATURALI 

rature  si  fanno  assai  bene  in  semplice  cuoio,  e  cosi  solidamente  che  la 
prima  macchina  di  questo  genere  ha  lavorato  quattro  inter!  mesi,  senza 
aver  mestieri  di  alcuna  riparazione.  Essa  coslo  17,500  franchi,  ed  opera 
giorno  e  nolle  senza  inlerrompimento.  Con  una  lonnellala  di  carbone,  che 
vale  5  franchi,  si  puo  avere  una  lonnellala  di  ghiaccio. 

4.  II  di  2  Gennaio  nella  lornala  dell'Accademia  delle  Scienze  a  Parigi 
fu  presenlala  una  nola  del  sig.  doll.  Declal  sopra  gli  usi  terapeulici  del- 
1'acido  fenico,  colla  domanda  che  si  ammellesse  nel  concorso  de'  premii 
Monlhyon  in  medicina  ed  in  chirurgia.  E  quesl'acido  un  olio  acre  e  vo- 
latile simile  al  creosolo,  e  si  eslrae  dal  caslorio. 

Dapprima  riferisce,  che  sulla  fine  dell'anno  1861  fu  chiamato  per  uno 
cbe  cadulo  da  cavallo  nelle  vicinanze  di  Parigi,  inconlanenle  divenne 
paralilico  insino  al  venire,  ed  ebbe  infranla  la  colonna  verlebrale  alia 
terza  verlebra  del  dorso.  Appena  fatla  la  diagnosi,  col  consiglio  del  si- 
gnor  dolt.  Maisonneuve  e  del  sig.  dotl.  Gros,  risolse  di  farlo  Irasportare 
a  Parigi ;  ove  non  oslante  le  sue  cure  e  quelle  si  de'  menlovali  e  si  di 
allri  medici,  apparve  la  cancrena  ai  malleoli  ed  al  sacro,  la  quale  poi  si 
estese  a  livello  di  tulle  le  parli  ossee,  e  fmalmenle  divento  cosi  generale, 
che  la  vasla  ed  ariosa  camera  deH'iiifermo  era  inabilabile;  e  1'infermo 
stesso  veniva  soffocalo  dalla  grave  esalazione  e  desiderata  preslo  mori- 
re.  Non  avendo  il  sig.  Declal  a  che  appigliarsi,  gli  venne  in  pensiere  di 
tannare  le  parli  cancrenale  coll'acido  fenico.  Quest'acido,  egli  dice,  non 
era  stato  adoperalo  mai,  per  quanto  io  sappia,  in  tal  maniera;  ne  so  di 
alcuno  il  quale  abbia  pensalo,  che  polesse  servire  a  somiglianli  usi.  Sol- 
tanlo  era  venulo  a  nolizia  de'  lentativi  fatli,  per  olleuere  di  lannare  i 
cuoi,  producendo  del  fenalo  di  gelalina.  Egli  pose  10  gramme  di  acido 
fenico  brulo  in  100  gramme  di  olio  ordinario,  e  coll'aiulo  di  un  pennello 
spalmo  col  miscuglio  bene  agilalo  una  parle  sola  della  piaga  cancrenosa 
della  coscia,  la  quale  era  piu  di  lutto  il  resto  infetta.  II  giorno  appresso, 
Faspello  delle  cose  essendosi  migliorato,  egli,  coll'assentimento  ancora 
degli  allri  dotlori,  fece  ungere  lullo  il  corpo ;  1'odore  divenlo  subito  qua- 
si nullo,  e  le  parli  cessarono  di  disorganizzarsi.  Altresi  voile  adoperare 
delle  iniezioni  con  acqua  fenica  salurala  e  preparata  come  1'acqua  di  ca- 
trame :  e  la  cancrena  si  arreslo  del  lulto,  il  malalo  comincio  a  sperare 
la  guarigione,  ed  il  metodo  di  cura  fu  seguilo  con  assai  facilila. 

Dopo  quel  lempo,  egli  soggiunge,  il  sig.  dott.  Maisonneuve,  leslimonio 
degli  effelti  sorprendenti,  prodolti  sopra  queslo  infermo,  non  ha  mai  ces- 
salo  di  servirsi  all'  ffotel-Dieu  dell'acido  fenico,  come  di  un  rimedio  abi- 
tuale.  I  malati  a  lui  commessi  son  curati  in  questa  maniera,  con  risulla- 
menli  soddisfacentissimi  e  degni  di  considerazione.  Cotale  esempio  e  se- 
guilalo  da  moltissimi  allri  medici,  essendo  1'acido  fenico  spesso  sommi- 
nislralo  comunemenle  nella  cilia,  ed  anche  in  varii  spedali. 

Serie  Y7,  vol.  II,  fasc.  364.  31  13  Maggio  1865. 


SCIENZE  NATURALI 

Indi  il  sig.  Declat  enumera  le  applicazioni  da  lui  fatte  di  cosi  pre- 
zioso  agente,  sia  all'esterno  a  prevenire,  per  cagion  d'esempio,  la  can- 
crena,  a  risolvere  ingorgamenti  gravissimi  nella  lingua,  a  combattere  le 
malattie  della  pelle;  sia  anche  neli'mterno,  come  ne'casi  d'infezioni  tifoi- 
di  o  di  simili  morbi ;  e  conchiude,  dicendo,  che  quantunque  sia  da  spe- 
rare,  che  ulteriori  ricerche  facciano  conoscere  con  maggior  precisione 
tutte  le  indicazioni  terapeutiche  dell'acido  e  delle  sue  combinazioni ;  pur 
nondimeno  i  fatti  gia  accertati,  per  quanto  sien.o  incompiuti,  permettono 
di  stabilire  sin  da  questo  punto  le  proposizioni  che  seguono  ,  la  cui  pra- 
tica  importanza  e  di  per  se  stessa  di  molta  rilevanza :  1.°  Le  applicazioni 
feniche  conferiscono  potentemente  a  sollecitare  la  cicatrizzazione  delle 
piaghe  trauma tiche  di  ogni  guisa ,  ed  a  prevenire  le  complicazioni  peri- 
colose  anche  ne'  casi  di  complicazioni  cancrenose.  Cotali  applicazioni 
fanno  sparire  la  cancrena,  e  pongono  la  piaga  nelle  condizioni  piii  favo- 
revoli ;  2.*  Nelle  affezioni  contagiose  le  applicazioni  anzidette  esercitano 
un'azione  salutare,  sulla  infezione  a  un  tempo  e  sullo  stato  locale ;  in  co- 
tali  affezioni,  siccome  anche  nelle  mere  supparazioni,  1'acido  fenico  puo 
disperdere  1'origine  della  suppmmione ;  3.°  In  un  caso  d'  ingorgamento 
mal  determinato  della  lingua  con  ulcerazione,  riconosciuto  da  piu  medici 
autorevoli ,  ed  espresso  in  un  disegno,  che  e  stato  presentato  all'Accade- 
mia ;  le  applicazioni  feniche,  e  1'uso  dell'acido  fenico  all'  interno  hanno 
prodotto  un  miglioramento,  e  poco  meno  che  una  guarigione ,  la  quale  si 
deve  noverare  fra  le  piu  rilevanti;  4.°  L'acido  fenico  adoperato  a  manie- 
ra  di  lozione,  ha  sanato  con  ammirabile  prontezza  degli  eczemi  non  po- 
tuti  curare  altrimenti.  Soggiunge  il  sig.  Declat,  che  si  per  le  esperienze 
fatte  da  lui,  si  per  quelle  di  altri  medici  si  puo  con  fondamento  riputare 
quest'acido  come  universale  rimedio  di  tulte  le  infermita  della  pelle;  5.* 
Sembra  che  debba  essere  altresi  utilissimo  nelle  affezioni  contagiose  sia 
a  contatto,  sia  di  lontano ,  sopraltutto  ne'  casi  di  epidemie  e  ne'  morbi 
endemici  de'campi  e  degli  spedali ;  6.°  Non  ostante  le  sue  qualita  molto 
caustiche ,  si  e  potuto  somministrare  quest'  acido  all'  interno,  in  casi  di 
malattie  gravissime  organiche  o  contagiose,  alcune  volte  assai  utilmente, 
non  mai  con  danno. 

Ma  nella  tornata  del  9  Gennaio  un  altro  medico,  il  sig.  Lemaire,  dichia- 
r6  con  una  sua  lettera ,  che  alcune  delle  scoperte  che  attribuisce  a  se 
medesimo  il  sig.  Declat,  erano  gia  state  fatte  da  lui  e  pubblicate  mold 
anni  innanzi.  A  tal  fine  ha  citati  varii  suoi  opuscoli  intorno  al  coaltar  *, 
saponinato  ed  alPacido  fenico ;  ed  ha  chiesto,  che  la  sua  reclamazione 
venga  riportata  negli  atti  dell'Accademia.  E  poiche  il  sig.  Secretario 
perpetuo  ha  proposta  la  memoria  del  sig.  Declat  pel  concorso  al  premio 

\  Coaltar  e  il  nonae  inglese  della  pece,  clie  si  ottiene  distillando  il  carfjone  di  terra,  die 
i  francesi  chiamano  goudron  de  houille. 


SCIENZE  NATURALI  483 

Monthyon,  egli  ha  pregato  il  sig.  Presidente  affin  di  ottenere  lo  stesso 
favore  alle  proprie  scoperte. 

Vogliamo  riferire  tutta  intera  la  risposta,  che  il  sig.  De"clat  diede  a 
cotali  richiami  del  sig.  Lemaire,  nella  tornata  del  16  Genoaio,  come  quel- 
la  che  fa  conoscere  1'  istoria  e  gli  usi  di  quest'  acido  fenico.  «  II  sig.  Le- 
maire, egli  dice,  ha  pubblicate  important!  ricerche  intorno  al  coaltar  sa- 
poninato  ed  all'acido  fenico ;  ma  ha  egli  forse  scoperto  sia  il  coaltar  sa- 
poninato,  sia  1'acido  fenico?  No ;  ne  anche  ne  ha  scoperte  le  proprieta, 
ma  solo  le  ha  applicate.  Quando  nel  1860  il  signer  Lemaire  presenlo  la 
sua  memoria  sul  coaltar  saponinato   del  sig.  Lebeuf  di  Bajona,  il  sig. 
Bobeuf  di  Parigi  ripete  la  priorita  sopra  il  sig.  Lemaire.  Or  ecco  cio  che 
rispose  il  signor  Lemaire  al  sig.  Bobeuf  (pag.  92,  opuscolo  sul  coaltar 
saponinato  1860) :  «  E  cosa  spiacevole  che  il  signor  Bobeuf  non  abbia 
aspettata  la  pubblicazione  della  mia  memoria  :  egli  avrebbe  potuto  assi- 
curarsi  che  io  mi  sforzo  di  rendere  cio  che  e  dovuto  a  tutti  coloro,  che  si 
sono  occupati  della  virtu  di  disinfettare,  che  e  nel  coaltar.  Se  il  sig.  Bo- 
beuf avesse  letto  Liebig,  Gehrardat,  ed  una  eccellente  opera  del  sig.  Pa- 
risel,  e  probabile  che  non  avrebbe  reclamata  una  priorita,  a  cui  egli  mm 
parevami  avere  alcun  diritto  ».  L' Accademia,  premiando  il  sig.  Bobeuf 
nel  1861,  ha  ridotta  al  suo  giusto  valore  1'asserzione  del  sig.  Lemaire. 
Perche  dunque  egli  oggi  ripete  una  priorita  che  non  gli  appartiene,  e  che 
io  non  reclamo?  Io  non  pigliero  in  prestito  le  paro-le  di  lui,  per  risponder- 
gli.  Credo,  giacche  gli  allega,  che  abbia  letto  Chaumette  ,  che  nel  1813 
scopri  le  proprieta  anlisettiche  del  coaltar;  Guibourt,  1833,  e  Siret,  1837, 
che  conobbero  la  sua  virtu  di  disinfettare;  Bunge,  1834,  il  quale  sciolse 
nell'acqua  1'acido  fenico;  Liebig,  1844,  che  osservo  le  proprieta  attossi- 
canti  di  queslo  acido,  sopra  gli  animali  inferiori ;  il  dottore  Bayard,  pre- 
miato  1'anno  1844  daH'Accademia,  per  la  sua  polvere  di  coaltar  mescola- 
to;  il  sig.  Come,  1858,  ed  U  sig.  Demeaux,  1859,  i  quali  si  servirono  del 
coaltar  a  curar  le  piaghe.  Ma  pare  che  non  abbia  ben  letto  i  brevetti  e 
gli  scritti  del  sig.  Bobeuf,  che  fin  dal  1857  apprese,  che  il  coaltar  opera- 
va  per  virtu  dei  suoi  acidi,  e  propose  il  suo  fenal,  cioe  1'acido  fenico  bru- 
to,  come  mezzo  a  disinfettare,  come  emostatico  e  come  atto  a  cauteriz- 
zare  le  piaghe  di  ogni  guisa.  1  lavori  del  sig.  Lemaire  ed  i  miei  hanno 
conferrnate  tutte  le  previsioni  di  quest  uomo'  dotto  e  industrioso,  in  cio 
che  appartiene  alia  terapeutica  esterna.  Or,  non  volendo  fare  una  discus- 
sione  che  sarebbe  piu  lunga  di  quel  che  comporta  una  lettera ,  fo  sola- 
mente  notare  al  sig.  Lemaire,  che  il  coaltar  non  e  1'acido  fenico ;  ed  inol- 
tre  che  se  il  16  Novembre  1861  egli  annunzio,  che  il  suo  fine  era  di  so- 
stituire  in  luogo  di  questa  sostanza  1'acido  fenico,  non  e  molto  probabile 
ehe,  quattordici  giorni  dopo,  egli  abbia  avuta  1'occasione  di  applicare 
quest' acido  ad  un  caso  di  cancrena  generate.  Nella  mia  partecipazione 
del  2  Gennaio  all'  Accademia ,  volli  far  note  alcune  nuove  applicazioni 


484  SCIENZE  NATURALI 

dell'acido  fenico ,  ed  in  ispezialta  che  esso  si  puo  adoperare  ed  in  che 
dose  si  deve  somministrare  inlernamente,  ne'  morbi  organici  e  contagio- 
si,  e  che  cotale  uso  e  grandemente  salutare  senza  esser  mai  danooso, 
contra  1'opinione  di  alcuni  pratici  e  dello  stesso  sig.  Lemaire.  Questi 
conviene,  che  io  il  primo  ho  applicato  1'acido  fenico  nel  caso  d'un  ingor- 
gamento  di  lingua  nial  definite,  ulceroso  ed  incorainciato  da  quattro  an- 
ni,  che  egli  medesimo  riputo  un  epitelioma  grave.  Spero  che  vorra  an- 
che  concedere,  che  io  sia  stato  il  primo  a  somministrarlo  internamente, 
e  ad  impiegarlo  contro  gli  accident!  putr.idi  e  contagiosi  della  febbre 
tifoide,  e  nella  cura  di  altri  morbi  ». 

Nella  medesima  tornata  del  16  Gennaio  ,  il  sig.  Edmondo  Corne  ram- 
mento,  che  egli  il  primo  nel  1859  propose  1'uso  del  coaltar  nella  cura 
delle  piaghe  cancrenose  e  di  rea  qualita ;  come  quello  che  e  fornito  di 
forza  antiputrida,  o  per  cagion  dell'acido  fenico  o  per  alcuno  degli  altri 
elementi  che  contiene.  Le  osservazioni,  che  egli  faceva  delle  sue  pro- 
prieta  dirigendole  ad  altrofine,  Io  condussero  a  questa  scoperta  che 
di  poi  propose :  e  per  la  celebrita  che  ebbero  in  quel  tempo  i  risulta- 
menti  ottenuti  a  Parigi  e  nell'armata  d'ltalia  colla  polvere  disinfettante, 
alia  quale  e  legato  il  suo  nome,  moltissime  ricerche  furono  fatte,  affin  di 
trarre  utile  dal  principio  stabilito  da  lui.  Si  e  cosi  perfezionata  lamaniera 
di  adoperare  e  di  modificare  1'azione  della  delta  sostanza  sopra  le  piaghe, 
azione  osservata  da  lui  la  prima  volta.  Egli  e  ben  lungi  dal  disconoscere 
Fimportanza  ed  il  merito  di  tutti  cotesti  sforzi,  la  cui  efficacia  non  puo 
esser  messa  in  dubbio ;  ma  crede  di  avere  il  diritto  di  considerarli  come 
conseguenze  de'  suoi  lavori,  e  come  passi  fatti  sopra  la  via  da  lui  sco- 
perta alia  terapeutica.  Ne  egli  si  e  fermato  a  mezza  via.  Procedendo,  sic- 
come  e  meslieri,  dall'osservazione  all'analisi,  dopo  aver  accertati  gli  ef- 
fetti  del  coaltar  applicato  sulle  piaghe,  coll'aiuto  di  varii  veicoli  da  lui 
escogitati  nelle  precedenti  ricerche,  ha  preso  a  saggiare  spartitamente  i 
principii  che  Io  costituiscono ;  e  vuole  ora  indicare  la  virtu  di  uno  di 
essi  non  ben  conosciuto.  Parla  cioe  della  benzina  in  quanto  anlisettico, 
e  medicina  di  piaghe  o  fistole  di  rea  condizione.  In  un'  opera  recente 
sopra  1'acido  fenico,  a  proposito  de'derivati  del  coaltar,  che  si  potrebbero 
scegliere,  si  legge  cosi :  «  La  benzina  e  quasi  insolubile  nell'acqua,  ha  odo- 
re  penetrante,  e  irritante  in  sommo  grado  e  difficile  a  trattarsi ;  non  si 
yuol  dunque  pensare  a  fame  la  scelta  ».  Per  Io  contrario  il  sig.  Corne 
fa  conoscere  che  dalle  osservazioni,  da  lui  fatte  per  Io  spazio  di  molti 
anni,  ha  appreso  che  essa,  mescolata  con  olii  fini  in  differenti  proporzioni, 
esercita  un  potere  antisettico  assai  energico,  e  facilissimo  a  modificare. 
Egli  promette  di  manifestare  con  una  memoria  le  dette  proporzioni  e  la 
maniera  di  usare  questa  mescolanza  di  olio  e  di  benzina. 

5.  II  sig.  Ferdinando  Lesseps,  con  una  circolare  che  ha  inviata  alle 
Tarie  camere  di  commercio,  annunzia,  che  sin  dal  primo  di  Gennaio  di 


SCIENZE  NATURALI  485 

quest'  anno,  e  aperta  la  comunicazione  tra  il  Mar  Rosso  ed  il  Mediterra- 
neo.  Un  servizio  cotidiano  di  barche  e  stabilito  da  Porto-Said  a  Suez  e 
da  Ismailia  a  Zagazig,  col  quale  si  provvede  insieme  a  tutte  le  altre  sta- 
zioni  intermedie  dell'  istmo.  Egli  stesso  avea  in  quel  tempo  gia  piu  volte 
percorsa  tutta  la  linea  de'lavori,  essendosi  ogni  volta  accertato  ed  aven- 
do  resi  certi  i  molti  visitatori  illustri  che  lo  accompagnarono,  della  gran- 
de  facilita  del  tragetto.  Sopra  un  battello  rimorchiato  dalla  scialuppa  a 
vapore,  che  dono  alia  corapagnia  il  Principe  Napoleone,  venticinque  a 
trenta  persone  valicano,  in  ventiquattr'  ore,  tutta  la  distanza  di  150  chilo- 
metri,  che  e  tra1  due  mari.  Questi  fatti,  dice  il  sig.  Lesseps,  sembra  che 
debbano  eccitare  1'attenzione  di  tutte  le  camere  di  commercio,  le  quali 
per  moltissimi  titoli  prendono  interesse  nella  esecuzione  del  Canale.  Per- 
ciocche  mentre  il  commercio  si  deve  preparareomai,  per  1'apertura  del  ca- 
nale  marittimo,  alia  grande  navigazione,  la  Compagnia  di  Suez  lo  invita  a 
studiare  insieme  con  essa  la  maniera  di  trar  yantaggio  dal  mentovato  ser- 
vizio  di  barche,  potendo  questo  gia  eseguire  i  trasporti  da  un  mare  all'al- 
tro,  sopra  una  linea  continua  di  acqua,  non  meno  profonda  di  lm,  20,  ne 
meno  larga  di  15m.  A  tal  line  1'amministrazione  della  Compagnia  propo- 
ne a  ciascuna  camera  di  scegliere  un  delegato  e  d'inviarlo  in  Egitto.  Egli 
avrebbe  notizia  del  presente  stato  de'  lavori,  giudicherebbe  del  loro  pros- 
simo  compimento,  e  farebbe  stima  delle  utilita,  che  possono  fin  da  questo 
tempo  produrre  nel  commercio  le  barche  destinate  alia  navigazione  de- 
gli  uomini  e  delle  mercanzie. 

La  Compagnia  intanto  aveva  ordinato  dieci  piccoli  rimorchi,  che  do- 
vevano  essere  trasportati  nel  canale,  quattro  mesi  dopo  la  commissione. 
II  giorno  proposto  all'arrivo  de'delegati,  fu  il  sesto  dello  scorso  Aprile. 
Nel  qual  tempo  lo  stesso  sig.  Lesseps  sarebbesi  trovato  in  Egitto  per 
agevolare  in  ogni  guisa  la  ispezione  de'lavori  dell' istmo,  e  per  sommi- 
nistrare  tutte  le  notizie  necessarie  al  buono  esito  di  questa  missione. 


CRONAGA 

CONTEMPORANEA 


Roma  13  Maggio  1865. 

1. 

COSE  ITALIANE. 

STATI  PONTIFICII.  II  Santo  Padre  alia  chiesa  del  Collegio  Greco ;  decreti  di 
canonizzazione  del  B.  Giosafat  Kuncewicz,  e  di  beatificazione  del  V.  Gio- 
vanni Berchmans. 

Nel  giorno  di  Martedi  2  di  Maggio  ,  com'  e  narrato  nel  Giornale  di 
Roma  del  5,  nella  chiesa  del  Collegio  Greco,  dedicata  a  Dio  in  onore  di 
S.  Atanasio,  si  celebro  la  memoria  di  questo  inclito  Patriarca  di  Alessan- 
dria, uno  dei  luminari  piu  insigni  della  Chiesa  orientale,  validissimo 
propugnatore  della  divinita  di  Gesu  Cristo  contro  la  eresia  degli  Ariani. 
II  sacro  tempio  era  messo  in  grande  sfoggio  di  addobbi  e  di  lumi :  i  pri- 
mi  vespri  furono  celebrati  in  rito  greco,  con  accompagnamento  del  canto 
originale  della  greca  liturgia.  Sacerdoti  dei  diversi  riti  orientali  vi  con- 
corsero  a  celebrare  il  sacrosanto  Sagrificio;  e  nelle  ore  pomeridiane, 
dopo  il  panegirico,  detto  in  lode  del  santo  Dottore  dal  RiTio  Monsignore 
Calisto  Giorgi,  1'Efiio  e  Rfiio  signor  Cardinale  Barnabo  imparti  all'  affol- 
lato  popolo  la  trina  benedizione  col  Venerabile. 

La  Santita  di  Nostro  Signore,  si  condusse  in  treno  nobile  alia  predetta 
chiesa  poco  dopo  le  ore  dieci  antimeridiane ;  e ,  dopo  aver  adorato  1'au- 
gustissimo  Sagramento,  ascolto  una  Messa  in  rito  greco-ruteno ,  che  fti 
celebrata  all'  altare  del  Santo,  di  cui  celebravasi  la  festa.  Quindi  passo  a 
sedersi  al  Trono,  innalzato  di  contro  1' altare  suddetto,  ed  ordino  a  Monsi- 
gnor  Segretario  della  S.  Congregazione  dei  Riti,  di  leggere  il  decreto,  col 
quale  e  dichiarato :  potersi  con  ogni  sicurezza  procedere  alia  solenne  Ca- 
nonizzazione  del  BEATO  GIOSAFAT  KUNCEWICZ  ,  Arcivescovo  di  Polock ,  in 
Lituania,  Martire,  Monaco  dell'Ordine  di  S.  Basilio  Magno.  II  qual  Beato, 
ornato  delle  piu  sublimi  virtu,  mentre  con  zelo  veramente  apostolico,  ani- 
mato  dalla  carita,  procurava  di  ricondurre  alia  vera  Chiesa  chi  erasene  di- 
staccato  per  lo  scisma,  fu,  dai  seguaci  di  questo,  ucciso  in  odio  della  Fede 
cattolica  e  del  Primato  di  S.  Pietro.  Cio  accadde  addi  12  Novembre  1623. 

Alia  promulgazione  del  predetto  decreto ,  Sua  Santita  ordino  a  Monsi- 
gnor  Segretario  dei  sacri  Riti  facesse  seguire  la  pubblicazione  del  de- 
creto riguardante  il  Yen.  Giovanni  Berchmans.  E  Monsignore  fece  lettu- 


CRONACA  CONTEMPORANEA  487 

ra  di  questo  atto  ,  col  quale  dichiarasi  che  sicuramente  si  pud  procedere 
alia  solenne  Beatificazione  del  Yen.  SERVO  DI  Dio  GIOVANNI  BERCHMANS  , 
Confessore,  Scolastico  delta  Compagnia  di  Gesu. 

Pubblicatisi  nel  detto  raodo  i  decreti,  ai  gradini  del  Trono  di  Sua  Bea- 
titudine  si  fecero  il  Rmo  P.  Beckx,  Preposito  Generale  della  Compagnia 
di  Gesu,  col  P.  Boero,  Postulatore  della  Causa;  ed  il  Rmo  P.  D.  Niccola 
Contieri,  Priore  dei  Monaci  Basiliani  di  Grottaferrata ,  col  Rmo  P.  Mi- 
chele  Dombrowski,  dei  Basiliani  Ruleni ,  per  rendere  al  Santo  Padre  le 
piu  vive  azioni  di  grazie  per  i  pubblicati  decreti.  Insieme  a  loro  erano 
gli  Avvocati  delle  Cause.  Tale  atto  doveroso  compirono  i  Basiliani  per  il 
B.  Giosafat,  come  Postulatori  della  Causa ,  ed  il  Preposito  Generale  dei 
Oresuiti  per  il  Ven.  Berchmans. 

Poiche,  terminato  il  rendimento  di  grazie,  ebbero  tutti  baciato  il  piede, 
Sua  Santita  rispose  con  lungo  ed  animate  discorso  ;  e  dallo  encomiare 
le  virtu  che  splenderono  in  quei  Servi  di  Dio ,  i  quali  dalla  Chiesa  mili- 
tante  stanno  per  ricevere  maggiore  glorificazione  ,  ricayo  utili  insegna- 
menti  del  come  i  seguaci  del  Salvatore  debbano  imitarli. 

Compiutasi  nel  detto  modo  la  cerimonia  della  promulgazione  dei  de- 
creti, Sua  Santita  passo  nel  Collegio  ,  che  per  la  fausla  circostanza  era 
negli  ampii  corridoi  oruato  con  emblemi,  con  bandiere,  festoni  ed  arazzi. 
E  prima  si  piacque  yisitare  la  Cappella ,  novamente  eretta  con  molta 
eleganza  e  ricchezza  di  forme  architettoniche :  poi  recossi  alia  biblioteca, 
oye  era  stato  innalzato  il  Trono.  Quivi  ammise  al  bacio  del  piede  gli 
Alunni  del  Collegio,  poi  quelli  della  Propaganda,  molti  Padri  della  Com- 
pagnia di  Gesu,  e  grande  numero  di  persone,  che  tanto  onore  si  procura- 
rono.  E  rivolgendo  a  tutti  parole  di  benevolenza,  e  tutti  confortando  col- 
1'apostolica  Benedizione ,  nel  discendere  la  scala  grande  ,  in  uno  dei  ri- 
piani  lesse  la  seguente  iscrizione  ,  dettata  dal  P.  Angelini,  Gesuita,  la 
quale  insieme  alle  beneficenze  del  Santo  Padre  verso  il  Collegio  ,  ricor- 
dera  rayvenimento  di  quel  giorno  alia  posterita  : 

An.  Ch.  MDCCCLXV. 

Festo  .  Die  .  Athanasii  .  Magni 
D.  N.  PIUS  .  IX.  Pontifex  .  Maximus 

Cuius  .  Munificentia  .  Collegio  .  N. 
Censuum  .  Et  .  Alumnorum  .  Accessio  .  Facta  .  Est 

Aedem  .  N.  Subiit  .  Rei  .  Divinae  .  Adfuit 
Caelitum  .  Sanctorum  .  Honores  .  B.  losaphato 

Archiepiscopo  .  Polociensi 
A  .  Catholici  .  Nominis  .  Hostibus  .  Perempto  .  Decrevit 

loannem  .  Berchmans  .  E  .  Societate  .  lesu 
Aloisii  .  Exempla  .  In  .  Collegio  .  Romano  .  Referentem 

Beatorum  .  Fastis  .  Adsciscendum  .  Sanxit 
Moderators  .  Et .  Aluranos  .  Humanitate  .  Et .  Alloquio  .  Beavit 


£88  CRONACA 

II  Santo  Padre,  risalito  in  carrozza  in  mezzo  alle  acclamazioni  di  rive- 
renza  e  di  affelto  dell'  affollatissimo  popolo  ,  che  empiva  i  luoghi  circo- 
stanti ,  si  ricondusse  alia  pontificia  residenza  del  Vaticano.  Nelle  sere 
della  yigilia  e  della  festa  le  facciate  della  chiesa  e  del  collegio  splende- 
rono  di  yaga  illuminazione. 

STATISARDI  1.  Smanie  del  rivoluzionarii  per  le  dichiarazioni  del  Governo 
francese  intorno  alia  Corivenzione  del  15  Settembre —  2.  Risse  sanguino- 
se  tra  militari  a  Cagliari,  e  tra  operai  in  Firenze  —  3.  Approvazione  d'un 
imprestito  di  425  milioni  —  4.  Stipendii  ai  Prefetti  —  5.  II  Senato  man- 
tiene  in  vigore  la  pena  di  morte  e  1'esenzione  dei  Chierici  dal  servizio 
militare  —  6.  Elenco  di  petizioni  sopra  Vabolizione  degli  Ordini  religiosi 
—  7.  Discussione  della  legge  proposta  dal  Vacca  contro  i  Religiosi ;  mo- 
dificazioni  accolte  dalla  Camera;  il  Governo  ritira  tal  legge  —  8.  Inter- 
pellanze  nella  Camera  sopra  1'incarico  dato  al  Vegezzi  di  trattative  con 
la  Santa  Sede;  risposte  del  Ministero;  Circolare  del  ministro  Lanza  — 
9.  Dicbiarazioui  de'  giornali  ufficiosi  a  tal  proposito  —  10.  Chiusura  della 
Camera  dei  Deputati;  trasporto  de' Minister!  e  della  Corte  a  Firenze. 

1.  Le  dichiarazioni  fatte  dal  Rouher  al  Corpo  legislative  di  Vrancia, 
intorno  al  senso  della  Convenzione  del  15  Settembre,  non  s'accordano 
per  certo  con  quelle  date  alle  Camere  di  Torino  pei  dispacci  del  Nigra  e 
con  le  interpretazioni  del  Pepoli,  che  1'aveano  sottoscritta ;  anzi  paiono 
contraddire  esplicitamente  a  quello,  che  il  Ministro  Lanza  avea  con  tanta 
fermezza  asserito,  sopra  i  propositi  suoi  e  de'  suoi  colleghi  verso  Roma. 
Con  tutto  cio  ne  il  diario  ufficiale,  ne  i  giornali  ufficiosi  del  nuovo  Re- 
gno  d'ltalia  mostrarono  veruno  sgomento  o  sconforto  per  quelle  contrad- 
dizioni  del  Rouher ;  appunto  come  se  queste  fossero  risultato  di  un  com- 
ponimento,  pel  quale  fosse  gia  convenuto  che,  dicendo  una  delle  parti: 
Andremo  a  Roma,  e  1'  altra  replicando :  Non  andrete  a  Roma,  in  realta 
si  dovesse  pigliare  una  via  di  mezzo  tra  questi  estremi,  posti  in  yista  al 
solo  intenlo  di  risolvere  1'  arduo  problema  indicate  dal  Thiers,  di  nutri- 
care  cioe  le  speranze  dei  nemici  della  Santa  Sede,  senza  distruggere  al 
tutto  quelle  de'suoi  amici. 

Ma  se  i  moderati  credonp  di  potersi  acconciare  a  questi  procedimenti, 
i  Mazziniani,  che  a  forza  di  strepitare  e  minacciare  ottennero  molto  spes- 
so  quanto  volevano,  sono  ben  lontani  dal  contentarsene ;  e  percio,  se- 
condo  1'usanza  loro,  gia  ricominciarono  a  gridare  tradita  1' Italia,  ed  a 
handire  che  e  d'uopo  venire  a  consigli  risoluti,  a  sforzi  supremi,  per 
salvare  la  pericolante  unita,  e  rivendicare  i  conculcati  diritti  della  nazio- 
ne,  e  trarre  vendetta  del  plebiscite  violate  e  di  Roma  «  sacrificata  all'in- 
teresse  napoleonico  e  all'avarizia  dei  preti  »  :  come  intono  tieramente  il 
Diritto,  giornale  della  democrazia  italiana,  del  23  Aprile. 

Fin  qui  codesta  fazione  si  confidava,  che  la  Convenzione  del  15  Set- 
tembre avrebbe,  per  la  difesa  della  Santa  Sede,  quel  valore  stesso  che  il 


CONTEMPORANEA  489 

Trattato  di  Zurigo  pel  diritti  riservati  dei  Principi  italiani,  trabalzati  dalla 
rivoluzione  e  dalla  guerra  del  1859.  All'udire  di  bocca  del  Rouher,  in 
nome  deirimperatore,  che  la  Francia  s'impegnava  davvero  per  far  ri- 
spettare  la  sovranita  temporale  del  Papa  sul  picciolo  Stato,  che  gli  si  as- 
segnava  nell'  opuscolo  Le  Pape  et  le  Congres,  il  Diritto  non  si  tenne  alle 
mosse,  e  grido :  «  Rouher  ha  deciso,  in  nome  del  suo  Governo,  la  que- 
stione.  Roma  restera  assolutamente  divisa  dall'Italia.  Ed  il  Governo  d'l- 
talia,  dimentico  dei  doveri  assunti  coll'accettazione  del  plebiscite,  vil- 
mente  vi  si  acconcia.  Una  nuova  opinione,  un  nuovo  indirizzo,  nuove 
idee  debbonsi  formare,  diceva  la  France,  fra  questi  due  anni  in  Italia; 
tutto  si  cangera  in  favore  del  Papato;  ed  infatti,  anche  troppo  sollecita- 
mente,  cosi  avviene,  e  cosi  vuolsi  che  sia.  I  misteri,le  ipocrisie  si  dile- 
guano.  Mentre  ci  dicevano  che  la  Convenzione  ci  apriva  le  porle  di  Ro- 
ma, che  la  Francia  ritirava  le  sue  truppe,  che  il  Papa  era  per  fuggire: 
segretamente  si  ordivano  invece  le  trattative,  perche  Roma  dovesse  re- 
stare  assicurata  al  Papa,  e  la  Convenzione  avesse  il  suo  pieno  esegui- 
mento  tanto  nella  sua  lettera,  quanto  nel  suo  spirito  ». 

E  qui,  enumerati  gl'  indizii  di  un  componimento  colla  Santa  Sede, 
cioe  la  venuta  del  Persigny  e  del  Yegezzi  a  Roma,  le  pratiche  avviate 
per  la  nomina  de'  Vescovi  alle  Diocesi  vacanti  ed  il  ritorno  de'  Vescovi 
espulsi,  e  1'essersi  dal  Senato  respinta  la  legge  che  aboliva  1'esenzione 
dei  Chierici  dal  servizio  militare,  e  la  legge  per  1'abolizione  dei  Corpi 
religiosi  abbandonata,  ripiglio:  «  A  qual  fine  condurranno  tutte  queste 
concession!'?  A  ristabilire  radicalmente  il  predominio  de'  preti,  ed  a  co- 
stringere  in  ultimo  la  nazione  ad  una  rivoluzione,  che  non  sara  meno 
terribile  di  quella  di  Francia.  La  Curia  di  Roma  non  cede,  non  mai  e  con- 
tenta,  e  sempre  vuol  guadagnare.  Non  bastera  che  1'Italia  paghi  al  Papa 
venti  milioni  per  le  province  perdute;  ma  esigera  che,  colla  guarentigia 
delle  Potenze,  si  rinunzii  a  Roma  ed  al  suo  Patrimonio;  che  si  paghino  i 
venti  milioni  come  tributo  alia  sua  sovranita  sulle  annesse  Province;  che 
infine  sieno  riservati  ancora  i  suoi  pretesi  diritti,  per  cui  possa,  quando- 
chesia,  riaverne  T  assoluto  Governo.  Le  condizioni  dell'Italia  sono  dispe- 
rate;  ma  disperato  pure  sard  il  suo  sforzo  per  sottrarsi,  a  suo  tempo, 
da  questa  parricida  congiura  » . 

2.  Nelle  corrispondenze  dei  giornali  giudaici,  Y Opinione  e  la  Nazione, 
si  leggono  ad  ogni  poco  descrizioni  di  risse  sanguinose  accadute  in  Ro- 
ma, con  ferite  ed  uccisioni,  tra  i  soldati  pontificii  e  francesi;  e,  benche 
quelle  tragedie  non  abbiano  per  lo  piu  il  minimo  fondamento  di  verita, 
e  siano  pure  invenzioni  di  chi  ha  da  buscarsi  il  pane  con  lospaccio  delle 
bugie,  che  si  reputano  utili  allo  scopo  inteso,  pure  trovano  credenzoni 
pronti  ad  accoglierle  come  fatti  di  Vangelo,  ed  a  conchiudere  che  biso- 
gnerebbe  farla  finita,  i  Francesi  dovrebbero  andarsene,  ed  il  popolo  ro- 
mano  troverebbe  migliori  difensori  nei  disciplinatissimi  soldati  d'ltalia. 
xSe  questa  argomentazione  avesse  qualche  valore,  polrebbe  pur  appli- 


490  CRONACA 

carsi  alle  truppe  del  Governo  rivoluzionario,  che  non  di  rado  o  vengono 
a  baruffa  tra  loro,  o  menano  le  raani  e  voltano  le  armi  contro  i  cittadini, 
come  avvenne  spessissimo  in  piu  luoghi  delle  Romagne  e  nel  regno  di 
Napoli  e  specialmente  in  Sicilia.  Ma  noi  non  la  pensiamo  a  questo  modo, 
sapendo  benissirao  che  sempre,  dove  furono  presidii  numerosi  di  solda- 
tesche,  massime  se  di  diverse  armi  e  peggio  se  di  varie  nazioni,  avven- 
nero  cotali  conflitti ,  originati  quasi  sempre  dalla  ubbriachezza  e  dagli 
stravizzi.  Tuttavia  e  certo  che  in  Roma  non  si  vide  mai  scena  peggiore 
di  quella,  che  ci  e  descritta  dal  Corriere  di  Sardegna,  come  avvenuta 
in  Cagliari  il  17  Aprile. 

«  La  nostra  citta  fu  ieri  il  teatro  di  una  scena  tristissima  e  mai  udita. 
In  via  S.  Margherita,  nel  quartiere  di  Stampace,  nacque  rissa  tra  al- 
cuni  borghesi  ed  alcuni  soldati  di  linea,  e  dalle  parole  si  venne  ai  fatti. 
Intervenuti  i  carabinieri,  furono  respinti  dalla  preponderanza  del  mimero 
dei  soldati  di  linea,  che,  incaloriti  nella  rissa,  divennero  quasi  ciechi  di 
furore  e  non  vollero  arrendersi  nemmeno  ali'autorita  della  forza  pubblica. 
Sopravvennero  allora  altri  carabinieri,  onde  prestare  man  forte  ai  primi 
che  vi  erano  e  ristabilir  1'ordine;  se  non  che,  anche  i  soldati  chiama- 
rono  altri  compagni  in  loro  aiuto,  e  questi ,  non  sappiamo  da  qual  de- 
mone  spinti,  giunsero  numerosi  e  armati  di  fucile  conbaionettaincanna. 
Comincio  allora  un  combattimento  accanito,  sanguinoso,  terribiletra  ca- 
rabinieri e  soldati ;  e  gli  uni  sfoderarono  i  loro  squadroni  e  impugna- 
rono  i  loro  revolver,  gli  altri  esplosero  i  loro  fucili  ed  attaccarono  alia 
baionetta.  Chi  ha  mai  visto  piu  terribile  scena?  ecc.  » 

Ma  forse  piu  grave  e  la  condizione  delle  cose  a  Firenze,  per  la  rivalita 
fra  gli  operai  toscani  e  gli  operai  piemontesi,  che  degenero  gia  piu  volte 
in  risse  feroci ;  ed  i  Piemontesi ,  assaliti  alia  spicciolata  da  molti  insieme 
de' loro  emoli,  talvolta  toccarono  fierissime  busse;  di  che,  perduta  ogni 
speranza  di  trovare  cola  a  guadagnarsi  il  pane  con  la  loro  fatica,  ebbero 
a  tornarsene  in  Piemonte  ed  a  Torino,  dove  narrarono  comefossero  stati 
trattati  dai  redenti  fratelli.  La  Gazzetta  del  popolo  ne  senti  acerbo  do- 
lore,  vedendo  accolti  come  nemici  quei  Piemontesi,  che  per  tanti  anni 
si  erano  levato  di  bocca  il  pane,  affine  di  pascere  quelle  molte  migliaia 
di  spiantati,  che  si  fregiavano  del  nome  di  emigrati;  ed  a  scanso  di  peg- 
giori  guai,  «  per  evitare  inutili  e  costosi  viaggi  e  tetri  disinganni  agli  ope- 
rai che  intendessero  partire  »,  li  ammoni  di  stare  cauti,  di  non  avventu- 
rarsi  a  cercare  lavoro  e  pane,  dove  forse  non  troverebbero  che  ingiurie 
e  coltellate.  E,  senza  scendere  ai  particolari,  fece  intendere  piu  che  non 
disse,  dichiarando  che  «  i  ragguagli  in  proposito  sono  troppo  miserandi 
per  essere  pubblicati ». 

3.  L'imprestito  di  425  milioni  effettivi,  chiesto  dal  ministro  Sella, 
venne  approvato  nella  forma  seguente:  «  E  data  facolta  al  Ministero  delle 
Finanze  di  alienare  tanta  rendita  del  5  per  100,  da  iscriversi  sul  Gran  li- 
bro  del  Debito  pubblico,  quanta  valga  a  far  entrare  nei  Tesoro  425  mi- 


CONTEMPORANEA  491 

lioni  di  Lire  ».  Chiunque  sa  come  sogliono  procedere  tali  negozii,  non 
istentera  a  capire  che,  per  avere  425  milioni  in  buona  moneta,  bisognera 
forse  metier  fuori  cartelle  per  assai  piu  che  500  milioni;  e  tutto  questo 
(anche  senz'essere  profeta  si  puo  accertare  pienamente)  tutto  questo  sara 
diyorato  in  pochi  mesi;  e  si  doyra  ricominciare  da  capo! 

Codesta  legge  fu  approyata  senza  speciale  discussione,  con  una  di 
quelle  sorprese,  che  mostrano  1'  efficacia  del  controllo  parlamentare,  per 
rassicurare  le  borse  del  beatissimo  popolo  soyrano  contro  1'  ingordigia 
dei  Ministri  delle  Finanze;  poiche  sullo  scorcio  d'una  noiosa  tornata  di 
dopo  pranzo,  alii  25  d'Aprile,  facendo  ressa  ai  pochi  present],  ed  usando 
il  compelle  intrar e  yerso  un  discrete  numero  di  divoti  assenti,  il  Ministers 
pote  raggranellare  il  yoto  fayoreyole  di  152  Deputati,  contro  quello  di 
soli  48  contrarii.  Ecco  in  qual  forma  procedette  la  cosa,  come  ci  e  nar- 
rato  graziosamente  dall'  Unita  Cattolica  del  27  Aprile ,  dopo  fatta  una 
limpida  enumerazione  dei  molti  ed  enormi  imprestiti  gia  contratti  in  po- 
chi anni  dal  nuovo  regno  : 

«  Lepidissima  e  la  storia  di  quest'  approyazione  repentina.  Erano  in 
sullo  scocco  le  ore  sei  pomeridiane,  e  nessuno  dei  Deputati  si  aspettaya 
che  doyesse  votarsi  la  proposta  del  prestito.  I  deputati  Michelini  e  Boggio, 
iscritti  per  parlar  contro,  troyayansi  assenti.  Eppure  il  ministro  Sella  yo- 
lea  ad  ogni  costo  la  yotazione,  e  la  yolea  perche  in  seguito  ai  grandi  ay- 
yenimenti  d' America,  doye  sla  per  linire  la  guerra  tra  il  Nord  ed  il  Sud, 
ogni  indugio  nel  contrarre  il  prestito  potrebbe  diyenire  pericoloso.  Ma  i 
Deputati  non  erano  in  numero  legale.  Come  fare?  Forlunatamente  all'ora 
del  pranzo  e  sempre  facilissimo  rinvenire  un  Deputato  del  regno  d' Italia; 
basta  cercarlo  aH'osteria.  Ed  ecco  Sella  sguinzagliare  una  truppa  di 
uscieri,  che  yanno  gli  uni  all'albergo  Trombetta,  gli  altri  all' Hotel  Feder, 
o  alia  pensione  Svizzera,  e  strappano  dalle  delizie  della  mensa  tanti  De- 
putati quanti  ce  ne  yogliono  per  far  approyare  il  nuoyo  prestito  di  425 
milioni. 

«  Sublime  spettacolo  presento  la  Camera  nel  momento,  in  cui  giunsero 
nell'aula  parlamentare  gli  onorevoli,  passati  dall'  esercizio  del  dente  al- 
1'esercizio  della  podesta  legislativa!  Qui  ne  yedeyi  uno  che  masticaya 
ancora  la  coscia  d'  un  pollastro;  la  un  altro  che  si  leccaya  dolcemente  le 
labbra  come  il  hue  di  Dante ;  piu  tardi  ne  comparvero  tre  collo  stuzzica- 
denti  in  bocca;  e  ne  giunsero  all'  ultimo  un  paio  che  mal  poteano  reg- 
gersi  in  piedi.  II  numero  legale  era  compiuto,  e  il  prestito  fu  yotato  ed 
approyato  con  grande  consolazione  di  Quiutino  Sella.  Ci  dicono  che  i 
Deputati,  costretti  a  rompere  il  pranzo  a  meta,  si  tenessero  obbligati  a  ri- 
pigliarlo  da  capo,  e  il  Ministro  delle  finanze  riconoscesse  che  ne  ayeano 
il  pieno  diritto.  Probabilmente  sara  questa  1'  ultima  yotazione,  1'  ultimo 
atto,  I'ultima  gloria  della  Camera  del  primo  Parlamento  italiano,  e  scri- 
yeremo  sulla  sua  tomba:  Qualis  vita,  finis  it  a  I » 


.492  CRONACA 

4.  Chi  e  costretto  a  fare  ogni  sei  mesi  un  grosso  imprestito,  se  ha  fior 
di  senno,  dee  badare  a  scemare  le  sue  spese  ,  quando  non  voglia  di  pro- 
posito  deliberato  precipitarsi  verso  la  bancarotta.  II  Governo  del  Regno 
d Italia  ha  ormai  venduto  quanto  ebbe  trovato  in  casa  sua  e  nell'  altrui, 
per  far  denaro;  ed  e  sempre  in  impaccio  per  tirare  avanti ;  e  pure  accre- 
sce  ognora  le  sue  spese.  Pare  che  il  denaro  si  strugga  nelle  casse  del- 
lo Stato ,  come  la  neve  al  sole.  Ma  non  tutto  va  perduto.  1  benemeriti 
della  rivoluzione  vogliono  essere  ricompensati ;  e  tale,  che  pur  1'altro  ieri 
litigava  con  1'  appetito ,  ora  si  vede  andare  attorno  ben  pasciuto  ,  e  con 
quell'  aria  di  soddisfazione  che  spira  da  una  borsa  ben  fornita.  Non  gia 
che  si  vada  sempre  grossamente  a  quel  modo  che  il  Bastogi  col  Susani , 
regalando  un  milioncino  per  un  voto  favorevole ;  ma  si  distribuendo  uf- 
ticiipolitici,  a'  quali  vada  congiunto  un  grasso  stipendio.  A  questo  modo 
si  sono  gia  appagati  i  desiderii  di  molti  benemeriti,  che  si  mandarono  in 
pace  collocandoli  nelle  Prefetture  e  sotto  Prefetture.  Ma  1'  appetito  vien 
mangiando,  per  costoro.  Avuta  la  Prefettura  ,  non  trovavano  a  bastanza 
lauto  lo  stipendio.  Di  che  1'  Opinione  del  22  Aprile  ebbe  incarico  di  pre- 
parare  1'  opinione  pubblica  ad  un  aumento;  ed  essa  scrisse  subito  cosi: 
«L'ufficio  di  Prefetto  e  ora  cosi  male  retribuito  ,  che  non  si  richiedono 
molti  ne  scaltri  intrighi  per  disvogliarne  coloro,  che  sarebbero  forniti  del- 
le  migliori  qualita,  cbe  si  richiedono  ad  adempierlo  con  pubblico  vantag- 
gio.  11  marchese  di  Montezemolo  ha  date  le  sue  demissioni  da  Prefetto  di 
Bologna  ;  altri  domandano  di 'essere  trasferiti  ad  altra  sede,  perche  dopo 
tolto  1'assegnamento  di  rappresentanza,  sono  costretti  a  restringersi  nel- 
le spese;  tutti  sono  scontenti  della  loro  posizione  ». 

Certo  era  da  compiangere  la  sorte  di  questi  infelici,  martiri  della  pa- 
.tria,  condannati,  alcuni  di  essi,  a  mangiarsi  fino  a  15,  20,  e  30  mila  fran- 
chi  all'anno,  per  la  enorme  fatica  di  rappresentare  il  Governo  nella  cari- 
ca  di  Prefetto ,  che  in  molti  luoghi  e  quasi  sempre  e  una  vera  sinecura. 
II  Prefetto  di  Torino,  dove,  sotto  gli  occhi  del  Ministero,  non  avea  qua- 
si nulla  da  occupare  i  suoi  beati  ozii ,  era  condannato  a  50,000  franchi! 
Poveretto  1  E.cosa  che  fa  compassione. 

II,  Governo  se  ne  inteneri,  ed  ecco  il  ministro  Lanza  presentar  alia  Ca- 
mera, nella  tornata  del  25  Aprile,  una  legge,  per  cui  lo  stipendio  del 
Prefetti  e  stabilito,  per  10  di  essi  a  Lire  12,000;  per  20,  a  Lire  10,000; 
per  29,  a  Lire  9,000.  II  totale  e  di  Lire  annue  581,000.  Oltre  a  questo 
chiese  ancora  Lire  300,000  per  distribuirle  ai  Prefetti ,  come  indennitd 
di  rappresentanza.  Ottenne  tutto.  Un  milione  incirca,  per  sole  59  perso- 
nel  E  da  sperare  che  questi  martiri  della  patria  non  morranno  di  fame. 

5.  II  Governo  1'avea  spuntata  in  due  punti  di  gran  rilevanza  e  che 
gli  stavano  molto  a  cuore,  per  avere  con  che  rifornire  di  denaro  le  Casse 
dello  Stato ;  cioe  avea  ottenuto  1'approvazione  per  la  vendita  delle  fer- 
rovie  dello  Stato  e  la  facolta  del  mentovato  imprestito.  Egli  adunque 
sperava  di  poter  procedere  innanzi  a  vele  gontie.  Ma  s'inganno  ;  impe- 


CONTEMPORANEA  493 

rocche  I'unificazione  legislaliva  incontro  grave  intoppo  in  due  voti  del 
Senate,  e  la  discordia,  che  si  gelto  tra  la  lurba  dei  devoti  nella  Camera, 
tolsegli  ogni  speranza  di  poter  subito  appropriarsi  i  beni  de'  Religiosi. 

Abbiamo  accennato  inquesto  volume,  a  pag.  112-13,  la  speranza  da 
alcuni  riposta  nel  Senate,  che  da  lui  dovesse  essere  reietta  la  legge,  gia 
approvata  dalla  Camera  elettiva,  per  1'abolizione  della  pena  di  morte. 
Questa  speranza  erasi  di  molto  attenuata  per  la  morbidezza ,  con  che  il 
Senato  erasi  piegato  a  sancire  1' anticristiano  matrimonio  civile,  a  ctii 
per  lo  passato  egli  avea,  con  insuperabile  fermezza,  opposto  sempre  un 
veto.  Ma  il  La  Marmora  si  era  altamente  dichiarato  pel  mantenimento 
della  pena  di  morte,  e  varii  de'  suoi  colleghi,  benche  fiaccamente,  la  te- 
nevano  con  lui.  II  Senato  diede  la  causa  vinta  al  La  Marmora,  contro  il 
voto,  acclamatissimo  da  tutti  i  Frammassoni  d' Italia  e  d' Europa,  gia. 
emesso  dalla  Camera  elettiva. 

La  Commissione,  deputata  dal  Senato  alia  disamina  della  legge  per  cio 
gia  sancita  dalla  Camera  elettiva ,  propose  che  la  pena  di  morte  si  man- 
tenesse  in  nove  casi ,  che  sono :  1°  Altentato  contro  la  persona  del  Re ; 
2°  Attentato  contro  persone  della  famiglia  regnante;  3°  Parricidio;  4°Ve- 
neficio;  5°  Omicidio  con  premeditazione  od  assassinio;  6°  Omicidio  per 
mandato;  7°  Omicidio  per  preparare  o  facilitare  altro  crimine,  o  la  fuga 
d'un  malfattore,  o  1'impunita;  8°  Grassazione  con  omicidio;  9°  Rottura 

0  guasti  sulle  ferrovie  con  isviamenti  di  convogli,  onde  consegua  la 
morte  di  qualche  persona. 

Si  comincio  la  discussione  nella  tornata  del  20  Aprile,  quanto  all'e- 
stendere  anche  alia  Toscana  1'applicazione  del  Codice  penale  comune; 
e  si  sa  che,  appunto  per  non  infliggere  la  pena  della  forca  ai  malfattori 
toscani,  che  ne  andavano  immuni  in  grazia  della  legislazione  dei  legit- 
timi  sovrani  Lorenesi,  si  era  tolta  la  pena  di  morte  da  codesto  Codice. 

1  dibattimenti  sopra  cio  si  protrassero  per  tre  giorni,  e  finalmente,  alii 
22  d'Aprile,  avendo  il  senatore  Marzucchi  proposto  formalmente,  che  si 
dichiarasse  abolita  la  pena  di  morte,  soli  sette  Senatori  diedero  il  loro 
voto  pel  s\,  tutti  gli  altri  furono  pel  wo;  e  cosi  ebbe  a  trionfareil  La  Mar- 
mora, e  fu  ammesso  il  disegno  della  Commissione ;  anzi,  per  .proposta 
del  senatore  Castelli,  fu  aggiunto  un  caso  di  morte,  quello  cioe  della 
pena  capitale  pel  giudice  corrotto,  che  avesse  recato  ingiustamente  sen- 
tenza  di  raorte  contro  un  imputato. 

Piu  altri  casi  di  morte  furono  anche  esplicitamente  dichiarati  compresi 
sotto  la  indicazione  di  omicidio  premeditato,  come  per  esempio  Tinfanti- 
cidio  commesso  con  piena  deliberazione ;  e  furono  mantenute  dal  Senato 
le  pene  severe  pronunziate  contro  1'incesto  e  la  libidine  contro  natura ;  e 
varii  altri  simili  delitti.  Finalmente,  nella  tornata  del  27  Aprile,  posta  ai 
voti  1'estensioue  del  Codice  penale,  modificato  in  senso  di  giusti  e  nuovi 
rigori  contro  certi  delitti  che  piu  perturbano  Tordine  sociale,  la  legge  fu 
approvata  da  71  voto  contro  soli  16  contrarii,  essendo  in  tutto  87  i  vo- 


494  CRONACA 

tanti.  Laonde,  una  delle  due :  o  Tunificazione  legislativa  restera  sospesa, 
ovvero  una  delle  due  Camere  legislative  dovra  disdire  il  proprio  voto  ed 
approvare  quel  che  avea  respinto.  Finche  le  due  Camere  non  siansi  mes- 
se  d'accordo,  il  che  non  potra  farsi  che  dopo  le  nuove  elezioni  general! , 
il  Codice  penale  non  potra,  e  vero,  essere  applicato  anche  alia  Toscana, 
col  suo  corredo  della  forca  ;  ma  ne  anche  gli  assassini  delle  altre  pro- 
vince potranno  fare  il  loro  mestiere  con  tutta  sicurta  di  aver  salva  la 
yfta,  e  di  dovere,  alia  peggio,  passare  alquanti  anni  in  galera. 

In  questo  il  Senate  la  diede  vinta  al  Ministero  ,  che  di  mala  voglia 
avea  lasciato  passare  quella  legge  alia  Camera  elettiya ,  senza  fame ,  co- 
me si  dice,  una  quistione  di  Gabinetto.  Ma  due  giorni  appresso  i  catto- 
lici  ebbero  vero  motivo  di  giubilo  in  altro  yoto  del  Senato;  poiche,  de- 
liberando  sopra  lo  schema  di  legge,  presentato  dal  generale  Petitti,  mini- 
stro  della  Guerra,  per  abolire  al  tutto  I'immunita  dalla  leva  militare,  onde 
godevano  un  certo  numero  di  chierici  per  ogni  diocesi,  il  Senato,  mosso 
principalmente  da  un  caldo  e  sensatissimo  discorso  del  Conte  di  Revel, 
lo  respinse  a  grandissima  pluralita  di  suffragi.  E  cosi,  almeno  fmo  a  che 
non  sia  convocata  una  nuova  Camera  elettiya  ,  ed  il  Senato  non  sia  ac- 
cresciuto  di  qualche  decina  di  devoti ,  non  sara  tolto  alia  Chiesa  il  poter 
educare  almeno  uno  scarso  numero  di  chierici,  secondo  le  leggi  del  Con- 
cilio  di  Trento  e  secondo  lo  spirito  sacerdotale. 

6.  Mentre  per  tal  modo  la  causa  della  vera  civilta  e  della  religione 
incontrava  la  giusta  difesa  nel  Senato,  nella  Camera  dei  Deputati  si  bat- 
tagliava  caldamente  per  decretare  un  nuovo  trionfo  alia  piu  smaccata 
ingiustizia.  Trattavasi  dell'abolizione  dei  Corpi  religiosi,  all'effetto  di  ap- 
propriarne  i  beni  allo  Stato.  Che  questo  fosse  1'  unico  intento  di  codesta 
legge,  1'avea  con  cinica  sincerita  dichiarato  il  Yacca,  del  quale  abbiam 
recitato  le  parole  nel  vol.  XII  della  precedente  Serie  ,  a  pagina  750-51, 
traendole  dagli  Atti  ufflciali  della  Camera,  num.  1001-2.  Or  da  questo  ap- 
punto  sorse  1'ostacolo  principale  al  latrocinio,  e  di  questo  si  yalse  Iddio, 
come  vedremo  qui  appresso,  per  mandare  a  vuoto  1'  iniquo  divisamento. 

La  discussione  fu  impresa  alii  19  d'Aprile,  come  indicammo  nel  prece- 
dente quaderno.  Le  proposte  di  modificazioni  cominciarono  a  fioccare 
d'ogni  parte,  e  si  possono  vedere  registrate  anche  nell'  Unita  Cattolica, 
dei  giorni  19,  22,  25  e  26  Aprile  ;  intese,  quasi  tutte,  a  rendere  sempre 
piu  misera  la  condizione  degli  spogliati  religiosi,  con  manifesto  disprezzo 
del  yoto  che  per  la  loro  conservazione  aveano  espresso,  con  centinaiadi 
petizioni  e  migliaia  di  firme,  i  popoli  d'  Italia. 

Le  petizioni  mandate  alia  Camera,  per  sollecitare  Tabolizione  dei  Cor- 
pi religiosi,  furono  pubhlicate  tutte  in  un  solo  fascicolo;  mentre,  per 
Fopposto,  quelle  che  ne  chiedevano  la  conservazione,  occupavano  gia  due 
eguali  fascicoli,  benche,  distribute  per  ordine  alfabetico  sotto  il  nome 
delle  province,  non  oltrepassassero  ancora  la  lettera  L.  E  dal  secondo  di 
questi  fascicoli  si  ricava  che  dalla  sola  provincia  di  Firenze  furono  tras- 


CONTEMPORANEA  495 

messe  alia  Camera  proteslazioni ,  in  favore  de'  Religiosi ,  dagli  abitanti 
di  83  Comuni ,  e  che  dalla  sola  citta  di  Firenze  giunsero  petizioni  con 
8,103  firme;  piu  due  altre,  che  poteano  contenere  numero  grandissimo 
di  sottoscrizioni,  macheil  Compilatore  ebbe  a  confessare  essersi  smarrite. 

Questo  fatto  dello  smarrirsi,  e  percio  non  istamparsi  negll  Atti  o  do- 
cument! ufficiali  le  petizioni  favorevoli  a'  Religiosi ,  si  rinnovo  in  tali 
circostanze  e  cosi  spesso,  che  puo  chiarire  la  lealla  de'  liberali.  Quest! 
tardarono  tanto  a  stampare  il  resto  di  tali  petizioni,  dalla  lettera  L  in 
giu,  che  gli  ultimi  fascicoli  uscirono  solo  allora  quando  gia  la  legge  era 
stata  ritirata  dal  Ministero;  e  da  questi  ancora  si  ricavo,  che  altre  assai 
eransi  smarrite,  benche  giunte  e  consegnate  alia  Camera. 

«  Fu  perduta,  dice  1'  Unita  Cattolica  del  28  Aprile,  una  petizione  di 
Montalcino:  ne  furono  perdute  due  della  citta  di  Rari,  una  di  Andrate, 
un'altra  di  Borgiallo,  un'altra  di  Castelrosso,  un'altra  di  Chivasso, 
un'altra  di  Colleretto-Castelnuovo,  un'altra  di  Fiorano,  un'altra  di  Fo- 
glizzo,  un'altra  d'Isiglio,  un'altra  di  Majone,  un'altra  di  Lucana,  un'al- 
tra di  Masino,  un'altra  di  Montalenghe,  un'altra  di  Montalto,  un'altra  di 
Montestrutto,  un' altra  di  Noasca,  un'altra  di  Oglianico,  un'altra  di  Pa- 
rella,  un'altra  di  Perosa,  un'altra  di  Priano;  due  di  Rivarolo  canavese, 
una  di  Roveio,  un'altra  di  Salassa,  un'altra  di  Salerano,  un'altra  di 
Salto,  un'altra  di  S.  Giusto.  Fu  perduta  la  petizione  inviata  alia  Camera 
da  Scarmagno,  da  Settimo  Yittone,  da  Yalprato  Corsonera,  da  Valprato 
Pianeto,  da  Verolengo,  da  Vialfre,  da  Yidracco !  Di  tutte  queste  petizio- 
ni perdute,  e  delle  altre,  di  cui  abbiamo  fatto  cenno,  conviene  tener  conto 
nella  lista  totale  dei  petenti,  di  cui  qui  soggiungiamo  il  quadro  generale. 

«  Petizioni  contro  la  soppressione  degli  Ordini  religiosi.  Laici  114,593; 
ecclesiastic!  7,765;  illetterati  33,001;  donne  13,329 ;  firme  fatte  dalla 
stessa  mano  6,852  :  totale  177,540. 

«  Petizioni  per  eccezione  alia  soppressione  generale.  Corpi  morali  97; 
laici  5,812;  ecclesiastici  230*  totale  6,139.  Questo  totale  puo  natural- 
mente  aggiungersi  a  quello  che  precede.  Laonde,  senza  contare  le  centi- 
naia  di  petizioni  perdute,  abbiamo  ancora  183,679  tra  cittadini  e  corpi 
morali,  che  si  oppongono  alia  soppressione  generale  dei  conventi  votata 
dalla  Camera  dei  Deputati.  Yale  a  dire  che  son  moke  migliaia  di  piu  i 
cittadini  che  combattono  la  soppressione  degli  Ordini  religiosi,  che  i  cit- 
tadini elettori,  i  quali  mandarono  al  Parlamento  i  Deputati  I 

«  Petizioni  a  favore  della  soppressione  generate.  Corpi  morali  45 ;  as- 
sociazioni  30;  adunanze  popolari  15;  laici  15,416 ;  ecclesiastici  81:  to- 
tale delle  tirme  15,572.  Nel  paese  adunque  della  maggioranza ,  il  voto 
di  15,572  vince  sul  voto  di  183,679. 

«  Soggiungiamo  qui,  secondo  1'elenco  distribuito,  quali  sono  gli  ec- 
clesiastici, i  quali  presentarono  petizioni  alia  Camera  in  favore  della  sop- 
pressione generale  degli  Ordini  religiosi.  Furono  5  di  Terranoya,  6  di 
San  Severo,  1  di  Fireoze,  8  di  Naro,  15  di  Messina,  20  di  Palermo,  4  di 


496  CRONACA 

Ariano,  2  di  Scicli,  2  di  Locorotondo,  6  di  Ruvo  diPuglia,  3  di  Massara 
del  Vallo,  3  di  Salemi.  » 

Questo  solo  basta  a  dimostrare  1.°  Quanto  sia  falso  che  il  voto  gene- 
rale  de'  popoli  siasi  chiarito  favorevole  all'abolizione  del  Corpi  religiosi. 
2.'  Quanto  fosse  calunniosa  1'impostura  del  deputato  Macchi,  il  quale 
avea  osato  asserire  che  grandissimo  numero,  se  non  anzi  la  massima 
parte,  de'  Religiosi  e  delle  Monache  stavano  in  molto  desiderio  di  abban- 
donare  i  loro  chiostri  e  di  essere  dal  Governo  posti  in  grado  di  tornare 
alia  vita  secolaresca.  La  quale  asserzione  gia  risultava  manifestamente 
calunniosa  per  le  protestazioni  solenni  di  moltissimi  religiosi ,  anzi  del 
membri  tutti  di  niolti  Conventi  e  Monasteri,  che  in  grande  numero  furono 
stampate  dal  benemerito  giornale  torinese  1'  Armenia. 

7.  Senza  addentrarci  in  un'  analisi  de'  dibattimenti ,  che  si  conti- 
nuarono  sopra  codesta  legge  di  abolizione  fmoalli  27  d'Aprile,  con  qual- 
che  interruzione  circa  leggi  finanziarie,  ci  basti  dire,  che  gli  Atti  ufficiali 
della  Camera  elettiva  di  quei  giorni  saranno  un  documento  curiosissimo 
pei  nostri  posteri,  che  vorranno  studiare  la  storia  parlamentare  e  politica 
del  nuovo  Regno  d'  Italia.  I  paralogismi  e  le  stiracchiature  del  Boncom- 
pagni,  le  empieta  senza  numero  del  Siccoli,  le  dichiarazioni  del  Sella  e 
del  Yacca  intorno  al  bisogno  di  spogliare  i  religiosi  per  rifornire  1'erario, 
basteranno  a  dimostrare  1'  indole  dell'  or  dine  morale,  che  fu  ristaurato  dai 
Frammassoni  in  Italia. 

La  discussione  generale  fu  chiusa  nella  tornata  pomeridiana  del  26; 
quindi ,  quasi  senza  dibattimenti ,  salvo  alcune  ignobili  altercazioni  fra 
certi  Deputati  che  giunsero  fino  ad  una  disfida  a  duello,  furono  approval! 
i  primi  due  articoli  della  legge  del  Vacca,  pei  quali  si  dichiarava :  1.°  Non 
essere  piu  riconosciuti  nello  Stalo  gli  Ordini  e  le  Corporazioni  religiose 
regolari  e  secolari ,  che  importino  vita  comune  ed  abbiano  carattere 
ecclesiastico ;  ed  abolite  percio  le  case  e  gli  stabilimenti  addetti  a  code- 
sti  Ordini ;  2.°  Essere  restituiti  i  diritti  civili  e  politic!  ai  membri  degli 
aboliti  Ordini  religiosi.  Poi  si  venne  al  terzo  articolo  ,  pel  quale  dovea 
essere  assegnata  ai  membri  di  detti  Ordini  una  pensione.  A  questo  furo- 
no fatte  giunte  e  modificazioni ,  quali  a  danno  e  quali  a  favore  dei  reli- 
giosi spogliati ;  ed  approvato  anche  piu  facilmente  il  4.°  articolo,  si  venne 
ai  5.°  che  spettava  alle  case,  in  cui  si  potrebbero  concentrare  le  Monache 
che  il  chiedessero  con  domanda  individuate  e  separata ;  e  queste  potreb- 
hero  usare  1'  abito  loro  proprio ;  ma,  come  per  compenso  a  questo  riguar- 
do  usato  alle  Monache,  i  Religiosi  sacerdoti  o  laici  degli  Ordini  aboliti 
dovrebbero  svestire  1'abito  per  poter  ricevere  la  pensione  loro  assegnata. 
Questa  giunta  fu  fatta  all' articolo  5.°  per  impegno  del  deputato  Luzi. 

Ma  qui  sorse  1'ostacolo,  che  la  Provvidenza  volea  contrapporre  ai 
disegni  ingiusti  del  Sella  e  del  Vacca  e  dei  loro  complici.  Imperocche 
cosi  rimase  aggravata  la  difficolta  gia  sorta  dalla  pi-oposta  di  altri ,  che 
anche  i  religiosi  mendicanti  si  dovessero  abolire ,  col  compenso  di  ade- 


CONTEMPORANEA  497 

guata  pensione.  Se  queste  proposte  si  ammettevano,  il  Goyerno  per  una 
parte  avrebbe  commesso  un  atto  inutile  ed  odiosissimo  di  tirannia  ,  con 
la  giunta  di  disobbedire  a  qualche  Potente,  che,  per  intendimento  politi- 
co, da  tanto  tempo  gli  consiglia  di  procedere  yerso  la  Chiesa  in  forma 
piu  conciliativa;  e  per  1'altra  si  caricava  del  peso  non  leggiero  di  pagare 
1'annua  pensione  ai  religiosi  mendicanti,  ai  quali  non  puo  confiscare  nul- 
lapoiche  nulla  possiedono,  e  che  ora  campano  di  limosine,  le  quali  certo 
non  escono  dalle  casse  dello  Stato.  La  Camera,  nella  tornata  del  mattino 
del  27 ,  diede  un  yoto  che  fu  come  una  mazzata  in  capo  ai  Ministri , 
approyando  a  grande  pluralita  di  suffragi,  che  la  pensione  si  rifiutasse  a 
chi  non  isvestisse  Tabito  religioso.  I  Ministri,  come  si  riebbero  dal  colpo, 
non  yidero  altro  ripiego  che  di  pregare  la  Camera,  nella  tornata  pomeri- 
diana,  a  voler  sospendere  per  poco  tal  discussione ,  promettendo  di  fare 
il  di  seguente  qualche  dichiarazione  circa  i  proprii  intendirnenti. 

La  mattina  del  vegnente  di  28  la  Camera  si  raduno  piu  tardi  del  solito, 
appunto  per  dar  tempo  a  conchiudere  le  pratiche  di  conciliazione  av- 
Tiate  tra  il  Ministero  e  quella  pluralita,  che  il  di  innanzi,  approyando  la 
proposta  del  Luzi,  avea  mandate  a  male  ogni  cosa.  Ma  la  conciliazione 
era  impossible.  Di  fatto,  al  principio  della  tornata,  dopo  che  yarii  De- 
putati,  per  la  bramosia  di  facilitare  la  intesa  abolizione  dei  Religiosi, 
aveano  ritirato  i  loro  emendamenti,  sorse  il  ministro  Vacca  e  dichiaro 
di  avere  «  1'onore  di  presentare  alia  Camera  un  decreto  reale,  il  quale 
autorizza  il  Ministro  dei  Culti  e  quello  delle  Finanze  a  ritirare  il  progetto 
di  legge  sull'asse  ecclesiastico  ».  Con  cio  la  mazzata  ricadde  in  capo  ai 
troppo  zelanti  Deputati.  Levossi  allora  1'onore yole  Mellana  e  narro,  che 
Ja  notte  precedence  si  era  tenuta  una  adunanza  di  oltre  a  70  Deputati  di 
tutti  i'colori,  di  tutte  le  fazioni  politiche,  per  ayyisare  se  yi  fosse  mezzo 
di  ottenere,  che  una  riforma  cosi  desiderata  potesse  ayer  compimento  in 
questa  legislatura!  «  Quasi  tutti  i  proponenti  degli  emendamenti  si  dis- 
posero  a  fame  il  sacriticio.  Inoltre  s'ayviso  persino  alia  ricerca  d'un 
mezzo  legale,  per  menomare  le  conseguenze  del  yoto  dato  ieri  mattina 
dalla  Camera,  yoto  che  forniva  un  non  serio  pretesto  al  Governo  per  sos- 
pendere la  discussione  della  legge.  Di  piu,  siccome  yi  erano  nella  di- 
scussione della  legge  due  questioni  gravissime,  le  quali  poteyano  portare 
divergenze  fra  1'opinione  di  molti  della  Camera  ed  il  Ministero,  si  studio 
il  mezzo  di  togliere  anche  queste  difficolta.  Cinque  membri  nominati  da 
quest'assemblea  si  recarono  da  uno  dei  Ministri  ed  esposero  i  sentiment! 
della  medesima. 

«  Queste  proposte  erano  tali,  che  il  Goyerno  le  ayrebbe  potutoaccet- 
tare,  ed  oye  ne  sia  il  caso,  noi  daremo  spiegazioni  piu  ampie,  od  in 
questo  recinto  od,  oye  occorra,  per  mezzo  della  stampa  1.  » 

\  Atti  uffic.  n.°  4459,  p.  565S. 

Serie  T7,  vol.  II,  fasc.  364.  32  13  Maggio  1865, 


498  CRONACA 

Si  Jevo  il  Sella,  mioistro  per  le  Finanze  e  rispose  asciutto  che  si  la- 
sciava  al  paese  ed  alia  Camera  il  giudicare,  se  il  Ministero  non  avesse 
fatto  quanto  era  in  poter  suo,  perche  la  desiderata  legge  fosse  approvata. 
Ma  che  le  proposte  del  Mellana  e  de'  suoi  colleghi  erano  inaccettabili, 
perche  imponevano  alle  finanze  oneri  troppo  gravi ;  pssia  perche  frusta- 
•vano  lo  scopo  della  legge,  obbligando  le  finanze  a  privarsi  dello  sperato 
Jucro  ed  a  pagare  pensioni  troppo  laute  ai  religiosi.  Questo  era  come 
dire  :  se  abbiamo  da  confiscare  i  beni  dei  Gorpi  religiosi,  contro  la  lette- 
ra  e  lo  spirito  dello  Statuto,  che  ne  guarentiva  loro  inviolate  il  possesso, 
vpgliamo  almeno  farlo  con  guadagno  competente ;  pigliarsi  questo  fasti- 
dio  per  una  bazzecpla,  non  e  cosa  degna  di  noil 

II  Mellana  ripiglio:  «  Le  question!  erano  due:  la  prima  riguardava 
1'prdine  dei  monaci  mendicanti.  II  Ministro  non  vpleva  la  soppressione 
di  fatto,  per  non  aggrayare  1'erario.  Pareva  a  noi  che  una  tale  riforma 
non  dovesse  considerarsi  quale  una  operazione  finanziaria.  Avvisammo 
ai  mezzi  per  far  si  che  tale  soppressione  si  com  pisse  anche  in  fatto,  dando 
condegna  pensione  ai  membri  di  quegli  Ordini,  senza  aggravare  1'erario 
nazionale.  E  su  questo  primo  punto  le  nostre  proposte  vennero  piena- 
mente  assentite  dall'onorevole  Ministro  che  teste  ha  parlato. 

«  La  seconda  questione  era  sulla  destinazione  da  darsi,  fin  d'ora,  ai 
beni  delle  Corporazioni  religiose,  che  si  sopprimerebbero.  II  Governo, 
come  ben  sa  la  Camera,  yoleva  spspesa  una  tale  questione.  A,  frpnte 
delle  opinioni,  manifestate  da  tutti  i  lati  della  Camera,  era  impossibile 
lasciare  insoluta  una  tale  questione. 

«  Noi  proponevamo  che  tutti  gli  stabili  passassero  al  demanio  dello 
Stato,  facendpne  la  conversione  al  pari  con  rendite  sul  debito  pubblico. 
E  questo  era  il  yero  lucro  che  facevano  le  finanze,  giacche  facevano  un 
imprestito  al  pari  in  luogo  di  fame  al  65  per  cento;  in  altri  termini  gua- 
dagnavano  il  35  per  cento  su  tutto  1'asse  ecclesiastico.  Si  proponeya  poi 
che  sulla  rendita  cosi  accertata  si  prelevassero  prima  tutte  le  pensioni  ai 
religiosi  e  per  il  culto;  ed  il  guadagno,  che  in  fine  si  fosse  avverato,  ye- 
nisse  diviso  per  una  meta  fra  lo  Stato  e  1'altra  meta  fra  i  comuni,  nei 
quali  vi  erano  le  case  soppresse,  e  le  province:  e  quest'ultimp ripartoin 
ragione  di  un  terzo  ai  comuni  e  due  terzi  alle  rispettive  province. 

«  Se  fosse  stata  questione  di  finanza,  il  Ministero  non  avrebbe  potuto 
respingere  queste  proposte.  Ed  invero  come  spiegare  che,  per  non  la- 
sciare un  tenue  compensp  ai  comuni,  il  Ministro  prescegliesse  di  lasciar 
sussisterele  Corporazioni  religi-pse,  negando  allo  Stato  la  meta  del  bene- 
ficio,  e,  quello  che  piu  monta,  il  beneficio  molto  maggiore  della  conver- 
sione al  pari? 

«  E  infatti  il  Ministro  non  rifiuto,  ma  siriservo  di  riferirne  ai  suoi  col; 
leghi.  Se  fosse  stato  nel  Governo  vivo  il  desiderio,  quanto  in  noi,  di 
compiere  questa  riforma,  avrebbe  fatto  una  qualche  modificazione  alle 
nostre  proposte :  senti  che  non  poteya  farlq  onestamente  e  per  tutta  ri- 
sposta  ritiro  la  legge.  Su  questi  fatti,  che  niuno  potra  smentire,  si  formi 
la  pubblica  opinione :  noi  tranquilli  ne  attendiamo  il  giudizip  1.  » 

Di  qui  e  manifesto  che  il  Governo,  anziche  cercare  pretesti  per  ritirare 
la  legge,  si  era  gia  piegato  ad  abolire  non  solo  gli  Ordini  religiosi  pos- 
sidenti,  ma  anche  i  mendicanti ,  purche  le  finanze  non  rimanessero  gra- 

4  Loc.  cit. 


CONTEMPORANEA  499 

vate  dell'  onere  della  pensione  che  si  sarebbe  dovuta  dare  ai  membri  di 
essi ;  e  che  solo  allora  si  rifiuto  a  condurre  innanzi  1'impresa,  quando  si 
tratto  di  cedere  ai  Comuni  una  particella  del  prodotto  di  codesta  con- 
fiscazione. 

Queste  cose  abbiam  voluto  riferire ,  perche  in  cosa  di  tanta  impor- 
tanza  non  vuolsi  trasandar  nulla  di  cip  che  puo  gettar  luce  sopra  i  veri 
intendimenti  del  Governo;  e  perche  indi  puo  trarsi  argomento  a  recare 
fondato  giudizio  sopra  le  eccessive  speranze  destate  in  alcuni,  ed  i  timori 
esagerati  di  altri,  per  la  diceria  corsa,  o  gittata  ad  arte  dai  fautori  del 
Governo  di  Torino  ( affine  di  recargli  a  merito  una  cosa  proceduta  da 
tutt'altra  cagione)  che  la  legge  fosse  ritirata  per  amore  di  conciliazione 
con  la  Santa  Sede  e  per  non  frapporre  ostacoli  alle  pratiche  avviate  in 
Roma  dal  Vegezzi. 

8.  Di  fatto,  come  pole  spacciarsi  altrove  che,  per  deferenza  al  deside- 
rio  espresso  del  Santo  Padre  e  per  amore  di  conciliazione,  era  sospesa  o 
troncata  la  discussione  della  legge  per  1'abolizione  de'  Religipsi ,  cpsi  in 
Torino  stessa  ne  sorse  sospetto  nell  animp  di  molti  Deputati,  i  quali  vol- 
lero  avere  intorno  a  cio  chiare  spiegazioni. 

Percio  il  deputato  Sineo,  nella  tornata  del  26  Aprile,  punzecchiato  da 
codesto  sospetto,  prese  a  parlare,  anche  in  nome  del  suo  collega  La  Por- 
ta,  ricordando  che  « lo  Stato  si  trovava  in  (juesti  ultimi  tempi  in  una 
felice  condizione.  Erano  rotte  tutte  le  comunicazioni  ufficiali  tra  la  Cor- 
te  di  Rorna  e  lo  Stato;  erano  conseguentemente  tolti  quegl'incagli,  che 
la  osservanza  rigorosa  dei  Concordati  poteva  portare  nell'  andamento 
degli  affari.  La  legislatnra ,  che  precedette  1' attuale  ,  ayea  riconosciu- 
to  che  i  Concordati  non  sono  un  vincolo  pel  Potere  legislative ;  prov- 
Tide,  nel  modo  che  credette  piu  conveniente,  agli  interessi  del  paese.  I 
Concordati ,  che  yincolavano  la  Lombardia  ,  li  abbiamo  cancellati  d'un 
tratto,  e  con  cio  rivendicammo  1'autorita  di  cancellare  anche  gli  altri l  ». 
Premesso  questo  esordio,  che  puo  detmirsi :  la  teorica  della  mala  fede  e 
della  slealta  quanto  all' osservanza  dei  Trattati,  il  Sineo  rifiuto  1'opi- 
nione  d'un  altro  Deputato,  che  «  i  rapporti  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato,  in 
virtu  dell'art.  18  dello  Statuto,  fossero  una  prerogativa  della  Corona, 
che  dovesse  esercitarsi  indipendentemente  da  qualsivoglia  influenza  del 
Parlaraento  ». 

Con  cio  il  Sineo  avea  in  prima  attribuita  alia  Camera  la  facolta  di  la- 
cerare  a  posta  sua  i  Concordati.  quando  essi  tornano  incomodi ;  poi  di 
guardare  come  di  niun  valore  quello  che  dal  Re,  in  materie  religiose,  si 
fosse  trattato  con  la  Santa  Sede;  e  percio  aggiunse  :  «  Evidentemente 
le  prerogative  della  Corona ,  consacrate  coll' art.  18  dello  Statuto  ,  sono 
della  stessa  natura  di  tutte  le  altre,  che  appartengono  ad  un  Re  costitu- 
zionale.  Queste  prerogative  non  possono  esercitarsi  dal  Re,  in  un  paese 
costituzionale,  che  sotto  la  responsabilita  dei  Ministri;  la  responsabilita 
dei  Ministri  salva  1' influenza  parlamentare  ».  Quindi  entro  a  dire  che 
«  erano  vacanti  molti  Arcivescovati ,  Vescovati  ed  altri  benefizii  di  pa- 
tronato  regio  .  .  .  che  somministrano  una  massa  di  rendite  considerevoli, 
che  si  possono  convertire  in  oggetti  di  pubblica  utilita  »  ;  ed ,  assicurato 
che  la  vacanza  delle  Diocesi  non  portava  verun  danno,  chiese  spiegazio- 
ni intorno  alle  voci  corse,  che  si  volessero,  non  solo  accettare,  ma  «  pro- 

\  Atti  uff.  N.  1456,  p.  5626. 


500  CRONACA 

m'overe  Convenzioni  ed  assestamenti  »  ,  i  quali  avrebbero  impedito  ap- 
punto  codesto  benefizio  del  raangiarsi  dallo  State  i  beni  delle  Diocesi 
vacanti. 

Sorse  a  rispondergli  il  Vacca,  ministro  di  Grazia  e  Giustizia,  che  non 
ribatte  neppure  con  una  parola  i  due  mentoyati  principii ,  cioe  che  la 
Camera  abbia  diritto  di  lacerare  i  Concordat!  a  sua  posta ,  e  che  il  Re 
non  possa,  senza  il  suo  consenso,  stipulare  convenzipni  di  cose  religiose ; 
e  venne  subito  a  dare  le  bramate  spiegazioni  circa  il  fatto ,  onde  impen- 
sierivano  i  degni  colleghi  del  Sineo. 

«  Si  tratta  dunque,  o  Signori,  disse  il  Vacca,  di  questo:  il  Santo  Pa- 
dre si  avviso  di  fare  alcune  proposte,  pell'  intento  di  concertarsi  col  Go- 
verno  del  Re,  per  provvedere  alle  sedi  yacanti  e  a  qualche  altro  oggetto 
che  unicamente  risguarda  1'ordine  spirituale  e  gli  interessi  della  Chiesa 
cattolica.  Doveva  il  Governo  esitare  un  istante  ad  accettare  siflatte  pro- 
poste? Poteva  esso  sottrarsi  aH'impegno  di  trattare  question!,  che,  se  si 
attengono  strettamente  all'  ordine  spirituale,  non  lasciano  di  preoccupare- 
vivamente  la  gran  maggioranza  della  popolazione  del  regno  ?  Poteva 
disdire  un  inyito  ,  che  moveva  da  un  bisogno  riconosciuto  urgente  da 
gran  parte  dei  cattolici ,  e  che  d'  altra  parte  non  impegnava  per  nulla  la 
questione  politica  ,  che  da  noi  si  agita  con  la  Corte  di  Roma?  Poteva 
respingere  una  proposta  che  yeniva  dal  Capo  venerato  della  religione 
caltolica,  e  concerneva  interessi  al  tutto  cattolici? 

«  Or  dunque  il  Governo  accolse  1'  invito,  e  stimo  opportune  di  affidare 
aU'onorevole  commendatqre  deputato  Vegezzi  1'incarico  di  darvi  seguito. 
Bensi  egli  diede  a  quel  distinto  vostro  collega,  che  tutti  avete  nel  dovutq 
pregio.  istruzioni  determinate  e  precise,  le  quali  non  escono  dagli  stretti 
confini  di  una  questione  meramente  spirituale,  e  che  non  tocca  le  ragioni 
della  politica  nazionale...  In  seguito  a  cosi  esplicite  dichiarazioni,  io  non 
posso  altro  soggiungere  sui  particolari  delle  trattative  che  in  proppsito 
ppssono  essere  avviate ,  giacche  tali  trattative  appena  possono  dirsi  ini- 
ziate,  ne  ii  Governo  ha  in  pronto  ragguagli,  che  pqssanp  nelKargomento 
offrire  alia  Camera  alcun  lume.  Ben  io  confido,  o  Signori,  che  voi  vi  ter- 
rete  paghi  di  questi  cenni ,  e  che  nella  vostra  riserva  non  domanderete 
per  ora  di  piu  in  una  questione  cosi  delicata.  » 

Questo  non  appago  il  deputato  La  Porta,  che  rifece  la  storia  dei  dise- 
gni  di  leggi  contro  i  Religiosi,  offerti  dal  Pisanelli  e  dal  Vacca,  poi  emen- 
dati,  poi  ritirati;  e  dalla  sospensione  dell' ultimo,  avvenuta  quando  il 
Santo  Padre  chiedeva  si  provvedesse  ai  Vescovadi  vacanti,  inferi  che  il 
Ministero  non  fosse  sollecito  d' altro  che  «  di  creare  un  ostacolo  alia  no- 
stra  legge,  alia  riforma  che  intendevamo  di  fare  nell'interesse  naziona- 
le ».  E  conforto  la  sua  argomentazione  coll' accennare  all'invio  del  Ve- 
gezzi a  Roma,  ed  alle  proposte  della  Santa  Sede  per  le  nomine  de'Ve- 
scovi;  e  conchiuse:  «  Dunque  e  di  la,  e  dalla  Corte  di  Roma  che  viene 
1' impediment  alia  discussione  della  legge  ». 

II  La  Marmora,  presidente  del  Consiglio,  rispose :  «  Intendo  di  assi- 
curare  la  Camera  che  tutte  le  osservazioni  e  tutte  le  argomentazioni  fat- 
te  dall'  onorevole  deputato  La  Porta  non  hanno  ombra  di  fondamento ; 
giacche  nessuna  connessione  ha  mai  esistito  tra  la  discussione  che  si  e 
sospesa  quest'  oggi,  e  sulla  quale  non  si  sa  ancpra  che  determinazione  sa- 
ra  per  prendere  il  Ministero;  nessuna  correlazione  esiste,  dico,  tra  gli  in- 
cident! di  quella  discussione  e  la  missione  dell'  onorevole  Vegezzi  a  Ro- 


CONTEMPORANEA  301 

ma ;  la  quale  sta  precisamente  nei  termini  detiniti  dall'  onorevole  mio 
collega,  il  Ministro  di  Grazia  e  Giustizia  ». 

Quesio  dovea  poter  bastare.  Ma  il  sospettoso  e  difficile  a  persuaders!. 
Percio  il  De  Boni  salto  su  alia  sua  volta,  dicendo  che  il  Moniteur  parigino 
dava  notizia  de'  prosperi  successi  delle  pratiche  del  Persigny  e  del  Ve- 
gezzi  a  Roma;  e  che  appunto  quando  da  quest' indizio  gravisslmo  si  potea 
inferire,  che  si  trattasse  di  sacrificare  i  diritti  delia  nazione  agli  accordi 
con  la  Corte  di  Roma,  il  Governo  per  un  nonnulla,  per  un  pretesto  fon- 
dato  sulle  tonache  dei  Frati,  ritirava  una  legge  di  tanta  importanza.  « II 
partito  cattolico  ha  vinto  senza  combattere ! » 

Da  capo  il  ministro  La  Marmora  si  alzo  a  negare  riciso,  che  il  viaggio 
e  1'  incarico  del  Vegezzi  avessero  relazipne  di  sorte  col  viaggio  del  Per- 
signy, e  trattp  come  fantasime  d'immaginazione  troppo  fervida  le  conse- 
guenze  che  si  traevano  da  un  fatto,  che  non  sussisteva  ne  punto  tie  poco. 

Ma  per  viemeglio  dileguare  codesti  sospetti  di  deferenza  yerso  la  Santa 
Sede,  che  il  Ministero  mostrava  di  pavenlare  o  come  ingiuriosi  a  se,  o 
come  pericolosi  all'ordine  pubblico,  il  minislro  Lanza  mando  ai  Prefetti, 
sotto  il  2  Maggio,  una  Circolare  che  chiarisce  tutto  il  negozio,  e,  come 
pegnode'suoi  intendimenti,  promettedi  rappresentarealla  Camera  la  legge 
per  1'abolizione  degli  Ordini  religiosi.  Ecco  il  tenore  di  questo  irnportante 
documento. 

«  Torino  2  Maggio  1865.  Come  la  S.  V.  Illiiia  avra  rilevato  dai  diarii 
politici,  il  Governo  del  Re  si  indusse  a  ritirare,  a  discussione  gia  inol- 
trata,  il  progetto  di  legge  sulla  soppressione  delle  Corpprazioni  religiose. 
Questo  fatto  ha  naturalmente  destato  un  certo  commpvimento  nella  pub- 
blica  opinione,  quanto  maggiore  era  1'aspettazione  e  il  desiderio  della  ri- 
soluzione  di  questa  grave  quistione;  e  1'atto  del  Governo  e  stato  per  varii 
modi  e  con  diverso  criterio  interpretato  e  giudicato.  Alcuni  hanno  voluto 
persino  riscontrare  una  manifesta  connessione  tra  il  ritiro  della  legge  e  la 
missione  preconizzata  del  commenp1atore  Yegezzi  presso  la  Santa  Sede, 
non  dubitando  di  affermare  e  bandire  come  quello  fosse  recisamente  una 
CGQseguenza  di  questa;  e  pero  I'abbandonp  assoluto  del  primilivo  disegno, 
un  cambiamento  di  politica,  una  concessione  fatta  alia  Corte  romana  con 
iattura  dei  diritti  dellp  Stato;  traendone  quindi  la  triste  conseguenza,  che 
il  Ministero  entrasse  in  una  via  di  regresso,  trascurate  le  giuste  e  legit- 
time  aspirazioni  della  nazione. 

«  II  Ministero,  conscip  del  grave  mandate,  che  gl'  incombe  di  fronte  allo 
Stato  ed  alia  Corona,  sicuro  di  essersi  sempre  tenuto  e  di  tenersi  sopra 
una  linea  di  politica  schietta,  leale,  quale  si  addice  alia  dignita  della  na- 
zione, crede  opportuno  di  ben  chiarire  ai  suoi  rappresentanti  nelle  pro- 
vince del  regno  la  ragione  del  suo  operate ,  perche  questi  a-  lor  volta 
possano  aH'opportunita  illuminare  e  rassicurare  gli  animi  agitati,  e  mante- 
nere  nelle  pppolazioni  la  fiducia  nel  Governo  del  Re. 

«  E  primieramente  il  Ministero  ha  creduto  conveniente  ed  opportuno 
ritirare  dal  Parlamento  il  progetto  di  legge  sulla  soppressione  delle  Cor- 
porazioni  religiose;  perocche  1'ppposizione  di  varia  maniera  e  le  difficolta 
che  nel  corso  di  quella  discussione  aveva  incontrato  lo  schema  presentato 
dal  Ministero,  e  segnatamente  Tultimo  voto,  gli  facevano  presentire  che 
(juel  progetto  di  legge  non  poteva  condursi  a  termine  con  felice  successo 
in  ambidue  i  rami  del  Parlamento.  Pero  se  tale  considerazione  pole  con- 
si  gliare  1'opporlunita  del  ritiro  della  legge,  il  Governo  tuttavia,  convinto 


502  CRONACA 

dell'  importanza  politica  di  quel  provvedimento  e  dei  benefizii  moral!  ed 
economici  che  ne  debbono  uscire,  e  nel  fermo  intendimento  di  riproporlo 
alia  prossima  sessione  legislativa. 

«  la  quanta  poi  alia  missione  presso  la  Santa  Sede,  il  Governo  del  Re 
non  ha  difficolta,  signer  Prefetto,  a  confermarle  quanto  gia  dichiaraya 
alia  Camera  dei  Deputati,  come,  cioe,  in  queste  trattative  non  s'inlenda 
minimamente  deviare  dai  principii  fondamentali,  su  cui  riposa  la  politica 
del  regno  italiano. 

«  Se  nella  sua  sollecitudine  religiosa  il  S.  Padre  credette  opportune  ri- 
volgersi  al  Governo  del  Re,  per  intrattenerlo  della  necessita  di  proyve- 
dere  d'accordo  a  sedi  vescovili  yacanti  nel  regno;  certamente  non  potea 
il  Governo  italiano  non  accogliere  questo  inyito,  sia  per  osservanza  al 
Capo  della  cattolicita,  sia  per  proprio  dovere;  e  deputandoyi  il  commen- 
datqre  Vegezzi  non  intendeva,  e  non  poteva  intendere,  se  non  a  conciliare 
quei  certi  interessi  speciali  della  Chiesa  con  quelli  dello  Stato. 

«  Ma  per  nessun  modo  puo  supporsi  che  in  quest'  alto  di  alta  conve- 
nienza  potesse  il  Governo  dimenticare  il  doyere  di  gelosamente  custodire 
i  diritti  e  le  leggi  dello  Stato,  le  prerogative  della  Corona,  e  di  mantenere 
intatte  e  riservate  le  quistioni  politiche,  che  si  legano  o  si  vogliono  confon- 
dere  colla  questione  religiosa. 

«  Pertantp,  signor  Prefetto ,  il  sottoscritto,  nel  pprtare  a  cognizione 
della  S.  V.  illustrissima  queste  dichiarazioni,  fa  arnpio  assegnamentq  su 
di  lei,  affinche,  merce  sua  e  con  quei  mezzi  che  reputera  piu  acconci,  e 
quella  influenza  che  1'alto  ufficio  suo  meritamente  le  conferisce,  vqglia, 
oye  ne  fosse  mestieri,  adoperarsi  perche  in  codesta  provincia  non  sia  in- 
dotta  la  pubblica  opinione  in  giudizii  contrarii  al  vero,  od  anche  solo  in  un 
meno  retto  apprezzamento  della  condotta  del  Goyerno  in  si  graye  e  de- 
licato  argomento. 

«  Attendero  poi  dalla  cortesia  del  signor  Prefetto  un  motto  di  riceyuta 
della  presente,  e  qualche  cenno  sul  risultato  delle  sue  premure  in  propo- 
sito.  Ilministro,  G.  LANZA.  » 

9.  Fin  qui  non  abbiam  fatto  altro  che  citare  le  dichiarazioni  ufficiali 
date  da'Ministri :  e  ci  sembra  che  debba  tenersene  conto,  per  recare  di- 
ritto  giudizio  intorno  agli  effetti ,  che  potra  ayere  piu  tardi  la  missione 
del  sig.  Vegezzi. 

Ma  i  diarii  ufficiosi,  come  V  Opinione  del  23  Aprile,  non  esitarono  pun- 
to  a  spiegare,  con  quel  tono  che  si  usa  solo  quando  si  parla  per  imbec- 
cata  ricevuta  ab  alto,  che  «  non  avverra  mai  che  il  Governo  italiano  sia 
per  aderire  (nel  trattare  con  la  Santa  Sede)  a  condizioni dirette  a  diseo- 
noscere  i  diritti  e  gl' interessi  dello  Stato.  Le  trattative  potranno  quindi 
durare  un  pezzo,  ma,  che  siano  per  condurre  ad  un  risultato,  e  un  altro 
paio  di  maniche  ».  E  1'  Opinione  torno  a  svolgere  questo  tema  alii  2  Mag- 
gio,  dimostrando  1.°  che  avendo  il  Papa  dato  il  primo  passo  con  una  let- 
tera  al  Re,  non  si  potea  ricusare  di  avviare  qualche  pratica,  senza  mo- 
strar  chiaro  che  si  aborre  da  quella  conciliazione  che  yuolsi  dalla  Fran- 
cia,  e  che  e  parte  del  programma  del  Cavour  per  andare  a  Roma;  2.°  che 
le  trattatiye  non  riuscirebbero  a  nulla,  perche  il  Governo  terrebbe  fer- 
MO  si  quanto  all'abolizione  dei  religiosi,  si  quanto  al  riordinamento  del- 
1'asse  ecclesiastico,  si  quanto  alia  diminuzione  delle  Diocesi. 

La  stessa  ufficiosa  Opinione  del  6  Maggio,  commentando  la  riferita  Cir- 
colare  del  Lanza,  fa  notare  che  il  Ministero  «  ha  yoluto  dare  un'  arra  al 


CONTEMPORANEA  503 

partito  liberate,  annunziando  che  nella  prossima  sessione  ripresentera  il 
progetto  di  legge  sulle  Corpqrazioni  religiose  »  ;  e  che  tutti  i  supposti  di- 
segni  contro  la  liberta,  cipe  i  disegni  del  Ministero  a  favore  delia  Chiesa 
e  della  Santa  Sede,  «  si  risolvono  in  una  dichiarazione  esplicita  e  netta, 
che  nulla  e  mutato  nell'indirizzo  politico,  e  nella  promessa  che  non  si 
rinuncia  a  quelle  aspirazioni  ed  a  quei  diritti  che  ci  sono  cari  ». 

Malgrado  di  cio  i  diarii  detti  italianissimi  continuano  a  recitare  la  loro 
parte,  declamando  da  furiosi  contro  il  Governp ,  perche  accenno  di  voter 
venire  a  componimento  con  la  Santa  Sede,  sia  pure  che  solo  per  le  no- 
mine ed  il  ritorno  de'  Vescovi  alle  Diocesi  vacanti.  E,  per  distoglierlo  da 
qualunque  concessione  in  favore  della  Chiesa,  gridano  alto,  come  il  Di- 
ritlo  del  4  Maggio  ,  che  «  se  le  province  avranno  i  nuovi  Vescovi ,  nel 
modp  con  cui  si  sono  concordate  le  nomine,  avranno  ancpra  ragione  di 
cacciarli.  Sara  questa  una  delle  piu  belle  prpteste,  per  signiticare  che 
noi  non  ci  lasceremo  mai  condurre  a  rimorchio  della  Corte  papale.  Fra 
1' Italia  e  il  Papa  una  sola  conciliazione  e  possibile;  la  separazione  asso- 
luta  dei  due  poteri ,  fondata  sull'  unita  politica  della  nazione  ». 

E  la  Gazzetta  del  popolo,  dando  retta  ad  una  frottola  sparsa  ad  arte, 
che  il  Card.  Arcivescovo  di  Napoli  dovesse  essere  trasferito  alia  sede  di 
Torino,  non  si  perito  di  dire  che  :  non  si  lascerebbe  nemmeno  entrare. 
«  Per  intronizzare  Arcivescovi  e  Vescovi  di  quella  risma,  il  Goyerno 
dovrebbe  farli  accompagnare  da  reggimenti  interi,  e  tuttavia  non  riusci- 
rebbe  nemmeno ; . . .  dalla  proposla  all'accettazione  correrebbero  troppe 
giornate  di  Settembre  » . 

A  noi  questo  strepitare  dei  Mazziniani  ricorda  quel  che  si  faceva  da 
essi,  sotto  1'indirizzo  del  La  Farina,  nel  1860  ;  quando  il  Cavour,  che 
avea  dato  il  La  a  questo  suo  complice,  in  palese  disapprovava  e  sotto 
mano  aiutava  la  spedizione  di  Marsala  e  le  piraterie  del  Garibaldi;  ma 
yoleva  essere  incalzato  e  vilipeso  e  minacciato  dai  Garibaldini,  per  aver- 
ne  argomento  a  giustificare  diplomaticamente  il  suo  piegare  a  lor  favore, 
come  se  vi  fosse  tratto  da  inesorabile  necessita  di  non  dare  I' ultima  spin- 
ta  ad  una  violenta  conflagrazione. 

Se  il  Governo  vorra  sinceramente  secondare  le  istanze  del  Santo  Padre 
per  sovvenire  alia  urgente  necessita  di  provvedere  alle  Diocesi  vacanti , 
vi  riuscira ;  e  come  all'  epoca  di  Aspromonte  basto  una  parola  di  Parigi 
per  troncare  i  nervi  alia  democrazia  mazziniana,  che  s'avviava  a  Roma, 
cosi  bastera  una  parola  nell'  orecchio  a  certi  amici  del  Governo,  per  fare 
che  cessi  pgni  opposizione  agli  accordi  con  Roma.  Noi  crediamo  il  Go- 
verno di  Vittorio  Emmanuele  piu  forte  che  non  mostra  di  essere. 

10.  Dopo  le  spiegazioni  soprarriferite,  che  nella  tornata  del  28  furono 
date  alia  Camera  circa  i  motiyi  dell'essersi  ritirala  la  legge  contro  i  Corpi 
religiosi,  ogni  altra  grave  discussione  era  impossible  a  condursi  innan- 
zi,  per  la  discordia  fra  il  Ministero  e  le  varie  fazioni  de'Deputati.  Laon- 
de  questi ,  dopo  discorso  languido  intorno  a  qualche  legge  di  minor  mo- 
men  to  ,  come  per  1'  affrancamento  delle  decime  nella  terra  di  Otranto, 
che  fu  approvata,  ricevettero  1'annunzio  che  cesserebbero  le  raunate  or- 
dinarie  e  la  Camera  sarebbe  poi  convocata  con  avvisp  a  domicilio  dei 
singpli  suoi  membri.  II  che  fu  inteso  che  poneva  termine  alia  presente 
sessione ,  e  che  questa  Camera  non  si  convocherebbe  piu  che  per  udirsi 
leggere  il  Decrelo,  che  dee  porre  termine  al  suo  mandate,  e  chiamare 
gli  elettori  a  nuova  scelta  generate  de'  proprii  rappresenlanti.  Onde  il 


504  CRONACA 

Mancini  voile  conchiudere  con  un  rendimento  di  grazie  alia  citta  ed  alia 
Guardia  nazionale  di  Torino,  pel  contegno  osservato  sempre  verso  il 
Parlamento.  Quindi  la  Camera  si  sciolse. 

I  Minister!  entro  il  Maggio  saranno  tutti  trasferiti  a  Firenze.  La  Corte 
ha  corainciato  da  pezza  il  suo  trasporto  alia  nuova  Capitale ,  ed  il  Re 
stesso  dpvea  condurvisi  alii   28  d' Aprile;  ma  fu  rattenuto  in  Torino  da 
leggera  indisposizione  di  salute. 

II. 

COSE  STRANIERE. 

JMPERO  DI  RUSSIA  1.  Medaglie  d'onore  ai  combattenti  contro  i  sollevati  Po- 
lacchi  —  2.  Regolamento  pei  Gonventi  eMonasteri  cattolici  in  Polonia  — 
3.  Le  monache  di  Wilna  son  discacciate;  loro  difesa  tolta  dall'  Opinion 
nationals  di  Parigi  —  4.  Indirizzo  della  Nobilta  di  Mosca,  reietto  dallo 
Czar  —  5.  Statistica  d'  incendii  —  6.  Epidemia  e  timori  di  peste  —  7. 
Viaggio  dello  Czar  a  Nizza  di  Provenza ;  ivi  muore  il  Gran  Duca  eredita- 
rio  Nicola. 

1.  Le  ultime  faville  dell'incendio  rivoluzionario  in  Polonia  sonqspente; 
le  bande  annate  sono  distrutte ;  gli  emissarii  stranieri ,  come  risulta  da 
una  circolare  del  Gortschakoff  sotto  il  7  di  Aprile ,  parte  furpno  scoperti 
ed  arrestati  in  Varsavia  stessa,  mentre  si  adoperavano  a  ricostituire  il 
Comitatq  pel  Governo  nazionale,  parte  si  sono  prudentemente  ritirati ; 
le  grandi  Potenze  occidental!,  che  al  principio  del  1863  stavano  con  la 
maao  all'elsa,  in  atto  d'impugnare  la  spada  per  ristaurare  la  nazione  e  la 
monarchia  di  Polonia,  ora  si  guardano  bene  dal  pronunziarne  pure  il  no- 
nie;  il  massimo  numero  della  piccola  Nobilta  polacca  o  sta  in  Siberia  o 
si  e  acconciatq  coi  padroni  del  reame ;  in  Lituania  spariscono  le  ultime 
tracce  dell'  intima  unione  che  essa  ebbe  con  la  Polonia ,  essendq  i  fondi 
rustici  passati  quasi  per  intero  in  possesso  di  Russi  o  di  stranieri ;  qual- 
che  tentativo  di  ridestare  1'  agilazione  per  via  di  bandi  clandestini,  messi 
fuora  in  nome  del  Governo  nazionale,  ando  fallito,  perche  niuno  si  lascio 
piu  gabbare;  insomma  I*  esercito  russo  ebbe  vittoria  piena  e  decisiva. 

II  Governo  di  Pietroburgo  voile  perpetuare  la  memoria  del  suo  trion- 
fo,  distribuendo  insegne  onorifiche  a  quanti  avevano  dato  opera  alia  re- 
pressione  del  sollevamento  polacco.  Pertanto  con  un  rescritto  imperiale, 
pubblicato  nelF  Invalido  russo  del  13  Gennaio,  fu  istituita  una  medaglia 
di  bronzo,  destinata  a  fregiare  il  petto  dei  militari  e  dei  cittadini,  che 
si  rendettero  benemeriti  dello  Czar  co'loro  servigi  in  tal  congiuntura. 

Questa  medaglia,  appesa  ad  un  nastrq  dai  colori  nero,  arancio  e  bian- 
co, e  di  due  sorta.  L'  una,  di  bronzo  chiaro,  e  destinata  1.°  agli  ufficiali 
d'ogni  grado  ed  ai  soldali  che  direttamente  p  indirettamente  parteciparo- 
np  alia  guerra  contro  i  sollevati;  2.°  ai  medici,  uditori  e  cappellani;  3.' 
ai  soldati  gia  congedati,  ai  villani  ed  allepersone  d'ogni  qualita  che,  con 
le  armi  alia  mano  aiutarono  il  Governo  a  quella  repressione.  La  seconda 
di  bronzo  scurq  e  destinata  1.°  agli  ufficiali  dell'amministrazione  civile  e 
militare;  2.°  ai  preti  di  qualunque  confessione,  che  efflcacemente  contri- 
buirono  a  domare  la  ribellione;  3.°  ai  contadini ,  che  formavanole  guar- 
die  rurali;  4.°  a  tutti  coloro  che,  per  servigi  renduti  durante  la  guerra, 
gia  s'  erano  meritate  altre  ricompense :  cioe  alle  spie  ed  alle  guide. 


CONTEMPORANEA  505 

Con  cio  fu  posto  il  suggello  a  quella  sanguinosa  repressione,  che  fece 
fremere  d'  orrore  tutta  Europa,  e  che,  provocata  dissennatamente  dalla 
democrazia  settaria,  abusando  dei  giusti  motivi  di  malcontento  di  quei 
ppppli,  riusci  a  strazio  di  innumerevoli  innocent!,  alia  desolazione  di 
citta  e  borgate  fiorentissime,  e  soprattutto  adetrimento  torse  irreparabile 
di  quel  cattolicismo,  per  la  sola  dit'esa  del  quale  sul  orincipio  sembrava 
che  la,  Polonia  tutta  dovesse  spiegare  la  bandiera  dell'indipendenza. 

2.  E  dunque  finita  la  guerra  coi  cannoni  e  con  le  baionette;  ma  conti- 
nua  1'altra  (piu  micidiale  per  un  popolo  cattolico)  che  si  fa  con  gli  ukase 
per  le  cose  di  religione. 

Nel  precedente  volume,  a  pag.  268-69 ,  abbiamo  parlato  di  un  ukase 
dell'8  Novembre  1864,  col  quale  erano  aboliti  gran  numero  di  conventi 
e  monasteri  cattolici, .e  si  prefiggevanq  gli  ordinamenti  generali  da  appli- 
carsi  ai  pochi,  che  o  si  lasciavano  sussistere  sotto  la  direzione  del  Gover- 
no,  o  erano  designati  a  prossima  abolizione.  Un  altro  ukase,  firmato  dal- 
Jo  Czar  il  4  Dicembre  a  Tsarkoe-Selo,  venne  pubblicato  dal  Giornale  uf- 
ficiale  di  Varsavia  nei  fogli  del  22  e  23  dello  stesso  mese,  sotto  il  titolo 
di:  Regolamento  circa  la  conservazione  e  1'amministrazione  dei  Conventi 
cattolici  nel  Regno  di  Polonia ;  ed  il  Monde  dell'  8  Gennaio  susseguente 
ne  riferi  le  principal!  disposizioni. 

Nella  prima  parte  di  codesto  documento  si  tratta  dei  Conventi  dello 
Stato  e  dei  Sopranumerarii.  Sono  Conventi  dello  Stato  tutti  quelli  che 
non  furono  aboliti,  in  forza  deWukase  dell'8  Noyembre;  ed  in  tutto  sono 
25  di  religiosi  di  varii  Ordini,  e  10  soli  di  religiose.  Sono  sopranumera- 
rii  i  pochi  altri  che,  condannati  alia  distruzione,  si  lasciano  per  ora  co- 
me depositi  di  frati  e  di  monache  da  fornire  di  soggetti  i  Conventi  dello 
Stato.  In  ognuno di  questi  devono  essere  14  religiosi  o  monache;  il  Go- 
yernp  tiene  conto  esatto  di  quanto  spetta  alle  persone  ed  alle  cose  loro  ; 
non  e  permesso  il  passaggio  dai  Conventi  dello  Stato  ai  sopranumerarii; 
ma  il  Gpverno  sopprime  questi  quando  non  contano  piu  il  numero  di  14 
soggetti ;  e  per  arrivar  presto  a  questo  termine,  trasloca  dai  Conventi 
sopranumerarii  a  cjuelli  dello  Stato  i  soggetti  necessarii  a  colmare  ivuoti 
fatti  dalla  morte;  i  sopranumerarii  non  possono  accettare  novizii ;  enep- 
pure  possono  quesli  essere  ammessi  dai  Conventi  dello  Stato,  tinche  non 
siano  interamente  aboliti  i  conventi  sopranumerarii.  Pel  mantenimento 
dei  Conventi  dello  Stalo,  il  Tesoro,  che  ne  confisco  i  beni ,  paga  loro 
1,750  rubli  d'argentp  all'  anno,  a  rate  anticipate  di  qualtro  mesi.  E  per 
questa  parte ,  bisogna  confessarlo,  i  Russi  sono  meno  disumani  di  quello 
che  si  mostrasse  Gioacchino  Pepoli,  coi  degni  suoi  complici,  nell'ester- 
minio  dei  Conventi  e  dei  Monasteri  dello  Stato  pontih'cio ;  dove  si  pro- 
metteya,  ma  non  si  pagava,  o  si  faceva  aspettare  pei  sei  e  nove  mesi  la 
meschina  pensione  dj  20  o  25  centesimi  dt  Lira  al  giorno  per  ogni  reli- 
giosa,  spogliata  della  sua  dote  e  delle  rendite  del  monastero  I 

Nella  seconda  parle,  che  riguarda  la  suggezione  dei  Conventi  cattolici 
airautorita  diocesana.  ed  ai  Visitatori  nominati  dal  Governo,  si  contengono 
le  piu  minute  e  severe  prescrizioni  che  una  Pplizia  ombrosa  e  spietata 
possa  immaginare,  per  hccar  1'occhio  in  ogni  ripostiglio,  ed  essere  ben 
accertata  che  nissuno  vi  possa  movere  manum  aut  pedem  altrimenti  che 
secondo  la  yolonta  del  Governo.  Percio  somma  autonta  e  buono  stipendio 
ai  Yisitatpri,  i  quali  devono  dar  conto  minutissimo  al  Governo  di  ogni  co- 
serella  dei  Conventi,  sopra  i  quali  stendesi  la  loro  podesta;  e  per  maggior 
cautela ,  a  ciascun  Visilatore  e  Superiore  locale  e  posto  al  hanco  chi  lo 


506 

yigili  e  lo  sproni  con  la  paura  d'  essere  denunziato,  se  mai  fosse  indul- 
gente  o  meno  zelante  nel  fare  le  parti  sue. 

La  terza  parte,  ancor  piii  vessatoria,  spetta  ai  doyeri  imposti  ai  singoli 
membri  del  Conventi,  verso  rautorita  civile,  a  cui  spetta  1'aramettere 
postulanti  al  noviziato,  ed  il  decidere  degli  impediment,  ed  il  permettere 
che  a  30  anni  compiuti  possano  fare  la  professione  religiosa,  in  presehza 
di  delegati  del  Governo.  ISiuna  scuola  e  tollerata  nei  Conventi  e  nei  Mo- 
nasteri ;  vietato  severamenle  il  chiedere  od  accettare  liraosine,  se  non 
fosse  nel  recinto  stesso  del  Convento  o  della  Parocchia  rurale;  vietato  ai 
preti  il  ritirarsi  nei  Conventi  per  farvi  gli  Esercizii  spiritual!;  sono  ob- 
bligati  i  Superior!  religiosi  ad  avvisare  il  Governo  civile  delle  funzioni 
ecclesiastiche  e  feste  che  si  propongono  di  celebrare;  ne  frati  ne  monache 
possono  passare  da  un  Convento  all  altro,  senza  la  Ijcenza  del  Governo, 
per  la  quale  richiedesi  un  subbissp  di  fprmalita ;  ogni  religiose  deve  sem- 
pre  portare  addosso  una  specie  di  certificato,  ond'  e  attestata  la  sua  con- 
dizione,  per  doverlo  presentare  a  richiesta  degli  ufficiali  di  Polizia;  gravi 
multe,  pertino  di  300  rubli,  saranno  inflitte  al  Convento,  in  cui  si  accer- 
tasse  una  violazione  a  qualsiasi  di  codesti  regolamenti ;  e  la  Polizia  vi 
puo  penetrare  ad  ogni  ora  e  minuto,  quando  sospetti  chevi  si  commetta 
qualche  abuso,  o  vi  si  celi  qualche  persona  non  munita  di  facolta! 

3.  Questo  fa  per  la  Polonia  propriamente  detta.  Quanto  alia  Lituania, 
che  il  Mpurawieff  s'  incarico  di  russificare,  la  bisogna  precede  molto  piu 
spiccia,  imitando  cipe,  con  cjualche  temperamento  pero,  gli  esempii  dati 
dal  Governo  rivoluzionario  in  Italia,  e  specialmente  dal  Pepoli  negli  Stati 
pontificii,  e  da  altri  Proconsoli  nel  regno  delle  Due  Sicilie.  I  Religiosi  si 
deportano  o  si  esiliano,  e  le  Monache  si  traggono  fuora  dai  loro  chiostri 
e  si  costringono  a  cercare  asilo  in  terra  straniera.  Tale  fu  la  sorte  di  44 
Monache  di  Wilna.  E  qui  citeremo  I'  Opinion  nationale,  cioe  registrererao 
la  cpnfessione,  che  la  verita  ha  estorto  di  bocca  ad  uno  dei  piu  diabolici 
nemici  del  cattolicismo. 

«  Esse  erano  quarantaquattrp,  dice  1'  Opinion  parigina.  Esse  commet- 
tevano  ogni  giorno  qualche  delitto,  giacche  pregavano  Dio  in  lingua  la- 
tina  e  piangevano  in  segreto  sulla  loro  patria...  Una  nolle,  degli  uomini 
armati,  dei  selvaggi  dell'Oural,  penetrano  nella  casa  di  queste  donne  col- 
peyoli...  Tutto  fu  messo  a  ruba  e  sacco,  e  profanato...  Esse  tendono  verso 
noi  le  loro  mani  supplichevoli »  e  chiedono  «  alia  Francia  un  poco  di  pane 
e  sei  piedi  quadrati  d'una  cellula,  in  cui  possano  dimenticare  emprire». 
Tale  si  e,  purgata  pero  delle  piu  trivial!  ingiurie,  accumulate  quivi  contro 
il  Governo  russo,  la  lamentazione  dell'  Opinion  nationale  per  la  espulsione 
di  44  Monache  da  Wilna;  la  quale  lamentazione  si  chiude  con  queste  pa- 
role: «  Noi  non  siamo  cattolici ;  ma  quando  vediamo  delle  donne  cosi  ol- 
traggiate,  espulse,  sbandite;  quando  esse  soffrono  questp  duro  martiriq 
per  la  liberla  religiosa,  pel  diritto  piu  sacro  fra  tutti  i  diritti,  ildiritto  di 
pregare,  il  nostro  cuore  sentesi  scpnvolto!  » 

E  grande  sventura  per  la  Polonia  che,  mentre  essa  ha  tanto  giusti 
motiyi  d'  essere  cpmpianta  da  ogni  animo  ben  nato  e  cattolico,  la  voce 
degli  onesti  e  leali  suoi  amici  debba  sempre  essere  soffocata  dagli  stre- 
piti  dei  piu  giurati  nemici  della  religione  e  della  yera  civilta,  il  cui  pa- 
trocinip  nuoce  piu  di  qualunque  offesa !  Ma,  la  Dio  merce,  questa  volta 
Y  Opinion  nationale  ebbe  il  fatto  suo  dal  sig.  Enrico  de  Riancey,  che, 
neirottimo  giornale  1'  Union  quotidienne  del  22  Aprile,  fece  toccare  con 


CONTEMPORANEA  507 

mano  il  valore  di  quelle  nenie  e  di  quelle  tenerezze  affettate  dei  settarii 
per  le  Monache  di  Wilna. 

«  I  cattolici  ancor  essi,  dice  il  sig.  De  Riancey,  partecipano  altpeltan- 
to  che  1'  Opinion  nationale  alle  sofferenze  delia  Polonia;  e,  se  essi  espri- 
mono  men  rumorosamente  queste  loro  siuipatie,  tentano  pero  di  compro- 
Tarle  con  atli  non  meno  solleciti  e  non  meno  efficaci.  Le  religiose  di 
Wilna  furono  accolte  in  Francia  con  la  piu  affettuosa  e  piu  tenera  fratel- 
Janza.  Esse  cercano  di  fondare  una  casa  speciale  per  se  e  per  le  loro 
compaesane ;  e  gia  trovarono  e  troveranno  aucora  generosi  aiuti  per  at- 
tuare  questo  pio  disegno.  L'  Opinion  nationale  le  aiutera  a  tal  uopo  e, 
yogliamo  concederlo,  il  suo  concorso  sara  abbondante  1.  Solamente  e  da 
notare  che  il  monastero  delle  Suore  polacche  accrescera  la  lista  delle 
denunzie,  di  cui  1'  Opinion  ci  avea  offerto  le  primizie,  e  che  servi  tanto 
felicemente  al  Senatore  Bonjean  ed  al  Deputato  Gueroult  iiella  discussio- 
ne  dell'Indirizzo.  Inoltre,  se  queste  nobili  e  yenerande  proscritte  incon- 
trano  difficolta  nel  fondare  la  loro  casa,  cio  si  dee  attribuire  ad  una  con- 
dizione  legale,  che  1'  Opinion  nationale  ammira  e  sostiene,  e  di  cui  essa 
vorrebbe  ancora  aggravati  i  rigori. 

«  Ed  invero,  non  e  forse  1'  Opinion  quella  che  incessantemente  fa  le 
parti  di  accusatore  pubbljco  contro  quelle  Religiose,  nostre  sorelle,  fran- 
cesi  come  noi,  che  «  commettono  ogni  giorno  il  delitto  »,  che  diede  mo- 
tivo  alle  persecuzioni  del  Governo  russo?  Ancor  esse  «  pregano  Dio  in 
latino  e  piangono  »  per  quelli  che  non  piangono.  Ancor  esse  «  esercitanp 
il  piu  inviolabile  fra  i  diritti,  il  «  diritto  piu  sacro  fra  tutti  i  diritti,  il  di- 
ritto  di  pregare  ».  Or  bene:  Chi  le  assale  ogni  di?  Chi  le  rappresenta 
come  un  pericolo,  come  una  minaccia  contro  la  societdmoderna?  Chi  in- 
vqca  a  gran  voci  contro  di  loro  provTedimenti  alia  maniera  del  Moura- 
wieff?  Appunto  V Opinion  nationale! 

<(  Non  basta.  Souo  ben  piu  di  quaranta  le  Monache  trattate  cosi  al  di 
la  delle  Alpi,  in  quella  Italia  schiacciata  dal  Piemontel  Cola  ancora  la 
notte  uomini  armati,  che  non  hanno  nemmeno  la  scusa  d'  essere  Cosac- 
chi,  ma  che  portano  la  Croce  di  Savoia  sulle  loro  bandiere,  penetrano 
nelle  case  di  codeste  donne  colpevoli.  E  la  giustizia  del  Ministero  sardo 
che  viene  a  chieder  loro  conto  delle  loro  preghiere  e  delle  loro  lagrime... 
Tutto  e  messo  a  ruba  e  sacco  e  profanato !  L'  Opinion  naiionale  ne  trasali 
forse  per  indignazione?  Non  ha  essa  forse,  tutt'al  contrario,  fatto  plauso  a 
codesti  selvaggi  che  oltraggiano  donne,  e  le  discacciano  dal  loro  chiostro, 
e  le  gettano  sul  lastrico  della  strada,  e  confiscano  i  loro  beni,  e  le  trattano 
da  colpevoli,  solo  perche  vogliono  usare  della  libertd  religiosa ?  Forse 
che  le  Religiose  della  penisola  non  sono  anch'  esse  oltraggiate,  discac- 
ciate,  sbanditet  Quando  esse  soffrono,  non  sono  forse  anch'esse  le  martiri 
del  diritto  il  piii  sacro  fra  tutti  i  diritti,  il  diritto  di  pregare  ?  Ed  i  loro 
carnefici  sono.  forse  innocenti,  sol  perche  invece  d' essere  scismatici  o 
pagani,  sono  cristiani  e  cattolici?  Ah!  per  certo,  1' Opinion  nationale 
fa  bene  a  sentirsi  sconvolgere  il  cuore  dal  racconto  delle  proscrizioni  del- 
le Monache  della  Polonia.  Ma  perche  non  sente  egual  pieta  per  le  Mona- 

\  Oh  si  davvero !  Se  codeste  povere  religiose  dovessero  campare  co'  sussidii  de'  Frammas- 
soni,  potrebbero  far  la  loro  preparazione  prossima  alia  morte  di  pura  fame!  Codesti  settarii 
professHDO  altamente  le  dottrine  stesse ,  che  furono  bandite  a  Torino  dal  Sella  e  dal  Vaccaj 
cioe  che  quando  si  ha  bisogno  di  denaro,  e  i  settarii  ne  ban  sempre  bisogno,  si  deve  confi- 
scare  la  roba  dei  preti,  dei  frati  e  delle  monache.  Or  pensate,  se,  affamati  ognora  di  roba 
altruij  vogliano  dare  della  propria ! 


508  CRONACA 

che  <f  Italia?  Essa  fa  bene  a  difendere  la  liberta  religiosa  delle  Suorepp- 
lacche;  e  perche  dunque  vuole  oppressa  la  liberta  delle  Sucre  francesi? 
La  giustizia  della  democrazia  ha  dunque  due  pesi  e  due  raisure?  » 

No,  rispondiamo  noi,  la  giustizia  dei  democratic*  none  cosiffatta;  per 
la  semplicissiraa  ragione  che  pei  democratici  non  v'ha  giustizia  di  sorta, 
ma  solo  interesse  di  setta  ed  odio  del  cattolicismo.  Ecco  perche,  1'in- 
teresse  loro  volendp  che  si  faccia  lo  spasimato  per  le  Monache  polacche, 
1'  Opinion  mostra  di  pianger  per  esse  a  spron  battuto ;  Dell'  atto  stesso  che 
vorrebbe  empire  la  mano  al  Governo  di  flagelli  onde  percuota ,  discacci 
e  sbandisca  le  Suore  di  Francia  e  d'ltalia,  le  quali  sono  detestate  perche 
cattoliche,  e  per  ora  non  possono  servir  di  pretesto  a  proyocare  una  ri- 
voluzione  contro  il  Governo! 

4.  Cio  che  avea  operate  il  Governo  di  Pietroburgo  per  annientare  la 
nazione  polacca,  e  ridurne  il  territorio  a  condizione  di  provincia  russa, 
era  piaciuto  assaissimo  alia  Nobilta  moscovita ;  e  tutti  possono  ben  ri- 
cprdare  il  plauso,  con  che  si  erano  cola  celebrati  i  provyedimenti  piii  ri- 
gidi,  banditi  in  Polonia  conlro  i  possidenti,  i  nobili,  i  cattolici.  Ma  lo 
spirito  settario  va,  gia  da  pezza,  serpeggiando  anche  fra  i  Moscoviti ;  i 
quali  cominciano  a  sentire  il  solletico  di  mescolarsi  nelle  cose  del  Go- 
verno, e  di  godere  i  benefizii  dei  principii  famosi  del  1789,  edi  ridurre 
a  poco  a  poco  lo  Czar  nella  condizione  d  un  Soyrano  inviolabile  ed  irre- 
sponsabile,  che  regni  e  non  governi.  Percio  nei  Comizii  della  Nobilla  di 
Mosca  fu  deliberate,  il  23  del  passato  Gennaio,  a  pluralita  di  270  suf- 
iragi  contro  soli  37,  che  si  dovesse  presentare  allo  Czar  un  Indirizzo, 
il  cui  testo  pup  vedersi  per  intiero  anche  nel  Debats  del  5  Febbraio.  Pre- 
messi  ringraziamenti  caldissimi  per  quanto  gia  fece  lo  Czar  a  favore  dei 
suoi  popoli,  e  dichiarata  la  viva  fiducia  che  si  ha  di  vederlo  procedere 
piu  innanzi  sulla  via  delle  concession!  liberali,  Y  Indirizzo  veniva  a  toe- 
care  il  vagheggiato  disegno  d'  una  rappresentanza  popolare. 

«  La  forza  del  nostro  paese  consiste  nella  fraterna  sua  unita,  Delia 
perfetta  sua  integrita.  Adunando  in  un  corpo  solo  la  vostra  Russia,  fin 
qui  divisa ;  mantenendola  fortemente  omogenea ,  sostituendo  ai  diritti 
separati  di  alcune  sue  parti  altri  diritti  comuni  a  tutte,  voi  anniente- 
rete  per  sempre  ogni  possibilita  di  ribellione  e  di  guerra  civile  (Que- 
sto  fa  pel  reame  di  Polonia).  Le  nuove  istituzioni.  rurali,  che  Yostra  Mae- 
sta  ha  fondato,  sono  destinate,  quando  saranno  giunte  al  pieno  loro  svi- 
luppo ,  a  rendere  durevole  la  gloria  e  la  forza  della  Russia. 

«  Coronate  dunque ,  o  Sire,  1'edifizio  dello  Stato  di  cui  avete  gittato 
le  fondamenta,  e  convocate  un'Assemblea  generale  di  personaggi,  eletti 
da  tutta  la  Russia,  per  la  discussione  delle  migliorie  comuni  a  tutto  J'lm- 
pero.  Ordinate  alia  fedele  vostra  Nobilta,  per  lo  stesso  intento,  di  sce- 
gliere  i  migliori  tra  i  supi.  La  Nobilta,  ha  sempre  sostenuto  con  fer- 
mezza  il  trono  della  Russia.  Senza  essere  ufficiali  dello  Stato,  senza  go- 
dere verun  compenso  pei  loro  servigi,  adempiendo  a' loro  doyeri  gra- 
tuitamente  per  vantaggio  del  paese  e  dell' ordine  generale:  questi  uomini 
sarannp  destinati  dal  loro  grado  a  propugnare  i  principii  morali  e  poli- 
tici,  sui  quali  si  posa  lo  Stato,  e  che  sono  si  preziosi  pel  popolo  e  cosi 
indispensabili  pel  ben  essere  reale  della  nazione-. 

«  Per  tal  modo,  o  Sire,  voi  conoscerete  i  bisogni  della  nostra  patria  nel 
vero  loro  aspetto,  voi  ristabilirete  la  fiducia  nel  potere  esecutivo,  e  giun- 
gerete  ad  una  rigorosa  osservanza  della  legge  per  tutti  e  per  ciascuno, 
ed  a  conformarla  ancora  ai  bisogni  del  paese.  La  verita  giungera  al  vo- 


CONTEMPORANEA  509 

stro  trono  senza  ostacoli.  I  nemici  di  dentro  e  di  fuori  saranno  ridotti 
al  silenzio,  quando  il  popolo,  nella  persona  dei  suoi  rappresentanti ,  cir- 
condera  il  trono  con  amore  e  vigilera  costantemente  per  impedire  che  il 
tradimento  non  se  gli  accosti  da  veruna  parte.  » 

E  manifesto  che  le  idee  liberali  deono  gia  predominare  cola  in  alto 
grado,  quando  si  vede  che,  a  tanta  plurita  e  concordia  di  suffragi,  si 
osa  chiedere  allo  Czar  di  coronare  leaifizio;  di  istituire  una  rappresen- 
tanza  popolare  elettwa  di  tutta  la  Russia  ;  di  commettere  a  questa  la 
salvaguardia  dei  principii  moral!  e  politici ;  di  affidarle  1'incarico  di  fog- 
giare  leggi  acconcie  ai  bisogni  del  paese  ;  di  aspettare  da  lei  il  lume  e 
Tindirizzo  per  conoscere  la  verita;  e  si  osa  per  giunta  dargli  a  intendere 
che  cio  e  necessario  per  ristabilire  la  fiducia  del  popolo  nel  Potere  ese- 
cutivo,  e  rassicurare  il  Trono  contro  il  tradimento ! 

Quattro  alti  personaggi  furono  designati  per  1'incarico  di  presentare 
queslo  indirizzo  allo  Czar,  e  primo  tra  essi  il  conte  Orloff-Davidoff,  Gran 
Maestro  delle  cerimonie  alia  Corte  imperiale. 

Quest'  atto  non  potea  andar  molto  a  sangue  allo  Czar.  II  modo  di  an- 
nullarne  1'efficacia,  senza  incorrere  taccia  di  dispotismo ,  fu  trovato  spe- 
ditamente,  poiche  1'Assemblea  stessa  della  Nobilta  lo  avea,  per  cosi  dire, 
preparato.  Secondo  i  regolamenti,  dice  la  ufficiosa  Correspondance  russe 
di  Pietroburgo,  hanno  diritto  a  far  parte  dell' Assemblea  i  soli  nobili  che 
possiedono  almeno  3,000  dessiatine  di  terre  (la  dessiatina  equivale  a 
poco  piu  di  un  ettaro).  Ora,  per  effetto  dell'abolizione  della  servitu,  un 
gran  numero  di  piccoli  proprietarii  ebbero  le  loro  possessioni  ridotte  a 
meno  delle  3,000  dessiatine  richieste.  Imperocche  aveano  dovuto  venire 
a  componimento  coi  loro  contadini ,  ed  abbandonare  a  ciascun  d'essi ,  a 
copdizioni  determinate,  una  certa  quantita  di  terreno.  Questi  piccoli  oro- 
prietarii  chiesero  che  fosse  abrogate  il  regolamento  che  loro  vietava  1'ac- 
cesso  all' Assemblea  di  Mosca,  allegando  che  dovesse  bastare  la  dimostra- 
zione  dei  loro  titoli  di  nobilla,  essendo  ingiustp  che  essi  dovessero  per- 
dere  i  loro  diritti,  sol  perche  aveano  dovuto  gia  perdere  una  parte  del 
loro  patrimonio ,  sacriticato  da  un  decreto  del  Sovranp.  Ma  i  grandi  pro- 
prietarii, che  prevalevano  in  numero  all' Assemblea  di  Mosca,  respinsero 
questi  richiami,  mantenendo  1'antico  regolamento.  La  piccola  Nobilta, 
cosi  diseredata ,  si  prptesto  contro  tutte  le  risoluzioni  che  si  prendereb- 
hero  senza  sua  partecipazione,  e  rnando  sue  querele  al  Senate  dirigeute; 
il  quale  non  lascio  di  cogliere  la  palla  al  balzo,  facendo,  ad  un  tempo,  un 
servigio  al  Governo  ed  un  atto  di  giustizia  verso  la  piccola  Nobilta,  con 
dichiarare  nulle  tutte  le  decisioni  prese  a  Mosca  da  una  sola  parte  della 
Nobilta,  che  avea  dirittp  a  parteciparvi ;  e  con  cio  solo  era  tolto  ogni  va- 
lore  al  voto  del  recitato  indirizzo,  che  lo  Czar  rifiuto  di  ricevere. 

II  Governo  avea  ancora  un  altro  motivo,  oltre  quello  dei  sovraccennati 
yoti  di  liberta  e  di  rappresentanza  nazionale,  per  calcar  la  mano  sull'As- 
semblea  della  Nobilta  di  Mosca.  Imperocche  quesla,  nelle  sue  adunanze, 
erasi  abbandonata  a  discussioni  ardite  ed  accese  ,  dalle  quali  era  uscita 


Camera  dei  Deputati  di  Berlino,  che  si  piglio  il  gusto  di  eleggere  a  suo 
Presidente  il  Grabow,  tutt'altro  che  accetto  al  re  Guglielmo  I  ed  al 


Bismark.  Cotali  significazioni  di  voler  portare  alta  la  testa  doveano  dispia- 
cere  a  Pietroburgo  altrettanto,  e  piu  ancora,  che  Ylndirizzo. 


510  CRONACA 

Lo  Czar  non  solo  ricusp  di  accogliere  ufficialmente  la  mentovata  De- 
putazione  della  Nobilta  di  Mosca ;  ma,  discprrendo,  sopra  la  bramata  Co- 
stituzione  rappresentativa,  col  Presidente  di  essa,  Coute  Orloff-Davidoff, 
secondo  la  Gazzette  de  France ,  gli  disse  asciutto :  «  E  troppo  presto : 
(Slichkom  rano) ;  quando  1'edifizio  della  liberla  sara  coronato  in  Francia, 
penseremo  a  gettarne  le  fpndamenta  tra  noi.  Voi  non  avete  il  diritto  di 
esserepiu  impazienti  chei  figli  del  1789  ».  La  quale  sarcastica  allusione 
a  quel  che  accade  nell'lmpero  sorto  dal  suffragio  universale,  dove  regna 
quella  liberta  che  tutti  sanno  ,  die  forte  sui  nervi  alia  cortigiana  France 
politique,  che  prese  a  dimostrare,  il  10  Febbraio,  che  se  all'edificio  libe- 
rale  dell'Imperp  napolepnico  puo  aggiungersi,  a  maniera  di  corona,  qual- 
che  bagatella  ,  in  Russia  manca  ogni  cosa  e  domina  un  assolutismo  ,  per 
cui  la  Russia  e  segregata  da  tutta  Europa. 

