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LA
CIVILTA CATTOLICA
ANNO DECIMOSESTO
16 toarzo 1865.
FEB - 4
PROPRIETA LETTERARIA secondole Convenzioni del varii Stati.
UN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS
i.
Assunto.
11 rapporlo del signer Langlais , esaminato da noi nel precedente
quaderno, presentava una nolevole lacuna, in quanto non dicea nulla
in difesa della competenza del Consiglio di Stalo a ricevere gli appelli
come per abuso contro persone ecclesiasliche. Una lal competenza
era stata apertamente negata da Monsig. Dreux-Breze, Vescovo di
Moulins ; secondo che riferisce lo stesso sig. Langlais : Monseigneur
De Dreux-Breze a decline la competence du Conseil d'Etat , et par
ce motif s'est abstenu. Sembrava dunque necessario che il sig. Rela-
tore innanzi tratlo stabilisse la legittimila del tribunale, e poscia pro-
cedesse all' esame della causa che da quello dovevasi decidere. Ne
altri dica che la cagione di tale omissione sia stata perche a fermare
un tal punto bastava la legge ; conciossiache siflalla ragione militava
anche pel Placet; e nondimeno il sig. Langlais credette bene spesa
T intera sua relazione a sostenerne il diritto.
A colmare quesla lacuna e disceso nell' arena il signor avvocato
Chaix d'Est-Ange con quattro prolissi articoli, inserili nel Moniteur
ed aventi per litolo : De la publication en France des acles de la
Cour de Rome et des appels comme d'abus 1. Con questi quattro ar-
1 Le Monitevr univenelu Num. 54, 55, 56, 58.
fl UN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS
licoli resla appianato quel vuoto e com pita la difesa , non meno del
divielo del sig. Baroche che del suo ricorso al Consiglio di Stato.
Anchenoi/percompiere il nostro esame, abbiarao uopodi discutere
questi quattro articoli. Nel che fare confessiamo d' incontrare non
iieve difficolta: non a motivo dell' arlifizioso argomentare (che per
quesla parle il sig. D' Est-Ange si mostra anzi penna giovanile, non
ancora bene esercilata nei soflsmi del Giansenismo) ; ma sibbene per
I'intralciato discorso che adopera e per la molta confusione nel sal-
tellare che fa da una cosa ad un' allra, senza misura. II sig. De Rian-
cey , nel dar giudizio di questo scritto , ha detto assai giustamente :
Ci ha del Van-Espen, meno la scienza; ci ha del Dupin, meno il brio ;
C'est du Van-Espen, moins la science; cest du Dupin, moins la ver-
ve 1. Ma noi dobbiamo aggiungere che in quanlo all'ordine, ci ha
del guazzabuglio ; sicche la diceria del sig. Avvocato D' Est-Ange
non incongruamente potrebbe definirsi : Indiyesta rerum farrago.
Egli veramenle la divide in due paragrafl ; nel primo dei quali cerca
i falti , e nel secondo cerca il diritlo in ordine all' argomento propo-
stosi 2. Ma in entrambi i paragrafi parla degli uni e dell* altro pro-
miscuamente , e quanto ai fatti si dilelta assai di aneddoti , e quan-
lo al ragionamento si diletla assai di declamare, e declamando si
trasporla di bel nuovo la d' onde lo credevi essersi dilungato. In
somma, quand' anche il D' Est-Ange non avesse manifestata la sua
professione, tu nel leggere il suo scritto ti accorgeresli subilo d'ave-
re a fare con un avvocato; e un avvocato del genere di quelli, che in
Italia sogliam designare col nome di Azzeccagarbugli.
Tultavia faremo come si puo in tanla confusione, procurando , in
ciascuno dei predetti punti, di separare Tuna parte daH'altra e porre
da noi Tordine che ci manca. E poiche 1'appello come d'abuso esige
una particolare traltazione , di esso ragioneremo di proposito in se-
parato articolo.
1 L' Union, an. 1865, n. 59.
2 §. 1. Examen, en fait , des precedents en matiere de promulgation des
tulles et des appels comme d'abus. Moniteur n. 54. — §. 2. Du droit en matte-
re de promulgation des bulles, et d'appel comme d'abus. Ivi, n. 56.
UN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS 7
II.
Deli' esame del fatti.
Anche il signer D'Est-Ange prende per cavallo di battaglia i fa-
mosi articoli organic! : Qua fait M. le Garde de Sceauxl A-t-ilpris
une mesure arbitraireetvexatoire*! Non. II a execute I' article l.Grde
la loi du 48 germinal an. X (8 Avril 4802) vulgairement appellee
les articles organiques 1. Egli vi distingue il fondodalla formola 2;
e prende a difendere tanto 1'uno, quanlo 1'allra.
Per cio che spelta alia formola , essa sembrava viziosa agli occhi
di Pio VII, per essere stata mescolata, senza ch'egli ne sapesse mil-
la, col Concordato : Cetle formule avail ele viciee, dans I' opinion du
Pape Pie VII, par le melange que le premier Consul en avait fait
a linsu du Pape avec le Concordat 3. II Papa se ne richiamo si con
un' allocuzione in Concision) , e si con una nota a Napoleone. Ma il
nostro avvtfcato annienta un tal richiamo con due considerazioni. La
prima e che esso sembrava fatto per semplice formality : Cetle note,
comme I' Allocution du Pape, semblait ne renfermer que des reser-
ves de pure forme 4. Tale perallro non fu il giudizio che ne porto
T Ambasciatore francese Cacault , il quale rispondendo al Cardinale
Consalvi disse : Votre protestation va partir. Elle est, du reste, re-
servee dans les termes , et , avec cela, courageuse et assez deter-
minee au fond. Noi sopra cio preferiamo di tenerci coll' opinione del
diplomatico conlemporaneo , che non con quella dell' avvocato po-
stumo. Del resto nell'articolo precedente, esaminando la relazione
del sig. Langlais , abbiamo mostralo quanto sia assurdo un tale
giudizio.
I/ altra considerazione del sig. D' Est-Ange e che il rimprovero
d' aver promulgali gli articoli organici insieme col Concordato , era
1 Moniteur n. 54.
2 Les articles organiques sont une formule, mais derriere eux il y avait un
droit fondamental superieur et anterieur. Ivi n. 55.
3 Ivi n. 55.
4 Ivi.
$ UN AUSILIARIO DEL S1G. LANGLAIS
puerile : Le reproche fait a la forme de la promulgation etait pue-
ril 1. La taccia e grave; ma egli si mette di proposito a provarla.
E come la prova? Provando il contrario, cioe che quel rimprovero
non era puerile , ma sussistente, ed erasussistente per la stessa ra-
gione allegata dal Papa. E di vero , perche si lagnava il Papa di
quella forma di promulgazione ? Perche essa poleva farsupporre che
gli articoli organici non fossero se non la sequela naturale e lo svol-
gimenlo del Concordato religioso. Ora ii sig. D' Est-Ange dice che
Napoleone li pubblico insieme col Concordato, acciocche questo non
facesse cattiva impressione negli avversariidella potenza papale: Elle
mail ele adoptee, non pour faire passer les articles organiques au-
pres du Pape, mais pour faire passer le Concordat aupres des
ennemis de sa puissance 2. Or come poleva otlenersi im tal fine?
In quaulo si sarebbe veduto negli arlicoli organici il senso in che
doveva prendersi il Concordato, e si sarebbe creduto di trovarvi una
legiltima spiegazione , mitigativa del medesimo; il che costiluiva
appunto la ragione per cui il Papa se ne doleva.
II Papa si querelava altresi che gli articoli organici fossero stati
sanciti senza suo concorso. II nostro avvocato ribalte quest' accusa
con una ragione non rneno curiosa della precedente. Egli dice che
questo concorso non era necessario, perche Napoleone non inten-
deva con quelli obbligare il Papa, ma i Francesi , e ne considerava
la materia come appartenente al giro delle cose temporali : Le pre-
mier Consul ri avail jamais pretendu que les articles organiques
fussent un acte synallagmatique , un acte ay ant le caractere bila-
terale du Concordat lui-meme. II ny voyait, an moins en ce qui
concerne les bulles et les abus, que un acte legitime de la puis-
sance temporelle 3. Singolar modo di dimoslrazione ! Non v'era bi-
sogno del concorso del Papa, perch& Napoleone non lo credeva neces-
sario. Dunque in egual modo egli avrebbe potuto far senza del Papa
in tutli gli altri punli del Concordato , tanto solo che avesse portato
intorno ad essi un eguale giudizio. L' argomento a simili qui ha
tullo valore. Irnperocche non ci ha quasi punto in tutli i 17 articoli,
1 Moniteur n. 55. — 2 Ivi. — 3 Ivi.
UN AIJSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS 9
del Concordato, che tocchi si'da vicino la religione, come questi due
articoli, del placet e dell' appello. Essi riguardano I'indipendenza del
potere legislative e giudiziario della Chiesa, die sono le funzioni piii
essenziali della sovranita. Se dunque il primo Console avea creduto
non potere per gli allri fare a meno del Papa, dovea credere il me-
desimo per questi ; e quand' anche sopra un tal particolare si fosse
da prima ingannato, dovea ricredersi dopo i richiami del Papa.
Del resto a convincere il sig. D' Est-Ange dovrebbe bastare il giu-
dizio di un uomo, di cui egli non rifmteriSi ne 1' autorita ne la com-
petenza. £ questi il sig. Cormenin, il quale cosi parla del fatto, che
qui ci occupa: « Non si puo negare che un atto ulteriore o regola-
mento speciale fosse necessario per compire 1' atto primitivo del
Concordato, affin di mellerlo in movimento, in esercizio. Ma del pari
non si puo negare che questo regolamento non poteva ricevere la
sua esecuzione , se non dopo essere slalo discusso pel pro e pel
contra col Papa e dopo aver oltenuto il suo assenso. Questa discus-
sione aveva avuto luogo? Questo assenso era stato dalo? Si credeva
general mente, fino a quesli tempi, e da noi tulti pei primi; giac-
che le querele di Roma furono da principle temperate esegrete. Non
ci erano giornali in quel tempo; come polevano essi occuparsene?
L' Impero col mutismo soffocante della sua oppressione ci pass6 so-
pra. La Ristorazione non diede al Clero agio di richiamarsene. Non
vi ebbe cosa, fino al nome del venerabile e savio Portalis, redaltore
degli arlicoli organici, la quale permettesse di mettere in dubbio 1'e-
sistenza della ratificazione non legislativa ma diplomatica degli orga-
nic!. Ma la quistione essendosi sollevata da poco tempo, di sapere
se T insegnamento della dichiarazione del 1682 obbligasse i Ve-
scovi per prescrizione del Papa come per quella del Governo, si
penso di rimontare all'origine di questi articoli organici e di stu-
diarne la composizione , la forma, illegame, i segni. Non era me-
slieri essere ne gran giureconsullo, ne gran diplomatico per accor-
gersi al primo saggio, cbe gli organici risonavano una falsila e costi-
tuivano una vera soperchieria 1 ». Avete inteso, sig. D' Est-Ange?
1 Encyclopedic du ctix-neuvieme siecle, an mot CONCORDAT.
10 UN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS
Non sono i legist! di Roma , da voi gentilmente chiamati fanatici e
menzogneri 1 , ma e un giureconsulto francese, un uomo del pro-
gresso, che altamente dichiara i vostri articoli organic!, una prelta
soperchieria.
Senonche non lanto della soperchieria si lagnava il Pontefice,
quanto dell' essere quegli arlicoli un manifesto attentato alle ragioni
della Chiesa. II nostro avvocato non fa molto di quesla parte delle
doglianze ponlificie, ma indiretlamente procura sbrigarsene colla di-
fesa che assume degli articoli organic! per cio che ne riguarda il
fondo, dimostrando che i due diritti, di placet e di appello per par-
te del Governo civile, non sono conlrarii alle leggi della Chiesa. Egli
dice da prima che essi sono frulli di dottrina innata nella Fran-
da 2. Cio farebbe credere che ci sieno stali fin dal primo convertir-
si di quella illustre nazione alia Fede. Cio ripugna alia storia. Egli
dunque si risolve ad essere meno esigente, e dice che sono stale
conquiste fatte dai tempi di S. Luigi in qua, in vista delle ec-
^essive pretension! di Roma. Ma innata o acquisita che sia ; come
prova il sig. D' Est-Ange che essa non e dottrina conlraria alle
leggi della Chiesa? Da prima con alcuni epiteti. Imperocche ricor-
dando le sentenze degli antichi Parlamenti e le requisitorie degli
avvocati general!, e accorgendosi che 1' usurpazione della magistra-
tura laicale di per se non prova nulla ; si sforza di accaltar loro au-
torila cogli appellativi di uomini venerabili, savii e pii, fedeli cat-
tolici , i cui nomi sono sinonimi di onore, di scienza e di spirilo
religioso 3. Ma checche sia della scienza e dell'onesla naturale, il
certo e che quanto a religione essi erano pregrii infino alle midol-
la di giansenismo, e ognun sa come il giansenismo sapea ricoprire
col mantello della pieta e della religione il piu fiero astio verso la
Chiesa di Gesu Cristo. II ricorrere adunque a cosi falla autorita, non
ostante quei magnifici epileti, non prova nulla. Essa al piu potra es-
sere un buon argomento per coloro, i quali, come il sig. D' Est-Ange,
1 Les Legistes du Pape, trop celebres par leurs arguties. leurs supposi-
tions mensongeres, et leurs fausses decretales Quelque bouche fanatiqne
Moniteur, num. 54.
2 Ivi n. 55. — 3 Ivi n. 56.
UN AUSILIARIO BEL SIG. LANGLAIS 11
non riconoscono la bolla Unigenitus ; ma non potra se non fare sor-
ridere i sinceri caltolici , i quali , in un colle allre eresie , abborri-
scono T empiela giansenistica.
L'altra autorita, che s' invoca dal sig. D'Est-Ange, e quella dei
sovrani di Francia, cominciando da Luigi IX; quasiche questo santo
Re sia stato il primo campione del placet e MVappello. E mirabile
a vedere come il noslro avvocato, benche in generale non si mostri
molto rispettoso verso la santita; qui nondimeno , credendo d'aver
trovato un Santo che faccia per lui, si liquefa dolcemente in una te-
nera devozione : Notez, egli dice, notez ce grand nom de saint Louis,
grand dans I'Etat, grand dans I'Eglise 1. Ma fingiamo per poco che
S. Luigi fosse caduto in quel fallo , che vorreste voi conchiuderne?
S. Luigi fece una legge, colla quale ordinava che fossero improntate
con un ferro rovente le labbra di chiunque bestemmiasse. Approve-
reste voi, sig. D'Est-Ange, questa legge? La promovereste sull' au-
torita di S. Luigi , non ostante che il Papa la biasimasse 2? Che se
ha lanta forza sull' animo vostro 1' autorila di un Santo ; noi , tra i
molti che vi potremmo ricordare, ne scegliamo un solo ed e S. Gre-
gorio VII. Anche noi vi preghiamo di notare questo gran nome di
S. Gregorio VII, grande nella Chiesa , grande nel mondo. Perche
dunque non accetlate i suoi insegnamenti? Perche anzi lo meltete in
canzone, recitando con disprezzo quell' esametro attribuilo a lui:
Petra dedit Petro, Petrus diadema Bodulpho 3?
1 Moniteur n. 56.
2 Dans un edit qu'il publia contre le blaspheme, il ordonna que les person-
nes coupables de ce crime fussent marquees a" un fer rouge sur les levres. II
fit executer cette loi sur un des principaux habitants de Paris , qu'on avait
entendu blasphemer dans la rue.... 11 retira cependant la loi, dont il s'agit,
sur les remonstrances du Pape Clement IV; et ay ant fait dans une assembles
de son parlement, tenue en 1269, un discours sur I' enormite du blaspheme, il
publia une nouvclle loi., dans laquelle il ordonna que les blasphemateurs fus-
sent a I'avenir condamnes a une amende pecuniaire, on punis de la prison et
du fouet, suivant Vespece de leur crime et suivant leur age et lew qualite.
— ROHRBACHER Hist, univers. de VEglise, t. XVIII, pag. 164.
3 Qui 1'erudizione del sig. Avvocato non fa del tutto buona figura. Im-
perocche invece di Petra pone Dens: Deus dedit Petro, Petrus diadema Ro-
dulpho; non accorgendosi che cosi la prosodia del verso sarebbe sbagliata.
12 UN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS
Senonche il nome di S. Luigi e arbitrariamente abusalo in lulla
quesla faccenda. Quel Re veramente grande, non meno per pieta ver-
so Dio che per divozione al suo Vicario , non sogno mai i diritti di
appello e di placet . II sig. D' Est-Ange cita 1' articolo quinlo della
prammalica sanzione attribuila a lui ; ed e meravigliosa la sempli-
cita colla quale crede autenlica colesta prammalica, menlre accusa
di falsila il decreto di Costantino in favore de' chierici , nonostante
che fosse riportato da Eusebio coevo di queH'Imperatore , e si Iro-
vasse registrato nel Codice teodosiano al lilolo 2, del libro decimose-
slo. Vedete profondila di critica ! Ma per lornare a noi, in prima 1'au-
tenlicila di tulta intera quella prammatica sanzione, e fortemente ri-
vocata in dubbio oggidi, sopra gravi argomenli 1. In secondo luogo,
quand' anche si volesse tenere per autenlica, quell' arlioolo e eviden-
temente interpolato, e non si legge nella vera edizione di essa pram-
malica , quale si Irova nella Bibliotheca Patrum 2. In lerzo luogo
quand'anche 1'arlicolo si volesse avere per genuine, lutlavia non se
ne conchiuderebbe nulla. Imperocche esso non conliene altro se non
dei lamenli contro di Roma per le Iroppo gravi imposle, e il divielo
di poterle conlinuare o levarne delle nuo ve senza il libero consenli-
menlo del Re e dei Vescovi ; il che e ben poca cosa per rispelto al-
1'odierna pretensione del placet per lutli gli alii provegnenti dalla
Sanla Sede, e non ha che fare coWappello 3.
1 Vedi THOMASSY, De la pragmalique sanction attribute a saint Louis.
Paris 1844.
2 Deja sous saint Louis il avait paru une pragmalique sanction (1268) re-
produitepar MUNCH, a. a. 0. pag. 203, et par VILLENEUVE, TRANS, Histoire de
saint Louis, vol. Ill, pag. 363. Mais cette piece porte des traces visibles d'in-
terpolations, et est, en outre, entachee d' invectives contre Rome, qu'il serait
difficile de mettre sur le compte du saint Roi. La veritable lecon est dans la
Bibliotheca Patrum. Paris, tome VI, col. 1273. — Du Droit ecclesiaslique etc.
par GEORGES PHILLIPS, traduit par I' Abbe Crouzet, tome HI, pag. 191.
3 Sara bene riportare testualmente cote sto famoso articolo ; quale si
legge nell'istoria del ROHRBACHER. Esso dice cosi: Quant aux exactions et
aux charges tres-pesantes, soit imposees par la cour de Rome a V eglise de
notre royaumef par lesquelles il a ete miser ablement appauvri, soit cclles
qtion voudrait imposer dans la suite, nous ne voulons, en aucune sorte, qiion
UN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS 13
Escluso S. Luigi, restano i posteriori Re di Francia, i quali dal
secolo decimoquinto innanzi , quando piii e quando meno , si arro-
garono que' due pretesi dirilti. Ma la loro autorita non prova piu di
quello, che provasse 1' autorita degli antichi Imperatori di Germania
nel falto delle investiture. Gia si sa, il potere laicale, insofferente d'a-
vere a fronte la potenza sacerdotale, ha in ogni tempo cercato di slar-
gare i suoi limiti e di stendersi oltre il giro della propria giurisdizione.
Restano in fine i Vescovi, con tanta cura citati dal sig. D'Est-
Ange, come connivenli a quell' usurpazione laicale. Ma se per lui
ha tanta forza 1' Episcopate francese di altro tempo, percbe non ne
ha niuna 1' Episcopate del tempo nostro, che, come egli stesso con-
fessa, non piu riconosce come legittima nel potere civile quella dupli-
ce pretensione? Un Episcopate non ne vale un altro? Che se tra loro
vuol istiluirsi alcun paragone, non sembrano al sig. D'Este-Ange piu
autorevoli in questa materia i Prelati odierni, tutti intesi alle cure
del sacro loro ministero e al tutto mondi della polvere del secolo,
che non i Prelati a cui si appoggia, in una gran parte de' quali lo spi-
rito corligianesco prevaleva sopra i doveri pastorali? Del resto una
scusa del loro errore o della lor debolezza pu6 ripetersi dalle condi-
zioni sociali di que' tempi. Allora lo Stato era intimamente legato
colla Chiesa , il Corpo del Vescovi coslituiva il primo degli Ordini
politici, e 1' uffizio del Principe laico era considerato quasi una con-
tinuazione del sacerdozio nell' ordine civile , sicche se gli attribuiva
perfino il titolo di Vescovo dell' esterno. E questa una considerazione
mollo ovvia , la quale non si vede come possa sfuggire all' acume
dei politici d' oggigiorno. Irragionevolmente e contro natura si vuol
trasferire all' epoca presente un ordinamento , che sebbene non giu-
stificabile, pure era in qualche modo compatibile nelle idee, nei co-
stumi, nelle relazioni sociali di un' eta trapassata. Se volete rimessa in
vigore 1' ingerenza dello Stato nelle faccende della Chiesa, rimettete
in vigore gli altri rapporti in che 1'una era coll' altro. Dichiarate
en fasse la levee, si ce n' est pour une cause raisonnable, pieuse et tres-ur-
gente, ou pour une veritable necessite; et cela du consentement libre et expres
denousetde V eg Use de notre royaume. — Histoire universelle deTEgli-
se etc. tome XVIII, pag. 695.
14 TIN AUSILIARIO DEL SIG. L ANGLAIS
novellamente che Tunica religione dello Stato e la cattolica ; rivocate
la tolleranza civile degli altri culti ; restituile al Clero le sue anliche
immunita , i suoi privilegi , le sue ricchezze , e sopratlutto fate che
come corpo occupi il primo seggio nelle assemblee legislative. Ma
finche voi non solamente non richiamate in vigore coteste cose , ma
anzi le distruggete dovunque ne resla una reliquia ; fate increscere
bonamente di voi , quando di tutto il passato volete ritenere le sole
gravezze imposte alia Chiesa, senza i vantaggi che in qualche modo
le compensavano.
II sig. D' Est-Ange si meraviglia che la nuova attitudine del Cle-
ro sia cominciata in Francia dalla Rivoluzione del 30. II suo stupo-
re (ci perdoni se gli ritorciamo una sua frase) e puerile. Quella nuova
attitudine fu natural conseguenza del nuovo aspetlo, in che stabil-
mente si costituiva allora lo Stalo in faccia alia Chiesa. La Ristora-
zione del 15 pote da principio illudere e poscia, per qualche tempo,
tener gli animi incerti. Ma quando coll' esaltazione dell' Orleanese il
sistema moderno sembro assicurarsi 1' avvenire ; la mutazione nel
Clero fu inevitabile. E di qui sempre piu si vede quanto mal ragio-
natore sia il nostro avvocato ; il quale , dalla perdita che ha fatto la
Chiesa di tante altre sue temporal! prerogative , vuol dimostrare la
possibilita di acconciarsi anche a questa servitu verso lo Stato. Tulto
il contrario : quella perdita appunto rende oggidi del tulto impossi-
bile che lo Stato conlinui in quella sua intromettenza ; la quale in
quelle prerogative trovava T unico puntello , e quasi una esteriore
vernice che ne copriva T intrinseca mostruosita.
HI.
Dell' esame del diritto.
II sig. D'Est-Ange comincia questo suo secondo paragrafo co»
due preziose confessioni ; le quali confermano mirabilmente cio che
noi abbiamo notalo da ultimo iiel numero precedente. Queste confes-
sioni sono: 1'una, che le vantate liberta gallicane non erano in favo-
re della Chiesa di Francia , ma bensi dello Stato; 1' altra , che 1'E-
UN AUSILIARIO DEL SIG. L ANGLAIS 15
piscopato e il Clero di Francia non vuol piii saperne : « lo vorrei
evitare , egli dice , i vocaboli di liberta della Chiesa gallicana. Essi
dspondono oggidi a im concetto confuso. Anche in altri tempi la
Chiesa di Francia le intendeva in un senso ristretto, e i Parla-
menli in un senso largo. D' altra parte la Chiesa presente sembra
ricusarle del tutto nonche nel senso largo, eziandio nel ristrelto. Ma
le ripudii pure a suo senno ; esse tuttavia resteranno come liberta
dello Stalo di fronte alia Chiesa. . . Non in favore della Chiesa esse
erano stabilite, ma in favor dello Stato 1 » .
Questo tratto e magnifico , e richiede die noi ci soffermiamo al-
quanto a comenlarlo, prima di passare oltre. Senza dubbio, e veris-
simo che la denominazione di liberta della Chiesa gallicana era una
pretta impostura. Esse consistevano nel sottrarre 1' Episcopaio dalla
dipendenza del Papa, per collocarlo sotto la dipendenza del Governo
civile. II Governo civile adunque, non 1'Episcopato, vi guadagnava.
L* Episcopate anzi, e con lui tutto il Clero, ne riceveva inestimabile
pregiudizio ; non essendoci pregiudizio maggiore per un corpo ge-
rarchico , che essere smosso dalla legittima soggezione al proprio
Capo , per venire sotloposto all' influenza d' un principio straniero.
Nel fatto poi presente tan to piu era deplorabile un lal disordine , in
quanto esso costituiva piu che un inizio di scisma religioso, comeche
mascherato sotto fallaci protestazioni di rimanere nell' unita.
II nostro avvocato ha mal garbo a rimproverare la Chiesa di
Francia per essersene alfin liberata : « Noi non parleremo, cosi egli,
delle liberta della Chiesa gallicana, giacche questa Chiesa consente
a essere governata autocralicamente dal Papa, e i Vescovi rinunziano
alle loro prerogative essenziali nelle loro Diocesi , e trovano buono
che il Papa vi sia padrone e dittatore. Noi abbiamo in vista i dirilti
dello Stato, e non i diritti della Chiesa. E una causa tutta laica quella
che noi difendiamo 2 ». H sig. D'Est-Ange e veramente festevole nel-
le sue declamazioni. Gli sembra slrano che i Vescovi abbiano per
diltatore il Papa , e non gli sembra strano ma naluralissimo che
abbiano per dittatore il Governo civile! Egli sentenzia che i Vescovi
I Moniteur n. 36. — 2 Ivi.
16 UN ADSILIARIO DEL SIG. L ANGLAIS
ricusando d' essere giudicati dai laid, sotto pretesto d' abuso del loro
ministero, vengono a rinunziare ai loro diritti, ossia prerogative es-
senziali ! Prezioso dirilto per verita in un Vescovo ! quello di essere
processato; e, per soprassello, da laid! Oh quanto e piu polente la
parola del sig. D'Est-Ange, che non quella del sig. Langlais! Questi
Toleva che quella sollomissione del Vescovi al Governo fosse un do-
Tere, quegli per contrario asserisce che e anzi un loro diritto ! £ co-
me se aitri dicesse che il viandante ha diritlo a farsi svaligiare dal
ladro! Viva il progresso delle idee, merce la logica degli avvocati.
I Vescovi peraltro , i quali s' inlendono un poco meglio , che il
sig. D' Est-Ange, de' loro dirilti essenziali , credono che a mante-
Derli saldi non ci ha via piu sicura che lenersi stretli alia pietra fon-
damenlale di tutta la Chiesa, e che la parola di Dio annunziata per
bocca del suo Vicario non puo esser legata da veruna potenza ter-
rena. Ma veniamo al punto, che e qui da discutere.
II sig. D' Est-Ange richiama tulta la liberta gallicana a due capi:
al placet ed &\\'appello : « Le liberla dello Stato, egli dice, per riguar-
do alia Chiesa possono ridursi a due principali : I. Alia proibizione
di ricevere in Francia le Bolle che non abbiano otlenuto 1' exequatur
dal Governo; II. Agli appelli come per abuso. Tulto il resto e d'or-
dine secondario e deriva da questi diritti, ma questi diritti sono ca-
pitali 1 ». Or come egli prova che quesli due diritti competano vera-
mente allo Stato? Qui propriamente vien a mancargli la lena. In tutto
il suo discorso non sa fare altro, se non che ripetere meschinamente
la celebre ragione, gia recata dal sig. Langlais, dopo altri, del diritto
di difesa contro i possibili abusi. La Chiesa , egli dice , avea molte
pretensioni da parte di Roma , e si altribuiva molti diritti da parle
del Clero, in danno dell' aulorita civile. Come si rimedio a questi due
disordini? Al primo col placet; al secondo coir appello : Par quel
may en fit-on tourner la chance? Par le droit sur la reception des
bulks et par les appels comme d' abus. Cy est par ces deux droits
Men simples que les choses furent mises peu a peu au iuste point
4e la raison 2.
1 Moniteur n. 56. — 2 Ivi.
TIN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS 17
Molte considerazioni qui si presentano. Da prima, quest! due di-
rilti adunque non sono innali, per confessione dello stesso D' Est-
Ange; essi SODO una conquista, com' egli stesso si esprime, e con-
quisla di un rimedio contra di un male 1. Ora, poiche questo male,
dove pure fosse mai esislito , piu non esisle ; a che fine mantenere
il rimedio? Cessata la causa , par che dovrebbe cessare 1' effelto. II
sig. D'Est-Ange si muove da se slesso questa obbiezione : Pour-
quoi, dil-on, reconstruire ties citadelles contre cette citadelle deman-
telee 2? E risponde che e una precauzione contro i casi possibili;
giacche, non avendo la Chiesa smessi i suoi principii, potrebbe darsi
che volesse in un lempo piu o meno prossimo tornare alle antiche
pretensioni: Peut-etre qu elle ne desespere pas. Quindi conchiude:
Gar dons done nos arsenaux el nos armes 3. Ma lasciando stare il
ridicolo che contiene quest' idea d' un potente Impero , sollecito di
guardarsi contro le invasion*! d' una potenza che non ha altra forza che
la morale ; lasciando stare la turpiludine e la conlraddizione d'una
figliuola che si melle in armi e in istato di difesa conlro la madre ,
Hell' atto stesso che si vanla di essere la sua primogenita e la sua
bene amata; lasciando stare I'assurdo di coslituirsi permanentemente
In islalo innaturale di nimista verso un potere , del cui aiulo si ha
sommo bisogno, ed al quale per ordinazione divina dovrebbe porger-
si tutela ; lasciando stare 1' imprudenza che e di alienarsi 1'animo del
Clero e di lutli i sinceri cattolici , i quali non possono cerlamente
guardar di buon occhio 1'oppressione della Chiesa di Dio; lasciando
stare tulte queste e simili considerazioni , e venendo al fondo della
quistione, diciamo risolutamente che la coscienza di cattolico vieta
imperiosamenle che si riconoscano nello Stato quei due pretesi di-
ritli. La ragione semplicissima si e, perche in virtu di essi, il polere
laicale verrebbe propriamenle investito della supremazia in fatto di
aulorita religiosa. Pel placet egli si usurperebbe il supremo alto in
1 Ces dbus devaient avoir un terme. II fallait que VEtat rentrdt dans son
droit et qu' il conquit son independance. II y a travaille depuis saint Louis.
Num. 56.
2 Ivi. — 3 Ivi.
Serie VI, vol 11, fasc. 361. 2 16 Marzo 1865.
18 UN AUSILIARIO DEL SIG. L ANGLAIS
ordine al potere legislative, per Yappello il supremo atto in ordine
at potere giudiziario.
E vaglia il vero , se le bolle e i decreti pontificii non hanno forza
d'obbligare i fedeli, se prima non sieno assentite dalla polesla civi-
le; la polesta civile e quella che pone 1' ultimo suggello alia legge
ecclesiastica, e fa che essa possa produrre il suo effelto. In altri ter-
mini , la potestci civile e quella, la quale la costituisce propriamente
legge ; giacche la legge e denominata a Uganda. II Pontefice vi eser-
citera una parte , ma una parte subordinata ; giacche il suo giudizio
sarebbe effettivamente riformabile dallo Stato. Lo Stato giudicherebbe
da ultimo della qualila e della bonla delle ordinazioni del Pontefice
e di piu della dollrina da lui insegnata. Anzi, orribile ad udirsi!
in quanto agli stessi dommi di fede lo Stato si arrogherebbe il supre-
mo giudizio ; giacche se egli e che esamina e decide che una data
bolla e o non e puramente dommalica, esso e in sostanza che esami-
na e decide che la proposta dottrina e conlenuta o no nel deposito
della rivelazione. Si orpelli come si vuole la teorica del placet, si
mascheri , si camuffi , a questo al trar de' conti vien ella a ridursi.
Or non si distrugge con cio fontalmente 1' economia divina della Chie-
sa? Non si trasferisce allo Stato la facolta di legare e di sciogliere,
da Cristo data ai soli Apostoli ? Non si conducono cosi i paesi catto-
lici ad una imitazione piu o meno esplicita dell' eresia anglicana ?
Lo stesso proporzionatamente vuol dirsi dell'appello ex abusu. Se
lo Stato ha il diritto di rivedere le sentenze ecclesiastiche , sia per
richiamo delle parti, sia per vigilanza del pubblico ufficiale, lo Stato
e il supremo giudice delle medesime. II tribunale della Chiesa non
costituisce che un tribunale subalterno , e, se vi piace, di prima i-
slanza ; le cui decision! in tanto hanno valore , in quanlo non inter-
viene appello a un tribunale piu alto. 0 non chiamate voi supremo
tribunale di giustizia la Corte di cassazione, il cui ufficio e appunto
di annnllar le sentenze per ricorso a lui falto , sollo motive di non
essersi serbate le forme volute dalla legge , ossia per abuso in falto
di procedura? Or quanlo piu una lal denominazione di tribunale su-
premo , nel caso presente , meriterebbesi dallo Stalo , il quale col
suo giudizio enlra nel merito slesso della causa e del diritto del ma-
gistrato ecclesiaslico?
UN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS 19
E cosi ecco spogliata la Chiesa delle sue attribuzioni sovrane , e
delle prerogative di regno ; anzi eccola sottoposta al regno terreno e
quindi privata della sua slessa divina origine : Regnum meum non
est de hoc mimdo. Se la Chiesa e vera societa perfelta nell' ordioe
suo , se e dotata da Dio di potere indipendente dal secolo ; indipen-
denli dal secolo debbono essere gli atti di un tal potere , che sono
appunto il legislativo, il giudiziario, 1'esecutivo. Ledere, come che
sia , coteste funzioni e subordinate in parte almeno alia potesta ci-
vile, e un disconoscere la Chiesa come societa, stabilita tra gli uomi-
iri divinamente ; e , dopo cio , le proteste verso di lei di venerazione
e di ossequio sono o un' ipocrisia o un insulto.
Conclusions.
A mirare profondamente, questa faccenda dei pretesi diritti del
placet e dell' appello come d' abuso , per parte della potesta tempo-
rale , e di non minore importanza , che non fosse quella del diritlo
d' investitura, arrogalosi dagl' Imperatori alemanni nel medio evo.
Imperocche se quella pretensione toccava 1' indipendenza della Chiesa
Bella creazione dei suoi magistral!, il placet e Y appello tocca 1' in-
dipendenza della Chiesa nell'esercizio de' suoi fondamentali diritli
di dar leggeai fedeli e giudicare conformemenle ad esse leggi. An-
zi il detrimenlo e qui piu grave; perocche, non si tratta di un sem-
plice fatto illegittimo, sanabile per esplicito o almeno implicito as-
senso deH'autorila competente ; ma si tratta della sovversione della
base stessa dell'autorita ecclesiaslica in ordine al libero suo eserci-
zio. Di piu, quegli antichi Imperatori si contentavano di ritenere il
diritto d' investitura , come privilegio concesso loro dalla Chiesa ;
ma il diritto di placet e di appello si pretende modernamenle dai
Governi come ragione essenziale e nativa dello Stato. Onde la qui-
stione non e qui di fatti ma di principii.
Cio posto , sorge spontaneamente questo discorso : Se la Chiesa
non pole in niuna guisa tollerare 1' usurpazione laicale per riguar-
do all' investilura, e per isterparla dalla societa cristiana non dubi-
to an dare incontro a persecuzioni , a disastri , a guerre sterminatri-
20 EN AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS
ci; come puo sperarsi che essa Chiesa si pieghi giammai a consenlire
questo non inferiore disordine del placet e dell' appello? Ne si creda
che un tal punto interessi i soli Ecclesiastici ; esso interessa general-
mente tulti i fedeli; la cui liberla di coscienza richiede 1* indipenden-
za del ministero sacro da ogni influenza del secolo. Laonde non solo
Vescovi e preti, ma quanti sono catlolici ed hanno zelo della causa
di Dio e della Chiesa, non possono non adoperarsi a tult'uomo , ac-
ciocche la potenza terrena cessi una volta da quel funesto e sacrilego
sopruso.
II che i Governi sapienti e temperati dovrebbero fare da loro stes-
si, senza contraslo ; mossi da ragioni non solo di piela religiosa e di
giustizia, ma eziandio di prudenza. Imperocche essi dovrebbero in-
tendere che 1' osiinarsi a conlrastar colla Chiesa in cio , in cui la
Chiesa non pu6 condiscendere, e sforzo vano ; il quale non produce
altro effetto, se non d' indebolire lo Stato collo scontento e colla di-
visione degli animi, senza neppure il conforto di riuscir finalmente,
come che sia , nell' impresa. Inoltre , quella pretensione nei tempi
presenti, allese le mutate condizioni della sociela e de' suoi rapporti
colla religione, cade manifeslamente in un anacronismo, trasportando
allo Stato moderno una vera anticaglia , possibile solamente in altri
tempi e in altri costumi. Piu, esso coslituisce un fuor d' opera, pre-
sentando lo strano spettacolo d'un corpo politico, capace di comporsi
non solo di eretici, ma di giudei altresi e di atei, il quale segga giu-
dice in cose stretlamente spetlanti all' insegnamento e al sacerdozio
cattolico. Aggiungete che una legge , alia quale coloro, per cui e
fatla, non solo non si credono tenuti di obbedire, ma si credono anzi
tenuti di opporre una resistenza passiva, manca dell' intrinseco ed
essenziale caratlere della legge, che e di obbligar moralmente. Co-
stretto quindi il governante ad appoggiarsi alia sola forza maleria-
le , si trova nella dura necessita di andar contro alia natura deli' uo-
mo; e pero non e chi non vegga quanto sia improvvido consiglio,
nei tempi massimamente della rammorbidita civilta moderna, Tin-
cocciarsi a sostenere un tal punto.
Ma dov' anche tulte queste considerazioni mancassero , il solo
pensiero della inutilita della legge persuaderebbe di abbandonarla.
UN AUSILIARIO DEL SIG. L ANGLAIS 21
E mai possibile nella presente pubblicita e liberty della stampa
impedire che le decisioni di Roma vengano a notizia dei cattolici in
qualsiasi parte del mondo? Diffusa poi una tale nolizia , e possibile
impedire alle coscienze il credersi obbligate all' obbedienza?E vera-
mente curioso il sig. D' Est-Ange , allorche , citando le parole colle
quali il Vescovo di Beauvais ricordava ai fedeli che la pubblicazione
fatla in Roma delle decisioni e prescrizioni pontificie baslava per
obbligare tutti quelli che ne venissero in cognizione ; esce in rab-
biosa invetliva contra 1'egregio Prelato, sostenendo che cio e falso,
perche lo Stato non l'ammelte, e 1'avvocato generale Seguier ne ha
parlato con disprezzo : « Se Monsignore, cosi egli, si fosse ricordato
del nostro dirilto pubblico , come si ricorda dei delirii ollramon-
tani , avrebbe appreso dalla requisitoria del sig. avvocato generale
Seguier, a proposito della bolla In coena Domini, con qual disprez-
zo questa dottrina era trattata in Francia. Ella e tanto contraria al
diritto de' Sovrani , all' indipendenza degli Stati , alle nozioni piu
elementari sopra la promulgazione delle leggi ed altri atti pubblici,
che non ha bisogno d'essere discussa. . . . 0 diremo che il Papa e pa-
drone per tutto? che Roma e la Capitale di iutli gli Stati?..,. Si fatte
allucinazioni feriscono troppo it buon senso 1 ». II signor avvocato
si riscalda troppo : si calmi ; e considerando con pacato animo la co-
sa, vedra che le allucinazioni sono dalla parte opposla, non da par-
te di Mons. di Beauvais. La requisitoria del sig. Seguier mostra sen-
za dubbio il disprezzo, onde 1'anzidetta dottrina era accolta in Fran-
cia; ma sapete da chi? dai correligionarii di esso Seguier, ossia dai
Giansenisti. Ora qui non si tratta di cosloro, si tratta sol di caltoli-
ci ; e i catlolici non vanno a dimandare agli avvocali generali, ma
bensi ai Vescovi che cosa debba pensarsi intorno alia promulgazio-
ne delle leggi della Chiesa. Le idee poi piu elementari di diritto
insegnano che le condizioni di legittima promulgazione non devo-
no determinarsi da chicchessia, ma bensi dai legislatore ; e il le-
gislatore delle leggi della Chiesa e la Chiesa, non il Governo civile.
Se dunque la Chiesa slabilisce che basta la pubblicazione in Roma
1 Moniteur n. 56.
22 t:N AUSILIARIO DEL SIG. LANGLAIS
del decreti pontificii per obbligare lutti quelli, che ne acquistano co-
noscenza; che cosa ha qui da fare il Seguier con tutta la coda del
suoi giansenisti , o il diritto pubblico degli Stati secolareschi ? Que-
sli polranno stabilire intorno alia promulgazione delle proprie leggi,
Don gia intorno a quella di un' autorila distinta e indipendente dalla
loro. Ma dunque il Papa e padrone per tutto? Si ; dovunque ci ha
Chiesa e figliuoli della Chiesa. Reca raeraviglia al sig. avvocato il
senlire die dovunque ci ha una sociela, ci ha soggezione al Capo
supremo della medesima?0 ignora che il Capo supremo della Chie-
sa e il Papa, e che la Francia e parte della Chiesa? Ma dunque Ro-
ma e Capitale di tutli gli Stati ? Si ; in quanto essi sono catlolici ed
hanno citladini cattolici. Non ha udito ancora il sig. D' Est-Ange la
frase, checorre per lebocche ditutti: Esser Roma la Capitale del
mondo cattolico? Ci ha forse qualche Stato che non sia parte del
mondo, o che sia catlolico insieme e non appartenga al cattolicismo?
Ma lasciando Y ira avvocatesca del sig. D' Est-Ange , e tornando
all'argomento, se 1'obbligazione ne' fedeli d'obbedire alia Ghiesa non
dipende dallo Stato, se il debito di tale obbedienza stringe issofatlo
che si conoscano i decreti da essa Chiesa emanati ; se lo Stalo nel-
le presenli condizioni della slampa e delle comunicazioni sociali non
puo impedire tal conoscenza ; a che serve il placet ? A che 1' appel-
lo per non averne lenuto conto? Non ad altro, crediamo , che a dar
materia da ridere alle persone sensate , e porger destro agli avvo-
cati officiosi di acquistarsi un merito col Governo, prendendone be-
ne o male le difese.
IL PATRIZIATO ROMANO
DI CARLOMAGNO1
xm.
Si conchiude la questions delta Sovranita romana ,
altribuita a Carlomagno Patrizio.
Tolto di mezzo il fantasma dei due Patriziali, che da un testo mal-
inleso del Codice Carolino alcuni modern! foggiarono ad ingombrare
di miove tenebre la storia romana del secolo VIII ; noi possiam ora
liberamente procedere a compiere la dimostrazione che avevamo co-
minciata , cioe ad abbaltere le ultimo difficolla che dagli avversarii
son mosse , affine di mantenere che la Sovranita in Roma e nello
Stato di S. Pietro apparlenesse, non gia al Papa, ma bensi al Patri-
zio de' Romani ; che e , siccome gia nolammo , in lutta questa trat-
tazione del Patriziato che abbiam per le mani, la questione capitale.
Tra coteste difficolta , dopo avere sciolte in un articolo precedente
quelle che eran tratte dal linguaggio degli antichi autori e dei mo-
mimenti slorici , e son le piu , rimane ora che rispondiamo a quelle
che si vorrebbero dedurre dai fatti medesimi della storia , vale a
dire , da cerli alti di potesla che i Re dei Franchi esercitarono , di-
cesi, nel governo degli Stati di S. Pietro, e che li moslrano in sem-
biante di veri Sovrani.
1 Vedi il volume precedente, pag. 174 e segg.
24 IL PATRIZIATO ROMANO
Ora non puo negarsi che cotali atti, se fossero veri, avrebbero peso
gravissimo nella presents conlroversia; imperocehe, sebbene il fatto
non sia sempre pruova sicura del diritto, e la storia dello Stalo pon-
tificio porga ne' tempi posteriori troppo frequenti esempii di atti so-
vrani, esercitati da Re e da Imperalori senz' altro diritto fuor di quel-
lo che puo dare un' usurpazione prepolente ; ai tempi nondimeno di
Pipino e di Carlomagno , di cui sappiamo essere stata sincerissima
la devozione e inalterabile 1' ossequio alia S. Sede, non e credibile
che eglino mai si usurpassero qui la potesta sovrana del comando,
sequesta veramenle loro non apparteneva, e in loro non era dai Pa-
pi medesimi riconosciula. A7eggiamo adunque quali furono quest!
atti; e, durante i presso a cinquanl'anni che fiori il Palrizialo dei Re
Franchi in Italia, cioe dal 754 all'800, e da presumere che ei siano
slali e molti e splendidi e di evidenza indubitala : anzi, se Pipino e
Carlomagno erano i veri Sovrani di Roma e dell'Esarcato, dobbiamo
al tutto aspellarci che gli atli della loro Sovranila ivi fossero non pur
frequenti, ma conlinui, e che i monumenli, sian pure quanto si vo-
glia scarsi ed oscuri, di quell' epoca, ce ne abbian serbato luminose
memorie, siccome le serbarono luminosissime della sovranila dai
medesimi esercitata in Francia e negli altri Slali a loro indubitata-
mente soggetti.
Se non che , qui appunlo comincia la nostra maraviglia , qui la
nostra espettazione si Irova fin dal primo passo stranamenle delusa.
Per quanto abbiamo ricercato ed esaminato le opere degli storici e
dei campioni piu valenti e piu caldi a propugnare la Sovranila ro-
maua dei Patrizii Caroling! , gli argomenti , o piultosto gl' indizii ,
ch' essi recano degli atti di questa Sovranila, sono cosi scarsa e mi-
sera cosa, che puo dirsi un nulla ; e il non aver eglino saputo, per
quanlo pureil bramassero, trovar nulla di meglio, e il riuscire che
fanno cosi deboli e meschini in questo che doveva essere il capo
principale della lor difesa, ci sembra dover costituire non solo un
pregiudizio gravissimo conlro la lor tesi, ma la prova piu eloquente
dell' insussislenza e falsit& intrinseca della medesima. Cerlo e che i
suoi slessi difensori mostrano accorgersi e quasi vergognarsi di tal
poverta; e quindi dee spiegarsi in gran parte non solo quella titu-
DI CARLOMAGNO 25
banza e timidezza di opinion! che in essi, e nel Muratori specialmen-
te, suol vedersi , ma eziandio quel perpeluo deplorare ed esagerare
che fanno 1' oscurila dei tempi e la penuria dei monument! , riget-
tando in tal guisa sulle tenebre della storia la colpa che e solo pro-
pria dell'errore storico da essi difeso.
Di Pipino infatti, per lulli quei quattordici anni ch'egli fuPatrizio
dei Romani, cioe dal 754 al 768, niuno scrittore, che sappiamo, ha
mai potato recare in mezzo pure un sol fatto che accennasse in lui
1'esercizio dell'aulorita sovrana nel governo di Roma o di altra citta
pontificia. Laonde di lui qui non ci accade dir altro. Quanto poi a
Carlomagno, ecco 1'alto di cui suol menarsi maggior romore, in pro-
va del comandare che Carlomagno Patrizio facea da vero Sovrano
nello Stato di S. Pielro, e dell'ubbidienza ch'egli quivi riscuotea sen-
za niun contrasto non che dal popolo de' sudditi , ma dallo slesso
Pontefice.
Essendo Carlo adirato contro i Veneziani (ciofu verso 1'anno 784)
mando ordine in Italia che si cacciassero dalle terre di Ravenna e
della Pentapoli dov'essi avean traffico ; del qual ordine fallo consa-
pevole Papa Adriano, scrisse subilo in quelle parti per far eseguire
la regia volonla, e comando all' Arcivescovo di Ravenna che facesse
sgombrare da tutto il territorio papale e ravennale i Veneziani che
vi aveano stanza e possedimenli. Di tutto cio si ha testimonianza
certissima dallo stesso Adriano , il quale, in una Lettera del Codice
Carolino 1, dando relazione a Carlo di tullo il falto, cosi gli scrive:
Ad aures clementissimae regalis excellentiae veslrae inlimantes in-
notescimus , quia dum vestra regalis in triumphis victoria PRAECI-
PIENDUM EMISIT, ut a partibus Ravennae seu Pentapoleos expelle-
rentur Venetici ad negoliandum, nos illico in parlibus illis emisimus
VESTRAM ADIMPLENTES REGALEM VOLUNTATEM , WSUper €t ad Af-
chiepiscopum praeceptum direximus, ut in quolibet territorio nostro
et nostro iure sanctae ftavennatis ecclesiae , ipsi Venetici praesidia
atque possessiones haberent , omnino eos exinde expelleret , et sic
Ecclesiae suae iura manibus suis teneret. Ora , da queste parole
1 Bpitt. LXXXIV, ediz. del CENNI.
26 IL PATRIZIATO ROMANO
(cosi ragiona il Muratori) « ben si puo dedurre la suprema Signoria
di Carlomagno in quella provincia » , giacche « qui si vede, che per
1'Esarcato Carlo coraanda e il Pontefice ubbidisce 1 ».
Ottimamente, noi rispondiamo; se coleste parole si dovessero pren-
dere nel senso che per avventura offrono a prima vista , e in cui il
Muratori le ha tolte senz' altro esame. Ma , alcune riflessioni ci vie-
tano di accettare colal senso , e ci spiegano il testo di Adriano in
modo ben di verso.
Avvertasi dunque , che nello stile ufficiosissimo , usato da Adria-
no con Carlomagno in tutte le sue Lettere , la parola praeceptum
ed altre simili che parrebbero per se importare comando , sovente
altro non sono che formole di ossequio e di urbanita squisita ; sic-
che andrebbe grandemente errato chi le pigliasse a rigor di termini.
II Papa chiamava comandi i desiderii , le domande , le insinuazioni
di Carlo ; a quel modo appunto che anche oggidi nella conversazio-
ne e nel commercio epistolare si usa continue tra le persone civili ,
non per allro che per segno di rispetto e per mostrare 1'animo
prontissimo che altri ha, di compiacere e servire 1' amico di quello
ch'ei desidera. E che tal fosse lo stile di Adriano, ne abbiamo pruo-
ve indubitate nello stesso Codice Carolino. Cos! , nel principio del-
1' epistola LXX1II , notiflcando il Papa a Carlomagno di aver subilo
dato di sua mano la consecrazione episcopale a un colal Pietro , se-
condo che il Re ne 1' avea richiesto per lettere dal medesimo Pielro
recate in Roma, usa la seguente formola : lllico benignae voluntatis
vestrae MAXIDATA, sicut solitisumus, IMPLEVIMUS. Or ecco anche qui
Carlo che comanda e il Papa che obbedisce , anzi professa di esser
solilo di ubbidire ai comandi di Carlo, e di ubbidire in cose ezian-
dio di potesta e giurisdizione meramente spiriluale , qual era il
consacrare un Vescovo. Ma deh! chi non vede, non doversi queste
espressioni di comando e di ubbidienza, mandata ed implevimus,
pigliare in senso lelterale? Chi e che non iscorga subito in esse una
mera enfasi di cortesia ossequiosa? Chi mai potra credere da senno
che Carlo in quelle lettere commendatizie pel suo candidate Pietro,
1 Plena esposizione del diritti Imperiali ed Estensi ecc. Cap. II.
DI CARLOMAGNO 27
avesse adoperato col Papa formole d' imperio e non anzi di supplica
riverentissima, quantunque il Papa le chiami comandamenti , man-
data voluntatis vestrae ? In simil modo Paolo I , scrivendo a Pipino
<T aver conlentalo il regio messo Andrea di non si sa qual grazia,
per la quale il Re si era fatto intercessore , non dubila di chiamare
precetto questa regia domanda : Perficientes causam praedicti An-
dreae, ut eius fuit voluntas et vestra extitit PRAECEPTIO; e si esibi-
see nel tempo stesso sempre pronto a fare ogni piacere del Re : Quo-
mam omnia quae vobis placita sunt, et nobis omnino congrua et pro-
spera esse videntur 1 . 1 Papi non furono mai avari di cortesia e di ris-
petto verso i Principi, e si raostrarono sempre prontissimi a compia-
cerli in ogni cosa che onestamente potessero ; e do soprattutlo con
Principi cosi devoti ebenemeriti della S. Sede, quali erano Pipino e
Carlomagno ; ma non percio si debbono pigliare alia leltera le es-
pressioni di ossequio e di servitu che essi adoperano, e mollo meno
sopra cosiffatte espressioni piantare teorie e sislemi, e fondare dirit-
ti e signorie sovrane.
Da tullo cio deduciamo che , nella Lettera di Adriano a Carlo ,
quand'anche si concedesse (e potrebbe non senza probabil ragione
negarsi) che quell' indeterminato praecipiendum emisit debba inten-
dersi di un praeceptum indirizzato da Carlo al Papa slesso, non pe-
ro mai potrebbe inferirsene che Carlo avesse dato al Papa un vero
comando, a maniera di Sovrano, ne che il Papa, con quel suo adim-
plentes regalem voluntatem , professasse di aver compiuto un atto
doveroso di ubbidienza, a maniera di suddito o di vassallo. La sola
cosa, che potrebbe inferirsi, sarebbe, avere Carlo significato al Papa
il suo desiderio , ch' ei facesse sgombrare i Veneti anche dall' Esar-
cato e dalla Pentapoli , ed il Papa avere di buon grado aderito a
questo desiderio, ch' ei per sola cortesia chiamava precetto. Quindi
cade a terra tutto 1' argornento del Muratori ; e riesce al tulto fallace
la deduzione ch'egli ne traeva in pro della Signoria suprema di Car-
lomagno nell' Esarcato. II suo sofisma consiste nell' avere interpre-
tate con rigor legale due frasi ufficiose di Adriano, e scambiato una
28 IL PATRIZIATO ROMANO
espressione di mera genlilezza per ricognizione aulentica di un dirit-
to politico. Che direste voi di chi citasse un amico al tribunale e pre-
tendesse di esercitare sopra di lui diritlo rigoroso di padronanza, sol
perche quegli appie d' una leltera gli si e protestato servitore ubbi-
dientissimo? Ora lo stesso dee dirsi di chi presentando al tribunale
della storia la letlera di Adriano , dalle frasi di essa sopra riferile
pretende di inferire che nell' Esarcato Adriano ubbidiva ai coman-
di di Carlo, come di suo vero Sovrano.
Del resto, a ben intendere 1* intero di questo falto e dileguare le
false interpretazioni che altri potrebbe dargli , giova entrare piu a
denlro nelle condizioni del medesimo, le quali ci vengono indicate e
da altre fonli storiche e da questa Lettera medesima di Adriano.
Ball' una parte Carlomagno siccome Patrizio, cioe Difensore di tutto
lo Stato di S. Pietro , slendeva la sua au tori la prolettrice anche so-
pra T Esarcato e la Pentapoli; eppercio non dee fare niuna meravi-
glia ch' egli s' ingerisca negli affari di queste province, e si adoperi
a cacciarne i Irafficanti Veneti. Dall' altro lato, qual che si fosse la
ragione che mosse Carlo a prendere contro i Veneti cosi severo prov-
vedimento, ella doveva essergli dellata da un risguardo d' inleresse
generate, che comprendeva, insieme cogli Stati suoi proprii del Re-
gno italico, anche gli Stati della S. Sede. II Muratori opino che ei si
conducesse a tal atto, perche , essendo i Veneziani o di pendent! dal
greco Imperatore , o suoi collegati , Carlomagno li aveva in sospet-
to di nemici che attentassero al suo Regno d' Italia 1. Ma forse e
piu verisiraile la senlenza del Leo 2 , che Carlo volesse espulsi da
tutti i dominii d' Italia i mercatanti Veneti, affine di sradicare dalla
penisola 1' infame traffico, ch' essi da gran tempo faceano , di schia-
\i crisliani , vendendoli ai Saraceni di Affrica e di Oriente 3. Pero,
1 Annali d'ltalia, a. 784.
2 Storia degli Stati italiani ecc. Lib. Ill, Capit. I, §. IV.
3 Nella vita di Papa Zaccaria, presso ANASTASIO , si legge come in Roma
stessa piiimercanli Veneti essendo venuti a fare incettadi schiavi da vendere
in Affrica, il Papa, risaputolo, ne fece incontanente severissimo divieto, e
ricompro egli medesimo a liberta gli schiavi, sborsando ai mercanti il prezzo
a cui li aveano comprati. Ma questi continuarono altrove, per 1' Italia e fuori,
DI CARLOMAGNO 29
o si ammella 1* una o 1'allra di queste ragioni, o anche 1' una e 1'al-
tra insieme , egli e chiaro che cotesta proscrizione de' Veneti, ad ot-
tenere lo scopo, doveva esser fatta non solo negli Stati di Carlo, ma
in pari tempo in quei del Papa e special mente nelle province di Ra-
venna e della Pentapoli, le quali eran quasi incastrate negli Stati di
Carlo, e con tanta distesa di riviera sull' Adriatico porgeano como-
dissima scala al traffico della vicina Venezia , ed alle imprese che i
Veneti coi Greci per avventura macchinassero contro il Regno
d' Italia.
Quindi si spiega e la premura di Carlo per discacciare i Veneti
dal Ravennate e dalla Pentapoli, e la prontezza del Papa nel secon-
dare in cio i voleri del suo Patrizio. Quella era dettata al Re Palri-
2io non pure dall' interesse del proprio regno, ma eziandio dall'uffi-
cio del suo Patriziato che grimponea di vigilare alia sicurezza degli
Stali papali; e quesla al Pontefice Sovrano era consigliata dall'evi-
dente onesta e opporlunita del proposlo provvedimento. Laqual evi-
denza dove fosse mancata, non e punto a dubitare, che Adriano invece
di adimplere la volonla del Patrizio, le si sarebbe fermamente oppo-
slo; siccome veggiamo aver falto in altri casi nell' Esarcalo mede-
simo, cioe quando Carlo voleva immischiarsi nell'elezione dell'Arci-
vescovo di Ravenna 1, e quando parea favorire o ascollare troppo
facilmente gl'indebiti ricorsi, che alcuni turbolenti Ravennaii a lui
faceano in dispregio deH'autorila sovrana del Papa 2. Ma nel caso
presente, giuslissimo essendo il volere del Patrizio, il Papa non solo
vi aderi senza indugio, ma si tolse egli stesso la briga di farlo pron-
tamenle recare ad esecuzione, come suo proprio. Percio spedi tosto
gli ordini opporluni in quelle contrade: Illico in partibus illis emisi-
mus, vestram adimplentes regiam voluntatem, e scrisse all'Arcivesco-
vo di Ravenna, il quale era cola come il luogotenente del Papa, che
il sozzo commercio; e non ostante le leggi conlro esso fulminate da Carlo-
magno, lo veggiamo fiorente nel secolo IX e nel X, tanto che i Dogi e la
R pubblica dovettero piii volte punirlo con severe leggi, secondo che narra
il DANDOLO nella sua Cronaca, presso il MURATORI, Rer. Ital. SS. T. XII,
p. 186, e p. 206.
1 Vedi I'Epist. XCIV del COD. CAROL, presso il CENNI.
2 Ivi, Epist. XCY1II.
30 IL PATRJZIATO ROMANO
desse egli medesimo lo sfratto a tutli i Veneziani, non solo dai ter-
rilorii apparlenenii immedialaraenle alia sua Cbiesa di Ravenna, ma
da tulto il territorio papale : In quolibet territorio noslro, et nostro
iure sanctae Ravennatis Ecclesiae .... omnino eos exinde expelle-
ret, et sic Ecclesiae suae iura manibus suis teneret.
Ora, se raal non ci apponiamo, questa sollecitudine medesima del
Papa e le frasi ch'egli adopera nel darne ragguaglio a Carlo, mo-
slrano la sua vigilante gelosia nel cuslodire salvi e interi i diritti
della sovranila della S. Sede nell' Esarcato. Pare ch' egli lemesse,
cio che nori era improbabile ad accadere, che gli ufficiali e i messi
Franchi, abusando, come talora faceano, dell'autorita e del nome di
Carlo (e appunlo nella medesima Lettera il Papa si lagna con Carlo
delle usurpazioni e violenze, commesse a quei di nel Ravennate dal
Duca Garamanno, regio messo), ovvero impazienti di vedere adem-
piule le volonta del loro Principe, non s'intromettessero di eseguir
essi medesimi lo scacciamento dei Veneli, che doveva esser fatto
dalle potesla ordinarie del luogo, cioe dagli ufficiali pontiflcii. Quel
notare espressameute che Ravenna e la Pentapoli eran lerrilorio pa-
pale, e non Franco: In territorio nostro et nostro iure; quello scri-
vere di avere ordinato all'Arcivescovo che si adoperasse egli slesso
a fare sgombrare i proscrilti, per cosl mantenere inviolali i dirilti
della sua Chiesa : Et sic Ecclesiae suae iura manibus suis teneret;
son chiare insinuazioni, le quali voglion dire, che il diritto di esclu-
dere i Veneti da quelle terre apparteneva solo al Papa, siccome so-
vrano delle terre medesime, e ai ministri che da lui ne ricevessero
il comando, e che la volont^i del Palrizio, in una materia soprattutto
che tbccava si dappresso le prerogative proprie della Sovranita, non
poteva ricevere legittimo adempimento, se non in quanto ella veni-
va autenticata dal consenso e dal comando espresso del Sovrano.
Dalle cose fin qui ragionate ci par chiarilo abbaslanza quanto sia
debole e fallace 1'argomento del Muratori, e quanto lontana dal vero
F interpretazione ch' egli ha dato alle parole di Adriano. La Sovra-
nita ponlificia nell'Esarcato, della quale le altre Leltere del medesi-
mo Adriano contengono si cospicui document], non riceve al certo
niuna lesione ue dalle formole adoperate in questa dal Papa, ne dal
fatto del discacciamento dei Veneti, ivi menzionato. E cosi veramen-
DI CARLOMAGNO 31
te intesero il falto e la Lettera non solo il Cenni l, e recentemente
ii Cappellelti 2, ma anche il Leo 3, r Hegel 4 e il Savigny 5, autori
cerlo non sospetti di favoreggiare soverchiamente la potesla sovrana
de' Papi. Essi ammettono bensi, che Adriano condiscese in cio ai
desiderii di Carlomagno, ma non iscambiano la condiscendenza per
un atlo di soggezione polilica ; essi dicono che Carlo, per mezzo del
Papa, consegui nell'Esarcato il suo intento conlro i Veneti, ma con
cio, ben lungi dal credere che Carlo la facesse da Sovrano nell'E-
sarcato, mostrano anzi d' intendere tutto 1'opposto, giacche se aves-
se voluto operare egli da Sovrano, non accadeva che invocasse in
tal faccenda 1' intervento del Papa.
Confutato in tal guisa il principale argomenlo, che gli avversarii,
affine di provare dagli alti medesimi di Carlo ia sua Sovranita nello
Stato di S. Pietro, sogliono meltere in campo, non vale quasi il
pregio che ci fermiamo a parlare dei rimanenti. II Muratori accen-
na 6 fra questi, la ribellione dell'Arcivescovo di Ravenna, Leone, e
il brigare che questi fece presso Carlomagno per ottenere il dominio
dell' Esarcato, togliendolo alia S. Sede ; ma vedremo fra breve, co-
testa ribellione dimostrar tult' altro, e sonaministrare anzi uno dei
piu splendidi documenti in favore della Sovranita posseduta dai Papi
neir Esarcato, anche prima di Adriano. Altrove egli, interpretando
la Leltera 77. a del Codice Carolino 7, sembra insinuare che quel Du-
ca Garamanno, di cui abbiamo poc'anzi fatto menzione, fosse invia-
to dal re Carlo nell'Italia romana, per correggere molti abusi e
massimamente il mercato che si faceva degli schiavi crisliani 8;
ma il vero e, che gli abusi, di cui parla quella Lettera, de captiva-
1 Nelle note all' Epist. LXXXIV.
2 Storia di Venezia, Lib. I, Cap. 27.
3 Luogo sopra citato.
4 Storia della costituzione dei Municipii italiani ecc. ediz. italiana. Milano
e Torino, 1861 — a pag. 166.
5 Storia del Diritte Romano nel medio evo, Lib. I, Cap. V, art. VII; dove
egli nega gerieralmente la Sovranita di Carlo nell'Esarcato ai tempi di cui
•parliamo, e ne attribuisce al Papa la piena signoria.
6 Annali d' Italia, a. 783; Piena Esposizione ecc. Cap. II.
7 Cioe la LXXXa del Cenni.
8 Annali d' Italia, a. 784 e 785.
32 IL PATRIZIATO ROMANO
Hone hominum et de aliis illicitis causis quae a prams perpetrantur
hominibus, non si riferiscono agli Stati pontificii, ma a quei cli Car-
lo • e nella Lettera non si accenna punto che Garamanno fosse man-
dato in Italia a correggere abusi, ma egli apparisce solo incaricato
di raccomandare alia clemenza del Papa un colal Giovanni, monaco
visionario, il quale avea fatte al Re certe rimostranze impertinent!
sopra quegli abusi che sono nella Lettera indicati. Che se in altra
Epistola 1 veramente leggesi, essere stati i Romani accusati presso
Carlo di vendere schiavi ai Saraeeni, e lo zelante Patrizio averne
mosso doglianzecol Papa; niuno certo vorra da queslo inferire, che
Carlo comandasse al Papa , quasi a suo suddito , o presumesse di
farla da Re negli Stati romani : siccome d' altra parte, lo smentire
che ivi fa il Papa quelle false accuse, giustificando se medesimo e i
suoi Romani, la cui riputazione veniva dai malevoli si indegnamente
denigrata alia Corte di Carlo, non puo per fermo pigliarsi per pruo-
va che il Papa riconoscesse Carlo per suo Sovrano.
Del rimanente, chi voglia intendere il vero significato di questi od
altri atli somiglianti di Carlomagno, e chiarire quell' apparenle con-
fusione di poteri che a primo aspetto da essi sembra nascere nel
Governo dello Stalo di S. Pielro, non dee mai perdere di vista la
condizione singolarissima in cui era queslo Stalo, e Y inlima rela-
zione che correva tra il Ponteflce suo Sovrano e Carlomagno, il
quale era a un tempo stesso Re dell' Italia longobarda e Patrizio ,
doe Difensore, dell' Italia romana. Secondo il linguaggio continuo
del Codice Caroline , il Papa e il Re prendevano a petto come pro-
prie le cause Y un dell' altro : Quia causa veslra nostra sit, et nostra
1 t Y Epistola LXIV, in cui Adriano, rispondendo a Carlo, scrive: Repe-
rimus etiam in ipsis vestris mellifluis apidbus de venalitate mancipiorum, quasi
per nostros Romanos venundati fuissent genii nefandae Saracenorum; sed
nunquam, quod absit, in tale declinavimus scelus, autpernostram volunlatem
factum fuit; sed in liltoraria Lang obardorum semper navigaveruntnec dicendi
Graeci, et exinde emebant ipsam familiam, et amicitiam eum ipsis Langobar-
dis fecerunt, et per eosdem Longobardos ipsa suscipiebant mancipia, etc.
Notisi inoltre, che questa Epistola e di circa sei anni anteriore aH'aHra in cui
si parla di Garamanno e del monaco Giovanni: la prima essendo del 778, e
la seconda del 784, secondo gli accurati computi del Cenni. Laonde ncn pu6
ammettersi Ira 1'una e Valtra quella connessione, che al^Muratori placque.
DI CARLOMAGNO 3$
veslra 1 ; i nemici dell' uno erano riputali nemici anche deir allro :
Inimici beati Petri alque nostri, sen vestri 2 ; inimici beati Petri et
vestri 3 ; i fedeli di S. Pietro eran fedeli anche di Carlo e \iceversa :
Nostri veslrique fideles. . . fideliler servientes vobis nobisque 4; i
servigi e gl' interessi del Papa erano anche servigi ed interessi di
Carlo : In servitio beati Petri et vestro atque nostro 3, siccome le
viltorie e le prosperita di Carlo tornavano tali anche pel Papa : Vestra
exaltatio nostra est laetitia 6. I mutui vincoli perlanto di quest' ul-
tima alleanza, originati dal Patto patriziale, la comunanza degl' inte-
ressi religiosi e politici , ed oltre a cio 1'amore, la stima e quindi
la fiducia reciproca che legava quelle due grand' anime di Adriano e
di Carlo, facean si che talvolta quasi scomparisse tra loro quella di-
slinzione rigorosa di poteri e dirilli, di cui soglion essere cosi gelosi
i Principi, e davan luogo a una ingerenza promiscua nel Governo dei
rispettiYi loro Stall, la quale in altri sarebbe stata sopruso e usurpa-
zione , ma in essi era consentita dal comune accordo cue streltissi-
mamente li legava. Quindi e che, siccome il Papa lasciava al suo
fecfel Patrizio larghissima balia nello Stato della Chiesa, e gradiva
che egli ne' suoi Regni la facesse poco men che da Vescovo e Legato
pontificio ; cosi anche Carlo concedeva al Papa autorita grandissima
nel temporal governo dell' Italia longobarda. Se dall' una parle Carlo
ordinava che si cacciassero i Yeneti daU'Esarcato e dalla Pentapoli ,
dov' egli era pure Patrizio ; dall' al tra Adriano mandavaordini in To-
scana al Duca Allone di allcstire navi contro i Greci che corseg-
giavano le acque del Tirreno, infestando le cosle longobarde in cerca
di schiavi italiani da vendere poi ai Saraceni 7 ; dal qual fatto giu-
1 Epist. LXXIX. Sono parole di Carlomagno, ripetute e confermate da
Adriano nel rispondergli.
2 Epist. LXl.
3 Epist. LXXVI.
4 Epist . XCV. Cf. Epist. LIX.
3 Epist. LXYI.
6 Epist. LXIV ecc.
7 Epist. LXIY: DIREXIMUS exinde Alloni Dud, ut praepararetplura navi-
• gia et comprehenderet iam dictos Graecos et naves eorum incendio concrema-
ret; sed noluit TTOSTRIS obtemperare MANDATES etc.
Serie VI, vol. II, fate. 361. 3 20 Marzo
34 IL PATRIZIATO ROMANO
stamenle argomenlo lo stesso Muratori , « tal essere stata la fidanza
di Carlomagno in Papa Adriano, che gli dava ancora una specie di
soprintendenza sopra 1' Italia tutta, certo essendo, che la Toscana ,
dove il Duca Allone comandava, non era dipendente dalla tempo-
ral giurisdizione del Papa 1 ». Parimente, se il Papa consenliva che
i sudditi di S. Pietro sotlo certe condizioni ricorressero per sercar
giustizia al tribunale di Carlo, che del resto come loro Patrizio aveva
ufficio di proteggerli ; Carlo altresi commetteva al Papa piena pote-
sta di giudicare in cause gravissime di Stato i sudditi delle province,.
dove Carlo era cerlamente sovrano ; e tal fu la causa di Potone, Ab-
bate di S. Vincenzo al Volturno, il quale accusato da alcunisuoi mo-
naci a Carlo di lesa maesta, fu rimesso da Carlo al giudizio del
Papa, e dopo il solenne processo fattone in Roma, trovato innocente.
fu per sentenza del Papa assolto e ritornato nella grazia del Monar-
ca 2. Ed a quella guisa che il Papa benignamente ascoltava e ri-
spondeva alle doglianze di Carlo contro i sudditi pontificii pei disor-
dini , veri o falsi, ond' erano accusati , non e punlo a dubitare che
Carlo in egual modo accogliesse le querele che di tratto in tratto*
Adriano moveagli contro i suoi Messi e i suoi Duchi in Italia 3.
Ma, per non dedurre piu a lungo questo riscontro, siccome da
questi atti del Papa sarebbe fallacia grandissima 1' inferire che egli
avesse o si arrogasse potesta di sovrano temporale negli Stati di
Carlomagno ; cosi dagli atti somiglianti di Carlo e assurdo il con-
chiudere ch' ei fosse Sovrano negli Stati del Papa. La polesta Palri-
ziale del Re de' Franchi e 1' intima sua unione col Papa, soprab-
bastano adar piena ragione di quei pochissimi falti, dai quali, tra-
visati per soprassello con quelle arbitrarie e storte interpretazioni
che sopra vedemmo , allri han voluto provare che Carlomagno, e
non il Papa, fosse il vero Sovrano nelle terre di S. Pietro 4. Ollre
a. 785.
2 Epist. LXXVIII e LXX1X.
3 Epist. LYI, LXXXI, LXXXIV ecc.
4 Anche il SAVIGNY, nel luogo sopra citato, nota contro il MURATORI, che
essendo il Re Franco a que' di il solo appoggio temporale del Papa, e perci<>
al Papa indispensabile, « questo riflesso puo dar ragione di molte circostan-
ze, che falsamente si sono tenute per un segno di sovranita ».
DI CARLOMAGNO 35
di che , qualunque forza voglia pur darsi a queste lor prove, elle
vengono interamente elise dall' evidenza di altri fatti , che sono con
quella pretesa sovranita di Carlo inconciliabili. Qui non ripeteremo
gli argomenli che gia recammo in altri articoli, dove dagli atli ap-
punto, che essenzialmente son proprii della Sovranila, abbiamo dimo-
strato chi fosse nello Stato di S. Pietro il vero Sovrano ^ ; ma bensi,
quasi a maniera di appendice e di conchiusione alia presente con-
troversia, ricorderemo due altri fatli , ciascun dei quali in modo
splendido altesla, 1'uno per Roma, 1'altro per Ravenna, che eran le
due Capital! dell' Italia pontificia, il solo Papa essere ivi slato ii vero
Sovrano, e come tale averlo riconosciuto Carlomagno medesimo.
Quanto a Roma, allorche Carlo voile farvi il suo primo ingresso ,
nel Sabbato santo del 774, sappiamo dal Liber pontificate, che ei ne
chiese espressa licenza al Papa Adriano : Obnixe deprecatus est..*
Pontificem, illi LICENTIAM TRIBUI ROMAM INGREDIENDI; e questa li-
cenza non ebbe se non dopo i mutui giuramenti di sicurta che il Re
e il Papa coi loro Grandi si furon dati sopra la tomba di S. Pietro :
Descendentes pariter ad corpus beatiPetri...seseque mutuo per sa-
cramentum munientes , ingressus est Romam cum Pontifice ipse
FrancorumRex 2. Eppure Carlo portava gia da ben vent'anni la di-
gnita di Patrizio de' Romani , avendola ricevuta insieme con Pipino
nel 7o4 da Stefano II; e anche teste Adriano 1' avea fatto accogliere
alia discesa di Monte Mario con tutti gli onori che gia soleansi usa-
re verso gli Esarchi o Patrizii imperial! 3. Se dunque il Patriziato
gli dava la signoria sovrana di Roma , se il Papa era soggetto alia
signoria del Patrizio; come va che il Patrizio chiede al Papa licenza
di entrare in Roma? Si e egli mai udito, che un Sovrano debba chie-
dere ai sudditi licenza di entrare nelle citta di suo dominio? E invece
di esigere giuramenti e cautele di sicurta, non e egli piuttosto debito
e costume di sudditi pacific! 1'andare incontro al Principe e offerirgii
1 Vedi sopra, gli Articoli VIII e IX.
2 ANASTAS. in Hadriano, num. 316.
3 Obviam illi eius Sanclitas (cioe la Santita di Papa Adriano) dirigens ve-
nerandas cruces, id est signa, sicut mos esl ad EXARCHCM aut PATRICIUM susei-
piendum, eum cum ingenti honore suscipi fecit. Ivi, num. 315.
36 IL PATRIZIATO ROMANO
spontanei le diiavi della citta, in attestato del riconoscerne che fan-
no la padronanza ? Noi non sappiamo che mai potessero qui rispon-
dere i difensori della Sovranita romana di Carlomagno : e appunlo
dal non avere essi che rispondere avviene, crediamo, che inconlran-
dosi in questo mal passo, eglino o tacciono al tutto la cosa, o alme-
no ne dissirmilano 1'importanza; giacche, quanto al negare o mettere
in forse 1'autenticita del falto, qual e narrato presso Anastasio, niun
critico , che sappiamo, ne ha mai avuto 1' ardimento. Posta dunque
la verila del falto, e la sua Iroppo evidente significanza, e indubita-
to che esso non solo e inconciliabile colla sovranita pretesa di Car-
lo, ma che esso dimostra in modo palpabile, il vero Sovrano di Ro-
ma nel 774 essere slato non altri che il Papa Adriano: e se cio era
nel 774 , certo fu anche negli anni seguenti , giacche la rinnova-
zione e la confermazione solenne che allora fu fatta del Patto patri-
ziale tra il Papa e il Re de' Franchi, non altero punlo T essenza del
Patto medesimo, e nulla aggiunse ne tolse ai diritti gia stabiliti.
L'altro fatto, relativo a Ravenna, ci viene con autorila del pari ir-
refragabile attestato dal Codice Carolino ; in una Lettera del quale ,
data 1'atmo 784, cioe verso 1'epoca medesinia che Carlo ordinava lo
scacciamento dei Veneli dal territorio Ravennate, rispondendo Papa
Adriano a una richiesta del Re, gli concede in dono, e in premio dei
suoi meriti verso la S. Sede, i mosaici e i marmi del palazzo pub-
blico di Ravenna, i quali Carlo desiderava per adornarne le sue ma-
gnifiche fabbriche di Aquisgrana 1. Ora, questo tratto di aulorita e
cosi parlante, che il Muratori stesso non puo dissimulare , indicar
1 Praefulgidos atque nectareos, cosi comincia la Lettera, regalis potentiae
wstrae per Arvinum due em suscepimus apices, in quibus referebatur quod
palatii Ravennatis civitatis musiva atque marmora, caeteraque exempla tarn
in strato quamque in parietibus sita, vobis tribueremus; nos quippe libenti
animo etpuro corde, cum nimio amore vestrae exccllentiae tribuimus effectum,
et tarn marmora quamque mosivum, caeteraque exempla de eodem palatio VOBIS
CONCEDIMVS AVFERENDA, quia per vestra laboriosa regalia certamina, multis
lonis fautoris vestri beati Petri. . . EC clesia quotidie fruitur etc. Epist. LXXXII.
Qui dee riferirsi quel che narra EGINARDO, nella Vita Caroli, c. 26: Ad cuius
(basilicae Aquisgrani) structuram cum columnas et marmora aliunde habere
non posset, Roma atque Ravenna devehenda curavit.
DI CARLOMAGNO 37
esso lathial signoria e possesso del Papa in Ravenna 1 ; ma noi ag-
giungiamo col Savigny , eke le parole usate qui dal Papa , nell' an-
nuire al desideriodi Carlo: VOBIS CONCEDIMUSAUFEREXDA etc., son
parole che malsi confanno a uninferiore 2; ossia, in altri termini, so-
no inconciliabili con quella sovranita o alto dominio che il Muratori
vi$le al Re Franco attribuire sopra il Papanell'Esarcato. Del resto,
noi possiamo qui in favore del Pontefice togliere in prestanza al Mu-
ralori 1'argomento medesimo, che egli in casosimiglianteal trove ad-
opera , e giustamente , in favore di Carlomagno. Imperocche , rife-
rendo la domanda falta da Adriano al Re di Iravi e legnami de' bo-
schi Spoletani, per risarcireil tetto della Basilica Yaticana 3; da tal
domanda , die' egli potersi chiaramente argomenlare chi fosse allora
padrone del Ducato di Spoleto 4. Or bene, noi diciamo,aragion pa-
ri , dalla domanda che fece Carlo al Papa de' marmi e mosaici pub-
blici di Ravenna , si puo chiaramente argomentare chi fosse allora
padrone dell'Esarcato di Ravenna. E siccome sarebbe in noi assur-
do il pretendere, che il Papa fosse Sovrano in quel di Spoleto , nel-
1'atlo stesso ch' egli ne riconoscea con quella domanda per padrone
Carlomagno ; cosi , se pur non si vogliono ne' giudizii storici aver
1 Annali, a. 784. Stranissima e degna veramente di riso inestiuguibile e
la spiegazione, data qui dal TETErs7s HALD nella sua Donatio CaroliMagni ex
Codice Carolina illustrata, etc. Hauniae, 1836. La licenza, domandata da
Carlo al Papa, di pigliare i marmi di Ravenna, egli la trasforma in un caso
morale, dicendo che Carlo consulto il Papa se fosse lecito convertire a uso
di chiesa i marmi e i musaici del palazzo di Ravenna; i quali essendo cosa
profana, naturalmente il buon Re doveva avere scrupolo di profanar con
essi il luogo sacro: His vero consequens erat, cosi 1'egregio Autore, dopo
avere addotto altri esempii di questioni canoniche e morali, sopra cui Carlo
soleva interrogare il Papa, ut guum basilicam mirae pulchritudinis a se Aquis-
grani exstructam, ornare vellet, Romanum Pontificem consuluerit, an liceret
palatii Ravennatis « musiva atque marmora » in hunc mum convertere.
Pag. 124. Noi appena crediamo ai nostri occhi, che una scempiaggine si
tonda sia potuta uscire dal cervello di uno scrittore die si da per solenne
critico, e che veggiamo citato con onore in Germania.
2 Luogo sopra citato.
3 Epist. LXVII.
4 Annali, a. 786.
38 IL PATRIZIATO ROMANO DI CARLOMAGNO
due pesi e due misure, con puo ad altrui menarsi buona la prelensio-
ne, che Carlo fosse Sovrano in quel di Ravenna , mentre egli stesso
ivi riconoscea con dimostrazione si espressa la padronanza del Papa.
E tanto basli aver delto in risposta agli argomenti, o piuttosto agli
indizii, sopra i quali il Muralori e con esso lui tutta la scuola degli sto-
rici regalisti, si sono studiati di fondare la sovranita di Carlomagno e
di Pipino Patrizii, negli Stali della S. Sede. Riandando le cose fmqui da
noi discorse sopra il Patriziato romano dei Re di Francia , chiunque si
fara dall'una parle a raccogliere la somma delle ragioni messe in cam-
po dagli avversarii ed a stimarne il peso sulle giuste bilance della
critica ; e dall' altra a riassumere tulte le prove e teslimonianze da
noi recale non solo in questi ultimi sei arlicoli, dove abbiamo discus-
sa la questione, in tutto quest' argomento capitalissima, della pretesa
sovranila di Carlomagno Patrizio nello Stato romano , ma eziandio
nei precedent! , in cui abbiamo spiegato 1' origins del Patriziato ro-
mano dei Carolingi , e la sua natura , studiandola e nello scopo per
cui i Papi lo crearono e nell' ufficio clie gli altribuirono e nella giu-
risdizione ossia polesla , di che , convenevolmente a tale scopo e a
tale ufficio , lo invesiirono ; chiunque , diciamo , si fara al trarre di
quesli conti, non potra esitare a conchiudere con noi che nel secolo
YIII i Patrizii Carolingi altro non furono negli Stali di S. Pietro, se
non che Difensori, subordinati all' autorita sovrana del Papa ; e che
il trasformarli in Sovrani eguali al Papa o anche a lui superiori ,
non puo farsi altrimenti che trasnaturando tutta la storia di quel
tempo, e frantendendone o falsandone i piu autorevoli mormmenti.
Resta ora, affin di compiere la intrapresa trattazione , che espo-
riiamo brevemente i fasti , per dirli cosi , del Palriziato romano di
Carlomagno , doe gli atti piu illustri ad esso appartenenti , inflno a
queU'uUimo coronamento che ebbero nella creazione dell' Impero. II
che, mentre ci dara occasione, pressoche ad ogni passo , di chiari-
re e confermare sempre meglio le dottrine fmqui esposte, ci aprira,
al tempo stesso, piana e naturale la via a narrare la storia della so-
vranita temporale dei Papi , conlinuandola dall' epoca in cui altrove
la lasciamrno , cioe dal 774 , iufino al chiudersi del secolo ottavo.
LA PASSIONE DI GESU CRISTO
NELLA SUA CHIESA
II presente quaderno viene fuori in un tempo, nel quale i pensieri
di tutti i fedeli sono raccolti nella Commemorazione di quelFeccesso
di carita, che consumo in terra il Figliuolo di Dio, dando la vita per
1'uomo. II che tacitamente ci ammonisce, che nel presentarci che noi
facciamo questa volta ai nostri leltori, non ci dovremmo passare del
tutto di un argomento si solenne, nella corrente quindicina, a tulta la
Chiesa, e che occupera certamente il loro animo piu di qualsivoglia
altro soggetto. Ne in questo ci dipartiremmo gran fatto dal nostro
modo consueto; che e di trarre dalle atlualila, come dicono, que' te-
rni almeno, che non sogliamo continuare con un seguito di trattazio-
ni. Poiche sebbene I'avvenimento della Morte di Cristo eantico,
1'azione per6 che esercita nel mondo e fresca di ogni di ; e quindi la
memoria , che ciascun anno se ne rinnova , reca con se la impronta
come di fatto recenlemente accaduto. Dall'allro canto e pur un biso-
gno scambievole, di noi e de' noslri lettori, levarealcuna volta nelle
nostre conversazioni un poco piu diretlamente 1' animo a pensieri di
Carila soprannaturale ; conlristali come siamo da cotesto perenne e
nauseoso spettacolo di egoismo , che ci offre dappertutto la Rivolu-
zione ; egoismo spudorato ne' fatli , benche ipocritamente disdetto
colle parole.
Nondimeno sappiamo anche noi , che il compito noslro non e di
lenere a predica i nostri leltori : i quali alia lor volta, se di buon gra-
40 LA PASSIONE DI GESU CRISTO
do si trattengono con noi sopra soggelti eziandio sacri e religiosi ,
banno il drilto pero di vederli sempre considerali sotto un rispelto,
il quale si confaccia col nome, eke distingue il nostro Periodico ed
e come la tessera nostra. A che pensando ci siamo deliberali di trat-
tare, si, I'argomenlo della Passione del Signor nostro; non come pe-
rd ebbe luogo tanti secoli addietro in sulla vetta del Calvario e nella
sua fisica persona , ma come si sta presentemente compiendo sopra
la mistica persona di Lui, che e la Chiesa. La quale considerazione,
com' e chiaro , non ci discosta di un punto dalla traccia che siamo
soliti seguire ne' nostri temi; ed e dall'altro lato efficacissima ad in-
nalzare, siccome dicevamo, i noslri animi dalla melma dell'egoismo,
in che si tiene cosi tenacemente infitto il secol noslro , alle pure re-
gioni della divina Carita. E Carila di falti slupendamenle divina
cosi nelle sue cagioni come ne' suoi effetli e la Passione di Cristo ;
non meno questa, che ora Egli soffre nel suo mislico corpo , che quel-
la che gia tollero nella sua carne naturale. E perocche tulli coloro, i
quali sono membri vivi di Crislo , e quindi appartengono in senso
pieno alia Chiesa, sono per cio stesso, benche a diverse proporzioni,
soggetto di questa seconda Passione, non puo tornare altro che caro
e profittevole a chiunque di loro incontrera di leggere queste pagine,
sentirsi discorrere per qua! raodo in tutto cio che egli per avvenlura
soffre per la causa di Dio e della giustizia , soffre per un mistero
ineffabile di amore lo stesso Crislo. Di che la materia ci si offre na-
luralmente divisa in due parti principal!: la prima delle quali e, ri-
cercare solto qual senso si possa dire con verita , che Crislo palisce
nella sua Chiesa ; e la seconda, considerare qual genere di Passione
il mondo presentemente fa patire alia Chiesa.
I.
E prima di tutto appena e necessario avverlire, che quando dicia-
mo che vi e un senso , secondo il quale si puo dire con verila, che
Cristo patisce nella sua Chiesa , intendiarao escludere qualsivoglia
passione or di animo or di corpo, che sia capace di cagionargli rea-
le sensazione di dolore, o come che sia scemamento di beatitudine.
NELLA SUA CHIESA 41
Cio sarebbe contrario ad uno de' dommi fondamentali della nostra
Fede, il quale e, che Cristo, risuscitato una volta da morte, entro in
possesso di una vita come eternamente immortale, cosi eternamente
impassibile. Ball' altro canto non e difficile concepire, come anche
sceveralo cotesto senso di fisica passione, rimane pero un senso
morale, conforme il quale anche nella condizione di glorioso gli
possono essere attribuiti i dolori e i patimenti. Questo nel caso pre-
sente ha luogo, se la passione della Chiesa e per se cagione sufficien-
le ad essere passione di Cristo, a prescindere dalle cause, che sono
in lui , in virtu delle quali e impossibilitato di senlire fisicamente il
dolore. E che appunto questo si avvera , a chi crede non e difficile
intenderlo.
Imperciocche chi e tra i fedeli, il quale non senla la maravigliosa
unita di Cristo colla Chiesa? Unita morale si certamente; ma non-
dimeno di tanta eccellenza, che ad averne un ragguaglio non e suf-
ficienle cercarlo nelle altre unita morali , comunque perfelte , di cui
si abbia esempio quaggiu; ma e duopo commisurarla colla perfeltis-
sima fra le naturali, che e quella che vige nel composto umano. Ne ad
altro la seppe rassomigliare 1'Apostolo Paolo, quando ne voile dare
il giusto concetto ai primi credenti. Perocche, detto ad essi, che po-
nessero studio di venirsi formando , colla verita della fede e colla
carita delle opere, membri ben complessionati del gran corpo di
Cristo, che e la Chiesa, spiega dipoi la nalura e la qualita di questo
corpo , dimoslrandolo in virtu di Colui , che e insieme suo Capo e
forma di sua unita cosiffattamenle costituito, che se ne debba ragio-
nare non altrimenti , che se fosse di un vivente dotalo di perfettis-
simo organismo 1. Con che fa intendere che Cristo e unito alia sua
Chiesa, non come lo puo essere un qualsivogliaistitutore, rispelto ad
una societa di uomini dase comunque coadunata e diretta; ma in quella
guisa che nell' uomo il capo e congiunto col corpo, ed anzi come col
1 Veritatem autem facientes in caritate, crescamus in illo per omnia, qui
est caput Chris tus : ex quo totum corpus compactum el connexum per onmem
iuncturam subministrationis, secundum operationem in mensuramuniuscuiusque
membri, augmentum corporis facit in aedificationemsui in caritate. Ephes.IV,'
15 e 16.
42 I A PASSIONE DI GESU CRISTO
vivente e iramedesimato il principio vilale. Perocche come da queslo
la materia ha essere e vita, cosi da Cristo proviene alia Chiesa es-
sere e vita soprannaturale: e come la virtu di quello stesso principio
si dislribuisce nell'organismo animate pe' diversi membri , riceven-
done ciascuno di essi, ftltre alia ragione specifica di essere parti di
un tal tullo, ancora la facolta de' proprii atti, e giusta misura e pro-
porzione col rimanente,- della stessa maniera la virtu di Cristo cosi
si diffonde pel mistico corpo della Chiesa , che ne attua eziandio le
membra, partecipando loro non solamente la vita del tutto, ma le
proprie disposizioni di ciascuno, rispeUivaniente ai fmi particolari, e
in ordine al fine generale.
Delia quale dollrina e legittima c immediata couseguenza, potersi
la Chiesa considerare come una seconda Incarnazione del Figliuolo
di Dio, rinnovata ad esempio della prima, o piutlosto come una
cstensione e quasi perpeluazione della prima. Perocche essa, in
quanto tale, vive di una vita che le proviene da intimo congiun-
gimento col Figliuolo di Dio, ed e percio una specie di vita divina;
e nondimeno non rimane distrutto per questo 1'elemento umano: non
allrimenti da do che veriflcossi , quando il Verbo di Dio prese car-
ne, risultando quella santissima umanita divinizzata certamenle in
virtu della unione personale colla divinita, non pero assorbita, come
pretesero gia alcuni eretici. E cosi ebbe principio il massimo mira-
colo della onnipotenza e della bonta di Dio, che lo stesso sussistente
fosse insieme Uomo e Dio ; sicche per la ragione delle due nature
gli apparlenessero veramenle le umane propriela e gli attributi di-
vini, e per la ragione della unicita della persona si potessero con
verila naturale attribuire a quell' Uomo le perfezioni divine, e con
verila pariment^ nalurale attribuire a quel Dio le proprieta e modifi-
cazioni umane. Miracolo ripetuto in maniera del pan ineffabile, ben-
che diversa, nel gran corpo della Chiesa, divinizzata ancor essa per
la vita che Gesu Crislo vive in lei, e pur lasciata con tutte le umane
condizioni, perche composta di uomini. E cosi si avverano anche per
rispetto a lei attribuzioni, che sembrano contraddittorie, e non sono
che contrarie. Perocche quesla medesima Chiesa e infallibile, Don
potendo ne insegnare, ne credere 1' errore in materia di fede e di
NELLA SUA CHIESA 4$
coslumi: e nondimeno, tranne il sao Capo \7isibile, tutt' i suoi.mem-
bri, considerati ciascuno individualmente, sono fallibili. Questa me-
desima Chiesa e indefellibile, non polendo venir meno ne per in-
Irinseco germe di morle, ne per soverchiamento di estrinseca vio-
lenza: e nondimeno non solo i parlicolari , ma inlere province e na-
zioni posson mancare, perdendo ogni principio di vita soprannatura-
]e. Finalmente questa Chiesa, considerata inquanlo tale, e la diletta
dello Spirito Santo, senza ruga ne macchia; e non pertanlo quanli
di coloro, di cui e composta, sono magagnati di bruttissime colpe !
e tra gli stessi perfelti, de' quali e pur grandissimo il numero, quan-
le piccole macchie e adombramenti , se non ossen7abili agli occhi
umani, discernevoli cerlo ai divini!
Cristo adunque vive nella Chiesa, come principio della vita di essa
Chiesa, e principio cosl congiunlo, che rende immagine della unione
iposlatica, producendo percio una vita umano-divina , ad imitazione
della vita, che Cristo stesso meno sulla terra, non ostante la perma-
nenza degli elementi umani nella loro interezza naturale.
E posta una tale verita a chi puo fare meraviglia cioche abbiamo
asserito sin da principio, che vi ha un senso, secondo il quale si puo
con ogni verita asseverare che Cristo patisce in lutto cio, che patisce
la sua Chiesa? Imperocche se e vero che Crislo forma un tutto con
essa; come puo accadere che questo tutlo palisca, e il patimento non
si debba riferire a chi e non pure precipua parte del medesimo, naa
come principio atlivo, che lo coslituisce in quella specie e ragione di
essere? Anzi , a voler parlare con ogni rigore filosofico, que'pati-
menti soao piu proprii di Lui formalmente considerati ; benche ma-
terialmente non sono sentiti che ne' diversi membri di quel tutto.
E infalti , come afferma T adagio delle Scuole , cosi le azioni
come le passioni sono proprie de' Supposli : Actiones et passiones
sunt Suppositorum. Se Cristo si e congiunto colla Chiesa con una si
intima unione da render sembianza di una colale unita personale ;
come a lui si deve altribuire tutto quello che la Chiesa opera, in
quanto e tale, cosi parimenle in Lui dee ricadere tutto quello che la
Chiesa patisce in quanto e tale. E non vi ha dubbio nessuno che 1'ope-
ra della Chiesa, secondo la quale essa compie il fine della sua isti-
44 LA PASSIONE DI GESU CRISTO
tuzione, e opera di Cristo: e do non solo per la ragione generate
dell' aiuto della grazia , necessaria per ogni alto soprannaturale, e
che giustamente e delta la propria causa dell'alto, perche essa ne da
la sufficienza; ma per una ragione ancora piu particolare, in quanlo la
Chiesa e destinala a conlinuare 1' opera di Cristo sulla terra. Peroc-
che Cristo venne nel mondo non solamenle per essere causa imme-
diate di salute del picciol numero degli Ebrei , che accellarono la
sua divina missione , ma per essere altresi causa immediata di sa-
lute di quanti altri crederebbero in lui pe' secoli avvenire : e a questo
fine, dovendo lasciare il mondo colla sua presenza sensibile, coslilui
questa sua Societa. Adunque 1' opera della Chiesa dev' essere ope-
ra di Cristo, non per semplice somiglianza, ne solo perche dirella a
Lui, come a fine, ma per yera identita ; come appunto opera di Cri-
sto era il suo ministero sensibile Ira gli uomini, fmche visse tra loro.
E in quella maniera , che anche allora quel suo minislero sensibile
era distinto dalla occulta azione , che Egli esercitava colla grazia
neir inlerno delle anime : non allrimenli anche adesso cotesla sua
opera visibile non e da confondere cogli aiuli inlerni , che Ei mede-
simo somminislra ai fedeli , perche accetlino il magislerio di Lui,
che si manifesta esternamenle nella Chiesa.
E a dir vero non altronde che da questo medesimo principio si
puo scientificamenle dimostrare quella specie di unita, quasi perso-
nale di Cristo colla Chiesa , che poco fa ci siamo argomentali di
dichiarare coll' autorila dell' Apostolo. Perocche il modo dell' ope-
rare dimostra il modo dell' essere. Ora cosi Cristo opera nella Chie-
sa, che quella e veramenle opera sua ; e lutlavia cosi opera la Chie-
sa con Crislo, che quella e insiememenle opera di lei. E dunque da
dire che la Chiesa non agisce come semplice slrumenlo ; o se come
tale , non pero come strumento separate, ma come strumenlo vital-
mente congiunto; in quella guisa che anche ilcorpo puo esser detto
strumento deH'uomo. E se e cosi, come sono proprie di Cristo le
operazioni della Chiesa , in quanto tale , cosi sono proprie di Cristo
le sofferenze di lei in quanto tale.
Le quali sofferenze della Chiesa , tanlo di per se sono piu sensi-
bili al cuore di Lui , quanto e maggiore di ogni creata intelligenza
NELL1 SUA CHIESA 45
1'amor che le reca. Conciossiache quesla si intima unione dell' uno
coll' altra, che abbiamo sin qui contemplata, altro non e die il mo-
do di quel connubio ineflabile , che il Verbo eterno desidero sino
dalla elernila , e nel tempo discese in terra Egli stesso-per istrin-
gerlo indissolubilmente. A questo fine, dovendo assomigliarsi a lei,
rivesli la nostra natura e si circondo delle nostre miserie ; e do-
vendo parimente assomigliare lei a se, la forbi di ogni macchia col
lavacro del suo sangue divino , e la doto col tesoro de' suoi meriti
infinili. Per tal maniera umilialosi Egli nella bassezza di questa sua
dilelta, e sublimata questa sua diletta a divina condizione, strinse il
vincolo nuziale con quella cosi maravigliosa unione , che ne risul-
tasse un congiugnimento di perfetta somiglianza coll'iinila naturale.
II quale amore, quando anche non avesse cotesto effetto di pro-
durre una cotanta unione , sarebbe pero bastevole a fare che Cristo
riputasse suoi oltraggi e sue passioni gli oltraggi e le passioni del-
la Chiesa. E qual e quello sposo, il quale ami di caldo amore la sua
sposa , e vivamente non senla ogni grave offesa , che sia a quella
recata, o sia nell'onore o sia nella persona? Questa anzi e la cagio-
nie tra gli uomini delle gelosie piu furibonde, degli odii piu efferali,
delle vendette piu alroci. E quello nondimeno e amore di uomo, che
si fonda sopra una tendenza sensibile , riposa nella corrispondenza
di afletti naturali , ed ha per fine il compimento dell' individuo u-
mano in ordine alia propagazione della specie. Ma 1'amore di Cristo
per la Chiesa e amore divino, e nondimeno anch' esso prende calore
umano in un cuore immensamenle piu sensibile di qualsivoglia cuo-
re di uomo : e amore che ha riposo nella comunicazione di affetti co-
si sublimi, che eccedono la contenenza della natura : e amore che ha
per fine 1* unificazione permanenle di un principio umano-divino per
la generazione delle anime alia vita soprannaturale , e per la loro
eterna salute. E si puo credere che Cristo si debba rimanere in-
differente alia passione di questa sua Sposa ; Egli che , appunto per
crearsela e inanellarla colla sua gemma, si condusse a patire la pro-
pria passione, lasciandosi straziare con ogni sorta di tormenti, ab-
beverare di ogni maniera di dolori, calpestare e svilire con ogni ra-
gione di oiile e di obbrobrii ?
46 LA PASSIONE DI GESU CRISTO
Conciossiache il mislero del Calvario altro noa e che il mistero
della produzione della Chiesa, e del suo sponsalizio con Crislo. E
voile Iddio adombrarlo sin dal principio del mondo nella produzio-
ne della prima Donna, formata del fianco del primo Uomo , intanto
che dormiva, e dipoi accettata da questo non pure qual compagna e
consorte , ma come parte di se. Non altrimenli dal lato aperto di
Cristo, addormenlalo sulla Croce, usci alia vita suprannaturale la sua
Sposa, formata di lui, per viver di lui: nella quale Egli riguardando,
come fu desto dal sonno della morle , con tanto maggior ragione di
Adamo pole dire : Hoc nunc os ex ossibus meis , et caro de carne
mea. Quindi e che 1'ApostoIo Paolo, parlando del matrimonio, come
fu istitaito ne' nostri primi parenti , lo dice gran Sacramento , per-
che ordinato a significare 1' unione di Cristo colla Chiesa, che chia-
ma Ossa delle ossa di Lni, e carne della sua carne 1.
Con quell'atto ebbe termine la Passione dell' Uomo-Dio nella sua
carne nalurale , pereh& per esso oltenne ;!' effetto immediate, che si-
era proposto col sacrifizio della sua vita divina : ma da quel punto
medesimo incomincio la Passione nel suo mistico Corpo , la quale ,.
perche deve avere il suo efi^elto nella compita glorificazioue di que-
sta sua Sposa amatissima nel giorno estremo, e quinci nella eterni-
ta , non avra fine che colla fine del mondo. E che fa dunque che-
Egli al presente e impassibile? Certo impassibile era la sua divini-
ta tra i flagelli, le trafitture, le spine e glispasimi della Croce: e
nondimeno la nel pretorio di Pilato e in sulla vetta del Calvario
pativa veramente Dio. Ora Cristo, anche nella sua umanila, e inca-
pace di dolore , £ vero ; ma e vero parimente che questa sua Sposa
vive di Lui , unificata con Lui. Come dunque non saranno suei , e
principal mente suoi, tutti i patimenti e i dolori di Lei?
E non puo dirsi, che i persecutor! della Chiesa non lo intendono.
Lo inlendono tanlo, che do appunto che li muove a dare travaglio &
passione alia Chiesa e, perche sentono di dare travaglio e passione
a Cristo. Imperciocche perseguitare il bene, perche si oppone a
qualche interesse privalo, e stata cosa di ogni tempo, e che ha luo-
1 Ephes V. 30, 33.
NELLA SUA CHIESA 47
go in tutte le congregazioni di uomini. Ma che una societa sia per-
seguilata furiosaniente, perche pia, religiosa e santa; avvegnache il
bene che operi non sia contrario agl'interessi anche di chi la perse-
guiti, ma piuttosto gli avvantaggi; questo non puo accadere, se non
perche si odia il bene per se., e conseguentemente 1' Autore stesso
del bene.
La quale cosa, a vero dire, trascende i confini della malizia uma-
$ia; ne puo allrimenti spiegarsi, salvo che ricorrendo alia interven-
xione di Satana. Egli volendo opporre all' opera di Cristo 1' opera
sua, ha ordinato i suoi in un gran corpo, che e dello anch'esso Chie-
sa, uaa Chiesa di maligni : Ecclesia malignanlium. Ed in questa
esso vive ed opera, come Cristo vive ed opera nella sua ; e come la
vita e 1'operazione della Chiesa di Cristo e carita, cosi la vita e IV
perazione di cotesta Chiesa del Nemico di Cristo e odio : odio alcuna
volta piu aperto, alcuna volta piu dissimulate, ma sempre infernale.
Vero e per altro che Satana stesso, con iutto 1'affaticarsi die fa con-
tro a Cristo , ad altro fmalmente non riesce , che a compiere i suoi
divini disegni. E pero, come durante il corso della vita mortale di
Lui, la gelosia e 1'odio, che gli eccito contro, degH Scribi e de' Fa-
risei e poscia il furore in che gli volse tutto il popolo , servirono
rairabilmente all' amoroso consiglio di forrnare di se, specialmente
nella Passione, il tipo de' Predeslinati ; cosi la rabbia, onde da di-
ciolti secoli coll'opra de' suoi ministri sta esercitando la Chiesa, ser-
ve a fare piu manifesta la unificazioue di Cristo con essa Chiesa, e
ad agglugnere sempre nuovi lineamenti di somiglianza al ritratto,
che la medesima e destinata a rendere del suo Sposo appassionato.
'^'ATifcflfffi? £/!^
II.
E tulto questo si avvera in un modo affalto meraviglioso nella
persecuzione, che arde presenlemenle nella Italia contro alia Sposa
<li Cristo ; o si consider! la causa dalla parte de' perseculori , che e
1'odio satanico, onde sono informati, o si consideri 1'effetto nella
€Jiiesa stessa , che e di rendere la somiglianza di Cristo nella sua
Passione.
48 LA PASSIONE DI GESU CRISTO
Perocche la grandezza della Italia, che dicono essere impedita dal
perche sta locate nel bel mezzo di lei il trono pontificale , non e che
un velo ai biechi intendimenti , pe' quali s' imperversa con si acca-
m'ta persecuzione contro al Seggio pontificale e contro a tutla la Chie-
sa. E ci dicano di grazia cotesli amatori di gramlezze italiane , che
vorrebbero dunque essi fare della noslra Italia ? Una regina di re-
gni e d'imperi, sotto al cui scellro s'incurvino tutli i popoli? Una
maestra universale delle nazioni, sopra le quali diffonda i lumi delle
scienze e i ritrovati dell' arte ? Un lipo di civilta , da cui allingano
le norme della vita e le fogge de' costurai tulle le genii? Sappiamo
che essi non si levano a lanto colle speranze e neppure co' desiderii :
ma poniamo che lo sperino ; poniamo che lo possano ollenere. Che
avrebbe di piu V Italia , sotto il risguardo appunto di grandezza e
di gloria, di quello che gode gia per benefizio sovrumano di questa
Ckiesa, che e col pretesto della gloria e della grandezza di lei, cotanto
odiata ? E non comanda essa coll' impero del suo Pontefice a tutl' i
popoli della terra? Non li governa colle sue leggi? Non gli ammae-
stra colle sue verita? Che se vi ha differenza tra questo fatlo e 1'av-
veramento di quel sogno, essa e, che ad una Italia fatta in quel mo-
do non si soggelterebbero i popoli allro che riluttanti e fremenli, ne
prima che fossero accumulati monti di cadaveri e fatli scorrere fiumi
di sangue : laddove alia Italia, centro della Chiesa, si assoggellano i
popoli di ogni terra, cosi i lontani come i vicini, non meno i barbari
che i civHi; per convincimento d'inlelletto, illuminati dalla sua ce-
leste dotlrina ; con liberla di volere , soggiogati dalla sua divina ca-
rila : e ne accellano le leggi , perche sante, ne tolgono le norme,
perche pie, ne ritraggono i costumi, perche salutari.
Ne dicano che questo era ; ma non e piu. Un ial gergo ha perdu-
to oggimai ogni significato, non dico tra i Caltolici , in mezzo ai
quali non 1' ha avuto giammai ; ma anche Ira coloro, che vi potevano
credere. Lo ha ad essi dimostrato la parola, ultimamente uscita da
questo trono pontificale, la quale non appena si e fatta udire, ed ha
ligati milioni e milioni d' intellelli , lietissimi di poterle sagrificare
le loro antecedenti opinioni. Lo ha dimostrato e lo sta dimostrando
!a universalila delle nazioni con un altro alteslato di stenificazione
NELLA SUA CHIESA 49
non minore, che e di recare ai piedi del travagliato Pontefice tributi
di oro e di argento, che tanto piu fanno segno della slima e dell'af-
fetto alia sua suprema autorila, quanto sono piu liberi e volontarii.
Anch' esso cotesto scempio simulacro d' Italia pagana parla le sue
parole; anch'esso dimostra i suoi portenlosi bisogni. Ma quelle pa-
role non sono udite, che per essere derise e sbeffeggiale anche dai
suoi adoratori ; e a que' bisogni non si soddisfa da' popoli, che colla
bestemmia o col fremito di chi e col to e derubato dairassassino.
Non e dunque la grandezza o la gloria d' Italia, che si desideri ,
quella che ora accende il fervore della persecuzione contro alia Chie-
sa di Cristo. Tulto in contrario : cio che si odia, cio che si perseguita,
cio che si vuole per ogni guisa dislrutto e la grandezza e la gloria che
viene alia Italia dalla Chiesa, appunto perche le viene dalla Chiesa.
E non e questo un odiare il bene , perche bene, e tanto piu quanto
e maggiore? A che, come dicevamo, non giugne di per selaumana
malizia, ma e necessario che sia ispirala da colui , che per eccesso
di malvagita voile diventare il principio del male.
Di fatto chi e ora che creda esser Y intento di questa guerra con-
tro al Ponleficato e alia Chiesa, quello semplicemenle del ladro, che
vuole la roba altrui, per cupidigia di avere, o quello del prepolente
che per mira unicamente di ambizione ne usurpa il comando? Vo-
gliono spodestare il Pontefice del suo dominio temporale; verissimo :
ma il fine adeguato non e gia di possedere un' altra piccola porzione
di terra da aggiungere alle tante tiranneggiate da loro. Non hanno
essi medesimi cedute allo straniero, con maravigliosa docilita, due si
fiorenli province della Penisola, e non sono nel proposito, com'e vo-
ce pur troppo accreditata, di cedergli ancora qualche cosa di piu? II
fine proprio che li muove, quello che ha consigliato le passate cession!
e suggerisce le future, e il diabolico proponimento di distruggere il
Pontificato , e col Pontificate la Chiesa , che e in esso incuntrata.
Perciocche credono e , umanamente parlando non a torto , che di-
strutto il dominio temporale e quindi tolta al Pontefice ogni liberta
e indipendenza di Sovrano, rimane in lor potere inceppargli dappri-
ma e , venuto il tempo opporluno , impedirgli del tutto qualsivoglia
esercizio di potesta spirituale. Con che a lungo andare non potrebbe
Serie 77, vol. 11, fasc. 361. 4 20 Marzo 1865.
30 LA PASSIONE DI GESU CRISTO
fallire iltolale annientamento dell'opera di Cristo. Calcoli, che Iddia
indubitatamente frastornerebbe, quando ne'suoi decreti fosse scritto,
che anche questa volta dovesse cadere il Re di Roma. Ma i nemici
di Dio non credono nella parola di Dio, neppure altestata dalla slo-
ria umana ; e sono fissi nel loro proposito per isfogamento di odio
infernale.
E chi pu6 dubitarne, contemplando a quale croce essi mettono tut-
todi la Sposa di Cristo , dovunque banno libere le mani o possono
giugnere coll'azione morale ? II Capo venerando di essa, benche sem-
bri al sicuro da' loro colpi, Egli piu che allri senle le spade di co-
testa Passione, trapassalo nell' anima dalla ingratitudine di coloro, i
quali allra cagione non possono avere di odio contro di Lui, tranne
i beneficii, onde ha beneficati ed essi personalmente, e questa Italia,
e il mondo intero. Ne altro che spade sono gl' insulti che si fanno
a Lui, come a Vicario di Cristo, i vilipendii, i sarcasmi e le calun-
nie , a cui e fatto segno , come Capo della Chiesa , finalmente le
atroci beslemmie che ode ripetere contro allo stesso Crislo e contro
a Dio. E che diremo dei Vescovi , che, dopo il Capo , sono la parte
piu elelta del mistico Corpo di Gesu Crislo? Qual Catlolico puo ri-
pensare senza spasimo di dolore alle sacrileghe prigionie, agFinfami
giudizii, alle ingiuste pene, agli esilii oltraggiosi e a mille altre ini-
quissime vessazioni falte palire a tanti augusti personaggi , e che ,
attesa la causa comune e la comune dignita, mrono parimenle offese
all'ordine intero ? Ma maggiore di queste stesse passioni sono da re-
putare i colpi replicatamente dati alia loro autorita, co' quali contra
ogni ragione , contra ogni arnica coslumanza , contro il medesimo
nuovo principio di liberty stabilito per tutli , e solo per soperchio di
tirannia, si e voluto incatenare al loro arbilrio, che e arbitrio di Sa-
tana, 1' esercizio di una potesta di dritto divino.
La qual lirannia si distende per conseguenza su lutti i fedeli ,
impedili di ascoltare la libera parola de' loro Pastori , e principal-
mente sui Sacerdoli inferiori ; i quali, perche dopo il ceto de' Vesco-
vi sono ancora essi la virtu di Cristo , e dall' allro canto piu che
i Vescovi medesimi si ritrovano al contatto de' popoli, i quali deb-
bono islituire alia vita cristiana , e sotto gli occhi de' tristi, a cui
.Wfi.Mfl
NELL A SUA CHIESA 51
e abominio ogni cosa che sa di Cristo , sono anche piu degli siessi
. Vescovi odiatL E chi potrebbe sol numerare i generi di soperchie-
rie, a cui sono stati e sono tuttodi sotloposti in ogni luogo, e gli ol~
traggi al loro carattere o arrecati dalle slesse autorita, o da esse al-
meno consentiti ? E tutto cio in pena delta loro fedelta nell'adempiere
i doveri del ministero, affidalo loro da Dio, di condurgli le anime :
diventate cosi le vessazioni patite da molti una minaccia continuata
a lutli, che 1'uno o 1'allro di possono essere trascinati in prigione o
cacciati in esilio , tanto solo che ne venga il capriccio ad ogni piu
feccioso impiegatuccio del Governo; equanto alia cagione, puo som-
ministrarla sufficienlissima ogni lor atto, ogni loro parola, capace di
sinistra interprelazione.
E non e questo dall'tina parte odio satanico conlro la Chiesa, per-
che opera di Cristo, e dall'altra passione di animo delle piu dolorose
che possa soffrire la Chiesa? Imperocche il meno che si senta in que-
sto genere di persecuzione da tanti pastori di anime, infiaramati della
carita di Cristo, e quello che essi patiscono nella loro persona o ne-
gli ayeri : di cio anzi esultano , perche fatti degni di soffrire alcuna
cosa per chi die la vita per loro. Ma il vedere la fiumana della cor-
ruzione che dilaga dappertulto, e conduce con se alia perdizione in-
Dumerabili anime ; e intanto non poterla ritenere ; non potere molle
volte neppur levare la voce e dire : « Guardatevi : » questo e cio
che li cruccia , che li strugge , piu di quello che potrebbe essere il
cuore di una madre, che si vedesse fare a brani il proprio figliuolo,
ne gli polesse porgere aiuto. II quale cumulo di dolori , considerate
adequatamente in tutto il corpo della Chiesa, ha solo riscontro in qucl
senso d'infinita amarezza, che provo Cristo sulla Croce, nel contem-
plare il si eccessivo numero di anime , che per loro perversa YO-
lontci si sarebber perdute, non ostante il prezzo di sangue divino che
egli yersava per tutli.
E osano tuttavia cotesti spacciatori di liberta a parole, andar ripe-
tendo che essi rispettano anche la liberta della Chiesa e se, per fare
1' Italia ed anche per decoro della religione, credono necessario torre
al Pontefice il suo dominio temporale , gli lasceranno non solo , ma
gli difenderanno ad un bisogno la libera facolta dell' azione spiritua-
1)2 LA PASSIONE DI GESU CRISTO
le? Ma chi credono dunque di persuadere con artifizii si meschini?
Se i pad loro : e inutile sforzo, essendo questi gia intesi del sacrilege
fine : se i piu semplici tra i fedeli ; anche costoro oggimai dalla evi-
denza delle opere son fatti accorli della vanita delle parole. E certa-
mente se fossero proceduti con maggior temperanza, riserbandosi di
venire ai fatti piu aperti, quando lo scoprimento delle loro intenzioni
non avesse potuto piu nuocere al lor disegno, sarebbe stato assai facile
diffonder 1'inganno nelle moltitudini, ed accostarsi, col suffragio for-
se de'piu, alia bramala soluzione della quistione romana. Ma e tanto
impossibil cosa dissimulare 1'odio, quanto I'amore. Satanasso e riu-
scito a trasfondere la sua vita di odio contro a Cristo in cotesto corpo
moslruoso , che e la sua chiesa setlaria : ma come poi conlenerlo ,
che non iscoppii da tulti i pod di esso ?
Conciossiache, fosse pure una specie di necessila, per altri loro men
rei interessi, quella tirannia che esercitano sopra i Vescovi e i Preli;
come pero puo spiegarsi quel livore demoniaco , onde sono invasati
contro i Frati e le Monache , solo perche, separati da qualsivoglia
contalto di cose di secolo, vivono in solitarie mura vita d' innocenza
e di sanlita? E in vero, salvo alcuni casi avvegnache non rari, non
puo negarsi che le persone di que' servi e di quelle ancelle del Si-
gnore sono in qualche modo rispeltate : vogliamo credere ancora,
che i loro persecutori saranno generosi a segno, di cedere tanto del
botlino che hanno fatto delle loro cose che debba bastare per susten-
tarne convenientemente la vita. Che piu? Riterremo altresi, che ai
membri degl' Istituli mendicanti fara la limosina , e volentieri , lo
stesso Governo. Ma se e cosi, perche dunque snidarli con si snatura-
ta violenza da que' cad domicilii di vita celesliale? E che farebbe
contro a cotesta Italia, a cotesta Italia, diciamo, da rinnovare a glo-
ria e grandezza, quel loro vivere segregate da ogni desiderio di be-
ni di terra , lasciandone ad altri cosi le brame, come i godimenti ?
Oh ! che farebbe ? E non sono i religiosi e le religiose la immagi-
ne piu spirante della vita di Cristo sulla terra ; vita di annegazione,
d' innocenza, di carita, di preghiera? Non costituiscono percio uno
de' piu splendidi ornamenti del corpo della Chiesa , in cui Cristo vi-
ve? Ecco dunque perche si debbono cacciar fuori de' loro ricoveri,
NELLA SUA CHIESA 53
benche si meschini, privare delle rendite loro , avvegnache si scar-
se e, se fa bisogno, gravare anche lo Stato del mantenimento di mold
di loro.
La quale violenza clii non vede quanto e conlraria non solo ai piii
sacri diritti della nalura , ma agli stessi principii piu gelosamente
voluli garantire dalle moderne Costituzioni? E sono tra i primi il di-
rilto della propriela, la inviolabilita del domicilio, la liberla dell' as-
sociazione. Perche dunque cotesti nomi, che vi suonano si venerandi,
non avranno valore solo per rispetlo a ciltadini de' piii pacific!, come
sono i Frati , e a torme d' imbelli femminelte , le quali , oltre alle
virtu angeliche che le adornano, possono invocare a propria difesa
la debolezza del sesso, rispellata cotanto dal secol noslro? Oh! dico-
no che la moderna civilla non puo tollerare in niezzo a se la vita del
Chiostro. Eoco tutlo il processo dei religiosi e delle religiose : pro-
cesso che mentre ne forma la piu bella apologia , rivela insieme la
vera indole della presente persecuzione , che e di voler soffocare ,
quanto e da se, ogni alito di vita crisliana , e piu dov' e piu vivace,
senz' altra ragione, che 1' odio ai Cristianesimo, alia Chiesa, a Cristo.
La cagione adunque , che il Sinedrio della setta toglie alia pre-
sente persecuzione, contro alia Chiesa, dal dominio temporale del
Capo di essa Chiesa , non e che pretesto ; e pretesto simile a quello
della polilica necessita addolto gia dall' antico Sinedrio per condurre
Cristo al patibolo. Perche ragionava dicendo , che quando il popolo
accettasse Cristo per re, come pur troppo era disposto a fare, pare-
va infallibile che i Romani dovessero ingelosirne e gastigare tutta la
gente come di fellonia e ribellione, aggravando di piu il loro giogo,
e a lei togliendo quella larva che le avanzava dinazione. E conchiu-
deva dicendo : Expedit vobis ut unus moriatur homo pro populo; et
non tola gens pereal l. Ma non era altro che prelesto : e lo conobbe
sino il preside romano , che dovea essere piu di loro interessalo a
conservare intera 1' autorita imperiale; e piu lo dimostrarono a fatti,
incrudelendo conlro Crislo con una ferocia, che non ha esempio in
niuna istoria di popolo ne civile lie barbaro.
1 IOAN. XI, 50.
51 LA PASSIONE DI GESU CRISTO
A quesla forma medesima i ministri della Passione della Chiesa
mettono in campo il pretesto del dominio temporale, come un impe-
dimenlo alia Italia di diventare nazione, come una continua cagione
di tenerle o fade venire in casa gli stranieri, come una perenne mi-
naccia, dopo che e cominciata a diventare nazione, che ne possa es-
ser disfatta. Ed anch' essi vanno ripelendo agl' Italiani : Expedit
vobis ut unus moriatur homo pro populo, et non tola gens pereat.
II quale grido tanto piu credono poter essere accolto, in quanto non
propongono una morte fisica , ma una morte morale. Finisca il Pa-
pa di essere Re : sia Papa soltanto ; ed egli e la Chiesa avranno pa-
ce coll' Italia.
Ma i Giudei , che vollero ammantare collo zelo politico il loro fu-
rore contro a Cristo , usandone come leva nell' animo del prefetto
della Giudea per determinarlo a dar sentenza di morte, si 'sco-
prirono pero, perche nou seppero contenersi. E cosi sebbene Pilato
tenesse da Gristo la confessione, che egli veramenle era Re, ben-
che non a modo , ne col fine de' re terreni : Rex sum ego : seb-
bene fosse gentile, e inoltre ministro di un Sovrano sospettosissimo,
come- era Tiberio; tutlo cio non ostante giudico Cristo innocente , e
nequitosi e perfidi i Giudei : Sciebat enim quia per invidiam tradi-
dissent eum.
Or chi vorrebbe persuadersi che i nuovi Giudei stanno crocifig-
gendo la Chiesa , perche il suo Capo e Re lemporale ? II quale Re-
gno , quando non costituisse, anche umanamente, la maggior gloria
dell' Italia ; e fosse uopo dislruggerlo per lo bene di questa, chi non
vede che 1' effello , che e la presente persecuzione , supera infmita-
mente la causa, che si dice esser riposta in quello scopo?
La vera causa, che moveva i Giudei a volere quella morte cosi
crudele e obbrobriosa di Gesu Cristo , la espressero essi medesimi,
quando , a malgrado di un' accusa si grave e non disdetta dal reo ,
pur accingendosi Pilato a mandarlo assoluto , essi gridarono ad una
voce , che Gesu si facea Figliuolo di Dio , e dovea morire per cio :
Debet won, quia Filium Dei se fecit 1. E verissimo era che Cristo
1 lOANN. XIX, 7.
NELLA SUA CHIESA 55
diceasi tale : ma non era men vero , che'ne avea somministrate le
pruove piu comlncenti , sia coll'avveramento delle antiche profezie
sopra la sua persona , sia col lioguaggio onnipotente de' miracoli a
leslimonianza della sua divinita. Sicche i Giudei procurarono a Cri-
sto la morte, non propriamente come a re, ma come a Dio, o piut-
tosto come a Re-Dio ; avendo nello stesso tempo dinanzi agli occhi
tutti gli argomenti , che il dimostravano tale , e pur oslinandosi a
non volerlo come tale.
Che e letteralmente cio che si verifica nella crudele Passione che
si fa in quesli tempi soffrire alia Chiesa ; la causa adequata della
quale e il Papa-Re : il Papa cioe, che non si vuole in quanto e Papa,
ossia Capo visibile della Chiesa , nella quale e presenle , vive ed
opera Cristo stesso ; e che nondimeno e rinnegata per odio alia ve-
rita che in lei sussiste, e al Rene che da lei e diffuso. E perciocche
il presidio o lo strumento del Papato , presidio e slrumento neces-
sario nelle present! condizioni alia Chiesa , e il regno temporale ,
perche non si yuole la Chiesa col Papa , percio non si vuole il Papa
col regno.
Ora se e tanta similitudine, ed anzi quasi idenlita, come abbiamo
veduto nella prima parte , della Chiesa con Cristo, se le cause che
mossero i persecutori di Crislo sono quelle stesse, che era muovono
i persecutori della Chiesa ; qual maraviglia che la Passione che ora
soffre la Chiesa, ritrae si di \1cino la Passione che pali Cristo sul
Calvario ? Perocche quanta somiglianza dell'una coH'altra in tutto !
Nelle accuse ugualmente velenosissime ; nelle calunnie cosi allora
come adesso senza nessun freno , che possa imporre lo stesso senso
comune, per renderle meno improbabili ; ne' vilipendii e negli ob-
brobrii , de' quali come Crislo fu satollato, cosi ora e satollata la
Chiesa; ne' processi e ne' giudizii , quanto con Cristo, altreUanto
colla Chiesa odiosi , illegal! , prepotenti , ingiustissimi : finalmente
nello spogliamento di ogni proprieta. Perche come Crislo fu messo
jgnudo nella sua croce ; e intanto i crocifissori di Lui si parlivano i
suoi vestimenti, e giltavano la sorte sulla sua tunica : cosi parimen-
le la Chiesa vede dalla sua Croce esserle a poco a poco , a nome
dello Stato, occupali i suoi edifizii, usurpale le proprieta, incamerali
56 I A PASSIONE DI GESU CRISTO
i beni : ed oggimai e redalto il disegno del lotale spogliamenlo, ne
manca a compirlo che un legale decreto ! Al quale ora stanno ansio-
samenle agognando i suoi manigoldi tenendo i dadi alia mano , per
decidere chi debbano essere i forlunati a raccorre la totale eredita ,
doe ad arnministrarla.
Manca e vero la carnificina materiale; non perche non sieno mol-
ti, i quali possano dire coll'Apostolo Paolo : Ego enim stigmata Do-
mini lesu in corpore meo porto 1, in senso di vere piaghe corpora-
li , ricevute per la causa della Chiesa ; ma perche non ancora si e
creduto dovere generalmente venire alle scuri ed alle mannaie per
maritirizzare i corpi. Di che i moderni persecutor! vorrebbero essere
non solo lodati, come puo essere dal viandanle 1'assassino, che con-
tento della borsa, gli lascia pero la vita; ma lodati ancora, ma glo-
rificali, come di un eccesso di moderazione e di liberalita, non pos-
sibile ad aspettare , che dai civilissimi tempi , che essi hanno crea-
li. Tutto il contrario , almeno per cio che spetta al vero motore di
quesla persecuzione , che e Satanasso. II quale, non intendendosi
punto n& di civilla ne di moderazione, se risparmia i corpi, e spar-
ge invece principii di tolleranza e piacevolezza con lutti , anche coi
Catlolici , egli lo fa per avvalersi , dall'una parte della falsa sieurla
di costoro, e daH'altra dell'astuzia de' suoi ministri, per alterare in-
sensibilmente gli elementi del cattolicismo, per separare cosi Cristo
dalla Chiesa e far diventare questa Chiesa un informe cadavere. In
sostanza come il piu, che Satanasso avrebbe yoluto ottenere rispetto
a Crislo, era certamente che la sua divinita fosse separata dalla sua
umanita : ma cio non poteva in nessun modo ; ed anzi neppur sapeva
con piena certezza se quell' uomo fosse Dio : cosi per contrario egli
spera di potere dalla Chiesa sceverare 1' elemento divino , se non in
tullo il suo corpo , almeno in una parte nolabilissima di esso ; 'e a
questo fine muove i suoi strumenti che tengano questo modo di per-
secuzione.
S'inganna certamente a sperarlo, come che sia, per la Chiesa ade-
quatamente presa. Ma pur troppo e possibile, e cosi non riuscisse
1 Galat. VI, 17.
NELLA SLA CHIESA 57
di fatto, co'membri di essa Chiesa, ed anche in grandissimo numero.
E pero il miglior frutto che si possa da noi sperare di queste nostre
parole e un generoso riguardo che ciascheduno pigli di se , per non
dare, sopra di se, vittoria al diavolo contro a Cristo. E il tempo , in
cui Gesu ripete ad ogni discepolo suo quello che gia disse a Pietro:
Simon, Simon, ecce Satan expetivit, ut cribraret vos sicut triticum.
Ego autem rogavi pro le ut non deficiat fides tua. Sieno i merili
della preghiera di Cristo la nostra fiducia; che cerlo olterranno an-
che a noi la perseveranza , se coopereremo colle nostre preghiere e
colla nostra vigilanza ; come nella slessa occasione il medesimo Si-
gnore raccomando a Pietro ed agli allri Apostoli: Vigilate mecum...
Vigilate et orate ut non intrelis in tentationem. Ma la confermazio-
ne ci ha da venire da Pietro, a cui lo stesso Cristo soggiunse: Con-
firma fratres tuos; e che ora ci parla per bocca di Colui che tiene ii
suo seggio. Conciossiache Pietro egli solo ha avula la promessa della
fede infallibile, per essere forma comune del credere e dell' operare
di lutta quanta la Chiesa. Per tal maniera ogni fedele si rendera
In certa guisa obbligato il medesimo Crislo: e di che? Nientemeno
che della sua vita divina in sulla terra. Perciocche Crislo, I'abbiarn
dimostralo, vive la sua vita divina nella Chiesa. Per conseguenza
quanti sono piu a partecipare cotesta vita, tanlo estensivamente e
maggiore una tale sua forma di vivere sulla terra. II che se e vero
di ogni tempo, ne' tempi di Passione della Chiesa, oltre a diventare
piu vegeta in se stessa e piu robusta cotesta vita di Cristo ; ha il
vantaggio di appalesarsi tale, eziandio ai suoi nemici ; non essen-
do altra pruova piu convincente della divinita della Chiesa , che la
pruova de' patimenti.
•^ TIGRANATE
RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
XIV.
i -^ '''^-'^
vedove.
Come intese (Libanio pagano) che mia ma-
dre contava quarant'anni d'eta, e gia da
venti era vedova del padre mio; rimase
attonito, ed esclamo ad alta voce verso
gli astanti: Poffare! quali donne -sono
tra i Crislianil S. Gio. GRISOST. Ad wia
vedova giovane, 2. (Opp. ed. gr. lat. Mi-
gne, torn. I, pag. 601.)
Acre sereno, temperatura dolce, campagne ubertose , un fmme
reale reggente ancora le piu grosse navi da carico, erano i doni cho
la nalura aveva compartito alia grande Antiochia. L'arte poi talmen-
te aveva gareggiato colla natura, che stanza piu magnifica di quella
metropoli non possedevano in lulto Oriente gl' Imperadori romani.
Qui teneva sua corte Gallo Cesare, fratello di Giuliano Y Apostata,
e di qui fu chiamato in Illiria alia morte, pochi anni addietro da Co-
stanzo Augusto : che poi die la porpora a Giuliano, e riusci infelice
in questo , quanto in quello era paruto crudele. E Costanzo slesso si
piaceva della dimora di Antiochia , e vi sverno piu volte coll' eser-
TIGRANATE — LE SANTE VEDOVE 59
cito, pendente la lunga e ignobile guerra contro i Persian! guerreg-
giata. Vi aveva altresi ordioate grandiose opere in sulla rada di
Seleucia, e tagliatovi nella viva roccia un porlo per la marina mill-
tare e pel commercio di quello stermiuato popolo, a' cui traffici im-
messi piii non bastavano gli ampii scali del fiume Oronle.
Ad Antiochia , siccome in altre grandi capitali , non era venuta
meno la mala gramigna del gentilesimo. I retori cbe vi lenevano
scuola di leltere, idolatri erano per la maggior parte ; gli stregoni ,
i maestri di leurgia secreta, i pontefici profani vi abbondavano ; e
a' loro empii guadagni contribuivano in singolar modo due santua-
rie di anlica superstizione famigerate, ii Giove Casio e 1' Apolline
Dafuitico, adorato quello sur un monte non discoslo , e questo nel
subborgo stesso della cilta. Piu frequentati che non i templi erano i
teatri e gl' ippodromi : e gli Antiocheni divenlarono famosi in uitto
I'Orienle pel loro furore digiuochi, di commedie, di corse, di cacce
circensi. Icristiani slessi, travolti dall'andazzo comune, parleggia-
vano talora non meno focosamente dei pagani a favore di questo o
di quello strione: onde le acerbe rampogne, con cbe alcuni anni dopo
li vergognava la poderosa eloquenza del loro concittadino , Giovanni
Crisostomo. Maal tempo cbe abbiam tra mano, Giovanni era tultavia
fandullelto, unica gioia della santa sua madre.
Antusa (cosi chiamavasi la madre di Giovanni) , veneranda ma-
trona, sebbene giovinetta poco piu cbe quadriluslre , e gia vedova,
inteso 1' arrivo di Tigranale, non fu lenta a recarsi in casa di Placi-
do, e farvi coll'uno e coH'altro i suoi rallegramenti. Ella usava al-
cuna volta in casa al nobile tribuno, per cagione della strelta amici-
zia che era slata Ira lui e il suo marito Secondo, gfande ufficiale di
guerra. Ne mai veniva , cbe seco non conducesse per mano il pic-
colo Giovanni: e il buon Placido grandissime carezze faceva al fan-
ciullo, figlio del lagrimato amico. Mentre il bimbo si sgretolavaun
croccante, o ruzzava col cagnuolo, egli s' intratleneva colla illustre
dama,delle memorie di Secondo, buon' anima, si valoroso militare. In
questi discorsi vedevasi pendere una goccia di pianto agli occhi della
pia vedovella, e guatando il cielo : — Non bo di lui che questo, di-
ceva, die mi consoli sulla terra ! — .Poi al figlio : — Tu sarai buo-
60 TIGRANATE BACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
no come il babbo , neh vero, Nannuccio? — Placido soggiugneva :
— Ve', se non e tutto suo padre! stesso naso, stessa fronte , negli
occhi poi non ne perde un pelo : non gli mancano che i due baffi ,
e poi la spada in mano — E appiccavagli sulla gota rosata un gros-
so baciono soldatesco — Lasciatelo crescere, e poi si vedra cio che
Iddio ne vorra disporre — ripigliava Antusa, e qui voltando destra-
mente i discorsi , enlrava in alte considerazioni sopra i giudizii di
Dio, che troppo si dispaiano dai pensamenti umani, e sulla morle
la cui falce inaspeltata ne sopraggiugne e miete inesorabile tutte le
speranze terrene, quando piu liele ne fanno lusinga: e gli allori guer-
rieri si sfrondano, e sfiorisce la gloria, e al(ro non rimane che la
polvere della tomba, e il tribunale del rigoroso giudizio che non ha
appello. Placido a tale filosofia si scoteva tulto di segreto rimorso, e
restavasi passato di smisurato terrore, ed egli veterano di Costan-
tino , che cento volte aveva affrontato le falangi irte di ferro, non
osava levar gli occhi in faccia ad una fanciulla.
La pietosa donna che per lo innanzi si mostrava solo alia sfuggi-
ta, quanlo richiedeva il dovere di cortesia, quest' inverno scorgendo
il cadimenlo del vecchio ufficiale , prese a spesseggiare le visile, e
molto piu poiche il vide proslrato al tutto di forze , e fermato nel
letto. Assai volte non contenta di venirvi essa, conduceva seco una
sua arnica, gia molto avvanzata in eta, consacrata essa pure alia ve-
dovile continenza. Aveva nome Publia, nome chiaro presso i fedeli
d' Antiochia, tra i quali era stata sollevata alia condizione di diaco-
nessa , e creata maestra d' un celebre moiiaslero di sacre vergini.
Sotto pretesto che Placido non avesse donne in casa che il gover-
nassero, le pie'vedove tornavano da lui assiduamente — Per non
lasciarli, diceva Antusa, a mano di schiavi , io vengo a vederti al-
cuna volta, e non ti dispiaccia che io ammannisca i beveraggi , che
bene io me ne conosco — E sedeva a capo del letto, e vi passava le
lunghe ore, pure spiando il destro di frammettere una buona parola.
Da parte sua Placido sentiva tulia la dolcezza di quei servigi cosi
disinleressati, porti da mano si gentile: e quando ell' era uscita della
presenza, diceva a Tigranate: — Vedi bonta di cuore di queste buo-
ne donne: Antusa per me e un portenlo. Giovane, avvenente, traricca,
LE SANTE VEDOVE 61
vedova d' un generate dell' impero , potrebbe star sul galanle e sul
grandiose; se ne volesse de'partiti e de' piu lusinghieri, non avreb-
be che a scegliere: e no; la si e rincantucciata nel suo palagio, dove
non patisce aria di mondo, rilirata, dimessa come una femminelta
di volgo. Vedestu quel velo nero che tulta 1'avvolge quando sale in
lettiga? Dalla morte del marilo non ha piu smesso il bruno; non co-
me quell' altre cui tarda di scagliarselo di dosso per rimeltersi in
panni avvistati : e io so che non esce di casa quasi per altro che vi-
sitare i poveri, o per venir qui a servirmi come una fanticella. Co-
tes to e vivere da vedova cris liana. Cosi farebbe la mia povera Flac-
cilla, se la mi fosse sopravvissuta : e mancata si tosto ! Ascoltami.
Quando tu avrai a menar donna , non meltere F occhio fuorche in
vergine cristiana.
Oh gua', babbo, anco Libanio, che e si sfegatato per Tellenismo,
mi disse un giorno cotesto che tu di'. Quali donne, mi dicev' esso
parlando proprio di Anlusa, quali donne celestiali hanno i cristiani!—
Se alcuna volta i famigli recavangli cibo o bevanda non preparata
da Antusa : — Non mi va, diceva 1' infermo ; mi fa miglior pro; se
la nostra buona vedova ci melte essa la mano. Ma ell' ha un difelto,
un difetto solo, che mi entra in cerli propositi, che mi rimescolano
lutto. — Con tutlo questo difelto egli godeva di vederlasi accanto,
ed era tomato come un fanciullo nelle sue mani : do che ella appro-
vava per salutare, ed esso diceva che gli faceva bene ; e quello che
ella disapprovava, ei rigettavalo come nocivo, e in ogni cosa pen-
deva da' consigli della sanla matrona.
Non senza gran perche Anlusa conducevasi cosi sovente al lelto
dell' infermo, il quale in fondo non abbisognava di soccorso, avendo
intorno a se una famiglia di schiavi e di ancelle che lo amavano, e
sperando di venire affrancati per testamento, lo servivano con uno
sfoggio di sollecitudine sempre nuovo. Inoltre era cola Tigranate,
capitalovi in buon punto per assistere il padre nella infermila, e
certo adempiva il dover suo quanto da amorevole figliuolo si puo
volere. Ma se non era mestieri d'aiuto alle faccende caserecce, 1'ani-
mo dell' infermo piu che mai era necessitoso di medicina spirituale ;
ed a questo mirava innanzi tulto la piissima visitatrice. Pero coglieva
62 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
1' opportunita allorchequegli, sollevato alcun poco dal male, aprivasi
con piu candore a quella ricouoscenza, clie tanto schietta, e quasi
fanciullesca, si manifesta per lo piu da' valorosi militari. Allora con
soave parlare gli rammentava come corresse tra' Cristiani una voce,
lui essere battezzato fin da giovanetto, e ognuno fare le maraviglie
del non averlo veduto rnai, dacche era venuto a porre stanza in An-
tiochia, rendersi alle assemblee de'fedeli, ne dare pubblico segno di
cristiana pieta.
- Non posso, rispondeva Placido, che non negava punto il suo
battesimo, non posso: c' e un ostacolo.
- E quale, se non e troppo ardimento il dimandarlo ?
— Grave, grave assai, insuperabiie.
- E pure in cotesto indebolimento di salute, sarebbe pur bene
provvedere alia propria sicurezza, ancora con qualche difficolta.
— Oh che mi credi adunque in fin di morte?
— Non sono qui, tribuno, per uccello di mal augurio: altri cam-
parono del tuo male, clie infine non e altro che un po' di languore,
ed erano di complessione men siricera che non la tua: ma che giova
il temporeggiare? il sicurarsi che nuoce? Colla morte non si puo
fare a fidanza. II mio povero Secondo (nella pace di Crislo) era co-
me te, e ad un tratto... Oh Dio! non ne parliamo. Non dico... vedi:
ma su, tiriamo le cose al peggio, or che ti guasta il fare ricorso alia
misericordia di Dio e della Chiesa? sai pure che la clemenza divina
e promessa a chi non la stancheggia col procrastinare. — E il ve-
terano sollevando le mani ossute coprivasi il volto, e sospirava, e
asciugavasi una lacrima sfuggitagli involontariamenle. Antusa rnu-
tava discorso per allora, ma non falliva di ritornarvi il piu tosto che
gliene cadesse il buon punto: e quando ell' era uscita sottentrava al
cortese assalto la Publia, come che non trovasse per avventura al-
trettanto agevole 1'accesso all'animo dell' infermo.
Una volta che quella pietosa (e non v' era Publia) maggiormente
lo stringeva colle amorevoli insistenze, piu non si tenne alle mosse,
e con un sospiro desolato gualandola: — Santa donna, esclamo, tu
hai passati gli anni tuoi facendo il bene : tu fosti lo specchk) delle
fanciulle, 1' invidia delle spose, or sei 1' esemplare delle vedove, e
LE SANTE VEDOVE 63
I'ammirazione della citta, e pero ti par facile la virtu: t' inganni :
troppo e difficile ad un vecchio peccatore rientrare nell' assemblea
dei fedeli... Nei campi non ho fallito mai alia professione crisliana,
grazia a Dio : ma in Persia, quando fui prigione di guerra, oh in
Persia fu altra cosa.
— Fratello , perche se' cristiano cosi li chiamero, fratello mio,
quando bene avessi mancalo di fede al noslro Dio, sai pure che Pie-
Iro pianse e fu perdonato.
— No, no: non dico questo: non ho spergiuralo, non ho rinne-
gato, non ho sacrificato, che non mi credessi apostata dalla mia
fede : ma V ho dissimulata alia corte per accattare il favore del Re,
che mi teneva, tuttoche prigione, a grande onore. E d' allora in qua
non fui piu ardito di comparire nelle noslre assemblee. Avrei dovu-
lo rientrarvi con pubblica riconciliazione : non sono ipocrila, non
oserei allrimenti presentarmi ai santi misteri. Differivo di giorno in
giorno, prolungavodi anno in anno; ed eccomi al capezzale di mor-
te: che bene lo sento, si avvicina 1'ora mia...
— Non sara si prossimo il pericolo, interruppe Antusa; lu vai
tropp'ollre : ma fmgiamo che tu ti apponga al vero ; ragione di piu
per non porre tempo in mezzo.
— A chi potremo rivolgerci noi? lo non ho fiducia alcuna in co-
testo vescovo nuovo, postoci dall'Imperatore. lo sonfiglio di S. Pie-
tro, se tu nol sai, battezzato alia sua tomba, allorche ci fui colDivo
Costantino. La fede di Nicea mi accompagno da per tutlo : adoro
Gesu Cristo vero Dio, eguale al Padre e allo Spirito Santo. Non vo-
glio aver che fare con chi sconfessa il Verbo : se fui debole, non vo-
glio pero essere eretico. —
Antusa scorgendo nell'infermo, oltre ogni sua espettazione, si vi-
gorosa fede e si chiara , certa oggimai di pervenire all' intento , lo
venne per dolce e mansueta guisa confortando, che non si lasciasse
sgomentare allo spauracchio d'una momentanea umiliazione : laChie-
sa essere madre indulgente e soprattutto coi malati : quanto al ve-
scovo ariano non se ne desse pensiero : essa non avere con lui com-
munione di veruna sorta, ma si solo col Vescovo de' cattolici e coi
sacerdoti che tengono con lui.
64 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
_ E v'e allro Vescovo, oltre quello dell' Imperadore? disse ma-
ravigliando il buon mililare, il quale de' falti di chiesa poco o nulla
piu sapeva.
— Si certo. Paulino e il nostro parroco 1 e pastore : noi siamo
in comunione col Vescovo Atanasio di Alessandria, col Vescovo di
Roma.
- Che uomo e cotesto Paulino?
— Gli e un sacerdote zelante che tiene le veci del Vescovo , fin-
ehe non possiarao avere un Vescovo callolico.
— Ah se vivesse ancora Eustasio ! quanto piu volentieri accette-
rei da lui la penitenza; da quel confessore di Gesu Cdsto; che por-
tava ancora i segni del martirio.
L'inverno intanto s'avanzava e di rincontro alia fmestradella stan-
za, dove Placido giaceva, sorgevano alcuni platani, ma spogli inte-
ramente di fronde. Se alcuna volta egli si levava di letto, dando il
braccio al suo Tigranale, vi si affacciava, e con occhi fisi mirando
quell' orrore della natura, gli pareva di scorgervi un simbolo del
disfacimento di sua vita ; nc piu osava ripromettere a se come al
platano il rinnovarsi di primavera. Tigranate bene si accorgeva che
alcuna verila teneva occupato e sospeso 1'animo del padre, e 1'attri-
buiva alle visile troppo frequenti e troppo prolungate delle due ve-
dove, soprattulto all'Antusa. Perciocche appunto dopo cotali conver-
sazioni trovavalo piu sopra pensiero e quasi aslralto da' sensi. In
questi ultimi giorni 1'aveva sorpreso sedulo sul lelto, cogli occhi la-
crimosi e tutlo inleso sopra un piccolo volume, e lalmente inabissa-
to nel suo vaneggiamento (cosi pensava Tigranale), che punlo non si
addava di chi gli entrasse in camera. Se da lui fosse dipenduto,
avrebbe in cortese maniera allontanala la visitaldce importuna ,
per non immalinconire il povero infermo : ma questi non rifiniva di
lodarsi di Antusa e di dime ogni bene ; anzi lagnavasi se ella lardas-
se ollre I'ora consueta a farsivedere. II gran passo era risoluto, non
restava altro che fare la dimanda della riconciliazione a Paulino.
1 Parroco, vocabolo non del tempo di cui scriviamo, ma bene del tem-
po era 1'uflicio.
LE SANTE VEDOVE 65
Tigranale non ne sospettava fiato. Dacehe era giunto in Antiochia,
ed erano poche setlimane, non cercava altro sollievo a' suoi guai,
aggravali ancora per la malattia del padre , fuorche rinchiudersi
nella biblioteca : e quivi con due schiavi occupavasi di riordinarla ,
collocare a loro palchelti certi nuovi libri che aveva comperalo ad
Atene, appiccarvi le polizze, spolverare le vecchie pergamene, ri-
colorire i pomelli de' volumi. Qualche volta conducevasi allo studio
di Alipio, il piu famoso geografo di quella ela, e con lui tratlene-
vasi a disegnare una carta delle Gallic, grande e diligcntemente
ricercata, ch' egli inlendeva di recare in dono a Giuliano. Piu spes-
so, affine di distrarsi dalle dolorose apprensioni, in che lo melteva il
visibile declinamento del padre, si ritirava qualche ora nel giardi-
no, e tratto dal lungo astuccio un suo vago Omero , delizia de' suoi
piu verdi anni , lulto in nitidissimo carallere coi capoversi a oro , e
svolto il rotolo , e il poneva sopra un cespo ben tosalo di mirli , e
quivi allalo declamava a gran voce ora la dipartila di Ettore da
Andromaca, ora Y abboccamento di Priarao con Achille. Una mat-
tina mentre s' avviava, colla sua Iliade sotto il braccio, ad un portico
dove splendeva un' occhiata di sole invernale , senle correre dietro
se un servo, che gli dice : — Signore , il padre ti chiama.
— Gli e preso male?
-— No : e nella sua stanza un forestiere , uomo grave, ed e gia
gran pezza che stanno chiusi a consulta: credo che ti vuole presen-
te al testamento.
Serie T/, vol. II, fasc. 311 . 5 22 Mar so 1865,
#6 TIGRANATE RACCONTO STORICO BEL SECOLO IV.
XV.
11 pianyente.
Se. alcuno insegna che dispregevole e la
casa di Dio e le adunanze che in essa si
celebrano, sia anatema. CONCIL. GANGIL
Can. 5. (Ed. Pitra, lus eccL graecor.
torn. I, pag. 489.)
Si quis in dvitate positus tres dominicas ad
ecclesiam non accesserit pauco ( tanto
al..)f tempore abstineat, ut correptus esse
videatur. CONCIL. ILLIBER. can. 21. (Coll.
Cone. Mansi, torn. II, p. 9. )
La chiamata Improvvisa e pressata, la parola testamento diedero
un rimescolone al cuore di Tigranate, che di presente volo alia stan-
za del padre. Vi trovo un personaggio di aspelto venerabile, seduto
alia sponila del letto, e non lungi due altri sconosciuti : e seppe di
poi quello essere il sacerdote Paulino e quesli i diaconi suoi ; tutti e
tre ad un raodo, in tonaca di colore oscuro, e con sopravi un pove-
ro pallio, con breve la chioma e la barba distesa. Attorno facean co-
rona alquanti cilladini cristiani; tra gli allri Flaviano che poi fa pa-
triarca antiocheno, e a' pie del letto le pie vedove Publia ed Anlu-
sa, modestamenle raccolte e col velo calato sugli occhi. Placido volse
egli la parola a Tigranate.
— Figliuol mio, prese a dire con voce grave e commossa, tu vedi
a che sono condolto, e come la mia vita oggimai pende da un filo.
In questi momenli non si finge: io adopero nella pienezza de'miei
sensi e chiamo te in testimonio e questi fratelli miei del grande at-
to che sto per compiere. Salutare, lo spero, ti tornera per tutta la
vita la ricordanza di cio che in me vedrai in quest' ora. Ho percor-
sa lunga camera, e non senza gloria agli occhi del mondo : gli ono-
ri mililari li tengo dal piu nobile degli Augusti, amici mi furono
quasi tutti i piu illustri cittadini che mi conobbero, nella sventura
infine della cattivita in Persia, di tanto mi fu cortese la forluna, che
il Gran Re mi voile a corte, e mi rimando libero, colmandomi di
favori. Ora di tante prosperita non raccolgo alcun conforto, solo
IL PIANGENTE 67
mi da speranza il mio batlesimo. Cosi 1'avess'io piu degnamente
portato in fronte e colle opere professato ! Ma poiche al mio dovere,
per mia colpa, si unicamente per mia colpa, son venuto meno, nc
voglio fare umile confessione al cospetto dei fratelli, e piu di lutto
in faccia a te, cui dovevo con migliore esempio allevare alia pieta
cristiana. II cuore mi dice, che alia tua eta, col senno e cogli studii
onde sei ricco, inlenderai piu assai che non ti dicono le mie pa-
role. —
Tigranate non rispose, ne trovava le parole per rispondere. Una
benda cadevagli dagli occhi in quell' istante : egli aveva ignorato
sino a quel di che il padre suo fosse baltezzato. Placido si rivolseal
sacerdote : — Ministro di Dio, io Placido confesso umilmente alia
Chiesa e a'miei fratelli di aver peccato, perche per piu anni dimo-
rando in Persia preferii 1' onore mondano all' obbligo della santa Re-
ligione, e mi astenni dalle assemblee dei cristiani. Vorrei potermi
presentare in gramaglia di penilente tra gli allri peccatori alia
porta della basilica, e farvi pubblica ammenda del mio delitto : ma
poiche dalla malatlia m' e tollo di compiere interamente il mio voto,
ed io mi rendo in colpa alia presenza di questa adunanza di fedeli,
e imploro la indulgenza di Dio e della Chiesa. Ministro del perdono,
riconciliami in grazia col Signore Iddio onnipotente, Padre, Figliuo-
lo e Spirito Santo: e voi, o fratelli, orate a Dio per me. -—
Paulino levossi in piedi e con lui i diaconi, e chinandosi verso
F infermo, con un viso in cui splendeva un misto di carita e di au-
sterezza: — Fratello, gli disse con parole distinte e contate, la gra-
zia del Signore ti scorge alia penitenza, e benedetta ne sia la sua
bonla. Io che, sebbene indegno, sostengo 1' ufficio di dispensatore
delle celesti misericordie, in nome suo ti accolgo tra le braccia di
santa Chiesa: ma ti sovvenga, che se il Redentore benigno si lascio
impietosire verso la Maddalena penitente, quella aveva inondato di
lacrime i suoi piedi adorabili. Piangi tu adunque in prima la tua
colpa, e poi avrai il perdono e la pace del Redentore. —
A questi detti sorse nella stanza un gemito universale dei circo-
stanti. Piangevan tutli, e Paulino slesso col lembo della stola tergeva
le sue lacrime. Tigranate credeva di assistere ad un mistero, ad un
sogno. Placido stendeva le mani sulla proda del giaciglio, e bassan-
68 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
do gli occhi lacrimosi, ripeteva: — Giusta e mite e la tua sentenza, o
padre. Deh, non mi abbandonare in questo pericolo tremendo, fa
ch' io ti vegga alcuna volta presso al mio capezzale; io t'aspetto per
aprire il mio cuore, e tulta compiere nella contrizione dello spirito
la mia confessione. Iiitanto, mentre piu pieno conforto io possa da
te avere, ecco, in segno della penitenza a cui mi consacro, io assu-
mo la cenere ed il cilicio. — Qui prese un pugno di cenere, che gia
prima a\eva fatto riporre sopra un piatlello da lato, e lutto se ne cos-
perse i biancbi capelli, e il vollo e il collo e il pelto. Antusa dalla
strelta del lello 1'aiuto a coprirsi la lesta con un drappo di rozza la-
na , spiegandone le falcle dai fiancbi. II sacerdote tocco il panno e
stese la deslra sull' infermo : un diacono disse : — Chinate il capo,
peniteuti. — Paulino pronunzio le preci rituali con cui ammetteva
Placido nel grado dei Piangenli.
Atteggiandosi poscia a men grave contegno , soavemente Io ab-
braccio e soggiunse : — Fratello, fa cuore ; la Cbiesa non e corriva
al perdono, appunto perche brama con piu sicurezza perdonare : ma
neppure e restia, molto meno e implacabile. Anzi ell' e madre tene;
rissima, ed io seguendo le benigne disposizioni dei sacri canoni non
misurero la tua penilenza dalla lunghezza del tempo , si bene dalla
sincerita del luo pentimento : e cio molto piu se la infermita , che
Dio non voglia, venisse a termini pericolosi. Intanto io mi ricordero
di te in ispecial maniera, nel sanlo sacrificio, alia preghiera pei pe-
nilenti. —
Non e a dirsi se a cotali promesse restasse confortato il buon Pla-
cido. Ne' di seguenti si tratteneva alcuna volta in colloquii col sa-
cerdote e con altri de'Tratelli, che tornavano a visilarlo, e ragionar-
gli di cose celesli : piu spesso ancora prolungava i discorsi colle pie
vedove. Mandava altresi larghe limosine all' assemblea dei fedeli ,
perche fossero dispensate tra i poveri e le vedove necessitose. Invi-
diava la condizione di quegli avvenlurosi , i quali proslrati alia so-
glia della chiesa , potevano con maggiore umiliazione pubblicare la
loro col pa e implorare le comuni preghiere. Ma piu era inleso ad
accattare la divina misericordia per se colla contrizione del cuore ,
colla coufessione sacramentale e con frequenli signiflcazioni di rav-
vedimento perfetto.
IL PJANGENTE 69
Con tutto cio non dimenticava 1'obbligo di padre cristiano inverso
Tigranate. Che anzi sentendo che Iroppo 1'aveva scandolezzato colla
vita profana da se menata, affine di ripararvi al possibile, ogni qual
volta si trovava solo con lui , gli entrava toslo in proposili di reli-
gione. Ed ora ricisamenle e senza ambagi, edora dalla lunga e per
vie coperte brigavasi a lull' uomo di recarlo ad istruirsi del cristia-
nesimo e non differire piu oltre di scriversi al ruolo de' catecumeni.
Da tutte cose, come che indifferent! , loglieva occasione di pure ri-
tornare su questo lasto. Una sera, sfollate gia le visile, Tigranate
rassettava un trofeo d' armi , che pendeva alia parele di rincontro a
Placido : era una cotta commessa di lama embricala, passala di bas-
so in alto da un' asla di lancia , e su questa una celata rilucenle, e
da un lato due giavellotti incrociati colla spada, dairaltro lo scudo.
Placido gli disse di forbireil colmo dell'elmo sotto al cimiero, dov'e-
ra un fine intaglio in oro , rappresenlanteuna croce campata in alto
e coronata di raggi , con sottovi il motto in sigle I. H. V. — Che
dicono queste lettere ? dimando Tigranale.
— Nol sai? rispose Placido. E il segno latino della vittoria del
Divo Costantino : vi fu posto quando marciammo sopra Roma, e ci
stava a fronte il terribile Massenzio. Allora , e vero , lo scrivemmo
ciascuno alia meglio, ma io appena entrato in citla il feci lavorare e
saldarlo sopra di rapporto da un argentiere. Sara una memoria del
tuo padre.
— Ben mi sovviene di averne inteso parlare. E' vorrebbe signi-
ficare : In hoc vince, neh vero?
A queste parole parve che un lampo si accendesse nelle pupille
dell' infermo veterano ; e come se di bel nuovo gli splendesse nel-
1'alto del cielo la visione della croce, levo la mano scarnita e 1'addi-
tava : — In hoc vince, la croce, la croce ! Ecco il segno trionfale
che successe alle profanita delle insegne anliche: con questo il Divo
Costantiuo ci guidava a certa vittoria : ed era pure un bell'entrare in
baltaglia dietro queslo vessillo!
- E pure non vinse sempre, disse non senza malizia Tigranate ;
in Persia abbiamo patili disaslri assai.
— Ma chi portava il labaro in quelle battaglie? proruppe adiralo
di collera sublime 1' anlico tribune. Gi& si sa , Dio non promise ia
70 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
elerno miracolosa la viltoria a questo drappello : ma in Persia non
la vittoria venne meno al labaro di Costantino , ma il labaro di Co-
stanlino alia vittoria. Colui minacciava della croce gl' infedeli , che
peggio infedele egli stesso avevasi nimicalo il Crocifisso.
- Costanzo , soggiunse Tigranate , che non intendeva dove an-
dassero a parare quelle fiere parole, Costanzo e pure crisllano.
- Cristiano? ripiglio a dire vie piu animato il veccbio, crisliano
e Costanzo? come africano fu Scipione dall' Africa ch' egli stermino.
Ah tu non sai che voglia dire il favoreggiare la maledetta genia de-
gli ariani. E' sono i nemici di Gesu Cristo , che gli ricusano 1' ado-
razione divina , e rifanno il paganesimo in mezzo alia cristianita.
Sappi , che anziche avere ad impacciarmi con uno di cotali blasfe-
mi io avrei prescelto di morire senz' altrimenti dimandare la ricon-
ciliazione della Chiesa , affidandomi alia misericordia del Signore ,
die scrula i cuori. Ma ricordati bene, Tigranale mio , scolpisci nel-
T animo le mie parole : Coslanzo finira miseramente e presto. Gli
Augusti che guerreggiarono la Chiesa di Gesu Cristo, di mala.morte
perirono , lasciando dopo se infamie e dispregio. Sai quanti ne vidi
io di questi vermini in porpora imperiale schiacciati nel fango, d'on-
<le s'ergevano velenosi contro il Dio della croce? Cosi perdoni il mi-
le Signore a me, che mi rendo in colpa e imploro merce, com'io vi-
di la sua vendetta scoppiare sopra ben otto o dieci di cosloro: e non
e storia antica il so dagli occhi miei, Io, io vidi Diocleziano, e Mas-
simiano Erculeo, e Severo, e Galerio, e Massimino, e Massenzio, e
Licinio, con tutti i loro diademi e gli eserciti loro e le armate, on-
de coprivano la terra e il mare, finire vilmente quale di laccio, qua-
le di veleno , quale di putredine e di ulceri vergognose ; e le loro
donne io vidi mendiche e tapine , sgozzate da coltello parricida , e
qui in questa Antiochia , balzate per le finestre in questo Oronte.
So bene che il perfido va pretestando che i prelati abusano della sua
demenza, che il Vescovo di Roma resiste a'suoi consigli amorevoli.
Si, e il processo del lupo all'agriello. Ma altri lupi lasciarono i denti
a questa contesa. Fia stato a caso, dicono i sofisti idolatri. Lo so:
ma so altresi che tali casi per tardare non fallano , e si ti dico
che Io sdegno di Dio da lungo tempo si accumula su quel capo tra-
dilore. —
IL PIANGENTE 71
Tigranale trepidava non forse alcuno intendesse di fuori queste
acerbe parole contro Augusto , e avrebbe voluto rorapere quella fo-
ga, ma ogni sforzo era nulla. Placido , come die affannato , brillava
negli occhi e sembrava ispirato : — Sorga, deh sorga dal seme glo-
rioso di Costantino un rampollo non \1zialo , e ristori le ferite reca-
te alia Chiesa dall' accecato Augusto. Giuliano , lo spero , Giuliano
sara desso : egli qui di sua mano edifico il tempio di S. Mamante ,
qui prego, qui adoro Cristo....
Tigranate non seppe contenersi da un atto di capo , die sembra-
va dire: sar&, ma non sembra. Placido si continue: — Che vuoi dire
con cotesto? Yorrestu significare che Cesare non e migliore di Au-
gusto? Sciagurato, se cosi fosse ! E il calice dell' ira di Dio, dicono
le nostre Scritture , e in mano dell' Onnipotente , non e esaurita la
sua feccia, vi berranno i prevaricatori tulti della terra. Se Giuliano
tradisce la fede degli avi suoi , forse non raggiugnera quella porpo-
ra grande a cui agogna, e se 1'acquista, sara suo danno, e Dio glie-
la strappera a brano a brano , e forse fia 1' ultimo della sua stirpe
degenerata.
Placido dal giorno che era entrato umilmente nella penitenza cri-
stiana, non si riconosceva piu, tanto sembrava altr'uomo da quel di
prima. Non appariva piu alcuna traccia delle debolezze dell'eta : tutto
assorto nelle cogitazioni del cielo e della religione, ne scopriva il
largo orizzonte, e vi spaziava colla mente rinfrancala e sicura , sic-
come ne' primi fervori del suo batlesimo. E il figliuolo a rimirarlo
cosi trasnaturato appena credeva a se stesso, ecominciava, senz'av-
vedersene, a tramutare raffetto figliale in un senso indistinlo di ve-
nerazione. Gio non ostante , scorgendolo ora spossato e affannoso
dalla veemenza del lungo parlare , gli si fece al capezzale , e, strin-
gendogli ambe le mani per bel modo , gli venne dicendo : — Padre
mio , omai datevi un po' di riposo , che troppo dovete averne biso-
gno. — Tu di' vero, rispose Placido, ma domatlina se Paulina ve-
nisse o Antusa , e tu fagli passare tosto; perche essi mi sono di
grande conforto. — Si assetlo il ciliclo sul lello , e lasciossi cadere
sui guanciali.
RIVISTA
BELLA
STAMPA ITALIANA
Sul vivente linguaggio delta Toscana, Lettere di GIAMBATTISTA GIU-
LIANI. Terza edizione, prima fiorentina, corretta ed ampliata.
Un vol. in 8.° pice, di pag. IX-478. Firenze, LeMonnier 1865.
Che 1'ottimo avviamento da darsi agli studii della materna lingua,
chi ne vogiia tra di noi ristorare la italianita genuina, sia di ricon-
durre gl'ingegni alia contemplazione degli esemplari fornitici dai
secoli quartodecimo e seslodecimo , niuno e che ne muova dubbio.
Imperocche sono quelli i tipi che rappresenlano la egregia ed origi-
nal forma del pensiero e della favella prettamente nosjrale , e i fon-
damenti per noi di ogni bellezza e di ogni bonta, nell'opera del bello
scrivere e del parlar bene. Ond' e che mai abbastanza non si lode-
ranno quei parecchi valentuomini, e il Cesari in ispecialita, i quali,
al nascere di questo secolo , rimisero in tanta riputazione gli aurei
trecentisti e i forbitissimi cinquecentisti, e accesero gli animi degl'I-
taliani a riformare su di essi il loro modo di concepire e di espri-
mersi ; modo slranamente disnaturalosi, pel mal vezzo invalso di
barbareggiare co' foreslieri.
Senonche a mano a mano che i piu intelligenli si addomesticava-
no con gli autori dei due secoli summentovali, venivano pure accor-
gendosi come questi non rispondessero in tulto all'uopo di fare in
Italia rifiorire 1'italiano linguaggio. Perocche osservavano, che i pre-
delti antichi scritlori somministrano bene spesso 1' uso antico : or
queslo , per una lingua che dura vivida e rigogliosa e che in sei-
cenl' anni di vita e soltostata a non piccole variazioni ed ha ricevuti
notabili increment! , non si confa, piu in ogui sua parte alle conve-
BIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA 75
nienze del tempo odierno. Senza che gli anlichi, sebbene scrivessero
come neir eta loro parlavasi , pure non di tulte le cose scrissero, ne
tutla la schietta lingua parlata riversarono nelle loro pagine. Donde
inferivano, essere necessario che allo studio accuralissimo di quest!
antichi, si accoppiasse quello sagace si, ma nulla meno sottile, del
miglior uso presente; il qual uso, niuno puo saviamente negare che
debba essere e sia in effelto quel di Toscana , nido privilegiato del
bello idioma e sede nativa delle sue piu care grazie.
Posto un tale ragionamento, la cui verita ci sembra fuori di con-
troversia, non e mera\iglia che alquanti lelterati di fine gusto , to-
scani e non toscani, si sieno applicati con grande amore alia ricer-
ca di questo uso corrente : e vaghi d' invogliarne altri quanli piu.
fosse possibile, si sieno affaticati di mellerne in \ista i frulti indu-
bitatamente amabili e preziosi. Tra i Toscani, per nominare soltanlo
i coetanei nostri, sono gia chiari, quale piu quale meno, il Fanfani ,
il Ricci , il Gradi , il Rigutini , il Gargiolli , che con lavori di squi-
sita filologia si stanno adoperando d' innamorare 1' Italia di questo
uso , tutto oro purissimo della lor patria miniera. Dei non Toscani,
due principalmente si erano fino ad ora segnalati, per la solerzia
d' investigare queste ricchezze sulla faccia dei luoghi, ed avvantag-
giarsene a comune profitto. II piemontese Giacinto Carena, che si e
renduto cosi benemerito con la compilazione del suo laboriosissimo
Prontuario; ed il Veronese Padre Antonio Bresciani, commendatissi-
mo non solo pel suo Saggio di alcune voci toscane d'arti e mestieri,
ma forse piu per le tante gemme di lingua parlata, da lui raccolte fra
quel gentil popolo di Toscana , di che ingioiello poscia tutte le sue
amene scrilture, e massimamente i suoi Racconti , con tale larghez-
za , che egli e perfino incorso nella censura di prodigo.
Ma vuole giustizia che in riga con questi due, non toscani studios!
della toscanila, si ponga altresi il Padre Giambatlista Giuliani da
Asti: il quale, da circa dodici anni, trasferitosi in quella felice par-
te d' Italia, ha speso tutti i suoi ozii facendo\i, arispetto del suo po-
polare linguaggio, quello che uno sperlo ed amoroso fiorista suoi fa-
re, passeggiando per un giardino deliziosissimo. Egli vi ha colto fio-
ri gai, freschi, olezzanti e pieni di venust£ in grandissima copia; e
quindi, come per saggio di quell' incomparabilmente piu che Irova-
71 RIVISTA
si in qitel suolo, li ha disposti r[iiasi in altreltanti mazzi , ed offedlli
agli amanti della buona lingua, nel volume delle Letters che abbia-
mo annunzialo. E che 11 demo sia lornalo acceilissimo agl'Ilaliani,
lo provano te due edizioni toriaesi gia esaurite ; per lo che e slato
bisogno metter mano a questa terza, molto migliore delle preceden-
ti,rperche ritoccata, dordinata e accresciula di una trentina di nuo-
ve Letlere.
Lo spazio non ci basterebbe, se anche solo trascorrendo per le piu
fiorite di queste novanla Leltere (che tante sono) ci mettessimo a
fame gustare le piu rilevanti bellezze ai lettori nostri. OHreche sa-
remmo impacciati nelia seelta, male eziandio ci riuscirebbe di cer-
nere e moslrare cosi alia spicciolata fiori, che si aggiungono brio ed
avvenenza 1'uno all'aHro, pel delicato assetlaraenlo in ctii ha saputo
collocarli il raccoglitore. Invece adunque di allungarci in minute
pariicolarila di osservazioni, che ci lirerebbero a non piu finirla, ci
contenteremo di avverlire i piu cospicui pregl che abbiamo amnu-
rati in questo pregevolissimo libro , il quale , nel suo genere , ripu-
iiamo non secondo a veruno altrp del simiglianli.
E prima di tutto encomiamo senza eccezione la gasiigalezza , si
nelle cose come oelle parole, che rikice in ogni carta di questo gra-
zioso Tolume. Rara qualila in lavori di questa fatta , e'per cio piu
stimabile. Che se la lode non si vuol giudicare insigne per riguardo
all'Aulore, doppiamente piu obblig^Uo del laici epel carattere sacer-
dotale e pel voti religiosi, amanlenere leragioni dell'onesta; si giu-
dichera aimeno prelibala riguardo ai libro , da chiunque sappia co-
me sia difficile imbaltersi in altri libri di quesla sorta, che dilettino il
gusto del bello lelterario e non offendaoo il sentimento del buono
morale. Intorno a che ci risovviene il pubblico e recente biasimo del
signor Giuseppe Rigulini a ehi, proponendosi « di raccogHcre la fa-
vella del popolo loscano , per raccomandarla alle alt re province , e
per diffonderlaueiritalia, si e un po' troppo compiaciuto di mellere
in mosira gran parte di quella lingua, che non suona di cerlo in boc-
ca delle persone coslumate e civili, e che il delicato gusto di Orazio
sdegnava come immonda ed ignominiosa » . Tanto piu , aggiunge e-
gli , che « Ira' vecchi vituperii dati al parlar nostro , vi e pur qucllo
BELLA STAMPA ITALTANA 75
di essere il linguaggio del Irivio e del postribolo 1 ». Yituperio che
il Padre Giuliani ha dimostrato essere calumriosissimo , porgendo in
quesle sue Lellere una fiorila di cose ulili, innocenti, onorevoii e noa
di rado anche pie, espresse in un linguaggio il piucandido e soave,
che paia possibile parlare sotto le stelle. Del che serapre gli avran-
110 ricouoscenza tulli coloro (e sono tanti !) i quali amano bensi di
maneggiare le perle dell' iclioma toscano , ma non d' imbraltarsi nel
suo lolo.
Dopo la gelosa castiia e della forma e della sostanza , ci sembra
die in questa opera meriti special considerazione la ricchezza di vo-
caboli, di costruUi, di locuzioni, atlinta dall'Autore non in questo o
in quel luogo della Toscana , e da questa o da quell'aUra delle tante
parlate che dolceoaente risuonano su pe' monti o giu per le valli di
quello eletto gruppo degli Apennini ; ma universalmente da lui leso-
reggiata un po' da per lulto. II che fa vero il lilolo, Sul vivente lin-
guaggia della Toscana, ch' egli ha posto in fronle alle sue Lellere
Perocche non discorre di nessun dialelto in parlicolare , ne alcuno
mostra di prediligerne, e in iseaoabio lutli li illuslra e si puo dire
che di ciascheduno off re qualche largo assaggio da saporare. Bel
procedimento d' imparzialila ragionevole che , mentre non picca YCT
runo, lascia- inlalla la queslione del primato pe' Fiorenlini ; inlorno
alia quale ecco la sua senlenza :
« Si va dicendo tutt'ora (scriv' egli da Sangemignano) che i Fio-
renlini favellano meglio degli altri Toscani , e che percio debbono
ollenere il privilegio di dar nome alia nostra lingua. Siffalto parere
acquisla ancor piu credilo, dacche la somma autorila del Manzoni
sopraggiunse a confermarlo. Ben sarei presuntuoso qualora, nell'op-
pormivi , io credessi di accertare nel vero ; si e agevole inciampare
alle voile, e fallire alquanlo la via nell' allrui paese. Con cio il Bul-
garini parea non si ardisse di mellere parola intorno alia fiorentini-
la, ed egli era esperlo e da Siena ; or dovrei assicurarmene io mal
dolto asligiano? Ma non pertanlo lascero di confessarvi, che in qual-
siasi rimolo angolo della Toscana e presso 1' infima genluccia , rico-
nobbi lanta bonta di linguaggio e si leggiadre fallezze , che poco
1 Giunte ed osservazioni al Vocabolario dell'uso toscano, per GIUSEPPE
RIGTJTINI, pag. 3. Firenze, tip. Cellini, 1864.
76 RIVISTA
maggiore si troverebbe a Firenze. Dove sono iavero piu notabili le
singolari proprieta e ricchezze della lingua, slante grinfiniti usi del-
la civilta, e percio ia tutto sembra che ogni terra simili a se yli abi-
tator produca. Cio non di maoco, rispetlo alia purila del parlare,
forse la gente fiorentina si moslrano men cauli e gelosi; certo non si
riguardano molto dalla confusione de' moderni linguaggi. Degli scrit-
toriipiu degni e yalenti , seguendo strettamente la lingua dotta,
proveggono bensi a quella del popolo , ma non sempre la studiano
con visibile profilto e giusta il dovere , ne travagliansi abbastanza
concordi per salvarla dall'infesta barbaric. Ond'e che sovenle pre-
valgono libri e scrilti di lulte guise, ne' quali le proprieta del patrio
dialetlo, non che trascelte ed usate, appariscono guaste, se pure fra
la varia mistura possono aneora dislinguersi. Aggiugnete i peggio-
rati cos lu mi del popolaccio , i quali portano seco la corruzione della
favella, e v' inlroducono le tante orribili voci, in che il vizio suol di-
nudare piu al vivo le sue laidezze... La lingua vera, degna d'essere
parlata da un popolo maestro di civilta. , quale si vorrebbe che fosse
ii popolo d'ltalia, bisogna eleggerla dalle varie genii di tutta Tosca-
na, e loscana la chiameremo per gratitudine noi 1. »
Con questa regola giudiziosa il Padre Giuliani si e governato nel-
lo slendere le sue Lettere , entro cui ha inneslalo gioie di singolare
splendore e vaghe si, che voi non sapreste definire se sieno piu lu-
stranti quelle da lui colle su nel contado di Prato o in quel di Sie-
na, nei dinlorni di Pisa o in quelli di Firenze , nei poggi di Sange-
mignano o nella Yaldelsa. E una tal regola , che gli ha agevolato il
modo di crescere le ricchezze da se cercate, gli ha parimente aper-
ta una fonte dilettevolissima di variety , che e una terza dole di cut
va adorno il suo libro.
La qual variela. risulta da due capi. In prima dalla coniinua mu-
tazione ch' egli ha F arle di fare ne' soggetli , sui quali successiva-
menle si trattiene. Qui e un dialogo con una tessitora di peneri
di seta in Pielrasanta. La e uno scherzo , in cui vi snocciola i
diversi norni ed usi delle ciliege , secondo il pariare di un con-
tadino del pian di Ripoli. Altrove vi raffronta 1'una con I'altra le ri-
1 Leu. XX, pag. 86, 87.
BELLA STAMPA ITALIANA 77
sposle di due carbonai, 1'uno di Santafiora sul Montamiata e 1'altro
del Casentino. Al trove vi da a gustare canli popolari, o vi riporta
la vita di un Sandro, narrala colle sue parole, o quella di una Bea-
trice di Pian degli Onlani , o vi descrive il carattere morale della
Cieca diMorino, o vi reca in mezzo le parole di m&poveretta, che,
per piu ollenere limosina , racconta la sua misera condizione ; e via
via con un inlrecciarsi di sempre godevolissime novila, che voi vi di-
vorate il libro, e vi sa duro ch'egli termini troppo presto. E perche
sia noto il tenore che e' serba nel registrare i detli che cava di bocca
a'suoi inlerloculori , veggasi com' egli lo dichiara: «Io pongo ben
cura di rilrarvi quello che ho sentito , e mi farei coscienza di pur
mutare ed aggiugnere parola. Avvertile per altro che , dovendo io
star li a segnare ogni cosa , non posso seguire continuati discorsi ,
ne renderli sempre nella loro interezza. Perche molti vocaboli sot-
traggonsi al mio orecchio non abbastanza destro, e anzi che poi af-
fannarmi di riprenderli , trascorro senza piu. A me basla , se mi
riesce, d'avvivare la conversazione, tanto che nel calore della favella
ne sorgano quelle ingegnose frasi e vengano compili i periodi di cui
fo tesoro 1 » .
L'altra sorgente di variela, 1'Autore fa derivarla da cio ch'egli
intromelte di suo, quando nel preambolo, quando nel corpo, quando
nella chiusa delle sue Lettere, le quali sono come altrettanti castoni
ove incassa le gioie che ha radunate. Ma casloni cosi diversi , che
1' uno non e Taltro : anzi appena si rassomigliano, se pur ne eccettui
alquanle figure di ammirazione che lornano spesso, e che non era for-
se possibile evitare del lullo ; siccome e impossible che moslrando,
per grazia d' esempio, a un amico una collezione di peregrini cimelii,
tu, nel porgliene soil' occhio or 1' uno or 1' altro , non prorompa in
esclamazioni significative di meraviglia. Ma tranne questi ritornelli
spontanei e non isgradevoli, perche nalurali , gli esordii , i Irapassi,
le conclusion! di queste Letlere sono un vero prato fiorito di arguti
pensieri, di ingegnose sentenze, di nolizie, di descrizioncelle, di pa-
ragoni e di simili piacevolezze, a cui, per renderle piu attraenli, non
manca neppure una certa disinvoltura e semplicita di stile , che li
alletla a ricreartene senza noia.
1 Lett. VII, pag. 23.
78 RI VISTA
Oltre di che il melodo stesso, a cui attiensi 11 Padre Giuliani nel
proporre i suoi saggi della vivente toscanita, e nato faito per toglier
la noia, che non rare volte s' ingenera da questa specie di esercita-
zioni filologiche. Nel che noi scorgiamo un quarto pregio del libro.
E in verita egli non vi rompe il capo con sofisticherie precetlive ,
ne con pedantesche espolizioni grammatical!. Ma per coiitrario vi
presenta H alia buona i dialoghelti, le narrazioncelle, le spiritosita di
quella brava gente che introduce nella scena ; e in luogo di perdersi
a commentarle, sla pago di farvi por mente al bello intrinseco, schiel-
to, poetico che sfolgora da quelle proprieta si leggiadre di un idiomai
deltalo dalla natura parlante, e ringentililo dallo spirito che 1'avviva.
Serva di esempio, tra mille, questo principio della Lettera Irentesi-
manona scritta da Piteglio : « Tant' e : questo popolo, se voi Y ascol-
tate, vi si porge tuttora maestro di cose belle. La sua indole, squisi-
tamente gentile , gli raffina il giudizio e Y affetto , e trova all' uopo
inlera corrispondenza nel linguaggior Quanta e carino sto bimbol
che ? e vostro, Lena*! (Cosi dicea maravigliata una con altra villa-
nella, che recavasi in colloun vezzoso figliuolelto). Guarda, guarda
cha icapelli son fila d' oro... me lo dai un bacio, splendente amo-
rino, me lo dai? Fiori cosi delicali, anche all'alito di chi li vagheg-
gia, sembrano smarrire la naliva freschezza; pero mi contento del~
r ammirarli , benedicendo alia terra che de' suoi doni fa a noi tanta
letizia 1 ».
Due appunti si potrebbero pero fare a questa veramente gemmea
collana di Leltere. L' uno , lievissimo , e dei versi che il Padre
Giuliani si lascia sgorgare dalla penna troppo frequenli e , come
direbbe Annibal Caro , strepitosi un po' troppo. Difetto assai te-
nue , e perdonabile ad un cultore qual egli e della poesia dan-
tesca. L' altro , meno leggiero , e delle sue opinioni in materia di
lingua, spesso varianti , alle volte quasi contraddittorie e tali insom-
ma, che non si ricava proprio il nelto di cio che e' pensi. Ma eglt
medesimo riconosce questa sua versalilita , Y accusa ed eziandio la
scusa, con dire che ha « variato le opinioni al variare dei fatti ,
dalla cui diligente e continua osservazione scaturiscono le opinioni
1 Lett, XXXIX, pag. 170.
BELLA STAMPA ITALIANA 79
stesse 1 ». La scusa , per un libro di terza edizioiie corretla, valga
queilo che puo valere. Noi non vi ci fermeremo sopra. Piutlosto ci
rallegreremo coll' Aulore , che quhi si sia ritenuto dall' ostentare le
altre variazioni succedule nel suo opinare politico e religioso, dopo
i rivolginienti del 1859 che lo condussero alia cattedra di letleratu-
ra dantesca nel reale Istituto di Fireiize. Queste deplorabili varia-
zioni ci occorse gia di deplorare per lo passato 2 : e noi ora le ri-
cordiamo soltanto per congratularci , che in quest' opera non ne ab-
bia menalo sfoggio. Ben e vero che qualche lampo d' italiaiiita iibe-
ralesca guizza di Iralto in tratto per le novanta sue Leltere. Ma
sono lampi rari e fiochi. E se durando i fatti che trasformarono il
Padre Giambaltista in un cattedratico del reale Istiiuto di Firen-
ze, egli ha opinato di dover durarla ad esallare la « liberta e gloria
della ristorata Nazione 3 » ; e il suo « stupendo rinnovamento 4 » ;
al variarsi di questi falti , ci giova sperare che forse variera in lui
anche la delta opinione: e quindi non ci pare niente ingiurioso
Fespriraere confidenza , che allora si sentira mosso ad esallare « li-
berla e glorie » piu degne delle laudi di un minis tro di Dio e della
Chiesa catlolica, apostolica e roniana.
A buono intenditor poche parole.
Per conclusione di questo succinto esame di un lavoro che merite-
rebbe di essere notomizzalo d$ un maestro filologo, avremmo gran-
cle vaghezza di Irascrivere a disleso cerli sapientissinii ammoni-
menli e certe fervide riprensioni , che 1' Autore fa agli odierni Italia-
ni , a' quali « troppo ancor diletta , ne restano dal millanlarsi di ben
conoscere le favelle slraniere, e nulla li punge vergogna di trasan-
4are la nostra ^ se gia ancora lor cale del vederla profanata 5 » :
di che , sfogandosi con un amico , li proverbia e chiamali « i nostri
llalogalli » : e soggiunge : « Perdonami la parola, che la verita c' e
;/K<;'i r f.!^.-v TfiviH «lh,f?|V'Y>ih' /i^r V^*N>
1 Avvertenza pag. I. |
2 Vedi Civilta Cattolica, Serie Quinta, Yol. I, pag. 718 seg. a proposlto
del Discorso intitolato : Delle Benemerenze di Dante verso I' Italia e verso la
€iviltaf Prolusione di GIAMBATTISTA GIULIANI.
3 Lett. LXXV, pag. 336. — 4 Prefazione pag. YIU.
5 Lett. XXV, pag. 167-8.
80 RIVISTA
tutla : pur troppo 1 ! » E si , diciamo anche noi , il Padre Giam-
battista ha ragione da vendere ! Ma le angustie delle nostre pagine
non consentendoci di trascrivere cose si opportune e si belle , ci
restringeremo ad esporre un dubbio che ci frullava gia per la testa,
e che la lezione di queslo volume ci ha fatto frullare due colanli
phi. Eccolo. Lo « stupendo rinnovamento ( per servirci della so-
nora frase del Padre Giambatlista ) che in poco si e svolto e ora va
compiendosi » nell' Italia , sara egli utile o sara pregiudizievole al
vivente linguaggio della Toscana ?
II dubbio non e disprezzabile. E gli argomenli, su cui si regge,
son questi, che il Padre Giuliani ci sommiuistra, e che monta la spe-
sa di far conoscere.
In tutta quanta e lunga e larga 1' Italia , salvoche in alquante
con trade che circondano la Toscana , il volgo usa dialetti forestieri
in comparazione della lingua di lei, e gli uomini di qualche coltura,
tranne pochissimi lellerali , usano e scrivendo e parlando quel ger-
go italogallico, che, per confessione del nostro Autore, e una cor-
rullela della stessa barbaric. « Noi, afferma egli accennando ai Pie-
monlesi, per favella, si voglia o no, siam pure foreslieri, in Italia 2 »,
Quanto piu in Toscana? Ora il moto produtlivo dello « stupendo rin-
novamento » dond' e egli provenuto? Appunto dalla sede di questi
« forestieri in Italia » . Dal Piemonte ; regione che se per tutto il re-
sto e iperbole oltraggiosa dirla col Gioberli la Beozia d' Italia , pel
rispetto della lingua e forse solo una metafora discortese. E il moto
rinnovatore con che si e rafforzato ? Col concorso degli agenti delle
altre province, tutte in maggiore o minor grado forestiere alia To-
scana: laquale, in quesla concorrenza, non ha potuto fornire che
forze minime a riscontro di tutte le altre insieme ; e queste sue
forze sono state per lo piu di suoi Italogalli non meno in politica
che in lingua.
Se non che quali effelti verso la Toscana ha ed ha avuto questo
« rinnovamento » nello « svolgersi », e quali ayra nel suo « com-
piersi » ? Due : de' quali 1'uno si e ridolto e riducesi ad un'assoluta
dominazione, 1'allro si ridurra ad una generale invasione. La presen-
1 Lett. XXXH,pag. 133.
2 Lett. XII, pag. 45.
BELLA STAMPA ITALIANA 81
le dominazione in Toscana dell'elemento forestiero, ossia non tosca-
no , e luculenlissima quanto il sole. Che sentenzia egli il Giuliani
dei frutti che sogliono partorire le forestiere dominazioni nei paesi
dominati? Si legga: « Ne io poi saprei all' inlulto ammettere che le
straniere dominazioni non abbiano polenza a guastar il linguaggio
delle plebi , giacche pur troppo si vede ( chi bene osservi ) come ii
male si va insinuando anche nelle piu umili e rilirate officine. Mi
basti di ricordarvi che i sarli, i carrozzai e allre simili arli , le
quali prendono piu le norme da' foreslieri , hanno omai mutato i
vecchi nomi agli arnesi che si recano a mani 1 » . Questa senlenza
egli esprimeva nel 1833, quando la Toscana era polilicamenle li-
bera e soggetta a, un suo nazionale Governo , residente nella sua
Firenze. Cio presupposto, il « rinnovamento », che ha sottomesso la
Toscana e i Toscani alia signoria dei forestieri , potrat mai non ave-
re avuta e non avere potenza di guastare la parlata delle sue plebi ?
Aduuque, coi principii del Padre Giuliani, argomentando anche,
come dicono, a prior/, se ne ha pur troppo a dedurre, che lo « stu-
pendo rinnovamento » dev'essere stato, ed e luttavia oggidi, molto
pernicioso al vivenle linguaggio della Toscana.
Che se passiamo a vedere le cose a posteriori, doe dal lato pra-
tico, 1'argomento diviene proprio terribile. Lasciamo il giornalismo
iialogallico, pattume per lo piu di schifezze morali e di sozzura
barbarica, che nella Toscana infetta ogni ordine di persone, ed e
piu che mai rivollo ad ammorbare le plebi delle cilia, de' contadi,
dei monti e delle maremme, per accalorare ad accelerare in esse
lo « slupendo rinnovamento ». Lasciamo la melma dei libercolacci
immondi , lezzo di forestierume , fastidio di turpitudini e bava di
lingue sataniche, la quale, col medesimo scopo, si fa trascorrere
pei colli e pei piani del gentilissimo paese. Lasciamo 1'apostolato
erelicale dei Valdesi , per razza e per ogni titolo , veri Tartari del-
F Italia, i quali, in grazia dello « slupendo rinnovamento », ergono
caltedre di pestilenza dove piu possono dentro la fedele Toscana.
Lasciamo stare queste ed altre simili fonli di corruzione, atta a
1 Lett. IV, pag. 11-12.
Serie VI, vol II, f**c. 361. 6 22 Marzo 1865.
82 RIVISTA
spegnere ogni seme di toscanila, e poniamo avvertenza ad un unico
punto ; a quello deH'ordinamento pubblico , deslinalo per sua na*
tura a comprendere in se tulle le appartenenze del civile consorzio.
E perche noi potremmo essere tacciati di amplificazione, percio ap-
pelleremo ad un testimonio, sul quale noa cada sospelto di animo-
sita : e sia questi il sig. Pietro Fanfani.
« Che lingua e quella (sono sue lamenlazioni ) con la quale i su-
premi magistral! della Italia novella deltano le leggi e gli ordini
clie debbono reggere il novello popolo italiano ? E grave a me il
dirlo ; ma pure il dim. Le leggi , ordini , regolainenti , e tutli gli
Atli pubblici, sono barbari nella lingua, oscuri nel concetto, e
stemperatamente prolissi : e piu che barbaro e ancora il linguaggio
dei pubblici ufficii. N.e basta ; ma i capi d'ufficio , che dal Piemonte
vanno nelle province italiane, hanno, a quei che pare, il mandato
di serbar viva sifFatta barbarie , dacche nella stessa Toscana ed in
Firenze si e voluto bandire le buone voci e maniere toscane , cani-
biandole con le piemontesi. Per esempio : il passive e Yatlivo, o il
dare e Yavere d'un bilancio, non s' ha a.dir piu, ma caricamenlo
e scaricamento ; non s' ha a dir piu supplied o domanda, ma n-
corso ; e scambio di dire che una Ul domanda non fu secondata o
esandila, s'ha a dire che fu repellita, o che e stato repellito chi
la fece ; le nostre botteghe di tabaccaio o rivendite di sale e tabac-
co, avrebbero a divenlare stanghe o stanghigli — le carle che fan-
no corredo ad un affare, o come anche si dice i documenli, hanno
a divenlar pezze — lo scartafaccio o slracciafoglio di un' ammini-
strazione, si ha da scambiare in brogliazzo — fare i conli, in cow-
tabilizzare — la ces-sione che il mercanle fa della mercanzia a un
allro, in divallo — le trine o nastri, in ganze o liametli — i pani
o masse di metallo, in lingotti — le granaglie, in mazzaschi — il
concime o sugo, in pondrette — il libro de venditori di dogana, in
portalile — il crine tessuto, in rapatelle — le merci fine, in tablet-
terie — la lamiera o bandone, in tola — la colla di pesce, in ub-
biadini— i giocaltoli o balocchi o ninnoli da bambini, in bimbollot-
teria — i pifferi o zufoli, in flagioletti — le nappe, in pomponi —
le lampade, in quinquets — gli stromenti musicali, in sorinelte -
le pinzetle, in tire-fausset — il rame dorato, in tombacco — la lana
BELLA STAMPA ITALIANA 83
in massa, in tontissa — e via e via fino a migliaia e migliaia , lutie
o in leggi , o in tariffs, o in allre scrilture pubbliche da andar sotto
gli occhi di tutti , e da doverle intender tulti ; per modo che le al-
tre province d' Italia non piemontesi , o debbono rassegnarsi a non
sapere come governarsi nelle bisogne civili, o apprendere e far
I'orecchie a quel barbaro gergo, con detrimento gravissimo della
lingua materna. Accenneremmo anche la barbarie delle Gazzette
officiali ed officiose: toccheremrao 1'obbligo che avrebbe il Governo
di istituire una censura sui pubblici cartelli delle botteghe, che
sono anch'essi scuola pestilentissima di corruzione ; ma non voglia-
rno parere censor! acerb! ed appassionati. A fare queste brevi os-
servazioni ci rnosse la carila del nalio loco : la carita del nalio loco
ci muove a fare accesa preghiera a chi puo, che rompa il corso a
questa barbarica illuvie , la quale a non molto lungo andare guaste-
rebbe al tutto la italiana favella, e snaturerebbe gli Italian! 1. »
Cio quanto alia dominazione degl' Italogalli in Toscana. Ma ri-
guardo alia generale invasione , che in virtu appunto di un trattato
tialogaltico, costoro sono per fare nel Granducato, ci sembra che
non sia malagevole prevederne le conseguenze nocevolissime all'at-
tico suolinguaggio. Imperocche, rimanendo ferma in lei la costo-
ro dominazione, Firenze si tramutera per soprappiu in loro albergo
ed oslello. Ouindi siccome la Toscana non e capace di assorbire
1' Italia gallicizzante , Iroppo piu grossa di lei ; cosi infallibilmente
ella ne sara assorbila : e Firenze trasformata in una Babele , dove
tutti gli accent! e i suoni dei dialelti e dei gerghi della Penisola
saranno confusi, trasmettera intorno a se la spaventosa eco della
nuova orribile favella che vorra risultarne : favella sol degna d'es-
sere adoperata , per uso di fabbricare le orribili leggi che si mani-
polano dagl'/(a%a//t del Parlamento di Torino. E allora che.cosa
sia per diventare I'idioma dei Toscani, dicalo chi puo. Noi non
presumiamo di esser da tan to.
I letlori nostri sieno essi giudici del peso di quest'argomentazione
metastorica, mela congellurale. E conciossiache non siamo solid
d'ingrandire i pronostici troppo sinistri, li avviseremo, per loro con-
1 11 BorgMni, giornale di filologia e di lettere italiane, compilato da
PIETRO FANFANI. Anno primo (1863) N. 2, pag. 67r69.
84 RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA
solazione , che il Padre Giuliani ha una Lellera , in cui opina esser
difficile che i Toscani accetlino vocaboli forestieri , giacche per na-
tura essi difendono dalla corruziorie il natio parlare 1. Temiamo che
questa sia una delle opinioni ch' egli ha variate di poi, merce la os-
servazione di fatti contrarii : e lo temiamo, perche piu sopra abbia-
mo allegato un suo parere circa la fiorenlinita , e un suo dello circa
le alterazioni nelle voci delle arti che prendon le norme dai forestieri,
che non concordano molto con la precilata opinione. La quale non e
suffragata per certo dall'altestazione di un valorosissimo Fiorentino,
i cui Canti sopra Y Italia, conditi di sali proprio lucianeschi, ci arri-
vano menlre scriviamo queste righe. Imperocche 1'uno di essi Canti,
che va tutlo in mostrare dolentemente aH'Alighieri le cancerose ulceri
della « ristorata Nazione », si conchiude con questi versi :
E se stance non sei di piu vedere,
Guarda la vaga Toscana favella,
Mirabil yeste a tuo sommo sapere.
Chfc come se in bel'corpo alma piu bella
Manco, non perde e'pur grazia e virtute,
Ma la sua forma si guasta e ribella;
Tal le Toscane lettere perdute,
E si corrotto il limpido linguaggio,
Che meglio ne sarian le lingue mute.
E perche a colmo venisse 1'oltraggio,
Dell' Allobrogo Re distesi al piede
Gli Accademici, im di coro si saggio,
De' tuoi delta ti rifacendo scede,
Afferman sia per divenir piu degno
L' Italico sermone, avendo a sede
Non piu Firenze, ma (stoltizia!) un regno.
Checche ne sia , noi farem fine alia esposizione del nostro dubbio
e insierae a quesla rivista, pregando il cielo che sperda ogni funesto
presagio, e non permelta mai che lo « slupendo rinnovamento » com-
pia d'imbarbarescare il giardino dell'Italia, anche nelle piu caste bel-
lezze del suo vivente linguaggio ; come lo preghiamo di cuore , che
ponga egli un freno alia debaccante barbaric che , sotlo preteslo di
rinnovarli , ne deprava i costumi , e , sotto colore di purificarla , ne
slrazia la fede gia si unica ed illibala.
1 Lett. XXI, pag. 89.
BIBLIOGRAFIA
ANGELELLI ANTONIO — Le Georgiche di Virgilio, volgarizzate da Antonio
Angelelli, gia pubblico Insegnante nel R. Liceo Fonteguerri di Pistola.
Firenze 1864, tip, di Federigo Bencini, via dc' Pandolfini n.° 24, a spese
dell' Autore. Un opusc. in 16.* di pag. 96.
L' Eneide di Virgilio ebbe molti tradntlori, e tentar la pruova di una nuova versione italiama.
fra questi ancor dei sommi, che se non attinsero Essa per raggiugnere la nitidaeleganza dello stile,
1'allezza del testo originate, ebbero pregi gr&ndi 1'armonia cosi difficile del verso sciolto, e la noa
di stile e di poesia. Le Georgiche non furono for- istentata coneisione dello stile, lascia qualche cosa
tanate agualmente: molto minori in numero ne a desiderare: ma pur cosi, com' c, merits posto
furono i volgarizzalori , e per merilo niuno fu fra le migliori che 1' han preceduta, e per piu
sommo. Cio forse animo il ch. sig. Angelelli a d' un risguardo si avvantaggia sopra di esse,
ANIVITTI V. — DiscorsI sacrl e letterarii di V, Anivitti, per prima volta riu-
niti. Roma 1864, tipogr. di Benedetto Guerra, piazza deU'Oratorio di san
Marcello n. 50. Unvol. in Ib.'dipag. 351.
Tra i molti membri dell' illustre clero romano, i cui Discorsi sacri abbiam letlo in questo v«-
i quali 1' onorano per la perizia nelle sacre di- lume con singolare dllenzione e gradimento: tanla
scipline, non mono che per 1'edificazione della loro doltrina Ti abbiam trovata, tanta facondia e lanlo
Vila, e da annoverare il ch. e rev. sig. Anivitti, maneggio di santi e soavissimi affetti I
ANONIMO — Arrivo in Firenze, li 3 Febbraio 1865, di Sua Maesta il re Yittorio
Emmanuele II. Un opusc. in 16. • di pag. 16.
II giornalismo stipendialo magnified le acco- ma convincente, dimostra che no: anzi al contrario
glienze avute dal re Vitlorio Emmanuele a Fi- furono languide, e solo opera del Ministero, ch«
renze. Furono esse vere? Questo opuscolelto, breve le avea comandate e le pago.
— Cenni storici del sacro eremo di Camaldoli, preceduti da alcune brevi no-
tizie intorno Vallombrosa e la Yerna, per comodo dei forestieri. Firenze,
tipogr. all'insegna di S. Antonino 1864. Vn vol. in 16.' di pag. 366.
Quest' opera sebbene non sia raccomandala dal sacri Romitaggi — E unita al volume una finis-
nome dell' illustre Autore (avendo chi I' ha scritla sima incisione in rame che rappresenta al vero il
taciulo il suo per modestia), merita lultavia buona sacro Eremo e il Monastero di Camaldoli.
accoglienza dal Pubblico, non tanto in riguaido L'Opera accennata, che costa lire tre Italian*,
delle materie che vi sono conlenute, che pur do- si spedisce franca di posta ai richiedenti, che in-
Trebbero interessare gli amatori delle glorie no- viano il relative prezzo per mezzo di vaglia po-
stre, quanto perche agevola ai viaggiatori il modo stale affrancalo al Sacerdote, Don VITTORIO DEL-
di acquistare una conoscenza piu compiuta di quei CORONA Direltore della predetta Tipografia.
— Dialoghi sullo spiritismo odierno , estratti dall'Ape, Strenna parmense.
Parma 186i, tip. F. Carmignani, piazza grande n.* 27. Un opusc. in 32.*
di pag. 36.
— Document'! rlsguardanti il santo Giubileo dell' anno 1865, raccolti dai
pubblici giornali italiaui. Bologna 1865, tipografia A. Mareygiani, via
Malcontenti n.« 1797. Un vol. in 32.° dipag. 139.
Questi document! sono : 1' Enciclica di S. S. PP. rio XVI, che comincia Mirari vos. Quesli quattro
Pio IX degli 8 Dec. 1864; il Syllabus; le Letlere document! sono stampati nel testo originate e nella
Apostoliche dello stesso Ponteftce pel Giubileo del versione loro italiana. Vendesi il libretto cent. 50.
18JG ; e liaalmente 1' Enciclica di Papa Grego-
g(J BIBLIOGRAFiA
ANONIMO — Esame critico dello schema di legge intorno alia soppressione
degli Ordirii religiosi, e all' ordinamento dell'Asse ecclesiastico, pubbli-
calo dall'Anwom'a nel 1864. Torino 1864, dalla tip. delV Armenia, via Mon-
tebello n.° 22, casa Giani. Un opusc. in 8.° dipag. 105.
— II Santuario clella Madonna di Mongiovino, nella Diocesi di Citta della
Pieve, Genni illustrativi. Perugia, tipografia di V. Santucci, diretta da
Giovanni Santucci e Giuseppe Ricci 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 16.
— Inonclazioni in Firenze del 3 e 6 Novembre 1844 e 1864. Provvedimenti
e soccorsi del Governo granducale e dell'italiano. Firenze, a spese del-
rEditore 1864. Un opusc. in 16.° di pag. 40.
— Italia, Canti di un cri'stiano, con un discorso e un dialogo. Italia, il cen-
tenario della nascita di Dante (1865). Un opusc. in 8.° dipag. 86.
Kscowo, dialogo e canto, tutto e qui egualmente degno di un cristiano, e di un crisliano di
alti penseri, di ottimo gusto e di molte lettere.
— La predica d'un turco all' Osteria della gente iraova. Memorie d» Emilio
o Racconto per tutti. Firenze, a spese della Societa toscana per la diffu-
sione di buoni libri 1864. Un opusc. in 16.° di pag. 26.
Orosmane e un turco che, udenclo bestemmiare cozzo, fatto da un maomctlano, sia letto dalle per-
i •ristiani, se ne sdegna e H riraprovera eon tal sone del popolo, ove sventuratamenle regni il
4fficacia di ragioni, che debbono far breccia nel vizio della "beslemmia. Con cent. 60 se ne spe-
cuore piii duro. Sarebbe bene che questo predi- discono franche di posta dodici copie.
- Osservazioni sul discorso inaugurale per 1'apertura deH'Universita di
Parma nel 1864, del Marchese Cavaliere Guido Dalla Rosa, professore di
Meccanica e Geometria descrittiva, deputato al Parlamento. Torino,, tip.
de/rArmonia 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 16.
— Povero Padre! Rncconto. Appendice alia Collezione di letture amene ed
oneste. Anno 5.°Disp. 3.a Modena, tipi deU'Immacolata 1862. Un opusc.
in 32.° dipag. 32.
— Vita del Beato Pietro Ganlsio della Compagnia di Gesii. Vol. 1.° Monza,
tipogr. deir Istituto del Paolini di 1. A.nnoni e C., piazza sant' Agata
«.° 480. Un vol. m H.0 dipag. 192.
La Collaria di Vile di Santi , che stampo in lumetli in 16.°, ha fatto scrivere questo compendio
Monza, per adempimento del suo programma, di della Vita del B. Pietro Canisio. 11 secondo TOlu-
non dare Vile diffuse, che sorpassino i due TO- metto uscka presto alia luce.
— Vita di S. Grato Vescovo e Patrono della Citta e della Diocesi di Aosta,
potente contro i fulrnini, le tempeste e gli animali nocivi ai campi. Mon-
za 1864, tipografia dell'Islilulo de Paolini di L. Annoni e C., piazza
S. Agata n.° 480. Un opusc. in 16.° di pag. 96.
ABNALDI GIO. BATTISTA — Lettera pastorale di Mons. Gio. Battista Arnaldi,
Arcivescovo di Spoleto, diretta al Clero e popolo della sua Archidiocesi,
in occasione dell'indulto per la Quaresima del 1865. Assisi 1865, tipogr.
di Domenica Sensi. Un opusc. in 8.° di pag. 30.
Mons. Arnaldi, Arcivescovo di Spoleto, insigne porlunamente quel testo deirAposlolo: Vigilale,
per lo zelo e pei patimenti sofferti fino alia pri- state in fide, viriliter agile, confortamini,ovmia
gionia, dirige questa sua lettera pastorale ai fe- vestra in charitate fiant. Ogni inciso di questo
deli della sua Archidiocesi, per ammomrli dei testo e un consiglio; e tutti insieme stabiliscono
pericoli che mmaeciano la Santa Chiesa, e istruirli la condolU piu cristiana e piu prudente a un tern-
del come si debbano eomportare in mezzo ad essi. po che 1'Apostolo suggerisce ai fedeli che
J»er questo secondo capo egli svolge molto op- nella persecuzione.
BIBLKKJRAFIA 87
ARRIGONI GIULIO — Lettera pastorale di Sua Eccellenza Reverendissima Mon-
signor Arolvescovo di Lucca al suo Clero e popolo. Lucca, tipografia
Landi 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 39.
In questa dotta ed eloquente sua leltera pa- le misericordie della vita futura, pure anche nella
storalc 1'illustrissimo Mons. Arcivescovo di Lucca presenle franco mai sempre i popoH dalle ingiu-
dimostra come la grande Missione cattolica, se slizie e dalle oppression!.
ebbc per suo ultimo intendimento le giustizie e
ATTI ALESSAJJDRO — Della munificenza di Sua Santila Papa Pio IX felicemen-
te regnanle, per 11 sacerdote Alessandro Atti, professore di belle lettere,
dottore in ambo leleggi ecc. ecc. Roma, fratelli Pallotta, tipografi in
piazza colonna. Vol. unico in 8.° ctipag. 637.
BALZOFIORE FIL1PPO — Orazioni paneglrlche del P. Filippo Balzofiore Ago-
stiniano. Delle sue opereYol. Quarto. Roma, fratelli Pallotta, tipografi
in piazza Colonna. Un vol. in 8.° di pag. 315.
— Delia venerabile Serva di Dio Anna Maria Taigi, tratti principal! della sua
vita, per Filippo Balzofiore Agostiniano. Roma 1865, fraielli Pallotta, ti-
pogmft in piazza Colonna. Un vol. in 16.° di pag. 142.
La Ven. Serva di Dio, Anna Maria Taigi, nata che i process! per la Beatiflcazione della Serva di
in Siena nel 1769 e morta in Roma nel 1857, Dio son-coiupmti, daessiilP. Balzofiore ha tratto
lascio tal concetto di sua santita, e tale ammira- le notizie piii important! e piu vere, e ne ha COHTI-
zione dei doni straordinarii, dei quali Iddio aveala posfo una Sloria, compendiosa e rapida, ma pur
arricchila, che la vita scrittane da Mons. Luquet, sincera e sufficient a far conoscere i merit! tlella
poslulatore della sua causa, fu niolte volte ristam- Ven. Anna Maria, i quali, per cio che riguarda <le
pata in Italia; e voltata in lingue slranicre fu sue virtu, varranno ad accendere 1'imitazione nelte
ampiamente diffusa in Francia, in Inghil terra, in anime cristiane , e per cio che riguarda i saoi
America, e fino in Ciaa. Se non che quella vita doni varranno a crescere ai fedeli la 1'ede e Ja
era in molti Juoghi monca, e quanto a cio che riconoscenza verso Dio, •che e cosi largo verso chi
riguardala giovinezza della Taigi, inesatta. Ora lo serve con aninio sempiice e devoto.
BALUFF! GAETANO — La Ghiesa romana riconosciuta alia sua carita verso il
prossimo per la vera Chiesa di Gesii Cristo ; opera del Gardioale (iaetano
Baluffi, Arcivescovo Vescovo d'Imola. Firenzc 1864, a spesc della Socicta
toscanaper la diffusione di buoni libri. Volume unico in 8.° di pag. 434.
BARRA GIOVANNI — Cantici del Guore a Dio, a Gesii ed a Maria, opuscoio di
Giovanni Barra, sacerdote napoletano. Terza edizione riveduta dalV Au-
to re. Napoli 1864, libreria catfoliea, sotto -Finsegna dell' Immacolat a
Concezione, Largo Gerolomini n.° 115-16. Un wl. in 32.° di pag. 126.
BELLONI GldVAHNI — Alia Sfiia Vergine e al Snio Sacramento : Inni scritti da
Giovanni Belloni a Zarra di Serravezza in Toscana, il Settembre del 1864.
Napoli 1^64 , stabilimcnlo tipografico Parlenopeo, strada S. Pietro a
Maiella n.° 31. Un opusc. in 16.° di pag. 32.
— Nell'Accademia al tondo di Gapodimonte presso Napoli, tenuta dai Reli-
giosi del Ter'Ordine de' Riformati di S. Francesco d'Aseisi, nel Genna-
io del 1864, avanti al presepio di Gesu Bambino, imitato al vero da quel-
lo che si venera in Betlemme, ottave di Giovanni Belloni. Napoli 1864,
stdbilimento tipografico di T. Cotlrw, strada S. Pietro a Maiella 31. Un
opusc. in 16.* di pag. 15.
— Per un Matrimonio: versi di Giovanni Belloni, con una prosa in ossequio
a Maria. Napoti 1864, tipografia di Vincenso- Prises, strada fuori Porto,
Medina n. 4. Un opusc. in 16.° dipag.-iS.
8$ BIBLIOGRAFIA
BINBI ENRICO Come nella Chiesa cattolica si rappresentano tutti i dlvin!
Benefizii. Discorso eucaristlco detto nella Metropolitana di Siena 1'uUimo
dell'anno 1864, dal Canonico Enrico Bindi, Rettore del Seminario arcive-
scovile. Siena 1865, tip. Sordo-muti di L. Lazzeri. Un opusc. in 8.° di
pag. 22.
Quello stile schiettamente italiano, ma virace, splendono negli scritti del ch. sig. Can. Bindi ,
disinyolto , e al tempo stesso elegante ; quella rilucono qui tulte riunite in un argomento, quanto
iottrina quanto piena , altrettanto sinceramente ampio in se stesso, altreltanto ampiamente trat-
caHolica; e in fine queH'amore per la Chiesa e tato, come la misura di un discorso di ringrazia-
pel b<me delle anime che sono le doli che ri- mento a Dio consenliva.
BOSCO GIOVANNI — 11 Pastorello delle Alpi, ovvero vita del giovane France-
sco Besucco d'Argentera, pel Sacerdote Giovanni Bosco. Firenze, a spese
della Societa ioscana per la diffusione di buoni libri 1864. Un opuscolo
in Wtli pag. 32.
BUON PASTORE — Periodico seltimanale di Lodi, con approvazione dell'Au-
torita ecclesiastica. Lodi 1864, tip. vescovile Cagnola. Un fasc. selti-
manale a due colonne di 24 pagine. Rirapito per lo Stato pontificio signer
Cav. Pietro Sassi, spedizioniere apostolico in Roma.
Nel grosso rolume in 4.° di pag. 864, che Un Ottavario di discorsi pei Morti> un Sette-
contiene i 52 numeri del 1864, abbiam trovato quo- nario per 1'Addolorata , una Novena pel S. Na-
sti argomenti, assai atli a un pasture di anime : tale ; 6.° Soluzioni di quesili dogmatic! , moral!,
1.° Una spiegazione ( adattata a un popolo di cam- liturgici, disposti secondo 1'ordine dei trattati ; 7.»
pagna) dell' Erangelo della 2. « Domenica succes- Un compendio di notizie religiose politiche. La
siva alia pubblicazione di ciascun fascicolo ; 2.° doltrina e unirersalmente scelta , lo spirito e
Un sermone per le principal! solennita ; 3.° Una sinceramente cattolico, e qnimli il giornale mo-
spiegazione piana o corredala di esempii della rila di essere raccomandato agli ecclesiastic!, per
dottrina cristiana : 4.° Discorsi apologetic! ; 5.° i quali e unicanente composto.
CALORI LUIGI — Vita di Antonio Alessandrini, scritta dal prof. Gav. Luigi Ca-
lori. Bologna 1864, tipografia Camberini e Parmeggiani. Un opusc. in 4.°
di pag. 86.
GANINI FILIPPO — II libro dell'adolescenza, compilato da Filippo Ganini. Le-
zioni di Fisica sperimentale. Roma 1864, presso I'incisore editoref pas-
seggiata di Ripetta n.° 21. Ediz. in 8/ di pag. 353 o 416.
CARRANO ANTONINO — Centuria d'iscrizioni italiane, per Antonino Carrano,
con appendice. Reggio-Calabria, tipografia di Domenico Siclari 1865.
Un opusc. in 8.* di pag. 58.
CESARI DOMENICO LUIGI — Ceremonie della Messa privata e solenne non pon-
tificale, secondo il rito romano, libri quattro per Domenico Luigi Cesarl,
bolognese. Seconda edizione corredata di note e di decreti recenti dal
P. Luigi Maria da Carpi, Minore Osservante. Bologna, per Alessandro Ma-
reggiani, tip. edit. 1864, via Malcontenli 1797. Un vol. in 16.° grande di
pag. XVI. 446.
CIAMPI CARLO MARIA — L'ora eucaristica, ossia Considerazioni proposte dal
sac. romano Carlo Maria prof. Ciampi , a consacrare un'ora del Giovedi
santo alia Meditazione della istituzione dell'eucaristico Sacramento. Ro~
ma, tipografia di B. Guerra 1865. Un opusc. in 32.« di pag. 37. Vendesl
baiocchi 5.
COLETTA LUIGI — II Talmude e la vita di Gesii, ossia le origini del Cristiane
simo e il moderno razionalismo, per Luigi Coletta, prete napoletano. JYa-
BIBLIOGRAFU 89
poli, dalla Raccolta religiosa: LA SCIENZA E LA FEDE 1864-65. Un vol.
in 8.° dipag. 212.
II chiaro e dotlo prete napoletano, sig. Luigi una plena confulazione, non delle frivol v.zo del
Colelta, ha preso direttamente di mira un punlo Renan, ma dei soflsmi anror piii difflr 1 «id suo
solo dell' infame libro del Renan, cioe dire la sistema, il sig. Coletla li svolge lutti, e con molto
bestemmia, che Gesu non fosse altro die un al- nerbo di ragionamento e di erudiziune li confuta
Jievo delle scuole ebraiche dei suoi tempi, e pero anzi li stritola. Finalmenle non pago a queslo com-
il cristianesimo non altro che un nuovo travesti- pito da se imposlosi, e pienaraente oltenuto, dal-
mento della dotlrina giudaica. E siccome il Re- 1' esame stesso del Talmude, che t-gli imprende,
nan asseriva di aver cio chiaramente dedotto dallo forma una nuova dimostrazione della tesi contra-
studio sul Talmude, il suo confutatore esamina ria al Renan: cioe dire, egli difende la Divinita
da principio 1'origine e il valore del Talmude, e di Gesii Cristo con argomenti dedotti unicamenlo
poi ripigliando ad una ad una le asserzitni del dal Talmude. Quest' opera di sacra polemica e per
Renan ne inostra la vanila e la slollezza. E sic- la pienezza della dimostrazione e per 1'ampiezza
come a soslenere quella lesi il Renan non ha dell'erudiziona nel soggetto che svolge, import au-
fatto che seguitarc le orme di alcuni razionalisti tissima, ed onora aliamenle come lo zelo cosi il
tedeschi, molto piii dotti di lui; cosi ad ottenere nome del ch. suo aulore,,
CORR1DI FILIPPO — La Scuola di Candeli, discorsi istruttivi e moral! , acco-
modati alia intelligenza del popolo. Firenze 1864, tipogr. delle Murate
di Stefano Jouhaud e C. Un vol. in 16.° gr. dipag. XXV, 194.
CORSl COSIMO — Lettera Pastorale di Sua Eminenza Rma, il Cardinale Arci-
vescovo di Pisa, al Clero e al popolo della sua Diocesi, per la Quaresima
deli'anno 1865. Pisa 1865, presso P. Orsotini-Prosperi, tip. wrcivesco-
mle. Un opusc. in 8.' di pag. 19.
L'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo di Pisa che si tendono alia loro fede e alia loro pieta ,
in questa sua commovenlissima letteia Pastorale in questi tempi cosi difficili, e li esorla a guar-
indica ai fedeli della sua Archidiocesi le insidie, darsene con ogni diligenza,
DALIT ANTONJNO — Intorno all' Episodic di Olindo'e Sofronia di Torquato,
discorso apologetico del sac. Anlonino Dalii. Palermo 1864, tip. Barctl-
lona, rua Tormaggi n. 21. Un opusc. in 4.° dipag. 15.
DE CARDENAS GEROLAMO— II mio interrogators sui fatti del 30 Gennaio 1865.
Pubblicazione del conle Gerolamo De Cardenas. Torino 1865, tipografia
Arnaldi. Un opww. in 8.° di pag. 15.
DE MARI GIAMBATTISTA — La vita di Guglielmina De Mari, giovanetta ven-
tenne, narrata da suo padre, Giambattista Principe di Acquaviva. Roma,
tip. Monaldi 1865. Un opuscolelto in 12.° dipag. 40.
Questo breve commentario, non meno grazioso anime deboli. L'affetto poi, con cui il signor Prin-
per la elcganza dei lipi che per la forma tutu can- cipe di Acquaviva ha sapulo rilrarle e renderle
dore ed amore che hasaputo dargli chi lo ha del- amabili, e tale che, dopo letto il piccolo volume,
talo, riusciradivantaggio notabile alle giovanette vi sentite mosso non diremo se piu a compian-
che lo leggeranno. Le virtu della piissima fan- gere il dolore d' un padre cosi tenero, o ad in-
ciulla che qui lor si propone a modello, non hanno vidiare la be) la. morte d' una figliuola cosi an-
niente di quel maraviglioso che suole sgomentare le gclica.
DE SEGUR — Alle persone di buoaa fede. Le Obbiezioni popolari contro
TEnciclica, per Mons. De Segur. Traduzione della D. 1. G. N. Itoma 1865,
tipogr. Monaldi. Un opusc. in 32.° di pag. 40. Vendesi cent. 25.
Mons. De Segur e tra gli scriltori che sono piu di quelle Terita che vi sono altamenle insegnata.
amati dal popolo , pel quale ha sernpre scritlo La versione facile, sciolta, corretta e dovuta alia
con facilita, con fuoco, con amor grande , per penna d'una pia dama (se non c'inganna 1'inter-
difenderne la fede e la pieta. Questo recentis- pretazione delle lettere iniziali che ne celano il no-
«imo suo libricino e veramente un tesorelto per me) , la quale dev' esser contenta di aver fatto
la gente mencolta: perche le snebbia la mente con tal fatica non solo una buona versione, ma
d'ogni soflsma e calunnia lanciata contro 1'En- eziandio e molto piu un'opera veramente buona.
oiclica del S. Padre, e glie 1'apre allo splendore
00 BIBLIOGRAFIA
DE SEGUR — Trattenimentl familiar! sul protestantesimo, di Mgr. De Segar,
prelato domesiico di S. S., dignltario del Capitolo imperiale. Traduzione
dal francese. Firenze,aspese della societa toscana per la diffusione di buo-
ni libri, nclla tipografia delle Murate 1863-64. in vol. in 32." di pag. 28L
Questo libretto, scritto dall' aurea e zelanlissi- disce franco dentro i eonfini delle province ita-
ma penna di Monsignor de Segur, e stato slam- liane per centesimi 55 la copia : e per Lire 3. 50
pato dalla Societa toscana per la diffusione dei se ns spediscono copie dodici.
buoni libri in uaa graziosa edizione. Esso si spe-
DE-VIT V1NCEKZO — L' anima divota, aiutata nei suoi esercizii spiritual! al-
raderopimento del suol doveri di carita verso Dio e verso il prossimo.
Operetta del sacerdote Yincenzo De-Vit Firenze, a spese della Societa
toscana per la diffusione di buoni libri 1864. Unvol. in 16.° dipag. 278.
— Tothis latinitatis Lexicon, opera et studio Aegidii Forcellini, Seminarii
patavini alumni, lucubratum et in hac editione novo ordine digestum,
amplissime auctum a'que emendatum, adieclo insuper altera quasi parte
onomastico totius latinitatis, cura et studio Boct. Vincentii De-Yit, olim
alumni ac professoris eiusdem Seminarii. Prati, apud Alberghettum et
Socc. in typographic Aldlna 1865. Tomi 77, Dlstributio XIX. Un fasc.
in 4.° da pag. 833 a 913 del vol. 2.° Si giugne alia voce EVITO.
DI-PIETRO STANISLAO — Musica sacra del P. Stanislao Di-Pietro d. C. d. G.
direttore della Cappella Gregoriana nel Collegio romano 1865. Ciascun
pezzo vendesi presso il sig. Alessandro Befani, via del Seminario n.9 123.
AH' Uflizio ^/rOsservatore Romano. Al deposito di stampe via S. Chia-
ra 47. Ed a via Pie di Marino 4.
— Solca il mar. Canzonetta a Maria, scritla per voce di soprano con ac-
compagnamento di Piano-forte. Franco 1.
— Fanciulli, viparla la madre di Dio, voci di tenore e coro di soprani in
risposta. Franco r/3.
- Quando sard fra gli Angeli, solo di tenore.Franco r/a.
- Se nell'estremo istante, scritta per voce di basso : 0 madre di amore, per
coro di soprani. Franco 1.
— Tutta bella sei Maria. Canto popolare. Franco 1.
FERREIRA DE MATHOS FRANCESCO — L' antidoto nelle sciagure, ossia rimedio
eflicace che un' anima tribolata pud ritrovare nella considerazionc della
Provvidenza divina. Napoli, tipografta di Angelo Frani 1865. Un opusc.
in 8.° di pag. 51.
I' antidoto nelle sciagure e il confidare nella che STOlgesi eon lucido ragionamento, e con op-
dirina Provvidenza, e il vivere conforme agli portuni coosigli nel corso di questo libro.
ot dinamenti della medesima. Questo e il concetto,
FOGLIETTA UBERTO — Uberti Folietae Clarorum Ligurum Elogia, retractatius
pleniusque edidit Aloisius lacobus Grassius Alaxias, ad S. Mariae Reme-
diferae Canonicus, inque magni Genuensis Atheneaei Collegio Philoso-
pliorum ac litteratorum Doctor Collegiatus. Disceptationem addidit de
prioribus sanctisque Genuensium Episcopis, nominumque indicem notis
chronologicis locupletavit. Gennae MDCCCLX11H, venundatur a Vin-
centio Canepa. Un vol. in 8.° di pag. VIII, 333.
La nuova edizione di quest! commentarii del illustre citta di Geneva , di cui vi sono celebratt
Foglietta non lorncra solamente a splendore della tanli illustri figliuoli ; ma nello stesso tempo a
BIBLIOGRAFIA 9f
vanlaggio non leggero delle leltere Mine , le curata la edizione sopra F ultima , e percio pin
quali ora non pochi si studiano, per divina mer- correlta, eseguita essendo ancor vivo 1'atUore e
ce, di rivocare all'antico splendore. II Foglietta, sotlo i suoi occhi , ha loro aggiunto inoltre un
di fatti, secondo la opinione non solo de' con- pregio, di cui eran mancanti, ia distinzione cioe
temporanei , come furono i Flaminii ed i Ma- e 1'ordine de' tempi, nonche alcune disquisirioni
nuzii, ma de' piu recenti ancora, tra quali basta intorno ai piu antichi Vescovi di Geneva: ogni
notare il Lagotnarsini e il Tiraboschi , merila il cosa comprendendo in note disposte per ordine
vanlo di uno de' piu purgali ed eleganti scriltori alfabetico', per non alterare menomamente il
del secolo XVI; di quel secolo cioe , il quale testo. Raccomandiauio dunque caldamtnte codeslo
parve far mivere i tempi di Auguslo: tauto ge- libro non pure ai Genovcsi, i quali vi hanno in-
neralmente e con tanta felicita fu allora coljivato teresse di patria, ma a quanti sono amatori deite
1'idioma del Lazio. Ne questa pero e una sem- bellezze laline , i quali vi troveranno un egre-
dlice riproduzione de' suddetti commentarii. II gio esemplare.
chiaro Can. Luigi Giacomo Grassi, ollre ad aver
FONTANABONA LUIGI — Modo di apparecchiarsi alia festa di sant' Antonio da
Padova, preceduto da un breve cenno suIla vita di lui, per Don Luigi
Foutanabona da Borghetto di Yara, Diocesi di Sarzana. Ferrara, lipogra-
fia di Domenico Taddei 18ti5. Un opusc. in 16.° gr. di pag. 31.
GALLERAKI ALESSANBRO - L'Autorita dell'Enciclica dell' 8 Dicembre 1864.
Discorso tenuto nella chiesa del Gesii di Roma, il 19 Febbraio 1865, dal
R. P. Alessandro Gallerani d. C. d. G. 'Roma 1865, coi lipi ^eWOsserva-
tore Romano. Un opusc. in 8.° dipag. 28.
GHILARDI — In difesa delle corporazioni religiose e di altri enti ecclesiasti-
ci, appunti morali, religiosi., sociali alia legge Pisanelli, chene minaccia
la soppressione. Secondo opuscolo di Mons. Gbilardi de' Predicatori,
Yescovo di Mondovl. Torino, tipogr. delV Oratorio di S. Francesco di
Sales 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 113.
L' invitto e dottissimo Vescovo di Mondovi in fonda il progetto di legge per la soppressione
quest'opuscolo dlmostra quanto sieno insussistenti, degli Ordini religiosi, presentato al Parlamealo
illusivi e irragionevoli i molivi, sopra i quali si dal Pisanelli.
— Mostruosita della legge Yacca, opuscolo di Mons. Ghilardi dei PP.,Yesco-
vo di Mondovi. Torino 1864, dalla tipografia dell' Armour, via Montebel-
lo n.° 22, casa Giani. Un opusc. in 16.° gr. dipag. 77.
Alia legge Pisanelli per la soppressione dcgli Chiesa, infesta e rovinosa alia pallia, barbarica
Ordini religiosi fu sostituita la legge Vacca: e verso il civil consorzio. A tutti e nota la dottri-
siccome contro la prima scrisse forlemente Mon- na, lo zelo, la facondia dell' illustre Vescovo di
sig. Ghilardi, cosi fa ora contro la seconda. Egli Mondovi: quindi a noi basta il dire che quelle
la dimostra iniqua in se stessa, sacrilega ed em- tre qualita si trovano riunite insieme in questo
pia verso Dio, sconoscenle e tirannica verso la utilissimo opuscolo.
GIBELLI GAETANO — Avvisi ai giovani, scritti dal professore Gaetano Gibelli.
Bologna 1865, uffizio delle letture della Domenica, via Malcontenti 1797.
Un opusc. in 32." di pag. 95.
Piccolo libricino se tu ne guardi il volume; pari agli ottimi e questo del Prof. Gibelli. Esso
ma se ne guardi la saviezza e 1'opporlunita dei e un bel dono a farsi ai giovanetti nelle scuole
consigli e la elegante gravitk dello stile, libro e nelle famiglie.
GIUSTINIANI BIAGIO — Ad onore della Madre dei Buon Consiglio il mese di
Aprile, proposto da Biagio Giustiniani, sacerdote napolitano. Napoli,
stamperia del Fibreno 1864. Un vol. in 32.° di pag. 104.
- Esercizii divoti per la festa di S. Agostino, di S. Monica e Maria Sma
della Consolazione, proposti da Biagio Giustiniani, sacerd. nap. Seconda
edizione. Napoli, stamp, del Fibreno 1864. Un opuscolo in 32.° di pag. 32*
92 BIBLIOGRAFIA
GOSELL'NO GIULIAN9 — Congiura di Piacenza contro Pier Luigi Farnese, de-
scritta per Giuliano Goselliuo, scrittore contemporaneo, in 12.° di pagi-
ne XIX-107. Firenze, prcsso Ciacomo MolM 1864.
Questo Tolumetlo e il quinto delle Delizie degli quello di offerire una lezione conferita diligente-
eruditi bibliofili italiani, raccolta di cose raris- menle con ua buon testo a penna: e in cio si yan-
Sime o diss^polte da manoscrilti o da irreperi- taggia sopra la edizione che ne fece il Rocchi in
hili stampe r prodotte, la quale sara compresa in Lucca 1'anno 1762. Oltre questo ha la novita di
dodici di quest! volumetti. La presents rislampa, andare amcchita d' un' altra assai leggiadra scrit-
che e di soli 254 esemplari, al pregio di una turetta del cinquecento, che conliene una biografla
correzione squisita e di tipi e di carta da vin- del (Josellino, ed e lavoro di Francesco Malchiori
eere il dente edace di molti secoli, aggiunge Opitorgino.
GOUSSET TOMMASO M. G. — Teologia del Cardinale Tommaso M. G. Gousset,
Arcivescovo di Reims, prima versione italiana di Gianfrancesco Rambel-
li, riprodolta con emendazioni. Parma, Pietro Fiaccadori 1864, fasc. !Xr
in 8 • dapag. 481 a 680 del vol. 2."
LAWLEY FRANCESCO — Manuale del Vignaiuolo, o modo di coltivare le viti
e di fare il vino, per F. Lawley , con 80 incisioni intercalate nel testo.
Firenze 1865, A. Bettini libraio-editorc da Santa Tiinita, via de'Torna-
buoni, 13. Un vol. in 16.° dipag. 240.'
LE GUILLON C. M. — I Santi del mese, o letture pratiche della vita dei Santi
piu celebri e dei principal! misteri della Religione. Opera dell' Abate C.
M. Le Guillon, canonico onorario di Quiraper, e cappellano della carita
a Parigi ; tradotta dal sac. Autonino Dalu, coll'oggiunta di alquante note
e di due indici alfabetici per comodo dei leggitori. Palermo, stabilimento
tipografico di Francesco Lao 1855, !.• e 2.° semestre in 16.° di pag. 438 e
dapag. 439 a 83 L
In ogni di vien posta una massima, una pra- meniora dalla Chiesa, oltre il compenclio delle
tica, un' orazione ed un' esortazione analoga al principal! notizie sloriche, relative al detto Santo o
Santo o alia solcnnita che in quel gioruo si com- alia delta solennila.
LEONARDI M. — Nelle esequie del P. Giovambattista da Catania, discorso fu-
nebre pel prof. M. Leonard! da Melilli , Cappuccino , letto nella chiesa
dei RR. PP. Cappuccini di Catania, il di 31 Maggio 1864. Adreale, co'tipi
di Vincenzo Strano Meli 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 36.
LICCARO VALENTINO — Manuale di Predicazione ad uso del C ero curato, del
sacerdote Valentino Liccaro, gia cooperatore parrochiale di Tarcento,
poi segretario e cancelliere arcivescovile di Zara ecc. ecc. Parte prima ;
Le feste del Signore, T. IV : Corpus Domini e sacre. Venezia, dalla tipo-
grafia di F. A. Perini ed. 1864. Un vol. in 16.° di pag. 430.
LU1GI-MARIA DI GESU' — Trattato elementare cl'aritmetica, del P. Luigi-M.a di
Gesu, trinitario scalzo, per uso dei giovanetli. Napoli, dallo stabilimento
tipngraftco deWAtcneo 1864. Un vol. in 16. • gr. dipag. 203.
LUXARDO FEDELE — Badia di san Giu'.iano presso Genova, pel sac. Fedele
Luxanlo. Genova, tip. della Gioventii 1864. Un opusc. in 8.e di pag. 15.
MAFFEI P; A. — Yita del Papa san Pio V dell' Ordine dei Predicated, per P.
A. Maffei, alquanto abbreviata e arricchita di note, cavate da altri autori.
Monza, tipografia dell' Istituto dei Paolini, piazza di S. Agostino n 480.
Vol. 3. in 32.« dipag. 144, 160 e 116.
MANUZZI GIUSEPPE — Vocabolario della lingua italiana, gia compilato dagli
Accadernici della Crusca , ed ora novamente corretto ed accresciuto dal
BIBLIOGRAFIA 93
Cavaliere abate Giuseppe Manuzzi, seconda edizione riveduta e notabil-
meiUe ampliata dal compilatore. Firenze, nella stamperia del vocabolario
e del testi di h'n#wal864, dispensa 56 in 4.° da pag. 727 o 774 del vol. 3.»
Si giugne alia parola RIBADITO.
MASINELLI ANTONIO — Lo stato delle scienze specialmente sacre In Italia ,
memoria del Dott. Don Antonio Masinelli, 3.a edizione. Modem, tipogra-
fia deir Immacolala Concezione 1865. Un opusc. in 16.° dipag. 27.
MAZZOLA LUIGI MARIA — Invito universale alia dolce divozione del sacro
Cuore di Gesu, diretto a tutti i cattolici del mondo , dal sac. napolitano
Luigi Maria Mazzola, Eddomadario dell' insigne Collegiata di S. Giov.
Maggiore. Napoli 1864, stamperia e libreria di A. Festa, strada S. Giov.
a Carbonara n.° 104. Vn vol. in 16.* di pag. 467.
I motivi per praticare la devozione al sacro pra i varii punti della Vila e della pieta cristia-
Cuore di Gesu, il caro oggetto di essa, i frulti na. Chiude 1'opera un tridno sull'amore di Gesu
salutari che produce, coslituiscono 1' argomento Crislo, terminato dalla consecrazione di tutto se
delle riQessiooi per tutte le mattine di un n.e&e al divin Cuore.
intero. Per la sera .yi sono assegnate lezioni so-
MEMORIE per la storia de' nostri tempi dal congresso di Parigi nel 1856
ai giorni nostri. Torino 1865, stamperia dell'Unione tipograftco-editrice,
via Carlo Alberto, casaPomba, n. 33. Terza Serie, I.°e2.° Quaderno, 25°
della Raccolta. Ediz^in 8.° da pag. I a pag. 128.
MICHELI LODOVICO — II Matrimonio, Poiimetro di Lodovico Miclieli, per le
auspicatissime nozze della incomparable donzella romana Silvia Merolli,
col nobile giovane Francesco Ricciardi dei Coriti di Camaldoli di Napoli,
celebrate in Roma nel giorno 26Febbraio 1865. Tipografta Cesarelii. Un,
opusc. in 4.° di pag. 12.
MONACI FILIPPO — Vita di santa Rosa Verghie viterbese, descritta dal P. Fi-
lippo Monaci d. C. d. G. Monza 1864, tipografia dell' istituto dei Paolini
piazza di S. Agata n.° 480. Vn vol. in 32.° di pag. 208.
Molti hanno scrilto la Vila di santa Rosa da dalle diligenze da lui adoperate, come egli ci
Viterbo; ma pure una sloria sincera, piena, or- racconta nella prefazione, e dal racconto stesso
dinata delle sue geste a propriamente dire, non che egli ce ne offre in islile assai italiano, ei ci
T' e. Ha ora tentato di farla il P. Monaci : e sembra che 1'abbia realmente fatla,
MONNIN A. — Della carita. Discorso del sig. Abate A. Monnin, detto alle da-
me della carita di Firenze, a spese della societa toscanapcr la dif-
fusione di buoni libri 1865. L'n opusc. in 8.° di pag. 23.
Credere al povero, quale immagine e memoria sistere lutlo 1' esercizio. 11 suo discorso, largo
di Gesu Redentore sulla terra, e amare il povero assai nolle idee , e pieno di uniione e di santo
con quell'amore slesso che noi dobbiamo a Gesii affelto, e nato fatto per innamorare le anime di
Redentore, sono i due ufflcii die i! ch. abb. Mon- quesla virtu, che costituisce la tessera propria del
nin attribuisce alia carita, e nei quali ne fa con- cristianesimo.
MONUWENTI di storia patrla delle province Modenesi — Cronaca Modenese
di Tommasino De' Bianchi, detto de' Lancellotti. Parma, Pietro Fiacca-
dori 1863, vol. II, fasc. 1, II e HI in 4.° da pag. 1 a 240.
NARDI FRANCESCO — Discorso tenuto nella cbiesa del Gesu alia Conferenza
della Societa di S. Vincenzo di Paoli, il di 8 Decembre 1864, da Monsignor
Francesco Nardi, Uditore di S. Rota, e pubblicato in occasione delle felici
nozze del Conte Francesco Bruschi Falgari colla Contessa Matilde Mare-
94 BIBLIOGRAFIA
scalchl. Roma 1865, dalla tipografia Sinimberghi. Un opusc.inSS df
pay. 20.
Nobilissimo discorso d questo : pieno di alti di S. Vincenzo di Paoli alimenlino nei loro petti
pensieri e di caldi affelti, di consigli generosi e la fede in Dio e la carita yerso del prossimo.
pratici a un tempo, perche i membri della Sociela
ORTALDA GIUSEPPE — I missionari! apostolic! italiani, sparsi nelle missioni
estere delle cinque parti del mondo, al Senate del Regno. Torino 1865,
dalla lip. diGiacinto Marielti. Un opusc. in 4.° dipag. 96 con tav.
Questo libro e indirizzato ai Senalori d' Italia tali i nomi , la patria e il luogo della missione
per raccomandar loro gl' interessi del missionarii dei 2056 missionarii italiani , 1' autore discorre
italiani, nell' esame delle leggi che li risguar- brevemente delle singole missioni , e dei frutti
dano. II ch. e zelante Canonico Ortalda dimo- che vi si raccolgono , delle istituzioni esistenti
stra quanta utilila essi arrccano colle loro fatiche in Italia per educare i giovani chierici che vi si
alia causa , non solo della Religione c della destinano, delle limosine e dei doni che si rac-
Chicsa, ma eziandio dell'incivilimento in lulte le
parli del mondo, ove essi predicano agl' infedeli
ed agli eretici la vcra fedo. Dopo aver ripor-
colgono in Italia, posti in paragone alle offerte
delle Societa bibliche pei loro ministri prote-
stanti.
PAZZAGLIA PASQUALE — Collezione di discorsi sacri del Can. Pasquale Pazza-
glia , arcipretedi Castelvecchio in Savignano. Bologna, per A. Mareggia-
ni, tip. edit., via Malcontenti 1797, 1865. Un vol. in 16.' di pag. 287.
Questo libro conliene otto ragionamenti : cioe Non sono prediche, ne discorsi alia Chiesa ; ma
due sulla divinila di Gesu Cristo , cinque sulla piccioli Irattali, i primi due contro Renan, gli al-
necessita della rivelazione divina, ed uno sulla tri cinque contro i razionalisti e 1' ultimo contro
religione in rapporto all' uomo ed alia societa. gl'increduli.
PERI PIETRO — Storia dtlla Svizzera italiana dal 1797 al 1802, compilata da
Pietro Peri, sugli abbozzi e document! lasciati da Stefano Franscini. Lu-
gano, tip. e lit. cantonale 1864. Un vol. in 8.° di pag. VII. 392.
I cinque anni , abbracciati in questa Storia , origine. Al tempo stesso qui si ha il vero prin-
furono fortunosissimi, come per quasi tutta I'Eu- cipio della storia politica del Cantone del Ticino,
ropa , cosi specialmente alia Svizzera , la quale perche in quegli anni i cosi detti Baliaggi ita-
per la sua vicinanza alia Francia dovelle sentirc Hani di Bellinzona e Lugano, dalla condizione di
vivissimo il coutraccolpo della gran Rivoluzione vassalli della Repubblica svizzera, cominciarono a
francese. E di quesla sembra qui che descrivasi passare a quella di Cantone sovrano, eguale agli
un episodic , mentre
rnoli e gli eccessi, e
leggono narrati tutti i
vicende e le peripezie di
quella liberta , che ispirata e fomenlata dalla
Francia , serbava fedelmente anche nelle valli
della Svizzera itaiiana le sembianze della sua
antichi Cantoni.Lanarrazioneesemplice, chiara,
accurata ed anche assennata e retta, almeno ge-
neralmente, in que' giudizii che 1' Autore qua e
cola, ma con gran parsimonia, va interponendo
ai fatti.
FRISCO GIUSEPPE — Element! di Filosolia speculativa secondo le dottrine
degli Scolastici, specialmente di S. Tommaso d' Aquino, perl' Abate Giu-
seppe Prisco. Seconda edizione, notevolmente corretta dall' autore. JVo-
poli 1864, stamperia e cartiere del Fibreno, strada Trinita maggiore
n. 26. Due vol. in 8.° di pag. XX///, 232, 438.
Nel fascicolo del 1.° Seltembre 1864 facemmo sta esce ora alia luce, notevolfnenle corretta, spe-
ampio e ben meritato elogio di questi Elementi cialmente in tutlo cio che risguarda facilita e chia-
di Filosofia : e ci gode 1' animo nel vedere che rezza. Essa si vende Lire 8. 50 in Napoli al Vico
1'accoglienza fattane dal puhblico abbia data ra- Pazzai-iello ai Banchi Nuovi N. > 16 presso 1'au-
gione al nostro giudizio, giacche la pri:iia edi- tore medesimo, dal quate s'invia franca di posta,
zione fu in pochissimo tempo spacciata tutta , e a chi spedisce, merce vaglia postali, il detto de—
per soddisfare alle sempre crescenti richieste e naro. Ve ne e anco un deposito a Firenze pres-
stato necessario intraprenderne una seconda. Que- so il libraro P. Ducci.
BIBLIOGIUFIA
RAVVI7TI CONTE ERNESTO — Delle recent! avventure d' Italia , per il Conte
Ernesto Ravvitti. Le cause, Un vol. in 8.° gr. dipag. 313. Venezia, tipo-
grafia Emiliana 1864.
Cou quest' opera , di cui il presente volume fetti tulti i success! che tenner dielro alia pre-
conliene solo la prima parte, 1'Autore si e pro- citata dichiarazione di guerra nel 1859.
posto di forriire agl'Italiani un quadro storico e II libro e condotto con molto senno: chiaro ,
ragionato della Rivoluzione, che dal 1859 in qua stringato e semplice nello stile : ricco di nolizie,
sconvolge tutta la noslra Penisola. Per eseguire di citazioni, di confronti , di osservazioni acute
queslo disegno egli ha ideato due naturalissime
division! . 1' una delle Cause intorno alle quali
discorre in quesio volume, e 1' altra degli Effetti
e di aneddoti importanti. Lo spirito e di cattolico
schietto e di onestissimo gentiluomo, sinceramente
affezionalo all' Italia ed al suo vero beno. Non
che sara matcria del volume seguente. Le cause sappiamo che esista lavoro di storia contempora-
di questa Rivoluzione esamina in due diversi
periodi. 11 primo, che denomina Quarant' anni
di preludio, si stende dal 1815 al 1856, cioe dal
Congresso di Vienna al Congresso di Parigi, e
abbraccia tutti i principal! avvenimenti e le tra-
me settarie che doveano far capo nella genera-
le Rivoluzione: e se ne tratla sommariamente ,
ma con sagacia , in sei capitoli intitolali : La
Carboneria in Italia, Carlo Luigi Bonaparte, La
Francia a Roma , Mediazione napoleonica a
Gaela, Le prime armi di Cavour, La Sardegna in
Crimea. II secondo periodo , che denomina /
palli secreti, cotnprende un racconto assai par-
ticolareggiato degli apparecchi immediati della
Bivoluzione , in allri nove capitoli , che sono /
primi concerti, La queslione italiana al Con-
' gresso, L'intervenlo settario, Fatti delle Due Si-
nea , il quale possa compararsi a questo nel
merito di esibire in un solo sguardo tutta la tela
degli odierni rivolgimeati. Percio lo raccoman-
diamo a coloro che studiano le cose patric, e a
quanti desiderano formarsi un limpido concetto
della tenebrosa opera di servitu e di distruzione
nazionale, che e cotesta della noslra Rivoluzione,
fatlasi in nome della indipendenza e della nazio-
nalita. La lettura di questo nobilissimo libro del
signor Conte Ravvilti mostra ad evidenza al^
luata la verita di quel celebre detto di san Gre-
gorio Magno die : Huius mundi sapientia est cor
inachinationibus tegere , sensum vcrbis velare,
quae vera sunt falsa ostendere, quae falsa sunt
vera demonstrare. A do si riduce tutta la mac-
chiavellesca perfldia usata per fare la pretcsa ri-
generazione d' Italia. Questo volume si vende
cilie, Orsini e Plombieres, II capo d' anno , I Fior. 1,20 nell' Impero auslriaco e Franchi 3, 50
pacieri, I volontarii e la Lombardia, Dichiara- fuori. Chi lo acqaista si obbliga a prendere an-
zione di guerra. Col che 1'Autore chiude la es- che il secondo di prossima pubblicazione che ha
posizione delle Cause, annoverando tra gli Ef- per titolo Gli Effvtti.
RIGUTINI GIUSEPPE — Giunte ed osservazioni al Vocabolario delVuso toscano,
per Giuseppe Rigutini. In 8.° gr. di pag. 89. Firenze, lip. Cellini 1864.
Ai molti pregi che tutti gl'intenditori del hello compelentissimo in quesla maleria. Le giunte
della lingua toscana riconobbero nel Vocabolario
dell'uso pubblitato dal ch. sig. Pietro Fanfani,
andavan congiunti difetli inseparabili da un la-
non poche e le osservazioni non superficial! che
si contengono nel presente opuscolo, vogliam cre-
dere che debban servire a crescere e a miglio-
rare la seconda edizione del Vocabolario dell'uso
che da molti si aspella ; e si desidera da tulti
\oro si difficile a condursi con perfezione, com'c
quello di un simile vocabolario. Lasciando stare
gli appunli di ragione morale, che tutti gene- coloro che , per riguardo della pudicizia , sono
ralmente gli fecero e che sono troppo meritati nella dura necessila di privarne i giovani loro
(V. Civilta Cattolica , Serie V, vol. VIII, pag. allievi, ai quali la prima edizione non puo con-
465 seg.), altri se gliene mossero di ragione let- cedersi (come dice sapientemente anche il Rigu-
teraria, piu o men giusti, piu o men passionati tini) senza pericolo del costume che val meglio
secondo 1'animo vario del censori. II signor Ri-
gutini, senza passione di affelto come senza in-
.giuslizia di criterio, in questa raccolta di giunte
e di osservazioni , che e venuto slampando in
un periodico e che ora ha data fuori tutta unita,
pare a noi che abbia ristretto il meglio delle
della lingua. Del resto che il Vocabolario dell'uso
fosse capace di nuove e non piccole giunte lo ha
provato ancor egli quel valente filologo che e
il P. Mauro Ricci delle Scuole Pie , inviando su
questo proposito al Fanfani, che le ha messo in
luce nel suo giornale 11 Borghini , le saporitis-
censure, che saviamente si poteano apporre al- sime letlere che vi si trovano, sollo 1'ameno pseu-
1'opera pur sempre stimabilissima del Fanfani, e
insieme col fatto abbia dimoslrato d'essere eensore
donimo di Fra Possidonio da Peretola.
ROHRBACHER ABATE — Storia universale della Chiesa cattolica, ilal principio
del mondo fino ai di nostri , dell' abate Rohrbacher , dottore in teologia
06 BIBL10GRAFU
nell' Universila caltolica di Lovauio ecc. ecc. Prima traduzlone italiana
sopra la terza edizione, conlenente moltisslme aggiuiite e correzioni del-
1'autore, in seguito agli appuuti falti alle due precedent'! edizioni. Secon-
da edizione riceduta e corretta. Torino 1864, per Ciacinto Mariclti, lipo-
grafo-librain. Vol. Vie VU in%.° di pag. 824, 950.
ROMANI AGOSTINO — 11 Catechismo di un curato iutruso, ed una esortazione
per corroborare il c .ttolico nella fede di Gesii Gristo, per D. Agost,ino Ro-
man!, socio di varie accademie ecc. ecc. Roma, tipografia Monaldi 1865.
Un opusc. in 16.* dipag. 44.
ROTUNDO ANTONINO — La divozione al patriarca sail Giuseppe, utile a chic-
chessia, promossa in nove discorsini istruttivi e familiari, del sac. Antoni-
no Rotundo di Alcamo. Palermo, stabilimento tipografico diFr. Lao 1865.
Un opusc. in 32.° di pag. 78.
SANTI VINCENZO — Materia e forma, ossia element! costitutivi dei corpl. Pe-
rv-gia 1865, slabilimcnto tipo-lilografico in S. Severo. Un opusc. in 8.»
di pag. 15.
Qucsla breve disscrtazionc ha valor grandc, perchc il suo ch. autorc alle scienzc mediche accop- '
pia profoudii conoscenza dclla filosofla.
SANTORI CAM1LLO — II principato civile del Romano Pontefice e la liberta di
coscienza. Osservazioni del professore Camillo Santori, sacerd. romano.
Roma 1865, fralelli Pallotta tipoyrafi in piazza Colonna. Unopusc- in 8.*
di pag. 47.
Inviliamo i noslri Icttori a leggere qucsla ec- il Suarez c tutti i cattoliri dottori , si riducc
ccllento operetta, nclla quale con non poca doltrina quella dotlrina. Vale a dire che il punire gli
vengono dichiaratc c scioltc in varii punli , le crelici, apoitati dalla fcdc, che hanno professata
UilDcoili die sogliono oggi confonderc le nienti nel batlesimo , e cosa lecila e sanla , pnrchc si
«li niolti, nella qucstione dclla libcrtiv di coscicn- faccia da chi ha il potere , e conseguenlement* .
zae delle sue relazioni col princJpato sia civile puo esser leoita la coazione alia fede; che la
sia ecclesiaslico. Solo in alcuni luoghi , i quali Chicsa raltolica ha il potere <li punire e co-
parevano richicdcrla , avremmo voluto una piii stringerc gli eretici ; c flnalmenlc che ad essa
tsplicila e netta esposi/ione della dotlrina catlo- Chicsa c stala conccssa la potestk di costringere
lica sopra la coazione alia fede. Avremmo cioe i detli eretici non solo con pene spiritual! , ma
desiderate, cho il ch. Aulore, distinguendo tra i anche tcmporali e corporali. Suarez, do fid. disp.
dissident! gli erelici e gli apostati, avcssc aper- 20, seel. 3.
tamente afTcrmati i Ire punti, ai quail, sccondo
SCHMID G. EVV. — Catechismo istorico, ossia Spiegazione completa del Cate-
chismo per via di csempii veri ed autentici, per G. Evv. Schmid, catechi-
sta nella scuola superiore delle Orsoline di Salzbourg. Prima versione i-
taliana dalla francese dell'ab. P. Uelet, per G. Bobbio sac. Barnabita. Par-
ma, Metro Fiaccadori 1864. Vol. secondo in 16.f gr. di pag. ITS.
S1GNORIELLO PASQUALE — Cenno storico della vita, virtii e miracoli del veil.
Servo di Dio P. Pompilio Maria Pirrottii delle Scuole Pie, per Pasquale
Signoriello, sacerdote napolitano. Napoli 1865, stamperia e librcriadi
Andrea Testa, strada Carbonara n. 104. Un vol. in 16.° di pag. XI, 384.
In Campi, Diocesi di Lecce , nella non tarda sua vita e qui coscienziosamenle descrilla dal
cli di 1SG anni mort nel 1776 il P. Pompilio Ma- ch prete napoletano Pasquale Signioriello, sopra
ria Pirrotla delle Scuole Pie , in fama di gran i process! ordinarii, compilati nelle due Diocesi
santita, confermata dal Signore con le assidue di Benevenlo e di Lecce.
grazie concedute ai fedeli che lo invocarono. La
BIBLIOGRAFIA 97
SIMONETTI LUDOV1CO — De Patavino Seminario a B. Gregorio Card. Barbadico
instituto, Ludovici Simonetti , canonic! patavini et in eodem Seminario
Academiae professoris, Carmen. Patavii j typis Seminariilf&l. Un opusco-
lo inL°dipag.W.
— Manus, sive nobiliora manus ministeria, Carmen. Patavii, typis Seminarit,
C. Salani et A. Selmi cur. Un opusc. in 4.° di pag. 22.
Tfonsappiamo dissimulate la nostra gioia tulte ferrate, della Fotografia e del Telegrafo eleltrico,
le TOlle (e per diviua merce non sono rare), che Ognuno vede quanta perizia di lingua e necessaria
«i viene tra le mani alcun lavoro latino, che sia per esporre convenientemente materie affatlo sco-
<?eramente latino, di autori conlemporanei, tanto nosciute agli anlichi, e inollre quanta felicila di
se in prosa, quanto se in Tersi. Tra i bellissimi fantasia fa bisogno per renderle accessibili alle
pero che ci e accaduto di leggere in questi ul- grazie poetiche. Ora il chiarissimo Professore noa
timi tempi collochiamo le due poesie, annunziate solamente ha superate con vantaggio le soprad-
qui sopra , del chiarissimo canonico Simonetti, delte difficolla, ma da esse appunto ci pare che
Professore del Seminario di Padova. In esse la pu- abbia tralto le migliori bellezze di lingua e di
aita del linguaggio gareggia colle grazie della poesia. Citiamo per esempio, non potendo ripro-
poesia , la sceltezza delle forme colla scorrevo- durlo, il lungo tratlo intorno al Telegrafo elet-
lezza dello stile, la novita delle cose colla faci- trico, che si estende dalla pag. 11 alia 16. Ci ral-
lita della espressione. E sono appunto i pregi, che legriamo dunque e ben di cuore non solo col si
costituiscono i lineamenli proprii di amendue i celebre Seminario di Padova , che ha la forluna
componimenti ; ma che si fanno ammirare di piu di continuare con questo suo egregio Professore
nel secondo, intorno i piu nobili usi e servigi la tradizione de' suoi grandi laiinisli ; ma an-
della Mano, altesa la somma dlfflcolta dell'argo- cora coll' Italia, la quale vede rifiorire, per co—
tnento. Perocche 1'Autore, fra le molte altre cose pia di assai colti scrittori , e Ira essi di ottimi',
ha tollo in esso a descrivere in modo particolare le gloric, da molti altri pur troppo obliate, del-
le ultimo invenzioni del Piroscafo, delle Strade 1'antica sua lingua.
SPINELLI GIUSEPPE — II Papa suddito e la liberla della Chiesa cailolica. Rac-
contistorici pel sac. napolitano Giuseppe Spinelli. Napoli , stabilimento
tipografico del Tasso, Mezzocannone n. 75 p. p. nobile, 1862. Un vol. in,
H.° dipag. 172.
Lo zelante e colto scrittore di questo libro di- e nell'altro periodo la Chiesa intera ebbe impe-
niostra, per via di storici racconti , le tempeste dimenti gravissimi, ostacoli, persecuzioni, marti-
orribili e le lotte inique che ebbe a sostenere la rii di ogni genere ; si trovo in una parola in-
€hiesa in quei pochi seeoli, nei quali i Ponlefici ceppata in ogni passo e in ogni opera. Per com-
Sommi non ebbero Principato : per dedurne quale piere il suo lema vi aggiugne 1'aulore un terzo
sarebbe, umanamente parlando, la condizione di periodo storico , i Papi sotto gl' imperatori di
•essa, se i Papi ridivenissero sudditi di lerreni si- Germania ; poiche quantunque allora i Pontefici
gnori. Egli adunque abbraccia i due period! sto- fossero Sovrani di dritto, pur nondimeno per le
rici precedent! alia Sovranila temporale deiPapi: prepotenze, che nel fatto quei Principi esercita-
cioe i Papi sotlo i Cesari pagani di Roma, e i vano negli Stall suggetti al Papa, infinite cala-
Papi sotlo i Cesari cristiani di Bizanzio. Nell'uno mita ne provennero alia Chiesa.
S.TRENNE — II tribute della gratitudine. Piccola Strenna delle letture catto-
liche di Napoli, per 1'anno 1864. Napoli, direzione delle letlure cattoliche,
Gennaro 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 40.
— II romito di Posilipo. Piccolo Strenna per 1'anno 1865. Napoti , direzione
delle letlure caltoliche, 1.° Gennaio 1865. Un opusc. in 82.° di pag. 48.
— La Palocca. Almanacco fossanese, Strenna per 1'anno 1865. Anno primo.
Fossano, tipografia Saccone. Un vol. in 32.° dipag. 156.
— L' Amico di casa smascherato, anno IV, 1865. Asisi 1864 , dai tipi di Do-
menico Sensi. Un opusc. in 16.° di pag. 80.
SURIN — I fondamenti della vita spirituale, tratti dal libro dell' Imitazione di
Gesii Cristo dal R. P. Surin d. C. d. G. ; novella edizione riveduta e cor-
retta dal P. Brignon: prima traduzione italiana pel P. Carlo Gioffredi
Serle VI, vol. 11, fm. 361, 7 24 Marzo 1865.
98 BIBLIOGRAFIA
clelle Scuole Pie. Napoli, stabilimento tipoyrafico di F. Yitale. 2 e 4, Lar-
* go Regina Coeli, 1864. Vn vol. in 16.° di pag. 363.
11 libro del P. Surin , intilolato : / fonda- rito, falta per le anime ehe aspirano alia perfe-
menti delta vita spirituale, e stato sempre avuto zione crisliana. 11 P. Brignon non fece che ritoc-
iu gran pregio per la dottrina, per la chiarezza carvi lo stile, che era alquanto negletto, e aggiu-
e per 1'unzione. Esso e la spiegazione della mo- gnervi qualche consideraziona chevisidesiderava.
rale si santa, compresa nel libro dell'Imitazione Ora esce volgarizzato in buona favella italiana
di Gesu Cristo, di cui contiene il succo e lo spi- per opera del eh. P. Gioffredi, delle Scuole Pie.
TARNASSI PAOLO — Sermone dell'avvocato Paolo Tarnassi romano, re-citato
nella solenne premiazione dell'lstiluto tecnico di Geodesia ed Icodometria,
il giorno 19 Gennaio 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 7.
Auri sacra fames : questa e 1'epigrafe che pre- schieltamente italiano ; e conferma sempre me-
cede il sermone e ne indica il soggetto. Esso e glio la fama che il ch. sig. Tarnassi ha acquistato
scrillo con vena gentilmente salirica, e con istile di elegante e gastigato scrittore.
TOMMASO (S.) D' AQUINO — Sancti Thomae Aquinatis, doctoris angelici, Or-
dinis Praedicatorum, opera omnia ad fidem optimarum editionum accura-
te recognita ; Tomus decimus septimus. Opuscula theologica et philoso-
phicatam certa quam dubia, Tomus II, Fasc. IV. Parmae, ex tipographaeo
Petri Fiaccadori 1865. In 4.° da pag. 185 a 264.
UFFIZIO della Settimana Santa con dichiarazioni ad uso del popolo cristia-
no. Genova 1864, tipografia della Gioventit. Un vol. in 16.° di pag. 320,
Importa molto che il pppolo cristiano prenda disposti nelle materie e questo che abbiamo qui
parte alle funzioni della Seltimana. Santa: e a sopra annunciate. Esso si spedisce franco di po-
prendervi parte e necessario essere fornito d' un sta per centesimi 70, a chi ne faccia richiesta ai
Ufllzio , che servagli di guida. Un tale uflizio librai Bettolo, Fassi-Como e Lamata in Genova.
di piccolo prezzo , di caratteri chiari , assai ben
UFFREDUCCI ACHILLE — -Guida domestica di Medicina omeopatica, per il dot-
tore Achille Uffreducci. Roma 1865, tipogr. Tiberina, piazza Poll n. 11.
L'ordine delle materie trattate in questa Guida le funzioni della vita; cosi riesce facile a chicehes-
domestica e il seguente: 1.° Slalistica altuale del- sia di trovare il nome dell' infermita in assai
1'Omeopatia; 11.° Vita di Samuele Hahnemann; poco tempo. Dippiu, non regislra che le malattie.
III.0Esposizionedellamedicinaomeopatica;lV.0Cri- le quali possono curarsi senza il medico, ovvero
tiche mosse conlro questa dottrina; V.° I tempe- quelle che debbono comineiarsi a curar subito,
ramenti; VI.° Tavola dei rimedii; Y1I.° Regime del perche il medico che sovraggiunge piu tardi non
malati e dei convalescenti; VHt.° Modo di ammi- travi aggravate 1' infermo ; e cosi non promelle
nistrare i rimedii; 1X.° Finalmente la descrizione ne offre un libro che e per la comune inaccessi-
delle malaltie e 1' indicazione dei rimedii. Que- bile osopraccarieo, pe'medici inutile e monco. Con-
st' ultima c la parte piu importanle per una gui- chiudenclo dunque diciamo, che questa Guida of-
da domestica; perche in essa chi I' usa desidera fre molli vantaggi sopra le altre, sia quanto alle
di trovare il rimedio pronto a un male che lo notizie che da intorno all'Omeopatia, sia quanto
affanni. Ma 1'Autore ha schivato molti scogli nei alia facilita che offre a fame uso: e il nome del-
quali sogliono rompere gli altri manuali. Egli 1'Autore d afflda che li offra ancora cii'ca ai rimedii
ha classificate alfabeticamente le malattie, ma a che suggerisce, della qual cosa noi, estranei a tale
gruppi sotto alcuni capi speciali, i quali indicano scienza, non possiamo recar giudizio,
le affezioni che attaccano o le parti del corpo, o
— Saggio di una nuova classificazione delle malattie mental*^ del Dottore
Achille Uffreducci. Roma 1865. Un opuscolo in 4.° dipag. 12.
In questa Memoria il ch. Dottor Cffreducci scenza intellettuale ed alle facolta deH'anima
arreca la ragione vera, per la quale le tante umana. Quindi egli, fondandosi appunto sopra i
classificazioni , ideatesi flnora , delle malattie' principii della piu sana fllosofla, passa a proporre
mentali, non sono attecchite , e ad ogni nuova una classificazione, che per cio riesce e piu com-
proposta si snaettono o almen si modiflcano. Egli prensiva perche abbraccia tutli i casi, e piu ra-
giustamente aj-reca cio ai concetti poco esatti gionevole perch6 li abbraccia haturalmente e sen-
che si hanno universalmente intorno alia cono- za stento.
BIBLIOGRAFIA 99
VALLARDI GIUSEPPE — Trionfo e danza della morte, o Danza Macabra a Clu-
sone, Dogma della morte a Pisogne, nella provincia di Bergamo, con
osservazioni storiche ed artistiche di Giuseppe Yallardi, consultore arti-
slico della Biblioteca ambrosiana ecc. ecc. Opera adorna di tavole illu-
strative. Milano 1859, tip. di Pietro Agnelli. Un vol. in 4." di pag. 42.
Nel medio evo fu usato di rnppreserUare assai a Pisogne, la qual seconda c piu il Dogma della
frequentemente nei dipinti Ic Danze dei morti, clie Morte, che una Danza Macabra. Vi aggiugne molte
soleansi chiamare Danze Macabre, ora per ram- notizie intorno ad altre Danze dei morti, esistenti
mentare quella dura verita che tutto finisce quag- in Italia. I disegni riprodotti con molta fedelta,
giu, ora per satireggiare conlro chi abusava delle in dieci tavole illustrative, e la stampa non solo
ricchezze e della potenza, ora per semplice sol- accurata, ma elegante, fan meritare a queslo libroi
lazzo di fantasia pitloresca. Molte di queste pit- 1'ammirazione dei bibliofili e degli amatori di
ture si conservano fuori dell' Italia, e sono illu- belle arli. II prczzo ne e tenue, proporzionatamente
strate da eruditi scritlori : in Italia non furono si all' importanza dell' opera: poiche spediscesi dal
frequenti, comealtrove, ma non mancarono; ed al sig. Giudici, libraro in Clusone, provincia di Ber-
presente se ne veggono luttavia alcune, piu o men gamo , franco di posta per lire 6 : e per chi vi
maltraltate dal tempo. II ch. sig. Vallardi in que- desiderasse la grande tavola della Danza di Clusone
sfo libro discorre di due, 1' una a Clusone, 1'altra colorata, per lire 9.
VALLAURI TOMMASO — Libera versione di pii affetti a Maria Immacolata, espo-
sti infante epigrafi quanti sono i giorni della Novena, dal chiariss. prof.
Tommaso Valiauri, Principe de'Latinisti. Genova, tipografta di Gaetano
Schenone \8ftt. Un opusc. in 16.° dipag.10.
ZAMMIT GIUSEPPE — losephi Zammit, Sacerdotis Melitensis, Carmina etlnscri-
ptiones. Pars I. Carmina. Pars II. Inscriptiones. Melitae 1864, lypis Ze-
phynni Micallef. Due vol. in 8.° di pag. 68, 118.
I versi e le iscrizioni latine del ch. Sacerdote temperate nelle immagini. Se a queste buone qua-
Maltese , Giuseppe Zammit , sono , generalmente lita congiugnessero piu scelta eleganza, e mag-
parlando, di assai buona tempera , cioe dire ga- gior eslro poetieo potrebbero aunoverarsi tra le
stigats nello stile , facili- nell' armonia poetica migliori scritture latine del nostro secolo.
ed epigrafica, piene di buoni anzi pii concetti ,
ZIGARELLI DANIELLO MARIA — Biografie dei Vescovi e degli Areivescovi
della Chiesa di Napoli, con una descrizione del Clero, della Cattedrale,
della Basilica di S. Restituta e della Cappella del tesoro di S. Gennaro, per
Mons. Daniello Maria Zigarelli , Yicario Generale della Diocesi di Yasto,
Cameriere di pnore di Sua Santita Pio IX, Dottore in S. Teologia ecc. ecc.
JVajpo/i 1861 , slabilim. lipogr. di G. Giola. Un vol. in 8.° dipag. 467.
Dopo gli ultimi lavori del Loreti e del Para- hanno governato quell' illustre Diocesi. Oltre di
scandolo intorno alia Chiesa di Napoli molte cure queste biografle egli ci da la Sloria delle princi-
e molte ricerche si richiedevano per aggiugnere pali istituzioni del Clen> secolare e regolare, dei
a quelle date da loro nuove aotizie. Questa fa- piu insigni monument! dalla pieta dei fedeli innal-
tica i'intraprese il ch. sig. Zigarelli , e dandone zati, e in ispecial modo della Caltedrale, della
alia luce il frutto ha potnlo comporre la biografia, Basilica di S. Restituta e della Cappella del R. Te-
quanto si puo , esatta di tutti i Yescovi che da soro.
S. Asprcno, discepolo di S. Pietro , infino a noi
ZINELLI FEDERICO MARIA — Lettera pastorale dell' Illustr. Rever. Monslgno-
re Federico Maria Nob. Zinelli, Yescovo di Treviso^ con cui accompagna
al suo Glero e al suo popolo 1' Enciclica Quanta cur a di Pio Papa IX, con
osservazioni sopra ciascun errore condannato, iionche 1' elenco degli ot-
taula errori condannati da Pio Papa IX , durante il suo glorioso Pontifi-
cate, e pubblica il Giubileo conceduto dalla stessa Santita Sua. Treviso,
stabilimento tipografico prov. e vesc. di G. Longo 1865. Un vol. in 8.'
di pag. 129.
• CRONAGA
CONTEMPORANEA
Roma 24 Marzo 1865.
I.
COSE 1TALIANE.
STATI PONTIFICII 1. Richiami dell' Episcopate delle Marche e dell'Umbria,
presso il re Yittorio Emmanuele II, contro rabolizione degli Ordini re-
ligiosi; sacrilega profanazione commessa dalla Cassa ecclesiastica — 2.
Elenco di libri Inscritti nell'/nrftce de' proibiti — 3. Nuove falsita del
Memorial diplomatique, pergiustificare gli attentati del Governo messica-
no contro la Chiesa — 4. Nota del Giornale di Roma e miove mentite date
dall' Osservatore Romano alle fallacie del Memorial diplomatique — 5. La
Marchesa Pepoli in Roma ; sue relazioni col Comitato rivoluzionario.