Ma  si  voile  anche  cessare  il  pericolo  a  una  recidiva,  che  in  tali  malat- 
tie,  ingenerate  da  riscaldamento  liberalesco,  suole  essere  facile  a  incorrere 
e  difficile  a  curare.  Percio  Ip  Czar,  sotto  il  29  Gennaio,  indirizzo  al  signer 
Yalouieff,  ministro  sopra  gli  affari  interni,  un  rescritto,  che  e  riferito  an- 
che nel  Debats  del  19  Febbraio;  e  nel  quale  si  mando  un  solenne  ri- 
sciacquo  all'  Assemblea  di  Mosca,  sciolta  con  ordine,  speditole  il  di  28 , 
che  dovesse  porre  termine  a'  suoi  lavori. 

Toccato  in  prima  deH'irregolarita  e  nullita  dei  procedimenti  e  delle  de- 
cisioni  dell'Assemblea,  per  aver  escluso  una  parte  della  Nobilta,  lo  Czar 
Tenne  subito  al  punto  che  piu  premeva,  «  Ho  tutta  via  saputo  ,  che  nel 
corso  delle  sue  deliberazioni  1'  Assemblea  della  Nobilta  del  Governo  di 
Mosca  si  arrogo  la  disamina  di  certe  quistioni,  che  non  sono  di  sua  com- 
petenza ,  e  che  essa  entrp  a  trattare  argomenli  che  invplgpno  moditica- 
zioni  de'  principii  essenziali  e  fondamentali  delle  istituzioni  dell'  Impero 
russo.  Le  riforme  felicemente  compiute  in  questi  dieci  anni  del  mio  re- 
gno,  e  le  altre  che  si  stanno  effettuando  per  mip  ordine,  bastano  a  dimo- 
strare la  mia  costante  sollecitudine  quanto  al  migliorare  e  perfezionare  i 
diversi  rami  dell'  organamento  politico  dello  Stato ,  entro  i  conh'ni  del 
ppssibile  e  secondo  il  disegno  tracciato  dalla  mia  volonta.  Ma  il  diritto 
di  dare  la  prima  spinta  alle  varie  parti  di  quest'opera  di  perfezionamento 
graduate  non  appartiene  che  a  me  solo;  e  questo  diritto  e  indissoiubil- 
mente  congiunto  colla  potesta  autocratica,  che  mi  venneconferita  da  Dio. 

«  II  passato  dee  valere  di  pegno  per  1'avvenire,  agli  pcchi  dei  fedeli 
miei  sudditi.  A  nessuno  di  loro  puo  competere  il  pregiudicare  i  miei  sfor- 
zi  incessanti  pel  bene  della  Russia,  o  di  precorrere  la  decisione  delle 
quistioni  che  spettano  ai  principii  fondamentali  delle  istituzioni  dello  Sta- 
to. Nessun  ordine  di  persone  ha  legalmente  il  diritto  di  parlare  in  nome 
degli  altri.  Nessuno  ha  1'incarico  d'intercedere  presso  di  me  quanto  a  cose 
d'interesse  generale  e  circa  i  bisogni  dello  Stato.  Cotali  deyiazioni  fuori 
dell' ordine  prefisso  dalla  yigente  legislazione  non  possono  riuscire  che  a 
creare  impacci  aU'esecuzione  dei  disegni  che  mi  sono  proposto.  In  ogni 
caso  esse  non  potrebbero  mai  contribute  punto  o  nulla  a  raggiungere  lo 
scopo  a  cui  fossero  intese. 

«  Spnp  convinto  che  non  accadra  mai  piu  in  avvenire  che  simili  osta- 
coli  mi  si  contrappongano  dalla  Nobilta  russa.  » 

Questo  e  un  parlare  che  non  ha  bisogno  di  comenti.  A  me  sta  il  co- 
mandare,  a  yoi  1'obbedire.  Se  psaste  far  richiami  o  propprre  cangiamen- 
ti,  guarderei  cotal  vpstra  audacia  come  un'  oifesa  alia  mia  sovrana  indi- 
pendenza,  e  non  farei  nulla  del  richiesto.  Altri  Sovrani  si  conoscono  in 


CONTEMPORANEA  511 

Europa,  i  quali  in  sostanza  fanno  come  Alessandro  II,  autocrate .  di  tutte 
]e  Russie;  ma  non  credono  necessariodi  parlare  si  franco  linguaggio,  e 
preferiscono  di  ottenere,  per  altre  vie,  lo  stesso  intento,  di  essereognora 
obbediti,  senza  usare  tono  si  alto  di  comando.  Cosi  questi  ban  nome  di 
liberali,  quello  e  tacciato  di  despotismo ;  benche  nel  fondo  siano  egual- 
mente  efficaci  quanto  al  fare  come  loro  talenta. 

5.  Lo  Czar  tien  ferma  la  mano  per  comprimere  dal  primo  loro  spunta- 
re  i  germi  delle  sette ;  e  forse  chi  sapesse  appieno  quanto  queste  siano 
pericolose  fra  quei  popoli,  dpvrebbe  contessare  che,  se  la  repressione  e  se- 
Tera,  e  pur  necessaria.  Puo  aversene  qualche  argomento  di  congettura 
dalle  rovine  ayvenute  per  la  sola  setta  degP  incendiarii,  di  cui  abbiamo 
accennato  i  misfatti  nel  precedente  volume,  a  pag.  267-68.  Ecco  nuovi 
ragguagli.  La  Gazzetta  del  Governo  di  Simbirsk  reco ,  sullo  scorcio  del 
Gennaio,  i  seguenti  particolari  circa  gl'incendii,  onde  fu  desolata  quella 
sola  provincia  dell'Impero:  «  II  numero  totale  degl'  incendii  fu  di  166, 
cioe  20  nelle  citta,  e  146  nei  distretti.  Furono  divampati  ed  inceneriti. 
3,100  edifizii,  dei  quali  1,724  nelle  citta,  e  1,366  nei  distretti.  I  danni 
cosi  cagionati  salgono  alia  somma  di  circa  5,326,294  rubli,  senza  calco- 
lare  i  danni  solferti  dalle  citta  di  Senquiloi',  di  Alatyr,  di  Ardaton,  e  di 
Boninsk.  Nella  stessa  capitale  Simbirsk  ebbero  luogo  11  incendii,  che 
consumarono  1,600  case,  12  chiese  ed  un  convento  ». 

6.  Cessate,  od  almeno  diminuite  d'  assai  le  rovine  material!  per  opera 
d'  incendii,  ecco  apparire  nella  stessa  Pietroburgo  un'  altra  e  piu  temuta 
causa  di  desolazione,  cioe  un'epidemia  contagiosa,  checomincio  a  mena- 
re  grande  strage,  massime  tra  i  soldati  e  la  plebe.  II  Governo  sa  quanto 
que'  popoli  siano  soliti  a  commoversi  in  tali  congiunture,  e  come  la  su- 
perstizione  soglia  esagerare  e  talvolta  il  fanatismo  politico  sappia  usufrut- 
tuare  le  deplorabili  conseguenze  di  tali  disastri.  Fu  pertanto  sollecito  di 
aprirevasti  spedali,  di  traslocare  e  sparpagliare  le  soldatesche,  rimoven- 
dole  da'  quartieri  troppo  freddi  ed  umidi,  e  migliorandone  il  vitto.  Va- 
lenti  medici  furono  deputati  a  studiare  1'  indole  del  morbo,  che  appariva 
con  sintomi  or  di  tifo,  or  di  febbre  ricorrente,  e  che  stidava  tutti  i  presi- 
dii  dell'  arte,  morendo  i  15  ed  i  20  sopra  100  che  ne  fossero  colti.  Varii 
Governi  stranieri  spedirono  loro  medici  a  verificare  lo  stato  delle  cose, 

Ser  cercare  quali  provvedimenti  fossero  da  adoperare,  onde  impedire  la 
itfusione  deirepidemia.  E  cosi  si  ebbe  certezza  che,  se  non  erano  molto 
esagerate  le  notizie  circa  1'intensita  della  epidemia,  erano  senza  fonda- 
mento  le  paure  di  una  peste  di  Siberia,  da  cui  diceansi  mezzo  spopolate 
gia  parecchie  province,  e  della  quale  non  si  accerto  verun  indizio.  Or 
sembra  che  anche  la  epidemia  vada  decrescendo ,  benche  nelle  province 
confinanti  colla  Polonia  il  volgo  ne  stia  ancora  in  gran  paura,  per  la  per- 
suasione  assai  diffusa,  che  quello  sia  un  flagello  mandato  da  Dio  in  ca- 
stigo  delle  sevizie  innumerevoli  commesse  in  Polonia,  oltre  a  quanto 
fosse  lecito  per  la  repressione  del  passatq  sollevamento. 

7.  Stando  cosi  in  grande  trepidazione  il  popolo ,  una  gravissima  scia- 
gura  incolse  la  famiglia  imperiale,  a  cui  la  raorte  tolse  il  Gran  Duca  ere- 
ditario,  rapito  ai  suoi  nel  fiore  della  vita  e  delle  speranze. 

II  Gran  Duca  Nicola,  primogenito  dello  Czar  Alessandro  II,  era  nato 
il  20  Settembre  del  1843,  e  prometteva  gran  cose  di  se  per  P  avvenire, 
siccome  quello  che  era  fornito  di  belle  doti  d'ingegno,  e  di  gran  cuore, 
ed  era  sommamente  amato  dall'  esercito  pei  molti  tratti  di  somiglianza 
che  avea  col  suo  avo  lo  Czar  Nicolo  1.°  Da  Firenze  7  dov'  erasi  condotto 


512  CRONACA  CONTEMPORANEA 

nel  passato  Novembre,  ando  a  Nizza  per  yisitarvi  1'  Imperatrice  sua  ma- 
dre,  che  vi  dovea  svernare ;  e  con  essa  si  trattenne  piu  a  lungo  che  non 
credeasi,  tralasciando  di  andare  a  Napoli  doy'era  atteso.  Pare  che  fosse 
consigliato  a  restare  in  Nizza  per  Ip  svolgersi  della  malattia,  onde  fu  trat- 
to  al  sepolcro ;  e  la  quale  alcuni  dicono  essere  priginata  or  fa  unanno  da 
una  lussazione  della  spina  dorsale,  cagionatagli  da  uno  sforzo  fatto  men- 
tre  si  abbandonava  ad  esercitazioni  ginnastiche  col  suo  fralellp  minore. 
Checche  sia  di  cio,  il  soggiorno  di  Nizza,  e  le  cure  di  valentissimi  medi- 
ci  francesi  erussi,  non  bastaronp  ad  imped  ire  i  progressi  del  morbo,  fin- 
che  alii  17  di  Aprile,  dopo  dieci  giorni  di  doglie  acute  al  capo  ,  il  Prin- 
cipe fu  colto  da  congestione  cerebrale  molto  intensa ,  e  che  tolse  quasi 
subito  ogni  speranza  di  guarigione.  Questa  non  era  che  una  nuova  fase 
della  malattia,  la  quale  fu  ricpnosciuta  consistere  in  una  meningiteod  in- 
fiammazione  della  midolla  spinale  e  del  cervello. 

L'acerba  notizia  giunse  per  telegrafo  a  Pietroburgo,  d'onde  lo  Czar  s'af- 
frelto  di  partire  con  gran  celerita  alia  volta  di  Nizza,  accompagnato  da  ua 
70  personaggi,  molti  dei  quali  doyeano  trovarsi  presenti  alle  formalita  da 
cpmpiersi  nel  caso  di  morte  del  Principe  eredilario,  riconosciutaormai  ine- 
yitabile.  Lo  Czar  era  stato  preceduto  dal  Gran  Duca  Alessandro,  suo  secpn- 
dpgenito,  da  quasi  tutti  i  membri  della  famiglia  imperiale  e  da  yarii  Prin- 
cipi  con  essa  cpngiunti,  ed  anche  dalla  Regina  di  Danimarca,  che  seep  con- 
dusse  la  principessa  Dagmar,  fidanzata  del  moribondo  Gran  Duca  Nicola. 

L'Imperatore  di  Russia  arrivo  il  21  Aprile  a  Parigi  alle  ore  11  e  40 
minuti.  L' imperatore  Napoleone  e  la  principessa  Matilde  l'attendeyano 
alia  stazione  del  Nord.  Lo  Czar,  appena  sceso,  pprse  la  mano  aU'Impera- 
lore  ed  alia  principessa  Matilde,  e  loro  presento  i  suoi  due  figli  che  Tac- 
compagnavano  nel  yiaggio.  I  due  Imperatori  discorsero  dieci  minuti  e  lo 
Czar  rimonto  nella  sua  carrozza,  o\e  pur  1' imperatore  Napoleone  monto 
sino  all'ora  della  partenza  che  ebbe  luogo  a  mezzodi  e  dieci  rainuti.  Lo 
Czar  appariva  addolorato  e  stanchissimo.  II  treno  imperiale  si  diresse 
dalla  stazione  del  Nprd  sulla  linea  di  Lione,  e  continuo  senza  fermarsi  si- 
np  a  Nizza ,  ove  arrivo  il  domani  a  mezzogiorno.  Lo  Czar  ha  fatto  il  yiag- 
gio  da  Pietroburgo  a  Nizza ,  cioe  4000  chilometri,  in  3  giorni  e  4  notti. 

Sceso  appena  dalla  carrozza  della  via  ferrata,  e  fatto  sosta  di  pochi 
istanti  fra  un  gran  numerp  di  personaggi  russi  recatisi  ad  accoglierlo  , 
si  condusse  a  piepM  alia  Villa  Rermond,  dove  albergava  T  Imperatrice 
col  moribondo  primogenito.  Udito  da'  medici  lo  stato,  in  che  versaya  il 
figlio,  entro  a  vederlo,  e  ne  fu  riconosciulo.  Ma  il  male  era  irrimediabi- 
k.  Nel  pomeriggio  della  Domenica  23  Aprile  il  Gran  Duca  ricevette  gli 
ultimi  confprti  della  religione,  dopo  essersi  alquanto  intratlenuto  con  i 
suoi  fratelli  e  con  la  sua  fidanzata ;  e  la  mattina  del  24  Aprile,  dopo  acer- 
Lissimi  patimenti ,  spiro  tra  le  braccia  di  sua  madre  e  di  suo  padre,  fra 
il  compianto  di  tutti  i  suoi. 

Esposto  in  una  Cappella  ardente  fino  alia  mattina  del  28 ,  il  corpo  del 
Gran  Duca  ne  fu  levato,  in  presenza  della  famiglia  imperiale,  e  da  essa 
accompagnato  alia  chiesa  russa;  doy'ebbero  luogo  con  gran  pompa,  e  fra 
cpmmovenlissime  scene  di  dolore,  i  funerali ,  descritti  nell'  Union  quoti- 
dienne  del  1.°  Maggio.  La  mattina  del  seguente  giorno  29  d' Aprile  il 
corpo  del  defuntp  parti ,  sopra  una  delle  nayi  russe  da  guerra  che  ivi 
stavano  a  servigio  della  Corte, ,  alia  yolta  di  Cronstadt;  e  la  sera  dello 
stesso  giorno  tulta  la  famiglia  imperiale  entro  in  yiaggio  per  terra  yerso 
Pietroburgo. 


LE  DUE  BEATIFICAZIONI 

WWP-^1  •"•vW 

NEL  MAGGIO  DEL  1865 

E  LO   SPIRITO  MODERNO 


11  Yicario  di  Gesu  Crislo  ha  parlato  teste  al  mondo  callolico  coi 
ti  di  due  Beatificazioni.  Maria  degli  Angeli  del  sacro  Ordine 
delle  Carmelitane  scalze  e  Giovanni  Berchmans  della  Compagnia  di 
Gesu  sono  levali  al  sublime  onore  degli  altari,  e  con  cio  posti  nella 
Chiesa  ad  esempio  di  quel  nobile  spirito,  onde  s'informano,  grandeg- 
giano  ed  operano  nella  loro  vita  gli  eroi  imilatori  di  Cristo.  Folia 
masnada  di  errori,  vesliti  della  luce  di  un  progresso  e  di  una  civilla 
fallace ,  si  erano  messi  all'  opera  di  scombuiare  le  menti  degl'  indi- 
vidui  e  di  scardinare  gli  ordinamenti  della  sociela.  Nel  meglio  dei 
loro  empii  conali  la  voce  del  Sommo  Pontefice  li  manifesto  per 
quelli  che  erano,  ne  mostro  la  rea  natura  e  li  condanno  alia  ese- 
crazione  di  tutti  i  fedeli.  Fremellero  e  fremono  tuttavia  quelli  che 
se  ne  erano  falll  maestri  e  banderai.  Ma  senza  pro.  Le  anime,  che  si 
piacciono  del  vero ,  sciolto  d'  altorno  quell'  aere  grosso  della  falsila , 
sorsero  festanti  e  grate  riverirono  quella  parola,  che  mai  non  erra, 
perche  sempre  luce  schietta  di  verila.  Se  non  che  quanto  e  facile  in- 
tendere  ed  abborrire  la  falsa  teorica  di  una  formola  semplice  e  re- 
eisa,  tanto  e  difficile  il  sapersi  difendere  nella  pratica  da  que.'torti 
concetti  che,  correndo  oggidi  presso  di  molti  quai  dommi  irrefraga- 
bili,  formano  quello  che  dicesi  spirilo  moderno.  Spirito  reo,  che  quai 
Serie  VI,  wl.  II,  fasc.  365.  33  18  Maggio  1865. 


IE  DUE  BEATIF1CAZIONI  NEL  MAGGIO  DEL  1865 

fiato  velenoso  or  impedisce  che  la  pieta  germogli,  or  la  fa  intisichire 
appena  spuntata ,  ed  or  le  loglie  di  levarsi  in  alto,  meltendo  in  dis- 
pregio  que'  mezzi ,  onde  crescerebbe  col  maggior  rigoglio.  La  Dio 
merce,  il  rimedio  e  offerto  conlro  tanto  male  nei  decreti  delle  due 
Bealificazioni  dello  scorsb  mese.  Siccome  la  Enciclica  ed  il  Sillabo 
colpirono  a  morte  i  rei  principii,  cosi  questi  feriscono  lo  spirito  mo- 
derno.  Paragoniamo ,  di  grazia,  questo  spirito  con  quello  a  che  si 
ressero  i  due  Beali ,  proposlici  ad  esempio  ,  e  vedremo  rampollare 
limpida  e  chiara  la  condanna  della  sua  trislizia. 

I. 

Ci  apre  1'adito  alle  prove  il  decreto ,  in  cui  sono  approvati  i  tre 
miracoli  richiesti  per  la  Beatificazione  del  Berchmans  ,  slanteche  vi 
s'  incontri  additato  il  conlrapposto  di  un  punto  capitale  tra  lo  spirito 
del  Beato  e  quello  del  mondo  alia  moda.  Qual  e  il  concetto ,  che  a 
noslri  di  si  ripete  senza  fine ,  che  s'  inculca  ad  ogni  passo ,  che  si 
magnifica  come  sovrano?  II  nostro  leltore  ci  previene  alia  risposta. 
II  concetto  della  liberla ,  il  concetto  della  indipendenza.  Scrittori, 
poeti,  giornalisti  ne  parlano  in  questo  senso.  I  monument!  che  si  er- 
gono ,  le  ovazioni  che  si  stanziano,  mirano  allo  stesso.  Ed  ormai  i 
nomi  di  libefta,  d'  indipendenza  suonano  alii  non  solo  ne'  parlamenti 
e  nelle  conversazioni  squisite,  ma  eziandio  negli  umili  ritrovi  del  vol- 
go  ciltadino.  Guai  a  chi  sfugge  qualche  motto,  onde  si  mostri  di  an- 
darne  farnetico  meno,  che  gli  altri !  Egli  e  costretto  ad  esplicare  il  suo 
concetto,  a  disdirlo,  pena  le  beffe  della  brigata  ed  il  vitupero  presso 
i  piu,  se  non  lo  fa.  Ma  se  e  vero  che  Tuomo  ha  diritto  ad  una  debita 
liberta  ed  indipendenza ,  non  e  egli  altrimenti  certo  ,  che  gli  corre 
1'obbligo  di  una  debita  sommessione  a  Dio  ,  a  governanti  ed  ai  ge- 
nitori?  Senza  dubbio,  giacche  quella  natura  che  asserisce  la  liberla 
dell'uomo,  non  cessa  mai  di  testificargli  anche  1'  obbligo  della  som- 
messione. Intanto,  che  accade  con  tanlo  romore  di  lodi ,  di  esalta- 
zioni  e  di  delirii  circa  la  liberta  e  la  indipendenza?  Un  fenomeno  na- 
-  turalissimo,  vale  a  dire,  che  s'  impianti  profondamente  negli  animi 
il  concetto  di  una  liberta  sconfinata ,  e  si  stermini  quello  della  som- 


E  LO  SPIRITO  MODERNO  515 

missione ,  o  almeno  s'  indebolisca  estremamente.  Quindi  origina  la 
perpetua  e  tenace  avversione  ad  ogni  autorita ,  le  domande  di  smo- 
date  larghezze  r  il  dispregio  de'  comandi  e  il  ribellare  apertamente 
€d  a  nome  del  diritto  alle  leggi  divine  ed  umane.  Non  v'e  oramai 
societa,  non  v'e  per  poco  famiglia^n  cui  questo  spirito  moderno  di 
liberta  non  abbiao  posto  il  seggio,  o  messo  il  pie  a  danno  della  de- 
bita  sommessione.iiun 

Ma  la  voce  del  Vicario  di'Gesu  Cristo  si  leva  gagliarda  in  mezzo  a 
tan  to  delirio  per  la  liberta  e  contrappone  lo  spirito  conlrario.  Cum 
autem  temporibus  praeserlim  hisce  nostris*  iuvenum  voluntates  ad 
cuiuslibet  auctoritalis  iura  proculcahda  incitentur,  Deus  omnipotens 
innocentissimi  iuvenis  hums  exemplo  quam  leve  ac  suave  simul  esset 
perfections  evangelicae  iugum  mundo  ostendere  voluit ;  proindeque 
eum  prodigiorum  virlute  condecoravit  1.  Cosi  nel  Decreto  sopra 
citato.  Eccovi  1'  esempio  del  B.  Berchmans  proposto  specialmenle  ai 
giovani  ed  altamente  raccomandato,  qual  raro  modello  di  quella  sog- 
gezione  che  essi  debbono  a  Dio  ed  a  chi  gli  alleva  e  regge,  stante 
il  suggello  dell' approvazione  divina  che  porta  seco.  II  mondo  ai  no- 
stri  di  corre  per  Tandazzo  di  smodata  liberta,  ei  giovani,  pieni  la 
mente  di  esagerali  concetti,  lo  seguono  avidamente  con  frequente 
dispregio  dell'  autorita.  Tutlo  all'  opposto  ando  il  noslro  Bealo ;  per 
cotal  via  ora  fiammeggia ,  come  nobil  astro,  tra  le  liici  sanle  della 
Chiesa  in  cielo.  Yedetelo  fanciullo  nella  casa  paterna.  Osservatelo 
dai  dieci  ai  quattordici  anni  in  un  piccolo  convilto  di  Diest.  Esami- 
nate  i  falti  di  lui  studente  in  Malines.  Yoi  trovate  che  in  ogni  luo- 
go  la  obbedienza  volge  a  lalenlo  la  chiave  de'  suoi  desiderii  e  ne 
regge  da  mane  a  sera  lutte  le  opere.  E  prontissimo  ai  cenni  de'  ge- 
nitori ,  si  acconcia  con  somma  facilita  agli  ordini  de;  superiori ,  dili- 
gentissimo  nello  studio  non  trapassa  di  un  capello  1'  indirizzo  di  chi 
lo  ammaestra  iielle  leltere  e  lo  guida  nella  via  dello  spirito.  Sembra 

1  In  quest!  nostri  tempi  essejido  la  gioventu  partlcolarmente  incilata  a 
calpestare  i  diritti  di  ogni  autorita,  Dio  onnipotente  voile  dimostrare  al 
mondo  per  1' esempio  di  questo  innocentissimo  giovane,  quanto  fosse  leg- 
gero  e  soave  ad  un  tempo  il  giogo  della  evangelica  perfezione,  ed  a  tal  uopo 
H  fregid  colla  virtu  dei  prodigi. 


516  LE  DUE  BEATIFICAZIONI  NEL  MAGGIO  DEL  1865 

piuttosto  angelo  che  uomo  nella  fedelta  e  nell'  amore ,  oncle  compie 
i  doveri  di  religione.  Non  vi  e  del  compagni  chi  non  V  onori,  non 
v'  e  brigata  di  giovani  che  non  si  componga  a  riverenza  quando  ei 
comparisce.  Tulti  godono  di  Iraltare  con  lui,  non  pochi  si  danno  a 
maggior  piela  per  i  suoi  consigli.  Imperocche  negli  alii,  nei  discor- 
si,  nelle  opere  raggiava  lanlo  lume  di  perfezione,  che  a  se  Iraea  gli 
sguardi ,  F  ammirazione  e  la  riverenza  della  numerosa  scolaresca , 
fra  cui  dava  opera  alle  belle  leltere. 

Dio  lo  chiama  alia  religione.  Ei  losto  risponde  all'invito  di  co- 
stringere  viepiu  la  sua  liberla  coi  sanli  voti.  A  chi  lo  consiglia  a 
differirne  1'  enlrala  di  qualche  mese :  «  No ;  riscrive,  conviene  obbe- 
dire  e  subito.  Sarebbe  Iroppo  disdicevole,  come  ben  polete  inten- 
dere,  il  disubbidire  a  Dio  per  obbedire  a  voi.  Noslro  Signore,  chia- 
mando  a  se  un  giovanetlo,  non  voile  dargli  lempo  da  seppellire  il 
padre  suo  gia  defunto :  e  pure  1'  opera  era  buona  e  da  spicciarsi 
in  breve  ».  Accolto  nel  novizialo  all'  eta  di  diciasetle  anni  e  mezzo 
circa,  fa  sua  precipua  cura  dal  principio  alia  fine  lo  sludio  di  una 
squisitissima  osservanza  non  solo  di  quanlo  e  ordinalo  dal  superiore, 
ma  eziandio  di  luttocio  che  ha  di  minuto  la  disciplina  regolare :  e 
in  poco  tempo  avanza  ogni  altro  si,  che  diviene  chiarissimo  esempio. 
Cento  giovani  connovizzi,  sotto  i  cui  occhi  vivea  e  conversava,  do- 
mandali ,  quai  difetti  avessero  nolati  in  lui ,  non  seppero  appuntarlo 
di  un  menomo  che.  Essendo  loro  preposlo  per  1'indirizzo  degli  uffi- 
zii  giornalieri ,  incarnd  nel  proprio  nome  il  concetto  ideale  dell'  ec- 
cellenza  richiesta  per  tale  incarico.  Sicche  il  potersi  dire  di  chi  suc- 
cedevagli  appresso  in  quell'  uffizio : « Egli  pare  un  allro  Berchmans  », 
era  il  non  plus  ultra  della  lode. 

Unsemplice  motto  di  chi  gli  era  superiore  baslo,  infinche  visse,  a 
farlo  muovere.  Studio,  sanita,  falica  non  furon  mai  cagioni  o  di  len- 
tezza  o  di  qualche  dispensazione  nell'  ubbidire.  Disprezz6  1'incomo- 
do,  calpeslo  la  rilrosia  naturale,  non  euro  i  riguardi.  La  ubbidienza 
perfetta  in  ogni  tempo  ,  in  ogni  luogo  ed  a  qualunque  superiore  fa 
sempre  la  sua  delizia  ed  il  suo  amore.  Egli  parea  uno  spirito  colle 
all  tese  per  esser  pronto  al  minimo  cenno.  Ecco  la  immagine,  che 
dice  tulto,  lasciataci  da  chi  lo  conobbe..Di  qui  il  profondo  ossequio, 


E  LO  SPIRITO  MODERNO  517 

che  ei  professava  a  chi  reggealo.  Secolare ,  non  si  toglieva  mai  dal 
fianco  del  sacerdote  educatore ;  riverenza  ed  amore  gli  dimostrava 
In  ogni  suo  atto  e  discorso.  Religioso,  lo  vedi  sempre  ossequiosissimo 
ed  ubbidienlissimo  al  superiore  quale  che  sia ,  lo  senti  difenderne 
gli  ordini ,  esaltarne  il  modo  del  reggimenlo  e  lo  miri  sludiarsi  di 
meltere  in  altrui  lo  stesso  rispetto,  lo  stesso  amore. 

Oltre  la  viva  voce  del  superiore  v'e  nella  religione  ancor  1'altra 
delle  Regole ,  che  non  si  fa  sen  tire.  In  quesle  il  Beato  avea  posto 
tutto  lo  studio  e  tulta  la  cura.  Ve  ne  ha  di  quelle,  che  compongono 
Tuomo  neli'eslerno,  ve  ne  ha  dell'aHre,  che  1'ordinano  nell'  interno, 
ye  ne  ha  non  poche,  che  si  riferiscono  alia  perfetta  osservanza  dei 
voti.  Quanto  il  Berchmans  fosse  cospicuo  nell'aderapierle  tutte,  non 
e  a  dire.  Maeslri,  superiori,  compagni  si  accordano  tutti  nel  lestifi- 
care  in  lui  una  maravigliosa  esatlezza.  Questi  lo  dice  « un  perfetto  ri- 
tratto  di  regolare  disciplina  e  specchio  di  regolare  osservanza » :  que- 
gli  il  dichiara«  puntualissimo  nella  osservanza  ».  IlTirino  lopresenta 
come  «  dotato  in  parlicolare  della  virtu  dell'obbedienza,  e  do  fino  a 
destare  maraviglia  di  se. » .  Cornelio  a  Lapide  depone  che  «  fu  impe- 
ghatissimo  per  T  obbedienza  ed  osservanza  delle  Regole » .  Visse  tre 
anni  nel  Collegio  romano :  in  questo  tempo  «  niuno  mai ,  ne  supe- 
riore, ne  suddilo,  ne  Padre,  ne  Fratello,  ne  maestro,  ne  scolare,  ne 
compagno  di  camera ,  ne  condiscepolo  in  iscuola ,  ne  altri  di  tutti 
quelli  che  erano  in  Collegio  e  lo  vedevano  e  seco  conversavano,  ha 
saputo  scorgere  in  lui  una  minima  imperfezione  o  un  minimo  difetto 
benche  leggero  ».  Cosi  il  Cepari.  Era  venerato  in  casa ,  ammirato 
nella  scuola,  indicato  a  dilo  dagli  estranei.  Eppure  nulla  presentava 
in  se  di  quei  fatti  illustri,  onde  la  santita  suol  colpire  le  menti.  Le 
sue  azioni  erano  le  comuni  a  tutti.  Verissimo :  ma  non  1'opera,  si  bene 
la  maniera  del  condurla  dipartivalo  dalla  volgare  schiera.  Acceso 
del  desiderio  di  piacere  a  Dio  in  ogni  cosa,  avea  studiato  ogni  parte, 
ogni  circostanza  delle  singole  azioni,  che  occorreangli  durante  il  di, 
e  col  tele  nel  loro  concetto  ideale  di  perfezione ,  per  somma  vigoria 
di  spirito  sapea  compierle  destramente  cosi  per  1'  appunto ,  quali 
aveale  vedute  in  tale  concetto.  Ed  esse  doveano  sembrare  a'  riguar- 
danli  non  altrimenti  che  soavi  lampi  della  piu  schietta  perfezione  > 


LE  DUE  BEATIFICAZIONI  NEL  MAGGIO  DEL  1865 

o  genlili  fiorelli,  olezzanli  di  virtuosa  vaghezza  e  di  celestiale  odore. 
Eccovi  la  cagione  adeguata  della  universale  ammirazione ,  che  de- 
stava  di  se  il  Bealo  giovane. 

Credele  voi  che  egli  giungesse  a  tanto  senza  un'alta  stima  e  grande 
amore  per  tultocio  che  si  riferiva  alia  obbedienza  verso  Dio  e  verso 
ai  superior!  ?  Impossible.  Eccovi  i  proposili  scritti  di  sua  mano  : 
Piuttosto  morire  mille  volte,  che  mai  commeltere  un  minimo  peccalo; 
con  somma  diligenza  mi  guardero  sempre  da  ogni  peccato  veniale ; 
schifero  sempre  con  tutto  1'animo  ogni  leggera  iraperfezione ;  terro  ia 
sommo  con  to  ogni  menoma  cosa;  piullosto  morire  che  violar  mai  Re- 
gola  veruna ;  piutlosto  perdere  la  sanila  che  trasgredire  mai  la  mini- 
ma Regola.  Che  piu?  II  primo  sospiro  del  maltino  a  Dio  era  quello 
della  obbedienza,  Domine  quid  me  vis  facerel  e  la  sua  dilettazione 
del  di  la  osservanza  delle  Regole,  meet  delectatio  Regulae.  Onde  ve- 
gliando  teneasi  il  libretto  di  esse  sotto  degli  occhi  continuamente, 
dormendo  avealo  solto  il  guanciale,  e  passando  di  questa  vita  strin- 
gealo  qual  tesoro  del  suo  amore  tra  mano.  Ne'  Proverbii  sta  scritto 
al  giovane :  Conserva,  fili  mi,  praecepta  patris  tui ,  et  ne  dimittas 
leg  em  matris  tuae,  liga  ea  in  corde  tuo  iugiter,  et  circumda  gutturi 
tuo.  Cum  ambulaveris  gradiantur  tecum:  cum  dormieris,  custodiant 
le  et  evigilans  loquere  cum  eis  1.  Cosi  fece  ilBeato  colie  Regole  del 
suo  Isliluto,  e  Iddio  tenne  largamente  la  promessa  a  questo  suo  figlio 
carissimo:  giacche  tale  osservanza  gli  fu  lucerna  nel  cammino  di 
quesla  vita ;  gli  fu  raggio  chiarissimo,  onde  scoperse  il  pregio  inesti- 
mabile  della  perfezione;  gli  fu  piacevole  via,  per  cui  giunse  ad 
acquistarla:  Quia  mandatum  lucerna  est,  et  lex  lux,  et  via  vitae  in- 
crepatio  disciplinae  2.  Ecco  la  guida ,  che  mena  diritto  e  secure  il 
giovane  special mente  al  conseguimento  della  virtu ,  alia  eterna  feli- 
cita :  la  obbedienza.  Questa  fu  indicala  ab  antico  dall'  eterna  Sapien- 

1  Figliuol  mio,  fa  conserva  de'precetti  del  padre  tuo,  e  non  metier  da 
parte  la  legge  della  tua  madre :  iraprimili  per  sempre  nel  tuo  cuore,  e  fanne 
collana  al  tuo  collo.  Teco  vengauo  per  viaggio,  nel  dormire  ti  custodiscano 
e  con  essi  ragiona,  quando  ti  svegli.  Cap.  VI,  v.  20-23. 

2  Imperocche  il  comandamento  e  una  lampana,  e  la  legge  e  luce,  e  la 
correzione  della  disciplina  fc  strada  di  vita.  Ibid.  v.  23. 


E  LO  SPIRITO  MODERNO  519 

za,  questa  e  proposta  ia  esempio  dal  Vicario  di  Cristo  a'nostri  di  ia 
particolare  per  la  beatificazione  del  giovane  Berchmans.  La  condanna 
della  via  opposta  segnata  dallo  spirito  moderno  e  dunque  in  questo 
falto  manifesta. 

•      "";•';;  ^:"::J^ 

Volgiamo  ora  lo  sguardo  alia  B.  Maria  degli  Angeli.  Lo  stesso 
insegnamento,  la  stessa  condanna  ci  sfolgorano  in  modo  sovrumano. 
Perocche  siccome  dall'  operare  del  Berchmans  ricavasi  una  prova 
ampla  e  robusta  contro  lo  spirito  maledetto  di  liberla;  cosi  in  questa 
nuova  Beata  s'incontra  nel  medesimo  senso  un  suggello  spiccatis- 
simo  della  divinila.  Consideriamola  solto  questo  riguardo.  Le  vie 
per  cui  essa  caqamino,  furono  aspre  e  difficili.  Assalti  di  formidabili 
ed  ostinatissime  tentazioni  ogni  dl,  pugne  frequenli  coll'  avversario 
dell'  umana  spezie  in  forma  sensibile ,  strelte  paurose  di  spirito , 
affannosissime  ripugnanze  ,  quasi  sempre  senza  gocciolo  d'  interna 
consolazione ;  ecco  la  sua  vita  di  presso  quallordici  anni ,  in  cui 
lotto  da  gigante  ed  agonizzo  pro  anima  sua,  mietendo  da  ogni  com- 
batlimento  una  palma,  ed  inlrecciandosi  ogni  giorno  una  vaga  co- 
rona per  la  eternita.  Con  qual  mezzo  npn  pose  ella  mai  il  piede 
in  fall o  sotlo  la  folta  tenebria  dello  spirito?  Con  quale  arma  scon- 
fisse  il  feroce  nemico  che  1'  assallava?  Con  die  si  rafforzo ,  si  tenne 
saldissima  ad  una  pruova  si  lunga  e  si  aspra?  La  risposta  e  sem- 
plice  :  colla  obbedienza.  Sull'  anno  venlicinquesimo  dell'  eta  sua  se 
le  die'  a  vedere  il  divin  Salvatore ,  ed  in  piacevole  sembiante  le 
presento  una  croce  doinandandola,   se  le  bastava  1'  anirao  di  ab- 
bracciarvisi.  Avuto  che  si,  le  venne  esponendo  la  vita  travagtiatis- 
sima  che  avrebbe  menato  e  termino,  indicandole  i  mezzi,  onde  sareb- 
besi  mantenuta  immobile  ad  ogni  urto :  il  precipuo  fu  T  obbedienza. 
Adoperollo  essa  avidamente  e  Vesito  corrispose  alia  promessa.  Ub- 
bidi  con  somma  cura  a  chi  reggeala  nel  grado  di  superiora,  si  sot- 
tomise-con  umilta  a  chi  indirizzavala  nelle  cose  deiranima,  non  dieJ 
passo,  non  fe' opera  senza  la  obbedienza  e  vinse  gloriosamente.  Tale 
e  1'onore  della  sommessione,  vir  obediens  loquetur  victorias  1. 

1  L'ubbidiente  cantera  vittorie.  Prov.  c.  XXI,  v.  28. 


$20  LE  DUE  BEATIFICAZIONI  NEL  MAGGIO  DEL  186o 

Splendid!  fatti  ve  lo  fanno  toccar  con  mano.  Gli  togliamo  dalle  me- 
morie,  che  per  obbedienza  lascio  scritte  di  se  la  stessa  Beata.  II 
maligno  spirito  davale  una  nolle  terribile  battaglia.  Volea  essa  gio- 
varsi  dell'  acqua  benedetta  per  cacciarlo  in  fuga.  Ma  indarno.  Una 
mano  di  ferro  stringeale  il  braccio,  tenendolo  fermo  in  suo  dispelto. 
Quando  si  risovviene  in  buon  punto  aver  ordine  dal  P.  Provinciate, 
che  in  tali  anguslie  dovesse  comandare  da  sua  parte  al  Demonio  di 
andarsene.  Ubbidisce ,  ed  ha  viltoria.  Eccola  di  nuovo  alle  prese. 
Questa  volta  il  nemico  la  comballe  di  sconfidenza  e  tenta  di  trarla 
per  insidia  dal  posto  inespugnabile  della  sommessione.  Ma  che?  ad- 
datasi  della  pessima  arte :  «  Parliti  da  me,  gli  dice,  padre  delle  men- 
zogne,  lizzone  d'inferno;  finche  avro  fiato  nel  mio  corpo,  voglio  ub- 
bidire  ».  Con  questo  fermo  proposito  1'  ha  sbaraltalo.  Brevemenle, 
1' obbedienza  rianimavala  ne'suoi  timori,  acquelavalane'turbamenti, 
riconforlavala  nelle  afflizioni. 

Diciamo  phi,  guarivala  da  malallie  mortali.  Prova  mirabile  della 
bonla  divina  in  pro  di  chi  per  Iddio  fa  inlero  il  sacrifizio,  secondo  il 
consiglio  evangelico,  di  quella  liberla,  che  a'  noslri  di  stranamenle  si 
allarga  oltre  il  debito  confine!  Con  quella  prontezza,  onde  la  Beata 
era  usata  di  muoversi  all'opera  per  cenno  dell'ubbidienza,  colla  me- 
desima,  fuggito  ogni  reo  malore,  levavasi  sana  e  salva  ad  un  molto 
della  slessa  ubbidienza.  Giaceva  in  letlo  perduta  di  lulte  le  membra 
per  fiera  paralisi.  Chi  la  reggea,  dissele:  per  la  tal  maltina  abbiate 
riacquislalo  1*  uso  delle  membra ;  e  le  riacquista  per  Y  appunlo  im- 
provvisamente.  E  presa  da  un  acutissimo  dolor  di  denti,  se  le  raltrae 
sformalamenle  un  braccio,  la  tormentano  in  lulta  la  persona  morla- 
lissimi  spasimi,  i  medici  1'  hanno  per  disperata,  alleso  una  febbre 
maligna  di  pelecchie.  Basta,  per  vederla  risanata,  un  ordine  di  qualsi- 
voglia  suo  superiore,  e  cio  in  quell'  ora  e  come  egli  desidera.  Fino 
a  venti  si  annoverano  le  guarigioni  di  morbi  gravissimi  dichiarali 
mortali,  ottenute  per  cotal  modo. 

Ne  questi  sovrumani  portenti  accadeano  soltanto  in  pro  della 
Beata ,  ma  eziandio  a  vantaggio  allrui.  Ne'  processi  trovansi  non 
poche  deposizioni  con  fede  giurata ,  teslificanti  come  la  obbedienza 
fu  tanto  maravigliosamente  glorificata  da  Dio.  «  Procurate ,  diceva 


E  LO  SPIRITO  MODERNO  521 

essa  alle  novizie ,  di  far  gran  caso  delle  cose  piccole ;  abbiate  una 
gran  sommessione  a  quella  che  slara  in  luogo  di  Dio;  meltete  la  vo- 
stra  volonta  nelle  mani  di  Dio,  che  cosi  facendo  tirerete  quella  di 
Dio  nelle  mani  vostre  ».  Eccovi  uscito  dal  labbro  della  Beata  il  se- 
greto  della  sua  potenza :  ecco  lo  spirilo  di  que'  Santi ,  che  la  Chiesa 
ci  propone  ad  esempio  e  a  guida ,  spirito  d'  intera  obbedienza  a  Dio 
ed  a  chi  liene  da  lui  1'  aulorita.  La  sua  opposizione  allo  spirito  moder- 
no  di  liberta  non  potendo  essere  piu  aperta ,  ne  e  per  conseguen- 
te  una  condanna  lampante.  Chi  se  ne  fa  seguace,  chi  ne  propugna 
la  dotlrina  e  bestemmiato  come  un  ingannalore  del  mondo,  o  compa- 
tito  come  un  misero  cieco.  II  vero  cattolico  pero  non  si  dara  mai  per 
vinto  a  cotesle  sventate  condanne  ed  a  cotesti  eompatimenti  da  pazzo, 
anzi  terra  per  fermo  che  lo  spirito  di  sommessione  sia  per  trarlo  a 
proda  di  salvamento  ,  come  il  reo  spirito  di  liberta  il  gitterebbe  nel 
precipizio.  Gli  esempii,  gli  ammonimenti,  i  fatti  mirabili  dei  due 
novelli  Beali  sono  per  lui  e  pruova  e  guarentigia  irrepugnabile. 

III. 

Fate  che  lo  spirito  moderno  di  liberta,  aiutato  dalle  bollenti  pas- 
sioni ,  padroneggi  ed  agiti  un  giovanotto.  Eccovi  1'  incauto  in  poco 
spazio  divenulo  un  puledro  indomito,  che  ribelle  ad  ogni  mano  imbiz- 
zarrisce  e  scorrazza  a  talenlo  per  gli  ampli,  ma  ruinosi  piani  di  ogni 
liberta.  Chi  puo  scamparlo  dall'  estremo  eccidio  ?  Di  legge  ordina- 
ria  una  cosa  sola:  la  educazione  religiosa.  Siccome  le  grandi  virtu, 
cosi  i  grandi  mutamenti  di  animi  rei  in  buoni  od  oltimi  si  hanno  da 
essa.  II  che  e  cosa  si  chiara  ,  che  chi  per  poco  si  melte  a  sludiare 
la  cagione  di  questi  maravigliosi  fatti  morali,  non  abbisogna  di  pro- 
va.  Cercate  ora  ne'libri,  che  si  mandano  alle  stampe  sopra  la  educa- 
zione ;  considerate  i  discorsi  che  tengonsi  non  di  rado  sopra  il  mede- 
simo  punto  capilale;  esaminate  le  leggi,  che  in  talebisogna  si  ban- 
discono  dai  parlamenti.  Oual  e  lo  spirito,  che  vi  troverete?  L'  opera 
delle  monache  per  le  fanciulle  e  reiella  ;  perche  la  loro  educazione  e 
cosa  vieta,  non  si  confa  al  nostro  secolo.  I  religiosi  ed  i  preti  sono 
disadatti;  perche  estranei  alia  patria  ed  alia  famiglia  non  sanno  for- 


522  LE  DUE  BEATIFICAZ10NI  NEL  MAGGIO  DEL  1865 

mare  all'  una  ed  air  altra  i  fanciulli,  se  pure  non  li  corrompono  inde- 
gnamente.  Le  pratiche  di  piela  e  1'uso  de'  sagramenti  sono  bigotlismo 
e  superstizione.  Lo  studio  di  cio  che  appartiene  alia  religione  non  e 
piu  cosa  de'  nostri  tempi;  si  oppone  a  quella  liberla  di  pensare  e  di 
coscienza,  che  la  civilla  ha  posto  ormai  tra  i  dirilli  degl'  individui. 
Sotto  colore  che  i  giovani  debbono  informarsi  ai  maschi  principii  di 
virtu  ciltadine,  e  trar  gl'  intellelti  dalle  pastoie  dell'  ignoranza,  opera 
della  educazione  pretina,  si  da  loro  a  maestri  uomini  che  professano 
le  ree  dottrine  del  corrompimento  non  men  della  menle,  che  del  cuo- 
re.  Chi  non  si  avvede  come  in  questi  concetti  soffia  rabbiosamenle 
uno  spirito  anticattolico?  Dio  volesse ,  che  e'non  fosse  penetrato  in 
non  poche  famiglie  cdsliane! 

Sopra  di  questo  spirito  il  Vicario  di  Gesu  Cristo  mosse  non  rade 
volte  dolentissimi  lagni,  attesi  gli  orribili  guasti  che  mena  spielata- 
mente  fra  la  crescente  gioventu,  ed  ora  ce  ne  porge  nelle  due  nuove 
Bealificazioni  una  solenne  condanna.  Leggete  la  vita  del  B.  Berchmans 
proposta  ad  esempio.  Voi  vi  trovate  di  fronte  un  giovane,  che  mo- 
rendo  poco  oltre  i  venti  anni,  ha  gia  poggiato  all'eroismo  delle  virtu 
cristiane.  Ma  se  studiale  gl1  inizii,  i  progressi  e  il  col  mo  di  tanto  va- 
lore,  voi  rinvenite,  che  esso  germoglio,  crebbe,  sali  tant'alto,  merce 
1'opera  di  una  educazione  foggiata  sopra  una  maniera  totalmente  op- 
posta  a  quella  che  si  sparge  a'  tempi  nostri.  Toccaligli  in  sorte  piissi- 
mi  genitori,  fanciullino  e  addestrato  in  quegli  atti  divoli  che  si  addi- 
cono  a  tale  eta.  Cresciuto  e  addotlrmato  nella  legge  divina.  Affidalo 
alle  cure  di  otlimo  sacerdote,  spuntano  i  frutti  della  virtu:  la  dili- 
genza  nello  studio  colla  orazione,  1'abnegazione  di  se  coH'affetto  alia 
Vergine.  II  frequente  uso  de'  sacramenti  lo  corrobora ,  la  parola  di 
Dio  udita  dal  labbro  sacerdotale,  la  lettura  delle  vite  de'  Sanli  e  di 
altri  libri  pii  lo  istruiscono  e  1'  accendono  a  ben  fare.  Ormai  la  sua 
virtu  si  palesa  robusta.  Nella  eta  di  sedici  anni  spicca  il  volo  subli- 
me infino  ai  consigli  dell'  Evangelo.  Ne  pensate  che  lo  studio  della 
virtu  r  avesse  fatto  scapitare  nel  profilto  delle  letlere.  Egli  andava 
tra  i  primi.  La  pieta  non  porta  danno ,  ma  giovamento  in  ogni  bel- 
1'  opera. 


E  LO  SPIRITO  MODERNO 

Scorrete  la  vita  della  B.  Maria  degli  Angeli.  Voi  inconlrate  i  me- 
desimi  inizii,  i  medesimi  progress!,  la  stessa  sublimita  di  virtu, 
traenti  la  stessa  origine.  Somma  cura  ne'  piissimi  genitori  di  edu- 
carlaalla  pieta;  racconti  di  magnanime  virtu  per  intrattenerla,  fre- 
quente  uso  ai  sacri  lempli,  pratiche  di  pieta  confacevoli.  Gli  am- 
maestramenti  ed  i  consigli  di  un  savio  maestro  di  spirito  la  mettono 
su  la  diritta  via  delle  virtu  piu  nobili,  la  leltura  di  un  libro  sopra 
la  passione  di  Cristo,  venutole  a  mano  tra  quei  divoti  della  casa,  ve 
la  spingono  fervidamente,  e  la  dimora  di  un  anno  presso  un  mona- 
stero  di  sacre  Vergini  la  invigorisce  nell'  animo  per  modo ,  che  si 
risolve  a  slanciarsi  generosa  per  i'arringo  della  piu  ardua  per- 
fezione. 

Eccovi  la  maniera  di  educazione,  che  viene  proposta  nella  vita 
dei  due  novelli  Beati :  eccovi  i  frutti  maravigliosi,  che  porta  seco. 
Vero  e  che  il  supremo  dispensatore  dei  beni  non  da  a  lulli  egual- 
mente.  Ma  e  pur  vero,  che  in  ogni  individuo  mette  con  larghezza 
quei  semi  di  graziache,  diligentemente  curati,  producono  nell'uomo 
frutti  di  vita  eterna ,  qual  che  si  sia  lo  stato,  prefissogli  neli'ordine 
della  provvidenza.  Or  bene  la  educazione  religiosa  alia  maniera  di 
quella,  in  che  furono  allevati  i  due  Beali,  e  di  legge  ordinaria  il 
mezzo  onde  i  semi  di  bonta ,  ricevuti  da  Dio,  fanno  oltiraa  pruova 
nell' animo.  Fatto  sta,  che  i  tre  frafelli  e  le  sei  sorelle  della  B.  Ma- 
ria, e  i  quatlro  fratelli  ed  una  sorella  del  B.  Giovanni,  partecipi  della 
medesima  educazione,  non  fallirono  punto  le  speranze  dei  loro  geni- 
tori. Tutti,  senza  alcuna  eccezione,  se  non  rifulsero  dell' alia  sanlM 
dei  Beati,  furono  valorosi  cristiani,  e  per  le  loro  egregie  virtu  tor- 
narono  a  grande  consolazione  di  chi  aveali  con  tanta  cura  educali. 

Pognamo  che  ai  due  novelli  Beati  fosse  toccato  in  sorte  un  alle- 
vamento  foggialo  alia  moderna.  Pensate  voi  che  ora  grandeggiereb- 
bono  nella  Chiesa?  Stando  a  quello  che  suole  comunemente  accadere, 
non  e  da  crederlo.  II  B.  Giovanni,  per  testimonianza  di  quelli  che 
1'hanno  conosciuto,  era  giovane  di  facile  e  tenace  memoria,  di  pronto 
e  sagace  ingegno.  Nella  scuola  i  primi  onori  erano  sempre  suoi. 
L'avvenenza  del  volto,  la  piacevolezza  del  tratto,  la  soavita  deli'elo- 
quio,  accoppiale  alle  nobili  qualita  deH'intellelto,  guadagnavangli  sti- 


324  LE  DUE  BEATIFICAZIONI  NEL  MAGGIO  DEL  1865 

ma  ed  affezione  ne'  compagni  e  tanla  grazia  presso  altri ,  che  per- 
sone  di  conto  il  richiesero  a'  genitori  per  averlo  seco  non  altrimenti 
che  figliuolo.  Ponete  un  giovane  fregiato  di  doni  natural!  colanto 
splendidi  in  una  casa,  dove  non  si  coslumano  le  praliche  di  pieta, 
se  pure  non  sono  messe.  in  derisione,  dove  non  v'  e  frequenza  dei 
sacramenti,  dove  coll'odierna  liber ta  di  pensare  si  favella  per  lo  phi 
a  rovescio  delle  cose  appartenenli  alia  religione,  dove  si  solletica  la 
vanita  ed  il  senso,  ed  abbondano  effemeridi  e  romanzi  alia  moda. 
Credete  voi  che  sotto  tali  influssi  sarebbonsi  svolti  i  semi  della  gra- 
zia ricevuta?  Salvo  un'  eccezione ,  di  legge  ordinaria ,  no.  Cause  di 
rea  natura ,  operanli  sopra  degli  animi ,  sogliono  ingenerarvi  torti 
pensieri  e  guasti  affetti.  Onde  cotali  discorsi ,  cotali  letlure ,  colali 
esempli  avrebbero,  secondoche  portava  la  lor  trista  nalura,  fomentato 
nel  giovane  1'orgoglio,  che  nasce  in  chi  primeggia  per  ingegno,  ed 
accesegli  in  cuore  quelle  passioni ,  che  sono  provocate  dalla  vanila 
di  pregi  incantevoli. 

La  B.  Maria  ci  descrive  ella  stessa  in  questi  termini  le  inclina- 
zioni  che  senliva  nell'  animo  alia  eta  di  otto  o  nore  anni :  «  Mi  com- 
piaceva  molto  di  adornarmi  con  abiti  vani  e  curiosi ;  spendeva  mol- 
te  ore  allo  specchio ;  andava  spesso  in  bizzarie  per  non  essere  cosi 
bella  come  avrei  voluto,  lamentandomi  con  mia  madre,  e  la  faceva 
montar  in  collera  qualche  volta ;  mi  spiaceva  veder  altre  della  mia 
eta  meglio  aggiustate  di  me  e  tanta  era  la  mia  malignita,  che  se  mi 
fosse  slato  lecito,  avrei  loro  strappato  tutto  di  dosso  » .  Supponele 
che  la  fanciulla  non  avesse  avuto  il  correttivo  della  educazione  reli- 
giosa,  che  le  si  fosse  dipinto  in  campo  leggiadro  il  futuro  slato  di 
madre,  e  madre  di  eroi  alia  moderna,  che  invece  del  Paternostro 
insegnato  da  Gesu  Cristo,  le  si  fosse  dato  ad  apprenderel'altro  del- 
1' Italia  con  tutti  que'  pazzi  concetti,  cui  le  istitutrici  italianissime 
vorrebbono  innestati  nelle  anime  vergini  delle  fanciulle :  a  che  sareb- 
be  venuta  la  giovinetta  con  quelle  peccanti  inclinazioni  della  guasta 
uatura?  II  giudizio  al  nostro  savio  leltore.  Ma  per  sua  grande  ven- 
tura  ella  foriificata  dai  saldi  principii  dell'  abnegazione  cristiana, 
attinti  dal  labbro  educatore,  sorse  generosa,  rintuzzo  e  spense  dalle 
prime  mosse  il  nemico,  e  vergine  consecrata  a  Dio  riusci  un  tempio 


E  LO  SPIRITO  MODERNO  525 

santo,  mirabile,  sfolgorante  di  eccelse  virtu,  delizie  dello  spirilo  del 
Signore,  che  vi  si  poso. 

Eccovi  la  condanna  di  fatto,  portata  dal  Vicario  di  Cristo  contro 
il  reo  spirito  che  avvelena  la  educazione  odierna.  Le  spalle  di  un 
colle  alpino,  volte  al  sofllo  di  tramontana,  appaiono  grame,  deserte, 
aspre  di  sterpi  e  di  rovi  ;  laddove  la  china  opposta  si  mostra  lieta  di 
vigneti,  di  olivi  e  di  soavi  frutti.  Quelle  vi  danno  I'immagine  spic- 
cata  dell'  ammo  educate  sotto  1'  influsso  dello  spirilo  antireligioso 
moderno,  questa  deH'altro  uscito  dal  lavorio  della  educazione  con- 
traria:  scelgano  i  genitori  Ira  quesle  due  avverse  maniere  di  educa- 
re  la  forma  morale  della  loro  prole  :  giacche,  secondo  la  savia  sen- 
tenza  di  un  grande  oratore  italiano,  i  padri  e  le  madri  hanno  i.figli, 
quali  li  vogliono,  doe,  conforme  la  educazione,  che  loro  danno. 


IV. 


Se  v'  ebbe  tempo  tra  noi,  nel  quale  si  bandisse  la  croce  addosso 
a  tutti  gli  Ordini  religiosi,  e  s' invocassero  con  furore  leggi  inique, 
onde  fossero  sperperati  e  morti ,  non  &  forse  il  presente  ?  Ministri , 
legislated,  giornalisii  convenendo  nel  caricarli  di  oltraggi,  nel  gra- 
varli  di  cento  calunnie,  non  hanno  giudicato  esser  atto  di  progresso 
civile  e  di  moralita  lo  sterminarli  dal  mondo?  Ebbene  a  tanta  furia 
di  maledizioni,  a  tanti  gridi  di  morte  il  Maestro  supremo  della  Chie- 
sa,  il  sommo  Pontefice  ha  risposto  con  due  decreti  di  Beatificazione 
ad  esaltamento  di  persone  vissule  entro  le  chiostre  di  quegli  Ordini 
che  son  dannati  all'  estremo  eccidio  per  opera  dello  spirito  civilizzan- 
te  dei  nostri  di.  A  chi  infama  villanamente  questi  Ordini ,  ei  dice, 
che  sono  altezze  di  perfezione;  a  chi  disconosce  la  utilita,  che  por- 
iano  agl'  individui,  soggiunge,  che  sono  luoghi  muniti  contro  la 
malizia  del  secolo ;  a  chi  li  vilipende  come  follie  *e  superstizioni  an- 
tiche,  nota,  che  dentro  le  sacre  lor  mura  si  ritrova  a  larga  misura  la 
sapienza.  Quindi  il  sommo  Gerarca ,  togliendo  la  confutazione  dai 
fatti,  propone,  quale  argomento  ineluttabile  pei  figli  della  Chiesa,  la 
vita  dei  due  Beati.  Studiatela,  viene  a  dir  loro  con  questo :  la  stima, 
che  eglino ,  retli  dal  lume  superno ,  ebbero  dello  stato  religioso,  sia 


526  LE  DUE  BEATIFICAZIONI  KEL  MAGGIO  DEL  1865 

norma  della  vostra;  le  opere  ,  che  fecero,  vi  servano  di  regola  per 
giudicare  le  sformate  calunnie,  colle  quali  si  voglidno  i  Regolari  pri- 
ma  morti  nella  fama,  che  nella  maniera  della  loro  vita. 

II  Lanza  in  una  sua  lettera  cifcolare  afferma ,  «  s£  esser  convinto 
del  benefizii  morali,  che  debbono  uscire  dalla  soppressione  degli  Or- 
dini  religiosi ».  Sopra  il  suo  convincimento  non  disputiamo,  ma  quan- 
to  al  frutlo  dei  benefizii  moral! ,  la  vita  dei  novelli  Beali  lo  dichiara- 
no  apertamente  bugiardo.  Come  la  soave  quality  del  frutlo  vi  ma- 
nifesta  la  bonta  e  la  coltura  del  lerreno,  in  cui  fa  col  to  ;  cosi  le  ope- 
re maravigliose  di  virtu  ,  falte  dai  due  Beati ,  vi  provano  la  ferlilila 
di  quel  campo,  in  cui  si  malurarono.  Non  fu  la  doltrina  appresa  dalla 
Keligione,  che  gl'  innamoro  della  cima  piu  alia  della  perfezione?  Non 
fu  la  norma  data  loro ,  che  vc  li  condusse  dirittamente  ?  Non  fu  lo 
spirito  dei  sacri  chiostri  quello  che  informo  la  loro  vita,  che  li  resse 
nei  grandi  atti?  Tanf  e  :  nutricarono  in  se  medesimi  il  giglio  im- 
macolato  della  purita,  ma  dalla  Religione  appresero  1'arte  del  culti- 
varlo  intalto:  ebbero  sempre  verdissima  la  speranza  di  salire  alia 
gloriosa  allezza  della  virtu,  ma  dalla  Religione  trassero  il  conforto  : 
arsero  di  cadla,  ma  fu  merce  della  Religione  avere  1'animo  disposto 
a  si  bella  fiamma.  L'  avvedimento  contro  i  lacci  del  nemico  ,  la  ga- 
gliardia  nell'  affronlarne  le  lotte,  la  costanza  nel  sostenerle  tutto  fu 
dono  di  quella  grazia,  che  soprabbonda  per  bonla  divina  nella  Reli- 
gione. Essi  sorgono  eroi  per  virtu,  ma  1'uno  e  l'altra  dal  seno  della 
Religione  lor  madre.  E'poi  si  osa  bandire  ai  qualtro  venli,  che  lo 
sperpero  e  la  distruzione  di  questa  scuola  di  spirito ,  d'  onde  escono 
discepoli  di  ianto  merito  ,  e  un  sicuro  benefizio  morale  ed  un  pro- 
gresso  della  civilta ! 

•Hanno  pero  lutla  la  ragiorie  quanli  propagano  quesla  dbllrina. 
Non  e  forse  sotlo  le  ali  del  loro  civilissimo  Governo,  che  si  sono  mol- 
iiplicali  a  dismtsura  i  co\  i  delle  fernmine  da  mercalo  ?  Non  e  forse 
merce  dei  loro  decreti,  che  ogni  rea  fanciulla  e  libera  a  rinlanarvisi, 
che  protetta  puo  menarvi  i  suoi  di,  consumando  il  proprio  e  1'altrui 
corpo  indegnamente ?  Non  e  forse  dono  della  loro  bonla,  se  nelle 
bolteghe,  sopra  le  scene,  per  le  vie  piu  frequenlate  delle  citta  va  or- 
mai  baldanzosa  di  pien  meriggio  la  corratela?  Chi  moslra  di  scam- 


E  LO  SPIRITO  MODERNO  527 

biare  cosi  la  turpitudine  colla  moralila,  la  sozzura  colla  mondizia,  co- 
me volete  che  non  assalti  rabbiosamenle  le  case  delle  sacre  vergini 
e  del  religiosi,  che  non  ne  gridi  la  totale  distruzione?  Sarebbe  con- 
trario  a  se  medesimo:  slogicherebbe.  Colui  cbe  reputa  opera  del 
progresso  e  della  civilla  il  brago  della  lurpezza  e  se  ne  diletta,  come 
puo  avere  ilsenso  idoneo  agli  olezzi  di  un  casto  giglio?. 

Gli  Ordini  religiosi  hanno  fatto  il  loro  tempo,  soDoinutili.  E  vero, 
ma  presso  di  chi?  Presso  i  propagalori  di  quella  civilla ,  che  mitrkt 
la  corruzione,  che  danna  e  vilipende  i  consigli  evangelici,  che  chia- 
ma  villa  di  animo  la  obbedienza,  che  taccia  d'  ingiuslizia  il  voto  del- 
la  poverta  volontaria  ,  che  disconosce  e  percio  bestemmia  questl  ed 
altri  atli,  insegnati  e  pralicati  dall'  eterna  Sapienza  per  noslro  esem- 
.pio.  Ma  non  presso  i  caltolici  veri ,  i  quali  giudicanli  ulilissimi  per 
gli  esempii  delle  virtu  phi  nobili  che  danno ,  pel  conforto  che  vi  tro- 
vano  nelle  proprie  distrette,  per  gli  stimoli  che  ne  traggono  a  dive1 
nir  migliori,  a  procacciarsi  coi  beni  temporali  ancor  gli  eterni,  a  cui 
son  nati.  Cosi  mostravano  di  pensarla  ai  tempi  della  Beata  i  Reali  di 
Savoia,  la  nobilta  ed  il  popolo,  che  testeudiva  gridare  la  morte  agli 
Ordini  religiosi.  Leggete  la  storia  del  monislero,  di  Moncalieri,  fonda* 
to  per  opera  della  Santa.  Partono  da  quello  di  Torino  tre  monacelle 
deslinate  ad  abitarvi  le  prime.  Ma  non  parlono  sole,  in  segno  di  sii- 
ma  e  di  onore  eccovi  tenere  lor  dietro  le  carrozze  della  eorte,  un  folto 
stuolo  di  cavalieri  ed  un' immense  onda  di  popolo,  che  fesloso  le 
accompagna  alia  nuova  loro  stanza.  Queslo  era  quel  popolo ,  quest! 
erano  quei  cavalieri  y  che  di  li  a  pochi  anni  seppero  col  loro  valore 
ed  a  prezzo  del  loro  sangue  tener  fronte  a  potenti  falangi  straniere 
che  minacciavano  la  loro  indipendenza ,  e  vinte  cfrcciade  dall'  Ita- 
lia. Quei  buoni  vecchi  non  s'  inleudeano  di  progressed  e-  di  civilta,  i 
maestri,  che  pretendono  di  far  1'uno  e  1'altra  rifiorire  in  Italia,  sbno 
quelli,  che  cospirano,  tradiscono,  mercanteggiano  le  province  della 
patria,  e  fanno  guerra  morlale  agli  Ordini  religiosi. 

E  egli  poi  vero ,  che  quest'Ordini  sono  'ioutili  quanta  ai  vanlaggi 
puramente  civili  della  societa  ?  Guardale  il  Berchmans.  Egli  si  affa- 
tica  lutlo  il  di  per  I'aequislo  della  virlu ,  e  continuamenlc  su  i  liferi, 
vi  consuma  il  flore  dell'eta.  Cercatene  lo  scopo.  Questo  continuato 


528  LE  DUE  BEATIFICAZIONI  NEL  MAGGIO  DEL  1865 

e  travaglioso  lavorare  non  e  egli  diretto  a  vantaggiare  altrui?  Non 
era  cosiffatlo  pensiero ,  che  reggealo  e  consolavalo  nell'  impresa  fa- 
tica?  Tant'  e ;  glielo  prescrivea  la  Regola  del  suo  Istituto,  ed  egli  vi 
si  era  si  bene  conform alo  ,  che  vagheggiava  qual  premio  piu  dolce 
del  suo  travaglio  il  navigare  fino  airestremo  oriente  affin  di  portar- 
Ti  il  vero  lume  della  ci villa  colla  religione  e  colle  scienze,  o  se  que- 
sta  speranza  fallivagli,  passar  tulta  la  vita  faticando  in  pro  della  gio- 
ventu  e  di  ogni  allro  ordine  di  persone.  Eccovi  un  giovane  di  ele~ 
Tato  ingegno,  che  dimentico  di  se,  d&  tutto  quanto  e  e  quanto  vive 
a  profitto  altrui.  Direte,  che  un  giovane  si  magnanimo  sia  di  peso 
Inutile  alia  societa  ?  II  dir  questo  sarebbe  una  solenne  ingiustizia. 
Girate  il  vostro  sguardo  sopra  tutta  la  faccia  della  terra  e  non  trove- 
rete  plaga  si  inospita  e  tanto  selvaggia  in  cui  non  v'  inconlriaie  nei 
figli  degli  Ordini  religiosi  in  alto  di  faticare  e  di  spendersi  tutti  in 
bene  altrui  senza  niuna  speranza  di  retribuzione  quaggiu.  Andale  e 
dite  ora  che  sono  inutili. 

E  che  non  ha  fatlo  a  vantaggio  degli  individui  e  della  palria  la 
B.  Maria,  tuttoche  monaca  di  vita  contemplativa?  Aprite  la  storia  della 
sua  .vita.  Voi  trovate,  che  ella  ha  consolato  afilitli,  che  ha  sostentato 
mendici,  che  ha  saviamente  consigliato  gl'  incerti.  Chi  ha  fede  miri 
piu  allo  e  vedra  questa  verginella  farsi  mediatrice  tra  Dio  adiralo  e 
T  uomo  peccatore,  vedra  quesla  umile  suora  prostesa  offerirsi  vitliraa 
di  espiazione,  ed  a  somiglianza  del  divin  Redentore  che,pro^o^o  sibi 
gaudio,  sustinuit  crucem,  confusione  contempta,  chiedere  a  Dio  pa- 
timenti ,  e  disarmargli  la  destra  fulminatrice  co'  suoi  sospiri  e  colle 
sue  orazioni.  Torino ,  messasi  con  pubblica  solennila  sotto  il  Patro- 
cinio  di  S.  Giuseppe,  conforme  il  consiglio  della  Beata,  gli  rammen- 
tera,  che  per  le  preghiere  della  medesima  il  santo  Patriarca  affrello 
colla  sua  intercessione  il  fine  di  una  guerra  desolatrice  del  Piemonte, 
ed  il  magnifico  tempio  sul  colle  di  Superga ,  dedicate  alia  gran  Ma- 
dre  di  Dio,  colla  sua  grande  festa  annovale  gli  palesera  pure  quanta 
parte  abbiano  avulo  i  raeriti  della  B.  Maria  nel  soslenere  la  travaglia- 
ta  cilia  contro  gli  assalti  delle  armi  francesi. 

Eccovi  1'  opera  delle  Vergini  a  Dio  consecrate.  Qual  dei  catlolici 
la  vorra  dire  di  niun  vanlaggio  alia  societa?  Sappia  ognuno,  che  non 


E  LO  SPIRITO  MODERNO  529 

e  la  inulilita ,  che  non  e  1'  amore  della  civilta  e  del  progresso ,  che 
non  e  la  ragione  dell'  economia  quello  che  accende  il  furore  contro  gli 
Ordini  religiosi ,  ma  1'  odio  accanilo ,  profondo  della  selta  nemica  a 
Dio  ed  alia  sua  Chiesa.  Le  Religion!  nell'  ordine  della  Provvidenza 
sono  di  valido  aiulo  alia  Chiesa  nelle  lolle,  sono  vigoroso  stromento* 
nel  propagare  la  fede.  Si  vuole  sguernita  la  Chiesa  di  questa  forza , 
si  mira  a  trovare  il  suo  fianco  scoperto  ad  ogni  mortale  ofFesa.  Ec- 
covi  lo  scopo  di  lanta  guerra.  Inulilita ,  civilta ,  progresso ,  econo- 
mia sono  orpello  pei  gonzi.  Le  mille  volte  si  e  usata  in  varii  tempi 
quest' arte.  Su  via  adunque ,  levisi  franco  ogni  fedele.  II  Vicario  di 
Cristo  condanna  lo  spirito  della  smodata  liberla  odierna ;  ed  ognuno 
T  abborrisca.  II  Yicario  di  Cristo  condanna  lo  spirito  antireligioso 
della  educazione ;  ed  ognuno  lo  detesti.  II  Vicario  di  Cristo  condanna 
lo  spirito  persecutore  degli  Ordini  religiosi ;  ognun  lo  comballa.  Le 
vite  dei  due  Beati  novelli  come  ci  chiariscono  queste  condanne; 
cosi  ci  additano  1'  opposta  maniera  da  seguitare.  Facciamone  pro. 


tJ.  Gl'iOt^  -.1  -I')/./   .  {^^if:;! 'v'>    -   -j  '}fi*fi   .  <ijw» J.-O1- -Oi' il!  Hi  Hi 


Y7,  voL  //,  /a«c.  365.  34  18  Magglo  18C5. 


TIGRANATE 

««.^../'))M.''.  -><i;f.'  i  • 


RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

.1  .fe«!iu^--&i£n<un  iir^o  xu> on9(jv'>«  j.M^iii  cite  a 

'  / 1 j  ^  ^-^p-j-  _,  i^a^ : 


a 


ofiifv:^-;  *).•>  ^i;alOilia/Ah•Jiu;^^^teuf.,Jj^;i/:»;|;ti. 

*A.:«'^ii'"j;;v;tiii  Oii'Ji^tt  Ol  .  .J*U<ijJi)cI(:.>    U^i^.1    u)  -Oi'lii^l'/  ii    .t,'/- 

XX. 

O.I  .'»lJ'..ui.;Ki';  ^  «Ju»1^0  v    ,.  „      .      ,      J  ifei*  fAOi4l.'X»aifta  '(Ui  ,  -, 

7/  Cantambanco. 

c^flfliibtxx)  oJfe.Qjip  •  »;u<  'vriiTiif  >  ifk/i'tia.  iii>0ii  -'»i.{j  !•;•! 

1*  circulatores  qui  serpentes  circumferunt 
et  proponunt,  si  cui  ob  eorum  metum 
damnum  datum  est,  pro  moclo  admissi  , 
actio  dabitur.  ULP.  Digest.  XVII,  ti- 
tulo  XI,  11. 

Lenlo,  taciturno,  chiuso  in  altissimo  pensiere  ritornava  Tigrana- 
te  al  suo  palagio  ;  dove  era  diventato  ,  per  la  morte  di  Placido  ,  si- 
gnore  assoluto  di  ogni  cosa.  I  procuratori,  gli  agenti,  gli  schiavi, 
studiavano  attentamente  ,  massime  su  que'  primi  giorni  ,  ogni  suo 
cenno  ,  ansiosi  com'erano  di  pronoslicare  il  novello  avviamento  del- 
la  casa.  Egli,  concessa  la  liberta  ad  alquanti  schiavi,  de'piubene- 
merili,  oltre  il  numero  de'  gia  francati  pel  testamento  palerno,  die 
ordine  che  nulla  si  variasse  net  goveruo  delle  faccende  domestiche  : 
Pisto  (cosi  continuo  a  chiamarsi  il  nobile  Arbazane,  fintosi  schiavo,  e 
traltalo  ora  come  amico  del  padrone)  seguitasse  come  per  1'addietro 
a  guidare  le  opere  del  servizio  ,  le  spese  ,  le  tenute  ,  le  scritture 
e  ogni  altro  fatto.  Niuno  fa  cui  non  gradisse  cotale  provvedimenlo, 
e  ciascuno  benediceva  la  sua  fortuna  ,  in  veggendo  il  figlio  entrare 
cosi  assestatamente  sulle  pedale  del  padre  ,  lanto  riverito  e  amato 
dall'  universale  della  famiglia. 


TKrRANATE  —  1L  CANTAMBANCO  531 

Vero  e  che  poco  o  nulla  egli  si  lasciava  vedere  a'  famigliari,  me- 
no  ancora  agii  eslranii ;  avendo  sireltameDle  \ietato  a'  donzelli 
atriensi  di  ammettere  Yisitatori.  Passava  i  giorni  sani  o  serralo  a 
discutere  secrete  cose  con  Pisto  ,  o  romito  e  cogitabondo,  invasato 
nella  grande  risoluzione  dell'andata  in  Persia.  Anima  eccelsa  e  ra- 
gionatrice  e  forte ,  non  pen6  gran  fatto  a  dismeltere  qualsiasi  dise- 
gno  di  grandezze  reali  e  di  riscosse  politiche.  —  II  trono  persiano , 
discorreva  seco  stesso  Tigranate,  mi  e  disdetto  dai  Fati  av\7ersi  o 
dal  Dio  che  tempera  il  Fato.  Vano  e  bramarlo  :  ne  i  miei  nazionali, 
ne  i  Romani ,  ne  mio  padre  istesso ,  niuno  puo  muover  un  dito  in 
favor  mio.  II  sapiente  non  de'  cozzar  col  destino ,  ne  struggersi  di 
chimere,  ne  agognar  1' impossible. ..  ne  turbarsi.  Turbarmi?  no. 
Fortuna  crudele  ,  non  avrai  di  me  questo  trionfo.  —  E  si  dicendo 
rizzavasi,  e  s'aggirava  per  la  sala  a  passi  interrotti,  pur  ripelendo: 
—  No,  no.  Per  una  diadema  che  la  sorle  mi  fura,  non  si  turbera  lo 
spirito  di  Tigranate.  No,  no.  —  Ma  poi,  come  giovane  baldo  e  indo- 
mabile,  soggiungeva  tosto :  —  E  pure  lutto  cio  non  da  diritlo  a  raio 
padre  di  tenermi  a  confine  ,  sbandito  inesorabilmente  dalla  sua  pre- 
senza.  Io  penetrero  nella  sua  reggia ;  m' inoltrer6  tra  leguardie, 
lo  guatero  in  volto  con  occhio  sicuro.  Lo  circondi  uno  sciame  di  ma- 
ghi  e  di  satrapi ,  strisci  a  suoi  piedi  la  turba  degli  schiavi ,  tremi 
1'orienle  ad  un  siio  volger  di  ciglio ,  io  vo'  mirarlo  dappresso  in  tut- 
to  il  fastigio  della  sua  gloria ,  al  suo  cospetto  chiamarmi  suo  figlio, 
e  da  lui  ottenere  che  si  chiami  padre  mio.  Avvengane  che  puo:  io 
seguiro  mia  stella :  non  clebbo  girne  tapinando  pel  mondo ,  discono- 
sciuto  dal  mio  vero  genitore,  come  un  maledelto.  — 

Non  era  gia  che  in  maturare  si  audace  proponimento  non  presen- 
tisse  le  gravi  e  inestimabili  difficolta  che  si  frapponevano :  che  anzi 
le  si  appresentava,  le  scandagliava,  le  studiava ;  ma  solo  dal  lalo  on- 
de  erano  superabili.  Dello  smettere  il  disegno  ,  o  di  pure  un  punto 
vacillare,  mai  non  gli  balenava  un  primo  pensiero.  Tanto  era  irre- 
movibile  neiravviso  una  volta  fermato.  E  cosi  le  ore  correvangli  ora 
liete  ora  triste,  ora  serene  ora  burrascose,  secondo  che  colla  accesa 
fantasia  riusciva  ad  aprirsi  il  varco  insino  a  Sapore,  o  n'era  dai  cor^ 
tigiani  respinto,  o  secondo  che  1'abboccamento  a  tu  per  tu  col  padre 


532  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

s'  immaginava  o  benigno  e  rigoroso.  Spesso  di  nolle  non  polendo  ap- 
piccar  sonno  pel  gran  mareggio  de'  parliti  tumultanli  neH'animo ,  si 
faceva  improvviso  alia  stanza  di  Pislo ,  e  cosi  seduto  sulla  proda  del 
letto,  gli  enlrava  ne'propositi  della  propria  fanciullezza ,  e  voleva 
riudirne  lutti  i  particolari,  come  se  fosse  la  prima  volta.  E  il  fedele 
amico ,  che  troppo  bene  si  era  addato  del  nuovo  umore  che  trava- 
gliava  1'  ardente  garzone,  coglieva  sovente  il  deslro  di  rammentare 
la  ferale  minaccia  cbe  pendeva  sul  capo  di  lui,  dove  fosse  ardilo  di 
toccare  il  confine  persiano.  Ma  Tigranale  su  coteslo  passava  legger- 
menle,  come  se  dello  non  fosse  a  lui,  e  gli  spiegava  invece  sollo  gli 
occhi  un' ampia  pergamena  geografica,  comperata  pur  dianzi  allo 
sludio  deiniluslre  Alipio,  e  su  questa  Irattenevasi  a  grande  agio, 
cbiedendo  minulissimi  scbiarimenti  sulle  strade,  sui  fiumi,  sui  mon- 
ti,  sui  deserti,  sulle  cilia,  e  d'ogni  cosa  prendeva  ricordo  in  sulle 
tavolette  del  suo  laccuino. 

Un  di  che  piu  accesamente  affaticava  di  inlerrogazioni  il  povero 
Pisto,  ed  ecco  a  fraslornare  il  lungo  conferimenlo  una  salva  di  sma- 
nacciate ,  e  uno  slrornbeltio  confuso  con  grida  e  con  urla  di  popolo 
assembrato.  —  Che  e  coleslo?  —  disse  con  islizza  Tigranale;  ed 
aperta  la  fineslra,  che  appunlo  dava  in  sul  foro,  vede  dirimpelto  a  s& 
alzato  il  banco  d'  un  giocoliere ,  e  inlorno  a  quello  la  moltiludine 
esullante  e  plaudente.  Un  camello  era  quivi  coll'lnlero  fornimenlo 
dei  baralloli  arcani,  delle  fialelle,  degl'ingredienti,  coi  bossoli  di  pa- 
rata  e  di  spaccio,  senza  contare  i  cassettini  delle  polizze,  degli  amu- 
leli,  de'libri  magici.  Due  fanciulli  in  abili  straui,  percolean  uno  nel 
sistro,  1'allro  nel  tamburo,  due  sonatori  intonavan  )e  libie  a  gloria; 
un  uomo  alto  e  colla  zazzera  spiovula  sugli  omeri  ( e  quesli  pareva  il 
capoccia  della  brigata)  affaccendavasi  a  schierar  sulle  tavole  il  corre- 
do  dell'arte.  La  quale  opera  preslamenle  fornita,  una  larga  predella 
fu  collocala  sull'  imbardatura  dell'animale,  e  vi  sail  con  gran  prosopo- 
pea  il  capogiullare,  tenendogli  un  de'compagni  lo  scaleo  e  inchinan- 
dolo  gli  altri  insino  a  terra.  Aperse  la  scena  con  quattro  strombettate 
ai  venti  cardinali,  dopo  di  che  rilto  nel  mezzo  lascio  cadersi  dalle 
spalle  una  tonaca  di  lino  bigio  che  lulto  il  sopravestiva,  e  apparve 
in  bel  giubbetto  di  broccalo  e  in  brachesse  di  seta  verdeporro,  a 


IL  CANTAMBANCO  533 

sgonfiotti  sparati  e  soppannali  di  bianco,  a  mo'degli  anassiridi  usa- 
ti  da'  sacrificoli  di  Cibele.  Un  cencio  gli  giaceva  raggomitolato  ai 
piedi,  e  questo  fu  vislo  di  per  se  rimuginarsi  e  svolgersi  e,  senz'al- 
tri  toccarlo,  salirgli  insino  alle  spalle  e  diventare  un  manlo  di  prin- 
cipe  indiano,  smagliante  di  vago  cilestro  tempestato  di  perle.  Allora 
un  de'ministri  monto  a  posargli  sul  capo  un  alto  berrello  conico, 
che  parea  di  bronzo,  sormontato  da  una  slella  raggiante,  e  un  altro 
gli  porse  la  verga  magistrate.  Egli  sguardo  in  cielo,  strabuzzo  gli  oc- 
chi,  si  brand!  tutto,  tragilto  la  mazza  misteriosamente,  e  per  primo 
atto  si  feri  con  essa  la  pozzetta  sotto  il  labbro  e  i  pomelli  delle  gote: 
e  tosto  sgorgandone  vivo  sangue,  corse  colla  mano  a  turar  le  ferite, 
si  palpo  una  e  due  volte ;  e  col  calar  della  mano  calo  altresi  una  fol- 
tabarba  e  nerissima,  distesa  insino  al  venire. 

Non  era  questo  allro  che  un  accenno  dei  numerosi  e  svariati  por- 
tenti  che  dovevano  passare  in  rassegna :  perciocche  ,  fatti  salir  sul 
palco  un  dopo  1'  altro  i  serventi ,  a  quale  dinoccava  le  dila  sull'  incu- 
dine,  a  quale  traforava  le  palme  con  lesine  acute,  a  quale  passava 
fuor  fuori  le  gote  con  chiodi  infocati ,  a  se  poi  menava  tagli  e  sber- 
leffi  con  due  rasoi  sul  volto,  sul  collo,  sulle  braccia,  e  ad  un  tratto 
rammarginava'le  proprie  e  le  altrui  ferite,  con  breve  unzione  e  col- 
1'applicarvi  una  scritla  di  caratteri  magici  da  se  segnati.  —  Non  e 
un  unguento,  gridava  quindi  alle  turbe,  non  e  una  pomata,  non  e  un 
cerotto,  comequelli  che  spacciano  i  ciarlivendoli  e  i  cerretani;  ma  e 
un  balsamo  primordiale  stillato  di  resine  catoliche  1 ,  ch'io  raccolsi 
neir  isole  del  mare  indiano,  solcando  oceani  di  sangue  e  pelaghi  d'in- 
chiostro :  io  slesso  lo  manipolai  colle  mie  mani,  con  giusta  dose  di 
sughi  e  di  gomme  che  sudan  1'erbe  sotlo  le  nevi  altissime  a  luna 
scema;  io  vi  incorporai  il  fiele  de'  dragoni  bianchi,  io  vi  mesticai  la 
cenere  della  fenice  d' Arabia.  Non  v'e  piaga,  non  v'ecancrena,  non 
v'  e  malore  cutaneo,  che  regga  contro  la  virtu  del  mio  balsamo :  ne 
entro  io  mallevadore.  Venite,  o  strinati  dal  fuoco,  infestati  dalle  afte, 


1  Gli  antichi  medici  chiamavano  rimedii  catolid  quelli  buoni  per  tutti  i 
mali,  come  le  nostre  pillole  holloway,  i  nostri  sciroppi  pagliano,  i  nostri 
leroy,  le  nostre  revalente  arabiche,  e  va  dicendo. 


334  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

dalle  pustole,  dalle  risipole,  dalle  bolle  acquaiuole ;  venite ,  o  indo- 
liti  daireumi,  dalle  sciatiche,  daicatarri;  venite,  o  travagliati  dalle 
jnorici,  dai  ciccioni,  dagli  ascessi ,  dai  cancheri,  dalle  posteme,  dai 
fignoli,  dai  gavoccioli,  dai  buboni;  \enite,  o  attossicati  dalle  taran- 
tole,  punli  dagli  scorpioni,  divorali  dai  pidocchi,  sgraffiali  dalle  gat- 
te,  morsicati  dai  cani ;  venite,  o  magagnati  dalle  gangole,  dalle  scro- 
fole,  dai  tumori;  venite,  o  butterati  dalla  scabbia,  dalla  tigna,  dali'er- 
pete,  dalla  rogna:  prendete  il  mio  balsamo,  tre  spalmaline  a  digiu- 
no,  e  sarete  sani  come  il  fanciullo  lattante  sul  sen  materno.  Nol  vendo 
io,  no ;  ma  il  regalo  per  amor  dell'  afflilta  umanila  a  chi  solo  mi  paga 
la  polizza,  che  e  scritta  a  oro  finissimo,  da  me  altinto  liquido  dai 
fmme  Gange.  — 

Non  e  a  dire  se  i  vaselli  si  comperavano  a  ruba,  distribuili  dai 
ministri  che  tenevansi  sotto  la  cattedra  del  maestro.  Egli  intanto  si 
riposava,  mirando  torno  torno  il  successo  della  sua  tantaferata,  e 
vedulo  infine  sbollire  quella  prima  smaniatura  del  balsamo,  con  due 
squillate  di  Irombetta  impose  silenzio  e  ripiglio :  —  Non  gici  per 
vendere  balsami  sono  io  qua  dalle  sponde  transgangetiche  venuto, 
selte  anni  pellegrinando :  ma  si  per  ispegnere  le  forze  dei  serpenti 
che  qui  trionfano  senza  contraslo.  So  bene  che  varii  medicastri 
vantano  le  loro  medicine  damasonie :  ma  e  tulta  birba,  credetelo  a 
me,  e  tulta  birba  e  ciarlalaneria,  e  noi  vediamo  ogni  di  che  chi  e 
morduto  dalle  serpi,  enfia,  stecchisce  e  muore :  perche  quelli  non 
conoscono  ne  i  farmachi  della  vita  ,  ne  gli  anlidoli  della  morle, 
ne  i  cataplasmi  della  risurrezione.  Dove  sono  i  veri  contravveleni? 
Chi  possiede  le  vere  polveri  fatate?  Ne  fo  giudici  voi  medesimi :  mi- 
rate!  (E  qui  scoverchio  una  gran  pentola  presentatagli  dai  servenli) 
qui  sono  le  Vipere  dalla  lingua  trisulca,  qui  gli  aspidi  sordi,  qui 
le  ceraste  cornule,  qui  i  basilischi  dall'occhio  di  fuoco,  qui  le  an- 
fesibene  di  due  tesle,  e  altri  colubri  assai  piu  micidiali,  ch'  io  scon- 
trai  nei  deserti  o  tra  le  rovinaglie  de'sepolcreti.  Yolete  vederli  cogli 
occhi  vostri?  Non  fuggite,  o  donne;  fanciulli  non  impaurite.  Che? 
io  li  spruzzero  di  una  presa  della  mia  polvere  incantalrice,  ed  ,eccoli 
mansuefalti,  che  bene  io  potrei  portarli  come  monile  intorno  al  col- 
lo.  —  E  dirlo,  e  soffiarvi  una  cartellina  di  polvere,  e  dar  di  mano 


IL  CANTAMBAKCO  535 

nella  pignatta  fu  un  punto  stesso.  Ne  trasse  una  brancata  di  ser- 
penti  divincolantisi,  di  varii  colori  e  di  varie  lunghezze,  e  con  alto 
raccapriccio  degli  astanti,  se  ne  percosse  piu  volte  le  guance:  e 
perche  taluno  mostro  vaghezza  di  vedere  dappresso  quei  nuovi 
moslri,  egli  tale  gliene  meno  sul  volto  una  zaffata,  che  ne  tolse  ad 
ogni  altro  la  curiosita.  Poi  si  continue:  —  Questa  polvere,  che  e  la 
polvere  damasonia,  che  incanta  qualsiasi  tossico  piu  mortifero,  e  la 
sola  che  io  vendo,  ma  forte  mi  spiace  che  non  ne  avro  per  tutli. 
Fanciullo,  reca  Io  scrigno  del  secreto  salulare.  Quanto  ne  e  rimaso? 

—  Un  resticciuolo  al  fondo. 

—  Beati  i  primi !  — 

Ognuno  voleva  essere  il  primo.  Vero  e  che  dato  fondo  a  quelle 
poche  cartucce,  il  leslo  donzello  trovo  un  altro  cassetto  pieno  arcato, 
e  ne  ebbero  quanti  ne  dimandarono,  e  ne  sopravanzo.  A  tal  vista, 
moslro  di  risentirsi  il  maestro,  e  prese  rampognarlo,  perche  senza 
ordine  suo  avesse  posto  mano  alia  riserva  delle  cartucce :  ma  quegli 
faceva  orecchi  di  mercante  e  vendeva  e  insaccava  i  quatlrini.  Di  che 
montando  ip  bestia,  sebbene  un  po'tardi,  il  cantambanco  balzo  dal 
trono,  e  gli  fu  sopra  con  cipiglio  nequitoso;'e  prima  con  parole  di 
rabbia  perversandolo  e  con  minacce,  e  dipoi  con  menare  le  mani 
1'ebbe  pesto  e  macero  crudelmente.  II  garzonetto  strillava  e  grida- 
va  tutte  le  misericordie  del  cielo,  il  mago  non  che  intenerire,  raddop- 
piava  il  furore,  e  da  ultimo  pose  mano  alia  spada,  e  colpeggian- 
do  alia  cieca  1'ebbe  a  un  tralto  coperto  di  sangue :  onde  il  ragaz- 
zo  caduto  stramazzoni  sul  lerreno,  e  portando  le  mani  sulle  ferite 
con  supremi  guai,  pareva  dare  i  tratti  e  boccheggiare.  Un  urlo 
di  spavento  si  levo  tra  gli  speltatori,  che  immaginavano  colui  adi- 
rarsi  da  maledetto  senno,  e  il  garzone  essere  trucidato.  Chi  Io 
sgridava,  chi  Io  malediceva,  chi  tirava  a  cansarsi  di  cola ,  e  can- 
sandosi  intoppava  ne'vicini ,  squarciavansi  i  veli  delle  donne,  le 
madri  levavano  alto  i  bimbi;  era  un  premersi ,  un  calcarsi,  un 
serra  serra  universale.  Ne  mancava  chi  minacciasse  palesemente  la 
giuslizia  di  Augusto:  il  ciurmadore  invece  proletto  da'  suoi ,  risali 
maeslosamente  sul  palco,  e  come  se  non  fosse  suofatto,  con  guar- 
do  sereno  e  con  placidissima  parlatura :  —  Amici,  disse,  ben  poss'io 

;job  nciriftv  hteimm  I  : 


536  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

sbizzarrirmi  un  tratto ,  quando  mi  nasce  fantasia  d'  ammazzare  un 
vallelto :  me  le  leggi  comuni  non  toccano  :  esse  sono  per  gli  altri 
oscuri  mortali.  Perciocche  com'  io  per  giusta  collera  1'  ho  condolto 
nell'  orlo  della  lomba ,  cosi  per  clemenza  soprammirabile  il  posso 
richiamare  in  un  aliimo  alia  sanita.  Ministri,  spogliatelo.— 

Quegli  ubbidirono,  e  gliel  distesero  a  piedi  insanguinato,  e  rolto 
di  conlusioni,  e  privo  di  favella.  I  popoli  tornavanoa  riaffollarsi  piu 
che  mai  avidi  dello  spettacolo  non  piu  veduto:  Tespettazione  cresce- 
va  in  infinito,  ne  piu  s'udiva  un  zitto  in  quella  moltitudine  lesle  si 
abbaruffata.  II  ciarlatano  trasse  dali'astuccio  una  tenla  d'  acciaio,  la 
forbi  lungamente,  e  si  diede  a  scandagliare  con  gran  ciurmeria  le 
ferite  tutte,  e  ciascuna,  a  detta  sua,  era  senza  manco  veruno  morta- 
lissima.  —  Or  qui  si,  grido  allora  in  aria  di  trionfo,  qui  si  che  si 
parra  la  virtu  del  gran  secreto,  ch'  io  solo  posseggo,  credit^  lascia- 
tami  dair  illustre  Aa  Baba  Cacam  sommissimo  astrologo  della  Cal- 
dea.  —  A.  queste  parole  gli  aiutanli  gli  porsero  un  forziere  prezioso, 
ch'egli  aperse  con  molte  chiavi,  e  fuori  ne  trasse  un  globo,  di  tante 
carte  e  di  tante  pezze  inviluppato ,  che  di  piu  involucri  non  vestesi 
una  cipolla.  In  fine  apparve  un  nocciolo  di  frutto  sconosciuto.  II  ma- 
go  il  prese  tra  il  pollice  e  1'  indice,  il  gualo  amorosamente,  Io  strin- 
se  al  petto ,  il  bacio,  esclamando:  —  Prometeo  col  fuoco  rapito  al 
Sole,  Gige  coll'anello  che  '1  rendeva  invisibile,  non  erano  piu  ricchi 
di  me,  con  questo  gioiello  ammirando.  Soli  cento  ne  composi  in  mia 
vita,  albergando  sul  culmine  delle  montagne  d'  Armenia:  i  piu  holli 
rimessi  ai  gran  principi,  che  potevano  far  la  spesa  degV  ingredienti, 
e  pochissimi  me  ne  restano,  che  ho  serbato  per  amore  della  nobile 
Antiochia  regina  dell'  Oronle.  Li  vendo,  o  piuttosto,  li  dono  al  cen- 
tesimo  del  loro  prezzo.  Sono  ricco  abbastanza ,  mangio  e  bevo  nel- 
1'oro  (ifamigli  approvavano  dirompendosi  di  capochini),  dormo 
ne'  bissi  di  Tiro,  nuoto  nei  profumi  d'  Arabia,  mi  lavo  le  mani  nei 
rubini  stemperati  nei  vino  di  Babilonia,  e  nei  mio  giardino  calpe- 
sto  le  perle  come  voi  la  rena  de'fiumi.  Ma  su,  prima  di  metlerli  a 
prezzo,  si  proceda  oggimai  a  fame  esperimento,  e  V  opera  lodi  il 
maestro.  — 

Prese  a  toccare  col  nocciolo  le  lividure  e  le  botte  dove  era  il  san- 
gue  piu  aggrumato;  i  ministri  venian  dopo  stropicciandovi  di  buona 


IL  CANTAMBANCO  537 

lena  una  spugna,  e  appariva  tosto  saldata  la  ferita,  rinnovala  la  car- 
nagione,  senza  restarvi  cicatrice  veruna  ne  vestigio  delle  percosse. 
Da  ultimo  segno  una  cifera  sulla  regione  del  c"uore;  e  a  quel  tocco, 
come  se  ridata  gli  fosse  la  vita,  il  fanciullo  si  risenti,  balzo  in  piedi 
e  gittossi  al  collo  del  suo  immortalebenefatlore:'il  quale  si  contento 
di  baciarlo  in  fronle,  e  dirgli:  —  Sii  bono,  e  guardati  oggimai  di 
sprecare  a  vil  pregio  i  miei  arcani  medicamenti.  —  Indossata  quindi 
una  tonaca  nuova,  il  risuscitato  porto  in  giro  i  noccioli  portentosi, 
che  in  breve  furono  spacciati.  Non  si  scordo  il  prestigialore  di  racco- 
mandare  che  niuno  dei  beati  compratori  si  lasciasse  vincere  alia  cu- 
riosita  di  cercarli  per  entro;  perciocche,  diceva  esso,  al  primo  rom- 
persi  sfiaterebbe  1'aere  rinchiusovi,  e  con  esso  la  virtu  delle  stelle  a 
si  gran  fatica  da  se  saputavi  concentrare.  Laddove  se  il  tenessero  ben 
custodito,  non  avriano  che  lemere  di  cadute,  di  aggressioni,  di  nau- 
fragi,  di  ree  influenze  degli  astri ;  quel  solo  talismano  avere  virtu  di 
cambiare  1'oroscopo  di  chi  lo  possiede.  Promise  da  ultimo  che  il  di 
seguente  sarebbe  tomato  al  luogo  istesso,  a  mostrarvi  miracoli  vie 
piu  inaspettati.  Fece  raccattare  gli  scarabattoli,  si  torno  all'abito 
primitivo,  e  salilo  in  groppa  al  cammello,  tra  gli  squilli  delle  trom- 
bette,  il  rullo  del  tamburo,  i  viva  e  i  battimani  deli'universale,  si 
mosse  per  recare  in  altra  parte  le  sue  meraviglie. 

Tigranate,  sebbene  soprappreso  in  tutt'  altri  pensieii  che  di  bagat- 
telle,  pure  anch'egli  era  rimaso  alia  pania,  e  per  siffatto  modo,  che 
1'ora  gli  trascorse  senza  che  se  n'avvedesse.  Ma  quale  fu  la  sua 
maraviglia,  allorche  sul  cader  della  nolle  vide  entrarsi  in  casa  uno 
straniero  in  fogge  di  mercatanle  persiano,  e  fissalolo  in  volto,  ebbe 
a  riconoscere  in  lui  ii  giocoliere  del  mattino?  Costui,  falto  un  cenno 
di  cortesia  a  Tigranate  e  a  Pisto,  che  per  avventura  si  trovarono  nel- 
1'atrio,  disse:  —  Abita  qui  un  Arbazane,  e  sarebbeci?  —  Pisto 
udilosi  mentovare  col  nome  native,  sotto  cui  era  conosciuto  da  Sa- 
pore,  non  peno  ad  immaginare  chi  fosse  lo  straniero  e  a  che  fare  ve- 
nuto.  Pero  trasselo  un  po'da  lalo  e  gli  dimando :  —  Perche  cerchi 
tu  di  /Vrbazane  e  non  di  Placido? 

—  So  ogni  cosa.  Placido  e  morto,  e  mi  e  forza  ricorrere  ad 
Arbazane. 


538  TIGRANATE  RACCONTO  STOR1CO  DEL  SECOLO  IV. 

—  Or  bene,  Arbazane  son  io,  ma  non  avrestu  per  avventura  una 
tessera  opitale  da  presentare? 

-  Senza  dubbio :  ed  eccola.  —  Pislo  reco  incontanente  il  mezzo 
anello  reale :  11  forestiere  vi  aggiust6  il  suo,  e  visto  che  si  comba- 
ciavano,  disse  sottovoce :  —  Ospite  del  gran  Re,  non  potresti  rice- 
vermi  un  po'in  disparte  da  questo  giovane? 

—  Parla  con  liberta,  o  messaggero  di  Re  Sapore :  la  tessera  ap- 
parliene  piu  a  questo  giovane,  che  non  a  me:  e  1'ambasciata  del 
Gran  Re  puo  e  deve  essere  da  lui  intesa.  — 

A  si  indubiiati  riscontri  d'intelligenza  col  Re  suo  Signore,  il  Per- 
siano  non  si  perito  piu  oltre,  e  posto  da  banda  ogni  artiflcio,  si  con- 
fesso  pel  solito  inesso  del  Re  di  Persia,  che  veniva  per  le  novelle  del 
giovane  Tigranate,  ed  apportava  inoltre  la  consueta  provvisione  in 
gemme  ed  oro :  e  profferse  il  sacco  di  porpora,  in  che  teneva  il  tesoro. 
Pisto  lo  presento  a  Tigranate,  e  intanto  fecegli  occhio,  affinchealui 
lasciasse  la  parola,  e  rispose  :  —  Messaggero,  riferirai  che  il  regio 
presente  fu  consegnalo,  secondo  l'accordo,a  colui  che  possiede  la  tes- 
sera ospitale,  cioe  ad  Arbazane ;  perciocche  Placido  e  passalo  di  vita. 
Aggiungerai  che  Tigranate  eredilo  immensa  forluna  da  Placido ;  egli 
e  sano  e  felice  :  nuH'allro.  — 

Tigranate  riavutosi  dalla  prima  maraviglia,  aggiunse :  —  Or  non 
polreslu  pernottare  qui  o  ritornare  dimani ,  che  intanto  ti  si  prepa- 
rasse  piu  acconcia  risposta  e  piu  degna,  per  iscrittura? 

-  Non  posso  :  domani  saro  a  cinquanta  stadii  da  Antiochia. 

—  E  pure  promellesti  pur  dianzi  di  ritornar  a  questa  piazza. 

—  Appunto  per  celare  la  mia  partenza. 

—  Or  perche  si  gran  fretta? 

-  Perche  a  questi  lumi  di  luna  non  e  a  stare  a  bada.  Se  punto 
punto  s'avesse  venlo  dell'  esser  mio,  e  ch'  io  son  cosa  del  Gran  Re, 
sarei  tolto  per  ispia,  e  un  capestro  non  mi  fallirebbe.  Pero  dimani  bat- 
to  i  iacchi,  e  per  nulla  al  mondo  toglierei  sopra  di  me  carte  scritte.  - 

Tigranate  rizzossi  e  prese  a  passeggiar  su  e  giu  concitato.  Pislo 
avrebbe  bramato  di  tirarlo  da  parte  a  consigliare,  ma  di  levarlo  di 
cola  era  nulla;  perche  non  dava  retta,  e  pareva  assorbilo  in  nuova 
e  grande  deliberazione.  Interruppelo  il  Persiano:  —  Giovane,  se'tu 
il  possessore  dell' anello,  o  cotesto.signore  che  e  teco? 


IL  CANTAMBANCO  339  ' 

—  Non  te  ne  caglia.  Siam  due  amici,  e  comune  e  Tamista  di 
che  ci  onora  il  Gran  Re.  Tigranate,  di  cui  egli  brama  novelle,  son 
io:  e  tu  riferirai....  —  E  qui  passavasi  la  mano  sugli  occhi  e  sul 
vollo,  e  tornava  a  passeggiare  piu  ratio,  come  chi  matura  una  rispo- 
sta  rilevante  e  lotta  contro  cento  disegai.  —  Riferirai,  che  Tigranate 
e  sul  partire  per. . .  —  E  qui  nuova  sospensione. —  Riferirai,  ruppe 
in  fine  risolulo,  che  Tigranate  vedra  quando  che  sia  suo  padre.  EC- 
CO  tut  to. 

—  Dov'  e  cotesto  tuo  padre?  Come  sta  egli?  Se  il  Re  me  ne  ri- 
chiedesse,  che  debbo  rispondere? 

—  Non  ne  richiedera.  — 

Cosi  fini  1'abboccamento.  Lo  straniero  dimando  in  grazia  alcuni 
cenci ,  affine  di  camuifarsi  in  accattone ;  e  travestitosi  scomparve. 
Ma  Pisto,  che  aveva  inteso  la  risoluzione  arrischiata  del  suo  allievo  e 
ami co,  non  sapeva  darsi  pace.  Non  vi  fu  ragione  ch'egli  non  moves- 
se  per  distornarla.  Antusa  altresi ,  come  che  nulla  sapesse  dell'  av- 
venuto  ne  il  sospettasse  pure  in  ombra,  diede  amore\ole  balteria  al 
ciiore  di  Tigranate  per  rimoverlo  da  qualsiasiperegrinazione.Essa 
non  mirava  ad  altro  che  a  vederlo  quanlo  prima  entrare  nel  catecu- 
menato :  di  che  gli  venia  rimettendo  sotto  gli  occhi  gli  esempii  del 
buon  Placido,  e  i  supremi  ricordi  lasciatigli  come  sacro  testamento, 
e  per  lutti  i  modi  pressavalo  di  non  rendersi  malagevole  alia  mi- 
sericordia  di  Dio ,  che  lo  invilava  alia  religione.  E  poiche  il  vide 
Irremovibile  nel  partito  divisato :  —  Or  perche  volendo  appagare 
cotesta  giovenile  fantasia ,  gli  diceva  la  santa  matrona ,  perche  non 
visiteresti  in  prima  1'  Egitto  ,  come  pure  ti  lascio  raccomandato  tuo 
padre  (pace  in  Cristo!),  prima  che  gli  chiudessimo  gli  occhi?  Se 
dubbii  ti  premono ,  la  potrai  consul  tare  il  famoso  Didimo  ,  astro  di 
sapienza,  che  intorno  a  se  raduna  da  tulto  il  mondo  la  gioventu  bra- 
mosa  di  sacre  lettere.  Se  vaghezza  ti  prende  di  eloquenza  o  d'alte 
scienze,  troverai  in  Alessandria  il  divino  Atanasio,  che  io  stessa  vi- 
<Ji,  or  fa  selle  anni,  qui  in  Antiochia,  e  gli  baciai  la  mano.  Che  uomo 
di  Dio !  basta,  ch'  egli  ha  piena  la  Chiesa  di  sua  rinomanza,  pcllo- 
reggialo  grimperatori,  abbattute  le  eresie,  raffermata  lafede:  se 
apre  la  bocca,  son  oracoli  che  ne  escono  e  non  parole. 


540  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

—  Bene  il  so,  rispondeva  Tigranate  in  aria  di  uggito. 

—  T'incammini  dunque  ad  Alessandria? 

—  Ci  pensero. 

II  discorso  moriva  cosi  senza  sugo  alcuno.  Intanto  il  verno  rad- 
dolcivasi  un  di  meglio  che  1'  altro,  e  la  venuta  del  messaggio  di  Sapo- 
re  dimostrava  aperto  le  montagne  gia  essere  pervie  a' viaggiatori. 
Tigranale  pertanto  senz'  ammettere  ne  ragioni  ne  consigli ,  una  sera 
chiama  Pisto  e  glidice:  —  Gravi  negozii  mi  chiamano  a  Carri: 
tu  fa. . .  rV£u 

—  E  a  Ctesifonte?  interruppe  Pisto. 

—  A.  Carri  senza  fallo :  a  Ctesifonte  . . .  secondo !  Ad  ogni  modo 
una  stessa  e  la  strada,  tra  via  mi  risolver6.  Fa  che  il  lerzo  di  sieno 
air  ordine  i  nostri  cammelli  col  fornimento. 


XXI. 

La  Luna  e  il  Luno  di  Carri. 


Quoniam  Dei  Luni  fecimus  mentionem,  scien- 
dum  doctissimis  quibusque,  id  memoriae 
traditum,  atque  ita  nunc  quoque  a  Car- 
rhenis  praecipue  hdberi,  ut  qui  Lunam  fe- 
mineo  nomine  ac  sexu  putaverit  nuncu- 
pandam,  is  addictus  mulieribus  semper 
inserviat:  at  vero  qui  mar  em  deum  esse 
crediderit,  is  dominetur  uxori,  etc.  SPAR- 
TIAN.  in  Caracal.  ( Scriptt.  hist.  aug.  ed. 
Vallaur.  pag.  121.) 

1    ' '   0  •  *  li  j    111 k   '      ' ' ' '•  '•  "'   '')• 

—  Quanto  abbiam  desiderato  di  vederti !  di  sapere  almeno  di  tue 
novelle !  Ye'  come  s'  e  falto  grande !  ma  gli  occhi  son  sempre  quei- 
li:  proprio  quelli  di  tu'madre,  bon'anima.  Ti  ricordi  quella  ultima 
sera,  che  ti  chiamo  nella  stanza  la  povera  Tecla,  e  non  voile  che  cl 
entrasse  altri ,  fuorche  Pisto  qui ,  e  tuo  padre?  E  poco  slante  sen- 
tiamole  grida:  Muore!  muore!  E  moriva  davvero:  Placido  era 


LA  LUNA  E  IL  LUNO  DI  CARRI  541 

svenuto,  Pisto  si  copriva  il  volto  e  le  baciava  le  mani  piangendo. 
Che  desolazione  I  che  passioni  le  furon  quelle !  E  ora  anche  lui  I  Tu 
ci  porti  troppo  dolore  e  troppa  gioia  ad  un  tralto.  Via  non  ci  confon- 
diamo  piu  sopra  cotesto,  come  fanno  coloro  che  non  isperano  il^cie- 
lo :  e'  si  sono  abbracciati  nella  pace  di  Cristo :  beati  loro !  —  Quesle 
e  molte  altre  parole  discorreva  un'  attempata  e  veneranda  matrona 
di  Carri  con  Tigranate,  che  allora  allora  giungeva  in  quella  citta, 
una  delle  piii  popolose  della  Mesopotamia.  La  donna  avea  nome  Tar- 
bula :  il  luogo  era  una  villa  grande  e  signorile  a  poca  distanza,  dei 
sobborghi,  in  sito  delizioso  chiamato  Fadana  dai  paesani.Non  lungi 
vedevasi  un  monastero  o  piuttosto  eremitaggio  di  cellelte,  sepolte 
tra  verdissime  ciocche  di  terebinti  e  di  platani  secolari.  In  mezzo  a 
queste  sorgeva  la  chiesa,  santuario  famoso  in  tutta  la  contrada,  per- 
che  cola,  secondo  la  tradizione,  Giacobbe  erasi  incontrato  la  prima 
volta  colla  bella  Rachele  ;  e  additavano  altresi  il  pozzo  e  un  vasto 
truogolo  di  pietra,  slabbrato  e  logoro  dai  secoli,  al  quale  il  santo  pa- 
triarca  aveva  abbeverato  il  gregge  della  giovinelta  paslora  l. 

In  questa  villa  aveva  abitato  Placido,  allorche  era  venulo  di  Per- 
sia col  bambino  Tigranate,  cui  diceva  essere  suo  figlio,  natogli  della 
prmcipessa  Tecla,  sposata  a  Ctesifonte;  e  qui  1' aveva  cresciuto 
dall'  eta  di  sell'  anni  sino  a  toccare  il  secondo  lustro,  cioe  fino  a  quan- 
do,  a  cessarsi  dagli  strepiti  della  guerra,  si  era  tramulato  in  Antio- 
chia.  Gli  albergatori  del  tribuno  romano,  cioe  Tarbula  e  il  suo  marito 
Vologese ,  avevano  vantaggiato  assai  della  sua  dim  ora  cola,  perche 
T  oro  del  Re  di  Persia  accompagnando  per  tutto  il  misterioso  fanciul- 
lo,  rifluiva  largamente  sopra  quanti  gli  prestavano  o  tetto  o  servitu. 
—  Cari  luoghi !  diceva  Tigranate,  nel  rivedere  partitamente  la  quieta 
stanza  della  sua  fanciullezza,  dolci  rimembranze!  In  questo  giardino 
davo  il  guasto  alle  aiuole  de'fiori,  che  il  buon  Natan  mi  temeva  piii 
che  la  gragnuola.  Oh  che  e  di  quel  bravo  giardiniere? 

—  Morto,  morto  da  piu  anni. 


1  Ecce  Rachel  veniebat  cum  ovibus  pains  sui;  nam  gngem  ipsa  pascebat. 
Quam  cum  vidisset  lacob...  amovit  lapidem  quo  puteus  claudebutur.  GE- 
NES. XXIX,  9, 10.  II  che  avvenne  in  Haran,  cioe  in  Carri  o  non  lungi. 


542  TIGRANATE  RACCONTO  STOHICO  DEL  SECOLO  IV. 

—  Povero  vecchio!  mi  voleva  im  ben  dell'anima,  m'aiutava  a 
lendere  le  penere  alle  tordiere  e  ai  merli  1,  e  d'appialto  mi  dava 
le  melagrane  di  questo  cespo  ;  ma  sst,  che  '1  padrone  nol  sappia ! 
Qua  ruzzavo  col  canino,  qua  mi  caracollavo  sulla  canna.... 

—  Ti  sovviene,  interruppe  Pisto,  che  su  questo  spazzo  facevi  al 
soldato,  e  Placido  ti  comandava  le  mosse  e  la  pirrica  2? 

—  E  ancora  conserviamo  la  tua  armaturina  da  catafratto,  entrd 
qni  Vologese,  di  cui  tu  andavi  tutto  impetlito,  come  un  Imperadore 
in  clamide.  — 

Cosi  rinnovando  le  antiche  memorie  eran  giunti  ad  un  pelaghetto 
conlornato  di  antiche  pianle :  ed  ecco  da  un  cespuglio  di  saliei  pian- 
genti,  che  bagnavan  le  vefcte  nell'  onde  cristalline,  frullare  due  cigni 
e  prendere  il  largo,  maestosamente  vogando,  seguiti  dalla  giovinet- 
ta  loro  famigliuola.  —  Oh  che  e  di  Tecluccia  vostra,  ruppe  qui  Ti- 
granate  un  po'  vergognoso  di  non  averne  dimandato  prima,  colla 
quale  tante  volte  mi  baloccai  su  questo  margine  erboso?  —  A  que- 
sta  dimanda  rispose  Vologese:  —  Non  e  in  casa.—  Tigranate  di 
nulla  sospettando  continu6:  —  Da  me  si  fuggivano  i  cignuzzi,  perche 
fingevo  di  dare  loro  a  mangiare,  e  tiravo  a  chiapparli  al  laccio  scor- 
soio :  a  lei  invece  correvano  appena  la  compariva,  ch^  ogni  giorno 
porgeva  loro  le  bricciole  della  colezione :  e  come  le  beccavano  fin 
sulla  manina!  Oh  perche  non  e  in  casa  la  mia  Tecla?  sar&  sposa, 
neh  vero  ?  — 

A  questa  parola  Tarbula  non  pote  frenare  un  amaro  sospiro : 
—  Chi  sa  che  e  avvenuto  di  lei  I 
.i  —  Come?  dov'e  ?  non  ne  avete  novella? 


1  Molte  specie  di  tordi  fanno  in  Mesopotamia,  e  le  nostrane  altresi ;  sen- 
za  contare  il  Turdus  merula  ossia  merlo  nero.  La  eaccia  poi  colle  penere, 
era  usata  presso  gli  antichi :  Aut  amite  levi  rara  tendU  retia  Turdis  edaci- 
lusdoloSj  dice  Orazio  parlando  del  campagnuolo  nel  verno;  che  bene  si 
potrebbe  tradurre:  0  sul  liscio  bacchio  tende  le  sottili  penere,  inganno  ai 
tordi  edaci. 

2  Ballo  militare  che  serviva  di  tirocinio  alle  nuove  cerne,  anche  al  tem- 
po  Ui  cui  parliamo. 


LA  LUNA  E  IL  LUNO  DI  CARRI  513 

—  Povera  Tecluccia!  ti  ricordi  che  lu  le  facevi  tantivezzi,  e  che 
fin  da  bambina  la  guidavi  nel  carruccio,  e  le  davi  i  piedi  tenendola 
per  le  dande  come  un  balio? 

—  Se  me  lie  ricordo  !  Ora  che  e  di  lei? 

—  Che  e?  E  lontana  da  noi. 

—  Si,  a  Ciesifonte,  in  casa  d'un  mio  fratello,  disse  Vologese,  in 
buone  mani. 

-—In  buone  mani,  quanto  si  vuole,  ripiglio  Tarbula  ;  ma  non  se 
ne  sa  nulla.  Vedi  ,  che  vuol  dire  fidare  altrui  i  fanciulli.  lo  lo  pre- 
vedeva;  equante  voile  gliel  dissi!  (e  qui  accenno  al  marilo.)  Ma  lui 
fefmo  li,  e  la  lascio  condurre  via  ad  an  suo  fratello,  che  promette- 
va  di  darle  marito  la  in  Persia  :  che,  sai,  lui  e  nativo  di  Ctesifonte, 
ed  aveva  cotest'  ubbia  di  accasarla  cola.  Ed  ora  fa  1'anno  che  non 
possiamo  averne  novella  ne  per  viva  ne  per  morta. 

—  Niuna  nuova,  buona  nuova. 

-  Piacesse  a  Dio  !  ma  con  tulti  i  fraslorni  che  son  nati  cola  con- 
tro  i  cristiani  ,  io  mi  ci  struggo  di  e  nolle,  e  mi  sto  d'un  mal  animo 
che  mai  peggio  in  vita  mia.  Quando  si  e  madre!  ed  e  1'  unica  che 
abbiamo. 

—  Gua'  ch'io  non  son  suo  padre?  disse  Vologese,  e  non  e  Tunica 
anco  per  me?  Ma  non  per  questo  si  de'  tirar  le  cose  al  peggio  :  Tarn- 
psaore  e  mio  fratello,  uom  d'anima  ,  grave  ,  maturo  ,  che  vuol  bene 
alia  nostra  figliuola  come  se  fosse  sua  figlia.  0  perche  darci  questo 
marlello,  ch'egli  abbia  pericolata  la  bimba  ? 

—  Perche  non  scrive? 

—  -  Si  saranno  smarrile  le  lettere. 

-hJ*H  0  sapete  che  e?  disse  Tigranate  ,  io  son  uomo  di  recarvene 
novelle  in  persona. 
f!  %  In  che  maniera  ? 

—  Andando  a  vederla. 

-  Tu  se'incamminalo  a  Ctesifonte?  dissero  a  un  tempo  stesso 
Vologese  e  Tarbula. 


—  A  che  farci? 


544  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV 

—  A  darmi  tempo  c  vita.  Ho  Tisto la  Grecia,  ho  visto  1' Italia; 
ora  m'e  entrata  questa  fantasia  di  vedere  il  mio  paese  native. 

—  Uhm !  son  certi  tempi,  disse  Tarbula;  ma  gia  vo'  altri  giovi- 
notti  non  ternete  di  nulla.  Ad  ogni  modo  ,  se  tu  ci  vai ,  cerlo  e  da 
prendere  lingua  di  Tecla,  e  trarci  d'affanno  con  una  lettera,  subito, 
se  e  possibile.  Tu  ci  sei  mezzo  obbligato  ,  perche,  sai,  ella  porta  il 
nome  di  tua  madre,  la  principessa  Tecla  ( Cristo  1'abbia  in  pace  ! ). 
Le  abbiarao  proprio  messo  cotesto  nome  per  sua  memoria,  che  di 
Tecle  non  ne  abbiamo  in  parentela. 

—  Gran  merce.  Preparate  le  lettere  per  Tampsaore,  i  ricapiti  e 
altro  per  lei,  se  ^olete;  perche  io  non  soprastaro  molto  a  mellermi  a 
quella  volta. 

—  Pisto  qui  e  slato  mai  a  Ctesifonte?  interrogo  Tarbula. 

—  La  conosco  a  menadito,  rispose  Pisto. 

—  Basta,  basla,  ci  penseremo  meglio ,  e  ne  parleremo  con  agio ; 
non  parlo  ne  questa  notte  ne  dimani.  — 

Prima  che  cadesse  il  sole  di  quel  primo  giorno  passato  aCarri, 
Tigranate  voile  tutto  solo  visitare  il  sepolcro  della  sua  madre  Tecla, 
che  quinci  non  discosto  si  ergeva,  sulla  strada  del  monistero  di  Fa- 
dana.  Modeslissimo  era  il  tumulo :  doe  una  lastra  di  pietra  lavorata 
grossamente,  rilevata  da  terra  un  quattro  palmi,  e  circondata  di 
verdi  oleastri.  Sopra  \i  si  leggeva  questa  iscrizione  semplicissima : 
Tecla,  qua  venendo  di  Persia ,  in  Cristo  si  riposo  delle  afflizioni 
della  vita ,  bramando  al  figlio  suo  i  doni  dello  Spirito  Santo  1. 

Tigranate  lesse  e  rilesse  il  veneralo  nome  e  la  dolce  aspirazione 
incisavi  appresso.  Sebbene  non  intendeva  appieno  1'  arcano  senso 
delle  parole ,  pure  vi  sentiva  cosi  in  confuso  il  sublime  esalo  del- 
1'  anima  di  Tecla  sua  madre ,  sdegnosa  delle  terrene  fralezze  e  ane- 
lante  solo  alle  celestiali  cose.  Si  assise  sur  un  ceppo,  appoggio  il 
capo  sul  sasso  amato ,  e  lungamente  tacque  lasciando  fluire  nel  cuo- 
re  la  mesta  dolcezza  della  preghiera  materna.  Gli  ricorrevano  alia 
immaginazione ,  come  che  rimote  e  vaghe,  le  sembianze  di  lei  e  il 
pietoso  atto  onde  ,  in  presenza  solo  de'  pochi  consapevoli  delle  sue 

1  Simili  iscrizioni  s'incontrano  spesso  sui  tumuli  cristianl  de'primi  secoli. 


LA  LUNA  E  IL  LUNO  DI  CARRI  545 

svenlure,  lo  aveva  benedelto  colla  filosofia  di  Cristo  (cosl  chiamava 
esso  il  vangelo),  posandoglielo  sul  capo,  in  cambio  di  diadema  reale. 
E  a  quel  crepuscolo,  omai  confinante  colla  nolle,  sembravagli  di  ve- 
derla  levare  la  lesta  dalla  lomba,  e  volgere  il  guardo  al  cielo,  come 
gia  sul  letto  dell'  agonia  ,  e  implorare  dal  suo  Dio  quei  doni  miste- 
riosi ,  i  quali  essa  poneva  in  cima  di  ogni  suo  desiderio  per  se  e 
pel  figliuolo.  —  Povera  madre!  infelice  regina!    E  pur  lu  (cento 
voile  Pisto  mel  disse)  non  degnasli  d'una  slilla  di  pianto  ne  le  ric- 
chezze,  ne  la  reggia,  ne  il  reame  d'  Orienle  :  ma  solo  piangesti  lo 
sposo  infedele,  e  al  luo  Tigranale  bramasti  le  glorie  ollramondane. 
Magnanima !  la  scrilta  del  luo  avello  non  ha  pure  una  voce  di  la- 
menlo  ,  e  non  V  ebbe  mai  il  luo  cuore :  In  Cristo  si  riposb  I  altera  e 
sapienle  parola,  da  onorarsene  lo  stoico  piu  consummate  nella  filo- 
sofia !  Certo ,  se ,  come  affermano  i  crisliani ,  in  alcuna  parle  se- 
rena  il  Cristo  ricelta  le  anime  che  per  lui  soffersero  Iribulazione,  lu 
giubili,  o  madre  mia  ,  Ira  quegli  spiriti  elelli.  Forse,  chi  sa?  da  al- 
cuna di  queste  slelle  che  mi  pendono  sul  capo,  lu  ora  liela  mi  ri- 
guardi  abbracciare  la  lua  lomba ,  e  li  e  dolce  il  pianlo  del  luo  Ti- 
granate.  —  Ed  in  quesli  pensieri  due  lacrime  dolorose  e  pur  soavi 
gli  discendevano  per  le  guance. 

Dopo  tali  visile  che  molle  furono,  e  da  solo  e  con  Pisto,  Tigranate 
senliva  nascere  nel  segreto  del  cuore  un  aborrimento  inaspellato  di 
presentarsi  al  pontefice  del  tempio  dellaLuna;  ed  egli  stesso  non 
avrebbe  sapulo  divisarne  distintamenle  il  perche.  Cio  non  oslantela 
forle  amicizia  di  Giuliano,  la  fiducia  in  lui  collocata  da  un  Cesare,  e 
piu  di  lulto  il  giuramento,  ch'  egli  leneva  come  al  tulto  inviolabile,  tra- 
scinavanlo  a  suo  malincuore  a  non  ritardare  piu  oltre  1'  ambasciafa. 

II  lempio  di  Carri  dedicato  alia  Luna  riputavasi  una  delle  mag- 
giori  maraviglie  dell'oriente.  Vinceva  di  mole  il  Partenone  di  Alene, 
e  il  Campidoglio  di  Roma ,  e  gareggiava  in  celebrita  di  sacrificii  col 
Serapeo  di  Alessandria.  Tigranale  ne  contemplo  piu  volte  gli  spaldi 
del  ricinto,  che  davangli  aspelto  di  vasla  forlezza  anziche  di  sanlua- 
rio ;  e  solo  dopo  molto  lottare  seco  stesso ,  si  fu  risoluto  di  vincere 
1'apprensione ,  vanissima  secondo  lui,  che  stoglievalo  dall'enlrarvi. 
Giardini  amplissimi,  fiancheggiati  da  lunghiorli  pensili,  appailvano 
Serle  VI,  vol.  II,  fasc.  365.  3o 


546  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

al  primo  ingresso.  In  fondo  sorgevano  edificii  svariati  con  atrii  son- 
tuosi  e  cortili  colonnati  e  tutto  intorno  le  abitazioni  de'  sacrificoli , 
degl'  indovini,  degli  schiavi,  le  albergherie  de'  pellegrini ,  i  granai,  i 
magazzini ,  i  tesori  del  tempio.  Di  nobilissima  struttura  era  special- 
mente  la  dimora  del  pontefice,  e  deliziosa  di  tutti  agi  e  d'infinite  dovi- 
zie  ricolma.  Non  a  tutti  era  concesso  di  favellare  col  gran  gerofante: 
ma  a  Tigranate ,  la  toga  preziosa ,  le  anella  sfavillanti  nelle  dita ,  e 
piii  di  tutlo  1'aspetto  digniloso  e  altiero  apersero  tosto  1'  udienza. 

Non  e  a  dire  se  il  ponteflce  si  solluchero  tutto  a  udire  che  il  nuo- 
vo  Cesare  si  risovvenisse  di  lui.  Se  non  che ,  a  misura  che  inoltra- 
va  nella  letlura  del  gran  messaggio,  si  vedea  mutar  sembianli,  cor- 
rugare  la  fronte,  allibire.  Per  poco  non  gli  raoriva  il  fiato  in  boc- 
ca :  pure  alfine  usci  in  questa  parola :  —  Non  e  un'  insidia  che  tu 
mi  trami,  o  giovane  straniero? 

—  Non  e :  —  rispose  Tigranate  con  volto  aperto,  in  cui  splendeva 
la  lealta.  E  siccome  quegli  continuava  a  riguardarlo  da  capo  a  pie- 
di,  pure  tremando  per  se  stesso  :  —  Ravvisa  il  carattere  ,  mira  il 
suggello  ,  continue  esso :  credi  tu  che  si  falsi  impunemenle  la  mano 
di  Cesare?  Di  Giuliano  e  la  lettera,  ed  a  mio  grande  rischio  meco 
la  portai  fin  da  Taurino ,  dove  in  allissimo  segreto  mi  fu  affidata.  — 

II  pontefice  rilesse  ponderatamente  il  foglio ,  e  aggiunse  :  —  Sai 
tu  che  vi  si  contiene  ? 

—  Tutlo  no,  ma  quanto  basta,  perch'  io  ti  dica,  che  a  mio  rischio 
la  recai. 

—  Se1  lu  comandato  di  riportarne  la  risposta  ? 

-  Appunto.  Se  cotesto  non  potesse  farsi,  o  non  ti  garbasse ,  do- 
vrai  spacciare  un  messo  fidatissimo ,  che  la  ricapiti  nelle  mani  di 
Massimo . . . 

-  II  gran  teurgo  di  Efeso? 

—  Si,  a  Massimo  filosofo  di  Efeso.  Che  se  poi  di  me  vuoi  valerti, 
io  tolgo  sopra  di  me  di  rimetterla  nelle  mani  di  Giuliano  Cesare,  o 
di  spedirgli  tale  procaccia ,  che  il  piego  non  possa  perrcolare.  - 

La  liberta  lasciata  al  pontefice  di  far  pervenire  la  risposta  per 
mano  del  famoso  stregone  Massimo,  gli  servi  a  ripruova  della  lealta 
di  Tigranate :  pero  rispose :  —  A  te ,  anzi  che  a  niun  altro,  conse- 
gnero  il  response. 


LA  UNA  E  IL  LUNO  DI  CARRI  547 

-  E  io  verro  per  esso  dimani. 

—  Dimani  I  Dunque  tu  ignori  cio  che  si  richiede  in  questo  foglio? 

—  Via ,  via,  disse  Tigranate  cui  cominciava  a  dar  noia  il  sospet- 
toso  trattare  del  gerofante  :  il  so  per  lo  senno.  Cesare  ti  dimanda  se 
egli  fia  Augusto.  Consulta  la  Luna .  . .!. 

-  La  Luna!  nuovo  errore!  il  Luno  dovevi  dire.  —  E  qui  ii 
dotto  arcifanfano  della  Luna  entro  serralo  in  un'alta  disquisizione 
sull'  importanza  suprema  di  non  iscambiare  1'appellazione  di  Luno 
con  Luna,  allorche  al  Name  di  Carri  si  fa  ricorso.  Perciocche,  dis- 
putava  egli ,  a  lenerlo  per  femmina ,  fiacco  e  come  infenumuilo  si 
prova  il  braccio  della  sua  possanza ;  laddove  a  invocarlo  per  mas- 
chio,  robusto  e  virile  si  risenle  1'aiuto.  Senza  di  che  e  fatto  osser- 
vato  e  indubitabile  ,  che  gl'  influssi  del  Nume  scendono  sinisiri  so- 
pra  chi  Luna  lo  appella ,  e  1'animo  dell'  indivoto  o  insipienie  suppli- 
catore  infralisce,  e  la  sua  donna  sopra  di  lui  prende  orgoglio  e  ba- 
lia  irresistibile.  Queste  e  piu  altre  scipitissime  pappolate ,  quasi  re- 
conditi  misleri  veniva  oracolando  con  sicumera  l'antislite.  Tigranate 
pero,  infastidito  a  morte,  gli  rammezzo  le  parole  e  disse:  — Bene  sta. 
Consulta  il  Luno,  e  rispondi  a  Cesare;  che  dimani  o  1'  altro  di  verro 
per  la  risposta. 

—  L'astro  regnatore  della  nolle,  rispose  con  maggiore  boriosita  il 
pontefice,  non  si  consulla  ogni  ora  a  laleuto.  E  d'  uopo  attendere  la 
fase  propizia;  oltreche,  Cesare  mi  richiede  le  grandi  vitlime  e  i  miste- 
ri  piu  arcani :  or  tutto  cotesto  non  e  opera  ne  d'  un  di,  ne  di  un  mese. 

-  E  tu  impie'gane  tre,  se  uno  non  e  assai,  .e  quattro:  che  io  son 
qui  per  Cesare,  e  starovvi  a  tua  posta. 

-  Sara  gran  che,  se  potrai  partirne  coi  responsi  in  sullo  scorcio 
della  state. 

-  Neppure  di  questo  mi  sgomento.  Dar6  un  po'  di  volta  lungo 
T  Eufrate  e  il  Tigri  per  mio  diporto,  e  in  capo  a  due  mesi  o  poc'  ol- 
tre,  io  saro  qui. 

—  Affretlero  gli  apparecchi,  poiche  si  tralta  di  Cesare.  Ma  di  gra- 
zia,  giovane  mio,  tieni  in  te  il  segreto,  se  li  e  cara  la  forluna  di  Giu- 
liano  e  la  mia  sicurezza. . . 

-  E  la  mia  testa.  Credi  tu  che  mi  pesi  la  pelle  indosso?  Tocca  a 
te,  o  sacerdote,  di  tenere  credenza;  perche,  quanto  a  me,  fa  conto 


548  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

che  anima  nata  non  mi  carpi  finora  il  segreto  promesso  con  sacra- 
mento,  ne  niuno  il  fiutera  per  1'avvenire.  Oh  appunto,  mi  scordavo 
una  coppa ,  che  Cesare  ti  manda  in  dono.  Eccola.  — ;  Gli  porse  la 
tazza  incantata  da  Oribasio,  in  servigio  del  rito  diabolico  :  e  il  gero- 
fante  intese  benissimo  a  che  dovesse  adoperarsi. 

Tolto  commiato  cosi  piuttosto  sulle  secche,  Tigranale  tornossene , 
senza  pure  degnare  d'  un  guardo  il  delubro  e  la  cella  del  Nume,  che 
era  un  tesoro  di  ricchezze  e  un  museo  di  arti  greche  e  barbare  in- 
sieme  accumulate.  Per  via  non  poteva  tratlenersi  dal  rugumare : 
—  Oh  questa  e  bene  una  beffa  che  mi  fa  Giuliano  a  mellermi  per  le 
mani  cotali  taccole.  Ed  egli  ci  crede  su  in  digrosso ,  come  se  mona 
Luna  avesse  proprio  da  spappagallare  per  bocca  di  queslo  cialtrone 
di  cantambanco  camuffatto  da  interprete  del  cielo.  Che  farci?  ognu- 
no  ha  la  sua  mattia,  e  niuno  e  savio  d'  ogni  tempo  :  egli  ha  questa, 
egli  che  in  ogni  cosa  e  un  filosofo  all'  antica,  un  cuor  d'oro,  un  Dio. 
Doh,  che  ubbie,  che  umori !  io  non  so  rendermi  capace ,  come  un 
uomo  cosi  assennato  si  lasci  pigliare  a'un  chiapperello  da  fanciulli. 
E  sissignore  io  debbo  con  gran  sussiego  trattare  il  negozio  colla  Luna, 
o  col  Luno,  come  dice  questo  ciancivendolo,  affannone,  scemo,  ridi- 
colo,  che  vada  alia  malora  lui  e  la  Luna  e  il  Luno  e  la  botlega.  Me- 
no  male  che  infine  non  sono  i  capricci  sanguinarii  di  Caligola  ne  di 
Eliogabalo ;  una  capestreria  che  non  fa  ne  caldo  ne  freddo  a  nessu- 
no.  Non  ci  pensiamo  piu ,  piu.  Me  ne  sapra  grado  quando  sara  di- 
venuto  Au gusto.  — 

Pisto  non  sapeva  nulla  di  quest'andala  al  tempio  della  Luna,  per- 
che  Tigranate,  geloso  della  giurata  fede,  non  ne  aveva  lasciato  trape- 
lare  sentore  neppure  all'  aria  che  respirava,  Bene  era  inquieto  il  fe- 
dele  amico  della  partita  per  Ctesifonte  :  ma  Tigranate  fu  inaccessi- 
bile  alle  rimostranze,  ai  prieghi,  alle  lacrime.  Aveva  queslo  di  pro- 
prio ,  che  fermato  una  volta  un  parti  to  ,  egli  era  fisso ,  inesorabile 
come  il  Fato  dei  poeli.  Anzi  sembrava  a  un  certo  modo,  che  quanto 
piu  s'  accostava  al  confine  vietato  di  Persia,  tanto  piu  si  raffermasse 
nel  proposito,  in  quella  guisa  che  1'  usignuolo ,  che  scende  di  frasca 
in  frasca  attiralo  dal  .serpe ,  piu  irresislibilmente  vi  si  precipita, 
quanlo  piu  si  fa  dappresso  alle  fauci  divoratrici. 


I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 


§.  i. 

1.  Epilogo  delle  ragioni,  per  le  quali  il  cattolico  non  deve  onorare 
i  liberi  pens atori.  • —  2,  Questi  vantano  ilprogresso.  —  3.  Si 
dimostra  che  il  progresso  di  per  se  stesso  non  e  argomento  di 
perfezione. 

1.  Accehnammo  in  un  altro  quaderno  alcuni  argomenti,  che  1'uo- 
mo  callolico  oppone  ai  liberi  pensalori ,  affine  di  schermirsi  dalle 
noiose  instanze ,  colle  quali  costoro  domandano  rispetto.  Che  doe 
egli  e  cerlo  della  verita  di  sua  religione,  e  non  puo  conseguenlemen- 
te  corrergli  nell'  ammo  il  pensiere  di  onorare  chi  professa  la  liberla 
di  coscienza.  Conciossiache,  lui  onorando,  sia  mestieri  approvare  la 
strana  voglia  di  questa  liberla  ,  la  quale  pretende  ,  che  V  umano  in- 
telletto  ,  quantunque  aderisca  alia  verita  con  tulta  cerlezza ,  per  ve- 
derla  bene  slabilila  sopra  saldi  fondamenti ,  e  valentemente  guaren- 
tita  da  forti  pruove ;  la  possa  nientedimeno  e  la  debba  abbandonare , 
per  salisfare  alia  naturale  curiosita,  o  per  esercitare  il  proprio  drilto : 
e  vuole  che  in  quella  vece  vada  dietro  a  cose  impossibili  a  raggiun- 
gere ,  come  quella  pietra  filosofale ,  appresso  la  quale  camminarono 
indarno  i  vecchi  alchimisti.  E  seguita  dicendo ,  che  egli  ama  di 
aggiustar  fede  alia  religione  ed  alia  dottrina  soprannaturale  che 


550  I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 

Iddio  rivela ,  anzi  che  porsi ,  siccome  dovrebbe  fare  se  stimasse  i 
liberi  pensatori ,  in  balia  della  naturale  filosofia ,  la  quale  difficil- 
mente  riesce  a  prescrivere  colle  sole  sue  forze,  leggi  moral!  al  tulto 
giuste  e  pure :  ne  puo  nel  presente  ordine  dettare  un  culto  religioso, 
il  quale  sia  proflttevole  e  salutare.  Ne  esser  conveniente,  che  menlre 
esgli  si  sta  nell'  alia  regione  dell'  ordine  soprannaturale ,  ove  sana- 
menle  si  respira  e  si  vive  ,  discenda  nella  bassa  palude ,  per  fare 
omaggio  a  quelli ,  che  harmo  cola  slabilita  la  loro  dimora.  Piultosto 
mutino  essi  la  stanza,  e  trasportino  se  medesimi  dall'  aria  insalubre 
al  puro  cielo. 

2.  Colesle  ed  altre  somiglianti  ragioni  i  liberi  pensatori  credono 
di  annientare  facilraente ,  affermando  che  la  religione  cristiana  si 
oppone  al  progresso  ragionevole ,  che ,  com'  essi  dicono,  1'  uomo  fa 
merce  della  liberta  di  coscienza.  Ed  affermano  che  essi  fanno  queslo 
progresso  ,  con  cera  or  di  chi  disprezza  e  riprende ,  ed  or  di  chi 
compatisce  ed  ammaestra ;  ma  sempre  come  quelli  che  sentono  se 
essere  i  da  piu  tratulU  gli  allri  uomini,  che  abitano  la  terra.  Se  non 
che  mentre  essi  vanlano  cotal  progresso ,  originate  dalla  liberta 
intesa  alia  loro  maniera ,  appariscono  ,  a  chi  ben  considera ,  simili 
alia  statua  di  Nabucco ,  forniti  di  cervello  metallico  e  di  piedi  d'  ar- 
gilla ;  vale  a  dire  inetti  a  principiare  ed  a  regolare  qualunque  mo- 
vimento  razionale.  E  cio  vogliamo  brevemente  dichiarare ,  doman- 
<3ando  in  primo  luogo,  perche  mai  essi  rammenlino,  come  titolo  di 
onore,  il  progresso  ed  il  moto. 

3.  Imperciocche  il  movimento  ed  il  progresso  non  sono  proprieta 
delle  cose  create  in  quanto  perfetle,  ma  piuttosto  sono  segni  di  loro 
penuria,  manifeslazioni  della  inferiorila  del  loro  grado,  ed  effelti  dei 
limiti  angusti  della  loro  condizione.  Siccome  per  lo  contrario  una 
conseguenza  della  pienezza  dell'essere  e  della  infmila  delle  perfezio- 
ni,  che  si  accolgono  nella  natura  divina ,  si  e  che  Iddio  viva  immo- 
bilmente  ed  immutabilmenle;  e  senza  muoversi  muova  tutte  le  altre 
cose.  E  la  ragione  e  questa,  che  colui,  il  quale  si  muove,  ancorche 
muovasi  per  virtu  che  si  ritrova  in  lui ,  non  ha  ne  puo  avere  da  se 
tutta  inlera  e  compiuta  questa  virtu  producitrice  del  suo  moto ;  per- 
che se  1'avesse ,  gia  conterrebbe  in  se  medesimo  in  maniera  anche 


I  LIBERI  PENSATORl  E  IL  PROGRESSO  551 

piii  perfetta  la  bonla,  la  quale  col  molo  cerca  di  conseguire.  Ed  al- 
lora  non  si  moverebbe  per  giungere  nel  termine,  procurando  inutil- 
mente  cio  che  ha ;  ma  piuttosto  si  riposerebbe  nel  bene  ehe ,  posse- 
dendolo  come  proprio,  non  avrebbe  meslieri  di  cercare  altrove.  II  che 
pienissimamenle  s'incontra  in  Dio  ,  il  quale,  come  abbiamo  detto, 
per  la  sua  infmita  e  per  la  sua  eternita ,  avendo  in  se  le  perfezioni 
tutte,  anzi  essendo  egli  stesso  tutte  le  perfezioni,  ha  la  virtu  di  muo- 
vere  tulte  le  altre  cose ,  ma  non  ha  necessita  ne  ragione  alcuna  di 
muovere  se  medesimo.  Adunque  tulte  le  cose  che  si  muovono  ,  per 
cio  appunto  che  si  muovono ,  dimostrano  di  dipendere  e  di  esser 
mosse  da  altre,  dovendo  ricevere  di  fuori  o  lulla  la  virtu  che  genera 
il  molo ,  ovvero  il  necessario  compimento  di  quella ,  che  gia  posse- 
dono  1.  In  tal  modo  la  virtu  del  nostro  intelletto  si  perfeziona  con- 
venientemenle  quanto  a  conoscere  la  verila  delle  cose ,  allorche  e 
attuato  per  mezzo  delle  specie,  che  riceve  dalle  cose  medesime;  e  la 
natural  tendenza  delta  nostra  volonta  verso  il  bene,  allora  si  esercita, 
quando  essa  e  illuminala  e  diretta  dalla  notizia  dell'  intellelto,  che  lo 
rappresenta.  Ed  e  allresi  manifesto  dover  essere  piu  diuturno  il  mo- 
vimento,  se  colui  che  si  muove  sla  piu  discoslo  dalla  perfezione ;  la 
quale  per  (gnlrario,  chi  piu  le  si  avvicina ,  piu  largamente  parteci- 
pa ,  divenendo  cosi  men  bisognevole  di  avere  in  se  slesso  il  movi- 
menlo,  e  piu  allivo  neli'  indurlo  in  altrui.  Per  la  qual  ragione  le  in- 
telligenze  separate ,  come  quelle  che  avanzano  in  perfezione  i  nostri 
spiriti  razionali ,  non  conoscono  discorrendo  al  pari  di  noi ,  ovvero 
discorrono  senza  la  successione  di  tempi,  colla  quale  noi  discorriamo; 
e  le  superiori  Ira  esse  illuminano  quelle  che  sono  inferior! . 

Ne  dicano  i  liberi  pensatori  che  quesli  sono  principii  di  viela  filo- 
sofia.  Perocche  essi  non  consentono  che  ne  anche  cola,  ove  regna  la 
loro  libera  filosofia,  si  premii  con  un  brevelto  chi  sludia,  per  cagion 
d'esempio,  il  modo  di  regolare  gli  aeroslati,  ovvero  chi  va  cercando 
di  sciogliere  il  problema  del  moto  perpetuo:  ma  piuttosto  chi  dimostra 
essere  pervenuto  a  scoprire  alcuna  cosa  ancorche  sia  tenue,  quan- 


1  Quidquid  movetur,  ab  aliquo  necesseestmoveatur.  \msi.Physic.\\\).  7, 
cap.  1. 


552  I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 

ia  e  una  lampada,  in  cui  I'olio  e  costantemente  spinto  ad  una  slessa 
altezza,  una  maniera  di  sedie  piu  soffici ,  una  foggia  di  cappelli  phi 
capricciosa.  II  perche  non  debbono  vantare  il  progresso  ,  ne  ma- 
gnificare  se  medesirai,  affermando  che  progrediscono  in  fatlo  di  scien- 
za  e  di  religione.  Usando  essi  cosiffatlo  linguaggio ,  ogni  uomo  cat- 
tolico  ed  assennato  conchiude  ,  che  ignorano  la  filosofia  e  che  non 
hanno  religione ;  e  non  s'  inchina  ad  onorarli,  perciocche  non  si 
onora  la  mancanza,  ma  il  possesso,  ne  quel  che  non  e,  ma  cio  che  e. 
In  quella  vece  si  ride  di  loro,  perche  affin  di  persuadere  che  sono  li- 
beri  e  perfelli,  adoperano  1'argomenlo  del  molo ;  quandoche  con  tale 
argomento  si  provano  direttamente  le  cose  opposle  ,  cioe  la  dipen- 
denza  ed  il  difetto. 

xl^S'-Sv^-vS   §- IL 

1.  Ragioni  che  rendono  commendabile  il  progresso  razionale.  —  2. 
Si  dimostra  che  esse  mancano  net  progresso  vanlato  dai  liberi 
pensatori.  —  3.  Si  spiega  perche  mentre  questi  errano,  pensino 
di  progredire.  —  4.  Due  convenienze  trq  il  moto  locale  ed  il 
vero  progresso  razionale  :  esse  non  s1  incontrano  nel  progresso 
del  liberi  pensatori.  * 

1.  Quantunque  il  progresso  riguardato  solamente  in  se  stesso  non 
sia  una  ragione  che  induca  a  far  onore,  come  quello  che,  in  luogo  di 
denotare  pregio  o  perfezione  ,  discopre  piuttosto  la  soggezione  e  la 
deficienza  di  colui  che  si  muove ;  nientedimeno  Ira  perche  muoversi 
verso  il  bene  e  cominciare  a  possederlo,  e  perche  ben  pochi  s'incam- 
minano  per  questa  via,  la  maggior  parte  rimanendo  nell'ozio  ovvero 
cadendo  nel  male,  ogui  spirito  gentile  suol  rivolgere  I'atlenzione  be- 
nevola  a  chiunque  muovesi  secondo  ragione ,  e  suole  rendergli  buo- 
na  teslimonianza  con  lodi  sincere. 

2.  Di  queste  lodi  non  si  possono  tributare  punto  i  liberi  pensato- 
ri, stanteche  per  la  falsa  liberta  che  essi  altribuiscono  alia  coscienza 
e  che  si  gloriano  di  esercitare,  non  solo  non  progrediscono  secondo 
ragione,  in  quelle  cose  che  spettano  alia  religione,  colla  quale  si  deve 
onorare  Iddio,  ma  errano  ciecamente,  e  si  macchiano  di  peccato ' 


I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO  553 

gravissimo.  Per  la  loro  liber  &  di  coscienza  professauo  di  non  accon- 
sentire  alia  soprannaturale  rivelazione ;  e  per6  a  un  tempo  e  diven- 
tano  infedeli  ed  operano  da  irragionevoli.  Stanleche  1'  infedeM ,  in 
quella  che  viola  propriamente  il  precetto  della  fede  ,  il  quale  e  so- 
prannaturale, perche  obbliga  a  porre  atti  soprannaturali ;  e  altresi 
opera  disonesta  e  contraria  alia  relta  ragione,  la  quale  prescrive  che 
si  creda  a  cio  che  dice  Iddio,  e  vuol  che  si  reputi  come  detto  da  Lui, 
cio  che  e  sufficientemente  proposto  in  suo  nome,  e  vien  confermato 
colla  sua  virtu.  E  puo  in  cotale  empiela  e  turpitudine  non  solamente 
cadere  chi  rinnega  la  fede ,  che  aveva  aggiustata  per  1'innanzi  alia 
parola  di  Dio,  ma  bensi  chi  ricusa  di  aggiustar  fede,  allorche  quesla 
parola  percuote  la  prima  volta  ne'  suoi  orecchi.  Imperciocche  rap- 
presentandosi  all'umano  intellelto,  con  molte  e  diverse  maniere,  che 
la  soprannaturale  rivelazione  e  credibile  e  che  dev'essere  creduta,  5 
manifesto  che,  se  cio  non  ostante  1'uomo  non  crede,  egli  incomincia 
ad  essere  infedele ,  ancorche  non  abbia  giammai  posseduto  il  dono 
della  fede  divina ;  e  che  insieme  conteride  stoltamente  col  suo  stesso 
nalurale  discorso ,  col  quale  vede  la  credibility  e  la  obbligazione 
della  fede.  Ed  e  allresi  manifesto ,  che  puo  astenersi  dal  credere 
soprannaturalmenle  dopo  questo  natural  discorso,  contuttoche  venga 
condolto  per  mezzo  di  esso  ad  affermar  con  certezza  ed  evidenza  , 
che  la  religione  rivelata  e  credibile  e  dev'essere  creduta.  Dappoiche 
il  credere  non  e  riposto  in  questo  giudizio  certo  ed  evidente  della 
credibilita  e  della  obbligazione  della  fede  ;  ma  consiste  nell'  assen- 
tire,  mediante  la  pia  volonta,  alia  rivelazione  stessa,  la  quale  rimane 
sempre  nella  oscurita  del  mistero.  Or  non  ostante  il  giudizio  certo 
ed  evidenle  della  onesta  di  un  obbietto ,  o  della  obbligazione  di  una 
legge,  ha  1'uomo,  libero  che  e,  in  sua  mano  di  eleggere  il  primo  o 
di  abbandonarlo ,  e  di  sottomettersi  alia  seconda  o  di  levarsele  con- 
tra. Niuno,  per  cagion  d'  esempio,  ignora,  che  il  violare  i  trattali  e 
spergiuro,  che  prometiere  e  non  attendere  e  frode,  che  torre  Faltrui 
e  furlo  o  rapina.  Ma  questa  sola  nolizia  dell'  intelletto  non  basla  ad 
impedire,  che  si  violi  la  santita  del  giuramento,  che  s'infranga  il  le- 
game  della  promessa  ,  che  si  vilipenda  la  dignita  del  dritto.  Egli  e 
mestieri  che  altresi  gli  affetti  deH'animo  sieno  ordinati ;  e  se  non  so- 
BO,  avran  luogo  cotali  enormita  ed  altre  somiglianti,  ne  saranno  re- 


I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 

cate  ad  obbrobrio  ma  a  gloria ,  e  verranno  ancor  difese ,  con  patro- 
cinio  protervo  e  piu  iniquo  della  causa  medesima ,  che  si  protegge. 
3.  Or  chi  volesse  spiegare,  come  i  liberi  pensatori,  mentre  errano 
gravemente  nelle  cose  religiose,  nondimeno  credano  ed  affermino 
di  progredire ,  e  richiedano  in  conseguenza  di  questo  immaginato 
progresso ,  venerazione  ed  omaggio ;  darebbe  nel  segno ,  atlribuen- 
do  questo  fatlo  cotanto  strano  alia  falsita  ed  alia  confusione  de'  loro 
concetti ,  disdicevole  ad  uomini  che  si  addomandano  filosofi,  per  la 
quale  una  cosa  scambiano  con  un'altra,  e  le  attribuiscono  quelle 
proprieta ,  che  negar  le  dovrebbero  ,  e  quelle  le  negano ,  che  le  do- 
vrebbero  attribuire.  Le  molte  osservazioni  de'  fenomeni  e  delle  cose 
material* ,  gia  fatte  sia  per  curiosila  e  per  ispasso  ,  sia  per  desi- 
derio  di  perfezionare  e  di  ordiuare  le  conoscenze  che  si  avevano 
per  innanzi,  dagli  uomini  catlolici  e  da'  protestanti,  dagli  ecclesiasti- 
ci  e  da'  laici ,  dai  dotli  e  letterati  e  da  quelli  che  esercilavano  le  arti 
meccaniche ,  si  raccolgono  insieme  in  questa  nostra  eta,  e  si  rivol- 
gono  per  gli  usi  e  pe'  com  modi  della  vita  animale,  sopraltutto  ad 
aumentare  ed  accelerare  il  movimento  locale;  col  quale,  per  cagion 
d'esempio,  trasmeltiamo  instantaneamente  le  ambasciate  in  lontani 
paesi  e  le  riceviamo,  e  noi  medesimi  muliamo  in  cortissimo  tempo 
le  latitudini  e  le  longitudini.  Su  questo  comune  patrimofto,  i  liberi 
pensatori  pongono  le  mani ,  dicendo  che  e  loro  proprieta ;  e ,  quel 
che  e  piu,  attribuendo  alia  liberta  de'  culti  ed  alia  liberta  di  coscien- 
za  quelle  cose,  che  con  un  lento  accrescimento  sono  sorle  come  rami 
dalla  radice  della  filosofia  naturale.  Ed  in  tal  maniera  miserabil- 
mente  confondono  1'  osservazione  de'  naturali  fenomeni  col  culto  che 
si  deve  rendere  a  Dio,  la  fisica  e  la  matematica  colla  scienza  mo- 
rale e  colla  sacra  dotlrina ,  ed  il  progresso  nella  cognizione  delle 
cose  material*  e  sensibili  coll'  altro  del  tutto  diverso  nella  filosofia 
spiriluale  e  nella  sapienza  religiosa. 

4.  Oltre  di  cio  mentre  apprendono  il  progresso  razionale  dalla  os- 
servazione del  movimento  corporeo ,  che  vedono  da  per  tutto ,  non 
sanno  distinguere  in  quali  cose  il  molo  locale  de' corpi,  ^che  pro- 
priamenle  e  moto,  convenga  col  razionale  progresso  dello  spirito , 
il  quale  al  cerlo  non  si  fa  coll'  agitazione  delle  membra ,  ma  co'  di- 
scorsi  dell'  intelletto  e  colle  deliberazioni  della  volonta ;  ma  pure 


I  LIBERI  PENSATORI  E  JL  PROGRESSO  555 

giacche  per  analogia  chiamasi  moto ,  deve  avere  conformita  e  somi- 
glianza  col  movimento  locale.  Laonde  benche  essi  affermino  di  an- 
dare  innanzi ,  pur  nondimeno  si  possono  convincere  immobili ,  per 
difetto  di  due  condizioni ,  le  quali  debbono  esser  comuni  cosi  al 
movimento  locale  come  ai  progresso  razionale:  ed  essi,  che  pur  le 
veggono  apertameote  in  tutti  i  moti  de'  corpi ,  non  pervengono  ad 
accomodarle  alle  operazioni  del  loro  spirito.  La  prima  condizione  e , 
che  quello  che  si  muove,  corpo  o  spirilo,  debba  essere  mosso  da  altro 
priocipio  eslraneo;  e  la  seconda,  che  quando  alcuna  difficolla  si  op- 
pone  al  movimento,  sia  questo  corporeo  o  sia  spirituale,  venga  supe- 
rata.  Manchi  la  prima  condizione,  ed  allora  conlinua  la  quiete  e  non 
incomincia  il  moto;  manchi  la  seconda,  ed  il  moto  finisce  e  la  quiete 
ricomincia.  E  cosi  in  nessun  de*  due  casi  vi  ha  progresso ,  il  quale 
e1  continuazione  o  conservazione  del  movimento  indollo  ;  perche  nel 
primo  il  movimento  ne  anche  si  produce,  e  nel  secondo  si  estingue. 
Ora  egli  e  fuor  di  dubbio ,  che  i  liberi  pensatori  non  sono  spinti 
razionalmente  nel  cammino  della  religione,  non  per  difetto  di  cagio- 
ne  movente,  ma  perche  essi  le  fanno  pertinace  resistenza :  e  di  piu 
menlre  oppongono  resistenza  al  principio  razionale ,  che  intende  di 
muoverli,  incontrano  essi  stessi  difiicolta  ed  impedimenti,  che  non 
possono  per  veruna  maniera  togliere  o  superare  colla  loro  ragione. 
II  perche  in  fatto  di  religione  non  solamente  non  procedono,  ma  ne 
anche  hanno  prese  le  mosse. 

§.  HI. 

1 .  Contraddizioni  de'  liberi  pensatori,  i  quali  concedono  e  negano 
nello  stesso  tempo,  che  il  progresso  razionale  conviene  per  due 
rispetti  col  movimento  locale.  —  2.  Impedimenti  razionali  che 
essi  incontrano  nel  loro  progresso  religioso ,  e  non  possono  su- 
per are  —  3.  s\  dalla  parte  de'  miracoli  —  4.  e  si  dalla  parte 
delle  profezie. 

1 .  Yeggiamo  quanto  sia  grave  un  tal  fatto :  cioe  ai  liberi  pensa- 
tori, che  affermano  di  camminare  spedilamente,  e  del  loro  movimen- 
lo  si  paoneggiano,  e  lo  reputano  un  litolo  ad  essere  rispettati ,  a 
pieno  viso  contraddire ;  e  sostenere  che  essi  per  contrario  stanno  im- 


556  I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 

mobili ,  e  negare  conseguenlemente  di  rendere  lore  il  richiesto  ono- 
re.  Ma  sono  essi,  che  si  mettono  da  loro  medesimi  alia  strelta,  per 
la  instabilila  della  mente  indisciplinata,  e  per  la  intemperanza  delle 
orgogliose  prelensioni :  ne  noi  contraddiremmo  loro,  se  la  ragion 
del  contraddire  non  fosse  indubitata  ed  aperta.  Imperciocche  che 
cosa  fanno  costoro,  allorche  dicono  che  avendo  essi  proclamata  la 
liberta  di  coscienza,  sono  incominciate  fmalmente  a  muoversi  la  re- 
ligione,  le  scienze  e  le  arti ;  e  quando  se  medesimi  paragonando  ai 
fari  che  mandano  la  luce  del  vero,  ed  ai  regolatori  che  discoprono 
le  leggi  delle  arti,  affermano  che  se  essi  non  eseguissero  tali  ufficii, 
sarebbero  gli  altri  uomini  tuttavia  barbari  ed  incolti,  quali,  a  creder 
loro,  erano  per  I'mnanzi?  Che  fanno  mai,  se  non  riconoscere  che 
gl'  iugegni  umani,  affin  di  procedere  e  di  attuare  la  loro  virtu  conna- 
turale,  hanno  mestieri  che  altri  li  promuova  ed  illumini?  E  cosi 
confessano  vera  la  prima  delle  due  condizioni  menzionate  di  sopra, 
che  dicemmo  esser  comuni  al  movimento  locale  ed  al  progresso  ra- 
zionale.  Ma  si  contraddicono  nello  stesso  tempo  ed  errano  grande- 
mente,  mentre  van  dicendo  che  tutti  gli  uomini  debbono  esser  liberi 
di  pensare  siccome  vogliono,  e  di  eleggere  quel  culto  religioso  che 
piu  loro  talenta;  e  intanto  pretendono  che  quelli,  i  quali  seguitano 
Gesu  Cristo,  ed  ascollano  le  sue  parole  di  vita  eterna,  rivolgano  ad 
essi  1'attenzione ,  e  prestino  orecchio  alle  loro  vanissime  ciurmerie. 
Altresi  concedono  Y  allra  condizione,  cioe  che  il  procedere  degli 
spiriti,  al  pari  del  movimento  de'  corpi,  ha  difficolta,  trova  impedi- 
menti,  incontra  resistenza;  e  che  se  cotali  oslacoli  non  sono  vinti, 
forza  e  che  il  moto  si  arresti.  La  concedono,  quando  osteggiano  sen- 
za  niuna  moderazione  la  Chiesa  cattolica,  e  si  sforzano  di  distrug- 
gerla;  quando  infrangono  le  sue  leggi,  e  domandano  che  sieno  abro- 
gate; quando  non  solamente  non  ascoltano  i  suoi  insegnamenli,  ma 
anche  li  pongono  in  discredilo ;  quando  si  sottraggono  alia  sua  in- 
fluenza, e  la  vorrebbero  annichilata.  Dappoiche  giustificano  il  caso 
loro,  ripetendo  che  la  Chiesa  per  ragion  de'  suoi  dommi,  per  la  im- 
mutabilita  della  sua  disciplina,  per  1'autorila  della  sua  dominazione, 
fa  ostacolo  continuo  all'uomo  ragionevole,  impedendolo  se  vuole  muo- 
versi, e  se  gia  si  muove  fermandolo  e  respingendolo  indietro.  Ciechi 
che  sono !  non  si  avvedono,  che  la  dottrina  e  la  disciplina  della  catto- 


I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO  557 

lica  Chiesa  non  conlraria,  ma  favorisce  gli  avanzamenti  razionali  di 
coloro,  che  alia  sua  scuola  si  aramaestrano  ;  e  die  per  lo  contrario 
essi,  i  quali  le  si  ribellano,  sono  inabilitali  a  procedere  innanzi.  Giac- 
che  fuggendo  la  verita,  laddove  immaginano  di  prendere  spazio  e  di 
volare,  in  quella  vece  cadono  ne'  lacciuoli  e  ne'  nodi,  che  la  stessa 
verita  inestricabilmente  aggroppa,  e  vi  restano  presi  come  uccelli. 

2.  Imperciocche  i  liberi  pensalori  sono  spaventati  da  questa  Chie- 
sa che  si  veggono  davanti,  e  che  entra  importunamenle  ne'  loro 
pensieri,  e  turba  i  loro  sogni.  Da  una  parte  incute  loro  spavento  ii 
Figliuolo  di  Dio  che  1'ha  fondata,  e  le  ha  manifestate  ad  una  ad  una 
lutte  le  verita  che  aveva  ascoltato  dal  Padre:  e  pero  a  Gesu  Gristo  Id- 
dio  vero  e  vero  Uomo  tentano,  con  vanissimo  sforzo,  di  sostiluire  ora 
un  Cristo  meramenle  umano,  ed  ora  un  Cristo  mitologico  ed  immagi- 
nario.  Dall'  altra  parle  gli  spavenla  il  cullo,  che  la  Chiesa  rende  ai 
figlio  di  Dio,  la  devozione  colla  quale  lo  ama,  la  fede  colla  quale  lo 
confessa,  1'obbedienza  colla  quale  lo  serve :  e  pero  combatlono  1'os- 
sequio  ragionevole  della  fede  co'  delirii  della  mente  indocile,  I'umil- 
la  colla  vanita  dell'  orgoglio,  e  la  soggezione  colla  stoltezza  della  li- 
berta  e  dell'  indipendenza.  Adunque  comeche  essi  resislano  alia  vo- 
ce,  con  che  Iddio  interiormente  insegna  e  trae  a  se  le  volonta  e  le 
menti  degliuomini,  per  mezzo  della  fede;  pur  nondimeno  apprendo- 
no  le  ragioni  e  gli  argomenti  estrinseci,  i  quali  dimostrano  e  mani- 
festano  agli  umani  intellelti,  credibile  ed  obbligatoria  la  sopranna- 
turale  rivelazione.  Imperciocche  se  non  fosser  commossi  dalla  forza 
di  cotali  pruove ,  non  terrebbero  come  vera  la  missione  di%Gesu 
Cristo,  che  si  chiama  e  si  raccoglie  intorno  i  popoli  di  tutte  le  lin- 
gue ;  ne  stimerebbero  sincera  la  fede  de'  popoli,  i  quali  sopra  tutta  la 
terra  ne  ascoltano  le  parole,  e  gli  erigono  altari.  Ed  allora  mentre 
impaurili  da  Gesu  Cristo,  lo  disciacciano,  e  mentre  spaventati  dalla 
Chiesa  che  lo  adora,  la  impugnano,  discaccerebbero  i  fantasmi  e  im- 
pugnerebbero  le  ombre ;  e  si  potrebbe  ripetere  a  ciascuno  di  loro 
incominciando  da  Ebione  e  terminando  a  Renan : 

Et  viyilans  sfertis,  nee  somnia  cernere  cessas, 
Sollicitamque  geris  cassa  formidine  mentem  1. 

1  LUCRET.  lib.  3. 


558  I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 

Ma  dappoiche  nello  stesso  tempo  esteriormenle  mostrano  di  non 
fare  niun  conlo  di  cotali  motivi  della  credibilila  di  nostra  fede ,  la 
quale  custodisce  e  professa  la  cattolica  Chiesa ;  par  conveniente,  che 
essi  debbano ,  come  quelli  che  si  gloriano  di  esser  filosofi ,  provare 
in  modo  convincenle  e  manifesto,  che  il  dispregiare  i  detti  argomen- 
ti,  siccome  essi  fanno,  e  secondo  ragione,  anziche  Vapprovarli,  sic- 
come  noi  facciamo.  Non  trattasi  qui  di  mo  to  locale,  o  di  scostarnen- 
to  della  maleria;  ma  del  procedere  razionalmente,  e  del  superare  al- 
cune  difficoltSt  intellettuali  e  specolative.  Le  quali  se  non  giungono  a 
vincere,  sia  pure  che  taglino  tulli  gl'istmi,  e  perforino  tutte  le  cate- 
ne  delle  montagne ,  e  colleghino  con  i  canapi  eleltrici  tutti  i  conti- 
nenti ,  e  forza  dire  che  stanno  filosoficamente  e  religiosamente  im- 
mobili ;  cioe  che  non  hanno  religione,  e  che  manca  loro  il  discorso 
sufficiente  ad  uscir  dalle  reli ,  nelle  quali  gl'  inviluppa  la  stessa  ra- 
gione naturale.  Quesle  difficoHa  sono  tulte  molto  trite  e  volgari ,  co- 
me quelle  che  hanno  sempre  adoperate  i  catlolici  contra  i  loro  av- 
versarii,  o  affine  di  respingerli  quando  assalivano ,  o  anche  affin  di 
prendere  un  onesto  sollazzo.  Poiche,  come  si  e  delto,  i  nemici  della 
Chiesa  tra  coleste  reti  a  tutta  forza  si  dibattono,  ma  inutilmente  e  dis- 
peratamente,  per  non  trovare  alcuno  scampo  a  liberarsene  con  ono- 
re.  E  per6  bastera  commemorarne  alcune  sole,  che  riguardano  i  mi- 
racoli  e  le  profezie. 

3.  I  liberi  pensatori  negano  i  miracoli,  per  mezzo  dei  quali  si  di- 
mostra  la  divinita  della  cristiana  e  cattolica  religione.  Adunque 
sono  costretli  di  affermare,  che  questa  dottrina,  non  ha  bisogno  di 
pruove ,  che  e  di  per  se  slessa  credibile ;  e  che  per  questo  tutto 
il  mondo  le  ha  aggiustato  e  le  aggiusla  1'  assenso.  Ed  allora  forza  6 
che  dichiarino  ,  perche  mai  essendo  essa  credibile ,  e  credendola  il 
mondo,  essi  si  ostinino  anon  credere.  Ov\7ero son  costretti  adasse- 
rire,  che  quantunque  la  divina  rivelazione  non  sia  credibile  per  se 
medesima,  nienledimeno  il  mondo  1' ha  creduta  e  la  crede,  senza 
niun  argomenlo  di  credibilita.  Ma  allora  la  fede  del  mondo  dhiene 
del  tutto  incredibile:  emenlre  essi  dicono  incredibili  i  miracoli,  per- 
che nou  gli  hanno  veduti ,  sono  ridotti  a  riputare  incredibile  questo 
fatto  innegabile ,  questa  docilita  e  credulita  degli  uomini ,  la  quale 
ascoltano  colle  proprie  orecchie  e  veggono  co'  proprii  occhi ;  questa 


I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO  559 

fede,  ehe,  come  innanzi  abbiamo  delto,  molesta  i  loro  pensieri  nel 
giorno,  e  turba  i  loro  sogni  nella  notte. 

E  per  ferrao  non  si  puo  incontrare  e  ne  anche  fingere  una  cosa 
piu  incredibile  di  questa;  che  cioe  siasi  diffusa  tra  gli  uomini  una 
dottrina  incredibile ,  perche  priva  di  connaturale  chiarezza ,  e  non 
sorretta  da  niuna  guisa  di  argomenti ;  la  quale  non  solamenle  e  spe- 
eolativa,  ma  pratica,  ne  solo  astratta,  ma  anche  presenle  dapperlulto 
ed  in  qualunque  tempo ,  che  avverte  i  pensieri  piu  veloci ,  che  sin- 
daca  gli  affetti  piu  arcani ;  ed  inoltre  e  iuflessibile  ed  inesorabile,  si- 
no  a  voler  essere  custodita  a  costo  di  tutto  quello,  che  vi  ha  di  soave 
e  di  caro  sulla  terra,  non  esclusa  la  vita.  Cio  sarebbe  prodigioso; 
ma  al  certo  e  meno  credibile  de'  miracoli,  pe'  quali  il  mondo  attesta 
di  avere  credulo  e  di  credere  tultavia.  Se  cosi  non  e  come  diciamo  ; 
narrino  i  nostri  filosofi,  in  qual  maniera  quasi  cento  uomini  tra  loro 
divisi,  in  tulte  le  parti  del  romano  impero  ,  e  nella  stessa  cilia  di 
tutte  le  altre  reina,  nel  regno  persiano,  presso  gli  Armeni,  tra  i  Par- 
ti e  gli  Sciti ,  e  sino  in  mezzo  ai  popoli  che  abilavano  i  confmi  del 
mondo  d'  allora ,  cioe  gl'  Indi  e  i  Britanni ,  tutti  concepirono  e  pre- 
dicarono  questa  dottrina  medesima,  tutli  la  riferirono  ad  uno  stesso 
maestro,  tutti  raccontarono  per  accreditare  questo  maestro,  che  egli 
aveva  guarito  gli  stessi  leprosi,  illuminato  gli  stessi  ciechi,  risusci- 
tato  gli  stessi  morti,  cacciati  dagli  stessi  uomini  i  demonii,  e  che  e- 
gli  stesso,  da  poi  che  era  stato  ucciso,  usci  vivo  dal  sepolcro ;  niuno 
contraddicendo  all'altro  in  veruna  circostanza  ,  per  minima  cj|p  fos- 
se, sia  della  morte,  sia  della  risurrezione  di  lui.  E  per  essere  troppo 
grande  il  numero  di  cotali  promulgated  del  Vangelo,  poiche  mrono> 
come  si  e  delto,  presso  a  cento,  non  si  potendo  in  nessuna  guisa  af- 
fermare,  che  tanta  consonanza  di  detti  e  tanta  uniformila  di  racconti 
succedesse  a  caso ;  domandiamo  ai  liberi  pensatori  come  si  spediro- 
no  le  cose  nel  consiglio,  che  certamente  quegli  ebbero  prima  di  se- 
pararsi,  affin  di  delerminare  il  lenore  della  predicazione ,  e  la  con- 
versazione e  1'ordinamento  della  vita.  Imperciocche  non  solo  essi  fu- 
ron  concordi  nelle  parole ,  ma  altresi  nelle  azioni ;  tutti  avendo  ab- 
bracciata  uua  foggia  di  vivere  religioso  e  grave  ,  cercala  la  poverta 
in  luogo  delle  ricchezze  ,  il  dispregio  in  luogo  della  gloria ,  e  com- 


560  I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 

mutata  la  vita  colla  morte ,  confermando  con  eroici  fatti  la  testimo- 
nianza,  che  renderono  al  maestro  con  franca  yoce. 

Ne  chiediamo  della  doltriua  e  de'  miracoli ,  poiche  facilmente  in- 
tendiamo ,  che  intorno  a  cotesti  punli  quello  dissero ,  die  doverono 
risolvere  di  dire :  ma ,  cio  che  non  si  comprende ,  si  e ,  che  tutti 
uscirono  di  quel  consiglio  fermi  a  voler  persuadere  ad  allri  la  di- 
yinita  di  quella  dottrina ,  onde  essi  non  polevano  esser  convinti  per 
manco  di  miracoli ;  e  che  affine  di  persuaderla,  falsi  miracoli  spac- 
ciasser  per  veri.  Questo  vogliamo  che  dichiarino  i  liberi  pensatori. 
Qualcuno  forse  si  levo  in  quell'  assemblea,  e  parlo,  se  non  con  que- 
ste  parole,  almeno  in  questi  sensi:  «  Amici,  niun  di  noi  ignora  chi 
sia  stato  colui  che  ci  tea  sedotli,  il  quale  aveva  nell'animo  di  supera- 
re  gli  altri  uomini ,  e  intanlo  condannato  a  morire ,  non  e  uscito , 
siccome  prometteva ,  dal  sepolcro.  Molti  lo  avevano  in  riverenza,  e 
pero  niente  altro  resta ,  che  usare  gl'  inganni ,  de'  quali  ci  e  stato 
maestro.  Laonde  fermiamo  tutti  pat  to  solenne ,  che  diremo  unifor- 
memente  e  costantemente  aver  lui  operato  quelle  cose ,  che  nessuno 
di  noi  ha  vedute.  E  poiche  la  morte  di  lui  a  tutti  manifesta,  e  impos- 
sibile  di  occultare ,  torremo  di  mezzo  un  intoppo  cotanlo  grave ,  di- 
cendo  che  egli  risuscilo  a  vita  nuova ,  e  torno  a  respirare  1'aria  co- 
mune ,  ed  a  pascersi  de'  soliti  cibi  insieme  con  noi.  Quesle  e  somi- 
glianli  cose  diremo  insino  alia  morte,  quanlunque  non  sieno  per  esse- 
re  utili  ne  a  noi  che  le  fiugiamo  ,  lie  a  coloro  ai  quali  le  daremo  a 
credejje:  e  le  persuaderemo  non  solo  ai  nostri,  ma  agli  altri  uomini 
di  nazione  diversa  sopra  tutta  la  terra,  sottoponendoli  a  strane  leggi, 
le  quali  combattano  e  distruggano  le  loro  opinioni  intorno  ai  patrii 
numi,  che  da  tanto  tempo  coltivano.  Andremo  tra  gli  Egiziani  e  confu- 
teremo  i  misteri  de'  loro  sacerdoti ;  navigheremo  in  Grecia,  e  rispon- 
deremo  alle  argomentazioni  de'  suoi  filosofi.  Ma  prenderemo  di  mira 
specialmente  i  Romani ;  ed  insieme  co'  rimanenli  popoli  piu  barbari 
li  guadagneremo  al  nostro  Maestro  crociflsso,  non  negando  che  nac- 
que  e  mori  uomo ,  ma  sostenendo  nello  stesso  tempo  che  era  Dio  e 
Figliuol  di  Dio.  Se  altri  per  avventura  e  sconfortato  per  la  malage- 
volezza  e  lunghezza  de'  viaggi ,  si  rincori  pensando ,  che  quando 
avra  toccato  il  luogo  del  suo  apostolato,  non  avra  ne  tetto  amico  da 


I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO  561 

raccogliersi ,  ne  cibo  da  saziarsi ,  ne  vestimenta  da  ricoprirsi.  E  se 
gli  riesce  duro  il  vivere  cosi  misero  e  tribolato ,  si  consoli  aspettan- 
dosi  di  morir  di  ferro  o  di  fuoco ,  di  esser  inchiodato  in  croce,  o  la- 
ceralo  dalle  fiere ,  o  infranto  dalle  pietre.  E  finalmente  se  gli  cade 
1'animo ,  perche  incontra  opposizione  e  odio  negli  uomini ,  si  rilevi 
meditando,  che  1'  impresa,  alia  quale  si  accinge,  non  piace  ne  anche 
a  Dio,  il  quale,  secondo  Mose  ed  i  Profeti,  e  Dio  di  verita ,  e  vieta 
il  teslimonio  falso ».  Ma  di  questa  strana  maniera  di  aringare  non  ci 
appaghiamo  punto,  e  siarao  certi  che  ne  anche  se  ne  debbano  appa- 
gare  i  liberi  pensalori,  se  soiio,  non  diciamo  filosofi,  ma  ragionevoli. 
Ne  dubitiamo  che  se  da  loro  si  fingano  tante  dicerie,  quante  erario  le 
persone  assembrate  a  quel  parlamento  ,  non  siano  per  riuscire  tutle 
cosi  inverisimili  e  cosi  inefficaci,  siccome  questa  che  abbiamo  rife- 
rita.  In  tal  modo  poiehe  il  non  polersi  spiegare  la  fede  del  mondo, 
senza  riconoscere  i  miracoli,  fa  conchiudere  con  evidente  e  certo  giu- 
dizio,  che  la  fede  e  incominciata  coi  miracoli ;  i  liberi  pensatori,  i 
quali  vogliono  negare  i  miracoli  e  non  possono  negare  la  fede  del 
mondo ,  invece  di  procedere  innanzi ,  stanno  a  rivolgere ,  come  , 
Issione  la  ruota,  questa  difficolta  degna  di  un  filosofo,  didichia- 
rare  cioe ,  come  mai  sussista  una  cosa  senza  la  ragione  sufficiente , 
e  come  siasi  prodotto  un  effetto  senza  la  causa  proporzionata. 

4.  Ma  essi  sudano  anche  all'altra  impresa  di  rispondere  alle  que- 
stion! ,  che  loro  proponiamo ,  allorche  fanno  finla  di  ridersi  delle 
profezie.  E  qui  forse  s'  imbrogliano  di  vantaggio,  perche  le  profezie 
collo  scorrere  degli  anni  diventano  piu  efficaci  a  comprovare  la  di- 
vinita  di  nostra  religione ;  come  quelle  che,  dall'apparire  di  mano  in 
mano  su  questo  mondo  le  persone  da  loro  annunziate ,  e  dal  verifi- 
carsi  le  cose  secondo  1'ordine  e  colle  circostanze  da  loro  predette, 
acquistano  per  lo  reale  compimento  novello  splendore.  Laonde  av- 
yiene ,  che  noi  siamo  certi  de'  miracoli  per  cagione  delle  gravissime 
testimonianze  di  uomini  fededegni ;  ma  possiamo  riconoscere  la  ve- 
rila  delle  profezie  anche  da  noi  medesimi ,  servendoci  de'  nostri  oc- 
chi.  Imperciocche  in  quanto  ai  miracoli,  Iddio  sembra  aver  delto 
alia  Chiesa :  Vedi  e  ascolta ;  le  prime  generazioni  degli  uomini  aven- 
do  veduto  le  maraviglie  del  suo  braccio ,  e  le  generazioni  seguenti 
Serie  VI,  vol.  IT,  fasc.  365.  36  19  Maggw  1865. 


562  I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 

avendole  udite  racconlare.  Ma  allorche  ha  profetato,  pare  che  ha  del- 
to,  mutando  1'ordine  delle  parole  :  Ascolta  e  vedi;  dapprima  ascolta 
il  predicimenlo  delle  cose  future  che  vedrai :  e  dappoi  vedi  il  com- 
pimento  delle  cose  che  avevi  ascoltate. 

E  cosi  i  piu  vecchi  udirono  e  non  videro ;  e  quelli  che  sono  venuti 
e  vengono  appresso,  i  quali  non  ascollarono,  hanno  gia  visto  e  ve- 
dono  luttavia.  Si  ascollo  molli  secoli  innanzi,  quando  fu  commesso 
nel  mondo  il  primo  peccato,  I'annunzio  del  Redentore,  e  si  vide  nel- 
la  pienezza  de'  tempi  il  suo  avvenimento.  Si  udi  la  fondazione  della 
Chiesa ;  e  fu  visto  sorgere,  siccome  era  stato  predetlo,  questo  tem- 
pio  spirituale  nelle  moltiludini  de'  genlili  e  nelle  reliquie  d'  Israele ; 
allorche  Gesii  Cristo,  abbaltuta  la  macerie,  si  pose  a  capo  dell'an- 
golo,  ed  uni  in  se  medesimo,  come  due  muri,  i  due  popoli  che  erano 
divisi  per  odio  e  per  disprezzo.  Finalmenle  si  annunziarono  le  per- 
secuzioni  e  le  guerre,  che  questa  futura  Chiesa  aveva  da  sostenere  ; 
e  si  e  vedulo  e  si  vede  avverato  il  tenore  della  profezia,  rimanendo 
la  Chiesa  sempre  vivace,  come  dopo  la  potagione  si  conserva  la  vite  1. 

Or  queste  profezie ,  spettanti  cosi  al  Capo  della  Cbiesa  come  alia 
Chiesa  medesima,  tutte  ammirabili,  perche  insieme  toccanola  sostan- 
za  delfe  cose  future  e  particolareggiano  le  circostanze  di  esse,  nonso- 
lamente  furono  ascoltate  dagli  antichi  coiloro  orecchi,  ma  sono  anche 
lette  da  noi  co'proprii  occhi;  mentresi  contengono  ne'libri  che  aveva- 
no  avanti  Gesii  Crislo  e  tuttavia  conservano  gli  Ebrei  nostri  nemici; 
e  pero  non  si  possono  per  veruna  maniera  rivocare  in  dubbio. 

I  Ista  omnia  quae  vides,  non  erant.  Christianus  populus  toto  orbe  terra- 
rum  aliquando  non  erat.  In  prophetia  legebatw,  in  terra  non  videbatur : 
modo  autem  et  legitur  et  videtur.  Ipsa  Ecclesia  sic  est  completa.  Non  ei 
dictum  est:  Vide,  filia,  et  audi;  sed  audi  et  vide  (Psalm.  54).  Audi praedicta, 
vide  completa.  Quomodo  ergo,  non  erat  natus  Christus  de  Virgine;  promis- 
sus  est,  et  natus  est:  non  fecerat  mirabilia;  promissa  sunt,  et  fecit:  non- 
dum  erat  passus;  promissum  est,  et  factum  est:  non resurrexerat ;  praedictum 
est,  etimpletum  est:  nomen  eius  per  totum  mundum  non  erat ;  praedictum 
est,  et  impletum  est:  idola  deleta  et  fracta  non  erant ;  praedictum  est,  et 
impletum  est:  haeretici  impugnantes Ecclesiam  non  erant;  praedictum  est,  et 
impletum  est.  Sic  et  dies  iudicii  nondum  est;  sed  quia  praedictus  est,  implebi- 
tur.  An  fieri  potest,  ut  qui  in  tantis  verax  apparuerit,  de  die  iudicii  mendaon 
sit  ?  S.  AGOSTINO,  serm.  110,  alias  de  Verbis  Domini,  31. 


I  LIBERI  PRNSATORI  E  IL  PROGRESSO  563 

E  cosi  questo  misero  popolo,  la  cui  cecita  e  durezza  e  altresi  predetta 
in  que'  libri  medesimi,  serve  doppiamente  alia  nostra  causa;  perche 
tutta  la  profezia  conserva  intatta,  e  perche  in  parte  la  compie  egli 
stesso  col  peccato  di  ostinazione  che  comraette:  ed  e  come  la  pietra 
da  cui  raccogliamo  il  mele,  e  come  il  sasso  dal  quale  attingiamo  I'o- 
lio.  Intanto  i  liberi  pensatori,  i  quali,  come  gia  dicemmo  altrove,  con 
singolare  predilezione  amano  questa  genie,  che  e  al  presenle,  se- 
condo le  profezie,  dispersa  sopra  tutta  la  terra;  la  difendono  con  ar- 
dore  sino  a  piangere  ed  a  gemere,  allorche  sognano  la  notte  le  ca- 
tene,  colle  quali  immaginano  di  giorno,  che  si  cinga  il  ghetto  qui  in 
Boma  1;  ed  approvano  i  suoi  rili,  e  magnificano  le  sue  virtu,  deb- 
hono  per  fermo  aver  letli  i  sacri  volumi  da  essa  custoditi,  e  saper 
conseguenlemente  le  splendide  predizioni,  delle  quali  in  quasi  tutte 
le  pagine  sono  gremiti.  E  poiche  non  dubitano  della  sincerita  del 
detto  popolo  e  della  sua  costanza  nel  custodire  le  patrie  tradizioni, 
ne  anche  posson  mettere  in  dubbio,  chelddio  non  abbia  preparato  il 
mondo  a  fare  onorevoli  e  divole  accoglienze  al  suo  Figliuolo  unigeni- 
to,  ed  alia  Chiesa  che  egli  si  doveva  eleggere  a  sposa ;  per  aver  tan- 
ti  secoli  innanzi  la  loro  venuta  raffigurato  e  predetto  1'  uno  e  1'allra 
in  mille  maniere  or  con  parole  ed  or  co'  fatti,  sia  di  un  popolo  intero, 
sia  di  alcune  persone  individue,  e  con  simboli  e  con  immagini ,  che 
moltiplicava  in  gran  numero,  acciocche  dalla  varieta  e  dalla  molti- 
tudine  delle  copie  si  apprendesse  la  nobilla  e  1'  eccellenza  degli 
esemplari, 

Per  le  quali  cose  domandiamo  a  cotesti  uomini,  i  quali  affermano 
di  andare  innanzi  a  noi  in  cio  che  appartiene  alia  religione,  che  di- 
mostrino,  potersi  secondo  ragione  disobbedire  a  Gesu  Cristo,  il  qua- 
le essi  mostrano  di  sapere  che  e  venuto,  appunlo  perche  lo  discaccia- 
no,  e  potersi  anche  secondo  ragione  abbandonare  la  Chiesa  di  lui , 
la  quale  mostrano  di  sapere  che  sussisle ,  appunto  perche  la  impu- 

1  La  police  du  Ghetto  s'  etait  reldchee  au  commencement  de  ce  swcle ; 
mais  apres  la  mort  de  Pie  VII,  il  y  eut  un  redoublement  de  rigeur,  et  les 
chaines  qui  tiennent  pendant  la  null  la  population  juive  prisonniere ,  furent 
ferme'es  a  I'  entree  des  rues  a  huit  heures.  A  I'avenement  de  Pie  IX,  nou- 
velle  tolerance  de  la  police;  mais  tout  a  recommence  en  1849,  et  aujourd'hui 
yneme  les  chaines  sont  tendues  chaque  soir.  JULES  SIMON.  Troisieme  le^on. 


564  I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO 

gnano.E  finche  essi  non  giuslifichino  la  loro  disubbidienza  con  pro- 
ve convincenti,  finche  non  coonestino  con  chiari  argomenti  la  loro 
apostasia,  noi  diremo  che  non  si  muovono  ma  stanno  immobili,  ov- 
vero  diremo  che  il  loro  andare  non  e  di  chi  precede  onoratamente 
affine  di  meritare  la  palma,  ma  piuttoslo  di  chi  fuggendo  per  codar- 
dia  incontra  il  precipizio. 

§.  IV. 

I.  Errore  de'liberi  pensatori  nell'attribuire  al  razional  progresso  do 

che  appartiene  solamente  al  moto  locale.  —  2.  Si  conchiude 
che  essi  non  si  muovono,  menlre  i  cattolici  procedono  secondo 
ragione. 

1.  Per  lo  cieco  amore  di  falsa  liberla,  in  un  altro  errore  non  me- 
no  grave  cadono  i  liberi  pensatori;  ed  e  I'attribuire  al  procedimen- 
to  intellettivo  e  razionale  cio,  che  e  proprio  del  movimento  locale 
de'  corpi,  e  pero  non  puo  affatto  con  venire  al  molo  analogo  dello 
spirito.  Vedono  i  corpi,  allorche  sono  mossi,  abbandonare  successi- 
vamente  e  cangiare  luoghi ;  e  pareggiando  co' luoghi  le  verita,  ed 
agguagliando  gli  spiritiai  corpi,  inconlanente  immaginano  ed  affer- 
mano,  che  quando  discorriamo  colla  mente,  dobbiamo  altresi  lascia- 
re  indietro  le  antiche  verila,  e  commutarle  con  altre  nuove. 

Ci  contentiamo  qui  di  accennare  soltanto  la  sorgente  di  questo 
errore  veramente  grossolano.  Essa  e,  che  i  detti  pensatori,  piuttosto 
sedolli  che  liberi,  e  non  meno  seduttori  che  sedotti,  reputano,  che 
siccome  i  luoghi  maleriali  e  corporei  sono  in  tal  maniera  divisi  e  di- 
versi,  Che  ad  occupare  qualunque  di  essi  debbono  i  corpi  natural- 
mente  uscire  fuori  da  tulli  gli  altri;  cosi  anche  le  verila  sieno  oppo- 
ste  le  une  alle  altre,  e  Tintelletto,  il  quale  ne  affermi  una,  abbia  per 
conseguenza  a  rinnegare  le  altre.  II  perche  mentre  si  dicono  mae- 
stri, danno  a  conoscere  che  sono  del  numero  di  quegli  uomini,  i  qua- 
li  S.  Paolo  chiamo  animali,  perche  non  intendono  in  verun  modo  le 
cose  spiritual!  e  divine  1. 

1  Animalis  autem  homo  non  perdpit  ea  quae  sunt  Spintus  Dei:  stultitia 
enim  est  illi,  ct  non  potest  intelligere:  quiet  spiritualiter  examinatur.  I.  Cor. 

II,  14. 


I  LIBERI  PENSATORI  E  IL  PROGRESSO  565 

2.  Or  noi  attenendoci  a  Gesu  Cristo,  e  raccogliendoci  intorno  alia 
Cattedra,  ov'  egli  fa  risonare  la  sua  parola  slessa  sul  labbro  del  suo 
Vicario,  lasceremo  che  riguardino  con  maraviglia  ed  onorino  la  cat- 
tedra  pestifera  del  liberi  pensatori  tulti  coloro ,  i  quali ,  come  affer- 
ma  il  mentovato  Apostolo ,  sempre  imparano ,  e  non  mai  pervengo- 
no  alia  conoscenza  del  vero  1.  Imperciocche  possiamo  affermare  e 
sostenere  che  Gesu  Cristo  e  verita  che  muove  gl'  intelletti,  che  e  via 
la  quale  gli  mena  di  chiarezza  in  chiarezza ,  insinoaltantoche  non 
discopra  apertamente  tulto  se  medesirao  e  tutte  quelle  altre  cose,  che 
ora  fa  conoscere  in  parte  e  sotto  velo  :  e  che  pertanto  egli  e  la  vita 
del  nostro  spirito,  come  il  nostro  spirito  e  vita  del  nostro  corpo.  A- 
dunque  gaidati  da  lui  ed  unili  con  lui  siamo  certi  e  possiamo  dimo- 
strare,  che  al  presente  progrediamo  innanzi,  e  che  a  suo  tempo  ripo- 
seremo  tranquilli.  Questo  e  progresso,  non  quello  che  vantano  i  no- 
stri  avversarii  ciechi  e  conduttori  di  ciechi.  Essi  non  hanno  chi  li 
guidi,  ignorano  dove  mettono  il  piede,  ne  possono  trovar  modo  a  u- 
scire  dal  laberinto  de'  loro  errori.  Ma,  cio  che  e  piu ,  allorche  noi 
gl'  invitiamo  a  rifutare  con  un  ragionevole  discorso  tutte  le  cose 
che  affermiamo ,  o  dicendo  che  la  nostra  religione ,  in  quella  che  ci 
trasferisce  all'  ordine  soprannaturale  ,  ci  perfeziona  ancora  secondo 
natura,  ovvero  dicendo  che  la  liberty  di  coscienza  fa  che  1'uomo  va- 
da  e  venga,  saiga  e  scenda  coll'  ingrato  Iravaglio  di  Sisifo,  il  quale 

versat 
Saxum  sudans  nitendo,  neque  proficit  hilum  2; 

essi  il  piu  delle  volte  ammutoliscono,  altre  poi  profiferiscono  alcune 
parole  insensate,  tristissimo  argomento ,  che  anche  il  lume  naturale 
del  loro  intelletto  si  &  spento. 


1  Semper  discentes,  et  nunquam  ad  scientiam  veritatis  pervenientes.  II. 
Timoth.  III.  7. 

2  Antico  poeta  allegato  da  Tullio,  TuscuL  disput.  lib.  1,  c.  5. 


IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

E  IL  REGNO  D' ITALIA 


Non  e  in  tuito  fmzione  poetica  la  penitenza,  che  un  ameno  inge- 
gno  ha  iinposto  a  Dante  in  una  sua  vivacissima  operetta ,  uscita  da 
pochi  mesi  alia  luce ;  di  fargli  fare  cioe  un  viaggio  di  espiazione  per 
questo  regno  d'  Italia  1.  Imperciocche  i  settarii,  che  banno  trasfor- 
mata  la  nostra  patria  in  obbrobrio  di  nazione ,  ed  in  segno  di  scan- 
dalo  a  tutto  il  mondo  civile;  per  fare  velo  di  un  gran  nome  alia  loro 
vergogna ,  vanno  sentenziando ,  che  questa  Italia  e  la  Italia  idoleg- 
giata  dall'  Alighieri  nella  Divina  Commedia ,  unificata  com'  egli  la 
voleva  sotto  un  sol  principe,  e  liberata  dalla  dominazione  temporale 
de'  Papi,  suprema  radice  di  ogni  suo  male.  La  quale  affermazione  se 
e  certamente  calunniosa  alia  memoria  di  lui ,  non  puo  negarsi  pero 
che  egli,  colle  irriverenti  parole  contro  augustissimi  personaggi,  ha 
porto  colpevole  occasione  ai  nemici  della  Chiesa  di  bestemmiarla,  e 
gittata  cosi  gran  cagione  di  scandalo  tra'  fedeli.  Che  pero  il  sulloda- 
to  scritlore,  fingendo  che  egli  stesse  tuttavia  nel  Purgatorio,  a  scon- 
tare  la  pena  del  suo  peccato  nel  girone  degl' iracondi  (che  allro  che 
ira  per  zelo  mal  concepito  non  fu  la  sua) ;  immagina  che  la  divina 
giustizia  gli  commutasse  il  debito  ancor  grave  di  penitenza ,  che  gli 

1  11  Conte  Durante.  Italia  1865. 


IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE  E  IL  REGNO  D'  ITALIA  567 

rimaneva  di  compiere,  con  una  scorrazzata  che  e'  farebbe  per  le  citta 
principali  dell'  Italia.  Intanto  il  dolore  de'  mali  inflitti  alia  sua  patria, 
quasi  a  nome  di  lui,  e  il  cruccio  di  sentirsi  dappertutto  predicalo  con- 
sigliatore  di  colanla  rovina  ,  gli  varrebbe  ,  col  tormento  maggiore , 
quel  piii  lungo  purgatorio  che  gli  era  altrimenti  dovuto. 

Non  e  tutta  fantasia,  noi  dicevamo  ,  cotesto  genere  di  gastigo,  a 
cui  si  finge  essere  stato  sottoposlo  il  sovrano  Poela.  Imperocche  i 
grandi  Autori,  anche  dopo  la  morte,  seguitano  in  questo  mondo  ad 
avere  una  specie  di  vita,  che  s*  individua  nel  nome  loro,  ed  ha  suo 
atto  nelle  opere  che  lasciarono  scrilte.  Senza  dunque  andar  cercan- 
do  1'  Alighieri  nel  mondo  dei  trapassati ,  possiam  trovarlo  di  qua , 
dove  ancor  vive  e  vivra  lunghissimamente  in  tanti  suoi  libri,  e  prin- 
cipal mente  nella  divina  Commedia.  La  qualita  specificativa  di  una 
tal  vila,  che  lo  fa  singolare  dagli  altri  sommi  poeti  dell'  antichita, 
e  lo  eleva  sopra  di  essi  d'  infmito  intervallo  ,  e  1'  essere  stato  som- 
mo  poeta  in  un  soggelto  il  piu  sublime  che  si  possa  immaginare, 
qual  e  la  religione  di  Cristo,  e  con  una  forma  nella  sua  semplieita 
cosi  comprensiva ,  che  abbraccia ,  quanto  e  possibile  ad  umano  in- 
tellelto,  rinfinilo.  Cotesta  gloria  pero  ha  le  sue  macchie:  e  sono  ap- 
punto  le  ingiuriose  parole,  che  egli  alcune  volte ,  nell'  accendimento 
dell'  ira  ghibellina,  si  lascio  trascorrere  dalla  penna  contro  ai  roma- 
ni  Pontefici.  Ed  egli  non  si  avvedeva,  che  sebbene  la  sua  intenzio- 
ne  era  mossa  dazelo;  nondimeno,  perche  il  suo  zelo  non  era  nese- 
condo  giustizia  e  pieta,  ne  secondo  verita  e  scienza,  veuiva  ad  offen- 
dere  quella  stessa  religione  che  celebrava,  disonorandone  il  Capo. 
Or  si  miri  se  polrebbe  farsi  strazio  piu  crudele  di  lui,  in  questa  vita 
si  gloriosa  che  come  Poeta  si  e  procacciato,  -con  tanti  studii  e  vigi- 
lie.  Perciocche  non  solo  si  vuole  privarlo  della  gloria  di  avere  can- 
tato  un  soggelto  si  grande,  reslringendo  1'intenlo  del  suo  Poema  nei 
limili  angusti  della  politica  ;  ma  questa  stessa  politica  si  melte  in 
aspetto  di  scellerata,  di  empia,  di  sacrilega,  come  fondata  sull'  odio 
alia  potesla  ecclesiastica,  e  sulla  dislruzione  della  legittima  signoria 
de'  Romani  Pontefici:  in  una  parola  gli  si  fa  carico  di  avere  sommi- 
nistrata  la  idea  di  questa  Ilalia  massonica ,  di  averne  vaticinate  e 
cantate  le  glorie. 


568  IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

E  non  e  questa  una  terribile  punizione ,  che ,  disponendola  Iddio 
per  suo  giuslo  giudizio ,  sta  tormentando  1'  infelice  Poela?  La  quale 
punizione  ci  pare  che  abbia  toccato  I'ultimo  segno  del  rigore,  coi  fe- 
steggiamenti ,  che  gli  ha  falti  la  Giovine  Italia  nella  sua  nuova  Ca- 
pitate, patria  che  gia  fu  del  divino  Gantore.  Perocche ,  fatte  le  de- 
bite  eccezioni  di  tanti  buoni  Italiani ,  che  vi  sono  concorsi  con  relto 
animo ;  quanlo  a  coloro ,  che  gli  hanno  architettati ,  ed  a  quelli  che 
come  pubblici  magistral!  polevano,  a  nome  del  pubblico,  indirizzarli 
ad  un  fine ;  essi  si  sono  in  tutte  le  forme  protestati ,  che  con  siffatle 
straordinarie  significazioni  di  onore  intendevano  principalmente  ce- 
lebrarlo  come  benemerilo ,  ne'  sensi  or  ora  dichiarati ,  di  questo 
Regno  d'  Italia.  Con  che  il  povero  Poeta  si  vede  a  nome  di  tutta 
ritalia ,  e  non  piu  di  alcuni  particolari ,  falta  in  brani  la  sua  opera 
piu  cara,  per  dover  servire  ai  disegni  della  setta :  ne  basta.  Si  vede 
inoltre  messo  non  solo  in  branco ,  ma  alia  testa  di  quanti  sono  con- 
summatori  di  que'  fatti,  pe'  quali  sta  il  presente  regno,  sicche  essi  gli 
debban  fare  di  berrelto ,  come  a  loro  caporione.  Alia  quale  vergo- 
gna  non  regge  il  magnanimo  spirito ;  ed  un  poco  par  che  si  volga  ai 
suoi  tormentatori  con  que'  suoi  versi : 

Che  D'  e  giovato  di  me  fare  schermo? 
Che  colpa  ho  io  di  vostra  vita  rea  1? 

Ed  un  poco  par  che  addimandi  aiuto  ai  buoni  cattolici  e  lelterati  ita- 
liaui ,  accorsi  in  Firenze ,  additarido  le  lacere  membra  della  divina 
Commedia,  ed  applicandole  quegli  altri  suoi  versi : 

0  anime  che  giunte 
Siete  a  veder  lo  strazio  disonesto, 
Ch'  ha  le  mie  fronde  si  da  me  disgiunte ; 
Raccoglietele  al  pie  del  tristo  cesto  2i 

Lo  scrittore  dell'  operetta ,  poco  fa  ricordata ,  finge  che  pervenute 
le  pene  di  Dante ,  in  quel  suo  giro  penitenziario  pel  Regno  d'  Italia, 
al  loro  massimo  grado,  fu  mandalo  da  Dio,  a  cavarnelo  fuori  e  con- 

1  Inf.  XIII,  134.  -  2  Ibid.  139. 


E  IL  REGNO  D'  ITALIA.  569 

durlo  nella  gloria  beata ,  il  Doltore  S.  Tommaso.  Oh  se  potesse  la 
Civilta  Cattolica  fare  al  povero  Dante,  secondo  la  realta,  il  buon 
servigio,  che  1' Angelo  di  Aquino  gli  fece  secondo  la  finzione!  Noi 
cerlo  il  vogliamo  e,  almeno  in  parte,  abbiamo  buona  fiducia  di  riu- 
scirvi.  Diciamo,  che  solo  in  parle;  perocche  questa  e  opera  di  con- 
vincimenlo :  e  gia  si  sa,  quanlo  e  facile  di  persuadere  colla  evidenza 
del  vero  gli  animi  retli ;  altrettanto  e  impossibile  aver  vittoria  degli 
ostinati.  Ad  ogni  modo  non  gli  vorra  essere  piccolo  refrigerio  ,  che 
molli  in  buona  fede  ingannati ,  inlorno  al  valore  ed  alia  portaia  del 
suo  concetto  politico,  abbiano  a  mutare  opinione :  che  e  do  che  sia- 
mo  sicuri  di  ottenere. 

Prima  di  tulto  e  necessario  premettere ,  che  quale  che  si  sia  la 
idea  politica  di  Dante  rispetto  alia  Italia ,  idea  espressa  da  lui  piu  o 
meno  esplicitamente  nella  divina  Commedia;  cerlo  e  che  essa  non 
coslituisce  ne  la  sostanza ,  ne  1'  intendimento  diretto  dell'  Opera,  fi 
questo  un  punto,  che  noi  abbiamo  dimoslrato  di  proposito  in  piu  luo- 
ghi  di  questo  stesso  Periodico  ,  specialmente  negli  ul'timi  anni ,  per 
occasione  di  varie  opere ,  uscite  alia  luce  sopra  tale  soggetto  l. 
Per  contrario  la  scuola  liberalesca  non  si  tiene  paga  a  dire ,  che 
Dante  ha  comechessia  adombrato  nella  divina  Commedia  una  for- 
ma polilica ,  di  cui  la  loro  Italia  e  una  bella  e  buona  altuazione  ; 
ma  inoltre  sostiene,  che  appunlo  quella  forma  politica,  ullimamente 
incarnata  col  fatlo,  merce  le  opere  della  presente  Rivoluzione ,  e  il 
vero  soggetto  della  divina  Commedia.  Con  che  vogliono  dare  ad  in- 
tendere  che  queslo  nuovo  reggimento  ecosa  tanto  alia  e  divina,  che 
come  fu  il  desiderio  del  massimo  fra  i  poeti ;  cosi  costituisce  il  con- 
cetto della  piu  meravigliosa  fra  1'  epopee :  e  beati  noi ,  che  fummo 
predestinati  a  goderlo ! 

La  quale  cosa  e  insopporlabile  aggravio ,  e  ferocissimo  oltraggio 
alia  memoria  dell'  Alighieri ,  considerate  unicamente  come  Poeta. 
Imperciocche,  come  ci  adoperammo  di  provare  ne'luoghi  citali,  il 
Concetto  della  divina  Commedia  e  concetto  eminentemente  sacro 


1  Vedi  principalmente  Serie  V,  vol.  I,  pag.  593  segg.,  pag.  704  segg. ; 
vol.  V,  pag.  170  segg.,  657  segg. ;  Serie  VI,  vol.  I,  pag.  461  segg. 


370  IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

e  religiose ;  e  pero  il  Poema  e  nella  sua  sostanza  ancli'  esso  sacro  e 
religiose.  E  ci  pare  eke  in  quelle  dimostrazioni  noi  recammo  una  si 
piena  e  assoluta  evidenza ,  che  niuno  vi  potrebbe  ripugnare ,  se 
non  fosse  per  ostinazione  di  animo.  Di  che  tuttavia  non  intendia- 
mo  farci  altro  merito ,  se  non  di  avere  studiato  con  qualche  at- 
tenzipne  nella  divina  Commedia ,  e ,  cio  che  importa  moltissimo, 
scevro  1'  intelletto  di  qualsivoglia  preoccupazione.  Gosi  disposti  del- 
1'  animo  vi  ritrovammo  quello  stesso  ,  che  vi  si  era  vedulo  con  in- 
tuito  immediato  per  tanti  secoli  innanzi ;  e  cio  che  vi  mettemmo 
del  nostro  fu  solamente  districare  i  fili  maestri  dell'  ordilo  poetico , 
che  erano  stall  stranameute  arruffali ,  e  cosi  liberi  e  sciolti  recarli 
in  mano  ai  lettori.  Nel  quale  falto  non  siamo  stati  i  soli.  Concios- 
siache ,  sebbene  per  un  buon  pezzo  fosse  riuscito  alia  scuola  libe- 
ralesca  d' impadronirsi  della  divina  Commedia,  afferrando  a  volo 
alcune  spiegazioni,  sfuggite  forse  in  buona  fede  al  Dionisi,  al  Gozzi 
ed  al  Marchetti ;  dopo  di  che  per  un  buon  tratto  non  corsero  altre 
inlerprelazioni ,  che  sopra  i  medesimi  fondamenti  politici :  nondi- 
meno  i  veri  studiosi  di  Dante ,  coloro  cioe  che  non  avevano  il  pro- 
posito  di  farlo  servire  a  fini  sinistri,  riavutisi  finalmente  da  quella 
specie  di  contagio ,  che  sogliono  ingenerare  le  nuove  opinioni ,  si 
rifecero  a  poco  a  poco  sul  sentiero  degli  antichi  commenlatori ,  ri- 
cacciativi  quasi  per  forza  dalle  incongruenze  e  contraddizioni,  in  cui 
dopo  tutli  i  tentativi  riuscivano  sempre  gli  elementi  delle  nuove  spie- 
gazioni. La  via  cosi  ricominciata  a  calcare  si  e  venuta  ogni  di  piu 
popolando ;  sicche  puo  dirsi  che  la  primiliva  spiegazione,  quanlo  al- 
meno  agli  elementi  sostanziali,  e  slata  presso  gli  animi  retti  ristau- 
rala  abbastanza;  ed  il  Poema  di  Dante,  o  sia  per  un  modo  di  spie- 
gazione, o  sia  per  un  altro,  e  ritornalo  quel  Poema  sacro  e  religioso, 
che  era  stato  per  si  gran  tempo  creduto. 

Tuttavia  la  scuola  de'  liberali  piu  che  mai  persevera  nelle  sue 
idee ,  ed  anzi  le  spinge  oltre.  Non  vogliamo  parlare  dell'  empieta  di 
coloro,  i  quali  fanno  della  divina  Commedia  un  componimento  di 
setta,  ordinato  a  distruggere  il  Catlolicisuio.  I  discorsi  di  questi 
mettono  ribrezzo  a  chiunque  non  abbia  ne'  covi  delle  societa  segrete 
rinnegato  il  battesimo  ;  e  pure  quella  colale  sconciatura,  che  i  nostri 


E  IL  REGNO  D ITALIA 

leltori  conoscono  ,  intitolata  il  Giornale  del  Centenario  di  Dante,  ha 
avuto  il  buon  senso  d'  ingemmare  di  alcuno  di  essi  le  sue,  per  tante 
altre  ragioni  si  miserabili  pagine  !  Inlendiamo  dunque  parlare  de'  piu 
di  delta  scuola,  i  quali  fanno  a  Dante  la  segnalata  grazia  di  crederlo 
cristiano  catlolico,  benche  a  lor  modo ;  ma  sostengono  insieme  che 
sarebbe  un  rappiccinire  il  suo  poema  ,  riducendolo  a  un  concetto  di 
Sagristia ,  e  che  invece  vi  si  vuole  riconoscere  un  sublime  concetto 
di  politica  grandezza,  che  egli  adombro  poeticamente  ,  a  dovervi 
aspirara  1'  Italia.  II  che  ,  essi  aggiungono ,  si  e  finalmente  avverato 
colla  creazione  del  nuovo  ordine  di  cose,  per  lo  quale  la  nostra  Italia 
ha  tocco  il  segno  preconizzato  da  Dante. 

Or  presupposta,  siccome  abbiamo  dritto  di  presupporre,  non  solo 
la  verila,  ma  la  evidenza ,  che  il  Concetto  della  divina  Commedia  e 
nella  sua  sostanza,  sacro  e  religioso;  qual  nome  si  potra  dare  a  que- 
st'atlentato  de'liberali,  di  annientare  per  ogni  modo  il  vero  concetto, 
che  essa  ha,  a  fine  d'intrudervi  un  altro,  che,  quaudo  ancora  avesse 
luogo  nel  Poema,  non  e  il  concetto  adequate  del  tutto  ?  Se  ne  fosse 
cagione  unicamenle  la  ignoranza ,  sarebbe  da  dire  stolida  temerita 
quel  pretendere  di  spiegare  un'  opera  si  sublime  senza  le  sufficien- 
ti  cognizioni ;  peggio  poi  ostinarsi  che  quella  spiegazione ,  o  altra 
che  stia  sopra  i  medesimi  fondamenti,  si  debba  tenere  siccome  la 
vera  spiegazione.  Ma  in  questo  fatlo  inlerviene  qualche  cosa  di  piu 
trislo  che  non  e  la  semplice  ignoranza.  Perocche  non  e  possibile  , 
che  di  tanti  egregi  lavori ,  pubblicali  nel  corso  di  piu  lustri,  appunto 
a  questo  fine  di  ristaurare  la  idea  religiosa  del  divino  Poema,  alme- 
no  alcuni  non  sieno  pervenuti  nelle  lor  mani.  Se  era  in  essi  buona 
fede,  e  nondimeno  non  rimanevano  convinti  a  quelle  argomentazioni  ; 
doveano  almeno  fare  sforzo  di  confutarle ,  se  non  altro,  per  uon  mo- 
strarsi  ignoranti  del  nuovo  andamento  ,  che  prendeva  la  quistione. 
Ma  invece  non  hanno  fatto  che  ricanlarci  le  solile  favolelte  ,  delle 
parti  politiche  o  dell'esilio  significati  nella  Selva,  della  Patria  simbo- 
leggiata  n.el  Colle  ,  di  varie  Polenze  rappresentate  dalle  Belve ,  e  si 
vada  discorrendo.  Come  se  non  fosse  stala  dimostrata  trionfalmente 
la  falsita  di  si  strane  spiegazioni,  o  la  divina  Gommedia  fosse  un  H- 
bro,  di  cui  essi  soli  possedessero  1'alfabeto. 


572  IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

Adunque  quel  volere  ad  ogni  palto  disfare  il  Poema  dantesco  collo 
scambiarne  i  veri  element! ,  non  e  altro  che  deliberazione  di  animo 
di  fame  uno  strumenlo  piu  acconcio  di  politiche  passion! ,  a  malgra- 
do  di  ogni  ragione  e  giustizia.  Ondeche  a  qualificare  con  proprio  vo- 
cabolo  un  tal  fatto,  ci  pare  doversi  dire  una  specie  di  assassinio  let- 
terario,  in  quanto  e  vollo  con  maligna  intenzione  a  distruggere  un'o- 
pera  di  maravigliosa  eccellenza ;  facendola  comparire  meschina  nel 
fine,  inelta  ne'  mezzi,  sproporzionata  nelle  parli,  contraddittoria  nei 
suoi  principal!  elementi ;  come  puo  scorgere  chi  confronta  il  Poema 
con  quelle  spiegazioni,  e  noi  slessi  piu  volte  abbiamo  fatto  rilevare. 
Or  si  consider!  se  questo  ,  anziche  ad  onore  non  debba  lornare  a 
gravissimo  oltraggio  del  Poeta.  Certo  sarebbe  massimo  oltraggio, 
poniamo  esempio ,  a  Raffaello  e  Michelangelo  ,  rifoggiare  al  primo 
una  sua  Madonna,  ed  al  secondo  il  Moise,  per  dare  a  quella  le  sem- 
bianze  di  una  Lucrezia,  ed  a  questo  1'  atleggiamento  di  un  Fabio.  E 
non  e  guasto  immensamente  piu  disonesto  quello  che  si  e  recato  nel- 
la  divina  Commedia,  per  avere  tramutati  i  sens!  fondamentali  della 
invenzione  poetica  ?  Vi  ha  solo  la  differenza  che  in  que'  casi ,  inter- 
venendovi  alterazioni  maleriali,  quella  mostruosila  che  ne  vorrebbe 
risultare  non  potrebbe  per  nessun  modo  imputarsi  ai  prim!  autori  ; 
e  pero  se  sarebbe  piu  appariscente  lo  sfregio  e  piu  dolorosa  la  per- 
dita  di  que'  capilavori,  rimarrebbe  al  coperlo  di  ogni  danno  la  riputa- 
zione  degli  artisti,  che  li  produssero.  Per  contrario  nel  fatto  presenle 
non  sitralta  di  cangiamenti  material!,  ma  di  sovversione  d'inlendi- 
menti,  con  far  apparire  significate  dall' Autore  altre  cose  che  ei  non 
voile.  Ondeche  quel  mostro  oraziano,  che  addiventa  la  divina  Com- 
media ,  viene  qualificato  come  opera  di  Dante ,  e  per  aggiugnere  al 
danno  la  beffa,  come  miracolo  del  suo  ingegno.  Pero  qual  cruccio  e 
dispetto  crederemo  noi  che  ne  proverebbe ,  se  fosse  lestimonio  di 
cotanto  crudele  oltraggio  che  gli  vien  falto?  Se  tanlo  indegnossi,  come 
narrail  Boccaccio,  perche  un  fabbro,  canlerellando  i  suoi  versi,  gliene 
alterava  il  metro  ;  ed  egli ,  per  dimostrargli  con  una  specie  di  Cria 
la  sconcia  cosa  che  e  mettere  il  disordine  nella  roba  d'altri,  e  quanto 
cio  dee  tornare  spiacevole  al  padrone,  si  mise  attorno  per  1'officina, 
sparpagliando  e  confondendo  insieme  i  ferri  ed  altri  strumenti  del 


E  IL  REGNO  D'  ITALIA  573 

suo  mestiere :  quanto  piu  sarebbe  commosso  del  guaslo  tanto  mag- 
giore  che  gl'  interpret!  liberal!  fanno ,  non  gi£  di  alcuni  suoi  versi , 
ma  della  sostanza  di  tutto  il  poema;  di  quello  che  gli  coslo  le 
veglie  e  le  fatiche  di  tanti  anni,  ed  al  quale  egli  cantava  che  cielo  e 
terra  avfiano  posto  la  mano?  Certo  non  si  terrebbe  dal  mostrare  il 
suo  dispelto  con  parole  gravissime ;  e  quanto  alia  forma  siamo  sicuri 
che  non  vorrebbe  consigliarsi  con  quella  moderazione,  che  i  liberal! 
sono  soliti  d'  imporre  agli  altri  a  proprio  vanlaggio  ,  e  dalla  quale 
poi,  quando  viene  1'occasione,  essi  volentieri  si  dispensano  a  riguar- 
do  degli  altri. 

Ma  se  la  divina  Coramedia  non  e  Poema  politico  nel  concetto  del 
tutto ,  non  puo  negarsi  pero  che  in  piu  luoghi  vi  e  fatta  allusione  ad 
una  politica  idea  dell'Autore.  Ouesta  idea  politica  di  Dante,  chetra- 
luce  qua  e  cola  per  entro  la  divina  Trilogia,  e  largamente  e  dichia- 
rata  da  lui  ne'  tre  libri  della  sua  Monarchia ,  dicono  i  Dantisti  della 
Giovine  Italia,  che  ha  finalrnente  il  suo  atto  in  questa  unila  di  regno, 
che  si  e  potuto  formare  de'  diversi  Stali  d' Italia.  Cosi  la  invenzione 
addiviene  tutta  merito  del  sovrano  Poeta ;  e  per  questo  massima- 
mente  gli  hanno  decretali  i  solenni  onori  del  Centenario :  la  falica  poi 
dell'  effetluarla  e  opera  loro  ;  e  percio  si  contentano  di  pigliare  per 
se  la  mercede  dell'  operaio ,  assidendosi  modestamente  al  convito 
della  nazione. 

Ma  cotesta  affermazione  di  Dante  Autore  del  nuovo  regno  d'  Italia 
non  e  meno  assurda  di  quell' altra,  che  assegna  alia  divina  Comme- 
dia  un  concetto  politico.  E  quanto  all' oltraggio  che  gli  si  reca,  se 
dire  polilica  la  sua  opera  e  un  aggravio  che  1*  offende  come  poeta  ; 
asserire  che  la  sua  politica  idea  e  quella  stessa  che  governa  il  nuovo 
regno  d'  Italia,  e  una  gravissima  ingiuria  che  gli  e  falta  come  a  po- 
litico ed  onest'uomo  ;  almeno  della  stampa  de'  suoi  tempi. 

A  rilevare  1'assurdo  della  prelesa  rassomiglianza  ideale  tra  i  due 
termini  suddelti ,  non  abbiarao  a  far  altro ,  che  ragguagliare  gli  ele- 
ment! raziouali  e  il  pratico  alleggiamento  di  quella  forma  politica 
che  Dante  vagheggiava,  e  gli  elementi  razionali  e  il  pratico  alteg- 
giamento  di  quesla  forma  di  regno  italiano.  Nel  quale  confronto  non 
indagheremo  le  differenze  o  anche  contrarieta  accidental!,  che  si 


371  IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

possono  reputare  alle  mutate  condizioni  de'  tempi ;  ma  solo  le  radi- 
cal!, che  inducouo  diversila  e  repugnanza  sostanziale  di  concetti. 

Primo  ci  si  presenta  ad  esaminare  il  principio,  diciamo  cosi,  for- 
male  dell'  una  e  dell'  altra  idea ,  e  che  puo  dirsi  nell'ordine  pratico 
generatore  di  questo  e  di  quel  sistema  politico.  E  quanto  al  regno 
d'  Italia,  ce  T  hanno  ricantato  le  mille  volte  i  suoi  riformatori :  il  suo 
principio  e  quello  che  dicono  di  nazionalita-  il  quale,  secondo  la 
sentenza  de'  suoi  sostenitori ,  importa  certamente  questo ,  che  ogni 
nazione  puo  e  forse  qualche  volta  deve  costituirsi  in  un  gran  corpo 
politico,  indipendente  da  ogni  elemento  straniero  e  unificato  pe'  vin- 
coli  di  un  comune  reggimento  nelle  sue  membra.  Che  e  appunto  la 
ragione  formale  di  questa  Italia  rifatta ;  la  quale  in  primo  luogo  fu 
voluto  costituire  nazione  indipendenle  da  ogni  esterna  dominazione; 
e  percio  fu  intrapresa  la  guerra  del  1859  ,  che  tolse  all' Austria  una 
parte  de'  suoi  dominii  in  Italia;  e  si  e  nel  proposito  d' irilraprendere 
un'  allra  guerra  per  torle  il  rimanenle :  in  secondo  luogo ,  una  na- 
zione unificata  con  vincoli  di  comune  reggimento;  e  per  questa  ra- 
gione furono  dispogliati  tulti  i  Sovrani  d'  Italia  de'  loro  Stali ,  e  si 
cerca  ogni  modo  di  rapire  al  Romano  Pontefice  quel  lembo  di  ter- 
ritorio ,  che  gli  rimane  quasi  miracolosamente  immune  dalle  lor 
violenze. 

Tutto  in  contrario  nel  sislema  di  Dante.  II  principio  formale  del 
suo  concetto  politico  non  solo  non  e  la  cosi  delta  nazionalita  dell'  Ita- 
lia ,  ma  e  piullosto  un  distrutlivo  di  essa.  Dante,  chi  non  lo  sa?  vo- 
leva  T  attuazione  della  monarchia  universale ,  la  quale  avrebbe  as- 
sorbite  tutte  le  nazionalita,  e  per  conseguenza  anche  1'  italiana.  Pe- 
rocche  e  vero,  che  monarca  universale  sarebbe  stato  1'imperatore 
romano :  ma  questo  romano  imperatore  ( orrendo  a  dirsi ! )  dovea 
essere  un  Tedesco ,  a  cui  la  Italia  obbedirebbe  come  il  resto  del 
mondo.  II  solo  privilegio,  che  il  Poeta  acconsente  a  questa  sua  palria, 
e,  che  il  sullodato  imperatore  si  dovesse  degnare  di  cavalcarla  ben 
bene ,  come  puledra  sfrenata  che  essa  era ,  stringendone  con  forte 
mano  la  briglia  ed  inforcandone  a  dovere  gli  arcioni. 

Sappiamo  bene  che  i  liberal!  scusano  Dante ,  ricorrendo  alle  con- 
dizioni de'  tempi;  perocche  dicono,  che  altro  modo  non  era possibile 


E  IL  REGNO  D' ITALIA  575 

in  quello  stato  di  cose,  per  ovviare  ai  grandissimi  mali  della  socie- 
ta ,  e  meltere  qualche  ordine  di  governo.  Sia  pure  come  vogliono : 
ma  questo  che  altro  fa ,  se  non  rivelare  sempre  meglio  1'  assoluta 
ripugnanza  fra  la  idea  politica  di  Dante  e  quella  degl'  italianissimi? 
Giacche  per  qual  ragione  essi  non  vorrebbero  acceltare ,  in  nessuna 
condizione  di  cose ,  la  dipendenza  d'  Italia  da  niuno  straniero ,  se 
nori  perche  una  tal  dipendenza  distruggerebbe  la  nazionalita  ilalia- 
na ;  e  la  nazionalita  e  tal  bene ,  che  dee  volersi  salvato  a  qualunque 
sia  costo?  Or  non  e  cotesto  concetto  politico  una  perfetta  opposizio- 
ne  di  quello  di  Dante ,  il  quale  voleva  la  dislruzione  delle  particolari 
nazionalita  ,  perche  di  tutte  le  nazioni  si  formasse  un  gran  corpo 
d'impero  1? 

E  come  opposla  e  la  ragione  formale  dell' una  e  dell'altra  idea 
nell'ordine  razionale ,  cosi  opposta  ne  e  parimente  la  ragione  morale 
nell'  ordine  pratico.  Intendiamo  parlare  del  principio  generalore  del 
dirilto,  quanto  a  potere  legittimamente  attuare  un  sistema  di  reggi- 
mento  politico ;  essendo  indubitalo,  non  meno  presso  gli  anlichi  che 
presso  i  moderni  pubblicisti ,  non  polersi  ridurre  in  atto  una  forma 
di  governo,  per  quanto  si  voglia  supporre  perfetta  in  se  medesima  ed 
opporluna  alia  civile  comunanza ,  se  a  farlo  lecitamenle  manchi  il 
principio  del  drillo.  Esaminiamo  dunque  un  tal  principio  nell'attua- 
zione  di  questo  Governo  italiano,  e  nell'  attuazione  che  Dante  vagheg- 
giava  della  sua  monarchia.  Gl'  italianissimi ,  per  condurre  1'  Italia  a 
questa  beatitudine,  che  ora,  la  loro  merce,  ci  stiamo  godendo,  dovea- 
no  distruggere  antiche  signorie ,  spogliare  de'  suoi  Stati  il  sovrano 
Ponteflce,  assorbire  regni  e  province,  per  confonderli  in  un  vasto  im- 
pero,  che  hanno  denominato  regno  d' Italia.  In  virtu  di  quale  dirilto 
predicano  essi  di  avere  potuto  cio  fare  legittimamente;  cioe  senza 

1  Si  ascolti  a  questo  proposito  CESARE  BALBO  :  « La  Monarchia  desidera- 
ta da  Dante  e  la  monarchia  universale.  Ai  nostri  di,  che  le  nazioai  confor- 
mate  felicemente  ognuna  in  se,  non  hanno  nulla  cosi  caro,  nulla  cosi  santo 
in  terra,  quanto  si  fatta  nazionalita,  di  nulla  tanto  ringraziano  il  cielo  come 
di  averla,  ovvero  di  nulla  il  pregano  come  di  ottenerla ;  basta  espor  tal  de- 
siderio,  per  farlo  parere  a  un  tempo  impossibile  all'  effetto,  e  quasi  empio  a 
concepire.  Ma  non  cosi  allora  ».  Vita  di  Dante,  lib.  II,  cap.  XI. 


576  IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

incontrare  la  giusta  infamia  di  pubblici  ladroni  ed  assassinl?  Ci 
hanno  detto,  e  ci  stanno  continuamente  ripetendo,  cbe  in  virtu  della 
sovranita  popolare.  Imperocche  tra  le  scoperte  piu  maravigliose,  o 
conquiste,  come  le  dicono,  di  questi  ultimi  tempi,  meltono  principal- 
mente  questa,  che  unica  fonte  di  ogni  dirilto  politico  e  vero  subbietto 
della  civile  autorita  e  la  moltitudine :  coloro  poi  che  posseggono  il 
potere,  non  possederlo  altrimenti  cbe  come  delegali  del  popolo,  al 
quale  spelta  determinare  il  modo,  la  forma  e  il  tempo  dell' esercizio 
di  loro  potesta,  e  mutare  ogni  cosa  quando  e  come  gli  torni  piu  a 
grado.  Affermano  dunque,  cbe  il  popolo  italiano,  padrone  di  se,  co- 
me qualsivoglia  altro  popolo ,  lia  voluto  finalmente  diventare  unica 
nazione,  con  libero  reggimento  e  sotto  un  solo  monarca  ;  e  pero  far 
discendere  da'  loro  troni  i  Sovrani  altro  non  e  stato  che  dismetlere 
i  suoi  anlichi  impiegati,  divenuli  un  impaccio  ed  un  danno  naziona- 
le  ,  assorbire  regni  e  province  un  rivendicare  il  fatto  suo  ;  fondare 
un  nuovo  governo  e  stabilir  nuove  leggi,  un  mettere  in  buon  assetto 
la  propria  casa. 

Sia  con  Dio ;  che  qui  non  cerchiamo  se  vero  o  falso  e  il  principle; 
e  neppure  se  cotanto  abbattimento  di  antiche  cose  e  guazzabuglio  di 
nuove  si  e  conchiuso  per  volonta  del  popolo  italiano ,  o  veramente 
per  le  arti  fellonesche  di  alquanti  seltarii,  riusciti  ad  impadronirsi 
della  forza  ed  a  tiranneggiare  il  vero  popolo  dell'  Italia.  Ma  certo  e 
che  un  tale  principle,  da  cui  si  vuole  dedurre  la  legiltimita  delle  po- 
litiche  innovazioni  nell' Italia,  non  era  il  principio,  da  cui  Dante  de- 
rivava  la  legitlimita  della  sua  monarchia  da  attuare.  Dante  credeva 
nel  Diritto  divino  in  tutla  la  sua  ampiezza,  e  ci  credeva  di  pienissi- 
ma  fede.  Che  pero  se  voleva  che  la  sua  idea  non  rimanesse  nelle  re- 
gioni  delle  astrattezze  mentali,  o  che  altrimenti  si  compisse  un  gran- 
de  assassinio  di  regni  e  nazioni,  era  necessario  conciliarla  col  dirit- 
to  divino,  ed  anzi  farla  da  questo  discendere,  come  una  necessita 
voluta  da  Dio.  E  in  questo  assunlo  egli  si  caccia  con  tutto  il  co- 
raggio  del  suo  ingegno,  e  con  tutta  la  forza  che  gli  avea  procacciata 
il  suo  vasto  sapere ;  impiegando  1'  intero  secondo  libro  della  Monar- 
chia per  dimoslrarlo  direttamente,  e  indiretlamente  parle  ancora  del 
primo  e  del  terzo. 


E  IL  REGNO  D'  ITALIA  577 

Si  dira  anche  qui,  che  conviene  compatire  al  povero  Dante,  perche 
non  gli  era  sfolgorata  la  luce  del  Dritlo  nuovo ,  o  che  almeno  fra  le 
tenebre  si  fitte  del  medio  evo  non  polea  farla  scintillare  ;  sicche  gli 
fu  bisogno  di  ricorrere  a  sofismi,  i  quali  in  quell'  uomo  fanno  proprio 
compassione.  Non  tanto,  rispondiamo  noi,  quanto  i  sofismi  che  si 
fanno  giocare  per  mettere  in  credito  il  Dritto  nuovo.  Ma  checche 
sia,  noi  ora  non  disputiamo  del  merito  degli  argomenti,  pe'  quali  si 
pruova  Tuna  o  l'altra  tesi;  e  ne  anco  della  verila  obbiettiva  dell'uno 

0  dell' allro  principio,  che  si  vuole  applicare  con  quegli  argomenti. 
La  controversia  e,  se  il  principio  da  Dante  assunto,  come  origine  del 
diritlo  per  attuare  la  monarchia,  sia  somigliante  o  recisamente  con- 
trario  al  principio,  pei  quali  gl' italianissimi  vogliono  legiltimare  la 
Rivoluzione  intronizzata  in  Italia.  Or  volete  vedere,  se  ci  e  opposi- 
zione?  Fingiamo  per  poco  che  gli  affrancatori  dell' Italia  non  aves- 
sero  a  loro  favore  il  Dritto  nuovo,  e  che  non  solo  i  retrogradi.  odia- 
lori  della  luce  e  seminatori  di  tenebre,  ma  lutti  in  fascio  codini  e 
liberali ,  retrivi  e  italianissimi,  clericali  e  frammassoni ,  tutti  dicia- 
mo ,  niuno  escluso ,  dovessero  giudicare  del  fatto  della  presente 
Rivoluzione  secondo  i  principii  del  Diritto  divino,  fondamenlo  mo- 
rale della  dantesca  monarchia;  che  diverrebbero  al  cospelto  del 
mondo  intero  i  sullodati  affrancatori  dell'Ilalia?  Perderebbero  ipso 
facto  il  lustro  de'  grandi  nomi ,  che  ora  con  tanto  gusto  si  regalano 
a  vicenda,  di  Padri  della  madre  patria,  di  liberator!  dalle  tirannidi, 
di  redentori  di  popoli,  di  creatori  della  nuova  civilla,  di  eroi  in  una 
parola  da  mitriare  coi  Bruli  e  co'  Catoni.  Ma  cio  e  poco:  in  quella 
vece  si  Irasformerebbero  in  briganti ,  a  petto  de'  quali  i  Carusi  e 

1  La  Gala  sarebber  lenuti  tocchi  di  galantuomini.  I  loro  ingegni  si 
sottili  di  preparare  rivolgimenli  negli  altri  Stali  italiani,  benche  ami- 
ci,  si  direbbero  alti  tradimenti  da  espiare  colla  forca ;  come  le  violen- 
ze  di  assalirli  colle  armi,  senza  nessun  molivo  di  guerra,  e  neppure 
adducendone  un  pretesto ,  neppure  intimandola ,  che  altro  divente- 
rebbero,  se  non  imprese  da  corsari  o  da  ladroni ,  diverse  solamente 
perche  piu  micidiali  nelle  stragi,  piu  universali  nel  bottino,  e  piu 
diuturne  nel  mantenere  il  mal  tolto  ?  Vorrebbero  essi  cambiare  i  ti- 
toli  si  gloriosi,  che  ora  impunemente  si  godono,  con  questi  allri," 

Serie  YJ,  vol.  II,  fasc.  365.  37  22  Maggio  }  8G5. 


578  IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

che  il  Progresso,  per  quanto  si  voglia  generoso,  non  ancora  ha  po- 
tuto  abilitare,  di  briganti,  di  fedifraghi,  di  ladroni  ed  assassin!  di 
popoli?  Crediamo  che  no.  Si  contenlino  dunque  di  rinunziare  alia 
piccola  ambizione  di  dirsi  esecutori  del  sisterna  di  Danle,  in  forza 
del  quale  non  puo  fallire  che  sieno  da  tulti  qualificati  in  quel  modo. 

Ne  solo  il  suddetlo  principio  di  legittimita  induce  una  differenza 
ed  una  opposizione  sostanziale  sotto  il  rispetto  morale  ;  ma  induce 
di  phi  un'altra  differenza  ed  un'altra  opposhione  pur  sostanziale  ne- 
gli  stessi  elementi  costituthi  della  forma  politica.  Come  abbiamo  no- 
tato,  il  Drittonuovo  pone  che  il  popolo  e  il  vero  e  proprio  soggelto 
dell' autorita ,  e  la  fonte  di  lutti  i  dritti.  Per  opposto  il  Dritlo  divi- 
no  pone  che  il  soggetto  dell'  autorita  e  per  naturale  necessila  diverse 
dai  popolo ;  avendo  il  popolo,  solo  in  alcuni  casi  la  facolla  di  deter- 
minare  un  lal  soggetto ;  e  che  dallo  stesso  concetto  di  au  tori  la  sea- 
turiscono  i  dritti,  che  la  debbono  accompagnare.  II  che  posto,  come 
dunque  puo  concepirsi  che  ilGoverno  dantesco,  il  quale  si  dovea  ia- 
cenlrare  nel  Monarca  universale ,  sia  una  cosa  con  questo  Governo 
d' Italia  ,  nel  quale  comanda  il  popolo  ;  e  il  Re  ,  secondo  la  celebre 
formola ,  regna  ma  non  governa  ?  Imperocche  quando  ancora  vi 
avesse  rassomiglianze  casuali ,  che  non  e ;  il  concetto  pero  sarebbe 
essenzialmente  diverso  :  e  inoltre  quelle  stesse  rassomiglianze  ma- 
teriali ,  siccome  raccomandate  a  una  causa  cosi  vollabile ,  com'  e  la 
Tolonta  popolare ,  arbitra  assolula  delle  forme  governative ,  non  sa- 
rebbero  per  durare.  Laddove  nel  sistema  di  Dante,  essendo  la  sua 
causa  adequata  un  principio  immutabile ,  attinto  dalla  ragione  eter- 
na,  i  suoi  elementi  sostanziali  doveano  essere  per  seimmutabili. 

La  quale  opposizione  radicale  si  fa  anche  piu  manifesta  nel  logico 
svolgimento  di  amendue  i  sistemi.  II  Governo  popolare ,  sopra  il 
quale  si  fonda  il  regno  d'  Italia ,  oltre  ad  avere  molli  elemenli  demo- 
cratici ,  tende  naturalraente  a  trasformarsi  in  pura  democrazia.  Cio 
si  fa  chiaro  per  la  stessa  natura  della  cosa.  Giacche  se  in  un  tale 
reggimento  il  popolo  e  il  vero  sovrano  ,  e  manifesto  che  egli  vorra 
esereitare  il  meglio  che  puo  della  sovrana  potesta ;  e  il  piu  presto 
possibile  credera  di  poter  tutto.  Ma  senza  bisogno  di  argomenti, 
lo  dicono  aperto  i  dottori  del  Dritto  nuovo ,  che  nel  Governo  popo- 


E  1L  REGNO  D'  ITALIA  579 

lare  le  forme  temperate  di  monarchia  e  di  aristocrazia  non  sono 
altro  che  Iransizioni  verso  la  pura  democrazia.  Per  opposto  Dante 
produsse  un  tipo  di  Governo,  nel  quale  la  monarchia  avesse  il  mas- 
simo  splendore,  di  cui ,  assolutamenle  parlando  ,  sia  capace.  11  sue 
Imperatore  non  avrebbe  avuto  altri  Hroiti  nella  giurisdizione ,  cbe  i 
iimiti  del  mondo  allor  conosciuto  1 ;  sarebbe  slato  principe  assoluto 
a  somiglianza  di  Dio  ;  e  il  mondo  a\rebbe  resa  immagine  de'  cieli 
mossi  da  un  primo  mobile  2.  La  sua  aristocrazia  si  sarebbe  com- 
posta  dei  Sovrani  delle  diverse  regioni,  rimasti  veri  sovrani,  e  non- 
dimeno  sottoposti  a  lui,  come  a  padre  comune  ;  ed  egli  componebbe 
le  loro  reciproche  differenze  3 ;  ed  essi  dall'  altro  canto  lo  aiutereb- 
bero  nel  governo  universale,  dando  opera  a  far  osservare  le  leggi 
di  giustizia  e  di  pace  4.  I  popoli  poi ,  formanti  la  gran  famiglia  del 
genere  umano,  goderebbero  le  loro  prerogative  municipal!,  e  quella 
vera  liberta,  1'uso  della  quale  e  perfezione  e  ornamento  di  esseri 
ragionevoli  5.  Sopra  il  quale  argomento  impiega  un  paragrafo  intero, 
per  escludere  il  concetto. della  falsa  liberta  ,  che  e  quella  de' liberal! 
cosl  moderni  come  autichi ,  e  per  dimostrare  la  liberta  ,  che  esso 
vuole ,  e  proclama  come  frutto  della  Nonarchia ;  cioe  quella  che 
metterebbe  i  popoli  nella  condizione  di  potere  speditamenle  usare 
Tarbitrio,  per  quel  fine,  pel  quale  Dio  lo  ha  conceduto,  che  e  di  ope- 
rare  il  bene  6. 

Or  si  consideri,  se  possa  concepirsi  conlrasto  di  termini  repugnan- 
ti  maggiore  di  quello,  che  e  tra  1'  uno  e  1' altro  sistema.  In  quello  di 
Dante  il  vincolo  delle  parti  e  1'unita  nella  forma  semplicissima  di  un 
solo  dominante.  Ma  in  questo  della  Rivoluzioue  un  vincolo  di  consi- 
slenza,  almeno  forzata ,  e  il  molteplice :  un'assemblea  cioe ,  che  si 
dice  eletta  dal  popolo,  ma  puo  nou  essere,  e  d' ordinario  non  e; 
mobile  ne'membri,  varia  per.  interessi ,  discordante  ne' priucipii , 
suscettiva  delle  piii  contrarie  passioni ;  la  quale  altinge  la  forza,  per 
obbligare  esseri  ragionevoli ,  dalla  prevalenza  del  numero ;  e  come 


1  Mon.  Ltb.  I,  §.  XIII.  Cltiamo  redizione  del  Fraticelli ;  Firenze  18S7.— 
2  Ibid.  §§.  X  e  XI.  -  3  Ibid.  §.  XVI.  -  4  Ibid.  §.  XIII.  -  5  Ibid.  - 
6  Ibid.  §.  XIV. 


580  IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

puo  sancire  il  giusto ,  cosi  puo  ancora  1'  ingiusto ;  ed  anzi ,  secondo 
un  principio  del  Dritto  nuovo,  essa  e  che  crea  il  giusto  e  T  ingiusto, 
perche  unica  fonte  di  giustizia  e  regola  di  moralita  e  il  volere  del 
popolo,  di  cui  si  fa  rappresentante.  Nel  gran  lutto  di  Dante,  benche 
perfettamenle  unificato  ,  le  singole  parti,  cioe  gli  Stati  ed  anche  i 
Comuni ,  dovevano  conservare  un  essere  lor  proprio ,  e  come  tali 
avere  tanto  di  autonomia ,  quanta  si  potesse  conciliare  con  quella 
quali  ta  di  essere  membri  di  un  vastissimo  impero.  Ma  nel  regnq 
d'  Italia,  benche  tanto  disgregante  sia  il  principio  che  lo  informa, 
nondimeno  ogni  differenza  e  ragguagliata,  ogni  amministrazione  as- 
sorbila  dallo  Slato,  e  la  stessa  privata  proprieta  quasi  usurpata  colle 
gravissime  imposte :  e  poi  violentate  le  abitudini  piu  anliche  per 
condurle  ad  un  livello ,  accomunate  le  leggi  tra  popoli  di  costumanze 
diversissime  ,  preso  1'  arbitrio  sino  della  famiglia  e  delle  coscienze 
colle  sacrileghe  leggi  sul  matrimonio,  e  piu  altre  lesive  de'dritti  pa- 
terni  e  della  religione. 

Dalla  quale  organizzazione  politica,  si  opposta  a  quella  che  Dante 
immaginava ,  qual  meraviglia  che  scaturiscono  effetti  anche  del  tutlo 
opposti  a  quelli,  che  Dante  s'imprometteva  dalla  sua  monarchia? 
Dante  vi  vagheggiava  la  pace  universale,  1'amore  inalterabile  di  So- 
vrano  a  sudditi ,  di  sudditi  a  Sovrano ,  la  giustizia  sempre  incorrot- 
ta,  e  resa  sempre  a  tulti,  1'ordine  nel  gran  corpo  dell'  impero,  e  la 
perfetta  liberta  di  ciascuno  e  di  tulti  1.  Ed  e  bello  vedere  com'egli 
fili  sillogismi  e  prosillogismi,  per  dimostrare  la  logica  necessila  di  tut- 
te  queste  beatitudini,  stabilita  una  volta  la  sua  predilelta  monarchia. 
Era  un  sogno,  non  vogliamo  negarlo  ;  un  sogno  pero  che  avea  mol- 
to  di  vero,  e  se  falliva  in  qualche  sua  parte,  non  falliva  in  tulte.  Ma 
questo  regno  d'  Italia,  Dio  buono !  che  orribile  spettacolo  di  tult'  i 
mali,  contrarii  ai  beni  che  Dante  si  aspettava  dal  suo  imperio !  Non 
ha  pace  al  di  fuori ,  coslretto  di  mantenere  in  asselto  di  guerra  un 
esercito  di  400  mila  uomini ,  parati  ad  aggredire  o  a  difendersi 
dalle  altrui  aggressioni.  Non  ha  pace  di  dentro,  perche  da  quali 
classi  di  persone  e  sopra  quali  materie  non  e  fatto  segno  di  gravi 

1  Mon.  lib.  I,  §§.  X1I1  e  XIV. 


E  IL  REGNO  D'  ITALIA  581 

contrast!  ?  La  massima  parte  degl'  Italian!  ripugna  ad  una  domina- 
zione  che  riconosce  illegittima ;  e  se  non  sempre  ne  dapperlutto  si 
oppone  la  resistenza  delle  armi ,  sempre  e  dappertutlo  sono  mani- 
fest! i  segni  del  dispelto  e  del  rancore,  onde  si  porta  un  giogo,  che 
si  sente  gravissimo,  si  reputa  ingiusto ,  e  non  puo  essere  scosso. 
E  anco  tra  coloro,  che  stanno  pe'  principii  della  rivoluzione,  e  si  so- 
no adoperati  di  tulle  le  loro  forze  per  cosliluirne  il  nuovo  reggimen- 
to,  qual  concordia  si  scorge?  Si  dia  uno  sguardo  alle  due  grandi  di- 
vision! dell'esercito  liberalesco,  di  Mazziniani  e  di  Ministerial!,  e  in 
mezzo  ad  esse  alle  molte  gradazioni  e  trasformazioni  dell'una  e  del- 
1'allra  parte,  alle  opposte  tendenze,  ai  contrarii  propositi,  ai  richia- 
mi  vicendevoli ,  ai  rimproveri ,  alle  recriminazioni ,  alle  accuse,  al- 
le calunnie ;  e  poi  si  deduca  se  questo  regno  della  Rivoluzione  ren- 
da  immagine  di  quella  pace  univ7ersale  e  di  quell'amore  di  sudditi 
a  Governo  e  di  Governo  a  suddili ,  che  erano  preconizzati  da  Dante 
nella  sua  monarchia;  o  non  piuttosto  sia  imilazione  di  un  allro  re- 
gno di  disordine  e  di  odio,  che  pur  Dante  descrisse. 

Ne  si  puo  dire,  che  questi  ed  altri  niali  senza  numero  non  sono  da 
addebitare  al  sistema  in  se,  ma  piultosto  a  vizio  degli  uomini ;  e 
principal  men  te  che  simiglianti  dissesti  sono  inevitabili  in  sui  prin- 
cipii delle  mutazioni  politiche.  No,  diciamo :  i  mali  che  lamentiamo 
sono  logica  conseguenza  de'  principii ,  de'  quali  e  informato  il  Drit- 
to  nuovo,  come  per  noi  fu  gia  dimoslrato  largamente,  neU'esamina- 
re  che  facemmo  i  celebri  principii  dell' 89.  Massimamente  poi  pro- 
vengono  dal  falso  concetto  che  si  e  stabilito  della  liberta ,  in  lullo 
conlrario  a  quello  che  svolge  e  dimostra  1'Alighieri  nel  luogo  da  noi 
citato,  sostenendo  che  essa  sarebbe  I'ornamento  migliore  de'  sudditi 
della  Monarchia.  Che  se  col  lempo  possono  essere  in  qualche  modo 
temperati  i  re!  effetti,  che  ne  devono  rampollare,  ci6  non  puo  acca- 
dere  altrimenti,  se  non  in  quanlo  il  Governo  col  fatlo  contraddird,  ai 
suoi  stessi  principii.  -V 

Donde  si  manifesta  un'  altra  differenza,  pur  essa  sostanziale,  fra  il 
Governo  ideato  da  Dante ,  e  cotesto  dalla  Rivoluzione  alluato.  Peroc- 
che  Dante  ide6  la  monarchia  proprio  per  correggere  quei  disordini , 
per  introdurre  i  quali  si  e  compiuta  la  Rivoluzione.  I  disordini 


IL  CONCETTO  POLITICO  DI  DANTE 

lamentati  da  Dante  si  originavano  da  un  pervertimento  generale 
della  Societa,  pel  predominio  di  alcuni  vizii  capital!,  che  erano  la 
Superbia,  avida  di  comandi ;  la  Invidia ,  intollerante  di  superior!  e 
di  eguali ;  1'Avarizia ,  cupida  di  subiti  e  gross!  procacci ;  il  mal  co- 
stume dilagato  dappertutlo  1.  Ma  la  ragione,  per  la  quale  coteste 
cause  universal!  di  corrompimento  aveano  libero  gioco  ,  la  ritrova 
nelle  parti  politiche  che  a  vicenda  si  dilaniavano  2 ;  nella  preva"- 
lenza  de'  tristi  3 ;  nella  impotenza  delle  leggi  4.  A  tulli  cotesli  mali 
avrebbe  arrecato  rimedio  il  suo  Monarca  universale,  potenlissimo,  e 
pero  capace  di  far  osservare  le  leggi ;  Signore  di  tutto  e  pero  non 
soggelto  a  niuna  cupidila  ,  che  lo  potesse  distorre  dalla  osservanza 
della  giustizia;  giuslo  e  non  cupido,  e  percio  amantissimo  de'  suoi 
sudditi,  e  da  questi  vicendevolmente  riamato,  si  perche  tanto  bene- 
ficati,  si  perch&  a  lui  immediatameute  congiunti  5.  Or  che  allro  si  e 
inteso  qui  nell'  Italia  coll'  opera  della  Rivoluzione  ,  se  non  appunlo 
dare  liberla  aquelle  stesse  passioni  sfolgorate  da  Dante,  e  con  misura 
si  larga,  che  i  tempi  di  lui,  paragonali  coi  pochi  anni  da  che  impera 
ia  Setta,  sarebbero  da  reputare  fiore  d'ogni  civile  e  morale  virtu? 

Poiche  se  e  vero'  che  le  opere  rivelano  le  intenzioni ,  questo  veg- 
giamo  noi,  cbe  al  fatto  della  Rivoluzione  e  conseguitato  Tinnalzamen- 
to  di  tanti  esseri  umaui ,  che  noi  non  vogliamo  qualificare ,  ma  che 
dicono  essi  medesimi  non  avere  maggior  merito  ,  che  di  congiure 
lenebrose  ,  di  arli  fellonesche ,  di  tpadimeoti  ai  lor  principi.  E  poi 
abbattimenlo  di  ogni  tiore  dell'  antica  sociela,  ed  assassin!!  di  one- 
slissime  famiglie ,  o  cassi  d'  ufficio ,  o  imprigionati ,  o  anche  fucilati 
i  loro  capi.  Per  converse,  subilanee  fortune  e  accrescimenti  stra- 
bocchevoli  in  coloro  che  abbiano  un  titolo  alle  benemerenze  della 
Setla :  e  il  pubblico  Erario  di  coutraccolpo  sempre  in  alto  di  es- 
sere  riempito  colle  sostanze  del  popolo  e  sempre  vuoto,  e  pero  il 
popolo  sempre  a  sudare,  sempre  a  dissanguarsi,  per  imbandire  le 

1  Inf.  VI,  74 ;  Purg.  XXIII ;  Par.  XV,  XXI,  ed  altrove. 

2  Purg,  VI,  76,  segg. 

3  Ibid.  124,  segg. 

4  Purg.  XVI,  94,  segg. 
Sifon.  lib.  1,  §.  XIII. 


E  IL  REGNO  I)'  ITALIA  583 

mense  ,  in  cui  gavazzi  chi  puo.  Finalmente  per  suggello  di  tut'o  la 
irreligione  e*  la  scostumalezza ,  non  piu  rislrette  ne'  co\i  sellarii  e 
negli  angiporli,  ma  libere  ne'  pubblici  ritrovi,  e  nelle  pubbliche  \ie, 
e  non  solo  tollerate  ma  con  for  late  di  premii  e  di  speranze. 

E  luttavia  seguitaie  a  bestemmiare  che  il  vostro  regno  e  il  regno 
vagheggialo  da  Dante?  E  non  basterebbe  a  costituire  un' anlitesi 
perfetla  la  qualita,  che  abbiamo  ultimamente  notata,  dell'  opera  vo- 
stra,  cioe  la  irreligione  che  la  penelra  tutla,  ed  e  suo  spirilo  e  vita; 
quando  per  contrario  Dante  ide6  la  sua  monarchia  essenzialmente 
cristiana  caltolica  ,  per  costituire  il  regno  civile  di  Cristo  sopra  la 
terra?  Non  crediamo  di  doverlo  dimostrare ;  perocche  questo  si  puo 
dire  che  e  1'  assunto  de'  Ire  libri  della  Monarchia;  e  tulti  gli  argo- 
menti,  che  esso  adduce  per  dimostrare  il  Dritto  divino  dell'imperio, 
la  morale  necessita  di  un  Monarca,  la  sua  dipendenza  immediata  da 
Dio,  T  organizzazione  del  nuovo  governo,  finalmenle  le  sue  relazio- 
ni  colla  Chiesa,  dimostrano  appunto,  non  dovere  la  Monarchia  esse- 
reN  altro  nella  sua  essenza,  che  il  Regno  civile  di  Cristo  in  que- 
sto mondo. 

Se  non  che  il  sistema  di  Dante,  secondo  che  dicono  i  liberali,  re- 
cava  con  se  la  dislruzionedel  dominiotemporale  de'romani  Ponlefici; 
distruzione,  che,  com'  e  chiaro,  e  la  cosa  maggiormente  desiderata 
da  essi,  dispostissimi  ancora  di  commettere  se  e  1' Italia  alia  balia 
di  died  Alberti  tedeschi ,  se  quesli  acconsentissero  a  torre  loro 
dagli  occhi  il  pruno  del  Papato.  Pero  che  fa,  par  che  ripiglino;  che 
fa  che  manchi  ogni  altra  rassomiglianza  fra  la  idea  dell'Alighieri,  e 
la  nostra?  Questa  e  tanta,  che  basta  essa  sola  per  un  perfetto  rag- 
guaglio.  La  presente  difficolla  ci  chiama  alia  quistione,  se  Dante 
volesse  o  no  couservata  la  dominazione  lemporale  de'  Papi:  e  com'e 
cosa  che  non  puo  essere  Iraltala  per  le  leggier! ,  la  rimetliamo  ad 
un  altro  quaderno. 


R I VIST A 

BELLA 

STAMPA  IT A  LIANA 


I. 

Continuazione  della  Storia  d' Italia  di  LUIGI  SFOBZOSI,  sino  alia  pro- 
clamazione  del  Regno  d  Italia  (486J ).  —  In  8.°  pice,  di 
pag.  LVI.  Firenze,  tipografia  di  G.  Barbera. 

Storia  del  Medio  Evo ,  scritta  per  la  HI  classe  ginnasiale  del 
7.°  Editcandato  da  GAETANO  ANGRISANI.  —  Volume  Primo.  In 
8.°  pice,  di  pag.  112.  Napoli,  stamperia  del  Vaglio  1863. 

Crediamo  di  far  cosa  non  discara  e  forse  utile  ai  lettori  nostri ,  se 
di  tanto  in  tanto  li  metliamo  in  guardia  da  certi  libri  e  libercoli , 
che  si  sono  divulgati  in  questi  ultimi  tempi  e  tuttodi  si  divulgano, 
per  servigio  delle  scuole  d'  Italia ;  ma  che  o  per  un  verso  o  per  un 
altro  sono  bacali,  e  piu  idonei  ad  ammorbare  che  ad  erudire  gli 
animi  dei  giovanetti  sludiosi.  E  siccome  i  corrompitori  della  tenera 
gioventu  (conforme  avvertimmo  allre  volte)  nei  libretti  di  storia, 
piu  che  in  quelli  di  altro  argomento ,  sogliono  occultare  il  veleno 
de'  rei  principii  e  delle  perniciose  menzogne ;  cosi  non  dia  meravi- 
glia,  se  noi  a  questi  piu  specialmente  abbiamo  1'occhio,  e  di  questi 
li  trattenlamo. 

In  uno  dei  passati  quaderni  ragionammo  brevissimamente  della 
Storia  d' Italia  del  signor  Banfi,  e  di  quella  della  innominata  Madre 
di  Famiglia.  Ora  toccheremo  pochissime  cose  del  sovra  mentovalo 
opuscolo  dello  Sforzosi  e  del  libriccino  deH'Angrisani,  i  quali  non 
abbiam  veduto  ragione  di  separare. 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  585 

Fino  dal  1858,  il  signer  Luigi  Sforzosi  diede  a  luce  un  Compendia 
della  storia  d' Italia,  daiprimi  tempi  sino  all'  anno  4850,  nuovamen- 
le  scritlo  per  le  scuole;  opera  che  esaminammo  con  diligenza ,  lo- 
dandone  le  otlime  parti  senza  grettezza  di  critica,  e  censurandone  i 
difetli  senz'  ombra  di  animosita.  Imperocche ,  riguardo  all'  Autore , 
di  buon  grado  riconoscemmo  che  «  scevro  di  pregiudizii  e  di  pas- 
sioni  parti giane,  e  libero  del  pan  da  preconcetti  e  male  inlesi  si- 
stemi  di  filosofia  storica,  egli  procedeva  generalmente  con  savia  im- 
parzialita :  che  se  talvolta  pur  sembrava  inchinato  a  un  certo  libe- 
ralismo  di  opinioni,  questo  era  in  lui  si  temperato,  che  la  verita  sto~ 
rica  di  rado  ne  scapitava ,  e  lo  spirito  sinceramente  caltolico  del 
suo  libro  non  ne  riceveva  gran  nocumento  1  ».  Ma  stanteche  egli 
era  incorso  in  notabili  errori,  percio  sul  merito  del  libro  dovemmo 
conchiudere :  «  Esso  qual  e  non  ci  sembra  da  porre  alle  mani  della 
gioventu  italiana,  e  molto  meno  da  proporre  come  testo  di  storia 
nelle  scuole,  perche  la  gioventu  vi  s'  imbeverebbe  di  opinioni  false 
in  parecchie  materie  rilevanti.  Nondimeno,  siccome  ha  pure  molte 
parti  egregie,  e  lemen  buone  non  sono  difficili  a  sanare;  egli  sa- 
rebbe  a  desiderare  che  qualche  mano  amorosa  e  perita  si  ponesse 
air  opera  di  emendarle.  La  fatica  non  sarebbe  grande,  ed  avrebbe 
un  grande  compenso  nel  somministrare  ai  giovani  italiani  un  eccel- 
lente  compendio  della  Storia  d'  Italia  2  ». 

Dopo  il  1859 ,  essendo  in  Italia  accadute  le  novita  che  tutti  sap- 
piamo,  lo  Sforzosi,  per  compiere  il  suo  sunto  di  storia,  divis6  aggiun- 
gervi  in  Continuazione  le  cinquantasei  pagine  di  quest' opuscolo,  fer- 
mandosi  al  1861,  anno  memorabile  per  la  promulgazione  del  cosi  det- 
to  Regno  d' Italia.  Se  non  che,  come  gli  avvenimenti  mutarono  intorno 
all'  Autore,  cosi  egli  si  S  mutato  a  seconda  degli  avvenimenti :  e  ci6 
a  tal  segno,  che  dove  nel  libro  era  apparso  immune  da  pregiudizii 
e  da  passioni  partigiane,  saviamente  imparziale  e  di  spirito  sincera- 
mente cattolico;  nell' opuscolo  si  e  dato  a  scorgere  per  un  tutt'al- 
tr'uomo,  pieno  di  storti  pregiudizii  controla  santitadel  diritto,  cal- 
dissimo  partigiano  della  rivoluzione,  parzialissimo  de'  suoi  arlefici 

1  V.  Civilta  Cattolica,  Serie  quarta,  vol.  II,  pag.  274.  —  2  Ivi,  pag.  288. 


586  BIVISTA 

e  cattolico  al  di  solto  del  ventiquallro  carati.  Percio  i  due  lavori  si 
direbbero  quasi  dettati  da  due  diverse  penne ;  giacche  tanto  distuona 
il  secondo  dal  prirao ,  quanto  ,  per  grazia  d'  esempio ,  distuonereb- 
be  la  coda  di  un  somiero  dal  corpo  di  uno  stimabile  palafreno.  Gisi 
perdoni  la  similitudine:  ma  noi  non  ne  troviamo  altra  piu  propria. 

Ed  in  effetto  i  dodici  anni  decorsi  tra  la  restaurazione  del  1849 
e  T  incoronamento  regio  della  rivoluzione  nel  1861 ,  con  lutti  i  casi 
che  precederono,  accompagnarono  e  seguirono  la  guerra  del  1859, 
sono  da  lui  ricapitolati  con  uho  stile,  non  gia  da  cordato  compendiatore 
di  pubblici  success! ;  ma  da  gazzettiere  di  quella  piu  dozzinale  specie, 
che  mente  per  professione.   Del  cbe  sono  prova  le  sperticate  corli- 
gianerie  al  Piemonte,  allora  sede  dei  mestatori  che  apparecchiavano 
lo  sconvolgimento  della  Penisola,  e  cbeesso  glorifica  come  un  terre- 
slre  paradiso;  daccbe  «  ivi  le  libere  islituzioni  non  spergiurate,  ivi 
le  esigenze  clerical  i  frenale,  ivi  il  nucleo  forte  e.disciplinato  del 
futuro  esercilo  italiano  » ;  sono  prova  le  caluonie  al  Granduca 
Leopoldo  II  di  Toscana ,  ch'  egli  dice  «  non  aver  ricavato  che  il 
disamore  del  suo  popolo »  ;  le  insolenze  al  duca  Francesco  di  Mo- 
dena,  il  cui  Governo  taccia  di  «  duro  e  antinazionale  » ;  le  slesse 
accuse  a  quello  lanto  mite  di  Francesco  II  di  Napoli,  i  cui  Mi- 
nistri  egli  dipinge  come  intesi  «  a  frenare  nei  popoli  il  desiderio 
della  liberla,  raddoppiando  le  mlsure  di  rigore ,  le  persecuzioni ,  le 
catlure ,  le  pene  » .  E  queste  sciocchezze  scriveva  egli  mentre  «  i 
popoli  »  del  napoletano,  armati  contro  i  conquislatori  del  loro  Regno 
e  i  ladroni  del  loro  Re  ,  mostravano  combattendo  qual  fosse  in  loro 
«  il  desiderio  della  liberla  ».  Tali  cose,  lo  ripetiamo,  puo  ben  esser 
Utile  scombiccherarle  in  un  foglio  a  un  giornalista  pagato  per  far  ve- 
dere  la  luna  nel  pozzo  a  chi  vuol  vederla ;  ma  rion  sara  mai  decoroso 
ne  onesto  ad  uno  scritlore  per  le  scuole,  presentarle,  in  forma  di  sto- 
ria,  a  creduli  giovanetti,  per  tradirne  liberalescamente  la  buona  fede. 
Ma  lo  Sforzosi  vince  se  medesimo ,  dove  discorre  della  invasione 
sarda  del  1860  neH'Umbria  e  nelle  Marche.  Premelte  che  il  Papa 
si  era  allestito  a  difendersi  contro  «  la  rivoluzione,  che  sentiva  fre- 
mere  ai  suoi  conGni  ».  Premetle  che  questi  ordini  di  difesa  «  non 
furono  imprevidenti  ».  Premette  che  in  sostanza  il  Papa  era  suffi 


DELIA  STAMPA  ITAL1ANA  587 

cientemente  al  sicuro,  nei  suoi  Stall  rimastigli,  da  ogni  assallo  della 
democrazia.  E  quesle  cose  premesse,  afferma  che  il  Cavour  era  ri- 
dotlo  nella  necessita  d'  impadronirsi  della  rivoluzione  democratica 
a  facendo  mostra  di  volerla  reprimere  » .  Quindi  narra  la  commedia 
del  colloquio  di  Chambery ,  e  la  narra  con  1'  artifmosa  ingenuita  di 
un  sempliciano  :  e  detlo  come  in  Chambery  si  fosse  otlenuta  la  li- 
cenza  di  «  frenare  la  rivoluzione  »,  seguila  :  «  Ma  intanto  Cavour 
facendo  mostra  di  voler  frenare  la  rivoluzione ,  ne  affrettava  il 
corso  »  dichiarando  la  guerra  al  Papa.  E  per  adonestare  questo  im- 
broglio di  contraddizioni  e  d'iniquila,  esce  in  questa  finale  sentenza: 
//  momento  era  dunque  opportuno,  sarebbe  stato  un  errore  lascia- 
re  sfuggire  I'occasione;  conveniva,  con  un  alto  di  cor aggio  politico, 
violare  il  diritto  diplomatico,  per  pone  in  campo  il  diritto  nazionale. 
Ecco  in  tre  righe  un  sublimato  di  perfidia  machiavellesca,  non  solo 
encomiato  dallo  Sforzosi,  ma  colorito  di  una  linta  rosea  e  dalui  por- 
tato  in  trionfo.  Eccol'assioma  del  fine  che  giuslifica  i  mezzi,  santifi- 
cato ;  ecco  un  sacrilego  latrocinio  in  danno  della  Sede  di  Pietro ,  lo- 
dato  per  «  allp  di  coraggio  politico  » ;  ecco  1'  assassinio  internazio- 
nale  e  il  rapimento  degli  Slati  della  Chiesa,  scusati  come  necessaria 
«  violazione  di  diritlo  diplomatico  » ;  ecco  la  rivoluzione  levata  a 
cielo,  sopra  tutte  le  ragioni  di  giustizia  umana  e  divina,  con  la  ma- 
schera  del  «  diritto  nazionale  ». 

Questi  cenni  possono  bastare  per  saggio  dell'  abbietlo  spirito  di 
parte,  ond'  e  brultato  cotest'  opuscolo  di  Continuazione  della  Storia 
d'ltalia  dello  Sforzosi.  Per  lo  che  ci  passiamo  dal  notare  tante  altre 
magagne  liberalesche  che  lo  infrttano,  massimamente  nel  paragrafo 
che  comprende-la  coltura  degl'Italiani  dal  1815  al  1861 ,  il  qual  e 
un  continue  panegirico  dell'ingegno  adoperato  in  servigio  della  setta; 
e  paghi  di  aver  indicate  la  specie  del  \eleno  di  cui  lulto  1'  opuscolo 
e  cosparso,  veniamo  all'altro  dei  libercoli  sopra  annunciati. 

II  giornale  La  Educatrice  italiana,  direlto  dalla  signora  Luisa  Ama- 
lia  Paladini,  direttrice  della  regia  Scuola  superiore ,  normale  e  spe- 
rimentale,  perlefemmine  di  Firenze,  giornale  le  cui  qualila  educati- 
ve i  noslri  leltori  non  ignorano  1;  dando  conto  della  Storia  del  Medio 

1  V.  Cimlta  Cattolica,  vol.  I  di  questa  Serie,  pag.  592  segg.  # 


588  RIVISTA 

Evo  dell'Angrisani ;  cosi  coinincio  il  suo  articoletto  «  favoritole »  da 
Napoli,  e  da  lei  accollo  e  stampato  con  « fervide  grazie »  al  mandante: 
«  Ecco  un  buori  libriccino,  ma  buono  davvero,  per  le  nostre  scuole. 
Ce  ne  fa  dono  (e  si  che  e  un  dono  assai  preziosounbuonlibro,  mas- 
sime  quando  e  ordinalo  a  formare  il  cuore  e  la  mente  della  giovane 
eta)  il  signer  Gaetano  Angrisani,  per  quanto  istruito  altrettanto  mo- 
desto  pretino  qui  delle  nostre  province ,  di  Rocca  presso  Cava.  E 
per  ben  quindici  anni,  nella  Badia  di  Cava  insegno  lettere  ai  giovani 
di  quel  convitto  il  valoroso  uomo  ;  donde  poi ,  quasi  nascosto  ed  a 
pochissimi  noto,  per  la  sua  grande  modestia,  venne  a  trarlo  ,  per 
tradurlo  in  luce  alquanto  piu  aperta  ,  il  ministro  Francesco  de  San- 
ctis.  Ed  eccolo  professore  nel  1.°  dei  tre  istituti  governativi  femmi- 
nili  (di  Napoli) ;  a  cui  da  oggi  il  nome  la  prima  delle  figliuole  del 
glorioso  Re  d'ltalia,  principessa  Clotilde. .  .  .  L  Angrisani  e  conten- 
to  d'insegnare  a  fanciulle  gentili,  colle  quali  ( ed  ei  fior  di  costumi 
e  di  cortesia  ben  vi  riesce)  si  vuole  alia  urbanita  e  morbidezza  dei 
modi,  congiungere  un  non  so  che  di  severo  e  di  grave  ;  e  pero  chi 
per  avvenlura  ne  lo  spiccasse,  per  adoperarlo  in  allro,  forse  non  gli 
farebbe  la  piu  grata  cosa  del  mondo  1  ». 

Avvegnache  queste  lodi,  ed  altre  maggiori  del  femminesco  giornale 
che  per  brevila  omettiamo,  e  ancora  piu  i  maligni  tratti  che  egli  cita 
della  storia  dell' Angrisani,  ci  avessero  persuasi  della  sua  perversita; 
tuttavolta,  per  fame  un  piu  si  euro  giudizio,  ce  ne  siamo  voluto  pro- 
curare  il  testo.  Ma  dall'  attenta  sua  lettura  ci  e  stato  forza  dedurre 
pur  troppo,  che  il «  modesto  pretino  »  non  e  se  non  uno  degli  odier- 
ni  presbiteri  liberali ,  che  hanno  voltate  le  spalle  al  Papa,  per  istri- 
sciarsi  ai  piedi  della  rivoluzione  ond'  hanno  il  salario  ;  e  che  ben 
compassionevole  dev'  essere  la  educazione  data  alle  fanciulle  e  pro- 
mossa  da  istitutrici,  le  quali  ammetlono  per  «  buono,  ma  buono  dav- 
vero »  e  per  un  «  dono  assai  prezioso  »  questo  libello ,  scandaloso 
per  le  prave  massime  che  inculca  ,  ed  empio  contro  la  Santa  Sede. 
€io  dimostrando,  faremo,  come  si  suol  dire,  un  viaggio  e  due  servi- 
zii :  poiche  scopriremo  un  lacciuolo  di  piu ,  leso  pubblicamente  alia 
semplicita  giovanile,  e  riconfermeremo  le  cose  dure  ma  vere  che  al- 

„     1  Anno  I,  N.  25,  pag.  387. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  589 

trove  ci  accadde  di  scrivere,  in  biasimo  della  Educatrice  italiana  e 
degrintendimenli  seltarii  a  cui  e  indirizzata  essa  e  la  donnesca  con- 
sorteria,  che  in  lei  fa  cenlro. 

Non  grande  primieramente  e  in  se  medesimo  il  valore  del « libric- 
cino  » .  I  falti  che  riepiloga  si  stendono  ai  circa  quattro  secoli ,  corsi 
dalla  scesa  di  Alarico  in  Italia  co'  suoi  Visigoti ,  fmo  alia  distruzione 
del  Regno  dei  Longobardi.  Lo  stile  e  tronfio,  ricco  di  ampolle  che 
uno  inesperto  puo  prendere  di  leggieri  per  sentenze  da  Tito  Livio  o 
da  Tacito ,  e  povero  di  quella  schietta  naturalezza ,  che  e  la  princi- 
pal dote  di  un'  opera  didascalica.  La  lingua  non  e  sempre  di  un  te- 
nore.  La  materia  e  tolta  dai  soliti  libri,  e  in  gran  parte  da  quelli  di 
Cesare  Balbo ;  ne  porge  altra  novita ,  se  non  gli  stravaganti  concetti 
mescolati  dall'Angrisani  alle  cose  degli  Autori  ch'  egli  ha  svaligiati. 
II  metodo  poi  non  &  niente  affatlo  elemenlare  e  proporzionato  alia 
capacita  di  fanciulle ,  si  per  le  inopportune  digressioni  con  cui  fra- 
staglia  il  racconto ,  si  per  la  disuguaglianza  della  esposizione  ora 
troppo  diffusa ,  ora  troppo  succinta ,  e  si  per  la  forma  del  narrare , 
la  quale  ha  piu  del  declamatorio  che  dell' insegnativo. 

Quanto  al  suo  pensare  politico ,  egli  e  tullo  liberalismo  e  demo- 
crazia ,  ma  denlro  certi  confini ,  segnati  a  lui  dalla  sua  condizione 
di  salariato  dal  Ministro  dell'  istruzione  pubblica  del  Regno  d'  Italia. 
Cosi  a  mo'  d'esempio ,  egli  vitupera  «  i  dominanti  di  ogni  eta ,  di 
ogni  paese  »  perche  «  credeltero  e  crederanno  sempre  di  aver  mol- 
ti  diritti  e  pochi  doveri ,  o  nessuno  » :  ma  a  questa  universalita  fa 
un'  unica  eccezione;  «  salvo  uno  (die*  egli)  conceduto  in  questi  tem- 
pi dalla  benignit^  de'  cieli  all'  Italia  1  »  :  ed  e  quello  nel  cui  nome 
egli  gode  la  palente  e  ii  soldo  di  professore  nel  1.°  Educandato  di 
Napoli.  Medesimamente  egli  afferma  che  « la  mancanza  di  unReale, 
fu  riputata  sempre  una  benedizione  celeste  per  gl'  Italiani » :  ma 
affinche  nel  Minislero  dell'  islruzion  pubblica  niuno  dovesse  pigliare 
scandalo  di  una  si  democratica  asserzione,  egli  ha  avuto  cura  di 
aggiungere  questa  noterella  a  pie  di  pagina :  «  quando  il  Reale  non 
sia  di  Casa  Savoia ,  s'  intende  2  »..  Con  che  lascia  anche  facilmente 
sottintendere,  com'egli  sara  disposto  ad  eccettuare  qualche  altro  Rea- 

1  Pag.  51.  —  2  Pag.  75. 


590  TUVISTA 

le;  purche  da  quel  Reale  dipenda  cio  die  per  lui  dipende  dal  Reale 
di  Casa  Savoia.  E  cio  sia  detlo  per  mettere  in  chiaro  il  liberalismo 
purissimo  del  «  modesto  pretino  »  ,  tanlo  caro  alia  Educatrice 
italiana. 

Venendo  oraalle  massime,  di  cui  ingemma  la  narrazione  della  sua 
storia  ,  melteremo  da  banda  le  poliliche,  le  quali  sono,  come  avvi- 
sammo ,  un  fiore  d'  italianita  liberalesca ;  e  ci  contenteremo  d'  un 
saggio  delle  religiose ,  che  con  quelle  sono  inlimissimamenle  legate. 
L'Angrisani,  verbigrazia ,  non  approva  che  la  Chiesa  abbia  nessun 
potere  estrinseco  sulla  terra,  e  non  ostante  la  contraria  definizione 
dei  Concilii,  dei  Padri  e  del  Romani  Ppntefici,  egli  abborre  da  qua- 
lunque  eserdzio  di  questo  potere ;  singolarmente  se  coercitivo.  Quin- 
di  esecra  1'  inquisizione  ch'  egli  dipinge  a  suo  garbo  1 ;  quindi  inse- 
gna  che  i  «  ministri  di  una  religione  di  amore  dovrebbero  battaglia- 
re  con  quesle  due  armi :  la  parola  della  Bibbia  e  la  Croce  2  » :  non 
con  altre.  Per  lui  la  « tolleranza  civile  »  dei  culti  e  «  una  delle  piu 
felici  eonquiste  del  secolo  3  »  :  e  il  Papa  e  martire  san  Giovanni!, 
coslretto  dall'  ariano  Re  Teodorico  di  chiedere  air  Imperator  greco 
tregua  a  favore  degli  Ariani  in  Oriente,  per  salvare  i  Cattolici  dell'I- 
talia  che  il  barbaro  Re  voleva  meltere  a  fil  di  spada,  se  1'lmperato- 
re  non  si  mitigava  con  quelli ;  questo  santo  Papa  e  da  lui  rappre- 
sentato  quasi  un  iipo  di  Pontefice  liberale.  Onde  sclama:  «  Egli, 
capo  della  comunione  callolica,-non  isdegno  d'  intercedere  a  pro  de- 
gli erelici  ariani.  lo  veggo  in  lui  it  sacerdote,  ch'ebbe  lirapido  con- 
cetto della  sua  missione  di  amore  e  di  pace  4  » .  Come  se  Tamore  di 
questo  Papa  avesse  avulo  per  termine  gli  eretici  ariani ,  in  quanto 
tali,  e  non  anzi  i  Cattolici  dell'  Italia ;  e  la  pace  da  lui  intesa  fosse  in 
pro  della  eresia  d'Orienle ,  e  non  anzi  della  cattolica  Fecle  in  Occi- 
dente.  Per  la  medesima  ragione,  egli  riprova  la  guerra  di  Clodoveo, 
primo  Re  cristiano  dei  Franchi ,  contro  Alarico  H  Re  dei  Visigoti 
ariani ;  contuttoche  questa  guerra  fosse  benedetta  da  san  Remigio,  e 
accompagnata  da  visibili  segni  deila  celeste  protezione.  «  Cristo 
( oracola  qui  VAutore  teologizzando  da  ridicolo  sofista)  non  disse  mai 
a'suoi  discepoli:  scannate  coloro  che  non  vogliono  credermi,  ne  gli 

J  Pag.  60.  —  2  Pag.  16.  —  3  Pag.  35.  —  4  Pag.  42. 