1. 1/ Episcopate delle Marche e dell'Umbria indirizzo al re Yittorio
Emmanuele, i cui Ministri , in "virtu delle baionette e dei cannoni e del
diritto del piu forte, esercitano il potere sovrano in quelle province ra-
pite ai dominii di santa Chiesa , una eloquentissima lettera per tutelare
1' esistenza e le proprieta degli Ordini religiosi , minacciati d' una to-
tale distruzione. Questo documento, stampato anche nello Stendardo
cattolico di Genova del 5 Marzo, incomincia col ricordare le iniquita ed
infamie d'ogni genere perpetrate dai Commissarii straordinarii , e che ,
suggellate poi dal Governo usurpatore di Torino, stanno ora per riceve-
re il loro compimento con le leggi ed i Codici presentati all'approvazio-
ne delle Camere. « E omai consegnata alia storia e monumentata dalle
solenni protestazioni e doglianze di tutto 1' Episcopate , la serie delle an-
ticattoliche innovazioni e degli oppressivi ordinamenti , di cui , fin dalla
prima era della militare occupazione, queste diocesi furono segno, sotto la
signoria del commissarii straordinarii , qua mandati a restaurare ( come
CRONACA CONTEMPORANEA 101
dicevano) 1'ordine morale. Non fuvvi persona , cosa o istituzione eccle-
siastica , cui la loro dittatura e i loro decreti non colplssero : strcmate le
chiese di sostanze e di Ministri ; dissacrato nell' Umbria il Sacramento
del matrimonio ; privata la Religione dominante di vitali guarentigie e
di efficace tutela ; syilito il sacerdozio , tribolato da procedure e da c«n-
traddizioni di ogni guisa , e condannato pressoche a legale interdizione ;
quasi ogni diritto ecclesiastico disconosciuto o manomesso. Sara sopra
tutto memorando lo sperpero delle claustrali Famiglie, e la confiscazione
quasi generale delle sacre dotazioni-, ordinata in sul termine della loro
camera da quei reggitori, con i due decreti 11 Decembre 1860 e 3 Gen-
naio 1861, ed eseguita istantaneamente e con quella acerbita di misure
e conculcazione di diritti , che le stesse ufficiali statistiche ineluttabil-
mente dimostrano. A tutto il 1861 i quadri della Cassa ecclesiastica dello
Stato portavano il frutto di que' due decreti, nelle Marche e neirilmbria,
a queste cospicue cifre : — Case religiose di Ordini possidenti e mendi-
canti soppresse, 721 — Capitoli e Collegiate soppresse , 104 — Mem-
bri di Ordini possidenti messi fuori dal chiostro entro quaranta gior-
ni, 877 — Reddito dei beni a loro danno demaniati (ossia, rubati) sino
a quel tempo, annue Ln. 3,027,731 41. Chi non avrebbe creduto, dopo
si luttuoso spettacolo, che doyesse oggimai esser chiusa la serie di tanti
danni? Eppure si stanno, o Sire, preparando su questo stesso tema nuo-
ve ferite, nuoyi dolori, nuoye sciagure alia Chiesa. Si medita di porre
al bando della societa anche le ultime reliquie del monachismo, e quel
piccolo resto delle proprieta ecclesiastiche, che gli anteriori goyernanti
aveyano si assottigliato con enormi balzelli, ma non aveyano ancora in-
teramente staggito a pro del pubblico erario ».
Entrano poscia i Yescoyi a dimostrare, che codesta distruzione riesce
in sostanza a dare una sanzione legale a' principii. d' un pretto socialismo,
e cosi a legittimare qualunque latrocinio, potendosi ognora invocare con-
tro qualsiasi anche priyato cittadino quelle stesse massime , in yirtu del-
le quali si confiscauo i beni de' religiosi e loro si toglie 1'esistenza di
corpo morale ; che tal fatto e in manifesta opposizione con piu articoli
fondamentali dello Statuto ; che sono con cio yiolati manifestamente i
principii piu sacrosanti di diritto e di pubblica morale ; che inoltre si
commette un atto di atroce barbaric contro tanti innocenti , spogliati di
ogni avere e fin del sacro loro asilo ; e che non puo aspettarsene altro
risultato, fuorche di danni irreparabili non solo per la pieta cristiana, ma
eziandio per gli stessi poyeri , che rimarranno stremati d'ogni sussidio,
mentre pel passato ne riceveyano in tanta copia dai Religiosi.
Se queste coraggiose protestazioni bastano a liberare la coscienza dei
Vescqyi , ed a mettere sempre piu in chiaro di qual natura sia quella
civiltd moderna , di cui altri pretende che la Chiesa debba farsi ministra,
ed il Papa debba essere discepolo e seguace : non baslano pur troppo
102 CRONACA
(e 1'espenenza di cinque anni il dimostra) ne a fare che il Governo
sardo si ritragga dalla via per cui lo sospinge la Frammassoneria , ne a
porre qualche rattento alia rapacita de' ladroni , pel quali oggimai nulla
e sacro. Ed eccone una prova nell'abbominevole saerilegio, denunziato
dall' Unita cattolica del 10 Marzp, non potuto smentire da veruno, e che
all'ombra delle leggi si va perpetrando dai complici e servitori del
Governo :
« Alia Cassa ecdesiastica di Torino e arrivata una quantita di calici
ed altri vasi sacri , non esclusi i yasetti degli olii santi , dentro cui sta
tuttavia 1'olio benedetto. Sono spogli di chiese profanate nell'Urnbria
e nelle Marche. II fatto e autentico , e non yenga nessuiio a negarlo ,
che noi 1'abbiamo da persone , le quali yidero cogli occhi proprii quei
Tasetti e quell'olio benedetto. A questo punto noi dunque siamo giunti?
E chi commette simili sacrilegi, nel 1848 yolea solleyare le popolazioni
contro gli Austriaci , dicendo che s' ungeyano gli stiyali coil' olio san-
to ! E noi possiamo credere che uomini di tal fatta rispetteranno
Roma, le conyenzioni, i diritti della Chiesa? »
2. I giornali de' Frammassoni di Francia e del Belgio commendarono
altamente una scrittura pubblicata in Messico, ed intesa a fare una apo-
logia solenne delle usurpazioni sacrileghe dei beni della Chiesa, e del
recent! attentati, che, per consiglio e per ordine del Maresciallo Bazaine,
furono commessi da due membri della Reggenza e dal Governo imperia-
le. Codesto libello era opera di un prete insignito del grado di Cappella-
no maggiore dell'esercito francese, e degnissimo degli elogi onde fu ce-
lebrato dai nemici della Chiesa e della Santa Sede; e percio, denunziato
alia sacra Congregazione dell' Indice, fu annoverato tra i libri che , sen-
za incorrere gravi censure e pene , niuno puo leggere , o comprare , o
yendere, o ristampare, o tenere presso di se. II Decreto della sacra
Congregazione, del 13 Marzo, venne ptibblicato nel Giornale di Roma
del 18, e per esso furono proibite le opere seguenti :
« L' Empire et le Clerge mexicain, par 1'Abbe Testory , Aumonier en
chef de 1'armee francaise au Mexique, chevalier de la Legion d'honneur,
officier de 1'ordre imperial de Guadalupe. Mexico 1865.
« Les Musees d'ltalie precedes d'une dissertation sur les origines
traditionnelles de la peinture moderne, par Louis Viardot. Paris 1859.
« De la Guerre et des Armees permanentes, par Patrice Larroque, an-
cien Directeur de TAcademie de Lyon. Paris 1864.
« Geschichte der kirchlichen Trennung zwischen dem Orient und Oc-
cident von den ersten Anfangen bis zur jiingsten Gegenwart, von Dr. A
Pichler Privatdocent der Theologie , an der Universitat Miinchen. 1.
Band. Byzantinische Kirche. Miinchen 1864. Latine vero: Historia
ecclesiastici Schismatis inter Orientem et Occidentem , auctore Dr. A.
Pichler.
CONTEMPORANEA 103
« L'ultimo Papa, per Luigi Gualtieri. Milano 1864.
« Poche riflessioni sulla questione del giorno circa il Cappellano Mag-
giore e Clero palatine di Napoli ; et id genus similia. »
3. Codesta condanna del libello dell'Ab. Testory sara, senza fallo,
qualificata come una di quelle molenze, con cui, a delta dei moderati e
sinceri cattolici della France politique e del Memorial diplomatique, la
Santa Sedemanda a male tutti gli sforzi, che si adoperano a riconciliare
il cattolicismo con la civilta moderna , il Pontificate con 1' Impero. Ma
quella appellazione non iscemera d'un punto il valore della proferita
condanna, ed i veri cattolici ne sapranno inferire di qual genere siano
codesti ufficii conciliativi, di cui tanto si glorificano certi cotali profes-
sori del diritio nuovo, fondato sulla prevalenza della forza materiale e
dei fatti compiuti.
Tra quei che si vantano ognora di saper colpire il giusto mezzo, e di
essere per eccellenza pacieri e mediator! tra le eccessive pretensioni de-
gli-estremi, niuno conosciamo che possa andar di paro col Memorial di-
plomatique; la cui delicata coscienza non puo ammettere, che chi siede
sopra un trono e porta corona per suffragio universale, possa almeno
sbagliarsi, od essere da tristi consiglieri ingannato. E percio, posto
fra il Governo messicano , che afferma essersi in Roma aperti i nego-
ziati per un Concordato, ed il Papa che lo nega (come risulta dai do-
cumenti da noi pubblicati nel volume precedente , pag. 755-61) Tone-
sto Memorial, non volendo sottostare alia mentita, data da\YOsservatore
Romano alle sue frottole, ne spaccio delle nuove, dichiarando, nel
n.° 11 del 12 Marzo (pag. 176-77), che egli <c non avea altra intenzione
che di rimovere dal Governo dell' imperatore Massimiliano 1'accusa
espressa dal Monde, d'aver voluto alterare le prime basi proposte al
Papa ».
Qui la cosa e evidente. II Memorial torna da capo ad affermare 1.° Che
realmente furono proposte al Papa ed accettate le basi determinate, sopra
le quali si fondavano le pretensioni del Governo messicano per astringe-
re il Nunzio , Mons. Meglia , a conchiudere su due piedi il Concordato,
onde si doveano ratificare quasi tutte le iniquita del Juarez, del Bazaine e
dell'Almonte. 2.° Che poi quel Governo non cangio nulla a codeste basi;
e che percio la colpa del dissidio insorto dee ricadere su chi , dopo aver
promesso di accettarle, ebbe la slealta di cambiarle ; e si capisce che se
il Governo messicano non ebbe questa slealta , dovette averla il Papa e
la Santa Sede. Puo sembrare mostruoso ed incredibile questo assunto
del Memorial diplomatique; e percio noi riferiamo iedelmente tradotte
le sue parole:
« Noi abbiamo, con questo scopo (di giustificare Massimiliano I) rap-
presentato il nuovo contegno preso dal Clero messicano dopo 1'arrivo di
Mons. Meglia in ufficio di Nunzio apostolico. Noi abbiano indicate, in
104 CRONACA
particolare, una nota dettata da Mons. Meglia, nella quale il Rappresen-
tante della Santa Sede dichiarava, tra le altre cose: Che il Clero messi-
cano preferirebbe di ricevere il suo sostentamento dalla carita pubblica,
anziche accettare un salario del Governo. Or questo passo del dispaccio
del Nunzio e riprodotto a verbo, e confermato nella protestazione indiriz-
zata dall' Episcopate messicano all' imperatore Massimiliano * sopra la
lettera che S. M. scrisse, il 27 Dicembre, al suo Ministro della Giustizia.
Noi possiamo, dice la protestazione, assicurare Vostra Maesta, che sia-
mo tutti disposti a vivere della pietd dei fedeli} piuttostoche d'una dota-
zione civile. »
Ogni uorao onesto avrebbe da cio inferito che, se in Messico il Nun-
zio rifiuto con tanta energia di acconsentire alia proposta d' un salario al
Clero, se il Clero stesso ribadi questo rifluto, protestandosi pronto a cam-
pare di limosina anziche diventare uno stipendiato del Governo : dunque
tal proposta non era stata ne accettata gia dal Papa in Roma, ne gradita
dal Clero; eppercio tal proposta o non fu mai fatta, o fu reietta anche
prima a Roma. Or bene : il Memorial voile ad ogni patto far credere che
Roma ed il Clero aveano accettato, e che poi disdissero, e che dalla loro
instabilita o slealta precede il dissidio. Laonde continue a dire : « Ci sta-
va a cuore di porre in sodo, che il nuovo contegno del Clero messicano
si trovo in manifesta opposizione con le promesse, fatte a Miramar, al-
1'arciduca Massimiliano dai Vescovi del Messico, prima e dopo il loro
ritorno da Roma. D' onde provenne il deplorabile contrasto, il cui effetto
immediato .si fu d' impedire 1' accordo tanto desiderabile tra la Santa Se-
de e la Corte di Messico ».
Anche qui 1'affermazione e recisa. I Yescovi, prima e dopo il loro ri-
lorno da Roma, si erano dichiarati pronti a rinunziare a' beni ecclesia-
stici, e contentarsi d'un salario; ma sopravvenne il Nunzio, e tutto ando
a male. Or egli e assolutamente falso, ne il Memorial potra mai dimo-
strar vero, che i Vescovi a Miramar promettessero di accettare la con-
fiscazione de' beni della Chiesa e de' Religiosi , ed il compenso d' un
salario. Si saranno proferiti pronti ad incontrare generosi sacrifizii , in
quella forma ed in quella misura che un componimento colla Santa
Sede avrebbe determinato : ma lo spogliamento della Chiesa ed il sala-
rio, non mai.
II Memorial, dopo aver cosi rappresentato i Vescovi come banderuole,
che promettono e disdicono, aggirati dalle suggestioni del Nunzio, trascor-
se perfino a far credere, che anzi la Santa Sede stessa avea formalmente
promesso di aderire a quello che pretendeasi dal Governo messicano , e
che poi, con brutto maneggio , ebbe cangiato il si in un no , e negato
•I I nostri lettori .troyeranno, fra le cose del Messico, i tratli ptu rilevanti di questo bellis-
simo documento.
CONTEMPORANEA 105
quel che avea conceduto. Ed anche qui citeremo fedelmente le sue
parole :
« Per conyincere 1' Osservatore Romano, che noi parliamo per certa
scienza fa bon escient), noi insegneremo a lui, se non lo sa , che 1'arci-
duca Massimiliano , prima di accettare definitivamente la corona , ayea
spedito a Roma il signor Kint di Roondendeck, che fu gia Ministro del
Belgio a Messico, per preparare 1'accordo preliminare destinato a servire
di base al future Concordato. 11 signer Kint riferi a Miramar la promessa
formale che, all' intento di consolidare il nuovo Impero e di agevolare la
riconciliazione delle fazioni politiche nel Messico, la Corte di Roma non
farebbe punto meno pel Messico di quel che essa avesse fatto per la Spa-
gna ; e che per conseguenza si presterebbe agli stessi componimenti, coi
quali erasi regolata la quistione della yendita dei beni ecclesiastici nella
penisola Iberica.
« Per cio che concerne le relazioni fra la Chiesa e lo Stato , il signer
Kint ottenne parimente 1'adesione al sistema attuato in Belgio , con que-
sta differenza , che la religione cattolica sarebbe proclamata religione
dello Stato nel Messico. Sull' applicazione di questi due principii, come
sopra due perni, dovea posare il future Concordato.
« Ecco le basi primordial! dell'accordo preliminare, che si era stabilito
fra la Santa Sede e 1'imperatore Massimiliano, durante il breye soggiorno
di S. M. messicana nella Citta eterna. Noi crediamo di sapere che la
Corte di Messico, ben lungi dal yolersene disyiare, come il Monde tento
d'insinuare, le mantiene sempre , e che la Commissione, incaricata di
andare a trattare del Concordato direttamente col Papa, sara munita d'i-
struzioni in tal senso. »
Confessiamo schiettamente che, a prima giunta, al leggere affermazio-
ni tanto categoriche e particolareggiate, entrammo in pensiero, che dun-
que tutto il dissidio fosse doyuto procedere da qualche qui pro quo del
signer Kint di Roondendeck ; il quale , per quella bramosia , che sente
ogni diplomatico , di far rilevare i suoi ufficii col prestigio del felice riu-
scimento, si fosse illuso, ed ayesse considerato e riferitocome promesse
formali e determinate, quelle che tutt' al piu (se pure ci fu qualche cosa
di yero !) poteano essere significazioni generali ed indeterminate di ani-
mo disposto a facilitare , quanto si potesse , il componimento , anche a
costo di grayi sacrifizii. Ma questa spiegazione ci apparye subito insus-
sistente, nel yeder asserito che codeste basi aveano avuto la sanzione di
accordo preliminare stabililo fra la Santa Sede e I' imperatore Massi-
miliano, durante il breve soggiorno di lui in Roma. Imperocche se fosse
corso un equiyoco, questo si sarebbe chiarito nei supposti preliminari fra
la Santa Sede e I'lmperatore. Ora e egli yero che si tenessero tali pra-
tiche da Massimiliano in Roma? Noi teniamo per certo che no, sulla fede
della dichiarazione inserita nz\Y Osservatore Romano, e da noi riferita nel
106 CRONACA
quaderno precedente (vol. I, pag. 760, lin. 8-13) . Resta dunque fermo che
e fu raal informato, e non disse vero il Memorial diplomatique, spaccian-
do che Massimiliano I qui in Roma avesse gia stabilito le basi d'accordo,
da cui si derivassero poi necessariamente le altre sue pretension! , che
diedero luogo ai rifiuti del Nuiizio ed alle protestazioni de' Yescoyi. Ma
son vere almeno le trattative del signer Kint di Roondendeck ? E vero
che egli riportasse le formali promesse, che pretendoasi da lui recate a
Miramar, e poi riconferraate a Massimiliano in Roma ?
4. Qui la risposta ci e data , in forma perentoria e che non ammette
ne dubbii ne ambiguita, dal Giornaledi Roma del 16 Marzo ; in cui fu in-
serita la seguente nota: « Siamo autorizzati a dichiarare del tutto insus-
sistenti e contra verita, le asserzioni del Memorial diplomatique (n. 11,
del 12 Marzo corrente) in ordine ai pretesi significato, basi e risultati
della missione presso la Santa Sede, affidata ad un Diplomatico Belga,
da S. M. 1' Imperatore del Messico, prima della sua assunzione al trono».
Se queste parole, che hanno manifestainente un carattere ufficiale , a-
yessero bisogno di qualche spiegazione e confermazione , Y avrebbero
amplissima dalle seguenti dichiarazioni inserite nell' Osservatore Roma-
no del 17 Marzo :
«c II Memorial , non potendo recare dei fatti ( giacche dei fatti non ce
ne sono) i quali dimostrassero 1'esistenza delle asserle trattative, ci salta
fuori col racconto di alterazioni, che sarebbero state falte alle prime basi
proposte al Papa. In tal modo egli tenta di sostenere, che dunque le pri-
me basi esistevano. Ora torniamo a dire che queste alterazioni sono un
sogno, perche non sussistono e non hanno sussistito mai quelle prime ba-
si, intorno alle quali queste alterazioni si vorrebbero fatte. Cio posto,
non c'.importa nulla di sapere, se il Memorial abbia desunte tali notizie
dal Monde o da altra sorgente. Le notizie sono false; e noi non vediamo
in qual modo il Memorial possa dire, di avere fatti perseveranti e sinceri
sforzi per placare le passioni che cercano d" inasprire il conflitto fra la
santa Sede e la Corte del Messico, fmche si ostina a sostenere il falso , e
sostenerlo di guisa , da riversare sulla Santa Sede tutta Y odiosita d' una
promessa mancata.
« Intanto, se uno dei segni della menzogna e quello di mutare ad ogni
istante, noi abbiamo un altro argomento per convincere il Memorial del-
la fatsita delle sue pretensioni. Finora egli aveva asserito, che le tratta-
tive erano state iniziate personalmente fra il Santo Padre e Sua Maesta
messicana. Oggi non e piu vero; ma perlo contrario, 1' Imperatore, pri-
ma di accettare la corona, avrebbe inviato a Roma un personaggio « pour
preparer I' entente pre'liminaire destinee a sermr de base au futur con-
cordat ». E qui, allegata la soprariferita nota del diario ufficiale, 1' Os-
servatore conchiude : « Se questa smentita del foglio ufficiale non tian-
cheggia , anzi non pone il suggello alle nostre primitive dichiarazioni ,
CONTEMPORANEA 1 07
egli ci pare che nessuna verita potrebbe piu sostenersi. Lungi dunque
che il Memorial ci abbia convinti ch'egli ragiona a bon escient; noi gli
possiamo rispondere che cerchi prima di mettersi in coerenza con se rae-
desimo, e poi lasci decidere ai savii ed agli spassionati chi, fra lui e \0s-
servatore, abbia piu diritto di affermare : Nous parlons a bon escient ».
Per le cose fin qui discorse non intendiamo di accagionare il Memo-
rial diplomatique d' aver voluto, di proposito deliberate, falsificare i fat-
ti ed inventar trottole, per calunniare i Vescovi messicani , il Nunzio e
la Santa Sede : anzi siamo dispostissimi ad ammettere che , solo per ec-
cesso di zelo nell' adempire al suo dovere di sostenere le parti di coloro
a cui servigio egli ha posto Fopera sua, siasi lasciato illudere, fino a giu-
dicare come oro di coppella codesta scoria di false notizie , da lui spac-
ciate come verita lampanti. Ma questo varra a mettere sull'avviso le per-
sone dabbene, intorno alia fede che vuolsi dare alle novelle, che si man-
dano in giro troppo spesso per gli affari con la Santa Sede e le relazio-
ni tra certi Potentati e 1' autorita ecclesiastica.
5. Tutti ricordano 1' arresto e la diuturna carcerazione ed il solenne e
pubblico giudizio d' una nobilissima Principessa romana , tenuto in Na-
poli , per ordine del Governo usurpatore di quel Reame e per sospetto
che queila Dama s' intranimettesse d' intrighi politici e di trame ostili al-
ia dominazione di Yittorio Emmanuele, o favorevoli al legittimo re Fran-
cesco II. In quella circostanza i diarii liberali di Francia furono tutti
d'accordo in celebrare la fermezza , la giustizia , la severa applicazione
del priucipio che tutti sono uguali innanzi alia legge, fatta^dal Governo
di Torino per mezzo del Fisco napoletano. Ma se il Governo pontificio
facesse carcerare , od almeno rimandasse cortesemente fuor di Roma,
ne'proprii Stati, alquanti di quegli emissarii , maschi e femmine, che
qui sono spediti a mettere in opera i mezzi morali ed a portar denari ,
ordini, incoraggiamenti ai partigiani de\Y annessione di Roma al Regno
d' Italia : mettiamo pegno di cento contro uno, che essi non troverebbero
nel Yocabolario un bastevole numero d' epiteti e di sinonimi vituperosi,
per denunziare al mondo intiero 1'esecrabile Governo dei Preti, che non
si tempera nemmeno dal perseguitare , pei suoi tirannici sospetti, le no-
bili Dame che per diporto vengono a Roma. E tuttavia il Governo pon-
tificio avrebbe assai cagioni di valersi , e non di rado , del suo diritto !
Qui ci basti riferire quel che leggesi nell' Vnita Cattolica del 15' Marzo:
« II famoso Gioacchino Pepoli ha mandate a Roma la sua signora mo-
glie, ed il tirannico Governo pontificio 1'ha lasciata entrare e fare. Ora il
cosi detto Comitato nazionale ha regalato alia Pepoli, come moglie di suo
jaarito, im calcalettere lavorato in mosaico, ed il mosaico rappresentava
il Campidoglio! La Pepoli scrisse la seguente leltera di ringraziamento
all' eccelso Comitato : « All'eccelso Comitato liberate romano. Profonda-
<x mente commossa dall' amabilita e dal .delicate e gentile pensiero del-
108 CRONACA
« 1' eccelso Comitato nazionale liberale romano, sono ben lieta di essere
« presso mio marito e suoi concittadini la fedele interprete dei generosi
« e liberal! sentimenti dei Romani , facendo voti ardenti per il nostro
« comune avvenire. Roma, 6 Marzo 1865. Firmata: Frida Pepoli di
« Hohenzollern ».
« Vorremmo un po'sapere, se il ministro Lamarmora sarebbe cosi buo-
no, da perruettere che la nioglie d'un reazionario venisse in Torino a co-
spirare con coloro che yogliono togliere il regno a Yittorio Emmanue-
le II, facendo voti ardenti per 1'avvenire di Mazzini e della Repubblica 1
Ad ogni modo e utile prender nota di questi mezzi morali, adoperati dal-
la moglie di chi ha sottoscritto la Convenzione del 15 di Settembre. »
II Debats del 18 Marzo, riferito questo fatto, e qualche frase della let-
tera allegata, soggiunge gravemente: « Questo puo yaler di risposta ad
un articolo del giornale garibaldino Roma o Morte, che aveva accusato
il marchese Pepoli d' aver rinunziato al programma di Roma Capitate
d 'Italia, firmando la Convenzione del 15 Settembre.
STATI SARDI 1. Votazione della legge per 1'unificazione legislativa — 2. Duel-
lo vietato, e pena ai ricusanti il duello ; due pesi e due misure — 3. Do-
tazione al Principe ereditario — 4. L' Episcopate subalpino e la legge del
Matrimonio civile — .5. Decreti reali di amnistia ; loro intelligenza —
6. Pillole per Torino — 7. II credito pubblico e il ministro Sella —
8. Stato delTesoro —9. Risultato del prestito di 700 milloni — 10. 1 De-
putati aboliscono la pena di morte — 11. Articoli secreti della Conven-
zione italofranca smentiti; preteso lesto di questi.
1. La Sovranita popolare e uno dei grandi principii dell' ottantanove,
sui cui riposano gli Stati ammodernati della presente Europa. Chi vo-
lesse avere un indizio di piu del suo pratico yalore, basterebbe che esa-
minasse il modo tenutosi dai Deputati del Regno d' Italia, nell'approva-
re una delle piu importanti leggi che si sieno mai proposte dai Ministri
a quell' assemblea, dopo che 1' Italia e Regno in grazia d'un plebiscite.
Questa legge riguardava 1' uniticazione legislativa da introdurre in tutte
le province, che finora si erano governate ciascuna secondo i codici suoi
antichi: e di cio abbiamo toccato qualche cosa nel precedente quaderno.
Or veggasi, secondo le irrefutabili osservazioni del giornale il Monde di
Parigi dei 4 Marzo. come questa legge si possa dire approvata dagl' I-
taliani. « II numero dei Deputati e di 440 ; i present! alia votazione fu-
rono 226; gli assenti, 214. Hanno votato pro, 149; contro, 77. Compu-
tando i 77 voti contrarii e i 214 mancanti, ne risulta che 291 Deputato
sopra 440 non hanno approvata 1'unificazione; e che soltanto 149, vale a
dire il terzo, hanno risoluta questa cosi rilevante quistione. E che rap-
presentano i 149 unificatori? II terzo degli elettori. Quanti elettori con-
CONTEMPORANEA 109
corsero a nominare questa Camera? 170,000 ! Qual e il terzo di 170,000?
E 06,666 1 Qual e la popolazione d' Italia? 22 milioni. Adunque 56,666
elettori la trinciano da supremi padroni delle sorti di 22 milioni d' uo-
mini ! Ed ecco come il popolo e sovrano nell'anno del progresso 1865 ! »
Questo ragionato specchietto insegna piu e meglio che un intero trattato
di gius costituzionale.
2. Tutti sanno quanto la moda pestifera dei duelli siasi propagata in
Italia, dopo il trionfo dei moralissimi principii che hanno presieduto al-
ia sua rivoluzione, e che ora laconservano in essere. Questa orribile pe-
stilenza si era gia fin dall'anno scorso diffusa tanto, che anche nella Ca-
mera se ne mossero querele ; onde il Pisanelli , allora Ministro , spac-
cio, sotto i 23 Luglio, una sua Circolare ai Procurator! generali del Re,
severissima contra i duellanti, che voleva sottoposti al rigore delle vi-
genti leggi. ( V. Civilta Cattolica, Serie Quinta, yol. XT, pag. 740-41. )
Fu notato di poi che i duelli sovrajecrebbero quasi in onta della Circolare
pisanelliana, e che i giornali ne riferivano ogni di particolarita minute, e
che tutti se la passavano liscia. IKfcmwapero, foglio delMazzini, avendo
pubblicato un articolo a proposito di una vertenza fra un ufficiale di ma-
rina e il direttore del Diritto, fu improvvisamente processato e condan-
nato per provocazione a duello. Niun dubbio che con quest' atto il Fisco
voile mostrare com' egli si ricordasse delle leggi e della Circolare pisa-
nelliana. Ma che? II Diritto dei 9 Marzo, scandolezzato di quest'improv-
vido rigore contro il caro fratello Genova, usci fuori con un frementissi-
mo articolo, nel quale faceva alti richiami, che mentre si puniscono i so-
spetti di provocarea duello,, si lascino senza pena gli ordinatoridi duelli.
Di fatto, per cagione di un violentissimo articolo di esso Diritto contro gli
uffiziali superior! della marina , era stato deputato uno di questi uffiziali
a sfidare a duello il direttore del Diritto. L'uffiziale deputato disse
che il duello era contrario ai principii della sua coscienza, e non voile ac-
cettare il mandate: per questo vennedimesso dal corpo, e la sua dimissio-
ne fu pubblicata nel giornale ufficiale. Evidentemente , come osserva
1' Unitd Cattolica dei 10 Marzo, quel duello era non solo autorizzato, ma
imposto dal Ministro della marina, generate Angiolelti. Orail Diritto co-
si ragiona, pigliando le difese del caro Genova: « Ci ha da un lato una
provocazione autorizzata, e quindi sofferta in dispregio alle leggi ; ed ec-
co ii direttore del, Diritto e il suo avversario , padronissimi di provocar-
si a loro bell' agio. Ci ha da un altro lato una vendetta ignobiie da com-
piersi ; ed ecco il gerente del Genova , condannato per provocazione a
duello ». E poscia il Diritto spiattellatamente getta « la responsabilita
di tutto questo sulla persona del signer Ministro della marina.... proprio
di lui, di lui.... generate Angioletti ». Certo il dolo dei due pesi e delle
due misure, anche nell' amministrazione della giustizia , e qui manifesto
a carico del Governo, propugnatore e vindice del famoso ordine morale.
•J10 CRONACA
3. L' otto di Marzo, il minlstro Sella presentava alia Camera dci De-
putati un disegno di legge, per provvedere 1'Altezza del Principe Umber-
to, primogenito del re Yittorio Emmanuele, di un annuo assegnamento,
giacche egii entravanella eta maggiore, ed ii caso era preveduto nell'arti-
colo 21 dello Statuto. II Ministro chiedeva 1'annua sonama di lire 500,000;
e poco appresso quest' annua somma fu stanziata. Veramente in un tem-
po nel quate il pubblico erario versa in anguslie terribili, tanto che il Re
stesso, per misericordia del Regno, si e privato di una parte del suopro-
prio assegnamento della Lista civile, sarebbe doTuto sembrare non inde-
coreso pel ministro Sella, fare pompa di uno di quegli atti spartani , che
alleggerendo i pesi dell' aggravatissimo Tesoro, non avrebbe poi danneg-
giato troppo il Principe ereditario. Altri paesi meno spiantati del Regno
italico , e 1' Inghilterra in ispecie , hanno dato esempii di econornia su
questo punto, che il Regno d'ltalia, docile imitatore di tante belle cose
dei forestieri, avrebbe potato imitare con lode e con utile.
4. Si conoscono le inlrepide proteste di tutto 1' Episcopate iialiano con-
tro il pessimo disegno della legge del Matrimonio civile , che la rivolu-
zione governante sta gialili per regalare agi' Italiani. NeN'Armonia di
Torino deglillMarzo, siepubblicato,in aggiunta atanti altri atti dell'E-
piscopato, qualche brano di una scrittura che ha per titolo : Osservazioni
dei Vescovi e Ordinarii dioccsani delle Province ecclesiastiche di Torino,
Vercelli eGenova alia Commissione centrale del Senato del Regno, intor-
no alia proposta di legge sul nuovo progetto del cost detto matrimonio
civile. Queste parole stupende si possono chiamare un ultimo grido di
dolore, che manda il generoso Episcopate di quelle province, per com-
muovere la coscienza del Senato, istituito di sua natura per tutelare
le ragioni del diritto e dell' onesta. Dio esaudisca questi santi gemiti
dei Pastori !
5. La Gazzetta ufficiale, B.° 62, del 13 di Marzo, pubblicu il seguente
decreto, che porta la data di Firenze, 11 Marzo 1865 : « Articolo unico.
E abolita 1'azione penale e sono condonate le pene pronunciate per i se-
guenti reati commessi fino alia data del presente decreto: 1.° Per i reati
preveduti dagli articoli 268, 269, 270 e 471 del Codice penale; 2.° Pei
reati di stampa di pubblica azione; 3.° Per tutti i reati preveduti dalle
leggi sulla Guardia nazionale ». Piu innanzi la Gazzetta ufficiak sog-
giunge: « Con altro decreto della stessa data la M. S., sulla proposizio-
ne del Ministro della guerra, si e pure degnata d'accordare Tintiera
condono delle pene incorse dai militari condannati pei fatti d'Aspromon-
te ». Per 1' intelligenza del primo decreto ristampiamo i quattro articoli
citati , dalla cui lettura apparira chi siano coloro, ai quali si concede
F amnistia.
Art. 268. 1 ministri della Religione dello Stato, o dei culti tollerati,
che, nell' esercizio del loro ministero, pronunciao in pubblica adunanza
CONTEMPORA1NEA 111
un discorso coritenente censura delle istituzioni o delle leggi dello Sla-
to, o commettano fatti che siano di natura da eccitare il disprezzo ed i)
malconteuto contro le raedesime, o coll' indebito rifmto de' proprii uffizii
turbino la coscienza pubblica o la pace delle famiglie, sono puniti colla
pena del carcere da tre mesi a due anai.
Art. 269. Se il discorso, lo scritto o gli atti mentovati nell'artico-
Jo precedente contengano provocazione alia disobbedienza alle leggi del-
lo Stato, o ad akri provvedimenti della pubblica autorita, la pena sara
del carcere non minore di Ire anni, e di una multa non minore di lire
due mila.
Art. 270. Qualunqne contravvenzione alle regole vigenti sopra la
necessita deirassenso del Governo, per la pubblicazione od esecuzione
di provvedimenti relativi alia Religione dello Stato o ad altri cultiy sara
punka, secondo i casi, col carcere estensibile a sei mesi, o con multa
estensibile a lire cinquecento.
Art. 471. Ogrri altro pubblico discorso, come pure ogni altro scrit-
to o fatto, non compresi negli articoli precedent!', che siano di natura da
€ccitare lo sprezzo ed il malcontento contro la sacra persona del Re, o
le persone della Real famiglia, o contro le iastituzioni costituzionati, sa-
ranno puniti col carcere o col confmo, estensibili a due anni, e con mul-
ta estensibile a lire tremila, avuto riguardo alle circostauze di tempo e
di luogo, e alia gravezza del reato.
Questi decreti ci fanno sperare, che parecchi Vescovi e sacerdoti ab-
biano da por termine alle prigionie ed agli esigli, con cui stanno pagando
la pena della loro fedelta a Dio, alia Chiesa ed al Vicario di Gesu Cristo.
6. Leggiamo nell' Unitd Cattolica, del 14 Marzo il seguente aneddoto:
« In questi giorni un amico del ministro Lanza, parlando con lui a cuore
aperto, come tra Piemontesi, gli disse: Peccato di dover lasciare questa
bella Torino! » A cui il ministro Lanza, recatosi le mani in cortese, ab-
bassati gli occhi e.cogli occhi il capo, sospirando disse nelsuo linguag-
gio medico: « Ahimet Non e questa 1' ultima pillola che Torino dovra
trangugiare ». Cari conterranei, prepariamoci alia pillola! Badiamo che
la sara indigesta ! Pero, o mangiar questa minestra o saltar questa
finestra! »
7. « Ho la fondata eertezza che 1'Italia e ancora degna della fiducia
dei capitalist!, e puo ricorrere senza timore akuno al credito pubblico. »
Cosi il ministro Sella diceva, il 14 Marzo, alia Camera. Ed il giorno dopo
il credito pubblico gia gli rispondeva, col tassare alia borsa di Torino la
rendita a 64, 25. 11 giorno prima era a 64, 80. La risposta fu pronta e
piena di significato, a provare che se il Regno d' Italia non ha niun cre-
dito fuori, dentro ne ha ancor meno. Eppure egli ha da vivere di credito 1
8. Nella medesima seduta, il medesimo Ministro espose qual fosse lo
stato presente del Tesoro del Regno italico.Nel 1863 il Minghetti chiese
CRONACA
ed ottenne un prestito di 700 milioni, col quale promise di pareggiare
il bilancio del 1866. Ma egli, prima del 1865, lascio alsuo successore UB
Lilancio, per riparare al quale dove anticipare un'annata di imposte:
e ora, non ostante quest' anticipazione, il bilancio e in una deticienza
che fa spavento. Ecco, conforme le ricapitola la Nazione di Firenze
dei 19 Marzo, le cifre di questo deficit: « Aramessa la situazione del Sella
a tutto il 1864 in L. 316,847,663,44, aggiuntovi il disavanzo dell' eser-
cizio corrente in L. 207,000,000, aggiuntovi il disavanzo presunto-
pel 1866 in L. 100,000,000, noi abbiamo per la fine del 1866 un disa-
yanzo totale diL. 623,847,663,44 ». Quest'e il pareggiamentodei bilanci
promesso dal Minghetti per un tal anno 1 E poi il disavanzo presunto
pel 1866, e egli ben certo che non debba raddoppiarsi e fors'anco tripli-
carsi? Ma bastino queste cifre per ora. Sono proprio eloquenti !
9. A proposito del suddetto prestito dei 700 milioai, la medesiraa Na-
zione del giorno precitato, ci da questa rara notizia , confermala da tutti
i fogli.
« L' imprestito di 700 milioni venne compiuto in tre emission], come
segue :
1. Rendita L. 33,716,000 prod. L. 493,250,407
2. Rendita » 15,000,000 » » 197,559,128
3. Rendita » 715,000 » » 0,137,700
L. 51,431,000 L. 690,947,235
« II debito pubblico adunque si e accresciuto della somma annuale di
L. 51,431,000, che corrisponde al capitale nominale di L. 1,028,620,000.
II capitale, al prezzo di emissione, e di lire 721,034.000.
« Dedottepercommissioni,spesevarie, interessi pagati,L. 21, 456,275,
Testa il prodotto netto accennato di L. 690,947,235, cosicche 1' imprestito
rimase conchiuso a 7 35 per cento. »
Quest' impresa anche sola dell'ex-ministro Minghetli, sarebbe sufficien-
te a meritargli una statua, per titolo d' immortalita, dovuta alia sua be-
neficenza verso l'ltalia,non degl' Italiani, ma degli Ebrei che la spolpano.
10. Unadelle cose che ha sempre data grave molestia allaFrammasso-
neria, cosi filantropica\>w essenza, e la pena di morte che la umana giu-
stizia, fino ab immemorabili, ha considerata necessaria alia conservazione
della pubblica tranquillita sociale e civile. La Frammassoneria essendo
ora vincitrice e dominante nella Italia , grazie ai potentissimi patroni
che le danno spalla , si e voluto levare anche questo bruscolo dagli oc-
chi. Di qui le adunanze promosse e raccolte, sotto nome di meetings, in
quasi tutte le italiane citta , per dimandare a grandi voci 1'abolizione di
questa pena, insieme con quella degli Ordini religiosi ; giacche la Mas-
soneria non credeva di poter meglio mostrare la inutilita della pena de-
CONTEMPORANEA 113
bita agli assassinii, che spronando il Governo a commettere egli medesi-
mo un orribile assassinamento. Dopo le molte, la questione fu intavolala
nel Parlamenlo, con quella discrepanza di opinion! tra Deputati e Mini-
stri, che indicammo nell' ultimo quaderno. Ma il di 13 di Marzo il nodo
fu sciolto. Contuttoche e il Presidente del Consiglio, generale Lamarmora,
e altri de' suoi colleghi avversassero 1'abolizione, questa yenne sancita.
Erano present! 244 Deputati, dei quali si astennero tre.Dei 241 votante,
150 furono per 1'abolizione e 91 contro : ond'e che, con una maggioran-
za di trenta voti, si promulgo, « abolita nel Regno d' Italia la pena di
morte in tutti i crimini puniti colla medesima pena nel codice penale
comune ». Dal privilegio degli assassini furono eccettuati i soldati di
terra e di mare, e i cosi detti briganti del Regno di Napoli. Intorno alia
quale eccezione, 1' Union di Parigi dei 15 Marzo fa questa savia avver-
tenza: 0 cotali briganti non sono che ladroni e banditi comuni ; e in tal
caso hanno diritto al medesimo privilegio che i loro compagni delle al-
tre province. 0 sono gente sollevata, ribelle (se si vuole) ed armata a
difesa di una nazionalita oppressa , ma non soggiogata ; e in tal caso la
Camera si mostra piu inesorabile contro chi commette un delitto per
esaltazione di spirito, che contro chi lo compie per mal animo e cuore
perverso. Certo e che qualcheMinistro, e il suo capo Lamarmora special-
mente , ha provata grande amarezza pel voto della maggioranza con-
tro la pena capitale. Del che e argomento 1' articolo impacciato ma risen-
tito dell'officiosa Opinions dei 16 Marzo, che fa capire, cosi tra il chiaro
e lo scuro , qualmente come nel Senato quest' abolizione potrebb' essere
benissimo rigettata , per cagione della pubblica sicurezza , ora piu che
mai turbata nel glorioso Regno d'ltalia. Anzi YUnita Cattolica del mede-
simo giorno riferiya , per yoce corrente , che il Ministers yolesse fare
davaati al Senato, del mantenimento della pena di morte, una cosi delta
quistione di Gabinetto. Ne manca chi spera che il Senato sia per riget-
tare , coll' abolizione della pena di morte , anche 1' abolizione degli Or-
dini religiosi , la ruba dei beni ecclesiastici e Y anticristiano matrimonio
civile. Percio tutti i giornalisti piu introdotti nei misteri della Massone-
ria, e i giudaici sopra gli altri , gia cominciano a masticar tiele contro il
Senato , ed a mormorare tra i denti minacce sdegnose , che dalla bocca
passano loro nella penna.
11. La diceria che dietro i famosi articoli pubblici della Convenzione
italofranca dei 15 Settembre 1864, ne seguissero altri segreti, fu gene-
rale sino da che si conobbe la sostanza dei convenuti patti : e molti la
spacciarono per fatto indubitatissimo. Tra questi , i Mazziniani con piu
persistenza di tutti. Noi non sappiamo quanto credito si possano meritare
gli adepti del Mazzini in certe materie. Sappiamo pero che il loro De-
miurgo predisse accertatamente, nel giornale Pensiero ed Azione, la guer-
ra del 1859 e la pace sul Mincio e non sull' Isonzo, avanti che di guerra
Serie VI, vol. II, fasc. 361. 8 24 Marzo 1865.
Ill CRONACA
si trattasse alia scoperta : e sappiamo inoltre, che YUnitaltaliana, nello
scorso Settembre, prima di tutti i fogli, annunzio la celebre Convenzione.
II Constitutionnel del 15 di Marzo all' improvviso, in una sua pretesa
corrispondenza da Geneva, ha recati alcuni articoli addizionali a que-
sta Convenzione , e li ha recati dicendo : che nessuno prende sul serio
qneste impudenti e ridicole invenzioni. Senonche Y Unitd Italiana, pro-
prio quellache fa da portavoce alMazzini, rispondendo al Constitutionnel,
scrisse subito : « Noi siamo in grado di affermare VERISSIMA la sostanza
di quei secreti articoli ». II dubbio adunque cadrebbe non sulla verita
della sostanza, ma sulla esattezza della forma. Lasciando al tempo e ai
fatti la risoluzione di questo dubbio, noi intanto diamo qui la versione
degli articoli pubblicati e dichiarati impudenti invenzioni dal Constitu-
tionnel.
f' • / • '"II • ' • ' f'< "!"••= '" !' '^•>i'>; •'"'•••
Articoli addizionali alia Convenzione del 45 Settembre 1864.
« l.° S. M. il re Vittorio Emanuelle II s' obbliga formalmente di non
assalire I* Austria nei suoi possedirnenti italiani, senza il previo consenso
di S. M. 1' imperatore Napoleone III, e senza essersi messo d'accordo con
lui. Si obbliga inoltre d'impedire efficacemente ogni manifestazione extra-
governativa che si organizzasse nei suoi Stati contro il Governo austriaco.
« 2.° S. M.T imperatore Napoleone III guarentisce il Regno d' Italia con-
tro ogni assalto dalla parte dell' Austria, e si obbliga, se sara necessario,
di concorrere a respingerlo colle armi.
« 3.° Nell' eventualita d' una guerra della Francia e dell' Italia contro
1' Austria, la direzione ne sara riservata a S. M. 1' Imperatore, come pure
il comando supremo delle forze alleate, e il diritto di decidere della pace.
« 4.' Nei caso che la detta eventualita si producesse , S. M. il re Vit-
torio Emmanuele si obbliga ad ottenere dalle Camere italiane pieni po-
teri illimitati per un tempo indefinite.
« 5.° Se in conseguenza d' una guerra in queste condizioni, o in con-
seguenza di negoziati diplomatic}, 1'Italia riuscisse ad ingrandirsi coll'an-
nessione di uuove province, S. M. 1' Imperatore e S. M. il Re convengono
di procedere ad una nuova delimitazione delle frontiere dei loro Stati,
nello scopo di rassicurare la Francia contro la preponderanza delle forze
dell' Italia.
« 6." Questa delimitazione verra stabilita di comune accordo, sia pri-
ma della One della guerra, sia prima delta conclusione dei negoziati.
« 7.° I presenti sette articoli dovranno restare segreti fra i due Govern!
della Francia e dell' Italia, ed ogni infrazione ad uno di essi da una delle
parti contraenti implichera il loro annullamento, e quello della Conven-
zione di questo giorno.
« Parigi, IS Settembre 1864. »
CONTEMPORANEA
II.
COSE STRANIERE.
MESSICO 1. Esposizione dell'Episcopato all'Imperatore — 2. Risposta diMas-
similiano I all' Episcopate — 3. Indirizzo di Dame messicane all'Impera-
tore, contro la liberta dei culti — 4. Fatti d'arme, presa di Oajaca e morte
di Porfirio Diaz.
1. L'attenta considerazione dei fatti esposti e dei document! recitati
nel precedente quaderno (vol. 1, pag. 754-61) dee aver fatto capire a
chicchessia il nuovo indirizzo dalo alle cose della religione nel Messico;
il quale indirizzo certamente non risponde all' espettazione che,un anno
addietro, erasi in tutti destata, per 1'alto concetto in che si tiene la religio-
sita e lo schietto cattolicismo di Massimiliano I. Nel discorso ufficiale rife-
rito dal Moniteur parigino , con cui la Deputazione messicana compie la
fornaalita di offerire solennemente quella corona all' arciduca Ferdinando
Massimiliano d' Austria in Miramar il giorno 10 d' Aprile 1864, il presi-
dente di quella, sig. Gutierrez de Estrada, non si perito d'insistere molto
sul dire, the se il Messico metteva le sue sorti nelle mani di tal Princi-
pe, il faceva appunto « perche, cattolico e monarchico per tradizione se-
colare e non interrotta, trovava in S. M. imperiale, degno rampollo del-
1'imperatore Carlo Quinto e dell' imperatrice Maria Teresa, la personiii-
cazione ed il simbolo di codesti due grandi principii, basi della prima
sua esistenza » . E per mostrare che si voleva la monarchia anche perche
riparasse alle ingiustizie commesse contro la Chiesa dalla repubblica, il
Gutierrez dichiaro apertamente all'Arciduca: che quel giorno, lieto perche
facea sperare quella bramata ristaurazione, « non sarebbe giorno di alle-
grezza se non fosse anche giorno di giustizia * ». Anzi in un opuscolo
del ch. Mons. Nardi 2, stampato in Roma appunto di quei giorni, leggia-
mo ancora, a pag. 7, che in altra circostanza lo stesso personaggio indi-
rizzo coraggiosamente all'Arciduca queste altre gravissime parole : « Noi
siamo cattolici innanzi tutto, sinceramente e profondamente cattolicL Vo-
gliamo la monarchia, perche crediamo che piu giovi alia religione ; ma
preferiamo mille volte la repubblica, co' suoi pericoli, a tal monarchia
4 Dttats,^ Aprile 4864.
2 Visita dell' Imperatore e dell* Imperatrice del Wenico al 5. Padre. Roma,
ghi 1864.
116 CRONACA
che opprimesse o danneggiasse la nostra fede, dandoci quel cattolidsmo
mutilo ed uffidale, che altre nazioni tollerano, noi no ». Or lasciamo ai
nostri lettori il giudicare, se i recent! atti, cola compiuti circa le cose di
religione , siano tali da appagare i voti espressi dal Gutierrez , che ben
sapea come la pensassero i suoi connazionali ; ed i fatti che riferiremo qui
appresso proveranno che egli non s' apponeva male.
Certo e fin d' ora che, se il Governo di Messico fece di tutto per cessa-
re ogni contrasto coi liberal! che avean tenuto il sacco al Juarez , e per
avvalorare il diritto nuovo e quella certa maniera di conciliazione che
ha per suo promotore il Maresciallo Bazaine, la Chiesa ha tutt'altro che
da rallegrarsi della sua sollecitudine per gl'interessi del cattolicisrao ;
imperocche i suoi atti piu solenni hanno appunto per risultato di costi-
tuire cola quel cattolidsmo mutilo ed uffidale, a cui tanto ripugnava il
Gutierrez. Ne puo chiamarsene pago il Sommo Pontefice, il quale, come
riferi anche il Memorial diplomatique del 1.° Maggio 1864 (pag. 377),
prima di dare a Massimiliano I ed alia sua augusla consorte la santa Co-
munione del Corpo e del Sangue di Gesu Cristo, loro volse in nome di
Dio , per cui regnano i re e governano gl' imperanti , queste parole :
« Vi raccomando, in suo nome, la felicita dei popoli cattolici che vi sono
affidati. I diritti dei popoli sono grandi; bisogna soddisfarli: ma piii
grandi e sacri sono i diritti della Chiesa, sposa immacolata di Gesu Cri-
sto, il quale ci ha riscattati al prezzo del suo Sangue, di quel Sangue
onde state per imporporarvi le labbra. Yoi rispetterete dunque e i diritti
de' vostri popoli ed i diritti della Chiesa ; il che vuol dire che vi ado-
prerete per la felicita temporalee spirituale di codesti popoli ».
Ma, in buona fede, e egli un promovere la felicita di popoli cattolici^
1'aprire la porta all'eresia, sia pure che soltanto in forma di tolleranza,
e colla giunta dello scrivere sopra una carta , che il cattolicismo e reli-
gione dello Stato? E quali vantaggi puo sperare la Chiesa per 1'av venire,
quando si comincia col pretendere da lei stessa la sanzione dei latrocinii
scelleratissimi commessi a suo danno, 1' approvazione della tolleranza di
tutti i culti, la facolta del Governo di metier mano nelle cose sacre sotto
pretesto di regalie, non che di reggere a suo talento tutto cio che spetta
i beni di Chiesa, le tasse ecclesiastiche, le Confraternite, gli Ordini reli-
giosi, e perfino gli Atti del Sommo Pontefice suggettati alia censura di
Ministri laici ? Forseche col rimettere a nuovo tutte le vecchie catene, oude
gli antichi Governi e 1' empieta repubblicana aveario gravato cola 1' Epi-
scopato ed il Clero, si vantaggiano gl' interessi cattolici e si protegge la
religione ?
Questo stato di cose, non immaginario ma fondato sopra atti ufficiali di
quel Governo, altamente commosse 1'Episcopato messicano, che nell' av-
Yenimento di Massimiliano I al trono avea riposte tante speranze. Eppe-
CONTEMPORANEA 117
ro, appena letta nel Giornale ufficiale la lettera scritta , il 27 Dicembre
1864, dall' Imperatore al suo Ministro Escudero, da noi riferita nel
precedente quaderno; gli ArcivescoYi di Messico e di Michoacan, edi
Vescovi di Oajaca e Queretaro, a' quali aderirono prontamente gli altri
dell'Impero, indirizzarono, il di seguente, a Massimiliano I, in forma di
esposizione o richiamo , una rispettosa ma fortissima lettera , stampata
per intiero nel Monde del 5 Marzo 1865 ; della quale riferiremo qui i
tratti piu rilevanti :
« V. M. sa molto bene, come durante i trent' anni trascorsi dal Dicem-
bre del 1833, nel quale uscirono le leggi del patronato e della cessazione
della coazione civile, rispetto ai voti monastici, alle decime ecc., fmoallo
stesso mese dell'anno passato, nel quale i due reggenti, general e Almon-
te e general Salas , dichiararono vigenti le dette leggi di ri forma, la
Chiesa messicana non cesso mai di opporre il diritto al fatto contro tutte
le leggi e disposizioni che violano la sua dottrina, la sua giurisdizione,
le sue immunita canoniche e i suoi diritti, protestando con egual rive-
renza e forza dinnanzi ai rispettivi Governi, regolando la condotta cano-
nica delle autorita ecclesiastiche, ed ammaestrando ed ammonendo i fe-
deli sopra la forza degli obblighi, che in tali casi li stringono come catto-
lici, apostolici, romani. Sa parimenti V. M., come in tale procedere del-
Ja Chiesa, non hanno mai esercitato il menomo influsso, ne gl' interessi
delle parti, ne la forma delle istituzioni, ne il colore politico dei Governi,
giacche la Chiesa, intenta unicamente alia sua missione, che e di conser-
vare intatta la dottrina della fede, le regole dei costumi e 1'autorita della
disciplina canonica , non ha dato passo se non in via di difesa , quando
questi oggetti sono stati combattuti, e a cosi fare non ha avuto altro fine
che il degnissimo e santissimo di salvare i principli , a cui soggiacciono
le relazioni tra Chiesa e Slato, di ristabilire la concordia tra i due poteri,
e di consolidare sopra quesla concordia la pace generale della nazione.
"V. M. intende parimenfi, per la conoscenza che ha della nostra storia na-
zionale, come la cagione principalissima, per non dire unica, della guerra
civile che strazia la sventurata patria nostra, e 1'impegno di un'ardita mi-
noranza nel combattere la Religione e la Chiesa con leggi, che offendono
la coscienza. Da ultimo sa V. M., che le armi dell' Episcopate messicano
per difendersi, non furono mai altre che il non licet dell' Evangelic, e che
i suoi costanti desiderii furono, che tinisse la triste necessita onde nasce
la sua resistenza passiva , mediante un accordo tra il Governo della na-
zione e la Santa Sede Apostolica.
« Immensa, o Sire, e la pena e il dolore della Chiesa messicana per
questa guerra ostinata, che in nome della liberta, del progresso e del se-
colo 1' e venuta facendo questa rivoluzione , antica e nuova, che dopo
ayer desolata Y Europa venne a combattere il suo nemico , cioe dire, il
• L '/••
CRONACA
Cattolicismo in questa parte del nuovo mondo. Allorche, dopo tante vi-
cende, si giunse a quell'estremo, a che condusse le cose nel Dicembre
del 1860 la demagogia trionfante nella Capitale della Repubblica ; allor-
che vedemmo consumata fra noi 1' opera, che i nemici della Chiesa si af-
faticavano di recare a fine, potevamo lasciare ogni speranza, se non 1'aves-
simo avuta molto salda per la nostra fede nella Provvidenza divina, ed
anco per 1' intimo conosciraento e per la profonda persuasione nostra del
carattere cattolico, che ha sempre segnalato il popolo messicano.
.« Questa speranza rinforzo, quando 1' intervento trionfante nella Capi-
tale dichiaro che non mirava a violare la indipendenza, la volonta, i di-
ritti della nazione, ma si limitava solo a distruggere il Governo di Don
Benedetto Juarez, affinche il Messico si costituisse liberamente; e crebbe
ancora di vantaggio, dando a questa Chiesa e a questo popolo la massiraa
consolazione, al risapersi che il personaggio chiamato a reggere le sorti
del Messico era Yostra Maesta. »
E qui, dichiarate le cagioni che ispiravano tanta fiducia nel miovo
Principe, cioe la sua pieta, 1' atto ossequioso con cui avea voluto far be-
nedire dal Papa la sua corona e la yenuta del Nunzio pontificio, conti-
nuarono nel modo seguente :
ft Quale dunque sara stata la nostra amarezza e la nostra pena, quan-
do, in vece di quello che si desiderava con tanta veemenza, e si sperava
per si forti motivi , abbiamo veduto dileguarsi tutte le nostre speranze
per le manifestazioni e il mandate, a cui si riferisce la lettera di V. M. a)
Ministro di Giustizia? In cotesto rispettabile documento yediamo , cbe
non vi fu accordo Teruno col Nunzio apostolico per manco di istruzioni,
che V. M. non ha creduto bene di aspettare che vengano, e che per con-
seguenza risolve di per se solo le grayi quistioni, e ordina che Le si pro-
pongano dal Ministro di Giustizia i provvcdimenti conseguenti a tale ri-
soluzione.
« Non sapendo quanto 6 accaduto nelle conferenze segrete, e affalto
ignari dei documenti e delle istruzioni che s'abbia 1'Inyiato di Sua Santi-
ta, noi dobbiarno rispettare la inviolabilita, nel cui seno riposano le cagioni
deiravvenuto e i motivi che abbiano determinato Y. M. ad un passo di
si trascendente gravita. Ma poiche, nel nostro umile giudizio, quali che si
fossero cotesti motivi, non crediamo che abbiano ne indebolito il potere
sovrano della Chiesa cattolica, ne dato, a quello dello Stato 1' incremenlo
sufficiente a tranquillare colle sue risoluzioni la coscienza dei fedeii ; e
poiche questa circostanza, lungi dal recare il bene desiderate, lascia i»
piedi tutto il male che si soffre, giacche solo il Sovrano spirituale puo
sciogliere le gravi question! di morale, ed acquietar le coscienze ; noi ci
crediamo strettamente obbligati a presentarci a V. M., supplicandola as-
sai caldamente, che si degni far sospendere gli effetti delle dichiarazioni
e degli ordini contenuti nella soprallegata sua lettera.
CONTEMPORANEA 119
« Nel dare questo passo ci crediamo sostenuti, non solo dalle ragiohi e
dai fondamenti die si fecero valere, si nella Manifestazione fatta dall'Epi-
scopato messicano ai 10 di Agosto 1859, per cagione delle cosi dette leg-
gi di riforma, spedite da Don Benito Juarez in Veracruz, si nella Sposi-
zicm da noi diretta ai sigg. generali Almonte e Salas, come a Reggenti
dell'Impero, nel Dicerabre deli'aimo prossimo passato, conseguentemen-
te alia circolare da essi spedita ai 15 di detto mese, dei quali document!
accludiamo copia a V. M. , ma ci crediamo ancora sostenuti dal carattere
della piu alta gravita, che la questione ha ricevuto dopo 1' intervento del
Santo Padre coll' inviare un Nunzio a richiesta di V. M. ;
« Le basi date da V. M. al suo Ministro importano, o Sire, 1' abroga-
zione del foro ecclesiastico, la ratificazione del disammdrtamento ed in-
cameramento dei beni ecclesiastici , la legittiraazione degl' interessi sor-
ti da tali operazioni , 1* intervento autorevole del potere civile sopra il
mantenimento del culto, la estinzione dei mezzi canonici di sussrstenza ,
sopra i quali il cuho e suoi Ministri hanno fatto e fanno assegnamento al
presente, e da ultimo la dichiarazione di ampia-e franca tolleranza in
opera di culti ; con null'altro che dichiarare religione dello Stato il culto
cattolico, apostolico, romano.
« Sire, noi non cediamo, ne cederemo mai a nessuno in fedelta nel
compiere gli stretti doveri che abbiamo verso il Sovrano teraporale ; ma
quando, per ubbidire a lui, bisogna mancare alia legge di Dio o della
Chiesa, e per conseguenza cornmettere una vera prevaricazione, la resi-
stenza passiva non deve mai passare per un atto di disobbedienza , per-
che la obbedienza ha il suo fondamento nella legge di Dio, e cessa di
obbligare quando cio che si comanda e incompossibile con essa. »
Rammentata poi rispettosamente al Sovrano la suprema autorita della
Chiesa nelle cose spirituali, che si fonda sopra un domma del Simbolo, e
ia pienezza dei poteri che in tali materie spettano al Somino Pontefice,
presero a dimostrargli che niun diritto egli avea di troncar le quistioni
eccitate a suo beneplacito, e che niuna vera necessita ve lo spingeva.
« Y. M. ci permettera che, protestandole innanzi tutto il piu profondo
nostro rispetto, le manifestiamo, come la sua rrsoluzione sovrana sopra
i punti , ai quali si riferisce la lettera diretta al Ministro di (riustizia , si
riferisce precisamente agli oggetti della contesa tra la Chiesa e lo Stato ;
che non sarebbero oggetti di contesa, se non invadessero 1' autorita spi-
rituale; che cosi e stato dimostrato costantemente ai Governi dalF Epi-
scopalo messicano ; che stanno in aperta opposizfone colle basi sociali
della Chiesa cattolica, e in contraddizione manifesta colle piu chiare dis-
posizioni de'Canoni, e principalmente coirultimo Concilio generale; che
sono stati espressamente riprovati nelle Allocuzioni pontificie; e che an-
che la dimanda e la missione di un Nunzio apostolico per 1'aggiusla-
120 CRONACA
mento definitive di queste questioni prova, che in questo concetto e sta-
ta la M. V., chiaro essendo, che se non riconpscesse la strettissima ne-
cessita del concorso dei due Poteri allo scioglimento di dette questioni ,
non avrebbe avuto tanto a cuore la missione di un Nunzio apostolico.
Dall'altro lato V. M. qualifica questa missione come un mezzo capace di
soddisfare ai bisogni del paese e di ristabilire la pace negli spiriti e la
tranquillita nelle coscienze di tutti gli abitanti dell'Impero; e questa di-
chiarazione altrettanto vera, quanto e precisa e coscienziosa, ci scusa, o
Sire, uua superflua dimostrazione.
« Ma non possiamo dispensarci dall'osservare, che cotesti concetti sus-
sistono tuttavia ; giacche 1'accordo, di che si tratta , non ebbe luogo, e
per quanto gravi si suppongano le condizioni del presente stato , esse
non basteranno a fare che la risoluzione contenuta nella lettera di V. M.
soddisfaccia ai bisogni del paese, ristabilisca la pace negli spiriti ed ac-
quieti le coscienze.
« Vostra Maesta sa molto bene, che il Sovrano temporale non puo nul-
la sopra la coscienza,. tranne il torre la coazione impostale; e che per
conseguente, finche il Papa non decida o il Sovrano non tolga la coazio-
ne, le coscienze rimarranno agitate. Quanto alle giuste esigenze del pae-
se, non sappiamo quali possano essere , fuori di quelle della coscienza
nelle sue attinenze morali cogl' interessi.
« Non ci tratterremo, o Sire, in quanto si attiene al congruo sostenta-
mento del culto e de' suoi Ministri, perche 1'interesse, checche dicano i
gratuiti nemici della Chiesa, non ha mai avuto il menomo influsso nella
condotta de'suoi Pastori.... Possiamo si bene assicurare Yostra Maesta,
che tutti siamo disposti a sussistere della pieta dei fedeli, anziche di una
dotazione civile ; poiche nel caso nostro nulla ci e piu prezioso che la
dignita della Chiesa e la indipendenza del suo ministero.
« Rispetto alia tolleranza religiosa, nulla veggiamo che la renda, non
diremo urgente, ma neppure scusabile. II Messico e un popolo esclusiva-
mente cattolico, e la sua avversione alia tolleranza dei culti si e spiegata
sempre in maniera notevolissima. Quando il Congresso costituente del
1856 discuteva 1'articolo IS del suo progetto di costituzione, in cui si
stabiliva tal tolleranza, tuttoche fosse composto dei piu esaltati partigiani
di cio che chiamasi riforma e progresso, non ostante 1' impegno di tutti
per far trionfare questo divisamento, ebbesi ad abbandonarlo sotto il peso
irresistibile della volonta nazionale, spiegatasi come non avea fatto mai.
I liberali esaltati erano padroni del posto , eserci tavano il potere ed ese-
guivano gli ufficii in tutte parti ; ma con tutto cio, e con tutto il tenere
costretta la liberta della parte contraria e principalmente della Chiesa ,
non poterono rattenere il torrente. Pioveano da tutte parti le rimostran-
ze: mimicipii, corporazioni, popolazioni intere, uomini, donne, lasocieta
CONTEMPORANEA
tutta si richiamo contro quell'articolo : lo stesso Governo del Comonfort,
vedendo che non era prudenza opporsi al pubblico dispiacere si univer-
salmente manifestato, prese parte attiva contro la tolleranza, e 1'articolo
cadde a terra rigettato da una immensa maggioranza. Sire, questo parla
molto alto , e in sette anni non si cambia il carattere e la volonta di un
popolo. »
Conchiudevasi questo atto episcopale con iscongiurare caldissimamen-
te 1' Imperatore, affinche volesse porre fine « ai gravissimi inconvenienti
di premettere alia venuta delle nuove istruzioni pontificie una risoluzio-
ne, che, senza il requisite delle concorrenze dei due Poleri, lascera in
piedi ed anco accrescera notabilmente i mali che gia si soffrono , rende-
ra ognora piu grave la condizione presente , e non sappiamo fino a qual
segno moltiplichera gli ostacoli » pel compiuto ristabilimento della pace
e per la consolidazione dell' Impero.
Ond' e chiaro che i Vescovi, rivendicando le ragioni della Chiesa, con
sublime abnegazione de' loro interessi temporali, si contentavano di sup-
plicare 1' Imperatore che lasciasse di porre, con nuovi fatti compiuti, i
piu gravi ostacoli alia conciliazione tra la Chiesa e 1' Impero.
2. La risposta del Governo fu fatta con una lettera , in cui si vede
chiaro ch'egli si propose tre intenti: 1." Dimostrare che la lentezza della
Santa Sede tornava rovinosa per gl' interessi dell' Irapero ; e che percio
non si potea indugiare piu oltre ; 2.° Che il Nunzio pontificio affermo
prima e nego poi d' aver poteri per conchiudere un accordo di componi-
mento ; 3.' Che i Vescovi parlavano senza conoscere lo stato delle cose,
e percio farebbero meglio ad occuparsi dell' istruzione religiosa del loro
popolo , che « non e ancora in gran parte cattolico nel vero senso del
santo Vangelo » ; di cui , per quanto pare , il Governo crede potersi far
maestro ai Vescovi. II che apparira dalle sue proprie parole , che qui
riferiamo fedelmente :
« Chapultepec , 9 Gennaio. Monsignori. lo ho letto con grande inte-
resse la vostra esposizione collettiva del 29 Dicembre decorso ; el' ho
esaminata con la scrupolosa attenzione , che esige il mio dovere di So-
vrano. Voi avete fatto appello con molta ragione ad una delle poche doti
che Dio nella sua bonta mi ha largita, cioe quella di amare la verita e di
dirla sempre con piacere.
« II senso delle vostre parole e esatto, quando si riferisce a comuni-
cazioni e ad atti che emanano dalla pura sorgente del vero. In questo
caso io ascolto di buon animo, e adopero secondo il mio dovere, secondo
la mia coscienza. Ma se veggo che le divergenze d'opinioni, derivanti da
una leale ricerca della verita , riposauo sopra errori , allora io mi abban-
dono volentieri ad una spiegazione, guidato dal sentimento dell'equita.
« Voi indirizzate nella vostra esposizione , con termini ( non lo nego )
rispettosissimi , alcuni rimproveri al mio Governo, volendolo paragonare
CRONACA
con quello passato di triste ricordanza. Yoi operate cosi, ignorando, co-
me voi stessi avete confessato a piu riprese lo.^tato degli ultimi avveni-
menti relativi alle faccende ecclesiastiche.
« lo vi consiglio amichevolmente, a questo proposito, di non giudicare
per 1'avvenire severamente e temerariamente, prima di avere studiata una
questione in tutti i suoi particolari. La calraa, la riflessione e la dolcezza
sono il precipuo ornamento d'un dignitario della Chiesa. Yoi non sapete
cio che e avvenuto a Roma fra Sovrano e Sovrano : non avete assistita
ai negoziati col Nunzio; voi non potete per conseguenza giudicare da
che parte e 1' errore , da qual parte vennero le usurpazioni , se pure ve
ne furono. Come buon cattolico, e Sovrano fedele a'miei doveri, io deb-
bo coprir d'un velo alcune cose, lasciando a Dio e alia storia la cura
della mia giustificazione ; ma desideroe voglio rispondere adalcuni punti
della vostra esposizione.
« Dopo sette mesi di longanimita il mio Governo era in diritto d' as-
pettarsi un Nunzio ampiamente rivestito di facolta, per iinirla collo stato
insopportabile in cuisi trovavano le cose, col mezzo di savie ed energi-
che riforme nel senso del verp cattolicismo. E tanto piu eravi ragione
di sperarlo , in quanto che il mio Ministro degli esteri aveva spedito a
Roma per mio ordine una Nota urgente , esponendo con leale franchez-
za la violenta condizione in cui versavano le faccende ecclesiastiche , e
la dura necessita in cui ci vedevamo di dar loro una soluzione, se noa
interveniva un pronto accomodamento. Alcuni documenti provano, che
questa Nota era giunta a Roma prima della partenza del Nunzio.
« Nella dolce speranza di questo pronto regolamento si desiderate^
noi abbiamo ricevuto il Nunzio con le distinzioni raramente concedute
a un dignitario della Chiesa. Io feci piu di quello che ordinariamente
fanno i Sovrani : invitai il Nunzio fin da' primi giorni del suo arriva
ad una lunga conferenza con me: gli indicai colla piu grande Iran-
chezza , forse con troppa fidu^ia , tutti i punti su' quali il mio Governo
poteva, e quelli su' quali non poteva cedere. Questi punti erano stati
indicati dalla mia coscienza e dal mio dovere dopo un attenlo studio. II
Nunzio fu molto esplicito a questa conferenza; mi dichiaro che aveva
poteri per diversi punti, e che per il resto si sarebbe trattato con Roma
mediante un Concordato.
« II mio piu vivo desiderio era cosi avverato in gran parte ; ma co-
noscendo 1' eccessiva lentezza del disbrigo degli affari a Roma , pregai
il Nunzio a trovare, diaccordo col mio Ministro della giustizia e de'culti^
un mezzo, che aspettando la soluzione detinitiva de' punti in quistione,
tranquillizzasse la nazione , testimoniando la nostra sollecitudine paterna
e la buona e leale volonta del nostro Governo.
« Nella sua prima conferenza col mio Ministro, il Nunzio si espresse
nel modo medesimo che con me. II nostro Governo si abbandono allora
CONTEMPORANEA
alle piu care speranze. Ventiquattr' ore dopo questa conferenza , con-
traddicendo a cio che aveva affermato il giorno innanzi, 11 Nunzio di-
chiaro che non aveva poteri , e lo fece quindi conoscere al Ministro in
una lettera concepita in termini assai singolari , contidando in tutta la
nostra indulgenza e in tutta la nostra dolcezza. II concorso dei due po-
teri adunque mancava. Come fare senza questo concorso un Concordato
o un accomodamento qualunque?
« Dopo cio il mio Governo, che ha la coscienza della sua dignila e del
suo dovere, non poteva aspettare altri tre mesi per esporsi ad una solu-
zione simile, e lasciare cosi pendenti quistioni di un interesse vitale pel
paese , tanto piu che il Governo non pretendeva a nuila che non fosse
praticato gia in altri paesi cattolici, senza opposizione per parte della
Santa Sede.
« La grande pluralita della nazione esige , ed ha diritto d' esigere,
quella soluzione. Sopra ad un tal punto sono in grado di giudicare coil
piu sicurezza di voi, Monsignori, perche ho percorso una gran parte delle
vostre diocesi, mentre voi siete rimasti nella Capitate, dopo il vostro ri-
torno dall' esilio. Per cio stesso , e dopo matura riflessione , dopo aver
consultata la mia coscienza , dopo avere ascoltato il parere di degni teo-
logi , io mi sono deciso ad un atto , che non ferisce per nulla il dogma
della religione cattolica, e assicura d' altra parte ai nostri concittadini la
libera esistenza della legge.
« Io voglio, prima di finire, richiamare la vostra attenzione su d' un
errore, nel quale siete caduti. Voi dite che la Chiesa messicana non pre-
se mai parte agli avvenimenti politici. Piacesse a Dio che fosse cosi 1
Ma esistono tristi document], i quali provano chiaramente che i dignita-
rii stessi della Chiesa si sono gettati nelle rivoluzioni , e che una parte
del Clero spiego ima resistenza molto attiva contro lo Stato.
« Convenite, miei stimabili Prelati, che la Chiesa messicana, per una
deplorevole fatalita, si e troppo immischiata nella politica e nelle faccen-
de de' beni temporali, negligendo percio Tistruzione cattolica del suo
gregge.
« Si! il popolo messicano e pio e buono; ma non e ancora in gran
parte cattolk-o nel vero senso del santo Yangelo, e non per sua colpa. Ha
bisogno che lo s' instruisca , che gli si amministrino i sacramenti , come
Tuole'il Vangelo , gratuitamente. Ma il Messico sara cattolico, ve ne
assicuro. Dubitate, se vi piace, del mio cattolicismo ; 1' Europa conosce
da lungo tempo i miei sentimenti ; il Santo Padre sa come io la penso ;
le chiese di Germania e di Gerusalemme , che 1'Arcivescovo di Messico
conosce quanto me , mi sono buoni testimonii su questo punto ; ma buou
cattolico come sono, saro altresi Un principe giusto e liberale.
« Ricevete 1'espressione del mio affetto. Firmato MASSIMILIANO. ».
124 CRONACA
Lette queste cose, il Debats parigino ne meno gran festa, e comincio
a dar la baia al Monde, rinfacciandogli che era andato tanto in sollucche-
ro per la pieta cattolica di Massirailiano I, e che cosi s'era tirato addosso
la vergogna d'essere corbellato, trovando in lui il sangue di Giuseppe II.
Noi non crediamo che 1'Imperatore abbia, col solo firmare questalettera,
dato giusta cagione di essere riputato infetto de' principii Febbroniani e
Giansenistici, onde quel suo antenato riusci tanto funesto alia Chiesa cat-
tolica. Ma ben possiamo stimare assai profondo il rammarico eccitato in
tutti i buoni cattolici , al yedere firmata col nome di Massimiliano I una
scrittura , ispirata forse da influenze poderose e straniere , la quale non
possiamo credere ne concepita ne dettata da un Principe, che diede tan-
te e si belle prove di specchiatissima religione. Imperocche ci parrebbe
di fargli troppa ingiuria nell' ammettere, ch' egli fosse capace di levar
cattedra di insegnamento cattolico addosso a' Vescovi, rampognandoli di
fallire contro la mitezza evangelica, di giudicare temerariamente, di aver
trasandato il sacro loro Ministero per intrigarsi nelle cose politiche, di
aver negletta 1'istruzione de'popoli quanto alle cose di religione, appo-
nendo ad essi la colpa del non essere quelli « in gran parte cattolici nel
yero senso del Yangelo ». Peggio ancora: quell' insinuare che Y ammi-
nistrazione de' Sacramenti si faccia in forma che pute di simonia, cioe
non gratuitamente ; e quell' assumersi 1' incarico di fare , checche vo-
gliano i Vescovi , che i Messicani diventino cattolici, quasicfee possa es-
serci un cattolicismo diverse da quello che insegnano i Yescovi. Anche
peggio quel vantarsi sicuro in coscienza, per aver operato secondo il
consiglio di ignoti teologi , contro i diritti cosi altamente rivendicati dal-
la Santa Sede, dall' Episcopato, da tutto il Clero e da quasi tutti gli stes-
si laici cattolici.
Ne meno e biasimevole in questa lettera, o certamente e fondata sopra
un deplorabile abbaglio, quella figura oratoria di preterizione : « Voi non
sapete cio che e avvenuto a Roma fra Sovrano e Sovrano, non avete as-
sistito ai negoziati col Nunzio; voi non potete per conseguenza giudicare
da che parte e 1'errore, da qual parte vennero le usurpazioni, se pure ve
ne furono. Come buon cattolico e sovrano fedele a' miei doveri , io debbo
coprir d'un velo certe cose ecc. » Appunto perche ci sta a cuore il rispet-
to alia maesta di Massimiliano I, ci e caro di credere, che tali parole non
poterono mai uscire dalla sua penna. E non valgono esse quanto I'accu-
sare il Papa Pio IX ed il suo rappresentante, d'aver commesso slealta ed
usurpazioni? E con qual fondamento? Forse con quello delle trattative
fatte in Roma da Sovrano a So.vrano?Qr bene, giova ripetere cio che al-
tra volta riferimmo dall5 Osservatore Romano : « Nei brevi momenti, in cui
Sua Maesta messicana si trattenne a Roma, non ebbe luogo la menoma
apertura di negoziati , tendenti alia composizione delle cose ecclesiasti-
CONTEMPORANEA 125
che e religiose del Messico. Che anzi, se certi ragguagli non fallano,
1' Iraperatore avrebbe sempre evitato di entrare in siffatte materie, ri-
serbandosi di trattarne col Nunzio ». Questa mentita categorica non e
indirizzata solo al Memorial diplomatique, ma si a qualunque ha comu-
ni con lui le affermazioni contrarie. Posti fra un no della Santa Sede, ed
tin s\ di qualsivoglia personaggio , niun uomo cordato s' indurra mai a
credere piuttosto al s\ che al no; e preferira sempre di ammettere che,
essendo yerissimo il no, sia forse scusabile il si per qualche equiyoco,
ovvero per quelle perficlissime arti, onde i /z^m/isannocirconvenireun
Principe, quantunque savio e 'di ottime intenzioni, e fare in nome suo,
o costringerlo a fare sotto 1' iropero d'unaillusoria necessita, anche quel-
lo a che la sua coscienza libera si rifmterebbe.
Le lodi amplissime, date dai giornali de'Frammassoni a codesta lettera,
dovrebbero bastare a mettere quel Goyerno in dubbio almeno , se non
ad accertarlo , circa la dirittura o la peryersita della yia per cui egli
e sospinto, e circa la bonla degli spedienti posti in opera per troncare le
quistioni religiose, dando ragione ai tristi ed aggiungendo ai danni della
Chiesa anche le piu grayi accuse e la severita de'proyyedimenti dispotici
delle regalie.
II Nunzio pontificio mando al Ministro degli Affari esterni messicano
una gagliarda protestazione contro il Decreto, da noi riferito 1'altra yolta,
per cui son rimesse in yigore tutte le piu rigide cautele di Placet e d'#~
ocequatur sopra tutti gliAtti,i Rescritti,leBolIe e perfmo i Dispacci della
Santa Sede. II signor Ramirez rispose con forme degne del tono assun-
to nel riscontro fatto alia lettera de' Vescoyi. Ma siccome questo ci e no-
to solo per una relazione del Memorial diplomatique, c' indugiamo a
buon diritto di recarne giudizio, finche non abbiamo sotto gli occhi il te-
sto di tali documenti.
Questo nostro riserbo nel dar retta alle notizie del Memorial diploma-
tique ci e imposto dalla certezza del poco criterio , per non dire altro ,
con che egli procede nell'affermare o negare, secondo che mette a bene
per la causa da lui sostenuta. Di che abbiamo noyella proya nella perti-
nacia, con cui codesto periodico, nel suo n. 12 del 19 Marzo, pag. 191,
torno a ribadire le falsita da noi rifmtate nel discorrere piu sopra delle
cose romane, mantenendo, come pretta yerita, contro la categorica men-
tita del Giornale di Roma, la fayola dei trattati diplomatici del sig. Kint
di Roondendeck , e delle formali promesse da lui ottenute dalla S. Sede.
E di tal sua pertinacia non sa allegare altra cagione che le parole della
riferita lettera: To* non sapete do che e avvenuto a Roma da Sovrano d,
Sovrano; le quali per se tendono a geltare sul Sommo Pontefice una taccia
di slealta, o smemorataggine; ma nonprovano, ne puntonepoco esserye-
ra la negata e falsa missione del suddetto diplomatico. Che logica e que-
126 C RON AC A
sta? Per mantener vera la missione del Kint , si allegano trattatiye tra
Massimiliano I ed il Papa! Dato che queste fossero vere, non potrehbe
esser falsa quella missione? Che nesso passa tra quelle e questa?
Certo e che il Goyerno imperiale dee aver capito da se stesso che il
troncar colla sciabola le quistioni non le risolye, ma piuttosto le aggra-
Ta ; e percio si volse al partito di spedire a Roma una Deputazione pre-
sieduta dal suo ministro di Stato, Velasquez de Leon , per trattare colla
Santa Sede il bramato componimento. Ma questo non sarebb'egli riuscito
assai piii facile, senza i fatti compmti sullo scorcio del passato Decem-
bre e dei primi giorni del Gennaio?
3. Per dimostrare la yerita di quel che ayeano asserito i Yescovi, cioe
che il popolo messicano aborre dalla legale introduzione del protestan-
tesimo , ancorache sotto forma di pura tolleranza , ayremmo in pronto
molti fatti e molti segui di aperta riproyazione, dati pubblicamente ai
Goyerno anche dal minuto popolo , e riferiti in molte corrispondenze di
cola, ed anche de'giornali de'Frammassoni. Ma ci vogliamo contentare
di trascriyere 1' Indirizzo che , messo a stampa nel giornale messicano
La Sociedad, fu spedito all' Imperatore con la firma di molte e cospicue
Gentildonne, che in tal congiuntura non yollero lasciare ad alcuno il
diritto di parlare in loro nome.
a Sire. Noi che qui ci sottoscriviamo , suddite di Y. M. e cattoliche
sopra ogni cosa , rimostriamo rispettosamente , come sia giunta alle no-
stre orecchie la yoce, che si pretenda strappare dal pio animo della
M. V. il funesto decreto di tolleranza dei culti, o meglio, delle pubbliche
sette, nemiche dichiarate della fede della Chiesa.
« Atterrite giustamente, come cattoliche, come amiche dell'Impero e
come spose e madri di famiglia , temiamo per la santa Chiesa, temiamo
per Y. M. e temiamo pei nostri figli e mariti.
« I dissidenti aborrono e perseguono la Chiesa in ogni tempo , e tur-
Jbano incessantemente la pace, origine di tutti i beni sociali. Noi pertan-
to, nella nostra qualita di cattoliche, difendiamo la fede e con la fede la
liberta della Chiesa e la pubblica pace.
« Amiamo V. M., cui acceltammo con yiyo entusiasmo, perche sape-
vamo che era un Principe cattolico egualraente e pio , degno discendente
del grande Carlo V ; e temiamo per 1'augusta persona di V. M. , perche
*iamo conyinte che questo fatale decreto, alia cui sanzione la inducono i
suoi cordiali nemici , alienera pur sempre da Lei tutti i cuori veramente
messicani, che non yogliono altra fede da quella della Chiesa romana.
« Temiamo finalmente , come madri e spose , perche 1'errore legitti-
mato pud corrompere i cuori e le menti dei nostri mariti , e turbare per
sempre la pace delle famiglie , col pericolo della eterna perdizione delle
anime.
CONTEMPORANEA
« Per le quali cose, e per quel molto piii che omettiamo per amore di
brevita , preghiamo la M. V. die , ricordandosi come Iddio la condusse
al Messico per salvarne la indipendenza e la santissima religione , non
ascolti i consigli di uoraini disonesti , e non permetta che nel Messico
v'abbia altro culto che il cattolico, apostolico, romano. Cosi Iddio La li-
berera da tutti i neinici, ne assodera il trono e la dinastia, la colmera di
benedizionL
<( Ora per incidente aggiugneremo , che dalla pieta e munificenza del
regio suo cuore speriamo eziandio , che volga una occhiata di compas-
sioue ai ministri del Signore, immersi in una penosa miseria, ed alle ver-
gini consacrate allo stesso Signore nostro Dio. Le quali si consumano
d'inedia e di dolore, ne per essere spogliate dei loro beni legiltimi e del
loro chiostri, ed essere fa tie segno alia persecuzione dei libertini e degli
empii, ebbero altro delitto che la loro virtu. Supplichiamo pertanto alia
M. V. che annuisca alia nostra petizione. » (Seguono molte firme).
4. Mentre cosi ferve il contrasto per le cose di religione , e ben lungi
dall'essere cessato ogni pericolo per le faccende politiche e militari. II
Yaldes, che prima avea aderito all' Impero , e poi sollevata la bandiera
della ribellione a Toluca , vi mando a fuoco le messi ed i granai , onde
traeva suoi approvigionamenti la Capitale; quindi, dispersa la sua ban-
da al sopraggiungere degli imperiali franeesi e della legione straniera,
si trasse in salvo. Un altro capo di guemglieri , il Rojas , con due suoi
colleghi, Herrera e Cairo, si sono impadroniti di Zapatlan. Un altro capo-
banda, il Corona, batte la campagna nello spartimento di Sinaloa, e ren-
de mdsicuro 1'uscire da Mazatlan. Le quali cose , che forse non sono
esenti da esagerazioni , vennero pubblicate dalla Gazzetta di Wurtz-
bourg, come ricevute da uno dei volontarii alemanni di cola. Ma e certo
che i soldati franeesi uccisi o fatti prigionieri nel combattimento contro
il Rosales, di cui abbiam dato conto nel quaderno precedente , erano da
122 ; e questo rovescio incoraggi molto le bande nemiche, le quali pro-
seguono a sperperarsi quando si trovano a fronte degli imperiali , loro
aprono il passo, poi si rannodano alle loro spalle , e talvolta si accostano
fino alia Capitale. Di che 1' International di Londra gitto voce, molto ac-
creditata anche presso piu giornali franeesi , che si debbano spedire cin-
que mila uomini di rinforzo al Bazaine , invece di richiamare in Francia
lui ed il suo esercito , come avea annunziato Napoleone III alii 15
Febbraio.
Ma un' insigne vittoria, riportata dal Bazaine, avra forse a quest' ora
mutato 1' aspetto delle cose. Dicemmo che il repubblicano Porfirio Diaz
s'era assai fortificato in Oajaca. Tra fanti e cavalli , egli aveva a' suoi
ordini un 7,000 uomini. II Bazaine voile d' un colpo sterminare questo
nucleo di resistenza , e da piu parti ad un tempo , con istenti infiniti ,
128 CRONACA CONTEMPORANEA
aprendo vie pei monti, tra boschi e burroni, fece giugnere parecchi cor-
pi di truppe sulle allure circostanti ad Oajaca. II Diaz mando fuori un
3,000 cavalli , perche molestassero il nemico, i quali non polerono phi
rientrare; ma non si attento di uscire colla fanteria alia campagna, do-
ve avrebbe doyuto affrontare un esercito dieci -volte maggiore del suo,
Attese dunque a premunirsi di difesa contro 1' assedio. Ma il Bazaine,
sollecitata la costruzione delle batterie, comincio a flagellare di bombe
si fieramente la citta, che il presidio, impossibilitato a durare nella di-
fesa, si arrese a discrezione, in numero di 4,000 uomini , restando in
polere degli imperial! , con tutta la citta e copiosi magazzini d' armi e
munizioni , anche 60 pezzi di buona artiglieria. II Porfirio Diaz , non
ayendo a sperar misericordia dai yincitori , cerco scampo nella fuga ;
ma perseguitato e preso , fu punito con 1'estremo supplizio e fucilato.
La yittoria parve si importante, che ne fu data notizia ufficiale al Cor-
po legislative di Francia, alii 18 di Marzo, per rassicurar tulti sopra
il felice esito della spedizione messicana.
DEL DOVERE DI TUTELA
CHE LO STATO HA VERSO LA CHIESA
I.
Aspetto delta quislione.
La pretesa liber la di coscienza e di cullo puo considerarsi sotto
due aspetti : in se medesima, o come conseguonza della nalura del-
lo Stalo. Considerata in se medesima alcuni la difendono qual diritto
essenziale dell' uomo ; altri qual espedienle politico pel maggior be-
ne della societa. Noi vedemmo nel precedente articolo come sa-
pientemente il Pontefice, quanto a diritto la dichiara delirio, quanto
a spediente politico la dichiara mezzo di perdizione 1.
E delirio come diritto, perche dovrebbe fondarsi o nel panteismo,
o tiell' indipendenza della crealura dal Creaiore, o nella negazione di
diversila del vero dal falso. In\7ece del dirilto di credere a lalento,
1'uomo ha essenziale dovere di accetlare la verila da Dio rivelata, e
conformare ad essa le proprie azioni. Che se per mala venlura non
sia ancor giunto a ravvisare tal verila rivelata , ha stretta obbliga-
zione di porre ogni opera per venirne a capo. II solo diritlo che gli
compete in tulta questa faccenda , e di esservi condotto per via di
persuasione e non costretto colla violenza. Ma do appunto la Chiesa
1 CIVILTA CATTOLICA, Serie YI, vol. I, pag. 413.
Serie TI, vol. //, fate. 362. 9 30 Marzo 1865.
130 DEL DOYERE DI TUTELA
ha sempre insegnato per organo de' suoi Ponlefici e de' suoi Dollori ;
ed ha ripreso il falso zelo di que' principi che lalvolta si son dilungali
da questa regola. L'apostolato della spada fu mai sempre preroga-
tiva deirAlcorano, non del Vangelo 1.
fi poi mezzo di perdizione come espedienle politico, si per la di-
scordia die pone Ira' citladini, contraria al concelio stesso di sociela ;
e si per 1'ampia e sdrucciolevole via che apre al corrom pimento e
alia royina di molte anime. L'uomo, nella presente condizione della
sua nalura , ha bisogno di molti aiuti e di molte caulele , per pre-
servarsi dai sofismi dell' errore e dagli alletlamenli del vizio; ne le
moltiludini imperile o la giovenlu inesperta trovano in loro slesse
sufficiente schermo contro le arti di se'dultori eloquenti ed astuti.
Questi due punti , relalivi alia considerazione della liberta di co-
scienza , considerate in se medesima, furono cla noi bastevolmento
messi in chiaro 2. Resta ora che ci Yolgiamo all' allra considera-
zione , a quella cioe che riguarda la liberta di coscienza e di culti
come conseguenza della natura dello Stato. Lo Stato, dicono alcuni?
per se medesimo non ha che fare colla religione, ne ha per compito
1'eterna salute dei ciltadini. Esso non puo dare la verila , di cui e
sola ministra la Chiesa ; e bench e riconosca essa Chiesa, tuttavia e
da lei distinto. Dunque , benche sia innegabile che niuno ha diritlo
all' errore , e che pero la liberla di coscienza non puo approval's!
dalla Chiesa ; tullaYia lo Stato dee permellere 1' errore e lasciare
libera balia a ciascuno di seguire o predicare qualsivoglia creden-
za, purche non si opponga alia pubblica tranquillita. Almeno cio im>
porta 1'idea di societa incivilita e ottimamente forma la.
Questa falsa opinione altresi, di non riconoscere nello Stato il do-
vere di proteggere colle sue leggi la Chiesa , e riprovata nell' Enci-
clica ponlificia : Contra sacrarum Lilterarum , Ecclesiae , sancto-
rumque Patrum doctrinam asserere non dubitant optimam esse con-
ditionem societatis, in qua Imperio non agnoscitur officium coercendi
sancitis poenis violatores catholicae religionis , nisi quatenus
1 Vedl PHILLIPS, Du droit ecdesiastique etc. tome seconde, §. 98. Defense
d'employer la contrainte pour convertir.
2 GIVILTA CATTOLICA, Serie VI, vol. I, pag. 413.
CHE LO STATO HA VERSO LA CHIESA 131
publica poslulat. Nel qual luogo lorniamo ad avverlire, cio che ab-
biamo awerlito allre volte, cioe non parlarsi dal Pontefice dell'ipo-
tesi particolare di tale o tal societa , la quale puo Irovarsi in cosi
fatta contingenza , attese le division! religiose gia in lei radicate ,
che la prudenza consigli civil tolleranza rispetlivamenle a lulli i culti,
senza protezione speciale dell' unico vero. Ma il Ponlefice parla del-
la tesi generale , ossia della raassima in ordine all' ottiraa forma di
reggimenlo , vale a dire a quella forma di reggimento die meglio
dsponda all' idea divina e alia felicila dei popoli.
Vuol lenersi d' occhio in quesla materia cio che Cristo ne insegna
in una delle parabola, da lui recate nel capo decimoterzo di S. Mat-
teo. « II regno dei deli, ossia la Chiesa, egli disse, puo rassorni-
gliarsi a un Padre di famiglia , il quale semino del buon grano nel
proprio campo. Dormendo i coloni, venne un suo nemico e vi sopras-
semino la zizzania.. Essendo quesla apparsa, lostoche crebbe il fru-
mento , i servi del Padre di famiglia andarono a lui e gli dissero :
JNon hai tu pianlato ottimo grano nel campo? Donde dunque colesto
loglio? E opera del mio. nemico , rispose il Padrone. Ed essi a lui :
Or vuoi lu che andiamo e lo slerpiamo dal campo? No; quegli re-
plico , perche ci sarebbe rischio che slerpaste insieme col loglio il
frumento. Lasciate che crescano entrambi insino alia messe ; e allora
diro ai mietilori che raccolgano la zizzania per gittarla nel fuoco, e
il frumenlo per conservarlo ne' miei granai 1 ». Qui apertamente il
padre di famiglia credelte di doyer dare anche alia zizzania liberta di
vegetazione, posto il male dell'essersi di gia abbarbicata nel .campo;
1 Simile factum est regnum caelorum homini qui seminavit bonum semen
in agro suo. Cum autem dormirent homines, venit inimicus eius et supersemi-
namt zlzanla in medio trilici, et abut. Cum autem crevisset herba et fructum
fecisset, apparuerunt et zizania. Accedentes autem servi patrisfamilias , di-
.xerunt ei : Nonne bonum semen seminasti in agro tuo? Unde ergo habet zi-
zania? Et ait illis : Inimicus homo hoc fecit. Servi autem diccerunt ei : Visf
imus et colligimus ea? Et ait: Non; ne forte colliyentes zizania eradicetis
simul cum eis et triticum. Sinite utraque crescere usque admessem; etin tern-
pore messis dicam messoribus : Colligile primum zizania et alligate ea in fa-
•sciculos ad comburcndum ; Iriticum aulem congregate in horreum meum.
MATTH. c. XIII.
132 DEL DOYERE DI TUTELA
ma non per questo riputo una tale necessila cosa buona per se mede-
sima, ne approve la negligenza de' colon! d' aver lasciato agio all'av-
versario di penetrare nel suo podere. Quella concessione fa voluta
dallo stesso Padre di famiglia come opporluna al presente stato di
cose, ma tuttavia la dichiaro disastro , inimicus homo hoc fecit;
disastro peraltro da comporlare per fuggire maggiori danni, ne for-
te colligentes zizania eradicetis simul cum els et Irilicum.
II.
Di ire capi, per cut lo Stato e obbligato a protegyere
colle sue leggi la Chiesa.
Che lo Stato debba , colle sue leggi , proteggere la religione cat-
tolica , puo rilevarsi da un triplice ordine : da quello in die esso e
Yerso i sudditi , da quello in che esso e verso la Chiesa , da quello
in che esso e verso Dio.
I. Lo Stato ha dovere d' assicurare e proteggere da ogni offesa i
dirilti dei cittadini. Ora i ciltadini han dirilto a non essere scando-
lezzali da pubblica scostumatezza , a non soffrire che i loro figliuoli
vengano corrotti nella mente o nel cuore'da insidie di seduttori , a
non vedere vilipesa e conculcata la loro fede dall' altrui empielci. Cio
e si vero che nello Stato estrasociale le famiglie disperse avrebbero
diritto ad adoperare eziandio la forza , contro un vicino conlumace-
mente molesto e pregiudiziale in punli di tanta rilevanza. Lo scan-
daloso, il pervertitore, il pubblico bestemmiatore di Dio, e, secondo
ragione, meritamente agguagliato all'ingiusto aggressore. Quella for-
za dunque che ciascun uomo avrebbe diritto di adoperare per se me-
desimo nella condizione , come suol chiamarsi , di natura , convien
che venga adoperala dallo Stato, supposla la societa; e cio eziandio
nell' ipotesi liberalesca che il dirilto sociale non sia allro che il di-
ritto colletlivo dei singoli associati.
Di piu, dove la diversila di culti non abbia talmente invasa la so-
cieta, che sia entrata nelle idee, nelle abitudini, nei coslumi del po-
polo; il possesso della vera religione e bene non di soli privati, ma
sivveramente della comunanza. Ora e dovere strellissimo dello Stato
CHE LO STATO HA VERSO LA CHIESA 133
lulelare co'mezzi suoi la conservazione de' beni social!, e assicurarli
da ogni assalto interne od esterno. II die ha tanlo phi forza nella
presente maleria , in quanlo la religione non e un bene qualunque ,
ma e il bene massimo dell'uomo; giacche riguarda isuoi elerni de-
stini : ed e bene altresi massimo della sociela, la quale trova in essa
il suo piu valido fondamento. Se dunque e dovere dello Stato pro-
teggere colle sue leggi gli altri beni inferiori , quanto piu questo
che li supera tutli?
In fine lo Stato ha massimamente dovere di proteggere V impo-
tenza del debole contro la prepotenza del forte. Ora 1* abuso della
forza puo aver luogo, come nell'ordine materiale, cosi ancora nell'or-
dine morale. Chi ha maggiore ingegno, maggiore dottrina, maggiore
eloquenza, ha in mano un'arme potentissima come pel bene cosi pel
male, e puo agevolmente abusarne in danno allrui. II rozzo, 1'idiota,
1' uomo di scarso intelletto non ha per se stesso mezzi a propulsarne
1'offesa. In suo aiuto adunque uopo e che venga lo Stato; se e vero
che 1'impulso alia vita sociale e appunto il trovare presidio in quel-
le cose , a cui non e baslevole la individual debolezza. E do per
rispetto al danno che la religione de'cittadini puo ricevere dall'al-
trui malizia. Ma oltre a queslo, non vuolsi ometlere il conforto che
all' onesla della vita proviene loro dal rigor delle leggi ; essendo pur
troppo vero che sopra gli animi grossolani, de' quali in ogni parte del
mondo e composta la maggior parte delle moltitudini , fanno meno
impressione le pene della vita avvenire , che quelle della presente.
Onde S. Leone Magno, nell' epistola al Yescovo Toribio, dice che
spesso il timore del gastigo temporale, minacciato dalle leggi civili,
risveglia nel cuore dei cristiani traviati il pensiero della salute eterna.
II. Venendo ora al secondo capo, egli e certo che non solo gli spic-
ciolati individui, ma le associazioni politiche altresi sono membri di
questa gran Sociela, da Cristo stabilita nel mondo, doe della Chiesa.
Anzi piu ancora le associazioni poliliche; giacche queste formano di-
reltamente 1' assegnamento fatto a Cristo dal divin Padre : Dabo tibi
gentes haereditatem tuam. Come la famiglia e composta di particolari,
e la nazione di famiglie ; cosi la Chiesa e composta di Nazioni. Pero
essa fu dai Profeli rappresentata come un impero da succedere agli
134 DEL DOYERE DI TUTELA
antichi irnperi della forza ; il quale colla sua polenza morale avrebbe
assoggeltata al suo dominio la terra. Ora i membri di ogrii societa
hanno dovere di concorrere alia difesa di lei, e assicurarne la pacifica
esistenza , contro i perturbatori di dentro o gli aggressori di fuora.
Dunque lo Stato, per cio stesso che e callolico e rappresenta una na-
zione cattolica, e obbligato a proteggere e difendere co' suoi mezzi la
Chiesa. Che se esso, apostatando, in quanto e Slato, dalla Fede, nega
di compiere siffalto dovere ; questo cade di natura sua nei singoli fe-
deli : i quali certamente non possono in faccia alia Cbiesa perdere la
lor natura sociale , per colpa di cbi sarebbe destinato a rappresen-
tarli. In tal guisa sorge nella societa urnana un necessario disordine,
cioe una forza legittima, iudipendenle dal pubblico depositado della
forza ; ne e mera^iglia che fiorisca un diritto non conforme alia
condizione normale , quando questa Yiene abbandonala e sconvolta.
Anche in Logica , slabililo un contraddHtorio principle , ne segue
di necessita una contraddittoria illazione. La Chiesa esseiido stabi-
lita da Dio come societa perfetta, ha ricevuto senza dubbio da lui
tutti i diiitii necessarii alia sua conservazione. Altrimenli conver-
rebbe accusar Dio d' incoerenza, come colui che avesse yolulo il fine
negando i mezzi. Ora tra i dirilli proprii di una Societa perfetta ci e
quello di coazione contro i nemici interni ed esterni. Nello stato di
scambievole alleanza tra lo Stato e la Chiesa, il predetto diritto viene
da questa esercilalo per mezzo di quello, in Yirtu della tutela armata
che esso le porge. Quinci 1' idea delle due spade , la spirituale e la
materiale, confederate insieme a salute del mondo. Ma rolta una tale
alleanza , ognun Yede che quel diritto della Chiesa non puo perire ,
siccome risultante dalla nalura slessa sociale , di cui non dallo Stato
ma da Dio fu rivestita.
Di phi, tutti i Dottori insegnano che la potesta temporale dev' es-
sere subordinata alia polesta spiriluale ; anzi cio e slato espressa-
menle definite da Bonifazio VIII, nella sua Bolla dommatica : Unam
sanctam Ecclesiam. Molli sono gli argomenti, con cui cio si dimostra ;
e, per saggio ne togiieremo qualcuno dal Suarez : a II principal fon-
damento di questa verita , dice 1' esimio Dollore , e chiarilo dalla
ragione insieme e dali' autorita. Imperocche si cava dall' unita della
CHE LO STATO HA VERSO LA CHIESA 133
Chiesa di Cristo Signore , significata abbastanza nell' Evangelic , e
da S. Paolo illustrata nella prima ai Corinlii , dove dice : Tulti noi
come un sol corpo siamo battezzali ; ed ai Romani : Benche molti ,
siamo un sol corpo in Cristo. Lo stesso ripete agli Efesii e spesso
altrove. Adunque Crislo Signore istitui la sua Chiesa come un sol
regno spirituale , in cui un solo sia Re e Principe spirituale. Dun-
que e necessario che ad esso sia soggelta la temporal potesta ,
come il corpo e soggetto allo spirito. Col quale esempio san Gre-
gorio Nazianzeno, nell' orazione decimasettima al popolo, spiega la
subordinazione delle due potesta; e inerilamente. Imperocche sicco-
me 1'uomo non sarebbe debitamenle composto, se il corpo non fosse
subordinate all'anima; cosi la Chiesa non sarebbe convenientemente
slabilita, se la potesta teraporale non sottostesse alia spiriluale . . .
Dov'e un sol corpo, convien che sia un sol capo, a cui tulto cio che
a quello appartiene , in qualche modo si riferisca : altrimenti ne la
pace ne la perfelta unita polrebbe avverarsi. Ora la Chiesa di Cristo,
come e delto, e un sol corpo. Dunque, benche siano in esso diversi
poteri e magistrali, e necessario che tulti abbiano subordinazione tra
loro , sicche in qualche modo mettan capo in un solo. Dunque o la
polesta spirituale e subordinate alia temporale, o viceversa. La pri-
ma cosa non puo stare; perche, come Papa Bonifacio trae argomen-
to da S. Paolo , le cose che son da Dio , sono ordinate, e 1'ordine
sarebbe capovolto, se cio che appartiene all'ordine spirituale solto-
stesse a cio che apparliene all' ordine temporale. Dunque e da accet-
tare la seconda parte della proposta disgiuntiva t .
1 Sicut homo non esset rccte composllus, nisi corpus esset animae subor-
dinalum ; ita neque Ecdesia esset convenienter inslitula, nisi temporalis po-
testas spirituali subderetur. . . . Vbi est unum corpus, necesse est esse unum
caput, ad quod omnia aliquo modo revocentur; quoniam alias neque pax, neque
perfecta unilas posset esse in corpore. Ecdesia autem Christi unum corpus
est , ut diximus. Ergo quamvis in eo slnt plures potestates , seu magistratus,
necesse est, ut inter se habeant subordinationem, ita ut ad unum aliquo modo
revocenlur propter radonem factam. Ergo vel spiriiualis potestas subordi-
natur temporali, vel e contrario. Primum did non potest: nam ut ibidem ex
Paulo affert Pontifex: Quae a Deo sunt, ordlnata sunt ; esset autem perversus
ordo, si spiritualia subiecta essent temporalibus. Ergo secundum necessario
dicendum est. De Legibus, lib. IV, cap. IX.
136 »EL DOVERE DI TUTELA
« Un secondo argomenlo puo cavarsi da cio , che i Pontefici deb-
bono rendere ragione a Dio anche delle anime dei governanti , e
pascerle colla loro autorita. Con quelle parole : Pasci le mie peco-
velle, anche i Re e gl' Imperadori furono assoggetlali a Pietro , per-
che anch'essi sono compresi nell'ovile di Crislo. Dunque anch'essi
debbono essere pasciuti e retli da Pietro. Ora, come sopra spiegam-
mo , nella frase di pascere e contenuta anche la potesta di reggere.
Ne vale il dire che cio s'inlende del reggimento spirituale ; imperoc-
che la regola del reggimento temporale , acciocche esso sia retto ed
onesto , debb' essere spirituale. Dunque e necessario che la potesta
di reggere nelle cose temporal! , sia regolata dalla spirituale; e questo
importa esserle soggetta e subordinata. E in questo modo i Ponle-
fici debbono render conto pei Re e per gl' Imperatori , in quanto
appartiene ad essi il correggerli, ed emendare lulto cio in che quesli
peccano non solo come uomini, ma ancora come governanti nell'uso
della loro polesla 1. »
Or chi non vede che parte precipua di questa subordinazione del-
le leggi civili alle canoniche si e , il far servire la loro forza all' ad-
empimento di quelle? Una, a parlar propriamente, e la sociela uma-
na, benche per conseguire appieno il suo fine abbia bisogno di due
poteri , lo spirituale e il temporale. Di qui nasce , qual necessaria
inferenza , che cotesti due poteri , per cio slesso che son distinti ,
ban dirilto ad assistenza j-eciproca. Allrimenti 1' opera di Dio sarebbe
imperfetta, e i mezzi non sarebbero ne proporzionati ne armonizzati
tra loro. Come dunque la Chiesa aiula lo Stato, informando i popoli
1 Potest nova confirmatio addi, fundata in verbis Gelasii Papae in cap.
Duo sunt, 96 dist. Quia pro animabus regum Pontlfices sunt reddituri ratio-
nem, insinuans in verbis illis, Pasce oves meas, eliam Reges, et Imperatores
Petro fuisse subiectos , quia sub Christi ovibus comprehendi debent; ergo
etiam debent pasci, et regi a Petro : iam enim explicuimus sub verbo, pascen-
di, etiam potestatem regendi conlineri. Dices, hoc verum esse quoad spirituale
regimen. Sed contra , quia regula regiminis temporalis, ut sit rectum et ho-
nestum, debet esse spiritualis; ergo necesse est> ut ipsamet potestas tempora-
liter regendi reguletur per spiritualem, et hoc est illi esse subiectam, et sub-
ordinatam. Et hoc ratione Pontifices reddituri sunt rationem pro Regibus et
Imperatoribus, quia ad illos pertinet corrigere, et emendare quidquid ipsi non
solum ut homines f sed etiam ut Reges in usu suae potestatis peccaverint. Ivi.
CHE LO STATO HA VERSO LA CHIESA 137
ad ogni virtu uraana e cittadina, e rendendoli obbedienti e tranquilli
sudditi dell' autorila politica ; cosi e converso fa d' uopo cbe lo Stale
aiuli la Chiesa, preslando appoggio alle sue leggi e punendo i pertur-
balori della fede e della morale cristiana. Acconciamente il dottis-
simo Phillips: « Nonbasla cbe essi (i Principi cioe) tutelino ci6 cbe
si riferisce ai bisogni esterni della Chiesa , il manteniraento del suo
culto, i mezzi di sussistenza pei suoi ministri ; non essendo un corn-
pimento pieno di tutli i loro doveri verso di lei il non averle negata
quella prolezione legale, a cui ha dirilto ogni societa lecita in se
medesima. Essi debbono inoltre, ed e questo il fine supremo, la
principale missione della potesta temporale , favorire lo stabilimento
del Reguo di Dio, e per conseguenle dare ai loro popoli una legisla-
zione, la quale armonizzi con la legge divina annunziala dalla Chiesa,
una legislazione che porga 1'appoggio della sua autorita alle prescri-
zioni della legge religiosa 1. Or la prima condizione d'un'alleanza ef-
ficace della legge dello Stato colle leggi della Chiesa, e 1' applicazio-
ne dei mezzi coercitivi, di cui esso Stato dispone, in tutti quei casi,
nei quali la pena spirituale e insufficiente 2. La voce del Pastore non
ha sempre virtu bastevole per allontanare i rapaci lupi dall'ovile di
Gesu Cristo. Appartiene allora al Principe, inveslito dell' autorita
della spada, armarsi della sua forza per reprimere e meltere in fuga
tulti i nemici della Chiesa 3. »
III. E qui 1'argomento stesso ci porla a dir qualche cosa del terzo
capo ; attesoche il Governante terreno convien che sia soggetto a Dio
non sol come uomo , ma ancora come governante. Se negli atti cbe
all' uno e air altro ordine si riferiscono egli opera come ente morale,
egli deve farli servire entrambi alia divina gloria. Ora do non puo
farsi altrimenli, che cooperando colla Chiesa alia salute delle anime
e alia conservazione e propagazion della Fede ; giacche alia Chiesa e
affidato da Dio 1' incarico di procurar la sua gloria e procurarla colla
santificazione de' fedeli. Laonde il Pontefice S. Leone il Grande scri-
vendo a Leone imperatore, gli diceva : Devi diligentemente conside-
1 Can. Certum est, 12, d. 10.
2 Cap. Ad abolendum, 9, X. de Haeret. (V. 7.) — JmperiaUs fortitudinis
vlgore suffulti.
3 Du Droit ecclesiaslique etc. Tom. II, Ch. 10, §. 107.
138 DEL DOVERE DI TUTELA
rare che la regia potesta ti e stata conferita non solo pel governo del
mondo , ma massimamente pel presidio della Chiesa : Debes incun-
ctanter advertere, regiam poteslatem libi non solum ad mundi regi-
men sed maxime ad Ecclesiae praesidium esse collatam 1. E S. Ago-
slino nel suo libro della Citta di Dio dice : Appelliamo felici i cristianl
Imperanti, non perche regnarono lungamente, ne perche trapassando
con morte tranquilla lasciarono la corona a' figliuoli . . ; ma sibbene,
perche volgendo la loro potenza alia dilatazione massimamente del
culto di Dio, la fecero serva della maesla di Lui : Christianas impe-
ratores non ideo felices dicimus, quia vel diutius imperarunt vel im-
perantes filios morte placida reliquerunt . . ; sed si suam potestatem
ad Dei cullum maxime dilatandum, maiestati eius famulam faciunt 2.
Scrivendo poi al Conte Bonifacio, governatore dell 'Africa, si esprime
cosi: In altra guisa il Principe serve a Dio in quanlo e uomo , e in
altra guisa in quanto e Principe. In quanto e uomo serve a Dio, vi-
vendo secondo la Fede ; in quanto e Principe serve a Dio , con far
leggi che comandino il bene e proibiscano il male , come fece il re
Ezechia. . . In cio dunque servono a Dio i Principi, come Prin-
cipi, in quanto volgono al servizio di lui quelle cose che non pos-
sono fare se non i Principi : Aliter servit Deo quia homo est; aliter
quia etiam rex est. Quia homo est, ei servit vivendo ftdeliter; quia
vero etiam rex est, servit leges iusta praecipientes et contraria pro-
hibentes convenienti vigore sanciendo, sicut servivit Ezechias, . . In
hoc ergo serviunt Domino reges , in quantum sunt reges , cum ea
faciunt ad serviendum illi , quae non possunt facere nisi reges 3.
Questo dovrebbero capire i reggitori dei popoli ; se amassero la vera
sapienza ed intendessero il loro ufficio. E dovrebbero anche capire
che in cio non si tratta tanto dell' interesse della Chiesa, quanto si
tratta dell' interesse loro proprio. Imperocche, la Chiesa, la quale in
mezzo alle persecuzioni di tre secoli giunse ad impadronirsi del mon-
do, ben puo passarsi della protezione del secolo, senza suo sostanziale
discapito e sotlentrando Dio a tutelarla per vie straordinarie. Ma il
secolo andra in soqquadro, se viene privalo del soccorso della Chiesa.
1 Epist. 75.
2 De Civil. Dei, 1. V.
3 Epist. 185 ad Bonifacium.
CHE LO STATO HA "VERSO LA CHIESA 139
III.
L' anzidelto dovere nasce nello Stato non per mutazione intrinseca
di natura, ma per mutazione estrinseca di rapporti.
tin errore di gravissimo momento in questa maleria bisogna schi-
vare, ed e il credere che lo Stato abbia riveslito il dovere di tutela
verso la Chiesa , per ragione d'inlrinseco mulamento di Datura,
prodotto in lui dal Crislianesimo. Cio condurrebbe a mollo erronee
conseguenze. Imperocche se il governanle politico si persuadesse che
il debito di tutelure con la sua sanzione le leggi della Chiesa sia nalo,
perche coll' abbracciare la fede crisliana 1' aulorita civile siasi inlrin-
secamente cambiata da cio che era nell' ordine naturale, sicche 1' ob-
Liello suo non sia piu la felicita temporale riposla nella pubblica pace
e nel mantenimenlo della giustizia tra cittadini, ma sia propriamenle
Ja salute elerna delle anime o anche 1' interim onesta de' costumi ; se,
diciamo, il governante politico si persuadesse una si esorbitante opi-
nione, egli per questo stesso si arroglierebbe il diritto di far leggi
in maleria spirttuale, e mettere direttamente le mani in cio che spetta
a credenza e costume. Fu queslo 1' errore degl' Imperatori del basso
Tmpero , imitalo posda dalle pretensioni del Gallicanismo e del Fe-
bronianismo , e che ora si vorrebbe risuscitare negli Stati moder-
ni, dopo che questi, come Stati, han cessato di essere caltolici colla
liberta concessa dei culti. Ma il secolo non si spaventa rnai di con-
Iraddizioni ed assurdi. E necessario adunque chiarir brevemente
un tal punto.
Diciamo dunque che il fine dell* aulorita. politica per se stesso non
puo essere che naturale. La ragione e chiarissima : giacche il fine
e proporzionale al principio , non potendo niuna cosa superare la
causa da cui precede. Ora il principio dell' aulorita polilica e la sem-
plice natura ; giacche essa non lira origine, come la Cbiesa, da so-
prannalurale istituzione divina, ma da puro dettame della ragione.
mque il suo fine non puo essere che naturale ; giacche la natura
puo superare se stessa, ordinando a cio che e fuori la cerchia e le
sue. Ora se il fine deirautorit£ polilica per se stesso e nalurale,
le inlrinsecamente e rimaso anche dopo il Grislianesimo. Iniperoc-
HO BEL DOVERE DI TUTELA
che qualunque intrinseco accrescimento sopra Y ordine di natura ,
non sarebbe potato avvenire in lei , se non per posiliva collazione
divina ; e questa collazione non ha avulo luogo in nessun modo nella
legge evangelica : giacche Cristo non a Cesare ma a Pietro solamenle
ed agli Apostoli confer! la novella autorita che veniva a recare sulla
terra. Che poi nello slesso giro della natura il potere politico sia di
per se ristretto al solo ordine esterno, si deduce facilmente dalcon-
siderare che piu in la non si stendono i mezzi, di cui esso dispone;
e la natura non prefigge uno scopo , pel quale non somministri nel
tempo stesso i mezzi opportuni.
In che dunque si e cangiato il potere politico per Y avvenimento
di Cristo? Ha mutato i suoi estrinseci rapporti. Dove prima aveva
relazione col fine puramente naturale degl' individui ; adesso 1' ha
col fine soprannaturale dei medesimi. Dove prima era a conlatlo con
un' autorila religiosa o a se attribuila o da se dipendente; adesso ha
di fronte un sacerdozio di origine piu alia che la sua e da se lotal-
mente distinto. Dove prima baslava che 1' ordine pubblico prendesse
norma dall' onesla de' costumi , conosciuta per lume della ragione]
adesso questa medesima onesla convien che sia retta dal vero rive-
lalo e dalle prescrizioni della legge crisliana 1. Di che si vede che la
mutazione dei rispetli, di cui parliamo, si desume da Ire capi , coe-
rentemenle a quelli che abbiamo noverati nel paragrafo precedente.
II primo e , perche nella societa cristiana il popolo non e piu com-
posto di semplici uomini, ma di fedeli ; cioe di uomini rigenerati da
Cristo alia vita della grazia e rivestiti di nuovi dirilti e obbligati a
nuovi doveri. II termine dunque riguardato dalla autorila politica e
mutalo; edogni mutazione del termine si lira dietro necessariamenle
mutazion di rapporto nel soggetto correlative. II secondo capo e che
per T islituzione della Chiesa la societa e per diritto divino sottoposla
al governo di un nuovo potere supremo , al potere cioe sacerdolale,
indipendente al lutto dal potere politico ; e col quale il potere politi-
co dee porsi in armonia , acciocche 1' andamento sociale sia ordinato
e tranquillo. In fine se il governante stesso ha abbracciata la fede ,
egli non puo non operare in conformita di questa fede, eziandio come
1 Come ogmm vede, qui prescindiamo dalla costituzione della Chiesa
giudaica, e parliamo del solo potere religiose tra le Genti.
CHE LO STATO HA VERSO LA CHIESA 141
governante ; giaccke la fede si cosliluisce come norma suprema di
tutto 1' operare morale , e sarebbe assurdo il voler soltrarre dall' or-
dine morale gli atti governativi, quasi non fossero atti liberi dell' uo-
mo e pero capaci di bonta o di malizia 1.
Dalle quali cose sorgono due corollarii. L'uno e che il potere po-
litico per 1' avvenimento del Cristianesimo e stato rislretto in piu
angusti limiti; 1' allro che nei nuovi limiti, a cui venne ridotto,
e stato elevato a un' eccellenza , molto superiore alia propria na-
tura. E stato ristretto in piu angusti limiti, perche, come saviamen-
te osserva il Suarez, gli e stalo interamente sottratto 1' ordine re-
1. Questa in sostariza e la dottrina che concordemente agli altri Dottori
cattolici insegna il Suarez, la dove dice che la potesta civile, in quanto si
Irova nei principi cristiani congiunta colla fede , benche non si stenda,
nella materia che riguarda e negli atti in cui si spiega, al fine soprannatu-
rale o spirituale dell' uomo ; tuttavia puo nelle sue leggi e in parte ancora
e tenuto ad aver di mira il fine soprannalurale e ad esso riferire Tatto
stesso legislative : Dico potestatem civilem (etiam prout est in principibus
christianis fidei coniuncta ) non extendi in maleria vel actibus suis ad finem
supernaturalem sen spiritualem vitae futurae vel praesenlis; licet, ipsi le-
gislatores fideles in suis legibus ferendis intueri possint et ex parte debeant
supernaturalem finem, et aclum ipsmn ferendi legem in supernaturalem finem
referre. De Legibus, lib. 3, cap. 7.
Scendendo poi piu al particolare, resimio Dottore dichiara che questa
relazione della potesla civile al bene religioso si ha da intendere in doppio
modo. Prima in senso di positiva ordinazione, e cosi ordinariamente e di
solo consiglio, purche non intervenga speciale precetto o necessita che la
comandi. Secondamente in senso negative, cioe di cautela a non istabilir
cosa alcuna che sia contraria al fine soprannaturale o nuoca al suo conse-
guimento ; la quale avvertenza nei potere politico ha origine dalla fede e
puo dirsi una virtual relazione all' ultimo fine. Ne essa e di solo consiglio
ma e di vero precetto, massimamente proprio del principe cristiano e cat-
tolico. Est autem observandum hanc relationem posse dupliciter fieri. Primo
per positivam ordinationem, et sic regulariler erit in consilio, nisi speciale
praeceptum vel necessitas ad ilium obligaverit... Secundo inlelligi polest per
negationem tantum, seu per circumspectionem nihil statuendi per hanc pote-
stalem, quod sit contrarium fini supernaturali vel eius consecutionem impe-
dire possit ; quae observatio et prudens cautio ex fide procedit et virtualis
quaedam relatio in ultimum finem did potest. Estque non tantum in consilio
sed eliam in praecepto, maxime proprio christiani et catholid principis, ut
constat. Ivi.
DEL DOVERE DI TUTELA
ligioso ; il quale nel paganesimo dipendeva da lui. Allora la cura
della religione, in quanto pubblica, aveva per iscopo la felicila del-
la repubblica, e pero o era perlinenza del potere regio, o si con-
giungeva con esso nella medesima persona del principe, o ad es-
so era subordinato. Quindi veggiamo il re Anio essere al tempo
stesso sacerdole di Apollo 1 ; e presso i Roman! il supremo Pontifi-
cate era come corona e compimento della dignila imperiale. Ma
adesso nella legge evangelica la religione , cosi privata come pub-
blica , e intesa e voluta per se medesima , siccome quella che ri-
guarda la gloria di Dio e la salute elerna delle anime , e non e
ordinata ad alcun bene terreno, ma tutti gli altri beni sono or-
dinali a lei. Laonde ne e commessa la cura non piu al princfpe,
ma ai Vescovi con a capo il romano Pontefice ; e cio per imme-
diata islituzione di Cristo 2. Senonche questa limitazione del pote-
re civile e lornata in sua maggiore esaltazione e piu sublime deco-
ro. Imperocche , attesa 1'alleanza in che il potere civile deve cosli-
luirsi colla nuova autorita spiriluale , e la protezione che a lei dee ;
esso da amministratore d' un bene meramenle umano e cangialo in
cooperatore di un bene divino , non ristrelto alia vita presente ma
riguardanle altresi 1'avvenire. Egli partecipa indirettamenle delF im-
pero stesso universale della Chiesa , e la sua spada materiale per
una specie di consecrazione che riceve dal contatto colla spiriluale,
da strumenlo di rnorle si converte in ministra di vita. Di cio lo Sla-
to dovrebbe meritamente andar superbo. Ma per inganno diabolicor
esso da prima disconosce questa sua digniia , separandosi dalla
Chiesa ; poscia, rifaltosi pagano, cerca di ripigliare sulla religione di
Cristo quella balia, che innanzi esercitava sulle superstizioni uma-
ne del Gentilesimo.
1 Rex Anius, rex idem hominum Phoebique sacerdos. VIRG. Aeneid. ll\, 28.
2 Quoad ilia quae pertinent ad religionem, cwilis potestas magis Until a-
tanunc est in Ecclesia, quam esset ante christianam religionew* Nam olim
cura religionis ordinabatur ad honestam f elicit at em reipublicae; nunc au-
tem reliyio el spiritualis salus et felicitas per se primo intenta est, et reliqua
propter illam. Et ideo olim cura religionis vel pertinebat ad potestatem re-
giam, vel cum ilia conmngebatur in eadem persona , vel illi subordinabatur;
nunc autem cura religionis specialiter Pastoribus Ecclesiae commissa est. SUA-
EEZ De Legibus, lib. IV, c. XI.
CHE LO STATO HA VERSO LA CHIESA 143
IV.
Si risponde ai due sofismi obbiettati da principio.
E facile era sbrigarsi con poche parole del due sofismi , in virtu
<le' quali dalla natura dello Stato volea iuferirsi V indifferenza poliliea
per ogui sorta di religione, e 1' incapacita di tulela verso la Chiesa.
Lo Stato, si diceva, ha per fine la felicita temporale degli uomini as-
sociali: la pace doe, la giustizia esterna, la copia de'mezzi, neces-
sarii al loro ben essere nella vita lerrena. Esso e distinto dalla Chie-
sa , die mira alia felicila spirituale ed eterna ; dunque dev' esserne
separato. Esso non puo dare la verita ; dunque non puo difenderla.
Noi potremmo insistere sul fine stesso politico , qual e descrilto
dagli avversarii , e mostrare com' esso , dopo 1' apparizione del Cri-
stianesimo, non puo piu corrispondere alia dignila della natura
•umana, ne tornare in vero bene del suddili, senza entrare in istretta
relazione colla Cliiesa. Ma perdocche questo punto e stato abba-
stanza da noi toccato in uh allro articolo 1 ; bastera qui solvere i
<Iue argomenli , che sopra vi si fabbricavano. Egli e verissimo che
^ssendo quello il fine dello Stato , lo Slato per do stesso apparisce
distinto dalla Chiesa ; giacche ogni sociel& viene specificata dal pro-
prio fine. Ma da do non seguo in niuna guisa che dev' esserne se-
parato. Anche il corpo e dislinto dall' anima ; e nondimeno nell' uo-
mo non solo non e da lei separato, ma e con lei uella massiina delle
unioni qual e quella di natura e di persona. Noi anzi dall' essere lo
Stato dMinlo dalla Chiesa, deducemmo come necessaria conseguen-
za 1'opposto , doe il didlto di scambievole assistenza tra loro e di
armonia nell'ordinare, Y uno e 1'altra secondo il proprio fine, la me-
<lesiraa societa. Altrimenti, dovendo essa societa soltostare ad amen-
due i poleri ; correrebbe rischio, se essi non fossero in concordia tra
loro, di trovarsi in contrasto con se slessa , e venir lirata in parti
avverse, con gravissimo disturbo dell' ordine.
Del pari, e indubitabile che lo Stalo, avendo origine umana, non
puo dare la verita, la quale ha origine divina. La sola Chiesa, a cui
Iddio ha partecipala la sua infallibilila, ha un tal potere. Ma che per
1 GIVILTA CATTOLICA, Serie VI, vol. I, pag. 273.
144 BEL DOYERE DI TUTELA
do? II corpo non puo dare 1' anima : ne inferireste voi, che avvivato
una volta dair anima , non puo concorrere cogli atti suoi ad aiutare
e difendere Y esterna esplicazione delle forze di lei ? II falto vi smen-
tirebbe. Da quella premessa , che lo Stato non puo colla virtu sua
dare la verila, segue solamente che esso deve guardarsi dall'entrare,
come che sia, nelle decision! dommaliche o morali ; e cio fa contro
le oltracotate pretensioni dei Placet e degli Exequatur , di cui gia
parlammo nei precedent! quaderni. Ma in menoma guisa non segue
da quella premessa , che lo Stato ricevendo la verila dalla Chiesa,
la quale sola ne e maestra quaggiu, non possa o non debba prestarle
il suo braccio, sicche ella compia liberamente la sua divina missione,
senza venire impedita da oslacoli materiali. Anzi cio e conformissimo
all' intenzione di Dio, e all'ordine della ragione; pel quale il corpo
dee servire allo spirilo e la forza maleriale alia forza morale.
E qui in terminando ci piace conchiudere il presenle arlicolo coi
ricordare ai nostri letlori una gravissima considerazione. II Ponlefice
proscrivendo 1'erronea opinione, la quale dice otlima forma di reg-
gimento politico quella che stabilisce la liberta di coscienza e 1' im-
punita dei delitti religiosi, afferma che essa e conlraria alia dottrina
della sacra Scrittura, della Chiesa e de' Padri : Contra Sacrarum
litterarum, Ecclesiae sanclorumque Patrum doctrinam. La sanla
Scritlura loda sempre quei Re che fecero servire la spada delle leggi
a difesa della vera Religione. Nell' antico Testamento era prescritto
che i Re di Giuda, nell' alto della loro consacrazione, ricevessero dai
Sacerdoti il libro della divina legge, per significare che conforme ad
essa dovevano governare la nazione. Iddio e propriamente Re; i
governanli non sono che suoi Minislri : Cum essetis Ministri Regni
illius 1. Or di che nuova foggia Ministri sarebbero quelli, i quali
si mostrassero indifferenti all' offesa del loro Signore, e lasciassero
che impunemenle se ne potessero trasgredire i precelti ? Sopra un
tal punto Cristo stesso ci voile ammaestrare col suo esempio, per-
colendo di propria mano col flagello i profani , che disonoravano il
lempio. La tradizione poi della Chiesa e costante ne ammelte eccezio-
ne. Si consultino intorno a cio i decreti dei Pontefici, i canoni de'Con-
1 Sap. \I.
CHE LO STATO HA VERSO LA CHIESA 145
cilii, gl' insegnamenti de' Padri e de' Dottori, e si troveranno sem-
premai conforrai nell' altribuire ai principi cristiani il dovere di
proteggere la Chiesa e punire i trasgressori delle sue leggi. Ci con-
tenteremo per saggio riportare 1'autorita di due Santi, che per la
loro sapienza nel governo della Chiesa universale meritarono il so-
prannome di Grandi. Siano questi, san Leone Magno e san Gregorio
parimente Magno. II primo, nella sua leltera a Toribio, parlando del
rigore delle leggi conlro i disseminatori di eretica dottrina , dice :
Profuit ista dislrictio ecclesiasticae lenitati, quae etsi Sacerdotali
contenta iudicio, cruentas refugit ultiones , sevens tamen Chris lia-
norum principum conslitutionibus adiuvalur: dum ad spirituale non-
mmquam recurrunt remedium, qui timeni corporate supplicium 1.
II secondo, scrivendo all' imperatore Maurizio, lo ammaestra cosi:
Ad hoc enim potestas super omnes homines Dominorum meorum
pietati caelitus data est , ut qui bona appetunt adiuventur , ut cae-
lorum via larcjius paleat, ut terrestre regnum caelesli regno fa-
mutetur 2.
A due santi Pontefici tengan dietro due santi Doltori. San Pier
Damiani neirepistola a sant'Annone, Arcivescovo di Colonia, scrive:
Quoniam utraque dignitas (la regale cioe e la sacerdotale) alternae
invicem ulititalis est indiga, dum et Sacerdothm regni tuilione pro-
tegitur, et regnum sacerdotalis officii sanctitate fulcitur 3. San Ber-
nardo poi scrivendo al Pontefice Eugenio III, lo esorta : Exerendus
est nunc uterque gtadius in passione Domini .... per quern autem
nisi per vos? Petri uterque est; alter suo nutu, alter sua manuy
quoties necesse est, evaginandus 4.
E questa metafora, cosi espressiva , delle due spade , da doversi
insieme congiungere, era divenuta si coraune nella Chiesa , che gli
stessi principi secolari la usavano sermonando nelle pubbliche as-
semblee, o, come ora si direbbe, nei loro discorsi della Corona. II re
Edgaro confortava i Vescovi, congregali a Dunstan nell' Inghilterra,
1 Epist. XV, ad Turribium Asturiensem Episcopum.
2 Epist. lib. 3, Ep. 65, ad Mauritium Augustum.
3 Epistolarum lib. 3, Ep^ 6.
4 Epist. 256, ad Eugenium.
Serie VI, vol. II, fasc. 362. 10 30 Marto 1865.
146 DEL DOVERE DI TUTELA ECC.
con queste eloquent! parole : « Emulate meco, o Sacerdoli , emulate
nelle vie del Signore e nei precetti del Nostro Dio. E tempo d' in-
sorgere contra coioro, che dissiparono la divina legge. lo ho in mano
la spada di Coslantino, voi quella di Pietro. Uniamo le desire; con-
giungiamo spada a spada, e sieno cacciali fuori del campo i leprosi,
si mondi il santuario del Signore , e minislrino nel tempio i figliuoli
di Levi 1. » Lo stesso Federico II , di orrorosa memoria , pure co-
stretto dalla pubblica opinione, confessava ai Pdncipi, adunati nella
Dieta di Wormazia , die la spada materiale era ordinata in aiulo
della spada spirituale : Gladius materialis constitutes est in subsi-
dium gladii spiritualis 2.
Che i laici ignorino questa perpetua tradizione della Chiesa, e un
difetto scusabile ; non essendo essi obbligali ad ampie e profonde
cognizioni di doltrina sacra. Ma intorno a cio vogliono avvertirsi
due cose: Tuna, che una eguale scusa non merilerebbero le persone
ecclesiastiche, per la contraria ragione. L' allra, che quando trattasi
di malerie cosi delicate, quali son le morali e masshnamenle se nan-
no alcun rapporto colla religione ; la prima cura d' ogni buon catlo-
lico dev' essere d' informarsi qual e intorno ad esse il sentir delta
Chiesa, per potere cosi assicurare la propria mente da ogni pericolo
di errore. Poco importa che diversamente ne pensino i Parlainenti
odierni o i barbassori del dirilto nuovo. Molte allre bestialila costoro
insegnano ; e starebbe fresca la scienza umana, se dovesse tenersi a
simili insegnamenli. II sincero cattolico, il quale sa che colonna e
maestra del vero o la Chiesa di Gesu Cristo, cerca innanzi tutto che
cosa pensa e giudica essa Chiesa, e non cerca di lirare al proprio
preformato giudizio la doltrina di lei, stiracchiandola piu o meno
stranamente, ma alia dottrina di lei, con docile e schielto animo ap-
presa, volonteroso conforma il proprio giudizio.
1 Aemulamini, o Sacer dotes, aemulamini vias Domini et iustitias Deinostri,
Tempus insurgendi contra eos qui dissiparunt legem. Ego Constantini, vos
Petri gladium habetis in manibus. lungamus dexteras; gladium gladio copule-
mus, et eiiciantur extra castra leprosi, et purgetur Sanctuarium Domini et
ministrent in tempio filii Levi. — Orat. EDGAR, reg. an. 969. HARDOTJIN ConciL
t.VI, p. 1, col. 675.
2 PERTZ, Monum. Germ. hist. t. IV, p. 234.
LA SCHIAVITU DEGL' INDIANI
COMBATTUTA DALLA CHIESA
I.
La schiavitii di fatto, inlrodolta dagli Spagnuoli a danno deyl' In-
diani , e con ogni sforzo combattula dal Clero.
Le ierre scoperte del nuovo mondo essendo da principle nominate
Indie occidentali, furono detti Indiani i popoli che le abitavano. Or
eccovi senza piu la quistione. La schiavitii di fatlo , introdotta a
danno di quesli popoli dagli Spagnuoli, fu essa approvata e conse-
crata appie degli altari? 11 C. Rossi, nella lezione da noi al trove
citata , afferma che si , aggiungendo non avervi ombra di esagera-
zione nelle sue parole. Qui si tratla di un fatto. Esaminiamo quindi
la storia per chiarircene.
I Repartimientos o le distribuzioni degl'Indiani originarono un tan-
to guaio. Consistevano essi nel dare ai singoli coloni spagnuoli cen-
to, dugento e piu indigeni, affinche si valessero dell'opera loro nella
collura delle terre e nelle miniere dell'oro. Inlrodusseli o, per meglio
dire, lollerolli nei loro inizii il Colombo, sforzatovi da patli convenuti
coi rivoltosi di Roldano; crebbeli a dismisura il Bobadilla per accat-
tarsi difesa del suo iniquo operare presso la corte , merce il favoro
148 LA SCHIAVITU DEGL' INDIANI
della colonia 1. Ma avutane contezzala reina Isabella mando pub-
blicare ua bando per tutta la isola della Spagnuola , dato nelle
istruzioni all' Ovando successore del Bobadilla, che qualunque te-
nesse Indiani a sua posta, meltesseli in liberla il piu losto, salvo
1'usarne secoado il loro consentimento ed a mercede corrispondenle.
L' Ovando, pubblicato T ordine ricevuto, non guari appresso 1' an-
nullo con un altro spiccalo dalla stessa Reina. Gl' Indiani furoiio no-
vamente gittati in balia degli sparlimenti, e questa volta per decrelo
reale. Scrissero alcuni, che Isabella fosse indolta da iniqua ragione
di Stato a disdire 1'ordine poco prima bandito. Las Casas, testimonio
del tristo avvenimento, scrive altramente. Secondo lui ella incappo
in un laccio , teso alia sua pieta. Tre mila erano gli uomini che
F Ovando avea menato seco ai soldo de' reali di Spagna. Veniva-
no raeno le vettovaglie in S. Domingo; le scarse provvigioni dei-
1' isola male avrebbono sopperito alia difficolta. Quale riparo al
danno temuto? II consiglio fu pronto: si torni agli spartimenti. Le
braccia degli Indiani per la cura degli Spagnuoli provvederebbero
abbondantemente ad ogni bisogno. Ma si opponevano le islruzioni
reali. Per averle riformate a talento 1' Ovando nella relazione, in
cui dava conto ad Isabella dello stalo dell'isola, riferi, che gl'Indiani
per soverchio di liberla si erano gittali a far vita selvaggia , vaga-
bonda, oziosa e fuggendo per questo modo il consorzio dei crisliani
non sarebbero mai per la necessaria cognizione venuti alia fede. Or-
dinasse perlanlo S. Maesta, che lanli per volta ed a tempo determi-
nate si raccomandassero alia solleciludine dei coloni cristiani, coi
quali sforzati a \ivere e lavorare piglierebbero dai medesimi cono-
scenza della religione e delle coslumanze. Tanto 1' Ovando, « e noi,
dice Las Casas, che eravamo presenli, sappiamo che scriveva con-
tro la verita 2 » .
Che cosi fosse scritto non ve n* ha dubbio. Leggete in pruova il
nuovo ordinamento, datoci quasi per inlero dallo stesso Las Casas.
1 ROBERSTON, Storia deW America, lib. II. HERRERA, Dec. I, lib. IV, c. 11.
2 Porque los que estavamos presentes sabemos el contrario ser verdad. La
liberta pretesa dal supplice ludiano, Ragione XI.
COMBATTUTA DALLA CHIESA 149
Voi inconlrate fin da prineipio la causa motiva della proposta qual
fondamento della legge : « E perche noi desideriamo, scriveva Isa-
bella, che i detti Indian! si convertano alia nostra santa Fede cattoli-
ca, e che siano addottrinati in essa ; e perche questo si potra conse-
guire assai meglio, comunicando i detli Indiani coi Crisliani, tratlan-
do ed unendosi gli uni cogli altri, . . . comando che per I'avvenire
gli sforziate e gV induciale a trattare ed a conversare con essi » .
Nel medesimo tempo pero ordina , che il governalore se la inlenda
coi loro Cacique o capi pel numero , si abbia riguardo alia eta ed
alia condizione , siano temperate le faliche , ognuno pagato, trattato
e mantenulo convenientemente : in una parola « facciano e adem-
piano ogni servigio come uomini liberi e non mai come servi 1 » .
Si fosse osservato almanco questo ordinamento ! Ma che non guasta
una sraodata avarizia ? L'Ovando coll'ordine nuovo alia mano, spar-
titi gli Indiani a capriccio, dielli in commenda ai nuovi educatori. La
piu parte dei quali, badando a trarre il migHor pro dei proprii inle-
ressi e nulla al convertire, gli adoperava senza posa or nelle miniere
ed or nella coltura de' campi a magrissimo pasto , a salario piu
scarso , con aguzzini ai lali che colla verga in mano li sollecitassero
perpeluamente al lavoro, fmche aveano fiato in corpo. Niun riguardo
all'ela, niun rispelto alia condizioue. Perili gli uni, si surrogavano al-
tri allo stesso marlirio. Non v'era alcun modo negli spartimenli. In-
lanto a' miseri non si facea motto di religione , ma si parlava cogli
scandali, e si davano ammaeslramenli di civilta cogli alii della piu
cruda barbaric. E cosi cio che dovea essere scuola di sanli ed uma-
ni costumi divenne un pesantissimo giogo della piu dura schiavilu.
L'iniquo procedimento quale rea pestilenza si slese alle isole di san
Giovanni , di Cuba , della Jamaica e in terra ferma , dove in ogni
banda si fe vigorire il costume della commenda.
1 Y porque nos deseamos , que los dichos Indios se conmertan a nuestra
S. Fe catolica , y que sean doctrinados en las cosas della: y porque esto se
podrd mejor hazer comunicando los dichos Indios con los Cristianos, y an-
dando y tratando con ellos y ayuntando los unos a los otros . . . mando etc.
Lo qual hagan et cumplan como personas libres, como lo son, no como sier-
vos. Ibid.
\ 50 LA SCHIAVITIJ DEGI/ INDIANI
Per colmo di somma sventura v'aveano anche gli schiavi; de'quali
faceasi traffico per quelle coste. Eccovi i commendatarii all'opera di
nuovi guadagni. Gl' infedeli, caduli prigioni in guerra, erano schia-
vi per litolo di legge. Ouesto litolo fu il giuoco di mille ciurraerie a
danno degl'infelici Indiani. A raodo di esempio : Un commendatore fa
dire al Cacique : « per I'indomane lanli Indiani al tal lavoro » . Oue-
sti non risponde alia domanda, perche il numero de' soggetti e molto
al di sotto del richiesto maliziosamente. II commendatore accusalolo
di ribellione gli e addosso con gente d'arme e lo fa schiavo con tut-
ta la borgata. I governatori hanno mezzi piu spediti : fanno segno a
soldali e a capilani, e quesji, correndo il paese sollo colore di pacifi-
carlo, ne traggono quel tanlo di prigioni o schiavi, che bastano al ca-
rico del navilio che aspetta. Chi grida minaccioso : « pel tal mese 7
tanto oro, o lanti schiavi • » ed ha gli schia^vi , perche e impossibile-
fornire la quantila dell' oro domanclato. Chi obbliga i tapini a compe-
rare la merce di \ilissime sloffe, e vuole in ricambio il tri.sto prezzo
di carne umana. I conquistadores colle loro bande portano or in que-
sto ed ora in quel popolo non minori disertamenli 1.
Tale e la origine, tale il progresso di quell' aspra schiavitu, onde
furono gravati e martoriali gl'Iiidiani. Chi ne fe la relazione, cita ir>
pruova testimonii del faltoancora yivenli, siappella alle deposizioni
dei Vescovi ed invita i regii ministri a cercare negli archivii, dove-
Iroverebbono irrefragabili document*! di oltremare conlenenti le que-
rele, mosse da buoni conlro lante iniquita dei tristi. Ma nella origine
e nel progresso dov'e 1'approvazione della Chiesa? dove trovate gl'In-
diani non allrimenli che vittime appiedegli allari? dove il sacerdotey
che ne ribadisce i ceppi a riome della religione? II sopruso, la fro-
de, laciurmeria e la violenza furono i rei ministri, adoperati a tanta
iniquita dall' avarizia e dall' arabizione. La Chiesa ne' suoi ministri r
si, ebbe larga parle in questo fatlo, ma quella del piu ardente e del
piu coslante oppositore , e fu sua merce , se la sorle degl' Indiani si
addolci, se allargaronsi i ceppi ed in fine se giacquero infranti.
1 Loc. cit. Storia della distruzione delle Indie occidentali.
COMBATTUTA DALLA CHIESA lot
II Roberston scrive : « I missionarii conformandosi allo spirito
della religione, clie doveano predicare, biasimarono aUamente le dot-
trine professate dai loro compatriotti sul conlo degl' Indiani , e con-
dannarono i reparlimientos o le distribuzioni che si faceano di essi
a maniera di schiavi , come coatrarie alia giustizia naturale , ai pre-
cetti di Cristo ed alia vera pieta 1 ». Difatto i Padri di S. Domenico,
tornate vane le pratiche, adoperate privatamente affine di rammolli-
re la crudelta dei commendalarii, deliberano di venire a falti pubbli-
ci. II P. Montesino, salito in pergarao alia presenza del Governatore,
della sua corte e di tutto it popolo, imprende a perorare la causa dc-
gl' Indiani; fa rei di colpa gravissima quanti aveano mano nella op-
pressione e li scongiura di provvedere alle anime proprie in ira a
Dio. Questo fu il segnale della lolta tra 1'avarizia e la carita. II co-
.raggioso predicatore riceve 1'ordine di ritraltare quanto ha delto in
favore degl' Indiani. Ma senza pro. I suoi fratelli ne pigliano la di-
fesa ; in pubblico ed in privalo soslengono la stessa doltrina, non cu-
rando la minaccia dello sfratto ed il limore di gravi pericoli. Intan-
fo forti richiami sono porlati conlro di essi alia corte di re Ferdi-
fiando. I Padri Moutesino e Pietro di Cordova rinavigano 1'Oceano,
e difeso con caiore il diritto dei multratlali Indiani nel re-ale Con-
siglio , ottengono alleviamenti alia loro sorle. Ferdinando die fuori
iin nuovo ordiaamento, col quale ristrinse il lavoro obbligatorio de-
gli infelici a cinque mesi per anno , vieto 1'uso della sferza e del
carcere , impose che i somieri fossero surrogati alle spalle degli
Indiani e che nel caso di qualche loro fallo, non il commend a tario,
ma il regio visitatore facesse giuslizia 2. E nel 1514 a Pietro Arias,
inviato a far conquisle nel conlinente americano , fece streltissimo
comandamento di usare ogni cortesia cogli abitatori, di allettarli per
via di doni, anziche adoperare lo spavento dell' armi 3.
Di li a non molto , annullati questi savii ordinamenli , in forza di
altri decreli e rimesso in pie il barbaro costume degli spartimentL
1 Lib. III.
2 Card. BALUFFI, U America un tempo spagnuola risguardata sotto laspet-
lo religioso, c. IV.
3 LAS CASAS, loe. cit.
152 LA SCHIAVITU DEGI/ INDIANI
I sacri ministri gli si levano contro e lo combatlono arditamente. II
Las Casas, che per ollre cinquanl'anni pugno in favore degli oppres-
si prima in condizione di prete secolare , poi di religiose di san Do-
menico, da ultimo in quella di Vescovo di Chiapa, tragittatosi di Ame-
rica in Ispagna chiese riparo ai tanli guai della colonia al Cardinale
Ximenes, onore e luslro del sacro Ordine Francescano, che di que'di,
morto re Ferdinando, reggea la pubblica cosa. II grande uomo, cono-
sciuti i fatti, spedisce il piu loslo per la Spagnuola tre religiosi geroli-
mini ed nn giudice supremo : a quelli da savissime istruzioni, a queslo
impone di rendere inlera giuslizia, all'uno ed agli allri amplissimi po-
teri, e nomina proleltore degl' Indiani lo slesso Las Casas. La colonia
e riordinala secondo giuslizia. II giogo e lolto d'in sul collo degli op-
pressi ; ma non in quel modo di esito sicuro , che avrebbe voluto il
proteltore. Laonde eccovelo di nuovo in Ispagna per ottenervi altri
provvedimenli piu recisi in favore della liber la degl' Indiani. Trova-
to morente il Cardinale, Iralta con Carlo V, e guadagnali i consiglie-
ri riparte con buone speranze e colla facolla di fondare a suo modo
una colonia in terra ferma. Fallitegli quelle , e riuscili vani i conali
per questa, colpa 1'allrui malvagila, rinaviga in Europa. Quattordi-
ci volte egli corse su e giu per TOceano dall' America in Ispagna e
dalla Spagna in America, sempre in atlo di combattere or colla voce
ed orcogli scritti in pro della liberta calpesla contro polenli ed osti-
nati avversarii. Lo vedete nel Messico ; lo incontrate nel Nicaragua;
lo rinvenite nel Peru. Egli non ha posta ferma , e dovunque lo chia-
ma ladifesa degl' Indiani. Nella grave el& di seltanl'anni colla di-
gnita di Vescovo dalla Spagna giunge in America. Vi sosliene im-
perterrilo le leggi di liberla promulgate da Carlo V , disprezza le
minacce , affronta le sommosse , ed accusato per opera dei trisli
oppressori quale uomo sedizioso e nemico al Re, scioglie per 1' ultima
volta verso la Spagna , dove riporta una splendida viltoria sopra gli
oppugnatori della liberla indiana.
L' esempio del Las Casas fu seguitato dai Prelati e dai sacri mi-
nistri di ogni ordine. I.Francescani , gli Agosliniani , i Padri della
Mercede furono tutli con lui e co' suoi confralelli. Corse, e vero,
dapprincipio alcun disparere coi primi , cagionato non gia da vile
COMBATTUTA BALL A CHIESA 153
gelosia , come scrisse il Roberston ed altri il copiarono, ma sibbene
per manco di esperienza e sotto il riguardo di piu grand! vantaggi
per gli stessi Indiani. Quando alia pruova dei fatti parve sicuro,
che non davasi mezzo tra la liberla intera degli indigeni e la piu
cruda oppressione de' medesimi , stante la insaziabile cupidigia di
buona parte dei coloni , ogni diversita di opinione fu spenta. I figli
di S. Francesco fmo dai primi tempi della scoperla sostengono i di-
ritti del libero indiano e li difendono con ogni sforzo nel Messico ,
nel Yucatan, nel Peru; ed accolto in Haiti il Las Casas con parecchi
de'suoi nei 1544, il provveggono largamente del vitlo negatogli dai
piu polenti cittadini , in vendetta dell' aver lui otlenulo e portato da
parte di Carlo V ordini prcssanti in favore degl' Indiani. F. Francesco
di Romano va in Ispagna ad impetrare merce per gl' Indiani contro
la rapacila di Pietro d' Arias. F. Giovanni di Quevedo , Vescovo di
Darien, fa lo stesso. Dopo di avere dipinlo in tristo quadro cio che
accadea oltre mare, ecco le parole con che termina la sua esposizio-
ne dinanzi a Carlo V un altro francescano, venuto pure di America :
« Aveudo il Signore detto a Caino il sangue del tuo fratello Abele
grida a me dalla terra, sara egli sordo queslo Dio stesso alle gri-
da che mandano al cielo que' rivi di sangue, onde tanle province
sono ancora inondate ? Sire , per le piaghe adorabili del Salvator
degli uomini e per le sacre stimmate del mio padre S. Francesco, vi
scongiuro di por fine ad una tirannia , la quale conlinuata potrebbe
trarre su la vostra corona tutto il peso dell' ira di chi e sovrano Si-
gnore dei re della terra 1 ». II Domenicano F. Girolamo di Loaysa
nel 1534 dalla America rinaviga in Ispagna a perorarvi conlro la
servilu personale, nel 1537 accelta la dignita di Vescovo di Carta-
gena a tre condizioni , la prima delle quali e che il principe guaren-
tisca gl' Indiani dagli oppressor!. Querele e suppliche del medesimo
concetto vengono dall'Ortiz e dai Mendez, Vescovi di S. Marta. Die-
go Alvarez Osorio, Giuliano Garces, Giovanni di Zumarraga, Seba-
stiano Ramirez de Fuenleal, Vescovi di Nicaragua, Tlaxscala, Mes-
sico, S. Domingo, faticano continuamente in pro della stessa causa.
1 Vedi HENRION, Storia universal delle mission^ Lib. I, c. 35.
LA scHiAViiu DEGL' INDIANI
I Messicani non loccano cibo o bevanda dal punto in cui muore
il Padre di Olmedo del sacro Ordine della Mercede, infmo a vederlo
sepoito , pel gran dolore di aver perduto chi addoltrinavagli nella
fede, e con tanto aniore veniva alleviando gli affanni della loro pover-
ta e delle loro catene. Al primo Vescovo di Cartagena, Tommaso del
Toro, spegne la vita il cordoglio per la vista delle oppression! , che
non puo per niun conlo impedire, e ad Antonio di Yaldiviejo, Vescovo
di Nicaragua, la toglie il ferro micidiale di uno Spagnuolo. Hernando-
e Pedro di Contreras, ribellalisi alia Spagna nel Nicaragua, scarica-
vano il loro furore sopra gl'Indiani manometlendone la liberla, i benir
le mogli, i figli, e non di rado le vite. II Valdiviejo fu alle prese con>
essi cinque anni, tentando ogni via di mettere alcuna piela in queglt
animi imbesliati. Ma senza pro. Un mezzo estremo ed arrischialo
eragli offerto dal suo dovere: la scomunica. Ed a questo pure si ap-
piglia. Poco appresso, assaltato improvvisamente da Hernando nella
sua stanza, cade Irafitto da due eolpi di spada e muore pregando da
Dio merce al suo assassino.
Eccovi un saggio del quanto hanno operalo , stenlato e sofferlo i
sacri ministri ne' primi tempi delle varie scoperle , per difendere la
liberla degl' Indiani. Qual e 1' asserto che senz ombra di esagera-
zione vi presenta il C. Rossi ? Voi la sapete. « Era nel procinto del
lempio, era appie degli altari, dove si conduceano i miseri Indiani,
e si osava dire a ciascuno di essi : tu non sei un uomo, ma una
cosa, uno strumento, un -arnese , una proprieta del tuo padrone »,
Puo egli trovarsi piu discorde 1' asserto col falto? Puounaverita pm
lampante esser travisata in falsita piu manifesta? La Chiesa combatte1
la^schiavitu, ne condanna ogni at to, rigetta dai suoi allari qualunque
fallisse in quesla parte ; ed il professore , per 1' opposto , la rappre-
senta come se 1'approvasse, la benedicesse e la recasse a stretlo do-
vere dei mal capitati Indiani ! Andate ora e credeie alle accuse che
tuttodi si spaccia'no largamente conlro i ministri della Chiesa , sia
nei giornali , sia nei parlamenti , sia nelle scuole , quando un uomo
di quella riputazione che era il Rossi non si fa il menomo scrupolo di
sostenerne una si grave nelle sue lezioni e colla stampa , conlro la
verita si patente del fallo.
COMBATTUTA DALLA CHIESA 155
II.
'• •' »
La teorica della schiavitu a danno degli Indiani
e condannata dal Papa.
I nemici della liberta degli Indiani tentarono a loro profilto 1'ar-
Ce, che veggiamo oggidi adoperarsi dagli avversarii della indipen-
denza del Sommo Pontefice. Glie cosa e agli occhi de'nostri rige-
neratori lo spogliamento della sovranita pontificia? Non altro, die
la conseguenza pratica , dedolta dalla giusta teorica del diritto na-
^ionale. Non altro che un fallo, il quale torna a grande vantag-
gio della Chiesa, perche i Papi, sgombri da ogni cura del Princi-
pato, possono consecrarsi interamente al reggimento dei fedeli. Fate
die si appigli e si radichi negli animi cotesta teorica: la sacrile-
ga rapina non e piu tale, ma uri alto splendido di giustizia.e di
carila. Cosi i primi coloni della Spagnuola. I quali vedendo fiera-
mente avversati, e per poco rotti, i proprii divisamenti di arricchire
a spese dell' altrui vita, si misero sulle difese, accampando ragioni
<ii diritto e dicendo mirabilia dei vantaggi spirituali e civili , che
avrebbero ritratto dalla servitu quogli sforlunali. Come al presen-
te circa il dominio temporale della S. Sede, cosi allora furono colti
parecchi al laccio del cavillo. Sorta quindi una controversia assai
viva, si fe' capo a Roma per la decisione. Papa Leone X rispose
losto : non solo la religione , ma la natara eziandio reclamare con-
iro • la schiavitu ; e fece caldi ufficii nel medesimo tempo presso I
Principi della Spagna e del Porlogallo, affinche 1'uno e T altro non
permettesse , nei nuovi conquisti , alcun alto iniquo od inumano.
Tanto ci riferisce il Fabroni , citato con lode del Pontefice e della
Chiesa romana dal Roscoe l. Cosi allora parliva dalla Santa Sede
1 Disputabatur turn a Dominicanis et Franciscanis, qui eo religionis causa
missi fuerant, de sermlute illorum qui in polestalem Hispanorum venerant
ftequisilus sententiam Pontifex iudicavit non modo religionem, sed etiam na-
turam reclamitare servituti, egitque cum Ferdinando llispaniarum rege, ul
ne quid inhumane , ne quid iniuste Us in regionibus colonorum avaritia fieri
156 LA SCHIAVITU DEGL' INDIANI
il primo grido di condanna dell' iniqua servilu, come teste usciva
quello di riprovazione contro una liberta sct>nfmata.
L' avarizia affino 1' ingegno a nuova teorica. Gl' incettatori di crea-
ture umane fanno correre qua e cola la sentenza : « gl' Indiani non
levarsi nell' ingegno sopra il comune dei bruti , essere quindi men
che uomini, incapaci della religione, nali falli per servire ». Questa
dottrina sparsasi, a guisa di rea semenza, altecchisce in alcune parti
del Messico. Non v'e piu senso di piela verso de' miseri : il nuovo sole
del mallino non apporta loro che nuovi stenli, nuove faliche e nuove
stragi della sevizie. Fr. Garces dell' Ordine de' Predicatori , Vescovo
diTlaxscala, apostolo di quel paese, stende pel Pontefice Paolo III una
relazione, in cui da conlo della iniquissima doltrina e delle orride con-
seguenze. Portati mille argomenti di falto in pruova della bonla dell'in-
gegno che splendea negl' Indiani , della capaclla ia essi d' intendere
le cose della religione e di esservi con grande frutto allevati , prega
caldamente il Vicario di Gesii Cristo, che non porga orecchio a quanto
gli si riferisse in contrario, ma che invece degni di uno sguardo com-
passionevole que' popoli , i quali si affretlavano a torme di entrare
nell' ovile del Signore. II Papa non tardo a venire in soccorso degli
oppressi con una solenne decisione ai fedeli. Nella quale messo a
fondamento il precetto di ammaestrare nella legge evangelica tutli
i popoli , dato da Cristo agli Apostoli , ed agramente rampognati i
maestri della rea dottrina sopra riferita, viene alia sentenza finale
in quesli termini: « Considerando che gl' Indiani, siccome veri uomi-
« ni , non solamente sono capaci della fede cristiana, ma che ezian-
« dio, come e a noi noto, corrono prontissimamente ad essa : e vo-
« lendo in questo provveder loro con opportuni rimedii, in forza
« dell' autorila apostolica, colla lettera prcsente decretiamo e dichia-
« riamo, che gl' Indiani sopraddelti e tuttele altre genii, che saran-
« no per venire appresso in conoscenza dei Cristiani, comeche siano
« fuori della fede cattolica , hanno il diritto di usare , fruire e go-
pateretur. Eius enim utilitatis esse dixit , homines a fera agrestique vita
ad christianum civilemque cultum deducere communi humanitatis iure atque
mansuetudine. Pari studio egit cum Lusitaniae rege etc. Ecliz. Pis. 1797,
p. 227, 228. Vedi ROSCOE, anno 1521, §. XI.
COMBATTUTA DALLA CHIESA 157
<( dere senza impaccio e lecitamente della lor liberta e del dominio
« di tutte le cose proprie ; che non debbonsi ridurre a schiavilu ;
« che e vano e casso quanto si facesse in contrario, e che i mede-
« simi Indiani e le altre genti sono da allettare alia Fede di Crislo
« colla predicazione della divina parola e coll'esempio della buona
« vita ». Fin qui il Pontefice 1. Importantissima decisione, colla
quale al cospelto dell'universo si proclamava il triplice diritto di
que' popoli : il dirilto della liberta individuate, il diritto di proprieta
e il diritto dell'autonomia politica. Perocche dichiarando il Papa for-
malmente, che quelle genti, doveansi trarre alia Fede coll'opera della
predicazione e del buon esempio, e chiaro che la forza dell'armi vo-
lea esclusa. Ne il savio Ponteflce si tenne pago di tan to. Con un suo
Breve, indirizzato al Cardinale Tabera, Arvivescovo di Toledo, niando
pubblicare la pena della scomunica da incorrersi issoffatto contro chi
violasse la sua decisione , riservata alia Sede apostolica la facolla
di assolvere tal delillo 2. La gravila di quesla sanzione , che e la
maggiore della Chiesa, vi dice quanlo stesse a cuore del Papa la ri-
verenza dovuta al diritto della liberta.
Cio non ostanle il Dottore Gines di Sepulveda, cronista di Carlo V,
vide una scappatoia e si mise per essa. Die fuori pertanto una scril-
tura , che si riduce a due proposizioni capital! . La priraa e che la
causa movenle e 1'autorita , sopra cui si appoggiava 1'operare degli
Spagnuoli , giustificavano lutte le guerre gia fatte da essi contro
1 Attendentes Indos ipsos, utpote veros homines, non solum christianae
Fidel capaces existere, sed, ut Nobis innotuit, ad Fidem ipsam promptissime
currere: ac volentes super his congi ~uis remediis pr omdere, praedictos Indos,
et omnes alias gentes ad notitiam Christianorum in posterum deventuras,
licet extra Fidem christianam existant, sua libertate ac rerum suarum domi-
nio huiusmodi uti et potiri et gaudere, libere et liclte posse, nee in sermtutem
redigi debere : ac quidquid secus fieri conligerit , irritum et inane . ipsosque
Indos et alias gentes Verbi Dei praedicatione et exemplo bonae vitae ad Fi-
dem Christi invitandos fore, auctoritate apostolica per praesentes litteras
decernimus et declaramus. — Veritas ipsa, 2 lun. 1537.
2 Pastorale officium, 18 Mali 1537. Yedi SOLORZANO De Indiarum iure: nel
Lib. II, c. 8 troverai la relazione del Garces e la dichiarazione pontificia ,
e nel Lib. Ill, c. 7 il Breve al Card. Tabera.
138 LA SCHIAVITU DEGL* INDIANI
gl' Indiani e che si potea lecitamente e si dovea coulinuare in esse :
Taltra, che gl'Indiam erano obbligati a soggetlarsi al reggimento
degli Spagnuoli , pena 1'esservi sforzati se rifiulassero 1. Che se al-
cuno opponeagli la decisione di Papa Paolo III , se ne schermiva ,
dicendo : « che la Bolla del Papa era stata scritla, contro i soldati,
che senza aulorita del principe li faceano schiavi 2 ». Qnde egli
conchiudea : intervenga la autorila del Sovrano ; il guerreggiare , il
sollometlere e il ridurre a stato di schiavitu gl'Indiani e cosa lecita.
Qualtro precipui motivi la fanno tale : la gravita del delilti che essi
commettono, la stupidezza degl' ingegni, la facilila di convertirli sog-
gelti , ed il casligo delle offese recale dai medesimi agli innocentL
Cosi la nuova teorica del Sepulveda. Ma che ? non si tosto apparve,
che ebbe il mal garbo delle cose reielte e condannale. Chiestasi al
reale Consiglio dell' Indie la licenza di pubblicarla per le stampe ,
tocco all'autore un amaro rifiuto. Supplicato della slessa Tallro Con-
glio di Castiglia, questo coramise il giudizio alle universila di Sala-
manca e di Alcala, ed ambedue la rigeltarono come dottrina non sana.
Fa impressa a Roma, ma sotto forma di corta apologia, indirizzala al
Vescovo di Segovia 3. Eccole nuovo smacco nella Spagna. Un ordi-
1 Prologo alia disputa o controversia fra il Vescovo Las Casas e UDotto-
re Gines di Sepulveda.
2 La Bulla de Paulo Tercero no fue dada sino contra soldados, que sin
autoridad del Principe hacian esclavos. Nella replica XII del LAS CASAS al-
Tobbiezione XII del Sepulveda.
3 Forse ad alcuno parra strano, che un libro, giudicato riprovevole dai
teologi e da altri grand! uominl nella Spagna, sia stato con tanta facilita I'm-
cenziato per la stampa in Roma. Quale ne fu la cagione? Non fu certamen-
te la liberta della stampa , che allora fosse in Roma , come afferma il chia-
rissimo Gantii : ne 1'essersi impresso senza facolta, come vuole 1' Henrion.
Fiuo dai 1515 nella sessione X del Goncilio di Laterano sotto Leone X era
statuito, che niuno stampasse libri in Roma senza la revislone delVicario
e del Maestro del S. Palazzo. Oltre di che dovette ai chiarissimi storici
passare inosservato il passo nella Obbiezione XH, dove il Sepulveda dice
il suo libro impresso in Roma, esaminato ed approvalo dai giudizio del
dottissimi e gravissimi Signori il Vicario del Papa, il Maestro del sacro Pa-
lazzo, e un auditore di Rota, citando in prova la Licenza della impressione.
La cagione vera fu 1'aver clato il Sepulveda al suo scritto la forma di apo-
COMBATTCTA DALLA CHIESA 1^9
ne di Carlo V divieta la diffusione degli esemplari ed impone di rac-
corre gli sparsi per ovviare lo scandalo, che ne sarebbe seguilo.
Era 1'anno 1547 , quando il Las Casas, giunto allora di America ed
ir,J^a la quistione, die al Dotlore il cento per uno in una sua vigoro-
sascriltura. Brevemente, la controvcrsia fu ventilala dinanzi ad una
Congregazione di teologi , di legisli e del reale Consiglio , relalore
il famoso Domenico Soto. Le dodici obbiezioni od argomenli del
Las Casas, che il Sepulveda avea tentalo di confutare in favore della
sua dotlrina, furono con allretlanle repliche vittoriosamente difese, e
le qualtro ragioni, con che davasi il dirillo agli Spagnuoli di corn-
batter gl' Indiani e farli schiavi, rimasero annienlate 1. La decisione
del Papa sfolgoro di nuova luce per tale dispula. La vittoria della
liberla sopra la oppressione fu, quanto alia teorica, compila.
I traltatori del giure americano presero la decisione pontificia a
norma per disciorre le question! di giustizia tra gl' Indiani e gli Eu-
ropei sopra questo punto. Cosi 1'Acosta, il De Silva, I'Avendafio, ii
Solorzano ed altri. I quali dicono apertamente ai governalori : voi
Bon polele costringere questi popoli al lavoro delle miniere, voi non
potete permeltere , che contro loro volonta servano nelle famiglie ,
voi non potete contro lor voglia acconciarli ai servigi delle officine
da panni, da cotone, da zucchero. Essi sono liberi; rispettale il di-
ritto della loro liberla. II servigio dello Stato richiede T opera loro?
Ebbene valetevene , giacche il Sovrano ha 1' autorila di coslringervi
i renitenti : il soldo pero corrisponda alia falica , i modi siano cri-
stiani, il Iratlamento confacevole, come si suole colle persone libere.
logia. Onde ad un uomo , quale era il Sepulveda , cattolico , erudito e in
grande stima_, sarebbesi giudicalo un' ingiustizia vietargliene la stampa. 01-
tredicio, come ci fa sapere il Las Casas, essendo egli stato indotto in errore
dagH uomini piii interessati ne' guadagni delle Indie, aveatalmente travisato
I fatti sul conto degV Indiani, che agli*cchi degli esaminatori, salvo il de-
creto di Paolo 111, la quistione compariva non poco intorbidata. Onde il
citato Las Gasas rispondea : se il Vicario del Papa , il Maestro del sacro Pa-
lazzo e gli altri , de' quali mena vampo , approvatori del suo libro , fossero
stati informal'! della falsila e della iniquila che contenea , non avrebbero
osalo di consentirne la pubblicazione.
1 Prologo dt.
160 LA SCHIAVITU DEGl/ INDUNI
Badale , dicono ai preposti delle borgale indiane , voi fate pascere
agli Indian! i vostri greggi, voi imponete ad essi di collivare le vostre
lerre, voi vi giovate dei loro sudori per accrescere i vostri guadagni
in mille raaniere: se in questo v' e costringimento, se la ricompensa
e al disotto del valore dell'opera, voi offendete gravemente la giusti-
zia. Sivolgono ai commendatori, inculcano gli obblighi giurali, che
hanno verso gl' Indiani, ed a questi come agli altri ricordano il se-
vero precetto della restituzioue di quanto gli hanno frodati e della
riparazione ai danni loro cagionati , con ordini contrarii alia loro li-
berta. II dire che lo slringerli al lavoro e cosa ulile alia societa, van-
taggiosa allo stesso individuo coslretto, stante la inclinazione della sua
natura ad irapigrire , si condanna come un misero solterfugio della
iniquita. Gl' Indian! sono liberi liberissimi, e questo basta 1. S' isli-
tui la mita, ossia 1'onere di portarsi a scavar le miniere, o ad altri
lavori tanli Indiani per volta a dati spazii di tempo, i quali sommati
riduceansi, secondoche si riferisce daalcuni, a diciolto mesi perun
uomo, itovi dai diciollo ai cinquaitt' anni. Le querele per questo peso,
le suppliche del toglierlo che piovvero alia corte reale dalla parte del
clero, le discussioni e le condanne che rispettosamente, ma con gran-
de calore ne pronunziarono i moralisli, le ritrattazioni fatle dall'Ar-
civescovo Girolamo di Loaysa e dal francescano Michele di Agia, che
1' aveano per inganno consigliato , ci chiariscono viepiu come infino
alle ultime conseguenze si volesse mantenuto dalla Chiesa il diritto di
liberta negli Indiani, dalla medesima con solenne decreto asserilo 2.
Ma siccome i cupidi non erano i soli Spagnuoli , eccovi altri de-
creti della S. Sede. I Porloghesi di S. Paolo, dieci giornate distant!
dalle prime borgate del Paraguay, assaltavano di tralto in tratto gl!
Indiani, in esse raccolti con infiniti stenti dei missionarii, e ne porta-
vano con rabbiosa \iolenza persone e cose. Urbano VIII, conosciuta
lanta iniquita, da subito ordine pressanle al colleltore apostolico del
1 Non dicanl ergo Commendatarii Indos essesuos: sui enimnon sunt;sicul
neque Regis sunt, ut non sunt ii, qui in Ilispania, aut in aliis Coronae regnis
tributapendunt: homo enim liber nullius est, sunt autem Indi liberi iure ple-
nissimae libertalis. Avendano, Thesauri Indici, tit. VII, c. 4.
2 Vedi Emo BALUFFI, op. cit. c. XV. Avendano, op. cit. tit. 1, c. 12.
COMBATTUTA DALLA CHIESA 161
Porlogallo, che vieli di fare schiavi gl' Indian!, venderli, comperarli,
baratlarli, donarli, spogliarli delle cose loro, trarli per forza in allri
paesi, offenderli comecchesia nella liberta, di prestare in tale opera
il proprio servigio sotto qualsivoglia preteslo o colore , e di soste-
fiere ed insegnare essere cosa lecila 1'operare altrimenli, sfolgoran-
do nel medesimo tempo colla scomunica maggiore chi osasse \io-
lare questo decreto 1. II mal seme del trisli svenluralamente si
rifa e melte nuovi germogH nell' America: ma il Ponlefice Benedet-
to XIV e pronto ad impedirne la propagazione con un altro decre-
lo somiglianle, che , a guisa di pubblico bando , ordina si promul-
ghi dai Prelali e da allri per tutli i paesi soggetti alia corona del
Portogallo 2. La Chiesa fu la tulrice della liberta vera infmo dal
suo nascere, e nell' America non ismentisce se stessa.
III.
Influenza della Chiesa nella leyislazione in pro degl'Indiani.
La decisione del Pontefice Paolo III , le doglianze de' Vescovi c
de' missionarii, la viva voce e le scrilture del Las Casas non furono
•argomenti inulili. Carlo Y, raccolto un nobile consesso di Vescovi,
di teologi e di legisli con altri dotli, esperti neH'amministrare la cosa
•pubblica, vi fe' dibatlere un codice di leggi, ttilto in acconcio dei
nuovi regni di oltre mare. II dirilto della liberta per gl'Indiani, pro-
pugnata con tanto calore dai minislri della Chiesa, fu preso a regola
fondamenlale. Nell'articoloXX, dichiaralili liberi e soggelti al solo Re
di Spagna, si vieta di ridurli in islato di schiavi sotto qualsivoglia moti-
vo : neiXXI di adoperarli ne' servigi domestic! Torzatamente. I1.XXII
ordina, che quanli si trovano schiavi, siano messi in liberla, salvo
quelli, di cui fosse provato il litolo di giusto possesso. Che se lo Stato
^abbisognasse della loro opera, non siano gravati di soverchia fatica e
la ricompensa risponda al lavoro; tan to nel XXIII. I depositi e le com-
mende erano state la origine dei molli guai. I primi sono interdetti
1 Commission, 22 April. 1629.
Slmmensae, 28 Dec. 1741.
VI, vol. 11, fasc. 362. 1 1 3 Aprile 1865.
162 LA SCHIAVITU DEGI/INDIANI
ad ogni ordine di persone pel XXV : e le seconde soggetfate a giusta
riforma pel XXVIII. Schiavitue spogliamenlisouoseveramenteproi-
bili nelle future scoperte in forza del XXXHI : la proibizione deve
entrare quale condizione ne' patli da stipularsi cogli scoprilori , per
ordine del XXXVII. Gl'indiani di Haiti, di Cuba e di S. Giovanni
malmenati, oppressi, torturati, a riparo di tanta ingiustizia insieme
colla liberla hanno nel XXXIX la esenzione di ogni gravezza, infino
a miovo ordine del Sovrano. Non basta, vi furono prescritti seven
processi intorno a'fatii dei regii amministratori, e parecchi ebbero la
deslituzione ed altri la condanna meritata. Michele Diaz di Armerida-
riz fu invialo in America, perche desse opera alia esecuzione di quesle
leggi. Molle e rabbiose furono le grida contro di esse, non porhi gli
scompigli e le sommosse per opera dei conquistatori, dei coloni e dei
comrnendatarii, ma alia flae vinse la causa della liberta e della giu-
stizia, merce la fermezza e lacura della Chiesa, a cui i Re caltolici ne
aveano affidata la custodia. Onde se egli e vero, che i soprusi qua
e cola o si manlennero o si rinnovarono, devesi pur confessare, che
i sacri miuistri vi si opposero costantemenle , che smascherarono la
millita delle ragioni apporlate dai rei , che li dinunziarono alia cor-
te, e che non si acquelarono, fintantoche non fossero uscili opportunl
provvedimenli.
Rifei iamo qui per disteso una lettera di Carlo V in data del primo
di Maggio del 1543. Essa e una splendida lestimouianza che con-
ferma 1' opera del clero in favore degl' Indiani, la grande parte, che
ebbe lo stesso nelle leggi sopra indicate, e di quanlodovea fare ap-
presso. Eccovi il documento non meno onorifico ai sacri ministry
che alia religione ed'alla giuslizia di chi 1'ha dtttalo :
« II re al devoto padre F. Pietro di Angulo, \icario del monistero
di Gualimala, dell' Ordine di S. Domenico.
« Voi sapete che appena informal! del bisogno, che v'era di sta-
bilire alcuni ordinamenti affine di provvedere a quanto spetla al savio
governo delle Indie, ed al buon tratlamento de' nalivi del paese, ab-
biamo volto 1'animo a questo affare, 1'abbiamo discusso e fatto discu-
tere sollecitamente ; e trovando lutti i pareri d'accordo, non abbiamo
punto differito di stanziare quelle ordinanze oregole, che souo parse
COMBATTUTA DALLA CHIESA 163
giuste e convenient!. Furono tosto messe a slampa alcune di esse,
che noi vi mandiarao, affinche leltele, possiale comunicarle ai moni-
steri ed ai voslri religiosi, e con cio fatla loro manifesta la volont& no-
stra, sia, per opera dei medesimi, notificataagl'lndiani, in riguardo
dei quali furono precipuamenle composle cotali ordinanze. Onde noi
vi preghiamo e v' incarichiamo di fare quanto e da voi, perche siano
eseguite. Hanno lutte di mira, come vedrete, il servizio di Dio, la
conservazione, la liberla ed il buon governo degl'Indiani, ed e quello,
che voi stesso e tulli i voslri fralelli avele ardentemente bramato.
Noi fummo di cio ragguagliali. Sta dunque a voi in modo partico-
lare Y adoperarvi quanto e possibile , affinche siano puntualmente
osservate per la vigilanza dei nostri vice-re, president!, governato-
ri e di tulti gli altri giudici del paese. Se vedrele, che in alcune
province o presso alcuni popoli sono trascurate e violate, datene
lor conto, affinche i governatori riparino al male. Che se quesli
pure non curassero i vostri ammonimenli, avverliteci quanto prima :
noi faremo ed ordineremo cio che sara a proposito. Coleste diligenze
e cure son degne delia vostra professione e dell'abilo che portale;
giacche esse non sono che la conseguenza di queH'ardenle fervorc,
onde vi siete adoperati in pro degl' Indiani , nel che voi ci avete
reso un servigio importante pel nostro cuore. » Tale si e la testimo-
nianza e la fiducia del potente Imperatore verso i figH di S. Dome-
nico, propugnatori si caldi della liberla Indiana 1.
I successori di Carlo non ftirono da meno. Scorrete di grazia ii
Hbro VI della Recopilacion de Leyes. Per tulti quei tredici titoli, in
che e diviso, voi vedrete la liberla delllndiano in cima dei pensieri
dei legislated. Essa e guarentita ne' contratti, edifesa nel lavoro, e
sostenula nella dirnora ; s'impone la soavita di modi nel traltarlo; si
ordina severa giustizia contro 1'oppressore. L'Indiano e lo Spagnuolo
sono dichiarati di egual diritto innanzi alia legge. Che se v'e qual-
che vantaggio, e tutto pel primo, in quantoche nel caso di mulua of-
fesa, e prescritlo di usare piu di rigore col secondo. La pena della
confisca di tutli i beni e della galera e minacciata a qualunque osas-
1 Vedi HENRION, Storia universal delle missioni, Lib. II, c. 4.
164 LA SCHIAVITU DEGI/ 1NDIANI COMBATTUTA DALLA CHIESA
se ridurre a schiavilii gl' Indian! del Tucuman , del Paraguay e del
Rio della Plata. II inotivo, che si arreca di tutte quesle leggi , e i!
contenuto nella decisione del Papa e fin da principle messo innan-
zi dai sacri ministri : por que son de su naturaleza libres, como
los mismos Espanoles. Gl' Indiani sono natural m en te liberi : ecco-
yi il tulto.
Altri negarono, che fosse slatuita la liberla degl' Indiani per leg-
ge di Carlo V. Ma i documenti da noi portati e specialmente la pri-
ma legge proposta nel litolo II del Libro sopra citato, dicono il con-
trario. Altri scrissero, che gli ordinamenli regii giacquero leltera
morta, per conto dei preposli alia cosa pubblica delle colonie. Contro
di che havvi una forte difesa del Solorzano, fondata sulla pruova del
falto 1. II risultato de'calcoli moderni, fatti sopra le popolazioni del-
1' America meridionale, porlando che nel Messico i due terzi dei pre-
senti abilatori siano di schiatla indiana, o secondo 1' Humboldt, che
le colonie spagnuole siano composte per nove decimi d'iudividui pro-
venienti dagli antichi indigeni, puo essere argomento non piccolo che
gli Spagnuoli dovettero o cessare o raddolcire di mollo i rei tratta-
menti e le oppressioni. Or del benefizio di tanta conservazione a chi
vanno debitori i supersliti Indiani? « Alia premura, che ne presero
i sacerdoti , ai quali ed ai Vescovi le leggi spagnuole affidarono il
\igilar sulla vita e la liberla dei nalii , cosliluendoli cosi protettori
legittimi » . Tanto risponde con tutla verita il Canlu.
Conchiudiamo. E smaccata menzogna il dire che la Chiesa ha
confermata e benedetta la schiavitu, essendo per 1'opposto YerM pro-
vatissima, che essa I ha combattuta con ardore nella pratica, 1'ha con-
dannata nella teorica, ed ha procurato di sterparla procurando leggi
opportune e premendone la esecuzione. Falti e documenti illustri ,
irrefragabili ne sono prova luculenlissima. Ripetiamolo, la Chiesa fu
e sara sempre la madre e la lutrice della vera liberla , come la ri-
Yoluzione fu e sara la faulrice e la confermatrice della piu trista e
crudele tirannia. La Francia sul finire del secolo passato e la Italia
moderna ne sono testimonii.
1 De Indiarum iure, T. I, lib. Ill, c. VI, VII.
LA CONVENZIONE DEL 45 SETTEMBRE
E LE CAMERE FRANCES!
I.
Una speranza.
Al primo pubblicarsi della Convenzione del 1 5 Settembre dell'anno
scorso, noi fummo altenli a seguir diligentemenle i responsi che dal
due Gabinetli, di Parigi e di Torino, venivano di mano in mano, per
giungere, se fosse stato possibile, a cavarne il vero costrutto. Ma per
moltiplicare di sforzi ed aguzzare d'ingegno, lutti i nostri esami non
riuscirono , se non a conchiudere che 1'effetlo ullimo di tutte le di-
chiarazioni ed illustrazioni , quinci e quindi reiterate , non era altro
clie tenebre e tenebre piu dense di prima 1. Tultavia ci confortava
il pensiero del futuro riaprimento delle Camere francesi. La , dice-
vamo tra noi , non e possibile che il nodo non venga al peltine. II
discorso della Corona dovr& senza fallo spiegare il vero senso delle
clausole del trattato ; e dove le sue parole avessero bisogno di mag-
gior luce, questa verra indubitatamente dai commenti e dalle chiose,
che ne faranno i cosi detti Ministri della parola, incaricati di rispon-
dere in nome del Governo. Aggiungete a cio le rivelazioni del Libro
yiallo , merce dei docuraenli non ancor conosciuti , che esso porra
all' aperlo ; le parlate dei diversi oratori ; e sopratlutto gl' Indirizzi
1 GIVILTA CATTOLICA, Serie V, vol. XII, pag. 527.
1GG LA CONVENZIONE DEL 15 SETTEMBRE
esprimcnli i desiderii della nazione per bocca d'amendue i Corpi che
la rappresenlano, e avremo piu del bisogno per penelrare finalmenle
al fondo del mistero. Oh si questa volta la luce si fara, e 1' enimma
verra deciferato.
Or noi siamo al punto di vedere se i nostri calcoli furono bene
islituiti; giacche talti i falti, a cuiessi appoggiavansi, sono oggimai
in dominio della storia. II discorso della Corona si e udilo ; il Libro
giallo e slato aperlo ; Y Indirizzo e stato discusso ; gli oratori ban-
no parlato ; i rappresentanli official! del Governo hanno risposto. E
quanlunque all'ora, in che scrhiamo , durano tutta^ia le discussion!
nell'Assemblea legislativa, nondimeno, dal disegno dell'Indirizzo gia
eompilato, possiamo tener per certo che le cose procederanno allo
stesso modo che nel Senato ; e pero stando a queslo , gia abbiamo
quanto basta per giudicare dell' esito di quella noslra speranza. Si e
ella dunque adempita?
Se Yolessimo slare al giudizio del Memorial diplomatique do-
vrerno credere che si; conciossiache coteslo periodico tutto in gio-
lito esclama cbe la luce desiderata si e fatta : Nous avons dil que la
iumiere se ferait sur la Convention du 45 Septembre; nous devons
dire aujourd'hui quelle sest faile 1. Ma noi non siamo solili di
^iurare sull'aHrui parola ; molto meno poi lo faremmo su quella del
Memorial, divenuto oggimai una specie di Poeta cesareo, di ollima
volonla ma di cattivo gusto. Amiamo dunque meglio di considerar
ia cosa da noi medesimi ; e cio faremo brevissimamente nel presen-
ie articolo.
IL
// discorso della Corona.
Cominciando, com' e dovere , dal discorso della Corona, il para-
grafo relative alia Convenzione e il seguente: « La Convenzione del
15 Settembre , sce^verata da interprctazioni appassional-e , consacra
1 Troisieme annee, n. 13.
E LE CAMEIiE FIUNCESI 1G7
due grand! principii : il rassodamenlo del nuovo Regno d' Italia e
1'indipendenza della Santa Sede. Lo stato provvisorio e precario, ehe
suscitava tante apprensioni , sta per cessare. Non sono piu le mem-
bra sparse della patria italiana che cercano di riattaccarsi per mezzo
di deboli legami ad un piccolo Stato, poslo a pie deile Alpi ; ma e uu
gran Paese, che elevandosi al disopra dei pregiudizii locali e sprez-
zando eccitamenti inconsiderati, trasporta ardilamente nel cuore del-
la Penisola la propria Capitale e la colloca in mezzo agli Appennini,
come in una cittadella inespugnabile. Con quest'atto di palriotlismo,
I'ltaliasicostituisce definitivamente e si riconcilia in pari tempo colia
callolicita: essa obbligasi a rispettare 1'indipendenza della Santa Se-
de e a proteggere le frontiere degli Stall romani , e ci permelle in
tal raodo di rilirare le postre truppe. II lerrilorio pontificio, efficace-
mente guarentito, trovasi poslo sotlo la salvaguardia di un trattalo
che lega solennemente i due Governi ».
Da questo paragrafo quello che , a parer nostro , si puo indubita-
tamente dedurre, si e il defmilivo abbandono del Trallato di Zurigo
e delle riserve apposte al primo riconoscimento del Regno df Italia.
Imperocche se uno dei due grandi principii , che la Convenzione
consacra, e il rassodamenlo del nuovo Regno d' Italia , e se il lrat~
tato in cui un tal rassodamerito e consecrate, lega solennemente i due
Governi ; e chiaro che il Governo francese, uno dei due, e solenne-
menle legato a riconoscere il nuovo Regno, qual e presenlemente e
secondocbe, come la medesima Convenzione dice , esso ora definiti-
vamente si costituisce. Per conseguenza le riserve pei dirilti dei Prin-
cipi spodestati, sono ite a monte, e il trattato di Zurigo, che vietava
al Piemonle di mutare i suoi confmi, senza il consenso deH'Europa,
piu non sussiste. Questo punto e limpidissimo.
Un altro punto, non dotalo di egual limpidezza, ma posto, per dir
cosi, come in una penombra, si ela dichiarazione del poco nesso che
1'antico Piemonte ha col resto d' Italia. Imperocche quelle frasi che
le membra sparse della patria cercano di riattaccarsi per mezzo
di deboli legami ad un piccolo Stato posto a pie delle Alpi, prese
in senso rigoroso, sembrano importare le seguenti cose. Prima, che il
Piemonte, propriamente parlando, non appartiene allapafrt'a italiana;
168 LA CONVENZIONE DEL 15 SETTEMBRE
giacche e nominato in opposizione alle membra sparse di lei, che
cercano riattaccarsi con lui. Secondo, che per esso lo star congiun-
to con quelle non e mollo conforme alia sua natura ; giacche un tal
riatlacco non puo farsi se non per mezzo di deboli legami. Terzo,
che esso non e di grande imporlanza per 1' Italia; giacche e un pic-
colo Stato, e fa parte piuttosto delle Alpi, essendo poslo a pie delle
medesime; ed e chiaro che le adiacenze de'piedi, come sarebbero a
cagion d' esempio le scarpe , fanno seguito de' piedi stessi e quindi
del corpo a cui appartengono i piedi. Queslo almeno e il senso na-
turale del discorso ; ma forse e troppa pedanleria voler interpre-
tare rigorosamenle le parole spetlanti al linguaggio diplomatico; e
pero il detto sia per non detlo , e veniamo al punto della sovranila
temporale del Papa.
. Quanto a questo punto, cio che risulta anche chiarissimamente dal
paragrafo, di cui parliamo, si e che la Convenzione consacra la per-
dita, per parte del Papa, delle Legazioni, delle Marche e dell'Um-
bria; ma quanto alia consacrazione della sicurezza per quel poco che
e rimaso, non ci scorgiamo nulla di precise. La prima parle di que-
sta asserzione apparisse da se; giacche se la Convenzione consacra il
rassodamento del nuovo regno, e il nuovo regno si compone anche
delle province rubate al Papa; la Convenzione consacra il possesso
anche di quesle. Consacrare il rassodamento di un enle composto,
vale il consacrare 1' unione delle sue parti ; giacche per tale unione
esso e quello che e. Cio ha tanto piu forza per rispetlo alle province
che il Piemonle ha tolte al Papa, in quanto esse gli son necessarie
come legame che gli congiunga le province meridionali ; le quali re-
sterebbero altrimenti divise da lui , e per conseguenza egli non sa-
rebbe piu regno d' Italia e non potrebbe piu rassodarsi come tale.
La seconda parte della noslra affermazione si prova facilmente.
Altesoche tutto cio che e delto per questo capo si contiene in quelle
parole: che il Governo italiano per la Convenzione si obbliga a ri-
spettare I' indipendenza della Santa Sede e a proteggere lefronlie-
re degli Stati romani. Or cio imporla la formale rinunzia al piccolo
territorio ponlificio per parte del Governo di Torino? Nienle affatto.
La protezione delle frontiere degli Stati romani, a cui esso nellaCoH-
E LE CAMERE FBANCESI 169
venzione si e obbligato, consiste nel non invadere nelasciare invadere
da truppe regolari o irregolari cotesti Slati. Ora il Governo italiano
si e protestato, che una tale obbligazione non ha nulla detrallo al-
1'antico voto del Parlamento, proclamante Roma Capitate dell' Italia,
giacche non si e inleso mai d' insignorirsene colla forza , ma bensi
coi soli mezzi morali. Dunque per questa frase, la sovranita tempo-
rale del Papa non e 'assicurata ; giacche resta esposta all' uso dei
mezzi morali , e ognun sa quali essi sieno pel Governo di Torino
e di quanta efficacia. Neppure 1' e assicurata per 1'altra parte, cioe
per 1'obbligo assuntosi dal Governo italiano di rispeltare V indipen-
denza della Santa Sede, giacche esso ha dichiarato che un tal rispet-
to ha per base la formola : Libera Chiesa in libero Stalo. Ora il
sig. La Guerroniere ha saggiamenle notato che il gergo di questa
formola importa I'impadronirsi di Roma lasciandovi al tempo stesso
il Pontefice : « L' Italia non ha cancellata quella doltrina che la Fran-
cia non ha accettato: La Chiesa libera in libero Stato. L' Italia se
la riserva come uno spedienle. Qual e intanto il vero senso di que-
sta dotlrina? Eccovelo : L' Impero d' Italia con Roma per Capitale,
il Re a fianco del Papa , od almeno come forma di transazione , il
Re che da Firenze eslende la sua sovranit& su Roma , lasciando al
Papa gli onori, coprendo di privilegi, di rispetli, di omaggi, la sua
reale servilu 1 ».
Del resto , fingiamo per poco che le clausole della Convenzione
conlengano una vera rinunzia ai presenti possessi della Santa Sede.
Qual guarenligia abbiamo che il Governo di Torino man terra 1' ob-
bligo assunto? II discorso della Corona dice che tal guarentigid e il
trattato stesso, in quanto lega solennemente le due Potenze. Ma an-
che il tratlato di Zurigo legava solennemente non due ma tre Poten-
ze, e nondimeno la Francia slessa, che era una delle tre, consacra
ora il nuovo regno fondalo sull' infrazione di quello. Cio posto, alia
mente di ognuno si affaccia questo discorso : Se la Francia pote, sen-
za mancare alia data fede e senza ledere la sua dignita, tollerare che
una delle alte parti contraenli violasse, poco dopo la stipulazione ,
1 Senato, Tornata del 16 Marzo.
170 LA CONVENZIONE DEL 15 SETTEMBRE
an trattalo conchiuso con lei ; perche non potra , senza scapito del
suo decoro, tollerare il medesimo nel caso presente? La firma ap-
posta da lei al traltato di Zurigo non aveva lo stesso inchiostro, che
«juella della Convenzione del 15 Seltembre? E se 1'aver combatluto
a' fianchi dell' Ilalia irapedi che si combatlesse contro di lei , per
eostringerla a mantenere i patli giurali ; questa ragione non vale
anche pel caso presente? Sicche il discorso flella Corona ci lascia
nella slessa incertezza e oscurita di prima.
III.
77 Libro giallo e /' Tndirizzo del Senalo.
II Libro giallo presenta la raccolta dei document! diplomatic], re-
iativi alle cose dell' Impero. Apriamo dunque, e leggiamo: Affari
d' Italia. Nell' esposizione che se ne fa, non troviamo se non la ri-
petizione del gia detto , che colla Convenzione viene assicurata 1'in-
<Iipendenza del Papa, perche il Piemonte si obbliga a rispeltare la
fronliera del presente lerritorio pontificio e Irasporta a Firenze la
Capitale. Ma il rispeltar la frontiera di un altro Slato e dovere im-
posto dal dirillo delle Genti, non e obbligo che nasce da sliputazion
di traltati. Ouanto poi al trasporto della Capitale, gia il Governo,di
Torino ha dichiarato che un tal fatto, lungi dall'essere una rinunzia
a Roma, e anzi un mezzo per fadlitare, colla maggior vicinanza,
Tefficacia de'mezzi moral! per pervenirvi.
Passiamo ai document!. I document! sono per lo piu gia noti e da
essi, come altrove vedemmo, non nasce'luce ma accrescimento di le-
nebre; i pochi, che ci sono aggiunli, arruffano peggio la malassa in-
vece di dipanarla. Imperocche i'ullimo dispaccio, in data dei 15 No-
vembre, al Barone di Malaret, fa altissime lodi del discorso tenuto
dal La Marmora nel Parlamento; e in quel discorso il Capo del Ga-
binello di Torino avea altamente dichiarato, che per la Convenzione
oon si era nulla rnulalo all'anlico programma ilaliano. II Libro gial-
lo adunque ci riesce del tutto inutile ; se non anche ci offusca vie
maggiormenle. Ma vediamo almeno se alcun raggio ne viene dal-
llndirizzo del Senate.
E LE CAMERE FRANGESI 171
II passo dell' Indirizzo eoncernente la quislione romana non e che
una semplice parafrasi delle parole iisate dal discorso della Corona.
Esso dice : « La Convenzione del 15 Settembre , nata sotto 1'impe-
ro d' una circostanza inaltesa e rispondente a sintomi pacific! , ha
aperto nuovi orizonti alia conciliazione. Trasportando la sua Capitale
a Firenze , 1' Italia ha inlerdelto alle passioni il cammino di Roma.
Acceltando il tratlato essa si e associata con solenni promesse al vo-
slro pensiero di proteggere la frontiera pontificia , d'assicurare la
condizione finanziaria del Governo ronaano , e di facilitare I'arrolla-
menlo del suo esercito. De!!e transazioni efficaci son donque comin-
eiate. E vostro desiderio o Sire , che esse facciano piu grand! passi.
La Convenzione lealmente e pienamente eseguita condurra a queslo
fine. Ella lo sara per Vostra Maesta , la quale ha sempre voluto il
ravvicinamento dei due Stati ; e lo saii per 1' Italia , che si ricorde-
ra de' suoi impegni e della Francia. Senza dubbio ravvenire puo na-
scondere degli eventi impreveduti. In questo caso Voslra Maesla si
e riservata la sua piena liberla d'azione, e la Francia puo riposare
sulla yostra saggezza » -
Per quanto sia roagniika quella metafora dei nuovi orizonti cbe si
sono aperti, V Indirizzo nella sua totalila non ci addita in essi nulla
di precise c di chiaro. La sola cosa che assai spiccatamente vi Iraspa-
risce , si e il titnore che , parti ti i Frances! , il territorio pontificia
non resli a lungo tranquillo. Cio si rileva da quelle parole : Senza
dubbio I'avvenire pub nascondere eventi impreveduti. L' Indirizzo
per questa parte ha pienamente ragione : e cio per ambidue i moti-
Ti, delle invasion! cioe di fuori e delle perturbazioni di dentro. E
quanto al primo capo, la difesa della fronliera pontificia resterebbe
unicamente a carico dell' Italia, la quale, come dice T Indirizzo, si e
associata al pensiero di proteggerla. Ma puo entrare da senno in
testa ad alcuno cotesta idea? Che si scriva o si dica, questo lo com-
prendiamo ; ma che si creda e se ne abbia intimo convincimento,
questo per verila non sappiamo ingolarcelo. L* Italia, ossia il Go-
\erno di Torino, a guardia del terrilorio pontificio ! Un Governo che
fmora ha spoglialo il Papa delle sue migliori Province e che ha di-
chiarate mille volte di volere in un modo o in un altro pigliare il re-
172 LA CONVENZIONE DEL 15 SETTEMBRE
sto; queslo Governo, diciamo, messo a guardia della frontiera pon-
tificia ! Non vi presenla cio V idea del lupo messo a cuslodia dell' o-
vile? Ma esso, si dice, ci si e obbligato con solenne promessa. A chi?
Alia Francia. Ma quante volte la Francia non ha dovuto lagnarsi di
3ui per promesse non mantenute ? E non e divenuta proverbial e la
sua mala fede? Ma ora , si soggiunge , si e convertito. Possibile !
Tuttavia, supposla anche una tal conversione , e prudenza esporre un
convertito novello ad occasioni prossime , qual e certamenle quella ,
di trovarsi a contatto coll' oggetlo lusinghiero, senz' altra difesa che
di negarsene da se stesso il godimento? Nemo repente fit summus.
Or non ci vuole una somma virtu per tanta annegazione , quale ap-
pena potreste trovare in un chiostro di Certosini? Ma il timore di
offendere la Francia ! Questo timore in prima non e stato motivo ba-
stevole in altre circostanze , come , a cagion d' esempio , quando si
tratto dell' invasione deH'Umbria e delle Marche. In secondo luogo,
quand' anche per nuova metamorfosi fosse ora divenuto possente , a
schermirsene basta salvare le apparenze. Basta non invadere da se
stesso, ne usar manifesta connivenza coi palriotti che volessero inva-
dere per conto proprio. Ma oltre a questi, quanti altri mezzi ci sono
per oltenere lo scopo , senza compromettersi ? E quando il Governo
piemonlese puo mostrare con pubblici document! e fatti palesi d'aver
adempito da parte sua ogni onere assunto : respinto bande , seque-
strate armi, e che nonostante ogni sua opera quesle si son traforate
oltre il confine; qual giusta ragione avrebbe la Francia di corruc-
ciarsi? Pretende forse 1' impossible ? Anche adesso, non oslante
che a guardia della frontiera stanno non solo i Piemontesi dall' una
parte, ma anche i Francesi e i Pontificii dall'altra, pure uon di rado
numeroso stuolo di briganli elude la triplice vigilanza ; qual meravi-
glia , che cio si verifichi sopra una scala piu grande , allorche a tal
guardia son rimasi i soli Piemontesi? Ed ecco il piccolo territorio
pontificio invaso del continuo , e messo a tal croce , che anche pre-
scindendo da sommosse procurate , non potra durarla ; sicche per
ristabilirvi 1' ordine e la quiete , bisognera permellere finalmente ai
Piemontesi di entrarvi.
E LE CAMERE FRANCESI 173
Quanto al secondo capo il Governo italianosie protestato che esso
rinunzia ai mezzi violent!, ma si riserba i mezzi moral! pergiungere
a Roma. Ora ii mezzo morale per eceellenza e la volonla popolare ;
e oggirnai nessuno ignora quanto poco costa il conseguirla. II Gene-
rale Gemeau mise questo punlo in chiarissima luce nel Senato fran-
cese. Egli mostro come in una citta di dugenlo mila anime niente di
phi facile che assoldare un cinque o seicento ammutinatori ; e quest!
accresciuti da ausiliarii accorsi al convegno, son piii che bastevoli a
cagionarli un tumulto, che in onta del vero popolo, ti simuli la vo-
lonta popolare. Di qui ai plebisciti, simili a quei di Napoli e di Fi-
renze, il passo e brevissimo. Ed ecco il Governo italiano in legiltimo
possesso di Roma , merce dei mezzi morali ; e forzato a mantenersi
in tal possesso, per non contraddire al popolo. Che fara in tal caso
la Francia? Essa, dice i' Indirizzo, si riserba liberta di azione. Be-
nissimo; ma cio non dice nulla. Ovvero, se dice qualche cosa, fa
crescere le apprensioni. Imperocche la liberta in un Governo inci-
vilito, anzi maestro di civilta, qual senza dubbio e il francese , non
deve esercilarsi in onta del dirillo. Or il diritto supremo d'oggigiorno,
riconosciulo dalla slessa Francia, e certamente la volonta popolare.
Quando dunque il Piemonte si trova in possesso di Roma non per
violenta invasione, ma per pura volonta del popolo romano , dimo-
strata con un plebiscito , vorra la Francia cacciarnelo ? L'lndirizzo
dice ottimamente che la Convenzione ha preclusa la via di Roma alle
passioni ; ma ora non le passioni, bensi il diritto e la ragione vi avreb-
berro menato il Piemonte. E chi vorra conlraddire a quesla regola
d'ogni bonta di azione privata e sociale ? E dove anche la Francia
s' inducesse a cio , sarebbe cosa si agevole ? Nel 49 dove lottar per
piii mesi per rilogliere Roma a un pugno di mascalzoni ; che sareb-
be ora trovandosi a fronte un regno di 25 milioni? E se, ollre a
queslo regoo , 1' Inghilterra aggiungesse il suo veto, ricordando alia
Francia il principio, da lei stessa proclamato, di non intervento ?
174 LA CONVENZIONE DEL 15 SETTEMBRE
IV.
Le par late degli Oratori.
?
Ma via, Ylndirizzo dovra disculersi, e nella discussione la luce s*
fara; giacche e queslo il gran vantaggio dei Parlamenti , che dal
cozzare delle parole, come dell' acciarioo colla pietra focata, schizza
la scintilla. Vediamo dunque che puo trarsene di netto.
La Discussione ha messo assai bene in chiaro 1'assoluta necessila
pel callolicismo della sovranita tern porale del Papa. Basti rieordare
le parole del sig.LaGuerroniere, colle quali 1'eloquenle oratore mo-
stra la slranezza dell' idea di un Papa suddito del Re d' Italia : « II
principio deU'unila del catiolicismo, egli dice, assorbito nell'unita
italiana! I dugenlo milioni di cattolici, aventiun capo che piu non
sarebbe sovrano! La Chiesa sottomessa a tutle le mobilila, a tutli i
capricci die nascerebbero da questa subordinazione del Vicario di
Gesu Crislo ai destini di un popolo, all'onnipotenza di un Re! Que-
sta e la base sulla quale 1' Italia sogna di stabilire la sua concilia-
zione col Papalo, senz' avvedersi che su questa base la Chiesa non
troverebbe se non la sua umiliazione, e la sociela europea la piu
pericolosa perturbazione 1 ». II nobile Visconle ha ancora neltamen-
te chiarita la differenza che passa tra la sovranita pontificia e quella
degli altri Principi, per rispetto alia forza delle rivoluzioni. Le rivo-
luzioni, benche involgano sempre delle sventure, riescono nondime-
no bene spesso ad assodare negli Stati laicali un nuovo ordine di
cose. Ad una dinastia succede un' altra dinaslia, ad una forma di
Governo un' altra forrna. II nuovo Stato , col passar del tempo ,
si consolida. Ma relalivamente allo Stato ponlifido, non e cosi.
« Se il Papa esce da Roma, lascia dietro di se un vuoto immenso,
che niente puo riempire ». E la ragione e cbiarissima ; perche la
sua sovranita non e legata all'onore di una famiglia o all' inleresse
mulabile di un popolo. Essa e legala all' esigenza di un principio
1 Secluta del 16 Marzo,
E LE CAMERE FRANCESI 175
indestruttibile, e all'inleresse supremo e invariable di lulto il mon-
<lo, « II Papa a Roma, sovrano spirituale e sovrano temporale, e un
interesse ad un tempo di ordine europeo e di ordine politico e na-
zionale in Francia. E una delle condizioni dell'equilibrio europeo.
II Papa non puo risedere ne in Francia, ne in Austria, ne in Italia ;
perche, perdendo il potere temporale, conserverebbe il potere spiri-
tuale. Ora e inleresse comune che la potenza morale del Papato re-
sti indipendenle da tutli gli Slati europei, e che la sua auloiita spiri-
tuale non apporti ad alcuno di loro una forza, che sarebbe di pre-
giudizio a tutti gli altri.... L'esilio del Papa, ali'eslero sarebbe la
pietra d'aspettativadi tutte le ostilita conlro la Francia; all' interne
lo spirito rivolux/ionario otlerrebbe un trionfo, che la slessa rivolu-
zione del 1848 non gli ha dato 1 ». Oueste cose, lo riconosckmo,
sono state confessate e poste in luce, con una lealla che onora quel-
T assemblea. Ma quanto al punto ca pi tale di sapere che cosa impor-
ta la liberta che si e riservata il Govcrno francese, non solo non si
e detto nulla di determinato, ma si e avulo cura di avvolgerla nei
mistero. II sig. La Guerroniere avea lucidamente veduto questo pun-
lo della quistione : « Che fara essa (la Francia) di questa liberta?
« questo il panto piu grave del dibatlimenlo ». Tullavianon sadare
alcuna risposla , e se n' esce dicendo che il Governo ha certamenta
1 Questa impossibilita del Papa in luogo dov'egli non slaal tempo stesso
sovrano temporale, viene iSlustrata eziandio dal Morning Post, giornale in-
glese, in data dei 27 Marzo. Parlando esso dell'ipotesi, messa innanzi dal
Debats, che il Papa costretto a fuggire da Roma cerchi un asilo nell' Ingbil-
terra, dice: « In questo paese il Papa sarebbe soggeito, come ogni altro
esule, alle leggi municipali del regno; leggi le quali proveggono per 1'adem-
pimento dei nostri obblighi internazlonali. Ma cio non e tutto. II Santo Padre
non potrebbe, secondo noi, emanare dal suo asilo le bolle, gli editti e le
sentenze di scomunica che gli e libero di proclamare sul suo territorio, ma
che i Governi di Europa non lasc'ano pubblicare o eseguire sui Joro terri-
torii, senza loro ordine o permesso ecc. »
Cio che il Morning Post dice dell' Inghilterra, a piu forte ragione vuol
dirsi del regno italico, se il Papa fosse suo suddito. A che dunque sarebbe
ridotta 1' indipendenza e la liberta del Ministero apostolico, da cui ricevono
<lirezione e lume le coscienze dei Caltolici ?
176 LA CONVENZIONE DEL 15 SETTEMBRE
i suoi intendimenli. Sapevamcelo ; ogni ente inlelleltivo ha un' inlesa
nelle sue deliberazioni , ma quest' inlesa volea sapersi nel caso pre-
senle. L' eloquente oratore risponde, che egli non vuole interrogarlo.
Pure ci furono delle voci che misero alle stretle il Governo sopra
questo parlicolare : tra le altre quella del Marchese di La Rocheja-
quelin e del Cardinal Bonnechose. Quest' ultimo con \iva insislenza
diceva: « lo ho apprensioni, lulli i callolici ne hanno; si temono
avvenimenli deplorabili dopo la parlenza dei Francesi da Roma.
Y'ha dunque qualche cosa da fare: bisogna assicurarci 1 ». II Go-
Terno cosi pressato apre finalmente la bocca e parla per organs
di due suoi Commissarii , il sig. Chaix d'Est Ange e il Ministro di
Slato Rouher. Volgiamoci ad ascollarli ; giacche e 1' ultima tavola
che ci resla in questo interpretative naufragio.
V.
ftisposta dei rappresentanti governativi.
II primo dei due rappresentanti balle la campagna , come suoi
dirsi ; ricordando i primi atli di Pio IX , la Rivoluzione avvenuta ia
Francia, il conlracolpo che ne provo Roma, lo scopo della spedizione
francese, la necessila di porre un termine all'occupazione, 1'oppor-
tunita presente di eseguire lo sgombro , ed assicura che dopo la
Convenzione niuna forza regolare o irregolare invadera il lerritorio
pontificio. Son lulle cose oltime per dissertare ; ma che non recano
niuna luce alia quistione. Quale che sia il giudizio che si porti sopra
di loro ; non e questo cio che si cerca presentemenle. Cio che si cer-
ca si e di sapere che importa la liberta di azione riservatasi dalla
Francia, ossia cio che essa fara nel caso cbe il Piemonle, coi mezzi
morali, s'inlende, riesce ad impossessarsi di Roma. Di questo pun-
to il sig. Chaix D'Est Ange non fa motto; anzi fa mostra di non es-
sersene neppure avveduto. Non cosi il secondo. Quesli comincia in
guisa , che sembra voler appagare pienamenle la nostra curiosil^ :
1 Tornata del 17 Marzo.
E LE CAMERE FRANCESI 177
«Signori, egli dice, entro subito nell'intimo del diballimenlo ; lo fo
senza riflessioni preliminari, senza osservazioni, perche mi tarda di
apporlare nelle vostre coscienze i lumi e la verita ». Oh! questa volla
ci siamo : il signor Ministro rimovera fmalmente ogni velo e ci fara
intendere la cosa come va e come non va. Speranza vana. II signor
Minislro tosto soggiunge che la Convenzione e chiara per se stessa,
e che non sa vedere quali obbiezioni vi si possano fare. Caschiamo
dalle nuvole ! Se e lanto chiara, onde avviene che tanto ci si disputa
sopra , e che gli stessi due Governi contraenli le danno una con-
traddittoria spiegazione? Nondimeno vediamo come il sig. Ministro
prova 1'una e 1'altra parle della sua affermazione. Quanto alia pri-
ma, la prova si riduce a questo. La Convenzione guarentisce la fron-
tiera ponlificia, perche la da in custodia al Governo ilaliano. Gua-
rentisce la tranquillita inlerna del terrilorio ponlificio, perche stipula
i mezzi pel Pontefice di formarsi un esercito ; e tutto cio senza ces-
sare di mantenere le riserve gia fatte nel 18Q2. Noi vedemmo quan-
to quella custodia e innaturale , e quanto i mezzi di formazione per
1' esercito impossibili. Percio possiamo ora passarcene. Ma quel-
lo che ci slupisce si e che si dicono mantenule le riserve del 62 ,
mentre il discorso della Corona , che dee saperne un poco piu del
yero senso della Convenzione , dice che questa consacra il rassoda-
mento del regno d' Italia. II regno d' Italia , come sopra notammo ,
non puo rassodarsi se non ritenendo le province rapile al Papa ,
le quali non solo ne formano parte , ma ne costiluiscono il legame
colle province meridionali. Or si puo consacrare il rassodamento
d' un regno , senza consacrare per cio slesso il mantenimento delle
parti che lo compongono e che sono condizione necessaria della sua
esistenza ?
Quanto alia seconda parte il signor Rouher riduce le obbiezioni a
tre : alia mancanza di convenienza verso il Pontefice ; al sospelto di
slealla nel Governo di Torino ; all'impossibilita di servirsi dell' eser-
cilo, quand'anche si giungesse a formarlo. Alia prima risponde che
se si fossero volti a Roma avrebbero ricevuto una negativa. Questa
soluzione e simile a quella di chi dicesse di non avere mancato a
nessuna convenienza entrando in casa vostra senza vostro permesso,
Serie Y7, vol. II, fasc. 362. 12 3 Aprile 1865.
178 LA CONVENZIONE DEL 15 SETTEMBRE
percbe se 1'avesse chiesto, voi glielo avresle negate. Ma il signer
Rouher soggiunge, che una volta Roma alle proposte di trattalive
rispose: Perche vi volgete sempre a noi? Trattale prima col Piemon-
le; noi poscia esamineremo. — Si ; ma voi non solo avele trattato,
ma avete conchiuso ; e qui sta la sconvenienza.
Alia seconda obbiezione risponde assicurandoci che 1'Italia rivaleg-
gera di lealta collaFrancia. Veramente quest' assicurazione non ri-
sponde al passato; e quanto all'avvenire, abbiamo veduto piu sopra
come il Piemonte puo giugnere a Roma, senza potere esser tacciato
di slealta.
Per do che spetta alia terza il sig. Rouher si meraviglia, come si sia
potato mellere indubbio cheil Pontefice debba usare la forzacontro
i sediziosi e i rivoluzionarii. « Si, egli esclama, il Papa puo avere
una forza armata ; si , il Papa deve usarne. Non e lecito ad un So-
vrano di mancare a questo tristo e doloroso dovere di vincere e di
schiaedare 1'insurrezione, quando si leva in faccia a lui. E se il cuo-
re generoso del Sanlo Padre esitasse a colpire alcuni figli ribelli, non
dovrebbe dimenlicare che dietro a questi figli vi e la Catlolicita in-
tera, per la quale egli ha il dovere di conservare la sua sovranil£
temporale ». Questi sensi del signor Ministro sono giustissimi e no-
bilmente espressi; ma non ricordiamo bene se consimili parole
sieno stale udite nel medesimo luogo quando avvennero i fatti di Pe-
rugia, e di piu non sappiamo profetare se saranno ripetule, dove il
Papa si trovasse veramente nella dura necessita di comandare il
fuoco sopra i tumultuanti nelle piazze di Roma. Checche $ia pero
di questa e di tutte le altre soluzioni e prove, veniamo al pun-
to capitale. II punto capitale era di sapere che cosa importasse la
liberta d'azione che la Francia si era riserbala, ossia che cosa
essa farebbe nell'ipotesi, al certo non impossible, di rivoluzione,
onde che sia procurata, nello Stato pontificio. Ora intorno a questo
punto il signor Ministro ci lascia all'oscuro, anzi protesta espres-
samente di non volere dir nulla. « Ctie si chiede? Che il Governo
dica ciofche far^, fra due anni? Non possiamo rispondere. Noi stia-
mo attendendo, desiderando, sperando ; e non vogliamo fin da ora
scrivere un won possumus. II Governo dee riservare la sua azione;
E LE CAMERE FRANCESI 179
ed infatli che cosa polrebbe dire? Possiam noi dichiarare che se
fra due anni la rivoluzione minacciasse novamente il trono del
S. Padre, noi non ritorneremo a Roma? Ma cio sarebbe un incorag-
giare i rivoluzionarii, e per mio conto io non terr6 mai un simile
linguaggio. Dovremmo dire che fra due anni ritorneremo a Roma?
No; perciocche noi vogliamo la conciliazione fra le due Potenze, non
mediante la guerra ma mediante la pace. Ecco perche il Governo
non vuol rispondere ».
Noi, a dir vero, non intendiamo bene la forza di quest' ultima ra-
gione. La Francia non puo'diehiarare che ritornerebbe a Roma a
soffocarvi la rivoluzione, perche \7uole che il Governo italiano si con-
cilii col Papato mediante la pace. Ma di grazia : II Governo italiano
aspira luttavia al possesso di Roma, o ci harinunziato? Se ci ha ri-
nunzialo, non dev'essergli discara qualunque minaccia contro la Ri-
voluzione, che tentasse spodestare il Pontefice. Se poi ci aspira lut-
tavia, una delle due: o voi amate che deponga queste aspirazioni,
ovvero che le conservi. Questa seconda parle non puo dirsi, perche
rovescerebbe interamente 1'assunto vostro, di dimostrare cioe che la
Convenzione assicura il Papato. Dunque convien dire la prima, cioc
volersi da voi che il Governo italiano deponga quelle aspirazioni.
Ma a conseguire cio, niente di piu efficace che dichiarargli franca-
raente, esser voi disposto ad usare ancbe la forza per sostenere la
Sovranita temporale del Pontefice. Secondo il nostro debole modo di
vedere, la conciliazioue, che desiderate per vie pacifiche, dovea in-
durvi, piultosto che alia reticenza, alia dichiarazione. Sicche dopo
questo discorso si rimane in maggiore oscurita di prima, perche
non solo si nega risolulamenle di dire 11 contegno che terra la Fran-
cia negl' indubitabili tentalivi del la Rivoluzione a danno del Papa,
ma di queslo silenzio si assegna una ragione che avrebbe dovuto
consigliare anzi il contrario.
Dair esame che altra volta facemmo della Convenzione , fummo
costrelti a defmirla : Negotium perambulans in tenebris. Quesla de-
finizione sussiste tutlora. Nondimeno cio non detrae nulla al sicuro
trionfo della Chiesa. Anzi quanto piu sembreranno venir meno i pre-
sidii umani, tanlo un tal trionfo sara piu vicino.
-;;; TIGRANATE
RACGONTO STORICO DEL SECOLO IV,
XVI.
La riconciliazione.
Coloro clie ridottl sono in fine di morte ,
se abbisognano di riconciliazione e la
dimandano, ponendosi dinanzi agli occhi
il giudizio che li aspetta ... ma con fer-
ma fiducia di ottenere la remissione e la
liberazione dalla pena eterna , sapendo
essere vera e certa la benignka del Si-
gnore; anche essi man dare prosciolti e
secondo il cuore di Dio e secondo la ca-
rita. S. PIETRO D'ALESS. Epist. canon, a
Conone, 2. (Edit. Pitra, Inst. eccl. Grace,
torn. I, pag. 546.)
In tutti'quei giorni che tennero dielro al solenne ravvedimento di
Placido, e all' entrare nella via della penitenza canonica , Tigranalo
pareva nell' aspelto come uomo percosso da fulmine e fuori della
memoria. Saliva dall' alrio al solario, scendef a dal solario all' atrio,
passava dalla biblioteca al giardino e tornavasi dal giardino alia bi-
blioteca, s'avvolgeva d'una in un'altra stanza, pensoso sempre e Ira-
vagliato da nuovi disegni di religione. Divertimenti strepitosi che
TIGRANATE — - LA RICONCILIAZIONE 181
ne lo svagassero non frequentava ; che la pieta verso il padre infer-
mo nou gli consentiva di pure bramarli. Lasantila del crislianesimo
gli brillava spesso all' animo , e il rapiva di profonda ammirazione.
Se non che allora quando entrava a deliberare del dare un passo ri-
soluto, ed ecco gli si affacciava 1'intoppo falale , della lellera di Ce-
sare. E lalora allresi tornavangli alia mente i sofismi vanissimi con-
tro i Galilei , intesi alia scuola di Libanio e in certi tu per tu con
Giuliano.
Certo egli non vi scorgeva per entro fondo di evidenza ; ma pur
bastavano a trallenerlo , e riniandare a miglior tempo il lorre par-
lito. Intanto si adagiava negli ingannevoli pensamenli del nalura-
lismo. — La religione delia natura , diceva a se medesimo , non
puo essere altro che buona. Un Dio creatore e conservatore del
mondo, la virtu per culto , la felicila , quale che sia, nell'allra vita,
per premio, una punizione per castigo, ecco quanto vi ha di piu so-
do nelle spedilazioni di Anassagora, di Platone, di Socrate : questa
e la sapienza recondita di Omero : Cicerone e dello stesso avviso :
i Cristiani non contraddicono. Giuliano e Libanio vi aggiungono sa-
criflzii agli Dei, a Mitra, alia Luna: e un'ubbla innocente. Mio pa-
dre vuol morire nella cenere e nel cilicio per devozione a Cristo :
cotesto nol fa ne migliore ne peggiore ; conlento lui, contenli tulli.
Quanlo a me, ci voglio rifletlere. Sbrighiamo prima la lettera : poi
si vedra. —
Altre volte 1' investiva come un nembo di ragioni opposte , e
balenavangli d'ogni parte come lampi di luce lerrifica: — Se questo
Dio ha parlato ai mortali per bocca di Gesu Cristo , perche rifiulo
la sua rivelazione? perche mi ribello alia sua legge? E vero : ma
chi mi assicura che il Dio dei Cristiani sia veracemente 1'ambascia-
tore del Dio del cielo? Or come nol sarebbe? puo un saltimbanco,
un imposlore generare nel mondo una religione, in cui la virtu e si
pura, si incontrastabile, si eroica? — E qui gli si schieravano di-
nanzi alia mente le anime eccelse che tra'Cristiani aveva conosciuto:
Gioviano, Valentiniano, Ormisda, il diacono Sabino di Milano, i due
amici di Atene Gregorio e Basilio, e Flaviano di Antiochia che usa-
va alcuna volta in casa del padre , e Publia e la veneranda Anlusa
182 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
che stavangli lultodi solto gli occhi : e dopo quest! il numero grande
dei Vescovi, famosi allora per 1* esilio e le calene soslenule per non
proferire una parola disonorevole al loro Cristo , e grandeggiavagli
allo sguardo dello spirito Liberio di Roma imperterrito in faccia al-
1'Imperalore, in alto di riegargli un'ingiusla dimanda, eraramentar-
gli i diritti della verila : e dopo costoro vedeva innalzarsi contro a
lui quasi un esercito infmito di marliri, vegliardi, donne, fandulletti,
correnli volenterosi a'piu spietali supplizii per non fallire la fede al
loro Dio ; e di queste memorie magnanime piene erano tuttavia le
famiglie crisliane, dopo V atroce persecuzione di Licinio. — E un
ciurmadore ribaldo, sclamava tutto solo Tigranale , che si menljsce
Iddio celeste, pu6 infondere si prodigiosa virtu in petti si fiacchi?
No, no : qnesta e bene la forza d'un Nume : il Dio vero ha parlato,
anzi parla tuttora. E io non 1'ascoltero? Dio comanda ed io gli resi-
stero? — E al lume di si inelutlabili verila Tigranale gia si risol-
veva di correre alia chiesa e dimandare il catecumenalo a Paulino :
e riecco il fatale dispaccio idolatrico , a frapporsi al divisamento ; e
il cuore debole e indeciso smarrirsi, e tornare in balia della dubita-
zione, e avvolgersi in un labirinto di mezzi termini e d' incertezze,
senz'approdare ne a risoluzione ne a termine.
Al fine d'una giornata frbbrile, trascorsa tulta in cotali erramenli
inestricabili , sedeva egli nella stanza del padre. Placido laceva , e
Tigranate curvo verso il focolare e colle mani incrociale sur un gi-
nocchio, non facea motto. Placido ruppe pel primo il lungo silenzio :
— Tigranate, un pensiero mi cade in mente : apri il mio scrigno.
— Quale?
— Quello scrignelto di cedro, su cui e la statua del Pastore con
in collo la pecorella.
— E in quella che Tigranate volgeva 3a chiave, soggiunse: — E
tempo che li sveli un secreto. La enlro dev' essere una pergamena
piegata e munila del mio suggello: e Talbero della famiglia. Vo' che
tu la conosca, mentre io posso dartene a bocca gli schiarimenti. -
Tigranate ne prese non poca maraviglia: percho il padre non gli
aveva fmo a quel di mosso parola di sua gente, ne della sua patria.
Ma Placido, come se gli leggesse in vollo rammirazione: — Figliuo!
LA RICONCILUZIONE 183
mio, continue, lu udisti la mia confessione pubblica , ora ti debbo
entrare in qualche altro parlicolare che vi si altiene, prima che Id-
dio mi chiarni all' altra vita; affinche meco non sia sepolta una me-
moria che potrebbe tornarli giovevole. — Tigranate spiego la mem-
brana al lume della lucerna con indicibile curiosita, e corse rapida-
mente coll'occhio la genealogia paterna. Molti erano i nomi di zii,
nipoti, cugini. — Or dove sono costoro, o babbo?
— A Torino, a Pollenza, a Milano, e va dicendo.
— Nessuno ha gradi nell' esercito?
— Nessuno.
— Che fan no essi adunque?
— E' sono tulti orafi di professione, o ricamatori o simigliante.
L' orgoglio di Tigranate sentissi offeso. Aveva sempre pensalo
avere la sua linea da una lunga serie di illustri mililari italiani, e
scopriva per la prima volta di non aver lume di alcuna casata. Tut-
tavia dissimulo la puntura , e non volendo perdere 1' occasione di
quella apertura che gli,porgeva il padre, e poteva esser 1' ullima,
disse: — Or perche non me ne parlasti prima d'ora, che forse avreb-
bemi giovato allorche fui a Milano e a Torino ne' mesi scorsi?
— Figliuolo, e una debolezza: volevo che ignorata fosse 1' origin
mia, perche ignorata restasse una circoslanza (stolto!), che e una
grazia mirabile di Dio.
— Una grazia di Dio?
— Posso dire che uno stesso giorno mi trasse dall' arte di mia
famiglia, e dalle lenebre del paganesimo: e io ingralo per abbuiare
il mio baltesimo ogni cosa ti celai : e ora , ora si vorrei bandirla a
suon di Iromba per tutta Antiochia.
— Bandirla? bandire che?
— E un favore divino: che porlento! — E senza spiegarsi altri-
menti, ripeteva: — Che portento!
— Parla, padre mio, se porlento vi ha che ti riguardi d'appresso,
non me lo nascondere: che io non ne vidi mai, e ne sarei curioso al
sommo. Chi sa che un portento non mi desse la spinla a tale risolu-
zione, che tu ne fossi con lento?
184 TIGBANATE RACCONTO STOR1CO DEL SECOLO IV.
— Non udistii mai parlare della cruce apparsa in cielo al Divo
Costanlino?
— Piu d' una volta : ma che vuoi? tante ne ho intese dire dai fi-
losofi di Alene, che veramenle. . .
— Trislo a me ! interruppelo Placido, baltendosi la mano in fronle
e dolorosamente sospirando, sciagurato ! di queslo doveva io intrat-
tenere la tua fanciullezza, di questo parlare lulti i giorni; e me ne
sovviene solo al lelto di morte, quando 1'animo luo e gia preoccu-
pato dalle follie dei sofisti idolatri. — E dimenticando il discorso
incominciato, si struggeva amaramente sclamando: — Ora il figliuol
mio sarebbe cristiano come me, meglio di me ! Signore pietoso, non
me ne dimandate conto al voslro tribunale tremendo! Va, Tigranate,
va losto, vola a Paulino, questo nuovo delitto, che mi trovo sull'ani-
ma, mi opprime, voglio rivelarlo, voglio pubblicarlo: mi strazia: e
una codardia, e una villa. — E cosi dicendo versava un profluvio
di lacrime sconsolale.
— Padre mio, rispondeva Tigranate, e presso la mezza nolte :
troppo saremmo imporluni a turbare ora 1'altrui quiete. Domani, do-
mani all' alba sarai obbedilo di ogni luo desiderio. Inlanto dalti pace:
fa di requiare almeno qualche ora. — Con quesle e con simili ra-
gioni, non senza difficolla, egli pervenne a tranquillare alcun poco
1' infermo, e ridusselo a rimellere alia dimani 1'abboccamento con
Paulino. Non faceva ancora ben giorno, e Tigranale gia era alia casa
del sacerdote, coll' ambasciata del padre: e quegli si dispose di ve-
nire di presente a consolarlo: voleva pero venirvi solo. Fu indarno:
perche Placido aveva gia spacciati messi sopra messi e quanti piu
pole de'fratelli cristiani, e Paulino trovo la stanza dell' infermo gre-
mila di fedeli, accorsi alia chiamata premurosa.
Placido lo salulo umilmenle e si levo a sedere sul letto; poi con
voce ferma, piu che non sembravano con sen tire le forze gia sceme,
incomincio : — Una colpa mi resta tuttavia da palesare al cospelto
della Chiesa, alia quale non posi mente 1' altro giorno : confesso con
mia onta grande e per sollievo dell'anima mia, che non solo mi se-
parai dalle riunioni dei fedeli quando fui in Persia, ma dissimulai
altresi il mio battesimo : prega per me, o ministro del Signore, e
LA RICONCILIAZIONE 185
fa pregare i fratelli quando saranno assembrati nella basilica. —
Paulino gli si accosto, e gli dimando sotlo voce, se dissimulate avesse
negando di essere cristiano a chi per avvenlura lo avesse richiesto di
sua religione. — Oh questo no, rispose forte , tolga Iddio da me si
orribile misfallo : fui debole, ma, il dico per renderne grazie a Dio,
non negai, non disdissi , non m' infiusi idolatra. Solo lacqui, perche
meno scandalosa riuscisse la mia assenza dalle pubbliche assem-
blee: E di quesla dissimulazione imploro la misericordia di Dio. —
£ cosi dicendo si risolveva in lacrioie di amara compunzione. I fra-
telii anch'essi Ira i singulti e i sospiri ammiravano la perfetta con-
versione del tribuno, e Tumilla profonda, colla quale si accusava
piu assai che non richiedesse il rigore dei sacri canoni. Paulino
intenerilo benediceva la divina clemenza, che si largamente versasse
il dono della sua grazia su quell' anima altre volte traviata : e vol-
gendosi a lui con benigne parole gli veniva dicendo : — Fratello ,
non li confondere piu ollre sopra cotesto: gia abbondanlemenle com-
piesli il prescritlo dalle sanle leggi : ora apri il cuore alia fiducia
del perdono , che il pietoso Iddio non ti neghera : non puo fallire
alia sua promessa ; confida : egligia li stende lebraccia, come il pa-
dre evangelico al figliuol prodigo : lu sei la pecorella smarrita, ch'egli
va cercando ansiosamenle, ne puo tardare a riportarli con gioia al-
1'ovile: gia gli angeli del Signore preparano la festa che in cielo
si fa per ciascun peccatore che si ravvede. — Placido a questesoavi
parole, lutto si confortava e rasserenava.
Antusa trasse un po' da parte il sacerdole , e colle mani giunte
guardandolo con dolce modestia : — Padre nostro, gli disse, se non
e troppo impronta la mia preghiera , io li supplico di aver piela del
nostro fratello : piegali alle sue lacrime , metti un termine alia sua
afflizione , e rendilo alia pace della Chiesa. Nol chiedo per me, che
non ho meriti da tanto , ma per quesli sanli confessori che tu vedi :
guardali , eglino portano ancora gli orecchi mozzi, e le cicalrici
dei flagelli e logori i polsi dalle catene , che patirono per Gesu Cri-
sto : essi dimandano indulgenza : padre, perdona. — - V erano in-
fatli tra gli astanli due vecchi , venerati in tulta Antiochia, pel me-
rito de' gloriosi martirii sofferli sotto Massimino e sotlo Licinio. Le
186 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
parole della pia vedova, proferile sommessamente, furono inlese, piii
dagli alii e!^ dalle parole, dai circostanti ; e, piangendo ognuno, prc-
sero ad incalcarle : - - Padre , perdona, padre , rendici il nostro
fralello. - - Paulino a si gradita violenza non resislelle ne si rese
malagevole. ma considerando la colpa non come delle piu gravi
sotloposte alia penilenza canonica, la confessione voluta da Placido
pubblica, mentre bastava la privata, la riconciliazione chiesta prima
che il pericolo di morte fosse urgenle, e soprallullo le felici disposi-
zioni del penitente, slimo non venirtneno ai sacri canoni, conceden-
do fin d' allora la plenaria riconciliazione.
Mando adunque per due diaconi che 1' assislessero nella solenne
ceriraonia, ed entro inlanto a ragionare lungamenle della divina cle-
menza. Gii spiego come la pace che da la Chiesa ai ravveduli e sim-
bolo dell'elernapace dei santi, e 1' assoluzione sacramenlale, che la
precede e 1' accompagna, non pure copre la moHitudine de' peccali,
ma al lullo li scancella e li annienta ; ond' e che 1' ainore di Gesu Cristo
verso 1' anima riconciliata , e come il sorriso dello sposo alia vergine
amata nel giorno primo delle nozze, e rarometle al divino amplesso
nel mistero dell' Eucarislia, come ad arra della unione svelata dei
secoli elerni. A tali discorsi 1'infermo rifioriva lutto di consolazione
esuberante, ne piu sembrava risentire del male. Gli udilori giubila-
vano di lelizia purissima , e nel cuore gia si congralulavano del ri-
cuperato fralello. AHro piu non restava, fuorche cominciare il sacra
rilo della riconciliazione.
II diacono inlimo : — Orate, penitenli — Si alzarono tulli a que-
sta parola , e si posero ginocchioni : e quegli prosegui la formola ,
suggerendo le preghiere : — Affinche Dio fiacchi la possa di satana
e ne spezzi i lacci : e affinche cancelli il chirografo della condanna-
zione e scriva il penitente nel libro della vita. E con piu ardore
preghiamo affinche i peccatori perseverino nelle buone opere , e
Iddio amatore degli uomini placato ridoni loro la lelizia deila saluto
e li confermi nello Spirito Santo , onde non ricadano : ma parteci-
pando dei divini misleri, e fittti degni figliuoli di Dio, conseguisca-
no la vita elerna. Ripetiamo per loro con fervore : Signore, miseri-
cordia. Salva, o Dio, i penilenli e li risuscita colla tua clemenza. —
LA RICONCILIAZIONE 187
A queste celesliali parole altri levavano le mani al cielo in alto di
preghiera, altri prosternati mandavano gemiti dolorosi: Publia e
Anlusa col voltoa terra lacrimose e umiliate sosplravano implorando
la divina pieta: Placido involto nel suo cilicio ora eol guardo dolen-
te cercava il cielo, ora tullo s' inabissava e si restringeva nella con-
trizione, e sembrava pendere mezzo tra il paradiso e la terra. Ma
quando il diacono fu alia conclusione: — 0 risuscitati da Dio, per
virtu del suo Cristo, inelinate il capo e ricevete la sua benedizione —
il volto di Placido lampeggio di tale un riso sereno, che parve la
gioia del paradiso \1 fosse dipinta ; e il riverbero di quella luce
si difforidesse a serenare gli astanti. I minislri trassero in mezzo
col rituale, e svolto il rotolo con riverenza , il presentarono al sa-
cerdote, pur tenendolo per gli slaggi disteso dinanzi a lui. Egli in-
vocalo 1'aiuto divino, pronunzio : — La pace a tulti. Preghiamo il
Signore. — E , stese le mani sul capo del penitente , recilo la ri-
conciliazione solenne.
— Benigno Signore, buono e umano, il quale per la tua miseri-
€ordia mandasli in terra 1' Unigenito Figlio tuo, affinche scancellasse
la sentenza contro i peccatori , e frangesse le catene delle loro col-
pe , e annunziasse la liberazione agli schiavi, libera lu, o Signore,
colla tua bonla questo servo tuo Placido dal legame che lo annoda ;
e concedigli che senza peccato in ogni tempo , in ogni luogo si pre-
senti al tuo cospetto , e con fiducia e in pura coscienza imp'ori la
(ua misericordia : perche tu sei Dio misericordioso e amalore degli
uomini, e noi ti rendiamo gloria : gloria al Padre, al Figliuolo, allo
Spirito Santo , ora e sempre e nei secoli dei secolL
— Amen ! rispose 1' assemblea.
— La grazia del Signor nostro Gesu Cristo, la carita di Dio Pa-
dre, e la comunione dello Spirito Santo sia con tulti voi.
— Amen !
— A quest' ultimo Amen, compita la Lilurgia sacra del perdono,
i fedeli formarono ii segno della croce, e levatisi in piedi, tutli lieti
e consolati si fecero intorno a Placido, che piu di loro raggiava da-
gli occlu e dalla fronte. Antusa non era certo la meno tdpudiante di
quella santa radunanza , ma per modestia ponevasi dielro agli altri.
188 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
Ciascuno , come suggerivagli la sua carila, rivolgeva alcuna dolce
parola al riconciliato : ma la piu dolce dissela il sacerdote Paulino:
— Fratello nostro , poiche tu sei renduto alia comunione del santo
banchetto, io qui 1'imbandiro dimani. Le nostre buone sorelle Antusa
e Publia faranno di apparecchiare ogni cosa necessaria alia celebra-
zione dei santi misted. — Anlusa a queste parole non capiva in se
dalla gioia, e come di favore falto a lei stessa , ne rendette umili
grazie al sacerdote. Ma Placido , che era lungi dall' aspettarsi tale
cumulo di privilegi , rispose: — Gran merce, Padre mio ; io il bra-
mo di tutto cuore , ma bene a maggiore ragione che non il pio Cen-
turicne , io tribuno peccalore debbo dire : Signore, non son degno.
Non sarebbe assai , se mi mandassi la sacra Eucaristia per mano
del diacono, all'ora che i nostri fratelli parlecipano al sacrifizio
nella basilica maggiore ?
— Non e facile a otlenersi cotesto. Tu sai che in questi tem-
pi infelici gliariani, protelti da Augusto , ban raesse le branche
sopra lutte le chiese nostre , e a noi e forza di adunarci negli ado-
ralorii privali. Per dimani adunque , che non e di solenne , io lerro
qui la santa Assemblea con quesli nostri fratelli. Ricevi adunque il
benefizio che la Chiesa ti offre con umilla e con fiducia. . . . >
— E con riconoscenza infinita. Dio sia benedelto , e il suo Cristo
glorificato. Non osavo piu promettermi la consolazione di assistere
al Sacrificio divino e pregare coi fralelli : e certo la mia lunga as-
senza meritava bene questo castigo. Ora sembra che Iddio abbia
scordato il mio delitto, e mi sopraffa di misericordie inaspettate. Che
grazia ! Dopo adorati i sacrosanli Misteri , dopo il Viatico della ce-
leste patria , la morte, oh si la morte slessa mi fia dolce e deside-
rata : morire nella pace della Chiesa , tra le preghiere dei fratelli :
oh questo non e morire , e passare da giubilo a giubilo. Che grazia !
Paulino si rivolse all'adunanza : — Figliuoli miei , Iddio benedetto
che trae dal male il bene , si vale della persecuzione dei nemici suoi
per concedere un conforto di piu al nostro caro infermo. Qui cele-
breremo le cose sante dimani , se piace a Dio.
— Iddio te nerimeriti, dissero alcuni colla bocca, e lutli col
cuore , Dio te ne rimeriti.
LA SACRA LITtRGIA 189
XVII.
La sacra Liturgia.
Per idem tempus cum trans Tiberim apud
quamdam clarissimam inmtalus sacrifi-
cium in domo offerret , etc. PAULIN. Vita
S. Ambros. 10. (In Opp. S. Ambr. ed.
Migne, torn. I, pag. 30.)
Infermo o dicadulo e bene quello spirilo che non sente 1'armonia,
la grandezza, la rnaesta celestiale del culto esterno , quale a Dio lo
porge la Chiesa di Gesii Cristo. Variarono i sacri rili per verita in
qualche loro apparenza accessoria col variare de' tempi ; ma il fondo
essenziale di islituzione divina, lo spirito di simbolisrao misterioso che
li anima e li avviva , non mulo giammai per mulare di secoli ; e le
cerimonie di oggidi, filiate in gran parle dalle cerimonie primitive,
tutta spirano Torezza divina delle eta antiche. Pole certola sacra Li-
turgia passare dal cenacolo di Gerusalemme nelle case de' Crisliani,
celare i suoi splendori nelle catacombe , sfoggiare di pompa augusta
nelle basiliche , pellegrinare sui campi militari tra le bandiere di
Costantino, fiorire sotto le cupole bizantine, raccogliersi sotto i si-
lenti duomi degli Arabi, dei Lombardi, dei Settentrionali, grandeg-
giare ne' templi armoniosi del Brunelleschi ^e di Michelangelo: ma
in tanlo succedersi di condizioni, raccolse nuove grazie, siamman-
to di colori phi avvistali , nulla perdendo della intrinseca bellezza ,
onde viemeglio allelta gli occhi del semplice , e conquide di mara-
viglia la menle del pensalore.
Menlre gli apparecchi dei sanli Misteri si sollecilavano in casa di
Placido , Tigranate, dubbioso di non potere forse compiere cosi pre-
sto il suo mandalo, si ritirava al suo studio, e scriveva aGiuliano :
« Tigranale saluta Giuliano Cesare
« Antiochia mi e dolce palria, ma non mi compensa a gran pezza
1'alto onore di vivere nella tua comitiva e godere della sua presenza.
Ma forza e piegarsi ai decreli del cielo, cui piacque di togliere a me
190 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
la fiducia di un protetlore , e a te , Cesare , un servilore fedele , cui
per incomparabile degnazione donavi il nome di amico. Disegnavo
di svagarmi da questa profonda afflizione seguilando 1' esempio del-
Tltacese,
« Che di molte citta Tide i costumi. »
Ma ecco cbe il padre mio, da grave infermila soprappreso, m' inca-
tena al suo lello coi vincoli della pieta filiale. Non mi e dura tale
catena , pure mi pesa assai in quesle circoslanze , in cui gia coll'a-
nimo ero tulto in volta a pellegrinare in remote contrade. Spero lut-
tavia , anzi ne son certo , che per aggiornarsi il piacere divisato non
mi fia tolto.
« I saluli, che tu mi imponesli di reeare ai tuoi ammiratori di Ate-
ne , coltnarono essi di giubilo ; a me accrebbero 1' amarezza, rinno-
vandomi vie piu viva la piaga che portavo nel cuore. Ciascuno be-
nediceva 1'augusto Costanzo della seel la, e ne prometteva gloria a
lui e salute all' impero. Ah, perche la comune letizia e per me me-
scolata di tanlo dolore ? Non voglio tuttavia smeltere la speranza.
« II Dio celeste prosperi le lue armi , e solto i tuoi auspicii rialzi
la forluna della repubblica romana. Vale , Cesare. »
Rilesse due o Ire volte la lettera , studiandola minutamente , e
notomizzando ogni sillaba , affine di assicurarsi che bastasse per
avvisare a Giuliano Y impedimento sopravvenuto, e nel tempo stesso
non potesse risvegliare pure un' ombra di sospelto nell'animo di Co-
stanzo , caso che il foglio cadesse nelle sue mani. Per cotesto can-
cello quelle parole : « Non voglio tuttavia smeltere la speranza » , e
modifico 1' ultima clausola , riscrivendo : « II Dio celeste prosperi le
armi romane solto la tua condotta , e sotto gli auspicii di Costanzo
augusto rialzi la forluna della repubblica ». Vi aggiunse: « Daload
Antiochia , alle calende di Marzo, sotto il consolato di Costanzo au-
gusto VIII e di Giuliano Cesare ».
Placido, che di tutto questo buio segrelo nulla sospettava , passo
il rimanente del giorno, dalla cerimonia della riconciliazione fioo al-
ia sera , assorto sempre nella contemplazione del sovrano alto da
compiere il dimani , e forse, bene il presenliva, era 1' ultimo della
LA SACRA LHURGIA
sua camera cristiana. Alcuna volta chiamava a se Tigranate, e
tratlo di sotto 1'origliere il sacro volume dell' Evangelic) di S. Gio-
vanni, facevasi recitare ponderatamente la passione del Salvalore, o
il capo sesto dove si ragionano le immortal! promesse serbale a chi
degnamente si ciba del Pane che e Cristo. Intanlo la diaconessa Pu-
blia e la pia Antusa, aiutale da Pisto e dalle ancelle crisliane, si da-
vano gran faccenda ad allestire 1'occorrente per la tornata del di
seguenle.
In una stanza dappresso fece collocare una inensa d'ebano con va-
ghi commessi di argento, la piii preziosa che fosse nel palagio di
Piacido : e perche la camera piu ritraesse della Chiesa voile che di
presente vi fossero Irasportate certe colonnelle mobili di un suo o-
ratorio di villa, e fece drizzarle a' fianchi della mensa, una per cia-
scun angolo, ed agli architravi sovrimposli appiccare i corlinaggi ,
ad imilazione del conopeo solito sospendersi nelle basiliche atlorno
al santuario. Piii coppie di bracciuoli uscivano dai capilelli e riunen-
dosi in alto rivestite di drappi formavano un ricco sopraccielo, sor-
monlato da un gigiione doralo , di vaghissima vista. E Placido dal
suo letlo poleva a bell' agio contemplare il pieloso lavorio, perche il
iempielto era poslo a bello studio di rincontro a lui. Di sua mano
Anlusa distese sulla tavola la palla, ossia lovaglia, che era un finis-
simo setino indiano, da lei stessa con lunga divozione ricamato a o-
ro e gemme, con animo di donarlo al marlino o vogliam dire tern-
pio dedicate al martire S. Marnanle. Ne la diaconessa dimentico di
apperrdere con una calenuzza d' argento dentro al tempielto ( che ci-
borio si chiamava allora ) una colomba colle ali d' oro spiegale , fi-
gura dello Spirito Santo assistenle al Sacrifizio dell' amore. Dispose
dielro all'altare i candelieri e i torchietli profumati, e pressovi i ba-
cili, i mesciacqua colle ampolle per la fredda e per la calda , i ma-
nutergi, i veli ; breve, ogni cosa necessaria alia sacra Liturgia.
I diaconi erano intanlo sopravvenuli ad acconciare sulla credenza
i vasi sacri. Le pie donne pregarono che loro fosse porto a baciare
il piede del sacro calice, sul quale era di buono smalto rappresenta-
to il divin Pastore che si reca in collo la pecorella smarrita: in che
furouo imitate da Placido. Con lui assai a lungo si trallennero le san-
192 TIGRANATE RACCONTO STOR1CO DEL SECOLO IV.
te vedove in ragionamenli di spirito, dicevoli alle condizioni d'un in-
ferine gia vicino all' ultimo Viatico. Ma Anlusa non pole restarvi
tropp'ollre, perche le rimaneva lultavia da preparare il pane dell'o-
blazione, e voleva di sua mano impastarlo. Intrise in una madietta
d' argenlo alquante manatelle di farina purissima di primo velo, e
con un micolino di lievilo ne ebbe formalo un candido panetto in
forma di mandola : v' impresse neltamerite una croce nel colmo, e
intorno alcuni caralteri , il cui significato era : Gesu Cristo Yince.
— Al vino dell'offertorio ci pensero io, disse Placido, che ne ho pa-
recchi fiaschi di Palestina, e mi dara maggior divozione. — E cosi
fu falto.
Tigranate con infinite curiosil& aveva mirato partitamente quel-
1' apparecchio , e si riprometteva di assistere il di seguente con al-
trettanta e piu alia celebrazione de' cristiani misteri. Ma quale fu ii
suo disinganno, allorche il padre il chiamo a se , e recatosi tutlo in
aspetto grave, gli disse: — Figliuolo mio, a te non e permesso di
trovarti presente alle sacrosante cose degl' iniziali ; al piu polresti
Irallenerti sino alle prime cerimonie : ma quando vedrai gli astanti
prosternarsi ed orare in silenzio , ritirati. Ordinerai a nome mio a
Pislo e agli schiavi cristiani, di trovarsi puntualmente; lu, no: tu
sei profano. — E qui un' amara lagrima guizzo tra le palpebre del-
1' iofermo. Pero allro non aggiunse, ne Tigranate oso porgere alcu-
na rimoslranza. Ma in quella vece comincio seco stesso ad almanac-
care del modo di soddisfare la curiosila , non biasimevole , credeva
egli, ed appagare ad un tempo gli scrupoli del suo padre. Osserva
pertanto che sulla sala, dov'era eretto Taltare, si aprivano piu altre
stanze ; nulla adunque riuscire piu facile che affacciarsi ad una , e
a traverse le portiere contemplare a tutt' agio il rito misterioso.
— 0 che male si puo pensare in cotesto? alia fine non per violare i
misteri io vi assislo, ma per iscuriosirmi d' un gusto piu pio che
empio : e se un giorno ho ad essere de' Cristiani, non e forse bene
ch' io sia in prima informato de' lore sacramenti ? —
Venutocosi il mattino, e accommiatatosi dal padre e da Paulino,
che aveva presso lui vegliata la nolle, fu alia stanza attigua : ne
serro dietro se la porta , chiuse le finestre e si accosto in punta
LA SACRA LITURGIA 193
de' piedi all'uscio chedava nella cappella, e tirato chetamente a se
un battente, vide distintaraente , come che tramezzasse il drappo,
entrare 1'un dopo 1' altro i fedeli nell' oratorio, e raccolti e taciturn!
prendere posto attorno al santuario , i cui cortinaggi eran calati.
Mancava solo Antusa , rimasa presso al letto dell' infermo. Un dia-
cono disse alto : — Quanti siamo fedeli pieghiamo le ginocchia. Pre-
ghiamo Iddio per mezzo del suo Cristo : tutti intesi supplicbiamolo
pel suo Cristo. — Prostratisi adunque ginocchioni , diedero princi-
pio alia preghiera del silenzio , nella quale ciascuno secretamente
implorava perdono de'suoi falli. Alcuno vi fa che venue ad inginoc-
chiarsi a' piedi di Paulino : gli rimordeva forse V ammo di qualche
leggera colpa occorsagli ne' giorni antecedent!, e ricevutane 1'assolu-
ziorie si rilrasse. Altri pure allo stesso modo si confessarono. Alle pre-
ci del silenzio tenne dietro la preghiera delle esclamazioni. II diaco-
DO ordinava una distinta invocazione prima per la pace della Chiesa,
sparsa per tutta la terra, poi per la parrocchia, pel clericato secolare,
peimonaci, per gl' infermi, pei benefattori, pei neofili, per gli ere-
tici, per gl'infedeli (e di questa prese non poca maraviglia Tigra-
nate, e disse seco medesimo : Questa e per me, vedremo se e esau-
dita) e pei fedeli infme , di lutto il mondo. A ciascuna delle quali
proposte il popolo rispondeva : — Signore, abbiate misericordia !
— Destatevi, o fratelli, raccomandiamoci al Dio vivente, per me-
diazione del suo Cristo. — E 1' assemblea di nuovo fervore accesa
supplicava a Dio.
Intanto Paulino levatosi in piedi, con una colletla, ossia preghiera
universale, raccogliendo in uno i voli p6rti daciascheduno, oro a no-
me di tutli : e gli fu risposlo : — Amen ! —
— La pace del Signore dimori con tutti voi, ripiglio Paulino : e il
popolo :
— E collo spirito tuo.
— Bacialevi tulti col bacio del Signore, disse il diacono — e in-
contanente gli uomini abbracciarono gli uomini, e le donne simil-
mente le donne, senza dislinzione ne di lijjere, ne di schiave, ba-
ciandosi in fronte in segno di perfelta carita: e net tempo stesso i
ministri dell'altare porsero il bacio simbolico alsacerdote. E fu lenero
Serie VI, vol. H, fasc. 362. 13 5 Aprile 1865.
194 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
spettacolo per Tigranate vedere i fratelli affollarsi attornoal lettodel
padre suo, e ciascuno stringerlo affettuosamente nell' arnplesso cri-
stiano. La quale pietosa cerimonia fornita, il diacono ordino che si
offerissero i doni all'altare: edecco gliastanti I'uno dopo 1'altro avan-
zarsi, e deporre sur una guantiera la propria limosina. Antusa per
sua offerta porse involto in bianco lino il pane del Sacrifizio, ch'ella
aveva cotto la raattina istessa, e sopra un vassoietto d'argento don6
il vino , dicendo al cherico sotto voce : — Questa e T oblazione di
Placido : — e vi aggiunse di lui una borsa colma di monete d' oro,
con una scritta che leggeva : — Pei poveri, per le vergini consacrate,
per le sanle vedove, affinche preghino per Placido peccatore. — Al-
cuni avevano offer lo vaselli d'incenso, e qualche povero una piccia
di pane casalingo. I ministri raccolsero ogni cosa in una sportella,
e queste collocarono sull' altare, dove Paulino recito T offertorio dei
sacri doni.
II suddiacono diede 1'acqua alle mani del sacerdote , che intanto
recilava il sal mo : — Lavero le mie mani nell'innocenza : e le mani
lavaronsi pure gli altri assistenti al celebrante. I fedeli gia eransi
purificati prima di entrare. Dall'aHra parte il diacono aveva posto
sulla mensa il pane e il vino, e sopra vi teneva sospeso il pannolino,
che aveva servito a velare il calice ; e a quando a quando con lieta
agitazione il menava, come in atlo di allontanarne grinsetti volanti
e ogni qualsiasi menomo fior di polvere. II cheavendo scortodalsuo
luogo labuona Antusa, fe' cenno modestamenteadun acolito, esservi
altresi il flabello di penne di pavone , che essa a quest' uopo aveva
riposto a un lato della credenza. Cos! si entro nelle secrete cose del-
1'azione divina. Ma prima un minisiro anche una volta si rivolse al
popolo , e comando secondo il rito : — Fuori i catecumeni ! fuori i
penilenli ! ( e qui brillo di gioia il cuore a Placido , che disse a se
slesso : ora non saro piu reietto ) fuori gl' infedeli ! fuori gli eretici!
Madri, rilenetepresso voi i vostri fanciulli. Niuno si accosli con animo
maculato di odio o di ipocrisia. Vigiliamo al cospetto di Dio : immo-
liamo TOstia santa con timore e tremore. —
Non si udiva nella stanza un respiro, ma solo le sacre parole del-
T inno serafico, dai fedeli accompagnato col cuore sino al trisagio :
LA SACRA LITURGIA 195
- Santo, Santo, Santo, — che tulti prommziarono alto, come voles-
sero le loro voci confondere coi canti del cori angelici. Qui calarono
i corlinaggi del Sanluario, e 1'assemblea parve piu che mai assorla
nella contempt azione dell'eccelso misterio gia gia per consummarsi.
Alia formola sacrosanta della consecrazione, proferita dal sacerdote
con voce Iremante di riverenza, fu risposto : — Crediamo ! —
Si sollevarono allora le cortine, ma gia le venerande Specie erano
state colla palla di seta diligentemente velate, e dinanzi ad esse ad
alta \7oce si invocarono i Santi e i Martiri di Gesu Cristo : si rinno-
varono le orazioni per la Chiesa e per 1* Imperio , si suffragarono le
anime dei fratelli defunti, e la divota supplicazione termino colla so-
lenne dossologia: — Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirilo Santo
nei secoli dei secoli.
— Amen !
Era giunto 1'istante della Comunione : pero il sacerdote, recitata
1'orazione domenicale e spezzalo il divin Pane, si rivolse all' adu-
nanza , e levandolo in alto lo presento all' adorazione dei fedeli, e
poscia, prima di porgerlo ai comunicanti,disse in tuono grave e so-
lenne : — Le cose sante sono pei sanli !
— Uno e il Santo, risposero, ed e Gesu Cristo Signor nostro nella
gloria di Dio Padre. Benedetto siane' secoli. Amen. Gloria nell'altis-
simo de' cieli e pace sulla terra , regni Ira gli uomini la buona vo-
lonta. Osanna al Figliuolo di Davidde! Benedetto Lui che viene nel
nome del Signore. Egli apparve anche a noi : Osanna nell' allis-
simo. -
Allora i diaconi ed i ministri si presentarono genuflessi a parteci-
pare del Misterio adorando e tremendo. II sacerdote diceva: — II
Corpo del Signore ! — il comunicante stendeva la mano, e ricevu-
tolo, rispondeva: — Amen! — e cosi al calice: — II Sangue di
Gesu Cristo I - - e quegli ne assaggiava una stilla : — Amen I —
Dopo il clero si accostarono innanzi a tutti Publia e Antusa, che come
consacrate alia vedovile conlinenza, secondo il rituale dovevano pre-
cedere il resto del popolo. Genuflessero, e nella mano destra con in-
finita riverenza accolsero il Pane celesteredalosiuno sguardo infocato
il recarono alle labbra: e poi libarono del calice e dissero Amen.
196 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
Antusa prese quindi per mano il suo figliuoletto , lo pose in piedi
dinanzi a se, gli ravvio i capelli, dicendogli all' orecchio : — Nannuc-
cio, giungi le manine e apri la bocca; ecco Gesu vivo viene a te. —
E il biondo angioletto , bene addestrato , ubbidi , sporse la lingua
a fior di labbra, e il sacerdote vi depose un frammento del sacro
Pane intinto nel calice. In simil modo comunicaronsi gli altri, e ulti-
mo Placido, che di celestiale gioia inebriato, quasi pareva delle altre
cose non sentire , e gia gustare per accenno un saggio della bea-
titudine dell'aUra vita. Taluno vi fu che dovendoil di seguente porsi
a lunga navigazione, spezzo il Pane datogli dal ministro, e ne serbo
una particella in una pissidetta d'argento a cotesto fine recata, e rav-
vollala in un drappo d'oro, se la nascose in seno.
Lunga fu 1'azione delle grazie, ancor dopo la beriedizione del sa-
cerdote e il commiato : lie in pace. I/ assemblea , profondamente
commossa di gratitudine a Dio pel riacquistato fratello, non poteva
finire di magnificarne la bonla, e raccomandavagli nel tempo islesso
le ultime ore deH'infermo. Niuno era, che prima diuscire non dicesse
qualche onorevole parola a Placido : ma quesli piu col sorriso rispon-
deva che colle parole : lanto era assorlo nelle delizie superne. E cosi
passo il rimanente del giorno.
Tigranate un tale coniegno attribuiva allo spossamento, natural
conseguente delle commozioni del mattino. Ma ben dovette ricreder-
sene, allorche, licenziali gli estranei e ridotla ogni cosa in silenzio
pel cader della nolle, egli si trovo a solo a solo col padre suo.
RIVISTA
BELLA
STAMPA ITALIANA
Scritli amichevoli pei Deisti, di CLEMENTE BARONI , prete cattolico.
Milano, Dilta Boniardi-Pogliani. Torino , presso Marietti 1864.
Un vol. in 8.° di pag. XII. 317.
La'maniera, colla quale annunziauimo quest' opera in uno dei pre-
cedent! quaderni, puo all'Aulore di essa, ed altresi ai nostri leltori,
valere a sufficient pruova della nostra benevolenza , e diciamo an-
che del nostro rispetto verso tutti quegli scrittori , che ne' presenti
tempi calamitosi , informati da santa intenzione , si sludiano , come
posson meglio, di raffermare e ribadire i buoni principii, e di estir-
pare gli errori, che si spargono dagli uomini iniqui, siccome zizza-
nia in mezzo al grano. Ma , anche a voler prescindere da questo ,
dal lenore che noi terremo nell' esaminare ed appuutare alcune parti
del suo libro, il Rev. .sig. Baroni tocchera con mano, che noi conti-
nuiamo a stimare i desiderii dell' ottimo cuore che si chiude in pet-
to; benche, dobbiamo pur confessarlo, non siano stati messi in ope-
ra con una esecuzione del tutto felice. E se egli rifarSi cotesti suoi
scritti , separando , come dice la sacra Scritlura , dalle molte cose
preziose , che vi ha messe , le vili 1 ; non e punto da dubitare che
1 Et si separaveris pretiosum a vili, quasi os meum eris. IEREM. XI, 19.
198 RIVISTA
essi non sieno per riuscire, non solamente pe' deisti ma ancora pei
cattolici , di quella utilita die egli spera , e che noi desideriamo. E
si gli auguriamo che Iddio custodisca verde, per lungo spazio di an-
ni , la sua onorata vecchiezza, perche egli possa e ripurgare cotesto
primo suo lavoro ; ed ancora , se fia mestieri, tutti gli altri, i quali
dice avere preparali sopra somigliante argomento e tenere in serbo,
e faccia cosi loro vedere la pubblica luce.
Tutta 1' opera e scompartita in trenta capi, in ciasciino de'quali il
ch. Autore prende a trattare o di uno di que' pretesti , che sogliono
indurre e rilenere gli uoraini , raassimamente ai nostri giorni, nella
incredulita , ovvero di qualche argomento , che egli reputa piu op-
portuno alia emendazione di cotesti traviati. I titoli de' capi suddetti
sono, per cagion d'esempio, la sacra bibbia, ragione e rivelazione,
Gesu Cristo Uomo-Dio , peccato originale , il giogo del Signore , il
giogo della Chiesa, il giogo della Confessione, monaci e suore, pre-
sunzione e progresso, spiriti forti e liberi pensalori. E vengono co-
tali argomenli esposti in maniera da commuovere il cuore, anzi che
da convincere 1' intelletto : e cio per cagione della sentenza in cui e
T Autore , della quale diremo piu innanzi. A questo effetto anehe a-
michevole e lo stile , e cosi esso corrisponde al titolo di scritti ami-
chevoli, che sta in fronte a tulto il libro.
Nella prefazione, che ha per. litolo: La mia intenzione, egli affaz-
zona un simbolo nella guisa migliore , onde potrebbe formarlo un
deista o razionalista di oggidi , contrario ed avverso al simbolo cri-
stiano per quel che tace , non per quel che afferma : e soggiunge ,
rivolgendosi al deista: « lo non aspiro a mandare sossopra il tuo
simbolo, ma si confido di giungere a compirlo. Perche spero di ren-
derli persuaso , che quanto credi non basla ad assicurare la sorte
della lua anima immortale ; che e dovere di credere , che convien
credere, ed e ragionevole di credere il vero rivelato » 1. Conchiude
poi questa prefazione colle parole seguenti: « Qualora mi si diman-
dasse: hai tu veramente scritta questa operetta pei soli deisti, scet-
tici, razionalisti, in somma pei miscredenti? lo allora non potrei na-
1 Pag. V.
BELLA STAMPA ITALIANA 199
scondere un mio pensiere, un desiderio, una cara speranza , che mi
sostenne, per cosi dire, la penna, e mi fu il piu coofortevole eccila-
mento a perseverare finche T ebbi compita. Ed e , che mi lusingo,
che queste famigliari conferenze possano fare un po' di bene non so-
lo agli increduli ma ad altri molti. Parmi che possano confermare
nella fedei buoni credenti, servire di qualche appoggio ai vacillan-
ti, e suggerire a tutli que'miei fratelli, che di questi tempi non pos-
sono evitare di conversare cogl' increduli , qualche buona risposta,
qualche ragione favorevole alia fede catlolica, che sia facile, chiara,
amichevole, od almeno senza fiele , e valga a disacerbare gli animi,
e conservare la pace ed il vicendevole amore. E questa, anzi questa
sola, alia fine, e la piu preziosa ricompensa a' miei poveri studii, a
cui io possa aspirare senza invadere i confini della presunzione » 1.
Questa e, chi puo dubitarne? intenzioue santa e retta, e questi de-
siderii sono dinanzi agli uomini tutti dabbeni e cordali , e , cio che
piu monta , dinanzi a Dio mollo lodevoli ; il quale altresi non lascia
di rimeritare chi gli ha, assai largamente. Con lutto cio non ci gar-
beggia interamente quella clausola, onde 1' Autore significa di vo-
lere « che le sue ragioni sieno senza fiele , e valgano a disacer-
bare gli animi e conservare la pace ed il vicendevole amore » ; e ci
sembra che essa guasti il suo nobile proponimento , e attrappi , per
cosi dire , i suoi pii desiderii. Imperciocche egli e in questa opinio-
ne , che il portar fiele contra alcuno, che in nostra lingua val quanto
portare odio , si verilichi ogni qual volta uno aspreggia un allro,
cioe gli parla con asprezza ; ed inoltre che parlino cosi fattamenle
quelli , che con liberta condannano i vizii e gli errori, e disappro-
vano i viziosi e gli stolti, appellando co' proprii loro nomi i peccati
e i peccatori. Laonde ove discorre della tolleranza, afferma con
tutta verita « che i preli cattolici romani e tutli i buoni della noslra
Chiesa non possono dissimulare il loro dolore, allorche vedono
diffondersi il deismo ». E per6 parla, siccome conviene, agl' incre-
duli ne' termini seguenti : « Noi crediamo in Gesu Cristo , ed a lui
vogliamo bene : noi siamo persuasi che le vostre dottrine facciano
1 Pag. XI.
200 RIVISTA
molto male alle anime del nostri fratelli , ed offendano gravemente
il nostro carissimo Redentore ; e noi amiamo siccome fratelli YOI
pure, benche Iraviati ; ma le vostre dottrine non possiam tollerarle.
Che volete? A noi pare di senlirci ripetere all' orecchio le seguenti
parole del nostro Gesu Cristo istesso ( doveva dire di S. Pietro 1 ) :
Siate solleciti e vigilale, perche 1'avversario nemico voslro va spian-
do intorno intorno all'ovile come leone che rugge per fame a fine di
penetrarvi e fare macello ». Ma poi per un certo rimorso di coscien-
za finisce con dire: « Guardate pertanto se ci sarebbe possibile di dis-
simulare e starcene indifferenti. Ne da voi cerchiamo approvazione ,
ma siamo content! che ci perdoniate » 2. Alia stessa guisa, nel capo
in cui ragiona intorno agli spiriti forti ed a'liberi pensatori, essendo-
si valuta del drilto o piuttosto avendo compiuto il dovere di chia-
mare le cose e le persone coi loro nomi ; perche dice, che i miscre-
denli non gia spiriti forti sono da appellarsi , ma spiriti deplorabil-
mente leggeri, menli mal sane e travianti, spiriti enormemenle paz-
zi e deliranti, e che sono uomini malvagi, uomini appestati , uomini
pestiferi , ed i rnostri piu turpi della nalura morale , e che le opere
loro sono eminentemente malvage, ed il loro apostolato e impudente
ed infame; dopo essersi servito di cotali denominazioni, e dopo aver
detto molte cose egregie sopra di questo argomento , alia fine si
pente di aver avuto mal fiele ; e dimanda perdono in questa forma :
« Non ho avuto per iscopo di aspreggiarvi, o miei liberi pensatori e
spirili forti , ne di vilipendere menomamente il voslro ingegno e la •
vostra dottrina ; ma si di farvi un po' di bene provocando la vostra
gelosa attenzione » 3.
Ma se la cosa e cosi , sorge incontanente una grave difficolta in-
torno al senso della epigrafe, colla quale 1'Autore ha messo a luce
quesli amichevoli scritti :
« Gesu Cristo nostro Signore e Maestro
non aspreggiava chei Farisei.
( Verila storica)».
1 1. Epist. V, 8. — 2 Pag. 152. — 3 Pag. 274.
BELLA STAMPA ITALIANA 201
Imperciocche se e vero che 1'aspreggiare e cosa inseparabile dal
parlare con liberla, Gesii Cristo aspreggio non solamente i Farisei ,
ma tutli coloro che riprese liberamente ; per cagione d' esempio
S. Pietro, allorche chiamollo Saianasso 1, e que'due discepoli che si
recavano ad Emmaus, allorche diede loro il nome di stolti 2. E se
non si puo senza mal fiele e senza odio peccaminoso biasimare il
vizio con liber ta e tacciare il vizioso, allora 1' Autore non dovea di-
re che Gesii Cristo aspreggio solo i Farisei, ma piuttoslo che non
aspreggio nessuno. Perche da una parte Egli ne commise ne poteva
commeltere peccato, e dall' altra diede esempio di ogni \irtu, spe-
cialmente di mansuetudine e di modest-la. La quale verita non e so-
lamente storica ma ancora teologica.
E siamo cerli che il ch. scrittore , considerando bene questo che
diciamo , piuttosto si fara scrupolo del contrario ; cioe di affermare
che egli slima i deisli , e gli ama con predilezione , di chiamarli
uornini forniti di elelta inlelligenza , di vasta dottrma , di squisito
inlendimento , di cuore eccellente 3 ; di ammirare in Voltaire e di
lodare I'ingegnostraordinario, lalimpidezza di mente, la grande eru-
dizione e il non comune buon senso 4 ; di vantare la severa e strin-
gente dialeltica , la buona fede e la dignita di carattere di Gian Gia-
como Rousseau 5 ; la testa nitida ed il buon senso squisito di Benia-
mino Franklin 6; la valentia di Herder e di Schlegel 7; la premi-
nenza della scienza di Humbold 8 ; la forza di dialettica e la squisi-
tezza di sentimento di Ugo Foscolo 9; ed il valore deiringegno di
RenaniO. Dappoiche siccome Iddio, che e santita per essenza, ha
similmente in odio 1'empio e l'empiet£ sua 11, cosi qualunque uomo
giuslo , senza diventare peccalore , anzi affine di non diventarlo , e
mestieri che odii con un odio santo cosi le iniquita come gl' iniqui
in quanto iniqui. Ne puo fare altrimenti il ch. Baroni ogni di, quando
nella recitazione attenta e devota dell' ufficio divino, pcrviene a quel-
la parte del Salmo cenlodiciotto , la quale incomincia colle parole
1 S. MATTH. XVI, 23. — 2 S. Luc. XXIV, 25. - 3 Pag. III. - 4 Pag. 43. -
5 Pag. 44. — 6 Pag. 15. — 7 Pag. 20. — 8 Ivi. — 9 Pag. 86. — 10 Pag. 47.
— 11 Similiter autem odio sunt Deo impius et impietas eius. SAP. XIV , 7.
202 RIVISTA
« Iniquos odio habui: el legem tuam dilexi », e lermina con quelle
altre « Proplerea ad omnia mandata tua dirigebar : omnem mam
iniquam odio habui ». Quest' odio santo col quale, come molto bene
espone S. Agostino l, non si odia la natura dei peccatori, per la qua-
le sono uomini, ma la loro iniquita, onde sono nemici della legge di-
vina ; e pero il Salmista non dice iniquos odio habui, et dilexi iustos,
ma iniquos odio habui, et legem tuam dilexi', quest' odio, diciamo,
non e peccalo contrario alia carita vera e sopranriaturale che lo Spiri-
to Santo diffonde ne' cuori umani ; ma senza di esso questa carila si
muta in quell' altra viziosa e pelosa, la quale non serve nulla a con-
servare la pace tra uomini ed uomini , e conferisce molto a pertur-
bare quella che deve sussistere Ira gli uomini e Dio.