BELLA  STAMP!  ITALIANA  591 

Apostoli  conquistarono  altrimenli  alia  sua  fede  le  genti,  se  non  con 
la  soave  parola ,  eke  sa  dettare  1'amore.  Clodoveo  levando  la  Croce 
ad  insegna  di  sterminio,  ioizio  quelle  guerre  spielate,  che  nel  deci- 
moseeondo  e  decimosesto  secolo  allagarono  la  Francia  col  sangue 
degli  Albigesi  e  degli  Ugonolti  1 ».  Di  modo  ebe,  giusta  la  teologia 
di  questo  pretino,  gli  Ariani  r  gli  Albigesi  e  gli  Ugonolti  eras  liberi 
d'  infierire  a  posla  loro  contro  i  Cattolici :  ma  i  Cattolici  Re  e  suddili 
HOB  dovevano  e  non  potevaoo  combatterli,  nemmeno  in  guerra  giuri- 
dica,  perche  la  loro  arma  e  « la  soave  parola  che  sa  deltare  1'amore  ». 
Si  vede  proprio  cbe  il  modesto  pretino  ha  un  cuore  di  zucehero,  nato 
fatto  per  «  insegnare  a  fanciulle  gentili »  cose  dolcissime ;  ma  eerto 
He  il  cateehismo  y  ne  la  storia. 

Inoltre  egli  si  finge  divoto  dei  Sanli  antichi,  ed  ha  in  uggia  i  San- 
ti  modern! :  non«gia  (si  badi  bene)  perche  gli  antichi  foss^ro  in  san- 
tita  piu  esimii  che  noa  i  modern! ;  ma  perche  gli  anlichi ,  come  sa& 
Benedetto  r  usavano  «  tolleranza  »  :  doveche  i  morlerni,  o  almeno 
alciini  di  essi,  hanno  dimenticati  i  molli  esempii,  dice  esso>  di  que- 
sla  tolleranza,  lasciati  loro  da  Gesu  Cristo  :  e  poi  perquest'altra  ca- 
gione:  « I  Santi  antichi  aveyano  caro  il  luogo  natio,  certo  non  perk 
mura  e  le  case  ,  ma  per  le  ragionevoli  creature ,  che  vi  abitavano  ; 
vedevano  IQ  quelle  il  prossimo ,  raccomandalo  dal  Vangelo  e  1'  ama- 
vano.  Ma  certi  Santi  odierni,  di  miova  stampa,  trovano  in  quell'  amo- 
re  un  brutto  peccato ,  la  parola  di  patria  gli  spavenla  piu  di  quella 
di  Satana;  il  che,  se  e  santila,  convien  dirla  u»a  santita  di  assai 
fresca  data  2!  »  A  ehe  miri  il  nostro  pretino  con  questi  dardi,  e  age- 
vole  indovinarb:  tanto  piu  che  egli  altrove,  narrando  di  san  Leone 
Papa  y  il  quale  disblse  Attila  dal  tribe-tare  T  Italia ,  ripete  che  que- 
sto  Santo  «  non  eredeite  fosse  peccato  amare  la  patria  3  ».  Ma  1'An- 
grisani  dovrebbe  avvertire ,  che  ci  e  patria  e  patria:  la  palria  vera 
popolata  di  prossimi,  e  la  patria  falsa ,  doe  la  congrega  dei  settarii 
figliuoli  di  Satana,  che  congiurano  a  perdizione  della  yera  patria. 
Adunque  i  Santi  odierni  amano  di  gran  cuore  la  patria  vera  e  lepro- 
cacciaoo  ogni  bene  possibile,  ma  per  fermo  rifuggono  dalla  pati'ia 
falsa,  vale  a  dire ,  dalla  fratellanza  dei  settarii ,  come  da  Satana ; 

1  Pag.  38.  -  2  Pag.  57,  58.  -  3  Pag.  16. 


JJ92  RIVISTA 

non  altrimenti  che  facessero  i  Sauli  antichi.  Imperocche  agli  anti- 
chi  e  ai  moderni  fu  ed  e  regola  il  documento  lasciatoci  da  Cristo , 
ove  disse :  Cavete  a  fermento  Pharisaeorum.  E  in  vero ,  se  1'Auto- 
re  si  pon  la  raano  sul  petto  sacerdotale,  e  si  fa  presente  all'animo  il 
giudizio  di  Dio,  vedra  ancor  egli  che  non  solo  nessun  Santo,  ma  nes- 
sun  cristiano  puo  in  coscienza  amare  una  setta,  la  quale,  usurpan- 
dosi  per  esempio  il  nome  e  i  diritti  dell' Italia,  si  serve  di  questa 
sua  usurpazione  per  opprimere  i  popoli  italiani ,  per  dissanguarli 
nelle  sustanze ,  per  tiranneggiarli  nelle  famiglie ,  per  corromperli 
nei  costumi ,  per  guastarli  nella  fede ,  per  depravarne  i  figliuoli  e  le 
figliuole  con  una  educazione  malvagia,  per  istraziarne  i  Vescovi  e  i 
sacerdoti,  per  derubarne  le  chiese  ,  e  per  farli  scherno  e  ludibrio 
del  mondo.  Che  se  allri  predichi  1'obbligo  di  amare  una  tal  setla , 
perche  essa  e  la  «  patria » ,  ancor  che  il  predicates  sia  un  pretino 
« modesto  »  quanto  una  colombella;  1'Angrisani  (sempre  al  lume 
del  giudizio  di  Dio)  dovra  consentire  anch'egli,  che  un  tale  predica- 
tore  non  merita  altra  risposta,  da  quella  in  fuori  del  Vade  retro,  Sa- 
tana ,  che  diede  lo  stesso  Signor  nostro  in  un  certo  caso ,  per  am- 
maestramento  di  tutti  i  Santi  e  antichi  e  presenli  e  fuluri. 

Se  nou  che  tutte  le  ire  di  questa  colomba,  senza  fiele  per  gli  Ariani, 
per  gli  Albigesi,  per  gli  Ugonolli  e  per  ogni  razza  di  barbari  e  d'in- 
fedeli  malefici,  sono  riserbate  pei  Papi  e  pel  loro  temporale  domi- 
nio.  Questo  e  1'orco  e  la  versiera  che  turba  i  sonni  dell' Angrisani. 
Lasciamo  in  disparte  il  grosso  errore,  che  «  il  civil  principato  dei 
Papi  abbia sempre  cozzalo  con  le  citta  Hbere,preludiodeiComuni  1»; 
mentre  all'opposto  la  storia  dichiara  luculentissimameute,  che  i  Papi 
furono  vigili  protetlori  dei  Comuni  d'  Italia,  contro  1'ingordigia  dei 
Cesari  germanici;  e,  per  tacere  di  altri,  ne  son  prova  Gregorio  VII, 
Alessandro  III,  Innocenzo  III  e  Gregorio  IX;  e  riportiamo  invece  la 
sua  dottrina  circa  la  tesi  in  genere  del  sovrano  Potere  dei  Romani 
Pontefici.  Eccola:  « Con  Gregorio  II  comincio  la  signoria  temporale 
de'Papi.  La  quale  apparentemente  vantaggio  la  digniladel  papalo, 
ma  la  vera  grandezza  ne  estinse.  I  Pontefici  Romani  finirono  di  es- 
sere  buoni  Vescovi,  per  essere  cattivi  principi,  e  governarono  la 

1  Pag.  S3. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  593 

Chiesa,  non  piu  con  la  ragione  divioa,  ch'5  nel  libro  de'Vangeli,ma 
con  quella  fredda  ragione  umana,  che  si  chiama  politica.  AH'occhio 
del  volgo  ignorante,  che  si  lascia  .abbagliar  dalle  forme,  furono  una 
potenza;  ma  innanzi  all'intelletto  che  giudica,  furono  una  contrad- 
dizione.  II  Vescovo  di  Roma,  messosi  in  testa  il  triregno,  fulgido  di 
gemme,  disse:  io  regno;  ma  la  croce  che  gli  pendeva  sul  petto,  ri- 
cordava  quel  Cristo,  che  avea  detto :  il  mio  regno  non  e  di  questo 
mondo  l  ».  Questo  garbuglio  di  spropositi,  di  beslemmie,  di  em- 
pieta  e  di  eresie,  per  essere  una  perfetla  antitesi  di  tutte  le  recent! 
definizioni  del  Santo  Padre  Pio  IX  e  delle  dichiarazioni  dell'Episco- 
pato  cattolico;  e  per  essere  uno  stillato  di  tutti  i  piu  ignobili  sofismi 
degl'  increduli,  de'  frammassoni  e  de'  protestanti  dei  nostri  giorni, 
non  'ha  mestieri  di  altro  commento. 

Un  altro  passo,  degno  di  essere  considerate,  $  questo,  in  cui  il 
pretino  sentenzia  modestamente,  al  suo  solito,  intorno  alia  chiamata 
che  fece  Gregorio  III  dei  Franchi,  per  dare  un  respiro  all'Italia  ves- 
sata  dai  Longobardi.  «E  questi  si  che  fece  un  gran  male  !  fu  il  pri- 
mo  principe  italiano,  che  chiamasse  gente  armata  e  foresliera  in  Ita- 
lia. (Qui  pone  in  nola:  Dico  principe  ilaliano,  perche  regno  in  Italia; 
ma  egli,  per  minor  vergogna  del  nostro  paese,  era  nato  in  Soria). 
Cesare  Balbo  lo  scusa ;  ma  le  ragioni  che  allega,  non  mi  paiono  de- 
gne  di  lui.  Un  fatto  di  per  se  caltivo  non  puo  mai  essere  giustificato 
dal  fine,  pognamo  che  sanlo  fosse  stato  il  fine  del  Pontefice.  Se  era- 
no  stranieri  i  Longobardi,  che  stanziavano  gia  da  presso  a  due  se- 
coli  nella  penisola,  non  erano  piu  stranieri  i  Franchi,  che  non  1'ave- 
vano  ancora  vedula  2  ?  »  Passiamoci  di  entrare  nelle  ragioni  storiche 
e  giuridiche  di  queslo  falto,  che  1'  Angrisani  finge  d'  ignorare ,  per 
mordere  con  piu  velenoso  dente  il  grande  e  santissimo  Pontefice  sal- 
vatore  degl'Italiani :  e  in  quello  scambio  argomentiamo  cosi  ad  ho- 
minem.  Se  il  chiamare  «  gente  armata  e  forestiera »  in  Italia,  anche 
per  liberarla  da  slranieri  e  barbari,  per  «  un  principe  italiano »  e 
un  fatlo  per  se  cattivo,  che  non  pud  mai  essere  giustificato  dal  fine; 
come  potr&  dunque  ii  signor  Don  Gaetano  Angrisani,  professore  nel 

1  Pag.  94.  -  2  Pag.  97. 
Serie  T/,  vol.  11,  fasc.  365.  38  22  Maggio  1865. 


594  RIVISTA 

1.*  Educandalo  governativo  di  Napoli ,  giustificare  la  chiamata  dei 
Frances!  in  Italia  nel  1859 :  chiamata  falta  da  quel  Re  che  egli  glo- 
rifica  come  unico  dono  «  della  benignita  dei  cieli  all'Italia  » ;  e  chia- 
mata fatla  per  cacciarne  stranieri ,  che  non  erano  sicuramente  bar- 
bari,  ne  da  paragonarsi  ai  Longobardi?  L'umile  servo  che  mangia  il 
pane  di  un  Governo,  il  quale  sussiste  in  Italia  (e  anche  in  Napoli)  per 
virtu  di  un  foresliero  intervento,  dovrebb'  essere  piu  cauto ,  se  non 
nello  spropositare,  almeno  nel  vestire  con  garbo  i  suoi  spropositi  in 
certe  materie.  II  che  sia  detto  anche  per  riguardo  aH'altro  luogo,  nel 
qaale,  magnificando  il  Papa  Giovanni  III ,  che  frastorno  Narsete  dal 
disegno  d'introdurre  Alboino  in  Italia,  soggiunge:  «In  que' tempi, 
per  tante  ragioni  infelicissimi,  erano  consolanle  spettacolo  i  Pontefici, 
che  amavano  Tindipendenza  d'ltalia,  e  non  credevano  opera  merito- 
ria  venderla  allo  straniero  1  » .  Dove  non  sappiawo  che  cosa  piu 
amrnirare ,  se  Y  impudenza  o  la  dissennatezza  della  caluniosa  insi- 
nuazione.  Giaeche  noi  sfidiamo  TAngrisani  a  trov.arci  un  Papa ,  che 
abbia  venduto  1'Italia  o  un  palmo  di  sua  terra  allo  straniero :  e  in 
quella  vece  e  tanto  fresca  lavendita  di  Nizza  e  Savoia  allo  straniero, 
falta  dachi  sa  egli,  che  il  ricordarla  a  questo  proposito,  e  una  in- 
solenza  la  quale  gli  potrebbe  costar  caro. 

N&  dis&imile  e  1'  osservazione  da  farsi  intorno  a  questa  sua  sen- 
tenza  della  donazione  di  Pipino  al  Papa  Stefano  II.  «E  evidente  che  il 
dominio  papale  ha  una  origine  poco  gloriosa ;  fu  1'effettodi  una  con- 
quisla ;  e  la  conquista  non  costituisce  mai  un  diritto,  se  pur  non  vo- 
glia  dirsi  nel  suo  dirilto  il  ladro,  che  ritiene  le  cose  altrui ,  perch& 
ebbe  T  arte  e  la  forza  di  prenderle.  Dall1  allra  banda  una  donazione 
non  e  legale,  quando  chi  dona  non  ha  diritto  di  donare;  e  non  ha  di- 
ritto di  donare  chi  dona  cose  non  sue ;  e  cose  non  sue  dono  Pipino 
al  Pontefice  2  ».  Questa  bella  catena  di  proposizioni,  che  sono  scioc- 
che  applicate  al  caso  di  Pipino,  sono  tutf  altro  che  sciocche  applicate 
al  caso  del  Regno  d'  Italia.  E  noi  saremmo  curiosi  di  leggere  una 
«  moteta  »  dimostrazione  dell'  Angrisani ,  con  la  quale  provasse 
che  Pipino,  conquistando  terre  italiane  sopra  barbari  usurpatori,  e 
donandole  a  un  Principe  italiano ,  la  fece  da  ladro ;  e  che  al  contra- 

1  Pag,  67.  —  2  Pag.  100. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA 

rio  il  Piemonte,  conqnistandq,  esempligrazia,  il  Regno  di  NapoU  ila- 
liano,  senz'  altra  ragione  che  la  voglia  di  conquistarlo,  e  ritenendolo 
per  se  e  per  la  sua  corona,  a  dispetto  dei  nazionali  che  resislono, 
noo  ha  operato  da  ladro ,  ma  da  benefatlore ,  umco  dono  «  conce- 
duto  dalla  benignila  dei  cieli  all'  Italia  ».  Ne  vale  addurre  il  preleso 
suffragio  dei  popoli.  Stanteche  la  donazione  di  Pipino  al  Pontefi- 
ce  non  fu  compra  con  sangue  italiano ,  ne  imposta,  ne  mantenuta 
col  ferro  e  col  fuoco ;  anzi  fu  acclamata  da  lutte  le  genii  italiche , 
lietissime  di  permutare  la  tiranriide  dei  Longobardi  col  paterno  reg- 
gimenlo  dei  Papi.  E  converse  la  conquisla  piemonlese  del  Regno  fu 
effetto  di  bo"mbe  e  cannoni ;  fece  spargere  fiumi  di  sangue  napolita- 
no,  e  il  suffragio  dei  popoli  che  la  ripudiano,  esce  tultodi  dalle  boc- 
che  dei  moschetti  si  dei  conquistatori  fucilanti  i  conquistati,  e  si  dei 
conquistali  guerreggianti  i  conquistatori. 

Meriterebbe  altresi  particolare  nota  T ultimo  capitoletto,  che  nel- 
1*  indice  ha  questo  titolo:  «  Papa  Adriano  I  tradisce  il  suo  mloiste*- 
ro ,  per  mostrarsi  grato  a  Carlo  Magno ,  che  gli  avea  creseiuto  il 
dominio  temporale  »  ;  e  nel  corpo  del  libercolo ,  questo  tradimento 
restringesi  al  gran  delitto  di  non  avere  punito  Carlo  Magno,  pel  ripu- 
dio  della  moglie  Ermengarda.  Vogliamo  apporre  a  frutto  d'ignoran- 
za,  questo  maligno  zelo  del  •«  modeslo  pretino  »  conlro  un  Ponlefice 
venerando.  Ma  appunto  la  modestia  insegna  a  non  isfritiguellare  ne 
lodi  ne  biasinai,  sul  conlo  di  cose  che  non  si  conoscono.  Che  Adriano 
Don  fallisse  al  suo  debito,  si  e  da  noi  mostrato  nella  esposizione  che 
facemmo  in  addietro  del  caso  di  Ermengarda  1.  E  posto  eziandio 
che  questo  Papa  fosse  conlravvenuto  agli  obblighi  del  suo  ministero, 
sarebbe  pur  sempre  sozza  la  perfidia  di  ascrivere,  senza  fondamento, 
questo  suo  fallo  ad  ambizione  di  veder  «  creseiuto  il  dominio  tem- 
porale. » 

Ci  fermeremo  qui  e  conchiuderemo ,  che  se  questa  putida  scon- 
ciaturella  di  Storia  del  Medio  Evo  e  «  buona,  ma  buona  davvero  » 
per  le  scuole  della  Educalrice  Italiana,  diretta  dalla  signora  Lui- 
sa  Amalia  Paladini ,  e  per  «  formare  il  cuore  e  la  mente  »  alle  sue 
educande  e  a  quelle  «  del  1 .°  dei  tre  istituti  governalivi  femminili » 

1  Y.  Cimlta  Cattolica,  Serie  Quint'a,  vol.  V,  pag.  385  seg. 


596  RIVISTA 

di  Napoli ;  manifestamenle  e  pessima ,  ma  pessima  davvero ,  per  le 
scuole  cristiane  e  per  tutti  quegl'  isiituli,  ne'  quali  si  procura  di  for- 
mare,  secondo  lo  spirito  cattolico,  il  cuore  e  la  mente  delle  fanciulle. 
Che  poi  im  sacerdote,  il  quale  proculcasi  fellonescamenle  le  ragioni 
della  verita  e  della  giustizia,  debite  alia  santa  madre  Chiesa  e  al  Ro- 
mano Pontificalo,  come  fa  I'Angrisani  in  questo  suo  primo  volumelto 
di  storia,  sia  per  la  Educatrice  Italidna  un  «  modesto  pretino  »  de- 
gnissimo  delle  sue  laudi,  cotesto  non  fa  specie :  ma  non  possiamo  te- 
nerci  dal  soggiungere  che  se  ne  capisce  ancora  il  perche.  E  questo 
perche,  lo  diciamo  netto,  e  in  cio :  che  si  Y  Educatrice,  come  i  suoi 
padroni,  governanli  i  convitti  femminili  d'ltalia,  vogliono'allevare  una 
generazione  di  zitelle  sprezzatrici  del  clero,  disamorate  della  Chiesa 
cattolica,  irriverenti  al  Papalo,  fredde,  e  qualche  cosa  peggio,  nella 
pratica  della  piela  religiosa :  e  si  figurano  che  una  cosiffatta  educa- 
zione sia  per  giovare  grandemente  alia  patria  ed  alle  famiglie.  Ma 
s'  ingannano  a  partito.  Noi  non  dubitiamo  di  asserire ,  che  questa 
raddoppiera  anzi  le  onte  della  palria  e  i  dolori  delle  famiglie.  Peroc- 
che  essa  e  la  via  regia,  che  mena  alia  dissolulezza  e  alia  perdizione  1. 
6  cruda  questa  verita :  ma  e  verita ,  e 

II  yer  convien  pur  dir,  quando  e'  bisogna. 

^.>_^.      *   (.\    ,-:*!       '<.       "  •      '.if-      fl  .    ,     lif^     •"          '.'    .  .•<**',  \-.'.    -J~ 

1  Che  la  dissolulezza  e  la  perdizion  del  costumi  siano  il  termine  di  que- 
sta educazione  liberalesca  delle  fanciulle,  si  fa  chiaro  per  esempii  anche  re- 
centissimi.  L'egregio  Osservatore  cattolico  di  Milano  dei  9  Maggio  di  que- 
st' anno,  riporta  una  lettera  scrittagli  da  Bologna,  nella  quaie  si  narra  1*  esi- 
to  turpemente  infelice  di  certe  Scuole  normali  femminili  con  conmtto  (di 
quelle  appunto  che  promuove  la  Educatrice  italiana],  stabilitesi  pure  in  quel- 
la  citta  religiosissima.  Or  quest' esito  e  stato,  che  cola  dentro  si  tennescuo- 
la  di  obbrobiosa  disonesta,  a  aprendone  la  via  quella  savia  Direttrice  »  che 
era,  s'  intende,  una  liberalessa  di  primo  conto.  E  lo  scandalo  e  stato  tale, 
che  e  ad  essa  signora  Direttrice  e  ad  alcuno  dei  professori  si  e  dovuto  da- 
re lo  sfratto,  per  salvare  se  non  altro  le  apparenze  di  un  po'di  decoro.  Pia- 
cesse  a  Dio  che  questo  caso  fosse  uuico !  Noi  lo  abbiam  voluto  accennare, 
si  perchfc  conferma  pur  troppo  la  terribile  verita  da  noi  asserita,  e  si  perche 
giovi  di  avviso  ai  padri  ed  alle  madri  di  famiglia,  che  non  si  lascino  adesca- 
re  al  lecco  farisaico  di  questa  educazione.  Senza  il  fondamento  del  timore  di 
Bio,  della  fede  e  della  pieta  pratica,  non  e  possibile  educare  la  donna  con 
buon  effetto.il  proverbio  che  dice:  Se  non  set  pia,  sei  donna  ria,  e  proverbio 
difficile  a  smentire. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  597 

II. 

Commentaries  in  Prooemium  Breviarii  et  Missalis  de  Compute  ec~ 
desiaslico,  usui  clericorum  accommodates,  auctore  Presbytero. 
Edilio  secunda,  auctior  et  emendalior.  Atrebati,  typis  Rousseau- 
Leroy,  bibliopol.  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  VII,  205. 

Di  qual  momenta  sia  lo  stabilire  il  di  della  Pasqua,  al  che  e  or- 
dinato  il  Computo  ecclesiastico,  perche  dalla  Pasqua  pende  il  corso 
annuo  delle  feste  e  degli  uffizii ,  ne  sia  argomento  la  cura,  che  i  so- 
vrani  Gerarchi  ed  i  Concilii  posero  nel  regolarlo. 

Dal  1."  Canone  del  Sinodo  Arelatense,  celebralo  1'anno  314,  nono 
di  Costantino,  e  primo  di  S.  Silvestro  romano  Pontefice,  si  racco- 
glie  che  in  un  medesimo  di  da  tulti  si  dovea  celebrare  la  solennita 
della  Pasqua,  e  che  il  romano  Pontefice  ne  rendeva  con  sue  epistole 
ammonita  lutla  la  Chiesa.  Ecco  le  parole  del  Canone,  che  i  Padri 
Arelaiensi  diressero  al  Sommo  Pontefice  S.  Silvestro:  Primo  loco 
de  observations  Paschae  Domini  (alcune  edizioni  hanno  Dominici 
e  Dominicae }  ut  uno  die  et  uno  tempore  per  omnem  orbem  a  nobis 
observetur,  et  iuxta  consuetudinem  litteras  ad  omnes  tu  dirigas  J. 

Eusebio  di  Cesarea  c'  insegna  che  il  giorno  per  celebrare  la  Pa- 
squa non  era  ne  dovea  esser  altro  che  la  Domenica :  «  Venuto,  egli 
«  scrive ,  dalla  tradizione  degli  Apostoli  si  osserva  anche  a  questi 
«  di  il  costume,  che  non  in  allro  giorno,  salvo  il  di  della  Domenica, 
«  che  e  il  di  del  Signore ,  si  celebri  il  mistero  del  Risorgimento  del 
«  Signore,  e  in  esso  si  chiuda  il  digiuno  pasquale.  A  questo  inten- 
«  dimento  si  sono  adunati  Concilii ,  si  sono  tenute  adunanze  di  Ve- 
«  scovi ,  e  tutli  di  concordia  hanno  slatuito  e  con  lettere  a  tulti  i 
«  fedeli  insegnato  questa  legge  ecclesiastica  2  » .  Ivi  medesimo  ac- 
cenna  alle  lettere,  che  le  Chiese  e  i  Veseovi  della  Palestina,  del 
Pouto ,  delle  province  Osroene ,  delle  Gallie ,  e  sopra  ogni  altra  la 

1  Collect.  Condi,  edit.  Mansi. 

2  Hist,  eccl  cap.  23 ,  lib.' 5,  edit.  Vales. 


598  RIVISTA 

Chiesa  romana  e  S.  Vittore  inviarono  sopra  questo  punto.  E  seb- 
bene  le  Chiese  dell' Asia  minore  per  lontana  consueludine  cele- 
brassero  la  Pasqua  il  di  della  decimaquarta  luna  di  Marzo  ,  e  sin 
dall'anno  166  S.  Polfcarpo  Vescovo  di  Smirne  fosse  venulo  in  Roma 
a  trattarne  con  S.  Aniceto  romano  Pontefice ;  nientemeno  ebbero 
contro  se  i  decreti  della  Chiesa  e  de'  sovrani  Paslori. 

Nel  gran  Concilio  Niceno,  celebrato  1'  anno  325,  present!  i  legati 
della  Sede  apostolica  e  Costantino  imperatore,  si  defini,  per  Concorde 
senlenza  de'  318  Yescovi  che  vi  erano  intervenuli,  la  questione 
della  Pasqua.  Udiamolo  da  Eusebio :  «  Essendo  venuta  in  mezzo  la 
coutroversia  intorno  al  sanlissimo  giorno  di  Pasqua,  sidecreto  per 
consentimento  di  lulti,  che  quesla  festivita,  dalla  quale  e  entrata 
ne'nostri  cuori  la  speranza  della  beala  immortalita,  fosse  da  tutti  al 
tenore  medesimo  in  ogni  luogo  solennizzala,  fi  poi  sembralo  a  tulti 
indegna  cosail  seguitare  in  questa  solennitalaconsuetudinede'  Giu- 
dei,  i  quali ,  siccome  coloro  che  hanno  le  mani  macchiale  dell'e- 
norme  delitto,  sono  imraondi  e  ciechi.  Dunque,  ripudiato  il  costume 
de'Giudei,  possiamo  tramandare  alle  eta  da  venire  questo  santo  rito 
dalla  Passione  del  Signore  sino  a  questo  di  da  noi  osservato  1  » . 

Dai  quali  due  luoghi  di  Eusebio  echiaro:  1.°  die  la  consuetudi- 
ne  di  celebrare  la  Pasqua  in  giorno  diverso  da  quello  degli  Ebrei 
era  comune  a  tutte  le  Chiese,  eccetto  quelle  dell1  Asia  minore:  2.°  che 
cio  si  teneva  per .tradizione  apostolica:  3.°  che  queslo  giorno  era  la 
Domenica, 

Un  nobile  espositore  della  dottrina  stabilita  nel  Concilio  Niceno 
abbiamo  in  S.  Ambrogio.  Questi  scrivendo  ai  Vescovi  dell'  Emilia, 
dopo  aver  encomiato  la  sapienza  de'  Padri  Niceni  nel  defmire  la  con- 
troversia  della  Pasqua  ,  conchiude  cosi:  Duo  autem  observanda 
sunt  in  solemnitale  Paschae  quartadecima  luna,  et  primus  mensis 
qui  dicilur  novorum%.  Con  che  dichiara  che  la  Pasqua,  per  de- 
creto  del  Concilio  Niceno,  si  deve  celebrare  la  Domcnica  dopo  la 
luna  XIV  del  primo  mese :  e  per  primo  mese  intende  quello,  la  cui 

1  EUSEB.  de  Vita  Constantini,  Lib.  3,  cap.  18,  edit.  Vales. 

2  Questa  epistola  fu  scritta  i'anno  386.  S.  AMBR.  Epist.  23  ad  Episcopos 
Aemiliae,  clas.  1.  edit.  maur. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

luna  XIV  cade  nel  di  21  Marzo,  o  immediatamenle  lo  segue,  secon- 
doche  largamente  spiega  il  Ven.  Beda  1. 

S.  Innocenzo  I  fe'  con  sua  leltera  ammonito  Eusebio  Vescovo  di 
Cartagine,  perche  le  Chiese  dell'  Africa  concordassero  colla  Romana 
nella  eelebrazione  della  Pasqua  dell'  anno  414.  E  qui  e  da  por  men- 
te,  che  il  Petavio  liene ,  che  da  S.  Innocenzo  si  accenni  alia  Pasqua 
del  403 :  all'  inconlro  il  Bucherio,  il  Noris  ed  altri  stanno  per  la  Pa- 
squa del  414,  e  alia  sentenza  di  questi  si  accosta  il  Van-Der-Hagen  2. 

II  gran  Pontefice  S.  Leone  phi  lettere  scrisse  per  fissare  il  di  della 
Pasqua  dell'  anno  455  :  di  queste  splamente  nove  sono  a  noi  pervenu- 
te  3 :  dacche  era  il  santo  Pontefice  non  mediocremente  impensierito 
per  la  discordanza  del  ciclo  degti  Alessandrini  dal  ciclo  dei  Romani  ; 
il  che  portava  che  la  Pasqua  del  455  agli  Alessandrini  cadesse  il 
24  Aprile ,  ai  Romani  il  17  dello  stesso  mese.  E  questa  discordanza 
nasceva  dall'  essere  i  salti  della  luna  piu  frequenli  nel  ciclo  de'Latini, 
phi  rari  in  quello  degli  Alessadrini  e  dalla  di  versa  tessitura  degli 
stessi  cicli.  Sin  dall' anno  451  ne  scrisse  a  Pascasino,  Vescovo  di  Li- 
libeo  in  Sicilia,  perche  facesse  studiare  la  questione  da  uomiui  dotli 
nel  computo  ecclesiaslico  e  neH'aslronomia,  edase  inviasse  il  frulto 
delle  loro  investigation!  4r  A  questo  intendimento  invio  lettere  a  Giu- 
liano  Vescovo  Coense,  suo  nunzio  in  Costautinopoli ,  ed  a  Marciano 
imperatore:  ne  vani  e  senza  frutto  tornarono  i  consigli  di  S.  Leone. 
Perche  Proterio  Vescovo  Alessandrino,  richiestone  da  Marciano,  ap- 
plico  1'  animo  e  lo  studio  a  definire  il  di  della  Pasqua  dell' anno  455, 
e  la  pose  al  24  di  Aprile.  11  sapiente  Pontefice,  tuttoche  di  mal  ani- 
mo perche  questo  giorno  non  rispondeva  al  ciclo  romano,  stabili 
nientemeno  la  Pasqua  dell' anno  455  al  24  di  Aprile,  secondo  il  ciclo 

1  De  ratione  temporum,  cap.  42. 

2  PETAVIUS,  de  Doctrina  temporumtib  2,  cap.  67.  -  HENRICTIS  NORIS  m  dis- 
sertatione  ad  Anonymi  Fastos  Consulares  p..  45,  et.in  dissertations  2a  de  pa- 
schali  Latinorum  Cyclo  p.  130.  -  BUCHERIUS  in  Commentario  ad  Canonem  Vi- 
ctorii  c.  7,-§.  5.  -  VAN-DER-HAGEN,  Observations  in  Veterum  Patrum  et  Pon- 
tificum  Prologos  et  Epistolas  paschales. 

3  Admonitio  in  epistolam  88  S.  LEONIS  MAGNI.,  edit.  Balleriniorum. 

4  S.  LEO  M.  Epist.  88,  edit.  Bailer. 


600  RIVISTA 

alessandrino :  e  ne  scrisse,  il  28  Luglio  del  454,  ai  Vescovi  delle  Gal- 
lie  e  delle  Spagne  con  questa  nobile  sentenza :  Studio  unilatis  et  pa- 
ds malui  orientalium  definitioni  acquiescere ,  quam  in  lantae  fesli- 
vitatis  observantia  dissidere  1.  E  in  altra  lettera  a  Ravennio  Vesco- 
vo  Arelatense  pone  due  canoni ,  che  sono  da  avere  innanzi  agli  oc- 
chi  nella  solennila  della  Pasqua ;  1.°  che:  ad  praecipuum  religionis 
noslrae  pertinet  sacramenlum,  ut  in  festivitate  paschali  nulla  sit 
toto  orbe  diversitas;  2.°  che:  hoc  divina  instilutio ,  el  pater na  tradi- 
tio  ad  nostram  sollicitudinem  voluit  pertinere  2. 

Senonche  quesla  gloria  di  stabilire  entro  i  veri  limili  la  solennilSi 
della  Pasqua,  Iddio  serbava  al  gran  Pontefice  Gregorio  XIII :  alia  cui 
et£  un  valente  matematico,  Luigi  Gigli  Veronese,  descrisse  il  ciclo 
perpetuo  della  luna,  e  assegno  la  sede  stabile  air  equinozio,  e  con 
do  consegui,  che  negli  anni  a  venire  progredissero  di  corso  Ira  loro 
Concorde  e  ragguagliato  gli  anni  solari  e  lunari,  e  che  i  di  feslivi  cosi 
mobili  come  stabili  si  celebrassero  al  tempo  legiUimo,  confer  me  ai 
decreti  de'  Condlii  e  de'  Pontefid. 

E  al  fermo  dal  Concilio  Niceno  sino  all' anno  1582,  nel  quale 
cadde  la  riforma  del  Calendario,  dal  promotore  di  essa  dello  Grego- 
riano,  era  intervenuta  tanta  variazione,  che  Tequinozio  ed  i  novilunii 
non  rispondevano  ai  giorni,  nei  quali  erano  stati  flssati  al  tempo  del 
Concilio  Niceno.  Dacche  1' equinozio  di  primavera  al  tempo  della  ri- 
forma non  cadeva  piii  nel  21  di  Marzo,  ma  agli  undid  di  questo 
mese.  I  novilunii  poi  non  erano  ben  accennali  dagli  aurei  numeri 
posti  nel  Calendario,  ma  quattro  giorni  con  qualche  giunta  piii  tardi 
che  si  dovea.  Di  che  era  che  la  Pasqua  si  celebrasse  soventi  volte 
in  giorni  esclusi  dal  Concilio  Niceno:  e  di  falto  assai  spesso  si  cele- 
bro  quando  7,  quando  28,  talora  35  giorni  piu  tardi,  secondoche 
avvenne  negli  anni  1565, 1568,  1576,  1579.  E  se  non  si  veniva 
alia  emendazione  del  Calendario,  si  sarebbe  errato  di  35  giorni  negli 
anni  1595,  1598,  16Q3,  1606,  1609,  e  cosi  va  dicendo  di  molti  al- 

1  Ep.  138,  ed.  Ball.  Vedi  il  VAN-DER-HAGEN  nelle  sue  Observations  in 
Veterum  Patrum  et  Pontificum  Prologos  et  Epistolas  paschales.  Amslelo- 
dami  1734. 

2  S.  LEO,  Ep.  96,  ed.  cit. 


DELLA  STAMP!  1TALIANA  601 

tri  anni.  Quanto  lunga  serie  di  error!  si  sarebbe  commessa  nello  sta- 
bilire  il  giorno  di  Pasqua,  si  faccia  argomenlo  da  questo,  che  dall'  an- 
no 1500  al  3000  si  trovano  soltanlo  200  giorni  legiltimi ,  gli  altri 
1301  sarebbero  stati  contro  i  decreti  de' Sommi  Pontefici  e  de'Con- 
cilii,  coll'errore  ancora  di  42  giorni,  i  quali  in  processo  di  tempo  si 
sarebbero  aumenlati.  Oltre  a  questi  errori,  rispetto  al  di  della  Pa- 
squa, ne  sarebbero  corsi  altri  intorno  alle  solennita  nel  giro  deH'anno. 
Perche  il  di  natale  di  Gesu  Cristo,  che  dagli  antichi  Padri  si  e  sem- 
pre  celebrate  verso  il  solslizio  d'inverno,  sarebbe  venuto  verso  1'equi- 
nozio  di  primavera;  1'  Annunziazione  di  Maria  SSma,  che  per  antica 
tradizione  si  e  fesleggiata  il  di  25  di  Marzo  presso  1'  equinozio  di 
primavera,  sarebbe  caduta  verso  il  solslizio  della  slate ;  la  nativila  di 
S.  Giovanni  Battista,  posta  dagli  antichi  presso  al  solstizio  estivo,  sa- 
rebbe discesa  all'  equinozio  d'autunno:  e  tulte  le  feste  immobili  erano 
lontane  di  10  giorni  dal  punto,  che  era  stato  ad  esse  assegnate  dagli 
antichi,  che  e  quanto  dire  tanti  giorni,  quanti  i  solstizii  e  gli  equicozii 
dal  Concilio  Niceno  sino  all'  anno  della  emendazione  del  Calendario 
aveano  anticipate. 

Sopra  cio  i  novilunii  e  1'  eta  della  luna,  di  che  si  e  sempre  dai 
lontani  secoli  tenuto  conto  nella  Chiesa,  leggendosi  nel  Martirologio 
insieme  ai  giorni  del  mese  solare  i  giorni  del  mese  lunare,  erano, 
avanti  la  riforma  del  Calendario,  mal  indicali,  per  1'  imperfezione  del 
numero  aureo. 

Da  ultimo  tulti  i  mesi  nel  Calendario  rilrocedevano :  il  mese  di 
Giugno,  in  cui  cade  il  solstizio  dell'estate,  a  passo  a  passo  s' accosla- 
va  al  mese  di  Maggio,  di  forma  che  il  solstizio  estivo,  col  volger  degli 
anni,  sarebbe  cadulo  in  Maggio:  i  giorni  canicolari,  che  ora  sono  in 
Luglio,  sarebbero  venuti  in  Giugno:  la  primavera  in  Febbraio,  il 
solslizio  d'  inverno  nel  Novembre.  E  sarebbe  sempre  piu  ito  in  peg- 
gio  questo  perturbamenlo  con  danno  della  cronologia  e  della  storia, 
se  non  vi  poneva  riparo  la  mente  provvida  di  Gregorio  XIII.  Alia 
sua  et3t  il  dotlissimo  P.  Crisloforo  Clavio  d.  C.  d.  G.,  matemalico  nel 
Collegio  romano,  aiuto  e  rec6  a  perfezione  I'emendamento  proposto 
dal  Gigli ,  e  in  un'  opera  verso  se  bellissima  e  ingegnosamente  con- 
dolta  in  ogni  sua  parte,  a  cui  mise  mano  per  volonla  di  Clemen  le  YIII, 


602  RIVISTA  DELIA  STAMPA  .ITALIANA 

e  che  per  ordine  del  medesimo  pubblico  in  Roma  il  1603  ,  pose  in 
chiaro  lutta  1*  emendazione  del  novello  Calendario,  ed  offeri  agli  stu- 
diosi  del  Computo  ecclesiaslico  norme  brevi ,  sicure ,  senza  ambagi 
per  conoscere  ed  ordinare  il  corso  del  divino  uffizio  1 . 

A  questa  fonte,  a  cui  e  duopo  volgersi  per  abbracciare  colla  mente 
il  novello  Calendario  Gregoriano,  attinse  le  sue  dotlrine  1' accurate 
Autore  del  Commentario  sopra  il  Computo  ecclesiaslico.  Ei  reco  in 
breve  le  regole  posle  dal  Clavio,  e  le  applico  a  dichiarare  cio  che  nel 
Messale  e  nel  Breviarip  e  accennalo  del  ciclo,  delle  epatie,  de'  novi- 
lunii,  della  indizione,  delle  feste'mobili,  delle  tavole  pasquali;  econ 
eletla  erudizione ,  sfiorata  dalle  opere  specialmente  del  Venerabile 
Beda,  rende  soave  e  grato  a  cbi  legge  il  suo  scrilto.  Ne  piu  all'uopo 
poteva  tornare  si  limpida  e  chiara  esposizione  dell'  ordine  tenulo  dal- 
la  Chiesa  Romana  nel  Computo :  dacche  e  venuto  fuori  con  eerie  sue 
nuove  teorie  il  Prof.  Mosdler,  ed  ha  voluto  con  queste  impugnare 
il  Calendario  Gregoriano  2.  Non  e  qui  luogo  ne  tempo  dientrare 
nella  confutazione  delle  sue  dotlrine,  avendone,  con  una  erudila  scrit- 
tura,  mostralo  gli  errori  il  valente  Professore  Edoardo  Heis  3. 
Facciamo  voti  che  questa  operetta,  di  che  ci  e  sembrato  bene  dare 
un  breve  cenno,  valgaa  ridestare  questi  studii,  raccomandali  tanto 
dai  Sommi  Poutefici,  dai  Concilii,  dai  Padri. 


1  Romani  Calendarii  a  Gregorio  XIHP.  M.  reslituti  Explicatio,  S.  D.N. 
dementis  VlHiussu  edita,  auctore  CHRISTOPHORO  CLAVIO  S.  I.  Romae  1603. 

2  Memorie  del  Cesareo  Consigliero  russo  Prof.  Dr.  MOEDLER.  Dorpat,  13 
Novembre  1863. 

3  Memoria  ecc.  del  Prof.  EDOARDO  HEIS.  Minister,  11  Aprile  1814. 


BIBLIOGRAFIA 


ALBERANI  ELIA  —  Lettera  pastorale  con  cui  si  promulga  V  Enciclica  aposto- 
lica  Quanta  cura,  e  1'  indulgenza  plenafia  in  forma  di  Giubbileo,  concessa 
a  tnlti  i  fedeli  da  S.  S.  Pio  Papa  IX.  Ascoli,  dalle  stampe  del  Cardi  1865. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  14. 

AN1VITT1  V.  —  Discorsi  sacri  e  letterari  di  V.  Anivitti,  per  prima  volta  riuni- 
ti.  Parte  seconda.  Roma  1865,,  tip.  di  Benedetto  Guerra,  piazza  dell'ora- 
torio  di  S.  Marcello  50.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  352. 

Delia  prima  parte  di  questi  Discorsi  parlammo  cano.  Nella  prima  erano  panegirici  sacri ;  in  que- 

altra  volta.   Ora  dovendo  annunziare  la  seconda  sta  seconda  sono  discorsi  sacri,  morali,  letlerarii, 

p;u-le,  uscita  alia  luce,  non  diremo  dei  pregi  di  scientific! :  in  guisa  die  in  ogni  ramo  deila  elo- 

eloquenza,  che  sono  all'  una  e  all'altra  comuni,  quenza  die  a  persona  di  chiesa  si  addice,  mostra 

ma  solamente  degti  argomenti  che  si  diversifi-  1'oratore  d'avere  abilita  non  comune. 

ANONIMO  —  Archivio  dell'Ecclesiastico,  pubblicazione  di  ogni  mese.  Fascic 
14  e  15.  Volume  terzo.  Firenze,  tip.  all'  inseyna  di  S.  Antonino,  Febbraio 
e  Marzo  1865.  In  8.°  da  pag.  101  a  452.  Vedi  infra:  Documenti  ecc. 

—  Del  Matrimonio  civile  in  Italia.  Parle  seconda.  Esame  critico  della  rela- 
zioue  del  senatore  Vigliani  sul  Matrimonio  civile ,  edizione  seconda.  To- 
rino 1865,  per  gli  eredi  Botta,  lipografi  arcivescovili.  Un  vol.  in  8.°  di 
pag.  133. 

—  Epistola  di  Dante  Alighieri  al  Popolo  fiorentino ,  con  note.  Un  vol.  in  8.» 
piccolo  di  pag.  206.  Firenze,  a  spese  dell'  editore  Alessandro  Squillo- 
ni  1865. 

Questa  operetta  e  uno  di  quei  lavori ,   che  i  dunque  racconta  brevemente   la  sua   storia :   8 

buoni  italiani  stanno  coraggiosamente  opponcndo  serve  un  tal  racconto  a  far  rilevare  la  sua  indole, 

agl'  insuiti,  di  cui ,  sotto  apparenza  di  onore,  e  le  condizioni  di  que'  tempi,  le  circoslanze  in  cui 

fatto  segno  Oante.Alighieri,  per  occasione  del  suo  scriveva,  le  passioni  che  il  travagliavano,  gli  erro- 

sesto  Centenario.  L'Aulore  si  argomcnta  di  met-  ri  in  cui  cadde.  Dipoi  da  ragione  del  suo  poema; 

tere  in  chiaro  molte  verita  sul  conto  del  divino  e  ne  dichiara  il  vero  inlendimento,   che  e  cosa 

Poela  ;  venta  a  holla  posla  falsate  per  farlo  ap-  lutta  sacra  ;  esponendo   brevemenle  le  ragioni , 

parire  della  risma  degli  odierni  nernici  della  uma-  per  le  quali  ognuno  che  vuole  pu6  dallo  stesso 

na  societa  e  della  Chiesa.  La  forma  che  ha  scelta  poema  con  evideuza  ricavarlo.    Quanlo   poi  al- 

c  quelta  di  ana  Epistola,  die  flnge  avere  indiriz-  1'intento  politico,  questo  non  e  toccato,  se  noa 

zato  lo  stesso  Dante  al  popolo  liorenlino ,   come  indirettamente  ed  in  modo  assai  secondario  nella 

a  fare  ('apologia  di  se  contro  alle  opinioai,  tanto  divina  Commedia:    tuttavia  non  e  della   forma, 

a  lui  oltraggiose,  alle  quali  si  e  voluta  dare  si  che  vuol  darsi  ad  inlendere ;  ostile  oioe  alia  po, 

soleune  suggello  co'  pubbliei  festeggiamenti.  Egli  testa  eccleaiastica ,  e  contrario  alia  doininazione 


604 


BIBLIOGRAFIA 


temporalede'  Papi.  Questa  parte  della  Epistola  e 
la  parte  piu  lunga  e  piu  ragionata,  perche  tocca 
il  vivo  della  quistione.  II  povero  Dante  non  ne- 
ga  i  suoi  torti,  ne  gli  scusa  ;  li  condanna  anzi 
altamente,  e  se  ne  chiama  in  colpa  :  non  vuole 
pero  che  il  suo  nome  serva  di  Telo  ai  sacrileghi 
attentati  di  questi  tempi.  Principalmente  si  sea- 
giona  della  taccia,  che  gli  e  data  di  avere  voluto 
la  distruzione  del  dominio  temporale  de'  Papi  ;  e 
si  difende  Tigorosamente  cosl  da  questa,  come  da 
ogni  altra  calunnia.  Lo  stile  del  libro  e  di  una 


eleganza  non  ordinaria:  Dante  non  sel  rechereb- 
be  a  vergogna.  L'argomentazione  poi  e  stringer 
te  ,  vittoriosa  ,  qual  si  conviene  alia  causa  che 
yi  e  difesa,  e  al  personaggio  che  e  introdotto  a 
parlare.  Finalmente  danno  compimento  al  libro 
le  copiosissime  note,  ehe  occupano  oltre  alia  meta 
del  volume.  Appunto  perche  cos\  lunghe  1'Auto- 
re  le  ha  locate  dopo  1'  Epistola.  Non  dovea  pero 
tralasciarle,  perche  gittano  una  grandissima  luce 
sul  soggetto  ;  ne  tuttavia  potevano  conveniente- 
mepte  aver  luogo  nel  testo. 


ANONIMO  —  Gigli  e  viole  sulla  tomba  del  nobile  e  bellissimo  glovanetto  Giro- 
lamo  Zerbi,  mancato  a'viventi  add!  26  Gennaio  1864.  Napoli  1865,  pe'tipi 
del^Cav.  G.  Nobile.  Unvol.  in  4.°  dipag.  60,  con  epigrafi  e  fotografia. 

Girolamo  Zerbi  per  soli  otto  anni  consolo  la 
sua  madrc,  Giuseppina  dei  Baroni  Rodino,  rimasa 
vedova  pochi  mesi  dopo  che  avealo  partorito. 
Sulla  tomba  di  questo  fanciullo  spargono  molti 
gentili  e  colti  amid  della  sua  famiglia  ,  gigli  e 
viole  d'olezzo  soavissimo.  Son  prose,  son  poesie, 
sono  iscrizioni,  lutte  di  buon  gusto,  e  piene  di 
affetto.  Ma  cio  che  ci  consolo  fu  la  pieta  cri- 
stiana  che  in  tulte  queste  composizioni  domina 
ogni  altro  concetto.  Yedasi  come  essa  risplenda 

—  Gladstone  e  Berry  er  al  banchetto  inglese.  Senza  verua'  altra  indicazione. 
Vn  opusc.  iw8.'  dipag.  88. 


in  queste  poche  parole,  che  possono  dirsi  il  con- 
cetto  dominante  di  tutte  le  altre.  Nella  seconda 
iscrizione  dicesi  cosi  :  Girolamo  Zerbi  -  Nato  ai 
XXIII  Gennaio  MDCCCLVl  -  Vissuto  otto  anni  e 
Ire  giorni  -  Di  belle  ed  amabili  sembianze  -  Di 
modi  oltre  1'eta  gentili  -  D'ingegno  raro  -  Fu  - 
II  f  rat  el  lino  dei  poveri  -  Tenero  ed  obbediente 
coi  suoi  -  Devotissimo  a  Gesu  ed  a  Maria  -  I 
quali  -  Premio  di  sua  pieta  -  Innocente  -  Lo 
rapirono  in  Cielo. 


Nel  banchetlo  dato  in  Londra  ad  onore  del- 
1'illustre  Berryer,  gloria  del  foro  francese,  lord 
Gladstone  ripete,  in  poche  parole,  contro  I'antico 
Governo  di  Napoli,  quelle  accuse  medesime,  che 
avea  la  prima  volla  pronunziate  nelle  sue  fa- 
mose  lettere;nulla  essendo  giovato  a  farlo  rin- 
savire  ne  le  confutazioni  autorevoli,  ne  le  men- 
tite  solenni  dategli,  fra  cento  altri  stranieri  al- 
1'  Inghilterra  ,  da  suoi  medesimi  connazionali  , 
quali  furono  i  chiarissimi  Cochrane  ,  Maguire  , 
Bowyer  ,  Bentinck  ,  Walsh  ,  Lennox,  personaggi 
di  somma  aulorita  e  onesta.  Questo  libro  rispon- 
de  novamente  alia  nuova  ripetizione  delle  vec- 


chie  calunnie:  e  siccome  piu  particolarmente  il 
Gladstone  move  due  accuse  a  re  Ferdinando  ,  di 
gloriosa  memoria,  quella  di  avere  tirannicamente 
rovesciate  le  Camere  nel  1848,  e  1'altra  di  avere 
sostiluito  1'arbitrio  alle  leggi  e  fatta  violenza  al 
foro  per  la  condanna  degl'imputati  politici;  cos* 
sopra  questi  due  punti  special!  s'  aggira  questa 
risposta.  Essa  e  convincenlissima,  perche  fondata 
sopra  fatti  e  document!  irrecusabili  :  e  per  tal  ris- 
petto  essa  e  necessaria  a  chi  vuol  conoscere  la 
verita  sopra  un  Governo,  che  fu  combattuto  con 
arti  ,  ancor  piu  sleali  delte  anni  adoperate  ad 
abbatterlo. 


—  II  serto  di  Maria.  Pubblicazione  settimanale  napolitana,  anno  I  ,  vol.  II. 
Napoli,  libreria  e  stamperia  di  Andrea  Festa,  strada  S.  Giov.  a  Carbona- 
ra  n.°  104,  1865.  Un  vol.  in  8.*  di  pag.  408. 

—  Regole  di  civilta  e  buona  creanza  per  uso  de'  Convitti.  Torino  1865,  Pie- 
tro  di  G.  Marietti  tip.  ponlificio.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  68. 

ANSELMO  (P.)  DI  S.  LUIGI  GONZAGA  -  Vita  della  B.  Maria  degl'i  Angeli,  reli- 
giosa  professa  Carmelitana  scalza,  scritta  dal  P.  Anselmo  di  S.  Luigi  Gon- 
zaga,  Defmitor  generate  dei  Carmelitani  scalzi.  Roma,  tip.  Tiberina,  piaz- 
za diPoli  n.°  11,  1865.  Un  vol.  in  4.°  grande  dipag.  Y//7,  136. 

Quarantacinque  sono  i  capi  ,  in  cui  e  partita 
tutta  intera  la  narrazione  dei  gloriosissimi  fatti 
di  questa  novella  Beata.  La  semplicita  del  del- 
tato  ed  il  candore  della  lingua  sfolgorano  da 
capo  a  fondo.  La  B.  Maria  vi  apparisce  tale  qual 

fu  veramente,  oltremodo  magnanima  nelle  prove    per  chi  altende  a  servir  Dio  con  perfezione,  per 
dello  spirito,  eroica.  al  sommo  nelle  virtu,  mi-    i  cluari  esempli  di  virtu,  che  vi  si  ie&gono, 


rabile  pei  favori  e  doni  in  Lei  profusi  a  larga 
mano  dal  Signore.  La  lettura  di  questo  libro  riu- 
scrira  d'  instruzione  a  chi  vuol  conoscere  la  su- 
blimita  delle  stato  religioso,  di  conforto  alle  ani- 
me  poste  a  dnri  cimenti  di  spirito  e  d'incentivo 


BIBLIOGRAFIA  605 

ARBORIO-MELLA  CAMILLO.  Vedi  Tasso. 

BALAN  PIETRO  —  I  Clerical! ,  i  liberali  e  1'  Enciclica  dell'  8  Decembre  1864. 

Pensieri  del  professor  Pietro  Balan.  Padova,  tip.  del  Seminario  1865.  Un 

opusc.  in  8.°  di  pag.  48. 

Applaudiamo  al  coraggio  iion  mono  che  alia  simi  die  gli  uni  e  gli  altri  adoperano  per  rag- 

dolttina  del  chiarissimo  Prof.  Balan,  il  quale  in  giugnerlo,  e  linalmcnle  mostrare  come  a  qaello 

queslo  suo  scrilto  ha  yoluto  moslrare  agi'ltaliani  scopo  e  a  quei  mezzi  liberaleschi  oppongasi  con 

suoi  conciltadini  quale  scopo  abbiansi  i  liberali,  vigore  incrollabile  1'  Enciclica  pontificia  degli  8 

quale  i  cattolici;  indicar  loro  i  mezzi  opportunis-  Decembre. 

BALDASSARRI  FRANCESCO  —  Elogio  di  Monsignor  Mario  Melini,  primo  Ve- 
scovo  di  Modigliana,  letto  dal  sacerdote  Francesco  Baldassarri,  nell'occa- 
sione  delle  solenni  esequie  a  lui  fatte  nellaChiesa  Cattedrale  di  delta  cit- 
ta,  il  di  XIV  Marzo  1865.  Faenza,  tip.  di  Pietro  Conti  1865.  Un  opusc.  m 
8.°  dipag.  31. 

BARILLA  DOMENICO  ERRIGO  —  Cenno  critico  sulle  CXL1I  iscriz'oni  del  profes. 
Antonio  Carrano,  per  Domenico  Errigo  Barilla.  Reggio  Calabria,  stampe- 
ria  Siclari  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  30. 

BERCHIALLA  VINCENZO  G.  —  Mese  di  Maria,  discorsi  sulle  vile  dei  Santi  divo- 
ti  della  Beata  Vergine,  che  cadono  nel  mese  di  Maggio,  per  Vincenzo  G-. 
Berchialla,  sacerdote  teologo.  Torino,  tipogr.  pontificia  Pietro  di  G.  Ma- 
rietti  1865.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  VII,  503. 

Dicemmo  gia,  ed  ora  ripetiamo  che  dei  Mesi  coll'esempio  che  colle  parole :  e  mostra  le  gran- 

di  Maria  e  plena   1'  Italia  e  il  mondo  :  e  ve  ne  dezze  e  1'amor  di  lei  piii  coi  fatti  che  col  discorso. 

ha  per  tutli  i  gusli,  e  per  tutte  le  classi  di  per-  Intanto  il  dollo  e  prudente  autore  non  si  abban- 

sone.  Questo  che  ora  annunciamo  ha  un  concetto  dona  al  racconto  talmente,  che  ometta  le  rifles- 

nuovo.  II  suo  chiarissimo  autore  ha  scelto  ,    co-  sioni,  quando  il  fllo  stesso  glie  ne  porge  il  destro. 

m'esso  stesso  \i  dice,  per  questi  giorni  di  spe-  Cos!  il  libro  e  veramente  utile,  e  non  servira  solo 

dale  ossequio  a  Maria  un  tema   dilettevole  ed  per  consecrare  a  Maria  il  mese  di  Maggio ,  ma 

utile  insieme :  una  storia  cioe  della  Vita   d'  un  per  pascere  a  un  tempo  nel  corso  di  tutto  1'anno 

Santo  a  lei  peculiarmente  devoto,  per  ogni  gior-  la  devozione  e  la  pia  curiosila,  con  una  leltura, 

no.  Cosi  esso  insegna  la  divozione  di  Maria  piu  quanto  dilettevole  altrettanto  utile. 

BERNIER  L.  —  Amalia,  ossia  il  Trionfo  della  pieta,  della  signora  L.  Bernier. 
Prima  traduzione  italiana  di  Irene  Borghi  Masetti,  Bologna,  tip.  Mareg- 
giani  1865.  Un  vol.  in  12.°  dipag.  248! 

11  racconto  della  signora  L.  Bernier  fu  stam-  lieta  di  fame  dono  alle  sue  flgliuole  e  benedira 
pato  in  francese  dal  Maine  a  Tours,  alcuni  anni  la  mano  della  gentildonna  bolognese  che  si  bel  do- 
fa,  e  forse  ve  n'ha  allre  ristampe.  Degnissimo  no  offre  alle  famiglie  italiane. 
era  di  traduzione.  L'intreccio,  i  caratteri,  le  de-        Si  vende  a  beneflzio  della  Casa  di  Misericor- 
scrizioni ,  le  pitture  ,  gl'  incontri  tutto  vi  e  piu  dia  direlta  dalle  Suore  della  Car  i  la  in  Bologna, 
che  mediocre  in  fatto  d'arte,  ed  eccellente  in  fatto  L.  1,  50  in  Bologna  :  fuori,  L.  1,  75,  franco  di 
di  morale  cristiana.   Siam  certi  che  ogni  madre  posta. 
che  percorrera  queste  leggiadre  adventure,  sara 

BERTOCCHINI  LUDOVICO  —  La  Madre  Pompeiana ,  scultura  di  Giosue  Meli, 

discorso  di  Lodovico  Bertocchini.  Roma,  tip.  di  Pietro  Puccinelli  alpozzo 

delle  Cornacchie  n.°  61.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  15.. 
BIGLIANI  V.  —  Dante  Allighieri  agl'  Italian!  nel  suo  sesto  Centenario.  Torino 

1865,  tipografia  italiana  di  F.  Martinengo  e  Comp.  Un  opusc.  in  8.°  di 

pag.  14. 

E  un  Canto  in  terza  riina,  bello  per  la  forma  nuie.  E  introdotto  lo  stesso  Dante  a  parlare ;  e 
poelica,  ma  piu  commendevole  per  le  utili  TC-  parle  si  dimostra  sdegnoso  che  gli  sia  fatto  onore 
rita  si  religiose,  si  politiche  che  vi  sono  conte-  da  tal  genie,  che  osteggia  le  cose  da  lui  piu  al- 


606  BIBLIOGRAFIA 

tamente  pregiate  nel  suo  Poema  ;  e  parte  si  volge  e  di  beni  politic!.  Bene  sla,  diciamo  noi,  che  tanto 
a.  rimproverare  a  questa  medesima  gente  le  offese  in  prosa,  quanto  in  verso,  sia  messo  in  chiaro  il 
che  reca  alta  religione,  al  dritto,  alia  ginstizia,  grave  oltraggio,  che  e  fatto  a  Dante  Alighieri  co- 
al boon  costume,  sotto  il  fateo  pretesto  di  liberta  gli  applausi  liberaleschi. 

BORGIANELLI  ENRICO  —  II  Soprannalurale,  ossia  Televazione  e  1'ultimo  desti- 
nato  dell'  uomo,  per  Enrico  Borgianelli  d.  C  d.  G.  Roma,  col  tipi  della 
Crvilta  Cattolica  1864.  Un  vol.  in  8.»  di  pag.  JF7,  314. 

L'iatendimento  di  quest'opera  e  di  chiarire  in  piu  altri  che  vi  si  attengono ,  con  tal  pienezza 

die  consiste  radicalmeute  1'elevazione  dell'anima  e  solidila  di  dotlrina,  che  lo  collocano  in  grado 

umana  a  condizione  soprannaturale.  Riserbandoci  eminente  tra  gli  scriltori  contemporanei.  II  volu- 

a  fame,  tra  breve,  soggetto  di  una  speciale  rivi-  me  che  e  ia  8.°  e  componesi  di  pag.  XVI,  314, 

sla,  per  oca  aliro  non  diciamo,  se  non  che  1'A.u-  trovasi  vendibile  al  prezzo  di  Lir.  it.  3,  presso  i 

tore  degnamente  risolve  il  sopraddetto  quesito,  e  principal!  distributor!  delta  Civitld  Cattolica. 

BORZACCHIELLO  ANTONIO  —  II  digiuno,  per  Antonio  Borzacchiello,  de'Chierici 
Regolari  della  Gongregazione  della  Madre  di  Dio.  Napoli,  tip.  alt'  inse- 
gna  del  Diogene,  slrada  fuori  porta  Medina  e  Montesanto  27.  e  28, 1865. 
Un  vol.  in  8.°  dipag.  114. 

Questo  trattato  e  didattico  ed  apologetico  ad  canonica  del  Digiuno:  nella  seconda  dell'innocuita, 

tin  tempo  :  didattico  perche   insegna  la  dotlrina  deU'ulilitae  dello  scopo  del  digiuno:  nella  terza 

della  Chiesa  catlolica  intorno  al  Digiuno ;  apo-  delle  regole  per  la  esatta  osservania  del  digiuno 

logetieo,  perche  scioglie  le  difficolta,  e  risppnde  ecclesiastico.  II  dotlo  aulore  in   questo   libro  ha 

alle  obbiezioni  che  dai  miscredenti  o  dai  tiepidi  saputo  restrignere   in  poche   pagine  il  piu  e  il 

crisliani  si  fanno  al  Digiuno.  Ha  tre  parti.  Nel-  meglio  che  in  grossi  volumi  trovasi  diffuse  dagli 

la  priina  si  parla  dell'  origine  slorica,  morale  e  apologisti  e  dai  moralist!.      :t,;,.r\ 

CALSAMIGLIA  STEFANO  —  Panegirico  di  san  Secondo,  Duce  e  Prolomartire 
della  legione  Tebea,  con  Dissertazione  critica  sopra  il  iuogo  del  suo  Mar- 
tirio,  del  sac.  Stefano  Calsamiglia,  canonico  della  Cattedrale  di  Yentimi- 
glia.  Genova.  tipog.  della  Gioventii  1865.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  43. 

Nell'  esame   del   Necrologio  del   Prof.  Nossi ,  della  Ventimiglia,  citta  antichissima  della  Liguria, 

fatto  da  noi  nel  quaderno  del  2  Sahato  di  Marzo,  conlrariamente  a  cio   che  ne  avea  giudicato  il 

moslrammo  desiderio   che  qu;ilche   dotto  crilico  Semeria,  lecui  obbiezioni  sono  con  naolto  nerbo 

sciogliesse  la  quistione  sul  Iuogo  del  Martirio  di  di  ragioni  dissipate.  L'occasione  di  sciogliere  un 

S.  Secondo.  Questa  lite  e  ora  sciotta.  II  ch.  Gal-  tal  quesito  in  questa  dolta  dissertazione  fu  porta 

eantigtia,  dimoslra  con  ottimi  fundament!  che  ie  al  rev.  sig.  Calsamiglia  dai  dover  recitare  1'ora- 

paroln  dell'antico  Martirologio  romano,  apud  Vi-  zione  panegiriea  del  santo  Martire  nella  Caltedra- 

ctimilium,  Secundi  marlyris,  debbono  intendersi  le  medesima  di  Ventimiglia. 

CAPPELLETTI  GIUSEPPE  —  Le  Ghiese  d' Italia  dalla  loro  origine  sino  ai  giorni 

nostri,  opera  di  Giuseppe  Cappelletti,  prete  veneziano.  Venezia,  dai  priv. 

stabil.  naziunale  di  G.  Antonelli  edit.  1865.  Fasc.  319  e  320  in  8."  da  pag. 

81  a  160. 
CASANELLI  D'  ISTRIA  SAVERIO  SANTE  RAFFAELE  —  Lettera  Pastorale  di  Mons. 

Vescovo  di  Aiaccio,  per  la  Quaresima  e  perilGiubbileo  dell'anno  1865  ecc. 

Bastia,  Fabiani  1865.  Un  opusc.  in  L°  di  pag.  20. 

Eacciamo  memione  di  questa  Pastorale,  scritta  vore  della  meravigliosa  unione  del  clero  cat- 
in  lingua  italiana,  per  una  Diocesi  italiana,  seb-  lolico  e  della  fermezza  onde  i  Paslori  resistono 
bene  politicamente  anoessa  alia  Francia  ;  perche  alle  usurpazioni  del  potere  laicale,  mentre  per  al- 
oltre  al  presentare  un  modello  di  dignita  e  di  tra  parte  rendono  fedelmenle  a  Cesare  cio  che  e 
*eto  episcopate,  e  un  monumenlo  di  piu  in  fa-  dl  Cesare. 

COCOZ  RAFFAELE  —  Orazione  panegiriea  di  S.  Tommaso  d'  Aquino  ,  recitata 
it  7  Maggio  1865,  in  santa  Maria  Novella  di  Firenze  dai  R.  P.  M.  Raffaele 
Cocoz,  dell'Ordine  dei  Predicatori.  Firenze  1865,  tip.  Virgiliana  per  Mas- 
timiliano  Casing  via  Valfonda  n.°  79.  Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  48. 


BIBLIOGRAFIA 


607 


CONTI  AUGUSTO  —  Storia  della  Filosofia,  lezioni  di  Augusto  Conti.,  profes- 
sore  all'  Universita  di  Pisa.  Firenze,  G.  Barbera  editore  1864.  Due  vol.  in 
8.9dipag.XIV,  531,544. 

In  questa  bella  opera  del  signer  Angusto  Conti  non  puo  non  riuscire  molto   utile  alia  gioventu 

rilucono  i  soliti  pregi  che  sogliono  adornare  gli  studiosa.  Con  cio  peraltro  non  intendiamo  appro- 

scritti  filosofici  di  lui ,  cioe  assennatezza  e  pu-  vare  tutti  i  sudi  giudizii  storici,  politici  o  dot- 

rila  di  dotlrina,  scienza  ed  erudizione  profonda,  trinali,  intorno  a  cui  avremmo  a  fare  delle  ri- 

limpidezza  di  esposizioni  e  purita  di  stile.  Essa  serve. 

CORSI  COSIMO  —  Lettera  pastorale  di  Sua  Eminenza  Reverendissima,  il  Car- 
dinale  Arcivescovo  di  Pisa,  al  Clero  e  al  popolo  della  sua  diocesi,  per  il 
Giubbileo  dell'anno  J865.  Pisa,  presso  P.  Orsolini-Prosperi,  tip.  arcive" 
scomle  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  16. 

DA  MELICOCCA'  ANTONIO  —  Grammatichetta  arabo-italiana  a  profitto  dei  gio- 
vanetti  orientali,  compilata  dal  P.  Antonio  da  Melicocca  M.  0.  R.  delia 
Provincia  dei  Santi  VII  Martiri  di  Calabria,  gia  Missionario  apostolico  ia 
Palestina.  Roma,  stamperia  della  S.  Congregazione  de  Propoganda  Fide, 
amministrata  dal  socio  Cav.  Pietro  Marietti  1865.  Un  vol.  in  4.°  di  pag. 
VIII,  176. 


Nell'Orienle  gli  Arabi  parlano  assai  spesso  1'ita- 
liano,  perche  le  Repubbliche  veneta  e  genovese 
vi  ebbero  esteso  commercio  sulle  coste  marine,  e 
nell'interno  della  terra  i  missionarii  francescani 
e  domenicani,  che  vi  collivarono  quelle  cristia- 
nita  fino  ab  anlico,  erano  quasi  tutti  italiani.  Con 
tutlo  cio  gli  Arabi  non  apprendono  1'ilaliano  per 
istudio,  ma  per  pratica ;  e  pero  vi  durano  in- 
torno  grande  fatica,  e  non  giugono  a  parlarla  ne 
ad  intenderla  bene.  Grammaliche  scritte  apposta 
per  loro  non  ve  ne  sono :  e  quell'unica  che  po- 
chi  anni  fa  fu  stampata  in  arabo,  era  la  mera  ver- 
sione  d'una  grammatica  italiana  per  gl'  Italiani, 
e  per  gli  Arabi  riusci  inettissima.  Questa  e  dun- 
que  la  prima  granunalica  scritta  apposta  per 
loro,  affine  di  ammaestrarli  nella  lingua  italiana. 
II  metodo  tenuto  dall'uutore  e  molto  ragionevole. 
Egli  svolge  le  rcgole  della  lingua  italiana  con 
quelle  dell'araba,  adoperando  il  linguaggio  tec- 
nico  dell'una  accanto  all'altra,  e  mostrando  dove 
1'andamento  delle  due  lingue  si  rassomiglia  , 
dove  si  dlspaia.  La  materia  e  tutta  trattata  nolle 

DA  VICENZA  ANTON-MARIA  —  Memorie  storiche  del  Convento  e  della  chiesa 
di  san  Francesco  del  Deserto  nelle  lagunedi  Venezia,  pubblicate  nell'oc- 
casione  che  la  religiosa  famiglia  dei  Minori  Riformati  vi  rientra  ad  abita- 
re,  e  corapilate  dal  P.  Lettore  Anton-Maria  da  Vicenza,  Cronologo  della 
Rif.  Prov.  veneta.  Venezia,  tip.  di  Giambattista  Merlo  edit.  1865.  Un 
vol.  in  8.°  dipag.  155. 


due  lingue  in  due  differenli  colonne,  di  cui  Tuna 
e  versione  dell'altra.  Cosi  1'arabo  trova  la  gram- 
matica della  lingua  italiana  scritta  nel  volgar 
suo  che  sa,  e  in  quello  che  ignora  ma  vuole  ap- 
prendere.  Or  questo  metodo  fa  si,  che,  la  gram- 
matica auzidetta  possa  con  lieve  aggiunta  senrire 
anche  agli  Italiani  che  vogliano  apprender  1'  a- 
rabo.  Baslera  che  essi  imparino  a  legger  1'arab^ 
correttamente :  poiche  allora  percorrendo  nella 
parte  italiana  questa  grammatica  ,  si  potranno 
istruire  nelle  leggi  che  governano  la  lingua.  Per 
tal  fine  1'autore  ha  aggiunto  un'appendice  col- 
1'alfabeto  arabo,  colle  mozioni  o  vocali,  cogli  ac- 
centi,  colla  compitazione,  e  con  tutte  quelle  regole 
e  dilucidazioni  che  sono  necessarie  per  appren- 
dere  la  lettura  dell'arabo  ad  un  italiano.  Questo 
e  il  disegno  dell'opera:  1'esecuzione  fu  giudica- 
ta  assai  buona  da  parecchi  orientalisti,  e  in  ispe- 
cie  da  Monsig.  Valerga,  Patriarca  di  Costanti- 
nopoli ,  che  animo  1'  autore  a  pubblicare  colle 
stampe  la  sua  grammalica. 


Nell'isoletta  appellata  di  S.  Francesco  nel  De- 
serto,  ana  delle  tante  che  fan  corona  a  Venezia, 
dopo  cinquanl'  anni  di  abbandono  fan  ritorno  i 
flgliuoli  di  S.  Francesco ,  per  riaprirvi  alia  de- 
rozione  del  popolo  1'antico  Sanluario,  arricchito 
di  spiritual!  grazie  da  molti  PonleUci,  dai  vencti 
Dogi  di  molti  privilegi  doUUo,  e  dalla  pieta  dei 


Veneziani  sempre  nel  debilo  onore  mantenuto. 
In  quest'occasione  vien  messa  alia  luce  la  storia 
deli'isola  e  del  Santuario,  scritta  con  bello  stile, 
con  molto  ordine  e  con  tutta  verita  dall'  abile 
penna  del  P.  Anton-Maria  da  Vicenza,  dei  Minori 
Riformati. 


608  BIBLIOGRAFIA 

D'  AVINO  VINCENZIO  —  Enciclopedia  dell'  Ecclesiastico,  compilata  dall'  Abb. 
Vincenzio  d'Avino.  Edizione  seconda  riveduta,aumentata  e  in  parte  rifu- 
sa.  Torino,  Pielro  diGiadnto  Marietti,  tipogr  a  fo-editore,  piazza  B.  V. 
degli  Angeli.  Disp.  25.a  in  4.°  da  pag.  585  a  648. 

DE  ANGELIS  FIL1PPO  —  Lettera  pastorale  per  la  promulgazione  dell'Enciclica 
apostolica  Quanta  curate,  dell'  Indulgenza  plenaria  in  torma  di  Giubbileo, 
concessa  all'  universita  del  fedeli  da  S.  S.  Pio  Papa  IX.  Torino,  tipogra- 
fia  pontiftcia  Pietro  di  G.  Marietti  1865.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  14. 

DE  KL1TSCHE  DE  LA  GRANGE  ANTON1ETTA  —  La  Vestale.  Racconto  storico.  Ro- 
ma, Bencivenga.  Venezia,  Merlo.  Modena,  tip.  1mm.  Concezione  1865.  Un 
vol.  in  16.°  di  pag.  256. 

Romanzo  originate  di  penna  italiana  ,  come  magina  e  dipinge ,  che  invece  di  arricchire  la 
che  il  nome  dell'Autrice  possa  muovere  sospetto  lettura  roraantica  della  Francia  e  deHa  Germania 
in  contrario  :  e,  che  e  piu,  romanzo  onesto,  anzi  dando  a  Iradurre  i  suoi  manoscritti  italiani,  con- 
morale.  La  favola  si  fonda  sopra  punti  storici  tinui  a  scrivere  per  1'  Italia ,  non  lasciandosi 
del  primo  secolo  dell'  era  cristiana.  L'  abbiamo  sgomentare  dalle  difficolta  della  lingua.  Gerto  lo 
letto  tutto  e  ci  parve  condollo  con  molta  arle,  stile  della  Vestale  puo  essere  peffezionato  ,  ma 
con  felicita  nell'  intreccio,  con  qui  e  la  di  belle  fin  d'  ora  e  buono ,  e  il  racconto  si  fa  leggere 
scene  e  commoventi.  Facciamo  preghiera  alia  con  piacere.da  qualsivoglia  lettore. 
nobile  damigella,  la  quale  si  leggiadramente  im- 

DESCRIZIONE  particolareggiata  dei  magnifici  funerali  fatti  in  Londra  pel  fu 
Gardinale  Nicola  Wiseman,  Arcivescovo  di  Westminster,  e  sua  Orazione 
funebre  recitata  dal  celebre  Mons.  Manning.  Traduzione  italiana.  Bolo- 
gna, tip.  Mareggiani  all'insegna  diDante,  viaMalcontentin.0  1797, 1865. 
Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  68. 

DI  SAINT-PERIER  ENRICHETTA  —II  piu  bel  di  della  vita,  ossia  la  prima  Comu- 
nione,  operetta  della  signora  Viscontessa  Enrichetta  di  Saint-Perier,  ap- 
provata  da  S.  E.  il  Cardinale  Arciv.  di  Tours  e  da  Monsignor  Vescovo  di 
Versailles.  Torino  1865,  per  Giacinto  Marietti  tipografo  libraio.  Un  vol. 
in  32.°  di  pag.  314. 

Grazioso  libretto  e  questo,  se  si  guarda  la  for-  cizio  per  la  Confessione  e  prima  Comunione.  Mes- 

ma  esterna  della  stampa :  prezioso  se  la  conte-  sa ,  Vespro  e  Benedizione  del   SS.  Sacramento, 

nenza.  Ha  quattro  punti:  Visile  al  SS.  Sacramento  Tutto  poi  6  attissimo  all'  eta  puerile:    pensieri , 

per  un  fanciullo  che  si  prepara  alia  prima  Comu-  sentiment! ,   affelti ;  e  lo  stile  e  d'  una  sempli- 

nioue.  Novena  di  preparazioue  immediata.  Eser-  cita  e  soavita  che  non  puo  desiderarsi  maggiore. 

DOCUMENTI  citati  nel  Syllabus,  edito  per  ordine  del  sommo  Pontefice  Pio 
Papa  IX,  preceduti  da  analoghe  avvertenze.  Firenze,  tip.  all'  insegna  di 
S.  Antonino  1865.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  XII,  328. 

Sonosi  stampati  da  molti  i  Documenti  che  ris-  una  Prefazione ,  che   oltre  al  dare  1'  analisi  del 

guardano  il  famoso  Sitlabo  di  error  i,  promulga-  documento  stesso,    toccando  i   punti   principal! 

to  nello   scorso  Dicembre    dal  Sommo  Pontefice.  delle  doUrine  che  vi  si  contengono,  accenna  piu 

Ma  questi  che  sono  estratti  dall'  ottimo  Periodico  o  meno  diffusamente,  secondo  1'importanza  rela- 

fiorenlino,  L'  Archivio  dell'Ecdesiastico,  hanno,  tiva,  le  circostanze  che   fecero  nascere  il  docu- 

sopra  le  altre  edizioni,  questo  vanlaggio,  che  eioe  mento  slesso. 
a  ciascuno  dei  trentadue  documenti  va  innanzi 

ELENCO  GENERALE  degli  oggetti,  spediti  dagli  esponenti  pontificii  alia  esposi- 
zione  internazionale  di  Dublino,  pel  9  Maggio  1865,  dopo  1'  esame  che  ne 
ha  fatto  la  Gommissione  nel  Ministero  di  Belle  arti,  Industria,  Agricoltura 
e  Lavori  pubblici.  Roma,  tipografia  della  Rev.  Cam.  apostolica  1865.  Un 
opusc.  in  8.°  di  pag.  48. 


BIBLIOGRAFIA  609 

FARABULINI  DAVID  —  Canzone  recitata  alia  presenza  della  Santita  di  Nostro 
Signore,  Papa  Pio  Nono,  da  Edgardo  Mortara  in  S.  Agnese  fuori  le  mura, 
il  di  19  Aprile  1865.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  L 

FILALETE  A.  —  Le  rovine  del  mio  convento.  Racconto  storico  contempora- 
neo,  prima  versione  italiana  dalV  originale  spagnuolo  per  A.  Filalete. 
2.a  edizione  riveduta.  Milano,  presso  Longhi  Antonio  libraio-editore,  via 
san  Spirito  n.°  20, 1865.  Vol.  3  in  16.°  dipag.  129,  130,  120. 

FORMISANO  GIUSEPPE  —  Catechismo  di  taluni  dommi  cattolici  contro  gli  er- 
rori  de'  protestanti,  compilato  dall'  Illmo  e  Rmo  Monsigaor  Vescovo  di 
Nola,  D.  Giuseppe  Formisano,  terza  edizione.  Napoli,  tip.  e  libreria  di  A. 
Festa,  strada  Carbonara  n.°  104,  1863.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  312. 

—  II  Giubbileo,  Catechismo  tra  un  Curate  ed  un  Figliano,  per  Monsig.  Giu- 
seppe Forraisano,  Vescovo  di  Nola,  operetta  utile  per  gli  Ecclesiastic*!  e 
pe'  laici.  Napoli,  stabilimento  tipograf.  dell'  Ancora,  largo  S.  Marcellino 
n.°  2,  p.p.  1865.  Un  vol.  in  16.  di  pag.  102. 

G.  G.  C.  T.  —  Le  Chiese  subalpine  ed  i  Decreti  ministeriali.  Torino,  tip.  ctel- 
FArmonia  1865.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  47. 

GHILARDI  —  Mostruosita  della  legge  Vacca ,  opuscolo  di  Mons.  Ghilardi  del 
PP.  Vescovo  di  Mondovi.  Parte  seconda.  Ton'no  1865,  dalla  tip.  dell'Ar- 
monia,  via  Montebello  22,  casa  Giani.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  122? 

—  Reclamo  di  Mons.  Ghilardi  de'  PP.  Vescovo  di  Mondovi  contro  la  conces- 
sione  fall' Exequatur,  data  all'Enciclica  pontificia  dell' 8  Dicembre  1864, 
col  R.  decreto  delli  5  Febbraio  1865,  promosso  dal  sig.  ministro  Vacca, 
Guardasigilli  di  S.  M.  Torino,  tip.  dell' Oratorio  di  S.  Francesco  di  Sales 
1865.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  27. 

GIORGI  CALLISTO  —  Santa  Francesca  Romana  e  il  supremo  Pontificato.  Pane- 
girico,  detto  il  9  Marzo  1864 ,  nella  chiesa  delle  nobili  Oblate  di  Tor  dei 
Specchi,  da  Monsignor  Callisto  Giorgi.  Roma,  tip.  di  Fiiippo  Cairo  1865. 
Un  opusc.  in  8.°  dipag.  39. 

II  tilolo  di  .quesla  orazione  panegirica  dice  ab-  S.  Francesca  Romana  nella  difesa  della  Cattedra 

bastanza   qual   argomento  prendesse   a  svolgere  di  Pietro :  e  con  cio  offeree  alia  Santa  un  nuovo 

colla  sua  consueta  eloquenza  il  chiarissimo  ora-  serto,  e  alle  donne  cristiane  un  nuovo  esempio, 

tore,  Mons.  Giorgi.  Esso  voile  dimostrare  quanto  tanto  da  esse  imi labile,  nella  loro  devozione  al 

facesse,  quanto  soffrisse,  quanto  venisse  gloriflcata  Vicario  di  Gesu  Cristo  in  terra. 

KRALJEVIC  ANGELO  —  Grammatica  Latino-Illyrica,  Sabrao  i  Protomacio  Fra 
Angeo  Kraljevic  za  Mladez  Ercegovacku.  U  Rimu  Tiskom  Skupa  Hazsi- 
renja  viere  1863.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  XV. 

Questa  Grammatica ,   scritla  in  illirico,  e  de-  la  chiarezza  e  i'ordine  delle  materie  ivi  esposte, 

slinata  ai  giovani  Illirici  che  vogliono  appren-  rendono  questo  libro  singolarmcnle  pregevolc,  tra 

dere  il  latino  ;  ma  puo  esser  utile  anche  ai  La-  i  pochi  libri  che  si  liamio  di  tal  genere. 
tini  che  amino  studiare  1'illirico.   L'abbondanza, 

LETTURE  DELLA  DOMENICA  ,  pubblicazione  periodica ,  religion,  popolare  di 
Rologna.  Bologna,  uffizio  delle  Letture  della  Domenica,  via  Maicontenli 
«.°1797,  1864. 

Questa  pubblicazione  settimanale  tratta  argo-  oopie  importa,  per  Bologna  Lire  4 :  per  1'Iialia  e 

menti  unicamente  religiosi,  e  li  tratta  in  forma  per  Roma   lire  5:    pel  Veneto  lire  7:    i    quali 

acconcia  alia  inlelligenza  del  popolo.  Ogni  dig-  prezzi  sono  cosi  tenui,  che  non  conosciamo  altra 

pensa  componesi  di  32  pagine  in  piccolo  8.°,  e  slampa  periodica  a  minor  mercato. 
1'associaziono  obbligatoria  per  un  anno  e  per  otto 

Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  365.  39  28  Maggio  1865. 


610  BIBLIOGRAFIA 

L1GUORI  (DE')S.  ALFONSO  — II  Confessore  diretto  per  le  Confession!  della 
gente  di  Campagna,  con  gli  avvertimenti  ai  Confessori,  Opera  di  S.  Alfon- 
so M.  de'Liguori,  gia  Vescovo  di  S.  Agata  de'  Goti  e  Rettor  Maggiore 
della  Congr.  del  SS.  Redentore,  per  utile  della  sua  Diocesi  e  de'  Sacer- 
doti  del  villaggi.  Roma,  tip.  di  Propaganda  Fide  1864.  Vn  vol.  in  8.°  di 
pag.  398. 

MAINI  DOTT.  LUIGI  —  11  Veltro  ed  il  messo  di  Dio ,  vaticinati  da  Dante  Ali- 
ghieri. 

Questa  breve  Memoria  e  come  ii  sunto  di  un  Gli  argomenli,  con  cui  esso  conforta  questa  sua 

lungo  scritto,  cbe  il  chiaro  Doltore  dice  di  ave-  sentenza ,   sono   appena  accennati ;  ma  con  cio 

re  in  serbo  sopra  la  quistione,  si  lungamentc  e  solo  pur  appresentano  tanto  di  forza,  che  ne  ri- 

si  variamenle  agitata,   del  Veltro.   L'opinione,  mane  assai  probabile  la  conclusione.   Confoitia- 

sostenuta  dal  dotlo  Autore,  e,  che  il  Yeltro  pro-  mo  il  chiaro  Scritlore  a  voler  pubblicare  1'  inte- 

conizzato  da  Dante,  e  in  altro  luogo  denominate  ro  suo  lavoro ;   tanto  piu  che  una  tale  opinione 

Messo  di  Dio ,  sia  un  Romano  Pontefice ,   inde-  ha  molli  e  molti  sostenitoii ,  non  solo  ecclesia- 

terminato  quanto  alia  persona,  ma  dcterminato  stici,  ma  anche  laici ;  e  per  antichita  rimonta  ai 

quanto  alle  qualila,  di  cui  dovra  essere  ornato.  secolo  stesso  di  Dante. 

MANNING  —  II  Dominio  temporale  del  Vicario  di  Gesii  Cristo,  per  MODS.  Man- 
ning, Protonotario  apostolico  e  Proposto  del  Capitolo  metro  poll  tan  o  di 
"Westminster.  Yersione  dall'Inglese.  Roma,  coi  tipi  della  S.  Congreg.  de 
Prop.  Fide  1862.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  245. 

MANUZZI  GIUSEPPE  —  Yocabolario  della  lingua  italiana,  compilato  dagli  Ac- 
cademici  della  Crusca,  ed  ora  novamente  corretto  ed  accresciuto  dalCa- 
valiere  Abate  Giuseppe  Marmzzi,  seconda  edizione  riveduta  e  notabil- 
mente  ampliata  dal  Compilatore.  Firenze,  nella  stamperia  del  Vocabolario 
e  del  testi  di  lingua  1865.  Disp.  57  e  58  in  4.°  da  pag.  775  a  870. 

1BARCUCCI  GIAMBATTISTA  DA  LUCCA  —  La  Monarchia  temporale  de'  Romani 
Pontefici,  secondo  Dante  Alighieri,  libri  tre.  Vn  vol.  in  8."  dipag.  120. 

Bel  servigio,  e  il  migliore  per  ventura  che  in  dedotla  la  tesi  dal  concetto  che  da  1'  Alighieri 

questi  giorni  si  potesse,  e  queslo  che  ha  reso  a  della  sua  Monarchia,   e  dagli  argomenli  di  cui 

Dante  ed  a  tutta  1'Italia  il  chiarissimo  Giambat-  fa  uso  per  provarne  la  necessita ,  owero  la  con- 

tista  Marcucci  colla  presente  operetta.   Con  essa  yenienza. 

egli  dichiara  il  vero  pensiero  del  divino  Poeta        Abbiamo  delto ,   che  il  chiarissimo  Autore  ha 

intorno  alia  dominazione  temporale  del  Romani  reso  a  Dante  e  all'  Italia  un  grandissimo  servi- 

Pontefici.  Questo  era,  che  una  tale  dominazione  gio;  e  cosi  cre.dera  chiunque  consider!,  per  rispet- 

si  dovesse  ad  ogni  modo  manlenere  nella  Mo-  to  a  Dante,  il  gran  vantaggio  di  essere  liberate 

narchia  che  esso  ideava,  avvegnache  con  una  dal  brutto   sfregio,   che  gli  recarono  i  setlarii, 

specie  di  soggezione  all'  Imperatore ;  in  quella  celebrandolo  come  loro  autore  e  maestro  :   per 

guisa  che  le  altre  particolari  dominazioni  di  Re  rispelto  poi  all'  Italia ,   il  gran  bene  di  essere 

e  di  Consoli.  Alia  dimostrazione  di  un  tale  as-  messa  in  guardia  contro  i  nemici  del  Papato, 

sunto  va  innanzi  un  libro  di  preliminari  storici,  che  sono  ancora  i  suoi  nemici  piu  crudeli.   Per 

necessarii  per  la  intelligenza  delle  cose,  che  do-  queste  stesse  ragioni  noi  ci  accordiamo  con  tut- 

Tranno  seguire.   L'  assunto  poi  e  dimostrato  coi  ti  i  sincen  Cattolici  a  fare  plauso  all'  illuslre 

due  libri  seguenti ;  direttamenle  col  secondo,  che  Lucchese ;   e  ben  di  cuore  desideriamo   che  il 

contiene  1'esame  de' luoghi  della  Monarchia,  del  suo  libro  abbia  ad  avere  larghissimo  giro;  pre- 

Convito  e  della  divina  Commedia ,   relativi  al  gevole  anche  per  questo ,  che  e  dettato  con  una 

soggetto,  e  che  mettono  in  chiaro  il  vero  pen-  lingua  tutta  oro,   e  con  grazie  non  comuni  di 

siero  del  Poeta :  indirettamente  col  terzo ;  e  n'  e  stile. 

MILOZZI  FRANCESCO  —  Francisci  Milotii,  Doctoris  Grammaticae  tradendae  in 
Seminario  Yaticano,  de  ludae  Machabei  rebus  gestis.  Romae,  ex  typogra- 
pheo  Menicantiano  Chr.  MDCCCLKV.  Un  volumetto  in  8.°  di  pag.  40. 

II  ch.  professore  Milozzi  e  da  noverare  tra  i    dellato  sopra  il  piu  candido  degli   scriltori  del 
piu  Talenti  latinigti  moderni.  11  suo  stile  mo-    Lazio,  qual  fu  Cornelio,  e  naturalissimo  per  molta 


BIBLIOGRAFIA  611 

gastigatezza  e  per  lucida  concisione.   Essendosi  menlario  dei  fatti  di  Giuda  Maccabeo  csce  alia  luce 

egii  finora  dilettato  di  scrivere  di  cose  sacre,  ed  fregiato  del  nome  dell'augusto  Ponlefice  Pio  IX, 

avendolo  sempre  fatto  con  pari  eleganza  e  nobilla,  che  degnossi  di  accettarne  la  dedica  ;  prernio  ben 

dimoslra  col   fatto  come  possa  dallo  studio  dei  caro  all'autore ,  e  guarentigia  ben  sicura  per  la 

classici  pagani  trarsi  vantaggio  grande  a  servi-  giovenlu  studiosa  dei  pregi  non  comuni,  che  ador- 

gio  delta  religione  e  della  Chiesa.  Questo  Com-  nano  questo  libro. 

M.  L.  —  II  Buon  amico  del  giovanetto  che  s'accosta  a  fare  la  sua  prima  Co- 
munione,  compilazione  fatta  dal  Sac.  L.  M.  Torino,  Pietro  di  G.  Marietti 
tipografo  pontificio  1865.  Un  vol.  in  32.°  dipag.  106. 

Questo  libriccino  e  dedicate  ai  giovanelti  che    loro  i  mezzi  che  debbono  adoperare  per  conser- 
abbian  fatta  la  prima  Comunione,    e  suggerisce    varne  il  frutto. 

MULLOIS  —  Onoriamo  la  Madonna.  Considerazioni  sulla  vita  di  Maria  Santls- 
sima,  con  preghiere  e  pratiche  pel  mese  di  Maggio.  Milano,  tip.  arcivesco- 
mle  della  dittaGiacomo  Agnelli,  nell'  Orfanotrofio  maschile,  via  S.  Marghe- 
ritansl,  1865.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  112. 

Molti  hanno  svolto  i  fatli  principal  i  della  vita  giugne  ogni  6\  delle  Risoluzioni,  una  Preghiera, 

di  Maria  SSma  per  uso  del  mese  di  Maggio.  Al-  una  Pratica,  ed  una  Giaculatoria.  Come  lutti  gli 

euni  in  Letture  ampie,  altri  in  Meditazioni  di!Tu-  allri  libri  devoli  scritti  daU'ab.  Mullois,  questo 

se.  L'abbate  Mullois,  il  cui  libro  qui  accenniamo,  e  tulto  fervore  e  fuoco  di  pieta ,  e  scritto  con 

il  fa  in  brevissime  Considerazioni,  alle  quali  ag-  una  facilita  che  il  rende  sommamente  popolare. 

NEYRAGUET  D.  —  Compendium  Theologiae  moralis  S.  Alphonsi  M.  De  Li- 
gorio,  auctore  D.  Neyraguet,  Presbytero  Dioecesis  Ruthenensis  Missiona- 
rio,  complectens  turn  opens  moralis,  turn  opens  cui  titulus  Eomo  Apo~ 
stolicw  etc.  substantiam,  solamque  auctoris  doctrinam ,  meliori  ordine 
digestam,  servatis,  quantum  fieri  potuit,  ipsius  textus  verbis.  Ed.  prima 
romana  cum  notis.  Romae,  typis  S.  Congr.  de  Propaganda  Fide  1849. 
Vn  vol.  in  8.°  dipag.  VIII,  792. 

L' Emincntissimo  Card.    Gousset  fin   dal  1839  lungo  corso   di  anni.   Testimonio  ne  e   il  gran 

giudicava   questo    Compendio    della   Morale    di  numero  di  ed  zioni  che  se  ne  sono  fatte.  Questa 

S.Alfonso,  come  il  piii  conciso,  il  piu  esalto  e  della  tipograCa  di   Propaganda,  per   la  qualili 

il  piu   fedele  che  si  fosse  mai  falto  sino  a  quel  della  carta  e  dei  tipi,  e  preferibile  a  lutle  le  al- 

dl.  Un  si  autorevole  giudizio  e  stato  confermalo  tre,  e  merita  di  essere  sopra  le  altre  raccoman- 

dall'uso   che   di  delto  Compendio   si  e  fatto  in  data, 
cosl  gran  numero  di  scuole  teologiche,  e  per  si 

OM  AGGIO  a  Dante  Alighieri,  offerto  dai  Cattolici  italiani  nel  Maggio  1865,  se- 
sto  Centenario  della  sua  nascita.  Romay  tipografia  Monaldi  1865.  Un  vo- 
lume in  8.°  dipag.  17,  656;  legato  alia  bodoniana,  con  in  fronte  il  ritrat- 
to  fotografico  di  Dante. 

Questa  raccolta  di  scritti,  si  di  prosa  come  di  ganza  maschia  delle  scrilture  che  vi  son  eonte- 

f  ersi,  delle  miscliori  penne  d'ltalia,  intesa  a  mo-  imle.  Sara  di  altro    luogo  il  venirle  esaminan- 

strar  Dante,  quale  fu  veramente,  colla  sua  fede  do:    qui   il    tempo    e  lo  spazio  ci  manca.  Solo 

di  buon  ngliuolo  della  Chiesa,  col  suo  vero  amo-  diciamo  che  i   nomi ,  i    quali  si  leggono    solto 

re  di   patria,  code  sue  yere  dottrine  fiiosofiche,  quelle  scrilture,  sono  tutti   di   valenti  scrittori; 

politiche  e  religiose,  colle  sue  vere  aspirazioni;  che  gli  argomenti    da  loro  prescelli    hanno  im- 

qoesta  Raccolta,  diciamo,   era  da   molto    tempo  portanza  grando ,  e  svolgouo  sotlo  ogni  forma  i 

aspe ttata,  e  come  fu  applaudita  dai  cattolici  nel  concetti  danteschi  ,  e  la  varieta  degli  stili  nelle 

•suo  concetto,  cosi  desideravasi  yivamenle  di  ve-  prose  e  dei  metri  nelle  poesie ,  che  sono  poche 

derla  attuala  nel  fatto  in  maniera  degna  di  quel  ma  elette,  aggiunge  pregio  e  attraimenlo  all'ope- 

concetto.  Ora  essa  comparisce  in  luce.  L'  esterna  ra.  In  breve  diremo  che  di  quelle  molte  stampe 

eleganza  dei    tipi ,  che  ne  fanno  un  libro  vera-  fattesi  ad  omaggio  di  Dante  m  questa  occasione 

mente  bello  nella  sua  semplice  nobilta,  prepara  dai  liberal  i,  e  che  ci  vennero  sott'occhio  finora, 

T  ammo  del  lettore  a  quella  corrispondenle  ele-  nessuna  YC  n'c  che  per  la  elegauza  delle  forme, 


612  BIBL10GRAFIA 

e  per  i'intrinseco  Talore  della  sostanza  slia  a  pa-  gli  amatori  di  Dante  vorranno  tulti  avere  questo 

ro  di  questa.  Noi  cc  no  congratuliamo  col  signer  libro,  e  gli  amanti  delle   belle  ed  utili  edizioni 

Duca   Caracciolo  di  Brienza,    che  ne  concepi  il  faranno  a  gara  per  procacciarselo.  Esso  vendesi 

disegno,  e   attese  indefessamente   ad   attuarlo.  dal   libraio  Pietro  di   G.  Marietti,  si  in  Roma 

e  solo  ci   dogliamO   che  esso  abbia  ristretta   la  nella  libreria  di  Propaganda,  si  in  Torino  nella 

stampa  a  poche  copie ,  perche  siamo  ceiii  che  sua  libreria  pontiflcia. 

ORTALDA  GIUSEPPE  —  I  Missionarii  apostolici  italiani  nelle  mission!  estere 
delle  cinque  parti  del  mondo.  Torino,  dalla  tipografia  di  Giacinto  Ma- 
rietli  1865.  Un  vol..  in  4.°  di  pag.  96  con  tavole. 

PELLICANI  ANTONIO  —  L'ordine  nelle  societa  cristiane;  parenesl  per  Antonio 
Pellicani  d.  C.  d.  G.  Torino  1865,  Pietro  di  G.  Marietti  tipografo  pontifi- 
cio.  Unvol.  in  16.°  dipag.  111. 

PERGMAYR  GIUSEPPE  —  Meditazioni  sopra  i  selte  doni  dello  Spirito  Santo, 
del  R.  P.  Giuseppe  Pergmayr  d.  C.  d.  G.,  tradotta  dall'alemanno  per  un 
Sacerdote  della  Diocesi  di  Liegi,  e  dal  francese  fedelmente  per  la  prima 
volta  volgarizzata.  Napoli,  stamperia  e  libreria  di  A.  Festa  1864.  Unvol. 
in  16.°  di  pag,  162. 

PILA-CAROCCI  LUIGI  —  L'Istmo  di  Suez.  Ragionainento  letto  in  due  tornate, 
nei  giorm  7  e  21  Agosto  1864,  nell'Accademia  dei  Quiriti,  dal  socio  Mon- 
signore  Luigi  de'  Conti  Pila-Carocci,  Prelato  Domeslico  di  Sua  Santita. 
Roma,  tip.  delle  Belle  A.rti  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  100,  comma  tavola. 

L'esimio  Prelato  romano,  Mons.  Luigi  deiconti  mente  le  utilita  che  da  questo  taglio  ne  prover- 
Pila-Carocci,  nel  suo  viaggio  in  Oriente,  voile  ranuo  al  commercio,  alia  civilta  ed  alia  reli- 
esaminare  a  parte  a  parte  i  lavori  del  taglio  del-  gione.  Questo  libro,  sia  per  ci6  che  vi  si  discor- 
1'lstmo  di  Suez,  affine  di  giudicarne  non  sopra  le  re  con  brevila  s\  ma  accompagnata  da  molta 
relazioni  altrui,  ma  sopra  la  sua  propria  osserva-  precisione,  sia  per  la  serie  compiuta  dei  piu  im- 
zione.  Reduce  da  quel  lungo  e  istruttivo  viaggio  portanti  Document!  relativi  al  taglio  che  si  va 
in  Roma,  in  un  discorso  recitato  in  una  pubblica  eseguendo,  servira  a  dare  una  notizia  abbaslanza 
adunanza,  fece  di  pubblica  ragione  il  frulto  dei  compiuta  di  quest'opera  gigantesca.  Esso  poi  di- 
suoi  studii ;  e  quel  discorso,  lanto  allora  applau-  mostra  quanta  coltura  e  penzia  si  trovi  nella 
dilo,  ora  si  pubblica,  coll'aggiunla  dei  piu  impor-  Prelatura  romana,  e  quanto  studio  vi  si  fuccia 
tanti  Document!  relativi  al  medesimo  taglio,  e  di  tutto  quello  che  possa  giovare,  non  solo  alia 
con  una  veduta  panoramica  dell'lstmo.  II  Discor-  pieta,  costumatezza  e  coltura  dei  popoli ,  ma 
so  espone  la  storia  dell'lstmo  di  Suez,  il  progel-  eziandio  alia  loro  prosperita  e  grandezza  mate- 
to  del  taglio  e  1'esecuzione  dei  lavori,  e  final-  riale. 

PINCELLI  LUIGI  —  L'anima  religiosa  rassodata  nella  perfezione  e  uel  culto  di 
S.  Giuseppe;  meditazioni,  esempii  ed  altri  esercizii  per  ogni  giorno  del 
mese  di  Marzo,  compilati  dal  P.  Luigi  Pincelli  d.  C,  d.  G.  Modena,  tip. 
dell' Imm.  Concezione.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  199. 

Nella  gara  aflettuosa,  destatasi  ai  nostri  giorni,  mira   ad    apprender    loro    come   debbono   con— 

di  onorare  con  ogni  sorta  di  omaggi  il  glorioso  secrare  ad  onor  di  S.  Giuseppe  il  mese  di  Mar- 

Patriarca  S.  Giuseppe,  sono  usciti  alia  luce  pei  zo.  Cos!  per  ogni  giorno  del  detto  mese  v'euna 

lipi   d'ltalia  e  di  Francia  molti    libri,    diretti  a  Meditazione  sopra  qualche   veritk  del   Vangelo  , 

glorificaresi  gran  Santo,  e  a  guidare  i  fedelinel-  applicata  allo   stato  religioso,  e    convalidata  da 

la  pia  pratica  di  venerarlo.  Ognuno  d'essi  ha  il  un  Esempio,  che  v'abbia  rapporto  e  msieme  ram- 

suo  scopo  particolare,  e  dirigesi  ad  una  particolar  menti   o  qualche    gloria   o   qualche  beneficio  di 

classe  di  persone.  Questo  novissimo,  die  qui  an-  S.  Giuseppe.  E  un  libro  pieno  di  santi  pension, 

nunziamo  e  dedicate  alle  persone    clauslrali ,  e  esposti  con  vigor  grande  e  con  sanla  unzione. 

PIO  IXPontifici  Optimo  Maximo  Episcopi  Hetruriae.  Pisa,  tip.  di  LettureCat- 
toliche,  diretta  da  Giov.  Aim  1865.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  16. 

PIOLANTI  GIUSEPPE  —  La  Grammatica  del  buon  senso,  mancante  da  lungo 
tempo  in  molte  odierne  biblioteche  e  riprodotta  in  dialoghi  filosofici  per 


BIBLIOGRAFIA  613 

1'Ab.  Giuseppe  Piolantl.  .Roma,  pei  tipi  di  Giovanni  Cesar 'etti  1865.  Un 
vol.  in  8.0  di  pag.  XYI,  376. 

Sotto  questo  titolo  trattansi  argomenti  religiosi  cembre  e  del  Sillabo.  La  forma  della  traltazione 

di  grande  importanza,  cioe  dire  dell'Esistenza  di  e  il  Dialogo,  e  altori  nel  Dialogo  sono  un  illu- 

Dio,  della  divina  Provvidenza,  dell' Immortalita  minato  alia  nioda,  ma  di  buona  fede,  e  1'Autore 

dell'  anima,   della  Rivelazione ,  del  Cattolicismo  dell'opera.  Vi  e  nel  Hbro  molta  erudizione,  e  le 

confrontato  col  Giudaismo,  col  Gentilesimo,  col-  citazioni  piuttosto  abbondano  che  mancano:  vie 

1'  Isiamismo   e  col  Protestantesimo ,  degli  Ordini  molto  fuoco  nolle  idee  e  nello  stile,  che  mostra- 

religiosi,  e  finalmente  dell'Enciclica  degli  8  Di-  no  uno  scrittore  d'indole  accesa  e  di  zelo  grande. 

ROHRBACHER  —  Storia  universale  della  Chiesa  cattolica  dal  principio  del 
mondo  fino  ai  di  nostri,  dell' Abate  Rohrbacher,  Dottore  in  Teologia  del- 
1'  Universita  cattolica  di  Lovanio  ecc.  ecc.  Prima  traduzione  italiana  so- 
pra  la  terza  edizione.  Torino  1865,  per  Giacinto  Marietti  tipografo  li- 
braio.  Vol.  X  in  8.°  dipag.  970. 

SACCARBO  PIETRO  —  Saggio  d'uno  studio  storico-artistico  sopra  i  musaici 
della  chiesa  di  S.  Marco  in  Venezia.  Memoria  letta  al  veneto  Ateneo,  nel- 
1'Adunanza  del  21  Lugllo  1864,  dal  socio  corrispondente  Pietro  D.  Sac- 
cardo,  ingegnere  civile,  Venezia,  tipogr.  del  Commercio  edit.  1864.  Un 
opusc.  in  8.°  di  pag.  35. 

La  Basilica  di  S.  Marco  in  Venezia  e  da  nove-  discorso  il  sig.  Saccardo  in  questa  memoria  ,  la 

rare  tra  le  chiese  piu  ricche  di  lavori  a  musaico ;  quale  giugne  alia  conchiusione  molto  savia,  che 

i  quali  cominciarono  ad  esservi  int.rodolti  verso  volendosi  e  dovendosi  ora  ristorare  dei  danni  sof- 

il  principiare  del  decimo  secondo  secolo ,  e  per  ferti  dal  tempo,   invece    di  sostituire  ai  vecchi 

sette  interi  secoli  si  andarono  sempre  piu  aumen-  nuovi  mosaic!,  cerchisi  ad  ogni  patto  riprodurre, 

tando  e  ingentilendo.  La  storia  di  questi  leso-  imitandoli  esattamente,  gli  antichi  che  fossero  gua- 

ri  d'  arte,  ossia  la  cronologica,  ossia  la  tecnica,  sti  in  tulto  o  in  parle. 
ossia  la  scientiflca,  rischiara  con  breve  ma  dotlo 

SCARAMELLI  GIO.  BATTISTA  —  Direttorio  ascetico,  nel  quale  si  insegna  il  mo- 
do  di  condurre  le  anime  per  vie  ordinarie  della  grazia  alia  perfezione 
cristiana,  indirizzato  ai  direttori  delle  anime  da  Gio.  Battista  Scaramelli 
d.  C.  d.  G.  Torino,  per  Giacinto  Marietti  tipografo  libraio  1865.  Due  vol. 
in  8.°  di  pag.  524,  456. 

Una  delle  piu  stimate  opere  ascetiche,  per  la  elegante  che  ne  ha  falto  il  benemerito  tipogra- 

direzione  delle  anime,  e  questa  del  P.  Scaramel-  fo  Giacinto  Marietti  in  Torino.  Vendesi  al  prezzo 

li.  Essa  e  notissima:  e  noi  nulla  dobbiamo  dime  di  L.  10. 
per  raccomandarla,  salvo  che  far  nota  1'edizione 

SCHIAFFINO  PLACIDO  —  L'analogia  della  fede  e  il  primato  del  Pontefice.  Con- 
ferenze  del  P.  D.  Placido  Schiaffino,  Monaco  Benedettino  Olivetano  D.  I. 
S.  T.  Roma,  coi  tipi  della  S.  Congr.  de  Propaganda  Fide  1857.  Un  vol. 
in  8.°  dipag.  114. 

'  SCOLARI  DOTT.  FIL1PPO  —  Intorno  alle  prime  quattro  edizioni  della  divina 
Commedia,  Lettera  critica  a  Moris,  lllmo  e  Rfiio  Giambattista  Carlo  Conte 
Giuliani.  Venezia,  tipogr.  Gaspari  impr.  MDCCCLXV.  Un  volumetto  in  16.° 
di  pag.  XV1IL 

Le  piu  antiche  edizioni  a  stampa  della  divina'  giore  evidenza  che  si  puo  otlenere  in  somiglian- 

Cbmmedia  sono  del  1472,  e  si  riducono  a  quat-  ti  quistioni ;  ed  il  secondo  con   sufflciente  pro- 

tro,  dette   comunemente  d»  Foligno,  di  lesi,  di  babilita.  Grande  obbligazione  dee   professare    la 

Mantova  e  di  Napoli,  e  attrjbuite  respettivamente  illustre  citta   di  Verona   al  chiaro   filologo,  per 

a  queste  citta.  II  chiarissimo  cav.  Scolari  pren-  avere,  specialmenle  in  quest'  anno  si  solenne  alia 

de  a  rivendicare  a  Verona  1'onore  della  edizio-  memoria  di  Dante,   riacquistata  per  lui  questa 

ne    giudicata  di    lesi,,  e  a  darle  il   primato  di  gloria,  di  avere  data  all'  Italia  la  prima  o  certo  la 

tempo  sopra  le  altre  tre.  II  primo  di  questi  due  seconda  edizione  a  stampa  della  divina  Commedia. 
assunti  ci  sembra   dimostrato  con  quella  mag- 


61 4  BIBLIOGRAFIA 

SCOTTI-PAGLIARA  DOMENICO  —  Cattolicismo  e  Protestantesimo.  Conferenze 
predicate  nella  chiesa  di  Monte  Galvario  di  Napoli,  ne'  mesi  di  G'mgno, 
Luglio  e  Agosto  1864,  per  Domenico  Scotti-Pagliara,  prete  napoletano. 
Napoli  1865,  Gabriele  Rondinelia  editore,  viaS.  Anna  de'  Lombardi  n.  8. 
Un  vol.  in  8.°  dipag.  363. 

Delle  prime  veoticinque  conferenze  del  dolto  e  torno  al  culto,  ossia  in  generale   parlando  della 

shiarissimosac.  D.Domenico  Scotti-Pagliara,  par-  necessita,  della  utilita,  dello  splendore  del  culto 

lammo  altra  volta,  con  quella  lode  che  meritava  esterno,    ossia  in  particolare  parlando  del  culto 

lo  zelo,  la  doltrina  e  il  coraggio  dell'Aulore.  In  dei  Santi,  delle  Reliquie  e  delle  Immagini.  L'ul- 

questo  volume  contengonsi  dodici  altre  conferen-  tima   conferenza  ha  per  argomento  il  sangue  di 

ze,  trattate  tutte  con  la  stessa  maestria.  Le  pri-  S.  Gennaro,  e  tntta  e  diretta  a  provare  contro  le 

me  tre  ban  per   titolo  I'  Eucaristia  innanzi  alia  calunnie  dei  miscredenti  1'  autenticita  del  prodi- 

Bibbia,  alia  Storia,  alia  Ragione.  Due  altre  che  gio,  che  esso  da  tanli  secoli  presenta,  col  liquefar- 

seguono  parlano  della  Messa,  esponendo  la  dot-  si  piu  volte  ogni  anno  alia  vista  di  tutlo  il  po- 

trina   della  Chiesa   e  sciogliendo  i   soflsmi   dei  polo  napoletano. 
Proleslanti.  Le  sei  seguenti  s'  intrattengono  in- 

SERVANZI-COLLIO  SEVERING  —  Al  Patriarca  san  Giuseppe  culto  antico  nella 
citta  di  Sanseverino,  dimostrato  dal  Conte  Severino  Servanzi-Collio,  Ca- 
valiere  di  Malta  ecc.  ecc.  Macerata,  tip.  di  Alessandro  Mancini  1865.  Un 
opusc.  in  4.°  di  pag.  16. 

SOGG1U  ANTONIO  —  Applausi  alia  Enciclica  pontificia  ed  al  Sillabo  del  di  8 
Dicembre  1864,  del  sacerdote  Dottore  Antonio  Soggiu,  canonico  della 
chiesa  Metropolitan  di  Oristano.  Milano,  tipografta  e  libreria  artivfsco- 
vile,  ditta  Giacomo  Agnelli  1865,  via  S.  Margherita,  num.  1.  Un  fascicolo 
in  8.*  di  pag.  29. 

Sono  opportunissime  le  considerazioni,  ed  ap-  e  di  eloquio,  che  e  proprio  degli  scrittori  sardi, 

propriatissimi  i  consigli  che  da  il  chiarissimo  e  anima  i  fedeli  a  venerare,   meditare  e  porre  in 

dotto  Can.  Soggiu,  a  proposito  dell' Enciclica  de-  pratica  la  gran  parola  di  Plo  IX,  ed  a  sperar  da 

gli  8  Decembre.  Egli  ne  fa  vedere  la  necessita,  lei  salute  all' anima  propria,  e  salvezza  alia  so- 

1'utilita,  la  grandezza :  e  con  quel  calore  di  fede  ciela  pericolante. 

SUSZA  GIAC03HO  —  Gursus  vitae  et  certamen  Martyrii  B.  losaphat  Kuncevicii, 
Archiep  Polociensis,  Episc.  Vitebscensis  et  Mstislaviensis,  Ordinis  sancti 
Basilii  Magni,  calamo  lacobi  Susza,  Episc.  Chelmensis  et  Belzensis,  cum 
S.  R.  E.  uniti,  Ordinis  eiusdem,  adumbratum.  Editio  nova  emendatior  et 
auctior,  curanle  loanne  Martinov,  presb.  S.  I.  Parisns,  Victor  Palme,  bi- 
bliopola  editor  1865,  via  sancti  Sulpitii  22.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  229. 

Questa  ristampa  della  Vita  e  del  Martirio  del  pubblicato  da  Sua  Santita.    II  ch.  P.  Martinov, 

B.  Giosafat  Kuncevich,  Arcivescovo  di  P&losfe,  che  ne  ha  procurato   la  ristampa,  vi  ha  in  fine 

e  modellata  sopra  1'edizione  romana  del  1665.  apposto  molte  giunte  e  correzioni,  le  quali  mi- 

Essa  viene  opportunamente  alia  luce  ora  che  il  dono   piu  pregevole   il  lavoro  slorico,   tuttoche 

Decreto  di  Canonizzazione  del  B.  Giosafat  e  stato  diligente,  del  Susza,  monaco  Basiliano. 

TASSO  TORQUATO  —  La  Gerusalemme  liberata  di  Torq.  Tasso,  illustrata  in 
ordine  alia  critica  letteraria  e  storica  ad  uso  della  gioventii  studiosa,  da 
un  Vercellese  (Gamillo  Mella  d.  G.  d.  G.).  Edizione  terza.  Torino,  per  Gia- 
cinto  Marietti,  1865.  Un  bellissimo  vol.  in  16.°  di  pag.  CCXV,  623. 

TERROR  (IL)  DEI  DEMONII  S.  Michele  Arcangelo.  Novena  in  apparecchio  alia 
doppia  festivita  del  medesimo,  cemaposta  da  un  Padre  d.  C.  d.  G.  Roma,  coi 
tipi  deMaCivilta  Cattoliea  1865.  Un  vol.  in  H.°di  pag.  144.  Vendesi  in  Roma 
al  prezzo  di  10  baiocchinell'Ufficio  della  Civilta  Gattolica,  e  nella  libreria 
di  Propaganda. 

L'  impegno  d'  an  gran  numero  di  persone  nei    Diavolo,  di  riabilitarlo  agli  antichi  diritti  di  pa- 
tempi  che  corrono  si  e  di  rimettere  in  ooore  il    ttronauza  sul  monde,  dei  qnali  fu  spodestato  dal 


BIBLIOGRAFIA 


615 


di  ricondurre  gli  uomini  all'anlico  culto  idolatri- 
co  del  diavoli. 

Sano  pensiero  fu  pero  quello  di  chi  si  studio  di 
opporre  all'onor  dei  diavoli  il  culto  del  loro  anta- 
gonista  e  primo  debellatore  S.  Michele  Arcaagelo, 
e  risvegliarne  nel  cuor  de'  fedeli  la  piu  fervida 
divozione  con  proper  loro,  sotlo  forma  di  Novena, 
belle  ed  utilissime  considerazioni. 


divin  Redenlore.  Molt!  si  gloriano  di  apporlo  in 
fronte  ai  loro  Giornali ,  intitolandoli  dal  Diavo- 
lo -  II  buon  Diavolo  -  II  Diavolo  galante  -  II 
flglio  del  Diavolo  -  Messer  Satanasso  ecc.  ecc. 
Le  dottrine  che  si  spacciano  sono  quelle  di  Lu- 
cifero.  Le  delizie  dei  commedianti  sono  i  diavo- 
li. I  diavoli  si  evocano  nelle  grotte,  nelle  sale  ecc. 
Ai  diavoli  si  ricorre  nelle  malattie  e  da!  diavoli 
si  cerca  invest! gar  1'avvenire.  Si  tenla  insomma 

THEINER  AGOSTINO  —  Annales  Ecclesiastic! ,  quos  post  Caesarem  S.  R.  E. 
Card.  Baronium,  Odoricum  Raynaldum,  ac  lacobum  Laderchium,  presby- 
teros  Congregationis  Oratorii  de  Urbe,  ab  anno  1572  ad  nostra  usque  tem- 
pora,  continual  Augustinus  Theiner,  elusdem  Congregations  presbyter, 
Consultor  SS.  Congregationum  Indicis  librorum  prohibitorum,  Episcopo- 
rum  et  Regularium  etc.  etc.  Romae,  ex  typographia  Tiberina  1856.  Tre 
vol.  in  f'ol.  di  pag.  XVIII,  560.  XIX,  642  e  XXIV,  843;  i  quali  si  vendono 
nella  libreria  di  Propaganda. 

L'immensa  opera,  che  il  Card.  Baronio  prin-  nella  loro  integrita  e  paleografla ,  e  per  conse- 

cipio,  degli  Annali  Ecclesiastic!,   fu  continuata  guente   nella    lingua   lor  propria  ,  non  avendo 

dopo  lui  dal  Raynald  e  dal  Laderchi  ,   il  quale  voluto  il  P.  Theiner  riportarli   solo  a  brani,  o 

ultimo   la  condusse  flno  all' anno  1571.    Dalla  tradotti  in  latino:   e  tra  quest!  document!   non 

morte  del  Laderchi  in  qua  nessun  altro  sotlentro  da  luogo   alle   parole  degli  slorici,  tanto  meno 

a  quel  glorioso  si,  ma  difficilissimo  incarico  :  e  dei  document!  originali  autorevoli.  Che  se  i  do- 


per  piu  di  cento  anni  fu  desiderate  chi   se  ne    cumenti  sono  noli 


a  trovare,  lo  scrit- 


facesse  il  continuatore.   Per  buona  ventura  que-  tore  degli  Annali  si  contenta  di  citarli  soltanto, 

sto  desiderio  ora  e  appagato,   ed  il  chiarissimo  indicando  ove  si  debbano  essi  cercare.   Con  tut- 

P.  Theiner,  Prete  anch'  egli,  come  i  suoi  prede-  tocio  in  tre  gross!  Volumi  non  pote  comprender- 

cessori,  dell' Oratorio,  ha  dato  non  ha  guari  alia  vi  che  la  materia  di  soli  quallordici  anni:  ma 

luce  i  tre  Volumi  che  abbiamo  annunziato,  con-  cio   mostra   1'abbondanza  dei  fatti,  che  a  quei 

ducendo  gli  Annali  dal  1572  flno  al  1585.  Egli  tempi   si  riferivano  alia  Chiesa ,   e  la  diligenza 

seguita  le  vestigie  dei  tre  primi  scrittori  di  que-  grande  dell'Aulore  nel  raccorli,  ordinarli  e  dilu- 

sti  Annali,  salvo  quelle  variazioni  che  o  i  nuovi  cidarli.  II  detlo  fin  qui  risguarda  la  parle  ester- 

studii  storici,  o  la  materia  da  narrare  gli  hanno  na  del  libro,    il  melodo  cioe  tenuto  dallo  Sciit- 

imposto.  La  divisione  degli  anni  e  in  queali  Vo-  tore.    La  sua  egregia  valenlia  poi ,  ossia  nella 

lumi  qual  fu  nei  precedent! :  ma  piu  esaltamente  critica ,  ossia  nell'ordinamenlo,  ossia  nella  espo- 

ancora,  che  nei  precedent!,  e  sollo  ciascun  anno  sizione   dei   fatti ,   verra  da  noi  in  altro  tempo 

serbata  la  divisione  delle  materie  per  region!  e  esposta  con  queU'ampiezza,  che  la  grandezza  del- 

per  regni.  I  document!  estratti  dall'Archivio  Va-  1' Opera  richiede. 
ticano,  vengono,  generalmenle  parlando,  riferiti 

TOMMASO  (S.)  D'AQUINO  —  Sancti  Thomae  Aquinatis,  Doctoris  Angelici,  Ordi- 
nis  Praedicatorum,  Opera  omnia  ad  fidem  optimarum  editionum  accurate 
recognila.  Tomus  decimus  Septimus.  Opuscula  theologica  et  philosophica 
tarn  certa  quam  dubia.  Tomus  II,  fasc.  V  et  VI.  Parmae,  ex  lypographaeo 
Petri  Fiaccadori  1865,  in  4.°  da  pag.  265  a  424. 

TOSCANI  TEODORO  —  Ad  Typica  Graecorum  ac  praesertim  ad  typicum  cry- 
ptoferratense  S.  Bartholomaei  Abbatis  animadversiones  Theodori  Toscani 
Hieromonachi  Ord.  S.  Basilii  M.  Romae,  typis  S.  Congr.  de  Propaganda 
Fide  1864.  Un  vol.  in  4.°  di  pag.  109. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  28  Maggio  1865. 


I. 
COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  della  beatlficazione  della  Ven.  Maria  degli  An- 
geli  —  2.  Relazione  al  Santo  Padre  circa  gli  oggetti  di  Arti  ed  Industrie 
spediti  alia  mostra  di  Dublino. 

1.  La  mattina  della  Domenica  IV  dopo  Pasqua,  14  Maggio,  ebbero  luo- 
go,  coi  riti  consueti,  nella  patriarcale  Basilica  Vaticana ,  lesolennita  per 
la  beatificazione  della  Ven.  Serva  di  Dio  Maria  degli  Angeli ,  di  Torino , 
monaca  professa  nell'  Istituto  delle  Carmelitane  scalze ;  e  verso  le  ore  6 
pomeridiane  il  Santo  Padre,  seguito  dal  sacro  Collegio  de' Cardinal!  e 
dalla  sua  nobile  Corte ,  discese  nella  Basilica  stessa  per  venerare  la  Bea- 
ta.  Fu  grande  il  concorso  dei  fedeli  che,  per  venerare  la  novella  Beata  e 
lucrare  la  plenaria  Indulgenza  conceduta  da  Sua  Santita,  trasse,  special- 
mente  nelleore  pomeridiane,  al  sacro  tempio.  II  quale  assai  decorosa- 
mente  con  daraaschi,  velluti  e  con  analoghi  emblemi  dipinti,  era  addob- 
bato  nel  presbiterio ,  ove  pure  grande  copia  di  ceri ,  disposti  con  bell'or- 
dine,  rendevano  ricca  e  splendida  la  luminaria.  I  due  archi ,  che  metto- 
no  nelle  navi  minori,  erano  cbiusi  da  ornati,  e  su  questi  carapeggiavano 
i  quadri ,  in  cui  vedevansi  storiati  i  miracoli  approvati  per  la  Beatifica- 
zione.  Altra  pittura  era  posta  sull'ingresso  principale  della  Basilica,  e 
nella  grande  loggia  del  portico  superiore  era  spiegato  lo  stendardo  ,  sul 
quale  la  Beata  effigiavasi  tra  una  gloria  di  Angeli.  Furono  ancora  distri- 
bute in  copia  abbondante  le  immagini  della  Beata ,  e  gli  esemplari  della 


CRONACA  CONTEMPORANEA  617 

sua  Vita,  scritta  dal  P.  Anselmo  di  S.  Luigi  Gonzaga.  Nella  sera  le  fac- 
ciate  delle  chiese  tanto  dei  Religiosi  che  delle  Monache  dell'Ordine ;  al 
quale  la  Beata  Maria  apparteneva ,  e  di  cui  e  novello  decoro ,  furono ,  in 
segno  di  giubilo,  illuminate. 

2.  Le  sollecitudini  del  Governo  pontificio ,  perche  gli  oggetti  di  Arti 
ed  Industrie  dovessero ,  come  gia  in  passato  a  Londra ,  cosi  ancora  in 
quest'anno,  far  bella  mostra  dl  se  in  Dublino,  secondo  quello  che  riferim- 
mo  nel  volume  precedente  a  pag.  613  ,  ottennero  eccellenterisultato.  Di 
che  il  Comm.  Costantini  Baldini ,  ministro  del  Commercio  e  dei  Lavori 
pubblici ,  designate  da  Sua  Santita  a  presiedere  la  Commissione  incari- 
cata  di  vigilare  e  dirigere  questa  faccenda,  mando  stampare  coi  tipi  del- 
la  Rev.  Camera  Apostolica ,  1'  Elenco  generale  degli  oggetti  spediti  dagli 
esponenti  pontificii  alia  esposizione  internazionale  di  Dublino,  dopo 
Vesame  che  ne  ha  fatta  la  commissione,  eletta  dallo  stesso  Ministero. 

L'  indicate  elenco  e  preceduto  da  una  relazione  fatta  alia  Santita  di 
Nostro  Signore  da  S.  E.  il  sig.  ministro  Commendatore  Costantini  Baldi- 
ni; alcuni  brani  dalla  quale,  dice  il  Giornale  di  Roma  del  18  Maggio, 
mettendo  in  vista  la  quantita  e  rilevanza  degli  oggetti  mandati ,  giova 
qui  appresso  riferire,  perche  i  lettori  ne  prendano  un  adequate  concetto. 

«  Si  legge  nel  catalogo  il  novero  delle  formazioni  geologiche  dei  mon- 
ti  di  Tolfa  e  Allumiere,  da  tornare  in  utile  del  commercio,  delle  arti  e 
delle  industrie. 

«  Succede  la  raccolta  di  stampe  dei  piu  abili  artisti  romani,  divisa  in 
portafogli  e  volumi,  da  cui  si  scorge  1'importanza  della  Calcografia  Ca- 
merale,  la  parzialita  dei  Sommi  Pontefici  in  proteggere  1'arte  dell'  inci- 
sione,  e  1'  intendimento  loro  di  rendere  piu  che  mai  note,  per  mezzo  di 
quest'arte,  che  ha  fiorito  sempre  in  questa  insigne  istituzione,  le  opere 
dei  piu  illustri  maestri  del  disegno.' 

«  Yi  si  aggiunge  una  collezione  di  medaglie  pontificie,  atte  a  dichia- 
rare ,  oltre  1'artifizio  delle  impronte  e  dei  conii  lavorati  peHa  zecca  del- 
lo  Stato,  varie  delle  opere  dei  Sommi  Pontefici  da  Pio  YH  in  poi,  che, 
per  la  loro  utilita  e  grandezza ,  meritano  di  passare ,  anche  per  questo 
mezzo,  alia  memoria  dei  posteri. 

«  Circa  cento  fra  statue,  gruppi,  busti  e  bassorilievi  scolpiti  in  mar- 
mo,  e  alcuni  solo  modellati  in  gesso  da  valenti  artefici,  indicano  il  se- 
gno, cui  e  giunta  in  Roma  1'arte  nobilissima  della  scultura. 

«  E  cosi  quarantuno  dipinto  di  eccellenti  maestri  serviranno  a  dinota- 
re  lo  stato  della  pittura. 

«  Ai  quali  aggiungendo  varii  lavori  finissimi  di  musaico,  e  spezial- 
mente  due  copie ,  una  di  un  dipinto  di  Guido  Reni ,  rappresentante  san 
Pietro ,  e  1'altra  del  Sassoferrato ,  con  ivi  effigiata  la  Vergine  Santissima, 
uscite  dallo  studio  del  Yaticano ,  si  fornira  per  tal  guisa  buon  saggio  del- 
la  pittura  in  musaico,  tutta  propria  della  citta  di  Roma. 


618  CHONACA 

«  Vi  si  trovano  non  pochi  cammei ,  intagliati  sopra  conchiglie  e  pietre 
dure,  di  ottimi  e  rinomatissimi  incisori,  da'  quali  si  trae  quanto  Roma 
sia  innanzi  in  questa  arte  ereditata  dagli  antichi.  E  siccome  molti  di 
questi  sono  legati  in  collane,  smanigli,  monili  o  anelli  di  oro,  condotti 
elegantemente  alia  foggia  romana  o  etrusca ,  cosi  nelle  dorerie  raedesi- 
mamente  si  mostra  rinnoyato  il  gusto  de'  prischi  orefici  assai  piu  squisi- 
to  dei  moderni. 

«  Occorrono  pure  ricche  e  leggiadrelegature  di  libri ;  tappeti  tessuti 
nella  forma  di  quei  di  Persia  per  industria  degli  alunni  dell'Ospizio  Apo- 
stolico;  merletti  che  imitano  i  piu  costosi  di  Inghitterra  o  di  Fiandra,  ri- 
canaati  dalle  detenute  nelle  case  di  penttenza ,  non  piu  abbandonate  al- 
1'ozio  e  all'infingardaggine;  fotografie;  armi ;  macchine  ;  marmi  lavora- 
ti ;  avorio  e  legni  superbamente  e  delicatamente  inlagliati ;  allurae ;  cro- 
molitogratie ;  candele  di  cera  anche  dipinte  ;  mattoni  a  somiglianza  delle 
pietre;  lavori  di  ferro;  liquori ;  olio;  e  perle  che  imitano  le  piu  preziose.» 

La  relazione  poi  si  occupa  in  modo  speciale  delle  Arti  Belle,  che  so- 
no patrimonio  di  questo  classico  suolo  ;  e  cosi  ne  ragiona ,  sottoponendo 
alia  considerazione  del  Santo  Padre  le  premure  della  Commissione  della 
Esposizione  irlandese ,  per  conseguire  copia  notevole  di  queste  preziosi- 
ta  romane. 

«  Ma  cio  che  dee  tornare  gradito  aH'antmo  augusto  della  Santita  Yo- 
stra,  si  e  che  la  rinomanza  delle  Arti,  che  per  munificenza  dei  Sommi 
Pontefici ,  e  in  particolare  di  Yostra  Beatitudine ,  sorgono  sempre  piu 
nobili  e  distinte  in  questa  metropoli  del  mondo  cattolieo,  si  spanda  siri- 
guardevole  appo  le  nazioni  straniere,  da  invaghire  chiunque  nel  posse- 
dere  oggetti ,  che  a  queste  si  rapportino.  Una  prova  assai  manifesta  di 
tal  verita  e  avvenuta  nelta  attuale  occasione  della  Esposizione  internazio- 
nale  di  Dublino.  Nella  quale ,  per  Vesempio  del  fayore  compartito  in  Lon- 
dra  nella  passata  esposizione  del  1862  alle  tavole,  ai  marmi ,  ai  cammei, 
alle  dorerie,  agli  intagli  mandativi  da  Roma,  s'  e  bramato  per  guisa  dai 
Direttori  della  Esposizione  di  avere  in  Dublino  un'altra  aula  pontificia, 
da  procacciarsi  siccome  quella  di  Londra  il  titolo  di  gemma  della  Espo- 
sizione, che  non  solo  hannospedito,  con  isquisita  cortesia,  chi  appo  il 
Governo  della  Santa  Sede  ne  sollecitasse  1'autorita  onde  esortare  gli  ar- 
tefici  a  entrare  nella  gara  ;  ma  con  generosa  propensione  hanno  disposto 
che  un  yascello  a  vapore  yenisse  fino  nel  porto  di  Civitavecchia  a  cari- 
carne  le  opere  o  le  produzioni  a  spese  della  Deputazione  irlandese ,  che 
per  queste  ha  voluto  pure  caricarsi  dei  rischi  di  mare ,  e  della  scelta  di 
uomini  adatti  a  maneggiare  casse  di  statue  o  dipinture  ,  affinche  ogni 
cosa  sia  disbarcata  e  collocata  al  suo  luogo ,  senza  che  nulla  si  alter!  o 
yada  smarrito.  » 

Notato  poi  che  Sua  Santita  erasi  degnata  nominare  Lord  Talbot  di 
Malahide  in  Commissario  pontificio  alia  Esposizione;  e  detto  come  i  sud- 


CONTEMPORANEA  619 

dili  pontificii  sonosi  nioslrati  pronti  a  rispondere  agli  incitement!  del  Go- 
verno  ,  la  relazione  conchiude  con  queste  parole  :  «  E  questa  raccolta 
appunto  di  opere  d'  ingegno,  uscita  dalla  citta  di  Roma ,  disvela  aperta- 
mente  in  qual  modo,  malgrado  de'  tempi  sfavorevoli  alle  arti  e  alle  in- 
dustrie ,  si  commovano  al  venerato  cenno  della  Santita  Vostra  coloro , 
che  si  stimano  fortunati  di  esserle  sudditi ;  e  superando  le  calamita,  che 
ne  circondano ,  procurino  di  provare  con  fatti  evidenti  che  questa  citta , 
governata  saggiamente  dai  Sommi  Pontefici ,  puo  sempre  gareggiare,  e 
vincere  ancora ,  ove  si  tratti  di  coltura  e  civilta  yera  ». 


STATI  SAUDI  l.Circolare  ai  Prefettl  contro  i  Hbri  e  le  immagini  oscene  —  2. 
Ragguagli  circa  le  petizioni  in  favore  degli  Ordini  religiosi  —  3.  Indiriz- 
zo  di  Religiosi  siciliani  al  D'Ondes  Reggio  ed  al  Cantu  —  4.  Nuove  minac- 
ce  dei  Mazziniani  per  le  pratiche  d'accordo  con  la  Santa  Sede  —  5.  Cir- 
colare  del  guardasigilli  Vacca,  per  mantenere  la  sospensione  dell'  Exe- 
quatur circa  i  benefizii  ecclesiastic'!,  temperandone  il  rigore  per  quelli  soli 
di  patronato  laicale—  6.  Provvedimenti  fmanziarii  approvati  dal  Senato  ; 
un  regaluccJo  di  60,000  lire  ai  cospiratori  del  1820-21  —  7.  Pubblicazione 
del  nuovo  imprestito  di  425  milioni  —  8.  Ullime  tornate  e  cenni  storici, 
sopra  i  falli  precipui  del  Parlamento  in  Torino ;  partenza  del  Re—  9.  Se- 
sto  centcnario  di  Dante  Alighieri  celebrate  in  Firenze. 

1.  Sul  principio  di  quest' anno  1'  Unita  italiana,  diario  democratico 
schietto,  compendiava  in  queste  poche  parole  i  fasti  del  1864 :  «  Dagli 
ergastoli  del  regno  evasero,  nel  1864,  77  condannati,  e  dalle  carceri  315. 
Vi  furono  2011  renitenti  di  leva.  Vennero  autorizzate  altre  56  case  dilol- 
kranza!  Dieciotto  volte  avvennero  scioperi  di  operai.  Nel  Napoletana 
furono  fucilate  423  persone.  II  Goyerno  italiano  presea  fucilate  il  popolo 
di  Torino,  impose  la  tassa  sulla  ricchezza  mobile,  sui  fabbricati,  sui  beni 
rustici,  sui  tabacco,  sui  sale,  sugli  stipendii  e  sulle  pensioni,  sui  consume 
di  tutti  i  generi,  sui  libretti  della  cassa  di  risparmio,  sulle  lettere,  sui 
salarii;  sulle  messe  ,  sulle  elemosine  e  perfino  sui  regali ,  e  ci  regalo  4 
nuoyi  baroni,  59  nuoyi  commendatori,  163  nuovi  cavalieri  di  san  Mau- 
rizio,  40  nuovi  regolamenti  e  58  nuove  circolari.  Finalmente,  il  1864  si 
ha  inghiottito  500  milioni ,  ed  ha  portato  il  debito  del  nostro  paese  alia 
mostruosa  cifra  di  quattro  miliardi ! ! . . ,  Scusate  se  e  poco !  » 

In  questo  elogio  del  Governo  ristauratore  deH'ordme  morale  spicca , 
come  una  gemma  preziosa,  quel  cenno  sopra  le  case  di  tolleranza;  del- 
le  quali,  come  tutti  sanno,  la  moderna  civilta  mostro  sempre  di  pigliarsi 
una  cura  tutto  speciale ;  tantoche  puo  dirsi  che  i  progressi  della  sua  in- 
fluenza possono  misurarsi  da  questa  caratteristica  industria ,  introdotta 
dov'era  sconosciuta ,  e  promossa  con  efficace  tutela  dove  gia  si  eserci- 
tava.  Dopo  cio  non  e  merayiglia  che,  al  vedere,  nella  sede  stessa  del 


620  CRONACA 

sullodato  Governo,  istituito  il  decimo  uffizio,  i  mercanti  di  turpitudini  si 
sentissero  incoraggiti  a  sempre  nuove  e  svariate  maniere  di  svolgere 
codesto  ordine  morale ;  le  quali  in  breve  toccarono  tal  perfezione ,  che 
perfino  la  Societa  democratica  di  Livorno  ebbe  a  fame  i  fortissimi  richia- 
mi,  da  noi  riferiti  nel  precedente  volume  a  pag.  363. 

Come  a  Dio  piacque ,  la  voce  della  societa  democratica  giunse  alle 
orecchie  del  Ministero ;  e  quello,  di  che  indarno  aveano  fatto  caldissime 
suppliche  quasi  tutti  i  Vescovi  d'  Italia  nelle  loro  lettere  al  Re  ed  al  Go- 
yerno,  fu  ottenuto  dal  voto  de'  Mazziniani.  La  seguente  Circolare,  ri- 
stampata  anche  dallo  Stendardo  Cattolico  di  Geneva  del  26  Aprile,  fu 
spedita  ai  Prefetti  del  Regno  ;  e  noi  ci  auguriamo  che  questa  non  resti 
nella  condizione  di  lettera  morta,  come  accadde  delle  Circolari  spedite 
ad  pompam  contro  il  duello  ed  i  duellanti. 

«  Per  avidita  di  sordidi  e  disonesti  guadagni ,  pur  troppo  nelle  singo- 
le  province  italiane,  dove  piu,  dove  meno  apertamente,  dell'arte  nobi- 
lissima  della  stampa  e  della  fotografia  si  fa  mereato  turpissimo  di  cor- 
ruzione.  Osceni  libercoli,  sfacciatamente  diffusi,  offendono  la  morale  ed  il 
costume;  laide  fotografie  riproducono  schifose  sconcezze.  E  queste scan- 
dalose  produzioni  sono  esposte  in  pubblica  mostra,  e  si  portano  attorno 
per  lo  smercio  nei  pubbliciluoghi.  Tutti  gli  onesti  e  discreti  riconoscono 
e  lamentano  il  danno,  onde  la  diffusione  di  queste  figure  oscene  e  di  que- 
sti  volumetti  di  narrazioni  licenziose,  sono  cagione  per  la  gioventu  ,  e 
quanto  siffatta  licenza  contribuisca  a  corrompere  il  costume  e  a  fomen ta- 
re ne'  giovani  vizii  e  funeste  abitudini,  nocive  non  meno  alia  morale  che 
al  loro  sviluppo  fisico  ed  intellettuale ;  e  veramente  cosi  turpe  specula- 
zione  e  indegna  ed  intollerabile  in  popolo  civile  di  nobili  e  libere  aspira- 
zioni.  II  corrompimento  del  costume  segna  decadenza  nelle  nazioni. 

«  Per  la  qual  cosa  il  sottoscritto  sente  profondamente  il  dovere  di  ri- 
chiamare  tutta  la  piu  severa  attenzione  dei  signori  Prefetti  su  questo 
importante  argomento ;  e  loro  raccomanda  di  impartire  le  piu  energiche 
disposizioni ,  perche  sia  fatta  accurata ,  incessante  sorveglianza  ad  impe- 
dire  la  mostra  in  pubblico  di  libri  o  stampe  ,  e  specialmente  di  fotogra- 
fie, le  quali  offendano  il  pudore  e  la  morale;  e  perche  possibilmente  siano 
colti  in  flagrante  coloro  che  ne  facciano  smercio  aperto  o  clandestino  , 
massime  collo  andare  attorno  ne'  pubblici  luoghi  di  ritrovo ;  e,  seque- 
strando  quelle  brutture ,  siano  tosto  denunciali  all'autorita  giudiziaria. 
«  E  come  per  avventura  pochi  sono  gli  editori ,  stampatori  e  negozian- 
ti  che  si  appigliano  a  questa  turpe  speculazione,  la  quale  naturalmente  e 
esercitata  colla  stampa  clandestina ,  e  pochi  altresi  sono  gli  esercenti  del- 
la  fotografia  che  discendono  a  prostituire  1'arte  loro :  sara  facile  ai  signo- 
ri Prefetti  fare  sorvegliare  specialmenle  coloro,  che  e  per  la  loro  equivo- 
ca  condizione  nel  commercio  e  nell'  industria,  e  pe'  loro  antecedent!,  pos- 
sono  essere  sospettati  di  cotate  traffico,  affinche  quella  rea  cupidigianon 


CONTEMPORANEA  621 

Yada  impunita.  QuegU  altri  poi ,  o  stampatori  o  librai  o  fotografi ,  che 
senza  pravo  proposito  risultassero  facili  nella  impressione ,  nello  spaccio 
o  nella  riproduzione  di  stampati  o  di  figure  licenziose,  dovranno  essere 
con  buoni  modi  invitati  e  fatti  persuasi  a  desistere  da  commercio  siffat- 
to,  che  tanto  danno  puo  arrecare  alia  popolare  e  giovanile  educazione. 

«  Confida  lo  scrivente  di  trovare  nei  signori  Prefetti  tutto  il  loro  con- 
corso  a  raggiungere  lo  scopo  importantissimo,  cui  tende  la  presente,  e  li 
prega  di  favorire  un  cenao  di  ricevuta ,  e  delle  disposizioni  che  avranno 
dato  in  proposito  ed  a  suo  tempo  del  loro  risultato.  Pel  Ministro.  ZINI.  » 

Le  infamie  sfolgorate  con  parole  di  si  giusto  sdegno  in  questa  Circo- 
Jare,  si  perpetravano  impuuemente  da  piu  e  piu  anni,  non  solo  nellecitta 
di  provincia,  come  Milano  e  Livorno,  ma  nella  stessa  Torino,  sotto  gli 
occhi  dei  Ministri;  i  quali,  passeggiando  sotto  i  portici  di  Po,  avean 
tutto  1'agio  di  vedere  le  turbe  intente  a  pascersi  di  quel  lezzo.  Se  non 
si  volea  dar  ascolto  ai  Vescovi,  si  dovea  almeno  credere  ai  proprii  occhi ! 
Ora  mostrano  d'  aver  veduto ;  poiche  leggiamo  in  qualche  giornale  tori- 
nese  che  furono,  per  ordine  della  Questura,  non  sequestrate,  ma  almeno 
levate  dalle  vetrine  di  certi  librai  quelle  stomachevoli  brutture,  con  rac- 
comandazione  di  non  piu  esporle  alia  pubblica  vista. 

2.  L'abolizione  degli  Ordini  religiosi  sta  in  cima  dei  pensieri  dei  ri- 
stauratori  dell'ordine  morale ,  come  apparira  dal  documento  ufficiale  che 
riferiremo  qui  appresso  ;  ma ,  per  le  ragioni  allegate  dai  Ministri  in  Par- 
lamento,  e  da  noi  recitate  nel  precedente  quaderno,  si  dovette  indugiare 
1'effettuazione  di  quel  disegno ,  che  si  presento  come  ispirato  dalla  ne- 
cessita  di  cedere  al  voto  quasi  unanirae  della  nazione.  Or  qual  sia  il  vo- 
to  dei  piu,  riesce  manifesto  da  quello  che  gli  Atti  ufficiali  posero  in  so- 
do,  e  che  noi  abbiamo  chiarito  1'altra  volta,  a  pag.  495.  Sono  piu 
di  183,000  i  cittadini  che  supplicarono  perche  non  si  calpestasse  lo  sta- 
tuto  fondamentale  del  Regno,  onde  sono  guarentite  agli  Ordini  religiosi 
e  1'esistenza  legale  e  le  proprieta  loro  d'ogni  ragione ;  per  contro  appe- 
na  15,000  i  settarii  che,  in  nome  della  liberta  e  della  civilta,  chiesero 
si  dovessero  rubare  i  beni  de' religiosi  a  profitto  dello  Stato ,  e  manomet- 
tere  la  piu  sacra  delle  liberta,  cioe  quella  di  servire  a  Dio  in  un  chiostro. 

Ma  1'argomento  si  fa  ancora  piu  calzante ,  quando  si  riflette  al  grande 
numero  di  petizioni  in  favore  de'  religiosi ,  che  si  dissero  smarrite  negli 
stessi  archivii  della  Camera,  a  cui  erano  pervenute.  Di  che  ci  sembra 
di  dover  riferire  le  forti  parole  deU'lrmoma  di  Torino,  del  13  Maggio : 

«  Sono  piu  di  120  petizioni  che,  benche  presentate,  scomparvero ;  e 
questa  e  una  delle  mille  prove,  che  gia  rivelaronsi,  del  modo  scempia.to, 
con  cui  trattansi  gli  affari  anche  nelle  segreterie  delle  Camere  ,  che  nel 
regime  costituzionale  diconsi  tutelare  e  guarentire  i  diritti ,  gl'interes- 
si  di  tutti  i  cittadini.  Qual  tutela!  Qual  guarentigia  !  Smarrisconsi  per- 
fino  centinaia  di  document!,  che  contengono  i  richiami  di  20  o  30  mila 


622  CRONACA 

cittadini ,  tra  le  quali  sappiamo  di  certo  noverarsi  petizioni  d'  intieri  Con- 
sigli  comunali,  fatte  a  nome  di  tutta  la  popolazione  !  Ne  questo  basta; 
osserviamo  che  notansi  mancanti  le  petizioni  di  citta.  cospicue  :  Bari  r 
Brescia,  Caltanisetta,  Catania,  Crema,  Ferrara,  Firenze ,  Lucca,  Mon- 
talcino,  Nicotera ,  Pescia,  Ripatransone.  Poiche  trattaronsi  di  siffatta 
guisa  le  petizioni  di  citta,  che  cosa  si  sara  fatto  di  quelle  di  borghi  e  vil- 
laggi?  Manifesto  si  rivela  uno  studio  di  far  come  scomparire  questa,  che 
e  pur  tremenda  manifestazione  de' popoli  italiani.  Ad  esempio,  per  Ja 
provincia  di  Torino  segnansi  1021  tirraa,  coll'annotazione  che,  nonessen- 

dosi  rinvenute  le  pelizioni ,  si  pone  a  calcolo.  Poi  ad  Ivrea  (diocesi) 

si  danno  2421  firma ;  ora  noi  abbiamo  sott'occhi  il  catalogo  delle  petizio- 
ni trasmesse  da  quella  diocesi ,  e  ci  da :  comuni  107  ,  tra  cui  due  citta, 
Ghivasso  e  Rivarolo,  di  cui  la  tavola  dice  smarrite  le  petizioni ;  tre  capi 
di  mandamento,  Caluso,  Pavone,  San  Benigno,  San  Giorgio,  Strambi- 
no,  Vico,  dei  quali  la  tavola  tace  ,  e  smarri  persino  i  nomi ;  e  parroc- 
chie  117,  con  5794  firme  circa,  eppero  3373  piu  di  quelle  che  degno  la 
tavola  notare.  E  questo,  ripeteremo  ancora,  E  questo  fia  suggel  eft  ogni 
uomo  sganni. 

«  Ma  YArmonia  ,  che  segnera  tra  suoi  fasti  1'aver  potuto  dar  eccita- 
mento  e  servire  aqueste  manifestazioni  de' cittadini  italiani,  ne  conchiu- 
dera  ancora  che  le  petizioni  e  tirme  sono  di  certo  piu  che  200,000;  e 
che  a  quelle  devono  aggiungersi  le  proteste  che  i  frati  e  le  monache  ge- 
neralmente  fecero  contro  dell'onorevole  Macchi ,  adesso  rivelatosi  segre- 
tario  della  frammassoneria.  » 

3.  Malgrado  di  codesti,  o  sbagli  che  sieno,  o  disonesti  artitkii  per  rap- 
presentare  come  contrario  all'  opinione  pubblica  il  mantenimento  de're- 
ligiosi,  questi,  per  qualche  mese  almeno,  godranno  ancora  di  qualche  e- 
sistenza  legale,  benche  i  singoli  monasteri  e  conventi  possano ,  in  virtu 
de'  precedent  decreti  e  della  facolta  concedute  dalle  Camere,  essere,  e 
siano  di  fatto,  confiscati  a  talento  di  questo  o  quel  Ministro ,  che  creda 
d'  averne  bisogno  o  per  quartieri  di  milizia  o  per  scuole  pubbliche.  Que- 
sto poco  indugio  della  abolizione  generale  parve  gran  benetizio  ai  reli- 
giosi  dell'  isola  di  Sicilia;  i  quali,  riconoscendo  per  certo  da  Dio  che  per 
ora  fosse  rimosso  il  pericolo  ond'  erano  minacciati ,  vollero  anche  espri- 
mere  ai  deputati  D'  Ondes  Reggio  e  Cesare  Cantii  la  loro  gratitudine  pel 
coraggio,  di  che  diedero  si  bella  prova  nel  ditendere,  essi  soli  nella  Ca- 
mera, la  causa  della  giustizia  e  della  religione.  Di  che  scrissero  un  caldo 
indirizzo,  in  data  del  6  Maggio,  firmato  dai  Superior!  e  dalle  Abbadesse 
di  un  gran  numero  di  conventi  e  monasteri,  come  puo  vedersi  neH'{7m/& 
Cattolica  del  13  Maggio,  con  le  seguenti  parole  al  D'Ondes  Reggio: 

«  Poiche  la  mano  onnipossente  di  Dio,  con  tratto  ammirabile  di  prov- 
"videnza,  ha  coronato  i  nostri  ed  i  suoi  desiderii,  mandando  a  vuoto  la 
consumazione  di  quell'atto,  che  si  era  disposto  contro  le  corporazioni  re- 


CONTEMPORANEA  623 

ligiose,  seatiamo  vivissimo  nell'  animo  nostro  riconoscente  11  desiderio 
di  esternarle  i  sensi  della  piii  cordiale  gratitudine  verso  la  sua  pregiatis- 
sima  persona,  ringraziandoia  ,  quanto  piu  possiamo ,  di  tutto  quello  che 
con  Unto  zelo  e  religioso  affetto  ha  ella  operate  a  nostro  vantaggio. 

«  E  certo  che  grandissimo  e  il  merito  che  la  S.  V.  ha  innanzi  a  Dio 
per  la  difesa,  che  con^petto  cattolico  ha  sostenuto  negli  interessi  della  re- 
ligione.  II  suo  nome,  e  quello  dell'  illustre  Cantu,  saranno  registrati  nelle 
pagine  piu  gloriose  della  vera  storia  italiana.  E  per  quanto  i  poster!  ver- 
gogneranno  un  giorno  del  nome  esecrato  di  coloro,  che  con  ogni  sforzo  si 
adoperarono  a  distruggere  I'opera  incrollabile  ed  eterna  della  religione : 
altrettanto  j  veri  italiani  si  pregeranno  del  suo ,  che  indelehile  esistera 
sempre  nella  memoria  dei  posteri. 

«  Noi  non  possiarao  per  ora  in  miglior  modo  significarle  la  nostra  gra- 
titudine, che  pregandole  da  Dio  ogni  maniera  di  grazie  e  di  benedizioni, 
perche  la  conservi  per  lunga  seric  di  anni,  a  sostegno  e  decoro  della  re- 
ligione, e  a  guareiitigia  e  difesa  dei  veri  interessi  cittadini  e  italiani.  » 

E  questo  puo  mostrare  qual  fondamento  s'avesse  il  frammassone  Mae- 
chi,  allermando  che  moltissimi  religiosi,  se  non  tulti,  smaniavano  di  di- 
ventare  spergiuri,  abbandonando  il  chiostro  e  ricevendo  come  un  bene- 
fizio  del  Governo  la  necessila,  in  cui  fossero  posti,  di  tornare  alia  licenza 
secolaresca. 

4.  11  Moniteur  ufficiale  del  Governo  francese  avea  creduto  scorgere 
qualche  indizio  di  quella  conciliazione  fra  il  Papato  e  la  rivoluzione  italia- 
na, a  cui  esso  si  protesto  d'  aver  inteso  con  tutto  1'  impegno.  Percio  fu 
sollecito  di  stampare  la  seguente  nota:  «  Le  trattative  iniziate  da  Pio  IX 
per  regolare  gli  affari  ecclesiastici  in  corso  fra  la  Santa  Sede  e  il  Gabi- 
netto  di  Torino ,  procedono  avanti ,  senza  incontrare  sino  ad  ora  gravi 
difficolta,  e  sembra  che  esse  avranno  tra  breve  un  felice  risultato.  Per  al- 
tra  parte,  il  disegno  di  legge  sottoposto  alle  Camere  italiane,  per  la  sop- 
pressione.dei  conventi,  fu  ritirato.  La  risoluzione  del  Ministero  fu  moti- 
vata  dal  voto  di  un  emendamento,  che  aggravava  la  legge.  Questo  con- 
corso  di  circoslanze  sembra  di  buon  augurio  per  gli  ulterior!  rapporti  fra 
]a  Corte  di  Roma  e  quella  di  Firenze  ». 

Qual  senso  destassero  queste  parole  in  cert!  Deputati  della  Camera  di 
Torino,  fu  chiaro  dalle  interpellanze  che  ess!  mossero  al  Governo,  come 
abbiam  detto  nel  precedente  quaderno.  I  Mazziniani  poi  o  ne  furono  sgo- 
mentati  davvero,  o  finsero  diessere  disperati,  per  costringere  il  Governo 
a  tirarsi  indietro;  e,  seoza  far  caso  delle  promesse  date  dal  Lanza  nella 
gia  riferita  circolare,  in  cui  spiegava  e  la  natura  dell'incarico  dato  al 
Yegezzi,  ed  i  molivi  dell'  indugio  nell'abolire  i  religiosi:  gridarono  piu 
forte  che  raai.  Ecco  per  esempio ,  come  si  diede  a  strepitare  il  Diritto: 

«  II  nostro  Governo  e  il  solo  che ,  in  opposizione  con  la  puhblica  opi- 
in  Italia,  contraddice  alle  voci,  che  sono  dappertutto  unanimi  nel- 


624  CRONACA 

1'affermare  la  sostanza  delle  trattative  gia  concordate.  Ci  duole  che  gli 
Italian!  siano  troppo  creduli,  e  si  lascino  facilmente  illudere  da  una  voce, 
che  seconda  i  loro  desiderii,  ma  non  smentisce  i  fatli  con  altri  fatti. 

«  Noi  di  questo  temevamo,  che  in  Italia  troppo  facilmente  si  credesse 
passato  il  pericolo,  quando  uno  dicesse :  Non  vi  e  pericolo,  mentre  il  pe- 
ricolo  dura  tuttora. 

«  Lasciamo  ad  altri  di  pascersi  d'  illusion} ;  noi ,  per  la  sola  circolare 
mmisteriale,  non  ci  sentiamo  rassicurati  da  dover  cessare  dalle  inquietu- 
dini  dei  giorni  precedent!.  Noi  invitiamo  la  nazione  anzi  a  prepararsi 
alia  lotta,  ad  opporsi  efficacemente  ai  pericoli  che  ci  attorniano,  poiche 
ogni  giorno  ahbiarao  nuovi  argoruenti  di  timore  edi  sgomento.  Se  1' Ita- 
lia si  adatta  ad  una  conciliazione  anche  religiosa  (che  in  sostanza  e  tut- 
ta  politica)  col  Papato,  crediamo  che  il  programma  nazionale  sia  rinne- 
gato,  e  che  non  potra  veramente  piii  ritrarsi  dall'  abisso ,  nel  quale ,  ia- 
dietreggiando,  sbadatamente  si  getta.  » 

E  due  giorni  dopo,  alii  13  Maggio,  quasi  per  ribadire  la  sua  promes- 
sa  di  gittarsi  ad  ogni  piu  disperata  risoluzione,  se  il  Governo  si  lascias- 
se  indurre  a  concedere  qualche  cosa  alia  Santa  Sede,  il  Diritto  torno 
ad  esclamare:  «  Se  il  Governo  non  dee  tener  piu  conto  della  pubblica 
opinione,  ma  invece  disprezzare  i  piu  solerti  difensori  della  liberta, 
camminando  diritto  sul  cammino,  su  cui  la  reazione  lo  trascina,  possia- 
mo  fin  d'ora  intonare:  finis  Italiae.  Ma  insieme  con  noi  finiranno  an- 
che i  nemici  d' Italia.  II  Governo  spinge  1' Italia  sulla  via  della  rivolu- 
zione  sociale,  che  e  attesa  da  tutti  i  popoli  d'Europa,  e  1'Italia  avra  pure 
il  tempo  che  fece  grande  e  progressista  la  Francia  ». 

Ora  si  sa  che  piu  volte  questi  Signori  hanno  dichiarato,  il  tempo  che 
fece  grande  e  progressista  la  Francia  essere  stato  quello,  in  che  la  Fran- 
cia si  resse  a  repubblica,  guidata  da  quei  grandi  uoraini  che  furono 
Marat,  Robespierre,  Saint  Just ,  ed  altri  cotali  benefattori  deU  umanita. 
Avviso  a  chi  tocca.  Difatto  il  Dovere,  diario  mazziniano  di  Geneva,  can- 
to chiaro:  «  11  soffio  della  rivoluzione  sperdera,  quandocchessia,  Re, 
Papi,  Imperatori,  Trattati  e  Concordat!  ». 

La  Gazzetta  del  popolo,  non  meno  audace,non  si  contento  di  profezie; 
ando  a  dirittura  a  minacciare  le  bombe  all'  Orsini.  Ecco  le  sue  parole : 
«  II  Governo  badi  bene  a  non  obliare,  che ,  cio  che  ha  fatto  1' Italia,  fu 
la  guerra  costante,  indomata,  all' influenza  teocratica;  e  che,  se  Torino, 
dove  da  17anni  spira  quest' aura,  e  credevasi  in  diritto  poterla  effon- 
dere  per  tutta  Italia,  dovesse  invece  vedere  iniziata  un'  Italia  in  chierica : 
quelle  parole,  che  urtarono  tanto  la  suscettibilita  nervosa  di  certi  spiriti 
forti,  che  1' Italia  fosse  un  globo  di  vetro  nel  pugno  del  Piemonte,  po- 
trebbe  benissimo  venire  rettificata  colla  frase  del  nostro  amico  e  diret- 
tore  Bottero :  che  al  globo  di  vetro  sostituiva  la  bomba  air  Orsini !  Una 
volta  per  tutte  1  Ad  un  paese  da  17  anni  avviato  sul  senliero  della  li- 


CONTEMPORANEA  625 

Lerta ,  non  si  pu6  far  tranghiottire  impunemente  nessuna  pillola  che  lo 
costringa  al  regresso  ». 

In  fatti  le  Logge  massoniche  di  Torino,  di  Milano,  di  Genova,  di  Bo- 
logna e  di  molte  altre  citta  furono  convocate,  sollecitate  a  farsi  sentire, 
ed  obbedirono  col  votare  indirizzi  minacciosi  al  Governo,  per  distorlo  da 
ogni  componimento  con  la  Santa  Sede. 

5.  Tutto  questo  sfuriare  originavasi  nella  paura,  eccitata  nei  Mazzinia- 
ni  dalla  voce  sparsa,  ed  accreditata  anche  da  piu  giornali,  che  il  Gover- 
BO,  per  facilitare  la  conclusione  delle  pratiche  avviate  a  Roma  dal  Ye- 
gezzi,  avesse  spedito  una  Circolare  ai  Procuratori  del  Re,  per  ordinare 
che  sollecitamente  si  spedisse  Y  exequatur,  gia  sospeso  da  piu  anni,  alle 
nomine  de'  Benefizii  vacanti.  Se  si  nominano  nuovi  beneficiati,  e  quest! 
si  riconoscono  dal  Governo,  quando  giungera  il  momento  dell'aboljzione 
Lisognera  dare  la  pensione  anche  a  questi  beneficiati  1  E  cosi  ecco  dimi- 
nuito  il  provento  dell' abolizione,  ecco  cresciute  le  difficolta!  E  poi  que- 
sto e  un  passo  indietro !  E  una  condiscendenza  alia  reazione !  E  un  tristo 
prognostico  per  l'avyenirel 

Cosi  la  discorrevanoiMazziniani.  II  Goyerno,  per  rassicurarli  alquan- 
to,  fu  sollecito  di  pubblicare  nella  Gazzetta  ufficiale  del  13  Maggio  la  se- 
guente  Circolare  ai  signori  Procuratori  Generalipresso  le  Corti  d'appello 
del  regno,  sulla  sospensione  della  provvista  di  canonical,  beneficii  e  cap- 
pellanie. 

«  Torino,  8  Maggio  1865.  Ricordera  il  signor  Procurator  generate 
come  questo  Ministero,  con  circolari  del  30  Gennaio,  6  Aprile  e  14  Giu- 
gno  1864,  numeri  7376,  44823,  ( moyendo  da  ragioni  di  convenienza,  ed 
usando  di  facolta  che  al  Governo  sono  consentite,  per  riguardi  d'ordine 
pubblico,  dai  RR.  decreti  del  5  Marzo  e  del  22  Luglio  1863)  disponesse 
che,  in  attesa  della  discussione  del  progelto  di  legge  presentato  al  Parla- 
mento,  circa  la  soppressione  delle  corporazioni  religiose  e  1'  ordinamentb 
dell'  asse  ecclesiastico  ,  s'  avesse  a  sospendere  la  concessione  di  R.  Exe- 
quatur o  Placito  alle  provviste  tanto  di  quei  beneficii  che,  a  tenore  delle 
proposte  ministeriali ,  dovevano  andare  soppressi ,  quanto  de'  canonical! 
e  beneficiature ,  che  eccedessero  il  numero  al  quale  si  volcano  ridotti  i 
membri  di  ciascun  capitolo ;  fatta  soltanto  eccezione  per  i  beneficii  sog- 
getti  a  diritti  di  patronato  passive  famigliare,  effettivamente  esperiti  a 
favore  dei  patroni ,  e  per  i  canonicati  che  avessero  1'  ufficio  speciale  di 
parrocchiale  ,  teologale  e  penitenziere ,  o  la  dignita  della  presidenza  ca- 
pitolare. 

«  Avvenuto  ora  il  ritiro  dei  disegni  di  legge ,  onde  traevano  ragione 
siffatti  provvedimenti  sospensivi ,  parrebbe  dovessero  questi  cessare. 
Come  pero  dura  sempre  ne  suoi  propositi  il  Governo,  e  forse  non  avverra 
altro  che  lo  indugio  di  qualche  mese  per  rispetto  ad  una  riforma,  la  quale 
ha  per  iscopo  di  sopprimere  o  ridurre  quei  corpi  morali,  che  o,  per  mu- 
Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  365.  40  28  Maggio  1865. 


626  CRONACA 

tata  condizione  di  tempi  o  per  essere  di  tanto  cresciuti'in  numero  da  ol- 
trepassare  il  bisogno,  sono  oggimai,  per  universale  consenso,  riconosciuti 
inutili ;  cosi  lo  scrivente  ha  risoluto  che  s'  abbiano  tuttavia  a  mantener 
ferme  le  primitive  disposizioni  sospensive,  a  norma  di  quanto  fu  singo- 
larmente  prescritto  colla  precitata  circolare  del  14  Giugno  1864 ,  nu- 
mero 44823. 

«  Desiderando  tuttavia  che  il  rigore  soverchio  di  un  siffatto  provvedi- 
mento  sia  mitigato-datutti  que'  temperamenti,  che  il  facciano  meno  gra- 
ve e  meno  sensibile  ,  in  quanto  tocchi  ad  interessi  ed  a  convenienze  di 
privati ,  senza  aggiungere  troppe  difficolta  per  1'  esecuzione  della  legge 
avvenire  :  questo  Ministero  ha  pure  ad  un  tempo  creduto  opportuno  che 
s'  avesse  a  togliere  la  sospensione ,  e  fosse  quindi  a  provvedersi  nor- 
malmente  per  tutte  le  domande  di  R.  Exequatur  o  di  Placito,  che  riflet- 
tano  provviste  di  beneficii  soggetti  a  dirilti  di  patronato  laicale,  sia  esso 
attivo  o  passivo ,  purche  effettivamente  e  regolarmente  esperiti  o  da'  pa- 
troni  o  a  fayore  dei  patroni ;  per  guisa  che  la  eccezione  non  yenga  piu, 
come  per  lo  addietro,  limitata  soltanto  ai  beneficii  di  patronato  passive 
famigliare. 

«  Voglia  quindi  il  signer  Procuratore  generale  provvedere  alia  esecu- 
zione delle  suenunciate  determinazioni ,  tanto  per  rispetto  alle  domande 
che  giacessero  pendenti  in  cotesto  ufficio ,  quanto  altresi  per  rispetto  a 
quelle  che  vi  fossero  quind'innanzi  presentate.  //  ministro  G.  VACCA.  » 

Da  questo  documento  apparisce  che  1.°  Al  Governo  premeva  assai  di 
rinnovare  ai  liberali  la  promessa  di  condurre  a  termine  la  disegnata  abo- 
lizione  dei  religiosi ,  e  di  grande  numero  di  vescovadi ,  canonicati  e  be- 
nefizii  ecclesiastici,  onde  si  confischerebbero  i  beni;  2.°  Che  restano  in 
pieno  vigore  i  Decreti,  pei  quali  si  negava,  in  forma  di  sospensione,  \  Exe- 
quatur  alle  nomine  e  provvisioni  de'benefizii  ecclesiastici  in  generale; 
3.'  Che  qualche  modificazione  a  tal  rigore,  riconosciuto  soverchio,  fa 
introdotta  solo  pei  benefizii  di  patronato  laicale ,  i  cui  beni ,  anche  nel 
caso  della  confiscazione  generale  dei  beni  ecclesiastici ,  forse  dovrebbero 
patire  qualche  eccezione;  e  per  non  crescere  senza  pro  il  malcontento  di 
tante  famiglie  che  godono  di  questo  diritto  di  patronato.  Laonde  proprio 
non  si  vede,  perche  mai  gli  uni  dovessero  andarne  in  tanto  giolito,  e  gli 
altri  in  tanto  furore  I 

6.  II  Senato  del  Regno  d' Italia,  veduto  gia  assai  di  mal  occhio  dai  phi 
ardenti  fra  i  capi  della  rivoluzione ,  si  per  gli  ostacoli  da  esso  frapposti 
piu  volte  alia  legge  del  matrimonio  civile,  e  si  per  i  suoi  istinti  conserva- 
tori,  cominciava  da  qualche  tempo  ad  entrare  nelle  grazie  de'  Frammas- 
soni  per  la  bonarieta  e  pieghevolezza,  di  che  avea  fatto  prova  in  questi 
ultimi  anni,  quante  volte  era  stato  posto  al  cimento  o  di  convalidare  col 
suo  voto  provvedimenti-  e  leggi  tutt'altro  che  di  suo  gusto ,  ma  gia  san- 
cite  dalla  Camera  elettiva  e  volute  dal  Governo,  ovvero  di  venire  a  con- 


CONTEMPORANEA  627 

trasto  con  quella  e  con  questo.  Per  lo  piu  ( tutto  merito  della  buona 
scelta  di  nuovi  Senator!  saputa  fare  dai  Ministri ! )  dopo  messi  in  chia- 
ro'gli  argomenti  che  persuadevano  un  assoluto  no,  il  Senato,  pro  bono 
yacis,  diceva  di  si,  col  tono  di  unpapd  troppo  tenero  de'suoi  figliuoli, 
che  disapprova  le  loro  pazzie,  ma,  per  non  contristrarli,  se  ne  fa  compli- 
ce e  pagatore.  Vero  e  che  parve  yolere  star  saldo  quando  si  tratto  di  quel- 
la turpiUidine  anticristiana  che  e  il  malrimonio  civile,  ossia  il  concubina- 
to  legale.  Ma  poi,  sia  perche  il  Ministero  fu  sollecito  di  far  correre  a  To- 
rino, a  deporre  il  loro  si ,  un  competente  numero  di  suoi  devoti  insigniti 
della  dignita  senatoria,  appunto  perche  dovessero  servire  in  tali  congiun- 
ture;  sia  perche  lo  strepitare  dei  Mazziniani  mettesseun  po  di  paura  in 
corpo  ad  alcuni  tentennanti,  fatto  sta  che  una  sufficiente  pluralita  di  suffra- 
gi  la  diede  vinta  ai  nemici  della  religione  e  della  Chiesa,  ed  il  concubinato 
legale  trionfo  anche  nel  Senato. 

Con  questo  furono  alquanto  sedate  le  ire  degli  italianissimi,  i  quali  a- 
Yeano  gia  cominciato  a  dire  alto  e  chiaro,  che  se  il  Senato  avesse,  an- 
che questa  yolta,  come  piu  altre  negli  anni  addietro,  ritiutato  di  suggel- 
lare  questo  portato  della  moderna  civilta ,  T  Italia  ben  doyrebbe  mettere 
a  calcolo  se  non  fosse  meglio  sbarazzarsi  di  cotali  pastoie,  e  semplificare 
il  Goyerno,  abolendo  un  Corpo  atto  solo  a  suscitare  incagli  al  progresso. 
Queste  ire  ricorninciarono  a  ribollire  assai  fortemente,  quando  teste  il  Se- 
nato respinse  la  legge,  gia  approvata  dalla  Camera  elettiva,  per  1'  aboli- 
zione  della  pena  di  morte,  e  si  mostro  disposto  a  fare  il  simigliante  per 
1'altra  contro  gli  Ordini  religiosi.  Ma  il  Senato,  con  la  consueta  sua  pru- 
denza,  corse  pronto  al  riparo,  approyando,  quasi  senza  discussione,  yarie 
altre  leggi,  assai  rilevanti,  e  quelle  in  ispecie  per  i  proyyedimenti  tinan- 
ziarii  proposti  dal  Ministero  ed  accettati  dalla  Camera.  Dopo  ayere,  nel- 
la  tornata  del  di  8  Maggio,  sospesa,  a  richiesta  del  ministro  Sella,  la  di- 
scussione della  legge,  circa  il  modo  di  esigere  i  different  tributi,  perchfc 
ne  potea  approvarsi  tal  quale,  nepotea  modificarsi  utilmente,  non  essen- 
do  piu  radunata  la  Camera  elettiva  da  cui  bisognava  che  fossero  rivedu- 
te  e  sancite  cotali  modificazioni :  il  Senato,  composto  di  soli  81  membro 
presente,  approve  senza  discussione  la  leva  militare  di  45,000  uomini  da 
farsi  tra  i  nati  nel  1845. 

Nella  tornata  del  9  Maggio  il  Senato  ebbe  a  disaminare  il  disegno  di 
legge  per  un  jmprestito  di  425  milioni  di  lire.  II  solo  Siotto  Pintor  si  era 
inscritto  per  parlare,  e  parlo,  secondo  il  suo  consueto,  dicendo  molte  buo- 
ne  verita  con  istile  da  saltimbanco.  In  sentenza  egli  critico  ogni  cosa , 
presso  a  poco  in  questi  termini :  Vogliatelo  o  non  vogliatelo ,  io  vi  dico 
che  noi  siamo  in  pieno  socialismo  governativo.  A  forza  di  balzelli  si  e 
smunta  la  nazione,  senza  mai  pensare  di  proposito  ad  economie,  fuorche 
circa  le  cose  del  Ministero  della  Guerra,  dove  non  se  ne  dovrebbero  fare. 
La  sicurezza  pubblica  manca  del  lutto ;  la  giustizia  e  male  amministrata 


628  CRONACA 

ma  molto  dispendiosa ;  la  magistratura  e  laboriosa  ma  ci  costa  30  milio- 
ni,  e  fa  paura  a  chi  dee  ricorrere  ad  essa  ne'  litigi :  tanto  e  dispendiosa ! 
L' insegnamento  ha  un  mondo  di  professor!,  che  rodonolo  Stato  senza  nul- 
la  fare,  e  con  tanti  professor!  abbiamo  diciotto  milioni  d' Italian!  che  non 
conoscono  1'alfabeto.  In  quattro  anni  abbiamo  fatto  piu  di  due  mila  mi- 
lioni di  debit!,  ed  abbiamo  sciupato  200  milioni  di  ben!  demaniali  e  date  a 
divorare  perflno  le  strade  ferrate.  Malgrado  pero  che  io  non  abbia  alcuna 
fiducia  nel  Ministero ,  quanto  alia  sua  capacita  di  riordinare  le  Finanze, 
pel  bisogno  che  c'  incalza,  do  il  mio  voto  ed  approvo  1'  imprestito.  «  Ho 
parlato  franco,  ma  i  moribondi  debbono  almeno  aver  la  liberta  di  -lamen- 
tare  la  perdita  della  vita  ».  Dato  cosi  sfogo  al  suo  corruccio,  Siotto  Pin- 
tor  si  pose  a  sedere,  e  tutti  gli  altri  tacquero.  Si  trattava  solo  di  grava- 
re  il  popolo  sovrano  d'  un  nuovo  debito ,  da  doversi  poi  saldare  a  spese 
sue;  e  che  bisogno  c'  era  di  guardar  cosi  pel  sottile? 

II  Presidente  del  Senato  capi  che  tutti,  presso  a  poco,  la  pensavano 
come  il  Siotto  Pintor,  cioe  eran  disposti  ad  approvare  col  voto  anche 
quello  che  disapprovavano  colla  coscienza ;  e  percio  pose  a'  suffragi  non  la 
sola  dell'imprestito,  ma  tre  altre  leggi ;  cioe  per  largizioni  di  un  centinaio 
di  migliaia  di  lire  pei  manicomii  di  Lombardia,  e  di  ingenti  somme  per 
ristauri  di  fabbriche  e  cose  simili.  II  prestito  di  425  milioni  fu  approvato 
con  73  voti  favorevoli,  e  19  contrarii,  essendo  92  i  votanti. 

Poi  si  passo  alle  leggi  pei  provvedimenti  finanziarii,  da  noi  accennati 
altra  volta,  inventati  dal  Ministro  Sella  ed  approval!  gia  dalla  Camera, 
per  rifornire  di  denaro  le  casse  vuote  dello  Stato,  a  qualunque  costo;  tali 
erano  1'  aumento  della  tassa  sulla  ricchezza  mobile,  da  30  a  66  milioni, 
e  1' aumento  dell'  altra  pel  registro  e  le  ipoteche.  Intorno  a  che  levossi  il 
senatore  De  Revel  a  dire  in  sentenza  cosi :  «  Dinanzi  a  questo  fascio  di 
leggi,  che  non  possiamo  mutare,  perche  la  Camera  dei  Deputati  non  siede 
piu  da  15  giorni,  dichiaro  che  io  mi  asterro  da  ogni  discussione  e  dal 
TOto.  Yedo  che  alcune  leggi,  ossia  alcune  parti  di  questo  fascio  di  leggi, 
sono  inconvenient!  ed  assurde,  ma  e  inutile  disculerle  o  correggerle. 
Approvo  1'  aumento  della  tassa  sulle  ipoteche  e  le  misure  piu  severe  per 
reprimere  il  contrabbando ;  ma  non  approvo  1'  aumento  della  tassa  sulla 
ricchezza  mobile  ». 

Approvatosi  senza  discussione  1'  articolo  1.°,  quando  si  passo  al  2.°  il 
senatore  Farina,  benche  persuaso,  al  par!  di  De  Revel,  dell'inutilita  della 
sua  opposizione,  mentre  ad  ogni  modo  la  legge  non  si  potrebbe  pubblica- 
re  modificata,  senza  il  consenso  dell'  altra  Camera  che  piu  non  tenea  se- 
dute :  pure  si  diede  con  lunghi  calcoli  a  dimostrare  quel  che  il  De  Revel 
avea  accennato,  cioe  le  assurdita  della  legge  pel  balzello  sulla  ricchezza 
mobile.  «  Tutti  gl'Italiani,  disse,  dinunciarono  unmiliardo  e  160  milioni 
di  rendita  della  ricchezza  mobile ;  ma  da  quesla  somma  denunciata  e  im- 
possibile  dedurre  la  somma  imponibile :  non  dovete  adunque  aumentare 


CONTEMPORANEA  629 

e  molto  meno  duplicare  la  tassa.  Fu  addotto  1'  esempio  dell'  Inghilterra ; 
ma  in  quel  paese  sono  esenti  dalla  tassa  le  rendite,  che  non  eccedono 
150  lire  sterline  (3350  fr.)  mentre  voi  colpite  le  rendite  di  250  franchi,  e 
cosi  sottoponete  alia  tassa  anche  i  pOYeri,  escludendone  i  soli  mendici  1 
Yotero  contro  ». 

Anche  il  senatore  Sappa  lamento  che  con  questa  legge  si  gravassero 
di  tanto  i  poveri  a  preferenza  dei  ricchi :  ma  il  ministro  Sella  rispose  che 
in  verita  era  cosi,  fmche  la  tassa  era  tenue;  ma  che,  aumentandola,  i 
ricchi  ne  sarebbero  piu  gravati  che  i  poveri.  Con  la  quale  ragione  curio- 
sissima  si  dimostrerebbero  molte  altre  bellissime  cose.  Nel  di  seguente  si 
approvarono  altri  cinque  articoli ;  ma,  venuto  il  6."  che  sottoponeva  alia 
tassa  fissa  di  lire  2  coloro  che  hanno  una  rendita  annua,  anche  guada- 
gnata  colle  fatiche  manuali  e  col  sudore  della  fronte,  di  250  lire  ed  an- 
che meno  :  il  Sella  torno  a  dire  che  i  manuali  prima  pagavano  la  tassa 
personale,  e  che  ora,  succedendo  a  questa  1'altra  sulla  rendita,  era  giusto 
che  anche  quelli  pagassero.  Or  qui  il  conte  De  Revel  non  si  tenne  alle 
mosse,  e  disse  in  sostanza:  «  lo  non  voleva  prendere  parte  a  questa  di- 
scussione ;  ma  non  posso  tacere  dinanzi  all'  argomento  del  signer  Mini- 
stro, che  vuole  sostenere  ,la  tassa  imposta  a  chi  col  suo  lavoro  non  ha 
piu  di  250  lire;  dite,  che  volete  imporre  una  vera  capitazione;  far  pa- 
gare  la  tassa  o  la  testa  a  chiunque  1'ha,  ed  allora  raggranellerete  qualche 
milione :  ma  non  dite  tassa  sulla  ricchezza  mobile  quella  che  imponete  al 
povero  artigiano,  che  non  ha  piu  di  250  lire  di  rendita  col  suo  lavoro, 
eppercio  non  ha  nessuna  ricchezza  mobile.  Questa  e  una  vera  imposta 
sulla  testa ,  e  non  sulla  ricchezza.  Gon  questa  legge ,  che  esenta  dalla 
tassa  sulla  ricchezza  mobile  le  rendite  dei  fondi,  accadra  che  un  possi- 
dente,  il  quale  ritrae  grandi  ricchezze  dai  suoi  stabili,  senza  avere  nes- 
suna rendita  d'altra  parte,  paghera  solo  2  lire  d'  imposta  per  la  ricchezza 
mobile ;  mentre  il  povero  contadino,  che  ha  un  misero  campicello,  dovra 
pagare  parimenti  due  lire  per  imposta  sulla  ricchezza  mobile  I  Questo 
adunque  e  un  vero  testatico  ». 

In  senso  opposto  parlo  poi  il  senatore  Arrivabene,  che,  facendo  asse- 
gnaraento  sulla  lealta  dalle  consegne  e  la  buona  volouta  dei  contribuenti, 
approvava  la  legge;  e  si  venne  a'voti;  e  questo,  come  gli  altri  provve- 
dimenti  finanziarii ,  furono  sanciti  dalla  pluralita  di  67  voti  favorevoli , 
essendo  soli  15  i  contrarii. 

Cosi  si  fa  beato  il  popolo  italiano  1  Cioe,  si  da  al  popolo  italiano  la  fa- 
colta  di  dissanguarsi  per  far  beati  i  Frammassoni  e  cospiratori,  che  o  pre- 
pararono  o  condussero  a  termine  la  presente  rivoluzione.  Difatto  a  questi 
benemeriti  si  decretano  ognora  ricompense,  e  la  Gazzetta  ufficiale  del  9 
Maggio  ne  pubblico  una  nuova,  in  forma  di  legge  firmata  il  27  <T  Aprile 
da  Vittorio  Emmanuele  II,  dopo  1'  approvazione  della  Camera  e  del  Se- 
nate, in  questa  forma:  «  E  inscritta  nelbilancio  del  Ministero  dell' Inter- 


630  CRONACA 

no  la  somma  di  lire  60,000  a  favore  di  coloro  che,  in  conseguenza  della 
loro  partecipazione  alia  rivoluzione  del  1820  e  1821,  per  la  causa  della 
liberla  e  dell'indipendenza  italiana,  versano  in  istretto  bisogno  e  merita- 
no,  per  servigi  resi  alia  patria,  la  considerazione  del  Goyerno  ». 

Qui  giova  ricordare  che,  essendosi  proposto  alia  Camera,  che  si  de- 
cretasse  una  somma  di  lire  60,000  da  distribuirsi  in  sussidio  alle  famiglie 
povere  degli  infelici  ed  innocent!  popolani,  assassinali  nelle  infauste  sere 
del  21  e  22  Settembre  scorso,  la  Camera  vi  si  rifiuto  assolutamente. 

7.  Nello  stesso  giorno  la  Gazzetta  ufficiale  incomincio  la  pubblicazione 
d'una  nuova  legge  di  sicurezza  pubblica,  la  quale  e  forse  la  decima  che, 
in  tal  materia,  fu  elaborata,  discussa,  sancita  dalla  Camera,  e  bandita 
dal  Governo,  con  quel  magnifico  risultato  che  si  celebro  da  tutti  i  gior- 
nali  d'ltalia  e  specialmente  di  Torino;  dove  ciascuno  era  costretto  a  mil- 
nirsi  d'arme  e  raddoppiare  i  serrami  degli  usci  di  casa,  per  difendere  le 
proprie  robe,  anzi  la  persona,  contro  le  turbe  di  ladri  e  di  assassini.  Poi, 
agli  11  fu  pubblicata  la  legge  per  cui  e  data  facolta  al  Ministero  delle 
Finanze  «  di  alienare  tanta  rendita  del  5  per  100,  da  inscriversi  sul  Gran 
Libro  del  Debito  pubblico,  quanta  valga  a  far  entrare  nel  tesoro  425  mi- 
lioni  di  lire  ».  Tal  rendita  avra  la  decorrenza  dal  1.°  Gennaio  1865,  e 
sara  alienata,  in  parte  a  partiti  priyati,  ed  in  parte  per  pubblica  sotto- 
scrizione  in  Italia.  Questa  seconda  parte  e  di  160  milioni  di  capitale  no- 
minale,  pari  ad  8  milioni  di  rendita;  ed  il  prezzo  d' acquisto  sara  notifi- 
cato  con  speciale  decreto,  da  pagarsi  in  10  rate,  dal  15  Giugno  1865 
al  1.°  Ottobre  1866.  Tali  sottoscrizioni  non  potranno  essere  minori  di 
lire  10  di  rendita.  Si  capisce  che  gli  altri  265  milioni  di  capitale  saranno 
forniti  dal  Rothschild,  che  e  il  yero  padrone  delle  Finanze  del  beatissimo 
regno  di  Italia,  con  quell' usura  che  gli  piacera  di  esigere. 

8.  II  Senato  del  Regno  continuo  languidamente  le  sue  sedute  fmo 
al  13  Maggio,  trattando  della  vendita  delle  ferrovie  dello  Stato  ,  di  per- 
mute e  cessioni  di  beni  demaniali,  di  tonnare  da  yendere  e  simili  cose; 
poi  approyo  un  ordine  del  giorno,  che  conteneva  melati  complimenti  alia 
citta  di  Torino,  pel  suo  contegno  in  t'utto  il  tempo  che  iyi  sedette  il  Par- 
lamento;  e  si  sciolse,  aspettando  a  domicilio  1'invito  per  una  ultima  se- 
duta.  Questa  ebbe  luogo  il  16  di  Maggio,  nel  qual  giorno  fu  letto,  prima 
alia  Camera  elettiva,  poi  al  Senato  un  Decreto,  onde  fu  prorogata  indefi- 
nitamente  la  sessione  parlamentare.  L'  Unita  Catlolica  del  17  diede  i  se- 
guenti  cenni  storici  sopra  la  vita -del  Parlarnento  torinese: 

«  Noi  abbiamo  avuto  in  Torino  otto  legislature,  divise  in  quattordici 
sessioni,  con  altrettanti  discorsi  della  Corona ;  il  primo  del  Principe  di 
Carignano,  il  secondo  di  Carlo  Alberto,  gli  altri  dodici  di  Vittorio  Em- 
manuele  II.  Ecco  un  sunto  della  yita  menata  dal  Parlamento  in  Torino. 

«  I.  Legislature!,.  Sessione  unica  del  1848,  aperta  I' 8  di  Maggio 
del  1848  dal  Principe  di  Carignano,  luogotenente  generale  del  Regno. 


CONTEMPORANEA  631 

Termina  col  suicidio  del  ParJamento,  che  il  21  di  Luglio  investe  re  Carlo 
Alberto  dei  pieni  poteri.  Le  due  Cainere  riconoscono  d'essere  un  imbro- 
glio, e  si  criiudono,da  se  stesse. 

«  II.  Legislatures.  Sessione  l.a  del  1849,  inaugurata  da  Carlo  Alberto 
il  1.°  Febbraio  del  1819.  Ha  un  termine  tristissimo,  colla  disfatta  di  No- 
vara,  coll'abdicazione  del  Re,  e  col  suo  esilio  in  Oporto.  Gli  Austriaci 
non  solo  ripigliano  Milano,  ma  entrano  in  Alessandria  (24  Aprile),  in 
Bologna  (16  Maggio),  in  Toscana  (21  Maggio). 

«  III.  Legislatures.  Sessione  2.a  del  1849,  inaugurata  dal  nuovo  re  Yit- 
torio  Emmanuele  II,  il  30  di  Luglio  dell'  anno  medesimo.  Si  chiude  col 
celebre  proclama  di  Moncalieri  del  20  di  Novembre.  «  I  primi  atti  della 
Camera,  dicea  il  proclama,  furono  ostili  alia  Corona  ».  E  conchiudeva 
«  sciogliendo  una  Camera  divenuta  impossibile  ». 

«  IV.  Legislatures.  Si  divide  in  tre  sessioni :  la  sessione  del  1850, 
inaugurata  il  20  Dicembre  del  1849,  che  approva  il^trattato  di  pace  col- 
F  Austria  (8  Gennaio  1850),  e  incomincia  la  guerra  al  Papa  colle  leggi 
Siccardi  (8  Aprile):  la  sessione  del  1851,  inaugurata  il  23  Novembre 
del  1850 ,  vissuta  senza  infamia  e  senza  lode:  e  la  sessione  del  1852  , 
aperta  il  4  Marzo,  in  cui  i  Deputati  adottarono  il  matrimonio  civile  (5  Lu- 
glio), rigettato  dai  Senatori. 

«  V-  Legislatura.  Si  divise  parimente  in  tre  sessioni.  La  sessione 
del  1853-54,  inaugurata  il  19  Dicembre  1853,  che  attese  continuamente 
ad  approvare  prestiti  ed  imposte;  la  sessione  del  1855-56,  inaugurata 
il  12  Novembre  del  1855,  che  si  segnalo  per  la  soppressione  dei  conven- 
ti  e  per  1'  alleanza  col  Turco;  la  sessione  finalmente  del  1857,  inaugura- 
la  il  7  Gennaio  di  quell'anno,  e  celebre  per  le  fortificazioni  d' Alessandria 
e  pel  trasporto  dell' Arsenale  marittimo  da  Geneva  alia  Spezia. 

«  VI.  Legislatura.  Si  parti  in  due  sessioni,  la  sessione  del  1858,  inau- 
gurata il  14  Dicembre  del  1857,  nella  quale,  per  obbedire  a  Napoleone  III, 
si  restrinse  la  liberta  della  stampa  dopo  1'  attentato  d'Orsini ;  e  la  sessio- 
ne del  1859,  inaugurata  il  10  Gennaio  di  quello  stesso  anno  col  famoso 
discorso  delle  grida  di  dolore,  che  da  ogni  contrada  d'ltalia  giungevano 
a  Torino.  Oggidi  le  grida  di  dolore  partono  da  Torino,  ma  non  si  sa  se 
abbiano  la  sorle  di  giungere  in  qualche  contrada  d'  Italia. 

a  VII.  Legislatura.  Questa  non  ebbe  che  una  sessione  sola,  la  sessio- 
ne del  1860  ;  la  sessione  delle  annessioni  dell' Emilia  e  della  Toscana  alia 
Sardegna  (15  Aprile);  la  sessione  che  approve  il  trattato  di  Zurigo 
(21  Aprile),  cosi  bene  osservato  di  poi;  la  sessione  che  ha  ceduto  allo 
straniero  Nizza  e  Savoia  (29  Aprile);  la  sessione  che  riuni  alia  Sardegna 
le  province  napolitane,  della  Sicilia,  delle  Marche  e  dell'  Umbria  ( 17 
Dicembre). 

«  VIII  ed  ultima  Legislatura.  La  ijuale  ebbe  due  sessioni ,  quella 
del  1861-1862  e  1'altra  del  1863-1864.  La  prima  veniva  inaugurata 


632  CRONACA 

il  18  Febbraio  1861,  e  proclamo  Roma  Capitale  d' Italia,  e  stabili  il 
Gran  Libro  del  Debito  pubblico ,  e  voto  la  legge  Pica,  ed  applaud!  allo 
stato  d'assedio  in  Napoli,  a  Garibaldi  ferito,  ed  ai  Deputati  imprigionati. 
Laseconda  s'inaugurava  il  25  Maggio  del  1863,  ed  approvava  la  Con- 
venzione del  15  Setterabre  1864,  le  stragi  di  Torino,  il  Irasporto  della 
Capitale  a  Firenze,  cinque  codici  e  cinquanta  leggi. 

«  Ed  ecco  tutta  la  yita  del  Parlamento  nella  citta  delToro.  Ha  distrut- 
to  il  Pieraonte,  senza  aver  creato  1'Italia;  ha  contristato  Torino,  senza 
aver  rallegrato  Firenze ;  ha  cancellato  tutto  il  passato,  senza  aver  scrit- 
to  nulla  per  1'  avvenire  e  pochissimo  pel  presente.  II  Parlamento  non  si 
radunera  piu  sulle  rive  della  Dora.  Ma  si  radunera  su  quelle  dell'Arno? 
Tutto  versa  in  una  dolorosa  incertezza ;  la  paura  ed  il  dubbio  regnano 
dappertutto.  Un  caso  inaspettato  puo  mutare  la  faccia  dell'Italia.  II  Par- 
lamento si  raduno  in  Torino  sul  cominciare  del  1864,  e  Senatori  e  De- 
putati giuravano  che  sarebbero  restati  qui,  finche  potessero  andare  a 
Roma.  Sul  finire  dell'anno  medesimo  votavano  invece  di  andare  a  Fi- 
renze! Cola  sperano  di  rivedersi  sul  finire  del  1865.  Ma  in  pochi  mesi 
grandi  cose  possono  avvenire,  ed  un  altro  15  di  Settembre  puo  disingan- 
nare  i  Fiorentini,  come  ha  disingannato  i  Torinesi.  Poveri  gli  Stati,  le 
cui  sorti  dipendono  da  una  Convenzione  e  da  una  data  I II  27  di  Marzo  si 
va  a  Roma;  il  15  di  Settembre  si  passa  a  Firenze;  ma  e  il  27  di  Marzo  e 
il  15  di  Settembre  non  fanno  che  avvicinarci  al  2  Dicembre.  Dopo  la  su- 
perbia,  I'umiliazione,  e  dopo  la  condiscendenza,  la  dittatura.  » 

La  citta  di  Torino  senlira  per  certo  grave  detrimento  de'  suoi  interes- 
si  materiali,  cessando  di  essere  sede  del  Governo;  ma  si  consolera  medi- 
tando  le  parole  con  cui  il  Senato  si  accomiato  da  lei,  dichiarando  « le  sor- 
ti di  questa  benemerita  citta  di  Torino  essersi  sempre  piu  indissolubil- 
mente  strette  e  confuse  con  quelle  dell'  intera  Italia ,  della  cui  liberta  fu 
culla  e  della  cui  presente  gloria  e  antesignana».  Vero  e  che  queste  bel- 
le parole,  messe  li  evidentemente  per  dileguare  le  paure  d'una  annessio- 
ne ,  onde  il  piccolo  paese  posto  appie  delle  Alpi  debba  diyentare  provin- 
cia  francese,  non  basteranno  a  rifar  le  spese  a  chi  si  e  royinato  per  la 
santa  causa,  ne  a  rimettere  a  galla  i  tanti  che  s'annegano  in  fallimenti. 
Ma  bisogna  aver  pazienzal  Se  non  altro,  la  Gazzetta  ufficiale  va  regi- 
strando  queste  filze  di  fallimenti,  che  ritraggono  proprio  quel  certo  giuo- 
co  de'  mattoni,  che  piace  tanto  a'  fanciulli;  toccato  il  primo ,  tutti  gli  al- 
tri  cadono  successivamente.  E  un  frutto  primaticcio  della  Convenzione 
del  15  Settembre 

Dopo  replicati  ordini  e  contrordini  relativamente  alia  partenza  del  Re 
per  Firenze,  i  quali  procedeano  da  gravi  dissidii  levatisi  tra  varii  Mini- 
stri,  S.  M.  parti  chetaraente  da  Torino  nella  notte  dall'  11  al  12  Maggio, 
accompagnato  dal  ministro  La  Marmora.  II  di  seguente  fu  ricevuto  nella 
sua  nuova  Capitale  dal  toscano  Ministro  della  Guerra,  e  pose  sua  stanza 


CONTEMPORANEA  633 

nel  palazzo  Pitti,  dove  bambino  fu  tratto  di  mezzo  alle  fiamme  dal  suo 
zio  Leopoldo  II. 

9.  II  giorno  appresso,  13  Maggio,  ebbe  luogo  1'  apertura  della  mostra 
Dantesca,  ossia  di  codici  preziosi,  ed  altri  oggetti  risguardanti  1'Ali- 
ghieri ,  celebrata  in  presenza  del  Re ,  con  un  discorso  del  prof.  Augu- 
sto  Conti ;  ed  alii  14  si  cominciarono  le  feste  pel  Centenario  di  Dante  Ali- 
ghieri ,  onde  si  voile  inaugurare  la  nuova  Capitale ,  non  si  sa  se  tempo- 
ranea  o  definitiva,  del  Regno  d' Italia,  onorando  1'  altissimo  Poeta  con 
corse  di  cavalli,  con  luminarie,  con  feste  da  ballo,  con  tornei  noiosi  quan- 
to  dispendiosi,  con  accademie  letterarie  ed  altre  simili  produzioni  sul  gu- 
sto della  civilta  .moderna.  II  maggior  chiasso  fu  il  primo  giorno,  quando 
fu  dedicato  in  piazza  Santa  Croce  la  statua  di  Dante,  scolpita  da  Enrico 
Pazzi  Ravennate.  Del  quale  fatto  leggiamo  una  vivace  descrizione  nell'lr- 
monia  del  17  Maggio,  die  mostra  qnel  che  fossero  in  realta  le  pompe 
descritte  con  tanto  sfoggio  dalla  Nazione  di  Firenze. 

«  Non  parlo  dei  vestigi  e  dei  ricordi  repubblicani ;  non  delle  epigrafi 
quando  bugiarde,  quando  antipapali,  e  barbare  quasi  tutte;  non  delle  an- 
tenne  infinite  ornate  di  bandiere  a  grandi  strisce  di  maccheroni;  non  dei 
gingilli  e  dei  cerotti  onde  sono  impiastrati  i  muri  di  Firenze.  Questi  so- 
no  accessorii  in  una  festa  nazionale,  ristretta  tutta  al  culto  dell'uomo  ci- 
vile ed  estranea  al  cittadino  religioso.  Agl'  italianissimi  basta  di  dare  ad 
inlendere,  chel'Alighieri,  fiorentino  e  repubblicano  d'anima,  poeta  e  let- 
terato  cattolico,  ha  preconizzato  1'unita  d'  Italia  e  la  caduta  del  dominio 
temporale  del  Papa.  La  festa  del  Centenario  di  Dante  e  uria  festa  ibrida  e 
pagana,  e  una  contraddizione  alle  sue  dottrine  politiche  e  religiose ,  una 
negazione  dei  sentimenti  del  popolo.  La  citta  e  piena  d'ornamenti,  di  ta- 
bernacoli,  di  festoni  tricolor},  d'archilei,  di  trabiccoli,  di  altarini,  che  la 
direste  il  paese  della  cuccagna ;  molto  piu  che  essa  e  sparsa  di  lunghis- 
simi  stili ,  meno  «  lo  bello  stile  che  ci  ha  fatto  onore  ».  La  minor  parte 
della  festa  n'  e  toccata  al  popolo,  perche  il  gonfaloniere  gli  ha  chiuso  tut- 
te le  strade  che  comunicano  colla  piazza  di  Santa  Croce ,  e  non  gli  ha 
permesso  1'accedervi  che  sopra  una  porzione  dei  palchi  che  la  coronano. 

«  La  processione  seminata  d'  infinite  bandiere  di  municipii,  d'  accade- 
mie, di  societa,  d'istituzioni  ha  durato  un'ora.  Aprivano  il  corteggio  gl'«7- 
luminatori  della  pubblica  opinione,  i  giornalisti,  dei  quali  e  capo  un  e- 
breo:  lo  chiudevano  due  degli  scialacquatori  della  pubblica  pecunia,  il 
municipio  di  Firenze  e  quel  di  Ravenna.  Sornione  e  accalcato  il  popolo, 
melense  e  chiotte  le  turbe  de'  bandierai.  Fu  notato  che,  a  segno  di  fratel- 
lanza,  Roma  e  Venezia  mandarono  le  bandiere  abbrunate.  A  temperare 
1'  acerbo  a/fanno,  si  vide  la  bandiera  della  societa  per  1'  emancipazione 
del  sacerdozio  italiano,  portata  da  un  Francescano  (almeno  alia  tonaca) 
e  salutata  da  scarsi  applausi  di  convenzione.  E  anche  questo,  s' intende, 
a  onore  dell'  uomo  civile,  che  con  versi  divini  canto  di  S.  Francesco ,  e 


63  i  CRONACA 

che  ne  vesti  1'abito  di  Terziario.  Ma  che  volete?.....  «  Nella  chiesa  coi 
Santi,  e  in  taverna  coi  ghiottoni». 

«  Allo  scoprimento  della  statua  di  Dante,  campane,  tamburi,  musiche; 
battiraani  pochi,  non  ostaate  la  presenza  del  Re.  II  pubblico  notaro  pre- 
se  atto  della  cerimonia,  e  gia  le  stampe  hanno  pubblicato  la  stornachevo- 
le  diceria  del  gonfaloniere,  e  il  breve  discorso  del  professore  dantesco,  sa- 
cerdote  cav.  Giovanni  Battista  Giuliani.  II  prete  letterato  ci  fece  sapere, 
che  la  gioia  della  festa  non  poteva  essere  piena,  non  gia  per  la  miseria  e 
per  la  maledizione  del  popolo  che  vede  sciupare  cosi  le  migliaia  e  i  mi- 
lioni,  ma  perche  Roma  piange  e  Venezia  e  sotto  1'  abborrito  giogo  stra- 
uiero.  Gapite?  Qui  il  nicchio  da  prete  cede  il  posto  alia  croce  di  cavalie- 
re,  e  la  pagnotta  alia  moderazione.  L'amore  alia  greppia  farebbe  vedere 
agli  aggreppiati  un'  apostrofe  alia  Casa  di  Savoia  anche  in  quelle  parole 
di  babbo  Dante:  «  0  Alberto  tedesco  che  abbandoni  ecc.  —  Che  avete 
tu  e  lo  tuo  padre  sofferto  —  Per  cupidigia  di  costa  ristretti  —  Che  il  giar- 
din  del!'  imperio  sia  diserto  ». 

Al  Re  fu  presentata  in  dono,  dal  Consiglio  provinciale  di  Firenze,  una 
spada  tinamente  cesellata  e  di  ricchissimo  lavorio,  sopra  cui  erano  scol- 
piti  quei  versi  di  Dante :  Vieni  a  veder  la  tua  Roma  che  piagne  —  Ve- 
dova,  sola,  ed\  e  notte  chiama :  —  Cesar  e  mio  ,  perche  non  m  accompa- 
gnel  ( Purg.  Canto  VI)  II  complimento  e  grazioso,  appropriando  a  Vit- 
torio  Emmanuele  un  invito,  volto  dal  gran  Poeta  al  Cesare  tedesco ;  e 
mostra  che  1' Italia  ha ,  come  vantavano  ipocritamente  la  France,  il  Me- 
morial diplomatique  ed  il  resto  della  consorteria ,  veramente  rinunziato 
ad  ogni  sua  pretensione  sopra  Roma.  II  Re  mostro  moltissimo  di  gradire 
il  dono,  ed  i  giornali  e  le  corrispondenze  di  Toscana  affermano  aver  lui 
detto  forti  parole,  onde  rassicurare  tutti  circa  il  saldo  suo  proposito  di 
compiere  1'  unitd  nazionale  e  consolare  Roma  e  Venezia  che  piangono. 
Anzi  al  professore  Giuliani  indirizzo  un  bel  complimento,  a  cui  tenne 
dietro  la  croce  di  commendatore  dell'  ordine  dei  SS.  Maurizio  e  Lazzaro. 
Se  il  Re  debba  in  Firenze  fare  soltanto  una  posata,  per  continuare  tra  poco 
la  sua  marcia  trionfale  sino  al  Campidoglio,,  come  fu  dichiarato  a  To- 
rino ;  ovvero  rimanervi  stabilmente ,  come  fu  dichiarato  a  Parigi , 
sarebbe  ozioso  il  cercare  a  divinarlo ;  giacche  per  quanto  siano  pro- 
fonde  e  diaboliche  le  trame  della  Frammassoneria  ,  Dio  puo  scoprirle  e 
Ironcarle  d'un  iratto.  Ma  ben  e  certo  che  il  Go¥erno  rivoluzionario  ado- 
pera  come  se  la  sosta  in  Firenze  dovesse  durare  piu  anni ;  il  che  ,  per 
verita,  non  prova  ch'egli  abbia  in  animo  di  restarvi  a  lungo,  ma  soltanto 
che  dalle  congiunture  politiche  e  obbligato  a  contenersi  per  forma,  che 
possa  accreditare  le  assicurazioni  diplomatiche  d'aver  rinunziato  ai  mezzi 
violenti^  riserbandosi  solo  i  mezzi  morali,  per  compiere  1'  assassinio  d'l- 
talia  con  1'assassinio  del  Papa  e  della  Chiesa. 


CONTEMPORANEA  635 

II. 
COSE  STRANIERE. 

FRANCFA  1.  Decreto  che  conferisce  all'  Imperatrice  la  Reggenza  —  2.  Rasse- 
gna  navale  a  Marsiglia,  per  la  partenza  dell'Imperatore  verso  1* Algeria  — 
3.  Bandi  di  Napoleone  III  agli  Algerini  ed  agli  Arabi  —  4.  Lavori  del 
Gorpo  legislative  — -  5.  Scioperi  d'artisti  ed  operai. 

.1.  Nella  tornata  del  29  Aprile  fu  letto  al  Senate  francese  il  seguente 
Decreto  di  Napoleone  III : 

«  Volendo  dare  alia  nostra  amatissima  sposa  1' Imperatrice  contrasse- 
gni  dell'alta  confidenza  che  in  essa  abbiamo ;  considerando  che  abbiamo 
1'intenzione  di  recarci  in  Algeria,  e  che  e  necessario  che,  durante  la  no- 
stra assenza,  gli  affari  dello  Stato  non  provino  alcun  ritardo;  conferiamo, 
colle  presenti ,  alia  nostra  amatissima  sposa  il  titolo  di  Reggente ,  per 
esercitarne  le  funzioni,  nel  tempo  della  nostra  assenza,  in  conformita  alle 
nostre  istruzioni  ed  ai  nostri  ordini ,  quali  li  avrerao  fatto  conoscere 
nell'ordine  generale  di  servigio,  che  avremo  stabilito  e  che  sara  trascritto 
sul  libro  di  Stato.  Intendiamo  che  sia  data  cognizione  ai  nostri  Ministri 
ed  ai  membri  del  Consiglio  private  dei  detti  ordini  ed  instruzioni ,  e  che 
in  nessun  caso  1'Imperatrice  possa  allontanarsi  dal  loro  tenore  nell'eser- 
cizio  delle  funzioni  di  Reggente. 

«  Vogliamo  che  1'  Imperatrice  presieda  in  nostro  nome  il  consiglio  dei 
Ministri  e  il  consiglio  private.  Pero  la  nostra  intenzione  non  e  che  1'Im- 
peratrice  reggente  possa  autorizzare  colla  sua  firma  la  promulgazione  di 
alcun  senatus  consulto,  ne  di  alcuna  legge  dello  Stato ,  altro  che  quelli  i 
quali  sono  attualmente  pendenti  davanti  il  Senato  ,  il  Corpo  legislative 
e  il  consiglio  di  Stato ,  riferendoci  a  questo  riguardo  al  contenuto  degli 
ordini  e  delle  sunnominate  istruzioni.  » 

La  mattina  di  quel  giorno  stesso  1'Imperatore,  accompagnato  dall' Im- 
peratrice sino  a  Fontainebleau  ,  parti  da  Parigi  pel  suo  viaggio  in  Alge- 
ria. Giunse  a  Lione  in  sulle  sei  ore  pomeridiane.  «  Sua  Maesta  ,  dice  il 
Moniteur,  fu  salulata  dai  piu  clamorosi  applausi.  Tutte  le  case  erano 
pavesate,  e  la  vettura  imperiale,  senza  scorta  e  procedendo  a  lento  pas- 
so,  stentava  ad  aprirsi  la  via  nella  folia  immensa  accorsa  d'ogni  parte  ». 
Un  gran  banohetto  ebbe  luogo  nel  palazzo  della  Prefettura ;  quindi  1'Im- 
peratore  ando  al  Teatro,  per  assistere  ad  un  concerto  musicale  che  tene- 
Yasi  a  benefizio  degli  operai  senza  lavoro. 

II  giorno  appresso ,  Domenica  30  Aprile  ,  S.  M.  accolse  il  Consiglio 
municipale  di  Lione;  quindi  ando  al  quartiere  della  Croix  Rousse ,  dei 
quale  eransi  gia  cominciati  a  demolire  il  recinto  ed  i  forti,  e  Ventro  per 


636  CRONACA 

una  breccia,  tra  gli  applausi  degli  abitanti,  cbe  cosi  gli  significarono  la  pro- 
pria  gratitudine  di  vedersi  liberati  da  quell'  apparato  minaccioso.  Assi- 
stette  alia  santa  Messa  nella  cappella  dell'Ospedale  di  quel  quartiere  del- 
la  citta ;  passo  al  palazzo  municipale,  e  di  li  alia  stazione  della  ferrovia 
a  Perrache,  traversando  le  piu  belle  piazze  e  vie  di  Lione.  Alia  stazione 
ebbe  uo  breve  colloquio  collo  Czar  delle  Russie,  cbe  ivi  era  di  passaggio 
nel  suo  ritorno  da  Nizza,  dopo  le  esequie  del  suo  primogenilo. 

2.  L'  Imperatore  giunse  a  Marsiglia  alle  ore  6  pomeridiane  del  30 ;  e, 
passando  senza  scoria  per  la  citta,  le  cui  vie  erano  fregiate  di  bandiere, 
con  dommaschi  alle  fmestre  ,  come  si  costuma  in  Italia,  ando  difilato  al 
porto  e  s'  imbarco  buWAquila,  dove  fece  imbandire  un  bancbetto  ai  Ca- 
pitani  di  vascello  dell'  arraata  navale  che  dovea  accompagnarlo,  ed  alle 
principali  autorita  di  Marsiglia.  La  mattina  del  di  seguente,  levate  1'  an- 
core,  YAquila  s'ando  ad  appostareinalto  fuora  del  porto;  e  vide  stilare 
innanzi  a  se,  fra  il  rimbombo  delle  artiglierie,  le  navi  che  doveano  ser- 
vire  di  scorta  e  far  corteggio  all'Imperatore,  ed  erano  la  Regina  Ortensia, 
il  vascello  corazzato  Solferino  e  le  fregate  pur  corazzate  la  Corona ,  la 
Normandia,  la  Gloria,  la  Provenza  e  Ylnvincibile. 

Nell'  atto  di  questa  rassegna  avvenne  un  caso  che  fece  fremere  tutti 
gli  spettatori,  pel  pericolo  di  un  grave  disastro.  Imperocche,  mentre  gia 
le  grosse  navi  s'  erano  mosse  alia  sfilata,  1'  Imperatore  chiamo  a  se  una 
nave  minore,  Daino,  incaricata  di  special!  servigi.  Questa  si  dirizzo  im- 
mediatamente  verso  1'  Aquila,  a  poppa  della  quale  stava  1'  Imperatore  , 
intersecando  ad  angolo  retto  la  via  che  doveasi  percorrere  dall'  armata. 
Passato  gia  il  Solferino,  sopraggiungeva  la  Corona  a  tutta  corsa ;  non 
era  possibile  a  questa  il  fermarsi,  ne  essa  potea  deviare  dall'una  o  dall'al- 
tra  parte,  senza  andare  per  filo  a  dare  di  cozzo  ontll'Aquila  o  nel  Daino. 
11  comandante  della  Corona  fece  del  suo  meglio  in  quellastretta ;  ma  non 
pote  schivare  1'  urto  contro  il  Daino,  che  era  carico  di  personaggi  cospi- 
cui  di  Marsiglia,  e  in  un  istante  n'ebbe  abbattuto  1'albero  maestro,  fracas- 
sato  il  tamburo  d'una  delle  ruote,  e  squarciato  a  fior  d'acqua  un  fianco. 
Parecchi  rimasero  feriti,  non  pochi  gettati  in  mare,  dove  annegarono  due 
marinai.  Ma  pronti  soccorsi  cessarono  il  pericolo  di  piu  luttuose  perdite. 
L' armata  imperiale  si  allontano  a  tutta  corsa  e  qualche  ora  dopo  era 
scomparsa  dall'orizzonte. 

Nella  mattinata  del  2  Maggio  1'  Imperatore  scese  a  Palma,  nella  cui 
baia  1'armata  avea  fatto  breve  sosta,  si  perche  il  mare  era  assai  grosso , 
e  si  per  non  giungere  di  notte  ad  Algeri ;  nel  cui  porto  entro  alle  8  ore 
del  mattino  del  di  appresso.  Appena  toccato  terra,  ricevette  i  compli- 
ment! delle  autorita  civili  e  militari,  ed  a  cavallo  si  condusse  a  palazzo, 
dove  ammise  anche  il  Vescovo  Mons.  Pavy  con  numeroso  seguito  di 
Clero.  Avendo  Monsignore  mentovato  i  servigi  renduti  da  S.  M.  alia  re- 
ligione,  1'Imperatore  rispose  che  anzi  a  se  toccava  di  ringraziare  il  Yes- 


CONTEMPORANEA  637 

covo  ed  il  Clero  pel  gran  bene  fatto  all'  Algeria,  coi  benefici  influssi  del- 
1'apostolato  e  della  caritacristiana. 

3.  L'Imperatore  sapeva  delle  ansieta,  in  cbe  versavano  i  cciloni  france- 
si  d'  Algeria,  che  erano  stati  messi  in  gran  paura  di  veder  sacrificati  in 
parte  i  loro  interessi  al  bisogno  di  appagare  gli  Arabi.  Laonde  fece  su- 
bito  pubblicare,  pei  giornali  del  4  Maggio,  in  Algeri  il  bando  seguente: 

*  lo  vengo  in  mezzo  a  voi  per  conoscere  da  me  stesso  i  vostri  interes- 
si, secondare  i  vostri  sforzi,  assicurarvi  che  la  protezione  della  metropo- 
li  non  vi  manchera.  Voi  lottate  con  energia  da  lungo  tempo  contro  due 
*ostacoli  formidabili :  una  natura  vergine  ed  un  popolo  guerriero ;  ma  si 
annunciano  giorni  migliori.  Da  un  lato,  societa  particolari,  colla  loro  in- 
dustria  e  coi  loro  capitali ,  svolgeranno  le  ricchezze  del  suolo  ;  e  dall'  al- 
tro,  gli  Arabi,  raffrenati  eilluminati  sulle  nostre  intenzioni  benevole,  non 
petranno  piu  turbare  la  tranquillita  del  paese. 

«  Abbiate  dunque  fede  nell'av venire,  affezionatevi  alia  terra  che  colti- 
Tate,  come  ad  una  nuova  patria,  e  trattate  gli  Arabi,  in  mezzo  ai  quali 
dovete  vivere,  come  compatrioti.  Noi  dobbiamo  essere  i  padroni,  perche 
siamo  i  piu  inciviliti.  Dobbiamo  essere  generosi,  perche  siamo  i  piu  for- 
ti.  Infme  giustifichiamo  ognora  1'atto  glorioso  di  uno  de'nostri  predeces- 
sori,  il  quale,  facendo  piantare,  trentacinque  anni  fa,  sulla  terra  d'Africa 
]a  bandiera  della  Francia  e  la  Croce,  v'  innalzava  ad  un  tempo  il  segnale 
della  civilta,il  simbolo della  pace  e  della  carita.  Algeri,  il  3  Maggio  1865. 
NAPOLEONE.  » 

Di  questa  sollecitudine  imperiale  per  gli  interessi  dei  coloni  francesi 
videsi  subito  un  effetto  assai  gradevole,  che  cosi  fu  narrato  dal  Moniteur 
algeriao  del  6  Maggio. 

«  Fino  a  questo  giorno,  una  somma  di  1,009,479  fr.  74  cent,  e  stata 
pagata,  nelle  tre  province,  agli  europei  ed  agl'indigeni,  i  quali  hanno  su- 
bito perdite  in  seguito  all'  insurrezione.  L'lmperatore  ha  deciso  che  una 
nuova  somma  di  1,438,918  fr.  74  cent,  sarebbe  prelevata  sul  montare 
della  contribuzione  di  guerra  imposta  alle  tribu  ribelli,  per  essere  impie- 
gata  nel  pagamento  immediato  delle  indennita  concedute.  II  tolale  di  que- 
ste  ultime  si  eleva,  in  conseguenza,  alia  cifra  di  2,448,398  fr.  29  cent. , 
nella  quale  somma  si  trova  compresa  quella  di  100,000  fr.  destinata  ad 
essere  distribuita  agl'indigeni,  che sono  stati  feriti  facendo  il  servigio  di 
scorte  presso  le  nostre  colonne,  ed  alle  famiglie  di  quelli  che  sono  stati 
uccisi.  » 

Ma  correvano  voci,  le  quali,  perquanto  fossero  strane  e  paressero  in- 
credibili ,  tenevano  inquieti  i  coloni  algerini,  e  davano  argomento  a 
chiacchiere  giornalistirhe  inEuropa,  dove  si  spacciava  che  Napoleo- 
ne  III  fosse  in  procinto  di  togliere  alia  Francia  la  briga  di  custodire  1'Al- 
geria,  e  ne  volesse  affidare  la  guardia  ad  Abd-EI-Rader,  costituendolo 
yicere  degli  Arabi ,  e  conservando  solo  alcune  citta  e  fortezze  poste  sul 


638  CRONACA 

lido.  Queste  ciance  furono  sfatate  dal  bando  seguente  di  Napoleone  III 
che  promise  moke  e  grand!  cose  agli  Arabi,  compresa  quella  di  domarli 
con  la  forza,  qualora  non  si  piegassero  ad  obbedire  per  loro  proprio  van- 
taggio.  Ecco  le  sue  parole: 

«  Allorquando ,  trentacinque  anni  fa ,  la  Francia  pose  il  piede  sopra  ii 
suolo  africano,  essa  non  venne  a  distruggere  la  nazionalita  d'  un  popolo, 
ma  all'opposto  a  francare  questo  popolo  da  un'oppressione  secolare;  es- 
sa sostitui  alia  dominazione  turca  un  Governo  piu  dolce,  piu  giusto,  pid 
illuminato. 

«  Nondimeno,  durante  i  primi  anni,  impazienti  di  qualunque  supre- 
mazia  straniera  ,  voi  avete  combaltuti  i  vostri  liberatori.  Lungi  da  me 
il  pensiero  di  attribuirvelo  a  delitto;  io  onoro,  al  contrario,  il  sentimen- 
to  di  dignita  guerriera,  che  vi  porto  ,  prima  di  sottomettervi ,  ad  invo- 
care,  per  mezzo  delle  armi,  il  giudizio  di  Dio.  Ma  Dio  ha  pronunziato: 
riconoscete  adunque  i  decreti  della  Provvidenza ,  che  nei  suoi  disegni 
misteriosi  ci  conduce  spesso  al  bene ,  eludendo  le  nostre  speranze  e  in- 
gannando  i  nostri  sforzi. 

«  Come  voi ,  sono  venti  secoli ,  i  nostri  antenati  hanno  ugualmente  re- 
sistito  con  coraggio  a  un'  invasione  straniera ,  e  frattanto  dalla  loro  dis- 
fatta  ha  principio  la  loro  rigenerazioue.  I  Galli  vinli  si  assimilarono  ai  Ro- 
mani  vincitori,  e  dall'unione  sforzata  tra  le  virtu  contrarie  di  due  citta 
opposte  e  nata,  col  tempo,  quella  nazionalita  francese,  che  alia  sua  vol- 
ta  sparse  le  sue  idee  in  tutto  il  mondo.  Chi  sa  se  non  Terra  un  giorno , 
in  cui  la  stirpe  araba,  rigenerata  e  confusa  colla  stirpe  francese,  non  ritro- 
vera  una  potente  individuality  simile  a  quella  che,  durante  secoli,  1'  ha 
resa  padrona  delle  coste  meridionali  del  Mediterraneo? 

«  Accettate  adunque  i  fatti  compiuti.  II  vostro  Profeta  lo  dice:  Iddio 
dailpotere  a  chi  vuole  (Capitolo  IX  della  Vacca,  verset.  248).  Ora, 
questo  potere  che  io  ho  da  lui ,  voglio  esercitarlo  pel  vostro  interesse  e 
pel  vostro  bene.  Voi  conoscete  le  mie  intenzioni,  io  ho  assicurata  irrevo- 
cabilmente  nelle  mani  vostre  la  proprieta  delle  terre  da  voi  occupate ;  io 
ho  onorati  i  vostri  capi ,  rispettata  la  vostra  religione ;  io  voglio  aumen- 
tare  il  vostro  ben  essere,  farvi  entrare  ognora  piu  a  parte  dell'ammini- 
strazione  del  voslro  paese ,  come  dei  beneficii  della  civilta  ;  ma  a  patto 
che  voi ,  dal  canto  vostro  ,  rispettiate  i  rappresentanti  della  mia  autorita. 
Dite  ai  vostri  fratelli  traviati,  che  il  tentare  nuove  insurrezioni  sarebbe 
loro  fatale.  Due  milioni  di  Arabi  non  potrebbero  resistere  a  quaranta  mi- 
lioni  di  Francesi. 

«  La  lotta  d'uno  contro  venti  e  insensata  1  Yoi  per  altra  parte  mi  avete 
prestato  giuramento ,  e  la  vostra  coscienza ,  come  il  vostro  libro  sacro 
vi  obbligano  a  osservare  religiosamente  i  vostri  impegni  fCapit.  IX  del 
Pentimento ,  verset.  i). 

« Io  ringrazio  la  grande  maggioranza  tra  voi ,  la  cui  fedelta  non  e  sta- 
ta  scossa  dai  consigli  perfidi  del  fanatismo  e  dell'  ignoranza.  Voi  avete 


CONTEMPORANEA  639 

compreso  che,  essendo  vostro  Sovrano ,  io  sono  vostro  protettore :  lutti 
quelli  che  vivono  sotto  le  nostre  leggi  hanno  ugual  diritto  alia  mia  solle- 
citudine.  Grandi  memorie  e  potenti  interessi  gia  vi  uniscono  alia  madre 
patria  ;  da  died  anni ,  voi  ayete  divisa  la  gloria  delle  nostre  anni,  e  i 
yostri  figli  hanno  combattuto  degnamente  a  lato  dei  nostri  in  Crimea,  in 
Italia,  in  Cina,  al  Messico.  I  legami  formati  sul  campo  di  battaglia  sono 
indissolubili ,  e  yoi  avete  imparato  a  conoscere  cro  che  noi  possiamo , 
come  amici  o  come  nemici.  Abbiate  adunque  fiducia  nei  yostri  destini, 
dappoiche  essi  sono  uniti  a  quelli  della  Francia ,  e  riconoscete  col  Cora- 
no,  che  colui  che  Dio  dirige,  e  ben  diretto  (Cap.  YH  El-Araf.  verset- 
to  176).  Algeri,  il  5  Maggio  1865.  NAPOLEONE.  » 

Quindi  1'  Imperatore,  yisitava  quanto  eravi  di  piu  rilevante  in  Algeri  , 
comprese  due  Moschee,  dove  assistette  alle  preghiere  fatte  per  lui  e  per 
la  famiglia  imperiale,  e  ricevette  le  promesse  di  fedelta  fattegli  dagli 
oulemas. 

«  Sua  Maesta,  narra  il  Moniteur  algerino,  tocca  da  queste  testimonian- 
ze  d'un  carattere  tutto  spontaneo,  le  accetto  come  sincere,  e  promise  agli 
oulemas  che  la  sua  protezione  non  verra  mai  meno  agli  uomini  pii ,  che 
colla  loro  istruzione  e  coi  loro  buoni  esempii  portano  i  proprii  correligio- 
narii  ad  adempiere  i  loro  doyeri  yerso  Dio,  verso  la  propria  famiglia  e 
verso  il  Sovrano,  che  veglia  alia  sicurezza  e  alia  fortuna  di  tutti.  «  Io  ho 
figli  cristiani  e  figli  musulmani,  soggiunse  1'  Imperatore;  io  rispondo  de- 
gli  uni  e  degli  altri  davanti  a  Dio ,  padre  comune  degli  uomini.  La  mia 
giustizia  sara  eguale  per  tutti.  Dite  ai  vostri  correligionarii  che  io  posso 
fare  il  bene  a  quelli  che  battono  la  diritta  strada ,  e  che  io  sapro  punire 
con  rigore  quelli  che  non  vorranno  contenersi  nella  via  dell'  obbedienza 
e  del  bene. » 

Questo  pensiero  si  trova  riprodotto  nella  risposta  dall'  Imperatore 
ai  notabili  indigeni,  allorche  vennero  al  palazzo  del  Governo  per  presen- 
targli  un  indirizzo.  Egli  disse  loro:  «  La  vostra  religione,  al  pari  della 
religione  cristiana,  comanda  il  rispetto  della  fede  giurata.  Dio  e  il  padre 
comune  di  tutti  gli  uomini:  egH  legge  nei  cuori,  e  tratta  ciascuno  secon- 
do  i  suoi  atti.  Yoi  sapete  essere  Dio  che  mi  impose  il  dovere  di  ricom- 
pensare  coloro  dei  miei  figli  musulmani,  che  servono  la  Francia  con  fe- 
della,  come  egli  mi  ordina  di  punire  severamente  quelli  che  si  ribella- 
no  alia  mia  autorita  e  gettano  il  disordine  nei  paese.  Parlando  cosi  a  voi, 
che  vi  manteneste  tutti  fedeli ,  io  ho  il  convincimento ,  che  voi  aiuterete 
il  Governatore  generale  ad  impedire  crisi ,  simili  a  quella  che  avvenne 
1'anno  passato  ». 

Quindi  1'Imperatore  comincio  a  percorrere  le  citta  e  le  borgate  piu  im- 
portanti  della  Colonia,  visito  il  monastero  de'Trappiti,  il  forte  Napoleone 
nella  grande  Kabilia,  e  s'  innoltro  anche  nei  deserti,  esaminando  Io  stato 
della  coltura ,  ricercando  i  bisogni  speciali  de'  varii  luoghi ,  ideando 


640  CRONACA  CONTEMPORANEA 

strade  e  canali  d'  irrigazione  e  piantagioni ,  ed  i  modi  di  congiungere  la 
sicurezza  degli  abitanti  colla  facilita  del  coramercio. 

4.  In  questo  mentre  il  Corpo  legislative  continuava  i  suoi  lavori ,  che 
procedeano  lentamente,  e  senza  far  gran  rumore ,  ma  col  consueto  risul- 
tato  di  approvare  invariabilmente  a  gran  pluralita  di  suffragi  i  disegni 
jaoessi  innanzi  dal  Governo.  Un  decreto,  firmato  dall'Imperatrice,  sotto  il 
14  Maggio,  prolungo  fino  al  14  Giugno  inclusivamente  la  sessione  del 
Corpo  legislative,  che  avrebbe  dovuto  aver  termine  il  15  Maggio.  II  che 
mostra  il  desiderio  che  si  ha  dal  Governo  di  veder  approvati  ed  effettuare 
\arii  dei  disegni  indicati  nel  discorso  della  Corona.  Propose  la  ordinaria 
cerna  di  100,000  uomini,  cheamolti  Deputati  pareva  eccessiva  e  niente 
necessaria  in  tempo  di  piena  pace ,  e  si  voleva  ridotta  al  numero  di 
80,000.  Ma  i  Commissarii  imperial!  tennero  fermo  ,  e  la  vinsero ;  come 
la  vinsero  in  piu  altri  disegni  di  legge  circa  negozii  di  commercio,  lavori 
pubblici ,  1'  insegnamento  private  e  comunale  ,  la  vendita  di  selve  dello 
Stato,  e  simili  cose.  Di  che  non  importa  aggiungere  altro,  poiche  vedia- 
mo  che  anche  i  diarii  francesi  se  ne  mostrano  assai  poco  solleciti. 

.5.  Ma  grande  e  la  sollecitudine  destata  in  tutti,  ed  anche  nel  Gover- 
no, dal  continuarsi ,  in  forma  che  puo  diventare  assai  pericolosa,  gli 
scioperi  di  operai.  Gravi  sconcerti  mercantili  ridussero  molti  opificii  a 
tali  condizioni,  che  non  poteano  continuare  le  opere  loro,  e  percio  furono 
accomiatati  i  manuali.  In  Lione  ,  precipuamente ,  ed  a  Saint  Etienne,  si 
contavano  a  migliaia  gli  operai,  privati  percio  d'ogni  sussidio  e  del  pane 
quotidiano  per  se  e  per  le  famiglie.  II  Cardinale  Arcivescovo  De  Bonald, 
con  apposita  Pastorale  eccito  i  suoi  diocesani  ad  essere  larghi  d'  aiuto  a 
que'  derelitti.  La  casa  imperiale  mando  sussidii  in  denaro ;  e  si  raccol- 
sero  offerte  per  sottoscrizioni  di  privati.  Ma  tali  somme,  benche  ingenti, 
riuscirono  scarse  al  bisogno  dei  moltissimi ,  costretti  dalla  necessita  a 
mancar  di  lavoro  e  di  alimenti.  Per  giunta  vennero  ,  anche  a  Parigi,  gli 
scioperi  d'operai  scontenti  del  salario  ,  e  che,  gittandosi  alia  strada  con 
abbandonare  gli  opiticii,  pretendeano  di  obbligare  i  loro  padroni  a  cre- 
scere  gli  stipendii.  La  Polizia  s'ingegno  di  scoprire  ed  allontanare  i  som- 
Hiovitori,  di  disfare  quelle  combriccole  con  offerire  lavoro,  lungi  da  Pa- 
rigi, ai  meno  indocili,  e  con  decretare  opere  pubbliche  negli  Spartimenti 
Ma  il  male  scemo  d'assai  poco,  ed  ogni  giorno  i  diarii  lamentano  qualche 
nuova  coalizione,  che  riduce  all'ozio  ,  e  mette  a  pericolo  di  tumultuare , 
le  quindici  e  venti  migliaia  di  operai.  D'ordinario  nei  calori  estivi  la  pie- 
fee  parigina  suoi  dare  fastidii  alia  Polizia.  Ma  il  Governo  e  pronto  a  tutto. 


CONSEGUENZE  SOCIALI 

DEL  NATURALISMO  POLITICO 


«  Poiche,  rimossa  dalla  civil  comunanza  la  religione  e  ripudiata 
la  doltriaa  e  1'autorita  della  divina  rivelazione,  lo  slesso  genuine 
concetto  di  giustizia  e  di  diritto  umano  si  ottenebra  e  perisce,  ed  in 
luogo  della  vera  giustizia  e  del  diritto  legittimo  soUentra  la  forza 
materiale;  si  fa  chiaro  perche  alcuni,  spregiando  affalto  e  nulla  va- 
lutando  i  principii  certissimi  della  sana  ragione,  ardiscano  procla- 
mare :  la  volonta  del  popolo,  manifeslata  per  1'  opinione  pubblica, 
com'  essi  dicono,  o  in  allra  guisa,  costituirc  la  legge  suprema,  sciol- 
ta  da  qualunque  divino  od  umano  diritto,  enell'ordine  politico! 
falti  cornpiuti,  per  cio  stesso  che  son  compiuli,  a\er  yigore  di 
diritto  1.  » 


1  Quoniam  ubi  a  civili  sotietale  fuit  amola  religlo  ae  repudiata  divinae 
revelationis  doctrina  et  auctoritas,  vel  ipsa  germana  iusiiliae  humanique  iu- 
ris  notio  tenebris  obscuratur  et  amittitur,  atque  in  veme  lusiUlac  legitimum- 
que  iuris  locum  materialis  substUuitur  vis;  Inde  liquet  cur  nonnulli,certissi- 
mis  sanae  rationis  principiis  penilus  neglectis  posthabilisque,  audeant  concla- 
mare  :  voluntatem  populi,  publica,  quam  dicunt,  opinione  vel  alia  ralione 
manifestatam  constituere  supremam  legem  ab  omni  divino  humanoque  iure 
solutam,  et  in  ordine  politico  facta  consummata,  eo  ipso  quod  consummate 
sunt,  vim  iuris  habere.  Enciclica  del  Santo  Padre ,  Papa  Pio  IX ,  dell'  8  Di- 
cembre  1864. 
Serie  77,  vol.  II,  fasc.  366.  II  2  Giucjno  1865. 


642  CONSEGUENZE  SOCIALI 

Son  queste  le  parole,  colle  quali  il  S.  Padre  Pio  IX,  nella  sua  ce- 
lebre  Enciclica  dell'  8  Decembre  passa  a  dichiarare  i  pestiferi  effetti, 
che  il  naturalismo  politico  genera  nello  stesso  ordine  sociale.  Tre 
cose  pertanto  egli  dice:  Prima,  che  naturalizzata  la  societa,  per  la 
sua  separazion  dalla  Chiesa,  il  concetto  slesso  di  diriito  s'  offusca  e 
perisce.  Secondo,  che  alteratosi  e  rimosso  un  tal  concetto,  viene 
sostituita  in  sua  vece  la  forza  materiale.  Terzo,  che  di  qui  e  da  ripe- 
tere  1'  origine  si  della  teorica  della  pubblica  opinione,  e  si  di  quella 
dei  falti  compiuti,  che  sono  appunto  i  due  principali  perni,  sopra  cui 
e  montato  e  ribadito  il  cosi  detto  diriito  nuovo.  Questi  tre  capi  ci 
somministrano  insieme  1'  assunto  e  la  partizione  del  presente  articolo. 
Nel  quale  faremo  uso  di  sole  ragioni  naturali ;  giacche  il  Pontefice 
queste  appunto  rinfaccia  ai  sostenilori  di  quel  pestifero  sistema :  sa- 
me rationis  principiis  penilus  neglectis  posthabitisque. 

I. 

//  naluralismo  politico  mena  air  oscuramenlo  e  alia  perdita 
della  verace  idea  di  diritto. 

II  diriito,  preso  in  senso  rigoroso,  noa  e  altro  che  un  polere 
morale,  inviolabile.  E  un  potere,  perche  risiede  nella  facolla  di  fare 
o  pretendere  alcuna  cosa.  E  morale,  perche  tal  facolla  apparliene 
alia  volonta  libera,  e  trae  origine  dalla  ragione,  imperiante  nell'  or- 
dine de'  costumi.  fi  inviolabile,  perche  esige  riverenza  dagli  altri; 
sicche  niuno  possa  opporsi  all'esercizio  di  quella  facolta,  senza  ren- 
dersi  colpevole  e  soggetto  a  coazione.  Quest' ultimo  elemenlo  della 
in\'iolabilHa  e  come  la  differenza  specifica  del  diriito,  la  quale  lo 
costituisce  nel  proprio  essere  e  lo  distingue  da  tulti  gli  allri  poteri 
meramente  morali.  Tu  dici  a  cagion  d'esempio  :  lo  ho  diritto  a  fab- 
bricare  in  questo  luoyo;  io  ho  diritto  di  disporre  del  mio  danaro; 
io  ho  diritto  ad  essere  obbedito  da  miei  figliuoli.  Con  tal  linguaggio 
tu  vuoi  significare  che  non  comunque  ti  sono  lecite  le  predette  cose, 
ma  sibbene  in  guisa,  che  niuno  puo  giustamente  impedirtene.  Cio 
vuol  dire  che  quella  tua  facolla  e  sacra,  inlangibile,  posla  solto  la 
tutela  di  un  comune  Signore,  obbligante  le  altrui  coscienze,  sicche 


DEL  NATURALTSMO  POLITICO  643 

esse  sieno  tenutea  conformarsi  all' ordinamento  di  lui,  come  a  re- 
gola  suprema  del  loro  operare.  Questo  comune  Signore  e  Dio;  giac- 
che  il  solo  Dio  puo  influire  nella  coscienza  e  legarla  e  scioglierla  a 
date  azioni  e  intorno  a  dati  obbietti.  II  diritto  dunque  inchiude  1'idea 
di  Dio;  e  di  Dio  non  separate  da  noi,  il  quale  circa  car  dines  caeli 
ambulet,  nee  noslra  consideret,  ma  di  Dio  provvido,  governalore, 
ii  quale  dia  leggi  determinate,  da  cui  procedano  determinati  legami 
e  concrete  obbligazioni  Ira  gli  uomini.'  Rimossa  dunque  dalla  societa 
cotesta  idea  di  Dio,  uopo  e  che  ii  diritto  venga  socialmente  a  illan- 
guidirsi  e  cadere,  Yenutogli  meno  1'  appoggio  e  la  radice,  da  cui 
traevaogni  suo  nulrimento  e  vigore. 

Or  questo  appunto  si  verifica  nella  societal  separata  dalla  Chiesa 
e  ridotta  ai  puri  termini  della  natura.  Una  sociela  si  fatta,  prescin- 
dendo  dalla  religione ,  prescinde  dai  vincoli  morali  che  legano  T  uo- 
mo  con  Dio  :  Religat  nos  religio  uni  omnipotent}  Deo  1 ;  e  per  con- 
seguenza  prescinde  dallo  slesso  Dio ,  almeno  in  quanto  ha  relazione 
con  noi.  Quindi  la  denominazione  di  Sociela  alea  e  di  Governo  ateo, 
di  cui  tanto  si  piacciono  i  fautori  del  progresso  moderno.  Essi  dico- 
no  :  Lo  Stato  non  deve  avere  altra  religione,  che  la  giustizia ;  e  Don 
s'  accorgono  gl'  illusi  che  essi  con  cio  pretendono  un  assurdo,  simile 
a  chi  volesse  un  triangolo  senza  lati ;  giacche  rimossa  1'  idea  di  Dio, 
e  rimosso  il  fondamento  del  diritlo  e  conseguentemente  della  giuslizia. 

Dirai :  Non  in  queslo  senso  di  tolale  astrazione  da  Dio  vuolsi  in- 
tendere  lo  Slato  separato  dalla  Chiesa  ,  ma  solo  nel  senso  di  astra- 
zione dal  Dio  rivelato  e  dalla  religione  soprannaturale.  II  Dio  della 
natura ,  il  Dio  che  si  manifesta  a  noi  per  lo  spettacolo  dell'  universo 
e  ci  parla  mediante  la  ragione ,  e  conservato  da  una  tal  societa ,  e 
ad  esso  ella  appoggia  il  dirilto  e  la  giustizia ,  che  sono  norma  del 
suo  Governo. 

Ecco  una  delle  solite  contraddizioni  in  cui  e  coslretta  ad  aggirarsi 
la  falsila.  Lo  Stato  ripudia  la  religione  impostagli  da  Dio,  e  nel  tem- 
po slesso  se  ne  foggia  una  di  suo  capriccio.  Stabilisce  un  principio 
generate :  Lo  Stalo  dee  prescindere  dalla  religione ;  e  poscia  spaven- 

1  S.  AUG.  De  vera  Religione  L.  X,  Gap.  4.* 


644  CONSEGUENZE  SOCIALI 

tato  della  conseguenza,  che  la  Logica  ne  deduce,  dimezza  il  principio 
e  ne  ritiene  una  parte,  rifiutandone  un'  altra.  E  questo  il  \7ezzo  di  quei 
cotali,  che  pero  si  danno  voce  di  moderali.  Ma,  in  prima,  chi  \1  da 
il  diritlo  di  far  quesli  tagli,  e  di  fermarvi  a  mezza  slrada?  Se  dovele 
prescindere  dal  Dio  rivelato  ,  perche  non  anche  dal  Dio  nalurale? 
La  liberla  di  coscienza ,  che  mettete  innanzi  per  quel  primo  passo  , 
non  vi  sforza  a  fare  anche  il  secondo  ?  —  Ma  la  societa  in  tal  caso 
non  potrebbe  piu  reggersi.  — -  E  voi  volete  farla  reggere  sopra  una 
contraddizione  ?  Volete  conservarla  a  ritroso  della  ragione,  dopo  aver 
proclamato  che  la  ragione  e  T  unica  norma  da  seguitare?  In  secondo 
luogo  vi  domandiamo  se  la  nozione  di  Dio,  che  volete  manlenuta 
nella  societa,  sia  quella  del  vero  Dio,  personale  e  concreto,  oppure 
quella  di  un  Dio  qualunque,  concepito  astratlamente  solto  il  concetto 
al  piu  di  ente  supremo  ,  come  voile  il  Robespierre.  Se  e  quella  del 
vero  Dio,  il  vero  Dio  e  appunlo  il  Dio  della  rivelazione ,  il  Dio  che 
eleva  1'ordine  naturale  al  soprannaturale,  il  Dio  che  fondo  la  Chiesa 
come  suo  rogno  quaggiu,  di  cui  facessero  parte  individui  e  nazioni. 
Non  volendo  prescindere  da  lui,  voi  non  potele  prescindere  dalla  ri- 
yelazione,  dall'ordine  soprannalurale,  dalla  Chiesa,  quale  e  stabilita 
da  Dio  pel  suo  Cristo,  e  quale  e  stata  riconosciuta  fin  qui  dal  mondo 
incivilito.  Se  poi  vi  conlentate  di  un  Dio  qualunque,  di  un  ente  pri- 
mo quale  che  siasi ,  voi  non  avrete  conchiuso  nulla.  Imperocche  i 
materialisti  vi  diranno  che  quest'ente  primo  e  la  materia  improdotla, 
la  quale  si  svolge  e  s'  innalza  da  se  medesima  per  tutli  i  gradi  del- 
1'essere ;  e  i  panteisti,  nobilitando  a  parole  lo  slesso  concetto,  soster- 
ranno  che  coteslo  ente  primo  e  la  realila  assolula  ,  o,  se  meglio  vi 
aggrada  e  1'idea  che  si  concretizza  e  spiegasi  gradatamente  in  lulli  i 
regni  della  natura,  fino  a  manifestarsi  nell'uomo  solto  forma  perso- 
nale e  con  coscienza  di  se  medesima.  Cosi ,  ridotta  ogni  sussistenza 
ed  ogni  azione  allo  svolgimento  fatale  di  una  unita  primitiva ,  ogni 
concetto  di  liberta  e  di  moralila,  e  per  conseguenza  di  diritto  e  di 
giuslizia  viene  a  dileguarsi  e  svanire  come  spuma  sul  mare.  Direte 
che  coleste  teoriche  sono  delirii  di  mente  inferma  e  che  lo  Stato  sapra 
rigeltarle.  Ma  separatosi  esso  dalla  colonna  di  verita  che  e  la  Chiesa, 
qual  tilolo  presentera  per  insegnare  e  correggere  i  filosofi?  Dira  forse 


DEL  NATURALISMO  POLITICO  645 

che  egli  ne  sa  piu  di  loro  ?  La  pretensione  sarebbe  tanto  ridicola  , 
da  non  meritare  d'  essere  altrimenli  confutata  che  col  disprezzo.  Ri- 
correra ,  come  ad  eslremo  rifugio  ,  al  senso  comune  ?  Ma  il  senso 
comune  in  prima  non  ha  organo  autorevole  e  social  mente  riconosciu- 
to ,  che  lo  rappresenli ;  ne  lo  Stato  puo  certamente  arrogarsi  da  se 
medesimo  un  lanlo  ufficio.  In  secondo  luogo  quei  filosofi  vi  rispon- 
derebbero  che  il  senso  comune  dee  sottostare  alia  scienza ,  la  quale 
ne  e  la  esplicazione  riflessa  e  razionale. 

Del  resto,  quand'  anche  lo  Stato  avesse  potesla  e  riuscisse  nel  fat- 
to  a  salvare  1'  idea  del  vero  Dio,  senza  il  sostegno  della  Chiesa,  che 
cosa  conseguirebbe  in  ordine  al  diritto  nella  Sociela?  Non  altro  al 
piu,  che  salvarne  il  concetto  astralto  ed  indeterminato,  senza  corpo 
reale  e  concretezza  operativa.  Imperocche,  scendendo  all'  applicazio- 
ne  pratica  e  alia  deterrninazione  specifica  di  quella  idea  generica 
nei  singoli  ordini  dell'  azione  umana  ,  il  Comunista  vi  direbbe  che  e 
diritto  dell'uomo  1'abolizione  della  proprieta  e  della  famiglia ;  il  San- 
simoniano,  che  e  diritto  dell'uomo  il  secondare  liberamente  ogni 
passione ;  e  il  Socialista  anarchico,  che  e  diritto  dell'uomo  il  soppri- 
mere  nou  solo  le  monarchic,  ma  le  costituzioni  altresi  e  in  generate 
ogni  idea  di  Governo,  sotto  qualsivoglia  forma  si  manifesti.  Ciascun 
di  costoro  appoggerebbe,  se  cosi  vi  aggrada,  i  suoi  pronunziati  all'i- 
dea  di  Dio  personale  e  agli  eterni  decreti  della  sua  volonla  legisla- 
trice.  Che  fara  lo  Stato  a  fronte  di  coteste  dottrine  giuridiche ,  le 
quali  vogliono  salvo  il  diritto ,  ma  1'  intendono  in  modo  diverse  da 
lui  ?  Le  proscrivera?  Ma  farebbe  ridere  i  polli  il  vedere  lo  Stato  eri- 
gersi  in  Congregazione  dell'/wfo'ce,  ed  assumere  1'aulorita  di  Pon- 
tefice;  massimamente  se  sia  di  quelli,  che  si  sono  tanto  svociali  con- 
tro  la  recente  Enciclica  di  Papa  Pio  IX.  Bando  dunque  agl'  inganni 
in  materia  di  tanto  interesse.  L'umano  consorzio  ha  bisogno  dell' idea 
non  astratla ,  ma  concreta  del  dirilto  ,  del  diritto  cioe  non  generico 
ma  specifico,  del  dirilto  riguardato  nelle  sue  parziali  applicazioni  ai 
rapporti  umani ;  e  lo  Stato  separate  della  Chiesa  e  del  tutto  incapace 
a  delerminarlo  e  mantenerlo  come  tale. 

Mollo  piu  apparisce  manifesta  una  tal  verita,  se  il  diritto  si  pren- 
de  in  senso  piu  largo ,  in  quanlo  abbraccia  insieme  facolta  moral!  e 


646  CONSEGUENZE  SOCIALI 

obbligazioni  morali ,  ossia  in  quanto  esprime  generalmente  la  legge 
regolatrice  de'  coslumi.  Senza  uopo  di  discorso ,  basta  la  semplice 
storia,  per  comprendere  che  cosa  possa  in  tal  faccenda  lo  Stato,  dis- 
giunlo  dal  lume  della  rivelazione,  e  da  un'  autorita  divinamenle  isii- 
tuila  che  lo  sostenga.  Mirate  la  societa  pagana.  Benche  essa  non 
prescindesse  da  Dio ,  ma  della  religione  formasse  anzi  la  sua  base 
principale ;  luttavia  non  pole  a  lungo  salvar  la  morale,  neppure  nel- 
le  sue  prescrizioni  piu  ovvie,  ed  ando  precipitando  di  corruzione  in 
corruzione,  fino  a  cadere  in  quel  lezzo,  in  che  fu  trovata  dal  Crislia- 
nesimo.  I  suoi  stessi  sapienti ,  che  ne  costiluivano  la  parte  piu  illu- 
minata,  e  n'  erano  come  i  maestri,  furono  travolli  negli  errori  piu  mo- 
struosi  e  nelle  lordure  piu  abbominevoli.  Si  ricordi  intorno  a  cio  quel 
che  ne  scrive  S.  Paolo  nel  primo  capo  della  sua  epistola  ai  RomanL 
«  Benche  avessero  conosciulo  Dio,  nol  glorificarono  come  Dio,  ne  a 
lui  rendettero  grazie ;  ma  infatuarono  nei  loro  pensamenti  e  si  otte- 
nebrarono  nella  slollezza  del  loro  cuore.  Dicendo  di  essere  saggi , 
diventarono  stolli.  E  cangiarono  la  gloria  deirincorruttibile  Dio  per 
la  figura  di  un  simulacro  di  uomo  corruttibile  e  di  uccelli  e  di  qua- 
drupedi  e  di  serpenli.  Per  la  qual  cosa  Iddio  li  abbandono  ai  deside- 
rii  del  loro  cuore  e  alia  immondezza ;  talmente  che  disonorassero 

in  se  slessi  i  corpi  loro Ricolmi  d'  ogni  iniquita ,  di  malizia,  di 

fornicazione,  di  avarizia,  di  malvagita,  pieni  d'  invidia,  di  omicidio> 
di  discordia,  di  frode,  di  malignita,  susurroni.  Detrattori,  nemici  di 
Dio,  oltraggiatori,  superbi,  millantatori,  invenlori  di  male  cose,  dis- 
ubbidienli  ai  genitori.  Stolti,  disordinati ,  senza  amore ,  senza  leg- 
ge,  senza  compassione.  I  quali  avendo  conosciuta  la  giustizia  di  Dio, 
non  intesero  come  chi  fa  tali  cose ,  e  degno  di  morte ;  rie  solamente 
chi  le  fa,  ma  anche  chi  approva  coloro,  che  le  fanno  1. » 

1  Cum  cognovissent  Deum,non  sicut  Deum  glorificaverunt ,  aut  gratias 
egerunt,  sed  evanuerunt  in  cogitationibus  suis,  et  obscuratum  est  insipiens 
cor  eorum.  Vicentes  enim  se  esse  sapientes,  stulli  facti  sunt.  Et  mutavernnt 
gloriam  incorruptibilis  Dei  in  similitudinem  imaginis  corruptibilis  hominis, 
et  volucrum,  et  quadrupedum,  et  serpentium.  Propter  quod  tradidit  illos 
Dens  in  desideria  cordis  eorum,  in  immunditiam:  ut  contumeliis  afficiant 
corpora  sua  in  semetipsis Repletos  omni  iniquitate,  malitia,  fornifica- 


DEL  NATURALISMO  POLITICO  647 

Non  vi  sembra  che  qui  1'Aposlolo  in  im  con  la  dipintura  de'suoi 
tempi,  ci  faccia  altresi  unadipinlura  del  moderno  liberalismo?  Ecco 
a  che  mena  la  pura  natura ,  la  sociela  affidata  al  solo  lume  della  ra- 
gione ,  lo  Stato  privo  degl'  indirizzi  della  verila  rivelata !  Allesa  la 
debilita  dell'  umano  intelletto ,  la  foga  delle  concupiscenze  sensitive, 
la  corruzione  nativa  per  la  colpa  di  Adamo,  I'uomo  e  in  generalela 
societa,  per  mantenere  salda  non  solo  la  pratica ,  ma  la  conoscenza 
altresi  della  naturale  giuslizia ,  na  mestieri  che  in  lei  sia  social- 
mente  riconosciuto  ed  accettato  un  codice  perfelto  in  ordine  ai  prin- 
cipii  fondamentali  dell'  operare  umano ,  e  un  giudice  supremo  che 
autorevolmente  ne  definisca  i  dubbii  e  le  quistioni  che  possono  in- 
sorgere.  Go  dimostra  la  necessila  della  ricognizione  sociale  e  politica 
della  Chiesa;  giacche  1'  uomo  non  accettera  mai  un  tal  codice  e  non 
si  pieghera  a  tali  giudizii ,  se  1'  uno  e  gli  altri  non  gli  vengano  pro- 
posti  in  nome  di  Dio  e  da  chi  parlecipa  rinfallibilita  divina.  La  sola 
Chiesa  di  Cristo  ha  si  nobile  prerogativa ;  e  pero  essa  sola  e  com- 
petenle  ed  ha  valore  di  serbar  nel  mondo  incontaminata  V  idea  del 
diritto  e  conseguentemente  della  giuslizia.  Lo  Stato  puo  cooperarvi, 
mantenendosi  congiunto  con  lei :  conciossiache  in  questo  sol  caso 
puo  metier  lingua  in  cio  che  concerne  dottrina  e  coslumi ,  siccome 
forte  degli  iusegnamenti  e  della  inerranza  di  essa  Ghiesa.  II  principe 
nelle  sue  leggi  parlera  quasi  coll'  autorila  d'  un  Pontefice ;  il  Senate 
coll'autorila  d'  un  Concilio.  Ma  ambidue,  separali  dalla  Chiesa,  resta- 
no  quel  che  sono  per  loro  slessi,  cioe  uomini  eguali  agli  altri,  e  per6 
incompetenti  ad  imporre  i  proprii  deltami  alle  coscienze  allrui. 

Ci  reco  non  lieve  meraviglia  il  sig.  Thiers,  allorche,  nel  suo  ulti- 
mo discorso  al  Corpo  legislativo  di  Francia ,  dopo  aver  nobilmente 

esposto  come  la  societa  non  puo  sussistere  senza  idee  fondamentali 

v 

tione,  avaritiaf  nequitia,  plenos  invidia,  homicidio,  contentione,  dolo,  mail- 
gnilate,  susurrones.  Detractores,  Deo  odibiles,  contumeliosos,  superbos,  ela- 
tos,  inventor es  malorum,  parentibus  non  obedientes.  Insipientes,  incomposi- 
tos,  sine  affectione,  absque  foedere,  sine  misericordia.  Qui  cum  iustitiam 
Dei  cognovisscnt ,  non  intellexerunt  guoniam  qui  talia  agunt,  digni  sunt 
morte,  et  non  solum  qui  ea  faciunt,  sed  etiam  qui  consentiunt  fadentibus.  — 
Ad  Romanes  c.  I,  v.  21-32. 


648  CONSEGUENZE  SOCIALI 

dell'onestoe  del  giusto,  ia  cambio  d'inferirne  Talleanza  dello  Stato 
colla  Chiesa ,  ne  inferisce  la  liberla  di  coscienza.  Egli  avea  detlo : 
«  Nessuna  societa  umana  e  possibile,  senza  alcune  idee  morali  for- 
temente  stabilite.  Queste  idee  riposano  sulla  nozione  chiara  del  bene 
e  del  male ,  della  differenza  che  li  separa  e  della  preferenza  che 
dobbiamo  all'  uno  a  fronle  dell'  altro.  Queste  idee  debbono  essere  ben 
radicate ;  debbono  avere  autorila  sugli  animi  e  sui  cuori :  non  al 
punto  che  il  male  sia  impossible  ,  ma  al  punto  che  1'  uomo  allonta- 
natosi  dall'  onesta  possa  forraare  il  disegno  di  ritornarvi  per  non  piu 
dipartirsene.  Ma  per  possedere  tale  autorita,  queste  idee  debbono 
avere  un'  origine  superiore.  Se  esse  non  riposano  che  sopra  neces- 
sila  sociali ,  il  contalto  degl'  interessi  umani  le  rendera  sospette.  Se 
per  contrario  i  popoli  si  convincono  che  quest'  ordine  ammirabile 
dell'  universo  e  il  pensiero  e  la  volonla  d'  un'  intelligenza  superiore, 
che  e  in  rapporto  all'  intelligenza  deli'  uomo ,  come  T  immensita 
dell' uni  verso  a  quelle  opere  belle  ma  periture,  che  noi  chiamiamo 
il  Partenone  e  S.  Pielro ,  allora  il  bene  ci  apparira  qual  porzione  di 
quest'  ordine  ammirabile ,  1'  uomo  ,  che  fa  il  bene ,  si  elevera  fiiio  a 
questa  intelligenza  superiore,  e  1'  idea  del  bene  trovera  la  sua  gran- 
dezza,  la  sua  dignila,  la  sua  bellezza  ideale  1  ».  Ognuno  si  saria 
aspettato  che  un  intellelto  si  lucido,  avesse  quindi  inferito  che  dunque 
la  societa,  per  conservare  incolumi  coteste  idee  ed  acceltarle  e  rive- 
rirle  come  imposle  da  un' autorita  superiore,  dee  mantenersi  solto 
1'  influenza  e  il  magistero  di  chi  solo  puo  parlare  in  nome  di  quella. 
Niente  affatto.  Egli  ne  inferisce,  per  contrario,  che  la  societa  deve 
in  ordine  a  credenze  religiose  abbandonarsi  a  se  stessa:  «  Ebbene, 
son  sue  parole ,  chiunque  conlribuisce  ad  inculcare  queste  nobili  e 
necessarie  idee  nelle  anime ,  vuoi  il  filosofo  a  nome  della  ragione 
umana,  vuoi  il  sacerdote  a  nome  della  ferfe,  vuoi  il  pastore  prote- 
stante  a  nome  del  libero  esame  ,  vuoi  Y  israelita  a  nome  di  Mose , 
tutti  sono  benefattori  dell'  uman  genere.  I  Governi  debbono  consi- 
derarli  come  i  cooperatori  piu  utili ,  e  a  lulli  loro  assicurare  una 
posizione  pacifica  e  rispetlata.  Lo  Stalo  non  deve  far  distinzione  in 

1  Tornata  del  13  Aprile  1865. 


BEL  NATURALISMO  POLITICO  fc 

quanto  alia  fede.  Ciascuno  ha  la  sua  fede,  e  la  custodisce  al  foco- 
lare  domestico ;  lo  Stato  non  deve  avere  che  una  sola  religione , 
quella  della  giustizia  1.  » 

Ma,  caro  Stgnore,  voi  avete  delto  che  queste  idee  moral!  non  pos- 
sono  custodirsi,  se  non  hanno  autorila  sugli  animi,  e  che  non  posso- 
no  avere  tale  aulorita,  se  non  hanno  un'origine  superiore  all' uomo. 
Or  vi  sembra  che  il  Glosofo,  il  quale  parla  in  nome  della  ragione, 
parli  in  nome  di  aulorita  cosi  fatta  ?  E  forse  la  ragione  superiore 
all'  animo  umano ,  di  cui  essa  e  facolta  ed  emanazione?  0  ammet- 
tete  per  avvenlura  la  ragione  impersonale  del  Cousin ,  la  quale  si 
riveli  in  ciascun  uomo ,  e  sia  nondimeno  distinta  da  tulli?  Per  par- 
lare  alia  ragione  umana  in  nome  di  un'  autorita  superiore ,  bisogna 
parlarle  in  nome  della  ragione  divina.  Ora  la  sociela  vorra  ricono- 
scere  nel  filosofo  un  tal  mandate?  E  posto  che  lo  riconosca,  in  quale 
dei  vostri  filosofi  lo  riconoscera  ella?  In  Jules  Simon ,  nel  Cousin  , 
o  nel  teste  defunlo  Proudhon?  Lo  stesso  dite  proporzionatamenle  del 
pastore  proteslanle  e  deirisraelita.  Poiche  il  pastore  protestante,  par- 
lando  in  nome  del  libero  esame,  si  rende  ridicolo  se  insegna  nulla  di 
determinato.  Egli  deve  esortare  il  popolo  ad  esaminare  liberamente, 
a  costo  anche  che  n'esca  la  morale  dei  Mormoni,  e  il  dirillo  pubblico 
dei  Comunisti.  In  miglior  condizione  sembra  trovarsi  1' israelita  che 
parla  in  nome  di  Mose.  Ma  chi  ha  dato  a  lui  un  tale  ufficio?  E  come 
sapra  la  societa  che  egli,  leggendo  Mose,  non  vada  in  ciampanelle  e 
prenda  lucciole  per  lanterne?  Voi  dile  benissimo:  la  religione  dello 
Slato  sia  quella  della  giustizia.  Ma  come  fara  esso  a  promulgare  in 
nome  d'un' autorita  superiore,  per  farli  acceltare  dalla  societa,  i  prin- 
cipii  fondamentali  di  questa  giustizia?  Sara  egli  da  piu  del  filosofo , 
o  del  rabbino?  Persuadetevi  dunque  che  per  affermare  nei  popoli  COD 
autorita  superiore  i  principii  di  moralita  e  di  giustizia,  non  basta  ne 
lo  Stato,  ne  il  filosofo,  ne  il  ministro  prolestante,  e  neppure  1'  israelita 
parlante  a  nome  di  Mose;  ma  ci  vuole  la  Chiesa  caltolica.  Essa  sola, 
riconosciuta  come  organo  infallibile  della  voce  di  Dio ,  puo  parlare 
in  nome  di  lui  e  stabilire,  con  autorita  superiore  air  uomo,  la  morale 
e  la  giustizia  Ira  le  genii. 


1  IvJ. 


650  CONSEGUENZE  SOCIALI 

II. 

Alterata  nella  Societa  I'  idea  del  dirilto ,  sottentra  necessariamente 
in  sua  vece  la  forza. 

Questa  proposizione ,  a  vero  dire ,  non  ha  bisogno  di  prova ;  non 
essendo  che  un'  immediata  conseguenza  della  proposizione ,  gia  di- 
mostrata  nel  numero  precedente.  Imperocche ,  rimosso  il  diritto ,  la 
societa  non  puo  allrimenti  conservarsi ,  che  con  la  forza.  E  qual  al- 
tro  principio  potreste  voi  assegnare ,  fuori  di  questa  ?  La  societa  & 
unione  di  molti ,  cospiranti  in  un  sol  fine.  La  moltitudine  e  la  sua 
parte  material e,  che  ne  porge  come  il  subbietto;  1'atto  suo  o  la  for- 
ma ,  che  la  costituisce  nel  proprio  essere ,  e  la  scambievole  congiun- 
zione ,  cagionata  da  un  principio  uniente  che  si  appella  autorita. 
Moltitudine  ed  autorita,  ecco  i  due  elementi  o  i  due  fattori  della  con- 
vivenza  sociale ,  tendente  al  ben  comune  per  la  Concorde  operazione 
dei  socii.  Or  come  1'  autorita  produce  quest'  unione  e  concordia  di 
movimento,  nelle  parti  molteplici  di  questo  corpo?  In  forza  del  dirillo , 
II  diritto  le  porge  il  titolo ,  per  cui  essa  puo  presentarsi  come  prin- 
cipio unificante  e  motore ;  il  diritto  origina  in  lei  la  virtu  uniliva  e 
motiva  all'operazione  sociale.  Per  la  qual  cosa  giustamente  il  grande 
oratore  e  pubblicista  romano  defmi  la  comunanza  civile :  Coetum 
hominum,  iure  sociatum;  collezione  d'uomini,  associata  dal  diritto. 
La  ragione  si  e,  perche  il  solo  diritto  e  capace  di  trasformare  il  co- 
mando  altrui  in  principio  motore  di  enti  ragionevoli ;  giacche  il  dirit- 
to non  e  altro  che  il  vero  in  ordine  all'azione,  e  il  solo  vero  colla  sua 
unita  ha  virtu  di  congiungere  insieme  gl'  intellelti  e  conseguente- 
mente  le  volonla  imperative  di  esterna  operazione. 

Pertanto,  rimosso  il  dirilto,  che  cosa  resta?  Dall'una  parte  la 
mollitudine  bisognosa  d'esser  mossa  ad  unica  azione ;  dall'altra  la 
autorita,  priva  della  virtu  d'  influire  nel  principio  generalore  inler- 
namenle  di  tale  unita.  Adunque  o  convien  che  cessi  ogni  azione  so- 
ciale ,  e  la  moltitudine  stessa  si  disgreghi  negl'  individui ,  onde  e 
composta ;  o  conviene  che  1'autorita  intervenga  come  mero  impulso 
esteriore ,  che  colla  sua  prevalenza  assoggetti  a  se  le  forze  esecutri- 
ci  degli  associati,  producendovi  un'armonia  puramente  efFettiva.  la 


DEL  NATURALISMO  POLITICO  651 

altri  termini ,  o  conviene  che  la  Societa  si  disciolga ,  o  che  in  luogo- 
del  dirilto  sottentri  la  forza,  per  conservarla  nel  suo  essere  e  nel  suo 
operare. 

La  qual  sostituzione ,  violenta  alia  nalura  di  ente  ragionevole ,  noi 
possiamo.  considerar  datrecapi.  Primieramente  dalla  parte  dell'esi- 
stenza  stessa  dell'  autorita.  Imperocche  1'  autoritci  e  tale  in  virtu  del 
diritto  che  la  rende  legittima  ed  obbliga  i  sudditi  a  seguirne  le  pre- 
scrizioni.  Oscurala  dunque  1'  idea  di  diritto ,  viene  di  necessita  ad 
oscurarsi  il  titolo,  per  cui  1'aulorita  sovrasta  e  chiede  obbedienza. 
Essa  apparisce  come  una  forza ,  che  s'  impone  da  se  ad  altre  forze 
minori ,  e  che  tanto  vale  quanto  puo  e  quanio  Taltrui  inerzia  le  con- 
sente  di  valere.  Di  che  provengono  due  gravissimi  sconci.  I/uno  e1 
un  perpetuo  antagonismo  tra  i  governati  e  i  governanti ,  con  perpe- 
tua  tendenza  alia  ribellione ;  1'  allro  e  una  smania  febbrile  nei  singoli 
d'  impossessarsi  dell'  autorita  e  afferrare  il  timone  dello  Statp.  Ten- 
dono  i  sudditi  a  ribellarsi ;  perche  la  forza  scompagnata  dal  diritto , 
e  violenla  all'  uomo :  ed  ogni  moto  violento  eccita  necessariamente 
reazione  nel  soggetlo.  Smaniano  tutti  di  salire  al  potere ;  perche  la 
forza  da  se  sola  e  titolo  comune,  che  in  quello  prepondera ,  il  quale 
sa  meglio  accrescerla  ed  adoperarla. 

II  secondo  capo  della  sostituzione  della  forza  al  diritto  puo  consi- 
derarsi  nell'esercizio  dell'  autorita.  Oscurata  Y  idea  del  diritto ,  non 
resta  che  la  libera  volonta  del  governante  in  ordine  al  reggimento 
dei  popoli.  La  forma  della  legge  sara, :  Sic  volo,  sic  iubeo,  stat  pro 
rations  voluntas.  La  moralita  dell'operazione  sociale  yiene  a  confon- 
dersi  colla  pura  legalila.  La  legge  e  stata  discussa,  votata,  promul- 
gata;  cio  basta,  non  e  da  cercare  altra  ragione  che  la  giustifichi. 
Cosi  appunto  diceva,  non  ha  guari,  il  sig.  Langlais  a  proposito  degli 
arlicoli  organici;  ne  il  Consiglio  di  Stato  ebbe  nulla  da  replicare  in 
contrario  :  la  logica  glielo  vietava.  Imperciocche  rimosso  Dio,  par- 
lante  per  organo  della  sua  Chiesa,  non  resta  altro  che  1'  uomo ;  e  la 
volonta.  di  esso  uomo  diventa  nella  sociela  norma  suprema  di  ope- 
razione  per  gli  esseri  degradati  che  la  compongono. 

In  fine  puo  considerarsi  quella  sostituzione  a  rispetto  dell'azione 
stessa  degli  associati ;  nei  quali ,  offuscata  1'  idea  di  dirilto  e  di  mo- 


CONSEGUENZE  SOCIALI 

,  cresce  dall'  una  parte  la  tendenza  a  misfare ,  e  dall'altra  non 
si  ofFre  altro  principio  per  rallenerli ,  se  non  il  timor  della  pena.  La 
coazione  materiale  adunque  diviene  in  tal  caso  1'  unico  freno  contra 
lo  scapestrar  del  delitto.  In  allri  termini  la  tutela  della  societa  resta 
affidata  alia  sola  forza  materiale. 

Di  tutte  queste  bellissime  cose  noi  abbiamo  phi  cue  un  saggio 
nella  nostra  Italia ,  dacche  la  rivoluzione  T  ha  rigenerata ,  impian- 
tandovi  1'ordine  morale ,  di  cui  e  capace  il  naluralismo  politico. 
L'autorita  avvilita  e  pubblicamente  minacciata  di  prossima  distru- 
zione.  I  popoli  contenuti  dalla  punta  delle  baionette,  e  dai  lacci 
d'  una  Queslura ,  molto  piu  sospeltosa  ed  incomoda  delle  anliche 
Polizie  de' Govern!  assoluti.  Una  libidine  sfrenala  d'impieghi,  di 
cariche ,  di  portafogli ,  cercando  ognuno  a  vicenda  di  scavalcare  gli 
emoli  ed  abbrancar  le  redini  dello  Stato.  Una  sfrontatezza  incredi- 
bile  di  rogar  leggi  all'  impazzata ,  senza  alcun  riguardo  a  religio- 
ne,  ad  ones  la  di  costumi,  a  diritti  acquisiti,  ad  interessi  privati  o  do- 
mestic!.  E  con  do  un  accrescimento  di  delitti  in  ispavenlevole  pro- 
porzione,  come  puo  vedersi  dalle  pubblicate  statist! che;  e  relativa- 
inente  un  elenco  slrabocchevole  di  deportazioni ,  d'  imprigionamen- 
ti ,  di  esecuzioni  sommarie ,  che  con  meno  rumore  incutono  mag- 
giore  spavento.  Dall' una  parte  ai  chiusi  monasteri  soslituite  case  di 
prostituzione ;  e  dall'altra  molli plicate  le  carceri  e  le  galere  in  luogo 
delle  chiese  e  dei  convent!  soppressi.  Mutata,  sotlo  I'impero  della 
paura,  significazione  ai  vocaboli,  ed  appellate  bene  il  male,  e  male 
ii  bene.  Qualificato,  come  virtu  cittadina ,  il  tradimento ,  la  frode , 
lo  spergiuro ,  e  sbrigliate  le  molliludini  ad  ogni  mal  fare,  fi  questo 
un  breve  e  languido  schizzo  delle  beatitudini ,  regalateci  dal  nuovo 
sistema  di  separazione  della  Societa  da  Dio  e  dalla  Chiesa;  le  quali 
andranno  sempre  piu  amplificandosi  e  produrranno  anche  piu  prezio- 
si  frutli ,  a  misura  che  quel  sistema  si  assodera  vie  meglio ,  e  potri 
spiegare  piu  liberamente  le  sue  native  polenze. 


DEL  NATt7RALISMO  POLITICO  653 

III. 

La  sostituzione  della  forza  at  diritto  genera  necessariamente 
la  leorica  della  pubblica  opinione  e  del  fatti  compiuti. 

Primo  passo  in  una  societa,  in  cui  e  venuta  meno  1'evidenza  pub- 
blica^ del  dirillo,  si  e  di  cercare  un  allro  principio  morale,  che  possa 
surrogarsi  in  sua  vece :  principio  morale  peraltro ,  che  miri  diretta- 
menteairintelletto;  giacche  dall' intellelto  prendele  mosse  1'operare 
umano.  Ma  dove  trovare  un  principio  si  fatto?  Rimossa  I'autorila 
della  Chiesa  in  nome  della  liberla  di  coscienza,  uopo  e  lasciar  libero 
a  ciascuno  il  proprio  pensiero.  Ora  il  pensiero  di  ciascuno  e  di  ver- 
so; giacche,  tranne  i  veri  universalissimi,  che  nella  loro  astrattezza 
non  hanno  alcuna  prossima  influenza  nei  casi  particolari ,  di  cui  e 
composta  la  vila  sociale,  in  lulto  il  reslo:  quot  capita,  tot  senlentiae. 
Anzi,  per  cio  che  riguarda  la  pratica,  le  stesse  verita  generalissimo 
e  per  se  note ,  non  sono  sicure  del  loro  possesso ,  quando  vengano 
abbandonate  al  giudizio  individuale.  Avendo  csse  relazione  coll'  in- 
teresse  dei  singoli,  e  urtando  nelle  loro  disordinale  concupiscenze, 
van  soggelle  all'  azione  dell'  affetlo ;  il  quale  rifluendo  nella  inlelli- 
genza,  le  oscura  e  travolge.  Unusquisque  iudicat,  prout  affectus  est. 
Quest'  aforismo  di  Aristotile  si  verifica  non  solo  delle  applicazioni 
concrete,  ma  eziandio  de'principii,  da  cui  quelle  dipendono,  quando 
il  vero  viene  a  contrasto  colle  passioni  indomate.  Quindi  non  di  rado 
veggiamo  messi  in  dubbio  ed  anche  sfaccialamenle  negati  gli  assio- 
mi  piu  incontrastabili ,  riguardo  alia  destinazione  dell'  uomo,  ai  foa- 
damenti  del  consorzio  civile  o  domestico,  al  predominio  della  ragio- 
ne  sui  sensi. 

Ci6  posto,  come  fare  nello  sbrigliamenlo  degV  intelletli  a  coslitui- 
re  un  principio  armonizzatore,  che  leghi  le  menti  in  un  sol  pensiero, 
e  quindi  muova  le  volonta  a  unisona  operazione?  La  moltitudine, 
negazione  dell'  unita,  non  pu6  certamente  di  per  se  produrla ;  come 
le  tenebre  non  possono  produrre  la  luce,  ne  la  maleria  bruta  il  sen- 
timento  o  la  vita.  Or  ecco  il  gran  trovato  della  sapienza  moderna: 
Al  diritto,  chiarito  e  reso  indubitabile  da  un'autorita  divina,  si  sosti- 
tuisca  la  pubblica  opinione.  La  pubblica  opinione  e  11  pensiero  della 


654  CONSEGCENZE  SOCIALI 

maggioranza ,  ossia  del  piu  gran  numero.  Essa  dunque  si  elevi  a 
norma  suprema  di  operazione  e  di  moralita  sociale.  Diciamo  di  mo- 
ralita sociale ;  perche  qui  non  si  tratta  di  determinazioni  meramente 
politiche,  inlorno  ad  interessi  del  puro  ordine  materiale;  in  cui  la 
pubblica  opinione  puo  aver  valore,  in  quanto  la  minoranza  per  amor 
della  pace  ne  accetti  il  gindizio,  sacrificando,  se  uopo  e,  il  proprio 
vantaggio  al  vantaggio  del  piu.  Ma  si  tratta  di  verita  morali  e  giuri- 
diche,  che  formano  come  la  base  della  vita  sociale  ed  umana,  e  dalle 
quali  siasi  rimossa  1'autorita  della  Chiesa.  Sopra  quesle  eziandio  iV 
naturalismo  politico  intende  che  signoreggi  donna  e  regina  la  pubbli- 
ca opinione,  sciolta,  secondo  la  frase  del  Pontefice,  da  qualunque  di- 
ritlo  umano  e  divino. 