Chi verso gl' iniqui non ha questa carita naturale e disordinala ,
ma quella che e soprannaturale e divina, non gli ammira, ma gli
compatisce, non li loda, ma gli ammaestra. E ben vede che la loro
scienza o e vana e fallace, o e delle cose material! anzi che delle
spirituali , o finalmente che quello che essi dicono intorno a cio che
trascende i conflni della materia , ed appartiene o all' ordine deile
nature spirituali o a quella delle leggi morali , tutto si ritrova e con
maggior pienezza esposto, e non mescolato conerrori, si nelleopere
de' Padri della Chiesa , come negl' innumerevoli volumi de' teologi
e degli altri scrittori cattolici. Ma il ch. Autore ingenuamente rac-
conta « come egli dopo avere sludiala nella sua diocesi la scienza
dogmatica, che non era a livello de' tempi , e non giungeva neppure
agli Enciclopedisti, pervenne alia eta di ventiquattro anni senza aver
toccato alcun libro di filosofia religiosa dalla Chiesa vietato. Ed ap-
pena uscito dal seminario chiese all' indulgente Arcivescovo Gais-
ruk la licenza pei libri proibili , ed avutala amplissima, s' ingolfo
nella lettura delle opere de' piu famosi miscredenti della seconda
meta del secoloX VIII, con tale una imprudenza e pertinacia, che fu
grazia speciale di Dio, che non gli riuscisse fatale. Perocche la sua
fede si annebbio, e si turbo e vacillo, urtando non contra lo scoglio
dell1 empieta, ma del deismo, ne per cagione delle procaci bestem-
1 Serm. 24 in psalm. 118.
BELLA STAMPA ITALIANA 203
mie, ma per le voci caute ed insinuanti di quello spiritualismo filoso-
fico, che vesle le forme del sentimento , e talvolta si avvicina e par
quasi si combini e si amalgami all' ascetismo delle anime piu elette
e ferventi 1 » .
Le quali parole abbiamo voluto riferire , perche non solamente
spiegano I' ammirazione, che 1'Autore moslra di avere per gli scrit-
tori eterodossi ; ma ancora perche discoprono la fonte di quel vizio
che corrompe in varie parti il suo libro. E questo vizio appunlo il
falsissimo sistema, il quale fa consislere la religione nel sentimenlo
religioso; edegli, senza avvedersene, lo ha contralto e attinto a quelle
letture perverse; e, cio che e piu, nel tempo medesimo che lo ri-
prova negli autori di quelle opere , lo ha trasfuso nella sua. Pare
proprio alcune volte di ascoltare o uno de' caporioni tedeschi, o uno
degli scimiatici francesi : e di leggere o lacobi, 0 Schleiermacher, o
De Witte, o Gian Giacomo Rousseau , o Beniamino Constant, o Er-
nesto Renan. Per cagion d'esempio allorche afferma « io credo e
amo ; il mio am ore e fede, e la mia fede e amore 2 » ; allorche dice
piu semplicemente che « la fede e un sentimento 3 » ; e che « non e
calcolo ne assioma , ma cosa vincolata e dipendenle dal sentimen-
to 4 » ; e quando ammira « la stoltezza della croceper esser la vera,
la grande poesia della vita morale, la poesia dell'anima , che immen-
samente prevale alia poesia della parola 5 » ; e finalmente ove enco-
mia le donne « perche esse generalmente non ragionano la loro fede,
ma Thanno ferma e radieala nell'anima, per quel naturale islinto o
sentimento religioso, che Iddio pose loro nel cuore, come a compenso
di quanto manca al femminile intelletto 6 ». Ed in generale tanlo
peso egli da a queslo sentirneato, che dice « se mi si chiedesse quale
delle due facolta sia piu nobile la ragione o il sentimento, quale piu
amabile nella umana famiglia, quale piu utile per 1' individuo e pel
sociale consorzio > ionon esiterei a rispondere: e il sentimento 7'».
No, otlimo sig. Baroni , cotesto linguaggio non si ode nelle scuo-
le ove s' insegna la sana filosofia, ne in quelle ove si espone la teo-
1 Pag. 13 e 14. - 2 Pag. 54. - 3 Pag. 110. — 4 Pag. 194. - 8 Pag. 104.
— 6 Pag. 192. — 7 Pag. 90.
201 RIYISTA
logia cattolica ; ovvero allor solamente si fa udire, quando se ne vuol
far udire la rifulazione. Chi rettamenle filosofa , sostiene che non e
criterio di verita il senlimealo, ma si bene la ragione, e che non puo
essere altrimenti, essendo il sentimento una cosa mutabile, e piulto-
sto una sorgenle di errori. II teologo poi s' indegria, allorche ascolla
che la (ede e sentimento, o che dipende dal sentimento, sia che s' in-
tenda con questo nome la sensibilita, che suol essere vie piu squisita
nei fanciulli e nelle donne ; giacche questa e un affare che in gran
parle spetta ai nervi : sia an che che s' intenda quel sen so spiritual e
che supera di lunga mano i sensi corporei , che e naturalmente in
noi insilo da Dio, e che ci fa assaporare in certa maniera il giusto e
1'onesto propostoci dall'intellelto; poiche tal sentimento appartiene
all' ordine ed alia perfezione della nalura, laddove la fede e un orna-
inento del tutto soprannaturale. Yi ha altresi , chi lo nega? un altro
senso piu nobile e piu prezioso, che non e rampollo della nalura, ma e
dono della grazia, col quale non assaggiamo, per cosidire, laonesla
e la retliludme naturale, ma la rivelazione e la legge soprannaturale.
Esso consiste nella sapienza, primo dono dello Spirito Santo, e si ad-
dimanda con questo nome, appunlo perche da all' intelletto un certo
sapore, onde possa gustare tutto cio che ha rivelato Iddio , vederne
la convenienza, e sperimentarne la dolcezza con una soa^ila inespri-
mibile di affetto. Ma ne anche cotesto celestial e sentimenio si ha da
confondere colla fede, perche esso non e in tutti quelli che hanno la
fede, ma solamente in coloro che oltre alia fede hanno ancora la ca-
rita, che e la precipua delle teologali virtu ; sieno fanciulli o vecchi,
sieno uomini o donne, sieno padroni o servi, sieno greci o barbari.
E con esso si tiene in freno e si ordina e si fa servire all' esercizio
delle virtu, che che si trova nella natura, tanto la tenerezza e la sen-
sibilila del cuore, quanlo V asprezza e la ferocia dell' animo.
E per fermo una cosa strana, che mentre il ch. Autore sia in que-
sta opinione, che la fede e la religione di Gesu Cristo consista in un
senlimento ingenito e connalurale , riprenda poi in generate tulli
gl' increduli di quesli nostri giorni , perche dicono « che Gesu Cri-
sto non islilui nessun culto eslerno, ne sacerdozio, ne tempio, ne al-
tare, ne sacrifizio, ne lascio codice nessuno di morale , nessuna re-
BELLA STAMPA ITALIANA 205
gola di vila. Stanteche la religione da lui instituita e una religione
filosofica, unculto in grande, unsentimento di amore, d'uguaglian-
za, di fratellanza ; un bello tutto ideale , un profumo , un etere , un
fluido immensamente elastico ; nulla di sensibile, nulla di positivo,
nulla di quelle piccolezze d' esteriore apparenze che vennero inven-
tate dai preli 1 ». E sirailmente e bene strano , cbe si maravigli in
ispezialta del libro di Renan, vedendo « non solo in alcune frasi iso-
late, ma nell' intera tessitura di esso , campeggiar questa massima
che la sola religione vera e razionale deU'umamta e quella insegna-
ta da Gesu , ma che essa tulta quanta non consiste in altro che nel
sentimento. Che quel Grande non lasclo ai suoi proseliti ne dogmi
formali e delerminali di fede religiosa, ne codice di dottrina, ne pra-
tiche esteriori, ne alcuna lilurgia. Che ne anche i sacri riti del bat-
tesimo e della cena , che sono pure ammessi dai piu audaci prote-
stanti, sono rili, ossia atti esterni, ma meri atti di sentimento, come
quelli che si debbono interpretare in senso mislico e spirituale 2 ».
Queste riprensioni, diciamo, e queste maraviglie sono strane. Per-
che in cio che 1'Autore riprende estupisce, eriposto appunto il vele-
no del falsissimo e perniciosissimo sislema, che vuole stabilire la reli-
gione in un sentimenlo del cuore, piuttosto che in una persuasione
della mente. I vecchi eretici pretendevano che la sacra Scrillura si
dovesse interpretare, non dalla pubblica aulorila della Chiesa, ma col
particolare spirilo delle persone individue ; e battendo questa via
disastrosa ammettevano come verita ogni piu stravagante inlerpre-
tazione ed ogni piu falso commento, affermando che erano convinti a
cosi fare da evidenli ragioni. E poiche non disconoscevano la forza e
II peso della ragione in queste cose che appartengono alia religione,
potevano i cattolici impugnarli facilmente da ogni lato, confutarli ,
dimostrare che si contraddicevano , ed esporli , come si dice , alia
berlina. Cotale gravissimo scorno cuoceva assai ; e pero gli erelici
o piultoslo gli apostati odierni hanno pensato quest' altro ripiego co-
modissimo, di dire cioe che la ragione e la mente non si devorio con-
tare per nulla in falto di religione, ma in luogo loro si hanno da so-
1 Pag. 59. — 2 Pag. 260.
206 RIVISTA
stituire il sentimento e il cuore. Fa dunque un' opera strana, ci si
permetta di ripetere questo termine, ed allo stesso tempo inutile, chi
riprende costoro, jion solo senza prima aver provato cho il loro prin-
ciple e falso, ma, cio che e piu, mostrandosi persuaso che e vero. E
cosi quantunque voi parliate, sig. Baroni, molto bene del culto ester-
no, delle ceremonie, de' tempii , della confessione , della morigera-
tezza de1 costumi , della verita di Gesii Cristo ; pur nondimeno par
che perdiate il tempo dicendo ai deisti , che provasi un gran gusto
ad onorare Iddio esteriormente , a passare alcune ore in una chie-
sa, ad aprire le proprie colpe ad un confessore, ad osservare la ca-
stita, ed a riputare Gesii Cristo qual e descritto nel Vangelo, e con-
servato dalla tradizione. No, possono essi rispondervi, noi sentiamo
piu gusto inchinando col solo animo 1' Ente supremo , ed il nostro
senlimento ci trae piullosto ai teatri che alle chiese, ed alia emanci-
pazione anzi che alia mortificazione della carne. Come poi vi salta
in testa di parlarci di confessione? e di affermare dinanzi a noi il
Cristo Dio e il Cristo slorico? Avete forse dimenticato il vecchio a-
dagio, che non si deve dispulare intorno ai gusli?
Ma vogliamo far notare la contrarieta tra due conseguenze che de-
rivano dal principio vero , e due altre che si traggono dall' opposto
principio falso. Secondo la cattolica dottrina, la fede euna virtu che
appartiene formalmente non alia volonta ma all' intelletto, e pero i
suoi atti, siccome in generate lulti gli altri atti intellellivi che si ver-
sano sopra gli obbietti non evident! e non credibili per loro stessi ,
si debbono risolvere ne' motivi estrinseci ,, che si dicono motivi di
credibilita. In forza de' quali motivi noi catlolici giudichiamo esser
cosa onesta e necessarla il credere alia divina riv-elazione ; e benche
in questo giudizio non si ha la certezza metafisica ma la morale, pur
nondimeno esso rimuove ogni dubbio prudente ed ogni paura di erro-
re. Ancora per cotesti motivi noi difendiamo la nostra fede dai mor-
si de' miscredenti ; dimostriamo che non solamente non vi e alcuna
ragione di non credere, ma che non credendo si va conlro ragione;
e possiamo affermare , cio che comunemente dicono i Padri della
Chiesa, che chi repugna alia verila della rivelazione e uno stupido
ed un pazzo. Inoltre poiche la fede e uu dono del tulto soprannatu-
BELLA STAMPA ITALIANA 207
rale, egli segue che e comparlita gratuitamente, e die non puo 1'uo-
mo colle operazioni natural! positivameute disporsi a riceverla, o in
alcuna maniera meritarla. Laonde fu gia condannato 1* errore del
Semipelagiani , i quali pensavano che ne' conati del naturale libero
arbitrio si conliene una disposizione positiva ed una specie di meri-
to rispello alia fede. Per lo contrario chi erra , stiinando cbe la fede
& un sentimento nalurale , un sentimento del cuore , un sentimento
che ha in parte sue radici nella irritability e ne' nervi del corpo ; non
puo sentire ne pregiare la forza de' raotivi che la rendono credibile
all' intelletto , ne puo capire , come non si puo essa meritare. Ecco
perche il ch. Autore afferma primieramenle « che sicconie un catto-
lico puo provare con solidi e splendidissimi argomenti , che Gesu
Cristo e 1' Uomo-Dio; cosi qualunque incredulo, da Ebione Giudeo,
che visse ai tempi di Pielro Apostolo, sino al sig. Ernesto Renan,
professore pubblico, che scrive ai tempi di Pio IX, puo del pari pro-
durre delle ragioni, che inducano a sospettare, che Gesu Cristo pos-
sa essere stato semplicemente uomo. Che pero entrambi, il cattolico
e T incredulo, nel campo della umana discussione possono tenere al-
ta la fronte , ed enlrambi hanno il diritto di non essere disprezzati
come imbecilli. Che fmalmente 1' incredulo non e vincibile da uma-
no argomento, come quello che sta fieramente agguerrito nel campo
della sua ragione, inespugnabile agli argomenti de'caltolici l ». E
dice inollre esortando il lellore incredulo ad abbracciare la fede: « la
fede ingenera amore, ne puo scompagnarsi da amore, ed e sola una
cosa con amore. Ne a te, mio lettore , puo essere gran fatto difficile
di conseguir questa fede. E vero che dessa e una virtu soprannatu-
rale, un dono, una grazia; ma Iddio non puo rifiutar questa grazia
a chi si sforza di meritarla. E per meritarla basta che tu abbi fidu-
cia nel tuo Dio ; che alia fine e il nostro Dio stesso , e che tu senta
per lui quell' amore che gli e dovuto. Allora otterrai anche la fede
e 1'amore nel Verbo di Dio incarnato , allora giugnerai a credere ed
amare Gesu Crislo 2 ». E dunque manifesto che mentre T Autore in
luogo del principio vero ne pone uno che e falso , poiche invece di
1 Pag. IX e X. — 2 Pag. 120.
208 RIVISTA
affermare che la fede e un dono infuso soprannaturalmente nell' in-
telletto, dice che e un sentimento naturalmente insito nel cuore:
nega per conseguenza, che contro i motivi di credibilita non si puo
opporre alcuna ragione di valore , e sos tiene che gli argomenti dei
caltolici possono venire in bilancio colle obbiezioni degl' increduli ;
nega che la fede e un dono gratuito , e sostiene che e come una
mercede che si merila daU'uomo, e si paga da Dio. Yero e, che nel
luogo mentovato egli afferma, che la fede e una virtu soprannatura-
le, che e un dono, che e una grazia : ma questa confessione nelle pa-
role seguenti viene rivolta e capovolta, per cosi dire, siccome acca-
de delle cose che si specchiano ne' laghi e vi si veggono a rove-
scio. Dappoiche incontanente egli soggiunge, che Iddio non puo rifiu-
tare questa grazia, che 1' uomo sforzandosi la puo meritare, e che si
sforza confidando in Dio colla sola facolla naturale. Dal che se-
gue di necessila, che la fede non e una grazia , non e un dono, non
e una virtu soprannaturale. E questa falsita. apparisce piu mamlesta-
mente, appunto per la vicinanza delle parole precedent! , nelle quali
si contiene la verita; poiche le cose contrarie, allorche sono vicine,
risaltano di vantaggio.
Ma questo dire una cosa .e disdirla , questo affermare e negare
una stessa verita, s' incontra piu di una volta nel libr o del sig. Baro-
ni. E a darne un esempio , oltre al gia detto , basli riferire cio che
egli afferma , quando discorre intorno al peccato originale , ed agli
effetti che ha prodotli. Nel capo intitolalo ragione e rivelazione, affer-
ma « che dal prime creato fu degradata 1'umana natura , che per la
gran colpa di quel primo fu indebolita la ragione in tutta 1' urnana
progenie ; indebolita a segno , che puo 1' uomo solamente conoscere
i dritli e i doveri , che si riferiscono agli altri uomini suoi uguali ,
ma non puo ne vedere ne comprendere ne confronlare, ne giudicare
reltamenle le idee , che appartengono al mondo invisibile, alia sfera
degli spiriti, all'Ente infinito ed eterno. Perocche dal primo islan-
te di quella immensa sventura si addenso Ira la mente dell' uomo e
Dio una nebbia si fitta , che se Iddio stesso non 1'avesse rischiarata
con un raggio di luce suprema , V uomo sarebbe restalo in tanta te-
nebria da non iscorgere piu nulla dell' Ente infinito. E questa luce
BELLA STAMPA ITALIANA 209
suprema altro non e che la Rivelazione l. La quale se oltre al darci
la cognizione di Dio , non ci manifestasse nello stesso tempo la sor-
gente de' mali che opprimono la terra , la quale fu appunlo la colpa
di Adamo ; noi ci troveremmo costrelti a credere all'assurdo , che
esistano due Dei , quello del bene e quello del male in eterno con-
trasto tra loro , e che il deslino della misera umanita sia abbando-
nato alia forluita prevalenza dell' UQO o dell'altro de' due Esseri che
si combaltono perpetuamente » 2. Quante cose in cosi poche paro-
le ! Dapprima afferma, che il peccalo di origine fula colpa del primo
creato doe di Adamo ; e poi nel capo ove parla del peccato origina-
le , ben due volte asserisce « che fu il peccato de' due primi da Dio
creati , il quale trasmesso a coloro che essi procrearono , guasto e
degrado tutta 1' umana progenie » 3. Or la massima parte de' teolo-
logi insegna , che il detto peccato non fu quello di Eva, ma quello
di Adamo , dicendo 1'Apostolo che « per un uomo il peccato entro
in questo moado » 4 : sulle quali .parole S. Tommaso argomentan-
do , afferma , che altrimenti si sarebbe dovuto dire , che entro per
tulti e due, doe per Adamo e per Eva, perche peccarono enlrambi ;
o meglio che entro per Eva , perche essa pecco prima di Adamo 5 :
ne dubita il Suarez di asserire , che quesla sola sentenza e vera 6.
Pur nondimeno ad alcuni sembra avere qualche probabilila Y opi-
nione conlraria di coloro , i quali interpretano nel loro senso le pa-
role dell' Ecclesiastico « dalla donna ebbe principle il peccato , e
per cagione di lei tulti moriamo » 7. Laonde non diciamo, che 1'Au-
tore abbia qui abbandonato la verita , abbracdando 1'errore ; ma sol
facciamo osservare , com' egli facilmente affermi ad un tempo una
sentenza e la sua contraria. Ma tutte le altre cose che egli asserisce
degli effetti di questa colpa ne' luoghi sopraccitati sono erronee ; ed
inlanto la verita a colali error! contraria e da lui stesso affermaia
1 Pag. 32, 33. — 2 Pag. 65. — 3 Pag. 64, 66.
4 Per unum hominempeccalumin hunc mundum intravit. Ad Rom. V, 12.
5 Summa Theol. 1. 2. q. 81, art. 5.
6 De vitiis et peccatis. Disp. IX, sect. 3.
7 Amuliere initium factum est peccati,et per illam omnes morimur.
XXV, 33. Yedi CORNELIO a LAPIDE nel commento di questo luogo.
Serie VI, vol II, fasc. 362 14 5 Aprile 1865
210 RIVISTA
quasi immediatamente appresso ; perocche dice : « II vero gastigo ,
che subi 1' uman genere per questo peccato , consisle neli'essere
stato privato dei doni soprannaturali di cui Dio aveva largheggiato
coll' uomo primo, e per cui era sublimata 1'umana natura; ne in
altro che in cio il gastigo consiste. II principale di questi doni era
la grazia , conservando la quale poteva 1' uomo innalzarsi alia glo-
ria, cioe alia chiara visione dell'essenza divina. L'altro dono che
egli ha perduto , fu la sottomissione dei sensi alia ragione : di che
la corrotla natura e la necessita della morte. Iddio ridusse 1' uomo
dopo la colpa allo stato medesimo in cui senza ingiustizia avrebbe
potulo crearlo. E la Chiesa condanno non solo come opinione ete-
rodossa , ma come errore filosofico la seguente opinione di Baio :
Dio non avrebbe poluto creare originariamente T uomo qual egli
or a nasce » 1.
E questa condanna poteva bastare a fargli comprendere , che
T intelletto umano non fu ridotlo per la colpa di origine a quella im-
becillita ed a quella tenebria, che pur egli afferma. Perche se fosse
vero che T uomo, per cagion di esso peccato, non puo senza rivela-
zione e conseguentemente senza elevazione conoscer nulla di Dio ,
anzi e costrelto ad ammettere il rnoslruoso errore del dualismo ; al-
lora la creazione dell' uomo senza rivelazione e senza elevazione,
cioe la creazione dell' uomo qual nasce al presente , sarebbe ripu-
gnante ; giacche ripugna che Iddio crei 1' uomo in una condizione ,
nella quale non solo trovisi impossibililato a conoscere le verila ne-
cessarie> ma altresi costretlo ad ammettere errori capital!. Oltre di
cio , come mai ha egli poluto dire , che senza niuna conoscenza di
Dio potrebbero gli uomini conoscere i doveri e i dritti , che appar-
tengono agli altri uomini uguali ? Puo forse 1' uomo riconoscersi ob-
bligato , senza punto conoscere il primo imperanle? Or chi mai
terrebbe egli per tale? Non Dio , perche 1'Autore afferma che nol
conoscerebbe ; non alcuno degli uomini , perche , come egli stesso
dice, son tutti eguali. Finalmente ilnegare, che 1'uomo non illu-
minato dalla fede puo conoscere Iddio, e lo stesso che contraddire
1 Pag. 68, e 69.
BELLA STAMPA ITALIANA 211
apertamente all'Apostolo , il quale insegna che dalla considerazione
delle visibili creature si puo naturalmente pervenire alia corioscen-
za del creatore invisible , della sua sempiterna virtu , e della sua
divinita; e pero riprende e chiama inescusabili igentili, i quali
avendo conosciuto Iddio ne gli tributarono onore , ne gli renderono
grazie l.
Ora, chi il crederebbe! il ch. Autore non page di contraddirsi
affermando dopo i menlovati errori le opposte verila , si contraddi-
ce aocora , affermando dopo quegli errori altri errori , i quali vanno
a ferire in un segno diametral men te opposlo a quello , nel quale
feriscono i primi. Dopo aver delto , che la rivelazione e assolutamen-
te necessaria a farci conoscere Tesistenza del peccato originate, e
che senza di questa conoscenza il nostro intelletto e necessitato ad
ammettere il dualismo ; soggiunge subilo che « lutti i popoli del
globo , anche quelli a cui la rivelazione non giunse colla storia mo-
saica, e persino i selvaggi , hanno dovuto ammettere una col pa di
origine , per una idea tradizionale , o per una specie di intuizione,
o direi per islinto, cioe per una deduzione di buon senso » 2. E cosi
con due ragioni, le quali sono contraddittorie 1'una ali'allra, con-
traddice ad una stessa verila , cioe che il domma del peccato di ori-
gine e uii domma soprannaturale. Inoltre asserisce, che I'uomo , a
cui manca la rivelazione e la fede , non conosce nulla di Dio , ed
ignora conseguenlemenle i suoi doveri verso di lui. E pur egli
stesso afferma che « i deisti non solo credono in un Dio di vago
concetto , ma credono in quel Dio stesso in cui sta fissa 1' idea cri-
stiana ; credono negli atlributi di lui che sono razionalmente inclusi
nella vera idea di Dio ; credono certi dogmi che ne sono la logica
conseguenza , e costituiscono la cosi delta teologia nalurale ; e final-
menle credono che I'uomo lo deve adorare, pregare ed amare » 3.
Ne reputa che hanno solamente la conoscenza di cotesli e di tutti gli
altri doveri, nia che sono ancora naturalmente forhiti della virtu di
compierli con tutta perfezione. Laonde si fa ad esorlare un deista
colle parole seguenti: « Comincia dal vivere vita illibata e sincera
1 Ad Rom. I, 20, 21—2 Pag. 65. - 3 Pag. IV e V.
212 RIVISTA
menle virluusa, ne per insegnartela m' e d' uopo di spender parola,
perche la conosci al pad di me. Comincia dunque e continua a viver
bene 1 ». Tutlo questo tratto sente degli error! gia condannati di
Pelagio e de' suoi seguaci. Perocche afferma in sostanza, che chi e
privo della grazia sanlificante, possa osservar di fatti per un tempo
considerabile lutti i precetti della legge naturale, e superare onesta-
mente tulte le tentazioni ancorche gravi : e pero che sieno monde ed
imperale da virtu tutte le azioni di colui, che ha 1' anima immonda
pel peccato abiluale. E poi, a dire il vero, non comprendiamo per-
che TAutore, mentre invitaalla conversione cotesli uomini miscreden-
ti, non adoperi le formole consuete, che si leggono nella sacra Scrit-
tura; come, per cagion d' esempio, « fate penitenza nella cenere e
nel cilizio », ovvero « affliggetevi col digiuno e col pianto », epiutto-
sto si content! di dire « cominciate a vivere una vita illibata ». Forse
che approva quella scoperta onde si vantava Lulero , allorche. scris-
se, che finalmente collo studio di uomini eruditissinQi era giunlo a
sapere, che la voce penitenza non significa odio ovvero dolore della
vita preterita, siccome slimarono gli antichi ; ma che vale piultosto
amore della giustizia e di vita novella ; e conseguentemente non ha
mil la di aspro e di amaro, ma e tulto soavita e dolcezza 2 ?
Non e nostro intendimento fare la rassegna di tutte le altre pro-
posizioni teologiche di questi scritti amichevoli, le quali sarebbe me-
stieri o cancellare o correggere ; e pero sol diremo di alcune appar-
tenenti ai due capi intilolati : La sacra BibUa, e Gesu Crislo Uo-
mo-Dio. Nel primo TAutore chiama la Bibbia fondamento della ri-
\elazione 3, ed organo vero della parola di Dio 4; ed attribuisce ad
essa la conversione del mondo. Cio prova nel modo seguente. Meite
le opere epistolari del filosofo di Egina , doe di PI atone , a fronte
delle leltere dell'Apostolo di Tarso, doe di S. Paolo ; domanda, quan-
ti uomini sono stali convertili da quelle ? Una nazione forse , una
provincia, una cilta, o una borgata? e risponde sempre di no. Indi
1 Pag. XI.
2 In una lettera al Vicario del suo Ordine, scritta 1'anno 1518.
3 Pag. 1. — 4. Pag. 28.
BELLA STAMPA ITALIANA 213
esclama: « Qual differenza tra tutte le lettere di quel filosofo, ed una
sola dell'Apostolo ! Questi scriveva a' Tessalonicesi la prima sua let-
tera, loro parlando del -Dio ignoto, e di una ignota e severa morale,
e non dubitava punto di esser inteso : e non solo fu inteso, ma li
converliva al culto del Dio ignoto ed alle austerila d'una vita affalto
nuova. E lf hanno capito ; e posero in atto i di lui precetti sapienti ed
idioti, ricchi e poveri, donne e fanciulli, dopo pochi mesi di ammae-.
stramento 1 » . Ma, lasciando stare che allribuisce certamente a Pla-
tone quelle lettere che forse non sono di lui, lutto cio che dice di
S. Paolo e de' Tessalonicesi e un tessuto di svarioni. Dapprima la
predica, nella quale S. Paolo parlo del Dio ignoto, non fu falta iu Tes-
salonica, metropoli della Macedonia, ma in Atene, capitale deH'Atli-
ca; e ad essa si convertirono pochissimi. I Tessalonicesi poierano in
quel tempo gia stali ridotti alia fede, per le molte e fen7enli predi-
cazioni che aveva fatte 1'Apostolo nella loro citta, sia nelle sinagoghe
degli ebrei, sia nelle radunanze de' genlili. Dopo di che 1'Apostolo si
condusse in Berea, altra cilia della Macedonia, e predicovvi il Vangelo ;
e di cola navigo per Atene e vi fece , siccome abbiamo detlo , la
predica sopra il Dio ignoto. Slando dunque in Atene , ed avendo
gi^i fatla la delta predica , affine di consolare e di rassodare quelli
di Tessalonica sped! loro Timoteo ; il quale ritornaio in Atene narro
aH'Apostolo la costanza ed il fervore di que' buoni Tessalonicesi ;
ed allora S. Paolo scrisse la sua lettera , la quale non solo e la
prima delle due che mando a quelli di Tessalonica , ma e anche la
prima di tutte le altre che scrisse. Adunque non fu la leltera scritta
che convert! i Tessalonicesi, come afferma 1'Autore; il quale avreb-
be facilmenle evilato questo errore , leggendo la lettera medesima
che cita, ed il capo diciassettesimo degli Alii aposlolici.
E se egli avesse miglior dotlrina teologica , piu vasta conoscenza
degli errori degli eretici e delle refutazioni che ne hanno falte i cal-
tolici , e maggiore perizia della stessa Scrittura ; non asserirebbe
che questa e il fondamento della fede, e 1'organo della parola di-
vina. Noi cattolici,a differenza de'novatori del secolo decimosesto, e
1 Pagr28e29.
BIVISTA
di tulti coloroi qualihanno ereditalo ed ereditano i loro errori, dicia-
mo che ilfondamento della nostrafede,e 1'organo della divina rivela-
zione ela voce viva ed il magistero del corpo de'Vescovi, e sopraltutto
del loro capo, cioe del Pontefice Romano. E non dubitiamo che con
cotesta santa predicazione non si custodisca infallibilmente , e che
in lutte le conlroversie non s' interpret! e non si spieghi autenlica-
mente la parola di Dio , la quale non si contiene tutta nella Bibbia ,
ma anche in parte nella tradizione. II perche, ci sarebbe piaciulo,
vedere spesse volte negli scritti amichevoli del sig. Baroni il nome
di Pio IX , ma specialmente in cotesto capo , ov' egli parla della
Bibbia. Ed intanto, se ben ci ricordiamo, egli lo nomina due sole
volte : la prima affine di determinare 1'epoca uella quale Renan ha
scritlo il suo libro contra Gesu Crislo 1 ; e 1'allra, ove dice che
nel 1848 1' indipendenza s'inizio col nome del venerato Pontefice 2.
Nell'altro capo sopra Gesu Cristo Uomo-Dio, due errori sono
scappati dalla penna del ch. Autore. II primo cola ove scrive « as-
serisco che e assurdo assolutamente il dire , la vita e la morle di
un Dio ; perche 1'idea di vita e di morte e esclusa ed incompalibile
colla idea di Dio 3 ». Primieramente, voi asserile troppo , sig. Ba-
roni, stanteche quella proposizione ha due parti, cioe di altribuire a
Dio la vita, e di altribuirgli la morte. Pertanto sarebbe slato piu sano
consiglio distinguere e dire che essa e assurda non in quanlo attri-
buisce a Dio la vita, ma in quanto gli altribuisce la morte. Ma essa,
signor mio, non si deve dire assurda in nessuna mauiera ; percioc-
che attribuisce la vita e la morte a Dio, sussistenle in Gesu Cristo,
nella divina e nella umana natura. Or una delle regole che danno i
teologi cattolici intorno alia comunicazione degl'idiomi e questa: che
la voce uomo, e tutte le allre che per ragione dell' essenza si attri-
buiscono aH'uomo assolutamente e soslanzialmente, si possono attri-
buire con verita e con propriela a Dio e al Figliuolo di Dio. Citano
a conferma alcuni esempii della sacra Scrittura, siccome son questi :
« Dio s'acquisto la Ghiesa col suo sangue 4, Uccideste 1'Autore della
1 Pag. IX. — 2 Pag. 172. — 3 Pag. 47. — 4 Act. XX, 28.
BELLA STAMP A ITALIANA 215
vita l, Crocifissero il Signore della gloria 2 ». Ed apportano una
facilissima dimostrazione. Poiche, dicono, uno stesso supposto sussi-
stendo in amendue le nature, gli si possono assolutamente atlribuire
tutte quelle cose che gli convengono per ragione di tutte e due le
nature 3. II riprendere questo linguaggio ed il volerne tenere un
altro, siccome avverte S. Tommaso , sa di nestorianismo 4. II se-
condo errore e in quelle parole : « Gesu Cristo dice apertamente ,
che egli ed il Padre , cioe Dio, sono uno solo 5 ». No, sig. Baroni,
non dice cosi ; ma: lo ed il Padre siamo una cosa sola 6, cioe siamo
due persone distinte , ma consustanziali ; tutti e due siamo un Dio
solo. Voi intanto colla vostra citazione o versione infelice , venite a
confondere le persone. Imperciocche quando in nostra lingua dicia-
mo che due sono uno solo, vogliamo far intendere che non sono al-
trimenti due persone o due supposli, ma uno.
Oltre di questi errori mentovati che sono meramente teologici ,
s' incontrano riel libro del sig. Baroni alcune altre proposizioni , in-
torno ad argomenti misti di religione e di politica, di giurisdizione
ecclesiastica e di potere civile , di dritti e di doveri , le quali non
sapremmo dire quanto valore abbiano a converlire i miscredenti e
i deisti. Ma non dubitiamo che esse non debbano apportare dan no o
almeno scandalo ai buoni cattoli6i , come quelle che approvano una
dottrina pestifera , la quale contraddice agli ammaestramenti pur
troppo chiari de'Vescovi e dello stesso Romano Pontefice. Ne altro vo-
gliamo fare che riportare, una dopo Y altra, alcune solamente di cotali
1 Act. Ill, 15.
2 I. ad Cor. 11,8.
3 Cum sit idem suppositum subsistens in utraque natura, de illo absolute
did possunt quae ratione utriusque naturae illi conveniunt. SUAREZ , de In-
carn. Part. I, disp. 35, sect. 4.
4 Nestoriani voces quae dicuntur de Christo, dividere volebant hoc modo,
ut ea quae pertinent ad humanam naturam, non dicerentur de Deo, nee ea
quae pertinent ad divinam naturam, dicerentur de homine. Summa theol
3. p. q. 16, art. 4.
5 Pag. 50.
6 Ego et Pater unum sumus. IOANN. X, 30. . :
216 RIVISTA
proposizioni colle parole stesse dell'Autore, senza occuparci di refu-
tarle; giacche, siccome abbiamo detto, e manifesta la opposizione di
esse agl'insegnamenli de'Vescovi e alle defmizioni della Cattedra apo-
stolica. E siamo certi che 1' ottimo sig. Baroni condannera cosi questo
elenco che soggiungiamo , come tutti gli altri error! che si conten-
gono nel suo libro : perocche lo veggiamo pieno di zelo per la salute
delle anime altrui, e con cio egli dimostra di amare la salute propria
con carita uguale o anche maggiore. L' elenco e questo :
1. La crisi sociale dell' oltantanove fu la battaglia e la vittoria
della ragione, del dritto e della giustizia, contra gli abusi, la prepo-
tenza e la tirannide legale 1.
2. Nessuna rivoluzione fu piu giusla e plausibile da tutti i buoni,
che quella dell' ottantanove 2.
3. I dogmi deir oltantanove sono una legitlima deduzione del Van-
gelo ; . anzi sono gli stessi dogmi del Vangelo , come 1' acqua del
fonte e quella derivata dal fonte. Atluare quelle massime non e altra
cosa che attuare il Vangelo 3.
4. La religione del Vangelo , anzi che la vittima , e il piu solido
fondamento delle massime dell' ottantanove 4.
5. Tutla 1' Italia vuol Roma per sua Capitale politica; ma 1'im-
mensa maggioranza vuole che in Roma col Re d' Italia abbia libera
ed indipendente la sua sede , il Capo supremo del caltolici di tutto
il globo 5.
6. II Governo e obbligato politicamente a tollerare tutti i culti.
E puo ben essere indifferente, o se e cattolico, dissimulare il proprio
dolore se si diffonde il deismo 6.
7. II Governo puo e anche deve acconsenlire la libera ma dignito-
sa discussione filosofica delle cattoliche verita 7.
8. La liberta della stampa, che discule le cosi dette opinioni reli-
giose, e di natural diritto 8.
9. Chiunque vive a spese allrui, senza meritarselo colle opere, e
sia sano e capace di guadagnare, colui senza eccezione e ladro 9.
1 Pag. 219. - 2 Pag. 220. — 3 Pag. 222. — 4 Pag. 223. — 5 Pag. 197
— 6 Pag 152. — 7 Pag. ISO. — 8 Pag. 225. — 9 Pag. 159. "
BELLA STAMPA ITALIANA 217
10. II chiericato oramai non cammina piu alia testa del sociale
progresso 1.
Per cosiffatte proposizioni e per tutto il rimanente che abbiamo di
sopra nolato, siccome bisognevoli di emendazione, ogimno vede che
possiamo opportunamente conchiudere con quella sentenza de'sa-
pienti, la quale dice : che lo zelo senza la scienza sufficiente, in quella
che cerca di giovare, apporta nocumento 2. La quale scienza e sapere
distinguere il vero e il falso, corroborare quello, e questo ribattere;
e da coloro si acquista che svolgono le opere degli uomini ammae-
strati nella scuola della cattolica Chiesa , la qual possiede e difende
la verita, e discopre e com'batte gli errori : le opere cioe dei Padri e
dei Teologi, e soprattutto de' seguaci e degli espositori di S. Tom-
maso. Ed al presente e allresi assolutamente necessario a questo
effetto studiare gli atti, cioe le Lettere encicliche, le Allocuzioni e gli
altri simili document! del noslro Pontefice Pio IX, il quale con luci-
dezza d' ingegno e con apostolica liberta sfolgora dalla Caltedra di
Pietro tutt' i mostri di errori , che si generarono e si propagano da-
gli uomini perversi di quesla nostra eta. E se il sig. Baroni ha at-
tinto il vero a cotali fonti, dimostri la sua scienza con tulta purezza,
e senza parleggiare punto coll' errore : ed allora tutli i suoi scritti
saranno non solamente amichevoli ma allresi profittevoli : cioe ami-
chevoli di fatti, perocche 1' amicizia sincera, siccome insegnano i filo-
sofi morali, e comunione e comunicazione di beni.
1 Pag. 9.
2 Zelum habens absque scientia, dum prodesse festinat, invenitur obesse.
Sentenza attribuita a S. Bernardo.
ARCHEOLOGIA
1. Scoprimenlo del sepolcro di Giosue nella Palestlna — 2. Una iscrizione
di Delfo, che da il novero de' popoli e de' suffragi, competent! a ciascuno
di essi, nel Consiglio degli Anfizioni.
1 . Non sappiamo qual giudizio faranno i dotti di una maravigliosa sco-
perta, che il ch. sig. Guerin, nel quaderno del passato Febbraio della
Revue Arche'ologique, annunzia da se fatta nella Palestina , fra le Rovine
di Tibneh nelle vicinanze dell'antica Gofna, al presente Diifneh. Si trat-
ta nullameno, che del ritrovamento del sepolcro di Giosue, gran capita-
no, cora'e noto, degli Ebrei, e successore di Moise nell'incarico di do-
vere introdurre quel popolo nella Terra promessa. Quanto a noi , ben-
che non facciamo professione di antichita orientali ; e inoltre in tanta
distanza di luoghi non si potrebbe con sicurezza giudicare delle qualita e
de' caratteri proprii de' monumenti ; le pruove pero , che ne adduce 1' il-
lustre scienziato, ci hanno aria di molta verosimiglianza ; e crediamo di
fare cosa gratissiraa ai nostri lettori , arrecandone qui un picciolo sunto.
Le rovine esplorate dal Guerin ingombrano gran parte di quella mon-
tagna , che si leva dirirapetto a Tibneh , da cui prendono il nome ; e in
mezzo ad esse s'incontrano in piu luoghi escavazioni sepolcrali. Una fra
tutte attira principalmente gli sguardi e rammirazione dell'osservatore.
Ha innanzi a se un Yestibolo , da prima bislungo , e che poi riesce in
una specie di cortile quadrate, intagliato, come tutto il monumento, nel-
la roccia. 11 detto Yestibolo e sostenuto da quattro colonne assai sempli-
ci , delle quali le due estreme, in forma di pilastri, sono per meta incor-
porate colla roccia, e le due di mezzo ne sono in tutto rilevate. II fron-
tespizio per la massima parte e mutilato ; ma tutte le pareti si yeggono
ancora per ogni verso forate di 88 piccoli buchi di varie forme, che
chiaramente apparisce essere stati destinati a sostenere altrettante lu-
cernette , o piccole lampane. Si passa quinci , per un' angusta porta ret-
tangolare, nella stanza sepolcrale, nella quale sono disposte simmetrica-
mente i fori pe' loculi. Quello di mezzo fu creduto dapprima destinato
ARCHEOLOGIA 219
al personaggio principal : ma dopo piu esatte osservazioni si rinvenne
al di la della parete, che guarda 1'ingresso, un'altra piccola stanza, la
quale, capace com'e di un solo sepolcro, iiaturalmente dovette servire
al personaggio principale, rimanendo la prima stanza comune sepolcreto
di altri membri di sua famiglia.
Tutte le particolarita di questo monumento, specialmente la circostan-
za di avere nel suo vestibolo un si gran* numero di buchi da collocarvi
le lucernette , fanno conchiudere , che esso appartenne a qualcuno dei
piu illustri personaggi deH'antichitao Difatti dice il Guerin , che di nic-
chie per collocarvi lucerne spesso se ne incontra nelle necropoli , di cui
e tanta copia nella Palestina. Ma tali nicchie sono sempre pochissime;
quante cioe poteano essere necessarie per dar comodo di rischiarare
quegli aditi tenebrosi , ossia nel deporvi i cadaveri de' defonti , ossia nel
yisitarvi i gia deposti. Laddove Je nicchie de' lumi di questo monumen-
to, si per la loro gran moltitudine, come pel luogo in cui sono incavate,
che non e 1' interno del sepolcro ma il vestibolo, dimostrano chiaramente
che doveano servire per una illuminazione piu splendida , in onore cer-
tamente di qualche defunto assai celebre : tanto piu che un tal esempio,
e unico di questo monumento. Crede dunque il Guerin, che il personag-
gio quivi seppellito, e tanto straordinariamente onorato, sia Giosue,
quegli che introdusse il popolo ebreo nella Terra di Canaan.
In effetto si legge nel libro di Giosue ^ : Cumque complesset sorte di-
mdere terram singulis per tribus suas, dederunt filii Israel possessionem
losue filio Nun in medio sui, iuxta praeceptum Domini, urbem quam
postulavit Tamnath-Saraa in monte Ephr aim, et aedificavit civitatem;
habitavitque in ea. Nel medesimo libro 2 e cosi descritta la morte e la
sepoltura del gran Capitano : Et post haec mortuus est losue filius Nun,
servus Domini, centum et decem annorum ; sepelieruntque eum in finibus
possessions suae in Tamnath-Sare, quae est sita in monte Ephraim, a,
septentrionali parte montis Gaas. Le quali circostanze sono nello stesso
modo attestate dal libro de' Giudici 3. Ma la citta conceduta a Giosue nel
testo ebraico e notata rPDTUpn Timnath-Serah; ed in un'altra versio-
ne e scritta D'nrjTUqn Timnath-Heres. Presso i Settanta la medesima
citta altre volte e chiamata ©apowapatx , ed altre volte 0a{*va<rax«p. Cosi
parimente il monte, che tanto nel testo ebraico, quanto nella Vulgata e
detto Gaas, nella versione de' Settanta e appellate Galaad. Nel libro pero
dei Giudici, al luogo citato, e perfetta conformita della versione de' Set-
tanta col testo ebraico e colla Yulgata, essendo in essa designata non pid
\ Cap. XIX, VY. 49, 50.
2 Cap. XXIV, w. 29, 50.
3 Cap. II, v. 9.
ARCHEOLOGIA
col nome di ©aavacapay., o 0aavaar/ao la citta di Giosue, ma con quello di
0a4u.va6a5s; ; 6 11 monte DOH 6 piu mominatO raXaa£, ma Faa's.
Dalle quali diversita, col paragone del testo ebraico, risulta chiara-
mente che il nome della citta , per divino precetto destinata a Giosue, e
propriamente quello di Timnath, a cui fu aggiunto 1'epiteto di Serah o di
Heres secondo il testo ebraico, di Sarach o di Sachar presso i Settanta,
per distinguerla da altre citta cfella Palestina, che avevano il medesimo
nome. E quanto a questa aggiunzione non dee fare meraviglia la diver-
sa lezione del testo ebraico, di Serah ed Heres, tradotto da' Settanta or
Sachar, or Sarach : perocche le letlere ebraiche sono le stesse nell' una
e nell'altra parola ; solo 1'ordine e inverso , PHD Serah : D^H Heres. I
Giudei (avverte il sig. Smith nelle sua edizione del Dizionario della Bib-
hia) ritengono come vera la lezione D1p» a cui danno il significato di
sole; ravvisandovi un' allusione al prodigio piu meraviglioso operate da
Giosue, che fu quello di arrestare il corso del sole. Altri , forse con mi-
nor fondamento di verita, difendono 1'altra lezione.
Checche sia del nome aggiunto, il sig. Giieriu non crede punto ingan-
narsi, affermando che la Thimnath della montagna di Efraim, che fu do-
nata a Giosue, e in cui fu seppellito, come racconta la Bibbia, sia la Kir-
beth-Tibneh, nelle cui vicinanze si scorge il sepolcro teste descritto. Di
fatto, salvo una leggiera variazione, i due nomi si rassomigliano, o pint-
tosto s'identificano. Ma cio che piu monta, la circoscrizione, che offre la
Bibbia, della citta di Giosue, si conviene a maraviglja colla postura di Kir-
bet-Tibneh, situata precisamente nel bel mezzo della montagna di Efraim,
e dominata al sud da una collina , che corona il piccolo villaggio di
Deir-ed-Dham , ed offre nel suo lato settentrionale quel numero di esca-
vazioni sepolcrali, di cui sopra si e parlato. Non puo dunque cader dub-
bio, che questo colle non sia il Gaas o Galaad de' Libri santi, e per con-
seguenza che tra i sepolcri in esso scavati si debba ritrovare quello di
Giosue. Ora di tutti i sepolcri piu magnifico senza dubbio e il descritto
pocanzi, ed inoltre offre eyidentissimi segni di un singolarissimo onore,
in che fu presso gli antichi. E da conchiudere adunque, che esso e il se-
polcro del sommo Capitano , che introdusse il popolo eletto nella Terra
promessa.
La quale conseguenza e confermata da due passi dell' Onomastico di
Eusebio, e piu ancora da una testimonianza di S. Girolamo.
Eusebio alia parola 0apa6aaPi, soggiugne: « Citta di Giosue figliuolo
di Nave, situata in sul monte. Questa e Tamna posta nell' alto della mon-
tagna ; ed anche adesso vi si mostra il monumento di Giosue , ed appar-
tiene alia tribu di Dan 1 ». Ed alia parola r*a? dice : « Gaas, monte di
1 ©aijt-vaOcapa, TTO'XI; IY)«JOU TOU Nauvi sv TW opst xst|/.£vv] * aurn earl 0au.va TQ xat
, sv ip et? hi vuv S"£t>cvuTat TO TOU Ir.aou p.vru.a, ^uXyj? Aav.
ARCHEOLOGIA 221
Efraira, nel cui lato settentrionale sepellirono Giosue. Vi si mostra anche
a' nostri giorni il suo monumento, d'accanto al villaggio di Tarana l ».
S. Girolarao poi, nella sua necrologia di santa Paola, attesta che que-
sta illustre matrona si reco sulla montagna di Efraim a venerarvi le tom-
be di Giosue e di Eleazaro, collocate 1'una dirimpetto all'altra. « Yenero
ancora, egli dice, le tombe di Giosue, figliuolo di Nave, e di Eleazaro,
figliuolo del sacerdote Aronne, situate 1'una di fronte all'altra; essendo
il primo di essi seppellito in Tamnat-Sare dalla parte settentrionale del
monte Gaas, e 1'altro in Gabaa , citta del suo figlio Finees ; e molto ma-
ravigliava , che il distributor di tante terre avesse scelto per se luoghi
cosi aspri e montuosi 2 ».
Le quali indicazioni del santo Dottore aggiungono la piena evidenza
alia cosa. Imperocche la citta di Gabaa , in cui santa Paola si condusse
a venerare le reliquie di Eleazaro, si ritrova a piccola distanza da Kir-
beth-Tibneh (al presente Djiba), situato sopra una montagna assai vici-
na e nel prospetto di Deir-ed-Dham, Sicche ponendo in Kirbeth-Tibneb
il sepolcro di Giosue, la espressione di S. Girolamo e regione venerata
est e propria e naturale : per contrario sarebbe falsa , se si volesse coi
rabbini collocare Thimnat-Serah, o Heres, e per conseguenza il sepolcro
di Giosue, nel piccolo villaggio di Kefer-Heres a due ore incirca di di-
stanza , al sud-ovest di Sichem. Alia quale supposizione, cbe non puo
esser fondata, salvoche sulla fortuita somiglianza del nome Hares , noa
che la testimonianza di S. Girolamo, contraddice ancor quella di Eu-
sebio. Perocche abbiamo inteso da lui, che la citta di Tamnathsara
apparteneva alia tribu di Dan: e nondimeno e pur certo, che la tribu
di Dan non comprendeva il territorio, in cui e posto il villaggio di
Refer- Hares.
Pertanto se si concede, com' e necessario, che Kirbet-Tibneh sia un
avanzo dell'antico Thimna attribuito a Giosue; se si ammette, come non
puo negarsi, che la montagna al sud sia il Gaas della Bibbia, e che quin-
di si dee cercare sul suo lato settentrionale il sepolcro del gran Condot-
tiero, bisogna conchiudere che questo sepolcro e stato ritrovato. II che
viene attestalo dagli stessi indizii di antiehita, che esso offre, essendo
1'escavazione di quel genere, che doveano probabilmente usare i Cana-
nei, prima che gli Ebrei entrassero nel loro paese.
Conchiude il dotto archeologo la sua esposizione colle seguenti sen-
tenze, che ci piace riportare letteralmente tradotte : « Niuna cosa assolu-
1 race;, opo; fccppaiij., 06 sv $op£ioi{ eda^av Iviaouv * ^eixvyrai Si &nri<n)[/.Gv si? sn
vuv OWTOU TO p-vviaa TrXnatov Oaava jc(o|/.n$.
2 Sepulcra quoque in monte Ephraim lesu filii Nave et Eleazari filii Aaron sacer-
dotis e regione venerata est, quorum alter condilus est in Tamnath-Sare a septeniriona •
U parte montis Gaas, alter in Gabaa filii sui Phinees; satisque mirata est quod distri-
butor possessionum sibi montana et aspera delegisset. Epitaph. Paul. §. ^3.
222 ARCHEOLOGIA
tamente si puo opporre, sotto il risguardo dell'architettura, in forza della
quale il suddetto monumento non possa essere riferito alia eta stessa di
Giosue. E benche non vi si legge il norae di questo celebre personag-
gio; che con cio sarebbe tolta ogni quistione; egli mi sembra che le tan-
te nicchiette pe'lumi, incavale nellepareti del yestibolo, debbano valere
quasi altrettanto, che una iscrizione, in favore della opinione che io so-
stengo. Imperciocche un tal fatto da, a mio giudizio, una impronta tutta
particolare a questa tomba ; e pruova, come ho gia detto e come mi pia-
ce di ripetere, la importanza singolare del personaggio, a cui era desti-
nata. Or questo personaggio in una piccola cittadella , come Thimnath-
Serah ( che quantunque capo-luogo di una toparchia non ha nella storia
altro lustro, che quello di essere il suo nome accompagnafo col nome di
Giosue) , puo essere altro da colui, che ebbe 1'onore, negato da Dio allo
stesso Moise, d' introdurre gli Ebrei nella terra di Canaan , e di fondare
la loro dominazione in quel paese ? »»•
2. Tra i molti monumenti della Grecia, che il sig. Carlo Wescher si
studia continuamente di rivendicare alia pubblica luce, ci e sembrato di
massima rilevanza quello che ha scoperto in Delfo, son pochi anni, e che
ultimamente ha pubblicato nel Bullettino dell' Istituto di Corrispondenza
archeologica. Esso e una lunga iscrizione, incisa nella parte inferiore di
quel marmo, che e conosciuto nel Corpus Inscriptionum graecarum, col
titolo di Monumento bilingue di Delfo1. II Dodwell, che si coudusse
sin dal principio del presente secolo a studiare il marmo per emendare
le scorrezioni , incorse nella prima pubblicazione, aveva gia osservato
che di sotto a quella scrittura, che era jn due colonne, 1'una in greco,
Taltra in latino, ne correva un'altra pur di due colonne, ma in soli ca-
ratteri greci, piu piccoli, e assai difficili a leggere. Tuttavia, contento
di averlo notato, non si euro di altro che delle correzioni della prima.
II sig. Wescher e riuscito a leggere cio che rimane discernibile di que-
sta seconda iscrizione, superando le gravissime difficolta , tanto della
lettura in se stessa, quanto del luogo, non accessibile alia luce del
giorno. Essa originariamente costava di sessantasei linee. Cio che ne
avanza , offre, dice il dotto archeologo, assai preziose notizie. II piu e
che scioglie una quistione riguardante il consiglio degli Anfizioni , assai
agitata fra gli eruditi , ne mai potuta risolvere ; quali cioe fossero i po-
poli, che componevano questo consiglio, e quanti i voti di ciascuno.
II monumento, che il Wescher ha decifrato, porge la risoluzione di
una tal controversia , perche tra le altre cose contiene la lista de' popoli
che mandavano lor deputati in Delfo , e i voti che competevano a cia-
scuno. II Wescher, riserbando ad altro tempo la pubblicazione intera di
tutta la sua interpretazione, per ora da fuori solamente quelle parti , che
\ Corp. Ins. grace, n. \T{\.
ARCHEOLOGIA
si riferiscono al proposto argomento. Noi, non avendo spazio sufficiente,
ci contentiamo di riprodurre 1' elenco , che egli ne estrae , de' popoli e
de' suffragi. Esso e il seguente :
Buo
860
'AOrjvauiW
due suffragi
un suffragio solo
060
un suffragio solo
Il£ppa$(x>v .......
^° I due suffragi
ouo ^
V& m suffragio solo
Aoxpojv Eaiu£pttov ..... 4^390? {Jua i
La somma totale offre diciassette popoli e ventiquatro voti. Ma se noi
interroghiamo le antiche memorie , due cose ci sono attestate, come cer-
te; Tuna e, che il nuraero de' popoli, che da principio aveano diritto al-
1'assemblea degli Anfizioni, era di dodici ; 1'altra, che a ciascuno di quei
popoli erano attribuiti due yoti. Nell'elenco, ricavato dalla iscrizione di
Delfo, si troyaoo sette popoli che disponevano di due voti. Essi sono i
Delfi , i Tessali , i Focesi , i Beoti , gli Achei Ftii , i Magnesii , gli Enia-
ni. Questi dunque formavano quattordici voti. Dieci altri popoli ave-
vano il diritto di un solo voto; ed erano : i Dori della metropoli, gli Ate-
niesi, i Maliesi, i Dolopi, i Locresi Ipocnimidii, i Dori delpeloponneso,
gli Eubei, gli Etei, i Perrebi, i Locresi esperii.
E dunque verificata la condizione de' ventiquattro voti. L'altra condi-
zione che i popoli fossero dodici in tutto, con due voti ciascuno, sara ve-
rificata, se puo provarsi , che gli ultimi dieci erano considerati ciasche-
duno come una meta di un popolo, in guisa che due insieme ce formas-
sero uno. La qual cosa si puo facilmente dimostrare.
E quanto ai Dori non occorre nessuna difficolta. I Dori del Parnasso
e quelli del Peloponneso, con alia testa i Lacedemoni, appariscono pres-
so gli antichi autori come parti di un medesimo tutto, aventi i medesimi
diritti civili. Che pero disse 1'oratore Eschine, che chi veniva da Dorio
e da Citinio, e chi da Lacedemone, aveva lo stesso diritto : ^v fama, IK
224 ARCHEOLOGIA
Awpt'ou xxl KuTwwu ?oov Aaxe£<movioi? 1. Si sa che Dorio e Citinio erano due
piccoli yillaggi , locati alle falde del Parnasso.
Gli Ateniesi poi e gli Eubei si trovano anch' essi riuniti sotto il co-
mune vocabolo di Gioni, in tutti gli elenchi tramandatici dagli antichi.
Al che allude probabilmente lo stesso Eschine, dicendo che il lonio di
Eritrea o di Priene aveva lo stesso diritto che gli Ateniesi : waxw I*. TWV
Iwvwv TOV 'Eps-pisa, x IIptYivs'a ( tdov S'uvaasvcv J TO!; 'A6atvaict;. Lo StCSSO C dft
dire delle due divisioni de' Locresi , come yiene atlestato apertamente
da Pausania 2.
Argomentando dall'analogia , si puo con ogni ragione inferire che le
altre quattro popolazioni erano considerate come due; ridotti probabil-
mente i Maliesi cogli Etei, ed i Perrebi co'Dolopi. Sicche tulta 1' assem-
blea degli Anfizioni doyeva essere costituita.in dodici popoli nella se-
guente maniera :
1. AsAcpoi 7.
2. OsaaaXoi 8- MaXisT? — Oiiatoi
3- ^>uxet? 9-
r * ^ \ 01 I/, IleXoTCOVvfcu ^ A
4. Awpiei? < , 10 .
• r
v
5'
Questa enumerazione , dedotta da un monumento di tanta autorita,
non solo non e in contrasto colle tre liste, ciascheduna incompiuta, rica-
yate da Eschine, da Pausania e da Libanio ; ma in parte ne yiene con-
fermata, e in parte manifesta qualche sbaglio in quelle incorso per er-
rore de'copisti, o ne concilia le differenze.
Per rispetto alia eta del monumento, 1'autore lo giudica posteriore alia
dominazione degli Etoli, e anteriore a quella di Augusto: posteriore
agli Etoli ; perche questi , che nelle iscrizioni anfizioniche figurano sem-
pre nel luogo di onore, qui non sono nominali : anteriore alia domina-
zione di Augusto ; perche sappiamo da Pausania, che Augusto modified
il Consiglio degli Anfizioni, introducendoyi la citta di Nicopoli, che
nella iscrizione non yiene mentovata. La forma de' caratteri si conyiene
con questa conclusione.
\ STEPH. biz. ad voc. Awptov.
2 PAUSAN. X, 8, 5
CRONACA
CONTEMP ORANEA
Roma 8 Aprile 1865.
I.
ALLOCUZIONE
DEL SANT1SSIMO SIGNOR NOSTRO
PIO PER DIYINA PROYVIDENZA PAPA IX.
TENUTA NEL CONCISTORO SEGRETO
DEL 27 MARZO 1865.
VENERABILI FRATELLI
La cura ela sollecitudine di tutte le Chiese a Noi impqsta da Dio, Ve-
nerabili Fratelli, richiede che in questo giorno vi comunichiamo tal cosa
ehe riguarda la Chiesa orientate. I! venerabile Fratello C'emente Bahus,
Patriarca A.ntioeheno dei Greco-Melchiti, dopo di aver sostenuto parecchi
anni egregiamente il suo ministero, Ci chiese con istanti preci di consen-
tirgli che abdicasse il Patriarca to. Noi , tenendo present! le doti esimie,
ond'egli e adorno, e desiderando percio che durasse ancora nella dignita
e nel ministero del Patriarcato, ritardammo per molto tempo codesta ab-
dicazione, e lui esortammo a continuare nel reggimento e neiramministra-
zione di quella Chiesa patriarcale. Egli pero, tenace del proposito, e sen-
tendo umilmente di se e desiderando ardentemente di tornare all'antica
sua yita monastica e ritirata, ed'intendere piu liberamente ai diyini uffi-
cii: tanto presso di Noi insto quanto seppe e potette, ne si rimase d'insistere
finche non ci determinammo final rnente ad annuire ai suoi yoti. Per il
che incaricammo il venerabile Fratello Giuseppe Valerga , Patriarca La-
tino Gerosolimitano e Pro-Delegato Apostolico della Siria, perche in no-
me e per autorita Nostra e di questa Sede Apostolica, accogliesse, accet-
tasse e ratiticasse la rinunzia del mentovato yenerabile Fratello Clemente,
e lo sciogliesse pienamente dal vincolo che lo teneva legato alia ricor-
data Chiesa Antiochena patriarcale dei Greco-Melchiti. Quindi i Vesco-
vi di quella nazione, convocati dallo stesso venerabile Fratello Clemen-
te, dopo la sua abdicazione fatta in quel consesso e da Noi ammessa per
mezzo dello stesso venerabile Fratello Patriarca Gerosolimitano, conven-
nero alia elezione del nuovo Patriarca di quella Chiesa. Adunque dati i
Serie VI, vol. II, fasc. 362. 15 8 Aprile 1865.
226 CRONACA
suifragi opinarono di fregiare di cosi insigne dignita i) venerabile Fratel-
lo Gregorio Jussef, Yescovp di Tolemaide. La quale elezipne torno gran-
deinente gradita ai Vescovi, ai Monaci, ai maggiorenti di quella nazione
ed a tutto il popolo ; perciocche erano gia note alia nazione de' Greco-
Melchiti le virtu egregie, onde 1'eletto Patriarca primeggia. Poscia lo
stessq venerabile Fratello Gregorio Jussef, annuaziandoaNoi con rispet-
tosissime lettere la sua elezione, dichiaro con apertissime parole di non
hramar altro piii ardentemente, quanto 1'essere fcrmamente unito con fe-
delta somma, rispetto ed ubbidienza a Noi ed a questa Cattedra di Pie-
tro, e caldamente ci supplico di confermarlo, coll'Apostolica 'Nostra Au-
torita, Patriarca Antiocheno de' Greco-Melchiti, e di volerlo decorare del-
1'onore del sacro pallio. Fatta accurata disamina e discussione sulle cose
tutte da Noi e dalla Congregazioae de' YY, FF. NN. Cardinali di S. R. C.
della Propagazione della fede, i quali preseggonp agli affari delle Chiese
prientali, giusta il parere della stessa Congregazione giudichiarao di con-
fennare questa elezione, ov\ero postulazione, con tanto waggior com-
piacimento, in quanto sappiamo che il venerabile Fratello Gregorio Jussef
e adorno di singolare religione, di pieta, di prudenza e di altre preclare
doti. Laonde nutriamo speranza che egli adempia con somma cura e con
industria e con zelo le parti tutte del vastissimo non meno che gravo-
sissimo uffizio, e che costantemente faccia di procurare la maggior glo-
ria di Dio e la salute delie anime. Che percio slimiamo di prosciogliere
3o stesso venerabile Fratello Gregorio Jussef dal vincolo che lo astringe
alia Chiesa episcopale di Tolemaide, e di confermarlo Patriarca Antioche-
no della nazione Greco-Melchita e decorarlo dell'onpre del sacro pallio,
non che arricchirlo di tutti i privilegi onde eran soiiti adornarsi da que-
sta Apostolica Sede i predecessori di lui. Per tal modp faremp cosa a lui
sommamente gradita e grandemente accetta all' inclita nazione Greco-
Melchita, cui quesl'Apostolica Sede ha sempre circondata e circonda
raeritamente della sua benevolenza. Quid vobis videtur?
Coll'autorita dell'onnipotente Iddip, de' SS. Apostoli Pietro e Paolo, e
colla Nostra, confermiamo ed approviamo 1'elezione, ovvero postulazione
fatta dai venerabili Fratelli Yesco^i della nazione de' Greco-Melchiti in-
torno alia persona del predetto Yescovo Gregorio Jussef, che sciogliamo
del vincolo ond'era legato alia Chiesa di Tolemaide, e lo trasferiamp alia
menzionata palriarcale Chiesa Antiochena de' Greco-Melchiti , destinan-
dolo Patriarca e Pastore della stessa nazione , siccome trovasi espresso
Del decreto e nella schedola concistoriale. In nomine Patris i et Filii f
et Spiritus f Sancti. Amen.
Ora poi, giusta il costume di antica istituzione, parlando della acerba
morte deirillustre re di Baviera Massimiliano Secondo, Yi manifesliamo,
Yenerabili Fratelli , aver noi provato il massimo dolore, non appena ap-
prendemmo ch'egli era trapassato di questa vita. Imperpcche perdemmo
in Lui un Principe, il quale, carissimo a'suoi popoli,echiaro per lo splen-
dore della pieta , della prudenza e delle altre virtu , nudriva un attacca-
mento ed un rispetto profondissimo per Noi e per questa Sede Apostolica.
E sebbene la rnorte piissima da Lui fatta ci faccia sperare, che egli gia
fruisca dell'eterna beatitudine, tuttavia eccitiamo la Yostra esimia reli-
gione a suffragare presso Dio con preghiere Tanima sua. Noi certamente
non omettemmo di cio fare in private e lo faremo eziandio con pubbliche
CONTEMPORANEA
esequie nella Nostra pontificia Cappella , il giorno sei del prossimo mese
di Aprile.
Ora poi, quantuaque ci abbiano arrecata acerbissima afflizione le tri-
stissime cose ayyenute di recente nell'Impero messicano. fuori d'ogni
opinione ed espettazione Nostra, e degli attestati di filiale osservanza ,
pliertici in varii tempi dal carissimo in Gristo iiglio Nostro Massimiliano
imperatore del Messico, pure npn reputiamo punto di tener oggi discorso
su quelle cose medesime. Conciossiache Ci conforta una speranza, che lo
stesso Imperatore, memore del proprio doyere e del proprio bene, e se-
riamente rifleltendo, che la religione cattolica e la sua salutare dpltrina
gioya in massimo grado alia felicita e alia consistenza degli Imperii, non
che alia floridezza eziandio temporale ed alia tranquillita dei popoli, yo-
gi ia ritrarre il piede dal sentiero, pel quale miseramente siemessp, e
secondare le nostre giustissime brame e domande, e dar soddisfazione
ai yoti e ai richiami di quella cattoSica nazione e riparare nel suo Impero
ai gravissimi disastri della Chiesa, e difendere i suoi venerandi diritti,
la sua liberta , i sacri Pastori , i Ministri e le sue Istituzioni , e conser-
vare precipuamente cpi Yescovi una singolare concordia , conforme ri-
chiede al tutto la religione e la giustizia, e indubitatamente si con^iene
ad un Principe cattolico.
Ma in nessun modo possiamo trattenerci dal tributare, anche in questa
occasione, nel Vostro amplissimo Consesso, meritale e somme lodi ai ye-
nerabili Fratelli i sacri Pastori dell' Orbe cattolico, i quali, fra tanta con-
giura contro la nostra divina religione, e fra tanta depravazione di molti
uoraini , ci danno ogni giorno Yiemmaggiormente splendidi motivi di
refrigerip, di gaudio e di consolazione, in mezzo alle gravissime acerbita,
da cui siamo afflitti. E infatti i medesimi venerabili Fratelli , dal fondo
dell'animo, con un anaore ed un ossequio certamente ammirabili, congiun-
ti a Noi e a questa Cattedra di Pietrp, madre e maestra di tutte le Chiese,
ne spaventati da yerun pericolo o disgrazia, e postergando ogni umano
rispetto , e interamente sprezzando gi' ingiusti decreti emessi dall'airto-
rita civile contro la Chiesa , sommamente si gloriano di difendere con
animo invitto la yerita e 1'unita cattolica, e la suprema potesta, autorita,
liberta ed i diritti Nostri, della Chiesa e di questa Apostolica Sede, e di
rivendicarli ora colla voce, ora cogli scritti ; e al tempo istesso, con Let-
tere anche recentissime, dirette tanto a Noi quanto ai fedeli commessi alia
loro tutela, gioiscono di ripudiare e condannare apertamente e pubblica-
mente quelle cose che Noi condanniamp , ne tralasciano di resistere con
sacerdotale fortezza ai aefandi consigli ed attentati di uomini nemici, e
imbevere di sana dottrina e guidare sul cammino della salute i fedeli a
loro affidati.
Del quale omaggio di giustissime lodi sono principalmente degnissimi
i yenerabili Fratelli sacri Pastori d' Italia. Dapppiche essi, cpiantunque
sottoposti a piu gravi ingiurie e persecuzioni dagli avversarii, e tormen-
tali per tutte le guise, pure, adempiendo strenuamente il loro ministero,
non mai cessaronp , ne cessano con singolare uniformita di animp , dal-
1'aizare la yoce episcopale, e fprtemente richiamarsi e protestarsi contro
ognuna delle riproveyoli ed ingiustissime ieggi, emanate dal Governo
subalpino ai danni deila Chiesa, de' suoi sacri Istituti, Ministri e diritti,
e contro i quasi innumereyoli e al tutto sacrileghi attenlati dal medesi-
228 CRONACA
mo Governo consummati. E gli stessi Vescovi d' Italia, con una virtu e
costanza al certo mirabili , pugnando valorosamente per Cristo e la sua
Chiesa, e solleciti della salute del proprio gregge, non temono di soffrire
eziandio 1'esiglio , il carcere e qualsiasi altra asprezza, seguaci delle ve-
stigia illustri degli Apostoli che tornavano giubilanti dal cospetto del
Concilio, poiche furono trovati degni di patir contumelia pel nome di
Gesu *. Per la qual cosa, mentre ci rammarichiamp di cuore per le gra-
vissime angoscie dei medesimi venerabili Fratelli, e facciamo Nostri.
proprii i loro patimenti e le Noslre lagrirae confondiamo colle lagrime
loro, rendiamo umilissime grazie al Padre delle misericprdie e Dio di
pgni consolazione, vedendp, per singolare aiuto della divina sua grazia,
i Vescovi cattolici devotissirai a Noi e a questa Santa Sede , rinvigorire
gagliardamente nello spirito della Fede, e virilmente combattere per la
difesa della santa sua Chiesa.
Ypi frattanto, Venerabili Fratelli, in tanta malvagita di tempi, in tanto
detriraento delle anime, continuate nella yostra egregia religione, appr-
gere senza intermissione insierae con Noi, fervidissime preghiere a Dio,
affinche questa Sede Apostplica vessata da tante ingiurie, la Chiesa lace-
rata da tante ferite, e la cristiana e civile repubblica afflitta da tante ca-
lamita, colla sua onnipotente virtu aiuti e consoli ; e affinche spargendo
benignamente sopra di tutti le ricchezze della sua grazia divina e della
sua misericordia. faccia che tutti i popoli , le genti e le nazioni conosca-
np, amino, temano e lodino LuleQuegli, che esso mando, Unigenitp
Figlip suo Signor Nostro Gesu Cristo, e adempiendo diligentemente tutti
i suoi precetti, camniinino per quella via che conduce alia vita.
II.
COSE ITALIANE.
STATI PONTIFICII 1. Concistoro segreto; nomine di Vescovi — 2. Nuove men-
zogne del Memorial diplomatique — 3. Nota dell'Emp Segretario di Stato
al Ministro Plenipotenziario dell' Imperatore del Messico in Roma.
1. La mattina del lunedi 27 Marzo, la Santita di Nostro Signore Papa
Pio IX, nel palazzo apostolico Vaticano ha tenuto il Concistoro segreto;
nel quale,dopo la soprarriferita Allocuzione, ha proposto le seguenti Chiese.
Chiesa metropolitana di Alby in Francia , per monsignor Gianpaolo
Francesco Felice Maria Lypnnet, promosso dalla Sede di Valence.
Chiesa cattedrale di Ormeto negli Stati pontificii, per monsignor Ma-
rino Marini, trasferito dalla chiesa arciyescoyile di Palmira in partibus.
Chiesa cattedrale di Ferentino negli Stati pontificii, per monsignor
Gesualdo Vitali, trasferito dalla chiesa vescovile diAgatopoUwpar/i'to,
e dal suffraganeato di Ostia e Velletri.
Chiesa cattedrale di Jaen nella Spagna, per monsignor Antonino Mone-
scillo, trasferiio dalla Sede di Calahorra e Calzada.
Chiesa cattedrale di S. Ippolito in Austria, per monsignor Giuseppe
Fessler, trasferito dalla chiesa vescovile di Nissa in partibus.
\ Act. Apost. Cap. V, v. 4\.
CONTEMPORANEA 229
Chiesa cattedrale di Transilvania in Austria, pel R. D. Michele Foga-
rasy, sacerdole diocesano di Transilvania.
Chiesa cattedrale di Chalons in Francia, pel R. D. Guglielmo Renato
Meignan, sacerdote diocesano di Laval, vicario generale in Parigi.
Chiesa cattedrale di Valence in Francia, pel R. D. Francesco Niccola
Gueullette, sacerdote di Moulins, e canonico-parroco in quella Cattedrale.
Chiesa cattedrale di Perpignan in Francia, pel R. D. Stefano Emilio
Ramadie, sacerdote di Montpellier, parroco in S. Giacomo di Rerziers.
Chiesa cattedrale di Twj nella Spagna, pel R. D. Raimondo Garcia y
Anton, sacerdote diocesano di Orihuela.
Chiesa cattedrale di Nuova Segovia nelle hole Filippine, pel R. P.
Fr. Giovanni Giuseppe Aragones, sacerdote di Madrid.
Chiesa cattedrale di S. Cristoforo di Avana nell' isola di Cuba, pel
R. P. Fr. Giacinto Maria Martinez, sacerdote diocesano di Vittoria.
Chiesa cattedrale di Treveri in Prussia, per monsignor Leopoldo Pell-
dram, sacerdote diocesano di Rreslavia.
Chiesa cattedrale di Gand nel Belyio, pel R. D. Enrico Francesco
Bracq, sacerdote diocesano di Gand, professore di sagra Teologia.
Chiesa cattedrale di Parana nella repubblica di Buenos Aijres, pel R.
D. Giuseppe Gelabert, sacerdote diocesano di Parana.
Chiesa cattedrale di Puno nel Peril, pel R. D. Giovanni Maria Huuer-
ta, sacerdote di Lima, canonico in quella Metropolitana.
Chiesa cattedrale di Guamanga, od Ayacucho nel Peril, pel R. D. Giu-
seppe Francesco Ezechiele Moreyra, sacerdote di Lima.
Chiesa di Huanuco, da Sua Santitd eretta in cattedrale nel Peril, pel
R. P. Emmanuele Teodoro del Valle, sacerdote arcidiocesano di Lima.
Chiesa cattedrale di Cuzsco nel Peru , pel R. D. Giuliano Ochoa , sa-
cerdote diocesuno di Cuzsco , arcidiacono in quella Cattedrale.
Chiesa cattedrale di Arequipa, nel Peru, pel R. P. Fr. Giovanni Ca-
lienes, sacerdote d' Arequipa.
Chiesa cattedrale di Chachapoyas nel Peril, pel R. P. Fr. Francesco
Solano Risco, sacerdote di Lima.
Chiesa vescovile di Paleopoli nelle parti degVinfedeli, pel R. D. Ga-
briele Mariassy, sacerdote diocesano di Scepusio.
Chiesa vescovile di Tespio nelle parti degT infedeli , pel R. D. Pietro
Jgnazio de Renayente , sacerdote arcidiocesano di Lima.
Chiesa vescovile di Caristo nelle parti degF infedeli, pel R. D. Emma-
nuele Francesco Barruttia y Croquer , sacerdote di Guatimala.
Dopo cio il Santo Padre "ha notificate le seguenti elezioni , dall' ultimo
all'odierno Concistoro, effettuate per organo della sagra Congregazione
di Propaganda Fide. Chiesa arcivescovile di Teodosiopoli nelle parti de-
yr infedeli, per monsignor Enrico Amanton, promosso dalla Chiesa di
Arcadiopoii in partibus. Chiesa arcivescovile di Nazianzo nelle parti de-
gV infedeli , pel R. D. Giuseppe Sembratdwicz , sacerdote ruteno , depu-
tato Vescovo greco ordinance in Roma, Chiesa cattedrale di Trebisonda,
di rito armeno, pel R. D. Giovanni Ghiureghian. Chiesa vescovile di Cri-
sopoli nelle parti degV infedeli, pel R. D. Claudio Maria Depommier, sa-
cerdote arcidiocesano di Chambery, alunno del Seminario per le missioni
straniere in Parigi , missionario nelle. Indie, deputato vicario apostolico
di Coimbatour nelle Indie oriental].
JJ30 CRONACA
Finalraenle si e fatta a Sua Beatitudinel'istanza del sagroPallioperla
Chiesa patriarcale d'Antipchia de'Greci-Melchiti, dopo la quale il Procu-
ratore di monsigripr Patriarca , con apposita praziooe, ha reso le debite
grazie alia Santita di Nostro Signore. Quindi e succeduta la postulazio-
ne del sacro Pallio per la Chiesa metropqlitana di Alby.
2. Con senso di profondo disgusto abbiam letto nel Memorial diploma-
tique del 26 Marzq, pag. 203-4, rinnovarsi le iinpudenti asserzioui, con
che nei precedent! suoi numeri avea spacciato, che dal Santo Padre si
fossero fatte promesse tali all' Iraperatore del Messicp, che ne rimaneva-
no giustificati i decreti, ond' egli, a scanso di maggiori mali, avea tutto
da se troncato grindugi,edera proceduto agli atti gravissimi da noi es-
posti, co' documenti ufficiali, nei due precedent nostri quaderni. II Me-
morial, contro le mentite ufliciali del Giornale di Roma , e le autorevo-
lissime raandategli per 1' Osservatore Romano , pretese che erano pura
verita quelle sue favole; e, coll'usato stile de'moderati, in forme melate,
oso ricacciare in yiso al Santo Padre la taccia d'aver proroesso e pqi dis-
detto. Eccole sue parole, con che esprime la fiducia di un componimen-
to rispondente alle supposte promesse del Papa, ed agli accordi prelimi-
nari pattoyiti in Roma : « Noi ne abbiamo guarentigia nelle paterne as-
sicurazioni e nelle benevole promesse ch' egli (il Santo Padre) si degno
di fare all' imperatore Massimiliano, e delle quali, malgrado delle mentite
dei giornali ostili o mal informali, noi affermiamo novamente la perfet-
ta autenticita ». Non credevamo la cortigianeria capace di tanta perfidia !
Chi ha letto, nella soprariferrita Allocuzione del Santo Padre, le parole
da lui pronunziate quanto al Messico, non puo serbare il raenomo dubbio
circa la rea indole, diciamo schietlo, circa 1' impostura contenuta nelle
frottole spacciate dal Memorial.
3. Ma chi ne dubitasse, per soverchia deferenza a qualche personag-
gio clie yi e mescolato, legga e mediti la seguente Nota dell' Em. Card.
Antonelli, pubblicata nel Journal de Bruxelles del 29, nel Bien public de
Gand del 30 Marzo, e neUa Unitd Cattolica del 1.° Aprile, dalla quale noi
la trascriviamo.
Copia di Nota dell' E mo Segretario di Stato al signor D. Ignazio Agui-
lar, ministro plenipotenziario di S. M. I' Imperatore del Messico presso
la S. Sede, in data dei 9 Marzo 1865.
« La lettera che S. M. Massimiliano I, imperatore del Messico, diresse,
in data dei 27 Dicembre p. p., al sig. Escudero, mfnistro di grazia e giu-
stizia , e che nello stesso giorno yenne pubblicata nel periodicp officiale
dell' Impero, mentre produsse ovunque nei cuori caltolici la piu doloro-
sa sorpresa, fu causa di profondo disgusto ed arnarezza all' animo del
Santo Padre. Le comunicazioni poi che giunsero in seguito per parte del-
la Nuoziatura apostolica, non che la Nota che Vostra Eccellenza si com-
piacque dirigere al sqttoscritto Cardinale segretario di Stato, in data de-
gli 8 Febbraio p. p., in nulla ebbero a diminuire le fondate apprensioni,
che in seguito di quell' atto si dovettero concepire pei gravi, pericpli cui
trovasi esposta la Chiesa cattolica nell' Impero messicano. E percio che
lo scrivente Cardinale , in seguito degli ordini ricevuti da Sua Santita ,
si fa un dpvere di richiamare seriamente V attenzipne di V. E. sopra un
successo si deplorabile, nella speranza che le sentite doglianze ed i giu-
sti reclami della Sede apostolica abbiano ad essere favorevolmente accol-
ti presso il trono del noyello Monarca.
CONTEMPORANEA 231
« Innanzi lutto lo scrivenle Cardinale non puo dispensarsi dal fare le sue
osservazioni sopra una doppia assertiva, contenuta nell'esordio della lette-
ra imperiale, la quale, mentre puo dirsi dettata come a baseefondamento
delle misure annunziate in quel docuraento a danno della cattolica Chie-
sa, tende a far ricadere sul Capo augusto della medesima una odiosa ed
ingiusta responsabilita. Con la prima di esse si allude anegoziazioni, che
diconsi direttainente aperte a Roma fra Sua Maesla ed il Sommo Ponte-
fice « alio scopo di adottare un mezzo, che mentre desse soddisfazione al-
« le giuste esigenze del Paese, ristabilisse ad un tempo la pace negli spi-
« riii, e la tranquillita nelle coscienze di tutti gli abitanti dell' Impero ».
Tale assertiva , se si considera in genere , tende ad insinuare Y idea
che in Roma , durante il soggiorno di Sua Maesta , ebbero luogo delle
trattative sulla sistemazione degli affari religiosi del Messico ; se poi si
esamina nel suo contesto ed in rapporto alle misure che in appresso si
passa a dettare, potrebbe far credere, a chi non conosce a fondo le mas-
sime ed i principii della Sede apostolica, che le tratlative cadessero pre-
cisamente sui punti della lettera imperiale: quasi che ritirando il Santo
Padre la sua adesione ai concert! gia presi, T Imperatore sia stato co-
stretto a dettare con la propria autorita cio che ayeva iniziato a Roma
con annuenza ed accordo dello stesso S. Padre. Ora Sua Maesta sara be-
ne in grado di ricordare che, durante la sua breve dimora in questa Do-
minante , niuna trattativa ebbe luogo relativamente agli aflari religiosi
del Messico ; e molto meno riguardo ai punti da Essa indicati nella sua
lettera al ministro Escuderp, e giammai palesati a chicchessia innanzi al-
1'arrivo del Nunzio apostolico. Non e gia che il Santo Padre non avesse
desiderato di trattenere quel Monarca inqualche conferenza, per mettersi
d'accordo sui principali punti della questione ecclesiastica ; ma sia per la
brevita del tempo, che piacque a Sua Maesta di passareinRoma, sia per
altre ragioni , che qui non occorre ricordare , Sua Santita doyette com-
prendere che non era certamente in animo dell' Imperatore di aprire in
quella congiunlura alcuna negoziazione sugli affari religiosi del Messico ;
'e videsi quindi nel caso di doyersi limitare a raccomandare genericarnen-
le alia protezione della Maesta Sua T avvenire della cattolica Religione
nei suoi novelli dominii.
« Non meno infondata si eTaltra assertiva, con la quale 1' Imperatore
dichiara che con estrema sua sorpresa il Nunzio apostolico ha manifesta-
to, che era privo d' istruzioni e che doveva attenderle da Roma. Chi vo-
lesse fermarsi al senso ovyio e naturale di queste parole , senza porre
mente alia prudenza e saviezza della Sede apostolica , dovrebbe neces-
sariamente conchiudere che il Santo Padre invio il suo rappresentante a
Messico , senza alcun incarico , istruzione o facolta sopra i varii articolr
loccanti il riordinamento delle cose religiose ; dal che naturalmente do-
Trebbe inferirsi o la niuna premura della Santa Sede per siffatto riordi-
namento, p una mancanza completa di deferenza verso il novello Sovra-
flo. Una si gratuita supposizione quanto sia aliena dal vero, potra facil-
mente riconoscerlo chiunque per poco consideri quale sia lo scopo dei
Romani Pontefici nell'inviare i loro rappresentanti nei regni cattolici,
quale la sollecitudine della Sede apostolica nel provvedere alia quiete
e tranquillita delle coscienze dei fedelr , quale 1' interesse della Chiesa
nel sostenere i proprii diritti, quali infine i vantaggi che la presenza ed
232 CRONACA
autorita dei Nunzii apostolic! produsse costantemente in ogni epoca ed in
tutti i paesi della cattolicita. Che se poi I'assertiva di mancanza d'istru-
zioni nel Nunzio apostolico di Messico vuolsi riferire ai varii articoli pro-
postigli da Sua Maesta, ed in parte anche riportati nella succitata letle-
ra imperiale, non saprebbesi assolutamente in tal caso spiegare la estre-
nia sorpresa che tale mancanza produsse a Sua Maesta , non tanto per-
che i suddetti articoli non furono mai conosciuti dalla Santa Sede, come
si disse di sopra, quanto principalmente perche Sua Maesta, antecedente-
mente all'arrivo del Nunzio apostolico, dovette conoscere che le istruzio-
ni del niedesimo erano ben different! da quelle, che Essa faceva mostra
di aspettare. V. E. infatti ricorda assai bene il contenulo della Nota che
lo scrivente Cardinale ebbe a dirigerle, in data dei 26 Settembre dello
scorso anno, allo scopo di annunziarle la nomina di Monsignor Meglia al-
1'alto oflicio di Nunzio apostolico pressq 1' Imperatore di Messico. In es-
sa furono esplicitamente indicate le basi della missione del novello rap-
presentante, sia per cio che si riferisce all' esclusiyita della cattolica re-
ligione, sia per cio che riguarda la piena liberta dei Yescovi nell' eserci-
zio del loro pastorale ministero, il ripristinamento degli Ordini religiosi ,
ia tutela del patrimonio della Chiesa e dei diritti ad esso inerenti, sia fi-
nalmente per cio che concerne il ristabilimento della ecclesiastica disci-
plina. Or bene, se questa Nota, che conteneva la esplicita enumerazione
delle basi della missione di Monsig. Meglia (basi diametralmente opposte
a quelle offerte da Sua Maesta), precedette in Messico di oltre un mese
1'arrivo del Nunzio apostolico , S. M. 1' Imperatore ebbe tutto 1' agio di
conoscere quali fossero in sostanza le istruzioni del medesimo ; e quindi
la sorpresa, di cui e menzione nella lettera imperiale, farebbe un singo-
lare contrasto con Y esistenza del surriferito documento.
« In seguito di tali spiegazioni facilmentecomprendera V. E. con quan-
ta ragione il Nunzio apostolico, come nella prima udienza avuta da S. M.
1' Imperatore , cosi nelle altre successive ayiile con S. M. 1' Imperatrice
e col Ministro di grazia e giustizia , dichiarasse costantemente la sua
sorpresa, per la proposta delle basi che yolevansi adottare dal Governo
per un riordinamento degli affari religiosi , e ch' egli stesso dichiaro
fin da principio contrarie alle idee ed alle speranze concepite dalla S. Se-
de. Comprendera ad un tempo V. E. come il prelodato Nunzio apostoli-
co, ben conscio delle intenzioni del S. Padre, non potesse usare un dif-
ferente linguaggio nelle varie conferenze avute in proposito ; sicche nel-
la Nota officiale, diretta al Ministro di grazia e giustizia in data dei 25 Di-
cembre, responsiva ad altra del precedente giorno, pote francamente di-
chiarare, che nell'udienza concessagli il giorno 17 da S. M. 1' Imperatore,
al leggere il progetto presentato da Sua Maesta , ebbe a rispondere con
franchezza che le sue istruzioni erano in tutto conformi a quanto Sua
Santita esprimeya nella sua lettera al Sovrano ; e che le stesse cose egli
ripete e sviluppo nelle conferenze successive con S. M. 1'lmperatrice e lo
stesso Ministro di grazia e giustizia.
« Ne in verita altra poteva essere la condotta , altro il linguaggio del
Rappresentante della Sede apostolica. Incaricato egli espressamente dal
S. Padre di tutelare e proteggere la esclusivita della cattolica Religione in
un paese eminentemente cattolico, come avrebbe egli potuto ammettere
per base di una trattativa la tolleranza di tutti i culti , quando la stessa
CONTEMPORANEA 233
S. Sedenei suoi trattati con Governi di popolazioni raiste non fu mai in gra-
do di riconoscere in principio una siffatta tolleranza, e solo guarenti, ove
esisteva in via di fatto, che cio fosse senza pregiudizio alcuno della cat-
tolica Religione? La nazione messicana poi vanta fra le prime sue glo-
riela esclusivita della cattolica Religione, e la storia di questi ultimi tem-
pi ben ci ricorda qual risultato avessero i ripetuti tentativi dei nemici
della Chiesa, per introdurre nel territorio messicano la liberla dei culti.
Una tale misura, per nulla reclamata dall'attuale condizione di Messico,
che anzi respinta dal voto universale dei popoli , mentre riuscirebbe di
funesto esempio alle altre popolazioni e agli altri Governi dell' America
meridionale, apporterebbe al Messico una serie di calamita, e lungi dal
facilitare il rioi dinamento degli affari religiosi , ad altro non servirebbe
ma ad intievolire viepiu la catlolica fede e ad abbattere per sempre la
ecclesiastica disciplina.
« Passando poi a parlare dei beni della Chiesa, ogni principio di giusti-
zia domanda che il patrimonio ecclesiastico, insieme ai diritti ad esso an-
nessi, sia dal Governo civile rispettato e guarentito. Cio esige la natura
della Chiesa, yera e perfetta societa distinta ed indipendente dal potere
ciyile; cio e ooyuto alia liberta ed indipendenza dei sacri Pastori e de-
gli altri Ministri dell'Altare; cio richiede il sostentamento e sollievo dei
poyeri ; cio il decoro del culto divino ; cio inline reclamano gli stessi in-
teressi dell' ordine sociale, la cui esistenza e seriamente minacciata, oye
lo spoglio violento e 1'usurpazione deH'altrui legittima propriela yiene au-
torizzata. Non sarebbe adunque possibile che la Chiesa cedesse allo Sta-
to tutti i suoi diritti sul patrimonio ecclesiastico ; e molto meno la Santa
Sede potrebbe permettere che ad una dotazione libera ed indipendente,
altra ne yenisse sostituita dal pubblico tesoro, che ponesse i Ministri di
Dio in eguale condizione degli altri pubblici funzionarii dello Stato. Ne
questo per certo si attendevano i Vescoyi ed il Clero messicano, quando,
uniti a tutti i cittadini di quella nazione, alzavano preghiere a Diq per
affrettare 1'arrivo del novello Sovrano, da loro stessi chiamato a salire ii
trono imperiale ; dal quale invece domandarouo che distruggesse con
mano potente e gagliarda 1'opera della riyoluzione, e riponesse la Chiesa
nel perfetto esercizio dei suoi sacrosanti diritti.
« Le decime inoltre, i diritti cosi detti di stola, ed altri simili emolu-
menti, soliti a darsi dalla pieta dei fedeli nell'amministrazione di alcuni
Sagramenti, sono anch'essi diritti proprii del sagro ministero, e la Chiesa
che ne ha mai sempre regolato 1' esercizio, gli ha sempre guareutiti , co-
me quelli che , mentre aprono un campo alia generosa pieta dei fedeli, i
quali dalla Chiesa riceyono grazie e favori di un ordine soprannaturale,
permettono anche ai ministri del santuario di vivere, com' e giusto e do-
yeroso, delle stesse fatiche e dei sudori del pastorale loro ministero.
« Altre simili osservazioni potrebbero farsi sul resto delle basi propo-
ste da S. Maesta al Nunzio apostolico, relativamente agli Ordini religiosi,
al registro civile, all' immunita, ai cimiteri. Ma tralasciando , per amore
di breyita, di fermarsi sull'esame di questi articoli, che non troyansi ben
definiti nel progetto imperiale , il sottoscritto Cardinale non puo lasciare
senza speciali osservazioni la quinta fra le basi proposte da Sua Maesta,
oye e detto che I'lmperatore e i suoi successori avranno IN PERPETUUM tut-
ti i privilegi e le prerogative, che i Re di Spagna aveano sidle chiese dei
234 CRONACA
dominii spagnuoli nelle Americhe. Y.E. ben sa che, ad eccezione del dirit-
to di patronato sui benetizii eeclesiastici, concesso dalla s.m.di Giulio II
ai Sovrani di Spagna e di qualche aitro speciale privilegio contenuto in
altriatti pontificii, tultak ingerenza, che si pretese esercitare sulle cose e
persone ecdesiastiche di America, fu contrariata mai sempre e riprovata
dalla Sede apostolica. Conosce inoltre V. E. come i Roman! Ponlefici si
opposero con ogni energia alia riproduzione di simili abusi nei Gpverni,
suceeduti alia Spagna, nelle varie repubbliche dell'America meridionale,
e come npn pochi di essi, benche avversati in mille modi dallo spirito
demagogico dei partiti e dalle inassime di una falsa filosofia, fecero ra-
gione ai reclaim della Santa Sede, e rendendo omaggio alia suprema au-
torita della medesima, stipularpno dei Concordat, ovee gli abusi eredi-
tati scqmparvero, ed alcuni dei legittimi privilegi vennero dinuovo con-
cessi ai capi di quelle novelle repubbliche.
« Ora duoque lo scrivente e in obbligo di dichiarare che, fatta una di-
stinzione fra i privilegi legittimi, concessi una yplta alia Spagna, e la in-
debita ingerenza esercitata alle volte sopra yarii puoti delle cose e per-
sone ecclesiastiche, 1'attuale dinastia del novello Imperatore non potreb-
be in modo alcimp succedere al godimento dei primi, concessi esclusiva-
mente alia dinastia di Gastiglia e Leone, senza una speciale e nuova COB-
cessione per parte della Sede Apostolica ; e che in quanto alia seconda1,
ogni atto del noyellp Reggitore del Messico sarebbe una vera usurpazio-
ne, egualmente ingiusta che riprovevole, e la Santa Sede noa cesserebbe
mai dal protestare e reclamare contro una pretensipne diretta a distrug-
^?ere 1' autorita della Chiesa , e ad allarmare lo spirito e le coscienze dei
Pastori e dei fedeli.
« Mentre per altro il Santo Padre trovasi in dovere di far nota, col mez-
zo del sottoscritto , questa formale diffidazipne all' imperial Corte del
Messico sopra ua punto cosi rilevante , non intende con cio di ricusarsi
di entrare in amiehevoli trattative per istabilire i mutui rapporti fra la
Chiesa e lo Stato, e.per irapedirela riproduzione dei lamentati abusi. A
questo tine appimto spno direlte le istruzioni gia date al Nunzio aposto-
lico sopra tutti i punli deli' ecdcsia-stiea disciplina ; le quali essendo det-
tate da uno spirito di perfetta conciliazione, non potranno a meno di-fa-
cilitare, nel vero interesse delta Chiesa e dellp Stato, la soluzipne delle
piii ardue e difficili quistioni. In virtu di tali istruzioiii il Nunzio appsta-
lico e autorizzato a ricevere dal Governo imperiale quei progelti di ge-
nerale accpmpdamento degli affari religiosi, che meglio corrispondano ai
yeri e reali bisogai della Chiesa messicaua , e che sieop couibrmi aiie
massime e ai principii proclamati nelle varie Convenzioni, conchiuse coi
Governi di cattoliche nazioni. La Santa Sede sara sempre pronta ad
accogliere con benevolenza siffatte proposte , e custode gelosa del pote-
re che ebbe da Dio per edificare e non gia per distruggere, sara ben
cpntenta di concorrere con la sua autorita a stabilire e sanzionare 1' atta
di accordo e di aileanza fra i due supremi poteri.
« Questa e la lusinga che il Santo Padre ama ancora di nudrire , non
ostante gli avvenimenti ultimi del Messico, che lo hanno si profonda-
mente conturbato. Sua Santita ritiene per fermo che per ridonare la pa-
ce agli spiriti , per calmare le ansieta delle coscienze , per assicurare la
prosperita della Chiesa, per consolidare infme lo stesso ordine civile, e
CONTEMPORiNEA 235
assolutamente indispensabile che i due poteri si niettano pienamenle di
accordo , e che 1'autorita civile, rispettando i diritli della Chiesa , riceva
da questa un sicuro e valido appoggio. Non vuol credere il Santo Padre
che Sua Maesta, educata in seno di una cattojica famiglia , cosi bene ani-
mata a riguardo della Chiesa, sia per disconoscere il vero suo interesse,
e lo scopo reale della missione affidatagli da Dio. Spera invece che la
stessa Maesta Sua vorra recedere dal canimino tracciato nella lettera al
suo ministro Escudero , e che vorra quindi dispensare la Santa Sede dal
prendere quelle mi sure che valgano a mettere in salvo in faccia al Mon-
do la respousabilita del Capo augusto della Chiesa; tra le quali non sa-
rebbe certamente 1' ultima il richiamo del pontificio Rappresentante dal
MessJco, onde non resti ivi impotente spettatore dello spoglio della Chie-
sa e della yiolazione dei suoi piu sacrosanti diritti.
« Lo scrivente Cardinale, nel pregare V. E. a voler fare giungere al
trono di Sua Maesta questi sentimenti e queste dichiarazioni del Capo
della Chiesa , prolitta, ecc. »
STATI SARDI 1. II Senato discute edtipprova il matrimonio civile — 2.Dichia-
razione dell' Episcopate deH'Umbria circa i lisultati di tal legge, ivi intro-
dotta dal Pepoli — 3. Frulti immorali del matrimonio civile provali a
punta di statistiche — 4. Duello comantlato dal sig. Angioletti, ministro
della Marina; punizione da lui inflitta a chi rifmlo il duello — o. Spese per
la slcurezza pubblica -— 6. Mentita al Mazzini circa il snpposto protocpl-
lo , aggiunto alia Convenzione del 15 Settembre, per la cessione del Pie-
monte alia Francia.
1. 1 nostri timori non erano pur troppo fondati sul falso ; e quella lai-
dezza legale, che si denomina matrimonio civile, inserita dal Vacca nel
nuovo codice, fn approvata anche dal Senato. La sanzione del Re, secon-
do i dettati coslituzionali, ora che son d'accordo Ministri e Camere , non
puo mancare; e cosi 1' Italia avra fatto un gran passo di piu verso quel
termine fatale, a cui la sospinge la Frammasoneria; la quale, come riferim-
mo altre volte, recitando le proprie parole dei capi della setta, ha per suo
line ultimo di abbattere, lion pure la sovranita temporale ma eziandio la
spirituale del Papa, e sterminare cosi al tutto il cattolicismo.
Alii 16 Marzo si comincio la discussiqne sopra questo argomento nel
Senato, dopo che la Camera avea, quasi senz' altro contrastp che un bel
discorso di Cesare Cantu, pienamente approvata a grandissima pluralita.
di suffragi codesta legge, diretta a scristianeggiare in Italia il matrimo-
liio. 11 Minislero avrebbe voluto che anche ii Senato, ad occhi chiusi,
per non fare cosa ingrata alia setta dominante, approvasse tale enormez-
za, senza molestia di disarnine od opposizioni. Percio il Vacca diceva ai
Senatpri: « Se tornera impossibile una discussipne particolareggiata ,
sara lieto tutlavia il Minislero, se gli verrannp dati dal Senato, in quella
forma che ei stimera piu appropriata (purche non renda necessario un
nuovo esame nella Camera dei Deputati) , quei consigli che riputera ne-
cessarii, affiiie di recare a maggiore perfezione i Codici e le leggi da pub-
hlicarsi A.
Questa era una vera insolenza contro il Senato, detta per giunta da
un Ministro senatore. II conte Sclopis se.ne dolse, nella tornata del 15 dl
Marzo, colle seguenti parole: « Non so se il signor Ministro della giustizia
236 CRONACA
lo abbia detlo per celia, ma e anche strana la locuzione, d' invitare il Se-
nato a fare in quel modo che egli creda piu appropriate, proponendogli
di emettere le sue osservazioni, purcbe non si debba rimandare la legge
all' altro ramo del Parlamento. Ma e dunque spodestare il Senato che si
vuole? Ma dunque o tacera la voce del Senato, o si riduce e si impiccio-
lisce 1'azione del Senalo al punto di dare soltanto dei consigli? 1 ». Lo
stesso ministro La Marmora fu obbligato a chiedere scusa al Senato della
poco^ fortunata frase del suo collega; e con quest' esordio s' incominciava
la discussione sul matrimonio civile. I Senatori doveano sapere che chi
non rispettava ne il Pontetice, ne la Chiesa, ne i Sacramenti, poco rispet-
to poteva sentire pel Senato del Regno. Di poi passavasi a favellare in
generate della vptazione a vapore di una massa enorme di nuove leggi,
cioe qualtro Codici intieri e cinque leggi organiche, che si debbono attua-
re in Italia, per compiere r unificazione legislativa. II senalore Tccco
deplorava la necessita di discutere a questo modp, « conseguenza dell'ob-
bligo disastroso del trasferimento di questa Capitale, impostoci nel ter-
mine di sei mesi da una infausta Convenzione 2 ». Ed il senatore Chigi
soggiungeva: « Preoccupato dall' idea che nessun Inglese od Americano
voterebbe un blocco di leggi senza discussione vera , quantunque cono-
sca che si pone innanzi la ineluttabile necessita , avendo tale necessita
servito da 5 anni a questa parte piu o meno allo stesso oggetto, dichiaro
che, non sentendomi da meno di qualsiasi Inglese o Americano, votero
contro 3 ». Dopo questa generica discussione, il 17 di Marzo, s' entro
nelle viscere deU'argomento.
L'esito della discussione dimostro quanto yalga il meccanismo costitu-
zionale e parlamentare , quando e maneggiato da un Ministero che sa
prepararsi a modo suo Senato e Camera di Deputati. La ragione e la giu-
stizia potra splendere di luce smagliante, come un sole di mezzodi ; ma
quando si verra a suffragi, la pluralita del numero dei divoti al Ministe-
ro , convocati a tempo, anche senza aver udito sillaba dei tenuti ragiq-
namenti , votera secondo il cenno avuto da chi comanda e paga e distri-
buisce ufficii ed onori ; ed ecco fatto il becco all' oca.
Non ci prendiamo 1' incarico di fare 1'analisi di quella discussione, che
troppo diverrebbe prolissa; ma ci basti dire che parlarono egregiamente,
benche in diverse forme e con sensi varii, contro la sporcizia del concu-
binato legale, i senator! Revel, Castagnetto, Siotto Pintor, Mameli, Dra-
gonetti, Cataldi, Chigi, Sclopis, Ghiglini, Mpns. Collabiana Vescovo di
Casale, e qualche altro, che con grande coraggio si espqsero percio alle
beffe ed ai sarcasmi de'settarii. Per contro furono tra i piu ardenti soste-
nitqri del disegnp ministeriale parecchi Senatori, tratti dal reame di Na-
poli , come quelli che dalle dottrine Tanucciane erano gia predisposti a
sancire ogni enormezza in tal genere.
Indarno furono proposte parecchie modificazioni per salvare almeno la
necessita della benedizipne nuziale pe' cattolici , o decretare la nullita
del matrimonio dei preti e frati apostati , ovvero pel caso in cui la cele-
brazione dal sacramento innanzi alia Chiesa fosse stipulata come condi-
-I Atti uff. del Senato, n.<> 400,
2 Atti uff. num. cit. pag. ^
5 Attiuff., num. 404, pag.
CONTEMPORANEA 237
zione del contralto. A nulla valse il moslrare la giustizia di dare almenq
qualche soddisfazione al sentimento cattolico. La pluralita dei Senator!
respinse tutte inesorabilmente quelle pronoste, nella tornata del 24 Mar-
zo ; ed in quella del 29, venutosla squittinio segreto sopra questa legge
dell'unificazione legislativa, che comprende pure il matrimonio civile,
quella fu approvata da 70 voti favoreyoli sopra 104 yotanti.
2. L'Episcopato, ed anche i semplici fedeli, con richiami e protestazioni
e pelizioni numerqsissime , ayeano posto in opera tutti gli spedienti of-
ferti dalla cqstituzione , per risparmiare questa sacrilega e yituperosa
bruttura all'infelicissima Italia. Ma era scritto nei decreti di chi regge le
cose del nuovo regno , che questo portato della rivoluzione e dei princi-
pii del 1789 dovesse ammorbare anche la penisola nostra, con quel frutto
che i Yescovi dell'Umbria in una loro dichiarazione, stampata mWUnita
Cattolica del 19 e 21 Marzo , dimostrarono essersi gia cominciati a pro-
durre nell' Umbria, dove il concubinato civile fu bandito come legge da
quel marchese Gioacchino Pepoli , che recentemente manipolo la Con-
venzione, ond'e rassodato il nuovo regno in onta del Trattato di Zurigo.
Po'sti in chiaro i danni gravissimi recall percio alia religione ed al
buon costume, le lotle che ne derivarono contro Taulorila nella Chiesa,
le laidezze d' ogni genere che viluperarono le cilta , le violenze fatte ai
parrochi , la rovina delle coscienze, dimostrarono come percio ancora
n'andassero a male, non pure la concordia delle famiglie , ma persino la
stabiiila delle npzze, moltiplicandosi i divorzii,con irreparabiledelrimento
della prole. E tinirono scongiurando che si mettesse termine a tanta in-
famia. II Senalo invece la legittimo.
3. La parola dei Vescovi non potea trovare ascolto dai seltarii, i quali
procedendo per impulse irreligioso ed empio , non badano a ragioni, e
neppure a quella irresislibile eloquenza delle statistiche , a cui , quando
non si tralla di religione , sogliono piegarsi e darsi vinti. II senatore
Chigi, nella tornata del 20 Marzo , avea , a punta di cifre autenliche ,
messe in evidenza le schifose sequele del malnmonio civile, Iraendone i
dati di la dove e legge di Stalo. Egli avea citato il signor Carlo Dupin ,
che nella tornata del 2 Gennaio 1843, diceva all'accademia delle scienze
di Parigi, « che il terzo dei bambini che nascono in quella immensa cit-
ta, sono baslardi ; che un ottavo incirca dei bambini viene esposto ed
abbandonato appena nalo ; che un terzo dei nati spira allo spedale sopra
un misero pagliericcio ». Egli avea letto uno squarcio di lettera d' un
pubblicisla della scuola irreligiosa di Francia , che riconosce per oracqli
il Liltre e 1' About ; nella cjuale diceasi che « la race ouvriere viye in
gran parte in concubinaggio » ; poi avea allegato i seguenti risultali :
« Nella statislica pubblicala nel 1860 da Block ( ebreo di religione)
resumente le statistiche ufficiali , dietro uno scandaglio riportantesi agli
anni 1781-82-83-84, la Francia, allora sottomessa ai malrimonii pura-
mentereligiosi, contava in media annualmente 229,000 matrimonii sopra
una popolazione di circa 24 milioni di anime. La popolazione dunque era
di un malrimqnio per 104 abitanti.
« Durante il periodo dal 1831 al 1856 , sotto lo impero della legge at-
tuale non e piu che 280,000 per 36 milioni di anime, cioe 1 sopra 129.
« About pure constata che in Francia la popolazione decresce di un
16,483 nascite all'anno.
238 CRONACA
«Ecco, secondo il dizionarip di Economia politica
la proporzione del numero dei matrimonii a quello degli abitanti, e quello
delle nascite illegittime al numero totale delle nascite :
« Pieraonte un matrimonio su 154 abitanti e 212 nascite illegittime
su 10,000. Belgio tin matrimonio su 154 abitanti e 745 nascite ille-
gittime su 10,000. Francia un matrimonio su 123 abitanti e 774 nasci-
te illegittime su 10,000. Ora tra i figli natural), il numero degli ahorti
s'innalza al doppio di cio che e tra i tigli legittimi. Cosi arriva in Fran-
cia alia proporzione di 310 su 10,000 nascite, inentre in Pieraonte snlle
stesse 10,000 non e che di 107. Due terzi meno! 1 Adunque protestanti
e cattolici pensano egualmente sul matrimonio civile. »
4. Al Governo di Torino poco preme di moralita, purche si venga a
capo del suo disegno di tbggiar 1' Italia sul modello degli Stati, in cui e
piu malmenata dalle leggi la Religione cattolica. Anzi neppur si cura di
violare le proprie leggi civili , quando riguardano un punto di morale.
Abbiamo accennato altra volta al cinismo con che gli stessi Ministri e
4egislatori si beffavano delle proprie circolari, leggi, ordinazioni, e dei
Fisco, rispetto a quell' assassinio premeditate che dicesi duello. Or ecco
quello che fu stampato a Torino dall' Unita Cattolica del 29 Marzo, senza
che veruno osasse mupverne richiamo come di racconto inesatto.
« In conseguenza di varii articoli di gravissime censure contro parec-
chi uffizial-i della marineria pubblicati dal Diritto , il Ministro della ma-
rina ordino che un uffiziale dello stesso corpo andasse a slidare il diret-
tpre di quel giornale. La scelta, o sorte che sia , cadde sul luogotenente
di vascello Cesare de Negri , il quale, dopo aver accettato il mandato, e
Tenuto a posta a Torino , fatto miglior senno , dichiaro che la sua co-
scienza non gli permetteva di fare un duello. II Ministro destitui imme-
diatamente il luogotenente, per aver rifiutato di eseguire una cosa del
pari condannata dalle leggi divine ed umane, e dalla propria coscienza.
Non contento di cio il Ministro fece intimare all'altro ufliciale De Negri
Alberto, fratello del Cesare, che egli doveva sottentrare al fratello nel /x>-
5/0 d' onore da questo abbandonato. II De Negri Alberto si sottopose al-
1'ordine iniquo, e venne a presentare il duello al direttore del Diritto. Ma
questi fece giudicare il caso dagli uomini competent! , i quali decisero
che « il buon senso, la morale, la cavalleria impedivano una partita alle
armi fra uomini che neppure si conoscevano, e Ira cui non era corsa of-
fesa di sorta ». Ma il Ministro non si die vinto, e ordino al signer Alber-
to De Negri d' insultare il direttore del Diritto per costringerlo a batters!
con lui. Naturalmente il De Negri respinse questa yillana proposta; quin-
di venne anch'essso destituito 1 Che piu? Destitui lo stesso contrammi-
raglio Wright, percbe non costrinse il luogotenente Alberto De Negri
a provocare con un insulto il direttore del Diritto. Tali sono i fatti espp-
sli dal Diritto del 28 Marzo, con parole di sommo disprezzo verso il Mi-
nistro ed il suo indegno procedere. » Qui e inutile aggiungere parole
di comento.
5. L'Armonia di Torino (n.° 74) ricavp dall'esposizipne finanziaria dei
ministro Sella una parte delle spese che si fanno per la sicurezza pubblica;
la quale, come si sa, e tanta che, non solo nell' isola di Sicilia, ma ezian-
dio nella stessa Torino e d' uppo camminare armato di buone pistole a
ri volta, chi voglia avventurarsiaduscire la sera, senza grave pericolo di
essere spogliato da' ladri od assassinate da' malandrini. Ecco le parole
CONTEMPORANEA 239
del citato giornale: « La Pplizia ci costa all'aimoL. 55,461,085 70, cipe:
il Ministro della guerra pel carabinieri , L. 20,956,624; quello dell' in-
terno, L. 30, 717, 112 45; quellp della marina, pel galeptti,L.3,784,34929.
E cio senza le spese di giustizia, cioe stipend!! a magistral'!, perizie, testi-
monii ecc. Dunque abbiamo un bilancio di Polizia, che ci cosla piu di
55 milioni, e siamo mangiati vivi dai malandrini! Vale proprio la spesa!»
6. Nel precedente quaderno (pag. 114) abbiamo recitato i supposti ar-
ticoli d' un protocollo addizionale, che V Unitd italiana spaccio esserst
stipulate tra la Francia e I'ltalia, insieme con la famosa Convenzione del
15 Settembre. 11 Constitutionnel appello quella nptizia mazziniana col no-
me di impudent! e ridicole invenzioni. L' Unitd italiana, punta sul vivo,
dichiaro che il 20 Marzo avrebbe pubblicato un documento, onde sarebbe
chiarito esser verissima la sostanza di quegli articoli. La curios! ta pub-
blica era eccitata in sommo grado da codeste altercazioni fra rivoluzionarii
moderati e repubblicani. L' Unitd italiana tenne parola, ed alii 20 Marzo
pubblico una lettera del Mazzini, in cui, non solo si cqnfermava 1'esisten-
za di quel protocollo segreto, ma s'indicava perfino il luogo ed il modo
con che si conservava nell'Archivio del Miuistero. 11 Governo di Torino
temette che quella pretesa rivelazione dovesse produrre qualche perico-
losa agitazione, e fece subitq sequestrare 1' Unita italiana. Ma il di ap-
presso piu altri giornali, anzi gli stessi diarii ufficiosi, stamparono impu-
nemente una lettera, pur del Mazzini,, la quale ci pare di dover qui rif'e-
rire (vera q falsa che ne sia la contenenza) tal quale fu pubblicata dalla
Far f alia, diario torinese; perche quando pure il fatto sia insussistente,
questo documento prova quali siano le apprensioni piu gagliarde onde
sono crucciati i democratic! iialiani, dopo aver raccolto si copiosi frutti
dall'alleanza e protezione francese. Ecco la lettera del Mazzini :
« L' istinto popolare ha rivelato alia provincia piemontese d' Italia ira
pericplo. Questo pericolo e fondato. Esiste nell' ufficio del Ministero degli
esteri un rotolo di otto pagine, in cartoncino inglese, avvolto in rasp ci-
lestro. Questo rotolo coritiene un protocollo aggiunto alia Convenzione
del 15 Settembre 1864. E il protocollo dichiara: Che il Governo italiano
s'assume d'astenersi da ogni impresa sul Veneto, e d'impedire energica-
mente qualunque impresa sul Veneto volesse tentarsi dal Partito d'azione
o da altri ; — che, se avvenimenti imprevedibili e piu potenti degli ob-
blighi assunti concedesserp sia Roma, sia Venezia all'. Italia, avra luogo
una rettificazione di frontiers tra la Francia e 1' Italia; — che la discus-
sione esordira dal tiume Sesia, considerato come frontiera della Francia.
11 protocollo ha la lirma del ministro Visconti-Venosta e d'altra persona.
« Nessuno vorra, suppongo, pretendere ch' ip riveli la sorgenle della
mia certezza. Ma io ricprdero agli Italiani, che rivelai, un anno prima del
fatto, la cessione, statuita a Plombieres, di Nizza e Savoia, e che io tras-
misi all' Unitd ilaliana la sostanza deila Convenzione.de! 15 Settembre,
prima assai che alcuno in Italia ne sospettasse.
educata
mento e il patibolo per gli uomini che Io firmarono. Io, avverso alia pena
di morte, non vedp che una risposta degna dell' Italia e segnatamente del
piccolo Paese appie delle Alpi: dire, con fatti, all' Imperatore stranicro:
Sire, voi errate : avremo Venezia, e non avrete il Piemonte.
« 13 Marzo. Vostro GIUSEPPE MAZZINI. »
240 CRONACA
Tuttpche il Mazzini si vanti, ed a ragione, d'ayer saputp e denunziato
gia altri gravissimi fatti, prima d'pgni altro, e mentre gli autori di essi
credevano ogni cosa sepolta nel piu profondo segreto , pure la mentita
oppostagli dal ministro La Marmora e dal Yisconti Venosta, nella Came-
ra del Deputati nella tornata del 23 Marzo , risppndendp al Deputato
Massari , e cosi esplicita ed energica , che non ci sappiamo indurre a
prestar fede anzi all' affermazione che al diniego. Yero e che quando
iUnita italiana svelo, fin dal 15 Agosto, la Convenzione che fu poi fir-
mata alii 15 Settembre, quei che 1'aveano firmata, ed eransi obbhgati a
serbarla sotlq strettissimo segreto , ne furonp sgomentati , come risulto
dalle indagini fatte dalla Commissions d'inchiesta, istituita dalla Camera
dei Deputati, pei fatti del Settembre. Ed e pur verissimo che il Cavour,
con niente minore energia che il La Marmora , avea negato 1* esistenza
d'un trattatq di commercio assai svantaggioso coll'lnghilterra, nel giorno
stesso in cui la regina Yiltoria 1'annunziava nel Parlamento, come gia
conchiuso e ratificato; come lo stesso Cavour nego e fece negare con le
forme piu recise e categoriche la cessione della Savoia e di Nizza , che
gia era patloyita, e cominciaYa ad affettuarsi, e fu compiuta sol due mesi
dopo. Di che puo leggersi utilmente cio che scrisse YUnita Cattolica del
23 Marzo. Lasceremo dunque ai fatti la cura di giustificare il Mazzini od
i suoi contraddittori.
HI.
COSE STRANIERE.
FRANCIA 1. CennI soprai document! del Libra giallo, e le discussioni clel-
1' Indirizzo nel Senate — 2. Lettera di Napoleone III per favori alia
citta di Lione — 3. Morte del Duca di Moray — 4. II Marchese di La-
valelte e nominato Ministro per gli affari interni.
1. In questo stesso quaderno abbiamo espostp, con quel riserbo che
ci era imposto dai piu giusti mptivi, quali schiarimenti sopra la Conyen-
Tenzione del 15 Settembre, si ritraessero si dai documenti comunicati dal
Goyerno francese alle Camere nel Libro giallo, e si dalle discussioni fat-
te nel Senate circa questo punto, nel disaminare lo schema d' Indirizzo.
Qui ci bastera pertanto, e per gli stessi moliyi , di toccare alia sfuggita
alcun che della contenenza di codesti documenti e del risultato di quelle
discussioni, lasciando che, chi non ne fosse pago , yada a leggere i pri-
mi nel Memorial diplomatique del 19 Febbraio, ed il resoconto delle se-
cpnde nei diarii quotidiani , che ristamparono ii sunto ufficiale del Mo-
nit eur.
Intorno alle cose d' Italia, il Libro giallo contiene!9 documenti, mol-
ti dei quali gia furonp da noi starapati distesamente dal Settembre in
qua. II primo dei diciannove e il dispaccio al Conte di Sartiges , da noi
recilatp nella Serie Y, vol. XI, pag. 373, col quale annunziaya lo sgom-
bero di Roma, e ne svolgeva i motiyi. II secondo, spttola data del 23 Set-
tembre, allo stesso Ambasciadore in Roma, gli notified, dopo che era gia
stipulata e ratiticata, la Conyenzione del 15 Settembre, in cui il Gover-
no iinperiale scorgeya pienamente guarentiti gl' interessi, la sicurezza e
CONTEMPORANEA 241
T indipendenza della Santa Sede. II terzo, pur del 23 Settembre , al Ba-
rone Malaret , ministro di Francia a Torino , gli spiegava il senso della
Convenzione, conlenendo molte lodi air Italia ed al suo Governo, alia
cui lealta si commetteva la guarentigia e la sicurezza deilo Stato ponti-
ficio. II quarto e il testo delta Convenzione stessa. II quinto e una rispo-
sta, indirizzata, al Gramont ambasciadoreaVienna, sopra i richiamimos-
si dall' Austria per la Gonvenzione ; circa la quale quel Gabinetto doleva-
si che 1.° questa si fosse stipulata senza saputa del Papa ; 2.° che con es-
sa si fosse annientato il Trattato di Zurigo e ratiticata 1' usurpazione del-
fe Toscana; 3.° che non si fossero consultate lePotenze cattoliche, d'ac-
cordo con le quali erasi affettuato 1' intervento francese a Roma. II Drouyn
de Lhuys rispose , in sentenza , che a bella posta non s' era fatto saper
nulla a "Roma, perche si prevedevano i rifiuti ele opposizioni che sareb-
bersi incontrate, e perche il Papa stesso deve essere eontento che cessi
1' intei'vento, per riacquistare la piena sua indipendenza ; che quanto al
trasporto della Capitale a Firenze, cio non alterava punto lo stalo presen-
te di cose in Italia, poiche di fatto Vittorio Emmanuele da quattr' anni
regna pacificamenle stilla Toscana ; e da ultimo, piu seccamente, che
non se n' era fatto parola a Vienna, perche, siccome la Francia sola por-
tava gli oneri dell' occunazione di Roma, cosi da nirno avea a premiere
consiglio circa il tnodo di spacciarsene.
II sesto, sotto il 1.° Ottohre, e un dispaccio al conte Sartiges, in cui
si approva ampiamente il contegno riseryatissimo, con cui yenne accolta
dal Santo Padre e dall' Emo Segretario di Stato la comunicazione sopra
il Trattato del 15 Settembre. II settimo e un dispaccio, sotto il 3 Ottobie,
al Malaret in Torino, circa 1'interpretazione delle clausole che prefiggono
il termine, onde incominciano i due anni per lo sgombero di Roma. L'ot-
tavo e la dichiarazione stipulata a Parigi a tal proposito. II nono, sotto
I'll Ottobre, e un altro dispaccio al Sartiges, in cui si riconosce ragio-
nevole e giusto che la Santa Sede rifugga dal trattare ufficialmente della
Convenzione , e di chiarire i suoi intendimenti per 1'avvenire, e sopi-at-
tutto dal dare verun segno di adesione a proposte,le quali, anche per in-
diretto , implicassero, un riconoscimento dell' usurpazione delle perdute
province. Nel decimo, del 15 Ottobre, al Malaret , il Drouyn de Lhuys
gli spiega che il Governo italiano dee premunirsi contro gfi attentati di
chi s' immaginasse che Firenze debba essere solo una sosta (une etape]
per giungere a Roma ; ma ha cura di aggiungere che questo non dee
guardarsi percio come assetto definitive d' Italia, e che, mirando ad una
conciliazione fra 1' Italia ed il Papato, non si presume pccorrere a tutti
gli eventi futuri ed impreveduti. Nell'undecimo al Sa^tiges, sotto il 22
Ottobre, lo stesso Ministro riconosce che le spiegazioni date in Torino
alia Convenzione giustiticano in qualche senso le diffidenze della Santa
Sede ; e percio approva il temporeggiare di questa quanto al prender
qualsiasi determinazipne. II duodecimo al Malaret, sotto il 28 Ottobre,
attenua le interpretazioni date dal Nigra , e dice chiarp che per mezzi
moralinon si deono intendere le occulte macchinazioni rivoluzionarie per
impadronirsi di Roma. 11 decimo terzo ed il decimoquarto furono da noi
Tiferiti distesamente nel vol. XII , pag. 615-19. II decimo quinto e^un
dispaccio del Nigra, da noi mentovato ivi a pag. 618, con cui giustifica
le sue interpretazioni e le concilia con quelle del Drouyn de Lhuys.
Serie VI, vol. 11, fasc. 362. 16 8 Aprile 1865,
242 CRONACA
II decimosesto e un dispaccio del Drouyn de Lhuys al Malaret , sotto
il 15 Novembre, in cui loda altamente il discorso tenuto dal La Marmora
alii 12, e tace assolutamente del dispaccio altero che questo Generale
ayeva scritto e pubblicalo alii 7, da noi riferito nel citato vol. XII, a pa-
gina 619. -Ma vi si dice che « Roma ed il Patrimonio di san Pietro non
sono puntp indispensabili aU'unita italiana », e per contro e necessaria
una conciliazione fra la Santa Sede e 1' Italia. Gli ultimi tre espongono
le doglianze acerbe del sig. Drouyn de Lhuys per la pubblicazione del-
1 Enciclica e per la condanoa splenne ivi bandita contro i principii della
societa moderna, sopra i quali si fpnda 1'Impero; e certi richiami asprissi-
mi per aver il Nunzio Monsig. Chigi scritte le riferite leltere ai Yescovi
di Poitiers e di Orleans.
Le discussioni nel Senato, sopra il paragrafo dell'Indirizzo che riguar-
dava la Convenzione del 15 Settembre, le arrecarono quella luce, che
vedemmo al trove. Ma dobbiamo tributare un sincere tribute di commen-
dazione al yalore, all' eloquenza, al coraggio insigne, con che riyendica-
rono le ragioni della Santa Sede , e difeserp la causa di Roma, il Cardi-
nale Bonnechose , Arcivescovo di Rouen , il Generale Gerneau , il mar-
chese La Rochejaquelin,il senatore Le Roy de Saint- Arnaud, ed, a modo
loro, anche il marchese De Boissy ed il La Guerronniere, dalle argomenta-
zioni dei quali molto fiaccamente si schermirotio il Chaix-d'Est-Ange ed
il ministro di Stato signor Rouher , con la cpnclusione del non voler dir
nulla di chiaro, circa il senso in che doveasi intendere la libcrtd d'azione
della Francia, pel caso che i mezzi morali riservatisi dalla rivoluzione
italiana riuscissero ad un sollevamento in Roma contro 1'autorita sovrana
del Sommo Pontefice.
Quasi egualmente caldo fu il dibattimento sopra il contegno del Clero
di Francia e 1'influenza degli Ordini religiosi , vivamente impugnati con
fieri assalti, per ravvivare lo spento Gallicanismo , dal signor Rouland
Gpvernatpre della Banca e dal senatore Boojean. Ma quest! furono con
trionfali dimostrazioni ribattuti dal Cardinale Bonnechose, che nella di-
fesa degli Ordini religiosi ebbe valido aiuto, in forme temperatissime,
da Mousignor Darboy, Arcivescovo di Parigi. Questi fece notare che lo
spettacolo dell'obbedienza ed abnegazione de' religiosi non e soverchio a
questi tempi, e che il loro concorsp e utilissimp al Clero; e parlo in mo-
do, che il sig. Delangle , che erasi proposto di parlare in tal materia, e
si sapeva che contro i Religiosi, vi rinunzio.
L'lndirizzo fu vptato tal quale era stato proposto dalla Commissione
incaricata di compilarlo ; ed i nostri lettori n' ebbero piu sopra il tratto
che riguarda la Convenzione del 15 Settembre. Anche il resto va tutto
in pienissima approvazione dell'operato dall'Imperatore.
2. S. M. 1'imperatore Napolecne III , giustamente preoccupato degli
interessi della citta di Lione, scrisse il 20 Febbraio, e mando pubblicare
nel Moniteur una lettera al Ministro sopra gli Affari interni , per signifi-
cargli la sua volonta di vantaggiare assai le condizioni di quella citta ,
coi seguenti provvedimenti : 1." Affrancare d'ogni tassa di pedaggio i
ponti sulla Saona ; 2.° Demolire il recinto di fortificazioni da cui e stretto
e dominato il quartiere della Croix-Rousse , con gran disagio degli abi-
tanti, che yi scorgevano anche un segno di diffidenza del Governo e co-
me una minaccia sospesa sul loro capo , per Y occorrenza di torbidi ;
CONTEMPORANEA 243
3.' Lo sgombero della Metropolitana e dell' Arcivescovado , mediante la
demolizione delle case circostanti ; 4.° La formazione di piazze, messe ad
alberi e giardini, alia Guillotiere e sull'area del gran Seminario. Con que-
sto si porgera agli operai una opportunita di buoni guadagni ; ppiche ad
eseguire queste cose si dovranno spendere da 4,500,000 franchi. Di che
si fece , a ragione , gran festa in quella citta , dove si dice che tra non
molto debba 1' Imperatore fare una visita , conducendo seco il Principe
imperiale.
3. Appunto quando stavano per incominciare nel Corpo legislativo le
spinpse discussioni sopra 1'Indirizzo, yenne meno all'Imperatore un vali-
dissimo aiuto, per la morte inaspettata del Duca di Morny. II quale gia
da qualche tempo era malato, ma diceasi che leggermente ; poi alii 8 di
Marzo comincio a dechinare a precipizio. La sera del 9 ii marchese di
Lavalette , suo intimo amico , recossi frettolosamente alle Tuileries , ed
espose all'Imperatore ed all' Imperatrice il desiderio del mprente , di ri-
Tedere una volta ancora le LL. MM. che qualche giorno innanzi erano
state a visitarlo, e che senza indugio nel vollero compiacere, rimanendo
con lui lungo tempo in istretto colloquio , per quanto il comportava la
debolezza del moribondp. Verso le 3 ore dopo la mezzanotte dal 9 al 10
fu sopracchiamato 1'Arcivescovo di Parigi , che gli amministro, dice il
Moniteitr, i Sacramenti della Chiesa; ed alle ore 8 di qaella stessa mat-
tina il De Morny cesso di viyere. I suoi funerali, per decreto dell' Impe-
ratore , come a benemerito dello Slato , furono fatti con istraordinaria
pompa a spese del Governo.
Trattandosi d' uomo tanto insigne, che ebbe parte precipua nella fpn-
dazione del presente Impero francese, e che , a giudizio di quanti ii
conobberp, avea parti singolarissirne d' ingegno, di fortezza d'animp e
di accorgimentp politico, piacerebbe fprse a tutti 1' averne una concisa
ma compiuta biografia. Ma, per quanti giornali francesi , anche ufficiosi,
abbiam ricercato, nulla scoprimmo che riguardi le sue origini ed i suoi
antenati.
Checche sia di cio, i diarii francesi ci fecero sapere della sua vita le
segueuti circoslanze, che trascriviamo dal Giornale di Roma, n.* 61.
« Carlo Augusto Luigi Giuseppe conte, poi duca di Morny, era nato
nel 1811. Nel 1832 usciva dalla scupla di stato maggiore come luogote-
neate del 1° Keggimento dei lancieri. Servi in Africa sotto il duca d'Or-
leans e fece, sotto Changarnier, la campagna di Mascara e quella di Co-
stantina, nella quale fu ferito. Fu decorato per aver salvato la^ita al Ge-
nerale Trezel. Nel 1842 \eniya nominato deputato del Puy-de-D6rne.
Nel 1849 si applicava alle operazioni industrial e fmanziafie, per lui
tanto lucrose, ed era eletto all' assemhlea legislativa dal Puy-de-D6me.
AU'epoca del Decembre assumeva il portafoglio dell' interno e solo dei
nuovi Ministri firmava i primi proclami. Nel 1852 si ritirava dal Ministe-
ro, e nel 1854 succedeva al sig. Billault come presidente del Corpo le-
gislativo. Dal 1856 al 1857 era ambasciatore in Russia, ove sposo la
figlia di un grande signore del paese. Ritornato in Francia fu di nuovo
chiamato a presiedere il Corpo legislativo. La sua morte e una grande
perdita per 1' Imperatore. »
Finora non gli fu dato successore nella carica di Presidente del Corpo
legislativo.
244 CRONACA
4. Con sorpresa uniyersale il Moniteur del 29 Marzo pubblico un de-
creto imperiale, per cui il senatore marchese di Lavalette, quel medesimo
che non ha molto fu Ambasciadore di Francia a Roma, mentre era Mini-
stro il Thouvenel, venne chiamato alia carica di Ministro sopra gli affari
interni, in vece del sig. Boudet, che fu nominate Senatore. II giornale
le Alpi di Torino pubblico una lettera dell' Imperatore, la quale, se fosse
aulentica, dichiarerebbe il motivo della mutazione, avyenuta pel bisogno
« di dare ai varii rarai del pubblico servizio una direzione piu ferma, sq-
prattutto riguardo alia stampa ». Si sa che la figlia del sig. Rouher, mi-
nistro di Stato, sposo il sig. Welles di Layalette , figlio adottivo del
nuovo Ministro.
PRUSSIA 1. Conflitti fra la clemocrazia e le Potenze alemanne — 2. Bandi del
principe Federico Carlo di Prussia e del re Guglielmo 1 — 3. Diffidenza
conlro la Prussia; dispacci del Bismark ; replica della Baviera; rifmto del
Wurtemberg di partecipare ad una coalizione contro la Prussia e -'Austria
— 4. Riapertura delle Camere a Berlino ; discorso del Re — 5. II Grabow
rieletto Presidente della Camera dei Depulati; sue dichiarazioni contro il
Governo; applausi percio riscossi da' democratic*! ; gli viene offerta una
corona civica— 6. Nuovi ed acerbi contrast*! fra il Ministero e la Camera;
questa si rifiuta a fare un Indirizzo di risposta al Re — 7. Indirizzo della
Camera dei Signori — 8. Disegni di componimento per la quistione del-
1'organamento deU'esercito — 9. Pratiche per 1'annessione dei Ducati del-
F Elba alia Prussia
1. II yolgere delle cose gia da pezza in Germania , e specialmente in
Prussia ed Austria, ya per un cerio modo, che sarebbe un fenomeno po-
litico inesplicabile, se non si ammettesse, die parecchi alraeno dei capi
delle varie fazioni liberalesche di cola se 1'inteudano direttamente con chi
ha tutto 1'interesse a fare, che in Alemagna regni perpetua discordia tra
i Potentati di maggiorconto, non meno che tra i Principi ed i popoli de-
gli Slati piu iufluetiti. Ne questo dee parer inverosimile o raostruoso a chi
abbia giusto concetto di quel che e la Framinassoneria europea. Questa
non conosce ne doyeri di fedelta nei sudditi verso il proprio legittinio So-
vrano, ne carita di patria, ne santila di giuramenti, ne obblighi di Trat-
tati, ne vincoli di religioue, ne sentimenlo di yera dignita nazionale, ne
ritegno di naturale onesta. Molti diarii politici di Vienna, di Berlino, di
Dresda, di Monaco, d'Augusta, di Francfort, roba per lo rjiu dei Giudei,
pare che siano prezzolati per coltivare la malevolenza fra i Principi d'A-
lemagna, e per fomentare le gare, i rancori, gli odii fra i popoli, ed im-
pedire che mai non possano cpnvenire tra loro, neppure in quelle cose,
onde senza fello deriverebbesi lasicurezza e la forza della nazione, con-
tro,i nemici esterni e contro gl' interni sommovitori.
E ayviata quaiche pratica d'accordo fra 1' Austria e la Prussia? E su-
bito si mettono in opera i piu abietti artitizii, onde iscoprire i segreti di
Stato, carpire i document! diplomatici piu gelosi, e gettarli in pubblico,
e cosi aizzare, per esempio, la Francia a muovere richiami, destare i so-
spelti e le gelosie della Russia, e serninare la diflidenza tra i due Sovrani
che inteiideano a far tacere le loro rivalita ; ed ecco renduto impossibile
ogni componimento. Le minacce rivoluzionarie del Regno d Italia, spr-
rette dalla Diplomazia e dalla alleanza francese, danno luogo a presentire
CONTEMPORANEA
245
un non lontano assalto simultaneo, contro 1'Auslria nel Veneto e contro la
Prussia sul Reno? Ragion vorrebbe che si mettessero da banda i pette-
golezzi parlamentari e le pretensioni curiali , e si dessero a' Governi i
mezzi aa tenersi presLi a vigorosa difesa , ed in tale atteggiamento poli-
tick e militare ch^ per se solo dovesse bastare a levare il ruzzplo di ca-
po a certi cotali, pei quali e legge di propria salute lo scompiglio in casa
allrui. Ma no! Bispgaa invece che cola i liberali siauo sempre occupati
a fa; contraoto a' Ministri, sia quanto airamministrazipne della giustizia,
sia quanto a provvedinienti per 1'erario, sia quanto ai rapporti federali,
sia quanto agli ordini interni, sia quanto a ritbrme necessarie nell'orga-
namento degli eserciti, sia quanto al numero de!le milizie da tenere sotto
le bandiere, sia perfino quanto alia fermezza nel dichiararsi risoluti a re-
spingere le offese, ondeche provengano, che minaccianp 1' integrita del-
1' Impero o le frontiere del Regno. La democrazia prussiana, da oltre a
due anni; non cessa dalj'osteggiare nel raodo piu violento il re Gugliel-
mo I, che, riconosciuti i vizii del sistema dell'esercito prussiano, i'ermo
di rinioverli con prolungare alquantp il tempo d' istruzione de' spldati.
Nel Reichsrath austriaco i liberali piu accesi sono appunto quelli , che
Don rituggono da spilorcerie disonorate , preteudendo che il Governo e
lasci incompiute le munizioni dei porti e delle fortezze, e discioiga in
parte notevole i corpi migliori di truppe, e prenda ogni pretesto per
cozzare con la Prussia , e si rifiuti alle alleanze co' yicini , e si studii di
guadagnare le buone grazie della Francia e dell' Italia, sempre col pre-
testo che questo e 1'unico mezzo di rifornire e riordinare le iinanze.
Poi tutti sanno qual sia il contegno della Sassonia, della Baviera, del
Wiirtemberg, dell' Hannover e d'altri Stati minori, la cui massima pre-
occupazione si e di attraversarsi all' Austria ed alia Prussia, e crescere
gli pstacoli che si frappongono alia loro concordia ; e percio , quando H
vediamo carezzare il Nalionalverein, quando trattare d'una lega specia-
le degli Stati minori contro i maggiori, quando farrivivere i disegni d'u-
na Confederazione del Reno alleata alia Francia, quando atleggiarsi in
aspetto di campioni della liberta contro laf^p'oweaustro-prussiana. Co-
si Gabinetti, Parlamenti , giornali, associazioni liberalesche, gridando
continuamente che dee prpcacciarsi con ogni sforzo 1'unita e la graudez-
za alemanna , in realta paiono intesi a far di tutto per isnervar le forze
della comune patria e metterla alia merce di qualche Potente straniero.
Ma questo si parra chiarp da quanto riferiremo qui appresso circa al-
le cose proprie della Prussia, delle quali non era d' uopo occuparsi in
raodo speciale dacche, come riferimmo a suo tempo *, furono chiuse, alii
25 Gcnnaro del passatp anno, le Caraere di Berlino, e cosi fu posto ter-
mine agli interiori dissidii, e lasciata libera la mano al Governo nel con-
durre i negozii della sua politica esterna ; di che abbiam renduto conto
nel discorrere delle faccende tra 1'Alemagna e la Danimarca.
2. II priacipe Federigo Carlo di Prussia , succeduto allo Wrangel nel
comando supremo delle truppe alleatenello Schleswig-Holstein, fece pub-
blicare, sotto il 5 Dicembre 1864, un bando ai popoli dei Ducati ; nel qua-
le, accennato al Trattato di pace conchiuso il 30 Ottobre, e ratificato al-
ii 16 Novembre, ne riferi 1'articolo 3.° per cui « S. M. il Re di Danimar-
-I Civ. Call. Serie V, vol. IX, pag. 736-6L
246 CRONACA
ca rinunzia a tutti i suoi diritti sui Ducati di Schleswig, -Holstein c
Lauembourg in favore delle LL. MM. 1' Imperatore d'Austria ed il Re di
Prussia , impegnandosi di riconoscere le disppsizioni che le Maesta Lorp>
prenderanno circa i detti Ducati ». Poi il Principe di Prussia continue
nei termini seguenti :
« Per questa cessione, il possedimenlo temporaneo dei Ducati dell' Hoi-
stein e del Lauembourg passo alle LL. MM. 1' Imperatore d' Austria ed
il Re di Prussia, che difatto n'entrarono in possesso. Nello stesso tempo-
1' esecuzione decretata dalla Dieta germanica, il 1.° Ottobre ed il 7 De-
cembre 1863, ha raggiuntp il suo termine; il cbe dalle dette Potenze fu
significato alia Dieta net giorno 1.° Dicembre (1864), e cesso per conse-
guente 1'amministrazione dei Gommissarii civili nei Ducati. Cosi pure le
truppe Sassoni ed Anuoveresi usciranno da codesto territorio, che sara
occupato esclusivamente per 1' avvenire da truppe austriache e prussia-
ne. I due alti Govern! risolvettero di unire provvisoriamente 1'ammini-
straziooe superiore dei tre Ducati nelle mani dei loro Commissarii civi-
Ji, incaricati fin qui del Governo dello Schleswig, e d'istituire cosi uno
stato provvisorio confacenteall' interesse dei Ducati ; il quale stato quel-
Ji cercheranno di far cessare con una risoluzione quanto piu si possa
pronta intorno all' ayvenire dei Ducati , teuendo conto di tutti i diritti e
de' titoli hen fondati. »
Non facendo verun capitate diqueste ultime clausole e riserve , ma
guardando solo al tono da padrone, con che il principe Federico Carlo
riYendicava, come proprieta almen temporanea dell'Austria e della Prus-
sia, i tre Ducati , sentirono raddoppiate le loro gelosie , cresciuti i loro
sospetti, commossi i loro sdegni, non pure le Potenze minori, che nella
Dieta di Francfort aveano fatto cosi aperta opposizione alia proposta di
considerare come condotta a termine \esecmione federale ^, ma si ancora
k democrazia alemanna, che spera sempre di veder risprgere la Diela fa-
mosa del 1848. Si pjetendeva, ed il rappresentante di Baden 1'avea es-
presso formaimente alia Dieta nella seduta del 5 Decembre, che 1'Austria
e la Prussia « non assumessero 1'amministrazione temporanea dei Ducati
altrimenti che in qualita di mandatarii della Dieta ». Al vedere invocata
invece il puro titolo di possesso per la cessione fattane da Cristianp IX,
il bando del principe Federigo Carlo fu guardato quasi come una riven-
dicazione di dominio, indipendente da qualsiasi ingerenza della Dieta, e
come e una nuova e medilata umiliazione inflitta dalle due grandi Poten-
ze alle Potenze secondarie; le quali vedremo poi come ne facessero lorn
risentimenti , con.quel profitto per Vunita nazionale alemanna , che pu6
deriyare da rabbiosi contrasti.
? A gettare olio sulla vampa s'agginnse un bando del re Guglielmo I al-
1'esercito prussiano reduce dai Ducati , e pubblicato pure alii 7 Dicem-
Lre; nei quale , celebrate le ottenute yiltorie , ed il yalpre delle truppe
austriache, volgendosi specialmente ai suoi, prosegui a dire: « Numerosc
schiere del nostro esercito protessero, con laborioso servigio, le frontiere
orientqli dello Stato contro la ribellione ond'erano ininacciate ; e gli altri
corpi mantennero , con infaticabile operosita la nostra rinomanza di es-
sere ognora pronti alia guerra. Cosi il nuoyo organamento dell'esercito
La sostenuto con isplendore il suo esperimento ».
\ Civ. Catt. Serie VI, vol. I, pag. 578-79.
CONTEMPORANEA 247
Qui era manifesto che il re Guglielmo I gloriavasi del concorsp fatlo
dare, almen per indiretto, dalle truppe prussiane a quelle dell' impero
russo, per reprimere il sollevamento de' Polacchi, coli' impedire che trq-
vasse presidii e conforti nella Posnania; di che non e a dire quanto ri-
bollissero le ire di quella fazione, che yoleva impegnare la Prussia a
mettersi in coiitrastq con la Russia , lasciandp almeno pervenire soccorsi
a' sollevati di Polonia. Ma piu aocora si senti ferita la democrazia prus-
siana dal vedere, che il re Guglielmo I non perdeva occasione veruna di
ribadire il suo proposito, di mantenere 1'organamento da liii attnato per
I'esercito e reietto gia piu volte dalia Camera de' Depulati , che percio
«ra stata reiteratamente sciolta, e poi prorogata alii 25 del preceduto
Gennaio. Laonde yiepiu s' incornarono gli oppositori nel disegno di ri-
pigliare piu ostinatamente che raai il contrasto conlro questa volonta cost
manifesta del re Guglielmo I. E tennero parola.
3. Le d'ffidenze eccitate contro il Gpverno prussiano, al di fuori nelle
Potenze secondarie, circa i suoi disegni di annessione dei Ducati: e al di
dentro quanto al proposito di attuare a modo suo la costituzione , creb-
l)ero quiudi a dismisura pei nuovi ardimenti del Bismark e per le ferrne
parole usate dal Re in solenrii congiunture. Ma le prime avvisaglie eb-
bero luogo ne'giornali de'Governi e tra i fumi de'banchetti. La Gazzetta
nfficiale di Baviera , avvalendosi delle parole proferite dal Mensdorf-
Pouilly nel Reichsrath austriaco, cioe che « 1'avvilirsi da se non giovo
mai a conservare e ralForzare uno Stato », e parlando in nome del Gover-
no Ba^aro, dichiaro che quella yerita non dovea applicarsi solo all'Au-
stria, ma anche alia Confederazione germanica; la quale non si potrebbe
lasciar trasformare, per opera d'uno de' suoi membri , in istrumento di
dominazione dei piu forti sopra i piu deboli , e che percio quella farebbe
male a cercare nelle concessioni il mezzo di difendersi. « Ogni conces-
sione e considerata come segno di debolezza, e diviene pretesto a nuove
pretensioni. Non v'e che uua resistenza incrollabile, fondala sul diritto,
la quale possa cessare il pericolo che si corre dalla Confederazione e pre-
servarla dal cadere sotto'quel giogo. Non bisogna, in tali congiunture,
contare il numero delle baionette di cui altri puo essere armato, ma conli-
dare, prima di tutto, nella forza irresistibile del diritto, innanzi alia qua-
le in ogni tempo dovettero poi curvarsi que' medesimi che non voleano
teuerue conto, e che ebbero a fade omaggio almeno coll' attribuire le
apparenze della giustizia alle ingiustificabili loro azioni ». Ognunp capi
subito contro a chi fossero scoccate queste saette, e perche cosi si dava
di sprone alia Dieta.
Cosiffatte parole, quando si usano da' difensori della Santa Sede, per
giustilicarne i non possumus, qualiticati dalla Frammassoneria come ol-
truggi alia civilta mpderna, altirano sulle labbra de' liberal! della tempe-
ra del Debats un ghigno di scherno. Ma quando si sentono proferite dalla
Baviera contro le maggiori Potenze alemanne, si esaltano , dagli stessi
apologisti dell' assassinio di Casteltidardo e dei plebisciti rivpluzionarii
€omprali in Italia , come nobili sentimenti e come risoluzioni degne di
trovare conforto ed aiuto da tutta Europa. E cosi fece appunto il citato
Debats del 16 Dicembre, dimenticando d'avere schernito la forza morale
della Santa Sede e delle coudanne pontificie, perche non sono sostenute
da poderosi eserciti , dagli avertissements , dai comuniques e dai Gen-
darmes I
248 CRONACA
Se in Baviera gli umori ingrossavano al vedere i procedimenti spi-
gliati della Prussia , in Sassonia prorompevano in isfoghi anche piii ar-
denti. II sig. De Beust, nel giorno dell' anniversario di S. M. il Re suo
Signore , diede un solenne banchetto, e Yanto in un brindisi caloroso la
yirtu del Re che stette saldo nei duri frangenti a cui fu posto per mante-
nere i diritti federali, rassicurato pero dalia devoziqne de' suoi popoli, i
quali sanno che egli non indietreggia dal compiere i suoi doyeri a qual-
sivoglia costo, pel bene dell' Alemagna ; e che per Tonore di quelli e di
questa egli e « pronto a mettere, come posta al giuoco, la sua stessa co-
rona » (Debate 17 Dicembre).
Questo parlare diede sui nervi a Berlino, d'onde, per bocca della
Gazzetta della Croce, si rispose con ironia disdegnosa in questi termini :
« Sappiam bene che non si deonp pesare al bilancino dell'orafo i discorsi
proferiti dopo pranzo. E percio siamo lontanissimi dal muover rimprovero
al sig. De Beust per aver pronunciata codesta frase. Tuttavia maprodu-
zione di tal genere eassolutamente biasimevole, quando all'entusiasmoco-
mico si mescqlano cavilli giuridici, e mentre si mena yanto d'essere difen-
ditore del diritto federale proprio quando 1'organo ufficiale della Confede-
razione ha reietto puramente e semplicemente le pretensioni del sig. De
Beust, mettendolo nella curiosa necessita di imbrancarsi tra i beneCattod
disconosciuti. Ci faremo altresi lecito di dubitare tino a qual punto que-
sto Ministro abbia renduto gran servigio al suo Re, dicendp che la coro-
na di lui servirebbe di posta al giuoco nella partita incominciata. Si sa
che gia una volta la Sassonia giuoco la sua corona, e che allora n' ebbe
perduta la meta. Essa ben potrebbe perdere anche il resto, se tornasse
da capo ». Lasciamo pensare a' nostri lettori quanto codesto scambio di
protestazioni, di disfide e di minacce sia giovevole all'accordo fra le Po-
tenze germaniche ed a\Yunita alemanua ; e quanto ne dovessero crescere
le gare, i rancori e le diffidenze.
La Baviera e la Sassonia, esacerbate da questi ripicchi, e consa-
pevoli forse dei maneggi del Bismark, credettero di doversi sempre piu
recar sulle ditese, ed avviarono, come altra yolta accennammo, calde
pratiche.per formare una specie di lega degli Stati secondarii fra loro,
onde tener testa alle due maggiori Potenze. La cosa si seppe a Berlino;
e la Gazzetta della Croce, coll'usato suo cqmpatimento sarcastico, ne
parlo come d'una di quelle bambinerie di cui non importa far caso. « II
risultato piu favorevole, che si possa ottenere dalla Baviera, sarebbe
una lega dei cinque Stati, che nella risoluzione federale del 5 Decembre
(in cui si decreto finita 1'esecuzione federale contro la Danimarca) si
trovarono in minoranza. I Goyerni di codesti Stati faranno quello che
vorranno. Quanto a noi, sappiamo abbastanza 1'astrqnomia politica e
teniamo per fermo che i satelliti non diventeranno inai stelle fisse ». E
\Ost-Deutsche-Post da Vienna, facendo eco al suo confratello di Berlino,
ribadi piu forte il chiodo, dicendo: « Cio che v'ha di piu interessante,
per ora, nella quislione alemanna, si e il dimenarsi degli Stati seconda-
rii. Questo miscuglio di potenza e d'impotenza, di fiducia in se stesso e
di fprzata soggezione ad altrui, onde si distingue codesto gruppo, si tro-
va in tale stato di fermentazione, che potrebbe derivarne una decompq-
sizione totale, ed anche uno scioglimento della Confederazione germani-
ca ». E caduta questa, e agevqle intendere chei pesci piccoli cadrebbe-
ro in bocca ai pesci grossi, ossia i satelliti rischierebbero forte di cedere
CONTEMPORANEA M9
alia forza di altrazione ed essere precipitati sul loro pianeta, per confon-
dersi con esso.
Questa guerra di giornali non era che un indizio dell'altra piu aspra
che si facevano i Gabinetti con ladiplomazia. Nellatornata del 5 Dicem-
bre la Dieta federate avea accettato la proposta austro-prussiana di di-
chiarar giunta al suo termine Yesecuzione decretata nell'Holstein; e con
cio avea costretto la Sassonia e 1' Hannover a ritirare le loro truppe. Ma
cinque degli Stati secondarii, tra quali i piii ardenti erano la Sassonia e
la Baviera, vi si erano opposti, alfegando: 1.° Che Cristiano IX non avea
pptuto cedere verun diritto all' Austria ed alia Prussia sopra i Ducati
diHolsteine Lauembourg, poiche nessuno ne possedeva per difeltp di
riconoscimento della Dieta ; 2.° Che percio doveasi mutare \esecuzione
in pccupazionee sequestro inmano alia Dieta, finche non fossero chiariti i
diritti del legittimo Sovrano, a cui si dovrebbero dalla Dieta stessa con-
segnare quegli Stati. II Bismark si adonlo di tali proposte, ancorche fos-
sero reiette dalla pluralita della Dieta, giudicando che cosi quelle Poten-
ze secondarie ayessero disconosciuto il valore del Trattato di pace con la
Danimarca, ed i diriui dell' Austria e della Prussia, attribuendo alia Die-
ta una specie di allo dominio, ovvero diritto, di occupare e sequestrare
cjualunque territorio, la cui successione sia capace di litigio. Diche solto
il 13 Dicembre spedi al rappresentante prussiano presso la Corte di Mo-
naco di Baviera, un dispaccio assai diffuso x, net quale fece pompa della
magnanimita e sopportazione usata verso le indiscrete pretensioni della
Sassonia, le ribatie come insussisienti , e fini con una specie di monito-
rio: si badi bene che niuno oggimai ardisca « porre in dubbio la ferma
risoluzione della Prussia, quanto al fare 1'uso piu ampio della intiera
liberta d'azioae, che risulterebbe per lei qualora fossero disconosciuti i
Trattati ». Sicche parve voler dire: se vi contentate con buon garbo di
non piu molestarci con richiami circa il diritto di possesso legittimo per
noi, fondato nel Trattato di pace con Cristiano IX, sta bene ; altrimenti,
disconoscendo quel Trattato, ne consegue che i Ducati, non appartenen-
do per vostra confessione a Cristiano IX, non essendo ancora ne di di-
ritto riconosciulo ne di fatto sotto lo scettro d'altro pretendente, saranno
primi occupantis, e ce li terremo percio noi stessi che gia, per averli,
abbiam speso tanti tesori e tanto sangue.
Questa maniera spiccia di trattare ie cose dispiacque assai a Monaco,
d'onde fu spedita a Berlino una replica abbastanza risentita, in cui, senza
romperla apertamente, si rifiutavano con calore e fermezza le ragioni del
Bismark e si manteneva la giustizia dell' opposizione fatta nella Dieta,
per interesse dell'Alemagna; dimostrando che le teoriche del Gabinetto di
Berlino, qualora fossero attuate nella loro ampiezza, come gia faceasi pel
caso presente dei Ducati, riuscirebbero a nulla meno che ad annientare il
principio fondamentale della Confederazione, secondo il quale tutti i mem-
bri di essa sono eguali. II Bismark lascio dire, e tempesto di dispacci
i'alleato di Vienna, proppnendo sempre nuove forme di risolvere la qui-
stione, le quali sarebbe inutile di qui accennaiC, poiche nessuna di esse
Yenne tinpra accettata dall' Austria; la quale eastretta aprocedere in cjue-
sto negozio con somma cautela , si per non offendere le Potenze minori
gia molto diffidenti, e si per non allargare troppo la mano verso la Prus-
\ Debate, del 6 Gennaio.
2oO CRONACA
sia, che piu tardi potrebbe abusare di tale generosita, e si per non ridursi
a cimento di rompere i'alleanza tra Vienna e Berlino, cbe costo gia tanti
sacrifizii, seuza che siasi tinora raccolto dall' Austria verun sodo prqtitto,
mentre hivece la Prussia difatto e pressoche padrona dei Ducati e di stu-
pende posizioni marittime.
II signer Bismark, da quell'ayveduto uomo di Stato che egli e, man-
dando quel sup dispaccio altiero a Monaco, ayea ben preseniito che di
la, non pure si risponderebbe su quel tono, ma si farebbero pratiche co~
gli altri Stati minori, per attuare la divisata lega ; e fu pronto al riparo?
mandando lo stesso giorno simili dispacci, nello stesso senso, a' suoi rap-
presentanti presso la Sassonia ed il Wurtemberg. Colla priraa uso maniere
assai piu rigide, secche e minacciose che colla Bayiera; ma col Wurtem-
berg fu cortese ed ammodato, come chi sa d'ayer ragioni da vendere, ma
non crede di doyerne far pompa verso di amici. La tattica da lui usata
ebbe suo effetto. Alii 5 Gennaio una interpellanza fu diretta, nelle Camere
di Stuttgard ( Wtirtemberg), al sig. Yarnbuhler per sapere 1.° Se v'era
sperauza che 1' unione delle maggiori Potenze riuscisse a soluzione sod-
disfacente della quistione dei Ducati: 2.° Se non era opportuna una lega
fra gli Stati minori ; 3.° Se net caso che questa si effettuasse, ayrebbe in-
dirizzo liberale. II Ministrorispose che si alia prima interrogazione, rac-
comandando di aspettare con quiete 1'esito delle pratiche avyiate ; e quan-
to alia seconda, che era la piu rilevante, si dichiaro in questi tertuini;
« Considero 1' unione delle due grandi Potenze alemanne come una con-
dizione pel risolyimento di quella quistione, e come utile in generale al-
1'Alemagna. Una lega degli altri htati federali, o d'una parte di )oro>
per opporsi a quella delle due grandi Potenze, non mi sembra per ora ne
necessaria ne opportuna. Dal pensiero di appoggiarsi ad aiuti esterni
contro i 'Austria e la Prussia rifuggono certo tutti i Goyerni alemanni, ed
io lo respingo con tutta 1'energia ecc. » (Debats, 10 Gennaio).
Quesle dichiarazioni appagarono la Camera, che s' acqueto ad aspet-
tare; e percio e chiaro che la disegnata lega non si pote stringere, ed a
poco a poco le Potenze secondarie, persuase della inanita de' loro sforzi?
tornarono agli antichi procedimenti piu riserbati e cauti.
4. A mezzo Gennaio, il di 14, furono riaperte le Camere prussiane,
chiuse fin dal 25 Gennaio dell'anno precedente. II re Guglielmo I in per-
sona yi pronunzio un discorso, riferito anche nel Memorial diplomatique
del 22 Gennaio; nel quale, esposti i felici eyenti delia guerra contro la
Danimarca e commendato assai il valore delle truppe,x venne subito ai
punto, ond' ebbero origine le scissure tra il Ministero e la Camera dei
Depuiati, cioe aM'prganamento deU'esercito, manifestando formalmente la
yolonta irremoyibile di mantenere i nuoyi ordini, da cui erasi deriyato
tanto bene. Di codesto discorso riferiremo qui i brani che principalmente
toccano le piu delicate quistioni interne e le relazioni esterne.
« Dopo il periodo di cinquant' anni di pace, solo interrotto da onore-
voli ma brevi campagne, 1'educazione e la disciplina della mia armata,
1'utilita del suo organameuto e del suo armamento sono state luminosa-
mente provate dalla guerra dello scorso anno , che la inlemperie della
stagione e la valorosa resistenza del nemico renderanno per sempre me*
moranda. Si deye all' organamento presente deU'esercito, che la guerra
abbia potuto esser condotta, senza che si abbia doyuto portare attentato,
coll'appello della landwehr, alle relazioni del layoro e di famiglia della
CONTEMPORANEA 251
popolazione. Dopo una simile esperienza, e ancora piu stretto mio dovere
di sovrano di mantenere le presenti istituzioni e di syolgerle sulla base
<isistente, per dar loro una maggiore perfezione. Debbo ripromettermi che
ie due Camere del Parlamento mi presteranno la loro cooperazione costi-
tuzionale per adempiere questo dovere.
« Lo svolgimento della marina ha pure creato dei doveri particolari.
Colla parle ch1 essa ha preso alia guerra, la marina ha acquistato giusti
litoli alia mia riconoscenza, ed essa ha mostrato la sua alta importanza
pel paese. Se la Prussia vuole adempiere 1' alta missione che le e asse-
gaata per la sua situazione geografica e per la sua posizione politica, bi-
sognera che dia alia sua marina gli svolgimenti convenienti e che non te-
ma di fare a questo scopo grandi sacriticii. Con questo convincimento il
mio Goyerno vi presentera un disegno d'aumento della armata di mare
« II concenlramento di truppe sulla frontiera polacca ha potuto cessare
dopo repressa 1' insurrezione nel paese vicino. II contegno moderato, ma
fermo del mio Governo ha posto la Prussia al sicuro dai soprusi dell' in-
surrezione, mentre i tribunali competenti colpivano gl' individui colpevoli
di partecipazione isolata a tendenze, ayenti per iscopo la separazione di
una parte deila monarchia.
« Lo stato prospero delle nostre finanze ci ha permesso di far la guerra
alia Danimarca senza aver ricorso ad un prestito.
a Questo e tal risultato che deve eccitare una grande soddisfazione.
Esso ha potuto conseguirsi merce un' amministrazione economica e pre-
veggente, merce soprattutto gli eccedenti rilevanti delle rendite pubbliche
in questi due ultimi anni
« II mio Governo ha fatto eseguire i lavori tecnici preparatorii per la
costruzione d' un canale fra il mare del Nord e il mar Baltico, attraverso
i' Holstein e lo Schleswig, il quale sia costantemente navigabile pei basti-
menti di commercio e di guerra di ogni dimensione. Vista 1' importanza
di questa grande impresa per gl' interessi del commercio e della marina
prussiana, il mio Governo si sforzera di garantirne 1'eseguimento con una
partecipazione dello Stato alle spese che ne saranno la conseguenza
« La pace colla Danimarca ha reso all'Alemagna la contrastata sua
frontiera setlentrionale, ed agli abitanti di quelle contrade la possibilita
di prendere parte altiva alia nostra vita nazionale. La mia politica ayra
per compito di assicurare questa conquista con istituzioni che ci facilkinq
il dovere d'onore di proteggere questa frontiera, e di permettere aiDucati
d' impiegare e di far valere le loro ricche forze nell' interesse dello svol-
gimento della forza di terra e di mare della patria comune. Col mantenere
queste legittime dimande, cerchero di porne il compimento d'accordo coa
lutte le pretese fondate e del paese e del Sovrano
« Le nostre relazioni con tutte le altre Potenze non sono state turbate
in verun modo e continuano a presentare il carattere piu felice e piu sod-
disfacente.
« Signori, il mio voto piu ardente si e che la differenza insprta, in
questi ultinii anni, tra il mio Governo e la Camera dei Deputati, riesca ad
una conciliazione. I memorandi avvenimenti del 1864 avranno contribuito
ad illuminare gli animi sul bisogno di migliorare un' organizzazione mi-
litare, la quale ha superalo la prova d' una prospera guerra.
« Sono risoluto a nspettare ancora ed a tutelare i diritti che la Costi-
tuzione ha assegnato alia rappresentanza del Paese; ma se la Prussia de-
CRONACA
Ye mantenere la sua indipendenza e il grado, al quale ha diritto fra gli
Stati dell'Europa, il suo Governo deve essere fermo e forte, e con puo
esservi accordo colla rappresentanza del paese che col mantenimento
dell'prganizzazione dell'esercitp, la quale garantisce la suayirtu militare,
e quindi la sicurezza della patria. »
I nostri lettori avranno notato da se il tono fermo, con cui il Re parlo
della volonta sua di mantenere il nuovp organamento dell' esercito ; e la
franchezza con cui accenno alia repressione delle mene rivoluzionarie sui
confmi del reame di Polonia ; la cura onde rilevo i lavori gia imprest
per un canale marittimo a traversp 1' Holstein e lo Schleswig, come se si
trattasse di cose domestiche fatte in casa propria ; la disinvoltura con la
quale affermo che adoprerebbe la sua politica a rassodare, con opportu-
ne istruzioni , la conquista fatta sopra la Daniniarca , ed a far valere le
ricchezze dei Ducati per crescere le forze della comune patria.
Ma i Deputati capirono che da tutte queste belle cose il Governo si
proponeva di ricavare il frutto espresso nella conclusione : dunque desi-
stete dal farmi contrastp, approvate il nuovo organamento dell' esercito.
II Re ayeva parlato chiaro ; la Camera si credette in debito di parlare
anche piu chiaro, benche in altra forma.
5. Adunatasi, il di 16 Gennaio, la Camera dei Deputati procedette al-
1'elezione del proprio Presidente, e, con 222 suffragi sopra 258 votanti,
rielesse a tale ufficio appuntoa quel medesimoBorgomastro sig. Grabow,
che collo stesso titolo, nelle precedent! sessioni, si era segnalato per 1'in-
flessibile sua opppsizione al Ministero, ed avea sempre capitanato la de-
mocrazia ne' suoi assalti. Questa era una indiretta, ma vigorosa risposta
della Camera al Re. Ma il Grabow non se ne tenne soddisfatto, e -voile,
appena, risalito al seggio di Presidente, manifestare i suoi proprii senti-
menti ; laonde, ringraziata con calde parole la Camera per questo nuo-
yo segno di fiducia , e richiestala di concorso benevolo ed energico per
gl' interessi della patria , usci fuori in questa filippica contro il Gover-
no: « Signori. Al mpmento della chiusura dell' ultima sessione, si era
precariamente rinunciato alia speranza d'un accordo con questa Camera.
Poscia, processi contro la stampa liberale; misure disciplinari contro gli
ufficiali pubblici liberali ; rifiutata la confermazione delle elezioni comu-
nali ; sospetti e calunnie contro i cittadini liberali si sono prodotti in
maggiore abbondanza ancora che negli anni precedents (Bravo)! II sen-
timento liberale e messq al bando (verissimo). La fedelta ha le sue con-
vinzioni; il piu bel gioiello del pubblico ufficiale vecchio-prussiano e
stato 1' obbietto della proscrizipne neo-prussiana (vivo assenso). Si mette
la scure all' arteria dell' amministrazione autpnoma della citta e dei
comuni, che dopo il 1808 aveya prodotto i bei frutli dal sentimento col-
lettivo e della prosperita collettiva , per determinare 1'opinione pubblica
tre volte provata, la potenzapiu forte dello Stato, a ritornare addietro;
per forzare la Camera dei Deputati a sottomettersi e per cosi legare le
arterie vitali della vita costituzionale (Bravo). Intanto la coscienza del
popolp prussiano e dei suoi rappresentanti eletti , che hanno giurato
avanti a Dio e alia Corona di rispettare coscienziosamente la Costituzio-
ne, non pieghera sotto 1'effetto d'alcuna potenza della terra, poiche si
tratta di conservare la santita dei diritti costituzionali della corona e del
popolo ( Bravo) .
CONTEMPORANEA 253
« La divisa reale : « Solo chi si colloca sulla rupe del diritto, si trova
sulla rupe dell'onore e della vittoria; » questa divisa noi 1'abbiamo as-
sunta (Benissimo!) Sotto guesta bandiera non possiamo trovare 1'accor-
do che vivamente desideriamo da alcuni anni, ma inyano, senon per
una via che rende possibile di npn abbandonare i diritti dei popoli giu-
rali e affidati alia nostra fedelta coscienziosa (Braco). Voglia il Go-
yerno del Re entrare con noi in si fatta via, per la salute ed il vantaggiq
della patria nostra, la cui prosperita e il cui onore saranno sempre sacri
pei nostri cuori prussiani 1 »
II Ministro degli affari interni, signor Eulembourg, non pote compor-
tare" questo assalto, e nella tornata del 17 , dolendosi dell' « amara cri-
tica » fatta dal Grabow al Governo , e della tetra sua descrizione dello
statp del paese, cosi continue a dire: « Lascio da parte il chiedere , in
virtu di qual diritto il signor Presidente ha potuto sollevare, prima ancora
che la Camera fosse costituitae mentre erano assenti i rappresentanti del
Governo, un'accusa generate contro il Ministero, appunto allora quando
egli avea appena finito di protestarsi che adempirebbe imparzialmen-
te il suo uffizio. Ma ben voglio e posso chiedere : quale impressione cio
debba aver fatto sul reale nostro Signore , sul Governo e sul popolo?
posciache, immediatamente dopo avereilRemanifestato il voto che 1'op-
posizione fra il Governo e la Camera dei Oeputati possa essere leyata
via per componimento, il Presidente della Camera s' affretto di dichiara-
re, dalTalto del sublime suo posto , che non mai questa opposizione era
stata tanto spiccata quanto adesso, e che un accordo e oggimai impossi-
bile, se il Governo non si arrende ai voleri della Camera ! II Governo
deplora sinceramente questo procedere del signor Presidente ; ma, dato
pure che la pluralita dalla Camera Tapproyasse , il Governo non rinun-
ziera percio ai suoi intendirnenti conciliativi. In quanto sara possibile
daremo a vedere, nella sostanza come nella forma degli atti nostri, quanto
e sincero il nostro desiderio di far cessare il presente conflitto ».
II Grabow replied alteramente, che avea coscienza d'aver fatto bene a
mettere in chiaro le cose, perche questo e il solo mezzo efficace a conci-
liazione secondo la giustizia e la verita.
La Camera, col suo silenzio, interrotto solo da poche parole, pro e
contro, di due Deputati, fece capire che dava ragione al Grabow; al qua-
le, di li a non motto, pervenne un'altra pubblica manifestazione di grati-
tudine pel suo contegno, con che la democrazia alemanna si piacque di
significargli cjuanto le tornasse accetta la sua indomita fermezza nel tener
testa contro i voleri del Re e nel sostenere le pretensioni della Camera,
Trecento elettori di Colonia gli mandarono presentare una corona d' ar-
gento a rami di quercia, accompagnata da un indirizzo ardito, col quale,
come si legge nel Debats del 3 Febbraio, dichiaravano il pieno loro com-
piacimento, si delle parole con cui egli denunzio gli abusi del Governo e
descrisse le tristi condizioni della patrie, assicurando che quelle parole
« aveano sonato ben alto in tutto il paese e molto al di la delle frontiere
della patria, in tutti i cuori illuminati ed indipendenti ». I setlarii, si sa,
non conoscono patria, e son pronti ognora a sacrih'carla a vantaggio della
setta, e trionfano degli inlerni dissidii, quando questi si possono volgere
a depressione della monarchia. Percio ancora si felicitava da codesti Co-
loniesi il Grabow, per aver fatto, come vedremo a suo luogo, che la Ca-
254 CRONACA
mera si rifiutasse a qualunque indirizzo di risposta al discorso del Re,
some per dirgli : Siete intrattabile, ed oggimai con yoi occorrono fattj
non parole 1 11 Grabow riceyette la corona e 1' indirizzo con mostra di
sentito piacere, ma protestandosi che egli riguardava tale omaggio come
fatto a tutta la rappresentanza nazionale, e che in nome di lei 1'accettava.
6. Con questi fomenti e chiarp che i contrast! , non che scemassero,
doveauo crescere appunto in ragione del fayore in che pareano grandeg-
giarepresso laFrammassoneria gli avversarii del Ministero e del Re. Onde
di tanto si ringagliardi la pertinacia degli oppositori, che neppure rifug-
gonp da minacee di sollevamento, manifestate nelle loro corrispondenze
a' giornali stranieri. E pur teste scriveano all' Italic che, sebbene il Re
sembrasse disposto, anzi a prorogare che a sciogliere di bel nuovo la Ca-
mera, che durava inflessibile ne' suoi propositi, tuttavia « nelle present!
cpngiunture e coi disegni d'annessione dei Ducati, che si covano dal Ga-
binetto di Rerlino, la pace interna non e solamente necessaria, ma indi-
speiisabile; laonde tutto induce a credere che il Re di Prussia, di cui ben
si conosce 1'accorgimento nel temporeggiare, non provocher a mal a pro-
posito un mommento del partito d'azione ». Stando le cose in questi ter-
mini, non dee fare meraviglia che serapre piu s'inasprisse il conflitto fra
la Camera ed il Governo, scambiandosi daH'unaedaU'altra parteacerbe
dichiarazioni, quando la disamina dei bilanci ne comincio a porgere 1'oc-
casione. Ed il mal animo della Camera spicco subito nella risoluzione
quasi unanime con che, respinti gli schemi tilndirizzo, compilati da ua
certq numero di Deputati cattolici, che volcano tenere aperta la porta alia
conciliazione, tutti gli altri votarono, nella tornata del 24 Gennaio, che non,
era d'uopp d'alcun Indirizzo, posciache ilGpyerno avea fatto della qui-
stione militare, intorno a cui yolgeva il dissidio, una specie di noli me
tangere, da cui esso non voleya recedere , ed in cui la Camera , salvi i
suoi diritti, non potea piegarsi.
Ma a tal decisione della Camera dovette conferire non poco la dichia-
razione fatta dal ministro Eulembourg circa 1' impossibility che il Re ed
il Governo rinunciassero al nuovo organamento dell'esercito. Ecco le sue
parole, trascritte anche dal Debats del 28 Gennaio:
« Rammentate per un istante, ye ne prego, o Signori , 1'essenza della
questione militare! Figuratevi un monarca il quale, soldato nell' anima,
ha apprezzato nella profondita piu intima 1' importanza della sua armata
per lui e per la sua patria; le cui riflessioni ed aspirazioni da lungo tem-
po non sono state iudirizzate che a dare a questa istituzione un organa-
mento, capace di guarentire la forza e la solidita che essa ha avuto tino
ad ora, edi portarla ad uno stato d'istruzione, atta a mantenerla all'altezza
di una delle prime armate dell' Europa 1 Figurateyi un monarca, il quale
crede di avere infine trovato simile organamento, che, coll'assenso della
rappresentanza nazionale , la realizza proYvisoriamente e che crede si
importante , si necessaria che non vi rinuncia , anche quando il paese si
troya minacciato dal pericolo di restare senza bilaricio. Figuratevi poscia
una guerra yittoriosa, una guerra cui 1'armata ha fatto soltp 1'impero del
suo nuovo organamento, e riflettete anche alle conchiusioni che natural-
mente ne seguiranno, cioe che forse sarebbesi potuto yincere parimenti
senza la nuova organizzazione, ma che non sarebbesi vinto con tanta si-
curezza sotto 1'impero cosi completo della disciplina e, se posso cosi es-
CONTEMPORANEA. 255
primermi con pari eleganza e non sotto le forme che hanno fatto le loro
prove ed hanno trovato in questa guerra la loro giustificazione.
« Ricordate inoltre die i pericoli che si annettevano alia mancanza
d'un bilancip, non si sono presentali. Ed e a im simile monarca che voi
dimandate di rinunciare a quest'opera, in favor della quale parlano tutti
i fatti, e di dire : « lo e il mio Governo cerchiamo la conciliazione nella
« distruzioue di una parte dell' opera che ha reso grande la Prussia! »
Cid e impossibile , o Signori , interamente impossibile ! Ne il Monarca
presente della Prussia , ne alcuno altrq Re di Prussia, finche vivremo ,
abbandonera il minimo puntp dei principii di questo riorganameuto del-
1'armata ne delle disposizioni legali , ch' esso considera come i corollarii
necessarii ; e i Re di Prussia hanno una durata piu lunga di uria Camera
di Deputati eletti per tre anni. . . .
« Signori, rinunciate all'idea di esercitare il vostro diritto risguardante
il bilancio nella questione militare; cercate qualche altro tema, qualche
altro terrenosul quale possiate poter fare valere il vostro diritto, benche
possa esservi difficile lo scoprire un simile terreno , perche voi troverete
il Governo pronto, finche circostanze di fatto nol renderanno impossibile,
ad ammettere 1'interprelazione degli articoli della legge alia quale vi at-
tenete. Fate scomparire dalla scena la questione militare; essa allora sa-
ra una lezione pei tempi futuri; allora tutta la lotta che sosteniamo da
tre anni, e che continuera indefinitamente se non cedete su questo punto,
sara nullameno salutare per la patria e contribuira allo svolgimento della
yita costituzionale piu che non credete. Signori, non lasciate la manife-
stazione di un tale patriottismo ai vostri successori ; mettete, piu presto
che e possibile, la mano all'opera, per rendere la Prussia unita, e quindi
cosi grande e cosi forte, quanto merita di esserlo. »
L'esortazione deU'Eulembourg riusci precisamente ad uno scopo tutto
contrario all'inteso; ed i Deputati , col respingere ogni proposta d'lndi-
rizzo, dissero chiaro al Re : Voi non volete fare a modo nostro? E noi
terremo saldo, ne spenderemo indarno altre parole per chiedervi quello
che ci avete dichiarato impossibile.
7. Grande, senza dubbio, dovett'essere il rammarico del Re al vedersi
cosi tornar vano ogni maneggio per un componimento co' Deputati;
ma, per compenso, ebbea trovare conforto neU'amplissimo indirizzo del-
la Camera dei Signori (Debats del 26 Gennaio), nel quale era espressa
la pienissima adesipne di queslo Corpo , a cui egualmente compete la
rappresentanza nazionale, e che proferivasi pronto a sostenere il Re e la
Corona con ogni favore. Qualche modificazione , proposta dal sig. Bloe-
mer , in cui si accennava il desiderio di veder cessato quel conflitto fra
la Corona e la Camera , venne respinta , dopo le spiegazioni applauditis-
sime del Bismark. II quale, posto in sodo che il presente Gabinetto non
ayea creata questa condizionedi cose, ma che essa dovea imputarsi prin-
cipalmente alia malaugurata risoluzione, presa dalla Camera col voto del
23 Settembre 1862 , venne sppnendo che la Costituzione non impone a
Teruno dei tre Poteri, cioe Ministero , Camera dei Signori , Camera dei
Deputati, 1'obbligo di soggettarsi al sic volo, sic iubeo d'uno qualsiasi di
essi ; che perci6 il conflilto non potea cessare che per un componimento,
e che questo rendeasi impossibile solo per cio, che mentre la Corona
facea di tutto per venire ad accordi cedendo sotto molti risguardi , la
256 CRONACA CONTEMPORANEA
Camera teneasi irremoyibilmente sul diniego di pur cedere un apice delle
sue pretension!. L' indirizzo proposto'fu approvato da 84 suffragi contro
6, e ricevuto dal Re con grande effusione di compiacenza e con mostra
di fiducia nella cooperazione del Signori. E certo Guglielmo I , avendo
della sua il partito feudale e la nobilta, e per giunta 1'esercito, puo darsi
pace dell'opposizione dei Deputati , perche a peggio andare puo riman-
darli a casa, e fare per 1'anno 1865 come fece pel 1864.
8. Tuttavia le pratiche di conciliazione non furono al tutto abban-
donate dal Ministero, benche non tralasciasse di quando in quando di
far sentire a' Deputati, come teste per bocca del Generale de Hoon, mi-
nistro della Guerra , che 1' incocciarsi a Tolerla spnntare potrebbe aver
per conseguenza quel. che accade a chi yuol tutto o niente , e che , du-
randola a questo modo , potrebbe pericolare la stessa Gostituzione. Un
disegno di legge sopra il servizio mililare fu presentato, alii 7 Febbraio,
alia Camera dei Deputati , steso in 20 articoli riferito nel Debats del 13
Febbraio ; dal quale apparisce manifesto il proposito del Governo di
mantenere, a qualunque costo, lapresente organizzazione dell'esercito di
terra e di formare una potente marina militare.
Sembra che da ultimo , per tentare ancora una via d'accordo , il Mi-
nistero abbia proposta di riconoscere alia Camera la prerogativa di tissa-
re ogni anno il numero delle cerne da chiamarsi sptto le baudiere, os-
sia il contingente militare, purche quella si contend dal canto suo diap-
provare tal quale sta il nuovo ordinamento, quanto alia durata del tem-
po che i soldati dovranno passare sptto le armi. E diceasi che qualche
speranza cominciava a mostrarsi , di veder finalmente risolto con questo
componimento il si diuturno litigio.
9. Intanto fervono i maneggi del Gabinetto prussiano per ottenere
un'annessione almenp parziale e velata dei Ducati dell' Elba. Si riusci a
combinare una bandiera provvisoria pei Ducati, la quale venne ricono-
sciuta dalla Francia ; ma questa , rifiuto poi di continuare ai Ducati i
favori commerciali di cui godevano prima, recandone per cagione, che
quelli erano stipulati con un Governo che avea cessato di esistere, e
percio erano di fatlo annullati. Di che il Bismark fu altamente tratitto.
I partigiani deH'annessione si danno attorno con molta solerzia per rac-
cogliere firme ad indirizzi da presentarsi al Re di Prussia, affiuche si
degni di stendere sopra di loro lo scettro e la protezione sua; gli ufficia-
li pubblici, che non si mpstrano abbastanza zelanti a questo proposito,
sono cangiati ; i municipii sonp carezzati o infreriati con molta sagacia ,
secpndo che le loro manifestazioni favoriscpno p contrariano tali disegni;
ed il re Guglielmo I si dispone a fare un viaggio nei Ducati stessi , do-
ve 1'occhio del padrone , come si sa , puo supplire a molti difetti ed in-
fervorare le pratiche, e spllecitare qualche forma di plebiscite, sopra cui
fondare quel diritto che risulta &&\\' opinione pubblica e dal voto popolare.
Ma resta a yincere la ripugnanza dell'Austria , che non sembra ancora
disposta, ne a parteggiare apertamenle per la Prussia, poslergando i
diritti della Dieta ed i richiami della Potenzesecondarie,ne a lasciare di
tanto rinlbrzare la sua emola , quanto risulterebbe dall'annessione dei
Ducati , senza prima avere stipulati e guarentiti efficacemente i proprii
interessi con adeguati compensi.
IL MATRIMONIO CRISTIANO
E
LE ASSEMBLES TORINESI
Mentre i Senator! e i Depuiali della novella Italia discutevano, negli
scorsi mesi di Febbraio e di Marzo, le leggi intorno al Matrimonio
civile, il sig. Canlii ha citate quelle celebri parole di Walpole : Noli
quieta movere: non muovere le cose che sono quiete. Con che ci
sembra aver egli dalo a quegli uomini di Stato il migliore ed il piii
opportune consiglio, che si potesse. Ma essi nol seguitarono, peroc-
che votarono favorevolmente per quelle inique proposte ; e cosi di-
mostrarono che il capogirlo italiano non appartiene solamente alia
capitale murale, ma che si e comunicato ancora ai loro cervelli di-
plomatici.
Forse i nostri lettori penseranno, che noi approriamo il consiglio
del sig. Cantu, e deploriamo che i reltori d' Italia lo abbiano mise-
rabilmente rigellato; per la ragione, che i detti amminislratori della
cosa pubblica hanno d'innanzi agli occhi tante altre cose che si
muovono, le quali converrebbe fermare, e tante incerte, che sarebbe
opportune di slabilire, e tante vuote, specialmenle le casse, le quali
non si sa come si possano riempire, e pur si debbono. Stanleche,
quale che sia la loro opinione intorno alle allre specie di vacuila,
ben sappiamo che i nostri politic! aborrono il vacuo monelale di
comune consenso e per una sorta d' istinto irresistibile. Egli dun-
^que pareva conveniente assai, che prima di metlere in movimento
Serie Y7, vol. II, fasc. 363. 17 21 Aprile 1865.
258 IL MATRIMONIO CRISTIANO
e di agitare le cose quiete e tranquille, i Senator! e i Deputati si do-
vessero occupare di ricondurre in calma, e di riparre in ordine lutte
quelle che sono scompigliate, e si dimenano sconvenevolmente.
Ma per quanto quesla ragione escogitata dai noslri leltori sia buo-
na, per quanto essa sia vera, e per quanto sia capace di fare stimare
quel consiglio e lodevole per colui che lo ha dato, e profiltevole se
lo avessero abbracciato coloro ai quali era suggerito; noi non ne ab-
biamo bisogno. Conciossiache ve ne ha delle altre di una efficacia
maggiore, e di una forza assoluta ; come quelle, le quali persuadono a
lasciare stare il matrinionio come sia, in ogni tempo, in ogni condi-
zione di governo, ed anche nel caso che i Senatori e i Deputati non
avessero niun' altra cosa onde occuparsi utilmente, e non si offrisse
ai parlamentari niun altro soggetto da far pompa o soda o vana di
eloquenza. E ci si consenta, che esponiamo brevemente, se non tulte,
alcune almeno di queste ragioni; e che uniamo cosi la nostra voce,
qual che essa sia, con quelle di tanti egregi e cattolici scrittori, sieno
laici sieno ecclesiastici, i quali energicamente riprendono e viluperano
questo atlo, come quello che compete piuttosto a distruttori di popoli
e di citta, che a facitori di nazionalita e di regni.
Dapprima affermiamo francamente , che i reggitori del nostro
paese son venuti a perdere la ripulazione, se pur ne avevano, non
diciamo collo stabilire, quanto e in loro, e col sancire le leggi del
matrimonio civile; ma sol mettendo queste leggi in seria discussio-
ne. Perche da noi italiani, e da tutti gli altri cattolici che sono sparsi
sopra la terra, deve per questo solo il loro Senato e la loro Camera
essere necessariamente riguardala, come una sinagoga di peccatori,
e come una congregazione di maligni. Ne puo essere allrimenti.
Perciocche tutti i caltolici ritengono che la cattedra della verila e
quella, ove siede il venerato Pontefice Pio IX; e noi italiani, la Dio
merce , piu vivamente lo crediamo , per aver la disposizione divina
eretta questa sede luminosa appunto in mezzo a noi.
Or volge appena il quinlo mese , da che 1' augusto Gerarca ha
dato a lutta la Chiesa che gli e soggetta , i piu precisi ammaestra-
menti intorno a questi punti. Nell' atlo degli 8 Dicembre del 1864,
Egli ha solennemenle condannato gli errori , co' quali si afferma ,
E LE ASSEMBLES TORINESI 259
che non si puo in niun modo tollerare , che Cristo abbia elevato
il matrimonio alia dignita di sacramento; che il sacramento del
matrimonio non e che una cosa accessoria al contralto, e da questo
separabile, e lo stesso sacramento e riposto nella sola benedizione
nuziale; che il vincolo del matrimonio non e indissolubile per dritto
di natura, ed in varii casi puo sancirsi per la civile aulorita il di-
Yorzio propriamente detto; che la Chiesa non ha la potesta d'indurre
impedimenti dirimenti il matrimonio, ma tale polesla compete all'au-
torita civile, dalla quale debbono togliersi gl' impedimenti esisleuti;
che la Chiesa incomincio ad introdurre gl' impediment! dirimenti
ne'secoli posteriori non per dritto proprio, ma usando di quello che
ricevette dalla civile potesla; che i canoni tridentini, ne' quali s' in-
fligge scomunica a coloro che osano negare alia Chiesa la facolla di
stabilire gl' impedimenti dirimenti, o non sono dommatici, ovvero si
debbono intendere emanati per 1'anzidelta potesta ricevuta; che la
forma del Concilio tridentino non obbliga sotto pena di nullita in
que' luoghi, ove la legge civile prescriva un' altra forma, ordinando
che il matrimonio, celebrato con questa nuova forma, sia valido; che
Bonifazio VIII pel primo asseri che il voto di castita, emesso nella
Ordinazione, fa nullo il matrimonio; che in virtu del contralto mera-
mente civile puo aver luogo tra' cristiani il vero matrimonio; ed e
falso che o il contralto di matrimonio tra' cristiani e sempre sacra-
mento, ovvero che il contralto e nullo, se si esclude il sacramento;
che le cause matrimoniali e gli sponsali di loro natura appartengono
al foro civile; e fmalmente .quegli altri due errori dell'abolizione del
celibato de' chierici, e della preferenza dello stato di matrimonio allo
stato di verginita 1.
A questi insegnamenti del Sommo Pontefice, siccpme a lutti gli
altri che sopra somigliante inaleria sono stati dati o da Lui, o dai
suoi Predecessori, o dai Concilii universali, noi callolici aderiamo
con lulta sincerita di animo, e con tutta pienezza di affetto. Giacche
non riputiamo, secondo che dice S. Paolo 2, che la voce di colali
1 Syllabus, §. VIII: Errores de matrim&nio christiano.
2 Cum accepisselis a nobis verbum auditus Dei, aceepistis illud, non ut
wrbum hominum, sed (sicut est vere) verbtim Dei. 1. Thess. II, 13.
260 IL MATRIMONIO CRISTIANO
maestri sia voce di uomini; ma la teniamo, quale e veramente, per
Yoce di Dio.
Ecco perlanlo qual eintorno al matrimonio cristiano la professione
di fede, la quale fa un vero cattolico ed un onorato e degno italiano.
Egli crede , che nella legge di grazia e stato elevato questo natural
contratto alia dignita di sacramento da Gesu Cristo ; il quale ha vo-
lulo che 1' unione coniugale, ordinata naturalmente a procreare gli
uomini, rappresenli 1' unione, onde esso Salvatore si congiunge spi-
ritualmente alia Chiesa , facendola , mediante lo spirilo soprannatu-
lale che le infonde , vivere una vita divina ed attuosa , sicche essa
cooperi col suo Sposo a rigenerare come figliuoli di Dio i figliuoli
degli uomini. E siccome questa unione di Cristo colla sua Chiesa e
indissoluble ed eterna, cosi anche il malrimonio cristiano , allorche
e consummato, persiste insinattanto che persiste la vita de' coniugi.
Ne puo forza umana separare cio che ha congiunto Iddio 1. Inoltre
poiche i sacramenli della noslra legge non sono vane significazioni
ed inulili elementi, niun cattolico dubita, che i coniugi crisliani non
vengano corroborali, purche essi non le facciano ostacolo, dalla gra-
tia santificante. E con cio essi possono rappresentare praticamente,
nella conversazione della vita e neH'adempimento degli ufficii coniu-
gali, i soprannaturali ufficii che si esercitano , e le eccelse relazioni
che corrono tra Cristo e la Chiesa. Per tal modo comprendesi pie-
namente tutta la forza di quelle magnifiche e nobili esorlazioni del-
1'Apostolo, ove dice : « Le donne sieno soggette ai loro marili come
al Signore; conciossiache 1'uomo e capo, della donna, come Cristo e
capo della Chiesa, ed Egli e Salvatore del corpo suo. E pero come
]a Chiesa e soggetta a Crislo , cosi ancora le donne ai loro marili in
iutto. Uomini , amate le vostre mogli, come anche Cristo ama la
Chiesa, e diede per lei se medesimo, affine di santificarla, mondan-
dola col lavacro di acqua nella parola di vita. Cosi anche i mariti
debbono amare le loro mogli, come i corpi proprii. Chi ama la pro-
pria moglie ama se stesso. Perciocche nessuno odio mai la propria
1 Quod ergo Deus coniunxit, homo non separet. S. MATTH. XIX, 6.
E LE ASSEMBLES TORINESI 261
carne, ma la nutrisce e la conserva, siccome fa Cristo della Chiesa ;
perche noi siamo membra del suo corpo, della sua carne e'delle sue
ossa 1 ».
Oltre a cio noi cattolici, secondo la doltrina della Chiesa, teniamo
che la ragione di sacramento non e una qualita accidental, aggiunta
al contralto coniugale, ma e di essenza al matrimonio stesso de'cri-
sliani 2. Dal che segue di necessita che cotai matrimonio nella sua
sostanza e immedialaraente soggetto alia ecclesiastica giurisdizione,
e non alia potesta civile. Imperciocche se la ragione di sacramento
non e qualita del contralto , ma e per la divina elevazione il con-
tralto medesimo ; egli e chiaro, che il matrimonio cristiano , subli-
mata la sua nalura, e divenuto una cosa religiosa e sacra, ed e sta-
to messo nel numero de' segni efficaci e degli struraenti sensibili
insieme espiriluali, iquali comunicano la grazia ed operano la san-
tificazione degli uomini. Laonde per doppia ragione esso non puo
dipendere dal civile potere; si perche e cosa sacra, e si perche e un
sacramento : ma deve per lo conlrario assolutamenle appartenere
alia ecclesiastica autorita , alia quale e slata da Crislo pienamenle
commessa la cura delle cose sacre, ed in maniera speciale la cuslo-
dia e ramministrazione de' sacramenli.
Dalla quale dottrina due conseguenze si derivano legiltimamente
e facilmenle. La prima e, che alia Ghiesa sola apparliene lo stabilire
le condizioni e le formalila , onde si ha da celebrare il matrimonio
cristiano in maniera lecita o valida ; ed il sancire quali sieno gl'im-
pedimenti che rendano illecito o anche irrito questo contralto , e le-
ghino o inabilitino rispetto ad esso le persone contraenli. II perche,
giusla T irrefragabile definizione del Pontefice Pio IX : « Una legge
civile, che supponendo divisibile pei cattolici il sacramento dal con-
tralto di matrimonio, pretenda di regolarne la validita , conlraddice
alia dottrina della Chiesa, invade i dritli inalienabili della medesima,
e praticamente parifica il concubinalo al sacramento del malrimonid,
sanzionando legitlimo 1'uno come raltro 3 ». L'allra conseguenza e,
1 Ad Ephes. V, 22-30.
2 Lettera di S. S. Pio IX a S. M. Re Vittorio Emmanuele, ai 9 Settembre
1852, sul matrimonio civile.
3 Lettera citata.
262 IL MATRIMONIO CRISTIANO
che la potesta civile ordinata e saggia, lasciando alia Chiesa calloli-
lica tutto-cio che spetta alia validila ed alia natura del contratto con-
iugale , non si puo lecitamente ed efficacemente occupare , che del
soli accessorii di esso contratto, e di quegli effetti che diconsi civili.
Anche questa seconda conseguenza vien lucidamente insegnala dal
menlovato Ponteflce Pio IX-: « Non vi e , egli dice, altro mezzo di
conciliazione, che rilenendo Cesare quello che e suo, lasci alia Chie-
sa cio che ad essa appartiene. II potere civile disponga pure degli
effetti civili che derivauo dalle nozze , ma lasci alia Chiesa il rego-
larne la validila fra i crisliani. La legge civile prenda le mosse dalla
validila o invalidita del matrimonio , come sara dalla Chiesa deter-
minate ; e partendo da questo fatto , che e fuori della sua sfera il
coslituirlo, disponga allora degli effetti civili 1 ».
Tale e la somma della doltrina inlorno al matrimonio cristiano, la
quale s' insegna e si professa da noi italiani e dagli allri cattolici.
Intanto nelle funeste assemblee di Torino vien proclamata e sosle-
nuta una dottrina diametralmente opposta, cosi ne'suoi fondamenli ,
come nelle sue conseguenze : la quale per questo appunlo e da noi
riguardata come una dottrina peslilenziale ed incomoda. Si affernia
ivi che il contralto nuziale e divisibile dal sacramento, si sostiene
che il civile reggimento non deve riconoscere gl'impedimenti che so-
no decretati dalla Chiesa, si attribuisce alia laica potesta il dritto di
stabilire in quella vece altri nuovi impediment! secondo che le ag-
grada , si nega che il matrimonio si debba celebrare giusta la forma
prescritta dal Concilio tridentino, e si ordina che non sia valido se
non si celebri dinanzi a questo o a quell'impiegato o ufficiale o com-
messo del Governo.
Cosi in queste orgie non si dice nulla di specioso per merito di
novita, ma sono ignobilmente parodiati i vecchi delirii de' razionalisli
e de' doltrinarii, de'furiosi e de' baccanti, che agitarono e manomisero
la Francia nel secolo scorso, de' giansenisti e regalisti che si unirono
in sinodo nella citta di Pistoia, de' semiluterani e de' luterani puri,
de' calvinisli e de' valdesi. In una parola sono imitati e rappresen-
1 Lettera citata.
E LE ASSEMBLES TORINESI 263
tali coloro che hanno, come gia disse S. Pietro, gli occhi pieni di
adulterii l, e la coscienza cauleriata, giusla 1'espressione di S. Paolo 2;
e pero proibiscono le nozze 37 cioe muovono ogni pietra, acciocche
invece del legiltimo e indissoluble matrirriouio sia sostituita la comu-
nione delle donne, e la liberta del concubinato. E per questa ragione,
siccome di sopra abbiamo affermato, coteste assemblee torinesi sca-
pitano di considerazione e di ripulazione; perciocche quelle Camere
invece di essere tenute come un luogo, ove convengano maturi e sa-
pienti giureconsulti, sono slimate come uno spedale di uomini in-
fermi e pestilenti, i quali, per dare giunla alia derrata, cerchino di
diffondere la peste, e di comunicare il morbo.
Ne si puo questo fatto scusare in nessuna maniera col titolo di
ignoranza. No, esso e una di quelle colpe, le quali senza temerita si
posson riguardare come originate da malizia. Conciossiache tutto
quello che era mestieri di dire con Ira un tal disegno di legge iniqua
e sacrilega, tutto fu gia detto e pubblicato per 1'Italia, e ormai piu
di dieci anni ; allorche cioe il mentovato disegno si incomincio la
prima volta a mettere in campo. Teslimonii ne sono gl'innumereyoli
articoli de' giornali e de' periodici cattolici, le leltere pastorali e spe-
cialmente quelle fatte collettivamente del noslro ammirabile Episco-
pate,, e soprattutto le Allocuzioni e le Letlere apostoliche del S. Padre
Pio IX. Imperciocche siccome accade che quando si sparge il ru-
more del nemico che sopravviene, o della peste che invade, tutti e
massimamente coloro che soprastanno alia societa, usano le oppor-
tune precauzioni per difenderla dai mali imminenti ; cosi il nostro
Gerarca e gli allri nostri ecclesiastici Pastori, oltre agli altri provve-
dirnenti, sollecitamente avvertirono sin da quel tempo i fedeli com-
messi alia loro cura, del pericolo in cui versavano, di essere avve-
lenati dalle pestifere prescrizioni ; e procurarono di spaventare,
quanto era in loro, i micidiali avvelenatori. Nenoi lasciammo, se-
condo il debole polere, di contribute alia difesa del comune patri-
monio della verita e della santita delle leggi religiose e divine, che
1 II. Epist. II, 14.
2 I. Epist. adTimoth.W, 2.
3 Ibid. vers. 3.
264 IL MATRIMONIO CRISTIANO
si vecleva minacciato 1 : il quale ufficio nobilmente e valorosamente
si principle sin d'allora ad esercitare, siccome abbiamo delto, dagli
altri periodici e giornali italiani. Al suono di tante voci, alia copia
di tanti scritli di forme cosi diverse, e cosa impossible che dalle
menli de'nostri Senatori e Deputali, non sia stata discacciata ogni
turpe ignoranza, intorno al punto di che tratliamo.
Ma vi e di piu. Perche, quando ancora tutti i buoni fossero siati muti
insino a questo tempo, saria bastato ad illuminare quelle menti legisla-
trici cio solo, che ha delto nella Camera de' Deputati il soprallodato
sig. Cantu, per frastornare la malaugurata volazione. Vogliamo ripor-
tare alcune di quelle nobili parole, degne veramenle di chi, secondo
che egli stesso affermo, erasi prefisso di parlare e di prolestare, contro
la legge proposta, e come cattolico, e come capo di famiglia, e come
cittadino, e come deputato: « Quando, egli disse, io venni in questo
Consesso, credetti mio dovere conoscere le leggi, lostatulo, ildritto
amministralivo, un po' distoria, di statislica : ma non m'immaginava
dovesse sapervisi tanlo di dritto canonico, com'e necessario quando
continuamenle si parla di dritti papali, di vescovi, di canonici, di
benefizii, di manomorta. Mi professo ignorantein tali materie, quanto
ne devono essere esperti quelli che ne favellano : ma e fortuna che,
uel fatlo presente basta discutere del fatto : non disputiamo, verifi-
chiamo. Ora, sino i bambini sanno che il matrimonio e un sacra-
mento : Sacramentum magnum lo dicoao i teologi : quiudi e ispe-
zione unica della Chiesa. Gli eretici per togliergliela dovettero negare
che fosse sacrameiito : ne sacramento vi e senza intervento ed aulo-
rita della Chiesa. Si puo schiamazzare, si puo mentire, sipuoanche
beslemmiare ; ma riman sempre vero, e non si puo dislruggere ii
falto, che la Chiesa cattolica professi questi due dommi: non
v'ha altro matrimonio fra i cristiani che quello che e ad un tempo
sacramento : e per essere sacramento, e quindi vero matrimonio,
deve intervenire 1'autorita e Tassenso della Chiesa 2 » .
1 Vedi per cagion d'esemplo, Cimlta Cattolica, Serieprima,vol.lX, pag.
393 eseg. Serie seconda, vol. II, pag. 434 e seg. Vol. Ill, pag. 129 e seg.,
e pag. 244 e seg. Vol. IV, pag. 289 e seg.
2 Atti ufficiali della Camera de' Depulati di Torino. Tornata del 14 Feb-
braio
E LE ASSEMBLES TORINESI 265
Essendo le cose in quesli termini non e mestieri grande scienza
politica a intendere , che era cosa piu opportuna lasciare il matri-
monio nella sua tranquillila e nella sua quiete. Mentre il volerlo
muovere e un atlentato non solaraente sacrilego , ma altresi inutile
e ridicolo. E fare leggi che tocchino la sua natura e la sua validita ,
e la slessa cosa che decretare , verbigrazia , che la laliludine di To-
rino, invece di essere settentrionale, cominci ad essere d'oggi innanzi
meridionale : ovvero, per dare un esempio di materia piultosto poli-
tica che geografica , e la slessa cosa che se il municipio torinese or-
dinasse a Torino che continui ad essere la Capitale d' Italia, e vie-
tasse che cominci ad esserla Firenze. La piu elementare cognizione
di polilica basta a far com premiere , che condizione essenziale alia
forza di una legge ed al valore di una sentenza si e , che il giudice
sia competente e che la materia della legge sia soltoposta alia giu-
risdizione del legislatore. Poiche il volgare concetto della legge im-
porta , che essa sia una ordinazione della ragione, promulgata a co-
mun bene, da chi possiede raulorita. Or I'autorita di porre la mano
sul matrimonio cristiano non e nel Seiiato, non e ne'Deputali, non e
ne'Re, non e ne anche negl' Imperatori. E none, perche il detto
matrimonio e una cosa sacra ed un sacramento : do che sanno anc&
i bambini.
Benche queste leggi non sono inefficaci e vane, per la sola ragio-
ne del difello di autorita , in coloro che altentano di sancirle ; ma
anche per un'altra ragione di non minor peso : cioe che esse, in luo-
go di produrre il bene della comunila, le cagionano mali gravissimi.
E per fermo, come abbiamo detto poco anzi, la legge dev'essere or-
dinala al bene sociale; e pero non puo esser legge qualunque dispo-
sizione, la quale invece di beneficare danneggia, invece di edificare
abbatte, invece di piantare estirpa, invece di ordinare dissipa, con-
fonde, dislrugge. Anche questa ragione e stata rapportata e dichiarala
mille volte. Primieramente i nostri Vescovi nelle dottissime leltere
pastorali, che abbiamo di sopra lodate, enumerarono ad una ad una
le funeste conseguenze , che debbono necessariamente scalurire dal
malrimonio civile. Le principali son queste : il privar della grazia
divina e sacramenlale , la quale non si da , se il matrimonio non e
celebrato dai cristiani secondo le ecclesiastiche prescrizioni; il favo-
266 IL MATRIMONIO CRISTIANO
rire legalmente la irreligione , Y eccitare una incessante lotta contra
la Chiesa, il perturbare le coscienze de'citladini, il foraentare la cor-
rutlela de' costumi , il porre in pericolo la stabilita delle nozze e la
stessa unita del raatrimonio ; fmalraente il sovvertire la tranquillita
della famiglia, 1'impedire I'educazione della prole, e perturbare affat-
to lo stesso ordine sociale. Giacche alia fin delle fini la societa civi-
ca si compone dalle societa domestiche ; e queste sconvolte e mano-
messe, di necessita si sconvolge e si manomelte ancor quella.
Fecunda culpae saecula nuptias
Primum inquinavere, et genus, et domos :
Hoc fonte derivata clades
In patriam populumque fluxit l.
E cotali sciagure sono state ricordate e descritte nelle stesse as-
semblee torinesi. Vi ebbe chi affermo , che il raatrimonio non ealto
civile, e per farlo tale la proposta di legge lo chiaraa contralto, che
lo abbassa al grado di una compra o di una vendila, o di una laida
locazione di opere 2. AHri disse, che sancendoil mairimonio civile,
non si tien conto dell' altezza a cui il sacramento eleva il matrimonio
cattolico ; ed in contrario si preferisce che esso entri nel numero dei
contratti piu materiali e piu vili 3. Allri non dubito di asserire,
che i soli nemici piii dichiarati dell' ordine sociale, e tulti essi senza
eccezione di niuna sorta, sono irapazienti di questa legge £. Un al-
tro accerto di aver sentito nelle famiglie benedelte da Dio 1' affetto,
la speranza, il coraggio ; ed invece di aver trovato nelle famiglie
congiunte dal sindaco 1' indifferenza, lo sconforlo, il vuoto 5. Final-
mente fu affermato da un altro, non esser possibile che 1'unione
coniugale raggiunga il suo scopo , e che sia fonte di bene alia fami-
glia ed alia sociela , se i coniugati non adempiono 1' uno verso 1' al-
tro i doveri inorali , che solo Iddio ha 1'autorita d' imporre 6.
1 HOMT. Lib. Ill, carm. VI.
2 Siotto Pintor, Atti uff. del Senate di Torino. Tornala del!7 Marzo 1865.
3 Di Castagneto, Atti uff. Tornata del 21 Marzo.
4 Chigi, Atti uff. Tornata del 20 Marzo.
5 De Gori, Atti uff, Tornata del 18 Marzo.
6 Ghillmi, Atti uff. Tornata del 18 Marzo.
E LE ASSEMBLEE TORINESI 267
Ma cio che pur doveva occupare principalmente la considerazione
delle Camere, e conciliare la loro attenzione, fu il discorso tenuto su
questo proposito dal sig. Chigi, nella tornata del 20 Marzo. Perocche
egli con argomenti aitinti non da principii astralti , ma dalla osser-
vazione e dalla esperienza, procedendo da' calcoli della statistics, ha
messo sotto gli occhi alcune cifre mmieriche, che veramente incu-
tono spavento. S'e egli servito degli elemenli che somministrano
gli uomini polilici d' Europa, la cui perizia ed autorita non puo es-
sere in veruna maniera rivocata in dubbio. Ed acciocche le sue pa-
role riuscissero vie piu efficaci , ha voluto soprattutto far rilevare
cio che succede , in forza del delto malrimonio civile, nelle regionl
piu colte, ed in ispecialta in Francia, che in fatto di civilta viene
riputata fra tutte le altre la sede piu cospicua , e la sorgente piu
ricca. In quesle sue argomenlazioni cosi evident! ed incontraslabili,
quali sogliono essere le deduzioni della malematica o pura o misla,
egli ha messo in chiaro quatlro cose. Primieramente chene'men-
zionati paesi il numero de' matrimonii legittimi e minore assai delle
illegittime congiunzioni. In secondo luogo, che de' bambini che na-
scono, salvo un quinto, altri sono bastardi, altri vengono esposti ed
abbandonati appena messi a luce , ed altri muoiono negli spedali
su miseri pagliericci. Inoltre che il numero de' condannati per comu-
ni delilti e grande a dismisura , e che per la maggior parte e d'uo-
mini bastardi. In fine che la popolazione si va in modo sensibile
snervando e diminuendo. Possono i nostri lettori, se vogliono, per-
correre questo rilevante discorso, e riguardare le cifre, che vi sono
riportate, negli A.tti ufficiali del Senato di Torino. Ma noi nel prece-
denle quaderno ne abbiamo inserito un sunto sufficiente 1 .
Sono reprensibili i legislated , quando fanno leggi ovvero le mu-
tano senza necessila. » Perciocche il bene della societa esige una
certa tranquillita; e non si deve questa perturbare, ne anche col-
T agitazione che sogliono cagionare le nuove ordinanze , se pure il
disagio di cotal commovimento non e per essere compensato dalle
ulilita e dai vantaggi delle novelle prescrizioni. Che e dunque a dirsi
1 Civilta Catt. Ser. VI, vol. II, pag. 257.
268 IL MATRIMONIO CRISTIANO
de' noslri Deputali e Senalori, i quali fanno leggi senza aulorila, e le
fanno dislruggendo le leggi gia esistenti , e ben conoscendo che gli
dfelti di cotesli loro altenlati sono al tutto funesli e perniciosi all'or-
dine sociale? Oza stese la mano all'arca del Signore, per sorreggerla
in quella che cadeva ; e Dio si sdegno, ed in pena delta sua lemerita
fecelo ivi stesso incontanente morire 1. Ma i noslri Senatori ed i no-
stri Deputali Iratlano le cose sacre, e prendono in mano i sacrament!
della Chiesa, non per addrizzarli e sostenerli, bensl per farli cadere
per lerra, e, se fosse possibile, annienlarli.
In lanto, per le cose fin qui ragionate, i nostri lellori possono di-
slinguere le false e le vere ragioni di lanto empio e sacrilege alten-
talo. Nelle assemblee lorinesi si e procurato di coonestare e di giu-
stificare la proposta di legge intorno al matrimonio chile, con dire,
che compete al polere civile stabilir le condizioni di legitlimila del
matnmonio e della famiglia ; €he il potere civile dovea final mente
rivendicare la giurisdizione che gli spelta, e che per invasione del
polere ecclesiaslico o per volonlaria concessione aveva perdulo ; e
che cosiffalte disposizioni sono richiesle per guarentire la liberta di
coscienza, per secondare lo spirito di civil la e di progresso, e final-
mente per seguitare 1'esempio di altre civili nazioni. Questi sono i
motivi falsi ; e crediamo d' infastidire chi legge, spendendo allre pa-
role affine di chiarire di vantaggio colale falsila. Altresi deve ripularsi
insussislenle quell' allro prelesto che adducono i noslri amminislrato-
ri ; quello cioe della erezione degli alii dello slato civile. Perche, la-
sciando slare che a fine di regislrare i malnmonii non e pun to espe-
dienle, e molto meno e necessario il secolarizzarli ; due cose sono cer-
tissime. L'una e che i regislri matrimoniali si fecero da anlico tempo
per ecclesiastica disposizione, e si fanno lultora nelle chiese parroc-
chiali, al pari degli altri regislri, delle nascite e delle morli. La se-
conda e questa, che prima della rivoluzione francese, quando cioe il
Governo laico non era cosi , com' e ora, separalo dall' ecclesiaslico,
secondo che osserva il sig. Toullier , colali regislri erano tenuti con
1 Imtusque est indignalione Dominus contra Ozam , et percussit eum su-
per temeritate; qui mortuus est ibl iuxta arcam Dei. 3. Reg. VI, 7.
E LE ASSEMBLES TORINESI 269
esattezza e con fedelta, perch e venivano commessi a persone, il cui
sacro ministero esige istruzione e probita : e che il Governo non e sta-
to sempre felice, sostituendo in cambio de' parrochi, officiali ed im-
piegati laici ; essendosi in molti comuni notate inesattezze, omission!
ed auche infedelta. Stanteche in alcuni luoghi il registro non era con-
fidalo all' uomo phi capace, ne in alcuni allri all' uomo piu morale 1.
Per la qual cosa si potrebbe sospettare, che lanto zelo di erigere gli
atti dello stato civile derivi da cio, che questa erezione di alti non si
fa dal Governo , senza riscotimento di buona moneta : e questa e
profi Ue vole ed anche necessaria ad empire quel vuoto di casse, che
abbiamo, sul principio, mentovato. L' unica ragione vera d' una tale
proposta di legge pensiamo, che sia quella di separare lo Stato e di
renderlo indipendente dalla Chiesa. Che questo sia il vero motivo ,
che impelle i legulei d'ltalia, non si puo per niun conto dubitare. Si
perche essi apertamente lo confessano nel presenle allenlato; e si per-
che con molte altre precedent! loro disposizioni hanno con evidenza
dimostrato , che affine di costituire la nazione e di fare 1' Italia essi
reputano necessario disfare la Chiesa e dislruggere la Religione ; o,
per dir meglio, che in questo disfacimenlo essi fanno consistere quel
facimento.
E noi per lulto questo rendiamo grazie a Dio , il quale non per-
mette mai il male, senza che ne risulti qualche bene ; mal grado che
ne abbiano i maligni. Ed il bene, che ora risulla dal male, si e, che
i nostri polilici si sono anche un' altra volta smascherali. Avevano
limessa la maschera, contro ogni costume, anlicipando il tempo so-
lito del carnevale, cioe nel mese di Settembre; allorche, ad occa-
sione della famigerata Convenzione , essi protestarono di essersi ri-
conciliati col Papa , di voler che il Papa liberamente esercitasse la
sua spirituale giurisdizione , di consentire che il Papa regolasse le
coscienze e che amministrasse le cose sacre , secondo la divina isli-
tuzione. Tre mesi appresso il Papa esercita la sua giurisdizione ,
dispone delle cose sacre , regola le coscienze , pubblicando Y Enci-
clica ed il Sillabo. Ed ecco che dopo tre altri mesi 1' assemblea to-
rinese insorge, e prende a combattere il matrimonio cristiano , in-
1 Droit 'civil francais, torn. I, n. 301.
270 IL MATRIMONIO CRISTIANO E LE ASSEMBLEE TORINESI
torno al quale il S. Padre , interprets della volonta di Dio , custode
della tradizione , regolatore della disciplina, e difensore della stessa
pace sociale, aveva esposta 1' antica doltrina e condannali i conlrarii
errori ; acciocche niun temerario s' ardisse di separare cio che Dio
lia congiunto , niun maligno perturbasse cio che riposa nella tran-
quillita dell' ordine, e niun profano violasse con mano sacrilega quel-
lo che e religioso e sacro. I parlamentarii ed i politici torinesi vo-
gliono abrogare queste leggi, contraddire a questi insegnamenti , e
mettere la licenza in luogo del sacramento : e cosi tirano giu la
maschera, e discoprono le loro vere intenzioni. E noi , siccome di-
cevamo, ringraziamo Iddio; perche finalmente e sempre un bene,
e talora e un bene imprezzabile , il sapere la wita , il conoscere le
cose, il dislinguere gli uomini.
E questo al presente si puo fare e toccar con mano da ognuno ;
non per via di deduzione, ma colla semplice osservazione. Ognuno,
senza esser dotato di grande ingegno , e fornito di pellegrina erudi-
zione, si puo rendere capace della verita di cio, che scrisse S. Paolo
a Timoteo. Yale a dire che queste tre cose vanno insieme; dir men-
zogna per ipocrisia, avere un cauterio nella coscienza, e eombatlere
le nozze legittinie : In hypocrisi loquentes mendacium , cauteriatam
habentes suam conscientiam, prohibentes nubere 1.
Or quando avvenisse, che queste empie prescrizioni , apposte le
inique firme, s'imponessero in maniera lurchesca ai cattolici italiani,
non per questo si sarebbe fatto un passo di piu ad ordinare la nostra
Italia. Perche 1' ordine non e senza Religione e senza Dio. Al piu si
sarebbe tentata una unione , la quale puo aver luogo e lo ha di fatti
anche ove non e ordine nessuno, ma orrore sempiterno. Contuttocio
noi siamo certi che la fede non si dipartira dai petti italiani : ne du-
bitiamo che siccome 1'unione di Cristo cogli uomini fedeli , che e la
Chiesa, puo ben esser cornbaltuta in Italia ma non distrutta; cosi il
matrimonio cristiano , che e il gran segno o sacramento di questa
unione di Cristo e della Chiesa, non resti inviolalo contra i conati e
le macchinazioni delle porte infernali. Ove non sipno annientare la
cosa significata, non si giungera ad annientare la significazione.
1 I. Epist. ad Timolh. IV, 2, 3.
DELU APPELLO COME D' ABUSO
L
Mancanza di titolo per parte dello Staio.
Le usurpazioni dei sacri dirilti della Chiesa, contenule negli ar-
iicoli organic!, si rannodano intorno a due punli capital!: a quellcv
dell' 'exequatur, e a quello dell' appello come d' abuso. Noi abbiamo
ragionato d' amendue promiscuamente nei precedent! arlicoli 1 ; ma
in parlicolar modo ci siamo fermati sopra del primo, promettendo di
dir quaiche cosa separatamente del secondo. Veiriamo ora ad attene-
re la nostra promessa.
Cotesto appello, considerate iiella sua generalila, e il ricorso all'au-
torita civile sotlo pretesto di abuso dell'autorita ecclesiastica, sia nel-
la pronunziazione di giudizii , sia nell' esercizio del sacro ministero.
L'autorita civile pretende d'aver diritto a ricevere tali ricorsi e giu-
dicarne legittimamente con ultimata sentenza. Noidiciamo die que-
sta sua pretensione e al tutto destituita di fondamento. In fatli d'on-
<le nascerebbe nello Slalo un tal diritto ? 0 dalla concessione della
Chiesa, o dalla natura del potere civile; oltre a queste due fonti non
puo immaginarsene verun' altra. Ora amendue sono false.
1 Civilta Cattolica, Serie YI, vol. I, pag. 641, e vol. II, pag. 7.
272 DELL' APPELLO COME D' ABUSO
E quanto alia prima, nessun documento si e mai recalo, ne puo
reiarsi, d'un fatto si strano, pel quale la Chiesasi sarebbe spogliata
della propria indipendenza e sotlomessa da se medesima aH'autorita
laicale. Diciamo die si sarebbe spogliata della propria indipenden-
2a, perche T appello suppone subordinazione di tribunali : Appellatio
est ab inferiori ad superior em iudicem provocatio 1. Onde 1' appel-
lare dal giudizio della Chiesa al giudizio dello Stato , involge neces-
sariamerite T idea di superiority dello Stato a riguardo della Chiesa,
Ora e lanlo alieno dalla Cbiesa lf aver mai consentito a un tanto disor-
dine ; cbe essa per contrario lo ba ab anlico e sempre costantemente
e fonnalmente condannato. Basti ricordare il Concilio antiocheno, in
cui si fulmino sentenza di scomunica contro cbi dal ghidice ecdesia-
stico appellasse al secolare 2. Ma per venire a tempi put recenti ,
Sisto IV con apposita bolla, 1'anno 1471 , proscrisse solennemente
questa pretensione dell' appello per parte dello Stato ; Leone XII ,
nel 1824, in una sua lettera al Re di Franda, la cbiamo usurpazione
manifesta dei piu sacri diritli della Chiesa ; ed il regnante Pio IX ,
Delia condanna degli scritti di Nepomuceno Nuytz, tra gli altri error!
di lui annovero anche questo dell' appello per abuso.
Cotesta pretensione dello Stato trae la sua prima origine dalla
famosa prammatica sanzione di Carlo VII , compilata , nell' assem-
hlea di Bourges, in ventitre articoli, sopra gli sdsmatid decreti del
Conciliabolo di Basilea. « La prammatica sanzione , cosi il Phillips ,
era principalmente diretta contro la moltiplicita dei beneficii , con-
feriti in Francia dalla Corte di Roma, contro i numerosi process!
cbe erano deferiti al Sommo Pontefice dagli ecclesiastici francesi ,
e contro le tasse esorbitanti , levale sopra i fedeli a profilto del te-
soro pontificio. Tutti quesli punti , dall' assernblea di Bourges a
questa parte , fornirono inateria ad appelli dinanzi la potesta seco-
lare, contro le sentenze dei giudici ecclesiastici, e cosi la pramma-
lica sanzione si puo considerare come la principal sorgenle deH'ap-
pellazione per abuso. Ma i Parlamenti diedero losto a divedere, per
1 Cap. Placuit 2, q. 6.
2 Cone. Antioch. an. 341, can. 11, can. 12 (can. Si quis a proprio} 2;.
DELL' APPELLO COME D' ABUSO 273
1'accoglienza che essi facevano di quest! appelli, che intendevano
di travalicarei termini posti dall'anzidelta prammalica; sicchefin dal-
1'anno 1453 Carlo VII si trovo nella necessita di pubblicare un' or-
dinanza, per mettere alcun limite a queste usurpazioni arbitrarie.
Tentativo impotente ; i Parlamenti con tultocio continuarono il loro
cammino per la via in cui si erano messi; e malgrado la rivocazione
della prammatica sanzione per Luigi XI , malgrado la pubblicazione
d'una bolla di Sisto IV, nel medesimo anno diretta contro si fatti
appelli, questi, deslituiti sin d'allora anche del fondamento del di-
rilto secolaresco , si perpetuarono senza interruzione , e non dispar-
vero neppure a fronte del Concordato dell' anno 1515, conchiuso tra
Leone X e Francesco I l. » Adunque non alcuna concessione della
Chiesa, la quale non condiscese mai, e per opposlo si e sempre ri-
chiamata di un tanlo aggravio, ma solo lo spirito di scisma e 1'arbi-
trio secolaresco sono stati i veri fattori di questo enorme abuso del-
lappello come d' abuso, per usarela frase di Feneion. Ora ognun
vede che un ordinamenlo intorno a relazioni della Chiesa collo Stato,
fatto senza inlervento di essa Chiesa, anzi contro la volonta e le de-
cision! di lei, non puo partorire alcun effetto giuridico.
I difensori di quel preteso diritto, non potendo contrastare all'evi-
denza del fatto, non si appoggiano in nessun modo alle concession!
della Chiesa, ma unicamente alia natura del potere politico. Essi
dicono: il pofere politico ha il diritlo di vegliare all'osservanza delle
proprie leggi, e proteggere le ragioni dei cittadini. Se dunque il
giudice o il ministro ecclesiastico, nel dar sentenza o nell'esercitare
il proprio ministero, reca offesa alle une o agli altri, esso potere po-
litico puo e deve entrare a conoscere del fatlo e punire 1' abuso. In
cio il potere politico non esce fuori delle sue attribuzioni ; egli non
entra agiudicare del cullo o delle dottrine della Chiesa, ma guarda
unicamente alia legge stabilita dallo Stato, in ordine a cui ha certa-
mente competenza, lume e giurisdizione, per rispetto a tulti i mem-
bri della Societa civile, della quale niuno neghera che facciano parle
eziandio gli ecclesiastici.
.1 Du droit ecclesiastique etc. t. 3, pag. 191.
Serie MI, vol. 11, fasc. 363. 18 21 Aprile 1865.
274 DELL' APPELLO COME D' ABUSO
Ma non ci e meslieri di grande scienza per capire la falsita di que-
sto discorso. Qiri non si tratta di un' ofFesa cite il magistrate eccle-
siastico faccia alle leggi civili o ai membri della sociela civile , in
qualila di semplice privato. In tal caso potrebbe apparire meno irra-
gionevole che il giudice laico , preposto alia custodia delle leggi e
alia difesa delle ragioni dei cittadini, chiamasse al proprio Iribunale
1'esame d'una tal causa. Tultavia anche do ripugna in una sociela
cristiana ; giacche , come sapientemente osserva il gran Pontefice
S. Gregorio VII, essendo anche i giudici e governanli terreni , con
esclusi i Re e gl' Imperatori , figliuoli e discepoli dei Sacerdoli di
Dio , non possono convenientemente , sotto qualunque aspelto , eri-
gersi in loro giudici ; essendo miseranda insania che per qualsiasi
capo il figliuolo giudichi il padre ed il discepolo il proprio maestro:
Nonne miserabilis insaniae esse cognoscitur , si films patrem , di-
scipulus magistrum sibi conetur subiugare, et imqiiis obligationibus
ilium suae potestati subiicere , a quo credit non solum in terra sed
etiam in caelis se ligari posse et solvi 1? E questa faccenda dell'im-
munita ecclesiastica e di tanla cerlezza nella.doltrina callolica. che
1'esimio Suarez, dopo averla diiigentemente discussa, slabilisce che
il cosi detto privilegio del foro a rispello dell' ordine clericale e non
solo di diritto umano, ma anche di diritto divino : Resolutio cerla et
indubitata in hac materia est Clericos esse exemptos a potestate civili
iure divino pariter et humano ; nam his fere verbis hoc docent iura
canonica et sacra Concilia, praesertim Lateranense sub Innocen-
tio III, et aliud sub Leone J, Tridentinum et Coloniense 2. La ci-
vilta moderna non vuol saperne, quanto a immunita del Clero, di-
cendola ripugnante all'eguaglianza di tulti in faccia alia legge; e con
una delle sue solite conlraddizioni ^ non ha credulo ripugnare a tale
cguaglianza il concedere quel privilegio a magislrati laid, come sa-
rebbero i Ministri regii, i Senatori, i Deputati del popolo. Ma come
abbiamo detlo, non e questa la generale quistione che ci occupa pre-
sentemente. La quislione presente e assai piu rislretta; giacche ri-
1 Epistolarumllh. 8, ep. 21.
2 Defensio Fidel etc. lib. IV, c. IX.
DELL' APPELLO COME D' ABUSO 275
guarda il ministro ecclesiastico non come persona privata, ma come
persona pubblica, nell' ufficio cioe del proprio minislero e Dell' eser-
cizio del proprio potere. Solto un tale aspetto 1'argomento dei politic!
assai piu agevolmente si manifesla sofistico, e cade per terra con una
semplice distinzione. Imperocche appartiene certamente al potere po-
litico il vegliare all'osservanza delle sue leggi, e alia tutela dei dirit-
ti dei cittadini , ma in quel giro di azioni in cui la societa e soggetta
alia sua giurisdizione, non in quello in cui essa esce fuori della sua
giurisdizione ed en Ira in una giurisdizione diversa. Ora la sociela
cristiana, a rispetto dei giudizii ecclesiastic;, e del mantenimento dei
dirilti dei fedeli a fronte del ministero sacro , esce fuori della giu-
risdizione civile, ed ha riguardo alia sola giurisdizione della Chiesa.
Dunque in ordine ai due predetti capi il potere civile non ha nienle
che fare. E nel vero il giudizio ecclesiastico e 1' applicazione d' una
legge indipendenle dallo Slato, e pero non soggetla all' interpretazion
dello Stato. Come puo dunque lo Stato rivedere un tal giudizio , se
egli e incompetente ad interpretare lanorma, in virtu di cui fu pro-
ferilo? Del pari, il minislero sacro ha ordine ai cittadini, non in
quanlo sono cittadini , ma in quanto sono fedeli , cioe in quanto
escono dal giro politico ed entrano nel giro religioso. In questo giro
la' sola Chiesa e conoscitrice e definilrice dei loro diritti. Come puo
dunque lo Stalo assumersi 1' ufficio, di difenderli a fronte di essa Chie-
sa? Per dire cio, bisognerebbe stabilire questi due assurdi: 1'uno,
che la legge civile subordina a se la legge ecclesiastica e quindi
1'applicazione che ne fa il magistrate sacro ; V altro, che il ministero
ecclesiastico e soggelto allo Stato come sua emanazione e perlinenza.
Ambidue distruggerebbero da capo a fondo la divina origine della
Chiesa e la sua indipendenza dal secolo.
Curioso poi e quel modo di parlare : Lo Stalo non entra a giudi-
care della doltrina religiosa ; guarda unicamente alia sua legge , e
gli basla sapere che si e operato contro di essa. Cio e come se altri
dicesse : Lo Stalo non entra a giudicare del giure nalurale ; egli ha
fatto le lali e tali leggi, e gli basta sapere che si e negata ad esse
obbedienza. In tal modo la piu sfrenata ed orribile lirannia divenle-
rebbelegitlima; e lo Stato avrebbe facolta di stabilire ad arbilrio
276 DELL' APPELLO COME D' ABUSO
checche gli attalenta, senza alcun riguardo ai principii eterni di mo-
ralita e di giustizia. Le iniquita phi delestabili merilerebbero obbe-
dienza , tanto solo clie fosse venuto in tesla ad un legislatore il
sancirle.
Noi imprechiamo Nerone , che condanno alia croce S. Pietro. Ma
secondo la teorica di cotesti politici, Nerone sarebbe innocentissimo.
Egli avria potuto giuslificarsi col loro argomento : lo non entro in
teologia, disputando la verita o falsita del Cristianesirao ; io guardo
alia legge, rispetto alia quale ho certamente conipetenza, lume, giu-
risdizione. Or la legge viela che senza approvazion del Senalo s'in-
troducano nuovi culli. Avendola dunque quest' uomo prevaricata ,
egli e condannabile per abuso. Yorreste voi forse negare ad un prin-
cipe einico il diritto di appello come d' abuso ? Se esso e inerente
alia natura stessa del potere politico , dee competere non meno al
principe einico, che al principe fedele. Yedete se i principii del di-
ritlo nuovo giovino a qualche cosa ! Essi valgono perfmo a giustifica-
re un Nerone, e con lui tutli gli antichi persecutori del Cristianesimo !
II.
Vanita del preteslo.
A rispetto d' uno Stalo che riconosce il Vangelo e la verit& della
Religione cristiana , apparisce manifestissima la stranezza degli ap-
pelli, di cui qui parliamo. Secondo la dottrina cattolica , il potere
civile e paragonato al potere spirituale, come il corpo aH'anima. Or
non e egli assurdo che il corpo pretenda di chiamare al suo sinda-
cato le facolta dell'anima, sott' ombra d' aver elleno abusato a suo
danno nel loro esercizio? Secondo la dottrina cattolica, i governanti,
quali che sieno, sono ancor essi pecorelle deH'ovile di Cristo, di cui
i Vescovi sono i paslori. Or non e egli ridicolo che le pecorelle seg-
gano pro tribunali contro i loro pastori , sotto pretesto d' aver essi
abusato del loro ufficio nel pascerle e governarle ? Secondo la dot-
trina cattolica il magistrate ecclesiastico applica ai popoli la legge
divina, menlre il magistrate civile applica la legge umana. Or non e
DELL* APPELLO COME D' ABUSO 277
un' enorme sovversione dell' ordine , che 1' applicazione della prima
sia giudicala con 1' applicazione della seconda?
Si dira : non 1' applicazione della legge divina, ma 1'abuso che pud
fame 1'uomo e quello che s'intende di giudicare : giacche non puo ne-
garsi che il magistrate ecclesiaslico puo abusare del suo potere. Que-
sta scusa e vanissima. Ammessa 1'ipotesi della possibilila dell'abuso,
non ne segue in nessun modo 1'illazione che vorrebbero gli avversa-
rii. L' abuso di un potere non distrugge esso potere, ne lo sottopone
ad un allro ; altrimenli non sarebbe piu possibile alcun potere su-
premo Ira gli uomini. Se la Chiesa , assolutamente parlando , puo
abusare del suo potere contro la legge civile , niuno rivochera in
dubbio che mplto piu facilmente possono i governanli lerreni abusare
del loro potere contro la legge canonica. Se dunque la possibilita
del caso e ragione sufficiente per attribuire allo Stato il diritto di
appello, rispetlivamenle alia Chiesa; mollo piu dev' essere ragion
sufficiente per attribuire un eguale diritto alia Chiesa rispeltivamen-
te allo Stalo. Cosi si appellera al giudice laico, contro il magistrate
ecclesiastico ; e poscia si appellera di bel nuovo al magislrato eccle-
siastico contro il giudice laico. II qual circolo vizioso si produrrebbe
all' infinito.
Agli avversarii non garbeggia una tale inferenza. Essi vogliono
dare allo Stato 1' anzidetlo dirilto, e nel tempo slesso non inlendono
darlo alia Chiesa. Ma sopra qual fondamento ? Se lo Stato, in quan-
to tale, e indipendente dalla Chiesa ; non e del pan, anzi a piu forte
ragione , la Chiesa , in quanlo tale , indipendente dallo Stato ? Se i
magistrati ecclesiastic! , come ciltadini son suddili dello Stalo; non
sono i magistrati e i governanti civili , come fedeli , suddili della
Chiesa? Se lo Slato , per essere societa perfetla nel proprio ordine,
ha polere giudiziario , lerminante in se slesso ; non e da dire molto
piu ragionevolmente il medesimo della Chiesa, la quale e societal
perfetta assai piu dello Slato, istituita da Cristo solto forma di regno,
e di regno che trae origine dal cielo : Regnum meum non est de hoc
mundo ?
Ma dunque come si fara per riparare gli abusi che possono inter-
venire nell'esercizio del potere ecclesiastico? La maniera di riparare
278 DELL' APPELLO COME D' ABUSO
ad abusi si fatli e chiarita da Bonifazio VIII , nella sua bolla dom-
matica: Unam Sanctam Ecclesiam: « Se trasvia, dice il Pontefice,
la potesta terrena, sara giudicala dalla potesla spirituale ; se poi tras-
via la potesta spirituale , in tal caso quella che e di grado inferiore
sara giudicata dalla superiore ; ma la suprema dal solo Dio potra
essere giudicata, non mai dall'uomo ; Si deviat terrena potestas, iu-
dicabitur a polestate spirituali; sed si demalspiritualis, minor a suo
superiori; si vero suprema, a solo Deo, non ab homine, poterit iudi-
cari ». Si avverta che qui il Pontefice parla solennemente in qualita
di Maestro e Doltore della Chiesa , e per conseguenza niuno , che
voglia rimanere cattolico, puo contraddirgli.
Ogni ministro che commette abuso nell'esercizio del suo ministe-
ro, non puo essere giudicato , se non da quella autorita , a cui quel
ministero stesso e sottoposto. II ministero sacro non e sottoposto che
airaulorit& della Chiesa. A questa autorita dunque , e non ad altra,
conviene ricorrere, in caso di abuso per parte de'subalterni ministri.
Che se Y abuso del potere secolaresco verso la Chiesa puo e deve ,
secondo il citato insegnamento del Ponlefice , essere giudicato dal-
1' autorita ecclesiastica, cio nasce dalla necessaria subordinazione del
corpo allo spirito, della vita presenle alia fulura, dell'ordine naturale
all'ordine soprannaturale. II medesimo discorso non puo certamente
farsi in favor dello Stato. Oportet gladium esse sub gladio, et tem-
poralem auctoritatem spirituali subiici potestati. Nam .cum dicat
Apostolus: Non est potestas nisi a Deo; quae autema Deo sunt, or-
dinata sunt ; non ordinata essent , nisi gladius esset sub gladio et
tanquam inferior reducer etur per alium in suprema 1.
Ne dire che in lal caso la Chiesa giudicherebbe in causa pro-
pria. Imperocche , primieramente una simile obbiezione varrebbe
eziandio per lo Stato , nella falsa ipotesi che a lui competesse il di-
ritto di appello in caso di conflitto. Anzi per parte dello Slato questa
obbiezione crescerebbe di peso; essendo molto piu facile che nel giu-
dicare si allucini lo Stato e si faccia trasporlare da ragioni egoisti-
che , per aver in mano la forza materiale ; laddove la Chiesa non
1 Bolla citata di Papa Bonifazio YIII.
DELL' APPELLO COME D' ABUSO 27 #
avendo, a rispelto dei singoli Stati , alfra forza che la morale, e co-
stretta nei suoi giudizii a procurare 1'evidenza del diritto e della giu-
stizia. In secondo luogo diciamo che una tale obbiezione e al tutlo
fuor di proposito; giacche in ogni ordine giurisdizionale, se non vo-
gliamo procedere in infinite, e neeessario che il potere supremo ab-
bia diritlo di giudicare in causa propria , rimanendo esso giudiea-
bile dal solo Dio. Che se per avventura interviene in quel giudizio
alcun eccesso o alcun errore ; e questa una conseguenza necessaria
della infermit& umana , tollerabile al modo stesso onde si tollerano
le pestilenze, le carestie e le intemperie delle stagiorii. Cio molto piu
ha luogo a riguardo della Chiesa; la quale per esserci madre ci ren-
de men dura la tolleranza di qualsiasi aggravio che da lei per sorte
ci venisse ; e per 1' autorila divina onde e inveslita, fa si che quella
tolleranza diventi in noi alto di religione e di piela verso Dio. II che
ottimamente comprese quel modello de' Principi crisliani , che fu
Carlomagno; il quale parlando nei suoi Capitolari dell' ossequio da
prestarsi alia Santa Sede, dice : In memoria del beato Apostolo Pielro
onoriamo la Santa Romana ed Apostolica Sede, acciocche quella che
e per noi madre della dignita sacerdotale, debba esserci altresi mae-
stra della ragione ecclesiastica. Per la qual cosa dobbiamo osservare
con mansuetudine rumilla ; sicche quanlunque da essa Santa Sede ci
venisse imposio alcun peso gravissimo , tuttavia vi sottoponiamo il
collo e con pia devozione lo comporliamo ; In memoriam beati Petri
Apostoli honoremus Sanctam Romanam et Apostolicam Sedem , ut
quae nobis sacerdotalis mater est dignilatis , esse debeat magistra
ecclesiaslicae rationis. Quare servanda est cum mansuetudine humi-
litas; ut licet vix ferendum ab ilia Sancta Sede imponatur iugum,
feramus et pia devotione toleremus 1.
1 Capit. De honoranda Sede Apostolica, anno 801.
280 DELL' APPELLO COME D' ABUSO
III.
Laio ridicolo delta legye.
Quanto a questo punto non vogliamo dir nulla del noslro, ma solo
ripetere le giudiziose e saliriche osservazioni del signor Cormenin, il
quale cosi ne parla a proposito degli arlicoli organic!: « Gli appelli
come d'abuso furono risuscitali con formole talmente assolute , che
esse comprendono lulti i casi possibili ; e basla leggere la vaghissima
definizione che ne fu data, ed ela seguente: — Arl. 6.° I casi d'abu-
so sono : §. I, La usurpazione o T eccesso di poled , la conlrawen-
zione alle leggi ed ai regolamenti della Repubblica. §. II, L'infrazione
delle regole consacrale dai canoni ricevuti in Francia. §. Ill, L'at-
lenlato alle liberlti, franchigie e coslumi della Chiesa gallicana.
§. IV, Ogni inlrapresa o procedimenlo che, nell' esercizio del culto,
puo cimenlare 1'onore dei cittadini, lurbare arbitrariamente la loro
coscienza, degenerare contro essi in oppressione, o in ingiuria, o in
pubblico scandalo. » Aualizziamo questi quatlro paragrafi.
« Noi diremo, in quanto al primo paragrafo, che le leggi criminali
esistenti dovevano bastare per reprimere le usurpazioni e gli abusi
di potere contro la sicurezza dello Stato, o le ribellioni contro le leg-
gi. II codice penale, promulgate nel 1811, contiene, in forma d'ap-
pendice al Concordato, un capilolo spavenlosissirao sui delitli degli
ecclesiastici. II lusso delle sue precauzioni e delle sue pene e infiui-
to; non vi si parla che di corrispondenze con Sovrani stranieri e di
cospirazioni ordite contro lo Stato. Fa stupire che un cosi gran con-
quislatore, come I'imperatore Napoleone , i cui esercili vittoriosi fa-
ceyano allora tremare sui loro troni. tutti i Re dell' Europa, abbia
avuta tanta paura della fanlasima del clero. Tutta questa parie del
codice penale e curiosa a leggere , e provoca il riso mescolato di
compassione. Era per lo meno pigliarsi un cruccio inutile e
mal prevedere 1' avvenire ; perocche da 35 anni a quesla parte noi
abbiamo avulo, per grazia di Dio , assai rovesciamenti e mutazioni
piacevoli e varie nella forma del nostro governo ; e nondimeno nes-
DELL' APPELLO COME D' ABUSO 281
sun Cardinale , nessun Arcivescovo o Vescovo , nessun curato , che
io sappia , non ha mai eccitato il popolo alia rivolta , ne ha tirato
colpi di facile eontro le Carte , le Costituzioni, gli Atti addizionali ,
i Senati, le Camere, gl' Imperatori ed i Re.
« Ilsecondo paragrafo dell' art. 6.° degli organici non e, nella
bellezza del suo assoluto, cio che vi ha di piu canonico al mondo ,
ancorcbe esso si a stato quivi collocato per reprimere le infrazioni
delle regole consacrate dai Canoni ricevuli in Francia. La verita si
e che non si Irova un sol membro del Consiglio di Stato, incaricato
d' applicare questo paragrafo , il quale sia in condizione di dire
quali sono i canoni ricevuti in Francia dall' origine della Monarchia
fmo ai giorni nostri. Sopra di cio nessuno di loro si e brigato mai
d'istruirsi ; e questo, dimandatelo pure ad essi, e loro perfettamenle
indifferente. Non importa! Dovendo essi giudicare, poiche son pa-
gali per questo, essi non tralasceranno per cio di giudicare che
tale o tal canone e stato o non e slalo ricevuto in Francia o altrove.
Da chi? In quali forme? Yalevoli o non valevoli? Cio ad essi poco
monta. Nessuna legge, inserita nel Bullettino, ne fa parola. Essi
hanno dunque la mano libera ad applicare un canone ricevuto in
Neustria, in Aquitania, nella bassa Brettagna, nel paese Vessino, e
di punire 1' infrazione enorme commessa eontro ii predetto canone.
Ma che cosa costituisce un' infrazione ai canoni? A quali indizii si
riconosce un' infrazione di tal nalura? Basta per essa un sol indizio
o se ne richiedono molti? Se la legge da la defmizione dell'm/hmo-
ne, allegatemi quesla legge ; se la legge non ne da alcuna, come
potete voi applicarla? Se voi 1' applicate, non fate voi cio che non
sapete fare, e non siele voi un giudice arbitrario, per non dire di
piu? Ci ha ancora un altro inconvenienle assai grave, che sgorga
dall' assolulo cosl vantalo del detto paragrafo, ed e che i canoni ri-
cevuti in Francia sono quelli della S. Chiesa Romana. Or la santa
Chiesa Romana prescrive, sotlo la denominazione di canone, eerie
regole in tesi spiriluale, tanto sul domma e sulla fede, quanto sulla
disciplina ; e conviene aggiungere che per piu di tre quarte parti
dei canoni disciplinari V autorita civile non vi entra assolutamente
per nulla. Cio non ostanle glf incanonici articoli della legge del
282 DELL' APPELLO COME D' ABUSO
18 Germinale anno X stendono la mano del Consiglio di Stato sopra
le infrazioni pretese di regole puraraente dommatiche. E questa, con-
venitene, una bella e buona usurpazione del diritti della Chiesa, e
la piu qualificata; ne e da maravigliare che la S. Sede non 1'abbia
trovata troppo di suo gusto.
« Sara almeno probabile cbe quesli giudici del Consiglio di Stato,
giudicanli con grande sfoggio di canoni, sopra casi puramenle spiri-
tuali, sieno dottori della Sorbona, versali nelle decretali e nelle enci-
cliche, o almeno preli addetti a qualche parrocchia, o sagreslani in
sedicesimo! Niente di tulto cio, ve lo giuro ; essi non sono ne dolto-
ri, ne pievani, ne sagrestani. Quanto ad essere accademici, e un
altro discorso; e ancora meglio, quanto ad essere giudei, protestanii,
razionalisii, filosofi, sansimoniani, panteisti e indifferentisti di prima
classe e di prima forza. Ecco i giudici spiritual! dei santi canoni ,
dei quali non un solo ba fatto il menomo corso di dirillo canonico,
in Sorbona o allrove, e volentieri se ne passa ! Volete voi dunque,
si dira, che s'incaricluno i tribunali ordinarii di giudicare il prete?
Nienle affatto —Chi dunque? — - Ne essi,ne voi. I capi della Cbiesa,
nell'ordine della gerarchia spirituale, sono i soli giudici competent!
per giudicare casi puramente spiritual!.
« Andiamo innanzi. II terzo paragrafo dell' art. 6.° affida del pari
all'onnipotenza del Consiglio di Stato, rattentato alle liberta, fran-
cbigie e costumi della Chiesa gallicana ; ed eccoci al piu vivo della
quistione. Sarebbe bello il vedere che un curato o il suo vicario
avesse 1'ollracotanza di negare qualcuna di tali liberta; soslenendo
per conlrario che esse sono oppression! e servitu ! Voi vedreste to-
slo cotesto eresiarca e papista di primo grado, trascinato dinanzi al
Consiglio di Stalo, a fine di comparirvi per rispondere alia accusa
di attentato. Non gli salti in cervello nei preliminari della sua dife-
sa di dimandare che cosa e cotesta Chiesa gallicana, e se ci ha una
Chiesa Ircana, una Chiesa Iberiana, una Chiesa Caucasiana. E perche
non vi dovrebbero essere dei pari questi diversi e piacevoli nomi ?
Si guardi pure di aggiungere che nella sua opinione di buon cattoli-
€0 nessuna Chiesa ha ne puo avere nome proprio, e che tulte sono
e debbono essere per lo stesso tilolo figlie sommesse, tenere, fedeli,
DELL' APPELLO COME D' ABUSO 283
obbedienli, rispettose della loro sanla, unica e veneranda madre ,
k Chiesa romana ! Si direbbe che una simile obbiezione ha un odore
spiccatissimo e puzzolenlissimo d'ultramontano ; che egli aggrava la
sua colpa ; che questo gli fara male, e che egli dicendo cio abdica
evidentissimamente la sua qualita di cittadino franccse, per obbe-
dire a ua sovrario straniero ; enormezza che, congiunla alia prima ,
la raddoppia e costituisce UQ attentato di prima classe, qualificato
per tale. Convien dire, per essere giusli, che fmora, non si sono
accusati preti e Yescovi d' a-vere infranto le regole spiritual! dei ca-
noni, ne d'avere attentato ai fulmini gallicani del maestro Pilhou;
ma questo puo accadere, e noi siamo di gia in buona via. La stam-
pa ha gia dato il segnale di tromba contro I' infrazione, e voi avete
udito phi d'una robusta voce strepitare dalla tdbuna contro 1' atten-
tato. La spada del germinale e sollevata sulla testa del clero, e noi
siamo destinati a passare per tutte le persecuzioni del ridicolo , at-
lendendo qualche cosa di meglio.
« Resta il quarto paragrafo dell' art. 6.° Noa ammirate voi il vago
premeditalo di quest' articolo, che colpisce d'abuso ogni intrapresa,
ogni procedimento che nett esercizio del culto pub cimentare I'onore
dei ciitadini, turbare arbitrariamente la loro coscienza, degenerare
contro diessi inoppressione, o in ingiuria> o in scandalo pubblico?
Si converra che non era facile di fare una scelta di termini, piu ac-
conci , cioe di termini che non dicendo niente, dicono tutlo ; e que-
sto era lo scopo. Egli basta di sottolineare questi termini, e lasciare
ai lettori di buon senso il fame da loro stessi il commento. Non vi
ha certamente un sol prete in Francia, il qualein tutte le domeniche
nel celebrare la Messa, nel chiamare 1' inserviente e nel montare in
pulpito, non sia esposto a cadere nei lacci di questa definizione
giudaica. Per buona ventura i tribunali , di cui il favore pel clero
non e mai stato troppo grande, e che amano di dimenarsi in larghez-
ze arbitrarie di testi, non sono stali chiamati dalla legge del Germi-
nale ad applicarla. Lo scandalo della repressione sarebbe stato cento
volte peggiore dello scandalo represso ; e le cure dei villaggi e le
sagrislie, e i palazzi episcopali, afflitti dalle spedizioni degli uscie-
ri, sarebbero stati ben tosto vuoli di preti e di prelati. II campa-
gnuolo, il cittadino piu indevoto, per avere il piacere di malmenare il
284 DELL APPELLO COME D ABUSO
suocurato all'udienza della sua piccola polizia correzionale, avrebbe
detto d' essere stato turbalo arbitrariamente nella sua coscienza, e
si sarebbero udile lunghe filastrocche per defmire che cosa e e che
cosa non e la coscienza, e che ci vuole o non ci vuole per turbarla,
e come T onore dei cittadini vien offeso o non offeso dalla parola del
prete. Noi ci abbiamo perduta una infmita di dissertazioni sul gusto
delle ciabatte, sapientissime, e che non avrebbero mancalo d' arric-
chire il dizionario del diritlo canonico ; ma noi vi abbiamo guada-
gnato del riposo: ed il Consiglio di Stato, io ne convengo, yede le
cose piu in grande, tralla gli appelli a porte chiuse, e non si lascia
infiammare dalle passioni del luogo. Piu d'una volla nondimeno, se
la noslra mano di libellista non 1' avesse preso pei capelli e arrestato
sul pendio sdrucciolevole dove egli correva, egli si sarebbe gittato
dietro 1'arlicolo 6.° negli abissi dell' usurpazione. Tanto i.Corpi an-
che piu elevati e piu saggi sono propensi ad abusare dei poteri ar-
bitrarii , che la legge ad essi abbandona.
« E cosi avvenne che solto pretesto che si opprimesse arbitraria-
menle la loro coscienza religiosa, rifiutando ai proprii parenti la sepol-
tura ecclesiastica, cerli colali, che di coscienza religiosa non avevano
punlo, andavano formando e moltiplicando a torto e a rovescio dinanzi
al Gonsiglio di Stato gli appelli come d'abuso. Fu mestieri impiegare
il raziocinio e 1'ironia, per dimostrar che la sepoltura materials ve-
niva data ai morti per cura della polizia municipale , e che la se-
poltura ecclesiastica non era che una frase impropria ed abusiva ;
poiche nel fatto il prete non nega la sepoltura, doe 1' inumazione,
ma solo le preci, cioe una cosa impalpabile, astratta, spirituale , e
che non si poteva senza oppressione forzar la sua bocca a psalmo-
diare orazioni, e il suo cuore a pregare. Si ; ci fu uopo per quindici
anni di mordaci libelli e dell' intervento degli organi piu accredi-
tati della slessa stampa ministeriale , per vincere la resistenza dei
toleranli filosofi dei Consiglio di Stato. Voi mi dimanderete: a che
dunque serve la filosofia ? Ed io vi rispondero : a che non serve il
libello l? » Ricordatevi: non siamo noi che diciamo queste cose; e
un giurisla francese.
1 Encyclopedic du dix-neuvieme siecle, alia parola: CONCORDAT.
DELL' APPELLO COME D' ABLSO 285
IV.
Vero fondamenio dell' error edei politici.
Se si cerca la vera radice, onde pullula, come ogni allra usurpa-
zione dello Stato verso la Chiesa , cosi questa in ispecie dell' appello
per pretesto d' abuso ; tal radice si troveii nelF erronea persuasione
che lo Stato sia 1'unico potere sociale, a cui sia sottoposla 1'umana
comunanza. Cio e interamente falso. La Societa umana e per ordi-
nazione divina sottomessa eziandio all'autorita religiosa della Chiesa;
anzi molto piu a questa, die non a quella dello Stalo. Imperocche
1' individuo e la famiglia non ha , assolutamente parlando , nessuna
morale obbligazione di entrare e mantenersi nel consorzio civile ;
per conlrario ciascuno uomo, ciascuna famiglia, ciascun popolo ha
dovere slrellissimo di entrare e mantenersi nella Societa della cat-
tolica Chiesa, e sotlostare all'autorita del suo Capo supremo , sotto
pena di eterna dannazione : Subesse Romano Pontifici omni huma-
nae creaturae declaramus, dicimus et definimus omnino esse de ne-
cessitate salutis 1. I politici non vogliono udire talverita. Essi ame-
rebbero chiudere tutta 1' azion della Chiesa nel solo foro invisibile
della coscienza, o se le concedono qualche esleriore ingerenza, vor-
rebbero che questa ingerenza fosse dipendenle dalla suprema legge
dello Stato, come qualunque altra associazione civile. Laonde il loro
errore e fondalo sopra 1' implicita negazione di varii dommi , quali
sarebbero la visibilita della Chiesa come corpo sociale , la sua di-
stinzione e indipendenza dallo Stato , la divinita dei suoi poteri go-
yernativi in ordine alia santificazion de'fedeli.
I politici , tutli volli alia terra e alia magnificazione dello Stato ,
BOD intendono un'acca della nalura della Chiesa di Cristo, della sua
grandezza nel mondo, dell' ufficio che elia e destinala ad esercitare
tra le genii. Per conoscere un tal punto, essi dovrebbero volgersi a
penetrare il pensiero divino , manifestato nelle divine Scrilture , e
1 Bolla dommatica di Papa Bonifazio VIII: Unam Sanctam.
286 »ELL' APPELLO COME D' ABUSO
proclamato dalla Chiesa stessa , conscia del proprio essere e della
propria missione. Allora intenderebbero essere propriamente la Chie-
sa un yero impero quaggiu , V impero cioe dello spirito succeduto
agl' imperi della forza , per educare e condurre a salute il genere
umano. Aprano la profezia di Daniele al capo secondo, e leggano la
successione degl'imperi che avrebbero dominate la terra. Da prima
quello degli Assiri , poscia quello de' Persiani , poscia quello dei
Greci, da ultimo quello de' Romani, che col suo ferreo sceltro avreb-
be abbatluto e a se assoggettato ogni cosa.
Quicumque mundi terminus obstitit,
Hunc tang at armis 1.
Ma tutli quest' imperi materiali dovevano cadere 1' uno dopo I'allro,
e sorgere fmalmente un regno di origine non umana ma dlvina, che
sarebbe durato in eterno : In diebus regnorum illorum suscitabit
Deus caeli regnum, quod in aeternum non dissipabitur , et regnum
eius alteri populo non tradetur; comminuet autem et consumet uni-
versal, regna haec, et ipsum stabit in aeternum 2. Risoluta nel decreto
dbino la riordinazione del genere umano per Cristo, Iddio per pre-
disporlo ed avvezzarlo alle leggi dell' ordine ed ai legami di societa
religiosa universale, lo consegno, quasi cavallo al domalore, al go-
verno della forza materiale, acciocche, addestrato e reso traltabile ,
potesse poi agevolmente sottostare alia forza morale e all' impero
della verila e della giiislizia. Un tale impero e la Chiesa; annunziata
pero come regno : Evangelium regni. Essa nell' ordinazione divina
e succeduta agli antichi imperi universal! del mondo , e massima-
mente al romano , che di tutti fu il piu esteso e potente. Anzi puo
dirsi che in lei lo stesso impero romano si e trasformato da mate-
riale in spirituale. Roma dominava il mondo colle armi per mezzo
de' suoi Imperadori ; adesso lo domina colla religione , mediante i
suoi Ponlefici : Quidquid non possidet armis, Relligione tenet. A que-
st' Impero appartengono popoli e nazioni , da lei soggiogati non col
1 ORAZIO, Odarum, lib. 3.
2 DANIELIS c. II, v. 44.
DELL' APPELLO COME D' ABUSO 287
ferro ma colla croce. Tutte le cose appartenenti all'ordine naturale
e alia civilta di tali popoli e nazioni, non vengono menomate o di-
strutte per si falta soggezione ; ma piu veramente vengono nobilita-
te , attese le relazioni che rivestono coll' ordine della grazia e del
fine soprannaturale dell' uomo. I poteri politici restano anche essi,
perche necessarii al ben essere temporale della sociela, e alia tu-
tela dei buoni e alia punizion de'malvagi. Ma restano di nalura loro
subordinati a quello , che, comedicemmo, e vero Impero univer-
sale ; come gli antichi regni , soggiogati da Roma , erano soggetti
a Roma e tributarii di Roma. La sola differenza e, che quell' anlica
soggezione era forzata, conseguita per \ia di vitlorie materiali, ed
ordinata ad un fine terreno , che si assommava principalmente nel
dominante; laddove questa soggezione e spontanea, ottenuta per
trionfi moral!, e diretta al bene spirituale ed eterno degli stessi sog-
getli. Questa e 1' idea che della Chiesa si ricava dalle divine Scrit-
ture, dalle tradizioni ecclesiasliche, dagl' insegnamenti de' Sommi
Pontefici , tra' quali basti nominare un Gregorio VII, un Innocen-
zo III, un Bonifazio VIII. I politici non capiscono nulla di tullo cio,
essi non sanno apprezzar altro che baionette , cannoni , gendarmi ,
bargelli e va dicendo. La forza morale del nuovo impero, suscilato
da Dio per reggere e governare in riome di esso Dio , popoli e Re
ed ogni altra altezza terrena , e al di sopra del loro intendimento.
Essi negano lali prerogative della Chiesa. Facciano a loro senno ;
anzi, se cosi loro aggrada, rinneghino la Chiesa stessa, ed abbrac-
cino T Alcorano. Ma non isperino giammai di strappar dalla mente
dei sinceri caltolici la vera idea della Chiesa e delle sue relazioni
collo Stato ; la quale idea niun savio pensera mai che si debba atli-
gnere da altra fonte, che dagli Drdinamenti di Dio, da cui ogni crea-
tura dipende e ogni pertinenza privata o pubblica dell' uomo.
TIGRANATE
RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
XVIII.
Un lampo del segreto.
Chiamati dipoi artefici in oro e gemme,
siede in mezzo ad essi, e descrive 1'imma-
gine del Segno, e ord'ma che sia rappre-
sentato in oro e pietre preziose. E el
rammenta d' averlo veduto alcuna volta
cogli occhi nostri. EUSEB. VitadiCostant*
I, 30. (Opp. edit. gr. lat.Migne torn. II,
pag. 946.)
Placido adunque trovaiosi a tu per tu con Tigranate, e stato assai
lunga pezza in silenzio, gravido di grande pensiero, incomincio im-
provvisamente: — E lunga ora chc io meco delibero se parlare piu
mi convenga o tacere. . .
— Deliberare ! e non puoi confidarmi a sicurezza checche ti cade
in mente, poiche siam soli? non sono tuo figlio?
— Figlio, ripiglio Placido calcando sopra questa parola, figlio: e
intanto gli avvisi e i consigli di colui che tu chiami padre, nulla pos-
sono sul luo cuore. E io muoio, e ti lascio. . .
— Ne muori, ne mi lasci, babbo : Non senli come ti se' rinfraa-
cato? tu parli con voce e con forza di sano.
TIGRANATE — UN LAMPO DEL SEGRETO 289
— E tu credi che il morire mi sia amaro ? e che io paventi 1' ul-
lim' ora, dopo celebrati i misteri di queslo giorno? Ah lu non sai
quanta sicurezza di beata immorlalita infondano i nostri arcani sa~
criflcii! Dolorosa mi e una cosa sola e piena di inestimabile cordo-
glio, che io ti lascio non peranche iniziato alia religion nostra. Do-
vevo parlartene prima d' ora; dovevo darli migliori esempii : il tuo
animo retto ne avrebbe fallo suo pro.
— Babbo, a che li confondi sopra cotesto? ti dissi io forse che non
sia per rendermi a' tuoi avvisi? Tutto il contrario; pure di questo io
penso di e notte, e per avventura ci sono piu presso che non imma-
gini tu. Vuoi di piu? per poco ch' io non detti il mio nome tra i ca-
tecumeni a Milano : ad Alene ci fui a un pelo.
— Che dubili adunque? che lemporeggi? che aspetti?
Tigranate calo il volto in seno, e per risposla gli usci involontario
un sospiro somigliante a gemito di cuore oppresso. Egli era lungi
assai dalla viltoria eonlro se stesso, e tulta sentiva la vergogna della
sua irresoluzione. Cosi stetlero lunga pezza muti e senza guardarsi.
Placido rientro nel discorso: — E bene anche cotesla mezza pro-
messa, che mi rinnovi al lefto di morte, mi e, se non di piena conso-
lazione, certo di qualche conforto,*e meco la portero nella tomba e
al tribunale di Dio per mia discolpa. Ti sovvenga pero che tu mi
appartenesli, e che colui, che tu chiamasli luo padre, fu cristiano,
sebbene fiacco e indegno di si gran nome. . . Ma almeno non negai
il mio Cristo giammai. . . no, mio Dio (e qui congiugneva le mani e
sollevava le pupille lagrimose al cielo ) dal di ch' io vidi la croce,
adorai serapre il Verbo falto came. . . Figliuolo , dal cielo altendero
il compimento della tua promessa. — - Tigranate, che volentieri avreb-
be cessalo quel si streito discorso, e cambialolo in altro piu agevole,
al nome di croce, colse la palla al balzo ed enlro a dire : — Oh ap-
punlo ier sera accennasti pure della gran visione e poi ne fu nulla.
Che fu adunque di quella croce ? che io fui sempre voglioso di sa-
perne il nelto.
— Toccava a me parlartene e sempre il dissimulai! e forse. . .
— E rieccoci ai rimpianti di ieri. Padre mio, non darti piu affanno,
e poi , il vedi , hai bisogno d' un po di quiete.
Serie Y/, vol. II, fasc. 363. 19 2i Aprile
290 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
— Di quiete? e non sai che il solo pensiero di quel giorno mi rin-
giovanisce, non che riposarmi ! Ascolta , ascolla tutto , e sia questa
T ultima memoria che io ti lascio. lo ero giovane come te un giorno,
come te lonlano dai pensieri dell' altra vita, come te. . . non come ter
come altri, nemico dei misteri cristiani. Pensa che nella officina di
mio padre, dove tenevamo da venti schiavi all'arte, non si lavorava
quasi altro che amuleti e statue di Falsi numi , Dee Matrone, Madri
dei Cesari, e Diane soprattutto, che era la grande superstizione dei
nostri poveri Taurini. Quando la noslra citta fu occupata dal Divo
Costantino, dopo rotla una gran partita di cavalleria sortita a com-
batterlo, noi giovani uscimmo a vedere quelle sue valorose, sebben
poche legioni, accampate lunghesso le mura della citta. Correva voce
che un immenso esercito di Massenziani si attestasse tra Milano e
Brescia, sotto gli ordini di un gran generate, Severo, per contendere
al vincilore il passo di Roma, Non sapevamo renderci capaci, che
egli arQisse di cimentarsi a tanta impresa con si poche4 forze, e te-
mevamo ancora per noi stessi, che avevamo favorito Costanlino col
chiudere le porte in faccia ai Massenziani, quando tornavano in isba-
raglio per ripararvisi. Egli ce ne fu ric*onoscente, e di gran feste
fece alia nostra giovenlu che accorreva al suo campo. •>% ;.£
— Era il mezzogiorno di poco passato, quand' ecco io sento negli
accampamenli voci di maraviglia: ciascuno guatava all'alto verso le
colline oltre il fiume, e addilava il cielo a chi gli era vicino; si chia-
mavano gli uni gli altri fuori delle tende a mirare il prodigio. Che
spettacolo ! Un immenso globo di nube raggiante si ergeva nell'aria,
e divenlando ad bra ad ora piu luminoso nel mezzo , vi scorgemmo
chiaramenle disegnata una croce, ma di tanta luce, che appena 1'oc-
chio la potea sostenere. Un motto si leggeva sotto essa: In Questo
Vinci; e tanto sfolgoranle, che pareva scritto coi piu vivi raggi del
sole. Dirli il lungo grido di gioia che sorse tra le legioni, e impossi-
bile. I soldati si salutavano a vicenda, si abbracciavano giubilanli,
promettendosi infallibile vittoria, i viva Costantino augusto ferivano
le stelle. Invece i Cristiani, quali colla fronte a terra, quali colle
braccia spante adoravano quel segno celeste. E cosi dopo lunga ora
il portento, rimpiccolendosi a poco a poco, svani e scomparve.
UN LAMPO DEL SEGRETO 291
Mi ricorda che tornaio a casa dissi a mio padre: Omai non abbia-
mo piu che temere ne da Massenzio, ne da Severe: la viltoria e di
Costantino. —Ma quale fu la nostra marayiglia, quando il di seguen-
te, di gran mattino vediamo entrare nel laboratorio un ufficiale di
corte, e chiedere premuroso di mio padre: — Augusto, diss' egli,
ti chiama al suo padiglione. — Mio padre stimando che gli dovesse
commettere alcun' opera, s' infilzo la toga, accenno a me di segui-
tarlo, e fummo al campo. Quanlo era bello Costantino in quel gior-
no ! quale fierezza nel guardo, quale maesta gli usciva dal sembiante!
E pure ci saluto con una cortesia, che bisognava vedere per cre-
derci. — Questi e il miglior orafo, disse 1' ufficiale additando mio
padre, che sia in questa cilta. — E Augusto : — Ho bisogno del-
1' opera tua, ma sollecita giorno e nolle senza ristare. — Augusto,
rispose mio padre, comanda, e vedrai come si obbedisce al piu glo-
rioso degl' Imperatori.
Costanlino allora si pose a sedere , che era in piedi , e ci mostro
lo stendardo coll' effigie della famiglia augusta, che si doveva mon-
tare secondo un suo nuovo disegno, e n' aveva di sua mano tratteg-
giato un bozzetto. Era una grande asta* laminata d' oro , e per for-
mare la croce un braccio traverse, dal quale doveva pendere il drap-
po. In capo all' asta voile che si ergesse il nome vittorioso di Cri-
sto , simboleggiato da un Chi e da un Rho bellamente inlrecciali
in un monogramma. — E in questi , diss' egli , cio che c' e di piu
prezioso tra le gemme versa e profondi al possibile, niun lesoro, che
v' impiegassi, fia soverchio. — Cosi il labaro, primo vessillo cristia-
no, che sventolasse tra le armi di Roma , fu al padre mio commes-
so da Costantino. Poi si trasse di capo 1' elmo e soggiunse : — Ra-
dine ogni altro fregio dalla lesliera , e d' ambi i lali vi salderai di
rapporlo il divino monogramma, e tramezzo un astro scintillante di
gioie. Per la scelta in te mi rimetto : ma prima del terzo giorno I'o-
pera sia qui senza fallo.
Pensa, Tigranate, com' io tornai all' officina con queU'elmo in ma-
no, lo entravo in un nuovo mondo, e vaneggiavo di maraviglia. Mi
pareva di veder vivi sotto la visiera i due grandi occhi dell' Impera-
lore vitlorioso, la croce, il nome di Cristo intesi dalle sue labbra, mi
292 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
penetravano nel cuore. Mio padre stancava i fabbri e la fucina , io
non ebbi posa di giorno , non dormii la nolle : e se alcun poco mi
vinceva il sonno, ed ecco il volto di Coslantino mi si parava dinanzi
agli occhi, e sembrava che mi gualasse, e che il labaro fiammeggias-
se e 1'elmo e il norne del Crislo. Breve, Ire di ne andai ebbro e de-
lirante, e in capo al terzo, quando gia il lavoro era in acconcio d'es-
sere riporlato ad Augusto, dissi a mio padre: — Io saro soldalo di
Coslantino.
Augusto trove 1'opera di suo gusto appuntino, come che condotta
con lavorio si rovinoso : adalto di sua mano la criniera all' elmetto
e squassandola in presenza degli astanli , e brandendo il labaro :
— Amici, disse, allegramente, alia vittoria : con questo vinciamo. —
E die ordine a un primicero del comitato, che noi fossimo di presente
soddisfalti alia reale.Jlio padre pose un ginocchio a terra e disse:
— Augusto sempre viltorioso, una mercede sola ti chieggo. . . .
— E quale? interruppe con mollo favore Augusto.
— Che queslo mio figlio sia de' tuoi soldati. —
Costantino mi misuro dal capo ai piedi con quel suo sguardo se-
reno, e proferi queste precise parole : — Poiche il volete , ollre la
dovuta mercede , avete ancor questa. Tu , fanciullo , sarai de' cm-
quanta che circonderanno questo stendardo nelle battaglie. — Che
giorno, Tigranate mio, fu quello ! che istante ! quello fu il principio
della mia fortuna (e qui la voce di Placido acquistava un'energia feb-
brile) : a Brescia , a Verona io mi batlevo solto al labaro , a lato di
Coslantino: a Roma ... oh Roma, culla della mia fede , quanlo mi
e dolce rammenlarti su questo letlo di morte ! oh Roma dalle cento
basiliche . . . Roma , tomba di san Pietro e di san Paolo ! . . . Gli
Apostoli da'loro sepolcri ci stendevano la mano. . . . Vedi il Tevere
che serpeggia sotto il mausoleo di Augusto? e lambe la mole Adria-
na? Io vedi che si frange alia proda del Palalino? . . . di qua le
colline valicane e pianura, pianura . . . quel muro di ferro lucente,
irlo di lance e di spade son le corazze della guardia di Massenzio, e
qui le coorti di Costanlino, le noslre lurme , a lancia in resta, a te-
sta chinata in sulle criniere dei cavalli , che si disserrano ad inve-
stirle. . . . Ti veggo, Costanlino orrendo , implacabile , ti ravviso
UN LAMPO DEL SEGRETO 293
alia croce dell'elnao, al labaro che li precede , alia spada che divora
la folta dei nemici . . . come urta e alterra e conculca ! . . . ti se-
guo, io copro il luo fianco , la inia spada ribalte la spada che ti mi-
naccia. . . . Ahi! . . . il cielo fugge dagli occbi miei. . . . Tu chi
sei, vegliardo? ... <,.'-;
Tigranate si accorgeva troppo bene che a Placido fuggiva la men-
te: quelle ricordanze, la debolezza , la pieta, tutto cospirava a raet-
terlo in quel tumultuoso delirio. Di che egli chiamo Pisto, lo schiavo
fedele che instancabilmente vegliava ad ogni servigio nell' antica-
mera, e ordinogli che di presente recasse una bevanda calmante, ed
intanto pose la raano sulla fronte del vecchio, che tulta era in fuoco.
— Babbo, gli veniva dicendo soavemente, assai mi dicesli : or posa,
posa un poco, acchetali, il sonno ti giovera. . . .
E provavasi di levargli di dielro le spalle i guanciali perche
giacesse. Ma Placido con gli occhi sbarrali e fissi come di vetro
scinlillante, il respingeva colla mano, conlinuando: — Tu chi sei,
vegliardo ? come splende la mitra sul tuo capo ? . . . e questa schie-
ra bianca che dimanda? . . . Vi sento : II cavallo e il cavaliere van
travolli ne' flutti, e 1'onda ingoia il carro di Faraone e il suo esercito
con lui . . . la deslra tua, o Signore, e glorificala. E tu sei duce mi-
sericordioso al popol tuo ... chi si agguaglia a Jehova ? . . . Dio
regna in eterno e vince 1' eternita . . . e immobile e ii tuo san-
tuario. . , —
Con questi e piu altri simiglianti vaniloquii delirava 1'infermo, che
spossato al fine restossi e tacque. Pisto interpret a Tigranate il senso
di quelle parole tronche, come quegli che cristiano era, e per lunga
ed intima servilu, o piuttosto amichevole intrinsichezza, sapeva ogni
cosa del padrone. Placido era caduto ferito nella gran battaglia con-
tro Massenzio , nel momento che il tiranno, incalzalo da Costantino,
precipitava nel Tevere. Pero portato fuori della mischia, era stato
raccolto in una villa di crisliani sui colli vaticani , a pie de' quali fu
combattuta quella fauiosa giornata. Cola riavutosi , e istruito della
fede, aveva poi ricevuto il battesimo nella basilica di S. Pietro. II
vegliardo mitralo accennare al venerando Melchiade , allora Vesco-
vo di Roma; la schiera bianca significare i sacerdoti che salmeggia-
291 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
vano a Dio, e ringraziavanlo della vittoria di Costantino, die promet-
teva pace alia Chiesa universale. Placido avere senza dubbio inleso
piu volte i cantici sacri, e quello, di cui rammentava sparsamente al-
cuni emistichii, essere un inno sacro del libri divini dei Crisliani, il
quale per avventura aveva piu scosso la sua fantasia bellicosa.