Or  noi  dimandiamo :  in  questa  teorica  si  snppone  che  la  pubbli- 
ca opinione  inbrocchi  necessariamente  il  vero,  o  si  suppone  che  es- 
sa  puo  appigliarsi  come  al  vero,  cosi  al  falso?  Se  si  risponde  la  pri- 
naa  parte,  si  dice  manifestamente  una  sciocchezza ;  glacche  quante 
pubbliche  opinioni ,  non  solo  della  maggioranza  ma  della  totalita 
eziandio  furono  riconosciute  per  false?  Volete  opinione  piu  pubblica 
di  quella  d'un  intero  popolo,  il  quale  dinanzi  al  pretorio  di  Pilato 
grido  reo  di  morte  il  Santo  per  eccellenza ;  Reus  est  mortis;  Sanguis 
eius  super  nos  et  super  filios  noslros'l  Direte  dunque  che  ella  si  ap- 
pose?  E  senza  eio  ,  gli  stessi  propngnatori  di  quella  teorica  sosten- 
gono  che  bisogna  finirla  con  le  dottrine  del  medio  evo.  Con  che  essi 
condannano  di  falsila  la  pubblica  opinione  d'un  inlero  mondo,  pro>- 
fessata  per  secoli.  Senza  rrcorrere  adunque  araziocinii,  il  fatto  noto- 
rio ,  anzi  la  confessione  stessa  degli  avversarii  fa  chiaro  che  non  la 
prima,  ma  solo  la  seconda  parte  puo  ammettersi  della  disgiuntiva  pro- 
posta.  Ma  se  e  cosi,  qual  maggiore  stoltezza  che  stabilire  per  legge 
suprema  dell'  operare  umano  e  civile  una  norma,  che  si  confessa  fal- 
libile  e  caduta  in  fallo  piu  volte  ? 

Noi  non  neghiamo  che  la  norma  dell'  operare  possa  essere  estrin- 
seca  all'  umano  iiidividuo.  Anzi  chiunque  ben  ragiona  e  vede  lume, 
dee  riconoscere  che  il  supremo  criterio  del  bene  e  del  male,  del  giu- 
sto  e  dell'  ingiusto,  e  estrinseco  all'  uomo.  Imperocche  cotesto  supre- 
mo criterio  non  e  altro ,  che  I'elerna  ragione  di  Dio,  dislinla  certa- 
mente  dalla  ragione  dell'  uomo.  E  quantunque  quest'  eterna  ragione, 


DEL  NATURALISMO  POLITICO  655 

per  cio  che  non  esce  fuori  dei  limit!  della  nalura,  ci  manifesto  i  suoi 
-dettami,  merce  il  retto  uso  del  nostro  lume  intelleltuale ;  tullavia  cote- 
sta  manifestazione  medesima  andrebbe  soggelta  a  lutte  le  alterazioni 
delle  teste  individual!,  senza  1'  autorevole  conforlo  e  il  saldo  appoggio 
di  un  Iribunale  esterno  e  visibile.  Cio  massimamente  ba  luogo,  se  si 
considera,  non  tale  o  tale  individuo,  ma  1'  umana  sociel&  in  genera- 
le.  Imperocche  sarebbe  follia  il  pretendere  che  tutti  scoprano  da  loro 
stessi  e  ragionino  con  rigoroso  discorso  la  convenienza  o  discrepanza 
delle  svariate  operazioni  umane  coll'ordine  della  natura.  0  vi  confide- 
reste  voi  di  convertire  un  intero  popolo  in  un'  accademia  di  filosofi? 
E  dove  anche  conseguiste  si  gran  portento ,  quanti  errori  e  quante 
assurdita  turpissime  non  furono  da  filosofi  stessi  ammesse  e  soste- 
nute?  Adunque  nell'ordine  stesso  naturale,  acciocche  le  leggi  di  mo- 
ralita  e  di  giustizia  si  mantengano  pure  ed  inconcusse,  e  necessario 
un  tribunale,  esterno  ai  singoli  intellelti  umani,  al  quale  ne  apparten- 
ga  il  definitive  giudizio.  Ma  accioccbe  cotesto  tribunale  sia  criterio 
<ionforme  alia  natura  dell'uomo,  convien  cbe  la  sua  autorita  s'  imme- 
desimi  colla  verila.  La  ragione  e  cbiarissima ;  perciocche  la  sola  ve- 
rila e  quella,  a  cui,  secondo  la  sua  nalura ,  puo  aderir  1'  inlellello. 
Ed  ecco  la  sapienza  dell'  economia  divina  nell'  istiluzion  della  Chie- 
sa,  come  maestra  non  solo  del  domma  soprannaturale,  ma  dei  prin- 
cipii  altresi  dell' onesta  e  del  dirilto  naturale.  Per  essa  e  stabilito 
come  un  sostegno  e  una  colonna  incrollabile  del  vero ;  columna  et 
firmamentum  veritatis,  secondo  la  sublime  frase  dell' Apostolo.  As- 
soggellandoci  a  lei ,  non  ci  assoggettiamo  che  alia  verila ;  la  quale 
in  Dio  e  per  essenza,  nella  Chiesa  per  partecipazione  da  Dio. 

II  medesimo  non  puo  dirsi  della  pubblica  opinione,  a  cui  Iddio  ne 
ha  promesso  assislenza ,  ne  ha  comunieato  la  propria  infallibilila. 
Pretendere  adunque  che  essa  si  sostituisca  alia  Chiesa  nel  governo 
degl'  intellelti,  e  pretensione  da  malti.  Per  fare  cio,  dovrebbe  conse- 
crarsi  questa  formola :  La  pubblica  opinione  non  e  il  vero,  ne  per  es- 
senza ne  per  participazione ;  nondimeno  ad  essa  si  dee  conformar 
rintelletto,  il  quale  non  puo  conformarsi  se  non  al  vero.  Ora  colesta 
formola  potreste  voi  bandirla  altrove,  che  in  un  manicomio? 

Per  fuggire  tanta  scempiezza ,  bisogna  che  quella  teorica  si  spie- 
^ghi  cosi :  Non  e  mestieri  che  alia  pubblica  opinione  si  conformi  1'  in- 


656  CONSEGUENZE  SOCIALI 

tellelto.  I/  intelletto  dissenta  pure,  tanto  solo  che  a  quella  si  confor- 
mi  la  lingua  e  1'azione.  Ma  ridolta  a  tali  termini  ta  teorica,  viene  a 
risolversi  nel  piu  spavenlevole  dispotismo ,  siccome  quella  che  pone 
1'uomo  in  violenta  contraddizione  con  se  medesimo,  esigendo  da  lui 
che  parli  ed  operi  conlro  cio  che  egli  pensa  e  vuole.  E  cio  considerau- 
do  la  pubblica  opinione  come  enle  reale.  Che  diremo,  se  si  considera, 
qual  e  ordinariamente ,  come  ente  filtizio  ?  Chi  rappresenta  la  pub- 
blica opinione?  Generalmenle  il  Giornalismo,  confortato,  laddove 
occorra,  dalle  manifestazioni  di  piazza.  Or  sappiamo  quanto  valga  il 
primo ,  e  come  si  formino  le  seconde.  Una  turba  di  scribacchialori 
impudenti,  disposti  a  vendersi  al  maggiore  offerente ;  eccoli  il  gior- 
nalismo.  II  pallume  d'ogni  citla,  compro  talvolta  per  pochi  soldi,  con 
a  capo  alcun  paltoniere,  mosso  da  odio  o  da  cupidigia,  sempre  per6 
da  rea  passione ;  eccoti  la  manifestazione  della  volonta  popolare. 
La  pubblica  opinione  dunque ,  la  quale ,  dove  sussislesse  e  fosse  li- 
beramente  formata ,  si  ridurrebbe  al  despotismo  della  maggioranza 
verso  la  minoranza ;  essendo  per  lo  piu  simulata  o  conseguila  per 
inganno,  si  riduce  all'  oppressione ,  che  un  piccol  numero  di  audaci 
e  di  tristi  esercita  sull'  intera  nazione.  Nell'  un  caso  e  nell'aHro  essa 
si  riduce  alia  prepotenza  e  alia  forza. 

Senonch^  il  naturalismo  politico  non  si  spavenla  di  tal  conse- 
guenza;  anzi,  deposto  ogni  pudore,  non  dubita  di  confoudere  colla 
forza  il  diritto  stesso ;  ed  era  questo  1'ultimo  grado  d'imbestiamento 
a  cui  esso  potea  ridurre  la  societa  in  falto  di  giustizia.  Eccoci  alia 
teorica  de'  falli  compiuti.  Un  fatto  nella  societa  per  cio  stesso  che  & 
compiuto ,  e  legittimo.  Cio  in  sostanza  debbono  dire  i  suoi  difen- 
sori.  Altrimenti,  56  dicessero  che  un  falto  puo  essere  ingiuslo  e  per 
conseguenza  meritevole  d'esser  disfatto,  e  che  solo  in  virtu  d'un 
principio  morale  puo,  quando  ne  sia  capace,  venire  legittimato; 
essi  direbbero  cosa  antichissima ,  appartenente  al  diritto  vecchio. 
Perche  quella  loro  teorica  sia  veramente  un  portato  del  moderno 
progresso,  convien  che  il  fatto  sociale  si  tenga  legiltimo  per  se  stes- 
so. Or  che  cosa  e  un  falto  per  se  medesimo  ?  II  risultato  d'uno  sfor- 
zo;  1'effetto  di  una  forza  prevalente.  Se  esso  dunque  e  legittimo  in 
quanto  fatto ;  uopo  e  dire  che  la  forza,  come  tale,  sia  un  diritto,  anzi 
fonte  di  diritti.  L'unica  cosa,  che  richiedesi,  e  che  essa,  se  incontra 


DEL  NATURALISMO  POLITICO  657 

ostacolo,  super!  nel  conflitto;  sicche  di  due  litigant!  colui  ha  ragio- 
ne,  il  quale  e  piii  gagliardo  e  riesce  ad  abbatlere  1'  avversario. 

Cosi  e  appunto.  E  pero  cotesti  fautori  del  naturalismo  politico  non 
si  peritano  di  sostenere,  come  la  chiamano,  la  moralita  delsuccesso. 
Essi  non  hanno  difficolta  di  proclamarla  perfino  dalle  cattedre  delle 
Universita  ed  elevarla  a  canone  filosofico.  Udiamo  uno  de'  piii  rino- 
mati  barbassori  della  civilt&  moderna.  Vittore  Cousin ,  tra  le  allre 
cose  in  favore  della  forza  prevalente,  dice :  «  lo  ho  assoluta  la  vitto- 
ria  come  necessaria  ed  utile ;  imprendo  ora  ad  assolverla  come  giu- 
sta  nel  senso  piii  rigoroso  della  parola ;  io  assumo  di  dimostrare  la 
moralita  delsuccesso.  Non  si  guardano  comunemente  gli  event!  che 
come  il  trionfo  della  forza;  e  una  specie  di  simpatia  senlimentale  ci 
trascina  verso  51  vinto.  Ma  io  mi  confido  aver  dimostrato  che  doven- 
doci  sempre  essere  un  vinlo ,  ed  essendo  il  vinto  sempre  colui  che 
.dev'  essere ;  accusare  il  vincitore  e  prender  parte  conlro  la  vittoria, 
si  e  prender  parte  contro  1'umanita  e  lagnarsi  de'  progressi  deir  in- 
civilimento.  Uopo  e  anzi  andare  piii  oltre:  convien  provare  che  il 
vinto  dev'  essere  vinto  e  merita  di  essere ;  convien  provare  che  ii 
vincilore,  non  solamente  serve  all'incivilimento,  ma  e  migliore  e  piii 
morale  del  vinto ,  e  che  per  queslo  egli  e  vincitore.  Se  non  fosse 
cosi ,  ci  avrebbe  contraddizione  tra  la  moralila  e  la  civil  ta,  il  che  e 
impossible  1  •».  Se  queste  idee  prendono  voga,  ogni  principio  di 
onesta  e  di  giustizia  sara  sbandito  dal  mondo,  e  1'  umano  consorzio 
si  converlira  in  un'unione  di  lupi,  o,  se  meglio  vi  aggrada ,  in  una 
societi  di  ladroni :  Remota  iustitia ,  quid  aliud  sunt  regna  nisi  pu- 
Uica  latrocinia  2?  E  a  questo  riesce  da  ultimo  il  naturalismo  poli- 
tico, alia  negazione  della  sociela,  come  istituzione  morale  e  giuridi- 
ca,  sosliluitavi  la  sola  forza  fisica  per  regola  del  mio  e  del  tuo,  co- 
me accadrebbe  in  una  societa  di  bruti  animal! .  Non  iscorgete  voi  in 
si  falta  perversion  di  concetti  una  pena  giustissima  dell'essersi  la 
society  ribellata  a  Colui,  che  fu  stabilito  da  Dio  condoltiero  e  maestro 
delle  nazioni :  Dedi  le  in  ducem  et  praeceptorem  genlibus  ? 

1  Introd.  a  thist.  de  la  philos.  lee.  IX. 

2  S.  AGOSTINO. 

Serle  VI,  vol.  II,  fasc.  366.  42  2  Givgno  1865. 


SJ   TIGRANATE 

RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO 


XXII. 

//  Hone  e  lagnella  di  Persia. 

Tune  rex  (Sapor)  leonis  ad  ins tar ,  qui 
degustato  hominum  cruore,  ad  caedeni 
et  praedam  rapitur  .  .  .  irrugiit  hor- 
rendum  in  modum,  terramque  horrenda 
oratione  commomt  atque  edixit ,  ut  in 
sacerdotes  ac  levitas  sine  cunctatione 
animadverteretur ,  .  .  .  aedes  sacrae 
funditus  exscinderentur,etc.Atl\  di  San 
SimeoneBar  Saboe,  scritti  in  caldaico, 
e  tradotti  dall'  ASSEMANI,  Acta  Martt. 
orientt.  torn.  I,  pag.  19. 

Da  Carri  alia  metropoli  della  Persia  due  strade  correvano ,  una  a 
mano  manca  a  traverso  la  provincia  di  Adiabena,  dove  s'incontrava 
la  corrente  del  Tigri ,  e  su  questa  potevasi  discendere  sino  solto  le 
mura  di  Ctesifonle  che  nel  fiume  si  specchiano ;  Faltra  a  destra, 
sull'Eufrate,  piu  sicura,  ma  piu  lunga.  Tigranale  scelse  la  prima : 
ePisto,  come  che  di  mal  animo,  I'accompagno;  non  dandogli  il 
cuore  di  spiccarsi  dal  suo  caro  allievo  in  si  perigliosa  andala.  Pieno 
di  maraYiglie  era  il  viaggio  di  terra  e  di  acqua :  perciocche  si  do- 
veva  cosleggiare  1'  Assiria ,  passare  sotto  la  Nuova  Ninive  e  non 


TIGRANATE  —  IL  LIONE  E  I/  AGNELLA  DI  PERSIA  659 

lungi  dalle  pianure  di  Gaugamela  e  di  Arbela,  dove  la  forluna  di  Per- 
sia s'  incline  a'  piedi  del  Conquistatore  macedone.  E  Tigranate  che 
tan  to  si  era  piaciuto  di  studii  geografici,  sotto  la  disci  plina  del  famoso 
Alipio,  e  di  storie  anliche ,  non  avrebbe  trapassati  si  famosi  luoghi 
senza  visitarli  a  grande  diletto :  ma  ora  egli  navigava  sopra  pensie- 
ro ,  e  siffattamente  assorto  nel  disegnato  abboccamento  col  monarca 
suo  padre,  che  a  null'  altro  poteva  intendere  T  animo  preoccupato. 
Per6  passava  le  ore  sulla  piazza  del  navicello ,  tutto  solo ,  disteso 
sotlo  il  telone ,  pure  divisando  i  modi  di  venire  a  capo  de'  suoi  in- 
tendimenti.  E  sebbene  egli  calasse  a  seconda  della  rapidissima  fiu- 
mana,  sopra  una  chiatta  sorretta  dagli  olri  ( che  tali  sono  le  barche 
usate  sul  Tigri),  e  pero  leggera  e  quasi  volante  sull'onde;  pure  non 
cessava  di  strepitare  contro  la  flemma  de'  barcheruoli ,  come  se  si 
addormissero  sul  timone ,  e  non  sapessero  piu  ricisamente  segare 
rasente  le  punte  dove  la  corrente  serpeggiava  ne'  tortuosi  meandri 
delle  stretture. 

Pur  fmalmente  apparvero  le  alte  torri,  e  gli  orti  pensili,  e  i  templi, 
e  le  mura  della  reale  Ctesifonte  ,  e  della  poco  minore  Seleucia  ,  che 
le  sta  rimpelto,  separatane  solo  dalla  riviera.  Innumerable  naviglio 
fiottava  lungo  le  calate  delle  due  grandi  citla  sorelle,  perciocche  cola 
convenivano  i  trafficanti  della  Babilonia,  della  Sitacene,  della  Susia- 
na,  dell'  Elimaide,  della  Caldea;  e  per  le  foci  del  Tigri  vi  facevano 
scala  le  navi  mercantili  delle  costiere  arabiche  ed  indiane.  Di  la  poi, 
come  dai  fondachi  di  un  emporio  universale ,  partivansi  le  carovane 
a  mercalare  insino  alle  sponde  del  Ponto  Eusino ,  e  per  le  popolose 
contrade  dell'  Asia  greca  e  di  tutto  Occidente.  Pisio  timoneggiando 
egli  stesso  tra  cento  e  cento  gusci,  arrivo  il  navicello  ad  uno  sbar- 
catoio  ben  conosciuto ,  e  quindi  spacciatamente  fu  alia  ospitale  casa 
di  Tampsaore,  pel  quale  Tigranate  aveva  lettere  di  favore  da  Volo- 
gese  e  premurose  ambasciale  sul  con  to  di  Tecla. 

Al  nome  di  Tecla,  il  buon  Tampsaore  proruppe  in  un  gemito  pro- 
fondo :  —  Che  vuole  mio  fratello  che  io  gli  scriva  di  Tecla?  io ,  io 
slesso  non  posso  piu  averne  novella.  E  come  rendergli  colei  che  mi 
e  stata  crudelmente  strappata  dalle  braccia?  Temporeggio  di  giorno 
in  giorno  ,  lusingandomi  di  potere  scrivere  ai  genitori  con  qualche 


660  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

luce  di  speranza  ,  nel  dar  loro  il  Irislo  annunzio  della  sua  carcera- 
zione.  Povera  mia  nipote !  —  A  queste  parole  di  Tampsaore  si  Iev6 
un  cordoglio  universale  delle  donne,  che  erano  accorse  a  far  cortesia 
col  miovo  ospile:  —  Povera  Tecla!  — -  Dio  1'aiuti  alia  batlaglia!  — 
Se  almeno  fosse  nostra :  ma  ci  era  stata  affidata  solto  fede  di  riman- 
darla  enlro  1'anno :  e  noi  speravamo  di  darle  sposo  del  noslro  paese; 
che  questa  era  la  brama  di  Vologese  e  di  tutto  ii  parenlado  —  Quei 
due  buoni  vecchi  1'  aspeltavano  che  venisse  a  chiudere  loro  gli  oc- 
chi ,  dopo  loro  avere  mostrato  un  successore  del  loro  sangue :  Volo- 
gese non  ha  se  non  quest'  unica,  che  e  il  baslone  della  sua  canizie, 
ne  esso  vedea  lume  che  per  gli  occhi  di  lei  —  Povero  vecchio !  Po- 
vera Tarbula !  quando  sapranno  la  prigionia  di  Tecla :  e  non  fosse 
altro  che  prigionia !  — 

Tali  erano  i  lamenti  di  quella  desplata  famiglia,  e  tale  1'  accogli- 
mento  che  vi  ebbe  Tigranate.  Egli  voile  essere  informato  per  minu- 
to  del  come  fosse  andato  il  fatto  ,  e  gli  fu  detto  che  il  furore  della 
persecuzione ,  che  prima  prendeva  di  mira  principalmente  gli  uo- 
mini  di  chiesa  ,  si  scatenava  ora  piu  che  mai  spietata  conlro  le  ver- 
gini  cristiane :  la  morte  essere  poco  ,  rispetlo  agli  orribili  marlori 
che  contro  loro  si  invenlavano  ,  e  nulla  essere  ancora  i  lormenli , 
rispetlo  agl'indegni  ludibrii ,  a  che  si  esponeva  la  loro  innocenza. 
Tigranate  ne  fremelte  dal  profondo  dell'anima  generosa. 

—  Ma  a  chi  ricorrere?  aggiugneva  Tampsaore.  Che  riparo  vi  si 
puo  fare?  II  Re  ha  posto  la  loro  vita  e  il  loro  onore  a  discrezione  dei 
Maghi :  ne  v'ha  cosa  piu  scellerala  o  piu  infame  di  tali  giudici,  giu- 
rali  di  sterminare  dal  mondo  la  verginita  colla  religione  di  Cristo. 
Go  che  piu  ci  liene  sull'eculeo  si  e,  che  il  Re  deve  tra  qualtro  giorni 
condursi  al  sacrificio  del  Sole  nel  tempio  di  Belo ;  e  i  Maghi  di  que- 
ste solennita  si  valgono  per  dare  mostra  al  popolo  di  terribili  carni- 
ficine.  Noi  vegliamo  in  preghiere  e  in  pianto ,  supplicando  a  Dio  , 
affinche  s'egli  e  nei  decreti  inscrulabili  deila  Provvidenza ,  che  Te- 
cla perisca,  cada  almeno  invittamente  colla  duplice  palma  di  vergine 
e  di  martire.  La  gloria  di  aver  dalo  al  cielo  un'  eroina  di  Cristo  ad- 
dolcirebbe  ai  genitori  T  amaritudine  di  vedersi  in  terra  privati  di 
succcesione.  Noi  stessi  possiamo  ad  ogni  ora  essere  tratti  dalla  casa 
al  patibolo 


IL  LIONE  E  L'  AGNELLA  DI  PERSIA  661 

—  Oh  perche  v'esponete  voi?  inlerruppe  Tigranate. 

•—  Per  non  esporci  altro  non  ci  resterebbe ,  fuorche  rifugiarci 
nelle  spelonche  delle  belve ;  e  ancora  non  sarebbe  tan  to  ,  perdie  i 
Maghi  ordinano  eerie  cacce  improvvise  e  universal!,  e  ci  scoverebbe- 
ro  dai  sotterranei  piu  fores li  e  inescogilabili :  e  per  mala  giunta  slan- 
no  a  loro  servigio  spie  oculate  e  falsi  fratelli ,  col  soccorso  de'  quali 
piombano  spesso  sulla  loro  preda  a  colpo  sicuro.  La  Tecla  fu  presa 
inaspettatamente,  nell'atlo  che  colle  ancelle  melteva  in  ordine  il  far- 
dello  pel  ritorno :  e  io  gia  avevo  noleggiato  la  barca  e  le  alzaie  per 
rimorchiarla  insino  a  trovare  una  carovana  che  ci  convogliasse. 

-  Ma,  spiegami,  come  mai  i  famigli  della  corte  posero  gli  occhi 
in  lei?  in  lei  fores liera,  ignota,  tra  tante  donzelle  crisliane  che  sono 
in  Ctesifonle  e  in  Seleucia  ? 

—  E  pure  vennero  per  lei  sola.  I  satelliti  si  presentarono  sull'ora 
del  mezzodi,  allorche  1'  afa  soffocante  ne  tiene  tulti  rinchiusi  nella 
sala  sotlerranea  1.  Minacciavano  calene  e  raorle  a  tutti:  enoi  ci  rac- 
comandavamo  a  Dio ,  ringraziandolo ,  che  almeno  Tecla  rimanesse 
salva,  perciocche  sola  slava  ritirata  nel  gineceo.  Ma  un  tristo  arne- 
se  che  faceva  da  guida,  ci  rassegoo  cogli  occhi,  e  disse:  —  Manca 
una !  —  e  difilati  a  lei  n'andarono,  come  se  fossero  di  casa. 

—  Doh,  cotesto  e  bene  crudele  e  mirabile ! 

—  E  che  e  piu  crudele  e  mirabile ,  la  costrinsero  di  abbigliarsi 
delle  sue  vesti  piu  vaghe  e  de'  suoi  vezzi  piu  avvenevoli.  II  feroce 
capomasnada  le  ordino  che  mutasse  la  lunga  calasiride  di  casa  col- 
la  tonichelta  fiorata ,  e  stringesse  ii  petto  col  cinto  frangiato  d'  oro 
( quello  stesso  che  le  avevo  donato  al  suo  arrivo ! ) ;  e  colei  che  schifa 
mostravasi  fin  de'servigi  delle  ancelle,  dovelte  soslenere  che  quel  vil- 
lano  le  acconciasse  sulle  spalle  la  candi,  vago  manto  a  piume  di  pa- 
vone,  che  mia  moglie  le  aveva  trapuntato  di  sua  mano,  sperando  che 
le  dovesse  servire  il  di  delle  impromesse.  AUri  frugavano  negli  stipi, 
ne'  forzieri,  nelle  cuslodie ;  e  ne  traevano  i  borzacchini  a  bottoni  di 
perla,  la  tiara  gemmata,  ed  orecchini  e  pendenli  e  smaniglie  e  colla- 
ne;  e  forzavanla  di  abbellirsi  di  que'  gioielli.  La  yerginelta  di  Dio, 

1  I  modern!  Persiani  chiamanla  serdab. 


662  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

come  agnella  coronata  al  sacrifizio,  volgea  gli  occhi  al  cielo  serena- 
mente,  e  di  nulla  rendevasi  malagevole :  eccetto  che  allorquando  u- 
no  degli  scherani  comand6  alle  donne  che  le  dovessero  dipingere  le 
sopraciglia  e  imbellettare  le  guance.  «  Questo  no,  disse  risolutamen- 
te ;  e  impossible ,  ne  io  tengo  tali  lussurie  nella  mia  pettiniera.  » 
Cos!  parata  a  festa ,  tra  le  spade  e  le  labarde ,  ra  condotta  alia  letti- 
ga  che  1'  atlendeva  alia  porta.  Yi  sali  senza  permettere  che  niuno  le 
desse  mano :  e  affacciatasi  anche  una  volta  dallo  sportello,  e  levan- 
dosi  la  liara  all'  uso  nostro  persiano ,  ci  lascio  con  questo  addio : 
<i  Se  vivo  sono  di  Cristo,  di  Cristo  sono  se  muoio  :  a  lui  raccoman- 
datemi.  »  E  disparve.  Essa  sola  era  presa  di  mira;  a  niun  allro  di 
casa  fu  tor  to  un  capello.  — 

Qui  il  buon  Tampsaore  si  coperse  il  volto  con  le  mani,  e  scro- 
scio  in  un  pianto  dirotto  e  desolato.  Tigranate  racooltosi  tutto  solo 
alle  sue  stanze,  percosso  nella  fantasia  dalla  atroce  scena  ascolta- 
ta,  e  coH'animo  traboccante  di  indegnazione  generosa,  non  Irova- 
Ta  luogo  ne  riposo ,  se  non  col  chimerizzare  di  truculenti  pensieri, 
e  profondarsi  ne'  parliti  di  soccorrere  la  sventurata  fanciulla ,  o  di 
vendicarla.  Richiamava  allo  spirito  il  dolce  sembiante  di  Tecla 
bambina  e  i  puerili  trastulli ,  con  lei  menati  nella  prima  eta  inno- 
cente,  e  figuravala  coll'ardente  immaginazine  cresciuta  negli  anni, 
e  raggiante  di  verginale  bellezza,  e  virluosa  e  magnanima,  quale 
aveangliela  rappresenlata.  —  E  si  nobile  vita  fia  dunque  insidiata 
impunemente  dai  perfidi,  che  gia  a  me  rapirono  la  corona,  e  a  mia 
madre  il  regno  e  la  vita  e  1'onore  ?  E  colei  che  mi  e  poco  men  che 
sorella  di  latte ,  e  porta  il  nome  della  madre  mia ,  solto  gli  occhi 
miei  provera  le  passioni  dell'eculeo,  dei  graffii,  delle  lame  roventi? 
Sara  vergheggiata  dal  carnefice ;  e  1'  onta  e  il  dolor  suo  schcrniti 
da  una  bordaglia  ebbriaca  di  sangue?  E  si  pudico  flore  serbato  forse 
ai  tripudii,  alle  orgie,  ai  zampeggiamenli  ferini  di  mostri  in  abito 
di  giustizieri?  Cotesto  no ,  non  avverra ,  fmche  il  figlio  di  Sapore 
cinge  un  ferro.  Ne  vada  la  vita,  e  si  serbi  1'onore.  Si  muoia,  ma  si 
faccia  vendetta. . .  — 

Cosi  ruggiva  tutto  solo  Tigranate;  ma  sbollito  quel  primo  empito 
di  furore ,  die  adito  al  discorso  della  ragione  e  agli  amorevoli  av- 


IL  LIONE  E  L'  AGNELLA  DI  PEBSIA  663 

visi  di  Pisto ,  ne  peno  molto  a  volgersi  a  piu  mill  e  piu  salutari  con- 
sigli.  Cerco  tra  i  bagagli  una  pergamena  intera  ,  mondissima,  con- 
tornata  di  vaghi  rabeschi ,  la  quale  aveva  recata  all*  uopo ,  e  col 
pennello  tiuto  nell'oro ,  prese  a  scrivere  al  Re  suo  padre. 

«  Al  Re  del  Re ,  fralello  del  Sole  e  della  Luna ,  partecipe  degli 
astri ,  al  gran  servitore  di  Ormusd ,  della  schiatta  degli  Dei ,  Dio 
Sapore,  gigante  dei  giganti,  scrive  Tigranale  1. 

«  lo  Tigranate  bramo  vedere  mio  padre.  Nulla  ti  chieggo ;  solo 
parlarti  una  volta ,  bearmi  della  lua  gloria ,  e  lornarini  dov'ero  per 

10  addietro.  Se  il  Gran  Re  dimentica  gli  anlichi  decreti  di  morte, 
mi  dia  sua  fede  toccando  la  cidari  reale  ,  nel  varcare  la  soglia  dei 
tempio  di  Belo.  Se  questo  farai,  memore  di  essere  padre,  il  figlio 
tuo  si  presentera  in  abito  di  nobile  persiano ,  sconosciuto  a  lutli , 
nell'atrio  del  tuo  palagio ,  e  tu  farai  condurlo  al  tuo  cospetto.  Che  se 
tu  mi  rigetti ,  non  cercare  di  me :  io  sono  un  granello  di  rena  in  va- 
sto  lido ,  io  sono  un  uccello  deli'aria  nella  foresta.  » 

Dipinta  la  letlera,  vi  noto  la  data,  cioe Tanno  124  dell' era  Sas- 
sanide,  e  il  di  della  luna  corrente ;  la  rotolo,  T  involse  in  un  drappo 
di  seta,  ^i  soprappose  una  tavoletta  d'avorio  coll' indirizzo  al  Re,  la 
ripose  in  una  cassetta  di  cipresso,  \i  applico  i  suggelli :  e  per  mano 
ignota  mandolla  deporre  nell'alrio  del  gran  coppiere,  che  doveva  quei 
di  stesso  fare  la  credenza  al  regio  desinare.  Per  sicurezza  maggiore 
1'accompagno  d'  un  viglietto  in  guisa  d'avviso  all'  ufficiale ,  in  cui  si 
diceva ,  un  principe  straniero  spedire  quel  dispaccio  al  Re  dei  Re ; 
non  si  tardasse  a  ricapitarlo  il  piu  tosto  possibile ;  traltarvisi  nego- 
zii  di  somma  rilevanza. 

La  quale  opera  fornita ,  poiche  il  tempo  slringeva,  Tigranate  die- 
desi  a  procacciare  sollecitamente  i  vestimenti  alia  persiana ,  affine 
di  recarsi  alia  mostra  in  prima,  e  di  poi  a  corte,  se,  come  sperava, 

11  Re  1'avesse  ammesso.  Pisto  lo  assisleva  in  quest1  impresa,  e  gli 
era  maestro  delle  costumanze  del  paese,  e  delle  cerimonie  praticate 
nelle  udienze  reali. 

1  Gli  scrittori  contemporanei  portano  piu  altni  titoli,  soliti  assumersi  dai 
Re  di  Persia.  Vedi  AMM.  MARCEL.  XVII ,  5,  e  le  note  quivi  dei  ValesiL  Le 
iscrizioni  persiane  recentemente  scoperte  e  diciferate  confermano  il  detto 
dagli  storici. 


664  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

XXIII. 

II  sagripzio  al  Sole. 

Ad  quos  ille  (Sapor) :  An  now  audistis  me 
Deorum  sanguine  satum  esse,  Soli  ta- 
men  litare,  et  Igni  divinos  honores  Jia- 
bere?  Atti  dei  SS.  Sapore,  Isacio  ecc., 
scritti  in  caldaico,  e  trad.  dall'AssEMA- 
NI,  Act  a  Martt.  orientt.  torn.  I,  pag.227. 

Premeva  a  Tigranate  di  scegliere  un  posto,  donde  vedere  il  Re 
nell'  atto  di  francare  il  limitare  del  saniuario  di  Belo.  Pero  molte 
volte  percorse  la  slrada  che  dalla  reggia  melteva  al  tempio,  studio  i 
tragelti ,  esamino  i  dintorni ,  previde  le  posizioni.  II  famoso  edifizio 
sorgeva  nel  cuore  di  Ctesifonte  sopra  una  spianala  estesa,  a  cui  si 
ascendeva  per  ampie  scale ,  imposte  nel  vivo  de'  muraglioni  della 
soltomurata,  che  la  cingevano.  Due  vaste  moli  occupavano  la  spia- 
nata:  la  torre  e  il  tempio.  La  torre  si  ergeva  sublime  di  sette  piatte- 
forme  o  dadi  massicci,  murati  1'uno  sull'  altro,  e  digradanti  in  forma 
di  piramide  a  scaglioni.  Di  tacca  in  tacca  si  saliva  per  gradinate  di 
larga  rampa :  ed  era  spettacolo  mara^viglioso  da  quelle  altane  aeree 
spaziare  col  guardo  ,  dalla  sottoposta  citta  sino  alle  piu  remote  pia- 
nure  della  Babilonia,  deliziose  tutte  di  palagi  e  di  ville,  sporgenti  il 
capo  di  mezzo  a  verdi  viali  di  cipresso,  con  tutto  intorno  e  campi 
colti  e  boschi  artificiosi  e  pratelli  e  palmeti.  Cento  e  cento  canali  e 
fossatelli  e  rigagnoli,  serpeggiando  sotto  il  folto  di  quelle  ombre  in- 
trecciate,  vi  conducevano  la  frescura,  e  vi  nutrivano  il  rigoglio  dei 
paradisi ;  che  cosi  i  Persiani  chiamano  in  loro  lingua  i  dilettosi  giar- 
dini.  Su  lanti  splendori  di  arte  e  di  natura  Tigranate  gittava  a  slento 
uno  sguardo  tra  curioso  e  malinconico,  dicendo :  —  Quanta  pace 
spira  da  questa  natura  uberlosa  e  grande ;  e  pure  quanta  guerra  vi 
cova !/  quanta  perfidia !  Forse  in  fondo  a  quel  bruno  torrione  la  geme 
Tecla  prigioniera :  forse  nelle  casematte  di  quel  castello  sul  fiume : 
forse  in  cavo  antro  langue  1'innocente  vergine,  cercando  invano  un 
raggio  di  luce  che  la  conforli ,  o  un  respiro  di  aere  refrigeranle ;  e 


IL  SAGRIFIZIO  AL  SOLE  665 

intanto  sul  suo  capo  in  derate  sale  gavazzano  nel  baccanale  gli  op- 
pressor! feroci....  E  il  suo  Dio  non  la  soccorre?  Destino  infelice,  in- 
credibile,  che  persegue  i  servitori  del  Cristo!  In  ogni  luogo  li  trovo 
fatti  bersaglio  dei  tristi,  manomessi,  trucidati :  Mistero !  — 

Cosi  avviluppandosi  ne'  proprii  pensieri  senza  trovarne  esito,  era 
giunto  al  piu  elevato  culmine  della  torre,  incoronato  dal  sacrario  di 
Belo,  con  gelosa  superstizione  custodito.  A  niun  profano  era  con- 
cesso  di  penelrarvi  col  guardo,  non  che  d' inoltrarvisi  col  piede; 
essendo  riserbato  a  romita  dimora  della  sacerdotessa,  creduta  go- 
dere  gli  amori  dell'  aslro  celeste.  Scendelte  adunque  Tigranate  a  vi- 
si  tare  il  tempio,  posto  a  pie  della  torre.  Sorgeva  questo  a  sublime 
altezza,  di  forma  quadrilunga,  a  tre  grandi  navate,  di  cui  la  maggio- 
re  aveva  un  cinquanta  melri  di  lungo  e  venticinque  di  largo.  I  saldi 
fianchi  di  opera  laterizia  cementata  alia  romana ,  e  la  volta  reale  di 
oltre  tre  metri  di  doga,  davano  chiaro  a  divedere  che  alcun  archi- 
telto  slraniero  aveva  servito  colla  sua  scienza  al  fasto  del  barbaro  fon- 
dalore.  Numerosi  partimenti  di  nobili  modanature  e  nicchie  e  fascie 
e  corniciature  adornavano  la  facciata ,  e  le  davano  1'  aspelto  grande 
e  sfarzoso  de'  monumenti  di  Costantinopoli  1. 

In  fondo  alia  basilica  si  apriva  la  sacra  cella,  rivestita  tutta  di 
sculture  in  marmo  e  di  fregi  metallici  insino  all'abside:  e  qucsla 
scompartila  a  cassettoni  a  bei  rilievi  di  bronzo  doralo,  pure  all'  uso 
di  Grecia  e  di  Roma.  Ma  il  supremo  sforzo  dell'arte  e  le  profuse  do- 
vizie  campeggiavano  soprattutto  nel  simulacro  del  Sole.  Perciocche 
era  gettato  di  oro  purissimo  ,  e  in  proporzioni  gigantesche :  1'  abito 
e  la  petlinatura  in  tutto  alia  reale ,  se  non  in  quanto  mostrava  nudi 
i  piedi ,  e  in  capo  una  tiara  colla  raggiera ,  e  in  vece  dello  scettro 
puntava  col  pugno  destro  la  pigna  sinerbolica ,  di  cui  ogni  scaglia 
era  formala  d'  una  gemma  sfaccettata  e  brillante.  E  oltre  a  cio  gli 
nascevano  alle  spalle  quattro  ali  distese  e  svolazzanti,  ricercate  con 

1  Gli  eruditi  viaggiatori  che  studiarono  il  Takt-Kesra  nel  girone  dell'an- 
tica  Ctesifonte,  che  sono  le  ruine  del  monumento  qui  descritto,  s'  accorda- 
rono  a  riputarlo  un  tempio;  e  tempio  dedicate  al  Sole  lo  dice  anche  la 
Vigente  tradizione  popolare.  Tutlavia  alcuni  piii  recenti  dissentono.  A  noi 
basti  avere  accennato  il  fondamento  della  nostra  opinione. 


666  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

diligentissimo  artificio  in  ciascuna  piuraa  e  grandinate  di  vivi  piro- 
pi  l,  che  era  la  gioia  piu  gradita  alia  divinila.  La  mensa  di  fronle  ai- 
1'  idolo ,  ricoperta  essa  pure  di  lama  d'oro ,  e  istoriata  di  figure  e  di 
sacramenli  mitriaci,  gareggiava  in  ricchezza  colla  statua.  Non  ser- 
yiva  ad  altro  che  a  reggere  il  treppiede  del  fuoco  sacro ,  alimentato 
perpetuamente  di  verbene  di  mirto ;  perche  1'ara  dei  sacrificii  sor- 
geva  piu  discosto ,  e  sovra  questa  sgozzavansi  le  vittime ,  cioe  tori 
e  cavalli. 

Sul  vasto  spazzo  dinanzi  al  vestibolo  erano  cippi  con  sopravi  i 
simboli  del  Nume ,  e  qui  e  la  statue  di  eroi  e  di  re  sulle  loro  basi 
altissime ,  e  colossi  di  animali  e  di  moslri.  Tigranate  adocchio  una 
figura  alata  di  sfinge,  meta  toro  e  mela  uomo,  incastellata  sopra  cin- 
que enormi  meglio  colonne  che  zampe ,  quattro  delle  quali  sarebbe- 
ro  bastate  a  ogni  sformatissimo  elefante,  e  tra  le  gambe  anteriori  scel- 
se  il  suo  poslo,  pel  domani ,  che  era  il  di  fissato  alia  solenne  com- 
parsa  di  Sapore. 

La  pompa  doveva  muovere  sulle  prime  ore  del  giorno ,  e  pero  fin 
dall'alba  vedevansi  le  strade  formicolare  di  popoli  accorrenti  alia  fe- 
sta.  Ctesifonte  ritraeva  dell'  antica  Babilonia  e  di  Ninive  come  nella 
magnificenza  delle  costruzioni ,  cosi  nella  regolarita  stupenda  delle 
strade.  Quindi  il  gran  corso  che  dalla  dimora  del  Re  metteva  al  tem- 
pio  sovrano  del  dio  lutelare  ,  tutto  scoprivasi  d'  un  gitto  d'  occhio. 
A  vederlo  dall'alto  dello  spiano,  dov'era  Tigranate,  rendeva  aspetto 
di  piazza  sterminata ,  gremita  di  popolo  che  in  se  stesso  riinescola- 
\asi ;  e  n'  usciva  un  mormoramento  confuso  e  conlinuato ,  simile  a 
vento  che  stormisce  tra  i  faggi  antichi  delle  foreste.  Pareva  che  la 
Persia  tulta  fosse  ivi  accolta ;  e  pure  ad  ogni  istante  nuove  ondate 
di  curiosi  vi  sboccavano  dalle  vie  traverse  7  e  si  confondevano  colla 
folia  accalcata. 

E  gia  il  suono  delle  cento  trombe,  accostandosi  lento  lento,  annun- 
ziava  1'arrivo  della  marcia  trionfale.  Quattromila  guardie  reali,  in  tut- 
to  punto  d'armi  splendenti,  incedevano  a  quattro  a  quattro  di  fronte ; 
seguianle  i  saettieri  cogli  archi  ad  armacollo  e  balenando  colla  mano 

1 E  il  Granato  alamandino  rosso  de'  nostri  mineralogisti. 


IL  SAGRIFIZ10  AL  SOLE  667 

i  giavellotti  luccicanti ,  e  inline  i  picchieri  coi  lancioni  dorati.  Tutto 
questo  primo  piu  esercito  che  schiera ,  veniva  scortato  dalla  fanfara 
de'  sacerdoti ,  bianco vesliti  e  coronati  di  fiori ,  che  davano  fragoro- 
samerite  nelle  tube  e  ne'  serpentoni.  Tenevano  dietro  ai  pedoni  i  ca- 
valieri  a  turme  a  turme  secondo  le  svariate  armadure :  tra'  quali  no- 
bilissima  appariva  la  giovenlii  de'  Parli ,  serrata  in  cotte  a  scaglia 
d'acciaio  brunilo ,  assettate  alia  vita  e  flessibili  per  modo ,  die  i  ru- 
besti  garzoni  sotto  il  fiero  arnese  n'  andavan  morbidi  e  baldanzosi , 
quasi  draghi  guizzanti  nella  squama  dello  scoglio  nalivo ;  e  al  modo 
istesso  procedean  briosi  e  snelli  i  destrieri  loro ,  sebbene  anch'  essi 
ammagliali  slrettamente  nella  catafratta ,  che  covertavali  da  capo  a 
piedi.  Accresceva  decoro  alia  milizia  il  treno  de'  carri  falcati ,  pau- 
rosi  ordigni  di  guerra,  che  spinti  da  cavalli  coperti  tra  le  batta- 
glie ,  mietono  quinci  e  quindi  le  file  de'  combattenti ;  e  venian  tratti 
co'  falcioni  sguainati ,  che  era  un  raccapriccio  a  sol  vederli. 

Seguiva  1'armento  sacro  de'  cavalli  e  de'  tori:  incavezzati  questi  a 
coppia  a  coppia ,  legati  quelli  per  le  corna  derate  in  piccioli  bran- 
chi,  e  sbuffanti  e  muggenli,  come  se  nel  frastuono  che  li  circon- 
dava  presentissero  il  carnaggio  del  sacrifizio.  Mirabile  altresi  era  il 
carro  del  Sole ,  che  si  recava  in  voto  al  Nume ,  lavoro  di  artefici  fa- 
mosi,  e  ricco  quanto  si  conveniva  all'  uffizio,  cui  fingevasi  dedicate, 
di  carreggiare  Belo  nei  campi  dell'orizzonte :  era  portato  a  spalle  de- 
gli  eunuchi  di  palazzo,  Presso  al  carro  veniva  il  pireo,  ossia  bra- 
ciere  ardenle,  simbolo  del  dio  ;  ed  era  circondato  dai  maghi,  e  que- 
sti avvolti  in  manti  di  schielto  candore ,  incappucciati  nelle  tiare  ri- 
curve,  colle  facciuole  di  tocca  d'  oro  e  co'  soggoli  che  luravano  loro 
la  bocca  e  gli  orecchi. 

Ma  la  maggiore  maraviglia  de'  popoli  era  attorno  alia  cavalcata 
della  corte.  Trecento  tra  ufficiali  della  casa  reale  ed  eunuchi  e  sa- 
trapi  e  ministri  dell'  imperio  precedevano  o  addestravano  o  seguiva- 
no  il  monarca ;  tutti  in  arcione  sopra  palafreni  scintillanli  di  guai- 
drappe  preziose ,  con  al  collo  piu  giri  di  monili ,  le  armille  ai  polsi , 
e  i  braccialelti  geminati  solto  la  piegalura  del  cubito  ,  e  venian  con- 
tegnosi,  brandendo  le  armi  proprie  del  paese :  quale  la  copide  lunata, 
quale  la  sagari  a  doppia  mannaia ,  quale  un  semplice  acinace ,  o  pa- 


668  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  DEL  SECOLO  IV. 

loscio ,  quale  le  zagaglie  uncinate ,  quale  infme  la  lancia  col  porno 
orato  nel  calcio  1.  Le  loro  saraballe  o  brachelloai  listati,  pezzali, 
brizzolati  a  piu  colori  mostravano  bellamente  sui  fianchi  de'  cavalli, 
con  lull*  i  tronchetti  di  cuoio  partico  d'  un  bel  vermiglio  fiammante, 
e  le  guigge  ingioiellate,  e  sulle  groppe  stendevansi  le  candi  screziate 
di  vaghe  tinte ,  ricamate  a  fiori ,  a  frondi ,  a  stelle ,  ad  uccelli ,  fran- 
giate  di  frappe  d'  oro  e  di  filze  di  perle.  II  Gran  Re  Sapore,  sangue 
degl'  iddii,  dall'  alto  del  suo  cocchio  primeggiava  tra  cotanta  gloria , 
avendo  posto  ogni  sforzo  a  parere  piu  simile  a  celeste  che  ad  umano. 
Oro  e  gemme  eran  i  tinaoni  de'  quattro  elefanti  che  lo  tiravano  ,  oro 
e  gemme  i  mozzi  e  i  raggi  delle  ruote  e  la  cassa,  oro  e  gemme  ogni 
cosa.  Le  bardature  poi  degli  animali ,  erano  da  se  sole  un  tesoro : 
tanta  era  la  copia  profusavi  di  cinghie  a  sovrapposte ,  di  catenuzze 
a  nodi  di  treccere  brillantate,  di  dorerie  ,  di  vezzi ,  di  fermagli,  di 
borchie ,  ond'  erano  cariche  anziche  adornate.  lutorno  a  lui ,  ma  in 
piu  basse  pedane,  slavano  rilti  quattro  scudieri  coll'armi  regali ;  un 
flabellifero  e  un  ombrelliere  dielro  alle  spalle ;  ed  egli  gloriava  alto 
colla  persona  sopra  lutli ,  assiso  sul  trono ,  in  manto  di  porpora  ad- 
dogata  d'  argeuto  e  seminata  di  gioielli  pellegrini ,  che  a'  raggi  del 
sole  gittavan  lampi  e  sprazzi  da  abbagliare,  e  per  lo  sparato  dinanzi 
lasciava  con  bel  contrasto  apparire  la  stola  di  bisso  candidissimo , 
coi  finimenti  e  le  nappe  che  davano  al  ginocchio.  Teneva  in  mano  lo 
scettro,  il  vollo  affondato  nella  sfoggiata  criniera  del  capo  e  del 
mento ,  inanellata  a  piu  giri  di  riccioli  sul  petto  e  sugli  omeri.  Gli 
splendeva  in  testa  la  cidari  o  tiara  dritta ,  ornamento  serbato  solo  al 
monarca,  corsa  intorno  da  doppio  diadema,  quale  si  conveniva  al  Re 
dei  Re ,  ed  era  sormonlata  da  un  globo  smagliante  di  luce,  simbolo 
forse  del  sole  e  del  mondo,  distintivo  proprio  della  dinastia  Sassanide. 
Al  suo  approssimarsi  i  popoli  cadevano  ginocchioni,  come  dinanzi 
a  nume  presente ,  e  tendevan  le  mani  supplichevoli  e  percuotean  la 
fronte  nella  polvere.  Due  soli  uomini  rimanevano  immobili,  Tigra- 

1  La  copis  che  gli  scrittori  greci  attribuiscono  ai  Persiani  dei  tempi  di 
cui  scriviamo,  si  tradurrebbe  assai  bene  per  scimitarra  o  sciabola:  la  saga- 
ris  era  uua  doppia  accetta  in  asta,  e  T  acinaces  uu  pugnale  lungo  o  spada 
corta  e  diritta. 


IL  SAGRIFIZIO  AL  SOLE  669 

nate  e  Pisto.  E  bene  il  polevano  essi  impunemente ,  perche  nascosi 
tra  le  zanche  della  sfinge,  e  proletti  dallo  sformalo  peudaglio  della 
sua  barba  I,  non  venivano  osservati  dai  masligofori  ossia  aguzzini , 
i  quali  precorrevano  il  reale  corteggio  e  collo  scudiscio  facevano  ri- 
verente  qualsiasi  mortale  non  avesse  prontamente  piegalo  il  gi- 
nocchio. 

Pisto  passato  per  tutti  i  gradi  della  grandezza  e  dell'abbassamento, 
cui  puo  percorrere  un  privato,  prima  ufficiale  di  palazzo  e  poi  schia- 
vo  in  terra  straniera,  disingannalo  delle  mondane  fortune  che  aveva 
misurato  cosi  da  vicino,  e  rischiarato  dalla  facella  della  filosofia  evan- 
gelica,  sentiva  il  suo  cuore  traboccare  di  indignazione  a  vista  di 
quell' apoteosi  adulatrice,  tributala  a  un  verme  incoronato.  —  Misera- 
bile,  diceva  esso,  dal  fondo  dell'  anima  cristianamente  altera,  mise- 
rabile,  la  tua  gloria  e  polvere  e  lezzo :  questa  greggia  di  schiavi  che 
ti  adora ,  puo  noverare  le  battaglie  che  viucesti ,  e  i  regni  che  tu 
aggiugnesti  al  reame  ereditario,  e  chiamarti  invilto  e  trionfatore: 
ma  intanlo  il  giudice  de'  Re  daH'alto  de'  cieli  bilancia  il  dritto  e  il 
torto  delle  tue  coiiquisle,  e  ti  senlenzia  ladrone  di  province  e  macel- 
laio  nelle  nazioni.  Le  lacrime  di  tanti  popoli ,  il  sangue  di  tante 
Yite,  i  disertamenti  di  tanle  contrade,  gridano  ben  piu  alto  contro 
di  te,  che  non  le  voci  plaudenli  di  piccola  masnada  di  prepotenli , 
tuoi  compUci  e  tuoi  istigatori.  E  pure  tu  ti  addormi  in  cotesto  con- 
certo di  laudi  codarde,  che  ti  solennizza  per  Re  giusto  2.  Re  giusto! 
e  spogliasti  i  monarchi  della  Battriana,  del  Ponlo,  dell' Armenia, 
alcuni  de'  quali  erano  a  te  congiunti  per  sangue.  Re  giuslo !  e  per 
gratuirti  la  turpe  setta  degli  stregoni  violasli  i  sacri  eremi  de'soli- 
tarii ;  e  le  vergini  disposate  a  Cristo,  non  ree  d'  allro  che  d'  aver 
pregato  per  te,  gittasli  sul  lastrico  delle  sTrade.  Re  giusto  !  e  i  mi- 
nistri  del  Signore  e  i  pastori  del  gregge  santo  condannasli  al  car- 
cere  ed  ai  supplizii.  Or  bene,  cotesta  porpora,  di  che  tanto  invanisci, 
accattala  con  si  disoneste  fellonie,  maculala  di  tanti  delilti ,  Dio  la 

1  La  sfinge  qui  descrltta  e  quella  del  museo  del  Louvre  a  Parigi. 

2  Sapore  II,  che  gli  storici  greci  e  romani,  e  sopraltutto  gli  ecclesiastic!, 
rappresentano  come  valoroso  si ,  ma  rapace  e  sanguinario ,  viene  esaltato 
come  principe  giusto  e  benefico  dagli  annalisti  del  paese. 


670  TIGRANATE  RACCONTO  STORICO  BEL  SECOLO  IV. 

coprira  di  vermini  e  di  tabe  nel  di  della  vendetta.  Fa  pur  tue  prove, 
stendi  pur  la  falda  del  tuo  man  to  fin  sulla  Mesopotamia  cristiana  r 
come  tu  agogni ;  tanto  piu  fia  denudala  la  tua  onta  nella  storia , 
tanto  piu  spubblicala  la  tua  vergogna  al  cosp'etto  degli  angeli  di  Dio, 
nel  Giudido  che  attende  ciascun  Re  come  ciascuno  schiavo.  — 

E  qui  Pisto ,  rivolgendo  lo  sguardo  dall'  osceno  spettacolo  che  gli 
stava  dinanzi,  cercava  con  la  mente  uri  Re  umano  e  retto,  nel  quale 
posare  il  suo  pensiero  conlristato :  e  correva  naluralmente  all'Impe- 
ratore  cristiano,  il  quale  si  bandiva  difensore  della  Chiesa  in  lutti  i 
suoi  rescritti.  Ma  anche  lui,  crudele  disinganno !  scorgeva  allorniato 
da  una  geldra  d'  eunuchi ,  schiatta  vile  e  diserta  di  ogni  sano  con- 
siglio,  fiaccata  alia  piacenteria  dell'  ipocrito  Augusto ;  e  mirava  sul- 
le  terre  romane  ,  come  sul  suolo  persiano  ,  incalenata  la  religione  , 
contraddetla  la  voce  dei  Vescovi ,  esaltati  i  bestemmiatori ,  e  presso 
la  tomba  di  S.  Pietro  perseguitato  il  Vicario  di  Gesu  Cristo.  E  al- 
lora  ruggendo  di  smisurato  dolore,  come  fervente  cristiano  che  egli 
era.  —  Perversi  regnatori,  sclamava  nel  cuor  suo  ,  che  perfidiosa- 
mente  amareggiate  i  giusti  a  voi  sottomessi !  Dio  v'  innalzo  al  soglio 
perche  foste  i  sostegni  della  Chiesa,  i  padri  del  popolo  fedele ;  e  voi 
vi  fate  strumenlo  dei  nemici  di  Dio,  per  distruggere  il  suo  regno 
nel  mondo :  Dio  v'  affido  il  governo  delle  nazioni,  perche  le  guidaste 
nel  sentiero  della  pace  e  della  virtu ;  e  voi  ne  siete  oggimai ,  come  i 
tiranni  pagani ,  il  flagello,  lo  scandalo ,  la  rovina.  E  con  colesto  vi 
lusingate  di  profondare  eterne  le  radici  delle  vostre  dinastie  ?  E  pure 
che  poteva  fare  di  piu  il  Re  del  cielo  per  istrapparvi  la  benda  fu- 
nesta  che  v'  acceca?  Da  un  secolo  in  qua  piena  e  1' Asia  e  1'  Europa 
di  troni  infranti,  di  scettri  spezzati,  di  porpore  trascinate  nel  fango: 
principi  scoronali ,  ramfhghi ,  esuli ,  trucidati  dai  sicarii  o  giusti- 
ziati  sul  patibolo,  ecco  i  vostri  padri  e  i  vostri  antecessori:  e  voi 
tornate  tra  rapine ,  e  sangue ,  e  talami  spergiurati ,  e  sacrilegii  ad 
adontare  la  giustizia  sovrana,  e  provocare  i  fulmini  del  cielo.  - 

Cosi  fremeva  Pisto  alia  vista  dell'  empio  Sapore  ,  che  inebbriato 
della  vana  e  falsa  sua  gloria,  pareva  dimenticare  di  essere  cosa  mor- 
tale.  Chi  sa  quali  acerbe  rampogne  avrebb'  egli  serbato  contro  Giu- 
liano,  novello  Cesare  di  1&  dai  mari,  se  avesse  potuto  prevedere  1'or- 


IL  SAGRIFIZIO  AL  SOLE  671 

rida  perfidia,  onde  trainava  di  muover  guerra  alia  Chiesa?  Ma  Giu- 
liano  era  tuttavia  in  voce  di  principe  crisliano  e  cattolico ,  e  grand! 
speranze  eransi  di  lui  concepite.  Si  credeva  per  1'  universale ,  che 
dove  egli  fosse  giunto  alia  porpora  imperiale ,  avrebbe  abrogate  le 
leggi  inique ,  e  cessata  la  persecuzione ,  e  risanate  le  piaghe  della 
Chiesa,  si  lungamente  tiranneggiata.  Quanto  inganno!  Pisto  riguar- 
do  Sapore  che  si  avanzava. 

Una  triplice  ordinanza  di  catafratti  colle  lance  a  bipenne  gli  face- 
va  ala  sulle  scalee  del  tempio ;  scendevangli  incontro  per  onoranza  i 
sacerdoti  ghirlandati  di  vermene  e  in  abiti  pomposi,  e  tra  loro  fram- 
misti  i  donzelli  a  spargere  la  fiorita.  Tigranate,  abbacinato  dalla  mae- 
sta  profana  della  pompa,  si  esaltava  secrelamente  di  essere  figlio  di 
quel  nume  mortale :  ma  non  si,  che  i  sobillamenti  della  vanita  esclu- 
dessero  il  timore  di  essere  da  lui  disdegnato ,  e  di  vedersi  rifiutato 
1'abboccamento  ambito.  Ond'egli  alternava  tra  1'orgoglio,  lo  sdegno, 
il  dolore,  la  speranza.  E  oltre  a  cio  qualche  idea  crisliana  infiltra- 
tasi  gia,  senza  lui  avvedersene,  nel  suo  cuore,  gli  ragionava  secre- 
tamente  nell'animo,  e  gli  diceva :  —  Cotesta  divinita  senza  giustizia 
e  una  menzogna.  Nume  spietato,  che  ripudiasti  mia  madre :  Nume 
debole,  che  a  gran  pena  potesti  salvare  da  morte  me  tuo  figliuolo : 
Nume  incatenato,  che  non  oseresti  riconoscermi  in  presenza  de'  tuoi 
schiavi....  E  pure  ti  onoro :  tu  sei  mio  padre.  Ma  chi  sa  se  ti  batte 
nel  cuore  tanto  sangue  paterno ,  che  tu  non  mi  dineghi  un  secreto 
colloquio,  un  abbracciamento?  — 

Mentre  egli  cosi  palpitava,  quasi  ondeggiando  tra  la  vita  e  la  mor- 
te, Sapore  era  giunto  a  pochi  passi  dal  limitare  del  tempio.  Tigrana- 
te senliva  martellarsi  il  cuore  da  un  battito  focoso  e  crescente,  e  fis- 
samenle  guatava  il  padre  suo  in  ogni  passo,  in  ogni  atto,  in  ogni 
moto ;  e  tale  era  il  conato,  che  per  poco  gli  si  davano  le  vertigini  al- 
ia vista  e  confondeva  gli  obbietti.*  II  Re  sprigiono  il  braccio  dal  man- 
to,  prese  lo  scettro  nella  sinistra ,  e  colla  destra ,  giusta  la  dimanda 
del  suo  figlio,  si  batte  la  liara. 

Tigranate  si  passo  una  mano  sugli  occhi ,  e  disse  a  Pisto :  —  So- 
stiemmi,  ch'  io  vengo  meno.  — 


LA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGHIERI 

•*» 

E  IL  DOMINIO  TEMPORALE  DE'  ROMANI  PONTEFICI* 


La  questione  della  identita  o  rassomiglianza  della  Monarcbia , 
ideata  e  descrilta  da  Dante  Alighieri ,  e  il  regno  ideato  e  in  gran 
parte  compiuto  dalla  Rivoluzione  italiana ,  si  riduce  finalmente  a 
queslo  :  se  Dante  Alighieri  volesse ,  ovvero  no  ,  esclusa  dalla  sua 
Monarchia  il  dominio  temporale  de'  Romani  Ponlefici;  come  gli  au- 
tori  del  presente  regno  la  vogliono  a  tulti  i  palti  esclusa  da  esso,  e 
1'  hanno  esclusa  realmenle,  per  cio  che  e  loro  riuscito  di  usurparne. 
Diciamo  che  la  quistione  e  ridolta  a  questo ;  perciocche  col  confron- 
to,  che  noi  facemmo  nel  quaderno  precedenle,  di  coteste  due  forme 
politiche,  ci  pare  che  e  venuta  in  tanta  evidenza  la  opposizione  e 
repugnanza  degli  element!  costitutivi  dell'una  e  dell'  altra,  che  allro 
non  rimane  se  non  confrontarle  solto  il  rispetto  della  potesta  tempo- 
rale  dei  Papi,  per  vedere  se  almeno  in  questo  si  accordino,  o  anche 
in  cio  sieno  conlrarie  fra  loro. 

I  Dantisti  della  nuova  Italia  non  solo  sostengono ,  che  1'  Alighieri 
volesse  annullata  ogni  politica  signoria  de'  Romani  Pontefici ;  ma, 
come  accennammo ,  appunto  in  questo  fanno  consistere  la  medesi- 
mezza  del  concetto  di  lui ,  con  quello  che  si  e  inteso  di  attuare  col 
regno  d'  Italia. 


1  Vedi  il  pres.  vol.  a  pag.  566  e  segg. 


LA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGHIERI  ECC.  673 

Perocche  a  niuno  oggimai  e  nascosto ,  che  nell'  intento  della  Ri- 
voluzione quello  che  importa  soprattulto  e  1'  occupazione  di  Roma  ; 
che  e  quanto  dire  1'  abballimento  del  dominio  ternporale  de'  Papi. 
Che  pero  il  Conte  di  Cavour,  arlefice  principalissimo  e  principalis- 
simo  esecutore  di  tullo  il  disegno  della  Setta,  dichiaravain  pubblico 
Parlamento  1' 11  Ollobre  1860,  che  Roma  era  la  slella,  a  cui  per  lo 
spazio  di  dodici  anni  si  era  costanlemente  miralo.  E  voleva  signifi- 
care,  che  ultimo  scopo  di  tutte  le  macchinazioni  architeltate  e  diret- 
te  da  lui ,  per  si  gran  tempo  ,  era  stalo  d'  insediare  la  Rivoluzione 
nel  trono  slesso  del  Poniefice  re  ,  conforme  ai  voli ,  che  allora  ne 
stava  mauifeslando  tutta  quella  assemblea.  II  quale  scopo  traspira 
poi  non  meno  evidentemente  dai  fatti.  Perocche  tutte  le  opere  de'  no- 
stri  Riformatori ,  a  considerarle  atlentamente  ,  altro  non  sono  slate, 
che  mezzi  di  giungere  a  Roma,  facendosi  ancora  a  questo  fine  qual- 
sivoglia  piii  duro  sagrifizio;  come  a  dire:  d'inleressi  di  patria,  cia- 
scheduno  assassinando  la  sua ,  non  esclusi  gli  stessi  Piemontesi  per 
rispetlo  al  Piemonle;  d'interessi  morali  e  material!,  procacciando  la 
violenta  unificazione  dell'  Italia ,  invece  di  una  Confederazione  di 
Slali  italiani ,  tanto  piii  ragionevole ,  e  si  ardentemente  desiderata 
dai  piii ;  d'  interessi  dinaslici ,  abolendo  quattro  dinastie ,  ed  espo- 
nendo  a  certo  pericolo  la  stessa  Casa  di  Savoia ;  di  territorio  italia- 
no,  cedendo  le  due  piii  care  e  piii  antiche  province  del  Piemonte  l ; 
finalmente  di  cio  slesso  che  dicono  bene  supremo ,  che  e  1'  indipen- 
denza  nazionale,  firmando  la  celebre  Convenzione  del  15  Sellembre. 

Ondeche  argomentano  i  sullodati  Danlisti  della  Rivoluzione,  che, 
essendo  il  fine  di  questa  insignorirsi  di  Roma  coll'  abbatlimento  del- 
la  potesla  temporale  de'  Papi ,  e  ogni  altra  cosa  dovendo  conside- 
rarsi  come  mezzo  da  condurre  a  un  tal  lermine;  la  convenienza  o 
sconvenienza  del  concetlo  della  Rivoluzione  col  concetlo  di  Dante,  si 
dee  misurare  a  questo  ragguaglio  ;  se  anche  Dante  volesse  distrut- 
to  il  dominio  temporale.  E  perocche,  essi  conchiudono,  non  si  puo 
dubitare  che  egli  volesse  affatto  libera  1'  Italia  del  dominio  temporale 

1 II  Conte  di  Cavour  giustifico  la  cesslone  di  Nizza  e  Savoia,  dicendo  che 
essa  avea  aperta  la  via  nelle  Marche  e  nell'Umbria. 
Serie  VI,  wl  II,  fasc.  366.  43  5  Giugno  1865. 


674  I A  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGHIERI 

de'Papi,  non  puo  neppure  esser  clubbio  che  Tun  concetto  s'imme- 
desimi  coir  altro ;  checche  sia  delle  differenze  secondarie ,  prove- 
nienti  dalle  diverse  condizioni  de'  tempi. 

Ci  perdoni  il  grande  spirito  dell'  Alighieri ,  se  per  poco  noi  accet- 
tiamo  la  ipotesi  de'  suoi  e  iiostri  avversarii ,  supponendo  che  egli 
yeramente  intendesse ,  che  la  signoria  de'  roraani  Pontefici  dovesse 
disparire  dalla  costituzione  del  suo  Impero.  Verrebbe  forse  percio  la 
sua  idea  ad  avere  nulla  di  comune  colla  idea ,  che  ha  governata  e 
governa  la  presente  rivoluzione?  Eziandio  in  questo  caso  sarebbero 
disparate  da  infmita  differenza. 

Imperocche  la  ragione  adequata  ,  perche  la  Setta  si  e  incapata  a 
volere  a  tult'i  palti  annullato  il  Governo  civile  de'Papi,  non  e  il  de- 
siderio  di  avere  qualche  provincia  di  piu.  Se  fosse  per  questo,  non 
avrebbe  con  tanla  docilita  ceduta  una  parte  de'  possedimenli  italia- 
ni,  e  non  sarebbe  nella  prossima  disposizione  di  cedere  anche  di 
piu.  La  ragione  sta  posla  in  quello,  che  e  il  vero  ultimo  fine  di  tulti 
gli  sconvolgimenti  politici,  con  che  stanno  travagliando  I'ltalia ;  1'ab- 
battimento  cioe  della  Chiesa  di  Cristo.  Se  il  dicessero  i  soli  Caltolici, 
avvegnache  di  autorila  e  di  senno ,  se  ne  potrebbe  ancor  dubitare 
dai  piu  semplici :  e  non  pochi  non  vorrebbero  crederlo  neppure  a 
sacerdoti,  benche  pii ,  neppure  a  Yescovi,  benche  inlegerrimi ,  anzi 
neppure  al  Papa ,  benche  lo  abbia  piu  volte  sentenziato  dall'alto  del 
suo  seggio,  in  che  e  posto  Custode  universale  e  infallibile  del  gregge 
cristiano.  Ma  come  non  vederlo  in  tanta  luce  di  opere ,  lulte  direlte 
all'  annullamento  della  fede ,  alia  dissoluzione  della  morale ,  alia  di- 
struzione  della  disciplina,  all'  inceppamento  di  ogni  azione  dell'  auto- 
rita  ecclesiastica/,  alia  schiavitu  del  Sacerdozio  ?  Come  non  crederlo 
agli  stessi  autori  o  complici  del  disegno  della  Setta ,  quando  dichia- 
rano  di  volere  distrutto  il  Cattolicismo  ;  e  il  dichiarano  al  cospelto 
del  mondo  per  le  stampe ,  tacitamente  consentendo  le  autorita ,  e  il 
dichiarano  quasi  legalmente  in  pubblico  Parlamento  ,  niuno  o  quasi 
niuno  degli  assembrali  protestando  contro  il  sacrilego  voto  ?  Or  ecco 
perche  tanto  amore  per  questa  Roma  ,  e  lanta  rabbia  di  volonta  di 
volere  ad  ogni  costo  atterrato  il  trono  civile  de' Pontefici.  Perocche 
veggono,  che  mentre  il  Capo  supremo  della  Chiesa  e  signore  di  uno 


E  IL  DOMINIO  TEMPORALE  DE'  ROMANI  PONTEFICI  675 

Stato ,  ha  tan  to  di  liberta ,  di  quanta  abbisogna  per  governare  con 
cerlezza  di  riuscimento  i  fedeli;  ossia  proponendo  i  veri  insegnamenli 
di  Cristo,  ossia  sfolgorando  i  contrarii  errori,  ossia  dellando  provvi- 
de  leggi ,  come  i  tempi  le  richiedono.  Per  contrario,  spogliato  che 
fosse  della  signoria  temporale,  perderebbe  con  essa  ogn'  indipenden- 
za  e  liberla  di  operazione  ;  e  allora  qual  cosa  piu  facile  per  un  Go- 
verno  nimico  della  Chiesa ,  che  o  dirigere  gli  atti  di  lui ,  secondo  il 
proprio  beneplacito ,  o  impedirgli  qualsivoglia  comunicazione  col  ri- 
manente  de'  fedeli?  Con  che  si  persuadono  che  viziata  1'unita  di  prin- 
cipio  che  dee  congiungere  gl'  inlelletti  e  le  volonta,  o  tolto  il  vincolo 
di  unione  tra  i  diversi  membri ,  non  vorrebbe  tardare  di  risolversi 
in  elementi  disgregali  il  gran  corpo  della  Chiesa. 

Confessiamo  che  se  la  Chiesa  non  avesse  per  se  la  promessa  in- 
condizionata  del  Figliuolo  di  Dio,  che  ella  durera,  come  fu  coslituita 
da  lui ,  insino  alia  consumazione  de'  secoli ;  questo  sarebbe  certissi- 
mo  mezzo  di  sterminarla  dal  mondo.  Laonde  i  settarii,  i  quali  irilen- 
dono  farsi  gioco  della  parola  di  Cristo,  quanto  piu  son  persuasi  della 
efficacia  che  per  se  ha  questo  mezzo,  con  lanto  maggiore  ardore  si 
stanno  affreltando  di  melterlo  in  opera,  Pero  noi  raccogliendo  le  loro 
dichiarazioni,  si  a  falti,  si  a  parole,  possiamo  cosi  formolare  il  loro 
disegno ;  che  essi  vogliono  abbaltere  il  dominio  temporale  de'  Papi, 
per  avere  con  cio  mezzo  e  modo  di  distrugger  la  Chiesa. 

Fingiamo  ora  che  Dante  Alighieri  avesse  anch'egli  voluto  esclu- 
dere  dal  mondo,  in  quell'  attuazione  della  sua  Monarchia,  il  princi- 
pato  civile  de'  Papi:  in  questa  ipotesi  di  ogni  altra  cosa  polrebbe  a 
ragione  venire  rimproverato,  salvo  solo  che  egli  avesse  iuteso  per 
lal  modo  di  menomare  la  libera  azione  del  Pontefiee  nella  Chiesa,  e 
molto  meno  di  preparare  cosi  la  dislruzione  di  questa. 

E  vaglia  il  vero,  la  idea  di  Dante,  come  moslrammo  nell'articolo 
precedente,  fu  di  proporre  il  lipo  deirollimo  governo,  capace  d'ina- 
pedire  lull'  i  mali  de'  caltivi  governi  parziali,  e  di  procacciare  lult'i 
beni,  e  morali  e  material!,  che  possono  cosliluire  la  beatitudine  civile 
sopra  la  terra  dell'umano  consorzio.  Un  governo  cosi  perfelto ,  era, 
secondo  lui ,  quello,  nel  quale  il  principio  monarcbico  potesse  avere 
il  massimo  esplicamento,  quanto  alia  efficacia  della  sua  virtu  in  or- 
dine  ad  operare  il  bene,  e  il  menomo  iiicilanicnlo,  quanto  agli  allcl- 


676  LA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGHIERI 

tamenli  delle  passioni,  in  ordine  ad  operare  il  male.  Quesle  condi- 
zioni,  secondo  che  egli  argomentava,  si  sarebbero  verificate,  come 
piu  e  possibile,  nelle  umane  condizioni,  allorquando  lull'  i  popoli  cri- 
sliani,  in  quella  guisa  che  formano  una  sola  monarchia  spiriluale 
sotto  un  solo  Capo  spiriluale ,  che  e  il  romano  Pontefice ,  formasse- 
ro  una  sola  monarchia  civile  sotto  un  solo  Capo  politico,  che  sareb- 
be  rimperatore.  Che  in  cotesta  costiluzione  di  governo  avrebbe 
avuta  ogni  campo  la  virtu  operalrice  del  bene,  egli  si  adopera  di 
provarlo  con  molleplici  argomenti,  una  parle  de'  quali  accennammo 
gia  neirarticolo  precedente.  Che  poi  le  passioni,  impeditive  del  bene 
e  fomentatrici  del  male,  non  potrebbero  avere  gran  presa  neir  ani- 
mo  del  Monarca ,  lo  dimostra  col  celebre  argomento ,  svollo  di  pro- 
posito  nel  §.  XIII  del  Jibro  I ,  e  toccalo  qui  e  cola  in  lulla  T  opera ; 
doe,  che  nel  Monarca  mancherebbe  la  cupidila,  che  sola  puo  impe- 
dire  la  giustizia  e  la  dilezione  ,  le  quali  sono  come  le  due  fonli  nel 
governanle,  da  cui  debbono  derivarsi  tutt'i  beni  ne'  popoli.  «  Ri- 
mossa  in  lutto  la  cupidita ,  cosi  egli ,  non  resta  alia  giustizia  alcun 
contrario. . .  Ma  dove  non  resta  alcuna  cosa  che  si  possa  desiderare, 
ivi  non  puo  essere  cupidita;  perche  distrutli  gli  oggetti,  si  distrug- 
gono  i  movimenti,  che  sono  ad  essi.  Ma  il  Monarca  non  ha  che  desi- 
derare ;  imperocche  la  sua  giurisdizione  dall'  oceano  e  terminata. . . 
Per  queslo  il  Monarca  inlra  tulti  i  mortal! ,  puo  essere  sincerissimo 
suggetto  della  giuslizia  ».  E  poco  appresso:   «  Concio  sia  che ,  fra 
gli  altri  beni  dell'  uomo  sia  il  vivere  in  pace,  come  di  sopra  si  dice- 
va,  e  questo  massime  dalla  giuslizia  proceda ;  la  carita  massime  for- 
ticher&  la  giustizia,  e  la  maggiore  carila  maggiormeute.  E  che  il 
Monarca  massime  debba  avere  la  retta  dilezione  degli  uomini,  cosi 
si  dimostra :  Ogni  cosa  amabile  tanto  piu  e  amala,  quanlo  piu  e  pro- 
pinqua  allo  amante.  Ma  gli  uornini  sono  piu  propinqui  al  Monarca 
che  agli  altri  principi:  adunque  da  lui  massime  sono  e  debbono  es- 
sere amati,  ecc.  1  ». 

La  ragione  adunque,  perche  Dante  voleva  il  Monarca  universale, 
era  perche ,  essendo  scevro  della  cupidita  ,  principalissimo  impedi- 
ment alia  giustizia  e  alia  dilezione ,  avrebbe  poluto  piocurare  lutti 

1  De  Mont  lib.  I,  §,  XIII.  Traduzione  di  MARSILIO  FICINO. 


E  IL  DOMINIO  TEMPORALE  DE*  ROMANI  PONTEFICI  677 

gli  effelti,  che  la  giustizia  e  la  dilezione  possono  partorire  neH'ottima 
forma  di  governo,  a  cui  egli  sarebbe  preposlo.  Contrariamente  nella 
divina  Commedia  fa  provenire  tult'i  mali ,  che  inondavano  allora  la 
umana  sociela,  dalla  mancanza  dell'otliino  governo.  Pero  nel  XXVII 
del  Paradiso,  dopo  di  aver  descritto,  in  persona  di  Beatrice,  la  uni- 
versale  corruzione  ,  che  diffondeva  nel  mondo  la  cupidigia ,  fa  che 
questa  gliene  additi  la  cagione  nella  sopraddetta  mancanza : 

Tu  perche  non  ti  faccia  maraviglia, 
Pensa  che  in  terra  non  e  chi  govern! ; 
Onde  si  svia  1' umana  famiglia  *. 

La  colpa  poi,  che  non  potesse  altuarsi  il  buon  governo,  in  parte  1'at- 
tribuiva  ai  Guelfi,  che  volevano  far  valere  il  loro  principio,  e  in  par- 
te ai  Ghibellini ,  i  quali  non  si  adoperavano  gia  per  gl'  interessi  co- 
muni,  ma  pe'  loro  privati  vantaggi.  Onde  nel  seguente  modo  fa  par- 
lare,  contro  gli  uni  egualmenle  e  contro  gli  altri,  1'imperatore  Giu- 
sliniano,  nel  VI  del  Paradiso  : 

Omai  puoi  giudicar  di  que'  cotali, 

Ch'io  accusai  di  sopra,  e  de'  lor  falli, 

Che  son  cagion  di  tutt'i  vostri  mali. 
L'uno  al  pubblico  segno  2  i  gigli  gialli  3 

Oppone,  e  1'  altro  appropria  quello  a  parte, 

Si,  ch'e  forte  a  veder  qual  piii  si  falli. 
Seguan  gli  ghibellin,  seguan  lor  arte 

Sott'  altro  segno ;  che  mal  segue  lui 

Sempre  chi  la  giustizia  e  lui  diparte  4. 

Pognamo  per  poco  che  Dante  veramente  avesse  inteso  che  al  ro- 
mano  Ponlefice ,  attuata  che  fosse  la  monarchia  universale ,  non  do- 
vesse  rimanere  alcun  dominio  terreno ;  ei  si  sarebbe  condotlo  in 

1  Par.  XXVII,  139. 

2  Intende  1'  Aquila,  insegna  dell'  Impero,  e  percid  de'  Ghibellini. 

3  Insegna  della  Gasa  di  Francia,  in  que'  tempi  princlpalissimo  appoggio 
de'  Guelfi. 

4  Par.  VI,  97  e  segg. 


678  LA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGHIERI 

quest'  assurda  conseguenza,  per  la  falsa  applicazione  di  un  principle 
rettissimo,  e  avendo  la  mira  ad  un  otlimo  fine.  II  principio  era,  do- 
vere  il  Monarca  essere  scevro  di  ogni  cupidila;  il  fine  poi,  per  pro- 
curare  tutt'i  beni  della  terrena  felicita  all'umano  consorzio.  Or  egli 
avrebbe  argomentato  in  quesla  forma.  II  fine  da  oltenere  a  tutt'i  patti 
e  la  civile  felicita  dell'  umano  consorzio ,  e  queslo  fine  non  puo  con- 
seguirsi  altrimenti,  che  per  mezzo  di  un  Monarca,  il  quale  sia  signo- 
re  di  tutto  il  mondo.  Ma,  perche  il  Monarca  sia  padrone  di  lutto,  e 
necessario  che  il  romano  Pontefice  cessi  di  avere  stato  politico.  Ac- 
ciocche  dunque  si  possa  costiluire  I'oUimo  Governo  con  tulti  gl'  in- 
numerabili  beni ,  che  ne  devono  provenire ,  e  necessario  che  il  Ro- 
mano Pontefice  sia  spogliato  del  suo  dominio  temporale. 

II  che  messo ;  ecco  le  principal!  differenze  Ira  il  supposto  errore 
di  Dante,  eil  deliberate  consiglio  della  Setta.  Dante,  per  un  sofisma 
puerile,  si  sarebbe  persuaso  che  il  principato  civile  de'  Papi  fosse  un 
gravissimo  impedimento  per  atluare  quel  Governo,  il  quale,  a  consi- 
derarlo  in  astratto ,  era  idealo  secondo  i  principii  immutabili  della 
eterna  ragione,  per  condurre  la  umana  famiglia  alia  vera  felicita.  Per 
contrario  la  Sella  vuole  distrutto  il  principato  civile  de'  Papi ,  perche 
lo  vede  incompossibile  co'  principii  del  suo  Governo,  sovversivi  radi- 
calmente  di  ogni  diritto,  di  ogni  giuslizia,  di  ogni  ragione  morale; 
oppostissiini ,  come  vedemmo  ai  principii  di  Dante ,  e  sfolgorati  dai 
romani  Pontefici,  piu  volte  spicciolatamenle  e,  nonhaguari,  tutti  in 
fascio  nel  Sillabo.  Adunque  la  vanlata  convenienza  del  concetto  della 
rivoluzione  col  pensiero  di  Dante  si  verrebbe  a  risolvere  in  una  vera 
opposizione  d' inlendimenli ;  e  pero  non  sarebbe  piu  convenienza, 
ma  pretta  contrarieta. 

Esaminiamo  ora  la  quistione  per  rispetto  alia  religione  cattolica  ed 
alia  Chiesa.  La  Selta,  come  abbiamo  veduto ,  non  fa  piu  un  mistero 
del  suo  vero  intendimento ,  che  e  di  distruggere  quella  religione , 
che  fra  le  umane  guarentige  ha  come  massima  il  principato  civile 
de'  Papi.  Ma  chi  potrebbe  sol  sospellare ,  che  Dante  Alighieri  mi- 
rasse  anch'  egli  ad  un  fine  si  empio  e  scellerato ,  quando  ancora 
avesse  voluto  i  Pontefici  ridotti  alia  condizione  di  privali?  Certo  nol 
dicono  apertamente  neppure  i  liberali,  tranne  alcuni  piuscapestrati, 


E  IL  DOMINIO  TEMPORALE  DE'  ROMANI  PONTEFICI  679 

e  per  giunta  cosi  ignoranti  delle  opere  di  lui ,  come  sono  incapaci 
di  ogni  onesta  e  buona  fede.  Per  rispondere  dunque  alle  improntitu- 
dini  di  costoro ,  osserveremo :  che  nel  sistema  di  Danle ,  dallo  stes- 
so  drilto  divino,  da  cui  proveniva  la  potesta  spirituale  del  Pontefice, 
proveniva  parimente  la  lemporale  dell'  Imperatore  ;  la  prima  Yoluta 
da  Dio  per  la  beatitudine  eterna  del  genere  umano ;  la  seconda  per 
la  lerrena  felicita  1.  Se  Dante  dunque  non  voleva  atlribuire  a  Dio 
stesso  la  distruzione  dell'  opera  sua  piu  principale ,  e  impossibile 
che  intendesse ,  lo  stabilimento  del  Monarca-,  coll'  assoluta  pienezza 
della  potesta  temporale,  dover  tornare  in  rovina  ed  abbattimento  del- 
la  Chiesa.  II  che  si  riconferma  colla  ragione  che  arreca  di  cotesto 
dritto  divino  del  Monarca :  questa  e,  che  il  fine  della  terrena  felicita, 
prestabilito  da  Dio  stesso  al  consorzio  civile,  non  si  potrebbe  conse- 
guire  senza  la  pace  universale,  ne  questa  senza  un  solo  Monarca 
con  giurisdizione  universale.  «  Ed  essendo  che  (cosi  egli)  a  queslo 
porto  ( della  terrena  felicita)  nessuni  o  pochi  e  difficilmente  potreb- 
bono  pervenire,  se  la  generazione  umana,  sedate  e  quietate  1'  onde 
della  cupidita,  non  si  riposasse  libera  nella  tranquillita  della  pace ; 
questo  e  quel  segno  al  quale  massime  debbe  risguardare  1'  Impera- 
tore della  terra  2  ».  Or  ecco  gran  giudizio  di  Dante  nella  ipotesi  che 
stiamo  esaminando :  per  avere  la  pace  universale  nel  popolo  cri- 
stiano,  avrebbe  cacciato  in  mezzo  ad  esso  cagione  d'  infinita  e  perpe- 
tua  discordia ,  facendo  si  che  1' assoluta  potesla  dell' Imperatore , 
nell'  assoluta  dipendenza  del  romano  Pontefice,  fosse  un  mezzo  per 
abbaltere  o  menomare  la  religione  comune;  e  questo  non  giaperla 
necessaria  conseguenza  delle  cose,  ma  inlendendolo  esso  direttamen- 
te,  e  con  quella  iniquissima  ipocrisia,  la  quale  se  e  forse  privilegio 
di  alcuni  suoi  commentatori,  non  fu  certamente  vizio  di  lui. 

Per  fermo,  avvegnache  nella  delta  ipolesi  non  sarebbe  potuto  a 
gran  pezza  fallire,  che  o  questo  o  quello  Imperatore  prendesse  bal- 
danza,  per  la  condizione  del  Pontefice  suddito,  a  inique  pretensioni  o 
a  proposili  pregiudiziali  alia  religione ;  nondimeno  Dante  potrebb'es- 
sere  in  qualche  guisa  scusato;  1.°  perche  egli  certamente  non  avreb- 

1  Monar .  lib.  HI,  §.  XV.  —  2  Ibid. 


680  LA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGHIERI 

be  inteso  cosi  lie  conseguenze;  2.°  perche  in  que'  tempi,  di  federo- 
busta  e  universale,  avrebbe  potato  non  prevederle  probabili,  o  alme- 
no  prevederle  sol  come  rare  eccezioni ,  da  imputarsi  non  a  vizio  del 
sistema,  ma  alle  umane  condizioni ;  3.°  perche  in  quel  mare  tempe- 
stoso,  che  erano  allora  i  popoli  per  le  discordie  civili,  avea  sperienza 
de'  gravissimi  mali,  che  egli  certamente  facea  derivare  dall'elemen- 
to  guelfo,  e  per  ipotesi  avrebbe  falto  almeno  in  parle  dipendere  dal 
dominio  temporale  de'  Papi ;  per  contrario  gli  sarebbe  mancata  la  spe- 
rienza de'  mali  molto  piu  gravi,  e  di  ordine  superiore,  che  si  dovea- 
BO  aspeltare  dall'abolizione  del  principato  civile  de'medesimi ;  4.°  ad 
ogni  modo  in  quell'  attuazione  di  Monarchia ,  il  romano  Pontefice , 
awegnache  senza  dominio  lemporale  avrebbe  avuto  guarenlige ,  se 
non  del  tutto  e  perpetuamente  assicuranli,  ben  diverse  pero  da  quel- 
le  ipocrile  ed  illusorie,  che  propone  la  Setta.  Queste  sarebbero  state, 
1.°  La  stessa  Monarchia,  esclusivamenle  cristiana  catlolica,  stante  la 
quale,  dovea  essere  interesse  anche  politico  del  monarca,  per  avere 
sudditi  docili  e  ubbidienti,  che  il  romano  Ponlefice  vi  spiegasse  tut- 
la  la  sua  aulorita  spirituale.  2.°  II  fine  slesso  della  Monarchia  che 
era  la  pace  universale,  alia  quale  massime  avrebbe  dovuto  risguar- 
dare  lo  imperatore  della  terra.  3.°  Il  Monarca  stesso,  da  supporsi 
oltimo,  perche  eletto  dagli  oltimati  fra  i  principi  piu  degni ,  e  colla 
universale  autorila  su  tutto  il  mondo.  II  Ponlefice  adunque  non  sa- 
rebbe rimasto  alia  balia  di  un  qualsivoglia  regolo  o  di  un  Gover- 
nopopolare,  sempre  inconslante;  e  molto  meno  soggetto  alia  ti- 
rannia  di  un  Governo  settario.  4.°  Le  quality  che  Dante  fa  derivare 
a  questo  principe  dalla  sua  condizione  di  Principe  universale;  e  so- 
no  la  giustizia  con  tutti,  e  la  dilezione  a  tulti.  5.°  Finalmente  la 
piela  e  la  soggezione,  che  egli  vuole  che  il  Monarca,  non  solo  co- 
ine  cristiano,  ma  anche  come  principe  abbia  al  Pontefice,  non  allri- 
menti,  che  figliuolo  a  padre  1.  E  questo  e  Y  ultimo  pensiero,  con  cui 
chiude  il  traltato  della  Monarchia. 

Dalle  quali  osservazioni  conseguita,  che  quando  ancora  1'Alighieri 
avesse  desideralo  Fabolizione  del  dominio  temporale  de'Papi,  1'a- 

1  Lib.  Ill,  §.  XV  in  fine. 


E  IL  DOMINIO  TEMPORALE  DE*  ROMANI  PONTEFICI  681 

yrebbe  falto  per  im  fine  diametralmente  opposto  a  quel  fine ,  per  il 
quale  ora  si  cerca  di  dislruggerlo ;  e  pero  anche  in  questo  il  con- 
cetto della  sua  Monarchia  sarebbe  in  tutto  conlrario  all' inlendimento 
della  presenle  Rivoluzione. 

Ma  non  e  queslo  il  caso.  Dante  ha  colpa  di  avere  immaginato  un 
sistema  di  governo ,  che  quantunque  speculativamente  potesse  sem- 
brare  perfetto ,  avrebbe  nel  fatto  incontrate  tante  difficolta ,  che  sa- 
rebbe assai  presto  e  facilmente  riuscito  a  fioi  conlrarii  agl'  intesi  da 
lui.  Dante  ha  colpa  di  avere  imputato  al  contrasto,  che  i  Papi  oppo- 
nevano  all'assoluta  e  universale  prevalenza  dell'  Imperatore ,  i  mali , 
che  a'  tempi  suoi  travagliavano  1'  Italia.  Dante  ha  colpa  di  avere  at- 
tribuito  colesta  apposizione  de'  Papi  a  cupidigia  di  comando  ed  a  so- 
perchio  di  avarizia.  Dante  finalmenle  ha  colpa  di  avere  prestata  fede 
e  dato  spaccio  a  molle  calunnie,  inventate  dai  Ghibellini  a  discredito 
di  alcuni  Pontefici,  e  di  avere  aggravate  oltre  misura  i  torti  di  allri. 
Ma  quanto  al  loro  dorainio  lemporale,  non  solo  non  vi  ha  argomento 
da  credere,  che  ei  lo  volesse  abbattuto,  ma  per  contrario  si  da  tulto 
il  suo  sislema  politico,  e  si  da  alcuni  principii  messi  da  lui,  appa- 
risce  con  evidenza,  che  ei  lo  voleva  conservato,  avvegnache1  con 
qualche  modificazione. 

Lo  stalo  della  quislione  Ira  i  Guelfi  e  i  Ghibellini ,  a  ridurlo  alia 
piu  semplice  formola ,  era  il  soggetto  della  suprema  autorita  politi- 
ca ,  se  cioe  quesla  risedesse  nel  Papa ,  e  il  Papa  la  dovesse  eserci- 
tare  sopra  I'lmperatore  immediatamente,  e  mediatamente  sopra  tutto 
il  popolo  cristiano ;  ovvero  se  la  delta  autorita  fosse  proprio  attribu- 
te deirimperatore,  che  lo  facesse  superiore  allo  stesso  Pontefice 
sollo  ii  risguardo  civile.  Questo  era,  come  a  dire,  il  nodo  razionale 
della  causa,  e  le  altre  controversie  o  risguardavano  dirilli  secondarii 
o  erano  quistioni  di  fatto.  Adunque  non  si  disputava  del  dominio  tem- 
porale  de'  Papi ;  e  come  i  Guelfi  non  trattavano  di  spogliare  1'  Impe- 
ratore de'  suoi  Sfcati ,  per  darne  la  signoria  al  Pontefice;  cosi  i  Ghi- 
bellini ne  potevano  pretendere,  ne  raostravano  di  pretendere,  che  si 
dovesse  spogliare  il  Papa  de'  suoi  dominii  particolari ,  per  dargli  in 
potere  dell' Imperatore. 

Dante  accetto  la  quistione  ne'  termini  sopraddetti ,  risolvendola  in 
favore  dell'  Imperalore ;  e  questo  e  il  soggetlo  e  lo  scopo  de'  tre  li- 


682  IA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGH1ERI 

bri  della  monarchia.  Perocche  nel  primo  di  essi  si  sforza  di  mostrare 
che  e  necessario  per  la  terrena  felicita  dell'  umano  consorzio  un  Mo- 
narca  universale ;  nel  secondo  che  questo  Monarca  universale ,  per 
volere  di  Dio,  e  I'lmperatore  romano;  nel  terzo,  che  il  Monarca 
universale ,  imperalore  romano,  riceve  1'autorita  immediate  da  Dio, 
e  pero  in  quanto  Capo  politico  non  e  soggetlo  al  Pontefice.  Come 
dunque  i  Ghibellini  non  volevano  punlo  la  dislruzione  del  dominio 
temporale  de'  Papi,  ma  solo  la  indipendenza  e  il  primato  dell'  Impe- 
ratore ;  cosi  Dante ,  conlento  che  il  suo  Monarca  avesse  la  somma 
autorita ,  non  pole  volere  di  vanlaggio  1'abolizione  del  principato  ci- 
vile de'  Papi. 

Sembrera  per  avventura,  che  appunto  per  do  che  Dante  voleva  un 
Signore  universale,  dovea  volere  per  conseguenza  spogliato  il  Papa 
de'  suoi  Slati.  Che  pero  posto  ancora  che  i  Ghibellini  volessero  tol- 
lerare  il  dominio  temporale  ,  come  che  non  davano  all'  Imperatore 
una  giurisdizione  cosi  ampia ;  non  potealo  voler  Dante ,  che  poneva 
un  Imperatore  padrone  di  tullo. 

E  pure  in  questa  totalita  di  signoria,  che  Dante  attribuiva  al  suo 
Imperatore,  sta  riposto  un  forte  argomento,  perche  dovesse  ammet- 
tere  il  principato  de'  Papi.  Conciossiache,  come  riotammo  nell'articolo 
precedente ,  egli  per  tal  raaniera  voleva  il  suo  Monarca  signore  di 
tutto  il  mondo ,  che  i  re  e  principi  particolari  e  le  diverse  republi- 
che  seguitassero  insieme  a  mantenersi  signori  de'  loro  Stati,  solo  in 
questo  diminuita  la  loro  aulorila,  che  fossero,  quanto  al  governo  uni- 
versale, dipendenli  dal  Monarca  1. 

Adunque  dal  principio,  che  Dante  pone  di  un  Signore  universale, 
non  discende  la  conseguenza,  che  dovesse  per  questo  essere  assor- 
bito  il  territorio  del  Papa.  Conciossiache,  se  quesla  conseguenza  non 
discendeva  per  gli  altri  principi  particolari ,  per  qual  ragione  sareb- 
be  dovuto  discendere  pel  Romano  Pontefice?  Cio  solo  se  ne  puo  in- 
ferire ,  che  se  ne  inferisce  per  gli  altri ,  dovere  cioe  la  sua  domina- 
zione  politica  sottostare  al  supremo  dominio  dell'  Imperatore. 


1  Ved.  Mon.  lib.  I,  §.  XIII,  XV.  Conv.  Tratt.  IV,  cap.  IV.  Epist.  a  tutti  e 
singoli  i  re  d' Italia  ecc. 


E  IL  DOMINIO  TEMPORALE  Dfi' ROMAN!  PONTEFICI  68$ 

Puo  dirsi  pero ,  che  non  corre  la  parita.  Imperciocche  la  ragione 
radicale  ,  che  Dante  addueeva  ,  per  provare  la  necessita  della  Mo- 
narchia  universale ,  era  perche  bisognava  ad  ogni  patio  disbarbare 
dall'  umano  consorzio  la  prima  e  universale  radice  di  lutti  i  mali 
social! ,  cioe  la  cupidita.  Or  egli  piu  di  una  volta  nella  divina  Corn- 
media  addebita  al  governo  della  Chiesa  la  ragione  di  quella  preva- 
lenza  ,  che  a  suo  modo  di  vedere  aveva  a  que'  tempi  la  cupidila  in 
tutti  generalmente  gli  ordini  citladini,  ed  anzi  negli  stessi  uomini 
individui.  Laonde  se  ne  deduce,  che  quantunque  egli  potesse  accon- 
sentire,  che  seguitassero  ad  avere  stalo  gli  altri  principi  secolari, 
intendeva  pero  che  ne  dovesse  rimanere  private  il  romano  Pontefice. 

E  perch&  niuno  creda  che  noi  vogliamo  sminuire  la  difficolta , 
recheremo  i  luoghi  piu  gravi ,  che  a  questa  sua  idea  si  riferiscono. 
Nel  XVI  del  Purgatorio ,  incontratosi  il  nostro  Poeta  con  Marco 
Lombardo,  lo  interroga  a  che  si  dovesse  attribuire  cotanta  perversilik 
di  opere,  quanta  era  di  que'  tempi  nel  mondo ;  se  a  sinistra  influen- 
za delle  stelle ,  o  ad  allra  qualsivoglia  causa ,  la  quale  esistesse  nel 
mondo  stesso.  Marco  Lombardo,  confutata  la  opinione,  che  quel  ge- 
nerale  pervertimento  si  potesse  convenientemente  spiegare  per  gl'in- 
flussi  celesli ,  gli  risponde  ,  doversi  piuttosto  atlribuire  a  quella  ca- 
gione ,  la  quale  dava  libero  campo  alia  cupidita ,  che  dominasse  Ira 
gli  uomini :  conciossiache  la  cupidita  sia  la  fonte  comune ,  da  cui 
scaturiscono  tutti  i  vizii.  Or  la  cagione,  egli  soggiunge,  la  quale  apre 
dapperlutto  il  libero  corso  a  quella  passione  capilalissima ,  e  il  Go*- 
verno  civile  degli  Ecclesiaslici ;  e  lo  fa  si  negativamente ,  si  positi- 
vamente :  negalivamente,  non  adoperandosi  a  far  osservare  le  ottime 
leggi ,  che  esistono  ;  posilivamente  ,  incitando  col  cattivo  esempio 
il  comune  degli  uomini  a  cercare  ansiosamente  i  beni  della  terra. 
A  questa  causa  si  dee  dunque  riputare  la  universale  corruzione  1. 

Al  primo  de'  detti  due  modi,  cioe  di  causare  negativamente  la  co- 
mune corruzione,  e  parallelo  Taltro  luogo  del  VI  parimenti  del  Pur- 


1  Purg.  XVI,  58-105.  Sara  di  altro  luogo  piu  opportune  esaminare  e  ri- 
solvere  le  difficolta,  che  si  deducono  dai  versi  che  seguitano  dopo  il  tratto 
citato. 


684  LA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGHIERI 

gatorio ,  nel  quale  rimprovera  all'  Italia  il  niun  pro  delle  sue  otlime 
leggi : 

Che  val  perchfc  ti  racconciasse  il  freno 
Giustioiano,  se  la  sella  e  yuota? 
Senz'esso  fora  la  vergogna  meno  1. 

Di  che  ne'  terzetti  seguenli  e  imputata  la  colpa  agli  uomini  di  Chiesa, 
i  quali  non  permettevano  che  1'Imperatore  liberamente  governasse. 

II  medesimo  concetto  e  riconfermato  nel  XXVII  del  Paradiso  al 
luogo  poco  innanzi  citato,  nel  quale  Beatrice  assegna  alia  universa- 
le  corruzione  la  stessa  cagione  della  generate  prevalenza  della  cupi- 
dil& ,  e  la  stessa  cagione  della  mancanza  del  buon  governo  a  quella 
generale  prevalenza  della  cupidita. 

Al  modo  poi,  notalo  in  secondo  luogo  da  Marco  Lombardo,  di 
causare  positivamente,  cioe  colla  forza  del  cattivo  esempio,  la  gene- 
rale  corruzione,  sono  parallel!  questi  altri  dueluoghi:  I'unoel'VIII 
del  Purgatorio  (v.  124  e  segg.) ,  dove  il  Poeta,  volendo  onorare  la 
famiglia  Malaspina,  ne  fa  una  para  eccezione  alia  universale  perver- 
sita  di  que'  tempi,  che  egli  colla  solita  preoccupazione  di  animo  e  per 
quell'  astio  velenoso  che  nutriva  contra  a  Bonifazio ,  fa  derivare  dai 
cattivi  esempii  di  questo.  L'altro  e  delXVUI  del  Paradiso  (v.  115  e 
segg. ) ,  dove  inveisce  si  acerbamenle  contro  il  medesimo  Bonifazio, 
siccome  causa  (che  egli  credeva  o  volea  credere)  del  guaslo  comune 
della  crislianila ,  pe' cattivi  esempii,  che  gli  altribuisce ,  in  opere 
di  avarizia. 

Raccogliendo  ora  ad  un  sol  punto  la  difficolla ,  argomenteremo 
cosi  in  servigio  de'  nostri  avversarii.  Dai  luoghi  citali  chiaramente 
apparisce ,  che  Dante  vedeva  una  ragione  speciale  d'  influenza  nel 
governo  temporale  de'  Papi ,  quanto  a  cagionare  i  pubblici  mali ,  di 
<jhe  mena  lamenli.  E  perocche  in  nessun  altro  luogo  manifesta  una 
simile  opinione ,  per  rispello  al  governo  degli  altri  principi  parlico- 
lari;  ben  si  scorge  la  ragione,  per  la  quale,  mentre  si  dimostrava 
indulgente  verso  di  quesli ,  ammettendo  che  potessero  seguitare  ad 

1  Pur.  VI,  88. 


E  IL  DOMINIO  TEMPORALE  DE'  ROMANI  PONTEFICI  685 

aver  signoria  sotto  1'alta  giurisdizione  deirimperatore,  non  dovesse 
acconsentire  lo  stesso  ai  romani  Pontefici. 

Si,  rispondiamo ;  veramente  Dante  si  dimostra  persuaso,  che  il  go- 
"verno  temporale  della  Potesla  ecclesiaslica  partorisse  que'  disordini, 
cheesso  lamenta,  e  per  le  ragioni  da  lui  allegate  ne'luoghi  indicati. 
Neghiamo  pero  che  da  questo  si  debba  inferire,  che  egli  volesse  di- 
strutto  il  dominio  temporale. 

E  in  vero,  due  cose  bisogna  necessariamenle  dislinguere  nel  go- 
verno  lemporale  de'  Papi,  com'  era  a  que'  tempi :  la  prima,  il  do- 
minio temporale  semplicemente;  in  quanto  cioe  importava  la  signoria 
supra  uno  Stato  particolare;  la  seconda,  il  dominio  temporale,  in 
quanto  importava,  oltre  a  quella  parlicolare  signoria,  una  certa  uni- 
versalila  di  giurisdizione  o  d'  influenza  sopra  le  allre  signorie.  Que- 
sto secondo  aspelto  del  principato  civile  de'  Papi ,  costituiva,  come 
abbiamo  veduto,  il  punto  di  quistione  Ira  i  Guelfi  e  i  Ghibellini ;  del- 
1'allro  non  si  disputava  neppure.  Parimente,  cio  di  che  Dante  si  rao- 
strava  persuaso ;  a  torto  si,  per  funesta  passione  di  animo,  per  ira 
mal  concepita,  e  pero  con  sua  col  pa  ;  non  era  gia.  che  il  dominio 
temporale,  in  qualsivoglia  modo  posseduto  dai  Pontefici,  fosse  la  si 
funesla  cagione  di  tult'i  mali  dell'umano  consorzio;  ma  si  solamen- 
te  il  dominio  temporale  con  quell' ampia  giurisdizione,  che  egli  cre- 
deva  usurpata.  Che  sia  cosi,  si  dimostra  con  una  ragione  semplicis- 
sima  e  colle  stesse  teslimonianze  di  lui. 

La  ragione  e  la  seguente.  Se  il  dominio  temporale  de'  Papi,  per 
se  stesso,  anche  sotto  1'alta  signoria  dell' Imperatore,  avesse  dovuto 
partorire  tutti  que'  mali ;  cio  sarebbe  avvenuto  ne'  due  modi  indicati 
da  Dante  ne'  luoghi  da  not  citali,  cioe  che  il  Papa  dall'  un  de'  lati  non 
si  sarebbe  adoperato  a  far  osservare  le  leggi,  e  daH'altro,  che  quell'a- 
descamento  di  beni  lemporali,  fomentando  la  cupidigia  di  lui,  terreb- 
be  accesa  generalmente  negli  altri  la  medesima  passione.  Con  che 
seguiterebbero  i  medesimi  effelti  della  universale  corruzione ,  non 
ostanle  il  reggimenlo  dell'  Iiuperatore.  Or  chi  non  vede,  che  se  Dan^ 
te  cosi  avesse  pensato  per  rispetlo  ai  Papi,  dovea  pensare  neces- 
sariamente  dell'istessa  guisa  per  rispetto  agli  allri  principi?  Che 
pero  se  lo  stabilimento  di  un  Monarca  universale,  per  riuscire  a  sa- 


686  IA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGHIERI 

lule  del  genere  umano ,  doveva ,  per  opinione  di  lui,  arrecare  la  di- 
struzione  dello  Stato  temporale  di  S.  Chiesa,  avrebbe  dovuto  per  la 
stessa  ragione  portare  la  distruzione  degli  altri  Stati  particolari.  Ma 
e  certo,  per  le  cose  dimostrate,  che  egli  non  voile  I'abbattimento  delle 
altre  Monarchie  e  repubbliche,  ma  solo  la  lor  dipendenza  dall'  alto 
dominio  deH'Imperatore.  Questo  dunque,  e  non  allro,  e  da  dire  che 
parimente  volesse  rispetto  ai  Pa  pi. 

E  per  qual  modo,  si  sarebbe  un  Dante  potuto  persuadere,  che  una 
signoria  particolare,  e  con  giurisdizione  dipendente  ,  posseduta  dai 
Papi,  ne  avrebbe  dovuto  fomentare,  con  tanto  seguito  di  mali ,  la 
cilpidigia ;  e  posseduta  dai  laici,  sarebbe  stata  non  solo  innocente  ai 
possessor! ,  ma  utilissima  ed  anzi  necessaria  pel  governo  universale? 
Per  quanto  lo  vogliamo  giudicare  accecalo  dalla  passione,  tramo- 
dato  ne'giudizii,  corrivo  alle  offese;  non  si  puo  senza  gravissima  in- 
giuria  supporlo  caduto  in  un  errore  si  manifestamente  contrario  al 
senso  cornune.  Che  anzi  in  parit£  di  circostanze,  com'e  la  ipotesi, 
tulto  dovea  concorrere  a  fargli  vedere  minor  pericolo  degli  effetti 
della  cupidigia  nella  signoria.de' Pontefici,  che  nelle  altre  signo- 
rie.  I  Pontefici,  anche  i  meno  buoni,  in  paragone  de'  principi  se- 
colari ,  sarebbero  stati  generalmente  fiore  di  temperanza  e  di  ogni 
allra  virtu ;  essi  tolti  dall'  ordine  supremo  sacerdotale ,  educati  dal- 
la fanciullezza  alle  letlere  ed  alia  pieta ,  venuti  a  grado  a  grada 
avanzando  co'  meriti ,  come  nelle  dignita,  cosi  nella  pubblica  slima, 
e  finalmenle  assunli  con  siffatti  riguardi  al  Carico  supremo,  che  se 
alcuna  volta  potesse  fallire  la  scelta  deir  ottimo ,  o  mai  o  quasi  mai 
non  polesse  mancare  quella  del  buono.  Pero  qual  logica  sarebbe  stata 
quella  di  Dante  immaginare  ,  che  il  rimedio  ideato  da  lui  della  su- 
prema  direzione  dell'  Imperatore,  non  avrebbe  potuto  impedire  gli 
effetti  della  cupidita  in  uomini  di  tal  falta,  e  avrebbe  potuto  e  dovuto 
impedirli  in  altri,  venuti  su  spesso  per  condizione  di  necessita,  spes- 
so  per  favore  di  fortuna,  spesso  ancora  per  brigbe  di  parti,  comu- 
nemente  senza  gran  corredo  di  meriti ,  e  sempre  con  educazione 
morale  e  religiosa  di  lunga  mano  inferiore? 

Solo  potrebbe  opporsi ,  che  i  Papi ,  avvezzi  anche  temporalmente 
a  quell'  assoluta  indipendenza,  che  credevano  di  loro  diritto,  non  sa- 


E  IL  DOMINIO  TEMPORALE  DE'  ROMANI  PONTEFICI  687 

rebbero  stati  acconci  a  sopportare  la  subordinazione  all'Imperatore. 
Che  pero  Dante ,  a  torre  loro  ogni  mezzo  di  nuocere ,  avrebbe  vo- 
lulo  che  fossero  privi  di  ogni  Stato  temporale.  Spedienle  veramente 
degno  della  gran  mente  di  lui !  Giacche ,  se  questo  potea  temere 
de'  Pontefici,  non  dovea  con  piu  ragione  teraere  altrettanto  degli 
allri  principi?  Era  forse  per  costoro  una  delizia  quella  stessa  sog- 
gezione,  che  i  Pontefici  avrebbero  riguardata  come  svenlura?  Si 
sarebbero  per  avventura  piu  facilmenle  persuasi  di  non  avere  diritto 
all'  assoluta  indipendenza?  0  era  piu  ragionevole  aspettarsi  da  loro, 
che  non  da'  Pontefici,  il  sacrifizio  della  propria  indipendenza  pel  bene 
comune?  Ad  ogni  modo,  se  il  Pontefice  potea  nuocere  alia  Monarchia, 
nol  polea  certamente  per  se  solo,  ma  si  coll'  aiuto  di  altri  dominant!. 
Pero  che  sarebbe  giovato  avere  tolto  al  Papa  lo  Stato ,  se  gli  erano 
lasciati  interi  tulli  i  mezzi  della  riscossa  nella  potenza  di  molti  di 
quelli ,  certamente  devoti  alia  causa  della  Chiesa?  0  dunque  Dante 
temeva  pericolo  alia  Monarchia  dalle  arli  de'  romani  Pontefici ;  e  in 
questo  caso  non  sarebbe  bastato  torre  solamente  ad  essi  la  signoria; 
era  al  tutto  necessario  fame  privi  eziandio  gli  allri  Sovrani :  o  non 
temeva  un  tal  pericolo,  e  la  eccezione  sarebbe  stata  non  solo  ingiu- 
sta,  ma  assurda. 

Per  conlrario  senza  il  rimedio  della  Monarchia,  la  causa  adequata 
della  universale  corruzione,  a  suo  modo  di  vedere,  si  dovea  reputare 
al  Governo  ecclesiastico  nella  sua  dominazione  temporale.  Or  come 
cio?  Non  certo,  perche  credesse  che  gli  uomini  di  Chiesa  fossero 
per  se  e  in  quanto  tali  piu  suscettivi  di  queslo  vizio.  Non  era  egli  un 
balordo,  che  non  vedesse  avervi  tanli  altri  principi  secolari,  o  guelfi 
o  ghibellini ,  assai  piu  avari ,  assai  piu  ingiusli ,  assai  piu  avidi  di 
afferrar  signorie,  che  gli  stessi  Pontefici  piu  viluperati  da  lui.  Nondi- 
meno  piu  che  a  questi ,  ai  governanti  ecclesiastici  reputa  la  cagione 
de-  mali  della  cupiditci.  E  cio  per  la  ragione  da  lui  credula  radicale, 
che  il  Governo  temporale  ecclesiastico  metteva  in  essere  il  principio 
guelfo;  anzi  esso  era  il  principio  guelfo ,  e  in  quanto  tale  costitui- 
va  un  falto  contro  un  drilto;  il  fatto  del  primato  civile  del  Ponte- 
fice ,  contro  il  dritlo  del  civile  primato  dell'  Imperatore.  Da  cio  le 
discordie  degli  animi ,  le  ambizioni ,  le  brighe  politiche ,  le  fazioni , 


688  IA  MONARCHIA  DI  DANTE  ALIGH1ER1 

le  guerre  civili ;  in  sostanza  dall'  una  parte  la  cupidita  libera  e  sciol- 
ta  in  opere  di  dissoluzione  sociale,  e  dall'  altra  la  legittima  autorita 
impedita  dall'  operare  ,  e  fatta  percio  impolente  a  far  osservare 
le  leggi. 

A  noi  non  tocca  dimostrare  gli  errori  storici  e  politici  di  Dante ; 
ne  discoprire  le  fallacie  de'  suoi  giudizii  e  de'  suoi  raziocinii.  Pur 
troppo  egli  s'  inganno,  e  gravemente.  Ma  sarebbe  ingiustizia  aggra- 
vare  con  false  interpretazioni  e  con  aperle  calunnie  i  suoi  veri  erro- 
ri e  le  sue  vere  colpe.  Stando  dunque  ai  suoi  prindpii ,  la  ragione 
formale ,  secondo  la  quale  la  Potesta  ecclesiastica  riusciva  a  si  gra- 
ve danno  della  Societa ,  era  perche  in  essa  si  attuava,  come  in  pro- 
prio  soggetto,  il  principio  conlrario  alia  Monarchia,  cioe  il  principio 
guelfo. 

Questo  concetto  chiarissimamente  risulta  da  tutti  i  luoghi  che  ab- 
biamo  piu  sopra  arrecati,  ne'  quali  il  Poela,  se  accusa  il  Governo 
ecclesiastico,  siccome  causa  de'  disordini  sociali,  lo  fa  sempre  solto 
questo  rispetto,  che  impediva  la  Monarchia,  e  le  surrogava  1'  elemen- 
to  guelfo.  Lo  slesso  si  rileva  da  quell'  am mirabile  tralto  del  XVI  del 
Paradiso,  dov'e  messa  in  confronto  la  Firenze  de'  suoi  tempi  colla 
Firenze  di  qualche  secolo  innanzl.  Ogni  cosa  e  mutata  in  peggio : 
ma  di  que'  mutamenli  la  vera  e  adequata  cagione  e  da  vedere  in 
questo,  che  fu  messo  impedimento  all'  azione  dell'  Imperatore :  i  co- 
stumi  seguiterebbero  ad  essere  que'  di  prima, 

Se  la  gente  che  al  mondo  piu  traligna 
Non  fosse  stata  a  Cesare  noverca, 
Ma  come  madre  a  suo  figliuol  benlgna  1. 

I  quali  danni,  con  proporzioni  anche  piu  spaventose  e  con  colori  as- 
sai  piu  foschi,  sono  descritli  nel  VI  del  Purgatorio,  non  solo  per  ris- 
petto a  Firenze ,  ma  a  tutta  Italia ;  e  in  conchiusione  sono  attribuiti 
alia  medesima  cagione : 

Ahi  gente  che  dovresti  esser  devota, 
E  lasciar  seder  Cesar  nella  sella, 
Se  bene  intend!  cio  che  Dio  ti  nota; 

1  Par.  XVI,  58. 


E  1L  DOMINIO  TEMPORALE  DE*  ROMANI  PONTEFICI  689 

Guarda  com'  esta  fiera  e  fatta  fella, 
Per  Don  esser  corretta  dagli  sproni, 
Poiche  ponesti  mano  alia  predella  ^. 

E  vuol  dire  che  intanto  T  Italia  e  divenlata  quella  nave  in  periglio, 
che  avea  detto  di  sopra ,  quel  bordello  di  mal  costume ,  quel  serra- 
glio  di  belve  feroci,  quel  ludibrio  di  ogni  villano  che  parleggiasse, 
e  viadi  questo  metro;  perche  la  potesla  ecclesiaslica  impediva  il 
reggimento  dell'  Imperatore,  ed  invece  recava  essa  le  mani  nel  go- 
verno  universale. 

E  chiaro  adunque  che  alia  autorita  ecclesiastica  sono  attribuiti 
tult'  i  mali  dell'  Italia,  e,  se  si  vuole,  del  mondo,  non  semplicemente, 
perche  aveva  dominio  temporale,  ma  perche  atluava  il  principio  op- 
posto  alia  Monarchia,  cioe  il  principio  guelfo;  donde  la  impossibili- 
ta  delle  leggi,  ed  il  regno  della  cupidita ;  e  quindi  ogni  male  mora- 
le e  politico. 

Ma  costituila  una  volta,  sopra  solide  e  inconcusse  basi  la  Monar- 
chia, sarebbe  mancato  il  principio  guelfo,  che  era  la  superior! la  lem- 
porale  e  civile  del  Pontefice  sopra  1'  Imperatore ;  e  pero  il  Ponleflce 
sarebbe  venuto  nella  condizione  degU  allri  principi  particolari ,  se 
non  anzi  rimasto  meno  pericoloso  alia  Monarchia  e  piu  utile  di  co- 
storo.  Se  dunque,  secondo  Dante,  doveano  sussistere  colla  Monarchia 
gli  allri  Slati  parlicolari,  colla  dipendenza  dal  supremo  dominio  del- 
F  Imperalore ;  con  uguale  o  anzi  piu  forte  ragione  vi  doveva  sussi- 
stere il  Governo  civile  de'  Papi. 

Considerata  dunque  la  costituzione,  che  da  1'Alighieri  alia  sua  Mo- 
narchia ,  non  recava  con  se  la  distruzioue  del  dominio  lemporale. 
Altri  principii  ci  restano  ad  esaminare ,  ed  altre  difficolla  da  scio- 
gliere ,  per  metlere  in  tulla  la  sua  luce  questa  medesima  conse- 
guenza.  II  che ,  piacendo  a  Dio ,  faremo  a  miglior  agio  in  un  altro 
quaderno. 


1  Pur.  VI,  91. 
Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  366.  44  5  Giugno  1865. 


IL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALS 

DIALOGO 

DI  TORINO  E   DI   FIRENZE 


Torino.  Chommoda  dicebat,  si  quando  commoda  vellet 

Dicere,  et  hinsidias  Arrius  insidias; 
Et  lunc  miriflce  sperabal  se  esse  locutum , 
Cum  quantum  poterat  dixerat  hinsidias. 

Firenze.  Che  vai  insidiando,  cosi  a  gran  voce,  qui  per  Firenze,  o 
Torino? 

Torino.  Vado  esercitandomi  alia  buona  pronunzia.  Chi  me  Taves- 
se  delto  che,  a  quesl'eta,  dopo  avere  regnato  tanto  tempo,  dopo  aver 
compiute  tante  imprese,  dopo  aver  fatta  I' Italia,  mi  sarei  vislo  ri- 
dotto  all'  abbici !  Queslo  non  mi  aspettava  io  dall'  Italia ! 

Firenze.  L'  Italia  li  si  moslra  anzi  gratissima,  sforzandoti,  cosi 
vecchio  come  sei,  a  imparar  una  volta  1'italiano.  Non  ti  vergognavi 
di  governar  1' Italia  senza  neanche  saperne  la  lingua?  Ora  imparerai 
rilaliano. 

Torino.  E  tu  il  piemontese.  Faremo  a  mezzo.  Gia  i  tuoi  Senator! , 
Depulati,  Minis tri  e  giornalisti  aveano  imparato  benissimo  il  mio 
gergo.  E,  non  fo  per  dire,  ma  parlavano  quasi  peggio  di  me.  Di- 
cono  che  in  Firenze  sono  i  contadini  quelli  che  parlano  bene.  Fare- 
mo  fare  le  leggi  a  loro ;  che  ci  sara  almeno  il  senso  comune. 

Firenze.  Come  ti  sei  falto  retrograde ! 


IL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE  D1ALOGO  ECC.  691 

Torino.  Retrograderai  anche  lu  quando  dovrai  trasmigrare  a  Ro- 
ma. Tocchera  allora  a  te  ad  imparare  la  buona  pronunzia.  Conosci 
il  proverbio :  Lingua  toscana  in  bocca  romana.  Ha  da  essere  un  bel 
giorno  quello  per  la  buona  pronunzia  del  regno!  Tra  due  anni. . . 

Firenze.  Non  pensiamoora  a  malinconie. 

Torino.  Anzi,  a  questo  bisogna  pensare.  Tu  sai  1'  italiano.  Ma  di 
politica  ne  capisci  poco.  Credi  a  me ;  pensa  a  Roma;  che  Roma  ha 
da  essere  la  tua  ruina,  come  fu  la  mia. 

Firenze.  Mi  rassegner6  volontieri  ad  andare  a  Roma,  quando  sa- 
ra giunta  la  mia  ora. 

Torino.  Non  giungera  mai  quell' ora.  Sta  pur  certa  di  questo.  A 
Roma  non  ci  anderai. 

Firenze.  Questo  diceva  io.  Vedi  che  ho  ragione  di  non  voler  ora 
pensare  a  malinconie. 

Torino.  Non  capisci  niente.  Non  anderai  a  Roma,  e  ciononostan- 
te  Roma  sara  la  tua  ruina.  Sono  andato  a  Roma  io? 

Firenze.  No:  a  Firenze. 

Torino.  Eppure  son  ruinato.  Cosi  sara  di  te.  Non  anderai  a  Ro- 
ma, e  pure  Roma  ti  ruinera. 

Firenze.  Io  non  intendo  questi  tuoi  mali  pronostici.  Capisco  bene 
che,  quando  mi  toccasse  di  partire  per  Roma,  perderei  quello  che 
ora  ho  guadagnato.  Ma,  poiche  lion  ci  debbo  andare,  come  tu  dici, 
e  come  anch'  io  comincio  a  credere. . . 

Torino.  Ah!  Lo  cominci  a  credere?  E  perche,  di  grazia ? 

Firenze.  Ma,  che  so  io?  II  Gattolicismo,  la  Francia  . . . 

Torino.  E  il  municipalismo,  e  Firenze.  Ti  conosco,  sorella! 

Firenze.  Come  se  anche  tu  non  avessi  fatto,  starei  per  dire,  il 
diavolo  e  peggio  per  rimanere  cio  che  eri. 

Torino.  E  sarei  rimaso  cio  che  era  senza  quella  maledetta  idea 
di  Roma.  Quell'  idea  non  mi  condusse  a  Roma ;  ma  mi  trasse  di 
me  medesimo.  Sono  rimaso  senza  Roma  e  senza  Torino.  Cosi  toc- 

chera  a  te. ;  > 

Firenze.  Insomma  andr6  o  non  andr6  a  Roma  io? 

Torino.  Non  ci  anderai.  Quanto  a  questo,  mettiti  pure  il  cuore  in 
pace. 


692  IL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE 

Firenze.  Dunque,  come  ha  da  essere  Roma  la  mia  ruina? 

Torino.  Non  Roma,  ma  1'  idea  di  Roma  ti  ha  da  ruinare,  come  ha 
ruinato  me. 

Firenze.  Vorrei  che  tu  mi  spiegassi  questo. 

Torino.  Ed  io  vorrei  che  tu  1'  inlendesfii.  Dim  mi  un  poco:  desi- 
deri  tu  davvero  di  andar  a  Roma? 

Firenze.  Io?  Ma,  cosi  subito,  mi  guasterebbe  alquanto.  Non  ci 
sono  i  due  anni? 

Torino.  E  se  ti  scomoda  ora  che  appena  hai  comiociato  a  godere, .. 

Firenze.  Ti  assicuro  che  godo  assai  poco.  Tulto  questo  trameslio 
mi  conturba  fieramente.  Debbo  slringermi  per  far  largo  ai  nuoviar- 
rivati.  E  ne  arrivano  sempre  dei  nuovi.  Debbo  vedere  manomesse 
tutte  le  mie  rarita ,  le  mie  memorie  storiche,  i  miei  monumenli ,  i 
miei  capolavori,  per  albergare  impiegali  e  ufficiali.  Cosloro  poi  ca- 
scano  qui  a  nuvoli  come  io  casa  loro,  con  una  cerla  aria  di  comando 
che,  secondo  me,  disdice  ad  ospiti  cortesi.  Mi  trallano  da  cilia  con- 
quistata,  da  popolo  inferiore.  Serobrano  tanti  padroni  che  yengano 
a  villeggiare  per  sei  mesi  in  un  loro  caslello. 

Torino.  E  sono  i  padroni  veramenle.  Oseresti  negarlo?  La  Corte, 
il  Parlamento,  i  Ministri. 

Firenze.  Tutlo  va  bene,  e  me  ne  tengo  onorata.  Ma  non  occorre- 
vano  tanti  urtoni  e  tanli  spintoni.  Rasta;  il  grosso  ora  e  fatto ;  e  ti 
confesso  che  vorrei  cominciare  finalmente  a  godere  un  poco  del  mio 
essere  di  Capitale. 

Torino.  Or  pensa  che  cuor  dovra  essere  il  tuo  a  dovere  comin- 
ciare T  affanno  della  partenza,  appena  finito  quello  dell'arrivo. 

Firenze.  Vedo  la  difficolla ;  e,  ogni  cosa  ben  considerata,  intendo 
che  mi  si  farebbe  un  gran  servizio  a  lasciarmi  un  poco  in  pace.  Che 
cosa  mi  manca  per  essere  la  vera  e  defmitiva  Capitale  ? 

Torino.  Lasciamo  questo  punto ;  che  ci  guasteremmo.  Giacche,  se 
io  dovessi  dirti  il  mio  parere  schiellamente ,  col  cuore  in  mano,  da 
buon  amico,  io  credo  che,  a  far  da  Capilale,  sarei  riuscilo  megliq  io. 
Ed  anche  ci  aveva  piu  diritlo.  Che  hai  fatto  tu  per  T Italia?  Qualche 

sonetto.  Laddove  io Ma  lasciamo  questo.  Dunque,  tu  non  desi- 

deri  di  andar  a  Roma  ? 


DULOGO  DI  TORINO  E  DI  FIRENZE  693 

Firenze.  Poiche  lu  stesso  sei  certo  che  io  non  ci  debbo  andar  mai, 
non  vedo  perche  tu  rai  voglia  cavar  di  ^bocca  che  io  non  desidero  di 
andarvi.  Tu  mi  vorresti  far  perdere  il  credito  di  citta  italiana  e  li- 
berate. 

Torino.  E  tu  vorresti  fare  come  faceva  io;  il  quale  a  parole  dice- 
va  Roma  Roma;  ma  nel  fondo  del  cuore  diceva,  Torino  Torino.  Ma 
noi  qui  parliamo  in  confidenza. 

Firenze.  Dunque,  giacehe  parliamo  in  confidenza,  poniamo  pure, 
per  modo  d'  ipolesi,  che  io  non  desideri  di  andar  a  Roma. 

Torino.  Non  facciamo  niente.  Se  non  hai  fede  in  me,  non  faccia- 
mo  niente.  Tu  devi  dirmi  chiaramente  se  ami  o  se  non  ami  di  andar 
a  Roma. 

Firenze.  Poniamo  che  non  ami ;  or  che  ne  scende  da  queslo? 

Torino.  La  tua  ruina. 

Firenze.  Tu  parli  sempre  per  enimmi. 

Torino.  E  tu  sempre  parli  per  ipotesi.  Se  abbiamo  a  spiegarci  a 
\1cenda  le  nostre  idee ,  hai  da  dirmi ,  senza  tanti  poniamo  e  sup- 
poniamo,  quello'che  pensi  veramente. 

Firenze.  Or  dunque  sappi  che,  a  voler  parlare  proprio  come  in 
confessione,  io,  per  me,  me  ne  starei  in  Firenze  eternamente.  Ora 
mi  darai  la  tua  spiegazione. 

Torino.  Procediamo  per  ordine.  Dunque  rimane  inteso  che  tu  non 
desideri  di  andar  a  Roma  ? 

Firenze.  Rimane  inteso. 

Torino.  E  perche  non  desideri  ? 

Firenze.  Non  sliamo  ai  patli.  Tu  mi  hai  cavato  di  bocca  il  mio 
segreto,  ed  ora  non  mi  vuoi  dare  la  tua  spiegazione. 

Torino.  La  spiegazione  verra :  ma  per  ora  ho  bisogno  di  sapere 
il  tuo  perche ;  giacehe  uuo,  credo,  ne  avrai. 

Firenze.  Ci  vuol  tanto  a  indovinarlo?  Tu  ne  devi  sapere  qualche 
cosa  per  tua  sperienza.  Perche  non  volevi  venir  a  Firenze? 

Torino.  Perche  amava  di  star  a  casa  mia. 

Firenze.  Or  bene,  fa  conto  che  anch'  io  amo  di  star  a  casa  mia. 

Torino.  Ma  la  patria,  1'  unita,  1' indipendenza ,  la  Capitale  defini- 
tiva?  Non  sono  buone  ragioni  queste? 


694  IL  TRASPORTO  DELLA  CAPITALE 

Firenze.  Tu  mi  vorresti  finire  di  comprometlere. 

Torino.  Non  occorre  altro.  Poiche  ti  confess!  compromessa  col 
solo  dover  dire  il  tuo  parere  sopra  queste  cose,  gia  ho  inteso  abba- 
stanza. 

Firenze.  Troppo  corri  nell'  intendere.  Amo  lapatria,  desidero 
1'unita,  anelo  all'  indipendenza.  Ma  non  vedo  troppo  qual  relaziond 
abbiano  tulte  queste  belle  cose  colla  Capilale  a  Roma.  Anche  da 
Firenze  si  puo  difendere  la  patria,  compiere  1'unita,  cacciare  lo  stra- 
niero.  Mancano  stranieri  da  cacciare?  Ci  e  il  Tedesco  a  Venezia,  il 
Francese  a  Nizza,  1'Inglese  a  Malta.  Lo  diceva  anche  il  luo  Balbo , 
che ,  prima  di  pensar  alle  cose  di  lusso ,  si  ha  da  provvedere  il  ne- 
cessario.  Ed  e  ancora  faraoso  il  suo  POTTO  imiim  est  necessarium. 
Or  qual  cosa  piu  necessaria  dell'  indipendenza  dallo  straniero?  Cac- 
ciamo  prima  tulti  gli  stranieri ;  e  poi  penseremo  a  Roma,  dove  infine 
regna  un  italiano.  Non  dico  io  bene? 

Torino.  Dici  benissimo.  Giacche,  se  si  ha  da  cacciar  tanta  gente 
prima  di  andar  a  Roma,  rimarremo  in  Firenze  fino  al  di  del  giudi- 
zio.  Tu  non  pensavi  pero  cosi  tesle,  quando  io  era  la  Capitale. 

Firenze.  Colla  Capitale  mi  sono  venuti  i  lumi  per  la  vera  intelli- 
genza  delle  cose.  Ora,  per  esempio,  capisco  benissimo  che  tutta 
questa  smania  di  andar  cosi  subito  a  Roma  e  nociva  alia  patria.  Pri- 
ma di  tutlo  bisogna  stabilirsi,  ordinarsi,  ristorar  la  finanza. 

Torino.  Anche  per  questo  ci  vorra  tempo. 

Firenze.  Cerlamente.  E  badare  all'Europa  che  ci  guarda,  al  Cat- 
iolicismo  che  sospetta,  Bisogna  far  vedere  che  siamo  genie  savia  , 
moderata,  che  sa  transigere,  conciliare,  moderare,  aspettare.  Oh  il 
saper  aspettare !  E  un  gran  segreto  di  governo  il  saper  aspettare. 
L' Italia  non  si  fara  con  tante  smanie,  con  lanti  trasporti.  Tutte  paz- 
zie  di  parliti  estremi.  Ma  tu  ed  io  siamo  gente  d'  ordine ;  e  finire  mo 
col  far  intendere  la  ragione  ai  rompicolli. 

Torino.  E  col  rimanere  a  Firenze ;  giacche  questo,  in  fondo,  e  cio 
che  ti  preme.  Ma  lo  speri  invano.  Verso  Roma  hai  da  marciare,  a 
coslo  di  romperti  il  collo  per  la  strada.  I  rompicolli  non  intenderan- 
no  la  ragione.  Essi  t'incalzeranno  sempre  alle  spalle :  e,  volere  o  non 
volere,  converra  che  tu  avanzi.  II  progresso  t'incalza,  o  Firenze.  E  il 


DIALOGO  DI  TORINO  E  DI  FIRENZE  695 

precipizio  ti  aspetta.  Ora  lo  dei  intendere  anche  tu,  senza  tante  mie 
spiegazioni. 

Firenze.  Come  debbo  io  inlendere  questo?  lo  intendo  anzi  lulto  il 
conlrario. 

Torino.  No,  no.  Tu  intend!  benissimo  la  cosa  pel  suo  verso.  Non 
mi  hai  tu  confessato  che  non  desideri  di  andar  a  Roma? 

Firenze.  L'ho  confessato. 

Torino.  E  non  ne  hai  anche  allegata  la  ragione,  del  tuo  interesse 
e  di  quello  d'ltalia? 

Firenze.  L'ho  allegata. 

Torino.  E  non  hai  anche  toccato  dell'  Europa,  della  Francia,  del 
Cattolicismo? 

Firenze.  Ne  ho  toccato. 

Torino.  E  non  hai  soggiunto  che  vi  erano  pero  i  rompicolli  da 
porre  alia  ragione  ? 

Firenze.  L'ho  soggiunto. 

Torino.  E  in  quesla  soggiunzione  sta  il  tuo  malanno.  Giacche  i 
rompicolli  sono  quelli  che  governano  te ,  me ,  1'  Italia  e  il  Governo , 
che,  secondo  te,  ha  da  porli  alia  ragione.  Non  vedi  che  i  rompicolli 
sono  sempre  alle  spalle  del  Governo?  Non  f  accorgi  che  il  Governo 
va  innanzi  piu  lentamente  che  puo,  perche  vede  dinanzi  a  se  1'abis- 
so;  ma  va  innanzi  pero  ,  perche  spinto  dai  rompicolli?  Questa  si 
chiama  ora  la  legge  del  progresso. 

Firenze.  In  questo  caso  andremo  a  Roma. 

Torino.  Rimarremo  per  la  strada.  Giacche  dall'  un  lato  tu  stessa 
vedi  che  a  Roma  non  si  dee  e  non  si  puo  andare ;  e  dall'  altro  intendi 
che  i  rompicolli  vi  ti  spingono  per  forza.  E  chiaro  che  rimarrai  in- 
trapresa,  come  si  dice,  Ira  1'uscio  e  il  muro. 

Firenze.  Yedo  che  bisognera  porsi  in  sul  serio  a  persuadere  i 
rompicolli. 

Torino.  Tanto  vale  che  ti  ponga  a  persuadere  il  diavolo  in  perso- 
na. Giacche  questa  e  la  catena  logica  del  progresso.  II  diavolo  spin- 
ge  i  rompicolli :  i  rompicolli  spingono  il  Governo :  il  Governo  spin- 
ge  la  nazione :  la  nazione  va  a  gambe  levate  nel  precipizio.  Come 
vedi,  non  si  scappa. 


698  IL  TRASPORTO  BELLA  CAPITALE 

Firenze.  Se  poi  ci  metti  anche  il  diavolo  per  mezzo,  non  ci  e  phi 
modo  di  ragionare.  Quando  si  tralta  di  polilica,  non  bisogna  entrare 
in  sacrestia. 

Torino.  Quando  si  tratla  di  questa  politica  progress! va ,  bisogna 
per  forza  entrare  in  quesla  sacrestia  diabolica.  Anch*  io,  come  te,  ho 
profittalo  neirinlelligenza  di  certe  question!,  in  questa  circostanza  del 
trasporto  della  Capilale.  Vorrei  farti  parte  dei  miei  lumi,  come  tu  mi 
hai  messo  a  parle  dei  tuoi.  Tu,  diventando  Capitale,  hai  capito  che  bi- 
sogna rimanere  in  Firenze.  Io,  perdendo  la  Capitale,  ho  inteso  che  il 
diavolo  e  il  gran  fatlore  di  tullo  queslo  moto  italiano.  Ma  poiche  tu, 
nella  tua  prosperita  presente ,  non  sei  finora  capace  di  capir  eerie 
cose ,  lasciamo  il  diavolo  da  lalo  e  parliamo  dei  rompicolli,  che  e  Io 
stesso.  Perche  credi  tu  che  sia  stato  organizzato  tutto  questo  molo 
italiano?  Per  venir  a  Firenze?  No,  perche  dicono  che  sei  una  tappa. 
Per  cacciare  gli  slranieri  ?  No ,  perche  anzi  se  ne  sono  chiamati  dei 
miovi.  Per  1'  indipendenza?  No,  perche  se  prima  avevamo  i  soli  Te- 
deschi ,  ora  ci  abbiamo  aggiunti  i  Francesi.  L'  unico  scopo  di  lutto 
questo  tramestio  e  Roma.  La  sola  Roma.  Per  aver  Roma  sola,  i  rom- 
picolli venderebbero  volentieri  me ,  te  e  tutta  1' Italia  anche  al  gran 
Turco.  Ma  tulta  1' Italia,  compresa  la  Yenezia,  non  consolera  i  rom- 
picolli della  mancanza  di  Roma  sola.  Tu  sei  in  grande  errore,  se  cre- 
di di  poter  persuadere  costoro  di  rinunziare  a  quello ,  per  cui  solo 
lavorarono  finora.  Per  poler  arrivar  a  Roma ,  si  e  inventato  il  pre- 
testo  della  nazionalita,  dell'unita,  dell'  indipendenza.  Tuttecose  che, 
per  quanlo  siano  in  se  desiderabili,  pure  ai  rompicolli  non  premono 
Diente. 