Mentre cosi discorrevano Pisto e Tigranale in disparle , sperando
che 1'infermo dovesse appiccar sonno ; questi a riprese inlerrotta-
mente mugolava, ora con fremito sordo, ora con mormorio confuso,
ora con poche parole scolpite e solenni. E allora Tigranate da un lato
e Pisto dall'altro si argomenlavano di tranquillarlo. Placido teneva
gU occhi chiusi : gli aperse repente e gualando colle luci torbe 1'u-
no e 1'altro : — Dove mi traete , crudeli , grido con affanno e con
orrore. Ah Costanzo tralignalo ! lu fai guerra ai vescovi e trionfi : in
faccia ai Persiani, tu cedi, tu fuggi . . . vigliacco ! tu tradisci il san-
gue nostro, ti e vile il soldato romano . . . e ci lasci alia schiaccia ;
codardo! . . .E nel vaneggiamento scagliava le mani come chi impreca.
Pisto lento di ricoraporgliele sotto la coperta, e Placido: — Barba-
ri, rispettatemi. Chi osa legare un Iribuno romano? ...
— Babbo, nessuno ti offender questi e Pisto , io sono il luo Ti-
granate. ...
- Pisto! Tigranate ! Che vuoi Gran Re , ch' io faccia di questo
fanciullo? . . . Principessd infelice ! il tuo Tigranate io 1'adotto per
mio figlio , mi sara un pegno sacro , Io nutriro sul mio petto . . .
muori tranquilla, tel giuro pel Verbo divino, I'educher6 a Cristo. . .
sara due volte figlio del Gran Re. ... —
A queste parole che si poco sapevano di vaniloquio e si cbiara-
mente accennavano un secreto tremendo , di cui Pisto solo era con-
sapevole, con alto subitaneo e indeliberato egli si batle la fronte colla
palma : — Dio grande ! qual velo si squarcia in quest' istante ! —
Pisto, che arcano e cotesto? lu il sai : il leggo nel tuo volto: lu solo
ci accompagriasti dalla Persia: parla.
- Non posso.
— II voglio.
— Non e permesso.
— Tel comando.
— E un segreto di morle.
TUTTO IL SEGRETO
XIX.
Tutto il segreto.
Cadaver (Acepslmae martyrls) . . . clam
sublatum est industria filiae regis AT-
meniae, quae per eos dies in arce Me-
diae obses detinebatur. Atti di S. Ace-
psima, scritti in caldaico, e tradotti
dall'AssEMANi, ActaMart. orient, torn.
I, pag. 193.
Placido era passalo alia pace del Signore, tre di dopo la sua ple-
naria riconciliazione colla Chiesa. Antusa gli aveva chiusi gli occhi,
Tigranate le labbra , e i pieiosi fratelli levato avevano il cadavere e
governatolo di tulto punlo per lasepollura. Ma Tigranale non aveva
atteso fino ad ora per chiarire le misteriose parole, sfuggite sul deli-
rio a colui ch'egli teneva per suo padre. Pisto da lui pressato , mi-
nacciato , costrelto , aveva infine squarciato interamente il velame ,
che gli diveniva impossible di mantenere piu a lungo ; e tutta gli
aveva raccontata per filo e per segno la storia maravigliosa della sua
infanzia. E bene egli la doveva sapere , perche , tolti i pochi anni
dello studio di Atene , egli aveva con instancabile fedella vigilato
tulli gl'lstanti di Tigranate, dalla culla sino al giorno presente.
— Tu sei figlio del Re di Persia, gli diceva egli, dopo che ebbe otte-
nuta replicata sicurta di eterno segreto, tu sei figlio di quel Sapore,
che regna oggidi sul maggiore imperio dell' Asia ; e tua madre e una
principessa, la nobile, la pia Tecla > che tuo padre fece prigioniera
nella guerra conlro Tiridale re di Armenia.
- Di donna schiava adunque? taci , taci ; altro non voglio sa-
pere ... no : parla.
- Di schiava no, ma di regina : ed ella sarebbe forse ancora sul
trono, e tu presso al soglio, se i Maghi non le avessero crudelmente
strappata 1' afiezione del Gran Re. Infelice! ... No, avventurosa;
ell'eincielo!
296 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
— Sapore adunque le diede morle ?
— No : la ripudio. Ed e gloria grande di Tecla, e tua fortuna, se
tu sai conoscere il dono di Dio. — E qui Pisto levo gli occhi al cie-
lo in atto sublime , in cui tutta splendeva la magnanimita del cri-
stiano, e spariva la bassezza dello schiavo ; e aggiunse : — La ter-
ra e fango, e nulla : qual lu mi vedi , scliiavo di Placido e luo , non
nacqui pero in quesla condizione, ma per te la simulai. . . .
— Tu nori sei scliiavo?
— Yoglio esserlo. Finche non avro compiuto 1'incarico, dal cielo
e da tua madre impostomi, saro sempre tuo schiavo. So che il tuo pa-
dre di adozione nel testamento mi rende a quella liberla, che sa es-
sere mio dirilto : ma innanzi ad ogni altro diritto, tengo a cuore il
mio dovere, la promessa ch' io feci di non abbandonarti ; invano mi
renderesti libero, io saro teco, se non mi rigetti, servo fedele.
— Servo no, ma liberlo, ma amico, disse Tigranate stendendogli
la mano.
— Come ti piacera.
— Prosegui. Qual e 1'incarico che hai da mia madre ? Che e di
lei? — Pisto si coperse il volto col lembo della manica , e ruppe in
un pianto doloroso, si che a gran pena pote tra i singulli conlinuare
la crudele istoria.
La giovane , la vezzosa Tecla caduta nelle mani di Sapore vitlo-
rioso, ne aveva rapito il cuore, e allora quel principe non aveva che
ventitre anni. Non rinuncio essa alia sua fede, che era cristiana, nel
salire al trono. II primo frutto di tale unione fu Tigranate, e fu 1'ul-
timo altresi. Perciocche venuto F Arcimago a richiedere il regio
bambino per passarlo all'acqua ed al fuoco nel tempio del Sole , ed
essa il ricuso inesorabilmente : era risolula di allevarlo cristiano,
quand'anche la corona della terra dovesse essere immolala alia co-
rona del cielo. Le suppliche, le minacce non giovarono a scuotere
la costanza della reina. Adunque il consiglio dei Salrapi, sobillato (e
non avea bisogno) dai principi della setta dei Maghi, fece intendere
al monarca, che per salute del reame era necessario di venire al la-
glio, con quest' ostinata femmina , che levata , dicevano essi , dalla
polvere al soglio del Re dei Re , perfidiava ad educare pel trono dei
TUTTO IL SEGRETO 297
Sassanidi un nemico del Sole e dellc patrie leggi. — £ d'uopo farla
perire , ripelevano essi , sotto varie parabole , al giovane sovrano.
— Essa e il suo frullo — aggiugnevano allri.
Sapore conosceva che il regno nol teneva dalla ragione del dirit-
to, ma dal beneplacito di quegli stessi consiglieri, i quali avevano
rapito lo scettro ad Ormisda, suo fratello maggiore, per darlo a lui :
e Ormisda era tuttora vivo. E per giunta egli era giovane, inesper-
to, e Iroppo bene sapeva, che a quei perfidi qualsiasi delillo sarebbe
paruto un gioco , tanto solo che sicurassero la loro superstizione.
Piegossi, e cedetle alia prepotente gelosia di Stato. Altri sparsero
che un nuovo amore avesse allacciato il suo cuore, e ch'egli toglies-
se con dissimulate piacere il pretesto sempre specioso della religio-
ne, per troncare il primo vincolo. Checche ne fosse , la regina e il
picciolo Tigranate scomparvero improvvisamente , trasportati con
infinita segretezza in un caslello lontano dalla reggia : e si divulgo ,
ch'ella fosse perita insieme col figliuolo. Un vecchio eunuco, fidatis-
sima creatura dell'Arcimago, fu depulato governatore del castello, e
custode della reale prigioniera. II Re le fece sapere, che la sua per-
tinacia nelle religioni straniere le avevano tolto 1' affelto dello sposo;
ed essere effetto della divina benignita di lui , che altro peggio non
le fosse intervenuto , giacche il senato dei Satrapi 1'aveva giudicala
a morle : non desse segno di essere viva , perche al primo rumore
che di lei venisse alia corte, pericolerebbe essa e il suo figlio.
Un signore armeno, detlo Arbazane, che poi si chiamo Pisto, per
contraffare lo schiavo sin nel nome, fu il solo confidente che la ripu-
diata principessa pole conservare , il solo che voile seguitarla nella
sua disgrazia, il solo che recava a Sapore, in altissimo secreto , no-
velle della sposa reietlae del figliuolo diseredato. II Re rifuggiva dal
bruttarsi le mani nel sangue suo, e gli sapeva male di avere ad in-
crudelire contro una sposa gia amata , e sempre innocente : e come
era stato lielissimo, allorche Ormisda suo fratello dalla prigione era-
si trafugato in terra romana , e invece di inseguirlo avevagli anzi
mandato addietro ancor la moglie ; cosl avrebbe bramalo occasione
di spacciarsi senza nuovo delitto e di Tecla e del fanciullo. Tardo
parecchi anni, ma pure infine il buon destro si present. Pislo pose
298 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
gli occhi in Placido tribuno romano , che gia da piu anni viveva a
Ctesifonte, come colui che era stato fatto prigione nella infelice gior-
nata di Nisibi, e in grazia del suo allo grado, veniva sostenuto sotto
guardia cortese , intanto che nascesse il bisogno di cambiarlo con
qualche illustre prigioniere persiano.
Placido col suo far nobile e dignitoso era giunto a cattivarsi la
grazia del Gran Re. Perciocche Sapore piu volte gli aveva proposlo
di rimandarlo libero e colmo di ricchezze sfondolate , tanto solo che
egli impegnasse la sua parola di conservare soppiatta corrisponden-
za con lui, e tenerlo avvisato delle mosse dell'esercito romano. Ma il
magnanimo tribuno rifiuto costantemenle Tiiifarae mercato : di che
il principe, il quale di generosila si piccava forte, 1'ebbe a dieci co-
lanti in maggior concetto. Laonde allorche Pisto gli suggeri di affi-
dare il picciolo Tigranate all'ufEciale romano, che il nutricasse in suo-
lo straniero , lungi dalle insidie de' Maghi , il suo cuore paterno si
ridesto, e piacquegli il partito.
Non sospetlava egli pure in ombra che Placido fosse cristiano ,
perocche questi aveva in ogni incontro dissimulata la sua religione.
E certo se il tribuno prigioniero si mostro debole in questo, non era
pero indegno di ogni compassione. Al suo primo giugnere nella va-
sta metropoli della Persia, che era a que'di Ctesifonte, il primo spet-
tacolo, che gli si paro dinanzi , fu si fiero e truculento da crollare
qualsiasi fortezza piu sicura. Un vegliardo incanutito nella corte ,
servidore e nutrizio del Re , e pressoche suo amico , per nome Gu-
sciatazade l , veniva trascinato a lasciare la testa sul patibolo : i
banditori precedevanlo, trombando tra i popoli accorsi la sentenza
reale, che condannava a morte quel vecchio, perche oslinato di non
adorare il Sole. Questo avveniva un giovedi sanlo. II venerdi se-
guente fu tratto al cospetto del tiranno il vescovo Simeone , il quale
ebbe lo stesso giorno mozza la tesla , e come lui cento altri ministri
dell'altare. Distruggevansi le chiese, incendiavansa i monisleri delle
1 E FUstazade del Marlirologio romano e degli storici greci : ma gli atti
autentici e antichissimi, pubblicati dairAssemani, gli danno il nome che noi
gli diamo.
1TTTO IL SEGRETO 299
sacre vergini, i fedeli si vedevan rivolti a tenere le sacre assemblee
nel buio della nolle e fuori dell' abilalo. Placiclo fu debole : non oso
confondersi coi fralelli perseguitati , e yisse come pagano , Iranne
che giammai non piego le ginocchia agl'idoli vani della conlrada.
Una lale cadula, inescusabile dinanzi a Dio, e cagione di poi di
lante lagrime a lui slesso gia ravvedulo , fu lultavia dal benigno Si-
gnore rivolta a bene. Perciocche Sapore , con lulta fidanza avutolo
a secrelo parlamenlo. — Romano, gli disse , la vita lua, non che la
liberla, e in mano mia; ma io lungi dal vendicare sopra di le le
lante vile de'miei servi, mielute nella ingiusta guerra che io sosten-
go dai tuoi, sono venuto in divisamenlo di colmarti di favori , se lu
sei uomo di render tene degno.
— Gran Re, rispose Placido, i Romani li guerreggiano , ne a me
soldato sta di giudicarne le ragioni : ma quello che dire ti posso si
e, che essi tengono in alto pregio il tuo valore. Io oltre al valore ne
sperimentai altresila clemenza : pero in cosa che uom romano possa,
mi rechero a grande onore di ubbidire.
— Se i Romani sono quei generosi che si millanlano , e lu sei
quale mi sembri, puoi ubbidirmi. Ascolta. Vi e un fanciullo che i
miei cortigiani, per gelosia di servirmi , metterebbero a morte , se
Io scoprissero : io sono stanco di celarlo, e mi risolvo di affidarlo a
le, se mi giuri secrelo inviolabile.
— Re dei Re, la tua fiducia mi commove di profonda riconoscenza;
e lu, permelli che il dica, bene la collocasti. II mio petto e sacrario
inaccessibile , allorche do la mia promessa. Ma dove potrei io na-
scondere un fanciullo, che il Re di Persia non pu6 celare ?
— Fuori del mio imperio ; tanto lungi che i Maghi nol possano
raggiugnere ; tanto presso, che io possa riceverne frequenti novelle :
a Carri o ad Anliochia :. scegli.
— Dunque mi rendi alia liberta?
— Alia liberta senza dubbio ; e il mio reale tesoro li e aperto
fin d'ora.
- Gran Re, possa lu esser felice, quanto sei generoso.
- Sai tu che cosa guadagno a le la mia fiducia , a le straniero ,
romano, nemice?
300 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
— No, Re.
— II tuo rifiuto di servirmi a danno della tua patria. Quando mi
dicesti : Ho giurato al inio principe , non \ioler6 il sacramento di
fedelta , allora ti ammirai. Se lu consentivi li avrei ricolmo di oro
e di dispregio.
— E giuslo era.
— Or bene farai a me 1'istesso sacramento, che facesli al tuo Im-
peratore, giurami per 1'istesso Iddio per cui giurasti a lui.
— Quale fedelta mi richiedi ? pure di questa sola del silenzio su
cotesto fatto, o altra ?
— Segreto, solo segreto , impenetrable segreto sull' origine di
questo fanciullo. II crescerai come da te adottato. Esso deve igno-
rare d'onde egli sia: tu slesso non cercarlo. Lo giuri?
Placido alzo la mano e disse : — Pel Dio del cielo che adoro, per
cui giurai fedella a Costantino augusto e a Costanzo augusto suo fi-
glio, giuro al Re dei Re, a Sapore il grande, che niuno al mondo sapra
il segreto, che oggi mi confidi — Sapore si tolse dal dito un anello,
e spezzatolo col pome del pugnale, ne die un semicerchio a Placido,
Faltro ritenne per se ; e aggiunse : — Allorche li si presentera uno
sconosciuto, in abito di mercatante, o di mendieo, o di filosofo, o
d'altro, e ti porgera questo frammento, e tu vedrai che combacia
col tuo, ricevi da lui le mie ambasciate e 1' oro che t' inviero, e a
lui parimente a piena sicurla commelti le novelle del fanciullo. Cosi
farai e non allrimenli. Lo giuri?
— Lo giuro.
— E alia lua morte, che il gran Sole tenga da te lontana, ii la-
scerai tu erede delle ampie possession! che gli acquisterai del mio
tesoro?
— Lo giuro.
— Or sappi, che il giorno in cui questo fanciullo fosse trovato in
Persia e riconosciuto, egli cadrehbe tosto viltima dell' odio dei Ma-
ghi : io slesso nol potrei salvare. Le ragioni del regno sono ineso-
rabili. Che anzi se lu Iradissi il secreto ai Romani, 1'ira mia li rag-
giugnerebbe, quand'anche salissi in cielo o li profondassi nell' abis-
so. La mano di Sapore e lunga, e ferisce sino agli ullimi confini
della terra.
TUTTO IL SEGRETO 301
— Re del Re, superfltia e la minaccia. Parola giurata di Placido,
e basta.
- Parola di Re, disse Sapore.
Con tale accordo partissi Placido da corte. In pochi giorni si ebbe
formata una numerosa famiglia di servi e di schiave, affine di me-
glio cclare il fanciullo. Ne riusci malagevole a Pisto di persuadere
la sventarala Tecla di consegnare il bambino Tigranate : perciocch&
la forza non poteva contrapporre alia forza ; e oltre a cio le fece in-
tender che i disegni del Re miravano a salvare la vita al fanciullo,
e che in picciol tempo non gli fallirebbe il destro di trafugare lei
stessa e ricongiugnerla col caro figliuoletto, in terra straniera. Una
sola condizione essa interpose, che Pisto seguisse il figliuol suo ,
sino a vederlo adagiato a Carri, e assicuratosi cogli occhi suoi delle
<xmdizioni delle persone e del luogo, e tornasse a riferirlene le no-
yelle. Pisto glielo promise.
II tribuno, siccome aveva giurato al Re, cosi ogni cosa santamen-
te osservo. Tolse casa a Carri, grande cilia romana, e mando correr
voce il fanciulletto essergli nato in Persia, dove la madre era morta.
Vero e che morta non era la infelice madre di Tigranate, ma mena-
va una vita peggior d'ogni morle. Perciocche come si vide separata
dal caro pegno delle sue viscere, sola co'suoi dolorosi pensieri gior-
no e nolle, si trovo inabissala in si profonda malinconia, che se la
rassegnazione alia divina Provvidenza non T avesse soslenula, ella
perdevane senza folio la ragione della mente. Ritorno alia fine a
confortarla il buon Pisto, che la rassicuro del figliuolo giunto a sal-
vamento in Carri, dove Placido tenevalo a grande cura custodito, e
d'ogni agio fornito piu come principe, che come privalo.
— E cotesto e poco, e nulla, sclamava la principessa cristiana;
fmche io nol sapro battezzato non avra conforto il mio cuore. Ah,
me sconsigliata ! ch'io non dovevo a niun patto affidarlo a mano al-
trui ! meglio era ch'io ii vedessi morire tra le mie braccia crisliano,
che non saperlo vivo elielo, mainfedele. Or chi mi assicura ch'egli
non perda il trono del cielo, come gia perdelle quello della terra?
— Che dubiti, Regina? Placido e cristiano siccome noi.
— Ti promise egli che il fara baltezzare a suo tempo ?
302 TIGRANATE BACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
— Promessa non ne chiesi, poiche egli non usa alle nostre as-
semblee.
— Or com'e cristiano?
— Parla siccome" cristiano, in tutto il suo palagio non v'e ombra
di superstizione idolatra, fa il segno della croce sulle vivande, e
tiene nelle sue stanze il buon Pastore, dinanzi al quale, cred' io, fa
le sue divozioni in secreto. Non puo essere altro che cristiano nel
suo cuore.
Se colali desiderate novelle disacerbavano in parte la crudeje
piaga del cuore materno e cristiano, non era pero che la misera
principessa si desse pace e consolazione. La ricordanza e il deside-
rio dell'unico figliuolo struggevanla a ciascun'ora d'inestimabili pas-
sioni. II perche non rifiniva di slringere Pisto, che dovesse trovar
via e verso di levarla di cola e condurla presso il suo figlio, dov' el-
la trasfigurata in ancella , se fosse neeessario, voleva accertarsi di
vederlo crescere nella religione di Gesu Cristo. Si aggiugneva a
questo che il paese dov'ella gemeva in cattivita, andava di que'gior-
ni lulto a ferro e fuoco : perche i Maghi non meltendo piu freno al
loro furore contro i crisliani , battevano le campagne e le ville in
traccia di essi, e ogni di ne traevano le intere famiglie alia carnefi-
cina. La Regina, rivale della ripudiata, che avrebbe forse potuto
ammansare il regio sposo, riusciva invece la piu spietata istigatrice
della persecuzione, e si deliziava alia vista dei supplizii delle donne
cristiane. Guai alia svenlurata prigioniera, se tra tali orrori, la Rei-
na fosse giunta a penetrare ch' ella lultavia viveva : non avrebbe
dato tregua al marito, sino a ottenere che tolta fosse a lei la vita e
a se la spina d'una rivale.
D' altra parte accorgevasi Tecla che la guardia del castello non
esercitavasi piu cosi rigorosa come da principio. Conosceva 1'animo
del Re, che dove non fosse stato da altri adizzato con quelle sacrile-
ghe superslizioni, non avrebbe giammai incrudelito contro di essa:
e ricordava, come egli aveva giubilato secrelamente, allorche gli fu
riferita la fuga di Ormisda fuori del regno. II trafugamento stesso
di Tigranate, operato da lui, era in certa guisa malleveria che esso
non si darebbe troppa briga di mandarla inseguire, se ella di per s&
TUT10 IL SEGRETO 303
cercasse il suo scampo. Si risolvette adunque di porre mano all' im-
presa. Fosse pertanto connivenza del castellano, ordinata dal Re, fos-
se incuria, fosse sorpresa, il fatto le riusci a maraviglia, quanto ai
calarsi di nolle per un muco nei giardini di solto. Non cosi il rima-
nente del disegno. Dovette errare lungamente per luoghi forest! e
fuor di mano, traversar lande ingspitali, trascorrere nottetempo sel-
ve paurose di belve feroci, affondarsi tra burroni, guadare torrent!
sempre in forse della vita, sempre dubitando il mattino della sera,
e la sera della diinane: e cio per piu mesi, senz'altro provvedimen-
to die i panni di dosso, e il cibo accattato a' casolari dei pastorL
Pisto, che in quella distretla era 1' unico suo sostegno, servivale di
guida e di servo : egli prendeva lingua delle contrade e delle vie ,
ammanniva il mangiare, la nolle le inlrecciava di frasche un po' di
capanno, e soprattutto sforzavasi di darle conforto con sante parole
attinle ai libri divini, e con ragionarle della divina Provvidenza, che
assisle invisibile compagna ai passi del giuslo. Piu volte la vide ve-
nir meno di sfinimento e di disagio; e temette di non averle a dare
il comandamento dell'anima sopra un sasso o tra gli orrori di una
caverna.
Pur, come piacque aDio, la fuggiasca principessa giunse a var-
care 1'Eufrate, e dopo lungo e disastroso pellegrinare vide aprirsi
dinanzi la casa ospitale e sicura del buon Placido in Carri. Se non
che quasi uno stesso fu il termine del viaggio e della vita. Invano il
pieloso tribuno le profuse lutti i soccorsi, che la carita crisliana e il
rispelto di una grande e gloriosa e immeritata sventura gli consiglia-
vano : la infelice madre non gode che una settimana la gioia di ab-
bracciare il suo piccolo Tigranate, e di vederlo fmalmenle sicuro
dagli artigli de' suoi crudeli nemici.
In sull'ultim'ora chiamo a se Placido e si fece molte volte promet-
tere che il iigliuolo suo non sarebbe ricondotlo in Persia, ne per-
siano alcuno, che fosse infedele, lasciatogli accostare giammai. II
fanciullo toccava allora de' sett' anni, e secondo T uso comunissinio
d'allora, non era peranco battezzato : ma la pia donna moribonda,
dopo aver pregato lungamente per lui, lo fece accostare alia sponda
del letto, lo abbraccio e gli pose sul capo un piccolo volume dei
304 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
santi vangeli e prego : — Meglio assai per te, figliuolo mio, questa
corona, che ogni altra di quaggiu. Faccialddio ch'io ti vegga renel
cielo, anzi che sulla terra, dove tutto .e vanita e ingiuslizia e dolore.
Signore della misericordia e unico amatore degli afflilli, ascolta 1'e-
stremo, il piu acceso voto d'una sposa reietta dal talamo, d'una Re-
gina raminga per serbarti fede. No* non rimpiango la passata gran-
dezza , che e cenere e verme : solo ti priego , cio che lu vuoi ch' io
prieghi, fa che su questo capo amato scenda un giorno il santo bal-
tesimo. — E in quesle parole rendette 1'anirna.
Placido non rimase lungamente a Garri, perciocche la guerra,
riaccesa quasi ogni nuovo anno tra la Persia e 1'Impero, rendeva mal
sicuro quel luogo di confine : ecosl fu tramutatoadAntiochia, donde
non era guari piu difficile il commercio delle ambasciate col re Sa-
pore, per cagione del gran numero de' trafficanti foreslieri, che yi
affluivano.
Tale era la storia arcana dell'infanzia di Tigranate, la quale egli
udi la prima volla, con cento altri particolari, dalla bocca di Pisto,
dopo che Placido nel delirio glie n'ebbe aperli i primi cenni. Allora
comprese chiaramente le parole tronche, che dapprima apparivangli
si misteriose: ene' giorniche quegli sopravvisse, quasi sempre va-
neggiando su questo, egli ebbe la piena confermazione di quanto
gli diceva lo schiavo. Ma schiavo gia piu non era Pisto, perche, ol-
treche il testamento lo francava in faccia al pubblico, Tigranate nol
teneva in con to d'altro che d'impareggiabile amico, cui andava de-
Mlore della stessa vita. Ne meno egli sentiva di riconoscenza verso
il suo padre adottivo, il quale 1'aveva in ogni tempo accarezzato e
amalo qual vero padre: e dolevasi di uon polergli parlare della sua
gratitudine e moslrargliela a fatli, com' egli aveva lungamente meri-
tato. Piu manifesta altresi comprendeva la ragione del tanlo ramma-
ricare, di non averlo prima d'ora istradato al cristianesimo. Ma la
tema di ridestare i suoi rimorsi, se avesse falto segno di aver pene-
trato il fatale segreto, lo persuase a lasciarlo partire di questa vita,
colla coscienza sicura di avere fedelmente osservalo il giuramento
di Persia: solo, per maggiore consolazione di lui, ne' lucidi inter-
valli, il veniva rassicurando ch'egli pensava seriamente di entrare
nel catecumenato.
TUTTO IL SEGRETO 305
Se non che, quand' egli trovavasi solo , la Persia, Ctesifonte, Sa-
pore gli ardevano present! continuamente al pensiero, e la vile per-
secuzione della madre, e la forluna reale che gli spettava, per dirillo
di sangue che gli scorreva nelle vene. Non e a dire se infiniti e
vorticosi disegni gli tenessero di e notte 1' animo in tempesta. Fug-
gito il sonno dagli occhi suoi , jquando veniva a conversazione con
altri , durava fatica grande a raltrappare la mente al discorso, e ri-
spondere a proposito. — Andro io in Persia, tentero lariscossa della
mia corona? Ma e chi osera pure meco affiatarsi, se regna mio padre,
che riconoscere non mi vuole, ne puo? Affrontera egli per me la setta
oltrepotente dei Maghi , che migiudico a morte, e da cui esso rico-
nosce lo scettro? E volesse, mi abbassero io, contro coscienza, a
bruciare incenso al loro Sole ? — Oui Tigranate tilubava un istante,
parendogli ehe fosse una lustra innocenle, poiche il cuore non con-
sentiva : ma tosto le parole magnanime, riferitegli, della principessa
sua madre, il ripungevano di nobile rimorso e di eroica emulazione.
— Quell' anima eccelsa non cedeva : essa mirava al diadema del cie-
lo. Ah se quello mi attende , bella e ogni iattura... Or non potrei
presentarmi a Coslanzo, e dichiarargli i miei diritti? Mi dia alcune
legioni, ed io varco 1' Eufrate, fo popolo, marcio sopra Ctesifonte...
E qual pro d'un delitto? Costantino non valse a rimettere in trono
Ormisda mio zio , e successore legittimo , quando il soglio era occu-
pato da un re fanciullo; e Costanzo potra meglio a favor mio? E
non vorra il codardo. Forse Giuliano, se ascendesse all' impero, al-
cuna cosa oserebbe per me. Chi sa? Vedremo che risponde il Pon-
tefice della Luna.... Stolto! lascereimi forse indurre a prestar fede a
tali ciurmerie? E tulto il mondo cospirasse a chiamarmi al regno ,
vorrei io regnare a danno del padre mio? Oh s' io fossi sicuro della
corona del cielo , lasciatami per unico retaggio dalla mia madre !
tulto e qui.... Almeno io voglio adorare la sua tomba. A Carri, vo-
liamo a Carri, si parta....
In cotali pensieri , o piuttosto vaneggiamenli , assorbivansi le ore
di Tigranate: e da questi venue a riscuoterlo il flebile canto d'un
salmo, recitato a coro nella sala dove luttora giaceva la spoglia esa-
mme di Placido. I divoti fratelli della compagnia della misericor-
Serie Y7. vol. II, fasc. 363. 20 24 Aprile 1865.
306 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
dia J, copiati dicevansi allora, avevano vegliato inpreghiera accan-
to al feretro, ed ora di buon mattino, essendo giunta la cbieresia per
levare il cadavere, e recarnelo alia chiesa , si rinnovava il lugubre
salmeggiamento. Tigranate ebbe in disparte il sacerdote Paulino, e
gli disse, essere suo intendimento, che si ergesse sepolcro splendi-
do al padre suo : pero, com' egli doveva allonlanarsi per assai tem-
po da Antiochia , pregavalo di I6rre sopra di se ili pensiero, ordi-
nasse ogni cosa secondo 1' uso cristiano, che egli, innanzi di parlire
lascerebbegli di che sopperire al dispendio , e alcuna cosa altresi
per la chiesa. — Figliuolo, rispose il sacerdote, pio e santo e il tuo
divisamento : ma quanto al tumulo non e uso de' cristiani di sfog-
giare in marmi o in bronzi mortuarii : coslumano essi piultosto di
largheggiare a pro de' poverelli e delle vedove derelitte ; e coleslo
crediamo noi fermamente giovi a refrigerio delle anime trapassate.
Pero se ti place di assecondare le intenzioni del padre tuo, sii pago
d' innalzargli onorevole si, ma modesta memoria. Quanto alia limo-
sina, rimetiila alle mani di Publia e di Antusa : esse nel distri-
buirle le fioriranno di carita e di preghiere viepiii valevoli a suf-
fragio, e piu gradite all' anima del defunlo. — Tigranate non inlese
interamente il senso e la ragione di cotali parole : pure si acconcio
di buon grado all' avviso del sacerdote ; ed entro nella sala di lutto
a dare 1' ultimo addio al cadavere del suo non piu padre, ma sem-
pre venerato benefattore.
Fino a quel di Tigranate non aveva mai contemplato di proposito
le cerimonie funerarie dei cristiani, e sentivasi commuovere profon-
damente alia vista di quella meslizia sincera, ma temperata e digni-
tosa dei fratelli, che cantavano a Dio, implorando requie allo spirito
immortale. II corpo, invollo in bianco lino e disleso in una bara, fu
levato in ispalla dai copiati. Quindi nella 'piazza e lungo la slradasi
esplico la processione, ciascuno recando in mano una candela ac-
cesa, e allernando schiera con schiera la solenne cantilena dei salmi.
Antusa, anch'essa col cero ardente, seguitava passo passo la bara,
e giunta alia chiesa, lascio che la comitiva entrasse, ed essa rimase
1 Nome recente, cosa antica.
TUTTO IL SEGRETO 307
nel nartece, ossia nel vestibolo dinanzi all'ingresso. Quivi buon nu-
mero di poveri era gia adunato, in atlesa delle larghezze usate in
tal congiuntura dalle famiglie del ricchi. E la santa matrona, arnica
veramente cristiana di Placido , prese a fame la rassegna, distri-
buendo a ciascheduno qualche moneta : e ancora nulla sapeva della
intenzione di Tigranate, ma donava del suo. Di che questi maravi-
gliando, trasse avanti, e : — Amici, disse , alia casa del raorto vi
sara distribuzione copiosa per lutti questa sera. Pregate il Cristo
per lui....
— E il suo figlio , si mormoro nella turba ; Iddio faccia bene a
te, e dia riposo all' anima di tuo padre. —
Quelli entrarono nella basilica , per assistere alia Messa del mor-
torio, e Tigranale tornossi a casa, seco stesso deliberando di spac-
ciarsi quanto prima del negozio commessogli da Giuliano, per tro-
Tarsi libero dipoi ai mum disegni, che ancor non ben certi ne divi-
sali, pure cosi in confuso , tumultuavangli in mente e il rapivano
verso la Persia irresistibilmente.
LO SPIRITISMO
NEL MONDO MODERNO *
XXXIII.
/
Origine delle due ipotesi fluidiche.
Una spiegazione del fenomeni mesmeric! bisognava darla, poiche
i falti erano indubitati. L'unica veramenle plausibile o non si vede-
va, perche tutlo era a quei di naiura e forze fisiche, o non piaceva,
perche contrariava quella miscredenza die era alia moda. Convenne
adunque lorlurare il cervello per idearne qualcuna, che appagasse la
curiosita del pubblico. Fosse pure essa esposla a cader presto dinan-
zi alia mentila dei fatti nuovi non preveduti , o dei vecchi meglio esa-
minati , poco importava : poiche v' era ii ripiego di sostituirvene
un' altra , la quale potesse per qualche tempo occupare 1' altenzione
delle persone, e allontanarle dal pericolo di scoprire la verita. Cosi
procedendo di spiegazione in ispiegazione , e d' ipotesi in ipotesi si
lascio radicare 1'opinione, che il mesmerismo potesse infine essere
assolulo <T ogni sospelto di origine misleriosa e maligna; e che di
piii fosse ancora possibile di- spiegarlo con le leggi naturali , e di
subordinarlo alle cause fisiche, o fossero quesle di gia coriosciute, o
si dovessero novamente scoprire. Cosi procedendo si ebbe una serie
1 Yedi il vol. I della Serie VI, pag. 552 e segg.
LO SPIRITISMO NEL MONDO MODERNO , 309
<T ipotesi, piu o meno ingegnose, piii o meno arrischiate, di cur cia-
scuna ha il vanto di avere per qualche poco di tempo intrattenuto il
mondo , e ciascuna altresi la vergogna d'essere stata abbandonata
come o insufficiente o assurda. Noi le andiamo svolgendo, non secon-
do 1'ordine della loro successione temporaria, ma secondo quello del-
la loro importanza filosofica. Cosi ponemmo in primo luogo 1' ipotesi
spontanea , che diceva allucinati lulti coloro che si facessero mes-
merizzare : essa e infatti, se non la piu spontanea almeno la piu in-
genua di lutte. La seconda ipotesi da noi rifmlata fu la meccanica,
che fa derivare dall' urto inateriale dei corpi ogni loro movirnento
mesmerico, e piutlosto che semplice puo dirsi inconcludenle. Venia-
mo ora a due allre ipolesi, le quali hanno piu apparenza di ragione-
volezza e piu apparato di scienza ; ed entrambe partono da un me-
desimo punto , sebbene poi nel cammino divariino e giungano a
termini disparatissimi.
II fondamenlo comune a quesle due ipotesi differenti e posto nella
possibilila specolativa di trovare una cagione, proporzionala agli ef-
fetti che voglionsi spiegare. Colesta possibilila si dimoslra, nella costo-
ro sentenza, con assai facile ragionamenlo. Esso cosi precede. V'ha
nella nalura cagioiii che producono separatamenle ciascuno degli ef-
fetti, che trovansi riunili insieme nel mesmerismo. L' oppio assopi-
sce ed addormenta : 1'amileno estingue le facolta sensitive: alcuni
veleni generano convulsioni , altri inlorpidiscono le membra , altri
ravvivano le sensazioni, e cosi puo la farmacologia assegnare per cia-
scun falto, che nei magnelizzati si osserva , una sostanza capace di
provocarlo. Or se cio e, come ei par certissimo, perche non potranno
tutli questi effetti venire complessivamente prodotti da una causa
unica , la quale contenga in se sola le virtu che separatamente si
trovano in quelle varie sostanze ? Ne questa causa unica e universa-
le e difficile a ritrovare ; poiche ora le scienze sperimentali concor-
dano in attribuire tutti i fenomeni fisici che si osservano nella natura
ad un fluido unico, nel suo essere sottilissimo, nella sua diffusione
universalmente sparso, che penetra lutti i corpi, che tutli li circonda
ed investe. Siccome prima di scoprire il fluido elettrico e le leggi
della sua azione , ad ogni fenomeno parziale si assegnava una spe-
310 LO SPIPJTISMO
dale caglone; e 1' aderire delle pagliuzze fu delta qualita esclusi-
va dell' ambra , e il volgersi verso il polo privilegio della pietra ca-
lamita; e cosi via via: ma quando quel fluido fa veduto e quelle leggi
stabilite, tutti quei fenomeni diversi si unificarono sotlo un agente uni-
co ed universale ; cosi e non altrimenti puo avvenire nel caso nostro.
L' agente universale di tutti quesli effetli puo essere un cotal fluido,
il quale contenga in se le virtu di quei corpi, che solo perche capaci
di atluarle diversamente nell' opera ne furono fin qua creduti ge-
neratori. E questo procedimento e proprio della nalura, la quale
ama la semplicila, e con piccioli mezzi ottiene grandi effetti.
Ma qual sara esso queslo fluido cosi virtuoso e cosi possente ?
Qui si separano coloro, che fin qua procedettero uniti e concordi.
Poicke gli uni , parte amando di reggersi sopra base piu solida, parte
attirati dalle maraviglie che vedevano prodursi sempre maggiori
dalle applicazioni deirelettricita minerale, a questa senz'altro ricor-
sero, come alia cagione sufficientissima dei fenomeni mesmerici, e li
dissero per conseguente generati tutli dal fluido eletlrico. Gli altri
per converse, ed erano per lo piu medici di professions, essendo tul-
ti applicati allo studio dell' elettricita animale , ed osservando eerie
leggi in questa, che in quella venivano meno, ad essa s'atlennero, e
definirono che il mesmerismo non era che il complesso dei fenomeni
generati dal magnelismo animale. Ecco dunque due imove ipolesi ,
che dobbiamo ora disculere : le quali per quanlo collimino nel prin-
cipio generate che le genera , per allreltanto si diversificano nello
speciale loro svolgimento. Per piu chiarezza chiameremo la prima
ipotesi elettrica, la seconda ipotesi zoomagnelica.
XXXIV.
Vizio di una tale origine.
Ma innanzi di favellaro parlitamente di ciascuna d'esse, e da porre
In esame il fondamento generale di ambedue. Queslo fondamento,
ridotlo in brevi termini , abbraccia due asserzioni. La prima e
storica , ed asserisce che nel giro degli agenti fisici puo facilmenle
NEL 3IONDO MODERNO 311
trovarsi nella natura uno che corrisponda a ciascuno dei fenomeni
raesmerici. L' altra e ipotetica , ed e che puo e dee trovarsi un
agente fisico , die abbia in se solo tulte le virtu , sparse individual-
menle negli altri. Se 1'una o 1'altra di queste due proposizioni fosse
falsa, ne seguiterebbe la falsita di tutto il fondamento, sul quale per
conseguenza nulla piu potrebbe appoggiarsi. Ora, per mala fortuna
degli specolatori che vi si vollero altenere, si 1'una come 1'altra pro-
posizione e assolutamente falsa.
E falso , in primo luogo , che nei fenomeni mesmerici non vi sia
veruno, al quale, preso isolatamente , non corrisponda una cagione
fisica, un agenle naturale. Cio e vero di alcuni, o, se vuolsi, ancora
di molti : ma molli 'pure ve ne sono, ai quali non puo assegnarsi que-
sta nalurale cagione. Ad alcuni , in effelto , non puo assicurarsi tal
cagione, perche vi ripugna la loro natura intrinseca. E da qual forza
naturale puo , a cagion di esempio , derivarsi il parlare ex abrupto
lingue ignote, ne mai piu udile, non che apprese? Qual .cagione as-
segnarsi al conoscere , quasi si fosse presenle , gli avvenimenti di
regioni remotissime? Qual cagione all' indovinare , cosi appunlino,
gl' interni e secretissimi pensieri allrui ? Qual cagione alle scritture
tracciate da una matita , chiusa lutto sola in un semplicissimo bos-
soletto ? Qual cagione ai suoni che si producono neli' aria , quando
non v'.e nessuno strumenlo che li possa generare , ne da vicino ne
da lontano? Qual cagione a quella mano tronca e ghiacciata che vi
si presenta la solto la vista , e vi si fa sentire al talto con quelle
strelle, quanto incomode altrettanto abborrite? Niuna al certo puo
idearsene ne per questi fatti, neper molti altri consimili, nell'ordine
degli agenli fisici : e la cosa e si manifesta, che faremmo insulto al
buon senso se volessimo tratlenerci a dimostrarla.
Oltre di questi, vi sono eziandio altri fenomeni, cui non puo asse-
gnarsi tal agente, per la sproporzione troppo grande che corre tra la
effetto prodotto e la cagione produltrice. Cosi puo al certo trovarsi
una forza naturale che attragga a se i cor pi circostanti : ma quando
il corpo attratto e fuori ogni misura grande , questa forza dovrebbe
essere anche essa smisurata , e manifestarsi per tale in ogni altro
accidente della sua azione. Se do non accade ; se , per lo contrario,
LO SP1RITISMO
una tavola pesantissima si leva da se in aria e aderisce alia soffitta,
mentre un trespoletto dei piii leggeri restasene tranquillo al suo can-
luccio, potro io forse dire che sia 1' attrazione della \7olta che attiros-
si la tavola e rifiuto il trespoletto? Lo stesso dicasi di mille altri casi
somiglianti, che sono ovvii , come gia vedemmo, nel mesmerismo,
e che per la loro grandezza medesima si sottraggono aU'influenza di
cause relalivamenle debili ed esigue.
Conchiudendo adunque diciamo , che molti sono i fenomeni mes-
merici, ai quali , anche presi alia spicciolata , non si puo assegnare
nel giro delle forze meraraente fisiche una causa propria e naturale.
La prima proposizione adunque e storicamente falsa. Ne la seconda
e men falsa nel suo rispetto logico. Essa pretende che sia sempre
possibile il trovare un agente unico , che conlenga virtualmente in
se solo le forze che trovansi spartilamenle in molti. Specolalivamen-
te parlando cio e possibile solamente, quando quelle forze non fosse-
ro contrarie fra loro, perche allora riunite si eliderebbero o distrug-
gerebbero a vicenda. II ghiaccio aggela , il fuoco brucia . ecco due
attivila diverse in due corpi differenti. Ma chi potra immaginare un
terzo corpo, che abbia le due altivita congiunte insieme di aggelare
e di bruciare al tempo stesso? Or cio appunto si avvera dei fenome-
ni mesmerici , molti dei quali hanno indole talmenle contraria fra di
loro, che non possono partire da una causa unica , se questa e me-
ramente naturale. Tali sono , per citarne alcuni , 1' insensibilita e
r eccitamento straordinario dei sensi, la rigidita e 1'estrema mobilita
delle membra. Adunque anche se ciascuno di quesli fenomeni po-
tesse avere la sua causa naturale da se , non per questo potrebbe
dedursene che fosse possibile concentrare tutte quelle forze spartite
in un agente solo, che a tutte loro equivalesse.
Ma poniamo anche che tra i fenomeni mesmerici non fosse mai
contrarieta. Ne conseguilerebbe e vero che, speculativamente parlan-
do, possa esservi una cagione capace di produrli tulti; ma non ne se-
guirebbe che , praticamente parlando , questa cagione esista nella
realta delle cose : giacche dal potere non si puo raai argomentare
1' essere degli oggetti contingent!. Per poter conchiudere che vi sia
una causa cosi ricca di allivita, bisogna addurre pruove dirette ed
NEL MONDO MODERNO 313
efficaci. Tale non e cerlamenle quel naturale islinto del nostro intel-
letto, che ci spinge nello studio della nalura a compor sempre, per
giugnere a sintesi ample ed efficaci : poiche non si tralta come noi
possiamo intellettualmente aggruppare i fatti , ma trattasi bensi co-
me realmenle quei fatli si trovino nella naiura concatenati. Tale
neppure e quel principio vero ed universale che la semplicila, pro-
pria della nalura cosi molteplice e varia nei fenomeni esterni, di-
jnora propriamente n'ella partita, anzi nella unicita delle cause: poi-
che quesla partita e in primo luogo relativa e non assolula, e devesi
in secondo luogo non assumere a priori, ma dimoslrare a posteriori
nei varii casi, ai quali si voglia altribuire. Or questa dimostrazione
a posteriori" e quella che manca nei caso nostro, come piu special-
mente ci accingiamo a provare , entrando nella specialita delle due
ipotesi sopra indicate. Per ora ci basti di avere osservalo , che il
concetto generatore di eutrambe e un concetto falso, il quale , lungi
dail'aggiugnere dignita e forza alle illazioni, che se ne vollero dedur-
re, getta sopra loro tutto il sospetto e tulta la dubbiezza.
XXXV.
Si confula Pipotesi eletlrica.
Nei volere indicare in ispecie qual sia quella sostanza unica, dotata
di tulte le forze che occorrono a produrre 1 fenomeni mesmerici, al-
cuni, come i sigg. Caupert, Maupied e Charpignon, si appigliarono
alia elettricita minerale. La principale dimostrazione arrecata, per
farla acceltare come tale, e 1'argomento dell' analogia. L' elettricita ,
dicono essi , produce nei corpi inorganici e nei corpi organici molti
effetti , somiglianli a quelli che suol produrre il mesmerismo. Anzi
dippiu, questa somiglianza non si scorge soltanto in quegli effetti ,
ma si scorge eziandio nei procedimenti che si usano si nell' una co-
me nell'altro per ottenerli. Luci, roteamenti, scosse, intorpidimenti,
insensibilila , sono effelti ad ambedue comuni : lo slrofinio e per la
eletlricila il mezzo di eccilarla, come le passale sono il mezzo pel
mesmerismo. Non si stia dunque a cercar piu oltre una cagione che
314 LO SPIRITISMO
ci sta si presso. Molto piii che sonosene avuli indizii manifest! in
parecchi casi , e soprattulto in due : nel sonno ottenuto dal Charpi-
gnon per mezzo della pila di Volta , e nella depressione delle forze
conseguita colle correnti elettriche dal Remak e dal Becquerel. Tali
sono in compendio le pruove arrecate in favore dell' ipotesi elettrica,
cui dobbiamo ora tritamente, sebbene non diffusamente, vagliare.
In primo luogo noi abbiam dritto di esigere da questa ipotesi una
spiegazione, almeno sufficienle, di tutti quanti i mesmerici fenomeni,
e non gia solamente di alcuni. Or questo appunto e il suo difetto
principale: essa non puo neppure avere la pretensione di spiegarne
la maggior parte. Rammentino i nostri lettori la enumerazione che
noi facemmo a suo luogo 1 di tutti i fenomeni mesmerici ; rammen-
tino quei fatti piu cospicui che sparsamente riferimmo nel corso
di questa trattazione : cio solo basta per convincerli della inanita
di questa ipotesi. Avendo innanzi di se piu di un ceniinaio di acci-
denti speciali da spiegare, non e gia una gran pruova di buon senso
il trascurarne piu che i nove decimi, e contemplarne solo quel
piccolissirao numero , che e capace di entrare nella slretta cerchia
delineatasi. In questa , per dir yero , non entrario in nessun modo
quei fatti psicologici che costituiscono una classe molto estesa , e
che formano la specialita caratteristica di questi fenomeni : non il
sonnambulismo semplice, nonillucido, non Testatico, conrim-
mensa varietal dei loro casi particolari ; non le manifestazioni spi-
ritistiche, ossieno per via d' interprelazione, ossieno per via di
scrittura, ossieno per via di audizione, ossieno finalmente per via di
\isione. Dei fatti fisioloyici appena qualcuno e posto tra i possibili a
spiegarsi colla elettricila: la piu gran parte e lasciata fuori d' ogni
sua applicazione. Le funzioni sospese, le sensazioni intervertite, la
circolazione interrotta, il respiro cessato, il tessuto cellulare gonfia-
to, le membra irrigidite, e mille altri slravaganti perturbamenti del-
1'organismo umano non possono per niun modo arrecarsi alia forza
della eleltricila. Dei fatti fisici e dei meccanici la piu gran parte ec-
cederattivita dell' elettrico : come raprimento delle porte e degli
1 Civilta Gattolwa, Serie V, vol. XII, pag. 198 e segg.
NEL MONDO MODERNO 315
armadii chiusi a chiave; lo spostamento capriccioso degli arnesi an-
cor piu pesanti, le folate impetuose di vento , le soavi melodie ar-
monizzate nell'ana, e cosi via via di molli e molli allri. Laonde non
puo riputarsi ipotesi alta a spiegare il mesmerismo questa elettrici-
ta, alia cui efficacia la piu gran parle dei casi mesmerici si sottrae.
Essa adunque e al certo insufficient per quel moltissimo che omet-
te, quando anche fosse giusla in quel pochissimo che ammette.
Ma tale sventuratamente neppur e. Quei pochi fatli, che essa pre-
tende di spiegare, dimostrano appunto nei loro caratteri una origins
ben differente dalla elettricita. Noi intendiamo di assodar bene que-
slo punto, perche esso non Yale solamente a porre in dubbio questa
ipotesi, ma a sbandirla come assurda. Or ecco il nostro ragionamen-
fo. Se il iluido elettrico e in sostanza la cagione di alcuni almeno
dei fenomeni mesmerici ; dovra senza dubbio verificarsi che in tali
fenomeni sieno atluate quelle leggi certe e costanli , che reggono
qualsivoglia altra operazione elettrica. Ma nei pochi fenomeni mes-
merici, che sogliono citarsi come proddtti dalla eleltricita , nessuna
di quelle leggi si avvera. Adunque il iluido elettrico non puo esser-
ne la cagione.
La maggiore di questo ragionamento e filosoficamenle certa. Le
cause naturali avendo un essere ristretto in quanto all' entita loro, ai
tempo, allo spazio ; hanno Toperazione ugualmente ristrelta e tra' me-
desimi conflni circoscrilta. Questa restrizione dell' operare e quella
che ne constituisce le leggi, le quail possono in certa guisa chiamarsi
i confini dell'operazione. Oltrepassare questi confini val quanlo 1'ope-
rare fuori la propria natura, cessare di essere quello che si era, per
assumere un essere rispondente alia nuova maniera di operare. Laon-
de una volla che si sia con certi indizii scoverta la legge propria di
un agente fisico, questa legge dovra trovarsi altuala sempre in ogni
atto che da esso derivi. E quindi per lo contrario, ove si scorgesse ma-
nifestamente contraddetta, deve inferirsene che non da quello stesso
agente quell' atto si origina, ma da agenle diverse. E questo difatli
e il criterio pralico di quanti studiano nei fenomeni della natura, per
iscoprirne le cagioni : osservare quali leggi le governino, perche dal-
la diversita delle leggi possano arguire la diversita delle cause.
316 10 SPIRITISMO
Or le leggi che governano la elettricita, lungi dallo scorgersi at-
luate nei fenomeni mesmerici, si veggono anzi sempre da loro con-
traddelte. Questa era la minore del nostro sillogismo, ed essa si di-
mostra con tutta la evidenza, percorrendo singolarmente queste leggi.
Le leggi fondamentali delle azioni elettriche si riducono a due,
comprese dal Coulomb in una sola formola. Essa annuncia che: « Le
attrazioni e le ripulsioni elettriche stanno in ragione composta della
quantita del tluido, ed in ragione inversa del quadrato delle distan-
ze ». Per la prima parte di questa legge dovrebbe avverarsi che in
tutte le operazioni mesmeriche, quanto e maggiore il fluido , che il
magnetizzatore partecipa al magnelizzato, tanto debba essere piu
grande l'effetlo che in questo si produce. Or a cio contraddicono
aperlamente i molteplici e capricciosi accident! del mesmerismo. Noi
gia il diceramo, ed ora qui giova di ricordarlo. Spesso, anzi spes-
sissimo accade che per quanto sudi, e si agiti, e si sforzi il magne-
tizzatore, nulla il paziente ne parlecipa, in nulla si risente. Talora
per lo conlrario bastera un gesto, una parola, un'occhiata a provo-
care i fenomeni mesmerici nel paziente: anzi non di rado non v' e
neppur bisogno di quel geslo, di quella parola e di quell' occhiata,
ma basta un semplice atto di volonla : e fmalmente per colmo di con-
trariela alcune volte la semplice presenza del magnetizzatore , senza
nessuna sua ne esterna ne interna partecipazione , e stata acconcia
a mesmerizzare abbondantemente le persone. Egli e adunque troppo
cliiaro che, se dovessero attribuirsi alia elettricita questi fenomeni,
essi non dovrebbero mai mancare, posta la causa sufficiente dell' e-
missione del fluido del magnetista ; non dovrebbero mai esservi, tolta
di mezzo quell' emissione del fluido ; e fmalmente si rafforzerebbero
o si affievolirebbero coll'afforzarsi od afllevolirsi di quella emissione.
Adunque conchiudasi che questi fenomeni mesmerici non possono
arrecarsi alia elettricila, perche questa opera in ragione della pro-
pria quanlita, e quelli non hanno a tal quantila nessun rispetlo.
Ne pure hanno rispelto alia seconda parte della legge di Coulomb,
che risguarda le dislanze. L'eleltricita e talmente nell'operare legata
alia dislanza , che basta crescer questa del suo doppio, del suo tri-
plo e cosi dipoi , per vedere ridolta quella non gia solo alia propria
NEL MONDO MODERNO 317
meta , ma al quarlo , ne solo al proprio terzo ma al nono, e va di-
scorrendo, cio che importa la ragione inversa del quadrato delle di-
stanze. Cosicche allontanando progressivamenle un corpo da una
sorgente di elettricila, in brevissim' ora vedesi nel corpo allontanato
cessata ogni azione (almeri sensibile) di quella forza si atluosa. Ora
puo egli dirsi altrettanto del mesmerismo? In esso la distanza e con-
dizione indifferentissima, e tutti i magnetofili si accordano in questo
punlo. Sia il soggetto vicino e presenteal magnetista: siane lontano
di poco o di mollo : abitino anzi la stessa terra o dimorino in regio-
ni diverse e remotissime ; e un fatto le mille volte accertato , che i
magnetizzatori producono senza difficolta veruna gli stessi effelti nel
loro soggetto. Adunque nell' elettricila la distanza e la misura del-
1'azione ; nel mesmerismo la distanza nulla osta, nulla scema, nulla
fapilila. Or .se e cosi, come si potranno gli effelti di questo ascrive-
re a quella? Abbiamo adunque tutto il diritto di rigettare 1'ipotesi
dell* elettricita minerale ; poiche le leggi di questa non si corrispon-
dono mai nei fenomeni mesmerici.
XXXVI.
Si segue la confutazione dell'ipotesi elettrica.
Ma cio non basta ancora. Non solamente le leggi dell'azione elet-
trica non si avverano nel mesmerismo , ma neppure vi si riscontra
la natura degli effetti fisiologici, che certamenle produce relettricita.
Questa osservazione venne gia fatta dal ch. G. M. Caroli, nella sua
pregevole opera del Magnetismo animale in ordine alia ragione ed
alia rivelazione ; e noi ci pregiamo di riferirla colle stesse sue pa-
role in questo luogo. Parlando egli adunque degli effetti, che T elet-
tricita produce invariabilmente nei corpi animali, che le si soltomet-
tono, cosi ragiona : « Niuno ignora che la qualM propria'di tali
effetti e la scossa , V irritazione , il commovimento , phi o men forte
secondo la maggiore o minore potenza della batteria adoperata ;
scossa che puo giungere per fino all'uccisione del temerario esperi-
mentatore. Se il lettore pazientemenle- si assumesse di scorrere un
per uno tutti gli esperimenli fisiologici , che vennero colla elettricil&
eseguiti da moltissimi scienziati , troverebbe che tutto si riduce a
318 LO SPIRITISMO
scosse, a contrazioni , a irrilamenti , a guizzi , a rapide e passeg-
giere convulsion! di muscoli e di nervi , provocale dal fluido elet-
trico. Le quali cose ehe hanno mai a fare cogli addormentamenti,
coisopori, coi sonni del Magnetismo animale? Non abbiamo qui
una recisa e nelta opposizione dieffelli? L'elettricita (sliamone cerli)
scuote e sveglia e fa balzare di violenza, ed anco uccide : il Magne-
tismo animale intorpidisce , addormenta e getla 1' uomo in profondo
letargo. Domine ! e si vorrebbe che il Magnetismo animale non fosse
che effetto di eleltrizzazione? Si puo egli dare una piu ridicola e piu
singolare dimenlicanza della logica e del senso comune ? » Fin qui il
chiarissimo autore, e con piena ragione: poiche 1'azione dell'elettri-
cita sopra 1' organismo animale si manifesta non gia nel dimorare
che essa fa sopra le parli unite ed omogenee , ma nello scorrere e
passare dall'una all'altra, turbandone 1'equilibrio relativo. Or questo
turbamento puo scuotere , puo commuovere , puo far guizzare con
piu o meno violenza ; ma e manifestamente contrario a quella tran-
quillila e quiete atta a generare Yipnotismo. In una parola 1'eleltricita
e eccitante, e il mesmerismo, ordinariamente parlando, e deprimen-
te. L' uno adunque non puo scambiarsi coll' altra , e debbono ripu-
tarsi onninamente diversi.
Del resto non V e bisogno di tutli questi discorsi si complicati
per giugnere a questa illazione : basla per accertarsene di ricorrere
a quei mezzi sperimentali , che sono come gl'indizii certi della pre-
senza deli'elettricita, tutte le volte che essa e in giuoco. Si vegga
In primo luogo se la bussola, questa accortissima spia d'ogni meno-
ma elettricila, ve ne discopra la presenza negli sperimenti mesmeri-
ci. E stata molte volte interrogata : sempre ha risposto con un no
invariabile. Non mai il piu piccolo sposlamento, non mai la piu pic-
cola oscillazione ! Eppure a udire cotesti sostenitori della ipotesi elet-
trica,*grandi sono le correnti di questo fluido che si svolgono ad
ogni passata, che si accumulano in ogni soggelto ! Or 1'ago calami-
tato , che pur devia dalla sua posizione naturale al piu picciolo sen-
tore della piu esile correntuzza di elettricita, e rimaso costantemente
immobile durante il passaggio di si grandi quantita di fluido magne-
tico. Come cio avvenne? Questo primo esperimento adunque ci
escludel' elettricila.
NEL HONDO MODERNO 319
Se n'e fatfco un secondo coll'eguale risultamento. Le sostanze iso-
lanti arrestano immancabilmente ogni comunicazione della elettrici-
ta. Quindi se esse s'interpongano tra la sorgente dell' elettrico, e il
corpo che si vuole elettrizzare, e vano ogni tentativo : il fluido elet-
Irico non passera mai da quella a questo. Ora il Dott. De Sere 1 ,
fra tanti altri , ci assicura aver egli interposto gran numero e gran
massa di queste sostanze fra il magnetisla e il suo soggetto , senza
aver visto scemare per nulla 1'azione di quello su questo. Essa adun-
que nulla ha che fare colla elettricita.
Possiamo adunque conchiudere la nostra confutazione , dicendo
che il mesmerismo ha nella sua azione leggi non solo diverse ma
eziandio opposte a quelle della elettricita ; produce effetli molto dis-
simili ; e non presenta nessun segno di quelli che questa invariabil-
mente presenta. Lungi adunque dal potersi identificare coll' elettrico,
se ne deve necessariamente dislinguere e separare.
* Non ci rimane ora che di rispondere alle due testimonianze arre-
cate in favore della ipotesi elettrica , 1' una desunta dalle sperienze
del Charpignon e del Gasparini, 1' altra da quelle del Remak e del
Becquerel. II faremo brevemente. II Charpignon medesimo ci forni-
sce il modo di solvere la sua obiezione. Egli ottenne e vero d' in-
durre colla pila di Volta il sonno in qualche persona ; ma tal fatto
non gli riusci ugualmente con tutti, ne il sonno indotto fu simile al
sonno mesmerico, ne il consegui coll' uso delle valide correnti elettri-
che. In primo luogo adunque questo successo non pole mai oltenerlo
che esclusivamente sulle persone abituate gia di lunga mano al mes-
merismo : cio lascia dubbio se esso fosse effetto della pila di Volta, o
dell' influenza mesmerica ; e con tal dubbio questo argomento non
puo nulla conchiudere a favore della elettricila. In secondo luogo il
sonno che ottenne, fu, secondo che egli stesso ci attesta, « un sonno
placidissimo, nel quale le persone diceano di vedere cose piacevoli,
ridenti, che le rendeano sodisfatte di quello stato ». Or questo rasso-
miglia phi a queir assopimento che ingenerano 1' oppio, 1' haschish,
e altre sostanze narcotiche, che non a quello stato di sonnambulis-
mo mesmerico leggero , spedito, atto ad ogni intellezione e tut to a
1 Application du Sonnambulisme, pag. 192,
320 LO SPIRITISMO NEL MONDO MODERNO
grado e a posta del magnetista. Finalmente il doversi usare legge-
rissime correnli per tali pruove, 1' attribuire che fa il Charpignon
medesimo il sonno ingenerato piii al rumore dell' ancora sulla cala-
mila temporanea che non all'efficacia delle correnli, 1' esigere silen-
zio e quieie intorno al suo soggetto per ollenerne 1' assopimento ;
tutte quesle circostanze molto estranee alle leggi della eleltricila , e
molto analoghe a quelle del raesmerismo, fan sospettare che non sia
stato 1'elettrico 1'agenle provocatore del sonno, ma un semplice stru-
mento, o come dicesi nel linguaggio mesmerico, un sostituto magne-
tico in mano d' un mesmerista. II fatto dunque del sig. Charpignon
non suffraga per nulla la ipotesi elettrica.
Ma neppure la suffraga 1' azione iposteniea, scoperta nella elet-
tricita , applicata all' umano organismo , dai celebri Remak e Bec-
querel. « Quell'azione, cosi dice il citato ch. Caroli, riesce veramen-
te a scemare e sospendere ed anco togliere la sensitivita o motivita
in uno e piii nervi o muscoli, per cui scorra 1'eletlrico in cerla do-
se e maniera determinata, ma noa produsse mai 1' assopimento ,
I'addormentamento totale del paziente, Yinsensibilita dell'intiero or-
ganismo, e molto meno 1' insensibilila accompagnata dalla molilita
di esso, quale resta nei soggetli magnetizzati l » . In piu brevi termi-
ni : quell'azione deprimenle e parziale e circoscritta, non mai to-
lale e indefmita; essa adunque, anziche giovare alia ipotesi elettrica,
1'oppugna e la distrugge.
Possiamo adunque conchiudendo asserire, che questa ipotesi man-
ca assolulamente di lutti i caratteri di una spiegazione scientifica;
poiche essa si appoggia ad un fondamento del tulto falso; lascia tre
quarte parti del fatto fuori della sua cerchia, e 1' altra parle che pre-
tende di abbracciare non solo non la chiarisce, ma la oscura; manca di
ogni rigorosa dimostrazione ; ed ha contro cli se non solo tutta la teo-
rica della elettricita, ma eziandio la pruova direlta dello sperimento, e
il suffragio degli uomini piu insigni nelle fisiche discipline. Possiamo
infme aggiugnere che essa e al presente ripudiata da tulli i professorl
e trattatisti di Spiritismo, i quali la rigettano con isdegno, temendo
di dar nel ridicolo se si mostrassero inchinati a pur discuterla.
1 CAROLI, Ivi, Tom. I, pag. 328.
RIVISTA
DELIA
STAMP! ITALIANA
I.
La storia patria, compilata sui programmi ministeriali ad uso del-
le scuole d' Italia, distinta in antica, media e moderna fino at
4864 , del prof. GIUSEPPE BANFI. Un volumetto in 12.° diviso
in tre parti, di pag. 94, 80, 72. Milano, dittaG. Agnelli 1862.
La storia d' Italia , dalla caduta dell' Impero d' Occidente fino ai
nostri giorni , raccontata ai giovanetti da una madre di fami-
glia. Vol. due in 8.° pice, di pag. 427 , 212. Prato, tip. F. Al-
berghelti e Comp. 1864.
Se e vero che la sloria dev'essere maestra della vita si pubblica
<jome privata , si dei popoli come dei principi , niuna cosa dunque
si avrebbe a trattare con maggiore accuratezza e con maggiore scru-
polosita di coscienza, dei libri deslinati appunto a imbevere di sto-
rica erudizione la gioventu. Eppure, generalmente parlando, noi in
Italia non abbiamo sorta di opere elementari piu digiune , piu ba-
cate o piu stravolte, di quelle che vanno sotlo nome di compendii o
di sommarii di storia patria. L' odierno liberalismo , che ha la virtu
di corrompere tutto cio ch'egli infetla con 1'alito pestilenziale, ha po-
sto singolar cura di spargere il suo tossico in quesle opericciuole ,
Serie VI, vol. //, fasc. 363. 21 27 Aprile 1865.
PJ VISTA
falte per servire di testo scolastico alia studiosa adolescenza. Po-
tremmo di questa vergogna ilaliana addurre molte prove. Ma giac-
che ci sono capitate alle mani le due operetle citate qua sopra , ci
varremo della prima e, per la sua parte , anche della seconda , ad
argomento di confermazfone.
Nella sioria del Banfi non riprendiamo la brevita , percbe quesla
dote vi e cospicua , e sta bene in un ristretto per uso delle scuole.
Nemmeno ci vogliamo perdere a censurare lo stile, scapigliato anzi
che no, e la lingua troppo spesso da gazzelliere. Questa e la scorza,
che sempre s'avrebbe a riforbire alcun poco : ma a noi preme il mi-
dollo, il quale consiste nella esposizione dei falli o nella descrizione
degli uomini , e nei giudizii che le accompagnano. Or le une e gli
altri frequentemente appariscono riprovevoli, soprattulto quando vi
ayvenga d' imbattervi in alcuno di quei punti , che sono come le
pietre di paragone per 1'oro fine della consorteria liberalesca.
Vediamolo in pochissime cose, che saranno saggio del rimanente.
Costantino e dipinto con negrofumo dal Banfi , perche in soslanza
trasferi il seggio deir Impero in Bisanzio , e abbandono Roma. La-
sciamo stare se politicamente egli facesse bene o male. Tutli i savii
dell' antichila e dei tempi moderm in quesla traslazione hanno scor-
to un consiglio della Provvidenza , che disponeva Roma , non gia io
Capitale della Frammassoneria ilaliana, ma in loco santo
U' sede il successor del Maggior Piero.
Per questo falto il Banfi stizzitosi con Costantino, gli reca in dubbio
rapparimenlo prodigioso della Croce, prima che combattesse contro
Massenzio; gli toglie il merito di avere protetta e beneficata la
Chiesa, contentandosi di dire che « i Cristiani furono tollerali » ; af-
ferma che « il carattere di quest' uomo fu un laberinto » ; e termina
con farlo ariano e baltezzato da un prete ariano : favola dimostrala
insulsa dai critici phi sagaci. Tal e il castigo che, a spese della ve-
rita storica, costui da a Costantino Magno, per la colpa di non aver
pensato a serbare Roma in Capitale della futura Italia una.
Giuliano 1'apostata per contrario, uomo carissimo agli unitori d' I-
talia , e ritratto con tinte rosee. « Fu buon soldalo , abile in gover-
BELLA STAMP A ITALIANA 323
ware, eloquente, studioso della filosofia, di grande spirito, di costumi
austeri ». Delia sua empiela, perfidia e fierezza, Dulla. In biasimo
poi della sua scelleralis^ima aposlasia, neppure un iota. Che piu?
Ouesto mostro che s' aguzzava 1' ingegno per islerminare sapienle-
mente i Cristiani dal mondo, « si aslenne dall'ucciderli ». E lultavia
il marlirologio romano registra parecchi santi Marliri, uccisi nella
sua persecuzione.
Ma le stollezze che il Banfi scombicchera giu, dove tocca delle
origini del potere temporale dei Papi, fanno stomaco. II longobardo
Liulprando, che restituisce le citta tolie al Pontefice Zaccaria e v'ag-
giunge Sutri, da un « primo esempio di tali dominazioni (forse avra
voluto dire donazioni) , nucleo di un regno che non doveva essere
rovesciato che Lopo mille e piu anui , dai discendenti dei Franchi
stessi (il Ban/i metie a dirittura in conto dei Francesi odierni, tutti
i latrocinii del Piemonte suyli Stall della Santa Sede) , che hanno
avuto tanta parte sotto Carlo Magno a fondarlo, e che doveva costa-
re tanto sangue versato sulle fore he, sul campo di batlaglia, negli
esigli, nelle prigioni, tra le torture ». E queslo e in compendio il re-
gno lemporale dei Papi, secondo il Banfi storiografo ad mo delle
scuole d' Italia.
Dopo di che, sollevandosi nelle region! della filosofia giuridica :
« Liutprando aveva egli il dirilto di donare al Papa un popolo? in-
terroga esso; il Papa aveva egli il diritto di accettare un tal dono?
Un popolo non e che di Dio, perche Dio lo ha create ». Ne si accorge
il sig. Banfi che, ceteris paribus, i medesimi quesili si potrebbero
muovere intorno alia donazione della sua Lombardia, fatta nel 1859
dall' Imperatore dei Fraucesi al Re di Sardegna; poiche i Lombardi
furono prima conquistali sugli Austriaci dalle armi del « magnani-
mo alleato » , e poi, senza tante coramedie di plebisciti, con un tratto
di penna nel colloquio di Villafranca, ceduti, ossia donali, al re
Yittorio. Se il Re ha avuto diritto di acceltare da Napoleone III in
dono il popolo lombardo « create da Dio » (e certo il Banfi si *guar-
dera bene di negare questo dirilto al suo Re) ; in pari modo lo ebbe
Zaccaria di accettare da Liutprando ii popolo di Sutri. Curiosi que-
sti liberali, che vogliono sempre misurare con due canne e bilancia-
re con due pesi !
324 RIVISTA
Ne meno burleschi sono i piagnistei dell'Autore, sopra la sorte dei
Longobardi vinti e distrutti da Carlomagno , perche essi avrebbero
potato fare Y Italia una. « I Papi, scrive egli, forse li avrebbero
tollerati , se non avessero tentato di unire 1'Italia ad unita politica ,
di torre al Pontefice quel che cominciava a divenire potere tempo-
rale, Patrimonio di san Pietro, di movere sopra la loro Roma, en-
trarvi e trovarsi di fronte due grandi nella medesima citta, un Papa
e un Re. L'ardua questione non pole essere sciolla dopo mille e piu
anni da che Italia soffre, combatte e prega » . Donde impariamo che
1'Italia da « mille anni » spasima per la sua unila politica, e « prega »
per ottenerla. Eppure la signora Madre di famiglia, di cui parlere-
mo tra poco, ci assicura, nella sua storia, che « Francesco Burlamac-
chi gonfaloniere di Lucca, primo di tutti, nel 1546, ebbe il concetto
di ridurre 1' Italia ad unita » .
Per rnero saggio di quel che valga lo spirito e il criterio dello
storiografo ad uso delle scuole d' Italia , crediamo che bastino que-
ste poche osservazioni : che avremmo di che multiplicand fino a rad-
doppiare il suo stesso volume. Avvertiremo bensi che, piu egli pro-
cede verso i tempi nostri, e piu farnetica per 1'amore di questa sua
Italia, assumendo lo slile, le forme e Taria de' piu triviali giornalisti
alia moda , e accumulando sui Papi e sui Principi della Penisola un
odio insensato; fino a tanto che, pervenuto all'autunno del 1861, si
addormenta e, sognando, delta questo periodo : « Appena la Francia
ci avra data la Capitale, se dovremo colle baionelte snidare 1' Austria
dal quadrilalero, dovremo valicare le Alpi, correre trionfalmenle e
pianlare anche noi, come Napoleone I, la nostra bandiera sui ca-
stello di Schoenbrunn, e di la imporre la pace, a patto che libero
sia il Veneto non solo, ma il Trentino, Trieste e Y Istria ». Che bel
sogno eh? Fortuna che il Banfi ha avuto 1'accortezza di stampare
nel frontispizio , che la sua storia patria e compilata sui « program-
mi minisleriali » !
Veniamo, ma piu sbrigatamente , alia Madre di Famiglia. II suo
compendio e incomparabilmenle piu pregevole per ordine, per copia,
per istile, per moderazione, che non e il sopra mentovato del Banfi.
Oltre di che non ha nessuna aperta ingiuria alia Chiesa cattolica ,
di cui questa signora discorre sempre con sufficiente riverenza.
BELLA STAMPA ITALIANA 325
Senonche anche in questo lavoro , che poteva riuscire tanto bello e
profittevole , v' ha tali pecche , che scemano di assai il merito dei
pregi che non gli neghiamo.
L'Autrice troppo inconsideratamente attinge spesso i suoi giudizii,
in ispecie sopra i Papi e i Principi , da scrittori sospelli per ispirilo
di parte o per mala fede : e, quel che e peggio, non si mostra infor-
mata di parecchie opere apologeliche, che in quesli ullimi tempi ban-
no asterse di grandi macchie, gittate dalla calunnia dei settarii sul
nome di Pontefici, venerandi per sanlila o per forlezza d' indite im-
prese. Vogliamo credere che questa ignoranza non sia affettata, ma
e pur increscevole. Di eerie istituzioni, come verbigrazia dell'Inqui-
sizione, essa favella con una leggerezza, la quale, se e perdonabile
in donna, non e scusabile in una Madre di Famiglia che, non pre-
gata da nessuno, piglia il carico d' insegnare la sloria ai « giova-
nelli » . II suo cuore morbido e sensitivo pena in rammemorare i sup-
plizii a cui, ne' secoli decimoquinto e decimosesto, si sottoponevano
legalmente gli eretici in tutli i paesi di Europa ; e quesla sua pena
s'intende e si spiega: quantunque la buona Madre, che sa tanle belle
cose, abbia anco da sapere che, in quei secoli, gli eretici dommaliz-
zanti cadevano in colpa di lesa divinila e di leso ordine pubblico ,
colpa ammessa allora per capilale nel gius comune , e punila colla
morte. Ma perche poi non manifesta un' egual pena degli strazii ,
degli assassinamenli e delle alrocit£ nefandissime , con cui quegli
eretici afiliggevano di conlinuo le intere citta e province dei Cattoli-
ci? Anzi perche ne tace, come se queste ribalderie mai non fossero
avvenute? Ella che spande lagrime si pietose sopra gli Ugonotti ,
trucidati la notte di san Bartolommeo in Parigi , perche non ha un
sospiro per le migliaia e migliaia di Cattolici, tagliati a pezzi da co-
storo in tutta la Francia, e poi dai Luterani nelle orribili sollevazioni
dell' Alemagna? Ella che appunta il santo Papa Pio V di essere stato
« tenerissimo » della Inquisizione, perche non trova una paroletta
sola di biasimo per riprendere , a mo' d' esempio , o Arrigo VIII o
la feroce Elisabetta delle loro immani s#vizie?
Aggiungeremo poi, cosi per le generali, che alcuni fatli del medio
evo sono da lei rappresentati in modo o poco crilico, o anche alieno
326 RIVISTA
dalla verita; e che nel sentenziare sulle cagioni e sugli effetti dei
grandi event! succeduti negli ultimi tre secoli , fa prova di un di-
scernimento alquanto losco, come lo fa nel giudicare di cerli uomini,
singolarmente di letterati , ai quali sta paga di tributare elogi fiori-
tissimi, senza punlo mettere in guardia « i giovanelli » dei vizii, on-
d' essi contaminarono la loro vita e i loro scritti. Cosi , per grazia
di esempio, che danno ne sarebbe procedulo alia sua storia se, dopo
incensato e scusato il Machiavello con una benignita al tutto da Ma-
dre di famiglia, avesse soggiunlo che le opere di costui vanno lette
con le debite cautele? Medesimamente che male ci sarebbe stato ad
avvertire i « giovanetti » che quel Yiltorio Alfieri, il quale ella corona
di tanli allori, era un empio , nemico giurato del Clero e dei Re, e
per cio da non leggersi sprovvedutamenle ? E qual nocumento alia
verita e alia virtu avrebbe ella recato, se alle lodi di cui inghirlanda
Giacomo Leopardi, avesse unito 1'avviso chiaro pei « giovanetli »,
che questo infelice scrisse da ateo, e riempi le sue carte de' sensi di
wna disperazione che offende 1'anima, e oltraggia Iddio creatore e re-
dentore degli uomini ?
Forse al senno dell'Autrice ha fatfco velo 1'amore, che ella non dis-
Simula, per le dottrine liberalesche dei nostri giorni, a cui per cio si
accosta troppo piu che non convenga a donna assegnata. E questo
e proprio il difetto che magagna, ove piu ove meno, tutta la sua sto-
ria , e che traspira subito nella medesima dedica che ella ne fa ai
« padri di famiglia » ; nella quale non esita di asserire che la « pa-
tria nostra, per bonta di Dio , e ora incamminata ad alti destini ».
Mentre ogn' Ilaliano onesto e cattolico piange ora la servitu della
patria , tan to piu vergognosamente incalenata allo straniero, quanto
meno si vuoi far apparire , e lamenta la tirannide della dominante
fazione, che la dissangua nelle sostanze, la corrompe nei costumi, la
lacera nell'unila religiosa, la strazia nel suo Glero, ne' suoi Vescovi
e nel Capo visibile della Chiesa; la Madre di famiglia fa mostra, a
dir poco , di cervello bene scarso , celebrandone 1' incamminamento
ad « alti deslini » ; e cio « per bonta di Dio » .
In conclusione, a parer nostro, ne 1' uno ne 1' altro di questi due
compendia storici sono da mettersi nelle mani dei giovanetti , o da
DELLA STAMPA ITALIANA 327
prendersi per testo nelle scuole. Al quale uso finora noi non cono-
sciamo libro che sia piu appropriate della Storia d' Italia di D. Gio-
vanni Bosco di Torino , le cui edizioni godiamo di vedere cresciute
gia tanto, e che noi esortiamo lulti i padri di famiglia e gl' istitutori
a preferire a quante allre vengono oggidi in luce, piu tosto per gua-
stare che per ammaestrare la povera giovenlu.
II.
Le Lettere e le Arti belle in Italia a di nostri; libri due del dottore
I. G. ISOLA. — Genova, tipografia di Gaetano Schenone, 1864.
Un vol. in 8.° di pagine 408.
In nessun tempo si e scritto tanto intorno alle Arti del Belio ,
quanto in questo secolo noslro : e nondimeno e si lontano il secolo
nostro da quella perfezione , a cui le medesime Arli pervennero gia
ne' tempi del loro splendore , come gli scrittori dell'eta moderna so-
pravanzano gli antichi nella moltiplicita e sottigliezza delle loro inve-
stigazioni rispetto ai principii ed alle leggi, che le riguardano. E chi
sa che i posteri nostri, nel fare anch' essi i loro studii sopra 1' anda-
mento e il progresso delle Arti del secolo XIX, non vorranno collo-
care fra le ragioni si del loro poco avanzarsi, e si de'loro molti difet-
ti , appunto questa folia di dottrine filosofiche intorno al Bello , che
veggiamo tanlo piu facilmente molliplicarsi, quanlo sono piu rare ad
apparire opere veramente belle? Noi non vogliamo pre venire que'no-
slri fuluri giudici, cerlamente piu competenti di noi. Ci sembra pera
che cotesta foga di dottrineggiare in opera di Estelica; coteslo dirit-
to, che si assumono lutli, grandi e mediocri, filosofi e sofisli di go-
vernare le Arti, non debba per se partorire altro effelto, che quello
di cacciare la confusione e il disordine fra le Arli slesse, e far venire
il capogirlo alle menti degli Artisti.
Oh bella accoglienza , dira qui il lettore, e questa che voi fate al
Traltato intorno alle Lettere §d alle Arti belle , annunziato da voi !
E non e questo un dargli il mal arrivato? Sarebbe vero, se noi lo
meltesimo in fascio colle allre scritture che tratlano il medesimo sog-
328 RIVISTA
getlo. Ma non e il caso. E pero quanto piu siamo noiati del vezzo
comune di filosofare inopportunamente e a sproposilo di Estetica ,
e dobbiamo per conseguenza essere men disposti in favore di somi-
glianti pubblicazioni ; tanto puo essere piu sicuro il ckiaro Autore
di questo libro della sincerita delle lodi, che noi gli faremo, e solto
un rispello, del valore allresi del nostro giudizio. Imperocche dall'u-
na parle, considerata la cosa in se stessa, non puo che tornare a van-
taggio delle Arti stesse esaminare con accuratezza i principii, sopra
cui esse poggiano, ed additare le vie che debbono battere. II che, a
vero dire, si e usato di far sempre , avvegnache con parsimonia : e
noi medesimi non 1'abbiamo creduto alieno dal nostro scopo , dando
luogo in questo stesso Periodico, alle Teoriche del Bello, che ci siamo
studiato di esporre secondo i principii di S. Tommaso. Dall'altra parte
le disorbitanze di alcuni, le importune astratlezze di altri, e i princi-
pii quasi sempre di falsa filosofia, lolti a fondamenti da farvi posare
le ragioni della Estelica , donde unicamente proviene il pericolo alle
Belle Arti , sono anzi un ammonimento per gl* ingegni , formali a
forli e buoni studii, che debbano mettere ogni opera di ricondurre la
disciplina delle Arli ai veri principii , e ripurgarla del falso che le
corrompe, e del vano che le gonfia.
II che ci pare che abbia avuto in mira il chiaro dotlor Isola in
questa sua opera ; la quale non e propriamente un Trattato di Este-
tica, secondo il valore che al presente si da a questa parola, ne tut-
tavia un semplice Manuale di precetti a scopo determinate e a re-
gole fisse. Egli forse dall' un canto avii inteso di evitare lo scoglio,
in cui tanti allri sono venuti ad urlare per quella smania di filosofare
su tutto, e ridurre ogni cosa a formole astratte ; e dall'altro era per-
suaso che non sarebbe bastato al fine, di convincere gl' intelletti, pi-
gliare il tono del pedagogo , e che tornerebbe superfluo discendere
alle minutezze. Comunque sia , cio che si pare dal fatto , egli si e
contenlato di detlare alcune sue considerazioni, le quali riguardano si
veramenle i piu generali principii del Bello , ma non isfumano pero
nelle consuete astruserie , e piu che altro mirano costantemente alia
pratica ; contengono i documenti piu sustanziosi e necessarii , ma
nondimeno non formano un tutto divisato secondo le sue parti,
DELLA STAMPA ITALIANA 329
sicche possa servire all'uopo di una istituzione compiuta. E per
questo noi crediamo che 1' Autore non si e curato di una piu esatta
divisione delle materie, ne d' intestazioni di capitoli, ne d'indici cor-
rispondenti. II che, se sarebbe grave difetlo in un' opera che avesse
uno scopo piii determinate, non vediamo perche alcuni lo abbiano
giudicato riprensibile in questa, che ha im'indole tulta diversa.
Imperocche le considerazioni del chiaro Autore si versano sola-
inenle sopra di alcuni punti cardinali e generalissimi , che sono co-
me i perni maestri che debbono reggere e governare le Arti, se si
vuole che asseguano il loro fine : come per contrario dal violarli o
non tenerne conto dipende il guasto e la corruttela delle medesime ,
quando anche abbondassero i pregi secondarii. Diamone un saggio.
II primo principle delle Arti e il Bello : questo anzi ne costituisce
il concetto formale , perche esse altro non sono che manifestazioni
del Bello. Nondimeno non puo il Bello andar disgiunto dal Vero e
dal Bene; dal Vero, perche, secondo la enfatica espressione di Pla-
tone , il Bello e lo splendore del Vero : dal Bene poi , perche il Bel-
lo delle Arti deve avere un fine proporzionato alia natura ragio-
nevole , a cui quelle son dirette ; ed un tal fine non puo essere al-
tro che un bene proprio di lei. Adunque nella perfelta armonia del
Bello col Vero e col Bene sta la perfezione delle Arti : e pero come
il loro decadimento deve necessariamente originarsi dal disaccordo
di queste qualita ; cosi se decadute si vuole tornarle ad onore e di-
gnila, non puo farsi altrimenti che ristaurando questo accordo.
II campo del Vero e la natura ; e gli danno svolgimento le scien-
ze, la cultura, 1'esercizio. Chi manca delcorredo di molteplici e utili
cognizioni si lascera facilmente trasporlare dalle opinioni volgari, e
invece di farsi guida delle moltitudini, come furono i primi poeti ed
oratori, sara da queste trascinato. Cio non vuol dire, che il Poeta non
dee studiare di rendersi popolare: dev' essere popolare; in guisa
pero, che abbia il popolo a discepolo, non che 1'abbia a maestro. Nel
qual proposito 1'illustre Autore ha due capitoli, il V e il VI, di altissi-
mo interesse intorno agli argomenli politici, voluti spacciare da mol-
ii , come i piu gravi e quasi gli unici soggelti rimasti alia moderna
poesia ; in lanto che altro quasi non debba cantare il Poeta , se gli
330 RIVISTA
cale di questo nome , che non sieno speranze o glorie nazionali , in
maniera da eccitare gagliardamenle gli animi allo scacciamento del-
lo straniero , alia indipendenza delta patria , alia grandezza della
nazione. La quale dottrina, che risguardata esteticamente, come
soltanto la considera 1' Autore, e del tutlo irragionevole, perche cir-
coscrive entro liraili angustissimi il campo del vero e dell' interesse
poelico; coasiderata nel suo vero intendimenlo, che e quello di far
servire le Arti del Bello ai fmi delle Sette, riesce a darmo inestima-
bile non pure delle Arti stesse, ma dell'intera societa.
Come la moliitudine non e ispiratrice del Vero; cosi ne anco e
giudice del Bello. Del Bello, come del Vero, non sono giudici altro
che i savii. Pero mal farebbe chi nel produrre un'opera di arte pren-
desse le norme dal gusto popolare, se lo conoscesse fallace. II gusto
si deve anzi formare collo studio della Natura, e di coloro che nella
imitazione della Natura si sono segnalati sopra gli altri , secondo il
giudizio de' secoli. Perocche le leggi generali del Bello sono immu-
tabili , pognamo che la materia , in cui queste leggi hanno luogo ,
possa soggiacere a molte e svariate modificazioni.
Or quali saranno gli esemplari da togliere a guida e maestri, nel-
la difficile impresa di ritrarre il Bello dalla Natura, conforme i diver-
si rispetti, onde puo essere imilata dalle Arti? Qui si appresenta
all' Autore la controversia si lungamente agitata del Classicismo
e del Romanticismo. Egli la risolve vittoriosamente a favore della
vera scuola : di quella cioe che, non brigandosi punto di nomi vani,
fa suo capitale del senno degli antichi, greci, romani, italiani, e non
isdegna di torre , se si vuole , eziandio dagli oltramontani , cio che
puo acconciamente innestarsi col classico gusto, ed e per ventura
piu conforme alia moderna civM. Questo arbitrio pero & da inten-
dere solamente per rispetto all' elemento mutabile e non ai principii,
che sono in gran parte discordanti da quelli che formarono la norma
de' Classici. La precipua differenza , da cui si derivano quasi tutte
le altre , sta in questo , che i Classici studiavano all' ideale , e da
esso ricavavano le leggi , che doveano governarli nella esecuzione
de' loro lavori : per contrario i rinnovatori delle Arti sludiano al rea-
le ; e quindi dispregiano lutte le regole degli antichi , n& vogliono
BELLA STAMPA 1TALIANA 331
leggi , che afFrenino i loro ingegni : come la natura , dicono essi , e
libera e sciolta nelle sue produzioni. II che si verifica massimamente
ne' Drammi , nelle Tragedie e nei Romanzi ; con quanto detrimento
del buon guslo e danno del pubblico costume , lo puo giudicare
ognuno, che abbia qualche cognizione delle lor opere.
Ma lo strumento della manifestazione del Bello nelle Arli della pa-
rola e la lingua : quindi come nella parola s' incarnano in certa gui-
sa i concetti ; cosi e difficile sceverare il bello delle idee dal bello
della espressione. Donde si fa palese la vanila, o piuttoslo la ignoran-
za di coloro, i quali dicono di non volersi curare punto della lingua,
perciocche il tutto sta ne' concetti ; e poco monta che questi sieno
significati per un modo o per un altro. L'Autore, dimoslrata la fa-
tuita di un tal discorso , e per opposto la necessila di conservare la
purezza della lingua e le proprieta dello stile ; si Iraltiene per molti
capi intorno a quistioni di lingua, che egli risolve colla consuela
aggiustatezza ; e richiama gl' Italian! principalmente agli aurei auto-
ri del Trecento ed all'uso toscano.
Le idee sin qui esposte dall' Autore, niuno puo negarlo, son giu-
stissime. Ma egli discopre la radice di ogni piaga delle Arti, nel libro
secondo, additandola nel guasto della Filosofia, si razionale, si mo-
rale, e noi possiamo aggiungere anche sociale. Ne potrebb' essere
altrimenli, giacche come la vita, cosi anche le Arti, che sono in certo
modo il riflesso della \ita, non possono altrove ispirarsi che ne' prin-
cipii allinli da quella triplice fonte. L'Autore discorre di alcurii si-
stemi, riusciti piu fatali alle Arli, e questi egregiamente avverte es-
sere il Parileismo ed il Sensismo. I quali se sembrano opposli Ira
loro, perche il primo vorrebbe fare dell'uomo un Dio; laddove il
secondo lo deprime nella condizione de' bruti ; nella sostanza pero
tornano allo stesso, facendo amendue oggetlo della felicila lo sfoga-
mento delle proprie passioni. E qui con molte savie considerazioni
lamenta i gravissimi pericoli, che non solo ai giovani inesperti, ma
anche agli uomini maturi sono creati da tanle turpitudini, che si
presentano colle apparenze del Bello, e quindi piu facilmente si fan-
no slrada nell'animo. Di che se i Gentili poteano Irovaro qualche
scusa nella loro falsa religione, come la potranno trovare coloro ai
quali splende la luce del Cristianesimo?
332 RIVISTA
Ma tornando alia ragione radicale di ogni corruttela delle Arti,
che e la falsa Filosofia , con molta ragione 1' egregio Autore osserva
che non mai potranno esse racquistare dapperlullo Y anlico splen-
dore e mantenerlo, se non saranno ristaurati universalmente gli
studii filosofici. Giacche non puo negarsi, che anche fiorendo una
buona Filosofia, per altre cause che inlervengano, possono le Arti
patire detrimento ; ma, se generalmente vige una falsa Filosofia, non
possono non patirlo, e sotto rispetti anche piu assoluti e con esten-
sione molto maggiore. Una pruova piu patente di questa verita sono
i drammi moderni ; i quali, se considerali secondo 1' arle offrono un
si gran numero di difelli, la scaturigine di essi e la perversa mora-
le, da cui sono informal!.
Sicche non potrebbe sperarsi una ristaurazione universale delle
Arti, se prima non si procaccia la ristaurazione filosofica. A questa
conseguenza dopo le cose ragionate niuno, che ha fior di senno, sa-
prebbe contraddire. Solamente il lettore ha il dirilto di addimanda-
re un sicuro criterio , con cui possa fra tanti , che si vantano mae-
stri della verace sapienza , distinguere i propagator! del vero e i
banditori del falso. Un tal criterio 1' Autore 1'addita nel Cristianesi-
mo. Perocche , in primo luogo , quella dotlrina e cerlamente da ri-
pudiare , che in qualsivoglia modo ripugna alle verita rivelate. In
secondo luogo lanto e maggiore fondamento di verita in un sistema
filosofico, quanto questo e piu con for me ai dommi che sono proposti
dalla Fede. Che se ancora si cerchi piu determinata risposta, e'pare
che si dovrebbe ritornare a que' tempi , ne quali una era la Filoso-
fia, professata generalmente da tutti ; dalla quale , come nota Y Au-
tore, gia sono due secoli si e fatto divorzio , con si grande scompi-
glio, che n' e conseguitalo nella scienza, e con tanta disperazione di
potere pervenire all' acquisto del vero.
Nondimeno, ritornati ancora nel loro dritto senliero gli studii del-
la Filosofia, assai allre cose rimarrebbe da riformare, per oltenere
il pieno effetto del ristoramento desiderate. Tutte pero si possono
compendiare nel concetto di una bene intesa islituzione lelteraria. Le
osservazioni, che fa su tal proposito 1'Autore, sono di vario genere ;
le quali, considerate ciascheduna per se, sono giustissime, e risguar-
date nel loro complesso offrono cio che gli animi piu ammodali po-
DELIA STAMPA ITALIANA 333
trebbero desiderare, per vedere tra noi a poco a poco rifiorire le
lettere.
Le leoriche sin qui esposte sembra che riguardino piu propria-
mente la Poesia e le altre facolla, che manifestano il bello collo stru-
mento della parola. II che forse puo parere ad alcuno un po meno di
cio che era promesso dal litolo. Mal'Autore, oltre ad avere nel
corso dell' opera piu volte applicato esplicitamente i principii alle
Arti inferior!, consacra nella fine di essa un capo intero alia Pittura j
della quale si contenta di considerare un sol difetto, ma troppo uni-
versale ai tempi nostri, e che e del tulto conforme a quello che forma
il vizio pur principale delle altre Arti piu nobili. Questo e cio che
egli chiama naluralismo deir arte ; e consiste nello studio di ritrarre
la nalura qual e in se stessa , invece di farsene esemplare , come
praticavano gli antichi , per ricavarne i tipi ideali. Non insisteremo
sugli argomenti, pe' quali ci basta notare che hanno iutta la eviden-
za , per convincere ogni amante del Bello della falsitei del principio
predominate .
Conchiudiamo intanlo col tributare le debite lodi all' Autore ; il
quale in un tempo, in che sono accolte comunemente dottrine tanto
opposte , e sottilissimi errori hanno preso il posto della verila , egli
ha saputo scrivere, rion gia poche pagine, ma un intero libro; in cui
se un qualche severo censore puo rimanere poco conlento della
disposizione delle materie , o ad allri alcuna volta puo sembrare un
po pesante lo stile, niuno pero, che sia giusto estimatore, puo accu-
sare di falsila i principii , d' inesattezza i giudizii , o di fallacia le
norme.
III.
La Societa Romano, , delizie esletiche di H. TAINE, nella Revue
des deux Mondes di Parigi, del 45 Aprile
Cerli mali esempii sono proprio appiccaticci. Alquanti anni ad-
dietro due celebri buffoni del demimonde di Parigi, vale a dire gli
onorabili Edmondo About e Amedeo Achard , stampavano due sci-
334 BI VISTA
nmnitissimi romanzetti da Yiaggiatori, pieni zeppidi capestrerie e di
empieta contro Roma. Che e , che non e? Costoro ebbero la rara
sorle di far ridere il loro pubblico, e insieme di metier da parte un
gruzzoletto di marenghi, che trapasso i conflni d' ogni loro lelleraria
speranza. Non sappiamo se questa buona forluna altirasse loro 1'in-
vidia di molti. Certo e per6 che, se li per li non ebbero degl' invi-
diosi, ebbero certamente degli emoli; e i de la Varenne, i Monnier,
i Key , tulli fior di storici delle odierne cose italiane , ad uso degli
estaminels e dei cabarets francesi , ne slanno per testiinonii. II trislo
esempio adunque non fu senza imitatori, tra quella generazione di
imbrattacarte, che possono succhiarsi un poncio in fratellevole croc-
chio con ua Edmondo About e con un Amedeo Achard.
Ma do che desta qualche meraviglia, si e che anche alia gia gra-
ve e gia matronale Revue des deux Mondes, sia saltato il licchio di
deporre il peplo da sacerclotessa di Minerva Apaturia , e di infra-
scarsi da Baccante, per buffoneggiare intorno all' Italia e in ispeeial-
ta intorno a Roma, cosi sguaiatamerite come i suddetli due famosi
Satiri ; e che per farlo, abbia pigliato al suo soldo nientemeno che
un Professore di Estetica, un H. Taine; il quale se in punlo di inci-
villa schifose , di bestemmie squisile, di turpiloquio e di castrone-
rie, non vince i due sopra encorniaU giullari, non sia. Segno manife-
sto che la impresa commerciale del signor Buloz, proprietario della
ponderosa Revue , sta , come corre voce , sul declinare ; se non in
quanto a gran passi avvicinasi a una liqwdazione, che ridurrebbe a
buonissimo prezzo la merce degli scrittori mestieranti ; certo in quan-
to perde sempre piu ogni autorita magistrale. Ma checche sia di cio,
sembra a noi merilevole di osservazione questa nuova infamiaj onde
la incredula Revue macchia la sua inonorata vecchiaia.
Sappiano pertantoi nostri lettori ilaliani, e massimamente romani,
che il signor H. Taine s'e messo a stampare, sino dal Decembre dello
scorso anno, una serie di articoli ch'egli ha intilolali : L3 Italic et la
vie ilalienne, i quali sono una quintessenza, non diremo solo di spro-
posili e di strampalaterie incredibili, ma di ingiurie, di calunnie e
di vituperii sozzissimi contro quanto ha la patria nostra di grande,
di puro, di eccelso in opera d' arti, di costumi, di religioner cosi
BELLA STAMM ITALIANA 335
clie 1' Italia e la sua gente e il suo onore e la sua fede , sotto le
zampe di questo indefinibile professore, diventaoo alcun che peggio
del brago. Costui ci e sceso in Italia con la fantasia gia ingombra di
tulle le piii luride immagini, raccolte nei lupanari di Parigi, o tra le
immondezze scritte dai Balzac e dai Sue; e con in capo questo cor-
redo di estetica veramenle suina, e venuto a giudicare delle nostre
usanze, dei noslri capolavori, del nostro cattolicismo, delle nostre
cbiese, delle nostre citta, dei nostri popoli. E impossibil cosa, per
un animo che ritenga ancora un briciolo di onesla , seguire questo
laido ciurmatore nelle sue descrizioni e digressioni, senza arrossire
€ sentirsi fremere di dispetto. Costui non gode, non esulta, non tri-
puelia, jse non quando inconlra brutture od oggetli volultuosi. Per
lui non c'e altro bello che 1'inverecondo. La estetica sua e quella
unicaraente degli Animali parlanti del Casti. Ove non iscuoprasoz-
zure, ve le indovina e ve le crea con una perspicacia e con una
fecoiidita portentosamente stomachevoli , anzi sacrileghe: giacche,
sotto i suoi sguardi impuri, i Crisli crocifissi si mutanoin profanita,
le tele o le staluedeH'inimacolata Madre di Dio, delle sante Yergini,
delle Martiri e degli Angioli si trasformano incontaminazioni, che la
penna ci rifugge dai solo adombrare. Come, al dir di san Paolo,
lulte le cose sono monde ai mondi: Omnia munda mundis ; cosi, per
la ragione dei contrarii, alle animeinfette ogni cosa e infezione: Coin-
quinatis autem et infidelibus nihil est mundum, sed inqumatae sunt
eorum et mens et conscientia 1. E che do sia pur troppovero, ce lo
chiariscono queste putidissime lettere di H. Taine. II quale a che
allo segno sia egli infelto, lo adclimostra scrivendo ; e se sia infedele,
musulmano, giudeo o buddisla, lo ignoriamo : ma sicuramente, dai
suo linguaggio fetido e blasferno conlro tulto cio che e santo, pos-
siamo argomentare che, quando pure abbia il ballesimo di cristiano,
non ne abbia la fede.
I leltori adunque ci avranno per iscusati se, in confermazione di
quello che asseriamo, ci asteniamo dall' esemplificare. La materia e
troppo lubrica e gelosa; e ancor volendolo, non ci verrebbe fatto di
1 Ep. ad Titum, c. I, 15.
336 RTOSTA
allegare un unico esempio, il quale non fosse di offesa o al pudore
o alia piela. Ne lo scopo clie ora ci proponiamo, e di raettere in luce
la miscredenza o la sudiceria dell'onorabile signer Taine. Invece la
intenzione nostra e di rallegrare un po' i Romani, offerendo loro
un gustosissimo saggio delle delizie estetiche, di cui cotesto gaglioffo
fa bella la Revue des deux Mondes sul loro conto. Noi non confute-
remo, perche le ignobili stolidezze di costui si confutano col solo
recarle in evidenza. Nemmeno andremo per le lunghe, stanteche cer-
te droghe vogliono essere servite con parsimonia. Sceglieremo per
cio qui e cola alcuni piu notevoli passi dalle due sue lettere, che tutte
si aggirano sulla odierna Societa Romana, e che sono destinate a
porgere un concetto storico e genuino di Roma e dei Romaui, quali
sono oggidi.
II signor Taine confessa che , in un mese appena di soggiorna
nella cilta di Roma, egli non e stato al caso di farsi molto addentro
nelle faccende intime e domestiche dei Romani : ma egli qui ebbe
amid di diversi ordini e di diverse opinioni, tutti cortesi e parecchi
giudiziosissimi. Le cose quindi che egli riporta sono un sunlo di cin-
quanta o sessanta ragionamenli e discussioni, ch' egli ebbe con tali
amici, senza reticenze e andando sino al fondo delle materie ragio-
nate e discusse. Queslo preambolo rellorico gli e stato necessario,
come al cerretano V orpello per indorare le pillole.
Cominciamo dal caraltere, ossia dal naturale dei Romani. Che
gente sono essi? Fuor di modo perspicaci, calcolatori, furbi, ma
wienie meno egoisti. Son padroni di se medesimi, non vogliono com-
promettersi, non pensano che a tirar ciascuno I' acqua nel suo mu-
Uno, a vantaggiarsi, a truffare gli altri e a truffarsi vicendevolmen-
te. Quella che noi chiamiamo delicatezza e a loro sconosciuta. Vi e
un buon numero d'usurai tra i personaggi piu noUR e piu ricchi.
Ognuno ha il suo proteltore; ed e impossibile campare altrimenti:
ne bisogna uno per ottenere ogni piu piccola cosa, per farsi render
giustizia, per incassare le proprie rendiie, per conservare iproprii
beni. Uno dei miei amici (forse di quelli giudiziosissimi) paragona
questo paese air Oriente, dove ha viaggiato: con questo divario, che
qui le cose non sono guidate dalla forza, ma dalla destrezza: /'wo-
BELLA STAMPA ITAL1ANA 337
mo accorto e ben appoggiato pud conseguir tutlo. II vivere e qui
una leg a e un combaltimento, ma sotterraneo: non punto energia
brutale : qui si fanno mine e conlromine, con artifizii studiati e con
trabocchelli scavati died anni innanzi. Qui la poltroneria e in ono-
re. Nella universale miseria, in cui ognuno languisce, tutli si assi-
stono r un I altro : un accaltone non e uomo fuori di posto, e nep-
pure e tale un galeotto: sono persone oneste; oneste quanta le al-
tre, ma disgraziate. L' uomo qui non ha naturalmente I' idea della
giustizia. La mancanza di ritegno e qui totale; costoro non cono-
scono i piccoli riguardi della nostra sodeta, il riserbo, la buona
creanza. Ed abbisognano per appunto che un forbito cavaliere ,
com'e il signor Taine, la insegni loro! Desiderano essi vivamente di
diventare Ilaliani? (Quasi che i Romani sieno Cosacchi) SI e no.
1 miei amid pretendono che essi detesterebbero i Piemontesi alia fine
di un mese. Quasi che per esser Italiani, i Romani avessero mestie-
ri di farsi Piemontesi; e quasi che per detestare i Piemontesi , in
quanto con questo nome si designano i liberalaslri venduti alle sette,
i Romani aspeltassero d' esser caduli tra le loro granfie. / Romani
sono avvezzi alia licenza, all' impunita , alia infingardaggine , al
governo del favore , e si sentirebbero in mal essere se ne fossero
privi. E che altro porterebbero in Roma quesli Piemontesi, se non
proprio la licenza, /' impunita e il governo del favore a pro di tutti
i ribaldi della Frammassoneria? E cio basti quanto al caraltere ge-
nerale. I colori son telri, ma sono del signor Taine. Oual mera^iglia
poi che uno, il quale vi Irasfigura la Madonna in cio che non osiamo
dire, vi trasfiguri il popolo piu nobile del mondo in una turba di fur-
fanli? Si sa ; la botte non da se non quel \ino che ha. Un Taine non
puo scrivere che da Taine.
Quanlo alia vita inlerna dei Romani e ai loro costumi, ci guarde-
rem bene dal tradurre un millesimo delle infamila che costui scrive,
col bel francese che e di moda nelle maisons d'or di Parigi. Come
egli laceri Tonore delle fanciulle e delle donne romane , non dire-
mo. Le sono gerililezze propriamente da Taine! Un Romano e una
Romania, scrive egli, mettono nei panni tutto il danaro che lucrano
o che loro e donato. Ma cio non toglie che si possa uscire in berrel-
Serie 77, vol II, fasc. 363. 22 27 Aprile 1865
338 RIVISTA
tino e con I'abito sdruscito; poiche nessuno yuarda ai fatti degli al-
tri; ognuno bada a divertirsi, e le scappatelle son tollerale. L'ali-
menlo del Romani e scarso e cattivo: mangiano paste, formaggio,
cavoli e ftnocchi : non fanno fuoco I' inverno : i loro mobili son me-
schini; tutto e per I- apparenza. Si vede per le jlrade o sul Pincio
una quantita di donne in isfarzosi manti di velluto, nna calca di
bei zerbinotli lisciati e in guanti nuovi: I esterno e attillato , splen-
dido, pien di freschezza; ma, per carila, non esaminate i lor panni
di sotto! Le donne passano tutto il santo giorno alia finestra, e se
sono ricche, vanno alia messa, indi al Corso, poi ancora al Corso.
Nella classe di mezzo usano le veglie,ma singolari. Siservono bic-
chieri d'acqua senza zucchero. Ognuno vi si occupa ad armeggiare
co'suoipensieri, o adosservare altrui (sono \7eglie da Certosini). Trat-
to tratto s' interrompe questa silenziosa consider azione, per ascollare
un poco di musica. Nella minutissima borghesia non si serve niente
affatto, neppure un bicchier a" acqua. C' e un piano forte ; per lo piu
qualcheduno canta. Non mai fuoco I' inverno : le dame fanno circolo
coi loro manicotti dinanzi : le piu favorite ricevono uno scaldino da
tener in mano. Questo si ha per bastante : qui tutti sono di facile
contentatura. E pensare die queste corbellerie sono il sunto di cm-
quanta o sessanta ragionamenti del signor Taine con amid corlesi
e giudiziosissimi I E pensare cli1 egli afferma d' aver toccato il fondo
delle cose t Ahi povero sale francese, quanto se' dolce in questa zucca!
Veniarao ora agli ordini parlicolari dei cittadini. Pochissimi sono
gli arlisti in questa citta popolata di capolavori d'arte. Trenfanni
fa, ollre Camuccini c'erano alquanti freddi imitatori di David : oggi
si volgono a una insipidezza graziosa; gli scultori danno almarmo
un pulimento perfetto per incontrarilgenio deiricchi di oltremonte;
questo e lapice della loro valentia, e non vanno piu innanzi. Per lo
piii sono operai (non artisti) che fabbricano delle copie. II pubblico
grossolano ancor egli e caduto in basso: i Romani non guslano i loro
capolavori, se non per mezzo degli ammiratori stranieri (special-
menle quando sono del taglio dei Taine) .
E i nostri medici che cosa sono ? Les medicins sont des donneurs
de lavemens. E i noslri maestri chirurgi? Sono des barbiers de
BELLA STAMPA ITALIAN A 339
village. Ne volele una prova? Leggele. Nello spedale degli amma-
lati di cute, si fanno ai tiynosi incisioni nella testa ; cicalrizzatasi
la piaga, si pongono in fila tutti i malati, e si passa lore sul capo
wi pennello imbevuto d' una certa mislura. Quell' identico pennello
serve per tutti; e forse sono piu anni che va in giro. Si pub giudi-
care da questo il decor o e I'importanza in che sono qui le profes-
sioni liberali! Non si parli dei celebratissimi giurisperiti romani. II
signer Taine ve li spiccia con un frizzelto: essi sono des praticiens
de chicane.
Qual e la cagione di questo avvilimento o depravamenlo dell'in-
gegno dei Romani? Eccola: La vera coltura e loro interdetta. E im-
possibile viaggiare senza un passaporto del Papa; e queslo passa-
porlo e spesso negato. La polizia, che lascia fare a ciascuno quel che
vuole, non tollera che i Romani sapplichino ad alcuna delle scienze
che si accostano alia religione ed alia politico. Un uomo che sludii
e legga mollo, ancorche in casa sua e a porte chiuse, cade sotto la
sua vigilanza. E infaslidilo, e assediato dalle visite fiscali pel seque-
stro dei libri proibiti : lo accusano dirilenereimmaginioscene. Egli
e sottoposto a precetto, vale a dire all'obbligo di ritirarsi in casa
all'Ave Maria, e di non uscirne dopo coricatosi il sole (quasiche il
sole di Roma si corichi dopo YAve Maria) ; se una volta il misero
trasgredisce il precetto, lo meltono in prigione. E un diplomatico
straniero ha nominate a lui (cioe al signor Taine) un amico suo a
cui quesla disgrazia e accaduta !
Non e quindi a stupire se in una citta come Roma, nella quale
non si puo neppure leggere di nascoslo senza dar negli occhi della
polizia, allirarsi addosso un precetto e andar in prigione ; non e me-
raviglia , diciamo , che in una cilia tale , si incontri un matematico
solo, e poi uno o alpiu un paio di antiquarii: non altro. II reslo dei
Romani son lutli poltroni e ignoranti: giacche in questa citta allato
della poltroneria fiorisce la ignoranza, come il car do selvatico allato
dell'ortica. II tipo dello spirito di quesli poveri Romani volete sape-
re dov' e finalmente ? E nel CALANDRINO delle antiche marionette.
E i giovani romani ? Ancor eglino debbon essere naluralmenle
giovani Calandrini. Un giovane romano, seguila il nostro eslelico,
340 RIVISTA
si pud r assomigliare a un uomo che fa la meriggiana: e inerte ,
odia lo sforzo e s' irriterebbe d? essere incommodato , d' essere co-
slretto a fare qualunque cosa si sia. Quand* e uscito dal suo bureau
(dunque almeno si adatta a stare in un bureau!) si vesle il meglio
che possa, e va porsi sotto una cerla finestra: e vi dura delle mez-
ze giornate inter e. Quando i giovani romani non fanno i piantoni
solto le finestre, passeggiano continuamente pel Corso . . . e s* intri-
gano di mille peltegolezzi femrainili, che assottiglian loro I'ingegno.
Tra loro poi sono garbali, ridenti, complimenlosi , ma infinti, sem-
pre in sull' avviso e sollecili di truccarsi /' un I' altro , e di far si
scambievolmente tiri brutli*
Viene la volta dei nobili, per descrivere i quali il signor Taine im-
piega la seconda delle due sue letlere, che comincia addirittura cosi :
Quant a /' arislocratie , on la dit bete. Fuor di dubbio 1' avra intesa
dir tale da que' suoi amici cortesi e giudiziosissimi, che gli hanno
delto tutlo senza reticenze. Che piu? Quasi tutli i nobili Romani
hanno ringegno sostanzialmente oltuso ed angusto, per una ragioiie
fisiologica, che egli stesso chiama una particolarita singolare : ed e
il numero troppo scarso degl' incrociamenti , e la stagnazione del
sangue, sempre rinchivso nelle medesime vene. La lesi e la prova so-
no degne del signer Taine! / ritralli loro si possono contemplare nel-
la leggiadra commedia del conte Giraud « Z' aio nell'imbarazzo » : e
medesimamente il principe Lello, nella « Tolla » del signor Edmondo
About, e preso sul vivo. Vedete come i democratic! Taine e About si
danno la mano, quando si tratta di gettar il loro fango fraterno ad-
dosso T aristocrazia romana?
Ma egli e tempo che facciam punto, perocche troppo ci avvediamo
che ogni bel giuoco vuol durar poco ; e le ingiurie onde cotesto
mascalzone oltraggia il patriziato di Roma, che e Ira i piu illustri d'Eu-
ropa, sono cosi plaleali e vigliacche, che non reggerebbe a noi la
pazienza di trascriverle, ne ai lellori quella di sopportarsele solto
gli occhi. Del resto , per un mero saggio, stimiamo che il riferitone
finora sia piu che bastevole.
I/ onorabile signor Taine, rimorso per avventura dalla coscienza
che lo rimproverava di sballare pazzie troppo insensate, in una delle
BELLA STAMPA ITALIANA 341
precedent! letlere, avea finto che gli amici lo rampognassero di irri-
verenza soverchia nel buttar giu le sue forsennatezze, come veniva-
no venivano. Alia quale rampogna risponde, che in verita egli in
queste sue lettere non adopera ne lo sbozzatoio, ne il pennello, ne
la squadra, cioe che le scombicchera alia rimpazzata : ma prega che
si lasci ii suo strumenlo render e il suono che gli e proprio. Oltima
risposta. Or qual e egli cotesto suo strumento, e qual proprio suono
rende egli ? Non lo diremo noi ; lo dicano invece i Romani ; essi
che, per sentenza del Taine, sono tanli Calandrini !
Ogni favola ha da avere la sua moralita. E la moralita di questa
favola sia pei Romani di conoscere sempre meglio, con quali arli
di frodolente perfidia i nemici della Santa Sede procurino di com-
batlerne la grandezza ed ii Principato civile. Ecco un Taine, pagato
e ingrassato e mandato viaggiare in Italia dalla Revue des deux
Mondes, per che fine ? Perche cerchi nuovi pretesti da svillaneggia-
re la Chiesa cattolica e da melterne in beffe il suo supremo Gerarca
e la citta metropoli dell' orbe, sul quale si stende il celeste suo ini-
pero. Questo Taiue non trova altro miglior modo di vituperare la
Chiesa e il Papa, che quello di schernire furfantescamenle il popolo
romano, perche suddito fedele al successore di san Pietro. E que-
sto egli fa sotto forma di lettere estetiche, e lo fa con la impudenza
che abbiamo veduta. Che cosa dedurnepertanto? Convien dedurne
che T abbiezione di questi ocliatori di Dio, di Crislo e del suo Vica-
rio in terra, deve pur esser profonda, mentre non inorridiscono di
far gli guerra con armi si misleali ed obbrobriose. Per Roma e pei
Romani, le calunnie e le goffe buffonerie di un Taine sono una
splendida gloria : giacche quanto e vero che le lodi dei tristi equi-
valgono ad un vituperio, altreltanto 5 verissimo che i loro viluperii
equivalgono ad una lode. Guai a Roma ed ai Romani, se un giorno
dovessero mai meritare, che la Revue des deux Mondes ripagasse
un Taine, per tributar loro gli elogi, che questo immondissimo ciar-
livendolo Iributa al Piemonte !
BIBLIOGRAFIA
ANONIMO — Delia imitazione della B. Vergine Maria, con giunta di sei sermo-
ni sul Magnificat R sulla Sahe Regina, cavati dalle opere di S.Bernardo.
Napoli, dai tipi dell' Eco di N. S. delle Vitlorie 1865. Un vol. in 32.° di
pay. 218.
— Dialogo fra un curato del Carrarese e Andrea suo parrocchiano, nel qua-
le, data una generate idea deU'empio opuscolo Luce Evangelica, stampa-
to a Torino sotto il nome di G. Perazzi, si parla della sacramental Confes-
sione da esso rigettata. Torino, tip.pontificia Pietro diG. Marietti 1865.
Un opusc- w8.° di pug. 16.
— II divoto dell' Immacolata Concezione di Maria, istruzioni e pie pratiche
per la Novena e per la festa di M. Vergine Immacolata. Milano, tipogra-
fia e libreria arcwescpmle, dilia Giacomo Agnelli, via diS. Margherita
n.° 1, 1865. Un opusc. in 32.° dipag. 47.
— II giardino dell' Immacolata. Torino 1865, Pietro di G. Marietti, tipogra-
fo ponlificio. Un opusc. in 16.° di pag. 56.
— II S. Rosario, e invito ai fedeli ad una sacra lega per i presenti bisogni di
S. Chiesa, estratto dalla Stella dell' Umbria. Ism 1865, tipografia di Do-
menico Semi. Un opusc. in 16.° di pag. 20.
— I Moralisti della Rivoluzione. Firenze 1865, tip. Virgiliana per M. Casi-
ni, via Valfonda 79. Un opusc. in 8.° dipag. 16.
— I/ eco del Purgatbrio, pubblicazione mensile, indirizzata al suffragio dei
fedeli defunti. Bologna, u/fizio delle letlure della Domenica, via Malcon-
tenti 1797, 1865. Un opuscolo in 8.« dipag. 32.
— Memorie per la storia de' nostri tempi, dal Congresso di Parigi nel 1856
ai giorni nostri. Terza Serie, 3.° e 4.° quaderno, 27.° e 28.° della Raccolta.
Torino, direzione delV Unila Cattolica.
Piu altre volte abbiamo annunziata c common- opera, e invece di rinnovare le raccomandazioni
data questa utilissima Raccolta, le cui belle e buone agl' Italian! perche la favoriscano, ci contenteremo
doli di stile, di dotlrina, di yivezza, di veracita, di soggiungere che il Santo Padre Pio IX, con
di precisione sono gia note ai tanti leltori del- leltera dei 15 Febbraio 1865 al cayaliere Stefano
ITnt'fd Cattolica, dal cui ufflzio escono i suoi Margotti, ha encomiale queste Memorie, dichiaran-
quaderni. Invece di ripetere gli elogi che tutto do: « Giudichiamo che tu intraprendesti un' opera
il giornalismo cattolico dell' Italia ha tributato al assai utile ai posteri » ; e « approvandone Som-
chiarissimo Margotti, autore principale di questa mamente il divisamento*.
BIBLIOGRAFIA
ANONIMO — Milano sacro, ossia stato del Glero e delle Comunita religiose
della citta e Diocesi di Milano nell'anno 1865. Milano, tip. e libr. arciv.,
ditto, Giacomo Agnelli, na.S. Maryheritan. 1. Unvol. in 16.° di pag. ^61.
- Narrazione storica delle feste celebrate nell'Isola del Gozo, in occasion©
dell'erezione della CollegiataMatrice in chiesa cattedrale, edell'ingresso
solenne di Mons. D. M. Francesco Buttigieg, primo Yescovo dell' Isola
medesima. Malta, Zefirino MicaUef tipografo, sir. S. Lucia n. 45, 1864.
Un opusc. in 8.° di pag. 52.
La piccola isola del Gozo coll' isoletta adia-
cente di Comino faceva parte della Diocesi di
Malta, dal cui porto principale dista diciotto mi-
glia. Due ragioni faceano desiderare ai Gozilani
di vedersi costituiti in Diocesi propria, e al tutto
staccata dalla Maltese. La prima, il Tedersi spesso
abbandonati nelle cure spiritual!, atteso la distan-
za del Vescovo, la quale sebbene fosse non gran-
de, era nondimeno malagevolissima a percorrere
pei pericolosi canali che dividono il Gozo d;t Malta.
La seconda, 1'aver nel loro ricinto quanto bastava
a formare una Diocesi ; un gran Tempio con un
Collegio canonicale, molle parrocchie , tre con-
venti, un Ospedale, un Monte di pieta, un Liceo,
Settembre del 1864, quando nel Concistoro del 22
di delto mese venne preconizzato a pri.mo Vescovo
diocesano dell' isola del Gozo mons. Michele Fran-
cesco Buttigieg. Non e a dire la gioia con che
una tal notizia fu aceolla nell' isola; le feste splen-
didissime onde la festeggiarono, i devoti ringra-
ziamenti che ne porsero al Signore, la piela re-
ligiosa onde assistettero alle cerimonie che vi si
fecero per la istallazione del nuovo Vescovo* No i
percorrendo la bella Narrazione di tali feste ab-
biamo ammirato la pieta del Gozilani, che hanno
tanto esullato per questa grazia otlenula, e ab-
biamo detto tra noi : bello spetlacolo e cotesto,
in un tenipo in cui si cacciano i Vescovi, o si vo-
gliorio da pertutto reslringere, allietarsi tanto di
averne conseguito uno speciale ! i Gozilani hanno
provato che ne erano veramentt degai.
una Biblioteca, e una popolazione di sopra 18 mila
abitanli. Per le quali cagioni fin da 28 anni ad-
dielro fu supplicata la S. Sede per la divisione
della Diocesi: ma essa non fu conceduta che nel
— Principii elementari di filosofia morale. Edizione quarta ricorretta. Torino,
tip. ponlificia Pietro di G. Marietti 1865. Un vol. in 8.° di pag. 502.
Diciamo brevemente dell'ordine e dello spirito tuzioni esso e non solo innocuo ma buono ; an-
di questo compendio di filosofia morale. Esso di-
videsi in due parti: ETICA GENERALE, ed ETICA
PARTICOLARE. L' Etica generale ha tre sezioni. La
prima, Anlropologia morale, tratta delle facolta
e degli alti umani relativamente alia morale; la
seconda, Nomologia morale, tralta della legge
nelie sue diverse dislinzioni, e del principio ge-
neratore della legge; la terza, Logica morale, tratla
della coscienza morale e della imputazione. L'Etica
particolare ha qualtro Sezioni. La prima, Diceo-
sina, espone i doveri dell'uomo verso Dio, verso
se stesso, verso il prossimo, o che questo si con-
sideri individualmente preso, o che si consider!
vivente in socielk domestica, civile, o religiosa.
La seconda, Aretologia, spiega la natura della virtu
e del vizio, presi in se stessi, o nelle loro specie.
La terza, Teletica, parla della perfezione dell'uo-
mo, come conseguenza della virtu. La quarta,
Eudemonologia, iratla della felicila umana, con-
siderata come conseguenza ed effetlo della virtu
perseverante. Queslo quadro, abbastanza compiuto
ed abbastanza ordinato , tratlandosi di un sera-
plice compendio, se offre materia a qualche cen-
sura, quesla noa puo cadere se non sopra omissio-
ni, forse appositamente fatle, e forse anco ragio-
nevolmente , e sopra disposizioni di parti , che
possono differentemenle collocarsi o prima o poi,
giusta il diverso concetto che guida 1'ordine.
In quanto allo spirito che domina queste isti-
nunciandovisi chiaratnente quelle verila, sia d'or—
dine religiose sia d'ordine morale, le quali soglion*
ai nostri giorni mellersi da tanli in forse, o almeno
passarsi sotlo silenzio Troviamo pero in piu di
un luogo qualche omissione, che non rende al
certo ne viziosa, ne pericolosa 1' opera, ma la
rende un colal poco incompiuta. Ne ciliamo sol-
tanto due. Tutto cio che 1'AutOre dice intorno alia
Religione rivelala e caltolicamenle detto, e detto
anche con vigore: ma la Irattazione finisce col-
1' indicazione generale del Cristianesimo. Ei pareva.
che dovesse proseguirsi col parlare piu esprcs-
samente della Chiesa caltolica, nella quale solo
quella rivelazione, coi caratleri che 1'Autore stesso
esige, si conserva intalta. Cosi favellando del go-
verno costituzionale , 1' Autore espone come sia.
esso organizzato , sopra quali principii fondato,
e di quali vantaggi fecondo : ma avrebbe egli
dovuto fame eziandio scorgere i difetli e i pericoli
che ha. in cosi gran numero, afflnche gli sludenti
di diritto ne formino un concetto adequate, secon-
do i veri principii della scienza. In somma que-
sta istituzione puo accettarsi impunemente da una
scuola cattolica, ma il professore dovra qui e cola
farvi delle giunte e delle applicazioni, non solo
ulili, ma alcuna volta indispensabili. Ma, fatto
queste, se ne trovera. contento per la chiarezza,
per la brevilk e per 1'ordine dei concetti.
344 BIBLIOGRAFIA
ANONIMO — - Progressist!. Roma dalla tipografia Forense 1864. Un opusc.
in 16.° di pag. 96.
Sotto questo titolo, vanamente usurpato da tanti, signati i santi Domenico , Tommaso d' Aquino,
o degnamente portato da pochissimi , da quelli Antonio di Padova, e Bonaventura, le cui biografie
doe die avanzarono essi sempre e fecero avanzare si uniscono insieme in questo libretto. Fa parte,
gli aHri nelle virtu e nella santa vita, son de- come il seguente, delle Letlure Cattoliche.
— Riforme cattoliche, puntata unica. Roma , dalla tipografia Forense 1865.
Un opusc. in 16.° dipag. 88.
Sotfo questo tilolo, molto acconcio a indicate
il fine per cui la Provvidenza desta nella sua
Chiesa i gran Santi, raccolgonsi le brevi bio-
grafie di S. Teresa, di S. Ignazio di Lojola, di
S. Girolamo Emiliani, di S. Francesco di Sales e
di S. Vincenzo di Paoli. Queslo bel volumelto
fa parte delle Letture Cattoliche che si stampa-
— Scene clella nuova Capitale. Atto primo: I preparativi. Terza edizione. Fi~
renze, tip. di Simone Birindelli, via de' Cerchi n. 6, 1865. Un opusc. in
8.» di pag. 93.
no in Roma col fine di spargere nelle famiglie
utili libri a buon mercato. E in efl'etto per avere
ogni mese un libretto in 16.° di circa 100 pa-
gine basla pagare soli 3 paoli 1'anno in Roma,
e fuori di Roma paoli 4. Chi vuole associarsi si
diriga in Roma alia Tipografia Forense.
Chi vuol conoscere i lamenti dei fiorentinl pei
danni che reca loro il trasferirsi a Firenze la Ca-
pitale d' Italia, legga questo piccolo libretto, che
li «spone in tante scene vive e animatissime. Que-
sta che annunciamo e la terza edizione, fattasene
in brevissimo tempo; tanta e stata 1'avidita, colla
quale le due precedent! sono state cerche e com-
perale.
APICELLA STEFANO — Ernesto Renan al tribunale deile Nazioni e della Ragio-
ne, ossia la divinita di Gesii Cristo, dimostrata dalla umanita e dalla ragio-
ne, pel sacerdote Stefano Apicella. Napoli, pe'tipi di Vincenzo Manfredi,
strada S. Nicandro n. 4, 1864. Un vol. in 8.° di pag. 204.
Le confutazioni del libro di Renan contansi in mo argomento e questo: II genere umano intero
Europa non piu a dozzine, ma a centinaia. Cio non
fu effelto del valore inlrinseco di quel sofista, ma
dell' indignazione eccitatasi in tutti i cristiani a
tanta audacia. Noi ne abbiamo registrati moltis-
simi, e nondimeno ci si presentano di continuo
dei nuovi a indicare. Questo del ch. sig. Apicella
dimostra la Divinita di Gesu Cristo con due ga-
gliardissimi argomenli, svolti con ampiezza grande
di erudizione, e con profondita di dottrina. II pri-
ARA CASIMIRO — Raccolta dei provvedimenti, decreti e decisioni della Corte
dei Conti del Regno d' Italia, fatta per cura dell' avvocato Ara Gasimiro.
Torino 1865, tip. del Palmaverde di Caldo e Pellino, via Bellezia n. 8.
Vol. primo in 4.° dipag. 40.
BARRETTA ALFONSO M. — Divini voluminis exegetico-scientifica Synopsis per
Alphonsum M.m Barretta, Canonicum Theologum, exposita et in duos
libros distributa. Liber secundus, pars secunda, De libris no»i testamenti.
Torino, lipografia dell' oratorio di S. Francesco di Sales 1865. Un vol.
fa 8.° da pag. 592 a 908.
attende un Dio-Redentore, e lo riconosce nella
persona adorabile di Gesu di Nazaret. Adunque o
tutto il genere umano e stolido, o Gesu di Nazaret
e Dio-Redentore. II secondo argomenlo precede
cosi. Gesu di Nazaret si dice Dio, e fonda una
religione cui promette 1'eternita. 0 era dunque un
grande imposlore , e la religione da lui fondata
sarebbe ita in dilieguo , o e forza di riconoscere
in lui il vero Dio fatto uomo.
Colla pubblicazione di questa seconda parte si
termina insieme il libro secondo, e tutta la sinossi
della sacra Scrittura. E da do che scrivemmo,
annunciando la pubblicazione del primo libro,
possono i nostri lettori facilmente chiarirsi, che
questa opera del ch. Abate Barretta, non e sol-
tanlo un compendio di quello, che e scrilto nei
due Testamenti, siccome parrebbe dover essere a
(Ser. V, vol. X, pag. 79), e quella della prima considerarne il solo titolo modesto di Sinossi. Essa,
parte del secondo (Ser. VI, vol. I, pag. 473), siccome accennammo ai luoghi mentovati, oltre
BIBLIOGRAFIA 345
ad un ristretto del sacro testo, nel quale il ch. cuni ceuni biografici intorno alle personC che in
Autore ha saputo unite la brevita e la chiarezza; essa sono nominate, piu celebri per le virtu, ovvero
contiene dotle note che spianano i luoghi piu dif- piu segnalate pe' vizii. Ripetiamo volentieri, che
ficili ed oscuri, i prolegomeni cioe 1' introduzione questa opera ci sembra degna di essere raccoman-
allo studio della Scrittura, il codice delle leggi data, che essa e rilevante pel suo inlrinseco valore,
giudaiche, molte appendici sopra i pesi e le mi- e che verrebbe utilmente adoperata ne' Seminarii
sure usate dal popolo ebreo, e sopra la Geografla ecclesiastici, perche scritla in latino e con metodo
e 1' Istoria naturale della Bibbia, e flnalmente al- accomodato all' insegnamento.
BAUDRAND — L'anima sul Calvario che considera i patimenli di Gesii Cristo
e che trova ai piedi della Croce conforto alle proprie pene, con istruzloni
sulle varie tribolazioni nelle different*! condizionl della vita, dell' ab. Bau-
drand, coll'aggiunta delle preghiere per assistere alia S. Messa e degli ap-
parecchi per ben confessarsi e comunicarsi. Milano, tip. arciv. Ditto,
Giacomo Agnelli, via S. Margherita n. 1. Un vol. in 16.° di pag. 279.
Qnesta puo dirsi la gemma delle opere , tutte adunque le considerazioni sono lutte rivolle a
preziose, del pio e dotto Abb. Baudrand. Egli in- meditare la passione di Gesu Cristo, nella seconda
tende di condurre 1'anima cristiana sul Calvario a fame 1' applicazione alle proprie sofferenze. II
si per contemplarvi le pene di UH Dio che muore, libro e stato molte volte stampato: e cio mostra
e accendersi il petto di amore e gratitudine, e si che esso e slato trovato assai buono. Questa nuo-
per portarvi ella stessa le proprie pene e rinve- va edizione ha il pregio di essere piu correlta
nirvi conforto e alleviamento. Nella prima parte delle altre, sia nella versione, sia nella stampa.
BENASSI PIETRO — Le sense piii comuni che sogliono addurre i genitori tra-
scurati, nel mandare i loro figliuoli alia dottrina cristiana, prese ad esa-
me dal curato Pietro Benassi di Ferrara. Ferrarq, tip. Taddei 1865. Un
opusc. in 32.° dz pag. 64.
BENZONE CAMILLO — Errori condannati e Giubbileo concesso dalla Santita di
Nostro Signore Pio Papa IX, nella lettera enciclica del giorno 8 Dicem-
bre 1864. Ammonimento terzo di monsignore Gamillo Gonte Benzone, Ve-
scovo di Adria, al Clero e popolo dellasua Diocesi, Adria, dal prem. stab.
Up. vesc. di Giuseppe Vianello 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 79.
BERTUZZI CARLO — Pei solenni suffragi dalla chiesa di S. Filippo Neri in Cen-
to al defunto sacerdote D. Giovanni Zucchini , elogio funebre recitato
daU'Eccnio e Rrao sig. Canonico Don Carlo Bertuzzi, Dottore in sacra
teologia, membro di varie accademie. Cento 1864, tipogr. Lanzoni Soffri-
ti. Un opusc. in 8.° di pag. 11.
BES1 GIUSEPPE — Corso elementare di agricoltura teorico-pratica del Dott.
Giuseppe Besi, professore di agraria nell' istituto tecnico di geodesia e
icodometria ecc. ecc. Roma, tipogr. della Rev. Cam. Apostolica 1864.
Vol. II in 8.° di pag. 240, con tavole.
Lodammo gia la l.a Parte di questi Element! pero di entrare a parlaredi ciascuna collura, da-
di Agricoltura del ch. Prof. Besi. Ora che esce remo alcun cenno sull'adattamento , cioe a dire
alia luce il primo fascicolo della II." Parte, nulla sul modo piu conveniente di preparare a piu utile
diremo dei suoi pregi, bastandoci il ripelere che collivazione il terreno. Cio fatto, nella prima se-
essi sono uguali al resto dell'Opera gia divulgata; zione tratteremo in allrettanti capiloli: 1.° Delle
e solo indicheremo la continenza e 1* ordine delle erbe che si coltivano per le loro semenze ali-
materie di questo 1.° fascicolo. E il faremo colle mentari, tanto cereali, che leguminose; 2.° Dei
parole stesse dell' Autore, le quali dicono cosi: foraggi, ossia delle erbe che si deslinano piu espres-
« Comprende questa seconda parte del noslro corso samente a nutrire il bestiame e che si ritraggono
elementare due grandi sezioni: nella prima si espo- dai prali natural! e artificial*; 3° Delle piante
ne la coltivazione in grande delle erbe e di alcu- sarchiate, e delle cosi delte industriali di vario
ne piante vivaci; nella seconda la coltivazione e genere; 4.° Infine degli ortaggi che possono essere
moltiplicazione degli alberi e degli arbusti. Prima altresi coltivati in grande. Suddivideremo tali ca-
316 BIBLIOGRAFIA
pitoli, avendo riguardo ai pdncipii che le diffe- piu facile dirigerne ed alternarne aH'opportunita
renti piantc assorbono dal terreno, e che predomi- la coltivazione. »
nano nelle loro ceneri. Per tal modo rimarra sempre
BOSCO GIOVANNI — Dialoghi intorno all' istruzione del Giubbileo, colle prati-
che divole per la visila delle chiese, del sacerdoteBosco Giovanni. Tori-
no, tip. deli' oral. diS. Franc, di Sales 1865. Un opusc. in 32.° di pag. 96.
BUSCARINI GIUSEPPE — Giuseppe Buscarini, Arcidiacono della chiesa catte-
drale, Vicario generate capitolare della Diocesi di Bcrgo San Doimmo, ai
Venerabile clero ed amatissimo popolo salute nel Signore. Borgo San
Donnino, dal la lipogr. Verdesi. in opusc. in 8.° dipag. 23.
BUZZONI PIETRO — I semi dei Bachi giapponesi ed i metodi prlncipall per ri-
levarne e misurarne la sanita o 1' infezione ; studii di Pietro Buzzoiii. Mi-
lano, coi tipi della' Ditta Giacomo Agnelli , via santa Margherita n. 1,
1864. Un opusc. in 8.° di pag. 46.
La malattia dei bachi da seta, per cui i loro vigore di produzione, della loro sanita. Come farlo?
semi vengono gravemente infelti di alrofia, e stato II libro del ch. sig. Buzzoni insegna di ricorrere
per una parte non piccola dell' Italia un vero di- al microscopic, e indica il come ci si debba ri-
saslro, per cui riparare si son cercati con im- correre per esserne guidati a retto giudizio. Esso
menso dispendio semi cinesi , semi giapponesi. e pieno di avvedimenti molto pratici, e certo puo
Ma questi possono pure essere infelti dello stesso rendere grande servigio a quei coltivatori , che
male: anzi v' ha chi asserisce che sieno. Bisogna in cosa di tal momento non YOgliono lasciarsi alia
dunque pria di accetlare dai semai i semi, sieno balia del caso.
essi italiani sieno forestieri, accertarsi del loro
CANO EUGENIO — Orazione panegirica al Marlire S. Efisio, delta nella sua
chiesa in Cagliari, il 15 del 1865, da Eugenio Cano, Teologo aggregate
nella regiaUnivrslta ecc. ecc. Tipoyr. Timon. Un opusc. in 4.° di pag. 36.
CASASSAJAS D10NISIO — Pe;it manuel de devotion affectueuse et pratique au/
sacre-Coeur de Jesus, extrait des ecrits de la bienheureuse Marguerite
Marie Alacoque, par Denys Casassajas, pretre espagnol, du Diocese de
Vich , Docteur en sacree theologie etc. etc. ; traduit de V italien sur un
exemplaire delatroisieme edition. Rome, imprimerie Salviucci Ib65. Un
opusc. in 16.° di pag. 95. Prezzo bai. 5.
CELESIA MICHELANGELO — Lettera pastorale al clero ed al popolo della dio-
cesi di Patti, intorno alia Enciclica degli 8 DIcembre 1864, ed al Giubbileo
con essa accordato. Roma, tip. Salviucci 1865. Unopusc. in X.° dipag. 31.
CIAMPI IGNAZIO — Le rappresentazioni sacre del Medio evo in Italia, conside-
rate nella parte comica da Ignazio Giampi. Roma, tipogr. delle Belle Arti
1865. Un opusc. in 8.° di pag. 55.
II valoroso signer Ciampi in questo opuscolo ha misti di profano e di sacro la parte comica, che
raccolto un vero tesoretto di notizie curiosissime via via venne poscia generando la commedia del
spettanti all' origine e alia varia forma di quelle Secolo XVI e dei secoli susseguenti. Ma non ostantc
Rappresentazioni sacre, che in Italia, durante il 1'arduita, egli raggiunge assai bene il suo scopo,
medio evo, tennero luogo de' modern! spettacoli e si puo dire che porga in mano il filo che col-
teatrali. Arduo e I' intendimenlo che s' e proposto, lega la Commedia moderna con gl'ibridi drammi
di ricercare cioe in que' drammi^ ora sacri , ora dei tempi dell' evo medio.
— Oltre 1'Alpe e il Mare, ossia i viaggi italiani ; lettera di Ignazio Ciampi.
Roma, tipografia delle Belle Arti 1865. Un opuscolo in 8.° di pag. 32.
Con questa lettera 1' erudito signor Ciampi in- terre lontanissime; e insieme indicare i vantaggi
tende sciogliere il problema politico-storico, del molleplici che ricavare si possono dagl' Italiani
perche gl' Italiani da tanto tempo non sieno piu che viaggiano.
aominati Ira i grand! Tiaggiatori e scoprilori di
BIBLIOGRAFIA 347
COCCHI LUIGI — La'poesia sempre tenuta in pregio dalle colte nazioni, ragio-
namento per 1'abate D. Luigi Gocchi. ,Roma 1865, tip. Guerra. Un opusc.
in S.o dipag. 18.
COCOZ RAFFAELE — Orazione panegirica di S. Tommaso d'Aquino , recitata
il 7 Marzo 1865 in santa Maria Novella di Firenze dal R. P. M. Raffaele Co-
coz, dell'Ordine dei Predicatori. Firenze 1865, tipografia Virgiliana per
Masslmiliano Casini, ma Valfonda N.° 79. Un opuscolo in 8.° di pag. 48.
CORSI COSIMO — Lettera pastorale di Sua Eminenza Reverendissima il Cardi-
nale Arcivescovo di Pisa al Clero e al popolo della sua diocesi,per il Giu-
bileo dell'anno 1865. Pisa, presso P. Orsolini Prosperi, tip. arcivesco-
vile 1865. Un opusc. in 8." di pag. 16.
COSTAMAGNA GAETANO — Diario mariano, ossia giaculatorie di Maria SS. per
ciascun giorno dell'anno, del teologo Costamagna Gaetano. Torino, tip.
detV orat. di S. Francesco di Sales 1864. Un opusc. in 32.° dipag. 30.
COSTANTINI DOMENICO — All' Emo e Rffio Cardinale Carlo Reisach, prefetto
della S. C. degli Studii, della Vergine divotissimo, perito dell'ecclesiasti-
ca Musica, d'ogni pietoso divisamento e d'ogni opera beriedetta promo-
tore e patrono, Domenico Costantiui, Gappeilaao Cantore pontificio, que-
ste litanie laurelane in dieci e olto guise da lui musicate, novellamente
in seguito di altre diecisette di gia pubblicate, intitcla, offre e purge osse-
quioso, 1'A. di N. S. 1865. Roma, lit. Tiberina, via del Pozzetfo A'.° 145.
Domenico Costantini, cappellano cantore pon- tanie a Ire e quattro voci con la risposta del po-
lificio, pubblico nel 1857 le Canzonette popolari polo, e la copiosa edizione di queste e omai presso
a lode di Maria SSma , e con successo tale che il suo termine. Qra ne da alia luce altre diciotto,
ne ha terminata la seconda edizione, e mo lie ri- diverse da quelle , ma parimenti a tre e quallro
cerche gli si fanno perche ne inlraprenda una voci con la risposta del popolo; ed il prezzo per
terza, che lulti desiderano piii ampia della pre- gli associati per tutte le diciotto in una sola
cedente. Nel 1859 pubblico ancora dieciselte Li- copia e di bai. 60; e pei non associati di sc. 1, 40.
DA CIVEZZA MARCELLING — La Desolata, parole del P. Marcellino da Civezza
M. 0. Roma, tipografia Tiberina, piazza PoliN.* 11, 1865. Un opuscolo
l» 8.' rfi pa0. 32.
D' ALCANTARA S. P1ETRO — Trattato della orazione e meditazione di S, Pie-
tro d' Alcantara, riformatore dell'Ordine francescano, versione ricorret-
ta. Bologna, per A. Mareggiani tip. edit, via Malcontentin. 1797, 1865.
Un vol. inn." dipag. 218.
Questo libricino fu scritto da S. Pietro d' Al- allresi lodato con parole assai calde da Urbano VIII
cantara per preghiera e servigio d'un pio cava- e da Gregorio XV, sapientissimi Ponteflci. Non
Here spagnuolo. Esso fu sempre ripulalo un pic- dobbiamo adunque aggiugnere altro per metterlo
ciolo capolavoro d'ascetica, e tenuto in gran pre- in pregio presso le persone devote,
gio da uoniini insigni per santila e dottrina. Fu
DALL'OLIO LUIGI — Di alcuni alllneamenti e allargamenti delle strade e piaz-
ze della citta, proposta di Luigi Dali'Olio, gia conservatore delle acque e
strade. Roma, coi tipi dell'Osservatore Romano 1865. Un opuscolo in 8.°
dipag. 25.
L' abbellimento della citta di Roma e da tutti P Olio, il quale discorrendo rione per rione in—
•desiderate, e sol ritardato dal prudente pensiero dica in ciascuno le deniolizioni delle casipole, gli
-di non aggravate il popolo di balzelli eccessivi allargamenli e i raddrizzamenti delle vie, che sa—
per cose che non sono di grande necessita. Ma e rebbero di maggior necessita. E bene che tutti
t>ene avere un disegno generale di abbellimento, i Romani studiino questo progetto, in prima per-
«he possa venire a poco a poco attuandosi, pro- che tutli si persuadano dell' utilita che, ne pu&
fittando delle circostanze propizie che si presen- trarre Roma esegUbndolo , e poi perche tutti Si
lassero. Questo disegno e propostodal ch. sig. Dal- dispongano a concorrervi perche si eseguisca.
348 BIBLIOGRAFIA
D'ALOE STANISLAO — Storia della chiesa di Napoli, provata con monument!.
Libri cinque del Commendatore Stariislao D'Aloe. Napoli, stabilimento ti-
pografico, strada Banchi Nuovi 13 , 1861. Un vol. in 4.° di pag. 621 cow
tavole.
Le vicende della Chiesa napoletana vengono so ai document! original! , esistenti negli archivii
narrate in questa Storia, con crilica avveduta si del regno di Napoli , per accertare moHi punti
ma sobria, e con ampiezza larga ma non minu- dubbiosi, e scoprire molti fatti dimenticati ; e sotto
ziosa. Moltissimi prima del ch. sig. D' Aloe hanno questo rapporto il suo lavoro acquista grande im-
tentato la medesima opera : ma colpa dei tempi portanza. Come storico adunque egli merita lutta
e degli studii o sono stati soverchiamente ere- la lode di accorto e diligente cercatore della ve-
duli , o soverchiamente reslii ad ammettere le rita : come scrittore merita quella di ordinato,
tradizioni, e tale si e troppo perduto in certe mi- grave e rapido narratore. Noi vogliamo ancora
nutezze ttascurando le cose piu gravi, mentre lal aggiugnervi 1' aitra lode che egli ben merita di
altro ha omesso troppe cose , che picciole in se principii sicuri in lutto cio che riguarda le qui-
aveano pero grande importanza nel concatena- stioni di dritto ecclesiastico , e i rapporti tra la
mento dei falti. II D' Aloe si e giovato delle opere Chiesa e lo Stato. L' opera si vende presso il li-
stampate innanzi, peraccettarne ilcerto, eripudiar- braro Dufrene in Napoli, strada Medina n. 61, al
ne il falso; e si e giovato degli errori altrui per prezzo di L. 13, franco di porto.
ischivarli egli stesso. Ma egli ha fatto dippiu ricor-
D'AVINO VINCENZIO— Enciclopedia dell'Ecclesiastico, compilata dall'Abb.Yin-
cenzio d'Avino ; ediz. seconda riveduta, aumentata e in parte rifusa. To-
rino , Pietro di Giacinto Marietti tip. editor e, piazza B. V.degliAngeli.
Disp. 25. a e 26.a in 4.° da pag. 585 a 712.
DE ANGELIS CLEMENTE — Metropea latina , ossia Arte della versificazione la-
tina, esposla in versetti italiani, con prospetti sinottici dei metri oraziani
ed ecclesiastic*!, perD. Clem. DeAngelis. Modena, tip. dell' Imm. Conce-
zione 1865. Un opusc. in 16.° dipag. 72.
Vi sono molti trattatelli per insegnare ai fan- sig. De Angelis e tutto in versi italiani, rimati
ciulli le leggi metriche della Poesia latina: ve ne per lo piu a due a due, e per la piu gran parte
sono in prosa e in versi , ve ne sono in latino oltonarii, e di facile dicitura. Per chiarir meglio
ed in italiano. Ma siccome nessuno tocca la per- i precetti, sonovi aggiunti i prospelti sinoltici, che
fezione, e sul bene si spera di far sempre il me- contengono le misure dei piedi e dei versi, e gli
glio, cos\ non si fa mai posa, e se ne veggono esempii.
sempre di nuovi uscire alia luce. Questo del ch.
DI SALES S. FRANCESCO — II direttore spiritual delle religiose e di chiunque
brama camminar sicuro e con frutto nella via dello Spirito Santo , rica-
vato dalle opere di san Francesco di Sales. Torino, per Giacinto Mariet-
ti tipografO'libraio 1865. Un vol. in 32.° di pag. 184.
ECO DEL PURGATORIO — Pubblicazione mensuale indirizzata al suffragio dei fe-
deli defunti. Bologna 1865, uffizio delle Letture della Domenica, via Mal-
contenli 1797.
Questo periodico si e proposto per fine di ac- le, e il prezzo annuale di associazione si 6 per
crescere nei fedeli la carila e la devozione ver- le province d'Halia L. 2. 50, per Roma e pel
so le anime benedette del Purgatorio. Ogni mese Veneto L. 3.
si pubblica un elegante fascicolo di 32 facciuo-
FAA' DI BRUNO F. — Sacre lodi pel mese Mariano, per cura del cavaliere F. Faa
di Bruno, dottore in iscienze. Torino, tip. dell' oratorio di S . Francesco
di Sales 1864. Un opusc. in 16.° di pag. 95.
A servigio di quanti consacrarono il mese di Chi volesse poi fornirsi della musica adattala
Maggio a Maria SSma, trovansi raccolte in que- a queste sacre Lodi, dovrebbe procacciarsi il li-
sto libriccino le lodi riguardanti la gran Ma- bretto del Maestro Blanchi, intitolato Canzonci-
dre di Dio , pubblicate gik innanzi nel libro ne , o la Raccolta di musica per sacre Lodi del
del cav. Faa di Bruno, La Lira callolica ; e in cav. Faa di Bruno,
alcuni libretti dell' esimio fu maestro Blanchi,
BIBLIOGRAFIA 349
FABRETTI ARIODANTE — Glossarium Halicum, in quo omnia vocabula conti-
nentur ex Umbricis , Sablnis , Oscis, Volscis, Etruscis caeterisque monu-
mentis quae supersunt collecta, et cum interpretationibus variorum expli-
cantur, cura et studio Arioclantis Fabretti. Aug. Taurinorum, ex officina
Regia 1^64. Fasc. Xin fol. dapag. 1505 a 1696.
FERRERI SEVERING — Un vero amico, ossia guida della gioventii sul cammin
della vita, letture morali sugli evangelii per ciascun giorno dell' anno.
Versione dal francese del sac. Ferreri Severino torinese. Torino, per Gia*
cinto Marietti tipografo libraio 1865. Un vol. in 8.° dipag. 660.
Con questo libro, il pio e dotto abate Pages, della nostra fede , e i principal! insegnamenti
intese di somministrare una semplice e soda let- della morale cristiana che vi si contengono. II
tura ad ogni falta di persone , anche giovani o metodo poi e tale che mentre offre una Lettura
poco islruile , un argomento di sanle medita- morale per ciascun di, somministra in pari tempo
zioni per le comunila religiose, una guida ai la materia per la meditazione , spartita in due
genitori e maestri per istillare buone massime punti, bene fra loro accordali in un concetto solo,
nel cuore della giovenlu, ed insieme un aiulo ai II tradultore , sig. Ferreri Severino , che solo in
predicated , che amano la facile chiarezza nella qualche punto ha estese le applicazioni pratiche e
sacra eloquenza. Poiche non solamente egli spie- faltele piu universali, nel resto nulla ha cambiato
ga ogni domenica il Vangelo, ma sopra questo ne alia sostanza della dottrina , ne alia semplici-
si ferma il piu delle -volte la settimana intera, e ta dello stile, quali trovansi nel testo originale.
svolge solto tutti i risguardi i grandi principii Vendesi Lire 3 italiane.
FOGLIANO CARLO — Brevi discorsi , detti nel triduo fattosi per la festa della
santa Infanzia, dal sac. D.Carlo Fogliano, iiella chiesa dei santi Martiri
in Torino, seguiti da alcune notizie intorno all'organizzazione di detta o-
pera ed ai suoi vantaggi. Torino, tip. dell' oratorio di S. Francesco di
Sales 1865. Un opusc. in 16.° di pag. 61.
FRASSINETTI GIUSEPPE — Due gioie nascoste, per Giuseppe Frassinetti, priore
a S. Sabina in Geneva. Torino, tip. dell'orat. di S. Franc, di Sales 1864.
Un opusc. in 32.° di pag. 64.
Le due gioie nascoste, delle quali il pio e ze- quenza della santa Comunione, e la santa Vergi-
lante sacerdote sig. Frassinetti intende di mo- uila.
strare alle animo pie la preziosita, sono la frc-
GASTALDI LORENZO — Memorie storiche del teologo Giovanni Ignazio Vola ,
sacerdote torinese. Torino, tip. dell'orat. di S. Franc, di Sales 1865. Un
vol. in 32.° dipag. 216.
Nel 1858 passo agli eterni riposi dopo sessan- innanzi a Dio, e nella stima di virlii sacerdotal!
tuno anno di vita santa e zelantissima, 1' anima innanzi al prossimo. 11 racconto della sua vita
del teologo Giovanni Ignazio Vola, nato, vivuto, sara di molto utile al clero, specialmente perche
e morto in Torino. Egli fu tutto dedilo agli stu- essa scorse tutta entro i limiti di quella perfe-
dii ed ai minister! ecclesiastici : ma vi accoppio zione , che e imitabile a qualsiasi . persona di
quel fervore di spirito, e quella perfezione di chiesa.
vila inleriore, per cui si levo alto nella santita
GIUCCI GAETANO — Storia della vita e del pontificato di Pio VII, opera di
Gaetano Giucci. Roma, tipografia di Gaetano Chiassi, piazza Montecito-
rio 119 , 1857. Due vol. in 8.° dipag. XV, 231. 233.
Benche questa novella vita del gran Ponleftce tende di conlinuare la vita dei Papi di Giuseppe
Pio VII siasi cominciata a stampare nel 1857 ; essa Novaes ; e pero a questa di Pio VII fara seguire
tutlavia, per varii impediment! che non occorre le tre di Leone XII, di Pio VIII e di Gregorio
qui racconlare , non e poluta venire a luce so XVI. Lodevolissimo intento, il quale gli riuscira
non in quest! ultimi giorni : e noi inlanto ci af- con molto buono effetto, giacche egli ad una bre-
frettiamo di annunziarla , come opera stimabile vila sustanziosa congiunge chiarezza nella espo-
assai e per piu di un rispetto da anteporsi a sizione, ordine nella narrazione e diligenza nelle
quella dell'Artaud. L'egregio signor Giucci in- ri-erche.
350 BIBL10GRAFIA
HAHN-HAHN IDA — Doralice , scene contemporanee della Contessa Ida
Hahn-Hahn, versione di Giulio Borgia Mandolini. Volumi due in 12.° di
pag. W-278, 296. Roma, tipogr. Monaldi 1865.
Annunziammo gia la versione di questo impor- un po' prolisso il dialogo: ma (siccome ci accadde
tante lavoro, non appena il chiaro giovane signer
Borgia Mandolini ne pubblico il primo fascicolo.
Ora che tutta la versione e uscita in pubblico, rac-
colta in due graziosi volumelti di bella stampa e
di forma gentile, non solo ne rinnoviamo 1'an-
nunzio ; ma ne raccomandiamo la diffusione per
tutta 1' Italia. Quest'opera della valorosa e calto-
lica Donna ha il pregio di aggirarsi tulta sopra
la grande piaga della odierna societa, che e il na-
turalismo religioso in leorica, e lindifferenlismo
in pratica. Le scene che pennelleggia sono belle,
lenere e sommamente istruttive. Ben e vero che
Si discostano alquanlo dalle usanze della nostra
Italia anche troppo cattolica, per fare che tanta
sia la indifferenza e miseria religiosa, quanta si
mostra in alcuni personaggi posti in campo nel
Racconto della nobile Contessa. Ma anche gl'Ita-
liani avranno assai da impararvi dentro. Forse e
HUGUET. P. — Novena a san Giuseppe ed associazione del culto perpetuo a
suo onore, del R. P. Huguet, tradotta dal trancese dalla damigella Giu-
seppina Pellico. Quarta edizione con aggiunte e correzioni. Torino 1865,
coi tipi di Pietro di G. Marietti, piazza B. V. degli Angeli n.° 2. Un opusc.
in 32.° di pag. 96.
1GNAZIO (P.) DEL COSTATO DI GESU' — La scuola di Gesii appassionato, aper-
ta al cristiano con la quotidiana meditazione delle sue pene, del P. Igna-
zio del Costato di Gesu, sacerdote Passionista, aggiuntovi in fine un tri-
duo a Maria SS. Addolorata, con altre pie preghiere. Bologna, dalla tip.
Mareggiani 1865. Un vol. in 32.' dipag. 209.
LANTERO GIUSEPPE — Postrema saecula sex Religionis Augustinianae, in qui-
bus breviter recensentur illustriores viri Augustinianenses, qui sanctita-
te et doclrina floruerunt, post magnam Ordinis unionem peractam, anno
MGCLVI, ab Alexandro IV usque ad haec tempora, per Fr. losephum Lan-
teri Ligur-lodanensem , Augustinianum. Tulentini , ex typogr. Guidoni
1858-1859. Romae ex typ. Bernardi Morini 1860-1863. Tre wlumi in 8.*
dipag. complessivamentel%%to.
notarlo, toccando dell' altro suo Racconto che ha
per tilolo Maria Regina) questa prolissila e ri-
chiesta dall' indole nazionale de' suoi scritti, e dal
fine di ammaestrare che principaimente si pro-
pone. II diligente volgarizzalore alia traduzione
ha aggiunte note rare, ma opportune. Avverliamo
da ultimo, che in genere questi due volumi non
sono fatti per fanciulle o giovanelte, ma per perso-
ne che ad una certa maturita o coltura di mente
accoppiino un poco di esperienza del mondo; im-
perocche vi si svolgono episodii e vi si discutono
materie che, per recare profitlo, ricercano queste
due cose. I due volumi si vendono in Roma al
prezzo di paoli 6 all' uffizio dell' Osservalore Ro-
mano, di Propaganda Fide e alia libreria Marini,
e pel resto d' Italia in Bologna all' uffizio delle
Piccolo letturecattoliche&lvrwiodi lire ital. 3,25.
Gran servigio ha reso il chiarissimo P. Giu-
seppe Lanlero, dell' inclito Ordine degli Agosti-
niani, non solo a questo suo Ordine, ma a tutta
la Chiesa ed alia inlera Societa civile, intessen-
do brevi ma succose biografie de' personaggi piu
illustri di tanto antica e venerabile religione
quanto e 1' Agostiniana. Annunziamo assai tardi
questa insigne opera, avuto riguardo al tempo,
da che fu cominciata a pubbiicare , perche tardi
ci e pervenula : opportunamente pero e piu che
in qualsivoglia altro tempo ; perche appunto ora
si stanno adoperando i nemici degli Ordini re-
ligiosi per abbatterli e diradicarli dal suoio d'l-
talia. Vegga il mondo contro quali uomini o
quali istituzioni si arrabbiatamente combalte I
Giacche in questo fatto vale a meraviglia 1'argo-
mento della parita; e dai frutti che rende una
famiglia religiosa si puo fare ottima ragione del
frutti che haniio reso e rendono le altre. 11 che
se non giova ad impedire il colpo fatale, e non-
dimeno un nuovo argomento a dimostrare 1'indole
della presenle persccuzione, e fare che aprano gli
occhi alcuni di quegl'illusi, che ancora credes-
sero alle protesle de1 seltarii. Sarebbe questo il
miglior premio che il dotlissimo padre Lantero
potrebbe aspetlarsi delle infinite fall che, dovute
da lui durare, per diseppellire dall'oblio tante
preziose memorie, e della squisita di'igenza, con
cui ha condotto a termine il lavoro.
BIBLIOGRAFIA 351
L'EPISCOPATO TOSCANO A PIO IX. — Pisa, tip. di Letture Cattoliche, diretta
da Giov. Alisi 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 14.
LEBON HUBERT — Le delizie eucaristiche, per Hubert Lebon ; tradtizione dai
francese di A. A. Amadei ; seconda edizione. Torino 1865, per Giacinto
Marietti, tipografo libraio. Un vol. in 32.° di pag. 183.
MART1NENGO F. — II Pievano cattolico, ossia la falsita del protestantesimo,
dimostrata al buon popolo italiano per via della ragione e de' fatti, da
F. Martin en go, prete della Missione. Torino, tipogr. pontificia Pietro di
G. Marietti 1865. Un vol. in 8.° dipag. 410.
Non sono molti anni che in Italia niuno senti- giamo ora un nuovo e dei piu valid! per la sua
•va il bisogno di scrivere libri per rimuovere il scienza e dei meglio agguerriti per 1' arte della
popolo dal protestantesimo : ora se ne stampano polemica, e dei PJJU destri per le atlraltive dello
a dozzine, e si desiderano e si leggono con stile. Questo e il ch. sig. Martinengo, pretc
avidita. Donde un tal cangiamento ? Da questo della Missione. Egli un po'con dialoghelti argu-
solo : la liberla data all' errore ha ora scatenalo ti, un po'con racconti saporiti, un po' con satire
contro la fede del popolo una legione di predi- pungenti, un po'con nerborute dimoslrazioni svol-
canli, i quali ne insidiano in tutti i modi la sim- ge i punti piu controversi tra i cattolici e i
plicita, la seducono, 1'attirano, la sforzano. Non protestanti, applicando la dotlrina stmpre inse-
si puo dunque lasciar loro libero il campo : bi- gnala dalla Chiesa agli errori moderni, e ai torti
sogna opporvisi gagliardamente per salvare dal- antichi degli eretici aggiugnendo i nuovi. II li-
la prevaricazione tante anime. E grazie a Dio di bro e pieno di sodissimi insegnamenli, e tulti
questi zelanti apologisti della nostra religione detlati con amenita e bel garbo di stile.
non mancano. Ai molti indicati innanzi, aggiun-
MELANDRI GIUSEPPE — II concetto di Maria Santissima secondo Dante Alii-
ghieri, per Giuseppe Melandri d. C. d. G. Bologna , libreria dell' Imma-
colata, via Larga S. Giorgio 777, 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 75.
Ora che la gioventu studiosa d' Italia e tutta sublime concetto ne avesse, qual parle le altri-
allettata a informarsi dei pensieri di Danle Alii- buisse nella economia della salvezza del genere
ghieri, cui i nuovi rigeneratori d' Italia si piac- umano, come si studiasse di accenderne in tulti i
ciono di presentare come capo e principio della cuori la riverenza e 1'amore. Ondeche egli a
loro setta, non e disutile il venire moslrando di buon dirillo termina, esortando i giovani a stu-
quai sentimenti di pieta cristiana egli fosse pro- diare negli scritti del sommo nostro poela, non
fondamente animato. lino solo di questi senli-r il Dante imbacuccato da liberalaslro per impo-
nicnti svolge il ch. P. Melandri in qnesto gra- stura dei nostri moderni patarini, ma il Dante
zioso librellino ; cioe dire la divozione ch' egli schiettamente cattolico e pienamente italiano, il
nutri caldissima pnr la Beala Vergine Maria. Ei Dante del secolo decimoterzo, il Dante cioe vivo
lo fa mostrando dalle varie opere di Danle qual e vero, coi suoi aiFetti e coi suoi principii.
MIGLIOR FRANCESCO — Sacra orazione encomiastica del Martire S. Efisio, re-
citata nella chiesa Gagliaritana di S. Antonio Abate dal beneficiato par-
roco teol. Francesco Miglior — Cagliari, tip. Timon'Wffi. Un opusc. in
8.°rf« pag. 23.
Con rapidi, ma eloquent! tratti, 1' illustre Ora- gloriosa camera, prima come guerriero, poi come
tore metle in chiara luce qucsla palria gloria apostolo, confessor della fede, e mar tire, e fl-
della Sardegna, che fu il gran martire S. Efisio, nalmente co.ne patrono immortale dell' isola, da
rappresentandolo nei successivi sladii della sua lui santificata colle virtu e col sangue.
MILOZZI FRANCESCO — Doctoris Grammaticae tradendae in Seminario Vatica-
no, de ludae Machabaei rebus gestis. Romae; ex typographeo CaietaniMe-
nicantii, anno Chr. MDCCCLXV. Un volumetto in 8.° dipag. 40.
In altra occastone ci e toccato di lodare la la- Ruinart. Ora non possiamo far altro , per ris-
linita facile e purgata del ch. professore Mi- petto a quesla sua esposizione de' Fatli di Giuda
lozzi ; quando cioe diede alia luce la sua nar- Maccabeo , che far notare come que' medesimi
razione degli Mti sinceri de' Martiri, secondo il pregi di lingua e di stile, correttissima general-
352 BIBL10GRAFIA
mente 1'una , leggiadro e scorrevole 1'altro, vi cor colla pralica, come da quelli si possano af-
fanno le medesime pruove. Bel modo e qucsto tingere acconciamente le grazie piu elette del
d'istruire i giovanetti : non solo proporre gli ot- dire senza ombra di servllila.
timi esemplari de" Classici; ma dimostrare an-
MINA' LA GRUA ANTONIO — Sopra Vitterizia eudemica e su le malaltie ordina-
rie dei contadini di Gastel'nuono, memoria per Antonio Mina La Grua, Dot-
tore in Filosofia e Medicina della facolta di Messina ecc. ecc. Palermo,
tip. di Bernardo Vizzi, via Cintorinari dirimpetto S. Francesco 1856. Un
opusc. in 8.° dipag. 31.
MONNIN ALFREDO — Mater Admirabilis, ossia i primi quindici anni di Ma-
ria Immacolata , per 1'Abate Alfredo Monnin , Missionarlo , autore della
vita delCurato d'Ars. Appro vato daMons. di Langalerie, Vescovo di Bel-
ley — Parigi, Carlo Donniol libraio-editore, via Tournon 28, 1865. Un
vol. in 8.° dipag. 464.
pertulto ua esemplare, a moltiplicarlesi il culto
in ogni sorta di ossequii, a oltenere dalla Sanla
Sede favori segnalati di preziose indulgenze. E
Maria Santissima lia mostrato di gradire qucsto
ossequio per mezzo delle innumerevoli grazie che
ha conceduto e tultavia concede a chi la venera
sotlo un lal titolo. Or questo libro e tutto desti-
nato a promuovere quesla devozione a Maria Fan-
ciulla nel Tempio. Per lo spazio di trenta giorni
il pio e dotlo autore contempla la vita di Maria
in quella tenera eta, e ne fa acconcissime appli-
cazioni alia vita cristiana delle donzelle. V'ag-
giugne poi i racconti dei favori piu cospicui che
si son ricevuti dall'invocarla solto questo titolo.
Tutto il libro e pieno di sanla unzione, e mentre
da un pascolo alia pieta piu tenera, alimeuta di
alti e nobili pensieri la mente.
Sulla parete di un vasto corridoio nel Con-
vento della Trinita dei Monti a Roma fu nel
1844 dipinta a fresco un'immagine di Maria, che
la rappresenta in sull'eta di quindici anni as-
sisa negli atrii del Tempio Qlando lino. Dall'un
canto una paniera da lavoro e un libro semi-
aperto ; dall'aHro un giglio tutto in fiore. Essa
era destinata ad alimentare la pieta delle Reli-
giose del Sacro Cuore, quando le si raccoglievano
intorno nelle ore del manuale lavoro: e le fu
dato il titolo di Mater admirabilis. A poco a
poco quel dipinto fu ripeluto In mille forme, e
1'immagine di Mater admirabilis e sparsa per
opera del bulino , del bronzo , e del vetro per
lutta la cristianila. Essa risponde a un dilicalo
concetto : quello di proporre la beata Vergine a
modello e a protettrice delle fanciulle, nelP eta
loro adolescente. Cid e bastato a volersene da-
MULLOIS ISIDORO — La Domenica al popolo, per 1'abate Isidore Mullois, Mis-
sionario apostolico e primo cappellano di Napoleone III. Milano , tipogr.
arcivescovile, ditta Giacomo Agnelli, via S. Margherita n.° 1, 1865. Un,
opusc. in 32.° di pag. 39.
— I falsi uomini grandi, per 1' abate Isidore Mullois , Missionario apostolico
e primo cappellauo di Napoleone III. Milano , tipogr. e libreria arcivcsco-
vile, ditta Giacomo Agnelli, via S. Margharita, n.° 1. 1864. Un opusc. in
16.° dipag. 27.
— II piccolo mese di Novembre , o Fate la carita ai trapassati , per 1' abate
Isidore Mullois , Missionario apostolico e primo cappellano di Napoleo-
ne III. Milano, tipogr. e libreria arcivescovile, ditta Giacomo Agnelli, via
S. Margherita, n.° 1, 1864. Un opusc. in 32.° di pag. 47.
NARDI FRANCESCO — Intorno alia sacra Congregazione dell' Indice. Lettera
al sig. Rouland Senatore, di Mons'gnor Franc. Nardi, Uditore di S. Rota,
Consultore della S. C. dell' Indice. Roma, tip. SinimberghiWS. Un opusc.
in 8.° di pag. 15.
Sparlare di quello che ignorasi , purche sia signor Rouland, Governatore della Banca di Fran-
contro la Chiesa caltolica e in ispregio d'ogni cia, nella contingenza che discutavasi fra i se-
autorita piu sacra, e vezzo oggidi comune dei natori lo schema d'Indirizzo in risposta al di-
politici e dei grandi sopraccio degli Stati. H scorso della Corona, si lascio trasportare da
BIBLIOGRAFIA
353
mctodo prudcnle c caritativo ch'ella serba net
procedere all'esame o alia censura dei libri. In
un tempo come il nostro, nel quale si combatte
la verita piu coi pregiudizii che coi sofismi,
questa lettera e cosa plena di opportunity per-
che risponde con una quindicina di pagine a vo-
lumi interi di diatribe c di calunnie, che si spar*
gono dai trisli e dagl' ipocriti contro VIndice. I
propagator! di buoni scritti in Italia e fuori ,
farebbero cosa ulilissima a riprodurla e diffon—
derla popolarmente.
queslo vezzo oltre i confini, non diremo del ra-
gionevole , ma del decoro civile. Tra le allre
cose che censuro avventatamente, v' ebbe la ro-
mana Congregazione dell' Indice ; e tanti spro-
positi disse, quante furono le sentenze ch' egli
proferi contro questa venerabile istituzione. Per
aggiustargli il latino in bocca e insegnargli a
non cinguettare di cio che non conosce, il va-
lenlissimo Monsignor Nardi gli ha indirizzata
questa breve ina sugosa e calzante leltera , che
euna stupenda apologia, non solo della Congre-
gazione dell' Indice per se, ma soprattutto del
PALLADINO MARIO — II Crociato di Cheffontaines , storia contemporanea.
Napoli 1865, u/fizio delle Letture cattoliche. Un opuscolo in 16.° di
pag. 80.
La Storia , che narra il giovine scritlore di in premio una niorte di santo. Cio che 1'Autore
queste pagine, contiene i pielosi casi del Zuavo vi reca di suo e la bonta dello stile, benche al-
ponlificio Giacinto di Lanascol, il quale con tanti cuna volta un po' ridondante, la vivacita delle
altri valorosi garzoni francesi e belgi consacro descrizioni , il calore dell' affetto e la pieta di
la sua spada c la sua vita alia difesa del do- considerazioni sodamente crisliane, innestate per
minio temporale del romano Pontefice, e n'ebbe acconcia maniera colla narrazione.
PARDINI FRANCESCO — Orazioni di M. Tullio Cicerone, recate in italiano per
diversi autori, e riprodotte in luce con note compilate dall' Abate France-
sco Pardini, professore di Belle lettere nel Seminario Gavl di Livorno. Li-
vorno, stamperia di Giuseppe Fabbreschi e C.° 1856-1857. Due voL in 8."
dipag.Wk, e J7/-283.
Abbiamo sotto gli occhi i due volutni , che rizzate da C. Frangipane ; e le medesime vol-
hanno lo stesso titolo , il primo etampato nel garizzale per Brunetto Latini ; un altro volgariz-
1856, e il secondo colla indicazione di Tomo 1° zamento della stessa orazione per M. Marcello
nel 1857. Queslo secondo contiene la Vita di fallo da Leonardo Bruni , e inflne le Filippichc
M. Tullio Cicerone, scrilta da Plutarco e tradot- Prima e Seconda, tradolte daG. Ragazzoni. Ognu-
ta in italiano da Girolaniu Pompei , e la Vita
polilica , privata e letteraria del medesimo M.
Tullio, scritta da G/Vit Le Clerc e tradotta dal
ch. signer Pardini. L'altro volume, stampato nel
1856, contiene le Orazioni pel ritorno di M. Mar-
na di queste version! e accompagnata da ag-
giustatissime Note, scritte dal ch. sig. Pardini,
il quale ha posta ogni cura, perche questa utile
raccolta de' piu -eleganti volgarizzamenti tulliani
riuseisse corretta.
cello, per Q. Ligario, e per Deiotaro Re, volga-
PARNISETTI PIETRO — Osservazioni meteorologiche fatte in Alessandria alia
specola del Seminario 1864. Anno undecimo. Alessandria, tipogr. Astuii
Carlo 1865. Un opusc. in 8.° dipag. 32.
PASINATI STANISLAO L. — 11 Monachismo , per Stanislao L. Pasinati , prete
napolitano. Napoli , stab, tipogr. del Sermo Tullio 1865. Un opusc. in
16.° di pag. 95.
Ora si muove guerra finita al monachismo ,
perche si vuole demolire al tutto la Chiesa cat-
lolica. Difenderlo adunque e dovere d'ogni fedeJe
cd insieme e alto di coraggio cristiano. Ma il
ch. sig. Pasinali merita una lode speciale, per-
che lo fa con tanta scioltezza di movimenti , e
sicurezza di colpi , che non puo desiderarsi me-
glio. Ei riguarda in primo luogo lutto cid che
di moralmeule bello e grande contiene e pre-
Serie VI, vol. II, fasc. 363.
senta il monachismo, poi tutto cio che di moral—
mente , socialmente e religiosamente utile csso
promette e partorisce al mondo. Queste due idee
cardinal! le svolge con istile leggero ed ameno,
e cosi invaghisce il lettore , anzi lo seduce e lo
obbliga a flssare la sua attenzione sopra pensieri
e faiti , cui altrimenU avrcbbe allontanati da se,
e scbivati.
29 Aprile 1865.
BIBLIOGRAFIA
PASINATI STANISLAO L. — La salute su d'una tomba : racconto per Stanislao
Luigi Pasinati, prete napolitano. Bologna, via largaS. Giorgio 777, 1865.
Un opusc. in 16.° dipag. 83.
netta, che e il suo amore ; ed ei vedendola per
caso sul feretro divenuta cadavere, sentesi mutato
il cuore in petto , cangia coslumi e vita, e ve-
ste cocolla di monaco. Questa semplice tela serve
al ch. sig. Pasinati per ricamarvi sopra un si
grazioso racconto, che noi lo proponiamo ai gio-
vani ed alie giovanette , non solo per onesto
passatempo , ma eziandio per utile morale delle
loro anime.
Un giovanotlo di nobile casato, ma guasto da
cattiva educazione, che 1'aveano lasciato in ba-
lia di pessimi libri e di piu tristi amici, in mezzo
ai tumulti della vita dissipata s'invaghisce d'una
gentile e pia giovanetta, e si propone di torla
in isposa. S'oppongono a tal marilaggio gli odii
che i rispettivi loro genitori nutrono da lunga
pezza : ondeche quegli ne fa le disperazioni, nc
divien malato, propone per fino di uccidersi. In
questa muore santamente nel Signore la giovi-
PAZZAGLIA PASQUALE — Gollezione di discorsi sacri, del can. Pasquale Paz-
zaglia, Arclprete di Castelvecchio in Savignano. Volume Unico. Bologna,
per A. Mareggiani tipogr. edit. , via Malcontenti 1797, 1865. Vn vol. in
16.* di pay. 287.
PELLICANI ANTONIO — L'ordine nelle societa cristiane, parenesi per Antonio
Pellicani d. C. d. G. Torino 1865, Pietro di G. Marielti tipografo ponti-
ficio. Un vol. in 8.° dipag. 111.
La rivoluzione pone tutto sossopra, prima coi
jrincipii sovvertitori, poi coi fatti piu violenti.
Questa sovversione nei principii si va tentan-
do ogni di piu in Italia: quella dei fatli si va
consummando a poco a poco. Bisogna illuminar
la gente, perche si accorga del precipizio ove e
spinta. 11 ch. P. Pellicani , nervoso ed efflcace
scrittore, il fa in questa operetta, picciola di
mole, piena di cose. Esso esamina le tre soeieta,
la domestica, la civile e la religiosa, e addita
quale in ognuna debba essere 1' ordine secondo
ragione e fede, e come quest'ordine venga minac-
ciato dalle male dotlrine moderne , e per qual
via possa essere rimesso ove gia sia stato guasto.
PETRONIO-RUSSO SALVATORE — Un nuovo trionfo del cattolicesimo per la
tutelata conversione dell' ebreo Coen , discorso del sacerdote Salvatore
Petronio-Russo, Dottore in sacra teologia e dritto canonico.Camw'a, tip.
il Leone di san Marco, piazza Stesicorea n.° 45 e 46, 1864. Vn opusc. in
16.' dipag. 56.
Si e fatto tanto strepito intorno alia conver- rivenirvi sopra. Questo racconto, fatto da chi fu
sione del piccolo israelita Coen, che per qualche testimonio anzi parte dell'avvenimenlo, giovera
tempo tulla la stampa di Europa non si occupo
che di lui. Si scrisse tutto, fuorche la verita del
fatto e la giustizia del dritto. Ora che le passion!
destatesi per quel fatto si sono calmate , e bene
PIRANI GIOVANNI — Arte poetica di Marco Girolamo Vida, tradotta dal pro-
fessore Giovanni Pirani, libri tre. Cesena, tipogr. G. C. Biasini 1864. Un
opusc. in 8.° dipag. 83.
mollo a far conoscere la storia genuina dell'ac-
cadulo, e a gettar luce sopra le questioni di
dritlo che vi si collegano.
Questa traduzione in versi sciolti della Poetica
di Marco Girolamo Vidu, benche sia frutto degli
studii giovanili dell'egregio sig. Pirani, e non-
dimeno commendevole per molte buone qualila:
e la modestia soverchiamenle peritosa, ond' egli
si scosa del mellerla in luce , prova ch' egli ha
un'idea assai alta della eccellenza di perfezione
a cui si debbon condurre i lavori di questa fat ta,
ma non prova ch' egli nell' eseguire questo suo,
sia rimaslo troppo di sotto a un tale grado di
perfezione. 11 verseggiare e per lo piu schiel-
to Q & via andare fluido e scorrevole. Se quanto
all' armonia del verso c' e appunto da fare, egli
e piu per 1' eccesso che pel difetto. La lingua
altresi e castigala , e fiorita di belle eleganze.
Qualche latinismo qui e cola si sarebbe per av-
ventura potuto lasciare, senza sconcio della no-
billa della elocuzione, se non fosse che il tradut-
tore abbia forse voluto ricordare ai leltori, la con-
dizioue del testo che esso volgarizzava. Ma certo
e che questa versione merita un onorevole posto
fra le opere di questa specie che si sono pubbli-
cate recentemente , e noi ne facciamo cordiali
gralulazioni al vuloroso signer professore Pirani,
BIBLIOGRAFIA
355
POGGIOL! MICHELANGELO — De amplitudine doctrinae botanicae, qua prae-
stitit Fridericus Caesius, Michaelis Angeli Poggioli, in Archigymnasio Ro
mano Doctoris Decurialis Botanices , commentatio , losephi filii cura et
studio mine primum vulgata. ftomae, ex typogr. Bonarum Artium 1865.
Un opusc. in 8.° di pag. 31.
POZZI ALFEO — Le prime analisi del pensiero e della parola, ossia avviamen-
to agli studii della logica e de'.la grammatica generate, dialoghi ed eser-
cizii offerti agli student! dei licei e del tecnici istituti, ai maestri elemen-
tari, alle scuole normali e alle scuole feminili superior! da Alfeo Pozzi,
professore riel Gollegio mill tare di Milano. Milano, stabilimento tipograft~
co della ditto, Giacomo Agnelli nell'orfanotrofio maschile 1865. Un vol. in
%.*dipag. 208.
ll ch. sig. Pozzi si e preflsso in questo libro
di avviare i giovanelti allo studio della logica e
della grammatica generate. La prima parte del
libro , che e intitolata : Le 'prime analisi del
•pensiero, manoduce soavemente il fandullo dal-
1'idea flno al sillogismo. La seconda parte che
ha per titolo : Le prime analisi delia parola,
comincia a iruttar della voce per giugnere flno
alia grammalicae alia elnografla. Perche il libro
Sia acconcio alia lenera eta, e non disulile alia
piii adulta, 1'autore precede con piccioli e cauti
passi , sceglie le cose piii utili e necessarie a
sapere, le svolge per tulti i versi e con islile
piano e con metodo sagace ingerisee a poco a
poco i suoi insegnamenti. II fondo della dottrina
ideologica e sicuro , perche non tocca i sislemi
che dividono le scuole, e si attiene alle nozioni
piu acceltale e piii comuni. Egli ha scritto pel
fanciulli scolari e per i maestri e le maestre di
grammatica. Per quanto abbia fatto per renders!
intelligibile ai primi, noi crediamo che diflicil-
mente questo libro possa riuscir loro di vero
profitto. Utilissimo pero lo riputiamo a chi devc
insegnare la grammatica ; perche cosl si appren-
de ad insegnarla con miglior intelligenza e mi-
glior melodo.
ROHRBACHER — Storia universale della Chiesa cattolica dal principio del
morido fino ai di noslri, dell'abate Rohrbacher, Dottore in Teologia del-
V Universita cattoiica di Lovanio ecc. ecc. prima traduzione :taliana so-
pra la tern ed. Torino, per Giacinto Marietti tipografo libraio, vol. IK
in 8.° di pag. 839.
RO&1NI CARLO M. —Carol! MariaeRosinii, Episcop' Puteolani, ^AZMATONIKEE
seu Larvarum victor, comoedia ab Aloisio Palumbo retractata. Augustas
Taurinorum, ex officina ascelerii salesiani an. 1865. Un opusc. in lb.° di
pag. 53 con tav.
Monsignor Carlo Maria Rosini fu zelantissimo
Vescovo della diocesi di Pozzuoli, nel napolitano,
e scrittore di aurea latinila. Uno de'suoi piu pre-
diletti esercizii era comporre commedie in istile
plautino, e darle poi a rappresentare agli alunni
del suo Seminario ne'tempi delle vacanze. Con
che grandi vantaggi otteneva; e quello princi-
palmenle che si venisse insinuando in que' gio-
Tanetti il gusto latino piu etlicacemenle non solo,
per la virtu dell'azione drammatica ; ma eziandio
con diletto, per lo piacere che arreca il sollazzo
della scena. Queste commedie pero, tulle flore di
eleganza e di lepore comico, non furono mai pub-
blicate. Quest' una ora esce la prima volta alia
luce, per cura del P. Palumbo, che fu g& alun-
no di quel Seminario ai tempi di Mons. Rosini.
Non e pero in tutto qua! fu rappresentala. II
P. Palumbo, che ognuno sa quanto valga in
queslo genere di componimenti, ha creduto ritoo-
carne alquanlo i melri, riducendoli tulti al sena-
rio giambo. la quale cusa noi crediamo che egli
vorra fare per le altre, se, come speriamo, que-
sto primo saggio sara accolto favorevolmente
dai dotti.
BOSS1 GIROLAMO — II princlpato di Monaco, studii storici del professore Gi-
rolamo Rossi, gia provveditore agli studii nel Collegio di Ventimiglia ecc.
2.a edizioue. Mentune, Pasquale Amarante ediiore-libr&io 1S64. Un vol.
in 8.°2>.° dipag. 115.
II piccolo principato di Monaco ha molta im- eitta antiche, perche fu teafro sanguinoso di lotto
portanza nella storia italiana, perche componesi di tra Guelfl e Ghibellini, perche ncllo guerre tra i
356 BIBLIOGRAFIA
Frances!, gli Spagnuoli c gl' Italiani prese parte adunque che ne ha scrilto il ch. sig. Rossi desta
attuosa, e perche inflne fu signoreggiato da una vivo interesse nei lellori per la varieta del casi,
di quelle grand! famiglie italiane, che sorte nei e molto ancora li appaga per la rapidita del rac-
feroci tramestii delle passioni popolari toccarono conto e la veracita della esposizione.
grande altezza di gloria e di potere. La Storia
SALA ARISTIDE — II Mese di Maria, del sacerdote milanese Aristide Sala, ca-
nonico onorario della Cattedrale di Cingoli ecc. ecc. Pinerolo , lipogra-
fia di Giuseppe Chiantore 1865. Un vol. 8.° dipag. 416.
E omai divenuto universale il pio costume di Beata Vergine, come la sacra Storia e la pia tra-
consecrare a Maria Santissima il mese di Mag- dizione ce Than trasmessa : e per compiere il nu-
gio: e a guidare i fedeli in questa pratica si mero dei giorni del mese seguono tre altri ra-
gradita e si utile v'e una dovizia di libri, che gionamenti sul culto della B. Vergine, e i qualtro
formerebbero, se si raccogliessero tulti insieme, ultimi , coi quali si chiude il mese, parlano del
una picciola biblioteca. Ognuno ha il suo pre- peccato, della Confessione e della Comunione. Alia
gio da se , e risponde a un pensiero, a un bi- fine del libro si trovano le preghiere pel mattino
sogno specialc delia pieta religiosa. Questo, che e e per la sera, per la Messa, per la Confessione e
composto dal ch. ranonico Aristide Cav. Sala, per la Comunione.
espone in ventiquattro ragionamenti la -vita della
SANTI VINCENZO — Della natura dell' anima, dell' intelletto e della cogitati-
va. Perugia, tipografia di V. Santucci, diretta da Giovanni Santucci e Giu-
seppe Ricci 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 21.
E questo un compendio di tutta la dottrina di dell' anima umana, molto sicuro e molto ben
3. Tommaso intorno alia natura e alle facolta fatto.
SANTORI CAMILLO — II Principato civile del Romano Pontefice e la liberta di
coscienza, osservazioni del professore Camillo Santori, sacerdote roma-
no. Roma, Pallotta 1865. In 8.° di pag. 47.
I punti che svolge questo sapiente trattatello Principato civile del Romano Pontefice: e lo strin-
del ch. professore Santori , sono di grandissima gato ragionamento unisce con tale copia di eru-
importanza ai di noslri, e la sodezza della dottrina dizione storica, giuridica e politica, che anche uno
e 1'intelligenza si teorica come pratica delle gelose non perito di teologia e di canonica, ha di che
questioni che scioglie, mostrano quanto s' ingan- trarre diletto e Tantaggio nolevolissimo dalla sua
nino coloro che giudicano Roma poco -versata nella ponderata lettura. L'ordine, la chiarezza, la preci-
conoscenza delle idee dette moderne. 11 Santori in sione, la temperanza e le altre belle doti di cui fa
quest'opuscolo, tenue per la mole ma poderoso per prova qui il prof. Santori, sono, a parer nostro,
la sustanza, si puo dire che non lascia di consi- molto acconce per produrre ottimi frutti anche
derare "verun rispetto della coniroversia, che si fuori d' Italia. L'Opera si vende alia libreria Bot-
agita ora sulla liberta di coscienza in ordine al tacchi in Roma, Via Pie di Marino n. 1.
SERRATO ANTONIO — Orazione funebre di Monsignor Carlo Giacinto Valerga,
Vescovo di Miriofide e Vicario apostolico del Quillon, delta dal Teologo
Antonio Serrato, Prevosto e Vicario foraneo di Loano. Albenga, tipogra-
fia vesc. di T. Craviotto 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 16.
STUB PAOLO — Meditazioni per gli ecclesiastic! in tutti i giorni dell'anno, del
P. Paolo Stub Barnabita. Torino 1864, Pietro di G. Marietti, tipografo
pontificio. Vol. 3.° in 8.° dipag. 574.
TARING CAN. PIETRO — Maria Vergine, modello della donna cristiana riguar-
clata come giovane, sposa, madre e vedova ; pel canonico Pietro Tarino,
Dottore in teologia e filosofia. Biella, tipogr. e litogr. di G. Amosso, 1865.
Un vol. in 16.° gr. dipag. 390.
II dotlo e pio antore si e proposto in questa all' amore di Dio, avvalendosi di quella soave e
sua operetta di ampliare il culto della Madre di pur tanto efflcace influenza che sa esercitare la
Dio per riparare ai danni gravissimi ond'e afiBitta donna veramente cattolica, modellata secondo quel
la societa cristiana , e di condurre gli uomini perfettissimo esemplare che e la Immacolata Ver-
BIBLIOGRAFIA 357
gine Maria. Questa operetta ci sembra degna di gere nel cuore di lei i germi delle piu sode vir-
speciale commendazione per T ampiezza del disc- tu, che le debbono essere inseparabih compagne
gno, per la sodezza dei principii, per la con- in qualsiasi stato di vita. L'opera e divisa in quat-
catenazione e distribuzione delle parti, e per la tro parti, che sono distribute in trentuno capi-
copia de'santi ed oppodunissimi ammaestramenti tolo, quanti sono i giorni del mese di Maggio,
cbe di mano io mano, procedendo con molta na- offrendo cosi materia di assai proficua lezione
turalezza di discorso, egli vi ha inculcato, per alle fanciulle e donne cristiane, che vogliono san-
forma che valgano ed a cessare i pericoli ond'e tiflcare quel tempo, consecrato in ispecial modo
insidiata 1'educazione di una fanciulla, ed a svol- ad onore della Vergine.
T. M. F. — Roma al cospetto del popolo, ossia ragionamentl familiari pel po-
polo sui beni della Chiesa ed ecclesiastici e sul dominio temporale dei
Papi, operetta utilissima ad ogni ceto di persona, per T. M. F. Ediz. secon-
da. Napoli, stamperia e libreria di A. Festa, strada S. Gio. a Carbonara
N. 104, 1864. Un vol. in 16.° dipag. 192.
TROSCIA BUONFIGLIO — La Quaresima in compagnia di Maria Yergine Addo-
lorata; Meditazioni proposte dal P. M. Buonfiglio Troscia de' Servi di
Maria, le quali possono anche servireper qualunque altro tempo dell' an-
no. Bologna, per A. Mareggiani tipogr. ed. 1865. Un vol. in 16.° di
pag. 221.
Quesla operetta , scritta pel popolo dal suo piu che nell' antico testamento ; 4.° Non puo
dotto aulore, e riuscita nel fatto mollo popolare, unirsi insieme autorila sacerdotale e autorita ci-
prende a confutare quattro error! , che si spar- Tile, e quindi il Papa non puo essere Re. Dopo
gono con malignita, e dalla gente meno istruita di avere doltamente e lucidamenle rifiutali que-
si accettano con soverchia bonarieta. Essi sono i sti errori, 1'autore espone lavera cagione per la
seguenti : 1.° I preti son ricchi e non debbono quale tanto si maledice e perseguita la Chiesa,
esserlo ; 2.° I preti dei nostri di sono piu ricchi gli Ecclesiastici, e segnatamenle il Romano Pon-
degli antichi leviti; 3.° Yi sono troppi preti, e teflce e il suo Dominio temporale.
VACHETTA C. ANTONIO — Novena dello Spirito Santo, ovvero, Nove medi-
tazioni da farsl in apparecchio alle feste della Pentecoste , scritte dal si-
gnor Carlo Antonio Yachetta, sacerdote dalla Gongregazione della Missio-
ne , coll' aggiunta di tre nuove meditazioni per ciaschedun giorno della
Pentecoste, cavate dagli Atti apostolici. Torino, tipogr. dell' oral, di
S. Franc, di Sales 1865. Un opusc. in 32.° dipag. 61.
VALLAURI TOMMASO — Epitome Historiae patriae , accedit Lexicon Latino-
italicum. Editio tertla diligentissime emendata. Augustas Taurinorum, ex
officina asceterii salesiani an. 1864. Un opusc. in 16.° di pag. 85.
L'illustre professor Vallauri, tra i modern! la- so corretto , describe compendiosamente in tre
tinisti meritamenle celebrate come il piu facon- brevi libri la Storia dei Reali di Savoia, dalla
do e anche il piu elegante , ha scritto questo loro origine che monta al secolo decimo prime
Compendio della Storia patria pei Piemontesi, flno al 1798. Perche poi i fanciulli abbiano in-
afflne di fornire alle scuole un libro che si po- sieme col testo da volgarizzare il sussidio d' un
tesse volgarizzare dai giovanetti, non solo senza buon Dizionario, atto alia loro eta e capacita, in
pericolo della loro educazione, ma eziandiocon fine della Epitome il ch. Vallauri ha aggiunto
vantaggio della loro istruzione. Egli adunque un Lexicon Latino- Italicum, compilato apposta
con istile sommamenle semplice e al tempo sles- per questo fine.
VERATTI BARTOLOMEO — Delia vita e delle opere del Cav. Fortunato Cavaz-
zoni Pederzini, Commentario storico del Cav.Bartolomeo Yeratti. Mode-
na, tipografia dell' erede Soliani 1865. Un opusc. in 8.° dipag. 65.
II cav. Fortunato Cavazzoni-Pederzini, manca- ultimi tempi ha prodotti. Per officii esercitati ,
loai vivi il dl 22 Decembre 1864, fu tra i per- per lettere e scienze professate, per Tirtu prati-
sonaggi piu riveriti nella sua patria e piu lar- cate, e per onori ricevuti si concilio la benevo-
gamenle conosciuti fuori, che Modena in quesli lenza e la stima di tulti. In cima ad ogni suo
338 BIBLIOGRAFIA
affetto fa 1'amore e la ubbidienza alia Chiesa cat- tanto affetto, clie mostrasi Pamico si, ma 1'amicO
lolica, dalla quale non si diparti mat in quanto imparziale dell'illustre defonto. Inline a modo di
o scrisse o opero. Di lui parla queslo Commenta- Appendice leggonsi i Cenni biograflei sopra il
rio storico del ch. Cav. Veralti, e ne parla con can. Dott. D. Luigi Cavazzoni-Peder.lni , fratel-
tanta critica e con tanta cautela, e insieme con lo del cav. Fortunate, e a lui premorto-
VIGLIONI STEFANO — De Christ! sanctissima divinitale adversus Hernestum
Rerianum et nuperrimos iricredulos, Stephani Viglionii, in Aversano Feini-
nario Rhetorices Professoris,Oratio.JVeapo^e typis Germanici Rossi 1865.
Un opusc. in 8.° di pag. 28.
francese accademico. Un cosi nobile argomento
e qui trattato con molta dignita ; poiche lo stile
veramente latino e ollre a cio grave e senten-
zioso, e lo svolgimento dell'argomentazione e lu-
cido, nervoso e copioso.
Nel Seminario di Aversa si tenne un'Accade-
mia letleraria, ove venne recitata questa Orazione
latina. Essa e scritla conlro di Renan ; e delle
due parti di che si compone, la prima e volla a
dimostrare direttamente la Divinita di Gesu Cri-
sto, la seconda a confulare alcuni dei sofismi del
VIVENZI PIETRO — Yita di Suor Maria Crocifissa, nel secolo nobile Paola dl
Rosa, fondatrice e superiora della Ancelle della Carita, dettevolgarraente
le Ospitaliere, scritta dal sacerdote Pietro Vivenzi, direttore spirituale del
Seminario \rescovile di Brescia. Brescia , tip. vescovile del Pio istituto
1864. Un vol. in 8.° dipag. 312.
Paola di Rosa, ra rpollo di nobile prosapia bre- dalla S. Sede, e governo con pvudenza e soavita
sciana, fu educata presso Je Religiose Salesiane a ammirabile. Ma queslo suo zelo pel bene del
tutte le virtu di pia donzella. II primo saggio che prossimo fu accoppiato a tanta virtu interiore e
ne delte fu nell' assislenza che porse ai colerosi, a tante grazie straordinarie del Signore , che la
dispregiando ogni pericolo di vita. Da quel sua vita puo proporsi a model lo di perfezione cri-
tempo si delle lutta all' esercizio della piu fina sliana. Quesla che ne ha scritto il ch. sig. Yi—
ben
carita. Molte opere pie diresse, molte ne istitui :
principalissimo fu 1' Istituto delle Ancelle della
Carita, dette volgarmente le Ospitaliere, che essa
fondo , promosse largamente, vide approvato
venzi ha ancora il merilo di essere assai
fatta, e capace di ispirare I'amore della virtu non
solo coi fatti che riferisce, ma allresi colla unzio-
ne e sapienza cristiana onde li narra.
ZAMBONI CAMILLO — II Mese di Marzo in onore di san Giuseppe , sposo pu-
rissimo di Maria Vergine, per D. Camillo Zamboui, sac. bolognese. Bo-
logna, libreria dell'Immacolata, via Larga S. Giorgio 777, 1864. Un opusc.
in H.° dipag. 87.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roma 29 Aprile 1865.
1.
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. Funerali celebrati nella cappella Papale a S. M. Massimi -
liano II re di Baviera — 2. Solennita della Settimana santa e della Pas-
qua; straordinario concorso di forestieri ; somma totale del Denaro di
S. />fe£/'o, offerio a Sua Santita dal 1860 all' Aprile 1865 — 3. Anniversa-
rio del 12 Aprile festeggiato dal popolo romano alii 19.
1. La mattina di Giovedi 6 Aprile, secondo 1'annunzio datone dalla
Santita di Nostro Signore nel Concistoro tenuto addi 27 del trascorso
mese di Marzo, hanno avuto luogo nella Cappella Sistina al Vaticano 1'E-
sequie in suffragio del def'unto Massimiliano II, re di Baviera. Sua San-
tila ha assistito in Trono alia Messa solenne, che e stata pontificata dal-
1'EiTio e Rmo signer Cardinale di Reisach ; e la stessa Santita Sua ha
fatto, secondo it rilo, 1'assoluzione sopra il tumulo. Sono interyenuti
alia funebre cerimonia gli Emi e Rmi t»ignori Cardinali, Patriarchi, Ar-
civescovi e Vescovi, il Magistrate romano, i diversi Collegi del Prelati,
e gli altri che hanno posto in queste speciali funzioui. In apposita tri-
buna vi hanno assistilo le LL. MM. il Re e la Regina del regno delle
Due Sicilie, S. M. il re Luigi di Baviera, e le LL. AA. RR. il Conte e
la Contessa di Irani. In altre tribune eranvi ancora molti membri del
Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. II coiicorso alia
Cappella e stato numerosissimo.
2. II florido stato di salute in che piacque a Dio Signor Nostro di con-
servare la venerata persona del Somino Pontefice suo Vicario in terra, e
la continuata bellezza della sfagione, sorridente per le delizie d' una
splendida primavera, fecero si che, assislendo o pontificando la Santita
Sua, potessero aver luogo, con lo sfoggio della loro impareggiabile ma-
gnificenza, tutte le cerimonie auguste della Settimaua santa e della Pas-
360 CRONACA
qua, fra tale concorso straordinario di persone d'ogni nazione, onde, in
parita di circpstanze,' da molti anni in qua mai non erasi veduta cosi
stipata la Basilica Vaticana.
« Un tal fatto, dice il Giornale di Roma del 12 Aprile, discorrendo
della funzione Papale tenula in san Pietro la Doraenica delle Palme, un
tal fatto era degno di essere avvertito, come quello che porge una singo-
larita, la quale, dalle circostanze dei tempi che corrono, veste tal carat-
tere che sempre meglio concreta insieme e sviluppa qual sia il pensiero
cattolico sopra Roma, e quale la destinazione che, negli ordim della
Provvidenza, e segnata alia eterna Citta. Mentre le fprze riunite della
rivoluzione o agognano a sbandire da essa il Yicario di Gesu Cristo, per
tornarvi un Cesare che riceva la sua corona non piu dall' Autorita che
impera dal Vaticano, ma da una turba di novatori che imperversi dal
Campidoglio ; o congiurano a rilegare il supremo Gerarca in un angolo
di essa, incatenandone alle loro voglie perverse la liberta, che, incep-
pata, farebbe perire la liberta stessa del genere umano: come veggiamo
noi adoperare i fedeli? Da che 1'aspra guerra, quando aperta, quando
velata d'ipocrisia, si e rotta contro Roma, verso di questa hannp essi
raddoppiato il lorq affetto ; e come figli amorosi, impazienti a non ristar-
si in vista del pericolo che corre la madre, esposta ad indecorosi oltrag-
gi e a dissennate minacce, generosamente levaronsi a sua difesa e so-
stegno. Ne contenti delle prove con che, da Iqntano, a lei testimoniavano
le proprie simpatie, cavando partito dai mezzi rapidi, onde i trovati del-
1'ingegnqhan saputo ravyicinare fra loro le diverse region! , eccoli ai
sette colli, non di altro avidi che di vagheggiarvi quanto ha fatto dare
1'appellativq di Eterna alia Citta, che sopra dei medesimi si allarga e
distende. Di qui il progressive aumento dei fedeli che vi concorre, e il
prescegliere che il numero grandissimo di essi fa, per compiere la visita,
quel tempo che ricorda la umiliazione ed il trionfo aell'lIomo-Dio. Poiche
e appunto sotto il predominio delle idee che 1' opera divina della Reden-
zione suscita ed alimenta, che vuol essere considerata questa Roma, cui
sempre dall'orgoglio umano si cerco di umiliare, e che dalla umiliazione
stessa cavo costantemente motivo di gloriosi trionfi. »
E qui, toccato de'monumenti,in cui rifulgono scolpiti questi trionfi, e
della yerace grandezza che derivasi a Roma dall'essere centro dell'unita
cattolica, il diario rqmano segue a dire: « Ma queste impressioni, questi
concetti, e le reminiscenze che ne seguono, rimangono offuscate, anzi
diremo vinte, nella sublime idea che Roma acquista dalla persona augu-
sta del Yicario di Gesu Cristo, il Dqttore vivente di cio che si ha da cre-
dere ed operare, il successore di Pietro, pel quale la citta dai sette colli
e divenuta quanto e, e tale durera, essendoche la descritta sua grandez-
za da esso emani ed a lui faccia ritorno. Or quanta significazione noq
hanno gli attestati di venerazione, di obbedienza, di fedelta che rendonp
al venerato Padre e Maestro questi fedeli, venuti alia sua Sede dalle piu
lontane parti dell' orbe ! E prostrati al suo trono e baciando i suoi piedi,
non solo a nome proprio, ma si ancora dei loro connazionali, con sensi
di omaggio, con parole di fede, di amore e di riverenza verso di lui,
della Sede appstolica, ne attestano i conculcati diritti ! E il Santo Padre,
nella carita di Gesu Cristo, con la quale tutti questi suoi figli accoglie,
ed a loro si porge benevolo, sa per ciascuno trovare espressioni che con-
CONTEMPORANEA 361
solino nell' ambascia, rafforzino la speranza nel dubbio, sollevino il cuo-
re e il pensiero al cielo, da dove aspettare 1' aiuto. Ne intanto si tiene
dallo esprimere la consolazione e il conforto che riceve per le testimo-
nianze, che a lui e a questa Santa Sede vengono da tutte le diverse par-
ti, ancora le piu lontane del mondo, e la gratitudine del cuore significa
pure verso colpro, che coi mezzi pecuniarii recano aiuto all'impoverito
Tesoro apostolico. II quale aiuto, dall'ultima volta che ne annunziammo la
somma complessiva, si e accresciuto di un milione discudi romani, pari
a fr. 5,376,300; si che 1'intera somma dell'O&oJo di S. Pietro ascende
a questo di ad otto milioni di scudi, equivalent! a fr. 43,010,400. La
benedizione, che il Santo Padre invoca dall' alto, ed impartisce a questi
figli, che tanto gli si mostrano devoti, compie e termina il quadro che,
per le genii venute da ogni popolo e nazipne, presenta Roma in questi
fiorni di sublimi memorie, e fa rifulgere in essa la destinazione che le
a fatto la Provyidenza, moderatrice suprema degli eventi umani ».
3. Le parecchi decine di migliaia di forestieri, che trovaronsi in Roma
accolti per le solennita della Pasqua, poterono vedere con gli occhi loro,
e loccar con mano essi medesimi, qual fondamento abbiansi nel vero le
pertidissime calunnie degli aperti nemici e de' falsi amici, quando rap-
presentano il popolo Romano come oppresso da una obbrobriosa seryitu,
gemente sotto una crudele tirannia, e smanioso di francarsi ad ogni co-
sto dalla dominazione soyrana delVicariodi Gesu Cristo. In mezzo a tan-
ta folia non un leggerissimo disordine, non uno scompiglio ; anzi appena
fu cbe si commettesse alcuno di quei vulgari attentati, onde ladri e ma-
riuoli sogliono altrove funestare i pubblici festeggiamenti. Ordine mira-
bile, letizia universale e procedimenti degni di popolo educato a vera e
scjuisita civilta cristiana, ecco lo spettacolo che, in tutto questo tempo, di
se diedero i Romani a' forestieri ; i quali, tornando alle patrie loro, pq-
tranno ridurre alia giusta misura le ipocrite e scellerate nenie dei bandi-
tori del diritto nuovo, che non cessano dal pregare a questo popolo un
benigno risguardo di cielo, onde siagli impartita la liberta e la beatitudi-
ne di partecipare al ristaurato ordine morale, di che son larghi alia ri-
manente Italia, per via di balzelli, di carceri, di esilii, di supplizii, i so-
praccio della rivoluzione italiana, ed i giurati nemici della religione
cattolica.
Ma uno speltacolo sorprendente , e che di gran lunga supero 1'aspetta-
zione, diede di se questo buon popolo la sera del 19 di Aprile, nella
quale si festeggio, con isppntanea ed universale gara di pompa e di lu-
minarie vaghissime, 1'anniversario di quel giorno 12 dello stesso mese,
in cui Pio IX e rientro trionfante alia sua Sede dopo i miserandi eventi
del 1848 e del 1849 , ed usci incolume da grave rischio della vita , in-
corso nel chiostro di sant'Agnese fuori delle mura. L'anniversario di
quel giorno cadeva, quest' anno , nel Mercoldi santo, e percio nefu pro-
tratta la ricordanza al di dell'ottava ; in cui Sua Santita , secondo il con-
sueto, si condusse a sant'Agnese, assiste al canto dell'Inno Ambrosiano
ed alia esecuzione d' un Inno in onore della invitta Martire, cantato da
un corp di centoventisei sceltissime voci. A stento il Santo Padre, nel
partirsi di cola, verso sera, pote aprirsi la via fra la calca degli accorsi ,
che gli si stringevano attorno per fargli plauso ed invocarne la benedizio-
ne. La via Nomentana, dalla porta Pia alia Basilica, era tutta ornataqua
362 CRONACA
con arazzi e drappi , la con decorazioni villerecce. Quapto all' interno di
Roma, richiederebbesi tutto intiero uno di quest! nostri quaderni perde-
scrivere partitamente quali e quante cose furono poste in opera dagli
amantissimi figliuoli di Pio IX, per rendere splendida e degna al tutto di
Roma tal solennita.E certo gli stranieri,che trasecolavano d'ammirazio-
ne alia loro vista, ne porteranno lontana la fama , e renderanno testi-
monianza, che quanto ne stampo YOsservatore Romano ed \\Giornale di
Roma, non che ecceda per esa^erazione, a mala pena puodirsi che ade-
gui lo sfoggiq di pompa e di letizia, con che i Romaui vollero in tal con-
giuntura manifestare-i loro sensi verso I'augusto Sovrano e Padre.
Noi, e per serbare qualche memoria di cosi splendido fatto, ed anche
a vantaggio di que' lontani, che avessero qualche pratica di questa Capi-
tale del mondo cattolico, riferiremoqui una parted! cio che leggevasi nel
Giornale di Roma del 20 Aprile.
« Quando il Santo Padre rientrava in citta , e, riconducendosi al Nrati-
cano, percorrevala fra le dimostrazioni dell'affetto riverente dei suoi
figli , il giorno era omai declinato ; e la luce del maggior pianeta yeniva
surrogata dal chiarore delle lampane, delle faci , dei doppieri , disposti
ove seroplicemente ed ove con artificio di svariatissimi disegni, per le
finestre, pei balconi, per le front! dei tempii e dei grandi editicii, e per
macchine in numero straordinario innalzate nei fori e nellevie. Non era-
vi parte di Roma che non ofl'erisse allo sguardo qualche singolarita, ac-
concia a fermare Tattenzione del riguardante , la quale divenivane mera-
vigliata ed attonita.
« Nella grande via del Corso la ricchezza della luminaria delle case
dei privati era fatta vaghissima dai candeSabri del gas, di che migliaiadi
iiammelle spiccavano dalle corone che ad essi vennero soprapposte. Mi-
surando con un girar di sguardo la lunghezza di quella via, di soprave-
devasi andare a terminare colla croce di S. Pietro, campata sulle alte
mura della torre di Aracoeli , di sotto con I'Obetisco della piazza del Po-
polo, delineate dalle faci. Similmente le altre vie principal! finncheggia-
le da cplonnine con tiaccole, e i viali del Pincio, la gradinata della Tri-
nita dei Monti , la cordonata e la piazza del Campidoglio , la via di Ar-
gentina, quella dei Serpenti, 1'altra dei Giubbonari, e molte e molte an-
cora da rendersi pressoche impossibile tesserne il novero.
« Ma cio che fermava meglio 1'attenzione erano le mille e piu imma-
gini della gloriosa Madre di Dio , esposle alia invocazione del passeggie-
ro sulla faccia degli edificii, od in particolari edicolette, le quali vede-
vansi ornate tutte sontuosamente con panneggi ed arazzi , e circondate
da profusione di lumi. Poi era toccante cosa nelle epigrafi , nelle poesie,
nelle sentenze, che o sotta o da presso a quelle immagini erano poste,
leggere le espressioni della santa tiducia, che nel patrocinio di Maria si
ripone dal popolo, e la preghiera urnile che si degni continuare ad esser
propizia al Pontefice Sommo ed a Roma. Similmente era bello portare
la osservazione sulle altre scritte, che i sensi deH'animo facevano aperti»
e cosi leggendo meditare quali fossero gl'intendimenti nobili e religiosi
che mettevano in vista il carattere speciale della festa Romana.
« E questo che noi abbiamo accennato, distinto per la splendida ric-
chezza, e per le singolarita della significazione, era esteso a tutta intera
la citta. La quale pero altre singolarita offerse veramente artistiche e di
CONTEMPORANEA 363
slupendo effetto. La piazza Colonna avea mutala la bella fontana in una
giardinicra elegantissima , chiusa come in anfitealro che le due braccia
riuniva alia colonna Antonina. II foro Traiano illuminavasi in tutto ilcir-
euito a doppio ordine di faci , e la Colonna coclide, che vi sorge nel
mezzo, sormontata dalla statua enea del Principe degli Apostoli, ritrae-
vane mirabile effetto. Di egual modo nelle piazze di S. Eustachio , di
Campo Marzo, di S. Carlo ai Catinari , in cjuella di Venezia, nell'aUra
della Madonna dei Monti , grandiose macchine innalzaronsi con la effigie
di Maria Santissima nel mezzo, tutte illuminate con lampadini e fiammelle
di gas. Piu sorprendenti poi mostravansi gli apparecchi arcbitetlonici ,
che elevaronsi a S. Lorenzo in Lucina, in Piazza Barberini , al Foro Ago-
nale, alia Minerva , a Ponte. Nel primo il prospetto era a disegno gotico
elegantissimo : statue ed emblemi , eseguiti altri a colori, altri a mezza
tinta, ritraevano 1'effigie del santo Martire Lorenzo , e la virtu della Ca-
rita e della Fortezza. La celebre fontana del Tritone vedevasi , nel se-
condo degl'indicati luoghi, riempire il fornice di un arco trionfale son-
tuosissimo. L' immenso Foro Agonale era per meta circondato da unpor-
ticato, le cui ale andavano ad unirsi alia fronte di un edificio Basilicale,
Vostrutto in stile bizantino, terrninato da un timpano in cui era ritratto
il Concepimenlo Immacolato della Vergine. La piazza della Minerva ap-
parve tramutata in una grande sala sul sistema cinese; quella di Ponte
dava a vedere un grandiose slendardo, sorretto da duecolossali colonne.
E lo stendardo con nobilissima composizione dell'egregio pittore Caval-
leri, mostrava il glorioso ritorno da Gaeta dell' invitto Pontefice e Re ,
che vedevasi su nobile cocchio , cui stavano aggiogati i leoni , simbolo
della Fortezza , ed era corteggiato dalle virtu della Fede, Speranza eCa-
rita, nientre Tiridedi pace spunta in terra sul suo passaggio, e se ne
rallegrano le arti sorelle, la Pittura, la Scultura, rArchitettura.
« Ed altra pittura stupenda ammiravasi alia Rotonda, eseguita dal
S^zzi sui disegni del Cav. Pasqualoni. Si voile con essa rappresentare
1'ufficio che tiene il Pontefice di supremo Maestro della cristianita. Quin-
di I'augusta persona di Lui , vestita in abiti pontificali , e cinta il capo
di Triregno , vedevasi nel quadro stringere colla destra le chiavi , e col-
la sinistra tenere sul ginocchio aperto un libro nelle cui pagine e scritto :
Enciclica degli 8 Decembre , e Syllabus , cioe a dire il sommario degli
errori che Egli ha condannato nel suo glorioso Pontiticato. Lo circonda-
Tano i Vescovi deH'orbe; ed alcune figure vi rappresentavanole nazioni,
che a lui , spogliato, qffrono il Denaro di S. Pietro. II Redentore, dal-
1'alto, muove gli Angeli a difendere il suo Yicario, dinnanzi al quale,
in un braciere, ardono i libri degli empii; e la lussuria e 1'errore, ri-
tratti in figure di orrendo aspetto , fuggono a- cercar nascondiglio nelle
tenebre da cui sono escite. La piazza, ove il dipinto era esposto, brilla-
Ta per la illuminazione , ed il portico del Pantheon di Agrippa veniva ri-
schiarato da una grande Croce a lampadini.
« Vaghissimi ancora davansi a vedere i luoghi che si tramularono in
giardini. Splendido era per tal guisa divenuto Campo di Fiori , ove le
aiuole con violette, camelie , ed ogni altra generazione di fiori, contor-
navano i palmizii e gli arbusti, che rigogliosi sorgevano attorno ad un
laghetto, alimentato da fonte-che si fece zampillare da una scogliera ar-
tificiale. Similmente per questo genere distinguevansi il porto di Ripetta
364 CRONACA
e la fontana di S. Maria in Trastevere , che si ricinse da un porticato ad
archi acuti.
« Intantp a ponte Sant'Angelo la merayigliosa veduta, che porge 1'as-
sieme degli edificii che lo circondano, chiudeva la singplarita dello spet-
tacolo coll'essere venuti a fermarsi , ove il Tevere spazia tra Santo Spi-
rito ed i dinlorni di S. Giovanni dei Fiorentini, quattro vapori della Ma-
rina ppntificia , pavesati a festa , ed altre grandi barche. I colpi di can-
none, i palloncini che lanciavano in aria , le bombe, i girelli che si man-
davano a guizzare per 1'acqua , le faci disordinatamente sparse per le ri-
pe, e che si moltiplicavano nelle onde, il suono del concerto musicale
dei Zuavi , i fuochi di bengala, che a quando a quando si accendevano,
e facevanp specchiare nel biondo Tebro i maestosi archi del Ponte Adria-
no , e la rispondenza delle luminarie che brillavano nella facciata inferio-
re dell'arcispedale , nella cupola dei Fiorentini , nella grande croce di
S. Pietro , che splendeva sul nupvo caseggiato a piazza Pia, e il Borgo
che da questa andava a toccare il Vaticano , tutto intersecalo da arcua-
zioni a lampioncini , producevano un effetto mirabile. Come pure fu stu-
pendp quello che si ottenne al Foro Romano, ove gli alberi che vi gran-
deggiano venivano a formare una galleria di lumi, postivi dai Reggimen-
to di Linea pontiticia.
« Le bandiere dai colori bianco e giallo sventolavano per ogni dove :
la effigie del Santo Padre , ritratta in busti o in pitture, ad ogni muover
di passo scontravasi. II fuoco di bengala acceso ad intervalli nei luoght
monumental! raddoppiayane 1'effetto, e nella varieta degli apparecchi
portava una novella varieta con la luce colorata che rischiarava gli og-
getti. La fontana di Trevi apparve piu bella in queste diverse trasforma-
zioni di luce. Da ultimo liete sinfonie, suonate dai cpncerti militariFran-
cesi e Pontificii , disppsti nelle diverse piazze , emm'endo 1'aria coi me-
lodiosi concenti, terminavano e completavano la uniyersale letizia.
« II Santo Padre, recandosi a S. Agnese per le vie di Tordinona , di
S. Lorenzo in Lucina e per la piazza Barberini , e tprnando, fattp gia fo-
sco il cielo , per la piazza di Yenezia, di S. Carlo ai Catinari , di Campq
di Fipri, del Foro Agonale, e di Ponte, pote, tra gli applausi dei suoi
fedeli sudditi , godere in parte della vista di tante opere belle , ed ag-
giungere un'altra prova alle continue che riceve , di qtianto i Romani
lo abbiano in riverenza e in amore. Poiche, le grandi spese, quante do-
vettero esser necessarie a festa cosi straordinariamente spntuosa, e bene
notarlo , non si debbono che alia sola spontaneita di private oblazioni.
« Per la citta , ornata nel decpro e nella vaghezza che abbiamo deli-
neata, fino a notte tardissima, ilare e quieto passeggip un pppolo innu-
mereyole. Tanta tranquillita di pace e tanta serenita di gaudio potranno
invidiare , ma non per fermo negare i nemici della societa e della Reli-
gione. Essi felici se ai voti ed agli augurii , che in circostanza si bella
fecero i Romani , si degnera di arridere benigno il cielo. »
CONTEMPORANEA 365
STATI SARDI 1. Statistica criminale del mese di Gennaio del 1865 — 2. Do-
manda di un nuovo imprestito di 425 milioni — 3. Quanto costo il Mini-
stero del Minghetti — 4. Cangiamenti allo schema di legge per 1' aboli-
zione degli Ordini religiosi ed il latrocinio dei beni ecclesiaslici — 5. Pro-
fenda assicurata dal Vacca allo scomunicato Mongini — 6. Elenco delle
Diocesi private di Vescovi — 7. Dichiarazioni di guerra al cattolicismo ,
fatte da' Frammassoni nel Diritto.
1. Avuta nel colloquio di Chambery la certezza, che la Francia non si op-
porrebbe alia invasione delle Marche e deH'Umbria, disegnata sptto prete-
sto di impedirvi UQ sollevamento e con promessa di rispettarvi 1'autorita
del Sommo Pqntefice, come fece poi sapere con un suo dispaccio il sig.
Thouvenel, ministro di Napoleone III: il Cavour ed il Farini, nell'atto di
spingere le truppe piemontesi all'esecuzionedi quel disegno, pubblicaro-
no, I'll Settembre 1860, un bando, firmato anche dal Re, nel quale si met-
teanp in bocca a Yittorio Emmanuele II queste parole : « Mi accusano di
ambizione. Si, ho una ambizione, ed e quella di ristorare iprincipii del-
1'ordine morale in Italia ». Or si sa come siasi noi ristaurato 1'ordine mo-
rale ; incarcerando cioe Vescovi e preti , spogliando di tutto e mettendo
sul lastrico Frati e Monache, cangiandq le chiese in magazzini , sfrenan-
do ad ogni licenza contro la Chiesa ed il Papato i diarii della Frammas-
soneria, istituendp in ogni citta e borgata case di toller ama, e moltipli-
cando gli scandali di turpissime immoralita in quella proporzione, che si
aumentavano i balzelli onde sopperire agli scialaqui, di che s'ingrassava-
no i capprali della rivoluzione.
1 frutti di questo ordine morale, ristaurato a norma dei famosi princi-
pii liberaleschi e del diritto nuovo, si ricolsero presto e copiosi ; e ne pre-
sentiamo a' nostri lettori un saggio, che ci e offerto dalla Gazzetta Uff,-
ciale del Regno <X Italia, e che bastera a far ragione del troppo piu da
ripromettersene per ]' avvenire. II diario ufficiale adunque pubblico due
specchi importantissimi ; T uno nel suo n.° 75 del 28 di Marzo , ed e il
« Prospetto degli arresti effettuatisi nelle province dello Stato, durante il
mese di Gennaio 1865, distinti secondo la designazione del Codice pena-
le e desunti dai rapporti pervenuti al Ministero degli Interni » ; 1' altro
Del suo n.° 81 del 4 Aprile, ed e il « Prospetto dei reati commessi ». Da
questi due specchi risulta che nel solo mese di Gennaio 1865 nel Regno
d' Italia, dove fu ristabilito 1'ordine morale, e dove da quattro anni Tor-
dine morale regna e governa, in un solo mese, notisi bene, furono com-
messi 7287 reati , nqn compresi quelli di 1249 renitenti alia leva mili-
tare, e 92 diserzioni; in tutto 8628 delitti. Gli arresti che si operarone
nello stesso mese di Gennaio ascesero soltanto a 4934, senza contarvi
471 renitenti arrestati e 78 disertori. Ma se il numero degli arrestati deve
essere esatto , perche d'ogni arresto si fa relazione al Ministro, puo dirsi
Iq stesso del numero dei delitti? No, perche tutti i delitti commessi non
si dinunziano , o non si scoprqno dalla Polizia. Laonde puo affermarsi,
senza tema di fallire, che la cifra criminale del mese di Gennaio, dataci
dalla Gazzetta Ufficiale, e inferiore di gran lunga alia verita.
Ora perche ne resti documento per gli avvenire, ed affinche i presenti
possano dai frutti conoscere la pianta , ricaveremo dair Unitd Cattolica,
ehe li trasse dai due specchi mentovati, alcuni dati relativi ai maggiori
delitti.
366 CRONACA
Commessi Arresti
Omicidii e tentativi 223 218
Ferite e percosse 1693 842
Diffamazioai 232 40
Grassazioni 336 226
Furti e tentativi 2819 1140
Truffe 173 120
Incendii delittuosi 172 28
Contro la sicur. dello Stato 20 218 (sic)
Contro ia pubblica amniin. 142 169
Contro la fed. pubb. 44 35
Giuochi proibiti 67 70 (sic)
Keuitenti alia leva 1249 471
Diserzioni 92 78
Contro 1'ord. delle famiglie 74 27
Contro il buon costume 79 72
•Duelli 5 5
II Pensiero Italiano del 5 di Aprile, dice che quest! dati sono ben poco
lusinghieri sullo stato morale delle nostre popolazioni , ed ha ragione.
Eppure era la liberta che doveva moralizzare gli Italiani, etutti veggo-
no come li moralizza!
« Ne vengano a dirci, esclama giustamente sdegnala 1' Unitd Cattoli-
m del 6 Aprile, ne vengano a dirci che questa e colpa de' passati Go-
verni; perche se fosse cosi, i delitti dovrebbero tanto piu diminuire, quan-
to piu il Governo nuovo sparge sul popolo la sua influenza ; e veggiamo
per contrario che i delitti aumentano. E che aumentino basta a provarlo
questo fatto solo , che il Ministero ha domandato teste ed ottenuto dalla
Camera inolti milioni di piu per combattere i bricconi.
- « Quaoto costano i bricconi al Regno d' Italia? Questo conto elpquen-
te puo servire di commento alia statistica dei delitti e degli arresti. Fac-
ciamolo. Pei carabinieri paghiamo 21 milione (lire 20,959,624), e il Mi-
nistro della guerra dice che non bastano. Per la polizia ainministrativa e
preventiva il Ministro dell' interno spende tredici milioni (L. 13,290,000) .
Per le galere spendiamo quasi 4 milioni (L. 3,784,549 25). Per le car-
ceri spendiamo 17 milioni e mezzo ( L. 17,427, 112 45). In totale la
pubblica sicurezza costa ogni anno al regno d' Italia cinquantacinque mi-
lioni e mezzo (L. 55,461,085 70) , e si tocca con mano che pubblica si-
curezza abbiamo! ISel solo mese di Gennaio del 1865 si sono commes-
si 7287 read !
« Ma non fanno nulla i nostri governanti per mettere un riparo a que-
sta orribile condizione di cose? Non fanno nulla?... Oh ! si, hanno fatto
e fanno moltissimo , ed applicano alia politica il sistema omeopatico del
Similia similibus curantur. State a vcdere.
« Nel solo mese di Gennaio 1865 si sono commessi in Italia duecento
ventitre omicidii , ossia furono altrettanti innocenti , uomini onesti , pro-
bi cittadini manclati aH'altro mondo dagli scellerati. Procedendo di que-
sto passo avremo dentro 1'anno 2676 omicidii. La Camera dei Deputati
ne commuove ed abolisce la pena di morte!
« Nel solo mese di Gennaio 1865 si sono commessi in Italia tra gras-
sazioni e furti tremila cento sessantacinque reati. Lasciando stare il ere-
CONTEMPORANEA 367
scit eundo , questa cifra del raese di Gennaio serve per annunziare, che
hel regno deWordine morale avremo in tutto 1'anno corrente 37,980 tra
furti e grassazioni. II Ministero se ne commuove, e propone la spo-
gliazione della Chiesa e I' incameramento de' beni ecclesiastic! !
« Nel solo mese di Gennaio si sono commessi in Italia settantanove rea-
ti coDtro il buon costume, settantaquattro contro 1'ordine delle famiglie,
quindici contro la religione dello Stato. Avremo in lutto 1'anno di simili
delilti 1916. II Senato del Regno se ne commuove, ed approva la
legge sul matrimonio civile. Cosi si governa in Italia , e la patria no-
stra ha Senatori, Deputati e Ministri di tanto senno, di tanta prudenza
e di tanta giustizia ! »
Cosi procedono le cose per 1'influenza dei principii liberaleschi appli-
cati da quell' Italia, che poc' anzi riscosse da qualche potente Governo
lodi splendidissime di sapienza e di moderazione. Or che avverra quando
sia in pieno vigore la legge, approvata gia dalla Camera e dal Senato
per 1' unificazione legislativa e 1 estensione a tulta Italia del Codice pe-
nale , in cui cessano di essere puriiti come delitti non solo la bestemmia
ed il sacrilegio, ma persino la pederastia, Ip stupro ed il giuramento
falso? Che sara dopo istituito il matrimonio civile, e riconosctuto il ma-
trimonio de' preti apostati, e data al Governo la facolta di porre o togiie-
re gl' impediments e dare le dispense ?
2. Un Governo, che scioglie cosi il frenoad ogni turpitudine, si yuole
pagar caro; ed il ministro Quintino Sella non ebbe torto percio di chiede-
re teste la facolta di contrarre un nuoyo imprestito di 425 milioni, senza
i quali si protesto di non poter tirare innanzi a far le spese dello Stato.
Dove vanno lutti questi deriari? Chi lo sa? I diarii torinesi parlarono
assai d' un fattp che, se fosse bene ricercato, potrebbe gettare qualche
luce sui procedimenti dei liberali; ed e che la Corte dei conti avrehbe re-
spinto come irregolari tanti mandati da ragguagliare la somma di Li-
re 56, 077, 606, dei quali parte furono spediti nel 1863 per la somma di
L. 16,919,829, e parte nel 1864 per Lire 39,177,177. Se i mandati era-
no irregolari , queste somme non si doveano pagare dal Tesoro. Perche
ed a chi furono sborsate ?
Inoltre , fra le maggiori spese relative al bilancio del Ministero degli
interni pel 1863, e segnata una somma di Lire 250,000 ; circa 1' uso delia
quale cosi si dichiaro la Commissione della Camera: « 250,000 Lire furo-
no erogate per venire in soccorso alia cosi delta convenzionalmente emi-
grazione italiana, che molte volte non fune e emigrazione di sorta ». Vuol
iire che quel bocconcino fu digerito da chi avea buon appetite. La Came-
ra rigetto una spesa di 700,000 Lire , fatta dal Ministero responsabile ,
ahe non rispose di nulla; e chi ha avuto, ha avutp. Quando le casse so-
no vuote, si fa a condizioni di usura rovinosa un imprestito , che la Ca-
mera approva invariabilmente sotto pretesto di necessita politica; poi i
Ministri vi pescano a due mam , e si tira innanzi. Basti recare un breve
tratto della relazione, che il deputato Broglio presento alia Camera sopra
codesto nuovp imprestito di 425 milioni. « L'jtalia ha contralto dal 1860
in qua un debito enorme. Nelle province antiche si sono fatti nel 1860
due prestiti : uno di 100, 1'altrp di 150 milioni ; se ne fece uno di 10 mi-
lioni neli'Emilia; si alieno un milione e mezzo di rendita inToscana; simili
-alienazioni furono pur fatte a Napoli ed in Sicilia: il totale dei debiti con-
tratti in quell' anno fu di quasi 377 milioni. Nel 1861 abbiamo avuto un
368 CRONACA
prestitodiSOO milioni;un altro di 700 nel 1863: ora se ne chiedono 425:
sono dunque piu di due miliardi in sei anni, senza contare alcune picco-
le emissioni di rendita , fatte per varie cagipni , che qui sarebbe inutile
esporre minutamente, e senza 200 milioni di beni demaniali, o poco me-
no, venduti ». Ma conchiuse, e questo si sapeva anticipatamente, che bi-
sognava consentire all' imprestito , perche ad ogni modo la palingenesia
italiana costava meno che la francese, e j'llalia cosi era fatta.
3. Discutendosi sopra codestp imprestito di 425 milioni, nella tornata
del 18 Aprile, il deputato Allievi dimostro come i precedenti imprestiti di
300 e di 700 milioni ofossero stati interamenteassorbiti dal deficit, o non
bastassero nemmeno a colmarlo; imperocche, disse egli, « riassumendo
tutti questi deficit per i qualtrq anni precedenti, io trovo un disavanzo
complessivo di circa mille e seicento milioni ». La cifra esatta e di 1625
Jiiilieni ! Cosi amministrano le fmanze dello Stato codesti grandi uomini.
Ma il deputato Boggio nella stessa tornata ebbe a porre in chiaro ben
altre e piu gravi cose, alle quali, tanta era 1' evidenza , non si pole con-
traporre nulla dai paladini del passato e del presente Ministero ; e ne
tratteremo di proposito un'altra volta.Qui ci basti accennare che egli, in
-sostanza dimostro o falsificati o sbagliati i calcoli finanzieri del Minghetti
e del Sella, non per decine di migliaia di Lire, ma per qualche centinaio
di milioni. 11 Minghetti , con lungo ed intralciato discorso , avea pretesq
^ii fare 1' apologia della sua amministrazione , ma avea creduto di darsi
^ran merito di lealta, confessando d' avere sbagliato nei suoi calcoli d' un
36 milioni. II deputato Boggio prese a disamina quella esppsizione , e
fece strabiliare tutti per la lucidita con la quale dimostro, che il Minghet-
ti avea errato, non di 36, ma di 525 milioni. Ed ecco in sostanza 1'argo-
mentazione, con la quale pose in chiaro gli sbagli e gli scialacqui del
.Minghetti.
Questi avea detto alia Camera: datemi 700 milioni ed io nel 1866 vi
do il pareggio , ossia la differenza fra 1'entrata e la spesa sara appena di
36 milioni. La Camera gli diede i 700 milioni. Ed ora? Ora siamq a que-
sto che i 700 milioni sono consumati, e nel 1866 invece di 36 milioni di
deficit, se ne avranno almeno 100 secondo Sella, e 200 secondo Brogliq;
piu i 425 railioni del nuovo prestito. E cosi sono 525 milioni di sbilancio
al 1866, invece dei 36 milioni. Ecco come il Minghetti ha saputo far bene
i calcoli ! Quale meraviglia se dopo questi sbagli di piu che 500 milioni
inun sol tratto, egli sbagli di 74,700,000 sui cqnti di cassa? Egli affer-
mp che alia sua caduta lasciq in cassa 75 milioni che ridusse a 70 , to-
gliendo via 5 milioni di conti correnti. Invece i 70,000,000 siriduconoa
284,000 lire effettiye: il resto sono carte contabili , deficit di agenti del
tesoro, e per 16 milioni rame smonetato.
II Minghetti parla bene, continue il Boggio: udii Y altro giorno lodare
le sue forme di dire cosi eleganti , cosi poetiche : e mi prese yaghezza di
sapere quanto costasse un Ministro delle fmanze poeta. Misericordia !
Costa piu egli solo di quanto vale tutto il Ministero secondo il Lamarmo-
ra.Yi disse questi ai di scorsi, cbe non credea di valer egli ed i colleghi
3,000,000 di lire airanno. Fu troppo modesto! Minghetti ci e costa-
to 3,000,000 al giorno. Fu Ministro. 630 giorni e liquido 1,900,000,000
lire? L'pratore passo a discutere poi della peregrina teoria che aveva
Minghetti di fare economic. Ne promise per 100,000,000. In che modo?
-Facendo pagare dal contribuente al comune ed alia provincia cio che pri-
CONTEMPORANEA . 369
ma pagava allo Stato! Cosicche fare un pagamento in una cassa diversa,
costituiva per lui un risparmio !
II depulato Boggio dimostro ancora che il deficit al 1866 sara non
di 625 milioni, come lo calcolo il Sella, ma di 828 milioni, quand'anche
si calcoli, e si ottenga in yerita dal tribute sppra la ricchezza mobile per
il 1866, il prqvento non piu di soli 60, ma di 100 milioni. Analizzando i
singoli bilanci, provo che non e possibile, anche colle nuove leggi orga-
Liche , e merce la modificazione radicale delle circoscrizioni , economiz-
zare piu di 60 milioni. Laonde nel 1866 si avranno 200,000,000 di deficit;
Del 1867 altri 200,000,000 almeno; e cosi fra due anni si dovra fare un
altro prestito di 400,000,000 ! Dove si va a questo modo? Alia bancarotta.
Codesto mostro delle Finanze del nuovo Regno d' Italia non puo
essere adeguatamente simboleggiato che dal Cerbero degli antichi, che
« con tre gole caninamente latra » per la gran fame ; e quando gli hai
gittato in pasto un monte di roba, t'accorgi che, lungi dalF essere sa-
tollo, ha piu fame che prima. I savii legislator^ a cui spetta il regolargli
la pastura, riflettendo che questa in fin de' conti non si ha da pagare
con la borsa loro propria, ma con quella del beatissimo popolo sovrano,
di cui essi sono i rappresentanti, non la guardano pel sottile, e gia da
pezza sono risoluti ad imbandire al Cerbero, prima di tutto i beni di
Chiesa, quanti sono; poi, se occorre, anche i beni de' privati, brucian-
do da ultimo, se occorre, il gran libro del Debito pubblico. Affinche
questa ultima asserzione non paia esagerata, citeremo qui le parole del
deputato Macchi, dette nella tornata del 27 Giugno I860, in cui disami-
no 1'ipotesi che si doyesse giungere « all' inevitabile bivio d'immolare
o i creditori della nazione o i proprietarii delle terre ». II Macchi, con
fierezza spartana (poiche non trattavasi d'un micolino di roba sua, ma
dell'altrui) grido alto: « Quand'anche, a furia d'imprestiti e d'imposte,
10 Stato fosse veramente condotto alia ineluttabile necessita, o di assor-
hire gran parte delle proprieta private, o di getlare alle fiamme il libro
del Debito pubblico, purche con cio ci fosse concesso il bene supremo
di vivere liberi (e, aggiungeremo noi, al Deputato Macchi e consorti
quello di mangiare a quattro palmenli a spese del libero popolo) , poco
a noi premerebbe! » (Atti ufficiali della Camera del 1860, n.° 107,
Pag- 416).
4. Niuno allora contrasto al Macchi, essendo tutti egualmente disposti
ad essere generosi delFaltrui. E questo ci pare manifesto nell'unanimita
con la quale gia fu risoluta 1' abolizione degli Ordini religiosi e la confi-
scazione delle proprieta ecclesiastiche, presentate dal Vacca e dal Sella
come uno spediente da rifornire, in parte almeno. coi beni loro apparte-
nenti le esauste Finanze. Tuttavia, come notammo altra volta, quest'os-
so non puo bastare ai molti cani che sel vanno disputando. II Yacca ed
11 Sella volevano darlo a rodere tutto intero allo Stato , cioe al Ministe-
ro delle Finanze ; ma il Ricasoli, col Corsi e 1'onorevole sua consorteria,
come abbiam riferito nel precedente volume, a pag. 744-45, voleano ri-
serbarne qualche parte a disposizione di certe Congregazioni municipal o
provinciali di laici, che avrebbero dovuto sbocconcel'larlo a loroposta, a
cui meglio piacesse. Percio la Commissione della Camera, presieduta dal
Ricasoli, respingeva il disegno di legge, presentato dal Yacca alii 7 Feb-
braio per aver facolta di compiere quel latrocinio , e ne sostituiva un
Serie VI, vol. II, fasc. 363. 24 29 Aprile 1865.
370 . CRONACA
altro. II Vacca teneva forte pel suo , la Commissione non voleva cedere.
Che fece il Vacca? Al!i 12 Aprile egli presento, sotto il titolo di emenda-
menti, non meno di 23 articoli da surrogare a quelli della legge da se
proposta, pei quali sarebbero ora imbanditi al Cerbero i soli beni dei Re-
ligiosi , tenendo in serbo per un altro pasto quelli del Clero secolare e
delle Opere pie. Questi emendamenti furpnoriferiti anche dalla Unita Cat-
tolica del 14 Aprile. Ma pericolarono d'incontrare mala sorte. Dapprima
perche fu negata la costittizionalita di far cpsi, con una gherminella, il
bel tiro di sottrarre alia disarnina degli Uffizii una legge sostanzialmente
diversa , presentandpla sotto titolo di emendamento ad un'altra gia res-
pinta da!la Coramissione. Poi, e questo forse fu il motivp piu efficace,
perche limitavasi a decretare la rapina delle sostanze dei Frati e delle
Monache, insufficient! all'appetito di chi se lo sentirebbe, non pago, ma
appena stuzzicato dal mangiare tutti in una volta anche quelli dei Ve-
scovi e del Clero.
In questo mezzo ecco uscir fuora il Boncomagni, con dodici articoli di
sua inyenzione , intesi a dare satisfazione parte al Ministero e parte alia
Commissione, per salvare, come si dice, la capra e i cavoli, a spese, gia
s'intende, degli Ordini religiosi. Questo portatp della sapienza del Bon-
compagni , insieme con parecchi emendamenti presentati da altri suoi
colleghi, vennero riferiti anche dall' Unita cattolica del 19 Aprile; ma
sarebbe inutile il tenerne discorso, perche il votp, pronunciato dalla Ca-
mera alii 20, la diede vinta al Vacca ed al suo disegnp modificato, ecosi
non e probabile che debbano essere accettate le modificazioni proposte
da altri. La vittoria del Vacca fu doppia. Imperpcche, dapprima avendo
il Crispi messa sul tappeto quella che dicesi quistione pregiudiziale , se
fosse cioe conforme allo spirilo della Costituzione, ed ai regolamenti , ft
prendersi a disamina da tutta la Camera, senza che prirna fosse dtscussa
negli Uffizii, una nuova proposta di legge, sol perche offerta in forma di
emendamenti ad altra gia reietta dagli Uffizii stessi, la Camera, dopo vi-
ve altercazioni, assent! che si mettesse da parte questa obbiezione , e lo
stessp Crispi se ne contentp , per T istanza fatta dai membri della Com-
missione, presieduta dal Ricasoli.
Poi si venne a trattare se la base della discussione dovesse essere il
disegno presentato dal Vacca, coi recenti emendamenti, ovvero quell' al-
tro elaborato dalla Commissione, come dicemmo nel precedente volume
a pag. 745. La Camera , a maggioranza di suffragi , diede la preferenza
a quello del Vacca, il quale pfferiva maggiore sicurta, che le sostanze dei
Religiosi fossero volte a protitlo dello Stato. Di che il Corsi, relatore del-
la Commissione, dichiaro che questa si terrebbe come uno spettatore pas-
sivo. E qui sorse nuovo impiccio; essendo illegale e contrario alia Costi-
tuzione, come con grande energia spstenne il Crispi in mezzo ad uno
indescrivibile tafferuglio, che si esamini una legge senza che esista una
Commissione che ne sostenga le difese. II Corsi ripiglio che la Commis-
sione esisteva, e cio bastava, quand' anche rinunziasse a partecipare al-
ia discussione. Trattandosi di arraffare roba altrui per la comurie man-
giatpia, i liberali sogliono presto esser d' accordo. La tempesta si abbo-
naccip, il disegno del Vacca si comincio a discutere il di 21, e non v'ha
dubbio che sara approvato dalla docile pluralita dei Deputati ministeria-
li ; benchfc i Sicilian! , che presentono grossi guai in Sicilia se i beni dei
Frati, invece di essere lasciati a disposizione de'Comuni, siano dati a di-
CONTEMPORANEA 371
vorare alle Finanze, siansi tutti astenuti dall'assislere alle seguenti sedu-
te, per prqtestarsi contro quel partitq.
II compiuto assassinio degli Ordini religiosi puo durique fin d' ora ri-
guardarsi come irrevocabilmente fermato ; e sara una novella prova di
quello spirito di saviezza, di temperanza e di conciliaziqne, per cui al
nuovo Regno d'ltalia furono teste prodigate lodi in Francia; ed al tempo
stesso sara un chiaro argomento della iiducia che si merita codesto Go-
verno , quandq si protesta pronto a rispettare la piena indipendenza del
Sommo Pontetice ed a tutelare con tutte le sue forze la religione e la
Chiesa, purche siagli dato di succedere alia Francia neH'incarico di pre-
sidiare Roma, ed alia Santa Sede nel diritto di governare i popoli de'suoi
Stati non ancora soggiogati dalla rivoluziqne.
o. Un'altra prpva se ue ha nella giustizia e nella generosita, con cui si
serve dei beni di Chiesa per istipendiare 1' apostasia e far paghi d' ogni
loro desiderio gli scomunicati, che si mostrano piu pertinaci pel calpesta-
re le censure ecclesiastiche onde sono colpiti. I nostri lettori non avran-
no dimenticato 1'infelice prete Pietro Mongini, che fu gia parroco di Og-
gebhio, e che si merit.6 d'essere solennemente bandito, per sentenza pub-
blicata in Roma , come scomunicato vitando. Egli continuava a far da
parroco ed a mangiarsi le rendite della parrocchia. Lo scandalo era im-
mense. Or ecco in qual modo fu acconciata la cosa dal Vacca, secondo
che, con stile di empia beffa, ci e narrato dalla giudaica Opinione del 15
Aprile.
'< Anche la quistione Mongini e fmita. I nostri lettori la conoscpno.
Trattasi del cav. D. Pietro Mongini, parroco di Oggebbio, il quale si eb-
be non sappiamo quante persecuziooi dal Yescovo di Novara e quante
scomuniche da Roma. II Ministro Guardasigilli ha detinita questa coutro-
versia, accordando al parroco Mongini un impiego neU'Economato gene-
rale. Nella lettera, colla quale il Guardasigilli cqmunica al jMongini que-
sta risoluzione, si aggiuuge che il Governo ufficiera, perche sia dair Or-
dinario diocesano nominate un economo spirituale della parrocchia, dis-
ponendo pure perche il Mongini stesso abbia un'equa parte delle rendite
aella parrocchia. Di questa soluzione non sappiamo quanto sara conten-
to Monsignor Yescovo di Novara ; ma vogliamo credere che lo sara il
Mongini. »
6. La tenerezza del Governo italiano per gli apostati e scomunicati va
di paro con la crudelta, onde perseguita i religiosi e preti fedeli ai loro
TOti ed alia santita del loro carattere. Non regge 1'animo al Vacca di la-
sciare uno scomunicato vitando senza grassa profenda ; ma quando si
tratta di consentire il ritqrno a Yescovi iniguamente , e senza colpa ne
processo verunq, sbanditi dalle loro diocesi ; quando si tratta di lasciar
yacanti per anni ed anni decine di Diocesi, con incalcolabile detrimento
delle anime, oh allora egli si mostra ispirato da scrupolqso amore di le-
galita, e nulla vi ha che basti a rimoverlo dalla piu rigida applicazione
del regio Placet e Az\V Exequatur; in virtu dei quali processa, incarcera,
Landisce, spoglia e tormenta in ogni modo chi , per non calpestare i
sacri Ganoni e la giurata fedelta verso la Chiesa e la Santa Sede, si ri-
fiuta a piegare il ginocchio innanzi all'idolo della rivoluzione.
Ed affinche niuno possa illudersi e credere, che queste siano esagera-
zioni di linguaggio, riferiremo qui AdYUnita Cattolica del 4 Aprile un
elenco de' Yescovi perseguitati dal Governo italiano, quale risulta da
372 CRONACA
documenti ufficiali e da fatti notorii. II quale elenco diventerebbe spa-
ventoso, se fosse continuato coi nomi del Parrochi e Sacerdoti e Reli-
giosi che iniquamente od arbitriarmente furono o sostenuti in carcere q
sbanditi ; per nulla dire delle piu centinaia di Religiosi e di Monache, ai
quali dopo averli spogliati de' loro beni, senza il minimo pretesto di reato
qualsiasi, venne inflitta, sotto norae di concentramento, la carcere o la
pena della deportazione in luoghi, dove si mandano a scontare lor delitti
i ladri ed assassini. Or ecco il noyero de' Vescovi.
Vescovi processati e condannati : Cardinale Vescovo d'Imola — Arci-
vescpvq di Torino — Vescovo di Faenza — di Mondovi — di Saluzzo
— di Piacenza — di Parma — di Fossombrone — di Foggia — Vicario
capitolare di Bologna — 1 Vicarii generali di Napoli, monsignori Mare-
sea e Tipaldi.
Vescovi processati e riconosciuti innocenti: Cardinale Vescovo di An-
cona — di Jesi — Arcivescovo di Urbino — di Spoleto — di Came-
rino — Yescovo di Fano — di Orvieto — di Guastalla — di Vallo e
Capaccio — di Anglona e Tursi — Arcivescovo di Conza e Campagna
— di Rossano — di Sorrento.
Vescovi trascinati a Torino : Cardinale Arcivescovo di Pisa — Ye-
scovo di Piacenza — di Faraagosta, Yicario capit. di Milano — Car-
dinale Arcivescovo di Fermo — Vescovo di Avellino, dei quali i due
ultimi da cinque anni sono sostenuti in Torino.
Vescovi ogyictt in esilio : Cardinali Arcivescovi di Napoli e di Bene-
vento — Arcivescovo di Cagliari — di Sorrento — di Reggio di Cala-
bria — Yescovo di Sessa — di Aquila — di Castellamare — di teramo — di
PaUi— Arcivescovo di Gaeta — di Acerenza e Matera— di Bari — di Brin-
disi — di Chieli — di Manfredonia — di Salerno — di Taranto — Ye-
scovi di Andria — di Anglona e Tursi — di Ascoli e Cerignola — di
Aversa — di Bitonto e Ruvo — di Bova — di Caiazzo — di Calvi e
Teano — di Caserta — di Catanzaro — di Cerreto — di Cotrone — di
Gravina e Montepeloso — di Lacedonia — di Mileto — di Muro — di
Nicastro — di Nicotera e Tropea — di Nola — di Oria — di Termoli
— di Troja — di Gallipoli — di Yallo-Capaccio — Abate Ordinario di
Monte Vergine.
^ Vescovi eletti, che non possono prender possesso delle .loro sedi : Ar-
civescovo di Milano — - di Ravenna — di Bologna — Yescovo di Pavia
— di Borgo San Donnino — di Cesena — di Comachio — di Ripatran-
sone — di Montefeltro — di Rimini — di Loreto e Recanati — di Osimo
e Cingoli — di Nocera — di Citta di Castello — di Calvi e Teano —
d'Orvieto
Ai quali, malgrado degli scherni del De'bats, con gran ragione ag-
giunse YUnitd Cattolica anche quelli che, a saputa di tutti, sopraffatti
dagli strapazzi e dal crepacuore, perdettero la vita o neU'esilio o nelle
proprie Diocesi, lasciate fmora vacanti per le inique pretensioni del Go-
verno rivoluzionario. Questi sono iseguenti. ~ Cardinale Yiale-Prela
Arcivescovo di Bologna — Vescovo d'Asti — di Cagli e Pergola —
di Loreto e Recanati — di Osimo e Cingoli — di Amelia — di Senigaglia
~ di Orvieto — di Macerata e Tolentino — di Nocera dei Pagani —
di Amalfi — d'Isernia e Venafro — di Aquino, Ponte-Corvo e Sora —
di Boyino — di Marsico e Potenza — di Ugento — Monsignor Maresca
Vicario generale di Napoli.
CONTEMPORANEA 373
Ma il danno che cqnsegue, anche prescindendo da tali persecuzioni,
dalla vacanza delle Diocesi, e incalcolabile ! La Diocesi d'Alba e vacante
dal 1833, Alessandria fin dal 1854, Aosta ed Asti dal 1859, Fossano
dal 1852, Vigevano dal 1859, Torino dal 1862, Saluzzo dal 1864, e que-
st' anno si rese vacante il vescovato di Cuneo ; nove Vescovati vacant!
nel solo Piemonte. In Sardegna Bisarcio e vacante dal 1847, Bosa dal
1845, Ogliastra dal 1853, Galtelli-Nuoro dal 1857 , Ampurias e Tempio
dal 1854, Oristano dal 1860, Alghero dal 1863, Sassari dal 1864. Delle
undid Diocesi della vasta isola di Sardegna, otto sono vacanti, e cjuella
di Cagliari e priva del suo Arcivescovo, da quattordici anni in esilio! In
Liguria e vacante dal 1863 Luni-Sarzana ; sonq vacanti in Toscana le
sedi episcopal! di Arezzo, Fiesole, Grosseto, Livorno, Pistoia e Prato,
Sovana e Pitigliano, Modigliana. Nelle diocesi pontificie vacano Cervia,
Cagli e Pergola, Macerata; e in quelle delle Due Sicilie, Ariano, Boiano,
Gerace, Conversano, Isernia e Venafro, Policastro, Messina, Catania e
forse altre che dimentichiamo. Aggiungasi a questo il numero soprarife-
rito de' Vescovi esuli, e quelloKle' Vescovi che non poterono ancora pren-
dere possesso, alcuni dei quali aspettano fin dal 1860.
Percio non piii amministrazione della sacra Confermazione, non piu
sacre ordinazioni, non piusinodi, non piu visile pastprali. Monsignor
Balma, Yescovo di Tolemaide, trovasi oggidi ad araministrare la sacra
Cresima in una Diocesi di Sardegna, dove non si cresimo piu da trenta-
sei anni ! Ognuno vede quanto sia deplorabile questo stato di cose, e
con quanta ragione dovesse esserne alftitto il cuore del Nostro S. Padre
Pio IX.
7. Di questi giorni corse voce per Torino che il Commendatore Saverio
Vegezzi , che era Ministro col Cavour appunto quando fu corapiuta 1' u-
surpazione violenta delle Marche e dell' tfrabria, fosse dal re Vitlorio Em-
manuele spedito a Roma, con incarico di trattare delle Diocesi vacanti.
Vero o falso che sia questo scopo del viaggio del Vegezzi a Roma ; sin-
cera o no, spontanea o forzata che sia la disposizione mostrata cosi dal
Governo rivoluzionario di Torino a porre un termine a cosi miserando
stato di cose, per via d'un equo cqmponimento con la Santa Sede: certo
e che il solo parlarsene ebbe per risultato di fare che i Frammassoni, con
piu limpidezza che mai , bandissero alto il lorq prqposito di sterminare
il cattolicismo ; e cosi si ayra il vantaggio di udire dichiarato di pro-
pria bqcca degli italianissimi che: 1.° la sovranita temporale del Papa e
condizione indispensabile all'esercizio della sua podesta spirituale; 2.° che
disperando di poter per ora abbattere direttamente la prima , volgono
tutti gli sforzi contro la seconda , anzi contro il cattolicismo stesso. E
cosi si parra anche viemeglio, quanto sia assurda la chimera della ri-
conciliazione del Ponteficato supremo e della Chiesa cattolica con Y Italia
fabbricata dai Frammassoni. Ecco alcune parole del Diritto di Torino ,
sotto il 20 Aprile.
« Mentre fra noi vanamenle si fantastica sulla partenza del Commen-
datore Vegezzi per Roma, che certo non sarebbe di buon augurio per
Funita nazionale; mentre molti s'illudono per la pronta aniiessipne della
eterna Citta all' Italia, o per una impossibile conciliazione tra il Papato
ed i principii liberali e civilizzatori della nostra rivoluzione; niuno pone
mente alle dichiarazioni solenni che teste il Governo imperiale ha riuno-
vato su tale proposito , nella discussione fattane dal Corpo legislative
374 CRONACA
francese. La quistione romana e stata risoluta dalla Convenzione del 15
di Settembre. Roma fu dislinta, separata dall' Italia; e 1'Imperatore ed
il Papa hanno reciproco interesse che non vi sia riunita... Roma s ara
nostra quando /' elemento rivoluzionario ridurrd il Papa a vivere m
mezzo ad un popolo che non ama piu fcde, quando il cattolicismo sara
quasi affatto perduto in Italia... Noi abbiarno sempre ritenuto che il do-
minio spirituale fosse la base del dominio temporale, piu che non questo
di quello... L' Italia non ha ne puo avere la sua Capitale, perche gl'in-
teressi del cattolicismo non lo consentono... Non ci puo essere transa-
zione tra 1' Italia e il Papato. Finche Roma non e nostra, 1' Italia proceda
nella distruzione di quella Fede, per cui il Papa vuole esser Re nella
nostra Capitale... All' Italia ora non fa d'uopopiii di occuparsi della
quistione romana, siccomefece sino al presente. La rivoluzionenel clero,
Ja forza morale o materiale, la Convenzione o la conciliazione non risol-
vono piu la quistione romana. E tempo perso a pensarvi... Al cattolici-
smo, che esige la sovranita temporale del Papa, 1' Italia volga oggi la
sua mira. Facciamo in modo che il popolo- ne conosca la fallacia e la ca-
ducita... Questa e la sola via che ci puo guidare a Roma ». Poveri fre-
netici ! Se non avete altra via che lo sterminio del cattolicismo, a Roma
non giungerete mai ! Non esistera piu un granello dell' arena, sulla quale
e fondata, perche fondata sull' iniquita, la vostra Italia , quando il Catto-
licismo continuera a regnare nel mondo: Portae inferi non praevalebunt.
Questa parola ha fin qui mandati a vuoto tutti i conati dell' inferno , e
bastera, statene certi , a conquidere anche i nemici scatenati dal 1859 ia
qua a danno della Chiesa e del Papato.
II.
COSE STRANIERE.
FRANCIA. 1. Lettera del Santo Padre a Monsignor Dupanloup circa il suo opu-
scolo : La Convenzione del 15 Settembre ecc. — 2. Discussione dell' Indi-
rizzo del Gorpo legislativo air Imperatore — 3. Parole dell' jndirizzo
sopra la Convenzione del 15 Settembre ; modificazioni proposte; discorso
del sig. Thiers — 4. Risposta del ministro di Stato sig. Rouher ; scon-
forto del Frammassoni — 5. Viaggio di Napoleone HI in Algeria.
1. Abbiamo recitato nel precedente volume (a pag. 637) la lettera di
eongratulazione, scritta da Mons. Chigi, Nunzio apostolico presso la Cor-
te imperiale di Francia, a Monsignor, Dupanloup Vescovo di Orleans, in-
torno al suo eloquente opuscolo sopra la Convenzione del 15 Settembre
e 1' Enciclica pontificia dell' 8 Dicembre. Essendosi poi da parecchi gior-
nali fatta menzione, non sempre con esatti particolari, d' una lettera, in-
^iirizzata dal Santo Padre Pio IX al medesimo Vescpvo di Orleans, cre-
diamo opportune di riferirla qui per intiero, volta in italiano, quale fu
pubblicata col testo latino dall' Unita Cattolica del 14 Marzo.
Al Venerabile Fratello Felice Vescovo d'Orleans — Pio PAPA IX.
« Venerabile Fratello, salute ed apostolica benedizione. Tale, o Ye-
nerabile Fratello, e il concetto che abbiamo della tua riverenza ed affe-
zione verso di Noi, che, sebbene non ci fosserp ancora giunti cjuegli scritti,
in cui felicemente ed utilmente congiungesti cose disparatissime, gia ci
CONTEMPORANEA 375
parea di udire la tua voce frammista alle nobili voci dei tuoi Fratelli ; i
quali, messa da parte ogni umana considerazione ed ogni rischio, quasi
tutti, con costanza e liberta sacerdotale, difendevano presso i supremi
Ministri dell'lmpero i conculcati diritti di questa Sede e proprii, e pro-
curavano di avvisare nello stesso tempo i fedeli commessi alle loro cure
del pericolo degli errori da Noi condannati, dichiarando di esecrarli nel
senso medesimo, in cui vennero da Noi riprovati. Per lo che, se giocon-
da, non certo inaspettata ci giunse la diligenza con cui dichiari d'avere
spedito cppia delle Nostre Lettere a tutti i parrochi della tua diocesi, e
i'offertoci opuscolo, nel quale, lodando gl'impavidi richiami dei tuoi
Fratelli, dichiari di unirti con tultol'animo ai medesimi. Avidamente
ieggendo questo lavoro, non senza piacere vedemmo che tu, npn solo
raccogliesti e condannasti al nieritato disprezzo !e calunnie e gli errori
dei giornali, dai quali schifosamente era stato pervertito il senso della
dottrina da Noi proposta ; ma eziandio altamente rimproyerasti 1'ingiu-
riosa proibizione con cui, lasciando agli inetti ed avversi scrittori la li-
cenza di sfringuellare, si voile togliere la facolta di pubblicare e di spie-
gare le Nostre Lettere, ai soli legittimi interpreti delle medesime, a cui
soltanto furono indirizzate. E ci compiacemmo principalmente di quella
enumerazione di turpi e procaci macchinazioni e frodi, distruzioni, im-
manita cbe, apppggiato ad indubbii e pubblici fatti, hai voluto mettere
sottogli pcchi di tutti nella prima parte del tuo scritto, per raanifestare
gl'intendimenti di coloro, alia cui preclara custodia, colla Coavenzione
del 15 del passato Settembre, piacque affidare il resto della preda e la
santita dei Nostri diritti. Ti attestiamo percio la riconoscenza dell'anirao
Nostro, ritenendp per certo che tu, pel zelo con cui sei solito a difendere
ia causa della religione e della yerita, spiegherai al tuo popplo il vero
senso delle Nostre Lettere, con istudio ed accuratezza non minore della
forza adoperata nel ribattere le calunniose iriterpretazioni apposte alle
medesime. E mentre di tale studio ti auguriamoampia mercede, auspice
di questa, e testimonio della Nostra speciale bcnevolenza amorevolissi-
marnente, compartiamo a te ed a tutta la tua diocesi 1' apostolica Beae-
dizione.
« Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno 4 di Febbraio 1865. Del
Nostro Pontificato 1'anno XIX. »
2. II Corpolegislativo in Francia udi leggersi dal suo Yice-presidente
sig. Schneider, nella tornata del 18 Marzo, lo schema d'lndirizzo, pre-
parato dalla Commissione a cio deputata, ed il cui testo puo vedersi per
disteso anche nel Debats del 19 ; ed in quella del 27 Marzo ne fu comin-
ciata la discussione generale che si lermino alii 29. Di che ci dobbiam
contentarc che siano qui accennati di volpalcuni punti principal!. II sig.
Emilio Ollivier, che primp scese neirarringo, incalzp molto il Governo
ad allentare alquanto le pastoie onde sonoinceppati i liberali , mpstrando
di aver gran fiducia che Napoleone III dovesse indurvisi, perche mostro
a' fatti di voler satisfare a' bisogni conosciuti. « Partito per r Italia per ef-
fettuarvi la fcderazione, ne porto indietro Yunita; dopo disconosciuto ia
Italia e nel Messicp il principio di non intervento, lo sostenne poi con pill
vigore che 1' Inghilterra stessa ». E cosi via via, discorrendo pei varii
passi dati a fayore della liberta di commercio, d'insegnamento, e simili.
II deputato Plichon pose in tutta luce le miserande condizioni a che 1' in-
376 CRONACA
tervento francese nel 1859 e il non intervento francese nel 1860 ayea ri-
dotto la Santa Sede , alia cui sovranita temporale davasi il tracollo con
la Convenzione del 15 Settembre , che abbandonavane la difesa a' suoi
giurati nemici ed a chi 1' avea fin qui insidiata e spogliata.
E qui e da porre in nota che, ayendo il Plichon affermato cbe Drouyn
de Lhuys avesse scritto : « Sarebbe nullo il Trattato se Firenze non fosse
capitale definitives » ; il Vice Presidente lo corresse, con grande attenua-
zione del senso supposto dal Plichon, metlendo in sodo che il Drouyn de
Lhuys ayea detto sol questq : che il Trattato sarebbe nullo se 1' Italia
si ritiutasse ad eseguirlo. II discorso del Plichon fu eloquentissimo, mas-
sime per quella parte che riguardaya la causa della Santa Sede, essendo
ayvalorato da quegli argomenti che gia aveano con tanta gagliardia
esposti e Mons. Dupanloup nel sopramentoyato suo opuscolo, ed il Card.
Bonnechose con piu altri nel Senato.
Spicco molto, nella tornata del 28 , un discorso del Thiers che trat-
to arapiamente del modo con che il Goyerno applica i principii liberali
che professa : ma gli fu risposto, con garbo e con forza, dal sig. Thuillier.
In quella del 29 il deputato Kolb Bernard yenne ricercando con quale e
quanta imparzialita si attuassero codesti medesimi principii liberaleschi ,
quando i cattolici 1'inyqcano e se ne yalgono per yantaggio della lorq
coscienza , per opere pie, quali erano le esercitate dalle Conferenze di
san Vincenzo de' Paoli , per difesa della Santa Sede ; e pose in rilieyo la
severita usata contro gli Atti pontificii ed episcopali , e la sfrenata licen-
za conceduta ai Frammassoni nei loro assail! per lastampa contro la Chie-
sa e la Religione cattolica.
Alii 30 di Marzo si entro nella discussione particplareggiata dei singo-
li paragrafi dell' Indirizzo, che essendo compilato in forma di parafrasi
encomiastica del discorso recitato daH'Imperatore, porgeya il destro agli
oppositori di trarre in mezzo le cagioni di loro scontento ed esporre i
loro desiderii. II che fu fatto in forma di emendamenti ossia moditicazio-
ni da spstituire alle frasi usate dai compilatori di quel documento ; e la
discussione, scendendo a'particqlari, divenne molto piu ardente e passio-
nata, e si prptrasse fino al 15 di Aprile. Codeste mqdificazioni suggerite
e syoltedagli oppositori, riguardavano punti capitalissimi per un Goyer-
no qual e quello a cui reggesi presentemente la Francia ; cioe chiedeva-
si maggiore liberta di stampa, sottraendola all'autorita amministrativa e
suggettandola solo al giudizio de' Tribunali ; chiedeyasi che non fosse
inceppata la liberta de'cittadini quanto al conyenire tra loro ed organiz-
zare le loro forze nelle lotte dei comizii elettorali ; si proponevano dise-
gni per migliorie quanto alle regole sopra la tassa deirinteresse negli af-
fari di commercio ; quanto aH'agricoltura ed ai layori pubblici ; quanto ai
dirilti paterni ed alle leggi di successione ; quanto al discentramento degli
aifari amministratiyi ; quanto all' insegnamento da rendersi obbligatorio
e gratuito. Altri esprimeyano rammarico perche non fosse ancora richia-
mato 1'esercito del Messico ; perche una conveniente organizzazione non
avesse rimosso ancora i pericoli che minacciano 1' Algeria e di tantq in
tantq yi raccendono la guerra. E cosi yia yia d' altri cotali argomenti di
politica interna ed esterna.
Tutti codesti emendamenti, dopo animatissime dispute, furono inesora-
hilmente respinti dalla pluralita dei Deputati. Ma si ricolse il frutto di
CONTEMPORANEA 377
alcune dichiarazioni del Governo circa punti di altissima rilevanza. Tra
le quali fu notata quella che risguarda il Messico. Mentre 1'lmperatore,
nel suo discorso del 15 Febbraio, ayea promesso che 1'esercito, spedito
cola a piantarvi il troao di Massimiliano II , rientrerebbe tra breve in
Francia, come quello che sta a presidio di Roma; e cosi si chiudereb-
be il tempio della Guerra: per contro il sig. Rouher, messo alle stret-
te, lini un suo discorso, nella tornata dell' 11 Aprile, con queste paro-
le : « IQ nome dell' Imperatore e in norae della Francia (ognuno vede
quel che significhi questa solenne invocations !) 1' esercito francese non
deve rientrare nella metropoli , finche il suo scopo non sia conseguito, e
finche non abbia trionfato degli ostacoli incontrati ». II che vuol dire, se
sono vere le notizie che giungono dal Messico , che le truppe francesi
resteranno cola del tempo assai ! A conciliare queste differenze di lin-
guaggip tra Napoleone III ed il Rouher, qualcuno fece osservare che in
Febbraio i Confederati del Sud degli Stati Uniti mostravano di volere e
potere ancora sostenere per buon tratto la guerra, senza disperare della
ioro indipendenza; e per 1' opposto nell' Aprile gia appariva manifesta a
tutti la impossibility in cui erano di resistere, come difatto il Lee ebbe
poi a metlere giu le armi e darsi vinlo, e capitolare. Ed ognuno sa che
gli American! degli Stati Uniti non yedono di buon occhio e non amano
punto il nuoYO Impero messicano.
Ancora e da notare quel che accadde nella tornata del 10 Aprile ,
quando il deputato Gueroult, in atto d'uomo che trambascia di spavento
per un pericolo che sembra disfidare ogni riparo , pretese dimostrare
liinesta alia Francia la tolleranza del Governo verso le Congregazioni
religiose, ch'egli rappresento come un esercito imponente, onde oggimai
ttitto e invaso e poco men che dominato. II signor Rouher gli rispose
pacatamente , che non nella disunione della Chiesa e dello Stato , ma
nella Ioro concordia risiede la Ioro forza ; e si distese ricercando in che
debbano consistere le condizioni di tal concordia , cioe nella reciproca
indipendenza nelle cose di esclusiva competenza dell' uno o dell' altra.
La tilippica del Gueroult ebbe nel Corpo legislativo quello stesso risul-
tato che quelle del Rouland e del Bonjean nel Senato , che fecero un
buco nell'acqua.
Reietti ad uno ad uno tutti gli emendamenti , benche non senza qual-
che contrasto di yoti contrarii tino in numero di oltre a 70 ed80; la
discussione fu chiusa nella tornata del 15 Aprile, nella quale 1' interp
Indirizzo fu approvato da 249 sutfragi contro 15, essendo 264 i votanti.
3. Nell' Indirizzo eravi un paragrafo, che risguardava la Convenzione
del 15 Settembre, 1'assetto dato per essa alle cose d' Italia, e le guaren-
tigie che per tal modo erano date alia Santa Sede. Eccone le parole :
« Sire. Esisteva in Italia una condizione di cose, che per tutti gli uo-
ni assennati ed illuminati era argomento di giusti timori. Conveniva
conciliare il cqnsolidamento del regno d'ltalia, in parte fondato dalle no-
stre mani , e il mantenimento dell' indipendenza della Santa Sede. La
Convenzione del 15 Settembre ha voluto raggiungere questp duplice
scopo. Mediante questp solenne impegno, il Governo italiano si obbliga
a rispettare il territorio pontificio ed a proteggerne i confini contro qua-
lunque assalto diretto o indiretto , guarentendo per tal modo efficace-
mente 1'indipendenza del Sommo Ponteiice. D' altro canto, col trasferire
378 CRONACA
e stabilire Ja propria Capitale a Firenze , costituisce se stesso in mpdo>
definitive. Noi facciamo assegnamento sull'esatta e leale esecuzioned'im-
pegni, chelegano reciprocamente 1'ltalia e la Francia.
« Vi sono senza dubbio, Sire, degli ayvenimenti che 1'umana pru-
denza non puo sempre prevedere od impedire; ma, pieni di fiducia nella
Yostra saggezza , yi approviamo di avere riservato a questo riguardo la
Yostra inlera liberta d'azione. »
Ognuno vede con quale elasticita di frasi e qui toccato questo grava
negozio. Se vi si parla deW indipendenza, non si dice verbo della sovra-
nila territoriale della Santa Sede. Se da una parte si allerma costiiuito
in modo definitive il Regno italiano , con che son gettati all'aria gli ul-
timi brandelli del Trattato di Zurigo , per altra parte e riservata 1'iutera
liberta d1 azione pei casi impreyeduti o che non si potranno impedire.
Cosi, checche avvenga o facciasi, la giustificazione dell'avvenulo o del-
1'operato sara pronta.
A questo paragrafo era proposto un emendamento, firmato da 15 Depu«
tali del fiore della democrazia, quasi tutti scrittori MSi&cle e <\e\Y Opinion
nationals; i quali chiedevano che si dovesse dire cosi : « A Roma la
Convenzione del 15 Settembre ci promette il ritorno delle nostre truppe;
e risponde, sotto questo rispetto, alia politica che noi abbiamo consiglia-
ta. Il Gpverno, senza contraddirsi, non potrebbe disconoscere in Italia i
priricipii che formanq la base del nostro diritto pubblico ».
E chiarp anche pei ciechi, che il GoVerno, se non per altro, per sen-
timento di dignita, non potea permettere che si acceltasse questa frase,
come quella, per la quale esso sarebbe messo in \ista d'incoerente, e per
giunta lodato solo in quanto sarebbesi lasciato rimorcbiare dai democra-
tici a far quello che essi -vole\7ano da piu anni, ed a che sempre erasi
rifiutato. Laonde nella tornata del 12 questo emendamento, sostenutpdal
signor Giulio Favre, fu, dopo breve disamina, respinto ; ma nontroviama
nel suntp ufficiale degli atti il numero dei voti che furono favoreyoli o
contrarii.