Firenze.  Tu  calunnii  le  loro  intenzioni. 

Torino,  fi  molto  difficile  caluuniare  costoro.  Ma  lasciamo  le  in- 
tenzioni e  veniamo  ai  falti.  Non  e  egli  vero  che  i  rompicolli  profes- 
sarono  sempre  schiettamente  di  volerla  finita  col  Cattolicismo? 

Firenze.  Questo  poi  e  verissimo. 

Torino.  Non  e  egli  vero  che ,  nella  loro  opinione ,  il  cattolicismo 
sarebbe  finito  quando  Roma  fosse  lolta  al  Papa? 

Firenze.  Anche  queslo  non  si  puo  negare. 

Torino.  Dunque  Io  scopo  unico  dei  rompicolli  dee  essere  di  andar 
a  Roma.  E  per  ottenere  questo  scopo,  stanne  pur  certa,  costoro  noil 


DIALOGO  DI  TORINO  E  DI  FIRENZE  697 

lasceranno  nulla  d'  intentato.  lo  gia  li  vedo  mutata  in  un  campo 
di  ballaglia. 

Firenze.  Misericordia !  lo  voglio  ben  essere  la  Capilale.  Ma  non 
mi  vorrei  vedere  in  una  batlaglia.  Oh !  in  una  battaglia  non  mi  ci 
colgono. 

Torino.  Sei  in  ballo  e  bisogna  che  balli.  Finora  tocco  a  me.  Ora 
e  giunta  la  tua  volta.  Preparali  a  cio  che  potra  accadere.  lo  star6  a 
vedere  la  tua  virtu  civile. 

Firenze.  La  virtu  civile  io  1'ho  sempre  fatla  consistere  nella  pru- 
denza,  nel  senno,  nell'economia  non  meno  politica  che  domeslica. 
Ma  che  ho  da  far  io  colle  battaglie?  A  me  il  solo  pensiero  del  san- 
gue  suole  dare  gli  svenimenti. 

Torino.  Ti  avvezzerai.  Ora  conviene  che  tu  ti  elevi  all'altezza  dei 
tempi  e  della  tua  nuova  condizione.  Tu  sei  ora  la  Capitale.  Cio  vuol 
dire  che  sei  diventala  il  quartier  generale  dei  rompicolli;  che,  come 
si  sono  serviti  fmora  di  me  per  il  grosso  della  bisogna,  cosi  si  ser- 
viranno  ora  di  le  come  di  arnese  di  pulimento.  Tu  hai  da  tener  que- 
sto  come  certissimo :  che  in  Firenze  non  ci  hai  da  stare  in  pace.  Hai 
da  andare  o  innanzi  fmo  a  Roma ,  o  indietro  fino  a  Torino.  L'  hai 
udito  il  grido:  0  Roma  o  morte;  e  quell'altro:  Anzi  che  rinunziare 
a  Roma  abbiamo  da  perir  tutti.  Ora  e  chiaro  che  a  Roma  non  sarai 
lasciala  andare.  Dunque  ti  rimane  la  morle  e  il  perire  nello  sforzo. 
Io  staro  a  vedere,  e  ad  applaudire  ai  luoi  alii  fatti. 

Firenze.  Ad  un  bisogno  pero  mi  daresti  una  mano,  eh? 

Torino.  Non  so  nulla,  sorella.  Ora  ho  da  pensare  ai  casi  miei. 

Firenze.  La  causa  e  comune. 

Torino.  Non  so  nulla.  Ho  falto  abbastanza  comunella  col  prossimo. 

Firenze.  I  luoi  interessi  sono  sempre  quelli  dell'  Italia. 

Torino.  Non  so  nulla,  ti  dico.  All'llalia,  per  ora,  non  ho  altro  ser- 
vizio  da  rendere  che  d'  imparare  la  buona  pronunzia.  Addio  sorella. 
Vado  a  sludiare. 


LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

NELLE  INDIE  OCCIDENTAL!  * 


IV. 


Se  la  Religione  cattolica  sia  stata  violentemente  imposta  agl'Indiani 
dai  conquistatori  spagnuoli. 

Yirlu  e  dottrina :  ecco  gli  argomenti  determinati  da  Roma  e  con- 
fermati  dai  principi  di  Castiglia,  in  drdine  alia  conversione  degl'  In- 
diani.  Gli  sterminii  dei  popoli,  le  violenze  fatte  agli  animi,  la  schia- 
vitu  imposta  per  tale  uopo  alle  coscienze  sono  favole  messe  in  corso 
dai  nemici  della  Chiesa.  Tanto  conchiudono  i  paragrafi  antecedent!. 
E  che  importano,  si  soggiunge,  gli  ordinamenti  di  Roma  e  di  Ca- 
stiglia ,  se  venendo  a'  fatti  non  si  praticarono  ?  La  storia  vi  dice 
che  la  religione  fu  imposta  violentemente  agl'  Indiani  e  che,  se  eb- 
bonsi  crudeli  carneficine,  fu  in  gran  parte  merce  dei  missionarii, 
fu  opera  della  superstizione.  I  sovrani  della  Spagna  ed  i  Pontefici 
sono,  se  volele,  liberi  dalla  laccia  di  aver  dato  ordini  iniquissimi, 
ma  non  possono  fuggir  quella  di  aver  appro vato  la  pratica  in  con- 
trario.  —  La  proposizione  di  questa  replica  e  universale  ed  ap- 
poggiata  a'  fatti  storici.  Rispondiamole  colla  Storia  alia  mano.  Le 
pruove  siano  tolte  da  tre  grandi  imprese,  a  cui  si  rannodano  i  pre- 
cipui  avvenimenti. 

1  V.  questo  volume  pag.  398  e  segg. 


LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAYE  ECC.  699 

La  prima  sia  quella  dei  discoprimenti  e  della  fondazione  di  va- 
rie  citta  lunghesso  le  coste  americane.  Misurate  con  1'occhio  su  la 
carta  di  questa  parte  di  mondo  it  lungo  tratlo  che  corre  dal  Capo 
S.  Agostino  all'estrema  punta  della  Florida ,  che  sfoga  nel  mare. 
Viocente  Yanes  Pinzon  nel  1499,  dal  Capo  sopraddetto  volgendo  a 
tramontana,  ne  riconosce  trecento  leghe.  Alfonso  Nino  e  Cristoval 
Guerra  nello  stesso  anno  danno  fondo  uel  golfo  di  Paria  ed  esplorano 
le  spiagge  di  Cumana.  Nel  1500  Diego  di  Lepe  e  Rodriguez  de  Ba- 
stides  batlono  quelle  marine  dal  Capo  della  Yela  insino  al  porto  Nom- 
bre  de  Dios.  Tre  volte  1'Ojeda  in  tre  diverse  slagioni,  cioe  nel  1499, 
1502,  1509,  approda  a  quei  lidi  e  gli  scorre  con  sommo  ardire.  Egli 
da  inizio  a  S.  Sebastiano,  il  Nicuesa  a  Nombre  de  Dios,  il  baccel- 
liere  Enciso  a  S.  Maria  1'Antigua  del  Darien.  Tulli  questi  uomini  si 
accontano  cogli  Indiani,  hauno  brighe  infinite,  pugnano,  distruggo- 
no  con  sorteor  prospera  ed  ora  avversa.  Ma  a  quali  popoli,  a  quanti 
Indiani  impongono  per  violenza  la  religione  ?  Se  leggete  le  descri- 
zioni,  che  fa  dei  loro  viaggi  1'americano  Irving,  traendole  da  docu- 
menti  aiilentici,  voi  trovate,  che  a  niuno.  La  causa  di  ogni  sbarco, 
di  ogni  sconlro,  di  tutte  le  battaglie  fu  o  difesa,  o  vendetta,  o  brama 
di  traffico  e  di  bottinare. 

Nel  1517  Hernandez  de  Cordova  discopre  e  gira  il  Yucatan , 
nell'  anno  appresso  Juan  de  Grijalva,  sciogliendo  per  questo  paese, 
s'imbatte  nella  isola  Cozumel,  rasenla  la  terra  ferma  di  fronte,  va 
infino  a  Tabasco.  Entrambi  combattono,  avviano  traffichi,  patteg- 
giano  cogli  Indiani ;  ma  quanto  ali'opera  del  convertirli  alia  fede 
Bon  trassero  mai  la  spada,  ne  torsero  capello  o  fecero  minaccia  per 
isforzarveli  comechessia.  Due  giovani,  falli  prigioni  in  una  pugna  dal 
primo,  furono  istruiti  nelle  cose  della  religione  ed  ebbero  il  batte- 
simo  per  loro  domanda.  Eccovi  il  tulto. 

Le  isole  di  Cuba  e  della  Giamaica  furono  occupate  per  ordine 
dei  Governatori  della  Spaguola.  Juan  Bono  de  Quexo  colse  a  un  in- 
ganno  gli  abitatori  della  Trinit&  e  li  rapino.  Ponce  de  Leon  s'  insi- 
gnori  di  Portoricco,  ma  per  trarricchirvi  a  man  salva.  Veleggiando 
lo  stesso  a  Settenlrione  cerco  varie  isolelle,  scoperse  la  Florida, 
sbarco  in  Bimini:  niuno  pero  ignora  che  egli  in  questi  suoi  viaggi  non 


700  LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

andava  in  traccia  di  popoli  per  costringerli  a  renders!  cristiani ,  ma 
si  bene  di  quella  fonte  maravigliosa ,  che  facea  rifiorire  la  giovenlii 
a  chi,  avendola  perduta,  si  fosse  luffato  nelle  sue  acque :  trasforma- 
zione  di  cui  mollo  abbisognava  il  nostro  Ponce ! 

Da  questo  gruppo  di  scopritori  e  popolatori  delle  marine  ameri- 
cane  passiamo  a  saggiar  1'altro  di  quelli,  che  d'alcuna  posta  fissa  nel 
lido  si  addenlrarono  nel  paese.  I  primi,  che  ci  si  presentano,  sono  i 
cavalieri  di  venlura,  yenuti  a  S.  Maria  1'Antigua  del  Darien  col  Pe- 
drarias.  LTIerrera  ci  racconta  minutamente  ogni  loro  discorrimento. 
Seguitiamolo.  Dodici  erano  i  capitani  che  a  cenni  del  governatore, 
dimentico  dopo  qualche  tempo  degli  ordini  ricevuti  dal  Re ,  erom- 
peano  da  quel  ridolto  colle  loro  bande,  per  gittarsi  sopra  le  Iribu  in- 
diane.  Eccovi  il  fine  della  impresa  :  Juan  de  Ayora  uno  de'  piu  ar- 
ditiha  1'ordine,  contro  la  data  fede,  di  saccomettere  tutto  1'  oro  dei 
paesi  vicini,  e  svaligia  quattro  estese  popolazioni.  Un  Luys  Carrillo, 
venutagli-in  dispetto  1'abitazione  sopra  le  sponde  del  rio  de  las  Ana- 
des,  perch&  non  gli  era  dato  di  pescarvi  1'oro  colle  reli ,  come  avea 
pazzamente  credulo,  delibera  di  andarsene  co'  suoi ;  ma  prima,  affine 
di  abbonire  gli  animi,  si  avventa  contro  gl'  Indiaui  soggelti  al  Caci- 
que Atraybe,  e  ne  ghermisce  quattrocento  da  vendere  schiavi  in  pro 
della  sua  masnada.  Un  parente  del  Pedrarias  piomba  sopra  la  provin- 
cia  del  Zenu.  Gli  abitanti  chieggono  supplichevoli  la  pace,  si  danno 
in  soggezione  al  Re  di  Spagna.  Tutlo  e  inutile.  11  capobanda  spoglia, 
uccide  e  fa  schiavi  i  rimasti  vivi.  Non  punto  dissomiglianli  sono  i 
modi  che  usano  il  Bezzerra,  il  Penalosa,  Francesco  de  Vellejo,  Gon- 
zalo  de  Badajoz  e  gli  altri  compagni.  II  Cacique  Comagre  con  tutti 
que'  della  sua  casa  si  era  falto  batlezzare  ,  indottovi  prima  il  figlio 
maggiore  Panquiaco  a  prieghi  di  Vasco  Nunez  de  Balboa ,  secondo- 
che  riferisce  il  Gomara :  ed  esso  col  suo  popolo  fu  il  primo  tra  i 
principi  indiani ,  che  provasse  il  ferro  e  le  rapine  degli  Spagnuoli. 
Eccovi  in  qual  maniera  si  facea  violenza  a  que'  popoli  per  trarli  al 
cristianesimo ! 

Caliamo  verso  mezzodi.  Carlo  V  die  ai  Wesler,  in  ricatto  delle 
grosse  somme  ricevule,  ramplissimo  Stato  di  Venezuela.  Questi  aifi- 
darono  1'impresa  dei  soggettarlo  per  intero  e  del  popolarlo  a  soldati 


NELLE  INDIE  OCCIDENTAL!  701 

alemamri  di  ventura,  i  piu  di  selta  luterana.  Pensate,  se  fosse  gente  da 
far  \iolenze  per  la  fede  callolica.  II  Las  Casas  non  sa  trovare  termini 
che  qualiflchino  le  loro  crudelta,  poco  sembrandogli  il  rassomigliarli 
alle  tigri  ed  ai  leoni.  Fatto  sta,  che  in  qualche  anno  fu  quell'infelice 
paese  rapinato  e  diserlo  per  modo  ,  che  i  Wesler  dovettero  abban- 
donarlo  per  lo  scarso  o  niun  guadagno  che  ne  traevano ,  e  gli  Spa- 
gnuoli  riavulolo  non  seppero  in  che  giovarsene.  Siccome  in  queste 
spedizioni,  cosi  neH'altre  che  si  ordinarono  da  Cartagena  e  da  Bue- 
nos-Ayres  per  le  regioni  piu  riposte,  t'incontri  egualmente  in  dispo- 
gliamenti,  in  arsioni ,  in  isperperi  di  popoli.  Lo  spirito  che  muove 
ed  agita  quanti  vi  pigliano  parte  e  sempre  il  medesimo,  vale  a  di- 
re, lo  spirilo  di  ardenlissimo  fanatismo  per  la  signoria  e  per  1'oro. 

Passiamo  ad  una  terza  maniera  d'imprese  :  le  invasion!  di  fiori- 
ti  imperii.  II  Cortes  penetro  nel  Messico  e  dopo  infiniti  stenti  e  gra- 
vissimi  rischi  s'impadroni  della  Capitale.  Del  discorso  che  tenne  al- 
ia signoria  di  Zempoala,  di  Tlascala  ed  a  Montezuma,  ricavasi  il  mo- 
do  da  lui  adoperalo  in  risguardo  della  religione.  Eccovelo.  Indicava 
egli  i  sotnmi  capi  di  essa,  dannava  1'empieta  dei  sacrifizii  umani  e 
1'iofamia  di  certi  peccali  che  il  tacere  e  bello,  e  terminava  pregando 
caldamenle  que'  popoli  di  astenersi  dalle  reila  idolatriche  e  di  darsi  a 
Cristo.  II  carico  poi  di  converlirli  non  aflido  mai  alle  spade  ed  .alle 
minacce,  ma  al  sacro  minislero  del  sacerdote.  Difatto  egli  soslenne 
aspre  ballaglie,  ma  niuna  per  conto  della  religione.  Fe  prigione  Mon- 
tezuma, ma  per  sicurare  se  ed  i  suoi.  Avutolo  nelle  mani,  gli  Iasci6 
libero  1'esercizio  della  sua  religione :  il  solo  buon  padre  di  Olmedo 
si  accinse  all'opera  del  ridurlo  a  Cristo,  merce  la  istruzione  e  1'esem- 
pio  della  piu  fma  carila.  Cadde  final meate  1'  imperio  messicano,  ma 
non  sotto  i  colpi  del  fanatismo.  Tutti  gli  slorici  si  accordano  nel- 
1'  indicare  1'odio  dai  popoli  concepito  contro  del  principe,  il  valore 
degli  Spagnuoli  e  1'accortezza  del  Cortes  quali  macchine  del  rove- 
sciamenlo  1.  Abbiamo  T  invasione  del  Pizzarro  nel  Peru.  Lo  Xeres 
ci  dice  che  egli  combatte ,  \inse  e  fe  arder  vivi  parecchi  Caciqui 

1  HERRERA  Dec.  II,  Lib.  V,  c.  4.  Lib.  VI,  c.  14  BERNAL  DIAZ  DEL  CASTILLO, 
Bistoria  verdadera  de  la  Conquista.  Vedi  gli  storici  modenii  Roberstaa, 
Cantu  ecc. 


702  LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

fino  dalle  prime  mosse ,  ma  per  tradimenli  orditigli  contro  e  non 
per  causa  di  religione.  Tenne  prigione  Atabalipa,  lo  sentenzio  a  mor- 
te :  la  causa  motiva  fu  tutt'altra  che  la  Fede.  Abbiamo  la  invasione 
del  Chili  fatta  da  Almagro.  Un  mandate  dello  sventuralo  Atabalipa 
gliene  die  il  possesso  come  a  signore. 

Forse  gli  Spagnuoli  invasori  fecero  violenza  agl'  indigeni  appres- 
so  la  conquista,  accesi  di  fanalismo  religioso  per  opera  de'  missiona- 
rii?  Scorrete  da  capo  a  fondo  la  storia  della  distruzione  delle  Indie 
scritta  dal  Las  Casas.  In  ogni  pagina  vi  si  rappresentano  stuoli  d'  In- 
diani  or  torlurati ,  or  pugnalati ,  or  arsi  vivi  ed  ora  in  molle  altre  e 
tutte  crudeli  guise  macellali.  Qual  e  la  causa  precipua  che  vi  si  ma- 
nifesta  di  tanta  inumanita  ?  Una :  la  cupidigia  di  cavar  piu  oro.  Le 
relazioni  dei  Vescovi  di  Tlascala  e  di  S.  Marta,  la  deposizione  di 
F.  Marco  da  Nizza,  e  la  testimonianza  di  F.  Francesco  da  S.  Ro- 
mano sono  un  piccolo  saggio  dei  molli  documenti,  che  provano  que- 
sto  fatto.  Vi  s'  incontra  anche  il  missionario ,  ma  sempre  in  atto  or 
di  pregare  e  scongiurare  i  manigoldi ,  perche  cessassero  dalla  loro 
immanita ,  or  di  sgridarli  e  di  minacciarli  da  parte  di  Dio ,  ed  or  di 
correre  su  e  giu  per  quei  mari  daH'America  in  Ispagna  affine  d'  im- 
petrare  provvedimenli  in  favore  degli  oppressi,  e  pene  contro  gli  op- 
pressori.  Per  questo  essi  furono  maltratti ,  astiati ,  perseguitati  co- 
me iusuperabile  impaccio  a  guadagaar  piu.  Gli  avversarii  mostrano 
di  trarre  la  prova  della  supposla  violenza  e  dell'  immaginato  fana- 
tismo  dalle  opere  del  Las  Gasas.  Da  queste  sono  pure  dedotti  i  fatti 
che  qui  abbiamo  indicati7  provanti  si  apertamenle  il  contrario :  per- 
che passarsene  senza  il  menomo  indizio?  Non  tornava  loro  a  conto. 

I  missionarii  andavano  di  conserva  colle  bande  degli  scopritori. 
6  vero :  ma  non  per  aizzarne  gli  animi  contro  gl'  infedeli.  Secondo 
gli  ordinamenti  de'  Pontefici  e  dei  Re  di  Castiglia  eglino  doveano  es- 
sere  portatori  di  pace  e  di  civilta  colla  religione  e  non  di  guerra  e 
di  crudella ;  eglino  doveano  essere  di  ratlento  alia  sfrenatezza  ed  alia 
ingiustizia  della  soldatesca.  Tale  era  I'incarico  loro  imposto  dalle 
istruzioni  della  reina  Isabella ,  del  re  Ferdinando ,  di  Carlo  V  e  di 
Filippo  II.  Quando  pero  la  esperienza  ebbe  dimostro,  che  nelle  scor- 
ribande  gli  avvenlurieri  non  lemevano  neDio7ne  leleggi  severe  dei 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  703 

Re,  e  che  la  presenza  del  missionario  potea  dare  un  colore  di  reli- 
gione  alle  atrocita  che  si  commelteano ,  fu  dai  Vescovi  nel  solenne 
Concilio  di  Lima  vietato  a  preti  di  seguilarle  sine  gravissima  el  me- 
ditatissima  causa,  pena  la  scomunica  a  chi  non  obbedisse.  II  mis- 
sionario e  dunque  puro  di  tanlo  sangue  sparso.  Tutto  il  vitupero  e 
la  esecrazione  cade  sopra  il  capo  di  que'  figli  degeneri  della  Spagna, 
i  quali  per  avidita  di  oro  si  brattarono  orribilmente  le  mani  di  tanli 
delitti  l. 

V. 

Da  quale  fanatismo  siano  stati  presi 
i  Missionarii. 

Veggiamo  da  presso  in  alcuni  fatti  da  quale  fanatismo  fossero 
agitati  i  Missionarii,  e  la  calunnia  sara  manifesta  in  tulta  la  sua  brut- 
tezza.  Dodici  Padri  di  S.  Francesco,  con  a  capo  il  santo  uomo  Mar- 
tino  di  Valenza ,  vengono  dalla  Spagna  al  Messico  per  convertire 
queiramplissima  regione  a  Cristo.  Ardua  impresa  e  piena  di  rischi ! 
L'apparecchio  che  mandano  innanzi  sono  quindici  giorni  di  orazione, 
di  digiuno  e  di  penitenza.  Risoluta  quindi  la  maniera  degli  assalti, 
scompartono  quell'  imperio  in  qualtro  province ,  e  fatli  di  se  altret- 
tanti  drappelli,  eccoli  all'opera  della  conquista.  Yiaggiano  a  pie  scal- 
zi ,  si  nulricano  del  cibo  piii  vile  ed  accattato  per  Iddio,  vestono  po- 
verissimi  e  logori  panni.  Frequenti  i  digiimi,  scarso  il  riposo,  ed 
il  rimanenle  del  tempo  e  tutto  speso  nell'orare,  nel  salmeggiare,  nel 
falicare.  Yerso  dell' oro,  cagione  di  lanti  guai  per  gl'Indiani,  dimo- 

1  Novas  expeditiones  suscipere  adversos  barbaros  ant  infideles  sine  gravissi- 
ma et  meditatissima  causa  minime  oportet,  cum  agatur  dcplurimorum  homi- 
num  fortunis,  libertate,  salute  ac  saepe  temeritaie  multorum  irreparabilia  bel- 
lo  damna  dentur.  Quapropter  nemo  ex  Clericis,  qui  doctrinae  Indorumprae- 
sunt,  vel  alias,  utcumque  agunt,  ad  bellum  contra  lndos,  aut  alias  quascum- 
gue  expeditiones ,  ut  ministeriis  spiritualibus  milites  iuvet,  proficiscalur ,  nisi 
de  expressa  licentia  sui  Episcopi.  Qui  secus  egerit,  excommunicationi  latae 
sententiae  ipso  facto  subiaceat:  et  pro  modo  culpae  aliis  etiam  poenis  pie- 
ctatur.  Act.  II,  cap.  7. 


704  Li  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

strano  un  sommo  sprezzo.  Nelle  loro  corse  non  sono  arreslati  ne 
dall'  inospitalita  delle  foreste  v  ne  dalla  fierezza  dei  popoli ,  ne  dalla 
gravita  ed  assiduita  del  patire.  Tulto  affrontano ,  tulto  vincono.  Gli 
oppressor!  dei  popoli  domati  tentano  di  averli  ad  aiutatori  della  loro 
cupidigia,  mainvano.  Sono  percio  calunniati :  non  se  ne  curano.  So- 
no miriacciati :  non  temono.  Sono  perseguitati :  soffrono  in  pace.  La 
mansuetudine ,  la  pazienza  e  la  carita  rifulgono  in  essi  annodale  ma- 
ravigliosamente.  Dapprincipio  gl'  infedeli  si  raostrano  poco  o  nulla 
inchinevoli  ai  loro  ammaestramenti.  Ma  alia  fme  al  lampo  di  tante 
virtu  si  riscuotono ,  le  anamirano ,  si  danno  per  vinti.  Corrono  da 
ogni  parte,  domandando  il  pane  della  divina  parola  ed  il  baltesimo. 
Non  v*  ha  citta,  borgata  o  \illaggio  piu  riposto  che  non  gli  chiami  a 
se,  e  merce  il  sussidio  di  altri.nuovi  compagni  il  P.  Martino  puo 
scrivere  al  Ministro  generale  deH'Ordine  che  i  figli  di  S.  Francesco 
hanno  rigenerato  a  Crislo  un  milione  di  anime  l.  Sopravvengono 
intanto  i  Padri  di  S.  Domenico  ,  quindi  quelli  di  S.  Agoslino.  V'5 
da  lavorare  per  tutti ,  ampio  e  il  terreno  da  coltivare ,  larghissimo 
il  frutto  che  si  coglie ,  ma  sempre  a  costo  di  sudori ,  di  slenti  e  di 
ogni  maniera  di  patimenti  2. 

La  provincia,  che  ora  va  solto  il  nome  di  Vera-pace,  da  principio 
chiamavasi  il  paese  della  Guerra,  perche  abitalo  da  gente  guerriera, 
feroce  e  nemica  morlale  degli  invasori.  Nulla  vi  poteano  le  armi ;  i 
patti  erano  rifmtali ;  il  pericolo  della  signoria  degli  Spagnuoli  con- 
fmanti  in  perpeluo  rischio.  L'  intrepido  domenicario  F.  Bartolomeo 
Las  Casas  col  solo  F.  Pietro  Angulo  si  presenta  a  quel  popolo  te- 
muto.  Colle  parole  e  piu  coll'  esempio  delle  piu  nobili  virtu  in  poco 
spazio  T  ammansa ,  lo  converte  a  Cristo  e  rendelp  suddito  fedele  di 
Cesare.  Siccbe  Carlo  V  a  buon  diritto  intitola  Vera-pace  quel  paese 
dellaGuerra.  Gli  Spagnuoli  entrali  nel  1526  nel  Yucatan  aveanlo  cor- 
so  con  tante  rapine  e  sevizie,  che  gli  abitanli  sollevatisi  tulti  in  arme, 
aveano  giurato  di  rimanere  spenli  colle  mogli  e  coi  figli ,  anzichd 
darsi  in  obbedienza  ai  conquistatori.  Sette  anni  duravano  neir  aspra 

1  F.  JTJAN  DE  TORQUEMADA ,  Monarquia  Indiana,  Lib.  XV,  c.  12,  38,  39. 
Lib.  XX. 

2  FONTANA,  Monum.  domin.  an.  1531, 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  705 

lotta  e  sempre  vittoriosi.  II  P.  Giacomo  Testera  con  altri  qualtro 
compagni  del  sacro  Ordine  Serafico ,  licenziato  dal  governatore  del 
Messico,  va  a  quel  popolo  valoroso.  In  quaranla  di  guadagna  i  capi 
e  buona  parte  dei  loro  sudditi  alia  fede  cattolica  ed  all'  imperio  del 
Re  di  Spagna.  Gl' Indian!  Teules  Chichimecas,  tremendi  alle  bande 
spagnuole,  sono  egualmente  domi  dallo  slesso  fanalismo  di  carita. 

Passiamo  al  fianco  occidentale  dell'  America.  Ci  valga  di  nuovo 
argomento  1'opera  di  un  prelate,  1'Arcivescovo  di  Lima  S.  Toribio. 
La  sua  archidiocesi  girava  da  ollre  seicento  leghe,  ne  correa  trecento 
da  tramontana  a  mezzodi ,  cencinquanta  da  occiderite  ad  oriente, 
inollrandosi  fin  dentro  il  cuore  di  los  Andes :  Indiani  idolatri  o  tor- 
nati  alia  idolatria  in  ogni  parte,  molti  selvaggi  nelle  montagne , 
avversione  al  nome  spagnuolo  in  tutli.  Ei  la  visito  per  ogni  verso 
tre  volte.  Nella  prima  spese  sette  anni,  quattro  nella  seconda,  nella 
terza  mori.  Risloro  in  ogni  luogo  il  costume ,  fe  ritiorire  la  fede  tra 
i  fatlisi  cristiani ,  la  semino  negli  altri.  Nella  prima  visita  centomila 
furono  i  convertiti.  Non  domandate  con  quali  mezzi.  Sono  quelli 
adoperati  dagli  Apostoli.  11  capitolo  della  sua  vita,  in  cui  si  riferisce 
la  maniera  della  sacra  visila,  melte  pieta  e  stupore  ad  un  tempo,  si 
lunghi  sono  i  digiuni,  si  gravi  gli  slenli,  si  grandi  e  frequenli  i  pe- 
ricoli.  Altraverso  panlani  di  piu  leghe  ,  sali  monli  altissimi  e  diru- 
pali,  penetro  nelle  valli  piu  selvagge.  Non  v'era  luoghicciuolo  si 
povero  o  deserto ,  che  ei  non  visitasse ,  non  inconlrava  boscaglia  si 
fitta,  che  egli  non  cercasse.  Dovunque  argomentava  trovarsi  qualche 
torma  d'  Indiani ,  cola  volgeva  il  piede.  Un  di  gli  vien  dello  che  su 
la  cima  di  una  montagna  si  erano  ricoverati  centoventi  Indiani  a  farvi 
vita  bestiale.  Eccolo  in  moto.  Non  lo  raltiene  ne  la  difficolla  dei 
passi ,  ne  la  ferila  degli  uomini  cercati.  Caduto  Ira  via  stremato  di 
forze,  come  si  riha,  conlinua  allegramente  il  suo  viaggio ,  e  Dio  lo 
consola  con  un  esito  fortunate.  Alia  sua  caritcl  non  v'  e  animo  si 
duro  o  selvatico,  che  si  tenga.  Tulli  1'accolgono  con  riverenza,  1'a- 
mano  come  padre,  si  arrendono  pronli  alle  sue  parole.  Tali  sono  le 
arti  della  violenza  adoperate  dal  fanatismo  cattolico. 

Mettiamoci  nel  mezzo  dell'America  a  mezzodi.  Qui  si  apre  un  im- 
menso  paese ,  che  si  stende  dal  Brasile  al  Chili  ed  al  Peru ,  e  da 
Serie  VI,  vol.  II,  fasc.  366.  ^  7  Gingno  1865'. 


706  LA  COSCIENZA  E  LA  CHIESA  SCHIAVE 

ogni  banda  e  corso  da  tonne  di  dodici  o  qualiordki  mUa  Indian! 
imbestiali.  Lo  scoperse  Juan  de  Solis  nel  1516,  e  montando  il  fiume 
Paraguai  vi  fu  divorato  da  tali  abiiatori.  Al  Garcia  ed  al  Sedeno, 
che  qualche  anno  piu  tardi  osarono  metlervi  il  pie ,  tocco  la  stessa 
sorte.  Le  poche  citta  fondatevi  appresso  dagli  Spagnuoli  solto  Con- 
salvo  Mendoza  ed  il  Salazar  sono  poco  meno  che  in  perpetuo  asse- 
dio.  Guai  a  colui,  che  osasse  dilungarsene  alquanto,  egli  diverrebbe 
crudelissimo  pasto  di  quelle  masnade.  Nel  1586  il  Vescovo  di  Santia- 
go Monsignor  Francesco  Yittoria,  del  sacro  Ordine  di  san  Domenico. 
chiese  ed  ottenne  alcuni  Padri  della  Compagnia  di  Gesu  per  affidar 
loro  la  conversione  di  quelle  orde  selvagge.  I  Padri  Barsena  ed  An- 
gulo  sono  i  primi  a  mettersi  alia  difficile  impresa.  La  quale  incomin- 
ciata ,  viene  mirabilmente  ampliata  e  continuata  con  indomabile  co- 
stanza.  Gl'Indiani  sono  cerchi  per  ogni  lato,  sono  riuniti  in  bor- 
gate,  di  belve  feroci  sono  mutali  in  cristiani  ferventi  ed  in  otUoai 
cittadini.  Oltre  a  cinque  cento  mila  erano  i  figli  delle  selve  cosi 
raccolti  e  trasformali  nella  lor  vita,  quando  poco  oltre  la  meta  del 
secolo  scorso  i  Padri  furono  di  cola  bruttamente  cacciati. 

Sapete  che  sia  costato  ridurre  a  tale  stato  popoli  di  costumi  tanto 
feroci?  Eccovelo :  patimenti  indicibJli,  rischi  frequenti  e  spaventosi, 
e  morti  di  ogni  maniera.  I  missionary  doveano  non  di  rado  cercarli 
or  dentro  folte  boscaglie ,  or  net  fondo  di  valli  inospite ,  or  sopra 
gioghi  asprissimi,  attraversando  torrenti,  fiuniane  e  paduli,  affron- 
tando  il  dente  delle  tigri  o  il  morso  di  orribili  serpenli  €  tutti  gli 
stenti  della  fame,  della  sele  e  di  ogni  piu  duro  disagio,  Imbatlutisi 
in  una  torma  di  quegli  uomini  silveslri,  al  primo  vederli  dalla  liinga 
si  aspettavano  di  sentir  tosto  o  il  grido  di  mor te,  o  un  colpo  di  maz- 
za  sul  capo,  o  una  freccia  nel  petto.  Che  se  invece  li  aveano  arrende- 
Toli  alle  loro  parole,  nuove  cure  e  nuovi  affanni  nel  trarli  in  luogo 
acconcio  a  piantarvi  le  abitazioni  e  ad  essere  coltivalo.  Quando  gia 
^redeansi  sicuri  delle  loro  faliche,  eccoti  un  bel  di  vedersi  airimprov- 
Tiso  senza  i  lor  cari  selvaggi ,  o  perche  fuggili  di  nuovo  entro  le 
selve,  o  perche  da  un  notturno  assalto  di  qualche  tribu  nemica  messi 
parte  in  dileguo,  parte  a  cruda  morle  o  in  ischiavitu.  Centomila. 
divisi  in  convenevoli  residenze,  erano  il  dolce  frutto  di  trenta  anni 
di  stenli,  e  dopo  il  diserlamenlo  cagionalovi  da  una  correria  dei 


NELLE  INDIE  OCCIDENTALI  707 

feroci  Mamelus  non  poterono  raggranellarne  che  dodici  mila.  Quello 
pero  che  in  lanta  disavventura  recava  loro  piu  amaro'  cordoglio  s! 
era,  che  il  turbine,  scaricalosi  lor  sopra,  Iraea  la  sua  origine  dai  mer- 
calanti  europei ,  i  quali  aveano  indotto  gli  assalitori  a  tanto  eccesso 
d'immanita,  pattovendo  tanto  per  testa  degl' Indiani,  che  menassero 
schiavi  dalle  Riduzioni  dei  Gesuiti. 

Dalla  parte  di  costoro,  fin  dal  primo  inizio  dell'impresa,  venne  ai 
missionarji  la  piu  aspra  tribolazione.  Essi  aveano  accetlato  quella 
missione  al  patto  inviolabile,  che  gl'Indiani  converlili  rimarrebbero 
liberi.  Di  qui  mille  tristissimi  guai.  Gl'  incettalori  di  schiavi  gli  affa- 
mano  in  Santiago,  per  difelto  di  limosine  gli  cacciano  dell' Assunzio- 
ne :  qua  aizzano  lor  conlro  il  maestrato ,  la  il  clero  :  ora  gli  fanno 
licenziare  da  alcune  Riduzioni ,  ed  ora  dan  loro  travaglio  in  altre 
guise.  II  padre  Valdiva  naviga  in  Europa  per  chiedere  un  valido  so- 
stegno  dal  re  Filippo  III  e  1'  ottiene.  II  P.  Montoja  da  Filippo  IV,  e  il 
P.  Diaz  Tano  daUrbano  VIII  hanno  coslituzioui  di  gravi  pene  centre 
i  disthitlori  delle  Riduzioni.  AU'assalto  di  fronte  soltentra  quello  di 
fianco.  S'inventano  crudella,  che  diceansi  adoperate  dai  Padri  cogl'In- 
diani;  si  da  corpo  alia  favola,  che  faceali  aspirare  a  signoria  univer- 
sale;  si  inagnificano  miniere,  che  i  regii  miuistri  dopo  aver  cercato 
tulto  il  paese  dichiarano  per  solenne  sentenza  non  esistere.  Essi  pero 
non  vengono  meno  all'  impresa  affldata;  ma  conforlali  in  quel  Dio  a 
cui  aspiravano  quale  unica  mercede ,  duravano  costanti  nei  travagli 
di  deutro,  e  nell'  amarissiraa  tribolazione  del  di  fuori. 

Dal!' America  del  mezzodi  portalevi  a  quella -del  setlentrione.  Nel 
Canada,  nel  Maryland,  nella  California,  nella  Florida,  ed  in  qualsi- 
voglia  altra  parte  \oi\iavveuile  nel  missionaiio  colle  medesime 
armi  alia  mano:  pazlenza  inslancabile,  carila  ineslinguibile,  costan- 
za  di  ferro.  Da  quesle  trae  quella  forza  onde  combalte  e  vince  alia 
fine,  sia  che  egli  cada  vittima  di  velenala  saetla,  sia  che  inaffii  di  lar- 
go sudore  un  terreno  scortese,  sia  che  muoia  sfinito  e  abbandonato  in 
qualche  selva  sconosciula.  II  Roberlson,  il  Voltaire,  il  Buffon,  i  I  Ray- 
Dai  ,  il  Montesquieu  ed  altri  filosofanli ,  o  increduli ,  o  avversi  alia 
Chiesa,  al  prodiglo  di  lanta  virtu  ne'missionarii,  non  sanno  rattener- 
si  dal  commendarli  ad  onta  di  quei  trisli  od  ingannati  caltolici ,  chg 
V  opera  delle  conver&ioni ,  loro  merce  operatesi ,  atlribuiscono  alia 

\iolcnza  e  alle  crudella  da  essi  pralicate. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA  ITALIANA 


I. 


Sul  tema  proposto  dalla  regia  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arli 
in  Modena :  «  Se  la  liberta  d'  insegnamento  sia  un  diritto  se- 
condo  ragione,  ed  in  caso  afferm  ativo  entro  quali  limiti  debba 
tenersi  circoscritto  ».  Dissertazione  del  Cav.  CESARE  Cmiv^pre- 
miata  nel  Concorso  accademico  dell' anno  4863. 

In  tanta  collime  di  libri  sciocchi,  immorali  ed  empii,  1'abbatterti 
in  uno  scritto  assennato,  oneslo ,  rispettoso  verso  la  religione,  e  co- 
me incontrare  un'  oasi  nel  deserto ,  nel  la  quale  ti  fia  dalo  ristorarti 
dal  felido  e-soffocato  acre  che  spira  all'intorno.  Cosi  appunto  e  stalo 
per  noi  cotesto  opuscolo  dell'  il lustre  storico ;  la  cui  letlura  ci  e  riu- 
scila  di  graridissimo  diletto.  Senonche  a  volerla  epilogare,  per  darne 
contezza  ai  nostri  lettori,  incontriamo  non  superabile  difficolta,  per 
esser  esso  tutlo  sugo  di  sensali  giudizii  e  stringati  argoraenti ;  e  pero 
impossibile  a  compendiarsi.  Ci  sforzeremo  pertanto  di  raccoglierne 
alcuni  tratti,  che  sieno  come  saggio  del  lutto,  e  invogliuo  a  procurar- 
sene  il  teslo  origin  ale. 

Scopo  dell'  Autore  e  di  opporsi  al  monopolio  governativo  per  cio 
che  riguarda  1' istruzione,  abbattendo  la  sentenza  di  quelli  che  vo- 
gliono  1'intero  insegnamento  in  mano  dello  Stato,  attribuendo  a  que- 
sto  il  diritto  e  ii  dovere  di  rendere  non  solo  facile  ma  obbligaturio 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  709 

ristruirsi ,  solto  la  sua  balia.  Nel  che ,  per  non  togliere  abbaglio , 
vuolsi  avvertire  che  1'  Autore  parla  nella  presente  condizione  di  ce- 
se,  dello  Stato  cioe  considerate  per  se  stesso,  e  scisso  del  tutto  dalle 
influenze  della  Chiesa. 

II  principio,  in  cui  si  fondano  i  difensori  del  monopolio  governati- 
vo,  e  la  grande  importanza,  che  1'istruzione  ha  per  rispetto  alia  Socie- 
ta.  Essi  dicono :  Sommo  male  di  un  popolo  e  1'ignoranza.  DaH'istru- 
zione  della  gioventu  dipendono,  nella  massima  loro  parte,  la  vitalita 
e  gl'incfemenli  del  paese.  La  dignita  nazionale,  gli  elementi  di  pub- 
blica  prosperita  se  ne  vantaggiano  grandemente.  La  scienza  fa  cre- 
scere  le  virtu  e  scemare  i  delitli.  Quindi  inferiscono :  Lo  Slato  dee 
considerare  come  primaria  sua  cura  1'islruzione ;  tanto  piu  che  i  pri- 
vati ,  di  per  se ,  non  sono  buoni  gmdici  in  falto  di  sapienza  ,  e  sol- 
leciti  cercatori  de'  mezzi  per  conseguirla.  « II  Governo  dunque  pro- 
curi  la  massima  diffusione  della  dottrina,  apra  a  tutli  scuole ,  slabi- 
limenti ;  obblighi  ognuno  a  frequentarli,  a  preferenza  o  ad  esclusione 
dei  privati ;  v'adoperi  premii  e  punizioni  1.  » 

A  conoscere  il  sofisma  di  questo  specioso  argomento ,  basterebbe 
por  menle  a  quella  sentenza  di  Aristotile  :  Non  omnia  quae  neces- 
saria  sunt  civitali,  partes  sunt  civitatis  2.  Non  tulto  do  che  giova  o 
e  necessario  al  ben  essere  del  consorzio  civile ,  e  competenza  del  po- 
tere  civile.  Se  cosi  fosse,  anche  la  religione,  vita  e  fondamenlo  dello 
Stalo,  dovrebbe  essere  emanazione  e  apparlenenza  dello  Stalo.  Dal- 
T  essere  una  cosa  sommamente  ulile  o  necessaria  ad  un'  allra,  non 
puo  inferirsi  se  non  che  per  questa  e  di  sommo  inleresse  il  prospe- 
rare  di  quella.  II  doverne  poi  essere  o  no  sottoposta  al  dominio , 
dee  deciders!  da  altri  capi,  cioe  dalla  sua  natura,  dal  suo  fine,  dal- 
T  estensione  del  potere  col  quale  si  paragona.  Di  piu  il  preteso  argo- 
mento esce  fuori  dello  stalo  della  conlroversia.  Non  si  tratta  qui  se 
sia  desiderabile  che  tulli,  per  quanto  e  possibile,  procurino  d'istruir- 
si,  almeno  elemenlarmente ;  ma  si  tratla  se  il  Governo  debba  pren- 
dersi  un  tale  incarico  e  possa  obbligarli. 

Piu  necessario  dell'  istruzione  e  il  sostentamenlo ;  se  e  vero  che 
prima  e  Tessere  e  poscia  il  ben  essere.  Se  la  society  ha  dovere  di 

1  pag.  10,  -  2  Politic.  7. 


710  m  VIST  A 

dare  a  lutti  1'istruzione  ;  molto  piu  ha  dovere  di  procurare  a  tulti  i 
mezzi  per  vivere ;  ed  eccoci  al  socialismo.  «  Chi  dunque  ci  doman- 
da  se  il  Governo  sia  obbligato  dar  1'istruzione  a  tulti,  rispondiamo : 
No ;  come  non  e  obbligato  somministrare  lavoro  a  chiunque  n'e  ca- 
pace.  E  obbligato  almeno  procacciare  1'  istruzione  a  lutli  i  poveri? 
No.  Piu  pressanle  che  non  1'istruzione  e  il  vitlo ;  eppure  chi  crede 
deva  il  Governo  provvedere  aU'alitnenlo  di  tulti?  Lo  Stato  e  Societal 
giuridica ;  onde  non  ha  a  fare  coll'  istruzione  ,  la  quale  spelta  a  so- 
ciela  morali,  scientifiche,  religiose  1.  »  —  Ma  noi  ameremmo  veder 
tutti  islruiti.  —  Altro  sono  le  simpatie,  allro  e  la  giuslizia.  Ognuno 
vorrebbe  che  non  ci  fossero  poveri ;  sara  pero  la  limosina  un  dove- 
re  giuridico? 

L'  obbligare  tutti  ad  istruirsi  e  un  atlentato  contro  la  liberta  indi- 
viduale  e  i  diritti  domestic].  Spetta  al  padre  il  curare  1'  istruzione 
del  figliuolo ;  strano  sarebbe  1'  esonerarnelo  per  caricarne  lo  Stato. 
«  Se  queslo  e  obbligalo  dar  1'istruzione  ,  tutti  sarebbero  obbligati  a 
islruirsi,  locche  e  falso :  puo  un  padre  aver  bisogno  del  figliuolo 
per  custodire  I'armenlo,  per  vegliare  un  bambino  in  cuna,  per  gua- 
dagnarsi  il  pane.  Con  cio  non  respingiamo  la  gratuita  dell'  insegna- 
mento,  bensi  1'esonerare  i  padri  dell'obbligo  di  far  istruire  i  figliuoli, 
quando  n'abbiano  i  mezzi  2.  » 

I  nostri  riformalori  pensano  d'  aver  beatificata  la  societa ,  col  far 
che  tulti  sappiano  leggere  e  scrivere.  Peggiore  dell'  ignoranza  e  1'er- 
rore;  peggiore  d'amendue  e  1' immoralila.  Or  ne  dell'uno  ne  del- 
1'altra  essi  si  mostrano  impensieriti;  anzi  si  sforzano  di  diffonderla, 
nella  gioventu  massimamente,  persuasi  di  assicurarsi  cosi  una  suc- 
cessione  di  posted,  che  li  somigll  nella  empieta  e  nella  ingiuslizia.  II 
Cantu  giustamente  osserva,  che  alia  felicila  sociale  non  1'  insegaar 
leggere  conferisce ,  ma  1'  abiluare  il  popolo  all'  osservanza  de'  pro- 
prii  doveri ;  e  cio  non  puo  farsi  dallo  Stato  ,  ma  dalla  Chiesa.  Del 
reslo  a  promuovere  1'  istruzione  nel  popolo  non  il  costringimento, 
che  o  resla  inefficace  o  porta  ad  indagini  inquisitorie  sullo  stato  delle 
famiglie,  bensi  giova  il  proleggerla  e  inspirarne  negli  animi  il  desi- 
derio.  Intorno  a  che  T  Autore  reca  un  fatto  assai  eloqueute.  «  Una 

1  Pag.  13.  —  2  Pag.  14. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  711 

preziosa  confessione,  egli  dice,  ricaviamo  da  uno,  che  e  lutt'altro  che 
avverso  ai  regolamenti.  II  ch.  Matteucci ,  nel  suo  progetto  di  legge 
sull'  amministrazione  dell'  istruzione  pubblica,  del  Luglio  1863,  di- 
ce: Nelle  Romagne  noa  ha  mai  esistilo  e  non  esisle  legge  sull'  islru- 
zione  elementare,  e  tuttavia  per  1'  iniziativa  di  quella  inlelligente  po- 
polazione,  e  per  V  operosita  non  mai  venula  merio  in  nessun  tempo 
nei  municipii ,  1'  istruzione  elementare  vi  si  estende  e  si  diffonde 
oggi  in  un  grado  e  con  un  impulso  ,  che  uon  si  riscontrano  eguali  in 
allre  province  italiane ,  dove  essa  esisle  impiantata  e  regolata  dalla 
legge  1.  »  Vuolsi  avvertire  che  quella  popolazione  cosi  intelligente 
e  quei  municipii  cosi  operosi,  eransi  formati  ed  educati  sollo  il  Ge- 
verno  dei  preti ,  che  ora  gli  scriltori  rivoluzionarii  cosi  buffonesca- 
mente  deuigrano. 

Rimossa  la  coazione  per  1'  istruzione  elementare,  sara  almeno  do- 
vere  o  diritto  del  Governo  amministrare  generalmenle  Y  islruzione, 
escludendone  la  privata,  o  almeno  sotloponendola  al  suo  sindacato? 
Anche  qui  si  ricorre  al  medesimo  sofisma  di  esaltare  i  vanlaggi  dcl- 
1'  istruzione ,  per  inferirne  che  essa  deve  stare  in  mano  del  Gover- 
no. II  Cantu  acutamenle  scopre  una  tale  magagna.  «  ETun  paralogi- 
smo  troppo  consuelo  1'addurre  tult'allro,  che  cio  che  serve  a  dimo- 
strare  la  lesi.  Qui  non  si  discute  se  convenga  comparlire  1'  istruzione, 
ma  se  il  miglior  modo  sia  il  monopolio  o  la  liberliL  »  Quindi  con 
limpidezza  e  validila  di  ragioni  rigelta  quella  pretensione  oppress! va. 
«  Noi  teniamo  dunque  che  il  dovere,  e  in  conseguenza  il  diritto  del- 
1'  insegnamento  non  esista  nel  Governo,  ne  eticamenle,  ne  fisicamen- 
te,  ne  logicamente.  11  Governo  e  un  sistema  di  difesa  della  societa; 
mentre  fondamento  di  questa  e  la  famiglia:  la  quale  presenlasi  co- 
me un  dovere,  un  diritto,  un  insieme  di  mezzi,  un  soggello  di  pro- 
prieta,  un  potere  d'  educazione.  E  1'  educazione  una  delle  principal! 
solleciludini  de'  genitori :  son  essi  che  danno  la  piu  penelrante  e  de- 
finhiva,  seconda  generazione ,  che  veramente  forma  1'uomo.  Que- 
grinfelici ,  cui  dalla  nascita  manca  la  famiglia  ,  a  quanto  maggiori 
tentazioni  trovansi  esposti !  in  quanto  maggior  numero  sono  corrolti, 
proccssati,  condannati  I  Coloro  che  aspirano  a  dislruggere  la  pro- 

1  Pag.  15. 


712  RIVISTA 

prieta,  per  prima  cosa  scalzano  la  famiglia.  Di  rimpatto ,  coloro  che 
vogliono  assodare  la  societa  devono  assodar  la  famiglia,  rigenerarla 
colla  morale,  lasciarle  esercitare  tulti  quei  diritti  che  tiene  dalla  na- 
tura  sua  slessa. 

«  Or  fra  quest!  e  il  potere  educare  i  figliuoli,  giusta  la  propria  co- 
scienza.  £  la  coscienza  e  affare  interne,  mentre  lo  Slalo  e  societa 
giuridica,  e  non  ha  poteslti  che  sugli  atli  eslerni ;  ne  in  consegueu- 
za  puo  ingerirsi  dell'  educazione,  se  non  per  delegazione  della  fami- 
glia, quale  ausiliario  di  essa,  come  fa  il  tutore  invece  del  padre.  In 
tale  qualita ,  ne  acquista  i  doveri ;  ma  in  verun  caso  toglie  alia  fa- 
miglia il  potere  diretto ,  la  facolta  di  non  servirsi  di  esso.  Se  inter- 
venisse  giuridicamente,  non  opererebbe  piu  per  delegazione,  ma  per 
virlualita  propria,  e  due  poteri  di  educazione  si  troverebbero  in  con- 
flitto  l.  » 

Quinci  1'  Autore  dimostra  come ,  anche  non  guardando  il  diritto, 
ma  i  soli  rispetti  di  opportunila  e  utilita ,  1'  istruzione  lasciata  alle 
famiglie  vince  a  mille  tanti ,  quella  che  lo  Stato  organizza  e  gover- 
na.  L'  istruzione  privata  e  libera  e  piu  vicina  alia  societa  domestica. 
«  Nell'  inse^Bamentp  libero  il  collegio,  il  liceo,  1'accademia,  inslilui- 
te  privatamente,  sono  una  famiglia  emanala  eprotetta  dalle  famiglie 
naturali.  I  professori  sono  conosciuli  dai  parenti  de'  loro  allievi ,  co- 
noscono  1'  indole,  i  comporli,  le  inclinazioni  di  questi,  e  se  ne  fanno 
jsecondi  padri,  appoggiati  anche  dai  padri  che  furono  anticbi  loro  al- 
lievi 2.  »  Collocati  i  maestri  sotto  1'  occhio  vigile  dei  padri  di  fami- 
glia, avranno  assai  maggiore  zelo,  e  sara  meglio  conosciuta  la  loro 
jnoralila.  Tulli  i  loro  vanlaggi  saranno  fondali  sulla  ripulazione,  e 
questa  sul  merito.  Nell'  insegnare  ci  sara  piu  spontaneila,  e  quindi 
piu  vita.  Tutto  il  contrario  avviene  nel  monopolio  governativo.  Per 
esso  i  professori  sono  ignoti  alle  famiglie.  Vengono  Dio  sa  d'  onde, 
e  purche  siano  patentati ,  importa  poco  che  dopo  gli  esami  di  obbli- 
go ,  abbiano  passata  la  vita  in  lull'  allro  mestiere ,  e  sieno  viziosi  o 
dissipali.  Insegnano  senza  propria  inizialiva  ,  come  meri  strumenti 
del  programma  e  del  moto,  imposto  ab  extrinseco  dai  Governo.  Tut- 
to  il  loro  interesse  e  di  contentare  il  Minislro ,  che  li  stipendia ,  per 

1  Pag.  23.  -  2  Pag.  25. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  713 

conseguirne  Iraslocazione  migliore  o  avanzamento.  Gli  ottimi  sono 
rimossi,  giacche  sdegnano  di  presen tarsi  in  competenza  con  allri 
freschi  di  studii ,  e  spesso  vengono  esclusi  per  invidia,  o  per  colore 
politico,  o  intrighi  di  parte. 

Si  e  tanto  declamato  contro  la  censura  preventiva ;  eppure  essa 
non  offendeva  se  non  quei  pochi,  a  cui  poteva  rincrescere  la  soppres- 
sione  d'un  articolo  o  d'un  libro  ,  di  cui  peraltro  il  pubblico  potea 
passarsi  agevolmente.  Ma  qui  la  previa  censura  tocca  la  parle  piu 
delicata  dell'  uomo ,  qual  e  la  coscienza.  « II  maestro  e  un  magi- 
slrato  che  ha  cura  d'anime,  e  la  scelta  di  esso  e  un  alto  di  fede;  n5 
puo  il  governo  imporlo,  come  non  puo  imporre  il  confessore  o  il  rab- 
bino  o  il  barba.  .  .  Se  in  una  universila  legga  un  materialisla  o  un 
panteista,  non  devo  potere  scostarmene ,  io  cattolico ,  come  il  val- 
dese ,  se  v'insegnasse  un  pietista  1?  »  Ecco  la  liberla  di  coscienza 
che  concedono  i  suoi  bugiardi  millantatori !  I  padri  di  famiglia  co- 
stretli  a  fare  istruire  ed  educare  la  piu  cara  parte  di  se  slessi ,  se- 
condo  massime  e  coslumi,  ripugnanti  a  cio  che  delta  ad  essi  la  loro 
fede  o  la  loro  morale !  «  II  maestro  eletto  governativamente  insegna 
non  pel  proprio  diritto  ma  per  mandato  della  podesta ;  sicche  puo  ve- 
nire rimosso  da  quesla,  e  in  conseguenza  deve  insegnare  cio  che  gli 
e  prescritto ,  e  secondo  gli  e  prescritto.  Ponete  dunque  un  governo 
tirannico,  o  ch'  e  peggio,  un  governo  immorale ;  obbligando  i  giova- 
ni  a  dissetarsi  alle  fonti  legali,  esso  avr&  il  mezzo  di  far  bere  il  ve- 
leno  nella  coppa  d'oro,  di  pervertire  tulta  una  generazione,  degra- 
dandola  fmo  al  segno  da  poler  anche  sui  punti  piu  vitali  invocare  il 
suffragio  universale,  certissimo  di  averselo  ligio  e  di  mascherare  co- 
si,  colla  formola  piu  inoltrata  della  liberla,  la  piu  assoluta  tirannide, 
quella  della  moltiludine  2.  » 

L'Autore  vien  poscia  alia  storia  e  dimostra  come  la  liberla  d'in- 
segnamento  ci  fu  piu  o  meno  in  ogni  tempo ;  e  che  la  sua  soppres- 
sione  e  frutlo  rivoluzionario.  La  rivoluzione  ne  ha  bisogno  si  per  dar 
pane  ai  suoi  adepti,  e  si  per  costringere  tutte  le  teste  a  pensare  con 
lei,  avendo  poca  fiducia  nel  valore  intrinseco  de'  suoi  principii. 

1  Pag.  29.  —  2  Pag.  30. 


714  RIVISTA 

Con  do  non  si  vieta  che  il  Governo  apra  Scuole,  Collegi,  Univer- 
sita;  ma  non  costringa  tulti  a  frequentarli,  ne  imponga  egli  stesso 
i  maestri.  Se  tanli  sono  i  pregi  dell'  istruzione,  da  esso  amministra- 
ta,  perche  teme  la  concorrenza  della  liberta  individuate?  L'unica 
cosa,  che  esso  puo  esigere  con  dirilto,  si  e  I'esame  rigoroso  per  chi 
aspira  a  pubblici  civili  ufficii.  A  do  rivolga  tutte  le  sue  cure.  San- 
dsca  quesl'  unico  articolo  di  legge :  Vi  sara  piena  liberta  d'  inse- 
gnamento,  e  massimo  rig  ore  di  esami. 

Oltre  la  lesi  generate,  1'Autore  fa  molte  giudiziosissirae  osserva- 
zioni  sopra  il  metodo,  le  materie  e  le  persone,  a  rispelto  del  pub- 
blico  insegnamento.  Per  saggio  riporleremo  quel  tralto  in  cui  parla 
dell'  istruzione  religiosa :  «  L'  istruzione  religiosa,  egli  dice ,  e  di 
spettanza  unica  della  Chiesa,  e  questa  non  potrebbe  compiere  la 
sua  missione,  quando  non  insegiiasse  gia  dall'infanzia  do  che  regola 
la  volonta,  eleva  1'  intelligeuza,  esporie  cio  che  piu  importa,  e  che 
diverra  guida  per  tutta  la  vita.  Nelle  scuole  si  colliva  I'intelletlo, 
laonde  ogui  vero  puo  darvi  materia :  puo  insegnarsi  tulto  cio  che  e 
acquisto  dell'  uomo,  ma  non  cio  ch'  e  rivelazione ;  talche  la  scuola 
deve  o  accettar  la  Chiesa  qual  e,  o  tacere  di  tulto  quanto  la  riguar- 
da.  Ma  tale  ommissione  renderebbe  incompiuta  la  scuola,  mancan- 
dole  molti  veri,  e  i  piu  sublimi.  Che  se  e  lodevole  il  padre,  che  in 
tempo  di  arsura  stende  un  panno  per  raccogliere  qualche  goccia  di 
pioggia  o  di  rugiada,  ben  meglio  farebbe  coll'  andare  alia  fonte  e 
riempiervi  il  secchio. 

«  Ma  1'  istruzione  religiosa  non  vorrei  io  parte  dei  corsi  ordinarii  ; 
mal  mi  sorride  quel  mettere  la  catechelica  a  livello  colla  fisica  e  col- 
rumanita;  e  che,  allo  scendere  d'un  filologo  il  quale  spiego  Ora- 
zio ,  saiga  in  caltedra  un  ecclesiastico  che  commenti  San  Paolo  o  il 
Decalogo.  A  tal  modo  nell'  insegnamenlo  religioso  si  inseriscono  i 
dubbii  dell'istruzione  accademica.  Ad  un  maestro,  che  ebbe  per  re- 
gola di  tenersi  eslranio  ai  dogmi  nell'  insegnamenlo,  come  polra  ri- 
parare  un  calechista,  che  giunge  colla  sinistra  prevenzione  d'  inse- 
gnare  per  mestiere  ?  Al  men  che  sia ,  egli  riuscira  a  render  noiosi  e 
ributtanti  la  Bibbia  o  il  Catechismo,  come  gli  altri  maestri  ridusser 
tediosi  Virgilio  e  Tito  Livio. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  715 

«  La  Chiesa  caltolica  provvide  altrimenti ,  e  istitui  nella  casa  di 
Dio  lezioni*  dominicali ,  si  per  ispiegar  il  Vangelo,  si  per  isminuzza- 
re  la  dottrina ;  pubblico  catechismi ,  fatli  da  commission!  sceltissi- 
me  e  da  eminent!  leologi ,  ammirati  come  capolavoro  di  didaltica ;  o 
transuuti  e  interrogatorii  approval!  dai  superiori  ordinarii.  Ma  in 
essi  trattasi  di  verita  certe,  sulle  quali  non  si  da  controversia,  per- 
che  deffinite  da  un'  autorita  infallibile ;  il  preciso  opposto  dell'  inse- 
gnamento  scolastico  ,  ove  tulto  e  abbandonato  alle  disputazioni ;  ove, 
anche  dopo  dimostratone  1'assurdo ,  sorge  ogni  tratto  chi  ri propone 
la  quadratura  del  circolo ,  la  trisezione  dell'angolo  ,  il  moto  perpe- 
tuo ,  la  generazione  spontanea.  Aggiungasi  che  la  Chiesa ,  oltre  in- 
segnar  il  vero  ,  vigila  perche  non  s  insegni  il  falso ,  viepiu  ove  trat- 
tasi dell'educazione  del  cuore ,  ed  ha  conforti  e  sussidii  per  la  vo- 
lonla. 

«  E  nelle  chiese  soltanto  dovrebbe  impartirsi  1'  istruzione  religio- 
sa,  se  non  avesse  costretto  a  introdurla  nelle  scuole  1'essersi  ormai 
generalmente  abbandonate  la  predica  e  la  doltrina.  Non  e  dunque 
che  un  ripiego;  ma  in  tutti  i  casi  dovrebb'essere  il  parroco  che  la 
facesse  nelle  scuole  elementari ,  non  un  laico ,  il  quale ,  oltre  le  ine- 
sattezze  in  cui  puo  incappare,  scemer£  credito  a  un  insegnamento 
ecclesiaslico  medianle  una  condotta,  per  lo  meno,  secolaresca. 

«  Quest'accenno  all' istruzione  religiosa  ci  affaccia  la  piu  clamoro- 
sa  obiezione,  che  si  fa  al  libero  insegnamento  ;  cioe  Tapprensione 
che  il  clero  lo  tragga  a  tutto  suo  vantaggio ;  e  che  ,  soppressa  la  do- 
gana  amminislrativa  ,  irrompano  dappertulto  Scolopii,  Ignorantelli, 
fin  Gesuiti.  Sarebbe  mai  questo  il  linguaggio  di  gente  che  si  van- 
taggia  del  monopolio  ,  e  che  abborre  la  concorrenza  ?  Fra  gli  arti- 
fizii  di  render  odiose  o  sospette  certe  verita ,  e  1'attribuirle  a  perso- 
ne  che  siano  a  rinvilio  nella  tariffa  di  piazza.  Chi  pero  si  forbisca 
dalle  spettacolose  paure  e  dalle  personificazioni  da  trivio ;  e  sgom- 
bri  la  fantasia  dallo  spettro  delle  machiavelliche  combinazioni  e  del- 
le  cospirazioni  tenebrose ,  rifletlera  che  il  clero  \1en  fuori  dal  popolo 
e  \ive  col  popolo.  Gli  e  vero  che  cio  lo  rende  polente ,  ma  sono  i 
democratic!  che  devono  temerne  l?  » 

1  Pag.  66. 


716  RIVISTA 

Abbiamo  voluto  portar  per  disleso  questo  lungo  tralto ;  atteso  i 
savii  concetti  che  contiene ,  contrarii  all'  andazzo  della  capestreria 
di  moda.  Ma  esso  non  e  il  solo ;  tulto  il  libro  ne  e  zeppo.  E  pero  ci 
coDgratuliamo  grandemente  coll'Autore,  non  solo  pel  suo  retto  senti- 
re  in  materie  si  delicate,  ma  ancora  pel  suo  coraggio  civile  nel  pro- 
mulgare  i  suoi  sentiraenti  a  viso  aperto  e  fronte  alta,  contro  la  piena 
dei  vili  e  sciocchi  piaggiatori  dell'  opinione  corrente.  Ma  e  tempo  di 
raccoglierle  sarle;  che  altrimenti  non  la  finiremmo  si  presto,  se  vo- 
lessimo  continuarci  in  questo  argomento.  In  conclusione  dunque  di- 
ciamo  che  1'  accentramento  e  il  monopolio  governativo ,  per  cio  che 
riguarda  1'  insegnamento ,  e  merce  importata  dalla  rivoluzione.  La 
teorica  sociale  della  rivoluzione  e  quella  di  Rousseau ,  la  quale  pro- 
meltendo  liberta  mena  al  servaggio  piu  spaventevole.  Essa  non 
concepisce  la  societa  come  un  vitale  organismo ,  composto  di  asso- 
ciazioni,  aventi  ciascuna  proprio  fine,  proprio  moto,  proprie  leggi, 
di  cui  non  puo  venire  spogliata ;  ma  la  concepisce  come  un  mero 
meccanismo  composto  di  pezzi  e  mote ,  di  per  se  inerti ,  e  deslinale 
ad  eseguire  il  movimento  ,  che  loro  imprime  un'  unica  forza,  quella 
del  governante  politico.  Per  la  rivoluzione  lo  Stato  e  ogni  cosa ,  as- 
sorbente  in  se  la  personalila  di  tutti  i  cittadini ;  e  il  monopolio  del- 
1'istruzione  non  e,  che  una  parziale  inferenza  di  cotesto  pestilenziale 
sistema.  Gia  lo  Stato ,  come  ben  osserva  il  Cantu ,  si  ha  messo  in 
mano  le  sostanze  private  coll'  imposta ,  le  vite  colla  coscrizione ,  il 
culto  col  placet,  1'opinione  coi  giornali;  resta  che  s'impossessi  ezian- 
dio  della  mente  coll'  islruzione  1.  Ecco  la  liberta  che  la  rivoluzione 
promelte  e  reca  in  atlo !  Suo  vero  inlendimento  perallro  e  la  distru- 
zione  d'ogni  spontaneita  individuate ,  sott'  ombra  del  bene  comune  e 
della  volonla  generale.  Ma  se  bisogna  stare  in  guardia  conlro  qual- 
siasi  lirannide ,  bisogna  sommamente  stare  in  guardia  contro  la  ti- 
rannide  rivoluzionaria ,  che  di  lutte  e  la  piu  oppressiva  e  la  men 
facile  a  scuolersi ,  senza  un  perturbamento  generale  della  civil  con- 
vivenza. 


1  Pag  32. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  717 

II. 

Omaggio  a  Dante  Alighieri,  offerto  dai  Cattolici  italianf  nel  Mag- 
gio  1865,  sesloCentenario  dalla  suanascita  —  Roma,  tipogra- 
fia  Monaldi  1865.  Un  elegante  volume  in  8.°  di  pag.  VIII-656, 
col  ritratto  di  Dante. 

Fu  pio  e  generoso  pensiero,  quello  che  concepi  il  chiarissimo 
duca  Caracciolo  di  Brienza,  d'  invitare  un  eletto  mimero  di  Scriltori 
cattolici  a  celebrare  la  memoria  di  Dante  Alighieri ,  nella  ricorrenza 
del  sesto  Centenario  dalla  sua  nascita.  II  che  egli  proponeva,  non 
solo  per  una  buona  ragione  di  convenienza;  di  onorare  cioe  il  me- 
rito  incomparabile  del  Divino  Poeta:  ma  piu  ancora  per  un  cotale 
motivo  di  necessita;  che  era  di  difenderlo  dalle  offese,  alle  quali  sa- 
rebb'  esposlo  il  suo  nome.  Imperocche  le  feste,  che  per  questa  occa- 
sione  gli  veniva  apparecchiando  la  fazione,  che  ora  signoreggia  1'Ita- 
Ha,  non  tanto  erano  indirizzate  a  magnificarelasua  gloria,  quanta  a 
distruggere  quasi  il  suo  Poema,  facendolo  comparire  opera  politica, 
e  lui  calunniando  di  avere  in  esso  somministrato  il  concetto  di  que- 
slo  che  dicono  regno  d'  Italia,  unificato  sotto  un  solo  principe ,  sba- 
razzato  in  parte  e  prossimo  ad  essere  sbarazzato  del  lutto  del  domi- 
nio  temporale  de'  Papi.  Or  ecco  il  povero  Dante  diventato  un  libera- 
lastro  del  secolo  XIX ,  istauratore  dell'  ordine  morale  alia  foggia 
moderna ,  inimico  de'  Papi ,  persecutore  della  Chiesa !  E  questi  do- 
veano  essere  i  titoli  principali  a  festeggiarlo  nella  solennit£  comme- 
morativa  del  suo  nascimento  ;  e  cio  che  e  piu  a  nome  della  intera 
nazione ! 

Siamo  cerli  che,  anche  senza  I'lnvito  del  nobile  Duca  molti  di 
que'  dolti ,  che  sono  concorsi  a  formare  il  libro  annunziato  da  noi, 
si  sarebbero  consigliati,  ciascheduno  dase,  di  venire  in  soccorso  del 
nome  e  dell'onore  di  Dante.  Di  fatlo  non  pochi  di  essi ,  oltre  alle 
scrilture  pubblicate  in  questa  Raccolta,  altre  ancora  ne  hanno  divul- 
gate  pel  medesimo  fine.  Ne  meno  di  questi  altri  Scriltori ,  non 
punto  inferiori  per  merilo  lelterario  e  per  pieta  cristiana,  hanno  an- 


718  RI  VISTA 

ch'essi  con  opuscoli  separati  e  pieni  di  dottrina  preso  a  sostenere  la 
causa  di  Dante  e  della  sua  religione. 

Se  non  che  queste  pruove,  cosi  divise  tra  loro,  non  sarebbero  ve- 
nute  congiuntamente  nelle  mani  di  molti,  ne  come  parti  di  un' opera 
elaborata  da  molti  a  un  solo  scopo ;  che  percio  non  avrebbero  avuto 
il  valore  di  un  seotimento  comune  de'lellerali  d'ltalia  piu  assennati, 
inlorno  al  modo  d'  inlendere  i  pensieri  di  Dante.  Che  cotesto  co- 
mune senlimento  si  sia  potuto  otlenere,  che  siasi  potuto  manifestare 
all'  Italia  ed  al  naondo  con  un  volume,  e  questo,  considerato  sotto  tut- 
ti  i  risguardi,  da  mettersi  a  paragone  colle  piu  eleganti  l  e  splendide 
imprese  lelterarie,  e  da  saperne  il  massimo  grado  al  sullodato  signor 
Duca,  il  quale  per  venire  a  capo  del  suo  magnanimo  disegno,  non  ha 
perdonato  a  spese,  non  ha  risparmjato  ne  cure,  ne  fatiche,  pospo- 
nendo  eziandio  a  questo  i  suoi  particolari  interessi. 

E  ci  pare  che  il  suo  proposto  sia  stato  coronato  di  felicissimo 
esito.  Peroeche  il  volume  pubblicato  da  lui  assegue  compiutamenle 
lo  scopo  generale ,  a  cui  era  destinato.  Esso  e  riuscilo  nel  tulto  cio 
che  si  voleva,  una  protesta  efficace,  perche  ragionata,  del  mi- 
glior  fiore  de' letterati  italiani ,  veramente  catlolici,  contro  gl'm- 
sulti,  che  nelle  feste  del  Centenario  si  sono  falte  alia  religione  ed  al- 
ia onesta  di  Dante  Alighieri,  con  graluite  affermazioni  avventate  tra 
i  fumi  de'  conviti  e  le  baldorie  delle  piazze ,  o  sparse  in  epigrafi 
groltesche,  e  in  discorsi  da  deliranli. 

E  un  altro  suggello  di  verita,  donde  meno  si  sarebbe  aspettato, 
ha  ricevulo  il  disegno  di  questo  Omaggio.  Imperoccbe  pur  dalle  of- 
licine  de'liberali,  e  sollo  la  costoro  direzione,  e  uscita  alia  luce  una 
Raccolta  di  opuscoli,  avenli  per  soggetto  Dante  e  laDivina  comme- 
dia.  A  noi  veramente  non  e  ancora  pervenuta ;  e  pero  non  ne  po- 
tremmo  giudicare  di  propria  e  immediata  cognizione.  Nondimeno  a 
leggere  i  norm  di  alcuni  autori,  i  quali  vi  ban  preso  parle,  abbiamo 
con  piacere  osservato,  che  gli  stessi  liberali  si  son  veduti  costrelti 

1  Diciamo  elegante  e  splendida  quest'  impresa  non  solo  dal  lato  lettera- 
rlo,  ma  eziandio  dal  lato  tipografico.  Poiche  il  libro  per  la  nitidezza  dei  ca- 
ratteri,  per  la  qualita  della  carta,  per  la  diligenza  dell'  impressione,  puo  no- 
verarsi  tra  le  stampe  veramente  belle  che  ora  si  facciano  in  Italia. 


BELLA  STAMP  A  ITALIANA  719 

di  ricorrere  a  buoni  cattolici,  se  volcano  che  si  dicesse  alcuna  cosa 
di  grave  e  di  vero  iniorno  a  Dante.  Molto  piii  ci  siamo  consolati  a 
rilevare  da  alcuni  diarii  il  sunlo  di  piu  di  una  di  coteste  scritture. 
Or  che  e  do,  dicevamo,  cbe  i  liberali,  i  quali  hanno  falta  tanta  bal- 
doria  per  dimostrare  che  Dante  fu  nimico  del  dominio  lemporale  del 
Papi,  ci  stampano  a  un  tratto  una  dissertazione  del  Canlu,  secondo 
la  quale  sarebbero  da  dire  inetti  coloro,  che  affibbiano  a  Dante  una 
tale  opinione?  E  la  stessa  maraviglia  ci  percoteva  per  gli  argomenti 
di  alquanle  altre  scritture.  Ma  la  risposta  e  li:  era  necessario  invi- 
tare  a  serivere  sopra  Dante  personaggi  che  il  sapessero  fare  conve- 
nientemente :  e  niuno  il  potrebbe,  che  fosse  disposto  a  travisare  i 
pensieri  di  lui,  per  servire  ai  fini  della  setta. 

Or  questa  ragione  viene,  bench e  per  indiretlo,  a  commendare 
il  Volume  dell'  Omaggio  de'  Cattolici  italiani  a  Dante  Alighieri.  Pe- 
rocche  niuno  vi  ha  parte,  che  non  sia  dall'una  parte  commendevole 
per  la  bont3t  de'suoi  principii  religiosi,  e  che  daH'altra  non  avesse 
gia  date  ollime  pruove  del  suo  non  ordinario  valore  nella  intelligenza 
del  divino  Poema.  Ora  se  i  liberali,  per  dire  alcuna  cosa  di  buono 
inproposito  di  Dante,  dimenticato  ii  loro  delirio,  sono  coslretti  di  ri- 
correre ai  catlolici,  non  e  da  riputare  il  presente  Libro  il  vero  in- 
terprete  degli  intendimenti  di  Dante,  se  non  sempre  e  in  tutti  i  ri- 
spetti  secondarii,  certamente  pero  nella  sostanza  del  tulto? 

Facciamo  cotesta  necessaria  eccezione ;  perocche,  come  afferma  il 
sullodalo  Editore  nella  sua  bellissima  Prefazione,  era  impossible 
che  tulli  i  diversi  autori  convenissero  nelle  medesime  idee  partico- 
lari.  Ma  cio  non  fa  altro,  che  rendere  piu  autorevole  il  loro  consen- 
so  nelle  cose  piu  sostanziali.  Di  fatto  abbiamo  scorso,  con  infmito 
piacere,  da  capo  a  fondo  tulto  il  libro ;  e  mentre  non  vi  manca 
niuna  delle  gravi  quislioni;  come  a  dire,  dell' idea  e  dell'intendi- 
mento  di  tutto  il  Poema,  del  concetto  politico,  e  del  suo  alteggia- 
mento  nella  monarchia  universalc,  del  Veltro,  del  dominio  temporals 
de'  Papi  secondo  1' Alighieri ,  della  sua  Filosofia ,  e  di  piu  altre  non 
meno  important!  di  queste ;  e  ammirabile  1'armonia  di  tanti  uomini 
dottissimi  nel  vedere  il  medesimo  scopo  del  Poela,  la  mcdesima  ret- 
titudine,  la  medesima  religione ;  avvegnache  con  maggiore  o  minore 


720  RIVISTA 

comprensione,  con  quesle  o  quelle  altre  applicazioni,  e  con  interpre- 
tazioni  piu  o  meno  aggiustale. 

Ne  si  creda  pero,  che  la  gravita  degli  argomenti  faccia  ostacolo 
aH'amenila,  che  si  conviene  ad  un  omaggio  di  festa.  L'Omaggio 
de'  Cattolici  italiani  a  Dante  Alighieri  ci  e  riuscito  veramente  un  li- 
bro  delizioso.  Delizioso  pel  soggetto,  che  cotanto  interessa:  delizio- 
so  per  la  varieta  delle  materie  e  delle  trattazioni :  delizioso  per  le 
bellezze  e  le  grazie  delle  forme;  essendo  lo  stile  in  tulti  colto,  in  al- 
cuni  con  singolate  squisitezza:  delizioso  finalmente  per  1'accordo  di 
bellissime  poesie,  che  si  vengono  a  quando  a  quando  ad  intrecciare 
colle  prose. 

Abbia  dunque  1'  egregio  signer  Duca  e  gl'  illustri  suoi  collabora- 
tor! le  nostre  congralulazioni,  e  quelle  che  siamo  certi  gli  fanno  lul- 
t'  i  buoni  Italiani ;  del  pensiero  de'  quali  si  sono  fatti  si  degnamente 
grinlerpreti. 

HI. 

Risposta  di  due  teologi  italiani  all'  Enciclica  dell'  8  Dicembre  1864, 
indirizzata  ai  Vescovi  caltolici  da  Papa  Pio  IX.  —  Urbino  per 
Savino  Rocchetti  1865.  Un  opusc.  di  pag.  52. 

Una  risposta  air  Enciclica ,  et  quidem  di  due  teologi ,  e  di  due 
teologi  dicentisi  italiani,  aggiunto  si  straziato  da  alcuni  preti  de'no- 
stri  di !  Oh  la  pessima  cosa  che  deve  essere !  Dicemmo  losto  alia 
vista  di  questo  titolo.  C'introducemmo.  Ecco  i  due  teologi,  non  altri- 
menti  che  due  cani  ringhiosi  sopra  il  pasto  da  rodere ,  giltarsi  ad- 
dosso  all' Enciclica  e,  senza  il  menomo  riguardo  alia  civilla,  fare  di 
essa  e  della  sacra  e  reverenda  persona  che  1'  ha  indirizzata  ai  Ve- 
scovi quello  strazio  osceno,  che  Dio  vel  dica.  I  Pastori  delle  Chiese 
parlicolari,  che  1' hanno  accolta  con  tanta  riverenza,  commentata 
con  tanlo  amore  e  promulgata  con  proprio  rischio,  sono  una  torma  di 
poveri  ciechi  che  si  lasciano  trarre  a  mano  da  un  altro  cieco.  I  cat- 
tolici  di  ogni  ordine  che  1'  hanno  salutata  con  gioia,  i  protestanti 
d'  Inghilterra  e  di  Lamagna ,  che  1*  hanno  ammirata ,  e  ricolma  di 
lodi ,  a  petto  dei  due  teologi  italiani  sono  altrettanli  baggei,  che  non 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  721 

inlendendo  un'  acca  di  diritto  beono  assai  grosso.  I  chiaroveggenli 
in  questa  bisogna  sono  i  due  leologi  italiani ,  i  quali  discoprono  te- 
Bebre,  falsita,  insipienza,  dove  gli  altri  veggono  luce,  veriia,  sovru- 
mana  saviezza.  Abbiatene  un  saggio  in  do  che  si  legge  nell'  esordio 
della  risposta. 

«  L'infelice  Pontefice,  chenon  sappiamo  per  quali  arcani  disegni 
di  provvidenza ,  pare  deslinato  a  parlar  sempre  fuori  di  proposito , 
ci  parve  appunto  un  principe  che  vive  fuori  dell' ambiente  respiralo 
da'  suoi  sudditi,  ci  parve  un  insegnanle  che  nelle  sue  lezioni  si  metle 
a  ritroso  del  senso  comune,  ci  parve  un  capitano  d'eserciti  che 
scambia  la  caserma  col  campo  di  guerra.  A  giudicare  il  Ponlificato 
romano  da  quest' alto,  non  ti  sembra  gici  un'istituzione  che  com- 
batte,  ma  che  agonizza ;  non  un'  autorita  che  esercita  il  mandato , 
ma  che  si  uccide  con  le  sue  stesse  mani ;  non  1'  espressione  d'una 
era  trasportata  al  dominio  della  storia ,  ma  d'  un  presente  di  morte 
e  di  tenebre.  E  pero  potrebbesi  lamentare  con  Geremia :  « oh!  come 
1'  oro  e  oscurato,  come  1'  ottimo  colore  e  mutato !  » tanto  vi  campeg- 
gia  un'  inqualificabile  ignoranza  degli  uomini  e  delle  cose ;  un'  im- 
perizia  vargognosa  delle  scienze  sociali  e  de'  tempi  che  corrono !  » 
Fin  qui  la  tirata  proemiale ;  il  cui  piglio  villano  non  si  adoprerebbe 
nemmanco  da  un  vecchio,  malcreato  ed  iroso  maestro  col  piu  tristo  e 
sventato  scolaretto  della  sua  classe. 

Non  facciano  le  meraviglie  di  queslo  i  nosiri  lettori.  I  due  teologi 
italiani  sono  due  gran  baccalari  gia  conosciuti  al  mondo  per  allri 
scFilti ;  sono  due  grandi  uomini  matricolati  in  utroque,  a  cui  tulto  e 
lecito.  Pensate,  sono  due  Ex,  due  apostati ;  il  Reali  ed  il  Prota  in 
petto  e  persona.  Ecco  i  chiaroveggenti ,  dinanzi  a  cui  conviene  che 
ceda  e  si  abbui  ogni  autorita,  ogni  ingegno !  II  primo  scrisse  la  sua 
risposta  nell'  Esaminatore  di  Firenze ,  il  secondo  nell' Emancipatore 
cattolico  di  Napoli.  Un  cotale  di  Urbino  voile  esser  terzo  tra  cotanto 
senno,  merce  1'  opera  del  riunirle  nel  libreltucciaccio  col  titolo  an- 
mmziato,  chiamandole  sapienti  parole,  forli  ragioni,  palpabili  ve- 
rita.  Ma  sapete  in  che  consiste  la  sapienza  e  la  forza  di  cosiffatte 
ragioni?  Essa  consiste  proprio  nell'  arte  dell'inganno  e,  della  frode: 
giacche  da  capo  a  fondo  si  alterano,  si  trinciano.  e  si  travisano  i  con- 
Serie  YJ,  vol.  11,  fasc.  366.  46  7  Giugno  1865. 


722  RIVISTA 

celti  della  Enciclica  con  istomachevole  sfrontatezza.  Diamone  un 

saggio. 

La  prima  proposizione  condannata  dall'  Enciclica  dice : 

«  L  ottima  ragione  della  pubblica  societa,  e  il  civile  progresso 
richiede,  che  la  sociela  umana  si  costiluisca  e  si  governi  senza  aver 
niun  riguardo  alia  religione,  come  se  non  esistesse,  o  almeno  senza 
fare  alcun  divario  tra  la  vera  e  le  false  religion!.  » 

II  Reali,  Ironcatole  di  un  colpo  nello  il  capo,  ve  la  porge  in  que- 
sto  modo : 

«  Son  alcuni  che  osano  insegnare,  che  la  societa  umana  sia  cosli- 
iuita  e  governata  senza  verun  riguardo  alia  religione ,  come  se  non 
esislesse  od  almen  senza  far  veruna  differenza  fra  la  vera  e  la  falsa 
religione  (pag.  6).  » 

La  seconda  proposizione  appuntata  nell' Enciclica  afferma: 

«  Ottima  essere  la  condizione  della  societa,  nella  quale  non  si  ri- 
conosce  nell'  Impero  il  debito  di  reprimere  con  pene  stabilite  i  vio- 
latori  della  caltolica  religione,  se  noii  in  quanto  lo  domanda  la  pub- 
blica pace.  » 

II  Reali  invece,  fattole  lo  stesso  strazio  che  alia  prima,  ve  la  stor- 
pia  cosi : 

«  II  Papa  si  duole,  che  nel  dirilto  penale  non  si  minaccino  pene 
ai  violalori  della  cattolica  religione,  se  non  in  quanto  richiede  la 
pubblica  quiete.  Egli  vorrebbe  che  il  diritto  di  punire  si  estendesse 
alle  colpe  interne,  le  quali  sono  tali  moralmenle,  ma  non  giuridica- 
mente  ecc.  (pag.  8). » 

La  terza  proposizione  dell'  Enciclica  ferisce  1'  opinione  che  af- 
fierma : 

«  La  liber  ta  di  coscienza  e  dei  culli  essere  un  diritto  proprio  di 
ciascun  uomo,  che  si  ha  da  proclamare  e  stabilire  per  legge  in 
ogni  ben  coslituita  societal ,  ed  i  cittadini  avere  diritto  ad  una  totale 
liber  ta  ecc.  » 

II  Reali  in  cambio  ve  la  spaccia  travolta  e  scema  del  proprio  sog- 
gello,  dicendo: 

«  In  seguito  si  riprova  la  liberta  di  coscienza  e  dei  culti,  e  per  ri- 
provarla  adeguatamente  si  asserisce,  essere  le  odierne  scuole  dei 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  723 

pubblicisti  tutte  inlese  a  sostenere  che  in  ogni  sociela  ben  coslituita 
ogni  citladino  ha  diritlo  ecc.  (pag.  9).  » 

Eccovi  la  buona  fede  del  teologo  ilaliano!  Le  condanne  del  Ponte- 
fice  sono  esposle  in  formole  limpide  e  recise.  L'errore,  sfolgorando- 
vi  colla  sua  luce  nefasta,  morde  gli  occhi  anche  di  quelli  che  non 
vorrebbono  addarsene.  Conlultocio  il  Reali  delibera  di  metter  in  ug- 
gia  la  Enciclica!  L'astio,  che  lo  rode  controil  Papa,  nol  lasciaquie- 
to.  Che  fa  egli  pertanto?  Preso  consiglio  dalla  sua  nequizia,  tronca, 
scema,  storpia  le  proposizioni  condannate.  Sicche  scomparso  il  sog- 
gelto  della  condanna,  o  tramutato  d'  uno  in  altro  punto  di  dottri  •>. 
na ,  egli  puo  quindi  a  suo  bell'  agio  dar  da  intendere  al  credulo 
lettore,  che  il  Pontefice  e  illogico,  che  vuole  restituiti  i  roghi,  che 
domanda  al  polere  laicale  delle  pene  per  colpe  interne ,  ed  altrettali 
fanfaluche  da  pazzo  ciurmatore.  Cosiffatta  e  la  tranelleria,  a  cui  egli 
ordina  la  soppressione  de'  concetti  o  vocaboli  segnati  nelle  riferile 
proposizioni. 

Ma  variata  placent.  Onde  il  Reali  dismessa  Y  arte  del  furfante  pi- 
glia  quella  del  giocoliere.  Giacche  siccome  questi  nel  processo  del 
giuoco  vi  cangia  con  destrezza  Tuna  palla  in  altra  ;  cosi  egH,  rappor- 
tate  testualmente  le  parole  dell'Enciclica,  cammin  facendo  ve  le  con- 
verte  in  altre.  A  mo'  di  esempio  ei  vi  scambia  con  somma  bravura 
la  pubblica  opinione  filtizia  nel  senso  comune :  vi  muta  la  forza  di  leg- 
ge  suprema,  atlribuita  alia  pubblica  opiuione,  nella  forza  di  verita  in- 
concusse,  proprie  del  senso  comune :  alia  voce  palesamente  (palam) 
soslituisce  1'avverbio  liberamente,  e  1'uso  della  liberta  confonde  colla 
potenza  della  medesima.  Di  che  cangiato  sostanzialmente  il  senso 
delle  proposizioni  condannate,  egli  vi  fa  vedere  come  due  e  due  fan 
quattro,  che  il  Papa  ha  fulminato  il  senso  comune ,  messa  al  bando 
la  liberta  umana,  e  presi  de'  granchi  non  pochi.  Che  vi  pare  di  que- 
sla  mariuoleria  si  ben  pensata  1  ? 

Eccone  un'altra.  La  Enciclica  non  vi  gitta  dinanzi  cosi  a  casaccio 
le  sue  condanne ,  ma  ve  le  connette  e  raflbrza  con  un  seguito  si  ben 
Inteso  di  ragioni  brevi,  succose,  profonde  ,  che  piccolo  commento 

1  Pag.  9. 10, 11. 12,  14. 


724  RIVISTA 

basterebbe  ad  averne  un'apologia  ampla  e  tutta  nerbo  di  argomenli. 
II  Reali  non  fa  motto  ne  del  collegamento  che  corre  tra  Tuna 
condanna  e  1'altra ,  ne  delle  autorita,  che  si  citano,  ne  delle  gravi 
ragioni  che  vi  s'  incontrano.  Per  lui  tutto  questo  e  nulla.  Onde,  per 
avere  di  che  combattere,  or  cavilla,  or  meulisce  ed  ora  calunnia.  La 
sua  buona  fede  e  sempre  in  giuoco.  Grida  all'equivoco  sopra  la  con- 
danna della  teorica  del  fatto  compiulo  ,  come  se  il  Papa  condannas- 
se  in  un  fascio  tutti  i  fatti  compiuti ,  legittimi  o  no ;  e  1'equivoco  par- 
te  dalla  sua  penna ,  in  quanto  omette  la  voce  iuris  aggiunta  a  vim 
che  determina  il  senso  della  proposizione  condannata.  Rigelta  pure 
come  equivoco  T  asserlo  del  Pontefice  sopra  la  persecuzione ,  che 
si  fa  agli  Ordini  religiosi ;  e  1'  equivoco  giace  nel  suo  concetto ,  in 
cui  scambiate  le  Religioni  cogl'  individui  delle  medesime,  ei  soslie- 
ne  esser  questi  ben  provveduti  dal  Governo :  e  quanto  a'frati  ed  a'  ca- 
nonici  apostati  ha  lutta  la  ragione.  Taccia  di  calunnia  il  Papa,  laddo- 
ve  dice,  che  a'  nostri  di,  per  guastare  le  menti  della  gioventu  a  man 
salva,  si  cerca  di  torne  la  educazione  al  clero.  Ei  cita  in  conferma 
1'Annuario  della  pubblica  istruzione  in  Italia ;  ma  il  nome  di  un  Rea- 
li e  di  altri  a  lui  somiglianli  che  vi  comparisce  scrilto,  e  la  piu  bella 
prova  dell' asserzione  pontificia.  In  uri  luogo  fmge  che  il  Papa  attri- 
buisce  alia  Chiesa  il  potere  di  modificare  ed  alterare  la  morale  eter- 
na ;  in  un  allro  afferma  calunniando  che  egli  contianna  1'  insegnamen- 
to  laicale  per  conto  proprio.  Gli  Ordini  religiosi  poi  secondo  lui  non 
sono  altro  che  alimenlalori  deWaccattonaggio,  e  un  branco  d'  uomi- 
ni,  che  brigano  d'impinguare  con  mezzi  poco  onesti.  II  perche  1'a- 
mma  sdegnosa  del  Reali  penso  bene  di  gittare  Y  abito  che  portava, 
per  non  partecipare  in  tanta  infamia  1. 

Ma  dove  egli  si  mostra  tulto  fuoco  di  santo  zelo  si  e  aU'ulli- 
ma  proposizione,  sfolgorata  dalla  Enciclica.  La  dice  condanna  anti- 
logica,  la  chiama  sir-ana  protesta ,  la  disprezza  come  goffa  espres- 
sione.  «  Principi  e  Re  della  terra ,  ei  grida ,  deponele  le  voslre  co- 
rone,  (il  Papa)  vuol  cingerle  in  vostra  vece:  giudici  e  magistrati, 
scendete  dai  vostri  seggi ,  egli  vuol  prendere  il  vostro  posto :  capi- 

1  Pag.  12, 13, 15, 18,  21. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  725 

tani  di  eserciti  cedete  a  lui  il  comando  de'  vostri  soldati.  E  poi,  voi 
Pastori  protestaoti  abbandonale  le  voslre  cattedre ,  uscile  dalle  Si- 
nagoghe  o  Rabbini,  Bonzi  lasciale  liberi  a  lui  le  vostre  pagodi  e  voi, 
Mufti,  le  vostre  moschee ;  egli  vuol  pieno  impero  eziandio  su  quel 
che  e  fuor  della  Chiesa !  1 »  A  questo  tratto  di  eloquenza  non  e  a  dire 
se  appicchi  lamenti,  osservazioni  e  sdegni.  Badate  pero,  che  quanto 
piu  il  ciarlatano  si  discioglie  in  grida ,  tanlo  e  piu  vicino  ad  accoc- 
carvela  con  deslrezza.  Difalto  il  nostro  Reali  giltandovi  innanzi  la 
delta  proposizione,  ne'  suoi  furori  vi  caccia  un  «  NON  »  dove  non  e,  e 
soppressovi  un  intero  concetto,  di  affermativa  ve  la  trasmuta  di  botto 
in  negativa,  con  somma  disinvollura.  Mirate  co'  vostri  occhi  il  trislo 
giuoco ,  e  dite  se  possa  darsi  fronte  piu  dura  di  chi  osa  tanto  in  co- 
sa  divulgatissima. 

Enciclica.  «  Ne  possiamo  passare  sotto  silenzio  1'audacia  di  quel- 
li,  i  quali,  intolleranti  della  sana  dotlrina,  contendono  che  si  possa 
senza  peccato  e  iattura  della  professione  caltolica ,  negare  1'assenso 
e  1'obbedienza  a  quei  decreti  e  giudizii  della  Sede  apostolica ,  1'ob- 
bietto  dei  quali  si  dichiara  che  riguarda  il  bene  generate  della  Chie- 
sa e  i  suoi  diritti  e  la  sua  disci  plina ;  pur  che  essi  non  tocchino  i  dom- 
mi  della  fede  e  dei  costumi.  II  che  quanto  si  opponga  al  domma  cat- 
tolico  ecc.  » 

Reali.  «  E  non  possiamo  tacere  dell'audacia  di  coloro,  che  non 
sostenendo  la  sana  dottrina,  pretendono  potersi  negare  1'assenso 
e  1'obbedienza  senza  peccato  e  senza  iallura  della  professione  calto- 
lica a  que'  giudizii  e  decreti  della  Sede  apostolica ,  il  cui  oggelto  NON 
riguardi  ii  bene  generate  della  Chiesa,  i  diritli  della  medesima  e  la 
disciplina.  Lo  che  quanto  si  opponga  al  dogma  cattolico  ecc.  ( pag. 
26,  27.  » 

Non  vi  pare  che  1'  Esaminatore  di  Firenze  sia  degnissimo  di  tale 
scriltore?  Per  questo  periodico  tanto  e  tanto.  Ma  che  dire  della  gra- 
vissima  Rimsta  Contemporanea ,  la  quale  pure  di  tratto  in  tratto  si 
onora  degli  articoli  di  si  grande  professore?  Oh !  la  sua  scienza  teo- 
logica  e  le  sue  vaste  cognizioni  fanno  chiudere  un  occhio  sopra  del 

1  Pag.  27, 28. 


726  RIVISTA 

resto.  Cosi  almeno  sembra  che  la  pensi  la  Redazione  del  mentovato 
Emancipatore,  stando  all'annunzio che,  non  e  guari,  mandava  in- 
nanzi  ai  fuluri  articoli  del  suo  ex-canonico.  Yeggiamo  un  po'  se  in 
questo  profondo  e  vasto  sapere  possiamo  pescare  alcun  che  al  no- 
stro  proposito.  A  pag.  21  e  22  a  nome  dei  teologi  e  del  canonist! 
vi  dice,  «  che  il  valore  della  scomunica  e  tutto  esleriore  »,  che  « la 
comunione  interiore  non  puo  essere  attenuata  dalla  scomunica ,  ma 
dalla  colpa  »,  e  che  « la  scomunica,  1'inlerdetto  e  le  censure  sono 
pene  temporal!  »  :  ma  i  teologi  ed  i  canonist!  insegnando  il  contra- 
rio  lo  convincono  di  essersi  dimenticato  nella  sua  vita  nuova  le  no- 
zioni  piu  ovvie  inlorno  alle  censure.  Ivi  pure  afferma  che  « i  teologi 
e  i  canonist!  ne  asserirono ,  e  non  potrebbero  certamente  asserire, 
che  il  Concilio  di  Trento  abbia  parlato  giammai  del  dominio  tempo- 
rale  de'  Pap! :  ma  il  Suarez  ed  il  Bonacina,  indicandogli  il  Traltato 
de  Censuris,  confondono  la  sua  audace  ignoranza.  A  pag.  11  asse- 
risce  che  « le  teorie  del  P.  Molina  e  del  P.  Escobar  sono  quelle  che 
danno  alia  volonta  umana  il  valore  della  volorita  divina,  e  fanno  della 
pubblica  opinione  la  sorgente  del  diritto  ed  il  fonte  della  giustizia  », 
e  con  cio  mostra  di  non  avere  letto  per  poco  il  frontispizio  di  quest! 
autori.  A  pag.  17  deridendo  come  illogica  la  condanna  del  comu- 
nismo  e  del  socialismo  nelle  loro  teoriche  circa  la  famiglia,  «  vi  so- 
no slati,  egli  scrive,  alcuni  pazzi  che  hanno  messo  in  campo  il  titolo 
di  comunismo,  come  hanno  invocato  alcune  riforme  economiche  deno- 
minandole  dal  socialismo :  »  e  con  questo  mostra  d'  ignorare  quanto 
sia  infelta  di  tali  teoriche  la  filosofia  alemanna,  intaccata  la  francese, 
e  locca  in  alcuna  parle  quella  di  alcuni  filosofi  italiani.  II  Della  Molta 
colle  sue  dotte  e  profonde  scritlure  puo  sicurarlo. 

I/  edilore  di  Urbino  invita  a  leggere  ponderatamente  le  palpabili 
verita.  Egli  ha  errato.  Dovea  dire :  palpabili  errori.  Passandoci 
delle  strane  falsit&,  balestrale  intorno  all'origine  della  personality 
morale,  ed  al  diritlo  della  proprieta  e  della  liberla,  contentiamoci  a 
un  pizzico  di  quelle  che  appartengono  alia  teologia.  Egli  1.°  asserisce 
che  la  sanzione  di  una  legge  penale  contro  i  violator!  delle  feste  e 
tirannica  (p.  16);  2.°  nega  alia  Chiesa  il  potere  di  stanziare  pene 
temporali  (pag.  22);  3.°  le  toglie  il  diritto  di  sentenziare  nel  foro  este- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  127 

riore  soprala  morale  (pag.  21);  4.°  afferma  che  in  tal  quistione 
«  non  sempre  il  Papa  ed  i  Vescovi  sono  la  Chiesa  »  aggiungi  do- 
cenle  (ibid.);  5.°  definisce  gli  Ordini  religiosi  «  enti  fittizii,  in  cui  e 
assai  problematica  la  liberta  di  aggregarvisi  (pag.  23).  »  Facciamo 
sosta.  Le  sapienti  parole,  le  forti  ragioni  e  palpabili  verita  di  que- 
slo  scrilto  SODO  messe  bastanlemente  in  chiaro.  Nell'arte  della  fro- 
dolenza  e  dello  spropositare  con  somma  audacia,  non  v'  ha  dubbio, 
il  suo  autore  ha  loccato  il  sommo  della  laude. 

Nulla  volevamo  dire  dell'arlicolo  del  Prota,  presentalo  sotto  forma 
di  lellera  al  S.  Padre.  Estremamente  goffo  e  il  suo  andamento,  par- 
to  di  slrano  cervello  i  suoi  concetti.  Ciononoslante  per  dimostrare 
che  colesta  razza  di  teologi  italiani  sono  lutti  di  un  pelame ,  in  cio 
che  spelta  alia  buona  fede,  rechiamo  qui  un  tralto  del  riassunto  che 
egli  fa  dell'  Enciclica :  «  Voi ,  egli  scrive  al  Papa ,  ponete  per  base 
«  delle  dottrine,  che  vendicate  come  dommaliche  deflnizioni ,  la  ne- 
«  gazione  assoluta  della  liberla  dell'  uomo  redento  e  crisliano,  e  so- 
«  sliluile  alia  sua  liberla.  il  principio  della  fede.... ;  negate  il  diritto 
«  delle  razionali  discussioni  anche  nelle  malerie  controverse  di  de- 
ft gma  e  di  disciplina ;  asserite  che  T  uomo  uon  catlolicp  e  non  cri- 
«  sliano  non  possa  avere  i  principii  di  giustizia  nalurale ;  che  non 
«  possa  costiluire  il  diritto  legitlimo  e  legale  la  espressione  univer- 
«  sale  e  solenne  del  voto  populare.... ;  finalmente  che  i  regni  sussi- 
«  stono  pel  fondamenlo  della  fede,  la  quale  si  traduce  per  grazia  e 
«  volonta  del  sommo  Pontefice  Romano,  che  e  il  supremo  modera- 
«  tore  di  quesla  fede ;  e  fmalmente  (ilerum)  che  i  sovrani  non  sono 
«  cosliluiti  da  Dio  per  altro  se  non  a  sostegno  del  soglio  pontificale  ». 
Fin  qui  il  Prota  con  una  sfrontatezza  ed  empieta  rara  a  trovarsi  sotto 
le  stelle.  Rappresentare  falsato  da  capo  a  fondo  un  documenlo  pon- 
tificio  che  corre  per  le  mani  di  tutti ,  e  cio  per  corbellare  qualche 
gonzo,  e  proprio  cosa  di  una  coscienza  perdulissima.  Non  Tabbiam 
detto  da  principio  che  agli  ex  ed  agli  apostali  e  tutlo  lecito  ?  Non 
dubitiamo  che  i  valorosi  Urbinati,  in  mezzo  a  quali  si  gillo  il  libret- 
tucciaccio,  non  gli  abbiano  falto  raccoglimento  che  meritava. 


NOTIZIE  STATISTIGHE 


1.  Numero  del  cattolici  nelle  cinque  parti  del  mondo  —  2.  Classificazione 
degli  abitanti  della  terra,  secondo  le  religion!  professate  —  3.  Progress! 
del  cattolicismo  nella  Gran  Brettagna  —  L  Nell'  Olanda  —  5.  Negli  Slat! 
Unit!  d' America  —  6.  Mission!  dell' Asia  —  7.  Missionarii  Italian!. 

1.  Cominciamo  dal  dare  uno  sguardo  complessivo  al  numero  dei  catto- 
lici sparsi  nell'uni verso.  In  quest' anno  stesso  alcuni  scrittori  ban  voluto 
restrignerne  il  numero  a  soli  150  milioni,  e  una  tal  cifra  Than  data  piut- 
tosto  come  maggiore,  che  come  vicinadel  vero.  II  Balbi,  scrittore  si  pe- 
rito  di  statistica  e  di  geografia,  impresse  a  Parigi  fin  dal  1827  ilsuo  cal- 
colo  della  distribuzione  delle  varie  popolazioni  del  mondo,  secondo  le 
religioni  da  loro  professate :  e  in  questo  calcolo,  quantunque  sorpassasse 
molti  altri  geografi  che  1'aveano  preceduto,  purtuttavia  non  assegno  alia 
Chiesa  cattolica  che  soli  139  milioni.  Gli  undici  milioni  di  piu,  che  ora  si 
danno  da  alcuni  ai  cattolici,  non  sono  un  aumento,  ma  una  restituzione. 
Gli  antichi  calcoli  erano  errati,  e  le  nuove  statistiche,  ov'esse  furono  fat- 
te  accuratamente,  svelarono  un  numero  assai  maggiore  di  quel  che  cre- 
devasi,  come  di  abitanti  cosi  di  cattolici.  Ma  questa  restituzione  di  undi- 
ci milioni  noi  la  riputiamo  assai  scarsa.  L'  indagine  fattane  con  accura- 
tezza  c' induce  ad  asseverare  che  il  numero  minimo  che  possa  attribuirsi 
ai  cattolici  nel  mondo  e  di  200  milioni.  Perche  i  nostri  lettori  veggano 
il  fondamento  di  questa  opinione,  diamo  qui  spartito  per  le  varie  parti 
del  mondo  il  numero  dei  cattolici  che  in  ogni  Stato  si  trovano.  Ci  sono 
servile  di  guida  le  statistiche  official!  ora  civili,  ora  ecclesiastiche,  ov'es- 
se esistono,  e  ove  non  esistono,  le  notizie  tolte  o  da'geografi  piu  recenti , 
o  dagli  scrittori  nazionali  di  maggior  credito.  La  sola  cosa  cbe  ci  siamo 
permessa,  e  stata  di  ometter  sempre  tutte  le  frazioni  del  migliaio,  quan- 
d'esse  erano  minor!  di  500 :  e  quand'  erano  maggiori  considerarle  come 
un  migliaio  jntero.  Cosi  in  questo  computo,  che  di  sua  natura  e  appros- 
simativo,  le  omissioni  compensano  gli  aumenti,  e  il  risultaraento  finale 
non  cangiasi  in  modo  sensibile.  Avvertiamo  ancora  che  non  ci  siamo  la- 
sciati  trasportare  dal  desiderio  di  giugnere  a  una  grossa  cifra :  ma  solo 
da  quello  di  giugnere  alia  piu  certa,  o  almeno  alia  piu  probabile.  Cosi, 
per  cagion  d'  esempio,  abbiamo  accettato  il  numero  di  690  mila  cattolici 
pei  Possedimenti  portoghesi  nell'Affrica,  tuttoche  vi  siano  autori  lusitani 
non  esagerati,  che  assegnan  loro  due  milioni. 

Poste  queste  dichiarazioni,  ecco  il  nostro  computo. 


NOTIZIE   STATISTICHE  729 

NUMERO  DEI  CATTOLICI 

I.  Europa. 

Stall  Ponlificii 3,200,000 

DueSicilie 9,500,000 

Toscana 1,900,000 

Stall  Sardi  e  Lombardia 7,700,000 

Modena 650,000 

Parma 560,000 

Monaco  e  S.  Marino .         10,000 

Spagna - .  . 17,000,000 

Portogallo  ............... 4,300,000 

Andorro 12,000 

Svizzera 1,120,000 

Gran  Breilagna .  .  .    7,500,000 

Francia 36,000,000 

Belgio 4,800,000 

PaesiBassi   ...... 1,300,000 

Impero  Austriaco.  ,  . .  .  30,000,000 

Baviera  .,.,... .  .    3,600,000 

Prussia 7,000,000 

Baden • .- 960,000 

Brunswick.  .  .  .  , 6,000 

Brema 5,000 

Frankfort ..•.,;,-.'.•        12,000 

Amburgo .,.;.,        8,000 

Assia  Granducale .- vf    240,000 

Assia  Eleltorale 200,000 

Wurtemberg 580,000 

Meklemburgo  Schwerin 


-A  000 
Meklemburgo  Strelitz     j 

Nassau .  ,  ,  , 226,000 

Oldemburgo.  .  , 86,000 

138,479,000 


730  NOTIZIE  STATISTICHE 

Riporlo  138,479,000 
Ducati  minori  (Sachsen-Weimar,  Sachsen-Cobourg, 

Sachsen-Allenbourg  etc. ) 60,000(7} 

Lubecca , 3,000 

Hannover , 256,000 

Luxemburgo.  . 209,000 

Sassonia /.......  .  .  .  65,000 

Danimarca 5,000 

Svezia  e  Norvegia ,  .  7,000 

Polonia 4,000,000 

Russia ..;...  3,000,000(7) 

Turchia  europea  e  Montenegro 1,010,000 

Grecia 100,000 

Popolazione  caltolica  in  Europa    147,194,000 

II.  Asia  ed  Oceania. 

Turchia  asiatica 600,000(7) 

Moldavia  e  Valachia 130,000 

Russia  asialica 100,000(?) 

India  inglese 1,100,000 

India  neerlandese 25,000 

India  francese 170,000 

India  portoghese,  isole,  e  Macao 546,000 

India  spagnuola,  Filippine 4,750,000 

Persia -V* 120.000(7) 

Annam „  .,^     600,000 

Siam,.  ..;:-v 25,000 

China 1,000,000 

Nuova  Olanda 300,000 

Tasmania 40,000 

Nuova  Zelanda 60,000 

Nuova  Caledonia  e  isole  adiacenti 70.000 

Isole  Sandwich.  , ,  .  30,000 

Popolazione  cattolica  nell'Asia  ed  Oceania  9,666,000 


NOTIZIE    STATISTICHE  731 

III.  Africa. 

Egitto.  .  .  .  l^f;?.  ;^5^l'.  .  172,000 

Abissinia ... 2,000,000 

Tripoli,  Tunis! ,  Marocco 30,000 

Possedimenli  spagnuoli ; 25,000 

Isole  Canarie.  . 260,000 

Possedimenti  portoghesi 690,000 

Madera  e  altre  Isole.  .  ... 260,000 

Possedimenti  francesi  continentali 250,000 

Riunione  e  altre  Isole 180,000 

Possedimenli  inglesi  continentali 30,000 

Maurizia  e  altre  isole 150,000 

Liberia 4,000 

Madagascar 10,000 

Galia?  ...... .  10,000 


Popolazione  cattolica  in  Africa  4,071,000 

IV.  America. 

Stati  Uniti 5,000,000 

Messico 8,500,000 

Guatimala 1,200,000 

S.  Salvador  .  t;  ^. 700,000 

Honduras 400,000 

Nicaragua 500,000 

Costa  -  Rica 

200,000 


Panama 

Nuova  Granata    .  -. 3,000,000 

Venezuela fiHiWH-'-  ^, 000, 000 

Equatore   .............. 1,500,000 

Bolivia 2,200,000 

Peru 2,800,000 

Chili 1,800,000 

Argentina I  .  1,500,000 

31,300,000 


732  NOTIZIE    STATISTICHE 

Riporto  31,300,000 

Paraguay 1,600,000 

Uruguay. 360,000 

Brasile 8,500,000 

Guyana  inglese 60,000 

Guyana  neerlandese  e  isole  .  ...........  40,000 

Guyana  francese  ed  isole 306,000 

Giamaica  ( Trinidad  e  altre  isole  inglesi )  .  .-.:&&«><*    150,000 

Isole  spagnuole 2,260,000 

Isole  danesi 34,000 

Canada  e  possedimenti  inglesi    ..........  1,560,000 

Haiti  .                             800,000 


Popolazione  cattolica  in  America      46,970,000 
Riepilogo 

I.  Popolazione  caltolica  in  Europa 147,194,000 

II.  «  «        in  Asia  ed  Oceania.  .  .  .      9,666,000 

III.  «  «        in  Africa   .  .  . 4,071,000 

IV.  «  «        in  America 46,970,000 


Popolazione  cattolica  nelle  quattro  parti  del  mondo.  207,891,000 

Noi  siam  dunque  giunti  a  poco  meno  di  ducento  e  otto  milioni  di  cat- 
tolici :  e  abbiam  tiducia  che  questo  numero  noo  sia  esagerato.  Quand'an- 
che  pero  alcuno  non  volesse  accettare  alcune  cifre,  ei  oon  potra  certa- 
mente  col  suoi  dubbii  diminutivi  giugnere  a  diffalcare  dalla  nostra  som- 
ma  totale  al  di  la  di  otto  milioni.  Ailorche  adunque  valulamino  per  ducen- 
to  milioni  i  cattolici  dell'  universo,  demmo  una  cifra  molto  minore  della 
nostra  dimostrazione,  per  darla  superiore  a  qualsivoglia  eccezione. 

2.  Ora  indicheremo,  in  una  semplice  tavola,  come  si  possano  dividere 
gli  abitanti  della  terra,  secondo  le  diverse  religion!  che  professano. 

IL  CRISTFANESIMO 344,000,000 

Chiesa  cattolica 208,000,000 

Chiese  oriental*!,  scismaliche  o  eretiche    70,000,000 
Protestantesimo 66,000,000 

344,000,000 
ILGIUDAISMO  .  . , 4,000,000 

L'ISLAMISMO '.    '. 100,000,000 

IL  BRAMANISMO. 60,000,000 

IL  BUDOISMO. 180,000,000 

Culto  di  Confucio,  di  Sinlo,  degli  Spirit*  ecc.   .  .  .  152.000,000 

Tolale  degli  abitanli  della  terra  840,000,000 


NOTIZIE    STATISTICHE  733 

Tai  calcoli  sebbene  non  sieno  fondati  sopra  document!  cosi  fermi,  come 
abbiam  potuto  avere  pel  cattolicismo,  nondimeno  sono  assai  probabili: 
in  tutti  essi  vi  e  aumento  notabile,  proveniente  dall'  essersi  trovati,  col 
calcolo  piii  esatto  che  se  ne  yeane  facendo,  piu  numerosi  d'assai  gli  abi- 
tatori  del  globo. 

Nella  tavola  seguente  offriamo  il  confronto  del  nostri  computi  con 
quelli  di  alcuni  geografi  di  grande  rinomanza.  il  Malte-Brun  scrivea  nel 
1810,  il  Pinkerton  e  il  Balbi  nel  1827 :  essi  tuttocche  si  vicini  di  tempo, 
non  consentono  nel  numero  degli  abitanti  della  terra :  e  per  conseguenza 
neppur  convengono  nelle  loro  spartizioni.  I  geografi  modern!  ammettono 
un  numero  molto  maggiore  del  massimo  assegnato  dal  Balbi ;  ed  oscilla- 
no  tra  gli  ottocento  e  i  mille  milioni.  A  noi  sembra  che  non  si  possa  fon- 
datamente  oltrepassare  la  cifra  di  840  milioni,  ma  che  neppure  si  possa 
discendere  gran  fatto  sotto  d'essa.  Le  cifre  qui  presso  segnate  rappre- 
senlano  milioni. 

Malte-Brun   Pinkerton      Balbi     Civ.  Cattolica 

Cristianesimo 228  235          260          344 

Giudaismo 5  5  4  4 

Islamismo 110  120  96          100 

Bramanismo 60  60  60  60 

Buddismo.* 150  180          170          180 

Altriculli 100  100          147          152 

TOTALE    653  700          737          840 

3.  Passiamo  a  dare  uno  sguardo  particolare  ad  alcune  regioni  speciali, 
per  dimostrare  quaato  in  questi  ultimi  anni  la  Cbiesa  cattolica  abbia  gua- 
dagnato  di  anime  e  d'  influenza  nel  mondo.  Cominciamo  da  due  paesi 
protestanti  di  Europa. 

Nulla  piu  vale  a  mostrare  il  progresso  del  cattolicismo  nella  parte  del- 
la  Gran  Bretagoa,  piu  specialraente  abilata  dai  protestanti,  quali  sono  i 
due  regni  d'  Inghilterra  e  di  Scozia,  quanto  il  porre  sott'  occhio  insieme 
alcune  cifre  comparative,  desunte  dal  Catholich  Directory ,  che  ogni  an- 
no da  un  secolo  a  questa  parte  e  stato-  pubblicato  in  Inghilterra.  Esso 
contiene  le  cifre  officiali  che  noi  daremo  qui  sotto,  contentandoci  di  pre- 
senlare  unicamente  quelle  dell'  ultimo  novennio.  Noi  le  uniamo  in  due  ta- 
yole,  per  se  medesime  molto  dimostrative.  La  prima  ci  addita  che  nell' ul- 
timo periodo  di  soli  25  anni,  nei  due  regni,  cosi  vivamente  alieni  dal  cat- 
tolicismo ,  anzi  al  cattolicisrao  cosi  infesti ,  come  sono  T  Inghilterra  e  la 
Scozia,  il  numero  dei  Sacerdoti  si  e  aumentato  di  137  pert  100  :  il  numero 
delle  chiese  di  30  per  100 :  il  numero  delle  case  religiose  maschili  di  222 
per  100 ,  e  quelle  feminili  di  105  per  100.  La  seconda  tavola  poi  ci  di- 
mostra  sparlito  quest' aurnenlo  per  le  singole  Diocesi  inglesi,  in  varia 
misura  e  vero,  ma  senza  che  niuna  d'essa  faccia  eccezione  al  fatto  gene- 
rale  dell'  incremento. 


734  NOTIZIE    STATISTICHE 

Statistica  comune  all'  Ing-hilterra  e  alia  Scozia 


Anni 

Sacerdoti 

Chiese 

0 

Cappelle 

Comunka  religiose 

Collegi 

D'Uomini 

Di  Donne 

1856 

1142 

849 

17 

91 

12 

1857 

1162 

894 

23 

106 

11 

1858 

1204 

902 

27 

109 

11 

1859 

1222 

926 

34 

110 

11 

1860 

1236 

950 

37 

123 

12 

1861 

1342 

993 

47 

155 

12 

1862 

1388 

1019 

50 

162 

12 

1863 

1417 

1065 

55 

171 

12 

1864 

1445 

1098 

56 

186 

12 

Ripigliandolo  da  piu  antico  tempo ,  il  paragone  diviene  molto  piu  sen- 
sibile :  ecco  difatti  il  progresso  avveratosi  duraute  gli  ullirni  25  anni. 


1839 
1849 
1864 


610 

897 

1445 


513 

612 

1098 


0 
13 

56 


17 

41 

186 


10 
10 
12 


Volendo  restringere  le  indagini  alia  sola  Inghilterra,  propriamente  det- 
ta,  Irbviamo  1'auinento  fatto  cola  negli  8  anni  corsi  tra  il  1856  e  il  1864, 
espresso  nelle  seguenti  cifre,  distinte  per  Diocesi,  e  desunte  dalle  Stati- 
stiche  ufficiali  di  ciascuna  d'  esse. 


DIOCESI 

Chiese 

Sacerdoti 

Convent! 

Monasteri 

4856 

4864 

117 
90 
100 
49 
81 
110 
42 
36 
52 
35 
70 
59 
100 

941 
730 

4856 

129 
93 
132 
50 

72 
166 
29 
25 
47 
28 
72 
52 
90 

985 

Sa. 

4864 

4856 

4864 

4856 

1864 

31 
19 
27 
13 
11 
25 
6 
5 
5 
8 
14 
7 
16 

187 
100 

Westminster    

56 
75 
93 
37 
63 
94 
35 
30 
42 
26 
47 
53 
79 

730 
Ch. 

214 
116 
141 
62 
99 
195 
47 
31 
59 
34 
107 
71 
147 

1321 

985 

5 
3 
3 

2 

2 

3 

1 
1 
3 

23 

Co. 

15 
6 
3 
3 
1 
5 

3i 
5 

5 
3 
9 

~58 
23 

35 

18 
7 
19 
5 
4 
12 
3 
2 
5 
3 
9 
3 
10 

fob 

Mo. 

Beverley   ,k  .  ,v^  

Birmingham  

Clifton    .  .  .  .  

Hexham  

Liverpool  

Newport  

Northampton    

Nottingham  

Plymouth  

Salford  

Shrewsbury  

Soulhwaik  

Aumenlo  . 

211 

336 

87 

NOTIZIE  STATISTICHE 


735 


4.  Ball'  Inghilterra  passiamo  ad  uno  Stato  continentale,  ove  il  Prote- 
staniesimo  e.sempre  fiorito  fin  dai  principii  della  riforma,  vogliamo  dire 
F  Olanda.  Or  per  intendere  il  progressive  svolgimento  del  cattolicismo 
nei  Paesi  Bassi ,  bastera  porgere  alcune  cifre  comparative,  desunte  da 
due  anni,  distant!  fra  loro  di  mezzo  secolo. 


Anni 

Popol.  cattolica 

Parrocchie 

Sacerdoti 

Ghiese 

1864 
1814 

Aumento  in  50  anni 

1,300,000 
850,000 

941 
814 

1726 
1216 

976 
898 

450,000 

127 

510 

78 

Le  spese  fattesi  per  ristorare  le  antiche  chiese  e  costrurne  delle  nuo- 
Te,  si  fanno  ascendere,  per  tutto  questo  tempo,  a  piu  di  30  milioni  di  fio- 
rini  olandesi ,  che  valgono  qualche  cosa  piu  che  64  milioni  di  franchi.  I 
sussidii  ricevutisi  in  cosi  lungo  corso  di  anni  dal  Governo  per  questi  ri- 
stauri  e  per  queste  fabbriche  non  sorpassano  i  due  milioni  di  fiorini.  Nel- 
la  soinma  qui  indicata  di  30  milioni  di  fiorini,  non  si  comprendono  le  spe- 
se fatte  per  le  chiese  o  cappelle  delle  Comunita  religiose ,  pei  loro  con- 
Tenti,  per  gli  ospedali,.per  gli  ospizii  di  carila,  per  i  ricoveri  degli  orfa- 
nelli  e  via  dicendo ;  spese  che,  aggiuntevi  le  fondazioni  pel  mantenimen- 
to  dei  detti  luoghi  pii,  raddoppiano,  a  dir  poco,  quei  64  milioni  di  franchi. 

5.  Non  v'  e  paese  ove  il  cattolicismo  sia  tanto  prosperato  in  quest' ul- 
timo mezzo  secolo,  quanto  negli  Stati  Uniti  di  America.  Piu  di  due  mila 
e  ottocento  tra  chiese  e  cappelle  (Stations)  sonosi  cola  in  questo  tempo 
costrutte:  piu  di  mille  e  otlocento  sacerdoti  sonovisi  aggiunti:  cento  ses- 
santa  scuole  si  sono  fondate;  per  la  educazione  ed  istruzione  cattolica  di 
18,000  fanciulli,  e  di  34,  600  fanciulle.  Oltre  a  ci6  nel  1857  erano  negli 
Stati  Uniti  66  ricoveri  per  4963  orfani  dei  due  sessi ;  26  ospedali  con  3  mila 
letti ;  4  manicomii  con  82  alienati,  oltre  molte  altre  istituzioni  di  carita, 
tutte  fondazioni  fatte  e  mantenute  dalla  carita  privata  dei  soli  cattolici. 
Diamo  qui  in  una  tabella  comparativa  le  principali  cifre  di  paragone, 
desunte  dal  Metropolitan  Catholic  Almanac  del  1857. 


Anni 

1 

11 

o 
o 

o 

fl 

wl 

.—  "c« 

'So 
a? 

•2 

0  O 

0> 

O 

5  <*> 

o 

°  s 

5 

cd 

-C  _^^ 

**2  ^ 

cs 

"  * 

C/3 

en  O 

^fe 

1808  

1 

2 

68 

80 

2 

1 

2 

1830  

11 

8 

10 

230 

9 

6 

20 

1840  

16 

_ 

17 

482 

812 

13 

9 

47 

1850  

27 

}) 

1081 

1578 

29 

17 

91 

1854  

41 

2 

39 

1574 

2458 

34 

20 

112 

1857. 

41 

2 

39 

1872 

2882 

35 

29 

134 

736 


NOTIZIE  STATISTICHE 


6.  Da  un  pregiatissimo  libro  *,  composto  con  grandi  fatiche  di  ricer- 
che,  e  con  diligeoza  somma  dal  ch.  Can.  Giuseppe  Ortalda,  caviamo  due 
documenti  preziosi.  L'uno  di  essi  si  e  un  Quadro  sinottico  delle  Missio- 
ni  dell'Asia,  in  cui  vedesi  il  numero  dei  cattolici  che  ciascuna  Missione 
comprende,  e  il  numero  dei  Missionarii  che  vi  son  destinati  a  coltivarla, 
numero  assai  scarso  ordinariamente,  massimechi  consider!  layasta  esten- 
sione  del  terreno,  a  cui  ciascuna  Missione  si  stende. 


Vicariati  Apostolic! 

Missio- 
narii 

Cattolici 

AleDDO  . 

25 

80,000 

Asia*  Minore  

70 

100,000 

Cina  e  Regni  Adiacenti 
Xensi  » 

16 

30,000 

Xansi  

12 

20.000 

Hu-pe  nell'Hu-quang,  missionari  indigeni  14. 
Hu-nan  nell'Hu-quang  

11 

7 

15,865 
10,000 

SUT-CHIJEN  Vicariato  nord-occidentale  .  .  »  » 
»         Vicarialo  orientale  ........ 

15 
12 

23,000 
17,000 

»        Vicariato  meridionale  ,  . 

U 

20,000 

Kouei-Kon  ... 

7 

10,000 

Lassa  ,  .  .  .  . 

5 

7,000 

Jun-nan  4 

6 

8,000 

Fo-Kien  ....,,.. 

14 

30,000 

Nankino  

36 

73,000 

PEKING  Vicariato  setlentrionale  . 

17 

30,000 

»      Vicarialo  meridio-occidentale  .... 
»      Vicariato  orientale  » 

15 
12 

26,000 
13  000 

Tse-Kiang  •  .  .  ,  . 

6 

5,000 

Kiang-si  

8 

10,000 

Leaotung   

9 

11,000 

Mongolia.  »            k  . 

8 

10  000 

Xan-tung  

11 

12,000 

Ho-nan  .....,.,.. 

6 

5,000 

SIAM  Vicariato  occidentale.  ...... 

12 

10  000 

»    Vicariato  orientale  , 

20 

30,000 

COCINCINA  Vicariato  orientale  .......  * 

£9 

32,000 

»        Vicarialo  setlentrionale  

21 

25,000 

»        Vicarialo  occidentale  ..*.... 

19 

30,000 

Camboda  e  popoli  Laos. 

10 

15,000 

\  Questo  libro  ha  per  titolo:  /  Jtfissionarii  apostolici  italiani,  sparti  nelle  Miirioni 
ettere  delle  cinque  parti  del  JUondo.  Torino,  dalla  tipografia  di  Giacinto  Marietti  4864. 

recarfi  alia 

forniscono  un  numer* 
apostolic 


e  cinque  pam  del  JUondo.  Torino,  dalla  tipografia  di  Giacinto  Mar 
II  suo  scopo  e  di  mostrare  al  Senate  del  Regno  italiano  quanto  danno  sia  per 
Cliicsa  e  alia  civilta  1'abolizione  degli  Ordini  religiosi  in  Italia,  i  quali  forniscono 
fii  graade  di  uomiui  apostolici  a  tutte  le  Alissioni  cattoliche  del  raondo. 


NOTIZIE  STATISTICHE 


737 


Ticariati  Apostolic! 

Missio- 
narii 

Cattolici 

TONCHINO  Vicariato  orientale   

18 

85 
49 
62 
12 

10 
11 

20 
15 
12 
6 
18 
17 
18 
7 
15 
53 
16 
11 
12 
25 
10 

7 
7 
8 
37 

30 
54 

3 

7 
31 
12 

7 
6 
10 

54,200 
135,000 
80,000 
150,000 
15,000 

12,000 
8,000 
15,000 
13,000 
15,000 
9,000 
84,900 
60,000 
44,880 
4,000 
7,130 
100,000 
17,110 
17,200 
15,000 
20,000 
4,000 

230,000 
40,000 
50,000 
140,000 

25,000 
28,976 

1,300 
5,000 
40,000 
7,000 
11,000 
3,000 
Glugno  1865. 

»        Vicariato  occidentale  

»        Vicariato  meridionale  

»        Yicarialo  central  e  

COREA  

Indie  Oriental! 

GlAPPONE         

Ava  e  Pegu  

BOMBAY  Missione  meridionale  

»       Missione  settentrionale  ....... 

BENGALA  Vicariato  occidentale  (Calcutta).  .  . 
»        Vicariato  orientale  

CE  YL  AN  —  Colombo   .  

»        Jafnapatam  

Madras      

Hyderabad  

Visagapatam  

Pondichery  

Mayssour   

Coimbatour   

Sardhana  

Agra 

Patna     

Verapoli,  sacerdoli  indigeni,  rilo  latino  28  ;  ri- 
to  siriaco  340  

Canara  o  Mangalore,  sacerdoli  indigeni  24.  . 
Quilon  sacerdoli  indigeni  17  . 

Madure  

Delegazioni  Apostoliche 

Persia,  Mesopotamia,  Kurdia  ed  Armenia  mi- 
nore  

Siria  ...  La  sola  Terrasanla  conta  

Prefetture  Apostoliche 
Aden  nell'  Arabia  

Hong-Kong  nella  Cina  

Hai-non,  Quan-tong,  Quang-si  (Cina)  .  .  .  . 
Indie  per  le  colonie  francesi  

Indie  ed  Oceania  per  le  Colonie  olandesi  .  .  . 
Laboan  e  adiacenze  

Serie  77,  vol.  11,  fasc.  366.                 47 

738  NOTIZIE  STATISTICHE 

7.  Lo  scopo  principals  del  libro  del  detto  ch.  Ortalda  si  e  di  far  vede- 
re  quanti  missionarii  dia  alia  Chiesa  cattolica  1'  Italia.  Egli  reca  il  nome 
di  ciascuno,  il  suo  grado  nella  Gerarchia  ecclesiastica,  il  luogo  della  sua 
dimora,  aggiugnendovi  intorno  alle  Missioni  da  loro  occupate  alcune 
delle  piu  importanti  notizie,  che  gioyino  al  suo  scopo.  Noi  restrigniamo 
la  conchiusione  ultima  del  suo  faticoso  lavoro  nel  seguente  quadro  si- 
nottico,  che  tutto,  pu6  dirsi,  il  compendia  in  poche  cifre. 

Missionarii  Apostolic!  italiani  divisi  per  le  Missioni  estere  delle  cinque  parti  del  mondo. 


Missionarii 

Euro- 
pa 

Asia 

Africa 

Ame- 
rica 

Ocea- 
nia 

Totali 

41  Vescovi  .... 

14 

fl1 

{ 

2 

» 

41 

162  Preli  secolari  
24  Benedettini  

33 

7 

45 
9 

11 

» 

65 
5 

8 
3 

162 
24 

13  Minor!  Conventual!.  .  . 
368  Minor!  Osservanti  .  .  . 
447  Minor!  Cappuccini  .  .  . 
215  Minor!  Riformali  .  .  .  . 
34  Domenicani  

,9 
31 
169 
60 

W 

2 
115 
108 
58 
11 

» 
30 
35 
29 

» 

2 
184 
130 
67 
1 

» 
8 
5 
1 

» 

13 
368 
447 
215 
34 

39  Carmelitani  

» 

39 

» 

» 

» 

39 

2  Agostiniani  

1 

» 

» 

1 

» 

i 

490  Gesuiti  ,  

106 

118 

46 

907 

13 

490 

51  Preli  delle  Missioni.  .  . 
1  Alcantarino  

8 

» 

22 
» 

9 

» 

12 
1 

» 
» 

51 
1 

1  Barnabita  .  .      .... 

1 

» 

» 

» 

;) 

1 

57  Crociferi  

Wi 

n 

3 

10 

8 

57 

11  Di  S.  Bonaventura  .  .  . 
3  Redenlorisli  

5 

» 

6 

» 

» 

» 

» 
» 

» 
3 

11 

3 

1  Servita  

» 

» 

» 

» 

1 

1 

16  Oblati  di  Maria  .... 
2  Pallottini   

» 

ft 

16 

» 

» 
» 

» 
» 

» 
» 

16 

8 

20  Rosminiani   

16 

» 

» 

ft 

» 

9(V 

29  Dal  Seminario  di  Milano 
28  Dal  Semin.  Brignole  Sale 

4 
17 

22 
6 

» 

» 

» 
5 

3 

» 

29 
28 

2055 

529 

610 

167 

696 

53 

2055 

CRONACA  7 

CONTEMPORANEA 


Roma  10  Giugno  1865. 


I. 

COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  della  Beatificazione  del  Ven.  Qiovanni  Berch- 
mans  —  2.  Ritrovamento  delle  ossa  di  Dante  Alighieri. 

1.  La  Santita  di  Nostro  Signore,  il  giorno  9  del  mese  di  Maggio,  segno 
le  Lettere  apostoliche  in  Forma  Brevis;  coo  le  quali  fece  decreto  che  11 
culto  e  gli  onori  di  Beato  si  rendano  dalla  Chiesa  uniyersale  al  venera- 
hile  Giovanni  Berchmans ,  della  Compagnia  di  Gesu ;  e  quelle  Lettere 
apostoliche  furono,  con  le  solennita  prescribe,  pubblicate  nella  Domenica 
fra  1'ottava  dell'Ascensione  del  Redentore  divino ,  nella  patriarcale  Ba- 
silica Vaticana. 

II  magnifico  presbiterio  di  questo  tempio,  sacro  al  Principe  degli  Apo- 
stoli,  si  vide  per  la  fausta  circostanza  adornato  con  molta  nobilta  sui  di- 
segni  deH'arcnitetto  prof.  Commendatore  Antonio  Sarti.  II  quale  adopero 
che  principalmente  la  luminaria,  ricca  di  piu  migliaia  di  candele,  spic- 
casse  per  una  cotal  novita  nella  sua  disposizione,  per  cui  ottenne  effetto 
singolare  ;  in  specie  per  le  stelle  distribute  attorno  alia  raggiera  sopra- 
stante  raltare  della  Cattedra,  che  riverberavano  grande  splendore ,  e  per 
]a  sigla  significante  il  santissimo  Nome  di  Gesu ,  composta  col  mezzo  di 
lampadari,  che  pendevano  dal  grande  arco  onde  ha  sostegno  la  cupola 
sull'  ingresso  del  presbiterio.  Allogate  poi  da  una  parte  e  dairaltra  delle 
pareti  stavano  quattro  pitture  ,  tre  delle  quali  effigiavano  i  miracoli  ser- 
•viti  alia  Beatificazione,  e  la  quarta  uno  dei  fatti  piu  segnalati  del  Beato; 
come  altro  fatto  vedevasi  sulla  porta  principale  del  sacro  tempio;  e  nella 
facciata,  pendente  dalla  loggia ,  osservavasi  lo  stendardo  che  ritraevalq 
in  gloria.  Da  analoghe  iscrizioni  latine  era  dichiarata  la  contenenza  dei 
quadri. 


740  CRONACA 

Alia  sacra  funzione  furono  ,  in  appartati  luoghi ,  present!  una  Deputa- 
zione  del  Capitolo  della  Metrqpplitana  di  Malines  ,  venuta  insieme  con 
quell'Arcivescovo,  1'Effio  Cardinale  Sterchx,  che,  appartenendo  alia  sacra 
Congregazipne  del  Riti,  aveva  posto  fra  i  Porporati  che  la  compongono ; 
come  pure  il  Decano,  con  altra  deputazione  della  citta  di  Diest,  nel  Bel- 
gio,  ove  il  Beato  sorti  i  natali.  In  grande  numero  eranvi  pure  i  Padri 
della  Compagnia  di  Gesu,  lieti  che  la  loro  Societa,  consagrata,  fra  le  al- 
tre  opere  del  ministero  ecclesiastico  ,  a  quella  assai  gelosa  della  educa- 
zione  della  gioventu,  possa  nel  Berchmans  aggiungere  al  Gonzaga  ed  al 
Kostka  un  modello  da  proporsi  alia  imitazione  della  stessa  gioyentu,  ed 
un  patrono,  la  cui  intercessione  siale  dato  di  invocare  presso  Dip. 

Alle  ore  sei  pomeridiane  Sua  Santita,  seguita  dagli  Emi  e  Rffii  signori 
Cardinali  e  dalla  sua  nobile  Anticamera ,  discese  nella  Basilica  per  yene- 
rare  il  novello  Beato.  II  concorso  con  che  i  fedeli  trassero  alia  Basilica, 
per  lucrare  le  Indulgenze  concedute  da  Sua  Santita,  fu  immensp ,  parti- 
colarmente  nelle  ore  pomeridiane.  Furono  in  grande  copia  distribute  le 
immagini  del  Beato,  e  gli  esemplari  della  yita ,  che  ne  scrisse  il  P.  Yir- 
gilip  Cepari,  il  quale  fu  testimone  oculare  di  quanto  yi  narra.  Nella  sera 
le  diverse  chiese  dei  Padri  della  Compagnia  di  Gesu ,  e  le  due  apparte- 
nenti  alia  nazione  Belga,  come  anche  il  Collegio  Belga  ,  brillarono  nelle 
loro  fronti  di  una  ricca  illuminazione. 