Alcuni altri, devoti al Governp e membri della Commissione dell'Indi-
rizzo, aveano chiesto che si aggiungessero queste parole: « La Conven-
zione guarentisce efficacemente 1'indipendenza del Papato, consolidando
il principio della sua sovranita temporale». II signor Granier de Cassa-
gnac, che distese lo schema d'Indirizzo, spiego, in questa stessa seduta
del 12 Aprile, che erasi ritiutato di inserire questa giunta « a cagione
dell'interpretazione, di cui essa poteva essere argomento al di fuori ». II
che yal quanto dire, perche si temeva di scoraggire troppo i rivoluzio-
Darii, levando loro ogni speranza di mai piu abbattere la Sovranita tem-
porale del Papa ; o perche non si voleva assumere verun impegnodi do-
verla poi difendere. Percio anche questa mutazione furespinta dal Corpa
legislative.
Poi si venne alia discussione d'un altro > emendamento, presentato e fir-
mato dal signor Kolb Rernard con 25 altri caitplici, che chiedeveno: si
sostituissero alle parole mantenimento dell' indipendenza della Santa
Sede, queste altre : « mantenimento della Sovranita territoriale della
Santa Sede, condizione della sua indipendenza ». Intorno a che si ven-
nero prolungando i dibattimenti fino al 15 di Aprile, dopo che il Kolb
Bernard con un bellissimo ragionamento, a puntadi prove edifatti,ebbe
CONTEMPORANEA 379
messo di bel nuovo in chiaroilniua assegnamento chepoteva farsi sulle
promesse e sulla lealta del Governo. italiano, e sull' obbedienza del par-
tito mazziuiano ai voleri di coloro che aveano stipulate la Convenzione,
quantoal rispettare quel che rimane di territorio alia Santa Sede.
La palma oraloria i'u da tutti decretata al signor Thiers, che prese a
trattare a fondo, uella tornata del 13 Aprile, tuttalaquistione, svolgendola
in due parti, I'una che riguarda 1'unita italiana, Taltra che spetta alia
quistione propriamente romana. Quanto alia prima egli si applied a pro-
Tare che all'uoiia italiana dovrebbe ripugnare il Governo francese, per-
che quella e politicamente inutile anzi nociva agli interessi politici della
Fraucia.
Questa parte fa svolta con gran maestria dal Thiers, che percio ebbe
& biasimare assai la guerra del 1859, e le condiscendenze del 1860, onde
si derivo tutto il resto. E quanto a cio ci permetteremo una sola rifles-
sione. Trattandosi di guerra, che costo tesori immensi ed il sangue di ol-
tre a 100,000 uomini, ci pare che 1'occuparsene solo sotto il risguardo
dell'utile politico, sia cosa, conforme si al diritto nuovo, ma men degna
d'un uomo che voglia leyarsi a giudicare gli atti di un Governo. Utile od
inutile che sia, sotto il risguardo dei vantaggi material!, una guerra;
costasse pure la vita di un solo uomo; sara sernpre biasimevole quando
aon sia giusta, ossia impresa per la tutela o per la rivendicazione d'un
dritto, di cui non si puo ottenere per altra via la salisfazione necessaria.
E pero, quand'anche la Francia ayesse, per la guerra del 1859, ritratto
immenso profitto d'influenza politica, di potenza militare, di dominio
territoriale, se quella, per ipotesi, fosse stata ingiustamente provocata e
sosteuuta, sarebbe sempre biasimevole; come per contrano, se fosse riu-
scita ad esito infelice, ma impresa per legittima difesa d'un vero diritto,
ogni uomo onesto la dovrebbe commendare. Equesto valeanche per 1'a-
pologia che ne fece poi, alii 15, il signor Rouher, ministro di Stato, inge-
gnandosi di provare che 1' interesse politico e militare della Francia esi-
geva che si desse mano alia rivoluzione italiana, e le si accrescessero
forze contro I'Austria. E di cio basti.
Ma nella seconda parte, in quella che risguardava direttamente la Con-
venzione del 15 Settembre, puo dirsi che il sig. Thiers supero se stesso.
Fare 1'analisi del suo discorso sarebbe quanto snervarlo del tutto, perche,
ammessi i principii politici del Thiers, nulla vi manca e nulla sovrabbon-
da. Ben inteso che egli, liberale e sorto dalla rivoluzione, non potea scam-
pare dall' impiccio in che si trovano i professor! della sovranita delpopolo;
€ pero se ne trasse fuori coll'ammettere troppo facilmente il diritto dei
popoli a foggiarsi un. Governo quando e come loro piace; il-che e quan-
to dire il diritto della rivoluzione. Checche sia di cio, ecco qualche breve
squarcio del suo discorso, che riguarda i motivi della Convenzione, la pre-
tesa conciliazione del Papato con la rivoluzione e la Sovranita del Papa.
« lo ho sentito alcune persoue saggie in Italia ripetere quanto avea
detto il signor Billaull, che I' Italia dovea contentarsi di quel che ha: ,ma
per praticare questa politica, gli uomini saggi aveano bisogno del soc-
corso della Francia contro gli spiriti ardenti, ai quali si dovea dire chiaro:
No! Voinon avrete mai piii Roma contro il voto dei caUolici! No\ Voi
non avrete mai piu Venezia contro la volonta dell' Europa! Ma non si
voile parlare cosi; ed ecco che cosa avvenne. A Venezia non era da peu-
sarci nemmeno ; ma restava Roma ove regna un povero Prete profonda-
380 CRONACA
mente rispettabile e profondamente rispettato, che pero non dispone di
SOD mila baionetle. Egli avea, e vero, una grande forza morale, che si
dovea temere; ma la forza morale non si fa sentire che col tempo: si disse
adunque che era possibile far qualche cosa riguardo Roma. Si pose ma-
no all opera per risolvere questo problema : operare in modo che in Ita-
lia si credesse che Roma veniva concessa alia rivoluzione; ed in Francia
sicredesse Roma assicurata al Papa! II problema non era facile, e riusci
alia Cpnvenzione del 15 di Settembre, della quale voi conoscete le stipa-
lazioni.... Gli autori del problema duplice argomentarono cosi: gl' Italiani,
avendo considerato sempre la presenza dei Francesi come un ostacolo al
progresso ed al compimento delle aspirazioni nazionali, crederanno che,
quando i Francesi ayranno sgombrato Roma, sara ad essi piu facile d'ar-
rivaryi; i cattolici, siccome penseranno che gl' Italiani non mutano Capi-
tale per un anno o due, cosi supporranno che lo stabilimento dell' Italia a
Firenze e definitiyo ; e siccome fu stipulate ancora che 1'ltalia non assal-
tera il territorio del Santo Padre, cosi saran creduti al sicuro gl'interessi
del Cattolicismo.
« Sperare d' essere riusciti con questo a sciogliere il problema, e far
poco onore a coloro, ai quali si attribuisce questa speranza. Nella Con-
yenzione piacque soprattutto ai Piemontesi la stipulazione dello sgombro
di Roma; ma essi furono inquietati da una sola cosa. Qual impegno avete
yoi assunto, chiesero, col trasporto della Capitale? I diplomatic! risposero:
non abbiamo assunto nessun altro impegno, fuorche di andare a Firenze,
senza rinunciare a Roma! Ci siamo obbligati solo a non andare a Roma
colla forza ; ma sappiamo benissimo che, quando i Francesi abbandone-
ranno Roma, il nostro programma si compira , e saranno soddisfatte le
aspirazioni nazionali. — In questo inodo il problema per 1' Italia e sciolto:
1' Italia crede avere Roma, e nella mia opinione ella ha ragione !
<f So che ayete detto in Senatq, o signori Commissarii del Goyerno, che
non si rinunciaya ad una riconciliazione tra 1' Italia e la Corte di Roma;
ma ci ayete yoi pensato? E cosa seria? Una riconciliazione tra il Papato
e 1' Italia; tra 1' Italia che yuole Roma, e che la yuole assolutamente; e
il Papa che potrebbe abbandonare una proyincia, ma che non puo ab-
Landonare Roma, senza abbandonare nello stesso tempo il potere tempo-
rale, e per conseguenza senza yiolare il suo giuramento; tra 1' Italia che
yuole Roma, e il Papa che non puo rinunciarvi? Ah! signer Ministro di
Stato, ci trattate soyente senza riguardi (Interruzione). Abbiamo yisto a
auesta tribuna grandi Minislri, d'un ingegno riconosciuto da tutto il mon-
do, d' una grande nobilta, con una yolonta preponderante nel Goyerno
dello Statq; ma essi almeno ci faceano 1' onore di rispettarci (Merruzio-
ne), non ci dice\ano, come yoi ce 1'ayete detto ayant' ieri, che una delle
nostre proposte era la beffa di tutto il mondo (Rumori)l lo non imiterp
yoi, perche la yera dignita non consiste nell'essere rispettato dagli altri,
ma nel rispettare se stessi ! Diro solo che, se qualche cosa eccita la befla
di tutto il mondo, e questa riconciliazione impossibile!
«.Rouher, ministro di Stato. Ancorche fosse un sogno, sarebbe sempre
rispettabile !
« Thiers. L' impossibile, quando e oggetto d'una promessa, non e mai
degno di rispetto !
, « Ora qual e il contegno della Francia verso il Capo del Cattolicismo?
E egli yero che, dacche noi siamo entrati in Italia, tutto vi si fa per yole-
CONTEMPORANEA 381
re della Francia? E egli ugualmente vero che, dacche noi siamo entrati in
Italia, i principi italiani furono spossessati? Queste cose non sono punto
dubbie ! Vedete adunque quale responsabilita noi incorreremo per la cadu-
ta del potere temporale! Finora la salvezza del Papa fu opera nostra, e il
Governo se ne vanto sovente (S\ e vero!) : oggi ancora, senza nessuno sfor-
zo, la sorte del Papa e nelle nostre mani ; con una sola parola possiamo
rovinarlo ! Non solamente voi , ma tutto il mondo sa che la sua esistenza
dipende da noi ! tutto dipende da una sola parola che dira la Francia !
« Ma io lo ripeto: se 1' interesse della Francia esigesse da vpi la distru-
zione dell' unita cattolica, potreste essere scusati ; ma senza di questo TOI
violate la liberta di coscienza dei cattolici, tra i quali non ayete nessun
diritto di portare la desolazipne senza un interesse grandissimo. Esiste
quest' interesse? In fede mia il mondo riderebbe di noi, se intendesse
fatta questa domanda: E egli nell' interesse francese abbandonare il Cat-
tolicismq?
« Si dice che il Papa restera indipendente dppo la caduta del potere
temporale; ci si promette la Chiesa libera nel libero Stato ! Esamino le
conseguenze della rivoluzione che si vuole lasciar compire a Roma, ed
affermo che il Papa sceso dal sup trono non sara piii libero; 1'unita catto-
lica verra distrutta; gli ayanzi di essa si disperderanno e si fisseranno
per la Spagna a Toledo; per la Francia a Parigi; per 1' Austria a Praga o
ibrse a Vienna 1 E un singolare scioglimentp per gli amici della liberta,
Tedere il centro deH'autorita religiosa stabilito a Parigi 1 Io ebbi 1' onore
di conoscere personalmente i prelati, che per molti anni occuparonq 1'Ar-
civescovato di Parigi ; rendo giustizia al Ibro carattere, alia loro scienza;
ma non avrei voluto in nessun di loro il capo della Chiesa cattolica in
Francia. E perche, Signori? Perche la Cattedrale di Notre Dame e troppo
yicina alle Tuileries !
« Sono alieno dal supporre alle Tuileries il divisamento di farsi capo
della religione, che e lontano dal pensiero dell' Imperatore: egli e troppo
sapiente per accarezzare questo desiderio; ma il carattere d'un principe
non e un' instituzione, e percio non vorrei il governo della Chiesa catto-
lica a Parigi. Quindi lo dichiaro con tutta sincerita: o yoi non farete nul-
la, o riuscirete alia formazione di chiese naziqnalij e questo sarebbe per
gli amici della liberta il piu detestabile scioglimento della quistione...»
4. II sig. Rouher rispose al Thiers, nella tornata del 15, stendendqsi
in prima a ribattere gli argqmenti allegati dall'ayversario contrp \unita
italiana, e sviandq il dibattimento da una disamina di principii ad una
serie di recriminazioni contro il Thiers, per provarlo incoerente, che im-
pugnava a^esso ciq che avea difeso altre Yolte. II che non yediamp
quanto sia a proposito in si grave quistione. Poiche, dato pure che il
Thiers altra yolta avesse favorito a potere la rivoluzione italiana, e par-
teggiato per essa contro 1' Austria, ne seguirebbe soltanto che ora, di-
chiarandosi contrario a quella ed all' unita italiana , avrebbe profittato
delle lezipni che il tempo ed i fatti sogliono dare a tutti, benche i soli
uomini di senno inostrinsi capaci d'intenderle e vantaggiarsene.
Poi il sig. Rouher * venne di proposito a parlare della Convenzione.
La France, N. 107-108 celebro il suo discorso come un trionfo decreta-
\ II suo discorso leggcsi per intcro tradotto neWOstervatore Romano del 22, 245 25 c
26 Aprile.
382 CRONACA
to alia Santa Sede contro le passipni rivoluzionarie, mettendo in rilievo
che da esso si inferisce ; 1.° Che i Romani non hanno diritto di annctter-
si all' Italia punto piu di quello che i Sassoni ed i Badesi di unirsi alia
Prussia; 2.° Che il Traltato del 15 Settembre riconosce in Italia due so-
vranita, due nazioni distinte, ed assicura la loro coesistenza contiuua;
3.° Che 1'obbligo della Francia e teraporaneo, e quello dell' Italia e per-
manente, in questo senso : che la Francia deve sgombrare da Roma en-
tro due anni, rnentre 1' Italia « deve rispettare sempre il territorio ponti-
ficio » ; 4.° Che il Governo francese ripone 1'indipendenza della S. Sede
non « in certe condizioni nebulose e vaghe», ma « nel possedimento del
suo territorio »..
La France fa grande schiamazzo di queste cose, forse perche dimenti-
co le moltealtre, assai piu gravi ed esplicite, che in prima Napoleonelll,
nelle sue lettere al Santo Padre ed a Vittorio Emmanuele, ed in piu con-
giunture a viva voce; poi eziandio in nome suo avea scrilto il Rouland.
nel 1859, e detto dalla Tribuna il Billault. Le quali dichiarazioni e pro-
messe forraali non impedirono punto che si rubassero al Papa prima le
Romagne, poi le Marche e 1'Umbria. Inoltre la France pare non aver ca-
pito la forza delle parole, con cui il sig. Rouher fu sollecito di dichiara-
re: « lo riconosco ai Romani dei diritti interni, il diritto di mescolarsi del
proprio Governo, la partecipazione al Governo, la sovranita del^ popolo
come la inteudiamo noi ; ma non quello di cangiare la carta d'Europa
con estensioni, annessioni od assorbimenti ». Se i Romani son sovrani
in casa loro, e possono cangiare, ove lor piaccia, il loro Governo, che
sovrauita si lascia dal Rouher al Papa? Questo pare quanlo dire : aspetta-
te, o Romani, che siam partiti noi; e allora, se volete organare costi ua
Governo sui principii dell' 89, in cui il Re regni ma non goyerni, ma la
cosa pubblica vada per forme costituzionali o parlamentari, fate pure!
Certo la cosa fu capita in tal senso dal sig. Pelletan, che ne prese atto ,
interrompendo il Rouher per dirglielo; e fu inteso il senso della sua in-
terruzione, in quanto pareva dire: se i Romani ban diritto di cambiare
il loro Governo, perche non 1' avrebbero i Parigini? Difatlo il Rouher,
dopo un gran tumulto di voci, si lascio scappare: « Si, ma se una mino-
rauza faziosa tentasse di rovesciare il Governo, la pluralita la schiacce-
rebbe! »
II Rouher conchiuse il discorso affermando 1.° Che da parte del Go-
yerno italiano v'era rinunzia assoluta e formale d'usar mezzi violenti per
impossessarsi di Roma; 2,° Che se I* Italia fomentasse a Roma un solle-
vamento, violerebbbe il Trattato, e la Francia sarebbe libera dai contrat-
ti impegni. Allora gli fu chiesto perche dunque rifiutavasi a^ accetlare
il proposto emendamento; e fu risposto: « perche inutile, essendo che
il concetto di esso gia sta nel discorso deH'Imperatore ed anche nel para-
grafo dell'Indirizzo ». Ma, cio posto, perche vi pesa che si esprima chia-
ro? Perche, fu risposto dal Rouher, perche questa esigenza darebbe se-
gno di diffidenza.
Non puo negarsi che il Rouher avesse detto cose da ispirar fiducia
piultostoche diffidenza ai difensori della Santa Sede. Egli, dopo deplo-
rati gli acciecamenti che impegnano il Santo Padre in deplorabili resi-
stenze, per isperanza che la presente unita italiana, « cementata col san-
gue della Francia » s' infrangera, avea detto chiaro: « Quel che noi vo-
gliamo si e il Papato : e che Roma prosegua a vivere nello stato presen-
CONTEMPORANEA 383
te, e che 1' Italia conservi la sua unita, ma che in pari tempo rispetti il
territorio del Santo Padre, rispetti i grandi interessi del cattolicismo....
Ne in modo diretto ne in modo indiretto, ne aiutando la rivoluzione, ne
lasciandola fare, 1'Italia puo lasciare assalire il territorio pontificio, senza
violare la Convenzione... In ogni caso la Francia, che ha firmato laCon-
•venzione, la fara rispettare. La Convenzione riconosce 1' unita italiana,
ma consacra in pan tempo i limit! del territorio ponlificio; rispetta 1'or-
ganamento presente, ma interdice tutti i nuovi svolgimenti ». E qui si era
disteso a provare che la Santa Sede potrebbe aver pecunia ed uomini da
formarsi un esercito, e che di questo esercito non solo potrebbe, ma do-
mebbe valersi areprimere ogni sollevamento, fosse pure con ispargimen-
to di sangue.
Vero e che poco dopo soggiunse, che esso riconosceva al popolo ro-
inano il diritto di moditicare i! suo organamento, il suo regime interno,
purche pero non si lasciasse assorbire > da altro popolo; perche questo
sposterebbe 1'equilibrip europeo. Ma siccome capi che cio varrebbe di
pretesto ai riyoluzionarii, si vplto a questi con tuono di minaccia, ammo-
nendo 1' Italia ad assettare i suoi affari interni , senza cercare altro.
« L' Italia non getti iraprudentemente i suoi occhi su quel territorio di
poche leghe quadrate e su d'una popolazione di 600,000 anime; perche
in quel giorno che cio facesse, andrebbe incontrp ad immenso pericolo !
(Benissimo !} Se non vuole gettarsi in una situazione incerta e precaria,
Bon pensi a Roma ! Se vuole evitare gli elementi di disspluzione e di
morte, non pensi a Roma ! Se vuole evitare formidabili conflitti, non pen-
si a Roma! »
Certo queste erano parole che poteano signiticare molto. Ma il Thiers
sapea che di parole forti se n' erano dette assai nel passato, le quali non
ayeano pero impedito i fatti contrarii ; ed egli non era uomo da appagar-
si di parole. Egli replied, e la sua replica ^ fu sfolgorante. II Rouher,
rslo alle strette e rincattucciato, senza un varco a scappatpie, dovette
fare quelle dichiarazioni degli obblighi formali assunti dall' Italia, dei-
le due sovranita coesistenti, delle due nazioni distinte, del rispelto che
sempre si dovra avere pel presente territorio pontiticio, proteslandosi
contro ogni equivocazione, e dichiarando inutile 1'emendamento, appun-
to perche 1'indipendenza della Santa Sede laceasi dalla Francia cpnsiste-
re nella guarentigia della sovranita sopra il suo presente lerritorio.
L' emendamento del Kolb Rernard e de' suoi colleghi fu ppsto a' voti ; c
benche il Rouher facesse tanto sentire, che guarderebbesi come segno
di diffidenza contro il Governo il votare in favore di esso, si contarono
84 voti fayorevoli ad ammetterlo, essendo 169 quei che vi si opponeva-
no, e 253 i yotanti.
Questo risultato addoloro profondamente i Frammassoni , non pure
d'ltalia, ma eziandio d'Inghilterra e Relgip. L' fydependance Beige del
18 e 19 Aprile reco due corrispondenze parigine , che mandano alti lai
contro la dabbenaggine del Rouher e la vigoria del Thiers. « L' ultimo
giorno della discussione dell'Indirizzo, dice la prima, non parve buono a
nessuno. Non al Governo , che si trovo troppo impegnato in dichiara-
\ Anche qudsta e riferita, tradotta dal testo "del Moniteur, ueWOsservatore Romano del
26 e 27 Aprile.
384 CRONACA CONTEMPORANEA
zioni, alle quali il campione dello Stato fu spinto nello schermirsi contro
un valente spadaecino oratorio. Non al Corpo legislative, dove la discus-
sione divenne appassionata in modo deplorabile , pei modi tenuti dal si-
gnor Rouher. Non all' Italia, che non potra essere grata all' oratpre del
Governo, per la cura eccessiva da lui posta in rassicurare il partito cle-
ricale. Non al partito clericale, il quale, poco appagandosi delle conces-
sioni che gli si venivano facendo , ha espresso, con 84 suffragi dati al-
Y emendamento Papista, un vero voto di stiducia contro il Governo ».
L'altra corrispoudenza moslra anche maggiore sconforto. Maraviglian-
dosi che il Governo mettesse tanto impegno per impedire che si aggiun-
gesse all'Indirizzo una parola, una sola parola, la quale, per confessione
del Rouher stesso, esprimeva il vero pensiere del Governo ; il corrispon-
dente segue a dire : « Questo contegno del Governo bastera forse a ris-
parmiare disinganni amari agli uomini di Stato italiani, che pur sono si
lurbi e ches'ingegnerannoperiscoprirviqualchesott'inteso (arriere-pen-
see)1! Non lo so. Per me, che avea fatto plauso alia Convenzione, e che,
come voi e tutti gli altri, avea creduto di scorgervi condannato il Potere
temporale del Papa a cadere tra poco, riconosco ora che mi spnp inganna-
to ! Codest' atto diplomaticp non puo piu , dopo 1' odierna' dichiarazione,
meritare le simpatie liberali. Ma, in fin de' conti, e sempre un guadagno
il sapere a che punto si sta ; e noi dpbbiamo felicitarci che la discussione
abbia tratto il Governo a spiegazioni, le quali certo potrebbero essere piu;
sthiette e precise, ma che, anche come sono, e voi ne converrete, ci ren-
dono impossibili non meno le illusioni che i disinganni ». Di qui e chiaro
che la Frammassoneria guarda la Convenzione, quale fu spiegata alii IS
Aprile dal Rouher in nome del Governo, come una guarentigia assoluta
del presente territorio pontiticio , per contrapposto alle spiegazioni date
dal Nigra ne' suoi dispacci, e dal Lanza e dal Pepoli nel Parlamento di To-
rino ; cioe come un veto asspluto contro la venuta dell'/tofta a Roma.
Presso a poco sul tono dei Corrispondenti dell' Independence Beige la
discprrono, intornp a cio , i giornali tutti de' Frammassoni italiani ; ed i
diarii mazziniani si mostrano perciosmaniosi, infuriati, e masticano brutte
minacce fra i denti, e profetizzano sciagure pel di della vendetta. II che
non sappiamo se facciano davvero , perche siano proprio convinti, che
non mai la Francia soppprtera che essi possano impadrouirsi anche di
Roma e del Patrimonio di san Pietro: ovvero se facciano cosi sol per re-
citare la parte Ipro assegnata nel dramma , come fecero altre volte, per-
che mostrandosi corrucciati e diffidenti sperino di far ritrattare quelle
dichiarazioni per la parte che fa contro di loro.
5. Intanto e certo che 1' imperatpre Nappleone HLnon e punto preoc-
cupato del disgusto dei settarii italiani ; poiche volse i pensieri^ le cure
alle cose interne, anzi credette di poter eziandio per piu settimane di-
partirsi dalla Francia e condursi in Algeria, lasciando all' Imperatrice la
Keggenza dell'Impero con 1'assistenza del Consiglio private. Le ultime
notizie recaronp che 1'Imperatore si melterebbe in mare a Marsiglia il 29,
e pretesero indicare anche i luo^hi da visitare, e le fermate nel viaggio,
e lo scopo. Noi ci riserbiamo di parlarne a cose fatle. Ma e indubitato
che un^nuovo sollevamento d' una parte della grande Kalilia preoccupa
molto 1' Imperatore, bramoso di paciticare al tutto 1'Algeria,
LA FRAMMASSONERIA
E L' ABOLIZIONE BELLA PENA DI MORTE
Se i codini, se i retrogradi, se i clerical!, se, Ira i liberal! stessi
i men rompicolli, se tra i Deputati i.meno pazzi, se tra i Senator! i
piu assennati, se insomma la gente sa^7ia e le persone dabbene par-
leggiassero per V abolizione della pena di morte , non vi sarebbe in
verita di che fame grand! maraviglie. Giacche , qual maraviglia Y!
potrebbe essere in questo, che uomini imbevuti piu o meno dello spl-
rilo lene e clemente della Chiesa , abborrenli dal sangue e da ogni
crudelta, pacific!, mil!, cortesi, ben educati, tenaci si della giuslizia,
ma amanti ancor della clemenza, cercassero ogni modo di pur farla
una volta finita col truce spettacolo del patibolo e della mannaia?
Invece se i libertini , i progressist! , i democratic!, i frammassoni e
quant! sono piu innanzi nelle empie teorie del liberalismo moderno,
fossero propugnatori instancabili dell' ultimo supplizio , quesla do-
\rebbe parere cosa al tutto naturalissima. Giacche qual cosa piu
naturale se non che il compiacersi della morle altrui i cospiralori >
i settarii , gli abbarratori , i bombardatori , i pugnalatori , i sicarii
di professione , i gridatori di mesliere di qualche Viva bensi , ma
assai piu di molle Morli a questo e a quello ?
Pure, non si sa come, la cosa va lutto al rovescio. I sanguinarii,
i crudeli, i sicarii, i frammassoni vogliono abolita la pena di morle.
SerieVl,vol.Il,fasc.m. 25 5 Maggio 1865.
386 LA FRAMMASSONERIA
I miti, i cortesi , i pacific! , i buoni cattolici la vogliono mantenuta.
Yi sono, e vero, eccezioni di qua e di la ; e come non mancano cat-
tolici e filantropi di buona fede che vogliono abolito, cosi si Irovano
dei liberal! sbrancati ch% vogliono conservato il palibolo. Ma non si
puo negare che il grosso della gente savia e dabbene non sia, anche
in questa questione , conservatore , e che il branco dei liberali non
sia, anche in questa questione, abolitore.
Or come si spiega questo fenomeno ?
Per ispiegare questo fenomeno, che a prima vista puo parere assai
strano, bisogna dichiarare in qual senso la gente savia e dabbene
sia conservatrice della pena di morte , e in qual senso ne sia aboli-
trice la gente pazza e malvagia. Da questa dichiarazione si vedra
quanlo sia ragionata e mite 1' apparente severita dei conservator! ,
e quanlo sia invece pazza e crudele 1' apparente filantropia degli
abolitori. Si scorgera doe che la gente savia e dabbene pare esse-
re conservatrice della pena di morte : ma ne e in verita la vera abo~
litrice. Laddove la gente pazza e crudele ne sembra 1' abolitrice,
ma ne e in fatti la vera conservatrice. Si scorgera in una parola che,
come accade nelle altre questioni di liberld,, di fraternila, di ugua-
glianza, di suffragio universale, di divisione di poteri, di responsabili-
ta minisleriale, d'irresponsabilita regia, di liberta di stampa ecc. ecc.
cosi in quesla deli'abolizione della pena di morte, il liberalismo non
ha per se altro che il mantello del traditore e deli'ipocrita.
E per dichiarare in primo luogo in qual senso la gente savia e
dabbene sia conservatrice della pena di morte, e da considerare che,
tre potendo essere i fini di una pena, Y emendazione del reo, la ri-
storazione dell'ordine e la difesa della societa, facilmente si concede
che pel primo scopo la pena di morte uon e necessaria. Benche
possa essere utile. Infatti, chi non sa che, per lo piu, la pena di
morte converte ed emendailreo? II che ben prova il proverbio
popolare che dice : di cento impiccati uno dannato. Ma e chiaro che
ed il reo si puo emendare anche vivendo, e non si converte neces-
sariamente morendo. Se dunque la pena non avesse altro scopa
che I'emendazione del reo, e chiaro che la pena di morte si polreb-
be abolire come non necessaria.
E I/ ABOLIZIONE BELLA PENA DI MORTE 387
Piu calzante argomenlo in favor della pena di morte e quello che
si prende dal secondo fine della pena, che e la ristorazione dell'ordi-
De: — Tu hai ucciso, dunque sarai ucciso ; e le ragioni saranno pari.
Quicumque effuderit humanum sanguinem, fundetur sanguis illius.
(Gen. IX, 6.) — Ma siccome non e pari in tulli gli assassini la colpa
(giaoche altra e la colpa del parricida, altra del regicida, allra del-
T assassino di slrada ecc. ecc.),cosi non dovrebb'essere pari la pe-
na, per otlenere 1'esatlo ragguaglio. E siccome la reita del delitto di
uccisione cresce o stninuisce secondo i casi, cosi cresce o smiimisce
la pena stessa di morte, la quale per forza e piu crudele e dolorosa
(per cagion di esempio) ad un padre affelluoso di numerosa fami-
glia, che non ad uno scapolo disperato.
Ma, se non piu calzante, certo piu evidente resla 1' argomento
per la conservazione della pena di morte, che si ricava dal bene che
ne sorge alia sbciela, assicurata cosi contro nuovi delitti dell'ucciso-
re, per I'impossibilita fisica in cui e posto di ricadere, e contro nuo-
yi delitti di allri, per il salutare terrore che a tulti s'incute.
E dunque evidente che, qualunque siasi il motivo che muove prin-
cipalmente i savii e gli onesli alia conservazione della pena di mor-
te , esso e sempre un motivo forte, alto e nobile. Giaeche o si muo-
vano dall'amor della giustizia , che vuole ristorato 1'ordine e raggua-
gliate le ragioni, o dall'amore della sociela, che essi desiderano assi-
curare da delitti, o da ambedue insieme quesli motivi ; non si puo
negare che quesle non siano ragioni di ordine superiore e sociale,
degne di ogni rispetto e considerazione del legislatore.
Ma noi qui non tanlo intendiamo di mostrare la licitezza , conve-
nienza e necessila relativa della pena di morle, cosa che supponia-
mo dimostrata e conceduta dalla gente savia e dabbene ; quanto di
dichiarare quello che sopra ci proponemmo, cioe che mentre i savii
ed onesti parteggiano per la conservazione di quesla pena , ne sono
in verit^t gli abolitori.
II che si dimostra facilmente colla ragione e col falto.
Colla ragione: Giaeche qual e lo scopo inleso da quelli che vogliono
mantenuta la pena di morte ? Evidentemente lo scopo da essi inteso si
e di diminuire e, se si puo, di logliere affatto di mezzo gli assassinii.
388 1A FRAMMASSONERIA
Or chi non vede che cosi essi intendono direttamente ad abolire la
pena di morte? E non gia ad abolire la pena di morte soltanto per gli
assassini, come vogliono i liberal!, ma per gli assassinati ancora, o
meglio per gli assassinabili innocenti, dei quali i liberali nulla si
curano. E dunque evidente che i conservatori della pena di morte
cooperano ed intendono efficacemente all' abolizione lotale della pena
di morle degli innocenti in prima, e poi necessariamente ancora dei
rei e degli assassini.
Ma qui ci pare udir i liberali opporre che il falto va contro la
teoria, perche gli assassinii non cessano da tanto tempo, da che la
pena di morte e in vigore.
Al che si risponde in prima che, se durano gli assassinii menlre
dura la pena di morte , molto piu sarebbero durati e cresciuti se
fosse stata abolita, e durerebbero e crescerebbero se si abolisse. Ma
ci piace prender la cosa da piu alto, venendo a dimoslrare col fatlo
che la gente savia ed onesta, conservatrice della pena di morte, ne e
stata e ne sara sempre piu di fatto 1'abolitrice.
Che cos'era valutata la^vita dell'uomo, prima che Gesu Cristo ve-
nisse in terra a darci colla sua morte la vita ? Dio buono ! Chi
non sa che la vita dell'uomo non valeva allora nulla? Non si olte-
neva una vittoria senza che i vinti fossero passati a fil di spada.
Piu che la mela del mondo era schiava del rimanente , e polevasi
scannare, se non senza delitto, almeno senza gran rimorso e senza
niuna pena. Gli stessi figliuoli poteano esser uccisi dal padre. Agli
Dei si sacrificavano vitlime umane. I bambini , che nascevano
mal conformati , erano ammazzati. Cio accadeva tra i popoli ci-
vili, in Grecia ed in Roma. Or fate voi ragione dei popoli incivi-
li e dei barbari. Cio che accade ancor adesso neirAffrica, dove,
per una festa , si trucidano centinaia di uomini e di donne presi
a caccia come le salvaggine , accadeva allora in pressoche tutto il
mondo. Ecco qual era il mondo pagano, al quale i nostri liberaK
vorrebbero ricondurci. E sia qui detto di passata, che quando i li-
berali poterono per alcuni anni regnare in Francia nel secolo pas-
sato (unico tempo ed unico paese dove il liberalismo pote mostrar-
sl pienamente qual e ) , si sa da tutti che la vita umana vi fu pur
E L' ABOLIZIONE BELLA PENA DI MORTE 389
trattata alia pagana ed alia liberalesca. Le piccole ghiglioltine si
porlavano allora appese come ciondoli e vezzi all' orologio , secondo
che ora si porlano dai nostri liberali le bombe all' Orsini. II simbolo
della morle era allora in Francia, come ora in Italia presso i libera-
li, un ornamento. Siccome quelli che altendono alia vita spirituale
si tengono dinanzi un teschio per pensar cosi meglio alia morte
propria , cosi i liberali usarono la gbigliottina ed usano ora le bom-
be , come un ricordo conlinuo cbe sminuisca in loro 1' orrore alia
morte altrui.
Ma tornando aH'argomento,e noto che, secondo che si ando pro-
pagando 1'Evangelio, e la Chiesa prese a regnare ne' popoli, nella
stessa proporzione s' ingentilirono i costumi, e la vita umana fu sem-
pre piu rispettata. Dov'e che la vita umana continua a disprezzarsi ?
Dove la Chiesa non pote, o pote poco. Civilta, si voglia o non si vo-
glia, e figliuola del cristianesimo : e popolo barbaro equivale a po-
polo non cristiano.
Si ando dunque sempre piu abolendo la pena di morte nel mon-
do, a misura che ando dilatandovisi e perfezionandosi la civilla cri-
stiana, rimanendo stazionarii la crudelta e il disprezzo abituale del-
la vita umana , nei paesi dove il Vangelo o non penetro o non alli-
gno. Siccome parimente si vede che si ritorna nei varii paesi piu o
meno alia barbaric e quindi al disprezzo della vita, secondo che piu
0 meno si sminuisce 1' influenza evangelica. II che accade per esem-
pio in molte parti di America, dove un colpo di revolver e piu presto
e piu spesso lanciato, che non al trove un bel motto arguto.
Or suppongasi che 1' influenza della Chiesa si fosse sempre e da-
pertutto conservata , non e egli evidente che di fatto ora la pena di
morle non avrebbe piu luogo ? Delitti ed assassinii ve ne sarebbero
stall certamenle sempre: ma sarebbero sempre andati diminuendo;
tanto che la pena di morte sarebbesi a quest' ora da per tutto potuta
abolire, come non piu necessaria. Giacche ingentilendosi sempre piu
1 coslumi, e divenendo percio gli uomini sempre piu sensibili a pen«
anche minori, non ci sarebbe piu stata la necessity di colpire fiera-
mente le immaginazioni col patibolo, e si sarebbe ottenuto lo stesso
scopo senza nuovo sangue.
390 LA FRAMMASSONERIA
Quesla infatti e la gradazione naturale nel rispello sempre mag-
giore alia vita umana. In priina , che non si uccidano innocent! ;
poi, che nell'uccidere i rei non si incrudelisca: poi, che si diminui-
scano i casi della pena di morle : infine, che questa si abolisca. A
quest' ultimo scopo lencle naturalmenle la civilta cristiana.
Ed ecco come sia verissimo che la gente savia e dabbene, che e
^videntemenfce la piu informata dello spirito evangelico e crisliano,
col parteggiar che fa per la conservazione presente della pena di
morte , tende e coopera alia sua abolizione. Siccome a poco a poco
ne' paesi civili e cristiani, coll' applicazione delle doltrine evangeli-
che si e venuto a diminuire i delitli e ingentilire i costumi, cosi di
natura sua a poco a poco, le stesse cagioni producendo gli stessi
effetti, si verrebbe a poter ottenere con minori pene lo stesso spa-
vento ai tristi, e la stessa ristorazione dell'ordine offeso. Che se
ora, nel comune senso di lutte le persone savie e dabbene, e ancor
necessaria la pena di morte ; do evidentemente accade perche non si
e ancor giunti generalmente a quello stato di civilla e di gentilezza,
che rende inutile o almen non piu necessario 1' ultimo supplizio, a
spavento dei trisli e a difesa della vita degl' innocenti.
Or di questo chi ne ha la colpa?
Ne ha la colpa il liberalismo.
Infatti il liberalismo consente ora anch' egli e confessa quello che
del resto gia sapevamo tutti da un pezzo, cioe che egli ha per
iscopo la distruzione della Chiesa e del Cattolicismo 1. I liberali
1 Ecco cio che pubblicava il Dlritto di Torino nel suo n.° del 20 Apri-
le: « Roma sara nostra quando 1'elemento rivoluzionario ridurra il Papa a
vivere in mezzo ad un popolo che non avra piii fede, quando il cattoli-
cismo sara quasi affatto perduto in Italia. Resti il Papa sovrano temporale
ancora qualche tempo, e la Fraucia avra ottenuto questo, che il Papa per
noi sara un re, ma non piu un Papa. ISoi abbiamo sempre ritenuto che il
dominio spirituale fosse la base del dominio temporale, piu che non questo
di quello. II disordine e gl'intrighi, in cui ci troviamo per tale queslione,
sono derivati appunto dal non avere mai detto al popolo con tutta fran-
chezza la verita. L'ltalia non ha, ne pud avere la sua Capitale, perche gl'in-
teressi del cattolicismo non lo consentono. Ebbene, non crediamo che un
popolo debba sacrificarsi ad una religioue, ne che una nazione debba ser-
E L' ABOLIZIONE BELLA PENA DI MORTE B91
sono anticristiani natural menle ed essenzialmenle. Cio e ora noto ad
ognuno, e non accade che ci dilunghiamo a dimostrarlo.
Or che oltengono essi i liberal! con questa lore guerra accanita e
continua alia Chiesa ed al suo spirito? Non certo la distruzione del-
la Chiesa che e indefettibile : ma bensi un indebolimento nei popoii
dell'influenza di quella Chiesa e di quel Vangelo che li sbarbarl, e
civilizzo con tanta fatica e con tanto stento. E basta il guardare al-
I'effelto, ottenuto in America dalle teorie liberalesche, per intendere
a che verrebbe il mondo e 1'umana sociela, quando a frenare le pas-
sioni non ci fossero altri mezzi che i liberaleschi. Certo non vi ha
paese che si possa chiamare moderno, quanto gli Stati Unili. Cola lo-
spirito moderno, la civilta moderna, il liberalismo moderno sono in
tutlo fiore. Or bene quali ne sono i frutti? Una guerra civile, ster-
vir di nutrimento al cattolicismo. Quando una religione esige il sacrifizio
di un popolo, non e piii religione ; e noi non abbiamo mai creduto', oltre
gli argomenti che ci vengono dalla scienza, che il cattolicismo fosse una
religione da tenersi in buon conto, appunto percle e stato sempre la
ragione della schiavitii , della divisione d' Italia , ed il suo tormento ed
il suo vampiro.
« Non ci puo essere adunque transazione tra 1' Italia e il Papato. Finche
Roma non e nostra, 1' Italia proceda nella distruzione di quella fede, per cui
il Papa vuol essere re nella uostra Capitale. E desso che a cid ci costringe.
« All'Italia ora non fa duopo piu<Ii occuparsi della questione romana, sic-
come fece fino al preseote. La rivoluzione nel clero, la forza morale o ma-
teriale, la convenzione o la conciliazione non risolvono piii la quislione
romana. E tempo perso a pensarvi. Lo sperare in siffatti espedienti sarebbe-
ro rovinose illusioni.
« Al cattolicismo, che esige la sovranita temporale del Papa, 1'Italia volga
oggi la sua mira. Facciamo in modo che il popolo ne conosca la fallacia e
la caducita; combattiamone direttamente gli errori e le pretese; esso e una
istituzione a cui la forza della ragione e il cambiamento dei secoli recarono
irreparabili danni, ad onta chefinora lasuperstizione, I'ignoranza e la tiran-
nia congiurassero a mantenerlo venerate e inviolate da qualsivoglia sospet-
to ed offesa.
« Questa e.ora la sola via che ci puo gui dare a Roma, il solo mezzo per
mantenere immutabile il plebiscite e salvare runita dagli intrighi della di-
plomazia, dalla scaltrezza della corte di Roma, e dalle concession*! degli
uomini che ci governano. »
392 LA FRAMMASSONERlA
minatrice, di cui non ha esempio la storia , coll' appendice di assas-
sinii politic! di ferocia inaudita , onde il mondo civile e ancora inor-
ridito. Ecco 1'amore, la carila, 1'affetto liberalesco ! Ecco la filanlro-
pia moderna alia prova ! E dunque chiaro che il liberalismo , ten-
dendo a scristianeggiare il mondo , tende naturalinente a imbarba-
rirlo, e percio a riempierlo di stragi, di vendelle e di sangue.
Ma, dira taluno, poiche il liberalismo e si natural mente barbaro
e selvaggio, perche ha tanto orrore alia pena di morte?
II perche e chiaro. II liberalismo abolendo la pena di morte, sca-
tena gli assassini, salva i suoi sicarii, spaventa i buoni, assicura i
tristi. Chi non vede che il liberalismo ha ogni interesse nell'abolire
la pena di morte, e non ne ricava alcun danno? Non ne ricava dan-
no perche, se egli condanna a morte taluno, non ha bisogno del car-
nefice ufficiale , avendo ai suoi ordini prezzolali e giurati sicarii
pronti ad ogni occasione. Vi ha invece ogni interesse perche i suoi
sicarii ufficiali e prezzolati saranno dopo 1' assassinio sicuri dal car-
nefice ufficiale. La cosa e tanto chiara, che veramente non si puo
intendere , come i popoli col loro buon senso naturale non la intui-
scano da se, senza bisogno di tanle spiegazioni.
Infalti, se il liberalismo, nell' abolizione che promuove della pena
di morte, non avesse il secondo e celato fine di assicurare gli assas-
sini e i sicarii a spese degli onesti , perche non comincerebbe col-
1' abolire la pena di morte contro i suoi adepti della frammassoneria
e delle sette segrete ? Sono davvero curiosi questi liberali ! Essi
raccomandano alle nazioni e ai regni di abolire il carnefice, ma
intanto essi, nel loro regno occulto, lo mantengono.
Si sa infatli che il giuramento massonico e il seguente : « lo
« giuro, in nome dell'Architetlo di tutli i mondi, di non mai rive-
« lare i segreti , i segni , i gesti , le parole , le dottrine e le costu-
« manze dei Framassoni , di conservare su tullo cio un eterno si-
ft lenzio. lo promelto e giuro di non mai tradire, ne colla penna,
« ne con segni , ne con parole , ne con gesti , di non fare scrivere ,
« litografare , incidere o stampare , di non mai pubblicare cio che
« qui mi si confida , o che mi polra essere confidato all'av venire.
« Se io mancassi mai alia mia parola , mi soltometto alia pena se-
E L' ABOLIZIONE BELLA PENA DI MORTE 393
« guente : che mi si brucino le labbra con un ferro rovente, che
« mi si tagli la mano , che mi si strappi la lingua , che mi si tagli
« la gola, che il mio cadavere sia appeso in una loggia, allor-
« quando si ammetiera un nuovo fralello, in punizione della mia
« infedelta, e per terrore degli altri ; che lo si arda in seguito e che
« se ne geltino le ceneri al venlo, che non rimanga alcuna Iraccia
« del mio tradimento. Come e vero che il grande Iddio mi vede.
« Cosi sia. »
Ci pare che prima di proporre in Italia 1'abolizione della pena
di morte, avrebbero dovuto i signori liberali proporre 1'abolizione di
questo massonico giuramento. E non si fa nessun' ingiuria ai signori
Deputati liberali della Camera lorinese supponendo che, salve poche
eccezioni, tutti 1'abbiano prestato, e sappiano per conseguenza che
i novizzi del loro ordine lo vanno in Italia prestando ogni giorno.
Vi e stato si, in questi ultimi anni, un qualche tentativo di ri-
forma nell'ordine massonico italiano. Per esempio, Ausonio Franchi
in un suo Discorso alia Loggia Insubria di Milano, tenulo il di
30 Maggio del 1864, diceva cosi : « Fratelli : La Massoneria ita-
liana trovasi oggidi al punto di dover deliberare su le condizioni
della propria esislenza. E ridotta in uno stato , ove le e impos-
sibile di mantenersi. Ilcentro, che rappresentava 1'unitci del suo
organismo, s'e disciolto; i consigli, le giunte, i congress!, che
miravano a ricostituirlo, non riuscirono finora, ne e guari proba-
bile che sieno per riuscire prontamerite e felicemente nell'ardua
impresa ; e le varie membra della Massoneria , divise e discord!
fra loro, non compongono piu un corpo solo, che viva una vita
commune, e molliplichi 1'azione di ciascuno con la cooperazione
di tulti. Che cosi la non possa durare, e dunque cosa troppo
evidente ».
E quale riforma proponeva il Franchi ? In primo luogo una ri-
forma nel fine e nello scopo ; giacche , secondo il Franchi , lo scopo
presente della Massoneria dovrebb' essere : « Applicare pralicamen-
te i principii della Massoneria ad ogni forma e funzione della vita
civile, mediante 1' incorporazione di lutta la parle liberale nell'or-
ganismo dell' associazione massonica; in guisa che tulti i fautori
394 LA FRAMMASSONERIA
<li liberla e giustizia , fratellanza ed eguaglianza compongano una
vasta famiglia , la vera chiesa dell'Umanita, die debba col tempo
succedere alle chiese e congregazioni , confraternite e compagriie ,
si moltiplici e moltiformi, del fautori d'ignoranza e superstizione,
di privilegio e despotismo. Tal e il fine, a cui puo e dee rivol-
gersi la Massoneria , per essere ancora un institute vivenle e po-
tente, imo strumento efficace e salutare di progresso verso un
mioYO e miglior ideale deirumanita ».
Proponeva poi il Franchi una riforma ne'mezzi. E in prima 1'abo-
lizione di alcuni simboli, poi i'attuazione di societa di beneficenze e
altre ipocrisie. Infme la modificazione dell' ordinamento e statute
massonico. Di tutto si parla in questo progetto di riforma , fuorche
dell' abolizione del giuramento.
Una sola loggia abbiamo fcrovato che abbia osato propovre timida-
mente 1' abolizione di queslo giuramento di morle. Ed e la loggia
Italia di Costantinopoli. La quale in una circolare, in cui trasmette
ai varii poteri massonici che oggi si stanno di fronte ed alle loggie
sorelle un riassunto di cib che la loggia di Costanlinopoli all'unani-
mita deliberava, espone nell'articolo undecimo il limido suo desiderio
di sopprimere nelle formole dei giuramenti le frasi antiquate che
ripugnano allo spirito illuminato dei tempi ed al vero carattere mo-
rale della stessa istiluzione massonica. E chiaro che qui si allude al
giuramento di morte, ed e curioso che un tal consiglio di mitezza ab-
bia dovulo \enire alia massoneria italiana dalla Turchia. Ma la Tur-
chia puo andarsi a riporre coi suoi consigli di mitezza. La Massoneria
italiana non ha acceltato il suo voto illuminato, ed ha conservato il
giuramento che non ripugna nienle affalto al vero caraltere mo-
rale dell' istiluzione massonica. Resta dunque inteso che d' ora in-
nanzi, come pel passato, al frammassone traditore dei segreti si po-
tranno bruciar le labbra, tagliar la mano , slrappar la lingua, segar
la gola, rimanendo appeso in una loggia il suo cadavere, che poi sa-
ra bruciato.
Sembra pero che neanche il timore di tante pene possa frenare
la smania di tradire, che arde nel pio petto di qualunque siasi fram-
massone. Giacche abbiam letto nel Bolletlino ufficiale del Grande
E I/ ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE 395
Oriente italiano un avviso curioso che dice cosi : « Da oltre un me-
« se si pubblicano i document! riguardanti la nuova fase , in cui e
« entrata la massoneria italiana. E queslo uno scandalo intollerabila
« sul quale il grande Oriente dimissioriario richiama 1' altenzione di
« tutti i liberi muratori d'ltalia ». Avviso ai Iradilori dei segreti mas-
sonici. I quali traditori, del resto, debbono consolarsi che non si sia
riuscito finora ad abolire la pena di morle in Italia. Giacche se fos-
se stata abolita, si sarebbe poluto far loro la festa secondo il giura-
mento, senza pericolo che il sicario, anche colto, dovesse andar poi
sul patibolo. Laddove ora essi tradilori sono difesi in qualche modo
da quell' orror naturale che i loro sicarii, come tutli gli uomini anche
assassini ( checche ne sofistichino in contrario gli avvocatonzoli pa-
trocinatori dell'abolizione) hanno al carnefice non ancor abolilo.
Se dunque il liberalismo vuole 1'abolizione della pena di morte, nou
e per amore, ma per odio dell' umanita; pel proprio interesse parti-
colare, ed anche, se volele , per ipocrisia ; per coprire cioe con un
nuovo mantello di filantropia e di beneficenza quel suo spirito crude-
le, sanguinario, barbaro e satanico, da cui e mosso in odio della so-
cieta cristiana, redenta da Gesu Crislo , civilizzata dalla Chiesa , la
quale egli vuole ridurre al paganesimo ed alia barbaric antica.
Che imporla al liberalismo moderno del benessere degli uomini?
Egli non cerca che il Irionfo della sua causa con qualsivoglia mezzo.
La sua causa e quella del diavolo, nemico capitale dell'umana nalu-
ra. I suoi mezzi sono tulli quelli che servono allo scopo, senza scel-
ta e senza distinzione. Percio quando serve, per esempio, la pena di
morle per gli innocenli, il liberalismo ha lo stato d' assedio, le fuci-
lazioni sommarie, i giuramenti settarii, le leggi Pica, i sicarii, i pu-
gnalatori, e, per far piu presto, i bombardalori. Per la sicurezza poi
degli assassini, per la salvaguardia de'sicarii, per 1'oppressione tiran-
nica dei buoni, vie 1'abolizione della pena di morle, in prima pei de-
lilli polilici, poi ancora pei delitti comuni. Cosi il liberalismo diventa
padrone della vita di tutti ; come coll' islruzione obbligatoria vuol
essere padrone dell'anima, colla coscrizione dei corpi , colle tasse e
coi prestili delle borse. Lasciale fare al liberalismo, e il mondo non
avra mai avuto , non diciamo la pratica , ma neanche T idea della
396 LA FRAMMASSONERIA
tlrannia e della barbarie che si prepara. Or mentre si corre a preci-
pizio verso lo stato lirannico e selvaggio, e ben giusto che i liberali
si vanlino apostoli della liberta e della civilta , e che si trovino an-
cora dei dabbeimomini che si offendono quando non si parla con
ogni rispetto dei frammassoni e del liberalismo 'moderno.
Che se (per lornare all'argomento e per conchiudere) che se la-
luno dicesse che, sotto questa apparenie filantropia, onde i liberali
propugnano Y abolizione della pena di morte, cova la piu crudele e
la piu satanica smania, che mai abbia amridato in cuore umano, con-
tro ogni prosperita temporale ed eterna dei suoi simili ; chi dicesse
questo farebbe forse ingiuria alle intenzioni di molti liberali , ma in-
dovinerebbe appuntino le intenzioni di chi guida e regge il liberalis-
mo. II liberalismo, non gia quel falso ed apparente, che piglia que-
sto nome solo perche parleggia piu o meno per certe piu o meno li-
bere forme di governo, ma il vero liberalismo, quello che ha fatto
divorzio dalla Chiesa che chiama antica , e vuole una sociela senza
Dio ch' egli chiama moderna, questo vero liberalismo settario, mas-
sonico e satanico che si chiama la rivoluzione, il progresso, la ci-
vilta moderna , questo liberalismo , se non in tulti i suoi cagnotti ,
certamente ne'suoi capi e guidatori, non respira che quell' odio al-
1'uomo redento da Gesu Cristo, che e il distintivo del diavolo, vero
grande Oriente della frammassoneria. Or mirisi , di grazia, quanto
bene e secondato quest' odio del diavolo contro 1'umana natura dagli
abolitori della pena di morte. Giacche qual pena propongono quest!
abolitori invece della morte ? Propongono la carcere cellulare per-
petua, cioe una pena che, a giudizio degli uomini competent!, con-
duce il povero condannato alia pazzia ed alia disperazione in questa
vita, e percio ad una terribile probabilita di dannazione nell' allra.
Tutti i nostri lettori debbono aver letto in qualche giornale la de-
scrizione spaventosa del carcere, cui sono condannali i graziati della
vita fratelli La Gala. Ciononostante vogliamo qui riporla sotlo i loro
occhi, copiata fedelmente dall' OptVwwe dei 1 Aprile 1865: « Quel
moslro di ferocia, che si e Cipriano La Gala, venne tradotto, or fan
pochi giorni, nel Bagno del cantiere della Foce.
« Cola venne rinchiuso in una cella di rigore, lunga 2 melri, lar-
ga 1, 20, alta 2. Gli venne altaccata al piede una grossa catena di
E L' ABOLIZIONE BELLA PENA DI MORTE 397
circa 20 chilogrammi di peso, Infissa nel muro che non gli lascia
che un metro di ambito. La luce e 1'aria non gli giunge che per un
piccolo finestrino praticato nella porta e munito di forti sbarre, ed
al quale la catena non gli consente di potersi avvicinare. II letto e
un banco di pietra, con sopra un piccolo stramazzo ed una coperta
di lana; ai piedi sta un foro che fa ufficio di latrina. Rimpetto alia
porta sta una sentinella, vigilata a sua volta da altre due, e chiuse
in un corridoio con fmestre a sbarre e porte robustissime. Ad ogni
tre ore i guardiani visitano il detenuto, per ispezionarlo e provve-
derlo della razione giornaliera di mineslra, pane ed acqua. Per sei
mesi e proibito ai guardiani ed impiegati di comunicare con lui e
di indirizzargli la parola. Nello stesso modo e tenuto il fratello Gio-
na a Portoferraio. Dicesi che il Cipriano La Gala si lagnasse perche
lo si liene come una beslia feroce, e che dicesse essere mille volte
preferibile la morte a quella triste esistenza. »
Noi domandiamo ai nostri lettori, se non preferirebbero anch' essi
la morle ad una simile vita. Or queste sono le grazie liberalesche r
questa e la filantropia seltaria. Dare ad un condannato molte morli
Invece di una , e porlo nella quasi necessita di morir disperato.
£ evidente che questo e odio del piu raffinato conlro 1'umana nalu-
ra , che si vuole perduta nella vita temporale e nell' eterna. Ed e
evidente parimente quello che ci siamo proposti di dimostrare , cioe
che, come nelle altre questioni di liberla, di uguaglianza, di respon-
sabilita minis teriale ecc. ecc. , cosi in questa dell' abolizione della
pena di morte, il liberalismo non ha per se altro che il mantello del
traditore e dell' ipocrita.
LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
NELLE INDIE OCCIDENTALI
I.
Se i sentimenti, conche si procedette alia conversions degl' Indianir
fossero quelli della violenza, o della ragione e della carita.
La Chiesa asseri la liberta polilica e propugno la liberta indivi-
duale degl' Indian! Le decision! dei Ponlefici e le opere egregie del
Prelati e dei missionarii, arrecate in due articoli antecedent!, pongo-
no fuori di controversia quest! due fatli 1. Yeniamo all' esame degli
altri due punt! in controversia. La conversione di que' popoli alia
fede fu spontanea o violenta? La Chiesa prese stanza nel nuovo mon-
do da donna libera o da serva?
La violenza, secondo il conte Rossi, la carneficina, secondo il Mar-
montel, furono i mezzi adoperali per impiantare e crescerenel nuovo
mondo la religione catlolica. Da chi fu consigliata , da chi fu incul-
cala tanta iniquita e tanta ferocia? la risposta e pronta : dal fanatis-
mo religioso e dai banditori dell' Evangelo. Cosi mostra di credere
II cavaliere Luigi Bossi, volgarizzatore della vita di Leone X , com-
posta dal Roscoe. « Si puo anche dubitare ragionevolmente, egli
1 V. Serie VI, vol. I, pag. 662; vol. II, pag. 147.
LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE ECC. 399
scrive in atteggiamento filosofico , che molie crudelta si sarebbero
risparmiate, che tutt'allra sarebbe stata la condotta dei priori coloni,
che un diverse ordine di cose si sarebbe stabilito , se non si fossero
spediti con troppa precipitazione i missionarii a que' popoli. Se non
si fossero inlrodotte da principio le idee religiose , gli Spagnuoli
avrebbero mancato per lo meno di un pretesto di perseguilare quei
popoli innocenli e forse sarebbero state per tal modo impedite molte
stragi, che il fanatismo religioso non servi se non a rendere piu fre-
quenti, piu estese, piu barbare 1 ». Queste accuse aperte, comeche
addolcite con un forse, s' incontrano in altri storici nostrali, ritratte
<x>me in penombra. Essi foggiarono cotes ta maniera di pensare nien-
temeno, che sopra un romanzo ; quello degl' Incas. Secondo 1'autore
di questo libro pestilente 1'uso della ferocia cogl'infedeli per conver-
tirli , essendo prima in opinione di lecito , divenne un domma , un
precetto a'terapi della scoperta di America. Fu il Papa Alessandro VI
€he vi appose il suggello dell' autorita apostolica 2. Sicche la teo-
rica e la pratica seguilata nella conversione degl' Indiani fu quella
del servaggio piu brutale ; il costringimento degli animi e delle
coscienze. Mettiamo, di grazia, questa sentenza al saggio infallibile
dei document!.
Si cita la Bolla di Alessandro VI. Ecco la parte del documento
pontificio che si riferisce alia quistione : « Vi esortiamo con sommo
calore, scrivea il Papa ai Re di Castiglia, Ferdinando ed Isabella, e
pel santo lavacro, onde siete obbligati ai precetti apostolici, e per le
Tiscere della misericordia del nostro Signore Gesu Cristo vi doman-
diamo pressantemente,che vogliate e dobbiate indurre ad abbraccia-
re la religione cristiana i popoli, slanziali in quelle isole e lerre. »
Ma con quali mezzi? Gli avete designali accanto di un formale pre-
celto in questi termini : « Vi comandiamo in \1rtu della santa obbe-
1 ROSCOE, Vita di Leone X, v. IX, nota addiz. XXIII.
2 Get esprit (di fanatismo) regnait en Espagne, et il avail passe1 en Ame-
rique avec les premiers conqucrants. Mais cowme si on eut craint qu'il ne se
ralentit, on fit un dogme de ses maximes, un precepte de ses fureurs. Ce qui
•itabM^d n'etait qtfune opinion, fut reduit ensystfaie. Unpapey mit le sceau
de la puissance apostolique. Preface.
£00 LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
dienza che destiniate per le terre ed isole sopraddette uomini proM
e temenli Dio, dolti, periti ed esperti, affinche istruiscano nella fede
caltolica ed informino ai buoni costumi gli abilatori » . Tale e il sen-
timento di Papa Alessandro 1. Dov'e il domma della violenza ? Dove
sono i comandi feroci di usare ferro e fuoco nella opera della con-
yersione? Nella slrana fantasia deU'empio romanziere, e nella buona
0 rea fede di chi ne copia i concetti. Voi vi trovale in faccia di uomi-
ni scelti, di uomini prudenti, di uomini che primeggiano per dottri-
na e per pieta. Questi e non allri in forza del precetto apostolico souo
1 banditori dell1 Evangelo , quesli debbono essere spediti tra gl' In-
<Kani , affinche non gia. colla punta della spada a guisa del musul-
mano, ma col fulgore della virtu e della scienza li traggano alia fede
cattolica. Leggete il Breve che lo stesso Papa indirizzo al P. Boyl
che fu il primo elello a Vicario apostolico del nuovo mondo. La stes-
sa scelta, gli stessi mezzi.vi si pareranno dinanzi. lesus coepit fa-
$ere et docere: cosi, e non altrimenti vuole il Pontefice che si pro-
ceda nella conversione degl* Indiani.
Questa norma e pure consigliata e severamente imposta da'Pon-
tefici successori. Leone X scrive a re Ferdinando : « Si osservino co-
gl'Indiani le regole della umanita e si adoperi soavila di modi, que-
sti sono i mezzi acconci per ridurli a Cristo 2 » . Adriano YI a'missio-
Darii, che primi scioglievano pel Messico, ordina di pigliare a norma
1'esempio degli Apostoli ; a Cortes ed a' compagni con un suo Breve
raccomanda di adoperarsi con lutta la premura nella conversione di
que' popoli , ma con la pace e cogli atti di pii cristiani 3. Paolo III
1 Hortamur DOS quamplurimum in Domino, etper sacri lavacri susceplio-
nm, qua mandatis apostolicis obligati cstis, et viscera misericordiae Domini
lesu Christi attente requirimus, ut . . . populos in huiusmodi insulis, et ter-
•ris^degentes ad christianam religionem snsdpiendam inducere velitis et de-
lealls. . . . Et insuper mandamus vobis invirtute sanctae obedientiae ad ter-
ras firmas et insulas praedictas mros probes et Deum timentes, doctos, peritos
-et expertos ad instruendum incolas et habitatores praefatos in fide catholica
4t bonis moribus imbuendum destinare debeatis. Inter caetera.
2 FABRONI in Vita Leonis X.
3 TORQUEMADA, Monarchia Indiana, lib. XV, cap. 4. BERNALD DIAZ , Hist.
verdad. cap. 167.
NELLE INDIE OCCIDENTALI 401
non condanno altamenle le offese che sotto qualsivoglia colore si re-
cassero agl' Indiani idolalri , sia nella persona , sia negli averi J ?
Pio V non invio tenerissime letlere all' Arcivescovo ed al Vicere del
Messico in pro de' medesimi ? Eccovi i dommi , eccovi i comandi ,
che escono dalla S. Sede.
Ma lo spirilo del fanatismo regnait en Espagne el il avail passe
en Amerique avec les premiers conquer ants. Sfrontala calunnia !
Essa e par to ignominioso di quelFastio profondo, che concepito dalla
eresia e passato in retaggio alia incredulita moderna da in isfoghi
forsennati, anche ora nei giornali della selta contro la nazione spa-
gnuola, perche si mantiene fedele al caltolicismo. Volete vedere quale
spirito regnasse in Ispagna a' tempi di cui scriviamo? Pigliate le
istruzioni , che furono date dai Re Ferdinando ed Isabella al primo
discopritore del nuovo mondo, a Cristoforo Colombo. Leggele il pri-
mo capo. Da principio i due Monarch! palesano la gioia singolare ,
onde sono compresi per la discoperta dei nuoYi paesi, slanle 1'accre-
scimento di gloria, che ne sarebbe venulo a Crislo ed alia sua Chie-
sa , merce la conversione degli abitatori alia fede. « Mano dunque
all' opera , soggiungono , e 1' ammiraglio vi ponga ogni suo studio e
fatica. I mezzi siano 1'insegnamenlo, la soavita de'modi, la dimostra-
zione di affelto e di onore , la larghezza di doni graditi e sovra ogni
altra cosa folgoreggino gli esempii delle virtu. Chi operasse allri-
menli, sia punito severamente ». La reina Isabella, essendo presso a
morire, delta un capitolo nel suo testamento, speilante alia conversio-
ne degl' Indiani , in cui si dice : « II fine che si ebbe nello spedire i
navigli in cerca di nuove terre, fu di aggrandire il regno di Crislo :
Papa Alessando nella Bolla di concessione ce ne ha dato 1'incarico, e
noi ci siamo obbligati a compirlo. Percio supplico affetluosamente
il Re mio signore ; impongo ed ordino alia Principessa mia figlia ed
al Principe suo consorte, che 1'adempiano con fedella, echel'abbia-
no in mira, qual fine precipuo della loro signoria. A tale uopo non
consentano mai che gli abitanti delle Indie ricevano aggravio nelle
persone o nelle cose, ordinando invece, che siano trattali con giusti-
1 Pastorale oflieium.
Serie YJ, vol. 11, fasc. 364. 26 5 Maggio 1865.
402 LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
zia e benignita 1 ». Tali sono i furori del fanatismo , che accompa-
gnarono il primo conquislalore.
Parimente quelli che tennero dietro a questi. Scorrele quel cor-
po d' istruzioni, che compose ii Cardinal Ximenes intorno al modo
di recare alia religione ed alia ci villa gl' Indiani, e vi piacerete di
aver Ira mano un capolavoro di saviezza, di giustizia e di fma cari-
ta. II Torquemada \i offre ordinarnenli e rescritti deli' imperadore
Carlo V e di Filippo II. Esaminateli a voslra posta. Ritraggono tut-
ti dagli amorosi sentimenti e dallo scopo piissimo d' Isabella. Se i
due principi inlimano laliberta clegl' Indiani, se ordinano trattamen-
ti benevoli e mite reggimento, il molivo precipuo e il desiderio del-
la Conversion de los naturales a nuestra santa Fe catolica y para
su buen tratamiento. Per questo scemano le gravezze , raddolcisco-
no il lavoro, privilegiano i convertiti. II prete sospello, il frate sfra-
lato sono arnesi di rifiuto per la sanla opera, e sono ricacciati in Eu-
ropa. I buoni per 1'opposto si moltiplicano con annovali spedizioni,
ed a misura del loro numero si molliplicano pure le fabbriche di
nuovi conventi nel mezzo delle popolazioni indiane. Pubblici spedali,
ricoveri di mendici , luslro di sacri templi , scuole gratuite , case e
collegi in cui si allevano i fanciulli alia scienza e le fanciulle ai la-
vori donneschi e quelli e queste a'civili coslumi, ed ogni allro allet-
tamento della carita cattolica , lutto e messo in opera dai savii mo-
narchi per indurre ad una soda e verace conversione. I governatori
non di rado falliscono a tanta sollecitudine. E pero, ad ovviare queslo
male, s'impone a Padri di S. Domenico, di S. Francesco, di S. Ago-
stino , che facciano la rassegna di quanlo accade di reo e ne diano
conlo. Fra Giovanni di Zumarraga, primo Vescovo del Messico, &
dichiarato protellore degl' Indiani ; il prele Gasea e spedito al Peru
per farvi osservare ad ogni patio le leggi favorevoli agl' Indiani,
Diego Ramirez, Vescovo di S. Domingo, e investilo deH'autorila di
visitatore per que'regni oltramarini, con ordine di slerpare con mano
risoluta gli abusi e di farvi rifiorire la obbedienza alle regie ordi-
nanzein pro degl'indigeni. Una lettera del re Filippo vi da la causa
1 LAS CASAS. Conquista dell'Indie. Replica XII.
NELLE INDIE OCCIDENTALI 403
movente di tante cure, ed il mezzo per giungere a capo del fine pro-
posto. Essa e scritta alia Udienza e reale Cancelleria della Nuova
Spagna, addi dicianove del Giugno, anno 1566, in quest! termini:
« A voi e ben noto 1' obbligo , con che noi teniamo la signoria di
cotesti regni. II quale e di procacciare per ogni via e con mezzi ac~
conci la conversione de' paesani alia nostra santa Fede cattolica. E
siccome, infino dal primo discoprirli, i religiosi, che vissero costi e
vivono tultavia, hanno posto e pongono in tale impresa specialissima
cura, cogliendo copiosissimo frutto di conversion! e di doltrina;
cosi e mestieri e pel servizio di nosiro Signore e per iscarico della
nostra coscienza , che non si venga meno in opera si santa , e che i
ministri di essa siano favoreggiati e conforlati. Onde v' incarico e vi
ordino di giovarli , di onorarli grandemente e di animarli , affinche
operino quei tanto, che hanno operato finqui, e piu se fosse possibile,
come dalla loro bonta speriamo che siano per fare. Con questo ci
terremo per assai ben serviti da voi l. » Fin qui la lellera.
Dunque la coscienza e il motive: il fine la conversione: il mezzo
non il ferro, non il fuoco, non lo sterminio, o quale che siasi violenza,
ma 1'opera di pacific! religiosi, 1'abnegazione della loro vita, la dot-
trina. Aprite ora la raccolta delle leggi risguardanli le Indie. Eccovi
quelle, che spetlano agli scopritori di miove nazioni ed ai fondatori di
nuove colonie. « Badate, dicono agli uni ed agli altri, di non far loro
la menoma onta od ingiustizia, di non adoperare modi aspri e scon-
venevoli, ma invece usate con esse piacevolezza, afFezionatevele colle
cortesie. In questa maniera e non in quella voi le trarrete a Cristo,
come e vostro dovere ». Si fa un litolo a parte sopra il buon tratta-
mento degli Indiani , dove si dice : « Una delle cure piu grandi, che
abbiamo avuto, si e di procurare per ogni via che gl' Indiani fossero
ben traltati, e conoscessero il grande beneficio, falto loro da Dio no-
stro Signore nel trarli dal misero stato del paganesimo alia nostra
santa Fede. A questo nostro precipuo e bramato intendimento tor-
nando d'impaccio la dura soggezione e la schiavitu, abbiamo ordina-
1 YediF. JuANDElORQUEMADA, Monarchic, Indiana, lib.XVII, c. 19, 20, do-
ve si contengono i document! dei rescritti, lettere ed ordinamenti indicatl.
£04 LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
to che siano liberi e retti soavemente. I preposti alia cosa pubblica
puniscano quelli, che violassero queslo ordinamento, e pongano ogni
studio affinche siano istruiti nella Fede catlolica , ben trattali , pro-
tetti, difesi, mantenuti ne'diritti della giustizia e della liberta ».
E cio per qual motivo ? Perche Y operare di tal guisa e il mezzo phi
efficace e piu conveniente a raccorre frutto abbondante di conversion!
per la coltura de' sacri ministri 1. Non vi pare che questa sia una
solenne mentita alia sentenza degli avversarii? Essi vi dipingono la
Spagna come la sede del piu cieco fanatismo, ed i conquistatori suoi
figli portanli in America furori di religioni e schiavitu delle coscien-
ze ; quando per 1'opposto gli ammonimenti e le raccomandazioni che
gli accompagnano, i rescritli, i bandi ele leggi, che lengono lor die-
tro, impongono pace, soavita di modi e libero convincimenlo.
Sapete invece nel pelto di chi si annida il piu cieco e piu feroce
fanatismo? E proprio uel petto dei promotori della rivoluzione. Non
altramente che i Re di Spagna per 1'America, essi vi hanno detto e
ridetto, che 1'opera loro e di ristorare in Italia 1' ordirie morale. Ma
con quali senlimenti , per quali mezzi hanno incominciato e prose-
guono un' opera si santa? Inostri lettori uon 1' ignorano. Col ferro e
col fuoco adoperati colla ferocia piu selvaggia. « Combatlele, disper-
dete inesorabilmenle quei compri sicarii — Faccia pubblicare che
fucilo tutti i paesani armati che piglio. Oggi ho gia cominciato —
Colpite i reazionarii senza pieta ». Ecco gli ordini del Cialdini, men-
tre Brno ammazza a rompicollo, e tira colpi di pis tola agli ufficiali,
che osano far motto di disapprovazione ! Non \i pare di udire gli
urli della iena quando leggete in un bando ai soldali : « Siate ineso-
rabili come il destino. La pieta e delitto. Noi gli annienteremo ,
schiacceremo il sacerdotal vampiro , purificheremo col ferro e col
fuoco le regioni infeslate dair immonda sua bava ? » Quando sentite
la grida : « Chi e col to con un' arma da taglio , sara fucilato imme-
diatamenle : chi parla d' insorgere , sara fucilato immedialamente :
chi dice una parola d' insulto allo stemma regio , e dannato alia
1 Lib. IV, Tit. YII, 1. 23. ibid. Tit. I, 1. 1, et Tit. IV, 1. 1, 2, 7. Lib. VI,
Tit. X, 1. 3.
NELLE INDIE OCCIDENTALI 405
stessa pena? » Non e ii tulto ; dovete aggiungere qual suggello la
legge Pica I Di questa non e un feroce capitano 1* autore , ma sono
i Depulati della nazione , che discutono e stanziano arlicoli della piii
cruda barbaric , che ne prolungano la durata , non ostante il fre-
mito universale di tuiti i paesi a cui ne giunge la novella. Eccovi i
sentimenti , eccovi i mezzi coi quali si propagano in Italia le doltri-
ne della rivoluzione, e s' impiania Y ordine morale dai rivoltosi vera-
menle fanatici.
II.
La formola delle intimazioni data ai conquistatori e le accuse
del Las Casas contro il Vescovo Juan $e Quevedo.
Ai document! arrecati sono opposti dagli avversarii altri docu-
menti, ai fatti altri fatti. Qual e il lor valore? Pesiamoli. II primo e
la intimazione, che i conquistadores facevano ai popoli delle isole e
terre scoperte per ordine dei reali di Spagna. L'Herrera la riporta
teslualmenle, mettendola in bocca di Alonso di Ojeda. In essa, data
una breve notizia della origine e della redenzione dell' umana specie,
« II Redentore , vi si dicea , ha lasciato in questo mondo a proprio
vicario il Papa, con amplissima giurisdizione sopra tutte le nazioni e
signorie della terra ; i popoli fin d'allora 1' hanno obbedito ed osse-
quiato qual padrone, re e superiore dell' universe. I re cattolici aven-
do ricevuto in dono da un Papa le isole e la terra ferma di quest!
paesi , lutti gli abitatori sono obbligali a darsi in loro soggezione ».
A questo punto si proponea la disgiunliva : o voi riconoscele la Chiesa
quale signora e reggitrice suprema dell' universo , il Sommo Pon-
tefice in suo nome e sua Maesta in luogo di lui in forza della dona-
zione, ed avreto bene; o rifiutate sdegnosamente , ed in tal caso
« vi dichiaro , che coll' aiuto di Dio entrero in campo contro di voi
poderosamente, vi guerreggero da ogni lato ed in ogni maniera che
per me si possa, vi sommettero al giogo ed alia obbedienza del-
la Chiesa e di Sua Maesta; vi torro mogli e figli, li faro schiavi, li
vender 6 come tali , e ne usero secondo gli ordini di Sua Maestri ; vi
106 LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
portero tutti i mali e danni chepolro come a vassalli, che non obbe-
discono, che ricusano di ricevere il loro Signore, gli fannoresistenza
e contrasto l ». Cosi il documento opposto. Sopra del quale chi gri-
da alia ingiustizia dei liloli , coi quali si conquistavano paesi inof-
fensivi; chi alia stolta pretesa, che popoli interi si arrendessero ad
una inlimazione di cose soverchianti la loro inlelligenza od in lingua
non conosciuta ; e chi al fanatismo, onde col ferro alia mano si fa-
ceano schiave le coscienze della religione cattolica. II Pontefice, di
cui s'invocava 1'autorita, le dottrine della Chiesa romana son fatte
segno di pungenti accuse, per parte degli eretici, degl'increduli e di
qualche scrittore cattolico.
Si fa carico di fanatismo al Papa. Or bene il Papa risponde, addi-
tandoci 1' ordine cha si contiene nella sua leitera a Ferdinando e ad
Isabella. L' abbiamo riferito di sopra. Si comanda la spedizione di
preli e religiosi dotli e di virtu sperimentata : con questo e non con
altro mezzo si vuole la conversione degl'infedeli. La reina Isabella
non aHrimenti intese il suo obbligo e T esegui coi suoi ordinamenti.
La salmeria del Colombo nel secondo viaggio ne euna prova di fatto,
come nota il Las Casas. Si, ripigliano gli avversarii, ma la formola
della intimazione non e essa 1'opera di teologi e di canonist!? Lo dice
THerrera. Pognamo pure che tutti i teologi e canonisti della Spagna
siano convenuti nel detlarla ; con quale giustizia vorreste voi fame
un capo di accusa contro del Papa e della dottrina romana? Egli
ordina la pace, ed essi la guerra ; egli vuole la persuasione della
parola, ed essi quell a del ferro; egli da qual mezzo la virtu, ed essi
-il vizio della crudelta e della ingiustizia. Be Ferdinando adunqueed
i suoi consiglieri sarebbono da ripigliarsi, in ogni caso, come rei di
aver calpestato un ordine esplicito del Pontefice.
Ma non accusiamo all'impazzafca. Alcuna volta gli storici fanno
come 1'Achard, scrittore d'iniqui articoli sopra la citt& di Roma. Si
appigliano a do che si para loro dinanzi a prima giunta, e senz'al-
tra briga ne tirano le conseguenze. Quell' Herrera, che ci serba ii
documenlo della intimazione, ci e largamente cortese piu sotto di un
1 Hist, de las Indias Occid. Dec. I, Lib. VII, c. 14, an. 1510.
NELLE INDIE OCCIDENTALI 407
altro, che contiene gli ordini da osservarsi priraa e dopo la intimazio-
ne. Questo e dato al Pedrarias nel 1514. Per cio che spetta alia nostra
quistione, diceasi in esso : « Ordinasse il capitano prima di ogni al-
tra cosa quello che concerneala fede cattolica, la conversione degl'In-
diani ed il servizio di Dio : a lal uopo se gli dava a compagno della
spedizione il Vescovo Fra Giovanni de Quevedo con altri religiosi.
Procurasse che gl' Indiani vivessero in concordia ed amore cogli
Spagnuoli, e per quesla via si oltenesse ogni cosa. Non consentisse
pertanto , che si rompesse loro per niun conto la data fede , o che
si arrecasse ai medesimi alcun danno. Per questo mezzo verreb-
bero piuttoslo alia nostra religione e maggior guadagno si avreb-
be dalla conversione di cento in cotal modo , che da quella di mille
per altra via». Ma se questi mezzi- non riuscissero, che dovra fare
il conquislatore? Eccovi il formale precelto, che gli si da per tal
caso: .« Non muova le armi contro di essi per niun conto , salvo se
gl' Indiani non si facessero assalitori o recassero alcun danno agli
Spagnuoli. II che avvenendo non rompa tosto la guerra , ma faccia
precedere le usate intimazioni una, due, tre volte e piu, secondoche
fosse necessario; e cio per mezzo di una persona, che conoscendo il
linguaggio sappia chiarirli dei gravissimi danni provenienti dalla
guerra e specialmente dalla schiavitu; sicche ne abbiano intero co-
noscimento, e non possano quindi opporre la scusa della ignoranza.
Badasse bene a questi punli, perche sopra di essi appoggiavasi il
poter operare in buona coscienza 1 » . Chi non vede in questa or-
dinanza pratica incarnato il comando del Papa, svolta la istruzione
data dalla reina Isabella al Colombo, ed eseguito puntualmente il
capitolo del testamento falto dalla medesima in pro. degl' Indiani?
La forza della persuasione merce della virtu e dell' insegnamento,
1 Avia Castellanos, que sabian la lengua, con ella les diesse primero a en-
tender el bien que se les seguiria, en ponerse debaxo de la real obedienciar
y los dannos que de las guerras les avion de resultar, y mas aviendo de ser
esclavos los que se tomassen en ella, y que les Mziesse enlender, que cosa era
ser esclavos, de manera que dello luviessen entera noticia sin poder pretender
ignorancia : porque para poderlo ser y tenerlos los Castellanos con buena
consciencia, estava todo el fundamento en lo suso dicho. Dec. I, lib. X, c. 17.
408 LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
e la pacifica convivenza dei due popoli, eccovi i mezzi ordinati per
la conversione di que' miseri idolatri. Dunque e false che la reli-
gione fosse imposta per la violenza, e falso che contro ai riluttanti si
dovesse adoperare il ferro ed il fuoco per cieco fanatisrao. La schia-
Yilu delle coscienze per parte del Papa e dei principi spagnuoli e una
prettacalunnia. Si, poteasi venire alle armi contro gl' Indiani, ma
quando il dirilto di giusla difesa lo richiedea ; quando si erano os-
servate le leggi pel cominciamento della guerra ; dopo che si era
fatlo capire agl' iniqui assalitori la gravita dei danni che sarebbero
loro incolti, se non si rimanessero di assalire. L' iniquo assalto e la
perlinacia erano i motivi, sopra cui fondavasi il diritto di prender
le armi, e non il rifiuto di abbracciare la proposla religione. Adun-
que e falso, che si opprimessero ^opoli inoffensivi; e falso che si in-
timassero ordini in lingua non intesa ; e trisla menzogna il dire,
che colla minaccia della spada si costringessero gl' intellelti e le
coscienze a piegare sotto il giogo di credenze incognito.
Cotale istruzione, attemperata al dirilto, si puo egli affermare che
fosse data anche all'Ojeda, e che sia stata poscia eseguita dai conqui-
stalori? II racconto dell' Herrera ci da la risposta per la prima parte
della dimanda. Perocche egli ci dice esplicitamente , che 1' Ojeda
avea ordini recisi dal Re di trarre gl' Indiani a se ed alia religione
colla soavila de' modi , en todas maneras, e a tal uopo erano venuli
con lui dalla Spagnuola alcuni religiosi e parecchi Indiani, che par-
lavano il linguaggio di terra ferma. Per mezzo di questi si fe' la do-
manda di un pacifico accoglimento , appresso la intimazione sopra
riferita. Tornata questa a vuolo, 1'Ojeda non da su le armi; anzi av-
via il traffico della merce portata. Che se indi a non molto va loro
addosso colla sua gente , V e costretto dalla propria difesa. Giacche
gl'Indiani fieramente adirati, a cagione dei danni ricevuti alcun tem-
po innanzi da un Cristoval Guerra , erano deliberati di farla finita
cogli stranieri. I modi cortesi , la intimazione in lingua conosciuta,
la guerra per diritto di propria difesa , che sono i tre punti capilali
della istruzione data al Pedrarias , non li riscontrate voi eseguili a
capello dall' Ojeda? L' argomento , che egli avesse ricevuto i mede-
i comandi, non puo essere piu spiccato.
NELLE INDIE OCCIDENTALI 409
Per r altra parle della domanda pigliamo a saggio la cronaca
di Bernald Diaz del Castillo , ito in America col Pedrarias. Egli ci
racconta , che , smontati sul continente i mille e cinquecento soldali
del navilio , non trovarono che conquistare. Per qual motivo? Per-
che tutto era in pace. Adunque non si facea guerra per la religio-
ne , o senza altra giusla cagione. Alcuiii soldati , e con essi il no-
stro Bernald , bramosi di miglior fortuna , nel Febbraio del 1517 ,
prendono soldo , nell' isola di Cuba , sopra la piccola flotta di Her-
nandez da Cordova. Discoprono il Yucatan e , di la costeggiando ,
vanno infino alia Florida. Ingaggiano parecchi combattimenti per
quelle prode silvestri , ma sempre a cagione di giusta difesa. Tor-
nati da questa impresa, per rifornirsi di uomini e di migliori legni,
muore il capitano. Bernald piglia parte alia spedizione del Grijalva,
nel 1518. Preso terra al rio de Tabasco, due Indiani della flotta
accontatisi cogli abitalori del luogo , gl' invitano a darsi all* Impe-
ratore colla formola sopra riferila , intralasciando quanto spettava
al Papa ed alia Chiesa. Avulo un solenne rifiuto , non si va piu ol-
tre. Di rilorno si da soldato al Cortes. Ouesto grande conquistatore,
approdando colla sua gente a Tabasco, trova tutti gl' Indiani in as-
setto di batlaglia. II consiglio che prende si e di mandarli pregan-
do piu volte , che depongano le armi , voler lui pace e non guerra ,
e traltamenti scambievoli da fratelli. Permanendo quelli nelle mi-
nacce, ordina che si faccia in loro lingua la usata intimazione, colla
sola domanda che lasciassero i suoi venire a terra e provvedersi di
acqua. II nuvolo di freccie scaricato sopra la sua nave e la risposla
degl' Indiani, ed il segnale della pugna per Cortes, che gli sbaratta
tulti dal lido. I Caciqui vinti ed altri, mossi dalle cortesi parole del
conquistatore, traggono a lui , accettano la signoria e la prolezione
dell' Imperatore e ne fanno pubblico alto.
E la religione ? Un interprete espone i precipui capi della Fede :
si erge una rozza cappella , dove e posta la sacra immagine della
Vergine, e a Cintla, luogo del primo comballimenlo , s' incide in un
grande albero la croce. In sul partire si esorta quel popolo a rive-
rire 1' immagine e la croce , dicendo che ne avrebbe grande merce.
Queslo e il tutto. Che se neir isola di Cozumel il Cortes ordina ,
410 LA COSC1ENZA E LA CHIESA SCHIAVE
clie gl' idoli di un tempio siano infranti e gittati al suolo , cio non
e per isforzare al battesimo i popoli , che gli adoravano , ma per
dare una pruova, che vanamente un loro sacerdote minacciava guai
e naufragi a chi li avesse loccati. Al porlo di S. Giovanni di Ulua coi
governatori di quella provincia ed al Messico col Montezuma non usa
allramente. Si professa crisliano, espone brevemente le credenze
della sua religione, condanna la idolatda coi suoi riti nefandi , onora
con segni di profondo rispetto il Padre Bartolomeo da Olmeda e gli
altri missionarii die sopravvengono , ed assiste divotamente ai di-
vini uffizii alia presenza degl' infedeli, che vi accorrono , o invilati
o per curiosita 1. Ne muta slile resosi padrone del Messico. Cer-
cate in prova la storia del Torquemada, e vi accerlerete, che la con-
versione di quel vasto regno e dovula ad uno -seel to drappello di
religiosi, chiesli da lui al Papa ed all' Imperalore. 1 quali voi scor-
gete ad uno o a due insieme correre le singole province, aventi Dio
solo per appoggio, la divina parola per arme, e 1' esenipio delle virtu
piu sublimi qua! soave attraimento dei popoli alia fede 2. Eccovi le
violenze, che si sono fatle dappertutto alle coscienze, per incalenarle
schiave alia religione di Cristo.
Pruove di tanto peso , le quali dimoslrano che la celebre formola
riduceasi ad una cerimonia di minacce , per gli avversarii sono un
nulla. Una testimonianza del Las Gasas e lutto. Nella Storia della
distruzione delle Indie occidenlali, favellando questi della impresa
confidata al Pedrarias, scrive cosi : « La cecita degli uomini prepo-
sti al governo delle Indie fu, nell'ordinare la conversione di que' po-
poli, di lenebre si fitte che immaginaronsi e fecersi porre in uso
intiraazioni,per le quali erano posli tra due, o venire alia fede e dar
obbedienza al Re di Castiglia, o aver guerra a fuoco e sangue e
schiavilu » . Dello quindi del feroce abuso che erasi fatto di tale or-
dinamento per avere schiavi a man salva, afferma, che il capilano,
gli ufficiali, e quello chee peggio, il primo Vescovo del Darien,Fra
1 Historia verdadera de la Conquista de la Nneva-Espana. C. 1-7 , 8,
11, 31, 38, 90 etc.
2 Monarchia Indiana, lib. XV.
NELLE INDIE OGCIDENTALI 411
Giovanni di Quevedo, partecipavauo in tanta malvagita per un vii
guadagno. II consiglio delle Indie con a capol'Arcivescovo di Bur-
gos e qui accusato di un iniquo e barbaro ordinamento, ed il Ve-
scovo del Darien, consigliere del Pedrarias, di averne consentita
1' esecuzione e faltone suo pro. Accusa gravissima ! Ma e da leriersi
per fondata? II Las Casas facendo una grande incetta di quanlo se
gli racconlava di fatti in acconcio della pielosa e giusta causa presa
a difendere, non pare che badasse tanlo pel sollile, se fossero veri
o no. Falto sta che presso 1' Ecbard v' e cbi giunge persiuo a cre-
dere non forse stia celato solto il menlito nome di Las Casas un
qualche nemico della Spagna. Tanto gli sembra inverosimile una
parte de' suoi racconti 1. Non arnmettendo tal supposto, abbiamo
Niccolo Antonio, scritlore di fina critica, il quale sentenzia, esser
verosimile avere il Las Casas attribuito a enorme e crudele scelle-
ralezza degli Spagnuoli alcuui atti , cui scusava la necessita o il di-
ritto della guerra ; ed averne colorito allri a nere linte per amplifica-
zione 2. Abbiamo il Morelli, professore nella Universita della Nuo-
va-Cordova del Tucuman, grande conoscitore delle cose indiane, il
quale fa rilevare delle pecche non piccole in tali racconti 3.
Checche ne sia , quanto alia nostra quistione abbiamo le prove
in favore alia mano. II Las Casas accusa il Consiglio sopra le In-
die per la formola riferita. Ma non fa motto della istruzione con
che la si voile accompagnata. L'uno e 1'altro documento essen-
do consegnati ad un tempo, non debbono andar divisi nel giudizio
dello storico. Or bene, se nella formola incontri ruvide minacce, ap-
poggiate a titoli che non reggono alia pruova del diritto; nella istru-
zione li avvieni in uu valido correttivo, in quanlo v'e determinate il
caso della giusta difesa, nel quale solo debbono effettuarsi le minac-
ce. Accusa il Vescovo Quevedo. Ma il Las Casas dimentica di es-
sersi trovato, nel 1519, di fronte al Quevedo nel consiglio reale le-
nuto in Barcellona , e di averlo sentito muovere gravissime querele
1 Script. 0. P. verbo Barth. de Las Casas.
2 Bibl. Nov. Blsp. verbo Barlh. de Las Casas.
3 Fasti Norn Orbis et Ordinal. App. Breviarium Ord. 28, 49, 59,
412 LA COSCIENZA E LA CHlESA SCHIAVE
contro il Pedrarias ed i suoi compagni: ne rammenta due memorie
che il medesimo scrisse all'Imperatore, esponendo nell'una i rei modi
adoperati cogl' Indian!, e proponendo nell'altra i mezzi acconci al ri-
paro. Non e egli del tutlo inverosimile, che chi avea corso tante mi-
gliaia di migliaper mare coll' inlendimento di accatlare merce agl' In-
diani accusando gl'iniqui oppressori, fosse uno di questi, ed avesse
lorde le mani dei guadagni, tratti dall'opprimere? Vero e che il Queve-
do nella sua relazione affermo che gl'Indiani erano servi per natura.
Ma cio in qual senso? Che egli non intendesse di condannarli a per-
petua schiavitu nel senso ovvio , ne fanno fede non solo le accuse
date a chi maltrattava quegl' infelici da schiavi, ma eziandio una
ampla sua dichiarazione. Da una parte del paese, che era andalo a
riconoscere, avea il capitano Francesco Bezerra menato al Darien
un grande numero d' Indiani, ridotli da lui a stato di schiavi. Alia
sua venuta ecco accendersi una disputa assai gagliarda sopra la
licitezza di tal fatlo. Era il Quevedo, che contraddicendo dichiarava
altamente non esser punto lecito questo modo di operare 1. II senso
adunque in che deve intendersi la servitu degl' Indiani da lui affer-
mata si e quello di Aristotele, vale a dire, che stante la ignavia, la
rozzezza ed i loro vizii grossolani doveano esser retti a vita civile
e cristiana dalla saviezza e religione degli Spagnuoli. Ghiariti cosi i
fatti cadono disciolle le accuse del Las Casas. Gl* Indiani non giac-
quero vittima del fanalismo religiose, ma della ingordigia.
III.
La teorica del Sepulveda ed il fanatismo del P. Valverde.
Ciance! replica il Marmontel. Come volete esplicare altramente le
tante crudelta commesse dai Castigliani, secondoche ci narra il Las
Casas? Una passione anche nel piu forte del suo accesso non basta
a mettere negli animi umani tanta ferocia. fi di mestieri che vi si
aggiunga 1' opera di un' altra causa prepotenle : tale e il fanatismo
1 HERRERA Dec. II, lib. 1, c. 4; lib. 4, c. 4, 5.
NELLE INDIE OCCIDENTALI
religiose. Queslo solo coll'orpello della saniita e del piacimento di-
vino ha la forza d'indurre a perpetrare le immanita piu selvagge.
Cita in pruova la formola della intimazione. Di questa si e gia par-
lato. Cita la teorica del Sepulveda e la fa causa morale di perverti-
mento e di lutte le atrocila. Lasciando stare , che i racconti del Las
Casas sono un fondamento non sodo a tanta deduzione; lasciando
stare, che la cilata teorica dicea bensi lecito il guerreggiare gl' India-
ni, ma non mai il martoriarli soggetti; lasciando stare quesle ed altre
osservazioni, non fu Tallegata teorica riprovala dai due consigli reali
in cui sedeano canonisti, teologi e Yeseovi, non fu condannata come
rea dalla Universita di Salamanca, non le era il comune sentimento
degli Spagnuoli avverso a tal segno che messa alle stampe, Carlo V
ripulo doversi con pubblico bando divietare 1' entrata degli esemplari
nei regni della Spagna? Donde consegue esser falso che gli animi
di quella nazione fossero tutti compresi da cieco fanatismo religioso,
o che gli avesse tratti ad esso la opinione del Sepulveda, 1* una e
1' altra cosa affermata dall'avversario con palente contraddizione. II
Marmontel si adopero a lutt'uomo cogli altri Enciclopedisti a sbrat-
tare la Francia della superstizione (il caltolicismo), che figliava il mo-
stro si crudele del fanatismo. I comuni sforzi riuscirono dare alia
Francia reggilori e statuti smorbati da tanta pestilenza. Che ne av-
Tenne ? In questa nuova condizione appunlo si videro arrostir vive le
dame piu delicate , si vide passeggiare a modo di trionfanle 1' orrido
ferro della ghigliollina , si videro menare oscene danze sopra cu-
muli di martoriati ed uccisi cittadini. E la rivoluzione che informa
alia crudelta delle tigri e delle iene e fa sospirare ai giornali dell' Ita-
lia il rinnovamento delle orgie e delle stragi crudeli del novantatre ,
uon il cattolicismo o la religione apostolica romana. Questa fa scri-
vere dai proprii seguaci ai tiranni, dietro i' esempio di Terlulliano :
noi vi possiamo schiacciare col nostro numero ; nol facciamo per
vostro vantaggio e in ossequio della noslra credenza.
Si : ma che ci dite delle slragi di Caxamalca, provocate dai P. Val-
verde, e degli animi inferociti per le sue parole fanatiche? Dalle di-
verse esposizioni del fatto avrete la risposta. Essendosi il Pizzarro
assai bene acquartierato colla sua gente nel luogo piu forte della citta
LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
sopraddetta, mando invitare ad amichevole colloquio, entro la piazza,
1' Inca Atahualpa o Atabalipa, che poco discosto stava accampato con
trenlamila soldati. II quale, accettato, dopo qualche tergiversare, 1' in-
vito, si mosse con grande accompagnamento. II Roberston racconla il
fatto cosi : « L' Inca essendo arrivato al quartiere degli Spagnuoli, il
P. Vincenzo Valverde, sacerdote della spedizione, 1'affronta col Cro-
cifisso neir una mano e col Breviario nell' altra e gli fa un lungo
discorso intorno la Creazione, la cadula di Adamo, la Incarnazione,
I patimenti e la risurrezione di Gesii Cristo, la elezione di S. Pietro
al grado di Vicario di Dio sopra la terra e via via, commentando di-
stesamenle la usata formola delle inlimazioni ». Questa diceria fu si
male tradotta dall' interprete ignorante, conoscitore assai scarso della
lingua degli Spagnuoli e mal deslro nell'esplicarne i concetti in quella
dell' Inca Atahualpa, che questi non comprese pressoche nulla, ma il
poco basto per empiric di slupore e di sdegno. « Risposto cbe egli era
padrone dei suoi Stali e niuno avea dirilto di donarli, ed altri d' in-
signorirsene , che uon volea abbandonare la propria religione per
quella degli Spagnuoli, e dette allre cose ordinatamente , chiede al
Yalverde dove avesse appreso le sue doltrine. In questo libro , gli
risponde subito, traendosi della tasca il Breviario. L' Inca lo apre e
sfogliandolo sel reca all'orecchio. Esso lace, ei replica, non mi dice
parola, e giltalo in terra con disprezzo. II Monaco, furibondo per tale
atto, si volge ai compagni gridando: — Alle armi , crisliani , alle
armi ; s' insulta la parola di Dio ; vendicate la profanazione sopra
questi empii cani. — Pizzarro da il segno dell'assalto ai soldati, che
ardeano d' impadronirsi delle ricche spoglie. La slrage fhusce col
giorno; e piu di qualtromila Peruviani sono trucidati su la piazza 1 ».
Cosi il Roberston, cavando il suo racconto da altri scrillori. Orrore
pel fatto alroce , disprezzo e indegnazione per 1' uomo che 1' ha pro-
voealo, sono gli affetti, che a questa leggenda rimescolano 1'animo di
chi non sa esser corsa ben altramente la cosa. Cerchiamone il filo
presso d' uno, che ne fu parle.
1 Lib. VL
NELLE INDIE OCCIDENTALI 415
Lo Xeres compagno e segretario del Pizzarro, dando conto minuto
a Carlo V dell' impresa, ecco in quali termini riferisce T operato dal
Yalverde, che noi fedelmente voltiamo dallo spagnuolo : « II gover-
natore ( Pizzarro) come vide 1' Inca ed il suo accompagnamento, do-
manda a F. Yincenzo, se volesse porlarsi a parlare ad Alabalipa con
un interprete. Egli risponde che si; parte colla croce nell' una mano,
e colla Bibbia nell'altra, e messosi tra la genie giunge ad Atabalipa,
e per mezzo dell' inlerprele gli parla cosi : lo sono sacerdote di Dio :
insegno ai cristiani le cose del Signore e di questo stesso vengo ad
ammaestrar voi. Cio che io insegno e quello che Dio parlo e che si
conliene in questo libro. Quindi da parte di Dio e dei Crisliani ti
prego che sia loro amico, perche cosi vuole Iddio, e ne avrai bene
da lui. Vieni a favellare col governatore, che ti aspella. Atabalipa per
risposta chiede, che gli dia il libro per vederlo, e quesli gliel porge
chiuso. Atabalipa non trovando modo di aprirlo , il religioso slende
il braccio per aprirglielo. Ma Atabalipa con grande sdegno gli da
d' un colpo nel braccio, non volendo che gliel' aprisse, e tanto si stu-
dia, che alia fine 1'apre egli stesso, e non mostrando alcuna meraviglia
sia delle lettere, sia della carta, come usano gli altri Indiani, gittalo
cinque o sei passi da se lontano. Alle parole del religioso risponde
superbamente per mezzo dell'interprete cosi : So bene quello che ave-
te fatto per via : come avete maltrattato i miei Caciqui e dato il sacco
alle case. A cui il religioso: I Cristiani non hanno operato cos): alcuni
Indiani avendo portalo stoffe senza saputa del governatore, quest!
mando restituirle. Atabalipa di nuovo : Quinci non parliro in fino a
che non mi si rechi il lutto. II religioso die volla colla risposta al go-
vernatore. ' Atabalipa rizzatosi in piesu la lettiga disse a' suoi, che si
tenessero apparecchiati 1 ». Eccovi il fatto, quale si ha dalla relazio-
ne che si compose sopra luogo appresso I'avvenimento, e che prima
corse in Europa , col titolo di verdadera. La semplicila del deltato,
1 Verdadera relation de la Conquista del Peru, y promncia del Cuzco
embiada a su Magestade etc. La edizione e 1' antica e rara del 1547 a carat-
teri gotici.
416 LA COSCIENZA E LA CH1ESA SCHIAVE
la naturalezza del modi e la conformila del linguaggio con quello
adoperato dal Pizzarro intorno la pace per tutto il viaggio, vi dicono,
eke le conviene meritamente cotesto nome. II colorito, 1'andatura
ammanierata e le inesattezze di quella del Roberston vi mostrano il
contrario. In questa il P. Valverde vi comparisce dapprima col Bre-
viario nell' una mano , e poscia vi e fatto vedere tulto inteso a trar-
lo di tasca. Si afferma che 1' Inca non comprese pressoche nulla
della diceria del irate, e quindi 1* udite ribatterla con acconci e stu-
diati argomenti punto per pimlo , come se 1' avesse scrilla dinanzi.
Queste due sole osservazioni non bastano a farcela conoscere per un
racconto gittato in carta a capriccio dello scriltore ?
V e di piu. Garcilasso de la Vega, discendente dagl' Inchi, ne'suoi
eommentarii la rigetla come sozza calunnia, lestificando di aver udi-
to condannarla per tale dalia bocca di alcuni conquislatori trovalisi al
fatto. II P. Valera, figlio di uno di questi, depone che non altramente
affermava il proprio genitore. L' Herrera che, nello scrivere le sue
decadi , ebbe alia mano tutti i document! corrispondenti , riposti
nei reali Archivii di Madrid, si liene slrettamente alia relazione dello
Xeres , ne cura 1' altra piu che una maligna storiella. In fine le
opere del Valverde e la stima in cui fu lenuto eel danno per tut-
t'altro che per pazzo fanatico. Del 1534 egli e in Ispagna, tornatovi
affine di perorare la causa dei Peruviani malmenati. Nel medesima
anno e da Carlo V nominalo Vescovo di Cuzco, e questo , scriveagli
la Regina, por la buena relation que de vuestra persona el Empe-
rador mi Senor ha tenido. Negli atti concisloriali di Papa Pao-
lo III, 1538, leggesi che il Valverde fu preposto alia Chiesa nomi-
nata, utpote qui inlndorum conversione multum insudaverat. Scio-
glie dalla Spagna alia volta del Peru , e col carico di Vescovo gli
e confidato ancor quello di Visitatore dell' azienda reale , di protet-
tore degl'Indiani e di comporre col Licenziato Guevara il dissi-
dio insorto tra Ferdinando Pizzarro e 1' Almagro. Nel 1543 sbar-
ca con altri compagni nell' isola de la Puna , per convertire a Cri-
sto gli abitatori , ed ucciso da essi in una misera chiesicciuola che
avea alzato , le sue carni rosolate servono di fiero pasto a que' can-
NELLE INDIE OCCIDENTALI 417
nibali l. Tutli quest! argomenti , prova lampante della sua saviezza
e del suo zelo , conformant) che egli fu turpemenle calunniato. Qual
maraviglia? non tocco di que' tempi la stessa sorte anche al Las Ca-
sas? Veritas odium parit. Essi diceano la verita contro del tristi.
Eccovi la cagione. Non vediamo rinnovarsilo slesso caso sotlo i no-
stri occhi ? Quante schifose calunnie non ci avviene o di leggere o
di sentire contro gli Ordini religiosi, contro 1'Episcopato, contro lo
stesso Vicario di Gesu Cristo? Una sola via rimane a' cattolici per
non divenir giuoco delle menzogne che ridondano a danno della re-
ligione : la diffidenza , e la incredulila. L' arte di falsare la sloria
delle persone di Chiesa, incominciata sfrontatamenle dai Centuria-
lori , praticata per sistema dai pretesi filosofi , si continua ora dai
rivoltosi alia distesa.
Intanto da cio che abbiamo ragionato, e manifesto, che nella
conversione degli Indiani non si procedette con sentimenli vio-
lenli , ma con quelli della ragione e della carita. E i fatli?Tocchere-
mo in allro quaderno tale quislione e quanto spetla alia condizione
della Chiesa.
1 GARCIL\SSO P. II, lib. 1, c. 25. HERRERA Dec. V, lib. 2, c, 11. GIL GON-
ZALES DAVILA, Teatro Eccl. De laprimiliva Iglesia tie las Indias, Tom. II.
FONTANA, Monumenta Dominic. Cf. ECHARD, T. II. TOURON, Histoire etc.
lib. 26.
Serie 77, vol. 11, fasc. 364. 27 8 Maggio 1865
L' INDIPENDENZA PAPALE
E LE GUARENTIGIE FRANCESI
I.
Ultime dichiarazioni del Governo
al Corpo legislativo.
Questa volta , HOD puo negarsi , sembra che il Governo francese
siasi indotto ad uscire dagli equivoci, in cui erasi tenuto fmora, ed
abbia voluto parlar chiaro per bocca del sig. Rouher, che rappre-
sentavalo nell'Assemblea legislativa. Egli ha fatto sentire al pre-
teso regno d' Italia ammonimenti gravissimi : « Non getti impru-
dentemente i suoi occhi su quel lerritorio di poche leghe quadrate
e su di una popolazione di seicentomila anime ; perche in quel
giorno incontrera un immense pericolo. Se non vuol gettarsi in una
condizione incerta e precaria, non pensi a Roma. Se vuole evitare
elementi di dissoluzione e di morte , non pensi a Roma. Se vuole
evitare formidabili conflitti, non pensi a Roma l. » Egli ha delto
spiegatamente che il Papato e T Italia debbono coesistere insieme.
Ed acciocche non cadesse dubbio sulla natura di tal coesistenza ,
soggiunse che essa s' intende in quanto I'una non dee mai assor-
lire I'altra. « Per la Francia, la Convenzione del 15 Settembre
costituisce e riconosce due esistenze distinte, due aulonomie, due
1 Tornata del 15 Aprile.
I/ INDIPENDENZA PAPALE E LE GUARENTIGIE FRANCESI 419
sovranita ; e quando noi imponiamo all' Italia il rispetlo del terri-
torio pontificio, noi 1' intendiamo in questo senso, che le due sovra-
nita coesisteranno a fronte 1'una dell'altra ; e 1'una non ha il diritto
d'assorbire 1'allra. Noi ci siamo obbligati a lasciar Roma fra due
anni ; ma Tobbligazione dell' Italia non e , si sappia bene , un'ob-
bligazione biennale. Essa si e obbligata a rispettar sempre la fron-
iiera ponlificia 1. » E poiche il dubbio principale cadeva sopra la
parola indipendenza del Papato, e molti Deputati insistevano che
si chiarisse un tal punto ; il ministro Rouher si prolesto che per
€ssa s' intendeva la sovranita temporale del Pontefice : « Ci si ob-
bietta che la resistenza da noi fatta agli emendamenli, ha per fine
di proteggerci coiraiulo d' un equivoco, in quanto parliamo dell' in-
dipendenza del Santo Padre e non del territorio ponlificio, e che in
processo ci gioveremo di quest* ambiguita di linguaggio. lo prolesto
con lutta forza contro cotesta interpretazione. Noi non ci rifuggia-
mo menomamente in un equivoco di parole. Noi non collochiamo
per veruna guisa la sovranita del Ponlefice in condizioni nebbiose
ed incerte ; ma la riponiamo nel possesso del suo territorio : Nous
ne placons pas I' independence du Saint-Siege dans des conditions
nuageuses ; nous la placons dans la possession de son territoire.
Se I'emendamento non dimanda che questo, esso e inutile ; poiche
cio che dimanda, e contenuto nel discorso del trono e nella forma
dell' Indirizzo 2. »
Quanto poi al timore di slealla per parte del Governo torinese, e alle
sue inlerpretazioni nulla rassieuranti, il sig. Rouher uso formole non
meno categoriche. « No, egli disse, gl' Ilaliani non lacereranno la
Convenzione, che essi hanno sotloscritta con noi ; percioccke noi la
faremo loro rispettar e, se essi la dimenticassero. E da quando in
qua i contratti vengono indeboliti per le interpretazioni posteriori ,
che vorrebbero dar loro le parti inleressate? Essi sono cio che
sono ; la Francia li ha segnati , e la Francia ne assicurera il n-
spetto verso tutti e contro tutti. » II tuono, come si vede, e assai
alto ; e, se vi piace, piu che un poco eziandio minaccioso. Non
egualmente esplicito fu il linguaggio del sig. Ministro per ci6 che
X Tornata del 15 Aprlie. — 2 Ivi.
420 L' INDIPENDENZA PAPALE
spetta alia liberla d'azione , riservatasi dalla Francia pel caso che
il Governo di Torino in un modo indiretto giungesse ad insignorirsi
di Roma, chiamatovi, a cagion d'esempio, dal voto popolare, dopo
una rivoluzione interna e sponlanea. Qui egli non si spiega con la
stessa limpidezza, ma lultavia fa abbastanza trasparire il pensiero
del suo Governo. Egli disse : « Noi coll' Italia non abbiamo fatlo
stipulazioni ; solo le abbiamo detto : Seguite il pendio della saggez-
za e della civil ta ; non date di cozzo contro il sentimento cattolico,
contro le grandi Potenze del mondo. II Papato e 1' Italia debbono
coesistere sotto pena di suicidio per la stessa Italia. Voi temete
agitazioni interne, pericoli remoli; io invece spero, e non credo a
nuove agitazioni; credo giunta 1'ora del rappaciamento e del ri-
spelto, e che la pacificazione sia fatta. Spero che la Convenzione ci
proteggera tutti, Italia, Francia e Papato. Ma voi non conservate
questa liberta. Saran forse mutate le circostanze all' indomani del
volo dell' Indirizzo. Forse la quistione non rimarra intera. Che? ave-
te voi per cio bisogno di affidarvi alia redazione di emendamenti , i
quali sembrano indicare sfiducia e inquietudine? Si potrebbe forse
operare per sorpresa in faccia all'Imperatore, ed altuare non so
quale rivoluzione cosmopolita 1 ? » Intelligenti pauca.
II.
Cause determinanti a tali dichiarazioni.
CM ricorda i riserbi e le formole incerte ed elastiche , in che lo
stesso sig. Rouher era involto per 1' innanzi , a fronle eziandio della
pressa fatlagli nel Senato; dimandera con meraviglia qual forza ab-
bia potuto costringere un si abile e potenle schermidore ad uscir fi-
nalmente dalle sue trincee? Diciamo apertamente che ci6 e dovuto
all'assalto irresistibile , datogli dal sig. Thiers. Gia altri Oralori
cattolici avevano maestrevolmente aperta la breccia; tra i quali
spiccarono segnatamente, per la valentia ed eloquenza del discorso,
il sig. Plichon nella discussione generale deli'Indirizzo, e il si-
gnor Kolb Bernard nella difesa dell' emendamento, proposto pel pa-
1 Luogo sopraccitato.
E LE GUARENTIGIE FRANCESI
ragrafo 19. Per dire soltanto di quest' ultimo, ecco un breve sunto
del suo ragionamento. Benche la Francia fosse ila a Roma pel ri-
stabilimento e per la consolidazione della sovranita temporale della
Santa Sede ; nondimeno 1'opera sua e stata fin qui dominata e so-
verchiata dall'opera della Rivoluzione. Teslimonio il fatto ; attesi i
meschini termini, a cui, in onta delle armi francesi, quella sovranita
e presentemente divenuta. Senonche non e mestieri illuminarsi di
questa sinistra luce del passato, per dimandare all'avvenire 1'esilo
della Convenzione del 15 Setlembre. « Tutto sembra indicare che i
signori Pepoli e Nigra, quando firmavano la Convenzione, dicevano
sottovoce : Oggi Firenze, domani Roma. Cio che dicevano soltovoce
il giorno della sottoscrizione, 1' indomani dicevano altamente ; e la
stampa italiana di tutti i paesi , tutti gli uomini di Stato e i Ministri
ilaliani tenevano il medesimo linguaggio. II voto , che dichiarava
Rorna Capilale del regno d' Italia, fu solennemente mantenuto. » Ora
1'altitudine e le parole adoperate finora dal Governo francese sono
tali , da dissipare a questo riguardo le giuste inquieludini de' Calto-
lici? Le affermazioni della Francia sono una sufficiente risposta alle
affermazioni dell' Italia? No. Tutti i suoi atti ufficiali non parlano
che dell' indipendenza della Santa Sede, eppur non e di molto tras-
corso il tempo, in cui da certuni si rappresentava il palazzo Vatica-
no coll'annesso giardino, come sufficient! alia libera azione del Pon-
tefice. « Una formale guarentigia del poter temporale non si trova
ne nel discorso del trono, ne nell' Indirizzo del Senato, ne nel no-
stro Indirizzo. »
Quand' anche la Convenzione stabilisse baslevoli guarentigie, chi
ci assicura della sua fedele esecuzione? La firma della Francia?
Ma essa fu apposta anche al traltato di Zurigo. La firma forse del
Piemonte ? Sarebbe uno scherno al buon senso.
Ma il peggio e che tali guarentigie non si trovano. 0 pu6 aversi
per tale 1' illusoria armata, a formare la quale viene autorizzato il
Ponlefice? La Convenzione vieta solo 1'assalto manifesto. Ma la ri-
voluzione ha altri mezzi in sua balia. La corruzione, i colpi di ma-
LO, camuffati in espressione della pubblica opinione, in somma
1'intero programma, che, non haguari, il giornale l&Nazione met-
teva fuori. Conlro questo lavorio de' Comitali, cosi bene organato,
422 !•' INDIPENDENZA PAPALE
quali precauzioni avete voi prese? Quali guarentigie avele offerle al
Pontefice? I dispacci forse diretti al vostro Ambascialore in Roma;
dispacci tanto seven verso la S. Sede, tan to benevoli verso il Pie-
monte, e nei quali le province invase, son chiamate gli Anlichi Stati
della Chiesa! Adunque, rimanendo cosi le cose, puo la Francia riti-
rarsi da Roma? Puo lasciare il Papato, circondato, senzadifesa, da
volonta nemiche? Isolato in mezzo a baionette unilarie, per le quali
cerlo non vi era che un freno',: la presenza della bandiera francese?
Voi avete la ferma volonta di accorrere a difesa del Papato, in caso
di pericolo. Se non 1'aveste, sareste i complici della rivoluzione. Ma
siele poi cerli di poterlo? Non potreste esserne impediti da qualche
combinazione politica? Avrete cuore d'affronlare allora il rimprovero
d'aggiungere alia violazione del principio di non intervento, la viola-
zione del suffragio universaie? Si, del suffragio universale; giacche
la rivoluzione ha phi d'una tattica a sua dispozione. Partiti i Fran-
cesi, si lasceranno continuare verso il Papa gli omaggi: poi, un bel
giorno, di mezzo alle ovazioni sorgera il grido di scontento, il cla-
more, 1'accusa in fine. Questa scienza e antica ; fu adoperata nel 47:
perche i suoi insegnamenii dovrebbero restare sterili ? Allora , chi
sa? 1'ardore della devozione invadera il governo italiano. Accorrera
in Roma per difendervi il S. Padre; e cosi, essendo tutto apparec-
chialo, sara giunto il momento, in cui, secondo la frase del gene-
rale La Marmora, la quislione romana sara matura 1. »
Questo raziocinio e lampante, e stringentissimo ; nondimeno il si-
gnor Rouher non se ne commosse gran fatto, egli mantenne il silen-
zio. Ma fu tosto ad investirlo il Thiers, il quale, dopo aver mostralo
quanto fosse improvvida la guerra del 59, e non pure pericolosa
per la Francia, ma nociva alia stessa Italia 1'unila statuale che te
si e permessa ; viene alia quistione romana, e pone in luce quest!
punli. L'agitazione, che tultavia regna negli animi, nasce dal lin-
guaggio equivoco, che fmora si e usato. Non si e voluto dire chia-
ro agl' italiani : No, voi non avrete Roma , contro il voto del Cat-
tolicismo ; no, voi non avrele Venezia, contro il voto dell' Europa.
Che ne e avvenulo? Non potendosi per ora pensare a Venezia, si
I Tornata del 12 Aprile.
E LE GUARENTIGIE PRANCESI
e pensalo a Roma ; dove il venerando Pontefice non disponeva di
cinquecentomila baionette. Disponeva egli bensi di una forza mora-
le, che si doveva temere ; ma la forza morale non si fa senlire che
col tempo. Data mano pertanto al difficile problema, si e pensato di
fare in modo, che verso i liberali italiani si facesse vista di consegnar
loro Roma ; verso i cattolici si facesse vista di non abbaridonarla.
Ecco la Convenzione. Gl' Italiani, obbligandosi a non far uso de'mezzi
violenti, si son riservati il progresso morale e le aspirazioni nazionali.
II progresso morale per essi oggigiorno non e altro che un movimen-
to, bene spesso manipolato, per rovesciare un Governo e chiamarvi
in suo luogo Vittorio Emmanuele. Le aspirazioni nazionali poi sono
il voto del Parlamento del 1861, col quale si dichiaro Roma Capi-
tale d' Italia. Or la Convenzione ha detto tra se : Avendo gl' Italiani
sempre riputato che la presenza dei Francesi in Roma sia 1'unico
ostacolo ai loro disegni, si persuaderanno che lo sgombro di quelli
apra la via per I'aUuazione di questi. D'altra parte, non polendo i
cattolici pensare che si cambii Capitale per imo o due anni, ere-
deranno che lo stabilimento deli' Italia a Firenze assicuri al Ponte-
fice il possesso di Roma. Cosi si e procurato di appagare ambe le
parti. Ma i diplomatici piemonfcesi e il Parlamento hanno abbastan-
za dichiarato che la loro andata a Firenze e provvisoria. « L' Italia
crede che la Convenzione le cede Roma , ed a parer mio ha ragio-
ne. » Dall'altra parle il Governo francese che cosa ha fatlo per dis-
truggere queste interpretazioni ? II sig. Drouyn de Lhuys dev' esse-
re ben contento della disposizione della Costituzione , che dispensa
i Ministri dal venire nelle Camere a sostenere i loro atti. « Natural-
mente egli voile provocare alcune spiegazioni ; e fu allora che noi
vedemmo quei documenti , che hanno cosi forlemente preoccupata
T Europa, ed afflitti gli uomini , i quali desiderano che la Francia
abbia una politica ben chiara. Voi conoscete il dispaccio, in cui
il Ministro ha esposto selte punti. Perche sette punti , e non un so-
lo? Un solo bastava. Era da dire agl'Italiani semplicemente que-
sto: Che intendete voi colla Convenzione? Che dopo esservi stabi-
liti a Firenze, i Francesi vi lasceranno Roma? Che vi sara allora in
questa cilta una rivoluzione? Che voi vi sarete chiamati, e ci an-
drete? Gl' Italiani \i avrebbero certamente risposto : Si , e questo
!• INDIPENDENZA PAPALE
quello che noi vogliamo. Passeremo due anni a Firenze e andremo a
Roma, quando voi non ci sarete piu. Ma era queslo un parlar trop-
po chiaro , ed il signer Ministro degli affari esleri sarebbesi tro-
vato in questa difficile posizione : o di lacerare la Convenzione, con-
.fessando che egli aveva firmato un alto importante, senza compren-
derne il seriso ; oppure riconoscere che Roma apparliene agl' Italia-
ni, e che in conseguenza il sig. Thouvenel avrebbe potuto occupare
il suo posto cosi bene, come lui almeno. Non si e volula questa
chiarezza, e si e preferito di restare nel tristo equivoco, che anche
ora si procura di conlinuare, e che non giova ad alcuno 1. »
Da questi soli Iratti ognuno puo comprendere i fieri e risoluti
colpi che il Thiers avventava, e le dure strette a cui veniva da lui
messo il Governo. E ben ne die moslra il sig. Rouher, il quale non
seppe allrimenli schermirsene, che procurando di deviar la discus-
sione, tramutandola in personale. Egli si studio di moslrare che le
teoriche ed i giudizii present! del Thiers erano in contraddizione con
quelli, da lui professati allra volta. La tattica slava per conseguire
10 scopo : giacche il Thiers da prima grandemente se ne commosse.
Ma tosto, da accorlissimo e valente combattilore, se ne riebbe. Egli
avrebbe potuto agevolmente dimostrare che, quali che fossero state
le sue antiche idee contro 1' influenza dell' Austria e in favore della
liberla d' Italia, esse non mai erano trascorse fino a volere 1* unita
politica della Penisola. Quanto poi alia quistione romana, egli avea
sempre sostenuta la necessila del poter temporale della Santa Sede;
e ne avea in pronto la pruova ne' suoi famosi discorsi nell'Assemblea
di Parigi ai tempi della repubblica. Ma egli non voile neppur toccare
tutto cio. Posta inleramenle da banda la sua individuale difesa, torno
fieramente alia carica sulla quistione religiosa e politica: « Ho pro-
vato, pochi istanti fa, una emozione, della quale non ho saputo guar-
darmi. Essa e passata . . . Avrei grande rammarico, se impiccolissi
questa solenne discussione, faceudola dipendere da una quistione per-
sonale 2. » Con questo nobile disinteresse egli sconcerto pienamente
11 suo avversario. Brandendo poscia le armi ricomincio dal dichiarare,
che anche dopo la parlata del Rouher, 1' equivoco sussisteva. « Quale
1 Tornata del 13 Aprile. — 2 Tornata del 15 Aprile.
E IE GUARENTIGIE FRANCESI 425
& la condizione in che si e posto il Papa a fronte dell'Italia? Si dice che
il Papa siasi ostinalo nel suo non possumus • che non ha voluto fare
concessioni ; che V Italia al contrario ne ha fatte, e che e stato ne-
cessario prendere un partito, perche 1' oecupazione di Roma non po-
teva essere indefinita. Ma il Papa non e un Sovrano regolare? un
Sovrano che ha mille anni d' esistenza? Ora ch' e accaduto? Gli si
tolsero da principio le Legazioni, poscia le Marche. Che gli e rima-
sto? II terrilorio romano. Eccovi adunque un Sovrano legittimo, al
quale si tolgono i quattro quinti de'suoi Stati; e quando egli ricusa
di abbandonare 1' ultimo quinto, si grida ostinato, chiusosi, come in
trincea, nel suo non possumus, e che si rifiuta ad ogni conciliazione.
fi vero che gli si vuol togliere I' ultimo quinto ? lo sostengo che se
un solo Ministro italiano avesse detto a Torino che 1' inlenzione del
Governo era di stabilirsi definitivamente in Firenze, la Convenzione
non sarebbesi votata. Essa non fu votata , se non per essersi delto
ch'era una lappa verso Roma. Ecco dunque lo stato delle cose, ri-
spettivamenle al Papa : il Papa e un ostinato , perche dopo di aver
perduto i quattro quinti de' suoi Stati , rifiuta di ascoltare le pretese
proposizioni , che si vorrebbero fargli. » Che diceva qui il sig. Bil-
lault il 12 Marzo 1862 ? Che noi resteremmo a Roma, finch e le com-
plicazioni italiane non Irovassero una soluzione. Ecco gl' impegni,
che sono stati presi. Ora voi vi affrettate in questo momento a rili-
rarvi da Roma. Cio non e rassicurante , voi dovete confessarlo, pei
Cattolici ; a nome dei quali io parlo in queslo momento come cittadi-
no, e invocando il gran principio della liberla di coscienza. Quale
guarentigia offerile voi al Papa? La Convenzione del 15 Seltembre.
Ora se essa non avesse ricevula che una sola interpretazione, 1'am-
melterei per tale ; ma essa ne ha ricevute due differenlissime.
Passa poscia il Thiers a dimoslrare la vanila della difesa che si
concede al Papa , mediante la formazione d' un esercilo. II Papa ne
avea uno prima di Caslelfidardo. Niuno credeva che il Governo fran-
cese lo abbandonasse , come niuno credeva che lasciasse lacerare il
traltato di Zurigo. Che e avvenulo dell' uno e dell' altro ? Ed ora in
condizioni tanlo peggiori si pretende che ilPapa formi un allro eser-
cito , quando nessuno piu crede che si possa per tal mezzo conserva-
re la sovranila pontificia ! Forse per formarlo gli fornirete voi stessi
426 L1 INDIPENDENZA PAP ALE
uomini e danaro? Ma allora valeva meglio mantenere le truppe fran-
cesi a Roma ; il che aveva ancora un vantaggio per la dignila del
$. Padre , in quanto gli risparmiava il cimento d' esser costretto, per
manlenersi al Valicano , d' inondare di sangue la piazza di S. Pie-
tro. « lo dico che non v' e nulla nella Convenzione , che sia tale da
rassicurarci : o piuttoslo dico che una sola cosa potrebbe fare cio ,
se fosse possibile di prenderla con serieta. Essa e la liberta di azio-
ne, che il Governo francese si riserva. Ma che vale questa riserva?..,
Quando voi avrele lasciato Roma, suppongo che un movimento ob-
blighi il Papa a lasciare la citla eterna e che il re Vittorio Emma-
nuele sia chiamato ad impadronirsi degli Stati romani. Qui si pre-
senla il caso della liberta d' azione, che vi siete riservata. Voi al-
lora rientrerele in Roma ? lo diro subito che tornava meglio restarvi.
Dipoi vi domando : in virtu di qual principio rientrerele voi in Roma?
Oggi ci dite che ne uscile per rispetto al principio del non interven-
to ; ma qual principio invocherele per rientrarvi? Al presente vi po-
tete restare senza difficolla ; ma per rientrarvi, sarete obbligati a un
nuovo assedio di Roma , oppure dovrele richiedere il concorso del-
FEuropa. In quest'ultima ipotesi quale sarebbe la vostra posizione? »
In fine il sig. Thiers disse che remendamento, benche non propo-
sto da lui , veniva nondimeno da lui approvato, siccome dichiarante
che cosa s' intendesse per indipendenza della Santa Sede , sopra il
qual punto egli giudicava che lutli gli atti del Governo avevano fmo-
ra mantenuto 1' equivoco : « Gl' Italiani , cosi egli finisce , pronun-
cieranno fino a che lo si vorra, questa parola d' indipendenza della
Santa Sede ; essi diranno che la vogliono rispeltare ; essi non pre-
tendono scacciar da Roma il Santo Padre. Essi vogliono lasciarlo
al Vaticano in quella parte, che tutti quelli , i quali hanno visitato
Roma, conoscono cosi bene sotto il nome di Citta Leonina. Ivi sara
rispettato, venerato, guardato dalle truppe dell' Italia. V'ha di piu : si
narra che in altri tempi gl'imperatori d'Alemagna trovandosi pres-
so il Papa, si riputavano onorati di tenere la staffa al Santo Padre.
Ora, io non dubito che il re Vittorio Emmanuele, il quale e un bra-
vo soldato e un buon cittadino, non si onori, alia sua volla, di tener
la staffa al Papa. (Si ride}. E inlanto, gl' italiani non vogliono il po-
tere temporale. Non facciam dunque, o signori, piu giuoco sulle pa-
E LE GUARENTIGIE FRANCESI
role. II merito dell' emendamento e di pronunciare la parola essen- *
ziale governo temporale e di far cessare 1'equivoco. Non dimenticate
che la Convenzione del 15 Setlembre vi ha posto in una condizione
difficile, e che non potete trovare appoggio, con quesla Convenzione,
che in due pensieri chiaramente manifeslati : il voslro e quello della
Camera. Sarebbe cosa grave il respingerla : non vogliamo togliervi
la vostra liberta d'azione; ma invece vogliamo darvi forza contro
T Italia. La Convenzione vi ha creato uno stato scabroso ; se avete
Fappoggio della Camera, se 1' Italia, che e accortissima, vede dietro
a voi 1'adesione della Francia, ben comprendera quanlo sarebbe
grave pel Governo francese provocare una rivoluzione religiosa e
separarsi dal paese. L' Italia sapra che il pensiero della Francia si e
che il territorio del Santo Padre gli sia assicurato , e che la sua so-
vranita temporale sia perfettamenle indipendente 1. »
Non si poteva con maggior nerbo e lucidezza di discorso mettere
a nudo la verila e costringere 1'Oralore governativo a parlare; giac-
che il silenzio stesso in tal congiuntura sarebbe stalo eloquente. Non
e dunque meraviglia che egli abbia dato quelle si esplicite spiega-
zioni, protestando che per indipendenza della Santa Sede intendevasi
il possesso del suo territorio, che la rinunzia del Piemonte, contenuta
nella Convenzione, era assoluta, che in nessun caso la Francia avreb-
be permessa 1' umiliazione e la sudditariza del Pontefice. I Diarii li-
berali ne sono ili in furia ; ma essi non sono meno ingiusli che av-
ventati. Se si fossero posti nei panni del sig. Rouher , avrebbero di
leggieri capito che egli non si lascio trasportare , come essi dicono ,
al di la dei termini prudenziali ; ma fece semplicemente do che non
poteva piu schivare nelle angustie, in cui era stato ridotto dall1 impla-
cabile logica del signor Thiers.
III.
Se le fatte dichiarazioni dieno finalmenle sicurezza.
Possiamo noi dunque , dopo si fatte dichiarazioni, rassicurarci c
dormire tranquilli, sopra un affare che tanlo inleressa, quale e quello
1 Tornata del 15 Aprile. • -'W
428 !•' INDIPENDENZA PAPALE
della liberta ed indipendenza della Sanla Sede ? Cosi sembra , die
interroghino i Cattolid ; e noi ci sforzeremo di chiarir brevernente
la risposla.
Due cose bisogna distinguere in questo particolare : la quistione in
se stessa, le intenzioni del Governo francese. Quanto alle intenzioni
del Governo francese, se esse per innanzi giustamente si chiamavano
incerte e dubbiose, 1'ambiguita e 1'incertezza seinbrano bastevolmen-
te rimosse dalle dichiarazioni del sig. Rouher. Da esse indubitala-
mente appadsce che il Governo francese intende, die il Sommo Pon-
tefice resti sovrano temporale ; che senza tal sovranila sia impossi-
foile 1'indipendenza dell'aposlolico ministero e quindi la pace in Eu-
ropa ; che il Piemonte , coll' andata a Firenze , abbia defmitamente
scelta la Capitale; che dove in qualunque modo si attenlasse d' an-
dare a Roma, ne sarebbe cacciato colla forza. Queste cose sono basle-
volmente fatle capire dal Rouher ; almeno cio suouano le sue parole.
Vero e che anche nel 59 il signer Rouland fece un' esplicita pro-
messa, che le armi francesi non avrebbero tollerato che il Sommo
Pontefice fosse in niun modo leso nei suoi diritli di sovrano tempo-
rale, e nondimeno il Pontefice fu poco dopo spogliato di quasi lullo
il suo territorio. Ma in prima il Rouland ha nell'uUimo suo discorso
al Senalo fatto palese qual fiele giansenistico si nascondesse in seno ;
laddove niente di somigliante puo sospetlarsi nel Rouher. In secondo
luogo quella promessa del Rouland era falta ai Vescovi ; laddove le
dichiarazioni del Rouher sono falte alia nazione fraucese, rappresen-
tata da' suoi Deputali. Ora ai Vescovi si puo, tanlo e tanto, mancar
di parola ; il medesimo non crediamo che possa farsi all' intera na-
zione. Del resto checche sia del passato, noi parliamo del presente,
e del presente quale apparisce dalle parole, le quali, come ognun
sa, ci furono date da Dio per segni manifestalivi del pensiero. Con-
siderate esse come tali, diciamo risolutamente che dal discorso del
Rouher le intenzioni del Governo francese , esposte di sopra , si
manifestano con chiara evidenza, e cosi furono altresi intese dalla
dvoluzione, che quindi ne slrabilio fieramente.
Cio per 1'una parte ; quanto all'altra, cioe alia quistione conside-
rala per se slessa, e tutt'altro discorso. La sovranila lemporale del
Papa non e in nessun modo assicurata.
E LE GUARENTIGIE FRANCESI
Non 1' e per parle delle Finanze : giacche V offerta divisione del
debito pubblico non e accettabile , siccorae quella che inchiude un
tacito riconoscimento dell' usurpazione piemontese ; ed oltre a cio il
microscopico regno, rimaso al Papa, non gli offre i mezzi sufficient!
alle spese, che gli son necessarie per mantenersi sovrano. Ne le
largizioni spontanee dei fedeli, o le coniribuzioni paltuite degli Stati
catlolici sono un rimedio opportune ; giacche le prime costituiscono
una condizione precaria ed incerta ; le seconde nocerebbero all' in-
dipendenza e alia dignila del Pontefice.
Non 1'e per parte dell'esercilo. Imperocche\ primieramente, come
ben osserva il Thiers, dopo 1'esempio di Castelfidardo, mancaragio-
Bevolmenle lo zelo a formarlo; e in secondo luogo mancano i mezzi
pecuniarii per mantenerlo, nelle angustie di territorio, a che il Papa
e stalo ridollo. Ma senza cio la sua missione sarebbe del tutto vana ;
giacche non polrebbe avere allro scopo, che di difendere la fron-
tiera, bastando alia pace inlerna la gendarmeria, e la famiglia del
Criminale. Or sarebbe per lo meno ridicolo il volere che un eser-
cito, anche di ventimila uomini , difenda la fronliera da chi , con
animo ostile, ne ha in pronto quattrocentomila.
Non 1'e per parle della stessa Roma. La qaale, altesa la sua gran-
dezza, il numero de' suoi abilanti, I'accorrervi de' foreslieri, vi pre-
senlerebbe 1'idea di un gran capo senza corpo, o al piu con un corpa
da bambino; ente mostruoso ed innaturale, epero non duraluro. Di
piu vi presenterebbe 1'idead'un territorio sommamente bisognosod'in-
dipendenza , e nondimeno sommamente dipendente ; siccome quello
che e stretto d'ogni parte dalle braccia di un potente vicino, avver-
so di volonla, d' istituzioni, di tendenze, e bramoso d'ingoiarselo',
quando che sia.
Non 1'e per parle della Convenzione. Imperocche si ha un bel dire
che ella e intesa dalla Francia cosi e cosi. Ogni nozione piu elemen-
tare di diritto pubblico basta per fare intendere che un contralto
sinallagmatico non puo obbligare ambe le parli se non a cio che vi e
chiaramente espresso, o nella cui interpretazione ambe convengono.
Or nella Convenzione non e espressa se non la rinunzia per parte dei
Piemonte ai cosi delti mezzi violenli ; tullo il resto e abbandonato
alle conlingenze future, che 1'abilila rivoluzionaria sapra certamente
430 L' INDIPENDENZA PAPALE
a suo senno preparare per profittarne. Quanto poi alle interpretazio-
ni fattene dalla Francia, esse non solo non sono accettate dalla con-
troparte , ma sono formalmente contraddette e respinte. Qual obbli-
gazione adunque possono elle produrre? .
Che piu? Non 1'e neppure per parle delle dichiarazioni fatte dal
Rouher a nome del Governo, se si guardano alquanto piii soltilmen-
te. Imperocche egli nega ai romani il diritto di anneltersi all'Italia,
ma riconosce in loro il dirilto di far mulazioni all'interno. « Rico-
nosco nei Romani un diritto di Sovranila ; ma questo diritto non e
che un dirilto interno, il quale non polrebbe arrivare fino al diritto
di anneltersi ad uno Stalo vicino 1 » . E poscia tornando sullo stesso
soggelto, aggiunge : « Riconosco nel popolo romano alcuni diritti di
Sovranita, ma questi diritti hanno dei limiti. Puo un popolo mutare
il suo organamento interno, ma non ha diritto di lasciarsi assorbira
da un allro popolo. Vi ha in cio una quistione di equilibrio 2. »
Questa teorica e falsa, e contraddittoria, e distruttiva di tutte le as-
sicurazioni date dal signer Ministro. E falsa, perche fondata sull'as-
surda dottrina della sovranila popolare, intesa nel senso di Rousseau,
in cui il popolo e sempre sovrano , anche quando legitlimamente ha
un sovrano. Basta il buon senso per intendere che I'organamenlo go-
yernativo non puo mutarsi, se non da chi ha il diritto di governare,
e il diritto di governare e nel principe, non nel suddito. E poi con-
traddittoria 1'anzidetta teorica : primieramente perche il signor Rou-
her non vorrebbe applicarla, almeno nel presente, alia Francia; e sa
quivi il popolo sovrano volesse fame uso , non si consulterebbe la
maggioranza, ma si chiamerebbe 1'esercito a capacilarlo colla mitra-
glia. In secondo luogo, perche se il popolo e veramente sovrano, non
si vede perche non possa liberamente annettersi ad altro popolo, dove
il creda conveniente ai suoi interessi. Questo e come se altri dicesse
che il proprietario puo ordinare diversamente i suoi beni , ma non
ha dirilto di alienarli. Si ricorrealla ragion d'equilibrio? Ma con cio
si cade in una nuova contraddizione ; perciocche se 1'idea del bene
generate puo limitare un diritlo, non si vede perche non possa limi-
tarne un altro. Se la bilancia europea puo vielare al popolo romana
1 Tornata del 15 Aprile. — 2 Ivi.
E LE GUARENTIGIE FRANCESI 431
die si annetta al Piemonte; non si vede perche 1'interesse generate
di tutto il Caltolicismo non possa vietare al medesimo popolo di mu-
tare il suo organamento interne. E maggiore forse 1'interesse mate-
riale dell'Europa, cbe non 1'interesse spirituale di tutta laCristianita?
Infme e teorica distrultiva delle slesse assicurazioni del sig. Rouher;
perche riconosciuto un tal diritlo nel popolo romano, sara cura dell'I-
talia il fare che esso agogni mutamenli organic! inconciliabili colla
sovranita, vera e non nominate , del Pontefice. In tal caso che cosa
avverra ? La teorica del signor Rouher parla chiarissimo, e non cre-
diarao che egli voglia in tal frangente ritrattarla. II Ponlefice , non
potendo esser suddito di un altro Sovrano (sia Re, sia popolo> poco
monta) , sara costretto a rilirarsi ; e il preteso popolo romano, rima-
so senza capo politico , potra essere impedito dal darsene uno a sua
volonta , invitando il Re d' Italia? Che fara allora la Francia? Verr&
con un esercilo a ristabilire 1'ordine di prima. Ma quand' anche fosse
ella risoluta a un passo, che tanto le ripugna, di far guerra a quelli
slessi che ha liberati 1 ; le sarebbe poi permesso dall'Inghillerra?
E prescindendo da cio , si ricordi quanto ella dovette travagliarsi
per simile impresa nel 49 , allorche non aveva a fronte che il solo
Garibaldi con piccolo esercito, per lo piu ragazzi o mascalzoni. Che
sarebbe, quando avesse a conlrastare con chi puo opporle un eser-
cito di quattrocentomila uomini?
Ma non ci e bisogno di tanto. II signor Rouher, rispondendo al-
1'obbiezione : che, nonostante la sua teorica, vielante 1'annessione dei
popoli, si era luttavia tollerata 1'annessione delle Legazioni e delle
Marche e deU'Umbria; disse che cio era succeduto per necessita
imperiose, e per non coslringere colla forza popolazioni frementi.
« In quanto all'annessione delle Legazioni non ho ad esaminare se
1 C' oggimai buffonesco Memorial diplomatique con questa ragione ap-
punto giustifica la Francia, dal non essersi opposta al Piemonte nella inva-
slone delle Marche e deH'Umbria. PauvaU-on recommencer la guerre contro
ceux memes, quon venait d'affranchir? (23 Avril 1865). Non s'accorge 1' ob-
bligato scrittore che se questa ragione e suprema , essa ha valore per qual-
sivoglia altro caso, che possa presentarsi. Se poi non e suprema , e vana-
mente allegata; perche poteva benissimo cadere per terra a fronte di ragioni
piu giuste ed urgenti.
432 L' INDIPENDENZA PAP ALE E LE GUARENTIGIE FRANCES1
sia stala spontanea o provocata ; cosi per le Marche e per T Umbria.
Questc quistioni furonvi sottoposte nel 1860 e 1861, e voi le giudi-
casle. II Governo allora vi disse i suoi dolori e la difficolta del caso.
Non gia che fosse impossibile fare indietreggiare il Piemonte ; ma
bisognava che laFrancia facesse gravitare un' occupazione indefinita
su popolazioni fremenli e agitate. In cio non vi fu per parte del Go-
yerno francese un atto di assenso ; vi fu un atto di rassegnazione in
presenza di difficolla d'un ordine immense 1. » Queste parole sono
tanl' oro. In vista d'un si cospicuo esempio, dovra riputarsi impro-
habile, che esso si rinnovelli per quest' ultima annessione? Se allora
le difficolta furono d' un ordine immenso, non saranno al certo mi-
nori in questo nuovo emergente. Qual ripugnanza che a loro ri-
guardo il Governo francese, non cercando come la cosa sia avvenu-
ta , faccia di bel nuovo sentire alia Camera i suoi dolori , esponga
la difficile condizione delle cose , e benche non vegga impossibile
fare indietreggiare il Piemonte, consideri nondimeno che per cio
bisognerebbe far gravitare una occupazione sul popolo romano fre-
mente e agitato ? Sarci certo di bel nuovo il caso di non fare ( ne
guardi il cielo ) alto di assenso ; ma sol di fare un atlo di rassegna-
zione, in presenza di difficolta di un ordine piu che immenso.
Ne la faccenda della bilancia europea , che era Tunica arme ado-
perala dal sig. Rouher, potrebbe in sostanza essere ostacolo. Im-
perocche se essa non ha perduto Tequilibrio per la formazione di
un regno di 24 milioni, potra dirsi sul serio che vada a rompicollo,
dove a questi ventiquattro milioni si aggiungano non piu che altre
seicento mila anime?
Sicche, il tutto ben computato, e da conchiudere che eziandio
dopo la discussione del Corpo legislative, benche siasi fatto al-
quanto di luce sopra le benevole intenzioni della Francia ; nondi-
meno, per cio che concerne la sostanza dell'affare, la Convenzione
resta, quale fu definila da principio, negotmm perambulam in te-
nebris; e con cio sia posto termine a questo, ornai troppo incre-
scioso, argomento.
1 Tornata del 15 Aprile.
IL PATRIZIATO ROMANO
DI CARLOMAGNO1
XIV.
Ribellione dell' Arcivescovo di Ravenna contro la Sovranita
di Papa Adriano.
Dopoche Carlomagno ebbe, nell'Aprile del 774, riconfermalo in
Roma con Papa Adriano il Patto d' alleanza , che gia da vent' anni
stringea colla S. Sede la nuova dinaslia dei Re di Francia, e dopo
la splendida vittoria che poco appresso egli riporto del Re Deside-
rio, colla conquista di Pavia e di tulto il regno Longobardo ; il primo
allo di Carlo , nella sua qualila di Palrizio de' Roraani, ossia Difen-
sore della Chiesa Romana , fu di restituire a S. Pietro tutte le giu-
stizie, usurpategli poc' anzi dal Re de' Longobardi. Res a Langobar-
dorum regibus ereptae, Adriano Romanae Ecclesiae rectori resli-
tutae , dice Eginardo 2 : e con lui i Fasti Carolini altestano che Re
Carlo, prima di tornare in Francia, laetus sancto Petro reddidit ci-
vitates quas debuit 3. Tra coteste giustizie tenean luogo principalis-
simo le belle province dell' Esarcato e della Pentapoli, lequali, dac-
che per la Donazione di Pipino erano stale assicurate in perpetua
ed assoluta signoria de'Papi, formavano la parte piu ampia ed opu-
1 Vedi questo volume pag. 23 e segg.
2 Vita Caroli, c. 6.
3 Presso il MAI, Spidleg. Roman. T. VI, p. 185.
Serie 77, vol. II, fasc. 364. 28 8 Macjgio 180$.
43 1 JL PATBIZIATO ROMANO
lenla dello Stato di S. Pietro. Cacciatine pertanto i recenli invasori,
elle furono rimesse in potesla di Adriano , il quale non indugio a ri-
pigliarne il comando , ed a mandare per tulle le cilia e lerre i suoi
giudici, attori ed official! che ne amministrassero il governo, al
modo stesso che gia soleasi fin dai tempi di Papa Stefano II.
Ma ecco che , in sul bel cominciare di questa prima Rislorazione
del Governo ponlificio, sorse improvviso ad impedirla un nemico,
non gia esterno e barbaro , com' erano teste i Longobardi , ma in-
Idnseco e tale , che da lui men che da ogni altro doveva il Papa
aspettarsi simile oltraggio. Quesli fu Leone , Arcivescovo di Raven-
na; quel medesimo, che quallr' anni innanzi, per 1'autorevole inter-
vento del Papa Slefano III e del Patrizio CaHomagno , aveva ottenu-
to il possesso di quella nobilissima Sede , cacciandone Michele Scri-
niario , il quale , merce il favore e la polenza di Re Desiderio , vi si
era violenlemente inlruso e mantenuto per oltre a un anno 1. Imme-
more di si gran beneficio, Leone rivolse a danno della S. Sede quel-
la dignila, che avea da lei conseguita, polendo in lui piu che la gra-
liludine e il dovere , 1'ambiziosa voglia di signoreggiare.
Da questa sospinto, egli rioomincio sotto nuove forme contro Roma
le superbe rivalila, esercitate gia da alcuni suoi predecessori ; i qua-
li , come e noto , mal comportando che Ravenna , sede un tempo
degl' Imperatori e dei Re goti , e poi degli Esarchi d' Italia , dipen-
desse nell' ordine gerarchico da Roma , aveano brigato , piu d' un
secolo innanzi, ed oltenulo da Costanle, imperatore erelico d'Orien-
le, un diploma di autocefalia, cioe d' indipendenza da qualsiasi altro
Vescovo, e nominatamente dal Vescovo e Patriarca dell'antica Roma ;
e in questa scismalica indipendenza eransi ostinati , qual piu qual
meno, fin verso i principii del secolo ottavo. Da un cinquanl'anni in
qua cotesti orgogli si erano , se non del tutto spenti , cerlo almeno
sopili nella Chiesa ravennale ; e ad attutarli avean dovuto grande-
mente contribuire anco le dure circoslanze, in cui Ravenna a quei di
trovossi, e il bisogno che quindi sentiva di slringersi a Roma e d' in-
vocare la protezione de' Pontefici. La persecuziorie suscitata in Italia
1 ANASTAS. in Stephana 111; COD. CAROL. Epist. XCIV, ecliz. del CENNI.
DI CARLOMAGNO 435
dagl' Imperatori iconoclasti , il mal governo da essi fatto del popoli
per mezzo degli ultimi Esarchi, 1'abbandono , in cui le province
specialmente di Ravenna e della Pentapoli erano al tempo slesso la-
sciate , di ogni difesa contro la ferocia de' Longobardi , e quindi le
ripetute invasion! ch'elle avean dovuto soffdre da Liutprando e da
Astolfo , facilmente avean persuaso tutti gli ordini del clero e del po-
polo ravennale a porsi sotto 1'egida di S. Pietro , unica forza e sal-
vezza dell' Italia romana in que' tempi calamitosi. Ed altrove abbiam
narrato 1 con qual fervore di ossequitfse suppliche 1'Arcivescovo
Giovanni e tutt' i Ravenuati invocassero nel 743 la prolezione di Pa-
pa Zaccaria contro Liutprando , e quanto efficace la sperimentassero,
siccome 1' aveano gia sperimentata non dissimile in simili frangenti
dai due suoi predecessor! , Gregorio II e III.
Eslintosi poi , col governo degli Esarchi , il dominio imperiale
nell' Esarcato , e stabilita nel medesimo per le vitlorie e per la Do-
nazione di Pipino , non meno che pel voto de' popoli riconoscenti , la
Sovranita dei Papi , gli Arcivescovi di Ravenna diventarono sudcli-
ti , anche civili , del Pontefice Romano ; e come tali a lui dovettero
da indi innanzi prestare special giuramento di fedelta 2, oltre all' ub-
bidienza che gli prometteano come a Pontefice , nell'atto di ricevere
dalle sue mani ( secondo 1' uso antico , e inlerrotto solo durante la
pretesa autocefalia) 1'episcopale consacrazione. Sappiamo infalti per
testimonianza di Papa Adriano 3 , che Stefano II, come prima ebbe
ricevuta da Pipino, nel 756 , la consegna solenne delle citt£, piglio
incontanente possesso dell' autorita sovrana in tulto 1' Esarcato , col
distribuire cola lulte le cariche di governo, cunclas acliones exarcha-
tus ad peragendum distribuebat, e col mandare da Roma i diplomi a
tutt' i governatori ed ufficiali , omnes adores ab hac Romana urbe
1 Origini della Sovranita temporale dei Papi, Cap. V.
2 A questo giuramento allude senza dubbio Adriano I, quando accusa di
spergiuro Leone, ribellatosl alia temporale Sovranita della S. Sede:]Y(w re-
putans de sua promissione, quam beato Petro et eius vicariis iureiurando
adhibuit, sed sicut transgressor mandatorum Dei in periurii reatus incidit.
COD. CAROL. Epist. L1V.
3 Ivi. Epist. LII.
436 IL PATRIZIATO ROMANO
praecepla earumdem actionum accipiebant. Ed in Ravenna slessa
invio a risedervi in suo nome ed a soprantendere alia giustizia, due
illustri personaggi, tolti 1'uno dal clero, 1'altro'dal laicato romano,
cioe Filippo prete ed Euslacbio duca ; indices ad faciendas iustitias
omnibus vim palientibus in eadem Ravennalium urbe residentes ab
hac Romana urbe direxit, Philippum videlicet illo in tempore presby-
terum simulque etEustachium quondam ducem l. Ma nel tempo stes-
so ei lascio all' Arcivescovo di Ravenna , che a quei di era Sergio ,
la general soprintendenza dell' Esarcato 2 e forse anche della Penta-
poli , conferendogli una potesta somigliante a quella che poi ebbero
i Cardinali Legali delleRomagne e delle Marche. Molti indizii ci ren-
dono sicuri di do ; ma qui ci basla allegarne due soli, che si riferisco-
no entrambi alia persona medesima di Sergio , e 1' un 1'altro si illu-
strano mirabilmente. Imperoccbe, dall' una parle leggiamo in Agnel-
lo ravennale , scrittore del IX secolo , che Sergio iudicavil a finibus
Perticae totam Pentapolim et usque ad Tusciam et usque ad men-
sam Uvalani , velut exarchus , sic omnia disponebat , ut soliti sunt
modo Romani facere 3 ; la quale asserzione , pognamo che ab-
bia dell' esagerato , quanto alia soslanza tultavia non V e niuna ra-
gione di rigettarla per falsa : e dall'altra parle troviamo che Leone ,
successqre di Sergio , aspirando alia signoria di tutlo TEsarcato, al-
legava per se 1'esempio della potesta esercitata gia dal suo anteces-
sore , e che a quest' eserapio rispondendo Adriano , non negava gia
tal poles la , ma solo dimostrava essere stata dipendenle e soggetta
a quella di Papa Stefano 4.
Fin dai primordii adunque della Sovranila pontificia nelle Roma-
gne, il Metropolitano di Ravenna che gia era cola, per le vastissime
1 Ivi. Questo prete Filippo era probabilmente quel medesimo, che nel-
V anno 761 si trova sottoscritto alGostituto di Paolo I, come prete Cardinale
del titolo di S, Marco. Piu tardi fu creato Yescovo, come e detto in questa
Leltera medesima di Adriano.
2 Vedi il SIGONIO, De Regno Italiae, sulla fine del Lib. HI; e il Rossi, Hutor.
Ravenn. L. V.
3 AGNELLUS, in Vita Sergii, c. 4, presso il MURATORI, Her. ItaL, T. II, e
presso il MIGNE, Patrolog. lat. T. CYI.
4 COD. CAROL. Epist. LII.
DI CARLOMAGNO 137
possession! della sua Chiesa, il piu ricco e potente principe della
terra, divento eziandio il piu eminente magistralo del nuovo Slato,
merce gli amplissimi poteii oode il nuovo Sovrano lo invesli, quasi
suo vicario. Macio non parve baslare all'alterigia di alcuni. Sergio
stesso comincio a muovere superbi contrast! ai comandi sovrani di
Stefano II ; per lo che il Papa, toltolo da Ravenna , lo fece venire a
rendergli di se ragione in Roma 1. E qui ei trovavasi luttavia, allor-
che Stefano mori, e gli fu succeduto Paolo I; ma questi uon tardo a
riammettere 2 in grazia 1' Arcivescovo raumiliato , e dato sesto alle
lili che contro di lui pare che al tempo medesimo avessero mosso i
Ravennali, lo rimando alia sua sede, dove 1' ebbe indi innanzi fede-
le e zelante ministro 3. Pero , quel che in Sergio era stalo un molo
passaggiero d' inobbedienza , cancellato poi da lunga e costante fe-
della, nel suo successore Leone (giacche dell' intruso Michele, dop-
piamenle ribelle alia sovrauila del Papa, e superfluo parlare), appar-
ve ribellione dichiarata e ferma nel violento disegno di soppiantare
per tutlo T Esarcato e la Pentapoli la Sovranila pontificia.
Tristi sentori di animo indocile e superbo egli avea gia dati ad
Adriano nel 772 4, allorche di suo capo e conlro gli espressi coman-
1 Omnes in hoc cognoscere possunt, qualem potestatem eius (Stephani) ter-
beatitudo in eamdem Ravennatium urbem et cunctum Exarchatum habuit, qui
etiam archiepiscopum Sergium exinde abstulit, dum contra eius voluntatem
agere spiritu superbiae nitebatur. Ivi — Che qui si parli, non di potesta ec-
clesiastica, ma civile e politica, e evidente da tutto il contesto e dallo scopo
della Lettera, giacche a questa polesta erasi ribellato Leone , contro del
quale scrive il Papa.
2 Vedi il COD. CAROL. Epist XIII. La storia di Sergio e della sua chiamata
a Roma trovasi assai confusa presso 1' Ughelli, ed altri che ban seguito la so-
la guida, spesso inettissima, di Agnello ravennate. A ben chiarirla, e d'uo-
po consultare le lettere, qui citate, del Codice Carolino, come gia noto op-
portunamente il Cenni, negli egregi suoi commenti alle medesime. L'AMA-
DESI 1'ha meglio di ogni altro deciferatanellainsigne sua Opera: Chronota-
scis Antistitum Ravennalum, T. I. Prolegoni. p. XL, e T. II, p. 13-18.
3 L'Epistola XXVI del COD. CAROL, porge un' insigne testimonianza della
fedelta di Sergio a Paolo I.
4.Se potessimo prestar fede ad Agnello, Leone avrebbe dato anche assai
prima, quando cioe era semplice diacono e vicedomino dell' Arcivescovo,
438 IL PATRIZIATO ROMANO
di del Papa, come altrove narrammo l, fece dal Consolare della cilta
soprattenere in Ravenna e poi uccidere segrelamente in carcere Paolo
Afiarta; e cio nel tempo stesso che il Papa adoperavasi con tanlo zelo
in pro dell' Arcivescovo, che con pressanti suppliche 1' avea leste pre-
gato di soccorrere la provincia di Ravenna conlro 1' invasione gia,
cominciata di Desiderio. E quanlunque Leone si umiliasse poi a chie-
dere scusa del fatto ed a placare 1' ammo del Papa troppo giustamente
irritato, e assai verisimile tuttavia che i severi rimproveri fattigli da
Adriano lasciassero in cuore all' orgoglioso Prelato una profonda e
amara ferita, e che per esalarne il veleno, egli solo aspettasse tempi
meno avversi. Quindi , tosto che per le armi di Carlomagno fu an-
mentata in Italia la potenza dei Longobardi, e 1'Esarcato colle altre
province romane pole finalmente respirare dalle continue ambasce,
in che il timore di quei barbari vicini lo leneva, 1'Arcivescovo Leo-
ne non istette piu saldo alle mosse, e posto da lato ogni rispetlo
verso il Papa, proruppe in aperla fellonia. II gran rivolgimenlo,che
allora operavasi in Italia, dovette anche sembrargli occasione oppor-
tunissima a soddisfare la propria ambizione , conquistando per se e
pe' suoi successori un principato indipendente nel piu bel cuore
della penisola, merce di cui potesse rivaleggiare di temporale po-
tenza coi Pa pi, i quali anch' essi da breve tempo eran diventati
Sovrani.
Ora, a colorire questo audace disegno, siccome egli ben vedeva
essergli sopra tutto di meslieri il favore di Carlomagno, cui la vit-
toria avea fatlo arbitro delle cose d' Italia ; percio, la prima cosa, ei
rivolse lutto 1'animo a conquistarselo. E forse a questo scopo erano
gia drizzate le sue mire fin dal principle del 773, se e vero quel
che narra Agnello ravennale, che cioe Leone mandasse allora in
un' orribile prova di odio crudele contro II Papa; giacche, a delta di quello
storico (in Vita Sergii c. 4), egli con alcuni del Clero di Ravenna fu autore
del consiglio di uccidere il Papa Stefano, precipHandolo nel fmme; e cio,
per salvare i tesori della Chiesa ravennate, che il Papa (dice Agnello} ago-
gnava di rapire. Ma tutta la narrazione e un tal tessuto di falsita e di scem-
piaggini, che non vorremmo rispondere della verita pur d'una sillaba.
1 / primi Papi Re ecc. Gap. VIII.
DI CARLOMAGNO 439
Francia il suo diacono Martino, per invitare Carlo all'impresa di
liberare 1' Italia dai Longobardi 1, nel tempo stesso eke a Carlo
giungeva con somigliante missione il Legato di Papa Adriano. Pare
altresi dai fatti susseguenti che, durante il lungo assedio di Pavia,
1'Arcivescovo brigasse a lal fine presso il Re, e forse gli carpisse
qualche vaga promessa, da lui poscia interpretata largamenle a se-
conda delle proprie brame e messa in campo come concessione for-
male. II cerlo si e che, compiuta dai Franchi la conquista longobarda
e appena tomato Carlomagno in Francia, Leone senz' allro indugio si
dichiaro ribelle alia SovranitSt del Papa, e mettendo innanzi il nome
e 1'autorila di Carlo, s'impadroni di tulta la Romagna. OHre la ca-
pitale Ravenna, occupo co' suoi milili e ufficiali Faenza, Forli, For-
limpopoli, Cesena, Bobio (presso Sarsina), Comacchio, il ducato di
Ferrara, Imola e Bologna; cacciando da ogni luogo gli ufficiali e gli
attori pontificii, ed altri soslituendone a piacer suo , ed ogni cosa
ordinando a maniera di Sovrano 2. Altrellanto voile fare nelle due
Pentapoli (la maritlima e la mediterranea ) , che stendevansi da Ri-
mini a Gubbio ; e percio vi spedi un suo agente, per nome Teofilalto,
a sommuoverle e ribellarle al Papa; ma i Pentapolitani sleltero saldi
nella fede e ubbidienza che alia S. Sede professavano, ed opposero si
ferma resistenza all' invasore , che Adriano ebbe altamente a lodar-
sene nelle sue lellere a Carlomagno 3. Al tempo stesso pare a noi
1 AGNELLUS, in Vila Leonis.
2 Postquam vestra excellentia a civitate Papia in partes Franciae remea-
vit, ex tune (Leo archiepiscopus) tyrannico atque procacisslmo intuitu rebel-
Its beato Petroet nobis extitit, et in suapoteslate diversas civitates Aemiliae
detinere videtur, scilicet Faventiam, Forum populi, Forum Livii, Cesinas,
Bobium, Comiadum (Comaclum), ducatum Ferrariae, sen Imolas atque Bo-
nonias, asserens quod a vestra excellentia, ipsae civitates una cum unwersa,
Pentapoli illi fuissent concessae Ibidem actor •es, quos wluit, constituit,
et nostros quos ibidem ordinavimus proiicere visus est. Sed et cunctas actio-
nes infra civilatem Ravennatium ipse ordinavit etc. COD. GAROL. Epist. LIT.
3 Et continuo direxit Thcophylactum missum suumper universam Penta-
polim hoc ipsum denuntians ( promulgando cioe la pretesa concessione di
Carlo), cupiens eosdem Pentapolenses a nostro sermtio separare; sed ipsi nullo
modo se illi humiliare inclinati sunt} nee a sermtio beati Petri et nostro re-
440 IL PATRIZIATO ROMANO
che debba riferirsi il 'prendere cbe fece Leone 1' ambizioso litolo di
Esarca d' Italia 1, scrivendo in fronte a' suoi diplomi : Leo, servits
servorum Dei, divina gratia sanctae calholicae Ecclesiae Ravenna-
tis Archiepiscopus et Primas, ITALIAE EXARCHUS.
A quest! fatti cosi risoluli 1'Arcivescovo non manco di aggiungere
e mandar di paro le cautele diplomalicbe , collo spedire in Francia
suoi messi, che reridessero buona ragione a Carlomagno di coleste
imprese e ne preoccupassero 1' animo in favor suo contro le querele
cbe senza fallo non tarderebbero a giungergli sopra cio da Roma 2.
E infalti Papa Adriano, appena ebbe ricevute dall' Esarcato cosi
strane e dolorose novelle, invio immantinente al Palrizio e Difenso-
re della S. Sede il suo cubiculario Anaslasio con una lettera, in
cui, dopo esposli gli allentati del ribelle Arcivescovo, e dopo ricor-
dali gl'irrefragabili dirilti,che sopra tutto 1'Esarcato avea la S. Sede
in virlu della donazione di Pipino, confermata poc' anzi cosi solen-
nemente da Carlo medesimo, lo prega islantemenle di reprimere la
protervia e smentire le vanterie di Leone, il quale, del regio nome
abusando, se ne faceva scudo alle sue invasioni ; non tolleri che il
Ponteflce e la S. Chiesa Romana soggiaccia a si grave onta, che ella
venga ora, ai tempi di Re Carlo, violentemente spossessata di quella
cedere maluerunt, magis autemfirmi innostrisapostolicismandatis, quemad-
modum extiterunt sub nostro praedecessore domno Stephana Papa, cui san-
ctae recordationis genitor tuus simulque et praeclara excellentia tua ipsum
Exarchatum sub lure beati Petri permanendum tradidit, in omnibus firmiter
permanere noscuntur. Ivi. — Le slesse lodi del Pentapolitani son ripetute
nell' Epist. LIV e nella LV, dove si legge: De reliquis vero cimtatibus utra-
rumque Pentapoleo.? ab Arimino usque Eugubium omnes more solito ad nostri
advenerunt praesenliam, et praecepta actionum de ipsis cimtatibus a nobis
susceperunt, et in nostro servitio atque obedicntia fideliter cuncti permanent.
1 II Sigonio e il Rossi vogliono che questo (ilolo fosse usato anche prima
dagli Arcivescovi di Ravenna, come distintivo della potesla legillima, che
avean dal Papa di governar 1'Esarcato; ma dal non sapersi di certo che inai
1'adoperasse altri che Leone, a noi si rende piii verosimile, che egli siastalo
1' inventore di quel fastoso nome, e non cominciasse a fregiarsene se non
dopo la sua ribellione.
2 COD. CAROL. Epist. LII.
Dl CARLOMAGNO Ml
signoria, eke libera e plena avea goduta al tempo dei Re longobar-
di; del che i suoi nemici gia I'insultavano dicendo : or che vi ha
giovato che i Longobardi siano stall distrutli e che in lor vece regni-
no i Franchi ? ecco, non solo non vi si e atlenuto nulla di quelle
cosi larghe promesse che teste vi fecero, ma vi vien ritollo eziandio
quel che da Pipino gia era stato realmente concesso a S. Pietro.
Soggiunge Adriano, 1'esempio della potesla esercitata dall'Arcive-
scovo Sergio non suffragar nulla alle smisurate pretendenze di
Leone , essendo notissimo che Sergio era slato soggello al Papa
Stefano II, dal quale fu eziandio, per eerie sue orgogliose opposi-
zioni, rimosso da Ravenna; Stefano II aver liberamente esercitalo
tutt' i dirilli della sovranita in Ravenna e in tulto 1'Esarcalo; ne
allro voler egli al presente, se non che possedere e governare 1'E-
sarcato, come gia 1'avea possedulo e governato Stefano: percio in-
voca il braccio di Carlo, sotlo la cui lutela erano tulle le giustizie di*
S. Pielro, e gli domanda che il ribelle Arcivescovo venga consegna-
lo nelle sue mani, sub nostra potestate contradere digneris l.
Or.qui , prima di proceder ollre, non e da lasciare senza rispo-
sta T argomenlo che da questo ricorso di Adriano a Carlo e da tut-
to il fatto dell' Arcivescovo Leone , il Muratori si avviso di trarre
in pro della sua opinione favorila , che la sovranit& dell' Esarcato
risedesse non gia nel Pontefice , ma in Carlomagno. Ricorsero
(die' egli, e in ci6 sta il nerbo di tulta la sua argomentazione)
m tal occasione tanto Leone quanto il Papa al Re ; segno che il ri-
guardavano per padrone di quegli Stati 2. Speciosa illazione, ma
fallacissioia, e contraddelta dal contesto intero di queste lettere me-
desime di Adriano. Ben possiamo concedere, quanto a Leone, ch' ei
riguardasse Carlomagno per suo Sovrano , e che dipendentemente
da lui (come vuole il Muratori) governasse e signoreggiasse 1'Esar-
cato , poiche da lui diceva essergli state concesse , e non cer-
tamenle in signoria assolula, quelle cilia. Ma, per cio che tocca il
Papa, neghiamo al lutto ch'ei ricorresse a Carlo, perche il riguar-
1 Ivi, Epist. L1I. Cf. Epist. LIV e LY.
2 Plena Esposizione dei diritti imperiali ecc. Cap. II.
IL PATRIZIATO ROMANO
dasse come padrone di quegli Stati. II suo ricorso riceve in primo
luogo spiegazione pienissima da questo solo, che Carlomagno, sic-
come Patrizio de' Romani , era il proletlore giuralo della S. Sede e
di tutte le giustizie di S. Pietro , tra le quali era anche il dominio
sovrano dell' Esarcalo : laonde la spiegazione recata in mezzo dal
Muratori , lungi dal doversi ammeltere come necessaria ed unica,
riesce, per lo meno, superflua e gratuita. Ma, di piu, ella e diretla-
mente contraria al tenore stesso del ricorso pontificio. Imperocche,
o si riguarda il litolo, per cui Adriano invoca il braccio di Carloma-
gno ; e questo tilolo non e gia la sovranita di Carlo, della quale non
si trova nelle leltere del Papa il menomo cenno, ma bensi il suo
Patriziato , 1' obbligo doe ch' egli avea di proteggere i diritti della
S. Sede, le prornesse da lui giurate a S. Pietro, il Patto d' alleanza,
tesle da lui confermato insieme colla donazione di Pipino : o si con-
siderano i dirilti che Adriano rivendica come suoi proprii ; e que-
sti comprendono il pieno e libero possesso dell' autorita sovrana
nell' Esarcato , quale appunto era gia stata esercitata da Stefano II ,
senza niuna dipendenza da chi che si fosse : o finalmenle si esami-
Ba il conlegno assunlo da Adriano a rispetto di Leone ; e tal conte-
gno non e gia quello che il Muratori tacitamente gli attribuisce ,
cioe di un competitore, che contenda contro un suo rivale quasi a
pie' pari dinanzi al tribunale di un giudice o padrone ad entram-
bi'superiore , ma e bensi il risolulo e autorevole contegno di un
Sovrano verso un suddito ribelle e spergiuro, rebellis beato Petro
etnobis 1, cui vuole represso da chi ne avea la forza e il debito,
a se riservando il diritto supremo di punirlo , losto che gli fosse
dato, come chiedea, nelle mani. Tutto il tenore adunque di que-
ste lettere del Papa, lontanissimo dal significare, che il Papa ri-
guardasse Carlo come padrone dell' Esarcalo, dal cui arbitrio di-
pendesse il darne o toglierne la signoria a chi gli fosse in grado,
dimostra anzi il contrario , essere cioe la signoria sovrana dell' E-
sarcato, secondo la mente di Adriano, diritto indubitabile e gia an-
tico della S. Sede, e Carlomagno aver solo 1' obbligo di mantener-
1 COD. CAROL. Epist. LII.
DI CARLOMAGNO 143
la e difenderla oontro le usurpazioni di Leone. La sovranita pertanto
del Ponteflce, non che venga a vacillare pel contrasto mossole da
Leone e pel ricorrere che entrambi fecero a Carlomagao, riceve piut-
tosto nuova e piu evidente confermazione ; e Carlomagno sempre
piu chiaramente apparisce , essere stato non gia Sovrano , ma solo
Patrizio , ossia protettore dello Stalo di S. Pietro. Ma ripigliamo il
filo della storia.
Tostoche Carlo ebbe ricevuta la lettera di Adriano , non tardo a
consolarlo , mandandogli , pel medesimo messo Anastasio , amplis-
sime assicurazioni della sua fedelta sincerissima ed immulabile ver-
so S. Pietro nelle promesse che sulla sacra sua tomba avea giu-
rate in Roma pochi mesi innanzi 1. Ma non percio fu incontanente
soffocata , secondo i desiderii del Pontefice , la ribellione, ne conse-
gneto il suo autore alia giustizia ponlificia. Anzi , essendosi Leone
in quei mezzo recato in persona alia Corte del Re 2 , a perorare la
propria causa , tanto non v' incontro quei rigori e quelle ripulse ,
che parea meritare , che anzi , tomato indi a poco liberamente alia
sua Sede , spiego maggior fasto e baldanza di prima , e continuo
verso il Papa nel medesimo contegno di ribellione e di ostilita 3. A
quei di Ravenna e delle allre citta dell' Emilia vieto con severe mi-
nacce di recarsi a Roma a ricevere dal Papa ordini e cariche , co-
me avean fatto per 1' innanzi ed erano dal canto loro tuttavia dispo-
sti di fare. Gli attori e ministri pontificii seguito a trattare come ne-
mici, altri cacciando dalle citta ed altri eziandio incarcerando; e tra
questi viene specialmente ricordato nelle lettere di Adriano un co-
tal Domenico , il quale , siccome protelto di Carlomagno e da lui
personalmente raccomandato al Papa nella chiesa di S. Pietro, era
1 Ivi, Epist. L1II. L' ordine cronologico, stabilito a ottima ragione dal
Cenni in queste Lettere di Adriano, ha recato gran luce nella storia di que-
sti fatti, i quali si trovano assai confusi presso il Muratori ed altri, per la
confusioue appunto e pel disordine dei tempi, a cui rapportano le Lettere.
2 Epist. LIU.
3 Qnando avestro regali vestiyio reverse est Leo..., in magnam super-
biam tyrannicam elationem pervenit, et nullo modo sicut antea nostris aposto-
licis obtemperare inclinalus est mandatis etc. Epist. LIV. Cf. Epist. LV.
£44 1L PATRIZIATO ROMANO
stato da Adriano creato Conle e raandato al governo della citta di
Gabello ; ma indarno , perche il violento Arcivescovo avea toslo in-
viato cola una masnada di sue milizie, a prendere il Conte e condurlo
incatenato a Ravenna , dove era tutlavia prigione. Fra le citta poi
dell'anlico Esarcato, Leone vantava singolari pretensioni sopra Imo-
la e Bologna ; le quali , benche indubilatamente comprese nella Do-
nazione di Pipino , e reclamale spesso dai Pa pi 1 , tultavia non era-
no mai venute , a quanto pare , in possesso dei medesirai , ed eran
certamente longobarde al tempo della discesa di Carlomagno 2. Ora
1' Arcivescovo asseriva , che Carlo, nel restituirle all' Esarcalo, a
cui ab antico appartenevano , le avea concesse in signoria perpetua
1 COD. CAROL. Epist. XI, XVII, XVIII; ANASTAS. in Stephano II.
2 La storia d' Imola e di Bologna in quest! anni e assai oscura. Certo e
che nel 756 elle non furono tra le citta, di cui 1'abbate Fulrado fece solenne
consegna al Papa; 1'anno seguente, Desiderio negavale a Paolo I che le do-
mandava, secondo i patti dal Re medesimo giurali; e nel 738 il Papa insiste-
va tuttavia per riaverle, ma forse indarno. Non sappiamo, se elle poscia fa-
cessero parte di quelle giustizie, che Desiderio ora restituiva ed ora rito-
glieva alia S. Sede; ovvero se elle entrassero nel novero di quelle dmtates
plurimae, che alcuni Annalisti Franchi narrano essere state, nel 770, per
opera della regina Bertrada, rendute a S. Pietro. Ma nel 772 pare che elle
fossero dei Longobardi; giacche le prime citta pontificie che, nel rompere
improvvisamente guerra ad Adriano, Desiderio invest!, furono Faenza e Fer-
rara; segno che fin qua stendevansi allora le frontiere longobarde. Ad ogni
modo pero , Imola e Bologna rimasero involte nella generale invasione che
Desiderio, nel processo di quella guerra, venne facendo del territorio pon-
tificio. Disfatto poi Desiderio nel 774, pare che Leone si affrettasse di oc-
cuparle, nel tempo stesso che il Papa accingevasi a pigliarne, forse per la
prima volta, possesso, siccome indica il mandare ch' egli fece cola Grego-
rio saccellario ad esigere dagli abitanti il giuramento di fedelta e chiamarne
i giudici a Roma, mentre d'altra parte non si parla di atlori pontificii che ivi
gia risedessero, come nelle altre citta, e venissero poi da Leone cacciati.
Elle rimasero quindi in potere di Leone fmo al 776, nel qual anno, repressa
la ribellione dell' Arcivescovo, anche Imola e Bologna dovettero, con tutto
1'Esarcato, venire in pacifico possesso della S. Sede; giacche indi innanzi non
si ha piii niun richiamo del Papa per esse, e nel diploma di Lodovico Pio
elle son noverate colle altre citta dell'Esarcato, siccome possesso gia antico
del Papa.
DI CABLOMAGNO M5
non gia a S. Pietro e al Pontefice, ma a lui, Metropolitano di Raven-
na 1: quindi, non solo ei se n'era tosto impadronito e lenevale gelo-
sameute in suo potere , con divietare eziandio ai cittadini di recarsi
a Roma; ma, avendo Adriano mandato cola Gregorio suo saccellario,
per condurre a Roma i giudici di quelle due citta e per esigere da
tutti gli abitanti il giuramento che dovean presiare tutti i nuovi sud-
diti ponlificii, di fedelta a S. Pietro e al Pontefice come Sovrano , e
insieme a Carlomagno come Patrizio de'Romani ; Leone avea ricisa-
mente vietalo il passo all'Inviato papale, e impeditogli di metier pie-
de nelle due citta , non che di adenapiere ivi pacificamenle la sua
missione 2.
A dir vero, questi fatli e portamenti dell'Arcivescovo ravennale a pri-
ma frontesembrano inapossibili a spiegare senza qualche connivenza
almeno di Carlomagno; ne ci maravigliamo che al Muralori paresse dif-
ficile a credere, che Leone cosi operasse senza saputa e conlro il vole-
re di Carlo, con restar poi allo scuro (egli soggiunge), come un Re si
amico e divolo alia S. Sede comportasse atti tali dall'Arcivescovo di
Ravenna in vilipendio del Sommo Pontefice 3. Tultavolta, se ben si
considera, non manca la via di conciliare colla verita di questi fatti
1'onore di Carlomagno : imperocche noi non polremo mai iudurci a
credere, che ei veramente venisse meno alia lealla dei giuramenti
fatti a S. Pietro, e giocasse qui quasi a doppio giuoco, dando all'Ar-
civescovo ravennate quel che avea gia rendulo e confermato al Papa
e favoreggiando Tambizione del ribelle in onta deH'autorila del legit-
timo Principe: cose tutle troppo ripugnanti all'alto senno, non meno
che alia pieta e interezza di quel nobilissimo Re. Ma, queste salve,
ben puo credersi che egli avesse dato, come gia accennammo, qual-
che vaga parola all'ufficioso Arcivescovo, come a dire di volere a lui
mantenuti ed ampliati eziandio gli onori della sua Sede, e quella po-
ll At vero de civitatibus Imulensi sen Bononiensi itaprofamzat dicens, quod
vestra excellentia ipsas civitates minirne beato Petro et nobis concessit, sed
sibi ipse archiepiscopus a vobi* fuisse concessas ac traditas asserit sub sua
potestate permanendas etc. Epist. L1V. Cf. Epist. LV.
2 Epist. LV.
Z Annali d' Italia, n. 777.
446 IL PATRIZIATO ROMANO
testa quasi esarcale che il suo antecessore Sergio avea gia posse-
duta, colla giunta forse di qualche special diritto sopra Imola e Bo-
logna, che ora venivano incorporate novamente all'Esarcato: le quali
promesse o concessioni Carlo intendeva in tal modo, che sempre fos-
sero salvi, come ai tempi di Sergio, i dirilti e la Sovranila del Papa
in tutto 1'Esarcato ; ma 1'ambizioso Leone interpretandole in sen-
so assoluto, erasi affrettato di dare a questa sua inter pretazione,
colFaudacia e prontezza de' fatti, ilvalore che per se ellanon aveva,
e quel suggello che anche allora, come ai di nostri, presso le molti-
tudini degli stolti, sempre fa riverito, il suggello cioe del fatto com-
piulo. Che se poi Carlomagno, non ostanti le querele e rimostranze
gravissime del Papa, non venne subito a reprimere con mano ga-
gliarda e severa gli eccessi dell'Arcivescovo ; ciovuoleagevolmente
condonarsi alle difficili circostanze di quel tempo, che a noi son note,
e ad altre ancora forse piu gravi che'noiignoriamo. La terribil guer-
ra coi Sassoni teneva allora (dall'autunno del 774 sino al fine del
775) occupatissimo il Re Carlo in Francia e al di 1& del Reno, come
puo vedersi negli Annali di Eginardo ; ed in Italia la novila del go-
verno Franco, e le vaste trame che gia ordivansi per rovesciarlo, tra
i Duchi Longobardi del Friuli, di Spoleto e di Benevento, trame nel-
le quali ebbe mano, come tosto vedremo, anche 1'Arcivescovo Leone,
non permettevano per avventura ai Conti e ai Ministri di Carlo di
reprimere i disordini dell'Esarcalo con quella severita e prontezza
che sarebbesi poluto in tempi di pace sicura. Laonde non e mara-
Yiglia che in tal condizione di cose I'Arcivescovo osasse e potesse
impunemente insolentire cotanto, tenendo per parecchi mesi alta la
bandiera della ribellione contro il Papa.
Tuttavia, a molto non ando che la sua tracolanza venisse final-
mente abbattuta, e restituito al Papa intiero il possesso de' suoi di-
ritli nell'Esarcate. In qual modo cio avvenisse, non puo altramente
definirsi per mancanza di documenti espressi ; pero il fatto e indubi-
tato, giacche, come noto lo stesso Muratori l, ei chiaramente si rac-
coglie dalla serie degli atti susseguenti. Nondimeno, se e lecito il
1 Annali d' Italia, a. 777.
DI CARLOMAGNO 417
congetturarne anco il come e il quando, noi facciam ragione dal ri-
sconlro delle dale e di varie circostanze, che cio dovesse accadere
alia seconda e repentinadiscesa, che Carlomagno fece in Italia nella
primavera del 776, per soffocare la ribellione del Friuli.
Questa ribellione, il cui centro era nelle province orientali del-
1'alta Italia, stendea le sue trame per tutta la penisola, dovunque
eran Duchi Longobardi, lasciati incautamente da Carlo nei loro an-
tichi governi. Insieme con Rotgauso duca del Friuli e co'suoi imme-
diati aderenti, quali erano Stabilino suo suocero che comandava in
Treviso, e Gaido duca di Vicenza, e Potone e Cacone duchi di Brescia,
cospiravano Ildebrando duca di Spoleto, Reginaldo duca di Chiusi, ed
Arigiso duca di Benevento, tutti risoluti di cacciare i Franchi d'ltalia,
e rimeltere sul trono di Pavia Adelchi, il quale di giorno in giorno
era aspettato da Costantinopoli con una flotta greca 1, che dovea sbar-
carlo sulle spiagge veneie o ravennati. Ora, Ira i complici di si va-
sta congiura era anche 1'Arcivescovo di Ravenna ; cosa non solo na-
turalissima a presumersi per le ragioni che 1'accorto lettore puo age-
volmente indovinare, ma indubitata per 1'espresso attestarla che fa il
Pontefice, scrivendone a Carlomagno. Imperocche, avendoil Patriarca
diGrado, Giovanni, in sul fine dell'Ottobre del 775 mandalo avviso
al Papa delle congiure che bollivano neiralta Italia, questi mando im-
mantinente a Carlo la lettera stessa del Patriarca , dolendosi ad un
tempo d'averlaegli ricevuta>con evident! segni dell'essere stataper
via dissuggellata e poi richiusa, e cio per arbitrio dell' Arcivescovo
Leone, il quale s'era fattolecito di aprirla e di leggerla, non per altro
fine (scriveil Papa), siccome e a tutti manifesto, se non che di rive-
larne al Duca Arigiso edagli altrinemici nostri e vostri il contenuto;
donde la Crislianita Vostra eccellentissima puo avere buon saggio di
che falsa tempra sia la fede dell' Arcivescovo 2. Questi adunque, pron-
1 COD. CAROL. Epist. LVIII.
2 Innotescimus excellentiae tuae, suscepisse nos epistolam directam nobis
a loanne patriarcha Gradense; mcesima septima enim die Octobris mensis ipsa
ad nos pervenit epistola, et protinus nee potum nee cibum sumpsimus neque
nos, neque huiiis scriptor nostrae apostolicae relationis, sed eadem hora eo-
demque momento ipsam antefati patriarchae epistolam cum his nostris apo~
418 IL PATRIZIATO ROMANO
to ad abbracciare tutt'i parlili, da cui polesse sperar favore alle sue
ambiziose mire, nel tempo slesso che si professava fedelissimo a
Carlo e del suo nome valevasi coi Romani e coi Franchi, tenea se-
gretamente mano coi grandi Longobardi, i quali maccbinavano no-
vita contro Carlo e contro il Papa, non senza speranza di buon riu-
scimento.
Ma la prontezza e 1'energia di Carlomagno avendo soffocato quasi
in sul nascere queslo nuovo incendio di guerra, e uccisi o dispersl
o sottomessi i suoi autori ; anche Leone dovette certamente umi-
liarsi e mutar condotta, ed ebbe forse a gran merce, che lasuaper-
fidia verso Carlo e la ribellione contro il Papa non venissero dal Re
Patrizio e dal Papa punite piu severamente di quello cbe coll' obbli-
go impostogli di tenersi quinci innanzi nei confini della propria di-
gnita, lasciando al Pontefice libero 1' esercizio della Sovranila in
tutto T Esarcalo. Certo e, che da quel tempo in poi, nelle lette-
re di Adriano non si legge piu niuna querela contro 1'Arcive-
scovo, nealtramente veruna menzione di lui l. Del reslo, egli poco
sopravvisse a questi fatti, essendo morto nei principii del 777 2; e
con esso lui disparve per sempre dalla scena politica quel fantasma,
die egli avea vagheggiato, di Principato indipendente, da costituirsi
a spese del regno pontificio neH'anlico Esarcato, e da lasciarsi in
perpetuo retaggio agli Arcivescovi suoi successori. Niun di questi
oso mai piu di risuscitare il superbo titolo diExarchus Italiae ; anzi
stolicis syllabis vobis transmlsimus. Itaque valde tristes effecti sumus, quo-
niam asifoniatas bullas eiusdem epistolae reperimus, a Leone archiepiscopo
primitus relecta nobis directa est, et in hoc comprobare potest excellentissima
Christianitas vestra quails est fraudulenta fides ipsius Leonis archiepiscopi;
quia non pro alio praesumpsit eamdcm cpistolam primitus reserareac relege-
re, nisi ut omnia quae ibi ascripta sunt, ut certe omnibus manifestum est,
annuntiaret tarn Arghiso duel Beneventano, quam reliquis nostris vestrisque
inlmicis; et dubium non est cuncta iam praefatis aemulis ab eodem archiepi-
scopo esse annuntiata. Epist. LIV.
1 L'ultima Lettera, In cui Adriano parla e si querela di Leone, cioe la
LV.% e degli ultimi di Novembre del 775.
2 II Rossi, Histor. Ravenn. Lib. V, e con lui I'AMADESI, nella Chronota-
xls, assegnano la morte di Leone al 14 Febbraio del detto anno.
DI CARLOMAGNO 149
verso quel tempo appunlo comincio ad andare in disuso il nome
stesso di Esarcato, sotlenirando in suo luogo quello, che tuttora vige,
di Romagna 1 (in latino Romania, Romaniola o Romandiola), il
quale porta espressa nella sua radice medesima la dipendenza poli-
lica di quella provincia da Roma. E che da indi in poi Papa Adriano
cornandasse da Sovrano in Ravenna e in iulta la Romagna , chiara-
menie lo dimostrano, come nota anche il Pertz 2, le sue letlere se-
guenti del Codice Caroline ; specialmente la LXXXII3, in cui egli
concede a Re Carlo i marmi e i mosaici pubblici di Ravenna , e
la LXXXIV a , dove scrive di aver mandato ordine all' Arcivescovo
ravennate, che facesse di cola sgombrare i Veneti da tutto il terrilo-
rio ponlificio. Da quest'ultima si rileva eziandio, che 1'Arcivescovo
era tomato ad essere in Romagna il primo minislro del Papa, e so-
praintendente al governo generale della provincia; ilqual costume,
introdotto gia, come vedemmo, da Stefano II, seguito poscia a man-
tenersi anche dopo Adriano, avvegnache rimanga oscuro in quale
epoca ei cessasse 3.
Pero , le antiche gare di Ravenna con Roma , e quello spirito di
scisma e di avversione ai Papi che in altri tempi erasi mostrato
cosi vivo nella Capitale dell' Esarcato, certamenle non si spen-
sero collo spegnersi della ribellione di Leone. A quando a quan-
1 BERETTA, Dissert, chorograph. de Italia medii aevi, presso il MURATORI.
Her. Ital. T. X, pag. XLVI. II primo esempio forse di questa nuova deno-
minazione di Romania e quel che leggesi riel Capitulare dell' a. 783, il cui
Cap. 16 parla dei servi fuggitivi, qui in partibus Beneventi ant Spolcti, sive
ROMANIAE, vel Pentapoli confugium faciunt. Quindi non puo ammettersi I'o-
pinione del CENNI (Monum. Domin. Pontif. II, 337) , che il nome di Romania
cominciasse solo in sul fine del secolo XII ; ne quella del BORGIA ( Memorie
star, di Benevento, III, 126 ) , che ne ritrae T origine verso il principio del
Kiedesimo secolo.
2 Nella Prefazione al Diploma di Lodovico Pio, Monum. Germ., Legwn T.II.
3 Dalle parole sopra citate di AGNELLO, ove dice che TArcivescovo Sergio
iudicavit.... velut Exarchus, sic omnia disponebat, ut soliti sunt modo Ro-
mani facere, sembra da inferire, che ai tempi di Agnello, il quale scrivea
verso 1'anno 840, il governo generale della Romagna fosse gia, nou piii nelle
inani dell'Arcivescovo ravennate, ma in quelle di ufficiali, mandali espres-
samente da Roma.
Serie Y7. vol. llt fasc. 364. 29 10 Maggio 1865.
450 IL PATRIZIATO ROMANO
do quello spirito parea ravvivarsi ; e il nostro lettore gi£ sa , come
Papa Adriano ebbe piu volte, e fin negli ultimi anni del suo regno,
a combattere la protervia di parecchi potenti ravennali, mal soffe-
renli del giogo pontificio 1. Nel secolo seguente poi, a non dire del-
le ambiziose , benche impotent!, lotle, risuscitate da Giorgio e da
Giovanni X, Arcivescovi, contro la supremazia temporalee spiritua-
le del Papa ; egli basta leggere il Liber pontificalis di Agnello, cro-
naca tutta pregna di amarissimo fiele conlro Roma e contro i Pa pi,
per convincersi come anche allora le vecchie nggie covassero pro-
fonde in cuore a una parte almeno del clero ravennate, di cui Agnel-
lo era membro si cospicuo. Tultavia questi fumi di superbia e que-
ste velleita ribelli dovettero a poco a poco venir meno , pel mancar
loro di quel fomite appunto che le avea finqui nutrite , lo splendore
doe e la materiale potenza della citl^. Dal secolo V in qua, per la
residenza che vi avean fissala gli ullimi Imperatori d' Occidente , a
poi Odoacre e Teodorico e gli altri Re goti , ed infme gli Esarchi
che di cola reggevano tutla la penisola , Ravenna era stata la vera
Cap! tale d' Italia, chiamata percio la Roma del basso Jmpero , e da
lei dovea civilmente dipendere la slessa Roma : oltre di che , per la
sua poslura a mare, e pei magnifici e capacissimi porti onde Augusta
1'avea munita, ella era da otto secoli 1* unica Regina dell' Adriatico
e il piu ricco emporio del commercio coll' Oriente. Ma, ne' tempi di
cui scriviamo,queste grandezze gia erano pressoche interamente spa-
rile. Forse un ultimo raggio di maesta regale fu in lei ravvivato dalla
presenza di Pipino, figlio di Carlomagno e Re d' Italia: non gia che
noi crediam vero quello che alcuni storici asserirono V avere doe
1 Vedi COD. CAROL. Epist. LXXVII e XCVIII.
2 Rossi, Hist. Ravenn. Lib. V, all' a. 805; SIGONIO, De Regno llaliae,
Lib. Ill, ed altri. Ma ottimamente il MURATORI (Annali d' Italia, a. 792) noto
non trovarsi negli antichi monumenti chlare e sicure prove di tale asserzio-
ne. Anzi yi si trovano prove safficienti del contrario. I Capitolari^ promul-
gati in Italia da Pipino o da Carlomagno, son dati da Pavia, non mai da Ra-
venna; e Pavia sempre apparisce Capitale del Regno italico. Tra le citta poi
del Regno, pare che la stanza favorita di Pipino fosse Verona, siccome canta
il Ritmo Veronese, scritto sotto il regno dello stesso Pipino: Magnus habitat
in U Rex Pippinus piissimus etc. (MURATORI, Rer. Italic. T. II, P. II, p. 1095);
DI CARLOMAGNO 451
Pipino , col consenso del Papa , stabilmente fermata la sua corte in
Ravenna, dichiarandola reggia e capo del Regno ilalico ; ma sibbene
perche egli vi tornava sovenle, e giovandosi del silo opportunissimo
di Ravenna e dell' ampia facolta che gliene concedeva il Pontefice,
quivi facea capo colle sue milizie ed allestiva le sue flotte, e quinci
pigliava le mosse per le sue frequent! spedizioni di terra o di mare,
ora contro il Duca ribelle di Benevento, ora contro i Greci e conlro
i Veneti loro alleati.
Del rimanente, le condizioni e le fortune di Ravenna si trovavano
oggimai del tulto cangiate. Dall' una parte, Roma sotto il nuovo re-
gno de' Papi , e poco appresso per la rinnovazione dell' Impero in
Carlomagno , avea ripiglialo di nome e di fatto 1' antica dignila di
Capitale, non solo d' Italia, ma di tulto 1' Occidenle ; e dall' altro la-
to Venezia, merce la crescente audacia e prosperila delle sue navi-
gazioni, gia si recava in mano 1' assolula signoria del mare Adriati-
co e tutto il traffico delt'Oriente. Sopraffatla da queste due grandi
rivali, Ravenna dovette rassegnarsi a perdere per sempre il doppio
scettro della terra e del mare , e contentarsi oggimai di non esser
altro che Capitale delle Romagne, e la prima fra le cilia suddite di
Roma : condizione, in cui ella pur fmalmente col volgere del tempo
si adagio di buon grado , vinta non solo dalla necessita ineluttabile
degli avvenimenti , ma altresi da quella bonta e riverenza con cui i
Pontetici sempre la trattarono , non tanto per riguardo alle passate
glorie della cilia profana, quanto per un senso di predilezione paler-
na verso quella nobilissima Chiesa , da essi chiamata col dolce no-
me di figlia primogenita della Chiesa Romana l.
e, benche egli morisse in Milano, a Verona fu trasportato il suo cadavere a
seppellire nella basilica di S. Zenone,da lui splendidamente riedificata. Lad-
dove in Ravenna ei non comparisce mai che di passaggio e in mossa per le
sue spedizioni militari: come nel 793, in cui ivi fu raggiunto dal fratello
Lodovico, per recarsi poi insieme a combattere Grimoaldo; e nell'800, quan-
do ivi riceve da Carlomagno, che recavasi a Roma, 1'esercito per la guerra
del Reneventano; e verso 1'8U9 che vi si allesti per la spedizione veneta.
1 Gosi chiamavala fra gli altri Innocenzo HI, quasi primogenita filiaApo-
stolicae Sedis (Regest. Lib. V, Epist. 6).
RIVISTA
BELLA
STAMPA ITALIANA
I.
Monumenti di storia patria delle Province Modenesi; Statuta Ci-
vitalis Mutinae anno 1327 reformata, conProemio del Marche-
se CESARE CAMPORI. Parma, Pietro Fiaccadori, 1863-64 — Un
vol. in 4.° grande di pagine CCLXXVIII e 750.
Del Governo a Comune in Modem , secondo gli Staiuti del 45%7
ed altri Documenti sincroni — Narrazione del Marchese CESA-
RE CAMPORI. Modena, coi tipi di Carlo Vincenzi, 1864.
A ben intendere la storia del medio evo nel suo periodo piu fio-
rente, che fu presso di noi 1' et£ dei Comuni , uno dei mezzi piu ac-
conci e certamente quello di studiare per entro ai codici delle leggi
municipal!, ossia degli Staiuti, onde quei Comuni si governarono.
Ouan Unique rozzi, disordinati e in for mi, e lontanissimi dull a macs la
ed eleganza scientifica dei codici romani, e benche larghe impronte
essi portino tuttavia dell' eta barbarica , dalla quale i Comuni usci-
rono; si trovano nondimeno in cotesti Statuli ricche vene di sapien-
za civile, di cui puo giovare anche ai tempi nostri, pur cosi Ionian!
e diversi da quelli , il far tesoro ; e ad ogni modo essi sono il mo-
numento piu vivo e meglio parlante, da cui ci venga rivelata la sto-
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA
ria intima di quelle repubbliche quasi sovrane , che levarono di se
tanta fama. I cronisli e gli storici contemporanei , in que' loro ab-
bozzi o scheletri di storia, dove ci ban Iramandato le guerre, le rivo-
luzioni e gli altri avvenimenti piu iliustri di quell'ela, non ci mostra-
no della sociela d'allora fuorche solo la vita esteriore e pubblica. Ma
chi voglia penetrare negli arcani della vita inlerna, e conoscere piu
a dentro lo spirito dei Comuni, 1' organismo del lor governo, le abi-
tudini domesticbe e ciltadine, e quant' altro si attiene alle intrinse-
che condizioni della loro ci villa, al tutto e d'uopo che si faccia a
svolgere con diligente studio gli Statuti , nei quali le citta italiane
hanno lasciato di se il piu fedeie ritratto che desiderare si possa ,
rilralto animato e spirante anche oggidi quelle passioni , quei difelli
e quelle grandezze medesime, che allora eran vive e che formarono
il caraltere lutto proprio di quei tempi.
Quindi e che saviamente i moderni illustrator! della storia noslra,
nel trar fuori dal sepolcro degli archivii i monumenti storici del
medio evo, il primo pensiero rivolsero agli Statuti e alle leggi mu-
nicipali ; e delle tre grandi categoric , io cui sogliono distribuire
tutli cotesli monumenti , la prima ban riserbata esclusivamente alle
Leggi , lasciando la seconda alle Carte diplomaliche , e la terza
agli Scrittori ossiano storiografi ; giacche , essendo le leggi la base
primaria della vita e dell' essere di ogni ordinata sociela , giuslo
e che elle sian poste altresi come principal fondamento air edificio
scientifico della sua storia. E gia e venula in luce una bella dovizia
di Staluti comunali dei secoli di mezzo , mentre altri se ne vanno
da ogni parte scavando e pubblicando. La gran Raccolta dei Mo-
numenta historiae patriae di Torino , iniziata nel 1836 sotto gli
auspicii del re Carlo Alberto , tra gli undici grossi tomi in foglio
che fino al presente numera , due ne ha tutti di Leggi ; il primo dei
quali contiene dieci corpi di Staluti, dal secolo XII al XV, apparte-
nenli alle cilia di Torino, Geneva, Susa, Nizza, Aosta, Chieri, Ca-
sale , Ivrea , Moncalieri , ed illustrati con dolte prefazioni da Fede-
rigo Sclopis, dal Cibrario, dal Datta, dal Sauli e dal Raggio ; 1' al-
tro e la classica edizione delle Leggi longobarde , fatta dal Baudi di
Vesme. Ad esempio della regia Deputazione torinese , somiglianli
454 RIVISTA
pubblicazioni si sono quindi venute facendo dalle dotte Sociela, che
in altre citta e province d' Italia si sono costituite, col medesimo sco-
po di pubblicare ed illusirare i monument! storici , ciascuna della
propria patria. Cosi, nello Stato di Parma e Piacenza, cominciatisi
nel 1855 a stampare coi nobili tipi del Fiaccadori i Monumenta hi-
storica ad provincias Parmensem et Placentinam pertinentia, il pri-
mo luogo fu dato ai varii Statuti di quelle due illustri cilta, compila-
ti nei secoli XIII e XIV, i quali formano cinque bei volumi in quar-
to. Cosi , in Modena , la Deputazione di storia palria pose mano a
pubblicare gli Statuti del 1327, 1' edizione dei quali , raccomandata
alle cure del dotto Marchese Cesare Campori , ci ha dato lo splen-
dido volume , che abbiamo annunziato in capo a questa rivista. Ed
in Bologna si e parimente cominciala la stampa degl' importantis-
simi Statuti del Comune di Bologna dali' anno 1245 al 1267 ; ed
altri altrove si stanno ordinando per le stampe. Di modo che, ai mol-
ti inediti che ora si mettono in luce aggiungendo quei pochi, i quali
gia da lungo tempo son pubblicati, come gli Statuta Civitatis Pisto-
riensis editi dal Muralori nelle Antiquitates Ital T. IV, gli Staluti
di Verona del 1228, pubblicati dal dotto Arciprete Bartolomeo Cam-
pagnola nel 1728, gli Statuti di Beiievento del 1202, editi dal Borgia
nel 1764, nella Parte II delie sue pregiatissime Memorie istoriche di
Benevento, ed altri consimili ; puo sperarsi che nel corso di non molti
anni veggasi adempiuto il voto dei phi insigni letterati d' Italia, di
avere cioe una raccolta generale degli Staluti delle citta italiane, so-
pra il qual fondamento, con maggior saldezza che mai non siasi fat-
to finora, possa poi costruirsi la vera sloria dei nostri Comuni.
Ad illustrar la quale non poco eziandio giovera 1'aggiungere, allato
dei precedent!, gli Staluti dei piccoli Comuni rurali: imperocche, come
gia noto il sommo Muralori 1, il cui vasto ed acuto sguardo penetro
in tulli gli arcani del medio ev.o, dopo la pace di Costanza gli spiri-
ti di liberta cittadina si dilatarono talmente, e il costume di compor-
re Staluti municipal! venne presso gl' Italiani in tanta voga, che non
solo le maggiori e piu poteuli citta , ma persino le castella e i bor-
1 Antiquit . Ital. T. II, nella Dissert. XXII.
BELLA STAMPA ITALIANA 453
ghi di campagna, alle cilta soggetti, vollero avere un corpo di leggi
municipali lor proprie e darsi aria di repubbliche signore. I codici
di quest! Statuti rustic! piu difficilmente ban potuto reggere alle in-
giurie del tempo e giungere fmo a noi; la qual rarita oggidi accre-
sce il loro pregio. Ma anche senza cio , eglino son pregevoli per
1' ingenua e viva piltura che ci presentano dei coslumi di quei tem-
pi, e dell' organamento dello stato sociale fin negli ultimi suoi ele-
menti ; siccome puo vedersi in quei codici, che in quesli anni si son
venuti pubblicando ; per esempio , negli Statuti di Aglie del 1448,
in quei di S. Giorgio del 1343, del 1422 e del 1468, in quei di Stram-
bino del 1438 , in quei di Pavone del 1326 , tutti appartenenli alia
provincia d' Ivrea , e pubblicati nel 1856-58 in Torino tra i Monu-
menti legali del Regno Sardo dal secolo XII al XV , raccolti ed
illustrati per euro, di una Societa di Giureconsulti.
Se non che, pochi sono per avventura i lettori, ai quali basti o la
borsa per fare acquisto delle voluminose e splendide edizioni, in cui
questi Monumenti si van pubblicando , ovvero 1' agio e il talento di
mettersi per entro a quest' ampia selva di leggi del medio evo , sel-
va troppo spesso selvaggia e per 1' aridezza della materia e per la
rozzezza dello stile e per la barbarica oscurila del linguaggio. Laon-
de oltimo servigio rendono al pubblico quei dolti , i quali togliendo
per se tutlo Y arduo di questa incresciosa falica , si adoperano ad
estrarre dagli Statuti il fiore piu bello e il miglior succo della loro
sostanza , esponendo con bell' ordine in poche pagine tutto cio che
essi contengono di piu importante e caratleristico, per farci conosce-
re 1' interno organamento di ciascun Comune , e le varie fasi a cui
soggiacque, la costituzione e i procedimenti delle assemblee popola-
ri, lo spirito delle fazioni che alternamente succedeansi nel coman-
do, e leire acca^te con cui combaltevausi , i principii politici e re-
ligiosi onde informavansi le leggi , i difelti e i pregi della legislazio-
ne civile e criminale, I'economia dei provvedimenli edilizii, i costu-
mi, le arti, le Industrie, i commerci, gli studii, gl'incrementi di ci-
Tilt£ e tutti insomnia gli elementi piu intimi della vita dei Comuni;
e insieme con essi le ragioni della potenza e grandezza, a cui i Co-
muni pervennero nell' epoca del loro massioao fiorimento , non che
456 RIVISTA
quelle della decadenza, per cui quasi lutti, piu o men lardi, spossati
ed esausti dagli eccessi medesimi della lor liberta tempestosa ', di-
vennero preda di qualche citladino prepotente o di un avventuriere
fortunate e sovente di un liranno. Di questo bel lavoro , il quale o-
gnun vede quanto debba tornar proficuo alia storia italiana, uno
splendido saggio abbiam veduto in quelle sugose Prefazioni, che A-
madio Rorichini pose innanzi ai singoli volumi degli Statuti Parmen-
si sopra mentovati ; ed ora un altro ne abbiamo nel gran Discorso
proemiale, che il Marehese Cesare Campori ha premesso al volume
degli Staluti Modenesi. Non sappiamo che le Prefazioni del Roiichi-
ni siano state stampate a parte ; ma ben meriterebbero d' esserlo ,
che si avrebbe con ci6 un eccellente libro, dove il comune dei letto-
ri con dilello pari all1 utilita troverebbe nel fedel ritratto del Comu-
ne di Parma una viva immagine di quel che furono ( giacche tutti
grandemente si somigliano) i Comuni italiani del medio evo, E que-
sto e il saggio avvedimento , che ha messo in opera il Campori, col
fare in forma popolare una seconda edizione del suo Proemio, arric-
chita di alcune giunte e di Documenti inediti, nel libro DelGoverno
a Comune in Modena, del quale vogliamo qui rendere ai nostri let-
tori qualche ragguaglio.
In coteste pagine adunque il dotto Autore espone la forma, con
che il libero Comune di Modena si governo durante i due secoli in-
circa che esso fu in balia di se; cioe dal tempo in cui, scomparso
colla morte della Contessa Matilde ogni vestigio di signoria feudale,
la citta comincio a reggersi con proprii consoli e indi a Podesla ,
fino all' anno 1336, nel quale ella venne in dominio stabile degli
Estensi, che solo a tempo gia 1'aveano tenuta dal 1289 al 1306. Egli
abbraccia e distingue tutla la materia del suo libro in 12 Capitoli,
intitolati: Del Podesta; Assemblee popolari ; De' yubblici officiali;
La Chiesa; Finanze; Legislazione civile e criminale ; Condizioni
della citta, leggi suntuarie ed allre; Milizie ; Delle diverse qualila
di studii in Modena; Arti, Industrie e commercio ; Acque e s trade;
Agricoltura. E in ciascun d'essi lucidamenle svolge il soggetto pro-
posto, merce il ben inteso ordinamento dei fatii e delle nolizie; di
inodo che quello che nei *setle Libri degli Statuti si trova sparso in
DELIA STAMPA ITALIANA
piu luoghi e confosamente intorno a una medesima materia, ivi ei
lo raccoglie e presenta nettamente in compendio, citando ad ogni
trallo le rubriche original! , donde le singole notizie ha derivate.
Benche poi gli Statuti siano la fonte principalissima e perpetua, a cui
coteste notizie egli attinge, non dovendo il suo libro essere altro in
sostanza che un sunto ordinalo degli Staluli medesinii; tuttavia egli
ricorre talora anche ad altre sorgenti storiche, cioe alle Cronache ,
ai Diplomi e simili monumenti, donde raeglio possa illustrarsi il te-
ma che ha per le mani; e non di rado, a riscontro delle leggi e co-
stumanze di Modena , reca quelle di altri Comuni e citta lombarde ,
dal qual confronlo raaggior luce riceve il suo argomento. Oltre a
cio , all' esposizione positiva dei fatti egli va con saggia sobrieta
framrnettendo, come filosofo della storia, anche 1'ideale estimazione
dei medesinii , coll' indicare la lor connessione , le cause donde di-
pendono e lo spirito che li informa, col rilevare quel che in essi me-
rita lode o condanna , e con altre cotali riflessioni , savie per lo piu
ed opportune a formare neiranimo dei lettori un retto giudizio della
storia.
Non e qui nostro intendimento tener dietro al dolto Autore in tut-
ti i suoi passi , e ristringere in breve compendio Tesposizione ch' ei
fa del reggimento comunale di Modena ; esposizione che gia e un
compendio per se medesima di quanto si contiene nel vasto corpo
degli Statuti. Bensi crediamo piu ulil consiglio di nolare qualche
iratto, dove 1' illustre Marchese ci sembra aver dato in fallo e fran-
leso per avventura il vero concetto dei tempi e degli uomini, dei
quali egli ci ha rappresentata nel rimanente una cosi fedel dipintura.
Prima per6 di venire ai tempi anlichi , ci permetta il sig. Mar-
chese di querelarci con esso lui del troppo ingiusto e strano rimpro-
vero, ch'egli nella prima pagina del Proemio muove ai Modenesi dei
tempi moderni ed ai loro legittimi Principi, dicendo che solo teste
« col rinascere a liberla » cioe col divenir sudditi del Piemonte, i
Modenesi abbian potuto « dedicarsi con frutto » a questo genere di
studii storici, vietandolo prima d' ora il trovarsi che faceano « co-
stretti da piu rigido Governo » . E si e dunque cosi presto dimenti-
cato cosla, che sotlo gli auspicii appunto dei Principi Estensi fiori-
458 RIVISTA
rono in Modena im Sigonio , un Muratori, un Tiraboschi, doe i piu
gran maestri che in queslo genere di studii abbia dato 1' Italia del
tempi rnoderni? Noi auguriamo al Campori e a' suoi dotti colleghi ,
che sotto 1' influsso della liberta regalata loro dal Farini, possano
coltivare cotesli studii « con frutto » se non uguale, almeno non dis-
simile da quelio , con cui gia li coltivarono sotto il costringimento e
il rigore estense quei grandi, e che da tutti ammirasi nelle loro ope-
re immortali ; ma non ci pare buon cominciamento il disconoscere
in tal guisa la tradizione illustre dei maggiori, e il professare ingra-
litudine a quell a dinastia, che tra le dinastie sovrane d' Italia e stata
sempre una delle piu splendide nel proteggere ogrii maniera di buo-
ni studii e di arti belle. Se non che 1' ingratitudine verso i Principi
spodestati e il menomo tra i peccati delle Rivoluzioni ; e piacesse a
Dio ch' elle non trascorressero mai a maggiori eccessi. Cosi , nella
rivoluzione del 1306, dopo che la fazione popolare ebbe cacciato
da Modena Azzo d'Este, leggiamo nel Campori, essersi introdotto il
costume che, ad ogni seduta del Consiglio, uno dei Difensori comin-
ciasse esortando a mantenere la liberta conquistata e ridicendo le
male opere di Azzo, che Dio (dicea la legge) per sua raisericordia
levi tosto dal mondo e lo mandi all' inferno persaecula saeculorum,
Amen; ed essersi inoltre deputata una Commissione a ricercare i do-
cument! che meltessero in chiaro il mal governo di Azzo d'Este:
esempio (soggiunge il Campori) che nel 1860 il Dittatore Farini voile
imitato per riguardo agli Austro-estensi. Tant'e: coteste rivoluzioni
si somigliano anche a piu secoli di distanza, e sempre si mostrano,
negli atti ora feroci ora ridicoli, le medesime pazze ; eppur trovano
sempre, anche tra coloro che men dovrebbero, chi faccia plauso
alle loro pazzie e chi alle vittime da loro abbaltute aggiunga, se non
altro, il calcio dell' asino. II nostro Autore troppo e lontano da sif-
fatte vilta ed ingiuslizie ; e siccome egli condanna di poco crisliana
quella legge di maledizione, che i democratic! del 1306 sancirono
contro Azzo; cosi siam certi ch' egli abborrirebbe di far coro alle
maledizioni scagliate dai liberalastri d'oggidi dietro gli Auslro-esten-
si. Tanto piu, che se quell' Azzo antico ebbe per avvenlura qualche
colpa verso i Modenesi che gli meritasse il cacciamento; i modern!
BELLA STAMPA ITALIANA
Duchi certamente altra non ne ebbero fuorche quella di avere per
lunghi anni beneficato e retto lo Stato con un governo che fu vero
modello di governo saggio e cristiano. E ne e prova luminosissirua
quel processo medesimo di mal governo, che il Dittalore, d' infelice
memoria, voile lor fare; non essendo tutlii suoi document! riuscili ad
altro, che ad un fiasco solenne dell'accusatore e ad un insigne pane-
girico dell' accusato, atteso la inanila maravigliosa delle accuse.
Ma lasciamo da parte la Modena d' oggidi, incatenaia dalla rivo-
luzione al regio carro del Piemonte, e veniamo a quella che, cinque
e sei secoli fa, governavasi a libero Comune. Nel giudicar della qua-
le noi temiamo forte che il nobile Marchese in piu d' un Iralto siasl
lasciato far velo all' intelletto da certe idee dominant! del moderno
liberalismo ; idee false in se medesime, e piu false ancora quando si
applicano alia societa e alia democrazia del medio evo. Certo e che
specialmente per quel che riguarda le relazioni dello Stalo colla
Chiesa, un dei punti in cui i nostri liberali sogliono maggiormente
sbalestrare, sovente abbiamo desiderate in lui quell'assennatezza e
verila di giudizii, di cui altrove egli da si buon saggio.
Egli sembra credere in primo luogo che i diritti polilici e le si-
gnorie de' Vescovi , i privilegi e le immunila del clero nel medio evo
quasi allro non fossero che usurpazioni fatte allo Stato , e che lo
Slato nel combatterle altro non facesse che rivendicare il proprio
diritto. Per lui coteste immunila e codesti diritli sono appartenenze
dello Stato 1 ; sono favori e privilegi improvvidi ed ingiusti che i Re
e gl'Imperalori concedeltero agli uomirii di chiesa; privilegi fune-
sti a tulta la societa , perche da essi derivarono quelle guerre del-
1' immunita, che fecero spargere il sangue a torrenti 2 , e pernicio-
si al clero stesso , perche impiglianclolo nelle cure temporal! il disto-
glievano da quegli uflicii piu sublimi, che soli, die' egli, si confanno
alia sua condizione 3. Quindi, menlre dall' una parte egli biasima
il clero, ora come ingiusto, ora come cupido ed ambizioso, ed ezian-
dio Qome violento e feroce pel difendere che facea i suoi diritli 4 •
daU'altra pkte esalta « 1'energia e la sapienza » 5 del Comune, che
1 Pag. 99 e 101. — 2 Pag. 100. — 3 Pag. 99 e 102. — 4 Pag. 101. -
3 Pag. 131.
160 RIVISTA
adoperavasi a distruggerli, e i « lodevoli conali » che facea « per tor
di mezzo inveterali abusi » , quali erano le « immunita ecclesiasti-
che » 1 ; e benche conceda aver esso a travalicati alcuna flata i li-
Hiiti della giustizia » con vessazioni eccessive ; a queste nondirneno il
Campori trova facile la scusa, nolando che « non e sempre dell' infer-
ma natura umana il frenare gli sdegni , sovralulto se provocati 2 ».
Quello pero che il sig. Marchese non sa ne scusare ne intendere,
si e che il clero si oslinasse a difendere le sue immunita , che i Ve-
scovi e gli Abbali non cedessero subito alia prima richiesta tutte in
un fascio le loro antiche regalie e feudalita , « liberandosi cosi da
quelle brighe mondane, alle quali dalla vocazion loro non sono chia-
mati i chierici 3 » ; e che i Papi con tanle Bolle traessero in campo
a difendere i privilegi del clero e a condannare le leggi del Comune
a quei privilegi contrarie , leggi cosi savie , cosi giuste , cosi utili
alia santificazione del clero medesimo. Ma cio che gli riesce al tulto
inlollerabile , si e quella « funesla intromissione delle pene eccle-
siastiche nel governo della cosa pubblica , protralta cosi a lungo » ,
cioe fino all' anno del Signore 1217 , in cui il Vescovo Martino sco-
municava i Vignolesi 4 ; si e quella frequenza di scomuniche e d' in-
terdetti, con cui « il Papa guelfo colpiva nei nostri ghibellini gli av-
versarii politici, vie piu se a quegl' Imperatori aderissero, che avean
piati colla Corte ponlificia ( vuol dire , agl' Imperatori scismatici e
scomunicali ) , ovvero facevasi puntello a privilegi del clero , a pos-
sessi lerritoriali di esso o anche a pretension! di Bolognesi e di Mo-
nad nonantolani 5 » . E qui , alia vista di cosi orrendi abusi il buon
Marchese non potendosi piu contenere , perde la flemraa consueta
e tra sdegnato e dolente esclama : « Fu scandalo e lamento delle ani-
me pie quel vedere la religione a modo di arma politica adoperata ,
e come le umane passioni venissero componendo a foggia loro un
Dio guelfo che da se respingeva i ghibellini , e coloro che al clero
quelle immunita e que' diritti non consentissero , che non sono di par-
ticolari uomini o di una casta , ma pertengono allo Stato » . E siegue
inveendo contro le Bolle di Clemente V e Giovanni XXII , e di al-
1 Pag. 198. — 2 Pag. 103. — 3 Pag. 93. — 4 Pag. 93. — 5 Pag. 100.
BELLA STAMP! ITALIANA 461
tri Papi (che allrove nomina 1 , lonocenzo III, Onorio III, Inno-
cenzo IV ) come rei di simili eccessi ; le quali Bolle egli vorrebbe
che le pagine della storia mai non ci avessero conservato ; ma elle
ci rimangono pur troppo « a condanna delle prevaricazioni di alcuni
dignitarii ecclesiastic! (cioedeiPapi predetti) in un'epoca aliena
dalla mansuetudine » ; quantunque ( e questa e 1' unica sua consola-
zione) « dalle opere di costoro nessuna ingiuria riceve la religione,
che troppo apertamente nelle sacre carte ogni qualila (die' egli) di
violenza e vendetta, la cupidigia e 1'ambizione condanna 2 ».
Del resto , egli aggiunge , queste acerbe contese del Comune col
clero, in Modena, come a Parma e in lante allre citta, di grand' uti-
le tornarono e di gran decoro alia societa civile , in quanto che elle
« condussero ad una gradata emancipazione del laicato dalla teocra-
zia , che troppo nelle bisogne temporali erasi intromessa 3 » ; e tut-
te cotesle leggi contro il clero « ci provano che , se il fecondo prin-
cipio di una libera Chiesa in libero Stato , da un eminente legisla-
tore e minislro, che tutta Italia lamenta perduto, saviamente propu-
gnato , non fu poluto dai padri nostri se non in parte ridurre in alto,
inolto per altro essi fecero per inlrodurlo irrevocabilmenle nel codi-
ce loro e nelle norme del governo 4 ». Di modo che, a parere del
Campori, i legislalori Modenesi del 1327 furono i precursor! del
nostro gran Cavour, e il sistema oggidi seguito dal Parlamento e
dal Governo italiano a riguardo della Chiesa altro non e che il per-
fezionamento di quello, che gia iniziarono i famosi nostri Comuni del
medio evo.
Quest' ultimo passo , che abbiam citato dell' Autore , ci mostra
qual sia T errore fondamentale della sua dottrina storica, in do che
riguarda le relazioni dello Stato colla Chiesa, nel libero Comune di
Modena e negli altri Comuni di quel tempo : errore per altro che non
e suo proprio , ma puo dirsi volgare presso tutta la scuola dei libe-
rali, e di quelli specialmente che chiamansi moderati. Essi grande-
menle ambiscono di ripetere le loro origini dalle Repubbliche ita-
liane del medio evo, le grandezze e le glorie di quell'eta democratica
1 Pag. 129, 130. - 2 Pag. 101. - 3 Pag. 102. - 4 Pag. 127.
162 RIVISTA
riguardano come retaggio di famiglia, e que' fieri e potent! popolari
che sfidavano le ire degli Arrighi e dei Barbarossa venerano come
loro padri e maestri. Quindi e non solo 1'esaltare che fanno e Tammi-
rare colanto le istituzioni, gli ardimenti, i civili progress! di quell'eta;
ma lo studio altresi, con cui si adoperano di persuadere che lo spirito
di quei tempi, spirito eminentemenle italiano, sia quel desso appunto
che oggidi si vede risorto neir italianismo liberalesco , dopo il fer-
reo sonno di quattro secoli in cui lo tenne oppresso il despotismo.
Ma, vaglia il vero, essi vanno in do stranamenle errati. L' Italia dei
Comuni e assai piu lontana per indole e principii , di quello che non
sia per intervallo di tempi , dall' Italia degli odierni liberal! ; la ge-
nealogia dei quali , checche essi dicano , non risale piu in la dei
Principii dell'89 , e non e germe schietto italiano , ma innesto spu-
rio portatoci d'oltremonti. Avrebbe tema di un bel libro , chi si fa-
cesse a discorrere tutte le differenze che passano, sotto ogni rispet-
to , tra la democrazia dei Comuni del medio evo , e quella che pro-
fessano i nostri liberali ; ma noi volendone qui toccare un rispetto
solo, attenentesi al presentc nostro argomento, quello cioe delle
relazioni dello Slato colla Chiesa , diciamo essere tanta in cio la dif-
ferenza tra i Comuni d'allora e i liberali d'oggidi , quanta puo es-
sere Ira due termini non sol divers! , ma diametralmente opposti.
Infatti , mentre da un lato il famoso principio d' oggidi , libera
Chiesa in Iffiero Stale, imporla, in teorica, separazione inlera dello
Stato dalla Chiesa, e in pralica, persecuzione piu o men dichiarata
e violenta dello Stato aleo contro la Chiesa; nel medio evo al conlra-
rio, e specialmente nei nostri Comuni, lo Slato, che era intimamente
cristiano, professava slretta congiunzione colla Chiesa, i cui dogmi,
le leggi, lo spirito informavano tutte le fibre della societa. Quella
liberta dei culti, che oggi si vanta come legge fondamentale degli
Stati liberali, allora non cadea nemmeno in sogno ai nostri repubbli-
cani, i quali avrebbero fatto ardere per eretico chi si fosse avvi-
sato di fame in parlamento del Comune 1'assurda proposta: e ne fan
testimonianza le severissime leggi, che in lutti i loro Slatuli si veg-
gono contro gli eretici e contro i violator! pubblici del culto cat-
tolico. E quei contrasti medesimi che allora, come in ogni tempo,
BELLA STAMPA ITALIANA 463
la potesta civile moveva a quando a quando contro Y ecclesiastica,
non derivavano gia, come al di d' oggi ', da odio religiose e da
opposizione sislematica contro il Papato, conlro la Chiesa, conlro
il Caltolicismo, ma da tult' altra e assai men rea cagione, ed erano
d' indole ben diversa : erano scissure passaggiere, erano , per dir
cosi, contese dimestiche, e prolervie di figli contro la lor madre,
figlidiscoli si e talvolta ribelli, ma pur sempre figli; laddove la
guerra dei liberali moderni e guerra di nemici mortali, che mirano
a dislruggere, se fosse possibile , le basi medesime della Chiesa di
Crislo, e Cristo e la Chiesa sterminare dal mondo,
Quesla opposizione tra lo spirilo cristiano dei Comuni e lo spirito
anticristiano della moderna demagogia si manifesta chiarissima fin
nelle prime origini di quelli, e poscia in tulle le fasi e in tutti gli alti
della lor vita politica. Donde sia nata la demagogia liberale dell' Ita-
lia presente, 1'abbiamo accennato poc' anzi ; ella usci dal seno della
piu empia e sozza Rivoluzione , che abbia mai contaminate la terra.
Laddove le liberla antiche dei Comuni nacquero in seno alia Chiesa
e all' ombra di lei si svilupparono e crebbero. Secondo la leggiadra
immagine del Leo, vagheggiata anche dall' Hegel 1: il polere dei
Vescovi fu come la gemma, in cui rimase chiuso per un certo tempo
il fiore della vita delle citla ilaliane, fmche venne il di che la gemma
si aperse e presenlo allo sguardo nel suo interiore come un ferace e
frutlifero campo, sul quale fiorivano rigogliose le cilia d' Italia. La
Chiesa infalti, in que' tempi caiamitosissimi che corsero per Y Italia
dal cadere del secolo IX fino al secolo XI, tempi di anarchia civile,
di guerre feroci, d'invasioni desolatrici; la Chiesa, diciamo, era
F unica potenza salvatrice, che rimanesse in piedi, 1'unico principle
d' ordine, di vita e di difesa socia'e che avessero i popoli. Percio
questi intorno a lei si stringevano, ricoverandosi aH'ombra delle sue
ali materne: gli abitanti delle citta, abbandonati dalla potesta regia,
oppressi dalla prepotenza feudale dei Conti e dei Baroni, e travagliati
da disastri d' ogni maniera, al Vescovo ricorrevano, il quale piglian-
do la lor tutela, diventava anche nel temporale loro padre e signore.
1 Storia della Costitusione dei MwicipU italiani, pag. 438.
£64 RIVISTA
In tal guisa nacquero le signorie temporal! di molti Vescovi, special-
mente neir alta Italia; e per dire della sola Modena, che ne e forse
1' esempio phi antico, le regalie e il dominio che in essa ottenne, fin
dall' 892, il Vescovo Liduino, per diploma dell' imperatore Guido da
Spoleto, confermato poi dai seguenli Re ed Imperatori, furono pre-
mie dell'aver esso riedificato le mura, le porle, i ponli della cilia, e
restiluito ai Modenesi la patria, che dalle inondazioni devastatrici era-
no stati coslretti d'abbandonare 1. E cola eziandio, dove i Vescovi
non ebbero il principalo della citla, la loro aulorila nondimeno sem-
pre apparisce come il sostegno principale dei cittadini, e il cenlro da
cui pigliavano unita e indirizzo gli element! della vita del Comune; il
quale, ne'suoi primordii, appenapuo distinguersi dalla Parrocchia e
dalla Diocesi : tanto era intimo 1'accordo dello Stato colla Chiesa, de-
gl' interessi civili coi religiosi.
E merce appunto di questo invidiabile accordo, come lo chiama
T Hegel 2, venne a svilupparsi la grandezza e la liberta dei Comuni.
Le signorie e le franchigie ecclesiastiche furono la culla delle signo-
rie e delle franchigie comunali. II reggimenlo paterno dei Vescovi,
la cui dolcezza e rimasta proverbiale in Germania 3, e la lor polente
influenza -nel la cosa pubblica, fu quella che in Italia spiano la via
alia formazione delle repubbliche, ora colla facilila ond'essi ammi-
sero al consorzio del Governo e dei consigli i cittadini, ora coll'age-
volare che a questi fecero presso gl' Imperatori il conseguimenlo
delle bramale franchigie, ed ora per altre vie piu o men diretle.
Vero e che i Comuni, tosto che cominciarono a gustare la liberta e
il comando, non si contennero nei giusli limili ; ma inorgogliti e in-
grati contro la Chiesa, vollero usurpare per se ogni cosa, togliendo
a poco a poco ai Vescovi le regalie e il dominio, e facendo talvolta
guerra eziandio ai privilegi ed alle immunita, che il clero ab anlico
possedeva per titoli sacrosanti. Ma, in primo luogo, il processo me-
desimo di coteste invasioni mostra quanlo sia falso il concetto insi-
1 HAULLEVILLE, Histoire des Communes lombardes, T. I, p. 184.
2 Lib. cit. p. 439.
3 Unter dem Krummstabe ist gut wohnen, (E dolce vivere sotto il Pastorale)
antico proverb io tedesco.
DELL A STAMPA ITALIANA 465
nuato dal Campori, che cioe i diritti lemporali del clero fossero una
usurpazione fatta gia allo Stalo laicale, e che lo Stato ossia il laicato
nel combatterli allro non facesse che rivendicare le proprie apparte-
nenze , ed eraanciparsi dal giogo soperchiante della teocrazia. La
verita sta appunlo nel contrario: giacche 1'usurpatore fu, non il clero,
ma il laicato, non la Chiesa, ma lo Stato, il quale spossesso la Chiesa
di quel dorninio che ella aveva acquistato nella cilia a cosi giusti ti-
toli, ed esercitato con tanta mitezza e ulilila del pubblico. Quanlo poi
a quello spauracchio della teocrazia, Rien n est plus risible, dice
1' Haulleville, que Us peintures que quelques historiens modernes
font de la theocratic en Italic an XIH siecle....Qu onneparle pas
d' oppression des miles par les eveques: si quelqu un se montra op-
presseur, ce furent les autorites communales 1. E siegue, cilandone
parecchi esempii di Modena stessa, e di Parma, di Piacenza, Mila-
no, Lucca, Firenze ecc. I Vescovi adunque e il clero nel difendere il
loro possesso altro non faceano che opporre la resistenza, che ogni
legittimo possessore, ogni innocente oppresso ha diritto di opporre
alia prepotenza dell'usurpatore e dell'oppressore: e do posto, come
puo egli mai uno storico di senno e di coscienza far loro carico di lal
difesa, come di un delitto?
Del rimanente , in cotes ti diritti che il clero difendeva, sono da
ben dislinguere due calegorie, che il Campori troppo spesso confon-
de : bisogna distinguere cioe i diritti signorili e principeschi, che i
Vescovi aveano in molte cilia, e quegli altri diritti , che piu comu-
nemente intendonsi sotlo nome d' immunita ecclesiasliche ed appar-
tengono a tutti i chierici , come sono i privilegi del foro , 1' esenzio-
ne dei beni, e simili. Quanto alia prima specie di diritti, la
Chiesa non ne fu mai gran fatto tenace. Allorche le condizioni dei
tempi e la necessity o 1'utilila pubblica 1' aveano richiesto , i Vescovi
aTean preso in mano le redini del Governo, ed eran divenuti Conti
e Principi ; ma , mutate quelle condizioni , e giunte le comunanze a
civile maturila, essi facilmente cedettero a queste il comando, di cui
mosiravansi cosi yogliose; e i Papi, benche, come difensori supre-
1 Lib. cit. T. II, p. 334.
Serie \1} vol. II, fasc. 364. 30 10 Magglo 1865,
466 RIVISTA.
mi di ogni diritto, talvolta reprimessero le tracotanze dei laid con-
tro la signoria temporale de' Vescovi, nondimeno furon ben lungi
dal pretendere che questa fosse inalienabile. Pasquale II , come e
noto , si profferse a cedere per parle della Chiesa tutli i baronaggi
feudali , purche 1' imperatore Arrigo V rinunziasse dal suo canto alle
investiture dei Vescovi col pastorale ed anello: e S. Gregorio VII,
propugnalore acerrimo della liberla e potesta ecclesiaslica , fu cosi
poco amico alle signorie feudali dei Prelati, che anzi a lui e ai Papi
suoi successori ed imitatori si deve in gran parte, prima il decadere,
e poi lo sparire che fecero a mano a mano cotesle signorie in Italia,
per modo che sulla fine del secolo XIII non ve ne era tra noi quasi
piu nissuna, quantunque in Germania molle siano durate fino ai tem-
pi nostri.
Ma non cosi avvenne delle immunita, che propriamenle diconsi
ecclesiastiche. Queste non solo cran fondate sopra antichissimi e ir-
refragabili titoli di possesso, ma avevano in lima connessione co-
gl' interessi piu vitali della Chiesa e col suo spirituale minislero, es-
sendo la salvaguardia della liberta e della dignita del sacerdozio in
mezzo al civile consorzio. Qual meraviglia pertanto che la Chiesa le
difendesse con lanta coslanza? che i Vescovi e i Papi opponessero
cosi salda resistenza ai Comuni, ogni qual volta questi le violassero?
e che con interdetti e scomuniche punissero i violatori e ne raffre-
nassero gli eccessi ? Si persuada pure il signor Campori , che lo
scandalo e il lamento delle anime veramente pie non era a que' di ,
come nemmeno ai di nostri , 1' uso che facesse la Chiesa delle pene
ecclesiastiche contro i laici trasgressori delle immunila ed usurpatori
dei beni del clero ; ma bensi 1' abuso che cotesti laici faceano e fanno
della potesta civile e della forza materiale contro i dirilti della Chie-
sa. E sia pure che certe anime pie alia maniera di un Arnaldo da
Brescia, di un Marsilio patavino, o dei Fraticelli e altri cotali erelici,
declamassero conlroPapi e Vescovi pel difendere che facevano ezian-
dio con pene spirituali le temporalita della Chiesa ; certo e pero che
lo spirito pubblico della Cristianita riveriva general men te come giu-
stissime coteste leggi punitive della potesta ecclesiaslica; i Re e gli
Imperatori le confermavano coi loro editti, e le corroboravano colla
BELLA STAMPA ITALIANA 467
forza del braccio secolare ; i popoli le osservavano e le temevano ; ed
i rei che ne erano colpili, bene spesso a que' colpi salutari si raumi-
liavano, e venivano, non solo i privati , ma anco le citta e i Comu-
ni , venivano pentiti a cercare il perdono e la pace della Ghiesa,
restituendole i suoi dirilli.
Cosi , per dime un solo esempio fra mille , nel 1279 il Comu-
ne di Modena mando a Firenze il suo sindaco Andrea Donelina,
a chiedere umilmente al Cardinale Latino, legato di Nicolo III, la
remissione della scomunica e dell' interdetto, con formale promes-
sa di abrogare gli Statuti contrarii alle immunita ecclesiastiche,
che erano stati causa di quel castigo; e nel 1283 avendo il Ve-
scovo Ardizzone fatto al Podesta , al Capitano e ai Sapienti e Di-
fensori del Comune, inlimazione legale di cancellare defmitivamente
dal libro degli Statuti , omnia Statuta, provisiones et alia accepta-
ta contra libertatem Ecclesiae; fu risoluto nel Consiglio generate
della cilia , che da indi innanzi tutti cotesti Statuti contrarii alia li-
berta della Chiesa si dovessero aver per nulli : Facta est ordinatio
in Consilio generali Mutinae quod Statula , provisiones et refor-
mationes, si qua essent contra libertatem Ecclesiae, nullius essent
momenti 1. Yero e che quesli pentimenti non erano sempre dure-
voli ; ma, ad ogni modo essi mostrano che la santita del dirilto
della Chiesa nel difendere le immunila e nel punirne i violator!
eziandio colla scomunica, era pubblicamente riconosciuta e riverita
dai Comuni ; e che il violarle o ii combalterle che questi talora fa-
cevaiio era impeto momentaneo di passione disordinata, e non gia,
come vorrebbe farci credere il Campori , sislema pensato di poli-
tica e zelo di rivendicare allo Stalo i suoi inalienabili dirilli. E per-
cio appunlo, che la Ghiesa da un lato fu costantissima nel difendere
queste immunila, e dall' altro la societa civile intimamente rispetta-
vale, come giuslissime e sacrosante ; percio , diciamo , e avvenuto
che elleno trionfando di tutte quelle lolte, siano sopravvissule al-
1 Vedi le Intimazioni legali del Vescovo Ardizzone ecc. pubblicate ed il-
lustrate dal Marchese GIUSEPPE CAMPORI , negll Atti e Memorie delle RR.
Deputazioni di storia patria per le province Modenesi e Parmensi. Vol. I,
p. 337 e segg.
168 RIVISTA
T epoca dei Comuni, e si sieno manlenute fmo ai tempi moderni,
ai quali soltanto, ed alia loro liberta profondamente atea era riser-
bato il manomeltere e il distruggere tutte le liberta della Cbiesa ,
lion solo spogliandola violentemente per via di fatto , ma negandole
ancora ogni diritto.
Piacesse a Dio, che i liberali moderni imilassero daddovero quei
nostri anticbi repubblicani , dei quali pretendono essere i legiltimi
discendenti I e fossero italiani al modo che furono quei noslri glo-
riosi Comuni! La prima qualila del cittadino italiano era a quei
di T essere cristiano caltolico ; ogni Comune avea per patrono
un Santo , solto il cui nome governavasi la cosa pubblica ; e la
religione informava del suo spirito tutti gli alti della vita civile.
Mentre oggi si spogliano e disertano le chiese , la piela dei noslri
padri innalzo allora quelle magnifiche Caltedrali, che formano tutla-
via la nostra ammirazione, e fondo ricchissimedotazioni di chiese, di
monasteri, d'inslituli pii d'ogni maniera. Oggi nelle Camere italiane
i nostri legislalori bestemmiano impunemenle quanlo v' e di piu sa-
crosanto , mentre allora ogni Comune avea ne'suoi-Statuli pene se-
verissime contro i beslemmiatori e gli oltraggiatori pubblici della re-
ligione. Al Papa, ai Vescovi, al clero, siccome padri e maestri della
societa cristiana, si deferiva allora autorila grandissima anche nelle
cose meramenle civili e politiche ; appunto perche niuno sognava
quella mostruosa separazione della Chiesa dallo Stato , che oggidi
tanto si vagheggia , e molto meno quell' assurda empieta di far la
Chiesa schiava dello Slato e di ridurre i ministri di Dio alia condi-
zione di servi salariati di un qualsiasi Governo. E i monaci e frati ,
che ora si cacciano a furore , e si ^7orrebbero sterminati dal mondo,
dovunque splende la luce della civil la liberalesca , siccome ombre
malefiche e luridi avanzi di anliquala barbaric; chi non sa con quanta
riverenza ed amore fossero trallati dalle repubbliche del medio evo, e
quanta autorila e potenza esercilassero in lulli gli ordini della sociela
civile? Anche il Campori ce ne fa buona testimonianza 1 ; e volendo
spiegare perche a quei tempo gli Ordini religiosi godessero in Ila-
1 Pag. 110.
DELLA STAMPA ITALIANA 469
lia tantofavore, soggiunge, che il furore delle fazioni, i grand! delit-
iie mal repressive guerre e le rovine da esse cagionate, 1'ansia de-
gli animi pel continui pericoli sovrastanti dovevano fare accogliere
con entusiasmo quegli uomini preganti pace tra i contendenti, e pre-
dicant! coll' esempio la necessita della penitenza. Ma, da buon libe-
rate , egli tosto ripiglia , che « lo scopo sociale , cui miravano i
monaci e che a quell' eta non faceva difetlo , collo svilupparsi della
cimlta ebbe a modificarsi o a cessare ; » sicche ai tempi nostri ci-
vilissimi i monaci piu non avrebbero ragione sociale di esistere.
Quasi che oggidi piu non vi siano al mondo fazioni e guerre , e tre-
pidazioni e disaslri, e grandi delitti invendicati , e cento altre tristi-
zie ; laonde riescano superflui cotesli uomini preganti pace e predi-
cant! penitenza : per non dire dei tanti allri fini religiosi e social! ,
per cui il clero regolare sempre fu e sar& utilissimo nella societA
cris liana.
Anzi osiam dire, che anche negli ufficii puramente civili il
minislero dei frali riuscirebbe al presente , come gia in quei seco-
1! , assai piu utile' spesso che non quello de' laici. In Modena (e lo
stesso usavasi in altri Comuni ) piu d' una volta furono commes-
se ai frati pubbliche cariche, e alcune specialmente piu delicate, che
esigevano maggior fedella e disinteresse. Cosi, nel 1306, dovendo-
si comporre il Consiglio generale, il popolo a sei frati die 1' incarico
di scegliere dieci cittadini per porta , i quali poi fossero eleltori di
-400 consiglieri 1: e nel Consiglio talora adoperavasi un frate a rac-
cogliere entro un sacchelto le fave dei voti legislativi 2 : ed al gelo-
sissimo ufficio di massaro, cioe di cassiere generale delle finanze, so-
lea deputarsi un frate. Ora credete voi, che in simili bisogne i frati
anche oggidi non potessero tornare utilissimi allo Slato? e le finanze
rovinatissime di certi Stati non pare a voi che andrebbero un po'
meglio, se, invece di essere fra le ugne di certe arpie laicali, fosse-
ro lasciate in mano ai frati? Quell' ingegno argutissimo che fu 1' A-
bate Martinet , si pose un giorno a dimostrare 3 che un Parlamen-
1 CAMPORI, pag. 37.
2 Pag. 53.
3 Platon-Polichinelle, 2e partie, Chap. XXXIX et XL.
470 RI VISTA
to di monaci e frati sarebbe la migliore assemblea legislativa che
potesse immaginarsi ai tempi noslri per uno Stato anche vasto , co-
me la Francia; e il suo argomenlo potrebbe facilmente slenders! a pa-
recchie altre parti della macchina governativa , quale oggidi si usa
negli Stati costituzionali. Ma, fuor di celia, il fatto e che i Govern!
popolari del medio evo furon tenerissimi dei frati , e che in do si
dispaiano infmitamente dai Governi liberal! alia moderna. Quesli se
han qualche lenerezza , 1' hanno solo per i frati sfratati e apostati ;
laddove i primi rigettavano con vitupero cotesli rifiuti dei chiostri ;
ed a Modena specialmente v' era una legge , la quale il Campori
trova severa 1, che chi, dopo slato frate un anno , lasciasse 1' abito,
non fosse ammesso ad ufficio alcuno, e non fosse nemmeno accettato
in tribunale come teslimonio.
Egli e ben vero, che questo amore dei frati non basta, ci avverte
il Campori 2, a-dimostrare ia'somma pieta de padri nostri; i quali,
d'altra parte, facean guerra talvolta alle immunita clericali e si attira-
van sul capo gl'interdetti. Pii furono essi al modo loro, non a quello
che alcuniprediligono. Verissimo: la loro pieta non giunse pur troppo
a quel grado ideale di somma e perfetta pieta, che uno Stato cristiano
dovrebbe inalterabilmente professare verso la sanla madre Chiesa :
essi furono pii al modo loro , cioe al modo d' uomini imperfelti , che
spesso prevaricano per passione al dovere da essi conosciuto. Ma
eglino furono ben lungi altresi dall' esser pii, al modo che vorreb-
bero essere oggidi certi liberali moderati, certi troppo semplici pa-
negiristi della Chiesa libera in libero Stato. Lo spirito, le massime,
i costumi , le leggi , la storia intera dei Comuni altamente grida-
no contro questa sciagurata massima , che il liberalismo odierno ha
tolla per sua divisa ; e quindi possiamo a tutta ragione conchiudere
che , per cio che riguarda le relazioni dello Slato colla Chiesa , non
v'& niuna soiniglianza ne affinita tra la liberla degli antichi Comuni
e il liberalismo dell' Kalia moderna.
Ci duole che una verila si lampante sia sfuggita agli occhi del
nostro Aulore , e che il suo libro , cosi asseiinato in altre parti ,
1 Pag. 136. - 2 Pag. 111.
BELLA STAMPA ITALIANA 471
in quesla principalmente si mostri tanlo povero di senno storico.
Se quei buoni Modenesi del medio evo potessero alzar la voce
dalle lor tombe, sarebbero i primi a protestare contro 1' onore che il
Campori lor voile fare, ma che eglino terrebbero per oltraggio gran-
dissimo, di essere doe riputati precursor! e complici della moder-
na empiela liberalesca ; ed a quella protesta senza dubbio farebbe-
ro eco e plauso sincerissimo lutti i Modenesi d' oggidi , tulti quelli
almeno , ai quali son veramente care le glorie della loro citta , in
ogni tempo insigne fra le citta d' Italia per pieta e religione.
II.
Italia. Cantidiun Crisliano — - Italia, ilcentenario di Dante.
Un volume in 8.° di pag. 84.
Non potremmo noi fare ne piu vero ne phi alto elogio di questa
serie, benche breve, di Canti, che dirla uno de'bei ritralti di
poesia dantesca , in opera di flagellare le grandi e pubbliche colpe.
Di falti tutto ci par dantesco ; il pensiero robusto e dignitoso nel
suo concetto, scolpito e nobile nella sua espressione; le immagini
sobrie, mavivaci; 1'affetlo vigoroso e caldo, ma non punto sfor-
zato; lo stile temperato col soggetto, ma sempre rapido; final-
mente puro e gastigato il linguaggio, Che se alcuna volta pecca di
oscurila ; se 1' armonia non e sempre sentita ; se alcun modo puo
essere censurato di poca italianita ; in una parola, se fra i molti pregi
possono esser notati difetti contrarii, o sia nello svolgimento poetico,
o sia nella dizione ; essi pero non distruggono il bello del tutto , e
solo fanno desiderare, che il Poeta con piu assiduo esercizio di una
facolta, di cui si mostra assai bene fornito, ma forse non egualmen-
te abituato , faccia disparire i pochi nei che 1' annebbiano.
Ma quale e dunque il soggetto di quesli versi? II titolo lo dice:
e 1' Italia. E forse qualcuno, sentendo lodarsi a si alto segno 1' Auto-
re, come tulto informato di dantesca poesia ; chi sa che non creda
essersi anch' egli accordato co' Corifei della nuova Italia ; e come
questi fanno a Dante feste e baldorie , perche dicono di avere ap-
preso da lui il concetto di quella grandezza , a cui essi finalmente
BIVISTA
sono riusciti a recare la Patria ; cosi il nostro Poeta ne risvegli il
canto, per celebrarne la medesiraa idea !
Se non che , tra i Dantisli della rivoluzione e 1' Autore di quest!
versi, passa una gran differenza. Quesla e, che i primi commendano
in Dante i loro sogni ; malizia o inganno che sia : ma di quello che
Dante scrisse, punto non si brigano di sapere; e per molti di loro la
Divina Comraedia non e poema piu italiano che arabo. Laddove il
secondo non solo ha studiato in Dante , per conoscere il pensiero di
lui ; ma, per quanlo e possibile, si e adoperato di far suo il modo di
concepire di quel sommo. Pero la sua Italia e la Italia della Rivo-
luzione pur essa ; da sfolgorarla pero , come Dante sfolgoro 1' Italia
de'suoi tempi, divisa da fazioni , conlristata da'suoi mille tiranni,
ammorbata dai loro innumerevoli delilli. La quale, se punto si di-
versifica dalla presente , si diversifica in cio , che ne rimane mille
tanti al di sotlo per ogni opera di tristizia , e calamita pubbliche
de' popoli e private de' ciltadini.
Daremo ai leltori un piccolo saggio di quesle poesie, toccando de-
gli argomenli che trattano, e recandone in mezzo di piccioli brani ,
per esempio del rimanente.
Come dicevamo, 1' Italia rifalta e il soggetto de' Canti. Pero nel
primo di essi il Poela s' interroga, non forse questa Terra, dopo tan-
te e si lutluose sperienze , e falla scorta dalla voce de' suoi savii ,
si sia finalmenle consigliata di sorgere dallo stato di abiezione ,
d' ignavia e di avvilimento morale, in cui da si gran tempo pe' suoi
vizii dimorava. Di cio gli fanno speranza gli eccitamenti a grandez-
za, a gloria, a virtu, che ode dapperlutto, e gli onori centenarii
che sono a Dante decretali.
Dunque ebbe Italia infin se stessa a vile,
Riscossa a un tratto de' suoi eccessi al tuono,
All'acuto lezzar di suo covile?
Se questi 1 applaude, e se vero anche e il suono
Che onor rinnova al suo divin Poeta,
Del retto accesi omai gli animi sono?
1 Se, cioe, applaude ai sapienti, de' quali ha parlato innanzi.
BELLA STAMPA ITALIANA 473
II che se e vero, cio che dunque si brama non dovrebbe essere al-
tro, che quanto puo fare grande e felice ogni nazione : la soggezione
a Dio, la venerazione e 1* araore alia religione , il rispetto al dritto ,
la vera scienza, la legittima indipendenza.
Questa e si cerlamente la idea della vera grandezza nazionale. Ma
tutto in conlrario 1' ban no intesa i riformatori dell' Italia : e come
ce 1' hanno essi foggiata, con quai mezzi e sino a qual segno, eel di-
pinge il Poela a vivi colori nel secondo Canto , facendo de' principal!
di quelli e delle opere loro ima breve e fedele rassegna. Reciliamo-
ne qualche Iratlo :
Venite innanzi voi, che i primi siete
Fabbri d' Italia, e se alia magna impress
Questo e il cammino o il fin mi rispondete I
Coll'epa grassa e con la vista lesa,
Padre Cavour, quest' e la liberta
Che proraettevi, e la libera Chiesa?
Libero Stato, sola verita
Di lue menzogne ; e d'onde Italia infine
Ne' parricidi suoi ebbe unita.
I parricidi, che aggiustando al crine
Dell' infranta corona i pezzi, a galla
Van sull'onde fecciose cittadine.
Prima razza davvero e prima stalla,
Airarmento minor d'esempio, come
La bestia impingua sul comun che avvalla.
E qual linguaggio mai puo darmi un nome,
A dir le moltitudini efferate,
Disbramandosi sempre, e sempre indome?
E cosi seguita , con pochi ma sentiti colpi di pennello maestro, a
tratteggiare gli altri mali e le sempre crescenti rovine, che mollipli-
ea la Rivoluzione; 1'onta de' costumi, i latrocinii, le carnificine, gli
assassinii pubblici e privati. Ecco poche stanze , ma sugosissime ,
sulla guerra civile dell' Italia meridionale.
Sono a fronte due parti. Incendia 1'una
D' Italia in nome, e ammazza, e si rincagna
Fin contro yecchi, e donne e infanti affuna.
474 RIVISTA
E perche 1'altra indietro non rimagna,
Brucia, rapina, uccide, il sangue spreme,
E smerabra e squarta e caya fuor 1'entragna.
0 veramente rinnovato seme
De' prischi padri ! 0 mia virtu latina,
Che rifiorisci di feconda sperae !
Or che sara da sperare per la civile societa tra le future generazio-
ni? A fame congettura da pessimi germogli, che sono cosi pestilenziali
alia presente, non e da pronoslicare altro che danni ognora piu gravi.
E gia qual fia la messe da segare,
Ben a' carapi si yede ; e quai saranno
I novi arnesi, alia fucina apparel
Di tanto sangue e lutto, nasceranno
Ad altro i figli che a yendetta? Ahi, sempre
D' inique eta perverse eta si fanno !
Ognuno sa che 1'arte di preparare le rivoluzioni, sicche riuscis- ]
sero a stabil fine , fu quella di falsare le scienze ; stabilendo massi-
me di sovversioni, come principii di vera dottrina, ed elevando i
suggerimenli delle passioni in assiomi di diritlo. Con questo lungo
lavorio si e giunto altresi a formare codesto ludibrio dell'umana na-
tura , che vuol farsi nominare Regno d' Italia. Che pero, a conser-
varlo, si melte ogni opera di riconfermare le menti negli errori, te-
nendo lonlano, quanto e possibile, la luce della verita, e procurando
che domini o 1'ignoranza, o, che e peggio, la falsa scienza. A che
conduce, se non fosse altro, la liberla sfrenata del pensiero : che co-
me una e la verita, cosi una e la vera scienza ; quella che muove da
Dio, e riconduce a Dio. Entro questo argoraenlo si contiene il terzo
Canto, pieno di alti concetti, de' quali toccheremo alcuni. Dopo ra-
gionato dell' eccellenza della vera scienza e della sua unita, nel sen-
so accennato di sopra, la mette in confronto colla scienza, che am-
manniscono alia povera Italia i Dottori della Rivoluzione. A giudi-
carne egli crede bastevole fare un picciol ritraito morale di ciascun
di costoro : dopo di che volto all' Alighieri cosi esclama :
E tu, divo Alighier, gli occhi disserra,
Tu che a formar 1'angelica farfalla
Gridi ch' e posto 1'uoni sopra la Terra ;
BELLA STAMPA ITALIANA 475
E che qualunque via mostri che falla
Che non sia Cristo ; e che cittade vera,
Di volontati accordo, DOD s'astalla
Che in solo Cristo; ed Ei 1'eterna spera,
Onde la scienza ; ed Ei virtu infinita,
Che alia nostra virtu da forza intera :
Apri gli occhi, o divin, che vuoi la vita
In Cristo tutta, e vedi in quai dottrine
La gioventude italica e nudrita 1
Vedi la morte, yedi le mine ;
E come dalle scuole, ove di basti
S'incarcano gl'ingegni, e in cui le Erine
Spengono il santo amore e' pensier casti,
Tratta e la gioventii nell'orgie, ch'ebbre
Martellano 1' Uom Dio, che tu cantasti.
II Canto IV tralta della Patria; e mostra che Y Italia, non che es-
ser divenuia degl' Italian!, con cio che si e macckinato sotto appa-
renza di amor di patria, e^stata anzi sfacciatamente yenduta e mes-
sa alia balia dello straniero.
Nel V e chiamata in esame questa fittizia unita, per la quale sono
state adunate in un sol corpo membra disparatissime. Ma non gia
corpo risultante da' suoi natural! costitutivi, si veramente un mo-
stro n' e polulo riuscire, che si manliene cosi composto, non punto
per yirtu d'intrinseco principio di unita, cioe della ragione e del di-
ritto, ma per la estrinseca violenza della forza.
II VI e direlto ai Potenlati, e potremmo inlitolarlo il colpevole In-
tervento, e il colpevole Non intervento. In esso il Poeta , lamentato
per alcuni versi le ingerenze straniere nella Italia , e 1' arbitrio set-
tario che ha fatto e fa strazio crudele d' ogni piu sacrosanto diritto ,
yolge con meraviglia gli occhi ai Sovrani di Europa , che vede con-
lemplare con animo inseusibile tanto scempio ; offesi o da cecita, che
non fa lor scorgere in quest! mali il proprio pericolo , ovvero impe-
diti da discordie, che li disunisce e li rende impotent! ad arrecarvi
rimedio. Pero esclama:
Che fanno i Regi tutti, che al segnale
Della vergogna almen levati insierae,
A.llo Spirto del mal non troncan 1'ale?
476 RIVISTA
Or godi, Italia ; che alle tue supreme
Nozze, acciocche non fossero turbate,
Fe di sua luce Iddio lor menti sceme.
Onde simili a te, di Lui private,
Son elli esempio di nature, in gioco
Da serpente magnetico aggirate.
In lor consiglio nulla impresa ha loco,
Ciascun dal suo fantasima e riscosso,
Cupido ognun di se, tutti son poco.
Unica eccezione di si universale tristizia, o imprevidenza, o dappo-
caggine, e il supremo Ponlefice, il Re di Roma. Vogliamo che il let-
tore gusti per intero, senz' altro nostro commento, questo bellissimo
tratto. Dice dunque cosi :
Men sopra gli altri un sol ; che tocco e scosso
Non che dal serpe, dair inferno, Ei stando
Sulla pietra eternal, dice : Non posso !
Suso tragge le palme, in Dio mirando,
Fervida prece notte e giorno leva,
E secure di Dio, geme aspettando.
Geme, in veder Babelle che solleva
Le rotte coma alle stoltizie prime,
E di Cristo 1'ovil persegue e aggreva.
Geme, che infino al loco ov' Ei sublime
Vice ha di Cristo, arriva il maledetto
Satanna, e il puzzo del suo fiato imprime.
E con quanto puo mai toccar 1'affetto,
Invita a tregue, a patti ; ed Ei costante,
Dice : Non posso ! con la croce stretto.
Oh, vivo lume di due voci sante 1
Oh, fortezza d'amor, se conosciuta
Fosse dal mondo, che tempesta errante !
E invece alia parola che rifiuta
Rinfoca 1'odio, e le bestemmie accarca
L' insana moltitudine perduta.
Di quella voce al suon le ciglia inarca
II saccente del secolo, che aspetta
L'ignudo pescator, la rozza barca.
DELLA STAMPA ITALIANA 477
Stolto ! che col Giudeo d'un pane affetta ;
Quest! cerca un messia non sovrumano,
Simone alzato in Cristo egli rigetla.
Quindi Roma papale e la vera salute del mondo lutto, nonche di
questa nostra Italia. Che percio contro essa principalmente si arro-
vella la Rivoluzione ; e quella conquistata crede di avere ottenulo il
finale Irionfo: come per opposto si crede appena al principio delle
sue imprese, se, fatto ogni altro guadagno, non e padrona di Roma.
E questo appunto e il soggetto dell' VIII ed ultimo Canto, nel quale
il Poeta fa di torre ai tristi 1' empia speranza di'potere giammai sog-
giogare la divina virtu che la sosliene ; avvegnache possano avere a
quando a quando maleriali e temporanei vantaggiv
0 dispetta del Ciel, empia semenza,
Or tu se' ignara, che di sveglier Roma
Precipito mai sempre la demenza?
II fulmine non senti che gia toma?
Non la guerra fra voi, da che s'alzaro
Le sacrileghe ciglia alia sua chioina?
Che se perfide lance la privaro
Di sue vesti gran parte, quelle vesti
Onde i secoli e Dio la circondaro ;
Non v'accorgete voi che furon quest!
Delia morte d' Italia i primi allori?
De' quai tu, Gallia, la corona avesti.
Gran forza e quasi sovrumana halaPoesia; specialmente quando
chi ne possiede 1'arte sa ispirarla ai veri sublimi della Religione !
Informata di si divina virtu essa e luce ed amore, se si fa a rischia-
rare le menti desiderose della verita, e a molcere i petti innamorati
del bene ; ed e schianto di fulmine, se si rivolge a sfolgorare gli er-
rori e percuolere i tristi. A queslo modo dimostro il sommo della sua
efficacia per opera del massimo fra i poeti ; e in somiglianle guisa
puo tornare al suo vero onore, per opera di coloro, che la sappiano
convenevolmente derivare dalle medesime fonli.
SCIENZE NATURALI
1. Foto-scultura — 2. Usi dell'olio di petrolio — 3. Macchina daprodurre
il freddo — 4. Acido fenico —.5. Istmo di Suez.
1. Per mezzo delle fotografie plane si puo eseguire un busto, una sta-
tua o un altro oggetto qualunque di tre dimension!, con un processo mec-
canico, e senza 1'opera di uno scultore che copii 1'originale, ed ancora
senza che colui che ritrae abbia visto 1'originale. Quest' applicazione
della fotografia chiamata foto-scultura, e invenzione del sig. Willeme
eccellente scultore francese, il quale ogni qual volta poteva procurarsi
una fotografia di quelli che volevano essere scolpiti, si studiava di va-
lersene nella esecuzione de' bassirilievi, de' busti e delle statue che gli
erano ordinate. Seguendo con una delle punte del pantografo i contorni
della pruova fotografica, percorreva coll'altra punta il modello, e cosi ne
scopriva e correggeva i difetti. Ma cio che otteneva con una sola fotogra-
fia della persona o dell'oggetto, comprese di leggeri che avrebbe otte-
nuto incomparabilmente meglio con molte: e quindi penso, che se avesse
avuto in mano un sufficiente numero di profili fotografici , ricavati nello
stesso tempo da un egual numero di camere oscure, collocate in cerchio
attorno all'esemplare, facilmente avrebbe potuto comparando col profile
di ciascuna fotografia il profilo corrispondente del modello, condurre que-
sto a perfetta somiglianza. Donde fece ihcontanente un altro passo, pen-
sando che in luogo di correggere il modello quando era quasi finito, po-
teva applicare di primo tratto il pantografo alia massa di argilla abbozzata
allagrossa, e tagliarla intorno di mano in mano, seguitando 1'uno dopo
1'altro i segni delle diverse pantografie. Nella pratica il numero delle fo-
tografie, rappresentanti 1'oggetto sotto different! punti di vista, e di ven-
tiquattro: e non si deve far altro che girare quindici gradi, cioe la ven-
tiquattresima parte della circonferenza di cerchio, il bozzo di creta dopo
SCIENZE NATURAL! 479
cseguito ciascun profile colla punta del pantografo ; con che dopo 1' inte-
ra rivoluzione si avra una riproduzione solida e perfetta delle ventiquat-
tro fotografie. II perche siccorae la fotografia serve a copiare i quadri dei
grandi maestri, cosi la foto-scultura yarra a riprodurre le opere di scultu-
ra senza far loro perdere niuno de'pregi che le rendono celebri.
2. I/olio di petrolio e stato riguardato e adoperato insino ad ora quasi
unicamente come sostanza illuminante, e sotto questo rispetto si puo di-
re che ha incontrato numero uguale di ayyersarii e di difensori. Laonde
se non si volesse o lion si potesse far servire ad altro uso, la sua fortuna
non sarebbe per ancora assicurata certamente. Ma esso e utile in molte
altre applicazioni dell' industria, delle quali una delle piu curiose e delle
piu important! e quella che spetta all'arte tintoria.
Quest' arte ha fatto in questi ultimi tempi notevoli progress! , e fa-
ranne altri nuovi merce del petrolio, il quale in fatto di colorazione pro-
duce effetti rilevanti : ed avrebbe luogo in essa un yero rivolgimento,
se fosse possibile di ottenere a buon mercato le delicate gradazioni
de' colon col dett'olio, specialmente quelle del color malva cotanto
ricercate. Cotali gradazioni sono prodotte col mezzo dell'anilina, che e
un estratto dell'am'/ o anir, yarieta delle indigofere ; la quale sostan-
za, benche da lungo tempo scoperta dagli uomini di scienza, non e
stata finora convenientemente pregiata. Ora il petrolio contiene i prin-
cipii dell'anilina.
Ma ecco un' altra applicazione di maggior utilita. II dottor Decaisne
d'Anversa ha scoperta questa nuova e singolare proprieta dell'olio di pe-
trolio, di distruggere instantaneamente 1'insetto parassilo che chiamasi
acarus, e che e la cagione della malattia della pelle, conosciuta col nome
di scabbia. La maniera di applicare il rimedio e semplice assai, perche
basta solo stendere 1'olio sulla parte malata, senza ne anche strofinarla.
11 vapore poi dell'olio e sufficiente a disinfettare le vestimenta ammor-
bate dal veleno. Non vi ha dubbio, che lo stesso rimedio non si possa-
adoperare nelle altre malattie della pelle, che hanno una origine analoga
negl'insetti parassiti : ed e ancora da credere, che i contadini e gli agri-
coltori se ne possano giovare nell'esercizio di loro professione.
3. Richiesto il sig. Kirk fin dal principio dell'anno 1862, se si potesse,
ad ottenere il freddo, adoperare un agente diverso dall'etere, gli yenne
subito nelFanimo 1'aria atmosferica, si perche in essa non s' incontra ye-
run pericolo, e molto piu perche non costa nulla ; e dopo yarie espe-
rienze giunse finalmente a costruire un piccolo modello atto a congelare
il mercuric. Laonde fu immediatamente costruita una grande macchina,
la quale operando in maniera soddisfacente, si mise da banda la macchi-
na ad etere: e nello scorso anno se n'e fabbricata un' altra piu potente,
che somministra nello spazio di yentiquattro ore tre tonnellate, cioe tre
mila chilogrammi di ghiaccio. Ecco Aorincipio, su cui sono state co-
480 SCIENZE NATURALI
strutte queste macchine. Se chiudesi una certa quantita di aria in un
yaso resistente, il quale comunica con una pompa ad aria, e si fa di-
scendere lo stantuffo spingendolo colla mano ; egli e chiaro che si corn-
prime 1'aria chiusa, e che nell'atto della compressione si riscalda. Or se
dopo essersi raffreddata si lascia, che agisca contro lo stantuffo e ritorni
al suo volume, essa si dilatera nello stesso tempo e continuera a raffred-
darsi ; ma lo stantuffo non verra ricondotto al punto onde si era partito,
perciocche lo sforzo, che fa 1'aria dilatandosi, e minore di quello che fu
adoperato a comprimerla.
Affine di trasformare quest' apparecchio elementare in una macchina
di raffreddamento, conveniva soddisfare a due condizioni. La prima era
che la compressione o il riscaldamento, e la dilatazione o il raffredda-
mento si operassero in due compartimenti separati ; de' quali il primo
fosse tutto circondato di acqua che assorbisse il calore generate, e 1 altro
fosse cinto della sostanza che si voleva raffreddare, alia quale si venisse
cosi togliendo il calore. Uno de' compartimenti essendo perquesto modo
assai freddo e 1'altro caldo, la seconda condizione era, che 1'aria andasse
continuamente da un compartimento all'altro, senza portare con se il ca-
lore del compartimento caldo al compartimento freddo. Per cagion d'e-
sempio, se la temperatura del compartimento caldo fosse stata di 70 gradi
e quella del compartimento freddo si fosse trovata a zero, 1'aria sarebbe
dovuto entrare nel compartimento freddo prima che si fosse dilatata,
avente una temperatura il piu che era possibile vicina a zero, e ritor-
nare nel compartimento caldo perche fosse di nuovo compressa, con una
temperatura presso a poco di 70 gradi. Tutto cio si e ottenuto agevol-
mente merce della bella invenzione di Stirling , alia quale si da qualche
•volta il nome di rigeneratore o spiratore ; Yale a dire adoperando un gran
numero di tele metalliche, a traverse delle quali 1'aria successivamente
va e viene da un compartimento all'altro. Allorche la macchina opera
,bene, le prime tele, che sono dalla parte del compartimento caldo, diven-
tano cosi calde come questo compartimento, e le ultime, che sono verso
il compartimento freddo, si raffreddano al paro di esso; mentre quelle al-
tre che sono nel mezzo hanno i varii gradi delle temperature intermedie.
Cosi dunque il sig. Kirk valendosi di questo ritrovato dello Stirling
ha saputo fare, che 1'aria, siccome allorche si parte dal compartimento
caldo, riscaldi le tele raffreddando se medesima ; cosi per lo contrario
allorche se ne ritorna, riscaldando se medesima raffreddi le tele: e che
quantunque essa vada continuamente dalla camera calda alia fredda e
dalla fredda alia calda, nientedimeno non porti seco il calore, il quale di-
minuirebbe il suo potere refrigerativo nel tejnpo che si dilata. I vantaggi
di questa sua macchina sono i seguenti : 1.° Che non entra in essa nes-
sun vapore infiammabile o mefitico ; 2.° Che si puo moderare a talento
il potere refrigerativo, moderando la forza motrice ; 3.° Che tutte le ser-
SCIENZE NATURALI
rature si fanno assai bene in semplice cuoio, e cosi solidamente che la
prima macchina di questo genere ha lavorato quattro inter! mesi, senza
aver mestieri di alcuna riparazione. Essa coslo 17,500 franchi, ed opera
giorno e nolle senza inlerrompimento. Con una lonnellala di carbone, che
vale 5 franchi, si puo avere una lonnellala di ghiaccio.
4. II di 2 Gennaio nella lornala dell'Accademia delle Scienze a Parigi
fu presenlala una nola del sig. doll. Declal sopra gli usi terapeulici del-
1'acido fenico, colla domanda che si ammellesse nel concorso de' premii
Monlhyon in medicina ed in chirurgia. E quesl'acido un olio acre e vo-
latile simile al creosolo, e si eslrae dal caslorio.
Dapprima riferisce, che sulla fine dell'anno 1861 fu chiamato per uno
cbe cadulo da cavallo nelle vicinanze di Parigi, inconlanenle divenne
paralilico insino al venire, ed ebbe infranla la colonna verlebrale alia
terza verlebra del dorso. Appena fatla la diagnosi, col consiglio del si-
gnor dolt. Maisonneuve e del sig. dotl. Gros, risolse di farlo Irasportare
a Parigi ; ove non oslante le sue cure e quelle si de' menlovali e si di
allri medici, apparve la cancrena ai malleoli ed al sacro, la quale poi si
estese a livello di tulle le parli ossee, e fmalmenle divento cosi generale,
che la vasla ed ariosa camera deH'iiifermo era inabilabile; e 1'infermo
stesso veniva soffocalo dalla grave esalazione e desiderata preslo mori-
re. Non avendo il sig. Declal a che appigliarsi, gli venne in pensiere di
tannare le parli cancrenale coll'acido fenico. Quest'acido, egli dice, non
era stato adoperalo mai, per quanto io sappia, in tal maniera; ne so di
alcuno il quale abbia pensalo, che polesse servire a somiglianli usi. Sol-
tanlo era venulo a nolizia de' lentativi fatli, per olleuere di lannare i
cuoi, producendo del fenalo di gelalina. Egli pose 10 gramme di acido
fenico brulo in 100 gramme di olio ordinario, e coll'aiulo di un pennello
spalmo col miscuglio bene agilalo una parle sola della piaga cancrenosa
della coscia, la quale era piu di lutto il resto infetta. II giorno appresso,
Faspello delle cose essendosi migliorato, egli, coll'assentimento ancora
degli allri dotlori, fece ungere lullo il corpo ; 1'odore divenlo subito qua-
si nullo, e le parli cessarono di disorganizzarsi. Altresi voile adoperare
delle iniezioni con acqua fenica salurala e preparata come 1'acqua di ca-
trame : e la cancrena si arreslo del lulto, il malalo comincio a sperare
la guarigione, ed il metodo di cura fu seguilo con assai facilila.
Dopo quel lempo, egli soggiunge, il sig. dott. Maisonneuve, leslimonio
degli effelti sorprendenti, prodolti sopra queslo infermo, non ha mai ces-
salo di servirsi all' ffotel-Dieu dell'acido fenico, come di un rimedio abi-
tuale. I malati a lui commessi son curati in questa maniera, con risulla-
menli soddisfacentissimi e degni di considerazione. Cotale esempio e se-
guilalo da moltissimi allri medici, essendo 1'acido fenico spesso sommi-
nislralo comunemenle nella cilia, ed anche in varii spedali.
Serie Y7, vol. II, fasc. 364. 31 13 Maggio 1865.
SCIENZE NATURALI
Indi il sig. Declat enumera le applicazioni da lui fatte di cosi pre-
zioso agente, sia all'esterno a prevenire, per cagion d'esempio, la can-
crena, a risolvere ingorgamenti gravissimi nella lingua, a combattere le
malattie della pelle; sia anche neli'mterno, come ne'casi d'infezioni tifoi-
di o di simili morbi ; e conchiude, dicendo, che quantunque sia da spe-
rare, che ulteriori ricerche facciano conoscere con maggior precisione
tutte le indicazioni terapeutiche dell'acido e delle sue combinazioni ; pur
nondimeno i fatti gia accertati, per quanto sien.o incompiuti, permettono
di stabilire sin da questo punto le proposizioni che seguono , la cui pra-
tica importanza e di per se stessa di molta rilevanza : 1.° Le applicazioni
feniche conferiscono potentemente a sollecitare la cicatrizzazione delle
piaghe trauma tiche di ogni guisa , ed a prevenire le complicazioni peri-
colose anche ne' casi di complicazioni cancrenose. Cotali applicazioni
fanno sparire la cancrena, e pongono la piaga nelle condizioni piii favo-
revoli ; 2.* Nelle affezioni contagiose le applicazioni anzidette esercitano
un'azione salutare, sulla infezione a un tempo e sullo stato locale ; in co-
tali affezioni, siccome anche nelle mere supparazioni, 1'acido fenico puo
disperdere 1'origine della suppmmione ; 3.° In un caso d' ingorgamento
mal determinato della lingua con ulcerazione, riconosciuto da piu medici
autorevoli , ed espresso in un disegno, che e stato presentato all'Accade-
mia ; le applicazioni feniche, e 1'uso dell'acido fenico all' interno hanno
prodotto un miglioramento, e poco meno che una guarigione , la quale si
deve noverare fra le piu rilevanti; 4.° L'acido fenico adoperato a manie-
ra di lozione, ha sanato con ammirabile prontezza degli eczemi non po-
tuti curare altrimenti. Soggiunge il sig. Declat, che si per le esperienze
fatte da lui, si per quelle di altri medici si puo con fondamento riputare
quest'acido come universale rimedio di tulte le infermita della pelle; 5.*
Sembra che debba essere altresi utilissimo nelle affezioni contagiose sia
a contatto, sia di lontano , sopraltutto ne' casi di epidemie e ne' morbi
endemici de'campi e degli spedali ; 6.° Non ostante le sue qualita molto
caustiche , si e potuto somministrare quest' acido all' interno, in casi di
malattie gravissime organiche o contagiose, alcune volte assai utilmente,
non mai con danno.
Ma nella tornata del 9 Gennaio un altro medico, il sig. Lemaire, dichia-
r6 con una sua lettera , che alcune delle scoperte che attribuisce a se
medesimo il sig. Declat, erano gia state fatte da lui e pubblicate mold
anni innanzi. A tal fine ha citati varii suoi opuscoli intorno al coaltar *,
saponinato ed alPacido fenico ; ed ha chiesto, che la sua reclamazione
venga riportata negli atti dell'Accademia. E poiche il sig. Secretario
perpetuo ha proposta la memoria del sig. Declat pel concorso al premio
\ Coaltar e il nonae inglese della pece, clie si ottiene distillando il carfjone di terra, die
i francesi chiamano goudron de houille.
SCIENZE NATURALI 483
Monthyon, egli ha pregato il sig. Presidente affin di ottenere lo stesso
favore alle proprie scoperte.
Vogliamo riferire tutta intera la risposta, che il sig. De"clat diede a
cotali richiami del sig. Lemaire, nella tornata del 16 Genoaio, come quel-
la che fa conoscere 1' istoria e gli usi di quest' acido fenico. « II sig. Le-
maire, egli dice, ha pubblicate important! ricerche intorno al coaltar sa-
poninato ed all'acido fenico ; ma ha egli forse scoperto sia il coaltar sa-
poninato, sia 1'acido fenico? No ; ne anche ne ha scoperte le proprieta,
ma solo le ha applicate. Quando nel 1860 il signer Lemaire presenlo la
sua memoria sul coaltar saponinato del sig. Lebeuf di Bajona, il sig.
Bobeuf di Parigi ripete la priorita sopra il sig. Lemaire. Or ecco cio che
rispose il signor Lemaire al sig. Bobeuf (pag. 92, opuscolo sul coaltar
saponinato 1860) : « E cosa spiacevole che il signor Bobeuf non abbia
aspettata la pubblicazione della mia memoria : egli avrebbe potuto assi-
curarsi che io mi sforzo di rendere cio che e dovuto a tutti coloro, che si
sono occupati della virtu di disinfettare, che e nel coaltar. Se il sig. Bo-
beuf avesse letto Liebig, Gehrardat, ed una eccellente opera del sig. Pa-
risel, e probabile che non avrebbe reclamata una priorita, a cui egli mm
parevami avere alcun diritto ». L' Accademia, premiando il sig. Bobeuf
nel 1861, ha ridotta al suo giusto valore 1'asserzione del sig. Lemaire.
Perche dunque egli oggi ripete una priorita che non gli appartiene, e che
io non reclamo? Io non pigliero in prestito le paro-le di lui, per risponder-
gli. Credo, giacche gli allega, che abbia letto Chaumette , che nel 1813
scopri le proprieta anlisettiche del coaltar; Guibourt, 1833, e Siret, 1837,
che conobbero la sua virtu di disinfettare; Bunge, 1834, il quale sciolse
nell'acqua 1'acido fenico; Liebig, 1844, che osservo le proprieta attossi-
canti di queslo acido, sopra gli animali inferiori ; il dottore Bayard, pre-
miato 1'anno 1844 daH'Accademia, per la sua polvere di coaltar mescola-
to; il sig. Come, 1858, ed U sig. Demeaux, 1859, i quali si servirono del
coaltar a curar le piaghe. Ma pare che non abbia ben letto i brevetti e
gli scritti del sig. Bobeuf, che fin dal 1857 apprese, che il coaltar opera-
va per virtu dei suoi acidi, e propose il suo fenal, cioe 1'acido fenico bru-
to, come mezzo a disinfettare, come emostatico e come atto a cauteriz-
zare le piaghe di ogni guisa. 1 lavori del sig. Lemaire ed i miei hanno
conferrnate tutte le previsioni di quest uomo' dotto e industrioso, in cio
che appartiene alia terapeutica esterna. Or, non volendo fare una discus-
sione che sarebbe piu lunga di quel che comporta una lettera , fo sola-
mente notare al sig. Lemaire, che il coaltar non e 1'acido fenico ; ed inol-
tre che se il 16 Novembre 1861 egli annunzio, che il suo fine era di so-
stituire in luogo di questa sostanza 1'acido fenico, non e molto probabile
ehe, quattordici giorni dopo, egli abbia avuta 1'occasione di applicare
quest' acido ad un caso di cancrena generate. Nella mia partecipazione
del 2 Gennaio all' Accademia , volli far note alcune nuove applicazioni
484 SCIENZE NATURALI
dell'acido fenico , ed in ispezialta che esso si puo adoperare ed in che
dose si deve somministrare inlernamente, ne' morbi organici e contagio-
si, e che cotale uso e grandemente salutare senza esser mai danooso,
contra 1'opinione di alcuni pratici e dello stesso sig. Lemaire. Questi
conviene, che io il primo ho applicato 1'acido fenico nel caso d'un ingor-
gamento di lingua nial definite, ulceroso ed incorainciato da quattro an-
ni, che egli medesimo riputo un epitelioma grave. Spero che vorra an-
che concedere, che io sia stato il primo a somministrarlo internamente,
e ad impiegarlo contro gli accident! putr.idi e contagiosi della febbre
tifoide, e nella cura di altri morbi ».
Nella medesima tornata del 16 Gennaio , il sig. Edmondo Corne ram-
mento, che egli il primo nel 1859 propose 1'uso del coaltar nella cura
delle piaghe cancrenose e di rea qualita ; come quello che e fornito di
forza antiputrida, o per cagion dell'acido fenico o per alcuno degli altri
elementi che contiene. Le osservazioni, che egli faceva delle sue pro-
prieta dirigendole ad altrofine, Io condussero a questa scoperta che
di poi propose : e per la celebrita che ebbero in quel tempo i risulta-
menti ottenuti a Parigi e nell'armata d'ltalia colla polvere disinfettante,
alia quale e legato il suo nome, moltissime ricerche furono fatte, affin di
trarre utile dal principio stabilito da lui. Si e cosi perfezionata lamaniera
di adoperare e di modificare 1'azione della delta sostanza sopra le piaghe,
azione osservata da lui la prima volta. Egli e ben lungi dal disconoscere
Fimportanza ed il merito di tutti cotesti sforzi, la cui efficacia non puo
esser messa in dubbio ; ma crede di avere il diritto di considerarli come
conseguenze de' suoi lavori, e come passi fatti sopra la via da lui sco-
perta alia terapeutica. Ne egli si e fermato a mezza via. Procedendo, sic-
come e meslieri, dall'osservazione all'analisi, dopo aver accertati gli ef-
fetti del coaltar applicato sulle piaghe, coll'aiuto di varii veicoli da lui
escogitati nelle precedenti ricerche, ha preso a saggiare spartitamente i
principii che Io costituiscono ; e vuole ora indicare la virtu di uno di
essi non ben conosciuto. Parla cioe della benzina in quanto anlisettico,
e medicina di piaghe o fistole di rea condizione. In un' opera recente
sopra 1'acido fenico, a proposito de'derivati del coaltar, che si potrebbero
scegliere, si legge cosi : « La benzina e quasi insolubile nell'acqua, ha odo-
re penetrante, e irritante in sommo grado e difficile a trattarsi ; non si
yuol dunque pensare a fame la scelta ». Per Io contrario il sig. Corne
fa conoscere che dalle osservazioni, da lui fatte per Io spazio di molti
anni, ha appreso che essa, mescolata con olii fini in differenti proporzioni,
esercita un potere antisettico assai energico, e facilissimo a modificare.
Egli promette di manifestare con una memoria le dette proporzioni e la
maniera di usare questa mescolanza di olio e di benzina.
5. II sig. Ferdinando Lesseps, con una circolare che ha inviata alle
Tarie camere di commercio, annunzia, che sin dal primo di Gennaio di
SCIENZE NATURALI 485
quest' anno, e aperta la comunicazione tra il Mar Rosso ed il Mediterra-
neo. Un servizio cotidiano di barche e stabilito da Porto-Said a Suez e
da Ismailia a Zagazig, col quale si provvede insieme a tutte le altre sta-
zioni intermedie dell' istmo. Egli stesso avea in quel tempo gia piu volte
percorsa tutta la linea de'lavori, essendosi ogni volta accertato ed aven-
do resi certi i molti visitatori illustri che lo accompagnarono, della gran-
de facilita del tragetto. Sopra un battello rimorchiato dalla scialuppa a
vapore, che dono alia corapagnia il Principe Napoleone, venticinque a
trenta persone valicano, in ventiquattr' ore, tutta la distanza di 150 chilo-
metri, che e tra1 due mari. Questi fatti, dice il sig. Lesseps, sembra che
debbano eccitare 1'attenzione di tutte le camere di commercio, le quali
per moltissimi titoli prendono interesse nella esecuzione del Canale. Per-
ciocche mentre il commercio si deve preparareomai, per 1'apertura del ca-
nale marittimo, alia grande navigazione, la Compagnia di Suez lo invita a
studiare insieme con essa la maniera di trar yantaggio dal mentovato ser-
vizio di barche, potendo questo gia eseguire i trasporti da un mare all'al-
tro, sopra una linea continua di acqua, non meno profonda di lm, 20, ne
meno larga di 15m. A tal line 1'amministrazione della Compagnia propo-
ne a ciascuna camera di scegliere un delegato e d'inviarlo in Egitto. Egli
avrebbe notizia del presente stato de' lavori, giudicherebbe del loro pros-
simo compimento, e farebbe stima delle utilita, che possono fin da questo
tempo produrre nel commercio le barche destinate alia navigazione de-
gli uomini e delle mercanzie.
La Compagnia intanto aveva ordinato dieci piccoli rimorchi, che do-
vevano essere trasportati nel canale, quattro mesi dopo la commissione.
II giorno proposto all'arrivo de'delegati, fu il sesto dello scorso Aprile.
Nel qual tempo lo stesso sig. Lesseps sarebbesi trovato in Egitto per
agevolare in ogni guisa la ispezione de'lavori dell' istmo, e per sommi-
nistrare tutte le notizie necessarie al buono esito di questa missione.
CRONAGA
CONTEMPORANEA
Roma 13 Maggio 1865.
1.
COSE ITALIANE.
STATI PONTIFICII. II Santo Padre alia chiesa del Collegio Greco ; decreti di
canonizzazione del B. Giosafat Kuncewicz, e di beatificazione del V. Gio-
vanni Berchmans.
Nel giorno di Martedi 2 di Maggio , com' e narrato nel Giornale di
Roma del 5, nella chiesa del Collegio Greco, dedicata a Dio in onore di
S. Atanasio, si celebro la memoria di questo inclito Patriarca di Alessan-
dria, uno dei luminari piu insigni della Chiesa orientale, validissimo
propugnatore della divinita di Gesu Cristo contro la eresia degli Ariani.
II sacro tempio era messo in grande sfoggio di addobbi e di lumi : i pri-
mi vespri furono celebrati in rito greco, con accompagnamento del canto
originale della greca liturgia. Sacerdoti dei diversi riti orientali vi con-
corsero a celebrare il sacrosanto Sagrificio; e nelle ore pomeridiane,
dopo il panegirico, detto in lode del santo Dottore dal RiTio Monsignore
Calisto Giorgi, 1'Efiio e Rfiio signor Cardinale Barnabo imparti all' affol-
lato popolo la trina benedizione col Venerabile.
La Santita di Nostro Signore, si condusse in treno nobile alia predetta
chiesa poco dopo le ore dieci antimeridiane ; e , dopo aver adorato 1'au-
gustissimo Sagramento, ascolto una Messa in rito greco-ruteno , che fti
celebrata all' altare del Santo, di cui celebravasi la festa. Quindi passo a
sedersi al Trono, innalzato di contro 1' altare suddetto, ed ordino a Monsi-
gnor Segretario della S. Congregazione dei Riti, di leggere il decreto, col
quale e dichiarato : potersi con ogni sicurezza procedere alia solenne Ca-
nonizzazione del BEATO GIOSAFAT KUNCEWICZ , Arcivescovo di Polock , in
Lituania, Martire, Monaco dell'Ordine di S. Basilio Magno. II qual Beato,
ornato delle piu sublimi virtu, mentre con zelo veramente apostolico, ani-
mato dalla carita, procurava di ricondurre alia vera Chiesa chi erasene di-
staccato per lo scisma, fu, dai seguaci di questo, ucciso in odio della Fede
cattolica e del Primato di S. Pietro. Cio accadde addi 12 Novembre 1623.
Alia promulgazione del predetto decreto , Sua Santita ordino a Monsi-
gnor Segretario dei sacri Riti facesse seguire la pubblicazione del de-
creto riguardante il Yen. Giovanni Berchmans. E Monsignore fece lettu-
CRONACA CONTEMPORANEA 487
ra di questo atto , col quale dichiarasi che sicuramente si pud procedere
alia solenne Beatificazione del Yen. SERVO DI Dio GIOVANNI BERCHMANS ,
Confessore, Scolastico delta Compagnia di Gesu.
Pubblicatisi nel detto raodo i decreti, ai gradini del Trono di Sua Bea-
titudine si fecero il Rmo P. Beckx, Preposito Generale della Compagnia
di Gesu, col P. Boero, Postulatore della Causa; ed il Rmo P. D. Niccola
Contieri, Priore dei Monaci Basiliani di Grottaferrata , col Rmo P. Mi-
chele Dombrowski, dei Basiliani Ruleni , per rendere al Santo Padre le
piu vive azioni di grazie per i pubblicati decreti. Insieme a loro erano
gli Avvocati delle Cause. Tale atto doveroso compirono i Basiliani per il
B. Giosafat, come Postulatori della Causa , ed il Preposito Generale dei
Oresuiti per il Ven. Berchmans.
Poiche, terminato il rendimento di grazie, ebbero tutti baciato il piede,
Sua Santita rispose con lungo ed animate discorso ; e dallo encomiare
le virtu che splenderono in quei Servi di Dio , i quali dalla Chiesa mili-
tante stanno per ricevere maggiore glorificazione , ricayo utili insegna-
menti del come i seguaci del Salvatore debbano imitarli.
Compiutasi nel detto modo la cerimonia della promulgazione dei de-
creti, Sua Santita passo nel Collegio , che per la fausla circostanza era
negli ampii corridoi oruato con emblemi, con bandiere, festoni ed arazzi.
E prima si piacque yisitare la Cappella , novamente eretta con molta
eleganza e ricchezza di forme architettoniche : poi recossi alia biblioteca,
oye era stato innalzato il Trono. Quivi ammise al bacio del piede gli
Alunni del Collegio, poi quelli della Propaganda, molti Padri della Com-
pagnia di Gesu, e grande numero di persone, che tanto onore si procura-
rono. E rivolgendo a tutti parole di benevolenza, e tutti confortando col-
1'apostolica Benedizione , nel discendere la scala grande , in uno dei ri-
piani lesse la seguente iscrizione , dettata dal P. Angelini, Gesuita, la
quale insieme alle beneficenze del Santo Padre verso il Collegio , ricor-
dera rayvenimento di quel giorno alia posterita :
An. Ch. MDCCCLXV.
Festo . Die . Athanasii . Magni
D. N. PIUS . IX. Pontifex . Maximus
Cuius . Munificentia . Collegio . N.
Censuum . Et . Alumnorum . Accessio . Facta . Est
Aedem . N. Subiit . Rei . Divinae . Adfuit
Caelitum . Sanctorum . Honores . B. losaphato
Archiepiscopo . Polociensi
A . Catholici . Nominis . Hostibus . Perempto . Decrevit
loannem . Berchmans . E . Societate . lesu
Aloisii . Exempla . In . Collegio . Romano . Referentem
Beatorum . Fastis . Adsciscendum . Sanxit
Moderators . Et . Aluranos . Humanitate . Et . Alloquio . Beavit
£88 CRONACA
II Santo Padre, risalito in carrozza in mezzo alle acclamazioni di rive-
renza e di affelto dell' affollatissimo popolo , che empiva i luoghi circo-
stanti , si ricondusse alia pontificia residenza del Vaticano. Nelle sere
della yigilia e della festa le facciate della chiesa e del collegio splende-
rono di yaga illuminazione.
STATISARDI 1. Smanie del rivoluzionarii per le dichiarazioni del Governo
francese intorno alia Corivenzione del 15 Settembre — 2. Risse sanguino-
se tra militari a Cagliari, e tra operai in Firenze — 3. Approvazione d'un
imprestito di 425 milioni — 4. Stipendii ai Prefetti — 5. II Senato man-
tiene in vigore la pena di morte e 1'esenzione dei Chierici dal servizio
militare — 6. Elenco di petizioni sopra Vabolizione degli Ordini religiosi
— 7. Discussione della legge proposta dal Vacca contro i Religiosi ; mo-
dificazioni accolte dalla Camera; il Governo ritira tal legge — 8. Inter-
pellanze nella Camera sopra 1'incarico dato al Vegezzi di trattative con
la Santa Sede; risposte del Ministero; Circolare del ministro Lanza —
9. Dicbiarazioui de' giornali ufficiosi a tal proposito — 10. Chiusura della
Camera dei Deputati; trasporto de' Minister! e della Corte a Firenze.
1. Le dichiarazioni fatte dal Rouher al Corpo legislative di Vrancia,
intorno al senso della Convenzione del 15 Settembre, non s'accordano
per certo con quelle date alle Camere di Torino pei dispacci del Nigra e
con le interpretazioni del Pepoli, che 1'aveano sottoscritta ; anzi paiono
contraddire esplicitamente a quello, che il Ministro Lanza avea con tanta
fermezza asserito, sopra i propositi suoi e de' suoi colleghi verso Roma.
Con tutto cio ne il diario ufficiale, ne i giornali ufficiosi del nuovo Re-
gno d'ltalia mostrarono veruno sgomento o sconforto per quelle contrad-
dizioni del Rouher ; appunto come se queste fossero risultato di un com-
ponimento, pel quale fosse gia convenuto che, dicendo una delle parti:
Andremo a Roma, e 1' altra replicando : Non andrete a Roma, in realta
si dovesse pigliare una via di mezzo tra questi estremi, posti in yista al
solo intenlo di risolvere 1' arduo problema indicate dal Thiers, di nutri-
care cioe le speranze dei nemici della Santa Sede, senza distruggere al
tutto quelle de'suoi amici.
Ma se i moderati credonp di potersi acconciare a questi procedimenti,
i Mazziniani, che a forza di strepitare e minacciare ottennero molto spes-
so quanto volevano, sono ben lontani dal contentarsene ; e percio, se-
condo 1'usanza loro, gia ricominciarono a gridare tradita 1' Italia, ed a
handire che e d'uopo venire a consigli risoluti, a sforzi supremi, per
salvare la pericolante unita, e rivendicare i conculcati diritti della nazio-
ne, e trarre vendetta del plebiscite violate e di Roma « sacrificata all'in-
teresse napoleonico e all'avarizia dei preti » : come intono tieramente il
Diritto, giornale della democrazia italiana, del 23 Aprile.
Fin qui codesta fazione si confidava, che la Convenzione del 15 Set-
tembre avrebbe, per la difesa della Santa Sede, quel valore stesso che il
CONTEMPORANEA 489
Trattato di Zurigo pel diritti riservati dei Principi italiani, trabalzati dalla
rivoluzione e dalla guerra del 1859. All'udire di bocca del Rouher, in
nome deirimperatore, che la Francia s'impegnava davvero per far ri-
spettare la sovranita temporale del Papa sul picciolo Stato, che gli si as-
segnava nell' opuscolo Le Pape et le Congres, il Diritto non si tenne alle
mosse, e grido : « Rouher ha deciso, in nome del suo Governo, la que-
stione. Roma restera assolutamente divisa dall'Italia. Ed il Governo d'l-
talia, dimentico dei doveri assunti coll'accettazione del plebiscite, vil-
mente vi si acconcia. Una nuova opinione, un nuovo indirizzo, nuove
idee debbonsi formare, diceva la France, fra questi due anni in Italia;
tutto si cangera in favore del Papato; ed infatti, anche troppo sollecita-
mente, cosi avviene, e cosi vuolsi che sia. I misteri,le ipocrisie si dile-
guano. Mentre ci dicevano che la Convenzione ci apriva le porle di Ro-
ma, che la Francia ritirava le sue truppe, che il Papa era per fuggire:
segretamente si ordivano invece le trattative, perche Roma dovesse re-
stare assicurata al Papa, e la Convenzione avesse il suo pieno esegui-
mento tanto nella sua lettera, quanto nel suo spirito ».
E qui, enumerati gl' indizii di un componimento colla Santa Sede,
cioe la venuta del Persigny e del Yegezzi a Roma, le pratiche avviate
per la nomina de' Vescovi alle Diocesi vacanti ed il ritorno de' Vescovi
espulsi, e 1'essersi dal Senato respinta la legge che aboliva 1'esenzione
dei Chierici dal servizio militare, e la legge per 1'abolizione dei Corpi
religiosi abbandonata, ripiglio: « A qual fine condurranno tutte queste
concession!'? A ristabilire radicalmente il predominio de' preti, ed a co-
stringere in ultimo la nazione ad una rivoluzione, che non sara meno
terribile di quella di Francia. La Curia di Roma non cede, non mai e con-
tenta, e sempre vuol guadagnare. Non bastera che 1'Italia paghi al Papa
venti milioni per le province perdute; ma esigera che, colla guarentigia
delle Potenze, si rinunzii a Roma ed al suo Patrimonio; che si paghino i
venti milioni come tributo alia sua sovranita sulle annesse Province; che
infine sieno riservati ancora i suoi pretesi diritti, per cui possa, quando-
chesia, riaverne T assoluto Governo. Le condizioni dell'Italia sono dispe-
rate; ma disperato pure sard il suo sforzo per sottrarsi, a suo tempo,
da questa parricida congiura » .
2. Nelle corrispondenze dei giornali giudaici, Y Opinione e la Nazione,
si leggono ad ogni poco descrizioni di risse sanguinose accadute in Ro-
ma, con ferite ed uccisioni, tra i soldati pontificii e francesi; e, benche
quelle tragedie non abbiano per lo piu il minimo fondamento di verita,
e siano pure invenzioni di chi ha da buscarsi il pane con lospaccio delle
bugie, che si reputano utili allo scopo inteso, pure trovano credenzoni
pronti ad accoglierle come fatti di Vangelo, ed a conchiudere che biso-
gnerebbe farla finita, i Francesi dovrebbero andarsene, ed il popolo ro-
mano troverebbe migliori difensori nei disciplinatissimi soldati d'ltalia.
xSe questa argomentazione avesse qualche valore, polrebbe pur appli-
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carsi alle truppe del Governo rivoluzionario, che non di rado o vengono
a baruffa tra loro, o menano le raani e voltano le armi contro i cittadini,
come avvenne spessissimo in piu luoghi delle Romagne e nel regno di
Napoli e specialmente in Sicilia. Ma noi non la pensiamo a questo modo,
sapendo benissirao che sempre, dove furono presidii numerosi di solda-
tesche, massime se di diverse armi e peggio se di varie nazioni, avven-
nero cotali conflitti , originati quasi sempre dalla ubbriachezza e dagli
stravizzi. Tuttavia e certo che in Roma non si vide mai scena peggiore
di quella, che ci e descritta dal Corriere di Sardegna, come avvenuta
in Cagliari il 17 Aprile.
« La nostra citta fu ieri il teatro di una scena tristissima e mai udita.
In via S. Margherita, nel quartiere di Stampace, nacque rissa tra al-
cuni borghesi ed alcuni soldati di linea, e dalle parole si venne ai fatti.
Intervenuti i carabinieri, furono respinti dalla preponderanza del mimero
dei soldati di linea, che, incaloriti nella rissa, divennero quasi ciechi di
furore e non vollero arrendersi nemmeno ali'autorita della forza pubblica.
Sopravvennero allora altri carabinieri, onde prestare man forte ai primi
che vi erano e ristabilir 1'ordine; se non che, anche i soldati chiama-
rono altri compagni in loro aiuto, e questi , non sappiamo da qual de-
mone spinti, giunsero numerosi e armati di fucile conbaionettaincanna.
Comincio allora un combattimento accanito, sanguinoso, terribiletra ca-
rabinieri e soldati ; e gli uni sfoderarono i loro squadroni e impugna-
rono i loro revolver, gli altri esplosero i loro fucili ed attaccarono alia
baionetta. Chi ha mai visto piu terribile scena? ecc. »
Ma forse piu grave e la condizione delle cose a Firenze, per la rivalita
fra gli operai toscani e gli operai piemontesi, che degenero gia piu volte
in risse feroci ; ed i Piemontesi , assaliti alia spicciolata da molti insieme
de' loro emoli, talvolta toccarono fierissime busse; di che, perduta ogni
speranza di trovare cola a guadagnarsi il pane con la loro fatica, ebbero
a tornarsene in Piemonte ed a Torino, dove narrarono comefossero stati
trattati dai redenti fratelli. La Gazzetta del popolo ne senti acerbo do-
lore, vedendo accolti come nemici quei Piemontesi, che per tanti anni
si erano levato di bocca il pane, affine di pascere quelle molte migliaia
di spiantati, che si fregiavano del nome di emigrati; ed a scanso di peg-
giori guai, « per evitare inutili e costosi viaggi e tetri disinganni agli ope-
rai che intendessero partire », li ammoni di stare cauti, di non avventu-
rarsi a cercare lavoro e pane, dove forse non troverebbero che ingiurie
e coltellate. E, senza scendere ai particolari, fece intendere piu che non
disse, dichiarando che « i ragguagli in proposito sono troppo miserandi
per essere pubblicati ».
3. L'imprestito di 425 milioni effettivi, chiesto dal ministro Sella,
venne approvato nella forma seguente: « E data facolta al Ministero delle
Finanze di alienare tanta rendita del 5 per 100, da iscriversi sul Gran li-
bro del Debito pubblico, quanta valga a far entrare nei Tesoro 425 mi-
CONTEMPORANEA 491
lioni di Lire ». Chiunque sa come sogliono procedere tali negozii, non
istentera a capire che, per avere 425 milioni in buona moneta, bisognera
forse metier fuori cartelle per assai piu che 500 milioni; e tutto questo
(anche senz'essere profeta si puo accertare pienamente) tutto questo sara
diyorato in pochi mesi; e si doyra ricominciare da capo!
Codesta legge fu approyata senza speciale discussione, con una di
quelle sorprese, che mostrano 1' efficacia del controllo parlamentare, per
rassicurare le borse del beatissimo popolo soyrano contro 1' ingordigia
dei Ministri delle Finanze; poiche sullo scorcio d'una noiosa tornata di
dopo pranzo, alii 25 d'Aprile, facendo ressa ai pochi present], ed usando
il compelle intrar e yerso un discrete numero di divoti assenti, il Ministers
pote raggranellare il yoto fayoreyole di 152 Deputati, contro quello di
soli 48 contrarii. Ecco in qual forma procedette la cosa, come ci e nar-
rato graziosamente dall' Unita Cattolica del 27 Aprile , dopo fatta una
limpida enumerazione dei molti ed enormi imprestiti gia contratti in po-
chi anni dal nuovo regno :
« Lepidissima e la storia di quest' approyazione repentina. Erano in
sullo scocco le ore sei pomeridiane, e nessuno dei Deputati si aspettaya
che doyesse votarsi la proposta del prestito. I deputati Michelini e Boggio,
iscritti per parlar contro, troyayansi assenti. Eppure il ministro Sella yo-
lea ad ogni costo la yotazione, e la yolea perche in seguito ai grandi ay-
yenimenti d' America, doye sla per linire la guerra tra il Nord ed il Sud,
ogni indugio nel contrarre il prestito potrebbe diyenire pericoloso. Ma i
Deputati non erano in numero legale. Come fare? Forlunatamente all'ora
del pranzo e sempre facilissimo rinvenire un Deputato del regno d' Italia;
basta cercarlo aH'osteria. Ed ecco Sella sguinzagliare una truppa di
uscieri, che yanno gli uni all'albergo Trombetta, gli altri all' Hotel Feder,
o alia pensione Svizzera, e strappano dalle delizie della mensa tanti De-
putati quanti ce ne yogliono per far approyare il nuoyo prestito di 425
milioni.
« Sublime spettacolo presento la Camera nel momento, in cui giunsero
nell'aula parlamentare gli onorevoli, passati dall' esercizio del dente al-
1'esercizio della podesta legislativa! Qui ne yedeyi uno che masticaya
ancora la coscia d' un pollastro; la un altro che si leccaya dolcemente le
labbra come il hue di Dante ; piu tardi ne comparvero tre collo stuzzica-
denti in bocca; e ne giunsero all' ultimo un paio che mal poteano reg-
gersi in piedi. II numero legale era compiuto, e il prestito fu yotato ed
approyato con grande consolazione di Quiutino Sella. Ci dicono che i
Deputati, costretti a rompere il pranzo a meta, si tenessero obbligati a ri-
pigliarlo da capo, e il Ministro delle finanze riconoscesse che ne ayeano
il pieno diritto. Probabilmente sara questa 1' ultima yotazione, 1' ultimo
atto, I'ultima gloria della Camera del primo Parlamento italiano, e scri-
yeremo sulla sua tomba: Qualis vita, finis it a I »
.492 CRONACA
4. Chi e costretto a fare ogni sei mesi un grosso imprestito, se ha fior
di senno, dee badare a scemare le sue spese , quando non voglia di pro-
posito deliberato precipitarsi verso la bancarotta. II Governo del Regno
d Italia ha ormai venduto quanto ebbe trovato in casa sua e nell' altrui,
per far denaro; ed e sempre in impaccio per tirare avanti ; e pure accre-
sce ognora le sue spese. Pare che il denaro si strugga nelle casse del-
lo Stato , come la neve al sole. Ma non tutto va perduto. 1 benemeriti
della rivoluzione vogliono essere ricompensati ; e tale, che pur 1'altro ieri
litigava con 1' appetito , ora si vede andare attorno ben pasciuto , e con
quell' aria di soddisfazione che spira da una borsa ben fornita. Non gia
che si vada sempre grossamente a quel modo che il Bastogi col Susani ,
regalando un milioncino per un voto favorevole ; ma si distribuendo uf-
ticiipolitici, a' quali vada congiunto un grasso stipendio. A questo modo
si sono gia appagati i desiderii di molti benemeriti, che si mandarono in
pace collocandoli nelle Prefetture e sotto Prefetture. Ma 1' appetito vien
mangiando, per costoro. Avuta la Prefettura , non trovavano a bastanza
lauto lo stipendio. Di che 1' Opinione del 22 Aprile ebbe incarico di pre-
parare 1' opinione pubblica ad un aumento; ed essa scrisse subito cosi:
«L'ufficio di Prefetto e ora cosi male retribuito , che non si richiedono
molti ne scaltri intrighi per disvogliarne coloro, che sarebbero forniti del-
le migliori qualita, cbe si richiedono ad adempierlo con pubblico vantag-
gio. 11 marchese di Montezemolo ha date le sue demissioni da Prefetto di
Bologna ; altri domandano di 'essere trasferiti ad altra sede, perche dopo
tolto 1'assegnamento di rappresentanza, sono costretti a restringersi nel-
le spese; tutti sono scontenti della loro posizione ».
Certo era da compiangere la sorte di questi infelici, martiri della pa-
.tria, condannati, alcuni di essi, a mangiarsi fino a 15, 20, e 30 mila fran-
chi all'anno, per la enorme fatica di rappresentare il Governo nella cari-
ca di Prefetto , che in molti luoghi e quasi sempre e una vera sinecura.
II Prefetto di Torino, dove, sotto gli occhi del Ministero, non avea qua-
si nulla da occupare i suoi beati ozii , era condannato a 50,000 franchi!
Poveretto 1 E.cosa che fa compassione.
II, Governo se ne inteneri, ed ecco il ministro Lanza presentar alia Ca-
mera, nella tornata del 25 Aprile, una legge, per cui lo stipendio del
Prefetti e stabilito, per 10 di essi a Lire 12,000; per 20, a Lire 10,000;
per 29, a Lire 9,000. II totale e di Lire annue 581,000. Oltre a questo
chiese ancora Lire 300,000 per distribuirle ai Prefetti , come indennitd
di rappresentanza. Ottenne tutto. Un milione incirca, per sole 59 perso-
nel E da sperare che questi martiri della patria non morranno di fame.
5. II Governo 1'avea spuntata in due punti di gran rilevanza e che
gli stavano molto a cuore, per avere con che rifornire di denaro le Casse
dello Stato ; cioe avea ottenuto 1'approvazione per la vendita delle fer-
rovie dello Stato e la facolta del mentovato imprestito. Egli adunque
sperava di poter procedere innanzi a vele gontie. Ma s'inganno ; impe-
CONTEMPORANEA 493
rocche I'unificazione legislaliva incontro grave intoppo in due voti del
Senate, e la discordia, che si gelto tra la lurba dei devoti nella Camera,
tolsegli ogni speranza di poter subito appropriarsi i beni de' Religiosi.
Abbiamo accennato inquesto volume, a pag. 112-13, la speranza da
alcuni riposta nel Senate, che da lui dovesse essere reietta la legge, gia
approvata dalla Camera elettiva, per 1'abolizione della pena di morte.
Questa speranza erasi di molto attenuata per la morbidezza , con che il
Senato erasi piegato a sancire 1' anticristiano matrimonio civile, a ctii
per lo passato egli avea, con insuperabile fermezza, opposto sempre un
veto. Ma il La Marmora si era altamente dichiarato pel mantenimento
della pena di morte, e varii de' suoi colleghi, benche fiaccamente, la te-
nevano con lui. II Senato diede la causa vinta al La Marmora, contro il
voto, acclamatissimo da tutti i Frammassoni d' Italia e d' Europa, gia.
emesso dalla Camera elettiva.
La Commissione, deputata dal Senato alia disamina della legge per cio
gia sancita dalla Camera elettiva , propose che la pena di morte si man-
tenesse in nove casi , che sono : 1° Altentato contro la persona del Re ;
2° Attentato contro persone della famiglia regnante; 3° Parricidio; 4°Ve-
neficio; 5° Omicidio con premeditazione od assassinio; 6° Omicidio per
mandato; 7° Omicidio per preparare o facilitare altro crimine, o la fuga
d'un malfattore, o 1'impunita; 8° Grassazione con omicidio; 9° Rottura
0 guasti sulle ferrovie con isviamenti di convogli, onde consegua la
morte di qualche persona.
Si comincio la discussione nella tornata del 20 Aprile, quanto all'e-
stendere anche alia Toscana 1'applicazione del Codice penale comune;
e si sa che, appunto per non infliggere la pena della forca ai malfattori
toscani, che ne andavano immuni in grazia della legislazione dei legit-
timi sovrani Lorenesi, si era tolta la pena di morte da codesto Codice.
1 dibattimenti sopra cio si protrassero per tre giorni, e finalmente, alii
22 d'Aprile, avendo il senatore Marzucchi proposto formalmente, che si
dichiarasse abolita la pena di morte, soli sette Senatori diedero il loro
voto pel s\, tutti gli altri furono pel wo; e cosi ebbe a trionfareil La Mar-
mora, e fu ammesso il disegno della Commissione ; anzi, per .proposta
del senatore Castelli, fu aggiunto un caso di morte, quello cioe della
pena capitale pel giudice corrotto, che avesse recato ingiustamente sen-
tenza di raorte contro un imputato.
Piu altri casi di morte furono anche esplicitamente dichiarati compresi
sotto la indicazione di omicidio premeditato, come per esempio Tinfanti-
cidio commesso con piena deliberazione ; e furono mantenute dal Senato
le pene severe pronunziate contro 1'incesto e la libidine contro natura ; e
varii altri simili delitti. Finalmente, nella tornata del 27 Aprile, posta ai
voti 1'estensioue del Codice penale, modificato in senso di giusti e nuovi
rigori contro certi delitti che piu perturbano Tordine sociale, la legge fu
approvata da 71 voto contro soli 16 contrarii, essendo in tutto 87 i vo-
494 CRONACA
tanti. Laonde, una delle due : o Tunificazione legislativa restera sospesa,
ovvero una delle due Camere legislative dovra disdire il proprio voto ed
approvare quel che avea respinto. Finche le due Camere non siansi mes-
se d'accordo, il che non potra farsi che dopo le nuove elezioni general! ,
il Codice penale non potra, e vero, essere applicato anche alia Toscana,
col suo corredo della forca ; ma ne anche gli assassini delle altre pro-
vince potranno fare il loro mestiere con tutta sicurta di aver salva la
yfta, e di dovere, alia peggio, passare alquanti anni in galera.
In questo il Senate la diede vinta al Ministero , che di mala voglia
avea lasciato passare quella legge alia Camera elettiya , senza fame , co-
me si dice, una quistione di Gabinetto. Ma due giorni appresso i catto-
lici ebbero vero motivo di giubilo in altro yoto del Senato; poiche, de-
liberando sopra lo schema di legge, presentato dal generale Petitti, mini-
stro della Guerra, per abolire al tutto I'immunita dalla leva militare, onde
godevano un certo numero di chierici per ogni diocesi, il Senato, mosso
principalmente da un caldo e sensatissimo discorso del Conte di Revel,
lo respinse a grandissima pluralita di suffragi. E cosi, almeno fmo a che
non sia convocata una nuova Camera elettiya , ed il Senato non sia ac-
cresciuto di qualche decina di devoti , non sara tolto alia Chiesa il poter
educare almeno uno scarso numero di chierici, secondo le leggi del Con-
cilio di Trento e secondo lo spirito sacerdotale.
6. Mentre per tal modo la causa della vera civilta e della religione
incontrava la giusta difesa nel Senato, nella Camera dei Deputati si bat-
tagliava caldamente per decretare un nuovo trionfo alia piu smaccata
ingiustizia. Trattavasi dell'abolizione dei Corpi religiosi, all'effetto di ap-
propriarne i beni allo Stato. Che questo fosse 1' unico intento di codesta
legge, 1'avea con cinica sincerita dichiarato il Yacca, del quale abbiam
recitato le parole nel vol. XII della precedente Serie , a pagina 750-51,
traendole dagli Atti ufflciali della Camera, num. 1001-2. Or da questo ap-
punto sorse 1'ostacolo principale al latrocinio, e di questo si yalse Iddio,
come vedremo qui appresso, per mandare a vuoto 1' iniquo divisamento.
La discussione fu impresa alii 19 d'Aprile, come indicammo nel prece-
dente quaderno. Le proposte di modificazioni cominciarono a fioccare
d'ogni parte, e si possono vedere registrate anche nell' Unita Cattolica,
dei giorni 19, 22, 25 e 26 Aprile ; intese, quasi tutte, a rendere sempre
piu misera la condizione degli spogliati religiosi, con manifesto disprezzo
del yoto che per la loro conservazione aveano espresso, con centinaiadi
petizioni e migliaia di firme, i popoli d' Italia.
Le petizioni mandate alia Camera, per sollecitare Tabolizione dei Cor-
pi religiosi, furono pubhlicate tutte in un solo fascicolo; mentre, per
Fopposto, quelle che ne chiedevano la conservazione, occupavano gia due
eguali fascicoli, benche, distribute per ordine alfabetico sotto il nome
delle province, non oltrepassassero ancora la lettera L. E dal secondo di
questi fascicoli si ricava che dalla sola provincia di Firenze furono tras-
CONTEMPORANEA 495
messe alia Camera proteslazioni , in favore de' Religiosi , dagli abitanti
di 83 Comuni , e che dalla sola citta di Firenze giunsero petizioni con
8,103 firme; piu due altre, che poteano contenere numero grandissimo
di sottoscrizioni, macheil Compilatore ebbe a confessare essersi smarrite.
Questo fatto dello smarrirsi, e percio non istamparsi negll Atti o do-
cument! ufficiali le petizioni favorevoli a' Religiosi , si rinnovo in tali
circostanze e cosi spesso, che puo chiarire la lealla de' liberali. Quest!
tardarono tanto a stampare il resto di tali petizioni, dalla lettera L in
giu, che gli ultimi fascicoli uscirono solo allora quando gia la legge era
stata ritirata dal Ministero; e da questi ancora si ricavo, che altre assai
eransi smarrite, benche giunte e consegnate alia Camera.
« Fu perduta, dice 1' Unita Cattolica del 28 Aprile, una petizione di
Montalcino: ne furono perdute due della citta di Rari, una di Andrate,
un'altra di Borgiallo, un'altra di Castelrosso, un'altra di Chivasso,
un'altra di Colleretto-Castelnuovo, un'altra di Fiorano, un'altra di Fo-
glizzo, un'altra d'Isiglio, un'altra di Majone, un'altra di Lucana, un'al-
tra di Masino, un'altra di Montalenghe, un'altra di Montalto, un'altra di
Montestrutto, un' altra di Noasca, un'altra di Oglianico, un'altra di Pa-
rella, un'altra di Perosa, un'altra di Priano; due di Rivarolo canavese,
una di Roveio, un'altra di Salassa, un'altra di Salerano, un'altra di
Salto, un'altra di S. Giusto. Fu perduta la petizione inviata alia Camera
da Scarmagno, da Settimo Yittone, da Yalprato Corsonera, da Valprato
Pianeto, da Verolengo, da Vialfre, da Yidracco ! Di tutte queste petizio-
ni perdute, e delle altre, di cui abbiamo fatto cenno, conviene tener conto
nella lista totale dei petenti, di cui qui soggiungiamo il quadro generale.
« Petizioni contro la soppressione degli Ordini religiosi. Laici 114,593;
ecclesiastic! 7,765; illetterati 33,001; donne 13,329 ; firme fatte dalla
stessa mano 6,852 : totale 177,540.
« Petizioni per eccezione alia soppressione generale. Corpi morali 97;
laici 5,812; ecclesiastici 230* totale 6,139. Questo totale puo natural-
mente aggiungersi a quello che precede. Laonde, senza contare le centi-
naia di petizioni perdute, abbiamo ancora 183,679 tra cittadini e corpi
morali, che si oppongono alia soppressione generale dei conventi votata
dalla Camera dei Deputati. Yale a dire che son moke migliaia di piu i
cittadini che combattono la soppressione degli Ordini religiosi, che i cit-
tadini elettori, i quali mandarono al Parlamento i Deputati I
« Petizioni a favore della soppressione generate. Corpi morali 45 ; as-
sociazioni 30; adunanze popolari 15; laici 15,416 ; ecclesiastici 81: to-
tale delle tirme 15,572. Nel paese adunque della maggioranza , il voto
di 15,572 vince sul voto di 183,679.
« Soggiungiamo qui, secondo 1'elenco distribuito, quali sono gli ec-
clesiastici, i quali presentarono petizioni alia Camera in favore della sop-
pressione generale degli Ordini religiosi. Furono 5 di Terranoya, 6 di
San Severo, 1 di Fireoze, 8 di Naro, 15 di Messina, 20 di Palermo, 4 di
496 CRONACA
Ariano, 2 di Scicli, 2 di Locorotondo, 6 di Ruvo diPuglia, 3 di Massara
del Vallo, 3 di Salemi. »
Questo solo basta a dimostrare 1.° Quanto sia falso che il voto gene-
rale de' popoli siasi chiarito favorevole all'abolizione del Corpi religiosi.
2.' Quanto fosse calunniosa 1'impostura del deputato Macchi, il quale
avea osato asserire che grandissimo numero, se non anzi la massima
parte, de' Religiosi e delle Monache stavano in molto desiderio di abban-
donare i loro chiostri e di essere dal Governo posti in grado di tornare
alia vita secolaresca. La quale asserzione gia risultava manifestamente
calunniosa per le protestazioni solenni di moltissimi religiosi , anzi del
membri tutti di niolti Conventi e Monasteri, che in grande numero furono
stampate dal benemerito giornale torinese 1' Armenia.
7. Senza addentrarci in un' analisi de' dibattimenti , che si conti-
nuarono sopra codesta legge di abolizione fmoalli 27 d'Aprile, con qual-
che interruzione circa leggi finanziarie, ci basti dire, che gli Atti ufficiali
della Camera elettiva di quei giorni saranno un documento curiosissimo
pei nostri posteri, che vorranno studiare la storia parlamentare e politica
del nuovo Regno d' Italia. I paralogismi e le stiracchiature del Boncom-
pagni, le empieta senza numero del Siccoli, le dichiarazioni del Sella e
del Yacca intorno al bisogno di spogliare i religiosi per rifornire 1'erario,
basteranno a dimostrare 1' indole dell' or dine morale, che fu ristaurato dai
Frammassoni in Italia.
La discussione generale fu chiusa nella tornata pomeridiana del 26;
quindi , quasi senza dibattimenti , salvo alcune ignobili altercazioni fra
certi Deputati che giunsero fino ad una disfida a duello, furono approval!
i primi due articoli della legge del Vacca, pei quali si dichiarava : 1.° Non
essere piu riconosciuti nello Stalo gli Ordini e le Corporazioni religiose
regolari e secolari , che importino vita comune ed abbiano carattere
ecclesiastico ; ed abolite percio le case e gli stabilimenti addetti a code-
sti Ordini ; 2.° Essere restituiti i diritti civili e politic! ai membri degli
aboliti Ordini religiosi. Poi si venne al terzo articolo , pel quale dovea
essere assegnata ai membri di detti Ordini una pensione. A questo furo-
no fatte giunte e modificazioni , quali a danno e quali a favore dei reli-
giosi spogliati ; ed approvato anche piu facilmente il 4.° articolo, si venne
ai 5.° che spettava alle case, in cui si potrebbero concentrare le Monache
che il chiedessero con domanda individuate e separata ; e queste potreb-
hero usare 1' abito loro proprio ; ma, come per compenso a questo riguar-
do usato alle Monache, i Religiosi sacerdoti o laici degli Ordini aboliti
dovrebbero svestire 1'abito per poter ricevere la pensione loro assegnata.
Questa giunta fu fatta all' articolo 5.° per impegno del deputato Luzi.
Ma qui sorse 1'ostacolo, che la Provvidenza volea contrapporre ai
disegni ingiusti del Sella e del Vacca e dei loro complici. Imperocche
cosi rimase aggravata la difficolta gia sorta dalla pi-oposta di altri , che
anche i religiosi mendicanti si dovessero abolire , col compenso di ade-
CONTEMPORANEA 497
guata pensione. Se queste proposte si ammettevano, il Goyerno per una
parte avrebbe commesso un atto inutile ed odiosissimo di tirannia , con
la giunta di disobbedire a qualche Potente, che, per intendimento politi-
co, da tanto tempo gli consiglia di procedere yerso la Chiesa in forma
piu conciliativa; e per 1'altra si caricava del peso non leggiero di pagare
1'annua pensione ai religiosi mendicanti, ai quali non puo confiscare nul-
lapoiche nulla possiedono, e che ora campano di limosine, le quali certo
non escono dalle casse dello Stato. La Camera, nella tornata del mattino
del 27 , diede un yoto che fu come una mazzata in capo ai Ministri ,
approyando a grande pluralita di suffragi, che la pensione si rifiutasse a
chi non isvestisse Tabito religioso. I Ministri, come si riebbero dal colpo,
non yidero altro ripiego che di pregare la Camera, nella tornata pomeri-
diana, a voler sospendere per poco tal discussione , promettendo di fare
il di seguente qualche dichiarazione circa i proprii intendirnenti.
La mattina del vegnente di 28 la Camera si raduno piu tardi del solito,
appunto per dar tempo a conchiudere le pratiche di conciliazione av-
Tiate tra il Ministero e quella pluralita, che il di innanzi, approyando la
proposta del Luzi, avea mandate a male ogni cosa. Ma la conciliazione
era impossible. Di fatto, al principio della tornata, dopo che yarii De-
putati, per la bramosia di facilitare la intesa abolizione dei Religiosi,
aveano ritirato i loro emendamenti, sorse il ministro Vacca e dichiaro
di avere « 1'onore di presentare alia Camera un decreto reale, il quale
autorizza il Ministro dei Culti e quello delle Finanze a ritirare il progetto
di legge sull'asse ecclesiastico ». Con cio la mazzata ricadde in capo ai
troppo zelanti Deputati. Levossi allora 1'onore yole Mellana e narro, che
Ja notte precedence si era tenuta una adunanza di oltre a 70 Deputati di
tutti i'colori, di tutte le fazioni politiche, per ayyisare se yi fosse mezzo
di ottenere, che una riforma cosi desiderata potesse ayer compimento in
questa legislatura! « Quasi tutti i proponenti degli emendamenti si dis-
posero a fame il sacriticio. Inoltre s'ayviso persino alia ricerca d'un
mezzo legale, per menomare le conseguenze del yoto dato ieri mattina
dalla Camera, yoto che forniva un non serio pretesto al Governo per sos-
pendere la discussione della legge. Di piu, siccome yi erano nella di-
scussione della legge due questioni gravissime, le quali poteyano portare
divergenze fra 1'opinione di molti della Camera ed il Ministero, si studio
il mezzo di togliere anche queste difficolta. Cinque membri nominati da
quest'assemblea si recarono da uno dei Ministri ed esposero i sentiment!
della medesima.
« Queste proposte erano tali, che il Goyerno le ayrebbe potutoaccet-
tare, ed oye ne sia il caso, noi daremo spiegazioni piu ampie, od in
questo recinto od, oye occorra, per mezzo della stampa 1. »
\ Atti uffic. n.° 4459, p. 565S.
Serie T7, vol. II, fasc. 364. 32 13 Maggio 1865,
498 CRONACA
Si Jevo il Sella, mioistro per le Finanze e rispose asciutto che si la-
sciava al paese ed alia Camera il giudicare, se il Ministero non avesse
fatto quanto era in poter suo, perche la desiderata legge fosse approvata.
Ma che le proposte del Mellana e de' suoi colleghi erano inaccettabili,
perche imponevano alle finanze oneri troppo gravi ; pssia perche frusta-
•vano lo scopo della legge, obbligando le finanze a privarsi dello sperato
Jucro ed a pagare pensioni troppo laute ai religiosi. Questo era come
dire : se abbiamo da confiscare i beni dei Gorpi religiosi, contro la lette-
ra e lo spirito dello Statuto, che ne guarentiva loro inviolate il possesso,
vpgliamo almeno farlo con guadagno competente ; pigliarsi questo fasti-
dio per una bazzecpla, non e cosa degna di noil
II Mellana ripiglio: « Le question! erano due: la prima riguardava
1'prdine dei monaci mendicanti. II Ministro non vpleva la soppressione
di fatto, per non aggrayare 1'erario. Pareva a noi che una tale riforma
non dovesse considerarsi quale una operazione finanziaria. Avvisammo
ai mezzi per far si che tale soppressione si com pisse anche in fatto, dando
condegna pensione ai membri di quegli Ordini, senza aggravare 1'erario
nazionale. E su questo primo punto le nostre proposte vennero piena-
mente assentite dall'onorevole Ministro che teste ha parlato.
« La seconda questione era sulla destinazione da darsi, fin d'ora, ai
beni delle Corporazioni religiose, che si sopprimerebbero. II Governo,
come ben sa la Camera, yoleva spspesa una tale questione. A, frpnte
delle opinioni, manifestate da tutti i lati della Camera, era impossibile
lasciare insoluta una tale questione.
« Noi proponevamo che tutti gli stabili passassero al demanio dello
Stato, facendpne la conversione al pari con rendite sul debito pubblico.
E questo era il yero lucro che facevano le finanze, giacche facevano un
imprestito al pari in luogo di fame al 65 per cento; in altri termini gua-
dagnavano il 35 per cento su tutto 1'asse ecclesiastico. Si proponeya poi
che sulla rendita cosi accertata si prelevassero prima tutte le pensioni ai
religiosi e per il culto; ed il guadagno, che in fine si fosse avverato, ye-
nisse diviso per una meta fra lo Stato e 1'altra meta fra i comuni, nei
quali vi erano le case soppresse, e le province: e quest'ultimp ripartoin
ragione di un terzo ai comuni e due terzi alle rispettive province.
« Se fosse stata questione di finanza, il Ministero non avrebbe potuto
respingere queste proposte. Ed invero come spiegare che, per non la-
sciare un tenue compensp ai comuni, il Ministro prescegliesse di lasciar
sussisterele Corporazioni religi-pse, negando allo Stato la meta del bene-
ficio, e, quello che piu monta, il beneficio molto maggiore della conver-
sione al pari?
« E infatti il Ministro non rifiuto, ma siriservo di riferirne ai suoi col;
leghi. Se fosse stato nel Governo vivo il desiderio, quanto in noi, di
compiere questa riforma, avrebbe fatto una qualche modificazione alle
nostre proposte : senti che non poteya farlq onestamente e per tutta ri-
sposta ritiro la legge. Su questi fatti, che niuno potra smentire, si formi
la pubblica opinione : noi tranquilli ne attendiamo il giudizip 1. »
Di qui e manifesto che il Governo, anziche cercare pretesti per ritirare
la legge, si era gia piegato ad abolire non solo gli Ordini religiosi pos-
sidenti, ma anche i mendicanti , purche le finanze non rimanessero gra-
4 Loc. cit.
CONTEMPORANEA 499
vate dell' onere della pensione che si sarebbe dovuta dare ai membri di
essi ; e che solo allora si rifiuto a condurre innanzi 1'impresa, quando si
tratto di cedere ai Comuni una particella del prodotto di codesta con-
fiscazione.
Queste cose abbiam voluto riferire , perche in cosa di tanta impor-
tanza non vuolsi trasandar nulla di cip che puo gettar luce sopra i veri
intendimenti del Governo; e perche indi puo trarsi argomento a recare
fondato giudizio sopra le eccessive speranze destate in alcuni, ed i timori
esagerati di altri, per la diceria corsa, o gittata ad arte dai fautori del
Governo di Torino ( affine di recargli a merito una cosa proceduta da
tutt'altra cagione) che la legge fosse ritirata per amore di conciliazione
con la Santa Sede e per non frapporre ostacoli alle pratiche avviate in
Roma dal Vegezzi.
8. Di fatto, come pole spacciarsi altrove che, per deferenza al deside-
rio espresso del Santo Padre e per amore di conciliazione, era sospesa o
troncata la discussione della legge per 1'abolizione de' Religipsi , cpsi in
Torino stessa ne sorse sospetto nell animp di molti Deputati, i quali vol-
lero avere intorno a cio chiare spiegazioni.
Percio il deputato Sineo, nella tornata del 26 Aprile, punzecchiato da
codesto sospetto, prese a parlare, anche in nome del suo collega La Por-
ta, ricordando che « lo Stato si trovava in (juesti ultimi tempi in una
felice condizione. Erano rotte tutte le comunicazioni ufficiali tra la Cor-
te di Rorna e lo Stato; erano conseguentemente tolti quegl'incagli, che
la osservanza rigorosa dei Concordati poteva portare nell' andamento
degli affari. La legislatnra , che precedette 1' attuale , ayea riconosciu-
to che i Concordati non sono un vincolo pel Potere legislative ; prov-
Tide, nel modo che credette piu conveniente, agli interessi del paese. I
Concordati , che yincolavano la Lombardia , li abbiamo cancellati d'un
tratto, e con cio rivendicammo 1'autorita di cancellare anche gli altri l ».
Premesso questo esordio, che puo detmirsi : la teorica della mala fede e
della slealta quanto all' osservanza dei Trattati, il Sineo rifiuto 1'opi-
nione d'un altro Deputato, che « i rapporti tra la Chiesa e lo Stato, in
virtu dell'art. 18 dello Statuto, fossero una prerogativa della Corona,
che dovesse esercitarsi indipendentemente da qualsivoglia influenza del
Parlaraento ».
Con cio il Sineo avea in prima attribuita alia Camera la facolta di la-
cerare a posta sua i Concordati. quando essi tornano incomodi ; poi di
guardare come di niun valore quello che dal Re, in materie religiose, si
fosse trattato con la Santa Sede; e percio aggiunse : « Evidentemente
le prerogative della Corona , consacrate coll' art. 18 dello Statuto , sono
della stessa natura di tutte le altre, che appartengono ad un Re costitu-
zionale. Queste prerogative non possono esercitarsi dal Re, in un paese
costituzionale, che sotto la responsabilita dei Ministri; la responsabilita
dei Ministri salva 1' influenza parlamentare ». Quindi entro a dire che
« erano vacanti molti Arcivescovati , Vescovati ed altri benefizii di pa-
tronato regio . . . che somministrano una massa di rendite considerevoli,
che si possono convertire in oggetti di pubblica utilita » ; ed , assicurato
che la vacanza delle Diocesi non portava verun danno, chiese spiegazio-
ni intorno alle voci corse, che si volessero, non solo accettare, ma « pro-
\ Atti uff. N. 1456, p. 5626.
500 CRONACA
m'overe Convenzioni ed assestamenti » , i quali avrebbero impedito ap-
punto codesto benefizio del raangiarsi dallo State i beni delle Diocesi
vacanti.
Sorse a rispondergli il Vacca, ministro di Grazia e Giustizia, che non
ribatte neppure con una parola i due mentoyati principii , cioe che la
Camera abbia diritto di lacerare i Concordat! a sua posta , e che il Re
non possa, senza il suo consenso, stipulare convenzipni di cose religiose ;
e venne subito a dare le bramate spiegazioni circa il fatto , onde impen-
sierivano i degni colleghi del Sineo.
« Si tratta dunque, o Signori, disse il Vacca, di questo: il Santo Pa-
dre si avviso di fare alcune proposte, pell' intento di concertarsi col Go-
verno del Re, per provvedere alle sedi yacanti e a qualche altro oggetto
che unicamente risguarda 1'ordine spirituale e gli interessi della Chiesa
cattolica. Doveva il Governo esitare un istante ad accettare siflatte pro-
poste? Poteva esso sottrarsi aH'impegno di trattare question!, che, se si
attengono strettamente all' ordine spirituale, non lasciano di preoccupare-
vivamente la gran maggioranza della popolazione del regno ? Poteva
disdire un inyito , che moveva da un bisogno riconosciuto urgente da
gran parte dei cattolici , e che d' altra parte non impegnava per nulla la
questione politica , che da noi si agita con la Corte di Roma? Poteva
respingere una proposta che yeniva dal Capo venerato della religione
caltolica, e concerneva interessi al tutto cattolici?
« Or dunque il Governo accolse 1' invito, e stimo opportune di affidare
aU'onorevole commendatqre deputato Vegezzi 1'incarico di darvi seguito.
Bensi egli diede a quel distinto vostro collega, che tutti avete nel dovutq
pregio. istruzioni determinate e precise, le quali non escono dagli stretti
confini di una questione meramente spirituale, e che non tocca le ragioni
della politica nazionale... In seguito a cosi esplicite dichiarazioni, io non
posso altro soggiungere sui particolari delle trattative che in proppsito
ppssono essere avviate , giacche tali trattative appena possono dirsi ini-
ziate, ne ii Governo ha in pronto ragguagli, che pqssanp nelKargomento
offrire alia Camera alcun lume. Ben io confido, o Signori, che voi vi ter-
rete paghi di questi cenni , e che nella vostra riserva non domanderete
per ora di piu in una questione cosi delicata. »
Questo non appago il deputato La Porta, che rifece la storia dei dise-
gni di leggi contro i Religiosi, offerti dal Pisanelli e dal Vacca, poi emen-
dati, poi ritirati; e dalla sospensione dell' ultimo, avvenuta quando il
Santo Padre chiedeva si provvedesse ai Vescovadi vacanti, inferi che il
Ministero non fosse sollecito d' altro che « di creare un ostacolo alia no-
stra legge, alia riforma che intendevamo di fare nell'interesse naziona-
le ». E conforto la sua argomentazione coll' accennare all'invio del Ve-
gezzi a Roma, ed alle proposte della Santa Sede per le nomine de'Ve-
scovi; e conchiuse: « Dunque e di la, e dalla Corte di Roma che viene
1' impediment alia discussione della legge ».
II La Marmora, presidente del Consiglio, rispose : « Intendo di assi-
curare la Camera che tutte le osservazioni e tutte le argomentazioni fat-
te dall' onorevole deputato La Porta non hanno ombra di fondamento ;
giacche nessuna connessione ha mai esistito tra la discussione che si e
sospesa quest' oggi, e sulla quale non si sa ancpra che determinazione sa-
ra per prendere il Ministero; nessuna correlazione esiste, dico, tra gli in-
cident! di quella discussione e la missione dell' onorevole Vegezzi a Ro-
CONTEMPORANEA 301
ma ; la quale sta precisamente nei termini detiniti dall' onorevole mio
collega, il Ministro di Grazia e Giustizia ».
Quesio dovea poter bastare. Ma il sospettoso e difficile a persuaders!.
Percio il De Boni salto su alia sua volta, dicendo che il Moniteur parigino
dava notizia de' prosperi successi delle pratiche del Persigny e del Ve-
gezzi a Roma; e che appunto quando da quest' indizio gravisslmo si potea
inferire, che si trattasse di sacrificare i diritti delia nazione agli accordi
con la Corte di Roma, il Governo per un nonnulla, per un pretesto fon-
dato sulle tonache dei Frati, ritirava una legge di tanta importanza. « II
partito cattolico ha vinto senza combattere ! »
Da capo il ministro La Marmora si alzo a negare riciso, che il viaggio
e 1' incarico del Vegezzi avessero relazipne di sorte col viaggio del Per-
signy, e trattp come fantasime d'immaginazione troppo fervida le conse-
guenze che si traevano da un fatto, che non sussisteva ne punto tie poco.
Ma per viemeglio dileguare codesti sospetti di deferenza yerso la Santa
Sede, che il Ministero mostrava di pavenlare o come ingiuriosi a se, o
come pericolosi all'ordine pubblico, il minislro Lanza mando ai Prefetti,
sotto il 2 Maggio, una Circolare che chiarisce tutto il negozio, e, come
pegnode'suoi intendimenti, promettedi rappresentarealla Camera la legge
per 1'abolizione degli Ordini religiosi. Ecco il tenore di questo irnportante
documento.
« Torino 2 Maggio 1865. Come la S. V. Illiiia avra rilevato dai diarii
politici, il Governo del Re si indusse a ritirare, a discussione gia inol-
trata, il progetto di legge sulla soppressione delle Corpprazioni religiose.
Questo fatto ha naturalmente destato un certo commpvimento nella pub-
blica opinione, quanto maggiore era 1'aspettazione e il desiderio della ri-
soluzione di questa grave quistione; e 1'atto del Governo e stato per varii
modi e con diverso criterio interpretato e giudicato. Alcuni hanno voluto
persino riscontrare una manifesta connessione tra il ritiro della legge e la
missione preconizzata del commenp1atore Yegezzi presso la Santa Sede,
non dubitando di affermare e bandire come quello fosse recisamente una
CGQseguenza di questa; e pero I'abbandonp assoluto del primilivo disegno,
un cambiamento di politica, una concessione fatta alia Corte romana con
iattura dei diritti dellp Stato; traendone quindi la triste conseguenza, che
il Ministero entrasse in una via di regresso, trascurate le giuste e legit-
time aspirazioni della nazione.
« II Ministero, conscip del grave mandate, che gl' incombe di fronte allo
Stato ed alia Corona, sicuro di essersi sempre tenuto e di tenersi sopra
una linea di politica schietta, leale, quale si addice alia dignita della na-
zione, crede opportuno di ben chiarire ai suoi rappresentanti nelle pro-
vince del regno la ragione del suo operate , perche questi a- lor volta
possano aH'opportunita illuminare e rassicurare gli animi agitati, e mante-
nere nelle pppolazioni la fiducia nel Governo del Re.
« E primieramente il Ministero ha creduto conveniente ed opportuno
ritirare dal Parlamento il progetto di legge sulla soppressione delle Cor-
porazioni religiose; perocche 1'ppposizione di varia maniera e le difficolta
che nel corso di quella discussione aveva incontrato lo schema presentato
dal Ministero, e segnatamente Tultimo voto, gli facevano presentire che
(juel progetto di legge non poteva condursi a termine con felice successo
in ambidue i rami del Parlamento. Pero se tale considerazione pole con-
si gliare 1'opporlunita del ritiro della legge, il Governo tuttavia, convinto
502 CRONACA
dell' importanza politica di quel provvedimento e dei benefizii moral! ed
economici che ne debbono uscire, e nel fermo intendimento di riproporlo
alia prossima sessione legislativa.
« la quanta poi alia missione presso la Santa Sede, il Governo del Re
non ha difficolta, signer Prefetto, a confermarle quanto gia dichiaraya
alia Camera dei Deputati, come, cioe, in queste trattative non s'inlenda
minimamente deviare dai principii fondamentali, su cui riposa la politica
del regno italiano.
« Se nella sua sollecitudine religiosa il S. Padre credette opportune ri-
volgersi al Governo del Re, per intrattenerlo della necessita di proyve-
dere d'accordo a sedi vescovili yacanti nel regno; certamente non potea
il Governo italiano non accogliere questo inyito, sia per osservanza al
Capo della cattolicita, sia per proprio dovere; e deputandoyi il commen-
datqre Vegezzi non intendeva, e non poteva intendere, se non a conciliare
quei certi interessi speciali della Chiesa con quelli dello Stato.
« Ma per nessun modo puo supporsi che in quest' alto di alta conve-
nienza potesse il Governo dimenticare il doyere di gelosamente custodire
i diritti e le leggi dello Stato, le prerogative della Corona, e di mantenere
intatte e riservate le quistioni politiche, che si legano o si vogliono confon-
dere colla questione religiosa.
« Pertantp, signor Prefetto , il sottoscritto, nel pprtare a cognizione
della S. V. illustrissima queste dichiarazioni, fa arnpio assegnamentq su
di lei, affinche, merce sua e con quei mezzi che reputera piu acconci, e
quella influenza che 1'alto ufficio suo meritamente le conferisce, vqglia,
oye ne fosse mestieri, adoperarsi perche in codesta provincia non sia in-
dotta la pubblica opinione in giudizii contrarii al vero, od anche solo in un
meno retto apprezzamento della condotta del Goyerno in si graye e de-
licato argomento.
« Attendero poi dalla cortesia del signor Prefetto un motto di riceyuta
della presente, e qualche cenno sul risultato delle sue premure in propo-
sito. Ilministro, G. LANZA. »
9. Fin qui non abbiam fatto altro che citare le dichiarazioni ufficiali
date da'Ministri : e ci sembra che debba tenersene conto, per recare di-
ritto giudizio intorno agli effetti , che potra ayere piu tardi la missione
del sig. Vegezzi.
Ma i diarii ufficiosi, come V Opinione del 23 Aprile, non esitarono pun-
to a spiegare, con quel tono che si usa solo quando si parla per imbec-
cata ricevuta ab alto, che « non avverra mai che il Governo italiano sia
per aderire (nel trattare con la Santa Sede) a condizioni dirette a diseo-
noscere i diritti e gl' interessi dello Stato. Le trattative potranno quindi
durare un pezzo, ma, che siano per condurre ad un risultato, e un altro
paio di maniche ». E 1' Opinione torno a svolgere questo tema alii 2 Mag-
gio, dimostrando 1.° che avendo il Papa dato il primo passo con una let-
tera al Re, non si potea ricusare di avviare qualche pratica, senza mo-
strar chiaro che si aborre da quella conciliazione che yuolsi dalla Fran-
cia, e che e parte del programma del Cavour per andare a Roma; 2.° che
le trattatiye non riuscirebbero a nulla, perche il Governo terrebbe fer-
MO si quanto all'abolizione dei religiosi, si quanto al riordinamento del-
1'asse ecclesiastico, si quanto alia diminuzione delle Diocesi.
La stessa ufficiosa Opinione del 6 Maggio, commentando la riferita Cir-
colare del Lanza, fa notare che il Ministero « ha yoluto dare un' arra al
CONTEMPORANEA 503
partito liberate, annunziando che nella prossima sessione ripresentera il
progetto di legge sulle Corpqrazioni religiose » ; e che tutti i supposti di-
segni contro la liberta, cipe i disegni del Ministero a favore delia Chiesa
e della Santa Sede, « si risolvono in una dichiarazione esplicita e netta,
che nulla e mutato nell'indirizzo politico, e nella promessa che non si
rinuncia a quelle aspirazioni ed a quei diritti che ci sono cari ».
Malgrado di cio i diarii detti italianissimi continuano a recitare la loro
parte, declamando da furiosi contro il Governp , perche accenno di voter
venire a componimento con la Santa Sede, sia pure che solo per le no-
mine ed il ritorno de' Vescovi alle Diocesi vacanti. E, per distoglierlo da
qualunque concessione in favore della Chiesa, gridano alto, come il Di-
ritlo del 4 Maggio , che « se le province avranno i nuovi Vescovi , nel
modp con cui si sono concordate le nomine, avranno ancpra ragione di
cacciarli. Sara questa una delle piu belle prpteste, per signiticare che
noi non ci lasceremo mai condurre a rimorchio della Corte papale. Fra
1' Italia e il Papa una sola conciliazione e possibile; la separazione asso-
luta dei due poteri , fondata sull' unita politica della nazione ».
E la Gazzetta del popolo, dando retta ad una frottola sparsa ad arte,
che il Card. Arcivescovo di Napoli dovesse essere trasferito alia sede di
Torino, non si perito di dire che : non si lascerebbe nemmeno entrare.
« Per intronizzare Arcivescovi e Vescovi di quella risma, il Goyerno
dovrebbe farli accompagnare da reggimenti interi, e tuttavia non riusci-
rebbe nemmeno ; . . . dalla proposla all'accettazione correrebbero troppe
giornate di Settembre » .
A noi questo strepitare dei Mazziniani ricorda quel che si faceva da
essi, sotto 1'indirizzo del La Farina, nel 1860 ; quando il Cavour, che
avea dato il La a questo suo complice, in palese disapprovava e sotto
mano aiutava la spedizione di Marsala e le piraterie del Garibaldi; ma
yoleva essere incalzato e vilipeso e minacciato dai Garibaldini, per aver-
ne argomento a giustificare diplomaticamente il suo piegare a lor favore,
come se vi fosse tratto da inesorabile necessita di non dare I' ultima spin-
ta ad una violenta conflagrazione.
Se il Governo vorra sinceramente secondare le istanze del Santo Padre
per sovvenire alia urgente necessita di provvedere alle Diocesi vacanti ,
vi riuscira ; e come all' epoca di Aspromonte basto una parola di Parigi
per troncare i nervi alia democrazia mazziniana, che s'avviava a Roma,
cosi bastera una parola nell' orecchio a certi amici del Governo, per fare
che cessi pgni opposizione agli accordi con Roma. Noi crediamo il Go-
verno di Vittorio Emmanuele piu forte che non mostra di essere.
10. Dopo le spiegazioni soprarriferite, che nella tornata del 28 furono
date alia Camera circa i motiyi dell'essersi ritirala la legge contro i Corpi
religiosi, ogni altra grave discussione era impossible a condursi innan-
zi, per la discordia fra il Ministero e le varie fazioni de'Deputati. Laon-
de questi , dopo discorso languido intorno a qualche legge di minor mo-
men to , come per 1' affrancamento delle decime nella terra di Otranto,
che fu approvata, ricevettero 1'annunzio che cesserebbero le raunate or-
dinarie e la Camera sarebbe poi convocata con avvisp a domicilio dei
singpli suoi membri. II che fu inteso che poneva termine alia presente
sessione , e che questa Camera non si convocherebbe piu che per udirsi
leggere il Decrelo, che dee porre termine al suo mandate, e chiamare
gli elettori a nuova scelta generate de' proprii rappresenlanti. Onde il
504 CRONACA
Mancini voile conchiudere con un rendimento di grazie alia citta ed alia
Guardia nazionale di Torino, pel contegno osservato sempre verso il
Parlamento. Quindi la Camera si sciolse.
I Minister! entro il Maggio saranno tutti trasferiti a Firenze. La Corte
ha corainciato da pezza il suo trasporto alia nuova Capitale , ed il Re
stesso dpvea condurvisi alii 28 d' Aprile; ma fu rattenuto in Torino da
leggera indisposizione di salute.
II.
COSE STRANIERE.
JMPERO DI RUSSIA 1. Medaglie d'onore ai combattenti contro i sollevati Po-
lacchi — 2. Regolamento pei Gonventi eMonasteri cattolici in Polonia —
3. Le monache di Wilna son discacciate; loro difesa tolta dall' Opinion
nationals di Parigi — 4. Indirizzo della Nobilta di Mosca, reietto dallo
Czar — 5. Statistica d' incendii — 6. Epidemia e timori di peste — 7.
Viaggio dello Czar a Nizza di Provenza ; ivi muore il Gran Duca eredita-
rio Nicola.
1. Le ultime faville dell'incendio rivoluzionario in Polonia sonqspente;
le bande annate sono distrutte ; gli emissarii stranieri , come risulta da
una circolare del Gortschakoff sotto il 7 di Aprile , parte furpno scoperti
ed arrestati in Varsavia stessa, mentre si adoperavano a ricostituire il
Comitatq pel Governo nazionale, parte si sono prudentemente ritirati ;
le grandi Potenze occidental!, che al principio del 1863 stavano con la
maao all'elsa, in atto d'impugnare la spada per ristaurare la nazione e la
monarchia di Polonia, ora si guardano bene dal pronunziarne pure il no-
nie; il massimo numero della piccola Nobilta polacca o sta in Siberia o
si e acconciatq coi padroni del reame ; in Lituania spariscono le ultime
tracce dell' intima unione che essa ebbe con la Polonia , essendq i fondi
rustici passati quasi per intero in possesso di Russi o di stranieri ; qual-
che tentativo di ridestare 1' agilazione per via di bandi clandestini, messi
fuora in nome del Governo nazionale, ando fallito, perche niuno si lascio
piu gabbare; insomma I* esercito russo ebbe vittoria piena e decisiva.
II Governo di Pietroburgo voile perpetuare la memoria del suo trion-
fo, distribuendo insegne onorifiche a quanti avevano dato opera alia re-
pressione del sollevamento polacco. Pertanto con un rescritto imperiale,
pubblicato nelF Invalido russo del 13 Gennaio, fu istituita una medaglia
di bronzo, destinata a fregiare il petto dei militari e dei cittadini, che
si rendettero benemeriti dello Czar co'loro servigi in tal congiuntura.
Questa medaglia, appesa ad un nastrq dai colori nero, arancio e bian-
co, e di due sorta. L' una, di bronzo chiaro, e destinata 1.° agli ufficiali
d'ogni grado ed ai soldali che direttamente p indirettamente parteciparo-
np alia guerra contro i sollevati; 2.° ai medici, uditori e cappellani; 3.'
ai soldati gia congedati, ai villani ed allepersone d'ogni qualita che, con
le armi alia mano aiutarono il Governo a quella repressione. La seconda
di bronzo scurq e destinata 1.° agli ufficiali dell'amministrazione civile e
militare; 2.° ai preti di qualunque confessione, che efflcacemente contri-
buirono a domare la ribellione; 3.° ai contadini , che formavanole guar-
die rurali; 4.° a tutti coloro che, per servigi renduti durante la guerra,
gia s' erano meritate altre ricompense : cioe alle spie ed alle guide.
CONTEMPORANEA 505
Con cio fu posto il suggello a quella sanguinosa repressione, che fece
fremere d' orrore tutta Europa, e che, provocata dissennatamente dalla
democrazia settaria, abusando dei giusti motivi di malcontento di quei
ppppli, riusci a strazio di innumerevoli innocent!, alia desolazione di
citta e borgate fiorentissime, e soprattutto adetrimento torse irreparabile
di quel cattolicismo, per la sola dit'esa del quale sul orincipio sembrava
che la, Polonia tutta dovesse spiegare la bandiera dell'indipendenza.
2. E dunque finita la guerra coi cannoni e con le baionette; ma conti-
nua 1'altra (piu micidiale per un popolo cattolico) che si fa con gli ukase
per le cose di religione.
Nel precedente volume, a pag. 268-69 , abbiamo parlato di un ukase
dell'8 Novembre 1864, col quale erano aboliti gran numero di conventi
e monasteri cattolici, .e si prefiggevanq gli ordinamenti generali da appli-
carsi ai pochi, che o si lasciavano sussistere sotto la direzione del Gover-
no, o erano designati a prossima abolizione. Un altro ukase, firmato dal-
Jo Czar il 4 Dicembre a Tsarkoe-Selo, venne pubblicato dal Giornale uf-
ficiale di Varsavia nei fogli del 22 e 23 dello stesso mese, sotto il titolo
di: Regolamento circa la conservazione e 1'amministrazione dei Conventi
cattolici nel Regno di Polonia ; ed il Monde dell' 8 Gennaio susseguente
ne riferi le principal! disposizioni.
Nella prima parte di codesto documento si tratta dei Conventi dello
Stato e dei Sopranumerarii. Sono Conventi dello Stato tutti quelli che
non furono aboliti, in forza deWukase dell'8 Noyembre; ed in tutto sono
25 di religiosi di varii Ordini, e 10 soli di religiose. Sono sopranumera-
rii i pochi altri che, condannati alia distruzione, si lasciano per ora co-
me depositi di frati e di monache da fornire di soggetti i Conventi dello
Stato. In ognuno di questi devono essere 14 religiosi o monache; il Go-
yernp tiene conto esatto di quanto spetta alle persone ed alle cose loro ;
non e permesso il passaggio dai Conventi dello Stato ai sopranumerarii;
ma il Gpverno sopprime questi quando non contano piu il numero di 14
soggetti ; e per arrivar presto a questo termine, trasloca dai Conventi
sopranumerarii a cjuelli dello Stato i soggetti necessarii a colmare ivuoti
fatti dalla morte; i sopranumerarii non possono accettare novizii ; enep-
pure possono quesli essere ammessi dai Conventi dello Stato, tinche non
siano interamente aboliti i conventi sopranumerarii. Pel mantenimento
dei Conventi dello Stalo, il Tesoro, che ne confisco i beni , paga loro
1,750 rubli d'argentp all' anno, a rate anticipate di qualtro mesi. E per
questa parte , bisogna confessarlo, i Russi sono meno disumani di quello
che si mostrasse Gioacchino Pepoli, coi degni suoi complici, nell'ester-
minio dei Conventi e dei Monasteri dello Stato pontih'cio ; dove si pro-
metteya, ma non si pagava, o si faceva aspettare pei sei e nove mesi la
meschina pensione dj 20 o 25 centesimi dt Lira al giorno per ogni reli-
giosa, spogliata della sua dote e delle rendite del monastero I
Nella seconda parle, che riguarda la suggezione dei Conventi cattolici
airautorita diocesana. ed ai Visitatori nominati dal Governo, si contengono
le piu minute e severe prescrizioni che una Pplizia ombrosa e spietata
possa immaginare, per hccar 1'occhio in ogni ripostiglio, ed essere ben
accertata che nissuno vi possa movere manum aut pedem altrimenti che
secondo la yolonta del Governo. Percio somma autonta e buono stipendio
ai Yisitatpri, i quali devono dar conto minutissimo al Governo di ogni co-
serella dei Conventi, sopra i quali stendesi la loro podesta; e per maggior
cautela , a ciascun Visilatore e Superiore locale e posto al hanco chi lo
506
yigili e lo sproni con la paura d' essere denunziato, se mai fosse indul-
gente o meno zelante nel fare le parti sue.
La terza parte, ancor piii vessatoria, spetta ai doyeri imposti ai singoli
membri del Conventi, verso rautorita civile, a cui spetta 1'aramettere
postulanti al noviziato, ed il decidere degli impediment, ed il permettere
che a 30 anni compiuti possano fare la professione religiosa, in presehza
di delegati del Governo. ISiuna scuola e tollerata nei Conventi e nei Mo-
nasteri ; vietato severamenle il chiedere od accettare liraosine, se non
fosse nel recinto stesso del Convento o della Parocchia rurale; vietato ai
preti il ritirarsi nei Conventi per farvi gli Esercizii spiritual!; sono ob-
bligati i Superior! religiosi ad avvisare il Governo civile delle funzioni
ecclesiastiche e feste che si propongono di celebrare; ne frati ne monache
possono passare da un Convento all altro, senza la Ijcenza del Governo,
per la quale richiedesi un subbissp di fprmalita ; ogni religiose deve sem-
pre portare addosso una specie di certificato, ond' e attestata la sua con-
dizione, per doverlo presentare a richiesta degli ufficiali di Polizia; gravi
multe, pertino di 300 rubli, saranno inflitte al Convento, in cui si accer-
tasse una violazione a qualsiasi di codesti regolamenti ; e la Polizia vi
puo penetrare ad ogni ora e minuto, quando sospetti chevi si commetta
qualche abuso, o vi si celi qualche persona non munita di facolta!
3. Questo fa per la Polonia propriamente detta. Quanto alia Lituania,
che il Mpurawieff s' incarico di russificare, la bisogna precede molto piu
spiccia, imitando cipe, con cjualche temperamento pero, gli esempii dati
dal Governo rivoluzionario in Italia, e specialmente dal Pepoli negli Stati
pontificii, e da altri Proconsoli nel regno delle Due Sicilie. I Religiosi si
deportano o si esiliano, e le Monache si traggono fuora dai loro chiostri
e si costringono a cercare asilo in terra straniera. Tale fu la sorte di 44
Monache di Wilna. E qui citeremo I' Opinion nationale, cioe registrererao
la cpnfessione, che la verita ha estorto di bocca ad uno dei piu diabolici
nemici del cattolicismo.
« Esse erano quarantaquattrp, dice 1' Opinion parigina. Esse commet-
tevano ogni giorno qualche delitto, giacche pregavano Dio in lingua la-
tina e piangevano in segreto sulla loro patria... Una nolle, degli uomini
armati, dei selvaggi dell'Oural, penetrano nella casa di queste donne col-
peyoli... Tutto fu messo a ruba e sacco, e profanato... Esse tendono verso
noi le loro mani supplichevoli » e chiedono « alia Francia un poco di pane
e sei piedi quadrati d'una cellula, in cui possano dimenticare emprire».
Tale si e, purgata pero delle piu trivial! ingiurie, accumulate quivi contro
il Governo russo, la lamentazione dell' Opinion nationale per la espulsione
di 44 Monache da Wilna; la quale lamentazione si chiude con queste pa-
role: « Noi non siamo cattolici ; ma quando vediamo delle donne cosi ol-
traggiate, espulse, sbandite; quando esse soffrono questp duro martiriq
per la liberla religiosa, pel diritto piu sacro fra tutti i diritti, ildiritto di
pregare, il nostro cuore sentesi scpnvolto! »
E grande sventura per la Polonia che, mentre essa ha tanto giusti
motiyi d' essere cpmpianta da ogni animo ben nato e cattolico, la voce
degli onesti e leali suoi amici debba sempre essere soffocata dagli stre-
piti dei piu giurati nemici della religione e della yera civilta, il cui pa-
trocinip nuoce piu di qualunque offesa ! Ma, la Dio merce, questa volta
Y Opinion nationale ebbe il fatto suo dal sig. Enrico de Riancey, che,
neirottimo giornale 1' Union quotidienne del 22 Aprile, fece toccare con
CONTEMPORANEA 507
mano il valore di quelle nenie e di quelle tenerezze affettate dei settarii
per le Monache di Wilna.
« I cattolici ancor essi, dice il sig. De Riancey, partecipano altpeltan-
to che 1' Opinion nationale alle sofferenze delia Polonia; e, se essi espri-
mono men rumorosamente queste loro siuipatie, tentano pero di compro-
Tarle con atli non meno solleciti e non meno efficaci. Le religiose di
Wilna furono accolte in Francia con la piu affettuosa e piu tenera fratel-
Janza. Esse cercano di fondare una casa speciale per se e per le loro
compaesane ; e gia trovarono e troveranno aucora generosi aiuti per at-
tuare questo pio disegno. L' Opinion nationale le aiutera a tal uopo e,
yogliamo concederlo, il suo concorso sara abbondante 1. Solamente e da
notare che il monastero delle Suore polacche accrescera la lista delle
denunzie, di cui 1' Opinion ci avea offerto le primizie, e che servi tanto
felicemente al Senatore Bonjean ed al Deputato Gueroult iiella discussio-
ne dell'Indirizzo. Inoltre, se queste nobili e yenerande proscritte incon-
trano difficolta nel fondare la loro casa, cio si dee attribuire ad una con-
dizione legale, che 1' Opinion nationale ammira e sostiene, e di cui essa
vorrebbe ancora aggravati i rigori.
« Ed invero, non e forse 1' Opinion quella che incessantemente fa le
parti di accusatore pubbljco contro quelle Religiose, nostre sorelle, fran-
cesi come noi, che « commettono ogni giorno il delitto », che diede mo-
tivo alle persecuzioni del Governo russo? Ancor esse « pregano Dio in
latino e piangono » per quelli che non piangono. Ancor esse « esercitanp
il piu inviolabile fra i diritti, il « diritto piu sacro fra tutti i diritti, il di-
ritto di pregare ». Or bene: Chi le assale ogni di? Chi le rappresenta
come un pericolo, come una minaccia contro la societdmoderna? Chi in-
vqca a gran voci contro di loro provTedimenti alia maniera del Moura-
wieff? Appunto V Opinion nationale!
<( Non basta. Souo ben piu di quaranta le Monache trattate cosi al di
la delle Alpi, in quella Italia schiacciata dal Piemontel Cola ancora la
notte uomini armati, che non hanno nemmeno la scusa d' essere Cosac-
chi, ma che portano la Croce di Savoia sulle loro bandiere, penetrano
nelle case di codeste donne colpevoli. E la giustizia del Ministero sardo
che viene a chieder loro conto delle loro preghiere e delle loro lagrime...
Tutto e messo a ruba e sacco e profanato ! L' Opinion naiionale ne trasali
forse per indignazione? Non ha essa forse, tutt'al contrario, fatto plauso a
codesti selvaggi che oltraggiano donne, e le discacciano dal loro chiostro,
e le gettano sul lastrico della strada, e confiscano i loro beni, e le trattano
da colpevoli, solo perche vogliono usare della libertd religiosa ? Forse
che le Religiose della penisola non sono anch' esse oltraggiate, discac-
ciate, sbanditet Quando esse soffrono, non sono forse anch'esse le martiri
del diritto il piii sacro fra tutti i diritti, il diritto di pregare ? Ed i loro
carnefici sono. forse innocenti, sol perche invece d' essere scismatici o
pagani, sono cristiani e cattolici? Ah! per certo, 1' Opinion nationale
fa bene a sentirsi sconvolgere il cuore dal racconto delle proscrizioni del-
le Monache della Polonia. Ma perche non sente egual pieta per le Mona-
\ Oh si davvero ! Se codeste povere religiose dovessero campare co' sussidii de' Frammas-
soni, potrebbero far la loro preparazione prossima alia morte di pura fame! Codesti settarii
professHDO altamente le dottrine stesse , che furono bandite a Torino dal Sella e dal Vaccaj
cioe che quando si ha bisogno di denaro, e i settarii ne ban sempre bisogno, si deve confi-
scare la roba dei preti, dei frati e delle monache. Or pensate, se, affamati ognora di roba
altruij vogliano dare della propria !
508 CRONACA
che <f Italia? Essa fa bene a difendere la liberta religiosa delle Suorepp-
lacche; e perche dunque vuole oppressa la liberta delle Sucre francesi?
La giustizia della democrazia ha dunque due pesi e due raisure? »
No, rispondiamo noi, la giustizia dei democratic* none cosiffatta; per
la semplicissiraa ragione che pei democratici non v'ha giustizia di sorta,
ma solo interesse di setta ed odio del cattolicismo. Ecco perche, 1'in-
teresse loro volendp che si faccia lo spasimato per le Monache polacche,
1' Opinion mostra di pianger per esse a spron battuto ; Dell' atto stesso che
vorrebbe empire la mano al Governo di flagelli onde percuota , discacci
e sbandisca le Suore di Francia e d'ltalia, le quali sono detestate perche
cattoliche, e per ora non possono servir di pretesto a proyocare una ri-
voluzione contro il Governo!
4. Cio che avea operate il Governo di Pietroburgo per annientare la
nazione polacca, e ridurne il territorio a condizione di provincia russa,
era piaciuto assaissimo alia Nobilta moscovita ; e tutti possono ben ri-
cprdare il plauso, con che si erano cola celebrati i provyedimenti piii ri-
gidi, banditi in Polonia conlro i possidenti, i nobili, i cattolici. Ma lo
spirito settario va, gia da pezza, serpeggiando anche fra i Moscoviti ; i
quali cominciano a sentire il solletico di mescolarsi nelle cose del Go-
verno, e di godere i benefizii dei principii famosi del 1789, edi ridurre
a poco a poco lo Czar nella condizione d un Soyrano inviolabile ed irre-
sponsabile, che regni e non governi. Percio nei Comizii della Nobilla di
Mosca fu deliberate, il 23 del passato Gennaio, a pluralita di 270 suf-
iragi contro soli 37, che si dovesse presentare allo Czar un Indirizzo,
il cui testo pup vedersi per intiero anche nel Debats del 5 Febbraio. Pre-
messi ringraziamenti caldissimi per quanto gia fece lo Czar a favore dei
suoi popoli, e dichiarata la viva fiducia che si ha di vederlo procedere
piu innanzi sulla via delle concession! liberali, Y Indirizzo veniva a toe-
care il vagheggiato disegno d' una rappresentanza popolare.
« La forza del nostro paese consiste nella fraterna sua unita, Delia
perfetta sua integrita. Adunando in un corpo solo la vostra Russia, fin
qui divisa ; mantenendola fortemente omogenea , sostituendo ai diritti
separati di alcune sue parti altri diritti comuni a tutte, voi anniente-
rete per sempre ogni possibilita di ribellione e di guerra civile (Que-
sto fa pel reame di Polonia). Le nuove istituzioni. rurali, che Yostra Mae-
sta ha fondato, sono destinate, quando saranno giunte al pieno loro svi-
luppo , a rendere durevole la gloria e la forza della Russia.
« Coronate dunque , o Sire, 1'edifizio dello Stato di cui avete gittato
le fondamenta, e convocate un'Assemblea generale di personaggi, eletti
da tutta la Russia, per la discussione delle migliorie comuni a tutto J'lm-
pero. Ordinate alia fedele vostra Nobilta, per lo stesso intento, di sce-
gliere i migliori tra i supi. La Nobilta, ha sempre sostenuto con fer-
mezza il trono della Russia. Senza essere ufficiali dello Stato, senza go-
dere verun compenso pei loro servigi, adempiendo a' loro doyeri gra-
tuitamente per vantaggio del paese e dell' ordine generale: questi uomini
sarannp destinati dal loro grado a propugnare i principii morali e poli-
tici, sui quali si posa lo Stato, e che sono si preziosi pel popolo e cosi
indispensabili pel ben essere reale della nazione-.
« Per tal modo, o Sire, voi conoscerete i bisogni della nostra patria nel
vero loro aspetto, voi ristabilirete la fiducia nel potere esecutivo, e giun-
gerete ad una rigorosa osservanza della legge per tutti e per ciascuno,
ed a conformarla ancora ai bisogni del paese. La verita giungera al vo-
CONTEMPORANEA 509
stro trono senza ostacoli. I nemici di dentro e di fuori saranno ridotti
al silenzio, quando il popolo, nella persona dei suoi rappresentanti , cir-
condera il trono con amore e vigilera costantemente per impedire che il
tradimento non se gli accosti da veruna parte. »
E manifesto che le idee liberali deono gia predominare cola in alto
grado, quando si vede che, a tanta plurita e concordia di suffragi, si
osa chiedere allo Czar di coronare leaifizio; di istituire una rappresen-
tanza popolare elettwa di tutta la Russia ; di commettere a questa la
salvaguardia dei principii moral! e politici ; di affidarle 1'incarico di fog-
giare leggi acconcie ai bisogni del paese ; di aspettare da lei il lume e
Tindirizzo per conoscere la verita; e si osa per giunta dargli a intendere
che cio e necessario per ristabilire la fiducia del popolo nel Potere ese-
cutivo, e rassicurare il Trono contro il tradimento !
Quattro alti personaggi furono designati per 1'incarico di presentare
queslo indirizzo allo Czar, e primo tra essi il conte Orloff-Davidoff, Gran
Maestro delle cerimonie alia Corte imperiale.
Quest' atto non potea andar molto a sangue allo Czar. II modo di an-
nullarne 1'efficacia, senza incorrere taccia di dispotismo , fu trovato spe-
ditamente, poiche 1'Assemblea stessa della Nobilta lo avea, per cosi dire,
preparato. Secondo i regolamenti, dice la ufficiosa Correspondance russe
di Pietroburgo, hanno diritto a far parte dell' Assemblea i soli nobili che
possiedono almeno 3,000 dessiatine di terre (la dessiatina equivale a
poco piu di un ettaro). Ora, per effetto dell'abolizione della servitu, un
gran numero di piccoli proprietarii ebbero le loro possessioni ridotte a
meno delle 3,000 dessiatine richieste. Imperocche aveano dovuto venire
a componimento coi loro contadini , ed abbandonare a ciascun d'essi , a
copdizioni determinate, una certa quantita di terreno. Questi piccoli oro-
prietarii chiesero che fosse abrogate il regolamento che loro vietava 1'ac-
cesso all' Assemblea di Mosca, allegando che dovesse bastare la dimostra-
zione dei loro titoli di nobilla, essendo ingiustp che essi dovessero per-
dere i loro diritti, sol perche aveano dovuto gia perdere una parte del
loro patrimonio , sacriticato da un decreto del Sovranp. Ma i grandi pro-
prietarii, che prevalevano in numero all' Assemblea di Mosca, respinsero
questi richiami, mantenendo 1'antico regolamento. La piccola Nobilta,
cosi diseredata , si prptesto contro tutte le risoluzioni che si prendereb-
hero senza sua partecipazione, e rnando sue querele al Senate dirigeute;
il quale non lascio di cogliere la palla al balzo, facendo, ad un tempo, un
servigio al Governo ed un atto di giustizia verso la piccola Nobilta, con
dichiarare nulle tutte le decisioni prese a Mosca da una sola parte della
Nobilta, che avea dirittp a parteciparvi ; e con cio solo era tolto ogni va-
lore al voto del recitato indirizzo, che lo Czar rifiuto di ricevere.
II Governo avea ancora un altro motivo, oltre quello dei sovraccennati
yoti di liberta e di rappresentanza nazionale, per calcar la mano sull'As-
semblea della Nobilta di Mosca. Imperocche quesla, nelle sue adunanze,
erasi abbandonata a discussioni ardite ed accese , dalle quali era uscita
Camera dei Deputati di Berlino, che si piglio il gusto di eleggere a suo
Presidente il Grabow, tutt'altro che accetto al re Guglielmo I ed al
Bismark. Cotali significazioni di voler portare alta la testa doveano dispia-
cere a Pietroburgo altrettanto, e piu ancora, che Ylndirizzo.
510 CRONACA
Lo Czar non solo ricusp di accogliere ufficialmente la mentovata De-
putazione della Nobilta di Mosca ; ma, discprrendo, sopra la bramata Co-
stituzione rappresentativa, col Presidente di essa, Coute Orloff-Davidoff,
secondo la Gazzette de France , gli disse asciutto : « E troppo presto :
(Slichkom rano) ; quando 1'edifizio della liberla sara coronato in Francia,
penseremo a gettarne le fpndamenta tra noi. Voi non avete il diritto di
esserepiu impazienti chei figli del 1789 ». La quale sarcastica allusione
a quel che accade nell'lmpero sorto dal suffragio universale, dove regna
quella liberta che tutti sanno , die forte sui nervi alia cortigiana France
politique, che prese a dimostrare, il 10 Febbraio, che se all'edificio libe-
rale dell'Imperp napolepnico puo aggiungersi, a maniera di corona, qual-
che bagatella , in Russia manca ogni cosa e domina un assolutismo , per
cui la Russia e segregata da tutta Europa.
Ma si voile anche cessare il pericolo a una recidiva, che in tali malat-
tie, ingenerate da riscaldamento liberalesco, suole essere facile a incorrere
e difficile a curare. Percio Ip Czar, sotto il 29 Gennaio, indirizzo al signer
Yalouieff, ministro sopra gli affari interni, un rescritto, che e riferito an-
che nel Debats del 19 Febbraio; e nel quale si mando un solenne ri-
sciacquo all' Assemblea di Mosca, sciolta con ordine, speditole il di 28 ,
che dovesse porre termine a' suoi lavori.
Toccato in prima deH'irregolarita e nullita dei procedimenti e delle de-
cisioni dell'Assemblea, per aver escluso una parte della Nobilta, lo Czar
Tenne subito al punto che piu premeva, « Ho tutta via saputo , che nel
corso delle sue deliberazioni 1' Assemblea della Nobilta del Governo di
Mosca si arrogo la disamina di certe quistioni, che non sono di sua com-
petenza , e che essa entrp a trattare argomenli che invplgpno moditica-
zioni de' principii essenziali e fondamentali delle istituzioni dell' Impero
russo. Le riforme felicemente compiute in questi dieci anni del mio re-
gno, e le altre che si stanno effettuando per mip ordine, bastano a dimo-
strare la mia costante sollecitudine quanto al migliorare e perfezionare i
diversi rami dell' organamento politico dello Stato , entro i conh'ni del
ppssibile e secondo il disegno tracciato dalla mia volonta. Ma il diritto
di dare la prima spinta alle varie parti di quest'opera di perfezionamento
graduate non appartiene che a me solo; e questo diritto e indissoiubil-
mente congiunto colla potesta autocratica, che mi venneconferita da Dio.
« II passato dee valere di pegno per 1'avvenire, agli pcchi dei fedeli
miei sudditi. A nessuno di loro puo competere il pregiudicare i miei sfor-
zi incessanti pel bene della Russia, o di precorrere la decisione delle
quistioni che spettano ai principii fondamentali delle istituzioni dello Sta-
to. Nessun ordine di persone ha legalmente il diritto di parlare in nome
degli altri. Nessuno ha 1'incarico d'intercedere presso di me quanto a cose
d'interesse generale e circa i bisogni dello Stato. Cotali deyiazioni fuori
dell' ordine prefisso dalla yigente legislazione non possono riuscire che a
creare impacci aU'esecuzione dei disegni che mi sono proposto. In ogni
caso esse non potrebbero mai contribute punto o nulla a raggiungere lo
scopo a cui fossero intese.
« Spnp convinto che non accadra mai piu in avvenire che simili osta-
coli mi si contrappongano dalla Nobilta russa. »
Questo e un parlare che non ha bisogno di comenti. A me sta il co-
mandare, a yoi 1'obbedire. Se psaste far richiami o propprre cangiamen-
ti, guarderei cotal vpstra audacia come un' oifesa alia mia sovrana indi-
pendenza, e non farei nulla del richiesto. Altri Sovrani si conoscono in
CONTEMPORANEA 511
Europa, i quali in sostanza fanno come Alessandro II, autocrate . di tutte
]e Russie; ma non credono necessariodi parlare si franco linguaggio, e
preferiscono di ottenere, per altre vie, lo stesso intento, di essereognora
obbediti, senza usare tono si alto di comando. Cosi questi ban nome di
liberali, quello e tacciato di despotismo ; benche nel fondo siano egual-
mente efficaci quanto al fare come loro talenta.
5. Lo Czar tien ferma la mano per comprimere dal primo loro spunta-
re i germi delle sette ; e forse chi sapesse appieno quanto queste siano
pericolose fra quei popoli, dpvrebbe contessare che, se la repressione e se-
Tera, e pur necessaria. Puo aversene qualche argomento di congettura
dalle rovine ayvenute per la sola setta degP incendiarii, di cui abbiamo
accennato i misfatti nel precedente volume, a pag. 267-68. Ecco nuovi
ragguagli. La Gazzetta del Governo di Simbirsk reco , sullo scorcio del
Gennaio, i seguenti particolari circa gl'incendii, onde fu desolata quella
sola provincia dell'Impero: « II numero totale degl' incendii fu di 166,
cioe 20 nelle citta, e 146 nei distretti. Furono divampati ed inceneriti.
3,100 edifizii, dei quali 1,724 nelle citta, e 1,366 nei distretti. I danni
cosi cagionati salgono alia somma di circa 5,326,294 rubli, senza calco-
lare i danni solferti dalle citta di Senquiloi', di Alatyr, di Ardaton, e di
Boninsk. Nella stessa capitale Simbirsk ebbero luogo 11 incendii, che
consumarono 1,600 case, 12 chiese ed un convento ».
6. Cessate, od almeno diminuite d' assai le rovine material! per opera
d' incendii, ecco apparire nella stessa Pietroburgo un' altra e piu temuta
causa di desolazione, cioe un'epidemia contagiosa, checomincio a mena-
re grande strage, massime tra i soldati e la plebe. II Governo sa quanto
que' popoli siano soliti a commoversi in tali congiunture, e come la su-
perstizione soglia esagerare e talvolta il fanatismo politico sappia usufrut-
tuare le deplorabili conseguenze di tali disastri. Fu pertanto sollecito di
aprirevasti spedali, di traslocare e sparpagliare le soldatesche, rimoven-
dole da' quartieri troppo freddi ed umidi, e migliorandone il vitto. Va-
lenti medici furono deputati a studiare 1' indole del morbo, che appariva
con sintomi or di tifo, or di febbre ricorrente, e che stidava tutti i presi-
dii dell' arte, morendo i 15 ed i 20 sopra 100 che ne fossero colti. Varii
Governi stranieri spedirono loro medici a verificare lo stato delle cose,
Ser cercare quali provvedimenti fossero da adoperare, onde impedire la
itfusione deirepidemia. E cosi si ebbe certezza che, se non erano molto
esagerate le notizie circa 1'intensita della epidemia, erano senza fonda-
mento le paure di una peste di Siberia, da cui diceansi mezzo spopolate
gia parecchie province, e della quale non si accerto verun indizio. Or
sembra che anche la epidemia vada decrescendo , benche nelle province
confinanti colla Polonia il volgo ne stia ancora in gran paura, per la per-
suasione assai diffusa, che quello sia un flagello mandato da Dio in ca-
stigo delle sevizie innumerevoli commesse in Polonia, oltre a quanto
fosse lecito per la repressione del passatq sollevamento.
7. Stando cosi in grande trepidazione il popolo , una gravissima scia-
gura incolse la famiglia imperiale, a cui la raorte tolse il Gran Duca ere-
ditario, rapito ai suoi nel fiore della vita e delle speranze.
II Gran Duca Nicola, primogenito dello Czar Alessandro II, era nato
il 20 Settembre del 1843, e prometteva gran cose di se per P avvenire,
siccome quello che era fornito di belle doti d'ingegno, e di gran cuore,
ed era sommamente amato dall' esercito pei molti tratti di somiglianza
che avea col suo avo lo Czar Nicolo 1.° Da Firenze 7 dov' erasi condotto
512 CRONACA CONTEMPORANEA
nel passato Novembre, ando a Nizza per yisitarvi 1' Imperatrice sua ma-
dre, che vi dovea svernare ; e con essa si trattenne piu a lungo che non
credeasi, tralasciando di andare a Napoli doy'era atteso. Pare che fosse
consigliato a restare in Nizza per Ip svolgersi della malattia, onde fu trat-
to al sepolcro ; e la quale alcuni dicono essere priginata or fa unanno da
una lussazione della spina dorsale, cagionatagli da uno sforzo fatto men-
tre si abbandonava ad esercitazioni ginnastiche col suo fralellp minore.
Checche sia di cio, il soggiorno di Nizza, e le cure di valentissimi medi-
ci francesi erussi, non bastaronp ad imped ire i progressi del morbo, fin-
che alii 17 di Aprile, dopo dieci giorni di doglie acute al capo , il Prin-
cipe fu colto da congestione cerebrale molto intensa , e che tolse quasi
subito ogni speranza di guarigione. Questa non era che una nuova fase
della malattia, la quale fu ricpnosciuta consistere in una meningiteod in-
fiammazione della midolla spinale e del cervello.
L'acerba notizia giunse per telegrafo a Pietroburgo, d'onde lo Czar s'af-
frelto di partire con gran celerita alia volta di Nizza, accompagnato da ua
70 personaggi, molti dei quali doyeano trovarsi presenti alle formalita da
cpmpiersi nel caso di morte del Principe eredilario, riconosciutaormai ine-
yitabile. Lo Czar era stato preceduto dal Gran Duca Alessandro, suo secpn-
dpgenito, da quasi tutti i membri della famiglia imperiale e da yarii Prin-
cipi con essa cpngiunti, ed anche dalla Regina di Danimarca, che seep con-
dusse la principessa Dagmar, fidanzata del moribondo Gran Duca Nicola.
L'Imperatore di Russia arrivo il 21 Aprile a Parigi alle ore 11 e 40
minuti. L' imperatore Napoleone e la principessa Matilde l'attendeyano
alia stazione del Nord. Lo Czar, appena sceso, pprse la mano aU'Impera-
lore ed alia principessa Matilde, e loro presento i suoi due figli che Tac-
compagnavano nel yiaggio. I due Imperatori discorsero dieci minuti e lo
Czar rimonto nella sua carrozza, o\e pur 1' imperatore Napoleone monto
sino all'ora della partenza che ebbe luogo a mezzodi e dieci rainuti. Lo
Czar appariva addolorato e stanchissimo. II treno imperiale si diresse
dalla stazione del Nprd sulla linea di Lione, e continuo senza fermarsi si-
np a Nizza , ove arrivo il domani a mezzogiorno. Lo Czar ha fatto il yiag-
gio da Pietroburgo a Nizza , cioe 4000 chilometri, in 3 giorni e 4 notti.
Sceso appena dalla carrozza della via ferrata, e fatto sosta di pochi
istanti fra un gran numerp di personaggi russi recatisi ad accoglierlo ,
si condusse a piepM alia Villa Rermond, dove albergava T Imperatrice
col moribondo primogenito. Udito da' medici lo stato, in che versaya il
figlio, entro a vederlo, e ne fu riconosciulo. Ma il male era irrimediabi-
k. Nel pomeriggio della Domenica 23 Aprile il Gran Duca ricevette gli
ultimi confprti della religione, dopo essersi alquanto intratlenuto con i
suoi fratelli e con la sua fidanzata ; e la mattina del 24 Aprile, dopo acer-
Lissimi patimenti , spiro tra le braccia di sua madre e di suo padre, fra
il compianto di tutti i suoi.
Esposto in una Cappella ardente fino alia mattina del 28 , il corpo del
Gran Duca ne fu levato, in presenza della famiglia imperiale, e da essa
accompagnato alia chiesa russa; doy'ebbero luogo con gran pompa, e fra
cpmmovenlissime scene di dolore, i funerali , descritti nell' Union quoti-
dienne del 1.° Maggio. La mattina del seguente giorno 29 d' Aprile il
corpo del defuntp parti , sopra una delle nayi russe da guerra che ivi
stavano a servigio della Corte, , alia yolta di Cronstadt; e la sera dello
stesso giorno tulta la famiglia imperiale entro in yiaggio per terra yerso
Pietroburgo.
LE DUE BEATIFICAZIONI
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NEL MAGGIO DEL 1865
E LO SPIRITO MODERNO
11 Yicario di Gesu Crislo ha parlato teste al mondo callolico coi
ti di due Beatificazioni. Maria degli Angeli del sacro Ordine
delle Carmelitane scalze e Giovanni Berchmans della Compagnia di
Gesu sono levali al sublime onore degli altari, e con cio posti nella
Chiesa ad esempio di quel nobile spirito, onde s'informano, grandeg-
giano ed operano nella loro vita gli eroi imilatori di Cristo. Folia
masnada di errori, vesliti della luce di un progresso e di una civilla
fallace , si erano messi all' opera di scombuiare le menti degl' indi-
vidui e di scardinare gli ordinamenti della sociela. Nel meglio dei
loro empii conali la voce del Sommo Pontefice li manifesto per
quelli che erano, ne mostro la rea natura e li condanno alia ese-
crazione di tutti i fedeli. Fremellero e fremono tuttavia quelli che
se ne erano falll maestri e banderai. Ma senza pro. Le anime, che si
piacciono del vero , sciolto d' altorno quell' aere grosso della falsila ,
sorsero festanti e grate riverirono quella parola, che mai non erra,
perche sempre luce schietta di verila. Se non che quanto e facile in-
tendere ed abborrire la falsa teorica di una formola semplice e re-
eisa, tanto e difficile il sapersi difendere nella pratica da que.'torti
concetti che, correndo oggidi presso di molti quai dommi irrefraga-
bili, formano quello che dicesi spirilo moderno. Spirito reo, che quai
Serie VI, wl. II, fasc. 365. 33 18 Maggio 1865.
IE DUE BEATIF1CAZIONI NEL MAGGIO DEL 1865
fiato velenoso or impedisce che la pieta germogli, or la fa intisichire
appena spuntata , ed or le loglie di levarsi in alto, meltendo in dis-
pregio que' mezzi , onde crescerebbe col maggior rigoglio. La Dio
merce, il rimedio e offerto conlro tanto male nei decreti delle due
Bealificazioni dello scorsb mese. Siccome la Enciclica ed il Sillabo
colpirono a morte i rei principii, cosi questi feriscono lo spirito mo-
derno. Paragoniamo , di grazia, questo spirito con quello a che si
ressero i due Beali , proposlici ad esempio , e vedremo rampollare
limpida e chiara la condanna della sua trislizia.
I.
Ci apre 1'adito alle prove il decreto , in cui sono approvati i tre
miracoli richiesti per la Beatificazione del Berchmans , slanteche vi
s' incontri additato il conlrapposto di un punto capitale tra lo spirito
del Beato e quello del mondo alia moda. Qual e il concetto , che a
noslri di si ripete senza fine , che s' inculca ad ogni passo , che si
magnifica come sovrano? II nostro leltore ci previene alia risposta.
II concetto della liberla , il concetto della indipendenza. Scrittori,
poeti, giornalisti ne parlano in questo senso. I monument! che si er-
gono , le ovazioni che si stanziano, mirano allo stesso. Ed ormai i
nomi di libefta, d' indipendenza suonano alii non solo ne' parlamenti
e nelle conversazioni squisite, ma eziandio negli umili ritrovi del vol-
go ciltadino. Guai a chi sfugge qualche motto, onde si mostri di an-
darne farnetico meno, che gli altri ! Egli e costretto ad esplicare il suo
concetto, a disdirlo, pena le beffe della brigata ed il vitupero presso
i piu, se non lo fa. Ma se e vero che Tuomo ha diritto ad una debita
liberta ed indipendenza , non e egli altrimenti certo , che gli corre
1'obbligo di una debita sommessione a Dio , a governanti ed ai ge-
nitori? Senza dubbio, giacche quella natura che asserisce la liberla
dell'uomo, non cessa mai di testificargli anche 1' obbligo della som-
messione. Intanto, che accade con tanlo romore di lodi , di esalta-
zioni e di delirii circa la liberta e la indipendenza? Un fenomeno na-
- turalissimo, vale a dire, che s' impianti profondamente negli animi
il concetto di una liberta sconfinata , e si stermini quello della som-
E LO SPIRITO MODERNO 515
missione , o almeno s' indebolisca estremamente. Quindi origina la
perpetua e tenace avversione ad ogni autorita , le domande di smo-
date larghezze r il dispregio de' comandi e il ribellare apertamente
€d a nome del diritto alle leggi divine ed umane. Non v'e oramai
societa, non v'e per poco famiglia^n cui questo spirito moderno di
liberta non abbiao posto il seggio, o messo il pie a danno della de-
bita sommessione.iiun
Ma la voce del Vicario di'Gesu Cristo si leva gagliarda in mezzo a
tan to delirio per la liberta e contrappone lo spirito conlrario. Cum
autem temporibus praeserlim hisce nostris* iuvenum voluntates ad
cuiuslibet auctoritalis iura proculcahda incitentur, Deus omnipotens
innocentissimi iuvenis hums exemplo quam leve ac suave simul esset
perfections evangelicae iugum mundo ostendere voluit ; proindeque
eum prodigiorum virlute condecoravit 1. Cosi nel Decreto sopra
citato. Eccovi 1' esempio del B. Berchmans proposto specialmenle ai
giovani ed altamente raccomandato, qual raro modello di quella sog-
gezione che essi debbono a Dio ed a chi gli alleva e regge, stante
il suggello dell' approvazione divina che porta seco. II mondo ai no-
stri di corre per Tandazzo di smodata liberta, ei giovani, pieni la
mente di esagerali concetti, lo seguono avidamente con frequente
dispregio dell' autorita. Tutlo all' opposto ando il noslro Bealo ; per
cotal via ora fiammeggia , come nobil astro, tra le liici sanle della
Chiesa in cielo. Yedetelo fanciullo nella casa paterna. Osservatelo
dai dieci ai quattordici anni in un piccolo convilto di Diest. Esami-
nate i falti di lui studente in Malines. Yoi trovate che in ogni luo-
go la obbedienza volge a lalenlo la chiave de' suoi desiderii e ne
regge da mane a sera lutte le opere. E prontissimo ai cenni de' ge-
nitori , si acconcia con somma facilita agli ordini de; superiori , dili-
gentissimo nello studio non trapassa di un capello 1' indirizzo di chi
lo ammaestra iielle leltere e lo guida nella via dello spirito. Sembra
1 In quest! nostri tempi essejido la gioventu partlcolarmente incilata a
calpestare i diritti di ogni autorita, Dio onnipotente voile dimostrare al
mondo per 1' esempio di questo innocentissimo giovane, quanto fosse leg-
gero e soave ad un tempo il giogo della evangelica perfezione, ed a tal uopo
H fregid colla virtu dei prodigi.
516 LE DUE BEATIFICAZIONI NEL MAGGIO DEL 1865
piuttosto angelo che uomo nella fedelta e nell' amore , oncle compie
i doveri di religione. Non vi e del compagni chi non V onori, non
v' e brigata di giovani che non si componga a riverenza quando ei
comparisce. Tulti godono di Iraltare con lui, non pochi si danno a
maggior piela per i suoi consigli. Imperocche negli alii, nei discor-
si, nelle opere raggiava lanlo lume di perfezione, che a se Iraea gli
sguardi , F ammirazione e la riverenza della numerosa scolaresca ,
fra cui dava opera alle belle leltere.
Dio lo chiama alia religione. Ei losto risponde all'invito di co-
stringere viepiu la sua liberla coi sanli voti. A chi lo consiglia a
differirne 1' enlrala di qualche mese : « No ; riscrive, conviene obbe-
dire e subito. Sarebbe Iroppo disdicevole, come ben polete inten-
dere, il disubbidire a Dio per obbedire a voi. Noslro Signore, chia-
mando a se un giovanetlo, non voile dargli lempo da seppellire il
padre suo gia defunto : e pure 1' opera era buona e da spicciarsi
in breve ». Accolto nel novizialo all' eta di diciasetle anni e mezzo
circa, fa sua precipua cura dal principio alia fine lo sludio di una
squisitissima osservanza non solo di quanlo e ordinalo dal superiore,
ma eziandio di luttocio che ha di minuto la disciplina regolare : e
in poco tempo avanza ogni altro si, che diviene chiarissimo esempio.
Cento giovani connovizzi, sotto i cui occhi vivea e conversava, do-
mandali , quai difetti avessero nolati in lui , non seppero appuntarlo
di un menomo che. Essendo loro preposlo per 1'indirizzo degli uffi-
zii giornalieri , incarnd nel proprio nome il concetto ideale dell' ec-
cellenza richiesta per tale incarico. Sicche il potersi dire di chi suc-
cedevagli appresso in quell' uffizio : « Egli pare un allro Berchmans »,
era il non plus ultra della lode.
Unsemplice motto di chi gli era superiore baslo, infinche visse, a
farlo muovere. Studio, sanita, falica non furon mai cagioni o di len-
tezza o di qualche dispensazione nell' ubbidire. Disprezz6 1'incomo-
do, calpeslo la rilrosia naturale, non euro i riguardi. La ubbidienza
perfetta in ogni tempo , in ogni luogo ed a qualunque superiore fa
sempre la sua delizia ed il suo amore. Egli parea uno spirito colle
all tese per esser pronto al minimo cenno. Ecco la immagine, che
dice tulto, lasciataci da chi lo conobbe..Di qui il profondo ossequio,
E LO SPIRITO MODERNO 517
che ei professava a chi reggealo. Secolare , non si toglieva mai dal
fianco del sacerdote educatore ; riverenza ed amore gli dimostrava
In ogni suo atto e discorso. Religioso, lo vedi sempre ossequiosissimo
ed ubbidienlissimo al superiore quale che sia , lo senti difenderne
gli ordini , esaltarne il modo del reggimenlo e lo miri sludiarsi di
meltere in altrui lo stesso rispetto, lo stesso amore.
Oltre la viva voce del superiore v'e nella religione ancor 1'altra
delle Regole , che non si fa sen tire. In quesle il Beato avea posto
tutto lo studio e tulta la cura. Ve ne ha di quelle, che compongono
Tuomo neli'eslerno, ve ne ha dell'aHre, che 1'ordinano nell' interno,
ye ne ha non poche, che si riferiscono alia perfetta osservanza dei
voti. Quanto il Berchmans fosse cospicuo nell'aderapierle tutte, non
e a dire. Maeslri, superiori, compagni si accordano tutti nel lestifi-
care in lui una maravigliosa esatlezza. Questi lo dice « un perfetto ri-
tratto di regolare disciplina e specchio di regolare osservanza » : que-
gli il dichiara« puntualissimo nella osservanza ». IlTirino lopresenta
come « dotato in parlicolare della virtu dell'obbedienza, e do fino a
destare maraviglia di se. » . Cornelio a Lapide depone che « fu impe-
ghatissimo per T obbedienza ed osservanza delle Regole » . Visse tre
anni nel Collegio romano : in questo tempo « niuno mai , ne supe-
riore, ne suddilo, ne Padre, ne Fratello, ne maestro, ne scolare, ne
compagno di camera , ne condiscepolo in iscuola , ne altri di tutti
quelli che erano in Collegio e lo vedevano e seco conversavano, ha
saputo scorgere in lui una minima imperfezione o un minimo difetto
benche leggero ». Cosi il Cepari. Era venerato in casa , ammirato
nella scuola, indicato a dilo dagli estranei. Eppure nulla presentava
in se di quei fatti illustri, onde la santita suol colpire le menti. Le
sue azioni erano le comuni a tutti. Verissimo : ma non 1'opera, si bene
la maniera del condurla dipartivalo dalla volgare schiera. Acceso
del desiderio di piacere a Dio in ogni cosa, avea studiato ogni parte,
ogni circostanza delle singole azioni, che occorreangli durante il di,
e col tele nel loro concetto ideale di perfezione , per somma vigoria
di spirito sapea compierle destramente cosi per 1' appunto , quali
aveale vedute in tale concetto. Ed esse doveano sembrare a' riguar-
danli non altrimenti che soavi lampi della piu schietta perfezione >
LE DUE BEATIFICAZIONI NEL MAGGIO DEL 1865
o genlili fiorelli, olezzanli di virtuosa vaghezza e di celestiale odore.
Eccovi la cagione adeguata della universale ammirazione , che de-
stava di se il Bealo giovane.
Credele voi che egli giungesse a tanto senza un'alta stima e grande
amore per tultocio che si riferiva alia obbedienza verso Dio e verso
ai superior! ? Impossible. Eccovi i proposili scritti di sua mano :
Piuttosto morire mille volte, che mai commeltere un minimo peccalo;
con somma diligenza mi guardero sempre da ogni peccato veniale ;
schifero sempre con tutto 1'animo ogni leggera iraperfezione ; terro ia
sommo con to ogni menoma cosa; piullosto morire che violar mai Re-
gola veruna ; piutlosto perdere la sanila che trasgredire mai la mini-
ma Regola. Che piu? II primo sospiro del maltino a Dio era quello
della obbedienza, Domine quid me vis facerel e la sua dilettazione
del di la osservanza delle Regole, meet delectatio Regulae. Onde ve-
gliando teneasi il libretto di esse sotto degli occhi continuamente,
dormendo avealo solto il guanciale, e passando di questa vita strin-
gealo qual tesoro del suo amore tra mano. Ne' Proverbii sta scritto
al giovane : Conserva, fili mi, praecepta patris tui , et ne dimittas
leg em matris tuae, liga ea in corde tuo iugiter, et circumda gutturi
tuo. Cum ambulaveris gradiantur tecum: cum dormieris, custodiant
le et evigilans loquere cum eis 1. Cosi fece ilBeato colie Regole del
suo Isliluto, e Iddio tenne largamente la promessa a questo suo figlio
carissimo: giacche tale osservanza gli fu lucerna nel cammino di
quesla vita ; gli fu raggio chiarissimo, onde scoperse il pregio inesti-
mabile della perfezione; gli fu piacevole via, per cui giunse ad
acquistarla: Quia mandatum lucerna est, et lex lux, et via vitae in-
crepatio disciplinae 2. Ecco la guida , che mena diritto e secure il
giovane special mente al conseguimento della virtu , alia eterna feli-
cita : la obbedienza. Questa fu indicala ab antico dall' eterna Sapien-
1 Figliuol mio, fa conserva de'precetti del padre tuo, e non metier da
parte la legge della tua madre : iraprimili per sempre nel tuo cuore, e fanne
collana al tuo collo. Teco vengauo per viaggio, nel dormire ti custodiscano
e con essi ragiona, quando ti svegli. Cap. VI, v. 20-23.
2 Imperocche il comandamento e una lampana, e la legge e luce, e la
correzione della disciplina fc strada di vita. Ibid. v. 23.
E LO SPIRITO MODERNO 519
za, questa e proposta ia esempio dal Vicario di Cristo a'nostri di ia
particolare per la beatificazione del giovane Berchmans. La condanna
della via opposta segnata dallo spirito moderno e dunque in questo
falto manifesta.
• "";•';; ^:"::J^
Volgiamo ora lo sguardo alia B. Maria degli Angeli. Lo stesso
insegnamento, la stessa condanna ci sfolgorano in modo sovrumano.
Perocche siccome dall' operare del Berchmans ricavasi una prova
ampla e robusta contro lo spirito maledetto di liberla; cosi in questa
nuova Beata s'incontra nel medesimo senso un suggello spiccatis-
simo della divinila. Consideriamola solto questo riguardo. Le vie
per cui essa caqamino, furono aspre e difficili. Assalti di formidabili
ed ostinatissime tentazioni ogni dl, pugne frequenli coll' avversario
dell' umana spezie in forma sensibile , strelte paurose di spirito ,
affannosissime ripugnanze , quasi sempre senza gocciolo d' interna
consolazione ; ecco la sua vita di presso quallordici anni , in cui
lotto da gigante ed agonizzo pro anima sua, mietendo da ogni com-
batlimento una palma, ed inlrecciandosi ogni giorno una vaga co-
rona per la eternita. Con qual mezzo npn pose ella mai il piede
in fall o sotlo la folta tenebria dello spirito? Con quale arma scon-
fisse il feroce nemico che 1' assallava? Con die si rafforzo , si tenne
saldissima ad una pruova si lunga e si aspra? La risposta e sem-
plice : colla obbedienza. Sull' anno venlicinquesimo dell' eta sua se
le die' a vedere il divin Salvatore , ed in piacevole sembiante le
presento una croce doinandandola, se le bastava 1' anirao di ab-
bracciarvisi. Avuto che si, le venne esponendo la vita travagtiatis-
sima che avrebbe menato e termino, indicandole i mezzi, onde sareb-
besi mantenuta immobile ad ogni urto : il precipuo fu T obbedienza.
Adoperollo essa avidamente e Vesito corrispose alia promessa. Ub-
bidi con somma cura a chi reggeala nel grado di superiora, si sot-
tomise-con umilta a chi indirizzavala nelle cose deiranima, non dieJ
passo, non fe' opera senza la obbedienza e vinse gloriosamente. Tale
e 1'onore della sommessione, vir obediens loquetur victorias 1.
1 L'ubbidiente cantera vittorie. Prov. c. XXI, v. 28.
$20 LE DUE BEATIFICAZIONI NEL MAGGIO DEL 186o
Splendid! fatti ve lo fanno toccar con mano. Gli togliamo dalle me-
morie, che per obbedienza lascio scritte di se la stessa Beata. II
maligno spirito davale una nolle terribile battaglia. Volea essa gio-
varsi dell' acqua benedetta per cacciarlo in fuga. Ma indarno. Una
mano di ferro stringeale il braccio, tenendolo fermo in suo dispelto.
Quando si risovviene in buon punto aver ordine dal P. Provinciate,
che in tali anguslie dovesse comandare da sua parte al Demonio di
andarsene. Ubbidisce , ed ha viltoria. Eccola di nuovo alle prese.
Questa volta il nemico la comballe di sconfidenza e tenta di trarla
per insidia dal posto inespugnabile della sommessione. Ma che? ad-
datasi della pessima arte : « Parliti da me, gli dice, padre delle men-
zogne, lizzone d'inferno; finche avro fiato nel mio corpo, voglio ub-
bidire ». Con questo fermo proposito 1' ha sbaraltalo. Brevemenle,
1' obbedienza rianimavala ne'suoi timori, acquelavalane'turbamenti,
riconforlavala nelle afflizioni.
Diciamo phi, guarivala da malallie mortali. Prova mirabile della
bonla divina in pro di chi per Iddio fa inlero il sacrifizio, secondo il
consiglio evangelico, di quella liberla, che a' noslri di stranamenle si
allarga oltre il debito confine! Con quella prontezza, onde la Beata
era usata di muoversi all'opera per cenno dell'ubbidienza, colla me-
desima, fuggito ogni reo malore, levavasi sana e salva ad un molto
della slessa ubbidienza. Giaceva in letlo perduta di lulte le membra
per fiera paralisi. Chi la reggea, dissele: per la tal maltina abbiate
riacquislalo 1* uso delle membra ; e le riacquista per Y appunlo im-
provvisamente. E presa da un acutissimo dolor di denti, se le raltrae
sformalamenle un braccio, la tormentano in lulta la persona morla-
lissimi spasimi, i medici 1' hanno per disperata, alleso una febbre
maligna di pelecchie. Basta, per vederla risanata, un ordine di qualsi-
voglia suo superiore, e cio in quell' ora e come egli desidera. Fino
a venti si annoverano le guarigioni di morbi gravissimi dichiarali
mortali, ottenute per cotal modo.
Ne questi sovrumani portenti accadeano soltanto in pro della
Beata , ma eziandio a vantaggio allrui. Ne' processi trovansi non
poche deposizioni con fede giurata , teslificanti come la obbedienza
fu tanto maravigliosamente glorificata da Dio. « Procurate , diceva
E LO SPIRITO MODERNO 521
essa alle novizie , di far gran caso delle cose piccole ; abbiate una
gran sommessione a quella che slara in luogo di Dio; meltete la vo-
stra volonta nelle mani di Dio, che cosi facendo tirerete quella di
Dio nelle mani vostre ». Eccovi uscito dal labbro della Beata il se-
greto della sua potenza : ecco lo spirilo di que' Santi , che la Chiesa
ci propone ad esempio e a guida , spirito d' intera obbedienza a Dio
ed a chi liene da lui 1' aulorita. La sua opposizione allo spirito moder-
no di liberta non potendo essere piu aperta , ne e per conseguen-
te una condanna lampante. Chi se ne fa seguace, chi ne propugna
la dotlrina e bestemmiato come un ingannalore del mondo, o compa-
tito come un misero cieco. II vero cattolico pero non si dara mai per
vinto a cotesle sventate condanne ed a cotesti eompatimenti da pazzo,
anzi terra per fermo che lo spirito di sommessione sia per trarlo a
proda di salvamento , come il reo spirito di liberta il gitterebbe nel
precipizio. Gli esempii, gli ammonimenti, i fatti mirabili dei due
novelli Beali sono per lui e pruova e guarentigia irrepugnabile.
III.
Fate che lo spirito moderno di liberta, aiutato dalle bollenti pas-
sioni , padroneggi ed agiti un giovanotto. Eccovi 1' incauto in poco
spazio divenulo un puledro indomito, che ribelle ad ogni mano imbiz-
zarrisce e scorrazza a talenlo per gli ampli, ma ruinosi piani di ogni
liberta. Chi puo scamparlo dall' estremo eccidio ? Di legge ordina-
ria una cosa sola: la educazione religiosa. Siccome le grandi virtu,
cosi i grandi mutamenti di animi rei in buoni od oltimi si hanno da
essa. II che e cosa si chiara , che chi per poco si melte a sludiare
la cagione di questi maravigliosi fatti morali, non abbisogna di pro-
va. Cercate ora ne'libri, che si mandano alle stampe sopra la educa-
zione ; considerate i discorsi che tengonsi non di rado sopra il mede-
simo punto capilale; esaminate le leggi, che in talebisogna si ban-
discono dai parlamenti. Oual e lo spirito, che vi troverete? L' opera
delle monache per le fanciulle e reiella ; perche la loro educazione e
cosa vieta, non si confa al nostro secolo. I religiosi ed i preti sono
disadatti; perche estranei alia patria ed alia famiglia non sanno for-
522 LE DUE BEATIFICAZ10NI NEL MAGGIO DEL 1865
mare all' una ed air altra i fanciulli, se pure non li corrompono inde-
gnamente. Le pratiche di piela e 1'uso de' sagramenti sono bigotlismo
e superstizione. Lo studio di cio che appartiene alia religione non e
piu cosa de' nostri tempi; si oppone a quella liberla di pensare e di
coscienza, che la civilla ha posto ormai tra i dirilli degl' individui.
Sotto colore che i giovani debbono informarsi ai maschi principii di
virtu ciltadine, e trar gl' intellelti dalle pastoie dell' ignoranza, opera
della educazione pretina, si da loro a maestri uomini che professano
le ree dottrine del corrompimento non men della menle, che del cuo-
re. Chi non si avvede come in questi concetti soffia rabbiosamenle
uno spirito anticattolico? Dio volesse , che e'non fosse penetrato in
non poche famiglie cdsliane!
Sopra di questo spirito il Vicario di Gesu Cristo mosse non rade
volte dolentissimi lagni, attesi gli orribili guasti che mena spielata-
mente fra la crescente gioventu, ed ora ce ne porge nelle due nuove
Bealificazioni una solenne condanna. Leggete la vita del B. Berchmans
proposta ad esempio. Voi vi trovate di fronte un giovane, che mo-
rendo poco oltre i venti anni, ha gia poggiato all'eroismo delle virtu
cristiane. Ma se studiale gl1 inizii, i progressi e il col mo di tanto va-
lore, voi rinvenite, che esso germoglio, crebbe, sali tant'alto, merce
1'opera di una educazione foggiata sopra una maniera totalmente op-
posta a quella che si sparge a' tempi nostri. Toccaligli in sorte piissi-
mi genitori, fanciullino e addestrato in quegli atti divoli che si addi-
cono a tale eta. Cresciuto e addotlrmato nella legge divina. Affidalo
alle cure di otlimo sacerdote, spuntano i frutti della virtu: la dili-
genza nello studio colla orazione, 1'abnegazione di se coH'affetto alia
Vergine. II frequente uso de' sacramenti lo corrobora , la parola di
Dio udita dal labbro sacerdotale, la lettura delle vite de' Sanli e di
altri libri pii lo istruiscono e 1' accendono a ben fare. Ormai la sua
virtu si palesa robusta. Nella eta di sedici anni spicca il volo subli-
me infino ai consigli dell' Evangelo. Ne pensate che lo studio della
virtu r avesse fatto scapitare nel profilto delle letlere. Egli andava
tra i primi. La pieta non porta danno , ma giovamento in ogni bel-
1' opera.
E LO SPIRITO MODERNO
Scorrete la vita della B. Maria degli Angeli. Voi inconlrate i me-
desimi inizii, i medesimi progress!, la stessa sublimita di virtu,
traenti la stessa origine. Somma cura ne' piissimi genitori di edu-
carlaalla pieta; racconti di magnanime virtu per intrattenerla, fre-
quente uso ai sacri lempli, pratiche di pieta confacevoli. Gli am-
maestramenti ed i consigli di un savio maestro di spirito la mettono
su la diritta via delle virtu piu nobili, la leltura di un libro sopra
la passione di Cristo, venutole a mano tra quei divoti della casa, ve
la spingono fervidamente, e la dimora di un anno presso un mona-
stero di sacre Vergini la invigorisce nell' animo per modo , che si
risolve a slanciarsi generosa per i'arringo della piu ardua per-
fezione.
Eccovi la maniera di educazione, che viene proposta nella vita
dei due novelli Beati : eccovi i frutti maravigliosi, che porta seco.
Vero e che il supremo dispensatore dei beni non da a lulli egual-
mente. Ma e pur vero, che in ogni individuo mette con larghezza
quei semi di graziache, diligentemente curati, producono nell'uomo
frutti di vita eterna , qual che si sia lo stato, prefissogli neli'ordine
della provvidenza. Or bene la educazione religiosa alia maniera di
quella, in che furono allevati i due Beali, e di legge ordinaria il
mezzo onde i semi di bonta , ricevuti da Dio, fanno oltiraa pruova
nell' animo. Fatto sta, che i tre frafelli e le sei sorelle della B. Ma-
ria, e i quatlro fratelli ed una sorella del B. Giovanni, partecipi della
medesima educazione, non fallirono punto le speranze dei loro geni-
tori. Tutti, senza alcuna eccezione, se non rifulsero dell' alia sanlM
dei Beati, furono valorosi cristiani, e per le loro egregie virtu tor-
narono a grande consolazione di chi aveali con tanta cura educali.
Pognamo che ai due novelli Beati fosse toccato in sorte un alle-
vamento foggialo alia moderna. Pensate voi che ora grandeggiereb-
bono nella Chiesa? Stando a quello che suole comunemente accadere,
non e da crederlo. II B. Giovanni, per testimonianza di quelli che
1'hanno conosciuto, era giovane di facile e tenace memoria, di pronto
e sagace ingegno. Nella scuola i primi onori erano sempre suoi.
L'avvenenza del volto, la piacevolezza del tratto, la soavita deli'elo-
quio, accoppiale alle nobili qualita deH'intellelto, guadagnavangli sti-
324 LE DUE BEATIFICAZIONI NEL MAGGIO DEL 1865
ma ed affezione ne' compagni e tanla grazia presso altri , che per-
sone di conto il richiesero a' genitori per averlo seco non altrimenti
che figliuolo. Ponete un giovane fregiato di doni natural! colanto
splendidi in una casa, dove non si coslumano le praliche di pieta,
se pure non sono messe. in derisione, dove non v' e frequenza dei
sacramenti, dove coll'odierna liber ta di pensare si favella per lo phi
a rovescio delle cose appartenenli alia religione, dove si solletica la
vanita ed il senso, ed abbondano effemeridi e romanzi alia moda.
Credete voi che sotto tali influssi sarebbonsi svolti i semi della gra-
zia ricevuta? Salvo un' eccezione , di legge ordinaria , no. Cause di
rea natura , operanli sopra degli animi , sogliono ingenerarvi torti
pensieri e guasti affetti. Onde cotali discorsi , cotali letlure , colali
esempli avrebbero, secondoche portava la lor trista nalura, fomentato
nel giovane 1'orgoglio, che nasce in chi primeggia per ingegno, ed
accesegli in cuore quelle passioni , che sono provocate dalla vanila
di pregi incantevoli.
La B. Maria ci descrive ella stessa in questi termini le inclina-
zioni che senliva nell' animo alia eta di otto o nore anni : « Mi com-
piaceva molto di adornarmi con abiti vani e curiosi ; spendeva mol-
te ore allo specchio ; andava spesso in bizzarie per non essere cosi
bella come avrei voluto, lamentandomi con mia madre, e la faceva
montar in collera qualche volta ; mi spiaceva veder altre della mia
eta meglio aggiustate di me e tanta era la mia malignita, che se mi
fosse slato lecito, avrei loro strappato tutto di dosso » . Supponele
che la fanciulla non avesse avuto il correttivo della educazione reli-
giosa, che le si fosse dipinto in campo leggiadro il futuro slato di
madre, e madre di eroi alia moderna, che invece del Paternostro
insegnato da Gesu Cristo, le si fosse dato ad apprenderel'altro del-
1' Italia con tutti que' pazzi concetti, cui le istitutrici italianissime
vorrebbono innestati nelle anime vergini delle fanciulle : a che sareb-
be venuta la giovinetta con quelle peccanti inclinazioni della guasta
uatura? II giudizio al nostro savio leltore. Ma per sua grande ven-
tura ella foriificata dai saldi principii dell' abnegazione cristiana,
attinti dal labbro educatore, sorse generosa, rintuzzo e spense dalle
prime mosse il nemico, e vergine consecrata a Dio riusci un tempio
E LO SPIRITO MODERNO 525
santo, mirabile, sfolgorante di eccelse virtu, delizie dello spirilo del
Signore, che vi si poso.
Eccovi la condanna di fatto, portata dal Vicario di Cristo contro
il reo spirito che avvelena la educazione odierna. Le spalle di un
colle alpino, volte al sofllo di tramontana, appaiono grame, deserte,
aspre di sterpi e di rovi ; laddove la china opposta si mostra lieta di
vigneti, di olivi e di soavi frutti. Quelle vi danno I'immagine spic-
cata dell' ammo educate sotto 1' influsso dello spirilo antireligioso
moderno, questa deH'altro uscito dal lavorio della educazione con-
traria: scelgano i genitori Ira quesle due avverse maniere di educa-
re la forma morale della loro prole : giacche, secondo la savia sen-
tenza di un grande oratore italiano, i padri e le madri hanno i.figli,
quali li vogliono, doe, conforme la educazione, che loro danno.
IV.
Se v' ebbe tempo tra noi, nel quale si bandisse la croce addosso
a tutti gli Ordini religiosi, e s' invocassero con furore leggi inique,
onde fossero sperperati e morti , non & forse il presente ? Ministri ,
legislated, giornalisii convenendo nel caricarli di oltraggi, nel gra-
varli di cento calunnie, non hanno giudicato esser atto di progresso
civile e di moralita lo sterminarli dal mondo? Ebbene a tanta furia
di maledizioni, a tanti gridi di morte il Maestro supremo della Chie-
sa, il sommo Pontefice ha risposto con due decreti di Beatificazione
ad esaltamento di persone vissule entro le chiostre di quegli Ordini
che son dannati all' estremo eccidio per opera dello spirito civilizzan-
te dei nostri di. A chi infama villanamente questi Ordini , ei dice,
che sono altezze di perfezione; a chi disconosce la utilita, che por-
iano agl' individui, soggiunge, che sono luoghi muniti contro la
malizia del secolo ; a chi li vilipende come follie *e superstizioni an-
tiche, nota, che dentro le sacre lor mura si ritrova a larga misura la
sapienza. Quindi il sommo Gerarca , togliendo la confutazione dai
fatti, propone, quale argomento ineluttabile pei figli della Chiesa, la
vita dei due Beati. Studiatela, viene a dir loro con questo : la stima,
che eglino , retli dal lume superno , ebbero dello stato religioso, sia
526 LE DUE BEATIFICAZIONI KEL MAGGIO DEL 1865
norma della vostra; le opere , che fecero, vi servano di regola per
giudicare le sformate calunnie, colle quali si voglidno i Regolari pri-
ma morti nella fama, che nella maniera della loro vita.
II Lanza in una sua lettera cifcolare afferma , « s£ esser convinto
del benefizii morali, che debbono uscire dalla soppressione degli Or-
dini religiosi ». Sopra il suo convincimento non disputiamo, ma quan-
to al frutlo dei benefizii moral! , la vita dei novelli Beali lo dichiara-
no apertamente bugiardo. Come la soave quality del frutlo vi ma-
nifesta la bonta e la coltura del lerreno, in cui fa col to ; cosi le ope-
re maravigliose di virtu , falte dai due Beati , vi provano la ferlilila
di quel campo, in cui si malurarono. Non fu la doltrina appresa dalla
Keligione, che gl' innamoro della cima piu alia della perfezione? Non
fu la norma data loro , che vc li condusse dirittamente ? Non fu lo
spirito dei sacri chiostri quello che informo la loro vita, che li resse
nei grandi atti? Tanf e : nutricarono in se medesimi il giglio im-
macolato della purita, ma dalla Religione appresero 1'arte del culti-
varlo intalto: ebbero sempre verdissima la speranza di salire alia
gloriosa allezza della virtu, ma dalla Religione trassero il conforto :
arsero di cadla, ma fu merce della Religione avere 1'animo disposto
a si bella fiamma. L' avvedimento contro i lacci del nemico , la ga-
gliardia nell' affronlarne le lotte, la costanza nel sostenerle tutto fu
dono di quella grazia, che soprabbonda per bonla divina nella Reli-
gione. Essi sorgono eroi per virtu, ma 1'uno e l'altra dal seno della
Religione lor madre. E'poi si osa bandire ai qualtro venli, che lo
sperpero e la distruzione di questa scuola di spirito , d' onde escono
discepoli di ianto merito , e un sicuro benefizio morale ed un pro-
gresso della civilta !
•Hanno pero lutla la ragiorie quanli propagano quesla dbllrina.
Non e forse sotlo le ali del loro civilissimo Governo, che si sono mol-
iiplicali a dismtsura i co\ i delle fernmine da mercalo ? Non e forse
merce dei loro decreti, che ogni rea fanciulla e libera a rinlanarvisi,
che protetta puo menarvi i suoi di, consumando il proprio e 1'altrui
corpo indegnamente ? Non e forse dono della loro bonla, se nelle
bolteghe, sopra le scene, per le vie piu frequenlate delle citta va or-
mai baldanzosa di pien meriggio la corratela? Chi moslra di scam-
E LO SPIRITO MODERNO 527
biare cosi la turpitudine colla moralila, la sozzura colla mondizia, co-
me volete che non assalti rabbiosamenle le case delle sacre vergini
e del religiosi, che non ne gridi la totale distruzione? Sarebbe con-
trario a se medesimo: slogicherebbe. Colui cbe reputa opera del
progresso e della civilla il brago della lurpezza e se ne diletta, come
puo avere ilsenso idoneo agli olezzi di un casto giglio?.
Gli Ordini religiosi hanno fatto il loro tempo, soDoinutili. E vero,
ma presso di chi? Presso i propagalori di quella civilla , che mitrkt
la corruzione, che danna e vilipende i consigli evangelici, che chia-
ma villa di animo la obbedienza, che taccia d' ingiuslizia il voto del-
la poverta volontaria , che disconosce e percio bestemmia questl ed
altri atli, insegnati e pralicati dall' eterna Sapienza per noslro esem-
.pio. Ma non presso i caltolici veri , i quali giudicanli ulilissimi per
gli esempii delle virtu phi nobili che danno , pel conforto che vi tro-
vano nelle proprie distrette, per gli stimoli che ne traggono a dive1
nir migliori, a procacciarsi coi beni temporali ancor gli eterni, a cui
son nati. Cosi mostravano di pensarla ai tempi della Beata i Reali di
Savoia, la nobilta ed il popolo, che testeudiva gridare la morte agli
Ordini religiosi. Leggete la storia del monislero, di Moncalieri, fonda*
to per opera della Santa. Partono da quello di Torino tre monacelle
deslinate ad abitarvi le prime. Ma non parlono sole, in segno di sii-
ma e di onore eccovi tenere lor dietro le carrozze della eorte, un folto
stuolo di cavalieri ed un' immense onda di popolo, che fesloso le
accompagna alia nuova loro stanza. Queslo era quel popolo , quest!
erano quei cavalieri y che di li a pochi anni seppero col loro valore
ed a prezzo del loro sangue tener fronte a potenti falangi straniere
che minacciavano la loro indipendenza , e vinte cfrcciade dall' Ita-
lia. Quei buoni vecchi non s' inleudeano di progressed e- di civilta, i
maestri, che pretendono di far 1'uno e 1'altra rifiorire in Italia, sbno
quelli, che cospirano, tradiscono, mercanteggiano le province della
patria, e fanno guerra morlale agli Ordini religiosi.
E egli poi vero , che quest'Ordini sono 'ioutili quanta ai vanlaggi
puramente civili della societa ? Guardale il Berchmans. Egli si affa-
tica lutlo il di per I'aequislo della virlu , e continuamenlc su i liferi,
vi consuma il flore dell'eta. Cercatene lo scopo. Questo continuato
528 LE DUE BEATIFICAZIONI NEL MAGGIO DEL 1865
e travaglioso lavorare non e egli diretto a vantaggiare altrui? Non
era cosiffatlo pensiero , che reggealo e consolavalo nell' impresa fa-
tica? Tant' e ; glielo prescrivea la Regola del suo Istituto, ed egli vi
si era si bene conform alo , che vagheggiava qual premio piu dolce
del suo travaglio il navigare fino airestremo oriente affin di portar-
Ti il vero lume della ci villa colla religione e colle scienze, o se que-
sta speranza fallivagli, passar tulta la vita faticando in pro della gio-
ventu e di ogni allro ordine di persone. Eccovi un giovane di ele~
Tato ingegno, che dimentico di se, d& tutto quanto e e quanto vive
a profitto altrui. Direte, che un giovane si magnanimo sia di peso
Inutile alia societa ? II dir questo sarebbe una solenne ingiustizia.
Girate il vostro sguardo sopra tutta la faccia della terra e non trove-
rete plaga si inospita e tanto selvaggia in cui non v' inconlriaie nei
figli degli Ordini religiosi in alto di faticare e di spendersi tutti in
bene altrui senza niuna speranza di retribuzione quaggiu. Andale e
dite ora che sono inutili.
E che non ha fatlo a vantaggio degli individui e della palria la
B. Maria, tuttoche monaca di vita contemplativa? Aprite la storia della
sua .vita. Voi trovate, che ella ha consolato afilitli, che ha sostentato
mendici, che ha saviamente consigliato gl' incerti. Chi ha fede miri
piu allo e vedra questa verginella farsi mediatrice tra Dio adiralo e
T uomo peccatore, vedra quesla umile suora prostesa offerirsi vitliraa
di espiazione, ed a somiglianza del divin Redentore che,pro^o^o sibi
gaudio, sustinuit crucem, confusione contempta, chiedere a Dio pa-
timenti , e disarmargli la destra fulminatrice co' suoi sospiri e colle
sue orazioni. Torino , messasi con pubblica solennila sotto il Patro-
cinio di S. Giuseppe, conforme il consiglio della Beata, gli rammen-
tera, che per le preghiere della medesima il santo Patriarca affrello
colla sua intercessione il fine di una guerra desolatrice del Piemonte,
ed il magnifico tempio sul colle di Superga , dedicate alia gran Ma-
dre di Dio, colla sua grande festa annovale gli palesera pure quanta
parte abbiano avulo i raeriti della B. Maria nel soslenere la travaglia-
ta cilia contro gli assalti delle armi francesi.
Eccovi 1' opera delle Vergini a Dio consecrate. Qual dei catlolici
la vorra dire di niun vanlaggio alia societa? Sappia ognuno, che non
E LO SPIRITO MODERNO 529
e la inulilita , che non e 1' amore della civilta e del progresso , che
non e la ragione dell' economia quello che accende il furore contro gli
Ordini religiosi , ma 1' odio accanilo , profondo della selta nemica a
Dio ed alia sua Chiesa. Le Religion! nell' ordine della Provvidenza
sono di valido aiulo alia Chiesa nelle lolle, sono vigoroso stromento*
nel propagare la fede. Si vuole sguernita la Chiesa di questa forza ,
si mira a trovare il suo fianco scoperto ad ogni mortale ofFesa. Ec-
covi lo scopo di lanta guerra. Inulilita , civilta , progresso , econo-
mia sono orpello pei gonzi. Le mille volte si e usata in varii tempi
quest' arte. Su via adunque , levisi franco ogni fedele. II Vicario di
Cristo condanna lo spirito della smodata liberla odierna ; ed ognuno
T abborrisca. II Yicario di Cristo condanna lo spirito antireligioso
della educazione ; ed ognuno lo detesti. II Vicario di Cristo condanna
lo spirito persecutore degli Ordini religiosi ; ognun lo comballa. Le
vite dei due Beati novelli come ci chiariscono queste condanne;
cosi ci additano 1' opposta maniera da seguitare. Facciamone pro.
tJ. Gl'iOt^ -.1 -I')/./ . {^^if:;! 'v'> - -j '}fi*fi . <ijw» J.-O1- -Oi' il! Hi Hi
Y7, voL //, /a«c. 365. 34 18 Magglo 18C5.
TIGRANATE
««.^../'))M.''. -><i;f.' i •
RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
.1 .fe«!iu^--&i£n<un iir^o xu> on9(jv'>« j.M^iii cite a
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*A.:«'^ii'"j;;v;tiii Oii'Ji^tt Ol . .J*U<ijJi)cI(:.> U^i^.1 u) -Oi'lii^l'/ ii .t,'/-
XX.
O.I .'»lJ'..ui.;Ki'; ^ «Ju»1^0 v ,. „ . , J ifei* fAOi4l.'X»aifta '(Ui , -,
7/ Cantambanco.
c^flfliibtxx) oJfe.Qjip • »;u< 'vriiTiif > ifk/i'tia. iii>0ii -'»i.{j !•;•!
1* circulatores qui serpentes circumferunt
et proponunt, si cui ob eorum metum
damnum datum est, pro moclo admissi ,
actio dabitur. ULP. Digest. XVII, ti-
tulo XI, 11.
Lenlo, taciturno, chiuso in altissimo pensiere ritornava Tigrana-
te al suo palagio ; dove era diventato , per la morte di Placido , si-
gnore assoluto di ogni cosa. I procuratori, gli agenti, gli schiavi,
studiavano attentamente , massime su que' primi giorni , ogni suo
cenno , ansiosi com'erano di pronoslicare il novello avviamento del-
la casa. Egli, concessa la liberta ad alquanti schiavi, de'piubene-
merili, oltre il numero de' gia francati pel testamento palerno, die
ordine che nulla si variasse net goveruo delle faccende domestiche :
Pisto (cosi continuo a chiamarsi il nobile Arbazane, fintosi schiavo, e
traltalo ora come amico del padrone) seguitasse come per 1'addietro
a guidare le opere del servizio , le spese , le tenute , le scritture
e ogni altro fatto. Niuno fa cui non gradisse cotale provvedimenlo,
e ciascuno benediceva la sua fortuna , in veggendo il figlio entrare
cosi assestatamente sulle pedale del padre , lanto riverito e amato
dall' universale della famiglia.
TKrRANATE — 1L CANTAMBANCO 531
Vero e che poco o nulla egli si lasciava vedere a' famigliari, me-
no ancora agii eslranii ; avendo sireltameDle \ietato a' donzelli
atriensi di ammettere Yisitatori. Passava i giorni sani o serralo a
discutere secrete cose con Pisto , o romito e cogitabondo, invasato
nella grande risoluzione dell'andata in Persia. Anima eccelsa e ra-
gionatrice e forte , non pen6 gran fatto a dismeltere qualsiasi dise-
gno di grandezze reali e di riscosse politiche. — II trono persiano ,
discorreva seco stesso Tigranate, mi e disdetto dai Fati av\7ersi o
dal Dio che tempera il Fato. Vano e bramarlo : ne i miei nazionali,
ne i Romani , ne mio padre istesso , niuno puo muover un dito in
favor mio. II sapiente non de' cozzar col destino , ne struggersi di
chimere, ne agognar 1' impossible. .. ne turbarsi. Turbarmi? no.
Fortuna crudele , non avrai di me questo trionfo. — E si dicendo
rizzavasi, e s'aggirava per la sala a passi interrotti, pur ripelendo:
— No, no. Per una diadema che la sorle mi fura, non si turbera lo
spirito di Tigranate. No, no. — Ma poi, come giovane baldo e indo-
mabile, soggiungeva tosto : — E pure lutto cio non da diritlo a raio
padre di tenermi a confine , sbandito inesorabilmente dalla sua pre-
senza. Io penetrero nella sua reggia ; m' inoltrer6 tra leguardie,
lo guatero in volto con occhio sicuro. Lo circondi uno sciame di ma-
ghi e di satrapi , strisci a suoi piedi la turba degli schiavi , tremi
1'orienle ad un siio volger di ciglio , io vo' mirarlo dappresso in tut-
to il fastigio della sua gloria , al suo cospetto chiamarmi suo figlio,
e da lui ottenere che si chiami padre mio. Avvengane che puo: io
seguiro mia stella : non clebbo girne tapinando pel mondo , discono-
sciuto dal mio vero genitore, come un maledelto. —
Non era gia che in maturare si audace proponimento non presen-
tisse le gravi e inestimabili difficolta che si frapponevano : che anzi
le si appresentava, le scandagliava, le studiava ; ma solo dal lalo on-
de erano superabili. Dello smettere il disegno , o di pure un punto
vacillare, mai non gli balenava un primo pensiero. Tanto era irre-
movibile neiravviso una volta fermato. E cosi le ore correvangli ora
liete ora triste, ora serene ora burrascose, secondo che colla accesa
fantasia riusciva ad aprirsi il varco insino a Sapore, o n'era dai cor^
tigiani respinto, o secondo che 1'abboccamento a tu per tu col padre
532 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
s' immaginava o benigno e rigoroso. Spesso di nolle non polendo ap-
piccar sonno pel gran mareggio de' parliti tumultanli neH'animo , si
faceva improvviso alia stanza di Pislo , e cosi seduto sulla proda del
letto, gli enlrava ne'propositi della propria fanciullezza , e voleva
riudirne lutti i particolari, come se fosse la prima volta. E il fedele
amico , che troppo bene si era addato del nuovo umore che trava-
gliava 1' ardente garzone, coglieva sovente il deslro di rammentare
la ferale minaccia cbe pendeva sul capo di lui, dove fosse ardilo di
toccare il confine persiano. Ma Tigranale su coteslo passava legger-
menle, come se dello non fosse a lui, e gli spiegava invece sollo gli
occhi un' ampia pergamena geografica, comperata pur dianzi allo
sludio deiniluslre Alipio, e su questa Irattenevasi a grande agio,
cbiedendo minulissimi scbiarimenti sulle strade, sui fiumi, sui mon-
ti, sui deserti, sulle cilia, e d'ogni cosa prendeva ricordo in sulle
tavolette del suo laccuino.
Un di che piu accesamente affaticava di inlerrogazioni il povero
Pisto, ed ecco a fraslornare il lungo conferimenlo una salva di sma-
nacciate , e uno slrornbeltio confuso con grida e con urla di popolo
assembrato. — Che e coleslo? — disse con islizza Tigranale; ed
aperta la fineslra, che appunlo dava in sul foro, vede dirimpelto a s&
alzato il banco d' un giocoliere , e inlorno a quello la moltiludine
esullante e plaudente. Un camello era quivi coll'lnlero fornimenlo
dei baralloli arcani, delle fialelle, degl'ingredienti, coi bossoli di pa-
rata e di spaccio, senza contare i cassettini delle polizze, degli amu-
leli, de'libri magici. Due fanciulli in abili straui, percolean uno nel
sistro, 1'allro nel tamburo, due sonatori intonavan )e libie a gloria;
un uomo alto e colla zazzera spiovula sugli omeri ( e quesli pareva il
capoccia della brigata) affaccendavasi a schierar sulle tavole il corre-
do dell'arte. La quale opera preslamenle fornita, una larga predella
fu collocala sull' imbardatura dell'animale, e vi sail con gran prosopo-
pea il capogiullare, tenendogli un de'compagni lo scaleo e inchinan-
dolo gli altri insino a terra. Aperse la scena con quattro strombettate
ai venti cardinali, dopo di che rilto nel mezzo lascio cadersi dalle
spalle una tonaca di lino bigio che lulto il sopravestiva, e apparve
in bel giubbetto di broccalo e in brachesse di seta verdeporro, a
IL CANTAMBANCO 533
sgonfiotti sparati e soppannali di bianco, a mo'degli anassiridi usa-
ti da' sacrificoli di Cibele. Un cencio gli giaceva raggomitolato ai
piedi, e questo fu vislo di per se rimuginarsi e svolgersi e, senz'al-
tri toccarlo, salirgli insino alle spalle e diventare un manlo di prin-
cipe indiano, smagliante di vago cilestro tempestato di perle. Allora
un de'ministri monto a posargli sul capo un alto berrello conico,
che parea di bronzo, sormontato da una slella raggiante, e un altro
gli porse la verga magistrate. Egli sguardo in cielo, strabuzzo gli oc-
chi, si brand! tutto, tragilto la mazza misteriosamente, e per primo
atto si feri con essa la pozzetta sotto il labbro e i pomelli delle gote:
e tosto sgorgandone vivo sangue, corse colla mano a turar le ferite,
si palpo una e due volte ; e col calar della mano calo altresi una fol-
tabarba e nerissima, distesa insino al venire.
Non era questo allro che un accenno dei numerosi e svariati por-
tenti che dovevano passare in rassegna : perciocche , fatti salir sul
palco un dopo 1' altro i serventi , a quale dinoccava le dila sull' incu-
dine, a quale traforava le palme con lesine acute, a quale passava
fuor fuori le gote con chiodi infocati , a se poi menava tagli e sber-
leffi con due rasoi sul volto, sul collo, sulle braccia, e ad un tratto
rammarginava'le proprie e le altrui ferite, con breve unzione e col-
1'applicarvi una scritla di caratteri magici da se segnati. — Non e
un unguento, gridava quindi alle turbe, non e una pomata, non e un
cerotto, comequelli che spacciano i ciarlivendoli e i cerretani; ma e
un balsamo primordiale stillato di resine catoliche 1 , ch'io raccolsi
neir isole del mare indiano, solcando oceani di sangue e pelaghi d'in-
chiostro : io slesso lo manipolai colle mie mani, con giusta dose di
sughi e di gomme che sudan 1'erbe sotlo le nevi altissime a luna
scema; io vi incorporai il fiele de' dragoni bianchi, io vi mesticai la
cenere della fenice d' Arabia. Non v'e piaga, non v'ecancrena, non
v' e malore cutaneo, che regga contro la virtu del mio balsamo : ne
entro io mallevadore. Venite, o strinati dal fuoco, infestati dalle afte,
1 Gli antichi medici chiamavano rimedii catolid quelli buoni per tutti i
mali, come le nostre pillole holloway, i nostri sciroppi pagliano, i nostri
leroy, le nostre revalente arabiche, e va dicendo.
334 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
dalle pustole, dalle risipole, dalle bolle acquaiuole ; venite , o indo-
liti daireumi, dalle sciatiche, daicatarri; venite, o travagliati dalle
jnorici, dai ciccioni, dagli ascessi , dai cancheri, dalle posteme, dai
fignoli, dai gavoccioli, dai buboni; \enite, o attossicati dalle taran-
tole, punli dagli scorpioni, divorali dai pidocchi, sgraffiali dalle gat-
te, morsicati dai cani ; venite, o magagnati dalle gangole, dalle scro-
fole, dai tumori; venite, o butterati dalla scabbia, dalla tigna, dali'er-
pete, dalla rogna: prendete il mio balsamo, tre spalmaline a digiu-
no, e sarete sani come il fanciullo lattante sul sen materno. Nol vendo
io, no ; ma il regalo per amor dell' afflilta umanila a chi solo mi paga
la polizza, che e scritta a oro finissimo, da me altinto liquido dai
fmme Gange. —
Non e a dire se i vaselli si comperavano a ruba, distribuili dai
ministri che tenevansi sotto la cattedra del maestro. Egli intanto si
riposava, mirando torno torno il successo della sua tantaferata, e
vedulo infine sbollire quella prima smaniatura del balsamo, con due
squillate di Irombetta impose silenzio e ripiglio : — Non gici per
vendere balsami sono io qua dalle sponde transgangetiche venuto,
selte anni pellegrinando : ma si per ispegnere le forze dei serpenti
che qui trionfano senza contraslo. So bene che varii medicastri
vantano le loro medicine damasonie : ma e tulta birba, credetelo a
me, e tulta birba e ciarlalaneria, e noi vediamo ogni di che chi e
morduto dalle serpi, enfia, stecchisce e muore : perche quelli non
conoscono ne i farmachi della vita , ne gli anlidoli della morle,
ne i cataplasmi della risurrezione. Dove sono i veri contravveleni?
Chi possiede le vere polveri fatate? Ne fo giudici voi medesimi : mi-
rate! (E qui scoverchio una gran pentola presentatagli dai servenli)
qui sono le Vipere dalla lingua trisulca, qui gli aspidi sordi, qui
le ceraste cornule, qui i basilischi dall'occhio di fuoco, qui le an-
fesibene di due tesle, e altri colubri assai piu micidiali, ch' io scon-
trai nei deserti o tra le rovinaglie de'sepolcreti. Yolete vederli cogli
occhi vostri? Non fuggite, o donne; fanciulli non impaurite. Che?
io li spruzzero di una presa della mia polvere incantalrice, ed ,eccoli
mansuefalti, che bene io potrei portarli come monile intorno al col-
lo. — E dirlo, e soffiarvi una cartellina di polvere, e dar di mano
IL CANTAMBAKCO 535
nella pignatta fu un punto stesso. Ne trasse una brancata di ser-
penti divincolantisi, di varii colori e di varie lunghezze, e con alto
raccapriccio degli astanti, se ne percosse piu volte le guance: e
perche taluno mostro vaghezza di vedere dappresso quei nuovi
moslri, egli tale gliene meno sul volto una zaffata, che ne tolse ad
ogni altro la curiosita. Poi si continue: — Questa polvere, che e la
polvere damasonia, che incanta qualsiasi tossico piu mortifero, e la
sola che io vendo, ma forte mi spiace che non ne avro per tutli.
Fanciullo, reca Io scrigno del secreto salulare. Quanto ne e rimaso?
— Un resticciuolo al fondo.
— Beati i primi ! —
Ognuno voleva essere il primo. Vero e che dato fondo a quelle
poche cartucce, il leslo donzello trovo un altro cassetto pieno arcato,
e ne ebbero quanti ne dimandarono, e ne sopravanzo. A tal vista,
moslro di risentirsi il maestro, e prese rampognarlo, perche senza
ordine suo avesse posto mano alia riserva delle cartucce : ma quegli
faceva orecchi di mercante e vendeva e insaccava i quatlrini. Di che
montando ip bestia, sebbene un po'tardi, il cantambanco balzo dal
trono, e gli fu sopra con cipiglio nequitoso;'e prima con parole di
rabbia perversandolo e con minacce, e dipoi con menare le mani
1'ebbe pesto e macero crudelmente. II garzonetto strillava e grida-
va tutte le misericordie del cielo, il mago non che intenerire, raddop-
piava il furore, e da ultimo pose mano alia spada, e colpeggian-
do alia cieca 1'ebbe a un tralto coperto di sangue : onde il ragaz-
zo caduto stramazzoni sul lerreno, e portando le mani sulle ferite
con supremi guai, pareva dare i tratti e boccheggiare. Un urlo
di spavento si levo tra gli speltatori, che immaginavano colui adi-
rarsi da maledetto senno, e il garzone essere trucidato. Chi Io
sgridava, chi Io malediceva, chi tirava a cansarsi di cola , e can-
sandosi intoppava ne'vicini , squarciavansi i veli delle donne, le
madri levavano alto i bimbi; era un premersi , un calcarsi, un
serra serra universale. Ne mancava chi minacciasse palesemente la
giuslizia di Augusto: il ciurmadore invece proletto da' suoi , risali
maeslosamente sul palco, e come se non fosse suofatto, con guar-
do sereno e con placidissima parlatura : — Amici, disse, ben poss'io
;job nciriftv hteimm I :
536 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
sbizzarrirmi un tratto , quando mi nasce fantasia d' ammazzare un
vallelto : me le leggi comuni non toccano : esse sono per gli altri
oscuri mortali. Perciocche com' io per giusta collera 1' ho condolto
nell' orlo della lomba , cosi per clemenza soprammirabile il posso
richiamare in un aliimo alia sanita. Ministri, spogliatelo.—
Quegli ubbidirono, e gliel distesero a piedi insanguinato, e rolto
di conlusioni, e privo di favella. I popoli tornavanoa riaffollarsi piu
che mai avidi dello spettacolo non piu veduto: Tespettazione cresce-
va in infinito, ne piu s'udiva un zitto in quella moltitudine lesle si
abbaruffata. II ciarlatano trasse dali'astuccio una tenla d' acciaio, la
forbi lungamente, e si diede a scandagliare con gran ciurmeria le
ferite tutte, e ciascuna, a detta sua, era senza manco veruno morta-
lissima. — Or qui si, grido allora in aria di trionfo, qui si che si
parra la virtu del gran secreto, ch' io solo posseggo, credit^ lascia-
tami dair illustre Aa Baba Cacam sommissimo astrologo della Cal-
dea. — A. queste parole gli aiutanli gli porsero un forziere prezioso,
ch'egli aperse con molte chiavi, e fuori ne trasse un globo, di tante
carte e di tante pezze inviluppato , che di piu involucri non vestesi
una cipolla. In fine apparve un nocciolo di frutto sconosciuto. II ma-
go il prese tra il pollice e 1' indice, il gualo amorosamente, Io strin-
se al petto , il bacio, esclamando: — Prometeo col fuoco rapito al
Sole, Gige coll'anello che '1 rendeva invisibile, non erano piu ricchi
di me, con questo gioiello ammirando. Soli cento ne composi in mia
vita, albergando sul culmine delle montagne d' Armenia: i piu holli
rimessi ai gran principi, che potevano far la spesa degV ingredienti,
e pochissimi me ne restano, che ho serbato per amore della nobile
Antiochia regina dell' Oronle. Li vendo, o piuttosto, li dono al cen-
tesimo del loro prezzo. Sono ricco abbastanza , mangio e bevo nel-
1'oro (ifamigli approvavano dirompendosi di capochini), dormo
ne' bissi di Tiro, nuoto nei profumi d' Arabia, mi lavo le mani nei
rubini stemperati nei vino di Babilonia, e nei mio giardino calpe-
sto le perle come voi la rena de'fiumi. Ma su, prima di metlerli a
prezzo, si proceda oggimai a fame esperimento, e V opera lodi il
maestro. —
Prese a toccare col nocciolo le lividure e le botte dove era il san-
gue piu aggrumato; i ministri venian dopo stropicciandovi di buona
IL CANTAMBANCO 537
lena una spugna, e appariva tosto saldata la ferita, rinnovala la car-
nagione, senza restarvi cicatrice veruna ne vestigio delle percosse.
Da ultimo segno una cifera sulla regione del c"uore; e a quel tocco,
come se ridata gli fosse la vita, il fanciullo si risenti, balzo in piedi
e gittossi al collo del suo immortalebenefatlore:'il quale si contento
di baciarlo in fronle, e dirgli: — Sii bono, e guardati oggimai di
sprecare a vil pregio i miei arcani medicamenti. — Indossata quindi
una tonaca nuova, il risuscitato porto in giro i noccioli portentosi,
che in breve furono spacciati. Non si scordo il prestigialore di racco-
mandare che niuno dei beati compratori si lasciasse vincere alia cu-
riosita di cercarli per entro; perciocche, diceva esso, al primo rom-
persi sfiaterebbe 1'aere rinchiusovi, e con esso la virtu delle stelle a
si gran fatica da se saputavi concentrare. Laddove se il tenessero ben
custodito, non avriano che lemere di cadute, di aggressioni, di nau-
fragi, di ree influenze degli astri ; quel solo talismano avere virtu di
cambiare 1'oroscopo di chi lo possiede. Promise da ultimo che il di
seguente sarebbe tomato al luogo istesso, a mostrarvi miracoli vie
piu inaspettati. Fece raccattare gli scarabattoli, si torno all'abito
primitivo, e salilo in groppa al cammello, tra gli squilli delle trom-
bette, il rullo del tamburo, i viva e i battimani deli'universale, si
mosse per recare in altra parte le sue meraviglie.
Tigranate, sebbene soprappreso in tutt' altri pensieii che di bagat-
telle, pure anch'egli era rimaso alia pania, e per siffatto modo, che
1'ora gli trascorse senza che se n'avvedesse. Ma quale fu la sua
maraviglia, allorche sul cader della nolle vide entrarsi in casa uno
straniero in fogge di mercatanle persiano, e fissalolo in volto, ebbe
a riconoscere in lui ii giocoliere del mattino? Costui, falto un cenno
di cortesia a Tigranate e a Pisto, che per avventura si trovarono nel-
1'atrio, disse: — Abita qui un Arbazane, e sarebbeci? — Pisto
udilosi mentovare col nome native, sotto cui era conosciuto da Sa-
pore, non peno ad immaginare chi fosse lo straniero e a che fare ve-
nuto. Pero trasselo un po'da lalo e gli dimando : — Perche cerchi
tu di /Vrbazane e non di Placido?
— So ogni cosa. Placido e morto, e mi e forza ricorrere ad
Arbazane.
538 TIGRANATE RACCONTO STOR1CO DEL SECOLO IV.
— Or bene, Arbazane son io, ma non avrestu per avventura una
tessera opitale da presentare?
- Senza dubbio : ed eccola. — Pislo reco incontanente il mezzo
anello reale : 11 forestiere vi aggiust6 il suo, e visto che si comba-
ciavano, disse sottovoce : — Ospite del gran Re, non potresti rice-
vermi un po'in disparte da questo giovane?
— Parla con liberta, o messaggero di Re Sapore : la tessera ap-
parliene piu a questo giovane, che non a me: e 1'ambasciata del
Gran Re puo e deve essere da lui intesa. —
A si indubiiati riscontri d'intelligenza col Re suo Signore, il Per-
siano non si perito piu oltre, e posto da banda ogni artiflcio, si con-
fesso pel solito inesso del Re di Persia, che veniva per le novelle del
giovane Tigranate, ed apportava inoltre la consueta provvisione in
gemme ed oro : e profferse il sacco di porpora, in che teneva il tesoro.
Pisto lo presento a Tigranate, e intanto fecegli occhio, affinchealui
lasciasse la parola, e rispose : — Messaggero, riferirai che il regio
presente fu consegnalo, secondo l'accordo,a colui che possiede la tes-
sera ospitale, cioe ad Arbazane ; perciocche Placido e passalo di vita.
Aggiungerai che Tigranate eredilo immensa forluna da Placido ; egli
e sano e felice : nuH'allro. —
Tigranate riavutosi dalla prima maraviglia, aggiunse : — Or non
polreslu pernottare qui o ritornare dimani , che intanto ti si prepa-
rasse piu acconcia risposta e piu degna, per iscrittura?
- Non posso : domani saro a cinquanta stadii da Antiochia.
— E pure promellesti pur dianzi di ritornar a questa piazza.
— Appunto per celare la mia partenza.
— Or perche si gran fretta?
- Perche a questi lumi di luna non e a stare a bada. Se punto
punto s'avesse venlo dell' esser mio, e ch' io son cosa del Gran Re,
sarei tolto per ispia, e un capestro non mi fallirebbe. Pero dimani bat-
to i iacchi, e per nulla al mondo toglierei sopra di me carte scritte. -
Tigranate rizzossi e prese a passeggiar su e giu concitato. Pislo
avrebbe bramato di tirarlo da parte a consigliare, ma di levarlo di
cola era nulla; perche non dava retta, e pareva assorbilo in nuova
e grande deliberazione. Interruppelo il Persiano: — Giovane, se'tu
il possessore dell' anello, o cotesto.signore che e teco?
IL CANTAMBANCO 339 '
— Non te ne caglia. Siam due amici, e comune e Tamista di
che ci onora il Gran Re. Tigranate, di cui egli brama novelle, son
io: e tu riferirai.... — E qui passavasi la mano sugli occhi e sul
vollo, e tornava a passeggiare piu ratio, come chi matura una rispo-
sta rilevante e lotta contro cento disegai. — Riferirai, che Tigranate
e sul partire per. . . — E qui nuova sospensione. — Riferirai, ruppe
in fine risolulo, che Tigranate vedra quando che sia suo padre. EC-
CO tut to.
— Dov' e cotesto tuo padre? Come sta egli? Se il Re me ne ri-
chiedesse, che debbo rispondere?
— Non ne richiedera. —
Cosi fini 1'abboccamento. Lo straniero dimando in grazia alcuni
cenci , affine di camuifarsi in accattone ; e travestitosi scomparve.
Ma Pisto, che aveva inteso la risoluzione arrischiata del suo allievo e
ami co, non sapeva darsi pace. Non vi fu ragione ch'egli non moves-
se per distornarla. Antusa altresi , come che nulla sapesse dell' av-
venuto ne il sospettasse pure in ombra, diede amore\ole balteria al
ciiore di Tigranate per rimoverlo da qualsiasiperegrinazione.Essa
non mirava ad altro che a vederlo quanlo prima entrare nel catecu-
menato : di che gli venia rimettendo sotto gli occhi gli esempii del
buon Placido, e i supremi ricordi lasciatigli come sacro testamento,
e per lutti i modi pressavalo di non rendersi malagevole alia mi-
sericordia di Dio , che lo invilava alia religione. E poiche il vide
Irremovibile nel partito divisato : — Or perche volendo appagare
cotesta giovenile fantasia , gli diceva la santa matrona , perche non
visiteresti in prima 1' Egitto , come pure ti lascio raccomandato tuo
padre (pace in Cristo!), prima che gli chiudessimo gli occhi? Se
dubbii ti premono , la potrai consul tare il famoso Didimo , astro di
sapienza, che intorno a se raduna da tulto il mondo la gioventu bra-
mosa di sacre lettere. Se vaghezza ti prende di eloquenza o d'alte
scienze, troverai in Alessandria il divino Atanasio, che io stessa vi-
<Ji, or fa selle anni, qui in Antiochia, e gli baciai la mano. Che uomo
di Dio ! basta, ch' egli ha piena la Chiesa di sua rinomanza, pcllo-
reggialo grimperatori, abbattute le eresie, raffermata lafede: se
apre la bocca, son oracoli che ne escono e non parole.
540 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
— Bene il so, rispondeva Tigranate in aria di uggito.
— T'incammini dunque ad Alessandria?
— Ci pensero.
II discorso moriva cosi senza sugo alcuno. Intanto il verno rad-
dolcivasi un di meglio che 1' altro, e la venuta del messaggio di Sapo-
re dimostrava aperto le montagne gia essere pervie a' viaggiatori.
Tigranale pertanto senz' ammettere ne ragioni ne consigli , una sera
chiama Pisto e glidice: — Gravi negozii mi chiamano a Carri:
tu fa. . . rV£u
— E a Ctesifonte? interruppe Pisto.
— A. Carri senza fallo : a Ctesifonte . . . secondo ! Ad ogni modo
una stessa e la strada, tra via mi risolver6. Fa che il lerzo di sieno
air ordine i nostri cammelli col fornimento.
XXI.
La Luna e il Luno di Carri.
Quoniam Dei Luni fecimus mentionem, scien-
dum doctissimis quibusque, id memoriae
traditum, atque ita nunc quoque a Car-
rhenis praecipue hdberi, ut qui Lunam fe-
mineo nomine ac sexu putaverit nuncu-
pandam, is addictus mulieribus semper
inserviat: at vero qui mar em deum esse
crediderit, is dominetur uxori, etc. SPAR-
TIAN. in Caracal. ( Scriptt. hist. aug. ed.
Vallaur. pag. 121.)
1 ' ' 0 • * li j 111 k ' ' ' ' '• '• "' '')•
— Quanto abbiam desiderato di vederti ! di sapere almeno di tue
novelle ! Ye' come s' e falto grande ! ma gli occhi son sempre quei-
li: proprio quelli di tu'madre, bon'anima. Ti ricordi quella ultima
sera, che ti chiamo nella stanza la povera Tecla, e non voile che cl
entrasse altri , fuorche Pisto qui , e tuo padre? E poco slante sen-
tiamole grida: Muore! muore! E moriva davvero: Placido era
LA LUNA E IL LUNO DI CARRI 541
svenuto, Pisto si copriva il volto e le baciava le mani piangendo.
Che desolazione I che passioni le furon quelle ! E ora anche lui I Tu
ci porti troppo dolore e troppa gioia ad un tralto. Via non ci confon-
diamo piu sopra cotesto, come fanno coloro che non isperano il^cie-
lo : e' si sono abbracciati nella pace di Cristo : beati loro ! — Quesle
e molte altre parole discorreva un' attempata e veneranda matrona
di Carri con Tigranate, che allora allora giungeva in quella citta,
una delle piii popolose della Mesopotamia. La donna avea nome Tar-
bula : il luogo era una villa grande e signorile a poca distanza, dei
sobborghi, in sito delizioso chiamato Fadana dai paesani.Non lungi
vedevasi un monastero o piuttosto eremitaggio di cellelte, sepolte
tra verdissime ciocche di terebinti e di platani secolari. In mezzo a
queste sorgeva la chiesa, santuario famoso in tutta la contrada, per-
che cola, secondo la tradizione, Giacobbe erasi incontrato la prima
volta colla bella Rachele ; e additavano altresi il pozzo e un vasto
truogolo di pietra, slabbrato e logoro dai secoli, al quale il santo pa-
triarca aveva abbeverato il gregge della giovinelta paslora l.
In questa villa aveva abitato Placido, allorche era venulo di Per-
sia col bambino Tigranate, cui diceva essere suo figlio, natogli della
prmcipessa Tecla, sposata a Ctesifonte; e qui 1' aveva cresciuto
dall' eta di sell' anni sino a toccare il secondo lustro, cioe fino a quan-
do, a cessarsi dagli strepiti della guerra, si era tramulato in Antio-
chia. Gli albergatori del tribuno romano, cioe Tarbula e il suo marito
Vologese , avevano vantaggiato assai della sua dim ora cola, perche
T oro del Re di Persia accompagnando per tutto il misterioso fanciul-
lo, rifluiva largamente sopra quanti gli prestavano o tetto o servitu.
— Cari luoghi ! diceva Tigranate, nel rivedere partitamente la quieta
stanza della sua fanciullezza, dolci rimembranze! In questo giardino
davo il guasto alle aiuole de'fiori, che il buon Natan mi temeva piii
che la gragnuola. Oh che e di quel bravo giardiniere?
— Morto, morto da piu anni.
1 Ecce Rachel veniebat cum ovibus pains sui; nam gngem ipsa pascebat.
Quam cum vidisset lacob... amovit lapidem quo puteus claudebutur. GE-
NES. XXIX, 9, 10. II che avvenne in Haran, cioe in Carri o non lungi.
542 TIGRANATE RACCONTO STOHICO DEL SECOLO IV.
— Povero vecchio! mi voleva im ben dell'anima, m'aiutava a
lendere le penere alle tordiere e ai merli 1, e d'appialto mi dava
le melagrane di questo cespo ; ma sst, che '1 padrone nol sappia !
Qua ruzzavo col canino, qua mi caracollavo sulla canna....
— Ti sovviene, interruppe Pisto, che su questo spazzo facevi al
soldato, e Placido ti comandava le mosse e la pirrica 2?
— E ancora conserviamo la tua armaturina da catafratto, entrd
qni Vologese, di cui tu andavi tutto impetlito, come un Imperadore
in clamide. —
Cosi rinnovando le antiche memorie eran giunti ad un pelaghetto
conlornato di antiche pianle : ed ecco da un cespuglio di saliei pian-
genti, che bagnavan le vefcte nell' onde cristalline, frullare due cigni
e prendere il largo, maestosamente vogando, seguiti dalla giovinet-
ta loro famigliuola. — Oh che e di Tecluccia vostra, ruppe qui Ti-
granate un po' vergognoso di non averne dimandato prima, colla
quale tante volte mi baloccai su questo margine erboso? — A que-
sta dimanda rispose Vologese: — Non e in casa.— Tigranate di
nulla sospettando continu6: — Da me si fuggivano i cignuzzi, perche
fingevo di dare loro a mangiare, e tiravo a chiapparli al laccio scor-
soio : a lei invece correvano appena la compariva, ch^ ogni giorno
porgeva loro le bricciole della colezione : e come le beccavano fin
sulla manina! Oh perche non e in casa la mia Tecla? sar& sposa,
neh vero ? —
A questa parola Tarbula non pote frenare un amaro sospiro :
— Chi sa che e avvenuto di lei I
.i — Come? dov'e ? non ne avete novella?
1 Molte specie di tordi fanno in Mesopotamia, e le nostrane altresi ; sen-
za contare il Turdus merula ossia merlo nero. La eaccia poi colle penere,
era usata presso gli antichi : Aut amite levi rara tendU retia Turdis edaci-
lusdoloSj dice Orazio parlando del campagnuolo nel verno; che bene si
potrebbe tradurre: 0 sul liscio bacchio tende le sottili penere, inganno ai
tordi edaci.
2 Ballo militare che serviva di tirocinio alle nuove cerne, anche al tem-
po Ui cui parliamo.
LA LUNA E IL LUNO DI CARRI 513
— Povera Tecluccia! ti ricordi che lu le facevi tantivezzi, e che
fin da bambina la guidavi nel carruccio, e le davi i piedi tenendola
per le dande come un balio?
— Se me lie ricordo ! Ora che e di lei?
— Che e? E lontana da noi.
— Si, a Ciesifonte, in casa d'un mio fratello, disse Vologese, in
buone mani.
-—In buone mani, quanto si vuole, ripiglio Tarbula ; ma non se
ne sa nulla. Vedi , che vuol dire fidare altrui i fanciulli. lo lo pre-
vedeva; equante voile gliel dissi! (e qui accenno al marilo.) Ma lui
fefmo li, e la lascio condurre via ad an suo fratello, che promette-
va di darle marito la in Persia : che, sai, lui e nativo di Ctesifonte,
ed aveva cotest' ubbia di accasarla cola. Ed ora fa 1'anno che non
possiamo averne novella ne per viva ne per morta.
— Niuna nuova, buona nuova.
- Piacesse a Dio ! ma con tulti i fraslorni che son nati cola con-
tro i cristiani , io mi ci struggo di e nolle, e mi sto d'un mal animo
che mai peggio in vita mia. Quando si e madre! ed e 1' unica che
abbiamo.
— Gua' ch'io non son suo padre? disse Vologese, e non e Tunica
anco per me? Ma non per questo si de' tirar le cose al peggio : Tarn-
psaore e mio fratello, uom d'anima , grave , maturo , che vuol bene
alia nostra figliuola come se fosse sua figlia. 0 perche darci questo
marlello, ch'egli abbia pericolata la bimba ?
— Perche non scrive?
— - Si saranno smarrile le lettere.
-hJ*H 0 sapete che e? disse Tigranate , io son uomo di recarvene
novelle in persona.
f! % In che maniera ?
— Andando a vederla.
- Tu se'incamminalo a Ctesifonte? dissero a un tempo stesso
Vologese e Tarbula.
— A che farci?
544 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV
— A darmi tempo c vita. Ho Tisto la Grecia, ho visto 1' Italia;
ora m'e entrata questa fantasia di vedere il mio paese native.
— Uhm ! son certi tempi, disse Tarbula; ma gia vo' altri giovi-
notti non ternete di nulla. Ad ogni modo , se tu ci vai , cerlo e da
prendere lingua di Tecla, e trarci d'affanno con una lettera, subito,
se e possibile. Tu ci sei mezzo obbligato , perche, sai, ella porta il
nome di tua madre, la principessa Tecla ( Cristo 1'abbia in pace ! ).
Le abbiarao proprio messo cotesto nome per sua memoria, che di
Tecle non ne abbiamo in parentela.
— Gran merce. Preparate le lettere per Tampsaore, i ricapiti e
altro per lei, se ^olete; perche io non soprastaro molto a mellermi a
quella volta.
— Pisto qui e slato mai a Ctesifonte? interrogo Tarbula.
— La conosco a menadito, rispose Pisto.
— Basta, basla, ci penseremo meglio , e ne parleremo con agio ;
non parlo ne questa notte ne dimani. —
Prima che cadesse il sole di quel primo giorno passato aCarri,
Tigranate voile tutto solo visitare il sepolcro della sua madre Tecla,
che quinci non discosto si ergeva, sulla strada del monistero di Fa-
dana. Modeslissimo era il tumulo : doe una lastra di pietra lavorata
grossamente, rilevata da terra un quattro palmi, e circondata di
verdi oleastri. Sopra \i si leggeva questa iscrizione semplicissima :
Tecla, qua venendo di Persia , in Cristo si riposo delle afflizioni
della vita , bramando al figlio suo i doni dello Spirito Santo 1.
Tigranate lesse e rilesse il veneralo nome e la dolce aspirazione
incisavi appresso. Sebbene non intendeva appieno 1' arcano senso
delle parole , pure vi sentiva cosi in confuso il sublime esalo del-
1' anima di Tecla sua madre , sdegnosa delle terrene fralezze e ane-
lante solo alle celestiali cose. Si assise sur un ceppo, appoggio il
capo sul sasso amato , e lungamente tacque lasciando fluire nel cuo-
re la mesta dolcezza della preghiera materna. Gli ricorrevano alia
immaginazione , come che rimote e vaghe, le sembianze di lei e il
pietoso atto onde , in presenza solo de' pochi consapevoli delle sue
1 Simili iscrizioni s'incontrano spesso sui tumuli cristianl de'primi secoli.
LA LUNA E IL LUNO DI CARRI 545
svenlure, lo aveva benedelto colla filosofia di Cristo (cosl chiamava
esso il vangelo), posandoglielo sul capo, in cambio di diadema reale.
E a quel crepuscolo, omai confinante colla nolle, sembravagli di ve-
derla levare la lesta dalla lomba, e volgere il guardo al cielo, come
gia sul letto dell' agonia , e implorare dal suo Dio quei doni miste-
riosi , i quali essa poneva in cima di ogni suo desiderio per se e
pel figliuolo. — Povera madre! infelice regina! E pur lu (cento
voile Pisto mel disse) non degnasli d'una slilla di pianto ne le ric-
chezze, ne la reggia, ne il reame d' Orienle : ma solo piangesti lo
sposo infedele, e al luo Tigranale bramasti le glorie ollramondane.
Magnanima ! la scrilta del luo avello non ha pure una voce di la-
menlo , e non V ebbe mai il luo cuore : In Cristo si riposb I altera e
sapienle parola, da onorarsene lo stoico piu consummate nella filo-
sofia ! Certo , se , come affermano i crisliani , in alcuna parle se-
rena il Cristo ricelta le anime che per lui soffersero Iribulazione, lu
giubili, o madre mia , Ira quegli spiriti elelli. Forse, chi sa? da al-
cuna di queste slelle che mi pendono sul capo, lu ora liela mi ri-
guardi abbracciare la lua lomba , e li e dolce il pianlo del luo Ti-
granate. — Ed in quesli pensieri due lacrime dolorose e pur soavi
gli discendevano per le guance.
Dopo tali visile che molle furono, e da solo e con Pisto, Tigranate
senliva nascere nel segreto del cuore un aborrimento inaspellato di
presentarsi al pontefice del tempio dellaLuna; ed egli stesso non
avrebbe sapulo divisarne distintamenle il perche. Cio non oslantela
forle amicizia di Giuliano, la fiducia in lui collocata da un Cesare, e
piu di lulto il giuramento, ch' egli leneva come al tulto inviolabile, tra-
scinavanlo a suo malincuore a non ritardare piu oltre 1' ambasciafa.
II lempio di Carri dedicato alia Luna riputavasi una delle mag-
giori maraviglie dell'oriente. Vinceva di mole il Partenone di Alene,
e il Campidoglio di Roma , e gareggiava in celebrita di sacrificii col
Serapeo di Alessandria. Tigranale ne contemplo piu volte gli spaldi
del ricinto, che davangli aspelto di vasla forlezza anziche di sanlua-
rio ; e solo dopo molto lottare seco stesso , si fu risoluto di vincere
1'apprensione , vanissima secondo lui, che stoglievalo dall'enlrarvi.
Giardini amplissimi, fiancheggiati da lunghiorli pensili, appailvano
Serle VI, vol. II, fasc. 365. 3o
546 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
al primo ingresso. In fondo sorgevano edificii svariati con atrii son-
tuosi e cortili colonnati e tutto intorno le abitazioni de' sacrificoli ,
degl' indovini, degli schiavi, le albergherie de' pellegrini , i granai, i
magazzini , i tesori del tempio. Di nobilissima struttura era special-
mente la dimora del pontefice, e deliziosa di tutti agi e d'infinite dovi-
zie ricolma. Non a tutti era concesso di favellare col gran gerofante:
ma a Tigranate , la toga preziosa , le anella sfavillanti nelle dita , e
piii di tutlo 1'aspetto digniloso e altiero apersero tosto 1' udienza.
Non e a dire se il ponteflce si solluchero tutto a udire che il nuo-
vo Cesare si risovvenisse di lui. Se non che , a misura che inoltra-
va nella letlura del gran messaggio, si vedea mutar sembianli, cor-
rugare la fronte, allibire. Per poco non gli raoriva il fiato in boc-
ca : pure alfine usci in questa parola : — Non e un' insidia che tu
mi trami, o giovane straniero?
— Non e : — rispose Tigranate con volto aperto, in cui splendeva
la lealta. E siccome quegli continuava a riguardarlo da capo a pie-
di, pure tremando per se stesso : — Ravvisa il carattere , mira il
suggello , continue esso : credi tu che si falsi impunemenle la mano
di Cesare? Di Giuliano e la lettera, ed a mio grande rischio meco
la portai fin da Taurino , dove in allissimo segreto mi fu affidata. —
II pontefice rilesse ponderatamente il foglio , e aggiunse : — Sai
tu che vi si contiene ?
— Tutlo no, ma quanto basta, perch' io ti dica, che a mio rischio
la recai.
— Se1 lu comandato di riportarne la risposta ?
- Appunto. Se cotesto non potesse farsi, o non ti garbasse , do-
vrai spacciare un messo fidatissimo , che la ricapiti nelle mani di
Massimo . . .
- II gran teurgo di Efeso?
— Si, a Massimo filosofo di Efeso. Che se poi di me vuoi valerti,
io tolgo sopra di me di rimetterla nelle mani di Giuliano Cesare, o
di spedirgli tale procaccia , che il piego non possa perrcolare. -
La liberta lasciata al pontefice di far pervenire la risposta per
mano del famoso stregone Massimo, gli servi a ripruova della lealta
di Tigranate : pero rispose : — A te , anzi che a niun altro, conse-
gnero il response.
LA UNA E IL LUNO DI CARRI 547
- E io verro per esso dimani.
— Dimani I Dunque tu ignori cio che si richiede in questo foglio?
— Via , via, disse Tigranate cui cominciava a dar noia il sospet-
toso trattare del gerofante : il so per lo senno. Cesare ti dimanda se
egli fia Augusto. Consulta la Luna . . .!.
- La Luna! nuovo errore! il Luno dovevi dire. — E qui ii
dotto arcifanfano della Luna entro serralo in un'alta disquisizione
sull' importanza suprema di non iscambiare 1'appellazione di Luno
con Luna, allorche al Name di Carri si fa ricorso. Perciocche, dis-
putava egli , a lenerlo per femmina , fiacco e come infenumuilo si
prova il braccio della sua possanza ; laddove a invocarlo per mas-
chio, robusto e virile si risenle 1'aiuto. Senza di che e fatto osser-
vato e indubitabile , che gl' influssi del Nume scendono sinisiri so-
pra chi Luna lo appella , e 1'animo dell' indivoto o insipienie suppli-
catore infralisce, e la sua donna sopra di lui prende orgoglio e ba-
lia irresistibile. Queste e piu altre scipitissime pappolate , quasi re-
conditi misleri veniva oracolando con sicumera l'antislite. Tigranate
pero, infastidito a morte, gli rammezzo le parole e disse: — Bene sta.
Consulta il Luno, e rispondi a Cesare; che dimani o 1' altro di verro
per la risposta.
— L'astro regnatore della nolle, rispose con maggiore boriosita il
pontefice, non si consulla ogni ora a laleuto. E d' uopo attendere la
fase propizia; oltreche, Cesare mi richiede le grandi vitlime e i miste-
ri piu arcani : or tutto cotesto non e opera ne d' un di, ne di un mese.
- E tu impie'gane tre, se uno non e assai, .e quattro: che io son
qui per Cesare, e starovvi a tua posta.
- Sara gran che, se potrai partirne coi responsi in sullo scorcio
della state.
- Neppure di questo mi sgomento. Dar6 un po' di volta lungo
T Eufrate e il Tigri per mio diporto, e in capo a due mesi o poc' ol-
tre, io saro qui.
— Affretlero gli apparecchi, poiche si tralta di Cesare. Ma di gra-
zia, giovane mio, tieni in te il segreto, se li e cara la forluna di Giu-
liano e la mia sicurezza. . .
- E la mia testa. Credi tu che mi pesi la pelle indosso? Tocca a
te, o sacerdote, di tenere credenza; perche, quanto a me, fa conto
548 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
che anima nata non mi carpi finora il segreto promesso con sacra-
mento, ne niuno il fiutera per 1'avvenire. Oh appunto, mi scordavo
una coppa , che Cesare ti manda in dono. Eccola. — ; Gli porse la
tazza incantata da Oribasio, in servigio del rito diabolico : e il gero-
fante intese benissimo a che dovesse adoperarsi.
Tolto commiato cosi piuttosto sulle secche, Tigranale tornossene ,
senza pure degnare d' un guardo il delubro e la cella del Nume, che
era un tesoro di ricchezze e un museo di arti greche e barbare in-
sieme accumulate. Per via non poteva tratlenersi dal rugumare :
— Oh questa e bene una beffa che mi fa Giuliano a mellermi per le
mani cotali taccole. Ed egli ci crede su in digrosso , come se mona
Luna avesse proprio da spappagallare per bocca di queslo cialtrone
di cantambanco camuffatto da interprete del cielo. Che farci? ognu-
no ha la sua mattia, e niuno e savio d' ogni tempo : egli ha questa,
egli che in ogni cosa e un filosofo all' antica, un cuor d'oro, un Dio.
Doh, che ubbie, che umori ! io non so rendermi capace , come un
uomo cosi assennato si lasci pigliare a'un chiapperello da fanciulli.
E sissignore io debbo con gran sussiego trattare il negozio colla Luna,
o col Luno, come dice questo ciancivendolo, affannone, scemo, ridi-
colo, che vada alia malora lui e la Luna e il Luno e la botlega. Me-
no male che infine non sono i capricci sanguinarii di Caligola ne di
Eliogabalo ; una capestreria che non fa ne caldo ne freddo a nessu-
no. Non ci pensiamo piu , piu. Me ne sapra grado quando sara di-
venuto Au gusto. —
Pisto non sapeva nulla di quest'andala al tempio della Luna, per-
che Tigranate, geloso della giurata fede, non ne aveva lasciato trape-
lare sentore neppure all' aria che respirava, Bene era inquieto il fe-
dele amico della partita per Ctesifonte : ma Tigranate fu inaccessi-
bile alle rimostranze, ai prieghi, alle lacrime. Aveva queslo di pro-
prio , che fermato una volta un parti to , egli era fisso , inesorabile
come il Fato dei poeli. Anzi sembrava a un certo modo, che quanto
piu s' accostava al confine vietato di Persia, tanto piu si raffermasse
nel proposito, in quella guisa che 1' usignuolo , che scende di frasca
in frasca attiralo dal .serpe , piu irresislibilmente vi si precipita,
quanlo piu si fa dappresso alle fauci divoratrici.
I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
§. i.
1. Epilogo delle ragioni, per le quali il cattolico non deve onorare
i liberi pens atori. • — 2, Questi vantano ilprogresso. — 3. Si
dimostra che il progresso di per se stesso non e argomento di
perfezione.
1. Accehnammo in un altro quaderno alcuni argomenti, che 1'uo-
mo callolico oppone ai liberi pensalori , affine di schermirsi dalle
noiose instanze , colle quali costoro domandano rispetto. Che doe
egli e cerlo della verita di sua religione, e non puo conseguenlemen-
te corrergli nell' ammo il pensiere di onorare chi professa la liberla
di coscienza. Conciossiache, lui onorando, sia mestieri approvare la
strana voglia di questa liberla , la quale pretende , che V umano in-
telletto , quantunque aderisca alia verita con tulta cerlezza , per ve-
derla bene slabilila sopra saldi fondamenti , e valentemente guaren-
tita da forti pruove ; la possa nientedimeno e la debba abbandonare ,
per salisfare alia naturale curiosita, o per esercitare il proprio drilto :
e vuole che in quella vece vada dietro a cose impossibili a raggiun-
gere , come quella pietra filosofale , appresso la quale camminarono
indarno i vecchi alchimisti. E seguita dicendo , che egli ama di
aggiustar fede alia religione ed alia dottrina soprannaturale che
550 I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
Iddio rivela , anzi che porsi , siccome dovrebbe fare se stimasse i
liberi pensatori , in balia della naturale filosofia , la quale difficil-
mente riesce a prescrivere colle sole sue forze, leggi moral! al tulto
giuste e pure : ne puo nel presente ordine dettare un culto religioso,
il quale sia proflttevole e salutare. Ne esser conveniente, che menlre
esgli si sta nell' alia regione dell' ordine soprannaturale , ove sana-
menle si respira e si vive , discenda nella bassa palude , per fare
omaggio a quelli , che harmo cola slabilita la loro dimora. Piultosto
mutino essi la stanza, e trasportino se medesimi dall' aria insalubre
al puro cielo.
2. Colesle ed altre somiglianti ragioni i liberi pensatori credono
di annientare facilraente , affermando che la religione cristiana si
oppone al progresso ragionevole , che , com' essi dicono, 1' uomo fa
merce della liberta di coscienza. Ed affermano che essi fanno queslo
progresso , con cera or di chi disprezza e riprende , ed or di chi
compatisce ed ammaestra ; ma sempre come quelli che sentono se
essere i da piu tratulU gli allri uomini, che abitano la terra. Se non
che mentre essi vanlano cotal progresso , originate dalla liberta
intesa alia loro maniera , appariscono , a chi ben considera , simili
alia statua di Nabucco , forniti di cervello metallico e di piedi d' ar-
gilla ; vale a dire inetti a principiare ed a regolare qualunque mo-
vimento razionale. E cio vogliamo brevemente dichiarare , doman-
<3ando in primo luogo, perche mai essi rammenlino, come titolo di
onore, il progresso ed il moto.
3. Imperciocche il movimento ed il progresso non sono proprieta
delle cose create in quanto perfetle, ma piuttosto sono segni di loro
penuria, manifeslazioni della inferiorila del loro grado, ed effelti dei
limiti angusti della loro condizione. Siccome per lo contrario una
conseguenza della pienezza dell'essere e della infmila delle perfezio-
ni, che si accolgono nella natura divina , si e che Iddio viva immo-
bilmente ed immutabilmenle; e senza muoversi muova tutte le altre
cose. E la ragione e questa, che colui, il quale si muove, ancorche
muovasi per virtu che si ritrova in lui , non ha ne puo avere da se
tutta inlera e compiuta questa virtu producitrice del suo moto ; per-
che se 1'avesse , gia conterrebbe in se medesimo in maniera anche
I LIBERI PENSATORl E IL PROGRESSO 551
piii perfetta la bonla, la quale col molo cerca di conseguire. Ed al-
lora non si moverebbe per giungere nel termine, procurando inutil-
mente cio che ha ; ma piuttosto si riposerebbe nel bene ehe , posse-
dendolo come proprio, non avrebbe meslieri di cercare altrove. II che
pienissimamenle s'incontra in Dio , il quale, come abbiamo detto,
per la sua infmita e per la sua eternita , avendo in se le perfezioni
tutte, anzi essendo egli stesso tutte le perfezioni, ha la virtu di muo-
vere tulte le altre cose , ma non ha necessita ne ragione alcuna di
muovere se medesimo. Adunque tulte le cose che si muovono , per
cio appunto che si muovono , dimostrano di dipendere e di esser
mosse da altre, dovendo ricevere di fuori o lulla la virtu che genera
il molo , ovvero il necessario compimento di quella , che gia posse-
dono 1. In tal modo la virtu del nostro intelletto si perfeziona con-
venientemenle quanto a conoscere la verila delle cose , allorche e
attuato per mezzo delle specie, che riceve dalle cose medesime; e la
natural tendenza delta nostra volonta verso il bene, allora si esercita,
quando essa e illuminala e diretta dalla notizia dell' intellelto, che lo
rappresenta. Ed e allresi manifesto dover essere piu diuturno il mo-
vimento, se colui che si muove sla piu discoslo dalla perfezione ; la
quale per (gnlrario, chi piu le si avvicina , piu largamente parteci-
pa , divenendo cosi men bisognevole di avere in se slesso il movi-
menlo, e piu allivo neli' indurlo in altrui. Per la qual ragione le in-
telligenze separate , come quelle che avanzano in perfezione i nostri
spiriti razionali , non conoscono discorrendo al pari di noi , ovvero
discorrono senza la successione di tempi, colla quale noi discorriamo;
e le superiori Ira esse illuminano quelle che sono inferior! .
Ne dicano i liberi pensatori che quesli sono principii di viela filo-
sofia. Perocche essi non consentono che ne anche cola, ove regna la
loro libera filosofia, si premii con un brevelto chi sludia, per cagion
d'esempio, il modo di regolare gli aeroslati, ovvero chi va cercando
di sciogliere il problema del moto perpetuo: ma piuttosto chi dimostra
essere pervenuto a scoprire alcuna cosa ancorche sia tenue, quan-
1 Quidquid movetur, ab aliquo necesseestmoveatur. \msi.Physic.\\\). 7,
cap. 1.
552 I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
ia e una lampada, in cui I'olio e costantemente spinto ad una slessa
altezza, una maniera di sedie piu soffici , una foggia di cappelli phi
capricciosa. II perche non debbono vantare il progresso , ne ma-
gnificare se medesirai, affermando che progrediscono in fatlo di scien-
za e di religione. Usando essi cosiffatlo linguaggio , ogni uomo cat-
tolico ed assennato conchiude , che ignorano la filosofia e che non
hanno religione ; e non s' inchina ad onorarli, perciocche non si
onora la mancanza, ma il possesso, ne quel che non e, ma cio che e.
In quella vece si ride di loro, perche affin di persuadere che sono li-
beri e perfelli, adoperano 1'argomenlo del molo ; quandoche con tale
argomento si provano direttamente le cose opposle , cioe la dipen-
denza ed il difetto.
xl^S'-Sv^-vS §- IL
1. Ragioni che rendono commendabile il progresso razionale. — 2.
Si dimostra che esse mancano net progresso vanlato dai liberi
pensatori. — 3. Si spiega perche mentre questi errano, pensino
di progredire. — 4. Due convenienze trq il moto locale ed il
vero progresso razionale : esse non s1 incontrano nel progresso
del liberi pensatori. *
1. Quantunque il progresso riguardato solamente in se stesso non
sia una ragione che induca a far onore, come quello che, in luogo di
denotare pregio o perfezione , discopre piuttosto la soggezione e la
deficienza di colui che si muove ; nientedimeno Ira perche muoversi
verso il bene e cominciare a possederlo, e perche ben pochi s'incam-
minano per questa via, la maggior parte rimanendo nell'ozio ovvero
cadendo nel male, ogui spirito gentile suol rivolgere I'atlenzione be-
nevola a chiunque muovesi secondo ragione , e suole rendergli buo-
na teslimonianza con lodi sincere.
2. Di queste lodi non si possono tributare punto i liberi pensato-
ri, stanteche per la falsa liberta che essi altribuiscono alia coscienza
e che si gloriano di esercitare, non solo non progrediscono secondo
ragione, in quelle cose che spettano alia religione, colla quale si deve
onorare Iddio, ma errano ciecamente, e si macchiano di peccato '
I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO 553
gravissimo. Per la loro liber & di coscienza professauo di non accon-
sentire alia soprannaturale rivelazione ; e per6 a un tempo e diven-
tano infedeli ed operano da irragionevoli. Stanleche 1' infedeM , in
quella che viola propriamente il precetto della fede , il quale e so-
prannaturale, perche obbliga a porre atti soprannaturali ; e altresi
opera disonesta e contraria alia relta ragione, la quale prescrive che
si creda a cio che dice Iddio, e vuol che si reputi come detto da Lui,
cio che e sufficientemente proposto in suo nome, e vien confermato
colla sua virtu. E puo in cotale empiela e turpitudine non solamente
cadere chi rinnega la fede , che aveva aggiustata per 1'innanzi alia
parola di Dio, ma bensi chi ricusa di aggiustar fede, allorche quesla
parola percuote la prima volta ne' suoi orecchi. Imperciocche rap-
presentandosi all'umano intellelto, con molte e diverse maniere, che
la soprannaturale rivelazione e credibile e che dev'essere creduta, 5
manifesto che, se cio non ostante 1'uomo non crede, egli incomincia
ad essere infedele , ancorche non abbia giammai posseduto il dono
della fede divina ; e che insieme conteride stoltamente col suo stesso
nalurale discorso , col quale vede la credibility e la obbligazione
della fede. Ed e allresi manifesto , che puo astenersi dal credere
soprannaturalmenle dopo questo natural discorso, contuttoche venga
condolto per mezzo di esso ad affermar con certezza ed evidenza ,
che la religione rivelata e credibile e dev'essere creduta. Dappoiche
il credere non e riposto in questo giudizio certo ed evidente della
credibilita e della obbligazione della fede ; ma consiste nell' assen-
tire, mediante la pia volonta, alia rivelazione stessa, la quale rimane
sempre nella oscurita del mistero. Or non ostante il giudizio certo
ed evidenle della onesta di un obbietto , o della obbligazione di una
legge, ha 1'uomo, libero che e, in sua mano di eleggere il primo o
di abbandonarlo , e di sottomettersi alia seconda o di levarsele con-
tra. Niuno, per cagion d' esempio, ignora, che il violare i trattali e
spergiuro, che prometiere e non attendere e frode, che torre Faltrui
e furlo o rapina. Ma questa sola nolizia dell' intelletto non basla ad
impedire, che si violi la santita del giuramento, che s'infranga il le-
game della promessa , che si vilipenda la dignita del dritto. Egli e
mestieri che altresi gli affetti deH'animo sieno ordinati ; e se non so-
BO, avran luogo cotali enormita ed altre somiglianti, ne saranno re-
I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
cate ad obbrobrio ma a gloria , e verranno ancor difese , con patro-
cinio protervo e piu iniquo della causa medesima , che si protegge.
3. Or chi volesse spiegare, come i liberi pensatori, mentre errano
gravemente nelle cose religiose, nondimeno credano ed affermino
di progredire , e richiedano in conseguenza di questo immaginato
progresso , venerazione ed omaggio ; darebbe nel segno , atlribuen-
do questo fatlo cotanto strano alia falsita ed alia confusione de' loro
concetti , disdicevole ad uomini che si addomandano filosofi, per la
quale una cosa scambiano con un'altra, e le attribuiscono quelle
proprieta , che negar le dovrebbero , e quelle le negano , che le do-
vrebbero attribuire. Le molte osservazioni de' fenomeni e delle cose
material* , gia fatte sia per curiosila e per ispasso , sia per desi-
derio di perfezionare e di ordiuare le conoscenze che si avevano
per innanzi, dagli uomini catlolici e da' protestanti, dagli ecclesiasti-
ci e da' laici , dai dotli e letterati e da quelli che esercilavano le arti
meccaniche , si raccolgono insieme in questa nostra eta, e si rivol-
gono per gli usi e pe' com modi della vita animale, sopraltutto ad
aumentare ed accelerare il movimento locale; col quale, per cagion
d'esempio, trasmeltiamo instantaneamente le ambasciate in lontani
paesi e le riceviamo, e noi medesimi muliamo in cortissimo tempo
le latitudini e le longitudini. Su questo comune patrimofto, i liberi
pensatori pongono le mani , dicendo che e loro proprieta ; e , quel
che e piu, attribuendo alia liberta de' culti ed alia liberta di coscien-
za quelle cose, che con un lento accrescimento sono sorle come rami
dalla radice della filosofia naturale. Ed in tal maniera miserabil-
mente confondono 1' osservazione de' naturali fenomeni col culto che
si deve rendere a Dio, la fisica e la matematica colla scienza mo-
rale e colla sacra dotlrina , ed il progresso nella cognizione delle
cose material* e sensibili coll' altro del tutto diverso nella filosofia
spiriluale e nella sapienza religiosa.
4. Oltre di cio mentre apprendono il progresso razionale dalla os-
servazione del movimento corporeo , che vedono da per tutto , non
sanno distinguere in quali cose il molo locale de' corpi, ^che pro-
priamenle e moto, convenga col razionale progresso dello spirito ,
il quale al cerlo non si fa coll' agitazione delle membra , ma co' di-
scorsi dell' intelletto e colle deliberazioni della volonta ; ma pure
I LIBERI PENSATORI E JL PROGRESSO 555
giacche per analogia chiamasi moto , deve avere conformita e somi-
glianza col movimento locale. Laonde benche essi affermino di an-
dare innanzi , pur nondimeno si possono convincere immobili , per
difetto di due condizioni , le quali debbono esser comuni cosi al
movimento locale come ai progresso razionale: ed essi, che pur le
veggono apertameote in tutti i moti de' corpi , non pervengono ad
accomodarle alle operazioni del loro spirito. La prima condizione e ,
che quello che si muove, corpo o spirilo, debba essere mosso da altro
priocipio eslraneo; e la seconda, che quando alcuna difficolla si op-
pone al movimento, sia questo corporeo o sia spirituale, venga supe-
rata. Manchi la prima condizione, ed allora conlinua la quiete e non
incomincia il moto; manchi la seconda, ed il moto finisce e la quiete
ricomincia. E cosi in nessun de* due casi vi ha progresso , il quale
e1 continuazione o conservazione del movimento indollo ; perche nel
primo il movimento ne anche si produce, e nel secondo si estingue.
Ora egli e fuor di dubbio , che i liberi pensatori non sono spinti
razionalmente nel cammino della religione, non per difetto di cagio-
ne movente, ma perche essi le fanno pertinace resistenza : e di piu
menlre oppongono resistenza al principio razionale , che intende di
muoverli, incontrano essi stessi difiicolta ed impedimenti, che non
possono per veruna maniera togliere o superare colla loro ragione.
II perche in fatto di religione non solamente non procedono, ma ne
anche hanno prese le mosse.
§. HI.
1 . Contraddizioni de' liberi pensatori, i quali concedono e negano
nello stesso tempo, che il progresso razionale conviene per due
rispetti col movimento locale. — 2. Impedimenti razionali che
essi incontrano nel loro progresso religioso , e non possono su-
per are — 3. s\ dalla parte de' miracoli — 4. e si dalla parte
delle profezie.
1 . Yeggiamo quanto sia grave un tal fatto : cioe ai liberi pensa-
tori, che affermano di camminare spedilamente, e del loro movimen-
lo si paoneggiano, e lo reputano un litolo ad essere rispettati , a
pieno viso contraddire ; e sostenere che essi per contrario stanno im-
556 I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
mobili , e negare conseguenlemente di rendere lore il richiesto ono-
re. Ma sono essi, che si mettono da loro medesimi alia strelta, per
la instabilila della mente indisciplinata, e per la intemperanza delle
orgogliose prelensioni : ne noi contraddiremmo loro, se la ragion
del contraddire non fosse indubitata ed aperta. Imperciocche che
cosa fanno costoro, allorche dicono che avendo essi proclamata la
liberta di coscienza, sono incominciate fmalmente a muoversi la re-
ligione, le scienze e le arti ; e quando se medesimi paragonando ai
fari che mandano la luce del vero, ed ai regolatori che discoprono
le leggi delle arti, affermano che se essi non eseguissero tali ufficii,
sarebbero gli altri uomini tuttavia barbari ed incolti, quali, a creder
loro, erano per I'mnanzi? Che fanno mai, se non riconoscere che
gl' iugegni umani, affin di procedere e di attuare la loro virtu conna-
turale, hanno mestieri che altri li promuova ed illumini? E cosi
confessano vera la prima delle due condizioni menzionate di sopra,
che dicemmo esser comuni al movimento locale ed al progresso ra-
zionale. Ma si contraddicono nello stesso tempo ed errano grande-
mente, mentre van dicendo che tutti gli uomini debbono esser liberi
di pensare siccome vogliono, e di eleggere quel culto religioso che
piu loro talenta; e intanto pretendono che quelli, i quali seguitano
Gesu Cristo, ed ascollano le sue parole di vita eterna, rivolgano ad
essi 1'attenzione , e prestino orecchio alle loro vanissime ciurmerie.
Altresi concedono Y allra condizione, cioe che il procedere degli
spiriti, al pari del movimento de' corpi, ha difficolta, trova impedi-
menti, incontra resistenza; e che se cotali oslacoli non sono vinti,
forza e che il moto si arresti. La concedono, quando osteggiano sen-
za niuna moderazione la Chiesa cattolica, e si sforzano di distrug-
gerla; quando infrangono le sue leggi, e domandano che sieno abro-
gate; quando non solamente non ascoltano i suoi insegnamenli, ma
anche li pongono in discredilo ; quando si sottraggono alia sua in-
fluenza, e la vorrebbero annichilata. Dappoiche giustificano il caso
loro, ripetendo che la Chiesa per ragion de' suoi dommi, per la im-
mutabilita della sua disciplina, per 1'autorila della sua dominazione,
fa ostacolo continuo all'uomo ragionevole, impedendolo se vuole muo-
versi, e se gia si muove fermandolo e respingendolo indietro. Ciechi
che sono ! non si avvedono, che la dottrina e la disciplina della catto-
I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO 557
lica Chiesa non conlraria, ma favorisce gli avanzamenti razionali di
coloro, che alia sua scuola si aramaestrano ; e die per lo contrario
essi, i quali le si ribellano, sono inabilitali a procedere innanzi. Giac-
che fuggendo la verita, laddove immaginano di prendere spazio e di
volare, in quella vece cadono ne' lacciuoli e ne' nodi, che la stessa
verita inestricabilmente aggroppa, e vi restano presi come uccelli.
2. Imperciocche i liberi pensalori sono spaventati da questa Chie-
sa che si veggono davanti, e che entra importunamenle ne' loro
pensieri, e turba i loro sogni. Da una parte incute loro spavento ii
Figliuolo di Dio che 1'ha fondata, e le ha manifestate ad una ad una
lutte le verita che aveva ascoltato dal Padre: e pero a Gesu Gristo Id-
dio vero e vero Uomo tentano, con vanissimo sforzo, di sostiluire ora
un Cristo meramenle umano, ed ora un Cristo mitologico ed immagi-
nario. Dall' altra parle gli spavenla il cullo, che la Chiesa rende ai
figlio di Dio, la devozione colla quale lo ama, la fede colla quale lo
confessa, 1'obbedienza colla quale lo serve : e pero combatlono 1'os-
sequio ragionevole della fede co' delirii della mente indocile, I'umil-
la colla vanita dell' orgoglio, e la soggezione colla stoltezza della li-
berta e dell' indipendenza. Adunque comeche essi resislano alia vo-
ce, con che Iddio interiormente insegna e trae a se le volonta e le
menti degliuomini, per mezzo della fede; pur nondimeno apprendo-
no le ragioni e gli argomenti estrinseci, i quali dimostrano e mani-
festano agli umani intellelti, credibile ed obbligatoria la sopranna-
turale rivelazione. Imperciocche se non fosser commossi dalla forza
di cotali pruove , non terrebbero come vera la missione di%Gesu
Cristo, che si chiama e si raccoglie intorno i popoli di tutte le lin-
gue ; ne stimerebbero sincera la fede de' popoli, i quali sopra tutta la
terra ne ascoltano le parole, e gli erigono altari. Ed allora mentre
impaurili da Gesu Cristo, lo disciacciano, e mentre spaventati dalla
Chiesa che lo adora, la impugnano, discaccerebbero i fantasmi e im-
pugnerebbero le ombre ; e si potrebbe ripetere a ciascuno di loro
incominciando da Ebione e terminando a Renan :
Et viyilans sfertis, nee somnia cernere cessas,
Sollicitamque geris cassa formidine mentem 1.
1 LUCRET. lib. 3.
558 I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
Ma dappoiche nello stesso tempo esteriormenle mostrano di non
fare niun conlo di cotali motivi della credibilila di nostra fede , la
quale custodisce e professa la cattolica Chiesa ; par conveniente, che
essi debbano , come quelli che si gloriano di esser filosofi , provare
in modo convincenle e manifesto, che il dispregiare i detti argomen-
ti, siccome essi fanno, e secondo ragione, anziche Vapprovarli, sic-
come noi facciamo. Non trattasi qui di mo to locale, o di scostarnen-
to della maleria; ma del procedere razionalmente, e del superare al-
cune difficoltSt intellettuali e specolative. Le quali se non giungono a
vincere, sia pure che taglino tulli gl'istmi, e perforino tutte le cate-
ne delle montagne , e colleghino con i canapi eleltrici tutti i conti-
nenti , e forza dire che stanno filosoficamente e religiosamente im-
mobili ; cioe che non hanno religione, e che manca loro il discorso
sufficiente ad uscir dalle reli , nelle quali gl' inviluppa la stessa ra-
gione naturale. Quesle difficoHa sono tulte molto trite e volgari , co-
me quelle che hanno sempre adoperate i catlolici contra i loro av-
versarii, o affine di respingerli quando assalivano , o anche affin di
prendere un onesto sollazzo. Poiche, come si e delto, i nemici della
Chiesa tra coleste reti a tutta forza si dibattono, ma inutilmente e dis-
peratamente, per non trovare alcuno scampo a liberarsene con ono-
re. E per6 bastera commemorarne alcune sole, che riguardano i mi-
racoli e le profezie.
3. I liberi pensatori negano i miracoli, per mezzo dei quali si di-
mostra la divinita della cristiana e cattolica religione. Adunque
sono costretli di affermare, che questa dottrina, non ha bisogno di
pruove , che e di per se slessa credibile ; e che per questo tutto
il mondo le ha aggiustato e le aggiusla 1' assenso. Ed allora forza 6
che dichiarino , perche mai essendo essa credibile , e credendola il
mondo, essi si ostinino anon credere. Ov\7ero son costretti adasse-
rire, che quantunque la divina rivelazione non sia credibile per se
medesima, nienledimeno il mondo 1' ha creduta e la crede, senza
niun argomenlo di credibilita. Ma allora la fede del mondo dhiene
del tutto incredibile: emenlre essi dicono incredibili i miracoli, per-
che nou gli hanno veduti , sono ridotti a riputare incredibile questo
fatto innegabile , questa docilita e credulita degli uomini , la quale
ascoltano colle proprie orecchie e veggono co' proprii occhi ; questa
I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO 559
fede, ehe, come innanzi abbiamo delto, molesta i loro pensieri nel
giorno, e turba i loro sogni nella notte.
E per ferrao non si puo incontrare e ne anche fingere una cosa
piu incredibile di questa; che cioe siasi diffusa tra gli uomini una
dottrina incredibile , perche priva di connaturale chiarezza , e non
sorretta da niuna guisa di argomenti ; la quale non solamenle e spe-
eolativa, ma pratica, ne solo astratta, ma anche presenle dapperlulto
ed in qualunque tempo , che avverte i pensieri piu veloci , che sin-
daca gli affetti piu arcani ; ed inoltre e iuflessibile ed inesorabile, si-
no a voler essere custodita a costo di tutto quello, che vi ha di soave
e di caro sulla terra, non esclusa la vita. Cio sarebbe prodigioso;
ma al certo e meno credibile de' miracoli, pe' quali il mondo attesta
di avere credulo e di credere tultavia. Se cosi non e come diciamo ;
narrino i nostri filosofi, in qual maniera quasi cento uomini tra loro
divisi, in tulte le parti del romano impero , e nella stessa cilia di
tutte le altre reina, nel regno persiano, presso gli Armeni, tra i Par-
ti e gli Sciti , e sino in mezzo ai popoli che abilavano i confmi del
mondo d' allora , cioe gl' Indi e i Britanni , tutti concepirono e pre-
dicarono questa dottrina medesima, tutli la riferirono ad uno stesso
maestro, tutti raccontarono per accreditare questo maestro, che egli
aveva guarito gli stessi leprosi, illuminato gli stessi ciechi, risusci-
tato gli stessi morti, cacciati dagli stessi uomini i demonii, e che e-
gli stesso, da poi che era stato ucciso, usci vivo dal sepolcro ; niuno
contraddicendo all'altro in veruna circostanza , per minima cj|p fos-
se, sia della morte, sia della risurrezione di lui. E per essere troppo
grande il numero di cotali promulgated del Vangelo, poiche mrono>
come si e delto, presso a cento, non si potendo in nessuna guisa af-
fermare, che tanta consonanza di detti e tanta uniformila di racconti
succedesse a caso ; domandiamo ai liberi pensatori come si spediro-
no le cose nel consiglio, che certamente quegli ebbero prima di se-
pararsi, affin di delerminare il lenore della predicazione , e la con-
versazione e 1'ordinamento della vita. Imperciocche non solo essi fu-
ron concordi nelle parole , ma altresi nelle azioni ; tutti avendo ab-
bracciata uua foggia di vivere religioso e grave , cercala la poverta
in luogo delle ricchezze , il dispregio in luogo della gloria , e com-
560 I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
mutata la vita colla morte , confermando con eroici fatti la testimo-
nianza, che renderono al maestro con franca yoce.
Ne chiediamo della doltriua e de' miracoli , poiche facilmente in-
tendiamo , che intorno a cotesti punli quello dissero , die doverono
risolvere di dire : ma , cio che non si comprende , si e , che tutti
uscirono di quel consiglio fermi a voler persuadere ad allri la di-
yinita di quella dottrina , onde essi non polevano esser convinti per
manco di miracoli ; e che affine di persuaderla, falsi miracoli spac-
ciasser per veri. Questo vogliamo che dichiarino i liberi pensatori.
Qualcuno forse si levo in quell' assemblea, e parlo, se non con que-
ste parole, almeno in questi sensi: « Amici, niun di noi ignora chi
sia stato colui che ci tea sedotli, il quale aveva nell'animo di supera-
re gli altri uomini , e intanlo condannato a morire , non e uscito ,
siccome prometteva , dal sepolcro. Molti lo avevano in riverenza, e
pero niente altro resta , che usare gl' inganni , de' quali ci e stato
maestro. Laonde fermiamo tutti pat to solenne , che diremo unifor-
memente e costantemente aver lui operato quelle cose , che nessuno
di noi ha vedute. E poiche la morte di lui a tutti manifesta, e impos-
sibile di occultare , torremo di mezzo un intoppo cotanlo grave , di-
cendo che egli risuscilo a vita nuova , e torno a respirare 1'aria co-
mune , ed a pascersi de' soliti cibi insieme con noi. Quesle e somi-
glianli cose diremo insino alia morte, quanlunque non sieno per esse-
re utili ne a noi che le fiugiamo , lie a coloro ai quali le daremo a
credejje: e le persuaderemo non solo ai nostri, ma agli altri uomini
di nazione diversa sopra tutta la terra, sottoponendoli a strane leggi,
le quali combattano e distruggano le loro opinioni intorno ai patrii
numi, che da tanto tempo coltivano. Andremo tra gli Egiziani e confu-
teremo i misteri de' loro sacerdoti ; navigheremo in Grecia, e rispon-
deremo alle argomentazioni de' suoi filosofi. Ma prenderemo di mira
specialmente i Romani ; ed insieme co' rimanenli popoli piu barbari
li guadagneremo al nostro Maestro crociflsso, non negando che nac-
que e mori uomo , ma sostenendo nello stesso tempo che era Dio e
Figliuol di Dio. Se altri per avventura e sconfortato per la malage-
volezza e lunghezza de' viaggi , si rincori pensando , che quando
avra toccato il luogo del suo apostolato, non avra ne tetto amico da
I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO 561
raccogliersi , ne cibo da saziarsi , ne vestimenta da ricoprirsi. E se
gli riesce duro il vivere cosi misero e tribolato , si consoli aspettan-
dosi di morir di ferro o di fuoco , di esser inchiodato in croce, o la-
ceralo dalle fiere , o infranto dalle pietre. E finalmente se gli cade
1'animo , perche incontra opposizione e odio negli uomini , si rilevi
meditando, che 1' impresa, alia quale si accinge, non piace ne anche
a Dio, il quale, secondo Mose ed i Profeti, e Dio di verita , e vieta
il teslimonio falso ». Ma di questa strana maniera di aringare non ci
appaghiamo punto, e siarao certi che ne anche se ne debbano appa-
gare i liberi pensalori, se soiio, non diciamo filosofi, ma ragionevoli.
Ne dubitiamo che se da loro si fingano tante dicerie, quante erario le
persone assembrate a quel parlamento , non siano per riuscire tutle
cosi inverisimili e cosi inefficaci, siccome questa che abbiamo rife-
rita. In tal modo poiehe il non polersi spiegare la fede del mondo,
senza riconoscere i miracoli, fa conchiudere con evidente e certo giu-
dizio, che la fede e incominciata coi miracoli ; i liberi pensatori, i
quali vogliono negare i miracoli e non possono negare la fede del
mondo , invece di procedere innanzi , stanno a rivolgere , come ,
Issione la ruota, questa difficolta degna di un filosofo, didichia-
rare cioe , come mai sussista una cosa senza la ragione sufficiente ,
e come siasi prodotto un effetto senza la causa proporzionata.
4. Ma essi sudano anche all'altra impresa di rispondere alle que-
stion! , che loro proponiamo , allorche fanno finla di ridersi delle
profezie. E qui forse s' imbrogliano di vantaggio, perche le profezie
collo scorrere degli anni diventano piu efficaci a comprovare la di-
vinita di nostra religione ; come quelle che, dall'apparire di mano in
mano su questo mondo le persone da loro annunziate , e dal verifi-
carsi le cose secondo 1'ordine e colle circostanze da loro predette,
acquistano per lo reale compimento novello splendore. Laonde av-
yiene , che noi siamo certi de' miracoli per cagione delle gravissime
testimonianze di uomini fededegni ; ma possiamo riconoscere la ve-
rila delle profezie anche da noi medesimi , servendoci de' nostri oc-
chi. Imperciocche in quanto ai miracoli, Iddio sembra aver delto
alia Chiesa : Vedi e ascolta ; le prime generazioni degli uomini aven-
do veduto le maraviglie del suo braccio , e le generazioni seguenti
Serie VI, vol. IT, fasc. 365. 36 19 Maggw 1865.
562 I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
avendole udite racconlare. Ma allorche ha profetato, pare che ha del-
to, mutando 1'ordine delle parole : Ascolta e vedi; dapprima ascolta
il predicimenlo delle cose future che vedrai : e dappoi vedi il com-
pimento delle cose che avevi ascoltate.
E cosi i piu vecchi udirono e non videro ; e quelli che sono venuti
e vengono appresso, i quali non ascollarono, hanno gia visto e ve-
dono luttavia. Si ascollo molli secoli innanzi, quando fu commesso
nel mondo il primo peccato, I'annunzio del Redentore, e si vide nel-
la pienezza de' tempi il suo avvenimento. Si udi la fondazione della
Chiesa ; e fu visto sorgere, siccome era stato predetlo, questo tem-
pio spirituale nelle moltiludini de' genlili e nelle reliquie d' Israele ;
allorche Gesii Cristo, abbaltuta la macerie, si pose a capo dell'an-
golo, ed uni in se medesimo, come due muri, i due popoli che erano
divisi per odio e per disprezzo. Finalmenle si annunziarono le per-
secuzioni e le guerre, che questa futura Chiesa aveva da sostenere ;
e si e vedulo e si vede avverato il tenore della profezia, rimanendo
la Chiesa sempre vivace, come dopo la potagione si conserva la vite 1.
Or queste profezie , spettanti cosi al Capo della Cbiesa come alia
Chiesa medesima, tutte ammirabili, perche insieme toccanola sostan-
za delfe cose future e particolareggiano le circostanze di esse, nonso-
lamente furono ascoltate dagli antichi coiloro orecchi, ma sono anche
lette da noi co'proprii occhi; mentresi contengono ne'libri che aveva-
no avanti Gesii Crislo e tuttavia conservano gli Ebrei nostri nemici;
e pero non si possono per veruna maniera rivocare in dubbio.
I Ista omnia quae vides, non erant. Christianus populus toto orbe terra-
rum aliquando non erat. In prophetia legebatw, in terra non videbatur :
modo autem et legitur et videtur. Ipsa Ecclesia sic est completa. Non ei
dictum est: Vide, filia, et audi; sed audi et vide (Psalm. 54). Audi praedicta,
vide completa. Quomodo ergo, non erat natus Christus de Virgine; promis-
sus est, et natus est: non fecerat mirabilia; promissa sunt, et fecit: non-
dum erat passus; promissum est, et factum est: non resurrexerat ; praedictum
est, etimpletum est: nomen eius per totum mundum non erat ; praedictum
est, et impletum est: idola deleta et fracta non erant ; praedictum est, et
impletum est: haeretici impugnantes Ecclesiam non erant; praedictum est, et
impletum est. Sic et dies iudicii nondum est; sed quia praedictus est, implebi-
tur. An fieri potest, ut qui in tantis verax apparuerit, de die iudicii mendaon
sit ? S. AGOSTINO, serm. 110, alias de Verbis Domini, 31.
I LIBERI PRNSATORI E IL PROGRESSO 563
E cosi questo misero popolo, la cui cecita e durezza e altresi predetta
in que' libri medesimi, serve doppiamente alia nostra causa; perche
tutta la profezia conserva intatta, e perche in parte la compie egli
stesso col peccato di ostinazione che comraette: ed e come la pietra
da cui raccogliamo il mele, e come il sasso dal quale attingiamo I'o-
lio. Intanto i liberi pensatori, i quali, come gia dicemmo altrove, con
singolare predilezione amano questa genie, che e al presenle, se-
condo le profezie, dispersa sopra tutta la terra; la difendono con ar-
dore sino a piangere ed a gemere, allorche sognano la notte le ca-
tene, colle quali immaginano di giorno, che si cinga il ghetto qui in
Boma 1; ed approvano i suoi rili, e magnificano le sue virtu, deb-
hono per fermo aver letli i sacri volumi da essa custoditi, e saper
conseguenlemente le splendide predizioni, delle quali in quasi tutte
le pagine sono gremiti. E poiche non dubitano della sincerita del
detto popolo e della sua costanza nel custodire le patrie tradizioni,
ne anche posson mettere in dubbio, chelddio non abbia preparato il
mondo a fare onorevoli e divole accoglienze al suo Figliuolo unigeni-
to, ed alia Chiesa che egli si doveva eleggere a sposa ; per aver tan-
ti secoli innanzi la loro venuta raffigurato e predetto 1' uno e 1'allra
in mille maniere or con parole ed or co' fatti, sia di un popolo intero,
sia di alcune persone individue, e con simboli e con immagini , che
moltiplicava in gran numero, acciocche dalla varieta e dalla molti-
tudine delle copie si apprendesse la nobilla e 1' eccellenza degli
esemplari,
Per le quali cose domandiamo a cotesti uomini, i quali affermano
di andare innanzi a noi in cio che appartiene alia religione, che di-
mostrino, potersi secondo ragione disobbedire a Gesu Cristo, il qua-
le essi mostrano di sapere che e venuto, appunlo perche lo discaccia-
no, e potersi anche secondo ragione abbandonare la Chiesa di lui ,
la quale mostrano di sapere che sussisle , appunto perche la impu-
1 La police du Ghetto s' etait reldchee au commencement de ce swcle ;
mais apres la mort de Pie VII, il y eut un redoublement de rigeur, et les
chaines qui tiennent pendant la null la population juive prisonniere , furent
ferme'es a I' entree des rues a huit heures. A I'avenement de Pie IX, nou-
velle tolerance de la police; mais tout a recommence en 1849, et aujourd'hui
yneme les chaines sont tendues chaque soir. JULES SIMON. Troisieme le^on.
564 I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO
gnano.E finche essi non giuslifichino la loro disubbidienza con pro-
ve convincenti, finche non coonestino con chiari argomenti la loro
apostasia, noi diremo che non si muovono ma stanno immobili, ov-
vero diremo che il loro andare non e di chi precede onoratamente
affine di meritare la palma, ma piuttoslo di chi fuggendo per codar-
dia incontra il precipizio.
§. IV.
I. Errore de'liberi pensatori nell'attribuire al razional progresso do
che appartiene solamente al moto locale. — 2. Si conchiude
che essi non si muovono, menlre i cattolici procedono secondo
ragione.
1. Per lo cieco amore di falsa liberla, in un altro errore non me-
no grave cadono i liberi pensatori; ed e I'attribuire al procedimen-
to intellettivo e razionale cio, che e proprio del movimento locale
de' corpi, e pero non puo affatto con venire al molo analogo dello
spirito. Vedono i corpi, allorche sono mossi, abbandonare successi-
vamente e cangiare luoghi ; e pareggiando co' luoghi le verita, ed
agguagliando gli spiritiai corpi, inconlanente immaginano ed affer-
mano, che quando discorriamo colla mente, dobbiamo altresi lascia-
re indietro le antiche verila, e commutarle con altre nuove.
Ci contentiamo qui di accennare soltanto la sorgente di questo
errore veramente grossolano. Essa e, che i detti pensatori, piuttosto
sedolli che liberi, e non meno seduttori che sedotti, reputano, che
siccome i luoghi maleriali e corporei sono in tal maniera divisi e di-
versi, Che ad occupare qualunque di essi debbono i corpi natural-
mente uscire fuori da tulli gli altri; cosi anche le verila sieno oppo-
ste le une alle altre, e Tintelletto, il quale ne affermi una, abbia per
conseguenza a rinnegare le altre. II perche mentre si dicono mae-
stri, danno a conoscere che sono del numero di quegli uomini, i qua-
li S. Paolo chiamo animali, perche non intendono in verun modo le
cose spiritual! e divine 1.
1 Animalis autem homo non perdpit ea quae sunt Spintus Dei: stultitia
enim est illi, ct non potest intelligere: quiet spiritualiter examinatur. I. Cor.
II, 14.
I LIBERI PENSATORI E IL PROGRESSO 565
2. Or noi attenendoci a Gesu Cristo, e raccogliendoci intorno alia
Cattedra, ov' egli fa risonare la sua parola slessa sul labbro del suo
Vicario, lasceremo che riguardino con maraviglia ed onorino la cat-
tedra pestifera del liberi pensatori tulti coloro , i quali , come affer-
ma il mentovato Apostolo , sempre imparano , e non mai pervengo-
no alia conoscenza del vero 1. Imperciocche possiamo affermare e
sostenere che Gesu Cristo e verita che muove gl' intelletti, che e via
la quale gli mena di chiarezza in chiarezza , insinoaltantoche non
discopra apertamente tulto se medesirao e tutte quelle altre cose, che
ora fa conoscere in parte e sotto velo : e che pertanto egli e la vita
del nostro spirito, come il nostro spirito e vita del nostro corpo. A-
dunque gaidati da lui ed unili con lui siamo certi e possiamo dimo-
strare, che al presente progrediamo innanzi, e che a suo tempo ripo-
seremo tranquilli. Questo e progresso, non quello che vantano i no-
stri avversarii ciechi e conduttori di ciechi. Essi non hanno chi li
guidi, ignorano dove mettono il piede, ne possono trovar modo a u-
scire dal laberinto de' loro errori. Ma, cio che e piu , allorche noi
gl' invitiamo a rifutare con un ragionevole discorso tutte le cose
che affermiamo , o dicendo che la nostra religione , in quella che ci
trasferisce all' ordine soprannaturale , ci perfeziona ancora secondo
natura, ovvero dicendo che la liberty di coscienza fa che 1'uomo va-
da e venga, saiga e scenda coll' ingrato Iravaglio di Sisifo, il quale
versat
Saxum sudans nitendo, neque proficit hilum 2;
essi il piu delle volte ammutoliscono, altre poi profiferiscono alcune
parole insensate, tristissimo argomento , che anche il lume naturale
del loro intelletto si & spento.
1 Semper discentes, et nunquam ad scientiam veritatis pervenientes. II.
Timoth. III. 7.
2 Antico poeta allegato da Tullio, TuscuL disput. lib. 1, c. 5.
IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
E IL REGNO D' ITALIA
Non e in tuito fmzione poetica la penitenza, che un ameno inge-
gno ha iinposto a Dante in una sua vivacissima operetta , uscita da
pochi mesi alia luce ; di fargli fare cioe un viaggio di espiazione per
questo regno d' Italia 1. Imperciocche i settarii, che banno trasfor-
mata la nostra patria in obbrobrio di nazione , ed in segno di scan-
dalo a tutto il mondo civile; per fare velo di un gran nome alia loro
vergogna , vanno sentenziando , che questa Italia e la Italia idoleg-
giata dall' Alighieri nella Divina Commedia , unificata com' egli la
voleva sotto un sol principe, e liberata dalla dominazione temporale
de' Papi, suprema radice di ogni suo male. La quale affermazione se
e certamente calunniosa alia memoria di lui , non puo negarsi pero
che egli, colle irriverenti parole contro augustissimi personaggi, ha
porto colpevole occasione ai nemici della Chiesa di bestemmiarla, e
gittata cosi gran cagione di scandalo tra' fedeli. Che pero il sulloda-
to scritlore, fingendo che egli stesse tuttavia nel Purgatorio, a scon-
tare la pena del suo peccato nel girone degl' iracondi (che allro che
ira per zelo mal concepito non fu la sua) ; immagina che la divina
giustizia gli commutasse il debito ancor grave di penitenza , che gli
1 11 Conte Durante. Italia 1865.
IL CONCETTO POLITICO DI DANTE E IL REGNO D' ITALIA 567
rimaneva di compiere, con una scorrazzata che e' farebbe per le citta
principali dell' Italia. Intanto il dolore de' mali inflitti alia sua patria,
quasi a nome di lui, e il cruccio di sentirsi dappertutto predicalo con-
sigliatore di colanla rovina , gli varrebbe , col tormento maggiore ,
quel piii lungo purgatorio che gli era altrimenti dovuto.
Non e tutta fantasia, noi dicevamo , cotesto genere di gastigo, a
cui si finge essere stato sottoposlo il sovrano Poela. Imperocche i
grandi Autori, anche dopo la morte, seguitano in questo mondo ad
avere una specie di vita, che s* individua nel nome loro, ed ha suo
atto nelle opere che lasciarono scrilte. Senza dunque andar cercan-
do 1' Alighieri nel mondo dei trapassati , possiam trovarlo di qua ,
dove ancor vive e vivra lunghissimamente in tanti suoi libri, e prin-
cipal mente nella divina Commedia. La qualita specificativa di una
tal vila, che lo fa singolare dagli altri sommi poeti dell' antichita,
e lo eleva sopra di essi d' infmito intervallo , e 1' essere stato som-
mo poeta in un soggelto il piu sublime che si possa immaginare,
qual e la religione di Cristo, e con una forma nella sua semplieita
cosi comprensiva , che abbraccia , quanto e possibile ad umano in-
tellelto, rinfinilo. Cotesta gloria pero ha le sue macchie: e sono ap-
punto le ingiuriose parole, che egli alcune volte , nell' accendimento
dell' ira ghibellina, si lascio trascorrere dalla penna contro ai roma-
ni Pontefici. Ed egli non si avvedeva, che sebbene la sua intenzio-
ne era mossa dazelo; nondimeno, perche il suo zelo non era nese-
condo giustizia e pieta, ne secondo verita e scienza, veuiva ad offen-
dere quella stessa religione che celebrava, disonorandone il Capo.
Or si miri se polrebbe farsi strazio piu crudele di lui, in questa vita
si gloriosa che come Poeta si e procacciato, -con tanti studii e vigi-
lie. Perciocche non solo si vuole privarlo della gloria di avere can-
tato un soggelto si grande, reslringendo 1'intenlo del suo Poema nei
limili angusti della politica ; ma questa stessa politica si melte in
aspetto di scellerata, di empia, di sacrilega, come fondata sull' odio
alia potesla ecclesiastica, e sulla dislruzione della legittima signoria
de' Romani Pontefici: in una parola gli si fa carico di avere sommi-
nistrata la idea di questa Ilalia massonica , di averne vaticinate e
cantate le glorie.
568 IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
E non e questa una terribile punizione , che , disponendola Iddio
per suo giuslo giudizio , sta tormentando 1' infelice Poela? La quale
punizione ci pare che abbia toccato I'ultimo segno del rigore, coi fe-
steggiamenti , che gli ha falti la Giovine Italia nella sua nuova Ca-
pitate, patria che gia fu del divino Gantore. Perocche , fatte le de-
bite eccezioni di tanti buoni Italiani , che vi sono concorsi con relto
animo ; quanlo a coloro , che gli hanno architettati , ed a quelli che
come pubblici magistral! polevano, a nome del pubblico, indirizzarli
ad un fine ; essi si sono in tutte le forme protestati , che con siffatle
straordinarie significazioni di onore intendevano principalmente ce-
lebrarlo come benemerilo , ne' sensi or ora dichiarati , di questo
Regno d' Italia. Con che il povero Poeta si vede a nome di tutta
ritalia , e non piu di alcuni particolari , falta in brani la sua opera
piu cara, per dover servire ai disegni della setta : ne basta. Si vede
inoltre messo non solo in branco , ma alia testa di quanti sono con-
summatori di que' fatti, pe' quali sta il presente regno, sicche essi gli
debban fare di berrelto , come a loro caporione. Alia quale vergo-
gna non regge il magnanimo spirito ; ed un poco par che si volga ai
suoi tormentatori con que' suoi versi :
Che D' e giovato di me fare schermo?
Che colpa ho io di vostra vita rea 1?
Ed un poco par che addimandi aiuto ai buoni cattolici e lelterati ita-
liaui , accorsi in Firenze , additarido le lacere membra della divina
Commedia, ed applicandole quegli altri suoi versi :
0 anime che giunte
Siete a veder lo strazio disonesto,
Ch' ha le mie fronde si da me disgiunte ;
Raccoglietele al pie del tristo cesto 2i
Lo scrittore dell' operetta , poco fa ricordata , finge che pervenute
le pene di Dante , in quel suo giro penitenziario pel Regno d' Italia,
al loro massimo grado, fu mandalo da Dio, a cavarnelo fuori e con-
1 Inf. XIII, 134. - 2 Ibid. 139.
E IL REGNO D' ITALIA. 569
durlo nella gloria beata , il Doltore S. Tommaso. Oh se potesse la
Civilta Cattolica fare al povero Dante, secondo la realta, il buon
servigio, che 1' Angelo di Aquino gli fece secondo la finzione! Noi
cerlo il vogliamo e, almeno in parte, abbiamo buona fiducia di riu-
scirvi. Diciamo, che solo in parle; perocche questa e opera di con-
vincimenlo : e gia si sa, quanlo e facile di persuadere colla evidenza
del vero gli animi retli ; altrettanto e impossibile aver vittoria degli
ostinati. Ad ogni modo non gli vorra essere piccolo refrigerio , che
molli in buona fede ingannati , inlorno al valore ed alia portaia del
suo concetto politico, abbiano a mutare opinione : che e do che sia-
mo sicuri di ottenere.
Prima di tulto e necessario premettere , che quale che si sia la
idea politica di Dante rispetto alia Italia , idea espressa da lui piu o
meno esplicitamente nella divina Commedia; cerlo e che essa non
coslituisce ne la sostanza , ne 1' intendimento diretto dell' Opera, fi
questo un punto, che noi abbiamo dimoslrato di proposito in piu luo-
ghi di questo stesso Periodico , specialmente negli ul'timi anni , per
occasione di varie opere , uscite alia luce sopra tale soggetto l.
Per contrario la scuola liberalesca non si tiene paga a dire , che
Dante ha comechessia adombrato nella divina Commedia una for-
ma polilica , di cui la loro Italia e una bella e buona altuazione ;
ma inoltre sostiene, che appunlo quella forma politica, ullimamente
incarnata col fatlo, merce le opere della presente Rivoluzione , e il
vero soggetto della divina Commedia. Con che vogliono dare ad in-
tendere che queslo nuovo reggimento ecosa tanto alia e divina, che
come fu il desiderio del massimo fra i poeti ; cosi costituisce il con-
cetto della piu meravigliosa fra 1' epopee : e beati noi , che fummo
predestinati a goderlo !
La quale cosa e insopporlabile aggravio , e ferocissimo oltraggio
alia memoria dell' Alighieri , considerate unicamente come Poeta.
Imperciocche, come ci adoperammo di provare ne'luoghi citali, il
Concetto della divina Commedia e concetto eminentemente sacro
1 Vedi principalmente Serie V, vol. I, pag. 593 segg., pag. 704 segg. ;
vol. V, pag. 170 segg., 657 segg. ; Serie VI, vol. I, pag. 461 segg.
370 IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
e religiose ; e pero il Poema e nella sua sostanza ancli' esso sacro e
religiose. E ci pare eke in quelle dimostrazioni noi recammo una si
piena e assoluta evidenza , che niuno vi potrebbe ripugnare , se
non fosse per ostinazione di animo. Di che tuttavia non intendia-
mo farci altro merito , se non di avere studiato con qualche at-
tenzipne nella divina Commedia , e , cio che importa moltissimo,
scevro 1' intelletto di qualsivoglia preoccupazione. Gosi disposti del-
1' animo vi ritrovammo quello stesso , che vi si era vedulo con in-
tuito immediato per tanti secoli innanzi ; e cio che vi mettemmo
del nostro fu solamente districare i fili maestri dell' ordilo poetico ,
che erano stall stranameute arruffali , e cosi liberi e sciolti recarli
in mano ai lettori. Nel quale falto non siamo stati i soli. Concios-
siache , sebbene per un buon pezzo fosse riuscito alia scuola libe-
ralesca d' impadronirsi della divina Commedia, afferrando a volo
alcune spiegazioni, sfuggite forse in buona fede al Dionisi, al Gozzi
ed al Marchetti ; dopo di che per un buon tratto non corsero altre
inlerprelazioni , che sopra i medesimi fondamenti politici : nondi-
meno i veri studiosi di Dante , coloro cioe che non avevano il pro-
posito di farlo servire a fini sinistri, riavutisi finalmente da quella
specie di contagio , che sogliono ingenerare le nuove opinioni , si
rifecero a poco a poco sul sentiero degli antichi commenlatori , ri-
cacciativi quasi per forza dalle incongruenze e contraddizioni, in cui
dopo tutli i tentativi riuscivano sempre gli elementi delle nuove spie-
gazioni. La via cosi ricominciata a calcare si e venuta ogni di piu
popolando ; sicche puo dirsi che la primiliva spiegazione, quanlo al-
meno agli elementi sostanziali, e slata presso gli animi retti ristau-
rala abbastanza; ed il Poema di Dante, o sia per un modo di spie-
gazione, o sia per un altro, e ritornalo quel Poema sacro e religioso,
che era stato per si gran tempo creduto.
Tuttavia la scuola de' liberali piu che mai persevera nelle sue
idee , ed anzi le spinge oltre. Non vogliamo parlare dell' empieta di
coloro, i quali fanno della divina Commedia un componimento di
setta, ordinato a distruggere il Catlolicisuio. I discorsi di questi
mettono ribrezzo a chiunque non abbia ne' covi delle societa segrete
rinnegato il battesimo ; e pure quella colale sconciatura, che i nostri
E IL REGNO D ITALIA
leltori conoscono , intitolata il Giornale del Centenario di Dante, ha
avuto il buon senso d' ingemmare di alcuno di essi le sue, per tante
altre ragioni si miserabili pagine ! Inlendiamo dunque parlare de' piu
di delta scuola, i quali fanno a Dante la segnalata grazia di crederlo
cristiano catlolico, benche a lor modo ; ma sostengono insieme che
sarebbe un rappiccinire il suo poema , riducendolo a un concetto di
Sagristia , e che invece vi si vuole riconoscere un sublime concetto
di politica grandezza, che egli adombro poeticamente , a dovervi
aspirara 1' Italia. II che , essi aggiungono , si e finalmente avverato
colla creazione del nuovo ordine di cose, per lo quale la nostra Italia
ha tocco il segno preconizzato da Dante.
Or presupposta, siccome abbiamo dritto di presupporre, non solo
la verila, ma la evidenza , che il Concetto della divina Commedia e
nella sua sostanza, sacro e religioso; qual nome si potra dare a que-
st'atlentato de'liberali, di annientare per ogni modo il vero concetto,
che essa ha, a fine d'intrudervi un altro, che, quaudo ancora avesse
luogo nel Poema, non e il concetto adequate del tutto ? Se ne fosse
cagione unicamenle la ignoranza , sarebbe da dire stolida temerita
quel pretendere di spiegare un' opera si sublime senza le sufficien-
ti cognizioni ; peggio poi ostinarsi che quella spiegazione , o altra
che stia sopra i medesimi fondamenti, si debba tenere siccome la
vera spiegazione. Ma in questo fatlo inlerviene qualche cosa di piu
trislo che non e la semplice ignoranza. Perocche non e possibile ,
che di tanti egregi lavori , pubblicali nel corso di piu lustri, appunto
a questo fine di ristaurare la idea religiosa del divino Poema, alme-
no alcuni non sieno pervenuti nelle lor mani. Se era in essi buona
fede, e nondimeno non rimanevano convinti a quelle argomentazioni ;
doveano almeno fare sforzo di confutarle , se non altro, per uon mo-
strarsi ignoranti del nuovo andamento , che prendeva la quistione.
Ma invece non hanno fatto che ricanlarci le solile favolelte , delle
parti politiche o dell'esilio significati nella Selva, della Patria simbo-
leggiata n.el Colle , di varie Polenze rappresentate dalle Belve , e si
vada discorrendo. Come se non fosse stala dimostrata trionfalmente
la falsita di si strane spiegazioni, o la divina Gommedia fosse un H-
bro, di cui essi soli possedessero 1'alfabeto.
572 IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
Adunque quel volere ad ogni palto disfare il Poema dantesco collo
scambiarne i veri element! , non e altro che deliberazione di animo
di fame uno strumenlo piu acconcio di politiche passion! , a malgra-
do di ogni ragione e giustizia. Ondeche a qualificare con proprio vo-
cabolo un tal fatto, ci pare doversi dire una specie di assassinio let-
terario, in quanto e vollo con maligna intenzione a distruggere un'o-
pera di maravigliosa eccellenza ; facendola comparire meschina nel
fine, inelta ne' mezzi, sproporzionata nelle parli, contraddittoria nei
suoi principal! elementi ; come puo scorgere chi confronta il Poema
con quelle spiegazioni, e noi slessi piu volte abbiamo fatto rilevare.
Or si consider! se questo , anziche ad onore non debba lornare a
gravissimo oltraggio del Poeta. Certo sarebbe massimo oltraggio,
poniamo esempio , a Raffaello e Michelangelo , rifoggiare al primo
una sua Madonna, ed al secondo il Moise, per dare a quella le sem-
bianze di una Lucrezia, ed a questo 1' atleggiamento di un Fabio. E
non e guasto immensamente piu disonesto quello che si e recato nel-
la divina Commedia, per avere tramutati i sens! fondamentali della
invenzione poetica ? Vi ha solo la differenza che in que' casi , inter-
venendovi alterazioni maleriali, quella mostruosila che ne vorrebbe
risultare non potrebbe per nessun modo imputarsi ai prim! autori ;
e pero se sarebbe piu appariscente lo sfregio e piu dolorosa la per-
dita di que' capilavori, rimarrebbe al coperlo di ogni danno la riputa-
zione degli artisti, che li produssero. Per contrario nel fatto presenle
non sitralta di cangiamenti material!, ma di sovversione d'inlendi-
menti, con far apparire significate dall' Autore altre cose che ei non
voile. Ondeche quel mostro oraziano, che addiventa la divina Com-
media , viene qualificato come opera di Dante , e per aggiugnere al
danno la beffa, come miracolo del suo ingegno. Pero qual cruccio e
dispetto crederemo noi che ne proverebbe , se fosse lestimonio di
cotanto crudele oltraggio che gli vien falto? Se tanlo indegnossi, come
narrail Boccaccio, perche un fabbro, canlerellando i suoi versi, gliene
alterava il metro ; ed egli , per dimostrargli con una specie di Cria
la sconcia cosa che e mettere il disordine nella roba d'altri, e quanto
cio dee tornare spiacevole al padrone, si mise attorno per 1'officina,
sparpagliando e confondendo insieme i ferri ed altri strumenti del
E IL REGNO D' ITALIA 573
suo mestiere : quanto piu sarebbe commosso del guaslo tanto mag-
giore che gl' interpret! liberal! fanno , non gi£ di alcuni suoi versi ,
ma della sostanza di tutto il poema; di quello che gli coslo le
veglie e le fatiche di tanti anni, ed al quale egli cantava che cielo e
terra avfiano posto la mano? Certo non si terrebbe dal mostrare il
suo dispelto con parole gravissime ; e quanto alia forma siamo sicuri
che non vorrebbe consigliarsi con quella moderazione, che i liberal!
sono soliti d' imporre agli altri a proprio vanlaggio , e dalla quale
poi, quando viene 1'occasione, essi volentieri si dispensano a riguar-
do degli altri.
Ma se la divina Coramedia non e Poema politico nel concetto del
tutto , non puo negarsi pero che in piu luoghi vi e fatta allusione ad
una politica idea dell'Autore. Ouesta idea politica di Dante, chetra-
luce qua e cola per entro la divina Trilogia, e largamente e dichia-
rata da lui ne' tre libri della sua Monarchia , dicono i Dantisti della
Giovine Italia, che ha finalrnente il suo atto in questa unila di regno,
che si e potuto formare de' diversi Stali d' Italia. Cosi la invenzione
addiviene tutta merito del sovrano Poeta ; e per questo massima-
mente gli hanno decretali i solenni onori del Centenario : la falica poi
dell' effetluarla e opera loro ; e percio si contentano di pigliare per
se la mercede dell' operaio , assidendosi modestamente al convito
della nazione.
Ma cotesta affermazione di Dante Autore del nuovo regno d' Italia
non e meno assurda di quell' altra, che assegna alia divina Comme-
dia un concetto politico. E quanto all' oltraggio che gli si reca, se
dire polilica la sua opera e un aggravio che 1* offende come poeta ;
asserire che la sua politica idea e quella stessa che governa il nuovo
regno d' Italia, e una gravissima ingiuria che gli e falta come a po-
litico ed onest'uomo ; almeno della stampa de' suoi tempi.
A rilevare 1'assurdo della prelesa rassomiglianza ideale tra i due
termini suddelti , non abbiarao a far altro , che ragguagliare gli ele-
ment! raziouali e il pratico alleggiamento di quella forma politica
che Dante vagheggiava, e gli elementi razionali e il pratico alteg-
giamento di quesla forma di regno italiano. Nel quale confronto non
indagheremo le differenze o anche contrarieta accidental!, che si
371 IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
possono reputare alle mutate condizioni de' tempi ; ma solo le radi-
cal!, che inducouo diversila e repugnanza sostanziale di concetti.
Primo ci si presenta ad esaminare il principio, diciamo cosi, for-
male dell' una e dell' altra idea , e che puo dirsi nell'ordine pratico
generatore di questo e di quel sistema politico. E quanto al regno
d' Italia, ce T hanno ricantato le mille volte i suoi riformatori : il suo
principio e quello che dicono di nazionalita- il quale, secondo la
sentenza de' suoi sostenitori , importa certamente questo , che ogni
nazione puo e forse qualche volta deve costituirsi in un gran corpo
politico, indipendente da ogni elemento straniero e unificato pe' vin-
coli di un comune reggimento nelle sue membra. Che e appunto la
ragione formale di questa Italia rifatta ; la quale in primo luogo fu
voluto costituire nazione indipendenle da ogni esterna dominazione;
e percio fu intrapresa la guerra del 1859 , che tolse all' Austria una
parte de' suoi dominii in Italia; e si e nel proposito d' irilraprendere
un' allra guerra per torle il rimanenle : in secondo luogo , una na-
zione unificata con vincoli di comune reggimento; e per questa ra-
gione furono dispogliati tulti i Sovrani d' Italia de' loro Stali , e si
cerca ogni modo di rapire al Romano Pontefice quel lembo di ter-
ritorio , che gli rimane quasi miracolosamente immune dalle lor
violenze.
Tutto in contrario nel sislema di Dante. II principio formale del
suo concetto politico non solo non e la cosi delta nazionalita dell' Ita-
lia , ma e piullosto un distrutlivo di essa. Dante, chi non lo sa? vo-
leva T attuazione della monarchia universale , la quale avrebbe as-
sorbite tutte le nazionalita, e per conseguenza anche 1' italiana. Pe-
rocche e vero, che monarca universale sarebbe stato 1'imperatore
romano : ma questo romano imperatore ( orrendo a dirsi ! ) dovea
essere un Tedesco , a cui la Italia obbedirebbe come il resto del
mondo. II solo privilegio, che il Poeta acconsente a questa sua palria,
e, che il sullodato imperatore si dovesse degnare di cavalcarla ben
bene , come puledra sfrenata che essa era , stringendone con forte
mano la briglia ed inforcandone a dovere gli arcioni.
Sappiamo bene che i liberal! scusano Dante , ricorrendo alle con-
dizioni de' tempi; perocche dicono, che altro modo non era possibile
E IL REGNO D' ITALIA 575
in quello stato di cose, per ovviare ai grandissimi mali della socie-
ta , e meltere qualche ordine di governo. Sia pure come vogliono :
ma questo che altro fa , se non rivelare sempre meglio 1' assoluta
ripugnanza fra la idea politica di Dante e quella degl' italianissimi?
Giacche per qual ragione essi non vorrebbero acceltare , in nessuna
condizione di cose , la dipendenza d' Italia da niuno straniero , se
nori perche una tal dipendenza distruggerebbe la nazionalita ilalia-
na ; e la nazionalita e tal bene , che dee volersi salvato a qualunque
sia costo? Or non e cotesto concetto politico una perfetta opposizio-
ne di quello di Dante , il quale voleva la dislruzione delle particolari
nazionalita , perche di tutte le nazioni si formasse un gran corpo
d'impero 1?
E come opposla e la ragione formale dell' una e dell'altra idea
nell'ordine razionale , cosi opposta ne e parimente la ragione morale
nell' ordine pratico. Intendiamo parlare del principio generalore del
dirilto, quanto a potere legittimamente attuare un sistema di reggi-
mento politico ; essendo indubitalo, non meno presso gli anlichi che
presso i moderni pubblicisti , non polersi ridurre in atto una forma
di governo, per quanto si voglia supporre perfetta in se medesima ed
opporluna alia civile comunanza , se a farlo lecitamenle manchi il
principio del drillo. Esaminiamo dunque un tal principio nell'attua-
zione di questo Governo italiano, e nell' attuazione che Dante vagheg-
giava della sua monarchia. Gl' italianissimi , per condurre 1' Italia a
questa beatitudine, che ora, la loro merce, ci stiamo godendo, dovea-
no distruggere antiche signorie , spogliare de' suoi Stati il sovrano
Ponteflce, assorbire regni e province, per confonderli in un vasto im-
pero, che hanno denominato regno d' Italia. In virtu di quale dirilto
predicano essi di avere potuto cio fare legittimamente; cioe senza
1 Si ascolti a questo proposito CESARE BALBO : « La Monarchia desidera-
ta da Dante e la monarchia universale. Ai nostri di, che le nazioai confor-
mate felicemente ognuna in se, non hanno nulla cosi caro, nulla cosi santo
in terra, quanto si fatta nazionalita, di nulla tanto ringraziano il cielo come
di averla, ovvero di nulla il pregano come di ottenerla ; basta espor tal de-
siderio, per farlo parere a un tempo impossibile all' effetto, e quasi empio a
concepire. Ma non cosi allora ». Vita di Dante, lib. II, cap. XI.
576 IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
incontrare la giusta infamia di pubblici ladroni ed assassinl? Ci
hanno detto, e ci stanno continuamente ripetendo, cbe in virtu della
sovranita popolare. Imperocche tra le scoperte piu maravigliose, o
conquiste, come le dicono, di questi ultimi tempi, meltono principal-
mente questa, che unica fonte di ogni dirilto politico e vero subbietto
della civile autorita e la moltitudine : coloro poi che posseggono il
potere, non possederlo altrimenti cbe come delegali del popolo, al
quale spelta determinare il modo, la forma e il tempo dell' esercizio
di loro potesta, e mutare ogni cosa quando e come gli torni piu a
grado. Affermano dunque, cbe il popolo italiano, padrone di se, co-
me qualsivoglia altro popolo , lia voluto finalmente diventare unica
nazione, con libero reggimento e sotto un solo monarca ; e pero far
discendere da' loro troni i Sovrani altro non e stato che dismetlere
i suoi anlichi impiegati, divenuli un impaccio ed un danno naziona-
le , assorbire regni e province un rivendicare il fatto suo ; fondare
un nuovo governo e stabilir nuove leggi, un mettere in buon assetto
la propria casa.
Sia con Dio ; che qui non cerchiamo se vero o falso e il principle;
e neppure se cotanto abbattimento di antiche cose e guazzabuglio di
nuove si e conchiuso per volonta del popolo italiano , o veramente
per le arti fellonesche di alquanti seltarii, riusciti ad impadronirsi
della forza ed a tiranneggiare il vero popolo dell' Italia. Ma certo e
che un tale principle, da cui si vuole dedurre la legiltimita delle po-
litiche innovazioni nell' Italia, non era il principio, da cui Dante de-
rivava la legitlimita della sua monarchia da attuare. Dante credeva
nel Diritto divino in tutla la sua ampiezza, e ci credeva di pienissi-
ma fede. Che pero se voleva che la sua idea non rimanesse nelle re-
gioni delle astrattezze mentali, o che altrimenti si compisse un gran-
de assassinio di regni e nazioni, era necessario conciliarla col dirit-
to divino, ed anzi farla da questo discendere, come una necessita
voluta da Dio. E in questo assunlo egli si caccia con tutto il co-
raggio del suo ingegno, e con tutta la forza che gli avea procacciata
il suo vasto sapere ; impiegando 1' intero secondo libro della Monar-
chia per dimoslrarlo direttamente, e indiretlamente parle ancora del
primo e del terzo.
E IL REGNO D' ITALIA 577
Si dira anche qui, che conviene compatire al povero Dante, perche
non gli era sfolgorata la luce del Dritlo nuovo , o che almeno fra le
tenebre si fitte del medio evo non polea farla scintillare ; sicche gli
fu bisogno di ricorrere a sofismi, i quali in quell' uomo fanno proprio
compassione. Non tanto, rispondiamo noi, quanto i sofismi che si
fanno giocare per mettere in credito il Dritto nuovo. Ma checche
sia, noi ora non disputiamo del merito degli argomenti, pe' quali si
pruova Tuna o l'altra tesi; e ne anco della verila obbiettiva dell'uno
0 dell' allro principio, che si vuole applicare con quegli argomenti.
La controversia e, se il principio da Dante assunto, come origine del
diritlo per attuare la monarchia, sia somigliante o recisamente con-
trario al principio, pei quali gl' italianissimi vogliono legiltimare la
Rivoluzione intronizzata in Italia. Or volete vedere, se ci e opposi-
zione? Fingiamo per poco che gli affrancatori dell' Italia non aves-
sero a loro favore il Dritto nuovo, e che non solo i retrogradi. odia-
lori della luce e seminatori di tenebre, ma lutti in fascio codini e
liberali , retrivi e italianissimi, clericali e frammassoni , tutti dicia-
mo , niuno escluso , dovessero giudicare del fatto della presente
Rivoluzione secondo i principii del Diritto divino, fondamenlo mo-
rale della dantesca monarchia; che diverrebbero al cospelto del
mondo intero i sullodati affrancatori dell'Ilalia? Perderebbero ipso
facto il lustro de' grandi nomi , che ora con tanto gusto si regalano
a vicenda, di Padri della madre patria, di liberator! dalle tirannidi,
di redentori di popoli, di creatori della nuova civilla, di eroi in una
parola da mitriare coi Bruli e co' Catoni. Ma cio e poco: in quella
vece si Irasformerebbero in briganti , a petto de' quali i Carusi e
1 La Gala sarebber lenuti tocchi di galantuomini. I loro ingegni si
sottili di preparare rivolgimenli negli altri Stali italiani, benche ami-
ci, si direbbero alti tradimenti da espiare colla forca ; come le violen-
ze di assalirli colle armi, senza nessun molivo di guerra, e neppure
adducendone un pretesto , neppure intimandola , che altro divente-
rebbero, se non imprese da corsari o da ladroni , diverse solamente
perche piu micidiali nelle stragi, piu universali nel bottino, e piu
diuturne nel mantenere il mal tolto ? Vorrebbero essi cambiare i ti-
toli si gloriosi, che ora impunemente si godono, con questi allri,"
Serie YJ, vol. II, fasc. 365. 37 22 Maggio } 8G5.
578 IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
che il Progresso, per quanto si voglia generoso, non ancora ha po-
tuto abilitare, di briganti, di fedifraghi, di ladroni ed assassin! di
popoli? Crediamo che no. Si contenlino dunque di rinunziare alia
piccola ambizione di dirsi esecutori del sisterna di Danle, in forza
del quale non puo fallire che sieno da tulti qualificati in quel modo.
Ne solo il suddetlo principio di legittimita induce una differenza
ed una opposizione sostanziale sotto il rispetto morale ; ma induce
di phi un'altra differenza ed un'altra opposhione pur sostanziale ne-
gli stessi elementi costituthi della forma politica. Come abbiamo no-
tato, il Drittonuovo pone che il popolo e il vero e proprio soggelto
dell' autorita , e la fonte di lutti i dritti. Per opposto il Dritlo divi-
no pone che il soggetto dell' autorita e per naturale necessila diverse
dai popolo ; avendo il popolo, solo in alcuni casi la facolla di deter-
minare un lal soggetto ; e che dallo stesso concetto di au tori la sea-
turiscono i dritti, che la debbono accompagnare. II che posto, come
dunque puo concepirsi che ilGoverno dantesco, il quale si dovea ia-
cenlrare nel Monarca universale , sia una cosa con questo Governo
d' Italia , nel quale comanda il popolo ; e il Re , secondo la celebre
formola , regna ma non governa ? Imperocche quando ancora vi
avesse rassomiglianze casuali , che non e ; il concetto pero sarebbe
essenzialmente diverso : e inoltre quelle stesse rassomiglianze ma-
teriali , siccome raccomandate a una causa cosi vollabile , com' e la
Tolonta popolare , arbitra assolula delle forme governative , non sa-
rebbero per durare. Laddove nel sistema di Dante, essendo la sua
causa adequata un principio immutabile , attinto dalla ragione eter-
na, i suoi elementi sostanziali doveano essere per seimmutabili.
La quale opposizione radicale si fa anche piu manifesta nel logico
svolgimento di amendue i sistemi. II Governo popolare , sopra il
quale si fonda il regno d' Italia , oltre ad avere molli elemenli demo-
cratici , tende naturalraente a trasformarsi in pura democrazia. Cio
si fa chiaro per la stessa natura della cosa. Giacche se in un tale
reggimento il popolo e il vero sovrano , e manifesto che egli vorra
esereitare il meglio che puo della sovrana potesta ; e il piu presto
possibile credera di poter tutto. Ma senza bisogno di argomenti,
lo dicono aperto i dottori del Dritto nuovo , che nel Governo popo-
E 1L REGNO D' ITALIA 579
lare le forme temperate di monarchia e di aristocrazia non sono
altro che Iransizioni verso la pura democrazia. Per opposto Dante
produsse un tipo di Governo, nel quale la monarchia avesse il mas-
simo splendore, di cui , assolutamenle parlando , sia capace. 11 sue
Imperatore non avrebbe avuto altri Hroiti nella giurisdizione , cbe i
iimiti del mondo allor conosciuto 1 ; sarebbe slato principe assoluto
a somiglianza di Dio ; e il mondo a\rebbe resa immagine de' cieli
mossi da un primo mobile 2. La sua aristocrazia si sarebbe com-
posta dei Sovrani delle diverse regioni, rimasti veri sovrani, e non-
dimeno sottoposti a lui, come a padre comune ; ed egli componebbe
le loro reciproche differenze 3 ; ed essi dall' altro canto lo aiutereb-
bero nel governo universale, dando opera a far osservare le leggi
di giustizia e di pace 4. I popoli poi , formanti la gran famiglia del
genere umano, goderebbero le loro prerogative municipal!, e quella
vera liberta, 1'uso della quale e perfezione e ornamento di esseri
ragionevoli 5. Sopra il quale argomento impiega un paragrafo intero,
per escludere il concetto. della falsa liberta , che e quella de' liberal!
cosl moderni come autichi , e per dimostrare la liberta , che esso
vuole , e proclama come frutto della Nonarchia ; cioe quella che
metterebbe i popoli nella condizione di potere speditamenle usare
Tarbitrio, per quel fine, pel quale Dio lo ha conceduto, che e di ope-
rare il bene 6.