2.  Pochi  giorni  dopo  che ,  non  jmre  a  Firenze,  ma  si  ancora  in  molte 
altre  cospicue  citta  italiane,  in  yaria  guisa  erasi  celebrate  il  sesto  cen- 
tenario  di  Dante  Alighieri,  ecco  ritroyate,  in  modo  fortuito,  senza  che  se 
ne  facesse  yeruna  ricerca  a  bello  studio ,  le  ossa  del  sommo  Poeta , 
delle  quali  da  pezza  erasi  perduto  memoria  dove  fosse  il  deposito. 

Presso  al  mausoleo  di  Dante,  la  mattina  del  27  Maggio,  mentre  davasi 
opera  ad  alcuni  restauri  e  demolivasi  percio  un  muro  della  Cappella 
delta  di  Braccioforte ,  uno  dei  manoyali  die  di  martello  in  un  tratto  di 
parete  che  era  ricoverto  da  tegoloni  sottili ;  caduti  i  quali  apparve  una 
cassetta  di  legno  di  abete  assai  macera  dalla  vetusta ;  sicche  nell'estrarla 
dal  loculo,  ne  cadde  una  delle  tayole  ,  e  si  royesciarono  una  quantita  di 
pssa  in  quella  contenute.  Riferi  1'  ingegnere  Filippo  Lanciani  ^ ,  che  per 
incarico  del  Municipio  sovrintendeva  a  quei  layori  e  prontamente  accor- 
se,  che  nella  superncie  inlerna  del  coperchio  della  cassetta  era  scritto : 
Ossa  Dantis,  denuper  remsa.  Anno  1677  die  3a  lunii,  Raccolte  le  ossa 
sparte  e  riposte  nella  cassetta  ,  questa  fu  portata  nel  mausoleo ,  ed  iyi 
poco  stante  si  rilevo  che  nella  superficie  esterna  del  fondo  era  quest'altra 
iscrizione  :  Dantis  ossa  a  me  fratQ  Antonio  Santi  hie  posita  Anno  1677 
die  loo  (ossia  18)  Octobris. 

Fra  Antonio  Santi  fu  religioso  dell'  Ordine  Francescano  e  cancelliere 
di  cjuel  Convento,  notato  nelle  memorie  del  Pasolini  come  uno  degli  illu- 
stri  Rayennati. 

Chiamati  di  fretta,  accorsero  1'  Ingegnere  Comunale  ,  il  Sindaco  Ras- 
poni,  i  membri  del  Consiglio  municipale,  tre  Notai,  il  Capo  dei  Cerusici 
dello  Spedale  ed  un  altro  Chirurgo ;  pei  quali  si  comincio  la  yerificazione 
delle  ossa.  Fu  riconosciuto  che  ne  mancavano  parecchie;  ma  lo  schele- 
tro  si  pote  ricomporre  e  fu  misurato  essere  lungo  un  metro  e  cinquanta- 

\  Osservatore  Romano  del  1  Giugno. 


CONTEMPORANEA  741 

cinque  centimetri,  lanto  da  potersene  inferire  che  Dante  fosse  alto  tra  i 
metri  1,68  ed  1,70,  ossia  di  statura  media.  La  cassetta  era  pqsta  nel  ya- 
no  d'una  porta  chiusa  con  muricciolo  di  mattoni  a  cemento  di  terra ,  ed 
era  alta  dal  suolo  circa  40  centimetri.  Di  che  fu  rogato  atto  auientico 
pei  suddetti  Notai. 

II. 
COSE  STRANIERE. 

FRANCIA  1.  Lettera  del  sig.  Persigny  al  Presidente  del  Senate,  sopra  le  cose 
di  Roma  —  2.  Inaugurazione  di  un  monumento  a  Napoleone  I  in  Aiaccio; 
discorso  del  principe  Napoleone ;  contegno  e  giudizio  di  giqrnali  ufficiosi 
e  democratici  —  3.  Lettera  dell'Imperatore  in  disapprovazione  di  tal  di- 
scorso —  4.  II  principe  Napoleone  chiede  di  smeltere  la  carica  di  Vice 
presidente  del  Consiglio  private  —  5.  Schema  di  legge  per  le  spese  d'un 
edifizio  stabile  per  la  mostra  d'Arti  ed  Industria  —  6.  Relazione  sopra  il 
bilancio  del  1866. 

1.  La  vemita  ed  il  contegno  del  sig.  Persigny  a  Roma,  per  le  solennita 
della  Pasqua,  aveano  dato  luogp  a  ciance  syariatissime  intorno  allo  sco- 
po  inteso  da  codesto  personaggio,  e  sopra  i  risultati  delle  sue  pratiche. 
Certi  corrispondenti  di  giornali,  inyasati  da  non  sappiam  quale  estro 
poetico,  ne  ayeano  yaticinato  mirabilia,  e  con  frasi  liriche  ayeano  dipin- 
to  il  sig.  Persigny  poco  men  che  trasformato  in  campione  di  quello  stesso 
Goyerno  pontilicio,  pel  quale  egli  si  era  sempre  mostrato  tutt'  altro  che 
tenero  od  almeno  spassionato.  1  diarii  de'  Frammassoni,  credessero  o  no 
a  quelle  fiabe,  seppero  ayyalersene ;  e,  quali  fingendosi  indegnati  per 
cotale  conversione,  quali  yoltandpla  in  beffa ,  nqn  cessayano  di  mettere 
1'onoreyole  Duca  alia  berlina  de' liberali ;  e  Ylndependance  Beige  con  ghi- 
gno  amaro  annunzia^a,  saper  pur  troppo  di  certo,  che  il  fpcpso  antago- 
nista  della  spcieta  di  san  Vincenzo  de'  Paoli  si  era  fatto  de'cidement  de'vot, 
colpa  delle  influenze  e  delle  tranellerie  clericali,  di  che  soyrabbonda  la 
Roma  de'Papi. 

II  sig.  Persigny  dovette  essere  infastidito  piu  che  un  poco  di  tal  fra- 
casso,  ne  yolle  permettere  che  di  lui  s'avesse  falso  concetto  od  altra  sti- 
ma  chela  meritata  coifatti  suoi  precedenti ;  e  percio  forse  si  risolvette  di 
mettere  a  stampa  una  scrittura,  che  pole  benissimo  essere  distesa  anche 
prima  della  sua  partenza  da  Parigi,  ma  a  cui  piacquegli  dare  il  titolo  di 
Lettre  de  Rome,  in  forma  d'epistola  al  Presidente  del  Senato  imperiale.  I 
suoi  amici,  conscii  del  suo  disegno,  si  affrettarono  di  destare  la  pubblica 
espettazione  in  Europa,  adoperando  il  telegrafo  a  bandirne  per  tutto  la 
prossima  pubblicaziqne  pei  tipi  famosi  del  Dentu,  onde  ayesse  qualche 

$rofumo  di  cosa  semiufficiale.  La  France  politique  imbocco  la  tromba  alii 
9  Maggio,  per  ayyertire  gli  uomini  di  senno,  come  qualmente  la  lettera 
del  sig.  Persigny,  che  staya  ormai  per  uscire,  ayea  «  tutta  1'  importanza 
d'un  ayyenimento  politico :  »  ed  il  di  seguente  ne  regalo  al  pubblico  le 
primizie,  in  un  brano  da  lei  prescelto  perche  «  1'opinione  d'un  personag- 
gio, che  non  puo  essere  sospetto  all'Italia  e  che  giudica  cosi  severamen- 
te  il  Goyerno  romano,  ha  una  autorita  che  niuno  puo  disconoscere,  quan- 


742  CRONACA 

tunque  essa  confermi  la  neccssita  per  la  Francia,  per  1'  Italia  stessa,  e 
pel  mondo  cattolico,  che  si  mantenga  la  sovranita  pontificale  a  Roma.  » 
E  non  tralascio  di  ammonire  i  suoi  lettori,  che  badassero  a  sentirsi  col- 
piti  (frappes)  dalla  «  gagliardia  dell'argomentazione  e  dall'eloquenza  fer- 
Tida  e  persuasiva  »  deli'onorevole  Daca  e  membro  del  Consiglio  privato 
dell'  Impero. 

Ognuno  puo  dunque  immaginarsi,  con  che  premura  si  affaccendassero 
i  curiosi  per  aver  subito  dal  Dentu  codesto  opuscoletto  di  poche  pagine, 
messo  in  yendita  il  20  Maggio ;  cioe  in  epoca  infausta,  perche  appunto 
quel  giorno  si  ebbero  di  Corsica  riotizie  gravissime  e  fu  pubblicata  una 
altra  scrittura,  troppo  piu  capace  di  commoyere  le  passioni  de'  politici, 
come  yedremo  qui  sotto ;  il  che  nocque  assai  alia  celebrita  di  quella  del 
Persigny.  La  quale  ebbe  il  pregio  di  non  andare  pienamente  a  yersi  di 
nessuno;  perche,  se  i  Frammassoni  e  nemici  di  santa  Chiesa  per  una  par- 
te  furono  paghi  di  yederyi  malmenato  il  Goyerno  ponlificio,  con  forme  e 
parole  da  disgradarne  1'  Opinion  nalionale,  il  Siecle  e  le  corrispondenze 
dell' Independence  Beige  e  del  De'bats:  per  I'altra  furono  indispettiti  di  ve- 
dervi  sostenuta  1'opinione,  che  Roma  ue  debba  far  parle  ne  essere  Capi- 
tale  del  Regno  d'  Italia,  ma  rimanere  col  Patrimonio  di  san  Pietro  sottq 
la  sovranita,  almen  nominale,  del  Sommo  Pontefice.  Gli  uomini  onesti 
poi  ed  i  cattolici,  oltre  che  furono  indegnati  dello  strazio  a  cui  fu  posta 
fa  giustizia  e  layerita,  per  yituperare  il  Goyerno  della  Santa  Sede  e  per 
glorificare  la  rivoluzione  italiana,  non  ayeano  grande  argomento  di  con- 
fortarsi  almeno  con  la  speranza,  che  il  sig.  Persigny,  yolendo  essere  coe- 
rente  a  se  stesso,  doyesse  poi  spendere  la  sua  influenza  per  impedire 
che  la  Conyenzione  del  15  Seltembre  abbia  il  risultato,  che  se  ne  ripro- 
mettono  i  riyoluzionarii,  cioe  di  veder  il  Papa  derelitto  da  tutti,  abban- 
donato  alia  merce  delle  sette,  e  consegnato  alia  pietosa  guardia  dei  ri- 
stauratori  dell'ordine  morale. 

Quasi  tutti  i  giornali  riferirono  i  tratti  piu  rilevanti  della  Lettera  da 
Roma;  anzi  la  Perseveranza  di  Milano,  del  23  Maggio,  la  reco  per  intie- 
rp.  Sarebbe  inutile  darne  qui  una  diffusa  analisi,  perche  in  yerita  con- 
tiene  poco  o  nulla,  che  non  sia  gia  stato  detto  e  scritio  e  confutato  almen 
cento  volte.  Ci  basti  accennare,  che  il  sig.  Persigny  si  felicita  per  aver 
scoperto  un  gran  segreto,  che  in  Roma  «  appare  agli  occhi  di  tutti  non 
men  luminosp  del  sole;  »  ed  e  «  1'esistenza  di  un  partito  gia  da  lungo 
tempo  organizzato  dai  nemici  della  Francia,  di  un  partito  che  domina 
lutto,  il  Papa,  i  Cardinali,  le  Congregazioni,  il  Gpverno.  »  Fatta  questa 
portentosa  scoperta,  lo  scrittore  dipinge  coi  colori  della  fervida  sua  ini- 
maginativa  codesto  partito,  e  spende  in  cio  ppco  men  che  la  terza  parte 
della  sua  lettera;  e  tra  le  moltissime  altre,  gli  appone  anche  la  colpa  di 
aver  fatto  che  in  Roma  «  non  y'e  nessun  Governo  quale  e  in  tutta  Euro- 
pa,  cioe  manca  la  piu  volgare  conoscenza  delle  cose  umane,  la  piii  ele- 
mentare  intelligenza  degli  affari  pubblici.  »  Trapassa  quindi  a  fare,  per 
un  altro  buon  terzo  del  suo  scritto,  uno  sperticato  panegiricp  della  ri- 
Yoluzione  italiana,  fondato  sul  principio  che  il  fine  giustitica  i  mezzi,  e 
percio  approvandp  pienamente  le  invasioni  e  le  annessioni  sacrileghe 
del  1860 ;  ma  sostiene  che  1' Italia  non  ha  punto  bisogno  di  Roma,  e  che 
questa  citta  e  impropria  ad  essere  sep!e  e  capitale  del  nuovo  Regno;  ed 
anzi  che  1'  interesse  della  cattolicita  esige  che  Roma  si  rimanga  sotto  la 


CONTEMPORANEA  743 

sovranita  pontificate,  ammodernandpne  pero  il  Governo ,  cioe  facendone 
una  specie  di  cittd  libera  che  s'amministri  da  se,  ma  renda  al  Papa  ono- 
ri  da  sovrano.  E  qui  da  ultimo  propone  quale  assetto  si  dovrebbe  dare  a 
Roma;  e  giovera  riferire  le  sue  parole:  «  Roma  dev'essere,  anzitutlo,  av- 
vertita,  in  modo  chiaro  e  categorico,  che  interessi  d'un  ordine  superiore 
non  permettono  all'Europa  cattolicadi  consentire  alia  sua  riunione  coll'Ita- 
lia.  La  popolazione  romana,  dolce  come  e  di  cpstumi  ed  assai  intelligeute, 
non  ne  sara  stupita;  essa  ne  ha  gia  il  presentimentp.  Ma  come  e  italiana 
nell'anima,  nel  tempo  stesso  che  ha  i  gravami  piu  giusti  contrp  il  suo  Go- 
verno, bisogna  che  da  una  parte  la  causa  dei  suoi  mali  sparisca,  e  che 
dall'altra  sia  attaccata  all'Italia  da  un  legame sufficiente,  per  soddisfare  agli 
interessi  come  agli  affetti  di  questa  popolazione.  L'idea  che  mi  parve  piu; 
favorevolmente  accettata  a  Roma  si  e,  che  i  sudditi  del  Papa  siano  consi- 
derati  come  italiani;  che,  anche  conservando  la  loro  qualita  di  cittadini  rq- 
mani,  possano  servire  in  Italia,  entrare  in  tutte  le  carriere  ciyili  e  militari, 
circolare  liberamente  e  senza  ostacoli  di  dogana  e  di  polizia,  come  veri 
italiani ;  finalmente  che  Roma ,  sotto  il  Governo  ponlificio,  sia  come  un 
terreno  neutro,  un  asilo  sacro  in  mezzo  della  patria  comune,  nel  quale  i 
due  sentimenti,  la  venerazione  pel  Santo  Padre  e  1'amore  per  }' Italia,  si 
cpnfpndano  in  una  comune  aspirazione.  A  questo  patto,  se  le  mie  impres- 
sipni  non  m'  ingannano  stranamente,  i  romani  accetteranno  senza  rincre- 
scimento  la  decisione  dell'Europa  cattolica.  Siccome  da  una  parte  gli 
Stati  presenti  della  Chiesa  godono  di  istituzioni  municipal!  molto  libere,  e 
basta  lasciarne  il  liberp  esercizio  agli  abitanti  che  vi  sono  da  gran  tempo 
abituati,  per  scaricare  il  Papa  d'una  massa  di  difficolta  locali;  e  da  una 
altra  parte  la  popolazione  romana,  nella  quale  dpminano  considereyoli 
elementi  cpnservatori,  le  classi  ricche,  le  famiglie  illustri  e  liberali,  e 
molto  pacifica,  grande  arnica  dell'ordine,  non  e  necessario  d'avere  un 
numeroso  esercito  per  comprimere  gli  elementi  di  disordine  che  potessero 
penetrare  nel  popolo.  » 

Se  non  prendiamo  abbaglio,  questo  e  il  concetto  indicate  nel  Parla- 
lamento  di  Torino  dal  Generale  Giacomo  Durando,  quando  accenno  che 
Roma,  anche  rimanendo  sotto  1'alta  sovranita  del  Pontefice,  potrebb'es- 
sere  cilia  italiana;  e  si  vede  inoltre  che  il  Persigny  vorrebbe  effettuare 
alia  letlera  il  disfgno  tracciato  nel  libellp  Le  Pape  et  le  Congres.  Giova 
pero  ricordarsi  che  1'upmo  propone  e  Dio  dispone.  11  Cavour  nel  1861 
prometteva,  ed  avea  gia  stipulato  coi  capi  supremi  della  rivoluzione,  in 
qual  modo  eseguirebbesi  il  disegno  di  venire  a  porre  la  sua  sede  di  Go- 
vernp  sul  Campidoglio,  entro  sei  mesi ;  e  Dio  lo  mando  per  coiitrario  a 
marcire  nella  tomba. 

Ma  il  Persigny,  infestato  dalla  versiera  di  quel  terribile  partito,  che 
domina  sopra  il  Papa  e  sopra  tutto,  voile  anche  determinare  il  da  farsi 
nel  casp,  che  il  partito  inducesse  il  Papa  a  partire  da  Roma  quando,  ri- 
mosso  il  presidio  francese,  i  settarii  vi  facessero  scoppiare  la  ribellione; 
e  trovo  la  cosa  ageyolissima.  Volgendo  la  parola  ai  sopraccio  fa\partitb, 
cosi  loro  denunzio  il  suo  4ecreto :  «  Come  avrete  provato  con  cio  che  voi 
non  volete,  non  sapete  e  non  potete  far  nulla  da  voi  stessi,  si  fara  senza 
di  voi,  per  assestare  a  Roma  gli  affari  del  Papa ;  e  questo  sara  forse  il 
mezzo  migliore  di  risolvere  il  problema.  Ed  infatti,  unavoita  che  sarete 
partiti,  ecco,  secondo  me,  come  le  cose  inevitabilmente  accadranno.  Nul- 


744  CRONACA 

la  sara  piu  facile  deli'organizzare  Roma  secondo  1'prdine  d'  idee,  che 
deve  conciliare  1'  interesse  della  Santa  Sede  coi  sentimenti  italiani  della 
popolazione.  D'accordo  colle  potenze  cattoliche,  e  coll' Italia  medesima, 
noi  stabiliremo  un  governo  provyisorio  per  amministrare  gli  Stati  della 
Chiesa  in  nome  del  Papa,  e  farvi  in  sua  assenza  le  riforme  e  gli  assesta- 
menti  necessarii.  Sotto  cotesto  governo,  che  riunira  tutte  le  simpatie  di 
Roma  e  dell'  Italia,  1'prdine  non  sara  un  istante  turbato.  Come  a  Napoli 
ed  a  Firenze,  lo  spirito  conservatore  della  popolazione  dominera  senza 
stento  gli  elementi  di  disordine. 

«  Posto  che  le  nostre  truppe  sieno  ancpra  q  non  sianp  piu  a  Roma,  noi 
sapremo  prendere,  al  hisogno,  le  disposizioni  necessarie  per  assicurarvi 
la  tranquillita ;  e  la  citta  eterna  aspettera  pacificamente  il  giorno,  in  cui 
piacera  al  Santo  Padre  di  venire  a  ripigliar  nella  sede  del  Papato  il  trono 
de'  predecessori ,  sbarazzato  di  tutte  le  cause  che  ne  pericolavano  la  si- 
curezza.  Quanto  alia  Francia ,  essa  assistera  colla  maggior  tranquillita 
ed  alia  partenza  del  Papa  ed  alle  sue  conseguenze  ». 

Ma  di  cio  basti.  Imperocche  il  sig.  Persigny  dichiaro  solennemente  che 
egli  non  aveva  ricevuto  verun  incarico  ne  ufficiale  ne  ufficioso  dal  suo 
Governo ;  laonde  i  suoi  parlari  in  Roma,  e  le  sue  lettere,  ben  possono 
riguardarsi  come  espressione  dei  suoi  intimi  sentimenti,  ovyero  altresi 
come  un  programma  del  modo  con  che  egli,  se  ne  ricevera  1' incarico,  si 
propone  di  troncare  il  nodo  Gordiano  della  cosi  delta  quistione  romana ; 
ma  ne  per  ora  possono  avere  alcun  tristo  efFetto,  ne  apparisce  che  1'Impe- 
ratore  abbia  interesse  a  seguire  la  via  indicatagli  dal  sig.  Persigny.  Oltre 
di  che  il  rumore  levatosi  pei  fatti  del  Principe  Napoleone  non  permise  a 
veruno  di  far  gran  caso  d  altre  ciance. 

2  II  Moniteur  del  di  16  Maggio  pubblico  la  seguente  relazione  circa 
una  festa  politica,  celebratasi  il  di  innanzi  ad  Aiaccio  in  Corsica. 

«  L' inaugurazione  del  monumento  eretto  alia  memoria  di  Napoleone  1 
e  de' suoi  fratelli  ha  avuto  luogo  ad  Ajaccio  il  15  Maggio  con  grande 
pompa.  S.  A.  I.  il  principe  Napoleone  era  arrivato  in  Ajaccio  il  prece- 
dente  giorno  14.  Tutte  le  autonta  civili  e  militari  si  erano  recate  ad  in- 
contrare  il  principe,  il  quale  fu  ricevuto  al  ripetuto  grida  di  Viva  I' Im- 
peratore  —  Viva  I'  Imperatrice  —  Viva  il  principe  Imperiale !  La  ceri- 
monia  dell'  inaugurazione  comincio  alle  quattro  e  mezzo  pomeridiane. 
Vasti  recinti  circolari  erano  riservati  agli  ufficiali  pubblici,  alle  deputa- 
zioni  comunali ,  ed  alle  signore.  La  tribuna  imperiale,  riccamente  deco- 
rata ,  si  eleyava  rimpetto  al  monumento ,  a  pie  del  quale  erano  radunate 
le  compagnie  da  sbarco,  e  le  truppe  della  guarnigione.  Una  folia  immen- 
sa  occupava  la  piazza,  ed  i  suoi  sbocchi.  Dal  luogo  medesimo  della  ce- 
rimonia  l'occhip  dominava  tutto  il  golfo  d' Ajaccio,  e  i  bastimenti  della 
squadra ,  i  quali  formavano  il  fondo  del  quadro ;  e  questa  prospettiva 
aumentava  eziandio  la  grandezza  dello  spettacolo. 

«  Al  momento  in  cui  cadde  il  velo  che  copriva  le  statue,  il  Principe 
discese  nella  strada,  e  fece  a  capo  scoperto  il  giro  del  monumento.  Una 
viva  emozione  si  riconosceva  nel  di  lui  viso.  Quanto  all'assemblea ,  non 
puo  descriversi  il  sentimento  che  1'agitava.  Le  di  lei  acclamazioni  non 
erano  interrqtte  che  dalle  salve  d'artiglieria.  L'ordine  il  piu  perfetto  non 
ha  cessato  di  regnare  durante  tutta  questa  magnifica  solennita.  Og^i 
avra  luogo  la  distribuzione  dei  premii  ai  meritevoli  dell'esposizione  agri- 


CONTEMPORANEA  745 

cola ,  industrial,  e  di  belle  arti.  La  prima  cura  del  prinfipe  Napoleone, 
dal  suo  arrivo  in  Ajaccio ,  era  stata  quella  d'andar  a  visitare  quella  espo- 
sizioue.  Alii  18  S.  A.  I.  partira  per  la  costa  orientale  della  Corsica.  II 
Principe  arrivera  il  19  di  sera  a  Bastia,  e  ne  ripartira  il  20  per  tornare 
a  Parigi.  » 

Codesto  monumento  consiste  in  una  statua  equestre  in  bronzo  di  Na- 
poleone I ,  levata  sopra  un  magnifico  piedistallo ,  a'  guattro  angoli  del 
quale  stanno  le  statue,  pure  in  bronzo,  di  quattro  dei  suoi  fratelli.  Da 
questa  asciutta  sposizione  del  diario  ufficiale  niuno  potrebbe  pur  sospet- 
tare  che  il  Principe  Napoleone  abbia  aperto  bocca  a  parlare.  E  pure  egli 
par!6 ,  e  tenne  un  lunghissimo  discorso ,  che  ebbe  gravissime  con- 
seguenze. 

II  Principe  si  propose  di  fare  ad  un  tempo,  si  il  panegirico  e  1'apologia 
di  Napoleone  I,  ritraendolo  come  fondatore  di  una  politica  liberale  e  de- 
mocratica ;  e  si  1'esposizione  di  quello  che,  per  suo  avyiso,  dee  fare  la 
dinastia  napoleonica  per  suo  interesse  e  per  quello  dei  popoli  europei. 
Chi  abbia  vaghezza  di  studiare  a  suo  bell'  agio  questo  capolavorp  di  elo- 
quenza  tribunizia,  lo  puo  trovare  tutto  intiero  nella  France  politique  del 
19  Maggio.  Noi  qui  ci  contenteremo,  per  darne  una  idea  sommaria,  di 
riferire  parole  uscite  da  penne  non  sospette. 

L'Qpinione  di  Torino,  n.°  140,  ne  diede  conto  nei  termini  seguenti: 
«  Nelle  parole  del  Principe  si  ammira  quella  maschia  e  simpatica  elo- 
quenza,  che  siamo  solid  a  trovare  in  tutti  i  suoi  discprsi.  Esse  conten- 
gono  inoltre  un  omaggio  alle  idee  liberali ,  delle  quali  1'illustre  oratore 
si  esempre  mostrato  strenuo  carapione.  II  principe  Napoleone  ha  narrato 
per  sommi  capi  la  yita  del  suo  grande  antenato,  e  si  ^  sovratutto  ado- 
perato  a  dimpstrarlo  un  rappresentante  de'  principii  di  liberta  e  di  pro- 
gresso,  che  si  vannp  incessantemente  syolgendo  dopo  la  rivoluzione  fran- 
cese....  Egli  e  percip  che  le  idee  svolte  nel  discorso  del  principe  Napo- 
leone ne  sembrano  giuste,  e  ne  accettiamo  il  pensiero  generale...  »  E  re- 
citati  varii  brani  del  discorso,  1'  Opinione  cpnchiuse :  «  Questi  nobili 
pensieri  ayranno  eco  in  tutto  il  mondo.  II  discorso  del  principe  Napo- 
leone e  un  nuoyo  e  splendido  programma  di  quella  politica,  che  ha  nal- 
zata  la  gloria  e  la  pptenza  della  Francia  all'estero  ».  Si  prenda  atto  di 
questa  formale  dichiarazione  del  diario  ufficioso  del  Goyerno  italiano , 
che  e  il  portayoce  de'  mpderati. 

Per  altra  parte  il  Diritto  di  Torino,  araldo  de'  mazziniani  garibaldini, 
se  ne  mostro  anche  piu  soddisfatto.  Ecco  le  sue  parole  nel  n.°  147.  «  II 
discorso  del  principe  Napoleone  eun'apoteosi  fatta  alia  liberta  e  indi- 
pendenza  dei  popoli.  Nei  migliori  tempi  della  Francia,  un  rappresentante 
del  popolo  non  ayrebbe  detto  quanto  egli,  con  tanta  solennita,  ha  prp- 
nunziato  per  la  inaugurazione  del  monumento  ai  primi  Napoleonidi  in 
Aiaccio.  II  principio  delle  nazionalita,  la  liberta  nei  suoi  piu  estesi  rap- 
porti,  1'uni tad' Italia,  la  cessazione  del  dominio  temporale  dei  Papi,  sono 
le  questioni  che  il  principe  ha  svolto  nel  piu  lato  senso  della  democrazia, 
e  che  disse  essere  missione  della  famiglia  napoleonica  di  yolere  che  sieno 
fayoreyolmente  risolute.  Egli  ha  parlato  dei  popoli  pppressi,  coll'  ardore 
del  congiurato  a  cacciare  lo  straniero  dalla  sua  patria.  Ha  discorso  della 
religione  cattolica  e  dei  Papi  come  il  piu  libero  pensatore ;  dell'unita 
d'  Italia  come  il  piu  ardito  dei  nostri  patrioti ;  delle  nazionalita  come  il 


746  CRONACA 

piu  sincero  umanitario.  Sulle  spiagge  della  Corsica  per  molti  quelle  sue 
parole  saranao  credute  un'ironia;  ma  pure  avranno  avuto  un'  Eco  com- 
movente  nelle  contrade  piu  schiave  del  mpndo,  o  saranno  giunte  terribili 
nelle  reggie  piu  temute  dell'  Europa.  Ogni  popolo  ha  intesp  la  sua  difesa, 
ed  ogni  dominatore  straniero  1'  accusa  delle  sue  usurpazioni.  Rintraccian- 
do  le  memorie  di  Napoleone  il  Grande,  ha  voluto  dire,  essere  questo  il 
prograouna  dei  Napoleooidi :  la  rivendicazione  dei  diritti  delle  nazioni ; 
lo  sviluppo  unwersale  della  libertd;  I'  assicurazione  invincibile  del  ci- 
vile progresso. » 

Di  qui  si  puo  argomentare  qua!  fosse  la  contenepza  e  1'  indole  e  lo  sco- 
pp  del  discprso  ;  ed  apparisce  chiaro  per  cjual  mptivo,  come  ad  una  voce 
dissero  tutti  i  diarii  di  Francia  e  del  Belgio,  ne  rimanesse  quasi  atterrita 
la  Corte  delle  Tuileries ,  ne  fossero  sgominati  i  piu  sinceri  fra  i  devoti 
alia  dinastia  napoleonica,  e  n'andassero  lieti  e  trionfanti  ipaladini  della 
democrazia.  Non  si  peritarono  parecchi  pubblicisti  di  stampar  tondo, che 
questa  parlata  era  il  program  ma  della  branche  cadette,  pssia  un  indi- 
retto  invito  alia  democrazia,  di  tener  per  certo,  in  determinate  congiun- 
ture,  che,  se  il  presente  modo  di  reggere  la  Francia  non  le  va  a  san- 
gue,  v'  e  al  mondo  un  nipote  di  Napoleone  1,  il  quale  e  pronto  ad  at- 
tuarne  un  altro,  tutto  liberale  e  conforme  a'  voti  ancora  dei  piu  accesi 
republican!.  E  che  questo  giudizio  fosse  ben  fondato,  si  parra  dalla  sen- 
tenza  recatane  da  Napoleone  III,  nel  documento  ufficiale  che  riferiremo 
qui  sotto. 

In  sostanza  il  Vice-presidente  del  Consiglio  privato  dell' Imperatpre  a- 
Yea  sostenute  le  tesi  seguenti  1.°  dover  la  dinastia  Napoleonica  capitana- 
re  la. democrazia,  dando  1' ultimo  colpo  alle  monarchic  ed  alle  aristocra- 
zie  che  da  per  tutto  vannp  in  isfacelo;  2.°  dpversi  percio  sostenere  le  na- 
zionalita,  e  promoverne  il  progresso  con  piena  applicazione  de'  principii 
liberali;  3.*  laonde  essere  stata  funesta  la  spedizione  .al  Messico;  i.° 
quanto  all'  Austria,  essere  funesto  alia  Francia  ogni  accordo  amichevole 
e  peggio  ogni  alleanza  con  quella  Potenza;  insinuando,  con  gli  esempii 
e  le  parole  di  Napoleone  I,  essere  spediente  il  procurarne  la  rovina  e  lo 
smembramento ;  al  quale  uopo  dovrebbesi  incoraggire  e  sostenere  il  sol- 
levamento  dell'  Ungheria  ;  5.°  la  sovranita  temporale  del  Papa  essere 
stata  gia  condannata  allo  sterminio  da  Napoleone  I :  troppi  mali  essere 
deriyati  perche  quel  disegno  non  fu  compiuto :  ma  essere  giunto  il  tem- 
po di  sterpare  la  mala  pianta.  «  Non  sentite  voi  che  oggidi  si  tratta ,  per 
tutti  i  partigiani  della  liberta  e  dello  spirito  moderno,  di  espugnare  que- 
st' ultima  fortezza  del  medio  evo?  » 

Di  che  corse  voce  che  parecchi  rappresentanti  di  Potenze  straniere  de- 
liberassero  di  fare  alti  richiami,in  comune,  contro  questo  bando  incendia- 
rio,  od  almeno  di  rompere  ogni  relazione  con  chi  1'avea  promulgato;  e  che 
a  Corte  delle  Tuileries  si  provasse  fierissimo  sdegno  di  veder  cosi  con- 
trastati  i  disegni  dell'  Iraperatore,  massime  quanto  al  Messico  ed  a  Roma. 

Vere  o  false  che  siano  tali  dicerie,  riferite  anche  nei  diarii  ufficiosi  del 
Governo  italiano,  certo  e  che  la  Corrispondenza  generate  austriaca,  ac- 
cennando  ai  richiami  che  diceansi  fatti  in  Vienna  dal  sig.  Mensdorff  pres- 
so  1' ambasciadore  francese  Duca  di  Gramont,  stampo  la  seguente  nota. 
«  Da  informazioni,  che  abbiamo  lupgo  di  credere  esatte,  benche  non  e- 
manino  da  fonte  ufliciale,  ne'trattenimenti  del  sig.  Ambasciadore  di  Fran- 


CONTEMPORANEA  747 

cia  col  sig.  Conte  di  Mensdorff,  sembra  che  1'Ambasciattfre  ed  il  Ministro 
siansi  accordati  di  non  dare  la  minima  importanza  a  questq  nuovo  scap- 
puccio  del  Principe,  del  quale  il  Governo  francese  non  vuol  rispondere.»  E 
la  Neue  freie  Presse  di  Vienna  fece  sapere  che :  «  1'Ambasciatore  di  Fran- 
cia,  parlando  col  Mensdorff  di  quel  discorso,  ayrebbe  detto  che  sperava 
di  trovarsi  d'accordo  col  sig.  Ministro  nell'  opinione,  che  le  espressioni 
avventate  del  Principe  ne  bisognassero  ne  meritassero  di  essere  formal- 
niente  disapprovate  dal  Governo  francese.  I  Gabinetti  d'  Europa  gia  da 
pezza  dover  essere  abituati  a  non  aggiustare  grande  importanza  ai  fatti 
e  detti  del  Principe,  Anche  questo  discorso,  avrebbe  detto  1'Ambasciado- 
re,  va  messo  nel  numero  di  quelle  stravaganze,  di  cui  il  Principe  troppo 
spesso  si  e  reso  colpeyole.  » 

Un  dispaccio  lunghissimo  fu  spedito  subito  da  Parigi  ad  Algeri ,  per 
informare  d'  pgni  cosa  1'  Imperatore.  II  Moniteur  col  suo  assoluto  silenzio 
mostro  che  si  disconfessava  quel  discorso,  come  cosa  ne  ufficiale  ne  uffi- 
ciosa;  i  diarii  dipendenti  dal  Governo  furono  ammoniti  di  non  parlarne; 
il  Constitutionnel  riferi  in  parte  soltanto  quel  discorso,  mutilandolo  cioe 
di  cinque  brani  piu  rilevanti ,  che  risguardavano  1'ampliazione  delle  li- 
berta  in  Francia,  le  relazioni  coll' Austria,  la  questione  del  Messico,  1'as- 
setto  di  Roma  e  simili  punti  piu  delicati.  Agii  altri  giomali  fu  lasciata 
Jiberta  di  critica  eziandio  acerba ,  e  se  ne  valse  egregiamente  T  Union 
quotidienne,  che  pose  in  bella  mpstra  la  qualita  di  alcuni  principii  fonda- 
jnentali  predicati  da  S.  A.  imperiale ;  pei  quali  il  sig.  Marchese  de  Boissy 
ebbe  a  dire  in  Senato,  con  approvazione  generale,  nel  giorno!9:  «  mol- 
ti  senza  dubbio  si  sono  rallegrati  di  questo  discorso  antireligioso  e  rivo- 
luzionario ,  il  quale ,  se  non  fosse  disapprovato  dal  Governo,  sarebbe  la 
bandiera  dell'  insurrezione  e  della  guerra  civile,  inalberata  da  un  Princi- 
pe della  casa  imperiale.  » 

II  Governo  disapprovava  per  certo  quel  discorso,  ma  aspettava  dal- 
1'Algeria  le  decision!  dell'  Imperatore.  Intanto  Y Opinion  nationale  (a  cui 
il  Principe,  partendo  per  la  Corsica,  avea  lasciato  le  bozze  della  sua 
parlata  gia  messa  a  stampa,  affinche  la  pubblicasse  al  primo  annunzio 
telegrafico  che  si  fosse  recitata )  fu  chiamata  ad  audiendum  verbum,  nella 
persona  del  sig.  Gueroult ,  e  per  bocca  del  Ministro  La  Valette ;  il  quale 
pose  la  democrazia  alle  strette,  facendosi  dar  ragione  dello  sfoggiatq  pa- 
negirico  fatto  a  quel  discorso,  e  intimando  la  sospensione  di  quel  diario 
se  non  si  riparava  con  una  onoreyole  ammenda ;  e  questa  fu  fatta  subito, 
in  forma  d'  una  solenne  protestazione  di  fedelta  e  deyozione  all' Impera- 
tore ed  al  suo  Governo.  Ma  questo  non  bastava;  ppiche  anche  il  Corpo 
legislative  reputavasi  offeso  da  certe  frasi  del  Principe,  e  diceasi  che  va- 
rii  Deputati,  e  parecchi  Senatori  erano  risoluti  di  trarre  in  campo  que- 
sta quistione  ed  esigere  dal  Governo  schiarimenti  e  riparazione. 

3.  Pero  giunse  in  tempo,  e  venne  publicata  dal  Moniteur  del  27  Mag- 
gio  la  seguente  lettera,  indirizzata  dall'  Imperatore  al  Principe ,  sotto  la 
data  del  23  Maggio  da  Algeri ;  la  quale  scoppio  come  la  folgore  sul  capo 
ai  democratici,  e  riconfprto  gli  animi,  non  pure  dei  devoti  alia  dinastia 
napoleonica,  ma  eziandio  di  quanti  sono  uomini  onesti. 

«  Signore  e  carissimo  cugino.  Non  posso  astenermi  dal  manifestarvi 
la  penosa  impressione  che  la  leltura  del  vpstro  discorso,  pronunciato  ad 
Ajaccio,  mi  cagiona.  Lasciandovi,  nella  mia  assenza,  a  fianco  dell'  Irnpe- 


748  CRONACA 

ratrice  e  di  mio  liglio,  come  vicepresidente  del  consiglio  private,  ho  volu- 
to  darvi  una  prova  della  mia  amicizia,  della  mia  tiducia;  e  sperava  che 
la  yostra  presenza ,  la  vostra  condotta ,  i  vostri  discorsi  dimostrerebbero 
T  unione  che  regna  nella  nostra  fatniglia. 

«  II  programma  politico,  che  voi  ponete  sotto  1'egida  dell' Imperatore, 
non  puo  servire  che  ai  nemici  del  mio  goyerno.  A  giudizii  ch'  io  non 
potrei  ammettere ,  aggiungete  sentiment!  di  odio  e  di  rancore ,  che  piu 
non  sono  dell'  epoca  nostra. 

«  Per  sapere  applicare  ai  tempi  presenti  le  idee  dell'  Imperatore ,  bi- 
sogna  esser  passato  per  le  dure  prove  della  responsabilita  e  del  potere. 
E  d'altra  parte ,  noi  pigmei  quali  siamo ,  possiamo  realmente  apprezzare, 
nel  suo  giusto  valore,  il  grande  personaggio  storico  di  Napoleone?  Co- 
me davanti  ad  una  statua  colossale ,  noi  siamo  impotenti  a  percepirne  ad 
un  tempo  il  tutto.  Noi  non  vediamo  mai  che  il  lato  il  quale  lerisce  i 
nostri  sguardi ;  quindi  1'  insufficienza  della  riproduzione  e  le  divergenze 
deH'opinione. 

«  Ma  e  chiaro  agli  occhi  di  tutti ,  che ,  per  impedire  1'anarchia  degli 
animi ,  questa  nemica  formidabile  della  vera  liberta,  1' Imperatore  ave- 
va  stabilito ,  dapprima  nella  sua  famiglia,  poscia  nel  suo  goyerno,  quel- 
la  severa  disciplina,  la  quale  non  ammetteva  che  una  volonta  e  che  una 
azione ;  non  saprei  oggimai  (desormais)  scostarmi  dalla  medesima  regola 
di  condotta. 

«  Con  cio  ,  signore  e  caro  cugino ,  prego  Iddio  che  vi  abbia  nella  sua 
santa  custodia.  NAPOLEONE.  » 

4.  Narrano  i  diarii  parigini ,  che  il  principe  Napoleone  sperava  che  tal 
lettera  non  avrebbe  la  solennita  d'essere  cosi  di  subito  pubblicata  nel 
Moniteur,  ed  avea  fatto  pratiche  per  impetrare  almeno,  che  s'  indugiasse 
fino  al  ritorno  dell'  Imperatore,  col  quale  sperava  di  rappattumarsi  sen- 
za  nuovi  scandali.  Ma  il  Consiglio  de'  Ministri  tenne  sodo,  e  la  lettera 
imperiale,  secondo  1'ordine  ricevuto,  fu  pubblicata. 

II  Diritto  di  Torino  n.°  147 ,  ne  fu  contristato,  e  stampo :  «  L'  umilia- 
zione  del  Principe  e  grande ;  e  j)er  lui  crederebbesi  non  dovesse  rimane- 
re  che  la  rassegnazione  dell'esilio  o  1'energia  di  chiamare  la  Francia  al 
compito  di  cjuella  missione  che  egli  le  ha  dato  (Ossia,  levare  la  bandiera 
della  ribellione  e  della  repubblica.)  Ma  trpppo  sono  note  le  arti  di  Gover- 
no  e  le  tinezze  dei  Napoleonidi ,  da  non  si  dovere  attendere  ne  1'  una  co- 
sa  ne  1'altra.  » 

L'Opinione  di  Torino,  che  avea  leyato  alle  stelle  il  discorso,  quando  lo 
credeva  e  lo  diceva  approvato  anticipatamente  da  Napoleone  III ,  vedu- 
tolo  sfolgorato  con  si  fiero  biasimo  ,  cangio  tuono ,  e  fece  *come  1'  asino 
della  favola,  correndo  subito  a  trarre  animosamente  il  suo  calcio  al  liqne 
caduto ;  e  nel  num.  147  prese  a  dimostrare  che  in  verita  il  Principe 
avea  dette  cose  da  mettere  la  Francia  a  cimento  di  guai  con  molti  Gabi- 
netti  d'  Europa ,  e  che  1'  Imperatore  «  non  potea  coprirlo  col  suo  silenzio 
senza  assumerne  in  qualche  modo  la  risponsabilita  » ,  e  che  percio  stava 
bene  al  Principe  la  ramanzina  ricevuta.  Ed  aggiunse  che  il  meglio  sa- 
rebbe  stato,  che  il  Principe  avesse  portato  ad  Aiaccio  un  discorso  che  non 
potesse  essere  cagione  di  cosi  grave  dissenso ,  ricordando  che  in  ogni 
easo  si  dee  fare  il  bucato  in  famiglia. 

Ma  Napoleone  III,  che  conosce  meglio  i  suoi  interessi,  giudico  altrimen- 
ti,  ed  il  Principe,  messo  al  punto,  fece  pubblicare  nella  Presse  del  28  la  se- 


CONTEMPORANEA  749 

guente  sua  lettera  all'  Imperatore.  «  Sire.  In  seguito  della  lettera  di  Vostra 
Maesta,  del  23  Maggio,  e  della  sua  pubblicazione  nel  Moniteur  di  slama- 
ne,  do  la  mia  dimissione  di  vice-presidente  del  consiglio  privato  e  di  pre- 
sidente  della  commissione  dell'esposizione  universale  del  1867.  Vogliate, 
Sire ,  aggradire  1'  omaggio  del  profondo  e  rispettoso  affetto,  col  quale  io 
sono,  Di  Vostra  Maesta,  II  divotissimo  Cugino.  Firmato:  Napoleone  (Gi- 
rolarao)  Palais-Royal,  il  27  Maggio  1865.  » 

Questa  lettera  del  Principe  non  fu  ristampata  dal  Moniteur.  Fu  scritto 
da  Parigi  al  Giornale  Le  Alpi  di  Torino,  che :  «  al  Corpo  legislative  ed 
al  Senato  fu  generale  il  biasimo  contro  il  Principe  e  si  esalto  a  cielo  la 
energica  risposta  deirimperatore ;  a  sera,  dopo  la  seduta,  un  grandissi- 
mo  numero  di  senatori  e  circa  150  deputati  furono  ad  inscriversi  alle 
Tuileries ;  fu  una  specie  di  dimostrazione  legale ,  che  produsse  immense 
effetto.  NeH'armata  si  ebbe  a  segnalare  anche  di  peggio :  a  Versailles 
convenne  tenere  consegnati  due  reggimenti  in  caserma,  che  volevano 
fare  una  dimostrazione  contro  il  Principe.  Questi,  appena  seppe  della 
pubblicazione  fatta,  chiese  per  lettera  alia  reggente  di  autorizzarlo  ad 
abbandonare  il  territorio  francese ;  1'autorizzazione  fu  ricisamente  negata 
dall' Imperatrice.  » 

5.  Nel  Corpo  legislativo  incontrano  grave  difficolta  i  disegni  di  legge 
proposti  dal  Governo  si  per  la  vendita  di  foreste  demaniali,  si  per  ingenti 
opere  pubbliche,  e  si  per  costruire  un  edificio  stabile  che  debba  servire 
alia  niostra  generale  dei  prodotti  di  Arti  ed  Industria.  Rispetto  a  que- 
st' ultimo,  va  innanzi  alia  legge  presentata  al  Corpo  legislativo  una  rela- 
zione,  in  cui  trattansi  diffusamente  i  due  capi  principali ;  cioe  la  forma  e 
la  capacita  dell'  editicio  da  costruire,  ed  i  mezzi  da  sopperire  alia  spesa. 
II  Governo  propone  un  palazzo  di  forma  ovale ,  che  copra  una  superficie 
di  circa  140  mila  metri  quadra ti.  Quanto  ai  mezzi,  esso  non  vuole  ne  il 
sistema  inglese,  secondo  il  quale  una  compagnia  privata  si  assume  I'im- 
presa  a  suo  rischio  e  pericolo,  ne  il  sistema  francese  che  lascia  ogni  cosa 
a  carico  del  tesoro  pubblico.  II  Governo  propone  una  via  di  mezzo.  Le 
spese  dell'Esposizione,  esso  dice,  sono  stimate  in  circa  18  milioni  di  lire 
e  non  supereranno  ad  ogni  modo  20  milioni.  Le  entrate  sono  approssi- 
mativamente  presunte  in  8  milioni.  La  perdita  varierebbe  dunque  da  10 
a  12  milioni.  Per  sopperirvi  bisogna  rivolgersi  a  tutti  gli  interessati :  allo 
Stato,  alia  cilta  di  Parigi,  agli  espositori  medesimi  e  ai  visitatori.  Ep- 
percio  lo  Stato  dara  6  milioni,  ed  egual  somma  la  citta  di  Parigi ;  I'indu- 
stria  e  il  cqmmercio  adunera  per  associazione  un  capitale  di  guarentigia 
degli  8  milioni  rappresentanti  1'entrata  presunta  ;  e  finalmente  il  pubbli- 
co concprrera  al  buon  esito  dell'intrapresa,  pagando  un  diritto  d'ingresso, 
che  sara  leggero,  ma  che  si  riscuotera  regolarmente  e  inflessibilmente 
ogni  giorno,  da  tutti  senza  eccezione  alcuna.  Non  saranno  eccettuati  nep- 
pure  i  singoli  operai  o  le  deputazioni  di  operai,  che  si  recassero  a  quel 
grande  spettacolo  o  per  istruzione  o  per  diletto.  Al  bene  degli  operai 
provyederanno  i  dipartimenti,  le  citta,  le  Camere  di  commercio  e  i  capL 
stessi  d'  industria,  i  quali  nell'  invio  degli  operai  all'  Esposizione  trove- 
ranno  il  loro  proprio  utile. 

6.  Si  sa  che  questi  grandiosi  e  costosissimi  lavori  pubblici  furono  idea- 
ti  dal  Governo  appuntq  per  cessare  i  gravi  pericqli,  sovrastanti   dalle 
aspre  congiunture  m  cui  si  trovano  qualche  centinaio  di  migliaia  di  ope- 


750  CRONACI 

rai,  per  le  infauste  sorti  di  varii  rami  del  commercio  e  dell'industria.  Si 
YUO!  dare  lorp  pane  e  layoro,  a  spese  pubbliche  ma  con  utile  pubblico. 
Tuttavia  il  bilancio  e  gia  cosi  gravato  ed  i  balzelli ,  come  dimostreremo- 
un'altra  volta,  sono  gia  cosi  mpltiplicati  ed  ingenti,  che  molti  yogliono- 
anzi  economic  che  abbellimenti ;  come  apparisce  dalla  relazione  che  la 
Giunta  del  Corpo  legislative,  deputata  alia  disamina  del  bilancio  del 
1866,  presento  ppc'anzi  e  fu  stampata  nel  Moniteur  universel,  di  cui  oc- 
cupa  non  meno  di  48  fitte  colpnne.  Soprattutto  e  da  notare  in  questo  la- 
voro  1'intento  della  Giunta,  d'introdurre  cioe  nei  bilanci  alcuni  principii, 
che  non  si  ppssano  piu  abbandonare,  e  che  obblighino,  per  cosi  dire, 
I'amministrazipne  a  diminuire  le  spese,  ed  a  fare  risparmii,  che  la  Giun- 
ta reputa  indispensabili.  La  Giunta  biasima  con  certa  vivacita  tutte  le 
spedizioni  lontane  e  pericolose,  nelle  quali  il  Goyerno  francese  si  e  av- 
venturato,  ed  insiste  essere  d'uopo  di  tinirla  col  Messicq.  Quanto  all'  in- 
terno,  la  Giunta  non  si  opponealle  spese  che  esige  lo  sviluppo  del  paese, 
ma  consiglia  di  conservare  una  previdente  cautela,  proporzionando  le 
spese  alle  entrate  de'  bilanci,  ed  psservando  che  non  si  puo  aumentare, 
senza  una  necessita  ben  provata,  il  peso  del  debito  pubblico,  quandp  non 
si  ammortizza  piu  il  debito  da  lungo  tempo,  e  1'equilibrio  de'bilanci  non 
e  assicurato  in  modo  normale.  Quanto  a'  risparmii  da  attuare,  la  Giunta 
propone  anzitutto  la  diminuzione  dell'esercito,  parendole  troppi  i  400,000 
uomini,  e  gli  85,000  cavalli,  che  lo  compongono.  Essa  yorrebbe  svilup- 
pare  sempre  piu  il  sistema  della  riserva,aumentando  la  diminuzione  degli 
uomini,  che  questo  sistema  permette ;  e  propone  o  di  lasciare  tutti  nelle 
loro  famiglie,  obbligandoli  ogni  anno  ad  un  tempo  determinato  d'eserci- 
zii  militari,  o  di  congedarli  dopo  un  servizip  minore  de'  sette  anni,  che 
esige  lo  Stato.  E  certo  infatti  che,  se  si  yogliono  introdurre  economic  di 
qualche  rilievo  nel  bilancio,  sara  d'  uopp  fermare  i  proyvedimenti,  che 
raccpmanda  la  Giunta,  e  che  il  Corpo  legislative  accetterebbe  a  gran  piu- 
ralita  di  suffragi,  se  non  fosse  1' influenza  del  Governo. 

Malgrado  di  cio  le  economic  e  diminuzioni  proposte  dalla  Giunta  sui 
bilaucip  non  sono  molto  rilevanti.  Imperocchele  diminuzioni  pel  bilancio 
ordinario  ascendono  per  le  spese  a  5,396,300  fr.,  e  per  le  entrate  a 
25,525,000  fr. 

II  bilancio  ordinario  adunque  del  1866  sarebbe  come  segue: 

Entrate fr.  1,699,901,837 

Spese  ........  1,698,292,290 

Ecced.  delle  entrate   .    .    fr.         1,609,547 

Pel  bilancio  straordinario,  la  Commissione  ha  accresciute  le  entrate 
dalla  cifra  di  144,878,910franchi,  chiesta  primitivamente  dal  Governo,  a 
quella  di  151,805,011  fr.;  e  le  spese  dalla  somma  di  147,413,800  fran- 
chi  a  quella  di  151,718,800  fr.,  locche  lascia  in  questo  bilancio  un  ecce- 
dente  di  entrata  di  86,211  fr. 


CONTEMPORANEA  751 


SPA.GNA  1.  Riforma  costituzionale  circa  i  membri  del  Senate  —  2.  Agilazloni 
settarie;  cospirazioni  —  3.  Crisi  Ministeriale  ;  dimissione  del  Gabinetto 
dej  Signori  Mon  e  Pacheco ;  nuqvo  Ministero  formato  dal  Narvaez  —  4. 
Scioglimento  delle  Cortes ;  amnistia  pel  reati  di  stampa  —  5.  Viaggio  e 
dimora  della  Regina  Maria  Cristina  in  Ispagna  —  6.  Elezioni  per  la  nuo- 
va  Camera  dei  Deputati;  discprso  della  Regina  —  7.  Stato  delle  Finanze; 
proposta  d'anticipazione  di  tributi —  8.  La  Regina  cede  allp  Stato  gran  par- 
te  dei  beni  della  Corona —  9.  Un  professore  deH'Universita  scrive  percid 
contro  la  Regina ;  viene  punito  egli  e  il  Rettore;  tumulto  di  studenti  e 
di  plebe  in  Madrid  allllO  Aprile,  represso  dalla  truppa  —  10.  Guerra  a 
S.  Domingo ;  esposlzione  che  ne  fu  fatta  dal  Ministero  ;  legge  •  proposta 
ed  appro vata  per  abbatidonare  quell'  isola ;  decreto  della  Regina. 

1.  Le  lotte  eroiche  sostenute,  nel  principio  di  questo  secolo ,  dai  po- 
poli  della  Spagna  contro  la  formidabile  potenza  del  primo  impero  Napo- 
leonico ,  bastarono  a  francare  quella  nobile  terra  dal  dominio  straniero , 
si  che  il  conquistatore ,  dopo  ayerne  irrigate  col  sangue  ogni  zplla ,  e 
perdutovi  il  tiore  de' suoi  eserciti,  dovette  abbandonarla ,  spogliata  si 
delle  sue  ricchezze  e  coperta  di  rovine,  ma  pur  lieta  di  tornare  sotto  lo 
scettro  de'  suoi  Re.  Cosi  avessero  saputo  respingere  un'  altra  invasione, 
che ,  senza  1'apparato  delle  baionette  e  de'  cannoni ,  dovea  tornare  trop- 
j)o  piu  funesta  alia  maesta  della  Corona  ed  al  yero  ben  essere  dei  popo- 
ii  1  Cio  che ,  a  depressipne  di  quella  mpnarchia,  non  erasi  potuto  dalla 
forza  delle  armi  francesi ,  fu  qttenuto  in  gran  parte  dall'  influenza  dei 
principii  politici  ed  irreligiosi  ivi  disseminati  dai  figli  di  Voltaire ;  onde 
ben  presto  germinarono  le  rivplture  costituzionali  e  gli  orrori  della  guer- 
ra  civile,  e  le  incessanti  congiure  settarie,  per  cui  la  Spagna  venne  in 
quelle  miserande  condizioni  che  tutti  sanno.  II  governo  parlamentare  vi 
fu  istituito  con  tutto  il  corredo  delle  liberta  del  1789 ;  ed  ognuno  yede 
quanto  ne  sia  vantaggiata  1'inYiolabilita  del  Soyrano ,  la  santita  della  re- 
ligione,  1'osservanza  delle  leggi,  la  discipjina  militare,  la  quiete  citta- 
dina ,  la  prosperita  commerciale ,  I'amministrazione  pubblica. 

Dove  manca  uno  degli  essenziali  elementi  di  buon  governo,  cioe  la 
stabilita,  e  meraviglia  che  difetti  1'ordine?  Basti  dire,  che  da  documenti 
ufficiali 1  risulta ,  come  in  soli  25  anni  di  governo  parlamentare ,  la  Spa- 
gna ebbe  47  diversi  ministeri  e  529  Ministri!  Dal  1833  fino  al  presente, 
scoppiarono  cola  1600  sedizioni  e  sollevamenti  spesso  sanguinosi ,  sen- 
za che  in  questo  noyero  siano  compresi  gli  ammutinamenti  di  truppe  ed 
i  pronunciamenti  militari ;  furono  promulgate  7  different!  Costituzioni,  e 
cincjue  altre  furono  discusse !  L'anno  scorsq  contp ,  da  se  solo ,  quattro 
o  cinque  crisi  di  Gabinetto  e  tre  diversi  Ministeri,  piu  una  riforma  co- 
stituzionale, un  diluvio  ft  interpellanze  ,  un  discioglimento  delle  Cortes 
ed  un  continuo  cozzare  di  fazioni  intese  a  scavalcarsi  a  vicenda ;  si  che 
gran  miracolo  sarebbe  stato  qualora  si  fosse  riuscito  a  condurre  innanzi 
qualche  salutare  riforma  di  dentro,  qualche  utile  trattato  di  fuori;  e  le 
finanze  n'andarono  a  dirotta. 


4  Vegflasi  la  Estatistica  del  personal  y  vici$titudines  de  las  Cortes  y  del  Minislerio 
desde  el  29  de  Setiembre  1833  hasta  el  14  de  Setiembre  1868.  Madrid.  -18G9.  In  4.°  di 
pag.  656. 


752  CRONACA 

Accennammo  a  suo  tempo  1 ,  come  11  Minislero  presieduto  dal  Miraflo- 
ies  fosse  abbattuto,  pel  contrasto  fatto  nel  Senate  alia  legge  da  esso  prq- 
posta  per  una  riforma  costituzionale,  intesa  arendere  ereditaria  la  digni- 
ta di  Senatore.  II  Gabinetto  che  succedette,  formato  dal  sig.  Arrazola 
non  ebbe  tempo  da  occuparsi  di  cio,  perche  duro  solo  dal  19  Gennaio  al 
l.'Marzo  1864,  quandq  entro  in  carica  quello  che  a  grande  stento  yenne 
costituito  da  personaggi  di  parte  conservatrice  liberate,  de'  quali  i  piu  co- 
spicui  erano  il  sig.  Mon,  presidente,  ed  il  sig*  Pacheco,  ministro  di  Sta- 
to.  Naturalmente  le  prime  cure  di  questo  furono  yoke  a  risolvere  la  qui- 
stione  della  riforma  costituzionale ,  siccome  quella  che  era  per  una  parte 
la  piu  u-rgente,  e  per  1'  altra  assai  scabrosa. 

In  virtu  della  Costituzione  del  23  Maggio  1845,  il  Senato  si  compone- 
ya  quasi  esclusivamente  di  membri  scelti  dalla  Corona  in  certe  categq- 
rie  determinate.  Ma  nel  1857  le  Cortes,  d'accordo  col  Ministero,  modi- 
ficando  il  principio  generate  che  la  nomina  dei  Senatori  appartenes- 
se  al  Sovrano,  aveano  surrogate  agli  articoli  10,°  15,°  16,°  17,°  e  18,° 
della  Costituzione,  nei  quali  tal  principio  era  svolto,  altri  articoli  che  ne 
cangiavano  le  applicazioni.  II  Ministero  del  Miraflores  avea  proposto  che 
si  derogasse  al  nuqyo  articolo  18.°  pel  quale  era  conceduta  ai  Grandi  di 
Spagna  la  facolta  di  istituire  maggioraschi  e  di  perpetuare  cosi  nella  pro- 
pria  famiglia  la  dignita  di  Senatore ;  ma  il  Marchese  di  Noyaliches  per 
contro  avea  fatto  istanza  che,  se  alcuna  cosa  si  yolesse  cambiare,  si  tor- 
nasse  puramente  e  semplicemente  alia  Costituzione  del  1845.  Di  qui  le 
scissure  tra  i  Ministri ,  e  la  caduta  del  Gabinetto  denominate  dal  Mira- 
flores. 

II  nuovo  dei  signori  Mon  e  Pacheco  presento  al  Senato  uno  schema  di 
legge,  che  in  sostanza  era  la  proposta  aal  Marchese  di  Novaliches,  ridu- 
cendosi  ad  un  solo  articolo,  pel  quale  dichiaravasi :  che  la  legge  di  riforma 
del  17  Luglio  1857  era  revocata,  e  che  in  cio  la  Costituzione  dello  Stato 
era  reintegrata  in  tutto  il  suo  vigore  quale  era  nel  1845.  Posto  a  disa- 
mina  questo  disegno  di  legge,  il  Marchese  di  Miraflores  si  studio  di 
far  prevalere  1*  opinione  per  cui  avea  gia  dovuto  smettere  il  portafoglio, 
cioe  che  la  dignita  Senatoria  potesse  essere  ereditaria  anche  senza  mag- 
giorasco;  ma  il  Senato,  con  la  pluralita  di  90  voti  contro  7,  la  die  vinta 
al  Ministero,  abrogando  la  legge  del  1857  e  tornando  a  cjuella  del  1845. 
Tuttavia  con  questo  si  sarebbero  lesi  i  diritti  e  gl'  interessi  di  molti  Grandi 
di  Spagna ,  i  quali ,  quantunque  dotati  di  tutti  i  requisiti  voluti  per  far 
parte  del  Senato,  non  eranvi  ancora  entrati  per  circostanze  speciaii.  La- 
onde  fu  anche  sancita  una  disposizione  transitoria,  che  ponesse  in  salvo 
codesti  diritti,  nei  termini  seguenti.  «  Saranno  ammessi  di  pien  diritto 
(por  derecho  proprio),  come  Senatori ,  i  Grandi  di  Spagna ,  che  non  sa- 
janno  sudditi  d' altra  Potenza,  ed  i  quali,  all'epoca  della  promulgazione 
della  presente  legge,  ^odranno  una  rendita  di  200,000  reali,  prove- 
niente  da'  beni  immobili  o  da  altri  fondi ,  purche  ne  facciano  richiesta 
Jiel  termine  di  un  anno.  Con  le  stesse  formalita,  e  purche  il  domandino 
nello  stesso  intervallo  di  tempo  ,  avranno  diritto  ad  essere  accolti  in  Se- 
nato i  Grandi  di  Spagna,  che  non  hanno  ancora  trent'  anni ;  ma  quando 
abbiano  raggiunta  questa  eta,  prima  di  sedere  in  Senato,  dovranno  pro- 
Tare  d'avere  tutti  gli  altri  requisiti.  » 

*  Civ.  Catt.  Serie  V,  vol.  X,  pag.  445-14. 


CONTEMPORANEA.  753 

Cosi  disfacendo  il  fatto,  e  rifacendo  il  disfatto ,  il  Ministero  si  troyaya 
d'accordo  col  Senato,  e  pareva  acquistare  saldezza,  da  potere  intendere 
le  cure  ad  altre  grayi  quistioni,cola  sempre  rinascenti  dopp  le  soluzioni 
che  si  riputavano  definitive;  come  di  provvedere  contro  gli  abusi  elelto- 
rali,  contro  la  licenza  della  stampa,  e  pel  riordinamento  delle  finanze.  Ma 
la  turbolenza  delle  iazioni  sempre  irrequiete  non  gli  lascio  ne  agio  ne  tem- 
po di  effettuare  tutti  codesti  disegni. 

2.  I  progressisti,  che  sono  cola  pressq  a  poco  quel  che  i  Garibaldini  in 
Italia,  fannp  consistere  il  loro  amor  patrio  in  osteggiare  costantemente  il 
Governp,  yituperandone  ogni  atto,  e  mettendolo  in  diffidenza  presso  la  tur- 
ba  dei  liberali  ayyezzi  a  pensare  con  la  testa  altrui  (e  questi  sono  i  piu), 
come  inetto  o  reazionario.  Laonde  non  rifmiscono  dal  declamare  sui  loro 
diarii  contro  1'  andamento  della  cosa  pubblica,  esagerando  ogni  minimo 
inconyeniente,  e  dimostrando,  ben  inteso,  che  la  Spagna  e  sull'  orlo  del- 
Fabisso,  e  che  solo  il  sig.  Olozaga  od  il  sig.  Prim ,  con  la  loro  consorte- 
ria,  son  capaci  di  salvarla  in  si  aspro  cimentp. 

Percio,  yeduto  che  il  Gabinetto  dei  signori  Mon  e  Pacheco  si  melteva 
di  proposito  all'opera,  i  progressist*,  facendo  la  scimmia  ai  loro  predeces- 
son  del  1833  ed  ai  Parigini  del  1848,  s'accinserp  a  scalzarlo  banchettan- 
do,  ed  oflerendo  da  mangiare  e  da  here  a  quanti  yolessero  porgere  orec- 
chip  alle  loro  invettive  contro  il  presente  ordine  di  cose ;  appunto  ,  fu 
scritto  al  Memorial  diplomatique,  «  come  se  i  principii  sublimi  e  le  yirtu 
ciyili  di  codesti  liberaloni  avessero  bisogno  di  copiose  libazioni  e  dei  fu- 
mi  del  yino,  per  attestare  la  loro  fprza  ».  Di  che  il  Diario  de  Barcelona 
ebbe  a  dire:  «  questo  contegno  dei  partiti  in  Ispagna,  quest'abitudine  di 
farsi  yicendeyole  guerra  continua  ed  accanita ,  di  malmenarsi,  di  calun- 
niarsi  ed  intanto  imitarsi ,  copiarsi  servilmente  nelle  parole  e  nei  fatti,  e 
cosa  degna  di  ponderazione.  Non  sappiamo  per  yerita  decidere  se  essi 
cpsi  facciano  per  istinto  come  le  scimmie ,  oyyero  per  cieca  necessita, 
sicche  riescano  a  somigliarsi  quando  si  studiano  d'  essere  diyersi ;  non 
sappiamo  quando  si  schernisconp  e  quando  si  calunniano ;  ma  ben  ve- 
diamo  che  questo  e  il  solo  loro  distintivo.  .  .  11  partito  progressists  del 
1864  rassomiglia  tutto  ,  si  nei  fatti  e  si  nelle  parole ,  a  quello  del  1835, 
in  quelle  stesse  parti  in  che  questo  e  biasimato  da  quello  ». 

Alii  3  Maggio  del  passato  anno  i  progressisti  di  Madrid,  capitanati  dal- 
T  Olozaga  ,  credettero  di  dover  fare  pubblica  mostra  del  loro  numero  e 
della  loro  fprza ;  e  percio  si  raccolsero  a  banchetto  nei  recinto  dei  nuovi 
Campi  elisi,  in  numero  di  2500,  senza  contarela  turba  dei  curiosi,  degli 
oziosi  e  dei  balordi  che,  non  invitati  ad  assaporare  le  yivande  od  a  trin- 
care  i  fiaschi  spumanti  del  dejeuner,  ypllero  almeno  godere  lo  spettacolo 
di  quel  che  ayrebbero  fatto  codesti  amid  del  progresso.  E  questi  fecero 
quel  che  si  suole  in  tali  congiunture.  Mangiarono  con  eccellente  appetitp, 
beveltero  generosamente ;  poi,  sentendosi  raddoppiati  in  corpo  gli  spiriti, 
doyettero  esalarne  il  soyerchio  in  fpcose  arringhe;  si  che  i  convenuti,  i 
quali  non  aveano  avuto  di  che  sdigiunare  ,  furono  regalati  di  oltre  a  65 
discorsi,  onde  fu  anche  aiutata  la  digestipne  di  quelli  che  aveano  spazza- 
to  le  mense  della  copiosa  loro  imbandigione.  Quindi  si  mandarono  per 
tutta  la  Spagna  ampollose  relazioni  sopra  quel  grande  ayyenimentp,  che 
metteya  in  evidenza  come  gia  cominciasse  a  primeggiare  nell'  opinions 
pubblica  ii  sistema  politico  de'  progressisti,  e  si  fece  capire  che  oggimai 
Serie  Y/,  vol.  IJ,  fasc.  366.  ^8  10  Giugno  1865. 


7M  CRONACA 

era  tempo  che  i  moderati  o  conservatori  liberali  smettesserq  un'autorita 
di  cui  non  sapeano  avvalersi  per  nulla  di  bene.  I  progressist  gia  cre- 
deano  di  aver  per  poco  afferrato  i  portafogli ,  e  cominciavano  a  distri- 
buirseli  tra  loro. 

Ma  la  cqsa  ando  per  tutt'  altra  guisa  ,  colpa  in  gran  parte  del  signer 
Olozaga ;  il  quale,  offuscato  dai  fumi  del  banchetto,  non  vide  bene  come 
dovesse  temperare  la  manifestazione  dei  suoi  disegni ;  e  percip,  affine  di 
rimuovere  un  emolo,  dichiaro  senza  cerimonie,  che  non  conveniva  ne  alia 
fazione  da  lui  diretta,  anzi  neppure  alia  nazione  ,  di  continuare  a  tenere 
il  generale  Esparterq  come  capo  dei  progressisti.  L'Espartero  si  senti  of- 
feso,  e  mando  pubblicare  siill'  Iberia  una  lettera  breve ,  vibrata  e  digni- 
tosa  ,  con  la  quale  cessava  da  se  ogni  taccia  <T  ambizione  sregolata  di 
comando ,  protestavasi  altamente  per  la  conciliazione  fra  le  prerogative 
delia  Corona  e  le  istituzipni  liberali,  e  rimetteva  al  senno  degli  Spagnuo- 
li  il  giudizio  delle  sue  aziqni.  Di  che  avvenne  gran  scissura  tra  i  progres- 
sisti stessi,  parte  de'  quali ,  ancora  per  le  stampe  e  per  via  di  sottqscri- 
zioni,  si  posero  dajla  parte  dell'  Espartero,  proclamandolo  I'uomo  pin  il- 
luminato  del  partito  progressista ,  sua  piu  grande  gloria  e  suo  unico 
capo ;  altri  per  1'opposto  si  schierarono  sotto  la  bandiera  dell'  Olozaga  e 
del  Prim.  Ma  questi  non  vollero  smettere  per  si  poco,  e  moltiplicarono  i 
meetings  ele  cicalate.  Laondeil  mihistro  signer  Canovas  del  Castillo  pre- 
sento,  il  di  16  Maggio,  al  Senato  uno  schema  di  legge  sopra  le  pubbliche 
adunanze  e  le  cqnventicple  politiche  ,  compilato  in  forma  da  non  impac- 
ciare  1'uso  dei  diritti  legittimi  de'  cittadini ,  ma  tale  che  potesse  armare 
il  Governo  contro  le  agitazioni  settarie. 

Lo  spirito  di  sedizione  s'  appiccico  naturalmente  anche  a  qualche  mili- 
tare,  e  sui  primi  giorni  dell'Agosto  correvano  per  Madrid  confuse  dicerie 
d'un  prossimo  pronunciamento  di  truppe ;  e  quelle  pur  troppo  erano  fon- 
date ;  ma  il  colpo  non  riusci.  Uno  dei  complici  rivelo  la  trama  alle  auto- 
rita,  ed  il  Colonnello  del  Reggimento  di  Savoia  fu  informato,  che  la  con- 
giura  dovea  effettuarsi  da  alcuni  suoi  ufficiali  e  sergenti,  i  quali  si  ri- 
promettevano  di  strascinare  gli  altri,  e  lev  are  la  bandiera  della  ribelliq- 
ce.  Le  truppe  furono  tenute  a'  loro  quartieri ;  convocati  gli  ufficiali ;  ii 
Capitan  Generale  ando  in  persona  ad  arringare  il  Reggimento  di  Savoia 
che  era  acquartierato  sulla  collina  Principe  Pio,  in  faccia  al  palazzo  della 
Regina;  quindi  si  procedette  all'arresto  dei  congiurati.  II  capo  apparente 
di  quelli  era  un  Tenente,  certo  Raena,  uomo  tutto  dedito  al  Prim,  di  cui 
fu  amanuense  ed  al  quale  era  debitore  del  suo  grado.  Dalle  carte  seque- 
strate si  venne  a  notizia  di  molti  complici,  ed  i  colpevoli  furono  sottopo- 
sti  a  Consiglio  di  guerra.  Ma  che?  Quasi  tutti  furono  dichiarati  non  con- 
vinti  e  rimandati  assolti,  agli  altri  da  generosa  amnistia  fu  condonata 
la  pena. 

Non  si  ppte  chiarire  che  il  Generale  Prim  avesse  partecipato  alia  con- 
giura;  ma  il  suo  contegno  e  le  congiunture  designavanp  come  pericplosa 
la  sua  presenza  a  Madrid;  e  percio  il  Governo  lo  invito  a  ritirarsi  nei 
suoi  poderi,  presso  Toledo;  il  che  egli  esegui,  cpnfortato  dai  segni  di 
simpatia  ricevuti  da  tutti  i  suoi  parti giani,  i  quali  si  proponevano  anche 
di  fare  una  solenne  dimostrazione  al  momento  della  sua  partenza,  ma  poi 
se  ne  astennero  perche  il  Governo,  avutone  sentore,  ayea  messo  in  sul- 
1'armi,  e  tenute  pronte,  all'uopo  di  reprimere  ogni  disordine,  tutte  le 
truppe  del  presidio. 


CONTEMPORANEA  755 

II  Gpverno  la  scampp  da  questi  tentatiyi  forsennati,  ma  non  venne  a 
capo  di  veruno  dei  suoi  disegni  legislativi  circa  la  stampa  e  le  iinanze. 
Anzi  i  suoi  impacci  crescevano  e  per  dissidii  sorti  fra  il  signer  Canovas 
ed  i  signori  Mon  e  Pacheco,  e  principalmente  per  le  infauste  notizie  ri- 
cevute  da  San  Domingo  e  pel  conuitto  in  cui  troyossi  impegnato  col 
Peru;  del  quale  daremo  conto  altra  volta,  se  lo  spazio  eel  consentira.  Gli 
imbarazzi  crebbero  a  segno,  che  si  comincio  a  pensare  se  non  fosse  me- 
glio  sciogliere  le  Cortes.  Fattp  sta  che  nelle  prime  settimane  del  Settem- 
bre, tenutosi  Consiglio  de'  Ministri,  il  sig.  Ulloa  propose  schietto  che  si 
disaminasse  attentamente  se  il  presente  Gabinetto  potesse,  senza  perico- 

10  pel  pubblico  bene,  continuare  nel  suo  compito,  mentre  per  tante  ca- 
gioni  sentiva  troppo  indebolita  la  sua  influenza.  II  Ministro  degli  affari 
interni  ed  il  sig.  Canovas  del  Castillo  aderirono  all' Ulloa,  e  si  dichiara- 
rono  risoluti  a  smettere  la  loro  carica.  Di  che  anche  gli  altri  dovettero 
contentarsi  di  fare  il  somigliante,  e  rassegnare  alia  Regina  la  loro  di- 
missione.  La  Regina  1'accolse  e  commise  al  Generale  Narvaez  di  formare 
un  nuovo  Gabinetto. 

II  Memorial  diplomatique  del  25  Settembre  allego  di  questo  cangia- 
mento  ministeriale  un'  altra,  e  forse  piu  vera  cagione,  in  questi  termini. 
«  Hayyi  nella  penisola  spagnuola  molti  personaggi  politici,  da  lunga 
pezza  in  disponibilita,  volontariamente  appartati  dalla  pratica  degli  af- 
fari pubblici,  i  quali,  di  quando  in  quando,  pubblicano  professioni  di 
fede,  improntate  d'un  carattere  d'illegalita  e  di  yiolenza  che  sconcerta  la 
ragione.  Perridurre  questi  cotali,  ed  i  loro  ciechi  aderenti,  alrispetto  dei 
Teri  interessi  della  loro  patria,  era  d'uopo  d'un  goyerno  dalla  mano  fer- 
ma,  benche  conciliativo  e  liberale.  Ed  ecco  perche  il  Duca  di  Valenza  fu 
di  nuovo  chiamato  a  presiedere  i  Consiglieri  della  Regina.  » 

II  Narvaez  ebbe  trovati  i  seguenti  colleghi.  II  sig.  Llorente,  per  gli 
affari  esterni;  il  Generale  Fernandez  de  Cordova,  per  la  Guerra;  il  si- 
gnor  Arrazola,  per  la  Giustizia ;  il  Generale  Armero  y  Penaranda,  per  la 
Marina;  il  sig.  Gonzales  Rravo,  per  gli  affari  interni;  il  sig.  Rarzanalla- 
na,  per  le  Finanze;  il  sig.  Alcala  Galiano,  pei  lavori  pubblici  (fomento); 

11  sig.  Leijas  Lozano,  per  le  Colonie. 

4.  I  primi  atti  del  Ministero,  che  poco  appresso  fu  modificato,  furono 
improntati  d'una  cotale  vigoria,  che  sconcerto  i  mestatori  piu  arrisicati 
ed  i  professori  di  tumulti  e  di  chiassi.  II  sig.  Gonzalez  Bravo  spedl 
una  circolare,  per  dichiarare  che  il  nuovo  Gabinetto  non  intendeva  d  es- 
sere  1'organo  di  veruna  fazione,  ma  professava  principii  conservator!, 
nel  senso  del  voler  al  tutto  mantener  fermo  il  rispetto  alia  legge  ,  la  co- 
stituzione  dello  Statp,  il  reggimentp  rappresentativo  e  le  guarentigie  di 
yera  liberta,  senza  licenza  di  fazioni,  senza  favpri  ufficiali  a  veruna  set- 
la,  perche  la  Regina  e  sovrana  non  di  una  fazione  ma  di  tutli  gli  Spa- 
gnuoli.  Inoltre  un  decreto  reale,  promulgato  il  22  Settembre,  disciplse 
le  Cortes,  per  dare  cosi  soddisfazione  a  tutti  i  malcontenti  col  metterli  in 
grado  di  fare  lasceltache  lor  talentasse  di  nuovi  rappresentanti.  Le  nuove 
elezioni  furono  stabilite  pel  di  22  Novembre,  secondo  la  legge  vigente ; 
e  la  riapertura  delle  Cortes  destinata  al  22  Dicembre. 

Al  tempo  stesso  la  Gaceta  ufficiale  pubblico  un  decreto  di  amnistia  o 
condonazione  per  tutte  le  ammende  inflitte  a'giornali  politici  del  1."  Gen- 
naio  1857  fino  a  quel  giorno.  I  quali  ordini  pareano  dire  a'  progressist! : 


756  CRONACA 

fate  pure  tutto  quel  che  la  legge  vi  permette;  noi  siam  risoluti  di  osseryare 
e  fare  osservare  a  puntino  la  Costituzione ;  non  ci  rendiamo  pagatori  pel 
fatti  de' precedent!  Ministeri,  ma  risponderemo  pei  nostri,  e  reprimeremo 
ogni  offesa  alle  leggi. 

5.  Negli  stessi  giorni  un  messaggiere,  spedito  da  S.  M.  la  Regina 
Isabella  II,  giunse  in  Francia  a  Sainte-Adresse,  residenza  di  S.  M.  la 
Regina  vedova  Cristina,  a  cui  presento  una  lettera  di  S-  M.  Cattolica 
che  pregava  sua  madre,  con  le  piu  vive  istanze,  di  rientrare  in  patria. 
La  Regina  Cristina  si  trasferi  subito  a  Parigi,  dove  il  sabatp  24  Settem- 
bre  fu  visitata  dall'Imperatore.  II  lunedi  seguente  essa  entro  in  viaggip 
alia  yolta  di  Madrid,  e  giunse  il  27  a  san  Sebastiano,  e  quivi  le  autorita 
civili  e  militari  le  presentarono  i  dpvuti  omaggi,  tra  il  rimbombo  de'  can- 
noni  e  lo  squillo  delle  fanfare.  E  simile  fu  il  ricevimento  in  tutte  le  sta- 
zioni  in  cui  ebbe  a  soffermarsi,  fino  a  Madrid,  dpye  pervenne  alii  30.  La 
Regina  Isabella,  col  Re  e  coi  figli,  le  si  era  fatta  innanzi  fino  all'  Escurial. 
II  primo  incontro  fu  pieno  di  tenera  effusione ;  la  Regina,  che  da  dieci 
anni  non  avea  piu  veduto  sua  madre,  le  gitto  le  braccia  al  collo,  e  le  loro 
lagrime  si  mescolarono  per  buon  tratto  in  espressione  di  gioia.  I  figliuo- 
lini  della  Regina  non  rifinivano  di  colmare  di  carezze  1*  avola  augusta , 
che  non  aveano  yeduta  mai.  Tutta  la  Corte  passo  quindi  dall' Escurial  a 
Madrid,  e  dopo  il  pranzo  solenne,  la  Regina  Cristina  ando  a  prendere 
stanza  nel  palazzo  della  Remisa ,  dove  il  2  Ottpbre  tenne  riceyimento  di 
gala  pei  Ministri  ed  altri  dignitarii.  Qualche  giorno  dopo  S.  M.  la  Reffi- 
na  yedoya  si  trasferi  per  Yalenza  ad  Oviedo ;  e  quiyi  si  rimase  lincne 
sullo  scorcio  dell' anno  torno  a  Madrid,  fecevi  dimora  alcun  tempo  con 
la  figliuola,  e  si  torno  poi  in  Francia. 

6.  II  sig.  Gonzalez  Brayo  spedi  un'altra  Circolare  per  disporre  gli  ani- 
miafareelezioni,  appropriate  ai  bisogni  ed  all'interesse  della  patria,  ricor- 
dando  le  larghezze  lasciate  dal  Gpyernp  all'  uso  legale  della  liberta  per 
^li  elettori ;  la  facolta  lasciata  ai  giornali  di  discutere  quanto  lor  piacesse 
i  meriti  de'  candidati  e  le  conyenienze  comuni ;  I'anmistia  recente  con  la 
quale  si  erano  ricondotti  al  seno  delle  loro  famiglie  i  pochi,  che  ancora 
ne  erano  tenuti  lontani  per  fatti  spiacevoli ,  cioe  per  tumulti  e  congiure  ; 
e  fini  appellando  al  comune  amore  di  patria.  1  progressist^,  sotto  la  pre- 
sidenza  dell'Olozaga,  del  Prim,  del  Canterp  ed  altri  cotali,  tennero  loro 
adunanze.  e  risolyettero  di  proseguire  a  far  i  corrucciati  ed  a  stare  come 
Achille  sotto  la  tenda,  astenendosi  dal  partecipare  alle  elezioni ;  perche 
probabilmente  s' accorgevano  che  yi  avrebbero  patito  lo  scacco  matto. 
II  generale  Espartero  si  stette  lontano  da  queste  brighe  irragionevoli  di 
gente  che  fa  contrasto  sol  per  ambizione  e  libidine  di  comandare ;  e  cosi 
aiuto  il  buon  esito  delle  elezioni,  le  quali  furono  in  gran  numerp  propizie 
al  Goyerno ,  con  risultato  che  dimostrava  chiararnente,  che  si  gradiva 
dalla  pluralita  degli  elettori  il  programma  del  Narvaez. 

^  Ma  poco  manco  che  tutto  n'andasse  sossopra  da  capo.  Quando  gia 
s'avyicinaya  il  di  della  solenne  riapertura  delle  Cortes,  si  ricevettero 
da  S.  Domingo  notizie  gravissime,  che  metteano  in  sodo  1'  allargarsi  ed 
il  rassodarsi  del  sollevamento  repubblicano,  gli  enormi  sacrifizii  di  de- 
naro  e  di  sangue  che  richiedeansi  per  mantenere  alia  Corona  quell'  ispla, 
e  per  giunta  il  pericolo  d'unconflittp  coll'Inghilterra,  che  parea  riso- 
luta  di  riconoscere  a'  solleyati  i  diritti  de'  belligeranti.  11  Narvaez  ed  i 
suoi  colleghi  vennero  percio  nella  risoluzione  di  abbandonare  quell'  in- 


CONTEMPORANEA  757 

fausta  possessione,  che  costava  tesori  e  recava  seco  sollecitudini  infinite, 
a  grande  scapito  della  monarchia.  Ma  alia  Regina  dolea  forte  di  levare 
dalla  corona  di  Spagna  quel  rosone,  che  vi  era  tomato  da  soli  quattro  anni; 
e  tenea  fermp  che  si  doyessero  spedire  cola  poderosi  rinforzi  d'armi,  di 
munizioni ,  di  milizie  e  di  navi ,  e  domare  ad  ogni  costo  i  ribelli.  II  Nar- 
yaez,  persuaso  che  cio  tornerebbe  a  grave  dannq  della  Spagna,  vi  si  ri- 
fiuto ,  e  prefer!  di  dare,  con  tutti  gli  altri  membri  del  Gabinetto  ,  la  sua 
dimissione.  Ma,  falliti  tutti  i  tentativi  per  costituire  un  altro  Ministero,  la 
Regina  condiscese  al  partito  del  Narvaez,  il  quale  ripiglio  il  portafoglio 
e  tutto  torno  in  quiete. 

Si  aprirono ,  al  di  posto,  le  Cortes ,  e  la  Regina  inaugurp  la  sessione 
con  un  discorso  assai  ppnderatp,  net  quale,  tra  altre  cose  di  minor  rilie- 
vo,  si  conteneano  dichiarazioni  che  crediamo  dover  riferire  con  le  pro- 
prie  sue  parole  :  «  Inaugurandp  i  lavori  che  state  per  imprendere ,  deyo 
farvi  sapere  che  le  nostre  relazioni  colle  Potenze  straniere  continuarono 
ad  essere  spddisfacenti.  Ho  pero  da  deplorare  una  eccezione,  il  Peru; 
ma  nutro  yiya  speranza  che  non  tardera  a  stabilirsi  fra  la  Spagna  e  quella 
repubblica  un  cordiale  accordo ,  senza  il  minimo  detrimento  della  nostra 
dignita  ».  Accennato  poi  il  riconoscimento  del  Messico,  e  coltone  il  de- 
stro  di  rassicurare  le  repubbliche  dell'  America  meridionale  contro  ogni 
timore  di  disegni  ambiziqsi  della  Spagna,  tocco  dei  trattati  di  commercio 
con  la  China  e  per  delimitazipni  di  confine  col  Portpgallo ;  e  venne  ad 
un  punto  delicate :  «  Recenti  combinazioni  diplomatiche  (la  famigerata 
Convenzione  franco  italiana  del  45  Settembre)  tengono  in  sospeso  ogni  ri- 
soluzione  sopra  gli  aflari  d'ltalia.  Ma  tostoche  quelle  peryengano  ad  un 
definitive  scioglimento,  il  mio  Governo  le  considerera  sotto  1'aspetto  con- 
sigliato  dalla  piu  accurata  prudenza  e  dal  modo  di  evitare  ogni  menoma 
offesa  al  rispetto  ed  aH'amore  figliale  che  la  Spagna,  come  nazione  catto- 
lica,  professa  pel  comune  Padre  dei  fedeli.  » 

Di  qui  si  scorge  che  la  Spagna  non  e,  se  prescindiamq  dalla  setta  go- 
Ternata  dall'  Olozaga,  molto  sollecita  di  riconoscere  il  diritto  della  forza 
yittoriosa  contro  la  giustizia,  e  di  suggellare  le  iniquita  del  1859  e  del 
1860  a  danno  dei  dominii  di  santa  Chiesa,  autenticando  col  suo  ricono- 
scimento le  sacrileghe  usurpazioni  perpetrate,  malgrado  del  diplomatic*) 
antagonismo  della  Francia,  per  1'assassinio  della  Santa  Sede.  Entrando 
poscia  a  dire  delle  condiziom  interne  della  Spagna,  la  Regina  si  spiego 
assai  chiaro. 

«  Rivolgendo  il  mio  sguardo  sulla  nostra  patria  ,  mi  veggo  obbligata 
a  dirvi,  con  dplore,  che  le  condizioni  generali  della  monarchia,  conside- 
rate sotto  tutti  i  risguardi ,  non  sono  tali  da  poterne  essere  paghi  quanto 
sarebbe  desiderabile.  .  .  .  Cause  di  varia  natura  hanno  ridotto  le  nostre 
finanze  in  uno  stato  che  richiede  grave  e  matura  disamina.  I  progressi 
deirincivilimento  moderno,  la  prosperita  e  la  grandezza  delle  nazioni  non 
si  possono  pttenere  che  a  prezzo  di  sacrifizii,  cui  non  devpno  rifiutarsi  i 
popoli  gagliardi  ed  intelligent  ».  E  qui  si  distese  ad  indicare  una  serie 
di  provvedimenti  e  di  leggi  pel  credito  pubblico,  pel  commercio,  per  la 
liberta  di  stampa,  per  la  repressione  a  mano  armata  dei  tumulti  sediziosi, 
per  1'istituzione  di  guardie  rurali,  per  Tamministrazione  giudiziaria  e  si- 
mili ;  dei  quali  si  dovrebbe  occupare  la  Camera,  secondo  le  proposte  gia 
divisate  dal  Ministero. 
Quanto  a  S.  Domingo,  lodato  in  generale  1'esercito,  non  disse  parola. 


758  CRONACA 

7.  Per6  il  grosso  de'guai,  anche  prescindendp  dall'infelice  riuscimento 
dell'annessione  di  S.  Domingo ,  e  dai  timpri  di  guerra  dispendiosa  pel 
conflitto  col  Peru ,  staya  nelle  condizioni  delle  Finanze.  Si  tentarono 
gl'imprestiti ,  si  posero  in  opera  tutti  gli  spedienti  finanziarii ,  si  ricorse 
ai  banchi  pubblici ;  ma  ogni  cosa  tornava  o  inutile  o  insufficiente  a  col- 
mare  il  vuoto  del  Tespro.  Di  che  le  angustie  si  raddoppiavano;  come  gia 
il  Memorial  diplomatique  del  30  Ottobre,  pag.  707,  prendeva  a  dimo- 
strare  1'inanita  di  quegli  artificii ,  indicando  che,  per  rimediare  a  tanto 
male  efficacemente,  doveansi  intendere  tutte  le  cure  a  svolgere  le  ricchez- 
ze  naturali  della  Spagna  ed  a  promuoverne  1'industria  ed  il  commercio. 

Intanto  pero  slringeva  il  bisogno  di  denaro,  per  sopperire  alle  spese 
urgenti  della  pubblica  amministrazione.  II  Ministro  per  le  Finanze  ,  per 
disperato  ,  si  volse  ad  imitare  1'  esempio  avuto  dal  Goyerno  italiano,  e 
propose  che  si  decretasse  per  legge  ,  sqtto  una  forma  piu  o  men  velata, 
come  fece  il  Sella  a  Torino  ,  1'  anticipazione  dei  tributi  prediali  per  tutto 
il  1865.  Le  Camere,  in  quelle  distretteassentivano;  ma  le  relazioni  avu- 
te  dalle  autorita  delle  province  posero  in  sodo  che ,  se  il  decretare  tali 
prqvyedimenti  era  facile,  tornerebbe  difficile,  fors'anche  impossibile  1'ese- 
guirli,  senza  cimentarsi  ad  incontrare  dalla  parte  de'  possidenti,  ed  in  is- 
pecie  de'  yillani,  una  fortissima  resistenza,  che  potrebbe  degenerare  in 
sollevamento.  II  signqr  Barzanallana  ,  fatti  altri  tentativi ,  e  riuscito  a 
nulla,  rassegno  la  carica  ed  il  portafoglio,  e  torno  assai  difficile  il  rinve- 
nire  chi  si  ^plesse  sobbarcare  a  tal  peso  in  yece  sua. 

Spesi  in  discussioni,  piu  o  meno  ardenti,  il  Gennaio  e  parte  del  Feb- 
braio,  le  Camere  ed  il  Governo,  per  rispetto  alle  Finanze  non  sapeano 
piu  dove  dar  di  capo;  quando  la  Regina  Isabella  concepi  ed  efiettuo  una 
generosa  risoluzione,  che  in  altri  tempi,  ossia  in  mezzo  ad  una  spcieta 
meno  ammorbata  dalle  sette,  quando  pure  non  si  fosse  potuta  poi  con- 
durre  a  pieno  eseguimento,  sarebbe  bastata  per  cattivare  tutti  i  cuori 
alia  Regina,  per  rassodarne  il  trono,  per  rendere  dolce  ai  sudditi  ogni 
sacrifizio.  Chiamato  a  se  il  Narvaez,  Isabella  II  gli  diede,  affinche  lo  pre- 
sentasse  alia  sanzione  delle  Cortes,  un  disegno  di  legge,  da  lei  fatto  ela: 
borare  in  alto  segreto,  e  pel  quale  si  dovessero  vendere  quasi  tutti  i 
beni  patrimoniali  e  della  Corona,  e  deputarne  le  tre  quarte  parti  a  biso- 
gni  deH'erario  pubblico,  riserbandpne  una  sola  a'  servigi  della  Casa  rea- 
le.  L'annunzio  di  tale  atto,  degno  invero  di  una  Sovrana  che  vuol  essere 
anzi  madre  che  regina  del  suo  pppplo,  commpsse  a  prima  giunta  Camere 
e  cittadini  d' ogni  ordine  ad  altissimo  entusiasmo,  che  si  manifesto  in 
tutta  la  Spagna,  con  la  yivacita  propria  di  quelle  feryide  immaginazioni  e 
di  quel  cuore  generoso  onde  son  dotati  i  Castigliani. 

Tal  disegno  di  legge,  che  puo  vedersi  per  disteso  nel  Debats  del  26 
Febbraio,  letto  alia  Camera  dei  Deputati  nella  seduta  del  20,  dissipo  la 
tempesta  che  pareva  imminente.  II  sig.  Barzanallana  trovo  subito  un 
successore  nella  persona  del  sig.  Alessandro  Castro;  ed  il  Ministero  ri- 
tiro  lo  schema  di  legge  sopra  1' anticipazione  dei  tributi  pel  1865.  Sere- 
nate,  deputazioni  di  citta  e  di  corpi  morali,  indirizzi  spiranti  gratitudine 
e  devozione  illimitata,  attestarono  alia  Regina,  la  quale  ne  fu  commossa 
sino  alle  lagrime,  che  essa  avea  saputo  fare  un  vero  colpo  di  Stato  de- 
gno di  soyrana  cattolica. 

9.  Ma  che?  Non  tardarpno  a  levarsi  su  gli  oppositori,  cioe  quei  cotali 
che,  imbevuti  della  massima  che  il  solo  popolo  e  soyrano,  pretendono 


CONTEMPORANEA  759 

avere  nel  Re  unp  stromento  passive  delle  fazioni  prevalent],  Amare  cen- 
sure furono  subito  divulgate  control' atto  della  Regina,  dichiarandolo 
illegale  e  contrario  alia  Costituzione.  Un  professore  dell'  Universita  non 
ebbe  ribrezzo  di  pubblicare  a  tale  intento  un  libello  indegno,  nel  quale 
non  erano  risparmiati  gl'insulti  alia  persona  stessa . della  Regina.  II  Go- 
verno  se  ne  risenti,  e  rampogno  il  Rettore  della  Universita,  perche  un 
membro  di  essa  era  trascorso  impunemente  a  tale  eccesso,  e  gl' impose 
di  sospenderlo  dal  suo  ufficio.  II  Rettore  vi  si  rifiuto,  facendosi  difendi- 
tore  della  liberta  del  Professore.  II  Governo  allora  casso  il  Rettore  ed  il 
Professore,  e  nprnino  un  altro  Rettore.  Quando  si  venne  ad  installare 
questo,  i  partigiani  del  predecessore  aizzarono  studenti  e  plebe,  e  ne  de- 
rivo  una  sedizione  sanguinosa  in  Madrid. 

Riusciti  yani  i  provvedimenti  del  Governo  ad  impedire  il  tumulto, 
disprezzati  i  bandi  dell'autorita,  non  curate  anzi  provocate  con  insulti 
le  pattuglie,  spedite  a  tutelare  la  casa  e  la  persona  del  nuovo  Rettore  del- 
1' Universita,  molti  studenti,  alii  10  d' Aprile,  stipati  di  una  moltitudine 
di  plebe,  die  andava  sempre  ingrpssando,  si  ridussero  alia  Puerta  del 
Sol,  urlando  da  forsennati,  cpi  soliti  abbasso  e  morte,  che,  indirizzati  ai 
Ministri,  si  fecero  poi  salire  fino  alia  Regina  stessa.  Era  d'uopo  impedire 
che  la  sedizione  crescesse  a  ribellione.  Furono  spedite  truppe  armate, 
per  disperdere  i  tumultuanti ;  le  quali  si  videro  accplte  con  ingiurie  e  con 
sassate.  A  nulla  valsero  le  intimazioni  di  discipgliersi;  e  quando  si  do- 
vette  impiegare  la  forza  contro  quella  moltitudine  di  otto  o  dieci  mila 
ostinati,  il  sangue  corse,  si  che  rimasero  morti  alcune  decine,  e  feriti 
assai  piu  de'  sediziosi.  Di  che,  senza  stenderci  a  dire  altro,  ognuno  puo 
immaginare  qual  fracasso  si  leyasse  poi  dai  democratic!  e  dagli  opposi- 
tori  nella  Camera  contro  il  Ministerp,  che  pero  rispose  fermo  e  bene,  e 
contenne  que'  passionati  entro  i  limiti  del  dovere. 

Fu  detto  che  ad  avere  in  tal  congiuntura  una  piena  riyoluzipne  manco 
solo  un  capo  che  prendesse  a  goyernarne  i  primi  successi ;  ed  il  capo  for- 
se  non  mancava,  ma  solo  teneasi  in  disparte,  finche  le  cose  fossero  giun- 
te  a  tal  punto,  ch'  egli  potesse  trarre  in  mezzo  senza  pericolo  e  con  cer- 
tezza  di  riuscire  all' intento.  Fatto  sta  che  il  Generale  Prim ,  tomato  gia 
da  pezza  a  Madrid,  ed  a  cui  erano  volti  gli  occhi  di  molti,  si  stette  queto; 
tuttavia,  per  buoni  motivi,  il  Governo  lo  consiglio  a  fare  qualche  viaggio, 
ed  egli  accetto.  Anche  1'  Olozaga ,  sconfortato  del  poco  effetto  della  sua 
opposizione,  usci  di  Spagna,  e  n'ando  aFirenze,  per  intendersela  co'suoi 
confratelli  della  grande  consorteria  massonica ;  ed  a  suo  tempo  si  vedra 
poi  fors'anche  il  perche  del  viaggio  impreso,  appunto  nel  passato  mese, 
dal  Gialdini  in  Ispagna  e  Portogallo,  mentre  1'  Olozaga  stava  in  Italia. 

10.  Tuttavia,  in  mezzo  a  queste  agitazioni,  il  Governo  pote  liberare 
se  stesso  e  la  Spagna  da  un  gravissimo  impaccio,  ottenendo  che  il  Se- 
nato  e  la  Camera  dei  Deputati  sancissero  una  legge,  proposta  per  abban- 
donare  la  mal  riacquistata  isola  di  San  Domingo.  Per  argomentare 
qual  frutto  ricayasse  la  Spagna  da  codesta  annessione,  o  dedizione  che  si 
fosse,  basti  recitare  queste  poche  parole  del  Ministro  degli  affari  esterni 
circa  le  spese  dovute  fare. « II  primo  anno,  disse  il  Ministro,  cpsto  966, 323 
pesos  (5,140,506  fr.  92  c.)  e  non  ci  appartenne,  disse  il  Ministro ,  ?  che 
per  una  parte  dell'anno.  Per  1'esercizio  1862-63  non  avendo  potutol'am- 
ministrazione  completamente  impiantarsi ,  S.  Domingo  costo  1,843,686 


760  CRONACA 

pesos  (9,826,846  fr.  38  c.)  e  pel  1863-64  le  spese  si  elevano  a  due  mi- 
lioni  e  mezzo  di  pesos  (18,325,000  fr.)  In  tutto  33,292,353  fr.  e  30  c. » 
Quindi  il  Ministro  aggiunse:  «  II  sig.  Ulloa  dice  che  auest'annp  il  rac- 
colto  del  tabacco  a  S.  Domingo  sara  di  700,000  ^quintali.  Che  ci  impor- 
ta,  signori,  se  noi  non  possediamo  1'  interno  dell'  isola,  che  il  suolo  pro- 
duca  tabacco  o  spine?  » 

E  questo  era  nulla,  a  petto  dalla  profusione  del  sangue,  e  della  perdi- 
ta  di  migliaia  di  valprosi  soldati  ed  ufficiali,  o  morti  di  febbre  gialla,  o 
giacenti  negli  spedali  con  poca  p  niuna  speranza  di  guarigione.  II  Narvaez 
adunque  ed  i  suoi  colleghi  si  risolvettero  di  liberare  la  Spagna  da  peso 
si  funesto,  e  presentarono  percio  alle  Camere  un  disegno  di  legge,  firma- 
to  da  tutti  i  membri  del  Gabinetto ,  e  precedutp  da  una  relazione ;  dalla 
quale  meglio  che  da  ogni  nostro  discorsp  apparira  come  prodecessero  le 
cose  della  guerra  a  S.  Domingo,  e  come  fosse  urgente  1'  uscirne  ad  ogni 
patto.  Ecco  codesto  documento : 

«  Nella  nuova  Spagna,  nella  prima  delle  terre  del  mondo  occidenta- 
le  che  il  grande  Cristoforo  Colombo  giudico  degna  di  riceyere  uno  stabi- 
limento  importante,  in  questa  vasta  Antilla,  dove  per  molti  anni,  dppo  la 
sua  separazione  dalla  metropoli,  non  era  stato  versata  una  sola  stilla  di 
sangue  spagnuqlp,  scorre  oggi  questo  sangue  generoso,  e  i  rigori  di  cp- 
desto  clima  micidiale,  yenendo  in  soccorso  dei  nemici,  fanno  stragi  orribili 
nelle  schiere  dei  nostri  valorosi  soldati. 

«  Questa  lotta  accanita  che,  di  per  se  e  senza  compenso,  ha  1'  incon- 
veniente  di  esaurire  inutilmente  il  tesoro  pubblico  e  di  assorbire  i  ricchi 
prodotti  dei  possedimenti  coloniali ;  non  si  e  cominciata  perche  i  Gabinet- 
ti  precedenti  abbiano  dato  la  spinta  ad  un'  ambiziosa  guerra  di  conqui- 
sta,  tanto  lontana  dalla  politica  saggia,  giusta,  pacifica  e  disinteressata 
che  la  Spagna  segue  da  lungo  tempo ;  essa  non  e  parimenti  derivata  dal- 
la necessita  di  far  fronte  ad  aggressioni  esterne,  respingendp  la  forza 
colla  forza  ad  ogni  costo,  per  la  difesa  dell'onore  ferito ;  nulla  di  tutto  cio. 

«  Questa  lotta  sanguinpsa  ebbe  principio  la  domane  del  giorno  in  cui 
il  Governo  della  regina  (il  Goyerno  d'allora)  penso  che  tutti  gli  abitanti 
della  repubblica  domingana  bramasserp,  dimandassero,  e  sollecitassero 
con  una  impaziente  simpatia,  di  essere  incorpprati  alia  nazione  spagnuo- 
la,  lorp  madre  antica ,  e  di  formare  una  provincia  spaguola ,  aspirando 
alia  felicita  che  godono  Cuba  e  Porto  Rico.  Questo  desiderio  poteva  non 
essere  certo,  ma  era  yerosimile. 

«  II  Governo,  inspirato  da  tali  sentiment!,  credette  a  quello  che  pare- 
ya  animare  i  Dpmingani ;  accolse  i  Ipro  voti ,  e  consiglio  a  Sua  Maesta 
1'  annessione  di  questo  Stato,  annessione  che  le  rappresentava  come  ar- 
dentemente  desiderata.  Quindi  i  Ministri,  in  un  documento  solemae,  ap- 
pellarono  fortunato  quel  giorno,  onorevolissimo  per  la  Spagna  e  che  rare 
volte  si  rinviene  negli  annali  dei  popoli ;  quindi ,  dopo  aver  tracciato  la 
lamentevole  storia  di  S.  Domingo,  dopo  che  nel  1821  aveva  proclamata 
la  sua  indipendenza,  in  uno  ad  altre  province  del  continente  americano  ; 
dopo  aver  tracciato  il  quadro  oscurissimo  di  questo  infortunio,  cosi  pro- 
lungato,  dell'inaridimento  delle  fonti  della  ricchezza  pubblica  e  privata, 
e  della  perdita  compiuta  della  sua  indipendenza,  per  difetto  di  forza  per 
sostenerla,  e  della  sua  liberta,  per  questo  che  i  cittadini  mancavano  di  si- 
cufezza  e  che  la  repubblica  era  in  preda  ad  un'agitazione  continua :  i  Mi- 


CONTEMPORANEA  761 

nistri  invocarono  tutti  i  sentiment!  di  giustizia,  d'umanita  e  d'  onore  per 
consigliare  alia  Regina  Fannessione  di  quest'  isola  sventurata  e  che  dp- 
vrebbe  essere  cosi  prospera,  atteso  le  circostanze  dell'  indole  de'suoi  abi- 
tanti ,  della  fertilita  del  suo  suolo  e  dell'amore  profopdo  che  essi  profes- 
sayano  dopo  i  traviamenti  passati,  cagione  di  terribili  disinganni,  per  la 
loro  antica  metropoli. 

«  Percip,  due  cause  tanto  nobili  quanto  giuste  e  potenti,  furopp  quelle 
sulle  quali  s'appoggio  da  principio  1'annessipne.  La  prima,  il  diritto  fon- 
datq  sulla  volonta  unanirae  d'un  popolo,  diritto  nop  cpntestato,  e,  al  con- 
trario,  consecrate  dall'assenso  generate  delle  nazioni  dell'  Europa  e  del- 
1' America,  in  un  fatto  recente.  La  seconda,  il  dovere  d'umanita,  di  com- 
passione  per  infelici  che  domandayano  grazia  e  misericordia,  allora  che 
si  yedeano  spmmersi  in  up  mare  di  disastri  e  d'  infortunii.  Nessun  altro 
diritto  ne  militava  ne  milita  in  favore  del  Governo  spagnolo  per  posse- 
dere  di  nuovo,  come  un  tempo,  la  parte  spagnola  dell'  isola  di  S.  Domin- 
go: ne  quello  della  rivendicazione,  ne  quello  della  conquista;  per  que- 
sto che  tutti  due  sono  contrarii  alia  pplitica  del  Governo ,  agl'  interessi 
dei  popoli  ed  alle  buone  relazioni  che  in  tutti  i  tempi  il  Governo  della  re- 
gina  ha  cercato  di  mantenere  cogli  stati  indipendenti  dell' America,  i  qua- 
li ,  un  giorno,  fecero  parte  dell'  immenso  territorio  che  i  re  di  Spagna 
proteggevano  e  tutelavano  sotto  le  pieghe  del  loro  manto.  Ma  queste  lu- 
singhiere  speranze  pon  tardarono  a  svanire.  Sorsero  ben  presto  fune- 
sti  sintomi  indicanti ,  che  all'annessione  mancaya  la  spontaneita  che  ne 
componesse  la  base.  Pero,  era  dovere  del  Governo  acquistare  la  cer- 
tezza  che  queste  violente  insurrezioni  piu  volte  represse,  non  erano  solo 
fomentate  da  alcuni  scoptenti,  ma  che  erano  1'espressione  formulata  da 
un  popolo,  il  quale  respinge  il  potere  legittimo  chiamato  peraltro  da  lui 
in  momenti  di  tribolazione  e  di  crisi.  La  conflagrazione  si  e  ingrpssata ;  si 
e  allargata  per  le  citta  e  le  campagne,  si  e  estesa  a  tutto  il  territorio,  ed 
oggi  la  parte  Spagnola  dell'  isola  di  S.  Domingo  presenta  agli  occhi  del 
mondo  incivilito  lo  spettacolo  d'  un  oopolo  intierp  sotto  le  armi ,  che  ri- 
getta,  con  ingratitudine,  come  tiranni  quelli  stessi  che  si  credeva  fossero 
stati  da  esso  chiamati  come  salvatori. 

«  Questo  stranp  fenomeno  e  stato  esaminato  dai  Ministri  firmatarii  del- 
la  presente  esposizione,  conuna  grande  attenzione  eduno  studio  profon- 
dq;  essi  hanno  a  fondo  scrutata  la  trista  storia  dell'annessione  di  S.  Do- 
mingo ;  essi  hanno  esaminato  la  questipne  sotto  tutti  i  risguardi  imma- 
ginabili,  incominciando  da  quelli  della  giustizia  edel  diritto,  elerminan- 
dp  a  quelli  dell'opportunita.  Essi  hanno  tenuto  contp  delle  ragioni  che 
si  potrebbero  chiamare  d'  pnore  e  di  dignita  nazionali ;  essi  sono  giimti 
fino  a  scandagliare  Tayvenire  piu  sorridente  d'un  tripnfp,  ottenuto  a  prez- 
zo  d'  immensi  sacrificii ;  essi  hanno  bilanciato  le  ragioni  fayprevoli  p  con- 
trarie  che  potrebbersi  appoggiare  su  considerazioni  di  politica  nazionale 
ed  estera ;  ed  inline  hanno  fatto  con  cura  il  doloroso  calcolo  delle  molte  e 
preziose  esistenze  che  perde  ogpi  giorno  la  Spagna  colla  prolungazione  di 
questa  lotta  sterile,  e  dei  tesori  considerevoli  che  ella  v'  inghiotte.  In  se- 
guito  a  questo  penoso  esame,  i  Ministri  hanno  acquistata  la  convinzione 
che  la  questipne  di  S.  Domingo  e  giunta  al  punlo  che  se  ne  possono  trar- 
re  le  seguenti  deduzioni,  cioe;  Che  yi  e  stata  illusione  nel  credere  che 
il  popolo  domingano,  nella  sua  totalita  o  nella  sua  immensa  pluralita, 


762  CRONACA  CONTEMPORANEA 

desiderasse  e  soprattutto  richiedesse  la  sua  annessione  alia  Spagna.  Es- 
sendosi  fatta  generate,  la  lotta  non  ha  il  carattere  d'una  misura  presa  per 
assoggettare  i  ribelli  seontenti,  ma  bensi  d'una  guerra  di  conquista,  inte- 
ramente  estranea  allo  spirito  della  politica  spagnuola.  Concentrando  an- 
cora  i  nostri  sforzi  e  i  nostri  sacrificii  per  eonseguire  il  trionfo,  noi  ci 
pprremmo  nella  trista  situazione  d'  una  plena  occupazione  militare ,  irta 
di  difficolta  e  non  iscevra  di  pericolose  complication!. 

«  Ponendosi  ancora  nella  piii  favorevole  ipotesi,  cioe  che  una  parte  del- 
la  popolazione  si  associasse  alia  Spagna ,  dopo  la  vittoria ,  il  regime  go- 
vernativo  che  potrebbesi  stabilire  in  questo  paese  sarebbe  forzatamente 
ppco  adattatp  agli  usi  ed  ai  costumi  de'  suoi  indigeni,  dove  sarebbe  dis- 
simigliantissimo  dal  regime  delle  altre  province  coloniali.  Per  tutti  que- 
st! motiyi,  e  per  altri  a  cui  supplira  1'alta  intelligenza  delle  Cortes,  i  Mini- 
stri,  desiderosi  di  porre  un  termine  agl'  inutili  sacrificii  di  sangue  e  di 
denaro  che  la  guerra  di  S.  Domingo  costa  alia  nazione,  hanno  1'onore, 
dopo  1'autorizzazione  nella  debita  forma ,  di  proporre  il  seguente  dise- 
gno  di  legge : 

«  Art.  l.°  E  abrogate  ii  decreto  reale  del  19  Maggio  1861,  col  quale  e 
stato  dichiarato  incorporato  alia  monarchia  spagnuola  il  territorio  della 
repubblica  domingana. 

«  Art.  2.°  II  Governo  e  autorizzato  ad  adottare  le  risoluzioni  necessa- 
rie  per  la  migliore  esecuzione  della  presente  legge,  rendendone  conto  al- 
le  Cortes  a  tempo  e  luogo.  » 

La  quistione  fu  discussa  calorosamente  ed  a  fondo.  Ma  finalmente  il 
hupn  senso  prevalse,  e  la  Camera  dei  Deputati,  con  qualche  leggera  mo- 
dificazione,  cheapparira  piu  sotto,  approyp,  il  di  1.°  Aprile,  codesta  leg- 
ge, essendo  155  quelli  che  votarono  pel  si,  e  68  quelli  che  stettero  pel 
no.  II  Senatq  ancor  esso,  dopo  avervi  speso  accurate  disamine  e  dibat- 
tuta  la  cosa  in  tutti  i  versi,  assentl  all'  abbandono  di  S.  Domingo ,  nella 
tornata  del  30  Aprile,  con  93  voti  contro  39.  Ottenuta  cosi  la  sanzione  del- 
le Camere ,  il  Governo  pubblico  la  legge  col  seguente  decreto  o  lettera 
reale. 

«  Tutti  quelli  che  vedono  e  intendono  la  presente,  sappiano :  che  le 
Cortes  hanno  decretato  e  noi  abbiamo  sanzionato  quanto  segue : 

«  Articplo  1.  Resta  derogato  il  decreto  reale  del  19  Maggio  1861,  col 
quale  si  dichiaro  incorporato  alia  monarchia  il  territorio  della  repubblica 
domingana. 

«  Articolo  2.  Si  autorizza  il  Governo  di  S.  M.  a  prendere  le  risoluzioni 
che  conducano  al  migliore  eseguimento  di  questa  legge,  ed  alia  guaren- 
tigia  e  sicurezza  che  devono  avere  le  persone  e  gl'  interessi  dei  domin- 
gani,  che  sono  rimasti  fedeli  alia  causa  della  Spagna,  dando  conto  di  tut- 
to  alle  Cortes  in  tempo  oppprtuno. 

«  Intanto  ordiniamo  ai  tribunal] i ,  ai  capi,  ai  governalori  ed  alle  altre 
autorita  tanto  ciyili  quanto  militari ,  di  qualunque  classe  e  dignita,  che 
psservino  e  facciano  osservare,  adempiere  ed  eseguire  la  legge  presente 
in  tutte  le  sue  parti.  Palazzo,  il  primo  di  Maggio  del  milleottocento  ses- 
santacinque  —  lo  la  Regina. 

«  II  presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  Ramon  Maria  Narvaez.  » 


INDICE 


Un  ansiliario  del  sig.  Langlais .  .    pag.       5 

//  Patriziato  romano  di  Carlomagno  .  .  .      .23,  433 
La  Passione  di  Gesu  Cristo  nella  sua  Chiesa.   ...     39 
Tigranate.  Racconto  storico  delsecolo  IV.  XIV.  Le 
sante  vedove,  58.  -  XV.  II  piangente,  66.  - 
XVI.  La  riconciliazione,  180.  -  XVII.  La  sacra 
Liturgia,  189.  -  XVIII.  Un  lampo  del  segre- 
to,  288.  -  XIX.  Tutto  il  segreto,  295.  -  XX.  II 
Cantambanco,  530.  -  XXI.  La  Luna  e  il  Luno 
di  Carri,  540.  -  XXII.  II  lione  e  Fagnella  di 
Persia,  658.  -  XXIII.  II  sagrifizio  al  Sole.  .  .  664 
Del  dovere  ditutela  che  lo  Stato  ha  verso  la  Chiesa.   129 
La  schiavitu  degT  Indiani  combattuta  dalla  Chiesa.   147 
La  Coscienza  e  la  Chiesa  schiave  nelle  Indie  occi- 

dentali 398,  698 

La   Convenzione   del  IS   Settembre  e   le  Camere 

francesi 165 

L'  Indipendenza  papale  e  le  guarentigie  francesi  .  418 
II  Matrimonio  crisliano  e  le  Assemblee  torinesi  .  .  .  257 
Deir  Appello  come  d'  abuso  .  «  .  .  e  ......  271 

Lo  Spiritismo  nel  mondo  moderno 308 

La   Frammassoneria  e  I'abolizione  delta  pena  di 

morte 385 

Le  due  Beatificazioni  nel  Maggio  del  1865  e  lo 

spirito  moderno 513 

7  liberi  Pensatori  e  il  progresso 549 

//  Concetto  politico  di  Dante  e  il  Regno  d' Italia.  .  566 


764  INDICE 

La  Monarchia  di  Dante  Alighieri  e  il  Dominio  tern- 

porale  de'  romani  Ponlefici pag.  672 

Conseguenze  sociali  del  Naturalismo  politico  ....  641 
11  trasporto  della  Capitale ,  Dialogo  di  Torino  e  di 
Firenze  .  690 


RIVISTE  DELLA  STAMPA  1TALIANA 

Sul  vivente  linguaggio  della  Toscana.  Lettere  di  GIAMBAT- 
TISTA  GIULIANI.  Terza  edizione,  prima  fiorentina ,  corretla  ed 
ampliata.  Un  volume  in  8.°  pice,  di  pag.  IX-478.  Firenze  , 
Le  Monnier  1865 72 

Scritti  amichevoli  pei  Deisti,  di  CLEMENTE  .BARONI  ,  prete 
cattolico.  Milano,  Ditta  Boniardi-Pogliani.  Torino,  presso  Ma- 
rietti  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  XII.  317  .  .  .  .  .  197 

La  storia  patria,  compilata  sui  programmi  ministeriali  ad 
uso  delle  scuole  d'  Italia ,  distinta  in  antica ,  media  e  mo- 
derna  fino  al  4864,  del  prof.  GIUSEPPE  BANFI.  Un  volumetto 
in  12.°  diviso  in  tre  parti,  di  pag.  94,  80,  72  —  Milano,  ditta 
G.  Agnelli  1862. 

La  storia  d'  Italia ,  dalla  caduta  dell  Impero  d'  Occidente 
fino  ai  nostri  giorni,  raccontata  ai  giovanefti  da  una  madre 
difamiglia.  Vol.  due  in  8.°  pice,  di'pag.  427,  212  —  Prato, 
tip.  F.  Alberghetti  e  Cpmp.  1864 321 

Le  Lettere  e  le  Arti  belle  in  Italia  a  di  nostri ;  libri  due 
del  dottore  I.  G.  ISOLA  —  Genova,  tip.  di  Gaetano  Schenone, 
1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  408 .327 

La  Sociela  Romana,  delizie  estetiche  dift.  TAINE,  nella 
Revue  des  deux  Mondes  di  Parigi,  dei  45  Aprile  4865.  .  .  333 

Monumenti  di  storia  patria  delle  Province  modenesi;  Sta- 
tuta  Civitalis  Mutinae  anno  1327  reformata,  con  Proemio  del 
Marchese  CESARE  CAMPORI.  Parma,  Pietro  Fiaccadori,  1863-64 
—  Un  vol.  in  4.°  grande  di  pagine  CCLXXVI1I  e  750. 

Del  Governo  a  Comune  in  Modern ,  secondo  gli  Statuti 
del  4327  ed  altri  Documenti  sincroni — Narrazione  del  Mar- 
chese CESARE  CAMPORI.  Modena,  coi  tipi  di  Carlo  Vincen- 
zi,1864 452 

Italia.  Canti  di  un  Cristiano  —  Italia ,  il  centenario  di 
Dante.  Un  volume  in  8.°  di  pag.  84 471 


INDICE  765 

Continuazione  delta  Storia  d'  Italia  di  LUIGI  SFORZOSI  ,  si- 
no  alia  proclamazione  del  Regno  d' Italia  (4864).  —  In  8.° 
pice,  di  pag.  LVI.  Firenze,  tipografia  di  G.  Barbera. 

Storia  del  Medio  Evo,  scritta  per  la  HI  classe  ginnasiale 
del  1.°  Educandato  da  GAETANO  ANGRISANI.  —  Vol.  primo. 
In  8.°  pice,  di  pag.  112.  Nappli,  stamp,  del  Vaglio  1863.  pag.  584 

Commentaries  in  Prooemium  Bremarii  et  Missalis  de  Com- 
puto  ecclesiastico ,  mui  clericorum  accommodates ,  auctore 
Presbytero.  Editio  secunda,  auctior  et  emendatior.  Atrebati, 
typis  Rousseau-Leroy ,  bibiiopol.  1864.  Un  vol.  in  8.°  di 
pag.  VII,  203 597 

Sul  tema  proposto  dalla  regia  Accademia  di  scienze,  let- 
tere  ed  arli  in  Modena :  «  Se  la  liberta  d'  insegnamento  sia 
un  diritto  secondo  ragione,  ed  in  caso  affermativo  entro  quali 
limiti  debba  tenersi  circoscritto  ».  Dissertaz.  del  Cav.  CESARE 
CANTU  ,  premiata  nel  Concorso  accademico  dell'  anno  4863.  708 

Omaggio  a  Dante  Alighieri,  offerlo  dai  Catlolici  italiani  nel 
Maggio  4865 ,  sesto  Centenario  della  sua  nascita  —  Roma, 
tipografia  Monaldi  1865.  Un  elegante  volume  in  8.'  di  pag. 
VIII-656,  col  ritrattodi  Dante 717 

Risposta  di  due  teologi  italiani  all' Enciclica  deU  8  Dicem- 
bre  4864,  indirizzata  ai  Vescovi  cattolici  da  Papa  Pio  IX.  — 
Urbino  per  Savino  Rocchelti  1865.  Unopusc.  di  pag.  52.  .  720 


BIBLIOGRAFIA \    .    .    85,  342,  603 

ARCHEOLOGIA!.  Scoprimento  del  sepolcro  di  Giosue  nella  Palestine, 
— -  2.  Una  iscnzione  di  Delfo,  che  da  il  novero  de'  popoli  e  de'  suffra- 
gi,  competenti  a  ciascuno  di  essi,  nel  Consiglio  degli  Anfizioni  .  .  .  218 

SCIENZE  NATURALI  1 .  Foto-scultnra — 2.  Usi  deU' olio  di  petrolio — 
3.  Macchina  da  produrre  il  freddo  —  4.  Acido  fenico  —  5.  Istmo  di 
Suez 478 

NOTIZIE  STATISTICHE  1.  Numero  del  cattolici  nelle  cinque  parti  del 
mondo  —  2.  Classificazione  degli  abitanti  della  terra,  secondo  le  reli- 
gioni  professate  —  3.  Progressi  del  cattolicismo  nella  Gran  Bretta- 
gna  —  4.  Nell'  Olanda  —  5.  Negli  Stati  Uniti  d' America  —  6.  Missio- 
ni  dell'  Asia  —  7.  Misslonarii  italiani 728 


CRONACHE   CONTEMPORANEE 

BALL'  11  AL  24  MARZO 

I.  COSE  ITAL1ANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Richiami  dell' Episcopate 
delle  Marche  e  dell1  Umbria,  presso  il  re  Vittorio  Emmanuele  11,  contro 
I'abolizione  degli  Ordini  religiosi;  sacrilega  profanazione  commessa 
dalla  Gassa  ecclesiastica  —  1  Elenco  di  libri  inscritti  nell'  Indice  del 


766  INDICE 

proibiti  —  3.  Nuove  falsita  del  Memorial  diplomatique,  per  giustificare 
gli  atlentati  del  Governo  messicano  contro  la  Chiesa  —  4.  Nota  del 
Giornale  di  Roma  e  nuove  mentite  date  dall'  Osservatore  Romano  alle 
fallacie  del  Memorial  diplomatique  —  5.  La  Marchesa  Pepoli  in  Roma; 

sue  relazioni  col  Comitato  rivoluzionario  .    . pag.      100 

STATI  SARDI  1.  Votazione  delta  leggeper  I'unificazione  legislativa  — 

2.  Duello  vietato,  e  pena  ai  ricusanti  il  duello ;  due  pesi  e  due  misure 

—  3.  Dotazione  al  Principe  ereditario  —  4.  V  Episcopato  subalpino  e 
la  leg ge  del  Matrimonio  civile  —  5.  Decreti  reali  di  amnistia;  loro 
intelligenza  —  6.  Pillole  per  Torino  —  7.  //  credito  pubblico  e  il  mi- 
nistro  Sella  —  8.  Stato  del  Tesoro  —  9.  Risultato  del  prestito  di  700 
milioni —  JO.  I  Deputati  aboliscono  la  pena  di  morte —  11.  Arti- 
coli  secreli  della  Convenzione  italo franca  smentiti;  preteso  testo  di 
questi 108 

II.  COSE  STRANIERE  —  MESSICO  1.  Esposizione  dell' Episcopato  al- 
TJmperatore  —  2.  Risposta  di  Massimiliano  1  all'  Episcopato  —  3. 
Indirizzo  di  Dame  rnessicane  all'Imperalore,  contro  la  liberta  dei  culti 

—  4.  Fatti  d'arme;  presa  di  Oajaca  e  morte  di  Porfirio  Diaz     .    .    .      115 

DAL  24  MARZO  ALL'  8  APRILE 

I.  Allocuzione  del  Santissimo  Signor  Nostro  Pio  per  dimna  Prowl- 
denza  Papa  1 J,  tenuta  nel  Concistoro  secreto  del  27  Marzo  1865  .    .      225 

II.  COSE  ITALIANS  —  STATI  PONTIFICII  1.  Concistoro  segreto;  no- 
mine di  Vescovi  —  2.  Nuove  menzogne  del  Memorial  diplomatique  — 

3.  Nota  dell'  Emo  Segretario  di  Stato  al  Ministro  plenipotenziario 

deU  Imperatore  del  Messico  in  Roma 228 

STATI  SARDI  1. 11  Senato  discute  ed  approva  ilmatrimonio  civile  —  2. 
Dichiarazione  dell' Episcopato  deir  Umbria  circa  i  risultati  di  tal  leg- 
ge,  ivi  introdotta  dal  Pepoli  —  3.  Frutti  immorali  del  matrimonio  ci~ 
vile  provati  apunta  di  statistiche  —  4.  Duello  comandato  dal  sig.  An- 
gioletti,  ministro  della  Marina;  punizione^  da  lui  inflitta  a  chirifiutb  il 
duello  —  5.  Spese  per  la  sicurezzapubblica  —  6.  Mentita  al  Mazzini 
circa  il  supposto  protocollo,  aggiunto  alia  Convenzione  del  15  Settem- 
bre,  per  la  cessione  del  Piemonte  alia  Francia 235 

III.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  1.  Cenni  sopra  i  documenti  del 
Libro  giallo,  e  le  discussioni  dell'  Indirizzo  nel  Senato  —  2.  Leltera  di 
Napoleone  III  per  favori  alia  citta  di  Lione  —  3.  Morte  del  Duca  di 
JMorny  —  4.  //  Marchese  di  Lavalette  e  nominato  Ministro  per  gli 
affari  interni 240 

P  USSIA  1.  Conflitti  fra  la  democrazia  e  le  Potenze  alemanne  —  2. 
Bandi  del  principe  Federico  Carlo  di  Prussia  e  del  re  Guglielmo  I  — 
3.  Diffidenza  contro  la  Prussia;  dispacci  del  Bismark;  replica  della 
Baviera;  riftuto  del  Wurtemberg  di  partecipare  ad  una  coalizione  con- 
tro la  Prussia  e  /'  Austria —  4.  Riaperlura  delle  Gamer  e  a  Berlino; 
discorso  del  Re  —  5.  //  Grabow  riejetto  Presidente  della  Camera  dei 
Deputati;  sue  dichiarazioni  contro  il  Governo;  applausi  percio  riscossi 
da'  democratici;  gli  viene  offerta  una  corona  civica  —  6.  Nuovi  ed 
acerbi  contrasti  fra  il  Ministero  e  la  Camera;  questa  si  rifiuta  a  fare 
un  Indirizzo  dirisposta  al  Re  —  7.  Indirizzo  della  Camera  dei  Signori 

—  8.  Disegni  di  componimento  per  la  quistione  dell'  organamento  del- 
I'esercito  — 9.  Pratiche  per  Vannessione  dei  Ducati  dell' Elba  alia 
Prussia.  244 


INDICE  767 

BALL'  8  AL  29  APRILE 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Funerali  celebrati  nella 
cappella  papale  a  S.  M.  Massimiliano  II,  re  di  Baviera  —  2.  Solenni- 
tti  delta  Settimana  santa  e  della  Pasqua ;  straordinario  concorso  di  fo- 
restieri ;  somma  totale  del  Denaro  ai  S.  Pietro,  offer  to  a  Sua  Santita 
dal  1860  all'Aprile  1865  —  3.  Anniversario  del  12  Aprile,  festeggiato 

dal  popolo  romano  alii  19 pag.      359 

STATI  SARDI  1.  Statistica  criminals  del  mese  di  Gennaio  del  1865  — 
2.  Domanda  di  un  nuovo  imprestito  di  425  milioni  —  3.  Quanta  costo 
il  Ministero  del  Minghetti  —  4.  Cangiamenti  allo  schema  di  legge  per 
Vabolizione  degli  Ordini  religiosi  ed  il  latrocinio  dei  beni  ecclesiastici 

—  5.  Profenda  assicurata  dal  Vacca  allo  scomunicato  Mongini  —  6. 
Elenco  delle  Diocesi  private  di  Vescovi  —  7.  Dichiarazioni  di  guerra 

al  cattolicismo,  fatte  da'  Frammassoni  nel  Diritto 365 

II.  COSE  STRAN1ERE  —  FRANCIA  1.  Letter  a  del  Santo  Padre  a  Mon- 
signor  Dupanloup  circa  il  suo  opnscolo :  La  Convenzione  del  15  Set- 
tembre  ecc.  —  2.  Discussione  dell'  Indirizzo  del  Corpo  legislativo  al- 
l'  Imperatore  —  3.  Parole  dell'  Indirizzo  sopra  la  Convenzione  del  15 
Settembre;  modificazioni  proposte;  discorso  del  sig.  Thiers  —  4.  Ris- 
posta  del  ministro  di  Stato  sig.  Rouher;  sconforto  dei  Frammassoni  — 

5.  Viaggio  di  Napoleone  III  in  Algeria 374, 

DAL  29  APRILE  AL  13  MAGGIO 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII.  //  Santo  Padre  alia  chie- 
sa  del  Collegio  Greco ;  decreli  di  canonizzazione  del  B.  Giosafat  Kun- 
cewicZy  e  di  beatiftcazione  del  V.  Giovanni  Berchmans 486 

STATI  SAUDI  1.  Smanie  dei  rivoluzionarii  per  le  dichiarazioni  del  Go- 
verno  francese  intorno  alia  Convenzione  del  15  Settembre  —  %.  Risse 
sanguinose  tra  mllitari  a  Cagliari,  e  tra  operai  in  Firenze  —  3.  Ap- 
provazione  d'  un  imprestito  di  425  milioni — 4.  Stipendii  ai  Prefetti 

—  5.  //  Senato.  mantiene  in  vigore  la  pena  di  morte  e  resenzione  dei 
Chierici  dalservizio  militare  —  6.  Elenco  dipetizioni  sopra  Vabolizione 
degli  Ordini  religiosi  —  7.  Discussione  della  legge  proposta  dal  Vacca 
contro  i  Religiosi ;  modificazioni  accolte  dalla  Camera ;  il  Governo  ri- 
tira  tal  legge  —8.  Interpellate  nella  Camera  sopra  I'  incarico  dato  al 
Vegezzi  di  trattative  con  la  Santa  Sede\  risposte  del  Ministero;  Circo- 
lare  del  ministro  Lanza  —  9.  Dichiarazioni  de'  giornali  ufficiosi  a  tal 
proposito  —  10.  Chiusura  della  Camera  dei  Deputati;  trasporto  dei 
Ministri  e  della  Corte  a  Firenze 488 

II. COSE  STRANIERE— IMPERODI  RUSSIA  1.  Medaglie  d'onore  ai 
combattenti  contro  i  sollevati  Polacchi  —  2.  Regolamentopei  Conventi 
e  Monasteri  cattolici  in  Polonia  —  3.  Le  monache  di  Wilna  son  discac- 
ciale;  loro  difesa  tolta  dair  Opinion  nationale  di  Parigi  —  4.  Indiriz- 
zo  della  Nobilta  di  Mosca,  reietto  dallo  Czar—  5.  Statistica  d'  incen- 
dii—  6.  Epidemia  e  timori  di  peste  —  7.  Viaggio  dello  Czar  a  Nizza 
di  Provenza;  ivi  muore  il  Gran  Duca  ereditario  Nicola 504 

DAL  13  AL  27  MAGGIO 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  della  beatift- 
cazione  della  Ven.  Maria  degli  Angeli  —  2.  Relazione  al  Santo  Padre 
circa  gli  oggetli  di  Arti  ed  Industrie  spediti  alia  mostra  di  Dublino.  616 

STATI  SARDI  1.  Circolare  ai  Prefetti  contro  i  libri  e  leimmagmi 
oscene  —  2.  Ragguaglio  circa  lepetizioni  in  favore  degli  Ordini  reli- 
giosi —  3.  Indirizzo  di  Religiosi  siciliani  al  D'Ondes  Reggio  ed  al  Can- 


768  INDICE 

tu  —  4.  Nuove  minacce  del  Mazziniani  per  le  pratiche  a"  accordo  con 
la  Santa  Sede  —  5.  Circolare  del  guardasigilli  Vacca,  per  mantenere 
la  sospensione  deW  Exequatur  circa  i  beneficii  ecclesiastici,  temperan- 
done  il  rigore  per  quelli  soli  di  patronato  laicale  —  6.  Provvedimenti 
ftnanziarli  approvati  dal  Senato ;  un  regaluccio  di  60,000  lire  ai  co- 
spiratori  del  1820-21  —  7.  Pubblicazione  del  nuovo  imprestito  di  425 
milioni  —  8.  Ultime  tornate  e  cenni  storici  sopra  i  falti  precipui  del 
Parlamento  in  Torino ;  parienza  del  Re —  9.  Sesto  Centenario  di  Dan- 
te Alighieri  f  celebrato  in  Firenze pag.  619 

II.  COSE  STRANIERE  —  FRANCU  1.  Decreto  die  conferisce  alVlm- 
peratrice  la  Reggenza  —  2.  Rassegna  navale  aMarsiglia,  per  lapar- 
tenza  dell1  Imp  er  at  ore  verso  r  Algeria  —  3.  Bandi  di  Napoleone  III 
agli  Algerini  ed  agli  Arabi  —  4.  Lavori  del  Corpo  legislativo  — 
5.  Scioperi  di  artist'i  ed  operai 635 

DAL  27  MAGGIO  AL  10  GIUGNO 

I.  COSE  ITALIANS  —  STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  delta  Beatifi- 
cazione  del  Ven.  Giovanni  Berchmans  —  2.  Jtitrovamento  dell'  ossa  di 
Dante  Alighieri .      739 

II.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  1.  Lettera  del  sig.  Persigny  al 
Presidents  del  Senato,  sopra  le  cose  di  Roma  —  2.  Inaugurazione  M  un 
monumento  a  Napoleone  linAiaccio;  discorso  del  principe  Napoleone ; 
contegno  e  giudizio  di  giornali  ufficiosi  e  democratici  —  3.  Lettera  del- 
rimperatore  in  disapprovazione  di  tal  discorso  —  4.  II  principe  JYapo- 
lecne  chiede  di  smettere  la  carica  di  Vice  presidente  del  Consiglio  pri- 
vato  —  5.  Schema  di  legge  per  le  spese  d'un  edifizio  stabile  per  la  mo- 

stra  d'Arti  ed  industria  —  6.  Relazione  sopra  il  Bilancio  del  1866.     .      741 

SPAGNA  1.  Ri forma  coslituzionale  circa  i  membri  del  Senato  —  2.  Agi- 
tazioni  settarie;  cospirazioni  —  9.0risi  Ministerial ;  dimissione  del 
Gabinetto  deisignori  Mon  e  Pacheco;  nuovo  Ministero  formato  dalNar- 
vaez  —  4.  Scioyhmento  delle  Cortes;  amnistia  pet  reati  di  stampa  — 
5.  Viaggio  e  dimora  della  Regina  Maria  Cristina  in  Ispagna  —  6.  Ele- 
zioneper  la  nuova  Camera  dei  Deputati ;  discorso  della  Regina  —  7. 
Stato  delle  Finanze;  proposta  dy  anticipazione  di  tributi  —'8.  La  Re- 
gina cede  allo  Stato  gran  parte  dei  beni  della  Corona  —  9.  Unprofes- 
sore  dell'Universita  scrivepercio  contro  la  Regina;  viene  punito  egli  e 
il  Rettore;  tumulto  di  studenti  e  diplebe  in  Madrid  alii  10  Aprile,  re- 
presso  dalla  truppa  —  10.  Guerra  a  S.  Domingo ;  esposizione  che  ne  fu 
fatta  dal  Ministero;  legge  proposta  ed  approvata  per  abbandonare 
quell'isola;  decreto  della  Regina.  . 7.51 


IMPRIMATUR  —  Fr.  Hier.  Gigtt  0.  P.  S.  P.  A.  Mag. 


.. 


Does  Not  Circulate 


BX   804    .C58  SMC 

La  Civi Itaa  cattol lea. 
AIP-2273  (awab)