Or si consideri, se possa concepirsi conlrasto di termini repugnan-
ti maggiore di quello, che e tra 1' uno e 1' altro sistema. In quello di
Dante il vincolo delle parti e 1'unita nella forma semplicissima di un
solo dominante. Ma in questo della Rivoluzioue un vincolo di consi-
slenza, almeno forzata , e il molteplice : un'assemblea cioe , che si
dice eletta dal popolo, ma puo nou essere, e d' ordinario non e;
mobile ne'membri, varia per. interessi , discordante ne' priucipii ,
suscettiva delle piii contrarie passioni ; la quale altinge la forza, per
obbligare esseri ragionevoli , dalla prevalenza del numero ; e come
1 Mon. Ltb. I, §. XIII. Cltiamo redizione del Fraticelli ; Firenze 18S7.—
2 Ibid. §§. X e XI. - 3 Ibid. §. XVI. - 4 Ibid. §. XIII. - 5 Ibid. -
6 Ibid. §. XIV.
580 IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
puo sancire il giusto , cosi puo ancora 1' ingiusto ; ed anzi , secondo
un principio del Dritto nuovo, essa e che crea il giusto e T ingiusto,
perche unica fonte di giustizia e regola di moralita e il volere del
popolo, di cui si fa rappresentante. Nel gran lutto di Dante, benche
perfettamenle unificato , le singole parti, cioe gli Stati ed anche i
Comuni , dovevano conservare un essere lor proprio , e come tali
avere tanto di autonomia , quanta si potesse conciliare con quella
quali ta di essere membri di un vastissimo impero. Ma nel regnq
d' Italia, benche tanto disgregante sia il principio che lo informa,
nondimeno ogni differenza e ragguagliata, ogni amministrazione as-
sorbila dallo Slato, e la stessa privata proprieta quasi usurpata colle
gravissime imposte : e poi violentate le abitudini piu anliche per
condurle ad un livello , accomunate le leggi tra popoli di costumanze
diversissime , preso 1' arbitrio sino della famiglia e delle coscienze
colle sacrileghe leggi sul matrimonio, e piu altre lesive de'dritti pa-
terni e della religione.
Dalla quale organizzazione politica, si opposta a quella che Dante
immaginava , qual meraviglia che scaturiscono effetti anche del tutlo
opposti a quelli, che Dante s'imprometteva dalla sua monarchia?
Dante vi vagheggiava la pace universale, 1'amore inalterabile di So-
vrano a sudditi , di sudditi a Sovrano , la giustizia sempre incorrot-
ta, e resa sempre a tulti, 1'ordine nel gran corpo dell' impero, e la
perfetta liberta di ciascuno e di tulti 1. Ed e bello vedere com'egli
fili sillogismi e prosillogismi, per dimostrare la logica necessila di tut-
te queste beatitudini, stabilita una volta la sua predilelta monarchia.
Era un sogno, non vogliamo negarlo ; un sogno pero che avea mol-
to di vero, e se falliva in qualche sua parte, non falliva in tulte. Ma
questo regno d' Italia, Dio buono ! che orribile spettacolo di tult' i
mali, contrarii ai beni che Dante si aspettava dal suo imperio ! Non
ha pace al di fuori , coslretto di mantenere in asselto di guerra un
esercito di 400 mila uomini , parati ad aggredire o a difendersi
dalle altrui aggressioni. Non ha pace di dentro, perche da quali
classi di persone e sopra quali materie non e fatto segno di gravi
1 Mon. lib. I, §§. X1I1 e XIV.
E IL REGNO D' ITALIA 581
contrast! ? La massima parte degl' Italian! ripugna ad una domina-
zione che riconosce illegittima ; e se non sempre ne dapperlutto si
oppone la resistenza delle armi , sempre e dappertutlo sono mani-
fest! i segni del dispelto e del rancore, onde si porta un giogo, che
si sente gravissimo, si reputa ingiusto , e non puo essere scosso.
E anco tra coloro, che stanno pe' principii della rivoluzione, e si so-
no adoperati di tulle le loro forze per cosliluirne il nuovo reggimen-
to, qual concordia si scorge? Si dia uno sguardo alle due grandi di-
vision! dell'esercito liberalesco, di Mazziniani e di Ministerial!, e in
mezzo ad esse alle molte gradazioni e trasformazioni dell'una e del-
1'allra parte, alle opposte tendenze, ai contrarii propositi, ai richia-
mi vicendevoli , ai rimproveri , alle recriminazioni , alle accuse, al-
le calunnie ; e poi si deduca se questo regno della Rivoluzione ren-
da immagine di quella pace univ7ersale e di quell'amore di sudditi
a Governo e di Governo a suddili , che erano preconizzati da Dante
nella sua monarchia; o non piuttosto sia imilazione di un allro re-
gno di disordine e di odio, che pur Dante descrisse.
Ne si puo dire, che questi ed altri niali senza numero non sono da
addebitare al sistema in se, ma piultosto a vizio degli uomini ; e
principal men te che simiglianti dissesti sono inevitabili in sui prin-
cipii delle mutazioni politiche. No, diciamo : i mali che lamentiamo
sono logica conseguenza de' principii , de' quali e informato il Drit-
to nuovo, come per noi fu gia dimoslrato largamente, neU'esamina-
re che facemmo i celebri principii dell' 89. Massimamente poi pro-
vengono dal falso concetto che si e stabilito della liberta , in lullo
conlrario a quello che svolge e dimostra 1'Alighieri nel luogo da noi
citato, sostenendo che essa sarebbe I'ornamento migliore de' sudditi
della Monarchia. Che se col lempo possono essere in qualche modo
temperati i re! effetti, che ne devono rampollare, ci6 non puo acca-
dere altrimenti, se non in quanlo il Governo col fatlo contraddird, ai
suoi stessi principii. -V
Donde si manifesta un' altra differenza, pur essa sostanziale, fra il
Governo ideato da Dante , e cotesto dalla Rivoluzione alluato. Peroc-
che Dante ide6 la monarchia proprio per correggere quei disordini ,
per introdurre i quali si e compiuta la Rivoluzione. I disordini
IL CONCETTO POLITICO DI DANTE
lamentati da Dante si originavano da un pervertimento generale
della Societa, pel predominio di alcuni vizii capital!, che erano la
Superbia, avida di comandi ; la Invidia , intollerante di superior! e
di eguali ; 1'Avarizia , cupida di subiti e gross! procacci ; il mal co-
stume dilagato dappertutlo 1. Ma la ragione, per la quale coteste
cause universal! di corrompimento aveano libero gioco , la ritrova
nelle parti politiche che a vicenda si dilaniavano 2 ; nella preva"-
lenza de' tristi 3 ; nella impotenza delle leggi 4. A tulli cotesli mali
avrebbe arrecato rimedio il suo Monarca universale, potenlissimo, e
pero capace di far osservare le leggi ; Signore di tutto e pero non
soggelto a niuna cupidila , che lo potesse distorre dalla osservanza
della giustizia; giuslo e non cupido, e percio amantissimo de' suoi
sudditi, e da questi vicendevolmente riamato, si perche tanto bene-
ficati, si perch& a lui immediatameute congiunti 5. Or che allro si e
inteso qui nell' Italia coll' opera della Rivoluzione , se non appunlo
dare liberla aquelle stesse passioni sfolgorate da Dante, e con misura
si larga, che i tempi di lui, paragonali coi pochi anni da che impera
ia Setta, sarebbero da reputare fiore d'ogni civile e morale virtu?
Poiche se e vero' che le opere rivelano le intenzioni , questo veg-
giamo noi, cbe al fatto della Rivoluzione e conseguitato Tinnalzamen-
to di tanti esseri umaui , che noi non vogliamo qualificare , ma che
dicono essi medesimi non avere maggior merito , che di congiure
lenebrose , di arli fellonesche , di tpadimeoti ai lor principi. E poi
abbattimenlo di ogni tiore dell' antica sociela, ed assassin!! di one-
slissime famiglie , o cassi d' ufficio , o imprigionati , o anche fucilati
i loro capi. Per converse, subilanee fortune e accrescimenti stra-
bocchevoli in coloro che abbiano un titolo alle benemerenze della
Setla : e il pubblico Erario di coutraccolpo sempre in alto di es-
sere riempito colle sostanze del popolo e sempre vuoto, e pero il
popolo sempre a sudare, sempre a dissanguarsi, per imbandire le
1 Inf. VI, 74 ; Purg. XXIII ; Par. XV, XXI, ed altrove.
2 Purg, VI, 76, segg.
3 Ibid. 124, segg.
4 Purg. XVI, 94, segg.
Sifon. lib. 1, §. XIII.
E IL REGNO I)' ITALIA 583
mense , in cui gavazzi chi puo. Finalmente per suggello di tut'o la
irreligione e* la scostumalezza , non piu rislrette ne' co\i sellarii e
negli angiporli, ma libere ne' pubblici ritrovi, e nelle pubbliche \ie,
e non solo tollerate ma con for late di premii e di speranze.
E luttavia seguitaie a bestemmiare che il vostro regno e il regno
vagheggialo da Dante? E non basterebbe a costituire un' anlitesi
perfetla la qualita, che abbiamo ultimamente notata, dell' opera vo-
stra, cioe la irreligione che la penelra tutla, ed e suo spirilo e vita;
quando per contrario Dante ide6 la sua monarchia essenzialmente
cristiana caltolica , per costituire il regno civile di Cristo sopra la
terra? Non crediamo di doverlo dimostrare ; perocche questo si puo
dire che e 1' assunto de' Ire libri della Monarchia; e tulti gli argo-
menti, che esso adduce per dimostrare il Dritto divino dell'imperio,
la morale necessita di un Monarca, la sua dipendenza immediata da
Dio, T organizzazione del nuovo governo, finalmenle le sue relazio-
ni colla Chiesa, dimostrano appunto, non dovere la Monarchia esse-
reN altro nella sua essenza, che il Regno civile di Cristo in que-
sto mondo.
Se non che il sistema di Dante, secondo che dicono i liberali, re-
cava con se la dislruzionedel dominiotemporale de'romani Ponlefici;
distruzione, che, com' e chiaro, e la cosa maggiormente desiderata
da essi, dispostissimi ancora di commettere se e 1' Italia alia balia
di died Alberti tedeschi , se quesli acconsentissero a torre loro
dagli occhi il pruno del Papato. Pero che fa, par che ripiglino; che
fa che manchi ogni altra rassomiglianza fra la idea dell'Alighieri, e
la nostra? Questa e tanta, che basta essa sola per un perfetto rag-
guaglio. La presente difficolla ci chiama alia quistione, se Dante
volesse o no couservata la dominazione lemporale de' Papi: e com'e
cosa che non puo essere Iraltala per le leggier! , la rimetliamo ad
un altro quaderno.
R I VIST A
BELLA
STAMPA IT A LIANA
I.
Continuazione della Storia d' Italia di LUIGI SFOBZOSI, sino alia pro-
clamazione del Regno d Italia (486J ). — In 8.° pice, di
pag. LVI. Firenze, tipografia di G. Barbera.
Storia del Medio Evo , scritta per la HI classe ginnasiale del
7.° Editcandato da GAETANO ANGRISANI. — Volume Primo. In
8.° pice, di pag. 112. Napoli, stamperia del Vaglio 1863.
Crediamo di far cosa non discara e forse utile ai lettori nostri , se
di tanto in tanto li metliamo in guardia da certi libri e libercoli ,
che si sono divulgati in questi ultimi tempi e tuttodi si divulgano,
per servigio delle scuole d' Italia ; ma che o per un verso o per un
altro sono bacali, e piu idonei ad ammorbare che ad erudire gli
animi dei giovanetti sludiosi. E siccome i corrompitori della tenera
gioventu (conforme avvertimmo allre volte) nei libretti di storia,
piu che in quelli di altro argomento , sogliono occultare il veleno
de' rei principii e delle perniciose menzogne ; cosi non dia meravi-
glia, se noi a questi piu specialmente abbiamo 1'occhio, e di questi
li trattenlamo.
In uno dei passati quaderni ragionammo brevissimamente della
Storia d' Italia del signor Banfi, e di quella della innominata Madre
di Famiglia. Ora toccheremo pochissime cose del sovra mentovalo
opuscolo dello Sforzosi e del libriccino deH'Angrisani, i quali non
abbiam veduto ragione di separare.
RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA 585
Fino dal 1858, il signer Luigi Sforzosi diede a luce un Compendia
della storia d' Italia, daiprimi tempi sino all' anno 4850, nuovamen-
le scritlo per le scuole; opera che esaminammo con diligenza , lo-
dandone le otlime parti senza grettezza di critica, e censurandone i
difetli senz' ombra di animosita. Imperocche , riguardo all' Autore ,
di buon grado riconoscemmo che « scevro di pregiudizii e di pas-
sioni parti giane, e libero del pan da preconcetti e male inlesi si-
stemi di filosofia storica, egli procedeva generalmente con savia im-
parzialita : che se talvolta pur sembrava inchinato a un certo libe-
ralismo di opinioni, questo era in lui si temperato, che la verita sto~
rica di rado ne scapitava , e lo spirito sinceramente caltolico del
suo libro non ne riceveva gran nocumento 1 ». Ma stanteche egli
era incorso in notabili errori, percio sul merito del libro dovemmo
conchiudere : « Esso qual e non ci sembra da porre alle mani della
gioventu italiana, e molto meno da proporre come testo di storia
nelle scuole, perche la gioventu vi s' imbeverebbe di opinioni false
in parecchie materie rilevanti. Nondimeno, siccome ha pure molte
parti egregie, e lemen buone non sono difficili a sanare; egli sa-
rebbe a desiderare che qualche mano amorosa e perita si ponesse
air opera di emendarle. La fatica non sarebbe grande, ed avrebbe
un grande compenso nel somministrare ai giovani italiani un eccel-
lente compendio della Storia d' Italia 2 ».
Dopo il 1859 , essendo in Italia accadute le novita che tutti sap-
piamo, lo Sforzosi, per compiere il suo sunto di storia, divis6 aggiun-
gervi in Continuazione le cinquantasei pagine di quest' opuscolo, fer-
mandosi al 1861, anno memorabile per la promulgazione del cosi det-
to Regno d' Italia. Se non che, come gli avvenimenti mutarono intorno
all' Autore, cosi egli si S mutato a seconda degli avvenimenti : e ci6
a tal segno, che dove nel libro era apparso immune da pregiudizii
e da passioni partigiane, saviamente imparziale e di spirito sincera-
mente cattolico; nell' opuscolo si e dato a scorgere per un tutt'al-
tr'uomo, pieno di storti pregiudizii controla santitadel diritto, cal-
dissimo partigiano della rivoluzione, parzialissimo de' suoi arlefici
1 V. Civilta Cattolica, Serie quarta, vol. II, pag. 274. — 2 Ivi, pag. 288.
586 BIVISTA
e cattolico al di solto del ventiquallro carati. Percio i due lavori si
direbbero quasi dettati da due diverse penne ; giacche tanto distuona
il secondo dal prirao , quanto , per grazia d' esempio , distuonereb-
be la coda di un somiero dal corpo di uno stimabile palafreno. Gisi
perdoni la similitudine: ma noi non ne troviamo altra piu propria.
Ed in effetto i dodici anni decorsi tra la restaurazione del 1849
e T incoronamento regio della rivoluzione nel 1861 , con lutti i casi
che precederono, accompagnarono e seguirono la guerra del 1859,
sono da lui ricapitolati con uho stile, non gia da cordato compendiatore
di pubblici success! ; ma da gazzettiere di quella piu dozzinale specie,
che mente per professione. Del cbe sono prova le sperticate corli-
gianerie al Piemonte, allora sede dei mestatori che apparecchiavano
lo sconvolgimento della Penisola, e cbeesso glorifica come un terre-
slre paradiso; daccbe « ivi le libere islituzioni non spergiurate, ivi
le esigenze clerical i frenale, ivi il nucleo forte e.disciplinato del
futuro esercilo italiano » ; sono prova le caluonie al Granduca
Leopoldo II di Toscana , ch' egli dice « non aver ricavato che il
disamore del suo popolo » ; le insolenze al duca Francesco di Mo-
dena, il cui Governo taccia di « duro e antinazionale » ; le slesse
accuse a quello lanto mite di Francesco II di Napoli, i cui Mi-
nistri egli dipinge come intesi « a frenare nei popoli il desiderio
della liberla, raddoppiando le mlsure di rigore , le persecuzioni , le
catlure , le pene » . E queste sciocchezze scriveva egli mentre « i
popoli » del napoletano, armati contro i conquislatori del loro Regno
e i ladroni del loro Re , mostravano combattendo qual fosse in loro
« il desiderio della liberla ». Tali cose, lo ripetiamo, puo ben esser
Utile scombiccherarle in un foglio a un giornalista pagato per far ve-
dere la luna nel pozzo a chi vuol vederla ; ma rion sara mai decoroso
ne onesto ad uno scritlore per le scuole, presentarle, in forma di sto-
ria, a creduli giovanetti, per tradirne liberalescamente la buona fede.
Ma lo Sforzosi vince se medesimo , dove discorre della invasione
sarda del 1860 neH'Umbria e nelle Marche. Premelte che il Papa
si era allestito a difendersi contro « la rivoluzione, che sentiva fre-
mere ai suoi conGni ». Premetle che questi ordini di difesa « non
furono imprevidenti ». Premette che in sostanza il Papa era suffi
DELIA STAMPA ITAL1ANA 587
cientemente al sicuro, nei suoi Stall rimastigli, da ogni assallo della
democrazia. E quesle cose premesse, afferma che il Cavour era ri-
dotlo nella necessita d' impadronirsi della rivoluzione democratica
a facendo mostra di volerla reprimere » . Quindi narra la commedia
del colloquio di Chambery , e la narra con 1' artifmosa ingenuita di
un sempliciano : e detlo come in Chambery si fosse otlenuta la li-
cenza di « frenare la rivoluzione », seguila : « Ma intanto Cavour
facendo mostra di voler frenare la rivoluzione , ne affrettava il
corso » dichiarando la guerra al Papa. E per adonestare questo im-
broglio di contraddizioni e d'iniquila, esce in questa finale sentenza:
// momento era dunque opportuno, sarebbe stato un errore lascia-
re sfuggire I'occasione; conveniva, con un alto di cor aggio politico,
violare il diritto diplomatico, per pone in campo il diritto nazionale.
Ecco in tre righe un sublimato di perfidia machiavellesca, non solo
encomiato dallo Sforzosi, ma colorito di una linta rosea e dalui por-
tato in trionfo. Eccol'assioma del fine che giuslifica i mezzi, santifi-
cato ; ecco un sacrilego latrocinio in danno della Sede di Pietro , lo-
dato per « allp di coraggio politico » ; ecco 1' assassinio internazio-
nale e il rapimento degli Slati della Chiesa, scusati come necessaria
« violazione di diritlo diplomatico » ; ecco la rivoluzione levata a
cielo, sopra tutte le ragioni di giustizia umana e divina, con la ma-
schera del « diritto nazionale ».
Questi cenni possono bastare per saggio dell' abbietlo spirito di
parte, ond' e brultato cotest' opuscolo di Continuazione della Storia
d'ltalia dello Sforzosi. Per lo che ci passiamo dal notare tante altre
magagne liberalesche che lo infrttano, massimamente nel paragrafo
che comprende-la coltura degl'Italiani dal 1815 al 1861 , il qual e
un continue panegirico dell'ingegno adoperato in servigio della setta;
e paghi di aver indicate la specie del \eleno di cui lulto 1' opuscolo
e cosparso, veniamo all'altro dei libercoli sopra annunciati.
II giornale La Educatrice italiana, direlto dalla signora Luisa Ama-
lia Paladini, direttrice della regia Scuola superiore , normale e spe-
rimentale, perlefemmine di Firenze, giornale le cui qualila educati-
ve i noslri leltori non ignorano 1; dando conto della Storia del Medio
1 V. Cimlta Cattolica, vol. I di questa Serie, pag. 592 segg. #
588 RIVISTA
Evo dell'Angrisani ; cosi coinincio il suo articoletto « favoritole » da
Napoli, e da lei accollo e stampato con « fervide grazie » al mandante:
« Ecco un buori libriccino, ma buono davvero, per le nostre scuole.
Ce ne fa dono (e si che e un dono assai preziosounbuonlibro, mas-
sime quando e ordinalo a formare il cuore e la mente della giovane
eta) il signer Gaetano Angrisani, per quanto istruito altrettanto mo-
desto pretino qui delle nostre province , di Rocca presso Cava. E
per ben quindici anni, nella Badia di Cava insegno lettere ai giovani
di quel convitto il valoroso uomo ; donde poi , quasi nascosto ed a
pochissimi noto, per la sua grande modestia, venne a trarlo , per
tradurlo in luce alquanto piu aperta , il ministro Francesco de San-
ctis. Ed eccolo professore nel 1.° dei tre istituti governativi femmi-
nili (di Napoli) ; a cui da oggi il nome la prima delle figliuole del
glorioso Re d'ltalia, principessa Clotilde. . . . L Angrisani e conten-
to d'insegnare a fanciulle gentili, colle quali ( ed ei fior di costumi
e di cortesia ben vi riesce) si vuole alia urbanita e morbidezza dei
modi, congiungere un non so che di severo e di grave ; e pero chi
per avvenlura ne lo spiccasse, per adoperarlo in allro, forse non gli
farebbe la piu grata cosa del mondo 1 ».
Avvegnache queste lodi, ed altre maggiori del femminesco giornale
che per brevila omettiamo, e ancora piu i maligni tratti che egli cita
della storia dell' Angrisani, ci avessero persuasi della sua perversita;
tuttavolta, per fame un piu si euro giudizio, ce ne siamo voluto pro-
curare il testo. Ma dall' attenta sua lettura ci e stato forza dedurre
pur troppo, che il « modesto pretino » non e se non uno degli odier-
ni presbiteri liberali , che hanno voltate le spalle al Papa, per istri-
sciarsi ai piedi della rivoluzione ond' hanno il salario ; e che ben
compassionevole dev' essere la educazione data alle fanciulle e pro-
mossa da istitutrici, le quali ammetlono per « buono, ma buono dav-
vero » e per un « dono assai prezioso » questo libello , scandaloso
per le prave massime che inculca , ed empio contro la Santa Sede.
€io dimostrando, faremo, come si suol dire, un viaggio e due servi-
zii : poiche scopriremo un lacciuolo di piu , leso pubblicamente alia
semplicita giovanile, e riconfermeremo le cose dure ma vere che al-
„ 1 Anno I, N. 25, pag. 387.
BELLA STAMPA ITALIANA 589
trove ci accadde di scrivere, in biasimo della Educatrice italiana e
degrintendimenli seltarii a cui e indirizzata essa e la donnesca con-
sorteria, che in lei fa cenlro.
Non grande primieramente e in se medesimo il valore del « libric-
cino » . I falti che riepiloga si stendono ai circa quattro secoli , corsi
dalla scesa di Alarico in Italia co' suoi Visigoti , fmo alia distruzione
del Regno dei Longobardi. Lo stile e tronfio, ricco di ampolle che
uno inesperto puo prendere di leggieri per sentenze da Tito Livio o
da Tacito , e povero di quella schietta naturalezza , che e la princi-
pal dote di un' opera didascalica. La lingua non e sempre di un te-
nore. La materia e tolta dai soliti libri, e in gran parte da quelli di
Cesare Balbo ; ne porge altra novita , se non gli stravaganti concetti
mescolati dall'Angrisani alle cose degli Autori ch' egli ha svaligiati.
II metodo poi non & niente affatlo elemenlare e proporzionato alia
capacita di fanciulle , si per le inopportune digressioni con cui fra-
staglia il racconto , si per la disuguaglianza della esposizione ora
troppo diffusa , ora troppo succinta , e si per la forma del narrare ,
la quale ha piu del declamatorio che dell' insegnativo.
Quanto al suo pensare politico , egli e tullo liberalismo e demo-
crazia , ma denlro certi confini , segnati a lui dalla sua condizione
di salariato dal Ministro dell' istruzione pubblica del Regno d' Italia.
Cosi a mo' d'esempio , egli vitupera « i dominanti di ogni eta , di
ogni paese » perche « credeltero e crederanno sempre di aver mol-
ti diritti e pochi doveri , o nessuno » : ma a questa universalita fa
un' unica eccezione; « salvo uno (die* egli) conceduto in questi tem-
pi dalla benignit^ de' cieli all' Italia 1 » : ed e quello nel cui nome
egli gode la palente e ii soldo di professore nel 1.° Educandato di
Napoli. Medesimamente egli afferma che « la mancanza di unReale,
fu riputata sempre una benedizione celeste per gl' Italiani » : ma
affinche nel Minislero dell' islruzion pubblica niuno dovesse pigliare
scandalo di una si democratica asserzione, egli ha avuto cura di
aggiungere questa noterella a pie di pagina : « quando il Reale non
sia di Casa Savoia , s' intende 2 ».. Con che lascia anche facilmente
sottintendere, com'egli sara disposto ad eccettuare qualche altro Rea-
1 Pag. 51. — 2 Pag. 75.
590 TUVISTA
le; purche da quel Reale dipenda cio die per lui dipende dal Reale
di Casa Savoia. E cio sia detlo per mettere in chiaro il liberalismo
purissimo del « modesto pretino » , tanlo caro alia Educatrice
italiana.
Venendo oraalle massime, di cui ingemma la narrazione della sua
storia , melteremo da banda le poliliche, le quali sono, come avvi-
sammo , un fiore d' italianita liberalesca ; e ci contenteremo d' un
saggio delle religiose , che con quelle sono inlimissimamenle legate.
L'Angrisani, verbigrazia , non approva che la Chiesa abbia nessun
potere estrinseco sulla terra, e non ostante la contraria definizione
dei Concilii, dei Padri e del Romani Ppntefici, egli abborre da qua-
lunque eserdzio di questo potere ; singolarmente se coercitivo. Quin-
di esecra 1' inquisizione ch' egli dipinge a suo garbo 1 ; quindi inse-
gna che i « ministri di una religione di amore dovrebbero battaglia-
re con quesle due armi : la parola della Bibbia e la Croce 2 » : non
con altre. Per lui la « tolleranza civile » dei culti e « una delle piu
felici eonquiste del secolo 3 » : e il Papa e martire san Giovanni!,
coslretto dall' ariano Re Teodorico di chiedere air Imperator greco
tregua a favore degli Ariani in Oriente, per salvare i Cattolici dell'I-
talia che il barbaro Re voleva meltere a fil di spada, se 1'lmperato-
re non si mitigava con quelli ; questo santo Papa e da lui rappre-
sentato quasi un iipo di Pontefice liberale. Onde sclama: « Egli,
capo della comunione callolica,-non isdegno d' intercedere a pro de-
gli erelici ariani. lo veggo in lui it sacerdote, ch'ebbe lirapido con-
cetto della sua missione di amore e di pace 4 » . Come se Tamore di
questo Papa avesse avulo per termine gli eretici ariani , in quanto
tali, e non anzi i Cattolici dell' Italia ; e la pace da lui intesa fosse in
pro della eresia d'Orienle , e non anzi della cattolica Fecle in Occi-
dente. Per la medesima ragione, egli riprova la guerra di Clodoveo,
primo Re cristiano dei Franchi , contro Alarico H Re dei Visigoti
ariani ; contuttoche questa guerra fosse benedetta da san Remigio, e
accompagnata da visibili segni deila celeste protezione. « Cristo
( oracola qui VAutore teologizzando da ridicolo sofista) non disse mai
a'suoi discepoli: scannate coloro che non vogliono credermi, ne gli
J Pag. 60. — 2 Pag. 16. — 3 Pag. 35. — 4 Pag. 42.
BELLA STAMP! ITALIANA 591
Apostoli conquistarono altrimenli alia sua fede le genti, se non con
la soave parola , eke sa dettare 1'amore. Clodoveo levando la Croce
ad insegna di sterminio, ioizio quelle guerre spielate, che nel deci-
moseeondo e decimosesto secolo allagarono la Francia col sangue
degli Albigesi e degli Ugonolti 1 ». Di modo ebe, giusta la teologia
di questo pretino, gli Ariani r gli Albigesi e gli Ugonolti eras liberi
d' infierire a posla loro contro i Cattolici : ma i Cattolici Re e suddili
HOB dovevano e non potevaoo combatterli, nemmeno in guerra giuri-
dica, perche la loro arma e « la soave parola che sa deltare 1'amore ».
Si vede proprio cbe il modesto pretino ha un cuore di zucehero, nato
fatto per « insegnare a fanciulle gentili » cose dolcissime ; ma eerto
He il cateehismo y ne la storia.
Inoltre egli si finge divoto dei Sanli antichi, ed ha in uggia i San-
ti modern! : non«gia (si badi bene) perche gli antichi foss^ro in san-
tita piu esimii che noa i modern! ; ma perche gli anlichi , come sa&
Benedetto r usavano « tolleranza » : doveche i morlerni, o almeno
alciini di essi, hanno dimenticati i molli esempii, dice esso> di que-
sla tolleranza, lasciati loro da Gesu Cristo : e poi perquest'altra ca-
gione: « I Santi antichi aveyano caro il luogo natio, certo non perk
mura e le case , ma per le ragionevoli creature , che vi abitavano ;
vedevano IQ quelle il prossimo , raccomandalo dal Vangelo e 1' ama-
vano. Ma certi Santi odierni, di miova stampa, trovano in quell' amo-
re un brutto peccato , la parola di patria gli spavenla piu di quella
di Satana; il che, se e santila, convien dirla u»a santita di assai
fresca data 2! » A ehe miri il nostro pretino con questi dardi, e age-
vole indovinarb: tanto piu che egli altrove, narrando di san Leone
Papa y il quale disblse Attila dal tribe-tare T Italia , ripete che que-
sto Santo « non eredeite fosse peccato amare la patria 3 ». Ma 1'An-
grisani dovrebbe avvertire , che ci e patria e patria: la palria vera
popolata di prossimi, e la patria falsa , doe la congrega dei settarii
figliuoli di Satana, che congiurano a perdizione della yera patria.
Adunque i Santi odierni amano di gran cuore la patria vera e lepro-
cacciaoo ogni bene possibile, ma per fermo rifuggono dalla pati'ia
falsa, vale a dire , dalla fratellanza dei settarii , come da Satana ;
1 Pag. 38. - 2 Pag. 57, 58. - 3 Pag. 16.
JJ92 RIVISTA
non altrimenti che facessero i Sauli antichi. Imperocche agli anti-
chi e ai moderni fu ed e regola il documento lasciatoci da Cristo ,
ove disse : Cavete a fermento Pharisaeorum. E in vero , se 1'Auto-
re si pon la raano sul petto sacerdotale, e si fa presente all'animo il
giudizio di Dio, vedra ancor egli che non solo nessun Santo, ma nes-
sun cristiano puo in coscienza amare una setta, la quale, usurpan-
dosi per esempio il nome e i diritti dell' Italia, si serve di questa
sua usurpazione per opprimere i popoli italiani , per dissanguarli
nelle sustanze , per tiranneggiarli nelle famiglie , per corromperli
nei costumi , per guastarli nella fede , per depravarne i figliuoli e le
figliuole con una educazione malvagia, per istraziarne i Vescovi e i
sacerdoti, per derubarne le chiese , e per farli scherno e ludibrio
del mondo. Che se allri predichi 1'obbligo di amare una tal setla ,
perche essa e la « patria » , ancor che il predicates sia un pretino
« modesto » quanto una colombella; 1'Angrisani (sempre al lume
del giudizio di Dio) dovra consentire anch'egli, che un tale predica-
tore non merita altra risposta, da quella in fuori del Vade retro, Sa-
tana , che diede lo stesso Signor nostro in un certo caso , per am-
maestramento di tutti i Santi e antichi e presenli e fuluri.
Se nou che tutte le ire di questa colomba, senza fiele per gli Ariani,
per gli Albigesi, per gli Ugonolli e per ogni razza di barbari e d'in-
fedeli malefici, sono riserbate pei Papi e pel loro temporale domi-
nio. Questo e 1'orco e la versiera che turba i sonni dell' Angrisani.
Lasciamo in disparte il grosso errore, che « il civil principato dei
Papi abbia sempre cozzalo con le citta Hbere,preludiodeiComuni 1»;
mentre all'opposto la storia dichiara luculentissimameute, che i Papi
furono vigili protetlori dei Comuni d' Italia, contro 1'ingordigia dei
Cesari germanici; e, per tacere di altri, ne son prova Gregorio VII,
Alessandro III, Innocenzo III e Gregorio IX; e riportiamo invece la
sua dottrina circa la tesi in genere del sovrano Potere dei Romani
Pontefici. Eccola: « Con Gregorio II comincio la signoria temporale
de'Papi. La quale apparentemente vantaggio la digniladel papalo,
ma la vera grandezza ne estinse. I Pontefici Romani finirono di es-
sere buoni Vescovi, per essere cattivi principi, e governarono la
1 Pag. S3.
BELLA STAMPA ITALIANA 593
Chiesa, non piu con la ragione divioa, ch'5 nel libro de'Vangeli,ma
con quella fredda ragione umana, che si chiama politica. AH'occhio
del volgo ignorante, che si lascia .abbagliar dalle forme, furono una
potenza; ma innanzi all'intelletto che giudica, furono una contrad-
dizione. II Vescovo di Roma, messosi in testa il triregno, fulgido di
gemme, disse: io regno; ma la croce che gli pendeva sul petto, ri-
cordava quel Cristo, che avea detto : il mio regno non e di questo
mondo l ». Questo garbuglio di spropositi, di beslemmie, di em-
pieta e di eresie, per essere una perfetla antitesi di tutte le recent!
definizioni del Santo Padre Pio IX e delle dichiarazioni dell'Episco-
pato cattolico; e per essere uno stillato di tutti i piu ignobili sofismi
degl' increduli, de' frammassoni e de' protestanti dei nostri giorni,
non 'ha mestieri di altro commento.
Un altro passo, degno di essere considerate, $ questo, in cui il
pretino sentenzia modestamente, al suo solito, intorno alia chiamata
che fece Gregorio III dei Franchi, per dare un respiro all'Italia ves-
sata dai Longobardi. «E questi si che fece un gran male ! fu il pri-
mo principe italiano, che chiamasse gente armata e foresliera in Ita-
lia. (Qui pone in nola: Dico principe ilaliano, perche regno in Italia;
ma egli, per minor vergogna del nostro paese, era nato in Soria).
Cesare Balbo lo scusa ; ma le ragioni che allega, non mi paiono de-
gne di lui. Un fatto di per se caltivo non puo mai essere giustificato
dal fine, pognamo che sanlo fosse stato il fine del Pontefice. Se era-
no stranieri i Longobardi, che stanziavano gia da presso a due se-
coli nella penisola, non erano piu stranieri i Franchi, che non 1'ave-
vano ancora vedula 2 ? » Passiamoci di entrare nelle ragioni storiche
e giuridiche di queslo falto, che 1' Angrisani finge d' ignorare , per
mordere con piu velenoso dente il grande e santissimo Pontefice sal-
vatore degl'Italiani : e in quello scambio argomentiamo cosi ad ho-
minem. Se il chiamare « gente armata e forestiera » in Italia, anche
per liberarla da slranieri e barbari, per « un principe italiano » e
un fatlo per se cattivo, che non pud mai essere giustificato dal fine;
come potr& dunque ii signor Don Gaetano Angrisani, professore nel
1 Pag. 94. - 2 Pag. 97.
Serie T/, vol. 11, fasc. 365. 38 22 Maggio 1865.
594 RIVISTA
1.* Educandalo governativo di Napoli , giustificare la chiamata dei
Frances! in Italia nel 1859 : chiamata falta da quel Re che egli glo-
rifica come unico dono « della benignita dei cieli all'Italia » ; e chia-
mata fatla per cacciarne stranieri , che non erano sicuramente bar-
bari, ne da paragonarsi ai Longobardi? L'umile servo che mangia il
pane di un Governo, il quale sussiste in Italia (e anche in Napoli) per
virtu di un foresliero intervento, dovrebb' essere piu cauto , se non
nello spropositare, almeno nel vestire con garbo i suoi spropositi in
certe materie. II che sia detto anche per riguardo aH'altro luogo, nel
qaale, magnificando il Papa Giovanni III , che frastorno Narsete dal
disegno d'introdurre Alboino in Italia, soggiunge: «In que' tempi,
per tante ragioni infelicissimi, erano consolanle spettacolo i Pontefici,
che amavano Tindipendenza d'ltalia, e non credevano opera merito-
ria venderla allo straniero 1 » . Dove non sappiawo che cosa piu
amrnirare , se Y impudenza o la dissennatezza della caluniosa insi-
nuazione. Giaeche noi sfidiamo TAngrisani a trov.arci un Papa , che
abbia venduto 1'Italia o un palmo di sua terra allo straniero : e in
quella vece e tanto fresca lavendita di Nizza e Savoia allo straniero,
falta dachi sa egli, che il ricordarla a questo proposito, e una in-
solenza la quale gli potrebbe costar caro.
N& dis&imile e 1' osservazione da farsi intorno a questa sua sen-
tenza della donazione di Pipino al Papa Stefano II. «E evidente che il
dominio papale ha una origine poco gloriosa ; fu 1'effettodi una con-
quisla ; e la conquista non costituisce mai un diritto, se pur non vo-
glia dirsi nel suo dirilto il ladro, che ritiene le cose altrui , perch&
ebbe T arte e la forza di prenderle. Dall1 allra banda una donazione
non e legale, quando chi dona non ha diritto di donare; e non ha di-
ritto di donare chi dona cose non sue ; e cose non sue dono Pipino
al Pontefice 2 ». Questa bella catena di proposizioni, che sono scioc-
che applicate al caso di Pipino, sono tutf altro che sciocche applicate
al caso del Regno d' Italia. E noi saremmo curiosi di leggere una
« moteta » dimostrazione dell' Angrisani , con la quale provasse
che Pipino, conquistando terre italiane sopra barbari usurpatori, e
donandole a un Principe italiano , la fece da ladro ; e che al contra-
1 Pag, 67. — 2 Pag. 100.
BELLA STAMPA 1TALIANA
rio il Piemonte, conqnistandq, esempligrazia, il Regno di NapoU ila-
liano, senz' altra ragione che la voglia di conquistarlo, e ritenendolo
per se e per la sua corona, a dispetto dei nazionali che resislono,
noo ha operato da ladro , ma da benefatlore , umco dono « conce-
duto dalla benignila dei cieli all' Italia ». Ne vale addurre il preleso
suffragio dei popoli. Stanteche la donazione di Pipino al Pontefi-
ce non fu compra con sangue italiano , ne imposta, ne mantenuta
col ferro e col fuoco ; anzi fu acclamata da lutte le genii italiche ,
lietissime di permutare la tiranriide dei Longobardi col paterno reg-
gimenlo dei Papi. E converse la conquisla piemonlese del Regno fu
effetto di bo"mbe e cannoni ; fece spargere fiumi di sangue napolita-
no, e il suffragio dei popoli che la ripudiano, esce tultodi dalle boc-
che dei moschetti si dei conquistatori fucilanti i conquistati, e si dei
conquistali guerreggianti i conquistatori.
Meriterebbe altresi particolare nota T ultimo capitoletto, che nel-
1* indice ha questo titolo: « Papa Adriano I tradisce il suo mloiste*-
ro , per mostrarsi grato a Carlo Magno , che gli avea creseiuto il
dominio temporale » ; e nel corpo del libercolo , questo tradimento
restringesi al gran delitto di non avere punito Carlo Magno, pel ripu-
dio della moglie Ermengarda. Vogliamo apporre a frutto d'ignoran-
za, questo maligno zelo del •« modeslo pretino » conlro un Ponlefice
venerando. Ma appunto la modestia insegna a non isfritiguellare ne
lodi ne biasinai, sul conlo di cose che non si conoscono. Che Adriano
Don fallisse al suo debito, si e da noi mostrato nella esposizione che
facemmo in addietro del caso di Ermengarda 1. E posto eziandio
che questo Papa fosse conlravvenuto agli obblighi del suo ministero,
sarebbe pur sempre sozza la perfidia di ascrivere, senza fondamento,
questo suo fallo ad ambizione di veder « creseiuto il dominio tem-
porale. »
Ci fermeremo qui e conchiuderemo , che se questa putida scon-
ciaturella di Storia del Medio Evo e « buona, ma buona davvero »
per le scuole della Educalrice Italiana, diretta dalla signora Lui-
sa Amalia Paladini , e per « formare il cuore e la mente » alle sue
educande e a quelle « del 1 .° dei tre istituti governalivi femminili »
1 Y. Cimlta Cattolica, Serie Quint'a, vol. V, pag. 385 seg.
596 RIVISTA
di Napoli ; manifestamenle e pessima , ma pessima davvero , per le
scuole cristiane e per tutti quegl' isiituli, ne' quali si procura di for-
mare, secondo lo spirito cattolico, il cuore e la mente delle fanciulle.
Che poi im sacerdote, il quale proculcasi fellonescamenle le ragioni
della verita e della giustizia, debite alia santa madre Chiesa e al Ro-
mano Pontificalo, come fa I'Angrisani in questo suo primo volumelto
di storia, sia per la Educatrice Italidna un « modesto pretino » de-
gnissimo delle sue laudi, cotesto non fa specie : ma non possiamo te-
nerci dal soggiungere che se ne capisce ancora il perche. E questo
perche, lo diciamo netto, e in cio : che si Y Educatrice, come i suoi
padroni, governanli i convitti femminili d'ltalia, vogliono'allevare una
generazione di zitelle sprezzatrici del clero, disamorate della Chiesa
cattolica, irriverenti al Papalo, fredde, e qualche cosa peggio, nella
pratica della piela religiosa : e si figurano che una cosiffatta educa-
zione sia per giovare grandemente alia patria ed alle famiglie. Ma
s' ingannano a partito. Noi non dubitiamo di asserire , che questa
raddoppiera anzi le onte della palria e i dolori delle famiglie. Peroc-
che essa e la via regia, che mena alia dissolulezza e alia perdizione 1.
6 cruda questa verita : ma e verita , e
II yer convien pur dir, quando e' bisogna.
^.>_^. * (.\ ,-:*! '<. " • '.if- fl . , lif^ •" '.' . .•<**', \-.'. -J~
1 Che la dissolulezza e la perdizion del costumi siano il termine di que-
sta educazione liberalesca delle fanciulle, si fa chiaro per esempii anche re-
centissimi. L'egregio Osservatore cattolico di Milano dei 9 Maggio di que-
st' anno, riporta una lettera scrittagli da Bologna, nella quaie si narra 1* esi-
to turpemente infelice di certe Scuole normali femminili con conmtto (di
quelle appunto che promuove la Educatrice italiana], stabilitesi pure in quel-
la citta religiosissima. Or quest' esito e stato, che cola dentro si tennescuo-
la di obbrobiosa disonesta, a aprendone la via quella savia Direttrice » che
era, s' intende, una liberalessa di primo conto. E lo scandalo e stato tale,
che e ad essa signora Direttrice e ad alcuno dei professori si e dovuto da-
re lo sfratto, per salvare se non altro le apparenze di un po'di decoro. Pia-
cesse a Dio che questo caso fosse uuico ! Noi lo abbiam voluto accennare,
si perchfc conferma pur troppo la terribile verita da noi asserita, e si perche
giovi di avviso ai padri ed alle madri di famiglia, che non si lascino adesca-
re al lecco farisaico di questa educazione. Senza il fondamento del timore di
Bio, della fede e della pieta pratica, non e possibile educare la donna con
buon effetto.il proverbio che dice: Se non set pia, sei donna ria, e proverbio
difficile a smentire.
BELLA STAMPA ITALIANA 597
II.
Commentaries in Prooemium Breviarii et Missalis de Compute ec~
desiaslico, usui clericorum accommodates, auctore Presbytero.
Edilio secunda, auctior et emendalior. Atrebati, typis Rousseau-
Leroy, bibliopol. 1864. Un vol. in 8.° di pag. VII, 205.
Di qual momenta sia lo stabilire il di della Pasqua, al che e or-
dinato il Computo ecclesiastico, perche dalla Pasqua pende il corso
annuo delle feste e degli uffizii , ne sia argomento la cura, che i so-
vrani Gerarchi ed i Concilii posero nel regolarlo.
Dal 1." Canone del Sinodo Arelatense, celebralo 1'anno 314, nono
di Costantino, e primo di S. Silvestro romano Pontefice, si racco-
glie che in un medesimo di da tulti si dovea celebrare la solennita
della Pasqua, e che il romano Pontefice ne rendeva con sue epistole
ammonita lutla la Chiesa. Ecco le parole del Canone, che i Padri
Arelaiensi diressero al Sommo Pontefice S. Silvestro: Primo loco
de observations Paschae Domini (alcune edizioni hanno Dominici
e Dominicae } ut uno die et uno tempore per omnem orbem a nobis
observetur, et iuxta consuetudinem litteras ad omnes tu dirigas J.
Eusebio di Cesarea c' insegna che il giorno per celebrare la Pa-
squa non era ne dovea esser altro che la Domenica : « Venuto, egli
« scrive , dalla tradizione degli Apostoli si osserva anche a questi
« di il costume, che non in allro giorno, salvo il di della Domenica,
« che e il di del Signore , si celebri il mistero del Risorgimento del
« Signore, e in esso si chiuda il digiuno pasquale. A questo inten-
« dimento si sono adunati Concilii , si sono tenute adunanze di Ve-
« scovi , e tutli di concordia hanno slatuito e con lettere a tulti i
« fedeli insegnato questa legge ecclesiastica 2 » . Ivi medesimo ac-
cenna alle lettere, che le Chiese e i Veseovi della Palestina, del
Pouto , delle province Osroene , delle Gallie , e sopra ogni altra la
1 Collect. Condi, edit. Mansi.
2 Hist, eccl cap. 23 , lib.' 5, edit. Vales.
598 RIVISTA
Chiesa romana e S. Vittore inviarono sopra questo punto. E seb-
bene le Chiese dell' Asia minore per lontana consueludine cele-
brassero la Pasqua il di della decimaquarta luna di Marzo , e sin
dall'anno 166 S. Polfcarpo Vescovo di Smirne fosse venulo in Roma
a trattarne con S. Aniceto romano Pontefice ; nientemeno ebbero
contro se i decreti della Chiesa e de' sovrani Paslori.
Nel gran Concilio Niceno, celebrato 1' anno 325, present! i legati
della Sede apostolica e Costantino imperatore, si defini, per Concorde
senlenza de' 318 Yescovi che vi erano intervenuli, la questione
della Pasqua. Udiamolo da Eusebio : « Essendo venuta in mezzo la
coutroversia intorno al sanlissimo giorno di Pasqua, sidecreto per
consentimento di lulti, che quesla festivita, dalla quale e entrata
ne'nostri cuori la speranza della beala immortalita, fosse da tutti al
tenore medesimo in ogni luogo solennizzala, fi poi sembralo a tulti
indegna cosail seguitare in questa solennitalaconsuetudinede' Giu-
dei, i quali , siccome coloro che hanno le mani macchiale dell'e-
norme delitto, sono imraondi e ciechi. Dunque, ripudiato il costume
de'Giudei, possiamo tramandare alle eta da venire questo santo rito
dalla Passione del Signore sino a questo di da noi osservato 1 » .
Dai quali due luoghi di Eusebio echiaro: 1.° die la consuetudi-
ne di celebrare la Pasqua in giorno diverso da quello degli Ebrei
era comune a tutte le Chiese, eccetto quelle dell1 Asia minore: 2.° che
cio si teneva per .tradizione apostolica: 3.° che queslo giorno era la
Domenica,
Un nobile espositore della dottrina stabilita nel Concilio Niceno
abbiamo in S. Ambrogio. Questi scrivendo ai Vescovi dell' Emilia,
dopo aver encomiato la sapienza de' Padri Niceni nel defmire la con-
troversia della Pasqua , conchiude cosi: Duo autem observanda
sunt in solemnitale Paschae quartadecima luna, et primus mensis
qui dicilur novorum%. Con che dichiara che la Pasqua, per de-
creto del Concilio Niceno, si deve celebrare la Domcnica dopo la
luna XIV del primo mese : e per primo mese intende quello, la cui
1 EUSEB. de Vita Constantini, Lib. 3, cap. 18, edit. Vales.
2 Questa epistola fu scritta i'anno 386. S. AMBR. Epist. 23 ad Episcopos
Aemiliae, clas. 1. edit. maur.
BELLA STAMPA ITALIANA
luna XIV cade nel di 21 Marzo, o immediatamenle lo segue, secon-
doche largamente spiega il Ven. Beda 1.
S. Innocenzo I fe' con sua leltera ammonito Eusebio Vescovo di
Cartagine, perche le Chiese dell' Africa concordassero colla Romana
nella eelebrazione della Pasqua dell' anno 414. E qui e da por men-
te, che il Petavio liene , che da S. Innocenzo si accenni alia Pasqua
del 403 : all' inconlro il Bucherio, il Noris ed altri stanno per la Pa-
squa del 414, e alia sentenza di questi si accosta il Van-Der-Hagen 2.
II gran Pontefice S. Leone phi lettere scrisse per fissare il di della
Pasqua dell' anno 455 : di queste splamente nove sono a noi pervenu-
te 3 : dacche era il santo Pontefice non mediocremente impensierito
per la discordanza del ciclo degti Alessandrini dal ciclo dei Romani ;
il che portava che la Pasqua del 455 agli Alessandrini cadesse il
24 Aprile , ai Romani il 17 dello stesso mese. E questa discordanza
nasceva dall' essere i salti della luna piu frequenli nel ciclo de'Latini,
phi rari in quello degli Alessadrini e dalla di versa tessitura degli
stessi cicli. Sin dall' anno 451 ne scrisse a Pascasino, Vescovo di Li-
libeo in Sicilia, perche facesse studiare la questione da uomiui dotli
nel computo ecclesiaslico e neH'aslronomia, edase inviasse il frulto
delle loro investigation! 4r A questo intendimento invio lettere a Giu-
liano Vescovo Coense, suo nunzio in Costautinopoli , ed a Marciano
imperatore: ne vani e senza frutto tornarono i consigli di S. Leone.
Perche Proterio Vescovo Alessandrino, richiestone da Marciano, ap-
plico 1' animo e lo studio a definire il di della Pasqua dell' anno 455,
e la pose al 24 di Aprile. 11 sapiente Pontefice, tuttoche di mal ani-
mo perche questo giorno non rispondeva al ciclo romano, stabili
nientemeno la Pasqua dell' anno 455 al 24 di Aprile, secondo il ciclo
1 De ratione temporum, cap. 42.
2 PETAVIUS, de Doctrina temporumtib 2, cap. 67. - HENRICTIS NORIS m dis-
sertatione ad Anonymi Fastos Consulares p.. 45, et.in dissertations 2a de pa-
schali Latinorum Cyclo p. 130. - BUCHERIUS in Commentario ad Canonem Vi-
ctorii c. 7,-§. 5. - VAN-DER-HAGEN, Observations in Veterum Patrum et Pon-
tificum Prologos et Epistolas paschales.
3 Admonitio in epistolam 88 S. LEONIS MAGNI., edit. Balleriniorum.
4 S. LEO M. Epist. 88, edit. Bailer.
600 RIVISTA
alessandrino : e ne scrisse, il 28 Luglio del 454, ai Vescovi delle Gal-
lie e delle Spagne con questa nobile sentenza : Studio unilatis et pa-
ds malui orientalium definitioni acquiescere , quam in lantae fesli-
vitatis observantia dissidere 1. E in altra lettera a Ravennio Vesco-
vo Arelatense pone due canoni , che sono da avere innanzi agli oc-
chi nella solennila della Pasqua ; 1.° che: ad praecipuum religionis
noslrae pertinet sacramenlum, ut in festivitate paschali nulla sit
toto orbe diversitas; 2.° che: hoc divina instilutio , el pater na tradi-
tio ad nostram sollicitudinem voluit pertinere 2.
Senonche quesla gloria di stabilire entro i veri limili la solennilSi
della Pasqua, Iddio serbava al gran Pontefice Gregorio XIII : alia cui
et£ un valente matematico, Luigi Gigli Veronese, descrisse il ciclo
perpetuo della luna, e assegno la sede stabile air equinozio, e con
do consegui, che negli anni a venire progredissero di corso Ira loro
Concorde e ragguagliato gli anni solari e lunari, e che i di feslivi cosi
mobili come stabili si celebrassero al tempo legiUimo, confer me ai
decreti de' Condlii e de' Pontefid.
E al fermo dal Concilio Niceno sino all' anno 1582, nel quale
cadde la riforma del Calendario, dal promotore di essa dello Grego-
riano, era intervenuta tanta variazione, che Tequinozio ed i novilunii
non rispondevano ai giorni, nei quali erano stati flssati al tempo del
Concilio Niceno. Dacche 1' equinozio di primavera al tempo della ri-
forma non cadeva piii nel 21 di Marzo, ma agli undid di questo
mese. I novilunii poi non erano ben accennali dagli aurei numeri
posti nel Calendario, ma quattro giorni con qualche giunta piii tardi
che si dovea. Di che era che la Pasqua si celebrasse soventi volte
in giorni esclusi dal Concilio Niceno: e di falto assai spesso si cele-
bro quando 7, quando 28, talora 35 giorni piu tardi, secondoche
avvenne negli anni 1565, 1568, 1576, 1579. E se non si veniva
alia emendazione del Calendario, si sarebbe errato di 35 giorni negli
anni 1595, 1598, 16Q3, 1606, 1609, e cosi va dicendo di molti al-
1 Ep. 138, ed. Ball. Vedi il VAN-DER-HAGEN nelle sue Observations in
Veterum Patrum et Pontificum Prologos et Epistolas paschales. Amslelo-
dami 1734.
2 S. LEO, Ep. 96, ed. cit.
DELLA STAMP! 1TALIANA 601
tri anni. Quanto lunga serie di error! si sarebbe commessa nello sta-
bilire il giorno di Pasqua, si faccia argomenlo da questo, che dall' an-
no 1500 al 3000 si trovano soltanlo 200 giorni legiltimi , gli altri
1301 sarebbero stati contro i decreti de' Sommi Pontefici e de'Con-
cilii, coll'errore ancora di 42 giorni, i quali in processo di tempo si
sarebbero aumenlati. Oltre a questi errori, rispetto al di della Pa-
squa, ne sarebbero corsi altri intorno alle solennita nel giro deH'anno.
Perche il di natale di Gesu Cristo, che dagli antichi Padri si e sem-
pre celebrate verso il solslizio d'inverno, sarebbe venuto verso 1'equi-
nozio di primavera; 1' Annunziazione di Maria SSma, che per antica
tradizione si e fesleggiata il di 25 di Marzo presso 1' equinozio di
primavera, sarebbe caduta verso il solslizio della slate ; la nativila di
S. Giovanni Battista, posta dagli antichi presso al solstizio estivo, sa-
rebbe discesa all' equinozio d'autunno: e tulte le feste immobili erano
lontane di 10 giorni dal punto, che era stato ad esse assegnate dagli
antichi, che e quanto dire tanti giorni, quanti i solstizii e gli equicozii
dal Concilio Niceno sino all' anno della emendazione del Calendario
aveano anticipate.
Sopra cio i novilunii e 1' eta della luna, di che si e sempre dai
lontani secoli tenuto conto nella Chiesa, leggendosi nel Martirologio
insieme ai giorni del mese solare i giorni del mese lunare, erano,
avanti la riforma del Calendario, mal indicali, per 1' imperfezione del
numero aureo.
Da ultimo tulti i mesi nel Calendario rilrocedevano : il mese di
Giugno, in cui cade il solstizio dell'estate, a passo a passo s' accosla-
va al mese di Maggio, di forma che il solstizio estivo, col volger degli
anni, sarebbe cadulo in Maggio: i giorni canicolari, che ora sono in
Luglio, sarebbero venuti in Giugno: la primavera in Febbraio, il
solslizio d' inverno nel Novembre. E sarebbe sempre piu ito in peg-
gio questo perturbamenlo con danno della cronologia e della storia,
se non vi poneva riparo la mente provvida di Gregorio XIII. Alia
sua et3t il dotlissimo P. Crisloforo Clavio d. C. d. G., matemalico nel
Collegio romano, aiuto e rec6 a perfezione I'emendamento proposto
dal Gigli , e in un' opera verso se bellissima e ingegnosamente con-
dolta in ogni sua parte, a cui mise mano per volonla di Clemen le YIII,
602 RIVISTA DELIA STAMPA .ITALIANA
e che per ordine del medesimo pubblico in Roma il 1603 , pose in
chiaro lutta 1* emendazione del novello Calendario, ed offeri agli stu-
diosi del Computo ecclesiaslico norme brevi , sicure , senza ambagi
per conoscere ed ordinare il corso del divino uffizio 1 .
A questa fonte, a cui e duopo volgersi per abbracciare colla mente
il novello Calendario Gregoriano, attinse le sue dotlrine 1' accurate
Autore del Commentario sopra il Computo ecclesiaslico. Ei reco in
breve le regole posle dal Clavio, e le applico a dichiarare cio che nel
Messale e nel Breviarip e accennalo del ciclo, delle epatie, de' novi-
lunii, della indizione, delle feste'mobili, delle tavole pasquali; econ
eletla erudizione , sfiorata dalle opere specialmente del Venerabile
Beda, rende soave e grato a cbi legge il suo scrilto. Ne piu all'uopo
poteva tornare si limpida e chiara esposizione dell' ordine tenulo dal-
la Chiesa Romana nel Computo : dacche e venuto fuori con eerie sue
nuove teorie il Prof. Mosdler, ed ha voluto con queste impugnare
il Calendario Gregoriano 2. Non e qui luogo ne tempo dientrare
nella confutazione delle sue dotlrine, avendone, con una erudila scrit-
tura, mostralo gli errori il valente Professore Edoardo Heis 3.
Facciamo voti che questa operetta, di che ci e sembrato bene dare
un breve cenno, valgaa ridestare questi studii, raccomandali tanto
dai Sommi Poutefici, dai Concilii, dai Padri.
1 Romani Calendarii a Gregorio XIHP. M. reslituti Explicatio, S. D.N.
dementis VlHiussu edita, auctore CHRISTOPHORO CLAVIO S. I. Romae 1603.
2 Memorie del Cesareo Consigliero russo Prof. Dr. MOEDLER. Dorpat, 13
Novembre 1863.
3 Memoria ecc. del Prof. EDOARDO HEIS. Minister, 11 Aprile 1814.
BIBLIOGRAFIA
ALBERANI ELIA — Lettera pastorale con cui si promulga V Enciclica aposto-
lica Quanta cura, e 1' indulgenza plenafia in forma di Giubbileo, concessa
a tnlti i fedeli da S. S. Pio Papa IX. Ascoli, dalle stampe del Cardi 1865.
Un opusc. in 8.° di pag. 14.
AN1VITT1 V. — Discorsi sacri e letterari di V. Anivitti, per prima volta riuni-
ti. Parte seconda. Roma 1865,, tip. di Benedetto Guerra, piazza dell'ora-
torio di S. Marcello 50. Un vol. in 16.° di pag. 352.
Delia prima parte di questi Discorsi parlammo cano. Nella prima erano panegirici sacri ; in que-
altra volta. Ora dovendo annunziare la seconda sta seconda sono discorsi sacri, morali, letlerarii,
p;u-le, uscita alia luce, non diremo dei pregi di scientific! : in guisa die in ogni ramo deila elo-
eloquenza, che sono all' una e all'altra comuni, quenza die a persona di chiesa si addice, mostra
ma solamente degti argomenti che si diversifi- 1'oratore d'avere abilita non comune.
ANONIMO — Archivio dell'Ecclesiastico, pubblicazione di ogni mese. Fascic
14 e 15. Volume terzo. Firenze, tip. all' inseyna di S. Antonino, Febbraio
e Marzo 1865. In 8.° da pag. 101 a 452. Vedi infra: Documenti ecc.
— Del Matrimonio civile in Italia. Parle seconda. Esame critico della rela-
zioue del senatore Vigliani sul Matrimonio civile , edizione seconda. To-
rino 1865, per gli eredi Botta, lipografi arcivescovili. Un vol. in 8.° di
pag. 133.
— Epistola di Dante Alighieri al Popolo fiorentino , con note. Un vol. in 8.»
piccolo di pag. 206. Firenze, a spese dell' editore Alessandro Squillo-
ni 1865.
Questa operetta e uno di quei lavori , che i dunque racconta brevemente la sua storia : 8
buoni italiani stanno coraggiosamente opponcndo serve un tal racconto a far rilevare la sua indole,
agl' insuiti, di cui , sotto apparenza di onore, e le condizioni di que' tempi, le circoslanze in cui
fatto segno Oante.Alighieri, per occasione del suo scriveva, le passioni che il travagliavano, gli erro-
sesto Centenario. L'Aulore si argomcnta di met- ri in cui cadde. Dipoi da ragione del suo poema;
tere in chiaro molte verita sul conto del divino e ne dichiara il vero inlendimento, che e cosa
Poela ; venta a holla posla falsate per farlo ap- lutta sacra ; esponendo brevemenle le ragioni ,
parire della risma degli odierni nernici della uma- per le quali ognuno che vuole pu6 dallo stesso
na societa e della Chiesa. La forma che ha scelta poema con evideuza ricavarlo. Quanlo poi al-
c quelta di ana Epistola, die flnge avere indiriz- 1'intento politico, questo non e toccato, se noa
zato lo stesso Dante al popolo liorenlino , come indirettamente ed in modo assai secondario nella
a fare ('apologia di se contro alle opinioai, tanto divina Commedia: tuttavia non e della forma,
a lui oltraggiose, alle quali si e voluta dare si che vuol darsi ad inlendere ; ostile oioe alia po,
soleune suggello co' pubbliei festeggiamenti. Egli testa eccleaiastica , e contrario alia doininazione
604
BIBLIOGRAFIA
temporalede' Papi. Questa parte della Epistola e
la parte piu lunga e piu ragionata, perche tocca
il vivo della quistione. II povero Dante non ne-
ga i suoi torti, ne gli scusa ; li condanna anzi
altamente, e se ne chiama in colpa : non vuole
pero che il suo nome serva di Telo ai sacrileghi
attentati di questi tempi. Principalmente si sea-
giona della taccia, che gli e data di avere voluto
la distruzione del dominio temporale de' Papi ; e
si difende Tigorosamente cosl da questa, come da
ogni altra calunnia. Lo stile del libro e di una
eleganza non ordinaria: Dante non sel rechereb-
be a vergogna. L'argomentazione poi e stringer
te , vittoriosa , qual si conviene alia causa che
yi e difesa, e al personaggio che e introdotto a
parlare. Finalmente danno compimento al libro
le copiosissime note, ehe occupano oltre alia meta
del volume. Appunto perche cos\ lunghe 1'Auto-
re le ha locate dopo 1' Epistola. Non dovea pero
tralasciarle, perche gittano una grandissima luce
sul soggetto ; ne tuttavia potevano conveniente-
mepte aver luogo nel testo.
ANONIMO — Gigli e viole sulla tomba del nobile e bellissimo glovanetto Giro-
lamo Zerbi, mancato a'viventi add! 26 Gennaio 1864. Napoli 1865, pe'tipi
del^Cav. G. Nobile. Unvol. in 4.° dipag. 60, con epigrafi e fotografia.
Girolamo Zerbi per soli otto anni consolo la
sua madrc, Giuseppina dei Baroni Rodino, rimasa
vedova pochi mesi dopo che avealo partorito.
Sulla tomba di questo fanciullo spargono molti
gentili e colti amid della sua famiglia , gigli e
viole d'olezzo soavissimo. Son prose, son poesie,
sono iscrizioni, lutte di buon gusto, e piene di
affetto. Ma cio che ci consolo fu la pieta cri-
stiana che in tulte queste composizioni domina
ogni altro concetto. Yedasi come essa risplenda
— Gladstone e Berry er al banchetto inglese. Senza verua' altra indicazione.
Vn opusc. iw8.' dipag. 88.
in queste poche parole, che possono dirsi il con-
cetto dominante di tutte le altre. Nella seconda
iscrizione dicesi cosi : Girolamo Zerbi - Nato ai
XXIII Gennaio MDCCCLVl - Vissuto otto anni e
Ire giorni - Di belle ed amabili sembianze - Di
modi oltre 1'eta gentili - D'ingegno raro - Fu -
II f rat el lino dei poveri - Tenero ed obbediente
coi suoi - Devotissimo a Gesu ed a Maria - I
quali - Premio di sua pieta - Innocente - Lo
rapirono in Cielo.
Nel banchetlo dato in Londra ad onore del-
1'illustre Berryer, gloria del foro francese, lord
Gladstone ripete, in poche parole, contro I'antico
Governo di Napoli, quelle accuse medesime, che
avea la prima volla pronunziate nelle sue fa-
mose lettere;nulla essendo giovato a farlo rin-
savire ne le confutazioni autorevoli, ne le men-
tite solenni dategli, fra cento altri stranieri al-
1' Inghilterra , da suoi medesimi connazionali ,
quali furono i chiarissimi Cochrane , Maguire ,
Bowyer , Bentinck , Walsh , Lennox, personaggi
di somma aulorita e onesta. Questo libro rispon-
de novamente alia nuova ripetizione delle vec-
chie calunnie: e siccome piu particolarmente il
Gladstone move due accuse a re Ferdinando , di
gloriosa memoria, quella di avere tirannicamente
rovesciate le Camere nel 1848, e 1'altra di avere
sostiluito 1'arbitrio alle leggi e fatta violenza al
foro per la condanna degl'imputati politici; cos*
sopra questi due punti special! s' aggira questa
risposta. Essa e convincenlissima, perche fondata
sopra fatti e document! irrecusabili : e per tal ris-
petto essa e necessaria a chi vuol conoscere la
verita sopra un Governo, che fu combattuto con
arti , ancor piu sleali delte anni adoperate ad
abbatterlo.
— II serto di Maria. Pubblicazione settimanale napolitana, anno I , vol. II.
Napoli, libreria e stamperia di Andrea Festa, strada S. Giov. a Carbona-
ra n.° 104, 1865. Un vol. in 8.* di pag. 408.
— Regole di civilta e buona creanza per uso de' Convitti. Torino 1865, Pie-
tro di G. Marietti tip. ponlificio. Un opusc. in 16.° di pag. 68.
ANSELMO (P.) DI S. LUIGI GONZAGA - Vita della B. Maria degl'i Angeli, reli-
giosa professa Carmelitana scalza, scritta dal P. Anselmo di S. Luigi Gon-
zaga, Defmitor generate dei Carmelitani scalzi. Roma, tip. Tiberina, piaz-
za diPoli n.° 11, 1865. Un vol. in 4.° grande dipag. Y//7, 136.
Quarantacinque sono i capi , in cui e partita
tutta intera la narrazione dei gloriosissimi fatti
di questa novella Beata. La semplicita del del-
tato ed il candore della lingua sfolgorano da
capo a fondo. La B. Maria vi apparisce tale qual
fu veramente, oltremodo magnanima nelle prove per chi altende a servir Dio con perfezione, per
dello spirito, eroica. al sommo nelle virtu, mi- i cluari esempli di virtu, che vi si ie&gono,
rabile pei favori e doni in Lei profusi a larga
mano dal Signore. La lettura di questo libro riu-
scrira d' instruzione a chi vuol conoscere la su-
blimita delle stato religioso, di conforto alle ani-
me poste a dnri cimenti di spirito e d'incentivo
BIBLIOGRAFIA 605
ARBORIO-MELLA CAMILLO. Vedi Tasso.
BALAN PIETRO — I Clerical! , i liberali e 1' Enciclica dell' 8 Decembre 1864.
Pensieri del professor Pietro Balan. Padova, tip. del Seminario 1865. Un
opusc. in 8.° di pag. 48.
Applaudiamo al coraggio iion mono che alia simi die gli uni e gli altri adoperano per rag-
dolttina del chiarissimo Prof. Balan, il quale in giugnerlo, e linalmcnle mostrare come a qaello
queslo suo scrilto ha yoluto moslrare agi'ltaliani scopo e a quei mezzi liberaleschi oppongasi con
suoi conciltadini quale scopo abbiansi i liberali, vigore incrollabile 1' Enciclica pontificia degli 8
quale i cattolici; indicar loro i mezzi opportunis- Decembre.
BALDASSARRI FRANCESCO — Elogio di Monsignor Mario Melini, primo Ve-
scovo di Modigliana, letto dal sacerdote Francesco Baldassarri, nell'occa-
sione delle solenni esequie a lui fatte nellaChiesa Cattedrale di delta cit-
ta, il di XIV Marzo 1865. Faenza, tip. di Pietro Conti 1865. Un opusc. m
8.° dipag. 31.
BARILLA DOMENICO ERRIGO — Cenno critico sulle CXL1I iscriz'oni del profes.
Antonio Carrano, per Domenico Errigo Barilla. Reggio Calabria, stampe-
ria Siclari 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 30.
BERCHIALLA VINCENZO G. — Mese di Maria, discorsi sulle vile dei Santi divo-
ti della Beata Vergine, che cadono nel mese di Maggio, per Vincenzo G-.
Berchialla, sacerdote teologo. Torino, tipogr. pontificia Pietro di G. Ma-
rietti 1865. Un vol. in 8.° dipag. VII, 503.
Dicemmo gia, ed ora ripetiamo che dei Mesi coll'esempio che colle parole : e mostra le gran-
di Maria e plena 1' Italia e il mondo : e ve ne dezze e 1'amor di lei piii coi fatti che col discorso.
ha per tutli i gusli, e per tutte le classi di per- Intanto il dollo e prudente autore non si abban-
sone. Questo che ora annunciamo ha un concetto dona al racconto talmente, che ometta le rifles-
nuovo. II suo chiarissimo autore ha scelto , co- sioni, quando il fllo stesso glie ne porge il destro.
m'esso stesso \i dice, per questi giorni di spe- Cos! il libro e veramente utile, e non servira solo
dale ossequio a Maria un tema dilettevole ed per consecrare a Maria il mese di Maggio , ma
utile insieme : una storia cioe della Vita d' un per pascere a un tempo nel corso di tutto 1'anno
Santo a lei peculiarmente devoto, per ogni gior- la devozione e la pia curiosila, con una leltura,
no. Cosi esso insegna la divozione di Maria piu quanto dilettevole altrettanto utile.
BERNIER L. — Amalia, ossia il Trionfo della pieta, della signora L. Bernier.
Prima traduzione italiana di Irene Borghi Masetti, Bologna, tip. Mareg-
giani 1865. Un vol. in 12.° dipag. 248!
11 racconto della signora L. Bernier fu stam- lieta di fame dono alle sue flgliuole e benedira
pato in francese dal Maine a Tours, alcuni anni la mano della gentildonna bolognese che si bel do-
fa, e forse ve n'ha allre ristampe. Degnissimo no offre alle famiglie italiane.
era di traduzione. L'intreccio, i caratteri, le de- Si vende a beneflzio della Casa di Misericor-
scrizioni , le pitture , gl' incontri tutto vi e piu dia direlta dalle Suore della Car i la in Bologna,
che mediocre in fatto d'arte, ed eccellente in fatto L. 1, 50 in Bologna : fuori, L. 1, 75, franco di
di morale cristiana. Siam certi che ogni madre posta.
che percorrera queste leggiadre adventure, sara
BERTOCCHINI LUDOVICO — La Madre Pompeiana , scultura di Giosue Meli,
discorso di Lodovico Bertocchini. Roma, tip. di Pietro Puccinelli alpozzo
delle Cornacchie n.° 61. Un opusc. in 8.° dipag. 15..
BIGLIANI V. — Dante Allighieri agl' Italian! nel suo sesto Centenario. Torino
1865, tipografia italiana di F. Martinengo e Comp. Un opusc. in 8.° di
pag. 14.
E un Canto in terza riina, bello per la forma nuie. E introdotto lo stesso Dante a parlare ; e
poelica, ma piu commendevole per le utili TC- parle si dimostra sdegnoso che gli sia fatto onore
rita si religiose, si politiche che vi sono conte- da tal genie, che osteggia le cose da lui piu al-
606 BIBLIOGRAFIA
tamente pregiate nel suo Poema ; e parte si volge e di beni politic!. Bene sla, diciamo noi, che tanto
a. rimproverare a questa medesima gente le offese in prosa, quanto in verso, sia messo in chiaro il
che reca alta religione, al dritto, alia ginstizia, grave oltraggio, che e fatto a Dante Alighieri co-
al boon costume, sotto il fateo pretesto di liberta gli applausi liberaleschi.
BORGIANELLI ENRICO — II Soprannalurale, ossia Televazione e 1'ultimo desti-
nato dell' uomo, per Enrico Borgianelli d. C d. G. Roma, col tipi della
Crvilta Cattolica 1864. Un vol. in 8.» di pag. JF7, 314.
L'iatendimento di quest'opera e di chiarire in piu altri che vi si attengono , con tal pienezza
die consiste radicalmeute 1'elevazione dell'anima e solidila di dotlrina, che lo collocano in grado
umana a condizione soprannaturale. Riserbandoci eminente tra gli scriltori contemporanei. II volu-
a fame, tra breve, soggetto di una speciale rivi- me che e ia 8.° e componesi di pag. XVI, 314,
sla, per oca aliro non diciamo, se non che 1'A.u- trovasi vendibile al prezzo di Lir. it. 3, presso i
tore degnamente risolve il sopraddetto quesito, e principal! distributor! delta Civitld Cattolica.
BORZACCHIELLO ANTONIO — II digiuno, per Antonio Borzacchiello, de'Chierici
Regolari della Gongregazione della Madre di Dio. Napoli, tip. alt' inse-
gna del Diogene, slrada fuori porta Medina e Montesanto 27. e 28, 1865.
Un vol. in 8.° dipag. 114.
Questo trattato e didattico ed apologetico ad canonica del Digiuno: nella seconda dell'innocuita,
tin tempo : didattico perche insegna la dotlrina deU'ulilitae dello scopo del digiuno: nella terza
della Chiesa catlolica intorno al Digiuno ; apo- delle regole per la esatta osservania del digiuno
logetieo, perche scioglie le difficolta, e risppnde ecclesiastico. II dotlo aulore in questo libro ha
alle obbiezioni che dai miscredenti o dai tiepidi saputo restrignere in poche pagine il piu e il
crisliani si fanno al Digiuno. Ha tre parti. Nel- meglio che in grossi volumi trovasi diffuse dagli
la priina si parla dell' origine slorica, morale e apologisti e dai moralist!. :t,;,.r\
CALSAMIGLIA STEFANO — Panegirico di san Secondo, Duce e Prolomartire
della legione Tebea, con Dissertazione critica sopra il iuogo del suo Mar-
tirio, del sac. Stefano Calsamiglia, canonico della Cattedrale di Yentimi-
glia. Genova. tipog. della Gioventii 1865. Un opusc. in 8.° dipag. 43.
Nell' esame del Necrologio del Prof. Nossi , della Ventimiglia, citta antichissima della Liguria,
fatto da noi nel quaderno del 2 Sahato di Marzo, conlrariamente a cio che ne avea giudicato il
moslrammo desiderio che qu;ilche dotto crilico Semeria, lecui obbiezioni sono con naolto nerbo
sciogliesse la quistione sul Iuogo del Martirio di di ragioni dissipate. L'occasione di sciogliere un
S. Secondo. Questa lite e ora sciotta. II ch. Gal- tal quesito in questa dolta dissertazione fu porta
eantigtia, dimoslra con ottimi fundament! che ie al rev. sig. Calsamiglia dai dover recitare 1'ora-
paroln dell'antico Martirologio romano, apud Vi- zione panegiriea del santo Martire nella Caltedra-
ctimilium, Secundi marlyris, debbono intendersi le medesima di Ventimiglia.
CAPPELLETTI GIUSEPPE — Le Ghiese d' Italia dalla loro origine sino ai giorni
nostri, opera di Giuseppe Cappelletti, prete veneziano. Venezia, dai priv.
stabil. naziunale di G. Antonelli edit. 1865. Fasc. 319 e 320 in 8." da pag.
81 a 160.
CASANELLI D' ISTRIA SAVERIO SANTE RAFFAELE — Lettera Pastorale di Mons.
Vescovo di Aiaccio, per la Quaresima e perilGiubbileo dell'anno 1865 ecc.
Bastia, Fabiani 1865. Un opusc. in L° di pag. 20.
Eacciamo memione di questa Pastorale, scritta vore della meravigliosa unione del clero cat-
in lingua italiana, per una Diocesi italiana, seb- lolico e della fermezza onde i Paslori resistono
bene politicamente anoessa alia Francia ; perche alle usurpazioni del potere laicale, mentre per al-
oltre al presentare un modello di dignita e di tra parte rendono fedelmenle a Cesare cio che e
*eto episcopate, e un monumenlo di piu in fa- dl Cesare.
COCOZ RAFFAELE — Orazione panegiriea di S. Tommaso d' Aquino , recitata
it 7 Maggio 1865, in santa Maria Novella di Firenze dai R. P. M. Raffaele
Cocoz, dell'Ordine dei Predicatori. Firenze 1865, tip. Virgiliana per Mas-
timiliano Casing via Valfonda n.° 79. Un opusc. in 8.' di pag. 48.
BIBLIOGRAFIA
607
CONTI AUGUSTO — Storia della Filosofia, lezioni di Augusto Conti., profes-
sore all' Universita di Pisa. Firenze, G. Barbera editore 1864. Due vol. in
8.9dipag.XIV, 531,544.
In questa bella opera del signer Angusto Conti non puo non riuscire molto utile alia gioventu
rilucono i soliti pregi che sogliono adornare gli studiosa. Con cio peraltro non intendiamo appro-
scritti filosofici di lui , cioe assennatezza e pu- vare tutti i sudi giudizii storici, politici o dot-
rila di dotlrina, scienza ed erudizione profonda, trinali, intorno a cui avremmo a fare delle ri-
limpidezza di esposizioni e purita di stile. Essa serve.
CORSI COSIMO — Lettera pastorale di Sua Eminenza Reverendissima, il Car-
dinale Arcivescovo di Pisa, al Clero e al popolo della sua diocesi, per il
Giubbileo dell'anno J865. Pisa, presso P. Orsolini-Prosperi, tip. arcive"
scomle 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 16.
DA MELICOCCA' ANTONIO — Grammatichetta arabo-italiana a profitto dei gio-
vanetti orientali, compilata dal P. Antonio da Melicocca M. 0. R. delia
Provincia dei Santi VII Martiri di Calabria, gia Missionario apostolico ia
Palestina. Roma, stamperia della S. Congregazione de Propoganda Fide,
amministrata dal socio Cav. Pietro Marietti 1865. Un vol. in 4.° di pag.
VIII, 176.
Nell'Orienle gli Arabi parlano assai spesso 1'ita-
liano, perche le Repubbliche veneta e genovese
vi ebbero esteso commercio sulle coste marine, e
nell'interno della terra i missionarii francescani
e domenicani, che vi collivarono quelle cristia-
nita fino ab anlico, erano quasi tutti italiani. Con
tutlo cio gli Arabi non apprendono 1'ilaliano per
istudio, ma per pratica ; e pero vi durano in-
torno grande fatica, e non giugono a parlarla ne
ad intenderla bene. Grammaliche scritte apposta
per loro non ve ne sono : e quell'unica che po-
chi anni fa fu stampata in arabo, era la mera ver-
sione d'una grammatica italiana per gl' Italiani,
e per gli Arabi riusci inettissima. Questa e dun-
que la prima granunalica scritta apposta per
loro, affine di ammaestrarli nella lingua italiana.
II metodo tenuto dall'uutore e molto ragionevole.
Egli svolge le rcgole della lingua italiana con
quelle dell'araba, adoperando il linguaggio tec-
nico dell'una accanto all'altra, e mostrando dove
1'andamento delle due lingue si rassomiglia ,
dove si dlspaia. La materia e tutta trattata nolle
DA VICENZA ANTON-MARIA — Memorie storiche del Convento e della chiesa
di san Francesco del Deserto nelle lagunedi Venezia, pubblicate nell'oc-
casione che la religiosa famiglia dei Minori Riformati vi rientra ad abita-
re, e corapilate dal P. Lettore Anton-Maria da Vicenza, Cronologo della
Rif. Prov. veneta. Venezia, tip. di Giambattista Merlo edit. 1865. Un
vol. in 8.° dipag. 155.
due lingue in due differenli colonne, di cui Tuna
e versione dell'altra. Cosi 1'arabo trova la gram-
matica della lingua italiana scritta nel volgar
suo che sa, e in quello che ignora ma vuole ap-
prendere. Or questo metodo fa si, che, la gram-
matica auzidetta possa con lieve aggiunta senrire
anche agli Italiani che vogliano apprender 1' a-
rabo. Baslera che essi imparino a legger 1'arab^
correttamente : poiche allora percorrendo nella
parte italiana questa grammatica , si potranno
istruire nelle leggi che governano la lingua. Per
tal fine 1'autore ha aggiunto un'appendice col-
1'alfabeto arabo, colle mozioni o vocali, cogli ac-
centi, colla compitazione, e con tutte quelle regole
e dilucidazioni che sono necessarie per appren-
dere la lettura dell'arabo ad un italiano. Questo
e il disegno dell'opera: 1'esecuzione fu giudica-
ta assai buona da parecchi orientalisti, e in ispe-
cie da Monsig. Valerga, Patriarca di Costanti-
nopoli , che animo 1' autore a pubblicare colle
stampe la sua grammalica.
Nell'isoletta appellata di S. Francesco nel De-
serto, ana delle tante che fan corona a Venezia,
dopo cinquanl' anni di abbandono fan ritorno i
flgliuoli di S. Francesco , per riaprirvi alia de-
rozione del popolo 1'antico Sanluario, arricchito
di spiritual! grazie da molti PonleUci, dai vencti
Dogi di molti privilegi doUUo, e dalla pieta dei
Veneziani sempre nel debilo onore mantenuto.
In quest'occasione vien messa alia luce la storia
deli'isola e del Santuario, scritta con bello stile,
con molto ordine e con tutta verita dall' abile
penna del P. Anton-Maria da Vicenza, dei Minori
Riformati.
608 BIBLIOGRAFIA
D' AVINO VINCENZIO — Enciclopedia dell' Ecclesiastico, compilata dall' Abb.
Vincenzio d'Avino. Edizione seconda riveduta,aumentata e in parte rifu-
sa. Torino, Pielro diGiadnto Marietti, tipogr a fo-editore, piazza B. V.
degli Angeli. Disp. 25.a in 4.° da pag. 585 a 648.
DE ANGELIS FIL1PPO — Lettera pastorale per la promulgazione dell'Enciclica
apostolica Quanta curate, dell' Indulgenza plenaria in torma di Giubbileo,
concessa all' universita del fedeli da S. S. Pio Papa IX. Torino, tipogra-
fia pontiftcia Pietro di G. Marietti 1865. Un opusc. in 8.° dipag. 14.
DE KL1TSCHE DE LA GRANGE ANTON1ETTA — La Vestale. Racconto storico. Ro-
ma, Bencivenga. Venezia, Merlo. Modena, tip. 1mm. Concezione 1865. Un
vol. in 16.° di pag. 256.
Romanzo originate di penna italiana , come magina e dipinge , che invece di arricchire la
che il nome dell'Autrice possa muovere sospetto lettura roraantica della Francia e deHa Germania
in contrario : e, che e piu, romanzo onesto, anzi dando a Iradurre i suoi manoscritti italiani, con-
morale. La favola si fonda sopra punti storici tinui a scrivere per 1' Italia , non lasciandosi
del primo secolo dell' era cristiana. L' abbiamo sgomentare dalle difficolta della lingua. Gerto lo
letto tutto e ci parve condollo con molta arle, stile della Vestale puo essere peffezionato , ma
con felicita nell' intreccio, con qui e la di belle fin d' ora e buono , e il racconto si fa leggere
scene e commoventi. Facciamo preghiera alia con piacere.da qualsivoglia lettore.
nobile damigella, la quale si leggiadramente im-
DESCRIZIONE particolareggiata dei magnifici funerali fatti in Londra pel fu
Gardinale Nicola Wiseman, Arcivescovo di Westminster, e sua Orazione
funebre recitata dal celebre Mons. Manning. Traduzione italiana. Bolo-
gna, tip. Mareggiani all'insegna diDante, viaMalcontentin.0 1797, 1865.
Un opusc. in 16.° di pag. 68.
DI SAINT-PERIER ENRICHETTA —II piu bel di della vita, ossia la prima Comu-
nione, operetta della signora Viscontessa Enrichetta di Saint-Perier, ap-
provata da S. E. il Cardinale Arciv. di Tours e da Monsignor Vescovo di
Versailles. Torino 1865, per Giacinto Marietti tipografo libraio. Un vol.
in 32.° di pag. 314.
Grazioso libretto e questo, se si guarda la for- cizio per la Confessione e prima Comunione. Mes-
ma esterna della stampa : prezioso se la conte- sa , Vespro e Benedizione del SS. Sacramento,
nenza. Ha quattro punti: Visile al SS. Sacramento Tutto poi 6 attissimo all' eta puerile: pensieri ,
per un fanciullo che si prepara alia prima Comu- sentiment! , affelti ; e lo stile e d' una sempli-
nioue. Novena di preparazioue immediata. Eser- cita e soavita che non puo desiderarsi maggiore.
DOCUMENTI citati nel Syllabus, edito per ordine del sommo Pontefice Pio
Papa IX, preceduti da analoghe avvertenze. Firenze, tip. all' insegna di
S. Antonino 1865. Un vol. in 8.° dipag. XII, 328.
Sonosi stampati da molti i Documenti che ris- una Prefazione , che oltre al dare 1' analisi del
guardano il famoso Sitlabo di error i, promulga- documento stesso, toccando i punti principal!
to nello scorso Dicembre dal Sommo Pontefice. delle doUrine che vi si contengono, accenna piu
Ma questi che sono estratti dall' ottimo Periodico o meno diffusamente, secondo 1'importanza rela-
fiorenlino, L' Archivio dell'Ecdesiastico, hanno, tiva, le circostanze che fecero nascere il docu-
sopra le altre edizioni, questo vanlaggio, che eioe mento slesso.
a ciascuno dei trentadue documenti va innanzi
ELENCO GENERALE degli oggetti, spediti dagli esponenti pontificii alia esposi-
zione internazionale di Dublino, pel 9 Maggio 1865, dopo 1' esame che ne
ha fatto la Gommissione nel Ministero di Belle arti, Industria, Agricoltura
e Lavori pubblici. Roma, tipografia della Rev. Cam. apostolica 1865. Un
opusc. in 8.° di pag. 48.
BIBLIOGRAFIA 609
FARABULINI DAVID — Canzone recitata alia presenza della Santita di Nostro
Signore, Papa Pio Nono, da Edgardo Mortara in S. Agnese fuori le mura,
il di 19 Aprile 1865. Un opusc. in 4.° di pag. L
FILALETE A. — Le rovine del mio convento. Racconto storico contempora-
neo, prima versione italiana dalV originale spagnuolo per A. Filalete.
2.a edizione riveduta. Milano, presso Longhi Antonio libraio-editore, via
san Spirito n.° 20, 1865. Vol. 3 in 16.° dipag. 129, 130, 120.
FORMISANO GIUSEPPE — Catechismo di taluni dommi cattolici contro gli er-
rori de' protestanti, compilato dall' Illmo e Rmo Monsigaor Vescovo di
Nola, D. Giuseppe Formisano, terza edizione. Napoli, tip. e libreria di A.
Festa, strada Carbonara n.° 104, 1863. Un vol. in 16.° di pag. 312.
— II Giubbileo, Catechismo tra un Curate ed un Figliano, per Monsig. Giu-
seppe Forraisano, Vescovo di Nola, operetta utile per gli Ecclesiastic*! e
pe' laici. Napoli, stabilimento tipograf. dell' Ancora, largo S. Marcellino
n.° 2, p.p. 1865. Un vol. in 16. di pag. 102.
G. G. C. T. — Le Chiese subalpine ed i Decreti ministeriali. Torino, tip. ctel-
FArmonia 1865. Un opusc. in 8.° dipag. 47.
GHILARDI — Mostruosita della legge Vacca , opuscolo di Mons. Ghilardi del
PP. Vescovo di Mondovi. Parte seconda. Ton'no 1865, dalla tip. dell'Ar-
monia, via Montebello 22, casa Giani. Un opusc. in 8.° dipag. 122?
— Reclamo di Mons. Ghilardi de' PP. Vescovo di Mondovi contro la conces-
sione fall' Exequatur, data all'Enciclica pontificia dell' 8 Dicembre 1864,
col R. decreto delli 5 Febbraio 1865, promosso dal sig. ministro Vacca,
Guardasigilli di S. M. Torino, tip. dell' Oratorio di S. Francesco di Sales
1865. Un opusc. in 8.° dipag. 27.
GIORGI CALLISTO — Santa Francesca Romana e il supremo Pontificato. Pane-
girico, detto il 9 Marzo 1864 , nella chiesa delle nobili Oblate di Tor dei
Specchi, da Monsignor Callisto Giorgi. Roma, tip. di Fiiippo Cairo 1865.
Un opusc. in 8.° dipag. 39.
II tilolo di .quesla orazione panegirica dice ab- S. Francesca Romana nella difesa della Cattedra
bastanza qual argomento prendesse a svolgere di Pietro : e con cio offeree alia Santa un nuovo
colla sua consueta eloquenza il chiarissimo ora- serto, e alle donne cristiane un nuovo esempio,
tore, Mons. Giorgi. Esso voile dimostrare quanto tanto da esse imi labile, nella loro devozione al
facesse, quanto soffrisse, quanto venisse gloriflcata Vicario di Gesu Cristo in terra.
KRALJEVIC ANGELO — Grammatica Latino-Illyrica, Sabrao i Protomacio Fra
Angeo Kraljevic za Mladez Ercegovacku. U Rimu Tiskom Skupa Hazsi-
renja viere 1863. Un vol. in 8.° di pag. XV.
Questa Grammatica , scritla in illirico, e de- la chiarezza e i'ordine delle materie ivi esposte,
slinata ai giovani Illirici che vogliono appren- rendono questo libro singolarmcnle pregevolc, tra
dere il latino ; ma puo esser utile anche ai La- i pochi libri che si liamio di tal genere.
tini che amino studiare 1'illirico. L'abbondanza,
LETTURE DELLA DOMENICA , pubblicazione periodica , religion, popolare di
Rologna. Bologna, uffizio delle Letture della Domenica, via Maicontenli
«.°1797, 1864.
Questa pubblicazione settimanale tratta argo- oopie importa, per Bologna Lire 4 : per 1'Iialia e
menti unicamente religiosi, e li tratta in forma per Roma lire 5: pel Veneto lire 7: i quali
acconcia alia inlelligenza del popolo. Ogni dig- prezzi sono cosi tenui, che non conosciamo altra
pensa componesi di 32 pagine in piccolo 8.°, e slampa periodica a minor mercato.
1'associaziono obbligatoria per un anno e per otto
Serie VI, vol. II, fasc. 365. 39 28 Maggio 1865.
610 BIBLIOGRAFIA
L1GUORI (DE')S. ALFONSO — II Confessore diretto per le Confession! della
gente di Campagna, con gli avvertimenti ai Confessori, Opera di S. Alfon-
so M. de'Liguori, gia Vescovo di S. Agata de' Goti e Rettor Maggiore
della Congr. del SS. Redentore, per utile della sua Diocesi e de' Sacer-
doti del villaggi. Roma, tip. di Propaganda Fide 1864. Vn vol. in 8.° di
pag. 398.
MAINI DOTT. LUIGI — 11 Veltro ed il messo di Dio , vaticinati da Dante Ali-
ghieri.
Questa breve Memoria e come ii sunto di un Gli argomenli, con cui esso conforta questa sua
lungo scritto, cbe il chiaro Doltore dice di ave- sentenza , sono appena accennati ; ma con cio
re in serbo sopra la quistione, si lungamentc e solo pur appresentano tanto di forza, che ne ri-
si variamenle agitata, del Veltro. L'opinione, mane assai probabile la conclusione. Confoitia-
sostenuta dal dotlo Autore, e, che il Yeltro pro- mo il chiaro Scritlore a voler pubblicare 1' inte-
conizzato da Dante, e in altro luogo denominate ro suo lavoro ; tanto piu che una tale opinione
Messo di Dio , sia un Romano Pontefice , inde- ha molli e molti sostenitoii , non solo ecclesia-
terminato quanto alia persona, ma dcterminato stici, ma anche laici ; e per antichita rimonta ai
quanto alle qualila, di cui dovra essere ornato. secolo stesso di Dante.
MANNING — II Dominio temporale del Vicario di Gesii Cristo, per MODS. Man-
ning, Protonotario apostolico e Proposto del Capitolo metro poll tan o di
"Westminster. Yersione dall'Inglese. Roma, coi tipi della S. Congreg. de
Prop. Fide 1862. Un vol. in 8.° di pag. 245.
MANUZZI GIUSEPPE — Yocabolario della lingua italiana, compilato dagli Ac-
cademici della Crusca, ed ora novamente corretto ed accresciuto dalCa-
valiere Abate Giuseppe Marmzzi, seconda edizione riveduta e notabil-
mente ampliata dal Compilatore. Firenze, nella stamperia del Vocabolario
e del testi di lingua 1865. Disp. 57 e 58 in 4.° da pag. 775 a 870.
1BARCUCCI GIAMBATTISTA DA LUCCA — La Monarchia temporale de' Romani
Pontefici, secondo Dante Alighieri, libri tre. Vn vol. in 8." dipag. 120.
Bel servigio, e il migliore per ventura che in dedotla la tesi dal concetto che da 1' Alighieri
questi giorni si potesse, e queslo che ha reso a della sua Monarchia, e dagli argomenli di cui
Dante ed a tutta 1'Italia il chiarissimo Giambat- fa uso per provarne la necessita , owero la con-
tista Marcucci colla presente operetta. Con essa yenienza.
egli dichiara il vero pensiero del divino Poeta Abbiamo delto , che il chiarissimo Autore ha
intorno alia dominazione temporale del Romani reso a Dante e all' Italia un grandissimo servi-
Pontefici. Questo era, che una tale dominazione gio; e cosi cre.dera chiunque consider!, per rispet-
si dovesse ad ogni modo manlenere nella Mo- to a Dante, il gran vantaggio di essere liberate
narchia che esso ideava, avvegnache con una dal brutto sfregio, che gli recarono i setlarii,
specie di soggezione all' Imperatore ; in quella celebrandolo come loro autore e maestro : per
guisa che le altre particolari dominazioni di Re rispelto poi all' Italia , il gran bene di essere
e di Consoli. Alia dimostrazione di un tale as- messa in guardia contro i nemici del Papato,
sunto va innanzi un libro di preliminari storici, che sono ancora i suoi nemici piu crudeli. Per
necessarii per la intelligenza delle cose, che do- queste stesse ragioni noi ci accordiamo con tut-
Tranno seguire. L' assunto poi e dimostrato coi ti i sincen Cattolici a fare plauso all' illuslre
due libri seguenti ; direttamenle col secondo, che Lucchese ; e ben di cuore desideriamo che il
contiene 1'esame de' luoghi della Monarchia, del suo libro abbia ad avere larghissimo giro; pre-
Convito e della divina Commedia , relativi al gevole anche per questo , che e dettato con una
soggetto, e che mettono in chiaro il vero pen- lingua tutta oro, e con grazie non comuni di
siero del Poeta : indirettamente col terzo ; e n' e stile.
MILOZZI FRANCESCO — Francisci Milotii, Doctoris Grammaticae tradendae in
Seminario Yaticano, de ludae Machabei rebus gestis. Romae, ex typogra-
pheo Menicantiano Chr. MDCCCLKV. Un volumetto in 8.° di pag. 40.
II ch. professore Milozzi e da noverare tra i dellato sopra il piu candido degli scriltori del
piu Talenti latinigti moderni. 11 suo stile mo- Lazio, qual fu Cornelio, e naturalissimo per molta
BIBLIOGRAFIA 611
gastigatezza e per lucida concisione. Essendosi menlario dei fatti di Giuda Maccabeo csce alia luce
egii finora dilettato di scrivere di cose sacre, ed fregiato del nome dell'augusto Ponlefice Pio IX,
avendolo sempre fatto con pari eleganza e nobilla, che degnossi di accettarne la dedica ; prernio ben
dimoslra col fatto come possa dallo studio dei caro all'autore , e guarentigia ben sicura per la
classici pagani trarsi vantaggio grande a servi- giovenlu studiosa dei pregi non comuni, che ador-
gio delta religione e della Chiesa. Questo Com- nano questo libro.
M. L. — II Buon amico del giovanetto che s'accosta a fare la sua prima Co-
munione, compilazione fatta dal Sac. L. M. Torino, Pietro di G. Marietti
tipografo pontificio 1865. Un vol. in 32.° dipag. 106.
Questo libriccino e dedicate ai giovanelti che loro i mezzi che debbono adoperare per conser-
abbian fatta la prima Comunione, e suggerisce varne il frutto.
MULLOIS — Onoriamo la Madonna. Considerazioni sulla vita di Maria Santls-
sima, con preghiere e pratiche pel mese di Maggio. Milano, tip. arcivesco-
mle della dittaGiacomo Agnelli, nell' Orfanotrofio maschile, via S. Marghe-
ritansl, 1865. Un vol. in 16.° dipag. 112.
Molti hanno svolto i fatli principal i della vita giugne ogni 6\ delle Risoluzioni, una Preghiera,
di Maria SSma per uso del mese di Maggio. Al- una Pratica, ed una Giaculatoria. Come lutti gli
euni in Letture ampie, altri in Meditazioni di!Tu- allri libri devoli scritti daU'ab. Mullois, questo
se. L'abbate Mullois, il cui libro qui accenniamo, e tulto fervore e fuoco di pieta , e scritto con
il fa in brevissime Considerazioni, alle quali ag- una facilita che il rende sommamente popolare.
NEYRAGUET D. — Compendium Theologiae moralis S. Alphonsi M. De Li-
gorio, auctore D. Neyraguet, Presbytero Dioecesis Ruthenensis Missiona-
rio, complectens turn opens moralis, turn opens cui titulus Eomo Apo~
stolicw etc. substantiam, solamque auctoris doctrinam , meliori ordine
digestam, servatis, quantum fieri potuit, ipsius textus verbis. Ed. prima
romana cum notis. Romae, typis S. Congr. de Propaganda Fide 1849.
Vn vol. in 8.° dipag. VIII, 792.
L' Emincntissimo Card. Gousset fin dal 1839 lungo corso di anni. Testimonio ne e il gran
giudicava questo Compendio della Morale di numero di ed zioni che se ne sono fatte. Questa
S.Alfonso, come il piii conciso, il piu esalto e della tipograCa di Propaganda, per la qualili
il piu fedele che si fosse mai falto sino a quel della carta e dei tipi, e preferibile a lutle le al-
dl. Un si autorevole giudizio e stato confermalo tre, e merita di essere sopra le altre raccoman-
dall'uso che di delto Compendio si e fatto in data,
cosl gran numero di scuole teologiche, e per si
OM AGGIO a Dante Alighieri, offerto dai Cattolici italiani nel Maggio 1865, se-
sto Centenario della sua nascita. Romay tipografia Monaldi 1865. Un vo-
lume in 8.° dipag. 17, 656; legato alia bodoniana, con in fronte il ritrat-
to fotografico di Dante.
Questa raccolta di scritti, si di prosa come di ganza maschia delle scrilture che vi son eonte-
f ersi, delle miscliori penne d'ltalia, intesa a mo- imle. Sara di altro luogo il venirle esaminan-
strar Dante, quale fu veramente, colla sua fede do: qui il tempo e lo spazio ci manca. Solo
di buon ngliuolo della Chiesa, col suo vero amo- diciamo che i nomi , i quali si leggono solto
re di patria, code sue yere dottrine fiiosofiche, quelle scrilture, sono tutti di valenti scrittori;
politiche e religiose, colle sue vere aspirazioni; che gli argomenti da loro prescelli hanno im-
qoesta Raccolta, diciamo, era da molto tempo portanza grando , e svolgouo sotlo ogni forma i
aspe ttata, e come fu applaudita dai cattolici nel concetti danteschi , e la varieta degli stili nelle
•suo concetto, cosi desideravasi yivamenle di ve- prose e dei metri nelle poesie , che sono poche
derla attuala nel fatto in maniera degna di quel ma elette, aggiunge pregio e attraimenlo all'ope-
concetto. Ora essa comparisce in luce. L' esterna ra. In breve diremo che di quelle molte stampe
eleganza dei tipi , che ne fanno un libro vera- fattesi ad omaggio di Dante m questa occasione
mente bello nella sua semplice nobilta, prepara dai liberal i, e che ci vennero sott'occhio finora,
T ammo del lettore a quella corrispondenle ele- nessuna YC n'c che per la elegauza delle forme,
612 BIBL10GRAFIA
e per i'intrinseco Talore della sostanza slia a pa- gli amatori di Dante vorranno tulti avere questo
ro di questa. Noi cc no congratuliamo col signer libro, e gli amanti delle belle ed utili edizioni
Duca Caracciolo di Brienza, che ne concepi il faranno a gara per procacciarselo. Esso vendesi
disegno, e attese indefessamente ad attuarlo. dal libraio Pietro di G. Marietti, si in Roma
e solo ci dogliamO che esso abbia ristretta la nella libreria di Propaganda, si in Torino nella
stampa a poche copie , perche siamo ceiii che sua libreria pontiflcia.
ORTALDA GIUSEPPE — I Missionarii apostolici italiani nelle mission! estere
delle cinque parti del mondo. Torino, dalla tipografia di Giacinto Ma-
rietli 1865. Un vol.. in 4.° di pag. 96 con tavole.
PELLICANI ANTONIO — L'ordine nelle societa cristiane; parenesl per Antonio
Pellicani d. C. d. G. Torino 1865, Pietro di G. Marietti tipografo pontifi-
cio. Unvol. in 16.° dipag. 111.
PERGMAYR GIUSEPPE — Meditazioni sopra i selte doni dello Spirito Santo,
del R. P. Giuseppe Pergmayr d. C. d. G., tradotta dall'alemanno per un
Sacerdote della Diocesi di Liegi, e dal francese fedelmente per la prima
volta volgarizzata. Napoli, stamperia e libreria di A. Festa 1864. Unvol.
in 16.° di pag, 162.
PILA-CAROCCI LUIGI — L'Istmo di Suez. Ragionainento letto in due tornate,
nei giorm 7 e 21 Agosto 1864, nell'Accademia dei Quiriti, dal socio Mon-
signore Luigi de' Conti Pila-Carocci, Prelato Domeslico di Sua Santita.
Roma, tip. delle Belle A.rti 1864. Un vol. in 8.° di pag. 100, comma tavola.
L'esimio Prelato romano, Mons. Luigi deiconti mente le utilita che da questo taglio ne prover-
Pila-Carocci, nel suo viaggio in Oriente, voile ranuo al commercio, alia civilta ed alia reli-
esaminare a parte a parte i lavori del taglio del- gione. Questo libro, sia per ci6 che vi si discor-
1'lstmo di Suez, affine di giudicarne non sopra le re con brevila s\ ma accompagnata da molta
relazioni altrui, ma sopra la sua propria osserva- precisione, sia per la serie compiuta dei piu im-
zione. Reduce da quel lungo e istruttivo viaggio portanti Document! relativi al taglio che si va
in Roma, in un discorso recitato in una pubblica eseguendo, servira a dare una notizia abbaslanza
adunanza, fece di pubblica ragione il frulto dei compiuta di quest'opera gigantesca. Esso poi di-
suoi studii ; e quel discorso, lanto allora applau- mostra quanta coltura e penzia si trovi nella
dilo, ora si pubblica, coll'aggiunla dei piu impor- Prelatura romana, e quanto studio vi si fuccia
tanti Document! relativi al medesimo taglio, e di tutto quello che possa giovare, non solo alia
con una veduta panoramica dell'lstmo. II Discor- pieta, costumatezza e coltura dei popoli , ma
so espone la storia dell'lstmo di Suez, il progel- eziandio alia loro prosperita e grandezza mate-
to del taglio e 1'esecuzione dei lavori, e final- riale.
PINCELLI LUIGI — L'anima religiosa rassodata nella perfezione e uel culto di
S. Giuseppe; meditazioni, esempii ed altri esercizii per ogni giorno del
mese di Marzo, compilati dal P. Luigi Pincelli d. C, d. G. Modena, tip.
dell' Imm. Concezione. Un vol. in 16.° di pag. 199.
Nella gara aflettuosa, destatasi ai nostri giorni, mira ad apprender loro come debbono con—
di onorare con ogni sorta di omaggi il glorioso secrare ad onor di S. Giuseppe il mese di Mar-
Patriarca S. Giuseppe, sono usciti alia luce pei zo. Cos! per ogni giorno del detto mese v'euna
lipi d'ltalia e di Francia molti libri, diretti a Meditazione sopra qualche veritk del Vangelo ,
glorificaresi gran Santo, e a guidare i fedelinel- applicata allo stato religioso, e convalidata da
la pia pratica di venerarlo. Ognuno d'essi ha il un Esempio, che v'abbia rapporto e msieme ram-
suo scopo particolare, e dirigesi ad una particolar menti o qualche gloria o qualche beneficio di
classe di persone. Questo novissimo, die qui an- S. Giuseppe. E un libro pieno di santi pension,
nunziamo e dedicate alle persone clauslrali , e esposti con vigor grande e con sanla unzione.
PIO IXPontifici Optimo Maximo Episcopi Hetruriae. Pisa, tip. di LettureCat-
toliche, diretta da Giov. Aim 1865. Un opusc. in 8.° di pag. 16.
PIOLANTI GIUSEPPE — La Grammatica del buon senso, mancante da lungo
tempo in molte odierne biblioteche e riprodotta in dialoghi filosofici per
BIBLIOGRAFIA 613
1'Ab. Giuseppe Piolantl. .Roma, pei tipi di Giovanni Cesar 'etti 1865. Un
vol. in 8.0 di pag. XYI, 376.
Sotto questo titolo trattansi argomenti religiosi cembre e del Sillabo. La forma della traltazione
di grande importanza, cioe dire dell'Esistenza di e il Dialogo, e altori nel Dialogo sono un illu-
Dio, della divina Provvidenza, dell' Immortalita minato alia nioda, ma di buona fede, e 1'Autore
dell' anima, della Rivelazione , del Cattolicismo dell'opera. Vi e nel Hbro molta erudizione, e le
confrontato col Giudaismo, col Gentilesimo, col- citazioni piuttosto abbondano che mancano: vie
1' Isiamismo e col Protestantesimo , degli Ordini molto fuoco nolle idee e nello stile, che mostra-
religiosi, e finalmente dell'Enciclica degli 8 Di- no uno scrittore d'indole accesa e di zelo grande.
ROHRBACHER — Storia universale della Chiesa cattolica dal principio del
mondo fino ai di nostri, dell' Abate Rohrbacher, Dottore in Teologia del-
1' Universita cattolica di Lovanio ecc. ecc. Prima traduzione italiana so-
pra la terza edizione. Torino 1865, per Giacinto Marietti tipografo li-
braio. Vol. X in 8.° dipag. 970.
SACCARBO PIETRO — Saggio d'uno studio storico-artistico sopra i musaici
della chiesa di S. Marco in Venezia. Memoria letta al veneto Ateneo, nel-
1'Adunanza del 21 Lugllo 1864, dal socio corrispondente Pietro D. Sac-
cardo, ingegnere civile, Venezia, tipogr. del Commercio edit. 1864. Un
opusc. in 8.° di pag. 35.
La Basilica di S. Marco in Venezia e da nove- discorso il sig. Saccardo in questa memoria , la
rare tra le chiese piu ricche di lavori a musaico ; quale giugne alia conchiusione molto savia, che
i quali cominciarono ad esservi int.rodolti verso volendosi e dovendosi ora ristorare dei danni sof-
il principiare del decimo secondo secolo , e per ferti dal tempo, invece di sostituire ai vecchi
sette interi secoli si andarono sempre piu aumen- nuovi mosaic!, cerchisi ad ogni patto riprodurre,
tando e ingentilendo. La storia di questi leso- imitandoli esattamente, gli antichi che fossero gua-
ri d' arte, ossia la cronologica, ossia la tecnica, sti in tulto o in parle.
ossia la scientiflca, rischiara con breve ma dotlo
SCARAMELLI GIO. BATTISTA — Direttorio ascetico, nel quale si insegna il mo-
do di condurre le anime per vie ordinarie della grazia alia perfezione
cristiana, indirizzato ai direttori delle anime da Gio. Battista Scaramelli
d. C. d. G. Torino, per Giacinto Marietti tipografo libraio 1865. Due vol.
in 8.° di pag. 524, 456.
Una delle piu stimate opere ascetiche, per la elegante che ne ha falto il benemerito tipogra-
direzione delle anime, e questa del P. Scaramel- fo Giacinto Marietti in Torino. Vendesi al prezzo
li. Essa e notissima: e noi nulla dobbiamo dime di L. 10.
per raccomandarla, salvo che far nota 1'edizione
SCHIAFFINO PLACIDO — L'analogia della fede e il primato del Pontefice. Con-
ferenze del P. D. Placido Schiaffino, Monaco Benedettino Olivetano D. I.
S. T. Roma, coi tipi della S. Congr. de Propaganda Fide 1857. Un vol.
in 8.° dipag. 114.
' SCOLARI DOTT. FIL1PPO — Intorno alle prime quattro edizioni della divina
Commedia, Lettera critica a Moris, lllmo e Rfiio Giambattista Carlo Conte
Giuliani. Venezia, tipogr. Gaspari impr. MDCCCLXV. Un volumetto in 16.°
di pag. XV1IL
Le piu antiche edizioni a stampa della divina' giore evidenza che si puo otlenere in somiglian-
Cbmmedia sono del 1472, e si riducono a quat- ti quistioni ; ed il secondo con sufflciente pro-
tro, dette comunemente d» Foligno, di lesi, di babilita. Grande obbligazione dee professare la
Mantova e di Napoli, e attrjbuite respettivamente illustre citta di Verona al chiaro filologo, per
a queste citta. II chiarissimo cav. Scolari pren- avere, specialmenle in quest' anno si solenne alia
de a rivendicare a Verona 1'onore della edizio- memoria di Dante, riacquistata per lui questa
ne giudicata di lesi,, e a darle il primato di gloria, di avere data all' Italia la prima o certo la
tempo sopra le altre tre. II primo di questi due seconda edizione a stampa della divina Commedia.
assunti ci sembra dimostrato con quella mag-
61 4 BIBLIOGRAFIA
SCOTTI-PAGLIARA DOMENICO — Cattolicismo e Protestantesimo. Conferenze
predicate nella chiesa di Monte Galvario di Napoli, ne' mesi di G'mgno,
Luglio e Agosto 1864, per Domenico Scotti-Pagliara, prete napoletano.
Napoli 1865, Gabriele Rondinelia editore, viaS. Anna de' Lombardi n. 8.
Un vol. in 8.° dipag. 363.
Delle prime veoticinque conferenze del dolto e torno al culto, ossia in generale parlando della
shiarissimosac. D.Domenico Scotti-Pagliara, par- necessita, della utilita, dello splendore del culto
lammo altra volta, con quella lode che meritava esterno, ossia in particolare parlando del culto
lo zelo, la doltrina e il coraggio dell'Aulore. In dei Santi, delle Reliquie e delle Immagini. L'ul-
questo volume contengonsi dodici altre conferen- tima conferenza ha per argomento il sangue di
ze, trattate tutte con la stessa maestria. Le pri- S. Gennaro, e tntta e diretta a provare contro le
me tre ban per titolo I' Eucaristia innanzi alia calunnie dei miscredenti 1' autenticita del prodi-
Bibbia, alia Storia, alia Ragione. Due altre che gio, che esso da tanli secoli presenta, col liquefar-
seguono parlano della Messa, esponendo la dot- si piu volte ogni anno alia vista di tutlo il po-
trina della Chiesa e sciogliendo i soflsmi dei polo napoletano.
Proleslanti. Le sei seguenti s' intrattengono in-
SERVANZI-COLLIO SEVERING — Al Patriarca san Giuseppe culto antico nella
citta di Sanseverino, dimostrato dal Conte Severino Servanzi-Collio, Ca-
valiere di Malta ecc. ecc. Macerata, tip. di Alessandro Mancini 1865. Un
opusc. in 4.° di pag. 16.
SOGG1U ANTONIO — Applausi alia Enciclica pontificia ed al Sillabo del di 8
Dicembre 1864, del sacerdote Dottore Antonio Soggiu, canonico della
chiesa Metropolitan di Oristano. Milano, tipografta e libreria artivfsco-
vile, ditta Giacomo Agnelli 1865, via S. Margherita, num. 1. Un fascicolo
in 8.* di pag. 29.
Sono opportunissime le considerazioni, ed ap- e di eloquio, che e proprio degli scrittori sardi,
propriatissimi i consigli che da il chiarissimo e anima i fedeli a venerare, meditare e porre in
dotto Can. Soggiu, a proposito dell' Enciclica de- pratica la gran parola di Plo IX, ed a sperar da
gli 8 Decembre. Egli ne fa vedere la necessita, lei salute all' anima propria, e salvezza alia so-
1'utilita, la grandezza : e con quel calore di fede ciela pericolante.
SUSZA GIAC03HO — Gursus vitae et certamen Martyrii B. losaphat Kuncevicii,
Archiep Polociensis, Episc. Vitebscensis et Mstislaviensis, Ordinis sancti
Basilii Magni, calamo lacobi Susza, Episc. Chelmensis et Belzensis, cum
S. R. E. uniti, Ordinis eiusdem, adumbratum. Editio nova emendatior et
auctior, curanle loanne Martinov, presb. S. I. Parisns, Victor Palme, bi-
bliopola editor 1865, via sancti Sulpitii 22. Un vol. in 8.° di pag. 229.
Questa ristampa della Vita e del Martirio del pubblicato da Sua Santita. II ch. P. Martinov,
B. Giosafat Kuncevich, Arcivescovo di P&losfe, che ne ha procurato la ristampa, vi ha in fine
e modellata sopra 1'edizione romana del 1665. apposto molte giunte e correzioni, le quali mi-
Essa viene opportunamente alia luce ora che il dono piu pregevole il lavoro slorico, tuttoche
Decreto di Canonizzazione del B. Giosafat e stato diligente, del Susza, monaco Basiliano.
TASSO TORQUATO — La Gerusalemme liberata di Torq. Tasso, illustrata in
ordine alia critica letteraria e storica ad uso della gioventii studiosa, da
un Vercellese (Gamillo Mella d. G. d. G.). Edizione terza. Torino, per Gia-
cinto Marietti, 1865. Un bellissimo vol. in 16.° di pag. CCXV, 623.
TERROR (IL) DEI DEMONII S. Michele Arcangelo. Novena in apparecchio alia
doppia festivita del medesimo, cemaposta da un Padre d. C. d. G. Roma, coi
tipi deMaCivilta Cattoliea 1865. Un vol. in H.°di pag. 144. Vendesi in Roma
al prezzo di 10 baiocchinell'Ufficio della Civilta Gattolica, e nella libreria
di Propaganda.
L' impegno d' an gran numero di persone nei Diavolo, di riabilitarlo agli antichi diritti di pa-
tempi che corrono si e di rimettere in ooore il ttronauza sul monde, dei qnali fu spodestato dal
BIBLIOGRAFIA
615
di ricondurre gli uomini all'anlico culto idolatri-
co del diavoli.
Sano pensiero fu pero quello di chi si studio di
opporre all'onor dei diavoli il culto del loro anta-
gonista e primo debellatore S. Michele Arcaagelo,
e risvegliarne nel cuor de' fedeli la piu fervida
divozione con proper loro, sotlo forma di Novena,
belle ed utilissime considerazioni.
divin Redenlore. Molt! si gloriano di apporlo in
fronte ai loro Giornali , intitolandoli dal Diavo-
lo - II buon Diavolo - II Diavolo galante - II
flglio del Diavolo - Messer Satanasso ecc. ecc.
Le dottrine che si spacciano sono quelle di Lu-
cifero. Le delizie dei commedianti sono i diavo-
li. I diavoli si evocano nelle grotte, nelle sale ecc.
Ai diavoli si ricorre nelle malattie e da! diavoli
si cerca invest! gar 1'avvenire. Si tenla insomma
THEINER AGOSTINO — Annales Ecclesiastic! , quos post Caesarem S. R. E.
Card. Baronium, Odoricum Raynaldum, ac lacobum Laderchium, presby-
teros Congregationis Oratorii de Urbe, ab anno 1572 ad nostra usque tem-
pora, continual Augustinus Theiner, elusdem Congregations presbyter,
Consultor SS. Congregationum Indicis librorum prohibitorum, Episcopo-
rum et Regularium etc. etc. Romae, ex typographia Tiberina 1856. Tre
vol. in f'ol. di pag. XVIII, 560. XIX, 642 e XXIV, 843; i quali si vendono
nella libreria di Propaganda.
L'immensa opera, che il Card. Baronio prin- nella loro integrita e paleografla , e per conse-
cipio, degli Annali Ecclesiastic!, fu continuata guente nella lingua lor propria , non avendo
dopo lui dal Raynald e dal Laderchi , il quale voluto il P. Theiner riportarli solo a brani, o
ultimo la condusse flno all' anno 1571. Dalla tradotti in latino: e tra quest! document! non
morte del Laderchi in qua nessun altro sotlentro da luogo alle parole degli slorici, tanto meno
a quel glorioso si, ma difficilissimo incarico : e dei document! originali autorevoli. Che se i do-
per piu di cento anni fu desiderate chi se ne cumenti sono noli
a trovare, lo scrit-
facesse il continuatore. Per buona ventura que- tore degli Annali si contenta di citarli soltanto,
sto desiderio ora e appagato, ed il chiarissimo indicando ove si debbano essi cercare. Con tut-
P. Theiner, Prete anch' egli, come i suoi prede- tocio in tre gross! Volumi non pote comprender-
cessori, dell' Oratorio, ha dato non ha guari alia vi che la materia di soli quallordici anni: ma
luce i tre Volumi che abbiamo annunziato, con- cio mostra 1'abbondanza dei fatti, che a quei
ducendo gli Annali dal 1572 flno al 1585. Egli tempi si riferivano alia Chiesa , e la diligenza
seguita le vestigie dei tre primi scrittori di que- grande dell'Aulore nel raccorli, ordinarli e dilu-
sti Annali, salvo quelle variazioni che o i nuovi cidarli. II detlo fin qui risguarda la parle ester-
studii storici, o la materia da narrare gli hanno na del libro, il melodo cioe tenuto dallo Sciit-
imposto. La divisione degli anni e in queali Vo- tore. La sua egregia valenlia poi , ossia nella
lumi qual fu nei precedent! : ma piu esaltamente critica , ossia nell'ordinamenlo, ossia nella espo-
ancora, che nei precedent!, e sollo ciascun anno sizione dei fatti , verra da noi in altro tempo
serbata la divisione delle materie per region! e esposta con queU'ampiezza, che la grandezza del-
per regni. I document! estratti dall'Archivio Va- 1' Opera richiede.
ticano, vengono, generalmenle parlando, riferiti
TOMMASO (S.) D'AQUINO — Sancti Thomae Aquinatis, Doctoris Angelici, Ordi-
nis Praedicatorum, Opera omnia ad fidem optimarum editionum accurate
recognila. Tomus decimus Septimus. Opuscula theologica et philosophica
tarn certa quam dubia. Tomus II, fasc. V et VI. Parmae, ex lypographaeo
Petri Fiaccadori 1865, in 4.° da pag. 265 a 424.
TOSCANI TEODORO — Ad Typica Graecorum ac praesertim ad typicum cry-
ptoferratense S. Bartholomaei Abbatis animadversiones Theodori Toscani
Hieromonachi Ord. S. Basilii M. Romae, typis S. Congr. de Propaganda
Fide 1864. Un vol. in 4.° di pag. 109.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roma 28 Maggio 1865.
I.
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. Solennita della beatlficazione della Ven. Maria degli An-
geli — 2. Relazione al Santo Padre circa gli oggetti di Arti ed Industrie
spediti alia mostra di Dublino.
1. La mattina della Domenica IV dopo Pasqua, 14 Maggio, ebbero luo-
go, coi riti consueti, nella patriarcale Basilica Vaticana , lesolennita per
la beatificazione della Ven. Serva di Dio Maria degli Angeli , di Torino ,
monaca professa nell' Istituto delle Carmelitane scalze ; e verso le ore 6
pomeridiane il Santo Padre, seguito dal sacro Collegio de' Cardinal! e
dalla sua nobile Corte , discese nella Basilica stessa per venerare la Bea-
ta. Fu grande il concorso dei fedeli che, per venerare la novella Beata e
lucrare la plenaria Indulgenza conceduta da Sua Santita, trasse, special-
mente nelleore pomeridiane, al sacro tempio. II quale assai decorosa-
mente con daraaschi, velluti e con analoghi emblemi dipinti, era addob-
bato nel presbiterio , ove pure grande copia di ceri , disposti con bell'or-
dine, rendevano ricca e splendida la luminaria. I due archi , che metto-
no nelle navi minori, erano cbiusi da ornati, e su questi carapeggiavano
i quadri , in cui vedevansi storiati i miracoli approvati per la Beatifica-
zione. Altra pittura era posta sull'ingresso principale della Basilica, e
nella grande loggia del portico superiore era spiegato lo stendardo , sul
quale la Beata effigiavasi tra una gloria di Angeli. Furono ancora distri-
bute in copia abbondante le immagini della Beata , e gli esemplari della
CRONACA CONTEMPORANEA 617
sua Vita, scritta dal P. Anselmo di S. Luigi Gonzaga. Nella sera le fac-
ciate delle chiese tanto dei Religiosi che delle Monache dell'Ordine ; al
quale la Beata Maria apparteneva , e di cui e novello decoro , furono , in
segno di giubilo, illuminate.
2. Le sollecitudini del Governo pontificio , perche gli oggetti di Arti
ed Industrie dovessero , come gia in passato a Londra , cosi ancora in
quest'anno, far bella mostra dl se in Dublino, secondo quello che riferim-
mo nel volume precedente a pag. 613 , ottennero eccellenterisultato. Di
che il Comm. Costantini Baldini , ministro del Commercio e dei Lavori
pubblici , designate da Sua Santita a presiedere la Commissione incari-
cata di vigilare e dirigere questa faccenda, mando stampare coi tipi del-
la Rev. Camera Apostolica , 1' Elenco generale degli oggetti spediti dagli
esponenti pontificii alia esposizione internazionale di Dublino, dopo
Vesame che ne ha fatta la commissione, eletta dallo stesso Ministero.
L' indicate elenco e preceduto da una relazione fatta alia Santita di
Nostro Signore da S. E. il sig. ministro Commendatore Costantini Baldi-
ni; alcuni brani dalla quale, dice il Giornale di Roma del 18 Maggio,
mettendo in vista la quantita e rilevanza degli oggetti mandati , giova
qui appresso riferire, perche i lettori ne prendano un adequate concetto.
« Si legge nel catalogo il novero delle formazioni geologiche dei mon-
ti di Tolfa e Allumiere, da tornare in utile del commercio, delle arti e
delle industrie.
« Succede la raccolta di stampe dei piu abili artisti romani, divisa in
portafogli e volumi, da cui si scorge 1'importanza della Calcografia Ca-
merale, la parzialita dei Sommi Pontefici in proteggere 1'arte dell' inci-
sione, e 1' intendimento loro di rendere piu che mai note, per mezzo di
quest'arte, che ha fiorito sempre in questa insigne istituzione, le opere
dei piu illustri maestri del disegno.'
« Yi si aggiunge una collezione di medaglie pontificie, atte a dichia-
rare , oltre 1'artifizio delle impronte e dei conii lavorati peHa zecca del-
lo Stato, varie delle opere dei Sommi Pontefici da Pio YH in poi, che,
per la loro utilita e grandezza , meritano di passare , anche per questo
mezzo, alia memoria dei posteri.
« Circa cento fra statue, gruppi, busti e bassorilievi scolpiti in mar-
mo, e alcuni solo modellati in gesso da valenti artefici, indicano il se-
gno, cui e giunta in Roma 1'arte nobilissima della scultura.
« E cosi quarantuno dipinto di eccellenti maestri serviranno a dinota-
re lo stato della pittura.
« Ai quali aggiungendo varii lavori finissimi di musaico, e spezial-
mente due copie , una di un dipinto di Guido Reni , rappresentante san
Pietro , e 1'altra del Sassoferrato , con ivi effigiata la Vergine Santissima,
uscite dallo studio del Yaticano , si fornira per tal guisa buon saggio del-
la pittura in musaico, tutta propria della citta di Roma.
618 CHONACA
« Vi si trovano non pochi cammei , intagliati sopra conchiglie e pietre
dure, di ottimi e rinomatissimi incisori, da' quali si trae quanto Roma
sia innanzi in questa arte ereditata dagli antichi. E siccome molti di
questi sono legati in collane, smanigli, monili o anelli di oro, condotti
elegantemente alia foggia romana o etrusca , cosi nelle dorerie raedesi-
mamente si mostra rinnoyato il gusto de' prischi orefici assai piu squisi-
to dei moderni.
« Occorrono pure ricche e leggiadrelegature di libri ; tappeti tessuti
nella forma di quei di Persia per industria degli alunni dell'Ospizio Apo-
stolico; merletti che imitano i piu costosi di Inghitterra o di Fiandra, ri-
canaati dalle detenute nelle case di penttenza , non piu abbandonate al-
1'ozio e all'infingardaggine; fotografie; armi ; macchine ; marmi lavora-
ti ; avorio e legni superbamente e delicatamente inlagliati ; allurae ; cro-
molitogratie ; candele di cera anche dipinte ; mattoni a somiglianza delle
pietre; lavori di ferro; liquori ; olio; e perle che imitano le piu preziose.»
La relazione poi si occupa in modo speciale delle Arti Belle, che so-
no patrimonio di questo classico suolo ; e cosi ne ragiona , sottoponendo
alia considerazione del Santo Padre le premure della Commissione della
Esposizione irlandese , per conseguire copia notevole di queste preziosi-
ta romane.
« Ma cio che dee tornare gradito aH'antmo augusto della Santita Yo-
stra, si e che la rinomanza delle Arti, che per munificenza dei Sommi
Pontefici , e in particolare di Yostra Beatitudine , sorgono sempre piu
nobili e distinte in questa metropoli del mondo cattolieo, si spanda siri-
guardevole appo le nazioni straniere, da invaghire chiunque nel posse-
dere oggetti , che a queste si rapportino. Una prova assai manifesta di
tal verita e avvenuta nelta attuale occasione della Esposizione internazio-
nale di Dublino. Nella quale , per Vesempio del fayore compartito in Lon-
dra nella passata esposizione del 1862 alle tavole, ai marmi , ai cammei,
alle dorerie, agli intagli mandativi da Roma, s' e bramato per guisa dai
Direttori della Esposizione di avere in Dublino un'altra aula pontificia,
da procacciarsi siccome quella di Londra il titolo di gemma della Espo-
sizione, che non solo hannospedito, con isquisita cortesia, chi appo il
Governo della Santa Sede ne sollecitasse 1'autorita onde esortare gli ar-
tefici a entrare nella gara ; ma con generosa propensione hanno disposto
che un yascello a vapore yenisse fino nel porto di Civitavecchia a cari-
carne le opere o le produzioni a spese della Deputazione irlandese , che
per queste ha voluto pure caricarsi dei rischi di mare , e della scelta di
uomini adatti a maneggiare casse di statue o dipinture , affinche ogni
cosa sia disbarcata e collocata al suo luogo , senza che nulla si alter! o
yada smarrito. »
Notato poi che Sua Santita erasi degnata nominare Lord Talbot di
Malahide in Commissario pontificio alia Esposizione; e detto come i sud-
CONTEMPORANEA 619
dili pontificii sonosi nioslrati pronti a rispondere agli incitement! del Go-
verno , la relazione conchiude con queste parole : « E questa raccolta
appunto di opere d' ingegno, uscita dalla citta di Roma , disvela aperta-
mente in qual modo, malgrado de' tempi sfavorevoli alle arti e alle in-
dustrie , si commovano al venerato cenno della Santita Vostra coloro ,
che si stimano fortunati di esserle sudditi ; e superando le calamita, che
ne circondano , procurino di provare con fatti evidenti che questa citta ,
governata saggiamente dai Sommi Pontefici , puo sempre gareggiare, e
vincere ancora , ove si tratti di coltura e civilta yera ».
STATI SAUDI l.Circolare ai Prefettl contro i Hbri e le immagini oscene — 2.
Ragguagli circa le petizioni in favore degli Ordini religiosi — 3. Indiriz-
zo di Religiosi siciliani al D'Ondes Reggio ed al Cantu — 4. Nuove minac-
ce dei Mazziniani per le pratiche d'accordo con la Santa Sede — 5. Cir-
colare del guardasigilli Vacca, per mantenere la sospensione dell' Exe-
quatur circa i benefizii ecclesiastic'!, temperandone il rigore per quelli soli
di patronato laicale— 6. Provvedimenti fmanziarii approvati dal Senato ;
un regaluccJo di 60,000 lire ai cospiratori del 1820-21 — 7. Pubblicazione
del nuovo imprestito di 425 milioni — 8. Ullime tornate e cenni storici,
sopra i falli precipui del Parlamento in Torino ; partenza del Re— 9. Se-
sto centcnario di Dante Alighieri celebrate in Firenze.
1. Sul principio di quest' anno 1' Unita italiana, diario democratico
schietto, compendiava in queste poche parole i fasti del 1864 : « Dagli
ergastoli del regno evasero, nel 1864, 77 condannati, e dalle carceri 315.
Vi furono 2011 renitenti di leva. Vennero autorizzate altre 56 case dilol-
kranza! Dieciotto volte avvennero scioperi di operai. Nel Napoletana
furono fucilate 423 persone. II Goyerno italiano presea fucilate il popolo
di Torino, impose la tassa sulla ricchezza mobile, sui fabbricati, sui beni
rustici, sui tabacco, sui sale, sugli stipendii e sulle pensioni, sui consume
di tutti i generi, sui libretti della cassa di risparmio, sulle lettere, sui
salarii; sulle messe , sulle elemosine e perfino sui regali , e ci regalo 4
nuoyi baroni, 59 nuoyi commendatori, 163 nuovi cavalieri di san Mau-
rizio, 40 nuovi regolamenti e 58 nuove circolari. Finalmente, il 1864 si
ha inghiottito 500 milioni , ed ha portato il debito del nostro paese alia
mostruosa cifra di quattro miliardi ! ! . . , Scusate se e poco ! »
In questo elogio del Governo ristauratore deH'ordme morale spicca ,
come una gemma preziosa, quel cenno sopra le case di tolleranza; del-
le quali, come tutti sanno, la moderna civilta mostro sempre di pigliarsi
una cura tutto speciale ; tantoche puo dirsi che i progressi della sua in-
fluenza possono misurarsi da questa caratteristica industria , introdotta
dov'era sconosciuta , e promossa con efficace tutela dove gia si eserci-
tava. Dopo cio non e merayiglia che, al vedere, nella sede stessa del
620 CRONACA
sullodato Governo, istituito il decimo uffizio, i mercanti di turpitudini si
sentissero incoraggiti a sempre nuove e svariate maniere di svolgere
codesto ordine morale ; le quali in breve toccarono tal perfezione , che
perfino la Societa democratica di Livorno ebbe a fame i fortissimi richia-
mi, da noi riferiti nel precedente volume a pag. 363.
Come a Dio piacque , la voce della societa democratica giunse alle
orecchie del Ministero ; e quello, di che indarno aveano fatto caldissime
suppliche quasi tutti i Vescovi d' Italia nelle loro lettere al Re ed al Go-
yerno, fu ottenuto dal voto de' Mazziniani. La seguente Circolare, ri-
stampata anche dallo Stendardo Cattolico di Geneva del 26 Aprile, fu
spedita ai Prefetti del Regno ; e noi ci auguriamo che questa non resti
nella condizione di lettera morta, come accadde delle Circolari spedite
ad pompam contro il duello ed i duellanti.
« Per avidita di sordidi e disonesti guadagni , pur troppo nelle singo-
le province italiane, dove piu, dove meno apertamente, dell'arte nobi-
lissima della stampa e della fotografia si fa mereato turpissimo di cor-
ruzione. Osceni libercoli, sfacciatamente diffusi, offendono la morale ed il
costume; laide fotografie riproducono schifose sconcezze. E queste scan-
dalose produzioni sono esposte in pubblica mostra, e si portano attorno
per lo smercio nei pubbliciluoghi. Tutti gli onesti e discreti riconoscono
e lamentano il danno, onde la diffusione di queste figure oscene e di que-
sti volumetti di narrazioni licenziose, sono cagione per la gioventu , e
quanto siffatta licenza contribuisca a corrompere il costume e a fomen ta-
re ne' giovani vizii e funeste abitudini, nocive non meno alia morale che
al loro sviluppo fisico ed intellettuale ; e veramente cosi turpe specula-
zione e indegna ed intollerabile in popolo civile di nobili e libere aspira-
zioni. II corrompimento del costume segna decadenza nelle nazioni.
« Per la qual cosa il sottoscritto sente profondamente il dovere di ri-
chiamare tutta la piu severa attenzione dei signori Prefetti su questo
importante argomento ; e loro raccomanda di impartire le piu energiche
disposizioni , perche sia fatta accurata , incessante sorveglianza ad impe-
dire la mostra in pubblico di libri o stampe , e specialmente di fotogra-
fie, le quali offendano il pudore e la morale; e perche possibilmente siano
colti in flagrante coloro che ne facciano smercio aperto o clandestino ,
massime collo andare attorno ne' pubblici luoghi di ritrovo ; e, seque-
strando quelle brutture , siano tosto denunciali all'autorita giudiziaria.
« E come per avventura pochi sono gli editori , stampatori e negozian-
ti che si appigliano a questa turpe speculazione, la quale naturalmente e
esercitata colla stampa clandestina , e pochi altresi sono gli esercenti del-
la fotografia che discendono a prostituire 1'arte loro : sara facile ai signo-
ri Prefetti fare sorvegliare specialmenle coloro, che e per la loro equivo-
ca condizione nel commercio e nell' industria, e pe' loro antecedent!, pos-
sono essere sospettati di cotate traffico, affinche quella rea cupidigianon
CONTEMPORANEA 621
Yada impunita. QuegU altri poi , o stampatori o librai o fotografi , che
senza pravo proposito risultassero facili nella impressione , nello spaccio
o nella riproduzione di stampati o di figure licenziose, dovranno essere
con buoni modi invitati e fatti persuasi a desistere da commercio siffat-
to, che tanto danno puo arrecare alia popolare e giovanile educazione.
« Confida lo scrivente di trovare nei signori Prefetti tutto il loro con-
corso a raggiungere lo scopo importantissimo, cui tende la presente, e li
prega di favorire un cenao di ricevuta , e delle disposizioni che avranno
dato in proposito ed a suo tempo del loro risultato. Pel Ministro. ZINI. »
Le infamie sfolgorate con parole di si giusto sdegno in questa Circo-
Jare, si perpetravano impuuemente da piu e piu anni, non solo nellecitta
di provincia, come Milano e Livorno, ma nella stessa Torino, sotto gli
occhi dei Ministri; i quali, passeggiando sotto i portici di Po, avean
tutto 1'agio di vedere le turbe intente a pascersi di quel lezzo. Se non
si volea dar ascolto ai Vescovi, si dovea almeno credere ai proprii occhi !
Ora mostrano d' aver veduto ; poiche leggiamo in qualche giornale tori-
nese che furono, per ordine della Questura, non sequestrate, ma almeno
levate dalle vetrine di certi librai quelle stomachevoli brutture, con rac-
comandazione di non piu esporle alia pubblica vista.
2. L'abolizione degli Ordini religiosi sta in cima dei pensieri dei ri-
stauratori dell'ordine morale , come apparira dal documento ufficiale che
riferiremo qui appresso ; ma , per le ragioni allegate dai Ministri in Par-
lamento, e da noi recitate nel precedente quaderno, si dovette indugiare
1'effettuazione di quel disegno , che si presento come ispirato dalla ne-
cessita di cedere al voto quasi unanirae della nazione. Or qual sia il vo-
to dei piu, riesce manifesto da quello che gli Atti ufficiali posero in so-
do, e che noi abbiamo chiarito 1'altra volta, a pag. 495. Sono piu
di 183,000 i cittadini che supplicarono perche non si calpestasse lo sta-
tuto fondamentale del Regno, onde sono guarentite agli Ordini religiosi
e 1'esistenza legale e le proprieta loro d'ogni ragione ; per contro appe-
na 15,000 i settarii che, in nome della liberta e della civilta, chiesero
si dovessero rubare i beni de' religiosi a profitto dello Stato , e manomet-
tere la piu sacra delle liberta, cioe quella di servire a Dio in un chiostro.
Ma 1'argomento si fa ancora piu calzante , quando si riflette al grande
numero di petizioni in favore de' religiosi , che si dissero smarrite negli
stessi archivii della Camera, a cui erano pervenute. Di che ci sembra
di dover riferire le forti parole deU'lrmoma di Torino, del 13 Maggio :
« Sono piu di 120 petizioni che, benche presentate, scomparvero ; e
questa e una delle mille prove, che gia rivelaronsi, del modo scempia.to,
con cui trattansi gli affari anche nelle segreterie delle Camere , che nel
regime costituzionale diconsi tutelare e guarentire i diritti , gl'interes-
si di tutti i cittadini. Qual tutela! Qual guarentigia ! Smarrisconsi per-
fino centinaia di document!, che contengono i richiami di 20 o 30 mila
622 CRONACA
cittadini , tra le quali sappiamo di certo noverarsi petizioni d' intieri Con-
sigli comunali, fatte a nome di tutta la popolazione ! Ne questo basta;
osserviamo che notansi mancanti le petizioni di citta. cospicue : Bari r
Brescia, Caltanisetta, Catania, Crema, Ferrara, Firenze , Lucca, Mon-
talcino, Nicotera , Pescia, Ripatransone. Poiche trattaronsi di siffatta
guisa le petizioni di citta, che cosa si sara fatto di quelle di borghi e vil-
laggi? Manifesto si rivela uno studio di far come scomparire questa, che
e pur tremenda manifestazione de' popoli italiani. Ad esempio, per Ja
provincia di Torino segnansi 1021 tirraa, coll'annotazione che, nonessen-
dosi rinvenute le pelizioni , si pone a calcolo. Poi ad Ivrea (diocesi)
si danno 2421 firma ; ora noi abbiamo sott'occhi il catalogo delle petizio-
ni trasmesse da quella diocesi , e ci da : comuni 107 , tra cui due citta,
Ghivasso e Rivarolo, di cui la tavola dice smarrite le petizioni ; tre capi
di mandamento, Caluso, Pavone, San Benigno, San Giorgio, Strambi-
no, Vico, dei quali la tavola tace , e smarri persino i nomi ; e parroc-
chie 117, con 5794 firme circa, eppero 3373 piu di quelle che degno la
tavola notare. E questo, ripeteremo ancora, E questo fia suggel eft ogni
uomo sganni.
« Ma YArmonia , che segnera tra suoi fasti 1'aver potuto dar eccita-
mento e servire aqueste manifestazioni de' cittadini italiani, ne conchiu-
dera ancora che le petizioni e tirme sono di certo piu che 200,000; e
che a quelle devono aggiungersi le proteste che i frati e le monache ge-
neralmente fecero contro dell'onorevole Macchi , adesso rivelatosi segre-
tario della frammassoneria. »
3. Malgrado di codesti, o sbagli che sieno, o disonesti artitkii per rap-
presentare come contrario all' opinione pubblica il mantenimento de're-
ligiosi, questi, per qualche mese almeno, godranno ancora di qualche e-
sistenza legale, benche i singoli monasteri e conventi possano , in virtu
de' precedent decreti e della facolta concedute dalle Camere, essere, e
siano di fatto, confiscati a talento di questo o quel Ministro , che creda
d' averne bisogno o per quartieri di milizia o per scuole pubbliche. Que-
sto poco indugio della abolizione generale parve gran benetizio ai reli-
giosi dell' isola di Sicilia; i quali, riconoscendo per certo da Dio che per
ora fosse rimosso il pericolo ond' erano minacciati , vollero anche espri-
mere ai deputati D' Ondes Reggio e Cesare Cantii la loro gratitudine pel
coraggio, di che diedero si bella prova nel ditendere, essi soli nella Ca-
mera, la causa della giustizia e della religione. Di che scrissero un caldo
indirizzo, in data del 6 Maggio, firmato dai Superior! e dalle Abbadesse
di un gran numero di conventi e monasteri, come puo vedersi neH'{7m/&
Cattolica del 13 Maggio, con le seguenti parole al D'Ondes Reggio:
« Poiche la mano onnipossente di Dio, con tratto ammirabile di prov-
"videnza, ha coronato i nostri ed i suoi desiderii, mandando a vuoto la
consumazione di quell'atto, che si era disposto contro le corporazioni re-
CONTEMPORANEA 623
ligiose, seatiamo vivissimo nell' animo nostro riconoscente 11 desiderio
di esternarle i sensi della piii cordiale gratitudine verso la sua pregiatis-
sima persona, ringraziandoia , quanto piu possiamo , di tutto quello che
con Unto zelo e religioso affetto ha ella operate a nostro vantaggio.
« E certo che grandissimo e il merito che la S. V. ha innanzi a Dio
per la difesa, che con^petto cattolico ha sostenuto negli interessi della re-
ligione. II suo nome, e quello dell' illustre Cantu, saranno registrati nelle
pagine piu gloriose della vera storia italiana. E per quanto i poster! ver-
gogneranno un giorno del nome esecrato di coloro, che con ogni sforzo si
adoperarono a distruggere I'opera incrollabile ed eterna della religione :
altrettanto j veri italiani si pregeranno del suo , che indelehile esistera
sempre nella memoria dei posteri.
« Noi non possiarao per ora in miglior modo significarle la nostra gra-
titudine, che pregandole da Dio ogni maniera di grazie e di benedizioni,
perche la conservi per lunga seric di anni, a sostegno e decoro della re-
ligione, e a guareiitigia e difesa dei veri interessi cittadini e italiani. »
E questo puo mostrare qual fondamento s'avesse il frammassone Mae-
chi, allermando che moltissimi religiosi, se non tulti, smaniavano di di-
ventare spergiuri, abbandonando il chiostro e ricevendo come un bene-
fizio del Governo la necessila, in cui fossero posti, di tornare alia licenza
secolaresca.
4. 11 Moniteur ufficiale del Governo francese avea creduto scorgere
qualche indizio di quella conciliazione fra il Papato e la rivoluzione italia-
na, a cui esso si protesto d' aver inteso con tutto 1' impegno. Percio fu
sollecito di stampare la seguente nota: « Le trattative iniziate da Pio IX
per regolare gli affari ecclesiastici in corso fra la Santa Sede e il Gabi-
netto di Torino , procedono avanti , senza incontrare sino ad ora gravi
difficolta, e sembra che esse avranno tra breve un felice risultato. Per al-
tra parte, il disegno di legge sottoposto alle Camere italiane, per la sop-
pressione.dei conventi, fu ritirato. La risoluzione del Ministero fu moti-
vata dal voto di un emendamento, che aggravava la legge. Questo con-
corso di circoslanze sembra di buon augurio per gli ulterior! rapporti fra
]a Corte di Roma e quella di Firenze ».
Qual senso destassero queste parole in cert! Deputati della Camera di
Torino, fu chiaro dalle interpellanze che ess! mossero al Governo, come
abbiam detto nel precedente quaderno. I Mazziniani poi o ne furono sgo-
mentati davvero, o finsero diessere disperati, per costringere il Governo
a tirarsi indietro; e, seoza far caso delle promesse date dal Lanza nella
gia riferita circolare, in cui spiegava e la natura dell'incarico dato al
Yegezzi, ed i molivi dell' indugio nell'abolire i religiosi: gridarono piu
forte che raai. Ecco per esempio , come si diede a strepitare il Diritto:
« II nostro Governo e il solo che , in opposizione con la puhblica opi-
in Italia, contraddice alle voci, che sono dappertutto unanimi nel-
624 CRONACA
1'affermare la sostanza delle trattative gia concordate. Ci duole che gli
Italian! siano troppo creduli, e si lascino facilmente illudere da una voce,
che seconda i loro desiderii, ma non smentisce i fatli con altri fatti.
« Noi di questo temevamo, che in Italia troppo facilmente si credesse
passato il pericolo, quando uno dicesse : Non vi e pericolo, mentre il pe-
ricolo dura tuttora.
« Lasciamo ad altri di pascersi d' illusion} ; noi , per la sola circolare
mmisteriale, non ci sentiamo rassicurati da dover cessare dalle inquietu-
dini dei giorni precedent!. Noi invitiamo la nazione anzi a prepararsi
alia lotta, ad opporsi efficacemente ai pericoli che ci attorniano, poiche
ogni giorno ahbiarao nuovi argoruenti di timore edi sgomento. Se 1' Ita-
lia si adatta ad una conciliazione anche religiosa (che in sostanza e tut-
ta politica) col Papato, crediamo che il programma nazionale sia rinne-
gato, e che non potra veramente piii ritrarsi dall' abisso , nel quale , ia-
dietreggiando, sbadatamente si getta. »
E due giorni dopo, alii 13 Maggio, quasi per ribadire la sua promes-
sa di gittarsi ad ogni piu disperata risoluzione, se il Governo si lascias-
se indurre a concedere qualche cosa alia Santa Sede, il Diritto torno
ad esclamare: « Se il Governo non dee tener piu conto della pubblica
opinione, ma invece disprezzare i piu solerti difensori della liberta,
camminando diritto sul cammino, su cui la reazione lo trascina, possia-
mo fin d'ora intonare: finis Italiae. Ma insieme con noi finiranno an-
che i nemici d' Italia. II Governo spinge 1' Italia sulla via della rivolu-
zione sociale, che e attesa da tutti i popoli d'Europa, e 1'Italia avra pure
il tempo che fece grande e progressista la Francia ».
Ora si sa che piu volte questi Signori hanno dichiarato, il tempo che
fece grande e progressista la Francia essere stato quello, in che la Fran-
cia si resse a repubblica, guidata da quei grandi uoraini che furono
Marat, Robespierre, Saint Just , ed altri cotali benefattori deU umanita.
Avviso a chi tocca. Difatto il Dovere, diario mazziniano di Geneva, can-
to chiaro: « 11 soffio della rivoluzione sperdera, quandocchessia, Re,
Papi, Imperatori, Trattati e Concordat! ».
La Gazzetta del popolo, non meno audace,non si contento di profezie;
ando a dirittura a minacciare le bombe all' Orsini. Ecco le sue parole :
« II Governo badi bene a non obliare, che , cio che ha fatto 1' Italia, fu
la guerra costante, indomata, all' influenza teocratica; e che, se Torino,
dove da 17anni spira quest' aura, e credevasi in diritto poterla effon-
dere per tutta Italia, dovesse invece vedere iniziata un' Italia in chierica :
quelle parole, che urtarono tanto la suscettibilita nervosa di certi spiriti
forti, che 1' Italia fosse un globo di vetro nel pugno del Piemonte, po-
trebbe benissimo venire rettificata colla frase del nostro amico e diret-
tore Bottero : che al globo di vetro sostituiva la bomba air Orsini ! Una
volta per tutte 1 Ad un paese da 17 anni avviato sul senliero della li-
CONTEMPORANEA 625
Lerta , non si pu6 far tranghiottire impunemente nessuna pillola che lo
costringa al regresso ».
In fatti le Logge massoniche di Torino, di Milano, di Genova, di Bo-
logna e di molte altre citta furono convocate, sollecitate a farsi sentire,
ed obbedirono col votare indirizzi minacciosi al Governo, per distorlo da
ogni componimento con la Santa Sede.
5. Tutto questo sfuriare originavasi nella paura, eccitata nei Mazzinia-
ni dalla voce sparsa, ed accreditata anche da piu giornali, che il Gover-
BO, per facilitare la conclusione delle pratiche avviate a Roma dal Ye-
gezzi, avesse spedito una Circolare ai Procuratori del Re, per ordinare
che sollecitamente si spedisse Y exequatur, gia sospeso da piu anni, alle
nomine de' Benefizii vacanti. Se si nominano nuovi beneficiati, e quest!
si riconoscono dal Governo, quando giungera il momento dell'aboljzione
Lisognera dare la pensione anche a questi beneficiati 1 E cosi ecco dimi-
nuito il provento dell' abolizione, ecco cresciute le difficolta! E poi que-
sto e un passo indietro ! E una condiscendenza alia reazione ! E un tristo
prognostico per l'avyenirel
Cosi la discorrevanoiMazziniani. II Goyerno, per rassicurarli alquan-
to, fu sollecito di pubblicare nella Gazzetta ufficiale del 13 Maggio la se-
guente Circolare ai signori Procuratori Generalipresso le Corti d'appello
del regno, sulla sospensione della provvista di canonical, beneficii e cap-
pellanie.
« Torino, 8 Maggio 1865. Ricordera il signor Procurator generate
come questo Ministero, con circolari del 30 Gennaio, 6 Aprile e 14 Giu-
gno 1864, numeri 7376, 44823, ( moyendo da ragioni di convenienza, ed
usando di facolta che al Governo sono consentite, per riguardi d'ordine
pubblico, dai RR. decreti del 5 Marzo e del 22 Luglio 1863) disponesse
che, in attesa della discussione del progelto di legge presentato al Parla-
mento, circa la soppressione delle corporazioni religiose e 1' ordinamentb
dell' asse ecclesiastico , s' avesse a sospendere la concessione di R. Exe-
quatur o Placito alle provviste tanto di quei beneficii che, a tenore delle
proposte ministeriali , dovevano andare soppressi , quanto de' canonical!
e beneficiature , che eccedessero il numero al quale si volcano ridotti i
membri di ciascun capitolo ; fatta soltanto eccezione per i beneficii sog-
getti a diritti di patronato passive famigliare, effettivamente esperiti a
favore dei patroni , e per i canonicati che avessero 1' ufficio speciale di
parrocchiale , teologale e penitenziere , o la dignita della presidenza ca-
pitolare.
« Avvenuto ora il ritiro dei disegni di legge , onde traevano ragione
siffatti provvedimenti sospensivi , parrebbe dovessero questi cessare.
Come pero dura sempre ne suoi propositi il Governo, e forse non avverra
altro che lo indugio di qualche mese per rispetto ad una riforma, la quale
ha per iscopo di sopprimere o ridurre quei corpi morali, che o, per mu-
Serie VI, vol. II, fasc. 365. 40 28 Maggio 1865.
626 CRONACA
tata condizione di tempi o per essere di tanto cresciuti'in numero da ol-
trepassare il bisogno, sono oggimai, per universale consenso, riconosciuti
inutili ; cosi lo scrivente ha risoluto che s' abbiano tuttavia a mantener
ferme le primitive disposizioni sospensive, a norma di quanto fu singo-
larmente prescritto colla precitata circolare del 14 Giugno 1864 , nu-
mero 44823.
« Desiderando tuttavia che il rigore soverchio di un siffatto provvedi-
mento sia mitigato-datutti que' temperamenti, che il facciano meno gra-
ve e meno sensibile , in quanto tocchi ad interessi ed a convenienze di
privati , senza aggiungere troppe difficolta per 1' esecuzione della legge
avvenire : questo Ministero ha pure ad un tempo creduto opportuno che
s' avesse a togliere la sospensione , e fosse quindi a provvedersi nor-
malmente per tutte le domande di R. Exequatur o di Placito, che riflet-
tano provviste di beneficii soggetti a dirilti di patronato laicale, sia esso
attivo o passivo , purche effettivamente e regolarmente esperiti o da' pa-
troni o a fayore dei patroni ; per guisa che la eccezione non yenga piu,
come per lo addietro, limitata soltanto ai beneficii di patronato passive
famigliare.
« Voglia quindi il signer Procuratore generale provvedere alia esecu-
zione delle suenunciate determinazioni , tanto per rispetto alle domande
che giacessero pendenti in cotesto ufficio , quanto altresi per rispetto a
quelle che vi fossero quind'innanzi presentate. // ministro G. VACCA. »
Da questo documento apparisce che 1.° Al Governo premeva assai di
rinnovare ai liberali la promessa di condurre a termine la disegnata abo-
lizione dei religiosi , e di grande numero di vescovadi , canonicati e be-
nefizii ecclesiastici, onde si confischerebbero i beni; 2.° Che restano in
pieno vigore i Decreti, pei quali si negava, in forma di sospensione, \ Exe-
quatur alle nomine e provvisioni de'benefizii ecclesiastici in generale;
3.' Che qualche modificazione a tal rigore, riconosciuto soverchio, fa
introdotta solo pei benefizii di patronato laicale , i cui beni , anche nel
caso della confiscazione generale dei beni ecclesiastici , forse dovrebbero
patire qualche eccezione; e per non crescere senza pro il malcontento di
tante famiglie che godono di questo diritto di patronato. Laonde proprio
non si vede, perche mai gli uni dovessero andarne in tanto giolito, e gli
altri in tanto furore I
6. II Senato del Regno d' Italia, veduto gia assai di mal occhio dai phi
ardenti fra i capi della rivoluzione , si per gli ostacoli da esso frapposti
piu volte alia legge del matrimonio civile, e si per i suoi istinti conserva-
tori, cominciava da qualche tempo ad entrare nelle grazie de' Frammas-
soni per la bonarieta e pieghevolezza, di che avea fatto prova in questi
ultimi anni, quante volte era stato posto al cimento o di convalidare col
suo voto provvedimenti- e leggi tutt'altro che di suo gusto , ma gia san-
cite dalla Camera elettiva e volute dal Governo, ovvero di venire a con-
CONTEMPORANEA 627
trasto con quella e con questo. Per lo piu ( tutto merito della buona
scelta di nuovi Senator! saputa fare dai Ministri ! ) dopo messi in chia-
ro'gli argomenti che persuadevano un assoluto no, il Senato, pro bono
yacis, diceva di si, col tono di unpapd troppo tenero de'suoi figliuoli,
che disapprova le loro pazzie, ma, per non contristrarli, se ne fa compli-
ce e pagatore. Vero e che parve yolere star saldo quando si tratto di quel-
la turpiUidine anticristiana che e il malrimonio civile, ossia il concubina-
to legale. Ma poi, sia perche il Ministero fu sollecito di far correre a To-
rino, a deporre il loro si , un competente numero di suoi devoti insigniti
della dignita senatoria, appunto perche dovessero servire in tali congiun-
ture; sia perche lo strepitare dei Mazziniani mettesseun po di paura in
corpo ad alcuni tentennanti, fatto sta che una sufficiente pluralita di suffra-
gi la diede vinta ai nemici della religione e della Chiesa, ed il concubinato
legale trionfo anche nel Senato.
Con questo furono alquanto sedate le ire degli italianissimi, i quali a-
Yeano gia cominciato a dire alto e chiaro, che se il Senato avesse, an-
che questa yolta, come piu altre negli anni addietro, ritiutato di suggel-
lare questo portato della moderna civilta , T Italia ben doyrebbe mettere
a calcolo se non fosse meglio sbarazzarsi di cotali pastoie, e semplificare
il Goyerno, abolendo un Corpo atto solo a suscitare incagli al progresso.
Queste ire ricorninciarono a ribollire assai fortemente, quando teste il Se-
nato respinse la legge, gia approvata dalla Camera elettiva, per 1' aboli-
zione della pena di morte, e si mostro disposto a fare il simigliante per
1'altra contro gli Ordini religiosi. Ma il Senato, con la consueta sua pru-
denza, corse pronto al riparo, approyando, quasi senza discussione, yarie
altre leggi, assai rilevanti, e quelle in ispecie per i proyyedimenti tinan-
ziarii proposti dal Ministero ed accettati dalla Camera. Dopo ayere, nel-
la tornata del di 8 Maggio, sospesa, a richiesta del ministro Sella, la di-
scussione della legge, circa il modo di esigere i different tributi, perchfc
ne potea approvarsi tal quale, nepotea modificarsi utilmente, non essen-
do piu radunata la Camera elettiva da cui bisognava che fossero rivedu-
te e sancite cotali modificazioni : il Senato, composto di soli 81 membro
presente, approve senza discussione la leva militare di 45,000 uomini da
farsi tra i nati nel 1845.
Nella tornata del 9 Maggio il Senato ebbe a disaminare il disegno di
legge per un jmprestito di 425 milioni di lire. II solo Siotto Pintor si era
inscritto per parlare, e parlo, secondo il suo consueto, dicendo molte buo-
ne verita con istile da saltimbanco. In sentenza egli critico ogni cosa ,
presso a poco in questi termini : Vogliatelo o non vogliatelo , io vi dico
che noi siamo in pieno socialismo governativo. A forza di balzelli si e
smunta la nazione, senza mai pensare di proposito ad economie, fuorche
circa le cose del Ministero della Guerra, dove non se ne dovrebbero fare.
La sicurezza pubblica manca del lutto ; la giustizia e male amministrata
628 CRONACA
ma molto dispendiosa ; la magistratura e laboriosa ma ci costa 30 milio-
ni, e fa paura a chi dee ricorrere ad essa ne' litigi : tanto e dispendiosa !
L' insegnamento ha un mondo di professor!, che rodonolo Stato senza nul-
la fare, e con tanti professor! abbiamo diciotto milioni d' Italian! che non
conoscono 1'alfabeto. In quattro anni abbiamo fatto piu di due mila mi-
lioni di debit!, ed abbiamo sciupato 200 milioni di ben! demaniali e date a
divorare perflno le strade ferrate. Malgrado pero che io non abbia alcuna
fiducia nel Ministero , quanto alia sua capacita di riordinare le Finanze,
pel bisogno che c' incalza, do il mio voto ed approvo 1' imprestito. « Ho
parlato franco, ma i moribondi debbono almeno aver la liberta di -lamen-
tare la perdita della vita ». Dato cosi sfogo al suo corruccio, Siotto Pin-
tor si pose a sedere, e tutti gli altri tacquero. Si trattava solo di grava-
re il popolo sovrano d' un nuovo debito , da doversi poi saldare a spese
sue; e che bisogno c' era di guardar cosi pel sottile?
II Presidente del Senato capi che tutti, presso a poco, la pensavano
come il Siotto Pintor, cioe eran disposti ad approvare col voto anche
quello che disapprovavano colla coscienza ; e percio pose a' suffragi non la
sola dell'imprestito, ma tre altre leggi ; cioe per largizioni di un centinaio
di migliaia di lire pei manicomii di Lombardia, e di ingenti somme per
ristauri di fabbriche e cose simili. II prestito di 425 milioni fu approvato
con 73 voti favorevoli, e 19 contrarii, essendo 92 i votanti.
Poi si passo alle leggi pei provvedimenti finanziarii, da noi accennati
altra volta, inventati dal Ministro Sella ed approval! gia dalla Camera,
per rifornire di denaro le casse vuote dello Stato, a qualunque costo; tali
erano 1' aumento della tassa sulla ricchezza mobile, da 30 a 66 milioni,
e 1' aumento dell' altra pel registro e le ipoteche. Intorno a che levossi il
senatore De Revel a dire in sentenza cosi : « Dinanzi a questo fascio di
leggi, che non possiamo mutare, perche la Camera dei Deputati non siede
piu da 15 giorni, dichiaro che io mi asterro da ogni discussione e dal
TOto. Yedo che alcune leggi, ossia alcune parti di questo fascio di leggi,
sono inconvenient! ed assurde, ma e inutile disculerle o correggerle.
Approvo 1' aumento della tassa sulle ipoteche e le misure piu severe per
reprimere il contrabbando ; ma non approvo 1' aumento della tassa sulla
ricchezza mobile ».
Approvatosi senza discussione 1' articolo 1.°, quando si passo al 2.° il
senatore Farina, benche persuaso, al par! di De Revel, dell'inutilita della
sua opposizione, mentre ad ogni modo la legge non si potrebbe pubblica-
re modificata, senza il consenso dell' altra Camera che piu non tenea se-
dute : pure si diede con lunghi calcoli a dimostrare quel che il De Revel
avea accennato, cioe le assurdita della legge pel balzello sulla ricchezza
mobile. « Tutti gl'Italiani, disse, dinunciarono unmiliardo e 160 milioni
di rendita della ricchezza mobile ; ma da quesla somma denunciata e im-
possibile dedurre la somma imponibile : non dovete adunque aumentare
CONTEMPORANEA 629
e molto meno duplicare la tassa. Fu addotto 1' esempio dell' Inghilterra ;
ma in quel paese sono esenti dalla tassa le rendite, che non eccedono
150 lire sterline (3350 fr.) mentre voi colpite le rendite di 250 franchi, e
cosi sottoponete alia tassa anche i pOYeri, escludendone i soli mendici 1
Yotero contro ».
Anche il senatore Sappa lamento che con questa legge si gravassero
di tanto i poveri a preferenza dei ricchi : ma il ministro Sella rispose che
in verita era cosi, fmche la tassa era tenue; ma che, aumentandola, i
ricchi ne sarebbero piu gravati che i poveri. Con la quale ragione curio-
sissima si dimostrerebbero molte altre bellissime cose. Nel di seguente si
approvarono altri cinque articoli ; ma, venuto il 6." che sottoponeva alia
tassa fissa di lire 2 coloro che hanno una rendita annua, anche guada-
gnata colle fatiche manuali e col sudore della fronte, di 250 lire ed an-
che meno : il Sella torno a dire che i manuali prima pagavano la tassa
personale, e che ora, succedendo a questa 1'altra sulla rendita, era giusto
che anche quelli pagassero. Or qui il conte De Revel non si tenne alle
mosse, e disse in sostanza: « lo non voleva prendere parte a questa di-
scussione ; ma non posso tacere dinanzi all' argomento del signer Mini-
stro, che vuole sostenere ,la tassa imposta a chi col suo lavoro non ha
piu di 250 lire; dite, che volete imporre una vera capitazione; far pa-
gare la tassa o la testa a chiunque 1'ha, ed allora raggranellerete qualche
milione : ma non dite tassa sulla ricchezza mobile quella che imponete al
povero artigiano, che non ha piu di 250 lire di rendita col suo lavoro,
eppercio non ha nessuna ricchezza mobile. Questa e una vera imposta
sulla testa , e non sulla ricchezza. Gon questa legge , che esenta dalla
tassa sulla ricchezza mobile le rendite dei fondi, accadra che un possi-
dente, il quale ritrae grandi ricchezze dai suoi stabili, senza avere nes-
suna rendita d'altra parte, paghera solo 2 lire d' imposta per la ricchezza
mobile ; mentre il povero contadino, che ha un misero campicello, dovra
pagare parimenti due lire per imposta sulla ricchezza mobile I Questo
adunque e un vero testatico ».
In senso opposto parlo poi il senatore Arrivabene, che, facendo asse-
gnaraento sulla lealta dalle consegne e la buona volouta dei contribuenti,
approvava la legge; e si venne a'voti; e questo, come gli altri provve-
dimenti finanziarii , furono sanciti dalla pluralita di 67 voti favorevoli ,
essendo soli 15 i contrarii.
Cosi si fa beato il popolo italiano 1 Cioe, si da al popolo italiano la fa-
colta di dissanguarsi per far beati i Frammassoni e cospiratori, che o pre-
pararono o condussero a termine la presente rivoluzione. Difatto a questi
benemeriti si decretano ognora ricompense, e la Gazzetta ufficiale del 9
Maggio ne pubblico una nuova, in forma di legge firmata il 27 <T Aprile
da Vittorio Emmanuele II, dopo 1' approvazione della Camera e del Se-
nate, in questa forma: « E inscritta nelbilancio del Ministero dell' Inter-
630 CRONACA
no la somma di lire 60,000 a favore di coloro che, in conseguenza della
loro partecipazione alia rivoluzione del 1820 e 1821, per la causa della
liberla e dell'indipendenza italiana, versano in istretto bisogno e merita-
no, per servigi resi alia patria, la considerazione del Goyerno ».
Qui giova ricordare che, essendosi proposto alia Camera, che si de-
cretasse una somma di lire 60,000 da distribuirsi in sussidio alle famiglie
povere degli infelici ed innocent! popolani, assassinali nelle infauste sere
del 21 e 22 Settembre scorso, la Camera vi si rifiuto assolutamente.
7. Nello stesso giorno la Gazzetta ufficiale incomincio la pubblicazione
d'una nuova legge di sicurezza pubblica, la quale e forse la decima che,
in tal materia, fu elaborata, discussa, sancita dalla Camera, e bandita
dal Governo, con quel magnifico risultato che si celebro da tutti i gior-
nali d'ltalia e specialmente di Torino; dove ciascuno era costretto a mil-
nirsi d'arme e raddoppiare i serrami degli usci di casa, per difendere le
proprie robe, anzi la persona, contro le turbe di ladri e di assassini. Poi,
agli 11 fu pubblicata la legge per cui e data facolta al Ministero delle
Finanze « di alienare tanta rendita del 5 per 100, da inscriversi sul Gran
Libro del Debito pubblico, quanta valga a far entrare nel tesoro 425 mi-
lioni di lire ». Tal rendita avra la decorrenza dal 1.° Gennaio 1865, e
sara alienata, in parte a partiti priyati, ed in parte per pubblica sotto-
scrizione in Italia. Questa seconda parte e di 160 milioni di capitale no-
minale, pari ad 8 milioni di rendita; ed il prezzo d' acquisto sara notifi-
cato con speciale decreto, da pagarsi in 10 rate, dal 15 Giugno 1865
al 1.° Ottobre 1866. Tali sottoscrizioni non potranno essere minori di
lire 10 di rendita. Si capisce che gli altri 265 milioni di capitale saranno
forniti dal Rothschild, che e il yero padrone delle Finanze del beatissimo
regno di Italia, con quell' usura che gli piacera di esigere.
8. II Senato del Regno continuo languidamente le sue sedute fmo
al 13 Maggio, trattando della vendita delle ferrovie dello Stato , di per-
mute e cessioni di beni demaniali, di tonnare da yendere e simili cose;
poi approyo un ordine del giorno, che conteneva melati complimenti alia
citta di Torino, pel suo contegno in t'utto il tempo che iyi sedette il Par-
lamento; e si sciolse, aspettando a domicilio 1'invito per una ultima se-
duta. Questa ebbe luogo il 16 di Maggio, nel qual giorno fu letto, prima
alia Camera elettiva, poi al Senato un Decreto, onde fu prorogata indefi-
nitamente la sessione parlamentare. L' Unita Catlolica del 17 diede i se-
guenti cenni storici sopra la vita -del Parlarnento torinese:
« Noi abbiamo avuto in Torino otto legislature, divise in quattordici
sessioni, con altrettanti discorsi della Corona ; il primo del Principe di
Carignano, il secondo di Carlo Alberto, gli altri dodici di Vittorio Em-
manuele II. Ecco un sunto della yita menata dal Parlamento in Torino.
« I. Legislature!,. Sessione unica del 1848, aperta I' 8 di Maggio
del 1848 dal Principe di Carignano, luogotenente generale del Regno.
CONTEMPORANEA 631
Termina col suicidio del ParJamento, che il 21 di Luglio investe re Carlo
Alberto dei pieni poteri. Le due Cainere riconoscono d'essere un imbro-
glio, e si criiudono,da se stesse.
« II. Legislatures. Sessione l.a del 1849, inaugurata da Carlo Alberto
il 1.° Febbraio del 1819. Ha un termine tristissimo, colla disfatta di No-
vara, coll'abdicazione del Re, e col suo esilio in Oporto. Gli Austriaci
non solo ripigliano Milano, ma entrano in Alessandria (24 Aprile), in
Bologna (16 Maggio), in Toscana (21 Maggio).
« III. Legislatures. Sessione 2.a del 1849, inaugurata dal nuovo re Yit-
torio Emmanuele II, il 30 di Luglio dell' anno medesimo. Si chiude col
celebre proclama di Moncalieri del 20 di Novembre. « I primi atti della
Camera, dicea il proclama, furono ostili alia Corona ». E conchiudeva
« sciogliendo una Camera divenuta impossibile ».
« IV. Legislatures. Si divide in tre sessioni : la sessione del 1850,
inaugurata il 20 Dicembre del 1849, che approva il^trattato di pace col-
F Austria (8 Gennaio 1850), e incomincia la guerra al Papa colle leggi
Siccardi (8 Aprile): la sessione del 1851, inaugurata il 23 Novembre
del 1850 , vissuta senza infamia e senza lode: e la sessione del 1852 ,
aperta il 4 Marzo, in cui i Deputati adottarono il matrimonio civile (5 Lu-
glio), rigettato dai Senatori.
« V- Legislatura. Si divise parimente in tre sessioni. La sessione
del 1853-54, inaugurata il 19 Dicembre 1853, che attese continuamente
ad approvare prestiti ed imposte; la sessione del 1855-56, inaugurata
il 12 Novembre del 1855, che si segnalo per la soppressione dei conven-
ti e per 1' alleanza col Turco; la sessione finalmente del 1857, inaugura-
la il 7 Gennaio di quell'anno, e celebre per le fortificazioni d' Alessandria
e pel trasporto dell' Arsenale marittimo da Geneva alia Spezia.
« VI. Legislatura. Si parti in due sessioni, la sessione del 1858, inau-
gurata il 14 Dicembre del 1857, nella quale, per obbedire a Napoleone III,
si restrinse la liberta della stampa dopo 1' attentato d'Orsini ; e la sessio-
ne del 1859, inaugurata il 10 Gennaio di quello stesso anno col famoso
discorso delle grida di dolore, che da ogni contrada d'ltalia giungevano
a Torino. Oggidi le grida di dolore partono da Torino, ma non si sa se
abbiano la sorle di giungere in qualche contrada d' Italia.
a VII. Legislatura. Questa non ebbe che una sessione sola, la sessio-
ne del 1860 ; la sessione delle annessioni dell' Emilia e della Toscana alia
Sardegna (15 Aprile); la sessione che approve il trattato di Zurigo
(21 Aprile), cosi bene osservato di poi; la sessione che ha ceduto allo
straniero Nizza e Savoia (29 Aprile); la sessione che riuni alia Sardegna
le province napolitane, della Sicilia, delle Marche e dell' Umbria ( 17
Dicembre).
« VIII ed ultima Legislatura. La ijuale ebbe due sessioni , quella
del 1861-1862 e 1'altra del 1863-1864. La prima veniva inaugurata
632 CRONACA
il 18 Febbraio 1861, e proclamo Roma Capitale d' Italia, e stabili il
Gran Libro del Debito pubblico , e voto la legge Pica, ed applaud! allo
stato d'assedio in Napoli, a Garibaldi ferito, ed ai Deputati imprigionati.
Laseconda s'inaugurava il 25 Maggio del 1863, ed approvava la Con-
venzione del 15 Setterabre 1864, le stragi di Torino, il Irasporto della
Capitale a Firenze, cinque codici e cinquanta leggi.
« Ed ecco tutta la yita del Parlamento nella citta delToro. Ha distrut-
to il Pieraonte, senza aver creato 1'Italia; ha contristato Torino, senza
aver rallegrato Firenze ; ha cancellato tutto il passato, senza aver scrit-
to nulla per 1' avvenire e pochissimo pel presente. II Parlamento non si
radunera piu sulle rive della Dora. Ma si radunera su quelle dell'Arno?
Tutto versa in una dolorosa incertezza ; la paura ed il dubbio regnano
dappertutto. Un caso inaspettato puo mutare la faccia dell'Italia. II Par-
lamento si raduno in Torino sul cominciare del 1864, e Senatori e De-
putati giuravano che sarebbero restati qui, finche potessero andare a
Roma. Sul finire dell'anno medesimo votavano invece di andare a Fi-
renze! Cola sperano di rivedersi sul finire del 1865. Ma in pochi mesi
grandi cose possono avvenire, ed un altro 15 di Settembre puo disingan-
nare i Fiorentini, come ha disingannato i Torinesi. Poveri gli Stati, le
cui sorti dipendono da una Convenzione e da una data I II 27 di Marzo si
va a Roma; il 15 di Settembre si passa a Firenze; ma e il 27 di Marzo e
il 15 di Settembre non fanno che avvicinarci al 2 Dicembre. Dopo la su-
perbia, I'umiliazione, e dopo la condiscendenza, la dittatura. »
La citta di Torino senlira per certo grave detrimento de' suoi interes-
si materiali, cessando di essere sede del Governo; ma si consolera medi-
tando le parole con cui il Senato si accomiato da lei, dichiarando « le sor-
ti di questa benemerita citta di Torino essersi sempre piu indissolubil-
mente strette e confuse con quelle dell' intera Italia , della cui liberta fu
culla e della cui presente gloria e antesignana». Vero e che queste bel-
le parole, messe li evidentemente per dileguare le paure d'una annessio-
ne , onde il piccolo paese posto appie delle Alpi debba diyentare provin-
cia francese, non basteranno a rifar le spese a chi si e royinato per la
santa causa, ne a rimettere a galla i tanti che s'annegano in fallimenti.
Ma bisogna aver pazienzal Se non altro, la Gazzetta ufficiale va regi-
strando queste filze di fallimenti, che ritraggono proprio quel certo giuo-
co de' mattoni, che piace tanto a' fanciulli; toccato il primo , tutti gli al-
tri cadono successivamente. E un frutto primaticcio della Convenzione
del 15 Settembre
Dopo replicati ordini e contrordini relativamente alia partenza del Re
per Firenze, i quali procedeano da gravi dissidii levatisi tra varii Mini-
stri, S. M. parti chetaraente da Torino nella notte dall' 11 al 12 Maggio,
accompagnato dal ministro La Marmora. II di seguente fu ricevuto nella
sua nuova Capitale dal toscano Ministro della Guerra, e pose sua stanza
CONTEMPORANEA 633
nel palazzo Pitti, dove bambino fu tratto di mezzo alle fiamme dal suo
zio Leopoldo II.
9. II giorno appresso, 13 Maggio, ebbe luogo 1' apertura della mostra
Dantesca, ossia di codici preziosi, ed altri oggetti risguardanti 1'Ali-
ghieri , celebrata in presenza del Re , con un discorso del prof. Augu-
sto Conti ; ed alii 14 si cominciarono le feste pel Centenario di Dante Ali-
ghieri , onde si voile inaugurare la nuova Capitale , non si sa se tempo-
ranea o definitiva, del Regno d' Italia, onorando 1' altissimo Poeta con
corse di cavalli, con luminarie, con feste da ballo, con tornei noiosi quan-
to dispendiosi, con accademie letterarie ed altre simili produzioni sul gu-
sto della civilta .moderna. II maggior chiasso fu il primo giorno, quando
fu dedicato in piazza Santa Croce la statua di Dante, scolpita da Enrico
Pazzi Ravennate. Del quale fatto leggiamo una vivace descrizione nell'lr-
monia del 17 Maggio, die mostra qnel che fossero in realta le pompe
descritte con tanto sfoggio dalla Nazione di Firenze.
« Non parlo dei vestigi e dei ricordi repubblicani ; non delle epigrafi
quando bugiarde, quando antipapali, e barbare quasi tutte; non delle an-
tenne infinite ornate di bandiere a grandi strisce di maccheroni; non dei
gingilli e dei cerotti onde sono impiastrati i muri di Firenze. Questi so-
no accessorii in una festa nazionale, ristretta tutta al culto dell'uomo ci-
vile ed estranea al cittadino religioso. Agl' italianissimi basta di dare ad
inlendere, chel'Alighieri, fiorentino e repubblicano d'anima, poeta e let-
terato cattolico, ha preconizzato 1'unita d' Italia e la caduta del dominio
temporale del Papa. La festa del Centenario di Dante e uria festa ibrida e
pagana, e una contraddizione alle sue dottrine politiche e religiose , una
negazione dei sentimenti del popolo. La citta e piena d'ornamenti, di ta-
bernacoli, di festoni tricolor}, d'archilei, di trabiccoli, di altarini, che la
direste il paese della cuccagna ; molto piu che essa e sparsa di lunghis-
simi stili , meno « lo bello stile che ci ha fatto onore ». La minor parte
della festa n' e toccata al popolo, perche il gonfaloniere gli ha chiuso tut-
te le strade che comunicano colla piazza di Santa Croce , e non gli ha
permesso 1'accedervi che sopra una porzione dei palchi che la coronano.
« La processione seminata d' infinite bandiere di municipii, d' accade-
mie, di societa, d'istituzioni ha durato un'ora. Aprivano il corteggio gl'«7-
luminatori della pubblica opinione, i giornalisti, dei quali e capo un e-
breo: lo chiudevano due degli scialacquatori della pubblica pecunia, il
municipio di Firenze e quel di Ravenna. Sornione e accalcato il popolo,
melense e chiotte le turbe de' bandierai. Fu notato che, a segno di fratel-
lanza, Roma e Venezia mandarono le bandiere abbrunate. A temperare
1' acerbo a/fanno, si vide la bandiera della societa per 1' emancipazione
del sacerdozio italiano, portata da un Francescano (almeno alia tonaca)
e salutata da scarsi applausi di convenzione. E anche questo, s' intende,
a onore dell' uomo civile, che con versi divini canto di S. Francesco , e
63 i CRONACA
che ne vesti 1'abito di Terziario. Ma che volete?..... « Nella chiesa coi
Santi, e in taverna coi ghiottoni».
« Allo scoprimento della statua di Dante, campane, tamburi, musiche;
battiraani pochi, non ostaate la presenza del Re. II pubblico notaro pre-
se atto della cerimonia, e gia le stampe hanno pubblicato la stornachevo-
le diceria del gonfaloniere, e il breve discorso del professore dantesco, sa-
cerdote cav. Giovanni Battista Giuliani. II prete letterato ci fece sapere,
che la gioia della festa non poteva essere piena, non gia per la miseria e
per la maledizione del popolo che vede sciupare cosi le migliaia e i mi-
lioni, ma perche Roma piange e Venezia e sotto 1' abborrito giogo stra-
uiero. Gapite? Qui il nicchio da prete cede il posto alia croce di cavalie-
re, e la pagnotta alia moderazione. L'amore alia greppia farebbe vedere
agli aggreppiati un' apostrofe alia Casa di Savoia anche in quelle parole
di babbo Dante: « 0 Alberto tedesco che abbandoni ecc. — Che avete
tu e lo tuo padre sofferto — Per cupidigia di costa ristretti — Che il giar-
din del!' imperio sia diserto ».
Al Re fu presentata in dono, dal Consiglio provinciale di Firenze, una
spada tinamente cesellata e di ricchissimo lavorio, sopra cui erano scol-
piti quei versi di Dante : Vieni a veder la tua Roma che piagne — Ve-
dova, sola, ed\ e notte chiama : — Cesar e mio , perche non m accompa-
gnel ( Purg. Canto VI) II complimento e grazioso, appropriando a Vit-
torio Emmanuele un invito, volto dal gran Poeta al Cesare tedesco ; e
mostra che 1' Italia ha , come vantavano ipocritamente la France, il Me-
morial diplomatique ed il resto della consorteria , veramente rinunziato
ad ogni sua pretensione sopra Roma. II Re mostro moltissimo di gradire
il dono, ed i giornali e le corrispondenze di Toscana affermano aver lui
detto forti parole, onde rassicurare tutti circa il saldo suo proposito di
compiere 1' unitd nazionale e consolare Roma e Venezia che piangono.
Anzi al professore Giuliani indirizzo un bel complimento, a cui tenne
dietro la croce di commendatore dell' ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Se il Re debba in Firenze fare soltanto una posata, per continuare tra poco
la sua marcia trionfale sino al Campidoglio,, come fu dichiarato a To-
rino ; ovvero rimanervi stabilmente , come fu dichiarato a Parigi ,
sarebbe ozioso il cercare a divinarlo ; giacche per quanto siano pro-
fonde e diaboliche le trame della Frammassoneria , Dio puo scoprirle e
Ironcarle d'un iratto. Ma ben e certo che il Go¥erno rivoluzionario ado-
pera come se la sosta in Firenze dovesse durare piu anni ; il che , per
verita, non prova ch'egli abbia in animo di restarvi a lungo, ma soltanto
che dalle congiunture politiche e obbligato a contenersi per forma, che
possa accreditare le assicurazioni diplomatiche d'aver rinunziato ai mezzi
violenti^ riserbandosi solo i mezzi morali, per compiere 1' assassinio d'l-
talia con 1'assassinio del Papa e della Chiesa.
CONTEMPORANEA 635
II.
COSE STRANIERE.
FRANCFA 1. Decreto che conferisce all' Imperatrice la Reggenza — 2. Rasse-
gna navale a Marsiglia, per la partenza dell'Imperatore verso 1* Algeria —
3. Bandi di Napoleone III agli Algerini ed agli Arabi — 4. Lavori del
Gorpo legislative — - 5. Scioperi d'artisti ed operai.
.1. Nella tornata del 29 Aprile fu letto al Senate francese il seguente
Decreto di Napoleone III :
« Volendo dare alia nostra amatissima sposa 1' Imperatrice contrasse-
gni dell'alta confidenza che in essa abbiamo ; considerando che abbiamo
1'intenzione di recarci in Algeria, e che e necessario che, durante la no-
stra assenza, gli affari dello Stato non provino alcun ritardo; conferiamo,
colle presenti , alia nostra amatissima sposa il titolo di Reggente , per
esercitarne le funzioni, nel tempo della nostra assenza, in conformita alle
nostre istruzioni ed ai nostri ordini , quali li avrerao fatto conoscere
nell'ordine generale di servigio, che avremo stabilito e che sara trascritto
sul libro di Stato. Intendiamo che sia data cognizione ai nostri Ministri
ed ai membri del Consiglio private dei detti ordini ed instruzioni , e che
in nessun caso 1'Imperatrice possa allontanarsi dal loro tenore nell'eser-
cizio delle funzioni di Reggente.
« Vogliamo che 1' Imperatrice presieda in nostro nome il consiglio dei
Ministri e il consiglio private. Pero la nostra intenzione non e che 1'Im-
peratrice reggente possa autorizzare colla sua firma la promulgazione di
alcun senatus consulto, ne di alcuna legge dello Stato , altro che quelli i
quali sono attualmente pendenti davanti il Senato , il Corpo legislative
e il consiglio di Stato , riferendoci a questo riguardo al contenuto degli
ordini e delle sunnominate istruzioni. »
La mattina di quel giorno stesso 1'Imperatore, accompagnato dall' Im-
peratrice sino a Fontainebleau , parti da Parigi pel suo viaggio in Alge-
ria. Giunse a Lione in sulle sei ore pomeridiane. « Sua Maesta , dice il
Moniteur, fu salulata dai piu clamorosi applausi. Tutte le case erano
pavesate, e la vettura imperiale, senza scorta e procedendo a lento pas-
so, stentava ad aprirsi la via nella folia immensa accorsa d'ogni parte ».
Un gran banohetto ebbe luogo nel palazzo della Prefettura ; quindi 1'Im-
peratore ando al Teatro, per assistere ad un concerto musicale che tene-
Yasi a benefizio degli operai senza lavoro.
II giorno appresso , Domenica 30 Aprile , S. M. accolse il Consiglio
municipale di Lione; quindi ando al quartiere della Croix Rousse , dei
quale eransi gia cominciati a demolire il recinto ed i forti, e Ventro per
636 CRONACA
una breccia, tra gli applausi degli abitanti, cbe cosi gli significarono la pro-
pria gratitudine di vedersi liberati da quell' apparato minaccioso. Assi-
stette alia santa Messa nella cappella dell'Ospedale di quel quartiere del-
la citta ; passo al palazzo municipale, e di li alia stazione della ferrovia
a Perrache, traversando le piu belle piazze e vie di Lione. Alia stazione
ebbe uo breve colloquio collo Czar delle Russie, cbe ivi era di passaggio
nel suo ritorno da Nizza, dopo le esequie del suo primogenilo.
2. L' Imperatore giunse a Marsiglia alle ore 6 pomeridiane del 30 ; e,
passando senza scoria per la citta, le cui vie erano fregiate di bandiere,
con dommaschi alle fmestre , come si costuma in Italia, ando difilato al
porto e s' imbarco buWAquila, dove fece imbandire un bancbetto ai Ca-
pitani di vascello dell' arraata navale che dovea accompagnarlo, ed alle
principali autorita di Marsiglia. La mattina del di seguente, levate 1' an-
core, YAquila s'ando ad appostareinalto fuora del porto; e vide stilare
innanzi a se, fra il rimbombo delle artiglierie, le navi che doveano ser-
vire di scorta e far corteggio all'Imperatore, ed erano la Regina Ortensia,
il vascello corazzato Solferino e le fregate pur corazzate la Corona , la
Normandia, la Gloria, la Provenza e Ylnvincibile.
Nell' atto di questa rassegna avvenne un caso che fece fremere tutti
gli spettatori, pel pericolo di un grave disastro. Imperocche, mentre gia
le grosse navi s' erano mosse alia sfilata, 1' Imperatore chiamo a se una
nave minore, Daino, incaricata di special! servigi. Questa si dirizzo im-
mediatamente verso 1' Aquila, a poppa della quale stava 1' Imperatore ,
intersecando ad angolo retto la via che doveasi percorrere dall' armata.
Passato gia il Solferino, sopraggiungeva la Corona a tutta corsa ; non
era possibile a questa il fermarsi, ne essa potea deviare dall'una o dall'al-
tra parte, senza andare per filo a dare di cozzo ontll'Aquila o nel Daino.
11 comandante della Corona fece del suo meglio in quellastretta ; ma non
pote schivare 1' urto contro il Daino, che era carico di personaggi cospi-
cui di Marsiglia, e in un istante n'ebbe abbattuto 1'albero maestro, fracas-
sato il tamburo d'una delle ruote, e squarciato a fior d'acqua un fianco.
Parecchi rimasero feriti, non pochi gettati in mare, dove annegarono due
marinai. Ma pronti soccorsi cessarono il pericolo di piu luttuose perdite.
L' armata imperiale si allontano a tutta corsa e qualche ora dopo era
scomparsa dall'orizzonte.
Nella mattinata del 2 Maggio 1' Imperatore scese a Palma, nella cui
baia 1'armata avea fatto breve sosta, si perche il mare era assai grosso ,
e si per non giungere di notte ad Algeri ; nel cui porto entro alle 8 ore
del mattino del di appresso. Appena toccato terra, ricevette i compli-
ment! delle autorita civili e militari, ed a cavallo si condusse a palazzo,
dove ammise anche il Vescovo Mons. Pavy con numeroso seguito di
Clero. Avendo Monsignore mentovato i servigi renduti da S. M. alia re-
ligione, 1'Imperatore rispose che anzi a se toccava di ringraziare il Yes-
CONTEMPORANEA 637
covo ed il Clero pel gran bene fatto all' Algeria, coi benefici influssi del-
1'apostolato e della caritacristiana.
3. L'Imperatore sapeva delle ansieta, in cbe versavano i cciloni france-
si d' Algeria, che erano stati messi in gran paura di veder sacrificati in
parte i loro interessi al bisogno di appagare gli Arabi. Laonde fece su-
bito pubblicare, pei giornali del 4 Maggio, in Algeri il bando seguente:
* lo vengo in mezzo a voi per conoscere da me stesso i vostri interes-
si, secondare i vostri sforzi, assicurarvi che la protezione della metropo-
li non vi manchera. Voi lottate con energia da lungo tempo contro due
*ostacoli formidabili : una natura vergine ed un popolo guerriero ; ma si
annunciano giorni migliori. Da un lato, societa particolari, colla loro in-
dustria e coi loro capitali , svolgeranno le ricchezze del suolo ; e dall' al-
tro, gli Arabi, raffrenati eilluminati sulle nostre intenzioni benevole, non
petranno piu turbare la tranquillita del paese.
« Abbiate dunque fede nell'av venire, affezionatevi alia terra che colti-
Tate, come ad una nuova patria, e trattate gli Arabi, in mezzo ai quali
dovete vivere, come compatrioti. Noi dobbiamo essere i padroni, perche
siamo i piu inciviliti. Dobbiamo essere generosi, perche siamo i piu for-
ti. Infme giustifichiamo ognora 1'atto glorioso di uno de'nostri predeces-
sori, il quale, facendo piantare, trentacinque anni fa, sulla terra d'Africa
]a bandiera della Francia e la Croce, v' innalzava ad un tempo il segnale
della civilta,il simbolo della pace e della carita. Algeri, il 3 Maggio 1865.
NAPOLEONE. »
Di questa sollecitudine imperiale per gli interessi dei coloni francesi
videsi subito un effetto assai gradevole, che cosi fu narrato dal Moniteur
algeriao del 6 Maggio.
« Fino a questo giorno, una somma di 1,009,479 fr. 74 cent, e stata
pagata, nelle tre province, agli europei ed agl'indigeni, i quali hanno su-
bito perdite in seguito all' insurrezione. L'lmperatore ha deciso che una
nuova somma di 1,438,918 fr. 74 cent, sarebbe prelevata sul montare
della contribuzione di guerra imposta alle tribu ribelli, per essere impie-
gata nel pagamento immediato delle indennita concedute. II tolale di que-
ste ultime si eleva, in conseguenza, alia cifra di 2,448,398 fr. 29 cent. ,
nella quale somma si trova compresa quella di 100,000 fr. destinata ad
essere distribuita agl'indigeni, che sono stati feriti facendo il servigio di
scorte presso le nostre colonne, ed alle famiglie di quelli che sono stati
uccisi. »
Ma correvano voci, le quali, perquanto fossero strane e paressero in-
credibili , tenevano inquieti i coloni algerini, e davano argomento a
chiacchiere giornalistirhe inEuropa, dove si spacciava che Napoleo-
ne III fosse in procinto di togliere alia Francia la briga di custodire 1'Al-
geria, e ne volesse affidare la guardia ad Abd-EI-Rader, costituendolo
yicere degli Arabi , e conservando solo alcune citta e fortezze poste sul
638 CRONACA
lido. Queste ciance furono sfatate dal bando seguente di Napoleone III
che promise moke e grand! cose agli Arabi, compresa quella di domarli
con la forza, qualora non si piegassero ad obbedire per loro proprio van-
taggio. Ecco le sue parole:
« Allorquando , trentacinque anni fa , la Francia pose il piede sopra ii
suolo africano, essa non venne a distruggere la nazionalita d' un popolo,
ma all'opposto a francare questo popolo da un'oppressione secolare; es-
sa sostitui alia dominazione turca un Governo piu dolce, piu giusto, pid
illuminato.
« Nondimeno, durante i primi anni, impazienti di qualunque supre-
mazia straniera , voi avete combaltuti i vostri liberatori. Lungi da me
il pensiero di attribuirvelo a delitto; io onoro, al contrario, il sentimen-
to di dignita guerriera, che vi porto , prima di sottomettervi , ad invo-
care, per mezzo delle armi, il giudizio di Dio. Ma Dio ha pronunziato:
riconoscete adunque i decreti della Provvidenza , che nei suoi disegni
misteriosi ci conduce spesso al bene , eludendo le nostre speranze e in-
gannando i nostri sforzi.
« Come voi , sono venti secoli , i nostri antenati hanno ugualmente re-
sistito con coraggio a un' invasione straniera , e frattanto dalla loro dis-
fatta ha principio la loro rigenerazioue. I Galli vinli si assimilarono ai Ro-
mani vincitori, e dall'unione sforzata tra le virtu contrarie di due citta
opposte e nata, col tempo, quella nazionalita francese, che alia sua vol-
ta sparse le sue idee in tutto il mondo. Chi sa se non Terra un giorno ,
in cui la stirpe araba, rigenerata e confusa colla stirpe francese, non ritro-
vera una potente individuality simile a quella che, durante secoli, 1' ha
resa padrona delle coste meridionali del Mediterraneo?
« Accettate adunque i fatti compiuti. II vostro Profeta lo dice: Iddio
dailpotere a chi vuole (Capitolo IX della Vacca, verset. 248). Ora,
questo potere che io ho da lui , voglio esercitarlo pel vostro interesse e
pel vostro bene. Voi conoscete le mie intenzioni, io ho assicurata irrevo-
cabilmente nelle mani vostre la proprieta delle terre da voi occupate ; io
ho onorati i vostri capi , rispettata la vostra religione ; io voglio aumen-
tare il vostro ben essere, farvi entrare ognora piu a parte dell'ammini-
strazione del voslro paese , come dei beneficii della civilta ; ma a patto
che voi , dal canto vostro , rispettiate i rappresentanti della mia autorita.
Dite ai vostri fratelli traviati, che il tentare nuove insurrezioni sarebbe
loro fatale. Due milioni di Arabi non potrebbero resistere a quaranta mi-
lioni di Francesi.
« La lotta d'uno contro venti e insensata 1 Yoi per altra parte mi avete
prestato giuramento , e la vostra coscienza , come il vostro libro sacro
vi obbligano a osservare religiosamente i vostri impegni fCapit. IX del
Pentimento , verset. i).
« Io ringrazio la grande maggioranza tra voi , la cui fedelta non e sta-
ta scossa dai consigli perfidi del fanatismo e dell' ignoranza. Voi avete
CONTEMPORANEA 639
compreso che, essendo vostro Sovrano , io sono vostro protettore : lutti
quelli che vivono sotto le nostre leggi hanno ugual diritto alia mia solle-
citudine. Grandi memorie e potenti interessi gia vi uniscono alia madre
patria ; da died anni , voi ayete divisa la gloria delle nostre anni, e i
yostri figli hanno combattuto degnamente a lato dei nostri in Crimea, in
Italia, in Cina, al Messico. I legami formati sul campo di battaglia sono
indissolubili , e yoi avete imparato a conoscere cro che noi possiamo ,
come amici o come nemici. Abbiate adunque fiducia nei yostri destini,
dappoiche essi sono uniti a quelli della Francia , e riconoscete col Cora-
no, che colui che Dio dirige, e ben diretto (Cap. YH El-Araf. verset-
to 176). Algeri, il 5 Maggio 1865. NAPOLEONE. »
Quindi 1' Imperatore, yisitava quanto eravi di piu rilevante in Algeri ,
comprese due Moschee, dove assistette alle preghiere fatte per lui e per
la famiglia imperiale, e ricevette le promesse di fedelta fattegli dagli
oulemas.
« Sua Maesta, narra il Moniteur algerino, tocca da queste testimonian-
ze d'un carattere tutto spontaneo, le accetto come sincere, e promise agli
oulemas che la sua protezione non verra mai meno agli uomini pii , che
colla loro istruzione e coi loro buoni esempii portano i proprii correligio-
narii ad adempiere i loro doyeri yerso Dio, verso la propria famiglia e
verso il Sovrano, che veglia alia sicurezza e alia fortuna di tutti. « Io ho
figli cristiani e figli musulmani, soggiunse 1' Imperatore; io rispondo de-
gli uni e degli altri davanti a Dio , padre comune degli uomini. La mia
giustizia sara eguale per tutti. Dite ai vostri correligionarii che io posso
fare il bene a quelli che battono la diritta strada , e che io sapro punire
con rigore quelli che non vorranno contenersi nella via dell' obbedienza
e del bene. »
Questo pensiero si trova riprodotto nella risposta dall' Imperatore
ai notabili indigeni, allorche vennero al palazzo del Governo per presen-
targli un indirizzo. Egli disse loro: « La vostra religione, al pari della
religione cristiana, comanda il rispetto della fede giurata. Dio e il padre
comune di tutti gli uomini: egH legge nei cuori, e tratta ciascuno secon-
do i suoi atti. Yoi sapete essere Dio che mi impose il dovere di ricom-
pensare coloro dei miei figli musulmani, che servono la Francia con fe-
della, come egli mi ordina di punire severamente quelli che si ribella-
no alia mia autorita e gettano il disordine nei paese. Parlando cosi a voi,
che vi manteneste tutti fedeli , io ho il convincimento , che voi aiuterete
il Governatore generale ad impedire crisi , simili a quella che avvenne
1'anno passato ».
Quindi 1'Imperatore comincio a percorrere le citta e le borgate piu im-
portanti della Colonia, visito il monastero de'Trappiti, il forte Napoleone
nella grande Kabilia, e s' innoltro anche nei deserti, esaminando Io stato
della coltura , ricercando i bisogni speciali de' varii luoghi , ideando
640 CRONACA CONTEMPORANEA
strade e canali d' irrigazione e piantagioni , ed i modi di congiungere la
sicurezza degli abitanti colla facilita del coramercio.
4. In questo mentre il Corpo legislative continuava i suoi lavori , che
procedeano lentamente, e senza far gran rumore , ma col consueto risul-
tato di approvare invariabilmente a gran pluralita di suffragi i disegni
jaoessi innanzi dal Governo. Un decreto, firmato dall'Imperatrice, sotto il
14 Maggio, prolungo fino al 14 Giugno inclusivamente la sessione del
Corpo legislative, che avrebbe dovuto aver termine il 15 Maggio. II che
mostra il desiderio che si ha dal Governo di veder approvati ed effettuare
\arii dei disegni indicati nel discorso della Corona. Propose la ordinaria
cerna di 100,000 uomini, cheamolti Deputati pareva eccessiva e niente
necessaria in tempo di piena pace , e si voleva ridotta al numero di
80,000. Ma i Commissarii imperial! tennero fermo , e la vinsero ; come
la vinsero in piu altri disegni di legge circa negozii di commercio, lavori
pubblici , 1' insegnamento private e comunale , la vendita di selve dello
Stato, e simili cose. Di che non importa aggiungere altro, poiche vedia-
mo che anche i diarii francesi se ne mostrano assai poco solleciti.
.5. Ma grande e la sollecitudine destata in tutti, ed anche nel Gover-
no, dal continuarsi , in forma che puo diventare assai pericolosa, gli
scioperi di operai. Gravi sconcerti mercantili ridussero molti opificii a
tali condizioni, che non poteano continuare le opere loro, e percio furono
accomiatati i manuali. In Lione , precipuamente , ed a Saint Etienne, si
contavano a migliaia gli operai, privati percio d'ogni sussidio e del pane
quotidiano per se e per le famiglie. II Cardinale Arcivescovo De Bonald,
con apposita Pastorale eccito i suoi diocesani ad essere larghi d' aiuto a
que' derelitti. La casa imperiale mando sussidii in denaro ; e si raccol-
sero offerte per sottoscrizioni di privati. Ma tali somme, benche ingenti,
riuscirono scarse al bisogno dei moltissimi , costretti dalla necessita a
mancar di lavoro e di alimenti. Per giunta vennero , anche a Parigi, gli
scioperi d'operai scontenti del salario , e che, gittandosi alia strada con
abbandonare gli opiticii, pretendeano di obbligare i loro padroni a cre-
scere gli stipendii. La Polizia s'ingegno di scoprire ed allontanare i som-
Hiovitori, di disfare quelle combriccole con offerire lavoro, lungi da Pa-
rigi, ai meno indocili, e con decretare opere pubbliche negli Spartimenti
Ma il male scemo d'assai poco, ed ogni giorno i diarii lamentano qualche
nuova coalizione, che riduce all'ozio , e mette a pericolo di tumultuare ,
le quindici e venti migliaia di operai. D'ordinario nei calori estivi la pie-
fee parigina suoi dare fastidii alia Polizia. Ma il Governo e pronto a tutto.
CONSEGUENZE SOCIALI
DEL NATURALISMO POLITICO
« Poiche, rimossa dalla civil comunanza la religione e ripudiata
la doltriaa e 1'autorita della divina rivelazione, lo slesso genuine
concetto di giustizia e di diritto umano si ottenebra e perisce, ed in
luogo della vera giustizia e del diritto legittimo soUentra la forza
materiale; si fa chiaro perche alcuni, spregiando affalto e nulla va-
lutando i principii certissimi della sana ragione, ardiscano procla-
mare : la volonta del popolo, manifeslata per 1' opinione pubblica,
com' essi dicono, o in allra guisa, costituirc la legge suprema, sciol-
ta da qualunque divino od umano diritto, enell'ordine politico!
falti cornpiuti, per cio stesso che son compiuli, a\er yigore di
diritto 1. »
1 Quoniam ubi a civili sotietale fuit amola religlo ae repudiata divinae
revelationis doctrina et auctoritas, vel ipsa germana iusiiliae humanique iu-
ris notio tenebris obscuratur et amittitur, atque in veme lusiUlac legitimum-
que iuris locum materialis substUuitur vis; Inde liquet cur nonnulli,certissi-
mis sanae rationis principiis penilus neglectis posthabilisque, audeant concla-
mare : voluntatem populi, publica, quam dicunt, opinione vel alia ralione
manifestatam constituere supremam legem ab omni divino humanoque iure
solutam, et in ordine politico facta consummata, eo ipso quod consummate
sunt, vim iuris habere. Enciclica del Santo Padre , Papa Pio IX , dell' 8 Di-
cembre 1864.
Serie 77, vol. II, fasc. 366. II 2 Giucjno 1865.
642 CONSEGUENZE SOCIALI
Son queste le parole, colle quali il S. Padre Pio IX, nella sua ce-
lebre Enciclica dell' 8 Decembre passa a dichiarare i pestiferi effetti,
che il naturalismo politico genera nello stesso ordine sociale. Tre
cose pertanto egli dice: Prima, che naturalizzata la societa, per la
sua separazion dalla Chiesa, il concetto slesso di diriito s' offusca e
perisce. Secondo, che alteratosi e rimosso un tal concetto, viene
sostituita in sua vece la forza materiale. Terzo, che di qui e da ripe-
tere 1' origine si della teorica della pubblica opinione, e si di quella
dei falti compiuti, che sono appunto i due principali perni, sopra cui
e montato e ribadito il cosi detto diriito nuovo. Questi tre capi ci
somministrano insieme 1' assunto e la partizione del presente articolo.
Nel quale faremo uso di sole ragioni naturali ; giacche il Pontefice
queste appunto rinfaccia ai sostenilori di quel pestifero sistema : sa-
me rationis principiis penilus neglectis posthabitisque.
I.
// naluralismo politico mena air oscuramenlo e alia perdita
della verace idea di diritto.
II diriito, preso in senso rigoroso, noa e altro che un polere
morale, inviolabile. E un potere, perche risiede nella facolla di fare
o pretendere alcuna cosa. E morale, perche tal facolla apparliene
alia volonta libera, e trae origine dalla ragione, imperiante nell' or-
dine de' costumi. fi inviolabile, perche esige riverenza dagli altri;
sicche niuno possa opporsi all'esercizio di quella facolta, senza ren-
dersi colpevole e soggetto a coazione. Quest' ultimo elemenlo della
in\'iolabilHa e come la differenza specifica del diriito, la quale lo
costituisce nel proprio essere e lo distingue da tulti gli allri poteri
meramente morali. Tu dici a cagion d'esempio : lo ho diritto a fab-
bricare in questo luoyo; io ho diritto di disporre del mio danaro;
io ho diritto ad essere obbedito da miei figliuoli. Con tal linguaggio
tu vuoi significare che non comunque ti sono lecite le predette cose,
ma sibbene in guisa, che niuno puo giustamente impedirtene. Cio
vuol dire che quella tua facolla e sacra, inlangibile, posla solto la
tutela di un comune Signore, obbligante le altrui coscienze, sicche
DEL NATURALTSMO POLITICO 643
esse sieno tenutea conformarsi all' ordinamento di lui, come a re-
gola suprema del loro operare. Questo comune Signore e Dio; giac-
che il solo Dio puo influire nella coscienza e legarla e scioglierla a
date azioni e intorno a dati obbietti. II diritto dunque inchiude 1'idea
di Dio; e di Dio non separate da noi, il quale circa car dines caeli
ambulet, nee noslra consideret, ma di Dio provvido, governalore,
ii quale dia leggi determinate, da cui procedano determinati legami
e concrete obbligazioni Ira gli uomini.' Rimossa dunque dalla societa
cotesta idea di Dio, uopo e che ii diritto venga socialmente a illan-
guidirsi e cadere, Yenutogli meno 1' appoggio e la radice, da cui
traevaogni suo nulrimento e vigore.
Or questo appunto si verifica nella societal separata dalla Chiesa
e ridotta ai puri termini della natura. Una sociela si fatta, prescin-
dendo dalla religione , prescinde dai vincoli morali che legano T uo-
mo con Dio : Religat nos religio uni omnipotent} Deo 1 ; e per con-
seguenza prescinde dallo slesso Dio , almeno in quanto ha relazione
con noi. Quindi la denominazione di Sociela alea e di Governo ateo,
di cui tanto si piacciono i fautori del progresso moderno. Essi dico-
no : Lo Stato non deve avere altra religione, che la giustizia ; e Don
s' accorgono gl' illusi che essi con cio pretendono un assurdo, simile
a chi volesse un triangolo senza lati ; giacche rimossa 1' idea di Dio,
e rimosso il fondamento del diritlo e conseguentemente della giuslizia.
Dirai : Non in queslo senso di tolale astrazione da Dio vuolsi in-
tendere lo Slato separato dalla Chiesa , ma solo nel senso di astra-
zione dal Dio rivelato e dalla religione soprannaturale. II Dio della
natura , il Dio che si manifesta a noi per lo spettacolo dell' universo
e ci parla mediante la ragione , e conservato da una tal societa , e
ad esso ella appoggia il dirilto e la giustizia , che sono norma del
suo Governo.
Ecco una delle solite contraddizioni in cui e coslretta ad aggirarsi
la falsila. Lo Stato ripudia la religione impostagli da Dio, e nel tem-
po slesso se ne foggia una di suo capriccio. Stabilisce un principio
generate : Lo Stalo dee prescindere dalla religione ; e poscia spaven-
1 S. AUG. De vera Religione L. X, Gap. 4.*
644 CONSEGUENZE SOCIALI
tato della conseguenza, che la Logica ne deduce, dimezza il principio
e ne ritiene una parte, rifiutandone un' altra. E questo il \7ezzo di quei
cotali, che pero si danno voce di moderali. Ma, in prima, chi \1 da
il diritlo di far quesli tagli, e di fermarvi a mezza slrada? Se dovele
prescindere dal Dio rivelato , perche non anche dal Dio nalurale?
La liberla di coscienza , che mettete innanzi per quel primo passo ,
non vi sforza a fare anche il secondo ? — Ma la societa in tal caso
non potrebbe piu reggersi. — - E voi volete farla reggere sopra una
contraddizione ? Volete conservarla a ritroso della ragione, dopo aver
proclamato che la ragione e T unica norma da seguitare? In secondo
luogo vi domandiamo se la nozione di Dio, che volete manlenuta
nella societa, sia quella del vero Dio, personale e concreto, oppure
quella di un Dio qualunque, concepito astratlamente solto il concetto
al piu di ente supremo , come voile il Robespierre. Se e quella del
vero Dio, il vero Dio e appunlo il Dio della rivelazione , il Dio che
eleva 1'ordine naturale al soprannaturale, il Dio che fondo la Chiesa
come suo rogno quaggiu, di cui facessero parte individui e nazioni.
Non volendo prescindere da lui, voi non potele prescindere dalla ri-
yelazione, dall'ordine soprannalurale, dalla Chiesa, quale e stabilita
da Dio pel suo Cristo, e quale e stata riconosciuta fin qui dal mondo
incivilito. Se poi vi conlentate di un Dio qualunque, di un ente pri-
mo quale che siasi , voi non avrete conchiuso nulla. Imperocche i
materialisti vi diranno che quest'ente primo e la materia improdotla,
la quale si svolge e s' innalza da se medesima per tutli i gradi del-
1'essere ; e i panteisti, nobilitando a parole lo slesso concetto, soster-
ranno che coteslo ente primo e la realila assolula , o, se meglio vi
aggrada e 1'idea che si concretizza e spiegasi gradatamente in lulli i
regni della natura, fino a manifestarsi nell'uomo solto forma perso-
nale e con coscienza di se medesima. Cosi , ridotta ogni sussistenza
ed ogni azione allo svolgimento fatale di una unita primitiva , ogni
concetto di liberta e di moralila, e per conseguenza di diritto e di
giuslizia viene a dileguarsi e svanire come spuma sul mare. Direte
che coleste teoriche sono delirii di mente inferma e che lo Stato sapra
rigeltarle. Ma separatosi esso dalla colonna di verita che e la Chiesa,
qual tilolo presentera per insegnare e correggere i filosofi? Dira forse
DEL NATURALISMO POLITICO 645
che egli ne sa piu di loro ? La pretensione sarebbe tanto ridicola ,
da non meritare d' essere altrimenli confutata che col disprezzo. Ri-
correra , come ad eslremo rifugio , al senso comune ? Ma il senso
comune in prima non ha organo autorevole e social mente riconosciu-
to , che lo rappresenli ; ne lo Stato puo certamente arrogarsi da se
medesimo un lanlo ufficio. In secondo luogo quei filosofi vi rispon-
derebbero che il senso comune dee sottostare alia scienza , la quale
ne e la esplicazione riflessa e razionale.
Del resto, quand' anche lo Stato avesse potesla e riuscisse nel fat-
to a salvare 1' idea del vero Dio, senza il sostegno della Chiesa, che
cosa conseguirebbe in ordine al diritto nella Sociela? Non altro al
piu, che salvarne il concetto astralto ed indeterminato, senza corpo
reale e concretezza operativa. Imperocche, scendendo all' applicazio-
ne pratica e alia deterrninazione specifica di quella idea generica
nei singoli ordini dell' azione umana , il Comunista vi direbbe che e
diritto dell'uomo 1'abolizione della proprieta e della famiglia ; il San-
simoniano, che e diritto dell'uomo il secondare liberamente ogni
passione ; e il Socialista anarchico, che e diritto dell'uomo il soppri-
mere nou solo le monarchic, ma le costituzioni altresi e in generate
ogni idea di Governo, sotto qualsivoglia forma si manifesti. Ciascun
di costoro appoggerebbe, se cosi vi aggrada, i suoi pronunziati all'i-
dea di Dio personale e agli eterni decreti della sua volonla legisla-
trice. Che fara lo Stato a fronte di coteste dottrine giuridiche , le
quali vogliono salvo il diritto , ma 1' intendono in modo diverse da
lui ? Le proscrivera? Ma farebbe ridere i polli il vedere lo Stato eri-
gersi in Congregazione dell'/wfo'ce, ed assumere 1'aulorita di Pon-
tefice; massimamente se sia di quelli, che si sono tanto svociali con-
tro la recente Enciclica di Papa Pio IX. Bando dunque agl' inganni
in materia di tanto interesse. L'umano consorzio ha bisogno dell' idea
non astratla , ma concreta del dirilto , del diritto cioe non generico
ma specifico, del dirilto riguardato nelle sue parziali applicazioni ai
rapporti umani ; e lo Stato separate della Chiesa e del tutto incapace
a delerminarlo e mantenerlo come tale.
Mollo piu apparisce manifesta una tal verita, se il diritto si pren-
de in senso piu largo , in quanlo abbraccia insieme facolta moral! e
646 CONSEGUENZE SOCIALI
obbligazioni morali , ossia in quanto esprime generalmente la legge
regolatrice de' coslumi. Senza uopo di discorso , basta la semplice
storia, per comprendere che cosa possa in tal faccenda lo Stato, dis-
giunlo dal lume della rivelazione, e da un' autorita divinamenle isii-
tuila che lo sostenga. Mirate la societa pagana. Benche essa non
prescindesse da Dio , ma della religione formasse anzi la sua base
principale ; luttavia non pole a lungo salvar la morale, neppure nel-
le sue prescrizioni piu ovvie, ed ando precipitando di corruzione in
corruzione, fino a cadere in quel lezzo, in che fu trovata dal Crislia-
nesimo. I suoi stessi sapienti , che ne costiluivano la parte piu illu-
minata, e n' erano come i maestri, furono travolli negli errori piu mo-
struosi e nelle lordure piu abbominevoli. Si ricordi intorno a cio quel
che ne scrive S. Paolo nel primo capo della sua epistola ai RomanL
« Benche avessero conosciulo Dio, nol glorificarono come Dio, ne a
lui rendettero grazie ; ma infatuarono nei loro pensamenti e si otte-
nebrarono nella slollezza del loro cuore. Dicendo di essere saggi ,
diventarono stolli. E cangiarono la gloria deirincorruttibile Dio per
la figura di un simulacro di uomo corruttibile e di uccelli e di qua-
drupedi e di serpenli. Per la qual cosa Iddio li abbandono ai deside-
rii del loro cuore e alia immondezza ; talmente che disonorassero
in se slessi i corpi loro Ricolmi d' ogni iniquita , di malizia, di
fornicazione, di avarizia, di malvagita, pieni d' invidia, di omicidio>
di discordia, di frode, di malignita, susurroni. Detrattori, nemici di
Dio, oltraggiatori, superbi, millantatori, invenlori di male cose, dis-
ubbidienli ai genitori. Stolti, disordinati , senza amore , senza leg-
ge, senza compassione. I quali avendo conosciuta la giustizia di Dio,
non intesero come chi fa tali cose , e degno di morte ; rie solamente
chi le fa, ma anche chi approva coloro, che le fanno 1. »
1 Cum cognovissent Deum,non sicut Deum glorificaverunt , aut gratias
egerunt, sed evanuerunt in cogitationibus suis, et obscuratum est insipiens
cor eorum. Vicentes enim se esse sapientes, stulli facti sunt. Et mutavernnt
gloriam incorruptibilis Dei in similitudinem imaginis corruptibilis hominis,
et volucrum, et quadrupedum, et serpentium. Propter quod tradidit illos
Dens in desideria cordis eorum, in immunditiam: ut contumeliis afficiant
corpora sua in semetipsis Repletos omni iniquitate, malitia, fornifica-
DEL NATURALISMO POLITICO 647
Non vi sembra che qui 1'Aposlolo in im con la dipintura de'suoi
tempi, ci faccia altresi unadipinlura del moderno liberalismo? Ecco
a che mena la pura natura , la sociela affidata al solo lume della ra-
gione , lo Stato privo degl' indirizzi della verila rivelata ! Allesa la
debilita dell' umano intelletto , la foga delle concupiscenze sensitive,
la corruzione nativa per la colpa di Adamo, I'uomo e in generalela
societa, per mantenere salda non solo la pratica , ma la conoscenza
altresi della naturale giuslizia , na mestieri che in lei sia social-
mente riconosciuto ed accettato un codice perfelto in ordine ai prin-
cipii fondamentali dell' operare umano , e un giudice supremo che
autorevolmente ne definisca i dubbii e le quistioni che possono in-
sorgere. Go dimostra la necessila della ricognizione sociale e politica
della Chiesa; giacche 1' uomo non accettera mai un tal codice e non
si pieghera a tali giudizii , se 1' uno e gli altri non gli vengano pro-
posti in nome di Dio e da chi parlecipa rinfallibilita divina. La sola
Chiesa di Cristo ha si nobile prerogativa ; e pero essa sola e com-
petenle ed ha valore di serbar nel mondo incontaminata V idea del
diritto e conseguentemente della giuslizia. Lo Stato puo cooperarvi,
mantenendosi congiunto con lei : conciossiache in questo sol caso
puo metier lingua in cio che concerne dottrina e coslumi , siccome
forte degli iusegnamenti e della inerranza di essa Ghiesa. II principe
nelle sue leggi parlera quasi coll' autorila d' un Pontefice ; il Senate
coll'autorila d' un Concilio. Ma ambidue, separali dalla Chiesa, resta-
no quel che sono per loro slessi, cioe uomini eguali agli altri, e per6
incompetenti ad imporre i proprii deltami alle coscienze allrui.
Ci reco non lieve meraviglia il sig. Thiers, allorche, nel suo ulti-
mo discorso al Corpo legislativo di Francia , dopo aver nobilmente
esposto come la societa non puo sussistere senza idee fondamentali
v
tione, avaritiaf nequitia, plenos invidia, homicidio, contentione, dolo, mail-
gnilate, susurrones. Detractores, Deo odibiles, contumeliosos, superbos, ela-
tos, inventor es malorum, parentibus non obedientes. Insipientes, incomposi-
tos, sine affectione, absque foedere, sine misericordia. Qui cum iustitiam
Dei cognovisscnt , non intellexerunt guoniam qui talia agunt, digni sunt
morte, et non solum qui ea faciunt, sed etiam qui consentiunt fadentibus. —
Ad Romanes c. I, v. 21-32.
648 CONSEGUENZE SOCIALI
dell'onestoe del giusto, ia cambio d'inferirne Talleanza dello Stato
colla Chiesa , ne inferisce la liberla di coscienza. Egli avea detlo :
« Nessuna societa umana e possibile, senza alcune idee morali for-
temente stabilite. Queste idee riposano sulla nozione chiara del bene
e del male , della differenza che li separa e della preferenza che
dobbiamo all' uno a fronle dell' altro. Queste idee debbono essere ben
radicate ; debbono avere autorila sugli animi e sui cuori : non al
punto che il male sia impossible , ma al punto che 1' uomo allonta-
natosi dall' onesta possa forraare il disegno di ritornarvi per non piu
dipartirsene. Ma per possedere tale autorita, queste idee debbono
avere un' origine superiore. Se esse non riposano che sopra neces-
sila sociali , il contalto degl' interessi umani le rendera sospette. Se
per contrario i popoli si convincono che quest' ordine ammirabile
dell' universo e il pensiero e la volonla d' un' intelligenza superiore,
che e in rapporto all' intelligenza deli' uomo , come T immensita
dell' uni verso a quelle opere belle ma periture, che noi chiamiamo
il Partenone e S. Pielro , allora il bene ci apparira qual porzione di
quest' ordine ammirabile , 1' uomo , che fa il bene , si elevera fiiio a
questa intelligenza superiore, e 1' idea del bene trovera la sua gran-
dezza, la sua dignila, la sua bellezza ideale 1 ». Ognuno si saria
aspettato che un intellelto si lucido, avesse quindi inferito che dunque
la societa, per conservare incolumi coteste idee ed acceltarle e rive-
rirle come imposle da un' autorita superiore, dee mantenersi solto
1' influenza e il magistero di chi solo puo parlare in nome di quella.
Niente affatto. Egli ne inferisce, per contrario, che la societa deve
in ordine a credenze religiose abbandonarsi a se stessa: « Ebbene,
son sue parole , chiunque conlribuisce ad inculcare queste nobili e
necessarie idee nelle anime , vuoi il filosofo a nome della ragione
umana, vuoi il sacerdote a nome della ferfe, vuoi il pastore prote-
stante a nome del libero esame , vuoi Y israelita a nome di Mose ,
tutti sono benefattori dell' uman genere. I Governi debbono consi-
derarli come i cooperatori piu utili , e a lulli loro assicurare una
posizione pacifica e rispetlata. Lo Stalo non deve far distinzione in
1 Tornata del 13 Aprile 1865.
BEL NATURALISMO POLITICO fc
quanto alia fede. Ciascuno ha la sua fede, e la custodisce al foco-
lare domestico ; lo Stato non deve avere che una sola religione ,
quella della giustizia 1. »
Ma, caro Stgnore, voi avete delto che queste idee moral! non pos-
sono custodirsi, se non hanno autorila sugli animi, e che non posso-
no avere tale aulorita, se non hanno un'origine superiore all' uomo.
Or vi sembra che il Glosofo, il quale parla in nome della ragione,
parli in nome di aulorita cosi fatta ? E forse la ragione superiore
all' animo umano , di cui essa e facolta ed emanazione? 0 ammet-
tete per avvenlura la ragione impersonale del Cousin , la quale si
riveli in ciascun uomo , e sia nondimeno distinta da tulli? Per par-
lare alia ragione umana in nome di un' autorita superiore , bisogna
parlarle in nome della ragione divina. Ora la sociela vorra ricono-
scere nel filosofo un tal mandate? E posto che lo riconosca, in quale
dei vostri filosofi lo riconoscera ella? In Jules Simon , nel Cousin ,
o nel teste defunlo Proudhon? Lo stesso dite proporzionatamenle del
pastore proteslanle e deirisraelita. Poiche il pastore protestante, par-
lando in nome del libero esame, si rende ridicolo se insegna nulla di
determinato. Egli deve esortare il popolo ad esaminare liberamente,
a costo anche che n'esca la morale dei Mormoni, e il dirillo pubblico
dei Comunisti. In miglior condizione sembra trovarsi 1' israelita che
parla in nome di Mose. Ma chi ha dato a lui un tale ufficio? E come
sapra la societa che egli, leggendo Mose, non vada in ciampanelle e
prenda lucciole per lanterne? Voi dile benissimo: la religione dello
Slato sia quella della giustizia. Ma come fara esso a promulgare in
nome d'un' autorita superiore, per farli acceltare dalla societa, i prin-
cipii fondamentali di questa giustizia? Sara egli da piu del filosofo ,
o del rabbino? Persuadetevi dunque che per affermare nei popoli COD
autorita superiore i principii di moralita e di giustizia, non basta ne
lo Stato, ne il filosofo, ne il ministro prolestante, e neppure 1' israelita
parlante a nome di Mose; ma ci vuole la Chiesa caltolica. Essa sola,
riconosciuta come organo infallibile della voce di Dio , puo parlare
in nome di lui e stabilire, con autorita superiore air uomo, la morale
e la giustizia Ira le genii.
1 IvJ.
650 CONSEGUENZE SOCIALI
II.
Alterata nella Societa I' idea del dirilto , sottentra necessariamente
in sua vece la forza.
Questa proposizione , a vero dire , non ha bisogno di prova ; non
essendo che un' immediata conseguenza della proposizione , gia di-
mostrata nel numero precedente. Imperocche , rimosso il diritto , la
societa non puo allrimenti conservarsi , che con la forza. E qual al-
tro principio potreste voi assegnare , fuori di questa ? La societa &
unione di molti , cospiranti in un sol fine. La moltitudine e la sua
parte material e, che ne porge come il subbietto; 1'atto suo o la for-
ma , che la costituisce nel proprio essere , e la scambievole congiun-
zione , cagionata da un principio uniente che si appella autorita.
Moltitudine ed autorita, ecco i due elementi o i due fattori della con-
vivenza sociale , tendente al ben comune per la Concorde operazione
dei socii. Or come 1' autorita produce quest' unione e concordia di
movimento, nelle parti molteplici di questo corpo? In forza del dirillo ,
II diritto le porge il titolo , per cui essa puo presentarsi come prin-
cipio unificante e motore ; il diritto origina in lei la virtu uniliva e
motiva all'operazione sociale. Per la qual cosa giustamente il grande
oratore e pubblicista romano defmi la comunanza civile : Coetum
hominum, iure sociatum; collezione d'uomini, associata dal diritto.
La ragione si e, perche il solo diritto e capace di trasformare il co-
mando altrui in principio motore di enti ragionevoli ; giacche il dirit-
to non e altro che il vero in ordine all'azione, e il solo vero colla sua
unita ha virtu di congiungere insieme gl' intellelti e conseguente-
mente le volonla imperative di esterna operazione.
Pertanto, rimosso il dirilto, che cosa resta? Dall'una parte la
mollitudine bisognosa d'esser mossa ad unica azione ; dall'altra la
autorita, priva della virtu d' influire nel principio generalore inler-
namenle di tale unita. Adunque o convien che cessi ogni azione so-
ciale , e la moltitudine stessa si disgreghi negl' individui , onde e
composta ; o conviene che 1'autorita intervenga come mero impulso
esteriore , che colla sua prevalenza assoggetti a se le forze esecutri-
ci degli associati, producendovi un'armonia puramente efFettiva. la
DEL NATURALISMO POLITICO 651
altri termini , o conviene che la Societa si disciolga , o che in luogo-
del dirilto sottentri la forza, per conservarla nel suo essere e nel suo
operare.
La qual sostituzione , violenta alia nalura di ente ragionevole , noi
possiamo. considerar datrecapi. Primieramente dalla parte dell'esi-
stenza stessa dell' autorita. Imperocche 1' autoritci e tale in virtu del
diritto che la rende legittima ed obbliga i sudditi a seguirne le pre-
scrizioni. Oscurala dunque 1' idea di diritto , viene di necessita ad
oscurarsi il titolo, per cui 1'aulorita sovrasta e chiede obbedienza.
Essa apparisce come una forza , che s' impone da se ad altre forze
minori , e che tanto vale quanto puo e quanio Taltrui inerzia le con-
sente di valere. Di che provengono due gravissimi sconci. I/uno e1
un perpetuo antagonismo tra i governati e i governanti , con perpe-
tua tendenza alia ribellione ; 1' allro e una smania febbrile nei singoli
d' impossessarsi dell' autorita e afferrare il timone dello Statp. Ten-
dono i sudditi a ribellarsi ; perche la forza scompagnata dal diritto ,
e violenla all' uomo : ed ogni moto violento eccita necessariamente
reazione nel soggetlo. Smaniano tutti di salire al potere ; perche la
forza da se sola e titolo comune, che in quello prepondera , il quale
sa meglio accrescerla ed adoperarla.
II secondo capo della sostituzione della forza al diritto puo consi-
derarsi nell'esercizio dell' autorita. Oscurata Y idea del diritto , non
resta che la libera volonta del governante in ordine al reggimento
dei popoli. La forma della legge sara, : Sic volo, sic iubeo, stat pro
rations voluntas. La moralita dell'operazione sociale yiene a confon-
dersi colla pura legalila. La legge e stata discussa, votata, promul-
gata; cio basta, non e da cercare altra ragione che la giustifichi.
Cosi appunto diceva, non ha guari, il sig. Langlais a proposito degli
arlicoli organici; ne il Consiglio di Stato ebbe nulla da replicare in
contrario : la logica glielo vietava. Imperciocche rimosso Dio, par-
lante per organo della sua Chiesa, non resta altro che 1' uomo ; e la
volonta. di esso uomo diventa nella sociela norma suprema di ope-
razione per gli esseri degradati che la compongono.
In fine puo considerarsi quella sostituzione a rispetto dell'azione
stessa degli associati ; nei quali , offuscata 1' idea di dirilto e di mo-
CONSEGUENZE SOCIALI
, cresce dall' una parte la tendenza a misfare , e dall'altra non
si ofFre altro principio per rallenerli , se non il timor della pena. La
coazione materiale adunque diviene in tal caso 1' unico freno contra
lo scapestrar del delitto. In allri termini la tutela della societa resta
affidata alia sola forza materiale.
Di tutte queste bellissime cose noi abbiamo phi cue un saggio
nella nostra Italia , dacche la rivoluzione T ha rigenerata , impian-
tandovi 1'ordine morale , di cui e capace il naluralismo politico.
L'autorita avvilita e pubblicamente minacciata di prossima distru-
zione. I popoli contenuti dalla punta delle baionette, e dai lacci
d' una Queslura , molto piu sospeltosa ed incomoda delle anliche
Polizie de' Govern! assoluti. Una libidine sfrenala d'impieghi, di
cariche , di portafogli , cercando ognuno a vicenda di scavalcare gli
emoli ed abbrancar le redini dello Stato. Una sfrontatezza incredi-
bile di rogar leggi all' impazzata , senza alcun riguardo a religio-
ne, ad ones la di costumi, a diritti acquisiti, ad interessi privati o do-
mestic!. E con do un accrescimento di delitti in ispavenlevole pro-
porzione, come puo vedersi dalle pubblicate statist! che; e relativa-
inente un elenco slrabocchevole di deportazioni , d' imprigionamen-
ti , di esecuzioni sommarie , che con meno rumore incutono mag-
giore spavento. Dall' una parte ai chiusi monasteri soslituite case di
prostituzione ; e dall'altra molli plicate le carceri e le galere in luogo
delle chiese e dei convent! soppressi. Mutata, sotlo I'impero della
paura, significazione ai vocaboli, ed appellate bene il male, e male
ii bene. Qualificato, come virtu cittadina , il tradimento , la frode ,
lo spergiuro , e sbrigliate le molliludini ad ogni mal fare, fi questo
un breve e languido schizzo delle beatitudini , regalateci dal nuovo
sistema di separazione della Societa da Dio e dalla Chiesa; le quali
andranno sempre piu amplificandosi e produrranno anche piu prezio-
si frutli , a misura che quel sistema si assodera vie meglio , e potri
spiegare piu liberamente le sue native polenze.
DEL NATt7RALISMO POLITICO 653
III.
La sostituzione della forza at diritto genera necessariamente
la leorica della pubblica opinione e del fatti compiuti.
Primo passo in una societa, in cui e venuta meno 1'evidenza pub-
blica^ del dirillo, si e di cercare un allro principio morale, che possa
surrogarsi in sua vece : principio morale peraltro , che miri diretta-
menteairintelletto; giacche dall' intellelto prendele mosse 1'operare
umano. Ma dove trovare un principio si fatto? Rimossa I'autorila
della Chiesa in nome della liberla di coscienza, uopo e lasciar libero
a ciascuno il proprio pensiero. Ora il pensiero di ciascuno e di ver-
so; giacche, tranne i veri universalissimi, che nella loro astrattezza
non hanno alcuna prossima influenza nei casi particolari , di cui e
composta la vila sociale, in lulto il reslo: quot capita, tot senlentiae.
Anzi, per cio che riguarda la pratica, le stesse verita generalissimo
e per se note , non sono sicure del loro possesso , quando vengano
abbandonate al giudizio individuale. Avendo csse relazione coll' in-
teresse dei singoli, e urtando nelle loro disordinale concupiscenze,
van soggelle all' azione dell' affetlo ; il quale rifluendo nella inlelli-
genza, le oscura e travolge. Unusquisque iudicat, prout affectus est.
Quest' aforismo di Aristotile si verifica non solo delle applicazioni
concrete, ma eziandio de'principii, da cui quelle dipendono, quando
il vero viene a contrasto colle passioni indomate. Quindi non di rado
veggiamo messi in dubbio ed anche sfaccialamenle negati gli assio-
mi piu incontrastabili , riguardo alia destinazione dell' uomo, ai foa-
damenti del consorzio civile o domestico, al predominio della ragio-
ne sui sensi.
Ci6 posto, come fare nello sbrigliamenlo degV intelletli a coslitui-
re un principio armonizzatore, che leghi le menti in un sol pensiero,
e quindi muova le volonta a unisona operazione? La moltitudine,
negazione dell' unita, non pu6 certamente di per se produrla ; come
le tenebre non possono produrre la luce, ne la maleria bruta il sen-
timento o la vita. Or ecco il gran trovato della sapienza moderna:
Al diritto, chiarito e reso indubitabile da un'autorita divina, si sosti-
tuisca la pubblica opinione. La pubblica opinione e 11 pensiero della
654 CONSEGCENZE SOCIALI
maggioranza , ossia del piu gran numero. Essa dunque si elevi a
norma suprema di operazione e di moralita sociale. Diciamo di mo-
ralita sociale ; perche qui non si tratta di determinazioni meramente
politiche, inlorno ad interessi del puro ordine materiale; in cui la
pubblica opinione puo aver valore, in quanto la minoranza per amor
della pace ne accetti il gindizio, sacrificando, se uopo e, il proprio
vantaggio al vantaggio del piu. Ma si tratta di verita morali e giuri-
diche, che formano come la base della vita sociale ed umana, e dalle
quali siasi rimossa 1'autorita della Chiesa. Sopra quesle eziandio iV
naturalismo politico intende che signoreggi donna e regina la pubbli-
ca opinione, sciolta, secondo la frase del Pontefice, da qualunque di-
ritlo umano e divino.
Or noi dimandiamo : in questa teorica si snppone che la pubbli-
ca opinione inbrocchi necessariamente il vero, o si suppone che es-
sa puo appigliarsi come al vero, cosi al falso? Se si risponde la pri-
naa parte, si dice manifestamente una sciocchezza ; glacche quante
pubbliche opinioni , non solo della maggioranza ma della totalita
eziandio furono riconosciute per false? Volete opinione piu pubblica
di quella d'un intero popolo, il quale dinanzi al pretorio di Pilato
grido reo di morte il Santo per eccellenza ; Reus est mortis; Sanguis
eius super nos et super filios noslros'l Direte dunque che ella si ap-
pose? E senza eio , gli stessi propngnatori di quella teorica sosten-
gono che bisogna finirla con le dottrine del medio evo. Con che essi
condannano di falsila la pubblica opinione d'un inlero mondo, pro>-
fessata per secoli. Senza rrcorrere adunque araziocinii, il fatto noto-
rio , anzi la confessione stessa degli avversarii fa chiaro che non la
prima, ma solo la seconda parte puo ammettersi della disgiuntiva pro-
posta. Ma se e cosi, qual maggiore stoltezza che stabilire per legge
suprema dell' operare umano e civile una norma, che si confessa fal-
libile e caduta in fallo piu volte ?
Noi non neghiamo che la norma dell' operare possa essere estrin-
seca all' umano iiidividuo. Anzi chiunque ben ragiona e vede lume,
dee riconoscere che il supremo criterio del bene e del male, del giu-
sto e dell' ingiusto, e estrinseco all' uomo. Imperocche cotesto supre-
mo criterio non e altro , che I'elerna ragione di Dio, dislinla certa-
mente dalla ragione dell' uomo. E quantunque quest' eterna ragione,
DEL NATURALISMO POLITICO 655
per cio che non esce fuori dei limit! della nalura, ci manifesto i suoi
-dettami, merce il retto uso del nostro lume intelleltuale ; tullavia cote-
sta manifestazione medesima andrebbe soggelta a lutte le alterazioni
delle teste individual!, senza 1' autorevole conforlo e il saldo appoggio
di un Iribunale esterno e visibile. Cio massimamente ba luogo, se si
considera, non tale o tale individuo, ma 1' umana sociel& in genera-
le. Imperocche sarebbe follia il pretendere che tutti scoprano da loro
stessi e ragionino con rigoroso discorso la convenienza o discrepanza
delle svariate operazioni umane coll'ordine della natura. 0 vi confide-
reste voi di convertire un intero popolo in un' accademia di filosofi?
E dove anche conseguiste si gran portento , quanti errori e quante
assurdita turpissime non furono da filosofi stessi ammesse e soste-
nute? Adunque nell'ordine stesso naturale, acciocche le leggi di mo-
ralita e di giustizia si mantengano pure ed inconcusse, e necessario
un tribunale, esterno ai singoli intellelti umani, al quale ne apparten-
ga il definitive giudizio. Ma accioccbe cotesto tribunale sia criterio
<ionforme alia natura dell'uomo, convien cbe la sua autorita s' imme-
desimi colla verila. La ragione e cbiarissima ; perciocche la sola ve-
rila e quella, a cui, secondo la sua nalura , puo aderir 1' inlellello.
Ed ecco la sapienza dell' economia divina nell' istiluzion della Chie-
sa, come maestra non solo del domma soprannaturale, ma dei prin-
cipii altresi dell' onesta e del dirilto naturale. Per essa e stabilito
come un sostegno e una colonna incrollabile del vero ; columna et
firmamentum veritatis, secondo la sublime frase dell' Apostolo. As-
soggellandoci a lei , non ci assoggettiamo che alia verila ; la quale
in Dio e per essenza, nella Chiesa per partecipazione da Dio.
II medesimo non puo dirsi della pubblica opinione, a cui Iddio ne
ha promesso assislenza , ne ha comunieato la propria infallibilila.
Pretendere adunque che essa si sostituisca alia Chiesa nel governo
degl' intellelti, e pretensione da malti. Per fare cio, dovrebbe conse-
crarsi questa formola : La pubblica opinione non e il vero, ne per es-
senza ne per participazione ; nondimeno ad essa si dee conformar
rintelletto, il quale non puo conformarsi se non al vero. Ora colesta
formola potreste voi bandirla altrove, che in un manicomio?
Per fuggire tanta scempiezza , bisogna che quella teorica si spie-
^ghi cosi : Non e mestieri che alia pubblica opinione si conformi 1' in-
656 CONSEGUENZE SOCIALI
tellelto. I/ intelletto dissenta pure, tanto solo che a quella si confor-
mi la lingua e 1'azione. Ma ridolta a tali termini ta teorica, viene a
risolversi nel piu spavenlevole dispotismo , siccome quella che pone
1'uomo in violenta contraddizione con se medesimo, esigendo da lui
che parli ed operi conlro cio che egli pensa e vuole. E cio considerau-
do la pubblica opinione come enle reale. Che diremo, se si considera,
qual e ordinariamente , come ente filtizio ? Chi rappresenta la pub-
blica opinione? Generalmenle il Giornalismo, confortato, laddove
occorra, dalle manifestazioni di piazza. Or sappiamo quanto valga il
primo , e come si formino le seconde. Una turba di scribacchialori
impudenti, disposti a vendersi al maggiore offerente ; eccoli il gior-
nalismo. II pallume d'ogni citla, compro talvolta per pochi soldi, con
a capo alcun paltoniere, mosso da odio o da cupidigia, sempre per6
da rea passione ; eccoti la manifestazione della volonta popolare.
La pubblica opinione dunque , la quale , dove sussislesse e fosse li-
beramente formata , si ridurrebbe al despotismo della maggioranza
verso la minoranza ; essendo per lo piu simulata o conseguila per
inganno, si riduce all' oppressione , che un piccol numero di audaci
e di tristi esercita sull' intera nazione. Nell' un caso e nell'aHro essa
si riduce alia prepotenza e alia forza.
Senonch^ il naturalismo politico non si spavenla di tal conse-
guenza; anzi, deposto ogni pudore, non dubita di confoudere colla
forza il diritto stesso ; ed era questo 1'ultimo grado d'imbestiamento
a cui esso potea ridurre la societa in falto di giustizia. Eccoci alia
teorica de' falli compiuti. Un fatto nella societa per cio stesso che &
compiuto , e legittimo. Cio in sostanza debbono dire i suoi difen-
sori. Altrimenti, 56 dicessero che un falto puo essere ingiuslo e per
conseguenza meritevole d'esser disfatto, e che solo in virtu d'un
principio morale puo, quando ne sia capace, venire legittimato;
essi direbbero cosa antichissima , appartenente al diritto vecchio.
Perche quella loro teorica sia veramente un portato del moderno
progresso, convien che il fatto sociale si tenga legiltimo per se stes-
so. Or che cosa e un falto per se medesimo ? II risultato d'uno sfor-
zo; 1'effetto di una forza prevalente. Se esso dunque e legittimo in
quanto fatto ; uopo e dire che la forza, come tale, sia un diritto, anzi
fonte di diritti. L'unica cosa, che richiedesi, e che essa, se incontra
DEL NATURALISMO POLITICO 657
ostacolo, super! nel conflitto; sicche di due litigant! colui ha ragio-
ne, il quale e piii gagliardo e riesce ad abbatlere 1' avversario.
Cosi e appunto. E pero cotesti fautori del naturalismo politico non
si peritano di sostenere, come la chiamano, la moralita delsuccesso.
Essi non hanno difficolta di proclamarla perfino dalle cattedre delle
Universita ed elevarla a canone filosofico. Udiamo uno de' piii rino-
mati barbassori della civilt& moderna. Vittore Cousin , tra le allre
cose in favore della forza prevalente, dice : « lo ho assoluta la vitto-
ria come necessaria ed utile ; imprendo ora ad assolverla come giu-
sta nel senso piii rigoroso della parola ; io assumo di dimostrare la
moralita delsuccesso. Non si guardano comunemente gli event! che
come il trionfo della forza; e una specie di simpatia senlimentale ci
trascina verso 51 vinto. Ma io mi confido aver dimostrato che doven-
doci sempre essere un vinlo , ed essendo il vinto sempre colui che
.dev' essere ; accusare il vincitore e prender parte conlro la vittoria,
si e prender parte contro 1'umanita e lagnarsi de' progressi deir in-
civilimento. Uopo e anzi andare piii oltre: convien provare che il
vinto dev' essere vinto e merita di essere ; convien provare che ii
vincilore, non solamente serve all'incivilimento, ma e migliore e piii
morale del vinto , e che per queslo egli e vincitore. Se non fosse
cosi , ci avrebbe contraddizione tra la moralila e la civil ta, il che e
impossible 1 •». Se queste idee prendono voga, ogni principio di
onesta e di giustizia sara sbandito dal mondo, e 1' umano consorzio
si converlira in un'unione di lupi, o, se meglio vi aggrada , in una
societi di ladroni : Remota iustitia , quid aliud sunt regna nisi pu-
Uica latrocinia 2? E a questo riesce da ultimo il naturalismo poli-
tico, alia negazione della sociela, come istituzione morale e giuridi-
ca, sosliluitavi la sola forza fisica per regola del mio e del tuo, co-
me accadrebbe in una societa di bruti animal! . Non iscorgete voi in
si falta perversion di concetti una pena giustissima dell'essersi la
society ribellata a Colui, che fu stabilito da Dio condoltiero e maestro
delle nazioni : Dedi le in ducem et praeceptorem genlibus ?
1 Introd. a thist. de la philos. lee. IX.
2 S. AGOSTINO.
Serle VI, vol. II, fasc. 366. 42 2 Givgno 1865.
SJ TIGRANATE
RACCONTO STORICO DEL SECOLO
XXII.
// Hone e lagnella di Persia.
Tune rex (Sapor) leonis ad ins tar , qui
degustato hominum cruore, ad caedeni
et praedam rapitur . . . irrugiit hor-
rendum in modum, terramque horrenda
oratione commomt atque edixit , ut in
sacerdotes ac levitas sine cunctatione
animadverteretur , . . . aedes sacrae
funditus exscinderentur,etc.Atl\ di San
SimeoneBar Saboe, scritti in caldaico,
e tradotti dall' ASSEMANI, Acta Martt.
orientt. torn. I, pag. 19.
Da Carri alia metropoli della Persia due strade correvano , una a
mano manca a traverso la provincia di Adiabena, dove s'incontrava
la corrente del Tigri , e su questa potevasi discendere sino solto le
mura di Ctesifonle che nel fiume si specchiano ; Faltra a destra,
sull'Eufrate, piu sicura, ma piu lunga. Tigranale scelse la prima :
ePisto, come che di mal animo, I'accompagno; non dandogli il
cuore di spiccarsi dal suo caro allievo in si perigliosa andala. Pieno
di maraYiglie era il viaggio di terra e di acqua : perciocche si do-
veva cosleggiare 1' Assiria , passare sotto la Nuova Ninive e non
TIGRANATE — IL LIONE E I/ AGNELLA DI PERSIA 659
lungi dalle pianure di Gaugamela e di Arbela, dove la forluna di Per-
sia s' incline a' piedi del Conquistatore macedone. E Tigranate che
tan to si era piaciuto di studii geografici, sotto la disci plina del famoso
Alipio, e di storie anliche , non avrebbe trapassati si famosi luoghi
senza visitarli a grande diletto : ma ora egli navigava sopra pensie-
ro , e siffattamente assorto nel disegnato abboccamento col monarca
suo padre, che a null' altro poteva intendere T animo preoccupato.
Per6 passava le ore sulla piazza del navicello , tutto solo , disteso
sotlo il telone , pure divisando i modi di venire a capo de' suoi in-
tendimenti. E sebbene egli calasse a seconda della rapidissima fiu-
mana, sopra una chiatta sorretta dagli olri ( che tali sono le barche
usate sul Tigri), e pero leggera e quasi volante sull'onde; pure non
cessava di strepitare contro la flemma de' barcheruoli , come se si
addormissero sul timone , e non sapessero piu ricisamente segare
rasente le punte dove la corrente serpeggiava ne' tortuosi meandri
delle stretture.
Pur fmalmente apparvero le alte torri, e gli orti pensili, e i templi,
e le mura della reale Ctesifonte , e della poco minore Seleucia , che
le sta rimpelto, separatane solo dalla riviera. Innumerable naviglio
fiottava lungo le calate delle due grandi citla sorelle, perciocche cola
convenivano i trafficanti della Babilonia, della Sitacene, della Susia-
na, dell' Elimaide, della Caldea; e per le foci del Tigri vi facevano
scala le navi mercantili delle costiere arabiche ed indiane. Di la poi,
come dai fondachi di un emporio universale , partivansi le carovane
a mercalare insino alle sponde del Ponto Eusino , e per le popolose
contrade dell' Asia greca e di tutto Occidente. Pisio timoneggiando
egli stesso tra cento e cento gusci, arrivo il navicello ad uno sbar-
catoio ben conosciuto , e quindi spacciatamente fu alia ospitale casa
di Tampsaore, pel quale Tigranate aveva lettere di favore da Volo-
gese e premurose ambasciale sul con to di Tecla.
Al nome di Tecla, il buon Tampsaore proruppe in un gemito pro-
fondo : — Che vuole mio fratello che io gli scriva di Tecla? io , io
slesso non posso piu averne novella. E come rendergli colei che mi
e stata crudelmente strappata dalle braccia? Temporeggio di giorno
in giorno , lusingandomi di potere scrivere ai genitori con qualche
660 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
luce di speranza , nel dar loro il Irislo annunzio della sua carcera-
zione. Povera mia nipote ! — A queste parole di Tampsaore si Iev6
un cordoglio universale delle donne, che erano accorse a far cortesia
col miovo ospile: — Povera Tecla! — - Dio 1'aiuti alia batlaglia! —
Se almeno fosse nostra : ma ci era stata affidata solto fede di riman-
darla enlro 1'anno : e noi speravamo di darle sposo del noslro paese;
che questa era la brama di Vologese e di tutto ii parenlado — Quei
due buoni vecchi 1' aspeltavano che venisse a chiudere loro gli oc-
chi , dopo loro avere mostrato un successore del loro sangue : Volo-
gese non ha se non quest' unica, che e il baslone della sua canizie,
ne esso vedea lume che per gli occhi di lei — Povero vecchio ! Po-
vera Tarbula ! quando sapranno la prigionia di Tecla : e non fosse
altro che prigionia ! —
Tali erano i lamenti di quella desplata famiglia, e tale 1' accogli-
mento che vi ebbe Tigranate. Egli voile essere informato per minu-
to del come fosse andato il fatto , e gli fu detto che il furore della
persecuzione , che prima prendeva di mira principalmente gli uo-
mini di chiesa , si scatenava ora piu che mai spietata conlro le ver-
gini cristiane : la morte essere poco , rispetlo agli orribili marlori
che contro loro si invenlavano , e nulla essere ancora i lormenli ,
rispetlo agl'indegni ludibrii , a che si esponeva la loro innocenza.
Tigranate ne fremelte dal profondo dell'anima generosa.
— Ma a chi ricorrere? aggiugneva Tampsaore. Che riparo vi si
puo fare? II Re ha posto la loro vita e il loro onore a discrezione dei
Maghi : ne v'ha cosa piu scellerala o piu infame di tali giudici, giu-
rali di sterminare dal mondo la verginita colla religione di Cristo.
Go che piu ci liene sull'eculeo si e, che il Re deve tra qualtro giorni
condursi al sacrificio del Sole nel tempio di Belo ; e i Maghi di que-
ste solennita si valgono per dare mostra al popolo di terribili carni-
ficine. Noi vegliamo in preghiere e in pianto , supplicando a Dio ,
affinche s'egli e nei decreti inscrulabili deila Provvidenza , che Te-
cla perisca, cada almeno invittamente colla duplice palma di vergine
e di martire. La gloria di aver dalo al cielo un' eroina di Cristo ad-
dolcirebbe ai genitori T amaritudine di vedersi in terra privati di
succcesione. Noi stessi possiamo ad ogni ora essere tratti dalla casa
al patibolo
IL LIONE E L' AGNELLA DI PERSIA 661
— Oh perche v'esponete voi? inlerruppe Tigranate.
•— Per non esporci altro non ci resterebbe , fuorche rifugiarci
nelle spelonche delle belve ; e ancora non sarebbe tan to , perdie i
Maghi ordinano eerie cacce improvvise e universal!, e ci scoverebbe-
ro dai sotterranei piu fores li e inescogilabili : e per mala giunta slan-
no a loro servigio spie oculate e falsi fratelli , col soccorso de' quali
piombano spesso sulla loro preda a colpo sicuro. La Tecla fu presa
inaspettatamente, nell'atlo che colle ancelle melteva in ordine il far-
dello pel ritorno : e io gia avevo noleggiato la barca e le alzaie per
rimorchiarla insino a trovare una carovana che ci convogliasse.
- Ma, spiegami, come mai i famigli della corte posero gli occhi
in lei? in lei fores liera, ignota, tra tante donzelle crisliane che sono
in Ctesifonle e in Seleucia ?
— E pure vennero per lei sola. I satelliti si presentarono sull'ora
del mezzodi, allorche 1' afa soffocante ne tiene tulti rinchiusi nella
sala sotlerranea 1. Minacciavano calene e raorle a tutti: enoi ci rac-
comandavamo a Dio , ringraziandolo , che almeno Tecla rimanesse
salva, perciocche sola slava ritirata nel gineceo. Ma un tristo arne-
se che faceva da guida, ci rassegoo cogli occhi, e disse: — Manca
una ! — e difilati a lei n'andarono, come se fossero di casa.
— Doh, cotesto e bene crudele e mirabile !
— E che e piu crudele e mirabile , la costrinsero di abbigliarsi
delle sue vesti piu vaghe e de' suoi vezzi piu avvenevoli. II feroce
capomasnada le ordino che mutasse la lunga calasiride di casa col-
la tonichelta fiorata , e stringesse ii petto col cinto frangiato d' oro
( quello stesso che le avevo donato al suo arrivo ! ) ; e colei che schifa
mostravasi fin de'servigi delle ancelle, dovelte soslenere che quel vil-
lano le acconciasse sulle spalle la candi, vago manto a piume di pa-
vone, che mia moglie le aveva trapuntato di sua mano, sperando che
le dovesse servire il di delle impromesse. AUri frugavano negli stipi,
ne' forzieri, nelle cuslodie ; e ne traevano i borzacchini a bottoni di
perla, la tiara gemmata, ed orecchini e pendenli e smaniglie e colla-
ne; e forzavanla di abbellirsi di que' gioielli. La yerginelta di Dio,
1 I modern! Persiani chiamanla serdab.
662 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
come agnella coronata al sacrifizio, volgea gli occhi al cielo serena-
mente, e di nulla rendevasi malagevole : eccetto che allorquando u-
no degli scherani comand6 alle donne che le dovessero dipingere le
sopraciglia e imbellettare le guance. « Questo no, disse risolutamen-
te ; e impossible , ne io tengo tali lussurie nella mia pettiniera. »
Cos! parata a festa , tra le spade e le labarde , ra condotta alia letti-
ga che 1' atlendeva alia porta. Yi sali senza permettere che niuno le
desse mano : e affacciatasi anche una volta dallo sportello, e levan-
dosi la liara all' uso nostro persiano , ci lascio con questo addio :
<i Se vivo sono di Cristo, di Cristo sono se muoio : a lui raccoman-
datemi. » E disparve. Essa sola era presa di mira; a niun allro di
casa fu tor to un capello. —
Qui il buon Tampsaore si coperse il volto con le mani, e scro-
scio in un pianto dirotto e desolato. Tigranate racooltosi tutto solo
alle sue stanze, percosso nella fantasia dalla atroce scena ascolta-
ta, e coH'animo traboccante di indegnazione generosa, non Irova-
Ta luogo ne riposo , se non col chimerizzare di truculenti pensieri,
e profondarsi ne' parliti di soccorrere la sventurata fanciulla , o di
vendicarla. Richiamava allo spirito il dolce sembiante di Tecla
bambina e i puerili trastulli , con lei menati nella prima eta inno-
cente, e figuravala coll'ardente immaginazine cresciuta negli anni,
e raggiante di verginale bellezza, e virluosa e magnanima, quale
aveangliela rappresenlata. — E si nobile vita fia dunque insidiata
impunemente dai perfidi, che gia a me rapirono la corona, e a mia
madre il regno e la vita e 1'onore ? E colei che mi e poco men che
sorella di latte , e porta il nome della madre mia , solto gli occhi
miei provera le passioni dell'eculeo, dei graffii, delle lame roventi?
Sara vergheggiata dal carnefice ; e 1' onta e il dolor suo schcrniti
da una bordaglia ebbriaca di sangue? E si pudico flore serbato forse
ai tripudii, alle orgie, ai zampeggiamenli ferini di mostri in abito
di giustizieri? Cotesto no , non avverra , fmche il figlio di Sapore
cinge un ferro. Ne vada la vita, e si serbi 1'onore. Si muoia, ma si
faccia vendetta. . . —
Cosi ruggiva tutto solo Tigranate; ma sbollito quel primo empito
di furore , die adito al discorso della ragione e agli amorevoli av-
IL LIONE E L' AGNELLA DI PEBSIA 663
visi di Pisto , ne peno molto a volgersi a piu mill e piu salutari con-
sigli. Cerco tra i bagagli una pergamena intera , mondissima, con-
tornata di vaghi rabeschi , la quale aveva recata all* uopo , e col
pennello tiuto nell'oro , prese a scrivere al Re suo padre.
« Al Re del Re , fralello del Sole e della Luna , partecipe degli
astri , al gran servitore di Ormusd , della schiatta degli Dei , Dio
Sapore, gigante dei giganti, scrive Tigranale 1.
« lo Tigranate bramo vedere mio padre. Nulla ti chieggo ; solo
parlarti una volta , bearmi della lua gloria , e lornarini dov'ero per
10 addietro. Se il Gran Re dimentica gli anlichi decreti di morte,
mi dia sua fede toccando la cidari reale , nel varcare la soglia dei
tempio di Belo. Se questo farai, memore di essere padre, il figlio
tuo si presentera in abito di nobile persiano , sconosciuto a lutli ,
nell'atrio del tuo palagio , e tu farai condurlo al tuo cospetto. Che se
tu mi rigetti , non cercare di me : io sono un granello di rena in va-
sto lido , io sono un uccello deli'aria nella foresta. »
Dipinta la letlera, vi noto la data, cioe Tanno 124 dell' era Sas-
sanide, e il di della luna corrente ; la rotolo, T involse in un drappo
di seta, ^i soprappose una tavoletta d'avorio coll' indirizzo al Re, la
ripose in una cassetta di cipresso, \i applico i suggelli : e per mano
ignota mandolla deporre nell'alrio del gran coppiere, che doveva quei
di stesso fare la credenza al regio desinare. Per sicurezza maggiore
1'accompagno d' un viglietto in guisa d'avviso all' ufficiale , in cui si
diceva , un principe straniero spedire quel dispaccio al Re dei Re ;
non si tardasse a ricapitarlo il piu tosto possibile ; traltarvisi nego-
zii di somma rilevanza.
La quale opera fornita , poiche il tempo slringeva, Tigranate die-
desi a procacciare sollecitamente i vestimenti alia persiana , affine
di recarsi alia mostra in prima, e di poi a corte, se, come sperava,
11 Re 1'avesse ammesso. Pisto lo assisleva in quest1 impresa, e gli
era maestro delle costumanze del paese, e delle cerimonie praticate
nelle udienze reali.
1 Gli scrittori contemporanei portano piu altni titoli, soliti assumersi dai
Re di Persia. Vedi AMM. MARCEL. XVII , 5, e le note quivi dei ValesiL Le
iscrizioni persiane recentemente scoperte e diciferate confermano il detto
dagli storici.
664 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
XXIII.
II sagripzio al Sole.
Ad quos ille (Sapor) : An now audistis me
Deorum sanguine satum esse, Soli ta-
men litare, et Igni divinos honores Jia-
bere? Atti dei SS. Sapore, Isacio ecc.,
scritti in caldaico, e trad. dall'AssEMA-
NI, Act a Martt. orientt. torn. I, pag.227.
Premeva a Tigranate di scegliere un posto, donde vedere il Re
nell' atto di francare il limitare del saniuario di Belo. Pero molte
volte percorse la slrada che dalla reggia melteva al tempio, studio i
tragelti , esamino i dintorni , previde le posizioni. II famoso edifizio
sorgeva nel cuore di Ctesifonte sopra una spianala estesa, a cui si
ascendeva per ampie scale , imposte nel vivo de' muraglioni della
soltomurata, che la cingevano. Due vaste moli occupavano la spia-
nata: la torre e il tempio. La torre si ergeva sublime di sette piatte-
forme o dadi massicci, murati 1'uno sull' altro, e digradanti in forma
di piramide a scaglioni. Di tacca in tacca si saliva per gradinate di
larga rampa : ed era spettacolo mara^viglioso da quelle altane aeree
spaziare col guardo , dalla sottoposta citta sino alle piu remote pia-
nure della Babilonia, deliziose tutte di palagi e di ville, sporgenti il
capo di mezzo a verdi viali di cipresso, con tutto intorno e campi
colti e boschi artificiosi e pratelli e palmeti. Cento e cento canali e
fossatelli e rigagnoli, serpeggiando sotto il folto di quelle ombre in-
trecciate, vi conducevano la frescura, e vi nutrivano il rigoglio dei
paradisi ; che cosi i Persiani chiamano in loro lingua i dilettosi giar-
dini. Su lanti splendori di arte e di natura Tigranate gittava a slento
uno sguardo tra curioso e malinconico, dicendo : — Quanta pace
spira da questa natura uberlosa e grande ; e pure quanta guerra vi
cova !/ quanta perfidia ! Forse in fondo a quel bruno torrione la geme
Tecla prigioniera : forse nelle casematte di quel castello sul fiume :
forse in cavo antro langue 1'innocente vergine, cercando invano un
raggio di luce che la conforli , o un respiro di aere refrigeranle ; e
IL SAGRIFIZIO AL SOLE 665
intanto sul suo capo in derate sale gavazzano nel baccanale gli op-
pressor! feroci.... E il suo Dio non la soccorre? Destino infelice, in-
credibile, che persegue i servitori del Cristo! In ogni luogo li trovo
fatti bersaglio dei tristi, manomessi, trucidati : Mistero ! —
Cosi avviluppandosi ne' proprii pensieri senza trovarne esito, era
giunto al piu elevato culmine della torre, incoronato dal sacrario di
Belo, con gelosa superstizione custodito. A niun profano era con-
cesso di penelrarvi col guardo, non che d' inoltrarvisi col piede;
essendo riserbato a romita dimora della sacerdotessa, creduta go-
dere gli amori dell' aslro celeste. Scendelte adunque Tigranate a vi-
si tare il tempio, posto a pie della torre. Sorgeva questo a sublime
altezza, di forma quadrilunga, a tre grandi navate, di cui la maggio-
re aveva un cinquanta melri di lungo e venticinque di largo. I saldi
fianchi di opera laterizia cementata alia romana , e la volta reale di
oltre tre metri di doga, davano chiaro a divedere che alcun archi-
telto slraniero aveva servito colla sua scienza al fasto del barbaro fon-
dalore. Numerosi partimenti di nobili modanature e nicchie e fascie
e corniciature adornavano la facciata , e le davano 1' aspelto grande
e sfarzoso de' monumenti di Costantinopoli 1.
In fondo alia basilica si apriva la sacra cella, rivestita tutta di
sculture in marmo e di fregi metallici insino all'abside: e qucsla
scompartila a cassettoni a bei rilievi di bronzo doralo, pure all' uso
di Grecia e di Roma. Ma il supremo sforzo dell'arte e le profuse do-
vizie campeggiavano soprattutto nel simulacro del Sole. Perciocche
era gettato di oro purissimo , e in proporzioni gigantesche : 1' abito
e la petlinatura in tutto alia reale , se non in quanto mostrava nudi
i piedi , e in capo una tiara colla raggiera , e in vece dello scettro
puntava col pugno destro la pigna sinerbolica , di cui ogni scaglia
era formala d' una gemma sfaccettata e brillante. E oltre a cio gli
nascevano alle spalle quattro ali distese e svolazzanti, ricercate con
1 Gli eruditi viaggiatori che studiarono il Takt-Kesra nel girone dell'an-
tica Ctesifonte, che sono le ruine del monumento qui descritto, s' accorda-
rono a riputarlo un tempio; e tempio dedicate al Sole lo dice anche la
Vigente tradizione popolare. Tutlavia alcuni piii recenti dissentono. A noi
basti avere accennato il fondamento della nostra opinione.
666 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
diligentissimo artificio in ciascuna piuraa e grandinate di vivi piro-
pi l, che era la gioia piu gradita alia divinila. La mensa di fronle ai-
1' idolo , ricoperta essa pure di lama d'oro , e istoriata di figure e di
sacramenli mitriaci, gareggiava in ricchezza colla statua. Non ser-
yiva ad altro che a reggere il treppiede del fuoco sacro , alimentato
perpetuamente di verbene di mirto ; perche 1'ara dei sacrificii sor-
geva piu discosto , e sovra questa sgozzavansi le vittime , cioe tori
e cavalli.
Sul vasto spazzo dinanzi al vestibolo erano cippi con sopravi i
simboli del Nume , e qui e la statue di eroi e di re sulle loro basi
altissime , e colossi di animali e di moslri. Tigranate adocchio una
figura alata di sfinge, meta toro e mela uomo, incastellata sopra cin-
que enormi meglio colonne che zampe , quattro delle quali sarebbe-
ro bastate a ogni sformatissimo elefante, e tra le gambe anteriori scel-
se il suo poslo, pel domani , che era il di fissato alia solenne com-
parsa di Sapore.
La pompa doveva muovere sulle prime ore del giorno , e pero fin
dall'alba vedevansi le strade formicolare di popoli accorrenti alia fe-
sta. Ctesifonte ritraeva dell' antica Babilonia e di Ninive come nella
magnificenza delle costruzioni , cosi nella regolarita stupenda delle
strade. Quindi il gran corso che dalla dimora del Re metteva al tem-
pio sovrano del dio lutelare , tutto scoprivasi d' un gitto d' occhio.
A vederlo dall'alto dello spiano, dov'era Tigranate, rendeva aspetto
di piazza sterminata , gremita di popolo che in se stesso riinescola-
\asi ; e n' usciva un mormoramento confuso e conlinuato , simile a
vento che stormisce tra i faggi antichi delle foreste. Pareva che la
Persia tulta fosse ivi accolta ; e pure ad ogni istante nuove ondate
di curiosi vi sboccavano dalle vie traverse 7 e si confondevano colla
folia accalcata.
E gia il suono delle cento trombe, accostandosi lento lento, annun-
ziava 1'arrivo della marcia trionfale. Quattromila guardie reali, in tut-
to punto d'armi splendenti, incedevano a quattro a quattro di fronte ;
seguianle i saettieri cogli archi ad armacollo e balenando colla mano
1 E il Granato alamandino rosso de' nostri mineralogisti.
IL SAGRIFIZ10 AL SOLE 667
i giavellotti luccicanti , e inline i picchieri coi lancioni dorati. Tutto
questo primo piu esercito che schiera , veniva scortato dalla fanfara
de' sacerdoti , bianco vesliti e coronati di fiori , che davano fragoro-
samerite nelle tube e ne' serpentoni. Tenevano dietro ai pedoni i ca-
valieri a turme a turme secondo le svariate armadure : tra' quali no-
bilissima appariva la giovenlii de' Parli , serrata in cotte a scaglia
d'acciaio brunilo , assettate alia vita e flessibili per modo , die i ru-
besti garzoni sotto il fiero arnese n' andavan morbidi e baldanzosi ,
quasi draghi guizzanti nella squama dello scoglio nalivo ; e al modo
istesso procedean briosi e snelli i destrieri loro , sebbene anch' essi
ammagliali slrettamente nella catafratta , che covertavali da capo a
piedi. Accresceva decoro alia milizia il treno de' carri falcati , pau-
rosi ordigni di guerra, che spinti da cavalli coperti tra le batta-
glie , mietono quinci e quindi le file de' combattenti ; e venian tratti
co' falcioni sguainati , che era un raccapriccio a sol vederli.
Seguiva 1'armento sacro de' cavalli e de' tori: incavezzati questi a
coppia a coppia , legati quelli per le corna derate in piccioli bran-
chi, e sbuffanti e muggenli, come se nel frastuono che li circon-
dava presentissero il carnaggio del sacrifizio. Mirabile altresi era il
carro del Sole , che si recava in voto al Nume , lavoro di artefici fa-
mosi, e ricco quanto si conveniva all' uffizio, cui fingevasi dedicate,
di carreggiare Belo nei campi dell'orizzonte : era portato a spalle de-
gli eunuchi di palazzo, Presso al carro veniva il pireo, ossia bra-
ciere ardenle, simbolo del dio ; ed era circondato dai maghi, e que-
sti avvolti in manti di schielto candore , incappucciati nelle tiare ri-
curve, colle facciuole di tocca d' oro e co' soggoli che luravano loro
la bocca e gli orecchi.
Ma la maggiore maraviglia de' popoli era attorno alia cavalcata
della corte. Trecento tra ufficiali della casa reale ed eunuchi e sa-
trapi e ministri dell' imperio precedevano o addestravano o seguiva-
no il monarca ; tutti in arcione sopra palafreni scintillanli di guai-
drappe preziose , con al collo piu giri di monili , le armille ai polsi ,
e i braccialelti geminati solto la piegalura del cubito , e venian con-
tegnosi, brandendo le armi proprie del paese : quale la copide lunata,
quale la sagari a doppia mannaia , quale un semplice acinace , o pa-
668 TIGRANATE RACCONTO STORICO DEL SECOLO IV.
loscio , quale le zagaglie uncinate , quale infme la lancia col porno
orato nel calcio 1. Le loro saraballe o brachelloai listati, pezzali,
brizzolati a piu colori mostravano bellamente sui fianchi de' cavalli,
con lull* i tronchetti di cuoio partico d' un bel vermiglio fiammante,
e le guigge ingioiellate, e sulle groppe stendevansi le candi screziate
di vaghe tinte , ricamate a fiori , a frondi , a stelle , ad uccelli , fran-
giate di frappe d' oro e di filze di perle. II Gran Re Sapore, sangue
degl' iddii, dall' alto del suo cocchio primeggiava tra cotanta gloria ,
avendo posto ogni sforzo a parere piu simile a celeste che ad umano.
Oro e gemme eran i tinaoni de' quattro elefanti che lo tiravano , oro
e gemme i mozzi e i raggi delle ruote e la cassa, oro e gemme ogni
cosa. Le bardature poi degli animali , erano da se sole un tesoro :
tanta era la copia profusavi di cinghie a sovrapposte , di catenuzze
a nodi di treccere brillantate, di dorerie , di vezzi , di fermagli, di
borchie , ond' erano cariche anziche adornate. lutorno a lui , ma in
piu basse pedane, slavano rilti quattro scudieri coll'armi regali ; un
flabellifero e un ombrelliere dielro alle spalle ; ed egli gloriava alto
colla persona sopra lutli , assiso sul trono , in manto di porpora ad-
dogata d' argeuto e seminata di gioielli pellegrini , che a' raggi del
sole gittavan lampi e sprazzi da abbagliare, e per lo sparato dinanzi
lasciava con bel contrasto apparire la stola di bisso candidissimo ,
coi finimenti e le nappe che davano al ginocchio. Teneva in mano lo
scettro, il vollo affondato nella sfoggiata criniera del capo e del
mento , inanellata a piu giri di riccioli sul petto e sugli omeri. Gli
splendeva in testa la cidari o tiara dritta , ornamento serbato solo al
monarca, corsa intorno da doppio diadema, quale si conveniva al Re
dei Re , ed era sormonlata da un globo smagliante di luce, simbolo
forse del sole e del mondo, distintivo proprio della dinastia Sassanide.
Al suo approssimarsi i popoli cadevano ginocchioni, come dinanzi
a nume presente , e tendevan le mani supplichevoli e percuotean la
fronte nella polvere. Due soli uomini rimanevano immobili, Tigra-
1 La copis che gli scrittori greci attribuiscono ai Persiani dei tempi di
cui scriviamo, si tradurrebbe assai bene per scimitarra o sciabola: la saga-
ris era uua doppia accetta in asta, e T acinaces uu pugnale lungo o spada
corta e diritta.
IL SAGRIFIZIO AL SOLE 669
nate e Pisto. E bene il polevano essi impunemente , perche nascosi
tra le zanche della sfinge, e proletti dallo sformalo peudaglio della
sua barba I, non venivano osservati dai masligofori ossia aguzzini ,
i quali precorrevano il reale corteggio e collo scudiscio facevano ri-
verente qualsiasi mortale non avesse prontamente piegalo il gi-
nocchio.
Pisto passato per tutti i gradi della grandezza e dell'abbassamento,
cui puo percorrere un privato, prima ufficiale di palazzo e poi schia-
vo in terra straniera, disingannalo delle mondane fortune che aveva
misurato cosi da vicino, e rischiarato dalla facella della filosofia evan-
gelica, sentiva il suo cuore traboccare di indignazione a vista di
quell' apoteosi adulatrice, tributala a un verme incoronato. — Misera-
bile, diceva esso, dal fondo dell' anima cristianamente altera, mise-
rabile, la tua gloria e polvere e lezzo : questa greggia di schiavi che
ti adora , puo noverare le battaglie che viucesti , e i regni che tu
aggiugnesti al reame ereditario, e chiamarti invilto e trionfatore:
ma intanlo il giudice de' Re daH'alto de' cieli bilancia il dritto e il
torto delle tue coiiquisle, e ti senlenzia ladrone di province e macel-
laio nelle nazioni. Le lacrime di tanti popoli , il sangue di tante
Yite, i disertamenti di tanle contrade, gridano ben piu alto contro
di te, che non le voci plaudenli di piccola masnada di prepotenli ,
tuoi compUci e tuoi istigatori. E pure tu ti addormi in cotesto con-
certo di laudi codarde, che ti solennizza per Re giusto 2. Re giusto!
e spogliasti i monarchi della Battriana, del Ponlo, dell' Armenia,
alcuni de' quali erano a te congiunti per sangue. Re giuslo ! e per
gratuirti la turpe setta degli stregoni violasli i sacri eremi de'soli-
tarii ; e le vergini disposate a Cristo, non ree d' allro che d' aver
pregato per te, gittasli sul lastrico delle sTrade. Re giusto ! e i mi-
nistri del Signore e i pastori del gregge santo condannasli al car-
cere ed ai supplizii. Or bene, cotesta porpora, di che tanto invanisci,
accattala con si disoneste fellonie, maculala di tanti delilti , Dio la
1 La sfinge qui descrltta e quella del museo del Louvre a Parigi.
2 Sapore II, che gli storici greci e romani, e sopraltutto gli ecclesiastic!,
rappresentano come valoroso si , ma rapace e sanguinario , viene esaltato
come principe giusto e benefico dagli annalisti del paese.
670 TIGRANATE RACCONTO STORICO BEL SECOLO IV.
coprira di vermini e di tabe nel di della vendetta. Fa pur tue prove,
stendi pur la falda del tuo man to fin sulla Mesopotamia cristiana r
come tu agogni ; tanto piu fia denudala la tua onta nella storia ,
tanto piu spubblicala la tua vergogna al cosp'etto degli angeli di Dio,
nel Giudido che attende ciascun Re come ciascuno schiavo. —
E qui Pisto , rivolgendo lo sguardo dall' osceno spettacolo che gli
stava dinanzi, cercava con la mente uri Re umano e retto, nel quale
posare il suo pensiero conlristato : e correva naluralmente all'Impe-
ratore cristiano, il quale si bandiva difensore della Chiesa in lutti i
suoi rescritti. Ma anche lui, crudele disinganno ! scorgeva allorniato
da una geldra d' eunuchi , schiatta vile e diserta di ogni sano con-
siglio, fiaccata alia piacenteria dell' ipocrito Augusto ; e mirava sul-
le terre romane , come sul suolo persiano , incalenata la religione ,
contraddetla la voce dei Vescovi , esaltati i bestemmiatori , e presso
la tomba di S. Pietro perseguitato il Vicario di Gesu Cristo. E al-
lora ruggendo di smisurato dolore, come fervente cristiano che egli
era. — Perversi regnatori, sclamava nel cuor suo , che perfidiosa-
mente amareggiate i giusti a voi sottomessi ! Dio v' innalzo al soglio
perche foste i sostegni della Chiesa, i padri del popolo fedele ; e voi
vi fate strumenlo dei nemici di Dio, per distruggere il suo regno
nel mondo : Dio v' affido il governo delle nazioni, perche le guidaste
nel sentiero della pace e della virtu ; e voi ne siete oggimai , come i
tiranni pagani , il flagello, lo scandalo , la rovina. E con colesto vi
lusingate di profondare eterne le radici delle vostre dinastie ? E pure
che poteva fare di piu il Re del cielo per istrapparvi la benda fu-
nesta che v' acceca? Da un secolo in qua piena e 1' Asia e 1' Europa
di troni infranti, di scettri spezzati, di porpore trascinate nel fango:
principi scoronali , ramfhghi , esuli , trucidati dai sicarii o giusti-
ziati sul patibolo, ecco i vostri padri e i vostri antecessori: e voi
tornate tra rapine , e sangue , e talami spergiurati , e sacrilegii ad
adontare la giustizia sovrana, e provocare i fulmini del cielo. -
Cosi fremeva Pisto alia vista dell' empio Sapore , che inebbriato
della vana e falsa sua gloria, pareva dimenticare di essere cosa mor-
tale. Chi sa quali acerbe rampogne avrebb' egli serbato contro Giu-
liano, novello Cesare di 1& dai mari, se avesse potuto prevedere 1'or-
IL SAGRIFIZIO AL SOLE 671
rida perfidia, onde trainava di muover guerra alia Chiesa? Ma Giu-
liano era tuttavia in voce di principe crisliano e cattolico , e grand!
speranze eransi di lui concepite. Si credeva per 1' universale , che
dove egli fosse giunto alia porpora imperiale , avrebbe abrogate le
leggi inique , e cessata la persecuzione , e risanate le piaghe della
Chiesa, si lungamente tiranneggiata. Quanto inganno! Pisto riguar-
do Sapore che si avanzava.
Una triplice ordinanza di catafratti colle lance a bipenne gli face-
va ala sulle scalee del tempio ; scendevangli incontro per onoranza i
sacerdoti ghirlandati di vermene e in abiti pomposi, e tra loro fram-
misti i donzelli a spargere la fiorita. Tigranate, abbacinato dalla mae-
sta profana della pompa, si esaltava secrelamente di essere figlio di
quel nume mortale : ma non si, che i sobillamenti della vanita esclu-
dessero il timore di essere da lui disdegnato , e di vedersi rifiutato
1'abboccamento ambito. Ond'egli alternava tra 1'orgoglio, lo sdegno,
il dolore, la speranza. E oltre a cio qualche idea crisliana infiltra-
tasi gia, senza lui avvedersene, nel suo cuore, gli ragionava secre-
tamente nell'animo, e gli diceva : — Cotesta divinita senza giustizia
e una menzogna. Nume spietato, che ripudiasti mia madre : Nume
debole, che a gran pena potesti salvare da morte me tuo figliuolo :
Nume incatenato, che non oseresti riconoscermi in presenza de' tuoi
schiavi.... E pure ti onoro : tu sei mio padre. Ma chi sa se ti batte
nel cuore tanto sangue paterno , che tu non mi dineghi un secreto
colloquio, un abbracciamento? —
Mentre egli cosi palpitava, quasi ondeggiando tra la vita e la mor-
te, Sapore era giunto a pochi passi dal limitare del tempio. Tigrana-
te senliva martellarsi il cuore da un battito focoso e crescente, e fis-
samenle guatava il padre suo in ogni passo, in ogni atto, in ogni
moto ; e tale era il conato, che per poco gli si davano le vertigini al-
ia vista e confondeva gli obbietti.* II Re sprigiono il braccio dal man-
to, prese lo scettro nella sinistra , e colla destra , giusta la dimanda
del suo figlio, si batte la liara.
Tigranate si passo una mano sugli occhi , e disse a Pisto : — So-
stiemmi, ch' io vengo meno. —
LA MONARCHIA DI DANTE ALIGHIERI
•*»
E IL DOMINIO TEMPORALE DE' ROMANI PONTEFICI*
La questione della identita o rassomiglianza della Monarcbia ,
ideata e descrilta da Dante Alighieri , e il regno ideato e in gran
parte compiuto dalla Rivoluzione italiana , si riduce finalmente a
queslo : se Dante Alighieri volesse , ovvero no , esclusa dalla sua
Monarchia il dominio temporale de' Romani Ponlefici; come gli au-
tori del presente regno la vogliono a tulti i palti esclusa da esso, e
1' hanno esclusa realmenle, per cio che e loro riuscito di usurparne.
Diciamo che la quistione e ridolta a questo ; perciocche col confron-
to, che noi facemmo nel quaderno precedenle, di coteste due forme
politiche, ci pare che e venuta in tanta evidenza la opposizione e
repugnanza degli element! costitutivi dell'una e dell' altra, che allro
non rimane se non confrontarle solto il rispetto della potesta tempo-
rale dei Papi, per vedere se almeno in questo si accordino, o anche
in cio sieno conlrarie fra loro.
I Dantisti della nuova Italia non solo sostengono , che 1' Alighieri
volesse annullata ogni politica signoria de' Romani Pontefici ; ma,
come accennammo , appunto in questo fanno consistere la medesi-
mezza del concetto di lui , con quello che si e inteso di attuare col
regno d' Italia.
1 Vedi il pres. vol. a pag. 566 e segg.
LA MONARCHIA DI DANTE ALIGHIERI ECC. 673
Perocche a niuno oggimai e nascosto , che nell' intento della Ri-
voluzione quello che importa soprattulto e 1' occupazione di Roma ;
che e quanto dire 1' abballimento del dominio ternporale de' Papi.
Che pero il Conte di Cavour, arlefice principalissimo e principalis-
simo esecutore di tullo il disegno della Setta, dichiaravain pubblico
Parlamento 1' 11 Ollobre 1860, che Roma era la slella, a cui per lo
spazio di dodici anni si era costanlemente miralo. E voleva signifi-
care, che ultimo scopo di tutte le macchinazioni architeltate e diret-
te da lui , per si gran tempo , era stalo d' insediare la Rivoluzione
nel trono slesso del Poniefice re , conforme ai voli , che allora ne
stava mauifeslando tutta quella assemblea. II quale scopo traspira
poi non meno evidentemente dai fatti. Perocche tutte le opere de' no-
stri Riformatori , a considerarle atlentamente , altro non sono slate,
che mezzi di giungere a Roma, facendosi ancora a questo fine qual-
sivoglia piii duro sagrifizio; come a dire: d'inleressi di patria, cia-
scheduno assassinando la sua , non esclusi gli stessi Piemontesi per
rispetlo al Piemonle; d'interessi morali e material!, procacciando la
violenta unificazione dell' Italia , invece di una Confederazione di
Slali italiani , tanto piii ragionevole , e si ardentemente desiderata
dai piii ; d' interessi dinaslici , abolendo quattro dinastie , ed espo-
nendo a certo pericolo la stessa Casa di Savoia ; di territorio italia-
no, cedendo le due piii care e piii antiche province del Piemonte l ;
finalmente di cio slesso che dicono bene supremo , che e 1' indipen-
denza nazionale, firmando la celebre Convenzione del 15 Sellembre.
Ondeche argomentano i sullodati Danlisti della Rivoluzione, che,
essendo il fine di questa insignorirsi di Roma coll' abbatlimento del-
la potesla temporale de' Papi , e ogni altra cosa dovendo conside-
rarsi come mezzo da condurre a un tal lermine; la convenienza o
sconvenienza del concetlo della Rivoluzione col concetlo di Dante, si
dee misurare a questo ragguaglio ; se anche Dante volesse distrut-
to il dominio temporale. E perocche, essi conchiudono, non si puo
dubitare che egli volesse affatto libera 1' Italia del dominio temporale
1 II Conte di Cavour giustifico la cesslone di Nizza e Savoia, dicendo che
essa avea aperta la via nelle Marche e nell'Umbria.
Serie VI, wl II, fasc. 366. 43 5 Giugno 1865.
674 I A MONARCHIA DI DANTE ALIGHIERI
de'Papi, non puo neppure esser clubbio che Tun concetto s'imme-
desimi coir altro ; checche sia delle differenze secondarie , prove-
nienti dalle diverse condizioni de' tempi.
Ci perdoni il grande spirito dell' Alighieri , se per poco noi accet-
tiamo la ipotesi de' suoi e iiostri avversarii , supponendo che egli
yeramente intendesse , che la signoria de' roraani Pontefici dovesse
disparire dalla costituzione del suo Impero. Verrebbe forse percio la
sua idea ad avere nulla di comune colla idea , che ha governata e
governa la presente rivoluzione? Eziandio in questo caso sarebbero
disparate da infmita differenza.
Imperocche la ragione adequata , perche la Setta si e incapata a
volere a tult'i palti annullato il Governo civile de'Papi, non e il de-
siderio di avere qualche provincia di piu. Se fosse per questo, non
avrebbe con tanla docilita ceduta una parte de' possedimenli italia-
ni, e non sarebbe nella prossima disposizione di cedere anche di
piu. La ragione sta posla in quello, che e il vero ultimo fine di tulti
gli sconvolgimenti politici, con che stanno travagliando I'ltalia ; 1'ab-
battimento cioe della Chiesa di Cristo. Se il dicessero i soli Caltolici,
avvegnache di autorila e di senno , se ne potrebbe ancor dubitare
dai piu semplici : e non pochi non vorrebbero crederlo neppure a
sacerdoti, benche pii , neppure a Yescovi, benche inlegerrimi , anzi
neppure al Papa , benche lo abbia piu volte sentenziato dall'alto del
suo seggio, in che e posto Custode universale e infallibile del gregge
cristiano. Ma come non vederlo in tanta luce di opere , lulte direlte
all' annullamento della fede , alia dissoluzione della morale , alia di-
struzione della disciplina, all' inceppamento di ogni azione dell' auto-
rita ecclesiastica/, alia schiavitu del Sacerdozio ? Come non crederlo
agli stessi autori o complici del disegno della Setta , quando dichia-
rano di volere distrutto il Cattolicismo ; e il dichiarano al cospelto
del mondo per le stampe , tacitamente consentendo le autorita , e il
dichiarano quasi legalmente in pubblico Parlamento , niuno o quasi
niuno degli assembrali protestando contro il sacrilego voto ? Or ecco
perche tanto amore per questa Roma , e lanta rabbia di volonta di
volere ad ogni costo atterrato il trono civile de' Pontefici. Perocche
veggono, che mentre il Capo supremo della Chiesa e signore di uno
E IL DOMINIO TEMPORALE DE' ROMANI PONTEFICI 675
Stato , ha tan to di liberta , di quanta abbisogna per governare con
cerlezza di riuscimento i fedeli; ossia proponendo i veri insegnamenli
di Cristo, ossia sfolgorando i contrarii errori, ossia dellando provvi-
de leggi , come i tempi le richiedono. Per contrario, spogliato che
fosse della signoria temporale, perderebbe con essa ogn' indipenden-
za e liberla di operazione ; e allora qual cosa piu facile per un Go-
verno nimico della Chiesa , che o dirigere gli atti di lui , secondo il
proprio beneplacito , o impedirgli qualsivoglia comunicazione col ri-
manente de' fedeli? Con che si persuadono che viziata 1'unita di prin-
cipio che dee congiungere gl' inlelletti e le volonta, o tolto il vincolo
di unione tra i diversi membri , non vorrebbe tardare di risolversi
in elementi disgregali il gran corpo della Chiesa.
Confessiamo che se la Chiesa non avesse per se la promessa in-
condizionata del Figliuolo di Dio, che ella durera, come fu coslituita
da lui , insino alia consumazione de' secoli ; questo sarebbe certissi-
mo mezzo di sterminarla dal mondo. Laonde i settarii, i quali irilen-
dono farsi gioco della parola di Cristo, quanto piu son persuasi della
efficacia che per se ha questo mezzo, con lanto maggiore ardore si
stanno affreltando di melterlo in opera, Pero noi raccogliendo le loro
dichiarazioni, si a falti, si a parole, possiamo cosi formolare il loro
disegno ; che essi vogliono abbaltere il dominio temporale de' Papi,
per avere con cio mezzo e modo di distrugger la Chiesa.
Fingiamo ora che Dante Alighieri avesse anch'egli voluto esclu-
dere dal mondo, in quell' attuazione della sua Monarchia, il princi-
pato civile de' Papi: in questa ipotesi di ogni altra cosa polrebbe a
ragione venire rimproverato, salvo solo che egli avesse iuteso per
lal modo di menomare la libera azione del Pontefiee nella Chiesa, e
molto meno di preparare cosi la dislruzione di questa.
E vaglia il vero, la idea di Dante, come moslrammo nell'articolo
precedente, fu di proporre il lipo deirollimo governo, capace d'ina-
pedire lull' i mali de' caltivi governi parziali, e di procacciare lult'i
beni, e morali e material!, che possono cosliluire la beatitudine civile
sopra la terra dell'umano consorzio. Un governo cosi perfelto , era,
secondo lui , quello, nel quale il principio monarcbico potesse avere
il massimo esplicamento, quanto alia efficacia della sua virtu in or-
dine ad operare il bene, e il menomo iiicilanicnlo, quanto agli allcl-
676 LA MONARCHIA DI DANTE ALIGHIERI
tamenli delle passioni, in ordine ad operare il male. Quesle condi-
zioni, secondo che egli argomentava, si sarebbero verificate, come
piu e possibile, nelle umane condizioni, allorquando lull' i popoli cri-
sliani, in quella guisa che formano una sola monarchia spiriluale
sotto un solo Capo spiriluale , che e il romano Pontefice , formasse-
ro una sola monarchia civile sotto un solo Capo politico, che sareb-
be rimperatore. Che in cotesta costiluzione di governo avrebbe
avuta ogni campo la virtu operalrice del bene, egli si adopera di
provarlo con molleplici argomenti, una parle de' quali accennammo
gia neirarticolo precedente. Che poi le passioni, impeditive del bene
e fomentatrici del male, non potrebbero avere gran presa neir ani-
mo del Monarca , lo dimostra col celebre argomento , svollo di pro-
posito nel §. XIII del Jibro I , e toccalo qui e cola in lulla T opera ;
doe, che nel Monarca mancherebbe la cupidila, che sola puo impe-
dire la giustizia e la dilezione , le quali sono come le due fonli nel
governanle, da cui debbono derivarsi tutt'i beni ne' popoli. « Ri-
mossa in lutto la cupidita , cosi egli , non resta alia giustizia alcun
contrario. . . Ma dove non resta alcuna cosa che si possa desiderare,
ivi non puo essere cupidita; perche distrutli gli oggetti, si distrug-
gono i movimenti, che sono ad essi. Ma il Monarca non ha che desi-
derare ; imperocche la sua giurisdizione dall' oceano e terminata. . .
Per queslo il Monarca inlra tulti i mortal! , puo essere sincerissimo
suggetto della giuslizia ». E poco appresso: « Concio sia che , fra
gli altri beni dell' uomo sia il vivere in pace, come di sopra si dice-
va, e questo massime dalla giuslizia proceda ; la carita massime for-
ticher& la giustizia, e la maggiore carila maggiormeute. E che il
Monarca massime debba avere la retta dilezione degli uomini, cosi
si dimostra : Ogni cosa amabile tanto piu e amala, quanlo piu e pro-
pinqua allo amante. Ma gli uornini sono piu propinqui al Monarca
che agli altri principi: adunque da lui massime sono e debbono es-
sere amati, ecc. 1 ».
La ragione adunque, perche Dante voleva il Monarca universale,
era perche , essendo scevro della cupidita , principalissimo impedi-
ment alia giustizia e alia dilezione , avrebbe poluto piocurare lutti
1 De Mont lib. I, §, XIII. Traduzione di MARSILIO FICINO.
E IL DOMINIO TEMPORALE DE* ROMANI PONTEFICI 677
gli effelti, che la giustizia e la dilezione possono partorire neH'ottima
forma di governo, a cui egli sarebbe preposlo. Contrariamente nella
divina Commedia fa provenire tult'i mali , che inondavano allora la
umana sociela, dalla mancanza dell'otliino governo. Pero nel XXVII
del Paradiso, dopo di aver descritto, in persona di Beatrice, la uni-
versale corruzione , che diffondeva nel mondo la cupidigia , fa che
questa gliene additi la cagione nella sopraddetta mancanza :
Tu perche non ti faccia maraviglia,
Pensa che in terra non e chi govern! ;
Onde si svia 1' umana famiglia *.
La colpa poi, che non potesse altuarsi il buon governo, in parte 1'at-
tribuiva ai Guelfi, che volevano far valere il loro principio, e in par-
te ai Ghibellini , i quali non si adoperavano gia per gl' interessi co-
muni, ma pe' loro privati vantaggi. Onde nel seguente modo fa par-
lare, contro gli uni egualmenle e contro gli altri, 1'imperatore Giu-
sliniano, nel VI del Paradiso :
Omai puoi giudicar di que' cotali,
Ch'io accusai di sopra, e de' lor falli,
Che son cagion di tutt'i vostri mali.
L'uno al pubblico segno 2 i gigli gialli 3
Oppone, e 1' altro appropria quello a parte,
Si, ch'e forte a veder qual piii si falli.
Seguan gli ghibellin, seguan lor arte
Sott' altro segno ; che mal segue lui
Sempre chi la giustizia e lui diparte 4.
Pognamo per poco che Dante veramente avesse inteso che al ro-
mano Ponlefice , attuata che fosse la monarchia universale , non do-
vesse rimanere alcun dominio terreno ; ei si sarebbe condotlo in
1 Par. XXVII, 139.
2 Intende 1' Aquila, insegna dell' Impero, e percid de' Ghibellini.
3 Insegna della Gasa di Francia, in que' tempi princlpalissimo appoggio
de' Guelfi.
4 Par. VI, 97 e segg.
678 LA MONARCHIA DI DANTE ALIGHIERI
quest' assurda conseguenza, per la falsa applicazione di un principle
rettissimo, e avendo la mira ad un otlimo fine. II principio era, do-
vere il Monarca essere scevro di ogni cupidila; il fine poi, per pro-
curare tutt'i beni della terrena felicita all'umano consorzio. Or egli
avrebbe argomentato in quesla forma. II fine da oltenere a tutt'i patti
e la civile felicita dell' umano consorzio , e queslo fine non puo con-
seguirsi altrimenti, che per mezzo di un Monarca, il quale sia signo-
re di tutto il mondo. Ma, perche il Monarca sia padrone di lutto, e
necessario che il romano Pontefice cessi di avere stato politico. Ac-
ciocche dunque si possa costiluire I'oUimo Governo con tulti gl' in-
numerabili beni , che ne devono provenire , e necessario che il Ro-
mano Pontefice sia spogliato del suo dominio temporale.
II che messo ; ecco le principal! differenze Ira il supposto errore
di Dante, eil deliberate consiglio della Setta. Dante, per un sofisma
puerile, si sarebbe persuaso che il principato civile de' Papi fosse un
gravissimo impedimento per atluare quel Governo, il quale, a consi-
derarlo in astratto , era idealo secondo i principii immutabili della
eterna ragione, per condurre la umana famiglia alia vera felicita. Per
contrario la Sella vuole distrutto il principato civile de' Papi , perche
lo vede incompossibile co' principii del suo Governo, sovversivi radi-
calmente di ogni diritto, di ogni giuslizia, di ogni ragione morale;
oppostissiini , come vedemmo ai principii di Dante , e sfolgorati dai
romani Pontefici, piu volte spicciolatamenle e, nonhaguari, tutti in
fascio nel Sillabo. Adunque la vanlata convenienza del concetto della
rivoluzione col pensiero di Dante si verrebbe a risolvere in una vera
opposizione d' inlendimenli ; e pero non sarebbe piu convenienza,
ma pretta contrarieta.
Esaminiamo ora la quistione per rispetto alia religione cattolica ed
alia Chiesa. La Selta, come abbiamo veduto , non fa piu un mistero
del suo vero intendimento , che e di distruggere quella religione ,
che fra le umane guarentige ha come massima il principato civile
de' Papi. Ma chi potrebbe sol sospellare , che Dante Alighieri mi-
rasse anch' egli ad un fine si empio e scellerato , quando ancora
avesse voluto i Pontefici ridotti alia condizione di privali? Certo nol
dicono apertamente neppure i liberali, tranne alcuni piuscapestrati,
E IL DOMINIO TEMPORALE DE' ROMANI PONTEFICI 679
e per giunta cosi ignoranti delle opere di lui , come sono incapaci
di ogni onesta e buona fede. Per rispondere dunque alle improntitu-
dini di costoro , osserveremo : che nel sistema di Danle , dallo stes-
so drilto divino, da cui proveniva la potesta spirituale del Pontefice,
proveniva parimente la lemporale dell' Imperatore ; la prima Yoluta
da Dio per la beatitudine eterna del genere umano ; la seconda per
la lerrena felicita 1. Se Dante dunque non voleva atlribuire a Dio
stesso la distruzione dell' opera sua piu principale , e impossibile
che intendesse , lo stabilimento del Monarca-, coll' assoluta pienezza
della potesta temporale, dover tornare in rovina ed abbattimento del-
la Chiesa. II che si riconferma colla ragione che arreca di cotesto
dritto divino del Monarca : questa e, che il fine della terrena felicita,
prestabilito da Dio stesso al consorzio civile, non si potrebbe conse-
guire senza la pace universale, ne questa senza un solo Monarca
con giurisdizione universale. « Ed essendo che (cosi egli) a queslo
porto ( della terrena felicita) nessuni o pochi e difficilmente potreb-
bono pervenire, se la generazione umana, sedate e quietate 1' onde
della cupidita, non si riposasse libera nella tranquillita della pace ;
questo e quel segno al quale massime debbe risguardare 1' Impera-
tore della terra 2 ». Or ecco gran giudizio di Dante nella ipotesi che
stiamo esaminando : per avere la pace universale nel popolo cri-
stiano, avrebbe cacciato in mezzo ad esso cagione d' infinita e perpe-
tua discordia , facendo si che 1' assoluta potesla dell' Imperatore ,
nell' assoluta dipendenza del romano Pontefice, fosse un mezzo per
abbaltere o menomare la religione comune; e questo non giaperla
necessaria conseguenza delle cose, ma inlendendolo esso direttamen-
te, e con quella iniquissima ipocrisia, la quale se e forse privilegio
di alcuni suoi commentatori, non fu certamente vizio di lui.
Per fermo, avvegnache nella delta ipolesi non sarebbe potuto a
gran pezza fallire, che o questo o quello Imperatore prendesse bal-
danza, per la condizione del Pontefice suddito, a inique pretensioni o
a proposili pregiudiziali alia religione ; nondimeno Dante potrebb'es-
sere in qualche guisa scusato; 1.° perche egli certamente non avreb-
1 Monar . lib. HI, §. XV. — 2 Ibid.
680 LA MONARCHIA DI DANTE ALIGHIERI
be inteso cosi lie conseguenze; 2.° perche in que' tempi, di federo-
busta e universale, avrebbe potato non prevederle probabili, o alme-
no prevederle sol come rare eccezioni , da imputarsi non a vizio del
sistema, ma alle umane condizioni ; 3.° perche in quel mare tempe-
stoso, che erano allora i popoli per le discordie civili, avea sperienza
de' gravissimi mali, che egli certamente facea derivare dall'elemen-
to guelfo, e per ipotesi avrebbe falto almeno in parle dipendere dal
dominio temporale de' Papi ; per contrario gli sarebbe mancata la spe-
rienza de' mali molto piu gravi, e di ordine superiore, che si dovea-
BO aspeltare dall'abolizione del principato civile de'medesimi ; 4.° ad
ogni modo in quell' attuazione di Monarchia , il romano Pontefice ,
awegnache senza dominio lemporale avrebbe avuto guarenlige , se
non del tutto e perpetuamente assicuranli, ben diverse pero da quel-
le ipocrile ed illusorie, che propone la Setta. Queste sarebbero state,
1.° La stessa Monarchia, esclusivamenle cristiana catlolica, stante la
quale, dovea essere interesse anche politico del monarca, per avere
sudditi docili e ubbidienti, che il romano Ponlefice vi spiegasse tut-
la la sua aulorita spirituale. 2.° II fine slesso della Monarchia che
era la pace universale, alia quale massime avrebbe dovuto risguar-
dare lo imperatore della terra. 3.° Il Monarca stesso, da supporsi
oltimo, perche eletto dagli oltimati fra i principi piu degni , e colla
universale autorila su tutto il mondo. II Ponlefice adunque non sa-
rebbe rimasto alia balia di un qualsivoglia regolo o di un Gover-
nopopolare, sempre inconslante; e molto meno soggetto alia ti-
rannia di un Governo settario. 4.° Le quality che Dante fa derivare
a questo principe dalla sua condizione di Principe universale; e so-
no la giustizia con tutti, e la dilezione a tulti. 5.° Finalmente la
piela e la soggezione, che egli vuole che il Monarca, non solo co-
ine cristiano, ma anche come principe abbia al Pontefice, non allri-
menti, che figliuolo a padre 1. E questo e Y ultimo pensiero, con cui
chiude il traltato della Monarchia.
Dalle quali osservazioni conseguita, che quando ancora 1'Alighieri
avesse desideralo Fabolizione del dominio temporale de'Papi, 1'a-
1 Lib. Ill, §. XV in fine.
E IL DOMINIO TEMPORALE DE* ROMANI PONTEFICI 681
yrebbe falto per im fine diametralmente opposto a quel fine , per il
quale ora si cerca di dislruggerlo ; e pero anche in questo il con-
cetto della sua Monarchia sarebbe in tutto conlrario all' inlendimento
della presenle Rivoluzione.
Ma non e queslo il caso. Dante ha colpa di avere immaginato un
sistema di governo , che quantunque speculativamente potesse sem-
brare perfetto , avrebbe nel fatto incontrate tante difficolta , che sa-
rebbe assai presto e facilmente riuscito a fioi conlrarii agl' intesi da
lui. Dante ha colpa di avere imputato al contrasto, che i Papi oppo-
nevano all'assoluta e universale prevalenza dell' Imperatore , i mali ,
che a' tempi suoi travagliavano 1' Italia. Dante ha colpa di avere at-
tribuito colesta apposizione de' Papi a cupidigia di comando ed a so-
perchio di avarizia. Dante finalmenle ha colpa di avere prestata fede
e dato spaccio a molle calunnie, inventate dai Ghibellini a discredito
di alcuni Pontefici, e di avere aggravate oltre misura i torti di allri.
Ma quanto al loro dorainio lemporale, non solo non vi ha argomento
da credere, che ei lo volesse abbattuto, ma per contrario si da tulto
il suo sislema politico, e si da alcuni principii messi da lui, appa-
risce con evidenza, che ei lo voleva conservato, avvegnache1 con
qualche modificazione.
Lo stalo della quislione Ira i Guelfi e i Ghibellini , a ridurlo alia
piu semplice formola , era il soggetto della suprema autorita politi-
ca , se cioe quesla risedesse nel Papa , e il Papa la dovesse eserci-
tare sopra I'lmperatore immediatamente, e mediatamente sopra tutto
il popolo cristiano ; ovvero se la delta autorita fosse proprio attribu-
te deirimperatore, che lo facesse superiore allo stesso Pontefice
sollo ii risguardo civile. Questo era, come a dire, il nodo razionale
della causa, e le altre controversie o risguardavano dirilli secondarii
o erano quistioni di fatto. Adunque non si disputava del dominio tem-
porale de' Papi ; e come i Guelfi non trattavano di spogliare 1' Impe-
ratore de' suoi Sfcati , per darne la signoria al Pontefice; cosi i Ghi-
bellini ne potevano pretendere, ne raostravano di pretendere, che si
dovesse spogliare il Papa de' suoi dominii particolari , per dargli in
potere dell' Imperatore.
Dante accetto la quistione ne' termini sopraddetti , risolvendola in
favore dell' Imperalore ; e questo e il soggetlo e lo scopo de' tre li-
682 IA MONARCHIA DI DANTE ALIGH1ERI
bri della monarchia. Perocche nel primo di essi si sforza di mostrare
che e necessario per la terrena felicita dell' umano consorzio un Mo-
narca universale ; nel secondo che questo Monarca universale , per
volere di Dio, e I'lmperatore romano; nel terzo, che il Monarca
universale , imperalore romano, riceve 1'autorita immediate da Dio,
e pero in quanto Capo politico non e soggetlo al Pontefice. Come
dunque i Ghibellini non volevano punlo la dislruzione del dominio
temporale de' Papi, ma solo la indipendenza e il primato dell' Impe-
ratore ; cosi Dante , conlento che il suo Monarca avesse la somma
autorita , non pole volere di vanlaggio 1'abolizione del principato ci-
vile de' Papi.
Sembrera per avventura, che appunto per do che Dante voleva un
Signore universale, dovea volere per conseguenza spogliato il Papa
de' suoi Slati. Che pero posto ancora che i Ghibellini volessero tol-
lerare il dominio temporale , come che non davano all' Imperatore
una giurisdizione cosi ampia ; non potealo voler Dante , che poneva
un Imperatore padrone di tullo.
E pure in questa totalita di signoria, che Dante attribuiva al suo
Imperatore, sta riposto un forte argomento, perche dovesse ammet-
tere il principato de' Papi. Conciossiache, come riotammo nell'articolo
precedente , egli per tal raaniera voleva il suo Monarca signore di
tutto il mondo , che i re e principi particolari e le diverse republi-
che seguitassero insieme a mantenersi signori de' loro Stati, solo in
questo diminuita la loro aulorila, che fossero, quanto al governo uni-
versale, dipendenli dal Monarca 1.
Adunque dal principio, che Dante pone di un Signore universale,
non discende la conseguenza, che dovesse per questo essere assor-
bito il territorio del Papa. Conciossiache, se quesla conseguenza non
discendeva per gli altri principi particolari , per qual ragione sareb-
be dovuto discendere pel Romano Pontefice? Cio solo se ne puo in-
ferire , che se ne inferisce per gli altri , dovere cioe la sua domina-
zione politica sottostare al supremo dominio dell' Imperatore.
1 Ved. Mon. lib. I, §. XIII, XV. Conv. Tratt. IV, cap. IV. Epist. a tutti e
singoli i re d' Italia ecc.
E IL DOMINIO TEMPORALE Dfi' ROMAN! PONTEFICI 68$
Puo dirsi pero , che non corre la parita. Imperciocche la ragione
radicale , che Dante addueeva , per provare la necessita della Mo-
narchia universale , era perche bisognava ad ogni patio disbarbare
dall' umano consorzio la prima e universale radice di lutti i mali
social! , cioe la cupidita. Or egli piu di una volta nella divina Corn-
media addebita al governo della Chiesa la ragione di quella preva-
lenza , che a suo modo di vedere aveva a que' tempi la cupidila in
tutti generalmente gli ordini citladini, ed anzi negli stessi uomini
individui. Laonde se ne deduce, che quantunque egli potesse accon-
sentire, che seguitassero ad avere stalo gli altri principi secolari,
intendeva pero che ne dovesse rimanere private il romano Pontefice.
E perch& niuno creda che noi vogliamo sminuire la difficolta ,
recheremo i luoghi piu gravi , che a questa sua idea si riferiscono.
Nel XVI del Purgatorio , incontratosi il nostro Poeta con Marco
Lombardo, lo interroga a che si dovesse attribuire cotanta perversilik
di opere, quanta era di que' tempi nel mondo ; se a sinistra influen-
za delle stelle , o ad allra qualsivoglia causa , la quale esistesse nel
mondo stesso. Marco Lombardo, confutata la opinione, che quel ge-
nerale pervertimento si potesse convenientemente spiegare per gl'in-
flussi celesli , gli risponde , doversi piuttosto atlribuire a quella ca-
gione , la quale dava libero campo alia cupidita , che dominasse Ira
gli uomini : conciossiache la cupidita sia la fonte comune , da cui
scaturiscono tutti i vizii. Or la cagione, egli soggiunge, la quale apre
dapperlutto il libero corso a quella passione capilalissima , e il Go*-
verno civile degli Ecclesiaslici ; e lo fa si negativamente , si positi-
vamente : negalivamente, non adoperandosi a far osservare le ottime
leggi , che esistono ; posilivamente , incitando col cattivo esempio
il comune degli uomini a cercare ansiosamente i beni della terra.
A questa causa si dee dunque riputare la universale corruzione 1.
Al primo de' detti due modi, cioe di causare negativamente la co-
mune corruzione, e parallelo Taltro luogo del VI parimenti del Pur-
1 Purg. XVI, 58-105. Sara di altro luogo piu opportune esaminare e ri-
solvere le difficolta, che si deducono dai versi che seguitano dopo il tratto
citato.
684 LA MONARCHIA DI DANTE ALIGHIERI
gatorio , nel quale rimprovera all' Italia il niun pro delle sue otlime
leggi :
Che val perchfc ti racconciasse il freno
Giustioiano, se la sella e yuota?
Senz'esso fora la vergogna meno 1.
Di che ne' terzetti seguenli e imputata la colpa agli uomini di Chiesa,
i quali non permettevano che 1'Imperatore liberamente governasse.
II medesimo concetto e riconfermato nel XXVII del Paradiso al
luogo poco innanzi citato, nel quale Beatrice assegna alia universa-
le corruzione la stessa cagione della generate prevalenza della cupi-
dil& , e la stessa cagione della mancanza del buon governo a quella
generale prevalenza della cupidita.
Al modo poi, notalo in secondo luogo da Marco Lombardo, di
causare positivamente, cioe colla forza del cattivo esempio, la gene-
rale corruzione, sono parallel! questi altri dueluoghi: I'unoel'VIII
del Purgatorio (v. 124 e segg.) , dove il Poeta, volendo onorare la
famiglia Malaspina, ne fa una para eccezione alia universale perver-
sita di que' tempi, che egli colla solita preoccupazione di animo e per
quell' astio velenoso che nutriva contra a Bonifazio , fa derivare dai
cattivi esempii di questo. L'altro e delXVUI del Paradiso (v. 115 e
segg. ) , dove inveisce si acerbamenle contro il medesimo Bonifazio,
siccome causa (che egli credeva o volea credere) del guaslo comune
della crislianila , pe' cattivi esempii, che gli altribuisce , in opere
di avarizia.
Raccogliendo ora ad un sol punto la difficolla , argomenteremo
cosi in servigio de' nostri avversarii. Dai luoghi citali chiaramente
apparisce , che Dante vedeva una ragione speciale d' influenza nel
governo temporale de' Papi , quanto a cagionare i pubblici mali , di
<jhe mena lamenli. E perocche in nessun altro luogo manifesta una
simile opinione , per rispello al governo degli altri principi parlico-
lari; ben si scorge la ragione, per la quale, mentre si dimostrava
indulgente verso di quesli , ammettendo che potessero seguitare ad
1 Pur. VI, 88.
E IL DOMINIO TEMPORALE DE' ROMANI PONTEFICI 685
aver signoria sotto 1'alta giurisdizione deirimperatore, non dovesse
acconsentire lo stesso ai romani Pontefici.
Si, rispondiamo ; veramente Dante si dimostra persuaso, che il go-
"verno temporale della Potesla ecclesiaslica partorisse que' disordini,
cheesso lamenta, e per le ragioni da lui allegate ne'luoghi indicati.
Neghiamo pero che da questo si debba inferire, che egli volesse di-
strutto il dominio temporale.
E in vero, due cose bisogna necessariamenle dislinguere nel go-
verno lemporale de' Papi, com' era a que' tempi : la prima, il do-
minio temporale semplicemente; in quanto cioe importava la signoria
supra uno Stato particolare; la seconda, il dominio temporale, in
quanto importava, oltre a quella parlicolare signoria, una certa uni-
versalila di giurisdizione o d' influenza sopra le allre signorie. Que-
sto secondo aspelto del principato civile de' Papi , costituiva, come
abbiamo veduto, il punto di quistione Ira i Guelfi e i Ghibellini ; del-
1'allro non si disputava neppure. Parimente, cio di che Dante si rao-
strava persuaso ; a torto si, per funesta passione di animo, per ira
mal concepita, e pero con sua col pa ; non era gia. che il dominio
temporale, in qualsivoglia modo posseduto dai Pontefici, fosse la si
funesla cagione di tult'i mali dell'umano consorzio; ma si solamen-
te il dominio temporale con quell' ampia giurisdizione, che egli cre-
deva usurpata. Che sia cosi, si dimostra con una ragione semplicis-
sima e colle stesse teslimonianze di lui.
La ragione e la seguente. Se il dominio temporale de' Papi, per
se stesso, anche sotto 1'alta signoria dell' Imperatore, avesse dovuto
partorire tutti que' mali ; cio sarebbe avvenuto ne' due modi indicati
da Dante ne' luoghi da not citali, cioe che il Papa dall' un de' lati non
si sarebbe adoperato a far osservare le leggi, e daH'altro, che quell'a-
descamento di beni lemporali, fomentando la cupidigia di lui, terreb-
be accesa generalmente negli altri la medesima passione. Con che
seguiterebbero i medesimi effelti della universale corruzione , non
ostanle il reggimenlo dell' Iiuperatore. Or chi non vede, che se Dan^
te cosi avesse pensato per rispetlo ai Papi, dovea pensare neces-
sariamente dell'istessa guisa per rispetto agli allri principi? Che
pero se lo stabilimento di un Monarca universale, per riuscire a sa-
686 IA MONARCHIA DI DANTE ALIGHIERI
lule del genere umano , doveva , per opinione di lui, arrecare la di-
struzione dello Stato temporale di S. Chiesa, avrebbe dovuto per la
stessa ragione portare la distruzione degli altri Stati particolari. Ma
e certo, per le cose dimostrate, che egli non voile I'abbattimento delle
altre Monarchie e repubbliche, ma solo la lor dipendenza dall' alto
dominio deH'Imperatore. Questo dunque, e non allro, e da dire che
parimente volesse rispetto ai Pa pi.
E per qual modo, si sarebbe un Dante potuto persuadere, che una
signoria particolare, e con giurisdizione dipendente , posseduta dai
Papi, ne avrebbe dovuto fomentare, con tanto seguito di mali , la
cilpidigia ; e posseduta dai laici, sarebbe stata non solo innocente ai
possessor! , ma utilissima ed anzi necessaria pel governo universale?
Per quanto lo vogliamo giudicare accecalo dalla passione, tramo-
dato ne'giudizii, corrivo alle offese; non si puo senza gravissima in-
giuria supporlo caduto in un errore si manifestamente contrario al
senso cornune. Che anzi in parit£ di circostanze, com'e la ipotesi,
tulto dovea concorrere a fargli vedere minor pericolo degli effetti
della cupidigia nella signoria.de' Pontefici, che nelle altre signo-
rie. I Pontefici, anche i meno buoni, in paragone de' principi se-
colari , sarebbero stati generalmente fiore di temperanza e di ogni
allra virtu ; essi tolti dall' ordine supremo sacerdotale , educati dal-
la fanciullezza alle letlere ed alia pieta , venuti a grado a grada
avanzando co' meriti , come nelle dignita, cosi nella pubblica slima,
e finalmenle assunli con siffatti riguardi al Carico supremo, che se
alcuna volta potesse fallire la scelta deir ottimo , o mai o quasi mai
non polesse mancare quella del buono. Pero qual logica sarebbe stata
quella di Dante immaginare , che il rimedio ideato da lui della su-
prema direzione dell' Imperatore, non avrebbe potuto impedire gli
effetti della cupidita in uomini di tal falta, e avrebbe potuto e dovuto
impedirli in altri, venuti su spesso per condizione di necessita, spes-
so per favore di fortuna, spesso ancora per brigbe di parti, comu-
nemente senza gran corredo di meriti , e sempre con educazione
morale e religiosa di lunga mano inferiore?
Solo potrebbe opporsi , che i Papi , avvezzi anche temporalmente
a quell' assoluta indipendenza, che credevano di loro diritto, non sa-
E IL DOMINIO TEMPORALE DE' ROMANI PONTEFICI 687
rebbero stati acconci a sopportare la subordinazione all'Imperatore.
Che pero Dante , a torre loro ogni mezzo di nuocere , avrebbe vo-
lulo che fossero privi di ogni Stato temporale. Spedienle veramente
degno della gran mente di lui ! Giacche , se questo potea temere
de' Pontefici, non dovea con piu ragione teraere altrettanto degli
allri principi? Era forse per costoro una delizia quella stessa sog-
gezione, che i Pontefici avrebbero riguardata come svenlura? Si
sarebbero per avventura piu facilmenle persuasi di non avere diritto
all' assoluta indipendenza? 0 era piu ragionevole aspettarsi da loro,
che non da' Pontefici, il sacrifizio della propria indipendenza pel bene
comune? Ad ogni modo, se il Pontefice potea nuocere alia Monarchia,
nol polea certamente per se solo, ma si coll' aiuto di altri dominant!.
Pero che sarebbe giovato avere tolto al Papa lo Stato , se gli erano
lasciati interi tulli i mezzi della riscossa nella potenza di molti di
quelli , certamente devoti alia causa della Chiesa? 0 dunque Dante
temeva pericolo alia Monarchia dalle arli de' romani Pontefici ; e in
questo caso non sarebbe bastato torre solamente ad essi la signoria;
era al tutto necessario fame privi eziandio gli allri Sovrani : o non
temeva un tal pericolo, e la eccezione sarebbe stata non solo ingiu-
sta, ma assurda.
Per conlrario senza il rimedio della Monarchia, la causa adequata
della universale corruzione, a suo modo di vedere, si dovea reputare
al Governo ecclesiastico nella sua dominazione temporale. Or come
cio? Non certo, perche credesse che gli uomini di Chiesa fossero
per se e in quanto tali piu suscettivi di queslo vizio. Non era egli un
balordo, che non vedesse avervi tanli altri principi secolari, o guelfi
o ghibellini , assai piu avari , assai piu ingiusli , assai piu avidi di
afferrar signorie, che gli stessi Pontefici piu viluperati da lui. Nondi-
meno piu che a questi , ai governanti ecclesiastici reputa la cagione
de- mali della cupiditci. E cio per la ragione da lui credula radicale,
che il Governo temporale ecclesiastico metteva in essere il principio
guelfo; anzi esso era il principio guelfo , e in quanto tale costitui-
va un falto contro un drilto; il fatto del primato civile del Ponte-
fice , contro il dritlo del civile primato dell' Imperatore. Da cio le
discordie degli animi , le ambizioni , le brighe politiche , le fazioni ,
688 IA MONARCHIA DI DANTE ALIGH1ER1
le guerre civili ; in sostanza dall' una parte la cupidita libera e sciol-
ta in opere di dissoluzione sociale, e dall' altra la legittima autorita
impedita dall' operare , e fatta percio impolente a far osservare
le leggi.
A noi non tocca dimostrare gli errori storici e politici di Dante ;
ne discoprire le fallacie de' suoi giudizii e de' suoi raziocinii. Pur
troppo egli s' inganno, e gravemente. Ma sarebbe ingiustizia aggra-
vare con false interpretazioni e con aperle calunnie i suoi veri erro-
ri e le sue vere colpe. Stando dunque ai suoi prindpii , la ragione
formale , secondo la quale la Potesta ecclesiastica riusciva a si gra-
ve danno della Societa , era perche in essa si attuava, come in pro-
prio soggetto, il principio conlrario alia Monarchia, cioe il principio
guelfo.
Questo concetto chiarissimamente risulta da tutti i luoghi che ab-
biamo piu sopra arrecati, ne' quali il Poela, se accusa il Governo
ecclesiastico, siccome causa de' disordini sociali, lo fa sempre solto
questo rispetto, che impediva la Monarchia, e le surrogava 1' elemen-
to guelfo. Lo slesso si rileva da quell' am mirabile tralto del XVI del
Paradiso, dov'e messa in confronto la Firenze de' suoi tempi colla
Firenze di qualche secolo innanzl. Ogni cosa e mutata in peggio :
ma di que' mutamenli la vera e adequata cagione e da vedere in
questo, che fu messo impedimento all' azione dell' Imperatore : i co-
stumi seguiterebbero ad essere que' di prima,
Se la gente che al mondo piu traligna
Non fosse stata a Cesare noverca,
Ma come madre a suo figliuol benlgna 1.
I quali danni, con proporzioni anche piu spaventose e con colori as-
sai piu foschi, sono descritli nel VI del Purgatorio, non solo per ris-
petto a Firenze , ma a tutta Italia ; e in conchiusione sono attribuiti
alia medesima cagione :
Ahi gente che dovresti esser devota,
E lasciar seder Cesar nella sella,
Se bene intend! cio che Dio ti nota;
1 Par. XVI, 58.
E 1L DOMINIO TEMPORALE DE* ROMANI PONTEFICI 689
Guarda com' esta fiera e fatta fella,
Per Don esser corretta dagli sproni,
Poiche ponesti mano alia predella ^.
E vuol dire che intanto T Italia e divenlata quella nave in periglio,
che avea detto di sopra , quel bordello di mal costume , quel serra-
glio di belve feroci, quel ludibrio di ogni villano che parleggiasse,
e viadi questo metro; perche la potesla ecclesiaslica impediva il
reggimento dell' Imperatore, ed invece recava essa le mani nel go-
verno universale.
E chiaro adunque che alia autorita ecclesiastica sono attribuiti
tult' i mali dell' Italia, e, se si vuole, del mondo, non semplicemente,
perche aveva dominio temporale, ma perche atluava il principio op-
posto alia Monarchia, cioe il principio guelfo; donde la impossibili-
ta delle leggi, ed il regno della cupidita ; e quindi ogni male mora-
le e politico.
Ma costituila una volta, sopra solide e inconcusse basi la Monar-
chia, sarebbe mancato il principio guelfo, che era la superior! la lem-
porale e civile del Pontefice sopra 1' Imperatore ; e pero il Ponleflce
sarebbe venuto nella condizione degU allri principi particolari , se
non anzi rimasto meno pericoloso alia Monarchia e piu utile di co-
storo. Se dunque, secondo Dante, doveano sussistere colla Monarchia
gli allri Slati parlicolari, colla dipendenza dal supremo dominio del-
F Imperalore ; con uguale o anzi piu forte ragione vi doveva sussi-
stere il Governo civile de' Papi.
Considerata dunque la costituzione, che da 1'Alighieri alia sua Mo-
narchia , non recava con se la distruzioue del dominio lemporale.
Altri principii ci restano ad esaminare , ed altre difficolla da scio-
gliere , per metlere in tulla la sua luce questa medesima conse-
guenza. II che , piacendo a Dio , faremo a miglior agio in un altro
quaderno.
1 Pur. VI, 91.
Serie VI, vol. II, fasc. 366. 44 5 Giugno 1865.
IL TRASPORTO BELLA CAPITALS
DIALOGO
DI TORINO E DI FIRENZE
Torino. Chommoda dicebat, si quando commoda vellet
Dicere, et hinsidias Arrius insidias;
Et lunc miriflce sperabal se esse locutum ,
Cum quantum poterat dixerat hinsidias.
Firenze. Che vai insidiando, cosi a gran voce, qui per Firenze, o
Torino?
Torino. Vado esercitandomi alia buona pronunzia. Chi me Taves-
se delto che, a quesl'eta, dopo avere regnato tanto tempo, dopo aver
compiute tante imprese, dopo aver fatta I' Italia, mi sarei vislo ri-
dotto all' abbici ! Queslo non mi aspettava io dall' Italia !
Firenze. L' Italia li si moslra anzi gratissima, sforzandoti, cosi
vecchio come sei, a imparar una volta 1'italiano. Non ti vergognavi
di governar 1' Italia senza neanche saperne la lingua? Ora imparerai
rilaliano.
Torino. E tu il piemontese. Faremo a mezzo. Gia i tuoi Senator! ,
Depulati, Minis tri e giornalisti aveano imparato benissimo il mio
gergo. E, non fo per dire, ma parlavano quasi peggio di me. Di-
cono che in Firenze sono i contadini quelli che parlano bene. Fare-
mo fare le leggi a loro ; che ci sara almeno il senso comune.
Firenze. Come ti sei falto retrograde !
IL TRASPORTO BELLA CAPITALE D1ALOGO ECC. 691
Torino. Retrograderai anche lu quando dovrai trasmigrare a Ro-
ma. Tocchera allora a te ad imparare la buona pronunzia. Conosci
il proverbio : Lingua toscana in bocca romana. Ha da essere un bel
giorno quello per la buona pronunzia del regno! Tra due anni. . .
Firenze. Non pensiamoora a malinconie.
Torino. Anzi, a questo bisogna pensare. Tu sai 1' italiano. Ma di
politica ne capisci poco. Credi a me ; pensa a Roma; che Roma ha
da essere la tua ruina, come fu la mia.
Firenze. Mi rassegner6 volontieri ad andare a Roma, quando sa-
ra giunta la mia ora.
Torino. Non giungera mai quell' ora. Sta pur certa di questo. A
Roma non ci anderai.
Firenze. Questo diceva io. Vedi che ho ragione di non voler ora
pensare a malinconie.
Torino. Non capisci niente. Non anderai a Roma, e ciononostan-
te Roma sara la tua ruina. Sono andato a Roma io?
Firenze. No: a Firenze.
Torino. Eppure son ruinato. Cosi sara di te. Non anderai a Ro-
ma, e pure Roma ti ruinera.
Firenze. Io non intendo questi tuoi mali pronostici. Capisco bene
che, quando mi toccasse di partire per Roma, perderei quello che
ora ho guadagnato. Ma, poiche lion ci debbo andare, come tu dici,
e come anch' io comincio a credere. . .
Torino. Ah! Lo cominci a credere? E perche, di grazia ?
Firenze. Ma, che so io? II Gattolicismo, la Francia . . .
Torino. E il municipalismo, e Firenze. Ti conosco, sorella!
Firenze. Come se anche tu non avessi fatto, starei per dire, il
diavolo e peggio per rimanere cio che eri.
Torino. E sarei rimaso cio che era senza quella maledetta idea
di Roma. Quell' idea non mi condusse a Roma ; ma mi trasse di
me medesimo. Sono rimaso senza Roma e senza Torino. Cosi toc-
chera a te. ; >
Firenze. Insomma andr6 o non andr6 a Roma io?
Torino. Non ci anderai. Quanto a questo, mettiti pure il cuore in
pace.
692 IL TRASPORTO BELLA CAPITALE
Firenze. Dunque, come ha da essere Roma la mia ruina?
Torino. Non Roma, ma 1' idea di Roma ti ha da ruinare, come ha
ruinato me.
Firenze. Vorrei che tu mi spiegassi questo.
Torino. Ed io vorrei che tu 1' inlendesfii. Dim mi un poco: desi-
deri tu davvero di andar a Roma?
Firenze. Io? Ma, cosi subito, mi guasterebbe alquanto. Non ci
sono i due anni?
Torino. E se ti scomoda ora che appena hai comiociato a godere, ..
Firenze. Ti assicuro che godo assai poco. Tulto questo trameslio
mi conturba fieramente. Debbo slringermi per far largo ai nuoviar-
rivati. E ne arrivano sempre dei nuovi. Debbo vedere manomesse
tutte le mie rarita , le mie memorie storiche, i miei monumenli , i
miei capolavori, per albergare impiegali e ufficiali. Cosloro poi ca-
scano qui a nuvoli come io casa loro, con una cerla aria di comando
che, secondo me, disdice ad ospiti cortesi. Mi trallano da cilia con-
quistata, da popolo inferiore. Serobrano tanti padroni che yengano
a villeggiare per sei mesi in un loro caslello.
Torino. E sono i padroni veramenle. Oseresti negarlo? La Corte,
il Parlamento, i Ministri.
Firenze. Tutlo va bene, e me ne tengo onorata. Ma non occorre-
vano tanti urtoni e tanli spintoni. Rasta; il grosso ora e fatto ; e ti
confesso che vorrei cominciare finalmente a godere un poco del mio
essere di Capitale.
Torino. Or pensa che cuor dovra essere il tuo a dovere comin-
ciare T affanno della partenza, appena finito quello dell'arrivo.
Firenze. Vedo la difficolla ; e, ogni cosa ben considerata, intendo
che mi si farebbe un gran servizio a lasciarmi un poco in pace. Che
cosa mi manca per essere la vera e defmitiva Capitale ?
Torino. Lasciamo questo punto ; che ci guasteremmo. Giacche, se
io dovessi dirti il mio parere schiellamente , col cuore in mano, da
buon amico, io credo che, a far da Capilale, sarei riuscilo megliq io.
Ed anche ci aveva piu diritlo. Che hai fatto tu per T Italia? Qualche
sonetto. Laddove io Ma lasciamo questo. Dunque, tu non desi-
deri di andar a Roma ?
DULOGO DI TORINO E DI FIRENZE 693
Firenze. Poiche lu stesso sei certo che io non ci debbo andar mai,
non vedo perche tu rai voglia cavar di ^bocca che io non desidero di
andarvi. Tu mi vorresti far perdere il credito di citta italiana e li-
berate.
Torino. E tu vorresti fare come faceva io; il quale a parole dice-
va Roma Roma; ma nel fondo del cuore diceva, Torino Torino. Ma
noi qui parliamo in confidenza.
Firenze. Dunque, giacehe parliamo in confidenza, poniamo pure,
per modo d' ipolesi, che io non desideri di andar a Roma.
Torino. Non facciamo niente. Se non hai fede in me, non faccia-
mo niente. Tu devi dirmi chiaramente se ami o se non ami di andar
a Roma.
Firenze. Poniamo che non ami ; or che ne scende da queslo?
Torino. La tua ruina.
Firenze. Tu parli sempre per enimmi.
Torino. E tu sempre parli per ipotesi. Se abbiamo a spiegarci a
\1cenda le nostre idee , hai da dirmi , senza tanti poniamo e sup-
poniamo, quello'che pensi veramente.
Firenze. Or dunque sappi che, a voler parlare proprio come in
confessione, io, per me, me ne starei in Firenze eternamente. Ora
mi darai la tua spiegazione.
Torino. Procediamo per ordine. Dunque rimane inteso che tu non
desideri di andar a Roma ?
Firenze. Rimane inteso.
Torino. E perche non desideri ?
Firenze. Non sliamo ai patli. Tu mi hai cavato di bocca il mio
segreto, ed ora non mi vuoi dare la tua spiegazione.
Torino. La spiegazione verra : ma per ora ho bisogno di sapere
il tuo perche ; giacehe uuo, credo, ne avrai.
Firenze. Ci vuol tanto a indovinarlo? Tu ne devi sapere qualche
cosa per tua sperienza. Perche non volevi venir a Firenze?
Torino. Perche amava di star a casa mia.
Firenze. Or bene, fa conto che anch' io amo di star a casa mia.
Torino. Ma la patria, 1' unita, 1' indipendenza , la Capitale defini-
tiva? Non sono buone ragioni queste?
694 IL TRASPORTO DELLA CAPITALE
Firenze. Tu mi vorresti finire di comprometlere.
Torino. Non occorre altro. Poiche ti confess! compromessa col
solo dover dire il tuo parere sopra queste cose, gia ho inteso abba-
stanza.
Firenze. Troppo corri nell' intendere. Amo lapatria, desidero
1'unita, anelo all' indipendenza. Ma non vedo troppo qual relaziond
abbiano tulte queste belle cose colla Capilale a Roma. Anche da
Firenze si puo difendere la patria, compiere 1'unita, cacciare lo stra-
niero. Mancano stranieri da cacciare? Ci e il Tedesco a Venezia, il
Francese a Nizza, 1'Inglese a Malta. Lo diceva anche il luo Balbo ,
che , prima di pensar alle cose di lusso , si ha da provvedere il ne-
cessario. Ed e ancora faraoso il suo POTTO imiim est necessarium.
Or qual cosa piu necessaria dell' indipendenza dallo straniero? Cac-
ciamo prima tulti gli stranieri ; e poi penseremo a Roma, dove infine
regna un italiano. Non dico io bene?
Torino. Dici benissimo. Giacche, se si ha da cacciar tanta gente
prima di andar a Roma, rimarremo in Firenze fino al di del giudi-
zio. Tu non pensavi pero cosi tesle, quando io era la Capitale.
Firenze. Colla Capitale mi sono venuti i lumi per la vera intelli-
genza delle cose. Ora, per esempio, capisco benissimo che tutta
questa smania di andar cosi subito a Roma e nociva alia patria. Pri-
ma di tutlo bisogna stabilirsi, ordinarsi, ristorar la finanza.
Torino. Anche per questo ci vorra tempo.
Firenze. Cerlamente. E badare all'Europa che ci guarda, al Cat-
iolicismo che sospetta, Bisogna far vedere che siamo genie savia ,
moderata, che sa transigere, conciliare, moderare, aspettare. Oh il
saper aspettare ! E un gran segreto di governo il saper aspettare.
L' Italia non si fara con tante smanie, con lanti trasporti. Tutte paz-
zie di parliti estremi. Ma tu ed io siamo gente d' ordine ; e finire mo
col far intendere la ragione ai rompicolli.
Torino. E col rimanere a Firenze ; giacche questo, in fondo, e cio
che ti preme. Ma lo speri invano. Verso Roma hai da marciare, a
coslo di romperti il collo per la strada. I rompicolli non intenderan-
no la ragione. Essi t'incalzeranno sempre alle spalle : e, volere o non
volere, converra che tu avanzi. II progresso t'incalza, o Firenze. E il
DIALOGO DI TORINO E DI FIRENZE 695
precipizio ti aspetta. Ora lo dei intendere anche tu, senza tante mie
spiegazioni.
Firenze. Come debbo io inlendere questo? lo intendo anzi lulto il
conlrario.
Torino. No, no. Tu intend! benissimo la cosa pel suo verso. Non
mi hai tu confessato che non desideri di andar a Roma?
Firenze. L'ho confessato.
Torino. E non ne hai anche allegata la ragione, del tuo interesse
e di quello d'ltalia?
Firenze. L'ho allegata.
Torino. E non hai anche toccato dell' Europa, della Francia, del
Cattolicismo?
Firenze. Ne ho toccato.
Torino. E non hai soggiunto che vi erano pero i rompicolli da
porre alia ragione ?
Firenze. L'ho soggiunto.
Torino. E in quesla soggiunzione sta il tuo malanno. Giacche i
rompicolli sono quelli che governano te , me , 1' Italia e il Governo ,
che, secondo te, ha da porli alia ragione. Non vedi che i rompicolli
sono sempre alle spalle del Governo? Non f accorgi che il Governo
va innanzi piu lentamente che puo, perche vede dinanzi a se 1'abis-
so; ma va innanzi pero , perche spinto dai rompicolli? Questa si
chiama ora la legge del progresso.
Firenze. In questo caso andremo a Roma.
Torino. Rimarremo per la strada. Giacche dall' un lato tu stessa
vedi che a Roma non si dee e non si puo andare ; e dall' altro intendi
che i rompicolli vi ti spingono per forza. E chiaro che rimarrai in-
trapresa, come si dice, Ira 1'uscio e il muro.
Firenze. Yedo che bisognera porsi in sul serio a persuadere i
rompicolli.
Torino. Tanto vale che ti ponga a persuadere il diavolo in perso-
na. Giacche questa e la catena logica del progresso. II diavolo spin-
ge i rompicolli : i rompicolli spingono il Governo : il Governo spin-
ge la nazione : la nazione va a gambe levate nel precipizio. Come
vedi, non si scappa.
698 IL TRASPORTO BELLA CAPITALE
Firenze. Se poi ci metti anche il diavolo per mezzo, non ci e phi
modo di ragionare. Quando si tralta di polilica, non bisogna entrare
in sacrestia.
Torino. Quando si tratla di questa politica progress! va , bisogna
per forza entrare in quesla sacrestia diabolica. Anch* io, come te, ho
profittalo neirinlelligenza di certe question!, in questa circostanza del
trasporto della Capilale. Vorrei farti parte dei miei lumi, come tu mi
hai messo a parle dei tuoi. Tu, diventando Capitale, hai capito che bi-
sogna rimanere in Firenze. Io, perdendo la Capitale, ho inteso che il
diavolo e il gran fatlore di tullo queslo moto italiano. Ma poiche tu,
nella tua prosperita presente , non sei finora capace di capir eerie
cose , lasciamo il diavolo da lalo e parliamo dei rompicolli, che e Io
stesso. Perche credi tu che sia stato organizzato tutto questo molo
italiano? Per venir a Firenze? No, perche dicono che sei una tappa.
Per cacciare gli slranieri ? No , perche anzi se ne sono chiamati dei
miovi. Per 1' indipendenza? No, perche se prima avevamo i soli Te-
deschi , ora ci abbiamo aggiunti i Francesi. L' unico scopo di lutto
questo tramestio e Roma. La sola Roma. Per aver Roma sola, i rom-
picolli venderebbero volentieri me , te e tutta 1' Italia anche al gran
Turco. Ma tulta 1' Italia, compresa la Yenezia, non consolera i rom-
picolli della mancanza di Roma sola. Tu sei in grande errore, se cre-
di di poter persuadere costoro di rinunziare a quello , per cui solo
lavorarono finora. Per poler arrivar a Roma , si e inventato il pre-
testo della nazionalita, dell'unita, dell' indipendenza. Tuttecose che,
per quanlo siano in se desiderabili, pure ai rompicolli non premono
Diente.
Firenze. Tu calunnii le loro intenzioni.
Torino, fi molto difficile caluuniare costoro. Ma lasciamo le in-
tenzioni e veniamo ai falti. Non e egli vero che i rompicolli profes-
sarono sempre schiettamente di volerla finita col Cattolicismo?
Firenze. Questo poi e verissimo.
Torino. Non e egli vero che , nella loro opinione , il cattolicismo
sarebbe finito quando Roma fosse lolta al Papa?
Firenze. Anche queslo non si puo negare.
Torino. Dunque Io scopo unico dei rompicolli dee essere di andar
a Roma. E per ottenere questo scopo, stanne pur certa, costoro noil
DIALOGO DI TORINO E DI FIRENZE 697
lasceranno nulla d' intentato. lo gia li vedo mutata in un campo
di ballaglia.
Firenze. Misericordia ! lo voglio ben essere la Capilale. Ma non
mi vorrei vedere in una batlaglia. Oh ! in una battaglia non mi ci
colgono.
Torino. Sei in ballo e bisogna che balli. Finora tocco a me. Ora
e giunta la tua volta. Preparali a cio che potra accadere. lo star6 a
vedere la tua virtu civile.
Firenze. La virtu civile io 1'ho sempre fatla consistere nella pru-
denza, nel senno, nell'economia non meno politica che domeslica.
Ma che ho da far io colle battaglie? A me il solo pensiero del san-
gue suole dare gli svenimenti.
Torino. Ti avvezzerai. Ora conviene che tu ti elevi all'altezza dei
tempi e della tua nuova condizione. Tu sei ora la Capitale. Cio vuol
dire che sei diventala il quartier generale dei rompicolli; che, come
si sono serviti fmora di me per il grosso della bisogna, cosi si ser-
viranno ora di le come di arnese di pulimento. Tu hai da tener que-
sto come certissimo : che in Firenze non ci hai da stare in pace. Hai
da andare o innanzi fmo a Roma , o indietro fino a Torino. L' hai
udito il grido: 0 Roma o morte; e quell'altro: Anzi che rinunziare
a Roma abbiamo da perir tutti. Ora e chiaro che a Roma non sarai
lasciala andare. Dunque ti rimane la morle e il perire nello sforzo.
Io staro a vedere, e ad applaudire ai luoi alii fatti.
Firenze. Ad un bisogno pero mi daresti una mano, eh?
Torino. Non so nulla, sorella. Ora ho da pensare ai casi miei.
Firenze. La causa e comune.
Torino. Non so nulla. Ho falto abbastanza comunella col prossimo.
Firenze. I luoi interessi sono sempre quelli dell' Italia.
Torino. Non so nulla, ti dico. All'llalia, per ora, non ho altro ser-
vizio da rendere che d' imparare la buona pronunzia. Addio sorella.
Vado a sludiare.
LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
NELLE INDIE OCCIDENTAL! *
IV.
Se la Religione cattolica sia stata violentemente imposta agl'Indiani
dai conquistatori spagnuoli.
Yirlu e dottrina : ecco gli argomenti determinati da Roma e con-
fermati dai principi di Castiglia, in drdine alia conversione degl' In-
diani. Gli sterminii dei popoli, le violenze fatte agli animi, la schia-
vitu imposta per tale uopo alle coscienze sono favole messe in corso
dai nemici della Chiesa. Tanto conchiudono i paragrafi antecedent!.
E che importano, si soggiunge, gli ordinamenti di Roma e di Ca-
stiglia , se venendo a' fatti non si praticarono ? La storia vi dice
che la religione fu imposta violentemente agl' Indiani e che, se eb-
bonsi crudeli carneficine, fu in gran parte merce dei missionarii,
fu opera della superstizione. I sovrani della Spagna ed i Pontefici
sono, se volele, liberi dalla laccia di aver dato ordini iniquissimi,
ma non possono fuggir quella di aver appro vato la pratica in con-
trario. — La proposizione di questa replica e universale ed ap-
poggiata a' fatti storici. Rispondiamole colla Storia alia mano. Le
pruove siano tolte da tre grandi imprese, a cui si rannodano i pre-
cipui avvenimenti.
1 V. questo volume pag. 398 e segg.
LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAYE ECC. 699
La prima sia quella dei discoprimenti e della fondazione di va-
rie citta lunghesso le coste americane. Misurate con 1'occhio su la
carta di questa parte di mondo it lungo tratlo che corre dal Capo
S. Agostino all'estrema punta della Florida , che sfoga nel mare.
Viocente Yanes Pinzon nel 1499, dal Capo sopraddetto volgendo a
tramontana, ne riconosce trecento leghe. Alfonso Nino e Cristoval
Guerra nello stesso anno danno fondo uel golfo di Paria ed esplorano
le spiagge di Cumana. Nel 1500 Diego di Lepe e Rodriguez de Ba-
stides batlono quelle marine dal Capo della Yela insino al porto Nom-
bre de Dios. Tre volte 1'Ojeda in tre diverse slagioni, cioe nel 1499,
1502, 1509, approda a quei lidi e gli scorre con sommo ardire. Egli
da inizio a S. Sebastiano, il Nicuesa a Nombre de Dios, il baccel-
liere Enciso a S. Maria 1'Antigua del Darien. Tulli questi uomini si
accontano cogli Indiani, hauno brighe infinite, pugnano, distruggo-
no con sorteor prospera ed ora avversa. Ma a quali popoli, a quanti
Indiani impongono per violenza la religione ? Se leggete le descri-
zioni, che fa dei loro viaggi 1'americano Irving, traendole da docu-
menti aiilentici, voi trovate, che a niuno. La causa di ogni sbarco,
di ogni sconlro, di tutte le battaglie fu o difesa, o vendetta, o brama
di traffico e di bottinare.
Nel 1517 Hernandez de Cordova discopre e gira il Yucatan ,
nell' anno appresso Juan de Grijalva, sciogliendo per questo paese,
s'imbatte nella isola Cozumel, rasenla la terra ferma di fronte, va
infino a Tabasco. Entrambi combattono, avviano traffichi, patteg-
giano cogli Indiani ; ma quanto ali'opera del convertirli alia fede
Bon trassero mai la spada, ne torsero capello o fecero minaccia per
isforzarveli comechessia. Due giovani, falli prigioni in una pugna dal
primo, furono istruiti nelle cose della religione ed ebbero il batte-
simo per loro domanda. Eccovi il tulto.
Le isole di Cuba e della Giamaica furono occupate per ordine
dei Governatori della Spaguola. Juan Bono de Quexo colse a un in-
ganno gli abitatori della Trinit& e li rapino. Ponce de Leon s' insi-
gnori di Portoricco, ma per trarricchirvi a man salva. Veleggiando
lo stesso a Settenlrione cerco varie isolelle, scoperse la Florida,
sbarco in Bimini: niuno pero ignora che egli in questi suoi viaggi non
700 LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
andava in traccia di popoli per costringerli a renders! cristiani , ma
si bene di quella fonte maravigliosa , che facea rifiorire la giovenlii
a chi, avendola perduta, si fosse luffato nelle sue acque : trasforma-
zione di cui mollo abbisognava il nostro Ponce !
Da questo gruppo di scopritori e popolatori delle marine ameri-
cane passiamo a saggiar 1'altro di quelli, che d'alcuna posta fissa nel
lido si addenlrarono nel paese. I primi, che ci si presentano, sono i
cavalieri di venlura, yenuti a S. Maria 1'Antigua del Darien col Pe-
drarias. LTIerrera ci racconta minutamente ogni loro discorrimento.
Seguitiamolo. Dodici erano i capitani che a cenni del governatore,
dimentico dopo qualche tempo degli ordini ricevuti dal Re , erom-
peano da quel ridolto colle loro bande, per gittarsi sopra le Iribu in-
diane. Eccovi il fine della impresa : Juan de Ayora uno de' piu ar-
ditiha 1'ordine, contro la data fede, di saccomettere tutto 1' oro dei
paesi vicini, e svaligia quattro estese popolazioni. Un Luys Carrillo,
venutagli-in dispetto 1'abitazione sopra le sponde del rio de las Ana-
des, perch& non gli era dato di pescarvi 1'oro colle reli , come avea
pazzamente credulo, delibera di andarsene co' suoi ; ma prima, affine
di abbonire gli animi, si avventa contro gl' Indiaui soggelti al Caci-
que Atraybe, e ne ghermisce quattrocento da vendere schiavi in pro
della sua masnada. Un parente del Pedrarias piomba sopra la provin-
cia del Zenu. Gli abitanti chieggono supplichevoli la pace, si danno
in soggezione al Re di Spagna. Tutlo e inutile. 11 capobanda spoglia,
uccide e fa schiavi i rimasti vivi. Non punto dissomiglianli sono i
modi che usano il Bezzerra, il Penalosa, Francesco de Vellejo, Gon-
zalo de Badajoz e gli altri compagni. II Cacique Comagre con tutti
que' della sua casa si era falto batlezzare , indottovi prima il figlio
maggiore Panquiaco a prieghi di Vasco Nunez de Balboa , secondo-
che riferisce il Gomara : ed esso col suo popolo fu il primo tra i
principi indiani , che provasse il ferro e le rapine degli Spagnuoli.
Eccovi in qual maniera si facea violenza a que' popoli per trarli al
cristianesimo !
Caliamo verso mezzodi. Carlo V die ai Wesler, in ricatto delle
grosse somme ricevule, ramplissimo Stato di Venezuela. Questi aifi-
darono 1'impresa dei soggettarlo per intero e del popolarlo a soldati
NELLE INDIE OCCIDENTAL! 701
alemamri di ventura, i piu di selta luterana. Pensate, se fosse gente da
far \iolenze per la fede callolica. II Las Casas non sa trovare termini
che qualiflchino le loro crudelta, poco sembrandogli il rassomigliarli
alle tigri ed ai leoni. Fatto sta, che in qualche anno fu quell'infelice
paese rapinato e diserlo per modo , che i Wesler dovettero abban-
donarlo per lo scarso o niun guadagno che ne traevano , e gli Spa-
gnuoli riavulolo non seppero in che giovarsene. Siccome in queste
spedizioni, cosi neH'altre che si ordinarono da Cartagena e da Bue-
nos-Ayres per le regioni piu riposte, t'incontri egualmente in dispo-
gliamenti, in arsioni , in isperperi di popoli. Lo spirito che muove
ed agita quanti vi pigliano parte e sempre il medesimo, vale a di-
re, lo spirilo di ardenlissimo fanatismo per la signoria e per 1'oro.
Passiamo ad una terza maniera d'imprese : le invasion! di fiori-
ti imperii. II Cortes penetro nel Messico e dopo infiniti stenti e gra-
vissimi rischi s'impadroni della Capitale. Del discorso che tenne al-
ia signoria di Zempoala, di Tlascala ed a Montezuma, ricavasi il mo-
do da lui adoperalo in risguardo della religione. Eccovelo. Indicava
egli i sotnmi capi di essa, dannava 1'empieta dei sacrifizii umani e
1'iofamia di certi peccali che il tacere e bello, e terminava pregando
caldamenle que' popoli di astenersi dalle reila idolatriche e di darsi a
Cristo. II carico poi di converlirli non aflido mai alle spade ed .alle
minacce, ma al sacro minislero del sacerdote. Difatto egli soslenne
aspre ballaglie, ma niuna per conto della religione. Fe prigione Mon-
tezuma, ma per sicurare se ed i suoi. Avutolo nelle mani, gli Iasci6
libero 1'esercizio della sua religione : il solo buon padre di Olmedo
si accinse all'opera del ridurlo a Cristo, merce la istruzione e 1'esem-
pio della piu fma carila. Cadde final meate 1' imperio messicano, ma
non sotto i colpi del fanatismo. Tutti gli slorici si accordano nel-
1' indicare 1'odio dai popoli concepito contro del principe, il valore
degli Spagnuoli e 1'accortezza del Cortes quali macchine del rove-
sciamenlo 1. Abbiamo T invasione del Pizzarro nel Peru. Lo Xeres
ci dice che egli combatte , \inse e fe arder vivi parecchi Caciqui
1 HERRERA Dec. II, Lib. V, c. 4. Lib. VI, c. 14 BERNAL DIAZ DEL CASTILLO,
Bistoria verdadera de la Conquista. Vedi gli storici modenii Roberstaa,
Cantu ecc.
702 LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
fino dalle prime mosse , ma per tradimenli orditigli contro e non
per causa di religione. Tenne prigione Atabalipa, lo sentenzio a mor-
te : la causa motiva fu tutt'altra che la Fede. Abbiamo la invasione
del Chili fatta da Almagro. Un mandate dello sventuralo Atabalipa
gliene die il possesso come a signore.
Forse gli Spagnuoli invasori fecero violenza agl' indigeni appres-
so la conquista, accesi di fanalismo religioso per opera de' missiona-
rii? Scorrete da capo a fondo la storia della distruzione delle Indie
scritta dal Las Casas. In ogni pagina vi si rappresentano stuoli d' In-
diani or torlurati , or pugnalati , or arsi vivi ed ora in molle altre e
tutte crudeli guise macellali. Qual e la causa precipua che vi si ma-
nifesta di tanta inumanita ? Una : la cupidigia di cavar piu oro. Le
relazioni dei Vescovi di Tlascala e di S. Marta, la deposizione di
F. Marco da Nizza, e la testimonianza di F. Francesco da S. Ro-
mano sono un piccolo saggio dei molli documenti, che provano que-
sto fatto. Vi s' incontra anche il missionario , ma sempre in atto or
di pregare e scongiurare i manigoldi , perche cessassero dalla loro
immanita , or di sgridarli e di minacciarli da parte di Dio , ed or di
correre su e giu per quei mari daH'America in Ispagna affine d' im-
petrare provvedimenli in favore degli oppressi, e pene contro gli op-
pressori. Per questo essi furono maltratti , astiati , perseguitati co-
me iusuperabile impaccio a guadagaar piu. Gli avversarii mostrano
di trarre la prova della supposla violenza e dell' immaginato fana-
tismo dalle opere del Las Gasas. Da queste sono pure dedotti i fatti
che qui abbiamo indicati7 provanti si apertamenle il contrario : per-
che passarsene senza il menomo indizio? Non tornava loro a conto.
I missionarii andavano di conserva colle bande degli scopritori.
6 vero : ma non per aizzarne gli animi contro gl' infedeli. Secondo
gli ordinamenti de' Pontefici e dei Re di Castiglia eglino doveano es-
sere portatori di pace e di civilta colla religione e non di guerra e
di crudella ; eglino doveano essere di ratlento alia sfrenatezza ed alia
ingiustizia della soldatesca. Tale era I'incarico loro imposto dalle
istruzioni della reina Isabella , del re Ferdinando , di Carlo V e di
Filippo II. Quando pero la esperienza ebbe dimostro, che nelle scor-
ribande gli avvenlurieri non lemevano neDio7ne leleggi severe dei
NELLE INDIE OCCIDENTALI 703
Re, e che la presenza del missionario potea dare un colore di reli-
gione alle atrocita che si commelteano , fu dai Vescovi nel solenne
Concilio di Lima vietato a preti di seguilarle sine gravissima el me-
ditatissima causa, pena la scomunica a chi non obbedisse. II mis-
sionario e dunque puro di tanlo sangue sparso. Tutto il vitupero e
la esecrazione cade sopra il capo di que' figli degeneri della Spagna,
i quali per avidita di oro si brattarono orribilmente le mani di tanli
delitti l.
V.
Da quale fanatismo siano stati presi
i Missionarii.
Veggiamo da presso in alcuni fatti da quale fanatismo fossero
agitati i Missionarii, e la calunnia sara manifesta in tulta la sua brut-
tezza. Dodici Padri di S. Francesco, con a capo il santo uomo Mar-
tino di Valenza , vengono dalla Spagna al Messico per convertire
queiramplissima regione a Cristo. Ardua impresa e piena di rischi !
L'apparecchio che mandano innanzi sono quindici giorni di orazione,
di digiuno e di penitenza. Risoluta quindi la maniera degli assalti,
scompartono quell' imperio in qualtro province , e fatli di se altret-
tanti drappelli, eccoli all'opera della conquista. Yiaggiano a pie scal-
zi , si nulricano del cibo piii vile ed accattato per Iddio, vestono po-
verissimi e logori panni. Frequenti i digiimi, scarso il riposo, ed
il rimanenle del tempo e tutto speso nell'orare, nel salmeggiare, nel
falicare. Yerso dell' oro, cagione di lanti guai per gl'Indiani, dimo-
1 Novas expeditiones suscipere adversos barbaros ant infideles sine gravissi-
ma et meditatissima causa minime oportet, cum agatur dcplurimorum homi-
num fortunis, libertate, salute ac saepe temeritaie multorum irreparabilia bel-
lo damna dentur. Quapropter nemo ex Clericis, qui doctrinae Indorumprae-
sunt, vel alias, utcumque agunt, ad bellum contra lndos, aut alias quascum-
gue expeditiones , ut ministeriis spiritualibus milites iuvet, proficiscalur , nisi
de expressa licentia sui Episcopi. Qui secus egerit, excommunicationi latae
sententiae ipso facto subiaceat: et pro modo culpae aliis etiam poenis pie-
ctatur. Act. II, cap. 7.
704 Li COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
strano un sommo sprezzo. Nelle loro corse non sono arreslati ne
dall' inospitalita delle foreste v ne dalla fierezza dei popoli , ne dalla
gravita ed assiduita del patire. Tulto affrontano , tulto vincono. Gli
oppressor! dei popoli domati tentano di averli ad aiutatori della loro
cupidigia, mainvano. Sono percio calunniati : non se ne curano. So-
no miriacciati : non temono. Sono perseguitati : soffrono in pace. La
mansuetudine , la pazienza e la carita rifulgono in essi annodale ma-
ravigliosamente. Dapprincipio gl' infedeli si raostrano poco o nulla
inchinevoli ai loro ammaestramenti. Ma alia fme al lampo di tante
virtu si riscuotono , le anamirano , si danno per vinti. Corrono da
ogni parte, domandando il pane della divina parola ed il baltesimo.
Non v* ha citta, borgata o \illaggio piu riposto che non gli chiami a
se, e merce il sussidio di altri.nuovi compagni il P. Martino puo
scrivere al Ministro generale deH'Ordine che i figli di S. Francesco
hanno rigenerato a Crislo un milione di anime l. Sopravvengono
intanto i Padri di S. Domenico , quindi quelli di S. Agoslino. V'5
da lavorare per tutti , ampio e il terreno da coltivare , larghissimo
il frutto che si coglie , ma sempre a costo di sudori , di slenti e di
ogni maniera di patimenti 2.
La provincia, che ora va solto il nome di Vera-pace, da principio
chiamavasi il paese della Guerra, perche abitalo da gente guerriera,
feroce e nemica morlale degli invasori. Nulla vi poteano le armi ; i
patti erano rifmtali ; il pericolo della signoria degli Spagnuoli con-
fmanti in perpeluo rischio. L' intrepido domenicario F. Bartolomeo
Las Casas col solo F. Pietro Angulo si presenta a quel popolo te-
muto. Colle parole e piu coll' esempio delle piu nobili virtu in poco
spazio T ammansa , lo converte a Cristo e rendelp suddito fedele di
Cesare. Siccbe Carlo V a buon diritto intitola Vera-pace quel paese
dellaGuerra. Gli Spagnuoli entrali nel 1526 nel Yucatan aveanlo cor-
so con tante rapine e sevizie, che gli abitanli sollevatisi tulti in arme,
aveano giurato di rimanere spenli colle mogli e coi figli , anzichd
darsi in obbedienza ai conquistatori. Sette anni duravano neir aspra
1 F. JTJAN DE TORQUEMADA , Monarquia Indiana, Lib. XV, c. 12, 38, 39.
Lib. XX.
2 FONTANA, Monum. domin. an. 1531,
NELLE INDIE OCCIDENTALI 705
lotta e sempre vittoriosi. II P. Giacomo Testera con altri qualtro
compagni del sacro Ordine Serafico , licenziato dal governatore del
Messico, va a quel popolo valoroso. In quaranla di guadagna i capi
e buona parte dei loro sudditi alia fede cattolica ed all' imperio del
Re di Spagna. Gl' Indian! Teules Chichimecas, tremendi alle bande
spagnuole, sono egualmente domi dallo slesso fanalismo di carita.
Passiamo al fianco occidentale dell' America. Ci valga di nuovo
argomento 1'opera di un prelate, 1'Arcivescovo di Lima S. Toribio.
La sua archidiocesi girava da ollre seicento leghe, ne correa trecento
da tramontana a mezzodi , cencinquanta da occiderite ad oriente,
inollrandosi fin dentro il cuore di los Andes : Indiani idolatri o tor-
nati alia idolatria in ogni parte, molti selvaggi nelle montagne ,
avversione al nome spagnuolo in tutli. Ei la visito per ogni verso
tre volte. Nella prima spese sette anni, quattro nella seconda, nella
terza mori. Risloro in ogni luogo il costume , fe ritiorire la fede tra
i fatlisi cristiani , la semino negli altri. Nella prima visita centomila
furono i convertiti. Non domandate con quali mezzi. Sono quelli
adoperati dagli Apostoli. 11 capitolo della sua vita, in cui si riferisce
la maniera della sacra visila, melte pieta e stupore ad un tempo, si
lunghi sono i digiuni, si gravi gli slenli, si grandi e frequenli i pe-
ricoli. Altraverso panlani di piu leghe , sali monli altissimi e diru-
pali, penetro nelle valli piu selvagge. Non v'era luoghicciuolo si
povero o deserto , che ei non visitasse , non inconlrava boscaglia si
fitta, che egli non cercasse. Dovunque argomentava trovarsi qualche
torma d' Indiani , cola volgeva il piede. Un di gli vien dello che su
la cima di una montagna si erano ricoverati centoventi Indiani a farvi
vita bestiale. Eccolo in moto. Non lo raltiene ne la difficolla dei
passi , ne la ferila degli uomini cercati. Caduto Ira via stremato di
forze, come si riha, conlinua allegramente il suo viaggio , e Dio lo
consola con un esito fortunate. Alia sua caritcl non v' e animo si
duro o selvatico, che si tenga. Tulli 1'accolgono con riverenza, 1'a-
mano come padre, si arrendono pronli alle sue parole. Tali sono le
arti della violenza adoperate dal fanatismo cattolico.
Mettiamoci nel mezzo dell'America a mezzodi. Qui si apre un im-
menso paese , che si stende dal Brasile al Chili ed al Peru , e da
Serie VI, vol. II, fasc. 366. ^ 7 Gingno 1865'.
706 LA COSCIENZA E LA CHIESA SCHIAVE
ogni banda e corso da tonne di dodici o qualiordki mUa Indian!
imbestiali. Lo scoperse Juan de Solis nel 1516, e montando il fiume
Paraguai vi fu divorato da tali abiiatori. Al Garcia ed al Sedeno,
che qualche anno piu tardi osarono metlervi il pie , tocco la stessa
sorte. Le poche citta fondatevi appresso dagli Spagnuoli solto Con-
salvo Mendoza ed il Salazar sono poco meno che in perpetuo asse-
dio. Guai a colui, che osasse dilungarsene alquanto, egli diverrebbe
crudelissimo pasto di quelle masnade. Nel 1586 il Vescovo di Santia-
go Monsignor Francesco Yittoria, del sacro Ordine di san Domenico.
chiese ed ottenne alcuni Padri della Compagnia di Gesu per affidar
loro la conversione di quelle orde selvagge. I Padri Barsena ed An-
gulo sono i primi a mettersi alia difficile impresa. La quale incomin-
ciata , viene mirabilmente ampliata e continuata con indomabile co-
stanza. Gl'Indiani sono cerchi per ogni lato, sono riuniti in bor-
gate, di belve feroci sono mutali in cristiani ferventi ed in otUoai
cittadini. Oltre a cinque cento mila erano i figli delle selve cosi
raccolti e trasformali nella lor vita, quando poco oltre la meta del
secolo scorso i Padri furono di cola bruttamente cacciati.
Sapete che sia costato ridurre a tale stato popoli di costumi tanto
feroci? Eccovelo : patimenti indicibJli, rischi frequenti e spaventosi,
e morti di ogni maniera. I missionary doveano non di rado cercarli
or dentro folte boscaglie , or net fondo di valli inospite , or sopra
gioghi asprissimi, attraversando torrenti, fiuniane e paduli, affron-
tando il dente delle tigri o il morso di orribili serpenli € tutti gli
stenti della fame, della sele e di ogni piu duro disagio, Imbatlutisi
in una torma di quegli uomini silveslri, al primo vederli dalla liinga
si aspettavano di sentir tosto o il grido di mor te, o un colpo di maz-
za sul capo, o una freccia nel petto. Che se invece li aveano arrende-
Toli alle loro parole, nuove cure e nuovi affanni nel trarli in luogo
acconcio a piantarvi le abitazioni e ad essere coltivalo. Quando gia
^redeansi sicuri delle loro faliche, eccoti un bel di vedersi airimprov-
Tiso senza i lor cari selvaggi , o perche fuggili di nuovo entro le
selve, o perche da un notturno assalto di qualche tribu nemica messi
parte in dileguo, parte a cruda morle o in ischiavitu. Centomila.
divisi in convenevoli residenze, erano il dolce frutto di trenta anni
di stenli, e dopo il diserlamenlo cagionalovi da una correria dei
NELLE INDIE OCCIDENTALI 707
feroci Mamelus non poterono raggranellarne che dodici mila. Quello
pero che in lanta disavventura recava loro piu amaro' cordoglio s!
era, che il turbine, scaricalosi lor sopra, Iraea la sua origine dai mer-
calanti europei , i quali aveano indotto gli assalitori a tanto eccesso
d'immanita, pattovendo tanto per testa degl' Indiani, che menassero
schiavi dalle Riduzioni dei Gesuiti.
Dalla parte di costoro, fin dal primo inizio dell'impresa, venne ai
missionarji la piu aspra tribolazione. Essi aveano accetlato quella
missione al patto inviolabile, che gl'Indiani converlili rimarrebbero
liberi. Di qui mille tristissimi guai. Gl' incettalori di schiavi gli affa-
mano in Santiago, per difelto di limosine gli cacciano dell' Assunzio-
ne : qua aizzano lor conlro il maestrato , la il clero : ora gli fanno
licenziare da alcune Riduzioni , ed ora dan loro travaglio in altre
guise. II padre Valdiva naviga in Europa per chiedere un valido so-
stegno dal re Filippo III e 1' ottiene. II P. Montoja da Filippo IV, e il
P. Diaz Tano daUrbano VIII hanno coslituzioui di gravi pene centre
i disthitlori delle Riduzioni. AU'assalto di fronte soltentra quello di
fianco. S'inventano crudella, che diceansi adoperate dai Padri cogl'In-
diani; si da corpo alia favola, che faceali aspirare a signoria univer-
sale; si inagnificano miniere, che i regii miuistri dopo aver cercato
tulto il paese dichiarano per solenne sentenza non esistere. Essi pero
non vengono meno all' impresa affldata; ma conforlali in quel Dio a
cui aspiravano quale unica mercede , duravano costanti nei travagli
di deutro, e nell' amarissiraa tribolazione del di fuori.
Dal!' America del mezzodi portalevi a quella -del setlentrione. Nel
Canada, nel Maryland, nella California, nella Florida, ed in qualsi-
voglia altra parte \oi\iavveuile nel missionaiio colle medesime
armi alia mano: pazlenza inslancabile, carila ineslinguibile, costan-
za di ferro. Da quesle trae quella forza onde combalte e vince alia
fine, sia che egli cada vittima di velenala saetla, sia che inaffii di lar-
go sudore un terreno scortese, sia che muoia sfinito e abbandonato in
qualche selva sconosciula. II Roberlson, il Voltaire, il Buffon, i I Ray-
Dai , il Montesquieu ed altri filosofanli , o increduli , o avversi alia
Chiesa, al prodiglo di lanta virtu ne'missionarii, non sanno rattener-
si dal commendarli ad onta di quei trisli od ingannati caltolici , chg
V opera delle conver&ioni , loro merce operatesi , atlribuiscono alia
\iolcnza e alle crudella da essi pralicate.
RIVISTA
BELLA
STAMPA ITALIANA
I.
Sul tema proposto dalla regia Accademia di scienze, lettere ed arli
in Modena : « Se la liberta d' insegnamento sia un diritto se-
condo ragione, ed in caso afferm ativo entro quali limiti debba
tenersi circoscritto ». Dissertazione del Cav. CESARE Cmiv^pre-
miata nel Concorso accademico dell' anno 4863.
In tanta collime di libri sciocchi, immorali ed empii, 1'abbatterti
in uno scritto assennato, oneslo , rispettoso verso la religione, e co-
me incontrare un' oasi nel deserto , nel la quale ti fia dalo ristorarti
dal felido e-soffocato acre che spira all'intorno. Cosi appunto e stalo
per noi cotesto opuscolo dell' il lustre storico ; la cui letlura ci e riu-
scila di graridissimo diletto. Senonche a volerla epilogare, per darne
contezza ai nostri lettori, incontriamo non superabile difficolta, per
esser esso tutlo sugo di sensali giudizii e stringati argoraenti ; e pero
impossibile a compendiarsi. Ci sforzeremo pertanto di raccoglierne
alcuni tratti, che sieno come saggio del lutto, e invogliuo a procurar-
sene il teslo origin ale.
Scopo dell' Autore e di opporsi al monopolio governativo per cio
che riguarda 1' istruzione, abbattendo la sentenza di quelli che vo-
gliono 1'intero insegnamento in mano dello Stato, attribuendo a que-
sto il diritto e ii dovere di rendere non solo facile ma obbligaturio
RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA 709
ristruirsi , solto la sua balia. Nel che , per non togliere abbaglio ,
vuolsi avvertire che 1' Autore parla nella presente condizione di ce-
se, dello Stato cioe considerate per se stesso, e scisso del tutto dalle
influenze della Chiesa.
II principio, in cui si fondano i difensori del monopolio governati-
vo, e la grande importanza, che 1'istruzione ha per rispetto alia Socie-
ta. Essi dicono : Sommo male di un popolo e 1'ignoranza. DaH'istru-
zione della gioventu dipendono, nella massima loro parte, la vitalita
e gl'incfemenli del paese. La dignita nazionale, gli elementi di pub-
blica prosperita se ne vantaggiano grandemente. La scienza fa cre-
scere le virtu e scemare i delitli. Quindi inferiscono : Lo Slato dee
considerare come primaria sua cura 1'islruzione ; tanto piu che i pri-
vati , di per se , non sono buoni gmdici in falto di sapienza , e sol-
leciti cercatori de' mezzi per conseguirla. « II Governo dunque pro-
curi la massima diffusione della dottrina, apra a tutli scuole , slabi-
limenti ; obblighi ognuno a frequentarli, a preferenza o ad esclusione
dei privati ; v'adoperi premii e punizioni 1. »
A conoscere il sofisma di questo specioso argomento , basterebbe
por menle a quella sentenza di Aristotile : Non omnia quae neces-
saria sunt civitali, partes sunt civitatis 2. Non tulto do che giova o
e necessario al ben essere del consorzio civile , e competenza del po-
tere civile. Se cosi fosse, anche la religione, vita e fondamenlo dello
Stalo, dovrebbe essere emanazione e apparlenenza dello Stalo. Dal-
T essere una cosa sommamente ulile o necessaria ad un' allra, non
puo inferirsi se non che per questa e di sommo inleresse il prospe-
rare di quella. II doverne poi essere o no sottoposta al dominio ,
dee deciders! da altri capi, cioe dalla sua natura, dal suo fine, dal-
T estensione del potere col quale si paragona. Di piu il preteso argo-
mento esce fuori dello stalo della conlroversia. Non si tratta qui se
sia desiderabile che tulli, per quanto e possibile, procurino d'istruir-
si, almeno elemenlarmente ; ma si tratla se il Governo debba pren-
dersi un tale incarico e possa obbligarli.
Piu necessario dell' istruzione e il sostentamenlo ; se e vero che
prima e Tessere e poscia il ben essere. Se la society ha dovere di
1 pag. 10, - 2 Politic. 7.
710 m VIST A
dare a lutti 1'istruzione ; molto piu ha dovere di procurare a tulti i
mezzi per vivere ; ed eccoci al socialismo. « Chi dunque ci doman-
da se il Governo sia obbligato dar 1'istruzione a tulti, rispondiamo :
No ; come non e obbligato somministrare lavoro a chiunque n'e ca-
pace. E obbligato almeno procacciare 1' istruzione a lutli i poveri?
No. Piu pressanle che non 1'istruzione e il vitlo ; eppure chi crede
deva il Governo provvedere aU'alitnenlo di tulti? Lo Stato e Societal
giuridica ; onde non ha a fare coll' istruzione , la quale spelta a so-
ciela morali, scientifiche, religiose 1. » — Ma noi ameremmo veder
tutti islruiti. — Altro sono le simpatie, allro e la giuslizia. Ognuno
vorrebbe che non ci fossero poveri ; sara pero la limosina un dove-
re giuridico?
L' obbligare tutti ad istruirsi e un atlentato contro la liberta indi-
viduale e i diritti domestic]. Spetta al padre il curare 1' istruzione
del figliuolo ; strano sarebbe 1' esonerarnelo per caricarne lo Stato.
« Se queslo e obbligalo dar 1'istruzione , tutti sarebbero obbligati a
islruirsi, locche e falso : puo un padre aver bisogno del figliuolo
per custodire I'armenlo, per vegliare un bambino in cuna, per gua-
dagnarsi il pane. Con cio non respingiamo la gratuita dell' insegna-
mento, bensi 1'esonerare i padri dell'obbligo di far istruire i figliuoli,
quando n'abbiano i mezzi 2. »
I nostri riformalori pensano d' aver beatificata la societa , col far
che tulti sappiano leggere e scrivere. Peggiore dell' ignoranza e 1'er-
rore; peggiore d'amendue e 1' immoralila. Or ne dell'uno ne del-
1'altra essi si mostrano impensieriti; anzi si sforzano di diffonderla,
nella gioventu massimamente, persuasi di assicurarsi cosi una suc-
cessione di posted, che li somigll nella empieta e nella ingiuslizia. II
Cantu giustamente osserva, che alia felicila sociale non 1' insegaar
leggere conferisce , ma 1' abiluare il popolo all' osservanza de' pro-
prii doveri ; e cio non puo farsi dallo Stato , ma dalla Chiesa. Del
reslo a promuovere 1' istruzione nel popolo non il costringimento,
che o resla inefficace o porta ad indagini inquisitorie sullo stato delle
famiglie, bensi giova il proleggerla e inspirarne negli animi il desi-
derio. Intorno a che T Autore reca un fatto assai eloqueute. « Una
1 Pag. 13. — 2 Pag. 14.
BELLA STAMPA ITALIANA 711
preziosa confessione, egli dice, ricaviamo da uno, che e lutt'altro che
avverso ai regolamenti. II ch. Matteucci , nel suo progetto di legge
sull' amministrazione dell' istruzione pubblica, del Luglio 1863, di-
ce: Nelle Romagne noa ha mai esistilo e non esisle legge sull' islru-
zione elementare, e tuttavia per 1' iniziativa di quella inlelligente po-
polazione, e per V operosita non mai venula merio in nessun tempo
nei municipii , 1' istruzione elementare vi si estende e si diffonde
oggi in un grado e con un impulso , che uon si riscontrano eguali in
allre province italiane , dove essa esisle impiantata e regolata dalla
legge 1. » Vuolsi avvertire che quella popolazione cosi intelligente
e quei municipii cosi operosi, eransi formati ed educati sollo il Ge-
verno dei preti , che ora gli scriltori rivoluzionarii cosi buffonesca-
mente deuigrano.
Rimossa la coazione per 1' istruzione elementare, sara almeno do-
vere o diritto del Governo amministrare generalmenle Y islruzione,
escludendone la privata, o almeno sotloponendola al suo sindacato?
Anche qui si ricorre al medesimo sofisma di esaltare i vanlaggi dcl-
1' istruzione , per inferirne che essa deve stare in mano del Gover-
no. II Cantu acutamenle scopre una tale magagna. « ETun paralogi-
smo troppo consuelo 1'addurre tult'allro, che cio che serve a dimo-
strare la lesi. Qui non si discute se convenga comparlire 1' istruzione,
ma se il miglior modo sia il monopolio o la liberliL » Quindi con
limpidezza e validila di ragioni rigelta quella pretensione oppress! va.
« Noi teniamo dunque che il dovere, e in conseguenza il diritto del-
1' insegnamento non esista nel Governo, ne eticamenle, ne fisicamen-
te, ne logicamente. 11 Governo e un sistema di difesa della societa;
mentre fondamento di questa e la famiglia: la quale presenlasi co-
me un dovere, un diritto, un insieme di mezzi, un soggello di pro-
prieta, un potere d' educazione. E 1' educazione una delle principal!
solleciludini de' genitori : son essi che danno la piu penelrante e de-
finhiva, seconda generazione , che veramente forma 1'uomo. Que-
grinfelici , cui dalla nascita manca la famiglia , a quanto maggiori
tentazioni trovansi esposti ! in quanto maggior numero sono corrolti,
proccssati, condannati I Coloro che aspirano a dislruggere la pro-
1 Pag. 15.
712 RIVISTA
prieta, per prima cosa scalzano la famiglia. Di rimpatto , coloro che
vogliono assodare la societa devono assodar la famiglia, rigenerarla
colla morale, lasciarle esercitare tulti quei diritti che tiene dalla na-
tura sua slessa.
« Or fra quest! e il potere educare i figliuoli, giusta la propria co-
scienza. £ la coscienza e affare interne, mentre lo Slalo e societa
giuridica, e non ha poteslti che sugli atli eslerni ; ne in consegueu-
za puo ingerirsi dell' educazione, se non per delegazione della fami-
glia, quale ausiliario di essa, come fa il tutore invece del padre. In
tale qualita , ne acquista i doveri ; ma in verun caso toglie alia fa-
miglia il potere diretto , la facolta di non servirsi di esso. Se inter-
venisse giuridicamente, non opererebbe piu per delegazione, ma per
virlualita propria, e due poteri di educazione si troverebbero in con-
flitto l. »
Quinci 1' Autore dimostra come , anche non guardando il diritto,
ma i soli rispetti di opportunila e utilita , 1' istruzione lasciata alle
famiglie vince a mille tanti , quella che lo Stato organizza e gover-
na. L' istruzione privata e libera e piu vicina alia societa domestica.
« Nell' inse^Bamentp libero il collegio, il liceo, 1'accademia, inslilui-
te privatamente, sono una famiglia emanala eprotetta dalle famiglie
naturali. I professori sono conosciuli dai parenti de' loro allievi , co-
noscono 1' indole, i comporli, le inclinazioni di questi, e se ne fanno
jsecondi padri, appoggiati anche dai padri che furono anticbi loro al-
lievi 2. » Collocati i maestri sotto 1' occhio vigile dei padri di fami-
glia, avranno assai maggiore zelo, e sara meglio conosciuta la loro
jnoralila. Tulli i loro vanlaggi saranno fondali sulla ripulazione, e
questa sul merito. Nell' insegnare ci sara piu spontaneila, e quindi
piu vita. Tutto il contrario avviene nel monopolio governativo. Per
esso i professori sono ignoti alle famiglie. Vengono Dio sa d' onde,
e purche siano patentati , importa poco che dopo gli esami di obbli-
go , abbiano passata la vita in lull' allro mestiere , e sieno viziosi o
dissipali. Insegnano senza propria inizialiva , come meri strumenti
del programma e del moto, imposto ab extrinseco dai Governo. Tut-
to il loro interesse e di contentare il Minislro , che li stipendia , per
1 Pag. 23. - 2 Pag. 25.
BELLA STAMPA ITALIANA 713
conseguirne Iraslocazione migliore o avanzamento. Gli ottimi sono
rimossi, giacche sdegnano di presen tarsi in competenza con allri
freschi di studii , e spesso vengono esclusi per invidia, o per colore
politico, o intrighi di parte.
Si e tanto declamato contro la censura preventiva ; eppure essa
non offendeva se non quei pochi, a cui poteva rincrescere la soppres-
sione d'un articolo o d'un libro , di cui peraltro il pubblico potea
passarsi agevolmente. Ma qui la previa censura tocca la parle piu
delicata dell' uomo , qual e la coscienza. « II maestro e un magi-
slrato che ha cura d'anime, e la scelta di esso e un alto di fede; n5
puo il governo imporlo, come non puo imporre il confessore o il rab-
bino o il barba. . . Se in una universila legga un materialisla o un
panteista, non devo potere scostarmene , io cattolico , come il val-
dese , se v'insegnasse un pietista 1? » Ecco la liberla di coscienza
che concedono i suoi bugiardi millantatori ! I padri di famiglia co-
stretli a fare istruire ed educare la piu cara parte di se slessi , se-
condo massime e coslumi, ripugnanti a cio che delta ad essi la loro
fede o la loro morale ! « II maestro eletto governativamente insegna
non pel proprio diritto ma per mandato della podesta ; sicche puo ve-
nire rimosso da quesla, e in conseguenza deve insegnare cio che gli
e prescritto , e secondo gli e prescritto. Ponete dunque un governo
tirannico, o ch' e peggio, un governo immorale ; obbligando i giova-
ni a dissetarsi alle fonti legali, esso avr& il mezzo di far bere il ve-
leno nella coppa d'oro, di pervertire tulta una generazione, degra-
dandola fmo al segno da poler anche sui punti piu vitali invocare il
suffragio universale, certissimo di averselo ligio e di mascherare co-
si, colla formola piu inoltrata della liberla, la piu assoluta tirannide,
quella della moltiludine 2. »
L'Autore vien poscia alia storia e dimostra come la liberla d'in-
segnamento ci fu piu o meno in ogni tempo ; e che la sua soppres-
sione e frutlo rivoluzionario. La rivoluzione ne ha bisogno si per dar
pane ai suoi adepti, e si per costringere tutte le teste a pensare con
lei, avendo poca fiducia nel valore intrinseco de' suoi principii.
1 Pag. 29. — 2 Pag. 30.
714 RIVISTA
Con do non si vieta che il Governo apra Scuole, Collegi, Univer-
sita; ma non costringa tulti a frequentarli, ne imponga egli stesso
i maestri. Se tanli sono i pregi dell' istruzione, da esso amministra-
ta, perche teme la concorrenza della liberta individuate? L'unica
cosa, che esso puo esigere con dirilto, si e I'esame rigoroso per chi
aspira a pubblici civili ufficii. A do rivolga tutte le sue cure. San-
dsca quesl' unico articolo di legge : Vi sara piena liberta d' inse-
gnamento, e massimo rig ore di esami.
Oltre la lesi generate, 1'Autore fa molte giudiziosissirae osserva-
zioni sopra il metodo, le materie e le persone, a rispelto del pub-
blico insegnamento. Per saggio riporleremo quel tralto in cui parla
dell' istruzione religiosa : « L' istruzione religiosa, egli dice , e di
spettanza unica della Chiesa, e questa non potrebbe compiere la
sua missione, quando non insegiiasse gia dall'infanzia do che regola
la volonta, eleva 1' intelligeuza, esporie cio che piu importa, e che
diverra guida per tutta la vita. Nelle scuole si colliva I'intelletlo,
laonde ogui vero puo darvi materia : puo insegnarsi tulto cio che e
acquisto dell' uomo, ma non cio ch' e rivelazione ; talche la scuola
deve o accettar la Chiesa qual e, o tacere di tulto quanto la riguar-
da. Ma tale ommissione renderebbe incompiuta la scuola, mancan-
dole molti veri, e i piu sublimi. Che se e lodevole il padre, che in
tempo di arsura stende un panno per raccogliere qualche goccia di
pioggia o di rugiada, ben meglio farebbe coll' andare alia fonte e
riempiervi il secchio.
« Ma 1' istruzione religiosa non vorrei io parte dei corsi ordinarii ;
mal mi sorride quel mettere la catechelica a livello colla fisica e col-
rumanita; e che, allo scendere d'un filologo il quale spiego Ora-
zio , saiga in caltedra un ecclesiastico che commenti San Paolo o il
Decalogo. A tal modo nell' insegnamenlo religioso si inseriscono i
dubbii dell'istruzione accademica. Ad un maestro, che ebbe per re-
gola di tenersi eslranio ai dogmi nell' insegnamenlo, come polra ri-
parare un calechista, che giunge colla sinistra prevenzione d' inse-
gnare per mestiere ? Al men che sia , egli riuscira a render noiosi e
ributtanti la Bibbia o il Catechismo, come gli altri maestri ridusser
tediosi Virgilio e Tito Livio.
DELLA STAMPA ITALIANA 715
« La Chiesa caltolica provvide altrimenti , e istitui nella casa di
Dio lezioni* dominicali , si per ispiegar il Vangelo, si per isminuzza-
re la dottrina ; pubblico catechismi , fatli da commission! sceltissi-
me e da eminent! leologi , ammirati come capolavoro di didaltica ; o
transuuti e interrogatorii approval! dai superiori ordinarii. Ma in
essi trattasi di verita certe, sulle quali non si da controversia, per-
che deffinite da un' autorita infallibile ; il preciso opposto dell' inse-
gnamento scolastico , ove tulto e abbandonato alle disputazioni ; ove,
anche dopo dimostratone 1'assurdo , sorge ogni tratto chi ri propone
la quadratura del circolo , la trisezione dell'angolo , il moto perpe-
tuo , la generazione spontanea. Aggiungasi che la Chiesa , oltre in-
segnar il vero , vigila perche non s insegni il falso , viepiu ove trat-
tasi dell'educazione del cuore , ed ha conforti e sussidii per la vo-
lonla.
« E nelle chiese soltanto dovrebbe impartirsi 1' istruzione religio-
sa, se non avesse costretto a introdurla nelle scuole 1'essersi ormai
generalmente abbandonate la predica e la doltrina. Non e dunque
che un ripiego; ma in tutti i casi dovrebb'essere il parroco che la
facesse nelle scuole elementari , non un laico , il quale , oltre le ine-
sattezze in cui puo incappare, scemer£ credito a un insegnamento
ecclesiaslico medianle una condotta, per lo meno, secolaresca.
« Quest'accenno all' istruzione religiosa ci affaccia la piu clamoro-
sa obiezione, che si fa al libero insegnamento ; cioe Tapprensione
che il clero lo tragga a tutto suo vantaggio ; e che , soppressa la do-
gana amminislrativa , irrompano dappertulto Scolopii, Ignorantelli,
fin Gesuiti. Sarebbe mai questo il linguaggio di gente che si van-
taggia del monopolio , e che abborre la concorrenza ? Fra gli arti-
fizii di render odiose o sospette certe verita , e 1'attribuirle a perso-
ne che siano a rinvilio nella tariffa di piazza. Chi pero si forbisca
dalle spettacolose paure e dalle personificazioni da trivio ; e sgom-
bri la fantasia dallo spettro delle machiavelliche combinazioni e del-
le cospirazioni tenebrose , rifletlera che il clero \1en fuori dal popolo
e \ive col popolo. Gli e vero che cio lo rende polente , ma sono i
democratic! che devono temerne l? »
1 Pag. 66.
716 RIVISTA
Abbiamo voluto portar per disleso questo lungo tralto ; atteso i
savii concetti che contiene , contrarii all' andazzo della capestreria
di moda. Ma esso non e il solo ; tulto il libro ne e zeppo. E pero ci
coDgratuliamo grandemente coll'Autore, non solo pel suo retto senti-
re in materie si delicate, ma ancora pel suo coraggio civile nel pro-
mulgare i suoi sentiraenti a viso aperto e fronte alta, contro la piena
dei vili e sciocchi piaggiatori dell' opinione corrente. Ma e tempo di
raccoglierle sarle; che altrimenti non la finiremmo si presto, se vo-
lessimo continuarci in questo argomento. In conclusione dunque di-
ciamo che 1' accentramento e il monopolio governativo , per cio che
riguarda 1' insegnamento , e merce importata dalla rivoluzione. La
teorica sociale della rivoluzione e quella di Rousseau , la quale pro-
meltendo liberta mena al servaggio piu spaventevole. Essa non
concepisce la societa come un vitale organismo , composto di asso-
ciazioni, aventi ciascuna proprio fine, proprio moto, proprie leggi,
di cui non puo venire spogliata ; ma la concepisce come un mero
meccanismo composto di pezzi e mote , di per se inerti , e deslinale
ad eseguire il movimento , che loro imprime un' unica forza, quella
del governante politico. Per la rivoluzione lo Stato e ogni cosa , as-
sorbente in se la personalila di tutti i cittadini ; e il monopolio del-
1'istruzione non e, che una parziale inferenza di cotesto pestilenziale
sistema. Gia lo Stato , come ben osserva il Cantu , si ha messo in
mano le sostanze private coll' imposta , le vite colla coscrizione , il
culto col placet, 1'opinione coi giornali; resta che s'impossessi ezian-
dio della mente coll' islruzione 1. Ecco la liberta che la rivoluzione
promelte e reca in atlo ! Suo vero inlendimento perallro e la distru-
zione d'ogni spontaneita individuate , sott' ombra del bene comune e
della volonla generale. Ma se bisogna stare in guardia conlro qual-
siasi lirannide , bisogna sommamente stare in guardia contro la ti-
rannide rivoluzionaria , che di lutte e la piu oppressiva e la men
facile a scuolersi , senza un perturbamento generale della civil con-
vivenza.
1 Pag 32.
BELLA STAMPA ITALIANA 717
II.
Omaggio a Dante Alighieri, offerto dai Cattolici italianf nel Mag-
gio 1865, sesloCentenario dalla suanascita — Roma, tipogra-
fia Monaldi 1865. Un elegante volume in 8.° di pag. VIII-656,
col ritratto di Dante.
Fu pio e generoso pensiero, quello che concepi il chiarissimo
duca Caracciolo di Brienza, d' invitare un eletto mimero di Scriltori
cattolici a celebrare la memoria di Dante Alighieri , nella ricorrenza
del sesto Centenario dalla sua nascita. II che egli proponeva, non
solo per una buona ragione di convenienza; di onorare cioe il me-
rito incomparabile del Divino Poeta: ma piu ancora per un cotale
motivo di necessita; che era di difenderlo dalle offese, alle quali sa-
rebb' esposlo il suo nome. Imperocche le feste, che per questa occa-
sione gli veniva apparecchiando la fazione, che ora signoreggia 1'Ita-
Ha, non tanto erano indirizzate a magnificarelasua gloria, quanta a
distruggere quasi il suo Poema, facendolo comparire opera politica,
e lui calunniando di avere in esso somministrato il concetto di que-
slo che dicono regno d' Italia, unificato sotto un solo principe , sba-
razzato in parte e prossimo ad essere sbarazzato del lutto del domi-
nio temporale de' Papi. Or ecco il povero Dante diventato un libera-
lastro del secolo XIX , istauratore dell' ordine morale alia foggia
moderna , inimico de' Papi , persecutore della Chiesa ! E questi do-
veano essere i titoli principali a festeggiarlo nella solennit£ comme-
morativa del suo nascimento ; e cio che e piu a nome della intera
nazione !
Siamo cerli che, anche senza I'lnvito del nobile Duca molti di
que' dolti , che sono concorsi a formare il libro annunziato da noi,
si sarebbero consigliati, ciascheduno dase, di venire in soccorso del
nome e dell'onore di Dante. Di fatlo non pochi di essi , oltre alle
scrilture pubblicate in questa Raccolta, altre ancora ne hanno divul-
gate pel medesimo fine. Ne meno di questi altri Scriltori , non
punto inferiori per merilo lelterario e per pieta cristiana, hanno an-
718 RI VISTA
ch'essi con opuscoli separati e pieni di dottrina preso a sostenere la
causa di Dante e della sua religione.
Se non che queste pruove, cosi divise tra loro, non sarebbero ve-
nute congiuntamente nelle mani di molti, ne come parti di un' opera
elaborata da molti a un solo scopo ; che percio non avrebbero avuto
il valore di un seotimento comune de'lellerali d'ltalia piu assennati,
inlorno al modo d' inlendere i pensieri di Dante. Che cotesto co-
mune senlimento si sia potuto otlenere, che siasi potuto manifestare
all' Italia ed al naondo con un volume, e questo, considerato sotto tut-
ti i risguardi, da mettersi a paragone colle piu eleganti l e splendide
imprese lelterarie, e da saperne il massimo grado al sullodato signor
Duca, il quale per venire a capo del suo magnanimo disegno, non ha
perdonato a spese, non ha risparmjato ne cure, ne fatiche, pospo-
nendo eziandio a questo i suoi particolari interessi.
E ci pare che il suo proposto sia stato coronato di felicissimo
esito. Peroeche il volume pubblicato da lui assegue compiutamenle
lo scopo generale , a cui era destinato. Esso e riuscilo nel tulto cio
che si voleva, una protesta efficace, perche ragionata, del mi-
glior fiore de' letterati italiani , veramente catlolici, contro gl'm-
sulti, che nelle feste del Centenario si sono falte alia religione ed al-
ia onesta di Dante Alighieri, con graluite affermazioni avventate tra
i fumi de' conviti e le baldorie delle piazze , o sparse in epigrafi
groltesche, e in discorsi da deliranli.
E un altro suggello di verita, donde meno si sarebbe aspettato,
ha ricevulo il disegno di questo Omaggio. Imperoccbe pur dalle of-
licine de'liberali, e sollo la costoro direzione, e uscita alia luce una
Raccolta di opuscoli, avenli per soggetto Dante e laDivina comme-
dia. A noi veramente non e ancora pervenuta ; e pero non ne po-
tremmo giudicare di propria e immediata cognizione. Nondimeno a
leggere i norm di alcuni autori, i quali vi ban preso parle, abbiamo
con piacere osservato, che gli stessi liberali si son veduti costrelti
1 Diciamo elegante e splendida quest' impresa non solo dal lato lettera-
rlo, ma eziandio dal lato tipografico. Poiche il libro per la nitidezza dei ca-
ratteri, per la qualita della carta, per la diligenza dell' impressione, puo no-
verarsi tra le stampe veramente belle che ora si facciano in Italia.
BELLA STAMP A ITALIANA 719
di ricorrere a buoni cattolici, se volcano che si dicesse alcuna cosa
di grave e di vero iniorno a Dante. Molto piii ci siamo consolati a
rilevare da alcuni diarii il sunlo di piu di una di coteste scritture.
Or che e do, dicevamo, cbe i liberali, i quali hanno falta tanta bal-
doria per dimostrare che Dante fu nimico del dominio lemporale del
Papi, ci stampano a un tratto una dissertazione del Canlu, secondo
la quale sarebbero da dire inetti coloro, che affibbiano a Dante una
tale opinione? E la stessa maraviglia ci percoteva per gli argomenti
di alquanle altre scritture. Ma la risposta e li: era necessario invi-
tare a serivere sopra Dante personaggi che il sapessero fare conve-
nientemente : e niuno il potrebbe, che fosse disposto a travisare i
pensieri di lui, per servire ai fini della setta.
Or questa ragione viene, bench e per indiretlo, a commendare
il Volume dell' Omaggio de' Cattolici italiani a Dante Alighieri. Pe-
rocche niuno vi ha parte, che non sia dall'una parte commendevole
per la bont3t de'suoi principii religiosi, e che daH'altra non avesse
gia date ollime pruove del suo non ordinario valore nella intelligenza
del divino Poema. Ora se i liberali, per dire alcuna cosa di buono
inproposito di Dante, dimenticato ii loro delirio, sono coslretti di ri-
correre ai catlolici, non e da riputare il presente Libro il vero in-
terprete degli intendimenti di Dante, se non sempre e in tutti i ri-
spetti secondarii, certamente pero nella sostanza del tulto?
Facciamo cotesta necessaria eccezione ; perocche, come afferma il
sullodalo Editore nella sua bellissima Prefazione, era impossible
che tulli i diversi autori convenissero nelle medesime idee partico-
lari. Ma cio non fa altro, che rendere piu autorevole il loro consen-
so nelle cose piu sostanziali. Di fatto abbiamo scorso, con infmito
piacere, da capo a fondo tulto il libro ; e mentre non vi manca
niuna delle gravi quislioni; come a dire, dell' idea e dell'intendi-
mento di tutto il Poema, del concetto politico, e del suo alteggia-
mento nella monarchia universalc, del Veltro, del dominio temporals
de' Papi secondo 1' Alighieri , della sua Filosofia , e di piu altre non
meno important! di queste ; e ammirabile 1'armonia di tanti uomini
dottissimi nel vedere il medesimo scopo del Poela, la mcdesima ret-
titudine, la medesima religione ; avvegnache con maggiore o minore
720 RIVISTA
comprensione, con quesle o quelle altre applicazioni, e con interpre-
tazioni piu o meno aggiustale.
Ne si creda pero, che la gravita degli argomenti faccia ostacolo
aH'amenila, che si conviene ad un omaggio di festa. L'Omaggio
de' Cattolici italiani a Dante Alighieri ci e riuscito veramente un li-
bro delizioso. Delizioso pel soggetto, che cotanto interessa: delizio-
so per la varieta delle materie e delle trattazioni : delizioso per le
bellezze e le grazie delle forme; essendo lo stile in tulti colto, in al-
cuni con singolate squisitezza: delizioso finalmente per 1'accordo di
bellissime poesie, che si vengono a quando a quando ad intrecciare
colle prose.
Abbia dunque 1' egregio signer Duca e gl' illustri suoi collabora-
tor! le nostre congralulazioni, e quelle che siamo certi gli fanno lul-
t' i buoni Italiani ; del pensiero de' quali si sono fatti si degnamente
grinlerpreti.
HI.
Risposta di due teologi italiani all' Enciclica dell' 8 Dicembre 1864,
indirizzata ai Vescovi caltolici da Papa Pio IX. — Urbino per
Savino Rocchetti 1865. Un opusc. di pag. 52.
Una risposta air Enciclica , et quidem di due teologi , e di due
teologi dicentisi italiani, aggiunto si straziato da alcuni preti de'no-
stri di ! Oh la pessima cosa che deve essere ! Dicemmo losto alia
vista di questo titolo. C'introducemmo. Ecco i due teologi, non altri-
menti che due cani ringhiosi sopra il pasto da rodere , giltarsi ad-
dosso all' Enciclica e, senza il menomo riguardo alia civilla, fare di
essa e della sacra e reverenda persona che 1' ha indirizzata ai Ve-
scovi quello strazio osceno, che Dio vel dica. I Pastori delle Chiese
parlicolari, che 1' hanno accolta con tanta riverenza, commentata
con tanlo amore e promulgata con proprio rischio, sono una torma di
poveri ciechi che si lasciano trarre a mano da un altro cieco. I cat-
tolici di ogni ordine che 1' hanno salutata con gioia, i protestanti
d' Inghilterra e di Lamagna , che 1* hanno ammirata , e ricolma di
lodi , a petto dei due teologi italiani sono altrettanli baggei, che non
BELLA STAMPA ITALIANA 721
inlendendo un' acca di diritto beono assai grosso. I chiaroveggenli
in questa bisogna sono i due leologi italiani , i quali discoprono te-
Bebre, falsita, insipienza, dove gli altri veggono luce, veriia, sovru-
mana saviezza. Abbiatene un saggio in do che si legge nell' esordio
della risposta.
« L'infelice Pontefice, chenon sappiamo per quali arcani disegni
di provvidenza , pare deslinato a parlar sempre fuori di proposito ,
ci parve appunto un principe che vive fuori dell' ambiente respiralo
da' suoi sudditi, ci parve un insegnanle che nelle sue lezioni si metle
a ritroso del senso comune, ci parve un capitano d'eserciti che
scambia la caserma col campo di guerra. A giudicare il Ponlificato
romano da quest' alto, non ti sembra gici un'istituzione che com-
batte, ma che agonizza ; non un' autorita che esercita il mandato ,
ma che si uccide con le sue stesse mani ; non 1' espressione d'una
era trasportata al dominio della storia , ma d' un presente di morte
e di tenebre. E pero potrebbesi lamentare con Geremia : « oh! come
1' oro e oscurato, come 1' ottimo colore e mutato ! » tanto vi campeg-
gia un' inqualificabile ignoranza degli uomini e delle cose ; un' im-
perizia vargognosa delle scienze sociali e de' tempi che corrono ! »
Fin qui la tirata proemiale ; il cui piglio villano non si adoprerebbe
nemmanco da un vecchio, malcreato ed iroso maestro col piu tristo e
sventato scolaretto della sua classe.
Non facciano le meraviglie di queslo i nosiri lettori. I due teologi
italiani sono due gran baccalari gia conosciuti al mondo per allri
scFilti ; sono due grandi uomini matricolati in utroque, a cui tulto e
lecito. Pensate, sono due Ex, due apostati ; il Reali ed il Prota in
petto e persona. Ecco i chiaroveggenti , dinanzi a cui conviene che
ceda e si abbui ogni autorita, ogni ingegno ! II primo scrisse la sua
risposta nell' Esaminatore di Firenze , il secondo nell' Emancipatore
cattolico di Napoli. Un cotale di Urbino voile esser terzo tra cotanto
senno, merce 1' opera del riunirle nel libreltucciaccio col titolo an-
mmziato, chiamandole sapienti parole, forli ragioni, palpabili ve-
rita. Ma sapete in che consiste la sapienza e la forza di cosiffatte
ragioni? Essa consiste proprio nell' arte dell'inganno e, della frode:
giacche da capo a fondo si alterano, si trinciano. e si travisano i con-
Serie YJ, vol. 11, fasc. 366. 46 7 Giugno 1865.
722 RIVISTA
celti della Enciclica con istomachevole sfrontatezza. Diamone un
saggio.
La prima proposizione condannata dall' Enciclica dice :
« L ottima ragione della pubblica societa, e il civile progresso
richiede, che la sociela umana si costiluisca e si governi senza aver
niun riguardo alia religione, come se non esistesse, o almeno senza
fare alcun divario tra la vera e le false religion!. »
II Reali, Ironcatole di un colpo nello il capo, ve la porge in que-
sto modo :
« Son alcuni che osano insegnare, che la societa umana sia cosli-
iuita e governata senza verun riguardo alia religione , come se non
esislesse od almen senza far veruna differenza fra la vera e la falsa
religione (pag. 6). »
La seconda proposizione appuntata nell' Enciclica afferma:
« Ottima essere la condizione della societa, nella quale non si ri-
conosce nell' Impero il debito di reprimere con pene stabilite i vio-
latori della caltolica religione, se noii in quanto lo domanda la pub-
blica pace. »
II Reali invece, fattole lo stesso strazio che alia prima, ve la stor-
pia cosi :
« II Papa si duole, che nel dirilto penale non si minaccino pene
ai violalori della cattolica religione, se non in quanto richiede la
pubblica quiete. Egli vorrebbe che il diritto di punire si estendesse
alle colpe interne, le quali sono tali moralmenle, ma non giuridica-
mente ecc. (pag. 8). »
La terza proposizione dell' Enciclica ferisce 1' opinione che af-
fierma :
« La liber ta di coscienza e dei culli essere un diritto proprio di
ciascun uomo, che si ha da proclamare e stabilire per legge in
ogni ben coslituita societal , ed i cittadini avere diritto ad una totale
liber ta ecc. »
II Reali in cambio ve la spaccia travolta e scema del proprio sog-
gello, dicendo:
« In seguito si riprova la liberta di coscienza e dei culti, e per ri-
provarla adeguatamente si asserisce, essere le odierne scuole dei
DELLA STAMPA ITALIANA 723
pubblicisti tutte inlese a sostenere che in ogni sociela ben coslituita
ogni citladino ha diritlo ecc. (pag. 9). »
Eccovi la buona fede del teologo ilaliano! Le condanne del Ponte-
fice sono esposle in formole limpide e recise. L'errore, sfolgorando-
vi colla sua luce nefasta, morde gli occhi anche di quelli che non
vorrebbono addarsene. Conlultocio il Reali delibera di metter in ug-
gia la Enciclica! L'astio, che lo rode controil Papa, nol lasciaquie-
to. Che fa egli pertanto? Preso consiglio dalla sua nequizia, tronca,
scema, storpia le proposizioni condannate. Sicche scomparso il sog-
gelto della condanna, o tramutato d' uno in altro punto di dottri •>.
na , egli puo quindi a suo bell' agio dar da intendere al credulo
lettore, che il Pontefice e illogico, che vuole restituiti i roghi, che
domanda al polere laicale delle pene per colpe interne , ed altrettali
fanfaluche da pazzo ciurmatore. Cosiffatta e la tranelleria, a cui egli
ordina la soppressione de' concetti o vocaboli segnati nelle riferile
proposizioni.
Ma variata placent. Onde il Reali dismessa Y arte del furfante pi-
glia quella del giocoliere. Giacche siccome questi nel processo del
giuoco vi cangia con destrezza Tuna palla in altra ; cosi egH, rappor-
tate testualmente le parole dell'Enciclica, cammin facendo ve le con-
verte in altre. A mo' di esempio ei vi scambia con somma bravura
la pubblica opinione filtizia nel senso comune : vi muta la forza di leg-
ge suprema, atlribuita alia pubblica opiuione, nella forza di verita in-
concusse, proprie del senso comune : alia voce palesamente (palam)
soslituisce 1'avverbio liberamente, e 1'uso della liberta confonde colla
potenza della medesima. Di che cangiato sostanzialmente il senso
delle proposizioni condannate, egli vi fa vedere come due e due fan
quattro, che il Papa ha fulminato il senso comune , messa al bando
la liberta umana, e presi de' granchi non pochi. Che vi pare di que-
sla mariuoleria si ben pensata 1 ?
Eccone un'altra. La Enciclica non vi gitta dinanzi cosi a casaccio
le sue condanne , ma ve le connette e raflbrza con un seguito si ben
Inteso di ragioni brevi, succose, profonde , che piccolo commento
1 Pag. 9. 10, 11. 12, 14.
724 RIVISTA
basterebbe ad averne un'apologia ampla e tutta nerbo di argomenli.
II Reali non fa motto ne del collegamento che corre tra Tuna
condanna e 1'altra , ne delle autorita, che si citano, ne delle gravi
ragioni che vi s' incontrano. Per lui tutto questo e nulla. Onde, per
avere di che combattere, or cavilla, or meulisce ed ora calunnia. La
sua buona fede e sempre in giuoco. Grida all'equivoco sopra la con-
danna della teorica del fatto compiulo , come se il Papa condannas-
se in un fascio tutti i fatti compiuti , legittimi o no ; e 1'equivoco par-
te dalla sua penna , in quanto omette la voce iuris aggiunta a vim
che determina il senso della proposizione condannata. Rigelta pure
come equivoco T asserlo del Pontefice sopra la persecuzione , che
si fa agli Ordini religiosi ; e 1' equivoco giace nel suo concetto , in
cui scambiate le Religioni cogl' individui delle medesime, ei soslie-
ne esser questi ben provveduti dal Governo : e quanto a'frati ed a' ca-
nonici apostati ha lutta la ragione. Taccia di calunnia il Papa, laddo-
ve dice, che a' nostri di, per guastare le menti della gioventu a man
salva, si cerca di torne la educazione al clero. Ei cita in conferma
1'Annuario della pubblica istruzione in Italia ; ma il nome di un Rea-
li e di altri a lui somiglianli che vi comparisce scrilto, e la piu bella
prova dell' asserzione pontificia. In uri luogo fmge che il Papa attri-
buisce alia Chiesa il potere di modificare ed alterare la morale eter-
na ; in un allro afferma calunniando che egli contianna 1' insegnamen-
to laicale per conto proprio. Gli Ordini religiosi poi secondo lui non
sono altro che alimenlalori deWaccattonaggio, e un branco d' uomi-
ni, che brigano d'impinguare con mezzi poco onesti. II perche 1'a-
mma sdegnosa del Reali penso bene di gittare Y abito che portava,
per non partecipare in tanta infamia 1.
Ma dove egli si mostra tulto fuoco di santo zelo si e aU'ulli-
ma proposizione, sfolgorata dalla Enciclica. La dice condanna anti-
logica, la chiama sir-ana protesta , la disprezza come goffa espres-
sione. « Principi e Re della terra , ei grida , deponele le voslre co-
rone, (il Papa) vuol cingerle in vostra vece: giudici e magistrati,
scendete dai vostri seggi , egli vuol prendere il vostro posto : capi-
1 Pag. 12, 13, 15, 18, 21.
BELLA STAMPA ITALIANA 725
tani di eserciti cedete a lui il comando de' vostri soldati. E poi, voi
Pastori protestaoti abbandonale le voslre cattedre , uscile dalle Si-
nagoghe o Rabbini, Bonzi lasciale liberi a lui le vostre pagodi e voi,
Mufti, le vostre moschee ; egli vuol pieno impero eziandio su quel
che e fuor della Chiesa ! 1 » A questo tratto di eloquenza non e a dire
se appicchi lamenti, osservazioni e sdegni. Badate pero, che quanto
piu il ciarlatano si discioglie in grida , tanlo e piu vicino ad accoc-
carvela con deslrezza. Difalto il nostro Reali giltandovi innanzi la
delta proposizione, ne' suoi furori vi caccia un « NON » dove non e, e
soppressovi un intero concetto, di affermativa ve la trasmuta di botto
in negativa, con somma disinvollura. Mirate co' vostri occhi il trislo
giuoco , e dite se possa darsi fronte piu dura di chi osa tanto in co-
sa divulgatissima.
Enciclica. « Ne possiamo passare sotto silenzio 1'audacia di quel-
li, i quali, intolleranti della sana dotlrina, contendono che si possa
senza peccato e iattura della professione caltolica , negare 1'assenso
e 1'obbedienza a quei decreti e giudizii della Sede apostolica , 1'ob-
bietto dei quali si dichiara che riguarda il bene generate della Chie-
sa e i suoi diritti e la sua disci plina ; pur che essi non tocchino i dom-
mi della fede e dei costumi. II che quanto si opponga al domma cat-
tolico ecc. »
Reali. « E non possiamo tacere dell'audacia di coloro, che non
sostenendo la sana dottrina, pretendono potersi negare 1'assenso
e 1'obbedienza senza peccato e senza iallura della professione calto-
lica a que' giudizii e decreti della Sede apostolica , il cui oggelto NON
riguardi ii bene generate della Chiesa, i diritli della medesima e la
disciplina. Lo che quanto si opponga al dogma cattolico ecc. ( pag.
26, 27. »
Non vi pare che 1' Esaminatore di Firenze sia degnissimo di tale
scriltore? Per questo periodico tanto e tanto. Ma che dire della gra-
vissima Rimsta Contemporanea , la quale pure di tratto in tratto si
onora degli articoli di si grande professore? Oh ! la sua scienza teo-
logica e le sue vaste cognizioni fanno chiudere un occhio sopra del
1 Pag. 27, 28.
726 RIVISTA
resto. Cosi almeno sembra che la pensi la Redazione del mentovato
Emancipatore, stando all'annunzio che, non e guari, mandava in-
nanzi ai fuluri articoli del suo ex-canonico. Yeggiamo un po' se in
questo profondo e vasto sapere possiamo pescare alcun che al no-
stro proposito. A pag. 21 e 22 a nome dei teologi e del canonist!
vi dice, « che il valore della scomunica e tutto esleriore », che « la
comunione interiore non puo essere attenuata dalla scomunica , ma
dalla colpa », e che « la scomunica, 1'inlerdetto e le censure sono
pene temporal! » : ma i teologi ed i canonist! insegnando il contra-
rio lo convincono di essersi dimenticato nella sua vita nuova le no-
zioni piu ovvie inlorno alle censure. Ivi pure afferma che « i teologi
e i canonist! ne asserirono , e non potrebbero certamente asserire,
che il Concilio di Trento abbia parlato giammai del dominio tempo-
rale de' Pap! : ma il Suarez ed il Bonacina, indicandogli il Traltato
de Censuris, confondono la sua audace ignoranza. A pag. 11 asse-
risce che « le teorie del P. Molina e del P. Escobar sono quelle che
danno alia volonta umana il valore della volorita divina, e fanno della
pubblica opinione la sorgente del diritto ed il fonte della giustizia »,
e con cio mostra di non avere letto per poco il frontispizio di quest!
autori. A pag. 17 deridendo come illogica la condanna del comu-
nismo e del socialismo nelle loro teoriche circa la famiglia, « vi so-
no slati, egli scrive, alcuni pazzi che hanno messo in campo il titolo
di comunismo, come hanno invocato alcune riforme economiche deno-
minandole dal socialismo : » e con questo mostra d' ignorare quanto
sia infelta di tali teoriche la filosofia alemanna, intaccata la francese,
e locca in alcuna parle quella di alcuni filosofi italiani. II Della Molta
colle sue dotte e profonde scritlure puo sicurarlo.
I/ edilore di Urbino invita a leggere ponderatamente le palpabili
verita. Egli ha errato. Dovea dire : palpabili errori. Passandoci
delle strane falsit&, balestrale intorno all'origine della personality
morale, ed al diritlo della proprieta e della liberla, contentiamoci a
un pizzico di quelle che appartengono alia teologia. Egli 1.° asserisce
che la sanzione di una legge penale contro i violator! delle feste e
tirannica (p. 16); 2.° nega alia Chiesa il potere di stanziare pene
temporali (pag. 22); 3.° le toglie il diritto di sentenziare nel foro este-
BELLA STAMPA ITALIANA 127
riore soprala morale (pag. 21); 4.° afferma che in tal quistione
« non sempre il Papa ed i Vescovi sono la Chiesa » aggiungi do-
cenle (ibid.); 5.° definisce gli Ordini religiosi « enti fittizii, in cui e
assai problematica la liberta di aggregarvisi (pag. 23). » Facciamo
sosta. Le sapienti parole, le forti ragioni e palpabili verita di que-
slo scrilto SODO messe bastanlemente in chiaro. Nell'arte della fro-
dolenza e dello spropositare con somma audacia, non v' ha dubbio,
il suo autore ha loccato il sommo della laude.
Nulla volevamo dire dell'arlicolo del Prota, presentalo sotto forma
di lellera al S. Padre. Estremamente goffo e il suo andamento, par-
to di slrano cervello i suoi concetti. Ciononoslante per dimostrare
che colesta razza di teologi italiani sono lutti di un pelame , in cio
che spelta alia buona fede, rechiamo qui un tralto del riassunto che
egli fa dell' Enciclica : « Voi , egli scrive al Papa , ponete per base
« delle dottrine, che vendicate come dommaliche deflnizioni , la ne-
« gazione assoluta della liberla dell' uomo redento e crisliano, e so-
« sliluile alia sua liberla. il principio della fede.... ; negate il diritto
« delle razionali discussioni anche nelle malerie controverse di de-
ft gma e di disciplina ; asserite che T uomo uon catlolicp e non cri-
« sliano non possa avere i principii di giustizia nalurale ; che non
« possa costiluire il diritto legitlimo e legale la espressione univer-
« sale e solenne del voto populare.... ; finalmente che i regni sussi-
« stono pel fondamenlo della fede, la quale si traduce per grazia e
« volonta del sommo Pontefice Romano, che e il supremo modera-
« tore di quesla fede ; e fmalmente (ilerum) che i sovrani non sono
« cosliluiti da Dio per altro se non a sostegno del soglio pontificale ».
Fin qui il Prota con una sfrontatezza ed empieta rara a trovarsi sotto
le stelle. Rappresentare falsato da capo a fondo un documenlo pon-
tificio che corre per le mani di tutti , e cio per corbellare qualche
gonzo, e proprio cosa di una coscienza perdulissima. Non Tabbiam
detto da principio che agli ex ed agli apostali e tutlo lecito ? Non
dubitiamo che i valorosi Urbinati, in mezzo a quali si gillo il libret-
tucciaccio, non gli abbiano falto raccoglimento che meritava.
NOTIZIE STATISTIGHE
1. Numero del cattolici nelle cinque parti del mondo — 2. Classificazione
degli abitanti della terra, secondo le religion! professate — 3. Progress!
del cattolicismo nella Gran Brettagna — L Nell' Olanda — 5. Negli Slat!
Unit! d' America — 6. Mission! dell' Asia — 7. Missionarii Italian!.
1. Cominciamo dal dare uno sguardo complessivo al numero dei catto-
lici sparsi nell'uni verso. In quest' anno stesso alcuni scrittori ban voluto
restrignerne il numero a soli 150 milioni, e una tal cifra Than data piut-
tosto come maggiore, che come vicinadel vero. II Balbi, scrittore si pe-
rito di statistica e di geografia, impresse a Parigi fin dal 1827 ilsuo cal-
colo della distribuzione delle varie popolazioni del mondo, secondo le
religioni da loro professate : e in questo calcolo, quantunque sorpassasse
molti altri geografi che 1'aveano preceduto, purtuttavia non assegno alia
Chiesa cattolica che soli 139 milioni. Gli undici milioni di piu, che ora si
danno da alcuni ai cattolici, non sono un aumento, ma una restituzione.
Gli antichi calcoli erano errati, e le nuove statistiche, ov'esse furono fat-
te accuratamente, svelarono un numero assai maggiore di quel che cre-
devasi, come di abitanti cosi di cattolici. Ma questa restituzione di undi-
ci milioni noi la riputiamo assai scarsa. L' indagine fattane con accura-
tezza c' induce ad asseverare che il numero minimo che possa attribuirsi
ai cattolici nel mondo e di 200 milioni. Perche i nostri lettori veggano
il fondamento di questa opinione, diamo qui spartito per le varie parti
del mondo il numero dei cattolici che in ogni Stato si trovano. Ci sono
servile di guida le statistiche official! ora civili, ora ecclesiastiche, ov'es-
se esistono, e ove non esistono, le notizie tolte o da'geografi piu recenti ,
o dagli scrittori nazionali di maggior credito. La sola cosa cbe ci siamo
permessa, e stata di ometter sempre tutte le frazioni del migliaio, quan-
d'esse erano minor! di 500 : e quand' erano maggiori considerarle come
un migliaio jntero. Cosi in questo computo, che di sua natura e appros-
simativo, le omissioni compensano gli aumenti, e il risultaraento finale
non cangiasi in modo sensibile. Avvertiamo ancora che non ci siamo la-
sciati trasportare dal desiderio di giugnere a una grossa cifra : ma solo
da quello di giugnere alia piu certa, o almeno alia piu probabile. Cosi,
per cagion d' esempio, abbiamo accettato il numero di 690 mila cattolici
pei Possedimenti portoghesi nell'Affrica, tuttoche vi siano autori lusitani
non esagerati, che assegnan loro due milioni.
Poste queste dichiarazioni, ecco il nostro computo.
NOTIZIE STATISTICHE 729
NUMERO DEI CATTOLICI
I. Europa.
Stall Ponlificii 3,200,000
DueSicilie 9,500,000
Toscana 1,900,000
Stall Sardi e Lombardia 7,700,000
Modena 650,000
Parma 560,000
Monaco e S. Marino . 10,000
Spagna - . . 17,000,000
Portogallo ............... 4,300,000
Andorro 12,000
Svizzera 1,120,000
Gran Breilagna . . . 7,500,000
Francia 36,000,000
Belgio 4,800,000
PaesiBassi ...... 1,300,000
Impero Austriaco. , . . . 30,000,000
Baviera .,.,... . . 3,600,000
Prussia 7,000,000
Baden • .- 960,000
Brunswick. . . . , 6,000
Brema 5,000
Frankfort ..•.,;,-.'.• 12,000
Amburgo .,.;., 8,000
Assia Granducale .- vf 240,000
Assia Eleltorale 200,000
Wurtemberg 580,000
Meklemburgo Schwerin
-A 000
Meklemburgo Strelitz j
Nassau . , , , 226,000
Oldemburgo. . , 86,000
138,479,000
730 NOTIZIE STATISTICHE
Riporlo 138,479,000
Ducati minori (Sachsen-Weimar, Sachsen-Cobourg,
Sachsen-Allenbourg etc. ) 60,000(7}
Lubecca , 3,000
Hannover , 256,000
Luxemburgo. . 209,000
Sassonia /....... . . . 65,000
Danimarca 5,000
Svezia e Norvegia , . 7,000
Polonia 4,000,000
Russia ..;... 3,000,000(7)
Turchia europea e Montenegro 1,010,000
Grecia 100,000
Popolazione caltolica in Europa 147,194,000
II. Asia ed Oceania.
Turchia asiatica 600,000(7)
Moldavia e Valachia 130,000
Russia asialica 100,000(?)
India inglese 1,100,000
India neerlandese 25,000
India francese 170,000
India portoghese, isole, e Macao 546,000
India spagnuola, Filippine 4,750,000
Persia -V* 120.000(7)
Annam „ .,^ 600,000
Siam,. ..;:-v 25,000
China 1,000,000
Nuova Olanda 300,000
Tasmania 40,000
Nuova Zelanda 60,000
Nuova Caledonia e isole adiacenti 70.000
Isole Sandwich. , , . 30,000
Popolazione cattolica nell'Asia ed Oceania 9,666,000
NOTIZIE STATISTICHE 731
III. Africa.
Egitto. . . . l^f;?. ;^5^l'. . 172,000
Abissinia ... 2,000,000
Tripoli, Tunis! , Marocco 30,000
Possedimenli spagnuoli ; 25,000
Isole Canarie. . 260,000
Possedimenti portoghesi 690,000
Madera e altre Isole. . ... 260,000
Possedimenti francesi continentali 250,000
Riunione e altre Isole 180,000
Possedimenli inglesi continentali 30,000
Maurizia e altre isole 150,000
Liberia 4,000
Madagascar 10,000
Galia? ...... . 10,000
Popolazione cattolica in Africa 4,071,000
IV. America.
Stati Uniti 5,000,000
Messico 8,500,000
Guatimala 1,200,000
S. Salvador . t; ^. 700,000
Honduras 400,000
Nicaragua 500,000
Costa - Rica
200,000
Panama
Nuova Granata . -. 3,000,000
Venezuela fiHiWH-'- ^, 000, 000
Equatore .............. 1,500,000
Bolivia 2,200,000
Peru 2,800,000
Chili 1,800,000
Argentina I . 1,500,000
31,300,000
732 NOTIZIE STATISTICHE
Riporto 31,300,000
Paraguay 1,600,000
Uruguay. 360,000
Brasile 8,500,000
Guyana inglese 60,000
Guyana neerlandese e isole . ........... 40,000
Guyana francese ed isole 306,000
Giamaica ( Trinidad e altre isole inglesi ) . .-.:&&«><* 150,000
Isole spagnuole 2,260,000
Isole danesi 34,000
Canada e possedimenti inglesi .......... 1,560,000
Haiti . 800,000
Popolazione cattolica in America 46,970,000
Riepilogo
I. Popolazione caltolica in Europa 147,194,000
II. « « in Asia ed Oceania. . . . 9,666,000
III. « « in Africa . . . 4,071,000
IV. « « in America 46,970,000
Popolazione cattolica nelle quattro parti del mondo. 207,891,000
Noi siam dunque giunti a poco meno di ducento e otto milioni di cat-
tolici : e abbiam tiducia che questo numero noo sia esagerato. Quand'an-
che pero alcuno non volesse accettare alcune cifre, ei oon potra certa-
mente col suoi dubbii diminutivi giugnere a diffalcare dalla nostra som-
ma totale al di la di otto milioni. Ailorche adunque valulamino per ducen-
to milioni i cattolici dell' universo, demmo una cifra molto minore della
nostra dimostrazione, per darla superiore a qualsivoglia eccezione.
2. Ora indicheremo, in una semplice tavola, come si possano dividere
gli abitanti della terra, secondo le diverse religion! che professano.
IL CRISTFANESIMO 344,000,000
Chiesa cattolica 208,000,000
Chiese oriental*!, scismaliche o eretiche 70,000,000
Protestantesimo 66,000,000
344,000,000
ILGIUDAISMO . . , 4,000,000
L'ISLAMISMO '. '. 100,000,000
IL BRAMANISMO. 60,000,000
IL BUDOISMO. 180,000,000
Culto di Confucio, di Sinlo, degli Spirit* ecc. . . . 152.000,000
Tolale degli abitanli della terra 840,000,000
NOTIZIE STATISTICHE 733
Tai calcoli sebbene non sieno fondati sopra document! cosi fermi, come
abbiam potuto avere pel cattolicismo, nondimeno sono assai probabili:
in tutti essi vi e aumento notabile, proveniente dall' essersi trovati, col
calcolo piii esatto che se ne yeane facendo, piu numerosi d'assai gli abi-
tatori del globo.
Nella tavola seguente offriamo il confronto del nostri computi con
quelli di alcuni geografi di grande rinomanza. il Malte-Brun scrivea nel
1810, il Pinkerton e il Balbi nel 1827 : essi tuttocche si vicini di tempo,
non consentono nel numero degli abitanti della terra : e per conseguenza
neppur convengono nelle loro spartizioni. I geografi modern! ammettono
un numero molto maggiore del massimo assegnato dal Balbi ; ed oscilla-
no tra gli ottocento e i mille milioni. A noi sembra che non si possa fon-
datamente oltrepassare la cifra di 840 milioni, ma che neppure si possa
discendere gran fatto sotto d'essa. Le cifre qui presso segnate rappre-
senlano milioni.
Malte-Brun Pinkerton Balbi Civ. Cattolica
Cristianesimo 228 235 260 344
Giudaismo 5 5 4 4
Islamismo 110 120 96 100
Bramanismo 60 60 60 60
Buddismo.* 150 180 170 180
Altriculli 100 100 147 152
TOTALE 653 700 737 840
3. Passiamo a dare uno sguardo particolare ad alcune regioni speciali,
per dimostrare quaato in questi ultimi anni la Cbiesa cattolica abbia gua-
dagnato di anime e d' influenza nel mondo. Cominciamo da due paesi
protestanti di Europa.
Nulla piu vale a mostrare il progresso del cattolicismo nella parte del-
la Gran Bretagoa, piu specialraente abilata dai protestanti, quali sono i
due regni d' Inghilterra e di Scozia, quanto il porre sott' occhio insieme
alcune cifre comparative, desunte dal Catholich Directory , che ogni an-
no da un secolo a questa parte e stato- pubblicato in Inghilterra. Esso
contiene le cifre officiali che noi daremo qui sotto, contentandoci di pre-
senlare unicamente quelle dell' ultimo novennio. Noi le uniamo in due ta-
yole, per se medesime molto dimostrative. La prima ci addita che nell' ul-
timo periodo di soli 25 anni, nei due regni, cosi vivamente alieni dal cat-
tolicismo , anzi al cattolicisrao cosi infesti , come sono T Inghilterra e la
Scozia, il numero dei Sacerdoti si e aumentato di 137 pert 100 : il numero
delle chiese di 30 per 100 : il numero delle case religiose maschili di 222
per 100 , e quelle feminili di 105 per 100. La seconda tavola poi ci di-
mostra sparlito quest' aurnenlo per le singole Diocesi inglesi, in varia
misura e vero, ma senza che niuna d'essa faccia eccezione al fatto gene-
rale dell' incremento.
734 NOTIZIE STATISTICHE
Statistica comune all' Ing-hilterra e alia Scozia
Anni
Sacerdoti
Chiese
0
Cappelle
Comunka religiose
Collegi
D'Uomini
Di Donne
1856
1142
849
17
91
12
1857
1162
894
23
106
11
1858
1204
902
27
109
11
1859
1222
926
34
110
11
1860
1236
950
37
123
12
1861
1342
993
47
155
12
1862
1388
1019
50
162
12
1863
1417
1065
55
171
12
1864
1445
1098
56
186
12
Ripigliandolo da piu antico tempo , il paragone diviene molto piu sen-
sibile : ecco difatti il progresso avveratosi duraute gli ullirni 25 anni.
1839
1849
1864
610
897
1445
513
612
1098
0
13
56
17
41
186
10
10
12
Volendo restringere le indagini alia sola Inghilterra, propriamente det-
ta, Irbviamo 1'auinento fatto cola negli 8 anni corsi tra il 1856 e il 1864,
espresso nelle seguenti cifre, distinte per Diocesi, e desunte dalle Stati-
stiche ufficiali di ciascuna d' esse.
DIOCESI
Chiese
Sacerdoti
Convent!
Monasteri
4856
4864
117
90
100
49
81
110
42
36
52
35
70
59
100
941
730
4856
129
93
132
50
72
166
29
25
47
28
72
52
90
985
Sa.
4864
4856
4864
4856
1864
31
19
27
13
11
25
6
5
5
8
14
7
16
187
100
Westminster
56
75
93
37
63
94
35
30
42
26
47
53
79
730
Ch.
214
116
141
62
99
195
47
31
59
34
107
71
147
1321
985
5
3
3
2
2
3
1
1
3
23
Co.
15
6
3
3
1
5
3i
5
5
3
9
~58
23
35
18
7
19
5
4
12
3
2
5
3
9
3
10
fob
Mo.
Beverley ,k . ,v^
Birmingham
Clifton . . . .
Hexham
Liverpool
Newport
Northampton
Nottingham
Plymouth
Salford
Shrewsbury
Soulhwaik
Aumenlo .
211
336
87
NOTIZIE STATISTICHE
735
4. Ball' Inghilterra passiamo ad uno Stato continentale, ove il Prote-
staniesimo e.sempre fiorito fin dai principii della riforma, vogliamo dire
F Olanda. Or per intendere il progressive svolgimento del cattolicismo
nei Paesi Bassi , bastera porgere alcune cifre comparative, desunte da
due anni, distant! fra loro di mezzo secolo.
Anni
Popol. cattolica
Parrocchie
Sacerdoti
Ghiese
1864
1814
Aumento in 50 anni
1,300,000
850,000
941
814
1726
1216
976
898
450,000
127
510
78
Le spese fattesi per ristorare le antiche chiese e costrurne delle nuo-
Te, si fanno ascendere, per tutto questo tempo, a piu di 30 milioni di fio-
rini olandesi , che valgono qualche cosa piu che 64 milioni di franchi. I
sussidii ricevutisi in cosi lungo corso di anni dal Governo per questi ri-
stauri e per queste fabbriche non sorpassano i due milioni di fiorini. Nel-
la soinma qui indicata di 30 milioni di fiorini, non si comprendono le spe-
se fatte per le chiese o cappelle delle Comunita religiose , pei loro con-
Tenti, per gli ospedali,.per gli ospizii di carila, per i ricoveri degli orfa-
nelli e via dicendo ; spese che, aggiuntevi le fondazioni pel mantenimen-
to dei detti luoghi pii, raddoppiano, a dir poco, quei 64 milioni di franchi.
5. Non v' e paese ove il cattolicismo sia tanto prosperato in quest' ul-
timo mezzo secolo, quanto negli Stati Uniti di America. Piu di due mila
e ottocento tra chiese e cappelle (Stations) sonosi cola in questo tempo
costrutte: piu di mille e otlocento sacerdoti sonovisi aggiunti: cento ses-
santa scuole si sono fondate; per la educazione ed istruzione cattolica di
18,000 fanciulli, e di 34, 600 fanciulle. Oltre a ci6 nel 1857 erano negli
Stati Uniti 66 ricoveri per 4963 orfani dei due sessi ; 26 ospedali con 3 mila
letti ; 4 manicomii con 82 alienati, oltre molte altre istituzioni di carita,
tutte fondazioni fatte e mantenute dalla carita privata dei soli cattolici.
Diamo qui in una tabella comparativa le principali cifre di paragone,
desunte dal Metropolitan Catholic Almanac del 1857.
Anni
1
11
o
o
o
fl
wl
.— "c«
'So
a?
•2
0 O
0>
O
5 <*>
o
° s
5
cd
-C _^^
**2 ^
cs
" *
C/3
en O
^fe
1808
1
2
68
80
2
1
2
1830
11
8
10
230
9
6
20
1840
16
_
17
482
812
13
9
47
1850
27
})
1081
1578
29
17
91
1854
41
2
39
1574
2458
34
20
112
1857.
41
2
39
1872
2882
35
29
134
736
NOTIZIE STATISTICHE
6. Da un pregiatissimo libro *, composto con grandi fatiche di ricer-
che, e con diligeoza somma dal ch. Can. Giuseppe Ortalda, caviamo due
documenti preziosi. L'uno di essi si e un Quadro sinottico delle Missio-
ni dell'Asia, in cui vedesi il numero dei cattolici che ciascuna Missione
comprende, e il numero dei Missionarii che vi son destinati a coltivarla,
numero assai scarso ordinariamente, massimechi consider! layasta esten-
sione del terreno, a cui ciascuna Missione si stende.
Vicariati Apostolic!
Missio-
narii
Cattolici
AleDDO .
25
80,000
Asia* Minore
70
100,000
Cina e Regni Adiacenti
Xensi »
16
30,000
Xansi
12
20.000
Hu-pe nell'Hu-quang, missionari indigeni 14.
Hu-nan nell'Hu-quang
11
7
15,865
10,000
SUT-CHIJEN Vicariato nord-occidentale . . » »
» Vicarialo orientale ........
15
12
23,000
17,000
» Vicariato meridionale , .
U
20,000
Kouei-Kon ...
7
10,000
Lassa , . . . .
5
7,000
Jun-nan 4
6
8,000
Fo-Kien ....,,..
14
30,000
Nankino
36
73,000
PEKING Vicariato setlentrionale .
17
30,000
» Vicarialo meridio-occidentale ....
» Vicariato orientale »
15
12
26,000
13 000
Tse-Kiang • . . , .
6
5,000
Kiang-si
8
10,000
Leaotung
9
11,000
Mongolia. » k .
8
10 000
Xan-tung
11
12,000
Ho-nan .....,.,..
6
5,000
SIAM Vicariato occidentale. ......
12
10 000
» Vicariato orientale ,
20
30,000
COCINCINA Vicariato orientale ....... *
£9
32,000
» Vicarialo setlentrionale
21
25,000
» Vicarialo occidentale ..*....
19
30,000
Camboda e popoli Laos.
10
15,000
\ Questo libro ha per titolo: / Jtfissionarii apostolici italiani, sparti nelle Miirioni
ettere delle cinque parti del JUondo. Torino, dalla tipografia di Giacinto Marietti 4864.
recarfi alia
forniscono un numer*
apostolic
e cinque pam del JUondo. Torino, dalla tipografia di Giacinto Mar
II suo scopo e di mostrare al Senate del Regno italiano quanto danno sia per
Cliicsa e alia civilta 1'abolizione degli Ordini religiosi in Italia, i quali forniscono
fii graade di uomiui apostolici a tutte le Alissioni cattoliche del raondo.
NOTIZIE STATISTICHE
737
Ticariati Apostolic!
Missio-
narii
Cattolici
TONCHINO Vicariato orientale
18
85
49
62
12
10
11
20
15
12
6
18
17
18
7
15
53
16
11
12
25
10
7
7
8
37
30
54
3
7
31
12
7
6
10
54,200
135,000
80,000
150,000
15,000
12,000
8,000
15,000
13,000
15,000
9,000
84,900
60,000
44,880
4,000
7,130
100,000
17,110
17,200
15,000
20,000
4,000
230,000
40,000
50,000
140,000
25,000
28,976
1,300
5,000
40,000
7,000
11,000
3,000
Glugno 1865.
» Vicariato occidentale
» Vicariato meridionale
» Yicarialo central e
COREA
Indie Oriental!
GlAPPONE
Ava e Pegu
BOMBAY Missione meridionale
» Missione settentrionale .......
BENGALA Vicariato occidentale (Calcutta). . .
» Vicariato orientale
CE YL AN — Colombo .
» Jafnapatam
Madras
Hyderabad
Visagapatam
Pondichery
Mayssour
Coimbatour
Sardhana
Agra
Patna
Verapoli, sacerdoli indigeni, rilo latino 28 ; ri-
to siriaco 340
Canara o Mangalore, sacerdoli indigeni 24. .
Quilon sacerdoli indigeni 17 .
Madure
Delegazioni Apostoliche
Persia, Mesopotamia, Kurdia ed Armenia mi-
nore
Siria ... La sola Terrasanla conta
Prefetture Apostoliche
Aden nell' Arabia
Hong-Kong nella Cina
Hai-non, Quan-tong, Quang-si (Cina) . . . .
Indie per le colonie francesi
Indie ed Oceania per le Colonie olandesi . . .
Laboan e adiacenze
Serie 77, vol. 11, fasc. 366. 47
738 NOTIZIE STATISTICHE
7. Lo scopo principals del libro del detto ch. Ortalda si e di far vede-
re quanti missionarii dia alia Chiesa cattolica 1' Italia. Egli reca il nome
di ciascuno, il suo grado nella Gerarchia ecclesiastica, il luogo della sua
dimora, aggiugnendovi intorno alle Missioni da loro occupate alcune
delle piu importanti notizie, che gioyino al suo scopo. Noi restrigniamo
la conchiusione ultima del suo faticoso lavoro nel seguente quadro si-
nottico, che tutto, pu6 dirsi, il compendia in poche cifre.
Missionarii Apostolic! italiani divisi per le Missioni estere delle cinque parti del mondo.
Missionarii
Euro-
pa
Asia
Africa
Ame-
rica
Ocea-
nia
Totali
41 Vescovi ....
14
fl1
{
2
»
41
162 Preli secolari
24 Benedettini
33
7
45
9
11
»
65
5
8
3
162
24
13 Minor! Conventual!. . .
368 Minor! Osservanti . . .
447 Minor! Cappuccini . . .
215 Minor! Riformali . . . .
34 Domenicani
,9
31
169
60
W
2
115
108
58
11
»
30
35
29
»
2
184
130
67
1
»
8
5
1
»
13
368
447
215
34
39 Carmelitani
»
39
»
»
»
39
2 Agostiniani
1
»
»
1
»
i
490 Gesuiti ,
106
118
46
907
13
490
51 Preli delle Missioni. . .
1 Alcantarino
8
»
22
»
9
»
12
1
»
»
51
1
1 Barnabita . . ....
1
»
»
»
;)
1
57 Crociferi
Wi
n
3
10
8
57
11 Di S. Bonaventura . . .
3 Redenlorisli
5
»
6
»
»
»
»
»
»
3
11
3
1 Servita
»
»
»
»
1
1
16 Oblati di Maria ....
2 Pallottini
»
ft
16
»
»
»
»
»
»
»
16
8
20 Rosminiani
16
»
»
ft
»
9(V
29 Dal Seminario di Milano
28 Dal Semin. Brignole Sale
4
17
22
6
»
»
»
5
3
»
29
28
2055
529
610
167
696
53
2055
CRONACA 7
CONTEMPORANEA
Roma 10 Giugno 1865.
I.
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. Solennita della Beatificazione del Ven. Qiovanni Berch-
mans — 2. Ritrovamento delle ossa di Dante Alighieri.
1. La Santita di Nostro Signore, il giorno 9 del mese di Maggio, segno
le Lettere apostoliche in Forma Brevis; coo le quali fece decreto che 11
culto e gli onori di Beato si rendano dalla Chiesa uniyersale al venera-
hile Giovanni Berchmans , della Compagnia di Gesu ; e quelle Lettere
apostoliche furono, con le solennita prescribe, pubblicate nella Domenica
fra 1'ottava dell'Ascensione del Redentore divino , nella patriarcale Ba-
silica Vaticana.
II magnifico presbiterio di questo tempio, sacro al Principe degli Apo-
stoli, si vide per la fausta circostanza adornato con molta nobilta sui di-
segni deH'arcnitetto prof. Commendatore Antonio Sarti. II quale adopero
che principalmente la luminaria, ricca di piu migliaia di candele, spic-
casse per una cotal novita nella sua disposizione, per cui ottenne effetto
singolare ; in specie per le stelle distribute attorno alia raggiera sopra-
stante raltare della Cattedra, che riverberavano grande splendore , e per
]a sigla significante il santissimo Nome di Gesu , composta col mezzo di
lampadari, che pendevano dal grande arco onde ha sostegno la cupola
sull' ingresso del presbiterio. Allogate poi da una parte e dairaltra delle
pareti stavano quattro pitture , tre delle quali effigiavano i miracoli ser-
•viti alia Beatificazione, e la quarta uno dei fatti piu segnalati del Beato;
come altro fatto vedevasi sulla porta principale del sacro tempio; e nella
facciata, pendente dalla loggia , osservavasi lo stendardo che ritraevalq
in gloria. Da analoghe iscrizioni latine era dichiarata la contenenza dei
quadri.
740 CRONACA
Alia sacra funzione furono , in appartati luoghi , present! una Deputa-
zione del Capitolo della Metrqpplitana di Malines , venuta insieme con
quell'Arcivescovo, 1'Effio Cardinale Sterchx, che, appartenendo alia sacra
Congregazipne del Riti, aveva posto fra i Porporati che la compongono ;
come pure il Decano, con altra deputazione della citta di Diest, nel Bel-
gio, ove il Beato sorti i natali. In grande numero eranvi pure i Padri
della Compagnia di Gesu, lieti che la loro Societa, consagrata, fra le al-
tre opere del ministero ecclesiastico , a quella assai gelosa della educa-
zione della gioventu, possa nel Berchmans aggiungere al Gonzaga ed al
Kostka un modello da proporsi alia imitazione della stessa gioyentu, ed
un patrono, la cui intercessione siale dato di invocare presso Dip.
Alle ore sei pomeridiane Sua Santita, seguita dagli Emi e Rffii signori
Cardinali e dalla sua nobile Anticamera , discese nella Basilica per yene-
rare il novello Beato. II concorso con che i fedeli trassero alia Basilica,
per lucrare le Indulgenze concedute da Sua Santita, fu immensp , parti-
colarmente nelle ore pomeridiane. Furono in grande copia distribute le
immagini del Beato, e gli esemplari della yita , che ne scrisse il P. Yir-
gilip Cepari, il quale fu testimone oculare di quanto yi narra. Nella sera
le diverse chiese dei Padri della Compagnia di Gesu , e le due apparte-
nenti alia nazione Belga, come anche il Collegio Belga , brillarono nelle
loro fronti di una ricca illuminazione.
2. Pochi giorni dopo che , non jmre a Firenze, ma si ancora in molte
altre cospicue citta italiane, in yaria guisa erasi celebrate il sesto cen-
tenario di Dante Alighieri, ecco ritroyate, in modo fortuito, senza che se
ne facesse yeruna ricerca a bello studio , le ossa del sommo Poeta ,
delle quali da pezza erasi perduto memoria dove fosse il deposito.
Presso al mausoleo di Dante, la mattina del 27 Maggio, mentre davasi
opera ad alcuni restauri e demolivasi percio un muro della Cappella
delta di Braccioforte , uno dei manoyali die di martello in un tratto di
parete che era ricoverto da tegoloni sottili ; caduti i quali apparve una
cassetta di legno di abete assai macera dalla vetusta ; sicche nell'estrarla
dal loculo, ne cadde una delle tayole , e si royesciarono una quantita di
pssa in quella contenute. Riferi 1' ingegnere Filippo Lanciani ^ , che per
incarico del Municipio sovrintendeva a quei layori e prontamente accor-
se, che nella superncie inlerna del coperchio della cassetta era scritto :
Ossa Dantis, denuper remsa. Anno 1677 die 3a lunii, Raccolte le ossa
sparte e riposte nella cassetta , questa fu portata nel mausoleo , ed iyi
poco stante si rilevo che nella superficie esterna del fondo era quest'altra
iscrizione : Dantis ossa a me fratQ Antonio Santi hie posita Anno 1677
die loo (ossia 18) Octobris.
Fra Antonio Santi fu religioso dell' Ordine Francescano e cancelliere
di cjuel Convento, notato nelle memorie del Pasolini come uno degli illu-
stri Rayennati.
Chiamati di fretta, accorsero 1' Ingegnere Comunale , il Sindaco Ras-
poni, i membri del Consiglio municipale, tre Notai, il Capo dei Cerusici
dello Spedale ed un altro Chirurgo ; pei quali si comincio la yerificazione
delle ossa. Fu riconosciuto che ne mancavano parecchie; ma lo schele-
tro si pote ricomporre e fu misurato essere lungo un metro e cinquanta-
\ Osservatore Romano del 1 Giugno.
CONTEMPORANEA 741
cinque centimetri, lanto da potersene inferire che Dante fosse alto tra i
metri 1,68 ed 1,70, ossia di statura media. La cassetta era pqsta nel ya-
no d'una porta chiusa con muricciolo di mattoni a cemento di terra , ed
era alta dal suolo circa 40 centimetri. Di che fu rogato atto auientico
pei suddetti Notai.
II.
COSE STRANIERE.
FRANCIA 1. Lettera del sig. Persigny al Presidente del Senate, sopra le cose
di Roma — 2. Inaugurazione di un monumento a Napoleone I in Aiaccio;
discorso del principe Napoleone ; contegno e giudizio di giqrnali ufficiosi
e democratici — 3. Lettera dell'Imperatore in disapprovazione di tal di-
scorso — 4. II principe Napoleone chiede di smeltere la carica di Vice
presidente del Consiglio private — 5. Schema di legge per le spese d'un
edifizio stabile per la mostra d'Arti ed Industria — 6. Relazione sopra il
bilancio del 1866.
1. La vemita ed il contegno del sig. Persigny a Roma, per le solennita
della Pasqua, aveano dato luogp a ciance syariatissime intorno allo sco-
po inteso da codesto personaggio, e sopra i risultati delle sue pratiche.
Certi corrispondenti di giornali, inyasati da non sappiam quale estro
poetico, ne ayeano yaticinato mirabilia, e con frasi liriche ayeano dipin-
to il sig. Persigny poco men che trasformato in campione di quello stesso
Goyerno pontilicio, pel quale egli si era sempre mostrato tutt' altro che
tenero od almeno spassionato. 1 diarii de' Frammassoni, credessero o no
a quelle fiabe, seppero ayyalersene ; e, quali fingendosi indegnati per
cotale conversione, quali yoltandpla in beffa , nqn cessayano di mettere
1'onoreyole Duca alia berlina de' liberali ; e Ylndependance Beige con ghi-
gno amaro annunzia^a, saper pur troppo di certo, che il fpcpso antago-
nista della spcieta di san Vincenzo de' Paoli si era fatto de'cidement de'vot,
colpa delle influenze e delle tranellerie clericali, di che soyrabbonda la
Roma de'Papi.
II sig. Persigny dovette essere infastidito piu che un poco di tal fra-
casso, ne yolle permettere che di lui s'avesse falso concetto od altra sti-
ma chela meritata coifatti suoi precedenti ; e percio forse si risolvette di
mettere a stampa una scrittura, che pole benissimo essere distesa anche
prima della sua partenza da Parigi, ma a cui piacquegli dare il titolo di
Lettre de Rome, in forma d'epistola al Presidente del Senato imperiale. I
suoi amici, conscii del suo disegno, si affrettarono di destare la pubblica
espettazione in Europa, adoperando il telegrafo a bandirne per tutto la
prossima pubblicaziqne pei tipi famosi del Dentu, onde ayesse qualche
$rofumo di cosa semiufficiale. La France politique imbocco la tromba alii
9 Maggio, per ayyertire gli uomini di senno, come qualmente la lettera
del sig. Persigny, che staya ormai per uscire, ayea « tutta 1' importanza
d'un ayyenimento politico : » ed il di seguente ne regalo al pubblico le
primizie, in un brano da lei prescelto perche « 1'opinione d'un personag-
gio, che non puo essere sospetto all'Italia e che giudica cosi severamen-
te il Goyerno romano, ha una autorita che niuno puo disconoscere, quan-
742 CRONACA
tunque essa confermi la neccssita per la Francia, per 1' Italia stessa, e
pel mondo cattolico, che si mantenga la sovranita pontificale a Roma. »
E non tralascio di ammonire i suoi lettori, che badassero a sentirsi col-
piti (frappes) dalla « gagliardia dell'argomentazione e dall'eloquenza fer-
Tida e persuasiva » deli'onorevole Daca e membro del Consiglio privato
dell' Impero.
Ognuno puo dunque immaginarsi, con che premura si affaccendassero
i curiosi per aver subito dal Dentu codesto opuscoletto di poche pagine,
messo in yendita il 20 Maggio ; cioe in epoca infausta, perche appunto
quel giorno si ebbero di Corsica riotizie gravissime e fu pubblicata una
altra scrittura, troppo piu capace di commoyere le passioni de' politici,
come yedremo qui sotto ; il che nocque assai alia celebrita di quella del
Persigny. La quale ebbe il pregio di non andare pienamente a yersi di
nessuno; perche, se i Frammassoni e nemici di santa Chiesa per una par-
te furono paghi di yederyi malmenato il Goyerno ponlificio, con forme e
parole da disgradarne 1' Opinion nalionale, il Siecle e le corrispondenze
dell' Independence Beige e del De'bats: per I'altra furono indispettiti di ve-
dervi sostenuta 1'opinione, che Roma ue debba far parle ne essere Capi-
tale del Regno d' Italia, ma rimanere col Patrimonio di san Pietro sottq
la sovranita, almen nominale, del Sommo Pontefice. Gli uomini onesti
poi ed i cattolici, oltre che furono indegnati dello strazio a cui fu posta
fa giustizia e layerita, per yituperare il Goyerno della Santa Sede e per
glorificare la rivoluzione italiana, non ayeano grande argomento di con-
fortarsi almeno con la speranza, che il sig. Persigny, yolendo essere coe-
rente a se stesso, doyesse poi spendere la sua influenza per impedire
che la Conyenzione del 15 Seltembre abbia il risultato, che se ne ripro-
mettono i riyoluzionarii, cioe di veder il Papa derelitto da tutti, abban-
donato alia merce delle sette, e consegnato alia pietosa guardia dei ri-
stauratori dell'ordine morale.
Quasi tutti i giornali riferirono i tratti piu rilevanti della Lettera da
Roma; anzi la Perseveranza di Milano, del 23 Maggio, la reco per intie-
rp. Sarebbe inutile darne qui una diffusa analisi, perche in yerita con-
tiene poco o nulla, che non sia gia stato detto e scritio e confutato almen
cento volte. Ci basti accennare, che il sig. Persigny si felicita per aver
scoperto un gran segreto, che in Roma « appare agli occhi di tutti non
men luminosp del sole; » ed e « 1'esistenza di un partito gia da lungo
tempo organizzato dai nemici della Francia, di un partito che domina
lutto, il Papa, i Cardinali, le Congregazioni, il Gpverno. » Fatta questa
portentosa scoperta, lo scrittore dipinge coi colori della fervida sua ini-
maginativa codesto partito, e spende in cio ppco men che la terza parte
della sua lettera; e tra le moltissime altre, gli appone anche la colpa di
aver fatto che in Roma « non y'e nessun Governo quale e in tutta Euro-
pa, cioe manca la piu volgare conoscenza delle cose umane, la piii ele-
mentare intelligenza degli affari pubblici. » Trapassa quindi a fare, per
un altro buon terzo del suo scritto, uno sperticato panegiricp della ri-
Yoluzione italiana, fondato sul principio che il fine giustitica i mezzi, e
percio approvandp pienamente le invasioni e le annessioni sacrileghe
del 1860 ; ma sostiene che 1' Italia non ha punto bisogno di Roma, e che
questa citta e impropria ad essere sep!e e capitale del nuovo Regno; ed
anzi che 1' interesse della cattolicita esige che Roma si rimanga sotto la
CONTEMPORANEA 743
sovranita pontificate, ammodernandpne pero il Governo , cioe facendone
una specie di cittd libera che s'amministri da se, ma renda al Papa ono-
ri da sovrano. E qui da ultimo propone quale assetto si dovrebbe dare a
Roma; e giovera riferire le sue parole: « Roma dev'essere, anzitutlo, av-
vertita, in modo chiaro e categorico, che interessi d'un ordine superiore
non permettono all'Europa cattolicadi consentire alia sua riunione coll'Ita-
lia. La popolazione romana, dolce come e di cpstumi ed assai intelligeute,
non ne sara stupita; essa ne ha gia il presentimentp. Ma come e italiana
nell'anima, nel tempo stesso che ha i gravami piu giusti contrp il suo Go-
verno, bisogna che da una parte la causa dei suoi mali sparisca, e che
dall'altra sia attaccata all'Italia da un legame sufficiente, per soddisfare agli
interessi come agli affetti di questa popolazione. L'idea che mi parve piu;
favorevolmente accettata a Roma si e, che i sudditi del Papa siano consi-
derati come italiani; che, anche conservando la loro qualita di cittadini rq-
mani, possano servire in Italia, entrare in tutte le carriere ciyili e militari,
circolare liberamente e senza ostacoli di dogana e di polizia, come veri
italiani ; finalmente che Roma , sotto il Governo ponlificio, sia come un
terreno neutro, un asilo sacro in mezzo della patria comune, nel quale i
due sentimenti, la venerazione pel Santo Padre e 1'amore per }' Italia, si
cpnfpndano in una comune aspirazione. A questo patto, se le mie impres-
sipni non m' ingannano stranamente, i romani accetteranno senza rincre-
scimento la decisione dell'Europa cattolica. Siccome da una parte gli
Stati presenti della Chiesa godono di istituzioni municipal! molto libere, e
basta lasciarne il liberp esercizio agli abitanti che vi sono da gran tempo
abituati, per scaricare il Papa d'una massa di difficolta locali; e da una
altra parte la popolazione romana, nella quale dpminano considereyoli
elementi cpnservatori, le classi ricche, le famiglie illustri e liberali, e
molto pacifica, grande arnica dell'ordine, non e necessario d'avere un
numeroso esercito per comprimere gli elementi di disordine che potessero
penetrare nel popolo. »
Se non prendiamo abbaglio, questo e il concetto indicate nel Parla-
lamento di Torino dal Generale Giacomo Durando, quando accenno che
Roma, anche rimanendo sotto 1'alta sovranita del Pontefice, potrebb'es-
sere cilia italiana; e si vede inoltre che il Persigny vorrebbe effettuare
alia letlera il disfgno tracciato nel libellp Le Pape et le Congres. Giova
pero ricordarsi che 1'upmo propone e Dio dispone. 11 Cavour nel 1861
prometteva, ed avea gia stipulato coi capi supremi della rivoluzione, in
qual modo eseguirebbesi il disegno di venire a porre la sua sede di Go-
vernp sul Campidoglio, entro sei mesi ; e Dio lo mando per coiitrario a
marcire nella tomba.
Ma il Persigny, infestato dalla versiera di quel terribile partito, che
domina sopra il Papa e sopra tutto, voile anche determinare il da farsi
nel casp, che il partito inducesse il Papa a partire da Roma quando, ri-
mosso il presidio francese, i settarii vi facessero scoppiare la ribellione;
e trovo la cosa ageyolissima. Volgendo la parola ai sopraccio fa\partitb,
cosi loro denunzio il suo 4ecreto : « Come avrete provato con cio che voi
non volete, non sapete e non potete far nulla da voi stessi, si fara senza
di voi, per assestare a Roma gli affari del Papa ; e questo sara forse il
mezzo migliore di risolvere il problema. Ed infatti, unavoita che sarete
partiti, ecco, secondo me, come le cose inevitabilmente accadranno. Nul-
744 CRONACA
la sara piu facile deli'organizzare Roma secondo 1'prdine d' idee, che
deve conciliare 1' interesse della Santa Sede coi sentimenti italiani della
popolazione. D'accordo colle potenze cattoliche, e coll' Italia medesima,
noi stabiliremo un governo provyisorio per amministrare gli Stati della
Chiesa in nome del Papa, e farvi in sua assenza le riforme e gli assesta-
menti necessarii. Sotto cotesto governo, che riunira tutte le simpatie di
Roma e dell' Italia, 1'prdine non sara un istante turbato. Come a Napoli
ed a Firenze, lo spirito conservatore della popolazione dominera senza
stento gli elementi di disordine.
« Posto che le nostre truppe sieno ancpra q non sianp piu a Roma, noi
sapremo prendere, al hisogno, le disposizioni necessarie per assicurarvi
la tranquillita ; e la citta eterna aspettera pacificamente il giorno, in cui
piacera al Santo Padre di venire a ripigliar nella sede del Papato il trono
de' predecessori , sbarazzato di tutte le cause che ne pericolavano la si-
curezza. Quanto alia Francia , essa assistera colla maggior tranquillita
ed alia partenza del Papa ed alle sue conseguenze ».
Ma di cio basti. Imperocche il sig. Persigny dichiaro solennemente che
egli non aveva ricevuto verun incarico ne ufficiale ne ufficioso dal suo
Governo ; laonde i suoi parlari in Roma, e le sue lettere, ben possono
riguardarsi come espressione dei suoi intimi sentimenti, ovyero altresi
come un programma del modo con che egli, se ne ricevera 1' incarico, si
propone di troncare il nodo Gordiano della cosi delta quistione romana ;
ma ne per ora possono avere alcun tristo efFetto, ne apparisce che 1'Impe-
ratore abbia interesse a seguire la via indicatagli dal sig. Persigny. Oltre
di che il rumore levatosi pei fatti del Principe Napoleone non permise a
veruno di far gran caso d altre ciance.
2 II Moniteur del di 16 Maggio pubblico la seguente relazione circa
una festa politica, celebratasi il di innanzi ad Aiaccio in Corsica.
« L' inaugurazione del monumento eretto alia memoria di Napoleone 1
e de' suoi fratelli ha avuto luogo ad Ajaccio il 15 Maggio con grande
pompa. S. A. I. il principe Napoleone era arrivato in Ajaccio il prece-
dente giorno 14. Tutte le autonta civili e militari si erano recate ad in-
contrare il principe, il quale fu ricevuto al ripetuto grida di Viva I' Im-
peratore — Viva I' Imperatrice — Viva il principe Imperiale ! La ceri-
monia dell' inaugurazione comincio alle quattro e mezzo pomeridiane.
Vasti recinti circolari erano riservati agli ufficiali pubblici, alle deputa-
zioni comunali , ed alle signore. La tribuna imperiale, riccamente deco-
rata , si eleyava rimpetto al monumento , a pie del quale erano radunate
le compagnie da sbarco, e le truppe della guarnigione. Una folia immen-
sa occupava la piazza, ed i suoi sbocchi. Dal luogo medesimo della ce-
rimonia l'occhip dominava tutto il golfo d' Ajaccio, e i bastimenti della
squadra , i quali formavano il fondo del quadro ; e questa prospettiva
aumentava eziandio la grandezza dello spettacolo.
« Al momento in cui cadde il velo che copriva le statue, il Principe
discese nella strada, e fece a capo scoperto il giro del monumento. Una
viva emozione si riconosceva nel di lui viso. Quanto all'assemblea , non
puo descriversi il sentimento che 1'agitava. Le di lei acclamazioni non
erano interrqtte che dalle salve d'artiglieria. L'ordine il piu perfetto non
ha cessato di regnare durante tutta questa magnifica solennita. Og^i
avra luogo la distribuzione dei premii ai meritevoli dell'esposizione agri-
CONTEMPORANEA 745
cola , industrial, e di belle arti. La prima cura del prinfipe Napoleone,
dal suo arrivo in Ajaccio , era stata quella d'andar a visitare quella espo-
sizioue. Alii 18 S. A. I. partira per la costa orientale della Corsica. II
Principe arrivera il 19 di sera a Bastia, e ne ripartira il 20 per tornare
a Parigi. »
Codesto monumento consiste in una statua equestre in bronzo di Na-
poleone I , levata sopra un magnifico piedistallo , a' guattro angoli del
quale stanno le statue, pure in bronzo, di quattro dei suoi fratelli. Da
questa asciutta sposizione del diario ufficiale niuno potrebbe pur sospet-
tare che il Principe Napoleone abbia aperto bocca a parlare. E pure egli
par!6 , e tenne un lunghissimo discorso , che ebbe gravissime con-
seguenze.
II Principe si propose di fare ad un tempo, si il panegirico e 1'apologia
di Napoleone I, ritraendolo come fondatore di una politica liberale e de-
mocratica ; e si 1'esposizione di quello che, per suo avyiso, dee fare la
dinastia napoleonica per suo interesse e per quello dei popoli europei.
Chi abbia vaghezza di studiare a suo bell' agio questo capolavorp di elo-
quenza tribunizia, lo puo trovare tutto intiero nella France politique del
19 Maggio. Noi qui ci contenteremo, per darne una idea sommaria, di
riferire parole uscite da penne non sospette.
L'Qpinione di Torino, n.° 140, ne diede conto nei termini seguenti:
« Nelle parole del Principe si ammira quella maschia e simpatica elo-
quenza, che siamo solid a trovare in tutti i suoi discprsi. Esse conten-
gono inoltre un omaggio alle idee liberali , delle quali 1'illustre oratore
si esempre mostrato strenuo carapione. II principe Napoleone ha narrato
per sommi capi la yita del suo grande antenato, e si ^ sovratutto ado-
perato a dimpstrarlo un rappresentante de' principii di liberta e di pro-
gresso, che si vannp incessantemente syolgendo dopo la rivoluzione fran-
cese.... Egli e percip che le idee svolte nel discorso del principe Napo-
leone ne sembrano giuste, e ne accettiamo il pensiero generale... » E re-
citati varii brani del discorso, 1' Opinione cpnchiuse : « Questi nobili
pensieri ayranno eco in tutto il mondo. II discorso del principe Napo-
leone e un nuoyo e splendido programma di quella politica, che ha nal-
zata la gloria e la pptenza della Francia all'estero ». Si prenda atto di
questa formale dichiarazione del diario ufficioso del Goyerno italiano ,
che e il portayoce de' mpderati.
Per altra parte il Diritto di Torino, araldo de' mazziniani garibaldini,
se ne mostro anche piu soddisfatto. Ecco le sue parole nel n.° 147. « II
discorso del principe Napoleone eun'apoteosi fatta alia liberta e indi-
pendenza dei popoli. Nei migliori tempi della Francia, un rappresentante
del popolo non ayrebbe detto quanto egli, con tanta solennita, ha prp-
nunziato per la inaugurazione del monumento ai primi Napoleonidi in
Aiaccio. II principio delle nazionalita, la liberta nei suoi piu estesi rap-
porti, 1'uni tad' Italia, la cessazione del dominio temporale dei Papi, sono
le questioni che il principe ha svolto nel piu lato senso della democrazia,
e che disse essere missione della famiglia napoleonica di yolere che sieno
fayoreyolmente risolute. Egli ha parlato dei popoli pppressi, coll' ardore
del congiurato a cacciare lo straniero dalla sua patria. Ha discorso della
religione cattolica e dei Papi come il piu libero pensatore ; dell'unita
d' Italia come il piu ardito dei nostri patrioti ; delle nazionalita come il
746 CRONACA
piu sincero umanitario. Sulle spiagge della Corsica per molti quelle sue
parole saranao credute un'ironia; ma pure avranno avuto un' Eco com-
movente nelle contrade piu schiave del mpndo, o saranno giunte terribili
nelle reggie piu temute dell' Europa. Ogni popolo ha intesp la sua difesa,
ed ogni dominatore straniero 1' accusa delle sue usurpazioni. Rintraccian-
do le memorie di Napoleone il Grande, ha voluto dire, essere questo il
prograouna dei Napoleooidi : la rivendicazione dei diritti delle nazioni ;
lo sviluppo unwersale della libertd; I' assicurazione invincibile del ci-
vile progresso. »
Di qui si puo argomentare qua! fosse la contenepza e 1' indole e lo sco-
pp del discprso ; ed apparisce chiaro per cjual mptivo, come ad una voce
dissero tutti i diarii di Francia e del Belgio, ne rimanesse quasi atterrita
la Corte delle Tuileries , ne fossero sgominati i piu sinceri fra i devoti
alia dinastia napoleonica, e n'andassero lieti e trionfanti ipaladini della
democrazia. Non si peritarono parecchi pubblicisti di stampar tondo, che
questa parlata era il program ma della branche cadette, pssia un indi-
retto invito alia democrazia, di tener per certo, in determinate congiun-
ture, che, se il presente modo di reggere la Francia non le va a san-
gue, v' e al mondo un nipote di Napoleone 1, il quale e pronto ad at-
tuarne un altro, tutto liberale e conforme a' voti ancora dei piu accesi
republican!. E che questo giudizio fosse ben fondato, si parra dalla sen-
tenza recatane da Napoleone III, nel documento ufficiale che riferiremo
qui sotto.
In sostanza il Vice-presidente del Consiglio privato dell' Imperatpre a-
Yea sostenute le tesi seguenti 1.° dover la dinastia Napoleonica capitana-
re la. democrazia, dando 1' ultimo colpo alle monarchic ed alle aristocra-
zie che da per tutto vannp in isfacelo; 2.° dpversi percio sostenere le na-
zionalita, e promoverne il progresso con piena applicazione de' principii
liberali; 3.* laonde essere stata funesta la spedizione .al Messico; i.°
quanto all' Austria, essere funesto alia Francia ogni accordo amichevole
e peggio ogni alleanza con quella Potenza; insinuando, con gli esempii
e le parole di Napoleone I, essere spediente il procurarne la rovina e lo
smembramento ; al quale uopo dovrebbesi incoraggire e sostenere il sol-
levamento dell' Ungheria ; 5.° la sovranita temporale del Papa essere
stata gia condannata allo sterminio da Napoleone I : troppi mali essere
deriyati perche quel disegno non fu compiuto : ma essere giunto il tem-
po di sterpare la mala pianta. « Non sentite voi che oggidi si tratta , per
tutti i partigiani della liberta e dello spirito moderno, di espugnare que-
st' ultima fortezza del medio evo? »
Di che corse voce che parecchi rappresentanti di Potenze straniere de-
liberassero di fare alti richiami,in comune, contro questo bando incendia-
rio, od almeno di rompere ogni relazione con chi 1'avea promulgato; e che
a Corte delle Tuileries si provasse fierissimo sdegno di veder cosi con-
trastati i disegni dell' Iraperatore, massime quanto al Messico ed a Roma.
Vere o false che siano tali dicerie, riferite anche nei diarii ufficiosi del
Governo italiano, certo e che la Corrispondenza generate austriaca, ac-
cennando ai richiami che diceansi fatti in Vienna dal sig. Mensdorff pres-
so 1' ambasciadore francese Duca di Gramont, stampo la seguente nota.
« Da informazioni, che abbiamo lupgo di credere esatte, benche non e-
manino da fonte ufliciale, ne'trattenimenti del sig. Ambasciadore di Fran-
CONTEMPORANEA 747
cia col sig. Conte di Mensdorff, sembra che 1'Ambasciattfre ed il Ministro
siansi accordati di non dare la minima importanza a questq nuovo scap-
puccio del Principe, del quale il Governo francese non vuol rispondere.» E
la Neue freie Presse di Vienna fece sapere che : « 1'Ambasciatore di Fran-
cia, parlando col Mensdorff di quel discorso, ayrebbe detto che sperava
di trovarsi d'accordo col sig. Ministro nell' opinione, che le espressioni
avventate del Principe ne bisognassero ne meritassero di essere formal-
niente disapprovate dal Governo francese. I Gabinetti d' Europa gia da
pezza dover essere abituati a non aggiustare grande importanza ai fatti
e detti del Principe, Anche questo discorso, avrebbe detto 1'Ambasciado-
re, va messo nel numero di quelle stravaganze, di cui il Principe troppo
spesso si e reso colpeyole. »
Un dispaccio lunghissimo fu spedito subito da Parigi ad Algeri , per
informare d' pgni cosa 1' Imperatore. II Moniteur col suo assoluto silenzio
mostro che si disconfessava quel discorso, come cosa ne ufficiale ne uffi-
ciosa; i diarii dipendenti dal Governo furono ammoniti di non parlarne;
il Constitutionnel riferi in parte soltanto quel discorso, mutilandolo cioe
di cinque brani piu rilevanti , che risguardavano 1'ampliazione delle li-
berta in Francia, le relazioni coll' Austria, la questione del Messico, 1'as-
setto di Roma e simili punti piu delicati. Agii altri giomali fu lasciata
Jiberta di critica eziandio acerba , e se ne valse egregiamente T Union
quotidienne, che pose in bella mpstra la qualita di alcuni principii fonda-
jnentali predicati da S. A. imperiale ; pei quali il sig. Marchese de Boissy
ebbe a dire in Senato, con approvazione generale, nel giorno!9: « mol-
ti senza dubbio si sono rallegrati di questo discorso antireligioso e rivo-
luzionario , il quale , se non fosse disapprovato dal Governo, sarebbe la
bandiera dell' insurrezione e della guerra civile, inalberata da un Princi-
pe della casa imperiale. »
II Governo disapprovava per certo quel discorso, ma aspettava dal-
1'Algeria le decision! dell' Imperatore. Intanto Y Opinion nationale (a cui
il Principe, partendo per la Corsica, avea lasciato le bozze della sua
parlata gia messa a stampa, affinche la pubblicasse al primo annunzio
telegrafico che si fosse recitata ) fu chiamata ad audiendum verbum, nella
persona del sig. Gueroult , e per bocca del Ministro La Valette ; il quale
pose la democrazia alle strette, facendosi dar ragione dello sfoggiatq pa-
negirico fatto a quel discorso, e intimando la sospensione di quel diario
se non si riparava con una onoreyole ammenda ; e questa fu fatta subito,
in forma d' una solenne protestazione di fedelta e deyozione all' Impera-
tore ed al suo Governo. Ma questo non bastava; ppiche anche il Corpo
legislative reputavasi offeso da certe frasi del Principe, e diceasi che va-
rii Deputati, e parecchi Senatori erano risoluti di trarre in campo que-
sta quistione ed esigere dal Governo schiarimenti e riparazione.
3. Pero giunse in tempo, e venne publicata dal Moniteur del 27 Mag-
gio la seguente lettera, indirizzata dall' Imperatore al Principe , sotto la
data del 23 Maggio da Algeri ; la quale scoppio come la folgore sul capo
ai democratici, e riconfprto gli animi, non pure dei devoti alia dinastia
napoleonica, ma eziandio di quanti sono uomini onesti.
« Signore e carissimo cugino. Non posso astenermi dal manifestarvi
la penosa impressione che la leltura del vpstro discorso, pronunciato ad
Ajaccio, mi cagiona. Lasciandovi, nella mia assenza, a fianco dell' Irnpe-
748 CRONACA
ratrice e di mio liglio, come vicepresidente del consiglio private, ho volu-
to darvi una prova della mia amicizia, della mia tiducia; e sperava che
la yostra presenza , la vostra condotta , i vostri discorsi dimostrerebbero
T unione che regna nella nostra fatniglia.
« II programma politico, che voi ponete sotto 1'egida dell' Imperatore,
non puo servire che ai nemici del mio goyerno. A giudizii ch' io non
potrei ammettere , aggiungete sentiment! di odio e di rancore , che piu
non sono dell' epoca nostra.
« Per sapere applicare ai tempi presenti le idee dell' Imperatore , bi-
sogna esser passato per le dure prove della responsabilita e del potere.
E d'altra parte , noi pigmei quali siamo , possiamo realmente apprezzare,
nel suo giusto valore, il grande personaggio storico di Napoleone? Co-
me davanti ad una statua colossale , noi siamo impotenti a percepirne ad
un tempo il tutto. Noi non vediamo mai che il lato il quale lerisce i
nostri sguardi ; quindi 1' insufficienza della riproduzione e le divergenze
deH'opinione.
« Ma e chiaro agli occhi di tutti , che , per impedire 1'anarchia degli
animi , questa nemica formidabile della vera liberta, 1' Imperatore ave-
va stabilito , dapprima nella sua famiglia, poscia nel suo goyerno, quel-
la severa disciplina, la quale non ammetteva che una volonta e che una
azione ; non saprei oggimai (desormais) scostarmi dalla medesima regola
di condotta.
« Con cio , signore e caro cugino , prego Iddio che vi abbia nella sua
santa custodia. NAPOLEONE. »
4. Narrano i diarii parigini , che il principe Napoleone sperava che tal
lettera non avrebbe la solennita d'essere cosi di subito pubblicata nel
Moniteur, ed avea fatto pratiche per impetrare almeno, che s' indugiasse
fino al ritorno dell' Imperatore, col quale sperava di rappattumarsi sen-
za nuovi scandali. Ma il Consiglio de' Ministri tenne sodo, e la lettera
imperiale, secondo 1'ordine ricevuto, fu pubblicata.
II Diritto di Torino n.° 147 , ne fu contristato, e stampo : « L' umilia-
zione del Principe e grande ; e j)er lui crederebbesi non dovesse rimane-
re che la rassegnazione dell'esilio o 1'energia di chiamare la Francia al
compito di cjuella missione che egli le ha dato (Ossia, levare la bandiera
della ribellione e della repubblica.) Ma trpppo sono note le arti di Gover-
no e le tinezze dei Napoleonidi , da non si dovere attendere ne 1' una co-
sa ne 1'altra. »
L'Opinione di Torino, che avea leyato alle stelle il discorso, quando lo
credeva e lo diceva approvato anticipatamente da Napoleone III , vedu-
tolo sfolgorato con si fiero biasimo , cangio tuono , e fece *come 1' asino
della favola, correndo subito a trarre animosamente il suo calcio al liqne
caduto ; e nel num. 147 prese a dimostrare che in verita il Principe
avea dette cose da mettere la Francia a cimento di guai con molti Gabi-
netti d' Europa , e che 1' Imperatore « non potea coprirlo col suo silenzio
senza assumerne in qualche modo la risponsabilita » , e che percio stava
bene al Principe la ramanzina ricevuta. Ed aggiunse che il meglio sa-
rebbe stato, che il Principe avesse portato ad Aiaccio un discorso che non
potesse essere cagione di cosi grave dissenso , ricordando che in ogni
easo si dee fare il bucato in famiglia.
Ma Napoleone III, che conosce meglio i suoi interessi, giudico altrimen-
ti, ed il Principe, messo al punto, fece pubblicare nella Presse del 28 la se-
CONTEMPORANEA 749
guente sua lettera all' Imperatore. « Sire. In seguito della lettera di Vostra
Maesta, del 23 Maggio, e della sua pubblicazione nel Moniteur di slama-
ne, do la mia dimissione di vice-presidente del consiglio privato e di pre-
sidente della commissione dell'esposizione universale del 1867. Vogliate,
Sire , aggradire 1' omaggio del profondo e rispettoso affetto, col quale io
sono, Di Vostra Maesta, II divotissimo Cugino. Firmato: Napoleone (Gi-
rolarao) Palais-Royal, il 27 Maggio 1865. »
Questa lettera del Principe non fu ristampata dal Moniteur. Fu scritto
da Parigi al Giornale Le Alpi di Torino, che : « al Corpo legislative ed
al Senato fu generale il biasimo contro il Principe e si esalto a cielo la
energica risposta deirimperatore ; a sera, dopo la seduta, un grandissi-
mo numero di senatori e circa 150 deputati furono ad inscriversi alle
Tuileries ; fu una specie di dimostrazione legale , che produsse immense
effetto. NeH'armata si ebbe a segnalare anche di peggio : a Versailles
convenne tenere consegnati due reggimenti in caserma, che volevano
fare una dimostrazione contro il Principe. Questi, appena seppe della
pubblicazione fatta, chiese per lettera alia reggente di autorizzarlo ad
abbandonare il territorio francese ; 1'autorizzazione fu ricisamente negata
dall' Imperatrice. »
5. Nel Corpo legislativo incontrano grave difficolta i disegni di legge
proposti dal Governo si per la vendita di foreste demaniali, si per ingenti
opere pubbliche, e si per costruire un edificio stabile che debba servire
alia niostra generale dei prodotti di Arti ed Industria. Rispetto a que-
st' ultimo, va innanzi alia legge presentata al Corpo legislativo una rela-
zione, in cui trattansi diffusamente i due capi principali ; cioe la forma e
la capacita dell' editicio da costruire, ed i mezzi da sopperire alia spesa.
II Governo propone un palazzo di forma ovale , che copra una superficie
di circa 140 mila metri quadra ti. Quanto ai mezzi, esso non vuole ne il
sistema inglese, secondo il quale una compagnia privata si assume I'im-
presa a suo rischio e pericolo, ne il sistema francese che lascia ogni cosa
a carico del tesoro pubblico. II Governo propone una via di mezzo. Le
spese dell'Esposizione, esso dice, sono stimate in circa 18 milioni di lire
e non supereranno ad ogni modo 20 milioni. Le entrate sono approssi-
mativamente presunte in 8 milioni. La perdita varierebbe dunque da 10
a 12 milioni. Per sopperirvi bisogna rivolgersi a tutti gli interessati : allo
Stato, alia cilta di Parigi, agli espositori medesimi e ai visitatori. Ep-
percio lo Stato dara 6 milioni, ed egual somma la citta di Parigi ; I'indu-
stria e il cqmmercio adunera per associazione un capitale di guarentigia
degli 8 milioni rappresentanti 1'entrata presunta ; e finalmente il pubbli-
co concprrera al buon esito dell'intrapresa, pagando un diritto d'ingresso,
che sara leggero, ma che si riscuotera regolarmente e inflessibilmente
ogni giorno, da tutti senza eccezione alcuna. Non saranno eccettuati nep-
pure i singoli operai o le deputazioni di operai, che si recassero a quel
grande spettacolo o per istruzione o per diletto. Al bene degli operai
provyederanno i dipartimenti, le citta, le Camere di commercio e i capL
stessi d' industria, i quali nell' invio degli operai all' Esposizione trove-
ranno il loro proprio utile.
6. Si sa che questi grandiosi e costosissimi lavori pubblici furono idea-
ti dal Governo appuntq per cessare i gravi pericqli, sovrastanti dalle
aspre congiunture m cui si trovano qualche centinaio di migliaia di ope-
750 CRONACI
rai, per le infauste sorti di varii rami del commercio e dell'industria. Si
YUO! dare lorp pane e layoro, a spese pubbliche ma con utile pubblico.
Tuttavia il bilancio e gia cosi gravato ed i balzelli , come dimostreremo-
un'altra volta, sono gia cosi mpltiplicati ed ingenti, che molti yogliono-
anzi economic che abbellimenti ; come apparisce dalla relazione che la
Giunta del Corpo legislative, deputata alia disamina del bilancio del
1866, presento ppc'anzi e fu stampata nel Moniteur universel, di cui oc-
cupa non meno di 48 fitte colpnne. Soprattutto e da notare in questo la-
voro 1'intento della Giunta, d'introdurre cioe nei bilanci alcuni principii,
che non si ppssano piu abbandonare, e che obblighino, per cosi dire,
I'amministrazipne a diminuire le spese, ed a fare risparmii, che la Giun-
ta reputa indispensabili. La Giunta biasima con certa vivacita tutte le
spedizioni lontane e pericolose, nelle quali il Goyerno francese si e av-
venturato, ed insiste essere d'uopo di tinirla col Messicq. Quanto all' in-
terno, la Giunta non si opponealle spese che esige lo sviluppo del paese,
ma consiglia di conservare una previdente cautela, proporzionando le
spese alle entrate de' bilanci, ed psservando che non si puo aumentare,
senza una necessita ben provata, il peso del debito pubblico, quandp non
si ammortizza piu il debito da lungo tempo, e 1'equilibrio de'bilanci non
e assicurato in modo normale. Quanto a' risparmii da attuare, la Giunta
propone anzitutto la diminuzione dell'esercito, parendole troppi i 400,000
uomini, e gli 85,000 cavalli, che lo compongono. Essa yorrebbe svilup-
pare sempre piu il sistema della riserva,aumentando la diminuzione degli
uomini, che questo sistema permette ; e propone o di lasciare tutti nelle
loro famiglie, obbligandoli ogni anno ad un tempo determinato d'eserci-
zii militari, o di congedarli dopo un servizip minore de' sette anni, che
esige lo Stato. E certo infatti che, se si yogliono introdurre economic di
qualche rilievo nel bilancio, sara d' uopp fermare i proyvedimenti, che
raccpmanda la Giunta, e che il Corpo legislative accetterebbe a gran piu-
ralita di suffragi, se non fosse 1' influenza del Governo.
Malgrado di cio le economic e diminuzioni proposte dalla Giunta sui
bilaucip non sono molto rilevanti. Imperocchele diminuzioni pel bilancio
ordinario ascendono per le spese a 5,396,300 fr., e per le entrate a
25,525,000 fr.
II bilancio ordinario adunque del 1866 sarebbe come segue:
Entrate fr. 1,699,901,837
Spese ........ 1,698,292,290
Ecced. delle entrate . . fr. 1,609,547
Pel bilancio straordinario, la Commissione ha accresciute le entrate
dalla cifra di 144,878,910franchi, chiesta primitivamente dal Governo, a
quella di 151,805,011 fr.; e le spese dalla somma di 147,413,800 fran-
chi a quella di 151,718,800 fr., locche lascia in questo bilancio un ecce-
dente di entrata di 86,211 fr.
CONTEMPORANEA 751
SPA.GNA 1. Riforma costituzionale circa i membri del Senate — 2. Agilazloni
settarie; cospirazioni — 3. Crisi Ministeriale ; dimissione del Gabinetto
dej Signori Mon e Pacheco ; nuqvo Ministero formato dal Narvaez — 4.
Scioglimento delle Cortes ; amnistia pel reati di stampa — 5. Viaggio e
dimora della Regina Maria Cristina in Ispagna — 6. Elezioni per la nuo-
va Camera dei Deputati; discprso della Regina — 7. Stato delle Finanze;
proposta d'anticipazione di tributi — 8. La Regina cede allp Stato gran par-
te dei beni della Corona — 9. Un professore deH'Universita scrive percid
contro la Regina ; viene punito egli e il Rettore; tumulto di studenti e
di plebe in Madrid allllO Aprile, represso dalla truppa — 10. Guerra a
S. Domingo ; esposlzione che ne fu fatta dal Ministero ; legge • proposta
ed appro vata per abbatidonare quell' isola ; decreto della Regina.
1. Le lotte eroiche sostenute, nel principio di questo secolo , dai po-
poli della Spagna contro la formidabile potenza del primo impero Napo-
leonico , bastarono a francare quella nobile terra dal dominio straniero ,
si che il conquistatore , dopo ayerne irrigate col sangue ogni zplla , e
perdutovi il tiore de' suoi eserciti, dovette abbandonarla , spogliata si
delle sue ricchezze e coperta di rovine, ma pur lieta di tornare sotto lo
scettro de' suoi Re. Cosi avessero saputo respingere un' altra invasione,
che , senza 1'apparato delle baionette e de' cannoni , dovea tornare trop-
j)o piu funesta alia maesta della Corona ed al yero ben essere dei popo-
ii 1 Cio che , a depressipne di quella mpnarchia, non erasi potuto dalla
forza delle armi francesi , fu qttenuto in gran parte dall' influenza dei
principii politici ed irreligiosi ivi disseminati dai figli di Voltaire ; onde
ben presto germinarono le rivplture costituzionali e gli orrori della guer-
ra civile, e le incessanti congiure settarie, per cui la Spagna venne in
quelle miserande condizioni che tutti sanno. II governo parlamentare vi
fu istituito con tutto il corredo delle liberta del 1789 ; ed ognuno yede
quanto ne sia vantaggiata 1'inYiolabilita del Soyrano , la santita della re-
ligione, 1'osservanza delle leggi, la discipjina militare, la quiete citta-
dina , la prosperita commerciale , I'amministrazione pubblica.
Dove manca uno degli essenziali elementi di buon governo, cioe la
stabilita, e meraviglia che difetti 1'ordine? Basti dire, che da documenti
ufficiali 1 risulta , come in soli 25 anni di governo parlamentare , la Spa-
gna ebbe 47 diversi ministeri e 529 Ministri! Dal 1833 fino al presente,
scoppiarono cola 1600 sedizioni e sollevamenti spesso sanguinosi , sen-
za che in questo noyero siano compresi gli ammutinamenti di truppe ed
i pronunciamenti militari ; furono promulgate 7 different! Costituzioni, e
cincjue altre furono discusse ! L'anno scorsq contp , da se solo , quattro
o cinque crisi di Gabinetto e tre diversi Ministeri, piu una riforma co-
stituzionale, un diluvio ft interpellanze , un discioglimento delle Cortes
ed un continuo cozzare di fazioni intese a scavalcarsi a vicenda ; si che
gran miracolo sarebbe stato qualora si fosse riuscito a condurre innanzi
qualche salutare riforma di dentro, qualche utile trattato di fuori; e le
finanze n'andarono a dirotta.
4 Vegflasi la Estatistica del personal y vici$titudines de las Cortes y del Minislerio
desde el 29 de Setiembre 1833 hasta el 14 de Setiembre 1868. Madrid. -18G9. In 4.° di
pag. 656.
752 CRONACA
Accennammo a suo tempo 1 , come 11 Minislero presieduto dal Miraflo-
ies fosse abbattuto, pel contrasto fatto nel Senate alia legge da esso prq-
posta per una riforma costituzionale, intesa arendere ereditaria la digni-
ta di Senatore. II Gabinetto che succedette, formato dal sig. Arrazola
non ebbe tempo da occuparsi di cio, perche duro solo dal 19 Gennaio al
l.'Marzo 1864, quandq entro in carica quello che a grande stento yenne
costituito da personaggi di parte conservatrice liberate, de' quali i piu co-
spicui erano il sig. Mon, presidente, ed il sig* Pacheco, ministro di Sta-
to. Naturalmente le prime cure di questo furono yoke a risolvere la qui-
stione della riforma costituzionale , siccome quella che era per una parte
la piu u-rgente, e per 1' altra assai scabrosa.
In virtu della Costituzione del 23 Maggio 1845, il Senato si compone-
ya quasi esclusivamente di membri scelti dalla Corona in certe categq-
rie determinate. Ma nel 1857 le Cortes, d'accordo col Ministero, modi-
ficando il principio generate che la nomina dei Senatori appartenes-
se al Sovrano, aveano surrogate agli articoli 10,° 15,° 16,° 17,° e 18,°
della Costituzione, nei quali tal principio era svolto, altri articoli che ne
cangiavano le applicazioni. II Ministero del Miraflores avea proposto che
si derogasse al nuqyo articolo 18.° pel quale era conceduta ai Grandi di
Spagna la facolta di istituire maggioraschi e di perpetuare cosi nella pro-
pria famiglia la dignita di Senatore ; ma il Marchese di Noyaliches per
contro avea fatto istanza che, se alcuna cosa si yolesse cambiare, si tor-
nasse puramente e semplicemente alia Costituzione del 1845. Di qui le
scissure tra i Ministri , e la caduta del Gabinetto denominate dal Mira-
flores.
II nuovo dei signori Mon e Pacheco presento al Senato uno schema di
legge, che in sostanza era la proposta aal Marchese di Novaliches, ridu-
cendosi ad un solo articolo, pel quale dichiaravasi : che la legge di riforma
del 17 Luglio 1857 era revocata, e che in cio la Costituzione dello Stato
era reintegrata in tutto il suo vigore quale era nel 1845. Posto a disa-
mina questo disegno di legge, il Marchese di Miraflores si studio di
far prevalere 1* opinione per cui avea gia dovuto smettere il portafoglio,
cioe che la dignita Senatoria potesse essere ereditaria anche senza mag-
giorasco; ma il Senato, con la pluralita di 90 voti contro 7, la die vinta
al Ministero, abrogando la legge del 1857 e tornando a cjuella del 1845.
Tuttavia con questo si sarebbero lesi i diritti e gl' interessi di molti Grandi
di Spagna , i quali , quantunque dotati di tutti i requisiti voluti per far
parte del Senato, non eranvi ancora entrati per circostanze speciaii. La-
onde fu anche sancita una disposizione transitoria, che ponesse in salvo
codesti diritti, nei termini seguenti. « Saranno ammessi di pien diritto
(por derecho proprio), come Senatori , i Grandi di Spagna , che non sa-
janno sudditi d' altra Potenza, ed i quali, all'epoca della promulgazione
della presente legge, ^odranno una rendita di 200,000 reali, prove-
niente da' beni immobili o da altri fondi , purche ne facciano richiesta
Jiel termine di un anno. Con le stesse formalita, e purche il domandino
nello stesso intervallo di tempo , avranno diritto ad essere accolti in Se-
nato i Grandi di Spagna, che non hanno ancora trent' anni ; ma quando
abbiano raggiunta questa eta, prima di sedere in Senato, dovranno pro-
Tare d'avere tutti gli altri requisiti. »
* Civ. Catt. Serie V, vol. X, pag. 445-14.
CONTEMPORANEA. 753
Cosi disfacendo il fatto, e rifacendo il disfatto , il Ministero si troyaya
d'accordo col Senato, e pareva acquistare saldezza, da potere intendere
le cure ad altre grayi quistioni,cola sempre rinascenti dopp le soluzioni
che si riputavano definitive; come di provvedere contro gli abusi elelto-
rali, contro la licenza della stampa, e pel riordinamento delle finanze. Ma
la turbolenza delle iazioni sempre irrequiete non gli lascio ne agio ne tem-
po di effettuare tutti codesti disegni.
2. I progressisti, che sono cola pressq a poco quel che i Garibaldini in
Italia, fannp consistere il loro amor patrio in osteggiare costantemente il
Governp, yituperandone ogni atto, e mettendolo in diffidenza presso la tur-
ba dei liberali ayyezzi a pensare con la testa altrui (e questi sono i piu),
come inetto o reazionario. Laonde non rifmiscono dal declamare sui loro
diarii contro 1' andamento della cosa pubblica, esagerando ogni minimo
inconyeniente, e dimostrando, ben inteso, che la Spagna e sull' orlo del-
Fabisso, e che solo il sig. Olozaga od il sig. Prim , con la loro consorte-
ria, son capaci di salvarla in si aspro cimentp.
Percio, yeduto che il Gabinetto dei signori Mon e Pacheco si melteva
di proposito all'opera, i progressist*, facendo la scimmia ai loro predeces-
son del 1833 ed ai Parigini del 1848, s'accinserp a scalzarlo banchettan-
do, ed oflerendo da mangiare e da here a quanti yolessero porgere orec-
chip alle loro invettive contro il presente ordine di cose ; appunto , fu
scritto al Memorial diplomatique, « come se i principii sublimi e le yirtu
ciyili di codesti liberaloni avessero bisogno di copiose libazioni e dei fu-
mi del yino, per attestare la loro fprza ». Di che il Diario de Barcelona
ebbe a dire: « questo contegno dei partiti in Ispagna, quest'abitudine di
farsi yicendeyole guerra continua ed accanita , di malmenarsi, di calun-
niarsi ed intanto imitarsi , copiarsi servilmente nelle parole e nei fatti, e
cosa degna di ponderazione. Non sappiamo per yerita decidere se essi
cpsi facciano per istinto come le scimmie , oyyero per cieca necessita,
sicche riescano a somigliarsi quando si studiano d' essere diyersi ; non
sappiamo quando si schernisconp e quando si calunniano ; ma ben ve-
diamo che questo e il solo loro distintivo. . . 11 partito progressists del
1864 rassomiglia tutto , si nei fatti e si nelle parole , a quello del 1835,
in quelle stesse parti in che questo e biasimato da quello ».
Alii 3 Maggio del passato anno i progressisti di Madrid, capitanati dal-
T Olozaga , credettero di dover fare pubblica mostra del loro numero e
della loro fprza ; e percio si raccolsero a banchetto nei recinto dei nuovi
Campi elisi, in numero di 2500, senza contarela turba dei curiosi, degli
oziosi e dei balordi che, non invitati ad assaporare le yivande od a trin-
care i fiaschi spumanti del dejeuner, ypllero almeno godere lo spettacolo
di quel che ayrebbero fatto codesti amid del progresso. E questi fecero
quel che si suole in tali congiunture. Mangiarono con eccellente appetitp,
beveltero generosamente ; poi, sentendosi raddoppiati in corpo gli spiriti,
doyettero esalarne il soyerchio in fpcose arringhe; si che i convenuti, i
quali non aveano avuto di che sdigiunare , furono regalati di oltre a 65
discorsi, onde fu anche aiutata la digestipne di quelli che aveano spazza-
to le mense della copiosa loro imbandigione. Quindi si mandarono per
tutta la Spagna ampollose relazioni sopra quel grande ayyenimentp, che
metteya in evidenza come gia cominciasse a primeggiare nell' opinions
pubblica ii sistema politico de' progressisti, e si fece capire che oggimai
Serie Y/, vol. IJ, fasc. 366. ^8 10 Giugno 1865.
7M CRONACA
era tempo che i moderati o conservatori liberali smettesserq un'autorita
di cui non sapeano avvalersi per nulla di bene. I progressist gia cre-
deano di aver per poco afferrato i portafogli , e cominciavano a distri-
buirseli tra loro.
Ma la cqsa ando per tutt' altra guisa , colpa in gran parte del signer
Olozaga ; il quale, offuscato dai fumi del banchetto, non vide bene come
dovesse temperare la manifestazione dei suoi disegni ; e percip, affine di
rimuovere un emolo, dichiaro senza cerimonie, che non conveniva ne alia
fazione da lui diretta, anzi neppure alia nazione , di continuare a tenere
il generale Esparterq come capo dei progressisti. L'Espartero si senti of-
feso, e mando pubblicare siill' Iberia una lettera breve , vibrata e digni-
tosa , con la quale cessava da se ogni taccia <T ambizione sregolata di
comando , protestavasi altamente per la conciliazione fra le prerogative
delia Corona e le istituzipni liberali, e rimetteva al senno degli Spagnuo-
li il giudizio delle sue aziqni. Di che avvenne gran scissura tra i progres-
sisti stessi, parte de' quali , ancora per le stampe e per via di sottqscri-
zioni, si posero dajla parte dell' Espartero, proclamandolo I'uomo pin il-
luminato del partito progressista , sua piu grande gloria e suo unico
capo ; altri per 1'opposto si schierarono sotto la bandiera dell' Olozaga e
del Prim. Ma questi non vollero smettere per si poco, e moltiplicarono i
meetings ele cicalate. Laondeil mihistro signer Canovas del Castillo pre-
sento, il di 16 Maggio, al Senato uno schema di legge sopra le pubbliche
adunanze e le cqnventicple politiche , compilato in forma da non impac-
ciare 1'uso dei diritti legittimi de' cittadini , ma tale che potesse armare
il Governo contro le agitazioni settarie.
Lo spirito di sedizione s' appiccico naturalmente anche a qualche mili-
tare, e sui primi giorni dell'Agosto correvano per Madrid confuse dicerie
d'un prossimo pronunciamento di truppe ; e quelle pur troppo erano fon-
date ; ma il colpo non riusci. Uno dei complici rivelo la trama alle auto-
rita, ed il Colonnello del Reggimento di Savoia fu informato, che la con-
giura dovea effettuarsi da alcuni suoi ufficiali e sergenti, i quali si ri-
promettevano di strascinare gli altri, e lev are la bandiera della ribelliq-
ce. Le truppe furono tenute a' loro quartieri ; convocati gli ufficiali ; ii
Capitan Generale ando in persona ad arringare il Reggimento di Savoia
che era acquartierato sulla collina Principe Pio, in faccia al palazzo della
Regina; quindi si procedette all'arresto dei congiurati. II capo apparente
di quelli era un Tenente, certo Raena, uomo tutto dedito al Prim, di cui
fu amanuense ed al quale era debitore del suo grado. Dalle carte seque-
strate si venne a notizia di molti complici, ed i colpevoli furono sottopo-
sti a Consiglio di guerra. Ma che? Quasi tutti furono dichiarati non con-
vinti e rimandati assolti, agli altri da generosa amnistia fu condonata
la pena.
Non si ppte chiarire che il Generale Prim avesse partecipato alia con-
giura; ma il suo contegno e le congiunture designavanp come pericplosa
la sua presenza a Madrid; e percio il Governo lo invito a ritirarsi nei
suoi poderi, presso Toledo; il che egli esegui, cpnfortato dai segni di
simpatia ricevuti da tutti i suoi parti giani, i quali si proponevano anche
di fare una solenne dimostrazione al momento della sua partenza, ma poi
se ne astennero perche il Governo, avutone sentore, ayea messo in sul-
1'armi, e tenute pronte, all'uopo di reprimere ogni disordine, tutte le
truppe del presidio.
CONTEMPORANEA 755
II Gpverno la scampp da questi tentatiyi forsennati, ma non venne a
capo di veruno dei suoi disegni legislativi circa la stampa e le iinanze.
Anzi i suoi impacci crescevano e per dissidii sorti fra il signer Canovas
ed i signori Mon e Pacheco, e principalmente per le infauste notizie ri-
cevute da San Domingo e pel conuitto in cui troyossi impegnato col
Peru; del quale daremo conto altra volta, se lo spazio eel consentira. Gli
imbarazzi crebbero a segno, che si comincio a pensare se non fosse me-
glio sciogliere le Cortes. Fattp sta che nelle prime settimane del Settem-
bre, tenutosi Consiglio de' Ministri, il sig. Ulloa propose schietto che si
disaminasse attentamente se il presente Gabinetto potesse, senza perico-
10 pel pubblico bene, continuare nel suo compito, mentre per tante ca-
gioni sentiva troppo indebolita la sua influenza. II Ministro degli affari
interni ed il sig. Canovas del Castillo aderirono all' Ulloa, e si dichiara-
rono risoluti a smettere la loro carica. Di che anche gli altri dovettero
contentarsi di fare il somigliante, e rassegnare alia Regina la loro di-
missione. La Regina 1'accolse e commise al Generale Narvaez di formare
un nuovo Gabinetto.
II Memorial diplomatique del 25 Settembre allego di questo cangia-
mento ministeriale un' altra, e forse piu vera cagione, in questi termini.
« Hayyi nella penisola spagnuola molti personaggi politici, da lunga
pezza in disponibilita, volontariamente appartati dalla pratica degli af-
fari pubblici, i quali, di quando in quando, pubblicano professioni di
fede, improntate d'un carattere d'illegalita e di yiolenza che sconcerta la
ragione. Perridurre questi cotali, ed i loro ciechi aderenti, alrispetto dei
Teri interessi della loro patria, era d'uopo d'un goyerno dalla mano fer-
ma, benche conciliativo e liberale. Ed ecco perche il Duca di Valenza fu
di nuovo chiamato a presiedere i Consiglieri della Regina. »
II Narvaez ebbe trovati i seguenti colleghi. II sig. Llorente, per gli
affari esterni; il Generale Fernandez de Cordova, per la Guerra; il si-
gnor Arrazola, per la Giustizia ; il Generale Armero y Penaranda, per la
Marina; il sig. Gonzales Rravo, per gli affari interni; il sig. Rarzanalla-
na, per le Finanze; il sig. Alcala Galiano, pei lavori pubblici (fomento);
11 sig. Leijas Lozano, per le Colonie.
4. I primi atti del Ministero, che poco appresso fu modificato, furono
improntati d'una cotale vigoria, che sconcerto i mestatori piu arrisicati
ed i professori di tumulti e di chiassi. II sig. Gonzalez Bravo spedl
una circolare, per dichiarare che il nuovo Gabinetto non intendeva d es-
sere 1'organo di veruna fazione, ma professava principii conservator!,
nel senso del voler al tutto mantener fermo il rispetto alia legge , la co-
stituzione dello Statp, il reggimentp rappresentativo e le guarentigie di
yera liberta, senza licenza di fazioni, senza favpri ufficiali a veruna set-
la, perche la Regina e sovrana non di una fazione ma di tutli gli Spa-
gnuoli. Inoltre un decreto reale, promulgato il 22 Settembre, disciplse
le Cortes, per dare cosi soddisfazione a tutti i malcontenti col metterli in
grado di fare lasceltache lor talentasse di nuovi rappresentanti. Le nuove
elezioni furono stabilite pel di 22 Novembre, secondo la legge vigente ;
e la riapertura delle Cortes destinata al 22 Dicembre.
Al tempo stesso la Gaceta ufficiale pubblico un decreto di amnistia o
condonazione per tutte le ammende inflitte a'giornali politici del 1." Gen-
naio 1857 fino a quel giorno. I quali ordini pareano dire a' progressist! :
756 CRONACA
fate pure tutto quel che la legge vi permette; noi siam risoluti di osseryare
e fare osservare a puntino la Costituzione ; non ci rendiamo pagatori pel
fatti de' precedent! Ministeri, ma risponderemo pei nostri, e reprimeremo
ogni offesa alle leggi.
5. Negli stessi giorni un messaggiere, spedito da S. M. la Regina
Isabella II, giunse in Francia a Sainte-Adresse, residenza di S. M. la
Regina vedova Cristina, a cui presento una lettera di S- M. Cattolica
che pregava sua madre, con le piu vive istanze, di rientrare in patria.
La Regina Cristina si trasferi subito a Parigi, dove il sabatp 24 Settem-
bre fu visitata dall'Imperatore. II lunedi seguente essa entro in viaggip
alia yolta di Madrid, e giunse il 27 a san Sebastiano, e quivi le autorita
civili e militari le presentarono i dpvuti omaggi, tra il rimbombo de' can-
noni e lo squillo delle fanfare. E simile fu il ricevimento in tutte le sta-
zioni in cui ebbe a soffermarsi, fino a Madrid, dpye pervenne alii 30. La
Regina Isabella, col Re e coi figli, le si era fatta innanzi fino all' Escurial.
II primo incontro fu pieno di tenera effusione ; la Regina, che da dieci
anni non avea piu veduto sua madre, le gitto le braccia al collo, e le loro
lagrime si mescolarono per buon tratto in espressione di gioia. I figliuo-
lini della Regina non rifinivano di colmare di carezze 1* avola augusta ,
che non aveano yeduta mai. Tutta la Corte passo quindi dall' Escurial a
Madrid, e dopo il pranzo solenne, la Regina Cristina ando a prendere
stanza nel palazzo della Remisa , dove il 2 Ottpbre tenne riceyimento di
gala pei Ministri ed altri dignitarii. Qualche giorno dopo S. M. la Reffi-
na yedoya si trasferi per Yalenza ad Oviedo ; e quiyi si rimase lincne
sullo scorcio dell' anno torno a Madrid, fecevi dimora alcun tempo con
la figliuola, e si torno poi in Francia.
6. II sig. Gonzalez Brayo spedi un'altra Circolare per disporre gli ani-
miafareelezioni, appropriate ai bisogni ed all'interesse della patria, ricor-
dando le larghezze lasciate dal Gpyernp all' uso legale della liberta per
^li elettori ; la facolta lasciata ai giornali di discutere quanto lor piacesse
i meriti de' candidati e le conyenienze comuni ; I'anmistia recente con la
quale si erano ricondotti al seno delle loro famiglie i pochi, che ancora
ne erano tenuti lontani per fatti spiacevoli , cioe per tumulti e congiure ;
e fini appellando al comune amore di patria. 1 progressist^, sotto la pre-
sidenza dell'Olozaga, del Prim, del Canterp ed altri cotali, tennero loro
adunanze. e risolyettero di proseguire a far i corrucciati ed a stare come
Achille sotto la tenda, astenendosi dal partecipare alle elezioni ; perche
probabilmente s' accorgevano che yi avrebbero patito lo scacco matto.
II generale Espartero si stette lontano da queste brighe irragionevoli di
gente che fa contrasto sol per ambizione e libidine di comandare ; e cosi
aiuto il buon esito delle elezioni, le quali furono in gran numerp propizie
al Goyerno , con risultato che dimostrava chiararnente, che si gradiva
dalla pluralita degli elettori il programma del Narvaez.
^ Ma poco manco che tutto n'andasse sossopra da capo. Quando gia
s'avyicinaya il di della solenne riapertura delle Cortes, si ricevettero
da S. Domingo notizie gravissime, che metteano in sodo 1' allargarsi ed
il rassodarsi del sollevamento repubblicano, gli enormi sacrifizii di de-
naro e di sangue che richiedeansi per mantenere alia Corona quell' ispla,
e per giunta il pericolo d'unconflittp coll'Inghilterra, che parea riso-
luta di riconoscere a' solleyati i diritti de' belligeranti. 11 Narvaez ed i
suoi colleghi vennero percio nella risoluzione di abbandonare quell' in-
CONTEMPORANEA 757
fausta possessione, che costava tesori e recava seco sollecitudini infinite,
a grande scapito della monarchia. Ma alia Regina dolea forte di levare
dalla corona di Spagna quel rosone, che vi era tomato da soli quattro anni;
e tenea fermp che si doyessero spedire cola poderosi rinforzi d'armi, di
munizioni , di milizie e di navi , e domare ad ogni costo i ribelli. II Nar-
yaez, persuaso che cio tornerebbe a grave dannq della Spagna, vi si ri-
fiuto , e prefer! di dare, con tutti gli altri membri del Gabinetto , la sua
dimissione. Ma, falliti tutti i tentativi per costituire un altro Ministero, la
Regina condiscese al partito del Narvaez, il quale ripiglio il portafoglio
e tutto torno in quiete.
Si aprirono , al di posto, le Cortes , e la Regina inaugurp la sessione
con un discorso assai ppnderatp, net quale, tra altre cose di minor rilie-
vo, si conteneano dichiarazioni che crediamo dover riferire con le pro-
prie sue parole : « Inaugurandp i lavori che state per imprendere , deyo
farvi sapere che le nostre relazioni colle Potenze straniere continuarono
ad essere spddisfacenti. Ho pero da deplorare una eccezione, il Peru;
ma nutro yiya speranza che non tardera a stabilirsi fra la Spagna e quella
repubblica un cordiale accordo , senza il minimo detrimento della nostra
dignita ». Accennato poi il riconoscimento del Messico, e coltone il de-
stro di rassicurare le repubbliche dell' America meridionale contro ogni
timore di disegni ambiziqsi della Spagna, tocco dei trattati di commercio
con la China e per delimitazipni di confine col Portpgallo ; e venne ad
un punto delicate : « Recenti combinazioni diplomatiche (la famigerata
Convenzione franco italiana del 45 Settembre) tengono in sospeso ogni ri-
soluzione sopra gli aflari d'ltalia. Ma tostoche quelle peryengano ad un
definitive scioglimento, il mio Governo le considerera sotto 1'aspetto con-
sigliato dalla piu accurata prudenza e dal modo di evitare ogni menoma
offesa al rispetto ed aH'amore figliale che la Spagna, come nazione catto-
lica, professa pel comune Padre dei fedeli. »
Di qui si scorge che la Spagna non e, se prescindiamq dalla setta go-
Ternata dall' Olozaga, molto sollecita di riconoscere il diritto della forza
yittoriosa contro la giustizia, e di suggellare le iniquita del 1859 e del
1860 a danno dei dominii di santa Chiesa, autenticando col suo ricono-
scimento le sacrileghe usurpazioni perpetrate, malgrado del diplomatic*)
antagonismo della Francia, per 1'assassinio della Santa Sede. Entrando
poscia a dire delle condiziom interne della Spagna, la Regina si spiego
assai chiaro.
« Rivolgendo il mio sguardo sulla nostra patria , mi veggo obbligata
a dirvi, con dplore, che le condizioni generali della monarchia, conside-
rate sotto tutti i risguardi , non sono tali da poterne essere paghi quanto
sarebbe desiderabile. . . . Cause di varia natura hanno ridotto le nostre
finanze in uno stato che richiede grave e matura disamina. I progressi
deirincivilimento moderno, la prosperita e la grandezza delle nazioni non
si possono pttenere che a prezzo di sacrifizii, cui non devpno rifiutarsi i
popoli gagliardi ed intelligent ». E qui si distese ad indicare una serie
di provvedimenti e di leggi pel credito pubblico, pel commercio, per la
liberta di stampa, per la repressione a mano armata dei tumulti sediziosi,
per 1'istituzione di guardie rurali, per Tamministrazione giudiziaria e si-
mili ; dei quali si dovrebbe occupare la Camera, secondo le proposte gia
divisate dal Ministero.
Quanto a S. Domingo, lodato in generale 1'esercito, non disse parola.
758 CRONACA
7. Per6 il grosso de'guai, anche prescindendp dall'infelice riuscimento
dell'annessione di S. Domingo , e dai timpri di guerra dispendiosa pel
conflitto col Peru , staya nelle condizioni delle Finanze. Si tentarono
gl'imprestiti , si posero in opera tutti gli spedienti finanziarii , si ricorse
ai banchi pubblici ; ma ogni cosa tornava o inutile o insufficiente a col-
mare il vuoto del Tespro. Di che le angustie si raddoppiavano; come gia
il Memorial diplomatique del 30 Ottobre, pag. 707, prendeva a dimo-
strare 1'inanita di quegli artificii , indicando che, per rimediare a tanto
male efficacemente, doveansi intendere tutte le cure a svolgere le ricchez-
ze naturali della Spagna ed a promuoverne 1'industria ed il commercio.
Intanto pero slringeva il bisogno di denaro, per sopperire alle spese
urgenti della pubblica amministrazione. II Ministro per le Finanze , per
disperato , si volse ad imitare 1' esempio avuto dal Goyerno italiano, e
propose che si decretasse per legge , sqtto una forma piu o men velata,
come fece il Sella a Torino , 1' anticipazione dei tributi prediali per tutto
il 1865. Le Camere, in quelle distretteassentivano; ma le relazioni avu-
te dalle autorita delle province posero in sodo che , se il decretare tali
prqvyedimenti era facile, tornerebbe difficile, fors'anche impossibile 1'ese-
guirli, senza cimentarsi ad incontrare dalla parte de' possidenti, ed in is-
pecie de' yillani, una fortissima resistenza, che potrebbe degenerare in
sollevamento. II signqr Barzanallana , fatti altri tentativi , e riuscito a
nulla, rassegno la carica ed il portafoglio, e torno assai difficile il rinve-
nire chi si ^plesse sobbarcare a tal peso in yece sua.
Spesi in discussioni, piu o meno ardenti, il Gennaio e parte del Feb-
braio, le Camere ed il Governo, per rispetto alle Finanze non sapeano
piu dove dar di capo; quando la Regina Isabella concepi ed efiettuo una
generosa risoluzione, che in altri tempi, ossia in mezzo ad una spcieta
meno ammorbata dalle sette, quando pure non si fosse potuta poi con-
durre a pieno eseguimento, sarebbe bastata per cattivare tutti i cuori
alia Regina, per rassodarne il trono, per rendere dolce ai sudditi ogni
sacrifizio. Chiamato a se il Narvaez, Isabella II gli diede, affinche lo pre-
sentasse alia sanzione delle Cortes, un disegno di legge, da lei fatto ela:
borare in alto segreto, e pel quale si dovessero vendere quasi tutti i
beni patrimoniali e della Corona, e deputarne le tre quarte parti a biso-
gni deH'erario pubblico, riserbandpne una sola a' servigi della Casa rea-
le. L'annunzio di tale atto, degno invero di una Sovrana che vuol essere
anzi madre che regina del suo pppplo, commpsse a prima giunta Camere
e cittadini d' ogni ordine ad altissimo entusiasmo, che si manifesto in
tutta la Spagna, con la yivacita propria di quelle feryide immaginazioni e
di quel cuore generoso onde son dotati i Castigliani.
Tal disegno di legge, che puo vedersi per disteso nel Debats del 26
Febbraio, letto alia Camera dei Deputati nella seduta del 20, dissipo la
tempesta che pareva imminente. II sig. Barzanallana trovo subito un
successore nella persona del sig. Alessandro Castro; ed il Ministero ri-
tiro lo schema di legge sopra 1' anticipazione dei tributi pel 1865. Sere-
nate, deputazioni di citta e di corpi morali, indirizzi spiranti gratitudine
e devozione illimitata, attestarono alia Regina, la quale ne fu commossa
sino alle lagrime, che essa avea saputo fare un vero colpo di Stato de-
gno di soyrana cattolica.
9. Ma che? Non tardarpno a levarsi su gli oppositori, cioe quei cotali
che, imbevuti della massima che il solo popolo e soyrano, pretendono
CONTEMPORANEA 759
avere nel Re unp stromento passive delle fazioni prevalent], Amare cen-
sure furono subito divulgate control' atto della Regina, dichiarandolo
illegale e contrario alia Costituzione. Un professore dell' Universita non
ebbe ribrezzo di pubblicare a tale intento un libello indegno, nel quale
non erano risparmiati gl'insulti alia persona stessa . della Regina. II Go-
verno se ne risenti, e rampogno il Rettore della Universita, perche un
membro di essa era trascorso impunemente a tale eccesso, e gl' impose
di sospenderlo dal suo ufficio. II Rettore vi si rifiuto, facendosi difendi-
tore della liberta del Professore. II Governo allora casso il Rettore ed il
Professore, e nprnino un altro Rettore. Quando si venne ad installare
questo, i partigiani del predecessore aizzarono studenti e plebe, e ne de-
rivo una sedizione sanguinosa in Madrid.
Riusciti yani i provvedimenti del Governo ad impedire il tumulto,
disprezzati i bandi dell'autorita, non curate anzi provocate con insulti
le pattuglie, spedite a tutelare la casa e la persona del nuovo Rettore del-
1' Universita, molti studenti, alii 10 d' Aprile, stipati di una moltitudine
di plebe, die andava sempre ingrpssando, si ridussero alia Puerta del
Sol, urlando da forsennati, cpi soliti abbasso e morte, che, indirizzati ai
Ministri, si fecero poi salire fino alia Regina stessa. Era d'uopo impedire
che la sedizione crescesse a ribellione. Furono spedite truppe armate,
per disperdere i tumultuanti ; le quali si videro accplte con ingiurie e con
sassate. A nulla valsero le intimazioni di discipgliersi; e quando si do-
vette impiegare la forza contro quella moltitudine di otto o dieci mila
ostinati, il sangue corse, si che rimasero morti alcune decine, e feriti
assai piu de' sediziosi. Di che, senza stenderci a dire altro, ognuno puo
immaginare qual fracasso si leyasse poi dai democratic! e dagli opposi-
tori nella Camera contro il Ministerp, che pero rispose fermo e bene, e
contenne que' passionati entro i limiti del dovere.
Fu detto che ad avere in tal congiuntura una piena riyoluzipne manco
solo un capo che prendesse a goyernarne i primi successi ; ed il capo for-
se non mancava, ma solo teneasi in disparte, finche le cose fossero giun-
te a tal punto, ch' egli potesse trarre in mezzo senza pericolo e con cer-
tezza di riuscire all' intento. Fatto sta che il Generale Prim , tomato gia
da pezza a Madrid, ed a cui erano volti gli occhi di molti, si stette queto;
tuttavia, per buoni motivi, il Governo lo consiglio a fare qualche viaggio,
ed egli accetto. Anche 1' Olozaga , sconfortato del poco effetto della sua
opposizione, usci di Spagna, e n'ando aFirenze, per intendersela co'suoi
confratelli della grande consorteria massonica ; ed a suo tempo si vedra
poi fors'anche il perche del viaggio impreso, appunto nel passato mese,
dal Gialdini in Ispagna e Portogallo, mentre 1' Olozaga stava in Italia.
10. Tuttavia, in mezzo a queste agitazioni, il Governo pote liberare
se stesso e la Spagna da un gravissimo impaccio, ottenendo che il Se-
nato e la Camera dei Deputati sancissero una legge, proposta per abban-
donare la mal riacquistata isola di San Domingo. Per argomentare
qual frutto ricayasse la Spagna da codesta annessione, o dedizione che si
fosse, basti recitare queste poche parole del Ministro degli affari esterni
circa le spese dovute fare. « II primo anno, disse il Ministro, cpsto 966, 323
pesos (5,140,506 fr. 92 c.) e non ci appartenne, disse il Ministro , ? che
per una parte dell'anno. Per 1'esercizio 1862-63 non avendo potutol'am-
ministrazione completamente impiantarsi , S. Domingo costo 1,843,686
760 CRONACA
pesos (9,826,846 fr. 38 c.) e pel 1863-64 le spese si elevano a due mi-
lioni e mezzo di pesos (18,325,000 fr.) In tutto 33,292,353 fr. e 30 c. »
Quindi il Ministro aggiunse: « II sig. Ulloa dice che auest'annp il rac-
colto del tabacco a S. Domingo sara di 700,000 ^quintali. Che ci impor-
ta, signori, se noi non possediamo 1' interno dell' isola, che il suolo pro-
duca tabacco o spine? »
E questo era nulla, a petto dalla profusione del sangue, e della perdi-
ta di migliaia di valprosi soldati ed ufficiali, o morti di febbre gialla, o
giacenti negli spedali con poca p niuna speranza di guarigione. II Narvaez
adunque ed i suoi colleghi si risolvettero di liberare la Spagna da peso
si funesto, e presentarono percio alle Camere un disegno di legge, firma-
to da tutti i membri del Gabinetto , e precedutp da una relazione ; dalla
quale meglio che da ogni nostro discorsp apparira come prodecessero le
cose della guerra a S. Domingo, e come fosse urgente 1' uscirne ad ogni
patto. Ecco codesto documento :
« Nella nuova Spagna, nella prima delle terre del mondo occidenta-
le che il grande Cristoforo Colombo giudico degna di riceyere uno stabi-
limento importante, in questa vasta Antilla, dove per molti anni, dppo la
sua separazione dalla metropoli, non era stato versata una sola stilla di
sangue spagnuqlp, scorre oggi questo sangue generoso, e i rigori di cp-
desto clima micidiale, yenendo in soccorso dei nemici, fanno stragi orribili
nelle schiere dei nostri valorosi soldati.
« Questa lotta accanita che, di per se e senza compenso, ha 1' incon-
veniente di esaurire inutilmente il tesoro pubblico e di assorbire i ricchi
prodotti dei possedimenti coloniali ; non si e cominciata perche i Gabinet-
ti precedenti abbiano dato la spinta ad un' ambiziosa guerra di conqui-
sta, tanto lontana dalla politica saggia, giusta, pacifica e disinteressata
che la Spagna segue da lungo tempo ; essa non e parimenti derivata dal-
la necessita di far fronte ad aggressioni esterne, respingendp la forza
colla forza ad ogni costo, per la difesa dell'onore ferito ; nulla di tutto cio.
« Questa lotta sanguinpsa ebbe principio la domane del giorno in cui
il Governo della regina (il Goyerno d'allora) penso che tutti gli abitanti
della repubblica domingana bramasserp, dimandassero, e sollecitassero
con una impaziente simpatia, di essere incorpprati alia nazione spagnuo-
la, lorp madre antica , e di formare una provincia spaguola , aspirando
alia felicita che godono Cuba e Porto Rico. Questo desiderio poteva non
essere certo, ma era yerosimile.
« II Governo, inspirato da tali sentiment!, credette a quello che pare-
ya animare i Dpmingani ; accolse i Ipro voti , e consiglio a Sua Maesta
1' annessione di questo Stato, annessione che le rappresentava come ar-
dentemente desiderata. Quindi i Ministri, in un documento solemae, ap-
pellarono fortunato quel giorno, onorevolissimo per la Spagna e che rare
volte si rinviene negli annali dei popoli ; quindi , dopo aver tracciato la
lamentevole storia di S. Domingo, dopo che nel 1821 aveva proclamata
la sua indipendenza, in uno ad altre province del continente americano ;
dopo aver tracciato il quadro oscurissimo di questo infortunio, cosi pro-
lungato, dell'inaridimento delle fonti della ricchezza pubblica e privata,
e della perdita compiuta della sua indipendenza, per difetto di forza per
sostenerla, e della sua liberta, per questo che i cittadini mancavano di si-
cufezza e che la repubblica era in preda ad un'agitazione continua : i Mi-
CONTEMPORANEA 761
nistri invocarono tutti i sentiment! di giustizia, d'umanita e d' onore per
consigliare alia Regina Fannessione di quest' isola sventurata e che dp-
vrebbe essere cosi prospera, atteso le circostanze dell' indole de'suoi abi-
tanti , della fertilita del suo suolo e dell'amore profopdo che essi profes-
sayano dopo i traviamenti passati, cagione di terribili disinganni, per la
loro antica metropoli.
« Percip, due cause tanto nobili quanto giuste e potenti, furopp quelle
sulle quali s'appoggio da principio 1'annessipne. La prima, il diritto fon-
datq sulla volonta unanirae d'un popolo, diritto nop cpntestato, e, al con-
trario, consecrate dall'assenso generate delle nazioni dell' Europa e del-
1' America, in un fatto recente. La seconda, il dovere d'umanita, di com-
passione per infelici che domandayano grazia e misericordia, allora che
si yedeano spmmersi in up mare di disastri e d' infortunii. Nessun altro
diritto ne militava ne milita in favore del Governo spagnolo per posse-
dere di nuovo, come un tempo, la parte spagnola dell' isola di S. Domin-
go: ne quello della rivendicazione, ne quello della conquista; per que-
sto che tutti due sono contrarii alia pplitica del Governo , agl' interessi
dei popoli ed alle buone relazioni che in tutti i tempi il Governo della re-
gina ha cercato di mantenere cogli stati indipendenti dell' America, i qua-
li , un giorno, fecero parte dell' immenso territorio che i re di Spagna
proteggevano e tutelavano sotto le pieghe del loro manto. Ma queste lu-
singhiere speranze pon tardarono a svanire. Sorsero ben presto fune-
sti sintomi indicanti , che all'annessione mancaya la spontaneita che ne
componesse la base. Pero, era dovere del Governo acquistare la cer-
tezza che queste violente insurrezioni piu volte represse, non erano solo
fomentate da alcuni scoptenti, ma che erano 1'espressione formulata da
un popolo, il quale respinge il potere legittimo chiamato peraltro da lui
in momenti di tribolazione e di crisi. La conflagrazione si e ingrpssata ; si
e allargata per le citta e le campagne, si e estesa a tutto il territorio, ed
oggi la parte Spagnola dell' isola di S. Domingo presenta agli occhi del
mondo incivilito lo spettacolo d' un oopolo intierp sotto le armi , che ri-
getta, con ingratitudine, come tiranni quelli stessi che si credeva fossero
stati da esso chiamati come salvatori.
« Questo stranp fenomeno e stato esaminato dai Ministri firmatarii del-
la presente esposizione, conuna grande attenzione eduno studio profon-
dq; essi hanno a fondo scrutata la trista storia dell'annessione di S. Do-
mingo ; essi hanno esaminato la questipne sotto tutti i risguardi imma-
ginabili, incominciando da quelli della giustizia edel diritto, elerminan-
dp a quelli dell'opportunita. Essi hanno tenuto contp delle ragioni che
si potrebbero chiamare d' pnore e di dignita nazionali ; essi sono giimti
fino a scandagliare Tayvenire piu sorridente d'un tripnfp, ottenuto a prez-
zo d' immensi sacrificii ; essi hanno bilanciato le ragioni fayprevoli p con-
trarie che potrebbersi appoggiare su considerazioni di politica nazionale
ed estera ; ed inline hanno fatto con cura il doloroso calcolo delle molte e
preziose esistenze che perde ogpi giorno la Spagna colla prolungazione di
questa lotta sterile, e dei tesori considerevoli che ella v' inghiotte. In se-
guito a questo penoso esame, i Ministri hanno acquistata la convinzione
che la questipne di S. Domingo e giunta al punlo che se ne possono trar-
re le seguenti deduzioni, cioe; Che yi e stata illusione nel credere che
il popolo domingano, nella sua totalita o nella sua immensa pluralita,
762 CRONACA CONTEMPORANEA
desiderasse e soprattutto richiedesse la sua annessione alia Spagna. Es-
sendosi fatta generate, la lotta non ha il carattere d'una misura presa per
assoggettare i ribelli seontenti, ma bensi d'una guerra di conquista, inte-
ramente estranea allo spirito della politica spagnuola. Concentrando an-
cora i nostri sforzi e i nostri sacrificii per eonseguire il trionfo, noi ci
pprremmo nella trista situazione d' una plena occupazione militare , irta
di difficolta e non iscevra di pericolose complication!.
« Ponendosi ancora nella piii favorevole ipotesi, cioe che una parte del-
la popolazione si associasse alia Spagna , dopo la vittoria , il regime go-
vernativo che potrebbesi stabilire in questo paese sarebbe forzatamente
ppco adattatp agli usi ed ai costumi de' suoi indigeni, dove sarebbe dis-
simigliantissimo dal regime delle altre province coloniali. Per tutti que-
st! motiyi, e per altri a cui supplira 1'alta intelligenza delle Cortes, i Mini-
stri, desiderosi di porre un termine agl' inutili sacrificii di sangue e di
denaro che la guerra di S. Domingo costa alia nazione, hanno 1'onore,
dopo 1'autorizzazione nella debita forma , di proporre il seguente dise-
gno di legge :
« Art. l.° E abrogate ii decreto reale del 19 Maggio 1861, col quale e
stato dichiarato incorporato alia monarchia spagnuola il territorio della
repubblica domingana.
« Art. 2.° II Governo e autorizzato ad adottare le risoluzioni necessa-
rie per la migliore esecuzione della presente legge, rendendone conto al-
le Cortes a tempo e luogo. »
La quistione fu discussa calorosamente ed a fondo. Ma finalmente il
hupn senso prevalse, e la Camera dei Deputati, con qualche leggera mo-
dificazione, cheapparira piu sotto, approyp, il di 1.° Aprile, codesta leg-
ge, essendo 155 quelli che votarono pel si, e 68 quelli che stettero pel
no. II Senatq ancor esso, dopo avervi speso accurate disamine e dibat-
tuta la cosa in tutti i versi, assentl all' abbandono di S. Domingo , nella
tornata del 30 Aprile, con 93 voti contro 39. Ottenuta cosi la sanzione del-
le Camere , il Governo pubblico la legge col seguente decreto o lettera
reale.
« Tutti quelli che vedono e intendono la presente, sappiano : che le
Cortes hanno decretato e noi abbiamo sanzionato quanto segue :
« Articplo 1. Resta derogato il decreto reale del 19 Maggio 1861, col
quale si dichiaro incorporato alia monarchia il territorio della repubblica
domingana.
« Articolo 2. Si autorizza il Governo di S. M. a prendere le risoluzioni
che conducano al migliore eseguimento di questa legge, ed alia guaren-
tigia e sicurezza che devono avere le persone e gl' interessi dei domin-
gani, che sono rimasti fedeli alia causa della Spagna, dando conto di tut-
to alle Cortes in tempo oppprtuno.
« Intanto ordiniamo ai tribunal] i , ai capi, ai governalori ed alle altre
autorita tanto ciyili quanto militari , di qualunque classe e dignita, che
psservino e facciano osservare, adempiere ed eseguire la legge presente
in tutte le sue parti. Palazzo, il primo di Maggio del milleottocento ses-
santacinque — lo la Regina.
« II presidente del Consiglio dei Ministri, Ramon Maria Narvaez. »
INDICE
Un ansiliario del sig. Langlais . . pag. 5
// Patriziato romano di Carlomagno . . . .23, 433
La Passione di Gesu Cristo nella sua Chiesa. ... 39
Tigranate. Racconto storico delsecolo IV. XIV. Le
sante vedove, 58. - XV. II piangente, 66. -
XVI. La riconciliazione, 180. - XVII. La sacra
Liturgia, 189. - XVIII. Un lampo del segre-
to, 288. - XIX. Tutto il segreto, 295. - XX. II
Cantambanco, 530. - XXI. La Luna e il Luno
di Carri, 540. - XXII. II lione e Fagnella di
Persia, 658. - XXIII. II sagrifizio al Sole. . . 664
Del dovere ditutela che lo Stato ha verso la Chiesa. 129
La schiavitu degT Indiani combattuta dalla Chiesa. 147
La Coscienza e la Chiesa schiave nelle Indie occi-
dentali 398, 698
La Convenzione del IS Settembre e le Camere
francesi 165
L' Indipendenza papale e le guarentigie francesi . 418
II Matrimonio crisliano e le Assemblee torinesi . . . 257
Deir Appello come d' abuso . « . . e ...... 271
Lo Spiritismo nel mondo moderno 308
La Frammassoneria e I'abolizione delta pena di
morte 385
Le due Beatificazioni nel Maggio del 1865 e lo
spirito moderno 513
7 liberi Pensatori e il progresso 549
// Concetto politico di Dante e il Regno d' Italia. . 566
764 INDICE
La Monarchia di Dante Alighieri e il Dominio tern-
porale de' romani Ponlefici pag. 672
Conseguenze sociali del Naturalismo politico .... 641
11 trasporto della Capitale , Dialogo di Torino e di
Firenze . 690
RIVISTE DELLA STAMPA 1TALIANA
Sul vivente linguaggio della Toscana. Lettere di GIAMBAT-
TISTA GIULIANI. Terza edizione, prima fiorentina , corretla ed
ampliata. Un volume in 8.° pice, di pag. IX-478. Firenze ,
Le Monnier 1865 72
Scritti amichevoli pei Deisti, di CLEMENTE .BARONI , prete
cattolico. Milano, Ditta Boniardi-Pogliani. Torino, presso Ma-
rietti 1864. Un vol. in 8.° di pag. XII. 317 . . . . . 197
La storia patria, compilata sui programmi ministeriali ad
uso delle scuole d' Italia , distinta in antica , media e mo-
derna fino al 4864, del prof. GIUSEPPE BANFI. Un volumetto
in 12.° diviso in tre parti, di pag. 94, 80, 72 — Milano, ditta
G. Agnelli 1862.
La storia d' Italia , dalla caduta dell Impero d' Occidente
fino ai nostri giorni, raccontata ai giovanefti da una madre
difamiglia. Vol. due in 8.° pice, di'pag. 427, 212 — Prato,
tip. F. Alberghetti e Cpmp. 1864 321
Le Lettere e le Arti belle in Italia a di nostri ; libri due
del dottore I. G. ISOLA — Genova, tip. di Gaetano Schenone,
1864. Un vol. in 8.° di pag. 408 .327
La Sociela Romana, delizie estetiche dift. TAINE, nella
Revue des deux Mondes di Parigi, dei 45 Aprile 4865. . . 333
Monumenti di storia patria delle Province modenesi; Sta-
tuta Civitalis Mutinae anno 1327 reformata, con Proemio del
Marchese CESARE CAMPORI. Parma, Pietro Fiaccadori, 1863-64
— Un vol. in 4.° grande di pagine CCLXXVI1I e 750.
Del Governo a Comune in Modern , secondo gli Statuti
del 4327 ed altri Documenti sincroni — Narrazione del Mar-
chese CESARE CAMPORI. Modena, coi tipi di Carlo Vincen-
zi,1864 452
Italia. Canti di un Cristiano — Italia , il centenario di
Dante. Un volume in 8.° di pag. 84 471
INDICE 765
Continuazione delta Storia d' Italia di LUIGI SFORZOSI , si-
no alia proclamazione del Regno d' Italia (4864). — In 8.°
pice, di pag. LVI. Firenze, tipografia di G. Barbera.
Storia del Medio Evo, scritta per la HI classe ginnasiale
del 1.° Educandato da GAETANO ANGRISANI. — Vol. primo.
In 8.° pice, di pag. 112. Nappli, stamp, del Vaglio 1863. pag. 584
Commentaries in Prooemium Bremarii et Missalis de Com-
puto ecclesiastico , mui clericorum accommodates , auctore
Presbytero. Editio secunda, auctior et emendatior. Atrebati,
typis Rousseau-Leroy , bibiiopol. 1864. Un vol. in 8.° di
pag. VII, 203 597
Sul tema proposto dalla regia Accademia di scienze, let-
tere ed arli in Modena : « Se la liberta d' insegnamento sia
un diritto secondo ragione, ed in caso affermativo entro quali
limiti debba tenersi circoscritto ». Dissertaz. del Cav. CESARE
CANTU , premiata nel Concorso accademico dell' anno 4863. 708
Omaggio a Dante Alighieri, offerlo dai Catlolici italiani nel
Maggio 4865 , sesto Centenario della sua nascita — Roma,
tipografia Monaldi 1865. Un elegante volume in 8.' di pag.
VIII-656, col ritrattodi Dante 717
Risposta di due teologi italiani all' Enciclica deU 8 Dicem-
bre 4864, indirizzata ai Vescovi cattolici da Papa Pio IX. —
Urbino per Savino Rocchelti 1865. Unopusc. di pag. 52. . 720
BIBLIOGRAFIA \ . . 85, 342, 603
ARCHEOLOGIA!. Scoprimento del sepolcro di Giosue nella Palestine,
— - 2. Una iscnzione di Delfo, che da il novero de' popoli e de' suffra-
gi, competenti a ciascuno di essi, nel Consiglio degli Anfizioni . . . 218
SCIENZE NATURALI 1 . Foto-scultnra — 2. Usi deU' olio di petrolio —
3. Macchina da produrre il freddo — 4. Acido fenico — 5. Istmo di
Suez 478
NOTIZIE STATISTICHE 1. Numero del cattolici nelle cinque parti del
mondo — 2. Classificazione degli abitanti della terra, secondo le reli-
gioni professate — 3. Progressi del cattolicismo nella Gran Bretta-
gna — 4. Nell' Olanda — 5. Negli Stati Uniti d' America — 6. Missio-
ni dell' Asia — 7. Misslonarii italiani 728
CRONACHE CONTEMPORANEE
BALL' 11 AL 24 MARZO
I. COSE ITAL1ANE — STATI PONTIFICII 1. Richiami dell' Episcopate
delle Marche e dell1 Umbria, presso il re Vittorio Emmanuele 11, contro
I'abolizione degli Ordini religiosi; sacrilega profanazione commessa
dalla Gassa ecclesiastica — 1 Elenco di libri inscritti nell' Indice del
766 INDICE
proibiti — 3. Nuove falsita del Memorial diplomatique, per giustificare
gli atlentati del Governo messicano contro la Chiesa — 4. Nota del
Giornale di Roma e nuove mentite date dall' Osservatore Romano alle
fallacie del Memorial diplomatique — 5. La Marchesa Pepoli in Roma;
sue relazioni col Comitato rivoluzionario . . pag. 100
STATI SARDI 1. Votazione delta leggeper I'unificazione legislativa —
2. Duello vietato, e pena ai ricusanti il duello ; due pesi e due misure
— 3. Dotazione al Principe ereditario — 4. V Episcopato subalpino e
la leg ge del Matrimonio civile — 5. Decreti reali di amnistia; loro
intelligenza — 6. Pillole per Torino — 7. // credito pubblico e il mi-
nistro Sella — 8. Stato del Tesoro — 9. Risultato del prestito di 700
milioni — JO. I Deputati aboliscono la pena di morte — 11. Arti-
coli secreli della Convenzione italo franca smentiti; preteso testo di
questi 108
II. COSE STRANIERE — MESSICO 1. Esposizione dell' Episcopato al-
TJmperatore — 2. Risposta di Massimiliano 1 all' Episcopato — 3.
Indirizzo di Dame rnessicane all'Imperalore, contro la liberta dei culti
— 4. Fatti d'arme; presa di Oajaca e morte di Porfirio Diaz . . . 115
DAL 24 MARZO ALL' 8 APRILE
I. Allocuzione del Santissimo Signor Nostro Pio per dimna Prowl-
denza Papa 1 J, tenuta nel Concistoro secreto del 27 Marzo 1865 . . 225
II. COSE ITALIANS — STATI PONTIFICII 1. Concistoro segreto; no-
mine di Vescovi — 2. Nuove menzogne del Memorial diplomatique —
3. Nota dell' Emo Segretario di Stato al Ministro plenipotenziario
deU Imperatore del Messico in Roma 228
STATI SARDI 1. 11 Senato discute ed approva ilmatrimonio civile — 2.
Dichiarazione dell' Episcopato deir Umbria circa i risultati di tal leg-
ge, ivi introdotta dal Pepoli — 3. Frutti immorali del matrimonio ci~
vile provati apunta di statistiche — 4. Duello comandato dal sig. An-
gioletti, ministro della Marina; punizione^ da lui inflitta a chirifiutb il
duello — 5. Spese per la sicurezzapubblica — 6. Mentita al Mazzini
circa il supposto protocollo, aggiunto alia Convenzione del 15 Settem-
bre, per la cessione del Piemonte alia Francia 235
III. COSE STRANIERE — FRANCIA 1. Cenni sopra i documenti del
Libro giallo, e le discussioni dell' Indirizzo nel Senato — 2. Leltera di
Napoleone III per favori alia citta di Lione — 3. Morte del Duca di
JMorny — 4. // Marchese di Lavalette e nominato Ministro per gli
affari interni 240
P USSIA 1. Conflitti fra la democrazia e le Potenze alemanne — 2.
Bandi del principe Federico Carlo di Prussia e del re Guglielmo I —
3. Diffidenza contro la Prussia; dispacci del Bismark; replica della
Baviera; riftuto del Wurtemberg di partecipare ad una coalizione con-
tro la Prussia e /' Austria — 4. Riaperlura delle Gamer e a Berlino;
discorso del Re — 5. // Grabow riejetto Presidente della Camera dei
Deputati; sue dichiarazioni contro il Governo; applausi percio riscossi
da' democratici; gli viene offerta una corona civica — 6. Nuovi ed
acerbi contrasti fra il Ministero e la Camera; questa si rifiuta a fare
un Indirizzo dirisposta al Re — 7. Indirizzo della Camera dei Signori
— 8. Disegni di componimento per la quistione dell' organamento del-
I'esercito — 9. Pratiche per Vannessione dei Ducati dell' Elba alia
Prussia. 244
INDICE 767
BALL' 8 AL 29 APRILE
I. COSE ITALIANE — STATI PONTIFICII 1. Funerali celebrati nella
cappella papale a S. M. Massimiliano II, re di Baviera — 2. Solenni-
tti delta Settimana santa e della Pasqua ; straordinario concorso di fo-
restieri ; somma totale del Denaro ai S. Pietro, offer to a Sua Santita
dal 1860 all'Aprile 1865 — 3. Anniversario del 12 Aprile, festeggiato
dal popolo romano alii 19 pag. 359
STATI SARDI 1. Statistica criminals del mese di Gennaio del 1865 —
2. Domanda di un nuovo imprestito di 425 milioni — 3. Quanta costo
il Ministero del Minghetti — 4. Cangiamenti allo schema di legge per
Vabolizione degli Ordini religiosi ed il latrocinio dei beni ecclesiastici
— 5. Profenda assicurata dal Vacca allo scomunicato Mongini — 6.
Elenco delle Diocesi private di Vescovi — 7. Dichiarazioni di guerra
al cattolicismo, fatte da' Frammassoni nel Diritto 365
II. COSE STRAN1ERE — FRANCIA 1. Letter a del Santo Padre a Mon-
signor Dupanloup circa il suo opnscolo : La Convenzione del 15 Set-
tembre ecc. — 2. Discussione dell' Indirizzo del Corpo legislativo al-
l' Imperatore — 3. Parole dell' Indirizzo sopra la Convenzione del 15
Settembre; modificazioni proposte; discorso del sig. Thiers — 4. Ris-
posta del ministro di Stato sig. Rouher; sconforto dei Frammassoni —
5. Viaggio di Napoleone III in Algeria 374,
DAL 29 APRILE AL 13 MAGGIO
I. COSE ITALIANE — STATI PONTIFICII. // Santo Padre alia chie-
sa del Collegio Greco ; decreli di canonizzazione del B. Giosafat Kun-
cewicZy e di beatiftcazione del V. Giovanni Berchmans 486
STATI SAUDI 1. Smanie dei rivoluzionarii per le dichiarazioni del Go-
verno francese intorno alia Convenzione del 15 Settembre — %. Risse
sanguinose tra mllitari a Cagliari, e tra operai in Firenze — 3. Ap-
provazione d' un imprestito di 425 milioni — 4. Stipendii ai Prefetti
— 5. // Senato. mantiene in vigore la pena di morte e resenzione dei
Chierici dalservizio militare — 6. Elenco dipetizioni sopra Vabolizione
degli Ordini religiosi — 7. Discussione della legge proposta dal Vacca
contro i Religiosi ; modificazioni accolte dalla Camera ; il Governo ri-
tira tal legge —8. Interpellate nella Camera sopra I' incarico dato al
Vegezzi di trattative con la Santa Sede\ risposte del Ministero; Circo-
lare del ministro Lanza — 9. Dichiarazioni de' giornali ufficiosi a tal
proposito — 10. Chiusura della Camera dei Deputati; trasporto dei
Ministri e della Corte a Firenze 488
II. COSE STRANIERE— IMPERODI RUSSIA 1. Medaglie d'onore ai
combattenti contro i sollevati Polacchi — 2. Regolamentopei Conventi
e Monasteri cattolici in Polonia — 3. Le monache di Wilna son discac-
ciale; loro difesa tolta dair Opinion nationale di Parigi — 4. Indiriz-
zo della Nobilta di Mosca, reietto dallo Czar— 5. Statistica d' incen-
dii— 6. Epidemia e timori di peste — 7. Viaggio dello Czar a Nizza
di Provenza; ivi muore il Gran Duca ereditario Nicola 504
DAL 13 AL 27 MAGGIO
I. COSE ITALIANE — STATI PONTIFICII 1. Solennita della beatift-
cazione della Ven. Maria degli Angeli — 2. Relazione al Santo Padre
circa gli oggetli di Arti ed Industrie spediti alia mostra di Dublino. 616
STATI SARDI 1. Circolare ai Prefetti contro i libri e leimmagmi
oscene — 2. Ragguaglio circa lepetizioni in favore degli Ordini reli-
giosi — 3. Indirizzo di Religiosi siciliani al D'Ondes Reggio ed al Can-
768 INDICE
tu — 4. Nuove minacce del Mazziniani per le pratiche a" accordo con
la Santa Sede — 5. Circolare del guardasigilli Vacca, per mantenere
la sospensione deW Exequatur circa i beneficii ecclesiastici, temperan-
done il rigore per quelli soli di patronato laicale — 6. Provvedimenti
ftnanziarli approvati dal Senato ; un regaluccio di 60,000 lire ai co-
spiratori del 1820-21 — 7. Pubblicazione del nuovo imprestito di 425
milioni — 8. Ultime tornate e cenni storici sopra i falti precipui del
Parlamento in Torino ; parienza del Re — 9. Sesto Centenario di Dan-
te Alighieri f celebrato in Firenze pag. 619
II. COSE STRANIERE — FRANCU 1. Decreto die conferisce alVlm-
peratrice la Reggenza — 2. Rassegna navale aMarsiglia, per lapar-
tenza dell1 Imp er at ore verso r Algeria — 3. Bandi di Napoleone III
agli Algerini ed agli Arabi — 4. Lavori del Corpo legislativo —
5. Scioperi di artist'i ed operai 635
DAL 27 MAGGIO AL 10 GIUGNO
I. COSE ITALIANS — STATI PONTIFICII 1. Solennita delta Beatifi-
cazione del Ven. Giovanni Berchmans — 2. Jtitrovamento dell' ossa di
Dante Alighieri . 739
II. COSE STRANIERE — FRANCIA 1. Lettera del sig. Persigny al
Presidents del Senato, sopra le cose di Roma — 2. Inaugurazione M un
monumento a Napoleone linAiaccio; discorso del principe Napoleone ;
contegno e giudizio di giornali ufficiosi e democratici — 3. Lettera del-
rimperatore in disapprovazione di tal discorso — 4. II principe JYapo-
lecne chiede di smettere la carica di Vice presidente del Consiglio pri-
vato — 5. Schema di legge per le spese d'un edifizio stabile per la mo-
stra d'Arti ed industria — 6. Relazione sopra il Bilancio del 1866. . 741
SPAGNA 1. Ri forma coslituzionale circa i membri del Senato — 2. Agi-
tazioni settarie; cospirazioni — 9.0risi Ministerial ; dimissione del
Gabinetto deisignori Mon e Pacheco; nuovo Ministero formato dalNar-
vaez — 4. Scioyhmento delle Cortes; amnistia pet reati di stampa —
5. Viaggio e dimora della Regina Maria Cristina in Ispagna — 6. Ele-
zioneper la nuova Camera dei Deputati ; discorso della Regina — 7.
Stato delle Finanze; proposta dy anticipazione di tributi —'8. La Re-
gina cede allo Stato gran parte dei beni della Corona — 9. Unprofes-
sore dell'Universita scrivepercio contro la Regina; viene punito egli e
il Rettore; tumulto di studenti e diplebe in Madrid alii 10 Aprile, re-
presso dalla truppa — 10. Guerra a S. Domingo ; esposizione che ne fu
fatta dal Ministero; legge proposta ed approvata per abbandonare
quell'isola; decreto della Regina. . 7.51
IMPRIMATUR — Fr. Hier. Gigtt 0. P. S. P. A. Mag.
..
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BX 804 .C58 SMC
La Civi Itaa cattol lea.
AIP-2273 (awab)